David Cronenberg 8886926626, 9788886926621


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Italian Pages 152 [150] Year 1999

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David Cronenberg
 8886926626, 9788886926621

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Progetto grafico: Rosie Pianeta Immagine di copertina: Mugwump e Peter Weller ne II pasto Nudo Seconda di copertina: David Cronenberg Terza di copertina: William S. Burroughs e David Cronenberg tratte da Everything is Permitted - The Making o f Naked Lunch Traduzione: Massimiliano Guareschi Fotocomposizione e grafica: ShaKe Contatti: ShaKe, viale Bligny 42, 20136 Milano, tei. + fax 02/58317306 e-mail: [email protected] ufficio stampa: [email protected] http://www4.iol.it/decoder Stampa: Grafica Sipiel, Milano Titolo originale: David Cronenberg © Editions Cahiers du cinéma 1992 © 1999 ShaKe Crediti fotografici: Collezione Cahiers du Cinéma: p. 35 (alto), 38 (basso), 53, 62 (basso), 75 (alto), 80, 94, 101, 117, 127 (basso), 146. Collezione CAT'S: p. 63 (basso), 75 (basso). Collezione David Cronenberg: p. 8, 24, 14, 19, 28, 35 (basso), 38 (alto), 62 (alto), 63 (alto), 89, 110, 122, 127 (alto). ISBN 88-86926-62-6

d

) SERGE GRÙNBERG

C E R C A DAVID CRONENBERG

SHAKE EDIZIONI UNDERGROUND

David Cronenberg alla fine degli anni Settanta

INDICE PREFAZIONE "ERA SCRITTO!" Il rovescio del corpo "La roba è immagine concentrata" La cospirazione

7 9 12 17 20

IL VIRUS 25 Cronenberg cineasta "postmoderno" 25 "Ho sempre avuto la medicina nel sangue..." 27 La materialità dell'orrore 29 L'immagine virale 30 "La morte è la separazione finale della pellicola dalla colonna sonora" 34 Filmare significa imparare a morire 36 L'assuefazione o il virus come seconda natura 41 L'ALLUCINAZIONE O IL PARADOSSO CINEMATOGRAFICO Immagine virale o allucinazione? Videodrome e Shining L'allucinazione come "visione del mondo"

45 45 55 56

I MISTERI DELL'ORGANISMO La "degenerazione" Mostri tecnologici Dentro/fuori Lo stadio del "mortorio"

59 59 64 65 67

IL CORPO MACCHINA Una macchina non così molle

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L'ONNIPOTENZA DEL PENSIERO Cronenberg cineasta d'idee? "Il corpo è una macchina" Dov'è la sede dell'anima? Principio di "realtà" e principio di piacere La carne: una nuova frontiera

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GLI SPECCHI DEL SESSO Una lobby anti-Cronenberg Forme e metamorfosi del feticcio Al di là della sessualità umana Una storia di famiglia La dimostrazione per assurdo Il cinema fantastico o il diagramma dell'orgasmo Contagio e cannibalismo Il pasto nudo: la confessione della vulnerabilità La sessualità scritturale

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M. BUTTERFLY CRASH EXISTENZ M. Butterfly: La tragedia dell'indeterminazione La strategia del travestimento Dalla metamorfosi alla ri-nascita Crash eXistenZ Immagini mentali? "God: thè mechanic" Verso un cinema non narrativo

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138 \ 39

FILMOGRAFIA Cinema Regie televisive Interpretazioni

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INDICE DEI FILM CITATI

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333 133

335 337

PREFAZIONE David Cronenberg appare sempre più come uno degli esponenti più originali e anomali della cinematografia contem­ poranea. Se lo paragoniamo ai pesi mas­ simi dell'industria hollywoodiana ci ap­ pare come qualcuno che svolge un altro mestiere. Il Canada ormai non è più quella sorta di paradiso fiscale cinema­ tografico degli inizi della sua carriera, quando il sistema dei Tax Shelters con­ sentiva un certo grado di sperimentazio­ ne. Il suo pubblico si trova senza dubbio più in Europa e in Giappone che nel continente americano. Autore esigente, è stato tuttavia capace di trovare produt­ tori locali disposti a sostenerlo, anche se al prezzo di lunghi periodi di inattività fra un film e l'altro e di tanti progetti ri­ masti irrealizzati. Si rifiuta di adottare il credo di Scorsese ("Uno per me, uno per gli Studios"), di fare televisione e di

girare spot pubblicitari. E tuttavia conti­ nua, anche negli anni Novanta, a creare film atipici, poetici e talvolta scandalosi, senza troppo preoccuparsi del mercato, dell'ideologia del consenso dominante e del cinismo diffuso. Allo stesso tempo, gli ultimi anni han­ no visto la conferma di un approccio stilistico collocato a mille miglia di di­ stanza dalle "tendenze" cosiddette "moderne" che, in generale, si potreb­ be riassumere chiamando in causa l'in­ fluenza sempre maggiore dello stile mtv e il diktat degli effetti speciali sul cinema. Cronenberg dimostra, a ogni nuovo film, una sempre maggiore la­ conicità, una purezza che si potrebbe definire bressoniana, un'assenza totale di affettazione e manierismo, di cui eXistenZ, per esempio, offre una chiara illustrazione. 7

David Cronenberg e William S. Burroughs, 1991

“ERA SCRITTO!" C'è sempre qualcosa di toccante nella realizzazione di un sogno, so­ prattutto quanto si tratta dell'adattamento di un grande testo della letteratura moderna (in questo caso Il pasto nudo' di William Seward Burroughs) portato sullo schermo da uno dei registi più interessanti d'America, David Cronenberg. D i­ mentichiamo per un istante il c i­ neasta scandaloso, il maestro del­ l'orrore, il re del gore viscerale, e lasciamo alla superficialità giornali­ stica i discorsi sul pontefice della beat generation, l'araldo dell'omo­ sessualità, il cantore delle droghe1

pesanti. Consideriamo soltanto il fatto che lo scrittore americano più innovativo dalla metà del secolo scorso, al quale si ispirarono Alien Ginsberg, Jack Kerouac, John Gior­ no, John Cage, Francisco Clemen­ te, Phil Glass, i Rolling Stones, "Tel Quel'' e tutto il movimento punk (per citare solo qualche caso) ha dovuto attendere i settantacinque anni (e la Legione d'onore) per po­ ter finalmente vedere sullo scher­ mo quell'insieme di testi disparati, scritti nel disordine del lungo sog­ giorno di Tangeri. Durante la Nova Convention, a

1William S. Burroughs, Il pasto nudo, Sugar, Milano 1964; N.d.R. /

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New York nel 1979, Maurice Girodias mi raccontava, bevendo qual­ cosa insieme nel Lower East Side, di come avesse notato una specie di fantasma di straordinaria magrezza uscire quotidianamente dall'hotel di rue GTt-le Coeur, un vero e proprio "uomo invisibile", come lo chiama­ vano i ragazzi del Socco Chico, e di come fosse rimasto stupito nel rice­ vere dalle mani di alcuni amici un dattiloscritto. Girodias aveva fonda­ to una casa editrice, l'Olympia Press, che pubblicava nella lingua di Shakespeare testi che la puritana America degli anni Cinquanta non era ancora preparata a leggere.2 Fu necessaria l'insistenza di Gysin e Ginsberg affinché Girodias accet­ tasse di stampare quel guazzabu­ glio delirante che tentavano di spacciargli per un romanzo. Jack Kerouac, che era stato il discepolo di quell'uomo già maturo, aveva pensato al titolo, The Naked Lunch, [Il pasto nudo] ("il momento ragge­ lante in cui ogni commensale guar­ da quello che ha sulla punta della forchetta", precisava Burroughs). Il libro, diventato un "caso" negli Stati uniti dopo un processo per oscenità, sarebbe diventato il breviario di una generazione, esercitando, nelle due sponde dell'Oceano, un'influenza di cui non si è ancora valutata ap­ pieno l'importanza. A colpire, ne II

pasto nudo3 di Cronenberg (che per distinguersi ha soppresso l'articolo determinativo) è in primo luogo la profonda comprensione della gene­ si di un'opera letteraria. In effetti, Il pasto nudo non è l'adattamento di un libro inadattabile, ma il racconto cronenberghiano del processo che conduce alla creazione artistica de Il pasto nudo; in esso non si trove­ ranno le orge durante le quali le adolescenti vengono spinte con una corda al collo nel vuoto, per far pro­ vare loro l'orgasmo proprio nel mo­ mento in cui gli si spezza la nuca. Come Sade, Burroughs ha scritto cose che appartengono ancora al­ l'ambito di ciò che non può essere preso in considerazione,4 di una pornografia troppo sovversiva per essere mostrata. Burroughs afferma­ va che "la letteratura ha cin­ quantanni di ritardo sulla pittura"; può darsi che il cinema abbia cin­ quantanni di ritardo sulla letteratu­ ra. Ma Cronenberg, in Videodrome, anziché mostrarci gli snuff movie ci suggeriva che cosa essi potrebbero significare per un uomo trasforma­ tosi in videoregistratore! Cronen­ berg aveva letto Burroughs a ventanni; era stato per lui, come per un'intera generazione di lettori, il romanzo moderno, Céline senza antisemitismo, Rimbaud senza la denegazione, Gertrude Stein senza

2 Tra gli altri, Lolita di Vladimir Nabokov (Mondadori, Milano 1959), l'altro scrittore che Cro­ nenberg riconosce come suo maestro. 3 [Il titolo originale del film è Naked Lunch, privo dell'articolo; nella traduzione italiana com­ pare l'articolo, diventando II pasto nudo. Abbiamo scelto di usare sempre le edizioni italiane dei titoli per rendere immediatamente chiaro al lettore di quale film si stia parlando; N .d.R.] 4Ciò che, letteralmente, non può essere guardato in faccia.

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il commercio di quadri, Joyce e Pound senza l'illeggibilità, un co­ siddetto testo-limite, allo stesso tem­ po americano e universale, a metà strada fra uno Swift del Mid-West e un Kafka dei bassifondi. Si trattò anche, e troppo spesso lo si dimentica, di un esemplare malinte­ so; Burroughs, come Sade, appartie­ ne al genere di scrittori che ci si sen­ te obbligati a spiegare (a scusare). Il pasto nudo veniva presentato dal­ l'autore come "una testimonianza su una malattia", ma ancora una volta Burroughs faceva confusione con le date. Era infatti piuttosto il suo primo libro "documentario", La scimmia sulla schiena,5 pubblicato con lo pseudonimo di William Lee (dal co­ gnome della madre, come Louis-Ferdinand Destouches),6*il7a corrisponde­ re a una simile definizione. A quel tempo Burroughs, da vero dandy decaduto, non credeva più nella letteratura, non voleva scrive­ re e soprattutto non voleva essere considerato uno scrittore o un poe­ ta. Solo per l'insistenza degli amici aveva acconsentito, controvoglia, alla pubblicazione di quella raccol­ ta di testi, di abitudini, di novelle e postille sulla sua tossicomania e

sulle sue allucinazioni; una raccolta che si era probabilmente rifiutato di riscrivere "in modo adeguato"/ di rendere presentabile. Nel film di Cronenberg si può ritrovare tutto ciò: la denegazione, il rifiuto di es­ sere scrittore spinto fino al delirio, lo stesso odio verso l'arte di un Mar­ cel Duchamp. Ma fedele al suo sti­ le, alla sua maniera, il cineasta dell'Ontario ci descrive questo atteg­ giamento non in modo documenta­ rio, ma "dall'interno". Ci impone una visione allucinata e mai norma­ tiva o esplicativa della creazione. Diciamolo senza mezzi termini: si tratta di un tentativo senza eguali. Cronenberg ha veramente penetrato la sostanza-letteratura, così come in altri film aveva penetrato la fusione genetica (La mosca), l'allucinazione come Weltanschauung ( Videodrome), la psicosomatica come me­ tafora della riproduzione sessuata (Brood - La covata malefica). Il pa­ sto nudo, una vera e propria summa cinematografica, è la fusione inatte­ sa di un cinema completamente rin­ novato e di un testo estremo, un film sperimentale sulla visione delle parole, sulle corrispondenze fra im­ magini e parole, su due linguaggi

5William S. Burroughs, La scimmia sulla schiena, Rizzoli, Milano 1962; N.d.R. 6 [Si tratta del vero nome di Céline; N.d.T.] 7 Si confronti un simile atteggiamento con quello di Céline, che insisterà per tutta la vita sul "lavoro" della letteratura, sugli "sforzi" che gli imponeva, sulla sua "sofferenza", esempio di persistenza, in un perverso subdolo, mitomane e scaltro, del mito romantico, rivisitato da Flaubert, del "lavoro ben fatto", dell'operosità assidua dell'artigiano che leviga continuamente il suo materiale... I due approcci, a prima vista contraddittori (l'ispirazione e la traspirazione, come si dice) convergono tuttavia nell'orizzonte dell'abiezione (anche se Burroughs, imbevu­ to del tema della "fine della letteratura", avrebbe perseverato, con il suq ultimo romanzo Le ultime parole di Dutch Shultz (Sugar, Milano 1971 ), nel suo atteggiamento di denegazione for­ sennata).

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che, fino a quel momento, pareva­ no incompatibili; è un viaggio al­ l'interno della vulnerabilità umana, fonte, a suo parere, della creatività e forse anche della creazione. Che cosa vede infatti Bill Lee, il non-scrittore che, nelle sue fantasie, crede di battere "rapporti" destinati a un'agenzia di spionaggio su macchine-da-scrivere-insetto di un'altra galassia?8 Vede il suo corpo drogato diventare una macchina, lo vede assumere tutte le forme della mo­ struosità, vede una Tangeri da incu­ bo, uscita da un film noir visto in gioventù, popolata da un bestiario ripugnante, vede tutti gli organi del suo corpo che si dissociano, si gon­ fiano e sgonfiano, si rompono, co­ me macchine. Ma ascolta anche: sente che tutti gli parlano dell'ucci­ sione della moglie, Joan Rohmer, sente Tom Frost confessargli "tele­ paticamente" che sta assassinando lentamente Joan, la sua donna (tutte le donne si chiamano Joan), sente le macchine da scrivere dettargli ordi­ ni. Sente i suoi migliori amici leg­ gergli ad alta voce i passaggi di un romanzo che starebbe scrivendo; ri­ sponderà loro: "Vi giuro, ragazzi, non ho mai visto quelle pagine!"8 0 1 9

E sente: sente che deve pagare un prezzo per fare il suo ingresso nella letteratura. La "prima" uccisione di Joan gli è stata imposta da un inset­ to. La sua macchina da scrivere-scarafaggio in seguito glielo confer­ merà: l'uccisione di Joan gli è stata "dettata", non deriva dal suo libero arbitrio. Ma mentre fugge verso Annexia con la seconda Joan, che il marito diceva di voler assassinare perché scriveva meglio di lui,‘'quan­ do le guardie di frontiera, fratelli ge­ melli degli sbirri newyorkesi (tutti gli sbirri si assomigliano), gli intima­ no di dimostrare di essere uno scrit­ tore, la uccide una seconda volta, come se questa uccisione, rivelatri­ ce della sua omosessualità, fosse il prezzo da pagare per entrare in un ipotetico regno delle lettere.10

IL ROVESCIO DEL CORPO Nessuno avrebbe puntato molto sul giovane David Cronenberg, che ne­ gli anni Settanta metteva insieme film ripugnanti e provocatori, pro­ dotti, cosa ancora più grave, da pic­ cole case specializzate nel porno. Alcuni, tuttavia, già coglievano il

8 Le sue dita penetrano una materia vivente, allo stesso tempo organica e meccanica, e insani monologhi sfuggono agli sfinteri che reclamano "una droga che non esiste". 9 Visto che Joan Frost è in genere ritenuta il doppio di Jane Bowles, si comprende come ci si trovi in presenza di una resa dei conti letteraria. Ma l'elemento importante, nel film, risiede nel fatto che, come lo scrittore folle di Shining batteva sulla propria macchina sempre e solo una cantilena infantile che rivelava la sua incapacità creativa, Joan scrive a mano la sola fra­ se, forse, che uno scrittore possa scrivere "All is lost" (Tutto è perduto), assimilabile alle ulti­ me parole pronunciate da Kurtz, alla fine di Cuore di tenebra di Conrad (Einaudi, Torino 1974), "The horror! The horror!" 10 Si può notare una reminiscenza, forse inconscia, dell'Orfeo di Cocteau (Einaudi, Torino 1970), dove la poesia proveniva da una macchina (un'autoradio) e lo stesso Orfeo poteva rag­ giungere la poesia solo uccidendo la propria donna.

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suo tipico modo diretto di andare al nocciolo della questione, il corpo, senza indulgere sulla paccottiglia da grand-guignol che tanto delizia gli appassionati del cosiddetto "cinema di serie B". Un'ambizione "moder­ nista", per essere precisi, che non si limitava a rivisitare le regole e il ridi­ colo del genere. Fin da subito, fu evidente che in questo canadese sbucato dal nulla (Cronenberg non proveniva né da una scuola di cine­ ma o di televisione, né dalla critica) era forte il desiderio di andare fino in fondo, di trovare quel famoso break through di cui poi avrebbe fatto il coronamento e l'enigma fondante della sua opera. Non si trattava però di quel secondo livello che segretamente affascina il cinefilo amante dell'emoglobina. Per chi aveva stu­ diato a lungo Burroughs," era evi­ dente che la tematica virale, sessua­ le e psicologica doveva necessaria­ mente, un giorno o l'altro, condurre all'incontro. Che ha avuto luogo. Ne II pasto nudo è possibile ritrova­ re tutti i temi cronenberghiani, de­ clinati con grande forza e finezza. Ma dal momento che viviamo l'av­ ventura di William Lee da\Yinterno, nel suo splendido isolamento da creatore post-rimbaudiano che ha

scelto la sregolatezza sistematica del senso e l'esilio prima di scrivere qualsiasi cosa, quei temi sono espo­ sti alla rovescia, come se fossero vi­ sti dall'altra parte dello specchio. Qualche esempio: è alla fine del film che l'avventura può iniziare. La lunga narrazione, con molti dialo­ ghi e molti monologhi (quelli di Bill sono estratti dei suoi romanzi futu­ ri), è fotografata dall'ottimo Peter Suschitzky, con una macchina da presa che incalza, con piani se­ quenza estremamente ravvicinati o con campi lunghi, l'impassibilità raggelata di chi ha varcato la linea. Non si assiste a una metamorfosi dell'eroe. È lo sfondo (una Tangeri ri­ costruita in studio) che si trasforma in inter-zona, in una zona fluttuante dell'allucinazione in cui, attraverso leggere alterazioni, New York divie­ ne poco a poco una casba nordafri­ cana; a sdoppiarsi sono i personag­ gi, non Bill.1 12Sono le cose a diventa­ re esseri (Bill Lee, lo sterminatore di scarafaggi che dilapida il suo fondo di magazzino utilizzando il piretro come droga, vede gli insetti che per professione dovrebbe sterminare, trasformarsi a poco a poco nei suoi padroni e "controllori";13 lanciatosi nella scrittura dopo un periodo di

11 S. Griinberg, "A la recherche d'un corps", language etsilence dans l'ceuvre de William Bur­ roughs, Seuil, Parigi 1979. 121due poliziotti newyorkesi Hauser e O'Brien alla fine diventano guardie di frontiera; Kiki, il giovane omosessuale che frequenta i bar loschi di New York diventa il Kiki di Interzona (Wil­ liam S. Burroughs, Interzona, Sugarco, Milano 1991). Joan Rohmer Lee, la compagna uccisa a New York, si reincarna in Joan Frost. 13 Si veda il romanzo johnny 23 (William S. Burroughs, Johnny 23, Sugarco, Milano 1975). Lo spionaggio è sempre stato una delle ossessioni di Burroughs, che a un certo punto, durante la guerra, decise di entrare nei servizi segreti. Alla fine comunque, per farsi riformare, si amputò una falange della mano destra. Brion Gysin, da parte sua, fu reclutato, e forse ciò rappresentò un elemento molto importante per la loro complicità.

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LO SGUARDO

"Le dita morte parlano in braille" (W. Burroughs); Bill Lee (Peter Weller) Il pasto nudo

Cameron Vale (Stephen Lack) in Scanners... o l'apoteosi dell'immagine religiosa (in questo caso il Mosè di Michelangelo) 14

crisi creativa ("ho smesso di scrivere a dieci anni. Troppo pericoloso..."), Bill va "a fondo". Quando Martin14 chiede consiglio a Bill per sapere se è necessario riscrivere la prima ver­ sione, la risposta è: "Stermina ogni pensiero razionale!" La contamina­ zione virale celebra così la sua apo­ teosi: il work in progress, quel ro­ manzo di cui l'autore nega persino l'esistenza, diviene il frutto degli amori mostruosi di una sostanza (la droga e, per essere più precisi, pro­ prio "una droga che non esiste") e di uno sperimentatore paranoico e al­ lucinato.’5 Dal momento che vivia­ mo questo parto dall'interno della psiche dell'eroe (un corpo martoria­ to dal bisogno e dall'astinenza, atta­ nagliato da ricorrenti sensi di colpa, assalito dalle immagini-virus dell'al­ lucinazione), per la prima volta in un film di Cronenberg è chiaramen­ te il mondo esterno a essere divenu­ to completamente illusorio: in bre­ ve, un corpo laboratorio16dove tutte le sensazioni alterate da una sostan­

za-morte17 si traducono in parole, in frasi, in immagini, in metafore, in formule, in mostruosità pornografi­ che! Il protagonista ha quindi proiet­ tato sull'ambiente circostante le me­ tamorfosi che avvengono in lui e le magnifiche scenografie di Carol Spier (scenografa degli ultimi otto film di Cronenberg) costituiscono così il corpo del narratore in pezzi. Il cineasta non veniva compreso fi­ no in fondo (non veniva del tutto creduto) quando affermava che nei suoi film "tutto usciva dalla testa del protagonista". In questo caso, quel postulato di base diventa un'eviden­ za. Tutti i personaggi (uomini, don­ ne, creature mostruose) sono inven­ zioni di Bill Lee. In un certo modo, Il pasto nudo non è solo il racconto della scrittura de II pasto nudo, ma anche il racconto della nascita di William Burroughs scrittore: del suo rito di insediamento nel club iperesclusivo del genio, del suo viaggio al termine della notte dell'astinenza e del suo ritorno nel mondo dei vivi.

14 Raffigurazione di Alien Ginsberg, il grande amore di Burroughs negli anni Cinquanta, quan­ do studente alla Columbia University era solito, con Kerouac, consultare come oracolo il più anziano Burroughs, con il pretesto di farsi "psicanalizzare". 15All'origine di tutto, ecco un altro tema ricorrente cronenberghiano, uno scienziato, il dottor Benway, medico-truffatore sul tipo di quelli che vendono nel Far West olio di serpenti a sona­ gli; un personaggio di secondo piano de II pasto nudo che tuttavia manifesta, da diversi punti di vista, una certa centralità. Burroughs aveva iniziato a studiare in medicina nella Vienna del­ la fine degli anni Trenta; e come dice con il suo caratteristico humour nero da vecchio tossico: "Ho sempre avuto la medicina nel sangue". ,6 Cronenberg e Suschitzky hanno accettato fino in fondo la sfida estetica. Parlerò più avanti dell"'assenza di cielo" degli ultimi film di Cronenberg; per ora mi limiterò a rilevare come ne Il pasto nudo sia stata soppressa la profondità di campo. E l'unico cielo che talvolta si intravvede è quello che taglia la finestra della stanza di Bill: il cielo di Tangeri, di un blu mediterraneo che, nel film, non esiste in nessun altro luogo, e per un motivo ben preciso: si tratta di una fo­ tografia di Tangeri, probabilmente scattata durante i sopralluoghi. 17 Si pensi, in proposito, a un romanzo di Philip K. Dick, dal tono estremamente burroughsiano, intitolato Un oscuro scrutare, Edizioni Cronopio, Napoli 1993.

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Il protagonista-narratore è dunque contaminato dal suo ambiente (as­ solutamente solo nella scenografia popolata dalle sue creature), ma si tratta di un ambiente che lui stesso ha creato di sana pianta.18 Il secondo esergo del film recita: "Hustlers of thè world, there is one Mark you cannot beat: thè Mark in­ side". In esso è presente un gioco di parole difficilmente traducibile: to break a Mark significa infatti "battere un record", ma la frase po­ trebbe essere tradotta: "Truffatori di tutti i paesi, esiste un segno che non potrete mai cancellare, il se­ gno interiore". Una cicatrice inte­ riore (corrispondente a ciò che i tossicomani chiamano rail, cioè al­ la lunga sequenza di microcicatrici che solca le vene troppo spesso scavate dagli aghi delle siringhe) che viene spontaneo mettere in re­ lazione con quella che si apre, spa­ lancata, nel ventre del protagonista di Videodrome e da cui usciranno le videocassette nelle quali è filma­ to il suo destino. E che viene spon­ taneo opporre alla sutura fantasmatica, ma realizzata al culmine di un'allucinazione psicotica, che Be­ verly Mantle pratica al fratello nella

speranza di "separare i gemelli sia­ mesi".19 Tutti i film di Cronenberg sono favo­ le sulla mutazione dell'organismo e la sua metamorfosi in qualcosa di mostruoso, su irreversibili alterazio­ ni del corpo e del cervello che si concludono immancabilmente con la morte. In questo caso, è la realtà stessa che si trasforma, sotto gli oc­ chi dello spettatore (ma anche sotto gli occhi del protagonista) in una mostruosità insuperabile: l'opera d'arte, il film. L'adattamento de II pasto nudo rap­ presenta una sfida che pochi avreb­ bero osato accettare: la sceneggia­ tura è stata scritta a partire da ele­ menti biografici "dati per acquisi­ ti"20che servono da prologo a un ro­ manzo che si scrive sotto i nostri oc­ chi. Qualche citazione, qualche si­ tuazione e qualche personaggio provengono da II pasto nudo, ma nella maggior parte dei casi si ha a che fare con mutanti, prodotti dalla fusione fra l'universo cronenberghiano e gli scritti di Burroughs. Cronenberg ha quindi scelto di nar­ rare una biografia nello stile di Bur­ roughs inventando, strada facendo, capitoli interi che non appartengo­

18Allo stesso modo, nel romanzo di Burroughs la metafora s'incarna più volte. Chi non ricorda "la scimmia sulla schiena", personificazione dell'astinenza che attanaglia il junky che diviene il "babbuino-dal-culo-purpureo", vero e proprio personaggio de II pasto nudo che ritorna, sot­ to diverse forme, a ogni capitolo. 19 Inseparabili. Tratti dalla corrispondenza con Ginsberg, Colloque De Tanger (William S. Burroughs, Brion Gysin et al., Colloque De Tanger, Christian Bourgois, Paris 1976), da testi recentemente ritro­ vati alla Columbia University e da leggende burroughsiane, come la nota Roulette alla Gu­ glielmo Teli che è alla base del suo ultimo lavoro di rilievo, Black Rider, l'opera di Bob W il­ son, su libretto di Burroughs e musica di Tom Waits, che non è ancora stata messa in scena ne­ gli Stati uniti.

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no né alla biografia (il rapporto con la coppia Frost, in realtà la coppia Bowles), né al romanzo (gli insettimacchina da seri vere-sfinteri par­ lanti). Quanto basta per lasciare in­ terdetti gli esperti (ma il grande pub­ blico non ci fa caso) o i puristi (ma esiste un purista dell'opera burroughsiana?) Già il primo esergo ci met­ te in guardia: "Nulla è vero, tutto è permesso!" E il miracolo si realizza: quell'incontro così auspicato (Cro­ nenberg ha lavorato sul progetto per più di dieci anni) produce un Pasto nudo più vero della verità, del tutto diverso, assolutamente sconcertan­ te, più fiction che fittizio, fedele più allo spirito che alla lettera - ma per­ ché parlare di spirito a proposito della coppia Burroughs-Cronenberg? - fedele al corpo del testo, fe­ dele a un'iconografia che sarebbe potuta esistere. Un autentico film sulla creazione letteraria, ossia il so­ gno di un creatore sulla creazione (la creatura?) di un altro. Per ripren­ dere qualche metafora tratta dalla sua filmografia, il professor Burrou­ ghs infila nel ventre di Cronenberg una videocassetta che si chiama II pasto nudo\ Inoltre William opera il fratello gemello di David di un car­ cinoma che ha l'aspetto di un libro. O ancora, William e David entrano nello stesso momento in due mac­ chine da teletrasporto e fondono i loro programmi genetici: il risultato

è un film mirabile, scandito dai riff selvaggi del saxofono di Ornette Coleman, cullato da una sorta di tango ("marcio come un cantalupo mar­ cio") di Howard Shore, per la sesta volta autore di una colonna sonora per Cronenberg.

"LA ROBA È IMMAGINE CONCENTRATA" W. BURROUGHS, NOVA EXPRESS2' Si potrebbe pensare a II pasto nudo come al frutto di un esperimento di laboratorio, ispirato a un libro scan­ daloso e oscuro, realizzato in supe­ rotto da un coraggioso cineasta e destinato a qualche cineteca. Inve­ ce si tratta di una coproduzione in­ ternazionale, con un budget di una ventina di milioni di dollari, a forte partecipazione giapponese, realiz­ zato in Panavision con tanto di Dolby. David Cronenberg fece la sua gavetta nel cinema sperimenta­ le alla fine degli anni Sessanta, ma optò ben presto per il cinema com­ merciale (in particolare per quello che la critica "rispettabile" ha sem­ pre considerato come un sottopro­ dotto: il cinema di genere). La "cri­ si" hollywoodiana, tuttavia, ci ha abituato in questi ultimi anni a ri­ considerare queste categorie!2 22 1 Ma Cronenberg, ed è per questo che II pasto nudo potrebbe finire

21William S. Burroughs, Nova Express, Sugar, Milano 1967. 22 La maggior parte dei grossi incassi di Hollywood negli ultimi decenni è stata realizzata da film fantastici o di fantascienza. Non ci soffermeremo sullo sguardo "nostalgico" che la nuova generazione di registi hollywoodiani rivolge ai generi, limitandoci a notare come Cronenberg sia assolutamente estraneo a un simile approccio.

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per rappresentare una tappa impor­ tante della storia del cinema di fine secolo, si è avvicinato al cinema, contrariamente ai cineasti della sua generazione (Lynch, i Coen, Burton, Dante ecc.), in maniera analoga a uno scrittore che scopre un nuovo strumento (il computer per esem­ pio). La stesura di una sceneggiatu­ ra di Cronenberg non è il frutto di un'idea originale o di un adatta­ mento sottoposto, nel corso degli anni, a diverse fasi di "trattamento" nelle quali ognuno (agenti, finan­ ziatori, produttori e attori) aggiunge le proprie impressioni, i propri tabù, le proprie considerazioni su questo o quell'aspetto del mercato. Cro­ nenberg ha certamente dovuto fare delle concessioni durante la propria carriera,23 ma in numero decisamen­ te minore rispetto alla maggior parte degli autori lodati da sempre dai "Cahiers du cinéma". Fedele al Ca­ nada (le sue riprese sono sempre state realizzate in Ontario o Que­ bec), alla sua troupe, al suo metodo di lavoro e soprattutto alla sua visio­ ne del mondo, è riuscito a imporre, grazie a un pubblico comunque de­ cisamente eterogeneo, un universo che trova nel surrealismo un riferi­ mento obbligato, ma che sfocia in una sorta di lunga autobiografia fil­ mata di un narratore ignoto. Lungi dal costruire un film sugli ef­ fetti speciali, confezionandoli in una sceneggiatura-tipo alla portata

di qualsiasi pubblico, Cronenberg è sempre partito dalla sensazione e dalla scrittura, utilizzando le tecno­ logie più sofisticate del cinema mo­ derno solo al servizio del testo. Il Pasto nudo costituisce in sé una sfi­ da, è anche la storia di una fedeltà (quella nei confronti di Burroughs) e di un superamento atteso: in un mo­ vimento dialettico che per la mag­ gioranza del pubblico risulta imper­ cettibile, rimette in piedi, con abi­ lità, l'universo che ha creato. È in maniera volontaria che inverte la sua ottica, che rompe lo specchio che inverte la camera oscura, e che ritorna (conservando) alla scrittura. Il pasto nudo è quindi senza dubbio un'esperienza autobiografica. Cro­ nenberg confessa senza falsa mode­ stia e con evidente soddisfazione di avere scritto di Burroughs "in stato di grazia", come se, sulla scia di Bill Lee, posseduto dalla scrittura, inva­ so dalle voci degli insetti-a-tastiera, avesse aggiunto al romanzo di Bur­ roughs alcuni capitoli inediti poten­ zialmente credibili. Nessun plagio, tuttavia, nessun pastiche. L'impresa è totalmente fondata su affinità elet­ tive e può essere paragonata soltan­ to all'incontro fra un grande scritto­ re e un grande musicista. Se il Don Giovanni rappresenta, in relazione ai precedenti adattamenti, uno dei vertici dell'arte occidentale, lo si deve al miracolo che permette a un mito universale di incarnarsi in ma-

23 Ha girato un sequel (un cosiddetto "remake") de La mosca, esempio di film di serie B degli anni Cinquanta; ha adattato La zona morta di Stephen King (Sperling Paperback, Milano 1994), una produzione Dino de Laurentiis; con Scanners ha apparentemente rinunciato a ogni pessimismo per mostrare che poteva raggiungere un pubblico estremamente vasto.

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IL SANGUE

"Ho sempre avuto la medicina nel sangue" (W. Burroughs); Peter Weller si contem­ pla le piste (Il pasto nudo)

Rose (Marglin Chambers) si strappa la flebo contaminatrice (R abid-Sete di sangue) 19

niera così perfetta da far dubitare, dopo averlo conosciuto, che abbia avuto un altro significato rispetto a quello attribuitogli da Mozart (e da Da Ponte). Il paragone vale anche per il classi­ cismo, perché Cronenberg non ave­ va mai controllato meglio il suo materiale. Dopo la fluidità glaciale degli Inseparabili, con II pasto nudo ritorna ai toni caldi: l'ocra dei muri di Tangeri, il vestito color ruggine di Bill Lee, gli ematomi giallastri sulle braccia dei drogati: si torna, senza dubbio, all'interno di un cor­ po; il modernismo dell'architettura ha ceduto il passo a un dominante seppia in cui gli edifici, gli accesso­ ri, le automobili sono segnati da un'avanzante decrepitezza. Non si deve pensare, tuttavia, all'estetica "rétro" così in voga nel cinema at­ tuale. Si tratta invece della nostal­ gia cronenberghiana (e burroughsiana) per una giovinezza perduta, così come la si può recuperare solo in sogno. La realtà è scivolosa, co­ me la memoria; i ricordi trasudano dalla pellicola, disparati e confusi, le scenografie sono intercambiabili, e oscillano continuamente fra la New York degli anni Cinquanta, co­ sì come avrebbe potuto filmarla il cinema in bianco e nero, e, per ri­ prendere un'espressione dello stes­ so Cronenberg, "una Tangeri che

non esiste più", artificiale e sinteti­ ca, con i soli esotismi che il Burroughs di prima dell'esilio avrebbe po­ tuto immaginare. È una Tangeri mi­ tica da film di spionaggio - Peter Suschitzky, il direttore della foto­ grafia, mi confessò che aveva volu­ to darne un'interpretazione espres­ sionista, alla Joseph von Stembergin cui si percepisce soprattutto il ticchettio delle macchine da scrive­ re, in cui si distinguono vagamente gli accenti rochi dei musicisti di Jajouka che accompagnano il trio di Omette Coleman,24 e in cui dro­ medari e montoni percorrono in un eterno crepuscolo le strade oscure che talvolta conducono ad aree in stato di abbandono, a zone equivo­ che di un Occidente incancrenito dal Terzo mondo.

LA COSPIRAZIONE C'è, in Burroughs, un "complotto nova", diretto in primo luogo con­ tro di lui e che, attraverso la verità estrema della sua opera, finisce con l'inglobarci tutti. Chi conosce bene l'eremita di Lawrence, in Kansas, esita quando si tratta di stabilire se la paranoia di Burroughs sia fittizia o reale. Leggenda vivente, Burrou­ ghs non cessa di essere all'altezza della sua reputazione. È probabile

24 Sullo sfondo della partitura "sinfonica" di Howard Shore, Ornette Coleman si è dedicato a un esercizio particolarmente brillante: inventare un be-bop che non esiste! Quel jazzista ge­ niale non è caduto nella trappola del rétro musicale, ma invece, facendo leva sul suo stile free associato agli anni Sessanta e Settanta, ha reinventato un jazz allucinato degli anni Cinquanta, come se noi lo ascoltassimo al posto di Bill Lee, per cui palesemente la musica non ha molta importanza.

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che nessuno saprà mai quale sia stanza critica in quanto sappiamo stato il ruolo realmente svolto dal che Bill Lee vive già (prima che il delirio di persecuzione nella sua vi­ film inizi) nel mondo senza frontie­ ta e, di conseguenza, nella sua ope­ re collocato fra la realtà e l'allucina­ ra. Cronenberg sembra orientarsi zione.26 È un mondo nel quale la soprattutto sul versante dell'allego­ moglie Joan potrebbe senza proble­ ria kafkiana. Dalla Consec di Scanmi far parte di una "unità d'élite di ners, il temibile gruppo farmaceuti­ scolopendre" nella quale gli scara­ co che manipola i geni delle donne faggi newyorkesi potrebbero age­ incinte grazie all'Ephemerol, un far­ volmente "attaccarsi al fluoruro... maco teratogeno25 che crea soggetti possono anche mostrarsi estremadotati di poteri telepatici, alla Specmente pericolosi se li si priva im­ tacular Optical, che tenta di con­ provvisamente del fluoruro..." Bill trollare il pianeta bombardandolo Lee vive in mezzo agli insetti, vive con programmi televisivi allucino­ grazie agli insetti; sopravvive iniet­ geni, diverse sono le organizzazioni tandosi il piretro a loro destinato. (in generale multinazionali) che mi­ Per una forma di contagio, non avrà nacciano i suoi eroi. Ma Cronen­ alcuna difficoltà a credere che la berg dissemina nelle sue opere un moglie sia un insetto che lavora per tale quantità di elementi di dubbio il nemico. Una delle scene più forti che lo spettatore può legittimamen­ e dure è proprio quella in cui Bill te considerare la cospirazione co­ viene lasciato solo in un ufficio sor­ me una delle componenti del deli­ dido, con un'enorme blatta che, sollevando le elitre, mostra uno rio del narratore. Ne II pasto nudo, ci troviamo in un sfinterio parlante; nel corso della universo essenzialmente ed esisten­ conversazione, l'insetto gli chiede: "Bill, potrebbe strofinarmi le labbra zialmente paranoico, fedele alla Weltanschauung burroughsiana se­ con un po' di questa polvere?" Lui condo la quale "non esiste realtà lo fa, e contempla nauseato la grot­ vera o reale". Non abbiamo più di­ tesca soddisfazione dell'insetto. Po­

25 È noto che negli Stati uniti un certo numero di persone "serie" è assolutamente convinto che il virus d e ll'A ID S sia stato sintetizzato in laboratorio e volontariamente diffuso nel pianeta allo scopo di realizzare un genocidio (a seconda dei singoli gruppi) di omosessuali, neri ecc. L'America, a causa delle forme della sua democrazia e delle sue patologie da sovrainformazione, è il terreno di coltura ideale delle leggende metropolitane più folli. In un testo recente, No all'isteria contro la guerra, Burroughs spiega, in maniera estremamente convincente, co­ me la campagna antidroga lanciata dal governo americano non abbia altro scopo che quello di creare una società di tipo nazista e di moltiplicare i profitti del traffico di sostanze stupefa­ centi che, naturalmente, saranno controllati dai più influenti governi del pianeta. [W.S.Bur­ roughs, No all'isteria contro la droga, in Ad alto rischio. Antologia di scritti proibiti, Amy Scholder e Ira Silverberg (a cura di), ShaKe, Milano 1997; N.d.R.] 26 Nella parte newyorkese, il protagonista viene così torchiato da due sbirri dell'antidroga: "Hai una bella fedina. Ti è passata per le vene un casino di droga!" Lee replica ammettendo: "Ero completamente fuori all'epoca. Oggi va meglio: sono sposato, pulito. E ho un buon lavoro!"

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co dopo, lo schiaccerà sotto la scar­ pa. Torna quindi a casa e sorprende Joan mentre si sta facendo un'inie­ zione di polvere gialla nel seno. Bill la mette in guardia contro quel ve­ leno e gli domanda improvvisa­ mente: "Ma allora, che cosa ti ha spinto a prendere questa merda? Come facevi a sapere che non ti avrebbe ucciso?" "Non lo so Bill. Mi sono sentita attratta, come si è attratti da un vecchio amante... (poi apre un pacchetto e gli porge la pol­ vere gialla) Di' Bill, potresti strofi­ narmi le labbra con un po' di questa polvere?" Bill lo farà con un misto di eccita­ zione e ripugnanza, e quando Joan si passa languidamente la lingua sulle labbra per assumere la polve­ re, "Lee posa le labbra su quelle di lei; si scambiano un bacio appas­ sionato". Quando Bill si rivolgerà al dottor Benway, questi gli consiglierà, per disintossicare l'amica, di mescolare la "carne nera" al piretro. E Benway - deus ex machina della cospirazio­ ne Interzona, signore delle allucina­ zioni e delle metamorfosi, conden­ sato trionfante di tutti gli scienziati manipolatori che popolano i film di Cronenberg (ma che, contrariamen­ te ai ricercatori più o meno pazzi dei film precedenti, non solo non è destinato a morire, vittima delle proprie scoperte, ma finirà con il trionfare) - gli porgerà, nella sua lingua gergale e ricercata da vec­ chio imbroglione, la bella metafora che riassume il film: "Vede con quale eleganza funziona il proces­ so: il nero scompare del tutto, nes­ 22

sun odore, nessuna decolorazione, come un agente che è giunto a cre­ dere alla propria falsa identità ma che resta lì, nascosto, allo stato lar­ vale, in latenza, e che attende il momento giusto per venire allo sco­ perto... la metamorfosi non è del tutto riuscita, sono d'accordo, ma non sono mai stato uno specialista in insetti". Mai in precedenza lo spettatore di un film di Cronenberg aveva cono­ sciuto una simile esperienza di voyeurismo e impotenza. Man ma­ no che il film procede, l'universo, secondo la sua caratteristica logica, si disgrega totalmente. Bill, in prati­ ca, non oppone alcuna resistenza al contagio. Lo si è capito, si è assue­ fatto a quel "principio di realtà" co­ me a una droga; e i suoi amici pen­ sano che si tratti di una sola e unica cosa quando scoprono (con noi) che Bill vede nella sua farmacia portatile la macchina da scrivere che utilizza per battere i suoi rap­ porti. Ma, come noi, non fanno nul­ la, perché quelle sporadiche allucinazioni (e anche la morte di Joan) gli permettono di scrivere la sua grande opera. Tutti i film di Cronen­ berg conducono il protagonista alla morte; una morte tanto più patetica in quanto non sfocia in nulla e si in­ scrive in un universo totalmente chiuso e privo di uscite di sicurez­ za. Ne II pasto nudo Bill, nonostan­ te la sofferenza, il senso di abban­ dono e manipolazione, scrive il suo libro, trasformando, letteralmente, la vita in un'opera d'arte. E le sue esperienze, siano esse grottesche o terribili, si riverseranno, sublimi se

non sublimate, sulle pagine sparse sul pavimento della sua stanza. Co­ me scriveva 'Umar Khayyàm nel suo Robàì'ates: "la mano che scrive si ferma... e poi continua a scrive­ re". Nulla è vero, tutto è permesso. Verso la fine del film, Bill eredita una macchina da scrivere a testa di Mugwump sulla quale è attaccata una cresta fatta di organi che evoca­ no mammelle di vacca e il pene... Bill, mentre batte i rapporti succhia un liquido translucido secreto da quell'appendice. Si tratta della dro­ ga ultima, estrema, che trasforma l'uomo in schiavo di Mugwump. Bill decide improvvisamente di li­ berarsi della macchina che consi­ dera un "agente nemico". Ma la macchina lo avverte: "Bill se ti libe­ ri di me rompi ogni legame con la realtà! Per esempio, prendi il caso della spia che ha dimenticato la sua vera identità, scambiandola per la sua copertura: è ancora ad Annexia a trafficare. Oppure un agente ha ri­

cevuto un tipo di addestramento per il quale negherà la sua identità e crederà veramente alla propria co­ pertura. Perché non utilizzare un po' di jujitsu psichico per confortar­ lo? Suggerendogli che la copertura è la sua vera identità e che non ce ne sono altre. La sua identità di agente diviene così inconscia, sfug­ ge cioè al suo controllo; si può quindi perfezionare la cosa attra­ verso la droga o l'ipnosi. Si può in questo modo trasformare un onesto cittadino etera in pazzo furioso... Abbiamo perso alcuni dei nostri mi­ gliori agenti, con questa tecnica... Può succedere a tutti!" "Può succedere a tutti!" ci dice Cro­ nenberg (rispondendo alla doman­ da ossessiva della postfazione de II pasto nudo: "Farai forse lo stesso?") e senza dubbio può succedere a noi, di perdere la nostra identità in un mondo in cui "tutto è perduto", per poi ritrovarci, all'uscita del labi­ rinto, scrittori, cineasti... o pazzi.

