Dizionario di fitoterapia e piante medicinali [3 ed.] 0239090258, 0239090255, 0239090440, 0239090373, 9788848177344


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Pag. I- XXXII
Fitoterapia 1-904
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Dizionario di fitoterapia e piante medicinali [3 ed.]
 0239090258, 0239090255, 0239090440, 0239090373, 9788848177344

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medicina naturale

Enrica Campanini

t eDierza zio ne

Dizionario Di fitoterapia e piante meDicinali

Enrica Campanini

Dizionario di fitoterapia e piante medicinali III edizione

I

II

Enrica Campanini

Dizionario di fitoterapia e piante medicinali III edizione

tecniche nuove III

In copertina: Helichrysum italicum Foto di copertina di Angelino Mereu

© 1998, 2004, 2012 Tecniche Nuove, via Eritrea 21, 20157 Milano Redazione: tel. 0239090258, fax 0239090255 e-mail: [email protected] Vendite: tel. 0239090440, fax 0239090373 e-mail: [email protected] www.tecnichenuove.com ISBN 978-88-481-7734-4 Questo libro è disponibile e acquistabile in versione e-book su www.libridigitali.com Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte del libro può essere riprodotta o diffusa con un mezzo qualsiasi, fotocopie, microfilm o altro, senza il permesso dell’editore. All rights reserved. No part of this book shall be reproduced, stored in a retrieval system, or transmitted, by any means, electronic, mechanical photocopying, recording or otherwise without written permission from the publisher. Copertina di JDT – Milano Realizzazione di Graforam – Noviglio (MI) Stampa: Andersen, Borgomanero (No) Finito di stampare nel mese di aprile 2012 Printed in Italy

IV

Ad Angelo Senza di te – sarebbe cosa ben strana – quella felicità perfetta da Dio soprannominata – Eternità. Emily Dickinson (Silenzi, 1862) Ad Arianna Farfalle – sul cammino d’una fanciulla davanti e dietro di lei Chiyo-Ni poetessa giapponese (1703-1775)

V

VI

Presentazione alla terza edizione

Conosco Enrica Campanini da tanti anni e posso testimoniare sul suo impegno, serio e appassionato, nello studio e nell’utilizzo delle piante medicinali. La scelta professionale per un medico che decide di essere libero professionista e fitoterapeuta non è facile e, soprattutto in passato, comportava rischi di emarginazione da parte della medicina ufficiale. Oggi la fitoterapia entra a pieno titolo nel mondo accademico e scientifico, con specifici momenti formativi e di aggiornamento per medici, farmacisti e operatori sanitari. Enrica Campanini, nel suo percorso professionale, ha saputo precorrere questi tempi andando a conseguire un titolo universitario post laurea all’estero, già alla fine degli anni Ottanta (Diploma Universitario in Fitoterapia e Piante Medicinali, Università di Montpellier 1, Francia), per avere quel supporto scientifico che allora, in Italia, non esisteva per i laureati in medicina. Con lo stesso spirito Enrica ha impostato tutta la sua carriera professionale, studiando le piante, approfondendo la ricerca scientifica, applicando la fitoterapia sulla base di criteri validati e non legati a fantasie giornalistiche o a mode commerciali. Un criterio, questo, che Enrica ha sempre tenuto presente anche presso varie sedi universitarie (Firenze, Siena, Pavia, Cagliari, Cosenza ecc.), nella direzione didattica della Scuola Nazionale di Fitoterapia per medici e farmacisti CISDO e nella sua vasta produzione di libri e di articoli, sia che fossero indirizzati a un pubblico specialistico, sia che fossero di genere divulgativo. Una linea guida, dunque, basata su una particolare attenzione alla ricerca scientifica internazionale ma anche a quanto tramandato dalla tradizione popolare in fatto di piante medicinali. Il tutto tradotto in pratica nella professione di medico fitoterapeuta che Enrica svolge da trent’anni. Il Dizionario di fitoterapia e piante medicinali rappresenta la summa del lavoro di Enrica Campanini. Pubblicato per la prima volta nel 1998 e uscito in seconda edizione nel 2004, ha avuto complessivamente venti ristampe ed è stato distribuito in diverse migliaia di copie. Un successo editoriale e professionale che, con questa terza edizione, vede Enrica compiere un ulteriore passo in avanti, con l’ampliamento del numero delle monografie trattate (siamo a 300 piante) e con una profonda e critica revisione del testo, aggiornato sulla base delle più recenti acquisizioni scientifiche e cliniche. Enrica fra l’altro è un’assidua frequentatrice delle biblioteche dell’Università di Firenze e in particolare di quella del Dipartimento di Scienze Farmaceutiche. Sono pertanto particolarmente onorato di presentare quest’ultimo lavoro di Enrica. VII

Prefazione

alla terza edizione

Si tratta di un lavoro immenso per la mole bibliografica consultata e per le infinite indicazioni cliniche riportate, frutto di un’approfondita ricerca e di un’esperienza professionale consolidata. L’aspetto che più traspare dalla terza edizione del Dizionario di fitoterapia e piante medicinali è proprio quello legato all’esperienza, visto che il volume è stato concepito, prima di tutto, come strumento da avere a portata di mano, sulla scrivania: un compagno di lavoro insostituibile per i professionisti della salute che vogliono avere risposte certe e sperimentate dal vasto mondo della fitoterapia. Febbraio 2012

Franco Francesco Vincieri Professore Emerito dell’Università degli Studi di Firenze

VIII

Presentazione alla seconda edizione Conosco Enrica dal 1985. Conosco la sua onestà, la sua competenza scientifica, il suo rigore morale. Queste sono solo alcune delle qualità della Dottoressa Campanini ma, vedi caso, sono quelle che subito si apprezzano anche a una prima lettura delle ormai numerose opere da Lei pubblicate. Il Dizionario di fitoterapia e piante medicinali che ho l’onore di presentare nella sua seconda edizione e di questo ringrazio l’autrice, ha qualcosa in più rispetto a tutte le altre opere seppure mirabili e di alto valore scientifico. Il Dizionario è infatti attualmente opera unica nel suo genere, sicuramente a livello europeo probabilmente a livello internazionale poiché colma la lacuna rappresentata dalla assenza di un trattato sistematico delle conoscenze in fitoterapia che tenga conto delle insostituibili intuizioni del passato ma anche al contempo illustri le più moderne osservazioni scientifiche e cliniche. Tempo fa un collega svedese, membro di una delegazione in visita presso il distretto ASL che dirigo, mi chiedeva quali fossero i testi sacri delle nostre università mediche, molti erano i testi comuni segno di una collegialità diffusa segno della universalità dello scibile scientifico. Parlando delle cosiddette medicine non convenzionali per quel che riguarda la fitoterapia mostrai con orgoglio il Dizionario della cara Enrica che, fedele compagno di lavoro insostituibile fonte per le mie lezioni di fitoterapia, appariva per questo vecchio e malconcio. Il collega svedese sorridendo mi chiese quale antico libro fosse mai quel volume così vissuto. Mostrai quindi il volume evidenziandone l’attualità, la data di pubblicazione e soprattutto esaltandone la qualità scientifica. Ho dovuto tradurre per l’amico e collega svedese molte pagine del Dizionario di fitoterapia, e chiedo per questo comprensione all’editore ma al tempo stesso chiedo all’editore di valutare la possibilità di una edizione per lo meno in inglese di un volume di così alta universale valenza. Il Dizionario di fitoterapia e piante medicinali è uno di quei volumi che ogni medico dovrebbe avere per assolvere alla nobile missione che sicura è quella, riportata anche dai più illustri clinici del passato ma sempre attuale, di ben curare, non sempre purtroppo guarire ma sempre e comunque confortare con umanità, sapienza e comprensione. Febbraio 2004

Massimo Tilli Medico Chirurgo Specialista in Igiene e Medicina Preventiva Direttore del Distretto 8 ASL 10 Firenze Presidente della Associazione Medici di Scandicci AMES Docente di Omeopatia e Fitoterapia CISDO IX

Presentazione alla prima edizione

I primi, e mai trascurati, farmaci ideati per difendere la salute umana sono quelli di origine vegetale. “Erbe” e derivati non hanno mai perso il loro smalto come rimedi naturali: apprezzati tanto nei secoli bui della medicina dogmatica o empirica che alla luce delle più recenti scoperte della scienza e della tecnologia. È quasi superfluo sottolineare come si senta nella nostra società l’esigenza di un approccio naturale ed equilibrato alla salute. Le giuste conoscenze scientifiche per un uso razionale dei rimedi fitoterapici diventano allora indispensabili a completamento del bagaglio culturale del medico e del farmacista. Soprattutto se questi sono attenti a dialogare con i propri pazienti e a consigliarli secondo “scienza e coscienza”. Il compito di un docente di Farmacologia Applicata consiste, invece, in gran parte, nel fornire indicazioni su metodi e strumenti utili nella preparazione dei futuri professionisti del settore. Ecco perché sono stata particolarmente felice di poter inserire questa mia nota nel Dizionario di fitoterapia e piante medicinali che la dottoressa Enrica Campanini ha voluto curare anche sulla base delle sue esperienze cliniche; e con quel pizzico di passione che contraddistingue sempre un ricercatore. È significativo che sia stata una donna a voler impostare con tali premesse un testo di consultazione, senza trascurare gli aspetti storici e tradizionali che rendono più interessante la materia. Esiste da sempre un “ruolo di cura” che è considerato al femminile. E non sono pochi gli esempi di donne che nello svolgersi della storia si sono occupate di pozioni e altre preparazioni utili alla salute, come pure “a far belle”. Ne sanno qualche cosa le nostre nonne e le mamme che preparano, anche oggi, tisane e aromi per porre rimedio ai piccoli disturbi di tutti i giorni. Senza dimenticare tutte le “donne di scienza” che (sia pur con qualche difficoltà a entrare nei ruoli più appariscenti della “Accademia”) operano nei vari settori della ricerca biomedica. Sono comunque convinta che il Dizionario di fitoterapia e piante medicinali possa trovare la sua giusta collocazione nel bagaglio bibliografico degli studenti e dei professionisti che si occupano di farmacologia, indipendentemente dal fatto che siano uomini o donne. Febbraio 1998

X

Luigia Favalli Professore Associato di Farmacologia Applicata Università di Pavia

Presentazione alla prima edizione L’origine della conoscenza e impiego delle erbe medicinali si perde nella notte dei tempi. Col progredire della civiltà l’uomo, o più probabilmente la donna, che si prendeva cura dei figli e della famiglia, ha imparato a distinguere le erbe benefiche da quelle malefiche. Anche gli animali sanno per istinto riconoscere le erbe che servono loro. Basta guardare un cane o un gatto con quanta cura in un prato scelgono foglia da foglia, filo d’erba da filo d’erba. Con l’avanzare della medicina scientifica molte conoscenze tramandate da una generazione all’altra si vanno perdendo. Io sono particolarmente sensibile a questo tipo di conoscenza, perché i miei mi hanno allevato e curato, quanto più possibile con la medicina naturale. Ancora oggi sono di uso comune infusi di erbe e fiori, fra i quali la camomilla è la più comune, impiegata come calmante e rilassante, la menta, come digestivo, la gramigna, la malva, la senna come purgante, la senape per gli impiastri, e in particolare ricordo l’infuso di fiori di tiglio che il babbo mi dava la sera alla vigilia di qualche importante gara di atletica o di qualche esame, per farmi dormire tranquilla. Una volta era frequente vedere qualcuno che raccoglieva il radicchio selvatico, che con un po’ di olio, sale e aceto e uno spicchio di aglio, dà un’insalata deliziosa, o chi raccoglieva le ortiche per farsi un eccellente risotto. Ritengo perciò che l’iniziativa della dottoressa Enrica Campanini di raccogliere in un Dizionario di fitoterapia e piante medicinali un grandissimo numero di dati sulle piante, sui loro nomi volgari e scientifici, sulle loro caratteristiche, attività principali e loro impiego terapeutico, sia molto utile e interessante. È un volume che non dovrebbe mancare nelle biblioteche di medicina generale, ma anche nelle bibliotechine delle famiglie. Con questo dizionario, che è un’opera scientifica molto utile per la cura di un gran numero di malanni, si può riacquistare anche la conoscenza delle erbe più comuni, imparare a distinguerle negli scarsi spazi verdi rimasti nelle nostre città, sempre più vittime di una cementificazione selvaggia. Sarà anche un modo di imparare di nuovo a conoscere la natura, oggi che i bambini credono che il latte venga fatto a macchina, e che la gente si dimentica dell’esistenza delle stelle, nascoste dall’illuminazione pubblica troppo violenta e diffusa, e talvolta scambia le più brillanti per qualche fantomatico UFO. Febbraio 1998 Margherita Hack Professore ordinario di Astronomia Università di Trieste XI

Indice dei nomi scientifici

La numerazione riportata è riferita al numero di scheda 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25.

XII

Abrus precatorius L. Acacia catechu (L. f.) Willd. Achillea millefolium L. Aconitum napellus L. Acorus calamus L. Actaea racemosa L. (= Cimicifuga racemosa L. Nutt.) Adiantum capillus veneris L. Adonis vernalis L. Aesculus hippocastanum L. Agathosma betulina (Bergius) Pill. (= Barosma betulina (Berg.) Bartl&Wendl) Agrimonia eupatoria L. Agropyron repens (= Elytrigia repens (L.) Desv. ex Nevski = Triticum repens L.) Ajuga reptans L. Alchemilla vulgaris L. Allium cepa L. Allium sativum L. Aloe spp. Aloysia citriodora Palau (= Lippia citriodora Kunth.) Althaea officinalis L. Ammi majus L. Ammi visnaga (L.) Lam. Anethum graveolens L. Angelica archangelica L. Apium graveolens L. Arbutus unedo L.

26. Arctium lappa L. 27. Arctostaphylos uva ursi (L.) Sprengel 28. Aristolochia clematitis L. 29. Arnica montana L. 30. Artemisia absinthium L. 31. Artemisia vulgaris L. 32. Asparagus officinalis L. 33. Atropa belladonna L. 34. Avena sativa L. 35. Ballota nigra L. (= Ballota foetida (L.) Lam.) 36. Bellis perennis L. 37. Berberis vulgaris L. 38. Betula alba L. 39. Borago officinalis L. 40. Boswellia serrata L. 41. Buxus sempervirens L. 42. Calendula officinalis L. 43. Calluna vulgaris L. 44. Camellia sinensis (L.) O. Kuntze (= Thea sinensis L. = C. thea Link) 45. Capparis spinosa L. 46. Capsella bursa-pastoris Moench. 47. Capsicum spp. 48. Carex arenaria L. 49. Carica papaya L. 50. Carlina acaulis L. 51. Carpinus betulus L. 52. Carum carvi L. 53. Cassia senna L. - C. angustifolia Vahl

Indice 54. Castanea sativa Mill. = Castanea vesca Gaertn. 55. Centaurea cyanus L. 56. Centaurium erythraea Rafn. 57. Centella asiatica (L.) Urban (= Hydrocotyle asiatica (L.) Urban) 58. Centranthus ruber (L.) DC. 59. Cephaelis spp. 60. Chamaemelum nobile (L.) All. (= Anthemis nobilis L.) 61. Chelidonium majus L. 62. Chrysanthellum indicum DC., ssp. afroamericanum B.L. Turner 63. Cichorium intybus L. 64. Citrus aurantium L. ssp. aurantium L. (= C. aurantium L. ssp. amara Engl.) 65. Citrus x limon (L.) Burmann 66. Citrus x sinesis (L.) Osbeck (= Citrus aurantium var. dulcis L.) 67. Clematis vitalba L. 68. Cnicus benedictus L. 69. Cochlearia armoracia L. (Armoracia rusticana P. Gaertn.) 70. Cochlearia officinalis L. 71. Convallaria majalis L. 72. Coriandrum sativum L. 73. Crataegus monogyna Jacq. (Lindm.) 74. Crocus sativus L. 75. Cucurbita pepo L. 76. Cuminum cyminum L. 77. Cupressus sempervirens L. 78. Curcuma longa L. (= Curcuma domestica Valeton) 79. Curcuma zedoaria (Berger) Roscoe 80. Cynara scolymus L. 81. Cypripedium pubescens Willd. 82. Datura stramonium L. 83. Digitalis spp. 84. Drimia maritima (L.) Stearn (= Urginea maritima (L.) Baker) 85. Drosera rotundifolia L. 86. Echinacea spp. 87. Eleutherococcus senticosus (Rupr.&Maxim.) Maxim. 88. Ephedra spp. 89. Epilobium angustifolium Schreb.

dei nomi scientifici

90. Equisetum arvense L. 91. Erigeron canadensis L. (= Conyza canadensis (L.) Cronq) 92. Eryngium campestre L. 93. Eschscholtzia californica Chamisson 94. Eucalyptus globulus Labill. 95. Eupatorium cannabinum L. 96. Euphrasia officinalis L. 97. Filipendula ulmaria (L.) Maxim. (= Spiraea ulmaria L.) 98. Foeniculum vulgare Mill. 99. Fragaria vesca L. 100. Fraxinus excelsior L. 101. Fraxinus ornus L. 102. Fucus vesiculosus L. 103. Fumaria officinalis L. 104. Galega officinalis L. 105. Gentiana lutea L. 106. Ginkgo biloba L. 107. Glechoma hederacea L. 108. Glycine soja Sieb. and Zucc. Glycine max (L.) Merr. (= Glycine hispida (Moench) Maxim.) 109. Glycyrrhiza glabra L. 110. Gnaphalium dioicum L. (= Antennaria dioica Gaertner) 111. Gratiola officinalis L. 112. Grindelia spp. 113. Hamamelis virginiana L. 114. Harpagophytum procumbens (Burch.) DC. ex Meissn. 115. Hedera helix L. 116. Helichrysum italicum (Roth) G. Don (= H. angustifolium (Lam.) DC.) 117. Heracleum sphondilium L. 118. Herniaria glabra L. 119. Hibiscus sabdariffa DC. 120. Hieracium pilosella L. 121. Hippophae rhamnoides L. 122. Humulus lupulus L. 123. Hydrastis canadensis L. 124. Hyoscyamus niger L. 125. Hypericum perforatum L. 126. Hyssopus officinalis L. 127. Ilex paraguariensis St. Hilaire 128. Illicium verum Hooker 129. Inula helenium L. XIII

Indice

dei nomi scientifici

130. Juglans regia L. 131. Juniperus communis L. 132. Krameria triandra Ruiz & Pavon 133. Lactuca virosa L. 134. Lamium album Hartway 135. Laurus nobilis L. 136. Lavandula angustifolia Miller (= L. officinalis Chaix = L. vera DC.) 137. Leonurus cardiaca L. 138. Lespedeza capitata Michaux 139. Levisticum officinale W.D.J. Kock 140. Lichen islandicus L. (= Cetraria islandica (L.) Acharius) 141. Linum usitatissimum L. 142. Lithospermum officinale L. 143. Lobelia inflata L. 144. Lotus corniculatus L. 145. Lycopodium clavatum L. 146. Lycopus europaeus L. 147. Lythrum salicaria L. 148. Malva sylvestris L. 149. Marrubium vulgare L. 150. Marsdenia condurango Rechb. 151. Matricaria recutita L. (= Chamomilla recutita (L.) Rauschert) 152. Medicago sativa L. 153. Melaleuca alternifolia (Maiden and Betche) Cheel. 154. Melaleuca cajuputi Powell (= M. “leucadendra” Auct.) 155. Melaleuca quinquenervia (Cav.) S.T. Blake 156. Melilotus officinalis (L.) Lam. 157. Melissa officinalis L. 158. Mentha x piperita L. 159. Menyanthes trifoliata L. 160. Morus nigra L. 161. Myristica fragrans Houtt. 162. Myroxylon balsamum (L.) Harms var. pereirae (Royle) Harms 163. Myroxylon balsamum (L.) Harms (= M. toluiferum H.B.&K) 164. Myrtus communis L. 165. Nasturtium officinale R. Br. 166. Nepeta cataria L. 167. Nerium oleander L. XIV

168. Nigella sativa L. 169. Ocimum basilicum L. 170. Oenothera biennis Scopoli 171. Olea europaea L. 172. Ononis spinosa L. 173. Opuntia ficus indica (L.) Mill. 174. Origanum majorana L. 175. Origanum vulgare L. 176. Orthosiphon stamineus Bentham 177. Paeonia officinalis L. 178. Panax ginseng C.A. Meyer 179. Papaver rhoeas L. 180. Parietaria officinalis L. 181. Passiflora incarnata L. 182. Pausynystalia yohimbe (K. Schum) Pierre ex Beille 183. Persicaria bistorta (L.) Samp. (= Polygonum bistorta L.) 184. Petroselinum crispum (Mill.) Nyman ex A.W. Hill 185. Peumus boldus Molina 186. Phaseolus vulgaris L. 187. Physalis alkekengi L. 188. Phytolacca americana L. (= P. decandra L.) 189. Pimpinella anisum L. 190. Pimpinella major (L.) Huds Pimpinella saxifraga L. 191. Piper methysticum Forster 192. Piscidia erythrina L. (= Piscidia piscipula (L.) Sarg.) 193. Plantago lanceolata L. 194. Plantago major L. 195. Plantago ovata Forssk. (= P. ispaghula Roxb.) 196. Plantago psyllium L. (P. afra L. - P. indica L.) 197. Podophyllum peltatum L. 198. Polygala senega L. 199. Polygala vulgaris L. 200. Polygonum aviculare L. 201. Polygonum hydropiper L. 202. Potentilla anserina L. (= Argentina anserina (L.) Rydb.) 203. Potentilla tormentilla Stokes (= P. erecta (L.) Räusch.) 204. Poterium spinosum L.

Indice

(= Sarcopoterium spinosum (L.) Spach) 205. Primula veris L. (= P. officinalis (L.) Hill) 206. Prunus africana (Hook. f.) Kalkm. (= Pygeum africanum Hook. f.) 207. Prunus spinosa L. 208. Ptychopetalum olacoids Benth. 209. Pulmonaria officinalis L. 210. Pulsatilla vulgaris Miller 211. Punica granatum L. 212. Quassia amara L. 213. Quercus robur L. (= Quercus peduncolata Ehrh.) 214. Raphanus sativus L. var. niger (Mill.) Kerner 215. Rauwolfia serpentina (L.) Benth. ex Kurz 216. Rhamnus catharticus L. 217. Rhamnus frangula L. (= Frangula alnus Miller) 218. Rhamnus purshiana L. 219. Rheum palmatum L. - Rheum officinale Baillon 220. Rhodiola rosea L. 221. Ribes nigrum L. 222. Rosa canina L. 223. Rosa gallica L. 224. Rosmarinus officinalis L. 225. Rubia tinctorum L. 226. Rubus fructicosus L. 227. Rubus idaeus L. 228. Rumex acetosa L. 229. Rumex crispus L. 230. Rumex patientia L. 231. Ruscus aculeatus L. 232. Ruta graveolens L. 233. Sabadilla officinarum Brandt et Ratzeb 234. Salix spp. 235. Salvia officinalis L. 236. Salvia sclarea L. 237. Sambucus nigra L. 238. Sanguisorba minor Scop. (= Poterium sanguisorba L.) 239. Saponaria officinalis L. 240. Sassafras albidum (Nutt.) Nees

dei nomi scientifici

(= Sassafras officinale Nees et Ebermayer) 241. Satureja montana L. 242. Saxifraga granulata L. 243. Sedum telephium L. 244. Sempervivum tectorum L. 245. Serenoa repens (Bartram) Small. = Sabal serrulata (Michx.) Nutt. ex Schult.&Schult. f. 246. Silybum marianum (L.) Gaertner 247. Simarouba amara Aublet 248. Sisymbrium officinale (L.) Scop. (= Erysimum officinale L.) 249. Smilax officinalis H.B.K. 250. Solanum dulcamara L. 251. Solidago virgaurea L. 252. Sorbus aucuparia L. 253. Stachys officinalis (L.) Trevir. (= Betonica officinalis L.) 254. Sterculia urens Roxburgh 255. Stevia rebaudiana Bertoni 256. Symphytum officinale L. 257. Syringa vulgaris L. 258. Syzygium cumini (L.) Skeels (= Eugenia cumini Druce) 259. Syzygium aromaticum (L.) Merr&L.M. Perry (= Eugenia caryophyllus [Spreng.] Bullock&S. Harrison) 260. Tamarindus indica L. 261. Tanacetum parthenium (L.) SchultzBip 262. Tanacetum vulgare L. 263. Taraxacum officinale Weber 264. Taxus baccata L. 265. Teucrium chamaedrys L. 266. Teucrium marum L. 267. Teucrium scorodonia L. 268. Thuya occidentalis L. 269. Thymus serpyllum L. 270. Thymus vulgaris L. 271. Tilia cordata Mill. 272. Trifolium pratense L. 273. Trigonella foenum-graecum L. 274. Tropaeolum majus L. 275. Turnera diffusa var. aphrodisiaca (G.H. Ward) Urban XV

Indice

dei nomi scientifici

276. Tussilago farfara L. 277. Tussilago petasites L. 278. Ulmus campestris L. 279. Uncaria tomentosa (Willd.) DC. 280. Urtica dioica L. - Urtica urens L. 281. Vaccinium macrocarpon L. 282. Vaccinium myrtillus L. 283. Vaccinium vitis idaea L. 284. Valeriana officinalis L. 285. Vanilla planifolia Andrzeiowski 286. Veratrum album L. 287. Verbascum thapsus L. 288. Verbena officinalis L.

XVI

289. Veronica officinalis L. 290. Viburnum opulus L. 291. Vicia faba L. 292. Vinca minor L. 293. Viola odorata L. 294. Viola tricolor L. 295. Viscum album L. 296. Vitex agnus castus Kurz 297. Vitis vinifera L. 298. Zea mays L. 299. Zingiber officinale Roscoe 300. Zizyphus jujuba Miller (= Zizyphus vulgaris Lam.)

Indice dei nomi comuni

A Acacia catechu = Acacia catechu (L. f.) Willd. Acetosa = Rumex acetosa L. Acetosella = Oxalis acetosa L. Achillea = Achillea millefolium L. Aconito napello = Aconitum napellus L. Adonide = Adonis vernalis L. Aglio = Allium sativum L. Agnocasto = Vitex agnus castus Kurz Agrimonia = Agrimonia eupatoria L. Albero della morte = Taxus baccata L. Alchemilla = Alchemilla vulgaris L. Alfalfa = Medicago sativa L. Alkekengi = Physalis alkekengi L. Alloro = Laurus Nobilis L. Aloe = Aloe = Aloe spp. Altea = Althaea officinalis L. Amamelide = Hamamelis virginiana L. Ammi = Ammi majus L. Aneto = Anethum graveolens L. Angelica = Angelica archangelica L. Anice stellato = Illicium verum Hooker Anice verde =Pimpinella anisum L. Anserina = Potentilla anserina L. Antennaria = Gnaphalium dioicum L (= Antennaria dioica Gaertn.) Arancio amaro = Citrus aurantium L. ssp. aurantium L. (= C. aurantium L. ssp. amara Engl.) Arancio dolce = Citrus x sinesis (= Citrus aurantium var. dulcis L.) Arcangelica = Angelica archangelica L. Arenaria = Carex arenaria L. Argentina = Potentilla anserina L. Aristolochia = Aristolochia clematitis L. Armoracia = Cochlearia armoracia L. XVII

Indice

dei nomi comuni

Arnica = Arnica montana L. Artemisia = Artemisia vulgaris L. Artiglio del diavolo = Harpagophytum procumbens (Burch.) DC. Ex Meissn. Asparago = Asparagus officinalis L. Assenzio = Artemisia absinthium L. Avena = Avena sativa L. B Badiana = Illicium verum Hook.F. Ballota = Ballota nigra L. (Ballota foetida L.) Balsamo del Perù = Myroxylon balsamum (L.) Harms var. pereirae (Royle) Harms Balsamo del Tolù = Myroxylon balsamum (L.) Harms = M. toluiferum H.B.&K Barbaforte = Cochlearia armoracia L. Bardana = Arctium lappa L. Basilico = Ocimum basilicum L. Belladonna = Atropa belladonna L. Betonica = Stachys officinalis (L.) Trevir. (= Betonica officinalis L.) Betulla = Betula alba L. Biancospino = Crataegus monogyna Jacq. Bismalva = Althaea officinalis L. Bistorta = Polygonum bistorta L. (= Persicaria bistorta (L.) Samp.) Boldo = Peumus boldus Molina Bonaga = Ononis spinosa L. Borragine = Borago officinalis L. Borsapastore = Capsella bursa-pastoris Moench Bosso = Buxus sempervirens L. Boswellia = Boswellia serrata Roxb Bucco = Agathosma betulina (= Barosma betulina Berg.) Bugula = Ajuga reptans L. C Cacciadiavoli = Hypericum perforatum L. Cajeput = Melaleuca cajuputi Powell (= M. “leucadendra” Auct.) Calamo aromatico = Acorus calamus L. Calcatreppola = Eryngium campestre L. Calendula = Calendula officinalis L. Camedrio = Teucrium chamaedrys L. Camomilla bastarda = Tanacetum parthenium (L.) Schultz-Bip Camomilla comune o volgare = Chamomilla recutita (L.) Rauschert Camomilla romana = Chamaemelum nobile (L.) All. (= Anthemis nobilis L.) Canapa acquatica = Eupatorium cannabinum L. Capelvenere = Adiantum capillus veneris L. Cappero = Capparis spinosa L. Capuccina = Tropaeolum majus L. Carcadè = Hibiscus sabdariffa Dc. Carciofo = Cynara scolymus L. Cardiaca = Leonurus cardiaca L. XVIII

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dei nomi comuni

Cardo mariano = Silybum marianum (L.) Gaertner Cardo santo o benedetto = Cnicus benedictus L. Carlina = Carlina acaulis L. Carpino = Carpinus betulus L. Carrubo = Ceratonia siliqua L. Carvi = Carum carvi L. Cascara sagrada = Rhamnus purshiana L. Castagno = Castanea sativa Mill. = Castanea vesca Gaertn. Centaurea minore = Centaurium erythraea Rafn Centella = Hydrocotyle asiatica (L.) Urban Centinodia = Polygonum aviculare L. Chelidonia o Celidonia = Chelidonium majus L. Chiodo di garofano = Syzygium aromaticum (L.) Merr&L.M.Perry (= Eugenia Caryophyllus [Spreng.] Bullock&S. Harrison) Crisantello americano = Chrysanthellum Indicum Dc., subsp. afroamericanum B.L. Turner Cicoria = Cichorium intybus L. Cimicifuga = Actaea racemosa L. (= Cimicifuga Racemosa L. Nutt.) Cipolla = Allium cepa L. Cipolla marina = Drimia maritima (L.) Stearn (= Urginea maritima (L.) Baker) Cipresso = Cupressus sempervirens L. Coclearia = Cochlearia officinalis L. Coda cavallina = Equisetum arvense L. Condurango = Marsdenia condurango Rechb. Consolida = Symphytum officinale L. Consolida mezzana = Ajuga reptans L. Corbezzolo = Arbutus unedo L. Coriandolo = Coriandrum sativum L. Correggiola = Polygonum aviculare L. Cren = Cochlearia armoracia L. Crescione = Nasturtium officinale R. Br. Crespino = Berberis vulgaris L. Cumino = Cuminum cyminum L. Cumino dei prati = Carum carvi L. Curcuma = Curcuma domestica Valeton (= C. longa L.) D Damiana = Turnera diffusa var. aphrodisiaca (G.H. Ward) Urban Dente di leone = Taraxacum officinale Weber Digitale = Digitalis spp. Drosera = Drosera rotundifolia L. Dulcamara = Solanum dulcamara L. E Ebbio = Sambucus ebulus L Echinacea = Echinacea spp.. Edera arborea o rampicante = Hedera helix L. Edera terrestre = Glechoma hederacea L. XIX

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dei nomi comuni

Efedra = Ephedra sinica Stapf. Eleuterococco = Eleutherococcus senticosus (Rupr.&Maxim.) Maxim. Elenio = Inula helenium L. Elicriso = Helichrysum italicum (Roth) G. Don (= H. angustifolium (Lam.) dc.) Elleboro bianco = Veratrum album L. Enante crocata = Oenothera biennis Scopoli Enotera = Oenothera biennis Scopoli Enula campana = Inula helenium L. Epilobio = Epilobium angustifolium Schreb. Equiseto = Equisetum arvense L. Erba aralda = Digitalis purpurea L. Erba brusca = Rumex acetosa L. Erba cimicina = Coriandrum sativum L. Erba dei calli = Sedum telephium L. Erba dei cenciosi = Clematis vitalba L. Erba gatta = Nepeta cataria L. Erba dei gatti = Teucrium marum L. Erba dei porri = Chelidonium majus L. Erba dei tagli = Achillea millefolium L. Erba del cantore = Sisymbrium officinale (L.) Scop. (= Erysimum officinale L.) Erba del diavolo = Pulsatilla vulgaris Miller Erba della Madonna = Sedum telephium L. Erba di S.Maria = Helichrysum italicum (Roth) G. Don (= H. angustifolium (Lam.) dc.) Erba di San Giovanni = Hypericum perforatum L. Erba medica = Medicago sativa L. Erica = Calluna vulgaris L. Erigeron = Erigeron canadensis L. (= Conyza canadensis (L.) Cronq) Eringio = Eryngium campestre L. Erniaria = Herniaria glabra L. Escolzia = Eschscholtzia californica Chamisson Eucalipto = Eucalyptus globulus Labill Eufrasia = Euphrasia officinalis L. F Fagiolo = Phaseolus vulgaris L. Fagiolo corallino = Abrus precatorius L. Farfara = Tussilago farfara L. Farfaraccio = Tussilago petasites L. Fava = Vicia faba L. Fico d’India = Opuntia ficus carica Fieno greco = Trigonella foenum-graecum L. Finocchio = Foeniculum vulgare Mill. Fiordaliso = Centaurea cyanus L. Fiore della passione = Passiflora incarnata L. Fiore di ogni mese = Calendula officinalis L. Fiorrancio = Calendula officinalis L. Fitolacca = Phytolacca americana L. (= P. decandra L.) Fragola = Fragaria vesca L. XX

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dei nomi comuni

Frangola = Rhamnus frangula L. (= Frangula alnus Miller) Frassino = Fraxinus excelsior L. Frassino da manna = Fraxinus ornus L. Fumaria = Fumaria officinalis L. G Galega = Galega officinalis L. Garofanino di bosco = Epilobium angustifolium L. Gelso nero = Morus nigra L. Genziana maggiore = Gentiana lutea L. Ginepro = Juniperus communis L. Ginestrina = Lotus corniculatus L. Ginkgo = Ginkgo biloba L. Ginseng = Panax ginseng C.A. Meyer Ginseng siberiano = Eleutherococcus senticosus (Rupr.&Maxim.) Maxim. Giuggiola = Zizyphus jujuba Miller (= Zizyphus vulgaris Lam.) Giusquiamo nero = Hyoscyamus niger L. Gomma karaja = Sterculia urens Roxburgh Gramigna = Elytrigia repens (L.) Desv.ex Nevski (=Agropyrum repens) Graziola, Graziella = Gratiola officinalis L. Grindelia = Grindelia spp. I-J-K Ibisco = Hibiscus sabdariffa L. Idraste = Hydrastis canadensis L. Inula = Inula helenium L. Iosciamo= Hyoscyamus niger L. Ipecacuana = Cephaelis ipecacuanha (Brot.) A. Rich.- Cephaelis acuminata Karsten Iperico = Hypericum perforatum L. Ippocastano = Aesculus hippocastanum L. Ispaghul = Plantago ovata Forssk. (= P. ispaghula Roxb.) Issopo = Hyssopus officinalis L. Jambul = Syzygium cumini (L.) Skeels (= Eugenia cumini Druce) Kawa-kawa = Piper methysticum Forster Khella = Ammi visnaga (L.) Lam. L Lamio = Lamium album L. Lampone = Rubus idaeus L. Lattuga velenosa = Lactuca Virosa L. Lauro = Laurus nobilis L. Lavanda = Lavandula spp. Leccio = Quercus spp. Lespedeza = Lespedeza capitata Michaux Levistico = Levisticum officinale Kock Lichene islandico = Cetraria islandica (L.) Acharius (= Lichen islandicus L.) XXI

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dei nomi comuni

Licopodio = Lycopodium clavatum L. Lillà = Syringa vulgaris L. Limone = Citrus x limon (L.) Burmann Lino = Linum usitatissimum L. Lippia = Aloysia citriodora Palau (= Lippia citriodora Kunth.) Liquirizia = Glycyrrhiza glabra L. Litospermo = Lithospermum officinale L. Lobelia = Lobelia inflata L. Luppolo = Humulus lupulus L. M Maggiorana = Origanum majorana L. Mais = Zea mays L. Malva = Malva sylvestris L. Malvone bismalva = Althaea officinalis L. Mammola = Viola odorata L. Manna = Fraxinus ornus L. Margheritina di campo = Bellis perennis L. Marrobio = Marrubium vulgare L. Marrobio comune = Marrubium vulgare L. Marrubio d’acqua = Lycopus europaeus L. Marrubio nero o fetido; Ballota= Ballota nigra L. (= Ballota foetida (L.) Lam.) Matè = Ilex paraguariensis St. Hilaire Melaleuca = Melaleuca alternifolia Cheel. Meliloto = Melilotus officinalis (L.) Lam. Melissa = Melissa officinalis L. Melograno = Punica granatum L. Menta = Mentha X piperita L. Migliarino = Lithospermum officinale L. Millefoglio = Achillea millefolium L. Mirtillo rosso americano = Vaccinium macrocarpon L. Mirtillo nero = Vaccinium myrtillus L. Mirtillo rosso = Vaccinium vitis idaea L. Mirto = Myrtus communis L. Mughetto = Convallaria majalis L. Muira Puama = Ptychopetalum olacoids Benth. Muraiola = Parietaria officinalis L.

N Nasturzio = Tropaeolum majus L. Niaouli = Melaleuca quinquenervia (Cav.) S.T. Blake Nigella = Nigella sativa L. Noce = Juglans regia L. Noce moscata = Myristica fragrans Houtt. Noce spinosa = Datura stramonium L. XXII

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dei nomi comuni

O Oleandro = Nerium oleander Olivello spinoso= Hippophae rhamnoides L. Olivo = Olea europaea L. Olamaria = Filipendula ulmaria (L.) Maxim. Olmo = Ulmus campestris L. Onagra = Oenothera biennis Scopoli Ononide = Ononis spinosa L. Origano = Origanum vulgare L. Orniello = Fraxinus ornus L. Ortica = Urtica spp. Ortica bianca = Lamium album Hartway P Palmetto = Serenoa repens (Bartram) Small. = Sabal serrulata (Michx.) Nutt. ex Schult.&Schult. f. = Serenoa serrulata (Michx.) G. Nicholson Panace = Heracleum sphondylium L. Papavero rosso = Papaver rhoeas L. Papaya = Carica papaya L. Parietaria = Parietaria officinalis L. Partenio = Tanacetum parthenium (L.) Schultz-Bip Passiflora = Passiflora incarnata L. Pazienza = Rumex patientia L. Peonia = Paeonia Officinalis L. Pepe d’acqua = Polygonum hydropiper L. Peperoncino = Capsicum spp. Persicaria selvaggia = Polygonum hydropiper L. Pervinca = Vinca minor L. Piantaggine lanceolata = Plantago lanceolata L. Piantaggine maggiore = Plantago major L. Piede di gatto = Gnaphalium dioicum L (= Antennaria dioica Gaertn.) Pilosella = Hieracium pilosella L. Pimpinella maggiore = Pimpinella major (L.) Huds Pimpinella minore = Pimpinella saxifraga L. Pimpinella spinosa = Poterium spinosum L. Piscialetto = Taraxacum officinale Weber Piscidia = Piscidia erythrina L. (= Piscidia piscipula (L.) Sarg.) Podofillo = Podophyllum peltatum L. Poligala nostrale = Polygala vulgaris L. Poligala virginiana = Poligala senega L. Polmonaria = Pulmonaria officinalis L. Potentilla = Potentilla anserina L. Pratolina = Bellis perennis L. Prezzemolo = Petroselinum crispum (Mill.) Nyman Ex A.W. Hill Primula = Primula veris L. (= P. officinalis (L.) Hill) - P. elatior (L.) Hill Prugnolo = Prunus spinosa L. Pruno africano = Prunus africana Kalkman (= Pygeum africanum Hook.) XXIII

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dei nomi comuni

Pruno selvatico = Prunus spinosa L. Psillio = Plantago afra L. (Plantago psyllium L.) - P.indica L. (= P.areanaria Waldst.&Kit.) Puleggio = Menta x piperita L. Pulsatilla = Pulsatilla vulgaris Miller Pungitopo = Ruscus aculeatus L. Q-R Quassia = Quassia amara L. Quercia = Quercus robur L. (= Quercus peduncolata Ehrh.) Quercia marina = Fucus vesiculosus L. Rabarbaro = Rheum palmatum L. – Rheum officinale Baillon Radicchio = Cichorium intybus L. Radice artica = Rhodiola rosea L. Radice d’oro = Rhodiola rosea L. Radice gialla = Hydrastis canadensis L. Rafano = Raphanus sativus L.var.niger (Mill.) Kerner Rafano rusticano = Cochlearia armoracia L. Rapunzia = Oenothera biennis Scopoli Ratanià = Krameria triandra Ruiz & Pavon Rauwolfia = Rauwolfia serpentina (L.) Benth. ex Kurz Regina dei prati = Filipendula ulmaria (L.) Maxim. Ribes nero = Ribes nigrum L. Robbia = Rubia tinctorum L. Rodiola = Rhodiola rosea L. Romice = Rumex crispus L. Romice acetosa = Rumex acetosa L. Rosa canina, rosa di macchia = Rosa canina L. Rosa pallida = Rosa centifolia L. Rosa rossa = Rosa gallica L. Rosmarino = Rosmarinus officinalis L. Rosolaccio = Papaver rhoeas L. Rosolida = Drosera rotundifolia L. Rovo = Rubus fructicosus L. Rugiada del sole = Drosera rotundifolia L. Rusco = Ruscus aculeatus L. Ruta = Ruta graveolens L. S Sabadilla = Sabadilla officinarum Brandt et Ratzeb Salcerella = Lythrum salicaria L. Salice = Salix spp. Salsapariglia = Smilax officinalis H.B.K. Salvastrella = Sanguisorba minor Scop. (= Pimpinella minor (Scop.) Lam., Poterium sanguisorba L.) Salvia = Salvia officinalis L. Salvia sclarea = Salvia sclarea L. XXIV

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dei nomi comuni

Sambuco = Sambucus nigra L. Sambuco rosso = Sambucus racemosa L. Sanguisorba = Sanguisorba minor Scop. Santorregia dei giardini = Satureja hortensis L. Santorregia di montagna = Satureja montana L. Saponaria = Saponaria officinalis L. Sassafrasso = Sassafras albidum (Nutt.) Nees (= Sassafras officinale Nees Et Ebermayer) Sassifraga = Saxifraga granulata L. Sassofrasso = Pimpinella saxifraga L. Scarpetta di Venere = Cypripedium pubescens Willd. Scilla = Drimia maritima (L.) Stearn (= Urginea maritima (L.) Baker) Scordio = Teucrium scorodonia L. Sedano = Apium graveolens L. Sedano dei prati = Heracleum sphondilium L. Semprevivo = Sempervivum tectorum L. Senape selvaggia = Sisymbrium officinale (L.) Scop Senna = Cassia angustifolia Vahl; Cassia senna L. Senna alessandrina o d’Alessandria = Cassia senna L. Senna di Tinnevelly = Cassia angustifolia Vahl Senna d’India = Cassia angustifolia Vahl Serenella = Syringa vulgaris L. Serenoa = Serenoa repens (Bartram) Small, = Sabal rerrulata (Michx.) Nutt. ex Schult.& Schult. f. = Serenoa serrulata (Michx.) G. Nicholson Simaruba = Simarouba amara Aublet Sisimbrio = Sisymbrium officinale (L.) Scop Soia = Glycine max (L.) Merr. (= Soja hispida (Moench Maxim) Solidago = Solidago virgaurea L. Sorbo rosso o degli uccellatori = Sorbus aucuparia L. Spina porci = Poterium spinosum L. Spino cervino = Rhamnus catharticus L. Spondilio = Heracleum sphondylium L. Stevia = Stevia rebaudiana Bertoni Stramonio = Datura stramonium L. T Tabacco di montagna = Arnica montana L. Tamarindo = Tamarindus Indica L. Tanaceto = Tanacetum vulgare L. Tarassaco = Taraxacum officinale Weber Tasso = Taxus baccata L. Tasso barbasso = Verbascum thapsus L. Tè = Camellia Sinensis (L.) O. Kuntze (= Thea sinensis L. = C. Thea Link) Tè di Giava = Orthosiphon stamineus Bentham Tè svizzero = Veronica officinalis L. Teucrio acquatico = Teucrium scorodonia L. Tuia = Thuya occidentalis L. Tiglio a foglie grandi = Tilia platyphyllos Scop. Tiglio a foglie piccole = Tilia cordata Mill. XXV

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dei nomi comuni

Timo selvatico = Thymus serpyllum L. Timo volgare = Thymus vulgaris L. Tormentilla =Potentilla tormentilla Stokes (= P. erecta (L.) Räusch.) Tragosellino = Pimpinella Major (L.) Huds Trifoglio = Trifolium pratense L. Trifoglio fibrino = Menyanthes trifoliata L. Trifoglione = Marrubium vulgare L. Tussilagine = Tussilago farfara L. U-V-Y Ulmaria = Filipendula ulmaria (L.) Maxim. (= Spiraea Ulmaria L.) Uncaria = Uncaria tomentosa (Willd) DC. Unghia di gatto = Uncaria tomentosa (Willd) DC. Uva marina = Ephedra synica Stapf. Uva turca = Phytolacca americana L. (= P. decandra L.) Uva ursina = Arctostaphylos uva ursi (L.) Sprengel Valeriana = Valeriana Officinalis L. Valeriana rossa = Centranthus ruber (L.) DC. Vaniglia = Vanilla planifolia Andrzeiowski Veratro = Veratrum album L. Verbasco = Verbascum thapsus L. Verbena = Verbena officinalis L. Verbena odorosa; Lippia = Aloysia citriodora Palau (= Lippia citriodora Kunth.) Verga d’oro = Solidago virgaurea L. Veronica = Veronica officinalis L. Vetriola = Parietaria officinalis L. Vettonica = Stachys officinalis (L.) Trevir. (= Betonica officinalis L.) Viburno = Viburnum opulus L. Viola del pensiero = Viola tricolor L. Viola mammola = Viola odorata L. Violetta = Viola odorata L. Vischio = Viscum album L. Vitalba = Clematis vitalba L. Vite = Vitis vinifera L. Yohimbe = Pausynystalia yohimbe (K. Schum) Pierre ex Beille Z Zafferano = Crocus sativus L. Zafferano d’India = Curcuma domestica Valeton (= C. longa L.) Zafferano di Giava = Curcuma xanthorrhiza Roxb Zedoaria = Curcuma zedoaria (Berger) Roscoe Zenzero = Zingiber officinale Roscoe Zucca = Cucurbita pepo L.

XXVI

Classificazione botanica: dizionarietto delle abbreviazioni per Autore

Acharius



Erik Acharius (1757-1819), botanico e medico svedese, fondatore della lichenologia. Ait. William Aiton (1731-1793), botanico scozzese, autore dell’Hortus Kewensis, catalogo delle specie coltivate. All. Allioni Carlo (1728-1804), torinese, medico e naturalista. Andr. Andrews Henry C., botanico inglese. Andrzejowski Andrzejowski Antoni Lukianowicz (1785-1868), botanico lituano. Arn. Arnold Ferdinand Christian Gustav (1829-1901), botanico tedesco. A.W.Hill Arthur William Hill (1875-1941), botanico e tassonomista,direttore del Royal Botanic Gardens, Kew. Aubl. Aublet Jean Baptiste (1720-1778), botanico francese. Baill. Baillon Henri Ernest (1795-1890), autore di importanti opere e fondatore della rivista botanica “Adansonia”. Balf. Balfour  Bayley  Isaac  (1853-1922), botanico scozzese, figlio del botanico John Hutton Balfour Bak. Baker Baker John Gilbert (1834-1920), botanico inglese. Bartl. Bartling Friedrich Gottlieb (1798-1875), professore di Botanica nell’Università di Gottingen. Beauvis. Beauverd Gustave, (1867-1942), botanico svizzero. Benth. Bentham George (1800-1884), pubblicò, con Hooker, “Genera plantarum” opera fondamentale per la classificazione delle Fanerogame. Berg. Bergeret Jean Pierre (1751-1813), chirurgo famoso e appassionato botanico. Bertl. Bertoloni  Antonio (1775-1869), botanico, naturalista e medico italiano, autore di «Flora italica sistens plantas in Italia et in insulis circumstantibus sponte nascentes». Bois. Pierre Edmond Boissier (1810-1875), botanico svizzero. Brot. Brotero de Avelar Feliz (1747-1828), botanico portoghese. Bunge Alexander (von) (1803-1890), botanico russo. Burm. Burmann Joannes (1707-1780), professore di Botanica nell’Università di Amsterdam. XXVII

Classificazione

botanica: dizionarietto delle abbreviazioni per

Cham. DC. Desf. Forsk. Gaertn. Gay C. Gray A. Heiser Hill. Hook. Hooker filius Humb. Jacq. Karst. Kerner Kuntze



L. Labill. Lamk. (= Lam.) Link. Meyer C.A. Maxim. Merr Mill. Moench Molina Nees. Nutt. Osbeck XXVIII

Autore

Chamisso Adalbert (von) (1781-1838), poeta e botanico tedesco. De Candolle Augusto Piramo (1778-1841), insigne botanico e sistematico. Desfontaine René Louiche (1750-1833), medico e botanico francese Forskal Peter (1732-1763), botanico discepolo di Linneo, esploratore e orientalista. Gaertner Joseph (1732-1791), botanico di fama mondiale. Gay Claude (1800-1873), botanico, esploratore del Sud America. Gray Asa (1810-1888), botanico americano, si occupò essenzialmente di fitogeografia. Heiser Charles Bixler (1920-2010), botanico americano e studioso dei Capsicum spp. Hillebrand Wilhem (1821-1886), medico, botanico ed esploratore (Oceania). Hooker William Jackson (1785-1865), botanico, padre di Joseph Dalton. Hooker Joseph Dalton (1817-1911), botanico sistematico insigne. Humboldt Alexander (1769-1859), fondatore della fitogeografia e insigne naturalista. Jacquin von Joseph-Franz (1766-1839), botanico e chimico. Karsten Herman (1817-1908), botanico e appassionato viaggiatore. Kerner Anton von Marilaun (1831-1898), famoso botanico austriaco. Carl Ernst Otto Kuntze (1843-1907), botanico tedesco, fondò l’Herbarium di Berlino (1884-1890). Autore di  Revisio generum plantarum. Linneo Karl (1707-1778), medico e botanico, autore del sistema di classificazione botanica moderna, introdusse la nomenclatura binominale. Labillardière, Jacques-Julien Houton de (1755-1834), naturalista francese descrisse la flora australiana. Lamark Jean Baptiste Antoine Pierre De Monet (1744-1829), biologo, considerato precursore di Darwin. Link Heinrich Friedrich (1767-1850), botanico tedesco. Meyer Karl Anton (1795-1855), botanico russo. Maximowicz Karl Ivanovic (1827-1891), botanico di Tula. Merril Elmer Drew (1876-1956), botanico americano, specializzato nella flora Asiatica (Pacifico). Miller Philip (1691-1771), botanico scozzese. Moench Konrad (1744-1805), botanico, professore a Marburg. Molina Juan Ignazio (1740-1829), religioso cileno, venuto in Italia si dedicò agli studi botanici. Nees Thedor Friedrich Ludwig (1787-1837), botanico sistematico, si occupò specialmente di piante officinali. Nuttal Thomas (1785-1859), botanico inglese. Pehr Osbeck (1723-1805), naturalista ed esploratore svedese, studiò la flora e la fauna cinese.

Classificazione Pers. Pierre R. Brown Rafn. Reich. Rich. Riss. Roscoe Royle Roxb. Ruiz & Pavon Salisb. Scherb. Schult. Schum. Scop. Sol. Sprengel Stapf Stearn



Steinh. Stok. St.Hil. Taub. Tausch. Thell. Thunb.



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Autore

Persoon Cristiano Enrico (1770-1836), botanico di origine olandese. Pierre Louis (1833-1905), botanico famoso per gli studi sulla flora dell’Indocina. Brown Robert (1773-1858), botanico viaggiatore scozzese. Rafinesque Schmalz Constantin-Samuel (1783-1840), naturalista statunitense esplorò botanicamente la Pennsylvania e il Delaware. Reichenbach Heinrich Gottlieb Ludwig (1793-1879), biologo e botanico di Lipsia, fondò l’orto botanico di Dresda. Richard Achille (1794-1852), medico e botanico di Parigi. Risso Giovanni Antonio (1777-1845), valente botanico studiò particolarmente gli agrumi. Roscoe William (1743-1831), fondatore del giardino botanico di Liverpool e uno dei primi appassionati delle Zingiberaceae. John Forbes Royle (1799-1858), botanico inglese e docente di materiamedica presso il  King’s College di Londra. Studiò le piante medicinali del subcontinente indiano. Roxburgh William (1751-1815), medico e insigne botanico scozzese, chiamato il padre della botanica indiana.  Hipolito Ruiz Lopeze Jose Antonio Pavón y Jimenez, botanici spagnoli, visitarono tra il 1779 e il 1788 il Cile di cui studiarono la flora. Salisbury Richard Antoine (1762-?), botanico inglese. Johannes Scherbius (1769-1813), botanico, micologo e biologo tedesco. Josef (Joseph) August Schultes (1773-1831), medico e naturalista austriaco.  Julius Heinrich Karl Schumann (1810-1868), botanico tedesco. Scopoli Giovanni Antonio (1723-1788), professore di Botanica a Pavia. Solander Daniele (1736-1781), botanico svedese discepolo di Linneo. Sprengel Kurt (1776-1833), botanico tedesco. Stapf Otto (1857-1933), botanico austriaco. Stearn William Thomas (1911-2011), inglese, esperto di storia della botanica. Adolphe Steinheil (1810-1839), botanico tedesco. Jonathan Stokes  (1755-1831), medico e botanico inglese, contribuì all’uso della Digitale in terapia. Saint-Hilaire Augustin-François-Cesar (1779-1853), botanico, naturalista e viaggiatore. Taubert Paul Hermann W. (1862-1897), botanico e illustratore tedesco, viaggiò in Brasile raccogliendo campioni botanici. Tauscher Gyula Ágoston (1832-1882), botanico ungherese. Albert Thellung (1881-1928), botanico svizzero studiò particolarmente la flora alpina europea. Carl Peter Thunberg (1743-1828), medico e botanico svedese soprannominato “padre della botanica sud-africana” e “Linneo giapponese”. Fra le sue opere si segnala Flora Japonica.  XXIX

Classificazione Tures. Urban



Val. Vahl Wahl. Waldst. Webb Wallr. Weber Wedd. Wendl. Will. Willd.

XXX





botanica: dizionarietto delle abbreviazioni per

Autore

Göte Wilhelm Turesson (1892-1970), botanico svedese, esponente di spicco della genetica ecologica, coniò il termine ecotipo. Urban Ignatz (1848-1931), botanico tedesco, studioso della flora caraibica.  Valeton Theodoric (1855-1929), botanico olandese. Vahl Martin (1749-1804), professore di botanica a Copenaghen. Wahlberg Peter Fredrik (1800-1877), medico e botanico svedese. Franz de Paula Adam von Waldstein (1759-1823), militare, esploratore e naturalista austriaco,autore di Descriptiones et icones plantarum rariorum Hungariae.  Webb Philipps Barker (1793-1854), botanico e viaggiatore inglese, raccolse un ricchissimo erbario (oltre 90000 specie) che lasciò con la sua biblioteca al Museo Botanico di Firenze. Karl Friedrich Wilhelm Wallroth (1792-1857), medico e botanico tedesco. Georg Heinrich Weber (1752-1828), medico e botanico tedesco. Hugh Algernon Weddell (1819-1877), botanico e medico inglese specializzato nella flora del Sudamerica. Johan Christof Wendland (1755-1828), botanico tedesco. Wille, Johan Nordal Fischer (1858-1924), botanico norvegese. Willdenow Karl Ludwig (1765-1812), medico e botanico, si occupò esclusivamente di sistematica.

Iconografia

L’apparato iconografico, composto da trecento foto, rappresenta un valido strumento per coloro che desiderano conoscere anche le immagini delle piante medicinali descritte nel testo. La maggior parte delle foto presenti nel testo provengono dall’archivio personale di Angelino Mereu che in quasi trent’anni di attività fotografica ha raccolto oltre tremila foto di piante medicinali e che gentilmente, anche in questa nuova terza edizione, ha messo a disposizione dell’Editore e dell’Autore. Le foto di Angelino Mereu sono relative alle seguenti schede: 3; 4; 5; 7; 9; 11; 12; 13; 14; 15; 16; 17; 18; 19; 22; 23; 24; 25; 26; 27; 29; 30; 31; 32; 33; 34; 35; 36; 37; 38; 39; 40; 41; 42; 43; 44; 45; 46; 47; 49; 50; 51; 52; 53; 54; 55; 56; 57; 58; 61; 63; 64; 65; 66; 67; 69; 71; 72; 73; 74; 75; 76; 77; 78; 80; 82; 83; 84; 85; 86; 88; 89; 90; 91; 92; 93; 94; 95; 96; 97; 98; 99; 100; 101; 102; 103; 104; 105; 106; 107; 108; 109; 110; 112; 113; 115; 116; 117; 119; 120; 121; 122; 124; 125; 126; 127; 128; 129; 130; 131; 133; 134; 135; 136; 137; 139; 141; 142; 144; 146; 147; 148; 149; 151; 152; 156; 157; 158; 159; 161; 164; 165; 167; 168; 169; 170; 171; 172; 173; 174; 175; 176; 177; 178; 179; 180; 181; 184; 185; 186; 187; 188; 189; 191; 193; 194; 195; 196; 197; 202; 203; 205; 207; 209; 210; 211; 213; 214; 216; 217; 219; 220; 222; 223; 224; 225; 226; 227; 228; 229; 230; 231; 232; 234; 235; 236; 237; 238; 239; 241; 242; 243; 244; 246; 248; 250; 251; 252; 253; 255; 256; 257; 258; 260; 261; 262; 263; 264; 265; 266; 267; 268; 269; 270; 271; 272; 273; 274; 276; 277; 278; 280; 282; 283; 284; 285; 286; 287; 288; 289; 290; 291; 292; 293; 294; 295; 296; 297; 298; 299; 300.

XXXI

Indice delle abbreviazioni e delle sigle

aa = ana aa ad BfArM cps DL50 E.F. E.S. EMEA ESCOP et al. F.U. FDA g gtt HMPC M.G.1DH O.E. OMS p. Polv. q.b., q.b.p q.s.p S sp. spp. subsp., ssp. T.M. t.t. var. x

XXXII

parti uguali di ciascuna sostanza di ciascuna sostanza fino a Bundesinstitut für Arzneimittel und Medizinprodukt capsula dose letale 50 estratto fluido estratto secco European Agency for the Evaluation of Medicinal Products European Scientific Cooperative on Phytotherapie et alii (e altri autori) Farmacopea Ufficiale Italiana Food and drug Admnistration grammo gocce Herbal Medicinal Products Committee macerato glicerico olio essenziale Organizzazione Mondiale della sanità parte polvere quanto basta, quanto basta per quanto sufficiente per somministra species (una specie del genere) species (diverse specie del genere) sub specie (sotto specie) tintura madre taglio tisana varietas (varietà) nella denominazione latina di una specie indica che è un ibrido

1 • Abrus

1

precatorius

L.

Abrus precatorius L.

Nome comune: Fagiolo corallino; Albero dei rosari Francese: Jequirity; Liane-réglisse Inglese: Jequirity; Indian liquorice Tedesco: Paternostererbse Spagnolo: Regaliz americano Famiglia: Fabaceae Parte utilizzata: seme; foglia e radice Costituenti principali: – seme: abrina (lectina) (abrina: dose letale: 0,01 mg per kg di peso) – foglia e radice: glicirrizina, glucosidi triterpenici (abrusosidi) Attività principali: emolliente (foglie, radice) Impiego terapeutico: desueto e sconsigliato

Utilizzo medico Si tratta di una grande liana originaria dell’India e a distribuzione pantropicale: Antille, Brasile, Africa, Isola di Réunion. Viene coltivata soprattutto come pianta ornamentale. I semi si presentano di colore arancio vivo con una macchia nera circolare in corrispondenza di un’estremità. Vengono utilizzati per realizzare ornamenti, corone da preghiere, collane, e per la decorazione di costumi. In India servono pure come misura di peso (rati o letti) per l’oro e per le pietre preziose. Le foglie e le radici hanno uno spiccato sapore di liquirizia (presenza di glicirrizina, da cui il nome Jequirity attribuito alla pianta) e vengono utilizzate come suoi succedanei. Le foglie, contenenti glucosidi triterpenici (abrusosidi), risultano più dolci delle radici e presentano un sapore zuccherino pronunciato. Alcuni autori le ritengono equivalenti al saccarosio come potere dolcificante1. Nell’Africa tropicale occidentale le foglie erano impiegate per la preparazione di dolci e in medicina popolare per curare disturbi di stomaco. Foglie e radici sono impiegate inoltre come emollienti per curare tosse, pertosse, bronchiti ecc. I semi sono segnalati invece come altamente tossici, se masticati, in virtù del loro contenuto in abrina, una lectina dotata di importanti proprietà tossicologiche (vedi: Tossicità…). La dura cuticola del seme maturo impedisce il rilascio della tossina in seguito a ingestione in quanto i suoi tegumenti resistono all’azione dei succhi gastrici. Tuttavia poiché i semi sono utilizzati per fabbricare collane ecc., «questi semi devono essere bucati per poter essere infilati, rendendo così disponibili i loro costituenti tossici, tanto più quando sono masticati o succhiati»2. Anche i semi immaturi e molli sono stati causa di gravi intossicazioni. I principali segni di intossicazione sono rappresentati da vomito, diarrea, collasso. La pianta era inscritta nella Farmacopea italiana3 come Semen Jequirity per il trattamento delle congiuntiviti granulose croniche, del tracoma e contro il pannus cornealis. Venivano attuate instillazioni con l’infusione dei semi: queste provocavano un’infiammazione purulenta specifica della congiuntiva «la quale determina un abbondante riassorbimento dei prodotti patologici degli strati superficiali della cornea»4. Il verificarsi, però, di reazioni infiammatorie incontrollabili, che potevano portare alla perdita della vista, ne hanno fatto abbandonare l’utilizzo. Venne anche 1

1 • Abrus

precatorius

L.

impiegata per applicazioni topiche nel trattamento di forme tumorali cutanee ma, anche in questo caso, il suo uso fu abbandonato per la tossicità manifestata dal preparato. Studi successivi hanno indagato e segnalato l’attività abortiva, o altrimenti teratogena, della sospensione acquosa in cavia5. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Responsabile della tossicità dei semi è l’abrina, una lectina: si tratta di una fitotossina di natura proteica. Spesso le lectine sono unicamente tossiche per via parenterale, altre invece non sono distrutte dagli enzimi del tratto digestivo. Ciò avviene per l’abrina della jequirity, per la fasina del fagiolo e per la ricina dei semi di ricino. Di solito le lectine sono denaturate dalla cottura, per cui i fagioli cotti, ad esempio, sono perfettamente commestibili mentre l’ingestione dei semi e dei baccelli crudi comporta severe gastroenteriti a evoluzione però favorevole6. L’intossicazione dovuta all’assorbimento di questa tossina si manifesta dopo 2-3 ore dall’ingestione con vomito, diarrea emorragica, perdita di liquidi e stato di shock. Nel caso di Abrus precatorius L. nausea e cefalea intensa sono i primi sintomi. Si possono quindi osservare emorragie multiple (tubo digestivo, ma anche retina). Seguono midriasi, vasodilatazione cutanea e ipotensione fino al collasso. Sono stati segnalati casi di convulsioni e allucinazioni. È stato riportato anche un caso di avvelenamento caratterizzato da edema polmonare e ipertensione7. Mezzo milligrammo di abrina può risultare mortale per un adulto. L’abrina può passare nell’acqua per semplice macerazione dei semi8. Sono state segnalate intossicazioni gravi in adulti che avevano consumato 1/2-2 semi e casi mortali in bambini che avevano masticato 1-2 semi9. I semi sono decorativi e con essi vengono fatte collane: portare meccanicamente la collana alla bocca può essere, pertanto, pericoloso. Non tenere a portata di mano dei bambini. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal seme essiccato (titolo alcolico 65°). Curiosità • Nel testo Etnomedicina di A. Scarpa (1903-2000) alla voce «Infanticidio» si legge: «Nel Bengala le suore di una missione ci segnalarono un fatto piuttosto strano. Di tanto in tanto trovavano all’uscio della missione dei neonati abbandonati che, subito ricoverati, inspiegabilmente morivano nonostante le cure prodigate. Facemmo delle indagini e venimmo a sapere che, in ubbidienza a certi tabù locali, alcuni dei neonati erano destinati a morire. Pare che la morte fosse provocata introducendo nel letto sotto-ungueale di questi bambini dei piccoli frammenti aguzzi del seme dell’Abrus precatorius L. che come è noto contiene abrina, fortemente velenosa». • I semi ancora freschi sono utilizzati dagli indigeni per avvelenare le frecce. Note bibliografiche 1 Young-Hee Choi, Raouf A. Hussain et al., 1989, J. Nat. Prod., 52 (5), 1118-1127. 2 Frohne D., H.J. Pfänder, R. Anton, 2009, Plantes à risques, Edition Tec&Doc, Paris, p. 190. 3 Cortesi F., 1910, Botanica farmaceutica, UTET, Torino. 4 Cooperativa Farmaceutica, 1924, Medicamenta, Milano, p. 758. 5 Bhargava S.K., 1988, Fitoterapia, 3, 166. 6 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie, Technique et documentation, Lavoisier, Paris, pp. 189-192. 7 Fernando C., 2001, Poisoning 2 to Abrus precatorius (jequirity bean), Anaesthesia 56 (12), 1178-1180. 8 Debelmas A.M., Delaveau P., 1983, Guide des plantes dangereuses, Maloine S.A. Editeur, Paris, p. 132. 9 Frohne D. et al., op. cit., p. 190.

2

2 • Acacia

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catechu

(L. f.) Willd.

Acacia catechu (L. f.) Willd.

Nome comune: Acacia catechu Francese: Acacia à cachou Inglese: Catechu; Cachou; Black cutch Tedesco: Gerber-Akazie; Katechu-Akazie Spagnolo: Catechu; Cato Famiglia: Mimosaceae Parte utilizzata: estratto acquoso del legno convenientemente evaporato e disseccato (catecù) Costituenti principali: – tannini catechici (2-12%): catecolo ed epicatecolo – flavonoidi e derivati flavanici; gomma (20-30%) Attività principali: astringente e antisettica, antinfiammatoria Impiego terapeutico: dispepsia; diarrea; forme catarrali a carico dell’apparato respiratorio Uso esterno: gengiviti, stomatiti, faringiti ecc.

Utilizzo medico Il catecù è considerato un astringente e antisettico ad azione alquanto energica. Trova indicazione tutte le volte che stomaco o intestino hanno bisogno di essere stimolati o tonificati1. Viene pertanto prescritto nel trattamento delle dispepsie accompagnate da diarrea, nelle enteriti e, come espettorante balsamico, nelle forme catarrali a carico dell’apparato respiratorio. La presenza di catecolo e di quercetina conferiscono proprietà vitamino-P-simili che possono giustificarne l’impiego topico volto a lenire le mucose infiammate. Le proprietà dell’Acacia catechu Willd. sono infatti molto simili a quelle della Krameria triandra Ruiz et Pavon (Ratania). Uso esterno: Il catecù è impiegato come antisettico astringente nella stomatite, in caso di gengive infiammate e sanguinanti, nella faringite e raucedine (T.M.: 20 gocce in un bicchiere di acqua tiepida in gargarismo/collutorio o, pura, in spennellature). Rientra nella composizione di paste, polveri ed elisir dentifrici oltre che in pastiglie profumate (ha sapore amaro, molto astringente, ma poi lascia in bocca un sapore dolce, duraturo) per correggere l’alitosi (fumatori, ad esempio), in caso di flogosi della mucosa orale e come rinforzante gengivale. La polvere veniva cosparsa su escare e piccole ferite per facilitarne la cicatrizzazione2. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Eventuali effetti collaterali (irritazione gastrica) e interazioni farmacologiche sono dovuti alla presenza dei tannini.

3

2 • Acacia

catechu

(L. f.) Willd.

Forme farmaceutiche e posologia Polvere di Catecù: da 0.3 a 1 g al giorno. Tisana: 10 p. 1000. Uso esterno: soluzioni al 2-4%. Acacia catechu T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica Incompatibile con i sali di ferro, metalli pesanti e con gli alcaloidi. La Tintura Madre (T.M.) si prepara a partire dalla gomma resina essiccata (titolo alcolico 90°). Formulario Catecù aromatico – Pastiglie per fumatori (Hager) (Medicamenta) Catecù 30 Estratto Liquirizia 90 Zucchero 30 Dragante 15 Essenza Garofani 3,75 Essenza Cannella 2 Essenza Macis 12 gocce Tintura Ambra 12 gocce Impasta con acqua di fiori d’Arancio e fa pastiglie o pillole da 0,10 g Curiosità • Il catecù era segnalato per la tintura del cotone e della seta nera a cui dava tonalità brune molto resistenti alla luce e al bucato. • L’area di distribuzione di questa pianta si estende dal sud dell’Himalaya (Pakistan, India) al Myanmar e alla Thailandia. • In Indonesia le popolazioni locali hanno l’abitudine di masticare le foglie di A. catechu per rinforzare le gengive e dai tempi più remoti il catecù viene adoperato per preparare, assieme ad altre sostanze, un masticatorio chiamato Betel. Note bibliografiche 1 Dorvault, 1995, L’Officine, Vigot, Paris, p. 309. 2 Proserpio G., Martelli A., Patri G.F., 1983, Elementi di fitocosmesi, Sepem, Milano, p. 799.

4

3 • Achillea

3

millefolium

L.

Achillea millefolium L.

Nome comune: Achillea Francese: Millefeuille Inglese: Yarrow; Milfoil Tedesco: Gemeine Schafgarbe Spagnolo: Milenrama Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: sommità fiorite Costituenti principali: – olio essenziale (1%): dal 25% al 40% di camazulene, β-pinene, cariofillene, α-pinene... – flavonoidi: apigenina, luteolina, isoramnetina, glicosilflavoni (svertisina, vicenina, sciaftosina, isosciaftosina) – acidi fenolici: acido caffeico; triterpeni e steroli; acido salicilico – lattoni sesquiterpenici: 2,3 deidrodesacetossimatricina, leucodina, achillicina… – composti azotati: achilleina, colina, stachidrina… – cumarine (0,35%); tannini idrolizzabili (3-4%) Attività principali: – antispasmodica, amaro-tonica, coleretica – antibatterica; astringente; emostatica e cicatrizzante Impiego terapeutico: Turbe gastrointestinali, inappetenza; dismenorrea, irregolarità mestruali Uso esterno: emorroidi, varici, piccole ferite; pelvipatia vegetativa (semicupi)

Utilizzo medico Achillea millefolium L., pianta ad azione vulneraria, viene impiegata tradizionalmente come tonico, stomachico e antispasmodico. Nella terapeutica moderna la pianta è utilizzata per il contenuto in olio volatile ricco in azulene: i medicamenti ottenuti da questa pianta presentano un’azione antiflogistica netta e proprietà spasmolitiche. L’azulene dell’A. millefolium è stato identificato con il camazulene della Camomilla (Matricaria chamomilla), di cui del resto condivide le proprietà. Gli azuleni, in base a prove sperimentali, hanno dimostrato chiaramente il potere di ripristinare in tempi rapidi il normale grado di permeabilità dei tessuti, riassorbendo i focolai di infezione e favorendo in caso di trauma la continuità biologica fra la zona colpita e il resto dell’organismo1. L’azione antiflogistica dell’azulene si manifesta anche a carico della mucosa gastrica infiammata ove determina una regressione delle alterazioni morfologiche e la normalizzazione della secrezione di acido cloridrico con la conseguente scomparsa o attenuazione dei relativi disturbi. I risultati di uno studio recentemente pubblicato hanno indicato che le proprietà antiossidanti dei principi attivi presenti nell’olio essenziale possono contribuire all’attività gastroprotettiva del fitocomplesso2. 5

3 • Achillea

millefolium

L.

I flavonoidi, che si caratterizzano per le proprietà antiflogistiche, antispasmodiche e vasculoprotettive, vanno a rinforzare, in una sinergia d’azione con gli azuleni, tali proprietà. Gli azuleni inoltre promuovono un’azione batteriostatica. Da quanto detto si può comprendere la validità delle indicazioni terapeutiche attribuite alla pianta. Achillea millefolium agisce infatti come amaro-tonico, antispasmodico nei disturbi gastrici, nella nausea e nella disappetenza. La pianta risulta un tonico efficace delle vie digestive di cui attiva le funzioni secreto-motrici. Chabroll e coll. appurarono che l’iniezione endovenosa di una decozione di Achillea millefolium, in dose corrispondente a 5 g di pianta fresca, era in grado di triplicare o quadruplicare il volume di bile secreta per circa mezz’ora3. Per le proprietà spasmolitiche (apigenina e luteolina) viene utilizzata negli spasmi a carico del tratto gastrointestinale e, come emmenagogo, nelle mestruazioni dolorose. Con l’impiego della droga si assiste a un graduale miglioramento generale della circolazione (flavonoidi): l’azione si esplicherebbe solo con l’uso prolungato, ma l’effetto ottenuto sarebbe persistente. È stata segnalata anche un’azione ipotensivante che fa utilizzare la pianta nel trattamento coadiuvante dell’ipertensione arteriosa con Biancospino e Vischio4. Uso esterno Le proprietà astringente, decongestionante, epiteliogena e analgesica fanno della pianta un topico di reale valore nel trattamento di emorroidi, ragadi anali e del seno. La pianta risulta utile nel trattamento di ulcere varicose e ferite che cicatrizzano male in quanto l’azulene, oltre a svolgere attività antiflogistica e spasmolitica, aiuta la riepitelizzazione del tessuto leso. Nella medicina popolare la droga conosce un utilizzo come emostatico, in particolare nelle emorroidi sanguinanti. Particolare è la segnalazione del suo utilizzo sotto forma di fumigazioni per contrastare il mal di testa, e di bagni aromatici sedativi e calmanti nella pelvipatia vegetativa: la Commissione E del BfArM riconosce l’uso locale in semicupi nei crampi pelvici dolorosi di origine psicosomatica. L’olio essenziale, inoltre, calma i dolori reumatici e le nevralgie (frizioni). Secondo i Cahiers de l’Agence5 l’impiego di preparati a base di Achillea può risultare utile, come coadiuvante, grazie alle proprietà lenitive e antipruriginose in caso di affezioni dermatologiche e punture di insetto. Achillea millefolium può essere considerata, come affermava il noto cosmetologo Gianni Proserpio, «pianta tipica per uso cosmetico… abitualmente impiegabile, anche ad alti dosaggi, in oleoliti per bambini, unguenti solari, creme per pelli screpolate, creme o latti protettivi e rinfrescanti per pelli delicate e arrossate, lozioni toniche, shampoo, bagni schiuma e detergenti intimi»6. Studi recenti hanno segnalato inoltre proprietà antiossidanti. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’uso dell’Achillea millefolium L. può provocare, in soggetti particolarmente sensibili alle Asteraceae, dermatite allergica da contatto. Sarebbero implicati i lattoni sesquiterpenici, in particolare gli α-metilen-lattoni i cui gruppi α-metilen esociclici possono reagire con i gruppi sulfidrilici delle proteine. Per quanto riguarda le possibili interazioni a cui prestare attenzione, sono segnalate quelle nei confronti dei farmaci anticoagulanti (azione pro-coagulante dell’achilleina nell’animale) e degli ipotensivanti7. Il suo impiego viene sconsigliato in gravidanza in quanto potrebbe avere un’attività di tipo progestinico8.

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3 • Achillea

millefolium

L.

Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle sommità fiorite essiccate, intere o frammentate, contenenti al minimo lo 0,02 % di proazuleni. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 4,5 g della pianta /die (oppure 3 g di fiori o di succo pressato di pianta fresca); in semicupi: 100 g per 20 litri di acqua. Infuso: 1,5 g di sommità fiorite per tazza; preparare l’infusione poco prima dell’utilizzo. Si consiglia di lasciare in infusione per almeno 15 minuti. Bere più tazze al giorno. Decotto: 30-60 g per litro (uso esterno). Polvere: 100-200 mg per capsula (in associazione). Succo di pianta fresca: 3 cucchiaini al dì. Diluire in acqua. Achillea millefolium T.M.: 30-50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica Achillea millefolium L., stricto sensu, è una specie polimorfa di un genere a tassonomia complessa. La definizione della composizione dell’olio essenziale varia a seconda del campione considerato: la presenza di azulene è tipica, infatti, delle piante tetraploidi mentre è assente negli altri cariotipi. Nell’olio essenziale senza azulene si ritrovano canfora, sabinene, 1,8-cineolo come componenti maggioritari. La Tintura Madre (T.M.) si prepara a partire dalla pianta intera fresca (titolo alcolico 65°). Formulario Sovrappeso e stipsi Salvia o. foglie Betula a. foglie Achillea m. sommità fiorite Spiraea u. sommità fiorite S/5 g per tazza: infusione. Più tazze al dì

10 g 10 g 40 g 40 g

oppure Betula a. T.M. 10 ml Achillea m. T.M. 40 ml Spiraea u. T.M. 40 ml S/40 gocce, diluite in un bicchiere di acqua, 3 volte al dì Emorroidi Achillea m. T.M. Vitis v. T.M. Ruscus a. T.M. ana parti in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì Dispepsia gastrica Specie composta per tisana all’Achillea (Formulario nazionale F.U. IX ed.) Achilleae millefolii herba 30% Taraxaci radix cum herba 30% 7

3 • Achillea

millefolium

L.

Curcumae longae rhizoma 20% Menthae piperitae fol. 20% S/infuso al 3%; una tazza di infuso dopo i pasti principali Gel schiarente di Achillea (Riva E.) Achillea estratto glicolico Ginkgo biloba estratto glicolico gel di carb. metil cellulosa q.b. S/Per applicazioni locali giornaliere

20 30 g 10 g 100 g

Bagno (Raynaud J.)10 Fare infondere 100 g di droga in un litro di acqua per 15 minuti. Aggiungere l’infuso a 20 litri di acqua. Fare un bagno di 10-20 minuti, poi asciugarsi. Curiosità • L’uso dell’Achillea millefolium L. risale alla mitologia, in quanto il nome le viene da Achille, al quale permise di guarire le ferite di Telefio, re dei Misi. • Scrive Cazin (XIX sec): «Quando la mancanza di mestruazioni era prodotta da una causa passeggera, da un colpo di freddo o un’emozione, un infuso concentrato di questa pianta, dato al mattino e ripetuto al bisogno 3-4 giorni di seguito, faceva ricomparire il flusso mestruale […]. Bisogna attendere, per prescriverlo, che l’epoca abituale del ritorno del flusso sia passata […]. Non causa alcun incidente nelle donne che lo hanno preso all’inizio di una gravidanza ignorata […]». • Achillea millefolium L. era impiegata anche come depurativo nell’acne. Scrive Fournier: «Per contro – e può essere un’indicazione utile per l’omeopatia – è stato segnalato che infiammazioni specifiche della pelle possono essere provocate o risvegliate nei naturisti dal contatto con l’Achillea, ugualmente nei pazienti curati con applicazioni di foglie bollite o con estratto fluido». • «L’Achillea Millefolium L. si adopera inoltre in Svezia per sostituire il luppolo, nella fabbricazione della birra, e in Germania se ne usa dare, alle donne che allattano, le radici per favorire la secrezione lattea» (Pagliani L., 1928)11. Note bibliografiche 1 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., 1962-1964, Piante medicinali: chimica, farmacologia e terapia, voll. I-II, Inverni & Della Beffa, Milano, p. 2. 2 Patrich FB et al., 2010, Antiulcerogenic activity of hydroalcoholic extract of Achillea millefolium L.: Involvement of the antioxidant system. Journal of Ethnopharmacology. 130,1, 85-92. 3 Campanini E, 1985, Secondo natura/erbe, 4, 13-15. 4 Hallard F., 1988, Phytothérapie, Masson, Paris, p. 123. 5 Agence du Médicament, 1998, Les Cahiers de l’Agence 3 - Médicaments à base de plantes..., Paris. 6 Proserpio G. et al., op. cit., p. 417. 7 Firenzuoli F., 2001, Interazioni tra erbe, alimenti e farmaci, Tecniche Nuove, Milano. 8 Raynaud J., 2006, Prescription et conseil en aromathérapie, Lavoisier, Paris, p. 182. 9 Riva Ernesto, [1995], L’universo delle piante medicinali, Trattato storico, botanico e farmacologico di 400 piante di tutto il mondo, Bassano del Grappa, Ghedina & Tassotti Editori, 2001. 10 Raynaud Jean, Prescription et conseil en phytothérapie, Paris, Lavoisier, 2005. 11 Pagliani Luigi, 1928, Le Piante Medicinali e la loro coltivazione, Torino, UTET.

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4 • Aconitum

4

napellus

L.

Aconitum napellus L.

Nome comune: Aconito napello Francese: Aconit Inglese: Monk’s hood; Aconit Tedesco: Blauer Eisenhut Spagnolo: Acónito Famiglia: Ranunculaceae Parte utilizzata: tubero-pianta Costituenti principali:* – glucidi (50-60%): > amido – alcaloidi (0,5-1,5%): > aconitina; in piccola quantità ipaconitina, jesaconitina, pseudaconitina, lycaconitina, neopellina, napellina, neolina1 * La qualità della materia prima è molto variabile, probabilmente per l’esistenza di chemotipi diversi Attività principali: Azione sedativa, antinevralgica; antigottosa; azione decongestionante (apparato respiratorio) Impiego terapeutico: Da evitare per uso interno (aconitina!) Uso topico: nevralgia, sciatalgia, dolori reumatici

Utilizzo medico Erba perenne delle Alpi, comune in Europa, in Asia e nell’America del Nord. L’uso comune è da sconsigliare ed è, comunque, da utilizzare solo dietro stretta sorveglianza medica. La Commissione E del BfArM ritiene che la somministrazione della radice di aconito non è giustificata a causa del debole margine terapeutico e del rischio di intossicazione. L’aconitina, alcaloide tossico molto attivo che può provocare avvelenamenti mortali, possiede, a bassi dosaggi, un’azione sedativa, antinevralgica, antigottosa e un’azione decongestionante a livello dell’apparato respiratorio. Aconitum napellus L. era prescritto infatti contro la gotta, il raffreddore, la laringite, la bronchite ecc. Quale anticongestivo la tintura di Aconito rientrava nella composizione di specialità, come sciroppi, ad esempio, per il trattamento di tosse secca non produttiva. L’aconitina e le preparazioni d’Aconitum napellus L. erano prescritte principalmente nel trattamento topico delle nevralgie del trigemino in quanto l’aconitina provoca una diminuzione della sensibilità delle terminazioni nervose nella regione innervata dal trigemino. La tintura di Aconito, per le proprietà analgesiche, entra nella composizione di diversi linimenti indicati nel trattamento delle nevralgie, delle mialgie e dei dolori reumatici. Bisogna comunque stare attenti a un possibile assorbimento cutaneo: non si prolungherà mai l’applicazione di preparazioni di Aconitum napellus L. su grandi superfici o su una pelle non integra. 9

4 • Aconitum

napellus

L.

Tossicità, interazioni ed effetti secondari Tutte le parti della pianta contengono alcaloidi tossici, in particolare aconitina. La massima concentrazione è presente nell’apparato radicale. L’aconitina eccita e poi paralizza sia le terminazioni nervose periferiche che i centri bulbari. È responsabile del rallentamento respiratorio e dell’alterazione del ritmo cardiaco. Diverse possono essere le circostanze di avvelenamento: dal consumo alimentare per errore nell’identificazione della radice (bastano 2-6 grammi di radice, o 3 mg di aconitina, per provocare la morte in un soggetto adulto), alla raccolta a mani nude delle parti aeree, al sovradosaggio terapeutico. I sintomi da avvelenamento, che vengono avvertiti immediatamente, sono costituiti da formicolio alle labbra, alla lingua, alla gola, quindi alla faccia e agli arti. Seguono angoscia, vertigini, miastenia, intorpidimento, sensazione di freddo, dolori, diarrea accompagnata da alterazione del ritmo cardiaco e collasso cardiorespiratorio2. La morte avviene per arresto respiratorio: lo stato di coscienza del paziente non è mai alterato. Il trattamento prevede l’evacuazione urgente del tossico con vomito provocato o lavanda gastrica3. Forme farmaceutiche e posologia Avvertenza: prescrizione esclusivamente medica! «Estratto fluido per tintura (g 1 = L gtt): titolo g 0,4% di alcaloidi. Dosi: g 0,025 pro dose, g 0,05 pro die; dosi massime: g 0,05 pro dose, g 0,15 pro die. Estratto fluido per sciroppo (g 1 = XXXVIII gtt): titolo g 0,25% di alcaloidi. Dosi: g 0,04 pro dose, g 0,08 pro die; dosi massime: g 0,08 pro dose, g 0,24 pro die. Tintura F.U.: titolo g 0,05% di alcaloidi. Dosi: g 0,20 pro dose, g 0,40 pro die; dosi massime (F.U.) g 0,5 pro dose, g 1,5 pro die»4. Note di galenica L’epoca di raccolta e le modalità dello stoccaggio possono determinare variazioni qualitative e quantitative. La tintura di Aconito è incompatibile con le sostanze che precipitano gli alcaloidi come i tannini, lo iodio, gli ioduri ecc. La tintura di Aconito non può essere utilizzata dopo un anno dalla fabbricazione. La Tintura Madre è preparata a partire dalla pianta intera raccolta alla fine della fioritura (titolo alcolico 45°)5. Curiosità • Napellus: diminutivo di napus per la forma dei tuberi simile alla Brassica napus L. (piccolo navone). • «L’utilizzazione razionale dell’A. in medicina inizia con le osservazioni fatte da Anton Stoerck nel 1763 [il quale] propose che venisse usato per alleviare i dolori reumatici e nevralgici, per ridurre i gonfiori e guarire le ferite. Alexander Fleming (1824-75) descrisse nel 1845 gli effetti tossici dell’A. napellus in un accuratissimo studio clinico» (Pizzetti I., Cocker H., 1968)6. Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 1199. 2 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 868. 3 Debelmas A.M., Delaveau P., op. cit., p. 96. 4 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I, p. 14. 5 Demarque D., Jouanny J., Poitevin B., Saint-Jean Y., 1993, Pharmacologie et matière médicale homéopatique, Boiron-C.E.D.H., Lyon, p. 2. 6 Pizzetti Ippolito, Cocker Henry, 1968, Il libro dei fiori, Milano, Garzanti, voll. I-II.

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5 • Acorus

5

calamus

L.

Acorus calamus L.

Nome comune: Calamo aromatico Francese: Acore; Roseau odorant Inglese: Sweet flag Tedesco: (Indische) Kalmus Spagnolo: Acoro verdadero Famiglia: Araceae Parte utilizzata: rizoma Costituenti principali: – olio essenziale (2-9%)1: derivati mono e sesquiterpenici (campfene, p-cimene, β-guriunene, α-selinene, δ-cadinene, linalolo, α-terpineolo, α-cadinolo, acorenone ecc.) e derivati fenilpropanici (raramente oltre il 10%: per lo più β-asarone) Nota: questa composizione fa riferimento all’olio essenziale della varietà europea – acorina (sostanza amara) – tannini, mucillagini, amido a piccoli granuli, colina Attività principali: eupeptica, antispasmodica; diaforetica e diuretica Impiego terapeutico: forme dispeptiche; gotta

Utilizzo medico Pianta erbacea originaria dell’Asia, molto diffusa in tutta Europa, comune nei luoghi paludosi. Il rizoma di Acorus calamus L. è un amaro aromatico ed è conosciuto come “stimolante digestivo” in quanto dotato di azione stimolante sulle funzioni secretomotrici dell’apparato digerente. Risulta utile nelle diverse forme di dispepsia, nella disappetenza e nell’ipoacidità gastrica. Le preparazioni a base di Acorus calamus L. ingerite prima dei pasti hanno effetto aperitivo, dopo i pasti, effetto digestivo. Può essere efficacemente associato a Genziana e Inula. Il sapore amaro-aromatico, leggermente speziato, è attribuibile all’asarone. In alcuni paesi viene aggiunto nella preparazione della birra per aromatizzarla. Si tratta, del resto, di una pianta che è stata largamente utilizzata dall’industria liquoristica e agroalimentare. Uno studio, effettuato su ratti, ha segnalato che l’estratto etanolico di Acorus calamus è in grado di inibire la secrezione gastrica e di manifestare azione antiulcera e proprietà citoprotettive, avvalorando l’uso tradizionale della pianta nei disturbi gastrici. L’infuso (4%), grazie alle proprietà diaforetiche e diuretiche della pianta, viene utilizzato quando occorre stimolare l’emuntorio renale e la sudorazione come nel caso di forme febbrili influenzali. Acorus calamus L. è considerato un buon diuretico in grado di diminuire la concentrazione di acido urico ematico e urinario, per cui viene consigliato nella terapia della gotta. L’asarone avrebbe proprietà tranquillizzanti comparabili a quelle della clorpromazina2 e ciò può spiegare, in parte, l’impiego della pianta nelle manifestazioni a carico dell’apparato nervoso. Le proprietà spasmolitiche dell’olio essenziale e del 11

5 • Acorus

calamus

L.

β-asarone, sedativo del SNC, sono state oggetto di numerosi studi: grazie ai quali è

emerso che il β-asarone è però tossico. L’olio essenziale di Acoro indiano somministrato per tempo prolungato al ratto, induce la comparsa di tumore a livello duodenale. Nella cavia induce la comparsa di tumori epatici3.

Uso esterno L’olio essenziale e la tintura idroalcolica si usano esternamente, per le proprietà iperemizzanti, nel trattamento delle mialgie, artralgie e gotta. La masticazione della radice di Acorus calamus L. profuma l’alito. Come aromatizzante rientra, infatti, nella formulazione di collutori, polveri dentifrice e soluzioni destinate al rafforzamento delle gengive. Tossicità, interazioni ed effetti secondari È stata accertata la cancerogenicità del principio attivo β-asarone, un derivato fenilpropanico, presente nell’olio essenziale del rizoma della pianta. Inizialmente furono segnalati da parte di questa sostanza effetti mutageni o comunque in grado di provocare alterazioni cromosomiche4. Successive osservazioni hanno evidenziato che il β-asarone è in grado di provocare lo sviluppo di tumori intestinali (CapassoGrandolini, 1999). La varietà americana contiene scarsissime quantità di β-asarone, la varietà europea meno del 10% mentre la varietà indiana presenta la più alta concentrazione: fino al 96%. L’acoro e i suoi prodotti sono autorizzati in Europa, con un limite massimo tollerato di β-asarone di 0,1 mg/kg nei prodotti alimentari e 1 mg /kg nelle bevande alcoliche5. È consigliabile, pertanto, utilizzare la varietà americana pressoché priva di β-asarone. Si consiglia vigilanza in caso di assunzione contemporanea di farmaci sedativi e antidepressivi (possibile potenziamento). Forme farmaceutiche e posologia Macerato: far macerare per 30 minuti, 2 cucchiaini da caffè di droga in una tazza d’acqua fredda; portare rapidamente a ebollizione. A seconda dell’effetto desiderato (aperitivo o digestivo) la tisana sarà bevuta prima o dopo i pasti. Infuso: 2 g in 100 ml di acqua; tenere in infusione 30 minuti. bere una tazza prima dei pasti (come eupeptico) o dopo i pasti (come digestivo e carminativo)6. Polvere: da 0.5 a 2 g per dose, un quarto d’ora prima dei pasti. Estratto fluido: 20-40 gtt pro dose, diluite in acqua, 2-3 volte al dì. Olio essenziale: da 1-3 gocce prima o dopo i pasti. Acorus calamus T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara a partire dal rizoma essiccato, privo di radici e resti foliari (titolo alcolico 65°). Formulario Tisana contro la dispepsia gastrica e la flatulenza (Ph. Helvetica VII) Calami rhizoma 15% Carvi fructus 30% Matricariae flos 25% 12

5 • Acorus Menthae piperitae folium Valerianae radix S/infuso al 3%; una tazza dopo i pasti

calamus

L.

20% 10%

Disappetenza-atonia gastrica Acorus c. T.M. Gentiana l. T.M. Inula h. T.M. ana parti in unico flacone S/35 gocce, da diluire in acqua e sorseggiare lentamente, mezz’ora prima dei pasti principali Tintura vinosa (Pedretti M.) Mettere 10 g di droga in 100 ml di vino. Macerare per 10 giorni. Un cucchiaino pro dose, 2-3 volte al dì prima dei pasti principali. Curiosità • Pianta originaria dell’Asia, A. calamus era conosciuta agli antichi come droga importata. Mattioli la ebbe in dono, nel 1557, dall’ambasciatore Busbck con piante raccolte in un lago in vicinanza di Nicomedia. Charles de l’Ecluse, botanico francese, ebbe alcune piante di Calamo per la stessa via e le coltivò a Vienna nel 1576: da qui la pianta si diffuse poi per l’Europa7. • I Tartari bevevano solamente acqua in cui avevano fatto macerare rizomi di Calamo aromatico (azione disinfettante). • Il rizoma e le foglie di A. calamus, frantumati, sono impiegati come insetticidi contro gli afidi, i parassiti del riso e gli acari; in fumigazioni, insieme all’artemisia, contro le zanzare8. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie..., op. cit., p. 682. 2 Van Hellemont J., 1986, Compendium de Phytothérapie, A.P.B., p. 7. 3 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie..., op. cit., p. 682. 4 Wichtl Max, Czygan Franz-Christian, 1993, Piante officinali per infusi e tisane, a cura di R. Della Loggia, Milano, OEMF, p. 116. 5 Bruneton, J., 2009, ibidem. 6 Pedretti Marzio, 1980, L’erborista moderno, Erboristeria Domani-Libri, Milano, p. 64. 7 Viola S., 1968, Piante Medicinali e velenose della flora italiana, Edizioni Artistiche Maestretti, Milano, p. 10. 8 Fèvre F., Métailié G., 2005, Dictionnaire Ricci des plantes de Chine; chinois-français, latin, anglais, Association Ricci, les Editions du Cerf, Paris.

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6 • Actaea

6

racemosa

L.

Actaea racemosa L. (= Cimicifuga racemosa L. Nutt.)

Nome comune: Cimicifuga racemosa; Erba delle donne Francese: Actée à grappes noires; Herbe aux punaises Inglese: Black cohosh; Black snakeroot; Rattleroot Tedesco: Trauben-Silberkerze Spagnolo: Cimicifuga Famiglia: Ranuncolaceae Parte utilizzata: Radice e rizoma Costituenti principali: – glicosidi triterpenici: acteina, 23-epi-26desossiacteina (ex-27-desossiacteina), cimicifugoside, cimigenoli-glicosidi ecc. – formononetina (isoflavoni: presenza non certa)1; furanocromoni (cimicifugina) – acidi caffeico e ferulico e loro esteri (acido fukinolico, cimicifugico e piscidico) – alcaloidi chinolizidinici (citosina e metilcitisina) in concentrazione assai scarsa e variabile – tannini, resine acidi fenolici (acidi isoferulico, fukinolico…) – zuccheri, acidi grassi (palmitico, oleico), sali minerali e oligoelementi Attività principali: azione estrogeno-modulante; azione spasmolitica; azione antireumatica Impiego terapeutico: climaterio e menopausa (turbe funzionali); sindrome premestruale, dismenorrea, amenorrea; dolore reumatico e mialgia

Utilizzo medico La Cimicifuga occupa un posto intermedio nel trattamento della menopausa e rappresenta un’alternativa al trattamento ormonale sostitutivo in caso di controindicazione o rifiuto di questo. La Commissione E del BfArM e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riconoscono l’efficacia della pianta per trattare i sintomi della menopausa. Il suo impiego risulta efficace per alleviare i sintomi neurovegetativi moderati/severi della menopausa e del climaterio (vampate di calore, sudorazione eccessiva, turbe dell’umore, insonnia) grazie a un’azione di regolazione ormonale. Studi clinici sperimentali hanno dimostrato, tramite la comparazione in doppio cieco versus placebo, una diminuzione assai netta delle turbe neurovegetative, psichiche e somatiche nelle donne trattate con la pianta e un effetto terapeutico significativamente superiore al placebo. È stata segnalata anche un’azione ipotensivante2. Revisioni sistematiche della letteratura hanno fornito, però, dati contrastanti circa la reale efficacia della pianta. Ciò può essere in parte dovuto a una mancanza di rigore nel condurre gli studi clinici e nella loro breve durata (meno di 6 mesi). L’interpretazione di questi studi, inoltre, è complicata dalle diverse posologie, dalla assenza di standardizzazione delle preparazioni utilizzate e pertanto le misure di outcome (end point, esito) risultano diversi3. 14

6 • Actaea

racemosa

L.

Non è ancora chiaro il meccanismo di azione di Actaea racemosa e le proprietà estrogeniche attribuite in passato alla pianta sono controverse. Recentemente alcuni studi in vivo e in vitro hanno segnalato una probabile attività estrogenica selettiva con effetto agonista a livello del sistema nervoso centrale e del tessuto osseo, antagonista a livello di endometrio, vagina e mammella, prospettando così per la Cimicifuga un’azione simile a quella esercitata dai modulatori selettivi dei recettori degli estrogeni (fito- SERM)4. Le turbe dell’umore, la secchezza vaginale e le manifestazioni concomitanti (prurito, dispareunia, infiammazione pelvica) legate alla caduta della concentrazione ematica di estrogeni, sono migliorate dall’azione della pianta. Sembra inoltre che gli estratti della pianta agiscano alleviando i sintomi neurovegetativi della menopausa e determinando un’azione favorevole sulle densità minerale ossea senza stimolare l’endometrio. Le donne che hanno raggiunto la menopausa in genere presentano bassi livelli di estrogeno ed elevati livelli di ormone luteinizzante (LH) e ormone follicolostimolante (FSH). Gli effetti endocrini degli estratti di Actaea racemosa, che presumibilmente vengono esercitati sull’ipofisi, lasciano inalterati (al contrario di quanto accade con gli estrogeni di sintesi) i livelli di ormone follicolostimolante (FSH) e prolattina e riducono invece i livelli sierici di ormone luteinizzante (LH)5. Per quanto riguarda le vampate di calore si sa che la loro comparsa in menopausa coincide con un episodio di secrezione pulsatile di LH. Questa stretta relazione con l’ormone ipofisario e l’azione elettiva su di esso potrebbero spiegare l’efficacia di tale droga in questo ambito. Senza rimettere in causa il senso e il valore di una terapeutica ormonale, la fitoterapia può rappresentare nella pratica medica un’alternativa attiva, valida e/o complementare in questo tipo di problematica. Oltre che nei disturbi della menopausa la pianta può essere prescritta nel trattamento delle turbe legate a un’insufficienza ovarica, dopo ovariectomia o isterectomia, anche a supporto della terapia farmacologica, e nelle turbe premestruali e/o dismenorrea (Commissione E del BfArM, 1989). Cimicifuga può essere associata a piante progesterone-like: Alchemilla, Verbena, Salsapariglia ecc., e a piante ad azione sedativa: Biancospino, Passiflora, Valeriana, Camomilla ecc. La pianta trova impiego anche nel trattamento di nevralgie, reumatismi e artrosi6 e nel ronzio delle orecchie di origine nervosa (acufeni). Gli estratti di Cimicifuga racemosa esercitano, infatti, un effetto calmante a livello del sistema nervoso neurovegetativo. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala ai dosaggi terapeutici effetti secondari tossici. In soggetti sensibili e per dosaggi elevati è possibile la comparsa di disturbi gastrici, mal di testa, vertigini. Come per tutte le piante ricche in saponine (glicosidi triterpenici) l’uso orale può provocare irritazione della mucosa gastrica e reflusso. Si consiglia di limitare l’assunzione a non più di sei mesi (Commissione E del BfArM). Sebbene fosse stato sollevato un alert da parte della Agenzia Europea per i Farmaci (EMEA) sulla potenziale tossicità dei prodotti a base di Cimicifuga racemosa, la revisione di alcune casistiche ne ha confermato la relativa sicurezza, purché la pianta venga utilizzata nell’ambito di un controllo medico. Studi di mutagenesi e carcinogenesi sono risultati negativi. Sono segnalate possibili interferenze con terapie ormonali (estrogeni); in letteratura viene peraltro segnalato che la pianta sembra non stimolare le cellule cancerose che esprimono i recettori degli estrogeni: ricerche effettuate in vivo confermerebbero tali dati7. «La mancanza di un effetto stimolante la 15

6 • Actaea

racemosa

L.

produzione di tumori mammari induce a considerare gli estratti di Cimicifuga sicuri per il trattamento dei sintomi della menopausa in donne con precedenti di tumore mammario o per le quali la terapia ormonale sostitutiva è controindicata»8. Tali dati sono stati confermati da review successive che hanno portato alla conclusione che l’assunzione di Cimicifuga racemosa non presenta pericolo per le donne che hanno avuto un tumore al seno 9. Tuttavia, l’aggiornamento ininterrotto dei dati scientifici legati a una ricerca in continua evoluzione, che può confermare o addirittura sconfessare quanto asserito fino a quel momento, rende, in tali situazioni, l’impiego della pianta una scelta da attuare con estrema cautela e, comunque, la decisione deve essere operata esclusivamente dal medico. Si consiglia di non utilizzare in gravidanza e durante l’allattamento. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (ESCOP): estratti isopropanolici (40% V/V) o etanolici (4060% V/V) corrispondenti a 40-140 mg di droga; preparati equivalenti. Posologia consigliata: 40 mg/die di estratto titolato al 2,5% in triterpeni glicosidici o in 26-deossiacteina. Actaea racemosa T.M.: 20 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica La droga è costituita dai rizomi e radici essiccati di C. racemosa (L.) Nutt. La 23-epi-26-desossiacteina (ex-27-desossiacteina) viene impiegata come indice di riferimento per la standardizzazione in glicosidi triterpenici. Bruneton (2009) segnala che il cimigenolo-3-O-arabinoside e la cimifugina potrebbero essere impiegati come marker per distinguere, in cromatografia liquida, la A. racemosa da altre specie del genere Actaea. La Tintura Madre (T.M.) si prepara a partire dagli organi sotterranei essiccati della pianta (titolo alcolico 65°). Formulario Menopausa (con eretismo cardiaco) Actaea r. T.M. Humulus l. T.M. Crataegus o. T.M. ana parti in unico flacone S/30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno Sovrappeso e menopausa Actaea r. T.M. Fraxinus e. T.M. Hieracium p. T.M. ana parti in unico flacone S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno Caldane notturne Actaea r. T.M. Valeriana o. T.M. Salvia o. T.M. ana parti in unico flacone S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno 16

6 • Actaea

racemosa

L.

Curiosità • Si riteneva l’Actaea racemosa L. utile per allontanare le cimici grazie al suo forte odore (herbe aux punaises); un tempo serviva contro i morsi dei serpenti (Schlangenwurzel, Snakeroot). • Benché la pianta fosse utilizzata dalle popolazioni locali (Canada-Stati Uniti) nel trattamento delle forme reumatiche, nelle turbe mestruali e per accelerare il parto, venne descritta per la prima volta, dal punto di vista terapeutico, alla fine del XVII secolo da un medico, Colden; tale segnalazione le valse l’iscrizione nella Materia medica di Linneo sotto il nome di Actaea racemis longissima. Conobbe un periodo di vivo interesse, ma come spesso accade tali e tante furono le proprietà attribuite alla pianta che, nonostante fosse entrata nella Farmacopea britannica nel 1914, cadde in disuso. Una notazione comune attrasse, in seguito, l’attenzione degli studiosi: la droga agiva meglio e con costanza nella donna piuttosto che nell’uomo. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 913. 2 American Herbal Pharmacopoeia and Therapeutic Compendium, 2002, Santa Cruz, CA. American Herbal Pharmacopoeia, 1-38. 3 Palacio C. et al., 2009, Black cohosh for the management of menopausal symptoms: a systematic review of clinical trials. Drugs Aging. 26(1):23-36. 4 81° Congresso nazionale SIGO - Bologna, 2005, Atti della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, Vol. LXXXI, Raffaello Alfonso et al., Alternative all’HRTper i sintomi menopausali. http://www.sigo.it/ 5 Schulz V., Hansel R., Tyler V.E., 2003, Fitoterapia razionale. Scienza e piante medicinali, Ed. Mattioli, Fidenza, p. 259. 6 Van Hellemont J., op. cit., p. 8. 7 Freudenstein J. et al., 2002, Lack of promotion of estrogen-dependent mammary tumors in vivo by an isopropanolic Cimicifuga racemosa extract, Cancer Res. 62, 3448-3452. 8 AA.VV., 2002, Piante Medicinali 1, 4, 203. 9 Walji R, Boon H. et al., 2007, Support Care Cancer. 15(8):913-21. Review.

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7 • Adiantum

7

capillus veneris

L.

Adiantum capillus veneris L.

Nome comune: Capelvenere Francese: Capillaire Inglese: Common maidenhair Tedesco: Frauenhaarfarn Spagnolo: Culantrillo de pozo Famiglia: Adiantaceae Parte utilizzata: la pianta Costituenti principali: mucillagini, tannini, p. amari (capillarina), e olio essenziale (tracce) Attività principali: emolliente, decongestionante, espettorante; astringente Impiego terapeutico: affezioni bronchiali

Utilizzo medico Pianta erbacea comune da noi e in tutta l’Europa meridionale. Gode fama di blando espettorante ed emolliente utile come coadiuvante nella terapia delle sindromi da raffreddamento e nelle affezioni bronchiali. L’infuso rappresenta una gradevole bevanda invernale la cui regolare assunzione può essere consigliata nei soggetti che vanno incontro con facilità a tali manifestazioni. La pianta viene utilizzata principalmente per la preparazione di sciroppi, quale edulcorante, in quanto sarebbe «un bechico addolcente assai insignificante»1. Da alcuni autori viene consigliata come regolatore mestruale e normalizzante della funzionalità epatica2. Le foglie risultano blandamente diuretiche3. Rientra nella composizione del famoso Elixir di Garus, a base di Mirra, Zafferano, Aloe, Garofano, Noce moscata e sciroppo di Capelvenere. Questo rimedio, che si rifaceva a una formulazione di Paracelso (XVI sec.), era impiegato in tutte le malattie contagiose, le febbri maligne, contro la peste, la dissenteria ecc. Uso esterno La pianta è conosciuta per l’azione astringente (tannini) che la renderebbe utile nella prevenzione della caduta dei capelli e come antiforfora (decotto: frizioni a effetto antiforfora). Rientra pertanto nella preparazione di preparati destinati al trattamento del cuoio capelluto. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1,5 g di droga per tazza d’acqua bollente. Bere più tazze al giorno. Decotto (uso esterno): 5-10%. Adiantum c.v. T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì.

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7 • Adiantum

capillus veneris

L.

Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara a partire dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Sciroppo Adiantum c. v. 100 g Acqua distillata 1550 g Zucchero bianco q. b. Versare l’acqua bollente sulla pianta, lasciare infondere sei ore in un recipiente chiuso; filtrare con pressione, lasciare riposare, decantare. Aggiungere lo zucchero nella proporzione di 180 per 100 di infuso. Portare per qualche minuto a ebollizione e filtrare. Sciroppo espettorante di capelvenere composto (Riva E.) Estratto fluido di capelvenere 20 g Estratto fluido di liquirizia 10 g Estratto fluido di altea radice 10 g Sciroppo semplice F.U. 60 g S/3 cucchiai al dì, lontano dai pasti Sciroppo (Leclerc H.) Estratto fluido Adiantum c.v. Sciroppo semplice S/a cucchiai più volte al dì

25 g 975 g

Curiosità • Il nome deriva dal greco adiantos = non bagnato, in quanto l’acqua non aderisce alla superficie delle foglie: le foglie immerse nell’acqua restano asciutte. • Olivier de Serres (1539-1619), considerato il padre dell’agronomia francese, nel suo celebre testo di agricoltura e di economia rurale, Le théâtre d’agriculture et mesnage des champs (1600), così annotava a proposito della pianta: «Il capelvenere rompe la pietra e la renella, fa urinare, frena il flusso di sangue che cola dal naso, guarisce la tigna e anche quelli che hanno l’itterizia». Note bibliografiche 1 Leclerc Henri, 1935, Précis de phytothérapie, Essais de thérapeutique par les plantes francaises, Masson, Paris, 1976. 2 Proserpio G., op. cit., p. 418. 3 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., 1961, Ressources Médicinales de la Flore Française, Vigot Frères, Paris, p. 99.

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8 • Adonis

8

vernalis

L.

Adonis vernalis L.

Nome comune: Adonide Francese: Adonis de printemps Inglese: Yellow pheasant’s eye Tedesco: Frühlings-Adonisröschen Spagnolo: Adonis vernal Famiglia: Ranuncolaceae Parte utilizzata: parte aerea Costituenti principali: – cardenolidi (0,2-0,5%): adonitossina, cimarina (idrolizzabile in K-strofantidina e D-cimarosio)… – flavonoidi; colina, fitosterolo, resina (3,37%) Attività principali: cardiotonica Impiego terapeutico: terapia interdigitalica

Utilizzo medico Adonis vernalis L. è un cardiocinetico che agisce con azione inotropa positiva simildigitalica. È, comunque, meno attiva della digitale e non dà luogo a fenomeni di accumulo. Non aumenta la pressione arteriosa. La sua somministrazione risulta utile nell’ateromatosi e nei sintomi connessi alla vecchiaia (lieve riduzione della funzionalità cardiaca soprattutto se accompagnata da sintomi nervosi (Commissione E del BfArM) nonché nell’ipertensione arteriosa. L’Adonide possiede proprietà sedative centrali che la rendono utile nella tachicardia e nelle extrasistoli di origine nervosa. La pianta si somministra durante i periodi intervallati nei trattamenti con la Digitale oppure viene associata, anche se raramente, alla Digitale per ottenere da questa un’azione diuretica più intensa1. Le blande proprietà diuretiche dell’Adonide si esplicano grazie alla regolarizzazione della funzionalità cardiaca e renale, nonché per la presenza dei flavoni. Ai flavonoidi può essere attribuita anche l’azione coronaro-dilatatrice. Esiste una sinergia d’azione tra l’Adonide, la Digitale, lo Strofanto, il Mughetto e il Biancospino. È stato segnalato che la pianta è capace di antagonizzare l’azione di alcuni convulsivanti ad azione centrale (cocaina e picrotossina) e di comportarsi da coadiuvante nei confronti dei bromuri nel trattamento dell’epilessia2. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La prescrizione deve essere esclusivamente medica. In caso di sovradosaggio possono comparire turbe gastrointestinali (nausea, vomito, diarrea) e aritmie. Si consiglia di non utilizzare durante una terapia digitalica e in presenza di carenza di potassio. La contemporanea assunzione di glucorticoidi, chinidina, calcio, lassativi può determinarne un incremento dell’attività e della tossicità di questi farmaci. Forme farmaceutiche e posologia Avvertenza: prescrizione esclusivamente medica! Infuso: 4 g per 150 ml di acqua bollente. Assumere nelle 24 ore. 20

8 • Adonis

vernalis

L.

Macerato: 1,5 g di droga contusa in un bicchiere di acqua fredda. Dopo otto ore di macerazione, filtrare e bere durante il giorno (più efficace delle preparazioni a caldo). Polvere standardizzata: posologia media giornaliera consigliata 0,6 g: «La massima dose singola non deve superare 1 g, mentre la massima dose giornaliera è di 3 g»3. Adonis vernalis T.M.: 10 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al giorno. Note di galenica Le preparazioni a base di piante fresche sono più attive rispetto a quelle con piante secche. L’instabilità dei glicosidi, però, rende necessario l’impiego di preparati stabilizzati. La Tintura Madre (T.M.) si prepara a partire dalla pianta intera fresca oppure dalla pianta intera essiccata (titolo 45°). Curiosità • La pianta prende il nome da Adone, giovane di singolare bellezza: ucciso da un cinghiale, fu trasformato da Venere, che lo amava, in un fiore rosso (Adonis flammeus). Note bibliografiche 1 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., pp. 16-18. 2 Ibidem. 3 Capasso F., Grandolini G., Izzo A.A., 2006, Fitoterapia, Springer, Milano, p. 382.

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9 • Aesculus

9

hippocastanum

L.

Aesculus hippocastanum L.

Nome comune: Ippocastano Francese: Marronier d’Inde Inglese: Horsechestnut Tedesco: Gewöhnliche Rosskastanie Spagnolo: Castaño de Indias Famiglia: Hippocastanaceae Parte utilizzata: seme Costituenti principali: – saponine triterpeniche (fino al 10%) collettivamente chiamate escina (complesso di glicosidi triterpenici) – composti flavonici* (glicosidi della quercetina e del campferolo) * I flavonoidi, abbondanti, danno ai cotiledoni il loro colore giallastro – proantocianidoli (tegumento del seme) – cumarine: esculetina (corteccia dell’albero: 2-3%) – amido (40-50%); acidi grassi insaturi Attività principali: antiedemigena, flebotonica; antinfiammatoria, astringente e decongestionante Impiego terapeutico: insufficienza veno-linfatica; fragilità capillare; emorroidi; edemi postoperatori; proctite; cellulite Uso esterno: emorroidi, varici, contusioni, mialgie, cellulite, nevralgie…

Utilizzo medico Le preparazioni a base di Ippocastano e di escina (principio attivo) vengono da tempo utilizzate nella terapeutica delle patologie vascolari con ottimi risultati e numerosi sono ormai gli studi che confermano l’azione antiflogistica, antiedemigena e vitamino-P-simile (diminuzione della permeabilità e della fragilità capillare): l’Ippocastano attiva infatti la circolazione sanguigna e favorisce il ritorno venoso. Commissione E del BfArM, ESCOP e Organizzazione mondiale della Sanità ne riconoscono l’efficacia per alleviare i sintomi legati all’insufficienza venosa a carico degli arti inferiori: dolore, sensazione di pesantezza, gonfiore, prurito, crampi muscolari notturni al polpaccio ecc. L’escina (saponine totali), oltre ad aumentare il tono venoso, è dotata di spiccata attività antinfiammatoria: agisce nella fase iniziale dell’infiammazione opponendosi alla formazione dell’edema (azione antiessudativa) e normalizza la permeabilità della parete vascolare che la flogosi ha aumentato. In più vi sarebbe un’azione surrenalo-dipendente. L’integrità anatomica funzionale del tessuto corticosurrenalico risulta necessaria perché l’escina possa manifestare la sua azione. Se tale funzionalità, infatti, risulta alterata, l’escina non dimostra alcuna attività. Due sono le ipotesi formulate: la prima prevede che l’escina abbia un’azione di stimolo diretta, o mediata dall’ipofisi per mezzo dell’ACTH, sulla corteccia surrenale in grado di determinare la liberazione di glucorticoidi responsabili dell’attività antiedemigena; la seconda ipotesi prevede che l’escina venga trasformata a livello corticosurrenalico in una nuova molecola dotata di intensa attività antinfiammatoria. Prove di labora22

9 • Aesculus

hippocastanum

L.

torio hanno segnalato che, se iniettata per via intraperitoneale nella cavia, aumenta la concentrazione plasmatica di ACTH e corticosterone per stimolazione ipofisaria. I risultati sono più netti se somministrata in profilassi. Sembra inoltre che l’escina aumenti la biogenesi della prostaglandina F2α1. Il tempo di latenza che intercorre tra la somministrazione dell’escina e la comparsa dell’effetto farmacologico è di circa 16 ore2. L’esculoside (glucoside cumarinico), altro componente del fitocomplesso, potente inibitore della lipossigenasi e ciclossigenasi, svolge attività antiflogistica e analgesica. Con la somministrazione giornaliera di Ippocastano è stata dimostrata una riduzione dell’attività della collagenasi, della jaluronidasi e degli enzimi responsabili della degradazione dei proteoglicani presenti nella parete venosa. Nei soggetti portatori di varici la concentrazione di tali enzimi (di origine lisosomiale) è assai aumentata: grazie alla somministrazione di preparati a base di ippocastano viene a essere così assicurata la coesione della parete vascolare. Numerose sono le metanalisi pubblicate negli ultimi anni che hanno confermato le indubbie proprietà flebotoniche e antiedemigene della pianta rispetto all’effetto placebo3. È consigliabile utilizzare gli estratti totali (contenenti escina) nella prevenzione delle malattie vascolari, nelle stasi venose, nel trattamento delle emorroidi e del prurito anale, degli spasmi vascolari e nella tromboflebite, situazioni nelle quali si otterrà un sicuro e pronto miglioramento. Tali preparati vengono, inoltre, utilizzati, con efficacia nella dismenorrea e nella congestione pelvica (prostatismo, affezioni uterine). Interessante spunto di ricerca rappresenta la segnalazione che l’escina avrebbe proprietà gastroprotettive4. Sono oggetto di studio anche le proprietà spasmolitiche e coronarodilatatrici attribuite all’Ippocastano5. Recentemente la proantocianidina A2, un dimero catechico isolato dalla corteccia, ha mostrato un effetto protettivo verso i danni da raggi UV, grazie alle marcate proprietà antiossidanti6. In Gemmoterapia si utilizzano le gemme che dimostrano di possedere un organotropismo specifico nei confronti dei vasi venosi. Risultano particolarmente indicate in caso di fragilità capillare, emorroidi, alterazioni a carico del sistema venoso periferico. Grazie all’azione venotonica e vasculoprotettiva, si verifica un aumento del tono venoso con diminuzione dei tempi di svuotamento venoso e conseguente riduzione della stasi. A livello della microcircolazione si verificano una normalizzazione della permeabilità e un aumento della resistenza capillare che, oltre a diminuire la fragilità dei capillari stessi, contribuiscono alle notevoli capacità vasoprotettive, antiessudative e antiedemi gene delle gemme di Ippocastano7. Aesculus hippocastanum M.G.1DH, a giudizio medico, può essere prescritto in gravidanza e allattamento. Uso esterno L’Ippocastano viene impiegato in preparati topici atti a trattare quadri di insufficienza venolinfatica (gambe pesanti crampi, parestesie ecc.) e fragilità capillare (ecchimosi, petecchie ecc.), nel trattamento di emorroidi e varici, nel trattamento delle mialgie, delle nevralgie, del reumatismo (attivazione della circolazione sanguigna) oltre che di contusioni, lividi e distorsioni. Grazie all’effetto sulla permeabilità capillare gli estratti totali e l’escina hanno trovato applicazione anche in cosmetica. L’attività microvasculocinetica rende, inoltre, i preparati della pianta utili nel trattamento della cellulite e della caduta dei capelli. Rientra, infatti, nella composizione di shampoo “fortificanti” del capello, di preparati per il trattamento della cellulite, di creme per pelli con couperose, di preparati per viso schiarenti, di detergenti intimi disarrossanti, di dentifrici (come lenitivo gengivale) ecc. 23

9 • Aesculus

hippocastanum

L.

Tossicità, interazioni ed effetti secondari La pianta generalmente è ben tollerata e solo in rari casi si possono manifestare prurito, nausea e disturbi gastrointestinali8. L’uso topico può dare luogo raramente a reazioni allergiche. Si consiglia di non applicare direttamente su ferite o ulcerazioni della pelle9. L’uso esterno di escina può avere un leggero effetto necrotizzante. L’escina presenta una tossicità cronica debole e manifesta attività emolitica solo in somministrazione intravenosa. L’uso di A. hippocastanum è controindicato in caso di allergia nota alle piante appartenenti alla famiglia delle Hippocastanaceae10, in caso d’insufficienza renale (presunta azione nefrotossica) e di epatopatia (danno epatico colestatico in seguito a elevate dosi di escina)11. Secondo alcuni autori12 per la presenza di saponine nel fitocomplesso, la somministrazione di preparati titolati di Ippocastano potrebbe essere causa di reflusso, o aggravarlo, e la loro prescrizione potrebbe risultare inappropriata anche in caso di celiachia, malassorbimento dei grassi e irritazione gastrica. L’EMEA avverte che sono stati riportati casi di disturbi gastrointestinali, mal di testa, vertigini, prurito e reazioni allergiche la cui frequenza però non è conosciuta. Si consiglia vigilanza in caso di assunzione contemporanea di farmaci anticoagulanti e antiaggreganti piastrinici: estratti della pianta, per la presenza di composti cumarinici in teoria potrebbero potenzialmente interagire con anticoagulanti, antiaggreganti piastrinici o agenti trombolitici13. Durante l’ultima guerra venne proposto, a scopo alimentare, il consumo della castagna d’India, ma la presenza dei saponosidi (esculina in particolare) provocò casi di avvelenamento anche gravi. La sintomatologia è soprattutto digestiva (vomito, dolori addominali, diarrea). Il pericarpo “succhiato” dai bambini è responsabile di turbe gastrointestinali con nausea e coliche. In questi casi sono segnalati anche sintomi nervosi con fase di delirio alternate a fasi di sonnolenza, midriasi e congestione del viso. Gravidanza e allattamento: prescrizione solo medica e per uso limitato14. Non determina nella donna aumento di frequenza di malformazioni o di altri effetti dannosi nel feto per un uso limitato15. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dai semi essiccati contenenti non meno del 3% di glicosidi triterpenici calcolati come escina anidra. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 100 mg espressi in escina oppure 250 mg-312,5 mg di estratto titolato al 16%-20% in escina16; 50-150 mg di glicosidi triterpenici calcolati come escina (ESCOP). Estratto secco titolato contenente 16%-28% di glicosidi triterpenici calcolati in escina: assumere 240 mg-290 mg di estratto (50 mg di escina), 2 volte al giorno per almeno 4 settimane17. Aesculus hippocastanum T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Aesculus hippocastanum M.G.1DH: 50 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì. Decotto (uso esterno): 6 g di droga contusa in 100 ml di acqua bollente. Gel per uso topico: 1% di escina. Pomata al 10-20% (T.M./E.F.).

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9 • Aesculus

hippocastanum

L.

Note di galenica La Tintura Madre è preparata dal seme con il tegumento (titolo alcolico 65°); esiste anche la preparazione ottenuta dalle infiorescenze fresche (titolo 55°). Formulario Varici-Emorroidi Aesculus h. E.S. 150 mg Ruscus a. E.S. 100 mg S/1 cps, assunta con acqua, 1-3 volte al dì oppure Aesculus h. T.M. 60 ml Ruscus a. T.M. 40 ml S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Flebite (coadiuvante) Aesculus h. T.M. Harpagophytum p. T.M. Erigeron c. T.M. ana parti in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Decongestionante pelvico Aesculus h. T.M. 40 ml Hieracium p. T.M. 20 ml S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì oppure: Aesculus h. T.M. 40 ml Harpagophytum p. T.M. 40 ml Ruscus a. T.M. 20 ml S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Aumento tono venoso Aesculus h. T.M. 40 ml Vitis v. T.M. 20 ml Vaccinium m. T.M. 40 ml S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Unguento per emorroidi (Botteri P.) Menta O.E. Novocaina Ippocastano E.F. Unguento semplice F.U. q. b. a

1g 2g 5 ml 100 g

Affezioni tendinee Aesculus h. T.M. Harpagophytum p. T.M. ana parti in unico flacone S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì (eventualmente assumere: Ribes nigrum M.G.1DH, 50 gocce la mattina)

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9 • Aesculus

hippocastanum

L.

