Donatello. Catalogo completo delle opere (I Gigli dell'arte) (Italian Edition) 8877370564, 9788877370563


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Donatello. Catalogo completo delle opere (I Gigli dell'arte) (Italian Edition)
 8877370564, 9788877370563

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o/lana a ura di Pi Lro . Marani

Charles A very

DONATELLO Catalogo completo delle opere

Copyright © 1991 Cantini & C Borgo S. Croce 8, Firenze

ISBN 88-7737-056-4

Traduzion e: Tania Gargiulo e Rossella Foggi Redazione: Rossella Foggi Grafica: Luciano Arcaleni Fotocomposizione: Tassinari Fotoliti: Chiaroscuro, Alfacolor Stampa: Tipostampa

CANTINI

INTRODUZIONE

SOMMARIO Introduzione Catalogo delle opere

5 21

Biografia

147

Indice topografico

151

Bibliografia

153

Referenze fotografiche Scala, Antella; Foto Perugi, Firenze; Foto Silvestri, Firenze; Victoria and Alberi Museum , Londra; Foto Bertoni, Firenze.

Donatello può essere definito lo scultore più grande di tutti i tempi , per la sua capacità di rappresentare nelle sue opere l'intera gamma dei caratteri e delle emozioni umane. Ciascuna delle sue numerose versioni della Madonna col Bambino indaga un aspetto diverso dell'intimo, affettuoso rapporto che lega la madre al proprio figlio , sia pure in un clima di intensa spiritualità cristiana ; le scene di tortura e di martirio sconvolgono l'osservatore per l'angoscioso realismo con cui l'artista inserisce nella sua rappresentazione gli esseri umani più abietti; le ascetiche figure di santi e profeti sono indimenticabili non solo per la precisione con cui sono resi i particolari dell'aspetto fisico , le carni emaciate sulle ossa, i capelli scarmigliati , ma per il fervore religioso che emanano , grazie all'intensità empatica con cui lo stesso Donatello partecipa alle loro sofferenze volontariamente affrontate. Donatello manifesta inoltre una versatilità eccezionale, affrontando tutti i tipi di materiali e tutte le tecniche accessibili a uno scultore, e sotto tale aspetto supera per esempio il Ghiberti , che si concentrava sulla tecnica del modellato come base della fusione in bronzo, oppure Michelangelo, che si limitava alla scultura in marmo. È probabile che durante l'apprendistato dal Ghiberti Donatello abbia perfezionato le proprie capacità tecniche nel modellare e nell'eseguire forme; forse può aver imparato i rudimenti delle tecniche fusorie , ma in seguito ebbe il buon senso di affidare questo rischioso procedimento a qualificati operai di fonderia . Come tutti i grandi scultori Donatello aveva il gusto fisico dello scolpire: sbozzare la figura un colpo dopo l'altro da una massa di materia inerte, come un blocco di marmo o di arenaria o un tronco d'albero. Quando poi realizzava rilievi narrativi, fu tra i primi ad attuare l'idea di tracciare un leggero disegno sulla superficie della lastra di marmo con la punta o l'angolo di uno scalpello, anziché scavare per l'intero spessore del blocco come facevano gli antichi romani sui sarcofagi. Donatello doveva essere anche un abile pittore: infatti non è credibile che potesse lasciare intervenire un'altra persona su una statua come la sua Maddalena, dove la vivace policromia ha una parte così importante nell'effetto generale. Donatello poté ottenere questi risultati con lo studio dei ruderi greci e romani, che prosegue per tutta la sua vita ma soprattutto negli anni giovanili , insieme al Brunelleschi, e con l'insaziabile osservazione dell'umanità circostante. Nato in una famiglia poverissima di operai fiorentini riuscì a raggiungere una posizione sociale eccezionale per un artista - non solo in quell'epoca ma ancora per un lungo periodo successivo - di favorito e addirittura amico personale di colui che in effetti governava la città, Cosimo de' Medici.

6 Donatello è tra i fondatori del Rinascimento: amico del Brunelleschi, di Paolo Uccello e di Masaccio, allievo del Ghiberti, frequentatore della cerchia di Leon Battista Alberti, coopera con loro alla scoperta della prospettiva geometrica, applicandola in un primo momento in numerosi rilievi narrativi, sebbene più tardi la sua arte sembri in grado di liberarsi anche di quella convenzione e di piegarla ai propri fini. Lo scultore arrivò agli ottant'anni, il doppio della vita media dei suoi contemporanei, e fino all'ultimo giorno continuò a lavorare. Perciò il corpus delle sue opere è molto esteso: ci sono pervenuti i documenti che riguardano trentacinque opere da eseguire su commissione, tra le quali molte sono in realtà interi complessi come l'altar maggiore di Sant'Antonio a Padova, e per una dozzina d'altre opere abbiamo delle prove circostanziali. A queste va aggiunto un buon numero di sculture del tutto prive di documentazione ma che considerazioni di stile permettono di attribuire al maestro: alcune di queste sono universalmente accettate, mentre su altre c'è una disputa accanita fra gli specialisti. Perciò lo studio di Donatello è uno dei campi più appassionanti in tutta la storia dell'arte. A quanto pare purtroppo Donatello doveva essere a malapena in grado di leggere e scrivere - il che nella sua condizione sociale era normale - e quindi , a differenza del Ghiberti , che fu suo maestro e più tardi suo concorrente, non ci ha lasciato scritti sulla sua arte, di carattere teorico o pratico, sul genere dei Commentarii appunto del Ghiberti. Ma la prontezza della sua intelligenza gli permetteva di assimilare le informazioni che riceveva dai suoi dottissimi patroni in materia di letteratura o filosofia classica o teologica, mentre le straordinarie capacità di immaginazione e il perfetto dominio della manualità gli consentivano di tradurle in vivaci raffigurazioni scultoree. Non sembra però che Donatello abbia avuto lin carattere facile , in parte senza dubbio perché non dimenticava le proprie umili origini, che forse avevano finito col diventare un motivo d'orgoglio, e in parte perché, essendo altrettanto cosciente del proprio genio, non tollerava che andasse sprecato. Nel 1525, Pietro Summonte lo descriveva in una lettera a Marcantonio Michiel: "Omo rozo e simplicissimo in ogni altra cosa, excepto che in la scolptura" (sic). Produceva moltissimo, ma come avviene a molti grandi artisti la sua immaginazione andava sempre oltre rispetto alla capacità di portare a termine i lavori: conosciamo perciò molti casi in cui i rapporti con i suoi committenti si guastarono, soprattutto quando si trattava di gruppi di ecclesiastici. Nel 1415 Donatello consegnò il San Giovanni Evangelista oltre il termine fissato dal contratto; in seguito partì per Roma e vi rimase tre anni quando invece avrebbe dovuto lavorare senza sosta al pulpito della cattedrale di Prato; nel 1450 i bronzi realizzati per l'altar maggiore di Sant'Antonio a Padova furono molto criticati perché non erano perfettamente rifiniti; e infine, si dice che alla consegna, nel 145 7, la statua bronzea di San Giovanni Battista eseguita per la cattedrale di Siena mancasse di un avambraccio, perché secondo l'autore la somma pagata era insufficiente. Un anno dopo , Ludovico Gonzaga che cercava di persuader-

7 lo a finirgli un'opera per la quale Donatello si era impegnato, lo definì "molto intricato". Talvolta Donatello poteva mostrarsi violento, e lo comprova per l'appunto il primo documento che lo riguarda, un rapporto dell'autorità giudiziaria compilato nel 140 I, dal quale risulta che lo scultore, allora sedicenne, aveva aggredito e ferito con un bastone un tedesco a Pistoia. Forse il temperamento irascibile era un retaggio familiare , perché poco prima della nascita di Donatello il padre Niccolò aveva partecipato al movimento di ribellione passato alla storia come la rivolta dei Ciompi. A un certo punto Niccolò era stato perfino bandito perché colpevole di assassinio , ed era tornato a Firenze con la famiglia poco prima della nascita del figlio Donato. Niccolò era membro dell'arte minore dei cardatori della lana, artigiani di tempra robusta; lo stesso Donatello, in quanto scultore doveva avere una forza fisica notevole, per poter maneggiare martello e scalpello tutto il giorno per settimane intere di fila. Probabilmente diventava un avversario pericoloso quando era provocato e il suo carattere focoso prendeva il sopravvento, anche se dalla documentazione in nostro possesso non risulta che abbia compiuto altri atti di violenza. È evidente però che in Toscana la lingua tagliente e lo spirito sarcastico di Donatello suscitavano l'entusiasmo generale. Vasari riferisce per la gioia dei suoi lettori varie battute sarcastiche attribuite a Donatello, per esempio un commento sul San Tommaso di Paolo Uccello: "Eh, Paolo; ora che sarebbe tempo di coprire, e tu scuopri!". In un altro caso Vasari racconta come, quando gli fu chiesto quale fosse la miglior cosa fatta dallo scultore Ghiberti ,_Donatello avesse replicato, anziché con un commento su qualche opera d'arte, con una battuta definitiva: "Vendere Lepriano", alludendo a un podere che Ghiberti aveva avuto e venduto perché non gli rendeva abbastanza. In un'epoca in cui la tradizione orale aveva un peso non indifferente non possiamo ignorare come pura invenzione i bon mots attribuiti a Donatello, che si conciliano con il clima in cui lo scultore viveva e con la sua fortissima capacità di osservazione dei piccoli dettagli quotidiani e delle idiosincrasie umane, testimoniata dalla sua arte soprattutto nelle opere narrative. Evidentemente Donatello doveva essere un personaggio popolare a Firenze, dove l'eccentricità e l'ironia sono tuttora apprezzate quasi quanto in Inghilterra. Lo scultore compare perfino tra i personaggi di un "mistero" scritto quando era ancora vivo, Nabucodonosor Rei di Babilonia. La scena principale si svolge negli anni seguenti al 1430, perché vediamo Donatello occupato a lavorare al pulpito per Prato e alla Dovizia destinata alla piazza del mercato di Firenze. Lo scultore ha già troppo da fare per poter prendere altre commissioni: ma appena Nabucodonosor gli propone di realizzare una statua d'oro alta sessanta braccia, Donatello non ha il minimo scrupolo a cambiare idea. Secono l'ironico testo del dramma sacro, Donatello sarebbe stato sempre pronto ad accettare nuovi incarichi, soprattutto se prestigiosi e remunerativi, anche quando in realtà ne aveva già più che a sufficienza e si trovava a dover smaltire una gran mole di lavoro arretrato .

8 Non c'è da pre ndere troppo sul serio questa miscela di attualità e fantasia , mentre l'allusione al pulpito di Prato deve avere il preciso obiettivo di strappare la risata, perché i ritardi di Donatello nel realizzare quel progetto eran o fin troppo famosi. Vi sono infatti due casi documentati in cui per indurre lo scultore a proseguire il lavoro i committenti gli offrirono compensi aggiuntivi: il 23 dicembre del 1428 i prelati della cattedrale di Prato inviarono a Donatello un dono natalizio di "farina e legno da ardere", mentre nel 1434 un amico comune, Matteo degli Organi , consigliava loro di mandare "qualche danaio per spendere per queste feste", giacché lo scultore "è huomo ch'ogni picholo pasto è allui assai, e sta contento a ogni cosa". In effetti Cosimo de' Medici era l'unico che avesse qualche ascendente su Donate llo, e alla fin e le autorità di Prato dovettero ricorrere alla sua intermediazione per indurre lo scultore a interrompere il soggiorno romano e riprendere a lavorare al pulpito. Nel 1458, un quarto di secolo più tardi , Ludovico Gonzaga si servirà della stessa tattica per convincere Donatello a lasciare Siena e venire a Mantova a terminare un progetto di cui aveva preparato i modelli vari anni prima. Nello stesso scambio di lettere con i senesi Ludovico definisce Donatello "molto intricato", e riconosce che "lui ha un cervello fa cto a questo modo che se non viene de li non li bisogna sperare, siche solecitatelo pur". D'altra parte Donatello mostrava un carattere aperto e generoso verso coloro con cui si sentiva a proprio agio: è evidente che con Cosimo esisteva uno straordinario rapporto di amicizia, capace di superare tutti i tradizionali ostacoli frapposti dalle differenze di censo e di ceto. Non bisogna pensa re però che i contrasti con i committenti derivassero da un atteggiamento di noncuranza bohémienne da parte dello scultore: era inevitabile che vi fosse un intrinseco conflitto fra l'individualismo di recente conquistato da lla fi gura dell'artista - in ciò accomunata ai membri di un ceto sociale superiore - e che era un tipico frutto del Rinascimento, e un sistema di patrocinio delle arti tuttora medievale , in base al quale l'artista non era altri che un qualsiasi artigiano, dal quale si pretendeva che forniss e determinati prodotti su ordinazione e a scadenze determinate. Il conflitto non si sarebbe sciolto ancora per molti anni a venire. Nel caso di Donatello la generosità intelligente di Cosimo riusciva a conciliare questo conflitto, a colmare l'abisso sociale che li avrebbe separati in base ai criteri consueti, e manteneva il ge nio ribelle sotto la sua ala protettrice . Tale situazione, forse proprio per la sua eccezionalità, suscita il comme nto del biografo di Cosimo, Vespasiano da Bisticci, ne lle Vite di uomini illustri: "Di scultura, egli n'era intendentissimo ; e molto favoriva gli scultori e tutti gli artefici degni . Fu molto amico di Donatello et di tutti e' pittori e scultori; et perché ne' tempi sua quest'arte degli scultori alquanto venne che egli erano poco adoperati , Cosimo, a fin e che Donatello non si stessi, gli allogò certi pergami di bronzo per Sancto Lorenzo, et fecegli far e certe porte che sono nella sagrestia; et ordinò al banco, ogni settimana, ch'egli avesse una certa

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9 quantità di dana ri , tanto che gli bastassino a lui et a quattro garzoni che teneva; et a questo modo lo mantenne. Perché Donatello non andava vestito come Cosimo arebbe voluto, Cosimo gli donò uno mantello rosato et uno capuccio, e fecegli una cappa sotto il mantello, et vestillo tutto di nuovo; et una mattina di festa glieli mandò, a fin e che le portassi. Portolli una volta o dua, di poi li ripose, e non gli volle portare più, perché dice che gli pareva essere dilegiato". Il rapporto con Cosimo fu per Donate llo uno dei poc hi elementi di stabilità in una vita per altri versi molto movimentata: era nota la scarsa capaci tà di Donatello nel maneggiare il denaro; quindi il suo mentore, che per suo conto era un grande talento della fin anza, provvide ad assicurar gli un o stipendio fi sso che permettesse allo scultore di sbarcare il luna rio e di pagare un sala ri o ai propri collaborato ri . Nel testamento Cosimo ebbe addirittura la prem ura di assicurare al suo protetto ormai in età avanzata una dimora dove egli potesse ritirarsi quando non fosse più stato in grado di lavorare, in una piccola te nuta ne i pressi della fortezza medicea di Cafaggiolo , disponendo che a suo tempo il grande a rtista dovesse essere sepolto accanto a lui , nella cripta di famiglia a San Lorenzo . Donate llo sopravvisse a Cosimo due an ni , e in quel periodo ricambiò la bontà del patrono che per tutta la vita lo aveva benefi cato, modellandone il ritratto su una medaglia commemorativa. Dispiace che non vi siano docum enti - e perciò nemm eno date sicure - sui lavo ri eseguiti da Donatello per i Medi ci, i più importanti fra i suoi committenti privati; la spiegazione sta nel fatto che la famiglia gli corrispondeva appunto una sorta di vitalizio attraverso la propria banca, senza riferirsi alle singole opere commissionate. In effetti per una decina d'anni dal 1433 in poi, data del ritorno dei Medici dall'esilio, lo scultore abitò in una loro proprietà, paga ndo un affitto del tutto simbolico per una casa e uno studio di dimensioni piuttosto ra gguardevoli, nell'ex albergo di Santa Caterina, che si trovava sull'area poi occupata dal loro grande palazzo di famiglia. Anzi il trasferimento di Donatello a Padova nel 1443 - altrimenti di difficile spiegazione - potrebbe proprio essere motivato dalla necessità di lasciar liberi quei locali nel momento in cui stava per cominciare la costruzione del palazzo. Forse non è una coincidenza casuale neanche il fatto che Donatello sia ritornato da Padova verso il 1453, quando appunto si cominciava l'arredo degli interni del palazzo stesso. Non solo le porte di bronzo e i pulpiti per San Lorenzo, che secondo Vespasia no da Bisticci Cosimo gli av rebbe commissionato perc hé non sopportava di vederlo in ozio, ma molte a ltre opere di Donatello sono state fatte per questo grande cliente. Le più evide nti sono i rilievi di stu cco policromo nella Sacrestia Vecchia, in particolare le due coppie di santi patroni della famiglia Medici al di sopra delle porte laterali . Due pannelli in bronzo della Crocifissione (50 , 69), piccoli e portatili, che in seguito divennero proprietà de lla fami glia, potrebbero essergli stati ordinati da Cosimo o dal figlio Piero. Nell'inventari o postumo dei beni di Lorenzo il Magnifico, compilato nel 1492, sono citati due rilievi in marmo che probabilmente sono da identificare nell'Ascensione di Cristo (36) e nel Banchetto di Erode (32). Di Donatello i Medici avevano anche dive rse Madonne, ma non sappiamo con precisione quali.

IO Può darsi che nel 1438 Cosimo e il fratello Giovanni abbiano pagato Donatello per la statua in legno policromo di San Giovanni Battista, un dono alla colonia fiorentina di Venezia in ringraziamento per l'ospitalità loro accordata durante l'esilio a Venezia nel 1433-34 (59). Per palazzo Medici Cosimo ordinò a Donatello due statue di bronzo che sono tra le opere più originali dello scultore: il David, con la testa di Golia (71), destinato a costiuire il punto focale del cortile in senso sia visivo, sia intellettuale. La statua sorprende, e addirittura scandalizza, per la sua eterodossa nudità: finché non si riflette che il richiamo così palese alle sculture classiche, alle raffigurazioni di atleti nudi e semidivini, è del tutto intenzionale, e deve interpretarsi in chiave neoplatonica; David fanciullo è un'allegoria dell'amore celeste, e non un semplice pastorello ebreo che è riuscito per miracolo a uccidere un gigante. Nel giardino interno sul lato posteriore del palazzo era collocato un gruppo ancor più straordinario, a coronamento di una fontana: Giuditta che uccide Oloferne (81). Non si sa se - come alcuni propongono - entrambe le statue fossero visibili in un solo colpo d'occhio fin dall'ingresso del palazzo. Se la Giuditta si fosse trovata al di sopra della vasca incassata tuttora esistente, che sta a sinistra dell'asse di attraversamento del cortile, non sarebbe stato possibile: solo chi era già entrato nel giardino si trovava d'un tratto di fronte la Giuditta. Qui una donna vestita esulta per la vittoria su una vittima maschile pressoché nuda, formando un contrappunto rispetto all'altra statua, dove l'eroe è il maschio seminudo. Secondo le iscrizioni (da tempo scomparse, ma documentate nella letteratura) il gruppo della fontana celebrava allegoricamente il trionfo dell'Humilitas sulla Superbia. La tipologia iconografica è per entrambe le statue del tutto inusitata, fin quasi alla bizzarria, con una libertà espressiva che non sarebbe stata ammissibile se non nel perimetro di un palazzo privato : quindi il patrocinio di Cosimo trova il suo massimo valore nel fatto di aver liberato Donatello dalle costrizioni che gli sarebbero state imposte dal dover esporre le sue opere in pubblico in un contesto religioso ordinario. Infine, mentre sia Cosimo, sia il suo scultore preferito si avvicinavano al termine dell'esistenza, all'incirca verso il 1465, i due collaborarono a un ultimo grande progetto, forse per mettere a tacere la propria coscienza: un ciclo di rilievi sul tema della Passione e resurrezione di Cristo (82). Qui Donatello lasciò totalmente la briglia sciolta alla propria fantasia , ignorando nella raffigurazione degli episodi tutte le convenzioni iconografiche, e inserendovi numerosi elementi strani e di ardua spiegazione. Si può presumere che Cosimo fosse trascinato dall'entusiasmo di Donatello, e sentisse di assistere alla emozionante creazione di un capolavoro, risonante quanto una grande messa da requiem. Il figlio di Cosimo, Piero, e altri contemporanei non condividevano tuttavia la sua esaltazione, forse perché giudicavano grossolana la resa violenta e rabbiosa di questi venerandi episodi , e preferivano probabilmente il placido fulgore dorato delle Porte del Paradiso di Ghiberti; abbandonarono perciò i panne lli di bronzo a un destino di oscurità, da cui essi riemersero solo molto più tardi.

11 Altri committenti privati 1 Medici furono i committenti più importanti di Donatello, ma durante la sua lunga v:ita lo scultore lavorò per molte altre famiglie illustri. Nella sua biogra: fia dell'artista il Vasari sottolinea l'importanza di Roberto Martelli (1408-1464): ma oggi delle due maggiori statue di marmo da lui ricordate né l'incompiuto David della National Gallery of Art di Washington, né un San Giovanni Battista oggi al Museo Nazionale del Bargello di Firenze, secondo la maggioranza degli studiosi, sono da attribuire a Donatello; il primo sarebbe di Antonio Rossellino, il secondo di Desiderio da Settignano. Invece si ritiene oggi che siano state eseguite da Donatello e dalla sua bottega due opere di carattere ornamentale segnate dall'arme dei Martelli: uno stupendo Stemma che probabilmente proviene dalla facciata esterna di un palazzo appartenuto alla famiglia (73), e un sarcofago a forma di paniere di vimini per i genitori di Roberto, destinato alla cappella di famiglia in San Lorenzo, attigua a quella dei Medici (80). Entrambe le opere sembrano risalire al periodo successivo al ritorno di Donatello a Padova da Firenze, nel 1454: Donatello ne avrebbe eseguito i disegni, ma non è probabile che abbia avuto mano nella scultura vera e propria. I nomi dei titolari di varie tombe scolpite da Donatello negli anni giovanili, o quelli dei loro esecutori o eredi, corrispondono a loro volta ad altrettanti committenti singoli: la tomba dell'antipapa Baldassarre Coscia fu eseguita su incarico degli esecutori, fra i quali Giovanni di Bicci de' Medici e Niccolò da Uzzano (22). Quest'ultimo sembra abbia compensato lo scultore per un ritratto a mezzobusto in terracotta (21 ). L'artista scolpì un ritratto funebre del vescovo Pecci (28), e anche dell'arcivescovo Giovanni Crivelli (39). Forse fu lo stesso cardinale Rainaldo Brancacci (morto nel 1427) a ordinare la propria tomba alla ditta formata da Donatello e Michelozzo, perché poco dopo la sua morte la tomba risultava già a buon punto: alla fine è possibile che siano stati i Medici a pagarne il compenso, perché il cardinale era un sostenitore di un altro prelato loro cliente, l'antipapa Giovanni XXIII. Infine, con la loro commissione per il monumento equestre dedicato a Erasmo da Narni , detto il Gattamelata, la vedova e gli esecutori del condottiero appaiono tra i più importanti committenti dello scultore fiorentino (62). La famiglia Cavalcanti ha un posto importante fra i clienti di Donatello per averlo incaricato di eseguire l'Annunciazione destinata a fare da pala d'altare per la cappella di famiglia in Santa Croce (52). Sono molte le famiglie che devono aver acquistato da Donatello, anche se non gliene avevano affidato l'incarico, qualche rilievo raffigurante la Madonna ; fra gli altri i Pazzi (16) e i Gondi , mentre Ludovico Gonzaga di Mantova possedeva una Madonna scolpita nel tufo, e due in terracotta. Il celebre medico Giovanni Chellini, che nel 1456 contribuì a guarire Donatello da una malattia, ricevette da lui un tagliere bronzeo con una Madonna,