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David Cronenberg nel ruolo dello psichiatra folle in Cabaldi d iv e Barker

IL VIRUS "La vita è una m alattia." C o sì N ietzsche interpretava le ultim e parole di Socrate ("A n diam o a s a crifica ­ re un gallo a E scu lap io l")

CRONENBERG CINEASTA "POSTMODERNO" Al cinema si ha l'abitudine di defi­ nire un'immagine sulla base di un coefficiente di verità: questa imma­ gine è vera o no? Questa immagine è giusta o no? Cronenberg ci invita a porre il problema in maniera diffe­ rente: questa immagine è sana o vi­ rale? È stata forse parassitata da un virus, nel senso in cui il termine è usato nell'informatica? In effetti,

nella maggior parte dei film di Cro­ nenberg è presente un programma umano, all'inizio apparentemente sano, che un virus non solo rovina ma, come accade ai computer, di­ strugge dall'interno, seguendo la stessa logica del linguaggio infor­ matico, così come il virus biologico utilizza il codice genetico del suo "ospite". Un approccio essenzial­ mente diverso rispetto a quello di altri film dell'orrore o di fantascien­ za, in quanto la sua forma narrativa è prossima non tanto a un intreccio quanto a una perizia medica, tesa a registrare, talvolta in maniera documentaristico-realista, l'avanzare di una malattia. La realtà sociale, an­ che se abbozzata, è sempre realista 25

(se non addirittura iperrealista) e i "mostri" non sorgono mai "per ma­ gia"; al contrario essi sono sempre individui socialmente e storicamen­ te esistenti che, per effetto di un trauma, di una manipolazione me­ dica o di un esperimento scientifico tentato su se stessi, si ritrovano alte­ rati, metamorfizzati, mortalmente colpiti da una mutazione organica. Da ciò consegue la forma generale che assume la sua sceneggiatura-ti­ po: il protagonista, in seguito a una di quelle operazioni, si ritrova con­ taminato da un virus che ne altera l'umanità. L'alterazione non è tutta­ via sempre negativa; essa può attri­ buire poteri "sovrumani", paranor­ mali (la telepatia e la telecinesi in Scanners, i poteri di una macchina in Videodrome, l'aumento della po­ tenza sessuale e della forza fisica in La mosca, la possibilità di predire il futuro ne La zona morta); ma può anche far regredire verso l'animalità (la sanguisuga di Rabid in Rabid Sete di sangue, la femmina animale di Brood - La covata malefica, l'in­ setto di La mosca e II pasto nudo, l'animale in calore de II demone sotto la pelle). Il protagonista non recupererà mai la "salute" (la normalità); spesso, tuttavia, nemmeno lo desidera. Piuttosto, approfitta dell'occasione per sfuggire alla sorte comune. E quindi tenta, mosso da una curio­ sità anch'essa malsana - con la rile­ vante eccezione di Scanners nel quale appare evidente che la condi­ zione del telepate annuncia una sorta di superuomo del futuro - di spingersi più avanti, di portare la 26

mostruosità al limite estremo. Vuole andare "fino in fondo", in un al di là della carne che non ha nulla a che vedere con la cristiana aspirazione a un'estrema purezza e piuttosto si riferisce alle speculazioni scientifi­ che sull'ottimizzazione delle capa­ cità fisiche e intellettuali. La ricerca termina immancabilmente con la morte o il suicidio. Per taluni una simile sceneggiaturatipo dimostrerebbe il pessimismo di Cronenberg, e forse anche il suo odio per la scienza e il progresso. Ma a parte il fatto che la fede nel progresso lineare della scienza non regna ormai più nemmeno nei sogni dei divulgatori e dei volgarizzatori, l'artista, quando utilizza elementi tratti dalla fantascienza, non può ignorare le contraddizioni spesso tragiche fra l'incremento della po­ tenza delle tecnologie più sofistica­ te e la stagnazione, se non addirittu­ ra la regressione politica, economi­ ca ed etica che governa il pianeta (le inquietanti multinazionali dall'i­ deologia fascistizzante di Scanners e Videodrome mostrano in maniera eloquente come Cronenberg non sia affatto un cantore dello status quo). Il cineasta canadese tuttavia non è mai stato un autore cosiddet­ to "engagé", impegnato cioè a de­ nunciare un qualunque ordine poli­ tico o socio-economico, quel tipo di cinema viene da lui definito "di propaganda"; il suo interesse per la sociologia è solo occasionale e an­ che il suo proposito di rompere con la tradizione "psicologica" norda­ mericana si sviluppa interamente in ambito cinematografico, attraverso

la presa di distanza dal modello nel quale l'"eroe", attraverso avventure e tribolazioni, incarna l'ideale puri­ tano dell'elezione e della predesti­ nazione. Diversamente, fin dai pri­ mi lungometraggi (Stereo e Crimes of thè Future), Cronenberg si pre­ senta piuttosto come un cineasta di idee, decisamente prossimo, nelle tecniche narrative come nelle tema­ tiche, a chi artisticamente lo ha maggiormente influenzato: William S. Burroughs. Come lui follemente innamorato della fantascienza e della biologia, concepisce le idee come un "corpo" enigmatico da af­ frontare con il metodo della disse­ zione.’ In sintesi, nonostante una padronanza sempre maggiore della regia, del montaggio e della dire­ zione degli attori, Cronenberg è partito da un'ambizione "letteraria" della quale il cinema, un po' come per i surrealisti, rappresenterebbe l'illustrazione più adeguata.

"HO SEMPRE AVUTO LA MEDICINA NEL SANGUE..." W. BURROUGHS Non desta affatto stupore che David Cronenberg, per la sua prima appa­ rizione sullo schermo, abbia scelto il ruolo di un chirurgo con tanto di mascherina che in sala operatoria si appresta a far nascere un mostro (La mosca). In effetti, lo sguardo con

cui il cineasta investe i fenomeni e gli esseri che popolano i suoi film ha un carattere medico, chirurgico. Dal medico folle de II demone sotto la pelle ai gemelli Mantle - e più re­ centemente con il mitico dottor Benway de II pasto nudo, gli emuli di Esculapio non mancano di certo. E non si tratta di personaggi che si contemplano con la freddezza del­ l'uomo d'arte, come scissi dalla lo­ ro sofferenza e anormalità. Non si tratta, forse, proprio dell'intento del suo cinema: una diagnosi sull'immagine, e anche sulla sua mostruo­ sità consustanziale (e Videodrome ne risulta l'esempio più compiuto)?1 2 Il virus, la proliferazione virale, è nel contempo il tema centrale della sua opera e il modo per individuar­ la, la sua tecnica. Il virus agisce, nella mentalità con­ temporanea, come la metafora più comune del Male (invisibilità, furtività, inganno) ma si presenta, allo stesso tempo, come un nodo di connotazioni spaventose (esisten­ ziali, politiche, sessuali), talvolta addirittura millenaristiche (l'"inquinamento" inteso nell'accezione più comune o le epidemie come I' a id s ). Diversi furono gli psicanalisti, a co­ minciare da Wilhelm Reich, che stabilirono una connessione fra un certo discorso totalitario (quello del n s d a p in Germania, per esempio) e l'ossessione per il contagio, che sempre presentava forti connotazio-

1 II cut-up di Burroughs. [Cfr. suN'argomento "Re/Search" ed. it. William S. Burroughs e Brion Gysin, ShaKe, Milano 1992; N.d.R.\ 2 Così come Burroughs considera II pasto nudo "una testimonianza su una malattia".

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Una sessualità morbosa: in Inseparabili, la masochista Claire (Geneviève Bujold) si offre a uno dei fratelli Mantle Qeremy Irons)

Una sessualità clinica. L'esperienza sessuale è sempre un esperimento di laborato­ rio... in questo caso in Stereo 28

ni sessuali.’ È inutile ritornare suIl'utilizzo di questa metafora da par­ te della propaganda e del cinema nazista, stalinista, maccartista, e sul successo che conobbe, in particola­ re a Hollywood, nel campo della fantascienza e deN'horror.3 4 Infestata da un virus, la comunità umana de­ perisce, si disgrega, nega i suoi va­ lori fondamentali; invece, quando è attaccata da uno straniero (Alien) ontologicamente ripugnante, riesce sempre a recuperare la solidarietà necessaria per distruggerlo. Vedremo che Cronenberg, la cui morale non coincide affatto con quella dell'ideologia corrente del consenso, non assume mai il punto di vista della comunità. Fin dai pri­ mi film, le vicende di Rose (Marylin Chambers), punto di partenza di una pandemia, sono descritte dal punto di vista della donna.5 È un'esercito anonimo, l'Ordine in­ carnato nella maniera più fredda e brutale, a risolvere il problema. Lo spettatore, incapace di identificarsi

con questa donna fallica che so­ pravvive grazie al vampirismo, av­ verte un senso di desolazione e di demoralizzazione, che rappresenta una sorta di firma del cineasta dell'Ontario.

LA MATERIALITÀ DELL'ORRORE Cronenberg ha scelto il virus come metafora privilegiata per operare al­ l'interno del genere che predilige, non tanto per rinnovare i quadri di una simile tradizione, quanto piut­ tosto perché l'approccio virale pre­ senta il vantaggio di mettere da par­ te tutta la paccottiglia irrazionale che di norma circonda il paranor­ male. Il genere fantastico, in effetti, presuppone il rispetto di un certo numero di regole, o per meglio dire di una morale. La più comune, nel­ le sceneggiature di questo tipo, è più o meno la seguente: le manipo­ lazioni operate da demiurghi che, per orgoglio, vogliono eguagliare

3 II vettore del capro espiatorio è sempre l'"altro" (il senegalese violentatore di donne tede­ sche) o L'Altro-travestito-da-Se-Stesso, e per questo infinitamente più pericoloso (l'ebreo in particolare). Dalla peste del Medioevo, con l'accusa di avere avvelenato i pozzi rivolta agli ebrei, fino ai Protocolli dei savi di Sion, dove viene descritta non un'invasione straniera, ma la presenza, in seno alla nazione (russa, francese, tedesca) di un corpo estraneo "in apparenza normale", che penetra tutti gli organi della società: è la stessa immagine (con la relativa garan­ zia "scientifica") del virus che assume il sembiante di una cellula sana per introdursi nell'orga­ nismo; la cellula maligna, in qualche modo, diviene la gemella di quella sana, il suo sosia (7ò he a dead ringer for someone: essere il ritratto vivente di qualcuno). 4 L'ultima gemma del genere è Essi vivono di Carpenter. 5 In Rabid- Sete di sangue, in seguito a un incidente automobilistico, Rose è operata da un au­ dace chirurgo che le pratica un trapianto di pelle. L'intervento riesce solo in parte, e il medico inserisce sotto l'ascella di Rose una sorta di pungiglione di cui la donna si serve per sopravvi­ vere, essendo il sangue il suo unico nutrimento, provocando un'epidemia generale nella re­ gione di Montreal. Le ultime sequenze, nelle quali i soldati, nelle strade della metropoli, pro­ cedono all'esecuzione di tutti i "sospetti", e alla fine anche di Rose, il cui cadavere viene get­ tato in un cumulo d'immondizia, non ispirano tuttavia alcun sollievo.

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Dio, generano mostri o provocano catastrofi. Morale della storia: non mettiamo mano alla natura (soprat­ tutto umana), opera del Creatore! Si tratta dell'archetipo dello scienzia­ to folle (il dottor Moreau, per esem­ pio), archetipo nel quale trovano spazio i parti ibridi, il mostro di Frankenstein, momento chiave del­ la fantasia della nascita senza geni­ tori, fondamento del "romanzo fa­ miliare", le tirate faconde e vuote sulla "scienza senza coscienza", sulla rottura dell'equilibrio ecologi­ co - variante "modernista"; per non parlare del gotico, dove viene uti­ lizzata una mitologia antica quanto di provata efficacia: donne fatali, vampiri, lupi mannari, demoni, ap­ parizioni luciferine... È proprio per rompere con una simile tradizione che Cronenberg ha consapevol­ mente deciso di esplorare quel suo caratteristico ambito (che, in parte, ha lui stesso inventato e in cui l'or­ rore è allo stesso tempo interiore, viscerale, giocato cioè sul ripu­ gnante, e medico), un po' alla ma­ niera di un letterato viaggiatore set­ tecentesco, con l'occhio sperimen­ tale ed enciclopedico del ficcana­ so. Strada facendo, il regista ridefi­ nisce una sorta di materialismo estetico attraverso la sua caratteri­ stica sensibilità, le sue ossessioni, il suo senso di ciò che Sade (in ambiti

analoghi) definiva giustamente la délicatesse.

L'IMMAGINE VIRALE Al cinema che cosa distingue un'immagine normale da un'imma­ gine "virale"? Ricordiamo il clamo­ re suscitato dalle "immagini subli­ minali" ritenute capaci di influen­ zare, attraverso una sorta di ipnosi, gli innocenti spettatori. Questa leg­ genda metropolitana, anche se fon­ data su fatti reali, rivela l'ossessione moderna per ciò che Burroughs, nella sua paranoia inventiva, chia­ ma "controllo".6 In effetti, ciascuno di noi si trova a essere bombardato di immagini, tanto che l'affermazio­ ne del professor O'Blivion, in Videodrome, secondo la quale "la te­ levisione è più che la vita", è diven­ tata un luogo comune, un cliché. Il recente esempio della Guerra del Golfo, che ha palesato come l'es­ senza stessa degli armamenti mo­ derni sia l'inganno, attribuisce re­ trospettivamente a Burroughs e al suo "discepolo" Cronenberg dei tratti da veggente. L'elettronica e l'informatica permettono oggi di scaricare inganni termici che affol­ lano i radar nemici, di offuscare to­ talmente ogni ricezione del radar fi­ no alla soglia dello "schermo bian-

6 In inglese il termine è molto più forte: il control è infatti l'assoggettamento, la sorveglianza, l'appropriazione, ciò che permette alla casta dei sacerdoti maya, per esempio, di esercitare un potere quasi assoluto sui contadini, grazie alla loro conoscenza di un calendario partico­ larmente efficace. Per riassumere, in Burroughs il control è un fenomeno di soggiogamento totalitario.

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co" che "acceca" completamente i sistemi di difesa integrati terra-aria, di costruire con materiali moderni aerei "invisibili", virtualmente im­ percepibili... Siamo quindi in pre­ senza di autentiche immagini virali volte a ridurre all'impotenza il siste­ ma di difesa nemico, assicurando il "dominio dei cieli", e che unite al "controllo" totale su tutte le fonti di informazione (occultamento totale delle "immagini" della guerra, sovraestimazione esagerata e volonta­ ria della potenza del nemico, diffu­ sione di notizie false a un livello mai visto in precedenza) in pratica trasformano la strategia dell'avversario in gioco d'azzardo. Si tratta, in qualche modo, della stes­ sa strategia adottata da Cronenberg: in una profusione di immagini la cui provenienza non è mai definita, e la cui veridicità o affidabilità è ampia­ mente sospetta (le visioni di Johnny Smith, interpretato da Christopher Walken, ne La zona morta, le allucinazioni di Max Renn, interpretato da James Wood, in Videodrome, le im­ magini oniriche de La mosca o Inse­ parabili, per fare qualche esempio), lo spettatore non dispone dei punti di riferimento o degli indizi necessari per distinguere l'immagine "realistanaturalista" (che si ritiene registri l'a­ zione così come è avvenuta) da quella onirica, allucinatoria o fantasmatica. Non è certo un caso che la

sceneggiatura de II pasto nudo porti in esergo la frase di Burroughs "Niente è vero, tutto è permesso!" Con gioia iconoclasta, Cronenberg in tutti i suoi film alterna immagini sane a immagini contagiate, come se volesse provocare in noi una vertigi­ ne, un dubbio sistematico, come se volesse mostrarci che il raggio lumi­ noso che passa, in sala, sopra le no­ stre teste, è il vettore non solo di un'illusione (della quale desideriamo assolutamente dimenticare la natura) ma anche di una malattia virale alta­ mente contagiosa chiamata cinema. Come non evocare, anche in breve, il percorso paradossale che scandi­ sce la fortuna deN'immagine in luo­ ghi di tradizione puritana come il Canada e gli Stati uniti! Secondo la tradizione biblica, Dio fece l'uomo a "sua immagine", e di conseguen­ za ogni rappresentazione dell'uomo (si potrebbe anche dire ogni ripro­ duzione artificiale, non sessuata) è considerata un crimine.7 La riprodu­ zione plastica degli animali, da par­ te sua, rimanda a un'idolatria ante­ riore, già condannata da Abramo in quanto avrebbe sacralizzato il tem­ po caotico nel quale la separazione dell'uomo dal regno animale non era ancora avvenuta. Il Dio della Bibbia è in primo luogo un nome, di cui si vieta l'invocazione, e non una persona. Ed è allo stesso tempo un verbo che ha il potere di separa­

7 È proprio questo che oppone in modo estremamente marcato la tradizione greca, nella quale l'imitazione della bellezza aveva un carattere sacro, e gli ebrei soggetti all'influsso dell'elleni­ smo che, lottando contro quanto etichettavano con il termine generico di "epicureismo", giunsero a vietare la pratica degli esercizi fisici che ai loro occhi rappresentavano una sorta di idolatria narcisistica del corpo.

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re la luce dalle tenebre e l'umanità dall'animalità (grazie all'alfabeto e alla Legge che si cristallizzano nel Decalogo). Il puritanesimo, come movimento religioso, inizia con una campagna di natura iconocla­ sta: nel tenjpio, qualsiasi quadro, ornamento o arazzo era considera­ to un inganno, un velo opaco che impediva la comunicazione diretta del fedele con il suo Dio. Si ricordi lo sgomento del legionario romano che, dopo aver strappato con un trionfante taglio di spada il velo bianco che ricopriva il sancta santorum posto al centro del tempio di Gerusalemme, scopriva che anzi­ ché tesori accumulati da secoli, co­ me in qualsiasi tempio pagano,8esso non nascondeva niente!9 Feroce paradosso dell'America del Nord in cui la "religione catodica" è diven­ tata veramente onnipotente e l'im­

magine, come dice giustamente Cronenberg, è non il sostituto o l'i­ mitazione della vita ma la realtà ul­ tima, la realtà rivelata. Paradosso ancor più carico di corrosiva ironia, se si pensa che Hollywood, luogo d'origine di questa "peste", fu in gran parte edificata da compagnie i cui direttori, produttori e registi era­ no in maggioranza ebrei! Si è detto che la religione dell'America era quella del dollaro,101oggi si dovreb­ be aggiungere che è senza dubbio quella dell'immagine; del resto, grazie all'informatica, il segno mo­ netario e le operazioni della borsa sono state in tempi recenti smateria­ lizzate, dal momento che il denaro esiste solo in termini virtuali, se non addirittura ectoplasmatici." Ecco che ci introduce al cuore del disagio di cui si parlava: l'inquie­ tante estraneità di VideodromeV2

8 Si veda, in proposito, Victor Duruy, Histoire des Crecs, dove si specifica come il tempio in Grecia sia assimilabile in primo luogo a una banca di deposito. 9 Allo stesso modo, Max Renn scopre nel sancta santorum della "missione catodica" che O 'Blivion, il profeta della nuova religione, non esiste. O 'Blivion è una parola allo stato pu­ ro, un'immensa videoteca nella quale ogni videocassetta è un sermone del profeta adatto a una specifica situazione. Il suo insegnamento è dispensato unicamente tramite la parola, senza dubbio ha (è) un'immagine, ma non si tratta forse di una di quelle "immagini di sinte­ si" che animano, ormai da tempo, certe trasmissioni televisive? e la sua rassomiglianza con il Dio biblico è rafforzata da quanto confessa a Max Renn: "O 'Blivion (in inglese oblio) non è certo il mio nome!" 10 Nel dollaro, la formula In C od We Trust, posta sullo sfondo di simboli massonici, assume l'a­ spetto di una confessione o di un lapsus di stupefacente ingenuità, sìa che si aggiunga una let­ tera a C o d per ottenere Gold, sia che si assuma Trust nel suo significato economico: credito, deposito bancario. 11 II nostro tempo, è segnato dalla scoperta di un vero linguaggio universale, si tratta della nu­ merazione binaria 01, utilizzata un po'dappertutto, dalla macroeconomia alla microbiologia passando per gli attuali media quali dischi a suono o immagine "digitale", pellicole sonoro-ci­ nematografiche "digitali" ecc. ’2 Max Renn, che dirige a Toronto un piccolo canale televisivo di tendenza trash (sesso e vio­ lenza), scopre grazie al suo assistente Harlan una trasmissione pirata, Videodrome, che tra­ smette snuff movie (atti di sadismo e uccisioni senza alcun trucco. Lo snuff fu uno dei pretesti invocati da Valéry Giscard d'Estaing per promuovere una stretta censoria sulla pornografia).

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Da quando si può dire che Max è in preda alle allucinazioni? Fin dalla prima immagine, forse (nella quale si vede il volto della sua segretaria, sullo schermo di una televisione programmata come sveglia, che gli espone il programma della giorna­ ta)? La prima volta che vede Videodrome, quanto avviene gli appare come il logico seguito della sua ri­ cerca frenetica di un porno vera­ mente "duro"; sfuggito da chissà quale satellite, il segnale-videodrome concretizza i suoi desideri più ardenti, desiderio commerciale, certo, ma anche personale. La "du­ rezza" dell'immagine è senza dub­ bio quella del porno definitivo, "ve­ rista", "fatto sul serio"; ed è eviden­ te che, per un pubblico ipersaturo di finzioni molli, lo spettacolo defi­ nitivo non può essere che "docu­ mentario", un grand-guignol senza trucchi, nel quale le sofferenze e le morti sono state realmente riprese! Sarebbe quindi necessario analizza­ re ogni peripezia del film, che mette in tensione di continuo i nervi dello spettatore, come il segnale-video-*

drome provoca a coloro che ne so­ no esposti un tumore mortale. Quantomeno, è in questa direzione che ci porta il racconto. Ma posto nella condizione del voyeur, lo spettatore non può mai identificarsi pienamente con Max, in quanto non è in grado di capire se questi è la vittima di un complotto o se è lui stesso ad allucinare la propria vita. Si potrebbe dire, in modo superfi­ ciale, che Videodrome denuncia i danni di una televisione che asse­ conda gli istinti più bassi dei consu­ matori. Ma le cose non sono così semplici, e Cronenberg non è certo il fustigatore che soddisfa la buonacoscienza-di-sinistra. Si può affer­ mare con certezza che chi va a ve­ dere un film dell'orrore, e a maggior ragione un film di Cronenberg, de­ sidera ardentemente quella "durez­ za", anche se ha la possibilità di ri­ fugiarsi dietro i trucchi e gli effetti speciali. Il termine "duro" (tough) ritornerà, del resto, sulla bocca di Harlan (patronimico di un celebre cineasta nazista), l'assistente di Max, quando gli confesserà di esse­

Quindi si innamora di una presentatrice radiofonica, Nicki Brand (Debby Harry), una bella creatura masochista che sogna di apparire in quel programma. Max vuole a tutti i costi contat­ tare chi si cela dietro a Videodrome, e presto lo farà avvicinando il professor O 'Blivion, fonda­ tore di una religione catodica e inventore della trasmissione, e Barry Convex, rappresentante di una multinazionale dalle mire totalitarie. Ma Max è colpito da un delirio allucinatorio co­ stante che si sostituisce alla sua esistenza: tutte le frontiere fra la realtà, il sogno e l'immagina­ zione sono abolite. In seguito scoprirà che il segnale-videodrome provoca un tumore maligno al cervello e si trasformerà, poco a poco, in una sorta di videoregistratore vivente che tutti pos­ sono programmare. Il suo corpo, inoltre, diverrà una macchina-per-uccidere al servizio, in successione, dei cinici fascistoidi della Spectacular Optical e della figlia di O'Blivion, Bianca, che ha ripreso la lotta portata avanti dal padre, assassinato dalla misteriosa multinazionale. A l­ la fine, Max, ormai diventato il fantoccio di cospirazioni dì ogni genere, letteralmente conta­ minato da immagini sulle quali non ha più alcun controllo e che operano come le "voci" di una sindrome d'influenza psicotica, si suiciderà per trasmigrare in una "nuova carne" promes­ sagli da Bianca e Niki ma della quale, di fatto, non sa nulla.

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re stato una "talpa" della Spectacular Optical, con la missione di esporlo al segnale-videodrome allo scopo di facilitare l'acquisizione del controllo da parte del gruppo della stazione televisiva (Civic Tv) di cui è uno dei tre direttori. E ag­ giungerà che l'Occidente deve "in­ durirsi", a fronte di un terzo mondo sempre più "duro",13 un vecchio ri­ tornello, questo, dell'estrema destra delle due sponde dell'Atlantico.

"LA MORTE È LA SEPARAZIONE FINALE DELLA PELLICOLA DALLA COLONNA SONORA" W. BURROUGHS, THE JOB

Se l'immagine virale trasmessa da Videodrome corrisponde perfettamen­ te ai desideri di un uomo dei media che voleva essere un pirata dei tempi moderni, ciò non avviene forse solo perché è desiderata? Max rappresen­ ta, lo si voglia o no, il telespettatore tipo, il terreno ideale per lo sviluppo di quel virus mortale; il suo sistema immunitario è già stato annientato; è un divoratore di immagini, un tossi­ comane della televisione, sempre al­ la ricerca di immagini più dure, così come l'eroinomane cerca una sensa­ zione sempre più forte, al punto che si può ritenere che l'overdose, nel suo caso, sia più un atto mancato che

un incidente. Quando apprendiamo che l'inventore del programma era stato O'Blivion, ossia la sua prima vittima, comprendiamo come quel­ l'immagine ci giunga dal regno dei morti.14 Un'immagine mortifera, quindi, si collocherebbe sull'esatta frequenza del desiderio di morte del­ lo spettatore. Il cinema, un'illusione di movimen­ to a ottanta immagini al secondo, è la morte-al-lavoro. Allo stesso mo­ do, ne La zona morta ogni sequen­ za-profetica si rivela non solo un'immagine di morte annunciata, ma anche, per il protagonista, una perdita di energia vitale, una pro­ messa di morte certa, come se, dopo il tunnel di cinque anni passati in coma (zona morta), possedesse una riserva limitata di immagini, il cui dispendio eccessivo gli sarebbe fata­ le. Come in Ubik di Philip K. Dick15 e Orphée di Jean Cocteau, le "voci" giungono dal Paese dei morti. Già in Rabid, l'ultima scena mostra la protagonista abbattuta come una vacca colpita da afta e gettata su un cumulo di spazzatura. In Brood- La covata malefica, dopo la strage di nani asessuati, il marito di Nola ab­ batte la moglie, vero e proprio cen­ tro di produzione di mostri. In Scan­ n e r, la lotta selvaggia fra i fratelli nemici si conclude con la morte atroce di uno di loro (del suo invo-

13Si noti come tutte le vittime della camera di tortura di Videodrome siano asiatiche. 14 Max Renn assisterà per due volte a un assassinio in diretta: quello di O'Blivion e quello di Nicki, la donna che ama. Una mattina, inoltre, si risveglierà con il cadavere di una delle sue acquirenti, Masha, nel letto. ,s David Cronenberg non è riuscito a portare sullo schermo il racconto di Philip Dick dal quale è stato tratto in seguito Atto di forza a causa delle richieste dei produttori hollywoodiani di "in­ tervenire", nel segno di un'estrema semplificazione, sulla sceneggiatura.

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La nascita -artificiale" o come lo spiri,o va al film. Ceena Davis nel suo -uovo" (la Mosca)

Nascita di un corpo ideale... "immacolata concezione" (Stereo) 35

lucro carnale). In Videodrome, Max Renn si suicida. Ne La zona morta, Johnny Smith si fa abbattere dalla guardia del corpo del tribuno fascistoide Greg Stillson, che aveva ten­ tato di assassinare con la carabina. Seth Brundle, ne La mosca, suppli­ ca Veronica di finirlo. Beverly Mantle, in Inseparabili, prima di porre fi­ ne ai suoi giorni "opera" il gemello Eliiot e lo uccide. Ne II pasto nudo, infine, Bill Lee uccide una prima volta la moglie e in seguito la sua "reincarnazione", come se "l'imma­ gine della donna" fosse un virus co­ sì pericolosamente vitale che per li­ berarsene occorre applicare una doppia dose di morte!

FILMARE SIGNIFICA IMPARARE A MORIRE A quel virus non si sfugge! L'opera in questione non è certo espressio­ ne di uno sciocco ottimismo. Un'a­ nalisi dettagliata, film dopo film, mostrerà infatti come la morte a cui si faceva riferimento abbia due si­ gnificati: uno allegorico, l'altro pu­ ramente cinematografico (al cine­ ma, la morte non è forse sinonimo di fine?) La morte del protagonista (tralasciando, alla maniera degli esperti militari, le morti collaterali), messo di fronte a insuperabili con­ traddizioni, non procura forse allo spettatore la soddisfazione di una*1 7

risoluzione!''’ Si tratta, con ogni probabilità, della famosa kàtharsis a cui Cronenberg fa riferimento. Cronenberg presenta sempre la morte finale del protagonista come una li­ berazione, come se, in qualche mo­ do, dopo che il virus è proliferato e ha contaminato persino la narrazio­ ne, fosse necessario, in un ultimo sforzo risolutivo (che non è una de­ negazione), sacrificare l'organismo per distruggere l'invasore minaccio­ so. In tal senso, Cronenberg, creato­ re di mostri, si trasforma in chirurgo dei suoi "saggi" teratologici; ampu­ ta dall'organismo contaminato l'or­ gano allo stesso tempo più vistoso'7 e meno visibile: l'illusione stessa del cinema. La dissezione del "caso clinico", che costituisce la sostanza del suo stile, definito freddo o chi­ rurgico, una volta operata libera la nostra visione o, se si preferisce, il nostro voyeurismo dalla protesi che gli permetteva di sopravvivere a mutazioni, metamorfosi e altre tra­ sformazioni applicando metodicamente la celebre formula: "non è un' immagine giusta, ma giusto un'immagine!"'8 Non si tratta, lo si è visto, di un semplice "trucco", di un "effetto speciale di retorica", di un gioco di prestigio. A essere ma­ lattia è proprio l'illusione, essendo il virus, per definizione, un predato­ re che si insinua di nascosto. Per trovare una risposta bisognereb­ be piuttosto spostarsi sul versante

Stando a una definizione da dizionario, trasformazione fisica che risolve: risoluzione del­ l'acqua in vapore... Scomparsa progressiva: risoluzione di un tumore... 17 [In italiano risulta impossibile rendere la ricca polisemia del termine "voyant" , che significa come aggettivo appunto "vistoso", mentre come sostantivo "veggente"; N.d.T.] ,8 [Riferimento a una nota formula di Jean-Luc Godard; N.d.T.]

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dell'emozione straziante che pren­ de il lettore della Metamorfosi quan­ do la blatta umana finisce per essere massacrata dalla sua famiglia. Geor­ ges Bataille ci ricordava, in La lette­ ratura e il male, che il passaggio fi­ nale di un racconto di Kafka, La condanna, nel quale la famiglia an­ dando a fare un giro in tram attra­ versa il fiume passando per un pon­ te sotto il quale "c'era all'improwiso un'intensa circolazione", era sta­ to interpretato in seguito dallo stes­ so scrittore, attraverso le eloquenti parole: "Ho pensato a una violenta eiaculazione!" La risoluzione di una tensione insopportabile diviene così la promessa di un intenso godimen­ to; e non solo del creatore che, con un gesto, sacrifica la propria creatu­ ra. Diviene anche garanzia che l'o­ pera d'arte, percorrendo tutto il ci­ clo dell'esistenza (e ogni film di Cronenberg ci racconta, a modo suo, la nascita e la morte di qualco­ sa), raggiunge una sorta di eternità. La vita è una malattia. Le immagini sane sono troppo rare, troppo so­ spette di essere già state contamina­ te dalle loro controparti virali per ri­ sultare soddisfacenti: la sazietà, in questo caso, è la morte. Cronenberg è in primo luogo un artista della melancolia, nel significato che al termine attribuisce Starobinsky. Me­ lancolia di un corpo ideale, corroso dal parassita di Edipo, dell'invec­ chiamento, della malattia, della mu­

tazione, in direzione di un aldilà mostruoso che si sottrae di continuo rivestendosi di una pericolosa illu­ sione come l'immaginazione. La sa­ lute non coincide tuttavia con la ve­ rità; l'opera di Cronenberg finisce per persuaderci che nulla è vero! Mai infatti i protagonisti dei suoi film rtianifestano il desiderio di ritor­ nare allo statu quo ante, alla condi­ zione "normale", a qualche paradi­ so perduto, alla torta alla panna del puritanismo hollywoodiano chia­ mata a simboleggiare Yhappy ending, in quanto, tramite l'esperienza limite che hanno vissuto, hanno co­ nosciuto l'irrimediabile rovina del­ l'esistenza. Ogni film di Cronenberg fa passare lo spettatore dall'illusione alla disillusione. Ne La mosca, per esempio, Seth Brundle (Jeff Goldblum) metamorfizzato in Brundie-mosca in seguito a un teletrasporto "tecnicamente riuscito", ma nel corso del quale il suo programma genetico è stato pe­ netrato, alla maniera di un virus, da quello di una mosca, potrebbe es­ sere soddisfatto della trasformazio­ ne subita, se essa non significasse la morte e la perdita di quella co­ scienza umana che gli permette di rimirarsi. Ma in che cosa consiste alla fine il teletrasporto? Non certo nel far semplicemente passare da un "telepode" A a un "telepode" B lo stesso individuo.19 Diversamen­ te, si tratta di codificare il program-

19 "Il problema, quando un corpo viaggia da A a B (il trasporto di un'immagine televisiva, tra­ smessa da segnali) è costituito dal fatto che nel frattempo la realtà del corpo è diventata un'im­ pressione di realtà: giusto un'immagine e più che un'immagine (la combinazione del segno e del referente)". (C. Tesson, Les yeuxplus gros que le ventre, in "Cahiers du cinéma", 391, gen­ naio 1987).

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La tortura. Jonathan e Nicholas Haley (i gemelli Mantle) in Inseparabili: "un com plotto per torturare le donne"

L'operazione. Per "essere il creatore di se stesso" Bev (Jeremy Irons) organizza "una cerimonia barbara" (Inseparabili) 38

ma cromosomico di una bistecca, di una scimmia o di Seth Brundle, decodificarlo (analizzarlo, "com­ prenderlo", "sentirlo" come sugge­ risce Veronica (Geena Davis), e quindi ricodificarlo altrove! Si ge­ nera così un doppio, un sosia per­ fetto, un gemello assoluto, ma lo si genera senza alcun rapporto ses­ suale (per clonazione). Un concepimento immacolato come una centrale informatica: il Verbo che si fa carne e anche nuova carne, ma senza l'intervento di una madre. "Un'immagine è più di un'immagi­ ne", questo è certo! Fin dall'inizio, Brundle, presentando la sua sco­ perta, parla di un esperimento de­ stinato a migliorare l'essere, ad au­ mentarne le capacità (e la cosa av­ viene: amante instancabile e dotato di una forza sovrumana sarà presto in grado di camminare sul soffitto), dimenticando completamente il progetto originario,20 ossia il tra­ sporto istantaneo della materia da un punto all'altro. Il problema non è più viaggiare nello spazio o nel tempo ma raggiungere una condi­ zione superumana (in tal senso la mosca diviene più un incidente ge­ netico che un virus; saremmo pron­ ti a scommettere che anche senza la presenza dell'insetto, Brundle sa­ rebbe comunque uscito dal suo uo­ vo nero metamorfizzato). Ad ap­ passionare Cronenberg, in questo film che precede Inseparabili, è il problema dell'identità - concepire un essere identico, ma migliore; un

essere perfetto, il sogno a occhi aperti di ogni adolescente che si immagina superman, figlio di nes­ suno, causa sui - e dell'aspetto pa­ tetico di quella ricerca di se stessi. L'uomo, infatti, oscillando fra il principio di realtà e il principio di piacere, nei suoi tentativi di diveni­ re il creatore di se stesso (Brundle si partorisce da solo, senza madre, senza modello, senza residuo), di realizzare la fusione di un corpo votato all'invecchiamento e di un corpo ideale, non riesce a essere "più che un'immagine", il virus, in qualche modo, della sua immagine virtuale. Appena si accorge, dallo sguardo della donna che ama, di essere di­ ventato un mostro, non vuole più esistere agli occhi degli altri. Il suo narcisismo è unicamente masochi­ sta, e lo spinge a costruire un museo personale di teratologia nel quale i resti del corpo perduto (denti, un­ ghie ecc.) potrebbero ricostituire un'immagine del corpo in frantumi, alla maniera delle sacre reliquie ve­ nerate dai cattolici. Ma Seth, con il freddo distacco tipico dello scien­ ziato, vede in ciò solo l'esito para­ dossale di una manipolazione sfor­ tunata. L'orrore dello specchio, per lui, si trasforma nell'ossessiva spe­ ranza di ritrovare, sullo schermo del computer, la formula cromosomica che gli consenta di raggiungere la nuova carne a cui aspira. Se ciò si rivelerà impossibile, spera, fonden­ dosi con Veronica, di acquisire

20 Quello cioè della prima versione de La mosca (film del 1958 di K. Neumann).

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qualcos'altro, la nuova androginia di cui parla Platone, con la riconci­ liazione dei due principi, oppure, come mostra l'incubo di Veronica, un altro se stesso attraverso un fi­ glio, anche mostruoso, al cui parto presiede, in incognito, il signor Cronenberg in persona. Anche Max Renn non desidera tor­ nare allo stato di natura. Vuole rag­ giungere Nicki conseguendo la "nuova carne", in un al di là della vita, entrare nella matrice del televi­ sore, apparire in Videodrome! Que­ sto desiderio di ritorno al ventre materno è un'altra costante dell'o­ pera del cineasta: la cogliamo nelle ingiunzioni delle immense labbra di Nicki, "Vieni da Nicki!", e so­ prattutto nella direzione in cui Ve­ ronica vuole spingere il Brundle in­ tento nella ricerca della formula della "carne" - allo stesso modo dei pittori rinascimentali che cercavano disperatamente di riprodurre la pel­ le, la carne viva, l'incarnato - pro­ ponendogli questa inquietante me­ tafora, la carne è il nostro desiderio di mangiare l'altro, per esempio un bambino,21 nella quale si vede Cronenberg, ostetrico di illusioni, con­ fessare che la sua intenzione è pro­ prio quella di creare un film! La sequenza introduttiva di Insepa­ rabili mostra i fratelli Mantle duran­ te la loro infanzia. Non sono per nulla innocenti e già stanno lavo­

rando a un complotto per sedurre e torturare le donne. La loro crudeltà li destina a una ginecologia chirur­ gica e speculativa nella quale il cor­ po della donna rappresenta un og­ getto da sezionare e interrogare. Ma degno di nota è soprattutto il fatto che la loro complicità sia già totale. Isolati dal resto del genere umano, godono sia della loro ubiquità sia della loro duplicità. L'introduzione colloca il film, come mai in prece­ denza, nel segno dell'infanzia: due fratelli gemelli, usciti dal nulla, uniti contro le donne. Diviene evidente che uno dei gemelli Mantle si pre­ senta come il virus dell'altro, il suo ritratto celato.22 La ragazzina a cui propongono di giocare al dottore, del resto, reagisce come se si tro­ vasse di fronte a dei "mostri". Ma quale dei due è il gemello vero, e quale la replica virale? Ma ci sono proprio due fratelli (entrambi inter­ pretati da Jeremy Irons)? Se Bev de­ sidera tanto separarsi dal fratello at­ traverso la morte, il gemello Elliot, da parte sua, vuole a tutti i costi rag­ giungerlo nella morte. I gemelli Mantle sognano di essere uno, di pensarsi non più come coppia ma come individuo (lo stadio nel quale non si può ulteriormente essere se­ parati, allo stesso modo dell'atomo indivisibile). Dal punto di vista af­ fettivo, al contrario, godono nel pensarsi due. Nemmeno le donne

11 "[...] questa distinzione fonda Villusione analogica del cinema, la costituisce: ci sono cose che si possono veramente mangiare con la bocca e altre (le immagini) che si possono consu­ mare solo con lo sguardo." (C. Tesson, Les yeux plus gros que le ventre, cit.) 22 [Nel testo portrait c(r)aché, con un gioco di parole, impossibile da rendere in italiano, fra craché (sputato) e caché (celato); N.d.T.]

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sono un virus, ma si presentano in­ vece come dei nemici, dei mutanti di "un'altra specie"(// pasto nudo). In senso stretto, è Elliot a parassitare il fratello, approfittando della sua fama di medico per farsi notare, per tenere conferenze, e beneficia a tal punto dell'essere uno dei due che quando Bev cadrà nella tossicodi­ pendenza si metterà volontariamen­ te "sulla sua frequenza", diventerà consapevolmente un virus, e come tale accetterà alla fine di essere ri­ gettato, nella sola speranza di non essere uno solo.21 Quanto al gemello buono, sensibile e femmineo, esasperato dal fatto che il fratello le ha portato via la donna che ama, Claire Niveau (Geneviève Bujould), il Bev che sogna di restare solo, dopo aver portato a termine l'operazione, dopo essersi liberato del virus che lo soffoca, avrà modo di scoprire la verità che ben cono­ scono i drogati di Burroughs, che vi­ vono a lungo, ma muoiono imme­ diatamente se privati della loro dro­ ga, (divenuta organismo parassitario, doppio di loro stessi). E così si ricongiungerà nella morte al fratello che ha appena ucciso, come se la separazione fosse stata solo il prelu­ dio di una riunione, una cerimonia barbara e fusionale (l'ultima inqua­ dratura ce li mostra nella postura di una pietà, essendo divenuto Bev, in qualche modo, la madre di Elliot). La vita è una malattia alla quale ci2 3

si "aggrappa", come a una droga. Elliot è forse solo un'illusione di Be­ verly, Bev è forse solo un fantasma di Elly: i loro diminutivi compongo­ no un nome, Bev-Elly! Ecco, sem­ bra dire Cronenberg, la vita nel "reale". Che cosa vale, infatti, la vi­ ta "sana" senza la malattia che l'ac­ compagna come una seconda natu­ ra, un doppio familiare, senza quel "virus umano" che, come ci dice Burroughs, "forse un giorno sarà isolato".

L'ASSUEFAZIONE O IL VIRUS COME SECONDA NATURA Ma ritorniamo alla natura stessa del virus: esso si propaga, invisibile, e ogni giorno guadagna terreno. Si presenta all'organismo sano non nelle vesti del predatore che in realtà è ma sotto la copertura dello Stesso. Usurpa l'identità di colui che vuole rovinare. È ancora in Videodrome che Cronenberg andrà più a fondo nella tessitura della sua metafora: la prima e l'ultima imma­ gine del film provengono da un te­ levisore, siamo lì dall'inizio alla fi­ ne; esiste forse una vita che non sia immagine? Si tratta più o meno del­ la stessa domanda che pone Plato­ ne evocando le ombre sui muri del­ la caverna. Max Renn è dunque un giovane "pirata" dai denti affilati, le cui uniche motivazioni sono quelle

23 L'operazione consiste nell'aprire il fianco di Elliot; si tratta di un intervento assolutamente gratuito, senza alcuna speranza, pura macelleria. È il fantasma dei fratelli siamesi, che sono congiunti dalle costole; e come non pensare, inoltre, al Dio della Bibbia che preleva una costola da Adamo per creare Èva?

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che animano ogni nordamericano degno di questo nome: avere suc­ cesso, conquistare (settori di merca­ to), essere sempre e dovunque a proprio agio per poter vendere o ac­ quistare la sua merce. Il caso vuole che la sua merce sia l'immagine, e non un'immagine qualsiasi - come recita il jingle pubblicitario del suo canale: "la televisione che amereste portarvi a letto", ma un'immagine puttanesca, adescatrice, un'imma­ gine con la quale ci si isola, la por­ nografia domestica. Quando Max si reca, all'inizio del film, presso il venditore giapponese (l'Hiroshima Video) è ormai stanco della paccottiglia che gli viene soli­ tamente proposta. Harlan, il suo complice, ha appena scoperto, gra­ zie all'antenna parabolica della lo­ ro stazione televisiva, una trasmis­ sione che stando ai suoi calcoli do­ vrebbe provenire dall'Asia sudo­ rientale: contro un muro di fango ocra, dei carnefici il cui volto è co­ perto da maschere in cuoio nero frustano giovani asiatiche. Atmosfe­ ra da mattatoio. Max resta affasci­ nato. Ma Harlan non tarderà ad ac­ corgersi che la centrale di Videodrome trasmette con uno studiato disturbo (che riesce a decodificare) e con un altrettanto calcolato ritar­ do (che riesce a colmare), allo sco­

po di far credere di trasmettere da un luogo remoto. In realtà, dice al principale, l'emittente dovrebbe trovarsi "nella zona di Pittsburg", una città industriale vicina a Toron­ to, sull'altra riva del lago. Ma l'eufonia attribuisce a quel toponi­ mo una connotazione lugubre.24 Ciò che appariva estraneo e lontano (l'Asia, unheimlich), si rivela vicino (heimlich, l'America), e la fascina­ zione che Max prova per quelle im­ magini "vere" viene proprio da lì; le immagini hanno un carattere alta­ mente contagioso e patogeno in quanto sono vicine. Appena le mo­ stra alla sua nuova conquista, Nicki (che ha conosciuto sulla scena di un talk-show nel quale si discuteva, in collegamento con il professor O'Blivion, del sesso e della violen­ za in televisione), lei, masochista convinta, vuole a tutti costi "appari­ re" in quella trasmissione.2S Vittime anonime e carnefici ma­ scherati, Videodrome rappresenta veramente lo schermo sul quale ciascuno può proiettare i propri fan­ tasmi (salvo lo spettatore che, ironi­ camente, "vede" solo una sorta di gioco teletrasmesso, dai rituali ripe­ titivi e particolarmente soft; ecco una delle frequenti manifestazioni del senso dell'umorismo cronenberghiano). Nicki scomparirà quasi su­

!< Pit infatti in inglese significa "pozzo" ma anche "camera di tortura", cfr. Il pozzo e il pendolo di Edgar Allan Poe (ne I racconti, Feltrinelli, Milano 1970). 25 In America, una nazione allo stesso tempo istrionica e puritana, tutti vogliono apparire alla televisione, ogni marciapiede rivela una decina di attori-nati. G li americani, pur essendo in genere riservati, adorano recitare e si espongono al pubblico senza alcun pudore. Il comporta­ mento di un americano davanti alla macchina da presa è per molti versi analogo a quello te­ nuto durante le cerimonie battiste, nelle quali, per esempio, non disdegna di entrare in trance o di confessare pubblicamente i propri peccati.