Varici (prevenzione) Aesculus h. T.M. 40 ml Melilotus o. T.M. 20 ml Hamamelis v. T.M. 40 ml S/30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Cellulite Estratto glicolico Hedera h. Estratto glicolico Ruscus a. Estratto glicolico Aesculus h. Eccipiente q. b. a (uso topico) oppure: Estratto glicolico Hedera h. Estratto glicolico Equisetum a. Estratto glicolico Aesculus h. Eccipiente q. b. a (uso topico) Insufficienza venosa (uso topico) Estratto glicolico Hamamelis v. Estratto glicolico Ruscus a. Estratto glicolico Aesculus h. Estratto glicolico Vitis v. Eccipiente q. b. a

15 g 15 g 15 g 100 g 20 g 10 g 20 g 100 g

10 g 15 g 15 g 10 g 100 g

Mialgie-nevralgie- reumatismi Aesculus h. T.M. (pomata 20%) (uso topico) Curiosità • Il nome Hippocastanum deriva dal greco “castagna del cavallo” perché i suoi frutti erano considerati medicamentosi per la tosse dei cavalli. L’Ippocastano venne importato in Europa dalla Persia nel XVI secolo dai Turchi. • «Jobert ottiene tutti i giorni, nell’ospedale Saint-Louis, i migliori risultati con l’uso della tintura alcolica nelle donne affette da gastralgia atonica. Questo medicamento sembra agire sul sistema nervoso in virtù di un olio volatile associato al principio amaro» (Cazin F.J., 1876). • La medicina popolare utilizzava la corteccia della pianta come febbrifugo e astringente, i fiori come tonici e astringenti, le foglie come bechiche (contro la tosse). Note bibliografiche 1 Raynaud J., Prescription et conseil en phytothérapie, op. cit., p. 145 2 Pedretti M., 1986, Erb. Domani, 7-8, 48. 3 Pittler MH, Ernst E., 2006, Horse chestnut seed extract for chronic venous insufficiency. Cochrane Database Syst Rev. 25;(1):CD003230. Review. 4 Marhuenda E. et al., 1994, Antisecretory and gastroprotective effects of aescine in rats, Gen. Pharmacol. 25(6), 1213-1219.

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9 • Aesculus

hippocastanum

L.

Rombi M., 1991, 100 Plantes Médicinales, Editions Romart, Nice, p. 169. Bombardelli E. et al., 1996, Fitoterapia, 67, 483-511. 7 Campanini E., 2005, Manuale pratico di gemmoterapia,Tecniche Nuove, Milano, p. 40. 8 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie, op. cit., p. 836. 9 Mills S., Bone K., op. cit., p. 471. 10 AA.VV., 2002, OMS: monografie di piante medicinali, voll. I-II, Siena, Società Italiana di Fitoterapia, vol. II, p. 144. 11 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 556. 12 Mills S., Bone K., 2005, The Essential Guide to Herbal Safety, Elsevier-Churchill Livingstone, p. 471. 13 http://www.farmacovigilanza.org/ 14 Mills S., Bone K., ibidem; http://www.ema.europa.eu/ 15 Ibidem. 16 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie, op. cit., p. 837. 17 Bruneton J., 2009, ibidem; http://www.ema.europa.eu/ 5 6

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10 • Agathosma

10

betulina

(Bergius) Pill.

Agathosma betulina (Bergius) Pill. = Barosma Betulina (Berg.) Bartl&Wendl)

Nome comune: Bucco Francese: Buchu Inglese: Buchu Tedesco: Buchu Spagnolo: Buchu Famiglia: Rutaceae Parte utilizzata: foglie Costituenti principali: – flavonoidi: diosmina, esperidoside…; mucillagine – olio essenziale (valore minimo: 1,3%): diosfenolo (componente maggioritario), limonene, mentone, isomentone, pulegone, terpinene-4-olo, p-mentan-3-on-8-tiolo (componente aromatico). A temperatura ambiente il diosfenolo precipita in forma cristallina chiamata canfora di bucco Attività principali: diuretiche e antisettiche urinarie Impiego terapeutico: flogosi e infezioni dei reni e delle vie urinarie

Utilizzo medico Nella Farmacopea francese (10ª edizione) alla voce Buchu sono citate le foglie di diverse Agathosma (= Barosma): viene specificato infatti che le specie utilizzate sono: Agathosma betulina (Bergius) Pill (Buchu corto o rotondo), Agathosma crenulata (L.) Pill. (Buchu ovale) e Agathosma serratifolia (Curt.) Spreeth (Buchu lungo). Per lo più in commercio si trovano miscele di queste specie officinali1. Si tratta di piante originarie dell’Africa del sud (altitudini regione del Capo). Le foglie di Bucco sono utilizzate per le proprietà diuretiche e antisettiche urinarie, simili a quelle dell’Uva ursina. Il potere antisettico è dovuto alla liberazione di derivati fenolici (l’olio essenziale è ricco in diosfenolo), mentre l’azione diuretica è da attribuire sia ai flavonoidi (diosmide, esperidoside) che al terpinene-4-olo presente nell’olio essenziale. Preparati a base di Bucco possono essere impiegati nelle affezioni della prostata, nella cistite e nelle flogosi lievi delle vie urinarie sotto forma d’infuso, di tintura e di estratto fluido. Mancano comunque studi clinici a sostegno di tali indicazioni. Segnalata anche un’azione antisettica a livello bronchiale e proprietà sudorifere. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non evidenzia effetti secondari tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. L’estratto della monografia della Commissione E del BfArM segnala, tuttavia, che la presenza di diosfenolo e pulegone può determinare fenomeni irritativi. Il pulegone inoltre è considerato epatotossico2. L’uso è controindicato in gravidanza, allattamento (British Herbal Compendium) e in pediatria. 28

10 • Agathosma

betulina

(Bergius) Pill.

Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1 g per tazza d’acqua; più tazze al giorno. Polvere: 50-150 mg per cps, in associazione. Buchu T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica L’olio essenziale di Bucco è un aromatizzante autorizzato che conferisce agli alimenti un aroma fruttato simile a quello del Ribes nigrum. La Tintura Madre è preparata dalle foglie essiccate (titolo 65°). Formulario Cistite Bucco fol. Uva ursina fol. ana ad 50 g S/2 cucchiaini da caffè per tazza d’acqua fredda; lasciare per mezz’ora, quindi fare bollire per 3 minuti. oppure: Agathosma b. T.M. Equisetum a. T.M. Solidago v.a. T.M. ana parti in unico flacone S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Curiosità • L’olio essenziale viene occasionalmente usato in profumeria in alcuni tipi di colonia e in basi per ciprie per impartire alle composizioni una nota particolarmente fresca3. Note bibliografiche 1 Bruneton J., Pharmacognosie…, op. cit., 2009, p. 670. 2 Capasso F. et al., op. cit, 2006, p. 491. 3 Fenaroli G., 1963, Sostanze aromatiche naturali, Hoepli, Milano, p. 418.

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11 • Agrimonia

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eupatoria

L.

Agrimonia eupatoria L.

Nome comune: Agrimonia Francese: Aigremoine Inglese: Agrimony Tedesco: Odermennige Spagnolo: Agrimonia Famiglia: Rosaceae Parte utilizzata: sommità fiorite, foglie Costituenti principali: – acido ursolico e altri triterpeni minori (1,5% nelle foglie) – tannini catechici (fino a 5%); flavonoidi (quercetina, kaempferolo, luteolina, apigenina) – fitosteroli; olio essenziale – acido salicico (sino al 12%), citrico, malico, nicotinico, acido ascorbico, vitamine K e B1 Attività principali: – antinfiammatoria, analgesica, astringente; antiallergica – ipoglicemizzante; coleretica e colagoga – decongestionante, antisettica e cicatrizzante (uso topico) Impiego terapeutico: – gastroenteriti, infiammazioni intestinali, diarrea acuta lieve; faringiti, stomatiti – stati allergici (congiuntiviti, orticaria, dermopatie pruriginose ecc.) – dermopatie (azione antipruriginosa); congiuntiviti

Utilizzo medico La medicina popolare attribuisce alla pianta svariate attività terapeutiche di cui la più conosciuta è una moderata azione coleretica e colagoga, quella meno nota è l’azione ipoglicemizzante. Per uso interno la pianta veniva utilizzata come antispastico, sedativo nervoso e depurativo in senso lato e, anche per applicazioni topiche, come decongestionante, risolvente e sedativo in processi flogistici a carico della congiuntiva, dell’orofaringe (faringotonsilliti e stomatiti), nelle forme nevralgiche, nelle fibrositi, nelle artriti e nelle periartriti. L’Agrimonia, inoltre, mostra azione sedativa nelle gastralgie sostenute da gastrite o da ulcera gastroduodenale. L’utilizzo nelle colecistopatie, considerando i componenti noti, non troverebbe una giustificazione valida dal punto di vista scientifico anche se esiste una lunga tradizione in questo senso, basti pensare al nome tedesco della pianta Leberkraut1. Attualmente l’Agrimonia è consigliata dalla Commissione E del BfArM per il trattamento non specifico della diarrea acuta lieve2. La pianta presenterebbe, inoltre, un’interessante attività antiallergica per cui il suo uso sarebbe auspicabile non solo nelle forme orticarioidi ma anche nelle patologie che vedono alla loro base una condizione allergica o disreattiva, come le colecistopatie, le cefalee ed emicranie, alcune forme di insonnia ecc. Mediante aerosol è utile sia nelle riniti che nell’asma bronchiale3. Per le proprietà astringenti, infine, è stata 30

11 • Agrimonia

eupatoria

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segnalata come coadiuvante nell’enuresi. Studi in vitro hanno evidenziato proprietà antiossidanti; l’estratto acquoso manifesta in vitro un’attività antivirale (epatite B)4. Uso esterno La presenza di triterpeni, tannini, flavonoidi ecc. ne giustifica l’impiego come antinfiammatorio, antisettico, analgesico e cicatrizzante. Viene pertanto impiegata in gargarismi, collutori, colliri (congiuntivite allergica), impacchi, lavande “per alleviare le irritazioni della bocca e della gola, congiuntive, orticarie, varici”5. In virtù delle proprietà lenitive e rinfrescanti il suo utilizzo può essere esteso nel trattamento di svariate dermopatie nelle quali manifesta anche una interessante azione antipruriginosa in virtù delle proprietà decongestionanti e disarrossanti. I preparati a base di agrimonia possono essere quindi utili nel trattamento della cute delicata e sensibile dei bambini e per le proprietà antiseborroiche (tannini) nel trattamento di pelle e capelli grassi. Nota storica: «Nello studio delle piante medicinali bisogna andare molto cauti prima di accogliere come vere tutte le virtù che vengono loro attribuite, senza che siano state confermate prima da rigorose prove farmacologiche e cliniche. Ecco perché il connubio tra la Farmacologia e la Clinica è indispensabile in questo genere di studi […]»6. Si colloca in questa ottica la documentazione che segue a proposito dell’Agrimonia. Ricavata da uno studio inedito elaborato da un medico, il dottor Leonardo Santini, tale lavoro offre, a mio avviso, una base “seria” per continuare la ricerca. L’efficacia dell’Agrimonia, quale moderatrice dei processi infiammatori, segnalata nel passato dal medico francese Henry Leclerc, è stata oggetto di studio da parte del dottor Santini (1955), il quale, tramite esperienze farmacologiche e cliniche che non sono mai state pubblicate, ne attestò la validità. Santini, così come fece per l’Elicriso, partì dall’osservazione che l’Agrimonia veniva usata in alcune regioni italiane in modo empirico ma con buoni risultati. La pianta era utilizzata, infatti, per applicazioni topiche come decongestionante, risolvente e sedativo in processi flogistici della congiuntiva, dell’orofaringe, oltre che in svariate dermopatie nelle quali manifestava anche un’azione antipruriginosa. Per uso interno veniva utilizzata come antispastico, sedativo nervoso e depurativo in senso lato. Volle pertanto verificare la validità effettiva di tali indicazioni: iniziò il suo lavoro saggiando su animali da laboratorio l’eventuale tossicità e arrivò alla conclusione che la pianta era completamente atossica anche con iperdosaggi prolungati nel tempo. Per le prove cliniche utilizzò estratti acquosi dializzati (rapporto con la droga era di 1:1). In seguito a instillazioni nel sacco congiuntivale, effettuate anche più volte al giorno, osservò nel trattamento di congiuntiviti a eziologia varia, una lieve vasocostrizione, diminuzione della secrezione e maggiore lucentezza della cornea, scomparsa della fotofobia, del prurito (senso di sabbia) e del dolore. Il miglioramento si manifestava già dopo 3-4 minuti dall’instillazione. Molti pazienti gli riferirono di aver tratto maggior vantaggio rispetto all’impiego di colliri al cortisone. Utilizzò quindi il dializzato per aerosol, o anche per semplici vaporizzazioni, nelle rinopatie allergiche vasomotorie, nell’asma bronchiale di natura allergica e nella bronchite asmatica, ottenendo, anche in questo caso, risultati positivi. Nei pazienti affetti da asma bronchiale, di provata natura allergica, «i dati spirometrici indicano che 2 cc di dializzato danno un aumento della capacità vitale variabile da 800 a 12000 cc di aria». Per queste forme e per le riniti di antica data, o che si accompagnavano a manifestazioni importanti, era opportuno, secondo Santini, associare la terapia per via interna. Alla notevole attività antiallergica della pianta attribuiva 31

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eupatoria

L.

l’azione favorevole non solo nelle forme orticarioidi ma anche nelle patologie che vedevano alla loro base una condizione allergica o disreattiva. Fra queste includeva le colecistopatie, le cefalee, le emicranie, alcune forme di insonnia ecc. In base ai risultati conseguiti ritenne che un analogo risultato potesse realizzarsi in campo dermatologico, come in effetti accadde. Usando, infatti, una pomata a eccipiente magro e impiegando l’estratto acquoso «concentrato, decantato e più volte filtrato», notò in svariate dermatosi un’evidente azione antipruriginosa e antisecretiva. Anche in questi casi associò, nelle forme più gravi, al trattamento topico quello per os. Estese, quindi, l’applicazione topica della pianta come analgesico, in virtù delle proprietà sedative, non solo nel trattamento delle faringotonsilliti e delle stomatiti ma anche nel trattamento delle forme nevralgiche, delle fibrositi, delle artriti e delle periartriti. In queste ultime patologie si avvalse dell’uso di iniezioni intradermiche in corrispondenza della zona cutanea di proiezione del dolore. Lo sciroppo di Agrimonia, invece, mostrò azione sedativa nelle gastralgie sostenute da gastrite o da ulcera gastro-duodenale. Studiando l’attività sedativa neuropsichica di un’altra pianta, l’Angelica archangelica L., notò che essa risultava notevolmente potenziata se associata all’Agrimonia. Santini riporta che in tutti i casi da lui trattati nessun paziente aveva accusato sintomi secondari sgradevoli ma, al contrario, i soggetti presentavano una buona tolleranza gastrica «senso di euforia, di invigorimento e miglioramento della cenestesi, al punto da poter definire il nuovo farmaco il realizzatore dell’omeostasi biologica». Concluse quindi il suo studio con queste parole: «Qualunque sia la modalità d’azione della droga l’attività antiallergica si è resa ben manifesta in tutti i casi trattati […] si potrebbe considerare la droga un farmaco antireazionale simile all’ACTH e dal cortisone e come questi 2 capace di modificare quadri clinici diversi aventi però in comune il substrato patogenetico pur variando l’etiologia». Risale invece al 1942 la segnalazione del dottor L. Ferrannini circa una presunta attività ipoglicemizzante della pianta. Scrive Ferrannini: «Le sue foglie raccolte preferibilmente prima della fioritura, dal giugno all’agosto, contengono un olio essenziale ad azione astringente. Se ne usa l’infuso al 2% e l’estratto fluido in dose di 2-3 cc al giorno»7. La particolarità della prescrizione è dovuta al fatto che l’autore usa la pianta per l’azione ipoglicemizzante. Nel suo articolo esamina, oltre all’Agrimonia, diversi vegetali: bulbo di Allium cepa, Lupinus albus, Galega officinalis, Vaccinium myrtillus, Eucaliptus globulus, Salvia officinalis, Morus nigra, Sorbus d. e una particolare preparazione, il Phasoeolanum liquidum (tè di fagioli). L’autore riferisce l’azione alla presenza di glucochinine, sostanze che, pur essendo ipoglicemizzanti, non agiscono con lo stesso meccanismo dell’insulina («e impropriamente sono dette insulinosimili»). In vivo, scrive, non presentano generalmente azione ipoglicemizzante in soggetti normali e «nel diabetico quasi mai arrivano a provocare una netta ipoglicemia […] la loro azione è dovuta forse a una stimolazione del chimismo cellulare come quella esercitata dalle vitamine con le quali taluni identificano le sostanze suddette […]». Il Ferrannini auspicò, data l’innocuità di tali sostanze, il loro utilizzo nelle forme lievi di diabete in quanto queste glucochinine hanno azione «assai più debole, meno pronta e soprattutto incostante» rispetto ai rimedi farmacologici8. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Possibile interazione con farmaci ipoglicemizzanti orali (vedi: Utilizzo medico). 32

11 • Agrimonia

eupatoria

L.

Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla sommità fiorite essiccate contenenti al minimo 2% di tannini espressi come pirogallolo. Forme farmaceutiche e posologia Posologia giornaliera media (ESCOP): 3-12 g di droga secca in infusione o preparazioni equivalenti; nel bambino: 1-4 anni:1-2 g; 4-10 anni: 2-3 g; 10-16 anni: 3-6 g. Infuso e decotto: 1,5 g per tazza. Agrimonia eupatoria T.M.: 50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Sovrappeso (e dermatosi) Agrimonia e. T.M. Taraxacum o. T.M. Arctium l. T.M. ana parti in unico flacone S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Decotto per gargarismi (Cagnola-Botticelli)9 Agrimonia pianta t.t. 40 g Rosa petali 30 g Altea radice decorticata 30 g S/Mettere a bollire una cucchiaio della miscela per tazza d’acqua. Dopo 15 minuti si filtra e si versa il liquido in un bicchiere. Con il decotto, tiepido o freddo, si fanno gargarismi 2 o 3 volte al giorno. Curiosità • L’etimologia è molto discussa: secondo molti autori Agrimonia sarebbe una corruzione di Argemone (riferito a una specie di papavero), pianta in grado di guarire le ulcere dell’occhio (in greco chiamate argema). G. Pitré segnala, a questo proposito, che il popolo siciliano chiamava con il termine agrimonia una forma di infiammazione delle palpebre per la cui cura venivano consigliati lavaggi con acqua e limone. Le proprietà oftalmiche della pianta sono riportate in vari erbari. • Eupatorium farebbe riferimento a Mitridate Eupatore (I-II sec. a.C.), re del Ponto, che per primo avrebbe introdotto l’uso terapeutico della pianta. Per altri Eupatorium sarebbe una corruzione latina del greco Epatorion, da Epatitis e da Epar (fegato): niente di più attendibile visto che l’uso principale della pianta era proprio nella cura delle malattie epatiche. Culpeper (1652) scriveva: «Il fegato è il formatore del sangue, e il sangue colui che nutre il corpo, e l’Agrimonia è quella che fortifica il fegato». • Santa Hildegarda (sec. X) reputava la pianta uno dei più grandi rimedi nelle malattie mentali: «Se un uomo perde l’intelligenza e la ragione, si cominci col tagliargli i capelli, dopo si faccia bollire l’Agrimonia nell’acqua e con quest’acqua gli si lavi la testa; un panno contenente la stessa erba gli sarà applicato sul cuore fino a che egli prova un deliquio, gliela si metterà allora sulla fronte e nelle tempie: l’intelligenza e la ragione saranno purificate e il malato sarà libero dalla sua follia». 33

11 • Agrimonia

eupatoria

L.

Note bibliografiche 1 Wichtl M., Czygan F.C., op. cit., p. 49. 2 Capasso F. et al., 2006, op. cit., p. 748. 3 Proserpio G. et al., op. cit., p. 421. 4 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 469. 5 Proserpio G., op. cit., p. 421. 6 Benigni R., Fitoterapia, annate varie (1935-1942). 7 Ferrannini L., 1942, La Medicina Internazionale, 6. 8 Campanini E., Argomenti di insegnamento al Corso di Perfezionamento in Fitoterapia, anni acc. 1991/1996, Facoltà di Farmacia, Università di Siena; Campanini E., 1985, Secondo Natura-Erbe, 6, 13-15; Medicina naturale 3 (1994). 9 Cagnola C., Botticelli A. M., 1998, La salute foglia per foglia, Milano, Mondadori.

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12 • Agropyron

12

repens

(L.) P. Beauv

Agropyron repens (L.) P. Beauv (= Elytrigia repens (L.) Desv. ex Nevski = Triticum repens L.)

Nome comune: Gramigna Francese: Chiendent Inglese: Couch grass Tedesco: Kriech-Quecken Spagnolo: Grama Famiglia: Poaceae Parte utilizzata: rizoma Costituenti principali: – olio essenziale (0,01%-0,05%): agropirene(95%): proprietà antibiotiche – triticina (7-8%); saponine; flavonoidi – inositolo (2-3%) e mannitolo (polialcoli) – mucillagine (11%) – minerali: acido silicico, sali di potassio e ferro Attività principali: diuretica, lenitiva e depurativa; emolliente Impiego terapeutico: cistiti e calcolosi renale; vescica irritabile; affezioni reumatiche

Utilizzo medico Pianta dotata di attività diuretica, emolliente e lenitiva delle vie urinarie, è da sempre impiegata nel trattamento degli stati infiammatori a carico dell’apparato genitourinario, gastrointestinale e nelle affezioni reumatiche. Secondo alcuni autori la sua azione sedativa risulterebbe particolarmente efficace nei casi di coliche renali e nelle cistiti (Leclerc). La presenza di zuccheri non riassorbibili potrebbe spiegare l’effetto diuretico della pianta, mentre l’azione antimicrobica è attribuita all’agropirene1. La monografia della Commissione E del BfArM afferma che la pianta può essere impiegata in caso di infiammazioni delle vie urinarie e nella prevenzione della litiasi. Per l’azione diuretica viene utilizzata anche come adiuvante nelle terapie dimagranti2. Alla gramigna sono state attribuite anche proprietà ipotensivanti. In passato sono stati condotti studi farmacologici e clinici che hanno rilevato un marcato aumento dell’energia sistolica e un abbassamento transitorio della pressione arteriosa (vasodilatazione) proporzionale alle dose somministrata. Nel cane si manifesta diminuzione della pressione arteriosa (P.A.) ma a livello dell’arteria renale la massa sanguigna circolante aumenta nell’unità di tempo: ciò spiegherebbe, in parte, l’azione diuretica, azione documentata dall’aumento dell’escrezione renale. Nell’uomo la somministrazione di estratto di Gramigna, per via intramuscolo e ipodermica, determina, nella maggior parte dei soggetti ipertesi, già dopo mezz’ora, una diminuzione della P.A. sistolica e diastolica: l’abbassamento della P.A. raggiunge il massimo dopo 1-2 ore e risulta più evidente nei soggetti nei quali non è possibile mettere in evidenza chiare alterazioni sclerotiche e nei casi di ipertensione essenziale. La pianta può, quindi, essere associata ad altre droghe ipotensivanti, quali Vischio, Biancospino, Olivo ecc.3. La medicina popolare riconosce alla pianta anche proprietà antidiscrasiche e depurative che ne rendono prezioso l’impiego nel trattamento di diverse affezioni reumatiche, epatiche e cutanee. Grazie alla mucillagine è impiegata, come lenitiva ed espet35

12 • Agropyron

repens

(L.) P. Beauv

torante, in affezioni delle vie respiratorie e nelle emorroidi. Rientra nella formulazione di bevande dissetanti utili negli stati febbrili, secchezza della bocca, diabete ecc. Uso esterno Il decotto viene applicato, sotto forma di compresse, in svariate affezioni cutanee per le proprietà antibiotiche e addolcenti. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Come per tutte le piante ad azione diuretica, prestare attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci diuretici (possibile sommazione d’effetto). Evitare l’uso in caso di edema periferico causato da insufficienza cardiaca o renale. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dal rizoma sbarazzato dalle radici avventizie, lavato ed essiccato, intero o frammentato, di Agropyron repens (L.) P. de Beauv. (Elymus repens [L.] Gould, Elytrigia repens [L.] Desv.ex Nevski). Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 6-9 g/die, in decozione. Decotto: 1 cucchiaino di droga per tazza di decotto, 10 minuti di ebollizione; più tazze al dì. Infuso: 3-5 g di droga per tazza d’acqua bollente, filtrare dopo 5-10 minuti. A. repens T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica Il sapore del decotto è assai amaro. Dopo un minuto di ebollizione si può buttare il liquido per sostituirlo con uno stesso quantitativo di acqua e riprendere l’ebollizione: si ottiene così un decotto meno amaro. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte sotterranea fresca della pianta (titolo 65°). Formulario Specie composta per tisana alla Gramigna F.U. Cistite Graminis rhizoma 22% Betulae folium 22% Solidaginis herba 22% Ononidis radix 22% Liquiritiae radix 12% S/infuso al 2%; 2-3 tazze al dì, lontano dai pasti Tisana (Leclerc) Fare bollire per un minuto 30 g della radice in mezzo bicchiere di acqua per ammorbidirla sufficientemente. Gettare quest’acqua dal sapore amaro e fare nuovamente bollire la Gramigna in un litro e un quarto di acqua, fino a riduzione a un litro. A fine ebollizione aggiungere 8 g di liquirizia. A piacere si può aggiungere una buccia di arancia o limone e addolcire con miele. 36

12 • Agropyron

repens

(L.) P. Beauv

Specie composta per tisana alla Gramigna F.U. (Renella) Graminis rhizoma 20% Betulae folium 20% Solidaginis herba 20% Ononidis radix 20% Liquiritiae radix 20% S/infuso al 3%; una tazza 3 volte al dì, lontano dai pasti Gocce depurative Agropyrum r. T.M. Fraxinus e. T.M. Cynara s. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, in abbondante acqua, 2-3 volte al dì Gocce di Gramigna composta (B. Brigo) (Ritenzione idrica con tendenza alla calcolosi urinaria) Agropyrum r. T.M. 1 flacone unico Cynara s. T.M. 1 flacone unico S/ana 20 gocce, in mezzo bicchiere di acqua, 3 volte al dì Gocce diuretiche Agropyrum r. T.M. Fraxinus e. T.M. Orthosiphon s. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, in abbondante acqua, 3 volte al dì Curiosità • Il termine Gramigna deriva da graminis = stelo d’erba, a sua volta derivante da gradior = camminare, allusione al vegetare dei rizomi. • Già Dioscoride e Plinio utilizzavano la Gramigna per facilitare la diuresi, dissolvere i calcoli e guarire le infiammazioni vescicali. • «Con la radice (rizoma) della gramigna si può preparare una ottima birra di gramigna, molto economica, rinfrescante, diuretica, piacevole, sanissima. […] Il prezzo di questa birra soavissima si aggira intorno a 5-6 centesimi per litro o poco più» (Antonelli, 1941). Note bibliografiche 1 Capasso F. et al., 2006, op. cit., p. 500. 2 Note explicative de l’Agence du médicament (1998). 3 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., p. 700.

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13 • Ajuga

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reptans

L.

Ajuga reptans L.

Nome comune: Bugula; Consolida mezzana Francese: Bugle rampante; Petite consoude Inglese: Bugle Tedesco: Kriechender Günsel Spagnolo: Búgula Famiglia: Lamiaceae Parte utilizzata: foglie Costituenti principali: – tannini (15%); diterpeni neo-clerodanici – saponine, olio essenziale, colina Attività principali: astringenti, antinfiammatorie; cicatrizzanti Impiego terapeutico: sconsigliato

Utilizzo medico Solo a carattere storico-informativo si riporta quanto segue: L’elevato contenuto in tannino giustificava l’impiego della pianta come antidiarroico, per le proprietà astringenti e antinfiammatorie. Veniva sovente associata alle foglie di Menta nelle miscele colagoghe e antidispeptiche1. Uso esterno La pianta ha goduto in passato fama di vulneraria: le foglie fresche venivano applicate sulle ulcere e contusioni e da ciò le è derivato il nome di piccola consolida e il suo inserimento nelle Specie vulnerarie2. Per le proprietà astringenti, antinfiammatorie e cicatrizzanti veniva a volte utilizzata in gargarismi, sotto forma di decotto, nei processi flogistici delle mucose orofaringee, come impacchi per le mucose infiammate o ulcerate3. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Poiché è stato segnalato che la pianta contiene, come i Teucrium (vedi), diterpeni neo-clerodanici ad azione epatotossica4, ne viene sconsigliato l’impiego terapeutico. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 55°). Curiosità • Ajuga deriverebbe da abigere = cacciare, allusione a un preteso potere di facilitare il parto. • I giovani germogli venivano mangiati in insalata. Note bibliografiche 1 Van Hellemont J., op. cit., p. 12. 2 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 1153. 3 Proserpio G. et al., op. cit., p. 423. 4 Piozzi F. et al., 1997, Planta Medica, 63 483-484.

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14 • Alchemilla

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vulgaris

L.

Alchemilla vulgaris L.

Nome comune: Alchemilla Francese: Manteau des dames; Alchémille commune Inglese: Common Lady’s mantle Tedesco: Spitzlappige Frauenmantel Spagnolo: Pie de león; Alquimilla Famiglia: Rosaceae Parte utilizzata: la pianta Costituenti principali: – tannini idrolizzabili (6-8%): agrimoniina, pedunculagina, laevigatina F – triterpeni, flavonoidi, olio essenziale – principio amaro; tracce di acido silicico Attività principali: astringente; antinfiammatoria; spasmolitica; progesterone-like; cicatrizzante Impiego terapeutico: forme diarroiche lievi, colite; insufficienza luteinica

Utilizzo medico Pianta ricca in tannini, è dotata di attività astringente e antisettica. Come tale trova impiego nel trattamento di forme lievi di diarrea aspecifica e di coliti a impronta diarroica. In quest’ultimo caso all’azione astringente si abbina l’azione sedativa e antalgica, attribuita secondariamente alla pianta, ciò che la rende particolarmente utile nelle forme di intestino irritabile. Per le proprietà sedativo-antalgiche, attribuite in parte alla presenza dei flavonoidi, viene impiegata nel trattamento generale del dolore, dalla dismenorrea alle artralgie1. I flavonoidi sono anche responsabili delle proprietà diuretiche, depurative e angioprotettrici. L’Alchemilla esercita in vitro un’azione anti-elastasi, anti-tripsina e anti-chimotripsina. La pianta possiede una struttura biochimica simile alla luteina e rientra nella classificazione delle piante progesterone-like (Alchemilla, Verbena, Salsapariglia ecc.)2. Preparazioni a base di Alchemilla possono contribuire quindi a regolarizzare la secrezione ovarica di progesterone (azione luteotropa)3. La pianta è pertanto indicata in caso di insufficienza luteinica o iperestrogenismo relativo e nelle differenti turbe associate: sindrome premestruale, metrorragie, dismenorrea, climaterio e, per uso esterno (decotto al 10%), contro il prurito vulvare e la leucorrea. Può essere utile anche in caso di acne premestruale (iperandrogenia funzionale per insufficienza progestinica). Uso esterno In passato Alchemilla vulgaris L. ha conosciuto un largo uso come antiemorragico e vasocostrittore (tannini e flavonoidi) e, quindi, veniva utilizzata per frenare le emorragie e per detergere le ferite. L’uso topico della pianta è quello di tutte le piante contenenti tannino: azione astringente, antisettica e antinfiammatoria. Viene impiegata nelle flogosi della mucosa orofaringea (gengivite, faringite) e per trattare pelli grasse, arrossate o screpolate. Sembra sia particolarmente utile, sotto forma di gargarismi, per oratori e attori4. 39

14 • Alchemilla

vulgaris

L.

Tossicità ed effetti secondari L’uso, nella medicina popolare, non ha mostrato effetti secondari tossici. La presenza di tannini potrebbe determinare interazioni farmacologiche e irritazione gastrica. Evitare in gravidanza, durante l’allattamento e in pediatria. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla parti aeree fiorite essiccate (A. vulgaris L. sensu latiore), intere o frammentate, contenti al minimo il 6% di tannini, espressi in pirogallolo. Forme farmaceutiche e posologia Posologia giornaliera consigliata (Alchemilla herba)5: 5-10 g. Infuso: 2-4 g (circa 3-4 cucchiaini) infusi in 150 ml di acqua molto calda, filtrare dopo 10’. Sino a 3 tazze al dì fra i pasti. Macerato: lasciare macerare in acqua fredda, a temperatura ambiente, per qualche ora. Decotto: 1 g per tazza, 2 tazze al giorno. Polvere: 100-200 g per capsula; 1 capsula 1-3 volte al dì. Estratto secco: 1 capsula 1-3 volte al giorno. Estratto Fluido: 2-3 g al dì. Alchemilla v. T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 45°). Formulario Polimenorrea funzionale Alchemilla v. Vitis v. Aesculus h. S/50 gocce, diluite in acqua

T.M. T.M. T.M. ana parti in unico flacone

Leucorrea Decozione: 50 g/litro (irrigazioni) Trattamento antalgico Alchemilla v. T.M. 30 ml Eschscholtzia c. T.M. 30 ml Erigeron c. T.M. 60 ml S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Prurito vulvare (Leclerc) E. fluido Alchemilla v. Idrolato di rosa lanolina vaselina S/applicazioni locali

40

2g 18 g 10 g 30 g

14 • Alchemilla Amenorrea (fase climaterica) Alchemilla v. Inula h. S/50 gocce, diluite in acqua

vulgaris

L.

T.M. T.M. ana parti in unico flacone

Irritazione intestinale Vino di Alchemilla v. (infuso caldo al vino): un bicchiere Porre in infusione per 10 minuti 10 g di foglie secche in un quarto di litro di vino bollente Diarrea Alchemilla v. E.S. 150 mg Ribes nigrum E. S. 100 mg Vaccinium m. E. S. 100 mg per capsula S/1 cps 3-4 volte al dì. Assumere con acqua Intestino irritabile Alchemilla v. Melissa o. Centranthus r. S/40 gocce, diluite in acqua, tra i pasti

T.M. T.M. T.M. ana parti in unico flacone

Curiosità • Alchemilla deriva dal latino alchemia per l’uso che ne facevano gli alchimisti. Il medico fitoterapeuta francese Henry Leclerc (1935) racconta che gli alchimisti ne raccoglievano il fiore per fabbricare l’oro e di come fosse credenza comune che avesse la proprietà di fare ritornare la verginità e il turgore dei seni. • Le foglie sono utilizzate fresche come aromatizzante per preparare le insalate, allo stato secco per profumare il tè6. Note bibliografiche 1 Hallard F., op. cit., p. 24. 2 Arnal B., 2003, La menopause, Editions Privat, Toulouse. 3 Van Snick G., Mai-Juin, 2003, La phytothérapie Européenne, 14, 19-24. 4 Proserpio G, op. cit., p. 424. 5 Capasso et al., 2006, op. cit., p. 749. 6 Morricone, Pedicino, 1986, Dizionario dietetico degli alimenti, Garzanti-Vallardi, Milano.

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15 • Allium

15

cepa

L.

Allium cepa L.

Nome comune: Cipolla Francese: Oignon Inglese: Onion Tedesco: Zwiebel Spagnolo: Cebolla Famiglia: Alliaceae (ex Liliaceae) Parte utilizzata: bulbo Costituenti principali: – olio essenziale (0,015%) contenente composti solforati: quando il bulbo è contuso sono degradati dall’alliinasi in disulfuri – flavonoidi (eterosidi della quercetina); fruttosani (10-40%), pectine, inulina – sostanze minerali (sali di potassio, di sodio, zinco, ferro, calcio, fosforo, vitamina C…) – prostaglandine1; steroli (β-sitosterolo); saponosidi steroidici – acido caffeico e clorogenico; acido glicolico – polifenoli (tannini, pirocatecolo) in tracce Attività principali: diuretica, ipotensivante; ipoglicemizzante; ipocolesterolemizzante; anti-aterosclerotica; attività fibrinolitica e antiaggregante piastrinica; antimicrobica Impiego terapeutico: atonia gastrica; ateromatosi; ritenzione idrica; ipertensione; decongestionante pelvico

Utilizzo medico La Commissione E del BfArM segnala l’uso terapeutico della Cipolla nei casi di inappetenza e nella prevenzione dell’aterosclerosi. Le proprietà aperitive e digestive che le sono attribuite sono legate al sapore aromatico e ai componenti solforati che stimolano la mucosa gastrica aumentandone la secrezione. La Cipolla è considerata inoltre diuretica, ipotensivante e dotata di proprietà anti-aterosclerotiche, ipocolesterolemizzanti, ipoglicemizzanti e antiossidanti. Analogamente all’Aglio, ma in modo meno marcato, presenta attività fibrinolitica e antiaggregante piastrinica dovuta ai componenti solforati: più la loro concentrazione è elevata, maggiore è l’attività. È stato dimostrato che nella cavia viene frenata la formazione di trombassano, un agente che favorisce l’aggregazione piastrinica. La maggior parte dei composti solforati sono inibitori della cicloossigenasi e della lipoossigenasi2. L’azione risulta maggiore con la cipolla fresca. L’assunzione regolare di cipolla (in particolare fresca) contribuisce a ridurre i livelli dei lipidi plasmatici e di conseguenza le lesioni a livello delle pareti arteriose. Grazie all’insieme di tali proprietà Allium cepa può contribuire a ridurre il rischio di infarto e di patologie cardiovascolari3. Diversi studi epidemiologici hanno segnalato inoltre che la consumazione regolare di cipolla (ma anche aglio, porro, scalogno ecc.) potrebbe avere un effetto protettivo nei confronti di svariate forme tumorali, in particolare stomaco e intestino4. Gli amminoacidi solforati presenti nel fitocomplesso sono responsabili inoltre dell’azione antifungina, antibatterica, antispasmodica e blandamente ipoglicemiz42

15 • Allium

cepa

L.

zante, mentre i fruttosani sarebbero responsabili dell’azione diuretica e antiateromatosa. L’azione diuretica è dovuta, in parte, anche alla presenza di sali di potassio, a sostanze cinarinosimili e all’acido glicolico. L’azione diuretica dell’acido glicolico non si manifesta solamente nell’eliminazione dell’acqua, ma anche nella eliminazione dei cloruri e dell’urea, azione questa che avviene dopo una certa latenza (48-72 ore dopo la somministrazione) in quanto l’azione è di tipo epatorenale. L’attività a livello del fegato sarebbe dimostrata dalla diminuzione di parametri ematici elevati, quali il tasso uremico, i valori di protrombina, colesterolemia e da una caduta del rapporto colesterolo libero/colesterolo esterificato, a dimostrazione di una esaltazione dei processi di esterificazione5. L’aumentata secrezione biliare è attribuibile alla presenza dell’acido caffeico e dell’acido clorogenico, sostanze cinarino simili dotate anche di una notevole attività diuretica e antiossidante. Decaux F.6 consigliava di utilizzare la Cipolla sotto forma di estratto fluido (1:5) nelle forme di prostatite (come decongestionante pelvico): è opportuno assumere un cucchiaio da dessert, diluito in mezzo bicchiere di acqua zuccherata, prima di pranzo e prima di coricarsi, per 10 giorni al mese, abbinando l’assunzione di Magnesio. Questo trattamento può essere reso più efficace facendolo precedere da una terapia antibiotica o sulfamidica. La droga è stata indicata anche come coadiuvante nel trattamento delle forme diabetiche7. La sperimentazione su animali ha evidenziato infatti un’attività ipoglicemizzante8. Le proprietà antisettica e batteriostatica (evidenziate in vitro) sono state oggetto di indagine: olio essenziale, catecolo e acido protocatechico sarebbero i maggiori responsabili di tale attività. Lo spettro d’azione risulta abbastanza ampio e ciò giustifica l’azione favorevole nelle affezioni intestinali e delle vie respiratorie. Estratti di cipolla sono risultati nella cavia anti-asmatici. L’olio essenziale viene usato, infatti, contro l’influenza e la rinite9. Da non dimenticare il valore nutrizionale della cipolla: deve il suo apporto calorico (2530 kcal per 100 g in media) principalmente agli zuccheri in particolare ai fruttosani, zuccheri di riserva della pianta. Protidi e lipidi sono presenti in scarsa quantità. Fra i numerosi minerali prevalgono: zolfo (50 mg/100 g), potassio (170 mg/100 g), fosforo (35 mg) e calcio (25 mg). Sono ben rappresentati anche oligoelementi: selenio, che aiuta il sistema immunitario ed è essenziale nella lotta contro l’invecchiamento cellulare (0,001-0,010 mg/100 g, fabbisogno giornaliero stimato: 0,055-0,070 mg: grazie a questa concentrazione la cipolla è una delle migliori fonti vegetali di selenio); manganese, un attivatore di molti enzimi e regolatore dei neurotrasmettitori cerebrali partecipa anche alla prevenzione dei danni causati dai radicali liberi (0,15 mg/100 g; fabbisogno giornaliero 4 mg circa); cobalto, anti-anemico in quanto co-fattore della vitamina B12 (0,013 mg/100 g); fluoro, necessario per la salute di denti e ossa (0,04 mg/100 g); molibdeno, catalizzatore azotato (0,01 mg) ecc. I pigmenti colorati (flavonoidi/giallo, antociani/rosso o viola), che forniscono alle diverse varietà di cipolle i loro colori caratteristici, determinano proprietà vitamino-P-simili e di potenziamento della vitamina C (rafforzando in particolare la resistenza dei capillari sanguigni). Sono presenti inoltre vitamina E (0,14 mg/100 g), provitamina A (0,01-0,05 mg) e vitamine del gruppo B (in particolare B6 o piridossina). Scarso il contenuto in vitamina C (7-25 mg/100). Le fibre, moderatamente abbondanti (2,1%), sono costituite da cellulosa, emicellulosa e da pectine e altre sostanze colloidali che danno luogo a composti consistenza mucillaginosa dopo la cottura. Questo equilibrio tra fibre di diversa natura, rende la cipolla cotta dolcemente lassativa e ben sopportata a livello intestinale10. 43

15 • Allium

cepa

L.

Uso esterno Il succo di Cipolla fresca ha proprietà antiallergiche, battericide e vulnerarie. Nell’ambito delle preparazioni estemporanee viene utilizzato per il trattamento del cuoio capelluto (seborrea, forfora, alopecia); cotta, la cipolla è da sempre utilizzata in cataplasmi per risolvere foruncoli, antrace, paterecci. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Sono segnalate turbe gastriche (in soggetti affetti da ipercloridria), rinocongiuntiviti e dermatiti da contatto. Se consumata cruda, in quantità non eccessiva, stimola, per la presenza dell’olio essenziale, la secrezione dei succhi gastrici, proprietà che la controindica nei soggetti affetti da gastrite o ulceragastroduodenale, i quali spesso non la tollerano nemmeno dopo la cottura. «Non risulta siano state suggerite precauzioni generali e neppure da prendersi riguardo a interazioni con farmaci, tests di laboratorio, allattamento, uso pediatrico oppure effetti teratogeni o non teratogeni in gravidanza»11. Tuttavia, a scopo precauzionale, dato che alla pianta sono riconosciute proprietà antiaggreganti piastriniche e ipoglicemizzanti, è buona norma prestare attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci antiaggreganti piastrinici e antidiabetici. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 50 g di droga fresca – 20 g di droga disidratata. Polvere: 100-200 mg per capsula. E. Fluido: 0,5-2 g pro dose più volte al dì. Allium cepa T.M.: 50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica La Tintura Madre si prepara dal bulbo fresco (titolo 45°). Formulario Pozione (Benigni) Estratto fluido Allium cepa Miele bianco liquido Vino bianco S/2-3 cucchiai al giorno

30 g 10 g 60 g

Ipertensione (come coadiuvante) Allium c. T.M. Crataegus o. T.M. Olea e. T.M. ana parti in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno Eretismo su base funzionale Allium c. T.M. Crataegus o. T.M. Valeriana o. T.M. ana parti in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno

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Prostatite (nell’anziano) Ginkgo b. T.M. Allium c. T.M. Urtica u. T.M. ana parti in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno Curiosità • La Cipolla da sempre è stata considerata una pianta diuretica e, come tale, viene citata da Dioscoride, Plinio ecc. Dagli arabi era utilizzata come afrodisiaco, mentre la Scuola di Salerno (XI sec.) ne vantava l’uso esterno nel trattamento dell’alopecia. • Il paese d’origine della cipolla è probabilmente situato in Asia centrale, a nordest dell’India o in Afghanistan. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 182. 2 Ibidem. 3 Teuscher E., Anton R., Lobstein A., 2005, Plantes aromatiques, Paris, Lavoisier, p. 351. 4 Galeone C, Pelucchi C. et al., 2006, Onion and garlic use and human cancer. Am J Clin Nutr, November; 84(5): 1027-32. 5 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., ibidem. 6 Decaux F., 1955, Rev. de Phytothérapie 19, 152, 103. 7 Wagner H., Weisenauer M., 1995, Phytotherapie, G. Fischer, Stuttgart. 8 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 245. 9 Ibidem. 10 http://www.aprifel.com/ 11 Società Italiana di Fitoterapia,OMS: monografie di piante medicinali, Siena, 2002.

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Allium sativum L.

Nome comune: Aglio Francese: Ail Inglese: Garlic Tedesco: Knoblauch Spagnolo: Ajo comun Famiglia: Alliaceae (ex Liliaceae) Parte utilizzata: bulbilli Costituenti principali: – olio essenziale (0,10-0,36%): composti solforati (bulbo integro: S-allilcisteina solfossido, S-allilmercaptocisteina, γ-glutamilS-allilcisteina; alliina, isoalliina, metiina) – saponosidi steroidici e triterpenici: sativosidi, protoeruboside B e gitonina F1 – flavonoidi (tracce); vitamina A e B, C – principi ad attività antibiotica (garlicina e alisina) – zuccheri (fructani), sali minerali (selenio) ecc. Attività principali: – azione ipotensivante e ipolipemizzante – azione fibrinolitica-antiaggregante piastrinica – antisettica e immunostimolante Impiego terapeutico: ipercolesterolemia; ipertensione

Utilizzo medico L’Aglio con molta probabilità è originario delle steppe dell’Asia Centrale. La droga è costituita dai bulbilli (spicchi) di Aglio freschi o disseccati accuratamente. Costituente principale dell’Aglio fresco non contuso è l’alliina (droga fresca: 0,5-1%, droga essiccata: 2%)2. Quando i tessuti sono danneggiati l’alliina viene degradata da un enzima, alliinasi, in acido piruvico e acido 2-propen-sulfenico, quest’ultimo viene subito trasformato in alliicina, dotata di attività antibatterica (0,3% della massa fresca). L’ossidazione all’aria dell’alliicina porta al disolfuro di diallile, costituente maggioritario dell’essenza che impartisce il caratteristico odore3, e di altre sostanze tra cui gli ajoeni (inibitori della lipossigenasi e aventi attività di antiaggregante) e le vinilditiine. La fitoterapia attribuisce all’Aglio numerose virtù terapeutiche alcune delle quali sono state convalidate da studi scientifici: è il caso delle proprietà antibatteriche, grazie alle quali manifesta attività antisettica e antibiotica (apparato respiratorio e gastroenterico in particolare), antifungine (soprattutto nei confronti della Candida albicans). Attualmente la principale indicazione terapeutica dell’Aglio riguarda il trattamento coadiuvante dell’ipertensione e dell’ipercolesterolemia. Le recenti revisioni riguardanti gli studi clinici pubblicati fino a oggi hanno evidenziato come gli effetti terapeutici di questa pianta siano modesti ma multipli e come, grazie alla sua azione che interessa i vari aspetti legati ai fattori di rischio cardiovascolare, possa rappresentare un trattamento complementare e 46

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di prevenzione particolarmente interessante. Alla pianta viene riconosciuta infatti un’azione importante nel trattamento dell’ipercolesterolemia e nella prevenzione delle alterazioni vascolari dovute all’età (arteriosclerosi). Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’aglio «[…] può essere usato come adiuvante della dieta nel trattamento dell’iperlipidemiae nella prevenzione dell’aterosclerosi vascolare (età-dipendente) e può essere utile nel trattamento dell’ipertensione di tipo lieve»4. L’aglio, infatti, sarebbe in grado di inibire alcuni enzimi epatici coinvolti nella biosintesi del colesterolo, di aumentare l’attività delle lipasi a livello dei tessuti adiposi favorendo in tal modo la degradazione dei trigliceridi, l’escrezione del colesterolo, l’aumento delle HDL e la riduzione delle LDL di cui inibirebbe anche l’ossidazione: «un effetto importante alla luce del potenziale dell’aglio nella prevenzione dell’aterosclerosi»5. Una revisione degli studi clinici effettuati e pubblicati ha dimostrato la superiorità della pianta rispetto al placebo nel diminuire i livelli di colesterolo se non troppo elevati6. Tuttavia una recente review condotta su 13 studi di buona qualità metodologica mette in dubbio tali proprietà7. L’effetto ipotensore, in caso di ipertensione modesta, viene confermato dall’OMS e da 2 recenti review8. Preparati a base di aglio possono rappresentare pertanto un valido trattamento coadiuvante in caso di ipertensione essenziale. Il meccanismo d’azione, non ancora chiarito completamente, sarebbe dovuto ai derivati tiocianici e all’inibizione nella secrezione di catecolamine. Sono presenti, inoltre, proprietà diuretiche attribuibili soprattutto ai fruttosani e all’olio essenziale. È stato pubblicato un piccolo studio australiano9 che ha evidenziato come l’assunzione di supplementi di aglio invecchiato (AGE- aged garlic extract: aglio tritato lasciato a macerare in soluzione idroalcolica al 15-20% per 20 mesi e quindi concentrato) possano contribuire a ridurre la pressione arteriosa sistolica in pazienti che nonostante l’uso di farmaci convenzionali accusano valori pressori troppo alti. I ricercatori segnalano che i soggetti che presentavano valori pressori elevati (140 mm Hg o più) e che assumevano in aggiunta alla terapia farmacologica estratti di aglio invecchiato vedevano diminuire la pressione arteriosa sistolica in maniera maggiore rispetto ai pazienti trattati con placebo (10 mm Hg rispetto a 5 mm Hg). I ricercatori ritengono che l’aglio invecchiato possiede un’azione antipertensiva certa e che potrebbe quindi essere usato in combinazione con farmaci convenzionali nel trattamento dell’ipertensione trattata ma non controllata. Sottolineano tuttavia l’importanza di effettuare ulteriori studi volti a valutare le possibili interazioni tra i vari estratti di aglio e farmaci antipertensivi disponibili in commercio. I preparati di aglio invecchiato risultano inodori perché non contengono praticamente più allicina, il principio attivo responsabile di tale caratteristica. L’European Scientific Cooperative on Phytotherapy (ESCOP), oltre a ciò, ne riconosce l’impiego al fine di ristabilire una buona circolazione in caso di insufficienza vascolare periferica e per trattare le infezioni delle vie respiratorie. Sono state dimostrate anche proprietà antiaggreganti piastriniche e fibrinolitiche (attività simile all’aspirina: riduce il rischio di trombosi e quindi di infarto). Tale attività sarebbe legata agli ajoeni che interagiscono direttamente con i recettori piastrinici del fibrinogeno e della lipossigenasi. Il disolfuro di diallile, in particolare, è un inibitore della trombassano-sintetasi, enzima che svolge un ruolo importante nella formazione del trombassano A2, potente aggregante piastrinico. Preparati a base di Aglio presentano, inoltre, per la ricchezza in Zolfo, un’interessante azione antiossidante per inibizione dell’ossidazione dell’acido arachidonico. Scrive Schultz V. a questo proposito: «La formazione dei radicali liberi derivati dall’ossi47

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geno, che porta alla perossidazione lipidica, potrebbe rivestire un ruolo chiave nella patogenesi dell’aterosclerosi e pertanto gli effetti antiossidanti dell’aglio potrebbero contribuire alle sue proprietà antiaterosclerotiche»10. Le proprietà antiossidanti sono importanti anche per gli effetti antiepatotossici e antitumorali che possono determinare. Da qui l’importanza di inserire nell’alimentazione quotidiana un pool di agenti antiossidanti, fra cui anche l’Aglio. A livello dell’apparato digerente, estratti di Aglio risultano possedere azione stomachica, spasmolitica, eupeptica. L’Aglio, infatti, possiede una notevole azione colagoga e coleretica ed è in grado di provocare un aumento della secrezione gastrica. Il succo d’Aglio fresco possiede al massimo queste proprietà. L’attività antisettica a livello della flora patogena o abnorme intestinale ne fanno un ottimo disinfettante intestinale, utile nella dispepsia fermentativa e nelle infezioni intestinali acute e croniche. Combatte efficacemente il meteorismo grazie all’attività antispasmodica e antifermentativa (alliicina). In vitro, l’alliicina, diluita 1/1000,risulta ancora attiva nei confronti di stafilococchi, streptococchi, batteri intestinali11. Fra le numerose indicazioni segnalate dalla medicina popolare si ricordano l’impiego del succo e degli estratti per il trattamento degli ossiuri e quella ipoglicemizzante. Secondo ricercatori del passato (Madaus) l’Aglio sarebbe dotato di un’azione piuttosto marcata e durevole sulla glicemia e sulla glicosuria che contribuirebbe ad abbassare12. Una recente review indica che l’aglio grazie alle proprietà antiossidanti e antinfiammatorie sarebbe utile nel trattamento e nella prevenzione del diabete in quanto in grado grado di rallentare la progressione della complicanze legate a tale patologia13. Per quanto riguarda l’azione a livello della tiroide è stato segnalato che, sperimentalmente nei conigli, piccole dosi di estratto determinano iperattività tiroidea, mentre dosi più elevate determinano ipoattività. I derivati tiocianici (disolfuro di n-propile) sarebbero responsabili dell’effetto strumigeno14. Allium sativum è un espettorante e un antisettico polmonare: l’essenza, infatti, viene eliminata in gran parte attraverso l’apparato respiratorio. È presente un’azione spasmolitica a livello della muscolatura liscia e aumento della secrezione bronchiale. Secondo H. Leclerc agirebbe efficacemente nella pertosse ove determina, in pochi giorni,un miglioramento con diminuzione degli attacchi pertussoidi e del vomito, ripresa dell’appetito e miglioramento considerevole dello stato generale.Una segnalazione particolare, anche se datata, è quella che vede nell’Aglio «un eccellente medicamento contro i disturbi cronici da nicotina»15. Secondo l’Autore, l’Aglio sopprime i disturbi cardiaci e nervosi dovuti alla nicotina, le manifestazioni catarrali dei fumatori e regola le funzioni intestinali combattendola diarrea, risultando pertanto uno specifico medicamento contro il complesso sintomatico dell’avvelenamento da nicotina. Attualmente, inoltre, sono in corso studi che indagano le proprietà immunostimolanti e antitumorali attribuite alla pianta. Dati epidemiologi dimostrano che la consumazione regolare di Aglio (e Cipolla) è inversamente correlata al rischio di cancro gastrico16: ne è conferma la rarità di questa patologia nella popolazione cinese che fa largo consumo di Aglio. Studi epidemiologici hanno confermato queste osservazioni segnalando un possibile effetto preventivo17. Un’importante componente presente nel fitocomplesso responsabile dell’attività antitumorale sarebbe l’S-allilcisteina. L’azione batteriostatica dell’alliicina nei confronti dell’Helicobacter pylori, l’agente batterico responsabile di gravi patologie gastriche (ulcera e tumore) sarebbe alla base dell’azione preventiva dell’Aglio, soprattutto se consumato regolarmente e per lunghi periodi18. 48

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Uso esterno Utilizzato esternamente, manifesta un’azione fortemente rubefacente che può, per un dosaggio elevato o per contatto prolungato, diventare vescicatoria e necrotizzante: per questo motivo i preparati per uso topico a base di Aglio devono essere attentamente dosati. L’olio canforato, composto da una miscela di 2 parti di olio canforato e una di Aglio finemente triturato (Valnet-Dextreit), serve per frizioni esterne nei soggetti affetti da dolori reumatici in quanto procura, in genere, un beneficio immediato e non passeggero. Fournier ci ricorda che, contro la pertosse e la tosse, può essere utilizzato lo stesso olio frizionando la pianta dei piedi: tale indicazione è testimonianza, molto probabilmente, di un antico sapere in quanto proprio sulla pianta del piede esistono precisi punti che vengono stimolati dagli agopuntori per calmare la tosse19. Studi clinici ne hanno confermato le proprietà antifungine, per applicazione topica, nel piede d’atleta20. L’Aglio, inoltre, viene impiegato tradizionalmente nel trattamento delle verruche. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’Aglio e i suoi preparati sono sprovvisti di tossicità21: la dose tossica è stata calcolata in circa 595 g per un uomo adulto22. Raramente possono manifestarsi, in soggetti predisposti, reazioni di tipo allergico quali asma e dermatite23. A livello dell’apparato digerente, oltre all’alito pesante, possono comparire turbe gastriche. Se ne sconsiglia pertanto l’utilizzo nei soggetti che soffrono di gastrite e ulcera gastroduodenale. Conviene tenere presente, inoltre, che la sua somministrazione determina l’allungamento del tempo di coagulazione (> 20-30%). L’impiego dell’Aglio, anche a dosaggi terapeutici, è controindicato, o quantomeno dev’essere attentamente vagliato, nei pazienti in trattamento con farmaci che influenzano la coagulazione sanguigna (aspirina, warfarin ecc.) o con farmaci antinfiammatori non steroidei. Si consiglia di sospendere il trattamento prima di un intervento chirurgico (può prolungare il tempo di sanguinamento)24. Non va utilizzato nei soggetti emofilici. Inoltre è stato evidenziato che alcuni componenti dell’aglio sono in grado di inibire alcune isoforme del citocromo P450 (CYP1A2, 2B6, 2C9, 2C19, 2D6, e 3A): la farmacovigilanza sconsiglia pertanto l’assunzione di aglio in pazienti che assumono inibitori della proteasi e inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa (NNRTIs). In particolare è stato segnalato che può determinare una riduzione del 50% dei livelli plasmatici di Saquinovir. L’effetto compare dopo circa 20 giorni dall’inizio della co-somministrazione e perdura almeno 10 giorni dopo la sospensione dell’assunzione di aglio25. Per quanto riguarda la gravidanza, in letteratura viene segnalato che la pianta «ostacola l’impianto della blastocisti sul rivestimento epiteliale dell’utero»26. È buona norma pertanto sospenderne l’assunzione durante la gravidanza e l’allattamento. I componenti solforati passano nel latte materno e provocano flatulenza nel lattante. I principi attivi dell’Aglio vengono eliminati attraverso l’apparato respiratorio, la secrezione urinaria, sudorifera e lattea. Nell’uso esterno, preparati a a base di aglio possono provocare forti irritazioni, fino alla formazione di vescicole, in particolare nei bambini27. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La polvere di aglio è ottenuta a partire dal bulbo, diviso, crioessiccato o essiccato a una temperatura che non supera i 65 °C, e ridotto in polvere. Contiene al minimo lo 0,45% di allicina. 49

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Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): da 3 bulbilli fino a 4 g di aglio fresco /die o preparazioni equivalenti. Posologia media giornaliera (ESCOP): 6-10 mg di alliina/die (3-5 mg di allicina) cioè uno spicchio o, espresso in polvere d’aglio, da 0,5 a 1 g/die (profilassi aterosclerosi/ trattamento iperlipidemia); 2-4 g di bulbo essiccato (Adulto: infezioni vie aeree superiori) Aglio fresco: da 3 bulbilli al dì fino a 4 g (uno spicchio circa). Infuso: fare infondere per dieci minuti 4 g di aglio fresco in 150 ml di acqua. Polvere: 600-900 mg/die (corrispondente a 2,4-3,7 g di aglio fresco). Estratto secco nebulizzato titolato in alliina min. 1% (Farmacopea Francese): 1 capsula dopo i 2 pasti principali. Nota: le capsule enteroprotette liberano i principi attivi nel piccolo intestino ed evitano alcuni effetti collaterali quali l’odore caratteristico dell’alito28. A. sativum E. Fluido: 20-30 gocce, diluite in acqua, più volte al dì. A. sativum T.M.: 40-50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica Le varie preparazioni (olio essenziale, estratti alcolici, polvere, aglio fresco o invecchiato ecc.) possono presentare composizioni differenti in principi attivi. Negli studi clinici pubblicati si fa uso per lo più della povere di aglio standardizzata in alliina in quanto sembra possedere una composizione abbastanza simile a quella dell’aglio fresco: 300 mg di polvere sono considerati equivalenti a 1 g di aglio fresco29. La Tintura Madre si prepara dal bulbo fresco (titolo 55°). Formulario Dispepsia fermentativa Spicchio d’Aglio S/Mangiarne 3 al giorno Tabagismo Allium s. T.M. Melilotus o. T.M. Spiraea u. T.M. ana parti in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Gocce ipoglicemizzanti (come coadiuvante) Allium s. T.M. Arctium l. T.M. Olea e. T.M. ana parti in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Ipertensione (come coadiuvante) Allium s. T.M. Crataegus o T.M. ana parti in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì

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Trattamento preventivo arteriosclerosi (Hallard) Allium cepa E. S. 100 mg Allium sativum E. S. 250 mg S/3 capsule gastroresistenti al dì prima dei pasti. Assumere con acqua Curiosità • Ippocrate considerava l’aglio un ottimo condimento e ne consigliava l’uso nelle eccessive libagioni, «quando si berrà troppo, oppure in stato di ebbrezza». Celso consigliava ai dispnoici di «succhiare Aglio fritto, pestato e unito al miele». • Nel XVII secolo le epidemie erano molto frequenti e come difesa contro i “miasmi”vennero escogitati vari mezzi di difesa: tra questi le “palle odorifere”, sfere metalliche traforate che, all’interno, contenevano sostanze aromatiche e profumi atti a prevenire le pestilenze. Tra queste sostanze c’era anche l’Aglio. • Apicio nel De re coquinaria ci trasmette le ricette di 2 salse in cui rientra l’Aglio: «Togliere la mollica a un pane alessandrino e macerarlo nella posca (mistura di acqua e aceto bevuta abitualmente dai soldati). Tritare nel mortaio pepe, miele, menta, Aglio, coriandro verde, formaggio vaccino salato, e insieme acqua e olio. Spargere sopra del ghiaccio, quindi servire in tavola». «Tritare un pizzico di comino, la metà di pepe e uno spicchio di Aglio mondato. Cospargere di salsa di pesce; versare sopra goccia a goccia un po’ di olio. Questa salsa ristora assai lo stomaco pesante e fa digerire.» • Nei paesi in via di sviluppo si somministra, disseccato, in dosi da 4 a 6 g per combattere il bacillo di Koch (tubercolosi). Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit, p. 93. 2 Capasso F. et al., 2006, op. cit., p. 435. 3 Bruneton J., 2009, op. cit., pp. 240-241. 4 World Health Organization(WHO) (1999), «Allii Sativi Bulbus», WHO Monographs on Selected Medicinal Plants, vol. 1, Geneva, pp. 5-15. 5 Capasso F. et al., 2006, op. cit., p. 439. 6 Stevinson C, Pittler MH, Ernst E, 2000, Garlic for treating Hypercholesterolemia. A MetaAnalysis of Randomized Clinical Trials, Ann Intern Med; 133: 420-429. 7 Khoo YS, Aziz Z., 2009, Garlic supplementation and serum cholesterol: a meta-analysis. J Clin Pharm Ther. Apr;34(2):133-45. Review. 8 Ried K, Frank OR et al., 2008, Effect of garlic on blood pressure: a systematic review and meta-analysis. BMC Cardiovasc Disord. 16;8:13. Review; Reinhart KM, Coleman CI et al., 2008, Effects of garlic on blood pressure in patients with and without systolic hypertension: a metaanalysis. Ann Pharmacother. 42(12):1766-71. 9 Ried K, Frank OR, Stocks NP, 2010, Aged garlic extract lowers blood pressure in patients with treated but uncontrolled hypertension: a randomised controlled trial. Maturitas, 67(2):144-50. 10 Schulz V. et al., op. cit., p. 123. 11 Van Hellemont J., op. cit., p. 16. 12 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., vol. I. op. cit., p. 29. 13 Liu CT, Sheen LY, Lii CK, 2007, Does garlic have a role as an antidiabetic agent?, Mol Nutr Food Res., 51(11):1353-64. Review. 14 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit.,vol. I, p. 30; Van Hellemont J., op. cit., p. 17. 15 Meyer E., 1935, Pflanzliche Therapie, Leipzig, p. 3. 16 Bruneton J., 1993, op. cit., p. 182. 17 Kim JY, Kwon O., 2009, Garlic intake and cancer risk: an analysis using the Food and Drug

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Administration’s evidence-based review system for the scientific evaluation of health claims. Am J Clin Nutr, 89(1):257-64. Review; Lamm D.L., Riggs D.R., 2000, The potential application of Allium sativum (garlic) for the treatment of bladder cancer, Urol. Clin. North. Am., 27, 1571562. 18 Raynaud J, Prescription et conseil en aromathérapie, op. cit., p. 55. 19 Fournier P., 1947, Le livre des plantes médicinales et vénéneuses de France, vol. I, Editions Lechevalier, Paris, vol. I, p. 49. 20 Ledezma E, Marcano K et al., 2000, Efficacy of ajoene in the treatment of tinea pedis: a double-blind and comparative study with terbinafine. J Am Acad Dermatol. 43(5 Pt 1):829-32. 21 Teuscher E,. op. cit., p. 95. 22 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I, p. 32. 23 Seuri M., Taivanen A., Ruoppi P., Tukiainen H., 1993, Three casesof occupational asthma and rhinitis caused by garlic, Clin. Exp. Allergy, 23, 1011-1014; Eming S.A. et al., 1999, Severe toxic contact dermatitis caused by garlic, Br. J. Dermatol., 141, 391-2. 24 Burnham B.E., 1995, Garlic as a possible risk for postoperative bleeding, Plast. Reconstr. Surgery 95, 213; Vaes L.P., Chyka P.A., 2000, Interactions of warfarinwith garlic, ginger, ginkgo, or ginseng: nature of the evidence, Ann. Pharmacother., 34, 1478-1482. 25 http://www.farmacovigilanza.org/ 26 Capasso F., Grandolini G., 1996, Fitofarmacia, Ed. Springer, Milano. 27 Teuscher E. et al., op. cit., p. 95. 28 AA.VV., Terapia 2010. Pocket Manual. XXXIII Edizione, La Treggia Edizioni. 29 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 241.

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Aloe spp. - Aloe vera (L.) Burm. f. (= A. barbadensis Miller = A. vulgaris Lam. = Aloe indica Royle) - Aloe ferox Miller

Nome comune: Aloe vera, Aloe delle Barbados (Aloe vera); Aloe del capo (Aloe ferox) Francese: Aloe (Aloe vera); Aloe du Cap (Aloe ferox) Inglese: True o medicinal aloe (Aloe vera); Cape Aloe (Aloe ferox) Tedesco: Echte Aloe (Aloe vera); Kap-Aloe (Aloe ferox) Spagnolo: Aloe de Barbados (Aloe vera); Aloe feroz (Aloe ferox) Famiglia: Asphodelaceae Parte utilizzata: foglie Succo disidratato o lattice (ottenuto per incisione degli strati superficiali delle foglie) e gel (ottenuto dalle incisioni profonde delle foglie). Sono una quindicina circa le specie di Aloe che presentano proprietà medicinali: Aloe arborescens, Aloe succotrina, Aloe curaçao, Aloe capensis ecc. utilizzate per lo più per l’estrazione del lattice Costituenti principali:1 Succo: – derivati idrossiantracenici (15-40%), in particolare del tipo aloe-emodina-antrone 10-C-glucoside di cui l’aloina, o barbaloina, è il componente maggioritario (miscela di Aloina A (10-R) e B (10-S), idrossi-aloine* e nell’A. ferox: aloïnosidi A e B – resina (10-20%): aloesone e aloeresina A, B (= aloesina) e C., aloenina (derivato pironico); feroxidina (tetralina) nell’A. ferox * Le idrossi-aloine consentono di differenziare le 2 specie: 5-idrossi-aloina A caratterizza A. ferox mentre 7-idrossi-aloine A e B e i loro omologhi 8-O-metilati sono presenti solamente nell’A. vera (A. barbadensis) Gel (A. vera)*: – acqua (98,5%); polisaccaridi: pectine, emicellulose, glucomannano, acemannano e derivati del mannosio (in particolare mannosio 6-fosfato); glicoproteine (aloctine A e B)2 – aminoacidi, lipidi, steroli (lupeolo, campesterolo, β-sitosterolo), enzimi – acidi fenoli: acidi bezoico, vanillico, ferulico,isoferulico, p-cumarico (piccole quantità) – acidi lattico, succinico, isovalerico ecc.; xantina ecc. (piccole quantità) * Non contiene derivati antracenici Attività principali: – amaro-tonica, eupeptica; lassativa; immunomodulante (succo); – vulneraria, antiflogistica e analgesica; emolliente, demulcente; immunomodulante (gel) Impiego terapeutico: – stipsi atonica (succo); – affezioni dermatologiche (gel)

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Utilizzo medico Il succo di Aloe, che si ispessisce seccando e può essere facilmente ridotto in polvere, a seconda della posologia svolge attività amaro-tonica, eupeptica, colagoga e infine lassativa. Come stomachico amaro entra nella composizione di svariate Formulario quali elisir o tinture composte e nella liquoristica (componente dei liquori denominati Fernet). L’Aloe (succo) fa parte delle droghe lassative antrachinoniche insieme a Cascara sagrada, Frangola, Rabarbaro, Senna, Spino cervino. Nota: Azione delle droghe antrachinoniche. I componenti principali di queste droghe sono dei glicosidi le cui genine appartengono a derivati dell’antracene. Da ciò il nome di droghe antrachinoniche (antraceni o antraglicosidi). Sono detti anche emodinici poiché la genina più diffusa è l’emodina. Questi glicosidi per agire devono essere metabolizzati in prodotti biologicamente più attivi (agliconi): il metabolismo avviene nel colon, dopo che il glicoside antrachinonico, somministrato per os, transita senza subire modificazioni nello stomaco e nell’intestino tenue. A livello del colon si ha rimozione dello zucchero e una metabolizzazione a opera della flora batterica intestinale. I prodotti ottenuti sono scarsamente assorbibili e agiscono stimolando soprattutto la motilità del colon: l’emodina liberata è trasformata parzialmente dai batteri in antrone. Gli antroni assai attivi aumentano il peristaltismo e la produzione di muco. Contemporaneamente il riassorbimento di acqua dalla mucosa intestinale diminuisce: ciò avviene per inibizione dell’attività NA/K ATPasica degli enterociti che provoca un’inibizione del riassorbimento dell’acqua, del sodio e del cloro e un aumento della secrezione del potassio a livello della mucosa intestinale3. L’effetto sulla secrezione è, probabilmente, conseguenza di un’esagerata produzione intestinale di prostaglandine e di autacoidi4. L’azione lassativa di queste droghe si manifesta dopo una latenza di 8-12 ore. Gli effetti collaterali sono rappresentati da colorazione delle urine, passaggio nel latte materno (effetto lassativo), pseudomelanosi reversibile del colon, congestione emorroidaria. Non provocano alterazione della mucosa né danno cellulare. Gli antrachinoni, quindi, inducono una secrezione attiva di elettroliti e di acqua nel lume intestinale e impediscono il riassorbimento degli stessi dall’intestino crasso. L’aumento di volume del contenuto intestinale determina un aumento della pressione contro la parete intestinale, che stimola la peristalsi (Commissione E del BfArM).

L’Aloe (succo disidratato, lattice) è particolarmente indicato nella stipsi atonica e quando risulti utile un’evacuazione con feci molli. Commissione E del BfArM, ESCOP e OMS ne riconoscono l’efficacia in caso di stipsi occasionale. L’effetto si manifesta 8-10 ore dopo l’ingestione. Dosi elevate possono provocare iperperistaltismo per cui la somministrazione deve essere frazionata durante la giornata. La dose adeguata individualmente sarà quella minima per ottenere feci molli. Sarà, inoltre, opportuno affiancarlo con piante carminative per evitare eventuali spasmi intestinali (finocchio, ad esempio). L’utilizzo prolungato diminuisce l’efficacia della pianta, molto probabilmente per la carenza di potassio che tende a causare una paralisi della muscolatura della parete intestinale e conseguente diminuzione dell’effetto lassativo5. Le resine presenti nell’Aloe sarebbero responsabili degli effetti indesiderati della droga. Studi effettuati in vitro o su animali di laboratorio6, hanno evidenziato la presenza nel fitocomplesso di sostanze (in particolare Acemannano e Aloctina A) che potrebbero avere effetti antineoplastici e immunostimolanti. Sembra che l’Aloctina A non inibisca direttamente la crescita tumorale ma, grazie all’induzione del sistema immunitario, sia in grado di provocare una netta diminuzione della proliferazione delle cellule cancerose. L’Aloe è risultato efficace nel contrastare forme leucemiche nel felino e nel cane e nel ridurre l’effetto cancerogenico a carico degli epatociti indotto da sostanze chimiche; sono stati prodotti anche dati che indurrebbero a ritenere come una dieta a base di aloe sia in grado di prevenire la carcinogenesi umana»7. Uno studio pubblicato 54

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recentemente ha testato in vivo le potenziali proprietà anticancro e gli effetti di modulazione di alcuni principi attivi su attività enzimatiche antiossidanti (antrachinoni: aloesina, aloe-emodina e barbaloina; glicoproteina: octapeptide) estratti dalla parte superficiale della foglia di Aloe vera. I risultati hanno confermato l’efficacia chemo-preventiva dovuta alla modulazione antiossidante e detossificante sui sistemi enzimatici considerati di indicatori di tumorogenesi. Gli autori sottolineano la potenzialità della pianta «per lo sviluppo di farmaci antitumorali efficaci, specifici e non tossici, che possono essere accessibili per i paesi in via di sviluppo»8. L’immunologo e oncologo Maurizio Grandi consiglia di utilizzare il succo totale di Aloe a dosi gradualmente crescenti in modo da controllare al massimo l’effetto lassativo, fino a circa 2-3 cucchiai al giorno9. Tuttavia non sono segnalati, fino a ora, trials clinici che confermino l’impiego della pianta nelle patologie tumorali. La pianta attualmente viene usata per la prevenzione degli effetti iatrogeni radio-chemioterapici. Il gel di Aloe, la trasparente mucillagine che si trova all’interno della foglia, presenta proprietà fortemente emollienti che ne hanno indirizzato l’impiego in campo dermatologico e cosmetologico (vedi: Uso esterno). Il gel può essere assunto anche per os sia sotto froma di capsule che di bevanda o succo contenente almeno il 50% di gel. Viene indicato in caso di intestino irritabile e colite ulcerosa per la sua azione lenitiva e demulcente: sono comunque necessarie ulteriori indagini per validare tali indicazioni cliniche10. La medicina tradizionale indiana (ayurvedica) attribuisce al gel proprietà ipoglicemizzanti (un cucchiaio prima dei 2 pasti principali)11. Mills e Bone segnalano che può contribuire al controllo della glicemia nel diabete mellito non insulino dipendente12. Studi condotti su cavia e studi clinici hanno confermato tale indicazione13. Anche in questo caso si rendono necessarie però ulteriori ricerche. Uso esterno Il gel manifesta proprietà vulnerarie e cicatrizzanti, confermate in parte anche sperimentalmente, schermanti e lenitive14. Viene consigliato in caso di Herpes genitale: due studi clinici randomizzati e controllati hanno evidenziato la superiorità del trattamento effettuato con un preparato (contenente 0,5% di aloe gel) rispetto al placebo nel favorire la guarigione delle lesioni erpetiche (applicazione 2-3 volte al giorno per 2 settimane)15. Il suo impiego risulta utile anche in caso di eritema solare e bruciature. Da una recente metanalisi16 emerge che il gel di A. vera può rappresentare “un intervento efficace” nelle ustioni di 1° e 2°. Per l’attività schermante nei confronti dei raggi UV rientra nella composizione di prodotti solari (1-2,5%). Il gel è in grado di penetrare il tessuto cutaneo, di esercitare un’azione anestetica locale, di agire come antiflogistico e di migliorare il microcircolo locale. Svolgerebbe, inoltre, un’azione salutare sulle lesioni tessutali causate da radiazioni terapeutiche (dermite da radioterapia). «L’impiego dell’Aloe in dermatologia come agente protettivo dai raggi UV e dai raggi X ha ricevuto una giustificazione da recenti studi che hanno dimostrato come la pianta prevenga la fototossicità a carico delle cellule dell’ipersensibilità ritardata, riducendo i livelli di citochine immunosopressive nell’epidermide murina irradiata con UV»17. Interessanti sono le segnalate proprietà analgesiche, dovute alla capacità di inibire gli enzimi carbossipeptidasi e bradichinasi, e antinfiammatorie sostenute dagli antroni C-glicosilati in grado di inibire la sintesi della prostaglndina E a partire dall’acido arachidonico18. Gli studi clinici presenti in letteratura sono tuttavia contraddittori (soprattutto per carenza di metodologia) per cui, ad esempio, le conclusioni di una recente review non avvallano tali indicazioni (radiodermiti,ustioni) mentre segnalano una certa ef55

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ficacia per quanto riguarda il trattamento locale di herpes genitale, psoriasi, virus del papilloma umano, dermatite seborroica, stomatite aftosa, xerosi, lichen planus, guarigione di ferite e infiammazioni. Viene suggerito anche l’impiego come agente anti-microbico e antimicotico e come veicolante biologico19. Il gel rientra in molti prodotti cosmetici come componente idratante. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Tra i purganti antrachinonici l’Aloe (succo o lattice) è quello che possiede l’azione più irritante20. La dose purgativa può provocare la congestione del piccolo bacino. Questo aumento del flusso sanguigno intensifica le mestruazioni e può avere un effetto abortivo. L’Aloe è controindicato durante la gravidanza, l’allattamento (passa nel latte materno), durante le mestruazioni, in età pediatrica (sotto i 12 anni), in presenza di varici, emorroidi, fistole perianali, nelle affezioni renali, nella malattia di Crohn, nella colite ulcerosa, in caso di appendicite o altre patologie infiammatorie intestinali e del piccolo bacino, in caso di dolori addominali di origine sconosciuta e negli stati di disidratazione. L’uso prolungato di Aloe provoca ipokaliemia, per cui occorre porre attenzione nel caso si assumano glicosidi cardioattivi, diuretici tiazidici, liquirizia e cortisonici, in quanto la perdita di potassio può essere aggravata da questi farmaci. Si ricorda, infine, che la diminuzione del tempo di transito intestinale può ridurre l’assorbimento dei farmaci somministrati per via orale. Come tutti i lassativi a contenuto antrachinonico, l’impiego prolungato nel tempo (4-12 mesi) può provocare l’insorgenza di melanosi del colon. Inoltre, «è stata a lungo dibattuta la sicurezza degli antrachinoni a causa della loro positività in certi test in vitro di mutagenesi; studi farmaco-epidemiologici hanno fornito l’evidenza che i lassativi antranoidi sono sicuri quando alle dosi consigliate, vengono impiegati per brevi periodi per il trattamento della costipazione occasionale»21. L’uso per più di 1-2 settimane richiede vigilanza medica. Si consiglia di sospendere l’uso prima di ogni intervento chirurgico22. Il gel di A. vera è controindicato in caso di allergia alla pianta. In soggetti predisposti può provocare dermatite se impiegato a livello topico. In teoria il gel di Aloe assunto per os può potenziare l’azione di farmaci ipoglicemizzanti. Se il gel non è di buona qualità può contenere tracce di lattice e quindi determinarare azione lassativa. Se ne sconsiglia a scopo precauzionale l’uso in gravidanza. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) Aloe delle Barbados: la droga è costituita dal succo concentrato ed essiccato proveniente dalla foglie di Aloe vera (L.) Burm. f. (= A. barbadensis Miller), contenente al minimo 28% di derivati idrossi-antracenici espressi in barboilina. Aloe del Capo: la droga è costituita dal succo concentrato ed essiccato proveniente dalla foglie di diverse specie di Aloe, principalmente A. ferox e i suoi ibridi, contenente al minimo 18% di derivati idrossi-antracenici espressi in barboilina. Ciascuna di queste due specie di Aloe, o la loro miscelazione, sono utilizzate per la preparazione dell’estratto secco titolato al 20+/-1% di derivati idrossi-antracenici espressi in barboilina. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera: preparati equivalente a 10-30 mg di derivati ​​idrossiantracenici, espressi in barbaloina (= aloina), da assumere una volta al giorno, la sera (dose massima giornaliera di glicosidi idrossiantracenici: 30 mg). La dose individuale corretta è il quantitativo minimo necessario per produrre feci morbide (EMEA)23. 56

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Polvere: 0,02 g-0,03 g come eupeptico; 0,1 g-0,3 g per volta, come lassativo; 0,5 g-1 g come drastico. Dose massima: 0,5 g a presa, 1,5 g al giorno. Estratto secco titolato in derivati idrossi-antracenici espressi in barbaloina: 1 capsula la sera (non più di 2-3 volte alla settimana). Uso sporadico. Gel fresco o preparazioni contenenti gel fresco al 10-70%24. Estratto fluido: 2-3 gocce come digestivo; 6-8 gocce come lassativo; 10-30 gocce come purgante. A. vera T.M.: 5-20 gocce, diluite in acqua, 3 volte al giorno. Note di galenica Tradizionalmente si raccoglie il succo (lattice) che cola spontaneamente dalle foglie tagliate e che poi viene concentrato tramite ebollizione. Si presenta allora sotto forma di masse bruno scuro (A. vera (L.) Burm. f.) o a riflessi verdastri (Aloe du Cap o Ferox Miller). Il gel, costituito unicamente da colloidi idrofili (mucillagine delle cellule poliedriche della parte centrale della foglia), è ottenuto dopo eliminazione dei tessuti più esterni della foglia. I sali metallici favoriscono la liberazione di aloina: è per questo motivo che si trova spesso associato, in numerose preparazioni, al solfato ferroso. La Tintura Madre si prepara dal succo essiccato (titolo 65°). Formulario Succo di Aloe (Capasso) Aloe barbadensis folium, succus, 5g Theobroma cacao fructus, butyrrum 20 g Mescolare bene e ungere le parti interessate Curiosità • Il nome deriva dal greco als-alos perché la pianta vegeta presso il mare. Può anche derivare dall’arabo alua = amaro e dall’ebraico halat = amaro, allusione al sapore amaro del succo. • Cristoforo Colombo, durante uno dei suoi viaggi, annotò in un diario di bordo: «Quattro sono i vegetali indispensabili per il benessere dell’uomo: grano, uva, oliva e aloe. Il primo lo nutre, il secondo solleva il suo spirito, il terzo gli porta armonia, il quarto lo cura»25. • Padre Romano Zago, dell’Ordine dei frati minori, originario del Veneto, ha svolto il suo apostolato in Brasile: per primo ha segnalato le proprietà antitumorali dell’Aloe arborescens. La sua ricetta prevede l’utilizzo della pianta adulta di 4 o 5 anni. Le foglie vanno raccolte all’alba o al tramonto (lontano quindi dalle ore di sole). Una volta pulite con panno asciutto e mondate dalle spine presenti nel margine fogliare e dalle eventuali imperfezioni, vengono tagliati a pezzetti 300 grammi, quindi frullati unitamente a mezzo chilo di miele integrale e 4-6 cucchiai di distillato (grappa, cognac, whiskey), fino a rendere il tutto omogeneo. Il tutto viene posto in un recipiente di vetro scuro e conservato in frigo. Il consiglio di Padre Zago è quello di assumere un cucchiaio da tavola del composto mezz’ora prima dei 3 pasti principali, agitando prima dell’uso. È bene iniziare la cura gradualmente: un cucchiaio al giorno per 2 giorni aumentando poco alla volta fino a raggiungere il dosaggio massimo.

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Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 519; Bruneton J., 1993, op. cit., p. 364; OMS: monografie..., op. cit, vol. I, pp. 33-50. 2 Capasso F. et al., 2006, op. cit., p. 820. 3 Wichtl Max et al., op. cit., pp. 59-61. 4 Capasso F., 1993, Lassativi e purganti, Aboca, p. 59. 5 Wichtl Max et al., op. cit., p. 60. 6 Saito H, 1993, Purification of Active Substances of Aloe arborescens Miller and their biological and Pharmacological activity, Phytotherapy Research 7, 514-519; Corsi M.M., Bertelli A.A. et al., 1998, The therapeutic potential of Aloe Vera in tumor-bearing rats, Int. J. Tissue React. 20, 115-118; Kim H.S., Kacew S., Lee B.M., 1999, In vitro chemopreventive effects of plant polysaccharides (Aloe barbadensis miller, Lentinus edodes, Ganoderma lucidum and Coriolus versicolor), Carcinogenesis, 20, 1637-40. 7 Rondini S., Ovidi E. et al., 2000, Estratti da foglie di Aloe arborescens testati su cellule di mieloma murino aspetti ultrastrutturali e citologici, Acta Phytotherapeutica, 3, 3. 8 El-Shemy H.A., Aboul-Soud M.A. et al., 2010, Antitumor properties and modulation of antioxidant enzymes’ activity by Aloe vera leaf active principles isolated via supercritical carbon dioxide extraction. Curr Med Chem. 17(2):129-38. 9 Grandi M, 2008, Immunologia e fitoterapia, Tecniche Nuove, Milano, p. 161. 10 Davis K, Philpott S. et al., 2006, Randomised double-blind placebo-controlled trial of aloe vera for irritable bowel syndrome. Int. J. Clin. Pract., 60(9):1080-6; Langmead L, Feakins RM et al., 2004, Randomized, double-blind, placebo-controlled trial of oral aloe vera gel for active ulcerative colitis. Aliment Pharmacol Ther. 1;19(7):739-47. 11 Grover JK, Yadav S, Vats V., 2002, Medicinal plants of India with anti-diabetic potential. J Ethnopharmacol, 81(1):81-100. 12 Mills S., Bone K., op. cit., p. 233. 13 Yeh GY, Eisenberg D-M. et al., 2003, Systematic review of herbs and dietary supplements for glycemic control in diabetes. Diabetes Care. 26(4):1277-94. 14 Bruneton J., 1993, op. cit., p. 363; Feily A, Namazi M.R.G, 2009, Aloe vera in dermatology: a brief review. Dermatol Venereol. 144(1):85-91. Review. 15 Syed TA, Afzal M. et al., 1997, Management of genital herpes in men with 0.5 % Aloe vera extract in a hydrophilic cream: a placebo-controlled double-blind study. J Dermatol Treat. 8:99102; Syed TA, Cheema K.M. et al., 1996, Aloe vera extract 0.5 % in ahydrophilic cream versus Aloe vera gel for the management of genital herpes in males. A placebo-controlled, doubleblind, comparative study. J Eur Acad Dermatol Venereol. 7:294-295. 16 Maenthaisong R, Chaiyakunapruk N. et al., 2007, The efficacy of aloe vera used for burn wound healing: a systematic review. Burns. 33(6):713-8. Review. 17 Rondini S., Ovidi E. et al., ibidem. 18 Vasquez B. et al., 1996, Antinflammatory activity of extract from Aloe vera gel, J. Ethnopharmacol. 55(1), 69-75 (1996). 19 Feily A, Namazi MR, 2009, Aloe vera in dermatology: a brief review. G Ital Dermatol Venereol. 144(1):85-91. Review. 20 Capasso F., 1993, op. cit., p. 68. 21 Rondini S., Ovidi E. et al., ibidem. 22 Lee A. et al., 2004, Possible interaction between sevoflurane and Aloe vera. Ann Pharmacother; 38:1651-4. 23 http://www.ema.europa.eu/ 24 OMS: monografie..., op. cit, vol. I, p. 48. 25 Rondini S., Ovidi E. et al., ibidem.

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Palau

Aloysia citriodora Palau (= Lippia citriodora Kunth.)

Nome comune: Lippia; Verbena odorosa* Francese: Verveine odorante Inglese: Vervain; Lemonplant Tedesco: Zitronenstrauch Spagnolo: Cedrón; Hierba luisa * Da non confondere con Verbena officinalis L. Famiglia: Verbenaceae Parte utilizzata: foglie Costituenti principali: – olio essenziale (0,1-0,7%): geraniale (citrale a: 15-25%), nerale (citrale b: 15%), citronellale, metileptenone (2%); limonene (10-20%),1,8-cineolo (3-6%), geraniolo (6%), canfora (4%) ecc.; alcol terpenici (linalolo, terpineolo…); sesquiterpeni (cariofillene) – flavonoidi: salvigenina, eupafolina, ispidulina…; glucosidi del luteolo – iridoidi: verbenalina (0,1%) e acido geniposidico – derivati dell’acido idrossicinnamico: 3-7% verbascoside (= acteoside)1 Attività principali: eupeptica; antispasmodica Impiego terapeutico: ipotonia digestiva; stati neurodistonici; turbe minori del sonno

Utilizzo medico Di sapore gradevole e quindi di buona tollerabilità, rientra da sempre come aromatizzante nella composizione di svariate tisane. La pianta possiede tra l’altro interessanti proprietà stomachiche e antispasmodiche: per queste sue caratteristiche trova indicazione nell’ipotonia digestiva, nella disappetenza e nel meteorismo. Risulta particolarmente attiva nelle epigastralgie caratterizzate da spasmo gastrico e palpitazioni (stati ansiosi) e nel trattamento sintomatico degli stati neurodistonici degli adulti e dei bambini, in particolare nelle turbe minori del sonno. L’olio essenziale si è dimostrato spasmolitico per inibizione della liberazione di istamina (ileo isolato di cavia) e dotato di proprietà antibatteriche in particolare nei confronti di streptococchi e lactobacilli2. In letteratura viene segnalato un solo studio clinico (datato) che ha riportato l’assenza dell’azione sedativa o ansiolitica dell’infuso di Verbena odorosa nell’uomo 3. La Verbena odorosa, oltre a favorire la funzionalità gastrica, migliora lo stato di salute della pelle: può rientrare pertanto nelle formulazioni di drenaggio per quei soggetti che presentano problemi cutanei (dermatosi in genere). Uso esterno L’olio essenziale manifesta proprietà analgesiche, stimolanti dell’epidermide e antinevralgiche (Proserpio). L’industria profumiera utilizza in modo primario l’olio 59

18 • Aloysia

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Palau

essenziale (oleum Verbenae): per la delicata azione lenitiva e distensiva rientra nella formulazione di svariati preparati per il corpo. L’olio essenziale viene anche impiegato in compresse per la cura delle piaghe difficili da cicatrizzare4. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non cita effetti secondari tossici. È comunque opportuno non abusarne, in quanto l’uso eccessivo può determinare irritazione a livello gastrico (Leclerc). Per quanto riguarda l’olio essenziale, il suo potere di sensibilizzazione e fototossicità risulta molto debole5. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle foglie essiccate contenenti al minimo 2,5% di acteoside espresso in acido ferulico e al minimo 3ml/kg di olio essenziale (foglie intere) o al minimo 2ml/kg (foglie frammentate). Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 0,5 al 2%, 1 tazza più volte al giorno (dopo i pasti); 5-20 g di foglie per litro: 2-5 tazze al dì. Olio essenziale: 3-6 gocce/die. Lippia citriodora T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla foglia fresca (titolo 65°). Formulario Tintura di Verbena odorosa (Van Hellemont) Lippia c. T.M. 20 g Alcol 20° 80 g S/un cucchiaino da caffè al bisogno, negli spasmi gastrici Gocce per il drenaggio cutaneo Lippia c. T.M. Viola t. T.M. Taraxacum o. T.M. ana parti in unico flacone S/30 gocce, diluite in un bicchiere di acqua, 1-3 volte al dì per 20 giorni Curiosità • Talvolta viene usata come succedaneo del caffè o del tè; le foglie essiccate aggiunte allo zucchero gli conferiscono un aroma gradevole. Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 488. 2 Ibidem. 3 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 677; Wannmacher L. et al., 1990, Fitoterapia, 61, 449-453. 4 Teuscher E. et al., ibidem, p. 489. 5 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, ibidem.

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Althaea officinalis L.

Nome comune: Altea; Malvone; Bismalva Francese: Guimauve Inglese: Marshmallow Tedesco: Echte Eibisch Spagnolo: Malvavisco Famiglia: Malvaceae Parte utilizzata: radice; foglie e fiori Costituenti principali: Radice: – mucillagine (10-20%)1: D-galattosio, L-ramnosio, acidi D-glucuronico e D-galatturonico; arabinogallatani – flavonoidi; acidi fenoli (acido caffeico, ferulico e clorogenico) e scopoletolo2 – amido (30-35%) e pectine (7-10%)3 Foglie: mucillagine (6-9%)4, tracce d’olio essenziale e flavonoidi Fiori: mucillagine (5-8%), asparagina, tracce d’olio essenziale; flavonoidi, antocianosidi Attività principali: emolliente, antinfiammatoria; vulneraria Impiego terapeutico: laringo-tracheo-bronchite; cistite; gastroenterite

Utilizzo medico Tutte le parti della Altea contengono mucillagini e ciò caratterizza l’attività della pianta come emolliente e antinfiammatoria. La concentrazione è decrescente dalla radice, alle foglie, ai fiori. Le droghe vegetali ricche in mucillagini vengono utilizzate negli stati flogistici per lenire le mucose infiammate e irritate (vie respiratorie in particolare) e a livello cutaneo. Althaea officinalis L. (radice, foglie e fiori) rientra nel trattamento sintomatico della tosse di tipo irritativo e dei fumatori, delle affezioni broncopolmonari (bronchite e tracheite) e nella pertosse grazie all’azione antinfiammatoria, emolliente e lenitiva che manifesta. È stata segnalata, inoltre, anche un’attività immunomodulante: studi in vitro e su cavia hanno individuato tale proprietà (stimolazione della fagocitosi) nella frazione polisaccaridica della radice5. Tradizionalmente i fiori fanno parte delle specie pettorali. Preparati a base di Altea risultano efficaci in caso di infiammazioni moderate del tratto gastrointestinale. La grande quantità di mucillagine presente nella radice della pianta esercita a livello della mucosa gastrica proprietà gastroprotettrici e, a livello intestinale, proprietà adsorbenti le tossine, antinfiammatorie, lenitive e antispasmodiche. La decozione della radice, o meglio la macerazione a freddo della radice contusa viene impiegata in clisteri in caso di infiammazione della mucosa intestinale (enterocoliti acute, colon irritabile, colite ulcerosa, proctite ecc.). Secondo il medico francese H. Leclerc (XX sec.), una polvere composta da due parti di radice di Altea, una parte di Liquirizia e una di lattosio costituisce un rimedio efficace contro la stipsi (1 cucchiaino in un po’ d’acqua ogni mattino a digiuno). Alcuni autori preconizzano l’impiego di preparati di Altea nel trattamento della cistite, della cistalgia e dell’enuresi. L’infuso viene segnalato come veicolante per mitigare l’azione di farmaci irritanti6. 61

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Uso esterno Per uso esterno risulta utile, sotto forma di collutorio, nell’infiammazione della bocca (stomatite cronica) e nelle flogosi faringee (faringite acuta)7. L’Agence du Médicament conferma le proprietà antalgiche della pianta nelle affezioni della cavità orale e/o della faringe8. Decotti di Altea sono impiegati, infatti, come emollienti negli ascessi dentari e, come gargarismi, nella laringite e nella raucedine. Si ricorda l’uso tradizionale della radice di Altea come masticatorio, quale lenitivo nell’infiammazione gengivale conseguente alla dentizione nel bambino. In campo dermatologico si sfrutta l’azione addolcente e antipruriginosa. Per l’azione trofica e protettiva viene usata come coadiuvante nei preparati contro bruciature, ragadi, screpolature, punture di insetto. Nella foruncolosi, risulta utile come emolliente e maturativo. Il decotto della radice (da 10 a 30 g per litro), utilizzato sotto forma di cataplasmi, è lenitivo per gli ascessi e i foruncoli e sollecita la loro maturazione. La pianta si utilizza anche in cosmetologia, nella fabbricazione di preparati idratanti e addolcenti per la pelle. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. L’assunzione di posologie elevate o prolungate nel tempo può tuttavia causare nausea, vomito e disturbi gastrointestinali (ESCOP). L’elevato contenuto in mucillagine è in grado di determinare un ritardo nell’assorbimento di farmaci, se assunti contemporaneamente alla pianta. Si consiglia particolare cautela nei soggetti in trattamento con insulina o ipoglicemizzanti orali, poiché può contribuire a ridurre ulteriormente i livelli glicemici9. Solo per la specie Althaea rosea L. sono stati segnalati nella cavia deboli effetti antiestrogenici e androgenici10. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle foglie intere o frammentate, essiccate dalle radici essiccate decorticate e non decorticate, intere o tagliate di A. officinalis L. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): radice, 6 g/die; foglia e fiore, 5 g /die; sciroppo di radice, 10 g/die. Infuso (foglie-fiori): 2 g per tazza d’acqua bollente; lasciare in infusione per 10 minuti, filtrare e bere più volte nella giornata. Macerato (radice): porre 1-2 cucchiaini in 150 ml in acqua fredda e lasciare a macerare per circa un’ora e mezza, mescolando frequentemente; filtrare e bere una tazza più volte al dì. Deve essere preparata sempre di fresco. Decotto (uso topico): «15 g di radici in taglio minuto e si versano in 500 ml d’acqua fredda che si porta a ebollizione; la si mantiene per circa 5 min, si spegne e si lascia in infusione fino a intiepidimento del liquido. Si filtra e si usa»11. Polvere: 50-150 g per cps. Estratto secco nebulizzato e titolato in mucillagini totali min. 10% (Farmacopea Francese X): 1 capsula 1-3 volte al dì. Althaea officinalis T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 tre volte al dì.

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officinalis

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Note di galenica La tecnica di preparazione, per quanto riguarda in particolare la radice, dipende dallo scopo da raggiungere. Le preparazioni ottenute a freddo sono soluzioni di mucillagine: con il calore, infatti, si ottiene il rigonfiamento dell’amido e una miscela di amido e di mucillagine. Se la preparazione di Altea è per uso interno viene consigliata l’estrazione a freddo (macerazione di qualche ora a freddo), per uso esterno la preparazione può essere fatta a caldo. La pianta risulta incompatibile con tutte le sostanze che precipitano le mucillagini (alcol, tannini, sali di ferro). La Tintura Madre si prepara dalla parte sotterranea fresca della pianta (titolo 45°). Formulario Sciroppo di Altea (Benigni) Altea Estratto Fluido Sciroppo semplice F.U. q. b. a S/un cucchiaino da tè, 3 volte al dì

2-5 g 100 g

Specie pettorali (Medicamenta) Fiori di Malva p. 4 Radice Altea tagliuzzata p. 4 Radice di Liquirizia p. 4 Frutti di Anice volgare p. 4 Si contundano, si mescolino e si conservino in vasi chiusi e in luogo asciutto Gocce pettorali Althaea officinalis T.M. 30 ml Viola odorata T.M. 20 ml Liquirizia T.M. 10 ml S/30 gocce, diluite in acqua o tisana, 3-4 volte nella giornata Stipsi (regolatore intestinale) Polvere Altea 0,150 g Polvere Liquirizia 0,100 g S/1-2 capsule, al mattino a digiuno. Assumere con acqua (Formulazione controindicata in caso di ipertensione) Tosse Lichen islandicus Althaea o. Hedera h. Auranti per. Sciroppo s. F.U. S/un cucchiaino 4-5 volte al dì

T.M. 5 g T.M. 5 g T.M. 5 g T.M. 5 g 80 g

Cistite Filipendula u. T.M. Equiseto a. T.M. Althaea o. T.M. ana parti in unico flacone S/50 gocce, diluite in camomilla concentrata, 3 volte al dì 63

19 • Althaea

officinalis

L.

Maceratio Althaea (DRF) Sirupus althaeae Sir. plantaginis lanceol. Mel foeniculi aa ad 100 S/1 cucchiaino da caffè ogni 2 ore (Infiammazione dell’intestino nei bambini) Specie composta per tisana all’Altea (F.U.) (Tossi stizzose) Althaeae r. 30% Foeniculi r. 10% Thymi h. 25% Plantaginis fol. 15% Liquiritiae rad. 10% Lichen isl. 10% S/un cucchiaio per tazza d’acqua bollente, 2-3 tazze al dì Sciroppo espettorante-emolliente Thymi herba T.M. 15 g Liquiritiae rad. T.M. 5 g Althaeae rad. T.M. 5 g Sciroppo semplice F.U. 75 g S/un cucchiaio più volte al dì, lontano dai pasti Curiosità • Il nome Altea deriva dal greco e significa guarire: gli antichi facevano, infatti, largo uso della pianta. La prima descrizione si deve a Dioscoride (I sec. d.C.) che la segnala come pianta molto utile sia per via interna che esterna. • Mattioli (XVI sec.) scrive: «È stato sperimentato, che pigliandosi una dramma e mezza del suo seme in polvere nel vino, rompe e tira fuori le pietre che si generano nelle reni, provoca l’orina e guarisce il dolore causato da quelle». Note bibliografiche 1 AA.VV., 2002, OMS: monografie…, op. cit., vol. II, p. 8. 2 Bruneton J., 2009., op. cit., p. 126. 3 Capasso F. et al., 2006., op. cit., p. 693. 4 Raynaud J., Prescription et conseil en aromathérapie, op. cit., p. 138. 5 Ibidem. 6 Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 163. 7 Brinckmann J., 2003, Journal of Alternative and Complementary Medicine, 9, 285-298. 8 Cahier n. 3 de l’Agence du Médicament, 1998. 9 LaValle J.B., Krinsky D.L., Hawkins E.B., Pelton R., Ashbrook N., 2000, Natural Therapeutics Pocket Guide 2000-2001, Lexi-Comp Ed.; Tomoda M. et al., 1987, Hypoglycemic activityof twenty plant mucilages and three modified products, Planta Med. 53, 8-12. 10 Mills S.- Bone K., op. cit., p. 505. 11 Chiereghin P., 2005, Fitoterapia per il farmacista, Tecniche Nuove, Milano, p. 251.

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20 • Ammi

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majus

L.

Ammi majus L.

Nome comune: Ammi; Visnaga maggiore Francese: Ammi élevé Inglese: Bishop’s weed Tedesco: Großes Knorpelmöhre Spagnolo: Ameo mayor Famiglia: Apiaceae Parte utilizzata: frutti Costituenti principali: – furanocumarine: 0,5% ammoidina [xantotossina (8-metossi psoralene)] 0,3% ammidina [imperatorina (8-dimetilallilossipsoralene)] 0,04% majudina [bergaptene (5-metossi psoralene)] – oleoresina (5%), tannino, olio fisso (ca. 13%), protidi (ca. 14%), mucillagine, gomme, ossalato di calcio… Attività principali: pigmentante, fotosensibilizzante Impiego terapeutico: leucodermie (solo sotto controllo medico!)

Utilizzo medico La pianta viene da sempre utilizzata nel trattamento della leucodermia in virtù delle proprietà pigmentanti e fotosensibilizzanti. Sembra che i primi a utilizzarla per tale scopo siano stati i medici arabi. Attualmente i frutti della pianta costituiscono una fonte per la produzione delle furanocumarine, in particolare per la xantotossina (ammoidina/metoxalene) utilizzata in PUVA-terapia1. L’uso interno della pianta è causa di svariati e gravi effetti collaterali, dovuti all’azione irritante a livello gastroenterico ed epatorenale. Si possono manifestare nausea, vomito, diarrea, dolori addominali, eritemi, fotodermatiti ecc. (vedi: Tossicità…). L’uso di Ammi majus L. e dei suoi derivati deve essere praticato, pertanto, solo sotto attenta e continua sorveglianza di medici specialisti. Il dottor Bruno Brigo consiglia, per os, l’impiego della tintura diluita alla terza decimale (Ammi majus 3DH)2. Nel trattamento della vitiligine, la somministrazione viene effettuata sia esternamente che internamente e accompagnata con esposizione estremamente graduale della pelle al sole o ai raggi ultravioletti. Allo scopo di evitare iperpigmentazione nelle zone limitrofe alle aeree leucodermiche è necessario circoscrivere l’applicazione della soluzione alla zona acromica. Risulta importante, inoltre, lavare dopo l’esposizione le zone trattate, ricoprirle con una crema antiattinica ed evitare nell’arco della giornata un’ulteriore esposizione al sole. Il miglioramento che si ottiene utilizzando questa pianta non è però né completo né definitivo. Gli effetti secondari, comunque, ne limitano l’impiego. Sembra che i principi attivi estratti dalla pianta siano meglio tollerati. Recentemente il trattamento sintomatico della psoriasi con xantotossina (8-MOP = 8 metossipsoralene) seguito da PUVA-terapia sembra abbia fornito risultati interessanti3. Il trattamento comunque deve essere effettuato solo da medici esperti. 65

20 • Ammi

majus

L.

Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’uso della pianta può causare cefalea, vertigini, nausea, vomito, diarrea e crampi intestinali. Può provocare, inoltre, dermatite desquamante, epatite con cirrosi o nefrite. Esperimenti condotti su animali hanno dimostrato che un uso prolungato di furocumarine può provocare lesioni oculari (cataratta) e lo sviluppo di tumori. L’uso cosmetico della pianta (creme abbronzanti ecc.) deve essere proibito. Non usare in gravidanza e in età pediatrica. Forme farmaceutiche e posologia Estratto fluido o T.M.: per uso esterno: solo sotto controllo medico! Note di galenica La Tintura Madre si prepara dalle sommità fresche in corso di fioritura (titolo 65°). Formulario Vitiligo (Benigni) Ammi majus Estratto Fluido 20 g Alcol 70° 80 g Per uso esterno: solo sotto controllo medico! Curiosità • Il nome Ammi deriva dal greco ammos, sabbia, in riferimento all’habitat della pianta. • Pianta originaria dell’Egitto, dell’Iran e dell’India, viene utilizzata nei paesi d’origine, in particolare in India, come carminativo, vermifugo, diuretico4. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 1993, op. cit., p. 236. 2 Brigo B., 1997, L’uomo, la fitoterapia, la gemmoterapia, Tecniche Nuove, Milano, p. 625. 3 Frohne D. et al., op. cit, p. 13. 4 Dorvault F., op. cit., p. 97.

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visnaga Lam.

Ammi visnaga (L.) Lam.

Nome comune: Ammi visnaga; Khella Francese: Ammi visnaga; Khella Inglese: Toothpick ammi Tedesco: Bischofskraut Spagnolo: Biznaga Famiglia: Apiaceae Parte utilizzata: frutti Costituenti principali: – furanocromoni (2-4%): khellina, visnagina, khellolo, khellinolo ecc. – piranocumarine (0,20,5%): visnadina, samidina, diidrosamidina… – lipidi (18%); furanoacetofenoni – flavonoidi: quercetina, kaempferolo, isoramnetina… – olio essenziale (0,02-0,03%): canfora, carvone,α-terpineolo, terpinen-4-olo, linalolo… Attività principali: attività spasmolitica Impiego terapeutico: asma, bronchite asmatica; disturbi stenocardici lievi; litiasi urinaria

Utilizzo medico La pianta è dotata di attività spasmolitica (muscolatura liscia) a livello cardiaco, bronchiale, gastroenterico, urinario. L’attività miolitica si esercita in modo elettivo sulla muscolatura liscia vasale (vasi coronarici, in particolare) determinando una vasodilatazione «con effetto meno energico di quello dovuto al nitrito di amile o alla trinitrina ma notevolmente superiore a quello determinato dall’aminofillina e, in ogni caso, molto più duraturo»1. La khellina (principio attivo) è dotata di attività spasmolitica (circa la metà rispetto a quella della papaverina) così come la visnagina (attività inferiore rispetto alla khellina) mentre la visnadina è un vasodilatatore coronarico in grado di determinare un marcato aumento della circolazione coronarica. L’incremento del flusso ematico a livello delle coronarie, e un migliorato trofismo del miocardio, ne rendono interessante l’impiego nei disturbi stenocardici lievi e nell’angina pectoris. La visnadina è presente, del resto, in alcuni preparati utilizzati nel trattamento delle cardiopatie ischemiche. La kellina non apporta sensibili modificazioni sulla pressione arteriosa, per cui preparati della pianta possono essere impiegati in quei casi in cui la somministrazione di altri farmaci, per il conseguente effetto ipotensivo, sarebbero controindicati. La durata d’azione dell’Ammi visnaga (L.) Lam. si manifesta in modo lento ma durevole. È soprattutto un medicamento a effetto prolungato (in media 6 ore)2. La pianta manifesta la sua azione spasmolitica anche a livello della muscolatura liscia bronchiale e risulta efficace nell’asma bronchiale, nella pertosse, e nella bronchite asmatica. La kellina, che è stata oggetto di indagine clinico-sperimentale, viene considerata una sostanza «dotata di potente azione antispastica bronchiale, capace di troncare un accesso asmatico in atto e di mantenere in uno stato di rilasciamento la muscolatura bronchiale. La sua azione sull’attacco asmatico oltre che a fattori individuali 67

21 • Ammi

visnaga Lam.

sarebbe strettamente legata alla dose di impiego»3. A questo proposito, infatti, viene consigliato di «iniziare con un dosaggio elevato e di ridurre in seguito, durante la terapia di mantenimento che deve essere prolungata». I risultati terapeutici dipendono, pertanto, dalla determinazione della posologia adeguata sia per la fase acuta che per quella di mantenimento. Secondo Van Hellemont, Ammi visnaga (L.) Lam. è un rimedio preventivo dell’asma che può essere utilizzato durante i periodi di remissione4. Per quanto riguarda il sistema renale la pianta svolge azione spasmolitica a livello di uretere e uretra, per cui trova impiego nella nefrolitiasi e in particolare nell’evacuazione dei calcoli e come coadiuvante nel trattamento post-operatorio della urolitiasi (Commissione E del BfArM). Si manifesta, inoltre, un’attività diuretica, dovuta alla contemporanea presenza di flavonoidi e furanocromoni. Ammi visnaga (L.) Lam. esercita, infine, il suo potere spasmolitico anche a livello del sistema gastrointestinale e delle vie biliari: combatte, quindi, gli spasmi del tratto gastro-intestinale e le coliche biliari. In passato veniva impiegata nella dismenorrea: attualmente questo impiego è desueto. L’impiego della kellina è stato segnalato per accelerare la dilatazione dell’utero e per facilitare, quindi, il parto5. Altre segnalazioni particolari riguardano una supposta attività antiulcera che renderebbe la kellina un efficace agente terapeutico dell’ulcera gastrica e duodenale6 e la proprietàdi inibire la reazione neuroendocrina all’aggressione, bloccando la secrezione ipofisaria di ACTH7. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari ai dosaggi terapeutici. Un dosaggio elevato e prolungato nel tempo di kellina (il principio attivo) provoca effetti collaterali che non raggiungono mai un grado di gravità tale da fare sospendere il trattamento. Tali disturbi, che scompaiono immediatamente sospendendo la terapia, sono rappresentati da nausea, anoressia, vertigini, stipsi, disappetenza, cefalea, a volte prurito, insonnia. Usare cautela in gravidanza e allattamento (solo prescrizione medica). Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 0,5 g di frutti contusi per tazza d’acqua bollente infondere per 15 minuti. Bere 2 o 3 tazze al giorno. Estratto fluido (1 g = 43 gocce): 2-4 g pro dose, 3-4 volte al dì. Ammi visnaga T.M.: 30 gocce, diluite in avcqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica La Tintura Madre si prepara dai semi (frutti) essiccati (titolo 65°). Curiosità • Pianta di origine mediterranea (Egitto, Marocco); il nome arabo della pianta è Kell o Khillé. La pianta è conosciuta nei vari paesi dell’area mediterranea come “erba cura-denti”, in quanto i raggi della inflorescenza, che hanno un leggero sapore aromatico, sono usati come stuzzicadenti (Spagna). • Il decotto dei frutti di Ammi visnaga è utilizzato, da diversi secoli, dagli abitanti del Medio Oriente contro i calcoli ureterali. Nel 1930 Saman, ricercatore egiziano, aveva segnalato le proprietà spasmolitiche della tintura a livello degli ureteri e dell’intestino, e quelle vasodilatatrici sui vasi coronarici. L’ultima osservazione venne, però, trascurata fino a che un addetto allo stesso laboratorio assunse la tintura per evacuare un calcolo di cui soffriva e avvertì contemporaneamente un 68

21 • Ammi

visnaga Lam.

miglioramento delle turbe coronariche di cui soffriva da diverso tempo e che gli procuravano crisi frequenti di angina pectoris8. Note bibliografiche 1 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I, p. 79. 2 Van Hellemont J., op. cit., p. 27. 3 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I, p. 76; Taddei I., Cenni A., Giachetti D., 1989, Phytotherapy, 28, 6-9. 4 Van Hellemont J., op. cit., p. 28. 5 Smith E., Hosansky N., Bywater W.G., 1957, J. Am. Chem. Soc. 79, 3534. 6 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., ibidem, pp. 78-79. 7 Douzon C., Aron F., 1957, Thérapie, 12, 6, 921-926. 8 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 857.

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graveolens

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Anethum graveolens L.

Nome comune: Aneto Francese: Aneth odorant Inglese: Dill Tedesco: Dill Spagnolo: Eneldo Famiglia: Apiaceae Parte utilizzata: frutti Costituenti principali:1 – olio essenziale (2,5-5%)*: carvone (1881%), dihydrocarvone (0,1%-62%), limonene (10-50%); α-fellandrene β-fellandrene (> foglie), dill-etere (responsabile dell’aroma), dillapiolo (5%) * La composizione dell’olio essenziale varia a seconda del chemiotipi – flavonoidi (kaempferolo, vicenina) – derivati cumarinici (bergaptene, ombelliferone e xantossina) – lipidi (10-20%) – falcarindiolo, furanocumarine (ossipeucedanina e altre) Attività principali: azione spasmolitica, aromatizzante, eupeptica, colagoga e coleretica; diuretica; battericida Impiego terapeutico: singhiozzo, vomito nervoso, aerofagia, flatulenza; turbe minori del sonno

Utilizzo medico L’Aneto era molto apprezzato dagli antichi per il suo aroma. I frutti, ricchi in olio essenziale, svolgono un’azione stimolante e contemporaneamente spasmolitica a carico degli organi dell’apparato digerente: risultano particolarmente utili nel calmare il singhiozzo e il vomito nervoso, nell’aerofagia e flatulenza e nelle coliche intestinali di origine nervosa. L’azione spasmolitica è sostenuta dal carvone. Queste proprietà calmanti ne determinano l’impiego, come coadiuvante, anche nelle turbe minori del sonno e nelle coliche infantili (infuso). Preparati a base di Aneto favoriscono, inoltre, la secrezione salivare e gastrica e facilitano pertanto i processi digestivi. Viene consigliato, per il gradevole aroma, di masticare i frutti in caso di alitosi. Lo sciroppo d’Aneto, usato come aromatizzante, è un buon veicolo per somministrare ai bambini alcuni medicamenti dei quali riesce a mascherare il sapore. Accanto alle proprietà spasmolitiche sono presenti quelle battericide (dimostrate in vitro) che ne fanno un buon rimedio per combattere i processi fermentativi a carico dell’apparato digerente: come carminativo e antimeteorico può essere, pertanto, impiegato nel trattamento delle dispepsie e del colon irritabile e come adiuvante « nel trattamento della componente dolorosa delle turbe funzionali digestive» (Agence du Médicament, 1998). È dotato, inoltre, di attività galattagoga. Il frutto essiccato di Aneto è tradizionalmente impiegato per favorire l’eliminazione renale di acqua (attività diuretica)2. 70

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graveolens

L.

Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. La droga possiede un debole potenziale di sensibilizzazione (Teuscher E., 2005). A scopo precauzionale non utilizzare l’olio essenziale in gravidanza, durante l’allattamento e in età pediatrica. Forme farmaceutiche e posologia Posologia giornaliera media (Commissione E del BfArM): Aneto frutti, 3 g/; olio essenziale, 0,1-0,3 g/die. Infuso: 3 g di frutti triturati in 200 ml di acqua bollente. Infondere per 15 minuti, filtrare e bere durante la giornata. Olio essenziale: 2-6 gocce al dì; 1 goccia su supporto neutro prima dei pasti principali (Raynaud J., 2006). Anethum graveolens T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica La droga è costituita dal frutto essiccato che deve contenere al minimo 25 ml/kg di olio essenziale (Ph. Fr., 10° ed.). La Tintura Madre si prepara dai frutti essiccati (titolo 65°). Formulario Infuso composto (Leclerc) Aneto frutti 30 g Angelica frutti 20 g Tiglio somm. fior. 50 g S/un cucchiaio da minestra per tazza d’acqua bollente in infusione per 15 minuti Gocce contro il meteorismo Aneto T.M. Camomilla T.M. Carvi T.M. ana parti in unico flacone S/30 gocce per tazza d’infuso caldo. Da 2 a 3 tazze al giorno dopo i pasti Curiosità • Il nome deriva dal greco ànetos = sciolto, scapigliato, dalla forma delle foglie. • Nell’insonnia viene consigliata la seguente bevanda: 10 g di semi di Aneto in decozione in 1/4 di litro di vino bianco: assumere prima di andare a dormire3. • In Brasile alla pianta vengono riconosciute proprietà antiemorroidali (infuso ottenuto con le parti aeree). La riduzione dei noduli emorroidali sembra tanto più rapida quanto più alta è la concentrazione in carvone. Può essere impiegato anche l’estratto fluido della pianta fresca4. • I frutti sono usati come aromatizzanti di liquori, salse, conserve e in pasticceria. Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 107. 2 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 445. 3 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 859. 4 Freise F.W., 1938, Pharm. Zentralh. 79, 636-638.

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23 • Angelica

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archangelica

L.

Angelica archangelica L. (= Archangelica officinalis Hoffm.)

Nome comune: Angelica; Arcangelica Francese: Angélique Inglese: Angelica Tedesco: Angelika Spagnolo: Angélica Famiglia: Apiaceae Parte utilizzata: Radici; frutti, foglie Costituenti principali:1 Radice e rizoma*: – olio essenziale (0,3-1,3%): α-pinene (14-32%), β-fellandrene (13-28%), Δ3 -carene (circa 16%), α-fellandrene (214%); acetato di bornile, camphene, 1,8-cineolo, p-cymene, limonene, myrcene, β-pinene, sabinene ecc.; sesquiterpeni, quali β-bisabolene e β-bisabololo, idrossicumarine prenilate e lattoni macrociclici (circa 1,5%) responsabili dell’aroma(13tridecanolide, 15-pentadecanolide, 12-metil-13-tridecanolide ecc.) – furanocumarine (0,5-1,6%): angelicina, archangelina, bergaptene, imperatorina, archangelicina, xantossina, ossipeucedanina, marmesina ecc. – idrossicumarine: umbelliferone, osthenolo, ostholo ecc. – acido caffeico e clorogenico2 * Le specie asiatiche contengono anche ftalidi (azione antispasmodica), polisaccaridi solubili e polienine (azione antalgica)3 Frutti: – olio essenziale (0,6-1,8%): exilmetilftalato (circa 30%), α-pinene (circa 30%), β-fellandrene (circa 2%), β-cariofillene (circa 2,5%), camphene (circa 2%), β-bisabolene (circa 1,5%) ecc. – furocumarine (circa 1,3%): imperatorina (0,5%),iso-omperatorina (0,38%), bergapetene (0,35%) ecc. – idrossicumarine: umbelliferone – lipidi (17-25%) Foglie: – olio essenziale (circa 0,1%): β-fellandrene (circa 34%), α-pinene (circa 27%), β-pinene (circa 24%); myrcene, p-myrcene, cis- e trans-β-ocimene – furanocumarine (0,2-0,7%): xantossina,imperatorina, ossipeucedanina, angelicina, bergaptene, isopimpinellina Attività principali: antispasmodica; carminativa, antidispeptica; tonica; antibatterica Impiego terapeutico: dispepsia, inappetenza; turbe psicosomatiche; dismenorrea

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23 • Angelica

archangelica

L.

Utilizzo medico Angelica archangelica L. è un amaro-aromatico utile nelle dispepsie dovute in particolare a diminuzione della secrezione di succo gastrico. È un tonico cordiale in grado di risvegliare l’appetito e facilitare i processi digestivi. La pianta viene, infatti, impiegata come stimolante dell’appetito nei disappetenti. Presenta anche attività spasmolitica il che ne giustifica, probabilmente, l’utilizzo nell’insonnia nervosa, nella dismenorrea, nella gastralgia, nei dolori cronici dello stomaco, dell’intestino e delle vie biliari ecc. Si tratterebbe, pertanto, di un buon antispasmodico che interviene favorevolmente ogni qualvolta il fattore nervoso risulta essere alla base del disturbo funzionale. È stato pubblicato uno studio che ha indagato gli effetti antiossidanti della pianta. I ricercatori hanno testato gli effetti di un estratto di A. archangelica in caso di epatotossicità cronica indotta con etanolo. La pianta risulta essere un agente citoprotettivo efficace contro l’epatotossicità cronica indotta da etanolo, probabilmente attraverso l’inibizione della produzione di radicali liberi dell’ossigeno, che determinano la perossidazione lipidica e, quindi, indirettamente protegge il fegato dallo stress ossidativo4. Le furanocumarine sono responsabili della fototossicità della pianta, per cui è buona regola, durante il suo utilizzo, evitare prolungate esposizioni solari. L’angelicina (furanocumarina) si è dimostrata anticonvulsivante, miorilassante e sedativa (esperimenti su cavia) mentre l’arcangelicina e i suoi derivati manifestano azione coronarodilatatrice5. L’estratto alcolico della pianta avrebbe azione antibatterica e antifungina, in particolare nei confronti della Candida albicans (Delaveau, 1979). Le specie asiatiche, la cui farmacologia è meglio conosciuta, avrebbero attività immunologica (stimolazione della produzione di interferone, stimolazione dei macrofagi ecc.), azione legata a una glicoproteina della frazione polisaccaridica6. Viene anche segnalato l’impiego della pianta nel trattamento palliativo dell’ipofollicolinismo, per la supposta presenza di principi estrogenici7. L’utilizzo dell’olio essenziale, che risulta un efficace stimolante dei processi digestivi (dispepsia) e un valido antispasmodico (dismenorrea) deve essere attentamente controllato e occorre non superare le 3 gocce su supporto neutro, 1-3 volte al dì. Evidenziate anche proprietà emopoietiche8. Radici e frutti possono essere impiegati, per le proprietà carminative, nelle affezioni gastrointestinali sotto forma di polvere (4-10 g) o infuso al 5%: più efficaci ancora gli steli freschi, particolarmente aromatici9. Nota: può essere interessante segnalare uno studio che evidenzia l’azione protettiva di Angelica sinensis (Oliv.) Diels nei confronti dell’infarto del miocardio tramite aumento del flusso coronarico e riduzione del consumo di ossigeno10. Questa pianta è in grado anche di inibire l’aggregazione piastrinica e di manifestare azione ipotensivante. Uso esterno Viene segnalato un uso popolare dell’olio essenziale di A. archangelica in forma di frizioni e linimenti nei dolori reumatici, nei bagni stimolanti, nelle punture di insetti e per accelerare la guarigione di ferite e abrasioni. Era inserito anche nei preparati antiscabbia11. Le foglie, che perdono le loro proprietà quando vengono disseccate, rientrano nella formulazione dell’Alcolato vulnerario. Nota: L’angelica coltivata in Europa per uso medicinale è l’Angelica archangelica var. sativa. 73

23 • Angelica

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Tossicità, interazioni ed effetti secondari Rientra tra le piante classificate come GRAS -Substances Generally Recognized As Safe (FDA U.S. Food and Drug Administration). La letteratura non segnala effetti secondari alle dosi terapeutiche. Occorre porre attenzione comunque all’azione fotosensibilizzante, per cui durante l’assunzione della pianta è opportuno evitare esposizioni prolungate al sole o ai raggi UV (Commissione E del BfArM). È bene precisare, però, la scarsa solubilità in acqua delle furocumarine, per cui la preparazione tramite infuso viene segnalata come innocua12. Si ricorda inoltre che, come tutte le piante contenenti principi amari, può determinare, in soggetti sensibili, disturbi gastrici da iperacidità. Se ne sconsiglia l’impiego in gravidanza (dosi molto elevate hanno un effetto abortivo) e durante l’allattamento. Sono state segnalate possibili interazioni tra Angelica sinensis e farmaci anticoagulanti13. La Commissione E del BfArM della sanità tedesca mentre conferma le proprietà terapeutiche delle parti radicali, precisa che per i frutti e le foglie non vi sono conferme e di conseguenza ne sconsiglia l’impiego. Di diverso avviso l’Agence du médicament che nella Note explicative (1998) ne ammette la validità terapeutica e quindi l’uso (indicazioni analoghe a quelle delle parti radicali della pianta). Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla radice e dal rizoma essiccati, interi o tagliati, con un contenuto minimo di 2 ml/kg di olio essenziale Forme farmaceutiche e posologia Posologia giornaliera media (Commissione E del BfArM): 4-5 g di radice essiccata/die; estratto fluido (1:1), 1,5-3 g/die; olio essenziale, 10-20 gocce/die. Posologia giornaliera media (ESCOP): 3-6 g di radice essiccata/die; bambini: 4-10 anni: 2-3 g; 10-16 anni: 3-4 g. Infuso: infondere un cucchiaino (1,5 g) di radici finemente triturate per tazza d’acqua bollente; filtrare dopo 30 minuti. Bere una tazza di infuso tiepido mezz’ora prima dei pasti. Decotto: 1,5 g di radici finemente triturate in 250 ml di acqua fredda, portare a ebollizione e far bollire a fuoco basso per 10 minuti. Filtrare e bere 3 tazze al dì. Polvere: 0,5-1 g pro dose in ostia, 2-3 volte al dì. Bagni: 100-200 g di decotto di radice per bagno. A. archangelica T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica Le radici sono molto igroscopiche e attirano gli insetti. Vanno conservate, pertanto, all’asciutto in flaconi ermeticamente chiusi. La Tintura Madre si prepara dagli organi sotterranei freschi della pianta (titolo 55°). Formulario Contro la disappetenza (Leclerc) Angelica archangelica T.M. 20 ml Artemisia absinthium T.M. 5 ml Cardus benedictus T.M. 5 ml S/50 gocce, diluite in acqua, prima di ogni pasto (almeno mezz’ora) 74

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archangelica

L.