12 in vece dell'onorari o che lo scultore impoverito non e ra in grado di paga re (68); sembra però che il medico non gliel'avesse ordinato specifica mente, e quindi in questo caso non si può parlare di commissione vera e propria. Fra gli altri committenti privati di Donatello potrebbero essere comprese due famiglie che secondo quanto risulta dalla documentazione successiva possedevano lavori eseguiti da lui : Angelo Doni (1 476-1 539), committente di Raffae llo e Michela ngelo, aveva l'e nigmatica fi gura in bronzo di Atys-Amorino (46); mentre i Gaddi - molto più tardi , nel XVlll secolo - nella loro collezione di rilievi che comprendeva tavolette d'avorio paleocristiane, di Donatello avevano una placc hetta con una Ma donna , la placca più grand e di San Sebastiano (5 1), oltre a l tagliere del dottor Chellini (68). Non abbiamo una biogra fia contemporanea di Donatello, me ntre quel che il Vasari narra su di lui nella sua opera pubblicata ne l 1550 semb ra un po' confuso, a lmeno dal punto di vista della cronol ogia, probabilmente perché ricava le notizie da precede nti guide di Firenze, dove la materia era ordinata in base alla topografi a. Abbiamo però oltre quattroce nto riferimenti in documenti contemporanei, alcuni ri gua rda nti praticamente ogni a nno de lla vita di Donatello , che costituiscono un punto di partenza solido per ricostruire la vita professiona le dello scultore. Donate llo era fi glio di un umile card atore di lana, un proletario che aveva preso parte alla riv olta dei Ciompi del 1378, ed era stato bandito da Firenze per un certo peri odo per ave r ucciso una persona in una rissa di strada. Il figlio dovette seguire le orme del padre, perché il primo documento che lo rigua rda è la sente nza di un mag istrato che lo ammonisce per il suo comportamento: aveva colpito un tedesco con un bastone, a Pistoia. Può darsi che si trattasse soltanto di esubera nza giovanile, perché non abbiamo altri documenti che ri gua rdino atti di viole nza contro le persone, anche se secondo certe leggende Donatello avrebbe sfigurato o distrutto le proprie sculture quando era preso dalla rabbia contro i committenti che non gli pagavano quanto pattuito. Donatello emerse dall'oscurità nel 1404, quando lavorava come assistente nella bottega di Lorenzo Ghiberti , poco dopo che il maestro aveva vinto il concorso per realizzare un nuovo paio di porte di bronzo per il Battistero, da accostare a quelle di Andrea Pisano degli a nni 1330-40. Donatello aveva allora diciotto anni, e per i criteri de ll'epoca era un artista completo. Doveva aver compiuto il proprio apprendistato in una delle botteg he di Firenze, forse quella dell'Opera del Duomo, perché fu l'Opera ad affid argli i primi incari chi autonomi per delle sculture in marm o: due Pro fetini per la porta della Ma ndorla , nel 1406, e le statue di David e di San Giovanni Evangelista , nel 1408 (2 , 4). Con Ghiberti Donatello non può aver imparato le tecniche della scultura, perché il Ghiberti era specializzato ne l modellare la cera e la creta de lle fi gure destin ate a essere poi fu se in bronzo, oltre che nel cesellare le fu sioni realizzate con la precisione di un orefi ce. Durante i tre anni in cui lavorò con Ghiberti , Donatello deve aver a ffin ato

13 la tecnica del modellare e assimilato lo stile ta rdogotico che vediamo predominare nei suoi rilievi giovanili eseguiti per le porte del Battistero. Al momento di lasciare il suo maestro Donatello si avvicinò a Brunellesc hi , il rivale che Ghiberti aveva sconfitto nel concorso pe r l'assegnazione del lavoro sulle porte del Battistero, il che fa presumere c he il periodo di tirocinio con il Ghiberti non fosse conge niale a Donatello, per il contrasto insanabile fra le rispettive concezioni sulla vita come sull 'arte. Donatello e Brunellesc hi era no affascinati dai ruderi della classicità dell'antica Roma: si dedicarono a studiarli con passione e ben presto i frutti di questo studio apparvero ne ll'ope ra dello scultore, per esempio nella vigorosa testa di Golia ai piedi del David. Tuttavia il volto di David è relativamente sereno, e la sua posa lievemente incerta, ondula nte, ha ancora una sensibilità gotica. La figura seduta del San Giovanni Evangelista , iniziata contemporaneamente, ma terminata solo molto più ta rdi , nel 14 15, mostra come Donatello, accanto a Nanni di Banco con il suo San Luca , cerchi di supera re i suoi a ntichi riva li , che nel realizzare gli altri due evangelisti seguivano uno stile decisamente gotico. La prima statua veramente rin ascimentale di Donatello è il San Marco (5), scolpito abbastanza rapida mente mentre era ancora in corso il lavoro al San Giovanni (1411-1 3): in questa statua, che traduce in linguaggio moderno la tipologia delle antiche statue romane de i senatori , si stabilisce un nuovo punto di paragone al quale qua lche anno dopo il Ghiberti avrà difficoltà a contrapporsi con il suo San Maueo di bronzo . Donatello ave va appena terminato queste statue quando fece un nuovo passo ava nti , per a rrivare al pieno dominio realistico de l soggetto e alla resa del carattere nella statua del San Giorgio (6), molto celebrata: si trattava di un soggetto che metteva a un 'ardua prova le sempre crescenti facoltà immaginative dello scultore, poiché l'armatura su cui si esercitava l'Arte dei Corazzai e Spadai, i committe nti della statua era un soggetto ri gido, che limitava il senso di movimento e l'emozione suggeriti dalla testa e dalle mani. Dopo essersi dedicato alla rappresentazione dei santi del Nuovo Testamento , Donatello dovette poi rivolge re la propria attenzione ai profeti dell'Antico, personaggi più remoti e temibili, le cui immagini erano destinate alle anguste nicchie gotiche sul campa nile di Giotto, in alto. Per questa nuova sfid a lo scultore ricorre alla sua conoscenza della statuaria ritrattistica roma na, le cui severe immagini di antenati fa cevano parte della religione roma na, e in cui era rappresentato un vasto repertorio di tipi ed espressioni di una fisionomia umana "reale". Ai suoi ricordi di questi antichi e illustri italiani Donate llo incorpora l'acuta osservazione dei contemporanei; già nel 145 6 Bartolomeo Facio osservava, in De Viris !llustribus: "Donatello eccelle per il suo ta lento e non meno per la tecnica; e molto noto per le sculture in bronzo e in marmo perche riesce a dare la vita ai volti delle sue fi gure, e in questo condi vide la gloria degli antichi maestri". Non si e rano mai visti prima dei volti modellati e caratterizzati in modo a ltretta nto co nvincente, che certamente supera no le fi sionomie impassibili degli antichi prototipi: addirittura i contemporanei erano

14 sicuri che i Profeti di Donatello ritraessero dei fiorentini viventi. È sicuro comunque che per il suo creatore dovevano avere in un certo senso vita propria, se Vasari ci riferisce come lo scultore, mentre si sforzava di infondere maggior carattere all'ultimo, Abacuc, abbia così apostrofato la statua: "Favella, favella , che ti venga il cacasangue!". Per vestire le sue sculture Donatello inventò un nuovo tipo di drappeggio, non derivato dalle pieghe catenarie e dagli schemi lineari ripetitivi della toga classica, ben modellato in ampie ondulazioni e profondamente scavato, come se rappresentasse un tessuto spesso e resistente qua e là fatto aderire al corpo come dal soffio di un forte vento . Lo scultore si serve di questo artificio per suggerire il movimento non solo fisico ma anche spirituale; per sottolineare le forti emozioni dei suoi smunti profeti che cercano invano di suscitare nel passante l'interesse per il messaggio divino. Il nuovo stile del drappeggio sembra originato dalla tecnica del modellare alla quale Donatello dovette ricorrere quando realizzò l'ultima statua per Orsanmichele, il San Ludovico (19) in bronzo dorato. La statua dovette essere costituita e fusa in diversi pezzi separati: lo scultore così poté conferire alle parti che rappresentavano il solo drappeggio una vitalità particolare, plasmando la creta del modello originale in profonde cavità, per creare le ombre mentre le zone sporgenti avrebbero costituito i punti di luce. Un analogo trattamento audace del drappeggio si osserva nella maschera funebre dell'antipapa Giovanni XXIII (22), che imprime drammaticità al cadavere inerte.

15 de ' Medici) e da Antonio Rossellino (Giovanni Che/lini): oggi però appare evidente che la nuova creazione di questo tipo di scultura all'antica dev'essere considerata uno dei molti meriti di Donatello. Dal 1420-30 in poi , Donatello conferisce alle sue statue volti che sono il frutto di un'attenta osservazione, fino a somigliare a ritratti. L'aspetto di certe sue figure, come il San Giovanni Battista ligneo del 1438 (59) e quello in bronzo del 1457 (76), oppure la Santa Maria Maddalena (75), ha un'intensità quasi ipnotica, impareggiabile nel confronto con qualsiasi altro scultore. Proprio tale caratteristica induce lo studioso ad accettare un'attribuzione antica come quella del San Girolamo di Faenza (74). La vivacità che l'immaginazione di Donatello infonde alle figure di questi eremiti del deserto, è accentuata dall'uso del colore quando si tratta di sculture lignee. La partecipazione empatica con cui lo scultore rappresenta questi asceti tormentati , dal corpo orridamente emaciato , ridotto ormai a poco più che tendini ed ossa tenute insieme da carni che somigliano piuttosto al cuoio, trascina lo spettatore travolgendolo con un'ondata di emozioni, e potenzialmente di fede. Donatello si serve del proprio genio come un potente mezzo di espressione delle proprie convinzioni religiose che tende altresì a rafforzare la fede altrui, e addirittura a convertire gli altri scuotendoli dall'apatia. In mancanza di documenti scritti, possiamo soltanto congetturarlo osservando le sue opere: tuttavia quest'impressione è stata nel tempo ed è oggi così universalmente percepita che non si può non crederla vera almeno in parte, e non sarebbe giusto metterla da parte come una pura sensazione soggettiva.

I ritratti le Madonn e [ 'interesse di Donatello per la ritrattistica, emerso con i Santi di Orsanmichele e i Profeti del campanile, portò lo scultore a riportare all'attualità la tipologia romana del busto-ritratto, caduta in disuso nel corso del Medioevo salvo che per i reliquiari destinati a contenere i resti del capo di qualche santo. In effetti il primo busto eseguito da Donatello è appunto un reliquiario di questo genere, eseguito nel 1422 per contenere il teschio di un santo protocristiano, Rossore (20). Al santo vissuto in un'epoca remota Donatello attribuì un volto pieno di vigore, i cui lineamenti sono forse ispirati a un autoritratto, perché corrispondono all'unica immagine contemporanea che ci sia rimasta di Donatello, quella che si trova su un cassone dipinto oggi al Louvre. Quello che può essere considerato il primo vero busto ritratto del Rinascimento fu probabilmente realizzato entro il decennio successivo, perché il soggetto era un patrizio fiorentino, Niccolò da Uzzano, che morì nel 1432 (21 ). Sembra che il busto sia stato eseguito partendo da un calco del viso, che però non sappiamo se fosse stato eseguito subito dopo la morte o durante la vita del modello. Un tempo i prototipi del ritratto rinascimentale erano individuati nei busti marmorei eseguiti tra il 1450 e il 1460 da Mino da Fiesole (Piero il Gottoso

In termini generali un artista riesce a rendere meglio un personaggio forte e maturo, con un volto dal quale traspare l'effetto dei travagli esistenziali, che non le immagini di persone giovani e ignare della vita, dal viso non segnato. È questa la sfida che Donatello dovette affrontare soprattutto nel rappresentare un tema fondamentale dell'arte cristiana, la Vergine con il -Bambino. Su questo soggetto lo scultore si adegua alla dottrina del decoro rappresentativo, attribuendo alla Madonna tutti i caratteri della bellezza, sul modello dei volti idealizzati incontrati nella statuaria mitologica grecoromana. Tuttavia il viso della Madonna non appare sempre con un'esptessione serena: più spesso si nota il turbamento dovuto al presentimento della futura Passione del Figlio. Donatello evita però le interpretazioni sentimentali del soggetto che prevalgono - con effetti che arrivano al lezioso - nella scultura fiorentina rinascimentale a metà del Quattrocento: al contrario ripensa le proprie composizioni (che oggi sono riconosciute essere piuttosto numerose) partendo da zero. Pur non avendo figli, è chiaro che lo scultore amava osservare i figli altrui; deve aver spesso visto madri giovani e graziose accarezzare i figli, e talvolta interrompersi perché distolte da qualche preoccupazione. Ogni volta che lo scul-

IG tor ' lratt;i qu sto tema consacrato, e tanto spesso usurato, da un lunga lradizion , lo la con un se nso immediato, fotografico , dell'immagine attua le , che no n può non calamitare l'attenzione dell'osservatore. Nella Madonna di Berlino-Dahlem (16) l'artista coglie il senso di esclusiva vicinanza che lega la madre e il bambino, accostandoli fisicamente l'uno all'altra, naso contro naso , occhi negli occhi, mentre l'agitazione emotiva del momento è espressa dalla mano della Vergine che mentre sorregge il Bambino lo schiaccia quasi contro di sé, con un gesto carico di energia e di immediatezza. In altri casi il Bambino appare assorto nei suoi pensieri (30); oppure madre e bambino mostrano entrambi di reagire a un terzo personaggio, che è poi l'osservatore (31); o Maria adora il Bambino in fasce , che per suo conto sembra del tutto ignaro e inconsapevole della reverenza manifestata dalla madre, e gioca con le dita o il velo di lei (53, 54). Di tanto in tanto assistono a lla scena degli osservatori in forma di cherubini, che manifestano emozioni di carattere umano: così nell'Annunciazione in Santa Croce (52), dove la Madonna ha l'aspetto più maestoso rispetto ad altre rappresentazioni create da Doì .: natello; oppure nel Tondo Che/lini, dove l'atmosfera è quanto mai intima e ~::- ·p iena d'incanto (68). · ·In più di un caso lo scultore esprime la totale vulnerabilità del Bambino, che si succhia un dito per rassicurarsi mentre la madre protettiva lo abbraccia premurosa con entrambe le mani: per esempio nelle Madonne di Verona e di via Pietrapiana (64, 67).

I Rilievi

Nel secondo e terzo decennio del Quattrocento, Donatello fu tra i primissimi a introdurre la prospettiva lineare nella scultura in rilievo. Aveva visto che quanto più leggero era l'intaglio del rilievo , quanto più vicine rimanevano le fi gure al piano frontale originario della lastra di marmo, tanto più facile era creare una sorta di scena che fosse convincente, e animarla con figur e realizzate con lo scalpello usato quasi come se fosse stato una penna con cui tracciare un disegno sulla carta. Lo scultore deve aver fatto molti esperimenti, forse in scala ridotta, con placche su cui raffigurava la Madonna col Bambino ecc., prima di riuscire a scolpire la serie geniale di opere compiute alle quali è affidata la sua fama . Il rilievo con San Giorgio e il drago (8), che narra la storia della statua che lo sovrasta, in Orsanmichele, è quello in cui la tecnica della prospettiva lineare è meno perfezionata (infatti il portico a destra non sembra sporgere in modo molto convincente). Un pannello eseguito forse una decina d'anni più tardi , il Banche/lo di Erode a Lilla (32), costituisce l'esempio più completo e ortodosso di una scena realizzata da Donatello in prospettiva, e si adegua rigorosamente ai concetti compositivi che Leon Battista Alberti avrebbe poi esposto nel De Pictura del 1435. Tuttavia il senso drammatico della scena si attenua alquanto nella cornice di una fantasia architettonica

17 "proto-piranesiana"; quando ebbe occasione di rifare lo stesso soggetto Donatello non cadde nel medesimo errore, passando a una rappresentazione ravvicinata, con figure di grandi dimensioni, mentre la cornice architettonica viene opportunamente modificata per adeguarla alla scena (23). L'Ascensione di Cristo dopo aver affidato le chiavi a San Pietro (36) e l'Assunzione della Vergine (37) risalgono probabilmente al decennio 1420-30, quando Donatello trascorse qualche tempo a Pisa, contemporaneamente a Masaccio. I due artisti erano entrambi interessati a rendere più convincenti le proprie rappresentazioni con l'introduzione della prospettiva e costituendo gruppi di figure fortemente modellate dal gioco di luci ed ombre. In entrambe le scene troviamo una peculiare innovazione costituita dalla totale mancanza di elementi architettonici che accentuino l'impressione visiva della distanza: Donatello si serve invece di un effetto molto più caratteristico della pittura, la cosiddetta prospettiva aerea, ispirata al principio secondo cui le cose quanto più lontane sono, tanto meno appaiono distinte. Quindi sugli alberi che si trovano in primo piano Donatello scolpisce il dettaglio delle singole foglie , mentre per gli alberi di cui vuol indicare la lontananza si limita a tracciar-e le'Vi striature nella massa generica del fogliame. Nell'Assunzione Donatello adotta alla lettera una prospettiva aerea, perché la Madonna è sorretta all'interno della mandorla da uno stuolo di putti colti in volo a mezz'aria: qui sono i banchi di nuvole a indicare quali sono i putti più vicini, e quali invece i più lontani e quindi appunto velati dalle nubi. Spesso i rilievi sono di ardua lettura quando sono in una posizione fissa e scarsamente illuminati. Le gradazioni dell'intaglio sono talmente lievi, e talmente sottile l'alternanza tra superfici più o meno sporgenti, che per giudicarle meglio occorre una luce morbida e radente, e meglio ancora se si può tenere il pannello in mano e spostarlo, come avviene con i rilievi di piccole dimensioni, per esempio le Madonne, destinate alla devozione privata. In origine forse la leggibilità dei rilievi era sottolineata da tocchi di colore: per esempio l'azzurro del cielo o la doratura degli ornamenti. Negli intagli marmorei era normale colorare i particolari, come sappiamo dai documenti d'epoca, ma quando la policromia era stata ormai oscurata dal fumo delle candele, molto spesso era stata rimossa con la pulitura, insieme allo sporco vero e proprio; ciò è avven~o soprattutto tra la fine dell'Otto e i primi del Novecento, quando si riteneva che questi rilievi dovessero in effetti essere di un puro color bianco fin nelle intenzioni dell'autore. In seguito Donatello eseguì alcuni rilievi su scala monumentale, destinati agli otto tondi della Sacrestia Vecchia in San Lorenzo. Questa era stata costruita dal Brunelleschi come mausoleo per Giovanni di Bicci de' Medici e per la moglie. Sembra che nel 1428 la costruzione fosse terminata, mentre il committente morì nel 1429. Contrariamente alle aspettative , e forse solo perché Donatello si trovava a Roma insieme al suo socio Michelozzo, il sarcofago fu scolpito dal Buggiano, uno scultore minore che il Brunelleschi proteggeva. Forse quando Donatello tornò a Firenze nel 1433 avrebbe potuto cominciare a la-

19 vora re a i tondi, ma i Medici venne ro banditi dalla città pe r un anno: è quindi più verosimile che lo scu ltore abbia dato inizio all'opera solo dopo il 1434, anno del loro trionfale rientro in città. Dal 1433 in poi i Medici cedettero in affitto a Donatello una vecchia locanda a un costo minimo, poiché i locali si trovavano sull'area dove sarebbe poi sorto il loro nuovo palazzo, ed è questa la data in cui probabilmente l'artista dette inizio al lavoro. 1 quattro tondi sulle lunette delle pareti mostrano gli Evangelisti seduti allo scrittoio e intenti a scrivere i vangeli: sono rappresentati come pescatori quali di fatto erano, con lineamenti rudi e capelli spettinati , senza nessuna idealizzazione . Ciascun personaggio è accompagnato dal simbolo che lo caratterizza; solo l'elegante ornamentazione all'antica dei troni e degli scrittoi ne afferma l'altezza spirituale, oltre a indicare con precisione il periodo storico a cui appartengono. Sui quattro tondi nei pennacchi è trattato il tema della Vita di San Giovanni Evangelista . Per ambientare tre di questi episodi Donatello adotta gli effetti prospettici di sotto in su, così da suggerire profondità notevoli nei tondi , quasi come se lo spettatore guardasse attraverso una vera finestra circolare ne llo spazio ulteriore, in un regno celeste dell'immaginazione. Quanto mai notevole è la sala cavernosa in cui si svolge la Resurrezione di Drusiana: è una ricostruzione molto precisa di an tiche terme romane, ricavata dagli studi delle rovine che Donatello aveva compiuto insieme a Brunelleschi quando entrambi erano studenti a Roma. Donatello traccia per prima cosa l'ambiente architettonico, con lame diritte, compassi e coltelli taglienti, intagliando sempre più a fondo lo stu cco morbido in strati successivi poco profondi per indicare l'arretramento della scena. Quindi lo scultore popola i suoi palcoscenici con fi gure drammaticamente mosse. Come gli Evangelisti, anche queste figure vengono modellate con grande energia e rap idità. Lo stucco umido veniva premuto intorno a capocchie di chiodi che sporgevano dallo sfondo , per facilitarne l'adesione alle superfici che rispetto all'asse verticale sono inclinate di 45 gradi, con la forza di gravità contraria allo scultore. Si tratta di una tecnica molto immediata e che precorre per molti aspetti la scultura figur ativa del XX secolo: in questo modo il senso drammatico e la vitalità della scena appaiono con molta maggior evidenza che se le figure fossero state portate meticolosamente a termine. La stessa impostazione di carattere "espressionista" poteva essere usata anche quando si trattava di modellare la cera in previsione della fusion e in bronzo. Le figur e di santi e martiri sulle coppie gemelle di porte in bronzo realizzate per le piccole sacrestie accanto alla Sacrestia Vecchia (48) emergono dallo sfondo neutro e lucido dei pannelli proprio per la ruvidezza con cui sono plasmate , per la sottolineatura dei contorni ottenuta martellando, premendo o raschiando le superfici metalliche, e anc he qui l'osservatore ne ricava un 'impressione di attualità. Invece di essere disposti in coppie simmetriche , armonicamente collocate nelle cornici decorate, questi personaggi religiosi ricevono da Donatello caratteri significativamen te personali : lo scultore li rappresenta

assorti in una discussione, addi rittura in una disputa , ta lvolta mentre si allontanano in un o scatto di nervi. È sbalorditivo osservare quanta varietà riesca a introdurre, in un tema potenzialmente tanto prosaico, l'immaginazione di un grande artista. Quando perciò ve rso il 1445-50 Donatello ricevette l'incarico di esegui re i pannelli della predella dell'altar maggiore del Santo, a Padova, raffiguranti i Miracoli di Sant'Antonio (63b), l'artista aveva dietro di sé l'esperienza di un'intera vita di lavoro. Su un o sfondo materialmente poco profondo, ma che all'occhio appare cavernoso , un insieme di strutture arc hitettoniche di una complessità degna di Piranesi, lo scu ltore riesce a riunire fo lle eccitate di spettatori che si accalcano intorno ai punti focali dei miraco li , proprio come fa. rebbe oggi un regista di cinema o di teatro. Le loro reazioni sono riv elate dai movimenti e dai gesti , il che rende i miraco li insie me più emozionanti e più accessibili all'osservatore. I quattro pannelli costituiscono uno dei maggiori cicli narrativi del Quattrocento: forse questo giudizio non è generalmente condiviso, poiché il tempo ha oscurato l'originaria luminosità delle superfi ci dorate, del metallo lucidato, il che rende arduo leggere o fotografar e i pannelli come meriterebbero . Altrettanto si può dire dell 'ultima serie di rilievi eseguita da Donatello sui Pulpiti gemelli di San Lorenzo (82). È probabile che in origine essi fo ssero destinati a una collocazione diversa, più vicina all'occ hio dello spettatore e in buona luce: addirittura i panne lli di form a quasi quadrata potrebbero essere stati progettati per la porta occidentale de lla cattedrale di Sie na (un progetto non realizzato al quale Donatello lavorò per due anni tra il 1457 e il 1459, e per il quale secondo i documenti produsse alcun i modelli in cera). A Siena le scene sarebbero state ben visibili ed esposte alla limpida luce del giorno: a San Lorenzo, oscurate dal tempo, sono invece praticamente invisibili , se non da una impalca tu ra e con luci da fotografo. Alcuni hanno proposto che i pannelli più piccoli della cantoria nord potrebbero essere stati progettati come ele me nti di un elaborato sepolcro per Cosimo il Vecchio (morto nel 1464), ma i tradotto in realtà. Comunque stiano le cose, la serie di episodi della Passion e di Cristo è un documento di straord inaria potenza de l fervore religioso di Donatello in un'età molto ava nzata, quasi alle soglie della morte: uno scultore che avrebbe dovuto essere in uno stato di progressivo indebolimento fisic o riesce a trovare l'energia sufficiente a modellare la cera su un vassoio che si tie ne davanti , o sulle ginocchia, perfino quando è costretto a stare a letto. Fatto caratteristico, Do natello si accosta a ciascun episodio partendo da zero , ignorando l'iconografià tradi zionale (per esempio nella Resurrezione, dove Cristo appare come uno spettro avvolto ne l sudario che faticosamente emerge dal sepolcro, e non come una figura maschile idealizzata e seminuda, in piedi in posizione centrale e di fronte, in atteggiame nto di chi trion fa senza sforzo sulla morte). li tumulto spirituale di Donatello, provocato dal senso della propria morte che si avvicinava inesorabi le - l'artista aveva ormai più di 75 anni · e dalla

20 dipartita dell'amico e mentore di un'intera esistenza, Cosimo, si comunica immediatamente a noi, attraverso il modellato nervoso - per quanto energico - delle figure , e l'intensità delle loro espressioni facciali. li vecchio scultore lavorava con rapidità e sicurezza: la relativa mancanza di rifinitura è un elemento deliberatamente calcolato che concorre all'effetto generale. Se ne ricava un'impressione di immediatezza e di urgenza, come se l'artista chiamasse a raccolta tutta l'energia che possiede, e che sente affievolirsi, per concentrarsi per intero al servizio di una vivida immaginazione e riuscire a completare il ciclo della Passione, un attestato della propria fede , mentre sentiva avvicinarsi la morte, che commuove profondamente.