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bito per avviarsi verso il suo sogno (la sala di tortura di fango ocra) e Max apprenderà ben presto come il segnale hertziano della trasmissio­ ne che tanto desidera piratare pro­ vochi un tumore maligno che gene­ ra allucinazioni e, dopo un certo periodo, uccide il voyeur. Verso la fine del film, verrà a sapere che Videodrome non è stato ancora diffu­ so, il "traditore" Harlan, su ordine del suo vero superiore, Barry Convex, si è limitato a passargli alcune cassette registrate, dall'immagine un po' sfocata e con le tipiche di­ storsioni che caratterizzano la catti­ va ricezione di un programma: una truffa perfetta, e di aver quindi svol­ to il ruolo di prima cavia, subito do­ po O'Blivion, che ne è stato l'in­ ventore e il primo "martire" (del quale si sa che si manifesta solo sot­ to forma di cassetta registrata, come se il dubbio sulla realtà dell'Imma­ gine si esprimesse egualmente a proposito del modo di diffusione: diretto o differito). In questa storia non c'è alcuna mo­ rale. Max non è certo "punito" per aver guardato delle "porcherie" (an­ che se Convex e Harlan tentano di farglielo credere). L'anonimo pro­ prietario di Videodrome è la multi­ nazionale Spectacular Optical (la televisione riassunta in una ragione sociale). Il Capitale incarnato ha "stravolto" l'invenzione dell'umani­ sta (?) O'Blivion trasformandola in strumento di controllo e pressione sui futuri telespettatori: l'uccisione

e la pornografia come merchandi­ sing televisivo ultimo! Ma soprattut­ to, forse, il sogno realista di ogni in­ serzionista: entrare in comunicazio­ ne immediata con lo spettatore che arriva a portarsi effettivamente il te­ levisore a letto per un faccia a fac­ cia erotico di pura fascinazione da stupro. In un'intervista, Cronenberg rivelava come il punto di partenza della sua sceneggiatura fosse rap­ presentato dall'interesse che nutriva nei confronti di coloro che si chiu­ dono soli in casa per guardare vi­ deocassette pornografiche.26 È una sensazione di intensa solitu­ dine, paragonabile al moderno ona­ nismo, a regnare in un film nel qua­ le tutto è illusione, tutto è televisio­ ne, dove non si vede praticamente mai la luce del sole, dove fin dal primo minuto si segue un Max at­ tratto come una falena dal bagliore incandescente, da fine del mondo, di quell'arena video dove, sembra, si giocano le sorti del pianeta. Max finisce per dialogare solo con moni­ tor televisivi, con personaggi già morti, le cui apparizioni sono solo tracce "programmate" da mani invi­ sibili, e, infine, con la sua immagine che appare sul televisore, come un doppio che gli suggerisce il com­ portamento da tenere e gli mima i gesti del futuro suicidio. Il virus-im­ magine o l'immagine-virus raggiun­ ge qui la dimensione del mito. Max, contaminato alla velocità della luce da uno spettacolo che per sedurlo assume le apparenze dei suoi desi­

26 D. Cronenberg, L'horreur intérieure, Editions du Cerf, Paris 1990.

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deri, si fonde letteralmente con la sua malattia. Cronenberg, non essendo un ideo­ logo, esita fra l'attrazione per il di­ venire-macchina dell'uomo e la re­ pulsione nei confronti del contagio macchinico (la macchina come cel­ lula estranea, virale, che a poco a poco contaminerebbe il corpo umano). Nel primo caso, il robot, Altro ideale in quanto perfetto, apollineo; nell'altro, il proletario della rivoluzione industriale ridotto, secondo Marx, a semplice "appen­ dice della macchina". Anche qui, nessuna posizione morale: non sia­ mo di fronte a una favola edificante. Max, del resto, cerca forse vera­ mente la "nuova carne" nella quale, secondo le dichiarazioni dell'auto­ re stesso, "la televisione fa già parte del nostro sistema nervoso", oppure gli basta immergersi nel tubo cato­ dico, allo stesso tempo turgescente e abissale, in quell'enorme cono d'ombra che rigonfia lo schermo del suo televisore e fa fremere di de­ siderio la piaga che si è aperta sul

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suo stomaco? Lo studio di Videodrome è un inferno o un paradiso? Che cosa sappiamo esattamente di O'Blivion e di sua figlia Bianca? Perché hanno collaborato con una sinistra multinazionale? Sono forse più degni di fiducia, con la loro isteria mistico-scientifica, del cinico Barry Convex? In realtà, tutto ci spinge a credere che i vari perso­ naggi siano solo pedine del gioco crudele e sconcertante dell'incubo di Max Renn. Se non li si riduce a semplici allegorie essi possono es­ sere percepiti soltanto attraverso i suoi occhi, come associazioni di idee, di virus di idee forse, come quelle false apparenze che nella vi­ ta onirica cambiano d'identità, di forma, di aspetto man mano i nostri sensi li registrano e decodificano, come se il messaggio che il dor­ miente indirizza a se stesso non avesse in fin dei conti altro signifi­ cato che "niente è vero, tutto è per­ messo!" o, come diceva Jacques La­ can "qui, nell'ambito del sogno, sei a casa tua!"

L'ALLUCINAZIONE 0 IL

PARADOSSO CINEMATOGRAFICO IMMAGINE VIRALE O ALLUCINAZIONE? I surrealisti, come è noto, accorda­ vano scarsa stima alle storie che fi­ nivano con il classico "era solo un sogno!" In esse vedevano una sorta di truffa, un modo per non assumer­ si alcun rischio. Ebbene, è possibile analizzare, senza spaccare la pelli­ cola in quattro, quasi tutti i film di Cronenberg come racconti di allu­ cinazioni. L'autore canadese, di conseguenza, rientrerebbe nella ca­ tegoria dei cineasti influenzati dalla psicoanalisi. Una simile ipotesi, pur supportata da numerosi riscontri, ri­ sulta solo parzialmente soddisfa­

cente. Cronenberg non si propone di analizzare un fenomeno, e ancor meno un personaggio; al contrario, racconta storie in assoluta soggetti­ vità, alla maniera oggettiva di una lezione di anatomia, riservando allo spettatore una parte attiva nella loro decifrazione. La posizione che lo caratterizza è quella di un autore a tutto tondo: gli universi che crea esistono in forza di una loro intrin­ seca necessità; possiamo accettarli o entrare in essi più o meno agevol­ mente, ma il cineasta non ci conse­ gna mai "chiavi in mano" il prodot­ to completo di istruzioni per l'uso. Soffermiamoci, a questo punto, su uno degli elementi fondamentali del suo stile: lo scambio dei punti di 45

vista, al quale è legata la fortuna di tanti fra i maggiori scrittori anglosassoni (da Melville a Faulkner pas­ sando per Conrad), con l'aggiunta di qualcosa di tipicamente cinema­ tografico; per lo spettatore, infatti, la telecamera è quasi sempre uno spettatore onniscente, una fonte di informazione attendibile, che non "mente" mai. In quanto spettatori, prestiamo fede alle immagini, come se fossero i nostri sensi (le cose so­ no più complesse per quanto ri­ guarda la colonna sonora). In più, una consolidata tradizione vuole che le immagini dei sogni e delle al­ lucinazioni, per essere presentate "correttamente" allo spettatore deb­ bano essere un po' alterate da obiet­ tivi o filtri speciali.1 Esistono tuttavia illustri esempi di mancato rispetto di simili conven­ zioni: a questo proposito si potreb­ bero citare Paura in palcoscenico di Hitchcock, che sconvolse la critica perché il racconto di un omicidio, narrato per immagini, si rivelava una menzogna (un modo, per quan­ to riguarda il genere poliziesco, di non "rispettare le regole del gioco),

e molti film di Bunuel nei quali non esiste alcuna separazione fra il fantasmatico, l'onirico e la "realtà". Cronenberg tuttavia, dal punto di vista stilistico, si presenta come un "classico". La linearità degli intrec­ ci, il montaggio fluido, invisibile, confermano la fiducia dello spetta­ tore in ciò che vede. Nessuna ma­ gia o atmosfera gotica;*2 la presenza nei film di medici e scienziati, unita ai loro commenti, rafforza ancor più la nostra "credulità". L'allucina­ zione è una una figura centrale del cinema di Cronenberg, in cui l'oc­ chio della telecamera non è mai per lo spettatore quello di un dio che segue passo dopo passo un eroe pri­ vilegiato. Al contrario, la struttura della sceneggiatura e ancor più le immagini spingono lo spettatore all'inquietudine fondamentale del voyeur che non sa più se le peripe­ zie alle quali assiste sono "vere" (in senso quasi documentario) o se l'in­ treccio proviene da un'altra parte, da un personaggio secondario, per esempio.3 Ne La zona morta, Johnny Smith, in seguito a un incidente stradale, ca-

’ Così in Videodrome esiste una differenza fra le immagini video, sfocate e mosse dal raggio catodico, e le immagini cinema, nette e perfettamente definite. La differenza dovrebbe corri­ spondere a quella che distingue la realtà dall'allucinazione, come se la grana definisse lo sta­ tuto ontologico dell'immagine e della percezione. 2 II pasto nudo, la cui azione si colloca negli anni Cinquanta, rappresenta per Cronenberg il primo "film d'epoca". 3 Si tratta di un procedimento ampiamente utilizzato in ambito letterario; si potrebbe citare, per esempio, il famoso Benito Cereno di Melville (Einaudi, Torino 1972), nel quale il racconto di una rivolta di schiavi su una nave da tratta è narrato da un capitano americano di rara stupi­ dità, se non addirittura di rara cecità. La cosa suscita nel lettore, quando scopre il trucco, un profondo senso di frustrazione. Egli avverte egualmente la necessità di una sorta di visione re­ trospettiva, di una revisione in senso stretto, nella quale tutti gli episodi narrati, per esempio, con una connotazione positiva, gli appaiono, alla luce delle ultime rivelazioni, spaventosi. Per chiudere con l'argomento, il romanzo di Melville, “ narrato da un idiota", nel senso shakespea-

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(le in un lungo coma al termine del quale scopre di essere in grado, solo toccandole, di vedere il futuro delle persone, o piuttosto le potenzialità delle loro esistenze. Messo di fronte a Greg Stillson (Martin Sheen), un candidato demagogo a un'elezione locale, scoprirà, stringendogli la mano, che questi potrebbe diventa­ re un presidente fascista pronto a scatenare una guerra nucleare. Lo stesso Cronenberg ha insistito più volte sulla condizione paradossale in cui si trova lo spettatore dei suoi film: in effetti noi consideriamo queste visioni come vere. Coinvolti dalla narrazione e dall'aspetto pate­ tico del personaggio "ritornato dal mondo dei morti", non dubitiamo mai della verità delle sue visioni. E quando Johnny prende la decisione di assassinare il candidato, siamo totalmente con lui e speriamo che il proiettile della sua carabina fracassi il cranio di quel pericoloso paranoi­ co (il medico di Johnny, un ebreo che ha conosciuto la guerra, gli spiega quanto sarebbe stato auspi­ cabile l'assassinio di Hitler, la mani­ festazione demoniaca per eccellen­ za del manicheismo hollywoodia­ no).4 Ebbene, dice Cronenberg, "se il film viene concepito come rac­ conto dal punto di vista di Johnny, come in effetti è, non si può essere

sicuri che il personaggio non sia uno di quei folli convinti di aver vi­ sto il futuro e di sapere ciò che è de­ stinato a realizzarsi. Da questo pun­ to di vista, La zona morta è moral­ mente... ambiguo".5 In tal modo, parlando di uno dei pochi film di cui non ha scritto interamente la sceneggiatura, lineare e hollywoo­ diana, con un finale "morale" e re­ lativamente "positivo", è lo stesso Cronenberg a metterci di fronte al paradosso del suo sistema. Si auspi­ ca la morte del demagogo, persuasi solo dal fatto che ci è stato mostrato (una sorta di sindrome da disinfor­ mazione) come un Hitler in poten­ za. Certo, il versante "naturalista" del film ci dice che quel mediocre individuo è un demagogo. Ma che cosa sappiamo delle visioni di Johnny? Che cosa ci fa pensare che siano vere? Solo il fatto che credia­ mo alle immagini e che siamo, da molto tempo, contaminati dal virus "hollywoodiano" (la lotta del Bene contro il Male che legittima e giustifica le peggiori reazioni), da una pseudomorale da talk-show televisi­ vo che ci affida effettivamente una missione spaventosa quanto risibi­ le: abbassare il pollice come faceva la plebe romana al circo, decidere della vita o della morte di personag­ gi il più delle volte immaginari;6 sia­

riano del termine, lascia nel lettore un senso di fastidio, ma soprattutto di mistero, gli intima di comprendere, sulla base di elementi parziali e viziati fin dall'inizio dei racconto, un enigma profondo quanto l'anima dei due protagonisti che, da parte loro, si attesteranno in una laconi­ cità più eloquente dello stesso romanzo. 4Cfr. Duello mortale, 1941 di Fritz Lang. 5 D. Cronenberg, L'horreur intérieure, cit. 6 Ma che dire di Ceaucescu o di Saddam Hussein, e dei giapponesi dei film di propaganda americani girati durante la Seconda guerra mondiale.

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mo diventati giudici, pronti al pri­ mo sondaggio a caldo telefonico. Il professor O'Blivion di Videodrome non ha quindi torto, "la sola realtà è quella che percepiamo con i nostri sensi" e l'immagine, fra tutte le for­ me di traduzione sensibile del mon­ do reale, è quella più facilmente contaminabile, la meno degna di fede. La dichiarazione di Cronenberg esprime dunque una posizione e una prassi che fanno pensare, dal punto di vista morale, a Godard. In modo ironico, ma anche per una sorta di masochismo, Cronenberg è riuscito a penetrare, alla maniera di un virus, l'universo hollywoodiano, e a contaminarlo dall'interno. Nel considerare La zona morta più am­ biguo di Videodrome, il cineasta manifesta ciò che definisce l'origi­ nalità del suo progetto: una destabi­ lizzazione del cinema proveniente proprio daH'interno della grammati­ ca filmica; insinuare nello spettato­ re un dubbio mortale sull'immagi­ ne, la continuità, l'incarnazione, se non addirittura sulla verità. In un simile contesto, Videodrome si presenta in pratica come un film sperimentale, come un manifesto cinematografico che, per la com­ plessità strutturale, le esitazioni te­ matiche e i continui cambiamenti di punto di vista, spiazza i fan di Cronenberg, risolvendosi in un rela­ tivo flop commerciale (anche se, una volta diventato un cult movie, ha conosciuto un notevole successo finanziario sul mercato delle videocassette). Quando Nicki si reca a casa di Max, gli chiede in uno stra­ no scambio di battute, che la pre­ 48

senta allo stesso tempo come una Venere masochista dalla totale diponibilità e come una sorta di figura materna, se ha per caso un "coltelli­ no svizzero"; Max resta pietrificato come un bambino quando Nicki gli mostra le ferite che, per provare piacere, si è fatta infliggere alla base del collo; in seguito vediamo Max bucarle l'orecchio con un ago e un turacciolo. Nel corso del loro se­ condo incontro, la donna si brucerà il seno con una sigaretta! Ma Max è forse già soggetto ad allucinazioni che gli fanno scambiare i suoi desi­ deri con la realtà? Tutte le sue visio­ ni, in ogni caso, possiedono una forte connotazione sessuale o omi­ cida. Dopo la scomparsa di Nicki, entra finalmente in scena la Spectacular Optical ("produciamo occhia­ li a basso costo per il terzo mondo e sistemi ottici ultrasofisticati per la Nato"), incarnata da una sorta di scaltro p r , Barry Convex (l'eccellen­ te Les Carlson), archetipo della vol­ garità commerciale americana. Nel frattempo, Max è diventato una sor­ ta di macchina da allucinazione: il suo ventre è ornato da una ferita "vaginale" da cui esce il suo pro­ gramma e nella quale si può infilare una fremente videocassetta. Quel ventre fecondo partorisce anche una "pistola di carne", con la quale Max ucciderà i due soci e che in se­ guito rivolgerà contro Harlan e Convex. Una delle scene più inquietanti del film è quella in cui Convex posa sulla testa di Max un "casco da allu­ cinazioni" che permette di scom­ porre, visualizzare e analizzare le

allucinazioni generate dal segnalevideodrome. Il momento più spa­ ventoso è forse quello in cui Max, restato solo in un retrobottega, ini­ zia a discernere forme imprecisate, che poco a poco raggiungeranno lo stadio di definizione video e che, all'entrata di Nicki, diventeranno chiare e nitide come la pellicola ci­ nematografica. Lo spettatore è quin­ di costretto a farsi carico della veri­ dicità dell'allucinazione, della sua realtà incarnata nell'immagine. Non può più, nella logica del film che subisce, nascondersi dietro il sembra vero così rassicurante per gli amanti degli effetti speciali che tutti siamo ritenuti essere. Tanto che ogni immagine, ogni inquadratura, ogni punto di vista, ogni informa­ zione del film, può apparirgli dub­ bia o menzognera. L'intreccio forse non è altro che una brillante e forbi­ ta metafora sul potere dell'immagi­ ne, sulle connessioni che già esisto­ no fra la televisione e il sistema ner­ voso umano. I personaggi secondari (Nicki e Bianca) forse non esistono affatto, e potrebbero essere null'altro che i fantasmi complementari di un'idea, di un'immagine della don­ na: Nicki, la madre-amante che si trasforma rapidamente in protube­ ranza carnosa del tubo catodico (come in tutti i film di Cronenberg si assiste all'ipersviluppo di un orga­ no, in questo caso la bocca di De­ borah Harry, escrescenza mostruo­ sa dello schermo televisivo); con voce languida prega Max di rag­ giungerla dall'altra parte di quello specchio senza foglia rappresentato dal tubo catodico. All'estremo op­

posto è Bianca O'Blivion (Sonja Smiths), orfana, vergine e vendica­ trice che cancellerà il programma di Max e riprogrammerà il suo "istinto omicida" contro la Spectacular Optical (che può essere lette­ ralmente considerata come l'incar­ nazione della Società spettacolare delle merci); è lei a prospettargli la "nuova carne" come un nuovo Graal, riprendendo, su un diverso registro, le melopee lancinanti e im­ precatone dell'immagine di Nicki, la madre incestuosa che attira il fi­ glio negli abissi dello schermo. Le due donne, opposte nell'aspetto, si fondono infine in una sorta di "sin­ drome di influenza" cosmica, le lo­ ro due voci - una sensuale, l'altra mistica e militante - ne formano una che spinge Max al crimine (ma commette veramente dei crimini?) e soprattutto al suicidio ("andare più avanti", ecco la formula dei film di Cronenberg!) Sono chiaramente le voci della psicosi a "spingere" de­ terminati soggetti al passaggio al­ l'atto, e a giustificarlo. Come in tutti i film del nostro cinea­ sta infatti la sola "vera realtà" è quella della degradazione di un es­ sere e della sua aspirazione alla morte. La scena finale è un suicidio, prima richiesto dall'immagine di Nicki che compare sul televisore, poi mimato dal doppio televisivo di Max, infine "realmente" realizzato da Max, al rallentatore (Max era già un videoregistratore). Il fatto è che in Cronenberg esiste un'esigenza rara, quel l'esigenza di verità che si ritrova in artisti quali Proust e Kafka. Ed è proprio questa esigenza a farci 49

vacillare. Come nel romanzo mo­ derno, essa pone il problema della fonte dell'immagine o, nel cinema "naturalista", di chi sia il Narratore. Senza dubbio è possibile ingerire le immagini di Videodrome come se fossero solo una serie di informa­ zioni oggettive da legare fra loro. Ma il regista, scaltro, ci lascia, in quanto spettatori, una libertà suffi­ ciente per architettare le nostre sce­ neggiature. Eccone una: Max Renn, codirettore di un'emittente trash, si innamora dell'immagine di Nicki Brand, con­ duttrice di una trasmissione radiofo­ nica per "cuori solitari", forse la in­ contra sulla scena di un talk-show, ma è più probabile che l'abbia sco­ perta guardando la televisione. Max ha dei contrasti con i soci circa la programmazione del loro canale; è decisamente stressato, teme di esse­ re assorbito da una multinazionale (di cui Spectacular Optical rappre­ senta l'odioso archetipo). A quel punto inizia a immaginare una tor­ rida relazione con Nicki (una don­ na mediatica è sempre "disponibi­ le" per il suo pubblico) e, poco a poco, cade in una psicosi allucina­ toria le cui tre componenti princi­ pali sono: la confusione fra le im­ magini video e la realtà, la presenza di pulsioni sadomasochiste sempre meno sublimate, lo sviluppo di una paranoia generalizzata (è convinto di avere assassinato la sua compa­ gna Masha) che lo rende sospettoso

nei confronti di tutto il suo entoura­ ge, Masha, Harlan, i due soci, e Barri Convex che, dopo tutto, po­ trebbe essere solo il direttore del­ l'ufficio vendite di una grande indu­ stria di occhiali. Quindi passa all'at­ to, e uccide un buon numero di quei personaggi;7convinto di essere diventato una macchina-omicida, un mostro bionico metà uomo e metà videoregistratore, incapace di far tacere le "voci", di disinserire le immagini (soprattutto la sua imma­ gine) e di resistere a lungo alle ag­ gressioni sessuali di cui è oggetto (lo stupro continuo del suo ventre a opera di mani estranee che lo pene­ trano e lo "programmano"), si isola in una nave da carico abbandonata (nella quale si ritrovano, anche se in rovina, come nella visione del mon­ do caratteristica degli psicotici gra­ vi, la maggior parte degli oggetti della sua camera da letto, in parti­ colare il televisore, e questo potreb­ be far pensare che non abbia mai abbandonato la sua camera da let­ to) e pone fine ai suoi giorni. Avre­ mo modo di tornare sulla tonalità dominante degli ultimi film di Cronenberg, la Melancolia, tuttavia non riesco a trattenermi - a proposi­ to di questo film patetico, solitario, immerso nella ruggine e nella spor­ cizia di un battello incagliato, cir­ condato dalle acque nere di un mondo che sembra scomparso - dal piacere di citare un bel verso di Shakespeare, "That in black ink my

7Anche se ovviamente la realtà di quegli omicidi non è certo garantita; del resto lo stesso Cronenberg afferma che fin dalla prima scena lo spettatore segue le vicende di Max vedendo solo ciò che viene visto dal personaggio.

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love may stili shine bright", e l'in­ terpretazione che ne offre Starobinski: "La melancolia diviene infine la foglia grazie alla quale l'immagine risplende".8 Max Renn (il cui patronimico evo­ ca il Rinascimento) continua a pas­ sare dalla realtà all'allucinazione, tanto che ci risulta impossibile cre­ dere che un determinato personag­ gio con il quale entra in contatto abbia un'esistenza che non sia quella dell'immagine (Convex, Nicki, Bianca ecc.). Alla fine abbia­ mo solo un punto di riferimento: lo schermo del televisore, il videore­ gistratore, le videocassette porno di cui fa un uso, pur professionalmen­ te, "abusivo". La sua ossessione è rappresentata dalla durezza, come se il suo principale problema - di un essere strano dalla personalità non stabilizzata - fosse l'impoten­ za. Un'impotenza che d'altra parte appare come un "segreto di Pulci­ nella", occasione di derisione per gli altri "personaggi".91 0 Le esitazioni di Max, i suoi errori, sono spesso difficili da seguire: ha la sensazione di essere manipolato, "agito" da forze contraddittorie. Due donne: la prima una sorta di suora laica e intransigente, che ca­

peggia una setta nella quale si me­ scolano scientismo e vecchie su­ perstizioni, terribile nella sua pas­ sione vendicativa e, con ogni evi­ denza, portatrice di un nuovo mes­ saggio ("il messaggio è il me­ dium!"), l'altra, donna pubblica, ipersensuale, disponibile per tutti (ma più come una frequentatrice di bar che come una sacerdotessa). Due organizzazioni: una multina­ zionale dell'ottica (perché non un grande network televisivo?) e la Missione Catodica che, come un nuovo Esercito della salvezza, "ria­ bilita" i rifiuti della società ricorren­ do non a litanie e preghiere ma alla contemplazione passiva della tele­ visione, ritenuta un mezzo adatto a "reinserirli nella realtà".’0 Pur ser­ vendosi senza particolari problemi della sua "pistola di carne" per con­ to di Barry Conway o Bianca O'Blivion, non smetterà di cercare di continuo il conforto fetale dello schermo televisivo sul quale appare Nicki, il lago saturnino della sua malinconia, l'oracolo, la frontiera fra la realtà e la fantasia. Nello spi­ rito di Max regna la più assoluta confusione, non sa più se è se stes­ so o il doppio di un'immagine. Una sensazione, questa, particolarmen­

8J. Starobinski, Saturne et la Mélancolie, in Saturne et l'Europe, Éditions les Musées de la ville de Strasbourg, Strasbourg 1988. 9 In un altro ordine d'idee, nelle prime sequenze vediamo Max negoziare con gruppo di giap­ ponesi; le immagini del programma Videodrome mostrano degli asiatici. Tutti questi uomini gialli, che minacciano con la loro durezza il molle Occidente, fanno parte di una vasta cospi­ razione, come se l'America scoprisse all'improvviso la minaccia sessuale portata da un lonta­ no terzo mondo fatto di cianfrusaglie e popolato da anonime formiche. 10 Una scena ammiccante: quella in cui il solito barbone, che mendica all'angolo della strada, avendo perduto la scimmia che si muoveva fra i passanti, la rimpiazza con un televisore sul quale si vede una scimmia fare la stessa cosa!

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te forte quando Max strappa i veli (metafora della scoperta della realtà ultima); a tal proposito, una delle scene più belle e significative è quella in cui insegue, nei locali de­ serti della Missione, Bianca, che si nasconde - in una lunga carrellata - dietro i paraventi delle minuscole celle dove i senza tetto consumano la loro razione non-stop di televi­ sione. Il tutto si conclude con una duplice rivelazione: Nicki è morta e si è fusa con Bianca, della quale ora condivide la "causa" (è noto che tutta questa parte di Videodrome è stata girata e montata una se­ conda volta: nella versione origina­ le Max scopriva, alla televisione, un doppio che non lo avrebbe mai più abbandonato; Cronenberg tut­ tavia alla fine ha deciso di far "rivi­ vere" Nicki, senza dubbio per evi­ tare il carattere eccessivamente schizofrenico del dialogo di Max con se stesso). Si tratta di una scena di labirinto (luogo mitico nel quale, per riprendere le parole del poeta, "ci si ritrova dove ci si perde"), di spersonalizzazione ("un io senza nome e senza volto")," di un uni­ verso carcerario e claustrale, e allo stesso tempo di una deriva ridicola e assurda ("una prigione nella qua­ le si erra, una reclusione vagabon­ da: ecco che cos'è il labirinto").1 12 La nostra riscrittura di Videodrome, e potrebbero essercene altre, ha un solo merito: mettere in luce il carat­ tere risolutamente di disturbo della

11J. Starobinski, op. cit. 12 Ibid.

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narrazione cronenberghiana. Il pro­ blema non è quello di trovare un fi­ lo conduttore (ce ne sono troppi) o un insieme di indizi (tutti gli indizi sono contemplabili, accettabili e si potrebbe dire anche decisivi), ma di lasciarsi andare - come raramente avviene davanti a uno spettacolo ci­ nematografico - all'allucinazione, alla problematizzazione di quanto il cinema presenta come reale, ciò che ha spinto taluni a parlare di "di­ niego spettatoriale". In Cronenberg non si troveranno mai trucchi del genere "commento psicoanalitico sull'azione in corso", e inoltre, è bene ripeterlo, non sono mai prese in considerazione ipotesi di tipo magico. In Videodrome (ma anche ne La zona morta, La mosca, Inse­ parabili, Il pasto nudo) tutto si rac­ coglie intorno al sospetto, al dubbio di fronte alla verità dell'immagine e, procedendo, alla verità della nar­ razione e dei personaggi. In con­ trappunto, l'intreccio segue una lo­ gica implacabile, una logica folle che contamina lo spettatore nel mo­ mento in cui questi inizia a decifrar­ la, mentre il film proseguendo pre­ senta un insieme di atti e conse­ guenze che si concatenano logica­ mente nonostante i dati di partenza siano, in se stessi, assolutamente in­ credibili. Sono i personaggi stessi a farci partecipi del loro timore di es­ sere soggetti ad allucinazioni. Si po­ trebbe dire che Cronenberg accetta il postulato della psicologia speri-

TELEVISIONE

La nascita di "Brundlemosca" (Jeff Goldblum) ripresa dal video (La mosca)

Max (James Wood) di fronte alla bocca d'ombra che si appresta a inghiottirlo (Vi­ deodrome) 53

mentale secondo il quale l'allucina­ zione non è altro che lo scivola­ mento (brusco o progressivo) da una realtà registrata dai sensi a un'interpretazione. Ce ne sarebbero altri. Ne II pasto nudo è estremamente chiaro, l'Interzona rappre­ senta una sorta di copia di New York, così come i personaggi non sono che copie di quelli che abbia­ mo incontrato nella prima parte, newyorkese, del film .131 4 Un simile procedimento, pur non rappresentando in termini assoluti una novità nella storia del cinema, merita un approfondimento: Cronenberg lo sistematizza e quindi giustifica l'utilizzo di trucchi ed ef­ fetti speciali.'4 In Videodrome si as­ siste alla genesi di questa trasforma­ zione: all'inizio si tratta solo di so­ stituzioni, Masha al posto di Nicki per esempio. Ciò ci fa comprendere come la mente di Max prosegua, tramite le allucinazioni, il programma-videodrome. In seguito, si ha a che fare con spostamenti di caratte­ re analogico: lo schermo del televi­ sore diviene un oggetto di deside­ rio, labbra immense e vertiginose gli ingiungono di rientrare nell'im­ magine, come un bambino nel ven­ tre della madre. Più avanti si assiste

a uno spostamento dei comporta­ menti sessuali: nel ventre di Max si apre una ferita che inghiotte le vi­ deocassette. La problematica del dentro e del fuori (da dove vengono le allucinazioni, dalla televisione o dalla mente di Max, come sembre­ rebbe indicare il casco da allucina­ zioni?) è sfruttata fino in fondo, sempre restando all'interno della logica del sadomasochismo. Max è, di volta in volta, attivo e passivo, at­ tore e agito, decisore e fantoccio... La "pistola di carne", per esempio, è in maniera talmente evidente un'estensione fallica che risulta inu­ tile insistervi ulteriormente, tuttavia ciò che la rende interessante è lo sguardo che Max porta su di essa. Il fallo mortifero gli si impone, è lui a uccidere. Max, dopo aver colpito i soci lo nasconde nei corridoi della sua stazione televisiva, come un bambino occulterebbe il proprio sesso, atterrito dalla vergogna. O c­ corre ricordare che Max è costantemente sommerso dalle manifesta­ zioni diacroniche della sua aggres­ sività sessuale, come un dormiente che durante un incubo assiste im­ potente e affascinato da quella stes­ sa impotenza alle prodezze di un corpo che non controlla...

13 Ne II pasto nudo, Bill Lee ritrova subito, sulla spiaggia di Interzona, i suoi due amici newyorkesi: commosso e stupito, dice loro: "Ma è un'allucinazione. Che ci fate qui?" Al che Martin risponde: "Sai, ragazzo, deve essere la prima volta dopo un sacco di tempo che non hai allucinazioni". A quel punto comprendiamo che Interzona è senza dubbio New York vista da un drogato di polvere per uccidere gli scarafaggi e che l'incomprensibile intreccio, degno de II Grande Sonno di Howard Hawks, nel quale ci stiamo perdendo, esce direttamente dal­ l'immaginazione delirante del protagonista-narratore. 14 "Cronenberg si presenta come uno dei pochi cineasti della sua generazione che abbia svi­ luppato una morale degli effetti speciali." (T. Tesson, Voyage au bout de l'envers, in "Cahiers du Cinéma", 416, febbraio 1989.)

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VIDEODROME E SHINING Una struttura tematica pressoché identica caratterizza Videodrome e Shining, due film di due grandi re­ gisti. Nello slasher di Stanley Ku­ brick, il figlio telepate della coppia )ack Nicholson/Shelley Duvall, è in apparenza il primo a vedere i peri­ coli e, in un certo modo, a raccon­ tarli, anche se esiste un narratore onniscente che "supervisiona" il tutto. Si può riassumere questa sto­ ria narrata da un "innocente", pre­ sentato come telepate (ma in ma­ niera assai poco concludente: un esempio, è il vecchio cuoco dell'Overlook Hotel a fargli prendere coscienza del suo "dono", ma quando l'anziano ritorna per sal­ varlo, il ragazzo non avvertirà la presenza del padre-con-l'ascia che lo ucciderà sul campo!); il giovane ha delle visioni (un ascensore che libera un fiotto di sangue; le due gemelle assassinate). Il protagonista del film, Jack Nicholson, scrittore mancato e inacidito, si ritrova com­ pletamente fagocitato dal fascino del luogo, dal suo labirinto di bossi e dal crimine orribile che vi è già stato commesso. Quando il diretto­ re gli spiega che l'albergo è stato costruito sul sito di un cimitero in­ diano, l'appassionato di cinema fantastico è certo che si tratti di un luogo "abitato dagli spiriti". La ver­

sione proposta al pubblico, dopo i tagli fatti dallo stesso Kubrick su pressione dei previews americani, non ci permette assolutamente di costruire un'ipotesi su quella bru­ sca discesa agli inferi della para­ noia e della follia omicida. Nichol­ son, contrariamente al protagonista di Videodrome, non vuole "figura­ re" nella banda di fantasmi che abi­ ta il luogo, ne ha sempre fatto parte, come testimonia la foto fina­ le. Shiningè un film sul labirinto e l'eterno ritorno. Jack è arrivato con la moglie e il figlio per lavorare co­ me custode15 in un albergo di lusso che ogni anno, in inverno, viene abbandonato. Arriva per scrivere il "suo" romanzo. Jack percepisce una sorta di segnale psicotico, sotto forma di filastrocca infantile.16 La moglie, già a disagio per il totale isolamento del nucleo familiare e per il mutismo assente del marito, scopre, con sconcerto, che le centi­ naia di fogli accumulati sul tavolo di lavoro del consorte sono compo­ sti da un'unica riga, ripetuta con una monomania iterativa che rivela non solo il fallimento definitivo della sua carriera letteraria ma an­ che il passaggio definitivo sul ver­ sante della follia omicida: ripetere l'obbrobrio commesso qualche an­ no prima: sterminare la famiglia. In Shining e Videodrome, si ha a che fare con un creatore "in pan­ ne", contaminato in un caso da un

15 In inglese care taker, colui che veglia, che si prende cura. 16 "All work and no play makes Jack a dull boy", letteralmente: "Sempre lavorare e mai giocare rendono Jack uno stupido".

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luogo, nell'altro da una tecnolo­ gia.17*Jack si è perduto nel labirinto della sua impotenza creativa, an­ che lui vuole andare "più in là" ma il suo blocco darà origine all'uni­ verso allucinatorio, che popola l'al­ bergo deserto di clienti perversi e di personale complice che gli intima­ no di rientrare "per sempre" nel lo­ ro club di fantasmi, solo dopo aver fatto sparire gli elementi estranei, i "parassiti". L'affascinante opera di Kubrick oscilla costantemente fra il registro irrazionale e quello psica­ nalitico, e ciò la differenzia dal ca­ polavoro di Cronenberg, al quale d'altra parte si avvicina per l'analo­ ga descrizione della contaminazio­ ne allucinatoria. La scena in cui il "doppio" di Danny (un bambino immaginario che parla nella sua bocca) avverte la madre del crimi­ ne incombente, scrivendo sullo specchio della camera con lo stick di rossetto della donna la parola r e d r u m (che in inglese significa rum rosso, un'evocazione del sangue quindi), e la magnifica riunione di tutti gli elementi dell'orrore (letta alla rovescio, la parola incompren­ sibile diviene m u r d e r , uccisione e, proprio in quel momento, Jack Nicholson inizia a colpire la porta della stanza con potenti colpi d'a­ scia) ne fanno un classico del gene­ re. Come del resto il finale - quasi lieto, in quanto madre e figlio rie­ scono a fuggire - nel quale Jack Ni-

cholson, orco patetico che un Polli­ cino riesce a disperdere nel dedalo della follia, intrappolato nel labirin­ to che lo aveva così affascinato fini­ sce letteralmente congelato,'8 non avendo saputo sciogliere l'enigma delle impronte nella neve. Il con­ fronto fra i due film (ma Videodrome potrebbe anche essere parago­ nato a Re per una notte di Martin Scorsese), ci fa meglio cogliere l'o­ riginalità dello stile di Cronenberg. In primo luogo la tenacia nel re­ spingere gli elementi irrazionali, l'estrema sobrietà a livello di regia (nessun lirismo dei movimenti di te­ lecamera, nessun effetto a sorpresa) e, dal punto di vista della sceneg­ giatura, la grande fedeltà alle stesse ossessioni e allo stesso metodo: re­ stituire alla telecamera la sua virtù "oggettiva" per meglio destabilizza­ re lo spettatore, per disturbarlo nel­ le abitudini di "lettura" di un film e anche comprometterlo nel suo uni­ verso chiuso, in un labirinto dal quale è impossibile uscire.

L'ALLUCINAZIONE COME "VISIONE DEL MONDO" Jean Starobinski chiarisce come la Melancolia sia stata negata "a par­ tire dal momento in cui i filosofi e i medici si preoccuparono di spiega­ re la paura, la tristezza e i disordini

17 In tal senso, Barton Finksi presenta come un omaggio, a tratti letterale, al film di Kubrick, ma allo stesso tempo prende a prestito diversi elementi dall'universo cronenberghiano. Come Robert Taylor in Ultima caccia di R. Brooks.

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dell'animo attraverso una causa na­ turale".19 Quale migliore definizio­ ne si potrebbe offrire del metodo "materialista" di Cronenberg, si vorrebbe quasi dire della sua ne­ vrosi? Si potrebbe anche azzardare l'ipotesi che il regista sia una sorta di bambino che lavora i suoi film in stato di trance poetica, e in seguito li vede con il nostro stesso sguardo, carico di sgomento, di delusione esistenziale e di dubbi? In effetti, è innegabile che si esca dalla visione di Inseparabili, di Videodrome o di Brood - La covata malefica con la stessa sensazione di oppressione claustrale. L'irrazionale, non lo si può negare, è rassicurante. Il rac­ conto, per quanto orribile possa es­ sere stato, trova infatti una risolu­ zione gratificante; il soprannatura­ le, così come il meraviglioso, stabi­ lisce infatti una distanza dal sogget­ to che fa scattare in profondità di­ sinvestimenti di carattere affettivo ed emozionale: una volta finita la proiezione si smette di proiettare. Si tratta del Azionamento tipico dei racconti per l'infanzia: il treno fantasma rientra alla stazione, le lu­ ci dei festeggiamenti risplendono ovunque; si va a mangiare da barbapapà. Ma nel caso dell'opera se­ gnata dalla Melancolia dove, come dice ancora Starobinski, "alla pos­ sessione sovrannaturale succede un investimento materiale dal di dentro",20 la contaminazione fun­ ziona a pieno regime; lo spettatore,

assalito da interrogativi pesanti, da domande che lo mettono in causa a livello del "senso sovrano", la vista, che investe di uno statuto di verità ancora più alto di quello che attri­ buisce allo scritto, non prova nes­ suna soddisfazione quando in sala si riaccendono le luci. È stato attac­ cato "dall'interno", posseduto da un'entità che, a cose finite, non può essere congedata, come un vampiro o un succubo. Si tratta in­ fatti di un demone "materiale" che in seguito ossessionerà a lungo lo spettatore nella sua visione sia del mondo che del proprio corpo - in quanto è il corpo stesso, organo per organo, a essere stato penetrato, as­ salito, sconfitto - trasformandolo, come Max Renn, in un'immensa porosità attraverso la quale il virusimmagine lo ha penetrato. È così costretto, volente o nolente, a sten­ dere a sua volta la sceneggiatura malinconica della distruzione siste­ matica della sua integrità indivi­ duale, e conserva in sé dei segni in­ delebili in quanto interni, e le sue viscere reagiscono con angoscia quando vede la videocassetta di plastica entrare nel videoregistrato­ re. E per generare tutto ciò sono ba­ state delle visioni, delle immagini delle quali, in un altro contesto, si sarebbe sbarazzato senza troppi problemi. Malgrado l'eccesso, il sovraccarico e la demenza di quel­ le immagini utraviolente, gli è im­ possibile conservare il sangue fred­

19J. Starobinski, op. cit. 20 Ibid.

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do. E ciò senza dubbio avviene per il fatto che Cronenberg, giocando sul registro della materia e del pa­ radosso cinematografico, riesce a perforare, nella nostra scatola cra­ nica, proprio quella valvola inutile che Daryl Revok, il "cattivo" dotato di poteri telepatici di Scanners, si è scavato nella testa e che, con un bendaggio, ha provveduto non a nascondere, ma a sottolineare in maniera provocatoria sovrappo­ nendole un terzo occhio disegnato. Nella dialettica suscitata dalla stra­ tegia di Cronenberg, avviene di continuo uno scambio fra l'imma­ gine sullo schermo e l'intimità del­ lo spettatore; uno stupro forse, o un'operazione più sofisticata che ci

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coinvolge nella complessità della produzione di un film. Adesso spet­ ta a noi montare le sequenze atro­ cemente allucinatorie che provoca­ no un simile effetto di eco, un simi­ le disgusto, una simile melancolia. Spetta a noi riscrivere una sceneg­ giatura "tollerabile". Allo stesso modo in cui utilizza l'allucinazio­ ne, Cronenberg instilla quel dubbio mortale di cui si è già parlato. Il "paradosso del cinema" rappresen­ tato dall'allucinazione riesce quin­ di, in forza della profonda sincerità che sorregge la concezione che il regista ha della propria arte, a ge­ nerare, per parafrasare una nota formula, "un cinema che non ap­ partiene più all'apparenza".

I MISTERI DELL'ORGANISMO

LA "DEGENERAZIONE" Il cinema di Cronenberg trova nel corpo la propria tematica dominan­ te. È proprio questo a definirne la specificità. Si è parlato, in proposito, di cinema "viscerale", utilizzando un aggettivo che illustra chiaramen­ te come a essere in gioco non sia il corpo delle arti plastiche ma un cor­ po profondo, dotato di un interno, anche se la bidimensionalità del ci­ nema può renderne conto solo in maniera complessa, dialettica. Tradizionalmente, il cinema fantasti­ co si presenta come cinema dell'anima stessa; al suo centro è la meta­ morfosi intesa nel senso classico del

termine. La metamorfosi classica è un'involuzione. Il ritorno a una con­ dizione di semianimalità che rein­ troduce il disordine del caos. Nelle mitologie precristiane viene descrit­ to un "tempo del caos" che precede la creazione, nel quale l'uomo è so­ lo una sorta di animale e il mondo è popolato da creature ibride, metà uomini metà bestie. Giunge quindi il Verbo, che separa i due regni, e l'i­ deologia monoteista che, vietando le rappresentazioni plastiche e i sa­ crifici umani (i sacrifici animali, di­ versamente, perdureranno), traccerà una frontiera stabile fra il sacro (l'an­ tropomorfico) e il profano (tutto quanto è animale o ha che fare con gli istinti animali: i sensi, la sessua­ 59

lità ecc.). In seguito, la maledizione no seguito la carriera: la minaccia, altro non sarà che il ritorno del ri­ come sempre in Cronenberg, viene mosso del passato caotico, la riap­ dall'interno - in questo caso dalla parizione, sotto forma di sintomoperdita d'identità di Beverly, osses­ catastrofe, dell'animalità associata sionato dalla mancanza di autono­ al Male. mia rispetto al fratello - e condurrà Cronenberg, da parte sua, si collo­ a una deriva mortale, a una fusione ca all'interno di una linea differen­ nella morte che avverrà, paradossal­ te quella che si suole definire della mente, sotto forma di separazione. fantascienza, non più l'involuzione Ma l'aggressione venuta dall'interno quindi ma l'evoluzione della spe­ è talmente interiorizzata che Cro­ cie umana verso il suo divenire. La nenberg non ha alcun bisogno di far mente e la macchina concepiti co­ intervenire elementi fantastici in me estensioni del corpo: allo stesso senso stretto, tranne che in forma di tempo homo sapiens e homo faber. incubo (la donna che separa i fratelli La ricerca dell'eroe cronenberghiacon i denti). Come tutti hanno nota­ no è in effetti indirizzata al futuro, to, il film possiede una magia unica alla mutazione, al più-che-umano (dovuta a effetti speciali che, nella se non al superumano. Di conse­ loro trasparenza, rasentano la perfe­ guenza, il regista canadese non ha zione, alla splendida interpretazio­ mai affrontato temi di carattere go­ ne di Jeremy Irons, alla bella colon­ tico, anche se spesso si è mosso se­ na sonora di Howard Shore - il mu­ guendo le tracce lasciate da altri. sicista-feticcio di Cronenberg - e a La sua originalità non è dovuta tan­ una regia e a un montaggio ispirati, to alla scelta degli intrecci quanto tutti fluidità e intelligenza). La pelli­ all'assoluto rifiuto di ogni "tratta­ cola, se da una parte sembra sfuggi­ mento gotico".1 Paradossalmente, re al "genere", dall'altra rappresenta in lui non c'è alcuna ricerca il compimento di un percorso: la dell'"effetto" in sé. metafora medica, il mistero dell'or­ Con Inseparabili, Cronenberg ha ganismo, la maledizione implicita, varcato la soglia della casta dei la logica del fantasma. "grandi registi": riconoscimento in­ Proviamo a immaginare che Cro­ ternazionale e possibilità di girare II nenberg avesse per tutta la vita rea­ pasto nudo. La sceneggiatura non lizzato film quali Fast Company1 e può certo stupire coloro che ne han­1 2 che all'improvviso avesse fatto usci­ 1 Come dice assai bene Charles Tesson, parlando di questo intellettuale che ha appreso il me­ stiere "sul posto" in quanto aveva qualcosa d'altro da dire: "il fondo è passato davanti alla for­ ma". (C. Tesson, Les yeux plus gros que le ventre, cit.) 2 II film, uscito nel 1979, rappresenta l'unico tentativo hollywoodiano di Cronenberg. La pellicola, della quale Cronenberg non ha scritto la sceneggiatura, si presenta come un film d'azione minore ambientato nel mondo delle corse di dragster. Pur rivendicato dall'autore come parte integrante della sua opera, Fast Company appare un film di scarse ambizioni e di poco interesse.