Dispepsia-flatulenza Angelica archangelica T.M. 30 ml Pimpinella anisum T.M. 10 ml S/50 gocce, diluite in acqua, dopo ogni pasto (almeno mezz’ora) Gocce eupeptiche (soggetti nervosi) Angelica a. T.M. Passiflora i. T.M. Melissa o. T.M. ana parti in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Associazione standardizzata all’Angelica, Genziana, Finocchio (Carvi) (Commissione E del BfArM) Angelicae radix 40% Gentianae radix 30% Foeniculi (carvi) fructus 30% S/Infuso al 3%, una tazza dopo i pasti principali Associazione standardizzata all’Angelica Angelicae radix 35% Gentianae radix 35% Absinthii herba 30% S/Infuso al 3%, una tazza prima dei pasti principali (formulazione controindicata nei soggetti ipercloridrici) Curiosità • Era una pianta molto coltivata attorno ai monasteri e il suo gradevole sapore ne faceva un rimedio assai piacevole. Rientra nella composizione dell’Acqua di melissa (vedi: Melissa). • L’antica legislazione scandinava proibiva ai contadini, quando cambiavano casa, di asportare dai campi e dai giardini le piante di Angelica. • Nel XVI sec. veniva coltivata nei monasteri dell’Europa centrale e, appunto dai monaci, per le sue virtù vere e presunte, fu denominata Erba degli angeli o Angelica o Arcangelica, quasi fosse venuta dal regno degli angeli. Secondo l’abate Fournier, il nome Arcangelica deriva dalla leggenda che attribuiva all’arcangelo Raffaele l’aver rivelato a un eremita le proprietà specifiche della pianta contro la peste. • Oltre alle virtù soprannaturali, che le furono assegnate dai frati medievali, si ritenne a lungo che possedesse la capacità di garantire una lunga vita. A conferma di tale prodigiosa prerogativa, si citava il fatto, ricordato da Raspail, di un certo Annibale Camoux, morto a Marsiglia nel 1759 all’età di 121 anni, il quale riteneva che la sua eccezionale longevità derivasse dall’uso quotidiano di succhiare pezzi di radici di Angelica. • Nel Codex del 1818 vine riportata la Conserva di Angelica preparata con «polpa di radice di Angelica a. 250 g e Zucchero bianco 1000 g». Anche gli steli venivano confettati nello zucchero e costituivano una leccornia. Gli steli giovani e le foglie, crude o cotte, sono utilizzate in preparazioni di insalate. L’Angelica è utilizzata nella produzione industriale di alcuni liquori.

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23 • Angelica

archangelica

L.

Note bibliografiche 1 Teuscher E et al., op. cit., p. 112. 2 Raynaud J., 2006, Prescription et conseil en aromathérapie, op. cit., p. 61. 3 Rombi M., 1991, op. cit., p. 22. 4 Yeh ML, Liu CF. et al., 2003, Hepatoprotective effect of Angelica archangelica in chronically ethanol-treated mice. Pharmacology. 68(2):70-3; Khayyal MT, el-Ghazaly MA. et al., 2001, Antiulcerogenic effect of some gastrointestinally acting plant extracts and their combination. Arzneimittelforschung. 51(7):545-53. 5 Lemmich J., Havelund S., Thastrup O., 1983, Phytochemestry, 22, 553-555. 6 Wagner H., Hikino H. et al., 1985, Economic and medicinal plant research, Academic Press, vol. 1, pp. 53-85. 7 Hallard F., op. cit., p. 28. 8 Wang Y., Zhu B., 1996, The effect of angelicapolysaccharide on proliferation and differentiation of hematopoietic progenitor cell. Chung Hua I Hsueh Tsa Chih, 76, 363-366. 9 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 862. 10 Chou Y., Huang L. et al., 1979, The effect of Angelica sinensis on hemodynamics and myocardiac oxygen consumption in dogs. YaoHsueh Hsueh Pao, 14, 156-160. 11 Proserpio G. et al., op. cit., p. 647. 12 Wichtl M., Czygan F.C., op. cit., p. 72. 13 Lawrence J.D., 1999, Potentiation of Warfarin dong quai, Pharmacotherapy, 19, 870-876.

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24 • Apium

24

graveolens

L.

Apium graveolens L.

Nome comune: Sedano Francese: Céleri; Ache des marais Inglese: Celery Tedesco: Sellerie Spagnolo: Apio Famiglia: Apiaceae Parte utilizzata: frutti; foglie, radice Costituenti principali:1 Frutti: – olio essenziale (1,9-3%): limonene (60%), β-selinene (13%), ftalidi (> transsedanolide:circa 16%), α e β-pinene, mircene, β-cariofillene… – flavonoidi(1-2,5%): luteolina-7-Oapiosylglucoside, chrysoeriol-7-Oapiosilglucoside, apiina – cumarine e furanocumarine (8-metossipsoralene e 5-8-metossipsoralene, bergaptene...) – lipidi (5-30%): acido petroselinico (40-60%) Foglie: – olio essenziale (0,1-0,8%): limonene (60%), mircene (10%), β-cariofillene (fino al 14%), β-selinene (circa 8%); ftalidi (10-35%); α e β-pinene, α-selinene, α-terpineolo ecc. – flavonoidi (0,15% circa): > apiina – furocumarine e cumarine (scopoletina) – acido clorogenico, steroidi (β-sitosterolo, stigma sterolo, campestrolo) Radice tuberizzata: – olio essenziale (0,01-0,15%): limonene (9-30%), β-pinene (8-18%) ecc.; ftalidi – flavonoidi (0,05% circa): > apiina, luteolina ecc. – furocumarine e cumarine (scopoletina, esculetina) – poliine: falcarinolo, falcarindiolo – derivati dell’acido idrossicumarico: acido clorogenico ecc.; glucosio (1-5%), saccarosio (7-21%), mannitolo (10-29%) Attività principali: aromatizzante, digestiva, carminativa; diuretica e antinfiammatoria; blandamente spasmolitica Impiego terapeutico: come depurativo (gotta e forme reumatiche); infiammazione del tratto urinario

Utilizzo medico Grazie al sapore aromatico e leggermente amaro, il sedano viene impiegato per aumentare le secrezioni salivari e gastriche, come colagogo e come stimolante del peristaltismo intestinale (Teuscher, 2006). Tutta la pianta è medicinale ma i frutti, per la ricchezza in olio essenziale, risultano la parte più attiva. 77

24 • Apium

graveolens

L.

La radice rientra fra i componenti dello Sciroppo delle cinque radici (vedi Asparagus officinalis: formulario) utilizzato come depurativo nel trattamento della gotta e delle forme reumatiche e nei disturbi a carico dell’apparato urinario. La Note explicative de l’Agence du Mèdicament conferma la proprietà diuretiche delle radici. Anche i frutti esercitano azione diuretica e blandamente antinfiammatoria2: l’attività è attribuita all’olio essenziale che stimola l’epitelio renale. Oltre all’attività emmenagoga è stata segnalata un’azione ossitocica3 sostenuta dall’apiina4. L’azione esercitata a livello della circolazione pelvica, che risulta incrementata, e quindi degli organi relativi, può giustificare la reputazione, discutibile, di pianta afrodisiaca. Il frutto possiede anche proprietà sedative, spasmolitiche dovute ad alcuni componenti dell’olio essenziale (metilftalidi). Le cumarine presenti possiedono, inoltre, proprietà sedative e battericide. Un estratto acquoso di sedano ha provocato nel ratto reso iperlipemico da una alimentazione ricca in grassi, la riduzione dell’aumento della concentrazione di colesterolo, LDL e trigliceridi5. La varietà coltivata Apium graveolens var. dulce o sedano dolce (o sedano da costa) è conosciuta per l’uso alimentare: 100 g di parte edibile contengono, fra gli altri, fibra (1 g), calcio (31 mg), fosforo (45 mg), ferro (0,50 mg), sodio (130 mg), potassio (350 mg), vitamina B1 (0,06 mg), vitamina B2 (0,19 mg), vitamina PP (0,20 mg), vitamina A (207 mg), vitamina C (32 mg). Il valore calorico è di 21 calorie. Anche le foglie, dal sapore gradevole, sono commestibili e possono aromatizzare diverse pietanze. Si evince da questi dati l’importanza di introdurre nella nostra alimentazione quotidiana questa preziosa pianta. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’uso di medicamenti a base di sedano è sconsigliato a causa del rischio di reazioni allergiche (Commissione E del BfArM). Evitare la somministrazione di questi medicamenti nelle affezioni renali acute o croniche e in gravidanza. Soggetti allergici alla soia possono manifestare una concomitante allergia al sedano. Questa può essere associata all’allergia al polline della betulla e dell’artemisia. Evitare il contatto prolungato con la pianta (dermatiti). La presenza di furanocumarine può comportare fotodermatite. Generalmente la concentrazione abituale di psoraleni è tale che l’assunzione per os non espone al rischio di fotosensibilizzazione, mentre risulta invece più che sufficiente in soggetti che si sottopongono a PUVA-terapia6. Forme farmaceutiche e posologia Infuso (frutti): 1,5 g per tazza d’acqua fredda; 1 o 2 tazze al giorno. Decotto (radice): 6-10 g in 100 ml di acqua, bollire 10 minuti e tenere in infusione per altri 10 minuti. Una tazza pro dose, 1-3 volte al dì lontano dai pasti. Estratto fluido: 2-5 g più volte al dì pro die (1 g = 35 gocce). Apium graveolens T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica La Tintura Madre si prepara dai frutti essiccati (titolo 65°). Formulario Pozione diuretica (Benigni) Estratto fluido Sedano Estratto fluido Gramigna Acqua distillata S/3-6 cucchiai al giorno 78

15 g 10 g 10 g

24 • Apium

graveolens

L.

Curiosità • Il Sedano era utilizzato nel Medioevo per scacciare la melanconia. • Era considerato un mezzo infallibile per conoscere il sesso del nascituro: «Se si mette in testa della donna incinta, senza che questa se ne accorga, una pianta di Sedano con la sua radice, se il primo nome che pronuncia è maschile, sarà un maschio, altrimenti una femmina». • Apium deriva dal celtico apon = acqua, pianta delle paludi. Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., pp. 178-179. 2 British Herbal Medicine Association’s Scientific Committee, 1983, British herbal Pharmacopoeia. BHMA. Bournemouth., pp. 28-29. 3 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1452. 4 Van Hellemont J., op. cit., p. 38. 5 Teuscher E. et al., op. cit., pp. 179-180. 6 Bruneton J., 2001, Plantes toxiques, végétaux dangereux pour l’homme et les animaux, Technique et documentation-Lavoisier, Paris, p. 43.

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25 • Arbutus

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unedo

L.

Arbutus unedo L.

Nome comune: Corbezzolo Francese: Arbousier Inglese: Strawberry tree Tedesco: Westliche Erdbeerbaum Spagnolo: Madroño Famiglia: Ericaceae Parte utilizzata: foglia e radice; frutto Costituenti principali: arbutina, metilarbutina e idrochinone; tannini (16-37%) Attività principali: antinfiammatoria; antisettica urinaria, astringente Impiego terapeutico: cistite, prostatite

Utilizzo medico Il Corbezzolo viene impiegato come antisettico urinario: in caso di cistite è preferibile utilizzare però Arctostaphylos uva ursi L. (uva ursina), pianta più ricca in arbutina (5-15%), rispetto al corbezzolo più ricco in tannini (16-37%) e quindi in grado di determinare facilmente irritazione a livello del tratto gastrointestinale. Si segnala che sono stati isolati altri glucosidi, gli iridoidi asperuloside e gardenoside (5 e 10 mg da 680 g di droga rispettivamente) ad attività antinfiammatoria e analgesica1. La tintura madre, ottenuta dalle foglie fresche, viene consigliata nel trattamento della cistite e della prostatite acuta in quanto oltre alle proprietà antisettiche «favorisce il processo riparativo a livello della mucosa uretrale, interrompendo il circolo vizioso che alimenta l’uretrite»2. La radice e le foglie venivano impiegate nel trattamento della diarrea in virtù delle loro proprietà astringenti. Apprezzata era anche l’azione diuretica e, indirettamente, ipotensivante. Il frutto, di colore scarlatto e di sapore acidulo-dolciastro, fa parte della frutta acidula. È utilizzato fresco, candito, conservato sotto spirito o per preparare marmellate e bevande. Dalla fermentazione si ottiene un vino caratteristico, il “vino di Corbezzolo”. Pianta mellifera, le api hanno nella fioritura autunnale un pascolo importante per la produzione del miele amaro, impiegato nella cura delle affezioni bronchiali (azione antisettica): «Proviene dal corbezzolo il miele amaro, il più amaro fra tutti, molto richiesto anche all’estero, al quale si attribuiscono proprietà medicamentose non ancora completamente conosciute (antiallergico? antiasmatico?)»3. Il miele amaro, che rappresenta una specialità della Sardegna, era ricordato già nell’antichità: «amarior melle Sardo» (Orazio, Ars poetica, I sec. a.C.). Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’alto contenuto in tannino può irritare il tratto gastrointestinale. Si consiglia vigilanza in caso di assunzione contemporanea di farmaci: possibili interazioni farmacologiche sono dovute infatti alla presenza dei tannini. L’uso è sconsigliato pertanto in gravidanza, allattamento e in pediatria. 80

25 • Arbutus

unedo

L

Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 10 g di foglie fresche per un litro di acqua: bere durante la giornata. Arbutus unedo T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, lontano dai pasti, 2 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre si prepara dalle foglie fresche (titolo 65°). Curiosità • Unedo, dal latino unum edo = mangio uno solo, allusione al gusto particolare del frutto. • La corteccia e le foglie, ricche in tannino, sono usate nell’industria farmaceutica e, inoltre, per la produzione di coloranti e per la concia delle pelli (concia vegetale)4. Note bibliografiche 1 Karikas G.A., 1993, Fitoterapia, vol. LXIV, 2, 181. 2 Brigo B., L’uomo, la fitoterapia, la gemmoterapia, op. cit., p. 571. 3 Dodero G., 2003, Piccola Enciclopedia della Sardegna, Cagliari, AM&D, p. 93. 4 Campanini E., 2009, Piante medicinali in Sardegna, Ilisso, Nuoro.

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26 • Arctium Iappa L.

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Arctium lappa L.

Nome comune: Bardana Francese: Bardane Inglese: Burdock Tedesco: Große Klette Spagnolo: Lampazo major Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: radice, foglie Costituenti principali: Radice: – > 50% inulina (attività diuretica) – 2-3% di acidi-fenoli – tracce di olio essenziale; mucillagini – composti polinsaturi, polieni e polienine (acido arctico, arctinoni, arctinoli, lappafeni…); acido γ-guanidino-n-butirrico (azione ipoglicemizzante) Foglia: arctiopicrina, lattone sesquiterpenico Attività principali: depurativa e diaforetica; stimolante della funzionalità biliare ed epatica; ipoglicemizzante; antisettica Impiego terapeutico: dermatosi (acne, eczema, crosta lattea ecc.); esantemi (morbillo, rosolia); iperglicemia e diabete tipo II (tp. sostegno); forme reumatiche

Utilizzo medico La pelle è un vero e proprio organo che, data la sua estensione, riveste una importanza notevole nell’economia dell’organismo. Le malattie che la colpiscono non sono sempre dipendenti da cause locali. Spesso dipendono da cause generali, come disturbi del ricambio, del sistema nervoso ecc., ma anche quando le cause sono locali, e agiscono esternamente determinando ferite, ulcerazioni ecc., non sono da trascurarsi,in quanto la cute con la sua ricchezza di vasi, terminazioni nervose e ghiandole fa sì che si possano avere ripercussioni assai lontane dalla sede di lesione. Per combattere i disordini biologici e metabolici che accompagnano certe affezioni cutanee, esistono alcune piante, fra le quali appunto la Bardana, le quali possiedono proprietà diuretiche, diaforetiche e colagoghe tali da giustificare in pieno la loro fama di piante depurative atte al drenaggio (particolare metodo di depurazione dell’organismo attuato tramite la somministrazione di piante opportunamente scelte dal medico). La tecnica del drenaggio permette, infatti, l’eliminazione delle tossine da parte dell’organismo, attraverso quelli che possono essere considerati gli emuntori naturali: fegato, reni, intestino, pelle. Il risultato di un buon drenaggio consiste in un blando potenziamento dell’attività epatica, della secrezione biliare, della diuresi, del transito intestinale e in una accresciuta attività della secrezione delle ghiandole sudoripare e nella regolazione della secrezione sebacea. La Bardana, che risponde a tutti questi requisiti, può essere annoverata, infatti, tra le piante di drenaggio, 82

26 • Arctium Iappa L. soprattutto a livello cutaneo, in virtù della sua attività globale sull’organismo ma anche elettiva su un tessuto, quale quello cutaneo, il cui funzionamento difettoso ostacola l’eliminazione delle tossine prodotte dall’organismo. Da sempre conosciuta come potente depurativo, deve le sue proprietà al fatto di essere un buon diuretico, e un valido stimolatore della funzionalità biliare ed epatica, attività alle quali affianca un’interessante azione ipoglicemizzante, ipocolesterolemizzante e antibiotica. La radice fresca della pianta contiene infatti alcuni principi dotati di attività antibiotica. Sperimentalmente si è visto che gli estratti delle radici riducono il livello di glicemia e aumentano la tolleranza ai carboidrati (acido guanidinbutirrico?). Saggi in vitro, oltre a confermare le proprietà antinfiammatorie e antimicrobiche hanno evidenziato quelle antiossidanti1. Grazie quindi all’insieme di queste attività risulta essere particolarmente valida nel trattamento delle forme cutanee quale acne, eczema, seborrea ecc. La Note explicative de l’Agence du médicament (Francia) indica per la radice di Bardana l’uso orale o topico «negli stati seborroici della pelle […] e per facilitare le funzioni d’eliminazione urinaria e digestiva». Per la foglia segnala l’impiego «come trattamento coadiuvante addolcente e antipruriginoso nelle affezioni dermatologiche». Trattamenti orali con preparazioni ottenute da pianta fresca, come la Tintura Madre, risultano essere particolarmente efficaci nella cura di acne e foruncolosi: alla terapia interna può essere affiancato un trattamento esterno mediante lavaggi, impacchi, creme e lozioni. Sembra che la pianta fresca sia la forma galenica più efficace in quanto l’essiccamento le farebbe perdere parte della sua attività. Uso esterno L’impiego cosmetico è destinato a pelli grasse, asfittiche, con punti neri e predisposte all’acne o alla seborrea. Decotti di Bardana possono essere utilizzati per prevenire foruncoli e pustole di acne su pelli grasse, mentre può essere utilizzato il succo delle foglie fresche per frizioni al cuoio capelluto grasso, o l’olio (estratto in olio di oliva o semi di arachidi) contro la forfora. Fra le applicazioni terapeutiche particolari, attribuite da sempre alla Bardana, si annovera, infatti, l’uso delle radici per favorire la crescita dei capelli. L’abate Kneipp, che ne fu strenuo sostenitore, annotò in base alle molte esperienze personali accumulate che, se il bulbo non era morto, grazie all’uso del decotto di radice con il quale si dovevano eseguire frizioni a livello del cuoio capelluto per 3-5 volte alla settimana, si poteva ottenere l’accrescimento dei capelli. A questo proposito scriveva: «Naturalmente non si deve pretendere che cominciando la cura il lunedì, si debba il sabato chiamare il barbiere; l’accrescimento avviene lentamente». Anche se molti autori negano l’azione stimolante sulla crescita dei capelli, indubbia comunque è l’attività della Bardana come antiseborroico nei casi di forte secrezione sebacea del cuoio capelluto, il che ne giustifica la presenza in molti cosmetici per capelli. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Occorre verificare che non vi sia allergia alle Asteraceae. Possibile interazione con farmaci ipoglicemizzanti orali (vedi: Utilizzo medico). Forme farmaceutiche e posologia Decotto (radice): 5 g di radice per tazza d’acqua. 3 tazze al dì. Decotto (uso esterno): 20 g di radice per litro: far bollire per 10 minuti2. 83

26 • Arctium Iappa L. Viene segnalata anche la seguente modalità di preparazione: mettere 2-6 g di polvere di radice essiccata in 250 ml (1 tazza) di acqua fredda, portare a ebollizione e cuocere a fuoco lento per 5 /10 minuti. Filtrare e raffreddare. Bere 3 tazze al giorno. Polvere (radice): 1 g pro dose (2-4 g/die) in acqua, 1 capsula 1-3 volte al dì. Estratto secco (nebulizzato e titolato in inulina min. 25%, Farmacopea Francese X): 1 cps 1-3 volte al dì. Estratto fluido: 20 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Arctium lappa T.M.: 50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre si prepara dalla radice fresca raccolta nell’autunno del primo anno o nella primavera successiva, prima della fioritura (titolo 55°). Formulario Acne e dermatosi in genere Arctium l. T.M. Cynara s. T.M. Viola t. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Elisir (Benigni) Estratto fluido Bardana Alcol a 95° Sciroppo semplice F.U. Tintura di Vaniglia Acqua q. b. per S/2 cucchiai al dì

10 g 20 g 40 g 5g 200 g

Curiosità • Nel 1929 Camillo Gibelli, medico genovese, intraprese «indipendentemente e ignaro delle ricerche di Fleming», il padre della penicillina, una serie di ricerche che avevano lo scopo di indagare se le piante potessero produrre sostanze antitossiche. A spingerlo verso tale ricerca era stata l’osservazione che il regno animale, uomo compreso, può alimentarsi con notevoli quantità di vegetali, rimanendo immune dall’azione nociva di tutte quelle sostanze tossiche che si possono ritrovare nel terreno in cui le piante crescono e traggono il loro nutrimento. Non limitò la sua indagine alle sole muffe, ma le estese, ad esempio, ai semi di lupino, grano, miglio ecc., che mise a germogliare in semplice acqua, e constatò che anche questo liquido assumeva proprietà antitossiche e batteriostatiche paragonabili a quelle trovate nei terreni di coltura delle muffe. Appurò così che l’uso popolare della Bardana nella foruncolosi e in varie dermatosi non era privo di fondamento. • Nella Rivista medica per il clero (1935) si trova questa ricetta: «Con la sua radice, polverizzata e unita a burro, acqua e sale, si possono preparare ottimi biscotti secchi, il cui uso nei diabetici comuni produce la riduzione dello zucchero nelsangue (glicemia) e spesso il ritorno alle condizioni normali, con scomparsa di zucchero nelle urine. La quantità di biscotti varia secondo la tolleranza del malato, ma non c’è pericolo alcuno in caso si usino dosi forti. Invece del sale, si può mettere saccarina nei biscotti, rendendoli dolci» (Antonelli G., 1941). 84

26 • Arctium Iappa L. • Cazin (XIX sec.), medico francese, osservò che i contadini curavano le affezioni catarrali dell’apparato respiratorio provocando la traspirazione ai piedi avvolti in larghe foglie di Bardana. È questa una metodica che richiama antiche conoscenze perdute: proprio sulla pianta del piede, infatti, si trova un punto che viene stimolato dagli agopuntori per calmare la tosse. • La radice, ricca in fibre, è tradizionalmente consumata come verdura in Giappone con il nome di gobo. • Le foglie fresche contuse e applicate sulle punture di zanzare, vespe, api e calabroni calmano rapidamente il dolore e diminuiscono il gonfiore. Note bibliografiche 1 Kardosova A, Machova E., 2006, Antioxidant activity of medicinal plant polysaccharides. Fitoterapia. 77(5):367-73; Cho MK, Jang YP. et al., 2004, Arctigenin, a phenylpropanoid dibenzylbutyrolactone lignan, inhibits MAP kinases and AP-1 activation via potent MKK inhibition: the role in TNF-alpha inhibition. Int Immunopharmacol. 4(10-11):1419-29. 2 Raynaud J., Prescription et conseil en Phytothérapie, op. cit., p. 52.

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27 • Arctostaphylos

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uva ursi

Sprengel

Arctostaphylos uva ursi (L.) Sprengel

Nome comune: Uva ursina Francese: Busserole Inglese: Bearberry Tedesco: Echte Bärentraube Spagnolo: Gayuba Famiglia: Ericaceae Parte utilizzata: foglie Costituenti principali: – eterosidi fenolici: arbutoside (= arbutina, 6-10%), metil-arbutoside. L’arbutoside per idrolisi libera un difenolo (idrochinone) che si ossida immediatamente in p-benzochinone – tannini gallici (10%) – flavonoidi (iperoside); triterpeni; piceoside (idrossiacetofenone) Attività principali: antisettico urinario Impiego terapeutico: cistite acuta, cistite recidivante, uretrite

Utilizzo medico Uva ursina è una droga tradizionalmente impiegata nel trattamento delle infezioni delle vie urinarie. Il principio attivo è l’arbutina, idrolizzata tramite enzimi a livello intestinale con immediata liberazione di idrochinone che viene eliminato dalle vie urinarie dopo glucuro e sulfoconiugazione epatica. Le proprietà batteriostatiche dell’idrochinone sono state dimostrate in vitro nei confronti di Escherichia coli, Proteus vulgaris, Staphylococcus aureus ecc.1. In seguito alla coniugazione, i metaboliti idrochinonici giungono al bacinetto renale e alla vescica dove, in ambiente alcalino (pH8), viene nuovamente liberato idrochinone (idrolisi dei derivati coniugati): in tal modo si manifestano le proprietà battericide. La concentrazione in idrochinone deve, inoltre, essere adeguata (60 mg/ml). La massima azione antibatterica viene raggiunta dopo 3-4 ore dalla somministrazione della droga. I metaboliti del piceoside e dei tannini sinergizzano l’azione dell’arbutina. Affinché la pianta possa esplicare al massimo la sua attività, è opportuno pertanto favorire l’alcalinizzazione delle urine tramite bicarbonato di sodio (6-8 g pro die). Un’alimentazione ricca in alimenti alcalini, quali vegetali, latte, patate ecc., può contribuire a tale scopo2. Bruneton sottolinea peraltro come sia stato dimostrato che « gli enzimi batterici (Escherichia coli) deconiughino in parte i prodotti di coniugazione dell’idrochinone, ciò che renderebbe inutile l’alcalinizzazione»3. L’attività diuretica, dimostrata con sperimentazioni su ratto (estratto acquoso, 10 mg/ kg, per os), è imputabile alla presenza di flavonoidi, arbutoside e glucosidi fenolici. Si verifica, infatti, un aumento considerevole della diuresi e, in modo minore, l’eliminazione di sodio e potassio4. Viene segnalato, per l’azione diuretica, l’acido ursolico, un derivato triterpenico5. Uva ursina può essere considerato un antisettico urinario assai attivo da utilizzare ogni qualvolta vi sia un’infiammazione o infezione a livello delle 86

27 • Arctostaphylos

uva ursi

Sprengel

vie urinarie, in quanto è in grado di determinare un’azione antisettica, calmante lo stimolo continuo della minzione e il dolore. Può essere prescritta in caso di cistite acuta, cistite cronica a flora batterica banale, nell’uretrite, nella colibacillosi. Un’indicazione interessante, in ambito geriatrico, è l’ipertrofia prostatica con componente infiammatoria e infettiva e le cistiti da catetere. Non sempre è infatti necessario intervenire con un trattamento antibiotico: la sola somministrazione di Uva ursina, associata a una tisana a base di Camomilla, ad azione antispasmodica e antiflogistica, può rivelarsi risolutiva. Se non si manifestano miglioramenti sintomatici marcati dopo una settimana di trattamento, allora si farà ricorso agli antibiotici (Weiss R., 1992). Infine, un’interessante osservazione: «[…] è stato recentemente scoperto che estratti della droga sono attivi in vitro contro Helicobacter pylori, l’agente patogeno che è la più comune causa delle ulcere gastriche»6. È ovvio che tale dato dovrà essere ulteriormente indagato e approfondito. Nota: Nella scelta e nell’uso di una droga ad arbutina si deve tenere conto del rapporto arbutina/tannino: A.uva ursi è preferibile ad Arbutus unedo L. (corbezzolo). La foglia di mirtillo rosso (Vaccinium vitis idaea) contiene meno arbutina (da 5 al 7%) rispetto all’Uva ursina per cui occorrerà utilizzarne il 30% in più7. In particolare: Arbutus unedo L.: > tannini; Calluna vulgaris L.: 0,6-0,8% arbutina;Vaccinium myrtillus L.: tracce di arbutina; Vaccinium vitis idaea L.: 5-7% arbutina; Arctostaphylos uva ursi L.: 6-10% arbutina Tossicità, interazioni ed effetti secondari Secondo la monografia della Commissione E del BfArM, la posologia giornaliera normalmente consigliata corrisponde all’ingestione di 400-840 mg/die di idrochinone: «sembra che la consumazione quotidiana di 300-500 mg di questo chinone non induca alterazioni ematiche e urinarie osservabili. Tuttavia in assenza di lavori specificatamente dedicati alla valutazione della tossicità (in particolare epatica) e della cancerogenicità della pianta e delle sue preparazioni, si impone una certa prudenza. È del resto un atteggiamento prudente quello che induce, in Germania, a sconsigliare l’uso della pianta alle donne in gravidanza e ai bambini di meno di 12 anni e a limitare il trattamento a una settima (non più di 5 trattamenti per anno senza consiglio medico)»8. Si ricorda, inoltre, che i tannini irritano la mucosa dello stomaco; ciò può provocare nausea e vomito. L’aggiunta, a preparazione avvenuta, di foglie di Menta può contrastare tale effetto. L’uso è sconsigliato, quindi, nei pazienti gastrosensibili, durante la gravidanza e l’allattamento e in pediatria (solo su indicazione del medico). Da evitare l’assunzione concomitante di sostanze o cibi che acidificano le urine (possibile perdita delle proprietà antibatteriche). È importante avvertire il paziente che l’assunzione della pianta provocherà la colorazione delle urine in bruno-verde (idrochinone). Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla foglia intera o frammentata, essiccata contenente al minimo 7% di arbutoside. Forme farmaceutiche e posologia Posologia giornaliera media (Commissione E del BfArM-ESCOP): preparazioni galeniche contenenti 400-800 mg di arbutina suddivise in 3-4 dosi al giorno. Tali preparazioni non devono essere assunte per più di una settimana o più di 5 volte l’anno senza consiglio del medico. 87

27 • Arctostaphylos

uva ursi

Sprengel

Infuso o macerazione a freddo: 3 g di foglie in 150 ml di acqua, fino a 4 volte al giorno. Questa modalità corrisponde all’ingestione giornaliera di 400-840 mg/die di idrochinone. Decotto: un cucchiaino scarso (2 g) di foglie in polvere in 150 ml di acqua di acqua fredda e lasciar bollire per 15 minuti. Filtrare. Bere 3-4 tazze al dì. Si può aggiungere un poco di bicarbonato di sodio al decotto (per alcalinizzare le urine). Alcuni autori preferiscono la macerazione a freddo (6-12 ore) che dà luogo a una preparazione meno ricca in tannini. Polvere: da 5 a 10 g al giorno (10 g = 400-700 mg di arbutina). Estratto secco (nebulizzato e titolato in arbutina min. 10%, Farmacopea francese X): 1 capsula 1-3 volte al dì. Assumere lontano dai pasti. Estratto fluido: 30 a 60 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno per parecchi giorni (1 g = 28 gocce). Uva ursi T.M.: 40 gocce, diluite in acqua o camomilla, 3 volte al dì. Assumere lontano dai pasti. Note di galenica Le preparazioni a base di Uva ursina non dovrebbero essere assunte contemporaneamente a sostanze che acidificano l’urina. Dato che l’arbutina si dissolve meglio nell’acqua in ebollizione, è indicato preparare la pianta come decotto. Il decotto è più attivo dell’infuso, ma ha un sapore più amaro. La Tintura Madre è preparata dalle foglie fresche (titolo 55°). Formulario Cistite Uva ursi fol. 40% Solidago h. 30% Orthosiphon fol. 30% S/infuso al 3%, 3 tazze al dì lontano dai pasti oppure: Uva ursi T.M. 60 ml Orthosiphon s. T.M. 40 ml Betula a. T.M. 25 ml S/25 gocce in mezzo bicchiere di acqua, 3 volte al dì lontano dai pasti oppure: Betulae fol. 25% Liquiritiae r. 30% Uvae ursi fol. 45% S/infuso al 3%, 3 tazzine al dì lontano dai pasti (Ph. Helvetica, VII ed.) Cistite cronica Uva ursi T.M. Orthosiphon s. T.M. ana parti in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua o camomilla, 2-3 volte al dì 88

27 • Arctostaphylos

uva ursi

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oppure: Uva ursi T.M. Hieracium p. T.M. Solidago v. T.M. ana parti in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua o camomilla, 2-3 volte al dì Prostatite Solidago v.a. T.M. Uva ursi T.M. ana parti in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Tisana di Betulla composta Betula a. fol. 30% Uva ursi fol. 20% Equisetum h. 20% Calluna v. 20% Urtica d. 10% S/infuso al 3%, 3 tazze al dì lontano dai pasti Curiosità • Rabelais decantò le virtù terapeutiche della pianta che fu in grado di guarire Pantagruel: «Luy prit une pisse chaude qui le tourmenta fort, mais ses médicins le secoururent bien, avec force drogues diurétiques et luy firent pisser son malheur». • Dal latino Uva ursi, poiché gli orsi sono ghiotti dei suoi frutti. • Il frutto è acidulo, di sapore poco gradevole: viene prevalentemente impiegato per confezionare marmellate. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 280. 2 Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 270. 3 Bruneton J., 2009, ibidem. 4 Guillerey P., 1982, Thése de Doctorat en Pharmacie, Nancy. 5 Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 270. 6 Monti L., 2000, op. cit., p. 204. 7 Van Hellemont J., op. cit., p. 43. 8 Bruneton J., 2002, Phytothérapie, les données de l’évaluation, Technique et documentation, Lavoisier, Paris, p. 148.

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28 • Aristolochia

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clematitis

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Aristolochia clematitis L.

Nome comune: Aristolochia clematite Francese: Aristoloche clématite Inglese: Birthwort Tedesco: Gewöhnliche Osterluzei Spagnolo: Clematitide Famiglia: Aristolochiaceae Parte utilizzata: rizoma; foglie Costituenti principali: – acidi aristolochici (acidi 10-nitrocarbofenantrenici) e aristolactami1 – olio essenziale; magnoflorina (alcaloide); allantoina; flavonolglicosidi Attività principali: emmenagoga e ossitocica; diuretica-purgativa; immunostimolante Impiego terapeutico: sconsigliato

Utilizzo medico La pianta era tradizionalmente impiegata come regolatore del ciclo mestruale, nell’amenorrea, oligomenorrea e nei disturbi della menopausa e come ossitocico. Erano riconosciute anche proprietà drastiche purgative e diuretiche. Per queste sue caratteristiche era utilizzata in medicina popolare nel trattamento di reumatismo e gotta. Sucessive segnalazioni avevano evidenziato per gli estratti di Aristolochia proprietà stimolanti l’attività fagocitaria con conseguente aumento delle capacità di difesa dell’organismo alle infezioni batteriche2. La pianta era usata anche come vulneraria: esternamente i preparati di Aristolochia erano utilizzati come cicatrizzanti (allantoina) nelle ulcerazioni e piaghe in genere e nelle paronichie delle mani e dei piedi. I maggiori responsabili delle proprietà attribuite alla pianta (antiflogistica, diuretica e immunostimolante, ossitocica ecc.) sono gli acidi aristolochici che però ad alte dosi manifestano una genotossicità elevata. Presenti nell’Aristolochia clematite, come in tutte le altre specie del genere, si caratterizzano per proprietà nefrotossiche, mutagene e cancerogene che sono state evidenziate non solo nella cavia ma anche nell’uomo3. Numerose in letteratura le segnalazioni relative alla nefrotossicità della pianta: prove di laboratorio hanno evidenziato come in seguito assunzioni di dosi tossiche acute, i ratti e le cavie manifestino importanti lesioni renali e una paralisi cardiorespiratoria. Nell’uomo sono stati segnalati casi di nefropatia interstiziale accompagnata da un’insufficienza renale progressiva4. Nota: Per Aristolochia fang-chi Y.C. Wu, le cui radici sono officinali nella Repubblica Popolare Cinese, è stato evidenziato un nesso causale fra l’assunzione della pianta e l’insorgenza di carcinoma uroteliale5. Bruneton segnala che «è possibile rilevare nel tessuto renale delle vittime, addizioni dell’acido aristolocico sulla desossiadenosina del DNA e questi, direttamente implicati nella genesi del tumore, sono sistematicamente presenti in tutti i prelievi effettualti»6. Aristolochia cymbifera, pianta dell’America del Sud: radici e foglie segnalate come 90

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emmenagoghe, antisteriche, stimolanti, e dotate di azione analoga a quella della Valeriana, erano raccomandate come sedativo nelle malattie cutanee, in particolare nel prurito e nell’eczema secco (Medicamenta, 1924); dell’Aristolochia serpentaria, chiamata anche Serpentaria della Virginia o Radice viperina, era utilizzata la radice (0,2% olio essenziale contenente borneolo): trovava impiego come eccitante, tonico, diaforetico e febbrifugo. Era considerata antidoto al veleno dei serpenti: in effetti l’acido aristolochico è in grado di inattivare alcuni veleni (Naja naja atra) mentre non avrebbe alcun effetto nei confronti di altri7. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Tutte le specie del genere Aristolochia presentano proprietà nefrotossiche, mutagene e cancerogene (vedi sopra). Se ne sconsiglia pertanto l’impiego. A questo proposito si riporta quanto segue: «Si noterà, infine, dato che alcuni hanno messo in dubbio la responsabilità degli acidi aristolocichi nelle nefropatie, che un caso di fibrosi interstiziale renale è stato diagnosticato in un uomo di 56 anni che per 4 anni aveva consumato un infuso di Aristolochia pistolochia L. Pensava che questa specie, indigena in Catalogna, fosse adatta ad alleviare i suoi dolori addominali»8. Note di galenica La Tintura Madre si prepara dalla parte aerea della pianta fresca (titolo 45°). Curiosità • Deve il suo nome al greco Aristos (ottimo) e lokein (lochi), in quanto la tradizione le riconosce proprietà atte a promuovere le mestruazioni e i lochi dopo il parto. Poiché le foglie della pianta ricordano la forma di un embrione, seconda la teoria della Signatura, la pianta era in grado di facilitare il parto (dal greco aristos = migliore e locheia = parto) ma anche di provocare l’aborto. • Nel Medioevo era impiegata per combattere i disturbi gastrici, nel XVII e XVIII secolo contro la gotta, nel XIX secolo contro le febbri intermittenti; poi il suo uso venne abbandonato. Note bibliografiche 1 Frohne D. et al., 2009, p. 54. 2 Ibidem. 3 Bruneton J., Plantes toxiques…, op. cit., p. 23. 4 Frohne D. et al., 2009, p. 54. 5 Nortier J.L. et al., 2000, Urothelial carcinoma associated with the use of a Chinese herb, N. Engl. J. Med. 342, 1686-1692. 6 Bruneton J., Plantes toxiques…, op. cit., p. 23. 7 Dorvault F., op. cit., p. 189. 8 Bruneton J., Plantes toxiques…, op. cit., p. 24.

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29 • Arnica

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montana

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Arnica montana L.

Nome comune: Arnica Francese: Arnica; Tabac des Vosges Inglese: Mountain Arnica Tedesco: Arnika Spagnolo: Arnica Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: fiore Costituenti principali: – lattoni sesquiterpenici: (0,2-0,5%): elenalina, diidroelenalina e i loro esteri – carotenoidi; olio essenziale (0,5%): timolo, acidi grassi (40-50%) – triterpeni, fitosteroli, n-alcani (9%), polisaccaridi, acidi fenoli – flavonoidi (0,2-0,3%): isoquercitina, astragalina, luteolina-7-glucoside; – cumarine: umbelliferone, scopoletina Attività principali: antinfiammatoria; analgesica; antiecchimotica; antimicrobica Impiego terapeutico: ematomi, distorsioni, dolori muscolari e articolari (reumatismi); flogosi delle mucose orali e faringee; foruncolosi, punture di insetto… (uso topico)

Utilizzo medico All’Arnica vengono attribuite proprietà antiflogistiche, analgesiche e antiecchimotiche (Commissione E del BfArM-ESCOP). Il meccanismo dell’attività dell’Arnica non è ancora conosciuto. Molto probabilmente i lattoni sesquiterpenici svolgono un ruolo importante: è nota, infatti, la loro capacità di inibire la migrazione dei polimorfonucleati e di provocare la rottura delle membrane lisosomiali. È stata evidenziata, inoltre, un’attività inibitrice sull’aggregazione piastrinica1. Alcuni ricercatori hanno dimostrato sperimentalmente, tramite il test dell’edema della zampa indotto in ratti dalla carragenina, che l’elenalina è dotata di proprietà antiflogistiche: somministrata per via intraperitoneale, in quantità di 2,5 mg/kg di peso corporeo, ha ridotto l’edema nei ratti del 72% e del 77%; analogamente tramite il test di Writhing, eseguito su topi, che consente di rilevare l’effetto analgesico sui dolori di origine infiammatoria, si è appurato che la somministrazione di elenalina determina diminuzione del dolore2. Uno studio randomizzato in doppio cieco che ha coinvolto 204 pazienti che presentavano osteoartrosi delle mani (confermata radiologicamente e sintomaticamente attiva) ha evidenziato che un gel contenente Arnica applicato per 21 giorni, è stato efficace quanto un gel a base di ibuprofene (5%) per alleviare il dolore e migliorare la mobilità articolare3. Uno studio recentemente pubblicato ha dimostrato che preparati topici a base di Arnica montana risultano più efficaci rispetto ad altri trattamenti nella risoluzione dei lividi da terapia dermatologica con laser. La pomata all’Arnica (20%) riduce infatti la formazione di lividi più efficacemente rispetto al prodotto placebo (vaselina bianca) e alle formulazioni a bassa concentrazione di vitamina K (1%)4. 92

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L’uso classico e moderno più accreditato e sicuro è quello esterno contro le ecchimosi conseguenti a contusioni e distorsioni mediante l’applicazione di Arnica opportunamente diluita (vedi) e a condizione che la pelle sia integra e non abrasa, altrimenti può provocare dermatiti assai pruriginose. La presenza di elenalina può provocare in alcuni individui, dopo sensibilizzazione, dermatite da contatto. Un altro effetto sfruttato nella terapia delle forme reumatiche è quello dell’iperemia con conseguente senso di calore dopo la sua applicazione. Tuttavia, se si aumenta la concentrazione o il contatto è troppo prolungato o se la preparazione di Arnica è applicata con impacco occlusivo, vi può essere la formazione di flittene, infiammazione e prurito. In caso contrario facilita, tramite una leggera revulsione locale, il riassorbimento di stravasi ecchimotici, stimolando la circolazione nella parte contusa5. Preparazioni a base di Arnica vengono utilizzate con successo nelle numerose affezioni delle mucose e della pelle: sono impiegate come antisettico orale nella piorrea alveolare, nella faringite cronica, nell’angina o comunque nelle flogosi delle mucose orofaringee (collutori e/o gargarismi: 5 a 10 gocce di tintura in un bicchiere d’acqua o Camomilla), nelle flebiti superficiali, nelle foruncolosi. Compresse imbevute di Arnica possono dare ottimi risultati nel trattamento delle emorroidi e, per le proprietà antinfiammatorie, nei disturbi muscolari o articolari di natura reumatica e negli edemi da frattura. L’uso interno è desueto e sconsigliato: la sua assunzione infatti può provocare cefalea, algie addominali, turbe vasomotorie, quali palpitazioni, e respiratorie (vedi: Tossicologia). In passato era utilizzata in caso di shock oppure come sedativo nervoso nelle forme da stress, nell’arteriosclerosi e nell’arteriospasmo per l’azione sedativa generale ed elettiva sul sistema arterioso e sul cuore. Per via interna le erano infatti attribuite proprietà debolmente analettiche con aumento del volume di eiezione sistolica, miglioramento del flusso coronarico e diminuzione della resistenza periferica. Sono state descritte inoltre proprietà colagoghe e diuretiche e di modulazione dell’attività riflessa del sistema nervoso centrale6. In medicina popolare era utilizzata come emmenagoga e a dosaggi elevati come abortiva. In passato era impiegata in ostetricia per prevenire le febbri puerperali e nel parto distocico: si riteneva infatti che agisse come antisettico e stimolante i processi di riparazione del tessuto uterino (20 gocce di tintura + 100 g di acqua bollita: un cucchiaino ogni ora dopo il parto distanziando poi le somministrazioni). All’occorrenza veniva data sin dall’inizio dei dolori7. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Come per molte Asteracee contenenti lattoni sesquiterpenici, può dare luogo a dermatite da contatto. Sono possibili inoltre reazioni crociate con le piante appartenenti alla famiglia delle Asteraceae. Per uso topico, se il contatto con la pelle è troppo prolungato o la concentrazione non è adeguata, si possono manifestare reazioni dermotossiche primarie con formazione di vescicole fino alla necrotizzazione. Le preparazioni della pianta devono essere impiegate solo su pelle integra. Non applicare in prossimità degli occhi. Secondo l’ESCOP l’Arnica può essere utilizzata senza restrizioni per via esterna nella donna in gravidanza e che allatta8. L’uso interno è assolutamente sconsigliato (a esclusione delle preparazioni omeopatiche): la sua assunzione infatti può provocare gravi intossicazioni caratterizzate da cefalea, algie addominali, turbe vasomotorie e respiratorie, vomito ecc. Tali disturbi sono dovuti in parte a effetti tossici sul cuore da parte degli elenanolidi (l’elenalina provocherebbe un’alterazione della permeabilità delle membrane al calcio). 93

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Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dal fiore di Arnica montana L. (capolino), intero o frammentato, essiccato, contenente al minimo lo 0,4% di sesquiterpeni lattonici espressi in elenalina tiglato. Forme farmaceutiche e posologia Avvertenza: solo uso esterno e su pelle integra! Infuso (per uso esterno): Infondere per 5-10 minuti 2 g di fiori essiccati in 100 ml di acqua bollente. Far raffreddare, filtrare e applicare, anche, più volte al giorno, sotto forma di compresse imbevute sulla parte affetta. Arnica T.M.: 1 cucchiaio da minestra in 1/2 litro d’acqua bollita all’istante; applicare sotto forma di compresse imbevute sulla parte affetta; oppure: tintura diluita da 3 a 10 volte; come collutorio o gargarismi: diluire una parte di tintura in dieci parti di acqua (non deglutire). Unguenti, creme, gel o compresse di garza realizzate con tinture ed estratti fluidi al 5-25% V/V. Olio di Arnica (Commissione E del BfArM): estratto di una parte di droga con 5 parti di olio vegetale (1:5). Note di galenica La Tintura Madre può essere preparata dalla parte aerea fresca (titolo 45°), dalla pianta intera fresca (titolo 45°) e dalla radice fresca (titolo 45°). Arnica montana è una specie rara, attualmente protetta, e che a volte è sostituita con un’altra specie del genere: Arnica chamissonis Less. ssp. foliosa (Nutt.) Maguire9. Formulario Piorrea, faringite ecc.: Arnica T.M.: 5-10 gocce in un bicchiere di acqua o Camomilla. Fare sciacqui. Soluzione sostituibile all’infuso (Benigni) Estratto fluido Arnica fiori 1g Acqua q. b. a 100 g Nevralgia-reumatismo-lombaggine-sciatica-tenosinovite-epicondilite (Van Hellemont) Tintura d’Arnica 3g Essenza di Rosmarino Essenza di Cajeput ana ad 30 ml S/Fare frizioni Compresse (ematomi-contusioni) Arnica T.M.: un cucchiaio da minestra in 1/2 litro d’acqua bollita all’istante Curiosità • Totalmente ignorata dagli antichi perché non cresce se non in alta montagna, è citata per la prima volta da Santa Hildegard von Bingen (1098-1179) nel trattamento di contusioni ed ecchimosi. Santa Ildegarda, personaggio di grande erudizione, ci ha lasciato tre opere notevoli che racchiudono un vasto sapere medico: nel De arboris completa le conoscenze fitoterapiche di Teofrasto, Dioscoride, 94

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Galeno e Plinio (originari del bacino del Mediterraneo) e divulga le proprietà di circa 250 piante di cui molte, come Arnica e Pilosella, sono state da lei segnalate per la prima volta. • Arnica appare citata nei testi medici, però solo a partire dal XV secolo. Mattioli (1554), che la confonde con l’Alisma di Dioscoride, ne ignora le proprietà ma è il primo a descriverla e a rappresentarla. Alla fine del 1500 il botanico Tabernaemontanus la segnala contro le ferite e nel 1678 viene celebrata come panacea lapsorum. • Nella tradizione popolare è conosciuta come “Tabacco di montagna”, in quanto le foglie essiccate venivano una volta usate come tabacco da naso. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 761; Klaas C.A. et al., 2002, Planta Medica, 68, 385-391. 2 Wijnsma R. et al., 1995, Medicina Naturale, 5, 26-27. 3 Widrig R, Suter A. et al., 2007, Choosing between NSAID and arnica for topical treatment of hand osteoarthritis in a randomised, double-blind study. J. Rheumatol Int, Apr; 27(6):585-91. 4 Leu S. et al., 2010, Br J Dermatol, Sep;163(3):557-63. 5 Widrig R, Suter A. et al., 2007, ibidem. 6 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I, p. 104. 7 Negri G., 1979, Erbario figurato, Hoepli, Milano. 8 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie, op. cit., p. 763. 9 Ibidem, p. 759.

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Artemisia absinthium L.

Nome comune: Assenzio Francese: Absinthe Inglese: Wormwood; Absinth Tedesco: Magenkraut; Wermutkraut Spagnolo: Ajenjo; Absintio Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: foglie e sommità fiorite Costituenti principali: – olio essenziale (2-6 ml/kg): tuioni (α + β)*1 – polline, flavonoidi, omoditerpeni perossidi – lattoni sesquiterpenici (0,3-0,4%): absintina, artabsina, matricina e derivati vicini (sostanze amare) * Sono presenti anche chemotipi a Z-epossiα- ocimene (26-47%) e β-tuione (in Italia), ad acetato di sabinile o ad acetato di crisantenile (Francia), il mélange sabinene+mircene+ α-fellandrene (senza tuione, diffuso negli Stati Uniti) Attività principali: attività amaro-tonica, azione eupeptica; azione emmenagoga Impiego terapeutico: atonia digestiva, dispepsia; convalescenza; colecistopatia; dismenorrea

Utilizzo medico Droga ad attività amaro-tonica, deve la sua azione alla presenza di un principio amaro (absintina) e all’olio essenziale. L’absintina con il suo sapore amaro agisce eccitando le terminazioni nervose della mucosa orale e stimolando così, per via riflessa, la secrezione del succo gastrico. L’essenza è invece responsabile dell’azione eupeptica diretta a livello della mucosa gastrica in quanto induce aumento della secrezione cloropeptica. In conseguenza di ciò l’Assenzio (come tutti gli amari) deve essere somministrato almeno mezz’ora prima dei pasti: solo così riuscirà a svolgere appieno la sua funzione amaro-tonica, a stimolare l’appetito e a facilitare la digestione. Trova indicazione nell’atonia digestiva accompagnata da anoressia e, in particolare, nei soggetti anemici, neurastenici, convalescenti da malattie debilitanti ecc. Si prescriverà in Tintura Madre alla posologia di 20-30 gocce, diluite in acqua, mezz’ora prima dei pasti principali. Si consiglia di non superare le 3-4 settimane e riprendere dopo un periodo di interruzione. Può essere prescritta vantaggiosamente nella colecistopatia, ove combatte efficacemente lo spasmo, nei disturbi digestivi dipendenti da disfunzione epatica (azione colagoga) e nella dismenorrea. La Commissione E del BfArM e EMEA/HMPC ritengono valido l’impiego della pianta come stimolante dell’appetito, nella dispepsia e nella discinesia delle vie biliari. In medicina popolare è conosciuta anche come emmenagoga e, a dosaggi elevati, come abortiva. In passato era utilizzata, nell’adulto, come antielmintica (ascaridi-ossiuri). Sembra inoltre che la pianta aumenti la resistenza dell’organismo, per esempio contro l’influenza, e che 96

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abbia comunque un effetto tonificante negli stati post influenzali e post infettivi. Nel fitocomplesso della pianta sono presenti omoditerpeni perossidi che, come l’artemisina presente nell’Artemisia annua, sono in grado in vitro di distruggere, a debolissime concentrazioni, il vettore della malaria2. Un uso sconsiderato dell’Assenzio e dei suoi preparati, sia come durata che come posologia, può dar luogo a turbe digestive e urinarie. Uno speciale accenno merita un componente dell’olio essenziale, il tuione, dotato di effetti neurotossici. L’Assenzio rientra tra i componenti dei comuni aperitivi, bitter ecc.: all’inizio del secolo venne riconosciuta con il nome di Absintismo l’intossicazione prodotta dal liquore di Assenzio assunto a scopo voluttuario. L’Absintismo, sindrome che sfocia nel delirium tremens epilettiforme, sarebbe dovuto non solo alla presenza dell’olio essenziale (tuione) ma anche alla sua associazione con l’alcol. L’azione convulsivante del tuione sembra dovuta all’inibizione del metabolismo ossidativo a livello cerebrale. Secondo recenti segnalazioni, il tuione sarebbe strutturalmente molto simile al tetraidrocannabinolo presente nella canapa indiana: questi principi avrebbero analoghi recettori a livello del SNC4. Nota: Recentemente si è riscoperta una pianta usata in Cina da più di 2000 anni, l’Artemisia annua, da cui viene estratta l’artemisinina. Questo principio attivo risulta particolarmente efficace nel combattere la malaria: realizza la rimozione rapida di parassiti con percentuale di recrudescenza bassa, elimina rapidamente i sintomi associati alla malaria, può ridurre potenzialmente la trasmissione dell’infezione, previene il procedere verso la malaria cerebrale, è efficace in aree con resistenza ai farmaci e ha buona tollerabilità. Ricerche (in vitro) condotte dall’équipe del professor Franco Vincieri della facoltà di Farmacia dell’Università di Firenze, hanno dimostrato che se utilizzata in sinergia con i flavonoidi (polifenoli antiossidanti, presenti in frutta, verdura e nella stessa Artemisia) l’artemisinina non solo reagisce 10 volte più rapidamente moltiplicando così le possibilità di successo, ma può essere prodotta a costi assai minori3. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La pianta non va utilizzata in gravidanza, durante l’allattamento, in età pediatrica e nei soggetti con ipersensibilità accertata alle Asteraceae. Come per tutte le piante ricche in principi amari. L’uso è controindicato in caso di gastrite, ulcera gastrica e duodenale. L’uso è controindicato anche in caso di ostruzione biliare e malattia epatica (EMEA/HMPC). È inoltre da sconsigliare l’utilizzo dell’olio essenziale puro per la presenza di tuione (azione neurotossica). Prestare attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci psicostimolanti (possibile potenziamento). Sono segnalate, infine, possibili interazioni nei confronti di terapie ormonali5. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla foglia basilare o dalla sommità fiorita, leggermente fogliata, o da un mélange di queste parti intere o contuse, essiccate, contenenti al minimo 2 ml/kg di essenza. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media consigliata (Commissione E del BfArM): 2-3 g/die (infusione). Infuso: infondere per 10 minuti 1-1,5 g di droga per tazza d’acqua calda (150 ml). Bere una tazza 30 minuti prima dei pasti. Polvere: 0,5 g pro dose, 1-3 volte al giorno prima dei pasti. 97

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Estratto fluido: 0,5-3 g pro die (1 g = 55 gocce). A. absinthium T.M.: 20-30 gocce 2 volte al giorno prima dei pasti. Nota: l’assunzione di tuione non deve essere superiore a 3 mg/die e occorre limitare il trattamento a 2 settimane (EMEA, 2009). Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara a partire dalla parte aerea fresca (titolo 65°). Formulario Vino (Leclerc) A. absinthium g 30 – alcol a 60° g 60 – vino bianco dolce g 1000 Lasciare macerare l’Assenzio nell’alcol per un giorno, aggiungere quindi il vino, fare riposare per 10 giorni e filtrare S/Non superare 100 g al dì Gocce eupeptiche Artemisia absinthium T.M. Gentiana lutea T.M. Angelica archangelica T.M. ana parti in unico flacone S/30 gocce, diluite in acqua, mezz’ora prima dei pasti principali, sorseggiare lentamente Gocce per la convalescenza Artemisia absinthium T.M. Echinacea T.M. Eleuterococco T.M. ana parti in unico flacone S/30 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al giorno Curiosità • La pianta è citata da Avicenna come meraviglioso stimolante dell’appetito e dalla Scuola Salernitana come sicuro preventivo contro il mal di mare. • Per la sua azione emmenagoga alla pianta è stato dato il nome di Artemisia in onore di Artemide, figlia di Giove e Latona, dea della castità. Si legge anche che il nome le deriverebbe da Artemisia, moglie di Mausolo, regina della Caria, che la usò per prima. • L’assenzio allontana anche il fetore della bocca, se viene dallo stomaco […]. I pittori e i macinatori del bianco di piombo (cerussa) faranno bene di bere 1-2 cucchiai da caffè di vino di assenzio il giorno, perché l’assenzio espelle questo minerale dal corpo (Antonelli, 1941). Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie, op. cit, p. 612. 2 Teuscher E. et al., op. cit., p. 124. 3 http://www.cosmofarma.com/download/20060504-ProfVincieri.pdf. 4 Bruneton J., 2001, Plantes toxiques, op. cit., p. 169. 5 Firenzuoli F., 2001, op. cit.

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vulgaris

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Artemisia vulgaris L.

Nome comune: Artemisia Francese: Armoise Inglese: Common wormwood Tedesco: Gemeiner Beifuß Spagnolo: Artemisa Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: sommità e radice Costituenti principali: – olio essenziale (1-2 ml/kg):* canfora, borneolo, vulgarolo, carburi e scarse quantità di tuione * > 0,1% per una droga officinale1 – flavonoidi; idrossicumarine; polline; triterpeni e steroli – lattoni sesquiterpenici (?) – inulina (10%) nella radice Attività principali: attività amaro-tonica, eupeptica; antispasmodica Impiego terapeutico: atonia digestiva, dispepsia; come tonico nervino

Utilizzo medico Per il basso contenuto in olio essenziale e per la quasi assenza in tuione la pianta risulta meno tossica, ma le sue proprietà aromatiche e digestive sono assai meno marcate rispetto a quelle dell’Assenzio (Artemisia absinthium L.). Per questo motivo la pianta viene scarsamente impiegata. L’utilizzo prolungato, per almeno 3 mesi, della radice in infuso avrebbe effetti ipoglicemizzanti2. La medicina popolare utilizza la radice come antispasmodico. Sono segnalate anche proprietà insetticide. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Come per tutti gli amari l’uso è controindicato in caso di gastrite, ulcera gastrica e duodenale. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: un cucchiaino da caffè per tazza d’acqua; 3 tazze al giorno. Polvere: 2 a 4 g al giorno. Estratto fluido: 0,5-1 g più volte al dì (1 g = 36 gocce). Artemisia vulgaris T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica La Tintura Madre si prepara dagli organi sotterranei freschi della pianta (titolo 65°). Curiosità • Dioscoride la consigliava per provocare le mestruazioni e accelerare il parto, Ippocrate per far espellere la placenta. 99

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• Artemisia vulgaris L. rientrava anche fra le piante atte a curare l’epilessia. Scrive Scotti: «La fama dell’Artemisia come specifico antiepilettico rimonta per lo meno a 2 secoli addietro, e vi diede un po’ di mano la superstizione. Experientia comprobatum est, scriveva Toel nel 1663, che la vigilia di S. Giovanni, strappando le radici dell’Artemisia, vi si trovano sotto dei carboni, la cui polvere guarisce immediatamente dall’epilessia» (Scotti G., 1872). • Un mazzolino di artemisia messo in una stanza può allontanare le mosche e le zanzare. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 458. 2 Van Hellemont J., op. cit., p. 51.

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Asparagus officinalis L.

Nome comune: Asparago Francese: Asperge Inglese: Asparagus Tedesco: Spargel Spagnolo: Espárrago; Esparraguera Famiglia: Liliaceae Parte utilizzata: rizoma e radici; turioni Costituenti principali: – saponosidi steroidali (sarsapogenina); fructani; – aminoacidi: asparagina, arginina – flavonoidi (rutina) in maggiore quantità nelle parti verdi; antacianosidi in tracce; acidi glicolico e glicerico – sali di Potassio (1,3-1,6%) e Fosforo (0,5-1%) Attività principali: azione diuretica Impiego terapeutico: cistite, litiasi; gotta; forme reumatiche

Utilizzo medico La radice e il rizoma sono considerati suscettibili di favorire l’eliminazione renale di acqua. Sarebbero i saponosidi a genina steroidica a conferire alla droga proprietà diuretiche e depurative1. Le saponine, infatti, determinano un’azione irritante a livello dell’epitelio renale con aumento della secrezione urinaria. I flavonoidi contribuiscono a tali proprietà migliorando l’irrorazione a livello dell’epitelio renale. All’azione diuretica intervengono anche i fruttosani, la β-asparagina (monoamide derivata dall’acido aspartico) e il rapporto elevato potassio/sodio. Le indicazioni terapeutiche sono rappresentate da ritenzione idrica, cistite, litiasi, gotta e forme reumatiche in genere. La radice d’Asparago si utilizza raramente da sola: viene associata, per lo più, ad altre piante dotate di attività diuretica come la Solidago, l’Ortosiphon, l’Uva ursina ecc. Rientra nella formulazione dello Sciroppo delle cinque radici (vedi Formulario). Con i turioni veniva preparato uno sciroppo dotato di proprietà sedative a livello cardiaco e ad azione diuretica. È stato segnalato che i semi (estratti acquosi dei semi) presentano attività antibiotica nei confronti di E. coli, Staphilococcus aureus, Candida albicans2. Dal punto di vista alimentare sono utilizzati i giovani germogli, o turioni. Si caratterizzano per un basso apporto energetico (25 kcal per 100 g di parte edibile) e un elevato valore nutrizionale. Sono presenti, infatti, importanti concentrazioni in vitamine, sostanze minerali, oligoelementi ecc. In genere gli asparagi forniscono, per 100 g di parte edibile, 31 mg di vitamina C – circa 16 mg dopo la cottura. L’asparago rappresenta inoltre una delle verdure fresche contenenti una buona concentrazione in vitamine del gruppo B, in particolare è considerato un’eccellente fonte di folati (vitamina B9). Il contenuto vitaminico può cambiare, anche sensibilmente, a seconda della varietà: risultano più ricchi in vitamina C e in provitamina A gli asparagi viola, in vitamina B1 e in vitamina B2 gli asparagi a punta verde. Si segnala che sono presenti 101

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anche vitamina K e composti fenolici ad azione antiossidante (flavonoidi, carotenoidi, acidi fenolici). Negli asparagi si rilevano anche modeste quantità di fitoestrogeni: isoflavoni e lignani. Per quanto riguarda gli isoflavoni, la loro concentrazione è assai inferiore rispetto ai prodotti a base di soia, mentre per i lignani è abbastanza simile. Sembra, inoltre, che la cottura non incida sulla loro percentuale. Gli asparagi potrebbero pertanto essere inseriti a pieno titolo nell’alimentazione della donna in menopausa. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’uso è sconsigliato nelle affezioni renali in fase acuta. Per la presenza di vitamina K si richiede prudenza in caso di assunzione di farmaci anticoagulanti. Come alimento va consumato, in quantità moderata, non più di una volta al giorno. L’odore caratteristico dell’urina è dovuto alla presenza di metilmercaptano, sostanza solforata di degradazione di alcuni composti azotati presenti negli asparagi. Forme farmaceutiche e posologia Decozione della radice: far bollire 50 g di radice in un litro di acqua. Lasciare raffreddare e non zuccherare. Bere, fra i pasti, una tazza 3 volte al dì. Estratto fluido: 2-5 g più volte al dì (1 g = 39 gocce). Asparagus officinalis T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara a partire dai turioni freschi (titolo 45° a 1/20). Formulario Sciroppo delle cinque radici Asparago radice 100 g Finocchio radice 100 g Prezzemolo radice 100 g Sedano radice 100 g Rusco radice 100 g Zucchero 2000 g Acqua 3000 g Bollire il tutto per 20 minuti. Infondere per 15 minuti Filtrare e aggiungere lo zucchero al liquido caldo. Bollire per 3 minuti e filtrare nuovamente Sciroppo di turioni (Larousse) Ottenere con una centrifuga il succo degli asparagi e filtrare. Fare cuocere dolcemente a bagnomaria con il doppio del suo peso in zucchero fino a ottenere uno sciroppo. Conservare in flaconi ermeticamente chiusi. Assumere 2 cucchiai mattino e sera. Litiasi renale Solidago T.M. Orthosiphon T.M. Asparagus T.M. ana parti in unico flacone S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì

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Curiosità • Gli asparagi possono servire per cercare di espellere un oggetto appuntito ingoiato inavvertitamente (spina ecc.). Occorre far mangiare una cospicua porzione di asparagi: le fibre, non digeribili, andranno ad avvolgere il corpo estraneo consentendone spesso l’espulsione. • Plinio riteneva l’Asparago dotato di attività afrodisiaca. Note bibliografiche 1 Bruneton J., Pharmacognosie…, op. cit., 2009, p. 97. 2 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., p. 114.

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Atropa belladonna L.

Nome comune: Belladonna Francese: Belladone Inglese: Dwale-belladonna Tedesco: Schwarze Tollkirsche Spagnolo: Belladona Famiglia: Solanaceae Parte utilizzata: foglia Costituenti principali: – alcaloidi tropanici (0,3-0,6%)1: josciamina (maggioritaria: 90%), scopolamina (2%) e i loro prodotti di disidratazione (apoatropina e aposcopolamina, 7%)* – flavonoidi (quercetina, kaempferolo, flavoni glucosidici) – sostanze minerali (12-15%); acido clorogenico – scopoletolo in piccola quantità (cumarina) * Tutti gli organi della pianta contengono alcaloidi: frutti (0,65%), semi (0,8%), radici (0,85%) Attività principali: azione parasimpaticolitica Impiego terapeutico: come anticolinergico; stati spastici a carico dell’apparato gastrointestinale (esclusiva prescrizione medica)

Utilizzo medico Per comprendere l’azione farmacologica della pianta è opportuno considerare separatamente l’azione dei singoli alcaloidi e quella della pianta nella sua globalità. La josciamina rappresenta l’alcaloide maggioritario della pianta mentre l’atropina deriva dalla racemizzazione della josciamina durante i procedimenti di estrazione. Sebbene la josciamina sia più attiva, viene abitualmente impiegata l’atropina. Insieme alla scopolamina (presente in piccola quantità) rappresentano gli alcaloidi principali della pianta: tali alcaloidi sono dotati di azione parasimpaticolitica2. 1. Atropina3 a) Occhio: si ha midriasi passiva (dilatazione delle pupille) per paralisi del muscolo sfintere dell’iride e conseguente prevalenza del muscolo dilatatore dell’iride innervato dal simpatico e impossibilità di accomodazione del sistema ottico dell’occhio per la visione vicina, in conseguenza della paralisi dei muscoli ciliari innervati dal parasimpatico (ciclopegia). L’occhio rimane pertanto accomodato per la visione lontana non potendosi rilasciare il legamento sospensore del cristallino, comandato dai muscoli ciliari. La midriasi e la mancanza di contrazione dei muscoli ciliari determina condizioni sfavorevoli al deflusso normale dell’umor acqueo, percui si ha ipertensione endo-oculare da ristagno. b) Secrezioni: effetto nettamente inibente. Si ha così inibizione della secrezione lacrimale, salivare (con secchezza del cavo orale), gastrica, e sudorale. Viene altresì ridotta la quantità di succo gastrico emesso e la percentuale in esso presente di acidocloridrico e pepsina. c) Muscolatura tubo digerente: rilasciamento del tono dell’esofago, dello stomaco, 104

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dell’intestino tenue e del crasso, mentre sugli sfinteri determina invece un’intensificazione del tono stesso. Può derivarne tendenza alla stipsi. d) Vie biliari: rilasciamento della colecisti e del coledoco. e) Muscolatura vescicale: azione spasmolitica sulle vie urinarie; diminuisce il tono del detrusore e rafforza quello dello sfintere vescicale, per cui si ha un’azione favorentela ritenzione idrica. f) Cuore e pressione arteriosa: tachicardia per il prevalere del tono simpatico, mentre non ha di regola effetto marcato sulla pressione arteriosa. g) Bronchi: viene indotta broncodilatazione. h) SNC: a dosaggi elevati determina eccitazione importante con agitazione, disorientamento, iperriflessia, allucinazioni, delirio, confusione mentale, insonnia… A deboli dosi è presente una tendenza depressiva e sedativa. 2. Scopolamina4 Presenta attività simile all’atropina ma assai meno marcata. Atropina e scopolamina differiscono principalmente per gli effetti a livello del SNC. In dosi terapeutiche, per via parenterale, la scopolamina tende a provocare notevole sonnolenza e sedazione. A dosaggi elevati ambedue provocano coma. In generale i preparati di Belladonna hanno le stesse indicazioni dell’atropina, però a questa sono inferiori per l’incostanza d’azione, inconveniente grave dato che si tratta di un medicamento particolarmente attivo: da qui la necessità di utilizzare esclusivamente preparati standardizzati o, direttamente, l’atropina. È opportuno usare prudenza anche nelle applicazioni topiche. La tolleranza è variabilissima, per cui è consigliabile iniziare con piccole dosi. La Belladonna è considerata un antispastico di origine naturale. Preparati galenici sono destinati al trattamento sintomatico di tossi non produttive e asma, della stipsi, della gastrite ipercloridrica (riduzione secrezione Hcl e dello spasmo muscolare che chiude il piloro) e di specialità antalgiche e antinevralgiche per uso topico (emorroidi, ragadi ecc.). Si ricorda che per essere realmente efficaci a livello gastrico, i preparati anticolinergicici devono essere somministrati in dosi piuttosto elevate, tanto da creare disturbi collaterali come difficoltà d’accomodazione e disuria5. Occorre pertanto porre molta attenzione nell’uso della pianta al rapporto rischio/beneficio! Tossicità, interazioni ed effetti secondari Tutta la pianta è tossica, in particolare le bacche. L’assunzione di 2-3 bacche può risultare fatale nel bambino (10-15 nell’adulto). I sintomi sono rappresentati da turbe digestive immediate con nausea e vomito, turbe neurovegetative, quali tachicardia, secchezza delle fauci e delle mucose in generale, ritenzione urinaria, costipazione, difficoltà di deglutizione, dispnea, midriasi con alterazione del visus, fotofobia, segni centrali con ansia, vertigini, delirio “atropinico”, crisi convulsive,quindi coma accompagnato spesso da depressione cardiorespiratoria6. Casi di intossicazione possono avvenire in seguito a consumazione di uccelli o lumache nutriti con foglie e bacche di Belladonna, alla quale questi animali sono insensibili. Gli alcaloidi della Belladonna sono in genere rimedi sicuri: alte dosi possono causare effetti spiacevoli in individui normali, ma non sono pericolosi per la vita7. Fra gli effetti collaterali si ricordano alterazioni del visus, tachicardia, secchezza delle fauci, costipazione, ritenzione urinaria. Pazienti con glaucoma o ipertrofia prostatica possono invece rispondere a dosi terapeutiche con reazioni gravi (eccitazione con tendenze maniacali, arrossamento e secchezza della pelle, midriasi, tachicardia). L’uso va pertanto evitato nei soggetti affetti da glaucoma, ipertrofia prostatica, tireotossicosi, insufficienza 105

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cardiaca (tachicardia e aritmia ventricolare). Da sconsigliare in gravidanza (anche per uso topico), durante l’allattamento e in pediatria. Farmacopea Europea (Ph.eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle le foglie sole o mescolate alle sommità fiorifere e, talvolta, fruttifere, essiccate, di A. belladonna, contenenti al minimo lo 0,3% di alcaloidi totali espressi in josciamina. Fra questi alcaloidi, la josciamina nettamente preponderante è accompagnata da piccole quantità di scopolamina (joscina). Forme farmaceutiche e posologia L’uso della pianta è ormai desueto a causa dello sfavorevole rapporto rischio/beneficio, a eccezione delle preparazioni omeopatiche. In Farmacopea Europea si trova quanto segue: Polvere titolata (titolazione in alcaloidi totali, 0,28-0,32%) Tintura (titolazione in alcaloidi totali, 0,027-0,033) In F.U. IX troviamo: Estratto fluido foglie F.U. (titolato allo 0,25% in alcaloidi totali): 1 g = 53 gocce. Dosi: 2-4 gocce più volte al dì. Dosi massime: 0,1 g pro dose, 0,4 g pro die. Tintura foglie F.U.: (titolata allo 0,03% in alcaloidi totali): Dosi:10-20 gtt pro dose. Doso massime F.U.: 1 g pro dose, 3 g pro die Polvere: Dose singola media: 0,05-0,10 g. Dose singola massima: 0,20 g (0,60 mg di alcaloidi totali). Dose giornaliera massima: 0,60 g (1,8 mg di alcaloidi totali). (Prescrizione esclusivamente medica!) Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fiorita (titolo 45°) (uso omeopatico). I preparati di radici di Belladonna sono circa due volte più attivi di quelli ottenuti dalle foglie. Curiosità • Atropos è il nome di una delle tre Parche, quella che recide il filo della vita. • Belladonna fa allusione all’uso, in voga nel Rinascimento, di utilizzare il succo delle bacche per dilatare le pupille e dare splendore agli occhi e per belletto. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 968. 2 Ferrante F., Tilli M., Farmacologia clinica, Rosini Editrice, Firenze, pp. 202-203. 3 Bruneton J., Pharmacognosie…, op. cit., 2009, p. 969. 4 Ibidem. 5 Goth A., Farmacologia Medica, S.E.U., Roma, 1980, p. 119. 6 Debelmas A.M., Delaveau P., op. cit., p. 103. 7 Goth A., op. cit., ibidem.

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Avena sativa L.

Nome comune: Avena Francese: Avoine Inglese: Oat Tedesco: Hafer Spagnolo: Avena Famiglia: Graminaceae Parte utilizzata: cariossidi e parti aeree Costituenti principali: Frutto (cariosside): – β-glucani (fibre solubili); amido (45-60% sul peso secco) – proteine (17% sul peso secco); zuccheri solubili (predominanteil saccarosio), – lipidi (5-9%): trigliceridi (40-80% dei lipidi totali), fosfolipidi, glicolipidi, fitosteroli, loro esteri e acidi grassi (acido palmitico, oleico e linoleico che costituiscono il 95% degli acidi grassi totali) – sali minerali (potassio, magnesio, fosforo, ferro, calcio, magnesio, zinco e altri) e di vitamine del gruppo B (B1, B2, B6 e B12) – avenantramidi (Avn): azione antiossidante e antiflogistica – flavonoidi (infiorescenze) – saponine triterpeniche (foglie) – pectina e acido silicico (stramentum avenae) Attività principali: stimolante, vitaminizzante; vulneraria, antinfiammatoria Impiego terapeutico: astenia ed esaurimento fisico; nervosismo; dermatite seborroica (uso esterno)

Utilizzo medico I frutti (cariossidi) d’Avena presentano, in quantità notevolmente superiore a quella che si trova nella farina di frumento, un ricco bagaglio in sali minerali: fosforo, potassio, magnesio e zinco e, in concentrazione maggiore rispetto agli altri cereali, ferro, manganese, calcio, rame ecc. e vitamine essenziali come tiamina, acido folico, biotina e acido pantotenico. Indubbie, quindi, sono le proprietà nutrizionali della pianta, tanto è vero che è stata definita “donatrice di oligoelementi”1. L’Avena (farina o fiocchi) risulta molto preziosa come ricostituente nell’alimentazione della prima infanzia, nell’adolescenza, nell’allattamento, in geriatria e negli stati di convalescenza. Segnalata anche un’attività ipocolesterolemizzante. I frutti sono particolarmente ricchi in fibre solubili (β-glucani): «per una dose usuale (2-10 g/die), 1 g di fibre diminuisce il colesterolo totale di 0,040 mmol/l e l’LDL-colesterolo di 0,037 mmol/l (valori calcolati su 25 studi, 1600 persone)»2. Viene inoltre raccomandata ai soggetti diabetici in quanto è uno dei cereali che contiene meno zuccheri semplici in 107

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quanto presenta, rispetto agli altri cereali, un basso indice glicemico (ridotta concentrazione di zuccheri solubili). Per quanto riguarda l’introduzione dell’avena nella dieta di soggetti affetti malattia celiaca risulta «ancora una questione controversa; a oggi, nonostante sia stato valutato da indagini in vivo che quantità moderate di avena non esercitano effetti tossici sulla mucosa intestinale dei celiaci, esistono ancora dubbi sulla reale innocuità della porzione prolamminica dell’avena (avenine). Sembra infatti che queste molecole, in contrasto con i risultati ottenuti in vivo, siano in grado di attivare la risposta immunitaria se messe in coltura con biopsie intestinali di soggetti celiaci; da non sottovalutare inoltre il rischio che l’avena commerciale possa essere contaminata da proteine di grano, segale od orzo,sicuramente tossiche per il celiaco. Alla luce di quanto esposto ancora molte organizzazioni nazionali per celiaci (escluso quella finlandese e del Regno Unito) non riconoscono ancora l’avena come un alimento sicuro per il celiaco»3. Il frutto non decorticato è un tonico utile contro la fatica, nella convalescenza e nelle forme lievi di depressione. È pertanto indicato in tutti i casi di astenia fisica o intellettuale. Le spiccate attività tonificanti sono dovute, inoltre, alla presenza di un principio, avenina (frazione prolamminica dell’avena), che svolge un’azione stimolante nei confronti della tiroide. Occorre tenere presente però che risulta molto sensibile al calore (si degrada oltre i 60°)4. Nel frutto è presente inoltre la trigonellina, uno stimolante neuromuscolare. Decotti di frutto d’Avena e tintura sono stati utilizzati nella cura del tabagismo e nelle cure da disintossicazione da morfina. In uno studio apparso sulla rivista Nature nel 1971, è stata messa in evidenza l’azione della pianta nella cura del tabagismo: a 26 soggetti fumatori è stato somministrato un estratto alcolico della pianta, e al gruppo di controllo un placebo. Al termine della prova nel gruppo trattato è emerso una netta diminuzione sia del numero di sigarette fumate che del desiderio (per 2 mesi dopo il trattamento). Tale azione viene correlata alle proprietà sedative5. Le parti aeree della pianta (Avena verde-Avenae herba recens) si usano contro il nervosismo e nell’insonnia (in particolare l’estratto alcolico). Tale attività sembra sostenuta dalla gramina, alcaloide indolico, presente anche nell’orzo sinergicamente coadiuvata dalle avenine e dagli avenacosidi. Ciò spiega come queste piante posseggano un’attività blandamente sedativa, simile a quella svolta della Passiflora. Le parti aeree della pianta sono presenti come monografia della Commissione E del BfArM ove viene indicata per stati acuti o cronici di ansia, nella tensione o agitazione, nella sindrome neuroastenica, come ricostituente e corroborante generale. Viene peraltro specificato che l’efficacia della droga non è stata dimostrata. Uso esterno La farina d’avena colloidale (polvere ottenuta dalla macinazione e dalla lavorazione dell’intero chicco) viene usata ampiamente in campo cosmetico e dermatologico per le proprietà detergenti (saponine), tamponanti, idratanti, protettive, lenitive (betaglucani), anti-irritanti e antiossidanti. La presenza di avenantramidi è responsabile dell’azione antinfiammatoria (riduzione delle citochine pro-infiammatorie e probabile azione sui recettori H1 dell’istamina) e antiossidante. Questa farina può essere impiegata sia per pelle sana che in caso di dermatosi, in particolare nelle forme eritemato-desquamative che presentano una pelle particolarmente secca, arrossata e con prurito. È indicata anche per il trattamento di pelli delicate e facilmente arrossabili. In passato veniva utilizzata sotto forma di cataplasmi applicati localmente per un supposto effetto sugli organi più profondi: serviva pertanto per eliminare calcoli, 108

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lenire dolori addominali, nelle affezioni epatiche ecc. L’effetto topico è vulnerario e antinfiammatorio (lombalgie, nevralgie ecc.). La paglia (stramentum) risulta utile nelle affezioni cutanee di tipo infiammatorio, seborroico e pruriginose. Bagni preparati con paglia di Avena vengono utilizzati per gotta, reumatismi, affezioni cutanee e come sedativo per gli ipertonici6. La Commissione E del BfArM segnala che la paglia di avena può essere impiegata per uso esterno come antiflogistico e per pelli grasse (100 g per un bagno intero)7. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Soggetti con intolleranza al glutine (celiachia) devono prestare una certa attenzione. Forme farmaceutiche e posologia Infuso (parti aeree prima della fioritura, fresche o essiccate): un cucchiaio colmo di droga (3 g circa) in 1/4 di litro di acqua bollente; filtrare dopo aver lasciato raffreddare a temperatura ambiente. Una tazza più volte al dì. Decozione: 20 g di farina d’Avena per litro di acqua (risulta rinfrescante, diuretica e blandamente lassativa). Avena sativa T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica La Tintura Madre è preparata a partire dalla parte aerea fiorita fresca (45°). Formulario Sciroppo all’Avena sativa (Botteri) Avena sativa T.M. 20 ml Sciroppo semplice F.U. q.b. a 200 ml S/un cucchiaio, prima dei pasti principali Depressione astenica Avena s. T.M. Hypericum p. T.M. ana parti in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno Insonnia Avena s. T.M. Eschscholtzia c. T.M. ana parti in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua, alle 18 e prima di coricarsi Convalescenza-Spasmofilia Avena s. T.M. Medicago s. T.M. ana parti in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno Iperemotività Avena s. T.M. Passiflora i. T.M. ana parti in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno 109

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Senescenza Avena s. T.M. Ginkgo b. T.M. ana parti in unico flacone S/30 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì (alternare con: Sequoia g. M.G.1DH, 50 gocce 1-2 volte al dì) Curiosità • Avena è il nome utilizzato da Virgilio (Georg. 1,77): forse da aveo, desidero. • È particolarmente usata in veterinaria come stimolante nella dieta dei cavalli. Note bibliografiche 1 Proserpio G. et al., op. cit., p. 804. 2 Bruneton J., Pharmacognosie…, op. cit., 2009, p. 71. 3 Eva Gatti, L’avena un cereale da rivalutare. Sunto della tesi di laurea, Corso di laurea in Tecniche Erboristiche, facoltà di Farmacia, Università degli Studi di Firenze, A.A. 2008/09 Relatore Prof.ssa Nadia Mulinacci, correlatore Dr.ssa Lisa Giovannelli. 4 Tringale M., 1993, Farmacia naturale, 8, 68-70. 5 Anand C.L., 1971, Nature, 233, 496. 6 Wichtl Max et al., op. cit., p. 97. 7 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 71.

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Ballota nigra L. (= Ballota foetida (L.) Lam.)

Nome comune: Ballota; Marrubio fetido; Marrubio nero Francese: Ballote noire (fètide) Inglese: Black horehound Tedesco: Schwarznessel Spagnolo: Marrubio negro Famiglia: Lamiaceae * Da non confondere con Marrubium vulgare L. o album (azione bechica, amarotonica gradevole, diuretica, cardioregolatrice e ipotensiva) Parti utilizzate: sommità fiorite Costituenti principali: – esteri dell’acido caffeico (5,5%): acido caffeoilmalico e glicosidi fenilpropanoidici: verbascoside (acteoside) ecc. – flavonoidi (lactato e glucosil-lattato del luteolo, vicenina-2, tangeretina) – derivati labdanici furanici – sali minerali (malato e pectato di potassio), acido gallico, olio essenziale (tracce) Attività principali: antispasmodica, ansiolitica; calmante della tosse pertussoide; coleretica Impiego terapeutico: insonnia; turbe della menopausa; pertosse; acufeni

Utilizzo medico Viene tradizionalmente indicata, grazie all’azione sedativa e ansiolitica, nel trattamento sintomatico delle forme neurotoniche dell’infanzia e dell’età adulta, in particolare nelle forme lievi di insonnia, nelle manifestazioni ipocondriache e nelle manifestazioni ansiose che accompagnano la menopausa. Queste proprietà furono ampiamente confermate da H. Leclerc (XX sec.)1 il quale sottolineò l’azione delle preparazioni ottenute da pianta fresca nelle turbe nervose legate alla menopausa (25 gocce di alcolaturo, 4 volte al dì oppure 1-2 cucchiaini da caffè mattino e sera) e nelle psiconevrosi ribelli associandola alla Passiflora (alcolaturo di Ballota 40 g + Passiflora tintura 10 g, 50 gocce 4 volte al dì). Sempre da Leclerc la pianta è stata consigliata nell’incontinenza urinaria di origine nervosa. Per l’attività antispasmodica viene impiegata nel trattamento sintomatico della tosse. Risulta utile, in particolare, nella pertosse ove diminuisce la frequenza e l’intensità degli attacchi pertussoidi, l’ansietà prima dell’attacco e la prostrazione successiva: spesso si può vedere abortire una crisi imminente immediatamente dopo l’ingestione del rimedio. Tali proprietà sono riportate nella Note explicative de l’Agence du médicament (Francia-1998) Un ulteriore utilizzo riguarda il trattamento degli acufeni sostenuti da vasospasmo. Per quanto riguarda l’apparato digerente, le proprietà spasmolitiche ne giustificano 111

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nigra

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l’impiego negli spasmi a carico del tratto gastrointestinale. La Ballota contribuisce, inoltre, ad aumentare la secrezione biliare. Un decotto di pianta fresca è in grado di triplicare il volume di bile escreta in mezz’ora2. In passato alcuni autori, come Cazin (XIX sec.) ad esempio, segnalarono l’attività della pianta come vermifugo energico nei confronti di ossiuri e ascaridi (supposte e clisteri). La B. nigra è pianta mellifera: le api la apprezzano molto e ne ricavano un ottimo miele. Gli antichi utilizzavano la pianta come topico e vulnerario. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Recentemente è stato segnalato che i composti furanici hanno una struttura molto simile a quelli presenti in alcune specie di Teucrium (vedi): pertanto anche se la tossicità della pianta non è stata dimostrata, viene consigliata estrema prudenza nel suo utilizzo. Un’eventuale assunzione deve essere solo su prescrizione medica e, comunque, per brevi periodi. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle sommità fiorite essiccate contenti al minimo 1,5% di derivati dell’acido orto-diidrossicinnamico totali espressi in acteoside Forme farmaceutiche e posologia Posologia media consigliata (ESCOP): 1,5-5 g di droga pro dose. Bambini 3-12 anni (solo sotto controllo medico): dosaggio in base al peso corporeo. Non utilizzare preparazioni alcoliche (ESCOP). Infuso: si prepara con 15 o 30 g per litro d’acqua. Per migliorarne il gusto si può aggiungere Menta, Melissa o Finocchio; 3 tazze al giorno, prima dei pasti. Il sapore dell’infuso è decisamente sgradevole. Decotto: 5 g per tazza (colagogo). Ballota nigra T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara a partire dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Psiconevrosi: Ballota n. T.M. 40 ml Passiflora i. T.M. 10 ml S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al giorno oppure: Ballota n. T.M. 40 ml Valeriana o. T.M. 10 ml Passiflora i. T.M. 10 ml S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al giorno Vino di Ballota Mettere in un litro di vino bianco bollente 50 g di pianta secca e lasciare riposare il tutto per 6 ore. Mezzo bicchiere primo dei pasti

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Insonnia (Lieutaghi P.) Ballota sommità fiorite 20 g Biancospino sommità fiorite 20 g Tiglio fiori 20 g Asperula pianta 20 g Timo pianta 20 g S/Mischiare bene le piante, frantumando le foglie e i fusti, e farle infondere per 10 minuti. Un cucchiaio da minestra in una tazza d’acqua bollente. Addolcire con miele, se necessario. Da 2 a 3 tazze al giorno, una delle quali al momento di coricarsi, facendo una pausa di una settimana ogni due di terapia, fino al ritorno del sonno normale Curiosità • Si devono all’illustre clinico Boerhaave (1668-1738) le prime serie indicazioni riguardanti l’efficacia della Ballota nel trattamento delle nevrosi, quali isteria e ipocondria. • La pianta era già conosciuta con il nome di Ballota da greci e latini: si ignora il significato originario di tale nome. Alcuni autori ipotizzano che possa derivare dal greco ballein = respingere (pianta dall’odore ripugnante). Note bibliografiche 1 Leclerc H., 1919, Bull. Soc. Thérapeut. 24, 192-196. 2 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 1157.

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perennis

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Bellis perennis L.

Nome comune: Margheritina; Pratolina Francese: Pâquerette Inglese: English daisy Tedesco: Gänseblümchen Spagnolo: Maya Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: foglie e fiori Costituenti principali: – saponine, acidi organici, olio essenziale (tracce), sostanze amare, inulina ecc.; flavonoidi (fiore) Attività principali: vulnerarie Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico Bellis perennis: «Il nome ne annuncia la bellezza e la durata» (Cazin, 1876). La margheritina di campo viene poco citata dagli antichi ed è solo nel XVI secolo che entra in terapia con il medico senese Mattioli il quale la segnala come vulneraria. Un’ordinanza del 1793, emanata dalle autorità tedesche, ne ordinava la distruzione completa in quanto considerata abortiva, forse per via delle saponine. Sarà l’omeopatia a rivalutarla segnalandola come l’arnica degli organi pelvici da utilizzare in particolare nel traumatismo del seno, del piccolo bacino e del coccige. La pianta è attualmente inutilizzata dal punto di vista medico. In passato rientrava tra le specie bechiche delle antiche farmacopee. L’infuso dei fiori veniva impiegato nelle malattie della gola e dei bronchi, nella “pleurite a frigore”1 e nelle forme ipertensive (Cazin). Era impiegata anche come depurativa, rinfrescante, blandamente diuretica e lassativa2. L’uso esterno è simile a quello dell’Arnica montana L. (contusioni). La pianta era un vulnerario assai apprezzato nelle campagne: cataplasmi di foglie bollite erano ritenuti efficaci nel trattamento esterno delle contusioni ecchimotiche, nelle distorsioni, nelle piaghe torpide, nei foruncoli e nei flemmoni ecc. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale (allergia alle Asteraceae). Forme farmaceutiche e posologia Infuso (fiori): 2 o 3 cucchiaini da caffè per tazza d’acqua bollente. Uso desueto. Note di galenica La Tintura Madre è preparata con la pianta intera fresca (titolo 45°). Curiosità • Le foglie giovani venivano mangiate in insalata in caso di stipsi in quanto si riteneva avessero proprietà lassative. Note bibliografiche 1 Negri G., op. cit., p. 397. 2 Viola S., 1968, op. cit., p. 218.

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vulgaris

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Berberis vulgaris L.

Nome comune: Crespino Francese: Épine vinette Inglese: Common Barberry Tedesco: Berberitzen Spagnolo: Agracejo Famiglia: Berberidaceae Parte utilizzata: radice (corteccia); foglie e frutti Costituenti principali: – alcaloidi isochinolici: berberina (come maggioritario), oxyacantina… – resina, tannino, amido Attività principali: ipotensiva; coleretica e antispasmodica; vasocostrittrice ed emostatica Impiego terapeutico: metrorragie; come amarotonico; nefrolitiasi, ritenzione urinaria e come depurativo del sangue

Utilizzo medico La pianta è considerata ipotensiva, coleretica e antispasmodica: tali attività sono attribuite in particolare agli alcaloidi isochinolici. Tutte le parti della pianta, ad eccezione dei frutti, contengono infatti alcaloidi (berberina come maggioritario). La berberina, dal forte colore giallo e responsabile del colore dello stelo e delle radici, risulta ipotensiva, coleretica e spasmolitica, ma anche citotossica1. Dato che la berberina del Berberis vulgaris è analoga a quella dell’Hydrastis c., può essere impiegata come succedaneo di questa pianta esotica in quanto dotata di analoghe proprietà vasocostrittrici ed emostatiche. H. Leclerc (XX sec.) consigliava l’uso della pianta nelle metrorragie che compaiono in menopausa e in presenza di fibromiomi, in alcune forme di dismenorrea concomitanti o conseguenza di una congestione pelvica. La berberina inoltre è una sostanza amara che agisce come stimolante delle funzioni digestive. Per questo motivo la corteccia della radice veniva impiegata come stomachico amaro e come stimolante della funzionalità epatica. Viene segnalato un utilizzo anche in caso di nefrolitiasi, ritenzione urinaria e come depurativo del sangue. La pianta è stata utilizzata in passato, insieme all’Enula campana, nelle cura della disintossicazione morfinica, in quanto sembra che la berberina sia dotata di un’azione dinamica simile alla fase iniziale eccitante dell’azione neuromuscolare della morfina2. La berberina dimostra azione antifebbrile e, in particolare, antimalarica, caso in cui manifesterebbe un’attività contratturante a livello delle cellule elastiche della milza3. In passato è stata utilizzata in sinergia con la chinina nel trattamento della malaria4. Si è dimostrata efficace nel trattamento delle lesioni cutanee da Leyshmania tropica (bottone d’Oriente)5. La berberina sarebbe dotata di un’azione blandamente anestetica su mucose e tessuto sottocutaneo. Sono state segnalate inoltre proprietà battericide6. In oculistica, viene impiegata nel trattamento di congiuntiviti (azione antibatterica) (Refit, OEMF). Un recente studio ha confermato l’azione urolitica della corteccia: la sua sommini115

37 • Berberis

vulgaris

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strazione in cavia con urolitiasi ha evidenziato un effetto inibente la deposizione di cristallo di ossalato di calcio a livello dei tubuli renali e diminuzione dello stress ossidativo a livello dei reni7. I frutti non contengono alcaloidi8. L’infuso, ottenuto con i frutti o con le foglie, risulta una bevanda rinfrescante contenente vitamina C e che agisce come leggero lassativo e antifebbrile. Si conosce anche un uso popolare riguardante i frutti della pianta nelle affezioni polmonari e, sotto forma di composta o di vino, contro la stitichezza e la mancanza d’appetito. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’uso della foglia o del frutto non comporta rischi. Solo l’uso a dosi elevate della radice risulta pericoloso (non superare 0,5 g di berberina)9. La berberina a posologia elevata può provocare disturbi gastrointestinali con nausea, vomito e diarrea, polipnea, crampi. È possibile anche un’azione deprimente cardiaca e vasodilatatrice, sia per azione diretta che per stimolazione vagale. Dosaggi molto elevati (DL50 di 520 mg/kg nella cavia p.o.) possono determinare paralisi respiratoria10, nefrite emorragica e arresto cardiaco. Porre attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci cardioattivi e analettici respiratori. La berberina può interferire con il normale metabolismo della bilirubina nei lattanti provocando ittero: per questo motivo se ne sconsiglia l’uso in gravidanza, durante l’allattamento e in pediatria11. Forme farmaceutiche e posologia Infuso o breve decotto di 40 g di corteccia in un litro d’acqua; 3 tazze al giorno tra i pasti. Si può dolcificare. Infuso (frutti e foglie): 2 cucchiaini da caffè per tazza d’acqua; 1-3 tazze al dì. Estratto fluido: 2-3 g pro dose (1 g = 50 gocce). Berberis vulgaris T.M.: 5-10 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla corteccia della radice essiccata (titolo 55°). Formulario Sciroppo di Berberis (Benigni) Estratto fluido Berberis 25 g Sciroppo semplice F.U. ad 1000 g S/da 1 a 3 cucchiai da minestra al giorno Metrorragia (Leclerc) Estratto fluido Berberis Estratto fluido Cupressus Elixir di Garus Sciroppo semplice q. b. a S/un cucchiaio da minestra ogni 2-3 ore

2g 2g 20 g 150 g

Tisana rinfrescante (Van Hellemont) Berberis (fructus) 10 g Rosa caninae (fructus) ad 50 g S/2 cucchiaini da caffè per tazza, preparare un infuso caldo; parecchie tazze al giorno 116

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Curiosità • I giovani germogli sono utilizzati bolliti. Anche i frutti maturi, di sapore vinoso, acidulo, ricchi in vitamina C, sono commestibili e possono essere utilizzati freschi o canditi o per preparare sciroppi e marmellate. Grazie alla presenza di sostanze amare possono essere impiegati per confezionare aperitivi. Note bibliografiche 1 Dorvault, op. cit., p. 254. 2 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 470. 3 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I, p. 408. 4 Brachmachari, 1944, Ind. Med. Gaz., 79, 259. 5 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., ibidem, p. 407. 6 Ibidem, p. 408. 7 Bashir S. et al., 2010, Berberis vulgaris root bark extract prevents hyperoxaluria induce urolithiasis in rats. Phytother Res. 24(8):1250-5. 8 Bruneton J., Plantes toxiques…, op. cit., p. 199. 9 M.M. et al., 2010, Acute toxicity of berberine and its correlation with the blood concentration in mice. Food Chem Toxicol. 48(4):1105-10. 10 Chan E, 1993, Displacement of bilirubin from albumin by berberine, Biol. Neonate, 63, 201208. 11 Ibidem.

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alba

L.

Betula alba L.

Nome comune: Betulla Francese: Bouleau blanc Inglese: White birch Tedesco: Hänge-Birke Spagnolo: Abedul común Famiglia: Betulaceae Parte utilizzata: foglia e corteccia; gemme Costituenti principali: Foglia – flavonoidi (2-3%): quercitroside,iperoside, rutoside e altri glucosidi del quercetolo, kemferolo e miricetolo ecc.; flavoni metilati lifoli (boccioli) – acidi fenoli e triterpeni derivati del lupano (betulinolo, acido betulinico) e del dammarano – olio essenziale (1%): ossidi sesquiterpenici; tannini (leucoantocianidine), – acido ascorbico (fino allo 0,5%), resine Corteccia – triterpeni derivati del lupano (betulinolo, acido betulinico, esteri del betulinolo…); acido oleanolico (piccole quantità); tannini Nota: Sinonimi di Betula alba L. sono: Betula pendula Roth, Betula verrucosa Ehrhart. Oltre alla specie Betula alba L. esiste anche Betula pubescens Ehrhart (Betulla pelosa), molto meno diffusa della precedente. Attività principali: diuretica e depurativa Impiego terapeutico: litiasi renale, renella; disturbi reumatici, gotta; cellulite

Utilizzo medico La foglia possiede proprietà diaforetiche e diuretiche (glucosidi flavonici). Le foglie fresche sono più attive e ciò fa supporre che l’olio essenziale rinforzi l’attività diuretica. La diuresi che si ottiene è caratterizzata da un’aumentata escrezione di acqua e, sembra, non di sali: per questo motivo potrebbe essere impiegata anche negli edemi di origine cardio-renale. Tuttavia, a scopo precauzionale, l’estratto della monografia della Commissione E del BfArM segnala di non utilizzare la pianta in presenza di edemi causati da insufficienza cardiaca o renale. La monografia precisa che la foglia può essere utilizzata come terapia di drenaggio nelle patologie batteriche e infiammatorie delle vie urinarie, in caso di litiasi renale (l’incremento della diuresi previene la formazione di renella) e come coadiuvante antireumatico. Uno studio clinico pubblicato segnala che l’irrigazione continua della vescica dopo adenomectomia prostatica con estratto di Betulla congiuntamente a estratti di altre piante (Iperico, Urtica, Marticaria, Artemisia) riduce la batteriuria e l’infiammazione nel periodo post-operatorio1. L’estratto fluido, acquoso e secco ottenuto dalle foglie avrebbe attività antibiotica (E. coli, Staphil. aureus e albus)2; è stato dimostrato che estratti di Betula pubescens L. possiedono proprietà antibatteriche nei confronti dello Stafilococcus aureus3. H. Leclerc (XX sec.) ne preconizzò 118

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alba

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l’impiego nel trattamento della cellulite, caso nel quale favorirebbe l’eliminazione dell’acido urico e del colesterolo, cui seguirebbe l’eliminazione e la scomparsa dei noduli fibro-connettivali. Infusi di foglie di Betulla si usano, esternamente, per combattere la caduta di capelli mentre con la corteccia si preparano pediluvi utili contro il sudore profuso dei piedi. È stata segnalata anche una notevole attività coleretica manifestata in modo particolare dalle gemme. La corteccia e il legno di Betulla danno per distillazione secca un catrame che viene utilizzato nella cura delle affezioni cutanee. L’olio essenziale ottenuto dal catrame di Betulla si usa in pomata (8%) nelle artralgie e può essere impiegato in prodotti per il massaggio sportivo4. Il carbone, finemente polverizzato, possiede azione assorbente per cui trova indicazione nelle affezioni gastrointestinali accompagnate da meteorismo. L’acido betulinico (presente nella corteccia) è citotossico in vitro e in vivo: inibisce l’apoptosi e la crescita dei melanomi umani sviluppati su cavia e di altre cellule tumorali. Si dimostra inoltre, unitamente al betulinolo, debolmente antinfiammatorio. Alcuni amidi dell’acido betulinico sono risultati essere inibitori potenti e selettivi della replicazione del virus HIV5. Da segnalare, in Gemmoterapia6, la Linfa di Betulla 1DH, conosciuta anche come Betula verrucosa linfa 1DH: ricca in potassio, ha come principali proprietà l’attivazione della diuresi e l’eliminazione delle scorie metaboliche, colesterolo e acido urico in particolare. Allo stato naturale la linfa contiene una quindicina di oligoelementi (0,5 g/l): i più abbondanti oltre al potassio, risultano essere calcio, magnesio e manganese. Sono presenti inoltre cromo e selenio di cui sono ben conosciute le proprietà antiradicali che possono aiutare l’organismo nei suoi meccanismi di difesa a livello cellulare. Altri costituenti della linfa sono gli amminoacidi (glutammina, citrullina, acido glutammico, isoleucina, valina, asparagina ecc.), l’acido malico, il glucosio e il fruttosio. Gli amminoacidi determinano un’azione tonica che concorre allo stato di benessere generale determinato dalle proprietà depurative e drenanti. La linfa di betulla contiene anche due eterosidi i quali liberano per via enzimatica salicilato di metile ad attività analgesica, antinfiammatoria e diuretica e uricosurica. Viene segnalato l’uso topico nelle afte e nella calvizie precoce (Brigo, 1997). La principale indicazione della linfa di Betulla è comunque quella riguardante il trattamento della cellulite ove riduce nettamente l’impastamento e la componente algica oltre a contrastare, grazie all’aumento della diuresi, la ritenzione idrica quasi sempre presente. Per queste sue peculiarità e per l’attività ipocolesterolemizzante che la caratterizza, rientra anche negli schemi terapeutici del trattamento del sovrappeso. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. L’estratto della monografia della Commissione E del BfAr segnala di non utilizzare la pianta in presenza di edemi causati da insufficienza cardiaca e/o renale. Esiste una segnalazione che le foglie di Betulla possono causare dermatite da contatto7. Si consiglia vigilanza in caso di assunzione contemporanea di farmaci antiaggreganti piastrinici e anticoagulanti. Come per tutte le piante ad azione diuretica, prestare attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci diuretici (possibile sommazione d’effetto). 119

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Farmacopea Europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle foglie essiccate, intere o frammentate, di B. pendula Roth. e/o B. pubescens Ehrh., nonché ibridi di entrambe le specie. Contiene al minimo 1,5% di flavonoidi espressi in iperoside. Forme farmaceutiche e posologia Infuso (foglie): 2-4 g per tazza d’acqua bollente, lasciare in infusione per 10 minuti. Filtrare e bere parecchie tazze al giorno. Succo fresco: 15 ml, diluito in acqua, 3 volte al dì. Polvere: 100 mg per cps., 1 cps 1-3 volte al dì. Estratto fluido: 5-10 g pro die (1 g = 42 gocce). Betula alba T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Linfa di betulla 1DH: 50 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla corteccia dei giovani rami freschi (titolo 65°). Formulario Tisana diuretica (Van Hellemont) Foglie di Betula a. 50 g Acqua bollente 1000 g Bicarbonato di sodio 1g Versare l’acqua bollente sulle foglie di Betulla. Quando l’acqua è tiepida si aggiunge il bicarbonato per dissolvere le sostanze resinose. Lasciare riposare per 6 ore. Filtrare. Bere 2-3 bicchieri al giorno. Tisana diaforetica (Van Hellemont) Foglie di Betula a. Fiori di Tiglio Fiori di Sambuco ana ad 50 g S/2 cucchiaini da caffè per 250 ml d’acqua. Preparare un infuso caldo (lasciare in infusione 3 minuti); 2 o 3 tazze al giorno Cura di primavera Betula a. T.M. Taraxacum o. T.M. Urtica d. T.M. ana parti in unico flacone S/30 gocce 3 volte al dì in un grande bicchiere di acqua, lontano dai pasti Reumatismo e gotta Betula a. T.M. Ribes n. T.M. Fraxinus e. T.M. ana parti in unico flacone S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì

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Stati febbrili Betula a. T.M. Spiraea u. T.M. Matricaria r. T.M. ana parti in unico flacone S/20-40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì Cistite Betula a. T.M. Solidago v. T.M. Uva ursi T.M. ana parti in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì Curiosità • La Betulla era chiamata “albero della saggezza” in quanto i maestri adoperavano i giovani rami per farne delle verghe da utilizzare… a scopi didattici! (emendat rigidos puerorum betula mores!). • «Delle betulle non capivo la bellezza; vicino a loro giocavamo in primavera quando scioglieva la neve, senza alzare gli occhi ai loro rami celestiali. E l’uso dei nostri antichi, che a maggio manifestavano il loro amore alle ragazze del villaggio con rami di Betulla appena sbocciati posti davanti agli usci delle loro case, si è perduto a contatto con la civiltà mediterranea»8 (Rigoni Stern M., 1996). Note bibliografiche 1 Davidov M.I., Goriunov V.G., Kubarikov P.G., 1995, Phytoperfusion ofthe bladder after adenomectomy, Urol. Nefrol. (Mosk), 5, 19-20. 2 Mela C., 1950, Fitoterapia, 2, 98. 3 Rauha J.P. et al., 2000, Antimicrobial effects of Finnish plant extracts containing flavonoids and other phenolic compounds, Int. J. Food Microbiol. 56, 3-12. 4 Proserpio G. et al., op. cit., p. 654. 5 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 911. 6 Campanini E., Manuale pratico di gemmoterapia, op. cit., pp. 58-59. 7 Lahti A., Hannuksela M., 1980, Immediate contact allergy to birch leaves and sap, Contact. Dermatitis, 6, 464-565. 8 Rigoni Stern M., 1996, Arboreto Salvatico, Einaudi Tascabili, Milano.

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officinalis

L.

Borago officinalis L.

Nome comune: Borragine Francese: Bourrache Inglese: Borage Tedesco: Borretsch Spagnolo: Borraja Famiglia: Boraginaceae Parte utilizzata: fiori e parti aeree; semi Costituenti principali: Foglie e steli: – mucillagine (11%); acidi fenoli (acido rosmarinico e cloregenico) – alcaloidi pirrolozidinici (2-8 mg/ kg): licopsamina, amabilina, supinina intermedina e loro derivati 7-acetilati Fiori: alcaloidi pirrolozidinici (derivati saturi: tesinina libera e glicosilata,…); antociani (fiori)… Semi: acidi grassi insaturi; alcaloidi pirrolozidinici saturi, in tracce (tesinina) Attività principali: diaforetiche; diuretiche ed emollienti Impiego terapeutico: come depurativo; affezioni bronchiali benigne; dermatiti (semi)

Utilizzo medico La Borragine manifesta proprietà diaforetiche, diuretiche ed emollienti. Per tali proprietà è da sempre utilizzata, grazie al contenuto in mucillagine, come emolliente contro la tosse nelle affezioni bronchiali acute benigne1 e come depurativo del sangue. Le blande proprietà diuretiche sono da attribuire al nitrato di potassio. H. Leclerc (XX sec.) classifica la Borragine fra le piante sudorifere e depurative atte al drenaggio cutaneo (Borragine, Bardana, Viola tricolor, Saponaria, Smilax). Tuttavia la presenza, peraltro minima e variabile, di alcaloidi pirrolozidinici, ad azione epatotossica, ne fa sconsigliare l’utilizzo. Si ricorda che le principali droghe ad alcaloidi pirrolozidinici sono: Borago officinalis L., Symphytum officinale L., Tussilago farfara L., Eupatorium cannabinum L., Senecio jacobaea L., Senecio vulgaris L. Di interesse terapeutico sono invece i semi. La concentrazione in olio varia, a seconda delle modalità estrattive e il grado di maturazione, dal 13 al 33%. Si tratta di un olio ad acidi grassi saturi e insaturi2: palmitico,9-12%; palmitoleico, < 0,6%; stearico, 2-6%; oleico,12-22%; linoleico,30-41%; γ-linolenico (17-27%); α-linolenico, < 0,5%; arachidico, < 0,5%; eicosenoico,2,8-4,4%; erucico, 20%, in particolare nelle foglie giovani e in estate): acidi fenoli (acido clorogenico e caffeico), esteri gallici del glucosio (tannini gallici), flavonoidi(O-eterosidi di flavonoli e C-eterosidi in alcune varietà), gallato del (-) epigallocatecolo (EGCG, 5-12%), gallato del (-)-epicatecolo (ECG, 1-5%), 3,5-digallati degli stessi, (-)-epicatecolo (0,2-2%) ecc. Proantocianidoli (procianidoli, prodelfinidoli, teasinensine, assamicaine ecc.). Una tazza di tè verde apporterebbe 300-400 mg di polifenoli Foglia fermentata: – prodotti volatili (aroma): derivati cetonici per degradazione di caroteni, exenale per ossidazione di acidi grassi insaturi, eterocicli diversi per ossidazione dei monoterpeni – per ossidazione dei polifenoli (colore dell’infuso): benzotropoloni (teaflavina e suoi esteri 3-O- o 3’-O-mono- e 3,3’-O-digallici (1-2%), teaflagallina ed epiteaflagallina. Per ossidazione e polimerizzazione delle teaflavine: tearubigine e loro derivati (10-20%) Attività principali: azione stimolante SNC; diuretica e lipolitica; angioprotettrice (> tè verde); antidiarroica Impiego terapeutico: come stimolante; come coadiuvante nei regimi dimagranti; diarrea

Utilizzo medico Esistono numerose varietà di tè in base alle varietà botaniche, all’origine geografica, all’età delle foglie, al tipo di lavorazione al quale sono sottoposte ecc. In particolare: – Tè verde, chiamato anche Tè non fermentato. Le foglie giovani sono stabilizzate dal calore secco o per corrente di vapore e poi seccate. Grazie alle modalità di lavorazione le foglie mantengono il loro colore verde e forniscono un infuso chiaro e profumato. Questo tè contiene al minimo 2% di caffeina. – Tè nero, chiamato anche Tè fermentato. La lavorazione può essere suddivisa in 4 fasi: appassimento (per una ventina di ore), arrotolamento (fa fuoriuscire gli olii es136

44 • Camellia

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senziali dalle foglie e contribuisce a fissare l’aroma e il colore finale del prodotto), fermentazione (il contatto con l’ossigeno produce la fermentazione e fa colorare le foglie verdi di rosso) ed essiccazione (che scurisce ulteriormente le foglie e ne blocca il processo decompositivo)2. Questo tè contiene al minimo 2,5% di caffeina. – Tè oolong (Wu long) è il tè semifermentato. Le foglie di tè conoscono un uso millenario: in Oriente prima di essere una bevanda è considerata una pianta medicinale. Le foglie manifestano infatti azione stimolante, angioprotettrice, diuretica e blandamente astringente. Il loro impiego è consigliato, oltre che come bevanda dissetante e corroborante, nelle astenie funzionali, come coadiuvante nei regimi dimagranti, per favorire l’eliminazione renale di acqua e nel trattamento sintomatico delle diarree leggere3. Esternamente manifestano azione addolcente e antipruriginosa. Le foglie di C. sinensis risultano inoltre ricche in principi antiossidanti (polifenoli), in grado di proteggere le cellule dai danni provocati dall’ossidazione dei radicali liberi. I flavani sono inibitori della perossidazione lipidica: a livello dei mitocondri bloccano i radicali liberi e contribuiscono quindi a frenare la degenerazione cellulare4. Il tè verde risulta essere particolarmente ricco in questi polifenoli ad azione antiossidante5: per tale motivo costituisce un rimedio efficace nel contrastare lo stress ossidativo, fattore importante nella determinazione dello sviluppo delle patologie cronico-degenerative6. È stato segnalato che l’assunzione giornaliera di 300 ml di tè verde determina nelle ore successive un aumento significativo dell’attività antiossidante nel sangue7. La caffeina è responsabile dell’azione stimolante a livello del sistema nervoso centrale che si manifesta con un aumento delle attività intellettuali, della vigilanza e del tono psichico, e un’elevazione della diuresi. Un recente studio8 epidemiologico giapponese dimostra che bere 5 tazze di tè verde al giorno può ridurre del 20% l’incidenza dello stress psicologico, compensando i segni di stanchezza fisica e mentale. Questo effetto è probabilmente riconducibile all’elevata concentrazione di polifenoli, i quali possono ridurre nel modello animale i livelli delle sostanze ossidate legate alla fatica. Sembra inoltre che il tè svolga un’azione di protezione per quanto riguarda le funzioni cognitive nel soggetto anziano (neuroprotezione): uno studio osservazionale ha segnalato che l’assunzione di due o più tazze di tè verde al giorno sarebbe in grado di diminuire in modo debole ma significativo il rischio deterioramento cognitivo (orientamento temporo-spaziale, attenzione, memoria)9. Responsabile, almeno in parte di tale proprietà, sarrebbe l’EGCG, la principale catechina antiossidante del tè verde. La presenza dei derivati polifenolici (flavonoidi, acido clorogenico, caffeico ecc., tannini, dimeri flavanaci) rende l’attività del tè meno brutale e più prolungata nel tempo rispetto a quella della sola caffeina. Altre pubblicazioni hanno segnalato un possibile ruolo protettivo nei confronti delle malattie degenerative come la sindrome di Alzheimer e il morbo di Parkinson10. Sono ovviamente necessari ulteriori studi per confermare tali dati. L’attività angioprotettrice e antinfiammatoria dei polifenoli del tè verde – nel tè nero i polifenoli sono fortemente ossidati a causa della fermentazione – è stata dimostrata sperimentalmente su animali11. La funzione endoteliale è un parametro che permette di misurare il grado di integrità funzionale delle pareti dei vasi sanguigni. La disfunzione endoteliale rappresenta la prima fase della patogenesi dell’aterosclerosi e contribuisce alla formazione e allo sviluppo della placca aterosclerotica. Numerosi studi hanno dimostrato come il consumo di tè, in quanto ricco di composti antiossidanti come le 137

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catechine, sia in grado di migliorare la funzione endoteliale12. Un’indagine ha comparato l’effetto di tè verde e tè nero (meno ricco di catechine) sui vasi. È stata valutata la dilatazione flusso mediata (FMD, capacità del vaso di dilatarsi in risposta al passaggio del flusso sanguigno) in 21 uomini sani, prima e 2 ore dopo il consumo di tè verde, tè nero e acqua. Dall’analisi dei risultati è emerso che i due tè agiscono in modo simile sui vasi migliorandone la dilatazione: in seguito al consumo di tè verde e tè nero, infatti, la FMD è passata, rispettivamente, dal 5,4% al 10,2% e dal 5% al 9,1%13. Studi epidemiologici hanno suggerito che il consumo di tè possa ridurre il rischio di malattie coronariche-cardiovascolari, soprattutto per il contenuto di elevate quantità di flavonoidi dalle proprietà antiossidanti. La somministrazione di un estratto di tè verde ricco di flavonoidi antiossidanti riduce infatti le LDL ossidate circolanti e migliora la funzionalità vascolare14. Il tè avrebbe inoltre la capacità di abbassare la concentrazione di lipidi a livello ematico. Uno studio epidemiologico condotto su circa 14.000 Giapponesi, di cui l’86,7% consumatore abituale di tè verde, ha evidenziato in modo statisticamente significativo l’abbassamento dei livelli sierici di colesterolo totale (0,015 mMol/L per tazza giornaliera di tè verde), ma non del colesterolo HDL e dei trigliceridi15. Nel 2008 una metanalisi ha concluso che il tè verde riduce in modo significativo il colesterolo-LDL (“colesterolo cattivo”)16. I tannini (gallati di epicatecolo, epigallocatecolo) diminuiscono la colesterolemia in cavie sottoposte a regime ricco in lipidi e colesterolo17. Si ritiene che la presenza dei polifenoli sia fondamentale nel determinare una concentrazione elevata di adrenalina, la quale tra l’altro è responsabile dell’incremento della lipolisi, con conseguente consumo dei lipidi. È soprattutto per quest’ultima proprietà che il tè verde viene utilizzato nelle terapie dimagranti. Numerose evidenze hanno dimostrato l’effetto protettivo della caffeina nei confronti del diabete di tipo 2: l’ulteriore conferma arriva da uno studio giapponese che ha associato il consumo di tè verde alla diminuzione del rischio della patologia18. I meccanismi alla base dell’effetto protettivo comprendono l’aumento del metabolismo basale, la stimolazione dell’ossidazione dei grassi e la mobilizzazione del glicogeno nei tessuti muscolari e l’incremento della lipolisi nei tessuti periferici. Inoltre, sostanze ossidanti come l’epigallotechina del tè e l’acido clorogenico del caffè intervengono positivamente sul metabolismo del glucosio (NFI-Nutrition Found of Italy)19. Per quanto riguarda l’azione antitumorale, indubbiamente i composti fenolici, ad attività antiossidante, svolgono un importante ruolo di prevenzione. Sono necessari comunque studi clinici rigorosi per confermare tali proprietà. La ricerca in laboratorio ha evidenziato che i flavanoli sono antimutageni in vitro e si oppongono alla formazione di sostanze mutagene (nitrosamine). I tannini inibiscono, nel ratto, la cancerizzazione cutanea indotta da agenti chimici20 e manifestano azione antimutagena21. Gli infusi, gli estratti di tè verde e l’EGCG si oppongono, nell’animale, alla cancerizzazione sperimentale di diversi organi (pelle, polmone, duodeno, colon)22. Secondo alcuni autori i tannini, i composti polifenolici ecc. interagiscono con il citocromo P-450 microsomiale epatico del ratto: questa interazione con i sistemi implicati nell’attivazione dei premutageni e precancerogeni spiegherebbe le attività osservate23. È stato segnalato che il tè (verde o nero) può aiutare a ridurre la formazione carie dentaria24: sembra infatti che siano responsabili di una diminuzione di attività dell’amilasi salivare e che i polifenoli (tè verde) limitino la crescita dei batteri associati con la carie come E. Coli, Streptococcus salivarius e S. mutans. 138

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Un’altra interessante segnalazione riguarda l’azione della pianta nel migliorare la densità ossea in donne anziane che assumevano regolarmente il tè. Gli autori indicano nel fluoro e nei flavonoidi i possibili elementi che giocano a favore della salute dell’osso25. La Food and Drug Administration (FDA) ha approvato nel 2006 l’uso di una pomata a base di estratto di tè verde (15% in catechine) per il trattamento dei condilomi acuminati anali e genitali: con il suo uso si assiste a una graduale scomparsa o regressione in una buona percentuale dei casi (circa la metà)26. In alcuni casi ne ha prevenuto la ricomparsa27. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’abuso, ovvero l’utilizzazione prolungata e a forti dosi, può provocare un’intossicazione cronica (teismo) caratterizzata da insonnia, perdita dell’appetito e turbe nervose. La segnalata possibilità di un effetto cancerogeno del tè verde, confermato dal test su animale, dipende dalla particolare preparazione utilizzata per lo studio: 20 g di tè fatti bollire per ben 5 ore in 250 ml di acqua, dopodiché l’estratto risultante viene riportato a 120 ml con l’aggiunta di acqua e con in più l’aggiunta di 25 mg di soda e un cucchiaino di sale da cucina. Tale metodo di preparazione è assai diffuso in Kashmir, dove la bevanda viene assunta in grande quantità e bollente. Il metodo di preparazione determina anche la produzione di nitrosamine cancerogene. Nel Kashmir il cancro all’esofago e allo stomaco sono molto diffusi: queste patologie sarebbero da ricondurre, pertanto, «più alle nitrosamine e alla continua sollecitazione delle mucose esercitata dalla bevanda bollente, che non alle sostanze contenute nel tè»28. Sono stati segnalati casi di sofferenza epatica in seguito all’assunzione di prodotti dimagranti a base di tè verde (estratto idroalcolico a elevata posologia). In seguito a ciò e a una review su quanto pubblicato a partire dal 1960, nel 2008 l’US Pharmacopeia Dietary Supplement Informations Expert Committee (DSI-EC) raccomanda che nell’etichettatura sia segnalato un avvertimento di attenzione nell’uso. Si ritiene che il gallato di epigallocatecolo possa essere all’origine di questi casi29. Le interazioni possibili sono principalmente quelle legate alla presenza della caffeina. È stato segnalato che l’assunzione di tè nero ha ridotto l’assorbimento di ferro del 79-94% da un pasto (comparato all’acqua) in volontari adulti. Questa inibizione è risultata dose dipendente e in relazione al contenuto in polifenoli. In caso di anemia e quando è richiesta una supplementazione di ferro, il tè (verde e nero) non deve essere assunto contemporaneamente ai pasti e alla supplementazione di ferro30. Forme farmaceutiche e posologia Tè verde, foglie, infuso: 5 p. 100. Infondere brevemente. Come coadiuvante nel trattamento della diarrea lasciare in infusione 10 minuti. Tè verde polvere: 100-200 mg per cps in associazione. Tè verde Estratto Secco (40% in epigallocatecolo-EGCG): 1 cps 1-3 /die. Note di galenica L’effetto stimolante risulta massimo con un’infusione di breve durata dato che la caffeina si discioglie velocemente nell’acqua calda (circa l’80%). L’infusione prolungata determina una maggiore estrazione di tannini che a loro volto tendono a complessare la caffeina, la quale viene assorbita in quantità minore dall’organismo31. 139

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Per ottenere un tè con minor contenuto in caffeina, infondere brevemente (20-30 secondi) e gettare l’acqua, quindi preparare il tè secondo l’abituale metodo. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla foglia essiccata (titolo 65°). Formulario Sovrappeso Tè verde polvere 200 mg Hieracium p. polvere 100 mg S/1-2 capsule 3 volte al dì, per un mese oppure per 20 giorni al mese per 2 mesi Curiosità • Narra la leggenda che il tè, Camellia sinensis (folia), fu scoperto nel 2737 a.C. dall’imperatore Chen-Nong il quale, mentre all’ombra di una pianta di tè faceva bollire dell’acqua, che si proponeva di bere, vide cadere qualche foglia di questa pianta nel recipiente. L’imperatore rimase incantato dall’aroma e dal delizioso sapore della bevanda così accidentalmente ottenuta, ma anche dal suo effetto tonico e vitalizzante. Solo intorno al 1666 arriverà però in Europa, grazie agli Olandesi. • «Ciò che accomuna tutti i popoli e le culture che hanno adottato il tè, dalla Cina all’America di ceppo anglosassone, è l’elaborazione di un rituale più o meno complesso, ma stabile e mai affrettato, per la preparazione e l’assunzione dell’infuso. In queste culture, inoltre, il rituale segna una importante cesura nelle attività, nelle tensioni, nelle passioni di chi vi partecipa. L’hig tea (quello delle cinque) in Inghilterra, massimo vertice di questa sorta di monumento tradizionale, è l’occasione per sentirsi fieramente partecipi di una cultura e di una Nazione, in una sorta di rappresentazione domestica della “britannicità”, ma anche momento di coesione familiare e sociale. Per l’Islam il tè è il veicolo del rapporto interpersonale, gesto propiziatorio della amicizia e meccanismo di disinnesco, quasi sacrale, delle tensioni»32. • Una tazza di tè è 2-4 volte meno ricca di caffeina (50 mg) rispetto a una tazza di caffè (100-200 mg). Il tè ban-cha, conosciuto come Bancia, proviene dal Giappone ed è privo di caffeina: energetico e dal sapore piuttosto deciso è indicato nei soggetti che soffrono di insonnia e stati ansiosi. • «Al tè nero viene spesso aggiunto un goccio di latte per renderlo più digeribile. Ciò provoca l’accumulo di alcuni polifenoli nelle micelle della proteina del latte, la caseina, cosicché il sapore astringente della bevanda risulta attenuato. Invece l’aggiunta di succo di limone ne modifica non soltanto il sapore ma anche l’aspetto. Esso impedisce la formazione, sulla superficie del tè, della caratteristica pellicola cangiante, tanto più evidente quanto più dura è l’acqua utilizzata per la preparazione. Questa pellicola è costituita da una miscela complessa di sostanze ossidate e sali di calcio e scompare con la diminuzione del valore del pH e con la combinazione del calcio con il citrato»33. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 1220. 2 http://www.teatime.it/varieta.htm. 3 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 886. 4 Okuda T. et al., 1983, Chem. Pharm. Bull. 31, 1625-1631; Yoshida T., 1989, Chem. Pharm. Bull. 37, 1919-1921.

