Ambienti animali e ambienti umani. Una passeggiata in mondi sconosciuti e invisibili 8874624956, 9788874624959

Scritto nel 1933, "Ambienti animali e ambienti umani" è l'opera matura di uno dei maggiori biologi del se

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Italian Pages 166 [169] Year 2013

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Ambienti animali e ambienti umani. Una passeggiata in mondi sconosciuti e invisibili
 8874624956, 9788874624959

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v n UexlelC·:a ha destato il sospetto che, al di sotto di una mera ue!.ocme terminolo ica, si riproponesse di soppiatto una ra tc0logica in grado di dividere in due il regno dei . . Il enn,

oppo, questo punto ha finito con diventare oggetto di co tin i fraintendimenti che, come accade nel gioco infan · del ldono nza fili, hanno generato una catena quasi mescnca ile di equivoci. e1 dibattito ull'appr pri tezza dell ozioni di ambien mond uman , ri m rg con costanza quui iva 1 s rimpr v : av tto alutato la capacità eh hann gli ani ali di gir m di-

23

~RE A~IO

r p i m icn e. Sia exkull, ifen ore della n i mbicn um no, che Hci gger, fautore della 1 i n i m nd , critic no Darwin per aver ,onovalutato l'' id nz elJ 'organismo l suo ambien e3°. (~e i due, a 1 r v I , sono s ati spe so accusati di avere un'idea statica qua i caricaturale della vita animale. Mol o probabilmente, 11 un degli autori in questione aveva intenzione di cadere in un errore tanto banale. Uexkiill afferma esplicitamente che l'animale contribuisce a costruire il proprio ambien e (dr. l'inizio del § 12 di Ambienti animali e ambienti umani, ma anche gli esempi delle patelle di mare, le talpe e gli uccelli che costruiscono nidi e porzioni del loro t ritorio). Heidegger ricorda che l'organismo è innanzitutto movimento e autocostruzione e che il cerchio che circonda l'animale «non è una corazza fissa posta intorno all'animal , bensì ciò con cui l'animale si circonda nella durata della ua vita•J•. Anche Darwin mostra di non e ser vittima di una · ione statica di quelle che oggi chiamiamo ni chie olo · h . dimostrarlo è lo stesso U exkiill. In Ambienti ani li e ambienti umani Darwin viene citato olo una volta ( . ) a proposito di uno tudio ui lombri hi h erroneament è stato spesso relegato (insi m a li ritti sull f onnazioni coralline) nella produzion olo · a o min r l ruralista inglese. Si tratt in di un libr aff inant n l qual Darwin m tra h 1azion d 11 mbri o m trutturalm nt qu 1 h 1 nda. Il u la or di fil o traf rm la mp izi n himi a d 1 t rr n f ·ori la pr lif raz i n d 11 Ìt m r bi ti ifi andon la

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J. Kinzey (Ed.), The Evolution of Human

Behavior: Pnmau .~od~/1, Suny Press, Albany 1987, pp. 183-23r, Clark H. Barr~ Leda C m1des,John Tooby, The Hominid Entry into r.he Cognitive ·iche., in ·cn W. Gangestad, Jeffry Simpson (Ed .), Evolution of Jfind. Fun .!Jli Questions and Controversies, The Guilford Pre , • Yor 241-248. 34 Felice Cimatti, el segno del cerchio. r•onr.ofu ia zot dl Giorgio Prodi, Manife tolibri, Roma 2000, p. 133. C r. il pi· r ente Felice Cimarti, Il possibile e il reale. Il sacro dopo mone di Dio., Codice, Torino 2009, pp. 70 e gg., nel quale emer ono on chiarezza ,.. ni dei suoi tratti parado ali ( appiamo con ertezza b ·" e terno ma non co a sia: p. 3; tra organi mo e ambient •· m r un relaz ione indir tta; è un ambiente mpr all'ins ru d ll'in · rt zz della cri i: pp. 9 5-96). H Franco Lo Pìparo, Il mondo, le speae .imm ·.L teoria zoocognitiva del Tractatus, in . a.r nini, . t.

z.ion linguaggio coscienza. a i di filoso{ J 11 Ma rat 1999, p. 194. l6 u t 1 m nto mbi l nt pu m mbi nt l l ll' ntin mia di u · · ll (P o il erbo si fa arn . Ling,,ag i natur um n ,, B rin hì ri Ti rin) .. 3 p. 204) ind i i iu t n 11' · ·ill· zion , tipi· m nt um, n , tr un i tanza di • p rtur , 11 nting nz un.i pp ) ·t.l Ji pr lt zi n (M imo De ,, >li·, Il paraclo " O :mtrop l · · . i i ·chi 1i T mon li dissociazione p ·i ·hi · , u J lil , M · r l \ p. ' :; ~ . . t f r proprio l'am1

26

MARCO M ZZ

tribuito a fa rir an1bi uit' d qui i. D un lato manipolazion d 11 ìnf rm zi n truzion di ipote i, c ntro con il limit p ri nz uman t lmente pervasive da apparir m ndidato id al per descrivere una struttura ambi nt 1 . D Il ltro i tratta di strutture che in di fornir i ur zze omportamentali incrinano le ri 'd ertezz tipi h di una nicchia ecologica, tanto da ri hi re la ntinu costruzione di domini parziali e storicamente limit ti di mondi ambìentali»37, «pseudoambienò ' ni hie o micromondi»39 .

. L animale dei dintorni Per la prima volta nell'intera storia dei viventi, una specie, la nostra specie Homo sapiens, è uscita dal suo ecosistema. Niles Eldredge

egli ultimi anni, un gruppo ristretto ma agguerrito di biologi ha cominciato a rileggere il Darwin dei coralli e dei lombrichi mostrando che i casi nei quali gli animali contribuiscono a costruire l'ambiente di cui fanno parte sono bivalenza una delle categorie chiave per comprendere l'organizzazione pulsionale, psichica e linguistica della vita umana (Marco Mazzeo, Contraddizione e mel.anconui. Saggio sull'ambivalenza, Quodlibet, Macerata 200') ).