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re Inseparabili; in tal caso la critica non avrebbe mancato di sottolinea­ re l'atmosfera malsana e fantastica dell'opera. Quando Cronenberg di­ chiara "Non mi pongo simili proble­ mi quali: uscire dal genere per rea­ lizzare un film 'normale'",3 lo si de­ ve prendere in parola. Rifiutare di ri­ conoscere a coloro che fanno cine­ ma di genere il talento che in genere si attribuisce agli autori intesi nel­ l'accezione europea del termine, si­ gnifica non aver compreso nulla del cinema di oggi e della storia del ci­ nema americano! Non esiste alcuna rottura fra Inseparabili e II demone sotto la pelle o Brood - La covata malefica. Se ci riteniamo più soddi­ sfatti di Inseparabili è forse solo per mascherare lo straordinario fastidio che proviamo davanti a un fenome­ no da baraccone - i fratelli gemelli indistinguibili - che potrebbero a giusto titolo essere considerati come un'ulteriore ipotesi fantasmatica. L'orrore è qui "reale"; e allora? Il realismo di Cronenberg consiste proprio nel non svelarci un orrore estraneo, improvviso o mitico, ser­ vendosi, diversamente, dello scher­ mo come di uno specchio dal quale farci riflettere, opporre al nostro doppio, e talvolta rivoltare, come animali smembrati. Il suo occhio-te­ lecamera (che per l'effetto-cinema diviene il nostro) è un coltello che viene rigirato nella piaga apertasi nei più profondi recessi (la testa che

esplode in Scanners, la ferita vagina­ le che si dischiude sul ventre di Max in Videodrome, il corpo suppliziato di Elliot in Inseparabili). Si potrebbe, forse, paragonare questo procedi­ mento a quello di Carne di Brian De Palma: la scoperta, da parte della bambina, della terribile mutazione a cui è soggetto il suo corpo (il flusso del sangue mestruale). In tal senso, tutte le opere di Cronenberg si pre­ senterebbero come film sull'adole­ scenza, film sulla "muta" rappresen­ tata dalla pubertà. La scena in cui Beverly si appresta a operare una paziente con i suoi stru­ menti deliranti non è certo rassicu­ rante.4 L'incubo, annunciato come tale, non è meno spaventoso. Mai Cronenberg aveva spinto così in là la descrizione "psicologica" di un personaggio (doppio); il film tuttavia non ha nulla in comune con quel mainstream cinema d'oltreoceano fatto di sceneggiature convenziona­ li, personaggi archetipicamente me­ diocri con i quali "identificarsi", si­ tuazioni iperscontate e buoni senti­ menti. Quando Elliot, per restituirgli il gusto della vita, spinge Bev al triangolo con la sua ragazza, il pub­ blico dovrebbe desiderare che que­ sti si unisca alle danze. Alla stessa maniera, quando completamente al­ lucinato tenta di fare strage di una paziente con gli "strumenti per ope­ rare le mutanti", è sempre lui che seguiamo, è per lui che abbiamo

J Intervista con l'autore per Mémoire du Cinéma, Cinémathèque fran^aise, 8 novembre 1990. * "Il corpo è sventrato [...], vittima di un funesto taglio cesareo. L'uomo cronenberghiano è per sempre gravido di se stesso". (C. Tesson, Voyage au bout de l'envers, cit.)

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LA MAIEUTICA SECONDO CRONENBERG: L'ORRORE VIENE SEMPRE DALL'INTERNO. PERSONAGGI SENZA QUALITÀ GENERANO MOSTRI DAVANTI AGLI OCCHI DI UNA TELECAMERA-BAMBINO

Una parte del ventre di Allan Migicovsky si rigonfia (Il demone sotto la pelle)

James Wood che partorisce se stesso ( Videodrome) 62

Samantha Eggar stringe uno dei suoi "bambini dell'odio" (Brood - La covata ma­ lefica)

"La perdita dell'infanzia"... Cindy Hinds (Brood - La covata malefica) 63

contaminato (Paul Hampton), l'ipo­ crita Roger St. Lue, viene sottosposto dalle furie a una specie di "battesi­ mo", provocando il sollievo dello spettatore, in primo luogo in quanto quella capitolazione mette fine alla guerra intestina in seno all'edificio, quindi perché il rifiuto di ogni con­ tatto sessuale, anche normale, con l'infermiera appariva, in quel conte­ sto, un po' esagerato. L'accesso di MOSTRI TECNOLOGICI erotomania, tuttavia, viene scatena­ to da un fattore esterno. I corpi non subiscono alcuna mutazione. Si tra­ Cronenberg non si presenta certo sformano in "macchine desideran­ come un cineasta di fantascienza in senso classico. In primo luogo per­ ti", ecco tutto! Il principio di piacere ché i suoi intrecci sono sempre col­ si è in qualche modo incarnato e se­ locati nel nostro tempo, inoltre per­ parato dal corpo: carne allo stato ché i mostri dei suoi film non sono puro! La comunicazione si risolve in robot ma uomini e donne del quoti­ contaminazione. Avremo modo di diano, personaggi in genere senza vedere in seguito come ciò ritornerà qualità particolari (con l'eccezione costantemente. di Scanners, ma anche in questa Già in Rabid, era stato un innesto di pelle fallito a trasformare Rose in opera è il "cattivo" mutante telepate a possedere un minimo di tratti pe­ una predatrice sessuale dal compor­ tamento da zanzara gigante. L'origi­ culiari, mentre il fratello, il "buono" Cameron Vale, è del tutto insignifi­ nalità del film risiede proprio in cante). Nei suoi due primi film com­ quell'affermazione crudele della bi­ sessualità.5 Anche qui, la sessualità merciali, Il demone sotto la pelle e non può essere che un veleno, una Rabid - Sete di sangue, a profanare l'essere umano sono degli scienzia­ trasgressione epidemica, ma mentre ti: nel primo caso un medico folle ne II demone sotto la pelle si com­ prende che gli abitanti della Stariiche intende smuovere una società ai ner Tower si apprestano a conquista­ suoi occhi bloccata inventando una lumaca che coinvolge le persone in re il mondo, in Rabid Rose ha esita­ uno sfrenato priapismo; si assiste, in zioni di carattere morale, il suo biso­ effetti a una sorta di mistero dioni­ gno da tossicomane di sangue è siaco, in particolare nella scena del­ continuamente controbilanciato dal la piscina, nella quale l'unico non*lo bisogno di amore e socialità. Il suo

paura. Con Inseparabili Cronenberg illustra in maniera incomparabile la fantasia del darsi la nascita da soli (il ginecologo che si partorisce da una morta), il sottofondo e la trama cioè di quello che si è soliti definire co­ me "romanzo familiare". Si tratta della forma di "generazione sponta­ nea" che ossessiona tutti i suoi film.

5 II feticcio è svelato, la donna possiede un pene, ma un pene mortale collocato dove non ce lo aspettiamo.

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nuovo organo non ha un carattere vitale (salvo considerare la scompar­ sa dell'umanità un fine in sé) e la donna finirà, come il prodotto mo­ struoso di un esperimento di labora­ torio, in un cumulo di immondizia. Ritorniamo alla sequenza chiave de Il demone sotto la pelle: Nicholas Tudor, impiegato privo di qualsiasi interesse, rientra a casa; respinge le tenere effusioni della moglie, ha un gran brutto carattere. Poi, si isola in bagno, dove con una ripugnanza che non riesce a celare un profondo compiacimento si contempla allo specchio il ventre prominente, co­ me una donna incinta, e assiste, sot­ to alla sua pelle, alle reptazioni di una sorta di enorme verme. In segui­ to, in un diluvio di sangue, vomita il "bambino" nel buco del water. Una concezione tipicamente infantile: concepimento attraverso la bocca, concepimento cloacale e riprodu­ zione unisessuata... che per lo spet­ tatore sono sinonimo di "nausea". È proprio qui che si trova una delle principali ossessioni di Cronenberg. Tutte le paure sono infantili: paura del buio, degli animali, del rumore, del silenzio. Sono queste a fornire al cinema gotico la maggior parte dei meccanismi e dei colpi di scena, ma Cronenberg osa esporci;6 senza ri­ correre ad alcuna dissimulazione, le paure ma anche i desideri dell'in­ fanzia (l'universo annunciato dai contaminati de II demone sotto la

pelle trova nel principio di piacere l'unica legge) nella loro irrimediabi­ le caparbietà, da libido "rettiliana".7 Dietro la carica umoristica (contrar­ re una malattia venerea abbraccian­ do qualcuno) e perfino satirica (la società "normalizzata" di quel com­ plesso immobiliare di Montreal "merita" la sorte che le è riservata), non possiamo evitare di avvertire un brivido (shiver) davanti allo spetta­ colo di ciò che, per noi, rimane le­ gato allo stadio sadico-anale, e che l'apprendimento della pulizia ha tentato (il più delle volte solo in su­ perficie) di far scomparire. Freud, le­ gando ogni fase dello sviluppo del bambino a un organo e a una per­ versione sessuale, aveva già, come aveva avuto modo di dire in occa­ sione del primo viaggio in America, "portato la peste"! In America, alcu­ ne reazioni di esponenti delle "mi­ noranze sessuali" mostrano, se ce ne fosse bisogno, come la società non sia sempre pronta a recepire fa­ cilmente un simile messaggio.

DENTRO/FUORI Nei due film che precedono II pasto nudo c'è una sorta di "accelerazio­ ne". In precedenza i protagonisti erano vittime involontarie di esperi­ menti portati avanti da scienziati. Diversamente, ne La mosca e Inse­ parabili, come dice lo stesso Cro-

‘ In inglese il verbo to expose può essere utilizzato anche in riferimento all'esibizionismo. ' Freud avanzava l'ipotesi che gli stadi della sessualità corrispondessero all'evoluzione del re­ gno animale. In tal modo, gli stadi primari troverebbero una corrispondenza con gli organi nervosi dei primi abitanti del nostro pianeta.

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nenberg, allo scopo di "eliminare il superfluo e arrivare alla tragedia"8 i protagonisti, e quindi le vittime, so­ no gli stessi scienziati. Non si ha quindi più a che fare con un inter­ vento esterno (salvo considerare la mosca come un "segno del desti­ no", cosa che non è), con un orrore esogeno o una minaccia "venuta da un'altra parte". In effetti, la stessa cose vale già per II demone sotto la pelle, nel quale la scena del parto descritta in precedenza mostra chia­ ramente che l'orrore proviene sem­ pre dall 'interno, che non esiste un esterno o, in altre parole, che non ci sono vie d'uscita.9 Nei due film pre­ cedenti a II pasto nudo, tuttavia, il restringimento spaziale (scenario pressoché unico: l'appartamentostudio dei Mantle e il loft-laborato­ rio di Brundle) funziona come av­ vertimento: è qui che avviene la co­ sa. Ma quel qui non è - come si è detto a proposito di Shining di Ku­ brick o di Barton Fink dei fratelli Coen - "un film-cervello". Cronenberg - e questa è la sua originalità, la sua profonda modernità, il suo "materialismo" - fa dei "film- cor­ po" nei quali si ha a che fare allo stesso tempo con organi (e il cervel­ lo è solo questi) e con organismi

(spesso concepiti come montaggi, talvolta fallimentari,10*di organi con­ correnti, ipertrofici, contaminati dal­ la lebbra del tempo: la perdita del­ l'infanzia è infatti il tema preferito di Cronenberg, anche se tale perdita si configura non come una condizione dalla quale si contempla ('"innocen­ za scomparsa", tipico cliché del ci­ nema americano, ma nei termini di una perdita organica, come nel caso dell'automutilazione di Scanners o La mosca). Come dice Burroughs a proposito delle cellule nervose, "una volta partite, non ritornano più!" Di fronte al labirinto dell'al­ bergo di Shining che, bene o male, ricostruisce l'immagine ideale di un cervello (in panne) e delle sue cir­ convoluzioni, gli scenari di Cronen­ berg evocano immancabilmente l'interno del corpo, quell'interno che conosciamo solo negativamente (attraverso l'invecchiamento e la malattia) e che, infine, ci fa orrore per quanto ci sentiamo impotenti nei suoi confronti. Qui, dunque! Il mistero dell'organismo si risolvereb­ be quindi in un'atteggiamento: quel­ lo del corpo di fronte al suo inter­ no,’1 quello del narcisismo di fronte all'ignoto.12 L'orrore è un dialogo e anche una dialettica fra il nascosto e

* D. Cronenberg, L'Horreur intérieure, cit. 9 "La mostruosità... la secerniamo da soli." (C. Tesson, Chromosome III, in "Cahiers du cinéma", 306, dicembre 1979.) 10 "[...] un orribile simulacro di vita, una cattiva copia rabberciata in fretta, con frammenti umani che si direbbero mescolati in un cappello ed estratti a caso..." (W. Burroughs, Il pasto nudo, cit. in C. Tesson, Les yeux plusgros que le ventre, cit.) ” "La melancolia è espressamente legata all'immagine della profondità" 0- Starobinski, op. cit.) u "La roba non vuole essere al caldo, vuole essere al Fresco, al Freddo, al Grande Gelo. Ma il Freddo deve raggiungerlo come droga non all'esterno... ma all'interno" (W. Burroughs, Il pa­ sto nudo, cit.)

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il mostrato, fra un cinema realista e un sotto-testo cifrato, che talvolta fa esplodere lo schermo: il rigurgito di viscere che in Videodrome fa esplo­ dere lo schermo del televisore!

LO STADIO DEL "MORTORIO" Qui, d'accordo, ma dove esatta­ mente? Cronenberg parla spesso delle proprie ipotesi e sperimenta­ zioni come se la sceneggiatura ri­ corrente della sua opera si metamorfizzasse in ogni film, in forme diver­ se. È anche necessario comprendere come la kàtharsis, tenuta in gran conto dallo spettatore, viene anche applicata alla creazione. Da ciò di­ scende la necessità di un continuo riequilibrio, di un'oscillazione fra il controllo e il caos. Quando Cronen­ berg paragona Johnny Smith, il pro­ tagonista de La zona morta, "all'ar­ chetipo dell'artista che vive allo stesso tempo dentro e fuori dalla so­ cietà a causa della sua sensibilità e della sua percezione delle cose",'3 vi si identifica completamente; e in seguito aggiunge: "Un simile pro­ cesso si ritrova in ogni mio film... nel momento in cui ci si rende con­ to che la propria realtà è solo una

possibilità, fragile come le altre pos­ sibilità".1 141 3 5In Cronenberg l'angoscia è sempre "angoscia del possibile". Da cineasta non naturalista ma "rea­ lista", egli ci parla del continente sconosciuto che è dentro di noi, che conosciamo poco e non controllia­ mo per niente. Un elemento comu­ ne a tutti i protagonisti della fiction cronenberghiana (a parte Scanners) è infatti l'impotenza di fronte alle forze che si scatenano nell'organi­ smo o a un nuovo organismo (più o meno parassitario) che si sostituisce all'originale, una mancanza di con­ trollo, dunque, che sfocia nella soli­ tudine e nella disperazione. Tale presa d'atto è una metafora solo in superficie e si applica allo stesso ti­ tolo agli ambiti della sessualità, del­ l'esistenza sociale e della politica, intesa nel senso più ampio del ter­ mine. Nella stessa intervista, Cro­ nenberg finisce per riconoscere co­ me "in effetti, nessuno sia in grado di controllare Iqualcosa]", facendo­ ci toccare con mano, così come Johnny Smith sfiora la mano di colo­ ro a cui legge il futuro, il suo profon­ do ateismo, una forma di materiali­ smo che definirei, in mancanza di meglio, "postmoderno".’5 Ne La mosca e II pasto nudo, pas­

13 D. Cronenberg, L'Horreur intérieure, cit. ,4 Ibid. 15 Per postmoderno, termine un po' troppo usato nel gergo giornalistico, intendo una realtà contraddittoria. Postavanguardista, forse, sarebbe meglio dire. In America settentrionale, il dogmatismo freudiano o marxista ha coinvolto solo marginalmente gli intellettuali, anche du­ rante gli anni Trenta. Di conseguenza, si è avuto non tanto il rinnegamento e la revisione di va­ lori che, d'altra parte, non erano mai stati assimilati in maniera profonda, quanto il ritorno a una forma di tabula rasa di marca tipicamente anglosassone. In tal modo, il materialismo di un Cronenberg non procede da una tradizione politico-accademica, come avverrebbe nella vec­ chia Europa, ma si afferma attraverso una sorta di ingenuità, di innocenza un po' fittizia in

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sando per Inseparabili, i protagonisti procedono alla sistematica dissolu­ zione del loro programma, del loro senso, della loro vita. Il corpo è un battello alla deriva nel quale il cer­ vello o, se si preferisce, la mente è un capitano fallito, un passeggero clandestino che non sa leggere una carta, né stabilire la rotta e tenere la barra (come dice Spinoza "Non sap­ piamo di che cosa sia capace un corpo"). Il cervello non sa vedere il corpo; ne coglie solo un'apparenza, un'illusione. Anche quando assume dimensioni sconvenienti, come ac­ cade in Scanners, il cervello viaggia da un corpo all'altro, da un corpo a una macchina (la centrale informati­ ca). Si è parlato di "spirito" a propo­ sito dei film di Cronenberg; perso­ nalmente credo sia più opportuno parlare di un "momento spirituale", di una sorta di stadio dello specchio in cui il corpo, messo di fronte a se stesso, o nella maggior parte dei casi al proprio doppio, capitola davanti all'estraneità di quell'immagine ri­ flessa. Dal momento che le situazio­ ni descritte da Cronenberg hanno sempre un carattere patologico, nel suo caso si tratterà, come si può fa­

cilmente comprendere, di uno sta­ dio dello specchio rovesciato: l'"io" si disgrega davanti al riflesso (il vir­ tuale si impone sul reale) e Max Renn, durante l'ultimo confronto con il suo doppio televisivo, sarà in grado di mimare solo il proprio sui­ cidio, allo stesso modo di Beverly Mantle che, contemplando la pro­ pria immagine straziata (il fratello Elliot) prenderà la decisione di farla finita. Per non parlare di Seth Brundle che, nel vedere la propria imma­ gine riflessa negli occhi della donna amata, la supplicherà di finirlo. Da un certo punto di vista, infatti, la tra­ sformazione di Brundle in Brundlemosca si presenta non soltanto co­ me la perdita dell'innocenza dello sguardo - Veronica ha introdotto il doppio riprendendo con il video l'e­ sperienza di teletrasporto di Seth ma anche come la perdita della ver­ ginità da parte di uno scienziato preso solo dal proprio lavoro. Perdi­ ta del corpo apollineo della giovi­ nezza, accelerazione fantastica del processo di invecchiamento che conduce Seth a guardarsi nello specchio del bagno come una mummia vivente, un corpo i cui or­

quanto, anche in America, si era al corrente dei grandi dibattiti europei. Diversamente, oltreo­ ceano si è imposta un'ideologia strisciante del radicalismo, generata dall'incontro della gene­ razione che aveva lottato contro il maccartismo con quella che aveva combattuto in Vietnam. Da un certo punto di vista, le lobby del politically correct che al giorno d'oggi imperversano nelle università, nei media e nelle innumerevoli commissioni e istituzioni che stabiliscono i diritti di questi e di quelli, ne rappresentano le propaggini meno presentabili. Negli ultimi anni si è potuto verificare fino a che punto i cartelli delle minoranze più potenti fossero in grado di esercitare una forma di censura, simile a quella delle leghe per la virtù, sulla stampa, la televi­ sione, l'editoria, l'educazione e, talvolta, lo stesso cinema (si pensi alle "mobilitazioni" contro alcune riprese: Cruising da parte dei gruppi omosessuali, L'anno del Dragone da parte delle associazioni di asiatici e, perché non dirlo, la dura campagna dei gruppi femministi contro Burroughs e, di conseguenza, Cronenberg).

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gani precipitano rapidamente nella senescenza. A differenza di quanto accade nel film originale, una simi­ le degenerazione non provoca ac­ cessi di rabbia (lo scienziato che dislrugge la macchina) - dal momen­ to che il corpo è una macchina in­ frangibile e inclassificabile - ma una sorta di "nostalgia dell'infan­ zia",'6 di folle desiderio di riprodur­ re l'immagine perduta di quel corpo trionfante facendone un bambino: la sola possibilità di sopravvivenza di Seth per Veronica altro non è, let­ teralmente, che un incubo. Parto doloroso del film. Qui, l'intreccio si riallaccia a quella strana autobiografia tracciata , film dopo film, da Cronenberg: l'apologia della sterilità e la disperante con­ sapevolezza di dover trasmettere, malgrado tutto, la maledizione fami­ liare alla progenie. Ne La mosca, il cineasta, ancor più che in Brood La covata malefica, ci impone, vi­ sceralmente, l'orrore della riprodu­ zione. Metafora della "verità" della

specie e quindi anche della sua arte (dove si generano immagini), la tra­ smissione "della vita [intesa come] malattia" entra in disperata risonan­ za con la trasmissione di virus-im­ magine intesi come malattia dell"'anima". Nel video si parla del­ le immagini in termini di "genera­ zione", sapendo che, da una ripro­ duzione all'altra, la qualità e la defi­ nizione dell'immagine si perdono, come usurate dai successivi passag­ gi. La nuova carne, in un simile con­ testo, si presenterebbe come un ri­ torno all'infanzia, alla "prima gene­ razione" della pellicola video: ma un ritorno che si attua nella prospet­ tiva del desiderio che provoca l'allu­ cinazione, la psicosi. L'equazione della "nuova carne" è con ogni evi­ denza quella del cinema, il " corpus al posto dell'opus", come dice Ro­ land Recht in riferimento ai moderni artisti della Melancolia: così come il percorso dalla carne duplicata a quella reale di La mosca ne costitui­ sce l'enigma.'7

16 "Trasformarsi significa perdere di vista ciò che si è, ricordarsi: un inconsolabile rimpianto, una nostalgia dell'infanzia.'' (C. Tesson, Les yeux plus gros que le ventre, cit.) 17 "L'opera d'arte moderna trae origine da un perpetuo lavoro della morte, con la distruzione che succede alla costruzione e ogni costruzione - collage, montaggio - che in definitiva si presenta come distruzione." (B. Recht, op. cit.)

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IL CORPO MACCHINA UNA MACCHINA NON COSÌ MOLLE? A colpire, nell'opera di Cronenberg, è soprattutto la volontà di prendere le distanze dalla visione tradiziona­ le del corpo proposta dall'arte. Vo­ lendo azzardare un confronto con le arti figurative, si potrebbe dire che il corpo che appare nei suoi film è lo stesso delle opere di Bacon o Soutine, mentre il cinema ci ha abituati a una visione ultraclassica, prossima a quella della statuaria an­ tica. In tal modo, il museo allestito da Seth Brundle ne La mosca si pre­ senta, in qualche maniera, come il "repertorio di storia naturale" di un

corpo del passato che la sperimen­ tazione scientifica ha definitiva­ mente superato (in ciò, il montaggio di organi caduchi fa anche pensare ai collages di Schwitters). La litania, l'ossessione dei personaggi di Cro­ nenberg rappresenta proprio quella "nuova carne" alla quale tutti frene­ ticamente aspirano. Contrariamente a quanto avviene nel cinema dell'orrore tradizionale, i corpi, sempre minacciati dalla mo­ struosità, non si trasformano in mo­ do superficiale (i due poli della me­ tamorfosi nel "gotico" sono rappre­ sentati dal mostro di Alien di Ridley Scott, compromesso fra la macchi­ na, il sauro e l'insetto, estraneo, co­ me indica il nome, a ogni umanità, 71

e il protagonista di Elephant Man di David Lynch che, sotto apparenze mostruose e animali cela un'anima nobilmente umana) ma sono attirati in maniera irresistibile dal superu­ mano, in particolare dal "diveniremacchina" (la cui ultima forma è la macchina da scrivere antropomorfi­ ca ed entomorfica de II pasto nu­ do). Solo a uno sguardo superficiale la macchina può essere contrappo­ sta all'uomo: essa infatti fin dalle origini (homo faber) fa parte delle sue estensioni. Così, le grandi scim­ mie antropomorfiche (gorilla, scim­ panzé, orango) si servono di rami o sassi per raccogliere frutti, rompere gusci ecc. La macchina, in fondo, non è altro che un utensile comples­ so e sofisticato. La nota definizione del lavoratore moderno come "sem­ plice appendice della macchina" in­ dica chiaramente il rapporto dialet­ tico che può esistere fra l'uomo e gli utensili che si è dato per "conquista­ re il mondo". Un abisso si spalanca all'interno della prospettiva cartesia­ na. Votato alla lotta contro la Natu­ ra, l'uomo è certo dotato di un'ani­ ma che lo distingue dal resto della creazione ma, aggiunge Cartesio, ai nostri occhi nulla distingue un ani­ male da un automa perfetto: "Se esi­ stessero macchine siffatte, che aves­ sero gli organi e la figura esteriore di una scimmia o di qualche altro ani­ male privo di ragione, non avrem­ mo nessun mezzo per riconoscere che esse non rivestono in tutto e per tutto la natura di questi animali;

mentre se vi fossero macchine simili ai nostri corpi, che ne imitassero le azioni quanto è praticamente possi­ bile avremmo sempre due mezzi certissimi per riconoscere che non per questo sarebbero dei veri uomi­ ni: [...] mai potrebbero usare delle parole e [...] anche se facessero pa­ recchie cose bene quanto noi, im­ mancabilmente in qualche altra co­ sa fallirebbero, dando modo di sco­ prire che non agiscono in base a co­ noscenza ma solo in base alla di­ sposizione dei loro organi".1 L'abisso di cui parlo è con ogni evi­ denza quel processo di confusione fra l'automa e l'uomo: il progresso tecnologico avrebbe quindi fornito a Cartesio ulteriori ragioni per riaf­ fermare il dubbio posto a fonda­ mento del suo metodo. In un certo modo, l'autore del Discorso sul me­ todo ci offre un'eccellente descri­ zione della natura degli effetti spe­ ciali (ma anche degli innesti di or­ gani artificiali). In quanto macchina da illusione, il cinema si presenta come il luogo nel quale ogni rifles­ so chimico-ottico è dotato di parola e qualsiasi robot, anche di grossola­ na fattura, può facilmente essere scambiato per un essere umano. Crediamo tutti al cinema alla ma­ niera degli idolatri (ossia senza cre­ dervi veramente, utilizzando inte­ riormente il noto "come se" che l'inglese esprime magnificamente attraverso il termine make believe: far credere), il che significa che non ci crediamo a fondo. Ci crediamo,

1R. Cartesio, Discorso sul metodo, Laterza, Bari-Roma 1998, pp. 75-77.

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senza giochi di parole, perla forma, in tutte le accezioni del termine ("Certo che lo so, ma comun­ que...").2 Ma così come siamo in grado di proiettare le angosce, le speranze e le emozioni, per esem­ pio, sulla statua di un santo, tanto da vederla piangere o sanguinare, allo stesso modo proiettiamo (si po­ trebbe dire che il cinema proietta, nell'accezione freudiana del termi­ ne, per noi) sullo schermo che ci sta di fronte un'immensa gamma di sensazioni e di emozioni che si cri­ stallizzano negli attori, nelle sceno­ grafie, nella colonna sonora, nella luce, nel montaggio, in tutti gli ele­ menti della grammatica filmica, nel caso sia di un banale serial televisi­ vo sia di un autentico capolavoro. Ma il dubbio resta! È su quelle fron­ tiere, sulla "disposizione degli orga­ ni" degli automi’ che vediamo al ci­ nema, sull'illusione di verità e la ri­ velazione del mistero di un corpo che si presenta come una macchi­ na, che Cronenberg fa leva, toccan­ do i nostri nervi come fossero le corde di una lira viscerale.4 Ogni film di Cronenberg è così de­ dicato a un organo o a una funzio­ ne: il sesso. Ne II demone sotto la pelle e Rabid - Sete di sangue per "esteriorizzazione" somatica; nel primo caso un parassita che si svi­ luppa nel ventre e contamina tutti1

gli esseri viventi, nel secondo un pungiglione che si sviluppa sotto il braccio di Rose e contamina gli es­ seri presi di mira attraverso il vam­ pirismo. Cronenberg, in tale fase, sembra procedere per tentativi, si potrebbe dire a metà strada fra l'orrore tradizionale e quello che sarebbe diventato il suo tema do­ minante. In Brood - La covata malefica tutto ruota, a un primo livello, intorno alla sovversione di un cliché fra i più abusati: "La riproduzione ses­ suale, nell'uomo, si associa all'a­ more". Nel film in questione, diver­ samente, a provocare la figliazione è l'odio. A un livello più profondo, tuttavia, la sceneggiatura ruota in­ torno a quelle malattie psicosoma­ tiche, che hanno fatto la fortuna di una certa medicina, delle quali l'i­ steria, analizzata da Charcot e quindi da Freud, resta il modello di partenza. Ma Nola (Samantha Eggar), la madre isterica traumatizza­ ta durante l'infanzia dai genitori, anziché prodursi nelle consuete "gravidanze isteriche" darà alla lu­ ce una progenie mostruosa, effime­ ra, asessuata, degli "angioletti" mo­ struosi caratterizzati da un'unica pulsione vitale: martirizzare i sog­ getti indicati loro (inconsciamen­ te?) dalla genitrice. In questo caso, ad andare fuori fase, giungendo fi­

2 Espressione di Sigmund Freud, ampiamente ripresa in O . Mannoni, Clefs pour l'imaginaire, Seuil, Paris 1969. 1 "La finta freddezza robotica propria degli eroi di Cronenberg." (C. Tesson, Mairi, trop humain, in "Cahiersdu cinéma", 357, marzo 1984.) 1 "In Cronenberg non c'è orrore vero, realmente vissuto, se non nel corpo." (C. Tesson, Cairi et Abel en version s.f., in "Cahiers du cinéma", 322, aprile 1981.)

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no alla follia omicida, è chiaramen­ te il ventre della madre, l'utero "an­ cora fecondo". Il corpo di Nola è letteralmente diventato una "mac­ china da odio", una macchina ul­ tradesiderante e senza dubbio celibataria; un centro di energia in gra­ do di captare e colpire tutti gli og­ getti indesiderabili. Ma quella mac­ china è anche e soprattutto un cor­ po materno, un corpo che partori­ sce: nella sequenza finale Nola, dopo aver staccato l'"ultimo nato" come un grappolo da una vigna, gli dedicherà le attenzioni tenere e ri­ pugnanti (?) della partoriente (sare­ mo mai in grado di perdonare alle nostre madri di averci scodellato "inter foeces et urinas"?) Come sempre accade in Cronenberg, se da una parte è impossibile formula­ re una condanna nei confronti di una madre così istintiva, dall'altra non si può non restare atterriti di fronte all'incredibile capacità di quel centro energetico di produrre, attraverso il parto, una nuova pro­ genie, fatta di gnomi in pratica privi di organi e aventi come unica fun­ zione la punizione, macchine usci­ te da altre macchine o, si potrebbe dire, da una macchinazione di cui Nola (ecco il centro tematico del film) è solo parzialmente responsa­ bile in quanto è dalla natura stessa del nucleo familiare che discende la generazione di una simile male­ dizione,5 per il tramite di quella fantasia o, piuttosto, di quella con­

venzione costitutiva che Freud chiariva assai bene partendo dalla formula "Si picchia un bambino...". È all'interno di una simile costella­ zione familiare che Cronenberg ci presenta il suo protagonista-bambi­ no; si tratta di una spugna, di una macchina molle che registra, utiliz­ zando un senso dopo l'altro, il mondo esterno; non saprei trovare migliore definizione di "macchina per registrare". Il "corpo-macchina", dal quale non si può assolutamente dedurre l'esi­ stenza di un'anima immortale, si oppone risolutamente alla Natura: alla natura delle cose e alla natura umana. L'ambiente claustrale si presenta come un dato quasi co­ stante dell'opera cronenberghiana: il centro di ricerca di Stereo, l'edifi­ cio residenziale simile a un vascel­ lo arenato de II demone sotto la pelle, la clinica di Rabid - Sete di sangue, il centro psico-plasmatico con relativa mansarda di Brood La covata malefica; l'ambiente ur­ bano (con la sola eccezione di La zona morta) assume i tratti dell'in­ variante: si pensi alla sala delle tor­ ture di Videodrome, centro del film e vera e propria matrice magmatica delle ossessioni di Max Renn. Film più recenti come La mosca e Inse­ parabili, da parte loro, sono carat­ terizzati dal fatto che non si vede mai il cielo, un'assenza che suona come una metafora di un ateismo che non viene mai imposto allo

5 In inglese speli significa "maledizione", tuttavia il verbo to speli rimanda a "compitare", "si­ gnificare".

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LA CLOACA N ascita o morte, ven iam o d alla spazzatura e a essa ritorniam o. (Si veda From thè D rain, uno dei prim i cortometraggi di Cronenberg.)

Il su icid io del vice sceriffo ne La zo n a morta.

A lla n M ig ico vsky "vo m ita" il suo "b am b in o " nel w ater

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spettatore: è il rifiuto di vedere nel cielo una possibile scappatoia. Mondo interno, mondo mentale e mondo del l'interno del corpo, del quale il cervello, come si è visto, è solo un organo periferico, una sorta di banca dati dei sensi, capace a malapena di trasmettere le disfun­ zioni di organi divenuti autonomi e che nulla e nessuno è in grado di controllare. Il cervello non è asso­ lutamente il centro o la sede dell'a­ nima. In Cronenberg l'anima è sempre posta su un sedile eiettabi­ le, pronta a essere dispersa da orga­ ni centrifughi, da un corpo a pezzi che cerca, senza mai riuscirci, di ri­ comporsi altrimenti.6 Si giunge così all'lnterzona de II pasto nudo, una no man's land collocata fra la realtà e il fantasma, in una scenografiacervello (la casba di Tangeri, resa con la dovuta artificiosità essendo stata ricostruita in studio a causa della Guerra del Golfo) in cui i sen­ si sono letalmente intaccati dalla droga e le "cellule affamate di ro­ ba" di cui parla Burroughs trasfor­ mano gli uomini in insetti e tutti gli esseri, animati e inanimati, in fan­ tocci, in meccanismi scassati di un'enorme macchina il cui nome è "desiderio di scrivere di William

Burroughs", alias Bill Lee. Macchi­ ne da scrivere che parlano (automi sofisticati e insetti allo stesso tem­ po), insetti mostruosi la cui riduzio­ ne in polvere attacca l'organismo, come un virus. Un universo in cui l'uomo non sarebbe altro, nell'ipo­ tesi più ottimistica, che una "mac­ china molle" contaminata mortal­ mente dal virus-immagine e dal vi­ rus-parola.7 In Scanners, il cervello diviene in pratica il solo organo in grado di funzionare dei due figli del profes­ sor Ruth.8 Si tratta di un cervello sproporzionato (esplode, letteral­ mente, in quanto troppo carico di potere e senso di rivalsa), di un cervello divenuto luogo di "voci", di voci talmente numerose (come uno scanner della polizia, il cer­ vello del telepate registra, volente o nolente, tutte le frequenze men­ tali alla sua portata) da spingere Revok ad aprirsi un foro nella fron­ te nella speranza di poterle evacquare come detriti nello scolo del­ le fognature. In Videodrome il corpo non è altro che un canale video; si infilano le videocassette nella ferita verticale di Max Renn, gli si mette in testa un "casco da illusioni": anche lui è di­

6 "Mentre il video si fa carne... il corpo umano, tramite il contatto con l'immagine video, si fa verbo." (C. Tesson, A vos cassettes, in "Cahiers du cinéma", 360-361, estate 1984.) 7 Burroughs si è ampiamente espresso in proposito, in particolare rispetto ai codici maya, la cui trascrizione ideografica gli appariva come il culmine del controllo esercitato da una casta di sacerdoti su un insieme di contadini analfabeti. Con ogni evidenza, Cronenberg nel conce­ pire la "nuova carne" ha tratto spunto da quanto scrive Burroughs alla fine di Le ultime parole di Dutch Shultz: "Bisognerebbe praticamente inventare una nuova parola". 8 "Il potere dell'uomo come elemento limitato del tutto all'estensione delle possibilità del cor­ po... ma gli organi eccedono il corpo, al limite anche contro di esso." (C. Tesson, Cairi et Abel version s.f., cit.)

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ventato una macchina per riprodur­ re e generare immagini.9 Le sue uni­ che relazioni affettive lo spingono verso i monitor della Missione cato­ dica o il televisore-utero del quale le labbra di Nicki Brand sembrano intimargli l'ordine di ritornare nel ventre della madre-televisione. Il corpo di Max è chiaramente un'ap­ pendice del televisore. Max è di­ ventato una macchina che metterà fine ai propri giorni così come si programma, su un videoregistrato­ re, la fine di una registrazione. La sua fine, nel cargo arrugginito, è particolarmente straziante, in quan­ to in quel luogo si ritrovano tutti gli elementi della sua camera. In Cro­ nenberg la scenografia svolge spes­ so un ruolo metonimico: il cargo ar­ rugginito è chiaramente sinonimo di invecchiamento, di morte annun­ ciata: la scenografia-corpo contami­ na tutta la sequenza. Ne La zona morta al centro dell'at­ tenzione è la relazione fra mano101e cervello, fondamento óeW'homo faber. Johnny Smith (Christopher Walken), in seguito a una lunga per­ manenza in stato di coma, ha chia­ re visioni riguardanti il futuro e il passato. Il senso del tatto, per esem­ pio nel caso dei ciechi, può diveni­ re uno strumento, pur necessaria­ mente limitato, di decifrazione del mondo esterno; nel film, in realtà, la mano attiva una visione ipertrofi­

ca delle potenzialità degli esseri: di contro, Johnny diventerà cieco nei confronti di se stesso. La mano, il tatto, non è più, come per l'artigia­ no, l'estremità fisiologica della stru­ mentalizzazione del mondo, ma un nuovo organo di percezione sovru­ mana, tipico dell'"artista". Una si­ mile visione, che si presenta come un tema tipicamente cronenberghiano, attribuisce poteri che isola­ no un individuo del tutto ordinario; il cineasta d'altra parte confessa che si tratta di un simbolo della margi­ nalità dell'"artista". E la cosa ma­ gnifica del film è proprio la solitudi­ ne di Johnny: uscito dalla zona morta nella quale ha passato cinque anni di coma profondo, si ritrova escluso dalla comunità degli uomi­ ni, ridotto alla condizione di mac­ china per filmare il possibile, ma senza alcun desiderio di approfitta­ re di quel "dono", né di essere il su­ peruomo che tutti vogliono consul­ tare come oracolo." Mai forse Cro­ nenberg aveva espresso così bene l'orrore del divenire macchina, del­ l'essere "programmati" per uno spe­ cifico compito. Il Max Renn di Videodrome, dopo tutto, è tentato dal "divenire-videoregistratore", vive nel mondo della televisione e la cu­ riosità, anche se finirà per condurlo alla disperazione, all'assassinio e al suicidio, rappresenta lo stimolo che muove la sua ricerca (il desiderio di

9 "L'avventura del corpo che diviene la propria immagine, pronto all'occorrenza a lasciarci la pelle o, più precisamente, la carne." (C. Tesson, A vos cassettes, cit.) 10 "La mano come organo..." (Ibid.) 11 "È un veggente e si risveglia con un potere che non ha mai desiderato, inumano, controvo­ glia." (Ibid.)

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vedere la scena primaria che ispira buona parte dei film dell'orrore).'2 Diversamente, Johnny si ritrova "veggente" senza volerlo, scopre un corpo nuovo, una mano che anzi­ ché tradurre tattilmente il mondo opera come un telescopio puntato sul destino degli altri. Ritornando dal mondo dei morti, si scopre metamorfizzato in una sorta di teleca­ mera a raggi infrarossi (volta cioè a percepire uno spettro luminoso dif­ ferente) che trasmette a un cervello impotente e recalcitrante visioni del passato e del futuro, visioni di ciò che è probabile avvenga, o di ciò che non avverrà mai. Lo spaventa il fatto che il suo corpo sia rimasto per cinque anni in un'immensa parentesi, di non esser­ sene servito per fare la sola cosa che per lui conta (fare l'amore con la donna che ama), e che in quel momento, condannato alla tremen­ da differenza che lo divide dagli umani, sia costretto a scegliere: de­ cidere della vita o della morte (pri­ ma dell'aiuto sceriffo, poi dei ragaz­ zi che non è riuscito a salvare dal­ l'annegamento, infine di tutto il pia­ neta). Mentre Max Renn è program­ mato, Johnny è libero: ma che cos'è la libertà quando si deve, come lui, assistere dall'Interno al funziona­ mento inesorabile dell'organo che divora l'energia della sua esistenza? Certo, se si assume il punto di vista un po' perverso di Cronenberg - il*li

"sospetto" che Johnny alla fine sia soltanto un individuo fortemente traumatizzato, uscito da un lungo coma, le cui visioni sono soltanto allucinazioni - Johnny non è posto di fronte a nessuna scelta. Si tratte­ rebbe, in tal caso, dell'ennesimo eroe cronenberghiano manipolato dal proprio inconscio, manipolato dall'ordine del mondo, che altro non sarebbe se non un miserabile fantoccio disarticolato da un inci­ dente stradale, malamente "ricom­ posto" dai medici, portatore di os­ sessioni (la donna che ama, Brooke Adams, la pedagogia e il futuro dei bambini, l'amore un po' ecologista per la vita semplice e la famiglia, con il conseguente odio per i politi­ canti che promettono un avvenire radioso pensando in realtà solo al potere) cristallizzatesi nella figura di Greg Stillson (Martin Sheen), as­ similata all'incarnazione del male. Johnny è convinto che siano gli "al­ tri" a spingerlo a vedere degli orrori (incendi, uccisioni, annegamenti di bambini, catastrofi nucleari), che siano gli "altri" a spingerlo ad assas­ sinare quel politico presumibilmen­ te pericoloso per la sopravvivenza dell'umanità. Del resto, decide (sceglie) di agire solo dopo aver rea­ lizzato il suo sogno (unirsi a quella donna, cosa che il suo puritanesimo gli impediva di fare); forse, sembra suggerire Cronenberg, i due sogni, la consumazione dell'atto carnale

’2 Si pensi a Gli uccelli di Hitchcock, nel quale Tippi Hedren sale la fatale scala alla sommità della quale si trova la soluzione del mistero degli uccelli: il suo stupro da parte di innumerevo­ li becchi micidiali!