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Henning SM, Fajardo-Lira C. et al., 2003, Catechin content of 18 teas and a green tea extract supplement correlates with the antioxidant capacity. Nutr Cancer. 45(2):226-35. 6 Scholtz, E., Bertram B., 1996, Farmacia Naturale, 3, 22.  7 Cooper R, Morre DJ, Morre DM., 2005, Medicinal benefits of green tea: part II. review of anticancer properties. J Altern Complement Med. 11(4):639-52. 8 Hozawa A. et al., 2009, Green tea consumption is associated with lower psychological distress in a general population: the Ohsaki Cohort 2006 Study. Am J Clin Nutr. 90(5):1390-6.  9 Kuriyama S, Hozawa A. et al., 2006, Green tea consumption and cognitive function: a crosssectional study from the Tsurugaya Project 1. Am J Clin Nutr, 83(2):355-61. 10 Weinreb O, Mandel S. et al., 2004, Neurological mechanisms of green tea polyphenols in Alzheimer’s and Parkinson’s diseases. J Nutr Biochem., 15(9):506-16.; Zaveri NT, 2006, Green tea and its polyphenolic catechins: medicinal uses in cancer and noncancer applications. Life Sci, 27;78(18):2073-80. 11 Stagg G.V., Millin D.J., 1975, J. Sci. Fd. Agric. 26, 1439-1459. 12 http://www.nutrition-foundation.it/news.php?act=visual&nid=000325&pos=10&kw=003. 13 Jochmann N, Lorenz et al., 2007, The efficacy of black tea in ameliorating endothelial function is equivalent to that of green tea. J Nutr. 5:1-6, in:h ttp://www.nutrition-foundation.it.   14 Tinahones FJ, Rubio MA. et al., 2008, F.J Am Coll Nutr. 2 (2):209-13; Koning Gans JM. et al., 2010, Arterioscler Thromb Vasc Biol. Jun 18. 15 Monti L. et al., 2002, Piante Medicinali, 1, 5, 280. 16 Hooper L, Kroon PA. et al., 2008, Flavonoids, flavonoid-rich foods, and cardiovascular risk: a meta-analysis of randomized controlled trials. Am J Clin Nutr. 88(1):38-50. 17 Matsuda H. et al., 1986, J. of Etnopharmacology, 17, 213-224. 18 Iso H, Date C, Wakai K, 2006, The relationship between green tea and total caffeine intake and risk for self-reported type 2 diabetes among Japanese adults. Ann Intern Med. 18;144(8):554-62. 19 http://www.nutrition-foundation.it/ 20 Yoshizawa et al., 1897, Phytotherapy Research 1, 44-47. 21 Okuda T. et al., 1984, Chem. Pharm. Bull. 32, 3755-3758; Wang Z.Y. et al., 1986, Drug Metabolism and Disposition, 16, 98-103; Das M. et al., 1987, Cancer Res. 46, 2262-2265; ibid. 47, 760-766. 22 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 1221. 23 Rombi M., op. cit., p. 257. 24 Cabrera C, Artacho R, Gimenez R., 2006, Beneficial effects of green tea- Review. J Am Coll Nut. 25(2):79-99; Cooper R, Morre DJ, Morre DM, 2005, Medicinal benefits of green tea: Part I. Review of noncancer health benefits. J Altern Complement Med, 11(3):521-8. 25 Wu CH, Yang YC. et al., 2002, Epidemiological evidence of increased bone mineral density in habitual tea drinkers. Arch Intern Med 13;162(9):1001-6; Hegarty VM, May HM, Khaw KT, 2000, Tea drinking and bone mineral density in older women. Am J Clin Nutr. 71(4):1003-7. 26 FDA US Food and Drug Administration. Drugs - Development and Approval Process - NME Drug and New Biologic Approvals in 2006. www.fda.gov. 27 Stockfleth E, Beti H. et al., 2008, Topical Polyphenon E in the treatment of external genital and perianal warts: a randomized controlled trial. Br J Dermatol. 158(6):1329-38; Tatti S et al., 2008, Sinecatechins, a defined green tea extract, in the treatment of external anogenital warts: a randomized controlled trial. Obstet Gynecol. 111(6):1371-9. 28 Scholtz E., Bertram B., 1996, Farmacia Naturale, 3, 22. 29 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 1222. 30 Mills B., Bone K., op. cit., p. 504. 31 Wichtl Max et al., op. cit., p. 491. 32 Cabras P.L., in: AA.VV, 1997, L’obesità, SEE, Firenze. 33 Scholtz E., Bertram B., 1996, Farmacia Naturale, 3, 22. 5

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Nome comune: Cappero Francese: Câprier commun; Câpre Inglese: Caper-bush; caper Tedesco: Kapern Spagnolo: Alcaparro Famiglia: Capparaceae (= Capparidaceae) Parte utilizzata: Bottoni florali; radici, scorza Costituenti principali: – glucosinolati (presenti anche nelle foglie e semi): glucocapparina (per idrolisi: isotiocianato di metile; isotiocianato di isopropile, isotiocianato di sec-butile); glucobrassicina (presente anche nelle radici, per idrolisi: 3-idrossimetilindol e acido rodanico) – olio essenziale: linalolo, ossido di cinalolo, idrocarburi alifatici – flavonoidi: rutina (≈ 0,5% nel bottoni florali e ≈ 4% nelle foglie), eterosidi del kaempferolo (3-O-rutinoside, 3-O-ramnorutinoside) – acido p-metossibenzoico; Politerpeni; Zolfo elementare1 – vitamine A, B1, B2, acido ascorbico e pantotenico Attività principali: tonica, diuretica Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico La pianta ha un uso più alimentare che propriamente medico. I bottoni florali non ancora schiusi, chiamati capperi, sono adoperati in cucina, grazie al loro sapore molto forte, per aromatizzare salse e condimenti. Accanto a tali virtù affiancano proprietà toniche, stimolanti e aperitive. I capperi vengono classificati a seconda della loro dimensione: i più piccoli sono considerati pregiati. Sono conservati sotto sale o aceto. La liberazione di isotiocianato di metile durante la macerazione determina il loro sapore piccante. I frutti della pianta, simili a piccoli cetrioli, sono eduli così come le giovani cime dei tralci, ricche in carotenoidi. Anche il resto della pianta viene consumato come verdura. Dal punto di vista più propriamente medico veniva utilizzata la radice alla quale sono attribuite proprietà diuretiche e stimolanti la funzionalità epatica, oltre che aperitive e toniche. La ricerca ha evidenziato che l’acido p-metossibenzoico, presente nella pianta, manifesta proprietà antiepatotossiche mentre i politerpeni esercitano proprietà antiflogistiche2. Estratti acquosi inibiscono la crescita di funghi cutanei quali Microsporium canis e Trichophyton violaceum3. Nella medicina popolare al cappero erano riconosciute proprietà digestive: veniva preparato un vino medicinale di cui se ne assumeva un bicchierino da liquore prima 142

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o dopo i pasti. La radice era impiegata come potente diuretico. Proserpio G. inoltre ricorda l’uso topico delle «tinture oleose di Cappero per aiutare la risoluzione di ascessi e ingorghi ghiandolari»4. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’uso alimentare, alle dosi usuali, non determina in soggetti sani rischio di tossicità. Un consumo eccessivo e importante di capperi può tuttavia determinare irritazione gastro-intestinale. Sono inoltre segnalate irritazioni a livello renale in soggetti che presentano insufficienza renale (azione irritante composti solforati). Dermatiti da contatto possono presentarsi quando la pianta viene impiegata sotto forma di impacchi (uso proprio della medicina popolare). Curiosità • Il nome deriva dall’arabo kabar; Dioscoride (I sec. d.C.) cita la pianta come kapparis, termine che verrà utilizzato anche da Plinio (I sec. d.C.). L’uso alimentare del cappero è antichissimo: la pianta, come testimonia il mondo greco-latino che ne faceva commercio, era molto apprezzata. Sarà solamente a partire dal XVI secolo che, grazie agli Arabi, ne verrà iniziata la coltivazione su vasta scala. • Nel trattato culinario La Singolare dottrina di Messer Domenico Romoli (1587) si legge che «fan vivace il coito, scacciano la melanconia, provocano l’orina, nettano e sanano i polmoni». Anche nella Bibbia (Eccl. 12, 5) si trova un accenno alle proprietà afrodisiache di questa pianta5. • Un ottimo piatto di verdura si ottiene dai boccioli maturi e dalle cime tenere dei tralci: queste parti della pianta, prima di essere consumate, necessitano di una adeguata preparazione per la presenza nei loro tessuti di una sostanza amarissima e irritante (rutina) solubile in acqua. Occorre quindi che la verdura venga sbollentata, strizzata e poi, per un paio di giorni, immersa nell’acqua fredda (meglio se salata), acqua che bisogna sostituire 2 o 3 volte al dì (in dialetto questa procedura è detta cura). Eliminata la sostanza amara, la verdura può essere cucinata e condita con olio, limone e origano6. Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., pp. 159-160. 2 Ibidem. 3 Ali-Shtayeh M.S. et al., 1999, Mycoses, 42 (11/12):665-672. 4 Proserpio G. et al., 1983, p. 441. 5 Campanini E., Piante medicinali in Sardegna, op. cit., p. 90. 6 AA.VV., Le piante alimurgiche, in www.dipbot.unict.it.

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Capsella bursa-pastoris Moench.

Nome comune: Borsa pastore Francese: Bourse à pasteur Inglese: Shepherd’s purse Tedesco: Ewöhnliche Hirtentäschel Spagnolo: Pan Y quesillo Famiglia: Brassicaceae Parte utilizzata: la pianta intera senza radice Costituenti principali: – colina, acetilcolina, tiramina – saponine triterpeniche – glicosilonati (glicosidi solforati)-peptide ad azione emostatica – flavonoidi (diosmina, rutina) – > sali di potassio; tannino Attività principali: vasocostrittrice ed emostatica Impiego terapeutico: meno-metrorragie; manifestazioni soggettive insufficienza venosa degli arti inferiori (parti aeree fiorite)

Utilizzo medico La Borsa pastore è usata da sempre nelle meno-metrorragie moderate della pubertà e della menopausa in quanto vasocostrittore ed emostatico e come regolatore meccanico del flusso mestruale. Tale attività è suffragata dalla segnalazioni di studiosi giapponesi i quali hanno descritto un peptide ad attività emostatica e ossitocica. Tale peptide, in vitro, ha dimostrato, infatti, un’azione simile all’ossitocina1. La Note explicative de l’Agence du médicament (Francia 1998) segnala che le parti aeree fiorite possono essere utilizzate, per os e per uso topico, nel trattamento delle manifestazioni soggettive dell’insufficienza venosa a carico degli arti inferiori (gambe pesanti ecc.) e nella sintomatologia emorroidaria. La diosmina contribuisce all’attività terapeutica della pianta grazie all’azione antiedematosa e di miglioramento del microcircolo. Sempre questi ricercatori hanno messo in dubbio invece la presenza di colina, acetilcolina, tiramina (Kuroda K., 1969). Più recentemente è stato segnalato che la pianta sarebbe attiva in virtù del parassitismo frequente di Cystopus candidus, un fungo che le conferisce proprietà farmacodinamiche dovute a un composto derivato dalla colina2. Il meccanismo d’azione della pianta viene assimilato a quello della Segale cornuta3. L’azione emostatica, che si manifesta nei casi di meno-metrorragie, sarebbe conseguenza di una vasocostrizione passiva e locale dovuta alla contrazione delle pareti muscolari dell’utero. Per la sua azione sull’apparato utero-ovarico l’uso deve essere limitato alle meno-metrorragie. L’Hydrastis canadensis agisce invece con una vasocostrizione attiva, il che spiega perché tale pianta possa essere impiegata non solo nelle emorragie dell’apparato utero-ovarico ma anche nelle emorragie di altri apparati. La Capsella, contrariamente all’Hydrastis c., provoca un aumento del tono e delle contrazioni uterine: per questo motivo quando occorre ottenere un’azione sedativa sull’apparato utero-ovarico è opportuno impiegare l’Hydrastis canadensis, unitamente ad altre droghe dotate di analoghe proprietà (Viburno, Piscidia). In passato alcuni ricercatori avevano 144

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segnalato che la polvere della droga mescolata alla dieta normale, nelle proporzioni del 25-50%, conduce all’inibizione del ciclo estrale negli animali da esperimento4. H. Leclerc (XX sec.) prescriveva l’estratto fluido (2 cucchiaini al dì) per 10 giorni prima dell’epoca presunta delle mestruazioni, per ridurne l’abbondanza e nelle turbe circolatorie della menopausa. Nelle metrorragie consigliava l’assunzione, a seconda dei casi, di 6 cucchiaini nelle 24 ore. La Commissione E del BfArM ne sancisce l’uso per os come trattamento sintomatico delle metrorragie moderate. Uso esterno: viene utilizzata come generico astringente in caso di epistassi e nel trattamento di piccole ferite (pomata o tintura sulle ferite sanguinanti). Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. È opportuno porre attenzione, in caso di utilizzo cronico, per la presenza di sali di potassio e come per tutte le altre Brassicaceae (presenza di glicosilonati), a eventuali interazioni con farmaci tiroidei; si consiglia vigilanza anche in caso di assunzione contemporanea di anticoagulanti. È stato segnalato infine che, soltanto in caso di somministrazione per via parenterale, si può manifestare azione di tipo muscarinico con riduzione o aumento, a seconda della concentrazione, della pressione arteriosa, azione inotropa positiva sul cuore nonché aumento delle contrazioni uterine5. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 10-15 g/die della droga. Infuso: 3-5 g per tazza d’acqua bollente; infondere per 15 minuti. Assumere 2-4 tazze al giorno. Estratto fluido: un cucchiaino da caffè da 2 a 4 volte al giorno (1 g = 38 gocce). Capsella bursa p. T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Vino di capsella (Benigni) Estratto fluido Capsella Vino bianco Sciroppo semplice F.U. S/2-3 bicchierini al dì

20 g 700 g 120 g

Vino di capsella (Leclerc) Vino bianco 1000 g Pianta fresca incisa 100 g Fare macerare 8 giorni. S/assumere un cucchiaio da minestra ogni ora Conserva (Leclerc) Foglie di Capsella 1 parte Zucchero bianco 3 parti Pestare in un mortaio per ottenere una polpa omogenea. S/Assumere 40-60 g con idrolato di fiori d’Arancio 145

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bursa-pastoris

Moench.

Leucorrea Lamium album fiori 50 g Capsella pianta 50 g S/3 cucchiaini da caffè in infusione in 2 bicchieri di acqua Mestruazioni abbondanti Equisetum a. T.M. Capsella b.p. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 3 volte al giorno (prescrizione medica) Curiosità • La medicina popolare utilizza in caso di epistassi un cotone imbevuto di succo di borsa pastore introdotto nella narice. • Durante la prima guerra mondiale la difficoltà nel procurarsi la Segale cornuta e l’Hydrastis canadensis incitò i medici a interessarsi di questa pianta indigena cosicché le ricerche furono numerose, particolarmente in Germania. • Capsella deriva da capsa = borsa, per la forma della siliquetta (frutto). Bursa pastoris per l’analogia alla bisaccia del pastore. Note bibliografiche 1 Kuroda K., Takagi K., 1968, Nature, 220, 707. 2 Dorvault F., op. cit., p. 289. 3 Van Hellemont J., op. cit., p. 78. 4 Lazlo H., Henshaw I.S., 1954, Science, 19, 3097, 626-630. 5 Commissione E del BfArM 1986.

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Capsicum spp. Capsicum annuum L. var. minimum (Miller) Heiser

Nome comune: Peperoncino di Cayenna Francese: Piment de Cayenne Inglese: Chillies o Cayenne Tedesco: Cayenne-Pfeffer o Chillies Spagnolo: Pimiento Famiglia: Solanaceae Parti utilizzate: frutti maturi Costituenti principali: – carotenoidi (0,1-0,8%) che determinano il colore rosso: capsantina (35-50%), capsorubina (6-10%), violaxantina (710%), β-carotene (10-18%) ecc. – amidi acidi: capsaicinoidi (capsaicina come composto maggioritario) responsabili del sapore piccante; prodotti volatili (0.05-1,1%) – saponosidi steroidici (semi): capsicoside A e D; – flavonoidi; mono e oligosaccaridi: fruttosio (5-9%), glucosio (1-3%), saccarosio (0,4-2%); lipidi: 30% (semi) – albumine (4%) e vitamine: in particolare acido ascorbico (100 mg/100 g) Attività principali: iperemizzante; carminativa ed eupeptica Impiego terapeutico: – topico: artralgie, nevralgie – desueto per via interna

Utilizzo medico Esistono più di 200 specie coltivate appartenenti al genere Capsicum. La molteplicità dei cultivars complica la classificazione delle differenti specie. Capsicum annuum L. var. dulcis è il Peperone; Capsicum annuum L., var. longum Sendt e var. grossum Sendt è il Peperoncino rosso alla cui polvere viene dato il nome di Paprika: in Francia viene chiamato Piment rouge, in Inghilterra Capsicum, in Germania Gewurz-paprika o Spanischer Pfeffer. Nella sesta edizione della Farmacopea Europea si parla del frutto maturo essiccato di Capsicum annuum L. var. minimum (Miller) Heiser e di varietà a piccoli frutti del Capsicum frutescens L. che prendono il nome di Peperoncino di Cayenna. La capsaicina è il principio attivo che determina le potenzialità terapeutiche della pianta (proprietà analgesiche). Si ritiene che il meccanismo d’azione dipenda dalla capacità della capsaicina di indurre «degenerazione selettiva dei neuroni sensoriali afferenti amielinici primari. La capsaicina si lega con recettori specifici e in questo modo eccita i neuroni nocicettivi periferici responsabili della percezione di alcuni stimoli dolorosi. In un secondo tempo il contatto prolungato desensibilizza questi recettori, inducendo analgesia. In più la capsaicina libera la sostanza P e inibisce 147

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la sua ricaptazione provocando la sua completa deplezione e determinando analgesia»1. Le prime applicazioni di capsaicina sulla pelle causano una sensazione di bruciore che viene rapidamente sostituita da una desensibilizzazione locale dovuta «principalmente alla inibizione della trasmissione da parte delle fibre C (amieliniche, fini, responsabili della sensibilità non discriminativa)»2. Non viene modificata la sensibilità al tatto e al calore. Il Capsicum applicato sulla pelle determina vasodilatazione e, se il contenuto in capsaicina è elevato, risulta utile come revulsivo nel trattamento delle artralgie, nei geloni, nelle nevralgie ecc. Saggi clinici versus placebo randomizzati in doppio cieco evidenziano come la capsaicina sia in grado di determinare una moderata azione analgesica superiore a quella del placebo in varie manifestazioni dolorose, in particolare in quelle neuropatiche (diabete, nevralgia post-erpetica, nevralgie post intervento chirurgico ecc.). La Food and Drug Administration americana (FDA) ha approvato l’uso di creme, lozioni e unguenti a base di capsaicina per alleviare il dolore causato dall’artrite reumatoide, artrosi e neuropatia. È segnalato infatti un effetto benefico in caso di lombalgia e sofferenza neurologica. I ricercatori sottolineano che preparati a base di caspaicina potrebbero essere impiegati come adiuvanti o come unico trattamento nei pazienti che non rispondono o sono intolleranti ad altri trattamenti3. La monografia della Commissione E del BfArM ne indica l’uso nelle algie muscolari delle spalle e della colonna vertebrale ove va impiegata per non più di 2 giorni né può essere riproposta, sulla stessa zona, prima di 2 settimane di intervallo (creme e unguenti contenenti 0,02 % à 0,05 % in capsaicinoidi; forme liquide: 0,0050,01%in capsaicinoidi)4. L’applicazione prolungata determina infatti la comparsa di vesciche, ulcerazioni e anche necrosi del tessuto cutaneo. La Note explicative de l’Agence du médicament (Francia-1998) ne indica l’uso nelle forme articolari dolorose minori. Il Capsicum per via interna viene usato come condimento in cucina. Se il contenuto in capsaicina è modesto, favorisce le funzioni digestive in quanto stimola la secrezione gastrica di acido cloridrico, mentre se è elevato manifesta azione inibente. In passato era utilizzato, sotto forma di tintura, come stomachico nella dispepsia e nell’atonia gastrica. In caso di disturbi dispeptici la posologia che emerge da uno studio preliminare realizzato in doppio cieco, randomizzato, e che è risultato efficace nel migliorare la sintomatologia è la seguente: 2,5 g di polvere al giorno, una capsula prima dei pasti principali. La capsaicina anche se provoca sensazione di bruciore non danneggia la mucosa gastrica nei soggetti sani. Scrive comunque Bruneton: «La somministrazione prolungata di capsaicina o di estratti di peperoncino alterano la mucosa gastrica e favoriscono la formazione di ulcere. Altri studi suggeriscono al contrario un effetto protettore sulla mucosa gastrica… Qualche studio, ma non tutti, ha rilevato un effetto carcinogeno della capsaicina e degli estratti di peperoncino nella cavia. Nell’uomo, rari dati suggeriscono che il peperoncino favorisce il cancro dello stomaco e delle vie aero-digestive superiori5 (ma non con ingestioni moderate). Effetti genotossici sono stati osservati in vitro»6. Esistono comunque studi che segnalano l’effetto protettivo sulla parete dello stomaco nei pazienti che assumono FANS (aspirina, indometacina)7 e nei confronti dell’ulcera gastroduodenale8. Il Capsicum, inoltre, stimola la corteccia surrenale e aumenta in questo modo la produzione di corticosteroidi. È segnalata anche un’azione stimolante la funzionalità cardiaca, circolatoria e respiratoria9. Da rilevare l’elevato contenuto in vitamina C, superiore a quello degli agrumi, al quale fa riscontro lo scarso valore calorico dovu148

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to alle modestissime quantità di proteine e glicidi. Data quest’ultima proprietà, la varietà dolce è particolarmente usata nelle diete dimagranti. Quella piccante trova utile applicazione nelle achilie e ipochilie per la stimolazione dei succhi gastrici10. La capsantina, la capsorubina e l’estratto di paprika sono coloranti alimentari autorizzati (E160c)11. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’uso eccessivo di questo condimento è causa di perdita di appetito, di gastrite cronica, di gastroenterite; può danneggiare reni (disuria e poliuria), fegato ecc. Dosi elevate di capsaicina somministrate per via orale o parenterale provocano ipotermia, manifestazioni anafilattiche e morte. In letteratura viene riportata una possibile interazione del principio attivo capsaicina con farmaci ACE inibitori12 (aumento tosse); si segnala anche un‘interazione con teofillina di cui aumenterebbero l’assorbimento e la biodisponibilità13. L’uso topico non è del tutto esente da effetti secondari: un’esposizione cutanea prolungata può dar luogo a reazioni locali dolorose. Preparati topici a base di capsaicina vanno impiegati per non più di 2 giorni e occorre aspettare 2 settimane prima di ripetere l’applicazione nella stessa zona. Non applicare su cute lesionata e in caso di allergia nei confronti di preparati a base di paprika. Nel maggio del 2003 la Francia ha notificato l’individuazione del colorante Sudan rosso 1 in peperoncini rossi originari dell’India. In base ai dati sperimentali disponibili, il colorante Sudan rosso 1 può essere considerato, infatti, una sostanza cancerogena genotossica di cui «pertanto è impossibile stabilire una dose giornaliera tollerabile». Tale adulterazione comporta, quindi, gravissimi rischi per la salute tanto che la Commissione dell’Unione Europea, con decisione del 20 giugno 2003, ha vietato l’importazione di peperoncino rosso e dei prodotti derivati, a meno che le partite siano accompagnate da un certificato comprovante che il prodotto non contiene tale colorante. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dal frutto maturo (Capsici fructus) essiccato del Capsicum annuum L. var. minimum (Miller) Heiser e di varietà a piccoli frutti del Capsicum frutescens L. contenente al minimo lo 0,4% di capsaicinoidi totali. Forme farmaceutiche e posologia Forme liquide o semisolide (ESCOP): preparazioni contenenti estratti corrispondenti a 0,025%-0,075% di capsaicinoidi, 3-4 volte al giorno (adulti e bambini sopra i 12 anni). Creme e unguenti contenenti 0,02 % à 0,05 % di capsaicinoidi; forme liquide contenenti 0,005-0,01% di capsaicinoidi (Commissione E del BfArM). Cerotti (ESCOP): estratti corrispondenti a 10-40μg di capsaicinoidi per cm2. Polvere: 2,5 g al giorno, 1 capsula prima dei pasti principali. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dai frutti essiccati (Titolo 95%). Formulario Geloni (Van Hellemont) Capsicum annuum T.M. Glicerolo S/Applicare nella giornata

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Curiosità • Il Capsico era considerato rimedio infallibile contro le coliche prodotte da carne di pesce (Copland, citato in Scotti, 1872). • La capsaicina, grazie alla sua azione irritante, viene utilizzata per preparare spray impiegati dalle forze dell’ordine di alcuni paesi come arma di difesa e per neutralizzare i malviventi in corso di cattura: «Efficace nel 90% dei casi, questi spray sono particolarmente poco pericolosi (ma il rischio non è nullo)»14. • Il succo di Capsico conterrebbe una sostanza proteica capace di inibire alcune infezioni virali delle piante, quale per esempio il mosaico del tabacco (McKeen, 1956). • Il bruciore che si avverte in bocca mangiando un pasto condito con il peperoncino può essere attenuato dal latte. La caseina contenuta nel latte è una proteina lipofila che spiazza i capsaicinoidi dal loro recettore moderando così il bruciore15. Note bibliografiche 1 Bruneton J., Pharmacognosie…, op. cit., 2009, p. 929. 2 Bruneton J., 2009, ibidem. 3 Mason L, Moore RA. et al., 2004, Systematic review of topical capsaicin for the treatment of chronic pain. BMJ. 24;328(7446):991. 4 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 930. 5  Mathew A, Gangadharan P. et al., 2000, Diet and stomach cancer: a case-control study in South India. Eur J Cancer Prev. 9(2):89-97; Serra I, Yamamoto M. et al., Association of chili pepper consumption, low socioeconomic status and longstanding gallstones with gallbladder cancer in a Chilean population, Int J Cancer. 1;102(4):407-11.; Lopez-Carrillo L, Hernandez Avila M, Dubrow R, 1994, Chili pepper consumption and gastric cancer in Mexico: a casecontrol study. Am J Epidemiol. Feb 1;139(3):263-71. 6 Bruneton J., 2009, ibidem. 7 Yeoh KG, Kang JY. et al., 1995, Chili protects against aspirin-induced gastroduodenal mucosal injury in humans. Dig Dis Sci, 40(3):580-3.; Mózsik G, Szolcsányi J, Rácz I, 2005, Gastroprotection induced by capsaicin in healthy human subjects. World J Gastroenterol. 7;11(33):5180-4.; Satyanarayana MN, 2006, Capsaicin and gastric ulcers. Crit Rev Food Sci Nutr.; 46(4):275-328. Review. 8 Aggarwal BB, Kunnumakkara AB. et al., 2008, Potential of spice-derived phytochemicals for cancer prevention. Planta Med. 74(13):1560-9. Review. 9 Van Hellemont J., op. cit., p. 79. 10 Morricone-Pedicino, op. cit., p. 626. 11 Bruneton J., 2009, ibidem. 12 Hakas J.F., 1990, Topical capsaicin induces cough in patient receiving ACE inhibitor, Ann. Allergy. 65, 322. 13 Bouraoui A, Brazier JL. et al., 1995, Theophylline pharmacokinetics and metabolism in rabbits following single and repeated administration of Capsicum fruit. Eur J Drug Metab Pharmacokinet. 20(3):173-8; Bouraoui A, Toumi A, Ben Mustapha H, Brazier JL, 1988, Effects of capsicum fruit on theophylline absorption and bioavailability in rabbits. Drug Nutr Interact. 5(4):345-50. 14 Bruneton J., Plantes toxiques…, op. cit., p. 485. 15 Capasso F., 2011, Farmacognosia, Seconda Edizione, Springer, Milano.

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arenaria

L.

Carex arenaria L.

Nome comune: Arenaria Francese: Laîche des sables Inglese: Sand sedge Tedesco: Sand-Segge Spagnolo: Zarzaparrilla alemana Famiglia: Cyperaceae Parte utilizzata: rizoma e radice Costituenti principali: – saponine in tracce; silicio (fino al 45% nelle ceneri) – olio essenziale in tracce (salicilato di metile e cineolo) – resina, mucillagine, tannino; un eteroside amaro Attività principali: attività diuretica e coleretica Impiego terapeutico: reumatismi cronici; turbe del metabolismo, gotta; cure primaverili

Utilizzo medico La composizione della pianta dipende da vari fattori, compresa la composizione del suolo. La radice, dotata di attività depurativa e sudorifera, aumenta il metabolismo organico e stimola la secrezione di diversi organi emuntori. Risulta particolarmente adatta nel trattamento di reumatismi cronici, turbe del metabolismo, gotta ed è indicata nelle cure primaverili. Il contenuto in silice (45% di acido silicico) permetterà di prescriverla con vantaggio nel drenaggio di un soggetto osteoporotico e pletorico in virtù dell’attività diuretica e coleretica dovuta alla presenza di saponosidi. È possibile infatti ottenere una certa continuità terapeutica nel trattamento dell’osteoporosi in quanto la pianta è in grado di attuare, contemporaneamente, un drenaggio efficace, grazie all’azione diuretica, blandamente lassativa e diaforetica, e di fornire un prezioso apporto in silicio. In letteratura si trova anche l’utilizzo delle infiorescenze (decozione o macerazione) come diaforetico e diuretico utile nelle cure dimagranti1. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Da non prescrivere per tempi molto lunghi in quanto l’aglicone, presente nel fitocomplesso, può mostrarsi tossico per la sua azione bradicardizzante. Forme farmaceutiche e posologia Decotto: 20-40 g di radice frantumata in un litro di acqua. Assumere a tazze nel corso della giornata. Carex arenaria T.M.: 30-50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Curiosità • La pianta era impiegata come succedaneo della Salsapariglia. Note bibliografiche 1 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 209.

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papaya

L.

Carica papaya L.

Nome comune: Papaya Francese: Papayer Inglese: Melontree Tedesco: Melonenbaum-Papayabaum Spagnolo: Melón de árbol Famiglia: Caricaceae Parti utilizzate: lattice ispessito ottenuto per incisione superficiale del pericarpo del frutto ancora verde, prima della maturità (succo di Papaya); foglie caulinari raccolte prima della formazione dei frutti; frutto maturo (uso alimentare) Costituenti principali: – enzimi: papaina, chimopapaina – alcaloidi (pseudocarpaina) – carposide (glucoside) Foglie: papaina in tracce; carpaina (alcaloide); carposide Attività principali: digestive, proteolitiche Impiego terapeutico: dispepsia

Utilizzo medico La Papaya, frutto dell’albero omonimo, detto anche albero dei meloni, oltre a essere un ottimo alimento, racchiude uno fra i più interessanti enzimi digestivi di origine vegetale in grado di favorire la digestione delle proteine, la papaina. Dal frutto immaturo, come da ogni altra parte della pianta, si estrae per incisione del pericarpo un latice contenente papaina. Per tale motivo il latice, dopo essere stato essiccato alla temperatura di 50-55° e polverizzato, viene utilizzato per rendere più tenere le carni. In campo medico la papaina è presente in alcune specialità medicinali impiegate per facilitare la digestione in soggetti con scarsa secrezione gastrica (ad esempio, aiuta a digerire i cibi carnei). Al fine di facilitare i processi digestivi può essere consigliata, pertanto, la consumazione del frutto o del suo succo. Sta ottenendo un certo favore l’impiego terapeutico di un preparato a base di Carica Papaya fermentata (Fermented Papaya Preparation o FPP) che, secondo il professor Luc Montagnier (2000), sarebbe particolarmente indicato come attivatore delle difese naturali dell’organismo grazie alle elevate proprietà antiossidanti che manifesta. Sempre grazie a queste proprietà sarebbe particolarmente indicato, in geriatria, per contrastare il processo di invecchiamento e le patologie degenerative a esso associato, come il morbo di Alzheimer, le malattie cardiovascolari ecc.1. Saranno necessari ovviamente ulteriori studi clinici e farmacologici per confermare tali dati. Dal punto di vista alimentare il frutto ben maturo, «ottimo al palato e rinfrescante»2, si presenta ricco in sostanze antiossidanti (catechine, carotenoidi ecc.) e svolge quindi un’azione di protezione nei confronti delle malattie cardiovascolari, di alcune forme tumorali e di altre malattie legate all’invecchiamento3. Alcuni studi 152

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L.

hanno evidenziato come in vitro e nell’animale il succo di papaya mostri di possedere un’attività antiossidante simile a quella della vitamina E4. Gli antiossidanti sono sostanze che proteggono le cellule del corpo dai danni causati dai radicali liberi. Si consiglia di mangiare la papaya a piena maturazione per sfruttare al massimo il suo potenziale antiossidante. Per la ricchezza in fibre alimentari contribuisce ad apportare rapidamente un senso di sazietà e quindi può essere utile inserire questo frutto nelle diete dimagranti (2,7 g di fibre in ½ frutto). Il valore calorico è di circa 45 calorie per 100 g di parte edibile. Sembra svolgere inoltre una valida prevenzione nei confronti delle forme tumorali a carico dell’intestino5. Rappresenta anche una buona fonte di potassio e di vitamine: C, A, B5 (acido pantotenico), B9 (folati), E. Le foglie caulinari, contenenti papaina in scarsa quantità, vengono impiegate nella dispepsia (gonfiore di stomaco, lentezza digestiva, eruttazioni, flatulenza ecc.)6. Da recenti studi emerge che la somministrazione, per otto settimane, di estratti acquosi di semi maturi di Papaya in topi maschi (20 mg/animale/die) induce sterilità nel 40% degli animali trattati. Analogamente avviene anche per conigli trattati con 100 mg/animale/die) per 10 e 20 giorni. Questi risultati hanno spinto i ricercatori a indagare le possibilità di applicazione dei derivati del seme di Papaya come contraccettivo maschile7. Uso esterno L’utilizzo topico prevede l’impiego della papaina come esfoliante cutaneo. Van Hellemont la segnala nel trattamento della necrosi cutanea, dell’eczema, della psoriasi e delle ulcere. La papaina, per le proprietà detersive e cicatrizzanti, rientra fra i componenti di prodotti atti a trattare affezioni della mucosa orale e orofaringea, esiti operatori e lesioni accidentali8. Rientra anche nella formulazione di lozioni per la detersione delle lenti a contatto (rimozione dei depositi proteici dalla superficie delle lenti a contatto). Nel frutto oltre alla papaina è presente un altro enzima molto importante, la chimopapaina. Si tratta di un enzima dotato di proprietà proteolitiche: iniettato nel disco intervertebrale scinde i proteoglicani del materiale discale nucleare senza intaccare il collagene (chemionucleolisi). Questa tecnica è impiegata nel trattamento della sciatica conseguenza di ernia discale resistente a terapia medica. Le controindicazioni sono rappresentate da rischio di shock anafilattico e dalla neurotossicità dell’enzima in caso di fuga intratecale9. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Viene segnalata una possibile interferenza con Warfarin (aumento INR- International Normalized Ratio: esprime il tempo di protrombina) e farmaci analoghi10. Forme farmaceutiche e posologia Papaina: 0,10 a 0,50 g al dì, sotto forma di sciroppo, vino, elixir, cachets… Carica papaya T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dal frutto (bacca) fresco (titolo 45° a 1/20). 153

49 • Carica

papaya

L.

Formulario Sciroppo di papaina (Medicamenta) Papaina Acqua distillata Alcol a 60° Sciroppo cort. Arancio am. (20 g di sciroppo = 0,20 di papaina)

1g 4g 5g 90 g

Curiosità • Vasco da Gama, il celebre navigatore ed esploratore portoghese (1469-1524), fu talmente entusiasta dei frutti della Carica papaya da descrivere la pianta come «l’albero d’oro, della eterna giovinezza». Nel XVI secolo era descritto come un melone contenente un latice medicamentoso. • La papaya è il terzo frutto tropicale più coltivato al mondo (dopo la banana e il mango) e più della metà della produzione proviene dall’America Latina e dai Caraibi. • I curanderos delle Ande utilizzano una pasta fatta con i semi di Papaya contro le eruzioni orticarioidi che sopraggiungono nel corso di un’affezione epatica (Dictionnaire Larousse). Note bibliografiche 1 Santiago L.A., Osato J.A., Moril A., 1994, Free radical mechanism and protection of FPP on brain disorders and autoimmune functions, in Proceedings 24th Annual Meeting of American Aging Association and 9th Annual Meeting of American College of Clinical Gerontology, Washington DC, 14-18 october. 2 Proserpio G. et al., op. cit., p. 444. 3 Willcox JK, Ash SL, Catignani GL, 2004, Antioxidants and prevention of chronic disease. Crit Rev Food Sci Nutr. 44(4):275-95. 4 Mehdipour S, Yasa N, et al., 2006, Antioxidant potentials of Iranian Carica papaya juice in vitro and in vivo are comparable to alpha-tocopherol. Phytother. Res, July;20(7):591-4. 5 Kongkachuichai R, Charoensiri R, et al., 2010, Carotenoid, flavonoid profiles and dietary fiber contents of fruits commonly consumed in Thailand. Int J Food Sci Nutr, 61(5):536-48. 6 Note explicative de l’Agence du méicament (Francia-1998). 7 Lohiya N.K. et al., 1994, Planta Med. 60, 400-4. 8 Bruneton., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 257. 9 Bruneton J., ibidem, p. 256. 10 Shaw D., Leon C., Kolev S., Murray V., 1997, Traditional remedies and food supplements: a five year toxicological study (1991-1995), Drug. Saf. 17, 342-356; Izzo AA, Di Carlo G. et al., 2005, Cardiovascular pharmacotherapy and herbal medicines: the risk of drug interaction. Int J Cardiol. 98(1):1-14.

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50 • Carlina

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L.

Carlina acaulis L.

Nome comune: Carlina bianca Francese: Carline Inglese: Stemless carline Tedesco: Eberwurz Spagnolo: Carlina angelica Famiglia: Asteraceae Parti utilizzate: radice Costituenti principali: – olio essenziale (1-2%): 80% di carlinaossido (benzil-2-furil-acetilene) e 15% di carlinene – inulina (18-22%); tannini e resine Attività principali: eudermica Impiego terapeutico: desueto (acne; eczema ecc.)

Utilizzo medico L’uso medico è desueto anche se la radice della pianta è da sempre conosciuta per le proprietà eudermiche. Tali proprietà sarebbero da attribuire all’ossido di Carlina, la cui attività antistafilococcica è stata dimostrata in vitro1. La pianta trova indicazione nel trattamento di eczema e acne. La medicina popolare utilizza la droga come diuretico, diaforetico, stomachico e tonico delle vie digestive; viene segnalato anche l’impiego come emmenagogo ed emetico. Per uso esterno preparati della pianta vengono utilizzati per il lavaggio di svariate affezioni cutanee (lichen, piodermiti, dermatosi desquamanti ecc.) e contro il mal di denti. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Forme farmaceutiche e posologia Decotto: 1,5 g di droga sminuzzata in acqua fredda; bollire brevemente: una tazza 1-3 volte al dì. Carlina acaulis T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla parte sotterranea fresca (titolo 65°). L’estratto acetonico, a differenza dell’estratto acquoso, possiede una forte azione antibatterica su stafilococchi, enterococchi, salmonelle e shighelle2. Curiosità • Carlina, dal latino Carolus, in quanto Carlo Magno avrebbe impiegato le radici di questa pianta per guarire i suoi soldati dalla peste. Per altri invece deriverebbe dalla deformazione di Cardina (da Carduus) e significherebbe “piccolo Cardo”. • Vengono consumati, prima della maturazione, i capolini floreali, bolliti come i carciofi. Talvolta vengono anche canditi. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 200. 2 Wichtl Max et al., op. cit., p. 127.

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51 • Carpinus

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Carpinus betulus L.

Nome comune: Carpino Francese: Charme Inglese: Hornbeam Tedesco: Hagebuche Spagnolo: Carpe Famiglia: Corilaceae Parti utilizzate: Foglie; gemme Costituenti principali: – acido gallico (foglie) – biostimoline (gemme) Attività principali: attività antispasmodica e antitussigena Impiego terapeutico: sinusite e bronchite (gemme); angina (decotto foglie)

Utilizzo medico Le foglie erano impiegate, per la presenza di acido gallico, nel trattamento della bronchite e dell’angina: nelle forme flogistiche a carico della gola era utilizzato il decotto. Più attuale e conosciuto risulta l’impiego delle gemme in Gemmoterapia. Come tale, Carpinus betulus M.G.1DH risulta essere rimedio delle alte vie respiratorie (seni paranasali, rinofaringe, trachea) ove manifesta un’attività specifica a livello della mucosa sinusale. È indicato pertanto nel trattamento delle sinusiti e, per l’attività antispasmodica e antitussigena a livello dell’apparato polmonare, nella bronchite cronica. Viene segnalata inoltre un’azione di stimolo sulla produzione delle piastrine nelle trombopenie (P. Henry). Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Forme farmaceutiche e posologia Decozione (foglie) al 5%. Carpinus betulus T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Carpinus betulus M.G.1DH: 50 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al giorno. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dai rametti freschi (titolo 65°). Curiosità • Il legno di Carpino per la sua durezza e tenacità era impiegato per costruire ruote di ingranaggi, viti da torchi e altri strumenti resistenti. Risulta ottimo anche come legno da ardere, quanto e più del faggio, nonché per produrre un carbone assai pregiato per gli usi domestici, per le fonderie e anche per la fabbricazione della polvere da sparo1. Note bibliografiche 1 Villavecchia V., 1929, Dizionario di Merceologia, Hoepli, Milano.

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52 • Carum

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Carum carvi L.

Nome comune: Carvi; Cumino dei prati Francese: Carvi; Cumin des près Inglese: Caraway Tedesco: Kümmel Spagnolo: Alcaravea Famiglia: Apiaceae Parte utilizzata: frutti Costituenti principali: – olio essenziale (3-8%): D-carvone (50-65%) limonene (35-54%) – olio grasso (12-25%) con il 3% di acido petroselinico, 40% acido oleico e 31% acido linoleico – flavonoidi; esteri dell’acido caffeico; mannani e tracce di furanocumarine Attività principali: stimolante le secrezioni salivare, gastrica e biliare; antimicrobica; spasmolitica Impiego terapeutico: aerofagia; spasmi del tratto gastrointestinale e delle vie biliari

Utilizzo medico Il frutto del Carvi, simile per attività all’Anice verde (Pimpinella anisum L.), è aromatico, carminativo e antimicrobico. Il nome vernacolare cumino dei prati e il nome tedesco Kümmel determinano spesso confusione fra carvi e cumino (Cuminum cyminum L.: vedi scheda). I frutti di queste due specie distinte presentano caratteristiche organolettiche differenti. Il frutto del Carvi manifesta proprietà stimolanti le secrezioni salivare, gastrica e biliare: favorisce in tal modo i processi digestivi e combatte l’atonia intestinale. Esercita inoltre un’azione sedativa sulla motilità dello stomaco e contrasta in particolare l’aerofagia. In quest’ultimo caso si consiglia di assumere una tazza di infuso dopo i pasti, così come sarebbe buona abitudine fare dopo un pasto copioso (Leclerc H.). Combatte inoltre la flatulenza, la formazione anomala di gas a livello intestinale e, di conseguenza le manifestazioni di tipo colitico e i disturbi digestivi. Le proprietà debolmente spasmolitiche del Carvi ne confermano l’utilizzo negli spasmi del tratto gastrointestinale e, in particolare, delle vie biliari. Le proprietà anticarminative ne hanno esteso l’uso culinario, facendolo associare spesso con i farinacei (pane al Kümmel). Due gocce di olio essenziale di Carum carvi su una zolletta di zucchero sembrano essere utili nell’anoressia o negli spasmi a livello gastrico. L’olio essenziale ha dimostrato, inoltre, una notevole azione fungicida, superiore alla nistatina1. Il carvone e il limonene inducono nella cavia una aumentata formazione di glutation-S-transferasi «un enzima di detossificazione capace in particolare di antagonizzare la metabolizzazione delle sostanze cancerogene nelle loro forme attive»2. Il frutto del Carvi rientra tra le specie galattagoghe. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’olio essenziale deve essere usato con prudenza: 4 g d’olio essenziale provocano cefalea, vertigini e delirio. Tali dosi avrebbero un effetto abortivo. L’assunzione di 157

52 • Carum

carvi

L.

grandi quantità di estratti o di olio essenziale può causare nefriti3. L’abuso dei liquori al Carvi può provocare effetti secondari gravi, quali alterazione del parenchima epatico4. Sono segnalate possibili reazioni allergiche in caso di allergia ad altre Apiaceae, quali carote, sedano, prezzemolo, anice, finocchio, coriandolo e alle Asteraceae5. Farmacopea Europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dal frutto (mericarpo) intero, essiccato contenente non meno di 30 ml/kg di olio essenziale. Profilo cromatografico olio essenziale: β-mircene (0,1-1%), limonene (30-45%), carvone (50-65%); trans-diidrocarvone ( conducibilità), batmotrope negative (> eccitabilità). In particolare, l’effetto inotropo positivo sarebbe riconducibile all’inibizione della c-AMP-fosfodiesterasi3. L’effetto cronotropo negativo è stato confermato da sperimentazione su cuore isolato di coniglio mentre un effetto regolatore del ritmo è stato messo in evidenza, tramite l’aiuto dei modelli sperimentali di aritmia, con estratto alcolico, così come l’attività ipotensiva (conseguenza indiretta della migliorata funzionalità cardiaca). Risulta anche che estratti idroalcolici e proantocianidoli aumentano il flusso coronarico (sia in vivo che in vitro)4. Gli estratti alcolici diminuiscono indirettamente la frequenza cardiaca mentre la contrattilità cardiaca resta invariata (flavoni). I flavoni possiedono inoltre effetti misurabili sulla modulazione della concentrazione intracellulare del calcio5. Il calcio intracellulare regola la contrazione delle fibrocellule muscolari lisce dei vasi arteriosi periferici e coronarici e i processi di eccitazione e conduzione degli impulsi elettrici nel cuore. L’effetto dei calcioantagonisti è quindi una vasodilatazione arteriosa e coronarica, con scarsi effetti sul letto venoso, una diminuzione dell’eccitabilità cardiaca, con riduzione della frequenza e della contrattilità miocardica. In ultima analisi riducono il fabbisogno miocardico di ossigeno. Gli acidi triterpenici regolarizzano e normalizzano la concentrazione ematica di acido lattico (aumenta nell’insufficienza cardiaca e diminuisce nell’invecchiamento del cuore). Manifestano un effetto dilatatore prolungato sui vasi coronarici e cerebrali. Flavonoidi, amine, olio essenziale ecc. sono responsabili dell’attività diuretica. Il Biancospino aumenta l’apporto ematico a coronarie e miocardio. La pianta, pertanto, presenta un’efficace azione preventiva per quanto riguarda i disturbi cardiocircolatori6.

Una metanalisi, che ha valutato studi condotti secondo i criteri di qualità richiesti dalla comunità scientifica e che ha coinvolto più di ottocento pazienti affetti da insufficienza cardiaca congestizia (ICC) di classe I-II-III (classificazione della New York Heart Association- NYHA) e che assumevano un preparato standardizzato di biancospino contemporaneamente al trattamento classico (diuretici o inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina), ha evidenziato come i soggetti trattati abbiano presentato una buona risposta con miglioramento della resistenza allo sforzo, diminuzione di alcuni sintomi quali ipertensione arteriosa, dispnea da sforzo e affaticabilità7. È emerso anche che l’estratto di biancospino presenta un buon margine di sicurezza e non interferisce con cure mediche classiche. Il Biancospino manifesta azione sedativa e miorilassante ed è particolarmente indicato nelle turbe del sonno che si accompagnano a eretismo cardiaco (tachicardia), nel trattamento degli stati neurotonici (distonia neurovegetativa) caratterizzati da eccessiva emotività e ansietà, nelle turbe congestizie della menopausa e nei soggetti arteriosclerotici e nello stress. Il Biancospino accanto ai proantocianidoli attivi a livello del miocardio (miglioramento circolazione coronarica), contiene alcuni flavoni assai simili a quelli presenti nella Passiflora officinalis L. (isovitexina), pianta alla quale viene spesso associato. In Gemmoterapia vengono utilizzati i giovani getti del Biancospino: sono considerati un importante medicamento del sistema cardiovascolare, nei confronti del quale manifestano azione sedativa e di regolazione dell’attività cardiaca, normotensiva e antispasmodica. Il gemmoderivato (Crataegus oxyacantha M.G.1DH) può essere utilmente prescritto in caso di aritmie funzionali quali tachicardia, extrasistoli, eretismo cardiaco in genere. Grazie all’azione di tipo sedativo-ansiolitico è particolarmente utile nelle forme di eretismo cardiaco accompagnate da angoscia (ansietà precordiale sine materia) e come ansiolitico e blando antidepressivo nei disturbi del sonno, spesso presenti nell’anziano8. 214

73 • Crataegus

monogyna Jacq.

(Lindm.)

Uso esterno L’uso topico dei fiori di Biancospino non è suffragato da indagini aggiornate: la presenza di flavonoidi, antocianidine e derivati triterpenici dovrebbe stimolare ipotesi di studio nel campo della cicatrizzazione e della vasodilatazione (Proserpio). Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari tossici. Secondo Weiss, la pianta possiede un elevato grado di sicurezza anche per uso prolungato9. Gli effetti indesiderati/ collaterali sono risultati rari e modesti (lievi rash, mal di testa, agitazione, vertigini, nausea ecc.)10. Si consiglia vigilanza in caso di assunzione contemporanea di digitale, farmaci β-bloccanti e altri farmaci ipotensivanti e bradicardizzanti (possibile potenziamento d’azione). Non assumere in concomitanza di terapia anti-ipertensiva senza la supervisione del medico. «La positività di certi test di mutagenicità […] è legata alla presenza di quercetolo. Riguardo alla quantità importante di quercetolo quotidianamente apportato con l’alimentazione, l’apporto addizionale che rappresenta l’estratto di biancospino è sprovvisto di significato. Del resto, e su numerosi modelli, il quercetolo non si è dimostrato cancerogeno»11. Compatibile in gravidanza e allattamento, per uso limitato (prescrizione medica). Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla foglia e dal fiore (rametti fioriferi essiccati, interi o tagliati) contenenti al minimo 1,5% di flavonoidi espressi in iperoside. Foglia e fiore di biancospino servono a preparare: l’estratto fluido quantificato contenente al minimo 0,8% e al massimo 3% di flavonoidi espressi in iperoside e l’estratto secco contenente al minimo 2,5% (estratto acquoso) o al minimo 6% (estratti idro-alcolici) di flavonoidi espressi in iperoside La bacca (pseudo frutto essiccato) deve contenere al minimo l’1% di procianidine espresse in cloruro di cianidina. Foglie, fiori e bacche sono fornite da: Crataegus monogyna Jacq. o da C. laevigata (Poiret) DC (= C. oxyacanthoides Thuill.) e altri loro ibridi. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 160-900 mg di estratto secco idroalcolico (etanolo al 45% o metanolo al 70%, rapporto droga: estratto 4-7:1) corrispondente a dosi di 30-168,7 mg di procianidoli, espressi in epicatecolo, o di 3,5-19,8 mg di flavonoidi, espressi in iperoside; da assumere in 2-3 volte durante il giorno per almeno sei settimane12. Nota: negli studi clinci sono stati utilizzati preparati denominati WS1442 standardizzati al 18,8% in procianidine (160-180 mg/die, in 2-3 assunzioni) e LI132 standardizzati al 2,2% in flavonoidi (300-900 mg/die, in 3 assunzioni).

Infuso (ESCOP): 1-1,5 g di foglie e fiori essiccati in una tazza di acqua bollente; infondere per 15 minuti. Assumere 3-4 volte al dì. Oppure: 0,3-1 g di frutti essiccati 3 volte al dì. Polvere (ESCOP): foglie e fiori essiccati: 2-5 g/die; frutti essiccati: 0,3-1 g 3 volte al dì. Estratto fluido: 0,6-1,2 g pro dose (1 g = 48 gocce). Crataegus oxyacantha M.G.1DH: 30-50 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì. 215

73 • Crataegus

monogyna Jacq.

(Lindm.)

Crataegus o. T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalle sommità fiorite fresche (titolo 65°), oppure dai frutti (drupe) freschi (titolo 45°). Formulario Insonnia Eschscholtzia c. T.M. Passiflora i. T.M. Crataegus m. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, alle 18 (premedicazione), 50 gocce, diluite in acqua, prima di coricarsi oppure: Valeriana o. T.M. Passiflora i. T.M. Crataegus o. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce alle 18 (premedicazione), 50 gocce prima di coricarsi oppure: Valeriana o. T.M. Matricaria r. T.M. Crataegus o. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce alle 18 (premedicazione), 50 gocce prima di coricarsi Curiosità • Il nome Crataegus deriverebbe dal greco kratòs = forza, e oxyacantha dal greco oxus = aguzzo e anthos = fiore, a causa delle spine acuminate. • Il mondo classico non ne conosceva l’uso terapeutico della pianta. I Greci associavano il Biancospino alla speranza, alla fertilità: era un ornamento delle giovani spose. I romani ne adornavano le culle dei bambini per allontanare gli spiriti maligni. • I frutti del Biancospino erano impiegati dalle popolazioni preistoriche come alimento. In certe regioni del basso Danubio i frutti essiccati e ridotti in farina servono per preparare una specie di pane. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 331. 2 Capasso F. et al., 2006, op. cit., p. 376. 3 Wichtl Max et al., op. cit., p. 163. 4 Costa R., Occhiuto F. et al., 1986; AA.VV., Plantes Méd. Phytothér. 20,52-63; ibidem, 20, 115-128. 5 Wichtl Max et al., op. cit., ibidem. 6 Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 240. 7 Pittler MH, Guo R, Ernst E., 2008, Hawthorn extract for treating chronic heart failure. Cochrane Database Syst Rev. Jan 23;(1):CD005312. Review. 8 Campanini E., 2005, Manuale pratico di gemmoterapia, op. cit., pp. 82-84. 9 Weiss R.F., Lehrbuch der Phytoterapie, Hippokrates Verlag, Stuttgart, 1992. 10 Mills S., Bone K., 2005, op. cit., p. 466. 11 Bruneton J., 2002, Phytothérapie…, op. cit., p. 76. 12 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 477; Capasso F. et al., 2006, op. cit., p. 381.

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sativus

L.

Crocus sativus L.

Nome comune: Zafferano Francese: Safran Inglese: Saffron Tedesco: Safran Spagnolo: Azafrán Famiglia: Iridaceae Parte utilizzata: stimmi dei fiori Costituenti principali: – olio essenziale (0,4-1,3%): safranale (47%) responsabile dell’aroma (allo stato fresco gli stimmi presentano una debole concentrazione in olio essenziale:nel corso dell’essiccamento e conservazione accumulano la picrocrocina che si idrolizza in glucosio e safranale)1 – picrocrocina (3-13%): responsabile dell’amarezza – crocina e suoi derivati (responsabile del colore); carotenoidi: β e γ-carotene, licopene e zeaxantina – flavonoidi: kemferolo; lipidi – fitosteroli; vitamine del gruppo B – olio grasso e derivati dell’acido oleanolico Attività principali: amaro-tonica; antispasmodica e sedativa; aromatizzante; colorante Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico Pianta erbacea perenne di origine orientale, gli stimmi di Zafferano si caratterizzano, dal punto di vista terapeutico, per un’azione stimolante-cordiale alla quale si affianca, nello stesso tempo, un’azione antispasmodica. Molto utilizzata in passato, come stomachica e antisterica lo zafferano rientrava nella composizione di alcune preparazioni galeniche, quali il laudano di Sydenham (azione sedativa), l’alcoolato e l’elisir di Garus (ad azione digestiva), la tintura di aloe composta (azione lassativa) ecc. La droga sembra avere un’azione elettiva sull’apparato genitale femminile2: alla pianta venivano riconosciute, infatti, proprietà emmenagoghe. Come tale il suo impiego risultava utile per stimolare blandamente il flusso mestruale. Era indicata, inoltre, nelle forme di dismenorrea ove agirebbe come tonico eccitando la contrattilità della muscolatura uterina (picrocrocoside) e come sedativo (olio essenziale) diminuendo gli spasmi e le algie lombari conseguenti (Leclerc). La droga conosce anche un uso bechico: veniva, infatti, prescritta nelle bronchiti croniche (l’olio essenziale viene eliminato attraverso i polmoni). Nella Monografia della Commissione E del BfArM si legge che la droga trova impiego come sedativo, come antispastico e nell’asma anche se «la sua efficacia per tali specifiche indicazioni non è stata dimostrata». Nell’animale da esperimento la crocina ha mostrato proprietà ipolipemizzanti: «Nel coniglio essa inibisce l’ipercolesterolemia artificialmente indotta, aumenta notevolmente (sino all’80%) la diffusione dell’ossigeno nel plasma e determina una riduzione del 30% circa dei livelli di colesterolo serico»3. 217

74 • Crocus

sativus

L.

Sono stati pubblicati una serie di piccoli studi clinici randomizzati di breve durata versus placebo e versus antidepressivo, che hanno valutato l’efficacia degli stimmi o petali di zafferano (30 mg/die per sei settimane) nel trattamento della depressione lieve-moderata4. Sono stati usate capsule contenenti 15 mg di estratto idroalcolico secco di zafferano, equivalenti a 0,3 mg di safranale. Lo zafferano si è dimostrato più efficace del placebo ed efficace quanto l’imipramina (100 mg) e la fluoxetina (20 mg) nel trattamento della depressione. «Tuttavia questi risultati devono essere confermati da altri studi e da altre équipe»5. Un recente studio (con primi test sull’uomo) ha evidenziato come un preparato a base di zafferano sia in grado di rallentare, grazie alle proprietà antiossidanti esercitate dai carotenoidi, le malattie degenerative della retina. Lo studio ha valutato 25 pazienti ai primi segni di degenerazione maculare età-correlata (AMD). La supplementazione con Zafferano (20 mg/die per 3 mesi) ha migliorato la sensibilità retinica in soggetti con AMD precoce. Ovviamente andranno condotti altri studi per confermare questi primi dati6. È stato infine segnalato che estratti di zafferano presentano proprietà citotossiche nei confronti di diverse linee di cellule tumorali in coltura7. Lo Zafferano viene impiegato come aromatizzante e come colorante industriale per dolci, liquori, cosmetici e farmaci. In cucina risulta un ottimo condimento. Uso esterno Le proprietà sedative della droga sono utilizzate nel prurito gengivale, in particolare, in passato, sue preparazioni venivano impiegate per trattare, tramite frizioni, le dentizioni dolorose dei bambini. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Alle dosi normali di impiego lo Zafferano è innocuo (dose giornaliera massima = 1,5 g). Rientra tra le piante classificate come GRAS - Substances Generally Recognized As Safe (FDA U.S. Food and Drug Administration). Il suo impiego, a scopo precauzionale, è sconsigliato in gravidanza. Per dosaggi elevati risulta estremamente tossico: la dose letale corrisponde a 20,0 g, quella abortiva a 10,0 g. Nella Monografia della Commissione E del BfArM si legge quanto segue: «In seguito all’assunzione della droga come abortivo sono stati osservati i seguenti effetti: per assunzione di 5 g di Zafferano (sciolti nel latte): porpora di grado severo con necrosi melanica al naso, trombicitopenia di 24000, ipotrombinemia del 41% e grave collasso con uremia. Ulteriori effetti: vomito, sanguinamenti uterini, diarreee emorragiche, ematuria, sanguinamenti cutanei a naso, labbra e palpebre, vertigini, torpore. Si determina un ingiallimento di cute e mucose, che può simulare un ittero». Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 2 g per litro; infusione di 15 minuti. Estratto secco: 20 mg/die (tit. al 2% in safranale): 15 mg 2 volte al dì (prescrizione medica). Crocus s. T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica Essendo droga costosa occorre porre attenzione alle sofisticazioni. «Le falsificazioni sono parecchie: fiori di Carthamus tinctorius L. (Zafferano bastardo, zafferanone), flosculi di Calendula officinalis L. (Fiorrancio). Stimmi di altre specie di Crocus, flosculi di Cynara cardunculus L. colorati artificialmente, petali di Papaver Rhoeas L. (Rosolaccio) 218

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L.

o di Punica granatum L. (Melograno) triturati, stami di una varietà di Dianthus, fiori di Arnica montana L., di Scolimus hispanicus L., radichette di Allium porrum L., stimmi di Zafferano esauriti, fibrille di carne salata e secca, peli di lana, aggiunta di sostanze per aumentare il peso ecc.»8. La Tintura Madre è preparata dagli stimmi essiccati (titolo 80°). Formulario Elixir di Garus (Hager) Spirito di Garus* 45 g Sciroppo fiori Arancio 70 g Zafferano Tintura 2,50 g Tintura Vaniglia 5 gocce * lo spirito o alcolato di Garus si prepara, secondo Hager, nel modo seguente: Pr. Aloe 5g Mirra 2g Garofani 5g Noce moscata 10 g Cannella Ceylon 20 g Zafferano 5g Alcol 80% 5000 g Macera per 4 giorni, agg. 1000 g di acqua e distilla su bagno d’acqua fino a ottenere kg 4,5 di distillato. Sciroppo di Zafferano (Medicamenta) Zafferano 25 g Fa macerare in: Vino bianco 440 g Filtra e aggiungi facendo sciogliere a b. m.: Zucchero 560 g D. pr. a dose di 30 g solo o in aggiunta a tisane ecc. Capsule emmenagoghe Zafferano polvere Matricaria polvere S/2-4 cps al dì Collutorio (per frizioni gengivali) Tintura vaniglia Tintura Mirra Tintura Zafferano Miele rosato

0,25 g 0,30 g per 1 cps

10 g ana 20 g 70 g

Curiosità • Lo Zafferano era conosciuto dagli antichi come medicamento e come profumo: Omero ne parla nell’Iliade, e il papiro di Ebers (1600 a.C.) lo cita come pianta utilizzata dai medici egiziani. • Secondo Ovidio, la pianta deve il nome al giovane Crocus che, disperato nel vedere la giovane Smilax morire d’amore per lui, fu tramutato in questo fiore. • Secondo alcuni autori avrebbe il potere di preservare dal mal di mare. 219

74 • Crocus

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L.

Note bibliografiche 1 Teuscher E., op. cit., p. 431. 2 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 280. 3 Wichtl Max et al., op. cit., p. 168. 4 Moshiri E et al., 2006, Crocus sativus L. (petal) in the treatment of mild-to-moderate depression: a double-blind, randomized and placebo-controlled trial. Phytomedicine. 13(9-10):607-11. 5 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 932. 6 Falsini B, Piccardi M et al., 2010, Influence of saffron supplementation on retinal flicker sensitivity in early age-related macular degeneration. Invest Ophthalmol Vis Sci. 51(12):6118-24. 7 Schmidt M, Betti G, Hensel A., 2007, Saffron in phytotherapy: pharmacology and clinical uses. Wien Med Wochenschr. 157(13-14):315-9. 8 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1801.

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pepo

L.

Cucurbita pepo L.

Nome comune: Zucca Francese: Courge (citrouille) Inglese: Pumpkin Tedesco: Gartenkürbis Spagnolo: Calabacera Famiglia: Cucurbitaceae Parte utilizzata: semi; polpa Costituenti principali: Semi: – olio grasso insaturo (30-50%): acido linoleico (43-55%) – Δ7-steroli e loro glucosidi, Δ5-steroli, squalene ecc. – cucurbitina: 3-amino-3-carbossipirrolidina (0,4.0,8%) – pectine, proteine,selenio, manganese, zinco, rame * Le cucurbitacine, principi steroidali amari e tossici presenti nella maggior parte delle cucurbitacee, risultano assenti: ciò rende i semi atossici e di sapore gradevole Attività principali: azione antielmintica; antiossidante Impiego terapeutico: tenia e ossiuri; ipertrofia prostatica (I-II); vescica irritabile

Utilizzo medico Ai semi di Zucca viene da sempre attribuita azione antielmintica: sono considerati infatti vermifughi blandi, efficaci in particolare come tenifughi1. Il principio vermifugo è la cucurbitina, amminoacido pirrolozidinico presente nei semi (1% circa), che paralizza il verme e ne provoca il distacco dalla parete intestinale2. È opportuno però far seguire, dopo 2 o 3 ore, l’assunzione di un lassativo in quanto la droga paralizza ma non uccide i parassiti. Attualmente tale uso è stato soppiantato dal trattamento farmacologico. Nella monografia della Commissione E del BfArM si legge che i semi di zucca possono essere impiegati per os in caso di irritazione vescicale e dei problemi di minzione associati ad adenoma prostatico di grado I e II. La droga agisce migliorando il quadro funzionale ma non riduce l’ipertrofia. Per quanto riguarda il meccanismo d’azione non è stato ancora chiarito: sarebbero coinvolte le frazioni steroidali (Δ7-steroli) tramite un’inibizione della 5α-reduttasi e diminuzione della capacità di legame del diidrotestosterone intraprostatico3. È stata ipotizzata anche l’inibizione della degradazione ossidativa di lipidi, vitamine, ormoni, enzimi da parte del selenio, α-tocoferolo ecc.4 Spesso viene associata alla Serenoa repens (vedi). L’olio di semi di zucca spremuto a freddo, viene segnalato come un “perfetto rieducatore” delle funzioni intestinali in grado di agire eliminando la tensione a livello dello sfintere anale e ammorbidendo le feci: la posologia consigliata è 1 cucchiaino dopo i due pasti principali. Da segnalare, inoltre, che è considerato un buon antiossidante ed è da sempre impiegato nel trattamento complementare dei disturbi della prostata. La polpa della zucca, ricca in acqua e fibre (cellulosa, emicellulosa, pectine, protopectine, lignina), moderatamente calorica (20 kcalorie/100 g) presenta basse con221

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pepo

L.

centrazioni di glucidi (4 g/100 g) mentre è ricca in minerali e oligoelementi (concentrazione totale: oltre 750 mg /100 g) di cui circa la metà è costituita da potassio. La bassa concentrazione di sodio (meno di 2 mg al 100 g) rende questa verdura preziosa nell’alimentazione dei soggetti ipertesi. Il contributo di magnesio (10 mg) e di calcio (27 mg) non è trascurabile, così come quello del ferro (0,6 mg). Fra gli oligoelementi è stata segnalata la presenza di zolfo, zinco, rame, manganese, iodio, boro ecc. Alta la concentrazione in provitamina A (1,8-2 mg/100 g)5. Sono le zucche più intensamente colorate quelle che presentano un contenuto massimo in provitamina A (o carotene): una porzione de 200 g basta a coprire il fabbisogno giornaliero. Una buona concentrazione di provitamina A nell’alimentazione è correlata a un aumento della risposta immunitaria, a un’azione antiossidante a livello cellulare e a antiaterosclerosi. La zucca si situa così fra le verdure più ricche in provitamina A, dopo la carota, gli spinaci e il cavolo. La vitamina C (7 mg a 100 g) è protetta dalla buccia spessa della zucca. Segnalate anche le vitamine del gruppo B. Da ricordare, inoltre, che le fibre della polpa favoriscono un buon funzionamento intestinale. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (ESCOP): 10-20 g di droga. Cucurbita pepo semi: masticare bene 10 g di semi sgusciati al giorno (1-2 cucchiai): bere acqua (Commissione E). Cucurbita pepo T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La droga è costituita dai semi maturi essiccati di C. pepo L. e/o altri cultivar. La Tintura Madre è preparata dai semi essiccati (titolo 65°). Formulario Pasta vermifuga (Capasso) Cucurbita pepo semen 140 g Miele 60 g Sbucciare i semi, ridurli in una pasta omogenea in un mortaio, o frullatore, in presenza di miele; somministrare la pasta a cucchiai o sospesa in una bevanda Pasta vermifuga (Garnier) Semi di Zucca mondati 60 g zucchero 20 g Ridurre a pasta omogenea: assumere il tutto in una volta Pasta vermifuga (Leclerc) Semi di Zucca Zucchero Acqua di fiori d’Arancio Acqua S/Assumere il tutto in una volta (bambini sopra i 6 anni: 25 g) 222

50-60 g 20 g 5g 30 g

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pepo

L.

Curiosità • I semi di Zucca facevano parte delle semenze fredde maggiori utilizzate per reprimere gli ardori sessuali. Semenze fredde maggiori sono: semi di Zucca, Melone, Anguria, Cetriolo. Le Semenze calde sono: semi di Carota, Anice, Carvi, Cumino. Note bibliografiche 1 Frohne D. et al., op. cit., p. 130. 2 Refit, op. cit., p. 14. 3 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 606. 4 Schilcher H., Angew Z., 1981, Phytother., 2, 14; ibidem, 1986, 7, 19. 5 www.aprifel.com.

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cyminum

L.

Cuminum cyminum L.

Nome comune: Cumino Francese: Cumin Inglese: Cumin Tedesco: Kreuzkümmel Spagnolo: Comino Famiglia: Apiaceae Parte utilizzata: frutti Costituenti principali: – olio essenziale (2,5-6%): nei frutti freschi:p-menta-1,4-dienal; nell’O.E. ottenuto per distillazione in corrente di vapore: cuminaldeide (19-35%), γ-terpinene (15-29%), β-pinene (1022%), p-cimene (8-12%), p-menta-1, 3-dien-7-al (16%), altri monoterpeni (3%). La composizione varia a seconda dell’origine geografica. – lipidi (10-15%): acido petroselinico – flavonoidi (0,05-0,1%); tannini, mucillagini Attività principali: carminativa, digestiva, aromatizzante, antispasmodica; emmenagoga, galattagoga Impiego terapeutico: turbe dispeptiche, meteorismo postprandiale

Utilizzo medico Il Cumino, carminativo e blando sedativo, figurava, non a torto, nella maggior parte delle ricette culinarie degli antichi Romani. Facilita infatti la digestione dei pasti pesanti. Trova indicazione nelle forme dolorose gastriche e intestinali accompagnate da flatulenza ed eruttazioni, e in particolare nel meteorismo postprandiale. Le sue proprietà terapeutiche sono simili, anche se inferiori, a quelle di Finocchio, Anice e Carvi per cui deve essere utilizzato a dosaggi più elevati. L’olio essenziale possiede azione depressiva a livello del SNC in grado di determinare rilassamento muscolare, effetto analgesico e soporifero1. Studi di laboratorio hanno segnalato interessanti proprietà che dovrebbero però essere oggetto di ulteriori ricerche: l’aggiunta di cumino (1,25%) per otto settimane nell’alimentazione della cavia stimola l’attività dell’amilasi pancreatica, della tripsina e della chemotripsina, mentre le somministrazioni isolate risultano inattive; nel coniglio normoglicemico viene aumentata la tolleranza al glucosio. La droga sembra inoltre ridurre l’induzione tumorale da parte di sostanze cancerogene e, sempre su cavia, viene segnalata un’attività estrogenica2. La medicina popolare riconosce ai frutti di Cumino, impropriamente chiamati semi, funzioni emmenagoghe e galattagoghe e, per uso esterno, proprietà stimolanti cutanee. Uso esterno Oli e unguenti possono essere impiegati per preparazioni utili al massaggio3. 224

76 • Cuminum

cyminum

L.

Tossicità, interazioni ed effetti secondari Rientra tra le piante classificate come GRAS - Substances Generally Recognized As Safe (FDA U.S. Food and Drug Administration). La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale (allergia crociata Apiaceae/Asteraceaea). L’olio essenziale, per posologia elevata, può essere convulsivante. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 3 g di frutti in 200 ml di acqua bollente. Infondere per 15 minuti, filtrare e bere durante la giornata; oppure: 10-20 g per litro di acqua (infusione). Assumere 3 tazze al dì. Polvere: 300-600 mg per presa, fino a 5 g al dì (Van Hellemont). Cuminum cyminum T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dai frutti essiccati (Titolo 65°). Formulario Tintura d’essenza (Garnier) Olio essenziale Cumino Alcol a 95° S/2-5 g al dì

2g 98 g

Curiosità • Cuminum, nome antico della pianta, probabilmente di origine babilonese. • Il Cumino rientrava nella formulazione di un afrodisiaco di origine araba così composto: miele, cumino, pepe. • In veterinaria viene aggiunto al mangime per renderlo più gradevole e per eliminare i gas putrefattivi conseguenza di anomala fermentazione intestinale. • Unitamente alla Carota, all’Anice, al Carvi, il Cumino faceva parte delle Semenze calde dell’antichità (Semenze fredde maggiori: semi di Zucca, melone, anguria, cetriolo). Note bibliografiche 1 Van Hellemont J., op. cit., p. 123. 2 Teuscher E. et al., op. cit., p. 214. 3 Proserpio G. et al., op. cit., p. 674.

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77 • Cupressus

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sempervirens

L.

Cupressus sempervirens L.

Nome comune: Cipresso Francese: Cyprès Inglese: Cypress Tedesco: Trauerzypresse Spagnolo: Ciprés Famiglia: Cupressaceae Parte utilizzata: rametti fogliati, frutti (coni o galbuli) Costituenti principali: Rametti fogliati: – olio essenziale (3-8 ml/kg): monoterpeni (più del 50%):α-pinene, δ-3-carene; sesquiterpeni: a-cedrene, cadinene; alcool sesquiterpenici (fino al 7%): cedrolo – biflavoni Coni (galbule): – olio essenziale (5 ml/kg): α-pinene, δ-3-carene – proantocianidoli, acidi diterpenici Attività principali: astringente, vasocostrittrice Impiego terapeutico: varici, flebiti; turbe vascolari, menopausa, emorroidi, tosse spasmodica

Utilizzo medico Dai rami fogliati si ottiene per distillazione l’olio essenziale, nel quale sono presenti principalmente monoterpeni (α-pinene, δ3-carene) e sesquiterpeni. All’olio essenziale sono attribuite proprietà cicatrizzanti, vasocostrittrici, decongestionanti a carico dei vasi venosi e linfatici. Come segnalato da Jean Raynaud mancano studi clinici randomizzati circa il suo uso terapeutico, comunque le indicazioni cliniche più appropriate sembrano essere quelle relative all’impiego in caso di varici, edema degli arti inferiori, stasi linfatica, cellulite e come antinfettivo1. Anche i coni (galbule) sono utilizzati in fitoterapia nel trattamento dell’insufficienza venosa, varici, flebiti e nella sintomatologia emorroidaria. Sono considerati infatti un ottimo venotonico e vasocostrittore del sistema venoso. I proantocianidoli, in massima parte responsabili di tali proprietà, sarebbero in grado di stabilizzare il collagene di parete. I proantocianidoli sono risultati essere inibitori dell’elastasi, dell’attività tripsica e alfa-chimotripsica (in vitro)2. Tali molecole inibiscono in vitro l’enzima di conversione dell’angiotensina I3. Secondo H. Leclerc si tratta di un «vasocostrittore di una grande efficacia la cui azione è identica e allo stesso tempo superiore a quella dell’Hamamelis virginiana L.»4. Nel trattamento delle emorroidi si assiste alla riduzione della congestione, diminuzione progressiva, fino a scomparsa, del tenesmo, della componente algica e del sanguinamento. Associata ad altre piante vasculotrope risulta efficace nel trattamento di flebiti e varici. Sembra inoltre dare buoni risultati nelle metrorragie conseguenza sia di uno stato congestizio sia della degenerazione sclerotica o fibromatosa dell’utero. Fra gli altri campi di impiego in cui ne viene segnalato l’impiego si ricorda quello come tonico vescicale nell’enuresi (solo su prescrizione medica). 226

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sempervirens

L.

L’olio essenziale viene consigliato per inalazione nella pertosse o nella tosse incoercibile postinfluenzale per l’azione antispasmodica e antisettica5. Uso esterno Tradizionalmente alla somministrazione per via interna (E.F., T.M., polvere) si associa la prescrizione di lavande, pomate e supposte, particolarmente in caso di varici, flebiti, ulcere, emorroidi. La cosmesi popolare utilizza infusi e macerati alcolici come astringenti e schiarenti6. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. La presenza dei tannini può provocare, in soggetti ipersensibili o per dosaggi elevati, irritazione a carico della mucosa gastrica; eventuali interazioni farmacologiche sono dovute alla presenza dei tannini. Se ne sconsiglia la somministrazione in età pediatrica e in gravidanza. L’impiego dell’olio essenziale, sia per uso interno che esterno, deve avvenire solo dietro prescrizione medica. Forme farmaceutiche e posologia Cupressus s. T.M.: 20 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì (prescrizione medica). Cupressus s. E.F.: 20-40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì (prescrizione medica). (1 g = 35 gocce). Olio Essenziale: una goccia di olio essenziale su compressa neutra, 1-3 volte al giorno (prescrizione medica)7. Uso esterno: pomate al 5-10%. Formulario Per uso esterno: «In massaggio con una lozione contenente 40 gocce di olio essenziale di cipresso per 30 ml di un olio vegetale di mandorle dolce o seme d’uva»8. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dai rami fogliari e dai coni carnosi freschi raccolti prima della loro maturità (titolo 65°). Curiosità • Il giovane Ciparisso uccise per sbaglio un cerbiatto che aveva allevato amorosamente e per il dolore si suicidò. Ecco perché il Cipresso è il simbolo della morte. Note bibliografiche 1 Raynaud J., Prescription et conseil en aromathérapie, op. cit., p. 108. 2 Rombi M., op. cit., p. 83; Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 481. 3 Bruneton J., 2009, ibidem. 4 Leclerc H., 1935, Précis de phytothérapie, Essais de thérapeutique par les plantes francaises, Paris, Masson, 1976. 5 Gattefossé R.M., 1937, Aromathérapie – les huiles essentielles hormones végétales, éd. Librairie des sciences Girardot; Tisserand R.B., 1996, Gattefosse’s Aromatherapy: The First Book on Aromatherapy, Beekman Publishers. 6 Proserpio G. et al., op. cit., p. 675. 7 Raynaud J., Prescription et conseil en aromathérapie, op. cit., p. 108. 8 Ibidem.

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longa

L.

Curcuma longa L. (= Curcuma domestica Valeton)

Nome comune: Curcuma; Zafferano dell’India Francese: Curcuma; safran des Indes Inglese: Turmeric; Indian saffron Tedesco: Kurkuma; Indischer safran Spagnolo: Cúrcuma Famiglia: Zingiberaceae Parte utilizzata: rizoma Costituenti principali: – olio essenziale (2,5-6%): sesquiterni monociclici: carburi (zingibrene, β- e δ-curcumene, ar-curcumene….) e > derivati ossigenati (turmerone, ar-turmerone, curlone, α- γ-atlantoni, germacrone e derivati; scara concentrazione di derivati monoterpenici; bisabolani e germacrani (sesquiterpeni) – amido (40-55%): arabino-galattini (ukonani) – curcuminoidi (sostanze coloranti)*: curcumina (diferuloilmetano: 50-60%), dimetossicurcumina, bisdemetossicurcumina * la concentrazione in curcuminoidi varia a seconda del cultivar e può arrivare fino all’8% Nota: Curcuma xanthorrhiza Roxb, chiamato Zafferano di Giava o Temoe-Lawaq, contiene una percentuale più elevata in olio essenziale (fino al 12%): per tale motivo Van Hellemont ritiene che sia da preferire allo Zafferano dell’India (Curcuma domestica) in quanto quest’ultimo avrebbe piuttosto un uso culinario. È presente nella Farmacopea europea (caratteristiche: olio essenziale, non meno di 50 ml/kg, dicinnamoil metano derivati espressi come curcumina non meno di 1,0%) Attività principali: coleretica e colagoga; antiflogistica; antiossidante Impiego terapeutico: turbe dispeptiche; colecistite e colelitiasi

Utilizzo medico Il rizoma polverizzato della Curcuma, conosciuta anche come Zafferano indiano o Turmeric, viene utilizzato in India da almeno quattromila anni in cucina (è un componente principale del curry), in medicina (medicina ayurvedica) nelle cerimonie religiose e per tingere in arancione la tonaca dei monaci buddisti. L’India è considerato il più grande produttore e consumatore al mondo di curcuma. Nell’uso corrente il rizoma viene prescritto per migliorare la funzionalità epatica, nelle turbe funzionali dei processi digestivi attribuibili a una disfunzione epatica, in particolare mal di stomaco, nausea, perdita di appetito. Studi recenti hanno segnalato che la curcuma incrementa il flusso biliare agendo sia sulla produzione della bile che sulla motilità delle vie biliari (olio essenziale)1. 228

78 • Curcuma

longa

L.

La curcuma è stata stato oggetto di numerosi studi che hanno contribuito a precisarne le proprietà farmacologiche. In particolare negli ultimi anni sono state evidenziate e dimostrate proprietà antinfiammatorie e antiossidanti. L’azione antiossidante della pianta contribuirebbe a un effetto protettivo nei confronti delle malattie associate allo stress ossidativo come le malattie degenerative, cardiovascolari e la malattia di Alzheimer. La curcuma contiene flavonoidi e composti fenolici, ma il principio attivo maggiormente responsabile di tali proprietà è la curcumina. L’attività antinfiammatoria della curcumina, principio attivo del fitocomplesso, è stata messa in evidenza sia nella fase acuta dell’infiammazione sia in quella cronica. Nel primo caso è stato utilizzato il modello dell’edema plantare indotto con la carragenina nel ratto, nel secondo caso sono stati impiegati i modelli dell’artrite indotta da formolo, e dei granulomi. Un’altra sperimentazione ha dimostrato che la curcumina è in grado, in sospensioni di neutrofili di ratto e piastrine umane, di diminuire, a concentrazioni tra 1 e 10 mM, l’attività delle cicloossigenasi e, a concentrazioni tra 10 e 30 mM, di bloccare le lipoossigenasi. La curcumina presenta, pertanto, una duplice azione dose-dipendente: azione sulle cicloossigenasi (inibizione), via sulla quale agiscono gli antinfiammatori non steroidei, e azione sulle lipoossigenasi (inibizione), via sulla quale agiscono gli antinfiammatori steroidei. È presente inibizione della produzione di citochine. I curcuminoidi inoltre manifestano proprietà antiossidanti e risultano quindi inibitori della perossidazione lipidica. Tutto ciò rende la curcuma molto interessante come antinfiammatorio, in virtù anche della bassissima tossicità che presenta2. Due saggi clinici datati segnalano l’eventuale interesse nel trattamento dell’artrite reumatoide: l’attività della curcumina è stata valutata vs. fenilbutazone e vs. fenilbutazone e placebo. In entrambi i casi è stata evidenziata un’azione paragonabile a quella del fenilbutazone e significativamente superiore al placebo3. Attualmente, inoltre, la curcumina viene studiata per accertare l’azione chemioprotettiva sulla cancerogenesi, evidenziata su modelli in vitro, che sembra basarsi sia sull’azione antiossidante sia sul metabolismo dell’acido arachidonico. La Curcumina in particolare sarebbe in vitro un induttore dell’apoptosi e sarebbe attiva a concentrazioni da micro a millimolari. Sono state messe in evidenza inoltre proprietà immunomodulatrici e antiangiogeniche. Sembra però che la biodisponibilità della curcumina somministrata per os sia molto debole4. Un altro interessante aspetto della ricerca riguarda le proprietà antivirali della curcumina: sembra infatti che sia in grado di inibire l’integrasi virale, enzima peculiare del virus e assente nelle cellule dell’organismo umano, indispensabile per l’inserimento del genoma virale in quello della cellula ospite5. I curcuminoidi presentano attività battericida. È stato inoltre evidenziato (in vitro e in vivo nella cavia) che la curcumina protegge dal danno epatico indotto chimicamente. Uno studio recente ha dimostrato che la curcumina sarebbe in grado di ritardare il danno epatico che porta alla cirrosi. Lo studio pubblicato dalla rivista Gut – International Journal of Gastroenterology & Hepatology6 ha dimostrato che la curcumina sarebbe in grado di rallentare la progressione dei processi flogistici nelle patologie infiammatorie a carico del fegato: «Per lo studio, i ricercatori hanno analizzato campioni di tessuto e di sangue di topi con infiammazione cronica del fegato prima e dopo l’aggiunta della curcumina alla dieta per un periodo variabile da 4 a 8 settimane. Il confronto con un gruppo di controllo ha mostrato che la dieta alla curcumina è in grado di ridurre in modo significativo il blocco dei dotti biliari e il danno a carico di epatociti e la fibrosi, interferendo con numerosi cammini di segnalazione chimica coinvolti nel processo infiammatorio. L’effetto è 229

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L.

risultato evidente sia a 4 sia a 8 settimane, mentre nessun effetto è stato riscontrato nei topi nutriti normalmente»7. Sembra che anche a livello gastrico vi sia un effetto citoprotettore e antiulcera: la curcumina però ad alte dosi sarebbe ulcerogena8. Attualmente mancano studi certi sull’uomo che confermino tali dati, ma sicuramente questi risultati rappresentano un importante stimolo per proseguire la ricerca in questo ambito. Nel frattempo, comunque, l’aggiunta di curcuma nella nostra dieta può sicuramente contribuire al nostro benessere. Uso esterno In India il rizoma è impiegato per curare infezioni cutanee ed eczemi. L’olio essenziale diluito (1:80) può far scomparire «nello spazio di una settimana alcune micosi dermiche»9. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Rientra tra le piante classificate come GRAS - Substances Generally Recognized As Safe (FDA U.S. Food and Drug Administration). Bruneton (2009) ribadisce che la sperimentazione animale rivela assenza di tossicità acuta o cronica per la curcumina somministrata per os. Nell’uomo si dimostra innocua anche per dosaggi elevati (8g/die): mancano però dati sicuri sul trattamento cronico. La Commissione E del BfArM avverte che il rizoma di Curcuma risulta controindicato in caso di occlusione delle vie biliari. In caso di calcolosi biliare la droga deve essere utilizzata solo sotto controllo medico. Questi pazienti devono prestare attenzione anche al curry (28% di Curcuma)10. Alcuni dati sperimentali hanno segnalato potenziali interazioni con agenti antitumorali (ciclofosfamide) e con anticoagulanti. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 1,5-3 g di droga frammentata, somministrata in 2-3 volte al giorno, lontano dai pasti. Tisana: 0,5-1 g di droga contusa in 150 ml di acqua bollente. Infondere per 15 minuti, filtrare e bere 2-3 tazze al dì, lontano dai pasti. Polvere: 0,5 g per cps: 1 cps più volte al dì, lontano dai pasti. Estratto fluido: 0,25-0,5 g 2-3 volte al dì (1 g = 39 gocce). Diluire in acqua. Curcuma domestica T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì, lontano dai pasti. Note di galenica Secondo la Monografia ESCOP la droga (rizomi trattati con acqua bollente ed essiccati della C. longa L.) deve contenere non meno del 2,5% di derivati del dicinnamoilmetano, calcolati come curcumina, e non meno di 25 ml/kg di olio essenziale. Gli estratti acquosi risultano poco efficaci data la scarsa solubilità dell’olio essenziale e dei curcuminoidi11. La Tintura Madre è preparata dal rizoma essiccato (titolo 65°). Formulario Specie composta per tisana all’Achillea F.U. Taraxaci radix cum herba 30% Cardui mariae fructus contuso 20% Curcumae longae rhizoma 20% Menthae piperitae folium 20% Carvi fructus contuso 10% 230

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longa

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S/infuso al 3%; una tazzina di infuso prima dei pasti principali, come colagogo, eupeptico Pillole digestive e colagoghe (Benigni-Capra-Cattorini) Estratto molle Curcuma 0,1 g Estratto molle Carciofo 0,1 g Estratto molle Genziana 0,05 g Eccipiente q. b. per una pillola Curiosità • Il nome Curcuma deriva dal sanscrito Kum-Kuma. • I cultivar più ricchi in curcumina (Allepey: > 6,5%) sono ricercati come coloranti alimentari (giallo). La curcumina, infatti, è un colorante atossico autorizzato (E100), stabile al calore e poco sensibile alle variazioni del pH. Altri cultivars (es.: Madras, 3,5%) rappresentano una spezie molto ricercata in quanto componente principale del curry (Coriandolo, Cannella, Peperoncino, Garofano, Noce moscata, Zenzero). • La curcumina è usata come sostanza tintoria per lana e seta e come indicatore acido-base dato che in ambiente basico il colore vira al rosso. • La Curcuma rientrava nella composizione dell’alcolato di Fioravanti (azione vulneraria e stimolante). Note bibliografiche 1 Capasso F., 2011, op. cit., p. 178. 2 Ammon H.P.T. et al., 1993, J. of Ethnopharm. 38, 113-119; Sreejayan N., Rao M.N.A., 1996, Free radical scavenging activity of curcuminoids, Arzneim. Forsch. Drug. Res., 46, 169-171; Bruneton J., 2009, op. cit., p. 346. 3 Bianchi A., 1996, Erb. Domani, 6, 51-57; Teuscher E. et al., op. cit., p. 221. 4 Ruby A.J. et al., 1995, Cancer Letter, 94, 79-83; Rosenberg L. et al., 1991, J. Natl. Cancer Inst. 83, 355-358; Bruneton J, 2009, op. cit., p. 346. 5 Mazunder A. et al., 1995, Biochem. Pharmac. 49, 1165-1170. 6 Baghdasaryan A. et al., 2010, Curcumin improves sclerosing cholangitis in Md r2−/− mice by inhibition of cholangiocyte inflammatory response and portal myofibroblast proliferation. Gut, 59:521-530. 7 http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/articolo/1342586. 8 Gupta B. et al., 1980, Ind. J. Med. Res., 71, 806; Bruneton J., 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 258. 9 Teuscher E. et al., op. cit., p. 221. 10 Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 205. 11 Wichtl M., Czygan F.C., 1989, Teedrogen und Phytopharmaka: Ein Handbuch für die Praxis auf wissenschaftlicher Grundlage. Wissenschaftliche Verlagsgesellschaft, Stuttgart, pp. 283-285.

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zedoaria

(Berger) Roscoe

Curcuma zedoaria (Berger) Roscoe

Nome comune: Zedoaria Francese: Zédoaire Inglese: Zedoary Tedesco: Zitwerwurzel Spagnolo: Zedoària Famiglia: Zingiberaceae Parte utilizzata: rizomi Costituenti principali: – olio essenziale (1-1,5%): cineolo, α e β-cariofillene ecc. – zedoarina (p. amaro); amido; sostanze gommose Attività principali: amaro-aromatiche; stimolanti Impiego terapeutico: dispepsia; uso cosmetologico

Utilizzo medico Alla pianta vengono attribuite proprietà carminative atte a migliorare, stimolandola, la funzionalità digestiva. Viene impiegata come stomachico e carminativo, in caso di gastroenterite atonica. Di rado è adoperata però da sola: per lo più, infatti, viene associata ad altre piante amare. L’odore è simile a quello dello zenzero e il sapore è fortemente canforato. Curcuma zedoaria trova impiego principalmente nel settore farmaceutico e liquoristico come aromatizzante e correttivo del sapore e in quello alimentare come condimento. I giovani germogli e le foglie sono consumati come verdura nei paesi d’origine della pianta (India, Cina, Madagascar, Sri Lanka) e accompagnano spesso il pesce1. Uso esterno L’olio essenziale viene indicato come stimolante e tonificante in preparati per massaggi sportivi riattivanti2 in bagni-doccia vivificanti e come coadiuvante nel trattamento dell’adiposità cutanea3. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Rientra tra le piante classificate come GRAS -Substances Generally Recognized As Safe (FDA U.S. Food and Drug Administration). Forme farmaceutiche e posologia Estratto fluido: 0,5-1,5 g pro dose (1 g = 56 gocce).

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zedoaria

(Berger) Roscoe

Formulario Elixir di Radcliff (Medicamenta) Aloe 25 g Rabarbaro 5g Cannella 2g Zedoaria 2g Cocciniglia 2g Sciroppo di prugne selvatiche 60 g Alcol 150 g Acqua 150 g S/10 g pro die contro la stipsi e i disturbi gastroenterici Tintura di Aloe composta (Elixir di lunga vita) Aloe 25 g Genziana 2,5 g Rabarbaro 2,5 g Zedoaria 2,5 g Zafferano 2,5 g Agarico bianco 2,5 g Alcol a 60° 1000 g Macerare per 10 giorni nell’alcol, filtrare con pressione. Curiosità • La Zedoaria, pianta originaria delle Indie Orientali e dell’isola di Giava, rientrava nella formulazione del Balsamo di Fioravanti (XVI sec.), che veniva utilizzato «come diuretico, antinefritico e antisterico»4. • «È questa radice un medicamento sommamente stimolante, che opera alla maniera dello zenzero, della curcuma e del zerumbetto, altre piante della stessa famiglia; e quindi di rado la si adopera sola; entra essa altresì in alcune antiche preparazioni farmaceutiche, come la polvere di Charas, il filonio romano e simili» (Levi, Dizionario classico di Medicina, 1840). • «Filonio, detto anche filone romano: elettuario composto dei semi di papavero bianco, di josciamo bianco, di prezzemolo, di appio e di finocchio, di oppio, di cassia lignea, di castorio, di casto arabo, di cannella, di dauco cretico, di nardo indico, di piretro, di zedoaria, di zafferano e di miele» (Levi, Dizionario classico di Medicina, Giuseppe Antonelli Editore, Venezia, 1833). Nota: Elettuario: preparato farmaceutico semidenso formato da miscugli di farmaci impastati con miele o sciroppi, con cui si curava anticamente un gran numero di malattie5. Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 222. 2 Refit, op. cit., p. 460. 3 Proserpio G. et al., op. cit., p. 676. 4 Fumagalli M., 2000, Dizionario di alchimia e di chimica farmaceutica antiquaria, Edizioni Mediterranee, Roma. 5 http://www.treccani.it/

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80 • Cynara

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scolymus

L.

Cynara scolymus L.

Nome comune: Carciofo Francese: Artichaut Inglese: Garden Artichoke Tedesco: Artischocke Spagnolo: Alcachofera Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: foglie caulinari Costituenti principali: – acidi-fenoli: acidi caffeichinici (fino al 2%): acido clorogenico(acido 5-cafeilchinico), cinarina (acido 1-3 dicafeilchinico) – flavonoidi (1%): eterosidi del luteolo e dell’apigenolo – acidi organici (malico, succinico, lattico, fumarico, citrico,…) – lattoni sesquiterpenici: cinaropicrina, aguerina, grosheimina, cinarascolosidi… (responsabili dell’amarezza) Nota: la composizione in acidi-fenoli degli estratti dipende dalle modalità del processo estrattivo1. Attività principali: azione epatorenale; azione ipocolesterolemizzante Impiego terapeutico: dispepsia; ipercolesterolemia e/o ipertrigliceridemia; turbe epatobiliari (epatiti, colecistiti, colelitiasi, steatosi epatica); ritenzione idrica

Utilizzo medico Il Carciofo come coleretico, regolatore del flusso biliare ed epatoprotettore si rende prezioso nelle turbe epatobiliari ove può alleviare la sintomatologia; agisce sul metabolismo lipidico diminuendo la produzione di colesterolo e di trigliceridi endogeni e aumentandone l’escrezione o la ridistribuzione nei depositi naturali. L’accresciuta secrezione degli acidi biliari indotta dalla pianta stimolerebbe infatti la motilità intestinale e la digestione dei grassi. L’ESCOP (European Scientific Cooperative on Phytotherapie) ritiene che il carciofo possa essere un valido adiuvante in un regime povero in grassi per ridurre l’ipercolestrolemia lieve o moderata. Sperimentalmente la cinarina protegge gli epatociti di cavia dalla tossicità del tetracloruro di cabonio2. Grazie all’azione epatoprotettrice si verifica, inoltre, una diminuzione dell’azotemia. L’azione coleretica ed epatoprotettrice si esplica tramite attività sul metabolismo dell’urea: estratti di Carciofo infatti contribuiscono a diminuire l’azotemia stimolando la trasformazione epatica di molecole azotate imperfettamente elaborate dal fegato insufficiente, poco diffusibili dal rene, in urea meno tossica e diffusibile attraverso il rene3. Il Carciofo è una pianta apprezzata dall’industria farmaceutica, che da sempre l’ha accolta a braccia aperte per la sue attività colagoga, coleretica, protettrice e regolatrice della funzionalità epatica, disintossicante e diuretica. Tra i suoi componenti sono segnalati: polifenoli e, particolarmente, alcuni derivati dell’acido caffeico (cinarina), flavonoidi, un principio amaro (cinaropicrina), steroidi, quindi sostanze banali quali enzimi, zuccheri, sali ecc. Il principio attivo della pianta, responsabile dell’attivi234

80 • Cynara

scolymus

L.

tà fortemente coleretica, viene comunemente riferito alla presenza della cinarina. A questo proposito il professor F. Mortier4 segnala i risultati di un’indagine, a carattere clinico-farmacologico, attuata nel tentativo di comprendere se l’azione protettrice a livello epatico fosse imputabile solamente alla cinarina. Tale sperimentazione venne condotta utilizzando la tecnica del fegato isolato-perfuso. Il fegato privato del suo supporto biologico è traumatizzato e ciò si visualizza con l’aumento, durante le prime 3 ore, delle transaminasi SGPT e SGOT: questo aumento riflette una fuga di membrana degli enzimi piuttosto che una lisi epatocitaria. Se si inietta della cinarina si può notare che tale sostanza non influisce sull’elevazione enzimatica ma, se si inietta l’estratto totale della pianta, questo sembra proteggere il fegato, in quanto si evidenzia l’arresto dell’elevazione enzimatica. Ciò, molto probabilmente, è imputabile alla modificazione della permeabilità cellulare. Sul mercato francese, fra le specialità farmaceutiche a base di Carciofo, ne esistono alcune la cui tecnica di preparazione elimina molte di quelle molecole a cui classica mente si attribuiscono le note proprietà terapeutiche della pianta. Analizzando tali composti si ritrovano, infatti, solo molecole assai banali, quali sali di sodio, potassio, acido succinico, malico, glicerico ecc. Queste preparazioni vengono utilizzate per la loro azione diuretica, disintossicante e di regolazione epatica. Se si può riferire l’attività diuretica alla presenza dei sali, meno facilmente si può capire l’attività disintossicante o di regolazione epatica. Partendo da questa riflessione, il professor Mortier ha eseguito alcune sperimentazioni le quali hanno dimostrato che anche le molecole, cosiddette banali, possiedono un’azione disintossicante. Si assiste, infatti, a una diminuzione importante del tempo di narcosi indotta con Pentobarbital, quando le cavie ricevono, prima del trattamento, questo mélange il quale verosimilmente agisce a livello del fegato sulla biotrasformazione del Pentobarbital. Si è potuto anche constatare, utilizzando lo stesso composto, un considerevole aumento della DL 50 di alcol etilico. Tutto ciò induce a pensare che vi sia un’attivazione enzimatica a livello epatico. Si è potuto inoltre constatare che questo mélange di acidi, costituito da molecole semplici e atossiche, svolge un ruolo nella regolazione epatica diminuendo una coleresi anormalmente elevata e aumentando un’ipocoleresi indotta da una sostanza tossica. Affinché questo composto sia efficace è necessario però che vi sia uno squilibrio organico, dato che non dimostra alcun effetto su un organo sano. Tale esperienza è pertanto la testimonianza di come si debbano considerare in un vegetale tutte le sue componenti, anche quelle più banali, senza minimizzare il loro ruolo in quanto è stato dimostrato che molecole apparentemente così semplici costituiscono il mélange protettore: prese separatamente non hanno alcuna attività, ma quando sono insieme svolgono un efficace ruolo terapeutico. Viene quindi dimostrata e convalidata la nozione di totum: « Il tutto è maggiore della somma delle sue parti» (Aristotele in: Metafisica). Tossicità, interazioni ed effetti secondari Raramente possono comparire flatulenza (in caso di uso prolungato), sensazione di debolezza e di fame. L’uso della pianta è sconsigliato in caso di occlusione delle vie biliari (Commissione E del BfArM.): occorre precauzione nei soggetti che presentano iperbilirubinemia e importanti epatopatie; in caso di colelitiasi deve essere assunta sotto controllo medico. Secondo diversi autori trattare le affezioni del fegato con colagoghi e coleretici avrebbe come conseguenza l’irritazione della mucosa gastrica e, inoltre, non sarebbe sempre auspicabile stimolare la secrezione biliare e la contrazione della cistifellea. Occorre comunque tenere presente che, nel caso del Carciofo, 235

80 • Cynara

scolymus

L.

alcune sperimentazioni condotte su animali da laboratorio evidenziano come alcuni componenti della pianta esplichino una funzione anfocoleretica (regolatrice del flusso biliare)5. In alcuni soggetti con ipersensibilità accertata alle Asteraceae l’impiego della droga può dare origine a manifestazioni allergiche: se ne sconsiglia pertanto l’impiego. Compatibile con la gravidanza (per un uso limitato) e con l’allattamento6. Tuttavia sia per la segnalazione che può frenare la lattazione7 (dato non dimostrato) sia per la mancanza di dati clinici accertati se ne sconsiglia la somministrazione. Come alimento, dopo la preparazione, va consumato subito in quanto possono formarsi sostanze tossiche. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla foglia caulinare essiccata, intera o frammentata, contenente al minimo 0,8% di acido clorogenico. Serve a preparare l’Estratto secco titolato in acido clorogenico > 0,6% Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (ESCOP): 5-10 g della foglia essiccata sotto forma di estratto secco acquoso o infuso e altri preparati equivalenti. Decotto al 2% (200-300 cc al dì). Infuso: 10-15 g per litro, infondere per 5 minuti. Assumere 3-6 tazze al dì. Polvere: 100-200 mg per capsula, in associazione. Estratto secco (nebulizzato e titolato in acido caffeilchinico min. 13%, Farmacopea Italiana X).): 1 cps prima dei 2 pasti principali. Estratto fluido: 15-25 gocce, diluite in acqua, prima dei pasti. Cynara scolymus T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La cinarina viene inattivata dalla cottura. La Tintura Madre è preparata dalla foglia fresca (titolo 55°). Formulario Drenaggio epatorenale Cynara s. T.M. Fumaria o. T.M. Taraxacum o. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì per 20 giorni Depurativo epatorenale Cynara s. T.M. Orthosiphon s. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Ipercolesterolemia-Ipertensione lieve Cynara s. T.M. Olea e. T.M. Taraxacum o. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì 236

80 • Cynara Ipercolesterolemia Cynara s. Taraxacum o. S/1 capsula 2-3 volte al dì

scolymus

L.

E.S. 150 mg E.S. 150 mg (per cps)

Tisana di carciofo composta (Dorvault) (Ipercolesterolemia) Carciofo fol. 40% Tarassaco rad. cum herba. 20% Betula a. fol. 10% Olivo fol 20% Bardana rad. 10% S/Infuso al 3%; 2 tazze al dì, lontano dai pasti Curiosità • Il termine Cynara deriva, secondo Columella (I sec. d.C.), dalla consuetudine di concimare questa pianta con la cenere a cinere. • Noi mangiamo del Carciofo quello che è il ricettacolo del fiore, così come le brattee, impropriamente chiamate foglie che vi si attaccano. La parte medicinale è invece la grande foglia dentata che guarnisce lo stelo (foglie caulinari). Secondo gli studiosi il Carciofo è una varietà del Carduccio (Cynara cardunculus) e sarebbe comparso per mutazione nelle colture di questa specie verso l’inizio del XV secolo. Già nel XVI secolo era considerato per le sue virtù terapeutiche. • Il termine francese Artichaut (articiocco in italiano, nel linguaggio popolare) deriva dall’arabo ardhischoki: ardhi = terra e schoki = spina. • Il famoso gastronomo Brillat-Savarin lo riteneva afrodisiaco. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 284. 2 Ibidem. 3 Nicoletti M., Mazzanti G. (s.d.), Appunti di lezione, As. Si. Pro Far., pp. 163-4. 4 Mortier F., 1984, Phytotherapy, 10. 5 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 219. 6 Mills S., Bone K., op. cit., p. 437. 7 Van Hellemont J., op. cit., p. 128.

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81 • Cypripedium

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pubescens

Willd.

Cypripedium pubescens Willd.

Nome comune: Scarpetta di Venere Francese: Sabot de Vénus Inglese: Large yellow lady’s slipper; American valerian Tedesco: Frauenschuh Spagnolo: Gran zapatilla de dama amarilla Famiglia: Orchidaceae Parte utilizzata: rizoma Costituenti principali: – olio essenziale; tannino – sostanza amara (di natura glicosidica) Attività principali: azione antispasmodica; azione tonico-eupeptica Impiego terapeutico: blando sedativo

Utilizzo medico Magnifica pianta originaria del Nord America, sembra presenti azione sedativa simile alla Valeriana e trova impiego come blando sedativo in età pediatrica e in alcune forme di isterismo. La pianta conosce un uso omeopatico nel trattamento dell’insonnia infantile. Presenta, infine, azione tonico-eupeptica in virtù delle caratteristiche amare del fitocomplesso. Risulta efficace nelle forme irritative gastriche conseguenti all’abuso di caffè e tè1. Tossicità ed effetti secondari I peli ghiandolari contengono sostanze irritanti per la pelle2. Forme farmaceutiche e posologia Polvere: 0,10-0,35 g Estratto fluido: 1-2 g Note di galenica Veniva utilizzata per falsificare la Polygala virginiana L. e l’Hydrastis canadensis L. La Tintura Madre è preparata dal rizoma essiccato (titolo 65°). Curiosità • Cypripedium deriva dal greco Cupris = Cipride, soprannome di Venere, e pedilon = calzatura, quindi = Scarpetta di Venere, con allusione alla forma del labello. Il nome esatto, infatti, sarebbe Cypripedilon, ma Linneo scrisse erroneamente Cypripedium. Note bibliografiche 1 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I. p. 324. 2 Van Hellemont J., op. cit., p. 129; Bruneton J., Plantes toxiques…, op. cit., p. 422.

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82 • Datura

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stramonium

L.

Datura stramonium L.

Nome comune: Stramonio Francese: Stramoine; Herbe aux diables Inglese: Thorn apple; Jimson weed Tedesco: Gemeine Stechapfel Spagnolo: Estramonio Famiglia: Solanaceae Parte utilizzata: foglie Costituenti principali: – alcaloidi tropanici (0,2-0,5%)1: josciamina e scopolamina – sostanze minerali (15-18%) – scopoletolo in tracce Attività principali: azione narcotica e miorilassante Impiego terapeutico: desueto (esclusiva prescrizione medica)

Utilizzo medico Tutte le parti dello stramonio contengono alcaloidi tropanici la cui composizione e concentrazione varia seconda dell’età della pianta: le giovani piante infatti contengono principalmente scopolamina, mentre nelle piante adulte è maggiormente presente josciamina. La concentrazione in alcaloidi negli organi della D. stramonium, in rapporto al peso secco, è la seguente: foglie 0,38%; fiori 0,61%; assi caulinari 0,16%; parete del frutto 0,05%; semi 0,58%; radici 0,23%2. L’azione di questa droga non differisce sostanzialmente da quella delle altre sue congeneri, Atropa belladonna (Belladonna) e Hyoscyamus niger (Giusquiamo o Iosciamo): la composizione del fitocomplesso infatti è qualitativamente lo stesso ma differisce quantitativamente sia per il contenuto medio degli alcaloidi totali, maggiore nella Belladonna e minore nel Giusquiamo, che per il rapporto esistente tra il contenuto in atropina e scopolamina3. Nello Giusquiamo e nella D. stramonium il contenuto medio relativo di scopolamina è superiore rispetto a quello presente nella Belladonna «e da ciò deriva una maggiore azione depressiva centrale e ipnotica, correlata alle due suddette droghe, azioni che nella Belladonna generalmente mancano»4. Le preparazioni a base di stramonio furono spesso utilizzate in passato come “stupefacente allucinatorio” per la preparazioni di filtri amorosi, unguenti magici e a scopo…di rapina: la pianta veniva infatti impiegata dai ladri per addormentare i viandanti e poterli depredare. Bruneton segnala come attualmente la pianta sia ricercata, soprattutto da soggetti giovani, per la sua fama di allucinogeno (“ciò che non è veramente”) e causa di ricoveri ospedalieri per intossicazioni (vedi voce: Tossicità). Dal punto di vista medico le foglie erano impiegate per le proprietà narcotiche e miorilassanti in caso di affezioni spasmodiche e dolorose tipo coliche, nevralgie ecc.5. Le foglie essiccate di Stramonio venivano impiegate, sole o associate a Belladonna e Giusquiamo, nella terapia antiasmatica in forma di carte fumigatorie e di sigarette e, sotto forma di estratto fluido, sempre associato alle altre due solanacee, nella terapia del parkinsonismo postencefalitico. Furono due medici indiani a se239

82 • Datura

stramonium

L.

gnalare la pratica, popolare nelle Indie orientali, di inalare il fumo prodotto dalla combustione delle foglie di alcune specie di Datura (D. metel L. e D. fastuosa L.) per combattere gli accessi asmatici6. L’impiego è stato interdetto in Francia per l’uso che viene “dirottato” a fini psicotropi. Esternamente la pianta era utilizzata sotto forma di balsami e linimenti antireumatici (Medicamenta, 1924). Tossicità, interazioni ed effetti secondari Gli avvelenamenti da Stramonio in genere sono accidentali, per ingestione delle foglie commiste ad altre verdure commestibili, o deliberati. In seguito a sovradosaggio si assiste a questo quadro: «dopo un breve lasso di tempo si nota arrossamento del viso, secchezza della bocca e delle mucose, sete intensa e debolezza muscolare. L’accelerazione cardiaca è importante (120-150 battiti al minuto), la midriasi e l’ipertermia costanti. Le allucinazioni visive e uditive e il delirio sono accompagnate da agitazione e incoordinazione motoria, aggressività e a volte convulsioni; si instaurano sonnolenza e coma. Il recupero è lungo (1-3 giorni). Lo stato mentale dell’intossicato può condurre a gesti sconsiderati, mettendo a volte la sua vita in pericolo6». Le allucinazioni si manifestano in genere dopo 2-4 ore dall’ingestione e possono proseguire per diversi giorni. Si tratta di visioni colorate, deformate e frutto dell’immaginazione, accompagnate da allucinazioni uditive e tattili. La tendenza a spogliarsi, osservata occasionalmente, e la ricerca dell’acqua, sarebbero conseguenza dell’ipertermia. A causa delle allucinazioni, alternate a fasi di sonnolenza, il paziente necessita di stretta assistenza affinché non faccia male a se stesso e agli altri nella fase del delirio acuto7. Farmacopea Europea (Ph. eur., 6ªedizione) La droga è costituita dalle le foglie sole o mescolate alle sommità fiorifere e, talvolta, fruttifere, essiccate, di D. stramonium, contenenti al minimo lo 0,25% di alcaloidi totali: la josciamina è accompagnata da quantità variabili di scopolamina (joscina). Forme farmaceutiche e posologia L’uso della pianta è ormai desueto a causa dello sfavorevole rapporto rischio/beneficio, a eccezione delle preparazioni omeopatiche. In Farmacopea Europea si trova quanto segue: Polvere titolata (titolazione in alcaloidi totali, 0,23-0,27%). Curiosità • Il nome Datura deriva dall’indiano Dhatura = mela spinosa, mela della morte. • Con le foglie di stramonio venivano preparati unguenti con i quali, in epoca medioevale, le fattucchiere si spalmavano le mucose e le ascelle per provocare scene di levitazione e stati letargici popolati di animali fantastici (Bruneton J., 2009). • «Anche nei medicamenti della dottrina tradizionale ebraica post-biblica (Ghemara), la medicina israelita citò lo stramonio come pianta narcotica che veniva somministrata, mescolata con vino, ai condannati a morte per togliere loro la sensibilità» (Riva E., 1995). • Il primo a riconoscere le proprietà terapeutiche dello stramonio fu il medico viennese Anton von Störck il quale in una sua pubblicazione (Libellus, quo demonstratur: Stramonicum, Hyoscyacum, Aconitum non solum tuto posse exhiberi usu interno hominibus, verum et ea esse remedia in multis morbis maxime salutifera, Wien 1762) 240

82 • Datura

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L.

dimostrò che la pianta non produceva follia e che poteva invece servire per curarla. Il medico scozzese William Cullen (Lectures on the materia medica, London 1773) classificò lo stramonio come potente narcotico utilizzato comunemente nel trattamento dell’epilessia complicata con la mania. • Medea (Ovidio, Metamorfosi) utilizzò lo stramonio per «inebriare e narcotizzare Pélia, re di Jolco in Tessaglia, per poi farlo uccidere dalle figlie (Péliadi) e così vendicare la morte di Esone a cui Pélia, uccidendolo, aveva tolto la signoria di Jolco» (Riva E., 1995). Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 968. 2 Frohne D. et al., op. cit., p. 358. 3 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., p. 1534. 4 Ibidem. 5 Riva E., op. cit., p. 212. 6 Vincent D. et al., 1954, Ann. pharm. franç., 12, 509. 7 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 971. 8 Frohne D. et al., op. cit., p. 359.

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83 • Digitalis

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spp.

- Digitalis

purpurea

L. - Digitalis

lanata

Ehrh.

Digitalis spp.

Digitalis purpurea L. Nome comune: Digitale purpurea; Erba aralda Francese: Digitale pourpre Inglese: Purple foxglove Tedesco: Roter Fingerhut Spagnolo: Dedalera

Digitalis lanata Ehrh. Nome comune: Digitale lonata Francese: Digitale laineuse Inglese: Woolly foxglove Tedesco: Wolliger Fingerhut Spagnolo: Digital lanosa Famiglia: Plantaginaceae (o Scrophulariaceae) Parte utilizzata: foglie Costituenti principali: – glucosidi cardioattivi (cardenolidi): digitossina, digitossigenina, gitalossigenina ecc. digitanol-eterosidi: digitalonina, diginoside, digifoleina ecc. – glucosidi saponinici: digitonoside, tigonoside, gitonoside (maggior concentrazione nei semi) – flavonoidi (luteolina, luteolin-7-glucoside ecc.) – acido caffeico, acido p-cumarico (tracce), acidi citrico e isocitrico, acido ascorbico ecc. Attività principali: cardiotonica e diuretica Impiego terapeutico: scompenso congestizio cardiaco; aritmie (fibrillazione e flutter atriale, tachicardia parossistica sopraventricolare). Esclusiva prescrizione medica

Utilizzo medico Nella prima edizione di questo libro (1998) non avevo trattato la Digitale: in terapia medica infatti si preferiscono utilizzare i principi attivi della pianta, molto più sicuri e affidabili. Ed ecco che nel leggere il libro “Tra due guerre” del grande scrittore Mario Rigoni Stern1, mi sono imbattuta con piacevole sorpresa in questa frase: «Ai bordi della strada ogni tanto vedevo il bel fiore della digitale purpurea, la preziosa pianticella che nel passato ha curato tanti cuori. Anche quello di mia madre. Si usa ancora in farmacologia la digitalina? Ma come mai nel recente bel Dizionario di fitoterapia e piante medicinali della Campanini non si trova citata?». Scrissi al Maestro, sia per ringraziarlo per aver scelto il mio libro e sia per comunicargli che nella edizione successiva (2004) e ora anche nella terza, gli avrei dedicato questa pianta che fa parte di una natura che come scrittore appassionato della Natura ha saputo da sempre descrivere con profondo amore e rispetto. Il genere Digitalis comprende una ventina di specie: in tutte sono presenti glucosidi 242

83 • Digitalis

spp.

- Digitalis

purpurea

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Ehrh.

cardioattivi, ma solo Digitalis lanata Ehrhart e Digitalis purpurea L. sono utilizzate per l’estrazione dei principi attivi cardiotonici. «L’azione principale dei glucosidi digitalici consiste in un aumento della forza di contrazione delle fibrocellule miocardio (azione inotropa positiva). Il meccanismo d’azione attraverso il quale si manifesta l’effetto inotropo positivo consiste nel blocco della pompa sodio-potassio che aumenta la concentrazione intracellulare di sodio; il sodio, quindi, fuoriesce dalla cellula, scambiandosi con il calcio, per cui si realizza un aumento della disponibilità di calcio intracellulare per il processo di accoppiamento tra eccitazione e contrazione delle fibrocellule muscolari lisce. I digitalici hanno anche altre azioni: 1) Azione inibitoria sia diretta che mediata dal nervo vago sul nodo del seno, da cui bradicardia (effetto cronotropo negativo). 2) Aumento dell’eccitabilità e della conduzione sul miocardio atriale, dell’eccitazione sui fasci di His e nel miocardio ventricolare (effetto batmotropo positivo). Clinicamente questi effetti si traducono in un miglioramento della funzione miocardica con aumento della contrattilità, rallentamento del ritmo cardiaco, potenziamento del flusso plasmatico renale e della filtrazione glomerulare, con aumento delle diuresi (effetto diuretico indiretto), diminuzione del ritorno venoso al cuore per vasocostrizione»2. Dalla Digitalis lanata Ehrhart si estrae la digossina (Lanoxin, Lanicor) e deslanoside (Cedilanid) e con procedimento semisintetico la metildigossina (Lanitop); dalla Digitalis purpurea L. si estrae la digitossina (Digitalina). La digitossina presenta un ottimo assorbimento orale, una lunga latenza e durata di azione e una lenta eliminazione, mentre la digossina ha un’azione intermedia ed è più frequentemente usata in terapia. I digitalici presentano un indice terapeutico molto basso (limitato margine fra dose tossica e dose terapeutica) per cui sono abbastanza comuni i sintomi da tossicità digitalica (vedi: Tossicità ed effetti secondari). Risulta evidente, pertanto, come sia impensabile una prescrizione galenica (infuso, tintura, polvere ecc.) delle foglie di digitale: «Le foglie di digitale sono al presente impiegate raramente per la non affidabilità circa il contenuto in glicosidi e il loro erratico assorbimento […]. Le preparazioni a base di foglie, di rado usate comunemente, hanno un contenuto in principi attivi variabile. Pertanto, ciascuna partita di foglie deve essere confrontata a uno standard internazionale della droga, cosicché una compressa di un dato peso avrà la stessa attività quale che sia la partita e quale che sia il fabbricante […]. L’impiego terapeutico della digitale è un difficile cimento in tema di dosaggio clinico […] la pianta è, infatti, un farmaco la cui somministrazione richiede polarizzata attenzione»3. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Si tratta di una pianta molto tossica, accuratamente evitata dagli animali. La tossicità è dovuta alla presenza nelle foglie degli eterosidi cardiotonici (0,1-0,3%) e di saponosidi (digitonoside, tigonoside) che, per le loro proprietà tensioattive, possono influenzare l’assorbimento intestinale dei cardenolidi. «Una foglia fresca (massa media 8 g) contiene circa 80% di acqua è può dunque contenere da 1,6 a 4,8 mg di eterosidi (in terapeutica, la dose di mantenimento è di 0,4-0,8 mg/settimana [digitoxina] o di 0,25 mg/die [digoxina]; queste posologie assicurano concentrazioni plasmatiche a volte vicine alle concentrazioni tossiche)»4. La sintomatologia da intossicazione digitalica si manifesta con sintomi gastrointestinali quali anoressia, nausea, vomito, diarrea, sintomi neurologici come vertigini, confusione mentale, insonnia, turbe visive (aloni colorati in giallo, scotomi scintillanti), sintomi cardiaci sotto forma di palpitazioni, aritmie di qualunque tipo, sinco243

83 • Digitalis

spp.

- Digitalis

purpurea

L. - Digitalis

lanata

Ehrh.

pe. La tossicità digitalica è aumentata se c’è ipocalcemia, ipercalcemia, ipomagnesemia concomitanti, malattie renali o epatiche, alcalosi e ipossia5. Si asserisce che «10 g di foglie secche o 40 g di foglie fresche possono provocare la morte di un uomo adulto»6. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla foglia essiccata della Digitalis purpurea contenente al minimo 0,3% di eterosidi cardenolici espressi in digitossina e calcolati in rapporto alla foglia essiccata a 100-105°. Curiosità • Il suo impiego in terapia si deve al medico e botanico inglese William Withering (1785) il quale, avendo appreso da una vecchia guaritrice l’uso della pianta e dopo averlo sperimentato per dieci anni, ne divulgò l’impiego nel trattamento della ”idropisia” (edema). A proposito dei principi presenti nella pianta scriveva: «Essi hanno un’attività sull’energia di contrazione cardiaca di un grado tale fino a oggi non riscontrato in nessuna altra medicina e questa attività può essere utilizzata a scopi salubri». Ne individuò l’effetto diuretico, la capacità di rallentare la frequenza dei battiti cardiaci e quella di produrre effetti indesiderabili quali nausea, vomito e diarrea. Per tali ragioni si raccomandava che la pianta venisse somministrata a dosi sufficienti a produrre effetti sul rene, sul polso, sullo stomaco e sull’intestino. Dopo la sua scomparsa le indicazioni per l’utilizzo della droga divennero confuse e venne dato rilievo quasi esclusivamente all’effetto bradicardizzante della pianta, tanto che era conosciuta anche come “oppio del cuore”7. In seguito, le posologie eccessive d’impiego e i conseguenti effetti tossici portarono la pianta all’oblio. Sarà con l’isolamento dei principi attivi che la digitale tornerà a essere un medicamento. Note bibliografiche 1 Rigoni Stern M., 2000, Tra due guerre, Einaudi, Milano. 2 Ferrante F., Tilli M., 1993, op. cit., pp. 248-249. 3 Meyers, Jawetz, Goldfien, 1982, Farmacologia medica, Ed. Piccin, Padova, p. 169. 4 Bruneton J., Plantes toxiques…, op. cit., pp. 474-480. 5 Ferrante F., Tilli M., op. cit., p. 249. 6 Paris R. R., Moyse H., 1976, Matière medicale, op. cit., pp. 225-226. 7 Meyers F.H., Jawetz E., Goldfien A., op. cit., p. 169.