Helmuth Plessner, Anthropologie der Sinne, Suhrkamp, Frankfurc am Main 1980 (trad. it. di M. Russo, Antropologia dei sensi, Raffaello Cortina, Milano 200 , p. 80). 8 } Virno, Quando il verbo si fa carne, cit. p. 168. 19 De Carolis, Il paradosso antropologico, cit., p. 45; pp. 1 ro gg. )7

PREFAZIO NE

27

m lt più e muni di quant i potrebbe credere4°. Tra i viv nti, la costruzi ne della nicchia, definita come «il proe grazie al quale gli organismi, attraver o il metabolism , le loro attività e le loro scelte modificano la nicchia propria e/ o di altre specie»41, costituisce probabilmente più la regola che l'eccezione. Gli organismi tendono a creare una «eredità ambientale» in grado di facilitare o render possibile la sussistenza delle generazioni successive. Ciò può avvenire secondo modalità relativamente semplici (la pratica molto diffusa tra gli insetti di lasciare cibo vicino alle uova affinché le larve abbiano di che nutrirsi dopo la schiusa4 2 ), ma anche attraverso comportamenti più complessi (seppur ancora controversi43) che sembrano indicare la presenza nel regno animale di alcune forme di trasmissione culturale. Questo approccio è interessante perché costringe a fare i conti con un dato di fondo: gli animali costruiscono molto spesso porzioni significative dell'ambiente; anche loro sono, in qualche modo, formatori del proprio habitat. Allo stesso tempo, però, se ci si ferma qui la domanda che pone Heidegger continua a rimanere senza risposta. In cosa consiste la differenza tra umani e non umani? olo noi facciamo guerre, torturiamo i nemi i e criviamo 4°

John Odling-Smee, Kevin

. Laland, Marcus W. F ldman iche egleted Process in Evolution, Prin ton Uni ersity

Construction. The Press, Princeton 2003 . 1 4 Kevin N. Laland, John Odlìng- m , tt F. Gilb rt EvoDevo and Niche Construction: Building Bridges Journ 1 f E p rimental Zoology», 2008, 3 roB, p. 549. 1 4 A tal proposit U , kull fa rif rim nt lla larv d l ol ottero: in qu to volume, cap. r 2. 43 Kevin N . Laland, \J illiam H ppitt, Do nimals Have Culture?, «Ev luci nary Anthr p lo 200 12 pp. 1 0-1 59.

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nd re l natura umana. m.1;1,i,nn i'IJmn'JA.J..1.· e ambienti uman~ U exkiill si impe--........... azioni. La prima l'abbiamo vista: l'amo:~~')~ ~•.- o ' misura d Il individuo e non della specie. La

' al-.~. . . _.,....~to importante, perché può offrire uno o di contribuire a uscire dall'impasse

L.>L.n.JJ,izione rigida (o dalla identificazione) IDCl►nao e ambiente.

enna esplicitamente46 che i dintorni delle speammau..· cioè l'invariante costituito dalla struttura mate...,.-~..... Terra, corrispondono all'ambiente umano: loro Umgebung è la nostra Umwelt. Questo collasso or~tt·sce po sibilità: la nostra è la specie in grado di _ _L,.,e li ambienti delle altre forme di vita. L'Homo 1a11Jrms è · mo dalla spiccata sensibilità ambientale per-

la pos ibilità (con l'immaginazione e la parola, con Ila tecnica, ma anche con la semplice osservaempirica) di descrivere e comprendere gli ambienti di

zi ..

·

. Laland, Eum.ding the xtended Phenotype, «Bi l gy 19, p. 3 3. . Laland, alliam Hoppit.t, Do Animals Have ulture?,

and Philotophy., 100 Clt.,

•> evin p. I S .

4' In qu to olumc,

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29 l i viv in rn lui. uesta en ibili a, però, e frutto di un li : qu 1che per le altre specjc si presenta nettamente di in (p r utt il libro Uexkiill si impegna a so tolinear 1 diff cr nza tra ambiente e dintorni di un animale) nel . n tr a s1 trova sovrapposto. Il risu ltat o d ella sovrapposizione è a doppio enso di m arcia. P er un verso gli umani hanno un ambiente costituito d ai dintorni: un ambiente talmente pervasivo che i sapiens non hanno d intorni che siano diversi dal loro ambiente. In questo senso quella umana sembra una vera e propria «supernicchia» in grado di contenere e as orbire tutte le altre. Per un altro verso, il termine utilizzato da U exki.ill suggerisce la presenza di una incrinatura~ La parola italiana «dintorni» r appresenta la traduzione, limitata e imperfetta, del tedesco Umgebung. Letteralmente l'espressione indica ~ [Johannes Mi.iller ( r8or-r8 58) è il fondatore della fi iologia com mporanea. U exkiill studia gli scritti di Miiller anche negli ultimi anni della sua vita. Nel periodo che trascorre a Capri (r940-r944) crive un breve saggio dal titolo Der Sinn des Lebens (Il en o della ita) che i eone ntra su una lezione tenuta da Miiller nel r 824 (Gudrun U killl,J kob von Uexkull. eine Welt und seine Umwelt, Chri tian ~ egn r rlag Hamburg 1964, p. 210)].