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(il corpo "normale" che finalmente funziona) e del delitto (il corpo "veggente" che funziona volonta­ riamente), sono una sola cosa; forse sono anche legati dalla stessa logica irrazionale, nella quale il funziona­ mento sessuale sarebbe necessaria­ mente legato all'uccisione salvifica. Non c'è dubbio, mai Cronenberg riassumendo la propria visione del mondo in un unico personaggio, senza importanza e "senza qua­ lità"- prima piccolo borghese dagli ideali e dalle aspirazioni semplici, in seguito semplice massa di carne inerte persa nella sopravvivenza ve­ getativa del coma (una macchina spenta) e infine risorta come fantoc­ cio manipolato da un medico, una donna, dei bambini... - aveva rag­ giunto un simile livello di pathos: al fatto che la vita è solo illusione si deve aggiungere che i nostri sensi non hanno altra funzione se non quella di ingannarci, di farci "vede­ re", in fantasie di onnipotenza che inevitabilmente si traducono in pul­ sioni di morte o di autodistruzione, l'insopportabile vacuità di un mon­ do in cui tutto è sempre "stran(ier)o" e "simile".'3 Il corpo e la mente non sono che una macchina program­ mata per percorrere la vita da un punto A a un punto B (si veda La mosca), senza tuttavia che si abbia il diritto di consultare le "istruzioni per l'uso" (modo d'esistenza kafkia­ no?) Johnny sogna di essere una "macchina per vedere oltre", ma la realtà dell'esistenza, l'"esserci" caro1

a Heidegger, è un film dell'orrore che scoraggia ogni sogno. Vorrem­ mo tanto "essere altrove" (è forse questo il desiderio della nuova car­ ne?) Nella migliore delle ipotesi, potremmo essere i sogni di dor­ mienti, macchine folli che un'Altra Intelligenza ha disseminato a caso sulla Terra, prive di alcun punto di riferimento a eccezione della con­ templazione di sé o del commercio con altre creature che nulla ci vieta di pensare siano automi, macchine che sognano di essere uomini e tal­ volta superuomini. In una simile prospettiva, più volte suggerita da Cronenberg, ma che solo ne II pasto nudo assume la consistenza scon­ certante dell'incubo ricorrente, l'appello alla "nuova carne", all'ul­ tima metafora rappresentata dalla morte, si presenterebbe, in fin dei conti, come il desiderio di disinseri­ re l'automa che è in noi e che vediamo (in uno specchio, un televi­ sore, un " telepode", o in un fratello gemello) continuamente e "stupida­ mente" in funzione, con la stessa tristezza che ci prende quando guardiamo dall'"alto" le formiche intente a eseguire meccanicamente una determinata mansione, con l'u­ nico scopo di garantire la sopravvi­ venza al formicaio. In tal modo, il cerchio si chiude: Cartesio, come notava Pascal, aveva bisogno del­ l'an im a" per non cadere nella di­ sperazione del dubbio assoluto. Il "macchinismo" dei comportamenti umani, in un universo come quello

11Come dice lo stesso Cronenberg: "La vita è sempre un'illusione e una disillusione".

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LO STRUMENTO Sospeso fra il macchinico e l'organico, lo strumento è sempre "funzionale", ma ri­ spetto a un ambito di funzione ignote.

Jeremy Irons opera una "mutante" (Inseparabili)

Geneviève Bujold contempla lo "strumento per operare le mutanti" (Inseparabili). 80

di Cronenberg che, film dopo film, diviene sempre più soffocante, sug­ gerirebbe che non esiste nessuna anima e nessuna "missione" per l'uomo, nessuna conquista di una natura intrinsecamente ostile e in­ differente. Una visione ateologica, quindi, e ateleologica! Che cosa so­ gna una macchina? Tutte le sensa­ zioni, impressioni e percezioni che ha accumulato. E che cosa può far­ ne? Rigurgitarle in un disordine caotico e violento, come lo scher­ mo del televisore di Videodrome ri­ versa sulla testa di Max Renn le pro­ prie viscere, non per un gesto sfida ma come un videoregistratore gua­ sto che schizza immagini e suoni a casaccio, nell'assurdità di un film che si decompone annullando il montaggio, il mixaggio e la messa fuoco: tutto ciò che gli dà un senso e a prescindere dal quale cade nel­ l'assurdo.14 Negli animali, la perce­ zione, anche se imperfetta e parzia­ le, è sempre funzionale. La perce­ zione umana, sottoposta aH'intellezione e ai diktat della libido, ha perduto invece ogni funzionalità. Da ciò derivano i sogni, le allucina­ zioni, i percorsi erratici senza istru­ zioni per l'uso di cui si parlava in precedenza. Un simile approccio, specie in ambito cinematografico, assume il significato di una rilevan­ te riflessione sull'estetica. Cronen­ berg vi concretizza, sullo schermo, una Weltanschauung vicina a quel­ la di Kafka.

Ne La mosca, Cronenberg ha ma­ gnificamente risposto alla sfida del remake. Nella versione originale, lo scienziato si sottoponeva al teletra­ sporto insieme a una mosca: ne ri­ sultava un essere umano con la te­ sta di mosca (tenuta rigorosamente velata) e, nelle ultime scene, una mosca dalla testa umana, intravista, prigioniera di una tela di ragno, mentre urla un ridicolo "help me!" In primo luogo, Cronenberg ci mo­ stra, con l'aiuto di Carol Spier, la scenografa di quasi tutti i suoi film, dei "telepodi" ovoidali dai quali na­ sceranno, in successione, una bi­ stecca, un gatto e un babbuino. Du­ rante il fatale teletrasporto, l'uomo unirà il proprio programma cromo­ somico a quello di una mosca, di­ venendo un nuovo essere, Brundlemosca come lui stesso si definisce, che si trasforma in un primo mo­ mento in superuomo caratterizzato da incredibili doti muscolari e ses­ suali, poi, lentamente, in mostro che regredisce verso il meno-cheumano, giungendo a conservare so­ lo una parvenza di coscienza (la pietà) di fronte all'impulso istintuale (sessuale e riproduttivo) dell'insetto. In questo caso, a essere esplorato con la stessa freddezza che ritrovia­ mo nei colori dominanti non è tanto l'uomo che diviene macchina quanto un fenomeno di fusione. La fantasia psicotica del "corpo fatto a pezzi" ne rappresenta l'aspetto più patetico in quanto, mentre nella

,4 "L'opera d'arte moderna trae origine in un continuo lavoro della morte, in cui la distruzione succede alla costruzione, e in cui ogni costruzione - incollaggio, montaggio - è sempre in de­ finitiva l'immagine di una distruzione'', R. Recht, Saturne eri Europe, cit.

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versione originale lo svelamento dell'orribile testa di insetto era riser­ vato al finale, nel remake vediamo il corpo di Brundle modificarsi po­ co a poco, perdere tutte le caratteri­ stiche umane e acquisire il compor­ tamento deM'immenso rappresen­ tante dei musciti nel quale si è tra­ sformato, con tutti i rischi che ciò comporta per la donna amata.’5 In tal modo, come mi ha confermato Cronenberg, si raggiunge una zona assolutamente inquietante: "Condi­ vido con Burroughs l'ossessione per gli insetti. Se si cerca un essere pa­ ragonabile all'extraterrestre, una forma di esistenza perfettamente estranea, che vive accanto a noi ma con la quale non condividiamo al­ cun valore, alcuna rassomiglianza, il pensiero non può che andare agli insetti". Sono qui presenti i due poli dell'interrogazione cronenberghiana: trasformarsi nell'Altro assoluto (un insetto) o nello Stesso (l'imma­ gine di sé, Videodrome, o il proprio doppio organico, i gemelli di Inse­ parabili). Con Inseparabili, Cronenberg ci coinvolge in un universo chiuso quanto quello de La mosca, egual­ mente "scientifico" in quanto i fra­ telli Mantle sono chirurghi, nel qua­ le tutti i temi caratteristici della sua opera si incrociano magistralmente per offrire allo spettatore "avverti­

to", se così si può dire, una magnifi­ ca lezione. Sotto le apparenze di un film psicologico di argomento piut­ tosto banale (la gemellarità), Cro­ nenberg, al colmo della raffinatez­ za, facendo ampio uso di effetti spe­ ciali invisibili raggiunge un orrore decisamente più fastidioso. In effet­ ti, l'ossessione dei Mantle è la chi­ rurgia, ossia ciò che separa, ma i due fratelli sono, dal punto di vista psicologico, inseparabili, come ge­ melli siamesi.1 16 Come una macchi­ 5 na duplice. D'altra parte hanno rag­ giunto la celebrità inventando uno strumento chirurgico che, stando al loro professore, "potrebbe essere utilizzato solo sul cadavere di una donna". L'altra grande invenzione di Beverly Mantle è la magnifica collezione di strumenti-per-operare-le-mutanti. I due fratelli manife­ stano un disgusto per la carne vi­ vente appena sublimato dalla tipica ironia diffusa tra i medici. Ma il ter­ mine disgusto non sembra adegua­ to: esso in effetti corrisponde più al­ la reazione dello spettatore che al­ l'intenzione del creatore. Nei fratelli Mantle c'è qualcosa del­ l'insetto. Si pensi, in proposito, a quelle specie che depongono le uo­ va nel corpo di un altro organismo, un "ospite" estraneo che servirà lo­ ro allo stesso tempo da riserva ali­ mentare e da utero. Quando le uo­

15 "Cronenberg prende in considerazione solo gli indizi della trasformazione, tanto che non avviene, propriamente parlando, una trasformazione a vista, ma una trasformazione in vista [...]. Cronenberg mette letteralmente in scena degli intervalli di trasformazione [...]. A essere filmato non è il divenire-mosca in quanto spettacolo a venire ma il già-mosca in quanto mani­ festazione di un invisibile del corpo." (C. Tesson, Les yeux plus gros que la ventre, cit.) 16 L"'omosessualità biologica." (C. Tesson, Voyage au boutde l'envers, cit.)

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va si schiudono, i piccoli escono dall'ospite e lo divorano. Ma da do­ ve saltano fuori i fratelli Mantle, ai quali, nonostante li si veda prima bambini e poi studenti, ci si è ben guardati dal l'attribuire un'origine? Quale madre li ha generati? Non si può evitare di pensare che proven­ gano proprio da una morta, da un'estranea, da ciò che Bev designa con il termine di "mutante". Lo stes­ so itinerario scientifico che ci viene presentato, del resto, va dallo stru­ mento ginecologico per operare i cadaveri a quelli destinati a interve­ nire sulle mutanti. L'utero trifido di Claire Niveau scatena in Bev una malinconia mortale perché egli vi vede non solo un'aberrazione fisio­ logica (nel corpo umano tutto è simmetrico, la cifra tre è impossibi­ le) ma anche la negazione di ciò che è ("bifido" significa, in senso stretto, spaccato in due). Un'ulterio­ re attrattiva, ai suoi occhi, è rappre­ sentata dal fatto che Claire è sterile e quindi rompe la catena della ma­ ledizione genetica. In più è un'attri­ ce (si veda la magnifica inquadratu­ ra in cui si vede Geneviève Bujold di profilo, sfigurata dal trucco cine­ matografico). La donna che provo­ cherà la scissione dei due gemelli,

che metterà fine alla loro ubiquità (essi condividono le altre donne, ma Bev vuole Claire solo per sé), la donna che ha scoperto il loro segre­ to (Claire, senza sapere di essere stata successivamente con entrambi i fratelli, preferisce Beverly a Elliot), che li distingue (in inglese la parola distinction esprime sia la "capacità di riconoscere l'altro" sia la ricerca­ tezza, l'eleganza...) è dunque logi­ co che, in un incubo, "separi i fra­ telli siamesi".'7 I film di Cronenberg rappresentano forse l'illustrazione più realistica di quali possono esse­ re gli incubi di un americano dei nostri tempi. E reciprocamente, tut­ to avviene come se il regista conce­ pisse le madri solo come macchine per sognare. Ne II pasto nudo, i rapporti fra Bill Lee e la macchina da scrivere sono di ordine sessuale e ipnotico. Bill Lee rifiuta di essere uno scrittore, è solo un "agente" che scrive "rappor­ ti" per qualche servizio segreto. E la macchina stessa, beninteso, una sor­ ta di insetto che si esprime tramite una bocca-ano (concetto tipicamen­ te burroughsiano e d'altra parte do­ tato di una certa congruenza dal momento che, come si sa, i tessuti della bocca e dell'ano sono identici)

17 Anche ne La mosca il frutto mostruoso dell'uomo-mosca e di Veronica nascerà da un incu­ bo, come se la generazione fosse un sogno e, spingendo questa "logica" fino alle estreme con­ seguenze, le donne partorissero gli uomini attraverso il sogno. La progenie mostruosa generata da Nola è egualmente frutto di un incubo (Brood - La covata malefica). Allo stesso modo, Daryl Revok e Cameron Vale discendono da uno scienziato che rifiuta assolutamente la pater­ nità biologica accettando solo quella delle idee e delle scoperte (l'Ephemerol, uno sostanza concepita per le donne incinte che provoca la nascita degli scanners, visibile nella penultima sequenza, sotto forma di illustrazioni pubblicitarie nelle quali sono raffigurate, in nostalgiche tinte pastello, donne sognanti). Ma chi era la madre dei fratelli nemici, mai menzionata, nem­ meno negativamente, durante il film?

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che detta a Bill i suoi rapporti. In se­ guito si scoprirà che l'insieme di tali rapporti forma un'opera intitolata II pasto nudo\ Bill è quindi come una "macchina da scrivere" che non si accetta. Dovrà far ricorso alla droga e all'allucinazione affinché questa denegazione fondamentale possa trovare un concreto fondamento, se così si può dire. Ne II pasto nudo, Cronenberg porta al più alto livello un movimento senza dubbio me­ taforico ma del quale non si può certo negare il realismo: l'uomo è una macchina, ma una macchina che sogna di essere uomo, di incar­ narsi e soprattutto, forse, di superare l'orrore della condizione umana at­ traverso la creazione. Cronenberg concepisce un simile superamento nei termini non dell'apoteosi ro­ mantica ma della necessità vitale. La "roulette Guglielmo Teli",'8 as­ sente dal romanzo di Burroughs, as­ sume quindi i tratti di un cerimonia­ le necessario per giungere all'accet­ tazione dell'opera d'arte come uni­ co salvagente dell'essere umano (ri­ spetto al quale l'operazione letale di Inseparabili, il suicidio di Videodrome e la fusione genetica di La mo­ sca assumono l'aspetto di prefigura­ zioni). Cronenberg anziché limitarsi

a illustrare il testo deviarne di Bur­ roughs ha preferito infestare questa sorta di biografia dell'autore de II pasto nudo con richiami ai temi os­ sessivi di Burroughs (la vita come cospirazione, gli insetti padroni del mondo, la droga come rivelatrice della vita...) e lunghe citazioni tratte dal libro, in quanto ha voluto illu­ strare daH'interno il processo mo­ struoso della creazione artistica. Bill Lee, il protagonista-narratore, divie­ ne quindi, sotto l'influsso della dro­ ga, l'appendice di una macchina da scrivere che si presenta allo stesso tempo come un'enorme blatta: do­ vrà uccidere Joan una prima volta per esiliarsi nell'lnterzona (una dead zone fra una New York da incubo e una Tangeri fantasmatica che ne co­ stituisce la versione "allucinata") e, alla frontiera con Annexia, uccider­ la una seconda volta (nelle vesti di Joan Frost, moglie di uno scrittore che assomiglia a John Bowles e so­ sia perfetta, iterativa, della prima Joan), come se l'uccisione originaria fosse il prezzo da pagare per accet­ tare di essere l'autore del libro inti­ tolato Il pasto nudo, come se ogni parola battuta sulla tastiera di una macchina da scrivere fosse una pal­ lottola mortale.

18 È noto che William Burroughs ha realmente ucciso la moglie Joan Volmer al termine di un ri­ to quotidiano che consisteva nel metterle un bicchiere sulla testa e quindi farlo esplodere spa­ rando con la pistola. Negli ultimi anni Burroughs è costantemente tornato sull'episodio, che a suo parere ha totalmente modificato la sua esistenza costituendo la fonte della sua opera e della sua sorte. (L'opera Black Rider di Robert Wilson, messa in scena a Parigi qualche anno fa, è una leggenda germanica nella quale si narra di un fidanzato che, per ottenere la mano della futura sposa, deve uccidere un cervo. Incontra quindi il cavaliere nero che le offre una pallottola magica, con la quale il giovane uccide l'animale. Ma il giorno delle nozze, il proiet­ tile colpirà mortalmente la giovane sposa.)

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L'ONNIPOTENZA DEL PENSIERO alla moglie-cavia, durante il perio­ do della gravidanza, dosi massicce di un farmaco miracoloso, l'Ephemerol, che ha prodotto lo sviluppo di potenti capacità telepatiche nei Antonia Artaud nascituri. I due telepati portano no­ mi decisamente simbolici: il "catti­ In Scanners, due telepati si lanciano vo" si chiama Daryl Revok (cover in una guerra cosmica di cervelli. alla rovescio = falsa identità), il Alla fine scopriranno di essere fra­ "buono" Cameron Vale (veil = il ve­ telli, figli di un padre decisamente lo). Entrambi quindi, già dal nome, rivelano identità nascoste. Non è mostruoso, di uno scienziato che si è servito dell'uno per eliminare l'al­ esagerato affermare che sono opa­ tro. Ma qual è la loro origine? Il pro­ chi,' schermati. In particolare, forse, fessor Paul Ruth ha somministrato1 nei confronti di se stessi. Come in Ora io nel mio corpo, io, tutto il mio corpo, io so tutto

1 La forza di uno scanner risiede nel potere di sondare la mente dell'altro proteggendosi da ogni intrusione esterna.

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Inseparabili, niente vieta di consi­ derarli come le due facce di una stessa realtà, forse dello stesso indi­ viduo (alla fine, dopo un combatti­ mento nel quale l'uno tenta di li­ quefare l'altro, la mente di Vale en­ trerà nel corpo di Revok, anche se è difficile stabilire se ciò significhi la vittoria del bene sul male o un en­ nesimo stratagemma del male). Ma siamo poi così sicuri che Revok rap­ presenti il male? La mente di uno scanner è il suo cervello; organo iperpotente, una sorta di muscolo demenziale, di centro energetico in grado di fonde­ re la materia, di uccidere, di far esplodere le teste. Vale e Revok, inoltre, sono entrambi degli emargi­ nati. Un film in 16 millimetri mostra Revok adolescente, ricoverato in un istituto, che esasperato dalle "voci" che non gli danno tregua si apre un terzo occhio nel cranio. Una scena terribile, alla quale corrisponde lo stato di abbandono del fratello Cameron, che le "voci" hanno reso folle e in grado di vivere solo come un barbone. Ma che cos'è il corpo di uno scanner? Più o meno nulla. Daryl apparentemente non ha alcu­ na vita sessuale e Cameron, anche se incontra una bella telepate alla quale si lega, ha con essa solo rap­ porti di tipo telepatico (la scena del­ l'orgia nella quale Kim Obrist, Ca­ meron e altri telepati comunicano mentalmente, instaurando una co­ munione a metà strada fra le "buo­ ne vibrazioni" comunitarie degli

hippy e la meditazione trascenden­ tale, si presenta in realtà come uno dei punti deboli della sceneggiatu­ ra). Il corpo di uno scanner, dun­ que, non è nulla; solo materia inca­ pace di resistere all'onnipotenza del pensiero. E stato detto che Scanners rappre­ senta l'unico film ottimista di Cronenberg. In effetti, come gli abitanti delle Starlines Towers de II demone sotto la pelle, che dopo esser stati contaminati dallo stronzo-pene (a metà strada fra l'afrodisiaco e la malattia venerea, come dice lo stes­ so Cronenberg) sembrano avviati al­ la conquista del mondo, anche i te­ lepati rischiano di averla vinta. Non si riesce infatti a capire chi o che cosa potrà loro resistere. La posta in gioco, tuttavia, è completamente diversa: gli invasati dal virus priapico si apprestano a generalizzare l'orgia salvifica mentre gli scanner, da parte loro, sono assolutamente casti, puri spiriti che trasmigrano da una metamorfosi all'altra.2

CRONENBERG CINEASTA D'IDEE? È stato spesso sottolineato il di­ sprezzo che Cronenberg risedéreb­ be ai propri personaggi o, più preci­ samente, il ruolo decisamente limi­ tato che riserverebbe agli attori. Personalmente, penso che per riu­ scire a comprendere come Cronen­ berg violi deliberatamente la tradi­ zione personalistica e psicologistica

2Come i gemelli di Inseparabili, che vivono in comunione telepatica.

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del cinema americano, sia necessa­ rio definire in termini chiari la natu­ ra della sua originalità. In sintesi, proporrei la seguente formula (per poi spiegarla più diffusamente): nei film del cineasta canadese è sempre presente un narratore che è allo stesso tempo il narratore onniscente della tradizione romanzesca e una personalità a pezzi. Mi spiego me­ glio: Cronenberg ama ripetere che il suo cinema si colloca agli antipodi del "naturalismo". In effetti, è del tutto evidente che i film scritti e rea­ lizzati dall'autore canadese non danno l'impressione di narrare una storia. L'universo mentale di Cro­ nenberg, è bene ripeterlo, è un uni­ verso mentale. I rapporti fra i perso­ naggi non hanno alcuna realtà ma sono piuttosto allegorie, idee, con­ cetti, ossessioni, pulsioni, desideri e paure, ostentati con una compia­ cenza che, a mio parere, costituisce la fonte del "disgusto" provato da taluni e, senza dubbio, della sensa­ zione di smarrimento che contami­ na lo spettatore. Ciò non significa tuttavia che i per­ sonaggi sono solo pure astrazioni o opprimenti simbologie. Piuttosto, è vero il contrario. Nel gioco raffinato e violento che oppone Cronenberg al cinema commerciale, è sempre presente il desiderio di imporre, malgrado tutto, un'apparenza di normalità, come se fosse convinto, a partire dall'esperienza di cineasta underground, che la possibilità di fare cinema sia legata a un numero limitato di concessioni (una sceneg­ giatura apparentemente lineare, in altre parole, una bella storia, perso­

naggi dei quali lo spettatore possa fidarsi, una tecnica prossima al classicismo hollywoodiano), avesse deciso una volta per tutte di stare al gioco, ma alla maniera di un baro geniale che di nascosto lascia vin­ cere l'avversario per prendergli tut­ to all'ultima mano. I personaggi di Cronenberg, pur avendo in generale una personalità passe-partout, non sono mai stereotipati. Sullo scher­ mo, tutto ciò si traduce in una dire­ zione degli attori esemplare: Oliver Reed e Samantha Eggar in Brood La covata malefica, Patrick Me Goohan e anche Michael Irondise in Scanners, James Wood in Videodrome, Christopher Walken ne La zona morta, Jeff Goldblum ne La mosca, senza dimenticare la perfor­ mance di Jeremy Irons in Insepara­ bili. Per quanto riguarda Peter Weller, Il pasto nudo rappresenta senza dubbio l'interpretazione chiave del­ la sua carriera. E possibile affermare che, progredendo nella regia, Cro­ nenberg abbia dedicato una cura tutta particolare nell'affidare i ruoli principali (e anche quelli secondari) agli attori più adatti; d'altra parte non si può negare che abbia offerto ad attori brillanti la possibilità che nessun regista aveva loro concesso: recitare il paradosso stesso dell'at­ tore, approfittare di tutte le ambi­ guità di un personaggio cinemato­ grafico, far entrare l'illusione nella performance drammatica, come se l'allucinazione si riflettesse nei loro personaggi, permettere l'intervento dell'assenza nella loro "presenza sullo schermo", ma soprattutto, for­ se, la capacità di essere qualcosa in 87

più di una sagoma che "prende" lu­ ce e recita un testo, sottomessa ai tagli e al montaggio, di una sempli­ ce pedina all'interno di un gioco raffinato. In una formula, di diveni­ re l'incarnazione di un'idea insepa­ rabile dal corpo, ciò che senza dub­ bio rappresenta, per un attore, la più gratificante e complessa delle prestazioni. Come titolo del presente capitolo ho scelto "Onnipotenza del pensie­ ro", ma se c'è della magia in Cronenberg, essa non ha nulla a che vedere con quella dei racconti di fa­ te o delle saghe medievali, traendo spunto, sulla scia di Freud, dal pen­ siero infantile, da un universo, ana­ logo a quello dei selvaggi, nel quale tutto è causalità, tutto è interpreta­ zione. Cronenberg non si stanca di ripetere di non riconoscere alcuna influenza cinematografica. Tale af­ fermazione deve essere letta come manifestazione non tanto di uno smisurato orgoglio quanto di un iti­ nerario atipico per l'ambiente hol­ lywoodiano e di un metodo origina­ le. Dopo aver scoperto, un bel gior­ no, che poteva "illustrare" le sue os­ sessioni e le sue ipotesi più folli con l'innocenza di un bambino che rea­ lizza i propri sogni diurni e trova nel cinema il "fenomeno da barac­ cone", la lanterna magica che per­ mette alle idee di prendere corpo, di concretizzare le semplici imma­ gini mentali, di far lasciare una trac­ cia a ciò che è per definizione fuga­ ce, Cronenberg ha messo in imma­

3"L'amore è un virus!" (W. Burroughs).

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gini e in montaggio idee, incroci di idee e ossessioni, senza curarsi, in apparenza, di quale potesse essere la risposta del "pubblico". Interrogato a proposito dell'estremo pessimismo delle sue opere, Cro­ nenberg immancabilmente rispon­ de, con quel sorriso benevolo che sorprende chi lo incontra per la pri­ ma volta, di trovare i propri film "ot­ timisti", in quanto i protagonisti perverrebbero a una sorta di onni­ potenza per il fatto che "in un certo modo, tutto esce dal loro cervello"!

"IL CORPO È UNA MACCHINA" W. BURROUGHS, THE JOB

Si è a lungo parlato della dialettica corpo-mente come dell'opposizio­ ne centrale dell'opera cronenberghiana. Ciò significa procedere con eccessiva approssimazione; scam­ biare le proprie illusioni per realtà. Meglio sarebbe dire che l'opera del cineasta canadese, nel suo com­ plesso, descrive un nuovo uomo, del quale ogni film specifica la fisio­ logia. Ne II demone sotto la pelle, è il sesso, o la stessa sessualità, a es­ sere descritta come organo esteriore al corpo, come virus che passa da un corpo all'altro, si riproduce per contagio e si comporta come un predatore.3 In Rabid - Sete di san­ gue, la situazione è più o meno la stessa, ma il sesso-pungiglione ma­ schile, che pompa il sangue dalle vittime trasmettendo una rabbia

O n n ipo tenza del pensiero: "U n ce rvello ch e è un'arm a m o rtale", I' "esplosione del­ la testa" di Scan n ers

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contagiosa, non è un invasore ma un nuovo organo. Cronenberg vi tratta il tema della bisessualità (già affrontato nei due suoi primi lungometraggi, e ricorrente in tutta la sua opera). Ma in entrambi i film, im­ perfetti e provocatori, lo spirito non soffia ancora. È con Brood - La co­ vata malefica che Cronenberg af­ fronterà per la prima volta una delle sue principali ossessioni, la nascita, l'origine, il romanzo familiare (la madre di Nola ha realmente violen­ tato la figlia, o si tratta solo di un'al­ lucinazione, di un ricordo-schermo volto a giustificare una psicosi?); in ogni caso, non parla che di incarna­ zione. La rabbia4 s'incarna, il verbo si fa carne e la mente devastata di una madre (necessariamente catti­ va?) genera i mostri che il suo biso­ gno di vendetta esige. Come in altri film di Cronenberg, l'intreccio può forse essere considerato nei termini della storia di un divorzio narrata da una giovane figlia, il cui ruolo centrale è confermato, nell'inqua­

dratura finale,5 dal suo doloroso mutismo? A questo punto, si dise­ gna una rottura decisamente radica­ le fra sensibilità e procreazione (e, come noteranno gli zdanovisti del­ l'omosessualità edificante, l'assen­ za di piacere, in un'accezione ses­ suologicamente normativa). Il pia­ cere sarà sempre quello dello spet­ tatore, e procederà misto a una profonda prostrazione e a un inten­ so sconcerto.6 Solo ne La zona morta l'ipotesi di partenza non è razionale: il prota­ gonista, in seguito a un grave inci­ dente stradale, è dotato del potere di "sentire" il futuro. Analogamente al protagonista di Scanners, l'inci­ dente lo ha trasformato in una sorta di deviante, di emarginato perso, in quello che gli americani definisco­ no un "derelitto". In conformità ai tratti tipici di Cronenberg, il dono, i poteri paranormali, sono percepiti non come benefici ma come handi­ cap (la stessa cosa che accade quando i superdotati sono inseriti in

4 L'inglese distingue fra rage (metaforica) e rabid(letterale). 5 Dopo aver sterminato una colonia di mostri bluastri generati da Nola (operazione che con­ duce alla morte della stessa Nola e del dottor Raglan), Frank (Art Hindle), il padre, e Cahdice, la figlia, fuggono in auto dalla terribile mansarda. Nell'ultima sequenza, la ragazza, con gli occhi fuori dalle orbite per la paura e profondamente traumatizzata dall'orribile esperienza, inizia a grattarsi un arrossamento epidermico sul braccio, prima manifestazione di una malat­ tia psicosomatica tramessale dalla madre. La cosa lascia intendere che la maledizione familia­ re, lungi dall'aver avuto fine con Nola e la sua progenie, è destinata a riprodursi, a iterarsi, con la generazione seguente. 6 Come in Shining di Stanley Kubrick, la vicenda è spesso presentata dal punto di vista del bambino; è dallo sguardo terrorizzato del bambino che apprendiamo come la famiglia sia un'arena nella quale si svolgono giochi mortali, la cui posta è il bambino stesso. In entrambi i casi, la remissione può avvenire solo attraverso la morte di uno dei due genitori (la madre in Brood - La covata malefica, il padre in Shining), dopo la quale, il genitore rimasto (che vede le cose solo in modo superficiale) è sollevato. Ma il bambino, da parte sua, ha capito che non riuscirà mai a sfuggire a quell'incubo fondatore: essere debitore della propria sopravvivenza all'assassinio di uno dei suoi genitori.

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una classe normale: presto stanchi dell'andamento ripetitivo delle le­ zioni, possono trasformarsi in can­ cri). I punti deboli di una sceneggia­ tura imposta sono filtrati attraverso la finezza dell'autore che li trasfor­ ma in punti di forza: il classicismo assoluto de La zona morta, la mera­ vigliosa direzione degli attori, il ri­ fiuto dell'oppressione somatica. Con Scanners, ci troviamo di fronte al quadro di un cervello letteralmen­ te onnipotente, di una sessualità as­ sente. Ma quel cervello che sembra in grado di raggiungere i vertici del­ la superumanità è allo stesso tempo un'arma mortale, il frutto di un'in­ tossicazione, la fonte di sofferenze infinite. In Videodrome, è ormai so­ lo carne da macello masochista mentre l'allucinazione rimane la so­ la funzione operativa della mente. Il corpo non ha più un'esistenza reale ma è divenuto un'immagine, un'il­ lusione, e la mente stessa, che in Scanners era in grado di liquefare una centrale informatica, si trova ri­ dotta a essere solo un "casco da al­ lucinazioni", un televisore di carne che decodifica catodicamente la carne e si danna (come in La mosca) per ricodificarla correttamente. Un simile discorso sul "poco di realtà", caro ai surrealisti e chiave di volta dell'opera di Cronenberg, non si li­ mita a opporre la realtà all'immagi­ ne ma ci convince, attraverso gli strumenti propri delle tecniche del­ l'immagine, che tutto è illusione,7 che non esiste realtà. Da cui l'im­

possibilità del documentario (le se­ vizie e le morti filmate nel program­ ma Videodrome sono vere o finte, o sono solo il frutto dell'immaginazio­ ne di Max Renn?) L'organo messo in discussione è senza dubbio l'oc­ chio: specchio dell'anima o del vuoto assoluto? Ma O'Blivion va ben oltre, annunciando che il tumo­ re che gli ha divorato il cervello è in realtà un nuovo organo! Ne La zona morta, l'organo è nello stesso tempo la mano e il tempo, o piuttosto Yim­ magine del tempo! Il tempo non è infatti, anche nei suoi paradossi (spesso utilizzati nella fantascienza), l'ambito privilegiato della mente? La mano vuole afferrare il tempo e il corpo deperisce, come in un corto­ circuito, per la visione del tempo che la mano gli procura. Ne La mo­ sca, a essere messa in discussione è la carne, il corpo nella sua interez­ za: ma il corpo ha un rapporto con­ flittuale con lo spazio e il tempo, e anche, secondo una grandiosa me­ tafora, con il desiderio di uccisione nutrito dai genitori nei confronti del­ la loro progenie che si traduce nel linguaggio dell'informatica e della biologia. Il corpo può spostarsi, de­ costruirsi e ricostruirsi solo ricorren­ do al linguaggio e al desiderio (tra­ sformare una carne insipida in una carne che si desidera mangiare; il corpo umano, ci dice Veronica, non è che un pezzo di carne da macel­ lo). La mente, da parte sua, deve passare attraverso fasi contradditto­ rie, divenire angelo (Scanners) o di­

7 "Maya! Tutto è show-bizness." (W. Burroughs)

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venire bestia (La mosca); ma esiste una terza via: la mente può fondersi con la macchina che, in fin dei con­ ti, non è che una sua estensione). In Inseparabili, quindi, i corpi sono divenuti nemici, il corpo di un ge­ mello è nemico dell'altro gemello. I corpi sono opposti in tutto in quanto simili, mentre le loro menti sono diverse. Tuttavia è proprio mettendosi sulla "frequenza" del fratello che il "cattivo" fratello sia­ mese potrà raggiungere il suo simi­ le, diventando comportamentisti­ camente uguale, e la morte, così come la vita li aveva apparente­ mente confusi, li riunirà. In questo caso, l'organo messo in discussio­ ne è l'utero trifido della donna, una mostruosità che causa la steri­ lità. La carne, sembra dirci Cronenberg, è sterile, la riproduzione, che sia animale, informatica o vi­ deografica, significa la morte. Ne II pasto nudo, infine, si alza il velo: non esistono più organi. Solo una carne più o meno irreale, allucina­ zioni, e alcune semplici equazioni: vita = malattia, pensiero = virus. Inno alla morte del "melmoso abi­ to di corruzione"8 rappresentato dal corpo, inno alla solitudine as­ soluta del creatore (in quanto ogni essere è creatore, dalla madre che partorisce i mostri psicosomatici della propria rabbia, al povero Max che avendo consumato trop­ pe immagini ne genera altre, pas­

sando per il Johnny de La zona morta che pre-vede, scrivendo sul­ la trama di un tempo virtuale le sceneggiature più improbabili). Lo spirito qui, finalmente, si potrebbe dire, è quello dell'alias di Burroughs, maitre à penser di Cronenberg, lo spirito del creatore che de­ ve distruggere le immagini (della sua donna, dell'essere che è stato, dell'essere che rischia di diventare) per iniziare a scrivere.9 Lo spirito che deve continuamente uccidere l'Altro per riuscire a creare. La carta di questo strano paesaggio è quindi stata tracciata: un Adamo dell'era tecnologica, in grado di ap­ pagare una sessualità morbosa e contagiosa, di partorire nani ases­ suati per regolare i conti con i nemi­ ci, di infilare un pungiglione vampirizzante nel collo di chi desidera, di soddisfare un'infinita sete di godi­ mento,10 di far esplodere le teste a distanza, di assumere il controllo di anime o computer, di comunicare mentalmente con i propri simili, di liquefare la carne, di riprodurla mentalmente, di unirsi a un video­ registratore per realizzare tutte le proprie fantasie, di trasformare gli organi in armi mortali, di predire il futuro, di sdoppiarsi, di separarsi dall'io e quindi di riunirsi a esso, di andare avanti e indietro nel tempo e nello spazio, forward/rewind, di teletrasportare la materia, di unire i propri cromosomi a quelli di un in­

8 W. Shakespeare, Il mercante di Venezia, atto V, scena I. 5 "Affinché io parli, un altro deve tacere." (W. Burroughs.) 10Con ogni evidenza un bambino, come suggerisce La mosca.

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setto," e soprattutto di concepire universi di cui è il signore assoluto, il demiurgo, lo scienziato pazzo, di vedere essendo visto, di divenire in­ visibile, fra l'ectoplasma e l'imper­ scrutabile segnale video, e persino di vincere la morte e la corruzione della carne, di raggiungere la du­ rezza del metallo, la secca astrazio­ ne semantica del linguaggio infor­ matico o cromosomico, di essere una delle seicentoventicinque linee di un tubo catodico delirante, o il segnale hertziano delle proprie fan­ tasie inconfessabili, di parlare con i morti, o con la propria immagine già morta. Il protagonista de La zona morta soffre soprattutto nella propria te­ sta, e si rende conto che il dono in suo possesso può permettergli di salvare il mondo solo superando non poche reticenze. Risulta evi­ dente, inoltre, che se la sua vita non fosse già andata a gambe all'aria, sarebbe stato più difficile scegliere la via del sacrificio. La decisione di uccidere il paranoico candidato al­ le elezioni presidenziali, di mettersi dalla parte del bene, assume quindi il significato di una scelta in qual­ che modo obbligata, imposta dalla condizione dolorosa in cui si svol­ ge la sua esistenza. Tanto più che ogni "veggenza" gli fa perdere un po' di vita. La sua azione sembra dunque motivata non tanto dallo

spirito di sacrificio quanto dal desi­ derio di morte. Il protagonista, in questo caso, si fa portatore di un messaggio. Cronenberg ingoia la pillola di quella tipica convenzione yankee con la dovuta reticenza, av­ valendosene però per sviluppare uno dei suoi temi prediletti: l'onni­ potenza del pensiero. In una strana regione in cui l'onni­ potenza si confonde con l'allucina­ zione, con il disinserimento del pro­ gramma-immagine, del programmasuono, se non addirittura del pro­ gramma-pensiero, il controllo (altro tema burroughsiano) non può più funzionare. Gioire della propria dif­ ferenza, della propria onnipotenza, è impossibile; la rivelazione della superumanità assume sempre il si­ gnificato di una catastrofe. La supe­ rumanità, agli occhi della società, è sempre una tara.*12 Nel mondo del programma e del controllo, le di­ versioni e le defezioni non sono mai piacevoli. Il mutante, figura al­ legorica dell'avanguardia, è troppo avanti per non essere da qualche parte, a farlo soffrire è l'isolamento, la mostruosa madre di Brood - La covata malefica incarna solo in su­ perficie la figura della "mamma cat­ tiva", inizialmente, infatti, non ha alcuna intenzione di diventare un'Èva catastrofica dell'odio incar­ nato. La capacità della donna nel realizzare i propri mostri interiori è

" Ne II pasto nudo, Bill Lee scopre che la sua donna, )oan, è senza dubbio un insetto, "un centopiedi acquatico gigante del Brasile". 12 In passato, i bambini dotati di "genio", come Mozart, o di "doni" quali l'ipermnesia, veniva­ no esibiti come scimmie ammaestrate, come fenomeni da baraccone o nei panni degli automi che impressionarono Cartesio.

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Il triangolo di Stereo: abbracci, balli e confusione, sessualità polimorfa, perversa, occulta e talvolta asessuata

Al centro Ron Mlodzik, l'attore feticcio del Cronenberg underground (Stereo) 94

Ritratto di "famiglia"? Jeremy Irons, Ceneviève Bujold e Jeremy Irons

Cronenberg sostituisce Jeremy Irons, notare la sua felpa 95

infatti chiaramente inconscia. Né più né meno innocente di altri eroi cronenberghiani, essa non è tanto una vittima quanto un prototipo;13 il deviante è inutile. Il mutante non è sfruttabile dai suoi simili (eccezion fatta per le multinazionali di Scanners o Videodrome); il capitalismo più malefico può utilizzarlo come prototipo, come oggetto di speri­ mentazioni rivolte ai fini più oscuri, ma per la famiglia, gli amici o i partner sessuali resta null'altro che un mostro. In Inseparabili, l'idea forza della tematica cronenberghiana è spinta fino al limite più estre­ mo: il mostro è l'altro, e il vertice della mostruosità è senza dubbio l'alterità assoluta rappresentata dal­ la similitudine.14 Vedere il futuro non significa forse, in un certo modo, vedersi - come in un gioco di specchi che si riflettono

all'infinito - in tutte le potenzialità, in tutte le similitudini potenziali, in tutte le posture? Così, in opposizio­ ne alla dannazione ridotta a cliché abusato dal cinema fantastico, la dannazione psicosomatica di Cronenberg è da ricondurre prima di tutto al decentramento. L'uomo scopre di non essere al centro del­ l'universo (la mente e soprattutto il corpo, un vero e proprio continente inesplorato, gli sfuggono, lo supera­ no, lo tradiscono), l'io cosciente non si rivela assolutamente all'al­ tezza dell'evoluzione. L'homo cronenbergus, lo si sarà ca­ pito, è l'anello mancante fra l'homo sapiens e il superuomo.15 Il trionfo del pensiero onnipotente è costitui­ to dalla stessa opera di un intellet­ tuale dell'Ontano, un po' timido ma risoluto, ben educato, dalla voce dolce ma mosso da desideri telluri­

’3 Ricordiamo un'altra ossessione burroughsiana, rappresentata dalla "macchina a vapore del­ la Grecia antica... arrivata troppo presto" evocata nella postfazione de II pasto nudo. 14Appartiene alla similitudine il fenomeno tipicamente contemporaneo dell'autotipia, della fo­ toincisione a mezzatinta. Spesso gli eroi cronenberghiani hanno la sensazione di possedere solo un'identità-gadget, di non essere che quasi-umani. In tal modo, il protagonista di Video­ drome non riesce sempre a percepire con nettezza i propri contorni (immagine video o carne futura? Immagine programmata o deciso militante della nuova umanità annunciata dal profeta della religione catodica?) La lotta del pirata-video contro la sua immagine allucinatoria prefi­ gura la lotta all'ultimo sangue fra i due gemelli di Inseparabili. Allo stesso modo, il conflitto mortale fra i due fratelli di Scanners, eliminazione dell'altro attraverso la fusione con l'altro, si ritrova in film più recenti: fusione dell'uomo e della mosca, fusione dei due fratelli gemelli se­ guita da una mortale separazione, fusione di Max Renn con il suo tumore videografico, fusio­ ne dei due scanner nella loro comunità telepatico-genetica, fusione, in Brood- La covata ma­ lefica, delle escrescenze allucinatorie della madre nel corpo della madre stessa. Ne II pasto nudo, Joan Frost non è semplicemente la sosia di Joan Lee, ne è l'autotipia, la cattiva imitazio­ ne. La lotta del differente contro lo stesso o la fusione (il problema non è se sia positiva o nega­ tiva) dello stesso e dell'altro, della normalità e della mostruosità, non è forse un altro modo per dire, con la forza del cinema: ")e est un autre", "lo è un altro"? (Rimbaud). 15 II superuomo non è quello invocato da Nietzsche, e nemmeno la creatura iperboreale wa­ gneriano-hitleriana, ma qualcosa di analogo al mutante della fantascienza, un essere "bioni­ co", in grado di sfruttare appieno le proprie capacità intellettuali dopo aver portato a termine la fusione con tutte le macchine che possono essergli utili.

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ci, un personaggio in pezzi che, at­ traverso il sofisticato puzzle della sua opera, possiamo ricostruire (co­ me quei moderni busti didattici che, strato su strato, rappresentano un uomo nudo, quindi scuoiato, e poi mostrano gli organi, le vene, le viscere e, infine, lo scheletro), un novello Adamo, che racconta la sua tumultuosa genesi, un mutante po­ tente quanto una centrale nucleare, avido di piacere come un lattante, fragile quanto un feto, è il narratore di una Ricerca del tempo da con­ quistare, una sorta di condensato di fantasie diurne e di odi ripresi dal­ l'infanzia. Si tratta di un doppio ca­ rico di duplicità, egocentrico come nessuno, dotato di una temibile am­ bizione, crudele come un criminale di guerra e dolciastro come un fiore avvizzito; di un cineasta, insomma, che osa mostrare ciò che vede. Osa guardare lo spettatore nel bianco degli occhi, così come fa Max Renn con il suo doppio catodico, che confessa la propria schizofrenia, la propria paranoia, il proprio auti­ smo, il proprio sadismo, il proprio masochismo avvalendosi di disposi­ tivi di squisita raffinatezza, come una specie di Rousseau del nord, ebreo immaginario, continuamente vittima di complotti cosmici, ma sempre trionfante nel ridurre i nemi­

ci allo stato di cascami16che il mon­ tatore getta nella pattumiera,*17 come una Penelope che tesse una tela che disfa ogni notte. Ma è anche un Narciso che si contempla di tipo as­ sai particolare, allo stesso tempo dottor Jeckyll e mister Hyde, ovvia­ mente, ma anche dottor Franken­ stein e relativa creatura, manipola­ tore di se stesso. Un'immagine idea­ le di Cronenberg, cineasta postmo­ derno, surmoderno sarei tentato di aggiungere, così come altri furono surrealisti.

DOV'È LA SEDE DELL'ANIMA? Da quanto detto possiamo trarre al­ meno due conclusioni: contraria­ mente all'antica dicotomia cartesia­ na, Cronenberg non opera alcuna separazione fra il corpo e la mente. All'opposto, la sede dell'anima è la carne, la vecchia carne; le sole pure menti che ci sia concesso vedere, gli scanner superumani che senza dub­ bio prefigurano l'umanità del futuro, hanno bisogno di incarnarsi, come Cameron Vale nel corpo del fratello Daryl Revok. Gli altri, quelli che per esempio vediamo agitarsi in Video­ drome (O'Blivion, Nicki Brand), so­ no solo immagini definite e delimi­ tate dal tubo catodico, corpi morti e

[In francese chute, che significa in primo luogo caduta, da cui il gioco di parole con "la ca­ duta di Adamo", impossibile da rendere in italiano, che apre la nota che segue; N.d.T.] '' La caduta di questo Adamo consiste nell'essere tagliato nella fase di montaggio e l'arte di Cronenberg, non lo si ripeterà mai abbastanza, si riassume in un montaggio il più "fluido" pos­ sibile, una fluidità che sembrerebbe una missione impossibile a partire dalle sceneggiature e dalle loro inestricabili complicazioni che il cineasta durante le riprese, giorno dopo giorno, rende ancor più complesse come se temesse che un'eccessiva semplicità potesse mettere in luce, svelandola senza rimedio, la turpitudine della sua psiche.