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84 • Drimia

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(L.) Stearn

Drimia maritima (L.) Stearn (= Urginea maritima (L.) Baker)

Nome comune: Scilla; Cipolla marina Francese: Scille maritime Inglese: Squill; Sea-onion Tedesco: Weiße Meerzwiebel Spagnolo: Escila Famiglia: Hyacinthaceae (ex Liliaceae) Parte utilizzata: bulbo Costituenti principali:1 – bufadienolidi (4%): eterosidi della scillarenina o scillarigenina (glucoscillarene A e scillarene A) e suoi derivati (scillafaeoside e glucoscillafaeoside); scillicianoside – flavonoidi e antociani – fructani, tannini condensati Attività principali: cardiotonica; diuretica; espettorante Impiego terapeutico: uso desueto: solo prescrizione medica (forme lievi di insufficienza cardiaca; ridotta funzionalità renale)

Utilizzo medico Si tratta di una gigliacea perenne del litorale mediterraneo che cresce nelle arene e nelle scogliere marine, e nelle zone vicine al mare su incolti, pascoli e suoli rocciosi. Si presenta in due varietà, che si differenziano sia morfologicamente sia per il contenuto in principi attivi: scilla bianca o femmina (var. alba), contenente scillareni, e scilla rossa o maschio (var. rubra), contenente scilliroside. In terapia viene utilizzata generalmente la scilla bianca in quanto quella rossa risulta troppo attiva2. La Scilla ha proprietà simili a quelle della Digitale. Le proprietà diuretiche della Scilla sono più potenti di quelle della Digitale, ma il loro effetto è di più corta durata; non si manifestano fenomeni di accumulo, anche in caso di insufficienza renale. La proscillaridina si dimostra un cardiotonico attivo per via orale, di rapida eliminazione e quindi di buona sicurezza d’impiego. Inotropo positivo, dromotropo e cronotropo negativo blando, la proscillaridina A esercita effetti diuretici che si sommano favorevolmente alle proprietà tonicocardiache3. L’utilizzazione della Scilla come cardiotonico è tuttavia desueto in quanto la concentrazione in eterosidi può variare fortemente a seconda delle preparazioni e della qualità della droga. In passato la pianta era consigliata, in virtù delle proprietà cardiotoniche, nei periodi di sospensione della terapia digitalica e quando il paziente non reagiva alla digitale4. Anche l’impiego come espettorante è desueto. «Fu usata anche come espettorante nelle affezioni delle vie respiratorie, casi nei quali, è stato dimostrato che, migliorando le condizioni circolatorie polmonari, essa può facilitare anche il riassorbimento degli essudati»5. Provoca infatti secrezione riflessa dei bronchioli, da qui l’impiego come espettorante. Per tale attività viene ancora segnalata dalla farmacopea britannica. 245

84 • Drimia

maritima

(L.) Stearn

Tossicità, interazioni ed effetti secondari I sintomi di intossicazione sono gli stessi di quelli causati dalla Digitalis purpurea. Anche alle dosi terapeutiche si possono manifestare nausea, vomito, disturbi gastrici, diarrea, polso irregolare. In caso di contemporanea somministrazione di chinidina, saluretici, lassativi e di terapia a lungo termine con glucocorticoidi si può verificare un aumento dell’attività e degli effetti collaterali. Non somministrare in caso di terapia digitalica, negli stati carenziali di potassio, negli stati infiammatori a carico dell’apparato gastroenterico e renale6. Il contatto oculare e cutaneo può provocare rubefazione. Forme farmaceutiche e posologia Si devono utilizzare esclusivamente le preparazioni standardizzate perché la concentrazione in eterosidi della droga può variare fortemente. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal bulbo rosso essiccato (senza radice) (titolo 65°). Curiosità • Urginea Scilla, dal nome della tribù araba Beni Urgin, presso Bona in Algeria, dove fu raccolta e studiata per la prima volta (1834). Il nome arabo della pianta è âsquyl. • «La Scilla rossa è conosciuta anche come ratticida: si possono preparare delle “palline” inoffensive per i cani e non toccate dai gatti e… molto apprezzato dai ratti. In “palline” da 1 g ca» (Garnier). Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie, op. cit., p. 888. 2 Campanini E., Piante medicinali in Sardegna, op. cit., p. 508. 3 Bruneton J., 1993, op. cit., p. 592. 4 Viola S., op. cit., p. 18. 5 Refit, op. cit., p. 393. 6 Ibidem.

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85 • Drosera

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rotundifolia

L.

Drosera rotundifolia L.

Nome comune: Drosera; Rugiada del Sole; Rosolida Francese: Droséra; Rosée du soleil Inglese: Sundew Tedesco: Rundblättrige Sonnentau Spagnolo: Drósera Famiglia: Droseraceae Parte utilizzata: pianta intera Costituenti principali: – naftochinoni (0,2%): plumbagone, 7-metiljuglone, droserone, ramentone – flavonoidi (quercetina, kaempferolo, iperoside); antociani – enzimi proteolitici (proteinasi e pepsinasi) – olio essenziale, tannino, acidi organici e una gommoresina Attività principali: broncospasmolitica, bechica; azione rubefacente (foglia fresca) Impiego terapeutico: tossi convulsive e stizzose, asma-bronchite asmatica

Utilizzo medico La pianta viene utilizzata in virtù dell’azione spasmolitica, bronchiolitica e bechica nelle affezioni dell’apparato respiratorio caratterizzate da tosse secca e convulsiva. Risulta pertanto particolarmente adatta, oltre al trattamento delle forme bronchiali caratterizzate da spasmo, quali bronchite asmatica e asma allergico, nella pertosse (altre piante dotate di analoga proprietà: Ballota-Escolzia-Echinacea). Secondo Leclerc calma gli accessi, fa diminuire la frequenza e la durata dei parossismi ed esercita azione favorevole sul vomito. Anche l’uso popolare segnala l’inibizione dei conati di vomito scatenati dagli accessi pertussoidi, «suggerendo così un’azione anche a livello del sistema nervoso centrale»1. La monografia della Commissione E del BfArM ne stabilisce l’uso in caso di tosse secca. Ricerche chimiche hanno accertato che la pianta deve gran parte della sua attività terapeutica ai derivati naftochinonici: a essi sarebbero legate, infatti, l’attività spasmolitica sulla fibra muscolare liscia e le proprietà antibatteriche2. La plumbagina (o plumbagone) (2-metil-5-idrossi-1,4naftochinone) a deboli dosi (1/50000) inibisce la crescita dei Gram + (streptococchi, stafilococchi, pneumococchi) e alcuni batteri Gram- (salmonelle). Ad alti dosaggi la plumbagina risulta citotossica3. Un altro composto naftochinonico, il carbossi-ossi-naftochinone, si è dimostrato capace di esercitare un’azione calmante sulla tosse provocata stimolando sperimentalmente, in cavia, il nervo laringeo4. Sperimentazioni effettuate su animali hanno dimostrato che la tintura è antispasmodica: le preparazioni di Drosera prevengono il broncospasmo provocato da acetilcolina, decontratturano l’intestino reso spastico dall’acetilcolina e diminuiscono la 247

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peristalsi nell’intestino isolato di cavia5. La plumbagina possiede infatti azione antiacetilcolinica, antistaminica ecc. Uso esterno La pianta allo stato fresco risulta rubefacente, leggermente irritante e proteolitica. Veniva impiegata contro verruche, porri e callosità. L’uso cosmetico è limitato a preparazioni estemporanee come frizioni antiforfora e pediluvi6. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’uso della pianta è controindicato in caso di ulcera gastroduodenale e intestinale, in quanto le sue preparazioni possono provocare infiammazione delle mucose. La somministrazione può, in alcuni casi, provocare nausea, diarrea mucosa e sanguinolenta. Si consiglia pertanto di non somministrare la droga a stomaco vuoto7. A eccezione di questi casi la pianta, ai dosaggi terapeutici, non presenta effetti collaterali. La tisana scurisce le urine. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 3 g di droga /die. Infuso: 1 g di droga sminuzzata in 150 ml di acqua bollente. Dopo 15 minuti filtrare: assumere 2-3 tazze al dì. Estratto fluido: 0,3-1 g pro dose (1 g = 37 gocce). Drosera r. T.M.: 10-20 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 45°). La monografia della Commissione E del BfArM indica che possono essere indifferentemente impiegate anche le seguenti Droseraceae: Drosera ramantacea Burch. ex Harv.&Sound., Drosera longifolia L. e Drosera intermedia Hayne8. Tuttavia il contenuto totale di naftochinoni nella Drosera ramantacea, ad esempio, è soltanto dello 0,25% circa, la metà di quello della Drosera rotundifolia L.; per le altre varietà non esistono dati affidabili9. La presenza dei naftochinoni, dal colore rosso-bruno, conferisce alla pianta la sua tipica colorazione rossastra. Formulario Sciroppo (H. Leclerc) Drosera Tintura Sciroppo di Rosolaccio S/3-4 cucchiaini al dì

2g 200 g

Curiosità • Venne segnalata per la prima volta nel secolo XVI da J. Thallius come antitussivo. Il nome Drosera deriva dal greco droserà = coperto di rugiada, allusione alle goccioline secrete dalle ghiandole dei peli fogliari. • Pianta carnivora, a contatto dell’insetto, la foglia aperta si chiude imprigionando la preda che viene uccisa e digerita grazie a una sostanza liquida acida, ricca in pepsina, secreta dalle ghiandole fogliari. Dopo la digestione la foglia si riapre. La pianta, forse in virtù di queste proprietà, attirò l’attenzione di Darwin. 248

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• «La Drosera aveva un posto distinto fra le piante magiche (Brown), e uno ne aveva ancora nell’orologio di Flora, aprendosi alle nove del mattino. Gli Alchimisti raccoglievano con scrupolosa diligenza la rugiada fermatasi sulle sue foglie (o piuttosto l’umore escreto dalle sue ghiandole) e ritenutale per un’essenza, per uno spirito aereo, l’avevano in conto di panacea universale contro tutte le malattie da debolezza» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Wichtl Max et al., op. cit., p. 179. 2 Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 217. 3 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 499; Luckner R., Luckner M., 1970, Pharmazie, 25, 261; Wichtl Max et al., op. cit., ibidem. 4 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I, p. 486. 5 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie, op. cit., ibidem. 6 Proserpio G. et al., op. cit., p. 603. 7 Van Hellemont J., op. cit., p. 137. 8 Refit, op. cit., p. 156. 9 Wichtl Max et al., op. cit., p. 179.

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Echinacea spp. (Echinacea Angustifolia DC., Echinacea pallida Britton., Echinacea purpurea (L.) Moench)

Nome comune: Echinacea Francese: Echinacea Inglese: Coneflower Tedesco: Sonnenhüte Spagnolo: Echinacea Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: radice (E. pallida, E. angustifolia, E. purpurea); parti aeree fiorite (E. purpurea) Costituenti principali: – composti polifenolici1: acido caffeico, acido clorogenico e acidi dicafeilchinici (la cinarina è specifica di E. angustifolia); acido mono- e dicafeato dell’acido tartrico, ferulato dell’acido tartrico: il dicafeato (alias acido cicorico) è abbondante nell’E. pupurea (0,6.2,1%), praticamente assente nell’E. angustifolia; esteri osidici dell’acido caffeico (echinacoside:0,3 -1,7%) eccetto che nell’E. purpurea – composti alifatici insaturi: alchillamidi, isobutilamidi di acidi polieninici e acidi polienici (presenti in concentrazioni e strutture differenti in E. purpurea e E. angustifolia. In E. pallida sono presenti soprattutto cetoalcyne e cetoalceni) – polisaccaridi (arabinogalattano, fucogalactoxiloglucani ecc.: radici E. angustifolia, parti aeree E. purpurea) – tracce di alcaloidi pirrolozidinici: tussilagina, isotussilagina (E. purpurea - E. angustifolia)2 – flavonoidi: luteolina, kaemferolo, quercetina, apigenina… (0,5% circa nell’E. angustifolia, un po’ meno nella E. purpurea e pallida: concentrazione calcolata come quercetina)3 – acidi grassi a lunga catena e alcani; polieni (1,8-penta-decadiene); glicoproteine – olio essenziale: 1,5% a volte concentrazione anche più elevata nella E. pallida4 (α e β-pinene, mircene, β-farnesene, umulene, borneolo…) Attività principali: attività immunobiologica; attività antinfiammatoria; vulneraria Impiego terapeutico: profilassi e trattamento delle malattie da raffreddamento; ulcere, ferite infette, ustioni, afte e dermatiti (uso topico)

Utilizzo medico Le preparazioni a base di Echinacea presentano proprietà immunobiologiche caratterizzate da aumento delle difese organiche. Si ritiene, in effetti, che lo spettro 250

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d’azione della pianta sia determinato da un aumento delle difese endogene, tramite stimolazione aspecifica del sistema immunitario, in particolare mediante l’attivazione della fagocitosi e la liberazione di citochine e altri fattori. Possono essere impiegate sia in modo preventivo che nella malattia in atto, e in questo caso vanno assunte ai primissimi sintomi. Se ne indica l’uso, infatti, nella profilassi e nel trattamento coadiuvante delle infezioni recidivanti delle vie respiratorie in quanto la pianta è in grado di rafforzare le difese dell’organismo nei confronti delle malattie da raffreddamento, delle sindromi influenzali, e delle affezioni che interessano delle vie respiratorie superiori. Una metanalisi pubblicata nel 2007 ha confermato l’effetto preventivo (risposta individuale) e l’effetto sulla riduzione della durata di malattia e dell’intensità dei sintomi: con il suo uso si verifica inoltre la graduale scomparsa della sintomatologia sia per quanto riguarda i sintomi oggettivi (ingrossamento dei linfonodi, faringite ecc.) sia di quelli soggettivi (cefalea, otalgia, rinorrea, lacrimazione ecc.) con conseguente miglioramento significativo del quadro clinico5. Ciò viene confermato, ad esempio, dalla pratica clinica del dottor Weiss6 che consiglia di somministrare ai primi sintomi 50 gocce di Echinacea T.M. ogni mezz’ora per 3 volte e, quindi, di proseguire con una posologia di 50 gocce 3-4 volte al dì per svariati giorni. La tollerabilità risulta ottima. Echinacea trova indicazione anche come adiuvante nelle infezioni urinarie croniche. Queste indicazioni sono riconosciute dalla Commissione E del BfArM, dall’Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) e dall’European Scientific Cooperative on Phytotherapie (ESCOP). La maggior parte degli studi clinici che hanno dato esito positivo sono stati condotti con preparazioni ottenute dalle parti aeree di E. purpurea e di radici di E. pallida. – La Commissione E segnala che E. pallida (radice fresca o essiccata) può essere impiegata come trattamento di sostegno nelle forme influenzali, così come E. purpurea (parti aeree fiorite) che presenta analoghe indicazioni e controindicazioni. E. purpurea può essere impiegata anche in caso di infezioni cronica a carico delle basse vie urinarie e per, uso esterno, nelle ferite che cicatrizzano con difficoltà. – A livello europeo la monografia comunitaria elaborata dall’HMPC (Herbal Medicinal Products Committee) indica per E. purpurea un uso ben stabilito per quanto riguarda il succo ottenuto dalla pianta e per le preparazioni solide o liquide assunte per os nel trattamento preventivo e a breve termine del raffreddore7. – La United States Pharmacopoeia riconosce l’efficacia terapeutica anche delle radici di E. purpurea e di E. angustifolia. In letteratura esistono segnalazioni inerenti l’attività della pianta nel trattamento della pertosse ove risulta in grado di ridurre la durata della malattia. Si ricorda, comunque, come è buona regola del resto in fitoterapia, che «l’utilizzazione di preparazioni a base di radici di Echinacea non esclude, se necessaria ai fini terapeutici, la somministrazione contemporanea di antibiotici o di farmaci chemioterapici; per alcune indicazioni tale somministrazione è anzi necessaria»8. Estratti di Echinacea hanno mostrato di potenziare gli effetti di farmaci antimicotici e di contrastare l’immunodepressione determinata da terapie antibiotiche9. Interessante risulta l’utilizzo, in virtù delle proprietà antiflogistiche, come coadiuvante nella terapia di prostatiti, uretriti e, in ambito ginecologico, nelle metriti, annessiti e micosi vaginali recidivanti da Candida. Anche le forme poliartritiche risentono positivamente della terapia con estratti alcolici di Echinacea. Somministrata i.m. sembra incidere favorevolmente in dermatiti quali eczemi, psoriasi, pemfigo (Weiss R.). 251

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Uso esterno L’uso esterno è legato alla capacità cicatrizzante e riepitelizzante della pianta, unitamente alle proprietà antinfiammatorie, antisettiche e decongestionanti. Viene, pertanto, impiegata nel trattamento di ulcere, ferite infette, ustioni, afte e dermatiti. L’impiego cosmetico, in preparazioni al 5-10%, prevede un utilizzo della pianta nel trattamento delle pelli secche, aride, screpolate, postacneiche (azione dermopurificante) e, come rassodante, nelle pelli rilassate, in particolare durante la gravidanza e nel postparto. Manifesta infatti azione epitelizzante, levigante, antirughe, antismagliature e rassodante. Può essere utilmente associata a Equiseto e Ginseng (azione elasticizzante cutanea) oppure a Calendula, Camomilla, Iperico (azione epitelizzante e levigante)10. La ricerca La ricerca farmacologica ha dimostrato che le piante del genere Echinacea «hanno la capacità di stimolare l’attività del sistema immunitario, potenziando le funzioni delle cellule natural killer e la citotossicità anticorpi-dipendente delle cellule mononucleari del sangue periferico […] come avviene spesso nel caso delle sostanze vegetali, i costituenti chimici responsabili di tale attività farmacologica sono molteplici: principalmente i polisaccaridi, le glicoproteine, l’acido cicorico e le alcammidi»11. Sembra che l’Echinacea spp. agisca sulla parte non specifica del sistema immunitario, vale a dire sulla funzione fagocitaria12. I polisaccaridi sono stati studiati mediante test di fagocitosi in vitro e test di carbonclearance in vivo13. Le miscele polisaccaridiche purificate, isolate dalle radici e dalle parti aeree di E. purpurea e di E. pallida hanno mostrato di provocare aumento dell’indice fagocitario (23-32%), capacità di attivazione dei macrofagi e la proprietà di indurre liberazione di interleuchina da parte dei macrofagi stessi. La miscela polisaccaridica arricchita con arabinogalattano, presente nel fitocomplesso e dotato di spiccata azione stimolante nei confronti dei macrofagi, ha dimostrato attività stimolante nei confronti dei macrofagi peritoneali ed epatici (cellule di Kupffer): testata in topi immunodepressi, in seguito a trattamenti con chemioterapici, ne aumentava la sopravvivenza in presenza di infezioni da Candida albicans e Listeria monocytogenes14. L’echinacoside inoltre si è dimostrato debolmente antibatterico, antivirale e in grado di contrastare e inattivare i radicali liberi. I polisaccaridi e in particolare i derivati dell’acido caffeico sarebbero in grado di contrastare l’attacco di alcuni virus, come quelli erpetici e influenzali, alla superficie cellulare e l’adesività delle cellule batteriche alle mucose dell’apparato respiratorio e urogenitale15. La segnalata azione inibente nei confronti della 5-lipossigenasi e ciclossigenasi da parte della frazione polisaccaridica (radici di Echinacea purpurea e Echinacea angustifolia) sembra dovuta, almeno in parte, a una stimolazione del sistema diencefalo-ipofisi-corteccia surrenale, evidenziato del resto da un’aumentata eliminazione di 17-chetosteroidi nelle urine, e nell’accresciuta liberazione di corticoidi16. La frazione lipofila (alcammidi) inibisce la ciclossigenasi e la lipossigenasi17 e stimola anche la fagocitosi. Nasce, comunque, dalla sinergia del fitocomplesso, e quindi dall’azione combinata di più principi, l’attività immunostimolante della pianta in quanto sia i principi attivi liposolubili (alcammidi), sia i principi attivi idrosolubili (echinacoside e derivati dell’acido caffeico) sia la frazione polisaccaridica hanno dimostrato di possedere tale spettro d’azione. Recenti ricerche hanno segnalato proprietà citostatiche evidenziate però solo su modelli animali (in cavie sperimentalmente immunodepresse): E. purpurea manifesterebbe «azione antitumorale con incremento di citotossicità e di secrezione di certe cito252

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chine (TNF); una sostanza polienica liposolubile (1,8-pentadeca-tiene) sembra avere un’azione più diretta sulle cellule neoplastiche»18. Mancano però studi clinici sull’uomo che permettano di stabilire un protocollo di trattamento sicuro ed efficace19. Per quanto riguarda l’uso esterno, è stata segnalata la capacità dell’Echinacea spp. di inibire l’enzima jaluronidasi20 indirettamente responsabile della diffusione dei batteri e della loro proliferazione nei tessuti. Oltre a un’attività antijaluronidasica diretta è stata ipotizzata un’azione indiretta sul sistema jaluronico-jaluronidasi, che si attua stimolando la proliferazione dei fibroblasti21. L’acido cicorico, presente nel fitocomplesso, oltre all’azione di stimolo sull’attività fagocitaria dei macrofagi, manifestata sia in vitro che in vivo, è in grado di inibire la jaluronidasi e di proteggere il collagene dalla degradazione operata dai radicali liberi di ossigeno22. Sembra che la frazione polisaccaridica entri in gioco, almeno in parte, per quanto riguarda l’attività antinfiammatoria e cicatrizzante23. Studi condotti su Echinacea purpurea (L.) Moench. hanno segnalato che l’attività cicatrizzante è legata a una frazione polisaccaridica isolata, Echinacina B24. È stata infine saggiata l’azione antimicrobica dell’olio essenziale di E. pallida, ed è emerso che oltre all’effetto antijaluronidasico, è possibile evidenziare un ampio spettro di attività germicida, specialmente nei confronti dei batteri Gram positivi, accompagnata da ottima tollerabilità25. Esperimenti condotti su colture cellulari hanno confermato l’azione antivirale della pianta26. Viene confermato quindi l’uso tradizionale degli Indiani d’America che utilizzavano la pianta per curare le ferite. Allo scopo di identificare i principi responsabili dell’attività farmacologica Bauer e Wagner27 intrapresero un’interessante ricerca volta a comparare gli estratti alcolici standardizzati delle radici e delle parti aeree di Echinacea purpurea (L.) Moench., Echinacea pallida Nutt. e Echinacea angustifolia DC. Come parametri di riferimento furono stabiliti l’indice di fagocitosi in vitro e la velocità di eliminazione delle particelle di carbone, in vivo, su cavie (indice dell’attività del sistema reticoloendoteliale) tramite test apposito (test carbon-clearance). I risultati ottenuti con le 2 metodiche risultarono pressoché simili: per quanto riguarda il test in vitro gli estratti delle 3 varietà furono in grado di determinare un aumento dell’indice fagocitario del 20-30%, con una prevalenza di attività per l’Echinacea purpurea. Ugualmente nella prova in vivo, E. purpurea risultava più attiva in quanto triplicava la velocità di eliminazione, mentre l’E. angustifolia e l’E. pallida la raddoppiavano. In entrambi gli esperimenti la frazione liposolubile (alcammidi, olio essenziale) si manifestava quella più attiva; risultava dotata di buona attività anche la frazione idrosolubile (polisaccaridi, acido caffeico, acido cicorico) dell’E. purpurea. Le parti aeree delle tre piante risultarono essere meno attive delle radici. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Le preparazioni ottenute da piante del genere Echinacea sono considerate generalmente sicure e ben tollerate se usate in modo adeguato. Reazioni allergiche potrebbero verificarsi in pazienti sensibili, particolarmente con l’assunzione di preparati ottenuti dalle parti aeree (allergia accertata nei confronti delle Asteraceae). Le parti aeree possono causare azioni allergiche cutanee. Si consiglia di utilizzare, in genere, Echinacea spp. per non più di otto settimane continuative. È buona norma attuare delle “finestre terapeutiche”, ad esempio somministrare tre settimane al mese in modo da non sovrastimolare il sistema immunitario. È stato infatti segnalata una possibile leucopenia per uso prolungato e continuativo (due mesi)28. Secondo quanto segnalato da Herbal Medicinal Products Committee-EMEA, E. purpurea e E. pallida (radice) andrebbero impiegate per non più di dieci giorni. 253

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L’uso di Echinacea spp. è controindicato nelle malattie sistemiche progressive quali collagenopatie, leucosi, sclerosi multipla, tubercolosi, HIV e altre malattie autoimmuni (Commissione E del BfArM, Herbal Medicinal Products Committee-EMEA). In particolari casi, a esclusivo giudizio medico, potrebbero essere eventualmente impiegate per brevi periodi diluizioni alla 3-6 DH, in quanto concentrazioni elevate e somministrazioni prolungate nel tempo avrebbero un effetto immunosoppressore29. Nella somministrazione parenterale si possono manifestare, in base alla posologia, brividi, rialzo termico di breve durata, nausea e vomito. La breve reazione febbrile sarebbe conseguenza della secrezione di interleuchina e di interferone alfa da parte dei macrofagi, segnalandone così l’aumentata attività. La somministrazione parenterale deve essere praticata per non più di tre settimane (Echinacea pupurea), deve essere attuata con prudenza nei pazienti diabetici ed evitata nei soggetti allergici e in caso di gravidanza (Commissione E del BfArM). È stato segnalato che la pianta potrebbe causare epatotossicità: a controbattere queste asserzioni ci sono gli studi di Mattocks, Miller ecc., i quali affermano che gli alcaloidi pirrolozidinici presenti nel fitocomplesso non sono epatotossici in quanto sono a nucleo saturo. Sarebbero solo gli alcoloidi a nucleo non saturo, infatti, a essere epatotossici30. Si consiglia comunque di evitare l’uso concomitante di farmaci epatotossici quali steroidi anabolizzanti, amiodarone, metotrexato, chetoconazolo ecc.31 e di usare cautela nei pazienti con epatopatie. Non sono disponibili dati esaustivi concernenti interazioni con farmaci32, tuttavia studi in vitro hanno segnalato una inibizione del citocromo P45033 e questo «deve incitare alla vigilanza»34. In teoria sono possibili interazioni con farmaci immunosoppressori35. Gravidanza e allattamento Il fatto che in alcuni testi si legga che la droga è sconsigliata in gravidanza (nonostante la Commissione E del BfArM della Sanità tedesca affermi che la pianta non ha effetti sulla gravidanza) dipende, oltre che dalle motivazioni appena esposte, anche dal fatto che i preparati a base di Echinacea contengono polissaccaridi di struttura ancora non totalmente chiarita36. Uno studio prospettico controllato è stato condotto per valutare la sicurezza dell’Echinacea in gravidanza quando impiegata per trattare le infezioni delle alte vie respiratorie. Sono state arruolate e seguite prospetticamente 412 donne, di cui il 54% aveva fatto uso di Echinacea durante il primo trimestre e l’8% durante tutto il periodo di gravidanza. Non è stata riscontrata nessuna differenza significativa fra i 2 gruppi nell’esito della gravidanza né nel numero di malformazioni fetali maggiori. «Questo studio – secondo gli autori – nonostante il limitato campione e la mancanza di un dosaggio standardizzato di Echinacea, suggerisce che l’uso gestazionale di tale erba medicinale durante l’organogenesi non aumenta il rischio di malformazioni maggiori»37. Studi di mutagenesi hanno fornito risultati negativi38; recenti ricerche suggeriscono inoltre che solo posologie elevate di Echinacea potrebbero essere causa di infertilità39. Viene inoltre sottolineato che molte delle precauzioni segnalate in letteratura riguardano soprattutto la forma iniettabile e che anche l’American Herbal Products Association include le Echinacee fra le droghe sicure purché siano utilizzate in modo appropriato40. In sintesi: L’uso di Echinacea spp. è controindicato nelle malattie sistemiche progressive quali collagenopatie, leucosi, sclerosi multipla, tubercolosi, HIV e altre malattie autoimmuni (Commissione E del BfArM, Herbal Medicinal Products Committee-EMEA). Non sono segnalati effetti collaterali nell’uso topico. 254

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– Commissione E del BfArM: E. purpurea (parti aeree fiorite): l’uso parenterale deve essere escluso in gravidanza. E. angustifolia (pianta e radice) e E. pallida (pianta): per loro non sono state dimostrate le proprietà rivendicate, per cui se ne sconsiglia l’uso terapeutico senza controllo medico. – Herbal Medicinal Products Committee-EMEA: L’uso terapeutico di E. purpurea non è raccomandato, senza prescrizione medica, prima dei 12 anni ed è controindicato prima del primo anno di età. L’impiego in gravidanza o durante l’allattamento deve avvenire sotto controllo medico. Analoghe considerazioni per la radice di E. pallida Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) Echinacea angustifolia radice: organi sotterranei essiccati, interi o tagliati; titolo in echinacoside 0,5% minimo. Echinacea pallida radice: organi sotterranei essiccati, interi o tagliati, raccolti alla fine del periodo vegetativo; titolo in echinacoside 0,2% minimo. Echinacea purpurea radice: organi sotterranei essiccati, interi o tagliati; titolo 0,5% per la somma dell’acido cicorico e dell’acido caftarico. Echinacea purpurea parti aeree fiorite: parti aeree fiorite ed essiccate, intere o tagliate, titolate all’1% per la somma dell’acido cicorico e dell’acido caftarico. Forme farmaceutiche e posologia Echinacea purpurea (radice) dose giornaliera media: 60 gocce di tintura (1:5) 3 volte al dì corrispondente a 300 mg 3 volte al dì di radice essiccata e altri preparati equivalenti a dosaggio paragonabile (ESCOP). Echinacea purpurea (parti aeree fiorite) dose giornaliera media: 6-9 ml di succo ottenuto per spremitura o preparati equivalenti a dosaggio paragonabile; uso esterno: preparati semi solidi con un minimo del 15% di succo ottenuto per spremitura (ESCOP). Echinacea pallida (radice) dose giornaliera media: estratti idroetanolici corrispondenti a 900 mg di droga grezza e altri preparati equivalenti (ESCOP). Echinacea angustifolia (organi sotterranei) dose giornaliera media: 60 gocce di tintura (1:5) 3 volte al dì e altri preparati equivalenti a dosaggio paragonabile (ESCOP). Infuso: infondere per 10 minuti, 1 g di radici o parti aeree essiccate in una tazza di acqua bollente. Bere alcune tazze al dì. Decotto: far bollire per 5-10 minuti, 1 g di radici essiccate in 1-2 tazze d’acqua. Assumere non più di 3 tazze al giorno. Polvere (capsule): assumere l’equivalente di 1 g di radici o parti aeree fino a 3 volte al giorno. Estratto secco: titolazione e specie utilizzate variano a seconda dell’azienda farmaceutica (ad esempio: estratto secco titolato in echinacoside min. 0,6%, Farmacopea Francese X). Assumere 1 cps al dì cicli di 2 mesi su 3, oppure cicli di 15 giorni al mese per 3 mesi. Echinacea T.M.: 30-50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Trattenere in bocca un minuto prima di deglutire (cicli di 2 mesi su 3, oppure cicli di 15 giorni al mese). Note di galenica La droga più conosciuta era, specie in America, Echinacea angustifolia di difficile reperimento e quindi spesso sofisticata. Echinacea purpurea era già nota e utilizzata con analoghe indicazioni della precedente, della quale può essere considerata un valido sostituto. Le due specie E. angustifolia ed E. pallida sono state per lungo tempo confuse. 255

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La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 55°). Si ottiene sia dall’Echinacea angustifolia DC sia dall’Echinacea purpurea (L.) Moench. «Per una migliore applicazione terapeutica dell’echinacea alcuni suggeriscono di: (a) utilizzare la pianta fresca, (b) utilizzare una combinazione di radici, foglie e fiori di E. purpurea da sola o in associazione con radici di E. pallida (c)…, (d) stabilizzare il succo fresco di echinacea con etanolo (20-25%), (e) utilizzare, per la preparazione dell’estratto di droga secca, una miscela di etanolo (55%) e acqua (45%)»41. Preparati della pianta somministrati in polvere sotto forma di capsule (per os) risulterebbero secondo alcuni autori meno efficaci perché non riuscirebbero a stimolare il tessuto linfatico del pavimento buccale42. Formulario Stomatite Sciacqui con Echinacea T.M.: 1 cucchiaino in 120 ml di acqua Sciroppo di Echinacea composta (Chiereghin) Echinacea a. T.M. Propoli, tintura alcolica aa 5 Miele di acacia Sciroppo semplice F.U. aa ad 100 S/1 cucchiaio 3 volte al dì Raffreddore-Sindrome influenzale In fase di prevenzione si consiglia il seguente schema terapeutico: Echinacea T.M. 3050 gtt. al giorno, diluite in acqua, da settembre a marzo, oppure Echinacea Estratto secco: 1 cps al dì cicli di 2 mesi su 3, oppure cicli di 15 giorni al mese per 3 mesi. In fase acuta si consiglia invece il seguente schema terapeutico: Echinacea T.M., 50 gocce 3 volte al giorno, oppure Echinacea Estratto secco, 1 cps 2-3 volte al dì per almeno una settimana). Febbre-tosse-algie Echinacea a. T.M. Thymus v. T.M. Salix a. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 3-4 volte al dì (fino a miglioramento dei sintomi) Curiosità • L’uso medicinale della pianta si deve agli indiani del Nord America che la consideravano una pianta medicinale estremamente valida nel trattamento di varie affezioni o accidenti (dal morso del serpente a sonagli al mal di denti). Ed è interessante osservare la stretta corrispondenza dell’area di diffusione dell’Echinacea con le zone di insediamento delle tribù che maggiormente ne facevano uso. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie, op. cit., p. 203. 2 Capasso F. et al., 2006, op. cit., p. 617. 3 Grandi M, 2008, op. cit., p. 170. 4 Ibidem. 5 Shah SA, Sander S et al., 2007, Evaluation of echinacea for the prevention and treatment of the common cold: a meta-analysis. Lancet Infect Dis. 7(7):473-80.

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Weiss RF., 1988, Herbal Medicine. Beaconsfield Publishers. Bruneton J., 2009, Pharmacognosie, op. cit., p. 206. 8 Giusti E., 1992, Erb. Domani, 11, 73. 9 Grandi M, op. cit., p. 171. 10 Proserpio G. et al., op. cit., p. 461. 11 Monti L., op. cit., pp. 28-29. 12 Capasso F. et al., 2006, op. cit., pp. 617-618. 13 Wagner H., Proksch A., 1981, Z. a ngew. Phytother., 2, 166-171; Bruneton J., 2009, op. cit., p. 204. 14 Lohmann-Matthes M. L., Wagner H., 1989, Z. Phytother. 10, 52-59. 15 Grandi M., op. cit., pp. 171-2. 16 Bauer R. et al., 1989, Alkamides from roots of Echinacea angustifolia, Phytochemistry, 28, 505-508; Grandi M., op. cit., p. 172. 17 Bauer R. et al., 1989, ibidem. 18 Grandi M., ibidem. 19 Currier NL, Miller SC., 2001, Echinacea purpurea and melatonin augment natural-killer cells in leukemic mice and prolong life span. J Altern Comp Med., 7(3):241-251; Currier NL, Miller S.C., 2002, The effect of immunization with killed tumor cells, with/without feeding of Echilnacea purpurea in an erythroleukemic mouse model. J Altern Comp Med., 8(1):49-58. 20 Wichtl M. et al., op. cit., p. 182. 21 Giusti E., 1992, Erb. Domani, 11, 73. 22 Monti L., op. cit., p. 31. 23 Wagner H. et al., 1985, Arzneim Forsch, 35, 1069. 24 Wagner H. et al., 1987, Z. Phytother. 8, 180; Proksch A., Wagner H., 1987, Phytochemistry, 26, 1988. 25 Grandi M., op. cit., p. 172. 26 Wacker A., Hilibig W., 1978, Planta Medica, 33, 89-102. 27 Bauer R. et al., 1989, Z. angew. Phytother. 10, 43-48; Wagner H. et al., 1989, ibidem, 10, 35-38. 28 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie, op. cit., p. 205. 29 Demarque D., Jouanny J., Poitevin B., Saint-Jean Y., op. cit., p. 167. 30 Mattocks A.R., 1986, Chemestry and Toxicology of Pirrolozidine Alkaloids, Academic Press, London; Miller L.G., 1998, Herbal Medicinals-Selected clinical consideration focusing on known or potential drug-herb interaction, Arch. Intern. Med. 158, 2200-11. 31 Miller L.G., Herbal medicinals… ibidem. 32 Società Italiana di Fitoterapia, OMS: monografie di piante medicinali, Siena, 2002. 33 BudzinskiJ.W. et al., 2000, An in vitro evaluation of human cytochrome P450 3A4 inhibition by selected commercial herbal extracts and tinctures, Phytomedicine, 7, 273-8. 34 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 205. 35 Mills S., Bone K., op. cit., p. 369. 36 Refit, op. cit., p. 163. 37 Gallo M., Sarkar M. et al., 2000, Pregnancy outcome following gestational exposure to Echinacea, Arch. Intern. Med. 160, 3141-3. 38 Parnham M.J., 1996, Benefit-risk assessment of the squeezed sap of te purple coneflower (Echinacea purpurea) for long-term oral immunostimolation, Phytomedicine, 3, 95-102; Grandi M., op. cit., p. 172; Bruneton J., 2009, ibidem. 39 Ondrizek R.R., Chan P.J. et al., 1999, Inhibition of human sperm motility by specific herbs used in alternative medicine, J. Assist. Reprod. Genet. 16, 87-91; Ondrizek R.R., Chan P.J. et al., 1999, An alternative medicine study of herbal effects on the penetration of zona-free hamster oocytes and the integrity of sperm deoxyribonucleic acid, Fertil. Steril. 71, 517-522. 40 Grandi M., ibidem. 41 Capasso F., 2011, op. cit., p. 347. 42 Hobbs C., 1989, The Echinacea Handboo.k Eclectic Medical Pubblications, Portland, p. 118; Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 230. 6 7

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senticosus

(Rupr.&Maxim.) Maxim.

Eleutherococcus senticosus (Rupr.&Maxim.) Maxim.

Nome comune: Eleuterococco; Ginseng siberiano Francese: Eleuthérocoque Inglese: Eleutherococcus Tedesco: Eleutherokokk Spagnolo: Eleuterococo Famiglia: Araliaceae Parte utilizzata: radice Costituenti principali: – Glucosidi vari: eleuterosidi A = daucosterolo eleuterosidi B1 = glucoside cumarinico dell’isofrassidina eleuterosidi C = etilgalattoside eleuterosidi B-D-E = eterosidi del siringasterolo eleuterosidi I-K-L-M = derivati dell’acido oleanoico – polisaccaridi (eteroglicani) – composti fenolici (cumarine, lignani, acidi fenil-propanici) Attività principali: adattogeno, antistress, antifatica Impiego terapeutico: astenia funzionale, ipotensione, convalescenza, attività sportiva

Utilizzo medico La pianta presenta azione simile al Ginseng, anche se i suoi componenti principali si differenziano fortemente da quelli della famosa radice. Risulta utile come tonico nelle situazioni di stress, nella ridotta capacità di rendimento e di concentrazione, nella convalescenza e per migliorare le prestazioni atletiche. La Commissione E del BfArM della Sanità tedesca ne consiglia l’uso come «tonico per contrastare debolezza e fatica, per aumentare la capacità di lavoro e di concentrazione e come ricostituente durante gli stati di convalescenza». Segnalate anche proprietà antiossidanti e immunostimolanti, e se ne indica l’uso nella profilassi dell’influenza e nelle turbe della senescenza. Viene consigliato anche il suo impiego come coadiuvante in caso di radioterapia1. L’Eleuterococco viene definita pianta adattogena in quanto in grado, secondo la definizione data a questo termine da Lazarev (1947) e Brekhman (1969), di esercitare «un’azione aspecifica sui processi fisiologici con il risultato di innalzare la resistenza fisica contro gli stress ambientali e l’efficienza generale in situazioni di carico, in modo da meglio poter adattare l’organismo a condizioni di carico straordinario, e prevenire l’insorgenza di malattie»2. Una sostanza adattogena deve pertanto dimostrare un’azione aspecifica (aumento delle difese nei confronti di noxe di tipo fisiologico, chimico, biologico), deve agire in senso normalizzante, indipendentemente dal tipo della situazione patologica, deve essere innocua e disturbare il meno possibile le funzioni organiche. L’azione adattogena si traduce, quindi, in un rafforzamento o prolungamento dell’adattamento fisiologico, ed è un tentativo dell’organismo di proteggere le riserve di energia e di accelerare la biosintesi delle proteine e degli acidi nucleici3. 258

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senticosus

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Selye studiò per primo gli effetti e le conseguenze dei fattori di stress sull’organismo umano: formulò così la Sindrome generale di adattamento, la quale consisteva in una risposta aspecifica, a decorso sempre uguale, dell’organismo, a fattori di stress del tutto differenti fra loro. Tale sindrome è stata suddivisa da Selye in tre parti. 1) Reazione di allarme: si osserva dopo 6-48 ore dallo stimolo negativo e induce aumento dell’attività simpatica, con crescita delle catecolamine. Per l’aumentata produzione di corticosteroidi, diminuiscono il contenuto di colesterolo e di acido ascorbico della surrenale (che aumenta di peso). La temperatura corporea si abbassa. In situazione di accentuato catabolismo, l’organismo si trova in una fase di demolizione, dove la capacità di difesa generale, aspecifica per i fattori di stress, è innalzata. 2) Stadio della resistenza: le modificazioni osservate durante la fase di allarme tornano gradualmente alla normalità e predominano le funzioni anaboliche. L’adattamento ottimale è raggiunto. 3) Stadio di esaurimento: se il fattore di stress risulta però eccessivo, la capacità di difesa dell’organismo è esaurita. L’energia di adattamento è consumata: il fattore limitante la capacità di adattamento è determinato, appunto, dall’energia di adattamento di un organismo. In generale, quindi, da una sostanza adattogena ci si aspetta una riduzione delle reazioni da stress, nella fase di allarme, l’assenza o il ritardo dello stadio di esaurimento. La ricerca A partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso in Unione Sovietica sono stati pubblicati i risultati di sperimentazioni condotte con Eleutherococcus senticosus; negli anni Ottanta vennero pubblicati in inglese le sintesi di questi lavori che suscitarono un certo interesse. Da questi studi emergeva che la pianta era caratterizzata da proprietà adattogene (miglioramento della resistenza allo stress), immunostimolanti ed ergogeniche (miglioramento delle prestazioni e la resistenza fisica). Tali dati però non sono stati confermati da studi clinici in grado di soddisfare gli attuali criteri della medicina basata sulle evidenze. L’attività antistress dell’Eleteurococco è stata dimostrata tramite sperimentazioni su animali e nell’uso clinico. In taluni test da sforzo sull’uomo, come pure nel test del nuoto sul topo, ha potuto trovare conferma, anche per l’Eleuterococco, il miglioramento dell’efficienza fisica descritto per gli adattogeni4. Il miglioramento della resistenza nel test del nuoto, su ratti, dopo somministrazione di eleuteroside, poteva venire ostacolato mediante somministrazione di inibitori della sintesi delle proteine e degli acidi nucleici. L’azione anabolizzante dei vari estratti della pianta è stata dimostrata dopo somministrazione i.p. in ratti, tramite la stimolazione della sintesi delle proteine a livello di pancreas, fegato e corteccia surrenale5. La somministrazione parenterale di estratti della pianta determina una migliorata irrorazione cerebrale in gatti anestetizzati6. Nell’uomo l’Eleuterococco stabilizza i livelli di glucosio nel sangue durante l’esercizio fisico e rende l’organismo più resistente allo sforzo7. Tuttavia studi più recenti e di migliore qualità metodologica condotti su sportivi normali e atleti in situazione di allenamento intensivo non hanno fornito dati statisticamente significativi8. Uno studio controllato condotto in soggetti sofferenti di “sindrome da affaticamento cronico” ha evidenziato che la pianta, dopo due mesi di terapia, non ha dato risultati migliori rispetto al placebo nel migliorare la vitalità dei partecipanti9. La pianta migliora la risposta del sistema immunitario aspecifico. Sembra che i polisaccaridi aumentino l’attività fagocitaria in vitro e in vivo10. Secondo quanto riporta Grandi M. la radice di E. senticosus presenta proprietà immunomodulanti con aumento delle cellule immunocompetenti, soprattutto linfociti T ed Helper, poli259

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senticosus

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morfonucleati eosinofili e neutrofili, con decremento del tasso dei T suppressors, potenziamento dell’attività delle Natural Killer e della fagocitosi e incremento della secrezione di interferone11. In un piccolo studio effettuato in doppio cieco su 36 pazienti, i linfociti T e le cellule natural-killer risultavano molto aumentate dopo un’assunzione orale di 4 settimane12. Anche nella monografia della Commissione E del BfArM (1991) viene riportato che la pianta è in grado di aumentare il numero dei linfociti T nell’uomo in buona salute. Uno studio ha dimostrato che estratti di Eleutherococcus senticosus presentano effetti protettivi sulla rigenerazione neuronale e sulla ricostruzione delle sinapsi in colture di neuroni corticali di ratto danneggiati dalla β amiloide (Aβ), e un ruolo importante è stato svolto dall’eleuteroside B. Per questo studio è stata effettuata una valutazione complessiva dei componenti del rizoma per cercare di individuare i principi attivi che possono proteggere contro i danni indotti da Aβ nelle colture di neuroni corticali. Dodici composti sono stati isolati da frazioni attive e identificati. Tra questi eleuteroside B, eleuteroside E e isofraxidina hanno mostrato evidenti effetti protettivi nei confronti della atrofia degli assoni e dei dendriti indotta da Aβ nei neuroni corticali di ratto in coltura13. Risultati di studi in vitro indicano che estratti della radice manifestano proprietà antivirali a largo spettro, mentre nell’uomo i risultati ottenuti sono incerti14. È stato tuttavia pubblicato uno studio che ha segnalato come la somministrazione della pianta diminuirebbe significativamente la frequenza, l’intensità e la durata delle poussées erpetiche (studio condotto in doppio cieco versus placebo: 93 pazienti sofferenti di crisi recidivanti di Herpes genitale: 2 g/die)15. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Una posologia prolungata nel tempo, o eccessiva, può determinare cefalea, palpitazioni, ipertensione, insonnia, agitazione. Si consiglia, comunque, di non protrarre il trattamento per oltre due mesi. Una raccomandazione tipica è quella di assumere la pianta per sei settimane e fare seguire due settimane di sospensione. L’ uso è controindicato in caso di ipertensione e in caso di infezioni in fase acuta. In gravidanza e allattamento la prescrizione deve essere solo medica (per uso limitato)16. Se ne sconsiglia l’uso prima dei 12 anni (HMPC-EMEA). Secondo il farmacologo J. Bruneton non sono disponibili dati affidabili per quanto riguarda gli effetti indesiderabili possibili e le interazioni farmacologiche17. In letteratura si ritrova la segnalazione18 che i preparati della pianta possono interferire con l’assorbimento di digossina, farmaci anticoagulanti ecc., in quanto ne aumenterebbe la concentrazione ematica. Una ricerca condotta per valutare le potenziali interazioni di un estratto standardizzato di Eleuterococco sull’attività del citocromo P450 ha evidenziato, per altro, che le posologie suggerite, generalmente non interferiscono con i farmaci metabolizzati attraverso tali vie enzimatiche19. È buona norma che la sua prescrizione sia effettuata solo dal medico. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dagli organi sotterranei essiccati, interi o tagliati, contenenti al minimo lo 0,08% per la somma di eleuteroside B ed eleuteroside E. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (ESCOP): 2-3 g di radice e rizoma essiccati/die. Polvere: 0,5-1 g per capsula, 1-3 cps al dì. 260

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Estratto fluido: 1-2 ml, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Estratto secco: 65-195 mg (14-25:1, etanolo 40% V/V): 1 cps al mattino al risveglio (ESCOP) Eleutherococcus s. T.M.: 30-50 gocce, diluite in acqua, al dì al risveglio. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla parte sotterranea essiccata (titolo 65°). Formulario Preparazione agli esami (studenti): schema terapeutico Eleuterococco T.M. S/40 gocce, diluite in acqua, la mattina Betula verrucosa semi M.G.1DH S/40 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì Convalescenza Eleuterococco T.M. Avena T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì per 30 giorni Senescenza Eleuterococco Ginkgo biloba S/40 gocce, diluite in acqua, la mattina Sequoia MG1DH S/50 gocce, diluite in acqua, la sera

T.M. T.M. ana parti in flacone unico

Curiosità • Originaria della Siberia e del nord della Cina, la radice di Ci Wu Jia (nome cinese della pianta) era conosciuta da circa 4000 anni dai Cinesi che la consideravano utile per accrescere la memoria, l’appetito, migliorare la salute e dare longevità. • Gli atleti russi utilizzarono la pianta durante le olimpiadi di Monaco (1972) come anabolizzante non dopante. • In passato si riteneva che la pianta fosse in grado di ridurre il tasso alcolico ematico nei bevitori. Note bibliografiche 1 Rombi M., op. cit., p. 88. 2 Lazarev N.V., 1947, 7th All-union Congr. Physiol. Biochem., Pharmacol., Medgiz, Moscow, p. 579; Brekman I.I., 1980, Man and Biologically Active Substances, Pergamon Press, Kronberg/ Taunus. 3 Selye H., 1937, Endocrinology. 21/2, 169. 4 Dardymov I.V. et al., 1972, Chem. Abstr., 77, 97282u; Dardymov I.V., 1971, Chem. Abstr. 82, 54331w. 5 Todorov I.N. et al., 1985, Chem. Abstr., 103, 605w. 6 Abramova Z. I. et al., 1972, Lek. Sredstva Dal’nego Vostoka, 11, 106. 7 Reaves W., 1991, Health Foods Business 37, 55-60; Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 322. 8 Goulet ED, Dionne IJ, 2005, Assessment of the effects of eleutherococcus senticosus on endurance performance. Int J Sport Nutr Exerc Metab. 15(1):75-83.; Palisin TE, Stacy JJ, 2006, Ginseng: is it in the root?, Curr Sports Med Rep., 5(4):210-4. Review.

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senticosus

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Cicero AF, Derosa G et al., 2004, Effects of Siberian ginseng (Eleutherococcus senticosus maxim.) on elderly quality of life: a randomized clinical trial. Arch Gerontol Geriatr Suppl. (9):69-73.; Hartz AJ, Bentler S, Noyes R et al., 2004, Randomized controlled trial of Siberian ginseng for chronic fatigue. Psychol Med. 34(1):51-61. 10 Fang J., Proksch A., Wagner H., 1985, Phytochem. 24, 2619. 11 Grandi M, op. cit., pp. 175-6. 12 Bohn B et al., 1987, Drug Res. 37, 1193. 13 Bai Y, Tohda C et al., 2011, Active components from Siberian ginseng (Eleutherococcus senticosus) for protection of amyloid β(25-35)-induced neuritic atrophy in cultured rat cortical neurons. J Nat Med. 14 Glatthaar-Saalmuller B, Sacher F, Esperester A., 2001, Antiviral activity of an extract derived from roots of Eleutherococcus senticosus. Antiviral Res. 50(3):223-8. 15 Williams M, 1995, Immuno-protection against herpes simplex type II infection by eleutherococcus root extract. Int J Alt Complement Med. 13:9-12. 16 Mills S., Bone K., op. cit., p. 578. 17 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie, op. cit., p. 857. 18 AA.VV., Lancet, 2000, 355: 134-38. 19 Donovan J.L. et al., 2003, Siberian Ginseng (Eleutherococcus senticosus) Effects on CYP2D6 and CYP3A4 activity in normal volunteers, Drug Metab. Dispos., 31(5):519-22. 9

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spp.

Ephedra spp.

Nome comune: Efedra Francese: Ephèdre Inglese: Ephedra Tedesco: Meerträubel Spagnolo: Efedra Famiglia: Ephedraceae Nota1: Le specie che contengono una quantità considerevole di efedrina sono quelle asiatiche: Ephedra equisetina Bunge e Ephedra sinica Stapf. originarie della Cina; Ephedra intermedia Schrenk et C.A. Meyer, Ephedra gerardiana Wall ex Stapf originarie dell’India e del Pakistan. In Europa il genere è poco rappresentato: E.major Host., E. procera Fisch. & C.A. Meyer, E. campyloides C.A. Meyer, E. distachya L. Nel Nord America è presente E. nevadensis S. Watson. A eccezione di E. major, la maggior parte di queste specie risultano molte povere in alcaloidi. Parte utilizzata: parti aeree Costituenti principali: – alcaloidi: efedrina (40-90%), pseudoefedrina, norefedrina; derivati ciclici: efedrossano, efedradine, furoloilistamina – flavonoidi e proantocianidoli – polisaccaridi Attività principali: broncodilatatore e analettico, bechica e diaforetica; vasocostrittore; lipolitica e anoressigena Impiego terapeutico: asma, tosse, rinite, forme allergiche; sovrappeso

Utilizzo medico A testimonianza del suo impiego più che millenario nella medicina orientale, è una delle 365 droghe vegetali citate nel Nei King con il nome di Ma Huang, come rimedio da utilizzare nelle affezioni respiratorie. L’Efedra è conosciuta in medicina soprattutto per l’estrazione del suo alcaloide efedrina considerata una vera e propria “adrenalina vegetale”. La concentrazione in alcalodi varia notevolmente a seconda della specie: E. sinica (1,3%), E. equisetina (2,2%), E. monosperma (2,8%), E. intermedia (1,1%1,6%). Generalmente l’efedrina è maggioritaria, a eccezione che nella E. intermedia ove prevale la pseudoefedrina2. In medicina viene utilizzata come efedrina (il principio attivo) in quanto alla droga totale si imputa un’azione incostante per la variabilità del tenore in principio attivo. Per l’attività simpaticomimetica viene utilizzata come broncodilatatore in grado di combattere lo spasmo bronchiale (azione antiasmatica e antitussiva), e come vasocostrittore contro l’ipotensione. La prescrizione deve essere pertanto strettamente medica in quanto numerosi sono gli effetti collaterali, le controindicazioni e le interazioni farma263

88 • Ephedra

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cologiche (vedi Tossicità...). Occorre ricordare, inoltre, che un trattamento prolungato può dare assuefazione. L’Efedra, oltre alle azioni terapeutiche appena descritte, manifesta attività lipolitica ed è questa funzione che viene sfruttata nelle Formulario per le terapie dimagranti. Spesso viene associata a droghe ricche in caffeina: tale associazione contribuirebbe a ridurre l’appetito e a stimolare l’energia fisica. L’associazione con le droghe ricche in caffeina «inibendo la vasodilatazione indotta dall’adenosina e aumentando la secrezione di catecolamine, […] rinforza le azioni dell’efedrina sul cuore e sul SNC, da qui l’aumento della tossicità»3. Non è casuale quindi che l’FDA (Food and Drugs Administration) abbia messo al bando tutti gli integratori dietetici a base di Efedra perché causa di gravi alterazioni del ritmo cardiaco. «Recentemente uno studio commissionato dalla National Institutes of Health alla RAND Corporation ha evidenziato un limitato effetto della pianta nelle diete e un effetto minimo per quanto riguarda l’aumento della performance in alcune attività fisiche: alla luce di altri lavori, lo studio effettuato dalla RAND aumenta le dimostrazioni che l’Efedra sia associata con rischi irragionevoli per la salute» [Fitovigilanza, 2000]. Una metanalisi pubblicata nel 20034 ha confermato ulteriormente questi dati. Il principio attivo della pianta, efedrina (fenilisopropilamina), è un simpaticomimetico indiretto. Strutturalmente è assai simile all’adrenalina, determina la liberazione di noradrenalina dai granuli di deposito delle terminazioni simpatiche. Oltre alla vasocostrizione stimola l’automatismo cardiaco ed esercita azione inotropa positiva, accelera i movimenti respiratori e aumenta la loro intensità; la muscolatura liscia extravasale viene rilasciata, la pupilla dilatata (midriasi). È presente azione broncodilatatrice e diminuzione della capacità contrattile della vescica. Disturbi della minzione, nel senso di difficoltà a iniziarla, possono verificarsi, pertanto, in soggetti anziani a causa del rilasciamento della muscolatura vescicale. L’assorbimento gastrointestinale è buono per cui può essere somministrata per via orale. Dal punto di vista terapeutico è dotata di una lunga durata di azione. Fortemente lipofila, passa la barriera ematoencefalica e, liberando i mediatori a livello centrale, induce un’azione psicostimolante: stimolazione dell’attenzione, capacità di concentrazione, diminuzione del senso di fatica e del bisogno di sonno (azione anfetaminosimile), ma può determinare anche nervosismo, angoscia, fini tremori, palpitazioni, insonnia. Lo stato d’ansia e di percezione dell’attività cardiaca causati dall’efedrina risultano, tuttavia, assai più intensi e molesti, rispetto alle amfetamine, tali da impedirne l’abuso, ciò che è tipico invece di queste sostanze. Efedrina e pseudoefedrina presentano azione broncodilatatrice identica: l’efedrina però manifesta un’azione a livello di miocardio, pressione arteriosa e SNC assai più marcata. Efedroxano e pseudoefedrina sono sperimentalmente antinfiammatori5. I polisaccaridi presenti nel fitocomplesso sono ipoglicemizzanti6. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Effetti collaterali: ipertensione, insonnia, mal di testa, nervosismo, vomito, vertigini, disturbi della minzione, tachicardia. Il suo impiego è controindicato nei soggetti affetti da disturbi cardiovascolari (insufficienza coronarica, ipertensione arteriosa), in quelli sottoposti a trattamento digitalico, nell’ipertiroidismo, nel feocromocitoma, nell’ipertrofia prostatica, nel diabete, nel glaucoma ad angolo chiuso, nei disturbi di irrorazione cerebrale. Non va somministrato nei soggetti che assumano IMAO, antidepressori triciclici, negli stati d’ansia e di agitazione. Non utilizzare in gravidanza e durante l’allattamento. Come si è visto è l’efedrina, il principio attivo, a presentare maggiori rischi nell’uti264

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lizzo terapeutico. Le controindicazioni e le interazioni sono principalmente quelle legate alla presenza della efedrina. L’efedrina rientra spesso nelle Formulario di preparati spray utilizzati come vasocostrittori e decongestionanti in corso di riniti, sinusiti, rinofaringiti: l’utilizzo troppo frequente può condurre alla comparsa di riniti iatrogene, rialzi pressori e alle reazioni cardiovascolari caratteristiche. Tali preparati non vanno somministrati in bambini di età inferiore ai 3 anni per rischio della comparsa di fenomeni di eccitazione centrale; nell’adulto presentano le controindicazioni sopracitate. Analoghe considerazioni valgono per il cloridrato di pseudoefedrina. È importante ricordare che i farmaci contenenti efedrina o efedra possono reagire positivamente ai test di controllo antidoping. Forme farmaceutiche e posologia Food and Drug Administration (FDA): utilizzo massimo di 24 mg di efedrina/die. In Italia la vendita di efedra è proibita9. Infuso: un cucchiaino da tè (2 g) in 200 ml di acqua bollente; lasciare in infusione per 10 minuti, filtrare e bere una tazza 2-3 volte al dì. Ephedra polvere, 150-200 mg per capsula, 1-2 capsule 3 volte al dì. Ephedra T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica Le varietà mediterranee non contengono l-efedrina ma δ-pseudoefedrina, che risulta meno attiva10. Le parti aeree (droga) sono raccolte in autunno quando il contenuto in efedrina è massimo (0,8-1%). La Tintura Madre è preparata dal giovane rametto fiorito fresco (titolo 65°). Formulario Sciroppo balsamico espettorante (Benigni-Capra-Cattorini) Estratto fluido Enula campana 10 g Estratto fluido Efedra 5g Estratto fluido balsamo Tolù 5g Sciroppo semplice e acqua q. b. a 100 g S/A cucchiai Curiosità • Efedra deriva dal greco ephedros termine che indicava, presso gli antichi, una pianta rampicante senza foglie. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie, op. cit., p. 1030. 2 Bruneton J., ibidem. 3 Bruneton J, 1993, op. cit., p. 711. 4 Abourashed E.A. et al., 2003, Ephedra in perspective. A current review, Phytotherapy Research, vol. 17, Issue 7, pp. 703-712. 5 Bruneton J., 1993, op. cit., p. 713. 6 Rombi M., op. cit., p. 91. 7 Refit, op. cit., p. 168. 8 Capasso F. et al., 2006, op. cit., p. 465. 9 Van Hellemont J., op. cit., p. 142.

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Schreb.

Epilobium angustifolium Schreb.

Nome comune: Epilobio; Garofanino di bosco Francese: Epilobe Inglese: Willow herb Tedesco: Schmalblättrige Weidenröschen Spagnolo: Camenèrio Famiglia: Oenotheraceae Parte utilizzata: la pianta Costituenti principali: – flavonoidi (derivati del kaempferolo, quercetina, miricetina) – tannini (enoteine), acidi triterpenici: ursolico e oleanolico; β-sitosterolo – acido clorogenico, acido caffeico; mucillagini e zuccheri Nota: Come “Epilobio” si intendono le parti aeree di varie specie di Epilobium: E. angustifolium, E. hirsutum, E. parviflorum1. Studi sono stati condotti anche sulla specie Epilobium parviflorum Schreb che presenta composizione affine a E. angustifolium. Sembra che i principi attivi siano presenti in massima concentrazione nelle foglie, in particolare alla fioritura e nel periodo immediatamente successivo Attività principali: astringente; espettorante, antinfiammatoria Impiego terapeutico: adenoma della prostata; tosse

Utilizzo medico Si tratta di una pianta appartenente alla famiglia delle Oenotheraceae e conosciuta come Garofanino di bosco. Viene impiegata dalla medicina popolare nel trattamento dell’adenoma della prostata e nei disturbi della minzione a esso associato. La pianta secondo test di laboratorio manifesta azione antiflogistica con marcata riduzione delle prostaglandine proflogogene2. È stato evidenziato che estratti della pianta inibiscono in vitro la crescita delle cellule epiteliali prostatiche manifestando in tal modo proprietà antiproliferative. L’enoteina B e a (ellagitannino) hanno dimostrato anche la capacità di inibire la 5α-reduttasi e l’aromatasi3. Recenti ricerche hanno infine evidenziato proprietà antiradicaliche (flavonoidi) e immunomodulanti4. Segnalate anche attività analgesiche5 e antimicrobiche: estratti alcolici inibiscono la crescita di Staphylococcus aureus, Staphylococcu albus, Pseudomonas pyocyanea e Candida albicans6. È bene ricordare che la medicina popolare segnala un’azione emolliente e astringente per cui la pianta rientra spesso nelle formulazioni di preparati atti a curare infiammazioni a carico delle vie respiratorie accompagnate da tosse e forme diarroiche. 266

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angustifolium

Schreb.

Uso esterno È presente anche un impiego topico nelle dermatiti e, sotto forma di collutori o gargarismi, nelle flogosi della gola e della bocca e nelle afte7. Secondo Proserpio la pianta potrebbe essere impiegata come schiarente, rinfrescante e astringente cutaneo nelle usuali preparazioni cosmetiche8. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1,5-2 g di droga finemente triturata(sommità), in una tazza d’acqua bollente; lasciare infondere per 10 minuti. 1-3 tazze al dì. Polvere micronizzata: 2-4 capsule al dì. Epilobium T.M.: 40 gtt., diluite in acqua, 2 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Curiosità • Le foglie tenere e i giovani germogli, crudi o cotti, sono utilizzati per la preparazione di insalate. Note bibliografiche 1 Capasso F. et al., 2006, op. cit., p. 669. 2 Hevesi BT, Houghton PJ, Habtemariam S, Kéry A., 2009, Antioxidant and antinflammatory effect of Epilobium parviflorum Schreb. Phytother Res. 23(5):719-24. 3 Vitalone A. et al., 2001, Anti-proliferative effect on a prostatic epithelial cell line (PZ-HPV-7) by Epilobium angustifolium L., Farmaco, 56:483-489; Vitalone A, Guizzetti M, Costa LG, Tita B., 2003, Extracts of various species of Epilobium inhibit proliferation of human prostate cells. J Pharm Pharmacol. 55(5):683-90. 4 Schepetkin IA et al., 2009, Immunomodulatory activity of oenothein B isolated from Epilobium angustifolium. J Immunol. 15;183(10):6754-66. 5 Tita B. et al., 2001, Analgesic properties of Epilobium angustifolium L., Farmaco, 56:341-343. 6 Morelli I., 2002, Epilobium e ipertrofia prostatica, L’Erborista, 7:40-45. 7 Campanini E., 2004, Dizionario di fitoterapia, op. cit, p. 184. 8 Proserpio G. et al., op. cit., p. 464.

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arvense

L.

Equisetum arvense L.

Nome comune: Equiseto; Coda cavallina Francese: Prêle Inglese: Horsetail Tedesco: Acker-Schachtelhalm Spagnolo: Equiseto menor Famiglia: Equisetaceae Parte utilizzata: cauli Costituenti principali: – sostanze minerali (15-20%delle ceneri): 5-10% silicio (SiO2)*; sali di potassio ecc. – flavonoidi**; saponosidi (equisetonina); – steroli; acido ascorbico e acidi fenoli: acidi cinnamici, acidi dicaffeiltartrici… – alcaloidi tracce (nicotina)*** * In piccola percentuale sarebbe presente in forma di silicati idrosolubili ** Esistono due chemotipi (asiatico/americano ed europeo) che si differenziano per il contenuto in flavonoidi1 *** Tutti gli Equiseti contengono tracce di alcaloidi tossici (palustrine) e non tossici (nicotina). Le palustrine sono presenti nell’Equisetum palustre L. e la loro quantità sarebbe tale da determinare un rischio per il bestiame, in particolare nel cavallo: l’intossicazione grave ha tutti gli aspetti di una carenza acuta in vitamina B1 (incoordinamento motorio)2 Attività principali: diuretica-emopoietica-emostatica; rimineralizzante; astringente, rassodante ed elasticizzante per uso esterno Impiego terapeutico: osteoporosi, fratture, unghie e capelli deboli; anemie secondarie e disturbi della crescita; arteriosclerosi; ritenzione idrica; renella Uso esterno: pelli grasse e tendenzialmente seborroiche, piaghe, emorroidi ecc.

Utilizzo medico Molte sono le piante che, pervenuteci dalla tradizione popolare, dopo accertamenti basati su prove biologiche e sperimentazioni cliniche sono passate a far parte della farmacopea odierna. Altre piante tuttavia, pur avendo tradizioni antichissime, sono rimaste di dominio esclusivo della medicina popolare e fra queste l’Equiseto. Usato nell’antichità per la sua azione diuretica ed emostatica, solo all’inizio del secolo scorso venne valorizzato e preso in considerazione, sia dal punto di vista clinico che farmacologico, confermando così la sua triplice azione diuretica-emostatica-rimineralizzante. In Italia durante gli anni Trenta del 1900, grazie a un rinnovato interesse per le piante medicinali determinato dall’economia autarchica, nacque la ricerca del dottor C. Gibelli (Aiuto onorario di Patologia Chirurgica presso l’Università di Genova) il quale iniziò uno studio approfondito, tramite esperienze biologiche e prove cliniche, sull’uso di Equiseto fresco. Spetta al dottor Gibelli l’aver constatato e messo in luce, oltre alla nota azione diuretica, emostatica e rimineralizzante anche un’attività emo268

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poietica. Studi successivi riuscirono ad appurare che il succo della pianta riscaldato oltre i 50 °C perdeva le proprietà emopoietiche, le quali erano pertanto in rapporto stretto con la vitalità della pianta «poiché si hanno solo effetti manifesti se la pianta è somministrata allo stato fresco», e che tale attività si estrinsecava soltanto nei casi di anemia secondaria e non primaria. Un importante capitolo sulle proprietà terapeutiche dell’Equiseto riguarda l’attività rimineralizzante. La pianta con le sue radici assorbe dal terreno sali alcalini d’acido silicico che danno luogo alla formazione di 2 tipi di silicio, solubile e insolubile, presenti nel fitocomplesso. L’azione rimineralizzante del silicio, confermata per secoli dalla tradizione popolare, non era conosciuta nei suoi meccanismi d’azione finché Vaquelin suggerì l’ipotesi che tramite probabili riarrangiamenti di sito degli elettroni, il silicio potesse facilitare la formazione di carbonato di calcio. Kervran (1975) scrive a questo proposito: «Solo il silicio organico è un silicio che può ricalcificare». Questo oligoelemento contribuisce ad assicurare la solidità scheletrica, la plasticità della cartilagine – ove risulta fondamentale per la sintesi del collagene e dei glucosaminoglicani della cartilagine articolare – e l’elasticità di vasi e tessuti. Per queste peculiarità ne viene consigliato l’impiego nel trattamento delle alterazioni scheletriche dell’età evolutiva, nell’osteoartrosi, nell’osteoporosi, in gravidanza, e in caso di frattura (accelera la formazione del callo osseo)3. Viene segnalato inoltre che i flavonoidi in sinergia col silicio sarebbero in grado di determinare «un aumento del numero degli osteoblasti (le cellule che costruiscono l’osso nuovo) e una loro più marcata attività, mentre sarebbero capaci di ridurre sia il numero sia l’attività degli osteoclasti (le cellule che distruggono l’osso). Tali azioni sono state dimostrate su colture di tessuto osseo, in animali da esperimento e anche nell’uomo»4. La pianta manifesta anche proprietà antinocicettive e antinfiammatorie5 che ne rendono utile la prescrizione oltre che nell’osteoartrosi, nell’artrite reumatoide6. Il silicio è presente in tutto il nostro organismo, ma in particolar modo nel tessuto aortico e nei tendini; così ad esempio, la sua diminuzione legata ai processi di invecchiamento delle fibre elastiche nel tessuto aortico rende ragione dell’uso dell’Equiseto come preventivo nella cura dell’arteriosclerosi, in quanto favorirebbe un rallentamento dell’invecchiamento delle fibre elastiche. Per quanto riguarda l’attività diuretica, la diuresi provocata dalla droga è puramente idrica, senza alterazione del tenore in elettroliti. Tale proprietà sarebbe dovuta alla presenza di flavonoidi e saponine. La pianta viene consigliata (Monografia Commissione E del BfArM) negli edemi post-traumatici e statici e nella diuresi forzata in caso di affezioni batteriche e infiammatorie delle vie urinarie escretrici e contro la renella7. Può essere impiegata come coadiuvante nella terapia dimagrante8. Recentemente sono state segnalate proprietà antiradicaliche sostenute dai principi fenolici presenti nel fitocomplesso della pianta9. Uso esterno L’Equiseto agisce a livello delle mucose ove determina un’azione protettiva e favorisce la cicatrizzazione. Già Unna, famoso dermatologo del secolo scorso, avendo curato (1917) alcune dermatiti con preparati a base di Equiseto, aveva notato un miglioramento dell’elasticità cutanea e lo aveva attribuito a una favorevole influenza sull’equilibrio“colloidale cellulare”. La pianta è assai usata in cosmetologia per la prevenzione delle rughe, dell’invecchiamento cutaneo, della cellulite. La Commissione E del BfArM ne conferma l’impiego nelle ferite che cicatrizzano con difficoltà. 269

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Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Come per tutte le piante ad azione diuretica, prestare attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci diuretici (sommazione d’effetto); la monografia della Commissione E del BfArM ne sconsiglia l’uso in caso di edema periferico dovuto a scompenso cardiaco o renale. Il Canadian Health Protection Branch richiede che nei preparati non sia presente l’enzima tiaminasi in grado di distruggere la vitamina B (tiamina): alcol, temperatura elevata e alcalinità neutralizzano tale enzima e quindi tinture o preparazioni galeniche che sottopongono la pianta a calore (100°) dovranno essere le forme galeniche preferenziali nell’uso terapeutico10. Equiseto contiene piccole quantità di nicotina e può provocare, in pazienti sensibili alla nicotina, allergie (dermatite) o effetti tossici se la pianta viene assunta in grandi quantità11. EMEA/HMPC ne sconsigliano l’uso in gravidanza e allattamento (per mancanza di studi adeguati) mentre per altri è compatibile con l’allattamento e la gravidanza (per uso limitato)12. Non sono stati infatti segnalati aumenti di frequenza di malformazioni o di effetti avversi nel feto per un uso limitato nella donna13. Tuttavia è possibile trovare segnalazioni che ne controindicano l’impiego in gravidanza, durante l’allattamento e prima dei 12 anni per la presenza di nicotina14: si tratta però di un’avvertenza eccessiva in quanto la nicotina è presente in minime tracce: «Equisetum spp.: la concentrazione di nicotina ottenuta da 5 Kg di equiseto essiccato (compreso E. arvense) valutata con spettrofotometria a ultravioletti non è superiore a 2 mg15». Farmacopea Europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle parti aeree sterili, essiccate, intere o tagliate, contenenti al minimo 0,3% di flavonoidi totali espressi in isoquercitroside. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 6 g/die della droga (o preparazioni analoghe). Infuso: 2-3 g di droga per tazza d’acqua bollente (250 ml); lasciare bollire per 5 minuti e filtrare dopo 10-15 minuti. 3 tazze al dì. Polvere: 100-200 mg/cps, 1-2 cps 1-3 volte al dì. Estratto secco: 250 mg/cps; 1 cps 1-3 volte al dì. Estratto fluido: 2-5 g nelle 24 ore (1 g = 57 gocce). Equisetum a. T.M. 30-50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla parte aerea fresca raccolta di preferenza alla fine della primavera (titolo 55°). Formulario Artrosi (fase acuta) Equisetum a. T.M. Harpagophytum p. T.M. Filipendula u. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì per 2 mesi 270

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Artrosi Equisetum a. E.S. 150 mg Harpagophytum p. E.S. 150 mg S/1-2 cps 2-3 volte al dì: assumere con acqua Periartrite scapolo-omerale Equisetum a. T.M. Erigeron c. T.M. Passiflora i. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì per 2 mesi Sovrappeso Equisetum a. T.M. Hieracium p. T.M. Melissa o. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì per 2 mesi Tisana anticellulitica Equisetum a. cauli Ribes n. foglie Fraxinus e. foglie aa 40 g S/Infondere un cucchiaio della miscela in una tazza di acqua bollente; bere 2-3 tazze al dì Renella-Flogosi vie urinarie Equisetum a. T.M. Orthosiphon s. T.M. Eschscholtzia c. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì per 2 mesi (N.B.: assicurare un abbondante apporto idrico) Curiosità • «Produce questa, quasi nel nascimento suo, un certo germoglio grosso e tenero, simile a una ghianda, il quale chiamano i nostri maremmani Sanesi Paltrufali, usati da loro nei cibi la quaresima, prima cotti lessi nell’acqua, e poi infarinati e fritti nella padella in cambio di pesce.» Così scrive P.A. Mattioli, medico senese del 1500, nel suo Erbario a proposito dell’Equiseto. • Vogel (Materiae medicae, 1760) fedele agli usi e costumi nordici, consiglia il decotto in acqua o birra nei casi di emorragia. A proposito del decotto conclude affermando che «lo stesso, con aggiunta di burro insipido e miele è un rimedio popolare e casalingo, ma non per questo da disprezzare, nella nefrite calcolosa». Anche Culpeper (16161654) consiglia il decotto, preso nel vino, che «provoca l’orina, e aiuta la pietra e la stranguria». Tabernaemontanus (1520-1590) nel suo Neu Kreuterbuch consigliava la polvere di Equiseto come rimineralizzante da mescolare nel cibo dei malati16. • «Anche esternamente, cotti nell’acqua o nel latte, e impastati con miele, furono provati utili contro i dolori renali e la stranguria» (Scotti, 1872). • Il silicio di cui è ricca l’Equiseto è responsabile del potere abrasivo della pianta – da cui il nome popolare di Asperella – e della capacità di riflettere la luce, che le consente di proteggersi da un’intensità luminosa troppo forte. 271

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Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie, op. cit., p. 403. 2 Ibidem. 3 Campanini E., 2000, Menopausa… meno paura, Tecniche Nuove, Milano. 4 http://www.fitoterapia.in/piante_officinali/equiseto.html. 5 Do Monte FH, Dos Santos JG Jr et al., 2004, Antinociceptive and anti-inflammatory properties of the hydroalcoholic extract of stems from Equisetum arvense L. in mice. Pharmacol Res. Mar;49(3):239-43. 6 Weiss RF, Fintelmann V., 2000, Herbal Medicine, p. 232, 2ème édition, Thieme, Allemagne. 7 Do Monte FH, dos Santos JG Jr et al., 2004, Antinociceptive and anti-inflammatory properties of the hydroalcoholic extract of stems from Equisetum arvense L. in mice, Pharmacol Res. 49(3):239-43; Grases F, Melero G. et al., 1994, Urolithiasis and phytotherapy, Int Urol Nephrol. 26(5):507-11. 8 Note explicative de l’Agence du méicament, 1998; Campanini E., 2005, Sovrappeso e cellulite, Tecniche Nuove, Milano. 9 Mimica-Dukic N. et al., 2008, Phenolic Compounds in Field Horsetail (Equisetum arvense L.) as Natural Antioxidants. Molecules, 17;13(7):1455-64. 10 FabreB., Geay B., Beaufils P., 1993, Thiaminase activity in Equisetum arvense and its extracts, Plant. Med. Phytother. 26, 190-7. 11 McGuffin M (Dir), 1997, Botanical Safety Handbook, CRC Press, États-Unis, pp. 47-48. 12 Mills S., Bone K., op. cit., p. 476. 13 Mills S., Bone K., op. cit., ibidem. 14 HMPC-Herbal Medicinal products committee. 15 McGuffin M (Dir), 1997, Botanical Safety Handbook, CRC Press, États-Unis, pp. 47-48. 16 Mereu A., Secondo natura-Essere, 3, luglio 1986.

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canadensis

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Erigeron canadensis L. (= Conyza canadensis (L.) Cronq)

Nome comune: Erigeron Francese: Vergerette du Canada Inglese: Blood stanch Tedesco: Berufkräuter Spagnolo: Erígero del Canadà Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: la pianta Costituenti principali: – tannini gallici; acido o-benzibenzoico – olio essenziale (0,3-1, 14%) – steroidi: stigmasterolo, stigmastadienolo e cetoni corrispondenti – flavonoidi (> foglie): scutellaroside (2,5%) Attività principali: antinfiammatoria e analgesica; diuretica e uricolitica; antidiarroica Impiego terapeutico: artralgia, fibromialgia; iperuricemia; ritenzione idrica, cellulite; diarrea; cistite

Utilizzo medico La pianta viene segnalata per la sua attività antalgica, antinfiammatoria e uricolitica nel trattamento delle forme reumatiche, nell’iperuricemia e nella gotta. Le proprietà antinfiammatorie sono rinforzate dall’azione antispasmodica e di miglioramento del microcircolo svolta dai flavonoidi. Secondo Leclerc1 risulta particolarmente efficace nelle forme di periartrite scapolo-omerale ove, con l’utilizzo dell’estratto fluido, si assiste al recupero delle funzioni dell’apparato muscolotendineo e alla scomparsa graduale dei fenomeni iperalgici. Interessante si rivela anche la sua prescrizione nelle forme di cellulite edematosa e, come coadiuvante, nel trattamento delle flebiti2. La presenza di tannino ha fatto attribuire da sempre alla pianta un’attività astringente e disinfettante a carico dell’apparato intestinale e, in particolare, delle vie urinarie. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. La presenza di tannini può determinare irritazione gastrica: prescrivere con cautela in soggetti affetti da gastrite. Evitare in caso di ulcera gastro-duodenale e in caso di allergia alle Asteraceae. Forme farmaceutiche e posologia Decotto: 150 g di droga in un litro di acqua; far bollire per 5 minuti; 3 bicchieri al giorno. Estratto fluido (E.F.): 2 cucchiaini da caffè al dì (diluire in acqua). Estratto secco: 100-200 mg per cps, 1 cps 1-3 volte al dì. Erigeron canadensis T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 65°). 273

91 • Erigeron

canadensis

L.

Formulario Algie in generale Eschscholtzia c. T.M. 25 ml Salix a. T.M. 25 ml Erigeron c. T.M. q. b. a 125 ml S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì oppure: Eschscholtzia c. Salix Erigeron S/1 cps 3 volte al dì

E.S. 50 mg E.S. 50 mg E.S. 200 mg per cps

Artralgie Harpagophytum p. T.M. Filipendulaa u. T.M. Erigeron c. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Flebiti (come terapia coadiuvante) Aesculus h. T.M. Erigeron c. T.M. Melilotus o. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Cistite Spiraea u. T.M. Erigeron c. T.M. Uva ursi T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Cellulite Hydrocotyle a. T.M. Ruscus a. T.M. Erigeron c. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Curiosità • Scrive Leclerc: «Poco tempo dopo fui chiamato da un agricoltore condannato all’impotenza e torturato da vivi dolori per un’artrite sacro-iliaca. Dato che a questo male si sommava la sofferenza di vedere i suoi campi infestati dall’Erigeron che vi pullulava, lo incoraggiai a utilizzare questa “mala-erba” per combattere la sua dolorosa e ribelle malattia. Se ne fece preparare una decozione concentrata (150 g per 1000 cc di acqua) di cui ne bevve 3 bicchieri tutte le mattine. Questa cura produsse i più felici risultati anche se il paziente che prima non faceva che lanciare anatemi contro l’indiscreto vegetale, prese a considerarlo con l’espressione ambigua, sia di rimprovero che riconoscente, quale quella che un poeta romantico descrive per un cane che viene lapidato con ossa ricche di midolla». 274

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canadensis

L.

• La medicina popolare canadese impiega Erigeron canadensis per trattare bronchite, diarrea, dissenteria, edema, sanguinamento uterino, e tumori. La pianta, sempre per os, viene impiegata come antielmintico, per contrastare o prevenire stati infiammatori e febbrili, nel trattamento del granuloma anulare, nel mal di gola e nelle infezioni del tratto urinario (UTI). Note bibliografiche 1 Leclerc H, 1935, Précis de phytothérapie, Paris, Masson, 1976. 2 Hallard F., op. cit., p. 162.

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92 • Eryngium

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L.

Eryngium campestre L.

Nome comune: Eringio; Calcatreppola Francese: Panicaut champêtre; Chardon Roland Inglese: Field eryngo Tedesco: Feld-Mannstreu Spagnolo: Cardo corredor Famiglia: Apiaceae Parte utilizzata: pianta intera Costituenti principali: – saponine; olio essenziale – acido caffeico e clorogenico Attività principali: diuretica ed emmenagoga; spasmolitica Impiego terapeutico: ritenzione idrica, drenaggio; calcolosi renale; tosse stizzosa, pertosse

Utilizzo medico La radice, attualmente poco utilizzata, è conosciuta essenzialmente per le proprietà diuretiche. Dotata di attività spasmolitica, risulta utile nei disturbi delle vie urinarie, in particolare nella calcolosi renale, nella renella e in caso di ritenzione idrica. Presenta inoltre azione emmenagoga. La pianta, in virtù delle proprietà spasmolitiche, presenta, inoltre, un utilizzo nel trattamento della pertosse, delle tossi irritative e delle turbe epatobiliari. All’azione diuretica spesso si affianca un’azione lassativa: tale caratteristica ne potrebbe fare una pianta da utilizzare nella tecnica del drenaggio fitoterapico. La pianta risulterebbe pertanto valida in tutte le situazioni in cui è importante stimolare gli emuntori epato-renali: nelle forme reumatiche, nella convalescenza dopo malattie infettive ecc.1. Specie molto simile è l’Eryngium maritimum L., la calcatreppola delle sabbie, così chiamata in quanto cresce di preferenza sulle spiagge: più ricca in saponine, sarebbe per questo anche più efficace. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 40 g di radice in 1 litro di acqua bollente. Filtrare e addolcire. Bere durante la giornata. Decotto: 30-50: 1000. Eryngium campestre T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 65°). 276

92 • Eryngium Formulario Sciroppo diuretico (Garnier) Estratto fluido Eryngium c. Sciroppo di Limone Acqua S/a cucchiai

campestre

L.

6g 50 g q. b. a 300 ml

Curiosità • Le radici tenere cotte e i giovani germogli crudi sono utilizzati per preparare insalate; le foglie ancora tenere si possono conservare sotto aceto. • Dal greco érrugon = cardo, per la somiglianza con il cardo. • Caro a Montaigne, era considerata uno dei migliori rimedi della renella e, anche, pianta dotata di proprietà afrodisiache. Note bibliografiche 1 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 899.

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93 • Eschscholtzia

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californica

Chamisson

Eschscholtzia californica Chamisson

Nome comune: Escolzia Francese: Pavot de Californie Inglese: Eschscholtzia; California poppy Tedesco: Kalifornischer Mohn Spagnolo: Amapola de California Famiglia: Papaveraceae Parte utilizzata: parte aerea; radici Costituenti principali: – alcaloidi totali 0,5% (alcaloidi a nucleo tetraidroisochinolico): alcaloidi benzilisochinolici (Escholinina); alcaloidi pavinici (Escholtzina, Californidina ecc.); alcaloidi aporfinici (laurotetanina, lauroscholtzina, glaucina…); alcaloidi protoberberinici (berberina, coptisina); alcaloidi protopinici (protopina, criptopina, α-allocriptopina); alcaloidi benzofenantridinici (sanguinarina, chelidonina, cheleretrina) – fitosteroli, carotenoidi, flavonoidi Nota: le radici sono più ricche in alcaloidi totali rispetto agli steli: > 2,5%. Gli alcaloidi benzofenantridinici, presenti in tracce nelle foglie e negli steli, sono insieme all’allocriptopina e alla protopina i principali alcaloidi delle radici1 Attività principali: sedativa, ipnoinducente; analgesica Impiego terapeutico: insonnia, distonia neurovegetativa; sindromi dolorose (emicrania, spasmi colici e biliari…)

Utilizzo medico La pianta è conosciuta per l’attività sedativa e blandamente ipnotica e analgesica. Viene tradizionalmente utilizzata per il trattamento sintomatico degli stati neurotonici di adulti e bambini, in particolare nei disturbi minori del sonno. Anche se gli studi clinici sono ancora scarsi, numerosi sono i lavori che hanno indagato l’attività dei singoli alcaloidi. È stato così appurato quanto segue2: – Alcaloidi aporfinici: la Glaucina presenta marcata attività antitussiva oltre a essere blandamente narcotica. – Alcaloidi protoberberinici: la Berberina presenta attività sedativa, coleretica, ossitocica e diminuisce la peristalsi intestinale possiede inoltre azione antibatterica e citotossica. Dato che passa la barriera ematoencefalica, è stato prospettato il suo impiego nel trattamento dei tumori del cervello: la berberina infatti presenta un potenziale antitumorale in quanto inibisce la respirazione cellulare e disaccoppia la fosforilazione ossidativa e intercalandosi tra le catene di DNA ne blocca la replicazione. La Citosina manifesta un potere citotossico, antimicrobico e uterostimolante. – Alcaloidi protopinici: presentano proprietà coronarodilatatrici. La Protopina oltre a indurre bradicardia, manifesta azione antispasmodica, rilassante, blandamente anticolinergica, antibatterica, in particolare sui Gram positivi. La Protopina au278

93 • Eschscholtzia

californica

Chamisson

menta la fissazione dell’acido gamma aminobutirrico a livello dei recettori centrali. Viene segnalata anche un’attività antinfiammatoria, coleretica, antiserotoninica e, ad alte dosi, ossitocica. L’alcaloide Criptopina risulta esercitare in vitro (a una diluizione 1:1000000) azione stimolante sull’utero di porcellini d’India. Riduce il ritmo respiratorio tramite un’azione centrale e agisce direttamente sul miocardio rallentandone tutte le funzioni. Azione analoga presenta l’α-allocriptopina; oltre all’azione antifibrillatoria viene segnalata come antitumorale e anestetico locale. – Alcaloidi benzofenantridinici: la Chelidonina possiede proprietà spasmolitiche oltre che coleretiche e colagoghe, per cui viene segnalata come analgesico e spasmolitico del tratto intestinale e nelle colecistiti. Altre importanti proprietà sono quella citotossica, disinfettante, antibiotica e antifungina; queste proprietà fanno sì che tale composto sia molto usato come disinfettante del dotto biliare. Riducendo inoltre l’attività cardiaca, la chelidonina abbassa la pressione. Possiede proprietà narcotiche e, nell’uso prolungato, non determina assuefazione. Presenta proprietà analgesiche. La Sanguinarina possiede, fra le altre, proprietà antinfiammatorie e battericide (in particolare verso i Gram positivi) tanto che viene frequentemente impiegata nella profilassi e cura dell’igiene orale. È un potente antifungino. Possiede inoltre proprietà adrenolitiche, simpaticolitiche, analgesiche locali. Possiede azione inotropa positiva e uterostimolante. Potrebbe essere un potenziale antitumorale poiché disaccoppia la fosforilazione ossidativa e si intercala fra le catene di DNA. La Sanguinarina è assente, o presente solo in tracce, nelle parti aeree della pianta. – Alcaloidi pavinici: alcuni di essi sono blandi analgesici, altri come la (-) bisnorargemonina provocano una modesta diminuzione dell’attività motoria negli animali da esperimento e nessuno comunque dimostra significativa azione depressiva sul SNC. Alcuni fra questi alcaloidi sono presenti solo nel genere Eschscholtzia e Argemona. Comunque l’attività della pianta non dipende unicamente dagli alcaloidi: come al solito è il fitocomplesso che gioca un ruolo predominante. Le proprietà sedative e spasmolitiche non dipendono esclusivamente dagli alcaloidi: con il frazionamento dell’estratto si ottengono frazioni attive senza alcaloidi3. Clinicamente la pianta, somministrata per un lungo periodo, diminuisce il tempo di addormentamento e migliora la qualità del sonno4. Uno studio effettuato su pazienti di ambito psichiatrico ha evidenziato che la pianta risulta inefficace nelle gravi turbe mentali e nell’insonnia del mezzo della notte e del mattino, mentre i risultati sono considerati eccellenti nell’insonnia da addormentamento5. Nell’uso clinico dimostra di possedere un’azione prolungata, che non causa però depressione del SNC ed è in grado di mantenere l’acuità mentale. La pianta manifesta anche attività ansiolitica, la quale certamente svolge un ruolo importante nell’efficacia terapeutica per quanto riguarda il trattamento delle turbe minori del sonno. La pianta è ben tollerata in età pediatrica: è pertanto impiegata nelle turbe neurovegetative dell’infanzia e nell’enuresi notturna. Viene segnalato anche l’uso come calmante nella pertosse. Le proprietà analgesiche e calmanti fanno utilizzare i preparati a base di Eschscholtzia nel trattamento delle sindromi dolorose a carico dell’apparato digerente e delle vie biliari e nell’emicrania6. Anche grazie a queste proprietà la pianta risulta utile nelle turbe del sonno accompagnate da crampi (miglioramento del microcircolo e azione spasmolitica da parte dei flavonoidi) e manifestazioni dolorose. Uso esterno Per uso topico preparati a base di Eschscholtzia possono essere impiegati per combattere artralgie, mialgie, nevriti e sciatalgie. 279

93 • Eschscholtzia

californica

Chamisson

Tossicità, interazioni ed effetti secondari Dato che gli studi clinici sono ancora scarsi se ne sconsiglia l’uso in gravidanza (vedi: Azione criptopina) e durante l’allattamento. La sua somministrazione, comunque, non produce né secchezza delle fauci né vomito (al contrario della morfina). L’uso prolungato non provoca fenomeni di assuefazione7. Gli alcaloidi della pianta possiedono proprietà narcotiche più deboli rispetto agli alcaloidi fenantrenici del tipo morfina e codeina8, irrilevanti quindi risultano essere gli effetti collaterali. Occorre ovviamente porre attenzione, come per tutte le piante ad azione sedativa, alla contemporanea assunzione di farmaci ad attività sedativo-ipnotica e antidepressiva, al fine di evitare un potenziamento non ricercato dell’azione sedativa. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: un cucchiaino da caffè per tazza d’acqua calda; lasciare in infusione per 15 minuti. Assumere 1-2 tazze la sera. Estratto secco nebulizzato e titolato in protopina min. 0,35% (Farmacopea Italiana X): 100-200 mg per cps (250-500 mg al giorno); 300-400 mg, unica dose da prendere circa 45 minuti prima di coricarsi (insonnia) Eschscholtzia californica (anche: Escolzia) T.M.: 50 gocce, diluite in acqua, a cena e prima di coricarsi (eventualmente ripetere l’assunzione in caso di risveglio). Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 45°). Formulario Insonnia Escolzia c. T.M. Passiflora i. T.M. Crataegus o. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, alle 18 (premedicazione), 50 gocce prima di coricarsi Algie Harpagophytum p. T.M. Passiflora i. T.M. Escolzia c. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Capsule analgesiche-antispasmodiche Passiflora Escolzia Zenzero S/1 cps più volte al dì

E.S. 100 mg E.S. 200 mg E.S. 150 mg

Nervosismo Passiflora i. T.M. Eschscholtzia c. T.M. Tilia c. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì

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93 • Eschscholtzia

californica

Chamisson

Emicrania Escolzia c. T.M. Chrysantemum p. T.M. Fumaria o. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Cistite Vaccinium v. i. T.M. Hieracium p. T.M. Escolzia c. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, in Camomilla 3 volte al dì per 10 giorni Distonia neurovegetativa E.S. Valeriana o. E.S. Biancospino E.S. Angelica a. E.S. Eschscholtzia c. S/1 cps 3 volte al dì

100 mg 100 mg 50 mg 150 mg

Curiosità • La pianta venne raccolta per la prima volta vicino a San Francisco da Adalberto Chamisso che volle dedicare questa scoperta al compagno di viaggio e capo della spedizione scientifica, che ebbe luogo in America nei primi anni del XIX secolo, J.F. Eschscholtz, botanico ed entomologo russo. Originaria infatti della California, venne introdotta in Europa agli inizi del 1800 come pianta decorativa per la bellezza del suo fiore. • Gli indiani d’America e i primi coloni del Nord America utilizzavano le foglie come verdura, bollite oppure cotte su pietre calde. Come medicamento veniva impiegata nelle coliche intestinali, biliari, nel mal di denti e anche per ridurre la lattazione, esternamente, in cataplasmi, nelle ulcerazioni. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 1070. 2 Bruschi G., Tesi di laurea in Farmacia, Firenze, 1988. 3 Raynaud F., Prescription et conseil en phytothérapie, op. cit., p. 177. 4 Baldacci R., 1984, Phytotherapy 9, 31-32; Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 1070. 5 Rombi M., op. cit., p. 93. 6 Rolland A., Flereuntin J., Mortier F., Pelt J.M., 1987, Phytoterapy, 22:18-23. 7 Cheney R.H., 1963, Quart. J. Crude-Drug, 3:413-422; Cheney R.H., 1971, Acta Phytoth., vol. XVIII, 125-130. 8 Van Hellemont J., op. cit., p. 153.

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94 • Eucalyptus

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globulus Labill.

Eucalyptus globulus Labill.

Nome comune: Eucalipto Francese: Eucalyptus; Gommier bleu Inglese: Eucalypt; Tasmanian blue gum Tedesco: Blaue Eukalyptus Spagnolo: Eucalipto Famiglia: Myrtaceae Parte utilizzata: foglie della pianta adulta Costituenti principali: – olio essenziale: 70-80% di eucaliptolo (1,8-cineolo); monoterpeni (α-pinene), sesquiterpeni; sesquifenoli (globulolo 6%); cetoni (carvone 0,1%) – acidi fenoli: acido caffeico, acido ferulico, acido gallico – eterosidi flavonici: iperoside, rutina, quercitrina – tannini; proantocianidine; acilfloroglucinoli; triterpeni (2-4%) Attività principali: antisettico polmonare, espettorante, mucolitico; antiflogistico; antispasmodico (blando) Impiego terapeutico: affezioni bronchiali acute e benigne; raffreddore; faringite; sinusite

Utilizzo medico Le foglie di eucalipto presentano un’importante azione espettorante, mucolitica, antisettica e antinfiammatoria: tali proprietà rendono l’impiego della pianta particolarmente efficace nelle patologie bronco-polmonari e delle alte vie respiratorie (faringite, sinusite). Il ricco fitocomplesso rende ragione dell’efficacia terapeutica: l’olio essenziale stimola l’epitelio bronchiale e agisce come antinfiammatorio grazie all’inibizione delle citochine, dell’acido arachidonico e delle prostaglandine proflogogene; presenta inoltre azione antibatterica, dimostrata in vitro, contro Streptococco, Stafilococco aureo, Pneumococco, E. coli, Klebsiella. È stata dimostrata anche un’azione antifungina (Candida albicans). Si ricorda che l’olio essenziale è parzialmente eliminato con l’aria espirata alla quale conferisce un odore caratteristico. Gli altri elementi presenti nel fitocomplesso (tannini, acilfloroglucinoli, flavonoidi ecc.) potenziano l’azione antinfiammatoria e contribuiscono a determinare una blanda azione antispasmodica. Una segnalazione particolare, riportata da Renzo Benigni, è relativa alle proprietà ipoglicemizzanti di preparati ottenuti dalle foglie di eucalipto. Negli anni Quaranta del 1900 furono Ferranini, Pennetti ed Ersparmer a segnalare i risultati positivi ottenuti con il loro impiego. Ferranini ad esempio impiegava «la polvere della droga alla dose di 4-6 grammi pro die, la tintura (1:5) alla dose di g 1-10 e l’infuso al 2%. L’estratto fluido alla dose di g 1-41». È stato recentemente pubblicato uno studio (2010), effettuato su cavia, che ha valutato gli effetti di estratti acquosi di foglie di eucalipto nel danno indotto da streptozotocina (STZ) a livello delle isole pancreatiche. 282

94 • Eucalyptus

globulus Labill.

I risultati ottenuti suggeriscono che Eucalyptus globulus migliora in modo dosedipendente stati diabetici con parziale ripristino delle cellule beta del pancreas e la riparazione dei danni indotti da STZ. Questo studio suggerisce pertanto, un possibile effetto benefico di eucalipto nel trattamento del diabete2. Le preparazioni a base di eucalipto in passato erano utilizzate anche come antisettici nelle infezioni a carico del tratto urinario «e in alcune forme infettive intestinali con manifestazioni febbrili e diarroiche, casi nei quali l’Eucalipto può essere somministrato per clistere sotto forma di infuso». È opportuno segnalare, a questo proposito, che l’olio essenziale, presente nel fitocomplesso, viene assorbito dall’intestino ed eliminato anche attraverso le urine che assumono «odore di violette». Sono state segnalate anche proprietà antielmintiche tuttavia non confermate, mentre è stata ammessa un’azione antiparassitaria «che si manifesta specialmente utile contro le varie specie di pediculus». In passato le foglie erano impiegate come antimalariche: del resto la pianta gode nel suo paese di origine fama di efficace febbrifugo3. Dalle foglie dei rami adulti si ottiene, per distillazione in corrente di vapore, l’olio essenziale di eucalipto. L’uso dell’olio essenziale puro per via interna è poco raccomandato: si preferisce pertanto la via esterna. In caso di sinusiti e di raffreddore riduce l’infiammazione e la congestione (per inalazione: 2-3 gocce in una tazza di acqua bollente). Sempre per inalazione viene consigliato nelle affezioni bronchiali acute e benigne (azione bechica e balsamica). Presenta, inoltre, una buona penetrazione cutanea per cui può essere utilizzato sotto forma di pomata in caso di dolori reumatici (diluire 5 ml di olio essenziale in 100 ml di olio vegetale e massaggiare sulla zona dolente)4. Benigni segnala l’uso topico dell’olio essenziale, sempre sotto forma di pomata, nelle ustioni («uso immediato») e per favorire la detersione e la cicatrizzazione delle lesioni. Tossicità, interazioni, ed effetti secondari Raramente l’uso delle foglie di eucalipto può provocare nausea, vomito, diarrea. Controindicazioni al suo impiego, sono le malattie infiammatorie della regione gastrointestinale e delle vie biliari e le gravi epatopatie. Nei neonati e nei bambini piccoli (sotto i 2 anni) le preparazioni a base di eucalipto non dovrebbero essere applicate nella zona del viso e in particolare nel naso (Commissione E del BfArM). L’uso dell’olio essenziale per via interna è sconsigliato: si preferisce pertanto la via esterna (deve essere però diluito). Il suo uso è controindicato in gravidanza e nell’allattamento. L’assunzione dell’olio essenziale (Eucalypti aetheroleum) può determinare pirosi gastrica, nausea, vomito e diarrea. Può, inoltre, aumentare o diminuire l’efficacia terapeutica di alcuni farmaci in quanto in grado di indurre i sistemi enzimatici implicati nel processo di metabolizzazione di tali medicamenti. In alcuni soggetti particolarmente sensibili si può manifestare una dermatite allergica. L’olio essenziale contiene sostanze irritanti per le mucose delle vie respiratorie (aldeide butirrica, aldeide valerica, aldeide caproica ecc.) che possono provocare spasmi laringei o bronchiali e crisi d’asma. Per tale motivo gli viene preferito l’eucaliptolo5. Esistono segnalazioni relative all’effetto ipoglicemizzante delle foglie di E. globulus: teoricamente potrebbero avere un effetto additivo con i farmaci antidiabetici6. Famacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga costituita dalla foglia essiccata, intera o tagliata, viene raccolta sui rami più vecchi. La foglia intera deve contenere al minimo 20 ml/kg e la foglia tagliata deve contenere al minimo 15 ml/kg di olio essenziale. 283

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globulus Labill.

Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 4-6 g di foglia /die; tintura, 3-9 g/die. Infuso: far infondere 2-3 g di foglie in 150 ml di acqua per 10 minuti; 2 tazze al giorno. Questa preparazione può essere utilizzata anche per inalazioni. Estratto secco: 100 mg/cps; 1 cps 2-3 volte al dì. Olio essenziale: 1-3 gocce, 2 volte al dì in tisana calda. Escop e FDA consigliano per l’olio essenziale (adulti)7: – per inalazione: 12 gtt in 150 ml di acqua bollente – in pomata: all’1,3% fino a 3 volte al giorno – in compresse da succhiare: 0,2-15 mg ogni 30-60 minuti – in collutorio: 20 ml di una soluzione a 0,91 mg/ml Eucalyptus globulus T.M.: in inalazione 10 ml in un recipiente di acqua bollente; 2 inalazioni al giorno. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalle foglie essiccate (titolo 65°). Formulario Associazione standardizzata di eucalipto (Commissione E del BfArM) Eucalypti aetheroleum 50% Pini aetheroleum 50% S/Uso esterno: 10-15 gocce in un litro di acqua bollente per inalazioni (nei disturbi da raffreddamento) Inalazioni Foglie di eucalipto 50 g Sommità fiorite di timo volgare 30 g Foglie di menta 30 g S/2 cucchiai da minestra del composto in mezzo litro di acqua bollente; 4 volte al dì per inalazione Soluzione per inalazione (Murari Colalongo) Eucalipto Olio essenziale 5 g Timo Olio essenziale 2 g Pino Olio essenziale 2 g Lavanda Olio essenziale 2 g Alcol a 90° q.b. a 100 g S/Mettere 1 cucchiaino di soluzione in una tazza di acqua bollente e inalare. Indicata come espettorante e disinfettante nelle bronchiti croniche e sinusiti Suffumigi per emicrania da raffreddore Eucalipto foglie 50% Menta foglie 25% Eufrasia pianta 25% S/Preparare in infusione; 4-5 suffumigi al dì

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globulus Labill.

Vino tonico (Antonelli) Macerare per 10 giorni una parte di foglie di eucalipto in 5 parti di Marsala, che si prende a bicchierini. Curiosità • «Quest’albero, dall’aspetto maestoso e bello, è molto importante e prezioso. Dalle sue foglie emana un’essenza volatile, che purifica e rende balsamica l’aria; le sue radici assorbono l’umidità stagnante dei luoghi maremmani, e allontanano le zanzare malariche e le mosche […]. L’Eucalyptus è anche insetticida. Ch. Baltet nella Révue horticole di Parigi scrive: ‘Alcuni amici e io, essendoci trovati la notte molto infastiditi da una grande quantità di zanzare, avemmo l’idea di collocare nelle nostre camere da letto un Eucalyptus in vaso; da allora non più un insetto, e quindi non più punture. Non si ha da temere l’odore balsamico, che è piuttosto fortificante per l’uomo, che nocivo […]. I nostri medici consigliano molto ora la presenza di Eucalyptus negli appartamenti, specialmente nelle camere dei malati’» (G. Antonelli, 1941)8. Note bibliografiche 1 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I, p. 562. 2 Mahmoudzadeh-Sagheb H. et al., 2010, Antidiabetic effects of Eucalyptus globulus on pancreatic islets: a stereological study. Folia Morphol (Warsz), 69 (2):112-8. 3 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I, p. 562. 4 Raynaud F., Prescription et conseil en aromathérapie, op. cit., p. 115. 5 Capasso F., 2011, op. cit., p. 163. 6 Gray AM, Flatt PR, 1998, Antihyperglycemic actions of Eucalyptus globulus (Eucalyptus) are associated with pancreatic and extra-pancreatic effects in mice. J Nutr, 128:2319-23. 7 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie, op. cit., p. 664. 8 Campanini E., Piante e medicinali in Sardegna, op. cit., p. 187.

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cannabinum

L.

Eupatorium cannabinum L.

Nome comune: Canapa acquatica Francese: Eupatoire Inglese: Waterhemp Tedesco: Gewöhnliche Wasserdost Spagnolo: Eupatorio Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: pianta intera Costituenti principali: – polisaccaridi; flavonoidi; benzofurani (euparina); olio essenziale (0,3%) – lattoni sesquiterpenici del gruppo dei germacranolidi (eupatoriopicrina 0,4%) – alcaloidi pirrolozidinici: echinatina, lycopsamina, intermedina, rinderina (parti aeree), supinidina (radici) Attività principali: colagoga-coleretica; diuretica; immunostimolante Impiego terapeutico: uso sconsigliato (regolazione funzionalità epatica; immunostimolante)

Utilizzo medico Nel fitocomplesso sono presenti gli alcaloidi pirrolozidinici la cui epatotossicità è stata più volte segnalata (vedi: Tussilago). Tutto ciò induce a sconsigliare l’impiego della pianta. Solo a carattere storico-informativo si riporta quanto segue: Alla pianta da sempre vengono riconosciute proprietà colagoghe-coleretiche e diuretiche. Solitamente viene utilizzata la pianta intera, comunque è alla radice che vengono tradizionalmente riconosciute maggiori proprietà. La pianta, in particolare la radice, esercita anche un’azione lassativa per cui può essere prescritta, ad esempio, in quei casi di stipsi dovuti a una secrezione insufficiente di bile. Interessante è la segnalazione del suo utilizzo nelle dermatosi che vedono come concausa un’insufficienza biliare1. A questo proposito scrive Van Hellemont: «Una diminuzione dell’attività biliare può provocare una ritenzione di sostanze che possono causare turbe vasomotorie cutanee come la couperose, l’acne rosacea, le forme eruttive tipiche della menopausa». Indubbiamente nel trattamento di queste dermatosi può giovare anche l’azione depurativa e diuretica svolta da Eupatorium cannabinum L. Sembra contribuisca ad abbassare la concentrazione di colesterolo ematico e sono stati segnalati risultati favorevoli nel trattamento della cellulite e dell’ipertensione secondaria. All’Eupatorium cannabinum vengono riconosciute anche proprietà immunostimolanti: i polisaccaridi, in effetti, stimolano la fagocitosi dei granulociti e possono quindi giustificare l’azione immunostimolante e l’utilizzo, ad esempio, nel trattamento delle forme influenzali. In letteratura non sembrano essere presenti studi clinici attendibili condotti sull’uomo mentre esistono lavori eseguiti su cavia. L’estratto acquoso liofilizzato delle parti aeree si è dimostrato coleretico nel ratto 286

95 • Eupatorium

cannabinum

L.

(250 mg/kg e.v.) confermando pertanto l’uso tradizionale2. Un’identica preparazione ha dimostrato attività epatoprotettrice: azione preventiva (0,25-1 g/kg) nei confronti dell’aumento delle transaminasi GPT indotta da CCL4 identica a quella dei semi di Cardo mariano (1 g/kg)3. Occorre tenere presente però che nel fitocomplesso sono presenti gli alcaloidi pirrolozidinici la cui epatotossicità è stata più volte segnalata (vedi: Tossicità ed effetti secondari). La sperimentazione ha evidenziato anche la citotossicità dei lattoni sesquiterpenici su numerosi tipi di cellule tumorali in vitro: azione dell’eupatoriopicrina sulle cellule KB e HeLa e altre linee cellulari (azione a livello del DNA). In vivo, questo lattone rallenta temporaneamente la crescita dei tumori solidi impiantati su cavia (tumore di Lewis)4. Uso esterno In passato i decotti di eupatoria venivano impiegati per favorire la guarigione di piaghe, ulcere, eruzioni cutanee. L’impiego cosmetico, desueto, prevede l’uso di infusi o decotti per il trattamento di pelli aride e screpolate5. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Nel fitocomplesso sono presenti gli alcaloidi pirrolozidinici la cui epatotossicità è stata più volte segnalata (vedi: Tussilago). Tutto ciò induce a sconsigliare l’impiego della pianta. In passato veniva segnalato che a posologia elevata la pianta diventa emetica e può provocare irritazione della mucosa gastrica. Forme farmaceutiche e posologia Solo a carattere storico-informativo si riporta quanto segue: Infuso: 1-2 cucchiaini da tè di droga per tazza d’acqua bollente; lasciare infondere per 10 minuti. Decotto al 10% (uso esterno). Note di galenica La radice è molto più attiva del resto della pianta6. La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Curiosità • Il nome deriva da Eupatore, re del Ponto, che per primo ne scoprì le virtù terapeutiche. Utilizzata a partire dal I secolo a.C. come pianta utile per “le malattie del fegato”, era conosciuta dalla medicina araba per l’attività diuretica. Note bibliografiche 1 Van Hellemont J., op. cit., p. 156. 2 Bruneton J., 1993, op. cit., p. 684. 3 Wagner H., 1987, Biologically active natural Products, Oxford, Clarendon Press, pp. 127-141; Wagner H., Proksch A., 1985, Economic and medicinal plant research, Academic Press, London, pp. 113-153. 4 Rombi M., op. cit., p. 105. 5 Proserpio G. et al., op. cit., p. 469. 6 Van Hellemont J., op. cit., p. 156.

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96 • Euphrasia

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officinalis

L.

Euphrasia officinalis L. (= Euphrasia rostkoviana Hayne)

Nome comune: Eufrasia Francese: Euphraise; Casse-lunette Inglese: Euphrasy; Eyebright Tedesco: Augentrost Spagnolo: Eufràsia Famiglia: Orobanchaceae (ex Scrofulariaceae) Parte utilizzata: pianta fiorita Costituenti principali: – numerosi iridoidi: aucuboside, catalpolo, eufroside, ixoroside ecc. – acidi fenoli; glicosidi fenilpropanici (eukovoside); lignani – flavonoidi (glicosidi di quercetina e apigenina) – tannini (acido eufrasiotannico); Attività principali: amaro-tonica; astringente e antinfiammatoria; antisettica oculare Impiego terapeutico: raucedine, tosse; congiuntivite, blefarite, orzaiolo ecc. (uso topico)

Utilizzo medico Si tratta di una pianta che conosce un largo e diffuso uso popolare nel trattamento delle affezioni oculari, uso che è comune a vari paesi europei, come si può desumere dal nome popolare attribuito all’Eufrasia (Eyebright, Gemeiner augenstrot, Casselunette ecc.). Pur mancando studi clinici e farmacologici di rilievo, la pianta viene utilizzata con successo nel trattamento di congiuntiviti, anche di natura allergica, blefariti, orzaioli ecc., sia sotto forma di collirio (spesso associata alla Camomilla) che di lavande oculari. Viene segnalato un trial prospettico, aperto e multicentrico che ha evidenziato l’efficacia e la tollerabilità del trattamento con collirio a base di eufrasia, valutato da buono a molto buono dall’85% dei 65 pazienti affetti da congiuntivite infiammatoria e catarrale1. Di gusto spiccatamente amaro, era impiegata in passato come pianta eupeptica e digestiva. Attualmente tale indicazione è desueta, mentre la pianta rientra ancora nella formulazione di preparati impiegati in caso di tosse e raucedine. L’uso topico si deve alle proprietà astringenti, antinfiammatorie e antibatteriche sostenute in particolare dalla presenza di iridoidi, flavonoidi e tannini. Anche la vantata attività antiallergica sarebbe giustificata dalla presenza dell’aucuboside. L’Eufrasia può essere vantaggiosamente utilizzata in collutorio o suffumigi per lenire le mucose infiammate o ulcerate (afte, mal di gola ecc.). In caso di coriza, raffreddore da fieno, rinorrea (“goccia al naso”) contribuisce notevolmente a diminuire la secrezione fino a bloccarla. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Le preparazioni oculari devono essere sterili. 288

96 • Euphrasia

officinalis

L.

Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 2-3 g di droga per tazza d’acqua bollente; filtrare dopo 5-10 minuti. 2-3 tazze al dì. Decotto (uso esterno) al 2-3%. Euphrasia officinalis T.M.: 20 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 55°). Formulario Impacco per orzaiolo (Wichtl M.) Versare 1/4 di litro di acqua bollente su 5 cucchiai di Eufrasia e lasciare in infusione per 10 minuti. Avvolgere la poltiglia in garza e applicare il cataplasma il più caldo possibile sull’orzaiolo. Compresse oculari (Van Hellemont) Un cucchiaio di droga in mezzo litro di acqua. Far bollire 10 minuti. Filtrare e applicare non diluito sotto forma di compresse oculari. Bere una o più tazze dello stesso decotto. Suffumigi per emicrania da raffreddore Eucalypti fol. Menthae p. fol. Euphrasiae h. S/4-5 suffumigi al dì

50% 25% 25%

Lavanda oculare Euphrasia 30 g Melilotus 10 g Plantago 10 g S/un cucchiaio da minestra per tazza d’acqua bollente; infondere per 15 minuti Filtrare con garza sterile. Preparare ogni volta una soluzione fresca Pomata nasale (Leclerc) Alcolaturo Euphrasia o. 5g Essenza Bergamotto 2 gocce Lanolina 5g Vaselina bianca 15 g S/Applicare, in ciascuna narice, 3 volte al dì Curiosità • L’uso nelle affezioni oculari si baserebbe sulla teoria della signatura (Paracelso) in virtù dell’occhio che appare sul fiore. • La pianta non viene citata dagli Antichi. È segnalata per la prima volta da S. Hildegarda che la consiglia nelle ferite e non per la cura degli occhi. Note bibliografiche 1 Stoss M. et al., 2000, J Altern Complement Med, 6:499-508.

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97 • Filipendula

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ulmaria

(L.) Maxim.

Filipendula ulmaria (L.) Maxim. (= Spiraea ulmaria L.)

Nome comune: Olmaria; Ulmaria; Regina dei prati Francese: Ulmaire; Reine des prés Inglese: Meadowsweet Tedesco: Echte Mädesüß Spagnolo: Ulmaria Famiglia: Rosaceae Parte utilizzata: fiore, sommità fiorite Costituenti principali: – derivati flavonici (3-5%): spireoside, rutoside, iperoside… (1-3% sommità-6% fiori) – eterosidi di acidi fenoli, xyloglucosidi del salicilato di metile (monotropitoside), dell’aldeide salicilica (spireina: salicilaldeide primveroside), isosalicina – olio essenziale (0,2%): aldeide salicilica (75%), alcol feniletilico (3%), alcol benzilico (2%), salicilato di metile (1,3%), anisaldeide ecc. – tannini (10-20%): rugosin-D Attività principali: antinfiammatoria; diuretica; antispasmodica Impiego terapeutico: dolori articolari e affezioni reumatiche; come diuretico; cellulite

Utilizzo medico Le sommità fiorite dell’olmaria, dalla delicata fragranza di mandorle, sono da sempre utilizzate per alleviare i dolori reumatici grazie alle proprietà anti-infiammatorie, antispasmodiche e antalgiche. La pianta viene infatti tradizionalmente usata nel trattamento sintomatico delle manifestazioni articolari dolorose minori, negli stati febbrili e influenzali, e come antalgico nella cefalea e nella odontalgia1. H. Leclerc la consigliava nelle forme reumatiche acute ove determinerebbe una diuresi copiosa con facilitazione della scomparsa dei versamenti articolari. Era considerata il miglior agente terapeutico della cellulite, “il medicamento” del tessuto connettivo e adiposo (Parturier). Nella medicina popolare gli infusi della pianta sono consigliati nelle sindromi influenzali e, a volte, nel trattamento dell’obesità. La Commissione E del BfArM della Sanità tedesca ne indica l’uso nelle malattie da raffreddamento febbrili in cui sia indicata una cura sudorifera e nei casi ove occorra aumentare la diuresi. I derivati salicilici presenti nel fitocomplesso giustificano l’attività anti-infiammatoria della pianta: essi agirebbero inibendo la ciclo-ossigenasi e la sintesi delle prostaglandine proflogogene e agirebbero nello stadio iniziale della infiammazione2. Uso esterno A livello topico presenta blande proprietà astringenti e vulnerarie. Si applica in compresse nei dolori articolari di natura reumatica. 290

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ulmaria

(L.) Maxim.

Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Per quanto riguarda la presenza di salicilati (principio attivo) il rischio di effetti secondari e di interazioni farmacologiche sono reali quando i salicilati superano la dose di 3 grammi al dì. Viene anche segnalato che: ”Gli infusi contengono solo tracce di salicilati, pertanto il té di olmaria è considerato un rimedio aromatico e non un farmaco a base di salicilato”3. Si consiglia, comunque, di porre attenzione in caso di contemporanea assunzione di farmaci antiaggreganti piastrinici e anticoagulanti, ACE-inibitori, antidiabetici orali, metotrexate ecc. In caso di ipersensibilità individuale ai salicilati è opportuno, tuttavia, non utilizzare la pianta. Per altre notizie vedi: Salix alba L. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle sommità fiorite essiccate, intere o tagliate, di F. ulmaria L. contenenti al minimo 1 ml/kg di sostanze estraibili in corrente di vapore. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 2,5-3,5 g di fiori/die oppure 4-5 g di parti aeree/die. Infuso: infondere 2 cucchiaini circa (4-6 g) di fiori in acqua bollente (150 ml), filtrare dopo 10 minuti. Una tazza, preparata di fresco, il più calda possibile, più volte al giorno. Bambini 1-4 anni: 1-2 g/die; 4-10 anni: 2-3 g die (ESCOP). Estratto secco (titolato in flavonoidi totali calcolati come spireoside 1,9%-0,2% minimo): 100-200 mg per cps., 1-3 cps al dì. Estratto fluido (1:2): 3-6 ml/die (ESCOP). Filipendula ulmaria T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì. Note di galenica È bene evitare le preparazioni per bollitura (perdita in principi attivi): può essere adoperata quindi l’acqua calda ma è preferibile non fare bollire. Alcuni preferiscono l’infuso a freddo. L’estere metilsalicilico non preesiste nella pianta, ma risulta dall’azione di un enzima su un eteroside (monotropitoside), e non si forma se non al momento della distillazione. Nella pianta secca non si trova né l’eteroside né l’estere metilsalicilico4. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalle sommità fiorite fresche (titolo 65°). Formulario Artrosi (Leclerc-Decaux) Ribes n. foglie 100 g Fraxinus e. foglie 50 g Filipendula u. sommità fiorite 50 g S/un cucchiaino per tazza di acqua bollente: 3 tazze al dì Artralgia Harpagophytum p. E.S. 200 mg Filipendula u. E.S. 100 mg S/1 cps 2-3 volte al dì. Assumere con un bicchiere di acqua 291

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ulmaria

(L.) Maxim.

Artrosi (osteoporosi) Equisetum a. T.M. Harpagophytum p. T.M. Filipendula u. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì per 2 mesi Gocce antireumatiche Filipendula u. T.M. Ribes n. T.M. Fraxinus e. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì Artrosi (uso topico) Estratto idroglicolico di Artiglio del diavolo Estratto idroglicolico di Olmaria aa 10 g Eccipiente (gel) 30 g S/frizionare mattina e sera Sovrappeso e Sindrome premestruale Ruscus a. T.M. Filipendula u. T.M. Melissa o. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì Sciroppo (Leclerc) Filipendula u. sommità fiorite 250 g Acqua bollente 2000 g Lasciare a macerare per 12 ore in un recipiente coperto. Passare spremendo e far sciogliere nel liquido ottenuto il doppio del suo peso in zucchero. S/Assumere 100-200 g al dì Curiosità • Il nome deriva dal greco “speira” in allusione alla forma dei frutti “in spirale”. • «L’ulmaria era già da lungo tempo dimenticata quando nel 1850 il prete Obriot, curato di un villaggio nel dipartimento dell’Alta-Marna, riferì all’Accademia delle Scienze di Parigi i felici successi da lui ottenutine contro l’idropisia: successi confermati dappoi da accurate esperienze di Tessier, Guitard, Cazin ecc.» (Scotti, 1872). • «Vuolsi che i fiori rendano più piccante la birra, e comunichino al vino un grato sapore di malvasia. […] Se vera, sarebbe più utile la facoltà loro attribuita di allontanare, messi nei mucchii di granaglie, gli insetti che le rodono e le guastano» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Note explicative de l’Agence du médicament (Francia-1998). 2 Raynaud J., Préscriptions, op. cit., p. 195. 3 Schulz V. et al., op. cit., p. 156. 4 Dorvault F., op. cit., p. 1488.

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Mill.

Foeniculum vulgare Mill.

Nome comune: Finocchio selvatico Francese: Fenouil Inglese: Fennel Tedesco: Fenchel Spagnolo: Hinojo Famiglia: Apiaceae Parte utilizzata: frutti maturi (impropriamente detti semi); radici Costituenti principali: – olio essenziale (2-6%): 50-70% trans-anetolo (sapore dolciastro), 12-20% fencone (sapore amaro-canforato), estragolo (5-20%), α-fellandrene, α-pinene, α-tuyene, limonene ecc. – flavonoidi: kemferolo e quercetina; idrossicumarine e furanocumarine (tracce); – acido p-idrossicinnamico, acido caffeico, clorogenico ecc.; olio grasso, proteine (2030%) Nota1: Foeniculum vulgare var. amara: anetolo (5080%), estragolo (3-20%), fencone (24%) Foeniculum vulgare var. dulce: anetolo (> 80%), estragolo (1-5%), fencone ( 10%)13. 294

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vulgare

Mill.