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n p r tti e il pr p rati (Wirkzeichen ). p rati d I ogg tto animari ndur i quindi alla cooperali m hini ti llulari, ciascuno d i I n pere ttivo e un solo segno nd r p ibil una cooperazione ordinata, llul cerebrali (anch'esse dei macUA&L>-u ,.J-•"'" tan) n raggruppa la metà in «cellule perpan dd e rvello deputata alla ricezione stimon U or ano percettivo», in unità più o meno ~ .....,.,,.·. Qu unit.à associative registrano gli stimoli esterni '--............".no al o etto animale come fossero tanti puntttr~~-- iÌ. L'altra metà delle cellule cerebrali è utilizzal'on!allÌ.smo come «cellule operative» o cellule d'impulso e en: ono raccolte in unità associative attraverso le ali 'organismo controlla i movimenti degli effettori che omiscono le risposte del soggetto animale agli interrogativi ormulati dal mondo esterno. Le unità associative tra cellule percettive formano gli «organi cettivi» del cervello e le unità associative tra cele opera · e ne formano «l'organo operativo». Dunque, anche se possiamo immaginare l'organo percettivo c.ome il luogo di incontro tra reti mutevoli di «cellule macchiniste», portatrici di specifici segni percettivi, resta il faao che queste cellule sono entità individuali spazialmente distinte. Anche i loro segni percettivi resterebbero isolati se av ero la possibilità di fondersi in nuove unità al di fuori degli organi percettivi. E, in effetti, questa possibilità esiste davvero. I egni percettivi di un gruppo di cellule si fondono tra loro fuori dal corpo, in quelle unità che costituiscono le Pf rietà degli oggetti che si trovano intorno all'animale.

INTR DUZIONE

47

D'altronde, è una cosa ben nota a noi tutti: tutte le perzi ni umane, che rappresentano i nostri specifici segnali percettivi, si riuniscono per formare le proprietà degli ggetti esterni che utilizziamo come marche percettive per le no tre azioni. La sensazione «blu» diventa il blu del cielo, la sensazione «verde» diventa il verde del prato e così via. È proprio grazie alla marca percettiva blu che riconosciamo il cielo, così come riconosciamo il prato grazie alla marca percettiva verde. Con gli organi operativi succede esattamente la stessa cosa. In questo caso sono le cellule operative a giocare il ruolo dei macchinisti elementari, organizzate in gruppi ben articolati secondo i loro segni percettivi e operativi. Anche in questo caso esiste la possibilità di fondere in unità segni operativi isolati che agiscono sui rispettivi muscoli, sia come singoli impulsi di movimento sia come melodie formate da impulsi articolati ritmicamente. In seguito a ciò, gli effettori messi in moto dai muscoli imprimono la loro «marca operativa» (Wirkmal) sugli oggetti che si trovano all'esterno del soggetto. La marca operativa che gli effettori del soggetto attribuiscono all'oggetto è riconoscibile immediatamente come la ferita prodotta dal rostro della zecca sulla pelle del mammifero. Solo però la lenta e fa tic osa individuazione della funzione di marca percettiva assolta dall'acido butirrico e dal calore ha permesso di tracciare un quadro davvero completo dell'attività della zecca nel suo ambiente. Se si vuole utilizzare una metafora, ogni oggetto animale affronta il suo oggetto con le estremità di una pinz una percettiva e una operativa. La prima attribui e ali' 0 getto una marca percettiva, la s onda una marca p rati . In questo modo certe proprietà dell'oggetto di ntano por-

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p r ti n1 ntre altre fanno da support rati . P i h ' tutte le proprietà sono conn i all truttura dell'oggetto, attraverso qu t ultin1 l propri t' coinvolte dalle marche operative ·tan l l ro influ nza sulle proprietà che si fanno cariIl march p r tti e, modificandole. Detto nella m più empli e concisa, la marca operativa di un o ·'6W""""i a I.a sua marca percettiva. ltr ali varietà di stimoli che i ricettori lasciano passare ali di po izione dei muscoli che conferiscono agli eff ttori determinate possibilità d'azione, per lo svolgersi di una qualunque azione di un soggetto animale due sono l cose decisive: il numero e l'organizzazione delle cellule he, ~azie ai segni percettivi, attribuiscono marche percet. e agli o etti dell'ambiente; il numero e l'organizzazione delle cellule operative che, grazie ai segni operativi, imprimono marche operative sui medesimi oggetti. I:oggetto fa parte dell'azione solo nella misura in cui questo deve possedere le proprietà necessarie per fare da supporto alle marche operative e percettive, proprietà che devono essere connesse tra loro per mezzo di una controsuuttura. mondo percettivo

ricettore

organo percetti-oo

supporto della marca percettiva (controstruttura)

org;zno operati'VO

supporto della marca operativa effettore

mondo operativo

3. Il circuito funzionale.

INTRODUZION E

49

Una rappresentazione perspicua del rapporto tra soggetto e oggetto è fornita dallo schema del circuito funzionale (figura 3). Lo schema mostra che il soggetto e l'oggetto si incastrano l'uno con l'altro, costituendo un insieme ordinato. Considerato inoltre che un soggetto è legato allo stesso oggetto o a oggetti diversi da più circuiti funzionali, è possibile comprendere la prima asserzione fondamentale della teoria dell'ambiente: rutti i soggetti animali, i più semplici come i più complessi, sono adattati al loro ambiente con la medesima perfezione. All'animale semplice fa da contraltare un ambiente semplice, all'animale complesso un ambiente riccamente articolato. Se ora inseriamo nel circuito funzionale la zecca (il soggetto) e il mammifero (l'oggetto), vediamo che si susseguono logicamente tre circuiti funzionali. A farsi carico delle marche percettive del primo circuito sono i follicoli sebacei del mammifero, poiché l'eccitazione dell'acido butirrico produce nell'organo percettivo della zecca segni percettivi specifici che vengono proiettati all'esterno come marche olfattive. I processi in atto nell'organo percettivo producono per induzione (non sappiamo in cosa consista questo fenomeno) gli impulsi corrispondenti nell'organo d'azione, il quale, a sua volta, provoca il rilascio della presa. Dopo essersi lasciata cadere, la zecca conferisce ai peli con i quali viene in contatto la mar a operativa dell'urto, che produce una marca percetti a tattile in grado di disattivare la marca olfattiva dell'acido butirrico. La nuova marca tattile attiva un movimento d' e plorazione fino a che questo, a sua volta, non viene soppre o dalla marca percettiva termica nel momento in cui 1 ze a arriva in un punto privo di peli e comincia a perforarlo. S nza dubbio ci troviamo di fronte tr rifl · h i clan-