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probabilmente mutilati che vengono dall'aldilà per comunicare con Max Renn: uno è solo una traccia su un numero illimitato di videocassette, l'altra un'escrescenza ossessiva la cui carne non es un'escrescenza della percezione.18 In Videodrome, tutte le citazioni dell'occhio (erro­ nee, si noti, visto che Cronenberg ama spingere lo spettatore a smar­ rirsi nel labirinto), "riflesso o spec­ chio dell'anima", e i giochi di paro­ le della Spectacular Optical,19 tutto l'universo mentale in cui l'unico senso del quale non ci si può fidare, ma attorno a cui la personalità si stabilisce, è la vista. In Inseparabili non si riesce nemmeno a distingue­ re un fratello dall'altro, e la stessa Claire Niveau, che li ha conosciuti entrambi in senso biblico, non è certa di essere in grado di ricono­ scerli. "La sorte del mondo" dichia­ ra O'Blivion, "si deciderà nell'arena video",20 nel campo della vista, dal momento che credere o non crede­

re ai propri occhi è diventata una questione non pertinente in quanto tutto ciò che appare ai sensi è, per definizione, vero. E tutto ciò che vediamo è immediatamente accet­ tato come verità. Il corpo, allo stesso tempo antiqua­ ta e inutile spoglia, carne da macel­ lo e soprattutto vettore di ogni con­ tagio, di ogni manipolazione e di ogni esperienza, non costituisce il luogo dell'individualità. È attraver­ so il corpo - la reazione a catena psicosomatica che passa, di donna in donna, dalla madre di Nola alla figlia di Nola, come se esistesse una maledizione del corpo femminile e la riproduzione sessuata, dunque per il tramite della famiglia, che si trasmette quello che Burroughs de­ finisce il "virus umano". Il corpo è carne da macello, una vera e pro­ pria maledizione che basta pronun­ ciare per rendere operativa, per far­ le superare gli atroci limiti dell'ani­ male umano.21

18 Freud avanzava un'ipotesi per molti versi analoga: con la posizione eretta l'olfatto diviene gradualmente obsolescente e la vista si trasforma nel senso dominante che determina gli altri. In particolare la sessualità, in quanto la posizione eretta, nella femmina umana, ha per effetto l'occultamento degli organi genitali. Di conseguenza, il maschio non si fida più dell'odorato e per cercare la compagna si avvale della vista. ” In inglese spectacles significa occhiali. 20 Secondo Rousseau l'arena rappresenta la struttura architettonica primaria della democrazia assoluta, quella che consente di avere il miglior punto di vista, panottico, a condizione ovvia­ mente di posizionarsi al centro, di divenire oratore (visto che l'attore è bandito dalla città idea­ le sia di Rousseau, sia di Platone). 21 La formula è '"il genoma umano' che contiene il Dna, composto da quattro molecole fondamentali o basi [...] ci sono tre miliardi di basi [...] la sequenza di ogni gene (la catena di basi) costituisce un messaggio genetico, tradotto in proteine secondo le regole del codice genetico. Il messaggio genetico è ereditario." (C. Bensimon, "Libération", 30 ottobre 1991, p. 26.) In tal modo, la riscrittura del codice genetico ne La mosca, l'effetto dell'Ephemerol sui neonati desti­ nati a diventare scanner, l'innesto di pelle che trasforma la Rose di Rabid - Sete di sangue in predatrice, il coma prolungato che fa entrare Johnny Smith nel buco nero de La zona morta, il semplice segnale hertziano che trasforma Max Renn in una creatura catodica, o anche la sco-

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L'individuo è anche il "trauma della nascita" (l'ibrido di La mosca) o l'appartenenza a una stirpe (Scanners, Brood - La covata malefica), visto che nella maggior parte dei casi la famiglia si presenta come l'ambiente intrinsecamente patoge­ no nel quale virus e batteri prolife­ rano. Il pensiero, quindi, potrebbe al limite essere visto come una fun­ zione del corpo, un'estensione del­ la carne e della sua particolare chi­ mica, uno sviluppo più o meno anarchico dei sensi. La sua onnipo­ tenza è prodotta da mezzi chemio­ terapici e chirurgici, da radiazioni minime e stati post-traumatici estre­ mi (si veda l'importanza dell'over­ dose e del relativo corollario, la mi­ tridatizzazione), da sedute di somatizzazionee nello scatenarsi dell'oltrepassamento del corpo, nell'aldilà della carne. Ma soprattutto, la carne non muore mai: in primo luogo a causa della numerosa progenie che può avere.22 Se qualcosa deve anda­ re perduto (anche nella nuova car­

ne che viene cercata inutilmente da tanti personaggi cronenberghiani), si tratterà piuttosto dell'anima o del­ la personalità.23 Max Renn non si è forse trasformato nel proprio boia, in colui che, in senso stretto, proce­ de all'esecuzione anche se la vitti­ ma è lui stesso.

PRINCIPIO DI "REALTÀ" E PRINCIPIO DI PIACERE Se si analizza l'opera di Cronenberg dal punto di vista del fantasma polimorfo del romanzo familiare (tutti i personaggi, in tal modo, ri­ sulterebbero essere sfumature proiettate di un solo individuo: il narratore), alcuni film risultano molto più radicali di altri (Freud analizza il "romanzo familiare" co­ me desiderio di attribuirsi altri geni­ tori - in genere figure mitiche, re e regine - ma anche, in ultima istan­ za, di essere il proprio genitore, os­ sia di non averne alcuno).241fratelli

perta di una malformazione all'utero talmente rara da separare (in inglese: fo severe) i fratelli siamesi (Inseparabili), per non parlare della polvere di piretro destinata a sterminare gli scara­ faggi che apre le porte della metamorfosi e dell'allucinazione ai protagonisti de II pasto nudo. La mostruosità, in Cronenberg, è sempre una maledizione, un'enunciazione erronea di quel linguaggio genetico che rappresenta senza dubbio il vero linguaggio ma di cui si ritiene che dobbiamo ignorare tutto. u Fratelli siamesi, replicanti, replay del videoregistratore, riproduzione di immagini, ritransubstanziazione attraverso il teletrasporto o la telecinesi. ” Max Renn, programmato, sprogrammato, a colpi di pistola, in seguito riprogrammato dal(la) primo(a) venuto(a), è simile a un fantoccio animato soltanto da ordini ipnotici: "Devo uccidere i miei soci di Civic T v!", o da slogan filosofico-politici quali: "Viva la nuova carne!" Ma ha an­ cora un'anima, un libero arbitrio, o si è trasformato, sulla scia di Nicki Brand, in qualcuno pronto a offrire tutto, vita compresa, per apparire in Videodrome? '* Si dovrebbe rileggere M osè e il monoteismo, nel quale Freud sottolinea con molto brio co­ me la storia del patriarca rappresenti il "romanzo familiare dei miti religiosi". Il fondatore di una religione, in genere, assume i tratti di un povero che in seguito si rivela di sangue reale (Gesù discende da David, Buddha è un principe ecc.), diversamente Mosè, cresciuto presso i

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di Scanners hanno a malapena un padre (più l'Ephemerol che il dottor Ruth, portatore peraltro di un co­ gnome femminile), i gemelli di In­ separabili non hanno apparente­ mente genitori, così come il Seth Brundle de La mosca. Nei personaggi di Cronenberg, se si considera La Scienza come l'istan­ za del superego della società con­ temporanea, la struttura è spesso la stessa. Brundle è sui generis (si veda la scena del "telepode", con il pro­ tagonista che avvolto dai vapori esce in posizione quasi fetale da una sorta di uovo nero). Allo stesso modo, i mostri asessuati di Brood La covata malefica non nascono forse direttamente da una sola per­ sona (la madre), con l'aiuto del dot­ tor Raglan? Max Renn genera diret­ tamente i propri mostri allucinatori. Per il Johnny Smith de La zona mor­ ta, il cui padre è senza ombra di dubbio il dottor Weizak, il proble­ ma principale è costituito dal fatto di non essere riuscito ad avere un fi­ glio da Sarah. I gemelli di Insepara­ bili, da parte loro, si innamorano di una donna che non può avere figli e, in quanto ginecologi, sono chia­ ramente all'origine di loro stessi. Una costante, quindi, collocata al­ l'inizio di ogni film, riconduce l'ori­ gine a figure di scienziati e medici: lo psichiatra reichiano de II demone sotto la pelle, l'innestatore di Rabid - Sete di sangue, lo psichiatra di

Brood - La covata malefica, il pro­ fessor Ruth di Scanners, il professor O'Blivion di Videodrome, il medico de La zona morta, il ricercatore Seth Brundle de La mosca, i ginecologi Mantle di Inseparabili, senza dimen­ ticare gli scienziati di Stereo e 07mes o f thè Future. Anche il Bill Lee de II pasto nudo rinasce a una nuo­ va esistenza, quella di "agente", gra­ zie a un medico, il dottor Benway. I protagonisti dei film di Cronenberg sono, nella maggior parte dei casi, figli della scienza, se non addirittu­ ra la scienza stessa. Avremo modo di ritornare sulle ricadute di una si­ mile visione della concezione (ma­ colata) nell'ambito dell'omosessua­ lità. In tal senso, nei suoi film è pre­ sente, al di là della loro struttura decisamente magica, una compo­ nente di mito religioso. In tali con­ dizioni, come non pensare che il suo cinema esprima una parte (non molto) nascosta d'infanzia? Certo, le avventure in questione difficil­ mente finiscono bene (ma sappia­ mo che la morale di una fiaba è spesso espressa solo dalla forma); certo, le ipercapacità acquisite dai personaggi hanno a che fare più con la magia nera che con un qual­ siasi dominio della materia; e l'at­ mosfera cronenberghiana non pre­ dispone certo al tripudio. Tuttavia, la nostra ipotesi, per quanto rozza, potrebbe risultare utile per com­ prendere altri enigmi e altri atteg-

faraoni, scopre ben presto di essere figlio di schiavi, incamminandosi su una china discenden­ te. Freud, come si sa, era convinto che Mosè fosse in realtà un principe egizio. Di conseguen­ za sarebbe stato il patriarca a eleggere il popolo ebreo e non il contrario.

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James Wood scopre tre scarnificazioni sulla nuca di Debby Harry (Videodrome). Il marchio come indizio di mostruosità: "C'è un marchio che non si può nascondere, quello dell'interno" (W.S. Burroughs)

Geena Davis scopre tre scarnificazioni sulla schiena di Jeff Goldblum (La mosca)

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giamenti che suscitano un certo tur­ bamento.

LA CARNE: UNA NUOVA FRONTIERA Tale è il continente sconosciuto ver­ so il quale si dirigono questi strani pionieri. L'interno, un continente da sempre occultato. Un interno che non è solo quello del corpo ma an­ che il significante simbolico del ri­ torno al mittente, del ritorno al ven­ tre materno, tema caro a Edgar Allan Poe e tradizionalmente americano. L'universo di Cronenberg è l'antiAmerica, l'incubo americano "cli­ matizzato", l'America della sconfit­ ta, della regressione, dell'involuzio­ ne, l'America di Poe e anche di Hawthorne, Henry Miller, Burroughs ecc.,25 l'America dei poveri, dei falli­ ti, di quelli che non ce la fanno, che ritornano nel ventre della madre (spesso morta): La zona morta, Scan­ n e r, Brood - La covata malefica, le madri morte di Videodrome (Niki, Masha ecc.), la madre sterile di Inse­ parabili, la madre predatrice di Rabid - Sete di sangue e la madre spo­ sa doppiamente assassinata de II pa­ sto nudo. Una solitudine ontologica quindi: senza genitori, senza nome, l'eroe cronenberghiano tenta di fabbricar­ si (spesso, in effetti, tramite artifici da bricolage, approssimazioni tec­

nologiche e occhiate al manuale del piccolo-chimico organico o del­ l'elettricista dilettante) un'essenza ricorrendo a un incantesimo tecno­ logico. Che cosa può sognare Max Renn: divenire una sorta di macchina-per-produrre-televisione, un vi­ deoregistratore che registra direttamente le sue fantasie? L'antenna di Civic Tv, puntata verso un cielo vuoto, capta un programma intitola­ to Videodrome, arena video. Ma in quell'arena non ci sono né spetta­ coli di tauromachia né gladiatori, solo la minuta dei desideri di Max Renn: fare una televisione più "du­ ra", una programmazione adatta al suo cinismo, al suo gusto per l'au­ dacia e il potere. Max è il prototipo dello yuppie. Sotto una superficie cool, assai informale, si cela uno di quegli imprenditori di tipo nuovo che cercano di far coincidere l'atti­ vità professionale con i loro gusti. Si tratta probabilmente di un ex mili­ tante di sinistra riciclatosi neil'ambito della comunicazione, di un trentenne di ampie vedute, disponi­ bile alla sperimentazione e pronto a fornire al suo pubblico, con la giu­ stificazione della libertà e della lotta contro la censura, la quotidiana ra­ zione di sensazioni forti. Max non sopporta l'ipocrisia dell'erotismo soft. Si schiera con il consumatore, dandogli ciò che chiede in cambio di denaro. Ma, allo stesso tempo, è solo. Harlan, il suo confidente-com­

25Come dice Burroughs: "L'America non è giovane, è vecchia, sporca e maledetta, da prima dei coloni, da prima degli indiani. La maledizione c'è sempre stata, incombente". (W. Burroughs, Il Pasto nudo, cit.)

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plice, deve restare un semplice im­ piegato, così come la sua segretaria che lo tratta con fare materno. I di­ pendenti, da parte loro, fanno le fu­ sa. Max vorrebbe trovare una nuova concezione e, perché no, far entrare le sue ossessioni personali in ambi­ to pubblico. Dopo tutto, la televi­ sione non appartiene forse intrinse­ camente ai territori de\Y intimità! Max si scontra con i due volti di un capitalismo avanzato che lascia ai piccoli imprenditori come lui solo le briciole. In tal senso, Max assume il ruolo di cavia, che si trasforma da solo in un programma di trash tv, in una serie sadomaso destinata alla fascia oraria notturna, nella sintesi del produttore-consumatore che og­ gi, con lo sfruttamento commerciale deW'home video, sembra godere di un'estrema considerazione. A questo punto, ci troviamo di fron­ te all'antico mito del doppio: l'im­ magine decompone l'essere. Come nell 'Invenzione di MoreI di Bioy Casarès, l'immagine è una perdita di energia.26 In Videodrome, la mor­ te delle persone alle quali è stata ru­ bata l'immagine è causata da un tu­

more al cervello, come se, ripren­ dendo il concetto burroughsiano di "immagine virale", "la televisione fosse diventata più che la vita", per usare le parole del professor O'Blivion. La trasmissione Videodrome è una sorta di regno della forma i cui spettatori sarebbero divenuti le om­ bre proiettate. Il cervello si sarebbe quindi trasformato in un'appendice deN'immagine televisiva. È necessario qui riprendere l'analisi della tossicomania proposta da Burroughs: nel mondo della droga, il dealer vende non un prodotto al consumatore ma il consumatore al prodotto. Come non applicare que­ sta formula alla televisione com­ merciale, nella quale il medium vende lo spettatore agli inserzioni­ sti e, in qualche modo, allo spetta­ colo? Nella banalità delle fantasie di Max c'è qualcosa che ci inquieta profondamente. Che si trovi in un pessimo film poliziesco o in un vi­ deo porno, Max Renn subisce l'in­ cessante bombardamento di imma­ gini che finge di controllare. Di conseguenza, la condizione tipica dell'"eroe" cronenberghiano è sem­

26 Nel romanzo dello scrittore argentino, che molto ha influenzato L'Armée dernière à Marienbad di Alain Robbe-Grillet e Alain Resnais, un naufrago, giunte su un'isola che crede deserta scopre una villa popolata da esseri che risolutamente ignorano la sua presenza. Dopo aver passato in rassegna le ipotesi più paranoiche, il protagonista-narratore scopre che Morel, il proprietario della casa, ha registrato, avvalendosi di una sorta di tecnologia cinematografica a ologrammi, una settimana di vita che, grazie a un generatore azionato dalle maree, viene ri­ prodotta in eterno. Il solo inconveniente di una simile riproduzione perfetta dell'esistenza ri­ siede nel fatto che la presa di vista prende anche la vita degli attori. Il narratore, egualmente af­ fetto dal male che ha ucciso i personaggi della "settimana", conoscendo alla perfezione tutti gli spostamenti e i dialoghi del film-verità, decide di comparirvi, per l'eternità, mettendosi ov­ viamente al fianco della donna (morta) di cui si è innamorato, parlandole quando ne ha la pos­ sibilità, entrando in quella sorta di ambito platonico, che aveva avuto modo di ammirare, co­ me un'ombra della caverna, come un dio eternamente ripetitivo, e perdendo anche lui la vita.

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pre quella della passione, nel senso cristico del termine. A opporsi al­ l'onnipotenza del pensiero è l'in­ credibile conformismo delle imma­ gini, degli atteggiamenti e delle si­ tuazioni che gli vengono proposte: assassino-vendicatore (ma senza particolari motivi, per esempio, uc­ cisore dei suoi soci), macho domi­ natore (ma completamente mani­ polato dalle donne del suo entoura­ ge, che si tratti della buona infer­ miera Bianca o della torbida bam­ bola Nicki), crociato di un'oscura causa della quale non sembra com­ prendere la parola chiave (la "nuo­ va carne"), bambinone saturo di cartoni animati giapponesi. Max accetta tutte le metamorfosi che, come in un incubo, gli vengono letteralmente inflitte. Ridotto a una sorta di bambola-da-trasformazione finisce per suicidarsi, come il pazzo che obbedisce alle voci che sente, pronunciando una parola d'ordine di significato grottescamente politico. Cronenberg tuttavia, anziché inflig­

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gerci, come spesso accade, il con­ sueto compitino diligente sul nuovo determinismo mediatico che condi­ ziona le masse, preferisce portarci direttamente nell'arena: panem et circenses, siamo noi spettatori la nuova plebe avida di sensazioni forti. Max avrebbe preferito che la violenza, il sangue, la tortura e il sa­ dismo restassero sullo schermo. Ep­ pure, gradualmente, le immagini "dure" che auspicava si materializ­ zano non solo sullo schermo di Videodrome ma anche nell'arena del­ la sua esistenza, abolendo ogni bar­ riera fra la vita privata, che voleva preservare dall'invasione virale del­ le allucinazioni, e l'arena della tele­ visione. Il pensiero è quindi onni­ potente? Sì, ma si tratta di un pen­ siero delocalizzato, integralmente costituito da sensazioni e da allucinazioni paranoiche. Le fila si tesso­ no fra gli eventi più volgari, i perso­ naggi più ordinari e il programma Videodrome, nel quale, come si di­ ceva nel grand siècle, "tutto cospira per nuocergli".

GLI SPECCHI DEL SESSO na", oggi riciclatasi nelle attività ac­ cademiche e socioculturali. Un'al­ leanza, in sintesi, fra la moral majo­ Anche se bisogna guardarsi dallo rity e gli zeloti del politically corstabilire il valore di un autore a par­ rect.' Cronenberg, cresciuto alla tire dalle reazioni che suscita, non è scuola dell'underground, realizzò privo di interesse il fatto che gli at­ nel corso degli anni Settanta opere teggiamenti più ostili a Cronenberg dal contenuto omosessuale decisa­ si fondino su un'alleanza fra il vec­ mente provocatorio (Stereo e Crichio fondo di puritanesimo ameri­ mes o f thè Future). Presa la decisio­ cano e la "nuova sinistra america­1 ne di passare al cinema commercia­ UNA LOBBY ANTI-CRONENBERG

1 Sono noti i danni provocati dall'alleanza tra femministe, rappresentanti delle minoranze etni­ che, omosessuali ecc. L'ultimo episodio in ordine di tempo (e sul quale Cronenberg si sofferma a lungo) si riferisce al caso di una rivista "femminista" che, ricordando la morte, per mano di uno squilibrato, di una ventina di studenti di un'università del Quebec, lanciava accuse, alla rinfusa, nei confronti della pornografia, del machismo, dei fumetti e... "dei film di Cronenberg"! Bisogna arrendersi all'evidenza: oggi la censura in America sta a cuore più ai soldati dispersi delle lotte radicali degli anni Sessanta-Settanta che ai gruppi dei fondamentalisti religiosi.

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le, non esitò a varare, appoggiato da una piccola casa di produzione di film porno, il suo "manifesto" reichiano, Il demone sotto la pelle, che incitava quasi apertamente al­ l'orgia generalizzata. Ma, ecco la prima ambiguità, la setta dei forni­ catori non ha origine da una qual­ siasi volontà di rompere la costri­ zione-ambiente piccolo borghese del palazzone di lusso posto nella periferia di una grande città ameri­ cana. Diversamente, è un medico pazzo a concepire in laboratorio un'autentica epidemia fulminante di priapismo che si materializza (si somatizza?) sotto forma di uno stronzo-fallico predatore e ultracon­ tagioso. Molti furono coloro che al tempo manifestarono profondo di­ sgusto nei confronti di una parabola inquietante da tutti i punti di vista: era un puro principio sessuale a in­ trodursi, in seguito a una manipola­ zione, negli organismi, sviluppan­ dosi come un parassita per uscire in seguito alla luce del sole, come una sorta di sanguisuga volante, rampi­ cante e natante che aggredisce tutto ciò che vive e si muove. Attraverso di esso cadevano tutti i tabù e si li­ berava un'animalità orgiastica. Tutto ciò sembra sufficiente a susci­ tare le reazioni del versante purita­ no. Per quanto riguarda l'unico per­ sonaggio positivo al quale il film permette di aggrapparsi, il dottor

Roger St. Lue (Paul Hampton), si tratta di una sorta di testimonial di una pubblicità per dentifrici, asso­ lutamente insopportabile sia per l'indifferenza nei confronti delle co­ se del sesso sia per la sicurezza di sé e l'aria da primo della classe; tanto che si avverte un autentico sollievo quando l'archetipo del w a s p , dopo essere stato stuprato da due bagnanti sul fondo di una pisci­ na, emerge, come il nuovo conver­ tito che ha ricevuto il battesimo, pronto a inoculare nel resto del mondo i parassiti assassini. Al di fuori della bella scena della "gestazione" dell'organismo paras­ sita (che per certi versi annuncia Videodrome),1 nella quale Cronenberg si diverte non solo a giocare con il disgusto dello spettatore ma anche a confondere i segni (è un uomo a subire la mostruosa "gravi­ danza"), il principio di estraneità resta al di fuori del personaggio principale. Lo stesso non si può di­ re, evidentemente, delle opere suc­ cessive. In Cronenberg, infatti, l'or­ rore (che ho definito "principio di estraneità",2 3 si veda, per esempio, la creatura di Alien e la sua mo­ struosa prima nascita) scaturisce sempre dal di dentro e si definisce come orrore "interno", senza giun­ gere a oggettivarsi totalmente come ne II demone sotto la pelle, a dive­ nire un mostro venuto da altrove e

2 Nicholas Taylor (Allan Migicovsky) scopre, con un piacere carico di fatalismo, una mostruo­ sa tenia che deforma il suo addome. 3 Estraneità intesa nel senso che la lingua inglese attribuisce al termine "strange” , che significa allo stesso tempo l'altro, lo sconosciuto ma anche l'orrore incarnato.

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sfuggito al controllo di chi ne era portatore o lo ha partorito. Si può dubitare del fatto che Cronenberg intendesse gli ovetti priapici de Il demone sotto la pelle come una parabola della sessualità. Resta il fat­ to che i rappresentanti di un neozdanovismo più o meno consapevole (i soliti politically correct) si sono sen­ titi direttamente aggrediti.4 Non ac­ cade forse che in quanto "cineasta di idee", Cronenberg ci offra, si potreb­ be dire allo stato di natura, la sua im­ magine della sessualità, vista come una cosa senza dubbio consustan­ ziale all'uomo, ma che agisce trami­ te una volontà autonoma, che agisce l'essere umano e lo agita in incom­ prensibili convulsioni5facendolo an­ dare più in là di quanto vorrebbe? A disgustare inconsciamente gli ade­ renti alla moraI majority e al politi­ cally correct è il fatto che i personag­ gi di Cronenberg non abbiano una psicologia, che sia quindi assai diffi­ cile "identificarsi" con essi, così co­

me vorrebbe una vecchia ricetta ca­ ra ai businessmen del cinema. La sessualità, come in Burroughs, è de­ scritta nei termini del virus e del con­ tagio, di una malattia incurabile, co­ me la vita.

FORME E METAMORFOSI DEL FETICCIO Il fallo-pungiglione cresciuto sotto il braccio di Marilyn Chambers in Rabid - Sete di sangue appare come un'illustrazione della teoria freudia­ na del feticcio6 destinata agli stu­ denti del primo anno di psicologia (e il cinema dell'orrore nella sua vulgata non è forse fondamental­ mente "il palesamento di ciò che non si osa vedere"?), ma senza sof­ fermarci su questo elemento esami­ niamo da vicino, così come lo stes­ so Cronenberg ci invita a fare, l'"utero trifido" di Claire Niveau. La cifra tre, per la sua stessa designa-

4 Cfr. R. Wood, Un point de vue dissident sur Cronenberg, in L'horreur intérieur, cit. s Ricordiamo la subitaneità con la quale Max Renn precipita nel sadomasochismo, come schiaffeggia la donna che ama ed egualmente, in una sorta di ecolalia cinematografica, tutte le epifanie della donna; o come svegliandosi scopre al proprio fianco il cadavere di Masha, una donna non più giovane che voleva essere ancora desiderabile alla quale, per cinico cal­ colo, aveva promesso di "fare una doccia insieme". Il fenomeno ripetitivo trova il proprio co­ ronamento ne II pasto nudo, dove Bill Lee è costretto a uccidere la sua compagna Joan per ben due volte! 6 |l pene assente della madre, che lo sguardo del feticista si ostina a individuare sotto qualsia­ si forma nascosta (in tal senso, il cinema nella sua totalità è un gioco di voyeurismo, non fos­ se altro per il fatto che l'inquadratura impone allo spettatore l'immagine che deve vedere suggerendogli che fuori campo si trova una realtà diversa, nei film dell'orrore spesso minac­ ciosa). Le sperimentazioni di Peter Greenaway, da I misteri del giardino di Compton House a Prospero's Books, qualsiasi cosa si pensi di esse, si muovono in direzione di una "messa fuori quadro", dal punto di vista sia immaginario sia estetico, dell'immagine cinematografica. Cro­ nenberg ha più volte espresso interesse nei confronti della ricerca di Greenaway. Le temati­ che dei due autori, del resto, si congiungono in diversi punti. (Cfr. Lo zoo di Venere o II ven­ tre dell'architetto.)

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zione, sembra presentarsi come l'affermazione di un enigma.78 A causa di quella malformazione (che Cronenberg afferma essere un pro­ dotto del suo immaginario), Claire Niveau non può avere figli. La malformazione appassiona il ge­ mello Beverly, che ne trae una teo­ ria (le donne sono in corso di "mu­ tazione") nella quale si può indivi­ duare l'elemento scatenante della sua deriva psicotica. Come mi sug­ geriva lo psicanalista Gérard Szwec, essendo Bev un medico, si assiste a un fenomeno tipico dell'ambiente medico: "la feticizzazione di un ca­ so clinico". In tal senso, Inseparabi­ li (nel quale è da sottolineare la completa assenza di effetti speciali che non siano ottici) rappresenta la formula chimicamente pura della visione cinematografica di Cronen­ berg. Il film infatti fa leva continuamente non tanto sulla rappresenta­ zione classica dell'allucinazione (in Inseparabili non si vede nulla di realmente orribile) quanto sulla fru­ strazione feticistica dello spettatore cinematografico. Tanto più che il trucco tecnico che permette allo

stesso attore di recitare due volte nella stessa inquadratura si fonda anch'esso sull'utilizzazione del la­ tente; un po' come se l'autore, dal punto di vista tecnico, avesse inteso promuovere la feticizzazione di Je­ remy Irons nel suo lavoro di attore, attraverso la fascinazione suscitata dalla sua mancanza di identità o, per essere più precisi, dalla man­ canza di definizione in rapporto al suo altro se s t e s s o Il ginecologo non vede, tocca, facendo appello a quello che forse è il solo senso non traducibile cinematograficamente. L'elemento più sconvolgente del film è senza dubbio rappresentato dagli "strumenti per operare le mu­ tanti" che Bev, ormai impazzito, farà fabbricare sulla base dei propri disegni.9 Un simile utero potrebbe essere del tutto sdoppiato, caso re­ lativamente frequente stando agli embriologi (e la cosa dal punto di vista della sceneggiatura sarebbe ri­ sultata troppo semplice, se la si confronta con il fantasma ossessivo di Bev: i gemelli siamesi), ma qui è triplo,10 dispari e mancanza! Indica il feticcio allo stato puro, il sesso

7A livello fantasmatico, non si può escludere che trattandosi di gemelli (provenienti in definiti­ va da un ovulo "bifido"), la triforcazione dell'utero rappresenti il caos, l'Altro o forse qualcosa che ruota intorno al mistero della Trinità. 8Cronenberg racconta come tutti gli attori americani da lui contattati abbiano rifiutato il ruolo dei fratelli Mantle in quanto ginecologi! 5 In realtà si tratta di schizzi dello stesso Cronenberg, che mi confidò di essersi ispirato alle membra di certi insetti, al fine di attribuire agli strumenti un senso di estraneità assolutamente ripugnante. 10 Dove ritroviamo l'aldilà della nuova carne, il superamento mostruoso e risolutivo di ogni tensione che ritorna come leitmotiv in tutti i film di Cronenberg, attraverso il verbo to break through, che significa allo stesso tempo sfondare (una barriera) o perforare (le linee nemiche). Nel verbo è presente il senso di un superamento tramite la violenza e la violazione di un inter­ detto. Nel parlare comune, tuttavia, è utilizzato come sinonimo di avanzare.

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assente della madre." La malforma­ zione (che dopo tutto, a parte le pa­ role di Bev, nulla indica esistere ve­ ramente) condanna Claire alla ste­ rilità. Spingiamo l'allegoria più avanti: Bev e Elliot, nella loro prati­ ca abituale di condivisione delle donne, sono a pieno titolo gemelli siamesi (degli organi bifidi); l'osses­ sione di "separare i fratelli gemel­ li", che Bev finirà con il risolvere passando all'atto, appare quindi "logica". Del resto, spesso gli psi­ cotici manifestano una logica im­ placabile. Abbozziamo un'altra ipotesi: l'os­ sessione della nascita mostruosa1 12 così come si presenta in Cronen­ berg (Brood - La covata malefica, Scanners, La mosca ecc.) è, lo si è visto, talmente connessa al "roman­ zo familiare" (nascita sui generis, senza padre né madre), che Bev e il fratello trovano nell'attrice Claire Niveau la madre mostruosa che avevano sempre cercato per scotomizzarla, negarla, rimuoverla. Non sarà quindi attraverso la morte della donna (come in Rabid - Sete di san­ gue, Brood - La covata malefica e II pasto nudo) che potranno risolvere

l'orribile equazione della vita; sarà invece necessario un doppio suici­ dio. In proposito, Bev, dopo aver "operato" mortalmente il fratello, si reca in una cabina telefonica per verificare la reale esistenza dell'al­ lucinazione suprema13 - chiama Claire - e quindi risale nell'apparta­ mento devastato per suicidarsi vici­ no al corpo del fratello, e non in una posizione qualsiasi ma in quel­ la della Madre che sorregge il cada­ vere martoriato del figlio.

AL DI LÀ DELLA SESSUALITÀ UMANA Ho insistito sul ruolo del feticcio e di ciò che nasconde14 per il fatto che Cronenberg appartiene alla genera­ zione di intellettuali del periodo del­ la "liberazione sessuale", per la qua­ le la sessualità è "per definizione perversa polimorfa", per la quale, senza dilungarsi, la libertà sessuale era ritenuta un dato ormai acquisito. Si può dunque immaginare come l'aldilà della carne così spesso evo­ cato nella sua opera, che tanto sconvolge i neozdanovisti,15 rappre-

11 Nota Freud, in un celebre testo sul feticismo, che più sono numerosi i tentacoli delle Gorgo­ ni, maggiore diviene la certezza della castrazione della madre. 11 II mito di Frankenstein, ossia ricostruire un essere tramite il montaggio di organi di diversa origine. Nell'intervista Cronenberg confessa di essere il dottor Frankenstein. 13Ma Claire esiste? È un'attrice, una mutante: è un'allucinazione che finirà per dividere i fratel­ li Mantle. L'ultima chiamata telefonica non è una "richiesta di aiuto" ma la definitiva verifica, di un folle che ha appena commesso l'irreparabile, circa l'esistenza della causa prima della sua psicosi. Dopo aver sentito la voce della donna, Bev, senza aver chiesto nulla, ritorna nel­ l'appartamento sinistrato. ,4 L'orrore per la castrazione femminile e, di conseguenza, per l'incesto. 15 Robin Wood, nell'articolo citato, affermava che la sessualità, omo o etero che sia, dovrebbe essere rappresentata in modo gioioso o quantomeno "positivo". Simili posizioni spinsero Cro-

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L'AMORE. "TUTTO È PERDUTO"

Jeremy Irons si appresta a scoprire l"'utero trifido" di Geneviève Bujold

Barbara Steele e Susan Petrie ne II demone sotto la pelle 110

senti, a livello di manifesto, una sor­ ta di appello per l'avvento di una superumanità, tipica dei libri di fanta­ scienza, e talvolta per il superamen­ to del fisiologico attraverso una fu­ sione con la macchina. Non si può negare tuttavia che a livello incon­ scio Cronenberg, riprendendo una costante dell'orrore letterario e cine­ matografico, si applichi a una in­ quietante illustrazione delle fobie e delle paure infantili o adolescenziali legate al mistero del sesso e all'enig­ ma della nascita (con tutto il seguito di teorie aberranti). In Cronenberg la sessualità provie­ ne sempre da un corpo allo stesso tempo reale e misterioso, ma è egualmente il prodotto della mente, o meglio delle sue sregolatezze. Nel duello finale di Scanners, per esempio, si assiste all'accoppia­ mento incestuoso di due mantidi re­ ligiose dello stesso sesso, prove­ nienti dagli stessi genitori (all'ac­

coppiamento, insomma, di un'idea e di un prodotto chimico); quella giostra sessuale, nella quale si deve letteralmente liquefare l'altro, ter­ mina, non senza ambiguità, con la fusione di una mente (quella di Cameron, lo scanner buono) e di un corpo (quello del "cattivo", Daryl). È in questa occasione che ho preso per la prima volta sul serio un'affer­ mazione più volte ripetuta dall'au­ tore, secondo la quale i suoi film sa­ rebbero "ottimisti". Se si confronta quel coito mostruoso con l'idillio descritto in La mosca, nel quale un giovane genio della scienza, Seth Brundle, si innamora di una giorna­ lista e insiste affinché si fonda con lui entrando in uno dei due "telepo­ di", si potrà isolare una costante. E inoltre necessario ricordare che Seth (descritto all'inizio del film co­ me una sorta di vergine solitario), sarà rapidamente metamorfizzato dall'animalità della mosca (forza

nenberg a uscire dal consueto riserbo e ad affermare che Robin Wood tentava, attraverso il la­ voro di critico, "di giustificare la propria sessualità". Pur senza seguire il cineasta fino a tal punto, non si può che rabbrividire quando Wood elenca i suoi criteri di valutazione di un film: "Il criterio principale è per me quello dell'uf/7/fà! [...] 1. il piacere, 2. la comprensione, 3. il ca­ rattere progressista [...]. I suoi film mi sembrano incapaci di offrire una qualsiasi analisi utile dell'oppressione esercitata dalle nostre istituzioni sociali [...] e non possiedono alcun senso del tragico". Fa rabbrividire la lettura di queste righe, a cui mi sembra adattarsi assai bene la definizione di neozdanovismo. David Cronenberg, in un'intervista ai "Cahiers du cinéma", af­ fronta ampiamente il problema della censura, rispondendo con una stupefacente ironia. In America regna un clima di terrore difficile da immaginare in Europa. Ne fui io stesso sorpreso quando discorrendo con William Burroughs a New York nel 1979, durante la "Nova Conven­ tion", il grande Bill mi confidò il suo timore di essere oggetto di "attacchi fisici" da parte dei gruppi femministi. Concluse il discorso con una formula che, in un certo senso, si ritrova ne II pasto nudo di Cronenberg: "Ma insomma Serge, non capisci che le donne sono i nostri nemi­ ci!" Dalle università nelle quali in pratica è vietato l'insegnamento di tutto ciò che riguarda i dwm (Dead White Male, per esempio Shakespeare, Kafka o Platone) alle trasmissioni televisive prodotte da Jessie Jackson nelle quali, per esempio, un invitato rinfaccia a Bill Cosby di essere "di sangue nero solo a metà" (sic), la vecchia abitudine della caccia alle streghe riprende oggi vigore. Questa lunga digressione mi è sembrata necessaria per comprendere il contesto cultu­ rale nel quale Cronenberg lavora.

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muscolare sovrumana e soprattutto, forse, prestazioni sessuali superlati­ ve) e non manifesterà più lo stesso interesse per la bella Veronica Quaife, come se il ritorno (o il rag­ giungimento?) di una sessualità istintiva e animale rappresentasse la definitiva acquisizione di ciò che è sommamente desiderabile.

UNA STORIA DI FAMIGLIA La ricorrenza degli stessi temi, unita all'esplorazione sistematica dei ter­ ritori dell'infanzia, con i suoi uni­ versi, le sue sensazioni, le sue ipo­ tesi, tenderebbe a dimostrare l'ipo­ tesi filogenetica dell'opera di Cronenberg, così come la grande li­ bertà fantasmatica (la sua assenza di ritegno) che senza dubbio la li­ cenza assoluta del film di genere gli permette. Prendiamo come esem­ pio il tema della famiglia. Cronenberg, filmatore di idee, non possie­ de una vena sociologica. Ai suoi occhi la famiglia è in primo luogo un mistero, che affronta come un bambino, attraverso domande che non hanno risposta e che quindi

danno luogo a teorie aberranti. An­ che lasciando da parte Brood - La covata malefica, uno dei film più cupi dedicati alla coppia, al parto e al "trattamento" che gli psicosocio­ logi gli infliggono, sono poche le opere di Cronenberg che non verto­ no suW'enigma della famiglia. I suoi personaggi, infatti, pur limitati da uno specifico ambiente sociologi­ co, sono spesso dei solitari, e l'as­ senza di ogni riferimento familiare finisce per intrigare lo spettatore, come una mancanza inquietante, come un buco discorsivo che, a po­ co a poco, corrode le sue ipotesi. Narratore in pezzi, il film tipo di Cronenberg è una parola che si fa carne sotto i nostri occhi. Così co­ me la persistenza di comportamenti sessuali "perversi", che non riceve mai la minima spiegazione,161 7il ma­ sochismo delle donne, per esem­ pio, è presentato non nei termini di una qualsiasi "visione della donna", come denuncia la critica politicamente corretta, ma dal punto di vi­ sta di un'ossessione d'autore'7("ses­ suale e non sessista" dice Cronen­ berg, pregando i nuovi censori di fare il loro cinema, lasciandolo li­

16 Non si ripeterà mai abbastanza che in Cronenberg esistono non i “personaggi" ma un insie­ me di comportamenti, di metafore, di allegorie, di visioni di incerta provenienza che com­ pongono, man mano che il film sviluppa il proprio implacabile lavoro di trincea, l'ectopla­ sma di un narratore del quale il film rappresenta senza dubbio la traccia e che si tratta di im­ maginare, contro il numero incredibile di immagini che ci assalgono, contro la verosimiglian­ za hollywoodiana che, anche nei film di pura fantasia, svolge da decenni il ruolo di sintassi minima del cinema, contro il nostro desiderio di annodare e slegare i fili di un intreccio che per Cronenberg, le testimonianze certo non mancano, è sempre stato di scarsa rilevanza in rapporto a un livello superiore di coerenza, quello della soddisfazione estetica e soprattutto fantasmatica. 17 Chi potrebbe rimproverare a Burroughs di essere ossessionato dall'impiccagione, dai bab­ buini dal culo rossastro o dalle creature viscide che si introducono nei giovani organismi?

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bero di fare il suo), allo stesso modo il "romanzo familiare", l'ossessione per la nascita mostruosa e l'assenza di lignaggio o di primogenitura (in inglese brood) fanno parte di un'im­ mensa fantasia messa all'opera (se­ condo una tradizione che si ricolle­ ga a Perrault e a Swift). Max Renn non ha né padre né madre. E lo stesso i fratelli Mantle. Seth Brundle non possiede praticamente nulla, a parte una serie di vestiti identici. Johnny Smith sfugge a una simile indeterminazione, ma poi si sco­ prirà che la cosa non è casuale (lo stesso vale per Nola Carveth, madre di una famiglia decisamente nume­ rosa e figlia di una coppia ben defi­ nita). I fratelli nemici di Scanners hanno solo il padre, ma esso non si riconosce e rifiuta persino di rive­ larsi come tale (e la cosa genera un terrore molto più intenso di quello provocato dall'esplosione delle te­ ste). La Rose di Rabid - Sete di san­ gue è una pura creatura senza crea­ tore. Il solo padre presente ne II de­ mone sotto la pelle è il dottor Emil Hobbes, che ha inventato una nuo­ va malattia venerea, così come Baudelaire un "nuovo vizio". Il pro­ blema della famiglia è dunque sem­ pre quello delle origini, che spesso si confonde con la figura dello scienziato, dell'inventore, e sempre questi uomini di scienza di grandi ambizioni danno vita a mostri; ma è

anche e soprattutto un problema sessuale. Non avere genitori (o al limite esse­ re inventato da un padre scienziato, si veda per esempio il mito di Frankenstein), rifiutare di diventarlo (l'orrore di Veronica al pensiero di partorire un infante-mosca) e con­ cepire i rapporti sessuali come atti­ vità assolutamente scissa dalla riproduzione18 non significa assume­ re una "posizione ideologica" (e an­ cor meno, è bene precisarlo, espri­ mere una tendenza personale). Una possibile spiegazione, se così si può dire, ci viene offerta in Brood - La covata malefica: la famiglia è il ter­ reno di coltura della mostruosità, il trauma che essa, in quanto tale, rappresenta si trasmette come il peggiore dei virus. Propriamente parlando, d'altra parte, si tratta più o meno dello stesso stato d'animo che regnava nella generazione di David Cronenberg, fortemente se­ gnata dall'antipsichiatria e dagli scritti di William Burroughs. In Brood - La covata malefica, i rap­ porti sessuali sono limitati alla ripro­ duzione, alla riproduzione dello stesso, nel senso pieno del termine, in quanto il trauma familiare sarà trasmesso a Candice, la figlia di No­ la. La madre dà alla luce una teoria di mostri asessuati, di nani privi di organi, di immagini virali, repli­ canti, dei suoi accessi d'ira o di ge­

’* In Videodrome, Nicki chiede all'improvviso a Max "se ha per caso un coltellino svizzero", così come Claire Niveau, nel film Inseparabili, incapace, a causa della "trifidazione" del suo utero, di diventare madre, si fa legare del suo letto con i lacci di gomma utilizzati in chirurgia. Per non parlare dei rapporti sessuali vampirici che, da II demone sotto la pelle a II pasto nudo, sembrano costituire la norma.

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losia. La semplicità della sceneggia­ tura, che lascia trasparire il disvela­ mento finale dell'orrore e la linearità di un intreccio concepito come in­ chiesta poliziesca, è tipica della pri­ ma maniera di Cronenberg, o se si preferisce di una timidezza creativa alle soglie del "genere".19 Per ragioni presumibilmente di natura econo­ mica (dimostrare di essere un buon regista dell'orrore per ottenere i fi­ nanziamenti necessari a realizzare opere più ambiziose) ma anche arti­ stiche, solo a partire da Videodrome il cineasta riuscirà ad affermare, sen­ za complessi, l'originale radicalità che i primi film underground lascia­ vano intravedere. Era dunque neces­ sario il passaggio attraverso un film incentrato unicamente sull'immagi­ ne, e quindi sulla problematica della creazione, attraverso un manifesto estetico caratterizzato da un'impor­ tante progenie, per mettere Cronen­ berg nella condizione di "prendersi sul serio", di diventare un autore che non esita ad affermare le pro­ prie ossessioni come universali. E per questo che i personaggi, dal punto di vista psicologico, sono così "caricati". Si deve tuttavia sottoli­ neare come Cronenberg non affronti

mai gli aspetti classici della sessua­ lità e dell'amore. Non esiste sedu­ zione (le donne sono immediata­ mente attratte dagli uomini, e vice­ versa), pochi sono i colpi di scena. La sessualità, perversa o, più di ra­ do, coniugale (Brood - La covata malefica, La zona morta), è chiara­ mente altrove. È in primo luogo scoptofilica, ossia cinematografica, gli esseri vanno l'uno verso l'altro per pura fascinazione, talvolta per contagio, mai in forza di sentimenti o calcoli. Ma perché, in un cinema che rifiuta ogni forma di psicologi­ smo, è presente una tale verità e un tale realismo? Ciò accade senza dubbio per il fatto che Cronenberg ha sempre considerato la narrazione non tanto come lo scopo del film quanto come un mezzo di fascina­ zione dello spettatore. Il suo sguar­ do freddo e medico, ironico e spes­ so crudele, costituisce in sé un'im­ presa di seduzione.

