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Italian Pages XV, 284/297 [297] Year 1978
Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari CL 20-1426-2 Finito di stampare nel giugno 1978 nello stabilimento d 'arti grafiche Gius. Laterza & Figli, Bari
Renzo De Felice
D'ANNUNZIO POLITICO 1918-1938
Laterza 1978
INTRODUZIONE
A quarant'anni dalla morte Gabriele D'Annunzio è ancora per la cultura italiana un problema non solo aperto, ma difficile come pochi altri a essere affrontato con la serenità intellettuale, con il distacco critico che in realtà, data la sua importanza, merita. Certo, negli ultimi anni - grosso modo dalla « ripresa » di studi connessa alle cele brazioni, nel 1 963 , del centenario della sua nascita - il discorso sull'arte di D'Annunzio e sulla sua collocazione critica nella cultura italiana ed europea si è indirizzato per più di un aspetto verso vie nuove , superando quelle am biguità e quelle drastiche condanne che avevano caratte rizzato il periodo successivo alla fine della seconda guerra mondiale 1 • È però un fatto che questo nuovo indirizzo di studi ha avuto ed ha una eco assai scarsa fuori dal l' ambiente degli specialisti e della cosiddetta cultura acca demica o « alta cultura » . Agli altri livelli quello di P'AJ?1 Cfr. L'arte di Gabriele D'Annunzio. Atti del convegno interna zionale di studio. Venezia-Gardone Riviera-Pescara 7-13 ottobre 1 963, Mi lano 1968. Per un quadro complessivo degli studi, cfr. E. Mariano, La critica in Italia, in « L'Osservatore politico letterario », settembre 1975, I>P- 36 sgg. dell'i nserto speciale (relazione svolta nel quadro della tavola rotonda su « Gabriele D'Annunzio davanti alla critica francese » tenuta a Parigi nel maggio 1975; tutte le relazioni svolte in tale occasione e pubblicate nel l 'inserto speciale sono da vedere per- un. quadro della « fortuna » di D'Annunzio in Francia); nonché da un altro punto di vista, K Merola, D'Annunzio tra filologia e mitologia, > 5• Una affermazione così drastica e convinta, che praticamente riprende quella che, un cinquantennio prima, faceva di D'Annunzio « il Giovanni Battista del fascismo», oggi - pensiamo - pochi studiosi la scriverebbero ancora .: çhe il fiumanesimo e il fascismo delle origini affondino �e loro radici nello stesso magma culturale e siano en t!'ambi figli del sommarsi della crisi determinata dalla priril a guerra mondiale a quella connessa ali' affermarsi della società di massa è fuori dubbio. E, egualmente, è un fatto c_he Mussolini e il fascismo presero da D'Annunzio e dai fiumanesimo un certo stile di far politica, tipico nella sostanza (anche se le forme, ovviamente, talvolta mutano) della « nuova politica». Giustamente il Ledeen ha scritto� che « in pratica l'intero rituale della politica fascista derivò dallo c Stato libero di Fiume ' : il· discorso dal balcone, i saluto romano, il grido c eia, eia , alalà ', il dialogo dram matico con la folla, il ricorso a sir:nboli religiosi in un nuova ambientazione laica, l'elogio funebre dei c martiri della causa e l'uso delle loro c reliquie ' nelle cerimoni� pubbliche ». Detto questo, quanto al resto è però neces l sario procedere con estremo rigore e senso critico , senza generalizzazioni affrettate o semplicistiche, approfondendo i vari momenti e fenomeni e i loro contesti . E se si fa questo si vede che le differenze, anche radicali , sono molte e decisive. Gli intenti politici, il fervore morale, le prospettive a più lungo respiro che D'Annunzio e Mussolini misero nel l'impresa di Fiume furono e divennero via via diversis simi, come diversissimi furono le conseguenze, gli ammae stramenti che ne trassero . D'Annunzio non fu, né a Fiume
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Cfr. A. Repaci, La Marcia su Roma, Milano 1972, p. 1 23 . x
né mai, un vero politico, ché la sensibilità e la capac1ta politiche gli mancavano quasi del tutto e la sua politica o non fu propriamente sua o fu assai spesso il prodotto di stati d'animo e di reazioni morali 6• Nel 1 9 1 9 e soprat tutto nel 1920 egli riusd però - grazie alla sua sensibi lità di vero poeta - ad aprirsi come nessun altro ad un eccezionale sforzo di comprensione del travaglio morale e sociale , ancor prima che politico, del momento e a di schiudersi alle nuove realtà, ai nuovi problemi, ai nuovi stati d'animo, alle nuove soluzioni umane e sociali e, dunque, politiche, confusi quant'altri mai, ma che erano comuni a vasti settori degli ex combattenti e della gioventù piccolo e medio borghesi e, sia pur marginalmente, anche ad altri gruppi sociali e che attivavano una sorta di « con testazione » della « vecchia » realtà e della « vecchia » società in nome di « nuovi » valori che non si sapeva bene individuare e definire, ma di cui si sentiva la neces sità . E, soprattutto, seppe meglio di qualsiasi altro farsi a suo modo interprete di tutto ciò e in primo luogo del l'anelito a una nuova forma di vita collettiva attraverso la quale reagire alla crisi morale e materiale che era alla base di questa « contestazione » . Il che non toglie tut tavia che se il fiumanesimo senza D'Annunzio è impen sabile, esso però ebbe e soprattutto conservò - almeno nella sua parte migliore e più numerosa - una sua fisio nomia e una sua carica morale e politica che non pos sono essere puramente e semplicemente identificate, ridotte a quelle dannunziane. Se non si riesce a comprendere tutto 6 Su D'Annunzio e la politica, come atteggiamento morale e culturale c come concreta esperienza, manca a tutt'oggi uno studio puntuale ed approfondito. Oltre a quanto scritto in generale da G. Gatti , Vita di Gabriele D'Annunzio, Firenze 1956, si vedano, per la prima esperienza politica del poeta, F. Pariset, L'esperimza parlamentare di Gabriele D'Annunzio, « Storia contemporanea�>, gcnnaio·marzo 1977, pp . 5 sgg.; c U. Russo, Jl lettere inedite di Gabriele D'Annunzio. L'avventura t'lettorale, « Oggi e domani)), mar'lO·aprile 1978, pp. 35 sgg.