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tti ti d a nti t rni fi ici chibili in m d g tti o. M chi i ace nn tatazi n · p n e, osì, di aver ri oltn tr reb lo di non aver nemmeno n

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n ' in questione la presenza o · · (pro ocato dall'acido butirrico), (pro ocato dai peli) e tanto meno ·mol tenni prodotto dalla pelle. Il punto è che tra ett1ttllll · dì ~ti mat rialì prodotti dal corpo del mammil ente tre di ntano per la zecca portatori di marche rwi.-~r,-• P rché pP prio quei tre e non altri? biamo a che fare con uno scambio d'energia tra ~ f ~ ·- ma con relazioni che sussistono tra un soggetto vir..D•""~'°e il uo oggetto. Tutto questo è situato su tutt'altro iano cioè tra il segno percettivo del soggetto e lo stimolo roveniente dall'oggetto. La zecca è appesa immobile all'estremità di un ramo che por e n 1 bel mezzo di una radura. Questa posizione le o e possibilità di cadere sul primo mammifero di pas-s..~·o. Alla zecca non arriva dai dintorni nessuno stimolo: ma ecc.o che le si avvicina un mammifero il cui sangue è iodispensahile per la procreazione della sua discendenza. A questo pumo accade qualcosa di meraviglioso. Di tutti gli en~ fisici o chimic~ prodotti dal corpo del mammifero, solamente tre, e in un preciso ordine, diventano stimo)i. el mondo sterminato che circonda la zecca, tre stimoli brillano come segnali luminosi nell'oscurità. Sono potenti indicatori che permettono alla zecca di individuare la strada da i.re, consentendole di raggiungere il proprio obiettivo con gr e sicurezza. Affinché tutto questo sia possibile, il par ·ca dispone, oltre che del uo corpo, dei ricettori e degli euori, di tre segni percettivi che può trasformare in mar0

INTRODUZIONE

5I

h p rcettive. il corso delle sue azioni è cosi fortemente pr critt d a queste marche percettive che la zecca puo produrre lo marche operative del tutto determinate. L'intero, ricco mondo che circonda la zecca si contrae su e tesso per ridursi a una struttura elementare, che consiste ormai essenzialmente di tre sole marche percettive e tre sole marche operative: il suo ambiente. Ma è proprio questa povertà dell'ambiente a determinare la sicurezza del suo comportamento: e la sicurezza è più importante della ricchezza. Questo esempio mette in evidenza i tratti fondamentali della struttura dell'ambiente, tratti che valgono per qualunque animale. La zecca possiede, però, una capacità ancora più sorprendente, in grado di darci un'idea più precisa di che cosa sia un ambiente animale. È palese che l'eventualità fortunata che un mammifero si trovi a passare sotto il ramo sul quale è appostata la zecca, o che addirittura la urti, è straordinariamente rara. Per assicurare la continuità della specie, questo svantaggio non è adeguatamente compensato neanche dal grande numero di zecche che si trovano nella boscaglia. Ad aumentare le sue possibilità di imbattersi nella preda è una capacità straordinaria: la zecca può sopravvivere per un tempo lunghissimo senza nutrirsi. Presso l'I tituto zoologico di Rostock, sono state tenute in vita delle zecche che erano a digiuno da diciotto anni3. 3 La zecca è fatta, da ogni punto di i ta, in modo tale da poter pportare la fame per periodi molto lunghi. Le cellule minali, h la femmina porta d ntro di é mentre attend la preda, r tano a olte nell loro cap ul fino a che il sangue del mammif ro non arri • nell toro o. que to punto le cellule emìnali i liberano e ann a f e ndar 1 u v che i tr vano nell'ovaio. L'adattamento p rfett d lla ze alla ua pr da, n l ca in cui rie ca raggiungerla, ontra ta n 1 prob bilìtà che ·sa ha ha di rius ire n ll'impr malgrad il lun pp t m nt .



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no di e rt att ndere diciot1 il •tr t mpo' composto da una · m nti t mporali molto brevi, · qu lì il mond non pr senta alcun cambiaqu 11 int r all che è l'istante, il mondo è ~ P r l p i un1an l'istante ha la durata di un dì nd 4. edremo più tardi che la durata bi d pecie a specie, ma a qualunque lasrri ponda J>istante della zecca, non è possir ben diciotto anni in un ambiente assoluti o. Dobbiamo supporre, dunque, che la zecla su attesa si trovi in uno stato simile a quelI nno, be anche negli esseri umani interrompe per "7_.....,..,ìone temporale. Nell'ambiente della zecca, ' il tempo non è sospeso solo per qualche ora: il periopuò protrarsi per diversi anni, fino a che il -lii.~ ..,.,. dell' ido butirrico non sveglia la zecca riportandola in "vi~ ri

un ani n n p

d.&,\;~

Boòmbòroer ha ragione ,quando usa il termine pessimale per caratterizzare i) mondo estremamente ostile nel quale vive la maggior parte degli ani. che a esser così non è il loro ambiente, ma i loro dintorni. Come r, ola genenle potrebbe valere l'idea che è l'ambiente a esser ottimale, cioè csa-emaroemr favorevole, mentre i dintorni sono sempre pessima/i. L'cssmzialc è sempre che sia la specie a sopravvivere, quand'anche dovessoccombcre una grande quantità di singoli individui. Proprio perché Yambimu ~ottimale.se i dintorni di una specie non fossero pessimali, "'-~- finirebbe col prevalere su rutte le altre specie. Prova di ciò è fornita dal cinema, Durante la proiezione di un film, imm~ devono formar i per un istante e succedersi, a scatti, l'una dopo l'altra. Per far si che le ~gini siano nitide, questo processo di SW::ce!JSÌOOC deve es ere nascosto interponendo uno schermo tra un'im~ lllill~E: e l'altra. I no tri occhi non si accorgono di nulla e l'immobilità ddJ'imrnagioc e l'oscuramento prodotto dallo schermo si producono in · allo della durata massima di un diciottesimo di secondo. Se inveinterVallo si protrae, l'immagine comincia a risentire di un fasti-

.urlatno.