LA DIMOSTRAZIONE PER ASSURDO C'è un Cronenberg che esulta nello sfruttare tutte le possibilità tecniche

15 L'intreccio di B ro o d - La covata malefica è concepito come un'inchiesta condotta dal marito di Nola. Passo dopo passo scoprirà il segreto della maledizione familiare (Nola durante l'in­ fanzia sarebbe stata picchiata dalla madre e forse violentata dal padre, niente tuttavia impedi­ sce di pensare che tale trauma infantile, analogamente alle fantasie della Dora dei Casi clinici di Freud, sia una pura invenzione e che l'ira di Nola sia in qualche modo consustanziale al suo essere o all'ambiente familiare in sé). Certo,l'investigatore è uno di quelli che passano sempre di fianco alle cose importanti senza accorgersene, la qualcosa attribuisce a questo film-cerniera un carattere crudelmente ironico davvero stupefacente, in quanto esso è allo stesso tempo il Padre e il Marito. Gli eroi di Cronenberg "vedono" veramente solo le illusioni o le allucinazioni, come il Bill Lee de II pasto nudo che non riesce mai a comprendere o ad ammettere che sta scrivendo un libro dal titolo II pasto nudo.

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del cinema, proprio lui che spesso viene definito come un cineasta che mette in secondo piano gli atto­ ri. A un primo livello, il principio di realtà si incarna nella scienza e nel­ le figure degli scienziati (ne La mo­ sca il direttore della rivista scientifi­ ca che rifiuta di credere alla possi­ bilità del teletrasporto), che spesso assumono l'aspetto di figure pater­ ne, e il principio di piacere in ra­ gazzi nevrastenici, spesso fornica­ tori, che, rifiutando il determinismo familiare per il "romanzo familia­ re", vanno, come cosmonauti degli abissi interiori, alla conquista della nuova carne. Come dimenticare il professore di medicina che, deciso e nello stesso tempo turbato, urla ai fratelli Mantle che i loro strumenti ostetrici so­ no adatti solo ai cadaveri femmini­ li! Ma è forse questo il loro proble­ ma? La ragazzina che appare all'inzio del film ha senza dubbio ragio­ ne nel considerarli dei mostri, il lo­ ro interesse nei confronti del sesso opposto è chiaramente solo di ca­ rattere chirurgico; devono squarcia­ re, dal bozzolo della loro intimità gemellare, la membrana che li divi­

de dall'esterno.20 Il loro dramma, in effetti, si riassume, nel fatto di espe­ rire all'estremo la situazione cronenberghiana tipo: vivere nell'inte­ riorità più assoluta, nel mondo del­ lo specchio, dove la sola immagine disponibile è quella di un altro che è lo Stesso. Per i fratelli Mantle, tut­ to ciò che non sono loro è il sesso opposto. Claire Niveau non può che turbarli: è una masochista. Fin da subito, essa assume una posizio­ ne passiva, chiede di essere sotto­ posta ad autopsia, di essere tortura­ ta. Il suo utero trifido viene offerto come oggetto di sperimentazione. I fratelli Mantle, soprattutto Bev, vi­ vono solo strumentalizzando l'e­ sterno, la loro apprensione del mondo è meramente strumentale e tecnologica (le operazioni appaio­ no su un monitor video, la sola realtà del corpo è, anche in questo caso, una rappresentazione bidi­ mensionale dell'assenza del corpo, ma si tratta di un altro capitolo). Quando si dovrà affrontare la don­ na a viso aperto (la vera maschera non è comunque quella del chirur­ go ma assume i tratti dei noti stru­ menti per operare le mutanti), Bev

20 In tal senso, i fratelli Mantle sono sempre nel ventre di un'ignota madre: non vogliono né far partorire le donne né essere loro stessi partoriti. Cronenberg insiste sul fatto che la kàtharsis dei film di cui è autore è destinata in primo luogo a se stesso, e sul considerarsi un regista sui ge­ neris. Cronenberg manifesta un particolare interesse nei confronti degli insetti e delle farfalle; una bella illustrazione di tutto ciò è offerta, ne II pasto nudo, dalla metamorfosi della strega Fadela che abbandona la crisalide di donna per permettere la nascita del dottor Benway. Marie Bonaparte, nella sua opera su Poe, afferma che II pozzo e il pendolo descriveva il coito dei ge­ nitori visto dall'interno dal bambino. Allo stesso modo, le scenografie degli interni dei film di Cronenberg descrivono sempre l'interno del corpo della Madre, visto come luogo carcerario e ansiogeno, origine di tutti gli esseri, dal quale si può fuggire solo tramite l'omicidio, la trasgres­ sione ultima sulla quale verte l'intera opera di Cronenberg, la creazione di un'opera d'arte!

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sprofonderà nella droga e nella fol­ lia. Tanto che anche l'ultima se­ quenza è la scena di un'operazione chirurgica, anche se di assoluta pu­ rezza, di un'operazione fatta per niente che riprende l'ideale della chirurgia pura esposta nella sequen­ za che precede i titoli di testa. Il ginecologo è un uomo che per professione penetra le donne, e lo fa legalmente, si potrebbe aggiungere. Nessuno ha il diritto di esserne gelo­ so. Affonda la mano nella vagina della paziente senza avvertire, in teoria, né desiderio né piacere. Vive per professione nella distanza ses­ suale. Per i fratelli Mantle - e questo è il problema - il fatto che una don­ na sia morta o viva non ha alcuna importanza. Non è la prima volta che Cronenberg ci presenta degli scienziati irresponsabili, ma in Inse­ parabili Beverly è diventato vera­ mente folle: la sua invenzione è un'autentica opera d'arte, non ha al­ cuna finalità; ma Claire Niveau, a dire il vero, presenta una mostruo­ sità inedita, di conseguenza non stu­ pisce che Beverly, anche nella logi­ ca della sua deriva psicotica, cerchi di trovare un'apertura (il break-through caro a Cronenberg) nello stes­ so corpus della scienza, per risolve­ re un problema inedito. Lo stesso dilemma si impone a Brundle: riprodurre spostando (co­ me nel lavoro del sogno). Ma come comprenderà una simile struttura? Veronica glielo suggerisce attraver­ so una metafora tutt'altro che inno­ cente: la carne è l'oggetto che si de­ sidera quando si ha voglia di "man­ giare un bambino". Sarà quindi ne­ 116

cessario passare attraverso il miste­ ro della carne (nel senso più classi­ camente cattolico), attraverso l'eucaristia (una sorta di cannibalismo sublimato), per giungere alla transu­ stanziazione. Tutti i protagonisti dei film di Cro­ nenberg vogliono, letteralmente, ri­ voltarsi la pelle. Bucare le difese illu­ sorie del corpo apparente per svol­ gere gli organi sulla tabula rasa della loro insaziabile curiosità. Ma, in fin dei conti, la posizione dello spetta­ tore non corrisponde esattamente a una simile descrizione? Nel cinema "fantastico" è presente un'atteggia­ mento di spontanea onestà nei con­ fronti del voyeurismo: lo spettatore non partecipa ma assiste. Diversamente, il cinema di David Cronen­ berg ci trasforma in complici. E, nel­ lo stesso tempo, ci fa dubitare dei nostri sensi, di quella che potrebbe essere, in seguito, la nostra eventua­ le testimonianza. Assai spesso ci ag­ gredisce, confinandoci in una spa­ ventosa impotenza. Ma ci conduce a quella posizione passiva fornen­ doci tutti gli indizi intellettuali del nostro soggiogamento. Contraria­ mente all'ideale hitchcockiano della pura manipolazione, secondo il quale il cineasta, attraverso la peri­ zia tecnica, avrebbe la funzione di perdere lo spettatore in un dedalo dalle dimensioni dell'inconscio, Cronenberg, a causa della sua esi­ genza di verità e in nome di una ri­ cerca ossessiva della disillusione, ci lascia una sorta di libertà totale della quale, inconsciamente, rifiutiamo la vertigine. In Inseparabili, la sola pulsione ses-



LO SCIENZIATO NEL SUO LABORATORIO. AVERE LA MEGLIO SUL "DUALISMO DELL'UNIVERSO "?

Jeremy Irons impegnato negli studi di ginecologia (Inseparabili)

Jeff Goldblum trasformato in uomo/mosca (La mosca) 117

suale realmente all'opera è quella deH'indietreggiamento inorridito. Vedremo che con II pasto nudo la semplice constatazione dell'orrore, vivere con, senza o contro gli altri, si metamorfizza subliminalmente: il protagonista-narratore copula, lette­ ralmente, con la macchina da scri­ vere, fa l'amore con il suo testo, si lascia andare davanti ai nostri occhi a un autoerotismo censorio, al mi­ stero quasi religioso della creazio­ ne. E così, retrospettivamente, com­ prendiamo che cosa sia a farci tanta paura in Cronenberg, a ispirarci un così grande disagio. Al cinema, non accade spesso di esperire una simile pornografia da oratorio e da labora­ torio: assistere impotenti alla crea­ zione di un'opera d'arte non dall'e­ sterno ma dall'/nferno. E di fronte a quest'atto ripugnante, inaudito e im­ pudico avremmo voglia di essere lì.

IL CINEMA FANTASTICO O IL DIAGRAMMA DELL'ORGASMO Nel film gotico c'è sempre una "morale"; ma al di là delle finalità espresse in forma di precetto, in es­ so è sempre presente un'atmosfera che, in fin dei conti, svolge la fun­ zione di discorso principale. In un film fantastico tipo, la tensione na­ sce dal conflitto fra il normale (il so­ ciale) e il mostruoso (l'asociale). È quindi necessario che l'intreccio faccia intervenire un incidente che minaccia l'ordine sociale (i morti ri­ nascono, una creatura inizia a ucci­ dere, ecc.) affinché la tensione sal­ ga fino al punto in cui lo spettatore 118

inizia a identificarsi con il socius nel suo insieme, e che il finale fac­ cia cadere quella tensione: se si vuole, un po' come accade nel dia­ gramma dell'orgasmo. L'obiettivo di un film dell'orrore (come quello di un viaggio su un treno fantasma) consiste nel ritorno finale alla so­ cietà degli uomini, capitalista e nor­ mativa. È anche per questo che i personaggi dei film fantastici sono in genere così stereotipati: si tratta di gente normale e noi, come spet­ tatori, desideriamo soltanto che alla fine ritrovino la loro normalità. La punizione, attraverso la morte, col­ pirà immancabilmente coloro che se ne sono allontanati. Nei film di Cronenberg l'eroe non ritorna mai. Se muore, non muore guarito. L'eroe di Cronenberg è un semidio, che manifesta una folle audacia o almeno una certa inco­ scienza nei confronti dell'ignoto. Anche le sue aspirazioni sessuali sono delle avventure senza ritorno, delle sperimentazioni selvagge. Il film più sensuale di Cronenberg resta Videodrome. Nella relazione fra Nicki e Max (anche se fossero solo immagini) c'è qualcosa di profondamente toccante, una fascinazione che ci conduce verso re­ gioni inconfessabili di cui solo il ci­ nema può tracciare, anche se in maniera surrettizia, la mappa. Nicki è una donna totalmente disponibi­ le, il suo masochismo, quasi "trop­ po bello per essere vero" ha un ca­ rattere universale (non desidera sof­ frire per qualcuno, ma soffrire e ba­ sta). Non c'è niente di sordido nelle sue richieste amorose (lacerazioni,

bruciature, perforazioni)2' poiché in cambio è completamente aperta (come l'immensa bocca che rigon­ fia lo schermo del televisore), più che materna essa è il principio stes­ so della maternità, della generosità (la sua trasmissione radiofonica è infatti concepita per confortare i cuori solitari). È la grande puttana archetipica che avrebbe potuto an­ che essere la madre perfetta. Una volta indossato il "casco da allucinazioni", Max la ritrova immediata­ mente, come se essa incarnasse l'e­ strema prossimità del suo desiderio. Nicki è infatti l'intimità stessa, che si è pronti a raggiungere al di là del­ la morte (in fondo si tratta proprio di questo), e se la "nuova carne" ha un significato carnale, è proprio lei, questa carne offerta, accogliente e benevola ad aprire tutte le porte dell'enigma della vita con un "apriti Sesamo" che risuona come la pro­ posta meccanica di una bella di notte al poveraccio che la incontra sul suo cammino: "Vieni da Nicki!" Essa è la donna ipnotica (quella so­ gnata dai fratelli Mantle, il cui obiettivo sembra consistere nell'en­ trare nel mistero della donna, per non uscirne più), una sfinge di cui non si ha paura, una belle dame sans merci alla quale abbandonarsi2 1

con inquietudine. E Max la ritroverà nell'arena di "videodrome", all'in­ terno del corpo palpitante della ma­ dre, e allora potrà infliggerle per l'e­ ternità le sevizie più raffinate, fra le pareti trasudanti di fango ocra da cui risuonano gli echi di meravi­ gliosi sospiri. Custode di un erebo biotecnologico, Nicki si trasformerà nella mediatrice fra il Max già pas­ sato dall'altra parte dello schermo e quello che, alla deriva nel cargo ab­ bandonato, non sa più che fare del­ la propria vita. Grazie a lei, si ricon­ cilia con la propria immagine e tro­ va nella morte una consolazione, come se finalmente fosse riuscito a realizzare il suo più grande deside­ rio, fondere in un solo atto la picco­ la morte e il grande salto.

CONTAGIO E CANNIBALISMO Prendiamo Vale e Revok, i due fra­ telli nemici di Scanners. I loro rap­ porti sono senza dubbio brutali, an­ che se fondati su una complicità fraterna, e anche qualcosa di più, si potrebbe dire. Le loro vite sessuali sono così vuote senza dubbio per­ ché trovano il piacere altrove, nel­ l'uccisione e nel controllo mentale. Ricordiamo la magnifica scena nel­

21 Risonanze erotiche: Nicki, quando svela il suo masochismo, lascia intravedere, sotto una ciocca di capelli, tre piccole cicatrici in apparenza prodotte da un coltellino svizzero; allo stesso modo, ne La mosca Veronica scoprirà i primi segni della metamorfosi di Seth in tre pic­ cole cicatrici che l'uomo ha sulla schiena. Joan Lee, da parte sua, fin dalla prima apparizione si inietta il piretro nel seno ("È una droga kafkiana" dirà a Bill Lee, "ti dà l'impressione di esse­ re uno scarafaggio!"), analogamente a Nicki che, davanti a un Max affascinato, si bruciava il seno con la sigaretta. E quando Bill le propone la roulette alla Guglielmo Teli, Joan accetta im­ mediatamente, con lo spirito di una ragazzina. Nell'universo cronenberghiano, la disponibi­ lità delle donne è veramente sconcertante.

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la quale, con una sorta di colpo di reni del pensiero, Vale fa salire il suo odio fino al microprocessore di un computer, fino al sancta sanctorum, all'interno della matrice stessa della macchina, per farla esplodere, per liquefare22 ciò che era di plasti­ ca e metallo. La relazione fra i due fratelli ha forse un carattere "omo­ sessuale"? Sì, se per omosessualità si intende l'amore dello stesso: così avremo, oltre a Vale e Revok, i ge­ melli di Inseparabili, il Seth Brundle de La mosca, innamorato della pro­ pria immagine, e anche il Max Renn di Videodrome, innamorato e schiavo del suo doppio televisivo. Ma a colpirci è soprattutto l'eviden­ za dell'incesto e forse, anche del cannibalismo, espressa da questi bambini senza madre che nulla de­ siderano quanto tornarle in seno, ma solo per divorarla dall'interno. Azzarderei l'ipotesi che nei film di Cronenberg le macchine siano ma­ dri. Quanto ai padri... quello di No­ la, in Brood - La covata malefica, non sembra essere all'altezza della situazione, e nemmeno quello di Johnny ne La zona morta, il profes­ sor Ruth, da parte sua, durante il film non manifesterà mai il minimo segno di riconoscimento nei con­ fronti di entrambi i suoi rampolli. La sua donna, con ogni evidenza, gli è*2 1

servita da cavia, e lo stesso vale per i due figli (che allo stesso modo ci vengono presentati, nella loro gio­ vinezza, come dei rifiuti umani). Esiste tuttavia una comunanza di at­ teggiamento fra Nola e Ruth: en­ trambe mettono al mondo dei mo­ stri con piena consapevolezza (No­ la sa che la famiglia è una porcheria e Ruth deve certo aver nutrito qual­ che dubbio sul fatto che l'Ephemerol non fosse un farmaco inoffensi­ vo). Spesso i "padri" vogliono di­ struggere la loro progenie.23 Seth Brundle, nel momento in cui divie­ ne consapevole che la vita istintiva della mosca sta prevalendo su quanto gli resta di umano, chiede a Veronica di fargli il favore di ucci­ derlo (ma la donna non ha già so­ gnato di sterminare il mostro che le cresceva in grembo?) Quando Seth prega Veronica di en­ trare con lui nel "telepode" per fon­ dere insieme i loro programmi ge­ netici, la donna oppone un rifiuto. Allo stesso modo, l'ultima telefona­ ta di Bev a Claire, durante la quale l'attrice potrebbe forse, tentare di salvarlo, è chiaramente un'ingiun­ zione ad andare a morire altrove. Fra gli uomini, come mostra la ma­ gnifica inquadratura di Inseparabili nella quale Elly abbraccia il fratello grazie a un sotterfugio della donna

22 I mistici hanno da sempre descritto meravigliosamente le estasi sensuali provocate dal godi­ mento fuori dal corpo. Si veda, per esempio, Francesco da Sales, in particolare il capitolo "De la liquéfaction de l'àmeen Dieu" del Traité de l'am ourde Dieu, 1616. 21 Nella parabola di Brood - La covata malefica c'è forse qualcosa che ruota intorno alla se­ guente idea: mettere al mondo i figli non rappresenta forse una suprema manifestazione di egoismo, sia che si voglia che la progenie vada più avanti, sia che la si concepisca come un atto di vendetta?

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che si trova fra i due (e si è visto co­ me gran parte della loro complicità si fondasse proprio sulla condivisio­ ne delle donne), o la scena finale di Scanners, quando la bella Jennifer O'Neil (Kim Obrist) si limita a svol­ gere una funzione da comparsa, Cronenberg conficca il chiodo del­ l'adagio burroughsiano: l'uomo e la donna appartengono a due specie differenti.24 In proposito, Cronenberg condivide con Burroughs l'altero rifiuto di ogni normatività, ossia di ciò che fonda, nella psiche americana, il cosiddetto puritanismo. Ne II de­ mone sotto la pelle e Rabid - Sete di sangue, prescindendo dall'evi­ dente desiderio di provocazione, il sesso era già presentato, non in me­ tafora ma alla lettera, come una ma­ lattia contagiosa, un virus. In più, il cineasta proponeva già il caratteri­ stico "sguardo freddo'', una posizio­ ne che scaturisce dalla solitudine, posizione estrema cronenberghiana. Nel suo secondo lungometrag­ gio, Crime o f thè Future, Cronen­ berg immagina che un'epidemia (scatenata da cosmetici letali) abbia completamente soppresso le donne del pianeta.25 Il suo attore feticcio (Ron Mlodzik, un omosessuale che, oltre a caratterizzare, attraverso una

recitazione ipermanierata, i primi tre film di Cronenberg, senza dub­ bio dà una mano al regista canade­ se a immergere l'opera in una sorta di ambiguità sessuale, un'ambiguità che l'adattamento de II pasto nudo non contribuirà certo a dissipare), si ritrova solo. Finalmente solo? Come dice la macchina da scrivere a Bill Lee, ne II pasto nudo, "Le donne non sono esseri umani, Bill. O per essere più precisi, appartengono a una specie differente dagli uomini. Su questa terra, le loro volontà e i loro obiettivi sono diversi. Te ne rendi conto istintivamente, Bill, ed è proprio l'istinto a fare di te un agente operativo". Alla fine, e Cronenberg lo confessa narcisiticamente, la pratica sessuale che domina i suoi film è senza dub­ bio l'onanismo. Da un certo punto di vista, l'onanismo conduce al senso di colpa. Due scene, una in Videodrome, dove Max dopo aver ucciso i due soci di Civic Tv na­ sconde bruscamente la "pistola di carne" sotto il giubbotto, come un ragazzino preso con le mani nel sacco; l'altra ne II pasto nudo, dove Bill Lee, dopo la prima uccisione della moglie, manifesta lo stesso at­ teggiamento: si nasconde in tasca la pistola e scappa. La solitudine

24 Negli anni Settanta, Burroughs scriveva articoli entusiasti sulla clonazione, che a suo parere avrebbe permesso di riprodurre la specie umana (gli uomini) senza passare attraverso le don­ ne. Valerie Solanas (che tentò di assassinare Andy Warhol) proponeva la stessa cosa, ovvia­ mente all'inverso, in s . c . u . m . (s . c . u .m . Manifesto per l'eliminazione dei maschi, Es, Milano 1998.) Non si può certo dire che oggi, al di là dell'Oceano, la guerra fra uomini e donne sia cessata. Cronenberg, da parte sua, vi aggiunge il suo caratteristico senso dell'umorismo, anche se il fatto di dichiararsi eterossessuale rende la posizione da lui sostenuta ancora più disperata. 25 "Le donne sono la maledizione assoluta. Credo che esse rappresentino, in sé, un errore da cui deriva tutto il dualismo dell'universo.'' (W. Burroughs, The Job)

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LA KÀTHARSIS. IL FUOCO, SOLITUDINE DELL'EROE

Jeremy Irons, prima del suicidio, nel suo studio in rovina (Inseparabili)

James Wood, prima del suicidio, nel cargo abbandonato ( Videodrome) 122

dell'eroe ha il solo scopo di conta­ giare lo spettatore, il cui godimento è onanistico e centrato soprattutto sul sadomasochismo. Se siamo contaminati dalla "verità delle im­ magini, astuta trappola che il regi­ sta predispone proprio per noi, ciò avviene soprattutto a causa dell'e­ spressività delle fantasie che esse svelano: far esplodere le teste, li­ quefare un computer, uccidere i ne­ mici, sterminare i propri simili met­ tendo al mondo nani bluastri, stu­ prarli facendo passare nelle loro bocche, con un brivido, una luma­ ca bruna, andare a letto con la don­ na del fratello spacciandosi per lui (in Inseparabili, è Elliot che sogna un sosia geniale e delirante o Be­ verly che ne sogna uno freddo, ci­ nico e tombeur de femmesì) Non ci troviamo forse di fronte a un caso di pura compensazione narcisistica? "È evidente," dice il regista senza preoccuparsi di celare il suo narci­ sismo "che esiste un piacere per procura nello sguardo gettato sul proibito".26

IL PASTO N U D O : LA CONFESSIONE DELLA VULNERABILITÀ

Nell'intervista che David Cronenberg ci ha concesso in occasione della proiezione de II pasto nudo (23, 24, 25 ottobre 1991), il termine più ricorrente è vulnerabilità. Ai cu­

ratori di L'Horreur intérieur, parlan­ do di Brood - La covata malefica, aveva già avuto modo di confessa­ re: "mostro come non si sia mai tan­ to vulnerabili come quando si han­ no dei bambini". Credo sia utile collocare l'atmosfera sadomaso ti­ pica dell'opera di Cronenberg in una simile prospettiva, riassumendo le sue parole: l'uomo è vulnerabile in quanto è un bambino, i suoi ge­ nitori sono morti, sarà il prossimo a morire e il solo messaggio che può consegnare ai figli è che anch'essi moriranno. Con II pasto nudo, il suo film-summa, giungerà al culmine della tematica sessuale a lungo ela­ borata nei film precedenti. Il pasto nudo in effetti si fonda su una triplice tematica le cui figure si incrociano e si richiamano nel sa­ piente gioco della regia: la droga come soglia di un universo allucinatorio, il sesso (in questo caso la scoperta di un'omosessualità rimos­ sa fin dall'adolescenza) e la crea­ zione artistica, descritta secondo i canoni sia dell'estetica romantica,27 sia di Cronenberg (il sesso come luogo mortale della lotta fra il prin­ cipio di realtà e il principio di pia­ cere). A tal proposito, l'incontro con l'opera di Burroughs si rivela di una fecondità straordinaria. Si apre così un gioco, estremamente sensuale o, se si preferisce, sessuale, fra l'im­ magine e il sonoro, fra un film che si appoggia più sulle Lettere da Tangeri e Interzona che su II pasto nu­

26 D. Cronenberg, L'Horreur de l'intérieure, cit. 27 Come la ninfa Egeria che detta le poesie a Numa Pompilio, le macchine da scrivere dettano a Bill Lee le pagine di un romanzo che si compone da solo e che ha per titolo II pasto nudo.

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do, che approda a risultati di parti­ colare interesse. La rivelazione dell'omosessualità di William Lee, comunque, è tutt'altro che chiara. Se si prescinde da una breve inquadratura nella quale si vede Kiki uscire nudo dal suo letto, le sue attività sembrano essere piut­ tosto di carattere eterosessuale (la lunga scena che vede Joan Frost e Bill battere insieme un tasto di una macchina da scrivere a caratteri arabi). Sapendo che il successivo impegno di Cronenberg sarà l'adat­ tamento di M. Butterfly (un testo teatrale nel quale si narra la vicen­ da di un europeo che per vent'anni vive in Vietnam con la donna che ama, per poi accorgersi improvvisa­ mente che si tratta di un uomo), si può ben capire, non me ne voglia­ no i sostenitori della "causa gay", come Cronenberg non consideri l'omosessualità una cosa ovvia, che va da sé. Ma ritorniamo a quelle strane coppie di cui più volte si è parlato: Cameron e Daryl in Scanners, i fratelli nemici che, negativa o positiva che sia la cosa, si fondo­ no - un corpo e una mente - in un'apoteosi eristica la cui inquie­ tante estraneità non viene intaccata da diverse visioni del film; Bev ed Elly che al contrario devono sepa­

rarsi, amputare la loro ubiquità, non per la speranza di vivere, ma per poter morire (ancora una volta in un atteggiamento da sempre asso­ ciato al cattolicesimo). Nel primo caso i fratelli sono legati solo dall'o­ dio indotto dall'esterno, nel secon­ do a unirli è una donna, chiamata a svolgere il ruolo di causa scatenan­ te dello scandalo. Ma a impressio­ narci, in quel sottile studio dei per­ sonaggi, è soprattutto la fascinazio­ ne narcisistica di Seth, ne La mosca, nei confronti del suo corpo "droga­ to" dall'animalità che cresce nei suoi geni. Seth, che come Bill Lee è un creatore, confessa a Veronica di essere non un genio, ma un indivi­ duo che tutto sommato si limita a trafficare con dati scoperti da altri per riuscire a trasportare istantaneamente la materia. Raggiungere un corpo nuovo e simile, un corpo maestoso e onnipotente: questo l'o­ biettivo che Burroughs si propone in una delle brevi storie de II pasto nudo.26 La fascinazione per lo Stes­ so, per se stesso, è egualmente pre­ sente in Videodrome, anche in que­ sto caso sottoposta all'istanza del fai da te. La donna è un ideale im­ possibile da raggiungere in questa vita;2 29 per giungere fino a lei è ne­ 8 cessario attraversare lo schermo,

28 Da cui l'immagine, scioccante e ricorrente, deM'impiccagione di un giovane seguita da un orgasmo, che si presenta come una metafora interiore della tossicodipendenza. Burroughs è ossessionato dal vampirismo universale che fa dell'omosessualità e del vampirismo le due ri­ cerche nostalgiche, melancoliche, di una gioventù eterna ed eternamente perduta. 29 In un intervista concessa ai "Cahiers du cinéma", Cronenberg mostra di condividere l'opi­ nione degli storici, per esempio di Denis de Rougemont, circa la nascita dell'amore. In base a tali ipotesi, per la donna l'amore sessuale procede da un enorme malinteso. È senza dubbio al­ la luce di tutto ciò che devono essere intese, sul piano allegorico, in primo grado, le terribili frasi sulla inumanità della donna presenti ne II pasto nudo.

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entrare nel regno dei morti. Cronen­ berg afferma giustamente che pur essendosi ispirato al mito di Frankenstein, sono poche le tracce di esso presenti nei suoi film: è pro­ prio lui, il cineasta, a essersi trasfor­ mato in creatore di mostri.

LA SESSUALITÀ SCRITTURALE Quando Bill incontra Joan Frost le dice: "Scrivo rapporti. Ma non si­ gnifica esattamente scrivere, vero?" Joan: "Per conto di chi scrive i rap­ porti?" Lee: "Ehm... non lo so..." Joan (ridendo): "Mi sembra proprio che scrivere sia questo..." Eccoci subito al cuore del proble­ ma. E stata infatti una macchina da scrivere a "dettare" a Bill l'assassi­ nio di Joan I. E sarà un'altra macchi­ na da scrivere a ordinargli di sedur­ re Joan II. E sedurla significa dedi­ carsi a esercizi a quattro mani su una macchina da scrivere araba, scrivere insieme "cose sporche e sexy". Nei momenti che precedono questo coito letterario, Lee confessa a Joan di soffrire di "sporadiche al­ lucinazioni"; la donna gli lascia in­ tendere che lo stesso accade anche a lei e gli chiede se per caso ha in­ tenzione di ammazzare la macchi­ na da scrivere di suo marito. Bill le risponde: "Solo se mi attacca. Sape­ vo che scrivere era rischioso, ma non avevo capito che il pericolo ve­ niva dalle macchine". Nel delirio allucinatorio di Bill, le macchine da scrivere sono le muse che ispirano o, meglio, che dettano i testi. Ma la

relazione fondamentale fra sesso e scrittura si precisa un po' più avanti, nella stessa scena. Joan: "lo e Tom non facciamo più l'amore. Abbiamo smesso da quan­ do ha iniziato a scrivere il suo pri­ mo romanzo". Lee: "È stato il romanzo allora a mettere fine ai vostri rapporti ses­ suali?" Joan: "Il romanzo ha ucciso l'amo­ re... e subito dopo il sesso". Lee: "Ma come può un romanzo uccidere qualcosa?" Joan: "La scrittura è profezia!" (Come scrive Burroughs ne II pasto nudo: "Come sempre lo scrittore si vede mentre sta leggendo davanti allo specchio... Chiunque abbia guardato in uno specchio conosce la vera natura di questo crimine e le sue conseguenze: la perdita di con­ trollo quando il soggetto non obbe­ disce più".) Al termine del film, Bill scoprirà che Joan II scrive a mano solo la frase, malefica e terribile: "Tutto è perduto!" Hank e Martin, i due amici scrittori, lo hanno raggiunto a Interzona (loro sono a New York, lui in una Tangeri da sogno), e dopo averne letto i rap­ porti, cercano di far ammettere a Bill che ha scritto un romanzo, e addirittura un romanzo magnifico. Ma Bill vive nelle sue allucinazioni. Non ricorda nulla. Il suo delirio in­ terpretativo si è trasformato nella realtà. Hank (Jack Kerouac) confida all'amico Martin che "Bill sembra planare su tutto", al che Martin ri­ sponde: "È vero, ha assunto un prin­ cipio di realtà del tutto singolare". E in effetti senza l'episodio allucina125

torio l'impotenza creativa di Bill Lee non sarebbe scomparsa. È og­ gettivando le angosce e i sensi di colpa, reificando le fonti di ispira­ zione, considerandosi il fantoccio di una cospirazione cosmica che ha potuto allo stesso tempo varcare la soglia, uccidere la sua donna, scri­ vere un libro magnifico e accettare la propria sessualità (convincendosi che rappresenta "la migliore coper­ tura possibile di una spia"). Una volta partiti gli amici, Bill cade in una profonda depressione; si crede tradito da essi, abbandonato, irri­ mediabilmente solo al mondo. Kiki, il suo giovane amante, lo trova che piange disperatamente, ubriaco perso, in una viuzza della casba. Bill mostra la sua macchina da scri­ vere distrutta (è stata colpita a mor­ te in un combattimento con la mac­ china da scrivere di Tom Frost). Lee: "Vedi. Sono io... è la triste con­ dizione della mia vita!" Kiki: "È la tua macchina da scrivere, William?" Lee: "Fregato. Non si può aggiustarla". Kiki (molto seriamente): "Se riuscia­ mo ad aggiustare la macchina po­ tremo anche riparare la tua vita?" Kiki, nella sua innocenza, ha capito la natura della relazione vitale30 che, in un unico movimento, unisce la scrittura, l'allucinazione, il "dive­ nire macchina", il sesso e il destino. Bill lo capirà verso la fine, quando la sua vecchia Clark-Nova, moren­ do, gli affiderà un'ultima missione:

trovare la "strega Fadela" e trovare il Graal, di cui il romanzo (come in­ sieme di rapporti diligentemente compilati per un'agenzia interna­ zionale di insetti) ricostruisce la ri­ cerca. "Ricordati una cosa, Bill: tutti gli agenti tradiscono; anche i più to­ sti alla fine confessano. Questa è la triste verità... e lo scrittore la vive come tutti gli altri. L'unica differen­ za... è che ne fa un rapporto, e lo aggiunge al fascicolo." Alla fine Bill, avendo scoperto Fa­ dela (che altro non è che un'epifa­ nia del sinistro dottor Benway), le chiede, come ultima cosa, di poter abbandonare Interzona portando con sé Joan II. Benway, stupito, gli domanda le ragioni di un simile progetto. La sola risposta che Bill può avanzare è: "Senza di lei non posso scrivere". In tal modo, il cer­ chio si chiude. E a causa della mor­ te accidentale (?) di Joan Lee che Bill è diventato scrittore, ma gli è necessario vivere con il suo doppio per continuare a scrivere, in quan­ to, come scrive Freud: "La necessità del doppio persecutore, nella para­ noia, si pone in evidente relazione con una problematica omosessua­ le". Nella scena successiva (che è anche la scena finale) Bill, incalzato dalle domande delle guardie di frontiera che gli chiedono di dimo­ strare di essere uno scrittore, la uc­ ciderà un'altra volta. Joan è diven­ tata una macchina da scrivere, ne­ cessaria per il suo lavoro di scritto-

30 Espressa peraltro attraverso un gioco di parole intraducibile in quanto il verbo to fix, "ripara­ re", significa anche, in gergo, "bucarsi".

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LARVATUS PRODEO. ("AVANZO MASCHERATO", R. CARTESIO.)

Roy Scheider si strappa la maschera davanti a Peter Weller (//pasto nudo)

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Il

re. Ma lo diviene solo nel gesto di un eterno ritorno dello stesso, "al di là del principio di piacere" come dice Freud, nei fronzoli mortiferi di una donna ideale, nel riflesso in controluce di una realtà che sfugge non appena la si afferra. Essa è di­ ventata la figura stessa della morte, di entrambe le parti dello specchio, e concentra in sé tutte le figure della donna: Nicki, il desiderio ipnotivo che spinge al suicidio;31 Nola, la Madre mostruosa che partorisce mostri;32 Sarah, la madre ideale che non si potrà mai possedere;33 Claire, la mutante che cambia l'ordine del mondo attraverso la sua sola esi­ stenza e il cui corpo diventerà la tomba dei due fratelli.34 Nel corso dell'Infernale banchetto, la donna appare nella più assoluta nudità e il creatore, sfiancato dal lutto e dalla tristezza, contempla un orizzonte la cui cupezza non ha pa­ ri, simile in questo all'artista-scienziato della Melancolia di Dùrer. "E lo vedo con dispiacere, il povero

e oppresso bambino non spiccherà il volo. Dio abbia pietà di lui! Le inutili ali che gli sono spuntate per errore pendono e sempre penderan­ no dalle sue spalle. Un'immagine veramente completa dello scoraggiamento, che soppri­ me la speranza e non promette nul­ la, neanche a proposito dell'infan­ zia. Il presente è cattivo, ma il futu­ ro è peggio. E l'orologio che vedo suonerà solo cattive ore. Tale fu il pensiero di Albert Dùrer, che dopo aver portato a termine l'o­ pera, dopo averla datata, desideran­ do distruggerla, calarla nell'oblio eterno, ride amaramente e aggiunge un pipistrello esattamente sul sole, che vola oltraggiosamente in piena luce, inscrivendo la notte nel gior­ no, e la parola: Melancolia. Ma come potrà tornare l'armonia in questo mondo complesso, divenu­ to il labirinto inestricabile di se stesso, smarrito, scisso, paralizzato dalle sue potenze dai suoi mezzi d'azione?"35

31 Videodrome. 12 Brood - La covata malefica. 33 La zona morta. 34 Inseparabili. 35J. Michelet, Histoire de France in Oeuvres Completes, Flammarion, Paris 1971.

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M. BUTTERFLY CRASH EXISTENZ Dopo II pasto nudo, Cronenberg sembra colto da una sorta di frene­ sia da adattamento: M. Butterflyè la trasposizione cinematografica di un fortunato testo teatrale di Henry Hwang, e Crash è tratto dal "roman­ zo di culto" di James G. Ballard; inoltre non si deve dimenticare che il cineasta dell'Ontano aveva inca­ ricato il vecchio complice Norman Snider (Inseparabili) di stendere un adattamento del mitico American Psycho di Bret Easton Ellis, uno dei numerosi progetti mai realizzati (ancora una volta il produttore che aveva acquistato i diritti rimase de­

cisamente sconcertato dagli aspetti radicali del punto di vista cronenberghiano) che sempre rimpiange­ remo.1 In questa fase di transizione, Cronenberg stende anche una sce­ neggiatura originale di grande bril­ lantezza sugli anni gloriosi della Ferrari, Red Cars, nella quale coniu­ gava l'amore per gli sport motoristici alla cifra tipica del suo esistenzia­ lismo e del suo sguardo. eXistenZ, diversamente, segna il ritorno al suo universo più caratteristico, attraver­ so l'esplorazione di una nebulosa, quella della cosiddetta virtualità, che gli offre l'occasione per ritorna­

1Alla lista degli adattamenti si deve aggiungere il racconto di Philip K. Dick sul quale si basa il film Affo di forza. Chi potrebbe tuttavia negare che Cronenberg è il più dickiano dei registi?

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re, in maniera più o meno occulta, alle opere del passato. Ma è lecito distinguere i progetti fondati su sceneggiature originali dagli adattamenti? Il pasto nudo ha infatti dimostrato come grazie alla complicità intellettuale e artistica con Burroughs, Cronenberg sia riu­ scito a liberarsi delle inibizioni tipi­ che dell'adattatore e, le parole sono sue, "a fondere l'universo burroughsiano con il suo".

M. BUTTERFLY: LA TRAGEDIA

DELL'INDETERMINAZIONE Collocato fra II pasto nudo di W il­ liam S. Burroughs e Crash di James G. Ballard, M. Butterfly potrebbe ap­ parire assai distante dall'universo e dalle urgenze cronenberghiane.2 I due citati romanzi, infatti, si presen­ tano come opere limite, definite da­ gli stessi autori come (parzialmente) pornografiche, e assunte come pun­ to di riferimento dalle controculture del nostro tempo. In confronto, M. Butterfly non può che sembrare un testo per molti versi estremamente "ragionevole". In sintesi, il testo tea­ trale ruota intorno a un duplice equi­ voco, provocato dallo sguardo di un

diplomatico francese sull'Oriente e su una cinese. Come nel celebre ro­ manzo di Herman Melville Benito Cereno, il narratore non capisce nulla dell'Oriente e della donna orientale, e ancor meno della spia travestita il cui piacere supremo sembra essere quello di ingannare (in inglese to deceive). Si tratta di una seduzione nel senso pieno del termine (sedurre: sviare qualcuno dalla sua strada, fargli abbandonare la "retta via") in quanto alla passio­ ne amorosa si aggiunge il tradimen­ to (della moglie francese e del pro­ prio paese).

LA STRATEGIA DEL TRAVESTIMENTO È noto che cosa spinge gli uomini a travestirsi da donna: al termine di un'esibizione amorosa in genere estremamente ritualizzata ed esa­ sperata, il travestito con un vero e proprio colpo di scena rivela ciò che realmente è. E trae, dallo sconcerto di colui che ha ingannato, un piace­ re che in fin dei conti si rivela deci­ samente cupo. Si tratta, in effetti, di una perversione complessa, a più li­ velli, contraddittoria, ambigua, spes­

2 A Parigi, in occasione della campagna promozionale de II pasto nudo, Cronenberg mi con­ fidò di essere stato preso in disparte da un giornalista francese, militante gay, che gli aveva rim­ proverato con durezza il fatto che un eterosessuale avesse portato sullo schermo Burroughs... Cronenberg gli rispose che simili argomenti erano rivelatori del razzismo implicito nel pensie­ ro "comunitarista" o “politically co rre c f. L'osservazione tuttavia, proprio per la sua imbecil­ lità, aveva colto nel segno. Quando, parlando di M. Butterfly, Cronenberg affermò di essere "fi­ losoficamente omosessuale", in quanto individuava la natura dell'erotismo nella rottura del le­ game fra sessualità e riproduzione, non lo fece per giustificarsi. Dietro il suo tipico senso del­ l'umorismo si celava infatti un quesito più profondo di quanto a prima vista si possa pensare, sulla quale avremo modo di ritornare.

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so crudele. Pochi sono i travestiti (e anche i transessuali) che si conside­ rano "vere donne" in quanto il pro­ blema è non tanto assumere un "ter­ zo sesso" quanto navigare costantemente nell'indeterminazione. È evi­ dente che cosa in questa storia ab­ bia potuto sedurre Cronenberg: un uomo, cinese, svolge l'attività non solo di cantante d'opera ma anche di spia e travestito. Spinge la com­ media fino a diventare madre e so­ prattutto, forse, a "inventare una nuova sessualità" per irretire uno scemo. Costui, da buon occidentale, è convinto di essere diventato il si­ gnore di una schiava sottomessa, la donna perfetta, della quale, in realtà, è solo la marionetta, il fantoccio. Crede anche di essersi introdotto ne­ gli arcani dell'alta politica cinese (le cui motivazioni chiave gli appaiono anch'esse improntate in primo luogo alla sottomissione), mentre si limita a comunicare ai superiori quello che essi vogliono sentire. Song Liling, non lo si è sottolineato a sufficienza, si traveste anche da diva occidentale. La strategia di "inganno/delusione" si estende dun­ que anche all'ambito culturale. Nel­ l'opera pechinese è assai comune che i ruoli femminili siano affidati a uomini, ma il diplomatico non lo sa. E quando il protagonista René Callimard confessa a una collega tedesca di non conoscere nulla dell'opera di Puccini (né del melo­ dramma in generale), si compren­ de chiaramente come egli rappre­ senti la forma estrema dell'inno­ cenza e della verginità. Come nella maggior parte dei film di Cronen­

berg, il personaggio principale è doppio: dietro la Madame Butterfly incarnata si cela una cantante d'o­ pera cinese. Dietro la misteriosa asiatica si cela un uomo. Si tratta come indica lo stesso titolo e il fat­ to che Cronenberg in gioventù ab­ bia nutrito una vera e propria pas­ sione per lo studio e la caccia delle farfalle - di una metamorfosi. Si ha quindi a che fare, come nel caso dei lepidotteri, non tanto con delle maschere quanto con degli stadi. E non dimentichiamo che lo stadio finale, nelle farfalle, è stato definito immaginale. In tal modo, quando finalmente Song, nel furgone cellu­ lare, si svela a René, è la sua imago (in senso entomologico e psicoa­ nalitico) che questi vede. Ed è an­ che qui che Song si rivela: è affa­ scinato dalla fascinazione che René prova per lui. Una prima direzione di ricerca sa­ rebbe la seguente: quando René ve­ de Song per la prima volta (come diva cinese che interpreta una giap­ ponese) le sue fantasie corrono in una direzione ben precisa, quella dell'immagine occidentale sulla donna orientale. Quindi, la vedrà "in tutto il suo splendore" (come cantante dell'opera di Pechino), e quel poco che sapeva perderà di si­ gnificato. In seguito apparirà come "madre coraggio" perseguitata dalle guardie rosse, come perfida spia e infine, in una fra le più belle scene del film, che fa pensare a un Robert Bresson smontato, nuda come la "verità", mentre rivela con indubbia ferocia la sua "virilità". Una verità, comunque, alla quale in fin dei 131

conti l'europeo non crederà mai. Si potrebbe aggiungere che René Callimard, in occasione dello spettaco­ lo che tiene in prigione, avrà modo di contemplare per l'ultima volta una Madame Butterfly allo stesso tempo ideale e atrocemente carica­ turale nello specchio rotto che uti­ lizzerà per suicidarsi. In tal modo, l'essere del personaggio proteifor­ me rappresentato dalla donna idea­ le si presenta al protagonista (e allo spettatore) sotto differenti forme, due delle quali continuano a restare enigmatiche: la donna ideale è un uomo, la donna ideale è se stesso travestito da donna. Ci troviamo co­ sì in quel vicolo cieco che per il re­ gista canadese è l'amore. Il confronto del protagonista con lo specchio è una costante del cinema cronenberghiano: Max Renn si con­ templa nella sua immagine televisi­ va, Bev si contempla in Elly e vice­ versa, Seth Brundle in bagno con­ templa la mosca di novanta chili che è diventato ecc. In fin dei conti, l'uomo è un essere che prende co­ scienza di se stesso attraverso la ri­ flessione (la nota formula di Cocteau "gli specchi fanno qualcosa in più di riflettere" e la non meno fa­ mosa "fase dello specchio" di La­ can), tuttavia tale presa di coscien­ za può avvenire solo nell'interroga­ zione esistenziale delle metamorfo­ si per le quali passa l'essere uma­

no. In definitiva, quindi, il tema cronenberghiano per eccellenza è la radicale instabilità dell'essere, non solo nella sua apparenza ma anche nella sua essenza. In tal mo­ do, ancora una volta l'eroe di Cronenberg oscilla fra vari piani di realtà, fondamentalmente incerto riguardo a se stesso e all'universo che lo circonda. La riflessione etica ed estetica di Cronenberg ha da sempre manife­ stato un particolare interesse nei confronti della virtualità. E fra gli ambiti propri della virtualità devo­ no essere annoverati i rapporti inte­ rindividuali, nei quali, come mi dis­ se lo stesso Cronenberg a Toronto nel corso di un'intervista, ogni indi­ viduo è allo stesso tempo proiettore e recettore: fa da schermo alle proiezioni dell'altro e proietta sul­ l'altro idee, desideri e fantasie. In tal senso, M. Butterfly, nonostante il suo accademismo di facciata, rap­ presenta forse uno dei film più per­ sonali di Cronenberg, per il fatto che sviluppa non solo l'ambito del­ la sessualità ma anche in quello più ampio dell'imago.3 Il personaggio di Song Liling, che resta enigmatico fino alla fine, è allo stesso tempo un'immagine di Épinal (la bella orientale misteriosa), un'immagine esotica (la cantante d'opera di Pe­ chino, i cui vocalizzi evocano i "gatti strozzati"), un'immagine poii-

3 Nell'antica Roma, l'imago era una statua funeraria che ritraeva il defunto. Il diritto all'imago (ius imaginis) era tuttavia limitato ai patrizi, a coloro che avevano un nome. Di conseguenza Song, quando si rivela finalmentente nel misto di splendore e orrore dello stadio immaginale, sembra scoprire il "nome del padre", un personaggio che in lui/lei scorgiamo solo sotto forma di fotografia e che forse rappresenta il solo oggetto d'amore che egli/ella abbia mai avuto.