Si consiglia di evitare la contemporanea assunzione dell’estratto acquoso con ciprofloxacina in quanto verrebbe ridotto l’assorbimento di questo fluorochinolone di circa la metà, mentre il volume apparente di distribuzione e l’emivita di eliminazione sarebbero significativamente aumentati14. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) Frutti di finocchio amaro (F. vulgare Miller ssp. vulgare var. vulgare) contenenti al minimo 40 ml/kg di olio essenziale. L’olio essenziale deve contenere al minimo 60% di anetolo e al minimo 15% di fencone. Frutti di finocchio dolce (F. vulgare Miller ssp. vulgare var. dulce) contenenti al minimo 20 ml/kg di olio essenziale. L’olio essenziale deve contenere al minimo 80% di anetolo. Profilo cromatografico dell’Olio essenziale (estratto in corrente di vapore): α-pinene, 1-10%; limonene, 0,9-5%; fencone, 12-25%; estragolo, 10 anni) i risultati sono stati scarsi o nulli. In modo costante si è assistito a un netto miglioramento delle funzioni digestive e del tono generale6. Non si sono evidenziate modificazioni apprezzabili nei parametri ematochimici. La tolleranza è stata buona senza alcun effetto collaterale. Pur considerando le regressioni spontanee, tipiche in questa patologia, è evidente un’azione favorevole nel decorso della psoriasi da parte dell’Elicriso soprattutto nelle forme recenti. Le considerazioni conclusive di questa esperienza clinica sono state le seguenti: «L’interpretazione dei risultati ottenuti, considerando il complesso delle sostanze somministrate o applicate localmente, è un compito arduo o meglio razionalmente 352

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italicum

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impossibile perché non si conosce esattamente la composizione dei preparati usati. È certo, comunque, che alcuni componenti come i flavonoidi, ad esempio, possono esercitare un’azione locale e generale tale da giustificare il decorso favorevole della malattia. Fatto importante è che tale droga appare utile in questa patologia e che non esercita alcun effetto dannoso locale o generale, per cui con tranquillità potranno eseguirsi ulteriori esperienze, magari con dosaggi maggiori, in doppio cieco in modo da raggiungere la sicurezza della validità terapeutica dell’Elicriso italico nel trattamento della Psoriasi»7. Ma altre possono essere le applicazioni terapeutiche della pianta: da non dimenticare, infatti, la sua efficacia nel trattamento delle affezioni a carico dell’apparato respiratorio. In particolare uno studio del dottor Vannini (Vannini C., Atti II Seminario Internazionale, cit.) ha confermato il suo utilizzo nella tracheo-bronchite virale dell’infanzia, patologia ad andamento stagionale (primavera-autunno), che in genere si manifesta con maggiore frequenza in soggetti con terreno familiare allergico. Anche nella pertosse, dopo 2 giorni di terapia, si verifica diminuzione del numero e dell’intensità degli accessi pertussoidi e rapida guarigione. Santini segnalò che in questa malattia, alla base della quale ipotizza un meccanismo patogenetico allergico-batterico, l’Elicriso agisca sia come batteriostatico (acido caffeico) sia come antiallergico. Santini utilizzava con successo l’aerosolterapia a base di Elicriso nelle riniti allergiche, complicate da risentimento congiuntivale, irritazione cutanea, cefalea. Rapida e costante azione, sempre secondo Santini, ha dimostrato l’estratto acquoso di Elicriso al 6% come collirio (3-4 instillazioni al dì) nelle congiuntiviti allergiche o per impacco nelle affezioni palpebrali (blefariti). L’azione antiallergica, secondo l’autore, si deve al fatto che la pianta è in grado di potenziare l’azione antitossica epatica, di esaltare l’azione protettiva cortico-surrenalica e di bloccare la diffusione di metaboliti responsabili dell’accentuazione di scariche istamino-genetiche, sia per diminuzione della permeabilità di membrana che per il notevole potere ossido-riduttivo che può agire da denaturante di tali sostanze. Continuando la sua ricerca, Santini ottenne interessanti risultati nel trattamento delle ustioni e dei geloni. Constatò, infatti, che l’Elicriso, in pomata, era in grado di esercitare azione preventiva nell’eritema da raggi ultravioletti e curativa nelle ustioni di 1°-2°-3° con più rapidi processi riparativi, regressione dei fenomeni essudativi ecc., analgesia con diminuzione e scomparsa del dolore, bruciore e prurito. L’autore individuò, con grande intuizione, nella presenza dei flavonoidi un fattore essenziale nell’esplicarsi dell’attività della pianta. Continuando la sua ricerca pensò, in base alla chiara azione antiedemigena della droga, di estendere l’uso dell’Elicriso agli edemi flebitici, post-flebitici e da varici. L’applicazione della pomata con massaggio, lasciata in sottile strato sugli arti sofferenti, ridusse notevolmente l’infiltrazione dei tessuti facendo regredire la dermatite eczematosa da stasi e le concomitanti alterazioni distrofiche oltre alla sintomatologia soggettiva (tensione, bruciore, senso di freddo, impaccio funzionale…). In caso di emorroidi infiammate si evidenziò l’azione analgesica e decongestionante. Santini, infine, segnalò, ma con cautela, essendogli mancata la possibilità di vagliare un sufficiente numero di casi, come la pianta fosse in grado di potenziare nettamente gli effetti dell’insulina: riferisce infatti che, in prove di laboratorio, animali trattati con Elicriso presentavano una maggiore sensibilità all’insulina con abbassamenti glicemici più intensi e prolungati sotto l’influsso dell’insulina rispetto ai controlli. Scrive P.E. Cattorini: «L’esperienza ha dimostrato che l’Helichrysum ha una azione modificatrice del metabolismo organico; ha dato buoni 353

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italicum

(Roth) G. Don

risultati nel trattamento dell’artritismo, dell’uricemia, della gotta, del reumatismo, dell’obesità e di alcune affezioni cutanee dovute al ricambio alterato. Sull’apparato respiratorio agisce come balsamico ed espettorante e vale come eupnico (ristabilisce la respirazione normale) in alcune forme di asma»8. «Io sono convinto che, anche nell’era della penicillina e della streptomicina, una modesta droga, come l’Elicriso, possa aiutare molti malati nella guarigione» (Santini L.,1948). A conferma di quanto brillantemente anticipato dal dottor Santini, negli ultimi anni è stato pubblicato uno studio realizzato dal Dipartimento di Farmacologia dell’Università di Valencia (2002)9 che ha confermato le proprietà antiflogistiche della pianta ed evidenziato proprietà antiossidanti. La ricerca è stata effettuata sia in vitro che in vivo su modelli animali. Secondo gli autori tale attività può essere spiegata attraverso “effetti multipli”, compresa l’inibizione degli enzimi infiammatori, l’azione scavenger dei radicali liberi e l’attività simil-corticoide. Un ulteriore studio condotto da un gruppo di ricercatori del Co.S.Me.Se. (Consorzio Interuniversitario per lo Studio dei Metaboliti Secondari), diretto dal prof. Mauro Ballero dell’Università di Cagliari, ha isolato da una sottospecie di elicriso (Helichrysum italicum ssp. microphyllum), particolarmente diffusa in Sardegna, un principio attivo denominato Arzanolo, in grado di manifestare in vitro proprietà antivirali nei confronti del virus dell’AIDS, e in vivo proprietà antinfiammatorie10. Uno studio recente ha dimostrato, in vitro e in vivo, come l’arzanolo sia un potente inibitore della biosintesi di mediatori lipidici proinfiammatori come le PGE(2): questo spigherebbe l’attività anti-infiammatoria di H. italicum, e offrirebbe, secondo gli autori, un ulteriore razionale per la valutazione pre-clinica di questo nuovo principio antinfiammatorio11. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1 cucchiaino di droga da caffè per tazza d’acqua bollente; infondere per 5-10 minuti. Filtrare e bere più tazze al dì. Decotto (per uso esterno): una manciata di fiori in 1 litro di acqua a bollore; far bollire coperto per 5 minuti. Spegnere e lasciare in infusione finché raffredda. Filtrare. Fare spugnature. Non sciacquare. Estratto Fluido: 1 cucchiaino, diluito in acqua, 3-4 volte al dì. Helichrysum angustifolium T.M.: 50 gocce, diluito in acqua, 3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalle sommità fiorite fresche (titolo 65°). Formulario Psoriasi Elicriso, Estratto Fluido: 1-2 cucchiaini, diluiti in acqua, 3-4 volte al dì. Tisana contro la bronchite Timo serpillo pianta 15 g Elicriso fiori ad 50 g S/2 cucchiaini da caffè per tazza, infusione di 5 minuti; 3 tazze al dì 354

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(Roth) G. Don

Curiosità • «Elicriso! Sole d’oro. Bel nome poetico, luminoso, connubio dei due vocaboli greci elios e crusòs, per allusione alla forma e al colore del capolino. I sacerdoti greci e romani – ne fa fede Plinio, al 25° cap. del XXI libro – perché ‘i pendenti corimbi, che mai si putrefanno, quando son percossi dai raggi del sole risplendono come se fosser d’oro’, adoperavano l’Elicriso per incoronare le statue degli dei» (P.E. Cattorini, 1949). • L’impiego farmaceutico dell’elicriso risale alla medicina greco-romana. Castore Durante (XVI sec.), rifacendosi al pensiero medico del tempo, riferiva che «La infusione fatta nel vino apre l’oppilazione del fegato. Il perché si dà utilmente nel trabocco del fiele e nei principii dell’hidropisia. Dassi utilmente l’erba in polvere o la sua decozione a l’urina ritenuta, perciò purga i reni e fa urinare […] medesimamente bevuta da digiuno in vino bianco inacquato, prohibisce il catarro». • In Sicilia e in Sardegna con gli steli di Elicriso si fabbricavano piccole scope rustiche. Note bibliografiche 1 Santini L., 1952, Minerva Medica 43, 714; Santini L., 1949, Rivista di Terapia Pratica, 169; Santini L., Considerazioni sugli effetti terapeutici dell’Elicriso, Tipografia Salvietti, Castelnuovo Garfagnana; Santini L., 1949, Atti della Società Lombarda di Scienze Mediche e Biol. 5, 18. 2 Campanini E., 1985, Secondo Natura, 10, 14; Campanini E., 1989, Erboristeria Domani, 1; Campanini E., Argomenti di insegnamento al Corso di Perfezionamento in Fitoterapia, Università di Siena, Facoltà di Farmacia, anni accademici 1991-1996; Campanini E., 1995, Acta Phytotherapeutica, 1, 8. 3 Niccolini P., 1954, Riv. sintetica e esperim. farmacologici, Edit. Belforte, Livorno, pp. 1-85. 4 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I, pp. 533-547. 5 Campanini E., 1995, Acta Phytotherapeutica, 1, 8. 6 Torretti M., 1952, Rassegna di Dermatologia e Sifilografia 5, 102; Biagini E., Guidi I.F., 1955, Minerva Dermatologica, 2; Vannini C., 1981, Atti II Seminario Internazionale Piante Medicinali e Medicina Tradizionale, Città di Castello, pp. 75-82. 7 Campanini E., Acta Phytotherapeutica, ibidem. 8 Cattorini P.E., 1949, Fitoterapia, 3, 51-56. 9 Sala A., Recio M., Manez S., Tournier H., Schinella G., Rios J.L., 2002, Anti-inflammatory and antioxidant properties of Helicrysum italicum, J. Pharm. Pharmacol. 54(3), 365-371. 10 Appendino G., Ottino et al., 2007, Arzanol, an anti-inflammatory and anti-HIV-1 phloroglucinol alpha-Pyrone from Helichrysum italicum ssp. microphyllum M. J Nat Prod., 70(4): 608-12.; Campanini E., 2009, Piante medicinali in Sardegna, Ilisso Edizioni, Nuoro. 11 Bauer J et al., 2011, Arzanol, a prenylated heterodimeric phloroglucinyl pyrone, inhibits eicosanoid biosynthesis and exhibits anti-inflammatory efficacy in vivo. Biochem Pharmacol. Jan 15;81(2):259-68.

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Heracleum sphondilium L.

Nome comune: Sedano dei prati; Panace; Spondilio Francese: Berce Inglese: Common cow-parsnip Tedesco: Wiesen-Bärenklau Spagnolo: Branca ursina; Espondilio Famiglia: Apiaceae Parte utilizzata: pianta intera Costituenti principali: – furanocumarine: xantoxina (= 8-metossipsoralene), bergaptene, imperatorina – frutti: olio essenziale (0,3-3%): octanoli; furanocumarine Attività principali: antidispeptica, tonica, ipotensivante Impiego terapeutico: astenia (anche sessuale); ipertensione. Uso desueto

Utilizzo medico Il suo uso in medicina è desueto1. Heracleum sphondilium L. conosce un uso popolare come pianta digestiva, utile nel trattamento dell’ipertensione, dell’astenia, compresa quella sessuale. A questo proposito Leclerc ne ha confermato l’efficacia nelle forme di astenia sessuale legate a eccessi, stress o nervosismo, e consiglia l’Estratto Fluido o l’alcolaturo alla posologia di 1-2 g al dì. Secondo P. Belaiche, vanno utilizzati preparati ottenuti da pianta fresca2. Sempre Leclerc segnala come il professor R. Paris mise a punto, a partire dai frutti, un’essenza ricca in octanoli in grado di determinare un abbassamento pressorio importante. In effetti l’alcol octilico (octanolo), scoperto nell’essenza della pianta, introdotto in terapia nel 1932 e attualmente inutilizzato, all’azione ipotensivante univa proprietà sedative, antispasmodiche, accompagnate dall’aumento della diuresi e diminuzione del tasso di urea ematica3. Le preparazioni alcoliche (tintura ecc.) venivano considerate, dallo stesso Paris, quelle più attive. H. sphondilium fa parte delle piante ricche in furanocumarine e, quindi, di quelle piante che possono esporre a un rischio di fototossicità: in seguito infatti al contatto della pianta e alla successiva esposizione solare si può manifestare una dermatite acuta, a volte accompagnata anche dalla formazione di bolle e vesciche. Le principali specie in grado di determinare fototossicità appartengono, a eccezione di Ficus carica L. (Moraceae), a due famiglie: Apiaceae e Rutaceae. Sono considerate fototossiche: Angelica archangelica L., Apium graveolens L., Apium petroselinum L., numerose specie del genere Citrus, Heracleum sphondilium L., Pastinaca sativa L., Ruta graveolens L, Dictamnus albus L.4. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Pianta fotosensibilizzante (vedi sopra). 356

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sphondilium

L.

Forme farmaceutiche e posologia Solo come nota storico-medica: Infuso: 10 g di droga in 1 litro di acqua bollente; infondere per 10 minuti. Filtrare e bere una tazza 3 volte al dì. Heracleum sphondilium T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 55°). Curiosità • La parte interna del fusto, privato della corteccia e seccato al sole, costituisce una leccornia per le popolazioni slave. • «Al kamtchatka se ne mangia il gambo decorticato, il quale fornisce una farina dolciastra: in Siberia si fa essiccare al sole, sotto i cui deboli raggi essuda un succo mucillaginoso zuccherino, che vi passa per una ghiottornia; in Russia se ne fa acquavite: il decotto fermentato si beve in Polonia come surrogato alla birra: e Thorn assicura che, mediante la coltivazione, potrebbe dare una radice tuberosa da sostituire alla pastinaca» (Scotti, 1872). • La pianta, a livello popolare, è considerata afrodisiaca. Note bibliografiche 1 Dorvault F., op. cit., p. 254. 2 Belaiche P., Manuale pratico di Fitoterapia familiare, RED Edizioni, 1988, p. 175. 3 Dorvault F, op. cit., p. 47. 4 Bruneton J., 1993, op. cit., p. 238.

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glabra

L.

Herniaria glabra L.

Nome comune: Erniaria Francese: Herniaire glabre; Herbe du turc Inglese: Smooth Rupturewort Tedesco: Kahle Bruchkraut Spagnolo: Herniaria Famiglia: Caryophyllaceae Parte utilizzata: parti aeree Costituenti principali: – saponine triterpeniche (3-9%) il cui aglicone è l’acido medicagenico – flavonoidi (0,2-1,2%); cumarine (0,1-0,4%): erniarina (etere metilico dell’umbelliferone); paronichina (alcaloide: in tracce) – olio essenziale (0,06%)1; tannini; tracce vitamina C (foglie) Attività principali: spasmolitiche; diuretiche, astringenti, antisettiche, Impiego terapeutico: affezioni vie urinarie; litiasi uratica

Utilizzo medico Nella medicina popolare trovava impiego come pianta depurativa. Le proprietà diuretiche attribuite da sempre alla pianta sarebbero sostenute dalle saponine2. H. glabra viene utilizzata nel trattamento della cistite cronica, nell’uretrite e, grazie alle proprietà spamolitiche (flavonoidi), nella minzione dolorosa (tenesmo). L’eniarina e la paronichina «agirebbero sulla muscolatura vescicale, senza dar luogo ad azioni secondarie nocive»3. La pianta presenta inoltre proprietà uricosuriche in quanto le saponine impedirebbero la formazione dei calcoli, il che la renderebbe adatta al trattamento della litiasi uratica (Leclerc). Negri consiglia l’assunzione dell’Estratto Fluido o della polvere. Nell’Estratto della monografia della Commissione E del BfArM (1986) si legge: «L’Erniaria viene utilizzata nel trattamento e nella prevenzione di malattie e disturbi dei reni e delle vie urinarie, delle vie respiratorie, contro le neuriti, la gotta e i reumatismi, nonché per depurare il sangue. L’efficacia della droga per tali indicazioni non risulta sufficientemente dimostrata». Tossicità, interazioni ed effetti secondari In letteratura si trova l’avvertenza (anche se datata) di evitare l’uso in caso di malattie renali e di calcolosi biliare4. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1,5 g per tazza. Infondere per 10 minuti; 2-4 tazze al dì. Polvere: 2 cucchiai da tè per tazza, 2 volte al giorno. Estratto Fluido:10-20 gtt, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Herniaria glabra T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. 358

118 • Herniaria

glabra

L.

Note di galenica L’essiccamento compromette l’attività della pianta, per cui è consigliabile utilizzare la pianta fresca. Non utilizzare il decotto ma l’infusione o, meglio, la macerazione: i principi attivi sono volatili5. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Curiosità • La credenza popolare attribuiva alla pianta la proprietà di guarire l’ernia. Note bibliografiche 1 Negri G., op. cit., p. 104. 2 Bruneton J., 2009, op. cit, p. 860. 3 Negri G., op. cit., ibidem. 4 Negri G., op. cit., ibidem. 5 Van Hellemont J., op. cit., p. 198.

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Hibiscus sabdariffa DC.

Nome comune: Ibisco-Carcadé-Rosella Francese: Oseille de Guinée, Roselle, Karkadé Inglese: Roselle Tedesco: Roselle Spagnolo: Rosa de Jamaica; Rosa de Abisinia Famiglia: Malvaceae Parte utilizzata: fiori (calice, epicalice) Costituenti principali: – acidi organici (15-30%): acido ibiscico (23%), acido citrico, acido ossalico, acido tartrico, acido malico (12-17%) (conferiscono il sapore gradevolmente acidulo alla tisana) – polisaccaridi: ramnogalatturano di tipo pectico e arabinogalattano neutro1 – composti fenolici: acido protocatechico, flavonoidi, antocianosidi (delfinidina, cianidin3-O-sambubiosidi ecc.) – composti volatili: exenoli e α- terpineolo – acido ascorbico, tannini, mucillagini e fitosteroli Attività principali: rinfrescanti; diuretiche; antinfiammatorie; lenitive; coloranti Impiego terapeutico: come bevanda dissetante; stipsi cronica

Utilizzo medico Con i fiori del carcadé (o Tè rosa di Abissinia), pianta originaria dell’Africa tropicale, si ottiene una bevanda lievemente acidula dotata di attività dissetante (in particolare se bevuta fredda con una fettina di limone), rinfrescanti, diuretiche, vitaminizzanti (> vitamina C), antinfiammatorie e lenitive. Si tratta di una bevanda tonica (priva di caffeina) indicata nelle astenie funzionali2 e rappresenta un «un vero tè della salute». Il bel colore rosso del fiore è dovuto ai pigmenti flavonici e antocianici: la loro presenza conferisce proprietà angioprotettrici. L’elevata concentrazione di acidi organici, ad azione lassativa, rende l’infuso utile come blando lassativo nei casi di stipsi cronica. Gli acidi organici, difficilmente assorbibili, determinano infatti per osmosi, se il carcadè viene assunto in grandi quantità, azione lassativa3. È stata evidenziata azione epatoprotettiva, nel modello animale, dell’estratto acquoso di H. sabdariffa L. e dei pigmenti antocianici isolati dai calici fiorali in caso di epatotossicità indotta da paracetamolo4. Studi successivi hanno evidenziato proprietà epatoprotettive5, antiossidanti e moderatamente ipotensivanti6. L’azione ipotensivante dipenderebbe sia dall’azione diuretica che dall’inibizione dell’enzima di conversione dell’angiotensina7. Uso esterno Per la presenza di polifenoli e mucillagini manifesta azione lenitiva per pelli infiammate. Può essere utilmente associato a Rusco, Ippocastano, Calendola, Mirtillo, Malva ecc. 360

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sabdariffa

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Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dal calice e dall’epicalice o caliculo, essiccati, interi o frammentati, raccolti durante il periodo della fruttificazione, contenenti non meno di 13,5% di acidi, espressi come acido citrico. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1,5 g di droga in 150 ml di acqua bollente; lasciare in infusione per 5-10 minuti. Filtrare e bere più tazze al dì. Oppure: un cucchiaio da minestra in 1 litro di acqua bollente. Estratto secco (1:2): 50-100 mg per cps, 1-2 cps 3 volte al dì. Hibiscus sabdariffa T.M. 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica Gli antociani sono responsabili della caratteristica colorazione rossa alla tisana. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dai semi essiccati (titolo 65°). Formulario Sovrappeso Hibiscus s. E.S. 50 mg per cps, 1 cps 2 volte al dì + Orthosiphon s. T.M. Silybum m. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Curiosità • I fiori possono entrare nella preparazione di salse, gelatine, marmellate, vini; le foglie possono essere mangiate in insalata. Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 27. 2 Note explicative de l’Agence du médicament (1998). 3 Wichtl M. et al., op. cit., p. 267; Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 193. 4 Ali B. et al., 2003, Phytother. Res. 17, 56-59. 5 Yin G, 2010, Hepatoprotective and antioxidant effects of Hibiscus sabdariffa extract against carbon tetrachloride-induced hepatocyte damage in Cyprinus carpio. In Vitro Cell Dev Biol Anim. Nov 17. 6 Herrera-Arellano A et al., 2004, Effectiveness and tolerability of a standardized extract from Hibiscus sabdariffa in patients with mild to moderate hypertension: a controlled and randomized clinical trial. Phytomedicine. 11(5):375-82. 7 Ojeda D, Jiménez-Ferrer E et al., 2010, Inhibition of angiotensin convertin enzyme (ACE) activity by the anthocyanins delphinidin- and cyanidin-3-O-sambubiosides from Hibiscus sabdariffa. Ethnopharmacol. 8;127(1):7-10.

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pilosella

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Hieracium pilosella L.

Nome comune: Pilosella Francese: Piloselle; Oreille de souris; Épervière Inglese: Mouse ear Tedesco: Kleines Habichtskraut Spagnolo: Pelosella Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: pianta intera Costituenti principali1: – umbelliferone-7-glucoside (cumarina); derivati orto-idrossicinnamici (2,5%): acido caffeico e clorogenico – flavonoidi; triterpeni; tannini; inulina (radice) – olio essenziale Attività principali: diuretica, antisettica; astringente; colagoga Impiego terapeutico: ritenzione idrica; trattamento del sovrappeso e cellulite

Utilizzo medico La Pilosella venne segnalata per la prima volta dalla Badessa di Bingen, Santa Hildegarda, nel XII secolo e da allora viene utilizzata per le sue proprietà diuretiche. Da segnalare che solamente la pianta fresca esplica al massimo tale proprietà (raddoppia il volume di urina). All’attività diuretica si associa inoltre un’azione antiurica, declorurante e antisettica e, in particolare, vengono favoriti i processi riparativi a livello della mucosa vescicale. Parte delle proprietà sono dovute all’umbelliferone, un’idrossicumarina dotata di attività antibiotica, soprattutto nei confronti della Brucella. Trova pertanto indicazione nel trattamento di cistiti ricorrenti, colibacillosi, litiasi urinaria, ma anche cellulite e sovrappeso. La Note explivative de l’Agence du médicament (1998) riconosce alla pianta le proprietà diuretiche. La Pilosella esercita inoltre un’azione coleretica e colagoga che sostiene e favorisce l’attività antitossica del fegato. La pianta era utilizzata in passato, per la presenza dei tannini, come antiemorragica, astringente e favorente i processi cicatriziali nelle emorragie interne ed esterne, traumatiche o infettive e nelle diarree croniche2. La medicina popolare utilizzava la polvere delle foglie essiccate, in prese nasali, per arrestare le epistassi e a volte l’infuso in gargarismi astringenti nel mal di gola3. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Come per tutte le piante ad azione diuretica, prestare attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci diuretici (possibile sommazione d’effetto). Si consiglia di evitare in gravidanza e allattamento per mancanza di dati clinici e farmacologici esaustivi (solo prescrizione medica, per uso limitato). 362

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pilosella

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Forme farmaceutiche e posologia Infuso al 10%, 3-4 tazze al dì. Estratto Fluido: 2-5 g al dì. Estratto secco (titolazione in derivati diidrossicinnamici totali al 2,5% minimo); 1 cps 1-3 volte al dì. Hieracium pilosella T.M. 50 gocce, diluite in acqua, 1- 3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Sovrappeso Orthosiphon s. T.M. Hieracium p. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce 3 volte al dì, diluite in un bicchiere d’acqua, per un mese Artrite gottosa e litiasi urinaria da iperuricemia Hieracium p. T.M. Physalis a. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Artrosi Harpagophytum p. T.M. Cynara s. T.M. Hieracium p. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, prima di pranzo e cena Sovrappeso Fucus v. Vitis vinifera Hieracium p. Spiraea u. S/1 capsula prima dei 3 pasti

E.S. E.S. E.S. E.S. aa 100 mg.

Curiosità • La Badessa di Bingen, Santa Hildegarda, nel XII secolo segnalò per la prima volta le virtù terapeutiche della pianta indicandola come “tonico del cuore”. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 316. 2 Proserpio G. et al., op. cit., p. 484. 3 Dictionnaire Larousse, op. cit., p. 192.

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rhamnoides

L.

Hippophae rhamnoides L.

Nome comune: Olivello spinoso Francese: Argousier Inglese: Sea-buckthorn Tedesco: Sanddorne Spagnolo: Espino amarillo Famiglia: Elaeagnaceae Parte utilizzata: frutti, semi; foglie Costituenti principali: Frutti – acido ascorbico (da 0,5g a più di 5g/ kg)1; flavonoidi (1,5-2 g/kg) – proantocianidoli (1,1-3 g/kg); triterpeni; acido clorogenico – acido malico, malato di calcio, mannite; pectine; provitamina A, B1, B2, B6 ed E – acidi grassi insaturi (semi): linoleico e α-linolenico; caroteni e tocoferoli (semi) Foglie: – triterpeni, tannini (6-11%) gallici e catechici Attività principali: proprietà toniche e vitaminizzanti, corroboranti; proprietà astringenti e antinfiammatorie (uso topico); azione epitelizzante e cicatrizzante (olio) Impiego terapeutico: prevenzione delle malattie infettive; deficienze immunitarie; convalescenza, astenia funzionale; processi flogistici a carico della mucosa orale (uso topico)

Utilizzo medico Il nome della pianta deriva da hippos = cavallo e phao = uccido, in quanto si riteneva che il frutto fosse velenoso. I frutti, leggermente aromatici e astringenti, sono utilizzati nel nord Europa per speziare le salse di pesce, per preparare marmellate e, in Siberia, per preparare una vodka. Nel XVI secolo erano conosciuti come purgativi, mentre le foglie e i fiori erano utilizzati contro la gotta, i reumatismi, le eruzioni cutanee, i raffreddori. La ricchezza in acido ascorbico ne caratterizza l’attività e l’impiego terapeutico. La vitamina C non è sintetizzata dall’uomo e deve essere, quindi, introdotta con l’alimentazione. L’assunzione giornaliera raccomandata in vitamina C varia in base a sesso, età, igiene di vita ecc. Negli Usa, il National Research Council indica per gli adulti in 60 mg la posologia ottimale. Alcuni autori, però, indicano in 100 mg/die la posologia necessaria per il mantenimento di un buono stato di salute. I frutti presentano proprietà toniche e vitaminizzanti e si usano nella prevenzione delle malattie infettive, nelle deficienze immunitarie, nelle convalescenze, come corroboranti nelle astenie funzionali e per migliorare l’appetito facilitando il raggiungimento del peso ottimale in soggetti astenici (succo, 20 g al dì o sciroppo 40 g al dì), nell’anemia ecc. Un adeguato apporto in vitamina C è utile, inoltre, durante il periodo post-operatorio o nel corso della guarigione di ferite superficiali in quanto una sua supplementazione contribuisce alla prevenzione delle infezioni e promuove i processi riparativi della cute. La vitamina C contribuisce anche alla salute dei denti e delle gengive. Importante 364

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rhamnoides

L.

inoltre l’azione antiossidante esercitata dall’acido ascorbico che viene rinforzata dalla presenza nel fitocomplesso della vitamina E, del β-carotene e dei flavonoidi. Le proprietà antiossidanti della pianta svolgerebbero un’azione di protezione nei confronti del rischio cardiovascolare con riduzione della viscosità ematica e miglioramento della funzionalità cardiaca2. Sembra inoltre che il consumo regolare di succo di olivello favorisca l’aumento del colesterolo HDL (colesterolo buono) riducendo i fenomeni ossidativi associati al colesterolo LDL (colestrolo cattivo)3. È stato dimostrato, infatti, che i flavonoidi presenti nell’Hippophae r. possiedono una attività scavenger nei confronti dei radicali liberi e, quindi, un’azione antiperossidante in grado di proteggere le membrane dai gravi fenomeni degenerativi indotti dai perossidi dei lipidi4. L’Olivello spinoso non rappresenta solamente una preziosa fonte di vitamina C: sono stati condotti, ad esempio, studi sulla frazione lipidica della buccia dei frutti utilizzando modelli di ulcera gastrica sperimentalmente indotta in topi (reserpina). Tali studi hanno evidenziato una netta azione profilattico-curativa (azione cicatrizzante) dell’olio ottenuto dall’Olivello spinoso. È stato dimostrato anche che le sostanze contenute nei frutti di H. rhamnoides hanno la capacità di diminuire notevolmente l’attività proteolitica delle proteasi acide della mucosa gastrica e della pepsina cristallina. L’inibizione della proteolisi, e di conseguenza la riduzione del principio aggressivo, riveste, senza dubbio, un ruolo significativo nel processo di cicatrizzazione dell’ulcera gastrica. Gli autori, pertanto, ritengono che l’olio grazie alla dimostrata proprietà di stimolare i processi riparativi, possa rientrare tra i prodotti atti alla terapia dell’ulcera gastrica anche per la totale assenza di qualsiasi azione secondaria. Sperimentazioni condotte, dagli stessi autori, su cavia (ustione chimica della pelle) hanno confermato l’azione epitelizzante e cicatrizzante. Indubbiamente anche la presenza dei flavonoidi, per l’attività capillaroprotettrice, antinfiammatoria e cicatrizzante, contribuisce a questo effetto. È stato segnalato che in caso di dermatite atopica l’assunzione di olio di H. rhamnoides (capsule) sembra migliorare leggermente il quadro clinico5. Per l’olio di olivello è stata segnalata anche un’attività antiaggregante piastrinica6. Una ricerca7 effettuata dall’Università di Turku (Finlandia) e pubblicata sul Journal of Nutrition ha formulato l’ipotesi che l’olio possa contribuire a migliorare la salute degli occhi, in particolare nella sindrome dell’occhio secco (scarsità delle lacrime o rapida evaporazione del liquido lacrimale, arrossamento, bruciore, sensazione di corpo estraneo nell’occhio, fotofobia ecc), disturbo che colpisce prevalentemente dai 50 anni in poi e chi fa uso continuativo di lenti a contatto. Lo studio, durato 3 mesi e svolto in doppio cieco randomizzato, è stato condotto su 86 pazienti che hanno ricevuto quotidianamente un supplemento di olivello spinoso da aggiungere alla propria dieta. L’olio, come già segnalato, è ricco in acidi grassi omega-3 e omega-6, vitamina E, vitamina C e antiossidanti vari, fattori in grado di proteggere l’occhio dai danni ossidativi. Al termine dello studio i ricercatori, che auspicano ulteriori studi, hanno rilevato un netto miglioramento nei soggetti che avevano assunto tale supplementazione. La ricerca ultimamente sta indagando le potenzialità antitumorali dell’olio8. Sperimentazioni su cavia hanno segnalato che l’olio ottenuto dai frutti può essere impiegato topicamente per facilitare la guarigione in caso di ustioni e ferite cutanee9. Ai frutti sono riconosciute proprietà astringenti e antinfiammatorie in particolare volte a rassodare le gengive e a lenire i processi flogistici a carico della mucosa orale. Nota: La Tintura Madre si ottiene dai giovani rametti freschi con foglie, per cui la T.M. trova indicazione, per la ricchezza in tannino, nell’uso topico, come astringente e, per via interna, nel trattamento di lievi forme di enterite. 365

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Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Per la ricchezza in vitamina C dei frutti (la vitamina C può aumentare l’escrezione degli ossalati) se ne sconsiglia l’uso continuativo in presenza di calcolosi renale. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 5 g per 100 ml di acqua Decotto: 4 g in 100 ml di acqua, 1-2 tazzine al dì (per uso esterno) Succo: 20 g al dì; Sciroppo: 40 g al dì Hippophae rhamnoides T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì Note di galenica La Tintura Madre si prepara dai giovani rametti fogliati freschi (Titolo 65°) Curiosità • L’Olivello spinoso è un arbusto spinoso assai ramificato, dalle foglie argentate, che può arrivare a 2-3 metri di altezza. Lo studio sulla composizione chimica delle foglie ha rappresentato un dato necessario per definire l’autoecologia di Hippophae rhamnoides. La pianta, infatti, ha suscitato un interesse crescente per la presenza di nodosità fissatrici d’azoto atmosferico: le molteplici analisi fogliari effettuate hanno messo in evidenza un livello particolarmente elevato rispetto ad analoghi generi. La concentrazione varia dal 5 al 3% per tutto il periodo della vegetazione, manifestando il valore più elevato durante il germogliare primaverile. Anche la corteccia di questo arbusto si è dimostrata ricca in azoto (2%), così come le nodosità delle radici, che contribuiscono in questo modo ad arricchire il suolo10. Nelle foglie si trovano Ca (1,2%), K (0,70%) e Mg (0,15%)11. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 25. 2 Suomela JP, Ahotupa M et al., 2006, Absorption of flavonols derived from sea buckthorn (Hippophae rhamnoides L.) and their effect on emerging risk factors for cardiovascular disease in humans. J Agric Food Chem. 20;54(19):7364-9; Basu M et al., 2007, Anti-atherogenic effects of seabuckthorn (Hippophaea rhamnoides) seed oil. Phytomedicine. 14(11):770-7. 3 Eccleston C, Baoru Y et al., 2002, Effects of an antioxidant-rich juice (sea buckthorn) on risk factors for coronary heart disease in humans. J Nutr Biochem. 13(6):346-354. 4 Costantino L. et al., 1994, Fitoterapia, vol. LXV, 1. 5 Yang B, Kalimo KO et al., 1999, Effects of dietary supplementation with sea buckthorn (Hippophae rhamnoides) seed and pulp oils on atopic dermatitis. J Nutr Biochem. 10(11):622-30. 6 Johansson AK, Korte H et al., 2000, Sea buckthorn berry oil inhibits platelet aggregation. J Nutr Biochem. 11(10):491-5. 7 Larmo PS et al., 2010, oral sea buckthorn oil attenuates tear film osmolarity and symptoms in individuals with dry eye. J Nutr. 140(8):1462-8. 8 Zeb A., 2006, Anticarcinogenic potential of lipids from Hippophae-evidence from the recent literature. Asian Pac J Cancer Prev. 7(1):32-5. Review. 9 Upadhyay NK et al., 2009, Safety and healing efficacy of Sea buckthorn (Hippophae rhamnoides L.) seed oil on burn wounds in rats. Food Chem Toxicol. Feb 10. 10 Stewart, Pearson, 1967, Plant &Soil, XXVI, pp. 348-360. 11 Bull. Soc. Roy. Bot. Belgique, vol. 102, 1969, p. 467; Lieutaghi P., 1975, Il libro dei frutti selvatici, Rizzoli, Milano, p. 167.

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Humulus lupulus L.

Nome comune: Luppolo Francese: Houblon Inglese: Hop plant Tedesco: Hopfen Spagnolo: Lúpulo Famiglia: Cannabaceae (= Cannabinaceae o Cannabidaceae) Parte utilizzata: infiorescenza femminile (coni o strobili) Costituenti principali1: – principi amari (resine): 10-30% dai coni e 50-80% dalle ghiandole a luppolino (ottenute per setacciatura dei coni): umulone, lupulone e loro derivati – olio essenziale*: 0,05 -1,7% nei coni, 1-3% nelle ghiandole secretrici: mircene (25-62%), α-cariofillene (= umulene, 3,5-42%), β-cariofillene (2,7-17%), farnesene (0,1-21%); linalolo, trans-4,5-epossi-(E)-dec2-enale, 2-metil-3-buten-2-olo, esteri di acidi (acetico, proprionico, isobutirrico, isovalerianico), alcol alifatici ecc. * sono state identificate oltre 150 sostanze aromatiche2 – eterosidi di flavonoli: astragalina, isoquercitrina, quercitrina, rutina – calconi: xantumolo (3’prenil-6’-O-metilcalcone), desmetilxantumolo (6- e 8prenilnaringenine) ecc. – acidi fenilacrilici e fenilcarbonici: acido ferulico, caffeico e loro esteri (acido cloreogenico e neocloregenico), acidi gallico e vanillico – polisaccaridi; tannini: 2-4 % Attività principali: amaro-tonica, digestiva; sedativa, induttrice del sonno; batteriostatica; estrogenica Impiego terapeutico: stati di ipereccitabilità, insonnia di origine nervosa, stati di tensione; menopausa; dispepsia

Utilizzo medico Dal punto di vista clinico al Luppolo vengono attribuite proprietà sedative e risulta utile nel trattamento di stati di ipereccitabilità, insonnia di origine nervosa, stati di tensione. Si tratta, infatti, di un ottimo sedativo ed equilibratore nervoso. Commissione E del BfArM ed European Scientific Cooperative on Phytotherapie (ESCOP) hanno approvato l’uso, convalidato dalla tradizione, dei coni di luppolo nel trattamento delle turbe minori del sonno, nell’ansia e nell’agitazione nervosa. L’HMPC lo ritiene utile anche per alleviare i sintomi dello stress mentale. In virtù delle proprietà amare e aromatiche viene impiegato come stomachico, per stimolare l’appetito, e nella dispepsia nervosa. In quest’ultima forma può contribuire a smorzare l’ipersen367

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sibilità riflessa dello stomaco e, nello stesso tempo, tonificarne la funzione muscolare e stimolarne la secrezione ghiandolare. «Combatte assieme l’elemento spasmo e l’elemento astenia: è il bilanciere che permette di mantenere il giusto equilibrio delle funzioni digestive» (Leclerc H.). Sarebbe utile come coadiuvante nell’anoressia. Ormai sono numerosi gli autori che riconoscono alla pianta l’attività sedativa mentre, per quanto riguarda i principi responsabili di tale proprietà, esistono ancora molti interrogativi. Il particolare sapore del Luppolo si deve ad alcuni suoi costituenti, in particolare umulone e lupulone. Tali costituenti presentano una struttura che ricorda quella dell’iperforina presente nell’Iperico, ma «si sono rivelati sprovvisti di proprietà sedative (cavia) o induttrici del sonno (uomo)»3. Durante lo stoccaggio della pianta producono per ossidazione un composto volatile, il 2-metil-3-buten-2-olo, alcol volatile a cui da sempre è attribuito l’effetto sedativo (soporifero) della droga. Il 2-metil-3-buten-2-olo, in esperimenti condotti su animali da laboratorio, si è dimostrato fortemente sedativo: induce, infatti, nella cavia narcosi e diminuzione della motilità nel ratto. Si ritiene che tale alcol si formi dal lupulone anche dopo l’assunzione orale4. Secondo alcuni autori il Luppolo sarebbe più attivo se inalato: tale droga è correlata botanicamente alla marijuana e c’è chi sostiene che il Luppolo una volta fumato possa provocare blanda euforia5. In vitro un estratto ricco in flavonoidi interagisce con i recettori per la serotonina e la melatonina (dato non confermato in vivo)6. Umulone e lupolone manifestano proprietà battericide e antifungine: grazie all’azione sedativa e battericida la pianta viene impiegata utilmente, ad esempio, nella pertosse. I coni del Luppolo manifestano anche proprietà estrogeniche. Nel 1953 venne segnalata la possibile presenza di sostanze ormonosimili di tipo estrogenico nella pianta. La segnalazione scaturì dall’osservazione della presenza, in raccoglitrici di Luppolo, di turbe mestruali con regolare comparsa delle mestruazioni 2 giorni dopo l’inizio del raccolto e indipendentemente dal periodo del ciclo in cui le donne si trovavano. Tali sostanze sarebbero presenti, anche se in modestissime quantità poiché in gran parte distrutte durante la fermentazione, nella birra luppolizzata; per cui birre luppolizzate sarebbero da consigliare in quei casi in cui è indicata la somministrazione prolungata, e a dosi deboli, di estrogeni, come nelle turbe del climaterio e nell’ipersessualità maschile (come anafrodisiaco, nell’eiaculazione precoce e nella polluzione notturna). Data la facilità con cui gli estrogeni vengono assorbiti per via transcutanea, veniva in passato preconizzato l’impiego di preparati di Luppolo per impacchi o bagni nei casi in cui era indicata una terapia estrogenica. Negli ultimi anni la ricerca ha individuato nella 8-prenilnaringenina un agonista dei recettori dell’estradiolo (ERα in particolare)7. Alcuni autori mettono in dubbio l’attività estrogenica e affermano che la concentrazione nei coni di principi estrogenici è talmente bassa che “per ottenere un effetto estrogenico equivalente a 2 mg di 17β-estradiolo, bisognerebbe consumare giornalmente circa 400 Kg di coni di luppolo o 1000 litri di birra”8. L’attività estrogenica, tuttavia, è stata riconosciuta in numerose sperimentazioni su utero di cavia, ed è molto probabilmente la risultante di una sinergia fra diversi costituenti del fitocomplesso. Nei disturbi della menopausa l’uso della pianta può contribuire ad attenuare i sintomi vasomotori: un piccolo studio clinico effettuato su 67 donne in menopausa che avevano assunto per 12 settimane un estratto di luppolo titolato in 8-prenilnaringenina ha evidenziato una superiorità di questo preparato rispetto al placebo nel ridurre le vampate di calore9. 368

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Uso esterno Vengono consigliate pomate al 30% per il trattamento di piaghe che cicatrizzano male. Tali preparazioni manifestano, infatti, proprietà antipruriginose e blandamente anestetiche. Nella monografia ESCOP viene segnalata la preparazione di un “cuscino al luppolo” per favorire il riposo notturno dei bambini: «fino a 500 g di luppolo strobili secco (precedentemente conservato per 2 anni)». Tossicità, interazioni ed effetti secondari Non conosciuti ai dosaggi terapeutici. Per la segnalazione della presenza di sostanze estrogeniche è comunque sconsigliabile l’impiego nelle donne in gravidanza, che allattano, mastectomizzate e nell’infanzia. Il luppolo può determinare reazioni allergiche in persone sensibili. In passato sono state osservate dermatiti da contatto nei raccoglitori di Luppolo: si tratterebbe di casi di sensibilizzazione con tossidermie che comparivano solo nel mese di settembre in rapporto al ciclo vegetativo della pianta nelle regioni in cui questi casi vennero osservati10. Il luppolo può avere un effetto depressivo additivo quando somministrato con farmaci che hanno attività antidepressiva (antidepressivi triciclici e di nuova generazione), sedativa (benzodiazepine) e anticonvulsivante (fenitoina, fenobarbital, carbamazepina, acido valproico). L’eccessiva depressione del sistema nervoso centrale si manifesta con sonnolenza, vertigini, alterazione della coordinazione motoria e della concentrazione11. Se ne sconsiglia l’uso in concomitanza con tamoxifene12. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla infiorescenze femminili essiccate, generalmente intere, di Humulus lupulus L. Forme farmaceutiche e posologia Posologia unitaria per via orale: adulto e adolescente di più di 12 anni (EMEA/HMPC)13: 0,5-1 g di polvere (infiorescenze) o 0,5-2 g di infiorescenze essiccate in infusione; da 0,5 a 2 ml di estratto liquido (1:1, alcol a 45%); da 2 a 4 ml di tintura (1:5, etanolo a 60%), fino a 4 volte al giorno in caso di stress, 1 oppure 2 dosi 1/2 prima di coricarsi ed eventualmente una dose più tardi nella serata in caso di turbe del sonno. Infuso: 0,5-1 g di infiorescenze in 150 ml di acqua bollente. Lasciare in infusione in un recipiente ben chiuso per 10 minuti; filtrare e bere sia durante il giorno che prima di coricarsi. Polvere: 200 mg per capsula (in associazione con altre piante medicinali ad azione sedativa): 1 cps 1-3 volte al dì. Estratto Secco: 100-200 mg per capsula (in associazione con altre piante medicinali ad azione sedativa): 1 cps 1-3 volte al dì. Humulus lupulus T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica Nella droga, conservata da circa 2 anni, aumenta la presenza di un alcol volatile (0,15%), il metilbutenolo, prodotto di ossidazione dell’umulone e lupulone. Nelle foglie fresche tale costituente è presente in tracce. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalle infiorescenze femminili (coni) fresche (titolo 55°). 369

122 • Humulus Formulario Turbe nervose della menopausa Humulus l. Valeriana o. S/1 cps 3 volte al dì

lupulus

L.

E.S. 150 mg E.S. 150 mg per cps

Gocce antiateromasiche Humulus l. T.M. Melilotus o. T.M. Taraxacum o. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì Curiosità • Il Luppolo veniva usato come imbottitura nei guanciali per propiziare il sonno. • La pianta è nota come ingrediente che conferisce alla birra, altrimenti insipida, il suo sapore amaro-aromatico. Attorno al IX secolo i tedeschi iniziarono a introdurre nella birra il Luppolo sia per aromatizzarla sia come conservante. • Humulus dal latino humeo = essere umido, perché la pianta preferisce il suolo umido. Lupulus: diminutivo di lupus salicarius (Plinio), perché attorcigliandosi la pianta attorno ai giovani salici, che crescono nei luoghi umidi, ne ostacola la vegetazione e li fa morire, anche perché esaurisce il terreno. • Scrive Lemery (Trattato universale delle droghe semplici, Padova 1735) che le cime delle piante giovani «sono buone da mangiare come asparagi» e che «le foglie e le cime tenere del Luppolo sono usate in decozione nelle malattie del fegato, della milza, per purificare il sangue, per muovere l’orina […]» • «Ma è veramente gran cosa che così poco l’usano i medici dè tempi nostri, essendo egli medicina così buona», così si esprimeva Mattioli nei suoi Discorsi (Venezia, 1557). Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., pp. 275-277. 2 Wichtl M. et al., op. cit., p. 306. 3 Bruneton J., Phytothérapie…, op. cit., p. 542. 4 Wichtl M. et al., op. cit., p. 306. 5 Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 256. 6 Bruneton J., 2009, p. 542. 7 Ibidem. 8 Teuscher E. et al., op. cit., p. 277. 9 Heyerick A, Vervarcke S et al., 2006, A first prospective, randomized, double-blind, placebocontrolled study on the use of a standardized hop extract to alleviate menopausal discomforts. Maturitas. 20;54(2):164-75. 10 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 905. 11 Harkness R, Bratman S., 2001, Drug-Herb-Vitamin Interaction Bible. Web site www.primapublishing.com. 12 Capasso F., 2011, op. cit., p. 260. 13 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 542.

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canadensis

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Hydrastis canadensis L.

Nome comune: Idraste; Radice gialla Francese: Hydrastis; Racine orange Inglese: Golden seal Tedesco: Kanadische Orangenwurzel Spagnolo: Hidrastis Famiglia: Ranunculaceae Parte utilizzata: rizoma e radici Costituenti principali: – alcaloidi isochinolici (3-6%): idrastina (1,5-4%), berberina (0,5-6%), protoberberina, canadina ecc. – amido, resina amara, olio essenziale – fitosteroli Attività principali: vasocostrittrice, ipertensiva; ossitocica; vulneraria e antisettica Impiego terapeutico: insufficienza veno-linfatica, emorroidi; polimenorrea, menorragia

Utilizzo medico L’Hydrastis era utilizzata, come droga tintoria (giallo) e come medicamento attivo contro le emorragie e per curare le infezioni della pelle, degli occhi e gastro-intestinali, dagli Indiani Cherokee che trasmisero questa conoscenza agli Europei. La berberina è dotata di proprietà batteriostatiche a deboli dosi, battericide a dosaggi più elevati. In vitro è risultata immunostimolante e attiva nei confronti di diversi germi, quali stafilococco, streptococco, salmonelle, proteus, vibrioni ecc. È risultata anche fungicida e tossica verso diversi protozoi (Leishmanie, Plasmodium ecc.). Inibirebbe anche l’adesione dei batteri patogeni. Diminuisce inoltre il peristaltismo intestinale1. L’idrastina a bassi dosaggi (0,03-0,10 g) si rivela un vasocostrittore centrale, un ipertensore e un ossitocico in grado di aumentare il tono e le contrazioni dell’utero. A forti dosaggi manifesta azione tossica provocando convulsioni a cui segue paralisi del bulbo e del midollo. La Berberina è, al contrario, un ipotensore2. La canadina risulta dotata di azione deprimente il SNC3. È stato segnalato che gli estratti metanolici dei rizomi della pianta (in cui sono presenti i due alcaloidi isochinolici, berberina e idrastina) sono risultati attivi nell’inibire la crescita dell’Helicobacter pylori4. Analogamente alla segale cornuta, H.canadensis presenta azione ossitocica5. Per prevenire le menorragie, ad esempio, dovrebbe essere somministrata prima delle mestruazioni: la sua attività si manifesta infatti lentamente6. Uso esterno La pianta conosce un uso come vulneraria e antisettica nel trattamento di ferite e piaghe, e come astringente e antinfiammatoria, nelle flogosi delle mucose accessibili. Per uso topico, viene associata vantaggiosamente a piante dotate di azione vascu371

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canadensis

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loprotettrice nel trattamento dell’insufficienza venolinfatica e nel trattamento delle emorroidi (Hamamelis, Aesculus, Ruscus ecc.). Come vasocostrittrice rientra nella formulazione di colliri. In linea di massima, poiché mancano gli studi clinici, se ne consiglia solo l’uso topico. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La tossicità della pianta è mal conosciuta e non si hanno dati sulle conseguenze di un uso prolungato (per os). Secondo la Commissione E del BfArM, 0,5 g di berberina7 o più possono provocare letargia, epistassi, dispnea, irritazioni cutanee e oculari, nefrite, turbe digestive, nausea, vomito diarrea ecc.8. Si sconsiglia l’uso in gravidanza (azione ossitocica), durante l’allattamento, nei soggetti ipertesi e in pediatria. Per la presenza degli alcaloidi è possibile, a dosaggi elevati, la comparsa di disturbi intestinali e a carico del sistema nervoso. L’uso continuativo è sconsigliato: assumere per non più di 3 settimane e con intervallo minimo di 2 settimane fra i cicli terapeutici. Rispettare la posologia. Nell’uso interno, si consiglia vigilanza in caso di assunzione contemporanea di farmaci anticoagulanti. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dal rizoma e dalla radice essiccate, intere o tagliate, contenenti al minimo 2,5% di idrastina e 3% di berberina. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: mezzo/un cucchiaino da tè di radice polverizzata per tazza d’acqua bollente, lasciare in infusione per 10 minuti. Bere 2 tazze al dì. Estratto Fluido: 0,50-4 g al dì in 4-5 somministrazioni. Polvere: 0,2 g al dì (pari a circa 5 mg di principio attivo, oppure a 100 gocce di T.M.). Estratto secco: 30 mg per cps (associata ad altre piante): fino a 120 mg al dì. Hydrastis canadensis T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì. Note di galenica La berberina è solubile in acqua, mentre l’idrastina in cloroformio9. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal rizoma e dalle radici essiccate (titolo 65°). Formulario Emorroidi (Fauron-Moatti) Hydrastis c. T.M. Ruscus a. T.M. Cupressus s. T.M. aa q. b. p. 125 ml S/30 gocce, diluite in poca acqua zuccherata, 2 volte al dì Ragadi anali (Fauron-Moatti) Hydrastis c. T.M. 1 g Hamamelis v. T.M. 1 g Vitis v. T.M. 1 g Aesculus h. E. molle 2 g Hamamelis v. E. molle 2 g Lanovaselina 100 g S/Applicare la pomata 1-3 volte al dì 372

123 • Hydrastis

canadensis

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Prostatite (Fauron-Moatti) Hydrastis c. E.S. 0,080 g Ruscus a. E.S 0,120 g Hamamelis v. E.S. 0,120 g S/1 cps 3 volte al dì Curiosità • La pianta venne introdotta nella medicina europea nel 1861, in Inghilterra, quindi arrivò in Germania (1883) ove venne utilizzata in particolar modo in ambito ginecologico (menorragie e metrorragie, dismenorrea). Inizialmente trovò impiego anche nella terapia antimalarica. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 1066. 2 Paris R.R., Moyse H., op. cit., vol. II, p. 147. 3 Capasso F., Grandolini G.,1996, op. cit., p. 246. 4 Mohady G.B. et al., 2003, Phytother. Res. 17, 217-221. 5 Proserpio G. et al., op. cit., p. 610. 6 Dorvault F., op. cit., p. 871. 7 Commissione E del BfArM del BfArM: Monografia Berberis vulgaris. 8 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 1066. 9 Capasso F., 2011, op. cit., p. 269.

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Hyoscyamus niger L.

Nome comune: Giusquiamo nero Francese: Jusquiame noire Inglese: Henbane Tedesco: Schwarzes bilsenkraut Spagnolo: Beleño negro Famiglia: Solanaceae Parte utilizzata: foglie Costituenti principali: – alcaloidi tropanici (0,05-0,17%): scopolamina (≈60%), l-josciamina – acido ascorbico; olio essenziale; mucillagine e tannini (piccole quantità) – ossalato di calcio; potassio, magnesio Nota: la concentrazione di alcaloidi varia da 0,08% nelle radici allo 0,17% nelle foglie e circa 0,3% nei semi e risulta nettamente inferiore rispetto a quella presente nei generi Atropa e Datura1 Attività principali: analgesica, antispasmodica Impiego terapeutico: desueto (esclusivo uso medico)

Utilizzo medico Pianta di esclusivo uso medico, per altro attualmente desueto. Le proprietà del giusquiamo corrispondono a quelle dell’Atropa belladonna L. Se ne differenzia però per il contenuto in alcaloidi che risulta inferiore rispetto alla belladonna. «I rapporti leggermente diversi fra gli alcaloidi fanno sì che il giusquiamo abbia proprietà sedative e ipnotiche più elevate di questa.2» L’attività terapeutica è prevalentemente antispasmodica, calmante e analgesica. Per il dottor Leclerc3 il giusquiamo sarebbe da preferire alla belladonna quando è opportuno associare l’azione anestetica con quella antispasmodica «perché la belladonna potrebbe esacerbare le condizioni di eccitabilità già esistenti». I preparati a base di giusquiamo erano impiegati nelle nevralgie (trigemino, in particolare), nelle manifestazioni di eccitamento motorio e nel tremore presente in alcune forme morbose quali delirium tremens, sindrome di Parkinson, alcuni stati maniacali ecc. Trovavano utilizzo anche nelle tossi spasmodiche, negli spasmi dolorosi a carico dell’esofago, dello stomaco, dell’intestino e dell’apparato urogenitale (cistiti, dismenorrea ecc.). Esternamente rientrava in preparati ad azione anestetica locale, quali olio o pomate per frizioni calmanti. La tintura oleosa delle foglie (olio di giusquiamo) veniva impiegata come linimento analgesico nelle artralgie reumatiche. Rientra anche nella formulazione dell’unguento populeo, impiegato per il trattamento delle emorroidi. Quest’ultimo si preparava unendo alle gemme di pioppo, foglie di belladonna e giusquiamo (in talune formulazioni anche foglie di papavero e di morella) ed eccipiente grasso. Le foglie associate a quelle di belladonna e stramonio erano impiegate per la preparazione di sigarette e carte antiasmatiche. 374

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niger

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La specie vicina Hyoscyamus albus L. ha proprietà simili. Nei semi della pianta il contenuto in alcaloidi (0,3%) è superiore rispetto a quello presente nelle foglie. Tossicità, interazioni ed effetti secondari I sintomi di intossicazione sono simili a quelli della Atropa belladonna L. e della Datura stramonium L. e sono rappresentati da turbe digestive con nausea e vomito, turbe neurovegetative, quali tachicardia, secchezza delle fauci e delle mucose in generale, ritenzione urinaria, costipazione, difficoltà di deglutizione, dispnea, midriasi con alterazione del visus, fotofobia, segni centrali con ansia, vertigini, delirio “atropinico”, crisi convulsive, quindi coma accompagnato spesso da depressione cardiorespiratoria. Curiosità • «Il nome deriva dal greco us = porco e kuamos = fava. Secondo Eliano il Sofista (III sec. d.C.), autore del De natura animalium, quando i cignali ne mangiano i frutti, sono presi da convulsioni, così violente che morrebbero se non andassero a bagnarsi od a bere nei ruscelli e ciò contrariamente alla credenza che potessero mangiarli impunemente. Niger, nero, perché la corolla imbutiforme (gialla) ha un reticolo violaceo che si infittisce all’interno e forma una macchia scura alla fauce» (Benigni R. et al., 1962-64). • Conosciuto dagli antichi, se ne trova traccia nel papiro Ebers (1550 a.C.) dove viene indicato come calmante per il mal di denti. Ippocrate (V-IV sec. a.C.), Dioscoride (I sec. d.C.) e Galeno (II sec. d.C.) ne descrivono l’azione sul sistema nervoso. Nel Medioevo rientrava nella formulazione di filtri magici. Nel XV secolo veniva impiegato come analgesico e narcotico durante gli interventi chirurgici. Note bibliografiche 1 Frohne D. et al., op. cit., p. 361. 2 Proserpio G. et al., op. cit., p. 611. 3 Leclerc H, 1935, op. cit., p. 256.

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Hypericum perforatum L.

Nome comune: Iperico; Erba di San Giovanni Francese: Millepertuis Inglese: St. John’s wort Tedesco: Johanniskräuter Spagnolo: Hipérico; hierba de San Juan Famiglia: Hypericaceae Parte utilizzata: sommità fiorite Costituenti principali1: – naftodiantroni (0,1-0,3%): ipericina, pseudoipericina, isoipericina, protoipericina,… – acilfloroglucinoli: iperforina (2-5%), adiperforina (0,2-1,8%) – flavonoidi (≈12%): rutina, iperoside, isoquercitrina, quercetina, rutoside ecc. e bisflavoni (amentoflavone) – olio essenziale (0,6-3 ml/kg): carburi terpenici, 2-metiloctano, n-alcanoli ecc. – composti fenolici: acido caffeico, acido clorogenico, proantocainidoli – tannini (6-10%); vitamina C, carotene ecc. Attività principali: sedativa-antidepressiva; vulneraria e antimicrobica Impiego terapeutico: Uso interno: stati depressivi non endogeni; distonia neurovegetativa; gastrite e ulcera gastrica (olio) Uso esterno: piaghe, bruciature, ulcerazioni, pruriti ecc. In cosmesi: prodotti pre e dopo sole, prodotti per pelli secche, screpolate, atoniche, prodotti per capelli grassi o devitalizzati

Utilizzo medico In fitoterapia rappresenta la pianta medicinale che maggiormente manifesta una spiccata azione antidepressiva e trova pertanto indicazione nel trattamento delle turbe depressive lievi e moderate OMS (Organizzazione Mondiale della sanità), ESCOP (European Scientific Cooperative on Phytotherapie) e Commissione E del BfArM ne riconoscono l’uso nel trattamento delle turbe psicosomatiche, degli stati depressivi, dell’ansietà e dell’agitazione nervosa. La pianta risulta utile pertanto nelle forme di depressione lieve o moderata: dalle ultime metanalisi effettuate risulta che si mostra più efficace del placebo e altrettanto efficace rispetto agli antidepressivi di sintesi, con il vantaggio di presentare meno effetti collaterali2. Il ricco fitocomplesso della pianta ne caratterizza le ampie e riconosciute valenze terapeutiche, fra cui oltre all’azione antidepressiva quella antivirale. Numerosi sono gli studi clinici e sperimentali che attestano l’attività antidepressiva dell’Iperico e che hanno cercato di indagarne il meccanismo d’azione. Fra le sostanze del fitocomplesso, implicate in questa azione, vi sarebbero l’ipericina, l’iperforina e i flavonoidi, il cui meccanismo d’azione sarebbe da riportare a una attività sui neurotrasmettitori cerebrali, quali serotonina, dopamina e noradrenalina. L’ipotesi più accreditata in passato era che alcuni componenti della pianta fossero in grado di ini376

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bire le monoammino-ossidasi e le catecol-O-metil- transferasi, enzimi che catabolizzano le ammine biologiche3. Attualmente l’attenzione dei ricercatori si è indirizzata verso l’iperforina che, a dispetto della sua fragilità strutturale, sembra essere il principale responsabile dell’attività terapeutica della pianta in quanto sarebbe in grado di inibire, a concentrazioni nanomolari, la ricaptazione a livello sinaptico dei neurotrasmettitori (serotonina, dopamina e noradrenalina)4. Scrive Bruneton: «L’iperforina sembra modificare la fluidità di membrana dei neuroni. Aumenta la concentrazione intracellulare in sodio, ciò che frena, non selettivamente, la ricaptazione dei neurotrasmettitori a livello delle sinapsi (serotonina, dopamina, noradrenalina)»5. Si è visto anche che la somministrazione ripetuta di iperforina modifica la densità dei recettori adrenergici e serotoninergici corticali e che l’attività, valutata nell’animale con test comportamentali, è direttamente ma non unicamente legata alla quantità di iperforina somministrata. L’iperforina è stata ritrovata nel cervello di cavia dopo somministrazione orale di un estratto alcolico6. Inizialmente si riteneva che l’ipericina avesse proprietà inibitrici delle monoamminoossidasi (MAO), ma tali dati sperimentali (in vitro) non sono stati successivamente confermati. L’attività (IMAO) sembra invece sostenuta dai flavonoidi, in particolare xantoni e idrossixantoni, presenti però in concentrazioni molto basse (0,0004%) e non dimostrata in vivo (nella cavia). L’estratto totale manifesta una forte affinità per i recettori GABAergici: è stato appurato, ad esempio, che un flavonoide, l’amentoflavone, manifesta in vitro una elevata affinità per il sito di fissazione delle benzodiazepine7. I flavonoidi si caratterizzano infatti per l’azione antispasmodica e sedativa del SNC. Come affermato da numerosi autori occorre pertanto pensare a “sinergie” del fitocomplesso: «Dai risultati degli studi è possibile dedurre che l’azione dell’estratto non è riconducibile esclusivamente all’ipericina. In particolare, i risultati ottenuti con frazioni di Hypericum ricche di flavonoidi lasciano supporre che anche altri composti contribuiscano attivamente a determinare gli effetti inibitori in questione»8. Dagli studi emerge che le singole frazioni presentano un’azione inferiore rispetto all’estratto totale. Ricerca clinica: Nel 1997 sono stati pubblicati i risultati di una metanalisi condotta su 23 studi randomizzati: 15 dei 23 studi selezionati (1008 pazienti) erano stati condotti contro placebo, i rimanenti 8 (749 pazienti) contro un farmaco antidepressivo o sedativo. La posologia giornaliera andava da 0,4 a 1000 mg. Come criterio di valutazione è stata utilizzata la Hamilton Depression rating Scale9. «[…] L’impressione globale che si ricava dall’analisi è che gli estratti di Hypericum sono più efficaci del placebo. Sembra anche doversi dedurre che, nei pochi studi controllati esistenti in proposito, l’efficacia di questi estratti sia paragonabile a quella di antidepressivi convenzionali. Nessun effetto collaterale particolarmente grave è stato segnalato con l’impiego di Hypericum; nel corso delle indagini, meno del 2% dei pazienti ha dovuto interrompere il trattamento […]»10. Metanalisi e review successive hanno confermato questi dati sottolineando però che nelle forme di depressione grave i risultati sono insufficienti per attestarne l’efficacia11. L’efficacia e la sicurezza circa l’assunzione di estratti di Iperico (900 mg/die: 3 x 300 mg/die per 26 settimane: 426 partecipanti) si è rivelato efficace per prevenire le ricadute dopo il recupero da un episodio acuto di depressione maggiore moderata (trial doppio cieco, multicentrico, controllato vs placebo). La tollerabilità e la frequenza di effetti avversi è stata simile al placebo12. La menopausa si accompagna spesso a manifestazioni depressive o ansioso-depressive. Sono stati eseguiti studi clinici che hanno evidenziato l’efficacia, sui sintomi 377

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fisici e psichici, dell’Iperico in particolare se associato ad Actaea racemosa. Gli autori segnalano che tale combinazione risulta più efficace della sola Actaea racemosa nel contrallare la sintomatologia vasomotoria (caldane)13. L’Iperico trova indicazione pertanto nel trattamento delle turbe depressive lievi e moderate, nella sindrome premestruale e nei disturbi ossessivi-compulsivi. Le indicazioni a livello europeo (EMEA/HMPC) indicano che in caso di depressione gli estratti secchi devono contenere al minimo 2% di iperforina, 6% di flavonoidi e 0,1-0,3% di ipericina: la posologia consigliata varia da 800 a 1200 mg/die, abitualmente per 4 settimane. In pediatria la pianta è consigliata nel trattamento dell’enuresi, delle paure infantili, in virtù della sua azione ansiolitica. È stato segnalato che l’associazione con Valeriana presenta un profilo d’azione analogo alla amitriptilina (antidepressivo triciclico)14. Per quanto riguarda l’azione antivirale è stato segnalato che la pianta può risultare utile nel trattamento della stomatite vescicolare, dell’influenza, dell’herpes simplex ecc. L’attività antivirale è da attribuire all’ipericina e alla pseudoipericina. Vari sono gli studi che hanno dimostrato l’efficacia di questi principi nei confronti dei retrovirus. Ipericina e pseudoipericina sembrano inibire la proteinachinasi-C e l’azione antivirale sarebbe dovuta all’inibizione della fosforilazione a opera di questa chinasi, coinvolta nell’infezione virale. I due principi sembrano inoltre agire direttamente sul virus e non su attività cellulari necessarie a esso, quali trascrizione, traduzione o trasporto di proteine virali. È stato anche dimostrato che l’attività antivirale necessita della struttura ad anello completa dell’ipericina e che si esplica solo contro virus provvisti di membrana lipidica, come appunto i retrovirus15. L’ipericina è risultata attiva in vitro come agente antiretrovirale ed è in grado di inibire in vitro la crescita dei virus provvisti di membrana e, se preincubata con il virus prima dell’inoculo, risulta efficace nel prevenire in vivo gli effetti del Friend Leukemia virus (FV) e del l’Herpes simplex virus 1 (HSV1)16. Hudson J.B. e collaboratori hanno condotto degli studi per verificare la capacità dell’ipericina e pseudoipericina di inibire la crescita di HIV-1 (Human Immunodeficiency Virus), CMV(Cytomegalovirus): l’ipericina a bassi dosaggi si è rivelata capace di inattivare l’HIV-1 quando il tutto veniva esposto ai raggi di una lampada fluorescente per 60 minuti, mentre in assenza di luce l’inattivazione è risultata parziale17. La fotoattivazione dell’ipericina genera un singoletto di ossigeno nei mitocondri e inibisce la succinoossidasi, un enzima chiave nel metabolismo cellulare18. Secondo Bruneton però l’attività dell’ipericina si sviluppa bene sia con la luce che con l’oscurità19. Sempre per via interna l’iperico esercita un’azione coleretica ed epatoprotettrice che ne rende interessante l’impiego nelle epatopatie. Un estratto alcolico di Iperico somministrato a un campione di ratti trattati con Ccl4 ha determinato aumento della secrezione biliare, diminuzione della durata del sonno indotto da barbiturico e azione antivirale; per cui nelle conclusioni del lavoro suggeriscono la possibilità dell’utilizzo della pianta nelle epatiti virali20. Altrettanto degno di attenzione è l’uso, per os, dell’olio di iperico, ottenuto dalla macerazione dei fiori in olio di oliva o di mandorle dolci, nella gastrite e nell’ulcera gastrica grazie alle proprietà lenitive e cicatrizzanti (si ricorda che l’iperforina è dotata anche di proprietà antibiotiche): si consiglia di assumere un cucchiaino da caffè mattina e sera lontano dai pasti. Uso esterno L’olio di iperico viene impiegato come vulnerario per piaghe, ustioni, ulcerazioni, e anche in cosmetologia. Da questo punto di vista si rivela valido come protettore dai 378

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raggi solari, astringente per pelli arrossate e delicate, tonificante per pelli stanche. Manifesta azione eudermica sulle pelli senescenti. L’attività protettrice nei confronti dei raggi solari sarebbe sostenuta da un lato dall’azione filtro dell’olio essenziale, dall’altro dall’ipericina, che accelera il richiamo del pigmento melanico, e quindi l’abbronzatura, mentre l’iperina agisce da vasoprotettore diminuendo i rischi di eritema solare. L’iperico manifesta un effetto anestetico locale, blando ma costante, modera le reazioni infiammatorie, favorisce la riparazione del rivestimento epidermico. A tutto ciò si aggiungono proprietà antisettiche. All’iperforina sono state riconosciute proprietà antibatteriche e antifungine: in particolare ha inibito la crescita dei batteri gram positivi saggiati, mentre non ha mostrato effetti inibitori su gram-negativi e Candida albicans. Ceppi di Staphylococcus aureus resistenti agli antibiotici (penicillina e meticillina) sono risultati sensibili all’iperforina21. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La pianta «presenta un margine di sicurezza incoraggiante»22. Dagli studi clinici emerge che l’incidenza degli effetti indesiderati equivale a quella del placebo ed «è inferiore per gravità e incidenza a quella degli antidepressivi convenzionali»23. Gli effetti secondari più frequentemente riscontrati, lievi e transitori, sono: disturbi gastrointestinali, mal di testa, stanchezza, perdita di appetito, vertigini, prurito e rush cutanei24. Si consiglia di non superare i 15 giorni di trattamento senza avvisare il medico25. Non assumere contemporaneamente a terapia antidepressiva. Risultano numerose in letteratura le segnalazioni riguardo la capacità dell’Iperico di interferire con l’attività di alcuni farmaci (digossina, fenprocumone, teofillina, amitriptilina, indinavir, ciclosporina, warfarin ecc.) in quanto la pianta risulta induttore degli isoenzimi del citocromo P450 e della sintesi della glicoproteina P a livello intestinale e renale: «aumentando l’attività di questi enzimi aumentano il metabolismo dei medicamenti abitualmente degradati a livello del fegato, e di fatto ne diminuiscono la disponibilità. Ciò vuol dire che ne diminuiscono l’effetto atteso (al contrario l’interruzione dell’assunzione di Iperico può provocare, nei pazienti, manifestazioni tossiche)»26. L’associazione fra Iperico e farmaci antidepressivi quali sertralina, nefazodone e trazodone hanno determinato una sindrome serotoninergica (diarrea, sudorazione, mialgie, mioclonie, iperiflessia, agitazione, confusione)27. L’associazione con paroxetina ha determinato quadri di letargia e incoerenza28. Tali associazioni sono quindi da evitare. Dato che l’azione antidepressiva sembra legata anche a un meccanismo I-MAO è consigliabile usare le cautele che sono legate a questa classe di farmaci; può incrementare gli effetti degli IMAO. L’Iperico prolunga il sonno indotto dai barbiturici. Molto scarsi sono i dati relativi ai possibili effetti della pianta nelle donne in gestazione e che allattano, per cui se ne scoraggia, senza consiglio medico, l’impiego (ESCOP). In donne che assumono contraccettivi orali è opportuno sconsigliare, a scopo precauzionale, la contemporanea assunzione della pianta in quanto essa può, in questi casi, causare alterazioni del ciclo mestruale con possibile riduzione dell’effetto contraccettivo (anche se, peraltro, non viene riportata in letteratura nessuna gravidanza indesiderata)29. L’induzione del’isoenzima CYP3A4 aumenta il metabolismo dell’estradiolo e di tutti i corticosteroidi che sono substrato di questo enzima. L’assunzione di Iperico abbassa la concentrazione plasmatica di simvastatina, pravastatina30. 379

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L’azione fotosensibilizzante dell’iperico (ipericina) si può manifestare soltanto a dosaggi trenta volte superiori rispetto a quelli utilizzati a scopo terapeutico31. Si consiglia comunque di evitare esposizioni solari prolungate e trattamenti U. V, durante la terapia, per os, con Iperico. La segnalazione deriva dalla constatazione che animali di pelo chiaro che si nutrono di Iperico sono colpiti dalla cosiddetta “malattia da luce”. Wienert e collaboratori (1991) hanno dimostrato che fino a un dosaggio inferiore o pari a 0,9mg/die di ipericina non si registra la comparsa di alcun fenomeno di fotosensibilizzazione32. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle sommità fiorite essiccate, intere o frammentate, raccolte durante la fioritura, contenenti almeno lo 0,08% di ipericine totali. L’estratto secco deve contenere da 0,1% a 0,3% di ipericine totali; almeno 6% di flavonoidi espressi in rutina; al massimo 6% di iperforina e al massimo la concentrazione indicata sull’etichetta. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 2 - 4 g di droga essiccata o altre forme corrispondenti a 0,2-1,0 mg di ipericina. Infuso: 2 g di droga in 150 ml di acqua bollente; lasciare in infusione per 5-10 minuti, filtrare e bere 2 tazze al dì. Infuso al 5% per il lavaggio delle ferite; Decotto al 10% per compresse da imbibire. Estratti glicolici e oleosi (2,5-5%): uso esterno. Estratto secco idroalcolico (rapporto droga/estratto: 2,5-5:1, 4-7:1, 5-7:1): 450-1050 mg/ die in 1-3 assunzioni (ESCOP). Hypericum perforatum T.M.: 50 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì. Note di galenica In commercio si trovano estratti idroalcolici (rapporto droga: estratto 4-7:1) contenenti: 0,1-0,3% di ipericina, 2-4% di flavonoidi e fino al 6% di iperforina (posologia giornaliera: 900 mg)33. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Olio di iperico Fiori freschi di Hypericum p. 30 g Olio di oliva 100 ml Fare macerare per 6 settimane in flaconi ben chiusi, a temperatura ambiente, quindi esporre al sole. Il preparato assume un colore rosso rubino. Filtrare e conservare in flaconi di vetro scuro. Sindrome ansioso-depressiva Hypericum p. T.M. Valeriana o. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Menopausa Hypericum p. T.M. Actaea r.. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì 380

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Grappa all’iperico (Proserpio) Fiori freschi di Hypericum p. 100 g Grappa 1 litro Fare macerare al sole per 15-30 giorni, filtrare. Bere 1 bicchierino dopo i pasti Emorroidi (infuso per semicupio) Iperico pianta 25% Malva foglie e fiori 25% Rosa fiori 25% Camomilla comune fiori 25% S/Infuso al 5%; 2 semicupi al dì (mattino e sera) Gastrite Olio di iperico S/Un cucchiaino da caffè 3 volte al dì lontano dai pasti Curiosità • Iperico (hyper-eikon): pianta che cresce sulle vecchie statue (Plinio), da cui verrebbe la tradizione che la pianta eserciti un potere sui fantasmi e altre manifestazioni diaboliche (nome popolare = cacciadiavoli). • Le foglie in controluce appaiono costellate da numerosissimi forellini (dovuti alla presenza delle ghiandole) paragonabili, secondo la teoria della Signatura, a tante ferite: la pianta era pertanto considerata in grado di curare le ferite, in particolare quelle riportate in battaglia. • Assai usato nell’antichità, attorno al XIX secolo l’Iperico subisce un discredito quasi assoluto a livello ufficiale. Martin Lauzer (1854) scrive a questo proposito: «L’Iperico è caduto in un oblio tale che non ha potuto trovare posto nei formulari moderni, che potranno forse un giorno ritorcersi contro di noi, come una prova della nostra ignoranza». • «Mynscht nel suo Armamentarium medicochimicum (1651) dà la formula di una tintura, di cui è base principale l’Iperico, e che dichiarava meravigliosa in melancholia, mania, dementiis, fascinationibus et incantationibus… Ben è vero che la famosa tintura vale pure in imminuta e abolita phantasia et ratiocinatione: ma se qualche poeta od avvocato volesse farne esperimento, crediamo bene avvertirlo che uno dei principali ingredienti è sanguinis asininus e venis post aures extractus. Chi sa? a qualcuno potrebbe forse giovare in senso omiopatico! Similia similibus» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Capasso F, 2011, op. cit., p. 204; Bruneton J., 2009, op. cit., p. 524. 2 Rahimi R, Nikfar S, Abdollahi, 2009, Efficacy and tolerability of Hypericum perforatum in major depressive disorder in comparison with selective serotonin reuptake inhibitors: a meta-analysis. M. Prog Neuropsychopharmacol Biol Psychiatry. Feb 1;33(1):118-27; Linde K, Berner MM, Kriston L., 2008, St John’s wort for major depression. Cochrane Database Syst Rev. Oct 8;(4):CD000448. Review. 3 Bennett D. et al., 1998, Neuropharmacology of St. John’s Wort (Hypericum, Ann. Pharmacother. 32: 1201-8; Calapai G. et al., 1999, Effects of Hypericum perforatum on levels of 5-hydroxytryptamine, noradrenaline and dopamine in the cortex, diencephalon and brainstem of the rat, J. Pharm. Pharmacol. 51: 723-728. 4 Chatterjee S.S. et al., 1998, Life Sci. 63, 499-510. 5 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 525.

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Bruneton J., 2009, op. cit., ibidem. Ibidem. 8 Reuter H.D., 1994, Farmacia naturale, 9, 32. 9 Linde K., Ramirez G. et al., 1997, St. John’swort, for depression. An overview and metaanalysis of randomised clinical trial, Br. Med. J. 313, 253-258. 10 Monti L., 16 Monografie di Piante Medicinali Eccellenti, Studio Edizioni, Milano, 2000. 11 Rahimi R, Nikfar S, Abdollahi M., 2009, Efficacy and tolerability of Hypericum perforatum in major depressive disorder in comparison with selective serotonin reuptake inhibitors: a metaanalysis. Prog Neuropsychopharmacol Biol Psychiatry. 1;33(1):118-27; Linde K, Berner MM, Kriston L, 2008, St John’s wort for major depression. Cochrane Database Syst Rev. Oct 8;(4):CD000448. Review. 12 Kasper S, Volz HP et al., 2008, Continuation and long-term maintenance treatment with Hypericum extract WS 5570 after recovery from an acute episode of moderate depressiona double-blind, randomized, placebo controlled long-term trial. Eur Neuropsychopharmacol. 18(11):803-13. 13 Grube B, Walper A, Wheatley D, 1999, St. John’s Wort extract: efficacy for menopausal symptoms of psychological origin. Adv Ther. 16(4):177-86; Chung DJ, Kim HY et al., 2007, Black cohosh and St. John’s wort (GYNO-Plus) for climacteric symptoms. Yonsei Med J. 30; 48(2):289-94. Texte complet: www.pubmedcentral.nih.gov; Uebelhack R, Blohmer JU, 2006, Black cohosh and St. John’s wort for climacteric complaints: a randomized trial et al., Obstet Gynecol. 107(2 Pt 1):247-55; Briese V, Stammwitz U et al., 2007, Black cohosh with or without St. John’s wort for symptom-specific climacteric treatment. Results of a large-scale, controlled, observational study. Maturitas. 20;57(4):405-14. 14 Holze J., 1994, Farmacia naturale, 3. 15 Bombardelli E. et al., 1995, Fitoterapia, 1, 43-67; Grandi M, 2008, Immunologia e fitoterapia, op. cit., p. 148. 16 Tang J. et al., 1990, Antiviral Research, 13, 313. 17 Hudson J.B. et al., 1991, Antiviral Research, 15, 101. 18 Bombardelli E. et al., 1995, Fitoterapia, ibidem. 19 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 525. 20 Ozturky Y. et al., 1992, Phytotherapy Research, 6:44-46. 21 Schempp C.M. et al., 1999, Antibacterial activity of hyperforin from St John’s wort, against multiresistant Staphylococcus aureus and gram-positive bacteria, Lancet, 354, 2129. 22 Capasso F. et al., 2006, op. cit., p. 348. 23 Capasso F., 2011, op. cit., p. 205. 24 Ibidem. 25 Note explicative de l’Agence di médicament (1998). 26 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 527. 27 Demott K., 1998, St John’s wort tied serotonine syndrome, Clin. Psychiatry News, 26, 28. 28 Gordon J.B., 1998, SSRIs and StJohn’s wort: possible toxicity?, Am. Fam. Phys. 57, 950. 29 Yue Qy et al., 2000, Safety of St John’s wort (Hypericum perforatum), Lancet, 355, 576-577. 30 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 527. 31 ReuterH.D., 1994, Farmacia naturale, 9, 32. 32 Holze J., 1994, Farmacia naturale, 3. 33 Capasso F., 2011, op. cit., p. 205. 6 7

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Hyssopus officinalis L.

Nome comune: Issopo Francese: Hysope Inglese: Hyssop Tedesco: Ysop Spagnolo: Hisopo Famiglia: Lamiaceae Parte utilizzata: foglie e sommità fiorite Costituenti principali: – acidi fenoli (8%): acido rosmarinico, acido caffeico e derivati – flavonoidi: diosmosina, esperidoside, vicenina-2 ecc. – di- e triterpeni: marrubina, acido oleanolico… – olio essenziale (3-10 ml/kg): cetoni Attività principali: espettorante e antisettica; stomachica; stimolante Impiego terapeutico: forme catarrali dell’apparato respiratorio; tosse; dispepsia

Utilizzo medico Tutta la pianta presenta odore aromatico, molto gradevole, sapore un po’ piccante, amaro, aromatico. L’issopo presenta proprietà espettoranti (marrubina), antisettiche e stimolanti (olio essenziale) simili a quelle del timo, del rosmarino, della santoreggia. Viene impiegato nel trattamento delle forme catarrali dell’apparato respiratorio e nelle forme da raffreddamento. La tradizione medica segnala che la pianta va somministrata non in fase acuta, ma nel periodo di stato, quando i fenomeni congestivi e infiammatori si sono attenuati. L’olio essenziale, presente nel fitocomplesso ed eliminato attraverso le mucose stimola, infatti, la fluidificazione delle secrezioni e allo stesso tempo, per l’azione stimolante, ne facilita l’espulsione. L’azione espettorante è favorita dalle saponine. Nelle tossi secche accompagnate da sensazione di bruciore, pertanto, saranno da preferire all’issopo la malva, l’altea, il verbasco ecc. È bene non utilizzare l’olio essenziale della pianta da solo, in quanto può rivelarsi neurotossico: pinocanfone e isopinocanfone sono, analogamente al tuione, responsabili infatti dell’azione epilettogena. Nelle preparazioni ottenute con la pianta intera, invece, la concentrazione dell’olio essenziale risulta bassa e quindi sono di utilizzo sicuro se si seguono le posologie indicate. L’infuso e la polvere venivano impiegati nelle forme asmatiche. Scriveva a questo proposito padre Antonelli «Nell’asma e in tutte le affezioni dei bronchi e dei polmoni: dell’infuso di 15 gram. per 1 litro di acqua, si prendono 2-3 tazze il giorno, con effetti reali; oppure, per l’asma, la polvere finissima della pianta, ottenuta con la macinazione della pianta stessa, mescolata con miele in pasta densa; se ne prende due volte il giorno, una quantità corrispondente, a un di presso, al volume di una nocciuola»1. L’issopo manifesta anche proprietà aromatizzanti, digestive, carminative e tonico-stimolanti. Per queste caratteristiche viene utilizzato come aroma nella preparazione di liquori, aperitivi e aceti. La pianta fresca rientra nella composizione dell’alcolato vulnerario, la droga secca nelle specie vulnerarie. In effetti l’issopo presenta indubbie proprietà a livello topico. 383

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I suoi preparati sono impiegati per detergere ferite, ulcere e ustioni e come gargarismi, dotati di azione astringente e antinfiammatoria, nelle flogosi della mucosa orofaringea. Si utilizza anche in bagni tonicizzanti. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’issopo rientra tra le piante classificate come GRAS -Substances Generally Recognized As Safe (FDA U.S. Food and Drug Administration). Occorre invece non utilizzare l’olio essenziale estratto dalla pianta. L’olio essenziale di Issopo infatti è neurotossico: pinocanfone e isopinocanfone sono, epilettogeni. La neurotossicità potrebbe essere legata all’azione inibitrice dei cetoni sulla respirazione tissutale, messa in evidenza in vitro2. Scrive Bruneton: «Uno dei casi più recentemente pubblicati segnala che 12 gocce di olio essenziale possono essere sufficienti per indurre una sensazione di malessere rapidamente seguita da un episodio di convulsioni tonico-cloniche generalizzate [Burkard et al.,1999]. La lipofilia di questi oli essenziali spiega come la loro tossicità possa manifestarsi sia per via orale che per via rettale o per via transcutanea (ad esempio: con preparati per bagni)»3. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1-2 cucchiaini da caffè di droga per tazza d’acqua bollente; bere 3 tazze al dì. Hyssopus officinalis T.M.: 20 gocce diluite in acqua, 2 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Sovrappeso Elicriso sommità t.t. 60 g Issopo sommità t.t. 20 g Gramigna radice t.t. 20 g S/Far bollire 4 cucchiai di miscela in 1 litro di acqua per 15 minuti, quindi filtrare. Si beve durante la giornata, anche diluito con acqua4. Curiosità • Pianta mediterranea, è una delle più citate nei testi sacri ebraici ove compare con il nome di Esobh. «L’Issopo nella Scrittura si legge spesso adoperato come aspersorio.» • «Tu mi aspergerai coll’Issopo e sarò mondo: mi laverai, e diverrò bianco più che la neve» (Psal. L. 8.). • In Persia l’acqua distillata ottenuta dalla pianta viene usata come cosmetico, in quanto ha la fama di rendere lucente l’incarnato. • Il miele di Issopo è apprezzato per il suo gusto delicato anche se intensamente profumato. Note bibliografiche 1 Antonelli G., op. cit., p. 321. 2 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 623. 3 Bruneton J., Plantes toxiques…, op. cit., pp. 338-9. 4 Cagnola C., Botticelli, A.M., op. cit., p. 55.

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Ilex paraguariensis St. Hilaire

Nome comune: Matè Francese: Thé du Paraguay; maté vert Inglese: Jesuit’s tea Tedesco: Mate-Strauch Spagnolo: Yerba mate Famiglia: Aquifoliaceae Parte utilizzata: foglie e rami giovani Costituenti principali: – acidi clorogenici totali (fino al 10%): acidi mono- e dicafeilchinico ecc.; flavonoidi (rutoside) – caffeina (0,9-1,7%%): la concentrazione in caffeina è più elevato nelle foglie giovani (2%) e diminuisce durante la conservazione; teobromina (0,4- 0,9%) – minime quantità di teofillina – sostanze minerali, tracce di olio essenziale, colina ecc. – vitamine: in particolare C, B1, B2 Attività principali: azione tonico-stimolante; diuretica Impiego terapeutico: astenie funzionali; sovrappeso

Utilizzo medico Ilex paraguariensis (matè) è un albero sempreverde che somiglia nel portamento all’alloro e anche se a volte viene mantenuto ad arbusto, può arrivare fino ad 8-10 metri di altezza. Viene attualmente coltivato in Brasile, Paraguay e nel nord dell’Argentina, paesi nei quali cresce anche spontaneamente. Le foglie giovani, raccolte nel periodo di maturità dei frutti, una volta essiccate, sono comunemente utilizzate in America del Sud per la preparazione di infusi dall’azione tonico-stimolante dovuta alla presenza di caffeina. Nei paesi di lingua spagnola la pianta è chiamata yerba mate. Il nome è tratto dalla lingua guarany in cui mati indica le piccole zucche in cui è preparata per l’infusione. Da sempre, infatti, gli indigeni Guarany usavano le foglie di questa pianta per preparare un infuso da bere la cui preparazione è ancora oggi identica: le foglie di matè vengono poste in una zucca cava (grande quanto un pugno) e ricoperte da acqua calda, non bollente, e viene bevuta con la “bombilla”, una cannuccia in argento. Venne chiamata anche tè dei Gesuiti, in quanto l’Ilex paraguariensis veniva coltivata nell’America meridionale dai Gesuiti. Il matè gode in Sudamerica di una popolarità maggiore rispetto a tè e caffè: «Nella sola Argentina sono oggi in commercio oltre 200 marche di matè, e gli argentini consumano quasi 5 chilogrammi pro capite di matè l’anno. In Uruguay il consumo pro capite sale a 10 chilogrammi […]. I sudamericani considerano il mate un gradevole stimolante, un soppressore dell’appetito e un diuretico contro la ritenzione idrica» (Castlemann, 1994). 385

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Fra i vari componenti (oltre a flavonoidi, vitamina C ecc...) è presente caffeina alla quale viene attribuita l’azione stimolante a carico del sistema nervoso centrale. Poiché la sua concentrazione risulta comunque inferiore a quella presente nel tè e nel caffè, la consumazione dell’infuso, pur stimolando l’attività cerebrale, non comporta insonnia e/o irritabilità e conferisce ai muscoli una aumenta capacità di resistenza alla fatica. La monografia della Commissione E del BfArM precisa che le foglie di matè possono essere impiegate in caso di affaticamento mentale o fisico (astenie funzionali). Le foglie per la ricchezza in polifenoli manifestano anche proprietà antiossidanti. Interessante risulta la segnalata azione stomachica e, quindi, facilitante i processi digestivi. Le preparazioni di Matè sono inoltre diuretiche. Yerba matè viene tradizionalmente impiegata anche per alleviare il mal di testa di origine vascolare (caffeina)1. Secondo la Farmacopea francese (X edizione) la concentrazione in caffeina delle foglie deve essere al minimo 0,8%. Yerba mate manifesta anche proprietà ipocolesterolemizzanti. Uno studio pubblicato, ha segnalato che l’assunzione di circa 4 tazze di matè al dì per 40 giorni contribuisce a migliorare i parametri lipidici nei soggetti normo e dislipidemici, e fornisce una ulteriore riduzione di colesterolo LDL nei soggetti con ipercolesterolemia in trattamento con statine, riducendo in tal modo il rischio di malattie cardiovascolari2. Sono stati pubblicati studi che hanno indagato le possibilità terapeutiche della pianta nel trattamento del sovrappeso. La pianta manifesterebbe un effetto termogenico, contribuendo all’eliminazione dei grassi, e ridurrebbe l’appetito (caffeina)3. È stata condotta una sperimentazione clinica ristretta attuata con Mate folium (infuso): sono state reclutate 10 pazienti (8 donne, 2 maschi), età media 35 anni, modico sovrappeso (BMI> 20), parametri ematochimici e pressione arteriosa nella norma. I pazienti sono stati divisi in due gruppi (A-B): ambedue i gruppi hanno seguito una dieta ipocalorica bilanciata e praticato attività motoria controllata. I due gruppi assumevano, inoltre, rimedi fitoterapici atti a stimolare il drenaggio degli emuntori. Al gruppo A, in più, è stato somministrato l’infuso di foglie di Matè. Da questa breve sperimentazione è emerso che il calo ponderale è stato pressoché simile nei due gruppi anche se lievemente maggiore nel gruppo A. I pazienti trattati con la pianta (3 tazze di infuso al giorno) hanno costantemente riferito un aumento dell’energia fisica, accompagnato da un aumento del tono dell’umore e da una maggiore operosità che ha contribuito a meglio controllare l’appetito. Non sono state riferite ripercussioni sulla qualità e la durata del sonno. Anche la diuresi risulta stimolata. Non sono stati segnalati effetti collaterali. Questi dati sono stati desunti non solo dal colloquio clinico, ma anche dalla disamina dei test somministrati (MMPI - EHQ, Scala di Hamilton)4. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari tossici alle dosi abituali, così come non sono state sperimentalmente evidenziate interazioni. Non è stata segnalata tossicità acuta (2,5 g/Kg) e subacuta (250, 500 e 1000 mg/Kg) nella cavia a cui la pianta (polvere) è stata somministrata per os per un periodo di 4 settimane. Esistono segnalazioni in letteratura di effetti collaterali (tachicardia ecc.), dovuti in particolare alla presenza di caffeina, riguardanti l’uso continuativo e in grandi quantità di estratti della pianta. Studi epidemiologici hanno segnalato in questi paesi un aumento di forme tumorali (vescica, polmoni ecc.) dovuto molto probabilmente agli idrocarburi policiclici aromatici che si formano in seguito alle modalità di trattamento delle foglie (affumicamento) e all’assunzione ripetuta e prolungata nel tempo5. Le inte386

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razioni possibili sono principalmente quelle legate alla presenza della caffeina. La posologia giornaliera consigliata dalla Commissione E del BfArM (3g/die = 20 mg circa di caffeina) è ben lontana (e quindi risulta più sicura) da quello che è il consumo tradizionale in America del sud dove il matè viene consumato come bevanda tradizionale: 27 g al giorno (= 300 mg di caffeina circa). È norma prudenziale sconsigliarne comunque il consumo durante la gravidanza, l’allattamento e in pediatria. Forme farmaceutiche e posologia Dose giornaliera: 3 g di foglie/die (o preparazioni equivalenti). Infuso: un cucchiaino di Matè foglie in 100 ml di acqua non più bollente. Filtrare dopo pochi minuti di infusione. Bere, al massimo, 3 tazze al dì. L’aroma dell’infuso può risultare, inizialmente, non gradevole, ma con il tempo si impara ad apprezzarlo. Si può, ovviamente correggere il sapore aggiungendo limone o miele. Ilex paraguariensis T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalle foglie essiccate (titolo 65°). Formulario Sovrappeso Ilex p. T.M. Melissa o. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì Curiosità • I gauchos argentini si nutrono talvolta soltanto con carne e Matè, così come erano usi fare gli indios del passato. • Yerba matè è coltivata anche in India e fa parte della Farmacopea ayurvedica per il trattamento di cefalea, astenia, depressione ecc. • «All’ingresso del Gran Fiordo di Aisén il Colon diminuisce la velocità per compiere una virata di quaranticinque gradi che gli permetterà di addentrarsi in Patagonia. La navigazione diventa allora lentissima, quasi monotona, come i gesti degli autisti dei camion a bordo del traghetto, uomini che ammazzano il tempo disputando partite a domino, bevendo maté amaro, o radendosi con l’aiuto degli specchietti retrovisori…» (Luis Sepulveda, Patagonia Express). Note bibliografiche 1 Taylor L., 2003, Herbal Secrets of the Rainforest. Sage Press, Inc., USA. 2 Stefanuto A et al., 2009, Consumption of yerba mate (Ilex paraguariensis) improves serum lipid parameters in healthy dyslipidemic subjects and provides an additional LDL-cholesterol reduction in individuals on statin therapy. de Morais EC, J Agric Food Chem. 23;57(18):8316-24. 3 Blasich M., 2002, Yerba Mate, Erboristeria Domani, 262, 56-67; Martinet A, Hostettmann K, Schutz Y, 1999, Thermogenic effects of commercially available plant preparations aimed at treating human obesity. Phytomedicine, Oct;6(4):231-8. 4 Campanini E., 2005, Sovrappeso e cellulite, Tecniche Nuove, Milano, pp. 77-78. 5 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 1230.

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Nome comune: Anice stellato; Badiana cinese Francese: Badianier de Chine; Anis étoilé Inglese: Star anise Tedesco: Sternanis Spagnolo: Anís estrellado Famiglia: Illiciaceae Parte utilizzata: frutti Costituenti principali: – olio essenziale (5-9 %): transanetolo (80-90%), cis-anetolo (0,4%), metilcavicolo (– estragolo: 0,6-6,6%), feniculina (0,5-5,1%), linalolo (0,5-2,3%), limonene (0,4-10,4%), anisaldeide (0,4-1,7%), α-pinene (0,1-2,6%) e basse concentrazioni di sesquiterpeni (trans-bergamotene e β-bisalolene) – lattoni sesquiterpenici: veranisatine (tracce); flavonoidi (rutina); derivati di acidi idrossicinnamici (esteri dell’acido caffeico); acido shikimico (3,4-8,5%) – tannini catechici; lipidi * Nota: il trans-anetolo è anche il componente principale di: Anice verde (70-90%), Finocchio dolce (80-90%), Finocchio amaro (60-70%) Attività principali: eupeptica, spasmolitica e carminativa; secretolitica e balsamica Impiego terapeutico: dispepsia, spasmi gastrointestinali, meteorismo; catarri vie aeree

Utilizzo medico Si tratta di un albero a foglie persistenti originario del sud della Cina. In fitoterapia si utilizza il frutto ricco in olio essenziale. Analogo per proprietà (spasmolitiche del tratto gastrointestinale e bronco-secretolitiche) e composizione (trans -anetolo) all’Anice comune o verde (Pimpinella anisum L.) tanto da venir impiegato nelle sofisticazioni, se ne differenzia per la presenza nel fitocomplesso di tannini catechici e acidi organici. Del resto il nome popolare “badiana” deriva dall’arabo badiyan che significa anice. La Badiana polverizzata rappresenta una spezia molto usata nella cucina cinese per aromatizzare carni e pesci, ma anche salse, confetture ecc. Dal punto di vista terapeutico i frutti sono impiegati nelle flogosi delle vie aeree per l’azione secretolitica e balsamica e come eupeptici, stomachici e carminativi in caso di gonfiore di stomaco, lentezza digestiva, eruttazioni, flatulenza e dolori digestivi. La Commissione E del BfArM ne indica l’impiego negli stati infiammatori delle vie respiratorie e nella dispepsia. L’acido shikimico, estratto dai frutti, rappresenta la materia prima per la sintesi dell’oseltamivir (farmaco antivirale)1. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Il frutto preparato in infusione non risulta tossico. Alle dosi abituali l’uso dei frutti o dell’olio essenziale non presenta rischi di tossicità acuta o cronica2. Il potere sensi388

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bilizzante dei frutti o dell’olio essenziale è considerato minimo3. È bene comunque che la prescrizione dell’olio essenziale sia medica (anetolo). Nel 2001 sono state segnalate gravi intossicazioni dovute però alla confusione di identificazione fra Illicium verum (badiana cinese) e Illicium anisatum (badiana giapponese): quest’ultimo contiene infatti elevate concentrazioni di lattoni sesquiterpenici convulsivanti4. Rientra tra le piante classificate come GRAS - Substances Generally Recognized As Safe (FDA U.S. Food and Drug Administration). Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dal frutto essiccato contenente al minimo 70 ml/kg di olio essenziale e al minimo l’86%di trans-anetolo nell’olio essenziale Profilo cromatrografico dell’olio essenziale (ottenuto in corrente di vapore dai frutti maturi ed essiccati): E-anetolo, 86-93%; Z-anetolo, 0,1-0,5%; linalolo, 0,2-2,5%; estragolo, 0,5-6%; α-terpineolo,< 0,3%; aldeide anisica, 0,1 -0,5%; foeniculina, 0,1-3%. Non deve contenere più dello 0,01% di fencone o di 2-metlbutirato di pseudoisoeugenile. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 3 g/die, come dose unitaria 0,51 g di droga polverizzata oppure 0,3 g di olio essenziale o preparazione equivalente. Infuso: 1 g di droga contusa per 150 ml di acqua bollente. Filtrare dopo 10-15 minuti di infusione. Estratto Fluido: 0,15-0,3 g pro dose (1 g = 56 gocce). Illicium verum T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica Viene impiegato come correttore di sapore e aromatizzante. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal frutto essiccato (titolo 65°). Curiosità • Nel 1558 l’esploratore inglese Sir Thomas Cavendish portò dalla Cina i frutti della pianta per la prima volta in Europa e precisamente a Londra; arrivarono, quindi, nelle mani del farmacista di corte Hugo Morgan e di Jacob Garot dai quali il botanico Carolus Clusius ottenne un campione che descrisse nel 1601. • Il nome del genere Illicium deriva dal latino e significa seduzione in allusione al profumo molto delicato che sprigionano i fiori. • Le foglie erano in passato impiegate come masticatorio. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 681. 2 Teuscher E. et al., op. cit., p. 140. 3 Ibidem. 4 Frohne D. et al., op cit., p. 220.

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helenium

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Inula helenium L.

Nome comune: Inula; Enula; Elenio Francese: Aunée Inglese: Elecampane Tedesco: Alant Spagnolo: Enula; Helinio Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: radice e rizoma Costituenti principali: – olio essenziale (1-3%) e lattoni sesquiterpeninici del tipo eudesmanolide (alantolattone, isoalantolattone e loro derivati: la miscela di alantolattoni viene chiamata elenina o canfora di Elenio); germacranolide; triterpeni e steroli (betasitosterolo e stigmasterolo) – inulina (20-45%); mucillagine, pectine, acido ascorbico Attività principali: espettorante; antibatterica; spasmolitica; broncospasmolitica; diaforetica e diuretica; stomachica Impiego terapeutico: trattamento sintomatico della tosse, affezioni apparato respiratorio

Utilizzo medico La pianta è in grado di calmare la tosse, disinfettare le vie respiratorie, e di svolgere un’efficace azione colagogo-coleretica oltre ad aumentare la diuresi. I lattoni sesquiterpenici, in particolare alantolattone e isoalantolattone, sono citotossici e presentano in vitro proprietà antibatteriche e antifungine. A concentrazioni di 10 mcg/ml inibiscono la crescita di Microsporum cookei, Trichophyton mentagrophytes, Trichothecium roseum e altri funghi patogeni per l’uomo (Trichophyton e Epidermophyton)1. I lattoni sono caratterizzati da un’azione antielmintica (similitudine di struttura con la santonina): la pianta veniva infatti impiegata nei bambini in caso di infestazione da Ascaridi2. Studi in vitro hanno evidenziato le proprietà antibatteriche dell’olio essenziale, in particolare nei confronti dei batteri Gram positivi Staphylococcus aureus e Streptococcus pyogenes3. I. helenium si caratterizza, oltre che per l’azione espettorante e antisettica, per le proprietà bronco-rilassanti, ciò che la rende utile nel trattamento di bronchiti croniche, nelle forme enfisematose e asmatiche e nella tosse cronica dei fumatori. Nelle affezioni delle vie aeree dominate dalla tosse può essere utile procedere alla somministrazione mediante aerosolterapia. All’Inula sono attribuite anche proprietà colinergiche che ne spiegano l’azione ipotensivante. L’azione diuretica, alla quale si accompagna l’escrezione di urea e cloruri, giustifica le indicazioni della medicina popolare, che vedevano nell’Inula, una pianta depurativa, utile nel trattamento della gotta e delle forme reumatiche. L’azione amaro-tonica (lattoni sesquiterpenici), migliorando i processi digestivi, esercita un effetto corroborante. Viene segnalata, infine, un’azione normalizzatrice sul ciclo mestruale che rende la pianta utile in caso di amenorrea e irregolarità mestruali. 390

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helenium

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Uso esterno Decotti e unguenti sono tradizionalmente impiegati a scopo antipruriginoso in svariate dermatosi, caratterizzate, appunto, da prurito. Interessante anche l’impiego (per os e topico) in caso di herpes labiale4. Si consigliano in questo caso toccature con Inula helenium 1DH. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Verificare che non vi sia allergia alle Asteraceae. Dosi elevate della droga causano vomito, diarrea, crampi e fenomeni di paresi (Commissione E del BfArM, 1988). Alantolattone e isoalantolattone sono responsabili di dermatiti allergiche da contatto e di irritazione a carico delle mucose. È stato dimostrato sperimentalmente che l’alantolattone si lega come aptene alle proteine cutanee: tale complesso induce ipersensibilità all’alantolattone e ad altri sistemi α-metilen-γ-lattonici (reazione crociata)5. Se ne sconsiglia pertanto l’impiego in gravidanza e durante l’allattamento. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: un cucchiaino di droga in una tazza d’acqua bollente; infondere per 10 minuti, filtrare. Bere 3 tazze al dì. Decotto (al 10-30%): 3 tazze al dì, prima dei pasti. Estratto Fluido: 0,5-1 g pro dose (1 g = 35 gocce). Inula helenium T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte sotterranea fresca (titolo 65°). Formulario Inalazione contro la tracheite Inula h. T.M.: 1 cucchiaino da caffè per tazza d’acqua bollente: fare inalazioni. Tracheite da fumo Origanum v. T.M. Inula h. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al giorno. Oppure 1 cucchiaino per tazza d’acqua a bollore: fare suffumigi Curiosità • Usata fin dall’antichità nella produzione di liquori, in Alsazia si prepara, ancora oggi, il Reps, bevanda ottenuta facendo macerare la radice nel mosto: risulta utile nell’atonia gastrica (Luzzi). • «Dioscoride e Galeno avevano già segnalato l’influenza di questa radice sull’utero, sulle vie urinarie, e sull’apparecchio respiratorio: i romani ne mangiavano; e la si mangia tuttora confettata collo zuccaro in Oriente, come roborante e cordiale. Enula campana, reddit praecordia sana» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 764. 2 Mills S.-Bone K., op. cit., p. 378. 3 Boatto G., Pintore G., Palomba M., 1994, Fitoterapia, vol. LXV, 3, 279. 4 Ibidem. 5 Dupuis G. et al., 1980, Molec. Immunology, 17, 1045.

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Juglans regia L.

Nome comune: Noce Francese: Noyer Inglese: Walnut Tedesco: Walnuss Spagnolo: Nogal común Famiglia: Juglandaceae Parte utilizzata: Foglie e gemme; corteccia e frutto Costituenti principali: – juglone (5-idrossi-1,4-naftochinone)* * Nota: la sua concentrazione è elevata nelle foglie giovani mentre è minima nelle foglie adulte o essiccate – tannini ellagici (corteccia, foglie, pericarpo frutto) – flavonoidi; acido ascorbico e acidi-fenoli – olio essenziale (0,01-0,03%) Attività principali: amaro-tonica-astringente (foglie) Impiego terapeutico: disturbi dispeptici; insufficienza venosa; dermatosi, iperidrosi (uso topico)

Utilizzo medico Le parti più utilizzate attualmente in terapia sono le foglie e le gemme. Le foglie, dotate di virtù amaro-toniche e astringenti, vengono impiegate nel trattamento delle dispepsie, delle forme diarroiche lievi, delle manifestazioni soggettive dell’insufficienza venosa e della patologia emorroidaria. Alcuni studiosi hanno anche segnalato proprietà ipoglicemizzanti, utili nel trattamento coadiuvante del diabete. Per uso esterno le foglie sono adoperate, oltre che per le proprietà astringenti anche per quelle antinfiammatorie, antibatteriche e fungicide (juglone). Trovano impiego anche come trattamento d’appoggio quale addolcente e antipruriginoso in alcune dermatiti, eritema solare, eritema gluteo, lievi ustioni, desquamazione furfuracea del cuoio capelluto e nell’insufficienza venosa ed emorroidi. Ne viene indicato l’uso anche come trofico-protettore nelle escoriazioni, screpolature, fissurazioni e punture di insetto. Alcuni ricercatori hanno segnalato che estratti di foglie possono inibire la crescita di funghi che provocano micosi cutanee (Microsporum canis, Trichophyton mentagrophytes, T. violaceum) e di batteri che implicati nella genesi dell’acne (Propionibacterium acnes, Staphylococcus epidermis et S. aureus)1. Nella monografia della Commissione E del BfArM si legge anche che la decozione preparata con le foglie essiccate può essere impiegata per trattare l’eccessiva traspirazione (iperidrosi) di piedi e mani (2-3 g/100 ml). I preparati ottenuti dalle foglie sono consigliati anche come antalgico nelle affezioni della cavità orale e dell’orofaringe. Le gemme manifestano proprietà antinfettive e antinfiammatorie: risultano attive nei confronti dello stafilococco e dello streptococco e dei germi che si sviluppano a livel392

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lo delle mucose, in particolare, di trachea e bronchi. Il gemmoderivato (Juglans regia M.G.1DH) è adatto, quindi, nel trattamento d’appoggio di angine, tracheobronchiti e otiti. Rimedio di suppurazione, la sua azione viene sfruttata, sempre per via interna, anche nella terapia dell’eczema infettato, dell’acne pustolosa, dell’impetigine e in ogni alterazione cutanea con gemizio, ove può accompagnare anche una terapia antibiotica2. Le noci, consumate in piccola quantità, rappresentano un ottimo complemento alimentare: 25 g apportano il 15% di fabbisogno giornaliero in vitamina E, mentre la ricchezza in acidi grassi polinsaturi le rendono un interessante fattore di protezione cardiovascolare. Degna di attenzione anche la presenza di vitamine del gruppo B (B1, B6 e B9), di magnesio (130 mg/100 g) caratterizzato da una buona biodisponibilità, potassio, fosforo, ferro, calcio (44-61 mg) ecc., di proteine e di fibre solubili. I due cotiledoni eduli risultano ricchi in acidi grassi insaturi (oltre il 50%): acido oleico (14-21%) linoleico (54-65%) e α-linolenico. Scarsi sono invece gli acidi grassi saturi. L’olio ottenuto dalle noci rappresenta pertanto una ottima fonte di acidi grassi insaturi (omega-6 e omega-3) e può rivestire sicuramente un ruolo importante nella prevenzione delle patologie cardiovascolari e delle malattie degenerative3. Il mallo della noce, da cui si ricava un liquore aromatico e digestivo (nocino), viene utilizzato sotto forma di estratti oleosi e glicolici dalla cosmesi industriale. L’olio di mallo è impiegato per proteggere e abbronzare la pelle e rientra pertanto nella formulazione di prodotti solari. Grazie alle proprietà astringenti il mallo rientra nelle formulazioni di prodotti per pelli grasse e per i capelli, in quest’ultimo caso, anche come riflessante4. Il mallo di noce risulta essere «fra i più classici e antichi coloranti in bruno. L’industria e l’artigianato lo usano ancora per tingere il legno. L’epidermide e i capelli si colorano tenacemente in bruno a contatto con il mallo fresco o con preparati acquosi e alcolici del mallo o delle foglie essiccate. Analoga situazione si ottiene anche stropicciando le foglie fresche sulla pelle»5. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. La presenza di tannino può provocare, in soggetti ipersensibili o per dosaggi elevati, irritazione a carico della mucosa gastrica. Eventuali interazioni farmacologiche sono dovute alla presenza dei tannini. La Commissione E del BfArM segnala inoltre prudenza (uso non prolungato o continuo) a causa della presenza di juglone ad azione citotossica e mutagena. Secondo J. Bruneton tali dati però restano da confermare6. Forme farmaceutiche e posologia Decozione: 1,5 g di droga finemente sminuzzata in una tazza d’acqua fredda; portare lentamente a ebollizione e filtrare dopo 3-5 minuti. Per uso esterno: far bollire, a fuoco basso, 2-3 g di foglie essiccate in 100 ml di acqua per circa 15 minuti. Filtrare e utilizzare, 2 volte al giorno, per compresse o lavaggi. Juglans regia T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì. Juglans regia M.G.1DH: 50 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla foglia più il pericarpo del frutto verde fresco (titolo 65°). 393

130 • Juglans

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Formulario Dermatosi Juglans r. T.M. Viola t. T.M. ana parti in flacone unico S/30-50 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì Curiosità • Juglans da Jovis = Giove e Glans = ghianda, ghianda di Giove. Gli antichi ritenevano la noce un alimento divino. • «Il mio noce è sempre l’ultimo a buttare le foglie: il colore verde-bruno appare subito dopo il verde lacca del maggiociondolo. Nella prima quindicina di maggio annuso nell’aria del mattino e del crepuscolo della sera anche il suo odore amarognolo; ma pure d’autunno mi piace strapazzare tra le mani le sue foglie per sentire a lungo sulla pelle quel particolare profumo» (Rigoni Stern M., Arboreto Salvatico, Einaudi Tascabili, Milano, 1996). Note bibliografiche 1 Ali-Shtayeh M, Abu Ghdeib S., 1999, Antifungal activity of plant extracts against dermatophytes. Mycoses, 42: 665-672; Qa’dan F, Thewaini A et al., 2005, The antimicrobial activities of Psidium guajava and Juglans regia leaf extracts to acne-developing organisms. The American Journal of Chinese Medicine. 33:197-204. 2 Campanini E., 2005, Manuale pratico di gemmoterapia, op. cit., pp. 96-99. 3 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 501. 4 Proserpio G. et al., op. cit., p. 491. 5 Ibidem, p. 833. 6 Bruneton J., 2009, ibidem.

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Juniperus communis L.

Nome comune: Ginepro Francese: Genièvre Inglese: Juniper Tedesco: Wacholder Spagnolo: Enebro común Famiglia: Cupressaceae Parte utilizzata: bacca (pseudo-frutto); giovani getti Costituenti principali: – olio essenziale (0,5-3,4%): α-pinene (9-76%), sabinene (0,2-50%), β-mircene (7-23%), terpinene-4-olo (0,3-17%), α e β- cadinene, cariofillene, acetato di bornile ecc. − flavonoidi (rutina, quercetrina ecc.), biflavonoidi (amentoflavone, cupressuflavone ecc.) – proantocianidine; idrossicumarina (ombelliuferone); diterpeni e glucosidi di neolignani Attività principali: stomachica, diuretica e antisettica; balsamica Impiego terapeutico: disturbi dispeptici; ritenzione idrica

Utilizzo medico Le bacche sono considerate diuretiche e antisettiche. L’attività si manifesta in virtù dell’azione irritativa dell’olio essenziale a livello renale che determina iperemia dei glomeruli e successivo aumento dell’attività dell’epitelio secernente1. L’aumento della secrezione urinaria non è accompagnata da perdita di sali: principale responsabile di tale attività sarebbe il terpinene-4-olo, un componente dell’olio essenziale. La monografia della Commissione E del BfArM ne segnala l’uso anche in caso di dispepsia. Grazie al sapore aromatico e leggermente amaro, infatti, le bacche vengono utilizzate come regolatrici dell’appetito e per stimolare la digestione. Gli estratti ottenuti dalle bacche agiscono inoltre stimolando il peristaltismo intestinale e riducendo gli spasmi intestinali2: possono essere di aiuto pertanto nell’atonia digestiva. Sono state segnalate anche proprietà antiflogistiche e antiedematose messe in evidenza da test specifici (Test edema plantare indotto con carragenina in cavia)3. Per l’azione balsamica ed espettorante, sedativa della tosse trovano impiego nelle bronchiti e nelle malattie da raffreddamento (fumigazioni). Studi pubblicati hanno segnalato proprietà ipoglicemizzanti: Sanchez e collaboratori hanno preso in esame il decotto di bacche mature al 10% in peso secco ed hanno effettuato un test su animali normoglicemici e diabetici. Il test ha dimostrato la diminuzione del tasso glicemico in entrambi i gruppi, sia per effetto di un maggior assorbimento di glucosio periferico sia per l’induzione di secrezione di insulina. Restano da individuare i principi attivi responsabili di tale attività4. È stato segnalato che l’estratto butanolico ottenuto dalla bacca essiccata (elevata concentrazione e posologia) dimostra, nei ratti, un’ac395

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centuata proprietà antifecondativa attribuita a una probabile attività antiprogestinica e proprietà abortive se somministrato in gestazione5. Il gemmoderivato (giovani getti) possiede una doppia azione: sul fegato nei riguardi del quale esercita un’attività stimolante e rigeneratrice a livello dell’epatocita, sul rene, del quale sollecita la funzione. Juniperus communis M.G.1DH rappresenta dunque un ottimo drenante epatorenale, da utilizzare tutte le volte che ci troviamo di fronte a uno stato di autointossicazione cronica (Max Tétau). La sua prescrizione risulta, ad esempio, preziosa in reumatologia: la stimolazione della diuresi, unitamente all’incremento della funzionalità epatica, porta a un’azione sul ricambio generale che si traduce in un’aumentata eliminazione di scorie da parte dell’organismo e quindi a un alleggerimento del distretto epatorenale. L’olio essenziale di Ginepro, opportunamente diluito, viene impiegato come vulnerario (ferite), lenitivo (punture di insetto) e antireumatico6. Viene utilizzato anche in bagni per produrre iperemia. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’uso è sconsigliato in gravidanza e in caso di affezioni renali di natura infiammatoria. L’olio essenziale potrebbe provocare ematuria (dato non confermato)7. Bruneton segnala che secondo alcuni autori la tossicità renale attribuita all’olio essenziale da studi non recenti potrebbe essere legata a una falsificazione con olio di trementina8. A scopo precauzionale, e finché non si avranno nuovi dati, è bene comunque non assumere tali preparati per più di sei settimane continuative e per non più di una settimana senza controllo medico. Come per tutte le piante ad azione diuretica, prestare attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci diuretici (possibile sommazione d’effetto). L’olio essenziale applicato topicamente può provocare eritema. L’uso della droga conferisce alle urine un caratteristico odore di violetta. Il gemmoderivato non presenta controindicazioni. Farmacopea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle bacche (coni) mature ed essiccate contenenti al minimo 10 ml/kg di olio essenziale. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 2-10 g/die (bacca essiccata) corrispondenti a 20-100 mg di olio essenziale. Infuso: 2-3 g di droga triturata in una tazza d’acqua bollente (150 ml); infondere per 10 minuti. Assumere 3-4 tazze al dì. Polvere: 2-8 g al dì (Van Hellemont). Olio essenziale: 2-5 gocce al dì. Juniperus communis M.G.1DH, 50 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì. Juniperus communis T.M. 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dallo pseudo-frutto (bacca) fresco (titolo 65°).

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131 • Juniperus Formulario Sciroppo aperitivo di Ginepro (Botteri) Ginepro Sciroppo semplice S/un cucchiaino prima dei pasti

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E.F. 10 ml q.b. a 100 g

Linimento (uso esterno) Diluire l’olio essenziale in etanolo al 90%9. Curiosità • Le bacche o coccole trovano impiego per aromatizzare carni, soprattutto arrosti di cacciagione, ma anche, e prevalentemente, in liquoreria per la preparazione di gin e altre acquaviti. Note bibliografiche 1 Wichtl M. et al., op. cit., p. 284. 2 Teuscher D. et al., op. cit., p. 255. 3 Mascolo N. et al., 1987, Phytother. Res. 1:28-31. 4 Sanchez F. et al., 1994, Planta medica, 60, 197-200; Bruneton J., 2009, op. cit., p. 703. 5 Prakash A.O. et al., 1994, Fitoterapia, vol. LXV, 3, 248. 6 Proserpio G. et al., op. cit., p. 699. 7 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 703. 8 Ibidem. 9 Teuscher E. et al., op. cit., p. 256.

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132 • Krameria

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Ruiz & Pavon

Krameria triandra Ruiz & Pavon

Nome comune: Ratania del Perù Francese: Ratanhia du Pérou Inglese: Rhatany Tedesco: Ratanhia Spagnolo: Krameria Famiglia: Krameriaceae Parte utilizzata: radici Costituenti principali: – tannini catechici (10-20%): procianidoli (65%) e prodelfinidoli (35%) – composti benzofuranici lipofili (rataniafenoli I e II) – amido, zuccheri; N-metiltirosina (ratanhina) Attività principali: astringente; antinfiammatoria e vasculotropa; antimicrobica Impiego terapeutico: turbe funzionali della fragilità capillare cutanea, insufficienza venosa e sintomatologia emorroidaria; enterocoliti, coliti ecc.; gengivite, stomatite (uso topico)

Utilizzo medico La pianta viene da sempre utilizzata per le sue proprietà astringenti e antidiarroiche. Preparazioni a base di Ratania possono essere impiegate, sia per via interna che esterna, nel trattamento delle affezioni di ambito vascolare, nelle turbe funzionali della fragilità capillare cutanea (ecchimosi, petecchie…), nell’insufficienza venosa e nella sintomatologia emorroidaria1. Viene impiegata, come antidiarroico, anche nel trattamento di enterocoliti, coliti ecc. Risultati di uno studio recente indicano che la presenza nel fitocomplesso delle frazioni lipofile (neolignani) determina proprietà antiossidanti/scavenger dei radicali liberi: l’estratto lipofilo della radice standardizzato in neolignani, secondo i ricercatori, potrebbe essere utilizzato come topico contro i danni della pelle causati dalla luce2. La radice di Ratania conosce attualmente un uso prevalentemente topico: localmente rientra nella composizione di prodotti per l’igiene della bocca (collutori e dentifrici) sia nel trattamento di gengiviti e stomatiti, in quanto all’azione astringente dei tannini si affiancano le proprietà battericide messe in evidenza in vitro. Interessante risulta la segnalazione che la radice di Ratania veniva impiegata in passato per consolidare i denti nell’alveolo. Un gel o un collutorio (con Mirra) a base di ratania sembrano efficaci per prevenire gli effetti collaterali a livello della mucosa orale (mucosite) in seguito a chemioterapia3. Sotto forma di pomate o creme (al 10%) viene utilizzata nel trattamento di emorroidi, ragadi e fistole anali, ragadi del seno ove viene sfruttata l’azione astringente, antinfiammatoria e vasculotropa della pianta. Può essere utilmente associata ad Hamamelis, Ruscus, Aesculus, Calendula ecc. «Le proprietà astringenti, purificanti e disarrossanti ne fanno un elemento di primo piano nella fitocosmesi funzionale»4: può rientrare, pertanto, nella formulazione di collutori, dentifrici, shampoo per capelli grassi, creme lenitive per pelli grasse e impure, prodotti dopo sole ecc. Nei prodotti 398

132 • Krameria

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“dopo-sole” può essere associata a Iperico. Può risultare utile il suo inserimento nei prodotti abbronzanti (5% e più) in quanto il tono flobafenico (rosso di Ratania) imprime alla pelle una colorazione bronzea. Tossicità, interazioni ed effetti secondari A causa della presenza di tannini si possono manifestare, per dosaggi prolungati e posologie elevate, disturbi gastrici; eventuali interazioni farmacologiche sono da attribuire alla presenza dei tannini. La Commissione E del BfArM consiglia di non oltrepassare le 2 settimane di trattamento senza controllo medico. Molto raramente si possono manifestare reazioni allergiche locali5. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla radice essiccata contenente al minimo 5% di tannini, espressi in pirogallolo. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 2 g di droga per 150 ml di acqua bollente; lasciare in infusione 10-15 minuti. Filtrare e bere. Anche per uso topico (sciacqui o gargarismi). Decotto: 1,5 g di droga per tazza; far bollire per 15 minuti. Filtrare. Anche per uso topico. Polvere: da 1 a 4 g/die. Tintura F.U.: 5-10 gocce in un bicchiere di acqua, 2-3 volte al dì; la tintura non diluita per spennellature; per gargarismi o sciacqui: 20-30 gocce in una tazza d’acqua. Supposte: 1 g di estratto secco6. Krameria triandra T.M.: 30 gocce, diluite in acqua 1-3 volte al giorno. Note di galenica Conservando la droga per periodi prolungati, il contenuto in tannini diminuisce in seguito alla loro tendenza a condensare: si trasformano in flobafeni insolubili (rosso di Ratania). La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla radice essiccata (titolo 65°). Formulario Gengiviti-stomatiti Krameria t. Myrrha S/Fare spennellature senza diluire

T.M. T.M. ana 15 g in flacone unico

Pomata astringente (Benigni-Capra-Cattorini) Krameria t. E.S. 8 g Ippocastano E.S. 2 g Acqua 10 g Lanolina Vaselina ana 40 g Curiosità • Si tratta di una pianta originaria delle Ande boliviane e peruviane. Le donne di Lima da sempre utilizzano questa radice come dentifricio. Fu per questa particolarità che venne scoperta dal botanico spagnolo Hipólito Ruiz López (1754-1816), il quale la chiamò Raiz para los dientes e ne introdusse l’uso terapeutico in Europa nel 1796. 399

132 • Krameria

triandra

Ruiz & Pavon

• La pianta deve il nome botanico a J.G.H. Kramer, medico militare austriaco, autore di opere di botanica sistematica pubblicate nel 1721-1744, al quale fu dedicata dal botanico Ruiz (Flora Peruviana et Chilensis,1798-1802). Note bibliografiche 1 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 329. 2 Carini M., Aldini G. et al., 2002, Planta Medica, 68,193-197. 3 Tiemann P, Toelg M, Ramos FMH, 2007, Administration of Ratanhia-based herbal oral care products for the prophylaxis of oral mucositis in cancer chemotherapy patients: a clinical trial. Evid Based Complement Alternat Med. 4(3):361-6. 4 Proserpio G. et al., op. cit., p. 492. 5 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 466. 6 Dorvault F., op. cit., p. 1482.

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Lactuca virosa L.