INTRODUZION E

S3

Il caso d ella zecca ci fo rnisce un insegnamento molto importante. La nostra impressione è che il tempo faccia da contenitore p er qu alunque avvenimento e che, di conseguenza, sia l'unico elemento stabile nel continuo fluire degli avvenimenti. Abbiamo visto, invece, che è il soggetto a dominare il tempo d el suo ambiente. Mentre fino ad ora avremmo detto che senza tempo non può darsi un soggetto vivente, ora sappiamo che occorre dire il contrario: senza soggetto vivente, il tempo non può esistere. Nel prossimo capitolo vedremo che la stessa cosa accade con lo spazio: senza soggetto vivente non si danno né spazio né tempo. È in questo modo che la biologia si collega alla filosofia di Kant: la utilizza per un fine scientifico, cioè per evidenziare quanto sia decisivo il ruolo giocato dal soggetto nella teoria dell'ambiente.

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erca nel dolce solo l'uva passa, oo-etti che popolano i suoi dintor~ ..au..:,Ìvam nte dall'acido butirrico. A noi non ~m·.e..- quali siano le sensazioni gustative che pro- -·~taio quando assapora l'uvetta. Constatiamo 1u a passa diventa il carattere percettivo del i te, iché questa assume per lui un particolare si~runlcarO ·olo ·co. Allo stesso modo, non ci poniamo il · quali iano le sensazioni olfattive o gustative .._.._AA z.ecca, perché ci accontentiamo di registrare il fatto -.:.u.u ..... ....·~-·co diventa una marca percettiva, ~na enti.olo~cam nte ignificativa. Ci limitiamo a constatare che nell'organo percettivo ~ - ucca. devono esistere cellule percettive che emettono -..:i...,._,..~· com supponiamo accada anche nell'organo per---·- o d I buongustaio. ~w· perc.ettivi della zecca trasformano uno stimolo, t•-"""' butirrico. in una marca percettiva tipica del suo unhtt~:te, I o tesso modo in cui i segni percettivi del orinano, nel suo ambiente, lo stimolo costi.w dall'u etta nella marca percettiva corrispondente. Cambi d ll'animale, del quale ci stiamo occupando in q........,..... pagine, costituisce solo un frammento dei dintor-

I. LO SPAZIO

L'AMBIENTE

55

ni h v diamo e tendersi intorno a lui: i dintorni non sono ltr ch e il nostro stesso ambiente, l'ambiente umano. Il prbno biettivo d ella nostra ricerca è isolare le marche pere ttive di un animale tra tutte quelle che fanno parte dei u oi d intorni e ricostruire il suo ambiente. La marca percettiva dell'uvetta lascia la zecca indifferente, mentre nel suo ambiente quella dell'acido butirrico gioca un ruolo fondam entale. L'ambiente del buongustaio non mette l'accento sul significato dell'acido butirrico ma solo sull'uvetta. Ogni soggetto tesse intorno a sé una ragnatela di relazioni con alcune proprietà specifiche possedute dalle cose che lo circondano ed è proprio grazie a una rete tanto fitta che può condurre la propria esistenza. Qualunque siano le relazioni tra un soggetto e gli oggetti che popolano i suoi dintorni, esse vivono al di fuori del soggetto, là dove dobbiamo cercare le marche percettive. Per questo motivo, le marche percettive sono sempre legate tra loro sia in senso spaziale sia in senso temporale, visto che devono succedersi secondo un ordine determinato. Troppo spesso ci culliamo nell'illusione che le relazioni intrattenute da un soggetto con le cose che costituiscono il suo ambiente si collochino nello stesso spazio e nello te so tempo di quelle che intratteniamo noi con le co e che fanno parte del mondo umano. È un'illusione che i nutre della fede nell' esistenza di u n unico mondo, in ui arebb ero inseriti tutti gli esseri vi enti. Solo in que ti ultimi anni, i fisici hanno cominciato a dubitare dell i t nz di u n universo in grado di comprender all'int m di un 1 p azio tutti i viv nti. C h uno pazi d 1g n r non p i ter emerge già dal fatto h gli n un1aru VI n in tr paz i h i comp n trano, i mpl tan m h n h , in part , i ntraddi on .

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g mb 1 br ia, l dir zi ne 1 ten 1 n d i m ni tra i m n Ilo pazio d i p zi di gi co dei nostri nt spazio operativo. Percor...:,""~r'.""'r'..n....• uddi ·d nd le in piccoli segmenti, p i d,orientamento. Conosciamo ·on di gnì singolo passo per mezzo · direzione o segno d'orientamento. E Pll~ìallltcntc ~&..>""'1.u,rui... ei assi d'orientam~to, organiz.ooclsiti e: destra e sinistra, alto e basso, urati hanno dimostrato che i passi ·.. pi(:OOli che siamo in grado di fare hanno merut1011e di · due centimetri. La nozione di passo n fornisce, come è ovvio, una misura parecisa dello spazio. È facile rendersi conto dì smDJ.c •~"-·~·,r.·o e e si prova, sempre a occhi chiusi, a maooedella mano sinistra con l'indice della mano ma,KVJor parte delle volte non ci riusciamo: i due mana1no 'un l'altro per un paio di centimetri circa. E 11·,mx)ru __,""" ten -r presente che ricordiamo facilmente · che a i.amo fatto: è quel che ci permette, ad er al buio. Questa capacità si chiama parola complicata che non dice nulla di biamo d tto finora. •.,.._o erativo n n è oltanto uno pazio motorio · · · di pa si d'ori ntamento ma po ied ma di rontr Uo dei ei a i che i int r can tra loro: il i ema d 11 rdin t