CATALOGO DELLE OPERE

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1.

Coppia di Profeti Marmo, cm 128 ciascuno Firenze, Duomo, Porta della Mandorla

Il 23 novembre 1406 a Donatello furono pagati IO fiorini d'oro dall'Opera del Duomo come anticipo per due statue di marmo di Profeti per la porta nord da poco costruita. Il pagamento finale seguì il 17 febbraio 1408. Donatello fu chiamato "scarpellatore" e non ancora uno scultore piename nte abilitato. Le statue sono in stile decisamente gotico e le loro facce sono prive di qu elle serie caratterizzazioni tipiche del Donatello più tardo . Questo ha fatto dubitare che le figur e in questione siano state veramente scolpite da Donatello: comunque la differenza dal suo stile 'normale' si può forse spiegare con l'inesperienza dovuta all'età di ventidue anni (Settesoldi 1986, pp. 7-9).

2. David Marmo, cm 191 x 57,5 x 32 Firenze, Museo Nazionale del Bargello

Nel febbraio del 1408 Donatello fu incaricato di scolpire una statua di David per uno dei contrafforti del Duomo, terminata il 13 giugno: era la

sua prima statua di grandi dimensioni. Non fu mai eretta sullo "sprone", essendo troppo piccola perché potesse essere ben visibile e fu acquistata nel 1416 dalla Signoria, per esporla nella Sala dell'Oriuolo nel suo palazzo. La figura era dipinta e dorata e fu collocata su un nuovo basamento decorato a mosaico, di stile Gotico internazionale (Barocchi 1985, pp. 124-41 ; Settesoldi 1986, pp. 10-11).

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3. Crocifisso Legno policromo, cm 168 x 173 Firenze, Santa Croce

Un Crocifisso ligneo di Donatello in Santa Croce è menzionato per la prima volta nel 1510. Secondo un famoso aneddoto diffuso nel Cinquecento esso sarebbe stato eseguito in competizione con quello del Brunelleschi in Santa Maria Novella (Vasari, Vita di Donatello e Vita di Brunelleschi) ed è comunemente identificato con la scultura in questione. Le spalle della figura sono articolate in maniera da potere abbassare le braccia per deporla in un sepolcro, durante le cerimonie liturgiche del Venerdì Santo (Micheletti 1974). L'originale superficie dipinta è ben conservata. Non esiste alcuna testimonianza, se non l'evidenza stilistica, che consenta di datare il Crocifisso, ma esso fu chiaramente realizzato sotto l'influenza del Ghiberti, richiamandosi al pannello con la Crocifissione sulla Porta Nord del Battistero fiorentino . Si tratta probabilmente di un'opera precoce, intorno al 1412 (Firenze 1986, n. 18).

4. San Giovanni Evangelista Marmo, cm 210 x 88 x 54 Firenze, Museo dell'Opera del Duomo

Commissionata nel dicembre 1408, la statua non fu pagata fino all'ottobre del 1415. Lo scultore ritardò molto e dovette essere sollecitato a finire la statua da un'ingiunzione notificata il 16 aprile 1415. li ritardo può essere in parte spiegato dalle grandi dimensioni ma anche perché Donatello era ancora relativamente inesperto nel lavorare il marmo e stava cercando di ottenere un realismo e una intensità psicologica nella testa e nelle mani molto più accentuati che nella scultura gotica. Per di più, egli fu distratto fra il 1410 e il 1412, da una commissione per una statua (perduta) in terracotta, raffigurante Giosuè per uno degli 'sproni'. In origine la statua era inserita in una delle quattro nicchie ai lati della porta occidentale del Duomo, di fianco agli altri Evangelisti di Nanni di Banco, Niccolò di Pietro Lamberti e Ciuffagni (Settesoldi 1986, p. 12).

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5.

San Marco Marmo, cm 236 x 74 Firenze, Orsanmichele

Nel 1411 l'Arte dei Linaioli commissionò per una delle nicchie di Orsanmichele la statua del suo santo patrono, che fu terminata nel 1413. Si tratta della prima scultura di concezione pienamente rinascimentale eseguita da Donatello e derivata dalle statue romane dei senatori. Una recente pulitura (1986) ha messo in luce la doratura dei capelli, della barba e del bordo della toga , della copertina dell'Evangeliario, dei sandali e del cuscino sottostante. Quest'ultimo, su cui il santo si appoggia, potrebbe rappresentare il simbolo dei prodotti della corporazione che commissionò la statua. Si racconta che Michelangelo sia rimasto talmente colpito dall'aspetto di uomo onesto della figura del santo, da affermare che, se San Marco assomigliava davvero alla statua, le sue parole avrebbero certamente ispirato fiducia (Vasari, Vita di Michelangelo; Capolavori e restauri 1986, 1, n. 1, pp. 46-52 ; A. Giusti, in DonatelloStudien 1989, pp . 11 3-16).

6.

San Giorgio Marmo, cm 109 x 67 Firenze, Museo Nazionale del Bargello

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- - - -- - -- - -- - - - - - - ·-----~San Giorgio uccide il drago.

Dio padre.

7. Dio padre

Rilievo in marmo, cm 68 x 64 Firenze, Orsanmichele, nicchia di San Giorgio 8. San Giorgio uccide il drago

Rilievo in marmo, cm 39 x 120 Firenze, Orsanmichele, nicchia di San Giorgio La celebre statua e i relativi rilievi, eseguiti da Donatello per l'Arte dei Corazzai e Spadai, possono essere datati solo in base a un pagamento effettuato nel febbraio 1417 per l'architrave della nicchia di Orsanmichele (Barocchi 1985, pp. 142-75; Bertelà 1986). Probabilmente l'artista impiegò circa due anni per scolpire la statua e questo porta a datare la commissione al 1415, forse dopo aver terminato il San Giovanni e il San Marco. Il cavaliere in armi era un riferimento all'attività della corporazione, nel cui stemma sono raffigurate corazze e spade: la mano serrata e abbassata di San Giorgio stringeva probabilmente una spada di

metallo dorato che sporgeva dalla nicchia, come l'insegna di un negozio. La statua fu lodata, ancora vivo Donatello, dal Filarete nel suo Trattato (1451-64), e da autori più tardi, in particolar modo dal Vasari (ed. Milanesi, p. 403): " ... una figura di San Giorgio armato, vivissima. Nella testa della quale si conosce la bellezza della gioventù, l'animo et il valore nelle armi, una vivacità fieramente terribile et un maraviglioso gesto di muoversi dentro a quel sasso". Il rilievo narrativo sotto la statua e il busto di Dio padre nel coronamento sono gli esempi più precoci della rivoluzionaria tecnica donatelliana del 'rilievo stiacciato'. Nelle arcate sulla destra , egli ha usato una semplice prospettiva lineare e poi, in maniera assai più originale, una prospettiva illusionistica che suggerisca la profondità attraverso una fila di alberi che si estende verso lo sfondo. La principessa rimanda a un tipo classico di danzatrice, ed il cavallo impennato può derivare da un rilievo di sarcofago.

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Profeta imberbe. Profeta barbato.

9. Profeta imberbe Marmo, cm 190 x 59 x 43 Firenze, Museo dell'Opera del Duomo

10. Profeta barbato Marmo, cm 193 x 64 x 44 Firenze, Museo dell 'Opera del Duomo

11. Abramo e Isacco Marmo, cm 188 x 56 x 45 Firenze, Museo dell 'Opera del Duomo

Alla fine del 1415 Donatello fu incaricato di scolpire due Profeti di marmo per la facciata orientale del Campanile di Giotto: il primo fu portato a termine nel dicembre del 1418 e l'altro nel luglio del 1420. Tra le cinque statue generalmente ritenute di Donatello, ci sono probabilmente il Profeta imberbe e quello barbato , che, insieme all'Abramo e Isacco (commissionato nel marzo 1421), furono collocate più tardi nelle loro

Abramo e Isacco.

nicchie, nel 1422. Se il panneggio del Profeta imberbe presenta cadenze ancora gotiche e linearistiche, come in genere nelle prime statue marmoree di Donatello, la testa è caratterizzata da un realismo quasi ritrattistico derivato probabilmente dalla scultura romana antica. Il Profeta barbato si distingue per una singolare posizione delle braccia: il sinistro piegato sulla vita, sostiene l'avambraccio destro, sul quale si appoggia con il mento la testa pensierosa. Questa concezione è tipica in Donatello, che amava introdurre notazioni non convenzionali di vita reale nelle sue opere d'arte (Settesoldi 1986, pp. 20-29). Per il gruppo di Abramo e Isacco (1421-22) lo scultore fu costretto ad adattare le due figure allo spazio ristretto della preesistente nicchia gotica. Il soggetto rimanda alle due formelle eseguite da Ghiberti e Brunelleschi per il concorso del 1401 per le porte del Battistero. Il nudo Isacco ha la bellezza idealizzata e il profilo greco di una figura ellenistica (Settesoldi 1986, pp. 34-36).

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12. Profeta Geremia

Marmo, cm 191 x 45 x 45 13. Profeta, 'lo Zuccone'

Marmo, cm 195 x 54 x 38 Firenze, Museo dell'Opera del Duomo L'identificazione delle altre due statue relative al gruppo di cui al cat., 10, 11 12 attraverso una serie di pagamenti del 1423-25 e del 1427-35, e pr~ble~atica. Janson considera lo Zuccone il più antico, seguito dal Geremia, ma Settesoldi ed altri rovesciano quest~ ordine. L'aspetto ascetico e la terribile testa calva dello Zuccone rivelano un Donatello senza compromessi, che ricorda le più tarde statue in legno dipinto, che raffigurano santi eremiti come il San Giovanni Battista (1438; cat.. 59) e . La Maddalena (1460 ca.; cat. 75) (Settesoldi 1986, pp. 55-58). La hgu~a d1 Geremia mostra un complicatissimo intreccio di pieghe nel drappegg10, che si collega non alle toghe degli antichi Romani, ma al _piviale modellato e applicato sulla statua bronzea del San Ludovico (cat. 19) del 1422-25, di Donatello stesso (Settesoldi 1986, pp. 44-47).

14. Il leone di Firenze, il 'Marzocco'

Macigno, cm 135,5 x 38 x 60 Firenze, Museo Nazionale del Bargello li leone araldico scolpito in pietra e sostenente uno scudo con il giglio fiorentino in marmi rossi e bianchi, fu commissionato dagli Operai del Duomo per una colonna della scala dell'appartamento papale nel convento di Santa Maria Novella (1418-20). La scala fu demolita verso il 1515 e il leone per 300 anni non fu più esposto, finché nel 1812 fu destinato a sostituirne un altro sulla ringhiera di Palazzo Vecchio. Per ragioni conservative, fu trasferito al Bargello e sostituito con una copia in bronzo (1885). 1 tratti del leone sono chiaramente 'umani', in ottemperanza alle teorie medievali e rinascimentali sulla fisiognomica e i tipi (Barocchi 1985 , pp. 176-89; Settesoldi 1986, pp. 32-33).

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15. Profeta e Sibilla

Rilievi in marmo, cm 64 ciascuno Firenze, Duomo, porta della Mandorla Per queste due teste di profilo, realizzate a completamento del rilievo con l'Assunz ione di Nanni di Banco (morto nel 1421) sulla porta della Mandorla, furono pagati 6 fiorini il 13 maggio 1422. li Profeta deriva dalle raffigurazioni romane di barbari ; il profilo greco della Sibilla era già presente nella principessa del rilievo del San Giorgio (cat. 8) e verrà ripreso poi nella Salomè del Festino di Erode a Siena (1427 ca.). Esiste un collegamento stilistico tra queste teste e quelle maschili (142 3 ca.) che si trovano agli angoli della nicchia del Tabernacolo di San Ludovico di Donatello (cat. 18). La loro datazione esatta fornisce un punto di riferimento per la cronologia di altri rilievi marmorei non documentati, in particolare quelli raffiguranti Madonne col Bambino (cat. 16, 17).

16. Madonna col Bambino (Madonna Pazzi)

Rilievo in marmo, cm 74,5 x 69,5 x 8 Berlino-Dahlem, Staatliche Museen Sembra che questo pannello , acquistato a Firenze per i musei berlinesi nel 1886, provenisse dal palazzo Pazzi demolito intorno al 1870. Può darsi che la notizia della provenienza sia stata inventata per creare una connessione fra quest'opera e il rilievo menzionato dal Bocchi Cinelli (p. 369) in casa di Francesco Pazzi. Comunque, non corrisponde nei dettagli alla descrizione di quella Madonna. Esistono molte repliche in stucco, la cui autenticità non è accettabile. La datazione di questo rilievo si deduce dalle sue evidenti relazioni stilistiche e tecniche con il Profeta e la Sibilla della porta della Mandorla, e le teste sul tabernacolo del San Ludovico (cat. 14,18) (Avery 1989).

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San Ludovico di Tolosa.

18. Tabernacolo di San Ludovico 17. Madonna col Bambino (Madonna Yerevan)

Marmo, cm 560 x 243 Firenze, Orsanmichele

Rilievo in marmo, cm 85 x 57 Yerevan, Armenian S.S.R. 19. San Ludovico di Tolosa Questo rilievo è stato pubblicato e rivalutato solo in tempi recenti (Androssov 1983; Avery 1989). L'artista sviluppa il tema della Madonna di Berlino-Dahlem (cat. 10) accentuandone l'aspetto tridimensionale, con le teste dei due personaggi rivolte un po' verso lo spettatore. 11 rilievo stiacciato sullo sfondo, con l'Annunciazione, si collega alle sperimentazioni in questa tecnica in cui si cimentava Donatello alla metà degli anni Venti (cat. 33). Nelle figure principali si può forse riconoscere l'intervento di Michelozzo, collaboratore più giovane dell'artista.

Bronzo dorato, cm 266 x 85 x 75 Firenze, Museo dell'Opera di Santa Croce L'unico docum ento rimastoci, relativo a questo importante complesso, è datato maggio 1433, quando la Parte Guelfa pagò 300 fiorini per il suo completamento. Nel 1460-63 il tabernacolo fu venduto alla Mercatanzia, e la statua di San Ludovico fu collocata sulla facciata di Santa Croce, dove

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Tabernacolo di San Ludovico con la statua nella sua originaria collocazione.

è ricordata per la prima volta dall'Albertini (151 O) (Becherucci 1983, pp. 168-70; e in Donatel/o-Studien 1989, pp. 183-85). Fu sostituita nel tabernacolo di Orsanmichele dal gruppo bronzeo del Verrocchio con Cristo e San Tommaso. Si tratta della prima commissione a Donatello per una statua in bronzo, ed è precedente all'effige dell'antipapa Giovanni XXIII (morto nel 1419) e al busto di San Rossore (1424 ca.) (cat. 20,22). La scultura fu modellata, fusa e dorata in vari pezzi, poiché per le sue grandi dimensioni i forni dell'epoca erano troppo piccoli e le tecniche di fusione dei metalli non ancora perfezionate. Il tabernacolo è molto brunelleschiano nei particolari e, per le sue relazioni con l'affresco della Trinità di Masaccio, si può sostenere una datazione precoce, prossima a quella della statua cioè il 1423. Le tre teste della Trinità nel frontone e le teste classiche sotto agli angoli appartengono a Donatello e probabilmente sono da datare ai primi anni Venti.

20. Busto reliquiario di San Rossore

Bronzo dorato, cm 56 x 60,5 Pisa, Museo di San Matteo San Rossore (chiamato anche Lussorio o Russorio), uno dei primi martiri cristiani, fu decapitato in Sardegna sotto Diocleziano, e la sua testa, conservata come reliquia a Pisa, fu portata a Firenze dai frati di Ognissanti nel 1422. Già dal 1427 (e ancora nel 1430) si ricorda che i frati dovevano a Donatello 30 fiorini , per una figura di santo a mezzo busto. La fusione fu realizzata (insieme ad altri pezzi), per 15 fiorini, da Giovanni di Jacopo degli Stroza. Nel 1591 il busto fu trasferito a Santo Stefano dei Cavalieri. Donatello rielaborò, superandola, la tradizionale concezione del busto reliquiario medievale in argento o rame dorato - stilizzato e dai . tratti spesso sbalzati piuttosto rozzamente - realizzando un immaginario busto-ritratto 'alla romana', come le teste dei Profeti per il Campanile. Queste caratteristiche di marcata individualizzazione si confacevano alle vicende storiche del santo (Firenze 1986, n. 26; Avery 1986 a, p. 16).

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22 . Ritratto di Baldassarre Coscia (antipapa Giovanni XXIII)

Bronzo dorato, cm 213 Firenze, Battistero di San Giovanni

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Busto di Niccolò da Uzzano

Terracotta policroma, cm 46 x 44 Firenze, Museo Naz ionale del Bargello Questo mirabile busto, la cui altissima qualità artistica è stata evidenziata dalla recente pulitura (Barocchi e Bertelà 1986, pp . 246-6 1), tradizionalmente assegnato a Donatello (almeno fino a l 1745), è stato definitivamente escluso dal catalogo dello scultore da autorevoli studiosi quali Middeldorf, Janson e, rece ntemente, Pope-Hennessy. L'identificazione iconografica si basa sulla somiglianza di questa testa con il personaggio raffigurato su una medaglia dell'Uzzano (morto nel 1432) di Niccolò Fiorentino del 1480 circa e in un dipinto murale del 1424-28 di Bicci di Lorenzo, proveniente dalla facciata di Sant'Egidio a Firenze (Marek, in Donatello-Studien 1989, pp . 263-71). Niccolò fu coesecutore testamentario, con Giovanni di Bicci de' Medici, dell'antipapa Giovanni XXIII ed inoltre è documentato come uno dei primi committenti dello scultore, che potrebbe aver eseguito il suo busto-ritratto alla maniera an tica, prima o dopo la sua morte avvenuta nel 1432.

Baldassarre Coscia morì a Firenze il 22 dicembre 1419 e lasciò che i suoi esecutori testame ntari, fra cui Giovanni di Bicci de'Medici e Niccolò da Uzzano (cat. 21), decidessero la collocazione e i dettagli della sua sepoltura (Settesoldi 1986, pp. 40-43). Dopo qualche controversia, essi stabilirono nel 142 1 di erigere nel Battistero una tomba che fosse "brava et honestissima", ma non una cappella. Sappiamo che era in fase di costruzione nel 1424 e nella Portata al Catasto del 1427 , Michelozzo dichiarò di essere entrato in società con Donatello circa due anni prima: a quella data essi avevano ricevuto tre quarti del pagamento; la statua che per motivi stilistici ed espressivi deve appartenere a Donatello - fu dunque presumibilmente fusa già da allora, dato che costitui va la parte centrale del progetto. Probabilmente Donatello modellò la faccia rugosa del papa, segnata dalle preoccupazioni, sulla base di una maschera fun eraria. Si intuiscono chiaramente le forme del corpo robusto sotto le vesti ecclesiastiche, che ricadono in pieghe pressate, e ogni dettaglio dei ricami, dei guanti cerimoniali etc. è reso con precisione quasi metallica dal cesello di Donatello . Il disegno dell'intero monumento murale, inserito tra due colonne del Battistero, è l'esempio più antico di tomba rinascimenta le e probabilmente è un'opera di collaborazione fra i due artisti, sebbene la sua esecuzione sia imputabile a Michelozzo ed a ltri scultori, poiché i suoi dettagli non appartengono allo stile di Donatello (A. Giusti , in Donatello-Studien 1989, pp. 113-20).

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23. Il banchetto di Erode Rilievo in bronzo dorato, cm 60 x 60 Siena, Duomo, fonte battesimale Fede.

li primo rilievo bronzeo di Donatello documentato giunse a Siena nel

1427: fu eseguito per un lato della base esagonale del grande fonte battesimale marmoreo della cattedrale di Siena disegnato da Jacopo della Quercia dieci anni prima. li coinvolgimento del famoso fiorentino e del suo rivale Ghiberti {che eseguì due rilievi), si deve al ritardo del della Quercia, che fornì soltanto un rilievo. Donatello sfruttò la superficie quadrata del pannello realizzando, con una prospettiva virtualmente corretta, una veduta dell'interno del palazzo di Erode; sullo sfondo si collocano gli episodi successivi del dramma del martirio di San Giovanni per ordine di Salomè, che sta danzando sullo sfondo a destra. Poiché il rilievo è posto sul fonte battesimale al di sotto del livello degli occhi, Donatello si serve di un punto di vista ravvicinato e rialzato per la costruzione delle sue accurate architetture romane antiche. La tensione drammatica è accentuata dalle smorfie dei volti e dal gesticolare frenetico delle mani.

24. Fede

25. Speranza Bronzo dorato, cm 52 ciascuna Siena, Duomo, fonte battesimale

Per le nicchie agli angoli del fonte battesimale, Donatello realizzò due statuette di figure allegoriche femm inili di Virtù cristiane (1428), che sono state definite "composte e piene di grazia , eppure totalmente libere dalla

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Angelo con tamburello.

26. Angelo con tamburello

Bronzo dorato, cm 36 Berlino-Dahlem, Staatliche·Museen

Speranza.

freddezza classicista, esse sono veramente creazioni classiche nel senso più alto del termine" (Janson 1957). È stata giustamente sottolineata una connessione stilistica con gli angeli del vicino rilievo con il Battesimo di Cristo del Ghiberti, probabilmente perché in que l tempo Dona tello desiderava che queste si armonizzassero con le altre quattro statuette sul fonte, commissionate al Ghiberti.

27. Angelo danzante; Angelo con tromba

Bronzo dorato, cm 36 ciascuno Siena, Duomo, fonte battesimale Intorno al 1429 Donatello realizzò per gli a ngoli del tempietto nella parte alta del font e battesimale, tre deliziosi e raffinati angioletti in bronzo dorato, posti in equilibrio sulla parte convessa di conchiglie. li putto che suona un tamburello fu acquistato per i Musei berlinesi da von Bode nel

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Angelo danzante; Angelo con tromba.

1902 (Detroit 1985, n. 22; Firenze 1986, n. 23). Gli altri due, quello che danza con una mano sul fianco e quello che suona la tromba, sono fortunatamente ancora in situ. Le figure si muovono con vigore nello spazio sebbene soltanto l'angioletto che danza presenti il motivo del 'contrapposto'. La veduta frontale di ognuno è definita dal punto di incontro delle increspature della conchiglia su cui si tengono in equilibrio; la conchiglia richiama senza dubbio quella con cui tradizionalmente viene rappresentato San Giovanni mentre battezza Cristo. La libertà dei loro movimenti, senza precedenti, è l'opposto della classicità: gli angioletti si collocano inserire tra i loro prototipi in miniatura sui pomelli del pastorale di San Ludovico e le statue bronzee di Atys amorino (cat. 46) e David (cat. 71).

28. Lastra tombale di Giovanni Pecci, vescovo di Grosseto

Rilievo in bronzo, cm 247 x 88 Siena, Duomo Giovanni Pecci morì il. 1 marzo 1426 e la lastra tombale di bronzo in tre pezzi, da collocare sul pavimento, fu probabilmente commissionata ed eseguita poco dopo, forse alla fine del 1427 o nel 1428, poiché l'opera non è citata nella Portata al Catasto di Donatello e Michelozzo del luglio 1427. Si tratta di un rilievo bronzeo a "stiacciato", molto diverso dall'analoga tomba di Leonardo Dati eseguita dal Ghiberti in Santa Maria Novella (1423-27), per l'uso di una prospettiva illusionistica. Se osservato dal lato dei piedi, dove lo spettatore è guidato dall'iscrizione funebre e dalla firma, il defunto appare giacente in una bara ricurva, con le aste per il trasporto sporgenti ai lati, poggiata su corte gambe, due delle quali sono visibili all'estremità più vicina. Sul lato opposto, la testa del vescovo è appoggiata su un cuscino collocato in una nicchia a forma di conchiglia, mentre sono visibili le piante dei piedi. I dettagli della bara sono simili a una nicchia-conchiglia brunelleschiana.

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29. Madonna entro una nicchia a conchiglia

Placchetta in bronzo, cm 9, 6 x 7, 6 Firenze, Museo Nazionale del Bargello (o Londra, Victoria and Alberi Museum) Si tratta di una piccola placchetta fusa in diversi esemplari da un modello di Donatello, probabilmente da utilizzare come pace durante la messa (Avery 1989, pp. 227-28). L'uso della finta conchiglia come nicchia la collega strettamente alla lastra tombale del vescovo Pecci (cat. 28), cosiccome alla nicchia vera e propria per il San Ludovico (cat. 19), e il modello fu probabilmente un prodotto secondario del suo lavoro a Siena nei tardi anni Venti. Un punto di vista ribassato è afferma to dall'inclinazione verso il basso delle modanature interne del capitello sulla destra, e dalle curve esageratamente tridimensionali delle scanalature della conchiglia: un espediente per dare un senso di monumentalità alla minuta immagine.