Nome comune: Lattuga virosa Francese: Laitue vireuse; Méconide Inglese: Great lettuce Tedesco: Gift-Lattich Spagnolo: Lechuga silvestre Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: la pianta intera (raccolta prima della fioritura); il succo ispessito o lattucario Costituenti principali: – lattoni sesquiterpenici (principi amari del latice: 3,5%): lactucina, 8-desossi11β,13-diidrolactucina, jaquinelina, lactupicrina e lactusideA; alcol triterpenici (latice): α e β-lactuceroli…; dubbia la presenza di un alcaloide midriatico – flavonoidi; acidi citrico, succinico, malico, ossalico…; olio essenziale; zuccheri, pectine, proteine Attività principali: sedativa; blandamente ipnotica; bechica Impiego terapeutico: ipereccitabilità (prima infanzia), turbe del sonno; dismenorrea Uso desueto

Utilizzo medico Esistono oltre cento varietà di lattuga. La più conosciuta è la Lactuca sativa L. Questa lattuga è molto ricca in acqua (92%) e ha uno scarso valore energetico (13 kcal per 100 g). I componenti principali, oltre a vitamine e sostanze minerali, sono glucidi (1,3 g%), proteine (1,2 g%), lipidi (0,5 g). Questi ultimi, anche se in scarsa quantità, rappresentano un interessante apporto nutrizionale in quanto sono costituiti da acidi grassi polinsaturi, in particolare acido linolenico (omega-3): una porzione di 100 g di lattuga fornisce 70 mg di acido linolenico, cioè il 5% dell’apporto quotidiano raccomandato per un’efficace prevenzione delle malattie cardio-vascolari. Di impiego più propriamente medico, anche se oggi desueto, è la Lactuca virosa L.: le foglie manifestano azione calmante, diuretica e leggermente lassativa. Se ne adoperava l’acqua distillata per lo più come veicolo per pozioni calmanti, il sapore però risultava sgradevole (Medicamenta). Con il lattice fresco si preparava il lattucario o succo ispessito: questo preparato veniva impiegato come calmante della tosse e della pertosse, nell’ipereccitabilità, nell’insonnia, nella dismenorrea, in caso di erezioni dolorose e nelle distonie neurovegetative1. I lattoni sesquiterpenici (principi amari), presenti nel lattice (o latice) anche a concentrazioni elevate (fino a 3,5%), sono responsabili delle proprietà sedative, analgesiche e ipnotiche. L’azione blandamente ipnotica non è tale da indurre il sonno vero e proprio, ma è in grado di attenuare l’eccitabilità nervosa e di determinare uno stato di quiete che più facilmente conduce al sonno fisiologico. L’azione analgesica è stata evidenziata dal fatto che gli estratti inibiscono l’attività di 401

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una endopeptidasi neutra (NEP) che interferisce con il metabolismo delle encefaline2. In passato il lattucario veniva impiegato specialmente nei bambini ipercinetici, eretistici, anoressici o disappetenti, in quanto si riteneva che svolgesse un’azione favorevole sull’incremento ponderale oltre che sull’equilibrio psicofisico3. A questo proposito così si esprimeva Leclerc: «È soprattutto nella medicina infantile che il lattucario rende degli ottimi servizi: sprovvisto di tossicità, spegne l’eccitazione nervosa, provoca il sonno, calma gli accessi di tosse, in particolare quelli della pertosse, senza che la sua somministrazione, anche prolungata, sia seguita da depressione». Il suo utilizzo venne in seguito abbandonato per l’incostanza dell’azione. Tossicità, interazioni ed effetti secondari I lattoni sesquiterpenici e gli alcol terpenici responsabili dell’attività sedativa sarebbero responsabili anche di una certa tossicità anche se debole. L’ipotesi della presenza in tracce di un alcaloide midriatico ad azione simile alla iosciamina e in grado di determinare l’effetto narcotico del lattucario, non è stata confermata4. Nell’uomo l’assunzione a partire da 2 g di lattucario determina ronzio auricolare, aumento della traspirazione, midriasi, alterazioni del visus, cefalea, vertigini, sonnolenza e incubi5, «segno di una certa tossicità»6. Sembra comunque che seguendo strettamente la posologia indicata non siano da temere effetti collaterali e tossicologici7. A scopo precauzionale se ne sconsiglia comunque l’impiego in gravidanza, allattamento e in pediatria. Come per tutte le piante ad azione sedativa, occorre ovviamente porre attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci ad attività sedativo-ipnotica, al fine di evitare un potenziamento non ricercato dell’azione sedativa. Forme farmaceutiche e posologia Estratto Fluido Lactuca v. pianta (1 g = 40 gocce); 1-2 g più volte pro die. Lattucario: 0,03-0,3 g pro dose; 0,5-1 g pro die. Il lattucario alla posologia di 0,10-0,50 g manifesta proprietà bechiche, sedative e ipnotiche8. Note di galenica Cento grammi di latice fresco danno un rendimento di 10 g di prodotto secco o lattucario. Si distinguono il lattucario germanico (considerato il migliore) che si presenta in pezzi irregolari, di color bruno e più o meno cupo all’esterno, biancastri e di apparenza cerosa all’interno, di odore “viroso”, di sapore amaro, solubili parzialmente in acqua, alcol, ed etere. Un prodotto analogo è il lattucario inglese ricavato da una varietà della stessa pianta (var. montana). Il lattucario francese, detto anche Tridace (vedi: Curiosità), è un estratto acquoso di Lattuga, ottenuto dalla Lactuca altissima Bieberst e dalla Lactuca sativa L.9. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Sciroppo di lattucario (Hager) Lattucario germanico p. 1 Alcol p. 20 Acqua distillata p. 65 Stempera il lattucario nell’alcol, aggiungi l’acqua, scalda e poi cola. A p. 75 di colat. aggiungi: Zucchero p. 125. 402

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Curiosità • I Pitagorici, con allusione all’azione sedativa a livello dell’apparato genitale, la chiamavano “la pianta degli eunuchi”; Dioscoride consigliava il lattucario per smorzare la lussuria. • «E Linneo, in prova della sua azione anafrodisiaca cita un ricco inglese, il quale afflittissimo per non avere figli, poté solo diventare padre, sì tosto che, per consiglio del medico, abbandonò la lattuca di cui faceva un vero abuso. E noi facilmente crediamo che, sostituendo a cena una costoletta e un beef-steeak all’insalata, i lombi possano aquistare più virile energia» (Scotti, 1872). • Galeno racconta che curò l’insonnia della sua vecchiaia mangiando Lattuga. • Gli antichi greci e romani consideravano il lattucario un succedaneo dell’oppio. Dimenticato, ritornò in terapia alla fine del XVIII secolo. Nella metà del secolo XIX il dottor Francois, medico francese, preparò il cosiddetto lattucario francese partendo dalla Lactuca sativa e lo chiamò Tridace a ricordo del nome dato alla pianta da Dioscoride: Tridax Agria. • Il lattucario miscelato con estratti di cicuta e di giusquiamo trovava impiego come anestetico in chirurgia. Note bibliografiche 1 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 808. 2 Funke I. et al., 2002, Lactuva virosa L. und Lactucarium. Z. Phytother. 23(1), 40-45. 3 Borsetto P., 1956, Ann. Isnardi 3, 4, 120; Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 808. 4 Frohne D. et al., op. cit., p. 71. 5 Stary F., 1987, Piante velenose, Ist. Geogr. De Agostini, p. 122; Van Hellemont J., op. cit., p. 220. 6 Frohne D. et al., op. cit., ibidem. 7 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., ibidem; Paris R.R., Moyse H., op. cit., vol. 3, p. 427. 8 Paris R.R., Moyse H., ibidem. 9 Villavecchia G.V., 1929, Dizionario di merceologia, Hoepli, Milano, vol. II, p. 699.

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Hartway

Lamium album Hartway

Nome comune: Lamio; Ortica bianca Francese: Ortie blanche; Lamier blanc Inglese: Blind nettle; White archangel Tedesco: Weiße Taubnessel Spagnolo: Ortiga blanca Famiglia: Lamiaceae (= Labiatae) Parte utilizzata: i fiori e le foglie Costituenti principali: – flavonoidi (rutoside, tiliroside); acido clorogenico; tracce di olio essenziale – iridoidi: lamalbide, 6-desossilamalbide, albosidi A e B, carioptoside1 – eterosidi fenilpropanici (acteoside, galactosilacteoside) – mucillagine, tannini ecc. Attività principali: espettorante e secretolitica; decongestionante pelvico; sedativa; astringente Impiego terapeutico: affezioni delle vie aeree superiori; menopausa, ipertrofia prostatica, disturbi del tratto urogenitale in genere

Utilizzo medico Mancano studi di farmacologia sperimentale2. La pianta è tradizionalmente impiegata per facilitare le funzioni di eliminazione renale, in quanto esercita una blanda attività diuretica (con eliminazione di potassio) e, grazie alla sua attività digestiva, in caso di irritazione della mucosa gastrica, senso di pienezza, flatulenza. Viene inoltre segnalata come espettorante e secretolitica nelle affezioni delle vie aeree superiori. L’Ortica bianca trova indicazione anche nelle alterazioni circolatorie a carico del bacino come decongestionante pelvico, in particolare nella menopausa, nell’ipertrofia prostatica e nei disturbi del tratto urogenitale in genere. La medicina popolare considera la pianta per la sue qualità astringenti, emostatiche, depurative e per combattere l’insonnia. La tisana d’Ortica bianca è una bevanda dal sapore gradevole per cui la sua assunzione può essere consigliata nelle turbe del sonno che spesso sono presenti in menopausa. Uso esterno Per uso locale è impiegata nelle flogosi cutanee superficiali e lievi e nel trattamento del prurito e della desquamazione furfuracea del cuoio capelluto (rientra nella formulazione di shampoo). In medicina popolare rientra nelle Formulario per le lavande vaginali in caso di leucorrea e dismenorrea. Si applicano compresse di decotto d’Ortica bianca su tumefazioni, gonfiori, suppurazioni e per calmare i dolori artritici. I bagni sono considerati utili per tonificare gambe gonfie o affaticate, guarire ulcere, piaghe, foruncoli e scottature3. 404

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Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1 g di droga (corolla mondata) triturata per tazza d’acqua bollente; lasciare in infusione per 5-10 minuti. Filtrare e bere più volte al dì. Decotto: al 5% per uso esterno. Lamium album T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 55°). Formulario Leucorrea- dismenorrea Lamium a. T.M. Matricaria r. T.M. Calendula o. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno Curiosità • L’abate Kneipp consigliava il vapore della decozione calda contro le otiti. • Lamium, dalla forma dei fiori, somiglianti alla gola del pesce lamio (Plinio). • «Capuron consiglia di far lentamente bollire un pugno di fiori in 1 litro di latte: aggiungere un grammo di Cannella: ridurre alla dose di una tazza: e darla a bere il mattino a digiuno per 8-10 giorni di seguito» (Scotti, 1872). • Le giovani foglie possono essere mangiate cotte in salmì e minestre rinfrescanti. Note bibliografiche 1 Damtoft S., 1992, Phytochemistry, 31, 175-178. 2 Bruneton J.,1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 481. 3 Proserpio G. et al., op. cit., p. 495.

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Laurus nobilis L.

Nome comune: Alloro; Lauro Francese: Laurier commun Inglese: Bay laurel Tedesco: Lorbeer Spagnolo: Laurel; Lauro Famiglia: Lauraceae Parte utilizzata: foglie; frutti (drupe) Costituenti principali: – olio essenziale (0,8-4%; in autunno anche 10%): 1,8-cineolo (30-70%), linalolo (816%), terpineolo (2,5-6,5%), eugenolo (3%), a-pinene, b-pinene, fellandrene, geraniolo – olio grasso – lattoni sesquiterpenici (3%): costunolide – flavonoidi; catechine, proantocianidine Attività principali: aperitivo-digestiva; antimicrobica e antiossidante (olio essenziale); sudorifera e balsamica Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico Le foglie di alloro sono state da sempre utilizzate come condimento, ma anche per preparare tisane atte a migliorare la funzionalità digestiva; venivano loro attribuite anche proprietà sudorifere e balsamiche. Attualmente l’uso medico è desueto e la pianta è impiegata quasi esclusivamente come aroma in cucina. Olio essenziale, tannini e sostanze amare sono una parte dei costituenti che danno alle foglie il caratteristico odore aromatico e, masticate, un sapore amaro e un po’ acre1. «Aggiunte ai cibi hanno proprietà stimolanti la digestione, eupeptiche e carminative.2» Per quanto riguarda l’utilizzo più strettamente terapeutico, la tradizione medica appartenente al passato indicava comunque che le foglie erano tradizionalmente «impiegate nel trattamento sintomatico delle turbe digestive, quali il gonfiore gastrico, la lentezza digestiva, eruttazioni e flatulenza»3. La tradizione riconosce loro, inoltre, proprietà antispasmodiche, espettoranti e neurotoniche. Il medico francese Henri Leclerc suggeriva, in caso di dispepsia atonica, nelle influenze a cui segue astenia e nelle bronchiti croniche l’impiego di un infuso preparato con foglie di alloro (4 g), scorza di arancio (8 g) e acqua bollente (200 g) (1935). I frutti «sono la vera droga officinale: essi hanno le stesse proprietà delle foglie, ma più spiccate»4. Contengono olio essenziale (1%) e olio grasso (30%): laurostearina e oleina. Dalle drupe fresche si ottiene per pressione l’oleum drupi (olio o burro di alloro), miscela di olio grasso e olio essenziale colorato in verde per la presenza di clorofilla. «Questa sostanza ha consistenza di unguento, colore verde, odore caratteristico, sapore balsamico amaro… ed entra (mescolato con grasso di maiale e di montone e coll’aggiunta di essenze di cajeput, ginepro, sabina e trementina) nella preparazione dell’unguento 406

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laurino, usato nella cura popolare dei dolori e delle tumefazioni reumatiche e gottose, ma soprattutto per frizioni stimolanti nella pratica veterinaria.5» Con le drupe veniva preparato anche il balsamo di Fioravanti, o alcolato di trementina composto, che veniva impiegato, in frizioni, nei reumatismi o nel rachitismo. Anche l’olio essenziale può essere utilizzato, sotto forma di massaggi, in caso di dolori articolari: si prepara un unguento con olio di oliva al quale viene aggiunta qualche goccia di olio essenziale6. Foglie e olio essenziale possiedono proprietà insetticide dimostrate nei confronti dei coleotteri della farina, delle pulci e degli acari: alcuni costituenti dell’olio essenziale, in particolare 1,8-cineolo e il geraniolo, sono repellenti nei confronti degli acari. L’olio essenziale manifesta inoltre proprietà antimicrobiche e blandamente antiossidanti. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Il consumo delle foglie come aromatizzante per alimenti sembra non presentare alcuna tossicità. Tuttavia la presenza di lattoni sesquiterpenici può essere all’origine di reazioni allergiche di tipo crociato nei confronti di svariate Asteraceae. Le persone allergiche alle Asteraceae, pertanto, devono evitare ogni contatto con questa pianta (anche l’uso alimentare). Sono possibili inoltre dermatiti da contatto sia con la foglia che con l’olio e l’olio essenziale. La pianta non perde il suo potere allergizzante dopo la cottura (flogosi della mucosa orale e gastrica). Forme farmaceutiche e posologia Infuso (foglie): 10-20 g per litro di acqua; 2-3 tazze al dì dopo i pasti. Formulario Infuso del dottor Leclerc Foglie di alloro 4 g Scorza di arancio 8 g Acqua bollente 200 g S/Infondere per 10 minuti, quindi filtrare e zuccherare. Bere dopo i pasti. (Indicato in caso di digestione difficile) Curiosità • Il nome latino Laurus deriverebbe dal celtico blaur = sempre verde. Pianta del bacino mediterraneo deve il suo appellativo nobilis alla grande considerazione di cui godeva nell’antichità. «Suprema fra le piante», come ebbe a scrivere Empedocle d’Agrigento intorno al V sec. a.C., la fama e la considerazione di cui godeva erano dovute alla sua origine divina. Dedicata ad Apollo, dio della luce, era simbolo della poesia, della gloria e della pace. Emblema anche di vittoria, cancellava il sangue versato nel corso delle battaglie. • Nel Medioevo agli studenti diplomati e ai saggi si offriva una corona di alloro carica di bacche, bacca lauri, da cui deriva il nostro baccalaureato. Il termine laureato deriva dal latino laureatus che significa “incoronato con alloro”. • L’origine divina dell’albero è, probabilmente, alla base di numerose credenze giunte sino ai nostri giorni. Si pensava, ad esempio, che preservasse dai fulmini e se per caso una pianta ne era colpita questo era considerato segno di sventura. La credenza era così radicata che l’imperatore Tiberio, durante i temporali, non esitava a coronarsi d’alloro per evitare le saette. • Fulgenzio, autore latino del VI sec., asseriva che «la foglia di alloro posta sotto il cuscino fa vedere in sogno le cose che si realizzeranno». 407

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• Nell’eccessiva sudorazione dei piedi si praticavano pediluvi con decotto saturo di bacche schiacciate. A questo proposito si legge in Scotti: «Imparammo… e trovammo praticamente utile un uso igienico di quelle bacche, ammaccandole grossolanamente e facendone saturo decotto per pediluvi contro i sudori estivi e quell’erittema risipelaceo che li accompagna (piedi cotti) e che rende si molesto il camminare» (G. Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Negri G., op. cit., p. 86. 2 Proserpio G. et al., op. cit., p. 614. 3 Teuscher E. et al., op. cit., p. 288. 4 G. Proserpio et al., ibidem. 5 Negri G., op. cit., p. 86. 6 J. Raynaud, Prescrption et conseil en aromathérapie, p. 151.

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Lavandula angustifolia Miller (= L. officinalis Chaix = L. vera DC.)

Nome comune: Lavanda Francese: Lavande varie Inglese: Lavender Tedesco: Lavendel Spagnolo: Lavanda fina Famiglia: Lamiaceae Parte utilizzata: fiori Costituenti principali: – olio essenziale (1-3%): linalolo, acetato di linalile; terpinen-4-olo, 3-octanone, lavandulolo, acetato di lavandulile, limonene, cineolo, canfora, α-terpineolo – flavonoidi, cumarine (erniarina), acido rosmarinico, triterpeni, tannini (12%) ecc. Attività principali: aromatizzante, digestiva, carminativa, coleretica; balsamica; antisettica; diuretica; antispasmodica e sedativa; vulneraria Impiego terapeutico: disappetenza, flatulenza, turbe dispeptiche; stati neurotonici degli adulti e dei bambini; uso cosmetico

Utilizzo medico I fiori di Lavanda, che solitamente si utilizzano associandoli ad altre piante con le quali condividono alcune caratteristiche terapeutiche, hanno dimostrato di possedere proprietà colagoghe e coleretiche ed eupeptiche per cui possono rientrare nelle formulazioni atte a trattare la disappetenza o la mancanza d’appetito, la flatulenza e la cosiddetta “piccola insufficienza epatica”. La medicina popolare utilizza la pianta come diuretico (infuso al 10%) e spasmolitico. Mentre mancano studi farmacologici sulla pianta in toto, diversi studi sono stati effettuati nei confronti dell’olio essenziale: si è mostrato in vitro (> linalolo) mediamente antibatterico (azione più debole rispetto all’olio essenziale di Rosmarino, Timo e Santoreggia)1, mentre nella cavia, per os, esercita un’attività neurodepressiva e a forti dosi risulta neurotossico2. L’olio essenziale e il linalolo sono risultati spasmolitici in vitro; in vivo l’olio essenziale si oppone agli effetti della caffeina3. I fiori di Lavanda possiedono proprietà leggermente sedative utili nelle cefalee, nell’emicrania, nella neurastenia e nell’eretismo cardiaco. Tradizionalmente sono impiegati nel trattamento sintomatico degli stati neurotonici degli adulti e dei bambini, in particolare nei disturbi minori del sonno. Sembra infatti che l’odore dei fiori o dell’essenza favorisca il sonno nell’uomo4. Balneoterapia, inalazioni e massaggio effettuati con olio essenziale o con preparati ottenuti dai fiori manifestano proprietà sedative, ansiolitiche e blandamente antidepressive. Studi clinici preliminari confermerebbero tali indicazioni5. Scorrendo la letteratura si possono reperire numerosi riferimenti relativi all’attività antidepressiva della pianta, rari però sono gli studi basati su evidenze scientifiche. 409

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Fra questi si segnala uno studio (trial randomizzato in doppio cieco) volto a comparare l’impiego della tintura di Lavanda e del farmaco imipramina nel trattamento della depressione lieve e moderata, al fine di valutare la possibile azione coadiuvante della pianta. I pazienti sono stati divisi in 3 gruppi. Al gruppo A sono state somministrate: 60 gocce/die di tintura di Lavanda + le compresse placebo; al gruppo B, imipramina cpr 100 mg/die + gocce placebo; al gruppo C, imipramina cpr 100 mg/die + 60 gocce/die di tintura di Lavanda. Questi i risultati: la sola tintura di Lavandula ha dimostrato minor efficacia rispetto all’imipramina. La combinazione di imipramina e Lavandula è invece risultata di maggiore efficacia rispetto alla somministrazione di Imipramina singola. Gli autori concludono sottolineando l’efficacia della combinazione che è in grado di determinare un più rapido e valido miglioramento dei sintomi6. Sembra che l’inalazione di olio essenziale di lavanda attenui moderatamente il comportamento agitato dei pazienti con demenza7. La diffusione di olio essenziale di lavanda nella sala d’aspetto può ridurre l’ansia dei pazienti dal dentista8. Recenti studi hanno segnalato che la lavanda può ridurre alcuni markers fisiologici dello stress (cortisolo) e la pressione sanguigna9. Ciò conferma quanto espresso dalla monografia della Commissione E del BfArM che indica nell’infuso ottenuto dai fiori essiccati di Lavanda un medicamento sicuro nel trattamento delle turbe dell’umore, dell’insonnia e dei dolori addominali funzionali (meteorismo ecc.). Uso esterno Le preparazioni a base di fiori di Lavanda sono utilizzate per detergere le piaghe e localmente come antalgiche nelle affezioni dell’orofaringe, oltre che come collutorio per l’igiene della bocca. L’alcolato di Lavanda si usa in frizioni contro i dolori nevralgici e reumatici così come contro il prurito. È noto inoltre che l’essenza di Lavanda è utilizzata in cosmetologia e in profumeria10. Un ampio studio ha valutato l’efficacia dell’olio di lavanda aggiunto all’acqua del bagno nel trattamento dei disturbi perineali subito dopo il parto: mentre per quanto riguarda l’attenuazione dei sintomi, non è stata verificata una significativa differenza rispetto al placebo, il dolore scompariva qualche giorno prima rispetto al placebo11. L’olio essenziale presenta una ridotta valenza antimicrobica che però viene controbilanciata da interessanti proprietà antinfiammatorie e decongestionanti: risulta ben tollerato a livello di cute e mucose12. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala, ai dosaggi terapeutici, effetti secondari. Sono state tuttavia segnalate dermatiti e allergie da contatto alla lavanda e al suo olio13. L’uso interno dell’olio essenziale può causare, in soggetti sensibili, forte nausea e problemi gastrici. Dosaggi elevati possono provocare eccitazione. L’uso topico, alle dosi terapeutiche, è ritenuto sicuro, a meno che non vi sia una alterata risposta individuale, anche in gravidanza e durante l’allattamento mentre è bene, invece, evitarne l’impiego per os (proprietà emmenagoghe)14. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dal fiore essiccato contenente al minimo 13 ml/kg di olio essenziale. L’olio essenziale ottenuto per estrazione in corrente di vapore deve contenere: linalolo (20-45%), acetato di linalile (25-46%), terpinen-4-olo (0,1-6%), 3-octanone (0,1-2,5%); lavandulolo (> 0,1%), acetato di lavandulile (> 0,2%); limonene (< 1%), cineolo (< 2,5%), canfora (< 1,2%), α-terpineolo (< 2%). 410

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Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 2- 4 cucchiaini da caffè di droga per tazza (150 ml); olio essenziale:1- 4 gocce/die. Per bagni: 20-100 g di droga per 20 litri di acqua; olio essenziale: 6 gocce per bagno o 3 ml di una soluzione al 20% (ESCOP). Infuso: 1-2 cucchiaini di droga (circa 0,8-1,6 g) per tazza d’acqua bollente. Lasciare in infusione, coperta, per 5-10 minuti. Filtrare e bere più tazze al giorno. Bambini fino a 12 anni: 0,5-2 cucchaini (0,4-1,6 g). Olio essenziale: 1-4 gocce al dì, su compressa neutra o in un cucchiaino di miele; per inalazioni: adulto, parecchie gocce oppure 2-20% di O.E. nel nebulizzatore; bambino fino a 12 anni: 3 gocce oppure diluizione 1:10 di O.E. Olio da massaggio: diluire 2- 4 gocce di olio essenziale in un cucchiaio di olio vegetale (crampi e dolori muscolari). Polvere: 0,25 g per cps, 3-6 cps al dì. Lavandula officinalis T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno; 30-50 gocce la sera. Note di galenica Conservare al riparo da luce e umidità. La Lavandula spica L., o spigo, ha proprietà analoghe alla Lavandula officinalis L. di cui è considerata un succedaneo, anche se l’olio essenziale, ricco in ossidi, si caratterizza per una scarsa attività antimicrobica e una valida azione mucolitica, decongestionante, espettorante. Diluito e microincapsulato è ben tollerato per somministrazioni aerosol15. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalle sommità fiorite fresche (titolo 65°). Formulario Balneoterapia: bagno distensivo Infondere per 5-10 minuti, 1-5 g di fiori essiccati in 1 litro di acqua bollente. Filtrare e mescolare questa preparazione nell’acqua del bagno. In alternativa si può utilizzare l’olio essenziale: miscelare 1-5 gocce in un po’ di sapone liquido e aggiungere all’acqua del bagno. Balneoterapia: bagno antiastenico Bagno delle sei Labiate (Fauron, Moatti) Lavandula o. sommità fiorite 100 g Melissa foglie 100 g Menta foglie 100 g Rosmarino fiori 100 g Salvia o. foglie 100 g Timo sommità fiorite 100 g S/Mettere il tutto in 3 litri di acqua bollente. Lasciare infondere per 15 minuti, quindi filtrare. Versare nell’acqua di un bagno completo. La temperatura raccomandata è di 30° (acqua tiepida) e la durata del bagno deve essere di 10-20 minuti. Si consiglia di fare una doccia rapida e calda (38°) subito dopo il bagno. È preferibile fare questo trattamento al mattino e una sola volta al giorno. Non abusare. Spirito di Lavanda (1% di essenza) Frizioni contro nevralgie, reumatismi, pruriti

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Olio da massaggio (dolori reumatici, nevralgie…) Diluire da 1 a 4 gocce di olio essenziale in un cucchiaio da minestra di olio vegetale. Massaggiare delicatamente la zona interessata Collutorio Lavandula o. T.M. 20 ml Mentha p. T.M. 40 ml Salvia o. T.M. 40 ml in flacone unico S/1-2 cucchiaini da caffè in un bicchiere di acqua Gargarismo antisettico O.E. Lavandula o. 5 ml O.E. Satureja m. 3 ml Alcol 90° 30 ml in flacone unico S/1 cucchiaino da caffè per 100 ml di acqua tiepida Inalazioni (affezioni acute vie respiratorie) O.E. Lavandula o. 60 ml O.E. Pino O.E. Eucalipto ana 30 ml in flacone unico S/un cucchiaio da minestra in 100 ml di acqua calda Suffumigi (cefalea, insonnia) Versare 2-4 gocce di olio essenziale in un recipiente colmo di acqua bollente e aspirare i vapori. Ripetere più volte al giorno, e al bisogno (insonnia) prima di coricarsi Pertosse Infuso al 5%: 4 tazze al dì Distonia neurovegetativa Lavandula o. T.M. 30 ml Valeriana o. T.M. 70 ml Mentha T.M. 25 ml in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Stati d’ansia Camomilla fiori Lavanda fiori ana parti S/infondere 1-2 cucchiaini della miscela in una tazza d’acqua calda; filtrare e bere durante la giornata Difficoltà digestive, stress (Cagnola, Botticelli) Verbena odorosa foglie t.t. 65 g Melissa foglie tt. 20 g Lavanda fiori 15 g S/versare una tazza di acqua bollente su un cucchiaio della miscela e lasciare in infusione quindici minuti; filtrare e bere a piccoli sorsi dopo aver mangiato

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Miller

Curiosità • Per facilitare il sonno vengono confezionati cuscini alle erbe contenenti almeno il 30% di fiori di Lavanda. • Il termine Lavandula deriva dal latino lavare, in quanto la pianta era impiegata, già in epoca romana, per aromatizzare i bagni, le acque di toeletta, gli abiti ecc. e tenere lontani gli insetti. Note bibliografiche 1 Pellecuer J. et al., 1975, Pl. Méd. Phytothér. 9, 99-106. 2 Bruneton J., Phytothérapie…, op. cit., p. 162. 3 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 625. 4 Hardy M., 1995, Remplacement of drug treatment for insomnia by ambient odour, Lancet, 346, 701; Field T. et al., 2008, Lavender bath oil reduces stress and crying and enhances sleep in very young infants., Early Hum Dev, 84(6):399-401. 5 Lee IS et al., 2006, Effects of lavender aromatherapy on insomnia and depression in women college students, Taehan Kanho Hakhoe Chi. 36(1):136-43; Field T et al., 2008, Lavender bath oil reduces stress and crying and enhances sleep in very young infants. Early Hum Dev. 84(6):399-401. 6 Akhondzadeh S. et al., 2003, Prog. Neuropsychopharmacol. Biol. Psychyatry, 27(1), 123-127. 7 Holmes C. et al., 2002, Lavender oil as a treatment for agitated behaviour in severe dementia: a placebo controlled study. Int J Geriatr Psychiatry. 17(4):305-8.; Lin PW, Chan WC et al., 2007, Efficacy of aromatherapy (Lavandula angustifolia) as an intervention for agitated behaviours in Chinese older persons with dementia: a cross-over randomized trial. Int J Geriatr Psychiatry. 22(5):405-10. 8 Lehrner J, Marwinski G et al., 2005, Ambient odors of orange and lavender reduce anxiety and improve mood in a dental office. Physiol Behav. 15;86(1-2):92-5.; Lavender scent calms dental patients. British Psychological Society, septembre 2008. In: www.bps.org.uk. 9 Toda M, Morimoto K., 2008, Effect of lavender aroma on salivary endocrinological stress markers. Arch Oral Biol. 53(10):964-8; Hwang JH., 2006, The effects of the inhalation method using essential oils on blood pressure and stress responses of clients with essential hypertension, Taehan Kanho Hakhoe Chi. Dec;36(7):1123-34. 10 Proserpio G. et al., op. cit., p. 704. 11 Dale A., Cornwell S., 1994, The role of lavender oil in relieving perineal discomfort following childbirth: A blind randomized trial, J. Adv. Nursing, 19, 89-96. 12 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie..., op. cit., p. 626. Camporese A., op. cit, p. 134. 13 Ibidem. 14 Raynaud J., Prescription et conseil en aromathérapie, op. cit., p. 154. 15 Camporese A., op. cit, p. 135.

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cardiaca

L.

Leonurus cardiaca L.

Nome comune: Cardiaca Francese: Agripaume Inglese: Motherwort Tedesco: Herzgespann Spagnolo: Agripalma Famiglia: Lamiaceae Parte utilizzata: parti aeree Costituenti principali: – alcaloidi: stachidrina (0.06%), leonurina (0,007%)1; glicosidi (p. amari) vicini ai bufenolidi; tannini (5-9%); flavonoidi; tracce di olio essenziale – leonuride (iridoide ad attività antinfiammatoria) Attività principali: sedativa a livello generale e cardiaco Impiego terapeutico: nevrosi cardiache

Utilizzo medico Viene utilizzata come sedativo cardiaco nelle turbe vegetative funzionali2: alla pianta infatti si attribuisce attività sedativa a livello generale e cardiaco. L’azione sedativa viene paragonata a quella della Valeriana. A livello dell’apparato cardiocircolatorio agisce determinando vasodilatazione, ipotensione e rallentamento della frequenza cardiaca. La diastole aumenta. Tali peculiarità rendono il suo utilizzo particolarmente interessante nel trattamento delle nevrosi cardiache e nell’angina di petto (contribuisce ad attivare l’irrorazione coronarica), ove determina una rapida attenuazione della sintomatologia e del dolore. Interessante l’indicazione del suo utilizzo nei disturbi della menopausa, quali vampate, ipertensione, insonnia ecc.3. Può essere utilmente associata a Crataegus monogyna e Melissa officinalis. P. Belaiche ha attuato una sperimentazione, durata sei mesi, su 64 pazienti affetti da alterazione del ritmo cardiaco attribuita a distonia neurovegetativa. I pazienti presentavano alterazione del ritmo causata da stress: tali crisi avevano inizio e fine progressiva, erano accompagnate da astenia, angoscia, insonnia, oppure presentavano extrasistoli ventricolari isolate. La pianta dimostrò di essere in grado di manifestare azione sedativa, antiadrenergica e antispasmodica. Secondo Belaiche, pertanto, Leonorus cardiaca L. è in grado di determinare: 1. azione sedativa e ansiolitica a livello generale; 2. diminuzione dell’ipereccitabilità (formicolii delle estremità, crampi, astenia); 3. nessuna azione sull’induzione del sonno; 4. netta azione tonica; 5. attenuazione o scomparsa della sintomatologia funzionale a livello cardiaco. Sembra quindi che la pianta sia in grado di elevare la soglia di percezione dei disturbi neurovegetativi cardiovascolari. Tra gli effetti collaterali segnalati (3 g/die di estratto secco nebulizzato), sei pazienti manifestarono lieve diarrea; vi furono inoltre due casi di mestruazioni particolarmente abbondanti. Il nome tedesco mutter kraut e inglese motherwort stanno a indicare, del resto, l’uso nella tradizione popolare della pianta come stimolante uterino: un tempo infatti era utilizzata come pianta emmenagoga. In tre soggetti infine si presentò pirosi gastrica4. La pianta è segnalata anche come coadiuvante nel trattamento dell’ipertiroidismo5. 414

137 • Leonurus

cardiaca

L.

Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala, ai dosaggi terapeutici, effetti secondari tossici. In soggetti sensibili è possibile una dermatite da contatto. Dosaggi elevati e prolungati possono provocare diarrea, sanguinamenti uterini e irritazioni dello stomaco. Si consiglia vigilanza in caso di assunzione contemporanea di farmaci cardioattivi e ipotensivanti. Il British Herbal Compendium, basandosi su studi datati che segnalano l’azione contratturante su tessuto uterino (in vitro), ne sconsiglia l’uso in gravidanza. La Commissione E del BfArM segnala invece che non sono note controindicazioni. Si consiglia comunque cautela (solo prescrizione medica). Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle parti aeree fiorite essiccate, intere o frammentate, contenti al minimo 0,2% di flavonoidi espressi come iperoside. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 4,5 g/die della droga. Infuso: 2 cucchiaini da caffè (1,5 g) per tazza d’acqua bollente; una tazza al mattino e alla sera. Estratto secco nebulizzato (1:5): 2 capsule da 500 mg, 1-3 volte al giorno (cardiosedativo). Estratto Fluido: 1-2 g più volte al dì (1 g = 35 gocce). Leonurus cardiaca T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica Le foglie, una volta raccolte, anneriscono rapidamente perdendo parte dell’efficacia: è consigliabile, pertanto, utilizzare la pianta fresca o la T.M. In caso di essiccamento, questo deve essere molto rapido e occorre evitare temperature superiori ai 40° in quanto si può verificare la precipitazione dei principi attivi. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Gocce cardiosedative Leonorus c. T.M. Melissa o. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Gocce cardiosedative Leonorus c. T.M. Crataegus o. T.M. Valeriana o. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Gocce di Cardiaca composta (R. Corcos) Leonorus c. E.F. 40% Olea f. E.F. 30% Crataegus flos e fol. E.F. 30% S/30 gocce, in mezzo bicchiere di acqua, 2 volte al dì, lontano dai pasti

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137 • Leonurus

cardiaca

L.

Menopausa (vampate) Leonorus c. T.M. 50 ml Crataegus o. T.M. 30 ml in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Curiosità • Le prime descrizioni e indicazioni terapeutiche della pianta sono datate al 1600. Rientrava tra le piante utilizzate nelle crisi epilettiche. Le prime ricerche sistematiche risalgono al 1925. Note bibliografiche 1 Mills S.-Bone K., op. cit., p. 510. 2 Dorvault F., op. cit., p. 39. 3 Brigo B., 1997, op. cit., p. 189. 4 Belaiche P., 1983, Phytotherapy, 6, 13. 5 Van Hellemont J., op. cit., p. 229.

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capitata

Michaux

Lespedeza capitata Michaux

Nome comune: Lespedeza Francese: Lespedeza Inglese: Lespedeza Tedesco: Buschklee Spagnolo: Lespedeza Famiglia: Fabaceae Parte utilizzata: foglie e rametti Costituenti principali: – flavonoidi (1%): lespecapitoside (= homoorientina) – tannini catechici e catecoli (10%) Attività principali: antiuremica (azione ipoazotemica e diuretica dei flavonoidi); antiateromasica Impiego terapeutico: nefropatie; litiasi renale

Utilizzo medico La pianta agisce prevalentemente a livello dell’apparato renale. Sono i flavonoidi a determinare la netta azione depurativa e antispasmodica della pianta. A questo proposito viene segnalato che i flavonoidi (C-glicosilflavonoidi) che si trovano nella pianta presentano una particolare struttura chimica: lo zucchero del glucoside è legato al flavone come glucosilderivato (invece che con un normale legame O-glucosidico). Ciò fa sì che resistano molto di più all’idrolisi e possano esplicare un’azione diuretica per un tempo più lungo1. L’effetto favorevole sull’equilibrio azotato è una proprietà provata e caratteristica della pianta2. I primi studi farmacologici, che risalgono agli anni Cinquanta del secolo scorso, segnalarono come la tintura, somministrata per os, fosse in grado di determinare una notevole diminuzione dell’azotemia in conigli ai quali era stata provocata una nefropatia3. La sua somministrazione determina diminuzione della resistenza vascolare e aumento del volume del filtrato glomerulare sia nei soggetti sani sia nei soggetti con insufficienza renale. Nelle nefropatie favorisce quindi l’escrezione di urea e di cloruri, a condizione che la capacità di eliminazione non sia alterata. L’uso della pianta in caso di iperazotemia è consigliato quando questa non supera i 50-100 mg/ml. Alcuni autori tuttavia ne mettono in dubbio l’utilità terapeutica nelle nefropatie croniche. Può essere impiegata nel trattamento e prevenzione della litiasi renale. Sono segnalate anche proprietà antiateromasiche, dipendenti molto probabilmente dall’azione vasculotropa e antiradicalica dei flavonoidi. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Ai dosaggi terapeutici, la Lespedeza e i suoi preparati sono ben tollerati; a forti dosi, possono manifestarsi irritazione gastrica e diarrea. Eventuali interazioni farmacologiche sono dovute alla presenza dei tannini. Forme farmaceutiche e posologia Estratto secco: 150-300 mg per capsula, 1-2 capsule prima dei due pasti principali. Lespedeza capitata T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. 417

138 • Lespedeza

capitata

Michaux

Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dallo stelo fogliato e fiorito fresco (titolo 55°). Formulario Gocce depurative Lespedeza c. T.M. Betula a. T.M. Fraxinus e. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Litiasi renale Lespedeza c. T.M. Orthosiphon s. T.M. Agropyrum r. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Curiosità • Michaux aveva scoperto in Florida una pianta nuova che aveva descritto e classificato dedicandola al governatore della Florida, Manuel de Céspedes, chiamandola Cespedeza. Fu per un errore di trascrizione che divenne Lespedeza: «E Lespedeza restò, perché quando un nome è dato non c’è più niente da fare: queste sono le regole della botanica» [Fervidi O.]. Note bibliografiche 1 Fervidi O., 1989, Natom, 55, 24-25. 2 Van Hellemont J., op. cit., p. 230. 3 Halpern B.N., Trolliet J., 1953, Gaz. Med. de France 5, 351.

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officinale

W.D.J. Koch

Levisticum officinale W.D.J. Koch

Nome comune: Levistico Francese: Livèche Inglese: Lovage Tedesco: Liebstöckel Spagnolo: Apio de monte; Levístico Famiglia: Apiaceae Parte utilizzata: radice Costituenti principali: – olio essenziale (0,4-1,7%): ftalidi (5070%) in particolare Z-ligustilide (83-93%) di alchilftalidi (odore droga) – cumarine e derivati: umbelliferone; furanocumarine: bergaptene, psoralene – polline: falcarinolo, falcarindiolo – steroli: β-sitosterolo-β-glucoside; acido angelico, isovalerianico, ferulico… Attività principali: attività diuretica, carminativa, aperitiva Impiego terapeutico: renella e infiammazioni vie urinarie (non acute), ritenzione idrica

Utilizzo medico Dal punto di vista sperimentale è stato evidenziato che un estratto di radici di Levistico induce un debole aumento del volume urinario e/o di eliminazione dei cloruri o dell’urea sia nell’uomo che nell’animale1. È stata segnalata (solo nella cavia) anche un’azione estrogenica2. Alcuni ricercatori hanno evidenziato che il butilftalide e il sedanolide presentano attività sedativa mentre il butilidenftalide e il ligustilide avrebbero attività spasmolitica3. Il butilidenftalide mostra azione vasoldilatatrice nella cavia. Sembra che tali proprietà si manifestino per dosaggi elevati. Le poliine inibiscono in vitro la crescita di alcuni Mycobacterium4. L’olio essenziale risulta antimicrobico5. La Commissione E del BfArM consiglia l’impiego della radice per favorire la diuresi in caso di infiammazioni delle basse vie urinarie e per prevenire la formazione di calcoli renali e per incrementare l’eliminazione della renella. La pianta viene utilizzata per trattare anche la ritenzione idrica. Grazie a tali proprietà rientra nella formulazione di numerose miscele diuretiche officinali. La radice presenta anche proprietà carminative, aperitive e viene utilizzata nella fabbricazione industriale dei liquori. La medicina popolare usa la radice di Levistico come sudorifera, antispasmodica, emmenagoga e come tonico nervoso. Le foglie e i giovani steli conoscono un uso culinario (insalate, salse, zuppe): tutte le parti della pianta infatti presentano proprietà aperitive e digestive «nella misura in cui il loro sapore aromatico, leggermente piccante e amaro, provoca in modo riflesso un aumento della secrezione salivare, gastrica e biliare, e stimola il peristaltismo intestinale»6. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Alle dosi terapeutiche, la letteratura non segnala effetti secondari tossici. Il suo utilizzo è controindicato in presenza di edemi da ridotta funzionalità renale o cardiaca 419

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officinale

W.D.J. Koch

(Commissione E del BfArM, 1990). Le furocumarine possono causare fotodermatosi; la scarsa idrosolubilità delle furocumarine, ne rende però l’utilizzo sicuro. La Commissione E del BfArM raccomanda tuttavia di evitare l’irraggiamento ultravioletto e i bagni di sole intensivi in caso di uso prolungato. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dal rizoma e dalla radice essiccate contenenti al minimo 4 ml/ kg di olio essenziale nella radice intera e al minimo 3ml/kg nella radice tagliata. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 4-8 g di droga (radice) o la corrispondente quantità delle varie preparazioni. Infuso: 1,5-3 g di droga tagliata in una tazza d’acqua bollente. Infondere per 10-15 minuti. Filtrare e assumere 2 o 3 tazze al giorno. Levisticum officinale T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 45°). Formulario Specie diuretiche (Ph. Helvetica VII ed.) Anisi fructus contuso 10% Betulae fol. 10% Equiseti herba 25% Juniperi fruct. contuso 25% Levistici radix 10% Orthosiphonis fol. 20% S/Infuso al 5%; una tazza 3 volte al dì, lontano dai pasti Gocce diuretiche Levisticum o. T.M. Ononis s. T.M. Hieracium p. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Curiosità • Sembra che il Levistico sia stato introdotto in Europa dai monaci benedettini e che fosse apprezzato alla corte di Carlo Magno (Luzzi). • Viene utilizzato come aromatizzante in cucina, nelle preparazioni di dadi per brodo, come succedaneo del pepe (radice grattugiata) e aggiunto ai digestivi (Luzzi). Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 292. 2 Teuscher E. et al., ibidem; San Martin R., 1958, Farmacognosia 18:179-186. 3 AA.VV., 1979, Rivista Italiana EPPOS, 61, 335. 4 Schinkovitz A et al., 2008, Antimycobacterial polyacetylenes from Levisticum officinale. Phytother Res, May;22(5):681-4. 5 Teuscher E. et al., ibidem. 6 Ibidem.

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islandicus

L.

Lichen islandicus L. (= Cetraria islandica (L.) Acharius)

Nome comune: Lichene islandico Francese: Lichen d’Islande; Mousse d’Islande Inglese: Iceland moss Tedesco: Isländisches Moos Spagnolo: Cetraria islandica; Musgo de Islandia Famiglia: Parmeliaceae Parte utilizzata: tallo Costituenti principali: – polisaccaridi idrosolubili (40-60%): lichenina, isolichenina – sostanze amare: acidi lichenici: acido cetrarico e fumarprotocetrarico (2-3%) che durante la conservazione e lavorazione danno luogo all’acido protocetrarico e fumarico; acido protolichestrico – acido usnico (presenza variabile in dipendenza da fattori non ancora chiariti) – acido folico, folinico e vitamine del gruppo B12; tracce di ferro Attività principali: bechica-emolliente; antibiotico-simile; amaro-tonica; antiemetica Impiego terapeutico: affezioni apparato respiratorio; vomito incoercibile, cinetosi, nausea della gravidanza; dispepsie

Utilizzo medico Il Lichene islandico è conosciuto principalmente come bechico emolliente: le mucillagini di cui è ricco (polisaccaridi) esplicano infatti proprietà protettive a livello di mucose infiammate o irritate dell’apparato respiratorio; la presenza di acido usnico conferisce proprietà antibiotiche nei confronti dei batteri Gram positivi e dei micobatteri; sono state messe in evidenza anche proprietà antifungine e antivirali (Herpes virus)1. Vi sarebbe inoltre un’azione immunostimolante2. A tale scopo viene tradizionalmente utilizzato il decotto (5%) avendo cura di scartare la prima acqua d’ebollizione al fine di allontanare il principio amaro (cetrarina), si lava quindi con acqua fredda e finalmente si fa il decotto. Il secondo decotto contiene molta mucillagine e una scarsa quantità di principio amaro. Sembra tuttavia che gli acidi lichenici svolgano un’importante attività antibiotica e batteriostatica3. L’infuso (5%) per la presenza di cetrarina avrebbe azione antiemetica, anche se a questo scopo viene segnalata come più efficace la tintura (40-50 gocce al dì) in quanto le sostanze amare risultano solubili in alcol. Viene consigliato nel trattamento dei vomiti incoercibili, nelle cinetosi, nella nausea della gravidanza. L’acido protocetrarico è, a dosi leggere, un antiemetico, mentre a dosi elevate (0,1 a 0,2 g) manifesta un effetto lassativo. Le proprietà amaro-toniche ne fanno uno stimolante delle funzioni digestive, in particolare nelle gastroenteriti e nelle disappetenze. L’acido cetrarico avrebbe un’azione benefica sull’ematopoiesi, da cui l’utilizzo nell’anemia. È stato pubblicato uno studio4 che ha valutato l’attività antiossidante di un estratto acquoso di L. islandicus (attività scavenger nei confronti dell’anione superossido e dei dei radicali liberi). Gli autori hanno osservato che l’attività antiossidante è aumentata con dosi crescenti di estratti (da 50 a 500 microg) aggiunte a una emulsione di aci421

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islandicus

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do linoleico. Circa 50,100, 250 e 500 microg di estratto acquoso di L. islandicus hanno manifestato un’attività antiossidante maggiore rispetto a 500 microg di α-tocoferolo. I campioni hanno dimostrato 96, 99, 100, e 100% rispettivamente di inibizione sulla perossidazione dell’acido linoleico, mentre 500 microg di alfa-tocoferolo hanno mostrato una inibizione del 77% sulla perossidazione di emulsioni di acido linoleico. È stato così evidenziato che le proprietà antiossidanti di L. islandicus dipendono dalla concentrazione e aumentano con la maggiore quantità utilizzata. I risultati ottenuti in questo studio indicano, secondo gli Autori, che L. islandicus può rappresentare una potenziale fonte di antiossidanti naturali. Uso esterno Esternamente la medicina popolare usa la pianta per la detersione e cura di ferite a cicatrizzazione torpida. L’acido usnico è utilizzato in campo dermatologico a scopo antisettico in forma di crema, lozione, polvere, sia in caso di affezioni della pelle di origine infettiva che su ustioni importanti. In campo cosmetico, in forma di sale di rame o sodio o trietanolamina, come dermopurificante e deodorante (Proserpio). Sono state però segnalate dermatiti da contatto: alla base vi sarebbe l’azione irritante e allergizzante dell’acido usnico. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Medicamento sicuro se usato in modo adeguato e per breve periodo5. Per la presenza di principi amari, ad azione irritante sulla mucosa gastrica, non utilizzare in caso di ulcera gastroduodenale e gastrite. Gli estratti alcolici e la polvere possono determinare irritazione delle mucose (presenza dei principi amari), possibile interazione con i FANS e i farmaci gastrolesivi (sommazione d’effetto). A causa della presenza sempre maggiore di piombo nella droga (30 mg/kg di peso secco) il suo uso può risultare poco sicuro6. Uso sconsigliato in gravidanza e allattamento. La presenza di acido usnico, irritante e allergizzante, sarebbe all’origine di dermatiti da contattato in prodotti antisettici e cosmetici che lo contengono. L’acido usnico possiede inoltre una tossicità notevole nell’animale ed è implicato nella comparsa di accidenti epatici gravi7. Le mucillagini possono alterare l’assorbimento dei farmaci. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dal tallo essiccato, intero o tagliato, di L. islandicus. Forme farmaceutiche e posologia Posologia giornaliera media (ESCOP): 3-8 di droga in decotto o preparato equivalente: assumere in piccoli quantitativi. Come amaro (singola dose): 1-2 g di droga. Infuso: infondere 1-2 cucchiaini (2-4 g) di droga in 150 ml di acqua calda; dopo circa 10 minuti passare attraverso colino. Bere una tazza recentemente preparata più volte al dì. Decotto (gelatina di lichene): bollire 5 g di droga in 100 ml di acqua. Aggiungere «per rendere il sapore più grato polvere di cioccolato»8. Estratto Fluido: 0,5-1 g pro dose (1 g = 31 gocce). Pastiglie: estratto acquoso ottenuto da 50-300 mg di droga: 10 o più al giorno (ESCOP). Polvere: 2-4 g/die Lichen islandicus T.M. 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno.

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islandicus

L.

Note di galenica Il decotto si presenta sotto forma di gel mentre le altre forme estrattive sono liquide. La lichenina in acqua fredda si gonfia e risulta solubile solo in acqua calda; a partire da una certa concentrazione questa soluzione forma una gelatina con il raffreddamento9. Anche la isolichinenina è solubile in acqua calda e forma una gelatina con il raffreddamento. Conservare al riparo da luce e umidità. «Per ottenere una bevanda emolliente, dal sapore meno amaro e ricca di mucillagini, si consiglia di scolare immediatamente l’acqua calda (che ha estratto prevalentemente acidi lichenici) in cui si è appena infusa la droga, ponendo quindi quest’ultima nuovamente in acqua calda.10» La Tintura Madre è preparata dal tallo essiccato (titolo 65°). Formulario Specie composta per tisana all’altea (F.U.) (Tossi stizzose) Altheaeae radix 30% Thymi herba 25% Foeniculi fructus 10% Plantaginis folium 15% Liquiritiae radix 10% Cetraria islandica 10% S/un cucchiaio della miscela (5 g) per una tazza di acqua bollente (250 g); 1-3 tazze al dì Curiosità • «Dopo usato non si deve gettarlo via, ma mangiarlo a mo’ di insalata essendo molto nutriente e digestivo» (Padre Attanasio da Grauno, 1937). • Gli Islandesi consumano questo lichene come alimento. Lo raccolgono quando piove o di notte, lo macerano nell’acqua per 24 ore, al fine di eliminare le sostanze amare, lo disseccano e lo macinano, ottenendo così una farina. • Ben conosciuto dalle popolazioni del Nord Europa, venne segnalato per la prima volta nel 1627 da Valerio Cordo. Già a partire dal 1700, Linneo, Scopoli ecc. ne consigliavano l’impiego nella terapia della tisi. • Lichen «in greco significa crosta, dacché queste vegetazioni crittogamiche, rivestenti sassi e piante, hanno tutta l’apparenza di croste cutanee» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 263. 2 Schultz V. et al., 2003, op. cit., p. 163; AA.VV., 1987, Phytother. 8, 127. 3 Stcher O., 1965, Pharm. Acta helv. 40, 385; Wichtl Max et al., op. cit., p. 138. 4 Gülçin I, Oktay M et al., 2002, Determination of antioxidant activity of lichen Cetraria islandica (L) Ach. J Ethnopharmacol. 79(3):325-9. 5 Tyler VE, 1994, Herbs of Choice. Binghamton, NY: Pharmaceutical Products Press. 6 Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 183. 7 Bruneton J., 2009, op. cit., pp. 263-264. 8 Negri G., op. cit., p. 13. 9 Dorvault F., op. cit., p. 998. 10 Wichtl Max et al., op. cit., p. 138.

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Linum usitatissimum L.

Nome comune: Lino Francese: Lin Inglese: Flax Tedesco: Gemeiner Lein Spagnolo: Lino Famiglia: Linaceae Parte utilizzata: semi Costituenti principali: – Mucillagine (3-6%): galattosio, arabinosio, ramnosio, xilosio, acido galatturonico e mannuronico ecc; Fibre – Olio grasso non volatile (30-45%): esteri acido linolenico, linoleico, oleico – Proteine (25%); fosfatidi (0,7%); steroli e triterpeni – Glicosidi cianogenetici (0,1-1,5%): linustatina e neolinustatina Attività principali: emolliente, lenitiva; ipocolesterolemizzante; estrogenica (lignani) emolliente Impiego terapeutico: stipsi; ipercolesterolemia; menopausa

Utilizzo medico Il lino era coltivato già nell’epoca preistorica sia per le fibre, atte alla filatura, sia per i semi commestibili. I medici ippocratici, Teofrasto, Dioscoride, Plinio e tanti altri, utilizzavano la pianta per curare infiammazioni “interne ed esterne”, disturbi intestinali, tosse ecc. Attualmente la Commissione E del BfArM e l’ESCOP hanno convalidato l’impiego dei semi di lino nel trattamento della stipsi cronica, nei soggetti affetti da intestino irritabile e in coloro che hanno il colon danneggiato da abuso di lassativi, e nelle infiammazioni della mucosa gastrica e intestinale in genere. L’azione emolliente e addolcente risulta, infatti, particolarmente indicata per sfiammare le mucose irritate. Il trattamento sintomatico della stipsi (ovviamente non quella da cause organiche – endocrine, metaboliche, neurologiche, ostruzioni ecc. – che richiede interventi specifici) deve vertere principalmente sul riequilibrio alimentare e sull’incentivazione dell’attività fisica. Quando il volume fecale è ridotto, la motilità dell’intestino risulta rallentata: al fine di aumentare questo volume, oltre a un’alimentazione adeguata (verdura, frutta, cereali ecc.) e a un appropriato apporto idrico, possono essere consigliati alcuni rimedi fitoterapici ricchi in mucillagine, come i semi di Plantago ovata Forsskal (vedi), i semi di Linum usitatissimum L. ecc., considerati blandi lassativi di massa. L’aumento della massa fecale provoca, infatti, un aumento della peristalsi grazie alla conseguente stimolazione del riflesso di stiramento. I semi contengono anche una frazione minerale ricca in sali di potassio, calcio, magnesio che contribuisce a ottimizzare la loro azione terapeutica. Per estrarre le mucillagini dai semi è sufficiente mettere a macerare la dose di un cucchiaio in un bicchiere di acqua fredda per qualche ora. Durante la macerazione, i semi assorbono acqua, si gonfiano e liberano le mucillagini fino a trasformare il liquido in una solu424

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zione leggermente vischiosa. Si beve quest’acqua e si masticano lentamente i semi prima di ingerirli1. In caso di stipsi può essere necessario assumere i semi di lino per almeno 2 o 3 giorni, in quanto l’effetto lassativo può manifestarsi dopo 18-24 ore. È preferibile cominciare con piccole quantità e aumentare le dosi gradualmente. Infatti durante i primi giorni di terapia si possono verificare episodi di flatulenza e senso di gonfiore, da attribuire alla fermentazione della mucillagine presente nei semi; tali disturbi possono comparire quando l’ingestione di acqua non è adeguata. I semi di lino si sono rivelati importanti dal punto di vista medico per la presenza di fibre solubili, di acidi grassi polinsaturi e di lignani. Le fibre solubili oltre a essere efficaci in caso di stipsi, contribuiscono a ridurre la concentrazione di colesterolo nel sangue. Gli acidi grassi polinsaturi di tipo omega-3, fra cui l’acido α-linoleico (ALA), rientrano nella sintesi dei fosfolipidi di membrana e agiscono come agenti antiossidanti e immunogeni. Svolgono, inoltre, un ruolo importante a livello cardiovascolare. Sembra che il consumo di 15-50 g di semi di lino al giorno possa contribuire a ridurre leggermente il tasso di colesterolo sanguigno. Generalmente si raccomanda di assumere un cucchiaio da minestra al giorno d’olio di lino come fonte di omega-3. I lignani (fitoestrogeni: enterodiolo ed enterolattone) sono in grado di mitigare alcuni sintomi della menopausa2. Si fa notare che i semi presentano, in virtù della loro composizione, un elevato valore calorico (100 g di semi corrispondono a 470 Kcal), per cui «in caso di sovrappeso si dovrebbero utilizzare solo semi interi, non frantumati, che escono intatti dall’intestino, senza aver rilasciato i grassi. In questo caso, tuttavia, non si beneficia della sussidiaria azione lubrificante dell’olio grasso»3. Uso esterno: Esternamente i cataplasmi (farina di semi) sono risultati utili nel trattamento delle flogosi locali, foruncolosi, catarri bronchiali ecc. (Commissione E del BfArM).«In farmacia l’olio di lino serve a preparare il sapone di potassa che si adopera per la nettezza della pelle dopo il trattamento contro la scabbia… inoltre questo sapone è largamente usato in dermoterapia per la sua proprietà di ammorbidire la cute»4. Tossicità, interazioni ed effetti secondari I semi di lino non sono tossici5. È importante assumerli con adeguato apporto idrico (rischio di ostruzione intestinale) e iniziare con piccole quantità, aumentando le dosi gradualmente. Sono segnalati infatti, seppure raramente, episodi di flatulenza e senso di gonfiore durante i primi giorni di terapia; tali disturbi possono comparire quando l’ingestione di acqua non è adeguata (1:10). Non assumere i semi la sera prima di coricarsi. Si ricorda che in situazioni di irritazione intestinale è opportuno utilizzare i semi solo dopo averli fatti rigonfiare (macerazione). I semi di lino interi non sono raccomandati alle persone che presentano diverticoli nell’intestino, poiché possono aderire alla parete intestinale e causare infiammazione. «L’abuso della droga, ossia l’assunzione di dosi troppo elevate, può determinare alterazioni dell’equilibrio idrico e degli elettroliti con eccessive perdite di potassio.» 6 La droga è controindicata in caso di sindrome occlusiva o di sindrome dolorosa addominale a etiologia non precisata. «Gli effetti tossici che si verificherebbero, secondo quanto asserito dalla stampa non specializzata, in seguito al formarsi di acido cianidrico per idrolisi dei glicosidi cianogenetici, non sono da temere, nemmeno in caso di un utilizzo prolungato.» 7 L’ambiente acido dello stomaco, infatti, inattiva l’enzima pre425

141 • Linum

usitatissimum

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posto, linamarasi, non determinando, pertanto, alcun aumento ematico significativo del livello di acido cianidrico e di tiocianato, altro metabolita8. È stato segnalato anche che un’assunzione di 15 g di semi per 3 volte al dì comporta, dopo 3-4 settimane, un aumento di livello dei tiocianati nel sangue e nelle urine: «Da tali valori, che corrispondono a quelli osservati nei forti fumatori, non dovrebbero derivare danni alla salute»9. Sarà buona norma, comunque, non assumere i semi per tempi prolungati. Come avviene per tutte le piante ricche di mucillagini vi può essere un rallentamento dell’assorbimento dei farmaci, minerali, vitamine ecc., per cui è consigliabile attendere un intervallo di almeno un’ora dalla loro assunzione. L’EMEA sconsiglia l’uso prima dei 12 anni di età, in gravidanza, durante l’allattamento e nelle donne con tumore ormono-dipendente.Tali indicazioni non sono però presenti nella monografia elaborata dalla Commissione E del BfArM. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dai semi maturi essiccati di L. usitatissimum L. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (come lassativo): 5 g di semi interi, finemente macinati o triturati all’istante, immersi nell’acqua e assunti con un bicchiere di acqua, 3 volte al dì. L’effetto inzia 18-24 ore dopo. Per ottenere la preparazione di una mucillagine (gastrite e/o entrerite): mettere e bagno 5-10 g di semi interi in 150 ml di acqua e filtrare dopo 20-30 minuti (ESCOP). Semi di lino: 1 cucchiaio di semi interi o “schiusi” (non tritati), in circa 150 ml di liquido, fare macerare per un’ora, assumere il tutto lontano dai pasti (uso popolare). Cataplasmi (uso esterno): 30-50 g di semi polverizzati (farina di semi di lino) come cataplasma caldo umido o compressa calda umida (Commissione E del BfArM). I semi di Lino possono essere assunti anche sotto forma di “pappa” così ottenuta: triturare un cucchiaio di semi, metterli in acqua bollente, lasciare riposare e unire il tutto a un passato di verdura10. Note di galenica La droga è costituita dai semi secchi, maturi. Indice di rigonfiamento F.U.: semi interi non inferiore a 4; semi polverizzati non inferiore a 4,5. Per uso interno possono essere impiegati: semi interi, semi tritati, semi schiusi (o cosiddetti aperti) in cui vengono frantumate solamente la cuticola e l’epidermide mucillaginosa. Per uso esterno: farina di semi di lino. È bene evitare di triturare troppo finemente i semi di lino, poiché il calore generato può causare l’ossidazione degli acidi grassi omega-3. Devono inoltre essere conservati al freddo perché una volta frantumati si ossidano rapidamente. Secondo la DAB 10, i semi frantumati non dovrebbero essere conservati per più di 24 ore (Refit, OEMF). I semi di Lino possono accumulare cadmio. L’Ufficio Federale della Sanità tedesco ha fissato come limite di tolleranza un valore indicativo di 0,3 mg/Kg. Formulario Bagno «I bagni ai quali si aggiunge una forte decozione di Altea (100 grammi) e di Lino (50 grammi) danno molto sollievo ai malati di pelle che soffrano di pruriti intollerabili. Le donne impareranno che questi bagni rendono la pelle più soffice, più vellutata, più fresca» (P. Lieutaghi, 1981). 426

141 • Linum

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Infuso composto (Cazin) Lino semi 15 g Liquirizia radice (a pezzi) 8g S/versare il tutto in mezzo litro di acqua bollente, lasciare macerare 2 ore in recipiente chiuso; filtrare, dolcificare con miele Infuso (Madaus) semi di lino 8g semi di anice semi di finocchio aa 1 g radice di liquirizia 2g S/in infusione: 1-2 cucchiaini da caffè in 2 bicchieri di acqua Cataplasma (Refit) Far cuocere per 5 minuti 60 g di farina di lino in 250 ml di acqua, fino a ottenere una pasta densa. Applicare sul petto a più riprese, il più caldo possibile, interponendo un telo e coprendo con un panno per conservare il caldo (tosse, bronchite ecc.). Curiosità • «Un campo di Lino fiorito in giugno-luglio è per l’occhio come uno di quei laghi alpini di un blu incomparabile» (Fournier P., 1947). • «[…] Alla lente, la superficie liscia (del seme) appare finemente alveolata. Immergendo la droga in acqua si forma uno spesso involucro mucillaginoso» (Della Loggia R., 1993). • L’olio di lino è usato nell’industria per le vernici e le pitture. Note bibliografiche 1 Cagnola C., Botticelli A.M., op. cit., p. 38. 2 Bruneton J., 2009, op. cit, p. 132. 3 Wichtl M. et al., op. cit., p. 299. 4 Bizzarrini G., 1945, Le piante nella terapia e nell’alimentazione, Torino, p. 91. 5 Bruneton J., 2009, ibidem. 6 Wichtl M. et al., op. cit., p. 300. 7 Refit, op. cit., p. 255; Bruneton J., 2009, ibidem. 8 Wichtl M. et al., op. cit., pp. 299-300. 9 Wichtl M. et al, ibidem; Bruneton J., 2009, op. cit., p. 132. 10 Nannei Viganò P., 2000, Non solo omeopatia, Tecniche Nuove, Milano.

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Lithospermum officinale L.

Nome comune: Litospermo; Migliarino Francese: Grèmil; Herbe aux perles Inglese: Gromwell; Pearl plant Tedesco: Steinsame Spagnolo: Mijo de sol Famiglia: Boraginaceae Parte utilizzata: parti aeree, radice; semi Costituenti principali: – 15% di olio grasso (semi) – sostanze minerali: calcio e silicio (semi) – acido litospermico (tutte le parti della pianta contengono acido litospermico anche se a concentrazioni differenti: la concentrazione diminuisce a partire da fiori-semi-radicifogliesteli) – fenoli; glucani, flavonoidi (parti aeree) – alcannina o litospermina (colorante rosso presente nella parte esterna della radice)1 Attività principali: diuretica e antilitiasica; antigonadotrope, antitireotropa; ipoglicemizzante Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico In passato la pianta era vantata nella terapia della litiasi renale ove il suo impiego serviva a dissolvere i calcoli renali. A questo riguardo, erano utilizzati i semi «dal sapore dolciastro, mucillaginoso, viscoso» dotati di attività diuretica ed «esercitanti un’azione calmante le irritazioni delle vie urinarie». Anche la pianta intera in decozione veniva impiegata nel trattamento della calcolosi, anche se foglie e fiori erano ritenuti «una sorta di tè rinfrescante e addolcente»2. L’utilizzo, in seguito, venne abbandonato3. Scarse sono le ricerche effettuate in questo ambito, tuttavia è possibile reperire uno studio, anche se datato, pubblicato su una rivista di settore che segnala l’efficacia della pianta intera (tisana) nel prevenire e trattare la formazione di calcoli renali. Tali proprietà sono state indagate su cavia valutando i principali fattori di rischio di urolitiasi (citraturia, calciuria, fosfaturia, pH e diuresi). I ricercatori sottolineano l’innocuità della pianta e ipotizzano la possibilità che l’infuso abbia la proprietà di basificare le urine, azione disinfettante oltre che diuretica4. La pianta era impiegata anche nella calcolosi biliare e in caso di gotta. Nel 1941 studiosi americani in un lavoro inerente lo studio delle piante utilizzate dagli Indiani del Nord America, riferirono che le donne delle tribù Owyhee del Nord Arizona e del Nevada erano use assumere quotidianamente e per almeno sei mesi consecutivi, sotto forma di estratti acquosi (macerazione nell’acqua fredda), le radici del Lithospermum ruderale Dougl. ex Lehm., come contraccettivo al fine di provocare una sterilità temporanea5. Presso altre tribù le donne consumavano regolarmente un piccolo pezzo di radice ogni giorno. Analoghe proprietà sono condivise dal Li428

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officinale

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thospermum officinale L. (specie europea) il quale ha dimostrato, in sperimentazioni sull’animale, simili proprietà, anche se minori6. Il principio attivo è rappresentato non solo dall’acido litospermico ma anche da alcuni prodotti di ossidazione di diversi fenoli contenuti nella droga, a opera di una fenolo-ossidasi7 che permette alla droga di acquisire le sue ormai note proprietà antigonadotrope. L’attività antigonadotropa sembra dovuta a un blocco della secrezione della gonadotropina a livello del lobo anteriore dell’ipofisi8. Ricerche effettuate fino agli anni ’70 del 1900 hanno portato a buoni risultati e a ipotesi sul meccanismo d’azione. «Interpretazione del meccanismo contraccettivo. Inizialmente si ritiene che l’azione del Lithospermum si esplichi a 4 livelli: azione su vagina e utero (inibizione azione degli estrogeni); azione a livello ovarico (inibizione produzione ormoni sessuali stimolata dagli ormoni gonadotropi); azione sull’ipofisi anteriore (inibizione della formazione e della secrezione delle gonadostimuline); azione sugli ormoni sessuali o sulle gonadotropine per interazione diretta con inattivazione. Poi, si immagina che il Lithospermum renda l’organo recettore insensibile all’azione delle gonadostimoline. Si studiano in seguito i risultati su: surrenali (con eventuale fattore agente come attivatore non specifico del funzionamento adrenocorticotropo ipofisiario); tiroide (azione inibente); ipofisi (inibizione formazione ormoni gonadotropi). Ci si ferma in seguito alla soluzione seguente: l’acido litospermico, o più esattamente il complesso isolato da Wagner, agirebbe tramite una diminuzione diretta e differenziale della sola produzione di LH permettendo alla secrezione di FSH di restare pressoché normale»9. La pianta pertanto inibirebbe l’ormone luteinizzante (o gonadotropina B), il cui ruolo è quello di provocare la rottura dei follicoli e di favorire la formazione del corpo luteo. Sembra inoltre che poiché i suoi principi attivi non sono sostanze ormonali, l’uso della pianta sarebbe scevro dagli effetti collaterali associati ai contraccettivi di sintesi. «La maggior parte degli anticoncezionali utilizzati sono degli steroidi. Ma è interessante riscontrare, una volta di più, nel regno vegetale, delle proprietà fisiologiche marcate, utilizzate empiricamente dalle popolazioni primitive, in seguito verificate dalla sperimentazione scientifica»10. Le proprietà contraccettive del Lithospermum non sono state però ulteriormente indagate e la pianta pertanto non è entrata in terapia. Grazie inoltre alla sua azione sugli ormoni secreti dal lobo anteriore dell’ipofisi manifesta attività antitireotropa (antagonismo diretto nei confronti della tiroxina). La pianta è indicata, pertanto, nelle forme blande di ipertiroidismo11. Vengono segnalate anche un’azione ipoglicemizzante (glucani) responsabile della proprietà antidiabetica e un’attività antitumorale (shikonina)12. Estratti acquosi del Lithospermum erythrorhizon, una specie orientale, sono in grado di ridurre sensibilmente la glicemia in cavie sane o rese diabetiche con allossana13. Sembra che tutte le parti della pianta (foglie e radici) possiedano proprietà equivalenti. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Non segnalati in letteratura, a eccezione di un aumento della diuresi. Sono possibili interazioni con terapie ormonali. Non usare in gravidanza, allattamento e in pediatria. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 2 cucchiai della droga (pianta intera) per tazza. Infondere 20 minuti e assumere una tazza dopo i pasti. Decotto (semi): 30-45 g per litro. Fare decozione di 10 minuti. Bere 2-3 tazze fra i pasti. Lithospermum officinale T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. 429

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Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Litiasi renale Lithospermum o. T.M. Orthosiphon s. T.M. Taraxacum o. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Curiosità • Cazin (1876) fu uno strenuo sostenitore dell’impiego terapeutico della pianta nella litiasi renale. Consigliava la seguente formulazione: Semi di Lithospermum o. 15 g Zucchero bianco 30 g Triturare in un mortaio versando poco alla volta 500 g di infuso di fiori di malva. Si può aggiungere nitrato di potassio (50-60 centigrammi). • «Le sue foglie sono usate nella medicina famigliare come leggero diuretico ed essa è inoltre ritenuta, dagli empirici, capace di provocare in soluzione dei calcoli renali, sotto la suggestione dei semi duri e brillanti come petruzze, interpretata secondo lo spirito della dottrina della signatura» (Negri G., 1904). • La parte esterna della radice contiene un colorante rosso (alkannina) che veniva utilizzato in cosmesi come fard e, sembra, per colorare il burro. Note bibliografiche 1 Viola S., op. cit., p. 162. 2 Fournier P., op. cit., vol. II, p. 285. 3 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 1055. 4 Grases F et al., 1994, Urolithiasis and phytotherapy. Int Urol Nephrol. 26(5):507-11. 5 Train P., Henricks J.R., Archer W.A., 1941, Medicinal uses of plants by indian tribs of Nevada, part. II. 6 Paris R.R., Moyse H., op. cit., vol. III., p. 140. 7 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 225. 8 Van Hellemont J., op. cit., p. 236. 9 Ibidem. 10 Paris R.R., Moyse H., op. cit., vol. III, p. 140. 11 Van Hellemont J., op. cit., p. 236. 12 Dorvault F., op. cit., p. 811. 13 Handa S.S. et al., 1989, Fitoterapia, 3, 195.

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Lobelia inflata L.

Nome comune: Lobelia Francese: Lobélie enflée; Tabac indien Inglese: Indian tobacco Tedesco: Indianertabak; Aufgeblasene Lobelie Spagnolo: Lobelia Famiglia: Lobeliaceae Parte utilizzata: la pianta Costituenti principali: – alcaloidi totali (0,2-0,5%): derivati della piperidina (lobelina, meso-lobelanina, mesolobelanidina…) – tannini; olio essenziale; inflatina (sostanza cerosa)1; acido chelidonico Attività principali: analettico respiratorio (lobelina); espettorante e spasmolitico Impiego terapeutico: asma bronchiale, pertosse e bronchite

Utilizzo medico La pianta dal sapore acre e bruciante era impiegata dagli Indiani d’America come succedaneo del tabacco (indian tobacco) per alleviare i disturbi a carico delle vie respiratorie. Arrivò in Europa agli inizi del XIX secolo dove venne utilizzata nel trattamento dell’asma (Lobeliae herba: sommità fiorite)2. La pianta conosce un uso come espettorante e spasmolitico nell’asma bronchiale, nella pertosse e nella bronchite tuttavia il suo impiego si basa su dati empirici e mancano studi clinici che ne consentano un impiego sicuro. Sono auspicabili nuovi e approfonditi studi. Il principio attivo della Lobelia è l’alcaloide lobelina, analettico respiratorio, in grado di aumentare l’ampiezza dei movimenti respiratori in seguito a un’azione diretta sul centro del respiro a livello del bulbo. Viene aumentata la sensibilità dei chemorecettori carotidei alla diminuzione della pressione in ossigeno del sangue ed è presente una broncodilatazione per effetto β-adrenergico che contribuisce a facilitare la ventilazione polmonare. L’isolobinina stimola direttamente la mucosa dello stomaco e provoca una secrezione riflessa della mucosa bronchiale contribuendo così all’effetto espettorante. La lobelina trova indicazione come medicamento d’urgenza nei casi di depressione respiratoria, come dopo un’intossicazione da alcol, morfina, barbiturici, ossido di carbonio, negli incidenti da narcosi da cloroformio e nell’asfissia del neonato. Il suo impiego però attualmente è obsoleto in quanto la lobelina presenta uno scarso margine di sicurezza: dosaggi elevati di lobelina infatti possono determinare depressione respiratoria3. Poiché la lobelina presenta un’attività farmacologica simili alla nicotina è stata impiegata nella disassuefazione dal vizio del fumo. Una review pubblicata nel 2000 e che ha valutato una trentina di studi pubblicati negli anni sessanta del 1900, è giunta alla conclusione, data la scadente qualità metodologica (mancanza di dati sull’uso superiore ai 3 mesi, mancanza del gruppo controllo ecc.), che i risultati ottenuti possono essere considerati dubbi e non affidabili4. È stato studiato il ruolo della lobelina nella dipendenza amfetaminica: studi su cavia hanno infatti evidenziato il ruolo di sostegno in caso di abuso di psicostimolanti, in particolare di metamfetamina5. È stato ipotizzato un probabile ruolo nella produzione e 431

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stoccaggio di dopamina. Mancano tuttavia studi sull’uomo. Una ricerca, pubblicata diversi anni fa, ha segnalato che un componente del fitocomplesso, il palmitato di β-amirina manifesterebbe proprietà sedative e antidepressive6. Attualmente la lobelina è usata per studiare i recettori nicotinici centrali al fine di «comprendere meglio la fisiopatologia di malattie neurologiche, quali l’Alzheimer, per la quale è stata ipotizzata una disfunzione dei recettori nicotinici»7. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’uso della Lobelia, e in particolare del suo principio attivo lobelina, deve essere molto cauto, e solo con prescrizione medica, in quanto dosaggi non adeguati possono dare luogo a fenomeni convulsivi e a depressione respiratoria. Una posologia elevata può provocare bradicardia, aritmia, e abbassamento della pressione arteriosa. I sintomi d’intossicazione sono: nausea, vomito, diarrea accompagnata da spasmi, angoscia, stupore, e infine morte per paralisi respiratoria, sovente dopo una fase convulsiva. L’uso della lobelina pertanto «non presenta vantaggi sicuri perché non è facile arrivare a un sufficiente grado di azione, senza che si manifestino inconvenienti noiosi, fra i quali predomina una spiccata azione deprimente, nonché penosi effetti accessori» (Medicamenta). Il suo uso è controindicato in pediatria, geriatria, gravidanza e allattamento. Forme farmaceutiche e posologia Estratto Fluido: 4-20 gocce, diluite in acqua, pro dose8. Lobelia inflata T.M.: 15 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al giorno. Nota: l’infuso risulta troppo amaro. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte aerea fresca (titolo 65°). Curiosità • Il nome Lobelia le deriva dal medico e botanico olandese Matthias von Lobel (Lobelius) autore della Historia Plantarum (1576). • La pianta venne introdotta in Europa nel XVIII secolo da Thomson, erborista americano, che fu accusato di aver ucciso uno dei suoi clienti al quale aveva somministrato la droga (Dorvault). Note bibliografiche 1 Capasso F., 2011, op. cit., p. 292. 2 Frohne D. et al., op. cit., p. 258. 3 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 1011. 4 Stead L.F., Hughes J.R., 2000, Lobelina for smoking cessation.Cochrane Database System. Rev.; Van Hellemont J., op. cit., p. 238. 5 Elkashef A, Vocci F et al., 2008, Pharmacotherapy of methamphetamine addiction: an update. Subst Abus. 29(3):31-49. Review. 6 Subarnas A, Tadano T et al., 1993, Pharmacological properties of beta-amyrin palmitate, a novel centrally acting compound, isolated from Lobelia inflata leaves. J Pharm Pharmacol. 45(6):545-50. 7 Capasso F., 2011, op. cit., p. 293. 8 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 879.

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Lotus corniculatus L.

Nome comune: Ginestrina; Trifoglio giallo Francese: Lotier corniculè; Trèfle cornu Inglese: Common bird’s foot Tedesco: Gewöhnliche hornklee Spagnolo: Cuernecillo Famiglia: Fabaceae Parte utilizzata: pianta intera fiorita Costituenti principali: – glicosidi flavonoidici e fenolici – composti cianogenetici, acido cianidrico (fiori) Attività principali: antispasmodica e sedativa; antisettica, emolliente Impiego terapeutico: insonnia; eretismo cardiaco; distonia neurovegetativa; algie funzionali (dismenorrea…); bronchite, asma

Utilizzo medico Si tratta di una leguminosa conosciuta già ai tempi di Omero come pianta da foraggio. L’attività antispasmodica e sedativa venne segnalata, per la prima volta, dal dottor Leclerc il quale scoprì le proprietà terapeutiche della pianta dopo che una sua paziente la utilizzò al posto del Meliloto: «Consultato da una contadina di Charsen-Vexin che presentava congiuntivite e che soffriva inoltre di turbe nervose che si traducevano in insonnia e palpitazioni, le consigliai di raccogliere del Meliloto e di preparane un’infusione con cui lavare gli occhi: tanto ignorante in fitologia quanto distratta raccolse del Lotus e ne fece una tisana che bevve al posto di utilizzarla come collirio. Se le sue congiuntive non trassero beneficio da questa medicazione, ottenne però un miglioramento marcato del suo nervosismo, perché in meno di 8 giorni recuperò il sonno e sentì il suo cuore acquietarsi. Questo risultato inatteso mi spinse a provare lo stesso rimedio in svariati casi simili ed ebbi a verificare di come non si trattasse di una coincidenza come spesso accade nella pratica medica»1. Attualmente la pianta trova indicazione nella distonia neurovegetativa, nella psicastenia, nei disturbi del sonno (forme depressive, convalescenze ecc.). Scrive H. Leclerc: «[…] sotto la sua influenza si vede, il più delle volte, smorzarsi l’emotività, ridiventare il sonno normale, scomparire le turbe della sensibilità riflessa […]»2. Si ritrova un’analogia nei componenti chimici e una similitudine di azione farmacologica con la Passiflora3. La pianta agirebbe favorevolmente nella ritenzione sodica e il suo impiego inoltre frenerebbe l’iperfunzionalità surrenalica. Uso esterno La pianta era utilizzata come emolliente sulle ulcerazioni. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. 433

144 • Lotus

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Forme farmaceutiche e posologia Infuso concentrato: un cucchiaio da minestra dei fiori essiccati in una tazza d’acqua bollente, 3-4 volte al dì. Lotus corniculatus T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, alla sera. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Algie funzionali Lotus c. T.M. Passiflora i. T.M. Alburno di Tiglio T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Curiosità • Dal greco lotos nome dato dai greci a diverse piante da foraggio; corniculatus = a piccole corna, per la forma dei baccelli. Tale appellativo le venne attribuito dal botanico francese J. Pitton de Tournefort (1656-1708). Carl von Linné (Linneo) nel 1753 ne sancì definitivamente la nomenclatura. Note bibliografiche 1 Fournier P., op. cit., vol. II, p. 448. 2 Leclerc H., Précis de phytotérapie, 1935. 3 Hallard F., op. cit., p. 111.

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Lycopodium clavatum L.

Nome comune: Licopodio Francese: Lycopode Inglese: Clubmoss Tedesco: Keulen-Bärlapp Spagnolo: Licopodio Famiglia: Lycopodiaceae Parte utilizzata: spore (“zolfo vegetale”) Costituenti principali: – lipidi 50%: > gliceridi acido licopodioleico (gliceridi di acidi saturi (28%) e insaturi (72%)); zuccheri (3-4%); pigmenti flavonici – alcaloidi (0,20%): licopodina, clavatina, clavatoxina – sostanze minerali 3-4%: zolfo, silicio, tracce di manganese, ossido di calcio… Attività principali: azione lassativa-diuretica e antireumatica Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico Un tempo le sommità erano utilizzate per l’attività lassativa, diuretica e antireumatica. Ma ormai l’uso è desueto così come desueto è l’utilizzo della polvere ottenuta dalle sole spore. A livello galenico la polvere, atossica, era utilizzata per cospargere le pillole in modo da impedire che aderissero tra loro. È interessante segnalare che gli alcaloidi presenti nel fitocomplesso presentano una grande analogia strutturale con la morfina e che, nell’animale, la licopodina mostra attività parasimpaticotonica1. Uso esterno La polvere di Licopodio, particolarmente ricca di sostanze grasse, veniva utilizzata come aspersoria, surgrassante e idrorepellente in caso di intertrigo, iperidrosi, eritemi, eczemi, foruncoli ecc. La cosmesi inseriva la polvere di Licopodio nella formulazione di talchi e polveri aspersorie, shampoo a secco, in virtù della sua attività eudermica. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Non applicare su lesioni cutanee aperte. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalle spore essiccate (titolo 90°). Curiosità • Il nome deriva da una certa somiglianza con il piede del lupo. • «Il licopodio è molto adoperato in pirotecnica per la sua facile accendibilità» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Demarque D., Jouanny J., Poitevin B., Saint-Jean Y., op. cit., p. 251.

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146 • Lycopus

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Lycopus europaeus L.

Nome comune: Marrubio d’acqua Francese: Lycope d’Europe; Marrube d’eau Inglese: Wolf’s foot; Water horehound Tedesco: Wolfsfuss; Wolfstrapp Spagnolo: Menta de lobo Famiglia: Lamiaceae Parte utilizzata: la pianta Costituenti principali: – acido litospermico; flavonoidi (2%); cumarine (0,12%) – tannino (2-3%); olio essenziale (0,2%) – acidi organici; fluoro (0,05-0,1%) Attività principali: antitireotropa e antigonadotropa Impiego terapeutico: ipertiroidismo di grado lieve; mastodinia

Utilizzo medico La pianta era impiegata dalla medicina popolare per trattare la tachicardia di origine tiroidea e altre turbe funzionali cardiache. Le sue preparazioni erano impiegate anche in caso di febbri intermittenti e, per le proprietà astringenti, in caso di emorragia1. A Lycopus europaeus sono attribuite proprietà antigonadotrope e antitireotrope, inibizione della deiodizzazione periferica della tiroxina (T4), riduzione del livello della prolattina (acido litospermico)2. Studi in vitro e su cavia hanno segnalato una certa inibizione sugli effetti stimolanti dell’ormone TSH sulla tiroide3. L’acido litospermico, biologicamente inattivo, acquisisce proprietà antigonadotrope e ipoglicemizzanti dopo un’ora di incubazione con una preparazione a base di fenolossidasi ricavata dalla foglia di Lycopus europaeus o Lithospermum officinale. L’aggiunta di rutina o di acido clorogenico durante l’ossidazione enzimatica aumenterebbe l’attività antigonadotropa dell’acido litospermico ossidato. L’elevata concentrazione in fluoro contribuirebbe a spiegare almeno parzialmente le proprietà antitireotrope della pianta4. Il succo fresco della pianta, e quindi le tinture madri (talvolta associate alla Leonorus cardiaca), sono usate nelle forme di grado lieve di ipertiroidismo5. L’effetto terapeutico si manifesta dopo una settimana o due e il trattamento è di lunga durata. È bene evitare una sospensione brusca della terapia in quanto si può determinare un peggioramento sintomatologico. Sarebbe meglio utilizzare preparazioni standardizzate e non assumere contemporaneamente preparati a base di ormoni tiroidei. Sono pressoché nulli gli studi clinici eseguiti utilizzando la pianta. Solo recentemente è stato pubblicato uno studio prospettico aperto a due bracci al fine di valutare l’effetto terapeutico di Lycopi europaei herba sulla funzionalità tiroidea e sui sintomi associati. L’escrezione urinaria di T4 è risultata significativamente aumentata nei pazienti trattati con Lycopus europaeus (p = 0,032) mentre i sintomi legati all’ipertiroidismo (tachicardia ecc.) risultavano diminuiti. È stata segnalata anche una buona tollerabilità6. Sono auspicabili ulteriori studi. 436

146 • Lycopus

europaeus

L.

Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari tossici alle dosi terapeutiche. Terapie prolungate e a dosaggi elevati possono tuttavia provocare, anche se raramente, un ingrossamento della tiroide. Risulta ovviamente controindicata nell’ipotiroidismo, nel gozzo senza disturbi funzionali. Non interrompere bruscamente la terapia in quanto può manifestarsi un’esacerbazione della sintomatologia. Sono possibili interazioni con terapie ormonali. Non usare in gravidanza, allattamento e in pediatria. Solo prescrizione medica. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 2 g in 100 ml di acqua bollente, lasciare in infusione per 10 minuti. Assumere due tazze al dì. Estratto Fluido: 1-5 g al dì7. Lycopus europaeus T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte aerea fresca (titolo 65°). Curiosità • «La si volle pianta dotata di virtù emeto-catartica e indicata nella dissenteria; ma l’unica sua vera azione terapeutica è la febbrifuga. Come tale era già veramente conosciuta in diverse provincie del Piemonte e della Lombardia, dove veniva chiamata erba della febbre […]» (Scotti, 1872). • Il decotto delle foglie può fornire, in ambiente sulfurico, una tinta nera (Garnier G., 1961). Note bibliografiche 1 Garnier G. et al., op. cit., vol. II, p. 1184. 2 Refit, op. cit., p. 261. 3 Winterhoff H, Gumbinger HG et al., 1994, Endocrine effects of Lycopus europaeus L. following oral application. Arzneimittelforschung. 44(1):41-5; Auf’mkolk M, Kohrle J et al., 1984, Antihormonal effects of plant extracts: iodothyronine deiodinase of rat liver is inhibited by extracts and secondary metabolites of plants. Horm Metab Res. 16(4):188-92. 4 Van Hellemont J., op. cit., p. 240. 5 Pizzorno JE Jr, Murray Michael T., 2006, Textbook of Natural Medicine, Churchill Livingstone, États-Unis, pp. 1771-79. 6 Beer AM, Wiebelitz KR, Schmidt-Gayk H., 2008, Lycopus europaeus (Gypsywort): effects on the thyroidal parameters and symptoms associated with thyroid function. Phytomedicine. 15(1-2):16-22. 7 Dorvault F., op. cit., p. 1043.

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147 • Lythrum

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salicaria

L.

Lythrum salicaria L.

Nome comune: Salcerella Francese: Salicaire Inglese: Purple loosestrife; Red sally Tedesco: Gewöhnliche Blutweiderich Spagnolo: Salicaria Famiglia: Lythraceae Parte utilizzata: sommità fiorite Costituenti principali: – antacianosidi (fiori); C-glucosidi di flavoni:orientina, vitexina e loro isomeri; triterpeni – tannini (10%): vescalagina, pedunculagina; acidifenoli; mucillagini Attività principali: astringente e antinfiammatoria; antiemorragica e vulneraria Impiego terapeutico: infiammazioni acute e croniche mucosa gastrointestinale; insufficienza venosa, emorroidi

Utilizzo medico La pianta era conosciuta, oltre che per le deboli virtù toniche, come astringente nelle diarree e come antiemorragico (epistassi ecc.). La Salicaria è considerata un rimedio assai utile nelle infiammazioni acute e croniche della mucosa gastrointestinale, motivo per cui viene utilizzata come antidiarroico (diarrea lieve): l’elevato contenuto in tannini, la presenza di mucillagini e di flavonoidi giustificano l’azione antinfiammatoria, antivirale e antispasmodica a livello intestinale. Per l’azione astringente e antinfiammatoria viene impiegata anche nel trattamento della leucorrea. Analogamente alle piante vasculotrope (Ruscus aculeatus, Aesculeus hippocastanum ecc.) può essere utilizzata nel trattamento (per os e locale) delle manifestazioni soggettive dell’insufficienza venosa (gambe pesanti ecc.) e nella sintomatologia emorroidaria sia per l’azione astringente dei tannini che per le proprietà vascuolotrope dei flavonoidi e antocianosidi. Uso esterno Trova impiego, oltre che nel trattamento topico dell’insufficienza venosa a carico degli arti inferiori, emorroidi ecc., come antalgico (collutorio) nel trattamento delle affezioni flogistiche del cavo orofaringeo. Come astringente ed emostatico locale sono consigliate lozioni o compresse di un decotto al 6%1. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. La presenza di tannini può determinare interazioni farmacologiche e irritazione gastrica.

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147 • Lythrum

salicaria

L.

Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle sommità fiorita essiccata di L. salicaria L. contenente al minimo 5% di tannini espressi in pirogallolo. Forme farmaceutiche e posologia Infuso all’1-3%: assumere 3 o 4 tazze al giorno. Decotto al 10%: uso esterno. Polvere: 3-5 g al dì, in dosi di 1 g. Lythrum salicaria T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte aerea fresca (titolo 65°). Curiosità • «Lythrum. Da greca voce che significa coagulo di sangue, avendo realmente i fiori di questo genere colore sanguigno» (Scotti, 1872). • Dioscoride ne raccomandava l’uso contro gli espettorati sanguigni; somministrata in pozioni per via rettale nella cura della dissenteria; applicata in pessari per moderare il flusso mestruale; istillata nelle narici per frenare le epistassi e applicata sulle ferite come emostatica e vulneraria. • Leclerc impiegò con successo la Salicaria per combattere un’epidemia dissenteriforme manifestatasi fra i soldati francesi di alcuni reparti durante la prima guerra mondiale [Leclerc H., J. des Praticiens, 1915] e nel trattamento di una forma di enterite emorragica manifestatasi in alcuni soldati reduci della prigionia dopo la seconda guerra mondiale2. Note bibliografiche 1 Dorvault F., op. cit., 1520. 2 Leclerc H., 1947, Rev. de Phytothér. 2, 62.

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148 • Malva

148

sylvestris

L.

Malva sylvestris L.

Nome comune: Malva Francese: Mauve sauvage; Grande mauve Inglese: Common mallow; Wood mallow Tedesco: Wilde Malve Spagnolo: Malva común Famiglia: Malvaceae Parte utilizzata: fiori e foglie Costituenti principali: – foglie: mucillagine (8%): arabinosio, glucosio, ramnosio, galattosio, acido galatturonico (per idrolisi); tannini (piccole quantità); solfati flavonoidici1 – fiori: mucillagini (10%), flavonoidi, antocianosidi (malvina e malvidina), polisaccaridi… Attività principali: emolliente e antinfiammatoria; bechica; vulneraria Impiego terapeutico: come blando lassativo; bronchite e tosse; dermatite

Utilizzo medico La malva è sinonimo di sostanza emolliente in virtù del contenuto in mucillagini: i fiori e le foglie, mucillaginosi, esercitano un’azione lenitiva sulle mucose infiammate. Da sempre viene considerata un valido regolatore intestinale, particolarmente adatta ad anziani e bambini per i quali si voglia ottenere una blanda azione lassativa. Le mucillagini, oltre ad aiutare la progressione del bolo fecale, esercitano una importante azione di protezione a livello della mucosa intestinale diminuendo lo stato infiammatorio, quando presente, ed esercitando un’azione disintossicante, in quanto diminuiscono il contatto o l’assorbimento delle sostanze tossiche ingerite. Il medico francese Henri Leclerc insisteva «sul buon successo che gli infusi di malva edulcorata con miele hanno nel combattere la stitichezza dovuta ad atonia delle pareti intestinali dei vecchi e delle persone deperite per malattie esaurienti»2. Le proprietà lassative non sono da ascriversi solamente alla presenza di mucillagini, ma a principi ad attività lassativa solubili in alcol: gli alcolaturi, infatti, privi di mucillagini manifestano tale attività3. I fiori di malva rappresentano un rimedio assai efficace nel favorire l’espettorazione e nel calmare la tosse: esercitano un’azione lenitiva a livello delle mucose bronchiali grazie alle proprietà bechica ed emolliente. Rientrano sovente nelle formulazioni di tisane pettorali. In particolare rientrano nelle quattro specie bechiche delle antiche Farmacopee composte da: Malva, Altea, Parietaria, Tasso barbasso. La Commissione E del BfArM afferma che le foglie e i fiori di Malva sono particolarmente indicati in caso di tosse secca. Come per l’Altea, la Malva può essere classificata fra le piante induttrici di paraimmunità4. Delaveau ha segnalato come l’estratto etanolico di fiori di malva sia in grado, nella cavia contaminata con Escherichia coli, di stimolare l’attività fagocitaria del sistema reticoloendoteliale5. Grazie alle proprietà immunomodulanti la pianta risulta ancora più utile nel trattamento delle affezioni a carico dell’apparato respiratorio. L’azione sfiammante della malva (decotto delle foglie) si mostra efficace, infine, in caso di cistalgia e nella dismenorrea. 440

148 • Malva

sylvestris

L.

Uso esterno L’uso esterno della pianta è in funzione dell’attività antinfiammatoria, lenitiva, antipruriginosa, astringente, vasoprotettrice, trofica che la rende particolarmente utile nel trattamento di mucose irritate, gengive sanguinanti ecc. «Impacchi e lavaggi con decotti ed estratti di malva sono utili su foruncoli e piaghe, per lenire scottature e irritazioni dovute agli agenti atmosferici e chimici, nonché manifestazioni esterne delle malattie eruttive dei bambini»6. Si impiega il decotto al 5% nelle ulcerazioni e contro i pruriti della pelle, nei gargarismi e, sotto forma di pomata o di supposte, contro le emorroidi. Viene utilizzata anche in caso di congiuntiviti o affaticamento oculare sostenuto da cause diverse (ambiente fumoso, sforzo visivo sostenuto, acqua di mare o di piscina ecc.) e come collutorio ad azione antalgica in caso di affezioni della cavità orale e/o faringea7. Dal punto di vista cosmetologico le associazioni più consigliabili sono con Aloe, Camomilla, Calendula, Tiglio, Altea, Piantaggine, se si ricerca un’azione ammorbidente ed emolliente; con Ippocastano, Rusco, Mirtillo, Amamelide se si ricerca un effetto rinfrescante e disarrossante. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Per preparazioni di Malva, che risultino ricche in mucillagine, porre ovviamente attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci (possibile diminuzione del loro assorbimento). Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dai fiori essiccati, interi o frammentati, di M. sylvestris L. o delle sue varietà coltivate Forme farmaceutiche e posologia Infuso (fiori): un cucchiaio per una tazza d’acqua calda; assumere, caldo, più volte al giorno. Infuso (foglie): 2 cucchiai per tazza d’acqua calda; assumere, caldo, più volte al giorno. Uso esterno: decotto al 5% in compresse o come gargarismi (preparato estemporaneo); infuso caldo all’1,5% come collutorio. Estratto secco: 100-250 mg/cps; 1 cps 3 volte al dì. Malva sylvestris T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al giorno. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 55°). Formulario Tisana dei 4 fiori (bechica) Malva, verbasco, rosolaccio, altea ana 20 g S/1-2 cucchiaini della miscela per tazza d’acqua bollente, infondere per 15 minuti; filtrare e bere più tazze al dì (bronchite, tosse, raucedine) Bronchite e tosse Inalazioni con decotto (far bollire per 10’); assumere il decotto (15 g di fiori secchi in 1 litro di acqua) 441

148 • Malva

sylvestris

L.

Specie pettorali (Ph. Helvetica VII) Althaeae r. Anisi fr. Farfarae fol. Helicrysi fl. Liquiritiae r. Malvae fl. Polygale r. Thymi h. Verbasci fl. S/Infuso al 3%; 3 tazze al dì

10% 15% 10% 5% 10% 15% 10% 10% 15%

Gocce antitussive Helichrysum i. T.M. Malva o. T.M. Thymus v. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce diluite in acqua, 3 volte al dì. Dolcificare con miele Raucedine e angina (Van Hellemont) Fol. malvae Fruct. foeniculi Fruct. anisi ana 50 S/2 cucchiaini da caffè per tazza d’acqua d’acqua bollente; infondere Afte Spennellature con decotto: fare bollire per 20 minuti 50 g di fiori secchi in 1 litro di acqua Tisana per gargarismi Althaeae r. 15 g Lini semen 15 g Malvae flos 10 g S/infondere per 15 minuti in 1 litro di acqua bollente; un gargarismo ogni 2 ore Tisana lassativa (Valnet) Frangula corteccia 25% Angelica radice 20% Salvia foglia 15% Malva fiore 15% Lino semi 25% S/infuso (per 30 minuti) al 3%; una tazza alla sera. Aggiungere, volendo, il miele Gocce diuretiche e disinfettanti (Botteri) Malva E.F. Gramigna E.F. Uva ursina E.F. ana 10 ml in flacone unico S/20 gocce 3-4 volte al dì in abbondante acqua

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148 • Malva

sylvestris

L.

Emorroidi (infuso per semicupio) Hyperici herba 25% Malvae flos et folium 25% Rosae flos 25% Chamomillae flos 25% S/infuso al 5%; 2 semicupi al dì (mattino e sera) Bagno Porre in infusione per 15 minuti 200 g di foglie fresche in 3 litri di acqua; aggiungere all’acqua del bagno. Curiosità • «Marziale che in qualità di poeta faceva dei magri pranzi a casa sua, e se ne riscattava con una buona scorpacciata quando poteva sdraiarsi sul triclinio di un amico o di un mecenate, il dì appresso si faceva servire dalla donna di casa una zuppa di malva […]. Come verdura da tavola è appena degna dei Trappisti: in decotto o cataplasma non è buona ad altro che a dar clisteri e macerar buganze: e quando si vuol battezzare qualcuno da insignificante, da inetto, da buono a nulla lo si chiama proverbialmente unguento malvino» (Scotti, 1872). • Le foglie bollite e mangiate all’agro di Limone sono consigliate contro la stitichezza (Corcos). • «Rimettiamo pertanto in onore queste umili piante, vero dono del Creatore, che hanno fatto e possono fare anche ora tanto bene all’umanità, troppo spesso sofferente di infiammazioni e della continua stitichezza. Tanto più che esse non possono mai nuocere; forse non inutilmente ci si presentano abbondanti da per tutto, presso le città, nelle campagne e negli orti; ma quanti non le apprezzano, perché non le conoscono, o perché sono troppo comuni?» (G. Antonelli, 1941). Note bibliografiche

Wichtl M. et al., op. cit., p. 315. Negri G., op. cit., p. 266. 3 Proserpio G. et al., op. cit., p. 501; Van Hellemont J., op. cit., p. 243. 4 Wagner H., Immunostimolant from higher plants, in: Hostettmann K., Lea P.J., 1987, Biologically active natural products, Clarendon Press, Oxford, pp. 127-141. 5 Delaveau P. et al., 1980, Planta Med. 40, 49-54. 6 Proserpio G. et al., op. cit., p. 816. 7 Note explicative de l’Agence du médicament, 1998. 1 2

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L.

Marrubium vulgare L.

Nome comune: Marrobio; Trifoglione Francese: Marrube blanc Inglese: White horehound Tedesco: Gewöhnliche Andorn Spagnolo: Marrubio Famiglia: Lamiaceae Nota: da non confondere con: Lycopus europaeus L. (Marrubio d’acqua), Ballota nigra L. (Marrubio fetido) e Marrubium candidissimum L. Parte utilizzata: sommità fiorite e foglie Costituenti principali: – Diterpeni (> derivati labdanici): marrubina (precursore prefuranico: pre-marrubina) e marrubenolo – olio essenziale (0,05%); mucillagini, pectine, β-sitosterolo – flavonoidi (O- e C-eteroside di flavoni, lactati di flavoni glicosilati) – fenilpropanoidi (3,8%): acido caffeoil-malico e glicosidi fenilpropanoidici-acteoside (= verbascoside), forsytoside B, arenaroside, ballotetroside, marruboside – tannini (3%); sali minerali (calcio, potassio, ferro) Attività principali: mucolitica ed espettorante; antinfiammatoria; amaro-tonica, coleretica e colagoga Impiego terapeutico: tosse e affezioni bronchiali acute; turbe dispeptiche

Utilizzo medico Usato popolarmente per le proprietà toniche generali, colagoghe, diuretiche nelle cure primaverili, il Marrubio è da sempre impiegato nel trattamento sintomatico della tosse e delle affezioni catarrali dei bronchi in quanto manifesta attività mucolitica, espettorante e blandamente antisettica. Sembra che l’azione stimolante a carico delle mucose dell’apparato respiratorio si estenda anche alle altre mucose (apparato gastroenterico, genito-urinario ecc.). Alla pianta viene riconosciuta anche un’attività coleretica-colagoga (acido marrubinico prodotto d’idrolisi della marrubina) e di stimolo dell’appetito e dei processi digestivi: turbe dispeptiche, inappetenza, epatopatie, affezioni a carico delle vie biliari. In particolare il marrubio manifesterebbe proprietà antitossiche proprio grazie al miglioramento della digestione e della funzionalità epatica. Tali proprietà ne determinano anche l’azione tonica generale e stimolante. Il Marrubio possiede infatti proprietà toniche generali e stimolanti, simili a quelle esplicate dall’Artemisia absinthium L. e, a dosi elevate, proprietà antipiretiche: in passato infatti veniva impiegato come febbrifugo nelle febbri intermittenti resistenti al trattamento con chinino. Presenta tra l’altro gradevoli caratteristiche amaro-toniche e aromatiche. Per queste peculiarità può essere una bevanda gradevole da assumere in caso di influenza o bronchite per calmare la tosse, contribuire a controllare la febbre, risvegliare l’appetito e ridare “tono” all’organismo. È stata inoltre segnalata una moderata attività antinfiammatoria dell’estratto etanolico, messa in evidenza 444

149 • Marrubium

vulgare

L.

con l’edema da carragenina indotto nella zampa del ratto1. Gli esteri fenilpropanici inibiscino la ciclo-ossigenasi2 e ciò potrebbe contribuire ad determinare l’azione antinfiammatoria. La marrubina è risultata analgesica nella cavia2. In letteratura si ritrova la segnalazione della pianta come utile nel trattamento del sovrappeso e della cellulite3. L’apparente contraddizione con quanto appena detto deriva dal fatto che utilizzando la pianta in tale circostanza non si ricerca un’azione strettamente dimagrante ma di drenaggio tramite la quale si ottiene un aumento della diuresi e delle secrezioni biliari, grazie a un’attività coleretica e colagoga assai modulata, un blando aumento del transito intestinale, un aumento della secrezione delle ghiandole sudoripare e la regolazione della secrezione sebacea: si otterrà, in tal modo, l’eliminazione delle tossine, comprese quelle prodotte dal metabolismo delle sostanze introdotte con l’alimentazione. Ciò che cambia, pertanto, è la posologia che sarà quella tipica del drenaggio: la metà o anche un quarto di quella preconizzata in fitoterapia per ottenere una risposta terapeutica4. Altre segnalazioni cliniche fanno riferimento alle proprietà ipotensive, vasodilatatrici e cardioregolatrici. È stato evidenziato infatti che l’estratto acquoso diminuisce la pressione sistolica in cavie ipertese e inibisce la contrazione dell’aorta indotta dal cloruro di potassio. Sarebbe il marrubenolo a determinare un’azione inibitrice sui canali del calcio di tipo L (o long lasting). L’estratto idro-alcolico risulta spasmolitico su organo isolato. È stata segnalata, in vitro, anche un’azione antiossidante (protezione nei confronti delle lipoproteine (LDL) dalla perossidazione da parte del rame)5. La pianta potrebbe quindi contribuire a prevenire l’aterosclerosi. Per queste sue caratteristiche a livello dell’apparato cardiovascolare il Marrubio veniva associato al biancospino. Uso esterno Viene impiegato (decotto al 6%) come astringente e detergente (proprietà antisettiche) di piaghe in suppurazione o che cicatrizzano male. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Anche se la letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale, la presenza di diterpeni furanici deve portare a una grande prudenza nell’uso della pianta6. Si ricorda inoltre che, come tutte le piante contenenti principi amari, può determinare disturbi gastrici da iperacidità. Dosi troppo elevate possono provocare disturbi del ritmo cardiaco. È stata segnalata una possibile interazione nei confronti dei farmaci serotoninergici: l’estratto acquoso ha dimostrato, nel modello animale, un effetto antagonista della serotonina (Firenzuoli F., 2001). La pianta è controindicata in gravidanza per una supposta attività emmenagoga7. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle sommità fiorite essiccate, intere o frammentate, di Marrubium vulgare L. contenenti al minimo 0,7% di marrubina. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 4-5 g/die. Infuso: 2 cucchiaini da caffè di droga per tazza; infuso caldo di dieci minuti; parecchie tazze al giorno. Marrubium vulgare T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. 445

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Note di galenica La marrubina (diterpene) non è solubile in acqua. Sono da preferirsi dunque le forme galeniche a base di alcol come la Tintura Madre o l’Estratto Fluido. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Turbe dispeptiche Marrubio foglie Menta foglie Tarassaco radice ana ad 50 g S/1-2 cucchiaini da caffè per tazza; infuso caldo; 1 tazza 2-3 volte al giorno Vino aperitivo «Mettere circa 50 grammi di fiori secchi a macerare per 10 giorni in 1 litro di vino di ottima qualità. Passato questo tempo, filtrare e cominciare subito a berne un mezzo bicchiere prima dei pasti, come aperitivo» (D. Calcagno, 1978). Eretismo cardiaco Marrubium v. T.M. Crataegus o. T.M. Melissa o. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno Sovrappeso (drenaggio) Marrubium v. T.M. Cynara s. T.M. Taraxacum o. T.M. ana parti in flacone unico S/20 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì per 20 giorni Curiosità • Gli antichi Egizi utilizzavano la pianta nelle malattie delle vie respiratorie. • «Celso lo dava già nella tisi unendolo al miele o alla terebentina-Baglivi nell’itterizia, bollito col siero di latte. […] Gilibert lo chiama una delle migliori piante di Europa: e Alibert dichiara che in tutte le circostanze, nelle quali la medicazione tonica è indicata, può venire amministrato con maggiore vantaggio di altri vegetabili meno energici, quantunque più lodati» (Scotti, 1872). • Il nome Marrubio deriva dall’ebraico Mar = amaro e Rob = succo. La pianta faceva parte delle “cinque erbe amare” che gli ebrei assumevano in preparazione della Pasqua: simboleggiava l’amara schiavitù in Egitto. Secondo alcuni ricercatori le erbe amare della Bibbia sono: tarassaco, indivia, lattuga, cicoria, acetosella. Note bibliografiche 1 Capasso F., Menghini A. et al., 1987, Phytotherapy Research, 1, 28-31. 2 De Souza MM, De Jesus RA et al., 1998, Analgesic profile of hydroalcoholic extract obtained from Marrubium vulgare. Phytomedicine, 5(2):103-107. 3 Brigo B., L’uomo, la fitoterapia, la gemmoterapia, op. cit., p. 192. 4 Campanini E., Fitoterapia e obesità, op. cit., pp. 21-22. 5 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 787. 6 Ibidem. 7 Raynaud F., Prescription et conseil en phytothérapie, op. cit., p. 149.

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150 • Marsdenia

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condurango

Rechb.

Marsdenia condurango Rechb.

Nome comune: Condurango Francese: Condurango Inglese: Condurango Tedesco: Condurango Famiglia: Asclepiadaceae Parte utilizzata: corteccia del tronco e dei rami Costituenti principali: – sostanza amara (1-3%): condurango-glicosidi (glucosidi del pregnano e del pregnan-5-ene ecc.) – fitosteroli, triterpeni, acidi fenoli – olio etereo, olio grasso, sostanze resinose e gommose – flavonoidi; vitamina B1 (tiamina) Attività principali: amaro-tonico; analgesico gastrico Impiego terapeutico: dispepsia, affezioni gastriche dolorose

Utilizzo medico La corteccia di questa liana che cresce nella cordigliera delle Ande, dal sapore aromatico e leggermente amara, è dotata di attività amaro-tonica (stimola la secrezione salivare e gastrica) per cui risulta utile nel trattamento delle forme dispeptiche e nella disappetenza e rientra tra le piante raccomandate dalla Commissione E del BfArM per tali indicazioni (2-4 g/die). Al Condurango si attribuisce un’azione analgesica utile nelle affezioni gastriche dolorose. È stato proposto il suo utilizzo nel trattamento del cancro dello stomaco in quanto, oltre a stimolare l’appetito e diminuire il dolore, sembra possedere azione citostatica (dimostrata in vitro su diversi carcinomi e adenocarcinomi)1. L’estratto glicolico ha manifestato, in una sperimentazione condotto su cavia, attività cicatrizzante. Gli autori dello studio a commento di quanto ottenuto affermano: «Ci sembra interessante sottolineare che il Condurango che appartiene alla famiglia delle Asclepiadaceae, vicina alle Apocinaceae, condivide con svariate piante di questa famiglia (Vinca minor, Holahena triacantha) proprietà cicatrizzanti e antitumorali sperimentalmente messe in evidenza o clinicamente ottenute»2. Si sa ancora poco sul fitocomplesso della pianta: è stato appurato che la struttura degli eterosidi sono molto simili a quelle dei digitanol-eterosidi e che risultano tossici, in vitro, su cellule tumorali (sarcoma 180)3. Le preparazioni di Condurango sembrano risultare utili, inoltre, nel vomito gravidico e come tonico durante la convalescenza4. Alla corteccia venivano attribuite anche proprietà antianemiche5. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Si ricorda comunque che, come tutte le piante contenenti principi amari, può determinare, in alcuni soggetti, disturbi gastrici da iperacidità. Dosaggi elevati possono comportare disturbi a carico del SNC: la condurangina (sostanza amara) può determinare infatti ad alti dosaggi nausea, vomito, incoordinamento motorio e convulsioni6. 447

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condurango

Rechb.

Forme farmaceutiche e posologia Tisana: 1,5 g di droga in 150 ml di acqua fredda, lasciare macerare per 10 ore; colare e bere il macerato prima dei pasti. Estratto Fluido: 20 gocce, diluite in acqua, prima dei pasti principali (1 g = 42 gocce). Condurango m. T.M.: 25 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La miscela steroidale di composti amari definita “condurangina” è più solubile in acqua fredda che in acqua calda7. La Tintura Madre è preparata dalla corteccia essiccata (titolo 65°). Formulario Vino di Condurango (Capasso) Condurango cortex 10 g Vino bianco 100 ml Fare macerare per 6-8 ore; filtrare e bere un bicchierino (30 ml) prima dei pasti Vino di Condurango (Ph. Helv. VII) Condurango Estratto Fluido Vino dolce S/2-3 bicchierini al dì

100 g 900 g

Vino di Condurango (Benigni) E.F. Condurango E.F. Arancio dolce E.F. Genziana Tintura Cannella Sciroppo semplice Vino Xeres S/a bicchierini

75 g 2,5 g 1,5 g 10 g 60 g 750 g

Curiosità • Il nome Marsdenia si deve a W. Marsden, segretario dell’Ammiragliato inglese di Sumatra che studiò e scrisse la storia dell’isola, mentre Condurango deriva dai vocaboli indigeni Cundur e angu = liana del Condor. Gli indios ritenevano infatti che il Condor guarisse dalle morsicature dei serpenti, mangiando le foglie della pianta. • Il Condurango ha un odore misto di Cannella e pepe e un sapore un po’ amaro e acre. Note bibliografiche 1 Capasso F., Grandolini G, 1996, op. cit., p. 174; Koch-Heitzmann Z., 1987, Phytother. 8, 38. 2 Foussard-Blanpin O. et al., 1971, C.R. Soc. Biol. 165, 154-158; Duke J.A., 1985, Handbook of Medicinal Herbs, CRC Press, Boca Raton (USA); Leclercq M.M. et al., 1989, Phytotherapy, 28, 3-5. 3 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 900. 4 Van Hellemont J., op. cit., p. 112. 5 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 380. 6 Ibidem. 7 Refit, op. cit., p. 133.

448

151 • Matricaria

151

recutita

L.

Matricaria recutita L. (= Chamomilla recutita (L.) Rauschert)

Nome comune: Camomilla comune o Camomilla volgare Francese: Camomille commune; Matricaire Inglese: German chamomile; Wild chamomile Tedesco: Echte Kamille Spagnolo: Manzanilla Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: capolini fioriti Costituenti principali: – eterosidi flavonici: glucosil-7-apigenina e il suo derivato acetilato; glucosil-7-luteolina – cumarine (umbelliferone ed erniarina); acido-fenoli (ferulati e caffeati) – olio essenziale (0,5-1,5%)1: camazulene (fino al 15%), lattoni sesquiterpenici (matricina/proazulene, matricarina), sesquiterpeni (α-bisabololo e ossidi di bisabololo A, B, C), cis- e trans-en-in-dicicloeteri (= spiroeteri:1%), monoterpeni (a-terpinene (tr); limonene; p-cimene; ocimene (1,7%); pinene ecc.) – mucillagine (polisaccaridi: acido galatturonico) Attività principali: aromatica, amaricante; antiflogistica e antispasmodica; ulceroprotettiva; lenitiva, antimicrobica Impiego terapeutico: difficoltà digestive; cefalea, insonnia; dismenorrea; turbe della menopausa; infiammazioni della pelle, eczema, dermatosi; congiuntiviti (uso esterno)

Utilizzo medico Pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia delle Asteraceae, è originaria dell’Europa Meridionale e orientale, dell’Asia anteriore. Attualmente è diffusa in tutta Europa, nelle Americhe e in Australia. Comune nei terreni e campi incolti, fiorisce da maggio a settembre. La droga in commercio proviene prevalentemente da coltivazioni dei paesi dell’est europeo (Bulgaria, Ungheria, ex-Yugoslavia); in modiche quantità da Spagna, Germania e Cecoslovacchia. Argentina ed Egitto esportano una qualità di Camomilla più adatta a usi alimentari che farmaceutici. Dato che sono stati descritti diversi chemotipi della pianta si cerca mediante metodiche di coltura differenziate di migliorare la qualità della pianta. Conosciuta da sempre come pianta ad attività antispasmodica particolarmente indicata per sedare manifestazioni dolorose, dalla colica intestinale alla dismenorrea, possiede indubbie proprietà antinfiammatorie, cicatrizzanti e ulceroprotettive, antibatteriche e, naturalmente, spasmolitiche. Molto probabilmente si deve alla sua azione antispasmodica l’uso come sedativo del sistema nervoso: tale impiego però è solo della nostra tradizione e di pochi altri paesi latini; il resto dell’Europa utilizza la Camomilla esclusivamente per le proprietà appena descritte (antiflogistica, carminativa ecc.). Ricerche svolte hanno messo in evidenza come preparati a base di Camomilla (infuso liofilizzato ed estratto) siano in grado di determinare, sia per via orale che 449

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recutita

L.

intraperitoneale, una significativa depressione del sistema nervoso centrale nella cavia senza compromettere la coordinazione motoria così come accade invece con le benzodiazepine2. Altre indagini, sempre su cavia, hanno messo in evidenza gli effetti sedativi e calmanti della pianta3. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) riconosce l’impiego della camomilla per alleviare gli stati di agitazione nervosa e per l’insonnia che ne deriva. Come spasmolitico (flavonoidi) e carminativo è indicata nelle coliche digestive (coliti, meteorismo ecc.), e in caso di alterazione della flora batterica, ad esempio dopo una terapia antibiotica, in quanto contribuisce a ricostituirla (3-4 tazze di infuso/die). Importanti sono inoltre le proprietà aromatiche e amaricanti della pianta in grado di facilitare i processi digestivi. Il suo uso è considerato preventivo e curativo in caso di ulcera e nelle infiammazioni acute e croniche della mucosa gastrointestinale: l’αbisabololo si oppone all’ulcerazione gastrica indotta da diversi agenti, quali stress, alcol, indometacina ecc.4. Una prova di laboratorio ha dimostrato, ad esempio, che è in grado di proteggere la mucosa gastrica della cavia dagli effetti lesivi dell’acido acetilsalicilico5. È stata segnalata un’attività antibatterica, in particolare nei confronti dell’Helicobacter pylori6. Ne viene consigliata l’assunzione lontano dai pasti per un periodo prolungato (una tazza 3 volte al dì: bere lentamente). Il medico tedesco Rudolph Weiss7 consigliava la roll kur (cura del rotolamento) in caso di ulcera gastrica: il paziente deve assumere la mattina al risveglio, e ancora coricato, una tazza di Camomilla restando 5-10’ minuti supino, poi sul lato destro, quindi sul lato sinistro, infine prono, per la stessa quantità di tempo. Si può utilizzare sia la tisana (che deve essere molto concentrata: 2-3 cucchiaini di fiori per tazza), che la T.M., 40 gocce in un bicchiere di acqua calda. È consigliabile ripetere l’assunzione un’ora prima di pranzo, verso le 17, e infine prima di coricarsi. L’assunzione, comunque, deve essere tra i pasti e anche a stomaco vuoto. Sono inoltre state segnalate anche proprietà antiossidanti (inibizione perossidazione lipidica in vitro) da parte del camazulene. Questo principio, che si forma dalla matricina durante la distillazione in corrente di vapore, è responsabile del colore azzurro dell’olio essenziale. La ricerca ha evidenziato che l’olio essenziale stimola la secrezione biliare nella cavia e sarebbe anche ipotensivante8. I polisaccaridi presenti nel fitocomplesso hanno dimostrato, in vitro, di possedere proprietà immunostimolanti: «questi potrebbero contribuire alla sensibilizzazione topica ma ci sono poche probabilità che sopravvivano alla digestione orale»9. La camomilla risulta utile anche nella cefalea (T.M. 30 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì): tale indicazione ci viene da Galeno il quale utilizzava la pianta nelle sindromi dolorose del capo. Risulta preziosa, inoltre, nell’eruzione dentaria dei bambini: 5 gocce in poca acqua o latte. In pediatria, infatti, la camomilla rappresenta la bevanda alternativa al latte e la prima medicina dei bambini10. Uso esterno Per uso esterno esplica attività antalgica nelle affezioni della cavità orale (stomatiti, gengiviti, afte) oltre che antinfiammatorie e moderatamente antibatteriche. A livello cutaneo sono da ricordare le azioni antipruriginosa e cicatrizzante che rendono utili le preparazioni a base di Camomilla nel trattamento di pelle e mucose infiammate e screpolate, nell’acne e in svariate affezioni quali ulcera varicosa, eczema, ferite che cicatrizzano con difficoltà, ragadi. Da ricordare inoltre l’impiego nella patologia dolorosa a carico delle articolazioni. L’attività antinfiammatoria a livello topico è da attribuire soprattutto al contenuto in 450

151 • Matricaria

recutita

L.

flavonoidi e in particolare all’apigenina-7-glucoside, che è il più abbondante dei flavonoidi della Camomilla. Insieme alla luteolina, oltre a inibire i fenomeni vascolari legati all’infiammazione, blocca in maniera significativa anche la componente cellulare dell’evento flogistico, cioè l’infiltrazione del tessuto infiammato dei leucociti proinfiammatori11. Mentre sembra che la luteolina sia un potente inibitore sia della via ciclo-ossigenasica, che porta alle prostaglandine, sia di quella lipo-ossigenasica che porta ai leucotrieni, l’apigenina ha scarso effetto sulle due vie metaboliche dell’acido arachidonico. Può essere presa in considerazione l’ipotesi che sia in gioco un blocco del rilascio di istamina, cioè del primo mediatore che viene liberato nel corso del processo infiammatorio e che è in grado di innescare e di modulare l’azione dei successivi. È opportuno inoltre ricordare l’attività antimicrobica della pianta. La tradizione popolare fa ricorso da sempre all’infuso di Camomilla come lavanda nelle infiammazioni delle mucose, in particolari in quelle vaginali, tanto è vero che, anche a livello industriale, esistono ormai da anni preparati a base di Camomilla. Poiché in tali affezioni spesso l’agente etiologico è da individuarsi in un’alterazione della flora batterica residente, sono state fatte ricerche per verificare l’attività antimicrobica della pianta: a questo proposito è stato evidenziato come responsabile di tale attività non sia solamente l’olio essenziale ma anche la componente flavonoidica12. In cosmesi dimostra una perfetta tollerabilità e viene impiegata come emolliente, disarrossante, protettiva e come schiarente dei capelli. La segnalazione secondo la quale l’infuso di Camomilla non deve essere utilizzato nella zona degli occhi intende prevenire eventuali danni dovuti a sostanze irritanti o a impurezze solide che possono ledere l’organo. Tuttavia, se è pur vero che a livello oculare occorre introdurre solo soluzioni sterili, e quindi sono da condannare i colliri casalinghi, l’uso degli impacchi di Camomilla può essere tranquillamente continuato. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La camomilla sembra atossica13. Rientra tra le piante classificate come GRAS -Substances Generally Recognized As Safe (FDA U.S. Food and Drug Administration). L’uso è sconsigliato comunque ai soggetti con ipersensibilità individuale accertata alle Asteraceae. Sono state segnalate occasionali reazioni allergiche (dermatiti da contatto) per la possibile presenza di lattoni. Allo stato fresco la camomilla contiene principalmente lattoni sesquiterpenici (matricina) «che non presentano funzione α-metilen-lattone, dunque non in grado di determinare la reazione di Michaël né a priori l’allergia. Tuttavia […] sono state messe in evidenza numerosi casi di reazione di ipersensibilità a questa droga». Ciò sarebbe dovuto, secondo gli Autori, al fatto che svariate segnalazioni fanno riferimento a preparati di miscele di piante medicinali e non alla sola camomilla. Inoltre la camomilla può presentare diversi chemotipi alcuni dei quali contengono, anche a deboli concentrazioni, un potente allergene, l’anthecotulide: numerosi lavori sono stati eseguiti utilizzando Anthemis cotula L., che ne contiene forti concentrazioni14. «Sarebbe pertanto utile per un utilizzo medico produrre razze sprovviste di questa sostanza.15» Viene indicato inoltre che le reazioni allergiche alla camomilla sono molto più probabili nei soggetti che presentano una sensibilizzazione alla Artemisia vulgaris (cross-reattività). Solo in base teorica, poiché è stato segnalato che in vitro è presente un’azione di inibizione l’aggregazione piastrinica, sarebbero possibili interazioni con gli antiaggreganti piastrinici e gli anticoagulanti16. Sono state segnalate inoltre interazioni con FANS e analgesici, antiepilettici ma secondo Mills e Bone si tratta solo di ipotesi speculative basate su informazioni non corrette. È stato segnalato anche che l’assunzio451

151 • Matricaria

recutita

L.

ne di camomilla (infuso) può ridurre l’assorbimento di ferro del 47% (con il tè nero la riduzione è del 79-94%): in soggetti anemici si consiglia di assumere la camomilla lontano dai pasti e dai supplementi a base di ferro17. L’utilizzo quotidiano come bevanda rinfrescante deve essere sconsigliato, dato che l’abuso può provocare, in soggetti sensibili, insonnia e nausea. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dai capolini essiccati di Matricaria recutita L. contenenti al minimo 4 ml/Kg di olio essenziale azzurro e 0,25% di apigenina-7-glucoside. Forme farmaceutiche e posologia Dose media giornaliera: 9 g/die della droga (capolini essiccati). Infuso: 1 cucchiaio da minestra della droga (ca. 3 g) per tazza d’acqua bollente (150 ml); coprire e filtrare dopo 5-10 minuti. Assumere 3-4 tazze al dì tra i pasti (affezioni tratto gastrointestinale) (Commissione E del BfArM). Uso esterno: infusi al 3-10% (infuso di 2 ore) per impacchi e spugnature; per bagni, 50 g di droga ogni 10 litri di acqua. Come collirio: infuso al 3%. L’infuso al 20% viene usato come shampoo per dorare i capelli biondi e per imbiondire i capelli castani. Estratto secco (titolato in apigenina totale min.1-2%, Farmacopea Italiana XII): 1 cps (50-300 mg) 1-3 volte al dì Estratto Fluido: 1-5 g pro dose (1 g = 42 gocce). Oleum chamomillae: uso esterno, come pomata al 30%. Per inalazione di vapore (ESCOP):10-20 ml di estratto alcolico per litro di acqua calda. Matricaria recutita T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì; uso esterno: 2 cucchiai da minestra in un quarto di litro d’acqua. Note di galenica Tra le varie azioni, particolarmente importante è quella antinfiammatoria, come dimostrato da sperimentazioni effettuate con estratti totali18 soprattutto per le preparazioni utilizzate topicamente. Per quanto riguarda il meccanismo d’azione si è evidenziato che alcuni componenti lipofili, quali bisabololi, azuleni, spiroeteri, posseggono attività antiflogistica dopo somministrazione sistemica. Nelle preparazioni però utilizzate comunemente (infusioni) questi componenti sono presenti in modesta quantità, mentre sono presenti in quantità saliente i flavonoidi, per i quali è stata dimostrata attività inibitrice sulle cicloossigenasi, lipoossigenasi e fosfolipasi A. In seguito a tale attività la formazione delle prostaglandine coinvolte potrebbe essere ridotta. Componenti lipofili: bisabololi, azuleni, spiro eteri. Componenti idrofili: flavonoidi. Da ciò si desume che con l’estrazione acquosa si ottiene una maggiore attività spasmolitica mentre con l’estrazione alcolica si ottiene una maggiore attività antiflogistica. La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca raccolta al momento della fioritura (titolo 45°). Formulario Specie composta per tisana all’Anice F.U. IX Anisi fructuscontuso 20% Matricariae flos intero 20% Carvi fructuscontuso 20% Menthae piperitae folium 20% 452

151 • Matricaria Foeniculi fructus S/infuso al 3%; una tazza dopo i pasti

recutita

L.