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tica (la spia maoista) e un'immagine ben più complessa (il travestito per eccellenza). Aggiungiamo inoltre che M. Butterfly è il solo film di Cronenberg nel quale il protagoni­ sta (René Callimard) è molto meno interessante del comprimario. Che cosa pensa Song? Quali sono i suoi desideri? Qual è il suo obiettivo, il suo piano? Non lo sapremo mai. Salvo accettare l'ipotesi secondo la quale Song ci guarda, così come noi possiamo guardarla. In proposi­ to, è stato più volte proposto l'acco­ stamento, per ragioni di prossimità temporale, a La moglie del soldato nel quale il protagonista, militante dell'Ira, scopre (in senso proprio e figurato) un personaggio altro, tra­ vestito e in più nero. Per lo spettato­ re si tratta di un autentico colpo di scena, di una rivelazione (il giovane attore antillano non era ancora co­ nosciuto). In M. Butterfly le cose vanno diversamente. Lo spettatore sa chi è John Lone, il cui nome figu­ ra bene in vista nei titoli di testa. Non si assiste dunque a nessuna ri­ velazione, lo svelamento è infatti interiore. L'identificarci con Calli­ mard, presuppone uno sforzo men­ tale per fingere di ignorare che Song Liling è un uomo. Perché non ac­ cettare l'ipotesi che la stessa cosa valga anche per René? In fin dei conti ha sempre saputo, ma senza volerlo sapere. E proprio questo gioco, condiviso dai due protagoni­ sti, a essere al centro della vicenda. Entrambi i personaggi sono spetta­ tori di una fiction che, passo dopo passo, contribuiscono a creare: René fa finta di non accorgersi che

Song è un uomo, mentre Song si comporta come se fosse convinto che il suo inganno funziona. D'altra parte, il corpus delieti, il bambito nato da questa unione impossibile, è restato ostaggio della Cina comu­ nista ed esiste solo come virtualità. Una simile strategia, che unisce in­ ganno e delusione, sarà sviluppata in maniera ancora più abissale in eXistenZ, dove essendo tutto "vir­ tuale", non esiste realtà che non sia quella dei sensi, "qui e ora".

DALLA METAMORFOSI ALLA RI-NASCITA Fra i fans di Cronenberg, chi non si è interrogato sulla "nuova carne" di cui Videodrome annunciava l'av­ vento? Chi non ha pensato almeno una volta a che cosa sarebbe succes­ so se Brundlemosca, Veronica e il lo­ ro figlio si fossero fusi nei tre "telepo­ di" allineati? Esistono alcune risposte a queste domande: il bambino di Callimard e Song in M. Butterfly; la carne tatuata e dilaniata di Vaughan in Crash. Cronenberg, proprio in quanto autore nel senso pieno del termine, finisce sempre con il ritor­ nare sul luogo dei suoi "crimini del futuro".

CRASH

Per quale motivo Cronenberg si è lanciato in un'avventura come quella di Crashì II film, che suscitò viva impressione a Cannes e la cui uscita fu bloccata per un anno in 133

Inghilterra, si presenta in effetti co­ me un serie di sequenze erotiche e incidenti stradali, fedele in questo al grande romanzo in cui Ballard, secondo le sue stesse parole, aveva tentato di "inventare una nuova for­ ma di pornografia". Nel film di Cronenberg, tuttavia, non c'è nulla di pomografico, a eccezione degli incidenti automobilistici, la mag­ gior parte dei quali ripresi senza l'ausilio di trucchi o del rallentatore. Ma è proprio la continua sfilata di combinazioni erotiche e di ab­ bracci abbozzati privi di ragioni evidenti ad attribuire a Crash il ca­ ratteristico aspetto "litaniaco" e ammaliante. Il fatto che l'intreccio sia ridotto ai minimi termini fareb­ be pensare a un film di genere (di guerra o di kung-fu). L'opera è in­ fatti una parentesi di un'ora e mez­ zo sospesa fra due frasi identiche, la prima pronunciata da una don­ na, la seconda da un uomo: "Maybe thè next one, baby, maybe thè next one..." Ma che cosa significa? Con ogni evidenza ci troviamo di fronte a una coppia sposata che tenta di rendere più piccante la propria vita sessuale non solo attra­ verso ripetute avventure extraco­ niugali ma anche raccontandosele reciprocamente e, in seguito, ten­ tando di interpretarle. Tutto lascia però intendere che la complicità sia anche competizione. La donna pronuncia infatti la breve frase per augurare al marito, che è stato in­ terrotto sul più bello dalla sua trou­ pe cinematografica mentre stava spogliando un'operatrice, di farcela la prossima volta. Il marito, da par­ 134

te sua, ripete la stessa frase alla fine del film per "consolare" la moglie che, in fin dei conti, ha mancato il suo incidente. Eiettata dall'auto, es­ sa realizza di essere sana e salva. Si instaura così una piena identità fra l'atto sessuale e l'incidente. In più, il personaggio Ballard produce fil­ mati sulla sicurezza stradale. Il film potrebbe dunque essere visto come una fantasia condivisa da una cop­ pia, ma una simile spiegazione si rivela insufficiente. Al centro del­ l'attenzione è infatti il ruolo, anche virtuale, svolto dal pericolo e dalla morte nella relazione amorosa. Ma vorrei formulare un'altra ipote­ si, della quale tuttavia devo ammet­ tere di non aver considerato tutte le implicazioni: con Crash, Cronen­ berg non si è forse avventurato nel­ le regioni più pericolose del realeì E per "reale" intendo, sulla scia di Lacan, più o meno l'inconfessabile della follia. Fin dalla prima visione del film, sono rimasto impressiona­ to dalla ricorrenza delle frasi sulla circolazione, sul traffico (in inglese traffici: "Il traffico è diventato paz­ zesco", "C'è la metà del traffico di ieri" o "Mi sembra che ci sia il dop­ pio del traffico di prima del mio in­ cidente". Queste frasi mi sembrano inspiegabili, sono perfettamente in­ serite nel film ma non riesco a capi­ re da dove vengano. A un certo punto mi sono ricordato di un testo, La letteratura e il male, nel quale Georges Bataille commenta l'ulti­ ma frase di La condanna di Kafka. Quel racconto, in cui il protagoni­ sta si suicida gettandosi da un pon­ te, si conclude con la frase: "In quel

momento il ponte era percorso da un traffico interminabile". Bataille nota come Kafka, in seguito, offris­ se la seguente spiegazione del pas­ so: "Non so perché ho scritto quelle parole," dice lo scrittore "ma pen­ savo a una forte eiaculazione". Quel capitolo di Bataille mi ha aperto gli occhi. Perché non ipotiz­ zare che Cronenberg, anche nel ca­ so non avesse pensato al racconto di Kafka, abbia voluto, in Crash, far coesistere, fianco a fianco, il signifi­ cante e il significato, la metafora e la sua motivazione inconscia, la "circolazione" e l'orgasmo? In eXistenZ si ritroveranno scene analo­ ghe, in particolare quella in cui Jen­ nifer Jason Leigh accarezza il "bio­ porto" di Jude Law com se si trattas­ se di un organo sessuale. La nuova topica di Cronenberg potrebbe dunque consistere nell'appiatti­ mento dell'immagine, delle sue motivazioni inconsce e del loro "acting out" sullo schermo. Il cine­ ma di Cronenberg quindi non si li­ mita più, come agli inizi, a presen­ tarci un mondo simbolico, ma espone (nel senso che il termine ha in inglese: "esibisce") tutti i livelli della realtà, tutti gli strati del signifi­ cato, in un gioco con lo spettatore sempre più complesso.

EXlSTENZ Con eXistenZ, Cronenberg, ritor­ nando dopo un lungo periodo alla sceneggiatura originale, ci offre un percorso allegorico all'interno del suo universo mentale e della sua

opera. Stando all'autore, lo spunto per l'opera gli sarebbe stato suggeri­ to da un incontro con Salman Rushdie. Riassumendo, gli integralisti islamici che vogliono uccidere lo scrittore "blasfemo" non vivono nello stesso continuum temporale ed esistenziale della loro vittima de­ signata. Mai la formula burroughsiana "Se niente è vero tutto è possi­ bile" aveva trovato un'illustrazione così radicale e problematica. Riscri­ vendo la storia del Profeta, Rushdie spalanca un abisso sotto i piedi dei credenti e li obbliga a mettere in questione la loro concezione teo­ centrica della realtà. Per non farlo, essi sono disposti a sopprimere l'au­ tore di una simile bestemmia, e non tanto per "punirlo", quanto per ri­ stabilire i fondamenti della loro vi­ sione del mondo. Poiché tutto è te­ sto e tutto procede dal testo (Cora­ no), lo scrittore che ha osato fornire la sua versione della vita di Mao­ metto deve essere soppresso e il suo libro bruciato! In tal modo sarà pos­ sibile restaurare il fragile discorso della fede... eXistenZ si svolge in un mondo in­ determinato. Ci troviamo nella cam­ pagna canadese, in una chiesa sconsacrata dove la multinazionale Antenna Research presenta a un pubblico selezionato, in una sorta di seminario-banco di prova, il suo ul­ timo prodotto, il gioco eXistenZ. A tenere la dimostrazione è nienteme­ no che la "dea della Playstation Al­ legra Geller". La nuova consolle è in MetaFlesh (MetaCarne), una sor­ ta di organismo artificiale connesso al bioporto (una presa che è egual135

vato nel midollo spinale in grado di connettere direttamente la Playsta­ tion al sistema nervoso) grazie a un UmbyCord (ombelicable, cioè un cordone ombelicale artificiale). Fin dalla prima scena, un personaggio spiega perché sia necessario orga­ nizzare una banca dati: "Abbiamo speso una fortuna per sviluppare eXistenZ, ma sappiamo anche che non si tratta di una scommessa priva di rischi... Temiamo che sia troppo intellettuale, troppo complesso, troppo impegnato, troppo artisti­ co..."4 Non si tratta forse della defi­ nizione che un produttore hol­ lywoodiano potrebbe applicare a un film di Cronenberg? A quel pun­ to, uno spettatore estrae dalla tasca una pistola organica (fatta di cartila­ gine)5 e spara sulla giovane urlando: "Morte a eXistenZ! Morte a Antenna Research! Morte al demone Allegra Gellner!" Ma ci troviamo forse già all'interno del gioco? In effetti, la particolarità del gioco in questione consiste nel fatto di connettersi di­ rettamente al sistema nervoso, sen­ za medium, senza schermo, senza occhiali speciali... Di conseguenza, esiste solo ciò che si prova. Non si ha più alcuna separazione fra la realtà e la rappresentazione, come

del resto nel film, dove non sono as­ solutamente segnalati i passaggi fra i diversi piani della realtà: nessun ri­ corso a effetti speciali, toni sfumati o chiari, disintegrazioni dell'imma­ gine in pixel, musica d'atmosfera o filtri. Il gioco è un sogno a occhi aperti in cui tutto è significante. Ma, come dirà il protagonista Ted Pikul, una volta che Gas gli avrà installato il bioporto consentendogli così di connettersi al gioco, "Mi sento un po' sconnesso dalla vita reale. Sto perdendo la mia struttura, capite che cosa voglio dire? Alla fine, mi viene da pensare che in tutto ciò ci sia qualcosa di psicotico. Voglio di­ re che non so dove realmente sia il mio corpo, e nemmeno che cosa ho fatto o non ho fatto... E proprio fasti­ dioso. Non sono certo di sapere se il posto in cui siamo ora è reale oppu­ re no. Si potrebbe pensare di essere nel gioco. E tu... tu cominci ad asso­ migliare a un personaggio del gio­ co". eXistenZ è un gioco non solo esistenziale ma anche metafisico, come dimostra il fatto che spinge i "Realisti" a uccidere. Esiste infatti, forse proprio all'interno del gioco, una minoranza ferocemente ostile al gioco "elettronico-biologico" che rimette in gioco lo statuto ontologi-

4 In inglese artsy, termine intraducibile utilizzato dai produttori hollywoodiani per denunciare il carattere non commerciale di un film. Nella sua intervista con Halliday (Éditions de l'Ètoile), Douglas Sirk afferma che la prima volta che ricevette un simile rimprovero aveva creduto che si trattasse di un nome di battesimo. Non poteva credere che negli Stati uniti il termine "artisti­ co" avesse una connotazione peggiorativa. 5 La scena è con ogni evidenza un'autocitazione della famosa scena della "pistola di carne" di Videodrome, in cui Max Renn utilizzava un'arma meccanico-organica, uscita dal suo ventre, per assassinare la sacerdotessa del video Bianca O'Blivion al grido "Morte a Videodrome! Lun­ ga vita alla Nuova Carne!"

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nico-biologico" che rimette in gio­ co lo statuto ontologico della cosid­ detta realtà. E la minoranza ha pro­ nunciato una fatwa (sic) contro A l­ legra, l'inventrice del gioco. Gli am­ miratori di Cronenberg ritroveranno in tutto ciò qualcosa di familiare, che rimanda agli universi paralleli di Videodrome, La zona morta e II pasto nudo, anche se con l'aggiunta di una dose ulteriore di radicalità. Cronenberg ha sempre tenuto ad af­ fermare sia il suo ateismo, sia il ruo­ lo centrale svolto dal corpo in ogni apprensione della realtà. Ma duran­ te l'ultima intervista che mi ha con­ cesso, ha sottolineato anche come uno dei temi principali della sua fil­ mografia fosse la h-nascita (priva tuttavia di connotazioni religiose). Che cosa fanno in definitiva i perso­ naggi di eXistenZ se non rinascere di continuo in universi che non so­ no mai virtuali in quanto non esiste un universo "di partenza"? Mai la frase di Burroughs "Non esiste realtà vera o reale" aveva trovato migliore illustrazione. Ma, contra­ riamente ai cineasti hollywoodiani che avrebbero senza dubbio ridotto lo spunto all'ameno paradosso fra realtà e "illusione" (in genere rap­ presentata dallo show-bizness, si veda, per esempio, il mediocre The Truman Show di Peter Weir), Cro­ nenberg ci fa entrare, sia in quanto spettatori sia in quanto utenti del gioco, in un vortice metafisico nel quale l'unica domanda che è anco­ ra possibile porre è: "C'è qualcosa dopo la realtà?", oppure: "C'è qual­ cosa prima della realtà?", o ancora: "La convenzione socioculturale che

lega i membri di una società al co­ siddetto 'reale' esiste al di fuori di tale legame sociale?"

IMMAGINI MENTALI? L'elemento più affascinante nella scommessa di eXistenZ è forse rap­ presentato da un punto di partenza che è allo stesso tempo punto di ar­ rivo, dall'ultima risposta, sotto for­ ma di domanda: "Are we stili thè game?" Cronenberg infatti, contra­ riamente alle consuete convenzioni della fantascienza, ha deciso di non offrire allo spettatore nessun punto di riferimento. Lin dalla prima se­ quenza, vengono fornite un certo numero di informazioni utili per na­ vigare nell'universo a scatole cinesi del film. Ora, dall'ultima sequenza si apprende che quella "realtà di base" era solo una finzione, solo uno fra i tanti "mondi" del Gioco. A questo punto, si potrebbe forse pen­ sare di essere ritornati al reale... E perché allora un personaggio inter­ viene per ricordarci che forse sia­ mo, ancora, nel gioco? Ne risulta un disagio ontologico indescrivibi­ le, che le ripetute visioni del film non riescono né a cancellare né ad attenuare. Intendiamoci, si tratta di mettere in causa la visione (e tutte le precedenti visioni) a cui si è assi­ stito, e non, come nel caso di recen­ ti film sul genere di The Game di Lincher, di far ricadere in piedi lo spettatore confermandolo nelle sue certezze. In tal modo, la sovversio­ ne della nozione di reale cinemato­ grafico, la frontiera fra diegetico e 137

non diegetico, diviene assoluta. Il regista è anche un giocatore che, per confonderlo, propone allo spet­ tatore, come tracce, le immagini mentali generate dalle sue immagi­ ni mentali. Tali immagini mentali sono messe sullo stesso piano delle immagini "naturalistiche" della sua fiction, di conseguenza siamo co­ stretti non solo a interrogarci sul senso stesso dell'immagine, ma an­ che a produrre noi stessi immagini, per trovare una "via d'uscita" dal gioco - la meravigliosa scena dove Pikul (Jude Law) mette il gioco in "pausa" - o per perderci totalmente.

"GOD: THE MECHANIC" In eXistenZ nulla è vero ma tutto è possibile. Quando scopriamo che lo stesso gioco eXistenZ non esiste, che si tratta solo di una virtualità di uno dei molteplici universi di un gioco chiamato transCendenZ, ci troviamo di fronte a un concetto li­ mite che non ha nulla a che vedere con qualsiasi relativismo. Tutto ini­ zia, ci dice Cronenberg, con i miei sensi. La sola cosa su cui abbiamo garanzie è ciò che sentiamo. L'an­ goscia degli animali macchina di Cartesio, esposta in un precedente capitolo, è magnificamente esem­ plificata dai ruoli, termine prove­ niente dall'universo dei giochi (gio­ co di ruolo) che il film traduce con "personaggio del gioco" (game character). Chi parla quindi? Da dove viene la parola? L'eroina Allegra Gellner non esiste o al massimo è un personaggio del gioco transCen­ 138

denZ della ditta Pilgrlmage. Una Creazione quindi di Yevgeny Nourish, un personaggio che si trova nel­ l'episodio "Trout Farm". Pikul ha spesso l'impressione che Allegra si comporti come un ruolo, nonostan­ te essa sia la sua complice, la donna che ama e che, alla fine della parti­ ta, ucciderà (anche se solo nel do­ popartita si apprende del legame fra i due). Gli amici possono essere ne­ mici e viceversa. Agli occhi dello spettatore a distinguere un ruolo da un vero e proprio individuo è il fat­ to che il primo spesso rimane bloc­ cato in un "game loop" (in un cir­ cuito del gioco, in una sorta di apo­ ria informatica). Da quel momento inizia un balbettio esistenziale. Re­ sta bloccato sull'ultima azione in at­ tesa che la frase "giusta" lo liberi da quella specie di stasi, di surplace, di ibernazione dinamica. Come se fos­ se vittima di un bug. Ma anche Pikul è talvolta posseduto dal suo "ruolo", pronuncia frasi senza vo­ lerlo ("Non sono io, è il mio perso­ naggio che lo ha detto!") Così come le creature patetiche e ripugnanti che vengono macellate per fabbri­ care le Playstation, i personaggi di eXistenZ sono animali mutanti, ani­ mali macchina, belle addormentate nel bosco in attesa della giusta for­ mula che le risvegli dal lungo sonno virtuale. Cartesio, dubitando della realtà degli uomini che incontra quotidianamente per la strada, cre­ de di aver aggirato il rompicapo che essi rappresentano immaginando che la mera perfezione meccanica rivelerebbe la loro essenza di mac­ chine. Cronenberg, da parte sua,

sembra andare oltre. Nella sequen­ za della "Stazione di servizio all'an­ golo", l'addetto Gas dice a Pikul: "Non ha mai giocato ad ArtGod? È molto spirituale... 'In thè game, Thou Art God'l" ArtGod potrebbe essere tradotto con "Dio dell'arte", ma la frase, nel suo inglese biblico, significa "Nel gioco, Dio sei tu!" Inoltre, parafrasando la formula massonica del "Grande Architetto", o facendo riferimento al "Deus ex machina" della tragedia greca, ag­ giunge: "Dio, il meccanico..." L'a­ teismo di Cronenberg sembra spin­ gersi in regioni finora inesplorate: Dio è un meccanico. Ciascuno, nel­ l'universo della propria esistenza, è Dio, ma lo stesso Dio non è forse un animale macchina? Gas prima con­ fessa ad Allegra Gellner (la dea del­ la playstation), dopo averla ricono­ sciuta, che lei gli aveva "cambiato la vita". Ma qualche minuto dopo, minacciandola con un fucile affer­ ma: "Lei mi ha cambiato la vita e adesso io cambio la sua". L'esperienza di eXistenZ è la stessa del cinema: tutto ha a che fare con i punti di vista. Di fronte all'ingenuo Pikul tutto si sfalda (si avverte un forte influsso della Nausea di Jean Paul Sartre), anche la bella Allegra che, passando da una trasformazio­ ne all'altra, si ritrova prigioniera di un "circuito". Fin dall'inizio la don­ na ha trasmesso segnali inquietanti (ripete continuamente "sei mio ami­ co o no?", ma nella "Trout farm", davanti a un Pinkul allo stesso tem­ po terrificato e divertito, finirà per bloccarsi in attesa della risposta che farà "riprendere il gioco". Non si

può non pensare al paradosso del­ l'individuo de La mosca, quando Seth Brundle si chiede: "È reale o è solo Memorex?"

VERSO UN CINEMA NON NARRATIVO? In un periodo di rinuncia e accade­ mismo dissimulato, il cinema non narrativo rappresenta senza dubbio una tendenza assai minoritaria. Si è così costretti ad ammettere che solo David Lynch e David Cronenberg, ciascuno a suo modo, sembrano oggi avere il coraggio di muoversi in una simile direzione. A tal propo­ sito, anche se forse i due David non sarebbero d'accordo, come non ri­ levare le numerose analogie fra due film peraltro assai diversi come Strade perdute e eXistenZÌ In en­ trambi i casi ci si trova di fronte a film ciclici, fatti di circoli viziosi che operano, in qualche modo, co­ me "trappole". Lynch ha costruito le sue ultime prove come derive in uno schizzouniverso dove due mondi coesistono e, talvolta, comu­ nicano. Da Velluto blu a Strade per­ dute passando per Twin Peaks. Fire Walk with Me, lo spettatore deve trovare il proprio percorso attraver­ so architetture alla Piranesi, guidato soltanto dai protagonisti che si sdoppiano. Tuttavia qualche punto di riferimento rimane, sono i pas­ saggi segreti fra il mondo diurno e quello notturno, come la Red Room o la Black Lodge... Fred Madison, il protagonista di Strade perdute, all'i­ nizio del film capta da un citofono 139



un messaggio cifrato. ("Dick Lau­ rent è morto!") Nelle scene finali lo vedremo pronunciare quella formu­ la... Come se, nel corso del film, avesse percorso, cambiando tutta­ via natura, un periplo assolutamen­ te circolare. Come si può vedere, non mancano gli elementi (un uni­ verso curvilineo nel quale un guan­ to destro, al termine di un tragitto circolare, diviene guanto sinistro; un messaggio che il sognatore indi­ rizza a se stesso ecc.) per mettere in relazione una simile costruzione con la letteratura d'avanguardia. I protagonisti di eXistenZ, che conti­ nuano a cambiare identità, tanto da iniziare a esprimere dubbi sulla propria integrità di individui ("Assomigli sempre più a un personaggio del gioco!" dice Pikul alla sua com­ pagna che, in effetti, si comporta sempre più come un personaggio di un gioco di ruolo), terminano il loro periplo nella pelle di coloro ai quali tentavano di sfuggire. Ma la cosa a cui non si sfugge è senza dubbio proprio il gioco. Nell'ultimo quarto del nostro seco­ lo, il film di serie B è divenuto il ci­ nema egemone. Un simile ribalta­ mento implica, dal punto di vista

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socioculturale, molte cose. Ma la­ sciando da parte Spielberg, Cameron e la nidiata dei loro imitatori, che hanno rinnovato i generi hol­ lywoodiani svuotandoli spesso di ogni componente poetica anomala, esistono degli autentici artisti, come Lynch, De Palma e Cronenberg, che hanno saputo giocare su tutte le sfu­ mature dei generi scomparsi appro­ priandosi di quel terreno per fare progredire il cinema. Fra essi, è sta­ to senza dubbio Cronenberg a spin­ gersi più lontano. Con i suoi ultimi film, ha permesso l'ingresso di un cinema in passato minoritario e marginale nella "dimora del subli­ me" (per riprendere un aggettivo, ispirato alla filosofia tedesca, che avevo utilizzato parlando de II pa­ sto nudo). Rifiutando il naturalismo, psicologico o sociologico, e, da di­ scepolo di Méliès, ogni ricorso al cinema ispirato ai fratelli Lumière, è senza dubbio oggi l'unico autore a offrirci opere di carattere filosofico. Alla luce dei suoi ultimi film, si può supporre che in futuro ci porterà an­ cora più avanti... Serge Grunberg Marzo 1999

FILM OGRAFIA CINEMA Transfer (1966) Regia, sceneggiatura, fotografia, montaggio: David Cronenberg. Suo­ no: Margaret Hindson, Stephen Nosko. Interpreti: Mort Ritts, Rafe MacPherson. Durata: 7 minuti. From thè Drain (1967) Regia, sceneggiatura, fotografia, montaggio: David Cronenberg. In­ terpreti: Mort Ritts, Stephen Nosko. Durata: 14 minuti. Stereo (1969) Regia, sceneggiatura, fotografia, montaggio: David Cronenberg. Vo­

ce narrante: Glenn McCauley, Mort Ritts. Interpreti: Roland Mlodzik, Jack Messinger, Paul Mulholland, lain Ewing, Arlene Mlodzik, Clara Meyer, Glenn McCauley. Produzio­ ne: David Cronenberg per Emergent films. Durata: 63 minuti. Crimes ofthe Future (1970) Regia, sceneggiatura, fotografia, montaggio: David Cronenberg. In­ terpreti: Ronald Mlodzik, Jon Lidolt, Tania Zolty, Paul Mulholand, Jack Messinger, lain Ewing. Produzione: David Cronenberg per Emergent Films con la partecipazione della s d ic c . Durata: 63 minuti.

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The Parasite Murders/Shivers [Il de­ mone sotto la pelle] (1975) Regia e sceneggatura: David Cronenberg. Fotografia: Robert Saad. Suono: Michael Higgs. Montaggio: Patrick Dodd. Musica: Ivan Reitman. Effetti speciali e modelli: Joe Blasco. Interpreti: Paul Hampton (Roger St. Lue), Joe Silver (Rollo Linsky), Lynn Lowry (Forsythe), Allan Migicovsky (Nicholas Tudor), Susan Petrie (Janine Tudor), Barara Steele (Betts), Ronald Mlodzik (Merrik), Fred Doederlein (Emil Hobbes). Produzione: Ivan Reitman, John Dunning, André Fink per DAL Productions Ltd. con la partecipazione della s d ic c . Produttore esecutivo: Alfred Pariser. Durata: 87 minuti. Rabid [Rabid - Sete di sangue] (1976) Regia e sceneggiatura: David Cronenberg. Scenografie: Claude Marchand. Fotografia: René Verzier. Suono: Richard Lightstone. Montag­ gio e regia seconda unità: Jean Lafleur. Musique: Ivan Reitman. Desi­ gn effetti speciali: Joe Blasco. Inter­ preti: Marilyn Chambers (Rose), Frank Moore (Hart Read), Joe Silver (Murray Cypher), Howard Ryshpan (dottor Dan Keloid), Patricia Cage (dottoressa Roxanne Keloid), Susan Roman (Mindy Kent), Jean-Roger Périard (Lloyd Walsh), Terry Schonblum (Judy Glasberg). Produzione: John Dunning Cinema per Enter­ tainment Enterprise Ldt. (per d a i Production Ltd.), con la partecipa­ zione della s d i c c . Produttore esecu­ tivo: André Link, Ivan Reitman. Du­ ra ta c i minuti. 142

Fast Company! 1979) Regia: David Cronenberg. Sceneg­ giatura: Phil Savath, Courtney Smith, David Cronenberg da una storia originale di Alan Treen. Sce­ nografie: Carol Spier. Fotografia: Mark Irwin. Suono: Bryan Day. Montaggio: Ronald Sanders. Musi­ ca: Fred Mollin. Interpreti: William Smith (Lonnie "Lucky Man" John­ son), Claudia Jennings (Sammy), John Saxon (Phil Adamson), Nicho­ las Campbell (Billy "The Kid" Brooker), Cedric Smith (Gary "The Blacksmith" Black), Judy Foster (Candy), George Buza (Meatball). Produzione: Michael Lebowitz, Pe­ ter O'Brian, Courtney Smith per Mi­ chael Lebowitz Ine. (per la Quadrant Film) con la partecipazione della s d ic c . Durata: 91 minuti. The Brood [Brood - La covata male­ fica] (1979) Regia e sceneggiatura: David Cro­ nenberg. Scenografie: Carol Spier. Fotografia: Mark Irwin. Suono: Bryan Day. Montaggio: Alan Col­ lins. Musica: Howard Shore. Truc­ chi speciali: Jack Young. Effetti spe­ ciali: Allan Kotter. Interpreti: Oliver Reed (dottor Hai Raglan), Sa­ mantha Eggar (Nola Carveth), Art Hindle (Frank Carveth), Cindy Hinds (Candice Carveth), Henry Beckman (Barton Kelly), Robert Silverman (Jan Hartog), Nicholas Campbell (Chris), Rainer Schwarz (dottor Birkin). Produttori esecutivi: Victor Solnicki e Pierre David. Pro­ duzione: Claude Héroux per Les Productions Mutuelles ed Elgin In­ ternational productions, con la par­

tecipazione della minuti.

cfd c.

Durata: 91

Scanners (1980) Regia e sceneggiatura: David Cro­ nenberg. Scenografie: Carol Spier. Fotografia: Mark Irwin. Suono Don Cohen. Montaggio: Roland Sanders. Musiche: Howard Shore. Effetti spe­ ciali: Gary Zeller. Micro-effetti spe­ ciali: Dennis Pike. Interpreti: Jenni­ fer O'Neil (Kim Obrist), Stephen Lack (Cameron Vale), Patrick McGoohan (professor Ruth), Lawrence Dane (Braedon Keller), Michael Ironside (Darryl Revok), Robert SiIverman (Benjamin Pierce), Asam Ludwig (Arno Crostic). Produttori esecutivi: Pierre David e Victor Solnicki. Produzione: Claude Héroux per Filmplan Internatinal Ine., con la partecipazione della c f d c . Dura­ ta: 103 minuti. Videodrome (1982) Regia e sceneggiatura: David Cro­ nenberg. Scenografie: Carol Spier. Fotografia: Mark Irwin. Suono: Bryan Day. Montaggio: Ronald San­ ders. Musiche: Howard Shore. Effet­ ti speciali: Rick Baker. Effetti specia­ li video: Michael Lennick. Interpre­ ti: James Wood (Max Renn), Sonja Smits (Bianca O'Blivion), Deborah Harry (Nicki Brand), Peter Dvorsky (Harlan), Les Carlson (Barry Convex), Jack Creley (Brian O'Blivion), Lynne Gorman (Masha). Produttori esecutivi: Pierre David e Victor Solnicki. Produzione: Claude Héroux per Filmplan International II con la partecipazione della c f d c . Durata: 87 minuti.

The Dead Zone [La zona morta] (1983) Regia: David Cronenberg. Sceneg­ giatura Jeffrey Boam tratta da un ro­ manzo di Stephen King. Supervisio­ ne artistica: Carol Spier. Caposce­ nografo: Barbara Dunphy. Fotogra­ fia: Mark Irwin. Suono: Bryan Day. Montaggio: Ronald Sanders. Musi­ che: Michael Kamen. Costumi: O l­ ga Dimitrov. Effetti video ed elettro­ nici: Michael Lennick. Coordina­ mento effetti speciali: Jon G. Belyeu. Interpreti: Christophen Walken (Johnny Smith), Brooke Adams (Sarah Bracknell), Tom Skerritt (Bannerman), Herbert Lom (dot­ tor Sam Weizak), Anthony Zerbe (Roger Stuart), Martin Sheen (Greg Stillson), Colleen Dewhurst (henrietta Dodd). Produttore esecutivo: Dino De Laurentiis. Produzione: Debra Hill per Dead Zone Produc­ tion. Produttore associato: Jeffrey Chernov. Durata: 103 minuti. The Fly [La mosca] (1986) Regia: David Cronenberg. Sceneg­ giatura: Charles Edward Pogue e David Cronenberg da un racconto di George Langelaan. Scenografia: Carol Spier. Fotografia: Mark Irwin. Suono: Bryan Day, Michael Lacroix. Montaggio: Roland Sanders. Musi­ che: Howard Shore. Costumi: Deni­ se Cronenberg. Creazione della Mosca: Chris Walas Ine. Supervisio­ ne informatica e video: Lee Wilson. Interpreti: Jeff Goldblum (Seth Brundle), Geena Davis (Veronica Quaife), John Getz (Stathis Borans), Joy Boushel (Tawny), Les Carlson (dottor Cheevers), George Chuvalo 143

(Marky), David Cronenberg (il gine­ cologo). Produzione: Stuart Cornfeld per Brooksfilms. Coproduzio­ ne: Marc Boyman e Kip Ohman. Durata: 96 minuti. Dead Ringers [Inseparabili] (1988) Regia: David Cronenberg. Sceneg­ giatura: David Cronenberg e^Norman Snider dal romanzo Twins di Barry Wood e Jack Geasland. Sce­ nografia: Carol Spier. Fotografia: Pe­ ter Suschitzky. Suono: Bryan Day. Montaggio: Ronald Sanders. Musi­ ca: Howard Shore. Costumi: Denise Cronenberg. Supervisione video: David Woods. Effetti ottici: Lee W il­ son. Interpreti: Jeremy Irons (Be­ verly ed Elliot Mantle), Geneviève Bujold (Claire Niveau), Heidi von Palleske (dottoressa Cary Weiler), Barbara Gordon (Danuta), Shirley Douglas (Laura), Stephen Lack (Anders Wolleck), Nick Nichols (Leo), Lynne Cormack (Arlene). Produttori esecutivi James G . Robinson, Joe Roth, Carol Baum e Sylvio Tabet. Produzione: David Cronenberg e Marc Boyman per The Mantle C li­ nic Il Ltd., in associazione con Mor­ gan Creek Productions Ine., con la partecipazione di telefilm Canada. Durata: 115 minuti. Naked Lunch [Il pasto nudo} (1991) Regia: David Cronenberg. Sceneg­ giatura: David Cronenberg dal ro­ manzo The Naked Lunch di W il­ liam S. Burroughs. Fotografia: Peter Suschitzky. Effetti speciali: Chris Walas Ine. Assistente alla regia: John Board. Montaggio: Ronald Sanders. Assistente al montaggio: 144

Michael Rea. Scenografie: Carol Spier. Costumi: Denise Cronen­ berg. Musica: Howard Shore e Or­ nette Coleman. Suono: Bryan Day. Interpreti: Peter Weiler (Bill Lee), Judy Davis (Joan Lee e Joan Frost), lan Holm (Tom Frost), Julian Sands (Yves Cloquet), Roy Scheider (dot­ tor Benway), Monique Mercure (Fadela), Michael Zelnicker (Mar­ tin), Nicholas Campbell (Hank), Jo­ seph Scorsiani (Kiki), Robert Silverman (Hans). Produzione: Jeremy Thomas per Record Pictures Compàny ltd. e Naked Lunch Produc­ tions Ltd. Coproduzione: Gabriella Martinelli, con la partecipazione di Telefilm Canada, The Ontario Film Development Corporation, Film Trustees Limited e Nippon Film De­ velopment & Finance Ine. Durata: 115 minuti. M. Butterfly (1993) Regia: D. Cronenberg. Sceneggiatu­ ra: David Henry Hwang. Scenogra­ fia: Carol Spier. Musiche: Howard Shore. Montaggio: Roland Sanders. Fotografia: Peter Suschitzky. Costu­ mi: Denise Cronenberg. Interpreti: Jeremy IronsfRené Callimard), John Lone (Song Liling), Barbara Sukowa (Jeanne Callimard), lan Richardson (Ambasciatore Toulon), Annabel Leventon (Frau Baden), Shizuko Hoshi (compagno Chin), Vernon Dobtcheff (agente Etancelin), Tristram Jellinek (avvocato), Margaret Ma (cameriera di Song). Produttori ese­ cutivi: David Henry Hwang e Philip Sandhaus. Produzione: Gabriella Martinelli per Geffen Picture e War­ ner. Durata: 100 minuti.

Crash Regia: David Cronenberg. Sceneg­ giatura David Cronenberg a partire dal romanzo di James C . Ballard. Fotografia: Peter Suschitzky. Sceno­ grafie: Carol Spier. Montaggio: Ro­ land Sanders. Musiche: Howard Shore. Costumi: Denise Cronen­ berg. Interpreti: James Spader (Ja­ mes Ballard), Holly Hunter (Helen Remington), Elias Koteas (Vaughan), Deborah Unger (Catherine Ballard), Rosanna Arquette (Gabrielle), Peter MacNeill (Colin Seagrave), Cheryl Swarts (Vera Seagrave), Yolande Julian (prostituta dell'aeroporto), Ron Sarosiak (l'assistente regista). Pro­ duttori esecutivi: Robert Lantos e Je­ remy Thomas. Durata: 100 minuti. eXistenZ (1998) Regia: David Cronenberg. Sceneg­ giatura: David Cronenberg. Fotogra­ fia: Peter Suschitzky. Montaggio: Ro­ land Sanders. Musica: Howard Sho­ re. Scenografie: Carol Spier. Effetti speciali: Jim Isaac. Costumi: Denise Cronenberg. Interpreti: Jennifer Jason Leigh (Allegra Geller), Jude Law (Ted Pikul), lan Holm (Kiri Vinokur), W il­ lem Dafoe (Gas), Don McKellar (Yevgeny Nourish), Kallum Keith Rennie (Carlaw), Christopher Eccleston (Wittold Levi), Sarah Polley (Merle). Produttori Robert Lantos, Andras Hamori, David Cronenberg. Produttore associato: Sandra Tucker.

REGIE TELEVISIVE Secret Weapons (1972) per la serie "Program X"

Regia: David Cronenberg. Soggetto e sceneggiatura: Norman Snider. In­ terpreti: Barbara O'Kelly (leader dei motociclisti), Norman Snider (il saggio), Vernon Chapman (il buro­ crate), Ronald Mlodzik, Bruice Martin, tom Skundra, Moses Smith, Michael D. Spencer. Produttore esecutivo: Paddy Sampson. Produ­ zione: Emergent Film Ltd, per la Ca­ nada Broadcasting Corporation. Durata: 30 minuti. The Victim (1975) per la serie "Peep Show" Regia: David Cronenberg. Ssceneg­ giatura: Ty Haller. Fotografia: Eamonn Beglan, Ron Manson, John Halenda, Dave Doherty, Peter Brimson. Suono Brian Radford, Bill Dunn. Montaggio Garry Fisher, Sce­ nografie: Nikolai Soloviov. Costu­ mi: Suzanne Mess. Interpreti: Janet Wright (Lucy), Jonathan Welsh (Do­ nald), Cedric Smith (l'uomo del par­ co). Produttore esecutivo: George Bloomfield. Produzione: Deborah Peaker per Canadian Broadcasting Corporation. Durata: 30 minuti. The Lie Chair (1975) per la serie "Peep Show" Regia: David Cronenberg. Sceneg­ giatura: David Cole. Fotografia: Eamonn Beglan, George Clements, Tom Farquharson, Peter Brimson. Scenografie: Rudi Dorn. Suono: Ro­ land Huebsche, Bill Dunn. Interpre­ ti: Richard Monette (neil), Susan Hogan (Carol), Amelia hall (MiIdred), Doris Petrie (signora Rogers). Produttore esecutivo: George Bloomfield. Produzione: eoin Sprott 145

per Canadian Broadcasting Corpo­ ration. Durata: 30 minuti. The Italian Machine (1976) per la serie "Teleplay" Regia: David Cronenberg. Sceneg­ giatura: David Cronenberg. Foto­ grafia: Nicholas Evdemon. Montag­ gio: David Denovan. Suono: Tom Bilenky. Scenografia: Peter Douet. Consulente musicale: Patrick Russel. Costumi: Hilary Corbett. Inter­ preti: Gary McKeehan (Lionel), Franck moore (Fred), Hardee Linehan (Bug), Chuck Shamata

(Reinhardt), Louis Negin (Mouette), Toby Tarnow (Lana), geza Kovacs (Ricardo), Cedric Smith (Luke). pro­ duttore esecutivo: Stephen patrick. Produzione: Canadian Broadcasting Corporation. Durata: 30 minuti.

INTERPRETAZIONI Ruolo-carneo, in Tutto in una notte di John Landis. Ginecologo, ne La mosca. Dottor Decker, in Cabal di Clive Barker.

Jeremy Irons e David Cronenberg durante le riprese di Inseparabili 146

INDICE DEI FILM CITATI

Alien 29, 71, 106 Atto di forza 34, 129 Barton Fink 66 Brood - La covata malefica 11, 26, 34, 57, 6 1 ,6 3 , 69, 73-74, 83, 87, 90, 93, 96, 99-100, 102, 109, 112-114, 120, 123, 128 Cabal 24 Carrie 61 Crash 129-130, 133-135 Crimes of thè future 27, 100, 105 Cruising 68 Elephant Man 72 eXistenZ7, 129, 133, 135-140 Fast Company 60 Gli uccelli 78 I misteri del giardino di Compton Fiouse 107 II demone sotto la pelle 26-27, 6162, 64-66, 73-74, 86, 88, 100, 106-107, 110, 113, 121 Il grande sonno 54 Il pasto nudo 9-11, 13-23, 26-27, 31, 36, 4 1 ,4 6 , 52, 54, 60, 6567, 72, 76, 79, 83-84, 87, 92-93, 96, 99-100, 102, 107, 109, 111, 113-115, 118, 121, 123-125, 127, 129-130, 137, 140 Il ventre dell'architetto 107 Inseparabili 16, 20, 28, 31, 36, 3840, 52, 57, 60-61, 64-65, 68, 74, 80, 82, 84, 86-87, 92, 95-96, 98-

100, 102, 108, 113, 116-117, 120, 122-123, 128-129 L'anno del dragone 68 La mosca 11, 18, 26-27, 31, 35-37, 39, 52-53, 65-67, 69, 71, 74, 79, 81-84, 87, 91-92, 98-101, 109, 111, 115, 117, 119-120, 124, 127, 132, 139 La zona morta 18, 26, 31, 34, 36, 46-48, 52, 67, 74-75, 77, 87, 9093, 98, 100, 102, 114, 120, 128, 137 Lo zoo di Venere 107 M. Butterfly 124, 129-130, 132133 Paura in palcoscenico 46 Rabid - Sete di sangue 19, 26, 29, 64, 73-74, 88, 98, 100, 102, 107, 109, 113, 121 Re per una notte 56 Scanners 14, 18, 21, 26, 34, 58, 6 1 ,6 4 , 66-68, 76, 83, 85-87, 899 1 ,9 6 , 99-100, 102, 109, 111, 113, 119, 121, 124 Shining 12, 55, 66, 90 Stereo 27-28, 35, 74, 94, 100, 105 Ultima caccia 56 Videodrome 10-11,16, 26-27, 3034, 36, 40-44, 46, 48, 50-57, 6162, 67, 74, 76-77, 81-82, 84, 87, 91,96-104, 106, 113-114, 118122, 124, 128, 133, 136-137

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Autore di film culto quali Videodrom e, La m osca, Crash, David Cronenberg ha diretto la versione cinem atografica di un "rom anzo inadat­ tabile": Il pasto nudo, capolavoro del suo mentore spirituale W illiam S. Burroughs. Uno scenario com une, quello della cultura underground, da cui Cronenberg ha tratto profonda ispirazione per la sua interpreta­ zione del mostruoso e della m utazione, vero e proprio filo rosso della sua ricerca estetica. Apparso nella prestigiosa collana dei "Cahiers du C iném a", questo sag­ gio è sicuramente il più importante e rigoroso apparso negli ultimi anni in Italia sulla creatività e i temi che compongono l'universo cronenberghiano. Serge Grunberg ne scava gli orizzonti culturali, ne traccia traiettorie e percorsi, utilizzando chiavi di lettura che traggono alim en­ to anche da categorie psicoanalitiche. Com pletano il libro tre contributi inediti appositamente scritti per l'edi­ zione italiana, la parte su Crash, M . B u tterflyed eXistenZ, l'ultim o film del regista canadese. Serge Grunberg, già noto al pubblico italiano per aver scritto un testo ispirato alla sceneggiatura di M. Butterfly (Speriing & Kupfer), è uno dei maggiori critici cinematografici francesi, oltre che importante collaboratore dei "Cahiers du Cinéma".

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