I. LO SPAZIO

L'AMBIENTE

57

i li, punt di riferimento per le varie posizioni che il r e rp as urne nello spazio. di f ndamentale importanza che chiunque i occupi 1 pr blema dello pazio si persuada di questo fatto. In f nd , non c'è nulla di più semplice: per determinare con icurezza dove si trova il confine tra la destra e la sinistra, ba ta chiudere gli occhi, mettere la mano in posizione perpendicolare sopra la fronte e muoverla di qua e di la. La linea di confine coincide con il piano mediano del corpo. Se poi si mette la mano di taglio, cioè in posizione orizzontale, e la si alza e abbassa davanti al viso, è possibile stabilire la linea di confine tra l'alto e il basso che, di solito, cade all'altezza degli occhi (esiste un buon numero di persone per le quali, invece, cade all'altezza del labbro superiore). A variare di più è la linea di confine che separa l'avanti dal dietro. Possiamo individuarla muovendo la mano verticalmente in avanti e indietro facendola girare intorno alla testa. Un gran numero di persone situa questo piano nella regione che corrisponde al condotto uditivo, mentre altre lo collocano in corrispondenza dello zigomo o addiritrura, davanti alla punta del naso. Tutte le per one eh non iano affette da qualche deficit particolare hanno dentro la te ta un sistema di coordinate formato da tre piani (figura 4) h fornisce allo spazio operati o una olida orni di riferimento grazie alla quale mu r i ori ntarsi. Questi tre piani formano l'impal tur h d' un ordin al gro iglio, in continu tra f rm zion d i di r i ori ntam nti cl 11 direzioni h pu' a um r il n tr corp. m rit di n rm in r lazi n 1 trìdìm n· ità cl 11 p zi um n n un r m n rì l i u t all'int rn d 1 n tr r hi - i idd tti anali

........

BI NTI

I MALI E AMBIENTI UMANI

4. Il sistema di coordinate spaziali umano.

·5. I canali semicircolari dell'essere umano.

59 semicircolari (figura 5) -, la cui struttura corrisponde all'incirca ai tre piani dello spazio operativo"·. L'esistenza di questo rapporto è stata dimostrata da numerosi esperimenti con tale chiarezza che possiamo formulare la seguente affermazione: tutti gli animali che possiedono i tre canali semicircolari dispongono di uno spazio operativo tridimensionale. Nella figura 6 sono illustrati i canali semicircolari dei pesci. È evidente che, per questi animali, hanno una grande importanza. A dimostrarlo è la struttura interna dei canali: un sistema idraulico nel quale, sotto il controllo di alcuni nervi, un liquido è libero di muoversi in tutte e tre le dimensioni spaziali. I movimenti del liquido rispecchiano fedelmente il movimento dell'intero corpo. Questo indica che i canali semicircolari, oltre a organizzare tridimensionalmente lo spazio operativo, svolgono anche un'altra funzione molto significativa, simile a quella di una bussola. I. LO SPAZIO EL' AMBIENTE

6. I canali semicircolari dei pesci.

* [Elie von Cyon (1842-1912), fisiologo

russo, è stato il succe sore di Secenov alla cattedra di fisio logia all'univer ità di San Pietroburgo. I. Pavlov è stato uno dei suoi allievi].

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id ntificati ni n i mi ire lari, per ri r ""' •.....,.,,,., J>animale n n d vra fare altro che eh non r riportato a zero la n

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b ol in . rado di indicare «la por.tu.i uno trumento indispensabile per .._.....~· tanziali eh hanno un nido o un luogo di ro1.vuoo1ilal'lttento fì ella maggior parte dei casi, i organizzano lo spazio visivo non sono sufla porta di casa», perché l'aspetto visili circonda cambia rapidamente. c.11aaai·ra, di · o e l'orientamento nello spazio operantrata anche tra gli insetti e i mollusc~ sctJOCJir n-■t.r'". animali siano privi di canali semicircolari. on>00,si·rto. l'esperimento che segue è molto indica). Quando la maggior parte delle api è assen-

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posizione precedente dell'alveare 7. l..o ,pizio operativo deJle api.

I. LO SPAZIO E L' AMBIE TE

61

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eri menta ore sposta l'alveare di un paio di metri. Al l r ri rn , le api si riuniscono nel punto in cui avrebbe vu trovarsi il nido, cioè di fronte alla loro «porta di ca a,,. Ma, dopo circa cinque minut~ ecco che le api camian direzione e volano verso l'alveare. uesto esperimento è stato ripetuto ed è stato dimotrato che le api alle quali erano state amputate le antenne si dirigevano immediatamente verso l'alveare, anche quando era stato spostato. Ciò significa che le api si orientano all'interno dello spazio operativo solo fino a quando sono in possesso delle antenne. Private di queste, invece, si orientano facendo affidamento sulle impressioni visive. In altri termini, per le api le antenne assumono il ruolo di una bussola che indica la strada per trovare la porta di casa, una bussola che segnala questo percorso con maggior sicurezza rispetto a quanto potrebbe fare la vista. Ancora più sorprendente è il ritorno verso il nido, che in inglese viene chiamato homing, delle patelle di mare (figura 8). La patella vive su scogli esposti all'alta e alla bassa marea.

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8. Il ritorno della patella di mare v

o il nido.

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· n nt tr gli dei d r le p t 11 rit rnaì p r f rz il p r r o intra11 p t 11 no talmente pribb impo sibil ritrovare vi ta. Allo stesso tempo, è lfatti a grazie alla quale non riusciamo a immaginarcela, I i tenza, perfino nella patella, o di orientare il suo spazio operativo.

tituti o dello spazio tattile non è una .2 nma:aJ~ _ .,,....,..ria,

come il passo

d'orientamento, ma una go. Anche il luogo deve la sua esistenza a ·~ "flO ----,..- -·, ...o dd oggetto e non è un oggetto legato ica delle cose che circondano l'animale, cioè eber lo ha dimostrato (figura 9) ponendi uaa sona un compasso in modo tale che ero distanti tra loro più di un centimetro. , i due timoli sono avvertiti distintamente: · occupa un luogo diverso da quello occuò, i fa cendere il compasso verso la la d. ma tra le punte rimane la stes a, il n azion che i due timoli si avvicinino · piu f o a occupar la t s a posizion all'interlo pazio tattile.