30. Madonna col Bambino

Placchetta di stucco policromo, su legno dorato Londra, Victoria and Albert Museum (A. 45- 1926) ~ipinta forse d.a Paolo di Stefano (1397-1478), è il calco da una placchetta m stretta relaz1o~e c?n . il !3anchetto di Erode di Siena (cat. 23): il profilo greco della Vergme e simile a quello di Salomè, mentre l'uso dello "stiacciato" è analogo al tr_attamento dello sfondo del palazzo di Erode (Avery 1989, pp. 226-27). E tipico della fervida immaginazione di Donatello mostrarc i Gesù Bambino che si distoglie dal poppare al seno della madre per guardar e preoccupato fu ori dalla composizione: si tratta di una variante al disegno della Madonna di Berlino-Dahlem (cat. 16), dove le guance della madre e del bambino si toccano come a confortarsi a vicenda.

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32. Il banchetto di Erode 3 I. Madonna sotto un arco

Placchetta di bronzo dorato, cm 20,3 x 15,2 Londra, The Wallace Collection (o Washington, National Gallery) Questa placchetta è larga il doppio delle placchette con lo stesso soggetto descritte ai cat. 29 e 30, ed è molto più rara (Detroit 1985, n. 33; Firenze 1986, n. 55). I migliori esemplari sono cesellati singolarmente e quindi hanno un minore numero di varianti. La sua autenticità è stata molto discussa, ma sembra inevitabile fare il nome di Donatello, a giudicare dallo stile delle figure e dei dettagli delle architetture (Avery 1989, pp . 226-27). Le colonne scanalate con capitelli striati, la rastrematura dell'arco murato in pietre squadrate, e l'ingegnosa idea di una pietra scivolata o mancante, si rifanno al palazzo di Erode nel rilievo senese. Gli angoli dei volti di tre quarti, appiattiti e rivolti verso il basso, e le mani aperte espressivamente, con le unghie incisivamente pronunciate, si possono trovare anche nelle figure lontane sullo sfondo e in primo piano sulla destra del pannello senese. Negli esemplari migliori ci sono anche tracce di una nicchia a forma di conchiglia dietro l'arco principale , un motivo prediletto da Donatello durante il tardo 1420.

Rilievo di marmo, cm 50 x 71,5 lii/e, Pa/ais des Beaux-Arts, Musée Wicar Questo pannello non documentato è tuttavia da identificarsi con un pezzo presente nell'Inventario postumo di Lorenzo il Magnifico, stilato nel 1492 (Muenz 1888, p. 64): "Uno quadro di marmo chon molte fighure di mezo rilievo e altre chose a prospettiva, coe ... di sancta Giovanni, di mano di Donato,... fiorini 30". Il macabro soggetto, lo stesso realizzato in bronzo per il fonte battesimale di Siena (cat. 23), è minimizzato privilegiando l'aspetto formale; così la scena diventa il pretesto per una sorprendente esercitazione prospettica con la costruzione dell'interno di un vasto palazzo immaginario di stile antico romano, adatto ad un goffo governatore di provincia. La scena architettonica, le proporzioni e la distribuzione delle figure , tutto è calcolato sulla base dei principi codificati dall'Alberti nel suo trattato De Pictura del 1435, di cui però Donatello doveva essere al corrente ben prima della data di pubblicazione e della cui applicazione deve essere considerato un pioniere, insieme a Masaccio.

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34. Il sangue del Redentore Rilievo in marmo, cm 39, 8 x 67 Torrita di Siena, Ospedale Maestri

33. Madonna delle nuvole Marmo, cm 33,5 x 32,2 x 3 Boston, Museum of Fine Arts

Questo piccolo pannello a "stiacciato" è forse da identificarsi con quello visto dal Vasari nella gua rdaroba del duca Cosimo I, inserito, come opera di Donatello, in un tabernacolo con sportelli in legno dipinti da Fra' Bartolomeo (ora alla Galleria degli Uffizi , n. 1477). Potrebbe identificarsi anche con una tavoletta stimata 6 fiorini nell'Inve ntario mediceo del 1492. L'iconografia è quella di una 'Madonna dell'Umiltà' che qualche volta veniva rappresentata su un cumulo di nuvole, invece che per terra. Gli angeli che la circondano sono stati spesso oggetto della critica e recentemente è stato anche osservato che quelli collocati agli angoli superiori deriva no da una scena co n l'Annunciazione anch'essa a rilievo "stiaccia to" sullo sfondo della Madonna Yerevan (cat. 17). Nelle teste della Vergine e del Bambino si avvertono echi della Madonna Pazzi (cat. 16), che portano a una datazione relativamen te precoce, ma le sue relazioni con il pannello dell'Assunzione a Napoli (cat. 37), databile verso il 1427-28, suggeriscono una data intorno al 1425-28 (Detroit 1985, n. 18).

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La lunetta proviene dalla facciata della chiesa della Madonna della Neve, ma non è documentata (Detroit 1985 , n. 20; Firenze 1986, n. 30). Attribuita pe r la prima volta a Donatello dal von Bode (1925), fu ripubblicata da Pope-Hennessy come derivazione da un modello di Dona tello, ma scolpita nella sua bottega, e non dalla sua mano (1959; 1968, pp. 56-58). L'iconografia sembra congeniale a un tabernacolo sacramentale, e il rilievo è circa della misura standard. li "rilievo stiacciato" la mette in relazione con i 'disegni' donatelliani su marmo realizzati negli anni Venti, e il bordo a rilievo piatto, rettangolare la collega in particolare al Banchetto di Erode di Lille (cat. 32), alla Madonna delle nuvole (cat. 33) e alla Madonna Hildburgh (cat. 35). L'iconografia tradizionale è considerevolmente dilatata da Donatello : non solo il Redentore è inserito in un'a ureola scanalata generata in volo da una schiera di angeli che 'nuotano' nel cielo come quelli dell'Assunzione di Napoli (cat. 37), ma le teste di Maria e San Giovanni appaiono appena sotto, troncate drammaticamente dalla cornice, come in una foto istantanea, conferendo un senso di immediatezza. Come tutti i rilievi di questo genere, a nche questo è difficile da fo tografare frontalmente, mentre in dettaglio si possono cogliere la maestria e la finezza con cui sono resi i particolari; le nuvole sono invece tagliate piuttosto rigidamente e appaiono simili a blocchi di pietra. Questo effetto è meno evidente quando si osserva l'originale, potendo muovere lo sguardo intorno per esaminare i dettagli da differenti angolazioni. Alcuni particolari erano probabilmente ravvivati da pittura o doratura, che sono andate perdute per il tempo e per troppo drastiche puliture. Credo che il rilievo sia stato disegnato e, almeno in alcune parti importanti come le teste, scolpito da Donatello stesso: al confronto le nuvole mancano un po' di finezza, e sono da assegnare a un'altra mano di inferiore abilità (Avery 1986b).

54 35. Madonna Hildburgh

Rilievo in marmo, cm 41 x 32 Londra, Victoria and Albert Museum Riconosciuto da Bode (1884) e Hildburgh (1948) come opera autografa, questo rilievo fu espunto dal catalogo donatelliano da Janson (1963) e Pope Hennessy (1964), ma nuovamente inserito da Avery (1986 e 1989): "Nessun altro scultore seppe suggerire lo spazio in maniera così verosimile attraverso una struttura architettonica concepita e disegnata logicamente, ed inserirvi le sue figure all'interno. Nessuno scultore fu così bravo ed esperto nel ricostruire dinamicamente le antiche architetture romane, per sortirne effetti espressivi. La volta decorata a cassettoni sopra la Vergine col Bambino, retta da pilastri, era fra le preferite da Donatello, le ortogonali convergenti funzionando da spaziali repoussoirs. Caratteristiche sono anche le paterae scanalate inserite nei fregi pensili, messe in evidenza anche nella versione marmorea del Banchetto di Erode. Effettivamente è a questo meraviglioso rilievo che la Madonna Hildburgh è più strettamente correlata nel trattamento del panneggio, delle mani e delle facce delle figure. Essi condividono anche l'ingegnoso ed effettivo repoussoir espediente caratteristico di Donatello: l'uso di una figura seduta su un gradino, con un piede sopra e l'altro sul gradino sottostante. Questo aiutava lo scultore a differenziare la parte verticale e quella orizzontale del gradino e in generale le superfici verticali e quelle che si suppongono orizzontali (che in realtà dovrebbero formare un angolo di 90°). L'angelo che suona una viola sul fondo a sinistra è inoltre un cugino stretto del musico che accompagna la danza di Salomè al centro del rilievo bronzeo di Sierta del 1425: mentre le teste di profilo dai capelli ricciuti e i nasi pronunciati - di entrambi gli angeli sulla destra possono essere messe a confronto con il gentiluomo che si inchina al cospetto di re Erode. Inoltre, l'angelo che sta entrando dalla sinistra in alto è molto simile all'arcangelo Gabriele dell'Annunciazione nella Madonna Yerevan . La composizione ricorda il pannello centrale della Madonna col Bambino dell'altare di Masaccio per Pisa, dipinta nel 1426, quando i due artisti erano in contatto: così la versione ovale di Donatello è databile probabilmente all'epoca del suo soggiorno a Pisa, quando lui e Michelozzo stavano lavorando alla produzione delle tombe per Montepulciano e Napoli. L'esistenza di gessi di questa Madonna, che sono realisticamente dipinti e montati in cornici rettangolari di legno dorato, corrobora l'associazione dell'originale con l'opera di un pittore, Masaccio".

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36. L'Ascensione di Cristo e la consegna delle chiavi a San Pietro

Rilievo in marmo, cm 41 x 114,5 Londra, Victoria and Albert Museum Questo pannello, tuttora inserito nella sua cornice in legno di noce, è probabilmente identico a quello con lo stesso soggetto menzionato nell'inventario postumo di Lorenzo il Magnifico del 1492. Un secolo dopo fu ricordato in casa Salviati. Non sappiamo se originariamente sia stato commissionato dai Medici. Si è supposto che costituisse una predella per la pala d'altare della cappella Brancacci nella chiesa del Carmine a Firenze, affrescata da Masaccio, amico di Donatello (Pope-Hennessy). È molto evidente la somiglianza tra questa composizione, con il circolo di apostoli abilmente disposti in prospettiva intorno a Cristo, e l'affresco del Tributo di Masaccio. È stato anche ipotizzato che il rilievo fosse destinato alla parte anteriore del sarcofago del monumento all'antipapa Giovanni

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XXIII nel Battistero fiorentino (Lightbown). La sua iconografia, con Cristo che consegna le chiavi simboliche della Chiesa a San Pietro, è adatta ad una tomba papale, ma non sarebbe stata accettata dai nemici fiorentini di Giovanni Coscia, che sostenevano invece papa Martino V. Questo potrebbe spiegare come il pannello fosse arrivato nelle mani dei Medici, poiché Giovanni di Bicci era uno degli esecutori testamentari del Coscia e avrebbe dovuto in ogni caso pagare Donatello per quel pannello.

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37. Assunzione della Vergine Rilievo in marmo, cm 53,5 x 67 Napoli, Sant'Angelo a Nilo, tomba di Rainaldo Brancacci

Il cardinal Brancacci, sulla cui tomba è inserito questo rilievo, morì il 27 marzo 1427; Donatello e Michelozzo dichiararono nella loro Portata al Catasto di luglio che circa un quarto dell'opera era stata eseguita a Pisa. Dunque con ogni probabilità la tomba fu commissionata prima della morte del cardinale; l'ordine poteva averlo dato Cosimo de'Medici, esecutore testamentario del Brancacci, poiché entrambi erano stati in stretti rapporti con l'antipapa Giovanni XXlll , del quale in quel periodo i due artisti stavano terminando il monumento funerario. Questa raffigurazione della miracolosa Assunzione della Vergine, assisa su un faldistorio entro una atmosferica mandorla di nuvole e portata in cielo da un gruppo di angeli che sembrano nuotare, invece che volare nel firmamento è sorprendente. In questa scena Donatello realizz~ quella che può essere letteralmente definita una prospettiva aerea; come se disegnasse sul marmo, crea uno straordinario effetto di profondità attraverso un rilievo bassissimo della superficie del marmo e l'intreccio di angeli e strati di nuvole.

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38. Tabernacolo del Sacramento Marmo, cm 225 x 120 Roma, Basilica di San Pietro, Sagrestia dei Beneficiati

Questo importante complesso di rilievi scolpiti da Donatello non è documentato ma è menzionato dal Vasari (1550) come opera dell'artista. Eseguito per il cancello della vecchia basilica di San Pietro, demolita nel 1506, fu eretto nell'attuale edificio da Perin del Vaga verso il 1540. Fu disegnato durante la visita di Donatello a Roma nel 1432-33 e la realizzazione di alcune parti scolpite fu delegata agli assistenti, probabilmente a causa dei tempi ristretti. La porta originaria, che racchiudeva il Sacramento, forse in legno o in bronzo, è andata perduta e un dipinto chiamato Madonna della febbre sostituito. I gruppi di angeli in movimento che fiancheggiano il portale sono una geniale invenzione e rappresentano un modello per tabernacoli sacramentali successivi (per esempio quelli di Bernardo Rossellino e Desiderio da Settignano). La scena più originale è comunque la Deposizione nel sepolcro, scolpita a rilievo 'schiacciato' in alto, che presenta sullo sfondo una cortina alzata e sollevata ai lati dagli angeli che fiancheggiano la scena. La prospettiva è costruita di sotto in su, in accordo con la sua collocazione attuale molto al di sopra del livello dell'occhio. È una scena di grande intensità emotiva, amplificata dal concitato gesticolare della donna sullo sfondo.

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40. Incoronazione della Vergine 39. Lastra tombale di Giovanni Crivelli

Rilievo in marmo, cm 213,5 x 88 Roma, Santa Maria in Aracoeli Questo rilievo, consunto e danneggiato, è firmato OPUS DONATELLI FLORENTINl, ma non è documentato. L'iscrizione sul bordo ricorda che il defunto era milanese, che fu arcivescovo di Aquileia e rivestì importanti cariche in Vaticano sotto papa Eugenio IV. Morì alla fine di luglio del 1432 e la sua lastra tombale fu probabilmente scolpita immediatamente dopo, poiché Donatello ritornò a Firenze nel maggio seguente. Nell'uso della conchiglia lo scultore si rifece alla lastra tombale in bronzo dell'arcivescovo Pecci a Siena (cat. 28), ma a differenza di quella, evitò di elaborare una bara vista in prospettiva. Quest'opera divenne il prototipo di molte simili lastre tombali realizzate a Roma secondo il nuovo spirito rinascimentale.

Vetrata, diametro cm 380 Firenze, Duomo, tamburo della cupola Nell'aprile del 1434 gli Operai scelsero questo disegno di Donatello, preferendolo a quello del Ghiberti. La vetrata fu collocata nel lato est del tamburo ottagonale della cupola, dove era ben visibile alla congregazione (G. Marchini, Le vetrate italiane, Milano 1956, fig . 52). Le due figure sono imponenti e larghe e riempiono l'enorme tondo. Sono distinguibili solo i loro contorni e le sezioni di colore e quasi tutto il modellato interno e i dettagli sono andati perduti (a parte le ombre sinuose del manto della Madonna). 1 cherubini rossi e blu intorno alla cornice, che è decorata a cassettoni al fin e di dare un effetto di profondità con mezzi prospettici, richiamano quelli nella Sacrestia Vecchia di San Lorenzo. Donatello sembra essere stato aiutato per questo cartone, per il quale ricevette 18 fiorini , da Paolo Uccello e Bernardo di Francesco, uno specialista in vetrate, mentre l'esecuzione della vetrata, durata circa quattro anni, si deve a Domenico di Piero di Pisa e Angelo Lippi.

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Pannello del pulpito di Prato.

41.

Pulpito esterno Marmo, con mosaico, cm 73,5 x 79 ciascun rilievo Prato, Museo dell 'Opera del Duomo

La commissione per il pulpito della Cattedrale di Prato, dal quale l'importante reliquia della Cintola della Vergine era mostrata in alcuni giorni di festa , è una delle opere meglio documentate della carriera di Donatello (Janson 1963, pp. 108-118; Gurrieri 1970). In effetti lo scultore si comportò in maniera alquanto scorretta nei confronti delle autorità dell'Opera, non rispettando i propri impegni e impiegando un decennio (1428-1438) - invece di un anno, come era stato in origine stabilito -prima

di portare a termine il lavoro. Egli doveva essere richiamato da una visita a Roma, con il suo compagno Michelozzo, con l'autorizzazione di Cosimo il vecchio de' Medici. li pulpito originale seriamente danneggiato dagli agenti atmosferici è stato collocato all'interno del museo, e sostituito sulla • facciata da una copia. In pianta esso ha la forma di tre quarti di cerchio, e sporge diagonalmente dall'angolo sud-ovest della facciata, in modo da risultare visibile a una moltitudine di spettatori. li parapetto convesso è suddiviso in sette pannelli convessi rettangolari, quasi quadrati, da coppie di pilastri scanalati. Questi sono scolpiti ad alto rilievo con putti a grandezza naturale, impegnati in una danza sfrenata, contro uno sfondo scintillante coperto di mosaico d'oro. Il loro movimento è spesso interrotto ai lati da pilastri quasi come fosse un fregio continuo corrente, che esca fuori dalla facciata e rientri nell'angolo della cattedrale. li pulpito si imposta su aggraziate volute sopra una serie di tamburelli concentrici con classiche modanature, che si dipartono da un capitello ornamentale di bronzo. È protetto da una tettoia spiovente a forma di cono, decorata a cassettoni nella parte inferiore, che funziona anche da risonanza per le voci degli occupanti. I putti alati ballano, suonano trombe e percuotono tamburelli in una sfrenata danza celebratoria. L'iconografia non è chiara, ma essi potrebbero rappresentare le anime degli innocenti in paradiso, spesso personificate da simili bambini. Donatello e Michelozzo copiarono diverse figure e gruppi dagli antichi sarcofagi romani. Si possono distinguere diverse mani nella realizzazione di questi rilievi che non sono di eccelsa qualità e non è certo quello che fu scolpito dai maestri stessi.

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43. Madonna dei Cordai 42 . Madonna col Bambino e angeli che suonano

Stucco policromo su legno, cm 93 x 78 Firenze, Museo Bardini

Terracotta, cm 21,5 x 15,5 Berlino-Dahlem, Staatliche Museen

Questa piccola placca in terracotta, modellata in maniera un po' irregolare con le dita, è un bozzetto per una composizione simile a quella della Madonna dei Cordai (cat. 43). ·'Nella sua magistrale utilizzazione dello spazio, nella delicatezza e nella chiarezza della sua affollata composizione - scrisse von Bode - rivela indiscutibilmente la mano di Donatello", un giudizio con cui è difficile non essere d'accordo. Due grandi versioni in marmo (Londra, Victoria and Albert Muse um ; Parigi , Musée Jacquemart André) sono decisamente non autografe e sembrano non essere neppure dell'epoca. La composizione claustrofobica e gli angeli che soffiano in curve trombe richiamano alla mente le folle bacchiche di putti sulla base della Giuditta e Oloferne, suggerendo una datazione intorno al 1455-60 per la Madonna (Avery 1986b, pp. 18 1-1 82).

I materiali inconsueti che costituiscono questo rilievo riflettono la versatilità dell'artista (cfr. Mostra Firenze 1986, n. 38; Avery 1986b, pp. 180-18 1): su uno sfondo costituito da strati di legno, le figure sono modellate in stucco, un tempo dipinto con colori naturalistici , mentre lo sfondo era decorato - come il pulpito di Prato (cat. 41) e la cantoria (cat. 44) - a mosaico di tessere di cuoio argentato. Le cadute di stucco rivelano il sottostante disegno in alcuni punti, così come i profili incisi sul legno. Questo rilievo, non documentato, fu pubblicato per la prima volta dal von Bode (1920) come il modello originale per altri rilievi simili scolpiti in marmo dalla bottega di Donatello, oggi a Londra e Berlino . Una recente pulitura (1985) corrobora la attribuzione di von Bode, e gli strumenti per la fabbricazion e di corde che tengono gli angioletti suggerisce una committenza da parte di una importante corporazione artigiana. La pittura è stata associata alla mano di Paolo Schiavo.

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44. Cantoria

Marmo, con mosaico, cm 348 x 570 Firenze, Museo dell 'Opera del Duomo Originariamente la cantoria era la balconata per un organo collocato sopra la porta della Sagrestia dei Canonici, all'angolo sud-est della crociera del Duomo. La balaustra fu trasferita nel 1688 e il resto circa due secoli più tardi, finalmente riassemblata nella sua attuale collocazione. Qui ho potuto essere facilmente studiata e confrontata con la cantoria "rivale" di Luca della Robbia, commissionata nel 1431, circa due anni prima di quella di Donatello. Nella composizione di Luca compaiono ragazzi di diverse età che suonano vari strumenti, cantano e danzano, in pieno accordo con i versetti del Salmo 150 che sono iscritti sopra e sotto di loro: essa è calma e composta. La concezione di Donatello è l'opposto: sembra quasi la continuazione della danza dei putti sul pulpito di Prato in un continuum fisico; in questo caso i personaggi sono stati scolpiti su due grandi blocchi di marmo, in un fregio che mostra due gruppi separati di bambini danzanti in circolo su letti di foglie, ancora una volta contro uno sfondo a mosaico. I due pannelli furono montati interamente dietro una serie di coppie di colonnine rivestite di mosaico, che rendono articolata l'architettura della cantoria, senza interferire con la parte scolpita. La commissione per questa balconata si sovrappose a quella lungamente ritardata per Prato e probabilmente distrasse Donatello, che può essere ritenuto responsabile della geniale concezione, ma non dell'esecuzione piuttosto scadente dei rilievi di Prato. Mentre aiuti devono essere stati impegnati anche nel lavoro fiorentino, il trattamento delle teste infantili è più intensamente espressivo di quello che si vede a Prato. Il gruppo di sinistra balla trattenendo le mani (o le braccia), mentre il gruppo sul lato destro è unito da una serie di ghirlande. L'originalità della concezione e la varietà delle posizioni, delle espressioni e dei movimenti del drappeggio è straordinaria e rivela la completa maestria dello scultore maturo.

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Cantoria , particolare.

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Cantoria.

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45 . Due putti reggicandelabro

Bronzo, altezza cm 57,5 e 67,5 Parigi, Musée Jacquemart-André La provenienza di questi putti non è nota fino al 1886". Sono generalmente posti in relazione con il riferimento del Vasari a una coppia di simili angeli reggicandelabro posti sulla Cantoria di Luca della Robbia, che era stato indicato dal biografo come il loro autore e la stessa tesi è sostenuta nella più recente monografia sul Della Robbia (Pope-Hennessy 1980, pp. 257-258). Comunque, le tipologie dei volti e le espressioni birichine dei fanciulli sono più vicine allo stile di Donatello degli anni intorno al 1430, come è dimostrato in particolare nel bronzeo AtysAmorino (cat. 46), e la Cantoria: questo ha indotto recentemente un certo numero di studiosi a sostenere questa tesi, presupponendo che il Vasari potesse essere caduto in errore, o avesse confuso una cantoria con l'altra (Firenze 1986, nn. 74-75). Non può essere neppure esclusa una collaborazione tra i due scultori, sebbene sembri piuttosto improbabile.

46. Atys-Amorino

Bronzo, cm 104 Firenze, Museo Naz ionale del Bargello Questa enigmatica statua di bambino a grandezza naturale fu ricordata, in casa della nobile famiglia fiorentina dei Doni, per la prima volta dal Vasari (1568), e un secolo più tardi dal Cinelli (1677). Se sia stato il Doni a commissionare la statua, o ad acquistarla in seguito per la propria collezione non è noto. La sua iconografia è incerta, come si deduce dal doppio titolo con cui generalmente la si designa. Le fonti più antiche riconoscevano nel personaggio un Mercurio, a causa forse delle alette alle caviglie (ma allora non dovrebbe avere le ali sulle spalle né la coda da fauno sulle reni). Altri particolari elementi sono i gambali di cuoio tenuti su da una larga cintura ornata con boccioli di papaveri, e il fatto che la figura sia nuda nella zona del pube. Si tratta probabilmente di una commissione privata - forse per decorare una fontana - da parte di un personaggio profondamente imbevuto di classiche nozioni, che durante la conversazione amava proporre ai suoi ospiti indovinelli, come faceva Cosimo de' Medici, anche se non necessariamente identificabile con lui (Scalini 1988, pp. 74-75; Parronchi, in Donatello-Studien 1989, pp. 272-77).

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Veduta dell'abside della Sacrestia Vecchia.