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cio riesce difficile capire (o si finisce per ritenere impos sibile) che Leni n nel 1920 potesse affermare che D'An nunzio era un rivoluzionario 7, perché Gramsci nel 1 92 1 riconsiderasse sotto un'ottica diversa da quella precedente l 'impresa fiumana e desiderasse incontrarsi con D' Annun zio, perché persino Bordiga , ancora nel 1 9 24 , mostrasse interesse per il movimento dannunziano, lo distinguesse dal fascismo e non escludesse che esso potesse assumere un carattere di forza di opposizione al fascismo più e meglio di altre formazioni borghesi. Ancora più chiare sono le differenze se si prende in esame il periodo successivo all'impresa fiumana . Sino al 1924-26 esse sono infatti cosi nette che parlare di un D'Annunzio filofascista è oggi ormai impossibile. Se, ap parentemente, qualche problema può porsi è, se mai, per gli anni ancora successivi, specialmente per gli ultimi della vita di D'Annunzio. Bisogna però avvicinarsi a questo periodo senza fermarsi alla sua superficie, senza farsi con dizionare dagli sforzi che il regime fascista fece per collo care il poeta-soldato nel suo pantheon e tenendo nel giusto conto il processo di ripiegamento psicologico che carat terizzò gli ultimi anni di vita di D'Annunzio. Tutto ciò determinò, per un verso, il riemergere di alcuni vecchi motivi della sua personalità che nel periodo fiumano e immediatamente successivo non avevano avuto sul suo 7 Il giudizio di Lenin risulta soprattutto da due testimonianze. Una di N. Bombacci, in una intervista pubblicata il 30 dicembre 1920 ùa « La Tribuna »: « Il deputato comunista », si legge in essa , « dichiarava che il movimento dannunziano è perfettamente e profondamente rivolu zionario; perché D'Annunzio è rivoluzionario. Lo ha detto anche Lenin al Congresso di Mosca ». L'altra, più tarda e indiretta , di G. Tuntar ( in « L'Italia del Popolo » di Buenos Aires del 13 gennaio 1935) riguar dante una critica mossa da Lenin ai socialisti italiani : « Bisognava sfrut tare la situazione creata dall'impresa dannunziana per volgerla ai fini della rivoluzione proletaria italiana; le proposte fatte al Partito [da Giulietti per un'azione all 'interno] dovevano perciò essere ascoltate e discusse ac curatamente>>. Per maggiori elementi cfr. R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario (1883·1920), Torino 1965, pp. 553 sgg. XII
comportamento un peso decisivo o che, cornunque, erano stati compensati da altri, nuovi, e, per un al tro verso, l'ac centuarsi in lui della tendenza a vedere l'esperienza fiu mana sempre più in una ottica personali s tica, estetico letteraria, come la « oltre le belle bella » delle sue im prese. Allora è facile rendersi conto come anche in questo ultimo periodo D'Annunzio fu tutt'altro che un fa scista e capire il valore tutto particolare ed episodico che va dato alla sua adesione alla guerra d'Etiopia , l'unico suo vero atto di consenso alla politica fascista e tale da fargli rivedere quello che fino allora era sostanzialmente stato il suo giudizio, la sua valutazione umana e politica di Mussolini. Certo su tutti questi momenti e problemi vi è per gli storici ancora molto da lavorare. Gli aSPetti da appro fondire non sono infatti pochi . E altri , certamente, se ne presenteranno via via che gli studi progrediranno . Dopo la pubblicazione, nel 1976, delle (assai deludenti, confuse e per tal uni aspetti devianti) memorie fium ane di G. Host Venturi - l'ultimo dei maggiori protagonis ti dell'impresa ancora in vita e che non aveva mai scritt o prima su di essa -, ben pochi apporti di rilievo potran no venire dalla memorialistica . Molteplici e ricche sono invece le possi bilità di lavoro offerte, oltre che da un ripensamento di ciò che già si conosce, dalla vastissima documentazione ancora inedita conservata al Vittoriale 8, i n vari archivi pubblici e in tutta una serie di archivi e di raccolte pri vati (di grande importanza per una migli ore conoscenza dell'impresa di Fiume, specie nei suoi aspetti politico economici , e, forse, anche del periodo i rnmediatamente 8 Per una ricerca negli Archivi de l V i uoriale cfr . Inventario dei manoscrifli di D'A mumzio al Vittoria/e,