9. L'esperimento del compasso di Weber.

Ciò vuol dire che, al di là dei segni percettivi propri della sensazione tattile, siamo sensibili anche a segni percettivi che si riferiscono al luogo e che potremmo chiamare segni locali. Ciascuno di essi produce un luo o nello pazio tattile, proiettandolo all'esterno. Le aree della pelle he, toccate, emettono sempre lo te so gno variano on id revolmente a seconda dell'importanza tatùl d 11 r ·on eh prendiamo in consid razion . Per qu 1 h riguarda il corpo umano, le aree più pi cole, io' qu 11 h n ntono di diff renziare tra loro il m ggi r num ro di luo hi n la punta d lla lingua d li dit . n l punt d ll lingu ploriamo la a ità b al ; n 1 aiut d 11 dit pl ri m li g tti, ttribu nd all 1 r ' un p 1 mpl m di lu ghi.

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MBI NTI UMANI

h vi i h il ogg tto dona al pr . nei dintorni d ll'animal una truttu-

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m rga la forma di un oggetto, è ne-

h i lu hi

ngano collegati tra loro dai passi rì tament pr dotti dalle dita o dalla mano. P m lti animali, il senso del tatto gioca un ruolo molimp rtante. An h se privati della vista, i ratti e i gatti n n in ntran ostacoli nei movimenti grazie ai loro «baffi io' ali vibri se. Tutti gli animali notturni e quelli che bu h o tane vivono soprattutto all'interno dello ->Ua.Ld.o ttile nd quale i luoghi si fondon·o con i passi

) Lo spazio visivo

Gli animali privi di occhi, che come la zecca possiedono una pelle sensibile alla luce, dispongùno di una regione cutanea che produce segni locali tanto in rispo·s ta agli stimoli luminosi quanto agli stimoli tattili. Nel loro ambienil luogo visivo coincide con il luogo tattile. Lo spazio tattile e lo spazio visivo si presentano separati solo negli animali dotati di occhi. Nella retina esistono minuscole acee elementari - gli elementi ottici - vicinissime tra loro. A ciascuno di questi elementi corrisponde un luogo nell'ambiente, poiché è risultato che a ognuno di essi rom.sponde un segno locale. La figura 10 rappresenta lo spazio visivo di un insetto volante. facile notare che, a causa della struttura sferica dei suoi occhi, la porzione di mondo esterno che corrispon-

I. LO SPAZI

L'AMBIENTE

-orizzonte 10.

Spazio visivo di un insetto volante.

de a un elemento visivo s,ingrandisce quanto più questo è distante. Mano a mano che ci si allontana, porzioni del mondo sempre più estese tendono a convergere in un luogo solo. In conseguenza di ciò, gli oggetti che si allontanano dagli occhi diventano sempre più piccoli fino a scomparire. Il luogo rappresenta l,unità spaziale minima al di sotto della quale il soggetto non è in grado di fare alcuna distinzione. Nello spazio tattile, invece, questo rimpicciolimento degli oggetti n_o n si verifica ed è proprio qui che i due pazi, tattile e visivo, entrano in conflitto. Quando i afferra una tazza stendendo il braccio e portandola alla bo ca, u cede che all'interno dello spazio visivo questa si inorandisce mentre le sue dimensioni tattili rimangono inalt rate. In una situazione del genere, è il tatto ad avere il opra ento, perché solitamente nello spazio visivo n uno nota alcun cambiamento.

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MBI

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in prl mn nh i d 11 ambi nt m un t I. tnent ri i lu ghi. Il gr d di t li dip nd dal num r di I m nti n un in 1 porzione dei dintorni. Il d 11 n1bi nt di una specie animai tr rdinari ariabilità che contraddio dì l m nti ottici in cui si articola l' apd i di rsi nimali. Più grossolano è il iù i etta li d gli oggetti diventano sfuggenti: il n l o hio della mosca è considerevolmend mondo percepito dall'occhio umano. di po izìone un metodo che ci offre la pospr entare le diverse configurazioni che può assumtece q o mosaico a seconda della specie che si preni erazione: è possibile, infatti, trasformare quaimmagine ovrapponendovi un reticolo che la scom. suoi elementi costi~tivi, in quello che abbiamo mosaico di luoghi. ·enre rimpicciolire sempre di più l'immagine, ogni volta utilizzando il reticolo e poi ingran. di nuo o l'immagine facendola tornare alle dimensio. originali: in questo modo il mosaico che la compone -..·..--ca-,,.__•- sempre più grossolano, cioè meno dettagliato. Poi,· r ·colo oon il quale abbiamo fatto le fotografie prod a un effetto di disturbo, abbiamo preferito rappre~~::::::e i aici meno definiti per mezzo di acquarelli. immagini 11a-d sono state fatte con il reticolo. Graz.ie a questo · tema, se si sa di quanti elementi ottici è costi. l'occhio di un animale, è anche possibile intuire in che percepisca il suo ambiente. L'immagine r rc corrisocmae.. più o meno, a quel che vede l'occhio della mosca.

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I. LO PAZIO E L'AMBI NT

67

f ilm nte e nstatare che, all'interno di un mondo p co partic lareggiato, è impossibile percepire i

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f 1 m nti di cui si compone la ragnatela. Per la mosca, la tela d 1 ragn è una struttura letteralmente invisibile. L'immagine 11d corrisponde, invece, a quel che percepi, all'incirca, l'occhio di un mollusco. In questo caso, lo pazio visivo di una lumaca o di una cozza si riduce a un certo numero di macchie, più o meno scure5. Come nello spazio tattile anche nello spazio visivo le relazioni tra un luogo e un altro sono forma te da passi d'orientamento. Quando lavoriamo al microscopio, la cui lente d'ingrandimento ci consente di avere accesso a un gran numero di luoghi che compongono una superficie di dimensioni ridottissime, è facile constatare che sia l'occhio poggiato sulla lente sia la mano che sta lavorando al preparato si muovono con passi d'orientamento molto più brevi che corrispondono a luoghi vicinissimi tra loro.