47. Putto alato con delfino

48. Rilievi per la Sacrestia Vecchia

Bronzo, altezza cm 40 Londra, Victoria and Albert Museum

Firenze, San Lorenzo, Sacrestia Vecchia

Il modello si ispira a prototipi romani antichi raffiguranti Cupido con un delfino, del genere di quello scoperto più tardi a Pompei (Napoli, Museo Nazionale, n. 111701). Donatello combinò ingegnosamente questa iconografia classica con altri elementi enigmatici - come la testuggine o tartaruga su cui si appoggia il putto - o provocatori, dal momento che si tratta di un 'putto pissatore'. La parte posteriore delle ali non è compiuta e un largo foro sul retro doveva far posto a un tubo per condurre acqua; per questo la statuetta fu certo concepita come elemento di una fontana da muro e, dato il suo soggetto profano, destinata ad un luogo non sacro, forse umanistico, come ad esempio una sala per pranzi cerimoniali. Potrebbe anche trattarsi di una commissione minore di Cosimo il Vecchio, come il Busto di giovane (cat. 72). Il tipo di fisionomia corporea e facciale del putto è collegabile a quelli sul fonte battesimale di Siena e all'assai più grande Atys-amorino (cat. 46).

Le opere eseguite da Donatello per la Sacrestia Vecchia del Brunelleschi nella chiesa patronale dei Medici non sono documentate e quindi non sono databili con precisione. La costruzione fu completata intorno al 1429 e il Vasari ritiene che Donatello lavorasse ai tondi in stucco per Cosimo de' Medici nello stesso periodo in cui l'architetto era ancora al lavoro. Mentre la loro concezione è assai accurata, il modellato sembra eseguito frettolosamente , e lasciato ad uno stadio di incompletezza allo scopo di una maggiore immediatezza espressiva, invece di essere completamente rifinito. Lo scultore non deve aver impiegato molti giorni per ogni rilievo, poiché lo stucco si asciugava rapidamente ed era poi difficile da modificare: la necessità di essere veloci era analoga alla pittura ad affresco ed evidentemente Donatello si cimentò in questa nuova sfida. Lo stucco era colorato e parzialmente dorato, come è stato rivelato dal restauro del 1986 (Firenze, San Lorenz o, 1986; Bandini et al. 1987; Donatello-Studien 1989, pp. 68-101).

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I Santi Stefano e Lorenzo; I Santi Cosma e Damiano

Stucco policromo, cm 2 15 x 180 ciascuno Sopra i vani delle porte di accesso alle due sacrestie che affiancano l'altare vi sono lunette a rilievo raffiguranti coppie di Santi dai nomi medicei: la pulitura ha rivelato che erano dipinti di bianco, con ricami

dorati sulle dalmatiche, posti su uno sfondo blu scuro, così da sembrare simili a statue di marmo a grandezza naturale. Una tale gamma coloristica costituì pochi anni più tardi la norma usata da Luca della Robbia per le sue pionieristiche terracotte invetriate.

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San Giovanni Evangelista.

I quattro Evangelisti

Stucco policromo, diametro cm 215 ciascuno Donatello trattò le superfici circolari dei tondi con gli Evangelisti come fossero monete classiche, tagliando la parte inferiore della curvatura con una linea di fondo e riempiendo questo spazio con un cherubino ornamentale. Sopra il piano disegnò in una complicata prospettiva troni e leggii decorati con motivi classici: su questi siedono pensierosi i quattro santi e i loro animali simbolici. Gli Evangelisti hanno l'aspetto rude della gente del popolo - come effettivamente dovevano essere i discepoli mentre i rispettivi animali sono caratterizzati da estrema cura e partecipazione. Le scene sono rese verosimili grazie al geniale espediente di far uscire piedi e lembi di vesti al di là del bordo delle cornici architettoniche, fino ad invadere lo spazio reale dello spettatore. Donatello rinunciò all'imbarazzata eleganza di figure simili a quelle modellate dal Ghiberti sulla Porta del Paradiso, in lavorazione in quello stesso periodo.

I Santi Evangelisti Matteo, Luca e Marco.

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San Giovanni in Patmos; Ascensione di San Giovanni.

Scene della vita di San Giovanni Evangelista

Stucco policromo, diametro cm 215 ciascuno I quattro tondi con episodi della vita di San Giovanni Evangelista si trovano sui pennacchi della cupola e sono assai inclinati verso l'interno sulla testa dello spettatore. Sollevando la testa nella loro direzione si possono osservare in linea retta, essendo la linea della visione perpendicolare alla superficie del rilievo: sembrano finestre circolari aperte su scene che stanno avvenendo in un mondo al di fuori dell'edificio in cui ci troviamo. Vi sono tre diverse utilizzazioni di prospettiva lineare e una di prospettiva 'aerea'. Gli ambienti architettonici sono definiti con un regolo e con una lama; successivamente strati di stucco sono stati via via rimossi con una spatola allo scopo di ottenere i vari gradi di profondità. Donatello costruì un palcoscenico da popolare con attori. II modellato fu compiuto su teste di chiodi metallici sporgenti per permettere una migliore adesione: in alcuni casi i chiodi sono visibili a causa della caduta di alcune parti di figure. La scena con la Resurrezione di Drusiana è ambientata in un magnifico atrio ad archi con una volta a botte simile ad una caverna, aperta verso il fondo, che ricorda come Donatello avesse passato molto tempo studiando l'architettura classica con Brunelleschi a Roma . Nella struttura compositiva dell'Ascensione di San Giovanni c'è infatti un riferimento alla scultura romana: lo spettatore volto di schiena che allunga la testa e si solleva con entrambe le mani sul bordo del palcoscenico, per vedere meglio .

Supplizio di San Giovanni; Resurrezione di Drusiana.

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Porta dei martiri; Porta degli apostoli

Bronzo, cm 235 x 109 ciascuna Non è certo se le porte in bronzo per le piccole sacrestie siano state realizzate nello stesso periodo dei rilievi in stucco, presumibilmente negli anni 1430, o più tardi. Vespasiano da Bisticci, il biografo più attendibile di Cosimo de' Medici, afferma che furono commissionate insieme ai pulpiti bronzei della navata di San Lorenzo , quando Donatello aveva ormai pochi impegni per la sua età avanzata. Vespasiano aveva certamente ragione per quanto riguarda i pulpiti; potrebbe avervi associato le porte perché dello stesso materiale; le pose concitate e il modellato immediato delle figure gli semb rarono assai simili. È forse preferibile orientarsi verso una datazione più precoce in questo caso particolare, poiché i Medici desideravano completare la sacrestia il prima possibile. Tuttavia se vogliamo interpretare un passo nel De Pictura dell'Alberti sul decorum come una velata critica delle agitate composizioni donatelliane delle coppie di apostoli e martiri colti in animate discussioni, allora il 1435, data della pubblicazione, dovrebbe costituire un plausibile terminus ante quem per la realizzazione delle porte. Lo scultore e architetto Filarete nel suo Trattato dell 'A rchitettura Oibro Xl), del 1460 circa, riprendeva l'idea dell'Alberti , riferendola direttamente a una critica a Donatello: "Se tu hai a fa re apostoli, non fare che paino schermidori, come fece Donatello in Santo Lorenzo di Firenze, cioè nella sagrestia in due porte di bronzo" . Per quanto lo scultore abbia potuto esagerare nel trattamento delle coppie di fi gure nelle loro cornici, esse derivano da degni precedenti storici nei dittici di avo rio del Primo Cristianesimo e negli apostoli scolpiti sui portali del Battistero di Pisa.

Porta dei m artiri; Porta degli apostoli.

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Porta degli apostoli, Porla dei martiri, particolare.

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49. Madonna dell'Umiltà

Rilievo in bronzo e doratura, diametro cm 27 Vienna, Kunsthistorisches Museum

Porta degli apostoli, particolare.

Questo tondo fu certamente venerato nel corso del Quattrocento, quando intorno ad esso fu scolpita una elaborata cornice di marmo (Mostra Detroit 1985, n. 30; Mostra Firenze 1986, n. 50). La composizione ha la forma di un triangolo rettangolo · formato dalla Madonna seduta combinato con un rettangolo · formato dallo sfondo, con i putti' ai lati e dal limite superiore della ghirlanda sorretta dai putti -, inscritta in una circonferenza (la cornice a rilievo del tondo). Con l'eccezione del Janson (1957, p. 244), che la rifiuta (insieme ai cat. 51-55) considerandola opera di un seguace, questa composizione è stata assegnata a Donatello. Nel modellato del panneggio della Madonna, e nell'impiego delle figure a bassorilievo contro uno sfondo piatto, si possono riscontrare analogie con i tondi di stucco e le porte bronzee della Sacrestia Vecchia (PopeHennessy 1976). Questo suggerirebbe una datazione intorno ai tardi anni Trenta o ai primi anni Quaranta, e il luogo di esecuzione Firenze.

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50. Crocifissione Camondo

Rilievo in bronzo, cm 46 x 28,8 Parigi, Musée du Louvre L'autografia di questo piccolo pannello portatile è controversa, ma è stato recentemente identificato come uno dei due pannelli dona telliani di questo soggetto, menzionati dal Vasari come presenti nella Guardaroba di Cosimo I de' Medici (Pope-Hennessy 1975-80): "in un altro quadro pur di metallo un'altra Crocefissione". Fortunata mente, la breve descrizione del Vasari fu ampliata da R. Borghini (Il Riposo, 1584): "un altro quadro pure di metallo, in cui si vede Cristo in Croce con altre figure appartenenti all'historia" . 11 momento preciso della scena è quello che precede la morte di Cristo, quando egli affida alle cure di sua madre San Giovanni con le parole: "Mulier ecce filius tuus". Infa tti Maria sta fissando con Io sguardo il viso incavato di suo figlio, mentre San Giovanni piange, coprendosi la faccia con una mano. Dietro alla croce si vedono tre soldati, eseguiti a rilievo stiacciato, le lance e l'asta con la spugna imbevuta di aceto sono appoggiate verticalmente, in maniera piuttosto innaturale, dietro alla traversa della croce, e di lato alla scala inclinata diagonalmente come doveva essere nel momento che precedette la morte di Cristo. Alcune analogie con opere presumibilmente degli a nni Quaranta · come i tondi di stucco del Martirio di San Giovanni Evangelista e le porte di bronzo nella Sacrestia Vecchia di San Lorenzo - fanno propendere verso una datazione al periodo prepadovano, a differenza della datazio ne postpadovana che si può proporre per l'altra, più ampia Crocifissione a nch'essa appartenuta, ma più tardi, a Cosimo I (cat. 69) (Detroit 1985, n. 29; Firenze 1986, n. 48).

51. Martirio di San Sebastiano

Rilievo in bronzo, cm 26 x 24 Parigi, Musée Jacquemart-André Quando fu pubblicato per la prima volta, questo rilievo fu messo in relazione con un disegno (ora ad Amburgo) in cui compare anche un'altra placchetta donatelliana con una Madonna col Bambino, e un dittico in avorio con lgea e Esculapio (Liverpool, City Museum). Quest'ultimo appartenne nel XVIII secolo alla famiglia Gaddi di Firenze, e così, probabilmente, anche il Martirio di San Sebastiano e la placchetta. La loro appartenenza rivela una origine fiorentina, e analogie possono essere trovate con le porte di bronzo della Sacrestia Vecchia, il che suggerisce una datazione intorno agli anni Quaranta. L'autografia di questo rilievo è stata messa in discussione (insieme ai cat. 43, 49 e 55), in particolare dal Janson (1957), ma nei cataloghi delle mostre di Detroit (11985, n. 31) e Firenze (1986, n. 49) esso è stato ricondotto cautamente alla mano dell'artista. La terrificante rappresentazione della scena, con gli arcieri che bersagliano di frecce il corpo inerme del povero santo, confortato da un angelo sul fondo che reca la palma del martirio e rivolge un gesto al cielo, è tipica di Donatello. Tuttavia il corpo di San Sebastiano, legato a una colonna da corde intorno a braccia e caviglie, non è reso in maniera così convincente come ci si aspetterebbe. Questo può essere dovuto a una eccessiva fedeltà ad un prototipo classico, una figura ripresa da un sarcofago romano con la scena di Marsia scorticato da Apollo. Vasari afferma che Donatello scolpì una statua di legno (perduta) di San Sebastiano durante il suo soggiorno padovano, e questa placchetta potrebbe aver ispirato quella composizione.

8 52. Tabernacolo dell'Annunciazione

Pietra di macigno, cm 420 x 248 x 274 Firenze, Santa Croce li tabernacolo, scolpito in pietra di macigno grigio ad altissimo rilievo, e

inserito nella parete sud della basilica, costituiva la pala d'altare di una cappella appartenente alla famiglia Cavalcanti, la cui arme appare sulle mensole sottostanti. 1 muri laterali della cappella furono abbattuti, e l'altro fu più tardi affrescato da Domenico Veneziano con San Giovanni Battista e San Francesco (Becherucci 1983, p. 170, n. 15). La commissione di questo tabernacolo non è documentata, ed è stata collegata per la prima volta al nome di Donatello nel 1510 (Albertini). Vasari apprezzò molto questa scultura, considerandola opera relativamente giovanile, cosa che ora sembra alquanto improbabile. Janson (1963) la data intorno al 1428-1433, ma può darsi che sia stata scolpita nel corso del decennio successivo, e in ogni caso prima della partenza di Donatello per Padova. Come di consueto, lo scultore ideò una significativa variante rispetto alla rappresentazione canonica della scena: l'attenzione è focalizzata sui due protagonisti realizzati a grandezza naturale e scolpiti quasi a tutto tondo, inseriti stabilmente nella massiccia incorniciatura dell'edicola: sembra di trovarsi di fronte ad un tableau vivant. I dettagli naturalistici della camera della Vergine, così amati dai pittori di quel tempo, sono stati eliminati e mancano sia il vaso che i gigli simbolici. Si crea quindi una .cesura fra le due figure, simile allo spazio vuoto al centro del Banchetto di Erode di Siena (cat. 23). Qui, tuttavia, Donatello non permette che alcuna scena sullo sfondo distragga il nostro sguardo; le figure sono come bloccate al di qua di una specie di porta a pannelli, chiusa subito dietro ad esse. li trono della Madonna è visto frontalmente e ciò non contribuisce a creare un'illusione di profondità con suggerimenti prospettici. Le figure sono così proiettate in avanti e sembrano vivere nello spazio reale dello spettatore che si sente coinvolto come un testimone oculare nel mistico evento. li tono solenne dell'Annunciazione è alleggerito dalle due coppie di putti, in atteggiamento giocoso e dinamico, che si tengono in equilibrio ai lati del frontone ad arco che sovrasta il tabernacolo.

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53. Madonna col Bambino su una seggiola

Terracotta dorata, cm 74,3 x 55,9 Londra, Victoria and A lbert Museum 54. Madonna col Bambino La Vergine, raffigurata a mani giunte, come in preghiera è in adorazione del Bambino in fasce (Avery, in Donatello-Studien 1989, p. 230). Il piccolo è appoggiato come un bambolotto su un cuscino posato su una sedia rustica di legno, e tiene la mano destra in mezzo a quelle della madre, in un gesto che deve essere stato ripreso dal vero. La classica, eterea bellezza della Madonna contrasta con ciò che di mondano circonda la sua esistenza terrena. Il velo leggero sulla testa è abilmente modellato in maniera da suggerire i capelli su cui è posato; le pieghe del vestito e delle fasce del bimbo sono scolpite con destrezza nell'argilla umida con una lama, creando tagli netti e spigolosi che attirano la luce e animano la composizione con linee a zig-zag. La testa del bambino, con la parte posteriore del cranio sporgente, è riprodotta correttamente, proprio come quella di un neonato. Il rilievo può datarsi all'epoca dell'Annunciazione Cavalcanti (cat. 52), per la somiglianza della cromia della Madonna e del Gesù bambino con quella dei putti in terracotta sul frontone sovrastante.

Terracotta, già policroma, cm 102 x 72 Berlino, Bodemuseum La Madonna, acquistata nel 1888 dalla chiesa Santa Maria Maddalena dei Pazzi, era dipinta completamente, ma fu gravemente danneggiata n~l 1945 (Pope-Hennessy 1976, p. 177, figg . 12, 14). Questo è comunque servito a rivelare la superficie originale della terracotta, che sembra essere stata modellata da Donatello in persona. Il cranio prominente del Bambin Gesù, trattato con grande accuratezza anatomica e il motivo lineare delle fasce da neonato è molto vicino a quello sulla doratura della Madonna col Bambino su una seggiola al Victoria and Albert Museum (cat. 30). Secondo la guida di Firenze del Bocchi e Cinelli (1677, pp. 369-370), la famiglia Pazzi aveveva in casa una Madonna in marmo di Donatello , ma la sua composizione non era la stessa di quella della terracotta di Berlino. Tuttavia, è interessante notare che probabilmente i Pazzi avevano commissionato a Donatello due opere simili.

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55. Sacra Famiglia

Rilievo in terracotta policroma, cm 75 x 76 Firenze, Museo Bardini La composizione è ingrandita rispetto a quella della Madonna di Londra (cat. 53) con l'aggiunta del bue e dell'asino a destra, e di Giuseppe nell'angolo in basso a sinistra (Avery 1989, p. 232). La superficie è modellata in maniera assai brillante - ad esempio nei musi degli animali (il bue con la sua ghirlanda deriva probabilmente da una bestia sacrificale romana) - e scalpellata con cura, sotto lo strato di pittura. Questo rivela trattarsi di un'opera autografa del maestro e che non può essere confusa con le inferiori repliche o varianti in stucco (talvolta speculari) che sono state attribuite, non molto convincentemente, dal Pope-Hennessy ad Urbano da Cortona (1959). La composizione è destinata in particolare ad essere vista da destra e dal basso. Da tale punto di vista la testa e le mani di Giuseppe danno meno l'impressione di essere stati applicati artificiosamente, e lo spazio immaginario del rilievo fun ziona meglio.

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56. Madonna Piot

Terracotta con intarsi in vetro, cm 74 x 75 Parigi, Musèe du Louvre Questo tondo è simile nell'impostazione della Vergine e del Bambino al rilievo dorato rettangolare di Londra (cat. 30), ma è meno convincente dato che la posa del Bambino non è così ben risolta (Pope-Hennessy 1976, pp. 184-185; Mostra Detroit 1985, n. 16; Mostra Firenze 1986, n. 43). Il modellato dei tratti è angoloso, non così sottile come nel rilievo di Londra ed è assai improbabile che sia di mano del maestro. L'uso dei dischi di vetro colorato a decorare il fondo richiama una Madonna marmorea di Michelozzo al Bargello, che potrebbe essere l'autore del presente tondo. Una replica in stucco nella collezione Acton (Mostra Firenze 1986, n. 44), in cui il bambino è coperto da un drappo leggero e tiene una mela, rispecchia con più verosimiglianza un originale perduto di entrambi i rilievi di Donatello stesso (Avery 1989, pp. 232-232).

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58. Cristo morto sorretto dagli angeli

Rilievo in marmo, cm 80,5 x 114,3 Londra, Victoria and Albert Museum

57. Madonna

Terracotta policroma, cm 102 x 74 Parigi, Musèe du Louvre Questo importantissimo rilievo fu acquistato a Firenze nel 1880 e si diceva provenisse dalla villa del marchese Vettori a San Lorenzo a Tignano. La pittura e la doratura sono ben conservate e sono indicative della varietà di tessuti di lusso con i quali l'artista vestiva le sue figure sacre. La posa della testa della vergine, nettamente di profilo, e il modo in cui essa e suo figlio guardano fissamente, severi e come spaventati, al di là del limite della cornice della scena si rifanno alla composizione della pace di bronzo datata ai tardi anni Venti del Quattrocento (cat. 30). Questo fa ipotizzare una datazione agli anni Trenta, forse al tempo della Annunciazione Cavalcanti (cat. 52).

Questo grande rilievo fu probabilmente un antependio per un altare (come quello simile di Desi.derio da Settignano sull'altare del Sacramento in San Lorenzo). L'autografia donatelliana è stata accolta da circa la metà della critica, incluso Pope-Hennessy (1964, cat. n. 62), ma non dal Janson (195 7). Mentre la geniale disposizione della messinscena spaziale degli angeli che l'accompagnano, e la testa e il corpo di Cristo sono pienamente donatelliani, altre mani sono visibili nella esecuzione delle parti secondarie. È stata plausibilmente suggerita (sebbene negata dal Pope-Hennessy) la partecipazione di Michelozzo; in ogni caso, si riconoscono dettagli caratteristici di altri collaboratori che lavorarono al Pulpito di Prato alla metà del 1430. La composizione sembra essere servita da prototipo per il dipinto con lo stesso soggetto di Giovanni Bellini a Rimini, e questo è più spiegabile se si ritiene il rilievo scolpito a Padova, per esempio poco dopo il 1443 .

96 59. San Giovanni Battista

Legno policromo e dorato, cm 141 x 42 x 27 Venezia, Santa Maria dei Frari Fa parte del gruppo delle quattro o cinque sculture in legno comunemente ritenute opere di Donatello (cfr. cat. 3, 60, 74, 75). Questa figura, proveniente dalla cappella della colonia dei fiorentini a Venezia, e raffigurante il loro santo patrono, era generalmente considerata un'opera tarda, per le sue ovvie analogie con la Maddalena. Quest'ultima era ritenuta dell'ultimo periodo di vita dello scultore, quando si accentuò la sua passione religiosa ed egli ricorse ad uno stile quasi espressionistico per comunicare la drammatica realtà del Nuovo Testamento. Il suo soggiorno a Venezia - soltanto per un'opera - si supponeva collegato al suo periodo padovano, terminato nel 1453, e ciò sembra avvalorare la datazione tarda con chiara evidenza. Questa ragionevole ipotesi è stata smentita dal recente restauro, che ha portato alla luce la data 1438 dipinta sulla base della statua. Ciò significa che essa fu realizzata quando Donatello aveva poco più di cinquant'anni e che non ha alcuna connessione con il suo stile tardo e risale assai prima del periodo padovano. La statua potrebbe essere stata lavorata a Firenze e il legno potrebbe essere stato scelto per la sua leggerezza e facilità di trasporto, oltre che per la veloce esecuzione. L'inaspettato spostamento indietro della data può ora fornire una spiegazione di questa commissione non documentata: soltanto cinque anni prima Cosimo de' Medici e suo fratello avevano passato alcuni mesi in esilio lontani da Firenze, vivendo comodamente a Venezia; esistono due lettere successive scritte da loro concittadini esiliati che supplicano una donazione, come offerta di ringraziamento. Non si conosce risposta alla loro supplica, ma è una stuzzicante ipotesi supporre che siano stati esauditi con una statua del loro santo patrono piuttosto che con una elargizione in denaro . ln quel periodo Donatello viveva e lavorava sotto l'egida medicea, ed era naturale che potesse essere scelto come scultore per il dono . La scoperta della vera data - che però non è unanimemente accettata - ha portato alla conclusione che si era sbagliato nel credere che le figure più macilente ed emaciate o le scene rappresentate con maggiore violenza fossero databili inequivocabilmente alla fine dell'attività di Donatello, nel periodo della cosiddetta 'ultima maniera'. Una volta raggiunta la maturità, lo scultore si adeguò alla classica nozione di decorum, come sostenuto dall'Alberti, trattando con delicatezza soggetti delicati come l'Annunciazione e con grande audacia soggetti drammatici: questo è evidente nei tondi in stucco della Sacrestia Vecchia, che risalgono probabilmente alla stessa decade del San Giovanni.

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98 60. Crocifisso Legno policromo, cm 170 x 160 San Piero a Sieve (Firenze), Bosco ai Frati, San Francesco

Questa vivida immagine del Cristo morto fu scoperta dal Parronchi nell'isolato convento di Bosco ai Frati soltanto quarant'anni fa , e non esiste perciò alcuna menzione nella letteratura più antica (dr. Mostra Firenze 1986, n. 57). Il convento fu ricostruito a spese di Cosimo de' Medici intorno al 1440 come atto di devozione locale, essendo vicino all'antica fortezza di Cafaggiolo, nel Mugello, luogo di origine della famiglia Medici. Questa circostanza, unita al duro realismo del modellato e della pittura del corpo martoriato, e il volto espressionisticamente consunto, conduce non senza ragioni ad una attribuzione ad uno scultore mediceo, Donatello stesso o Michelozzo, quest'ultimo coinvolto nella costruzione del convento. È stato anche suggerito che questo - e non quello meno tormentato di Santa Croce (cat. 3) - fosse il Crocifisso menzionato dal Vasari come protagonista di una informale competizione fra Donatello e Brunelleschi sulle rispettive sculture (il Crocifisso di Santa Croce è stato anche riattribuito nel 1976 dal Parronchi a Nanni di Banco). Certamente la critica espressa dal Brunelleschi nei confronti del Crocifisso eseguito dal rivale, paragonandolo ad un contadino , sarebbe più comprensibile se l'opera in questione fosse l'esemplare di Bosco ai Frati. Forse fu relegato in quel luogo a causa del suo aspetto troppo rozzo per i fiorentini? Questa scultura può essere considerata come un precedente del più classico Crocifisso che Donatello avrebbe poi realizzato per Sant'Antonio a Padova, nel 1444 (cat. 61). La forma assai smagrita fu forse condizionata dalla sagoma del tronco d'albero in cui è stato intagliato, e dalla tecnica, poiché togliere via il legno lungo la venatura è più comodo, e favorisce contorni più levigati in senso longitudinale; mentre nel modellare un corpo con la cera su un'armatura metallica, viene più naturale creare forme irregolarmente sporgenti, sovrapponendo grosse manciate del duttile materiale, come ad esempio nella cassa toracica della figura di Padova. In assenza di sculture analoghe di Michelozzo, è difficile stabilire l'autografia di quest'opera.

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61. Crocifisso Bronzo, cm 180 x 166 Padova, Sant'Antonio

Si tratta della prima opera realizzata da Donatello a Padova: pagamenti per il metallo dell'armatura e la cera per il modello sono documentati nel 1444. Il Crocifisso fu collocato nel coro della Basilica nel 1447, e il pagamento finale fu effettuato nel 1449. L'attuale perizoma è un rifacimento barocco: il corpo fu modellato completamente nudo e in seguito coperto da un drappo , allo stesso modo probabilmente del piccolo Crocifisso tenuto da San Francesco sull'altar maggiore. Secondo Janson (1963, pp. 148-19) la struttura corporea potentemente modellata rappresenta l'acme degli studi donatelliani sul nudo, incominciati con il giovanile Crocifisso ligneo , ma a differenza di quest'ultimo ogni dettaglio anatomico qui comunica uno spirito di eroica sofferenza. La testa, con il fluido ed ordinato trattamento dei capelli e della barba, ricorda i vari martiri ed apostoli ~ulle porte bronzee della Sacrestia Vecchia di San Lorenzo (cat. 48), e anticipa in maniera curiosa la testa di Oloferne nel gruppo della Giuditta (cat. 81). Donatello riuscì a superare il realismo gotico dei crocifissi lignei CQI1Sueti nell'Italia settentrionale con l'idealizzazione del corpo umano, appresa dall'arte classica.

62. Monumento equestre di Erasmo da Narni (Il Gattamelata) Statua: bronzo, cm 340 x 390; basamento: pietra di calcare, cm 780 x 390; rilievi dei blasoni sostenuti da putti: marmo, cm 120 x 175 Padova, Sant'Antonio, ingresso ai chiostri

Il condottiero, che fu Capitano generale dell'esercito veneziano, morì nel gennaio 1443 e il suo monumento fu probabilmente commissionato dalla vedova e dagli esecutori testamentari , secondo le sue ultime volontà. Quando suo figlio Giovanni Antonio raggiunse la maggiore età nel 1448, ne assunse a sua volta la responsabilità. La concezione della statua del Gattamelata fu forse ispirata ad un altro gruppo equestre in bronzo, di poco precedente, raffigurante Niccolò d'Este a Ferrara , a cui due fiorentini , Antonio di Cristoforo e Niccolò Baroncelli, stavano lavorando quasi contemporaneamente; commissionato nel 1441, un paio d'anni

102 prima della morte del Gattamelata, fu terminato nel 1451, circa due anni prima dell'installamento della statua di Donatello. Questo genere di monumento equestre era una ripresa dalla scultura greco-romana, la più nota delle quali in Italia era quella del Marco Aurelio sul Campidoglio a Roma. La commissione per questa statua, che gli avrebbe procurato fama e fortuna , è la probabile ragione per cui Donatello lasciò Firenze per Padova, sebbene in quest'ultima città non conosciamo alcun documento relativo a questo tema fino al 144 7, quando furono effettuati alcuni pagamenti per la fusione della statua e la costruzione del suo piedistallo. Nel 1453 a Donatello fu imposto per vie legali di installare la statua e ai suoi committenti di saldare il pagamento. Verosimilmente il Senato veneziano concesse l'autorizzazione ad un comune cittadino di poter usufruire di un genere di monumento pubblico che fino allora era riservato agli imperatori o per lo meno a capi di stato (come gli Scaligeri di Verona o Niccolò d'Este): questo avrebbe dovuto accompagnare le conquiste del Gattamelata, trattate nei suoi significati di condottiero militare. Significava un grande onore e permise a Donatello di utilizzare al massimo le sue conoscenze della scultura antica e di dimostrare anche la dua abilità tecnica. Sostenere su quattro sole gambe il considerevole peso di cavallo e cavaliere, realizzati in una spessa fusione in bronzo, era un problema. Senza dubbio lo scultore avrebbe voluto che una delle zampe anteriori fosse sollevata dal pavimento, come nel suo classico prototipo e come nei quattro Cavalli di San Marco. Invece, egli dovette introdurre una palla di cannone, che verosimilmente poteva giacere sul campo di battaglia, per sostenere l'estremità della zampa anteriore, ed equilibrare il peso della statua senza dare troppo nell'occhio. Il condottiero è ritratto nel pieno fulgore di uomo d'azione, e non come si presentava al momento della morte. È un ritratto idealizzato, anche se non completamente immaginario, con i capelli tagliati corti 'all'antica'. Anche alcuni particolari sulla sua armatura e la bardatura del cavallo rimandano all'antichità, nonostante che lo spadone e la palla di cannone ci riportino alla guerra contemporanea, in cui la scoperta relativamente recente della polvere da sparo aveva avuto drammatiche conseguenze. Questa immagine ispirò Verrocchio nella realizzazione della sua ancor più grande statua del Colleoni a Venezia, e rappresentò una motivo di sfida per Leonardo da Vinci ad intraprendere, senza successo, la realizzazione di un ancor più ambizioso monumento equestre per gli Sforza e i Trivulzio. L'alto piedistallo in pietra è oltremodo significativo: è firmato sul fronte: "OPVS DONATELLI FLO.". Sui lati in basso ci sono due finte porte, quella sul lato est è socchiusa, richiamandosi certamente ai sarcofagi romani e trasmettendo in questo modo un messaggio funerario. 1 rilievi rettangolari al di sopra contengono i dati araldici come d'uso per una tomba, e l'armatura da soldato, accompagnata da alcune bocche di cannone, sostenute da putti. Gli originali sono stati gravemente danneggiati dagli agenti atmosferici, e sono stati sostituiti da copie . 1 nomi degli scalpellini impiegati nella realizzazione del piedistallo sono documentati al 1447.

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Seppellimento di Cristo.

63. Altar maggiore della Basilica di Sant' Antonio, Padova

Dodici angeli musicanti, cm 58 x 21; Simboli degli Evangelisti, cm 59,8 x 59,8; Quattro miracoli di Sant'Antonio, cm 57 x 123; Cristo morto, cm 58 x 56; rilievi in bronzo Seppelliménto di Cristo, cm 138 x 188; rilievo in pietra, con mosaico Padova, Sant'Antonio San Prosdocimo e santo; rilievi in pietra (frammentari), cm 200 x 31; cm 187 X 30 Firenze, Fondazione Salvatore Romano Pietre angolari a volute; pietra, cm 35 x 38,5 Padova, Sant 'Antonio, Museo della Libreria li complesso architettonico e scultoreo che Donatello progettò per l'altar maggiore della Basilica di Sant'Antonio è una delle sue maggiori realizzazioni. È tragico che sia stato smantellato nel 1579, per essere sostituito da un nuovo altare del Campagna, i cui pezzi di bronzo alla fine non furono fusi. L'attuale ricostruzione risale al 1895, ma non è affatto esatta. La giusta collocazione delle sette statue principali, che stavano sotto una vera e propria tettoia poggiante su colonne, è stato oggetto di

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San Prosdocimo e Santo.

molte congetture, come anche quella dei quattro rilievi narrativi, dei simboli degli Evangelisti e dei dodici pannelli con gli angeli musicanti. Le volute agli angoli del tabernacolo e due rilievi di santi vescovi forniscono qualche indicazione della dimensione e della forma, mentre la pala d'altare dipinta dal Mantegna per San Zeno a Verona, sembra riflettere piuttosto fedelmente lo schema di Donatello. La commissione si deve ad un lascito fatto all'Arca di Sant'Antonio nel 1446 per la realizzazione di un nuovo altar maggiore. Donatello fu prescelto presumibilmente per il suo prestigio, e per il fatto che si trovava già a Padova, oltre che per il successo ottenuto dal Crocifisso, che a quel tempo era stato appena eretto. Purtroppo il contratto originale cosiccome i disegni e i modelli relativi a quest'opera sono perduti. Tuttavia il progredire del lavoro ed i nomi degli operai sono noti nei dettagli attraverso i libri dei conti dell'Arca che si sono conservati, fra la metà del 1446 e il 1450. Questo rappresenta una delle fonti più importanti per la conoscenza del funzionamento della bottega di Donatello e addirittura della fusione e rifinitura del bronzo per tutto il Quattrocento. Le sculture in bronzo furono realizzate in una prima fase durante il 1447 e il 1448, mentre la struttura dell'altare fu scolpita ed eretta fra il 1449 e il giugno del 1450. Donatello fu ancora creditore di denaro per le sue opere fino al 1456, quando era già ritornato a Firenze.

Madonna col Bambino fra i Santi Antonio e Francesco.

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San Francesco, cm 147; San Ludovico di Tolosa, cm 164; San Prosdocimo, cm 163; Sant'Antonio da Padova, cm 145; San Daniele, cm 153; Santa Giustina, cm 154; Madonna col Bambino, cm 159 Statue in bronzo Le sette statue di bronzo si trovavano in origine sotto un tabernacolo aperto di stile classico, un'edicola sostenuta da quattro pontili e quattro colonne, che servivano ad articolare lo spazio. Di fianco alla Madonna col Bambino, centrale, ieraticamente simmetrica - quasi bizantina - , i sei francescani o santi locali erano disposti in tre coppie di altezza digradante, e i più bassi, che si dà il caso siano i più importanti - San Francesco e Sant 'Antonio - erano i più interni , adiacenti alla Vergine. L'altezza di quest'ultima è di circa 10 cm in più degli altri in modo da

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106 permetterle una leggera preminenza, senza alterare al di là dei limiti di credibilità la scala della figura femminile, paragonata a una figura maschile. Le statue costituiscono un sacra conversazione tridimensionale, e la maggior parte di loro sono sembrate ai contemporanei come un tableau vivant della rappresentazione di un miracolo. Solo il materiale di bronzo scuro patinato avrebbe dovuto separarli dal mondo reale dei fedeli. Esse erano modellate con grande libertà e non completamente finite , come era invece prescritto dal contratto, forse perché lo scultore riservò a se stesso lo stadio conclusivo dell'opera e fu quindi costretto a terminarle fr ettolosamente, per essere pronto il giorno di Sant'Antonio nel 1450: sappiamo che non uscirono dalla sua bottega fino a due giorni prima della data di scadenza. Una volta installate, Donatello difficilmente avrebbe potuto continuare a cesellarle nel sacro recinto. O altrimenti egli avrebbe preferito far sviluppare l'intero progetto verso il completamento con la speranza di poterci ritornare sopra in seguito. L'evidente mancanza di rifiniture può essere stata la ragione, perfettamente legittima, del lungo ritardo nel pagamento da parte delle autorità, e il risentimento con cui forse Donatello lasciò Padova. Questo sconcertò anche i primi storici dell'arte specialisti di Donatello , che tendevano ad escluderla o quantomeno a sminuire il valore della statua e ad attribuirla agli assistenti. Comunque, dalla metà del XX secolo, l'influenza e l'apprezzamento della scultura 'moderna' hanno convinto gli studiosi a una maggiore tolleranza e ad ammirare l'ampio trattamento per la sua grande audacia, e l'effetto di 'sfumato' che ne risulta, ad esempio intorno agli occhi, per la loro espressività. Non è chiaro se questo grado di 'nonfinito' sia accidentale, cosa alquanto probabile, o se Donatello stesse cominciando ad avvertirne i vantaggi per le suggestive emozioni che riusciva a trasmettere. Non si tratta certo di un sintomo di incompetenza tecnica, o dell'approssimarsi della vecchiaia.

Due angeli musicanti.

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Dodici angeli musicanti, cm 58 x 21 ciascuno. Simboli degli Evangelisti, cm 59,8 x 59,8 ciascuno. Quattro miracoli di Sant'Antonio, cm 57 x 123 ciascuno. Cristo morto, cm 58 x 56 Rilievi in bronzo La serie dei quattro pannelli narrativi per la predella dell'altare, raffiguranti miracoli di Sant'Antonio, sono fra i capolavor i di Donatello più indiscussi e sono perfettamente finiti. Erano di estrema importanza poiché ribadivano il diritto alla fama del Santo patrono della Basilica. L'uso della cera per i modelli che precedevano la fusione in bronzo consentiva una libertà espressiva maggiore anche di quella di çui Donatello aveva usufruito quando lavorava in stucco ai tondi con la Vita di San Giovanni Evangelista nella Sacrestia Vecchia. La sua immaginazione può ora sfogarsi con la creazione di schemi grandiosi di

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Angelo musicante.

Simbolo di San Giovanni Evangelista.

classiche architetture dove sono ambientate le storie. I gruppi principali, isolati dagli elementi architettonici , sono circondati da grandi gruppi di astanti, spettatori che reagiscono e commentano il dramma centrale, quasi come il coro nella tragedia greca. Donatello si rivela uno straordinario drammaturgo, assumendo quasi il ruolo di regista teatrale o cinematografico nelle scene di massa. Henry Moore ha paragonato la sua opera a quella di Shakespeare, per la ricchezza e la varietà delle idee. li miracolo dell'Asina di Rimini e quello del Neonato che parla sono ambientati in interni profondi con un punto di vista ribassato rispetto ai loro schemi prospettici: con ogni probabilità questo indica che erano destinati alla parte posteriore dell'altare, nel coro dei monaci, dove lo spettatore doveva stare in basso. Seguono quindi, sul fronte dell'altare, i miracoli del Figlio pentito e del Cuore dell 'avaro che sono disposti all'aperto fuori dalle porte, hanno un punto di vista più alto, che corrisponde al probabile livello degli occhi dei celebranti all'altare. L'episodio principale in ciascuna scena rimane materialmente al centro, a differenza del primo esempio di rilievo narrativo, ancora a livello sperimentale, il marmoreo Convito di Erode (cat. 32). In tre casi la scena

centrale è incorniciata accuratamente da un arco o da una volta a botte, mentre nel quarto - Il figlio pentito - l'occhio è guidato nella giusta direzione dal punto in cui si esauriscono tutte le vigorose linee architettoniche circostanti. Tuttavia in quest'ultima scena, Donatello sperimentò una deliberata distorsione della 'corretta' prospettiva nei gradini sullo sfondo a destra, che hanno una punto di fuga differente dal restante spazio della scena. li risultato di Donatello è la varietà dei quattro pannelli uniformemente modellati: ognuno è strutturato in modo diverso a causa delle architetture interne. La scena con l'asina è divisa esattamente in tre parti, con lo scomparto centrale destinato al santo e al riverente animale, mentre gli astanti sorpresi premono in avanti dai comparti laterali, che sono pieni zeppi. Nella storia del neonato, lo scomparto centrale si estende sino a comprendere la maggior parte dei partecipanti, mentre le due ali sono vuote, a parte poche persone che entrano o escono frettolosamente dal palcoscenico: qui il protagonista è inserito più strettamente entro un arco sullo sfondo, un paramento di stoffa oppure sotto il baldacchino di un letto a colonne. Un simile raggruppamento tripartito, anche senza i muri divisori che arrivano fino

110 allo sfondo, è mantenuto anche per il miracolo del Cuore dell'avaro, scena ambientata all'esterno, sebbene a prima vista possa essere scambiata per un interno. Una analogia in questo senso con il marmoreo Convito di Erode (cat. 32) è rafforzata dall'architettura fantastica 'protopiranesiana' sul fondo a destra, con il suo miscuglio di gradinate e ringhiere collocate ai diversi angoli, tutti correttamente proiettati in prospettiva. Qui il nucleo principale della folla si estende verso i lati come nel Miracolo del neonato, ed è affiancato solo da due piccoli gruppi alle estremità della composizione a sinistra e a destra. Nel miracolo del Figlio pentito l'azione si svolge in un largo triangolo al centro, circondato da una folla che sembra ammucchiata al centro da linee di forza visive create dalle vigorose diagonali delle strutture architettoniche. Solo le figure minori sono relegate agli angoli inferiori. Le scene, realizzate in scuro bronzo patinato, sono ravvivate e rese più leggibili dall'uso della doratura sui dettagli degli ambienti, in modo da attirare la luce tremolante delle candele, unica fonte di illuminazione nell'oscurità del coro della Basilica. Questa doratura assume la stessa funzione delle tessere d'oro della Cantoria di Firenze. I quattro pannelli quadrati con i simboli degli Evangelisti permettevano a Donatello di continuare i suoi studi nel regno animale: la resa delle diverse creature è tipica della sua capacità di osservazione e del suo modo di coglierne le caratteristiche essenziali: la ferocia dell'uccello da preda nell'aquila; il leone quasi antropomorfo, che sembra addomesticato; e la docilità del bue accovacciMo, con i suoi occhi enormi, fortemente accentuati ed espressivi. In tutti questi pannelli Donatello ha rotto volutamente le delimitazioni delle cornici ornamentali, nella resa dei vangeli, le aureole, le mani, gli artigli o le zampe delle varie creature. Anche i dodici rettangoli verticali con angeli musicanti sono notevoli per la grande varietà di pose e gesti che li rendono così diversi l'uno dall'altro e che in mano ad un artista di minor levatura avrebbero sortito risultati ben più uniformi e monotoni. Molte delle piccole figure sono proiettate audàcemente dietro le cornici. li grande rilievo in pietra con la Deposizione, fu probabilmente collocato sul retro dell'altare, di fronte al coro dei monaci, proprio come è disposto attualmente; è una ripresa drammaticamente amplificata del tema che Donatello aveva affrontato trenta anni prima in un piccolo rilievo a stiacciato, nel tabernacolo in San Pietro (cat. 38). Invece della bianchezza del marmo di quel pannello, questo al contrario, scolpito profondamente in pietra di Nanto, con i personaggi a mezza figura, è ravvivato dal colore realizzato con intarsi di diversi tipi di marmi sul sarcofago e nello sfondo. Inoltre, un certo numero di strisce in terracotta invetriata, alla maniera della ceramica robbiana, di un verde brillante sono inserite negli elementi architettonici. Ci sono anche tracce di doratura, che in origine dovevano essere molto più evidenti, allo scopo di ricollegare visivamente questo rilievo con i dettagli dorati nei pannelli con i miracoli. Donatello crea un'atmosfera altamente drammatica con la compressione claustrofobica del gruppo degli astanti che piangono la morte di Cristo con gesti di agitata disperazione, fra il sarcofago, la cui fronte è molto sporgente, e la retrostante parete della camera tombale, e con la stretta cornice attraverso la quale si vede la scena.

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Miracolo dell'asina di Rimini; ·Miracolo del neonato che parla.

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Miracolo del figlio pentito; Miracolo del cuore dell 'avaro.

Cristo morto fra angeli.

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64, Madonna di Verona

Terracotta policroma, cm 74 x 52 Verona, collezione privata Questo tipo di composizione era molto popolare, a giudicare dal numero di repliche e varianti. È stata così chiamata dal luogo di collocazione di una delle sue versioni a Verona, dove era affiancata da repliche di due dei putti musicanti dell'altar maggiore a Padova, il che indicava il suo probabile autore. Nessun originale realizzato in materiale più significativo è noto fino ad oggi. La disposizione compatta secondo una forma approssimativamente triangolare riecheggia la più giovanile Madonna Yerevan (cat. 17). li modo protettivo con cui le mani della Vergine cingono la testa del Bambino, che si sta succhiando un dito e sbircia timidamente fra le dita adulte, è un episodio osservato con tenerezza dalla vita quotidiana, tipico della immedesimazione di Donatello con i suoi soggetti.

65. Madonna di Castelvecchio

Stucco policromo, cm 67,3 x 41,9 Verona, Museo Archeologico Un altro rilievo raffigurante una Madonna può essere collegato al soggiorno di Donatello a Padova, a causa dell'ubicazione di una vicina replica a Verona, già a Castelvecchio (da cui deriva il suo nome). li fatto che la Vergine porti una corona, come si vede nella sua forma attuale, permette di associarla. sia alla Vergine e alla Santa Giustina dell'altar maggiore in Sant'Antonio (cat. 63a), sia al tondo Che/lini (cat. 68). Sono documentate di Donatello "tre imagini di N.D.: uno di tufo e due di terracotta" per Ludovico Gonzaga e sua moglie, Barbara von Brandenburg nel 1450, ma non si conosce alcun esemplare conservato a Mantova o nei suoi dintorni (Foster 1980).

116 66. L'altare Forzori

Rilievo in terracotta, cm 53,5 x 57,5 Londra, Victoria and Albert Museum Il rilievo fu acquistato nel 1861 e ascritto a Donatello, sebbene recentemente l'attribuzione sia stata messa in dubbio (Janson 1963, p. 244; Pope-Hennessy 1964, n. 71). Il restauro ne ha comunque permesso una completa rivalutazione e una convincente restituzione al corpus di Donatello (Radcliffe 1989). La rimozione di una cornice del XIX secolo e di integrazioni in stucco hanno rivelato la superba maestria del modellato e hanno confermato che un terzo pannello di complemento a destra presumibilmente con un'altra volta a botte - è andato perduto insieme con metà della predella sottostante. Le placche di argilla sono state fuse introducendole in uno stampo e perciò non sono i modelli originali: questi, sembra, furono foggiati da Donatello in cera come rilievi stiacciati. I dettagli dell'architettura sono stati realizzati con riga e compasso in maniera simile ai tondi con la Vita di San Giovanni Evangelista nella Sacrestia Vecchia. L'idea del Crocifisso centrale collocato in un interno, e sotto una volta a botte, richiama il recente affresco con la Trinità di Ma~accio. I due pannelli e le volte che si sono conservati, anche se i loro schemi prospettici sono uniformi, contengono episodi distinti della Passione, e quindi non costituiscono un continuum spaziale e temporale come nell'altro pannello abbastanza simile con il Miracolo dell 'asina di Padova. Radcliffe considera l'opera "un modello per un complesso maggiore, probabilmente destinato ad essere eseguito in marmo" (1989, p. 199). Comunque, il punto di vista rialzato sembra indicare che gli occhi dello spettatore dovevano trovarsi allo stesso livello della cornice dell'architettura interna. Ciò implica di conseguenza che l'opera finale era probabilmente destinata ad avere le stesse dimensioni del modello, non più larga, poiché altrimenti il punto di vista sarebbe stato alterato. La tortuosità delle figure che corrono qua e là e gesticolano, e le forme complesse e intricate dei drappeggi potevano evidentemente essere fuse in bronzo e quindi cesellate fino alla perfezione, assai più facilmente di quanto potessero essere rese in marmo. Forse era destinato ad un altare di uso domestico.

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67. Madonna di via Pietrapiana

Terracotta, cm 86 x 68 Firenze, tabernacolo di via Pietrapiana (?} Questo rilievo in terracotta, fino all'esame compiuto dall'autore nel 1985 e al suo smontaggio per essere esposto alla mostra del 1986, era ritenuto il modello originale di una composizione di Donatello così chiamata per la sua collocazione in un angusto tabernacolo nel quartiere di Santa Croce a Firenze. Non è documentato, ma può essere associato allo scultore in base a composizione, stile e tecnica di modellazione. La sua ubicazione suggerisce una datazione al periodo in cui Donatello era a Firenze, pur non essendo certo se farlo risalire a prima o dopo il suo soggiorno a Padova (1443-53). Analogie nella fattura del panneggio e nella testa incappucciata si possono notare con la statua di Giuditta, e questo porterebbe a una datazione intorno al 1456. Le braccia e le volute terminali del faldistorio sono state modellate con una particolare distorsione della giusta prospettiva, e anche questa è una caratteristica del periodo tardo dello scultore.