L'illu trazione indica emplicemente la direzi ne p · a compren ion d elle differenze n lla n ibilità i iva. h · u,n'im,1:1agin p~ù preci a di come, ad e empio, ra un intr duz1on al problema nel libr di n Fri h Aus dem Leben der Bienen [(1927), trad. it., el mondo del! pi Ed ori ole Bologna 1984]. , 5

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Fotografia della trada di un villaggio.

La stessa fotografia riprodotta attraverso un reticolo.

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rc. L a st essa strada p ercepita dall'occhio de lla mo sca.

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d. La ste sa strada percepita dall' occhiù dd m )llu -e

69

n n li pazio op rati o ' tr no da una muraglia hiamare l'orizzonte di un

i muo ono nel cielo senza che al un differenza tra la lontananza i I ti e la terra: tutto è sullo stesso erò che questo asse di orientaQuando, dopo un lungo periodo di · ot finalmente uscii di casa, mi accor-

Pft".a,r-.o

. era ristretto: arrivava fino a venti mi sembrava un tappeto multicolo~

rati tutti gli oggetti visibili. Oltre etti non erano vicini o lontani, ma solo he le automobili che mi superavano che · allontanassero, ma semplicemente

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l)tGCIO.U,Sier0.

nos~ occ ·o il cristallino volge la stessa funzione

macchina fotografica: fissa sulla retina .c ntmsooi~ a"2 lastra foto ensibile - gli ogg tti che i j fron all'obienj vo. Il cri talli no d Il' occhi m.a1DO e e ·co, può curvar i grazie ad alcuni mu Ii ,ur i com.e lo zo mdi un biettiv .

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L'orizzonte per un adulto (in bas o) e p r un bambino (in alt

Quando i mu coli che controllan il ri tallin ontr ggon e mpaiono d i egni d, ri ntan1 nt dall indi tr in nti. Quand in li i ril an i pr du gni d, ori ntam nt dir zi n p . i mu mpl tam nt rilc ti 1 hi m tt fu -

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p il appr nn m nt po tar 1 rizo a una di t nza che, da dul-

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m tn. Helmholtz~· illustra bene la pazio vi ivo del bambino e n.-,- I ) .

coonta che, da bambino, un giorno

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della guarnigione di Postdam.

· operai e domandò a sua madre se, raccia, potesse prendere qualcuna di 1u""~ DUX:OlC u.,.-.ù.... L,11,-.,1-- La hi a e gli operai si trovavano orizzonte e, per questo, sembravano al iccole e non delle figure lontane. ~~oltz aveva ragione a ritenere che garu:lo le braccia, afferrare qualcuno DmlUS!C:OU nbambino non sapeva che, nelam:JUUU ,_ _ -,~..... la chie a aveva dimensioni del tutto ...,,...,~rei L ggia, non erano delle bambo--c.nir,P - · - · - distanti.. E difficile stabilire dove cada i nte animale perché, nella maggior .n.ff'lJ•~·

ttmll.holtz (J 21-1 9♦), ci nziato poli dric ha . w· ~e,. ulla con rvazion dell' n ;gi J orguu d, nso, ulla truttur mat m tiri mu,icali. con id rato tra i f ndatori d 1. ].

73

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13. Struttura dell'occhio della mosca (figura schematica). a Occhio intero, a destra una parte vista in sezione. b gli Ommatidi. Cor Cornea chitinosa. CCr Cellula del cono cristallino. Cr Cono cristallino. Cp Cellula pigmentosa. Cv Cellula visiva. Fn Fibra nervosa. N uclco. P Pigmento. R Rabdoma. Retl Retinula.

parte dei casi, non è facile constatare sperimentalmente quando un oggetto che nei dintorni si avvicina al so etto diventi nel suo ambiente non solo più grande ma anche più vicino. Se si cerca di catturare una mosca, l'insetto non pro a a scappare finché la mano non arriva a mezzo metro di distanza. È lecito supporre che il suo orizzonte i trovi proprio a questa distanza. Altre osservazioni circa il comportamento delle m h uggeriscono che nel loro ambi nte 1,orizzont bbia caratteri ti he da ero diverse dalle nostr . È noto, d mpio h 1 m che non si limitano a olar intorn un lamp dari o un lampada, ma eguono trai tt ri a tti h 1 ri 1n n all g i allontanan d qu p r più di m un marinai eh duran · ·,··n rnnp 'vitl .

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m ltr p ri e. A figure 14 senza len-

I maniera in cui l'orizzonte enziale è che esso è comunque iamo rappresentarci tutti gli aninoi (coleotteri, farfalle, mosche, com chiusi dentro una bolla di sapone o azio visivo e che contiene tutto quel, · · ile. Ogni bolla ospita gli assi dimensioati o e quelli che abbiamo chiamato ~ uali lo spazio di ciascun animale mansoucu·ca· dd.la struttura. Gli uccelli che ci volano li che altano da un ramo all'altro o le ,v.._,__,,__ano nei prati sono animali circondati da ".:...U:"u.".... ·"' che segna i limiti del loro spazio. ta immagine possiamo comprendere ~,4._... ciascuno di noi vive chiu o d en mc,nao, · · dentro la sua bolla. Tutti i nostri imili UJ.11'11~..." )

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-1 916) • taw prof ore all'I tituto di fisioa partire daJ 1 7J. Ha lavorato sulla fisiologia comparata (1

e ddf•otlatto, ma anche ul funzionam nto d Ile r ti n urali

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