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68. Madonna Chellini

Rilievo in bronzo parzialmente dorato, diam. cm 28,5 Londra, Victoria and Albert Museum

--------Questo tondo è unico per avere la forma di un piatto e per avere impressa sul rovescio l'immagine al negativo del recto, da cui possono essere ricavate repliche esatte. Sotto questo aspetto esso è perfettamente riconducibile ad un'opera che Donatello fornì al suo medico in cambio di alcuni servizi che gli aveva reso. Il noto dottore Giovanni Chellini, di San Miniato al Tedesco, annotò questo dono inconsueto e le relative circostanze nel suo Libro debitori e creditori e ricordanze: "Ricordo che a di 27 d'Agosto 1456 medicando io Donato chiamato Donatello, singulare e precipuo maestro di fare figure di bronzo e di legno e di terra e poi cuocerle, e avendo fatto quello huomo grande che e sullo alto di una cappella sopra la porta di Santa Reparata che va a Servi e così avendone principiato un altro alto braccia nove, egli per sua cortesia e per merito della medicatura che avevo fatta e facevo del suo male mi dono un tondo grande quant'uno tagliere nel quale era scolpita la Vergine Maria col Bambino in collo e due Angeli da lato, tutto di bronzo e dal lato di fuori cavato per potervi gittare suso vetro strutto e farebbe quelle medesime

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120 figure dette dall'altro lato". Questo bronzo è stato reso noto abbastanza recentemente, nel 1975, da una aristocratica collezione privata inglese, acquistato pare alla vendita all'asta della collezione Gaddi di Firenze, tenutasi a Londra nel 1764 (Baker 1989, pp. 184-85, 189, n. C3 l). È uno dei primi esemplari della scultura italiana del Quattrocento ad aver raggiunto l'Inghilterra, ma non è chiaro se fosse noto come opera di Donatello, poiché fu inciso nel XVIII secolo insieme a un certo numero di dipinti della stessa collezione, ma senza che fosse specificato il suo autore. li tondo è stato ripetutamente pubblicato come una scoperta importante perché getta nuova luce riguardo a l problema della sequenza delle Madonne di Donatello, e poiché è un'opera databile con una certa precisione (Pope-Hennessy 1976; Radcliffe e Avery 1976; Greenhalgh 1976; Mostra Detroit 1985, n. 28; Mostra Firenze 1986, n. 47). Gli studi hanno provato l'esattezza dell'affermazione del Chellini, cioè che la forma incavata sul retro era concepita per realizzare repliche in vetro; alcune furono prodotte a Londra ed altre, usando soltanto metodi manuali, a Murano, dove la bottega di Barovier avrebbe potuto realizzare tali opere, forse dietro una proposta dello stesso Donatello. Le opinioni sono discordi sull'epoca e il luogo in cui fu eseguito il tondo: secondo Pope-Hennessy poteva essere stato fatto appositamente per il Chellini, presumibilmente a Firenze lo stesso anno del dono, il 1456, mentre Radcliffe e Avery hanno notato forti tendenze bizantineggianti nel suo schema, e strette somiglianze con la Vergine incoronata e la Madonna e Santa Giustina a Padova, così come la vicinanza della nascente industria vetraria a Venezia, che poteva aver incoraggiato Donatello a pensare in termini di sperimentazione di questo nuovo materiale per riprodurre la sua scultura. Quindi i due studiosi ritengono il tondo un prodotto del periodo padovano, che Donatello si portò dietro a Firenze e che gli servì come mezzo di pagamento della parcella del suo dottore.

69. Crocifissione 'Medici'

Rilievo in bronzo, cm. 93 x 70 Firenze, Museo Nazionale del Bargello Il rilievo fu messo in evidenza per la prima volta nell'inventario della Guardaroba di Cosimo I ed ivi fu anche menzionato dal Vasari nel 1568:

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"in quadro di bronzo di bassorilievo, la Passione di Nostro Signore, con gran numero di figure" (Pope-Hennessy 1975-80; Mostra Firenze 1986, n. XVI). Il pannello non è presente in nessun altro degli inventari di Piero di Cosimo de'Medici (1456, 1465), o in quello di Lorenzo il Magnifico (1492). Comunque, si è tentato di trovare una connessione con una citazione in una lettera di Piero, datata 12 settembre 1454: "una tavola di bronzo" appartenente a Donatello (Foster 1980, p. 150). L'attribuzione è stata accesamente dibattuta e anche respinta da Janson (1963), ma promossa da Pope-Hennessy (1975-80). Questi analizza lo stile delle figure considerandole immediatamente successive al periodo padovano -derivate dai rilievi narrativi di Sant'Antonio - e in evoluzione verso le composizioni e i caratteri più turbinosi dei pulpiti di San Lorenzo. Questo si accorda alla datazione della sopramenzionata lettera di Piero . L'uso dell'agemina d'argento e oro, non solo per accentuare i dettagli ornamentali sugli scudi, le armature e i panneggi, ma anche per differenziare la luce dall'ombra, riecheggia le simili dorature nei rilievi padovani, ma è più pronunciata e finalizzata a un logico risultato. Tale tecnica fu in voga a Firenze a quei tempi, poiché nel contratto del 1455 fu stabilito che sarebbe stata utilizzata sulle porte di bronzo della sacrestia nord della Cattedrale fiorentina . Inoltre, nell'inventario dei beni di Piero di Cosimo del 1456 erano menzionate circa trenta opere lavorate ad agemina. Pope-Hennessy ha giustamente riferito l'effetto ornamentale e coloristico dell'agemina a un interesse dello stesso Donatello (o dei suoi committenti) verso la pittura del Gotico internazionale, e in particolare all'Adorazione dei magi di Gentile da Fabriano (Uffizi). Questo deporrebbe a favore del patronato di Piero il Gottoso, a cui notoriamente piaceva quello stile lussuoso, anche se leggermente arcaico, in opposizione al movimento di avanguardia del Rinascimento, che caratterizza l'arte di Donatello. 70. Modello per il David Martelli

Bronzo, cm 37 Berlino-Dahlem, Staatl~

Museen

La statuetta è realizzata a fusione piena e presenta la superficie ruvida di un originale bozzetto di cera che aveva incominciato a deteriorarsi, e che fu fuso in metallo per conservarlo (Detroit 1985, n. 25; Firenze 1986, n. 32). Essa è da porre in relazione con una enigmatica e non finita statua di marmo (ora alla National Gallery of Art di Washington) che appartenne nel tardo XV secolo alla famiglia Martelli di Firenze, la cui autografia è incerta (Detroit 1985, n. 55). Assegnata per la prima volta a Donatello dal Vasari, quando tratta del supposto patronato di Roberto Martelli (che ora si considera come esagerato), questa statua di marmo è ritenuta dalla maggior parte degli studiosi dell'ambiente di Bernardo e Antonio Rossellino. Tuttavia, Schlegel ha dimostrato convincentemente che il modello di bronzo è molto donatelliano e ha ipotizzato che potesse essere stato una idea preliminare per la statua di David in bronzo , la cui posizione è simile, sebbene egli sia nudo e non vestito come in quest'opera.

124 71.

David Bronzo, cm 158 x 51 (diametro della base) Firenze, Museo Nazionale del Bargello

Non ci sono documenti relativi al David, forse perché pagato in natura e non in denaro da Cosimo de' Medici, il più importante mecenate privato dello scultore. La più antica menzione di questa statua è contenuta in un resoconto del matrimonio di Lorenzo de'Medici nel 1469, quando essa fu collocata su una "colonna bellissima" in mezzo al cortile grande del nuovo Palazzo Medici. L'opera fu confiscata dalla Repubblica nel 1495, insieme alla Giuditta di Donatello e innalzata nel cortile del Palazzo della Signoria. Una delle questioni più dibattute negli st udi su Donatello è la definizione dell'epoca in cui fu eseguita questa sorprendente statua di nudo maschile , la prima nel Rinascimento italiano. Se la sua originaria destinazione è stato il Palazzo Medici , allora fu probabilmente commissionata intorno al 1453, quando il cortile era quasi finito e si stava eseguendo la decorazione. Si tratterebbe allora di un'opera relativamente tarda e di un Donatello in là con gli anni, dopo il suo ritorno da Padova. È stato anche ipotizzato che fosse stata eseguita a Padova (PopeHennessy), mentre taluni aspetti neoplatonici della insolita iconografia sono indicativi di una datazione tarda, intorno alla metà del Quattrocento (Ames-Lewis 1987). Altri critici sono propensi a credere che la statua sia precedente al periodo padovano dell'artista, nel qual caso essa non avrebbe potuto essere destinata a l nuovo palazzo che ancora non era stato progettato e costruito . Nei tratti anatomici si notano somiglianze con gli Angioletti del fonte battesimale di Siena, fornendo una data intorno al 1430. Il David potrebbe anche essere posteriore al viaggio di Donatello a Roma e al ritorno di Cosimo dall'esilio nel 1434. La datazione dovrebbe allora cadere nella decade in cui lo scultore risiedeva nell'Albergo di Santa Caterina, sull'area che i Medici avrebbero acquistato per il loro nuovo palazzo, che egli aveva preso in affitto per una modica cifra. Questo spiegherebbe la mancanza di documenti di pagamento. È a nc he possibile che il progetto del palazzo , generalmente attribuito al socio di Donatello, Michelozzo, se non in parte anche a llo stesso Cosimo, risalisse alla metà del 1430, anche se ci vollero altri 15-20 a nni per acquisire l'intera area per la demolizione, e dunque per la costruzione dell'enorme edificio. Una statua come quella del David poteva anche essere considerata come un simbolo al centro del cortile; forse un pezzo chiave di uno schema intellettualmente complesso comprendente anche gli otto grandi medaglioni scolpiti in marmo sulle pareti. Questi rappresentano ingrandimenti di gemme classiche, la maggior parte delle quali appartenevano ai Medici stessi. La sensuale nudità del ragazzo, che è in contraddizione con la storia biblica, può dar adito ad un altra serie di interpretazioni, fra cui ad esempio un'allegoria dell'amore divino (AmesLewis 1987).

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72. Busto di giovane

Bronzo, cm 42 x 42 Firenze, Museo Nazionale del Bargello Questo busto pervenne al Bargello dalle antiche collezioni granducali , e fu associato al nome di Donatello soltanto verso il 1880. L'unico indizio per una identificazione del personaggio è il grande medaglione che porta intorno al collo, copia di un cammeo classico appartenuto ai Medici. La scena che rappresenta un giovane alato alla guida di un carro con due cavalli si può interpretare come un'allegoria dell'anima umana, secondo la filosofia neoplatonica. Gli interessi di Cosimo de' Medici in questo campo e la fon dazione di un'accademia neoplatonica suggeriscono che egli potrebbe aver commissionato il busto a dimostrazione delle sue convinzioni. La somiglianza stilistica e la resa di particolari come i capelli e i tratti del volto con il David di bronzo (cat. 71), e con i più giovani santi sull'al tar maggiore a Padova, corroborano l'ipotesi di un'autografia donatelliana.

73 . Stemma Martelli

Pietra in parte dorata e marmo rosa Firenze, Palazzo Martelli Fino al 1799 questo monumentale stemma rimase su una scalinata nel palazzo Martelli in via Zanetti , dove era stato trasferito da un palazzo di via Martelli oggi distrutto, appartenente ad un altro ramo della famiglia, quello di Roberto (1408-64), che il Vasari elogia come patrono di Donatello (Firenze 1986, n. 31). L'altro palazzo sembra fosse fatto costruire da Roberto fra il 1446 e il 1458, e così lo stemma probabilmente è databile a quel periodo . Se si accetta l'autografia donatelliana, particolarmente nel grifone vigoroso e nel vivace reggiscudo, si deve datare quest'opera immediatamente dopo il ritorno dello scultore da Padova, quando il palazzo doveva essere prossimo al completamento.

128 129 74. San Girolamo in penitenza

legno policromo, cm 139 x 36,5 Faenza, Pinacoteca Vasari menziona, fra le opere di Donatello eseguite dopo gli anni padovani , una figura lignea di San Girolamo per Faenza: questa informazione si confà alla statua in questione, che è ricordata come proveniente da una cappella dei Manfredi in una chiesa francescana dedicata al santo, soppressa nel 1886. Nondimeno, gli studiosi sono stati divisi nell'accettarla come opera di Donatello: Kaufmann era favorevole ma Janson l'ha respinta (Firenze 1986, n. 56). Boucher ha recentemente· e posto l'attenzione sui seguenti aspetti in favore dell'autografia: i Manfredi erano signori di Faenza e Astorgio li in particolare era influenzato sia politicamente che culturalmente dai Medici, dopo il suo periodo di prigionia a Firenze nel 1440-42 (Miinchen 1989, pp. 186-93). Nel 1444 il papa Eugenio IV accolse una richiesta di Astorgio e degli Anziani di Faenza per insediare i Francescani osservanti in un monastero più antico, e di mutare la sua dedicazione in San Girolamo. La statua data probabilmente a dopo quel fatto e fu forse scolpita mentre Donatello si trovava a Padova, o immediatamente dopo. Pare che una vecchia iscrizione 'Opus Donatelli' fosse stata posta sotto la nicchia in cui la statua era collocata, il che indica che l'autografia era tradizionalmente accettata. La sorprendente nudità del santo è un'invenzione ardita dello scultore, apportando, sin dal 1400 circa, una netta novità nella tradizionale iconografia di San Girolamo, trasformandolo in un eremita penitente. Questo non è certamente l'unico esempio in cui Donatello spoglia in maniera insolita una figura vestita, fornendo al suo David bronzeo un significativo elemento di confronto: in effetti, si rimane colpiti dalla stessa mescolanza di naturalismo e stilizzazione in entrambe le figure - una emaciata per gli stenti, rugosa e coriacea per l'età avanzata; l'altra mostrata nel pieno fiorire della gioventù. La testa di San Girolamo ha un volto straordinariamente espressivo e può essere paragonata alla precedente statua di Abramo (cat. 11). Il risalto dato alla sua struttura ossea, evidenziata dalle guance scavate e gli occhi infossati , richiama le altre sue sculture in legno come il San Giovanni Battista e la Santa Maria Maddalena (cat. 59, 75). Sembra dunque ragionevole inserire questa impressionante statua fra le opere di Donatello.

130 75. Santa Maria Maddalena

legno policromo, altezza cm 188 Firenze, Museo dell'Opera del Duomo La statua non è documentata ed è ricordata per la prima volta nel Battistero di Firenze nel 1500. Si ritiene che sia da datarsi prima del 1455, poiché sembra aver influenzato in maniera piuttosto accentuata una simile statua ora al Museo di Empoli, datata a quello stesso anno (Firenze 1986, n. 54). Essa ricorda da vicino anche la violenta immagine di San Giovanni Battista in bronzo per la Cattedrale di Siena, consegnata nel 1457 (cat. 76). Di conseguenza è generalmente ritenuta (con solo un recente parere contrario che la anticiperebbe agli anni Trenta, a causa della sua affinità con il San Giovanni ligneo di Venezia del 1438) un'opera tarda post-padovana e scolpita dopo il ritorno in patria di Donatello nel 1553. Non abbiamo alcuna idea sul committente, sebbene Cosimo de' Medici potrebbe ritenersi un possibile candidato, poiché sembra che il ritorno di Donatello a Firenze - invece di accettare prestigiose e remunerative commissioni da altre parti - potrebbe essere stato incoraggiato dal quasi completamento del palazzo Medici e un rinnovato interesse da parte dei Medici verso la sua decorazione scultorea. Non è fuori luogo che lo scultore potesse aver scolpito la statua per proprio conto, forse come ringraziamento per il suo ritorno sano e salvo da Padova o per la guarigione dalla malattia per cui nel 1456 il dottor Chellini fu chiamato a curarlo (cfr. cat. 68). La statua fu messa a confronto, ma giudicata sfavorevolmente, già nel Rinascimento con quella scolpita dal Brunelleschi per Santo Spirito (bruciata nel 1471); fu molto ammirata invece nel 1498 dal re Carlo VIII di Francia, che cercò di acq uistarla ad un prezzo molto alto. Vasari la lodò succintamente come segue: "molto bella e molto ben fatta, essendo consumata dai digiuni e dall'astinenza". Donatello può aver derivato l'impressionante immagine non solo dalla perduta versione brunelleschiana, ma anche da un pannello duecentesco dipinto da un anonimo, che mostra la santa in età avanzata, e non come generalmente in età giovanile (Firenze, Accademia). Successivamente avrebbe ispirato una Maddalena in legno policromo di Desiderio da Settignano in Santa Trinita. L'ammirevole pulitura della Maddalena dopo l'alluvione del 1966, l'ha resa nuovamente leggibile: si possono ora vedere i penetranti occhi blu e i tocchi d'oro nei suoi lunghi capelli ramati, e allo stesso tempo si possono apprezzare la sottile struttura ossea del volto, resa ancor più evidente dalle privazioni dovute alla sua penitenza nel deserto. Le mani, che per un soffio non si toccano, ma sembrano quasi giungersi in preghiera, e i piedi ossuti, fermamente fissati sulla ruvida terra, sono passaggi profondamente espressivi della scultura in legno, che indicano l'identificazione dello scultore con il suo soggetto.

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132 76. San Giovanni Battista

Bronzo, cm 185 x 51 Siena, Duomo, cappella di San Giovanni A differenza della statua simile della Maddalena (cat. 75), il San Giovanni Battista bronzeo di Donatello è databile con precisione (Firenze 1986, n. 55): documenti del 1457 ricordano il suo trasferimento da Firenze in tre sezioni, ma con un braccio mancante. li suo luogo di destinazione non è noto, sebbene avesse ben potuto trovare una collocazione nel Battistero, non lontano dal fonte a cui Donatello aveva collaborato trent'anni prima. La cappella di San Giovanni nella stessa Cattedrale, dove si trova ora, non fu costruita fino al 1480 ca. L'avambraccio destro mancante fu aggiunto più tardi, e reca una visibile cesura all'altezza del gomito. Sin dal primo Rinascimento, circolava la storia che Donatello non avesse fornito originariamente il braccio poiché non era rimasto soddisfatto del pagamento ricevuto per la statua. Janson ha respinto questa tesi considerandola una coloritura romanzesca inventata per fornire una credibile spiegazione all'incompletezza dell'opera. Corpunque, è in piena sintonia con quel che conosciamo del carattere di Donatello questo suo modo disinvolto di trattare con i committenti; d'altro canto il loro apprezzamento e il compenso inferiori alle aspettative dello scultore non sono cosa nuova. li trattamento ampio dei tratti del volto dei santi richiama quello del Crocifisso e santi di Padova, specialmente del San Francesco. L'audace libertà con cui lo scultor·e ha realizzato la struttura della pelle di capra che copre il santo fu resa possibile dalla natura duttile della cera usata per il modello originale. I capelli scarruffati del personaggio, che ha l'aspetto di un barbaro , sono simili a una corda consumata - e possono essere stati realizzati veramente inzuppando una vera corda nella cera fusa e collocandola poi al loro posto. Questo procedimento supplementare per riprodurre la chioma di capelli è analogo al modo in cui lo scultore assemblò pezzi di legno, stucco etc. all'anima di legno intagliata della sua Maddalena. li risultato è un'immagine spaventosamente potente, che deve aver creato uno shock agli spettatori contemporanei. Quattro secoli e mezzo più tardi, Rodin ne avrebbe preso spunto per realizzare· la sua audace interpretazione di nudo, in bronzo , dello stesso santo.

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134 77. Madonna della porta del perdono Marmo Siena, Duomo, porta del perdono

Questo grandissimo e profondo rilievo (recentemente rimosso e conservato in luogo chiuso) faceva parte originariamente di un altare dentro la cattedrale, nella cappella di San Callisto , che fu completato nel 1458 (Pope-Hennessy 1975-80, p. 84). È la sola opera monumentale sopravvissuta del soggiorno senese dello scultore. L'originale idea di concepire "di sotto in su" lo spessore interno dell'oculo deriva da un precedente tondo con una Madonna inserito - in piccola scala - nelle strutture architettoniche che circondano il Miracolo del neonato di Donatello in Sant'Antonio: qui, l'effetto "di sotto in su" è intensificato da una spessa ghirlanda circolare che corre nella parte alta. Questa idea fu continuata nel tondo Chellini, con la forma che si ingrandisce intorno alla parte superiore della coppa, suggerendo profondità maggiori delle attuali (cat. 68). A Siena, Donatello accentuò ancor di più la prospettiva, introducendo una decorazione a cassettoni nello spessore dell'oculo, cosicché sembra di guardare a destra attraverso la parete. Lo scultore ha proiettato anche la testa della Madonna e l'aureola fisicamente fuori dal bordo. L'effetto spaziale che si crea non è del tutto logico ma è sufficiente ad illudere lo spettatore a crederlo. La tipologia della Madonna si inserisce fra quelle dei tardi anni Trenta a Firenze, e quelle realizzate durante il soggiorno padovano o poco dopo, come ad esempio il tondo Chellini (cat. 68). La sua concezione grave e nobile, particolarmente notevole per l'elaborazione dei panneggi, è sfortunatamente rovinata dalla scadente esecuzione, ben visibile nei cherubini che l'accompagnano. È possibile che non fosse terminata alla data della precipitosa partenza di Donatello dalla città, e sia stata completata da mediocri scultori. In ogni caso l'opera è stata probabilmente ritagliata varie volte in seguito, dopo la sua esposizione alle intemperie.

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78. Compianto

79. Strage degli innocenti (recto); David (verso)

Rilievo in bronzo, cm 33,6 x 41,5 Londra, Victoria and Albert Museum

Disegno, inchiostro su carta, cm 28,8 x 20,4 Rennes, Musée des Beaux-Arts

Questo rilievo dal modellato così drammatico, è ricordato per la prima volta nel XIX secolo in palazzo Mocenigo di San Luca a Venezia (Mostra Firenze 1986, n. 49). Lo sfondo è stato ritagliato intorno alle figure, poiché presumibilmente si era incrinato. È generalmente accolto come opera di Donatello su basi stilistiche, sebbene ci siano disaccordi sulla datazione (Pope-Hennessy 1964, n. 63). È forse da collegare a un progetto documentato, ma non realizzato, per la creazione di una coppia di grandi porte bronzee - di cui non è menzionato il contenuto narrativo -per la Cattedrale di Siena (1457-59). Lo scultore partì veramente alla volta di Siena e realizzò una serie di modelli di cera per i pannelli a rilievo, in previsione della fusione, ma poi abbandonò il lavoro e ritornò a Firenze. Si è pensato che il Compianto potesse essere una prova di fus ione, che risultò poi difettosa. Se questa ipotesi si rivelasse giusta, il soggetto del ciclo narrativo poteva essere la vita di Cristo, o della Madonna, a cui la Cattedrale è dedicata. Sia l'uno che l'altro tema avrebbero costituito un adeguato contrappunto alle storie del Vecchio Testamento della contemporanea Porta del Paradiso del Ghiberti, che era stata collocata nel Battistero fiorentino nel 1452. li suo successo può aver convinto i senesi a commissionare un apparato di porte simile: lo stesso Ghiberti avrebbe potuto essere un naturale candidato, ma morì nel 1455, lasciando il campo al suo grande rivale, Donatello. Entrambi hanno fornito rilievi narrativi per il fonte battesimale nel Battistero di Siena negli anni Venti.

"Mentre Donatello godette di una considerevole fama postuma come disegnatore, neanche un disegno è venuto alla luce che possa essere convincentemente attribuito a lui con certezza, cosicché non conosciamo quale fosse il suo stile come disegnatore" (Janson 195 7, introd., p. Xlii). Questa posizione così severamente accademica è troppo critica e necessita di una rettifica. Questo disegno è quello che attualmente meglio si presta ad essere incluso nella produzione donatelliana (Mostra Detroit 1985, n. 35; Mostra Firenze 1986, n. 58), ed è accolto da molti studiosi, sebbene non da tutti. li suo nome è scritto sul bordo del verso con una scrittura che assomiglia a quella del Vasari, che nella sua Vita esaltava l'abilità di Donatello nel disegno, come aveva fatto Pomponio Gaurico prima di lui (De scultura , 1504). La figura di David è quasi un'immagine speculare del modello per il David Martelli (cat. 70), ed include il mantello che pende dalle spalle, con pieghe decisamente verticali. Essendo tratto da uno studio da un modello, in posa in mutande (ma i cui genitali sono tuttavia chiaramente rappresentati) il disegno fa fortemente presagire la scelta di Donatello di raffigurare completamente nuda, a dispetto delle convenzioni, la sua grande statua di bronzo. li tratteggio nelle pieghe del mantello indica non solo le ombre ma anche l'incavo spaziale necessario allo stesso modo di una nicchia - a dare risalto e accentuare il rilievo del corpo nudo visto di fronte. Questo approccio è molto da scultore e rafforza la tesi dell'autografia donatelliana. li recto del disegno mostra il

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138 lato sinistro di una Strage degli innocenti. Si vedono tre madri ripiegate o inginocchiate a proteggere i loro figli uccisi, mentre sullo sfondo un soldato solleva il braccio stringendo un pugnale pronto a colpire un'altra donna e suo figlio, in mezzo alla mischia di figure rannicchiate. La compressione delle figure verso il primo piano, insieme al moto violento e al senso tragico, riconducono allo stile dei rilievi donatelliani a Padova e in San Lorenzo . 1 vigorosi tratti di penna con cui l'artista affronta il foglio di carta sono indicativi del modo in cui Donatello si accostava al marmo con lo scalpello nei suoi rilievi stiacciati. Essi esprimono tutta la brutalità dell'attacco contro quegli innocenti senza speranza. Nessuna scena con questo soggetto è ricordata da documenti, ma potrebbe inserirsi nella serie della vita di Cristo, accanto al rilievo bronzeo del Compianto (cat. 78) che, come è stato suggerito, poteva costituire il soggetto previsto delle porte della Cattedrale di Siena.

80. Sarcofago di Niccolò e Fioretta Martelli Marmo con scudi di porfido rosso e grifi applicati in bronzo Firenze, San Lorenzo, cappella Martelli

Vasari incluse questo sarcofago fra le opere eseguite da Donatello per Roberto Martelli. Documenti pubblicati recentemente provano che Roberto nel suo testamento del gennaio 1464 diede istruzioni ai suoi eredi di commissionare una tomba per i propri genitori (Miinchen 1989; Civai, pp. 256-259). La testimonianza interna dell'iscrizione prova che esso fu iniziato immediatamente e completato nel 1464. Il sarcofago imita un enorme cesto ovale, di canne intrecciate - un'idea derivata dall'antichità e sul suo coperchio curvato a cupola vi è una targa rettangolare con una lunga iscrizione incisa in belle capitali umanistiche. L'idea e il trattamento dei nastri svolazzanti sono simili a quelli dei sostegni reggiscudo dello stemma Martelli (cat. 73), e furono probabilmente disegnati entrambi da Donatello ed eseguiti dalla bottega.

140 81. Giuditta e Oloferne Bronzo, altezza cm 236 Firenze, Palazzo Vecchio

La commissione originale e il contesto in cui fu realizzato questo strano gruppo non sono documentati. Il collegamento che, secondo le lunghe argomentazioni del Janson, sussisterebbe con un pagamento del settembre 1457 ad un assistente senese, Urbano da Cortona, per l'acquisto di qualche metallo o di bronzo in favore di Donatello per una "mezza fighura di Guliatte",-suona qui come riferito ad un busto di Golia - è inconsistente e non supportato da alcun elemento evidente che la Giuditta fosse stata eseguita per Siena. li gruppo si trovava nel giardino di dietro di Palazzo Medici dove è menzionato per la prima volta in un documento, insieme al David bronzeo, in una delibera della Signoria, datata 9 ottobre 1495, che stabiliva che entrambe le statue dovevano essere confiscate e consegnate agli Operai di Palazzo Vecchio perché le installassero dove lo ritenessero più opportuno. Il 21 dicembre il gruppo della Giuditta fu eretto sulla ringhiera del palazzo della Signoria. Esiste dunque una possibilità - non necessariamente da scartare - che la Giuditta sia stata eseguita per i Medici, protettori prediletti di Donatello. Due iscrizioni, perdute molto tempo fa, sistemate sul basamento sottostante, erano ricordate nel tardo Quattrocento: una rievocava una sentenza dall'orazione funebre per Cosimo il Vecchio (1464) e l'altra si riferiva esplicitamente a Piero il Gottoso , suo figlio, come alla persona che "dedicò" la statua. È ancora aperta la questione se Piero abbia commissionato veramente il pezzo, mentre era ancora vivo suo padre, o semplicemente lo abbia ricevuto in eredità incompleto (o finito) dopo la morte del padre e gliel'avesse dedicato. Donatello morì nel 1466, solo due anni dopo Cosimo, e Piero nel 1469. L'occasione per l'iscrizione può essere stata la vittoria personale di Piero nel 1466 su alcuni cospiratori guidati contro di lui da Luca Pitti, ma essa poteva anche essere una aggiunta più tarda ad una statua già esistente, poiché Donatello morì nel dicembre di quell'anno. Gli angoli dello schiacciato cuscino su cui sono le figure (che richiama quello del San Marco, cat. 5, di molti anni prima) sono forati per l'emissione di acqua, perciò si trattava probabilmente di una fontana - forse quella per la quale esiste ancora un largo bacino nel terreno del giardino di dietro del palazzo. Le figure furono fuse in undici sezioni, e il panneggio di Giuditta fu modellato a parte con un panno impregnato di cera, parte del quale emerge in un passaggio difettoso sopra la sua fronte. Ci sono tracce di doratura sulla bardatura (Dolcini 1988).

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142 82. Due pulpiti

Bronzo, cm 137 x 280 (nord}; cm 123 x 292 (sud) Firenze, Basilica di San Lorenzo Sul pulpito a sud, alla sinistra dello spettatore che guarda l'altar maggiore, sono: L'agonia nell'orto (sul retro); Cristo davanti a Pilato e Caifa (lato corto lontano); Crocifissione e Deposizione (sul fronte); Seppellimento {lato corto vicino). Sul pulpito a nord, a destra: il Martirio di San Lorenzo (retro), datato 1465; Le tre Morie al sepolcro {lato corto lontano); la Discesa al Limbo, Resurrezione e Ascensione (sul fronte); la Pentecoste (lato corto vicino). La coppia di pulpiti con scene della Passione di Cristo in San Lorenzo è una delle più enigmatiche commissioni di Donatello. Non esistono documenti contemporanei, sebbene una scena, il Martirio di San Lorenzo, sia datata 16 giugno 1465. Vespasiano da Bisticci nella sua biografia di Cosimo, che conobbe e servì perso~almente, affermò, verso il 1485 nel suo Vite di Uomini Illustri (ed. P. d'Ancona e E. Aeschlimann, Milano 1985, p. 418): "e perché ne' tempi sua quest'arte degli· scultori alquanto venne ch'egli erano poco adoperati, Cosimo, a· fine che Donatello non si stese, gli allogo certi pergami di bronzo per Sancto Lorenzo .. .". L'inizio del lavoro deve risalire comunque ad un'epoca antecedente alla morte di Cosimo nel 1464, e forse di alcuni anni, in considerazione della data alla metà del 1465, che registra il completamento della scena con il santo che dà il nome alla chiesa. Lo scultore in effetti visse soltanto due anni in più di Cosimo e l'opera non poteva esser~ terminata alla sua morte nel dicembre del 1466. Effettivamente il Vasari ripete più volte che Bertoldo di Giovanni collaborò a cesellare i rilievi a causa dell'avanzata età di Donatello. Questa informazione è corroborata dalla ovvia presenza di più di una mano· all'esecuzione dei pannelli bronzei: fra i diversi stili e qualità esecutive che si possono distinguere, si riconosce la mano di Bartolomeo Bellano, che èra già stato assistente di Donatello a Padova. Altri problemi sono creati dalle evidenti discrepanze nelle dimensioni e sull'esatta conformazione dei due pulpiti: quello a sud presenta due grandi scene rettangolari sul fronte , scandite da tre pilastri in bassorilievo, mentre quello a nord comprende tre scene, divise da quattro strutture fortemente aggettanti, simili a contrafforti, che ricordano scene teatrali. Il secondo sembra rappresentare un concetto più avanzato tanto da far pensare che sia stato disegnato ed eseguito più tardi. Ancor più sorprendente per un ammiratore di Donatello del XX secolo è il fatto che i pannelli bronzei a quanto pare non furono montati subito come pulpiti, immediatamente dopo la morte dello scultore nel 1466, ma abbandonati e portati dentro la chiesa assai più tardi nel 1515, in occasione dei preparativi per l'ingresso cerimoniale di papa Leone X. Anche allora essi furono installati solo temporaneamente su strutture in legno , e le attuali basi di marmo datano al 1558-65. Si nota che alcuni dei componenti non corrispondono con esattezza alle giunture.

Pulpito a sud.

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145

Pulpito sud: Crocifissione; Agonia nell 'o rto.

Pulpito nord.

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BIOGRAFIA

1386: Probabile anno di nascita a Firenze di Donatello, figlio di Niccolò di Betto Bardi cardatore, desunto dalle portate al Catasto del 1427, dove si dichiara quarantenne, e del 1433, dove afferma di avere 47 anni. 1401: Risulta aver colpito a sangue un tedesco con un bastone, a Pistoia. (1402-04]: Probabile suo viaggio a Roma, menzionato dal Vasari, con Brunelleschi, che usciva sconfitto dal Ghiberti nella gara per l'assegnazione delle porte di bronzo del Battistero di Firenze. 1404-07: È impegnato nella bottega del Ghiberti alla produzione delle scene della prima coppia di porte del Battistero. 1406: Esistono pagamenti per i Profetini di marmo, per la Porta della Mandorla nella Cattedrale fiorentina . 83. Medaglia di Cosimo il Vecchio de' Medici Recto di medaglia, diametro cm 7,8 Firenze, Museo Nazionale del Bargello

Cosimo morì nel 1464 e fu insignito del titolo onorifico di "Pater patriae" (per emulazione degli antichi Romani, per esempio Cicerone) dalla . Signoria di Firenze il 16 marzo 1465 (Detroi~ 1985,_ n. 51). La ~edagha deve essere stata concepita poco dopo quell avvenimento e se e corretta l'ipotetica ascrizione a Donatello (Hill 1930, n. 910; Avery 1986, pp. 107-108), risale a prima della sua morte nel dicembre 1466. In ogni caso, essa deve essere datata precedentemente alla morte di Piero il Gottoso nel 1469, poiché -un esemplare in oro è illustrato sul margine d! un manoscritto miniato da Antonio del Cherico, dedicato a Piero. E tale la qualità del ritratto di profilo e così tipica dell'artista l'esplorazione di ogn_i rientranza e ogni sporgenza dei lineamenti che la sola persona capace d1 eseguire un tale sottile modellato e una geniale caratterizzazione non poteva essere che Donatello. Gli esperti in medaglistica_ hanno p~r queste varie ragioni trascurato di attribuirla a qualche medagh~~a noto _m_ quel periodo, poiché la maggior parte dei loro ritratti sono pm genenc1 e meno attraenti. È facile immaginare che il già anziano scultore avesse voluto commemorare il suo patrono più importante dopo la morte, e celebrare il titolo onorifico assegnatogli. Sarebbe stato un modo originale di contraccambiare tutta una vita di favori e in particolare le istruzioni date da Cosimo nel suo testamento a suo figlio Piero di occuparsi dell'aspetto finanziario di Donatello e di farlo seppellire vicino a Cosimo nella cappella di famiglia in San Lorenzo, come infatti è avvenuto.

1408: Riceve la commissione per una statua di David, terminata nel 1409, da collocare su uno sprone della Cattedrale di Firenze e per il San Giovanni Evangelista, terminato nel 1415, per la facciata occidentale. 1410-12: Sono registrati pagamenti per una colossale scultura in terracotta raffigurante Giosuè, per uno sprone del Duomo. 1411 : L'Arte dei Linaioli gli commissionò il San Marco , terminato nel 1413, per la relativa nicchia a 'Orsanmichele. 1412: Si immatricola alla Compagnia di San Luca come "orafo e scultore in pietra" . 1415: Viene pagato, insieme al Brunelleschi, per una "piccola figura di pietra, rivestita di piombo dorato", che doveva servire come modello per altre figure da collocarsi sugli sproni. Nel dicembre gli furono commissionate due statue di marmo di Profeti per il Campanile, terminati rispettivamente nel 1418 e nel 1420. 1416: La Signoria acquistò dagli Operai dell'Opera del Duomo di Firenze una statua di marmo raffigurante David per collocarla nel Palazzo della Signoria: essa doveva essere dipinta e dorata accuratamente, con l'aggiunta di una base decorata a mosaico. 1417: L'Arte degli Spadai e Corazzai acquistò un blocco di marmo per la base della loro statua di San Giorgio a Orsanmichele, forse per scolpirvi il bassorilievo di San Giorgio e il drago. In ogni caso, il documento fa intendere che la statua era già finita. 1418: Realizzazione del Leone di Firenze (il Marzocco) per la colonna di una scala dei nuovi appartamenti papali nel monastero di Santa Maria Novella, terminata nel 1420. Nello stesso periodo incominciò probabilmente a lavorare alla statua di bronzo dorato con San Ludovico di Tolosa per la nicchia della Parte Guelfa a Orsanmichele.

148

1418-19: Insieme al Brunelleschi e Nanni di Banco realizzò un modello di mattoni e cemento per la cupola del Duomo di Firenze.

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una corrispondenza tra i Medici e le autorità di Prato per cercare di persuadere Donatello a tornare da Roma per termina re il pulpito; il suo assistente Pagno di Lapo fu mandato a Roma per andarlo a prendere.

1421: Scolpì insieme a Nanni di Bartolo il gruppo di Abramo e Isacco per il Campanile. 1421-26: Prese in affitto una casa dai Frescobaldi, vicino al loro palazzo. 1422: Terminò la nicchia per il San Ludovico a Orsanmichele e fu pagato per i rilievi delle due teste di profeti sulla Porta della Mandorla. È probabilmente di questi anni il rilievo stilisticamente vicino della Madonna col Bambino ora a Berlino. Era nel vivo inoltre la disputa su come e dove si sarebbe dovuto realizzare la tomba dell'antipapa Giovanni XXIII nel Battistero. 1423: Documentati pagamenti per una statua per il Campanile, forse Geremia. Fu incaricato dalla commissione dell'Opera del Duomo di Orvieto di realizzare una statuetta di bronzo dorato (non rintracciata), raffigurante San Giovanni Battista, per il fonte battesimale. La Cattedrale di Siena gli commissionò un rilievo di bronzo con il Convito di Erode per il fonte battesimale, terminato nel 1425 e consegnato nel 1427. 1425-26: Inizia la sua collaborazione con Michelozzo di Bartolomeo, proseguita fino al 1433 circa, in concomitanza forse con la commissione per la tomba di papa Giovanni XXIII nel Battistero, terminata verso il 1428. La bottega di Donatello si trovava a quell'epoca in Corso degli Adimari, vicino alla Cattedrale. Alcuni pagamenti da parte della filiale della banca dei Medici a Pisa, provano che in questi anni lo scultore si trovava in quella città, forse per acquistare marmo nelle vicine cave di Carrara, per le tombe di Giovanni XXIII e del cardinal Brancacci di Napoli. 1426: Sempre a Pisa è documentato il suo contatto con Masaccio che nel 1426 stava operando lì. A quella data dovrebbero risalire alcuni bassorilievi, come l'Assunz ione per Napoli e l'ovale con la Madonna col Bambino e doveva essere terminato uno dei Profeti per il Campanile, forse Geremia. 1427: Fu effettuato un pagamento per un altro Profeta, probabilmente Abacuc. Questa data è incisa sopra la lastra tombale di bronzo, firmata, dell'arcivescovo Giovanni Pecci nella Cattedrale di Siena. Nella prima Portata al Catasto del 1427, dei due artisti collaboratori, redatta da Michelozzo, si dichiara il lavoro al busto-reliquiario in bronzo dorato di San Rossore per il convento di Ognissanti a Firenze; la tomba di Giovanni XXIII completa per tre quarti; la tomba del cardinal Brancacci realizzata per un quarto; il monumento Aragazzi per Montepulciano in lavorazione; una figura in marmo - probabilmente Abacuc - finita per tre quarti. 1428: Sono registrati pagamenti per due statuette di bronzo con la Fede e la Speranza per il fonte battesimale di Siena e un contratto per il pulpito esterno della Cattedrale di Prato, terminato nel 1438. 1429: L'artista modellò tre Putti per il fonte battesimale di Siena. 1430: Impegnato, insieme al Brunelleschi, nell'allestimento militare fuori dalle mura di Lucca; nello stesso anno è a Roma con Michelozzo. 1432 : Eseguì la lastra tombale dell'arcidiacono di Aquileia, Giovanni Crivelli, in Santa Maria in Aracoeli e, forse in questo periodo, il Tabernacolo sacramentale per San Pietro. Intercorre

1433: Portata al Catasto. I Medici gli affittarono la locanda di Santa Caterina per alcuni supposti lavori {fino al 1443) forse i rilievi per la Sacrestia Vecchia di San Lorenzo. Commissione per la Cantoria del Duomo di Firenze e acquisto del marmo. Incominciato il capitello bronzeo per il pulpito di Prato; il lavoro ai pannelli di marmo andrà avanti fino al 1438. 1434: Il suo disegno per una vetrata nella Cattedrale con l'Incoronazione della Vergine è preferito a quello del Ghiberti (terminata nel 1437). Insieme a Luca della Robbia crea un modello in terracotta per una enorme testa per l'apice della cupola del Duomo di Firenze. È respinta dai senesi una porta bronzea per il tabernacolo sul fonte Battesimale a Siena. 1435: Probabile data di esecuzione dell'Annunciazione Cavalcanti. 1436: Portato a termine e pagato !'Abacuc. 1437: Commissione per le porte di bronzo della Sacrestia del Duomo di Firenze, mai eseguite dallo scultore. 1438: Data iscritta sulla statua di legno dipinto di San Giovanni Battista nella chiesa dei Frari a Venezia. Terminato il pulpito di Prato. 1439: Realizzazione di un modello di cera per un Altare di San Paolo nel Duomo di Firenze per una scultura in marmo di Luca della Robbia. Fusione e doratura di alcune teste di bron~ zo, da collocare sotto la sua Cantoria, che era stata allora completata. 1443: Donatello acquista una casa a Figline di Prato. Parte per Padova. 1444: Incomincia a lavorare al Crocifisso bronzeo, terminato nel 1449. 1445: Breve rientro a Firenze, per valutare con Luca della Robbia il Lavabo del Buggiano nella Sacrestia del Duomo. La commissione per le porte bronzee passa a Michelozzo e Luca della Robbia . 1446: Lascito di Francesco Tergola all'Altar Maggiore di Sant'Antonio di Padova; Donatello riunisce la sua equipe di artigiani. 1447: Sono modellati, fusi e cesellati i pannelli con Angeli, Evangelisti e i Miracoli di Sant'Antonio. Incominciate le figure di San Ludovico e San Francesco. Commissionato il Monumento al Gattame/ata, terminato nel 1453. 1448: Fusione di tutti i Santi e della Madonna col Bambino, per Padova. Eretto un altare ligneo provvisorio per le celebrazioni della festa di Sant'Antonio (13 giugno). Incominciato allora l'altare di marmo. 1449: Pagamento per il rilievo con il Seppellimento di Cristo. Realizzato il rilievo con la Pietà. 1450: Le statue sono installate definitivamente sull'altar maggiore di Padova. Procedimento legale contro Petruccio, riguardo ad una commissione non rispettata per una cappella. Mandati sette pezzi a Mantova per Lodovico Gonzaga e Barbara di Brandeburgo. Trattative riguardo a una statua di Borsa d'Este per Modena - non finita.

150 1451 : Pagamento da parte del vescovo di Ferrara; ulteriori lavori per Modena; corrispondenza con Lodovico Go nzaga per un'urna di Sant'Anselmo -mai eseguita.

INDICE TOPOGRAFI O

1452: Alfonso d'Arago na , re di Napoli, scrive al governo veneziano nel tentativo di ottenere i servigi di Donatello. 1453: Stima del Monumento al Gattamelata. 1454: Prende in affitto casa e bottega in piazza del Duomo a Firenze. 1455: Probabile data di esecuzione della Santa Maria Maddalena. Discussioni con le autorità di Prato sul pagamento insoluto per il pulpito. 1456: Consegna al suo medico Giovanni Chellini il tondo di bronzo con la Madonna col Bambino, come pagamento dell'assistenza medica durante una sua lunga malattia. Acquisto di materiali per la fusion e di statue in bronzo . Bartolomeo Bellano di Padova è suo assistente. Comincia a lavorare per l'Opera del Duomo di Siena, con ogni probabilità al bronzo con San Giovanni Battista per il Battistero.

Berlino, Bodemuseum Madonna col Bambino Berlino-Dahlem, Staatliche Museen Angelo con tamburello Madonna col Bambino (Madonna Pazzi) Madonna col Bambino e angeli che suonano Modello per il David Martelli Boston, Museum of Fine Arts Madonna delle nuvole Faenza, Pinacoteca San Girolamo in penitenza

91 45 35 64 123 52 128

Firenze, Battistero di San Giovanni Ritratto di Baldassarre Coscia

41

Firenze, Duomo, porta della Mandorla Coppia di Profeti Profeta e Sibill a

22 34

Firenze, Duomo, tamburo della cupola Incoronazione della Vergine

61

1458: Lodovico Gonzaga cerca invano di ottenere i servizi di Donatello dai senesi.

Firenze, Fondazione Salvatore Romano San Prosdocimo e Santi

103

1459: Rientra a Firenze e prende in affitto una casa in via del Cocomero (l'attuale via Ricasoli). Realizza forse in questo periodo Giuditta e Oloferne e i Pulpiti di bronzo in San Lorenzo per i Medici.

Firenze, Museo Bordini Madonna dei Cordai Sacra Famigl ia

1457: Va a Siena, dove è pagato per il San Giovanni; per lavorare alla cappella di Nostra Donna delle Grazie, già assegnata ad Urbano da Cortona. Comincia modelli in cera per le porte occidentali della Cattedrale di Siena, lavoro proseguito fino al 1459.

1461: Pagato da Piero de' Medici per il lavoro alla cappella dell'Annunziata nell'omonima chiesa. 1464: Muore Cosimo de' Medici e Donatello modella probabilmente il suo ritratto per una medaglia. Crea il Sarcofago Martelli in San. Lorenzo. 1465: 15 giugno: data iscritta sul rilievo con il Martirio di San Lorenzo sul pulpito del lato sud di San Lorenzo. 1466: Muore, il 10 o il 13 dicembre, lasciando i Pulpiti incompiuti. Sepolto con una grande cerimonia vicino a Cosimo de' Medici nella cripta di San Lorenzo.

65

92

Firenze, Museo Nazionale del Bargello Atys-Amorino Busto di giovane Busto di Nic olò da Uzzano Crocifissione 'Medici ' David (marmo) David (bronzo) Il leone di Firenze, il " Marzocco" Madonna entro una nicchia a conchi glia Medaglia di Cosimo il Vecchio de' Medici San Gior gio

71 126 40 121 23 124 33 48 146 27

Firenze, Museo dell 'Opera del Duomo Abramo e Isacco Cantori a Profeta imberbe; Profeta barbato Profeti: Geremia e lo Zuccone San Giovanni Evangelista Santa Maria Maddal ena

30 66 30 32 25 130

Firenze, Museo dell'Opera di Santa Croce San Ludovico di Tolosa Firenze, Orsanmichele Dio Padre San Giorgio uccide il drago San Marco Tabernacolo di San Ludovico Firenze, Palazzo Martelli Stemma Martelli Firenze, Palazzo Vecchio Giuditta e Oloferne

37 27 27 26 37

Firenze, San Lorenzo Due pulpiti Rilievi per la Sacrestia Vecchia Sarcofago Martelli

142 73 139

Firenze, Santa Croce Crocifisso Tabernacolo dell'Annunciazione

24 88

Firenze, tabernacolo di via Pietrapiana Madonna di via Pietrapiana Li/le, Palais des Beaux-Arts Il banchetto di Erode Londra, Victoria and Alberi Museum L'altare Forzori L'Ascensione di Cristo e la consegna delle chiavi Compianto Cristo morto sorretto dagli angeli Madonna Chell ini Madonna col Bambino Madonna col Bambino su una seggiola Madonna Hildburgh Putto alato con delfino

11 8 51 11 6 56 136 95 119 49 90 54 72

Londra, The Wallace Col/ection Madonna sotto un arco , con una rosa

50

Napoli, Sant 'Angelo a Nilo Assunzione della Vergine

58

Padova, Sant'Antonio

A ltar maggiore Crocifisso Monumento eq uestre di Erasmo da Narni (Il Gatta melata)

103 100 IOI

Parigi, Musèe Jacquemart-A ndré Due putti reggicandelabro Martiri o di San Sebastiano

70 87

Parigi, Musée du Louvre Crocifissione Camondo Madonna Madonna Piot

86 94 93

Pisa, Museo di San Matteo Busto reliquiario di San Rossore

39

Prato, Museo dell'Opera del Duomo Pulpito esterno

62

Rennes, Musée des Beaux-Arts Strage degli innocenti; David (disegni)

137

Roma, Basilica di San Pietra Tabernacolo del Sacramento

59

127

Roma, Santa Maria in Aracoeli Lastra tombale di Giovanni Crivelli

60

140

San Piero a Sieve, Bosco ai Frati Crocifi sso

98

152 Siena, Duomo Lastra tombale di Giovanni Pecci Madonna della porta del perdono San Giovanni Battista

47 134 132

Siena, Duomo, fonte battesimale Angelo danzante; Angelo con tromba Fede; Speranza Il banchetto di Erode

45 43 42

Torri/a di Siena, Ospedale Maestri Il sangue del Redentore

53

Venezia, Santa Maria dei Frari San Giovanni Battista

96

Verona, collezione privata Madonna di Verona

]]4

Verona, Museo Archeologico Madonna di Castelvecchio

115

Vienna, Kunsthistorisches Museum Madonna dell'Umiltà

85

Yerevan, Armenian S.S.R. Madonna col Bambino (Madonna Yerevan)

36

BIBLIOGRAFIA

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