20%

Specie composta per tisana alla Camomilla F.U. IX (Spasmi gastrointestinali) Matricariae flos intero 25% Valerianae radix t.t. 25% Carvi fructus contuso 25% Menthae piperitae folium t.t. 25% S/infuso al 3%; una tazza 3 volte al dì Specie lassativa composta alla Senna F.U. IX Sennae folium t.t. 60% Menthae piperitae folium t.t. 20% Matricariae flos intero 25% Foeniculi fructus contuso 10% S/infuso all’8%; una tazza al giorno Gastrite Matricaria r. T.M. Hypericum p. T.M. Glycyrrhiza g. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì oppure: Matricaria r. T.M. Melissa o. T.M. Glycyrrhiza g. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, prima dei pasti Nausea, vomito, crampi Melissa o. T.M. Matricaria r. T.M. Mentha p. T.M. ana parti in flacone unico S/40-50 gocce, diluite in acqua, prima dei pasti Collutorio o gargarismi Matricaria r. T.M. Salvia o. T.M. ana 25 ml in flacone unico S/2 cucchiaini da caffè per un quarto di litro di acqua, come gargarismo, sciacqui e in compresse. La stessa soluzione si usa in irrigazioni vaginali in dosi di 2 cucchiaini da caffè per 1 litro d’acqua Meteorismo Matricaria r. T.M. Mentha p. T.M. Valeriana o. T.M. Pimpinella a. T.M. Carum c. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì 453

151 • Matricaria

recutita

L.

Fibromialgia Matricaria r. T.M. 30 ml Chrysantemum p. T.M. 20 ml Harpagophytum p. T.M. 40 ml S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Curiosità • Il nome chamomilla, deriva da una parola greca che significa “mela nana” perché l’odore dei fiori ricorda quello delle mele ranette (Plinio il Vecchio); matricaria deriverebbe dal latino matrix, cioè utero, in virtù delle sue proprietà emmenagoghe. • I primi a cantare le lodi della Camomilla furono gli Egizi i quali ebbero una tale considerazione per le virtù terapeutiche della pianta, in particolare le attribuivano qualità febbrifughe, da dedicarla al dio sole. In Grecia era considerata un prezioso rimedio adatto a curare un’infinità di malanni e disturbi. Nel Medioevo e nel 1500 era indicata come antinevralgico e tonico ideale per fare sparire la stanchezza fisica e l’indolenzimento in generale. • Per Henry Leclerc, famoso medico fitoterapeuta francese del secolo scorso, la Matricaria ha effetti più costanti e rapidi e questi dipendono dalla forma farmaceutica utilizzata: la classica tisana «una mistura anemica che si ottiene disseminando con parsimonia qualche fiore sulla superficie di un oceano di acqua calda è assolutamente inerte». Note bibliografiche 1 Mills S., Bone K., op. cit., p. 325. 2 Della Loggia R., Tubaro A., Redaelli C., 1982, Riv. Neurol. 51, 297; Della Loggia R. et al., Pharmacol. Res. Commun. 14, 153. 3 McKay DL, Blumberg JB, 2006, A review of the bioactivity and potential health benefits of chamomile tea (Matricaria recutita L.). Phytother Res. 20(7):519-30. Review. 4 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 617. 5 Mills S., Bone K., op. cit., p. 325. 6 Raynaud J., Prescription et conseil en aromathérapie en Aromatherapie, op. cit., 167. 7 Weiss R.F., 1992, Lehrbuch der Phytoterapie, Hippokrates Verlag, Stuttgart. 8 Ibidem. 9 Mills S., Bone K., op. cit., ibidem. 10 Fugh-Berman A., 2002, Nutr. Today. 37:122-124. 11 Wichtl Max et al., op. cit., pp. 323-4. 12 Tubaro A. et. al., 1985, Planta Medica, 51, 359; Morelli M., Cantarini A., Matteucci M.P., 1997, Acta Phytotherapeutica, 1, 30. 13 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 618. 14 De Smet et al., 1993, Adverse effect of herbal drugs, vol. I, pp. 243-8, Springer-Verlag, Berlin. 15 Frohne D. et al., op. cit., p. 59. 16 Bruneton J., ibidem, p. 619. 17 Mills S., Bone K., op. cit., p. 327. 18 Tubaro A. et al., 1985, Planta Medica, 51, 359.

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sativa

L.

Medicago sativa L.

Nome comune: Erba medica; Alfa alfa Francese: Luzerne; Alfalfa Inglese: Lucerne; Alfalfa Tedesco: Luzerne Spagnolo: alfalfa Famiglia: Fabaceae Parte utilizzata: la pianta Costituenti principali: – saponosidi, glicosidi di soyasapogenoli, bidesmosidi e tridesmosidi di oleaneni acidi (acido medica genico, 16α-idrossimedicagenico, ederagenina) – composti fenolici (cumestrolo); L-canavanina (> nei semi: 0,8-1,5% rispetto allo 0,1% delle foglie)1 – steroli (β-sitosterolo, stigmasterolo); cerebrosidi (= ceramidi la cui struttura è simile a quelle presenti nel cervello umano)2 – clorofilla; sali minerali (10%: in particolare Calcio, Potassio, Fosforo); vitamine: C, K e provitamina A, B, B2, B6, D; protidi (20%) Attività principali: corroborante; rimineralizzante Impiego terapeutico: astenia fisica e mentale; menopausa

Utilizzo medico La pianta, grazie alla sua ricchezza in vitamine, aminoacidi e minerali, viene impiegata come corroborante nella convalescenza, fatica fisica e nei disturbi che derivano da un’alimentazione insufficiente. L’erba medica è considerata, infatti, particolarmente utile nell’astenia fisica e mentale come fortificante e stimolante. Le parti aeree presentano una interessante attività rimineralizzante (calcio, fosforo, selenio ecc.): nelle foglie, inoltre, viene segnalata la presenza di un fitoestrogeno, il cumestrolo che presenta una struttura è assai simile a quella dello stilbestrolo. Tale principio sarebbe in grado di accrescere la trama ossea sulla quale si possono fissare i minerali. La pianta risulta pertanto indicata in menopausa, in particolare nella prevenzione dell’osteoporosi. Si deve all’omeopatia il suo attuale maggior utilizzo: viene prescritta alla 1DH, oltre che nelle indicazioni precedenti anche nell’agalattia, per la presenza di principi estrogenici3. La presenza di saponine giustificherebbe l’azione ipocolesterolemizzante citata da diversi autori. È stato dimostrato che nella cavia i saponosidi riducono l’assorbimento del colesterolo favorendone l’eliminazione fecale4. Sembra, inoltre, che la pianta abbia la proprietà di legare i cancerogeni nel colon e di accelerare la loro eliminazione manifestando quindi un’importante azione disintossicante5. La pianta viene associata spesso all’Avena sativa in quanto ne completa l’azione. 455

152 • Medicago

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Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Rientra tra le piante classificate come GRAS -Substances Generally Recognized As Safe (FDA U.S. Food and Drug Administration). Solo in caso di sovradosaggio e di terapie prolungate nel tempo sono possibili interazioni nei confronti di farmaci anticoagulanti (vitamina K). Inoltre, secondo studi effettuati esclusivamente su animali, la pianta potrebbe indurre un abbassamento della glicemia, pertanto, ma solo su base teorica, potrebbe potenziare l’effetto di farmaci antidiabetici assunti per os (metformina ecc.)6. Si consiglia vigilanza in caso di assunzione contemporanea di terapie ormonali (estrogeni). Si ricorda inoltre che, mentre le foglie sono sicure (Food and Drug Administration), i semi sono velenosi in quanto contengono un aminoacido, la canavanina, dotato di tossicità. Germogli e semi, infatti, somministrati in grande quantità a cavie hanno determinato la comparsa dei sintomi iniziali di Systemic Lupus Erythematosus (SLE)7. A scopo precauzionale è quindi bene che persone con SLE, o con familiarità, evitino prodotti a base di Medicago sativa. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1-2 cucchiaini di foglie secche per tazza di acqua bollente, lasciando in infusione per 10-20 minuti. Medicago sativa T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Medicago sativa 1 DH: 20 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 55°). Formulario Gocce rimineralizzanti Medicago s. T.M. Urtica d. T.M. Equisetum a. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Convalescenza Avena s. T.M. Medicago s. T.M. ana parti in flacone unico S/20-40 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì per 2 mesi Osteoporosi Equiseto polvere 150 mg Erba medica polvere 100 mg per cps S/2 cps 3 volte al dì. Assumere con acqua Curiosità • In caso di alitosi si consiglia come collutorio un infuso di erba medica per la ricchezza in clorofilla. • L’erba medica viene coltivata come pianta da foraggio e per la ricchezza in clorofilla e carotene (estrazione). 456

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Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 862. 2 Ito S., Fujino Y., 1973, Can. J. Biochem. 51, 957-961. 3 Guermonprez M., Pinkas M., Torck M., 1985, Matière medicale homéopatique, Doin, Paris, pp. 35-36. 4 Castleman M., op. cit., p. 177; Bruneton J., 2009, op. cit., p. 862. 5 Malinow MR, McLaughlin P et al., 1984, Elimination of toxicity from diets containing alfalfa seeds. Food Chem Toxicol, 22(7):583-7. 6 Gray AM, Flatt PR, 1997, Pancreatic and extra-pancreatic effects of the traditional anti-diabetic plant, Medicago sativa (lucerne). Br J Nutr. 78(2):325-34.; Swanston-Flatt SK et al., 1990, Traditional plant treatments for diabetes. Studies in normal and streptozotocin diabetic mice. Diabetologia. 33(8):462-4. 7 Malinow M.R., Bardana E.J., Profsky B. et al., 1982, Systemic lupus erythematosus-like syndrome in monkeys fed alfalfa sprouts: Role of a nonprotein amino acid, Science, 23;216(4544):415-7; Bruneton J., 2009, op. cit., p. 862.

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Cheel.

Melaleuca alternifolia (Maiden and Betche) Cheel.

Nome comune: Melaleuca Francese: Arbre a thé; Mélaleuca Inglese: Tea Tree; Narrow-leaved Paperbark Tedesco: Australische Teebaum Spagnolo: Corteza de papel de hojas angostas Famiglia: Myrtaceae Parte utilizzata: Foglia (da cui si ricava per idrodistillazione l’essenza: Oleum Tea tree) Costituenti principali: – olio essenziale (1,8%): α-pinene (1-6%), sabinene (< 3,5%), α-terpinene (5-13%), limonene (0,5-4%), cineolo (< 15%), γ-terpinene (10-28%), p-cymene (0,512%), terpinolene (1,5-5%), terpinene1-ene-4-olo (> 30%), aromadendrene (< 7%), α-terpineolo (1,5-8%) (Profilo cromatografico)1 Attività principali: germicida, antimicrobica, antimicotica (moderata), antisettica; antiforfora (in cosmetica), antiacne Impiego terapeutico: infezioni cutanee; afte, stomatiti, piorrea, gengiviti; infezioni vaginali da Candida

Utilizzo medico Melaleuca alternifolia è un albero alto 6 metri circa le cui foglie si presentano “alternate”. Cresce in Australia ove esistono anche piantagioni che consentono una notevole produzione di olio essenziale ormai noto per le sue proprietà battericide, germicide e fungicide L’idrodistillazione delle foglie inizia quando l’albero ha un’altezza di 1,51,8 metri: una nuova raccolta necessita di circa 18 mesi-2 anni di intervallo a seconda delle condizioni climatiche. L’idrodistillazione ha un rendimento di circa 1,8% di un olio essenziale di colore giallo pallido e di odore che ricorda quello della Noce moscata. Il rendimento in olio essenziale è più debole nei mesi invernali. L’olio essenziale di Tea Tree (Tea Tree oil) risulta essere particolarmente efficace per l’attività germicida che lo caratterizza a cui associa un odore gradevole e una mancanza di tossicità ed effetti irritanti sulle mucose. L’indice aromatico (secondo la tecnica di Belaiche) consente di poter includere questa essenza fra le essenze maggiori dell’aromaterapia antinfettiva (Origano di Spagna, Santoreggia, Cannella di Ceylon, Timo, Garofano). L’indice aromatico permette al medico di stabilire il potere antisettico di un olio essenziale nei confronti di una colonia batterica. Tale indice varia da 0,45 a 1, sia nei confronti di germi Gram positivi e negativi, sia verso i miceti. L’indice aromatico medio degli oli essenziali maggiori risulta il seguente: O.E. Origano di Spagna: 0,88; O.E. Timo: 0,71; O.E. Cannella di Ceylon: 0,69; O.E. Garofano: 0,51; O.E. Santoreggia: 0,452. Il Tea Tree oil oltre all’attività antimicrobica presenta un’importante attività antifungina a largo spettro3 e antiprotozoaria (Trichomonas vaginalis). Attività complementari sono quella immunomodulante chemiotattica e antiflogistica. Tali proprietà sono 458

153 • Melaleuca

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Cheel.

state confermate da svariati studi in in vitro e in vivo4. Le infezioni cutanee maggiormente trattate sono quelle nelle quali sono in causa Candida albicans, Stafilococco, Streptococco, Propionibacterium acnes e i Gram negativi5: intertrigo, impetigo, acne, onicomicosi ecc., rispondono in modo positivo al trattamento topico con l’olio di Tea Tree e, anche in questo caso, emerge l’ottima tolleranza cutanea. Uno studio clinico pubblicato (117 pazienti) ha evidenziato che in caso di onicomicosi l’applicazione topica dell’olio essenziale risulta efficace quanto quella effettuata con clotrimazolo all’1% (manca però il confronto con il gruppo placebo)6; uno studio successivo (60 pazienti) ha segnalato che una crema a base di butefenina (2%) e olio essenziale di melaleuca (5%) è più efficace del placebo7. In un saggio in doppio cieco (104 pazienti) si è appurato che nel trattamento del piede d’atleta una crema contenente olio essenziale di Melaleuca al 10% risultava più efficace del placebo ed efficace quanto una crema a base di tolnaftato (1%) nell’alleviare i sintomi. Tuttavia l’eradicazione dei funghi si verificava solo con quest’ultima8. Elevate concentrazioni di olio essenziale (25-50%) risultano nettamente superiori al placebo (alta significatività) ma possono causare dermiti9. L’OMS (Organizzazione Mondiale della sanità) ne riconosce l’uso topico in caso di onicomicosi e piede d’atleta. Particolarmente interessante si è rivelato il suo impiego nelle infezioni vaginali da Candida: l’ottima tollerabilità da parte delle mucose permette una somministrazione prolungata che consente nel caso della Candida albicans, ad esempio, un’eradicazione. Belaiche riferisce che in una sperimentazione effettuata con 28 pazienti utilizzando la prescrizione di ovuli vaginali [2 centigrammi di O.E. per ovulo – un ovulo la sera per 90 giorni], ben 23 donne presentarono una guarigione clinica con scomparsa dei sintomi (bruciore e leucorrea). Gli esami biologici mostrarono la scomparsa della Candida albicans in 21 pazienti. Scrive Belaiche: «Lo abbiamo già largamente segnalato nelle nostre osservazioni, questa eccezionale qualità per un olio essenziale così fortemente germicida permette trattamenti di lunga durata che sono all’origine dei risultati ottenuti»10. Nelle micosi interdigitali e in quelle ungueali si consiglia l’applicazione topica dell’olio 3 volte al dì fino a guarigione. Ne viene segnalato l’impiego topico anche in caso di ferite, abrasioni, punture di insetto, afte, stomatiti, piorrea, gengiviti ecc. In uno studio clinico è stata valutata l’efficacia del Tea tree oil (versus perossido di benzoile: soluzione al 5%) nel trattamento dell’acne. È stato impiegato un gel contenente il 5% di olio essenziale che si è dimostrato efficace quanto al farmaco di riferimento nell’alleviare i sintomi di questa condizione. Anche se gli effetti della Melaleuca sono stati più lenti a manifestarsi, i pazienti trattati con olio essenziale hanno presentato minori effetti collaterali (eritema, desquamazione, prurito ecc.). rispetto a quelli che ricevevano il trattamento con perossido di benzoile11. Nelle stomatiti e in caso di mal di gola si posso fare sciacqui con 4-5 gocce di tea tree oil diluite in un bicchiere di acqua calda o camomilla. Viene segnalata la sua efficacia anche nei confronti dei germi associati alla formazione della placca dentaria12. È stato comparato l’uso di clorexedina con una soluzione contenente 0,2% di olio essenziale di melaleuca: i risultati ottenuti hanno evidenziato che tale soluzione manifesta interessanti proprietà antisettiche a largo spettro13. Ulteriori indicazioni sono quelle relative al trattamento della pediculosi (diluire 15-20 gocce in olio di oliva (2-3 cucchiai) e fare frizioni), trattamento topico del mughetto14, dell’Herpes simplex15 (si consiglia di applicare l’olio essenziale di melaleuca puro o diluito 2-3 volte al dì). L’olio di melaleuca si può trovare anche sotto forma di idrogel al 5% e crema al 10% (uso dermatologico). In cosmetica l’olio è usato in diverse pre459

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parazioni (shampoos, dentifrici, deodoranti, dopobarba, saponi, detergenti e creme per labbra) genericamente in concentrazioni comprese tra 0,3 e 2%. Nella monografia ESCOP si legge: «Uso esterno: preparazioni liquide o semi-solide contenti 5-10% m/m di tea tree oil. Concentrazioni più elevate possono essere impiegate in alcune condizioni come tinea pedis (25-50% m/m) o onicomicosi (100%). Apparato genitale femminile: in base alle indicazioni, pessari contenenti 200 mg di tea tree oil (circa 10% in veicolo oleoso), o tamponi/irrigazioni contenenti soluzioni allo 0,4-20% di olio». Esistono segnalazioni che riguardano anche l’uso interno: sembra che la somministrazione di Tea tree oil sia efficace nel trattamento delle cistiti croniche colibacillari idiopatiche, affezioni rinofaringee, tosse, raffreddore ecc. Mancano però, a ora, studi clinici pubblicati che ne confermino l’impiego per os e la sicurezza d’uso. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’olio essenziale risulta generalmente ben tollerato su cute e mucose e per via generale, se usato correttamente. Scarse le segnalazioni di reazioni di ipersensibilità locale (rash e prurito): è buona norma comunque saggiare con piccole quantità e su superficie limitata la reattività individuale. L’olio non dovrebbe essere applicato su pelle lesionata e nelle zone colpite da rash di origine non fungina. Porre attenzione alle zone delicate come occhi, naso, bocca (possibile bruciore al contatto). Mentre nelle micosi cutanee e, in particolare, nelle onicomicosi può essere impiegato in forma pura, si consiglia di diluirlo prima dell’applicazione sulle mucose17. Uno studio ha inoltre accertato che l’olio ossidato esposto alla luce e al calore mostra una capacità sensibilizzante 3 volte superiore a quella dell’olio fresco a causa della formazione di prodotti di degradazione (perossidi) ad azione sensibilizzante cutanea18. Risultano quindi importanti le modalità di conservazione. Bruneton riferisce che l’ingestione di olio essenziale (< 10 ml) ha provocato atassia e sonnolenza in bambini piccoli (17 e 23 mesi)19. È buona norma, pertanto, evitarne l’assunzione per os in età pediatrica, in gravidanza e allattamento. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) Melaleuca aetheroleum (tea tree oil): l’olio essenziale è ottenuto dalla distillazione in corrente di vapore delle foglie e ramoscelli terminali di M. alternifolia (Maiden and Betche) Cheel., M. linariifolia Smith, M. dissitiflora F. Mueller e /o altre specie di Melaleuca. Forme farmaceutiche e posologia Tea Tree: O.E. Uso interno: 3-5 gocce, in un cucchiaino di miele o acqua, 2-3 volte al dì (prescrizione medica). Uso esterno: vedi Utilizzo medico. Note di galenica L’olio essenziale viene estratto o per distillazione in corrente di vapore o per pressione, meglio se effettuata a freddo, per non alterare i principi attivi presenti nella pianta. Ai fini di standardizzazione e di qualità dell’olio di melaleuca, la legge australiana (paese d’origine della pianta) ha dettato criteri di riferimento per alcuni componenti essenziali, quali i quantitativi per l’1,8 cineolo, che non deve essere superiore al 15% e per il terpinene-4-olo che non deve essere inferiore al 30 %. Restando nelle percentuali dello standard di riferimento un buon olio essenziale di Tea Tree dovrebbe 460

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contenere una percentuale del 5 -10% di 1,8 cineolo (quindi inferiore allo standard) e il 37-43% di terpinene-4-olo (quindi superiore allo standard)20. Curiosità • Le foglie venivano utilizzate come succedaneo del tè dai marinai delle spedizioni di Cook (1768-1776). Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 665. 2 Belaiche P., 1983, L’Aromatogramma,RED, Milano; Belaiche P., 1985, Traité de Phytothérapie et d’aromathérapie, Maloine, Paris. 3 Hammer KA, Carson CF, Riley TV., 2004, Antifungal effects of Melaleuca alternifolia (tea tree) oil and its components on Candida albicans, Candida glabrata and Saccharomyces cerevisiae. J Antimicrob Chemother. Jun; 53(6):1081-5. 4 Camporese A., op. cit., p. 129. 5 Ferrini AM, Mannoni V et al., 2006, Melaleuca alternifolia essential oil possesses potent antistaphylococcal activity extended to strains resistant to antibiotics. Int J Immunopathol Pharmacol. 19(3):539-44. 6 Buck DS, Nidorf DM, Addino JG, 1994, Comparison of two topical preparations for the treatment of onychomycosis: Melaleuca alternifolia (tea tree) oil and clotrimazole. J Fam Pract. 38(6):601-5. 7 Syed TA, Qureshi ZA et al., 1999, Treatment of toenail onychomycosis with 2% butenafine and 5% Melaleuca alternifolia (tea tree) oil in cream. Trop Med Int Health. 4(4):284-7. 8 Tong MM, Altman PM, Barnetson RS, 1992, Tea tree oil in the treatment of tinea pedis. Australas J Dermatol. 33(3):145-9. 9 Satchell AC, Saurajen A et al., 2002, Treatment of interdigital tinea pedis with 25% and 50% tea tree oil solution: a randomized, placebo-controlled, blinded study. Australas J Dermatol. 43(3):175-8. 10 Belaiche P., Phytotherapie, 15, 1985. 11 Buck DS, Nidorf DM, Addino JG, 1994, Comparison of two topical preparations for the treatment of onychomycosis: Melaleuca alternifolia (tea tree) oil and clotrimazole. J Fam Pract. 38(6):601-5. 12 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 665. 13 Groppo FC, Ramacciato JC et al., 2002, Antimicrobial activity of garlic, tea tree oil, and chlorhexidine against oral microorganisms. Int Dent J. 52(6):433-7. 14 Vazquez JA, Zawawi AA., 2002, Efficacy of alcohol-based and alcohol-free melaleuca oral solution for the treatment of fluconazole-refractory oropharyngeal candidiasis in patients with AIDS. HIV Clin Trials. Sep-Oct;3(5):379-85. 15 Carson CF, Ashton L et al., 2001, Melaleuca alternifolia (tea tree) oil gel (6%) for the treatment of recurrent herpes labialis.J Antimicrob Chemother. 48 (3):450-1. 16 http://www.herbdatanz.com/tea_tree_oils.htm. 17 Camporese A., op. cit., p. 129. 18 Hausen et al., 1999, Am J. Conctact Dermat, 10 (2): 68-77. 19 Bruneton J., Plantes toxiques…, op. cit., p. 390. 20 http://www.farla.it/schedetecniche/teatree.pdf.

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Melaleuca cajuputi Powell (= M. “leucadendra” Auct.)

Nome comune: Cajeput Francese: Cajeputier Inglese: Cajeput tree Tedesco: Cajeput Spagnolo: Cajeput Famiglia: Myrtaceae Parte utilizzata: foglia (da cui si ricava per idrodistillazione l’essenza: Oleum Cajeputi) Costituenti principali: – olio essenziale: cineolo 1,8 (eucaliptolo) fino al 65%; 3,5-dimetil4,6-di-O-metilfloroacetofenone(10%), a-pinene, a-terpineolo… Attività principali: stimolante e antispasmodica; analgesico e rinvigorente (uso topico) Impiego terapeutico: uso esterno: odontalgie e otalgie; artralgie

Utilizzo medico Il Cajeput è un albero che cresce in Australia, in India e nei paesi del sud-est asiatico. L’olio essenziale ottenuto dalle foglie di Cajeput (5-25 ml/kg) rientra fra le essenze germicide medie (Belaiche): Pinus sylvestris, Eucalyptus globulus, Lavandula officinalis, Myrtus communis, Pelargonium graveolens, Citrus aurantium L. var. amara, Artemisia dracunculus, Tymus serpyllum, Melaleuca quinquenervia. Il suo indice aromatico medio è di 0,333. Usato internamente (2-5 gocce in tisana aromatica) manifesta azione stimolante e antispasmodica: non esistono comunque dati inerenti la sicurezza per l’uso orale. Più conosciuto l’uso esterno come analgesico: nelle odontalgie e otalgie si consiglia di mettere poche gocce su di un batuffolo di cotone da introdurre nella cavità del dente cariato o nel condotto auricolare. Unito a balsami diversi si utilizza per frizioni sedative in caso di forme reumatiche. La concentrazione in cineolo dell’olio essenziale, secondo la Commissione E del BfArM, è responsabile dell’azione rubefacente utile in caso di dolori reumatici. Come stimolante e tonico rientra nella Formulario di unguenti e creme per massaggi muscolari e sportivi (azione rinvigorente). L’olio di Cajeput è impiegato in ORL come antisettico dal buon potere germicida, nella formulazione di balsami e gocce nasali. Nota: Con il termine generico di Tea Tree viene indicato un insieme di specie botaniche (oltre duecento) appartenenti al genere Melaleuca. Da alcune di esse si estraggono oli essenziali (Tea tree oils). In particolare16: – O.E. di Melaleuca quinquenervia (Cav.) S.T. Blake (= Melaleuca viridiflora Gaertner) conosciuto come O.E. di Niaouli – O.E. di Melaleuca cajuputi Powell (= Melaleuca leucodendron L) conosciuto come O.E. di Cajeput – O.E. di Leptospermum citratum Chalinor, Cheel et Penfold: ottima fonte di citrale e citronellale 462

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– O.E. di Melaleuca linarifolia Smith.: elevato potere germicida ma la notevole concentrazione in cineolo lo rende inadatto all’uso in terapia. Risulta invece adatto alla fabbricazione di alcuni preparati germicidi come saponi a uso chirurgico, medico e odontoiatrico. − O.E. di Melaleuca bracteata F. von Muller: comunemente conosciuto come “Black Tea Tree,” viene impiegato come fonte di metileugenolo, un repellente per insetti. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Nell’uso esterno, non si conoscono effetti secondari tossici. Non utilizzare prima dei 3 anni di età. Formulario Gocce odontalgiche (Hager) O.E. Cajeput O.E. Garofano O.E. Juniperus c. Etere

ana 10 70

Balsamo pettorale (Van Hellemont) Oleum cajeputi rectificatum Unguentum glycerini

1g ad 20 g

Balsamo per frizioni (Refit) Soluzione alcolica di olio essenziale di Cajeput al 5% Curiosità • L’essenza è considerata un buon presidio contro gli insetti.

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S.T. Blake

Melaleuca quinquenervia (Cav.) S.T. Blake

Nome comune: Niaouli Francese: Niaouli Inglese: Niaouli Tedesco: Niaouli Spagnolo: Niaouli Famiglia: Myrtaceae Parte utilizzata: foglia (da cui si ricava per idrodistillazione l’essenza: Oleum Niaouli conosciuto anche con il nome di Gomenolo quando è purificato tramite trattamento all’ossido di piombo) Costituenti principali: – olio essenziale: cineolo 1,8 (eucaliptolo) 45-65%, α-pinene, α-terpineolo, terpeni ossigenati e linalolo, sesquiterpeni… Attività principali: germicida Impiego terapeutico: affezioni ORL

Utilizzo medico Si tratta di un piccolo albero originario delle Molucche. L’essenza manifesta proprietà aromatiche, diaforetiche, carminative, antisettiche e vulnerarie. Dotata di azione balsamica risulta efficace nelle affezioni delle vie respiratorie e nella pertosse. L’uso è tuttavia essenzialmente esterno: l’essenza di niaouli rientra infatti nella composizione dei linimenti e pomate utilizzati nel trattamento delle forme bronchiali. I suoi principi assorbiti attraverso la pelle, ma anche inalati per evaporazione, esercitano un’azione espettorante. In ORL sono consigliate preparazioni oleose per via nasale. Benché l’indice aromatico medio sia basso (0,10), questo olio essenziale ha sempre goduto, come sottolinea Belaiche, «di un’ottima fama quale essenza antisettica»1. La sua composizione è vicina a quella dell’eucalipto2. Un recente studio ha indagato in vivo (cavia) gli effetti immunomodulanti dell’olio essenziale di niaouli (EON). È emerso che cavie immunizzate con KLH (keyhole limpet hemocyanin) e trattate per via intraperitoneale con EON presentavano un potenziamento dell’immunità cellulare T cellulo-mediata e dell’attività dei macrofagi ma non di quella umorale. Secondo gli autori della ricerca questo studio potrebbe fornire una spiegazione razionale per l’applicazione clinica di EON per controllare le malattie infettive, in particolare quelle causate da agenti patogeni intracellulari3. Recenti studi hanno segnalato l’efficacia nel trattamento dell’acne e delle infezioni cutanee4. Forme farmaceutiche e posologia La monografia della Commissione E del BfArM ne indica l’uso in caso di congestione delle vie respiratorie: per os: 0,2 g per presa e da 0,2g a 2 g/die; per via nasale: soluzione oleosa al 2-5%; per via esterna: soluzione oleosa al 10-30%. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Nell’uso esterno non si conoscono effetti secondari tossici, se l’uso è corretto. È opportuno, tuttavia, in bambini piccoli non prescrivere l’essenza per evitare fenomeni 464

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irritativi: quando usato topicamente a livello di viso e naso potrebbe provocare spasmo della glottide, broncospasmo e insufficienza respiratoria5. Il suo uso (per os) è controindicato in caso di infiammazioni del tratto gastrointestinale e delle vie biliari e nelle epatopatie6. L’assunzione orale può provocare nausea, vomito e diarrea. Può inoltre determinare una diminuzione di attività di altri farmaci contemporaneamente assunti: il cineolo, infatti, determina induzione del sistema degli enzimi deputati alla decomposizione delle sostanze esogene7. Sono scarse le informazioni scientifiche circa un uso sicuro. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dall’essenza di Niaouli (titolo 90°). Formulario Inalazioni O.E. Lavanda 1g O.E. Eucalipto 3g O.E. Niaouli 2g O.E. Timo 2g Alcol a 90° q. b. p 150 ml in flacone unico S/1 cucchiaino per tazza di acqua molto calda oppure qualche goccia su fazzoletto Gocce nasali (Refit) 2-5% in olio vegetale Curiosità • Il Niaouli è una pianta molto resistente, che può raggiungere dimensioni notevoli e cresce praticamente su ogni tipo di suolo formando gruppi o piccole foreste che si calcola coprano due quinti del suolo della Nuova Caledonia. • L’essenza può essere utilizzata per aromatizzare caramelle contro la tosse, dentifrici e spray a uso orale. Note bibliografiche 1 Belaiche P., 1985, Traité de Phytothérapie et d’aromathérapie, Maloine, Paris, p. 146. 2 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 461. 3 Nam SY, Chang MH, 2008, Essential oil of niaouli preferentially potentiates antigen-specific cellular immunity and cytokine production by macrophages. Immunopharmacol Immunotoxicol. 30(3):459-74. 4 Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 302. 5 Blumenthal M, 1998, The Complete German Commission E Monographs: Therapeutic Guide to Herbal Medicines. Trans. S. Klein. Boston, MA: American Botanical Council; Gruenwald J, Brendler T, Jaenicke C, 1998, PDR for Herbal Medicines. 1st ed. Montvale, NJ: Medical Economics Company, nc. 6 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 667. 7 Refit, op. cit., p. 295.

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Melilotus officinalis (L.) Lam.

Nome comune: Meliloto Francese: Mélilot Inglese: Melilot Tedesco: Gelbe Steinklee Spagnolo: Meliloto Famiglia: Fabaceae Parte utilizzata: sommità fiorite e foglie Costituenti principali: – saponisidi a genina triterpenica pentaciclica; flavonoidi (robinoside, derivati del kaempferolo e della quercetina); tannini – acidi-fenoli; melilotoside (glicoside dell’acido 2-idrossicinnamico: massima concentrazione nelle foglie giovani) Attività principali: antispasmodica, digestiva;sedativa, astringente; antiedemigena Impiego terapeutico: insufficienza veno-linfatica; disturbi digestivi di origine nervosa; turbe minori del sonno

Utilizzo medico Il meliloto (foglie e sommità fiorite) è considerato uno specifico sintomatologico dell’insufficienza venolinfatica: deve questa sua proprietà al melilotoside che per idrolisi e lactonizzazione porta alla formazione di cumarina dotata di proprietà vasocostrittrici e vitaminico P. La cumarina è in grado di aumentare l’ossigenazione tissutale grazie al miglioramento del microcircolo e di stabilizzare la membrana degli eritrociti. Studi sperimentali su animali hanno rilevato un’accelerazione del processo di cicatrizzazione1. Altre sperimentazioni hanno dimostrato che gli estratti di meliloto aumentano la resistenza capillare, diminuiscono la permeabilità della parete vascolare, migliorano il ritorno venoso e la circolazione linfatica e manifestano attività antinfiammatoria e antiedematosa2. I derivati cumarinici aumentano la resistenza della parete vasale intervenendo a livello delle strutture mucopolisaccaridiche delle pareti vasali e della sostanza intercellulare fra le cellule endoteliali (inibizione depolimerizzazione acido ialuronico tessuto pericapillare). La cumarina (solubile in alcol) è in grado di stimolare il SRE (Sistema Reticolo Endoteliale) e il potere di proteolisi dei macrofagi e non ha proprietà anticoagulanti3. Pianta foraggifera, quando lo stoccaggio non viene realizzato in condizioni ottimali per la presenza di alcune specie di Aspergillus o Penicillium, può dar luogo a deterioramento della pianta: nel bestiame che se ne alimenta si possono allora manifestare emorragie che possono essere anche fatali (“sweet clover disease”). Ciò è dovuto alla formazione a partire dall’acido 2-idrossicinnamico del metilene bis 3-3’ (idrossi-4cumarina) o dicumarolo, antagonista della vitamina K e dotato di attività anticoagulante in quanto diminuisce la sintesi di protrombina e dei fattori VII, IX e X della coagulazione4. Occorre, pertanto, porre attenzione alle modalità di conservazione della pianta in quanto in seguito a una cattiva conservazione della droga può formarsi 466

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il dicumarolo. Si ricorda che gli anticoagulanti cumarinici attualmente sintetizzati sono stati elaborati sul modello del dicumarolo. Le indicazioni terapeutiche principali sono rappresentate dai disturbi della circolazione venosa quali emorroidi, insufficienza venosa cronica, varici e profilassi della trombosi, stasi linfatiche. Per queste peculiarità il suo impiego risulta efficace nel trattamento di edemi di natura infiammatoria o da stasi e nel trattamento sintomatico delle turbe funzionali della fragilità capillare cutanea. Il meliloto possiede anche proprietà diuretiche (infuso al 5%). La medicina popolare utilizza l’infuso di meliloto, dal sapore estremamente gradevole e aromatico, nelle cefalee, come digestivo (dopo i pasti) come antispasmodico e anche nell’insonnia dei bambini e degli anziani, attribuendo alla pianta, pertanto, attività simili a quelle della Camomilla (anch’essa ricca in cumarine). Tale azione è condivisa da Asperula odorata L. e Melittis melissophyllum L. Per l’azione antispasmodica (cumarina) è indicato nelle turbe digestive minori. A titolo di antispasmodico può essere prescritto vantaggiosamente in quei soggetti «la cui vulnerabilità controindica l’impiego di sostanze eroiche appartenenti alla medicazione sedativa; l’infuso al 5%, di un aroma profumato assai gradevole, mi ha sovente fornito buoni risultati nell’insonnia del bambino, dei vecchi, […] assunto dopo i pasti facilita il lavoro digestivo, soprattutto quando si accompagna a una sensazione di angoscia e vertigine»5. L’introduzione del Melilotus officinalis in terapia come antispasmodico si deve al medico greco Galeno (129 d.C.-216 d.C.). La pianta è presente in monografia della Commissione E del BfArM (1986) ove viene segnalato che non offre controindicazioni e solo in rari casi può manifestarsi cefalea. Solo in caso d’abuso, si può constatare un leggero effetto narcotico (nausea, cefalee). Uso esterno A livello topico manifesta indiscusse e confermate proprietà astringenti e antiflogistiche (Proserpio) per cui rientra nella formulazione di colliri, collutori e gargarismi ecc. Possono essere fatti lavaggi di ferite, piaghe e ulcere in quanto alle azioni sopraesposte si affianca quella cicatrizzante. In studi sperimentali su animali si è riscontrata un’accelerazione del processo di cicatrizzazione6. Compresse imbevute con un decotto di meliloto, o creme o pomate al 10-20%, possono essere applicate sulle articolazioni doloranti (reumatismo) ove manifestano azione antalgica. Utile anche in caso di contusioni ed ematomi superficiali. L’acqua distillata di Meliloto è una lozione rinfrescante, addolcente e distensiva particolarmente indicata per pelli secche e stanche. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Solo in caso d’abuso, si può constatare un leggero effetto narcotico (nausea, cefalee). Per la presenza di cumarine si consiglia attenzione alla contemporanea assunzione di anticoagulanti (possibile potenziamento d’azione), così come all’assunzione di salicilati. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle parti aeree essiccate, intere o frammentate, di M. officinalis (L.) Lam., contenenti al minimo 0,3% di cumarina. Forme farmaceutiche e posologia La Commissione E del BfArM consiglia una dose giornaliera di 3-30 mg di cumarina (per os). 467

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Infuso: 1-2 cucchiai per tazza d’acqua bollente; infuso per 5 minuti; 3 o 4 tazze al giorno. Polvere: 100-200 g per cps. Estratto Secco (titolato in cumarine totali minimo 20%, Farmacopea francese): 1 cps 2 volte al dì, assumere lontano dai pasti. Melilotus officinalis T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte aerea fresca (titolo 65°). Formulario Emorroidi Melilotus o. T.M. Ruscus a. T.M. Aesculus h. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì Insufficienza veno-linfatica Aesculus h. T.M. 40 ml Melilotus o. T.M. 20 ml in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì, cicli di 2 mesi e 1 di pausa Insonnia e forme ansiose Melilotus o. T.M. Passiflora i. T.M. Melissa o. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì, in caso di forme ansiose 30 gocce diluite in acqua, nel tardo pomeriggio e 50 gocce prima di coricarsi in caso di insonnia Insonnia Eschscholtzia c. T.M. Melilotus o. T.M. Lotus c. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, alle 18 e 50 gocce prima di coricarsi Cellulite Melilotus o. T.M. Hieracium p. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce 3 volte al dì, diluire in un bicchiere di acqua. Per 20 giorni Gocce diuretiche Melilotus o. T.M. Hieracium p. T.M. Orthosiphon s. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì. Per 20 giorni Menopausa (vampate di calore) (Bergeret-Tétau) Melilotus officinalis T.M. S/50 gocce 2 volte al dì, diluire in poca acqua 468

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Curiosità • La storia dell’introduzione della cumarina ebbe inizio dall’osservazione di una sindrome emorragica nel bestiame che aveva ingerito trifoglio e meliloto avariato. Tale sindrome era associata a una diminuzione dei livelli plasmatici di protrombina. Nel 1941 Link, direttore del laboratorio all’Istituto di Medicina Veterinaria di Madison, nel Wisconsin, dimostrò che la malattia emorragica che aveva colpito il bestiame era causata da un composto di tipo cumarinico presente nel foraggio avariato. Scrive Marco Moia: «Le ricerche portano a capire che la causa di quelle emorragie non è una malattia contagiosa, virale o batterica, ma una sostanza chimica contenuta nel foraggio. La malattia verrà chiamata “sweet clover disease”. I bovini, durante l’inverno, vengono alimentati con un foraggio conservato, ricco di “trifoglio odoroso”. Questo trifoglio, fermentando, produce grandi quantità di una sostanza chimica, chiamata poi dicumarolo: il veleno che rende incoagulabile il sangue e causa le emorragie irrefrenabili. Ci vogliono però quasi 6 anni perché Link e colleghi riescano a cristallizzare la sostanza anticoagulante, il dicumarolo. Di circa 150 molecole ad azione anticoagulante, ne viene selezionata una particolarmente attiva, chiamata warfarin. Il nome nasce dalle iniziali della fondazione che finanzia le ricerche, la Wisconsin Alumni Research Foundation… Si scopre anche un antidoto efficace per neutralizzare l’effetto del warfarin in caso di necessità. È una sostanza chiamata vitamina K (da “Koagulation”) scoperta alla fine degli anni ’20 da un ricercatore danese, Henrik Dam». Questa preziosissima molecola verrà però inizialmente utilizzata come topicida in quanto si riteneva il warfarin troppo tossico per l’uso nell’uomo. «Questo timore dura fino a che un marinaio assume un’ingente quantità di topicida a scopo suicidario. Un po’ di vitamina K e il marinaio riesce a salvarsi. Il fatto rimette in discussione il possibile uso del warfarin come farmaco […]». Sarà un illustre personaggio a dare il via all’impiego del warfarin in terapia. Nel 1953 «il presidente degli Stati Uniti, Dwight D. Eisenhower ha una trombosi coronarica. Eroe di guerra, uomo di pochi dubbi e di molte, rapide decisioni, vuole il farmaco più potente al momento disponibile, il warfarin. Non si lascia certo intimorire da un veleno per topi. La terapia ha successo, tanto che Ike verrà rieletto per un secondo mandato presidenziale». Inizia così la strada del warfarin come valida terapia anticoagulante (M. Moia, 2003)7. Note bibliografiche 1 Refit, op. cit., p. 275. 2 Rombi M., op. cit., pp. 181-182. 3 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 315. 4 Frohne D. et al., op. cit., p. 185. 5 Leclerc H., Précis de phytothérapie, op. cit., p. 221. 6 Wichtl M. et al., op. cit., p. 327. 7 www.formazione.eu.com.

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Melissa officinalis L.

Nome comune: Melissa Francese: Mélisse officinale Inglese: Lemon Balm Tedesco: Zitronenmelisse; Melisse Spagnolo: Toronjil; Melisa Famiglia: Lamiaceae Parte utilizzata: foglia Costituenti principali: – olio essenziale (0,05-0,4%): citronellale (30-40%), geraniale e nerale (10-30%) – acidi fenoli e derivati(fino al 7%): acido rosmarinico, acido caffeico e clorogenico – flavonoidi (glucosil-7-apigenina e glucosil7-luteolina); tannini Attività principali: sedativa del sistema nervoso, spasmolitica; stomachica e carminativa; coleretica Impiego terapeutico: manifestazioni dolorose di origine nervosa: palpitazioni, cefalea, spasmi gastrointestinali, vomito ecc.; stati di ansia accompagnati da irrequietezza e irritabilità; insonnia; psicastenia; distonia neurovegetativa; stati di tensione nervosa premestruale; dispepsia, aerofagia, flatulenza

Utilizzo medico Le foglie di Melissa sono tradizionalmente impiegate per curare gli stati di ansia accompagnati da irrequietezza e irritabilità, disturbi della sfera digestiva, palpitazioni, cefalea ecc. Trovano indicazione anche nel trattamento delle turbe minori del sonno. È in particolare all’olio essenziale (O.E.), principale componente del fitocomplesso, che si devono le proprietà terapeutiche, antispasmodiche e sedative, della pianta. La Melissa possiede un’azione tranquillizzante, antispasmodica e carminativa, tanto da essere definita una pianta «nervina a tendenza carminativa» (Weiss). Il suo uso è particolarmente indicato nella cosiddetta “nevrosi gastrica”, cioè nei disturbi gastrici di origine psicosomatica, o anche quando sia presente un quadro di irritabilità generale, difficoltà all’addormentamento e tachicardia su base funzionale. Come si può ben comprendere è un ottimo rimedio di nevrosi, e proprio per le sue qualità terapeutiche risulta particolarmente utile la prescrizione nei soggetti in sovrappeso con tendenze bulimiche e nelle forme di somatizzazione a livello gastrico. Una conferma indiretta dell’efficacia della pianta può venire da uno studio pubblicato nel quale si evidenzia che «un estratto della droga ha protetto i ratti dalle ulcere gastriche indotte dall’indometacina, diminuendo la secrezione gastrica, aumentando la produzione di mucina, aumentando il rilascio della prostaglandina E2 e diminuendo quello dei leucotrieni»1. Commissione E del BfArM, European Scientific Cooperative on Phytotherapie (ESCOP) e Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) ne riconoscono l’uso (per os) per alleviare gli spasmi gastrointestinali. La Melissa rientra, insieme a camomilla e finocchio, verbena ecc., nella composizione di tisane utilizzate per trattare le coliche infantili2. La pianta, inoltre, risulta essere un valido stomachico-aromatico e la si può utilizzare come 470

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carminativo e spasmolitico nelle forme dispeptiche (nausea, flatulenza ecc.). Risulta efficace nel trattamento del vomito gravidico. La melissa favorisce la secrezione della bile e sembra che un uso continuato contribuisca a diminuire la colesterolemia. L’attività antispasmodica rende la pianta interessante anche nel trattamento delle forme algiche (odontalgia, otalgia, cefalea, dolori gastrointestinali, dismenorrea ecc.): in saggi su cavia la melissa ha dimostrato di ridurre la sensibilità al dolore3. L’azione sedativa si manifesta anche a carico dell’apparato cardiovascolare ove esercita azione ipotensiva e bradicardizzante. Nella pratica clinica il suo uso risulta, pertanto, particolarmente interessante nel trattamento della cosiddetta distonia neurovegetativa caratterizzata da somatizzazione di tipo cardiaco e gastrointestinale. Recenti studi hanno evidenziato che gli estratti di Melissa sono in grado di influenzare l’attività recettoriale colinergica e di conseguenza potrebbero risultare efficaci nel migliorare i processi mnemonici4 e i deficit cognitivi connessi con la malattia di Alzheimer5. Ad analoghe conclusioni è giunto uno studio clinico pubblicato dal J. Neurol. Neurosurg. Psychiatry6 (2003) in cui gli autori affermano che la pianta sarebbe in grado di determinare risultati significativamente migliori sulle funzioni cognitive rispetto al placebo e che pertanto può essere impiegata nelle forme di gravità lieve o media nel paziente affetto da morbo di Alzheimer in quanto la sua somministrazione ha un effetto positivo sullo stato di agitazione dei pazienti. L’olio essenziale ottenuto dalla melissa è stato impiegato per uso esterno in pazienti affetti da demenza grave complicata da agitazione psicomotoria7: “Il trattamento attivo o placebo venne combinato con una lozione di base applicata sulla fronte e sulle braccia due volte al giorno per 4 settimane. Non sono stati osservati effetti collaterali importanti e circa il 60% dei pazienti trattati (rispetto al 14% del gruppo placebo) ha manifestato un complessivo miglioramento dell’agitazione (valutata tramite CohenMansfield Agitation Inventory [CMAI]); è stato riscontrato anche un miglioramento negli indici di qualità della vita (misurati con Dementia Care Mapping [DCM]). Gli autori concludono sottolineando l’efficacia e la sicurezza del trattamento”8. Capasso e coll., fanno notare che «i principali monoterpeni identificati nell’olio essenziale, ovvero il gerianale e il nerale, sono deboli inibitori delle colinesterasi»9. Commissione E del BfArM ed ESCOP riconoscono l’uso della melissa per alleviare insonnia e sati di ansia e agitazione. Secondo Weiss, l’attività sedativa si situa a livello del sistema limbico10. Nell’uso tradizionale la Melissa viene spesso associata alla Valeriana officinalis per trattare forme lievi di insonnia: alcuni recenti studi11 hanno confermato tale indicazione. Un interessante studio aperto (senza placebo) che ha visto coinvolti 918 bambini (età inferiore ai 12 anni) ha segnalato che la combinazione di queste due piante risulterebbe efficace nel trattare le turbe del sonno di origine nervosa in età pediatrica12. Per quanto riguarda l’efficacia nel trattamento dei disturbi del sonno, Mortier ha segnalato che l’estratto idroalcolico della pianta intera potenzia il sonno a una dose di 3,125 mg/kg nella cavia mentre alla dose di 100 mg/kg non si registra più alcun effetto: per avere un effetto terapeutico conviene, pertanto, definire una posologia media appropriata13. È opportuno vagliare la funzionalità tiroidea prima della prescrizione di preparati a base di melissa. È stato segnalato infatti il rischio di un’attività antitiroidea sostenuta da un’azione inibitoria a livello ipofisario sulla secrezione di TSH, probabilmente a opera dell’acido rosmarinico, o meglio dei prodotti di ossidazione degli acidi fenoli. La somministrazione acuta di estratto di melissa (estratto acquoso) in cavia ha determinato la riduzione della concentrazione di TSH nel siero e a livello ipofisario. 471

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La blanda attività antitireotropica della melissa potrebbe essere dovuta ai composti fenolici in grado di combinarsi con le proteine del TSH formando un complesso che manifesta una ridotta capacità di legarsi al recettore del TSH14. Uso esterno L’O.E. manifesta proprietà antibatteriche, antifungine e antivirali. Sono state segnalate anche proprietà antiossidanti15. Risultati interessanti sono stati segnalati nell’uomo nel trattamento topico dell’Herpes simplex labiale16. A conferma di ciò, uno studio clinico condotto su 66 pazienti affetti da Herpes simplex labialis ricorrente ha evidenziato che il trattamento topico con una crema a base di Melissa riduce l’intensità dei sintomi e abbrevia il periodo della malattia17. Un altro saggio clinico effettuato in 115 pazienti con pomata a base di estratto di melissa nel trattamento dell’Herpes simplex ha contribuito a diminuire il tempo di malattia e a ridurre notevolmente il numero delle recidive18. ESCOP e la Commissione E del BfArM hanno confermato l’uso topico della melissa nel trattamento dell’Herpes labialis (HSV-1). Sembra che estratti oppure l’O.E. di melissa possano avere una certa efficacia anche in caso di Herpes genitale (HSV-2). Prove in vitro dimostrano che un estratto idroalcolico di Melissa è in grado di ridurre l’effetto citopatico del HSV-2. Il test di laboratorio inoltre ha segnalato che l’estratto non impedisce l’ingresso di HSV-2 nelle cellule, suggerendo così un meccanismo di azione successivo alla penetrazione del virus nella cellula. L’estratto è risultato contenere buone concentrazioni di acido cinnamico e suoi derivati, soprattutto acido rosmarinico. Si ipotizza che gli acidi-fenoli e i loro derivati interagiscano con le proteine virali19. Grazie a tali risultati che supportano l’uso della melissa per il trattamento delle lesioni da Herpes simplex, i ricercatori auspicano che possa essere attuata anche una adeguata sperimentazione clinica di questa pianta medicinale20. Studi di laboratorio hanno evidenziato un potenziale antagonismo nei confronti del HIV virus mediato dall’inibizione della transcriptasi inversa e una diminuzione della carica virale (fase precoce)21. L’essenza di melissa si usa anche in frizioni nelle nevralgie, nella cefalea e nell’emicrania. Studi in vitro hanno dimostrato l’azione inibitrice dell’O.E. nei confronti di batteri patogeni presenti nella cavità orale22. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Rientra tra le piante classificate come GRAS-Substances Generally Recognized As Safe (FDA U.S. Food and Drug Administration). «Gli effetti secondari dovuti all’uso di questa droga sono trascurabili.23» Se ne sconsiglia comunque l’impiego, per i supposti effetti di antagonismo nei confronti dell’ormone TSH, in pazienti affetti da ipotiroidismo e nei soggetti in trattamento con ormoni tiroidei a causa della possibile interferenza con la loro azione24. Queste attività si manifestano, ovviamente, per dosaggi elevati e prolungati nel tempo. Pazienti affetti da glaucoma devono evitare, a scopo precauzionale, l’assunzione dell’olio essenziale in quanto nel modello animale ha provocato il rialzamento della pressione intraoculare: si tratta peraltro di un’unica segnalazione parecchio datata25. L’assunzione di 2 g di olio essenziale provoca torpore e sonno con rallentamento della respirazione, diminuzione del ritmo cardiaco e abbassamento della pressione arteriosa. L’EMEA (European Agency for the Evaluation of Medicinal Products) sconsiglia l’impiego della pianta in gravidanza, allattamento e nei bambini con età inferiore ai 12 anni. Bruneton J., segnala peraltro che non ci sono dati relativi alla tossicità acuta o cronica della pianta e che la tintura non è genotossica26. Secondo Mills e Bone la 472

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pianta è compatibile con l’allattamento e la gravidanza. Anche per quanto riguarda l’impiego nei bambini affermano che non si hanno informazioni in tal senso, ma che non sono da attendersi effetti avversi27. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla foglia essiccata di Melissa officinalis L. contenente non meno dell’1% di acido rosmarinico. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1,5-4 g di foglie per tazza d’acqua molto calda (non bollente), infusione di 5 minuti; 1-3 tazze al giorno. Succo di pianta fresca: 1 cucchiaio da minestra 3 volte al dì. Acqua di Melissa: 6 cucchiai da minestra al giorno. Polvere: 100-200 mg per cps. Estratto secco (nebulizzato e titolato in acido rosmarinico min. 2%, Farmacopea Francese X): 300-600 mg/die, suddiviso in due dosaggi. Estratto Fluido: 2-4 ml, 1-3 volte al dì. Melissa officinalis T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica Si consiglia di impiegare la droga non più vecchia di sei mesi a causa della possibile perdita dell’olio essenziale. La migliore estrazione sembra essere quella idroalcolica. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte aerea fresca raccolta prima della fioritura (titolo 65°). Formulario Disappetenza Melissa o. T.M. Angelica a. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, prima dei pasti principali Tosse Melissa T.M. Altea o. T.M. Viola o. T.M. ana parti in flacone unico S/20 gocce, diluite in acqua, 3-4 volte al dì Insonnia iniziale (ansia e somatizzazione gastrointestinale) Matricaria r. T.M. Melissa o. T.M. Eschscholtzia c. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, alle 18, 50 gocce prima di coricarsi; oppure 30 gocce 2-3 volte al dì Insonnia e ansia Valeriana T.M. Melissa T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, nel tardo pomeriggio e 30-50 gocce prima di coricarsi 473

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oppure: Valeriana o. Melissa o. Sciroppo F.U. S/a cucchiaini durante il giorno

T.M T.M. aa10 ml q.b. a 100 ml

Insonnia e agitazione. Tosse Passiflora i. Melissa o. Sciroppo F.U. S/a cucchiaini durante il giorno

T.M. T.M. ana parti in flacone unico q.b. a 100 ml

Dispepsia e gastralgia Zenzero Camomilla comune Melissa S/1 cps prima dei pasti principali

E.S. 100 mg E.S. 100 mg E.S. 100 mg per cps

Dispepsia e gastralgia Melissa sommità Camomilla comune fiori aa 40 g Liquirizia rad. 20 g S/un cucchiaio raso della miscela per tazza d’acqua bollente; lasciare in infusione per 10 minuti, filtrare e bere una tazza 2-3 volte al dì Dispepsia e cefalea Melissa o. T.M. Fumaria o. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Tisana per esaurimento nervoso Fol. menthae pip. Fol. melissae ana 30 g S/2 cucchiaini da caffè per tazza d’acqua molto calda; infuso per 15 minuti; parecchie tazze al giorno Associazione standardizzata di Passiflora, Valeriana, Melissa (Commissione E del BfArM) Passiflorae herba t. t. 40% Valerianae radix t. t. 40% Melissae folium t. t. 20% S/infuso al 5%, una tazza nel tardo pomeriggio e una prima di coricarsi Associazione standardizzata (Commissione E del BfArM) Valerianae radix t. t. Lupuli strobulus t. t. Melissae folium t. t. S/Infuso al 5%; una tazza prima di coricarsi 474

40% 30% 30%

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Specie composta per Tisana alla Melissa F.U.. IX Melissae folium t.t. 15% Valerianae radix t.t. 25% Menthae piperitae folium t.t. 25% Lupuli strobulus t.t. 35% S/Infuso al 5%; una tazza da una a 3 volte nella giornata (Ansia) Curiosità • «Fu dapprima introdotta in medicina come rimedio moralmente esilarante e confortatore dei nervi. Galeno, Paracelso, Boerhaave la consigliavano nella mania e nelle vesanie, malattie che venivano attribuite a diffetto di energia cerebrale. Scriveva Serapio che allevia le inquietudini e tristezze del cervello e principalmente quelle prodotte da umori melanconici – Avicenna che rallegra il cuore e fortifica gli spiriti vitali – Dioscoride che disostruisce i condotti cerebrali e caccia la tetraggine prodotta dall’inspessimento del fluido nervoso […]» (Scotti, 1872). • L’Alcolato di Melissa, inventato dai Carmelitani Scalzi di Rue De Vaugirard a Parigi nel 1611, era per le sue proprietà antispasmodiche un rimedio popolare a cui facevano ricorso tutte le classi sociali nei momenti critici della loro vita (dal mal di denti, alle sincopi, alle crisi di nervi ecc.). • È ancora in voga l’uso di utilizzare infusi di melissa in quanto gradevoli, rinfrescanti e diaforetici in caso di influenza, febbre e raffreddore. Attualmente conosciamo l’attività antivirale della pianta che ne giustifica ampiamente l’uso. • Il citronellale conferisce alla melissa un aroma gradevole e il sapore del limone. Non a caso la pianta è conosciuta anche come erba limoncina. Note bibliografiche 1 Monti L, 2002, Minireviews, Piante medicinali, 1, 5, 277; Khayyal MT, El-Ghazaly MA et al., 2001, Antiulcerogenic effect of some gastrointestinally acting plant extracts and their combination. Arzneimittelforschung. 51(7):545-53. 2 Savino F, Cresi F et al., 2005, A randomized double-blind placebo-controlled trial of a standardized extract of Matricariae recutita, Foeniculum vulgare and Melissa officinalis (ColiMil) in the treatment of breastfed colicky infants. Phytother Res. 19(4):335-40; Weizman Z, Alkrinawi S et al., 1993, Efficacy of herbal tea preparation in infantile colic. J Pediatr. 122(4):650-2. 3 Guginski G, Luiz AP, Silva MD, 2009, Mechanisms involved in the antinociception caused by ethanolic extract obtained from the leaves of Melissa officinalis (lemon balm) in mice. Pharmacol Biochem Behav. 93(1):10-6. 4 Wake G et al., 2000, CNS acetylcholine receptor activity in European medicinal plants traditionally used to improve failing memory. J Ethnopharmacol. 69: 105-114; Perry E. et al., 1999, Medicinal plants and Alzheimer’s disease: from ethnobotany to phytotherapy. J Pharm Pharmacol. 51:527-534. 5 Kennedy D.O. et al., 2002, Modulation of mood and cognitive performance following acute administration of Melissa officinalis, Pharmacol. Biochem. Behav. 72(4):953-64. 6 Akhondzadeh S, Noroozian M et al., 2003, Melissa officinalis extract in the treatment of patients with mild to moderate Alzheimer’s disease: a double blind, randomised, placebo controlled trial. J Neurol Neurosurg Psychiatry. 74(7):863-6. 7 Ballard CG, O’Brien JT et al., 2002, Aromatherapy as a safe and effective treatment for the management of agitation in severe dementia: the results of a double-blind, placebo-controlled trial with Melissa. J Clin Psychiatry. 63(7):553-8. 8 Campanini E., Biondo S., 2011, Terapie complementari in geriatria, Tecniche Nuove, Milano. 9 Capasso F. et al., 2006, Fitoterapia, p. 366.

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Weiss RF, Herbal Medicine. Beaconsfield Publishers Ltd., 1988. Kennedy DO, Little W et al., 2006, Anxiolytic effects of a combination of Melissa officinalis and Valeriana officinalis during laboratory induced stress. Phytother Res. 20(2):96-102. 12 Muller SF, Klement S., 2006, A combination of valerian and lemon balm is effective in the treatment of restlessness and dyssomnia in children. Phytomedicine. 13(6):383-7. 13 Mortier F., 1990, «Communication au Congrès d’Ethnopharmacologie de Metz 1990», in Revue de Phytothérapie Pratique, 2, 20. 14 Mills S., Bone, K. op. cit., p. 496. 15 Canadanovic-Brunet J, Cetkovic G et al., 2008, Radical scavenging, antibacterial and antiproliferative activilties of Melissa officinalis L. extracts. Jour. Med. Food, 11(1): 133-143. 16 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 430. 17 Koytchev R., Alken R.G., Dundarov S., 1999, Balm mint extract (Lo-701) for topical treatment of recurring herpes labialis, Phytomedicine, 6, 225-230. 18 Schnitzler P, Schuhmacher A et al., 2008, Melissa officinalis oil affects infectivity of enveloped herpesviruses. Phytomedicine. 15(9):734-40; Wolbling R.H. et al., 1984, Wirkstoffes Ther, 34, 1193-1200. 19 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 629. 20 Mazzanti G, Battinelli L et al., 2008, Inhibitory activity of Melissa officinalis L. extract on Herpes simplex virus type 2 replication. Nat Prod Res. 22(16):1433-40. 21 Yamasaki K., Nakano M. et al., 1998, Anti-HIV-1 activity of herbs in Labiatae, Biol. Pharm. Bull., 21, 829-833; Geuenich S, Goffinet C et al., 2008, Aqueous extracts from peppermint, sage and lemon balm leaves display potent anti-HIV-1 activity by increasing the virion density. Retrovirology. 20;5:27. 22 Babpour E, Angaji A, Angaji SM., 2009, Antimicrobial effects of four medicinal plants on dental plaque. Journal of Medicinal Plants Research. vol. 3 (3, 132-137; Mimica-Dukic N, Bozin B et al., 2004, Antimicrobial and antioxidant activities of Melissa officinalis L. (Lamiaceae) essential oil. J Agric Food Chem. 5;52(9):2485-9. 23 Capasso F., 2011, op. cit., p. 160. 24 Santini F, Vitti P et al., 2003, In vitro assay of thyroid disruptors affecting TSH-stimulated adenylate cyclase activity. J Endocrinol Invest. 26(10):950-5. 25 Leach E.H., Lloyd J.P.F., 1956, Experimental ocular hypertension in animals, Trans Ophthalm Soc UK, 76:453-60. 26 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 631. 27 Mills S., Bone K., op. cit., pp. 495-7. 10 11

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Nome comune: Menta Francese: Menthe poivrée Inglese: Peppermint Tedesco: Pfefferminze Spagnolo: Menta piperina Famiglia: Lamiaceae (ex Labiatae) Parte utilizzata: foglie Costituenti principali: – olio essenziale* (0,5-4%)1: mentolo(42%), esteri di mentolo (mentone (15-25%), acetato di mentile, mento furano, isomentone, mentofurano (1-2%)**, pulegone***, neomentolo, piperitone, carburi… – 6-12% tannini, sostanze amare – flavonoidi: eriocitroside, e glucosidi del luteolo, apigenina, diosmetolo e flavoni tri- e tetra-metossilati lipofili ecc. – triterpeni (acido ursolico e oleanolico), carotenoidi, acido rosmarinico e acidi-fenoli (fino al 7%) * la composizione varia molto secondo l’origine, la specie e la coltivazione ** la concentrazione in mentofurano determina il sapore della droga *** il pulegone, presente nelle giovani foglie, scompare rapidamente Attività principali: azione spasmolitica (> muscolatura liscia canale digerente); analgesica carminativa e coleretica; antisettica e antinfiammatoria Impiego terapeutico: disturbi gastrointestinali e delle vie biliari; flogosi vie aeree superiori

Utilizzo medico Numerose sono le specie di Mentha: “Le specie e varietà di mente selvatiche sono estremamente numerose, si ibridano facilmente, da qui la complicazione della loro classificazione. Sono repertorizzate circa 20 specie di Mentha e danno nascita a ibridi che si differenziano secondo il numero dei cromosomi. Nei nomi botanici, questi ibridi sono indicati dal segno ‘x’ che precede l’epiteto, come Mentha x piperita. Gli ibridi si distinguono difficilmente tra di loro e si suddividono in sottospecie, varietà, razze e forme. In totale il numero di specie, di varietà e forme conosciute è stimato a circa 600. Da sola la menta piperita comprende un centinaio di tipi differenti”2. L’assunzione di menta piperita come tisana determina secondo la Commissione E del BfArM, l’OMS e l’ESCOP molteplici effetti terapeutici: allevia gli spasmi gastrointestinali e delle vie biliari ed è utile in caso di turbe digestive minori (dispepsia), sindrome dell’intestino irritabile e nei sintomi da raffreddamento. Queste organizzazioni riconoscono anche l’uso esterno dell’olio essenziale di menta piperita per alleviare cefalea, raffreddore, alcune eruzioni cutanee e dolori muscolari, reumatici o nevralgici. Il costituente chimico che caratterizza questa famiglia è il mentolo, presente nell’olio essenziale, e la menta piperita ne contiene una quantità maggiore rispetto a tutte le altre specie: le piante simili a essa che crescono allo stato selvatico (ad esempio men477

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ta acquatica, menta dalle foglie ricce) sono decisamente inferiori per quanto riguarda aroma, sapore e contenuto di olio essenziale3. La foglie di menta piperita sono da sempre usate come rimedio nei disturbi dell’apparato gastrointestinale per le proprietà stomachiche, coleretiche, antispasmodiche e analgesizzanti. A ciò si aggiunge un’azione di stimolo generale a carico del sistema nervoso che determina un’attività corroborante. La menta piperita pertanto aggiunge alla sua azione antispasmodica quella tonica, usando le parole del grande medico fitoterapeuta francese Henry Leclerc, in virtù della quale «fortifica tutto il sistema nervoso, dando il vigore agli uni per muoversi, l’acutezza agli altri per sentire ma non soffrire»4. Della Loggia e Tubaro (Università di Trieste) hanno indagato l’effetto neurotropo e l’attività diuretica nell’animale. Gli autori si sono avvalsi dell’estratto secco acquoso (11,9 g di estratto a partire da 50 g di foglie) contenente 3,3% di flavonoidi, 18,4% di tannini e 1,2% di olio essenziale di cui lo 0,3% di mentolo. L’attività diuretica della Menta è stata giudicata debole; in più, alla dose di 1000 mg/kg si nota oliguria a testimonianza di una probabile nefrotossicità della pianta (ciò è stato verificato anche per altri diuretici). L’effetto sedativo era già stato segnalato per l’olio essenziale di Menta ma a dosaggi 500-2000 volte superiori a quelli normalmente impiegati. La Menta alla dose di 1000 mg/kg manifesta un effetto sedativo bifasico, effetto stimolante seguito da depressione. Sembra che siano l’odore e il gusto all’origine dell’effetto neurostimolante perché, dopo escrezione respiratoria della frazione volatile, inizia un’attività neurodepressiva. Alla dose di 300 mg/kg l’effetto eccitante è ridotto ed è la neurosedazione che predomina. La Menta, in effetti, produce nella batteria di test verificati con benzodiazepina un’azione sedativa incontestabile. Gli autori ritengono che, anche se risulta difficoltoso rapportare all’uomo ciò che è stato trovato nell’animale (posologia), la Menta possa manifestare un’azione sedativa anche nell’uomo. Occorre tuttavia prestare attenzione alla nefrotossicità delle dosi elevate e protratte nel tempo5. Alle foglie di menta piperita sono attribuite proprietà tonico-eupeptiche, carminative che rendono particolarmente utile la pianta in caso di atonia del tubo digerente, specialmente se viene associata ad altre piante medicinali che ne condividono le proprietà (Melissa, Carvi, Finocchio, Camomilla ecc.): è in grado infatti di ridurre il tono dello sfintere esofageo e di facilitare, fra l’altro, l’eruttazione6. La pianta è usata anche per combattere la nausea, in particolare quella che dipende da discinesia delle vie biliari, quella della gravidanza e post-chirurgica. La menta piperita deve le sue proprietà farmacologiche e terapeutiche principalmente all’olio essenziale. Recenti studi clinici testimoniano la capacità dell’olio essenziale di menta piperita nell’alleviare i sintomi, in particolare la componente dolorosa, in caso di intestino irritabile7. Una interessante segnalazione indica nell’olio essenziale un medicamento da utilizzare per limitare gli spasmi durante le endoscopie8. Le foglie di menta piperita sono indicate pertanto per trattare «i dolori colici nella regione gastrointestinale, nella cistifellea o nel tratto biliare»9. L’olio essenziale esercita in vitro azione rilassante sulla muscolatura liscia (mentolo) e nella cavia elimina lo spasmo, provocato da morfina, a livello dello sfintere di Oddi. Sembra che l’azione di rilasciamento della muscolatura liscia del tratto digestivo sia la conseguenza della riduzione di influsso del calcio extracellulare10. Nel corso degli anni sono stati pubblicati svariati studi clinici che hanno indagato e confermato le proprietà terapeutiche della pianta a livello dell’apparato digerente11. Una metanalisi pubblicata nel 2008 ha confermato l’efficacia dell’olio essenziale di menta nell’alleviare la sintomatologia dolorosa in caso di intestino irritabile12. La monografia ESCOP indica, per l’olio essenziale, queste posologie: «Disturbi digestivi: 0,02-0,08 ml (1-4 gocce) fino a 3 volte al 478

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giorno in preparati acquosi diluiti […] o come gocce su una zolletta di zucchero. Per la sindrome del colon irritabile: 0,2- 0,4 ml 3 volte al giorno in capsule gastroresistenti». L’olio essenziale presenta una ridotta valenza antimicrobica che però viene controbilanciata da interessanti proprietà immunomodulanti e antinfiammatorie13. L’olio essenziale viene impiegato, infatti, nelle flogosi delle vie aeree superiori: vaporizzazioni di olio essenziale, aspirate attraverso le narici, avendo l’avvertenza di chiudere gli occhi per evitare irritazione congiuntivale, possono risolvere alcuni stati infiammatori dei seni frontali, ma possono risultare utili anche come antisettico bronchiale. A questo proposito si ricorda che l’infuso viene consigliato quale calmante della tosse ed espettorante nei postumi di bronchiti influenzali. La Menta deve le sue proprietà farmacologiche e terapeutiche principalmente all’olio essenziale, ma anche (e soprattutto) alla sinergia del fitocomplesso. Uso esterno L’olio essenziale rientra nelle preparazioni per l’igiene della bocca, degli antalgici dell’orofaringe, e dei composti addolcenti e antipruriginosi per le affezioni dermatologiche; piccole quantità frizionate sulle tempie manifestano azione anticefalgica, in altre parti interessate hanno effetto antireumatico e rilassante della muscolatura14. Sembra che l’applicazione topica (a livello delle tempie) di una soluzione alcolica contenente il 10% di olio essenziale di menta piperita sia efficace come una dose di 1g di paracetamolo per alleviare il mal di testa da tensione nervosa15. Camporese segnala che «la discreta azione antimicotica rende utile quest’olio essenziale come coadiuvante nelle malattie cutanee da funghi, in associazione sinergica con altri oli essenziali più spiccatamente antimicotici, per la sua capacità di ridurre il prurito e l’infiammazione»16. Il mentolo, o l’olio essenziale ricco in mentolo, se applicato sulla pelle e sulle mucose determina un senso di freddo localizzato e anestesia locale più o meno marcata. L’azione anestetica locale sarebbe dovuta al blocco dei canali del calcio17. La monografia ESCOP indica, per l’olio essenziale, queste posologie: «In preparati liquidi o semi-solidi come anestetico o antipruriginoso (equivalente a 0,1-1,0% m/m di mentolo) o come controirritante e analgesico (equivalente a 1,25-16 % m/m di mentolo) massaggiato sulla zona affetta». Tossicità, interazioni ed effetti secondari Ai dosaggi usuali, la consumazione delle parti aeree di menta piperita, come condimento o in tisana, non sembra presentare alcun rischio di tossicità, né acuta né cronica18. Rientra tra le piante classificate come GRAS - Substances Generally Recognized As Safe (FDA U.S. Food and Drug Administration). Le avvertenze riguardano principalmente l’impiego dell’olio essenziale. La somministrazione terapeutica di Menta (foglie) può provocare in soggetti normali e portatori di ulcera gastro-duodenale ed ernia iatale aumento della secrezione gastrica, per cui è da sconsigliare. L’uso è controindicato pertanto in presenza di reflusso gastro-esofageo, di calcoli biliari e in soggetti con antecedenti nefritici. Viene segnalato inoltre che per la ricchezza in tannini del fitocomplesso l’uso continuativo non è adatto in caso di stipsi, anemia ferropriva e malnutrizione e che occorre prestare attenzione alle eventuali interazioni farmacologiche19. L’uso prolungato delle foglie di menta piperita può indurre insonnia. Evitare l’uso dell’olio essenziale in gravidanza in quanto mancano gli studi adeguati per confermarne la totale innocuità20. La monografia europea EMEA/HMPC racco479

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manda di non utilizzare la pianta prima dei 4 anni di età, in gravidanza e durante l’allattamento. Mills e Bone a questo proposito affermano che l’uso durante l’allattamento può essere fatto solo dietro prescrizione medica21. L’olio essenziale di menta piperita è controindicato in caso di calcolosi delle vie biliari, infiammazione della colecisti, malattie epatiche e in soggetti con antecedenti nefritici22. La sua ingestione può causare pirosi gastrica in soggetti affetti da reflusso gastro-esofageo. L’assunzione di dosaggi non adeguati di olio essenziale può provocare cefalea, bruciori di stomaco e bradicardia, tremori muscolari e atassia. A volte dopo l’assunzione si possono verificare reazioni allergiche (mentolo). Si ricorda inoltre che risulta irritante per mucose e cute e pertanto va sempre diluito prima dell’uso. Controindicata la somministrazione di oli essenziali a mentolo (Mentha piperita) nei soggetti affetti da favismo, con deficit di G6PD (glucosio 6 fosfato deidrogenasi)23. È bene evitare la somministrazione di mentolo, anche per via topica, nell’età pediatrica. «La dose letale (di mentolo) per l’uomo è stimata in 2 g e la semplice somministrazione di soluzioni per instillazioni nasale o altri prodotti a base di mentolo a bambini piccoli può scatenare uno spasmo fatale della glottide»24. Schultz riporta che l’ingestione di quantità eccessive di olio essenziale di menta piperita «è stata messa in relazione a nefriti interstiziali e grave insufficienza renale; si stima che per l’uomo la dose letale di mentolo sia grosso modo pari a 2-9 g. Non si sono notati effetti mutageni carcinogenici»25. L’olio essenziale di menta piperita aumenta in modo significativo la biodisponibilità orale di ciclosporina, un farmaco immunosoppressivo utilizzato nei casi di trapianto di organo26 e inibirebbe i principali enzimi del citocromo P450, che svolgono un ruolo nel metabolismo di molti farmaci.«Questa interazione è comunque teorica»27. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla foglia essiccata di Mentha x piperita L.: la foglia intera deve contenere non meno del 12 ml/kg di olio essenziale (9 ml/kg per la foglia tagliata). Con essa si prepara, con acqua o etanolo al 30-50%, un estratto secco titolato in acido rosmarinico > 0,5%. L’olio essenziale deve contenere: mentolo(30-55%), mentone (14-32%), acetato di mentile (2,8-10%), mento furano, isomentone (1,5-10%), mentofurano (1-9%)**, pulegone (non superiore al 4%), carvone, neomentolo, piperitone, cineolo (3,5-14%), limonene (1-5%) Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 3-6 g (foglia) ripartite nella giornata. Posologia media giornaliera (EMEA-HMPC): 4,5-9 g di foglie ripartite in 3 assunzioni (adulto); adolescente, 12-16 anni: 3-6 g/die (foglie); bambino, 4-12 anni: 3-5 g/die (foglie). Infuso: 1,5 g per tazza d’acqua bollente, lasciare in infusione per 15 minuti, filtrare e bere una tazza dopo i pasti principali. Eventualmente addolcire con miele. O.E.: 1-3 gocce dopo i pasti principali. Polvere: 0,25 per cps.: 1 cps dopo ciascun pasto. Estratto Fluido: 1-2 g o più pro dose (1 g = 43 gtt). Mentha x piperita T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). 480

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Formulario Alitosi Calendula o. T.M. Mentha p. T.M. Salvia o. T.M. ana parti in flacone unico S/come collutorio, 1 cucchiaino in una tazza di infuso di fiori di Lavandula o. Dispepsia e spasmi intestinali Mentha p. T.M. Melissa o. T.M. Passiflora i. T.M. ana parti in flacone unico S/35 gocce, diluite in acqua, dopo i pasti principali Discinesia vie biliari Fumaria o. T.M. 20 ml Mentha p. T.M. 15 ml Chamomilla r. T.M. 30 ml in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Specie composta per tisana all’Achillea F.U. IX Dispepsia gastrica Achilleae millefolii h. 30% Taraxaci radix cum herba 30% Curcumae longae rhizoma 20% Menthae piperitae fol. 20% S/infuso al 3%; una tazza di infuso dopo i pasti principali Specie composta per tisana all’Anice F.U. IX Anisi fructus contuso 20% Matricariae flos 20% Carvi fructus cont. 20% Menthae piperitae fol. 20% Foeniculi fructus cont. 20% S/infuso al 3%; una tazza di infuso dopo i pasti principali Specie lassativa composta alla Senna (F.U. IX) Sennae folium 60% Menthae p. folium 20% Matricariae flos 10% Foeniculi fruct. 10% S/Infuso all’8%; una tazza al dì Curiosità • Marziale chiamava la Menta ructatrix; Ippocrate e Aristotele la consideravano anafrodisiaca, mentre Mattioli la riteneva atta “ai giochi d’amore”. • Mentha, nome mitologico di una figlia di Cocito che Proserpina tramutò in quest’erba per vendetta degli amori con Plutone. • «Nel 1870 il giornale The Lancet riferiva che nella China l’olio essenziale di Menta, applicato con pennellino di cammello, calma prontamente i dolori nevralgici 481

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della faccia; e il dott. Wright ne verificò più volte mirabile, istantaneo vantaggio anche sui dolori podagrici. Instillato nel dente cariato a calmarne gli spasimi, era già di uso comune. Noi crediamo del resto che si possa in genere cavare molto profitto dalla virtù anestetica di quasi tutti gli olii essenziali» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 632. 2 Teuscher E. et al., op. cit., p. 306. 3 Schulz V., Hansel R., Tyler V.E., op. cit., p. 201. 4 Leclerc H., 1935, op. cit., p. 167. 5 Della Loggia R., Tubaro A., Lunder TL., 1990, Fitoterapia 3, 215-221; Goetz P., 1990, Revue de Phyothèrapie pratique 3, 13. 6 Capasso F., Grandolini G., 1999, Fitofarmacia, impiego razionale delle droghe vegetali, Milano, Springer, p. 177. 7 Pittler M.H., Ernst E., 1998, Peppermint oil for irritable bowel syndrome: a critical review and metanalysis, Am. J. Gastroenterol., 93,1131-35; Bruneton J., 2009, op. cit., p. 634. 8 Bruneton J., Phytothérapie, les données de l’évaluation, pp. 222-223; Asao T, Kuwano H et al., 2003, Spasmolytic effect of peppermint oil in barium during double-contrast barium enema compared with Buscopan. Clin Radiol. 58(4):301-305. 9 Schulz V., Hansel R., Tyler V.E., op. cit., p. 205. 10 Bruneton J., Phytothérapie…, op. cit., ibidem. 11 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 634; Mills S., Bone K., op. cit., p. 537. 12 Ford AC, Talley NJ et al., 2008, Effect of fibre, antispasmodics, and peppermint oil in the treatment of irritable bowel syndrome: systematic review and meta-analysis. BMJ. 13;337:a2313. 13 Camporese A., op. cit., p. 133. 14 Proserpio G. et al., op. cit., p. 506. 15 Gobel H, Fresenius J et al., 1996, Effectiveness of Oleum menthae piperitae and paracetamol in therapy of headache of the tension type. Nervenarzt. 67(8):672-81. 16 Camporese A., op. cit., p. 133. 17 Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 177. 18 Teuscher E. et al., 2005, p. 316. 19 Mills S., Bone K., ibidem. 20 Westfall RE., 2004, Use of anti-emetic herbs in pregnancy: women’s choices, and the question of safety and efficacy. Complement Ther Nurs Midwifery. 10(1):30-6. 21 Mills S., Bone K., op. cit., p. 537. 22 McKay DL, Blumberg JB, 2006, A review of the bioactivity and potential health benefits of peppermint tea (Mentha piperita L.). Phytother Res. 20(8):619-33. 23 Camporese A., ibidem. 24 Bruneton J., Plantes toxiques, végétaux,…., op. cit., p. 338. 25 Schulz V., Hansel R., Tyler V.E., op. cit., pp. 204-5. 26 Wacher VJ, Wong S, Wong HT., 2002, Peppermint oil enhances cyclosporine oral bioavailability in rats: comparison with D-alpha-tocopheryl poly(ethylene glycol 1000) succinate (TPGS) and ketoconazole. J Pharm Sci. 91:77-90. 27 Unger M, Frank A., 2004, Simultaneous determination of the inhibitory potency of herbal extracts on the activity of six major cytochrome P450 enzymes using liquid chromatography/ mass spectrometry and automated online extraction. Rapid Commun Mass Spectrom, 18:227381.

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Nome comune: Trifoglio fibrino Francese: Ményanthe; Trèfle des marais Inglese: Bogbean Tedesco: Fieberklee Spagnolo: Trébol de río Famiglia: Menyantaceae Parte utilizzata: foglie caulinari Costituenti principali: – sostanze fenoliche: acidi fenoli, scopoletolo, flavonoidi – fitosteroli; iridoidi: loganoside, menthiafolina, diidromenthiafolina – tannini (modeste quantità); triterpeni; cumarine ecc. Attività principali: antidispeptica; amaro-tonica Impiego terapeutico: disappetenza, dispepsia; cefalea post-prandiale

Utilizzo medico Si tratta di una tipica droga amara (simile alla Genziana), usata come tonico-stimolante della funzionalità gastrica. La secrezione del succo gastrico avviene prevalentemente grazie a un riflesso provocato dagli alimenti per cui i vasi della mucosa si inturgidiscono e il succo viene secreto soprattutto dalle ghiandole della mucosa: il vago-simpatico costituisce l’arco di questo riflesso, in cui il vago eccita e il simpatico inibisce. Questo sistema può essere alterato per eccesso o per difetto: in ambedue i casi si ha la dispepsia e occorre quindi una medicazione eupeptica la quale dovrà rispettivamente stimolare o moderare la secrezione. Si ritiene che gli effetti prodotti da questa pianta sui processi digestivi siano dovuti a un’azione equilibratrice neurovegetativa1: per questo motivo è considerato uno dei migliori rimedi nel trattamento di diverse forme di dispepsia, in particolare quelle che si riscontrano nei soggetti neurastenici. Il trifoglio stimola l’appetito, migliora i processi digestivi e risulta particolarmente utile nelle cefalee postprandiali e nelle emicranie che colpiscono i soggetti dispeptici. Tali attività possono essere attribuite anche a un’azione stimolante la funzionalità epatica, per la presenza di composti cinarinosimili. Alcuni autori indicano come valido l’impiego della pianta nelle cinetosi2: Bruneton J. segnala che la radice, che però non è stata oggetto di studi clinici, viene impiegata dalla medicina tradizionale svedese per trattare le glomerulonefriti: «la sperimentazione sul rene di cavia ischemizzato-riperfuso dimostra un effetto benefico del decotto che potrebbe agire per inibizione della biosintesi delle prostaglandine, del LTB4 e del PAF»3. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Come tutte le piante contenenti principi amari, può determinare disturbi gastrici da iperacidità. Dosaggi elevati possono provocare vomito, diarrea e nevralgie. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle foglie essiccate, intere o frammentate, di Menyanthes trifoliata L. 483

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Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 1,5-3 g della droga/die. Infuso: 1 g di droga per 100 ml di acqua bollente. Lasciare in infusione per 10 minuti, filtrare e bere mezz’ora prima dei pasti, sorseggiando. Menyanthes trifoliata T.M.: 20 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 45°). Formulario Pozione tonica (Corcos) Gentianae r. 25% Cinchonae cortex 25% Menyanthis folium 25% Equiseti herba 25% S/in 1 litro di vino Marsala; dopo infusione di 10 giorni, filtrare e assumere un bicchierino prima dei pasti principali Elisir amaro (Corcos) Auranti pericarpium 50 g Gentianae radix 20 g Menyanthidis fol. 10 g Rhei radix 20 g Calami rhizoma 20 g S/Far macerare in 1 litro di vino Marsala per 8 giorni, filtrare e assumere un bicchierino di Elisir prima dei pasti Dispepsia Menyanthes T.M. 20 ml Melissa T.M. 40 ml in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, dopo i pasti principali Curiosità • In passato era conosciuta come una panacea per tutti i mali, dall’asma ai pidocchi del capo. • «Merita di essere ricordato quanto ne dice Alston, cioè che il trifoglio fibrino guarisce bensì la gotta, ma che ciò non è sempre a vantaggio del malato. Si potrebbe fare un utilissimo libro sulle malattie che non conviene guarire» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1638. 2 Van Hellemont J., op. cit., p. 256. 3 Bruneton J., 2009, op. cit., pp. 723-734.

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Nome comune: Gelso nero Francese: Mûrier noir Inglese: Black mulberry Tedesco: Schwarze Maulbeere Spagnolo: Moral Famiglia: Moraceae Parte utilizzata: foglie; frutti Costituenti principali: Foglie – tannini, componenti volatili – sali minerali (calcio, fosforo, potassio, magnesio) Frutto – antociani, vitamina B1, B2 e C, carotene – zuccheri invertiti, acido nicotinico – acidi organici (malico, citrico), pectine, sali minerali Attività principali: rinfrescante, lassativa, espettorante; ipoglicemizzante astringente (uso esterno) Impiego terapeutico: tosse; flogosi delle mucose orofaringee (frutti); coadiuvante nelle forme diabetiche (foglie)

Utilizzo medico Le foglie, dotate di proprietà astringenti e antinfiammatorie, sarebbero caratterizzate da un’attività ipoglicemizzante, particolarmente manifesta in stato di iperglicemia. Dai pochissimi studi esistenti, infatti, emerge che l’abbassamento della glicemia a digiuno non raggiungerebbe valori superiori al 20%, mentre più netta sarebbe l’azione in stato di iperglicemia1. Mancano, comunque, ulteriori studi che confermino tali proprietà: non è noto, infatti, il meccanismo d’azione né quali siano i principi implicati. Da segnalare che le foglie di gelso vengono tradizionalmente usate nella medicina cinese per curare e prevenire il diabete. Esse manifestano anche una blanda attività diuretica, mentre la corteccia della radice è ritenuta tenifuga e purgativa2. I frutti, dal sapore dolce-acidulo e rinfrescante, sono ricchi in antociani e vitamine, servono a preparare uno sciroppo particolarmente dissetante e rinfrescante, impiegato come espettorante nella tosse e in collutorio e gargarismi nell’infiammazione delle mucose orofaringee (azione astringente). La presenza di un flavonoide, morusina, determinerebbe azione antalgica e sedativa. Scrive Proserpio: «I frutti maggiormente ricercati sono quelli della specie nigra con i quali si fanno sciroppi farmaceutici fortemente colorati, tali da essere impiegati come gradevoli veicoli colorati e coloranti che sono assai ben tollerati e accettati sul piano dell’innocuità dalle più severe legislazioni»3. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Porre attenzione all’impiego contemporaneo di farmaci antidiabetici (azione ipoglicemizzante della foglia). 485

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Forme farmaceutiche e posologia Estratto secco acquoso (1 p. = 5 p. circa di droga): 2-6 g o più al dì. Morus nigra T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì, prima dei pasti. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal frutto fresco (drupa) (titolo 65° a 1/20). Formulario Pillole ipoglicemizzanti (Benigni R., Capra C., Cattorini P.E.) Estratto secco acquoso Gelso nero Estratto secco acquoso Mirtillo rosso Estratto secco acquoso Galega o. Eccipiente q. b. per una pillola S/4-8 pillole pro die

0,03 g ana 0,05 g

Sciroppo «Di una certa quantità di more schiacciate si raccoglie il sugo, si filtra, si pone in casseruola sopra un fuoco dolce, insieme con il doppio del suo peso in zucchero, ridotto in piccoli frammenti; raggiunta la consistenza di sciroppo, si mette in bottiglie ben chiuse. Questo sciroppo è prezioso contro i raffreddori di petto e la diarrea; uccide anche i vermi intestinali, così frequenti nei bambini. Mescolato poi con acqua di orzo, è eccellente gargarismo nelle ulceri della gola» (G. Antonelli, 1941). Stomatite, afte, faringite Estratto acquoso di quercia 5g Sciroppo di more di gelso 40 g Miele rosato 60 g Acqua distillata q.b. a 500 g S/Come collutorio e per gargarismi Curiosità • Morus deriverebbe dal celtico mor = nero per allusione al colore dei frutti maturi. Le more di gelso erano utilizzate o come astringente o come lassativo a seconda dell’epoca di raccolta e del grado di maturità del frutto. • Il gelso nero, assieme quello bianco, era un tempo essenziale per l’allevamento del baco da seta. Note bibliografiche 1 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I, p. 644. 2 Dorvault F., op. cit., p. 1109. 3 Proserpio G. et al., op. cit., p. 508.

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Nome comune: Noce moscata Francese: Muscadier; Noix de muscade Inglese: Nutmeg tree; Nutmeg Tedesco: Muskatnussbaum: Muskat Spagnolo: Nuez moscada Famiglia: Miristicaceae Parte utilizzata: seme (privato del guscio e dell’arillo); e arillo (Macis)* * Macis: arillo o tegumento ricoprente il seme Costituenti principali: Seme o Noce moscata1: – olio essenziale (7-15%): idrocarburi mono terpenici (70-80%): sabinene, α- e β-pinene (circa 70%), α-fellandrene, γ-terpinene e limonene; derivati del fenilpropano (10-15%): miristicina (5-12%), safrolo, elemicina, eugenolo, isoeugenolo, metileugenolo, metilisoeugenolo; alcol terpenici: borneolo, acetato di bornile, geraniolo, linalolo, acetato di linalile, acetato di α-terpenile e terpineol-4 – lignani e neolignai; lipidi (30-40%): trimiristina – saponosidi triterpenici; triterpeni e steroli:β-sitosterolo e campesterolo – tannini; amido (25-30%) Macis: – olio essenziale (fino al 15%): ricco in monoterpeni (circa 88%) e in derivati del fenilpropano (6-18%): miristicina, safrolo, elemicina – diarilpropanoidi, lignani e neolignani (0,4-2%): fragransoli, miristicanoli, fragransine) – malabariconi; lipidi (20-35%): acido plamitico; amilodestrina (circa 30%) Attività principali: aromatizzante, carminativa, eupeptica Impiego terapeutico: dispepsia; atonia gastrointestinale

Utilizzo medico Myristica fragrans è un albero sempreverde spontaneo delle Molucche e delle Filippine, coltivato nelle isole di Celebes, Sumatra, nelle Indie Orientali, nella Guyana e che può raggiungere un’altezza di 10-20 metri. Il seme, o noce moscata, per le caratteristiche fortemente aromatiche dell’olio essenziale rientra a pieno titolo in spezieria. La noce moscata da sempre viene impiegata quale condimento aromatico per favorire la conservazione degli alimenti, come digestivo e carminativo. Come tale rientrava nella formulazione di polveri digestive e stimolanti oppure carminative, unitamente a sostanze analoghe, a carbone e disinfettanti gastrointestinali. L’uso medicinale della noce moscata infatti prevede l’impiego nel trattamento di patologie del tratto gastrointestinale, crampi gastrici, infiammazioni dell’intestino e flatulenza2. Rientra nella formulazione dell’Elixir di Garus, ad azione stomachica. La frazione volatile esercita, come segnala Bruneton, un effetto antiaggregante piastrinico, attività legata alla presenza, se pur scarsa, di eugenolo e isoeugenolo, molecole in grado di inibire la cicloossigenasi e la sintesi delle prostaglandine in diversi tessuti, in particolare nella mucosa del colon. L’attività antiaggregante piastrinica dell’eugenolo 487

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è simile a quella dell’indometacina. Questa molecola è dotata anche di attività antibatteriche e, nel ratto, di proprietà inibitrici del transito e delle secrezioni intestinali3. Il Macis, che è l’arilloide che avvolge i semi, e in particolare, l’estrazione metanolica, presenta attività antinfiammatoria, oltre che eupeptica e aromatica. Viene usato, per lo più, come condimento. Di colore rosso vivo allo stato fresco, diventa giallo-arancio quando viene essiccato. Rientra nella formulazione dell’Acqua di Melissa e dell’Alcolato del Fioravanti. L’essenza di Macis risulta aromatica e stimolante delle funzioni digestive. È stato segnalato che l’assorbimento di macis (1-2% nel cibo, nella cavia) provoca un aumento della glutatione-S-transferasi e del numero dei gruppi SH- a livello epatico, segno di un aumento della capacità detossificante del fegato, in particolare nei confronti delle sostanze cancerogene. Si manifesta anche un’azione antitumorale4. Uso esterno Localmente l’olio essenziale di Noce moscata provoca vasodilatazione ed è rubefacente. Può essere impiegata nella formulazione di creme per massaggi sportivi5. In caso di mal di testa, la medicina araba consiglia di applicare l’olio essenziale sulle tempie (oppure di bere una tazza di tè contenente 1 goccia di O.E.). Sia l’olio essenziale di noce moscata sia estratti preparati dal Macis presentano proprietà antimicrobiche: in particolare sono in grado di inibire la crescita dei batteri che favoriscono la comparsa della carie (Streptococcus mutans)6. Il burro di Noce moscata (sostanza grassa, cremosa, ottenuta per pressione a caldo dalla Noce moscata e contenente 4% di lipidi e 12% di olio essenziale) trova impiego come stimolante e irritante locale, specialmente nelle forme reumatiche. Serve come base per cerotti ed empiastri (Medicamenta). L’essenza di Macis conosce un uso topico come odontalgico. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Il safrolo, presente nel fitocompleso, risulta epatocancerogeno per os nella cavia, i suoi metaboliti interagiscono con il DNA; risulta inoltre genotossico, mutagenico e in grado di determinare aberrazioni cromosomiali7. Tali proprietà, secondo Frohne D. (2009), non sono però da ascrivere a priori anche nell’uomo in virtù di un differente metabolismo8. Nelle derrate alimentari comunque la concentrazione in safrolo deve essere inferiore a 1 mg/kg; in quelle che contengono noce moscata o macis, il limite è di 15 mg/kg. Vengono descritti numerosi casi di intossicazione con la Noce moscata (5-15 g): la sintomatologia è similatropinica a eccezione delle manifestazioni oculari ove si osserva miosi. Occorre molta cautela nell’uso (solo prescrizione medica). La Commissione E del BfArM ritiene che non esistono sufficienti studi per giustificarne l’impiego in terapia. La noce moscata gode fama di allucinogeno, tuttavia non sarebbe un allucinogeno stricto sensu ma tale proprietà sarebbe la manifestazione di una tossicità generale. La dose di droga necessaria per determinare effetti psicotropi si situa infatti vicino a quella tossica con cefalea, vertigini, vomito, tachicardia fino ad arrivare al coma e a uno stato di choc, di allucinazioni e anche di euforia9. L’attività psicotropa (e ossitocica) è legata alla miristicina e ai composti vicini: secondo alcuni autori questi derivati potrebbero essere trasformati nell’organismo (per transaminazione) in 3-metossi-4,5 metilendiossiamfetamina10. Evitare ovviamente l’associazione con psicofarmaci. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) L’olio essenziale di noce moscata è ottenuto per distillazione in corrente di vapore delle noci essiccate e frammentate di M. fragrans Houtt. Profilo cromatografico: α- pinene 488

161 • Myristica

fragrans

Houtt.

(15-28%), β-pinene (13-18%), sabinene (14-29%), car-3-ene (0,5-2%), limonene (2-7%), γ-terpinene (2-6%), terpinen-4-olo (2-6%), safrolo (< 2,5%), miristicina (5-12%). Forme farmaceutiche e posologia Noce moscata polvere: 0,20-2 g al dì, frazionatamente. Olio essenziale: 2-5 gocce/die. Tintura: 1-2 g, in pozione. Macis: 0,3-0,5 g. Note di galenica La droga commerciale (Noce moscata) corrisponde al seme ridotto alla mandorla. Nell’uso medicinale Myristicae semen deve contenere al minimo 5% di olio essenziale; Macis deve contenere al minimo 4,5% di olio essenziale. I costituenti responsabili dell’odore caratteristico sono rappresentati da un mélange di miristicina ed elemicina, così come di β-pinene e sabinene11. La Tintura Madre (T.M.) di Macis si prepara dall’arillo essiccato del frutto (titolo 65°). Formulario Elixir di Garus (stomachico) Spirito di Garus* 45 g Sciroppo fiori Arancio 70 g Tintura Zafferano 2,50 g Tintura Vaniglia gocce 5 * Spirito o alcolato di Garus (Codex 1949): Aloe (5 g), Mirra (2 g), Garofano o chiodi (5 g), Noce moscata (10 g), Cannella Ceylon (20 g), Zafferano (5 g), Alcol a 80° (5000 g). Macerare per 4 giorni. Curiosità • La medicina cinese impiega la Noce moscata come stomachico e antidiarroico. La medicina ayurvedica attribuisce al Macis proprietà digestive, carminative ed espettoranti. In Malesia, India e nei paesi arabi viene utilizzata come afrodisiaco. Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 338. 2 Ibidem, p. 340. 3 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 675. 4 Teuscher E. et al., op. cit., p. 339. 5 Proserpio G. et al, op. cit., p. 724. 6 Hattori M. et al., 1986, Chem. Pharm. Bull. 34:3885-93. 7 Bruneton J., op. cit., p. 676. 8 Frohne D. et al., op. cit., p. 269. 9 Ibidem. 10 Bruneton J., op. cit., p. 676. 11 Teuscher E. et al., op. cit., p. 340.

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162 • Myroxylon

162

balsamum

(L.) Harms

var. pereirae

(Royle) Harms

Myroxylon balsamum (L.) Harms var. pereirae (Royle) Harms

Nome comune: Balsamo del Perù Francese: Baumier du Pérou Inglese: Peruvian balsam Tedesco: Perubalsam Spagnolo: Bálsamo de Perù Famiglia: Fabaceae Parte utilizzata: oleoresina Costituenti principali1: – esteri dell’acido cinnamico: benzil cinnamato, cinnameina, cinnamil cinnamato, striracina; esteri dell’acido benzoico: benzil benzoato (rappresentano il 60-65%) – resina (25-30%), alcol (peruviolo), tracce di vanillina Attività principali: balsamica e antisettica; cicatrizzante Impiego terapeutico: ferite, abrasioni, geloni, emorroidi ecc. (uso topico)

Utilizzo medico La tradizione indica nel balsamo del Perù un valido cicatrizzante o quanto meno «un prodotto capace di creare un ambiente favorevole al processo di riparazione dei tessuti»2. Presenta inoltre proprietà antisettiche. Applicato su cute e mucose (pomate, unguenti ecc.) risulta utile in caso di abrasioni, ferite, screpolature, geloni, bruciature, emorroidi e ragadi. Viene impiegato anche nella formulazione di supposte atte al trattamento della sintomatologia dolorosa, prurito e congestione, presenti in caso di crisi emorroidarie e altre affezioni anali. È utilizzato per preparati antiscabbia, antiparassitari e antipruriginosi in generale. La monografia della Commissione E del BfArM ne conferma l’uso, per via locale, in caso di ferite infette a cicatrizzazione difficoltosa, ulcere da decubito, ulcere delle gambe, geloni, emorroidi. L’impiego cosmetico a causa dei frequenti casi di intolleranza è sconsigliato3. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Viene impiegato esclusivamente per via esterna in quanto per os risulta irritante a livello gastroenterico. Nell’uso topico «una tendenza pronunciata all’allergia costituisce una controindicazione»4. Occorre cautela in quanto sono segnalati frequenti casi di sensibilizzazione: dermatite da contatto in soggetti sensibili. Limitare l’uso a una settimana. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) Il Balsamo del Perù è il balsamo ottenuto dal tronco scarificato a caldo del di M. balsamum var. pereirae. Contiene al minimo 45% e al massimo 70% di esteri, costituiti principalmente da benzoato di benzile e dda cinnamato di benile. 490

162 • Myroxylon

balsamum

(L.) Harms

var. pereirae

(Royle) Harms

Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM) uso esterno: preparazioni contenenti 5-20% di balsamo (non più del 10% in caso di uso su superfici estese). Limitare l’uso a una settimana. Curiosità • Il nome deriva dal fatto che veniva esportato dal porto di Lima in Perù. Note bibliografiche 1 Capasso F., 2001, op. cit., p. 168. 2 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 299. 3 Proserpio G. et al., op. cit., p. 615. 4 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 300.

491

163 • Myroxylon

163

balsamum

(L.) Harms

Myroxylon balsamum (L.) Harms = M. toluiferum H.B.&K

Nome comune: Balsamo del Tolù (Tolù = regione nord-occidentale della Colombia) Francese: Baumier de Tolu Inglese: Tolubalsam tree Tedesco: Tolubalsam Spagnolo: Bálsamo de Tolú Famiglia: Fabaceae Parte utilizzata: oleoresina* *oleoresina che trasuda per incisione dei tronchi dell’albero: i canali secretori sono nella corteccia e non nel legno Costituenti principali: – resina (20-28%), olio essenziale (50-65%) In particolare: – miscela di acidi liberi: acido benzoico (6-8%), acido cinnamico (10-15%) e benzoato di benzile – frazione resinosa, carburi e alcol mono e sesquiterpenici e derivati fenilpropanici (eugenolo, tracce di vanillina) Attività principali: espettorante, balsamica; antisettica; cicatrizzante Impiego terapeutico: flogosi vie aeree; cistiti, uretriti; ferite, ragadi, emorroidi, geloni (uso topico)

Utilizzo medico Si tratta di un grande albero che cresce spontaneamente in Colombia e in Venezuela e che è coltivato nei Caraibi. Il balsamo è ottenuto per incisione del tronco. È conosciuto come espettorante e antisettico delle vie respiratorie e come tale viene impiegato nella formulazione di sciroppi e pozioni bechiche (Dorvault). Si trova ad esempio nello sciroppo di Desessartz (sciroppo di Ipecacuanha composto). I benzoati sarebbero responsabili dell’attività espettorante. Avrebbe anche azione antispasmodica, per cui rientra come correttivo di preparazioni pettorali. La monografia della Commissione E del BfArM ne indica l’uso, per os, in caso di ingombro delle vie respiratorie. Quale antisettico è utilizzato anche nel trattamento di cistiti e uretriti. Uso esterno Trova applicazione come antisettico delle vie respiratorie anche mediante inalazioni e aerosol1 e preparati per la gola (pastiglie, caramelle). «Il balsamo del Tolù, oltre ad agire come antisettico, facilita la salivazione per il suo aroma. L’aumentata salivazione promuove il riflesso di deglutizione riducendo lo stimolo della tosse.2» A livello topico è indicato, in virtù delle proprietà antisettiche, cicatrizzanti e anche analgesiche, in caso di geloni, emorroidi, ragadi, abrasioni, ferite, piaghe. Rientra nella formulazione di preparati antiparassitari e antipruriginosi. 492

163 • Myroxylon

balsamum

(L.) Harms

Tossicità, interazioni ed effetti secondari Occorre cautela nell’uso in quanto sono segnalati frequenti casi di sensibilizzazione. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) Il Balsamo del Tolù è l’oleoresina ottenuta dai tronchi di M. balsamum (L.) Harms var. balsamum. Contiene dal 25 al 50% di acidi liberi o combinati, espressi in acido cinnamico. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 0,6g/die. Estratto Fluido: 1-2 g pro die. Note di galenica Deve essere conservato in flaconi ben chiusi, al riparo dalla luce, dall’umidità e dal calore eccessivo. L’oleoresina è quasi completamente insolubile in acqua alla quale impartisce solo l’aroma. In profumeria è un fissatore dei prodotti volatili3. Formulario Sciroppo (Benigni) Estratto Fluido Balsamo Tolù Sciroppo semplice F.U. S/30-60 g pro die

12 g 88 g

Gocce balsamiche (Botteri) Balsamo del Tolù E.F. Timo E.F. Echinacea E.F. ana 10 ml S/20 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Curiosità • In passato era usato, a livello topico, per il trattamento della psoriasi (Medicamenta, 1924). Note bibliografiche 1 Proserpio G. et al., op. cit., p. 616. 2 Capasso F., 2011, op. cit., p. 168. 3 Bruneton J., 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 300.

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164 • Myrtus

164

communis

L.

Myrtus communis L.

Nome comune: Mirto Francese: Myrte commun Inglese: Common myrtle Tedesco: Myrte Spagnolo: Mirto; Murta Famiglia: Myrtaceae Parte utilizzata: foglie, bacche Costituenti principali: Foglie – olio essenziale (0,1-0,8%): α-pinene (1557%), 1,8-cineolo (12-45%), limonene (519%), linalolo (2-19%), mirtenolo (0,7-5%), mirtenilacetato (1-35%) – tannini (14%); resina Bacche – olio essenziale: 1,8-cineolo (20-31%), α-pinene (8-25%), limonene (8-18%), mirtenilacetato (10-20%), antociani, vitamina C, zuccheri ecc. Attività principali: aromatizzante; astringente, antisettica Impiego terapeutico: affezioni bronchiali; dispepsia Uso topico: gengiviti, emorroidi, leucorrea

Utilizzo medico Il mirto è conosciuto fino dall’antichità, ed è menzionato dall’Antico Testamento. Foglie e frutti sono considerati tonici, stimolanti, astringenti e tenifughi. Sono utilizzati, a livello di medicina popolare, come stomachici e aromatici, antisettici bronchiali, nella leucorrea, nelle forme diarroiche e nelle emorroidi (tannini). Il mirto è diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo fino a nord-ovest dell’Himalaya. Spontanea, o coltivata come ornamentale, tutta la pianta è odorosa e dalle foglie e cime fiorite, per distillazione, si ottiene un olio essenziale di buona qualità. L’impiego terapeutico del mirto è legato principalmente alla presenza dell’olio essenziale e dei tannini. L’olio essenziale, infatti, presenta proprietà balsamiche, blandamente antisettiche e bechiche, mentre i tannini si caratterizzano oltre che per le proprietà antisettiche (antibatteriche, antimicotiche) e antivirali, per un’azione astringente e vasocostrittrice. Grazie a queste caratteristiche il mirto rientra nella formulazione di tisane e sciroppi, particolarmente gradevoli ed efficaci, indicati nel trattamento delle affezioni bronchiali (tosse, catarro ecc.). L’olio essenziale estratto dai ramoscelli per idrodistillazione presenta azione antitussiva ed espettorante oltre che antisettica a livello delle vie urinarie1. Associato all’amfotericina B si è dimostrato attivo nei confronti della Candida albicans2. La pianta viene segnalata anche come un ottimo antisettico e stimolante cutaneo. Anche se sono rare le applicazioni a livello industriale dell’olio essenziale, si trova a volte in formulazioni di creme e oli per massaggi stimolanti3. Le bacche (coccole di mirto) trovano ampio impiego in cucina per aromatizzare carni, 494

164 • Myrtus

communis

L.

pesci, salumi ecc., ai quali impartisce una nota molto fresca, e per la preparazione di un liquore dalle caratteristiche proprietà stomachiche e digestive. La fioritura del mirto inizia a marzo e si protrae fino a luglio. Il frutto matura verso fine novembre. Da questo periodo, sino al mese di gennaio, si esegue la raccolta delle bacche. La distillazione dell’olio essenziale (O.E.) viene fatta col materiale fresco possibilmente fiorito, raccolto in primavera. Le rese più elevate sono possibili, infatti, nell’epoca della fioritura, che costituisce il tempo balsamico della specie. Uso esterno L’applicazione topica, per lo più in frizioni, di preparati a base di foglie e bacche, ricchi in sostanze tanniche, determina azione astringente con conseguente diminuzione della permeabilità cellulare, disimbibizione del connettivo, vasocostrizione e una modica analgesia locale. Ciò ne fa un valido presidio nel trattamento topico delle forme reumatiche, ma anche sotto forma di decotti o infusi in caso di gengiviti, leucorrea, emorroidi, pelle e mucose irritate. Viene segnalato l’impiego dell’infuso (15-30 g di foglie per litro di infuso caldo) nella psoriasi4 e come deodorante5. L’olio essenziale viene usato in profumeria «per ottenere note di testa fresche, principalmente per la composizione di acque di colonia e di toeletta. Non ha persistenza»6. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Non segnalati alle posologie abituali. Dosi elevate di olio essenziale di mirto possono provocare nausea, cefalea, depressione. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 15-30 g di foglie essiccate in 1 litro di acqua; infondere per 10 minuti. Decotto: far bollire in 1 litro di acqua 20 g di foglie per cinque minuti. Filtrare e addolcire con miele. Polvere: 1-2 g al dì. Myrtus communis O.E.: 1 goccia su compressa neutra, 2-3 volte al giorno (solo adulti). Myrtus communis T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dai giovani rametti freschi con foglie (titolo 65°). Formulario Infuso espettorante Mirto foglie t.t. 30 g Altea radice decorticata t.t. 30 g Piantaggine foglie t.t. 20 g Liquirizia radice decorticata t.t. 20 g S/Versare una tazza di acqua bollente su un cucchiaio della miscela. Filtrare dopo 15 minuti. «Se ne bevono 2 o 3 tazze al giorno da preparare al momento, una delle quali deve essere assunta alla sera prima di coricarsi»7. Curiosità • Anticamente le bacche erano usate come condimento al posto del pepe. • Liquore di mirto. L’utilizzo delle bacche per la preparazione del liquore risale, probabilmente, al secolo scorso quando veniva preparato a uso esclusivamente 495

164 • Myrtus

communis

L.

casalingo. «La ricetta veniva tramandata dai genitori ai figli.» Giuseppe Giacinto Moris nella sua opera Flora Sardoa (1837-59) accennava al vinum myrtites preparato con le foglie e le bacche. Il liquore di mirto si ottiene mediante infusione idroalcoolica a freddo delle bacche (mirto rosso), o delle foglie (mirto bianco). Il mirto bianco è prodotto in quantità inferiori rispetto al rosso8. • Le foglie, ricche in tannino, erano impiegate anche per conciare le pelli, tanto che durante la seconda guerra mondiale, a causa delle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime, vennero impiegate a tal scopo. Altro utilizzo del mirto era quello legato alla preparazione di un inchiostro e per tingere in nero i tessuti. Note bibliografiche 1 Raynaud F., Prescription et conseil en aromathérapie, op. cit., p. 184. 2 Capasso F., 2011, op. cit., p. 431. 3 Proserpio G. et al., op. cit., p. 725. 4 Campanini E., 2009, Piante medicinali in Sardegna, Ilisso Edizioni, Nuoro. 5 Proserpio G. et al., op. cit., p. 725. 6 Fenaroli G., op. cit., p. 765. 7 Cagnola C., Botticelli A.M., op. cit., p. 65. 8 Campanini E, Piante medicinali in Sardegna, ibidem.

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165 • Nasturtium

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officinale

R. Br.

Nasturtium officinale R. Br.

Nome comune: Crescione Francese: Cresson d’eau Inglese: Nasturtium; Watercress Tedesco: Brunnenkresse Spagnolo: Berro; Mastuerzo de agua Famiglia: Brassicaceae Parte utilizzata: parti aeree Costituenti principali: – carotenoidi, flavonoidi – glucosidi solfotiocianici(gluconasturzina, myrosina) – vitamine A, B2, B6, B9, C, K – sali minerali (ferro, manganese, magnesio ecc.) Attività principali: diuretica, depurativa; balsamica; stimolante Impiego terapeutico: cure di primavera; forme bronchiali croniche. Uso desueto

Utilizzo medico Attualmente l’uso medico è desueto. Il contenuto in glicosidi solfotiocianici è in grado di modificare favorevolmente le secrezioni bronchiali: per l’azione secretolitica veniva consigliato nel trattamento delle forme bronchiali croniche ove risultava favorita l’espettorazione. Il crescione manifesta anche proprietà diuretiche: consumato crudo, in alcuni soggetti può provocare cistalgia, anche se transitoria, dovuta forse all’azione irritante dei composti solfotiocianici, in grado di determinare la contrazione dei muscoli lisci della parete vescicale. Dopo la cottura risulterebbe, però, perfettamente tollerato (i glucosidi solfotiocianici, infatti, sono volatili) anche se l’efficacia massima si ottiene dalla pianta fresca. La presenza importante di vitamina C, in particolare nelle giovani foglie fresche (fino a 60 mg per 100 g) ha determinato la fama della pianta come antiscorbutica1: come tale, ma anche per la ricchezza in minerali (più di 1 g per 100 g) e vitamine e rientrava nelle formulazioni atte a stimolare i processi nutritivi generali dell’organismo e nelle cosiddette “cure depurative primaverili” nelle quali veniva consumato fresco, come insalata, insieme a tarassaco e ortica. Per quanto riguarda il contenuto in minerali si segnala che la concentrazione di calcio (160 mg per 100 g) «fa del crescione il campione delle verdure fresche per l’apporto in calcio»2. Alla pianta è stata attribuita un’interessante efficacia terapeutica nel trattamento delle anemie ipocromiche microcitiche: tale attività è stata posta in relazione al contenuto in ferro (3,1 g per 100 g, «una delle concentrazioni più elevate fra le verdure fresche», e in altri minerali, quali rame, zinco, manganese. Anche il contenuto in sodio risulta particolarmente elevato (42 mg per 100 g in media). Per quanto riguarda il contenuto vitaminico, oltre alla vitamina C, si trovano importanti concentrazioni di provitamina A (2,9 mg), vitamina B9 o acido folico (0,2 mg), vitamina E (1,2 mg) e vitamina K (0,25 mg). Si ricorda che vitamina C, vitamina E e provitamina A svolgono un’importante azione anti-radicalica. Alla pianta è stata 497

165 • Nasturtium

officinale

R. Br.

attribuita un’interessante efficacia terapeutica nel trattamento delle anemie ipocromiche microcitiche: tale attività è stata posta in relazione al contenuto in ferro e in altri minerali, quali rame, zinco, manganese. Altre segnalazioni, anche se datate e che avrebbero bisogno di essere riapprofondite, riguardano l’attività ipoglicemizzante, e un effetto inibente nello sviluppo dei tumori sperimentali3. Sono presenti, inoltre, proteine, glucidi, lipidi: questi ultimi, anche se in assai bassa concentrazione, sono costituiti per lo più da acidi grassi poli-insaturi, in particolare acido linoleico, che svolge un ruolo benefico a livello dell’apparato cardio-vascolare. Le fibre (2 g per 100 g), abbastanza tenere e quindi facilmente digeribili, sono in grado di svolgere anche un’azione ipolipemica. Grazie alla ricchezza di tutti questi componenti il consumo di tale verdura può contribuire, unitamente a un regime alimentare e uno stile di vita adeguato, a diminuire il rischio di malattie cardiovascolari e degenerative. Uso esterno Da sempre il succo fresco viene impiegato per arrestare la caduta dei capelli e favorirne la crescita grazie all’azione iperemizzante esercitata a livello del cuoio capelluto. La pianta conosce un uso dermatologico come antieczematosa. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Il crescione, se consumato fresco, può provocare cistalgia e, raramente, disturbi gastrointestinali. Il suo uso è controindicato nei soggetti affetti da ulcera gastroduodenale, nefrite, in gravidanza e durante l’allattamento. Non utilizzare in età pediatrica. Solo per dosaggi elevati e prolungati nel tempo (tiocianati) sono segnalate, come possibili, interazioni con farmaci tiroidei. Evitare in caso di litiasi ossalica. Porre attenzione in caso di terapia anticoagulante. È importante, inoltre, lavarlo accuratamente per evitare la distomatosi, malattia parassitaria lunga e fastidiosa. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1 cucchiaino di droga per tazza d’acqua bollente; lasciare in infusione per 5-10 minuti (perdita principi volatili). Succo di pianta fresca: 60-120 g/die (Commissione E del BfArM). Note di galenica I glucosidi solfocianici sono volatili, per cui l’efficacia massima si ottiene dalla pianta fresca. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 45° a 1/20). Formulario Frizioni cuoio capelluto (Boni-Patri) Succo pianta fresca Alcol a 95°

ana parti.

Curiosità • L’azione stimolante del crescione è conosciuta da sempre: Ippocrate lo raccomandava come espettorante, Dioscoride come afrodisiaco. La Scuola Salernitana lo riteneva un rimedio infallibile come odontalgico, caso nel quale veniva prescritto in decozione vinosa con la corteccia di melograno. • Nasturtium nomen accepit a narium tormento (Plinio). 498

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R. Br.

• «Fino a poco fa, alle persone deboli, avvizzite, tristanzuole si diceva “mangiate il crescione”; anche ora a Parigi si dice “del crescione, del bel crescione di fontana per la salute del corpo”. Disgraziatamente ai nostri tempi, dato il bando quasi completo alla medicina naturale, si va barcollando alla ricerca dei rimedi» (G. Antonelli, 1941). Note bibliografiche 1 Paris R.R., Moyse H., op. cit., II, p. 221. 2 www.aprifel.com. 3 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 974.

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cataria

L.

Nepeta cataria L.

Nome comune: Erba dei gatti Francese: Herbe aux chats; cataire Inglese: Catnip, catmint Tedesco: Katzenminze Spagnolo: Menta de gato Famiglia: Lamiaceae Parte utilizzata: pianta intera o sommità fiorite Costituenti principali: – olio essenziale (0,3%): acido nepetalico, nepetalattone, anidride nepetalica; carvacrolo, timolo Attività principali: antispasmodica e sedativa; amaro-tonica Impiego terapeutico: disturbi minori del sonno, agitazione, mal di testa; dispepsia; spasmi gastrointestinali di origine nervosa, singhiozzo; pertosse

Utilizzo medico Nepeta cataria ha azione amaro-tonica, antispasmodica e sedativa simile a quella della Valeriana. Il suo infuso viene segnalato nel trattamento di alcune forme di singhiozzo ribelle e negli accessi pertussoidi1. L’uso tradizionale ne prevede l’impiego per calmare gli stati di ansia e agitazione e nelle forme dolorose (di origine nervosa). Il carvacrolo e il timolo sono conosciuti per le loro proprietà antisettiche che sono sfruttate nel trattamento delle forme bronchiali. Il nepetalattone, un iridoide non glucosidico, è responsabile dell’effetto eccitante sul gatto, mentre nell’uomo risulta sedativo2. La pianta ha infatti la caratteristica di attirare i gatti che vi si rotolano sopra con frenesia: da qui il nome “cataria”. Sembra che il nepetalattone abbia una struttura simile ai valepotriati presenti nella radice della Valeriana, pianta che esercita una reazione analoga nei felini, e che sia coinvolto il sistema olfattivo3. Questo principio presenta anche effetti antivirali e antibatterici4. In passato la pianta era considerata particolarmente valida per tutte le affezioni a carico dell’utero. In particolare si riteneva che fosse propizia alla fecondità, stimolante ed emmenagoga, ma anche antisterica5. Uso esterno L’olio essenziale viene impiegato come revulsivo contro le termiti, le blatte e le zanzare. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Occorre ovviamente porre attenzione, come per tutte le piante ad azione sedativa, alla contemporanea assunzione di farmaci ad attività sedativo-ipnotica e antidepressiva, al fine di evitare un potenziamento d’azione quando non ricercato. Non utilizzare in gravidanza e in caso di mestruazioni abbondanti. 500

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cataria

L.

Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1-2 g di droga essiccata in 150 ml di acqua bollente, infondere per 5-10 minuti. Bere 1-4 tazze al dì, di preferenza tra i pasti. Olio essenziale: 1-2 gocce, mescolate con un po’ di miele, 1-3 volte al dì. Nepeta cataria T.M.: 20 gocce, diluite in acqua, 1- 3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte aerea fresca (titolo 65°). Formulario Gocce carminative Nepeta c. T.M. Angelica a. T.M. Foeniculum v. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, prima dei pasti Gocce sedative (spasmi gastrointestinali) Nepeta c. T.M. Melissa o. T.M. Passiflora i. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì Curiosità • La medicina popolare utilizzava la pianta nelle coliche dei lattanti, nei dolori della dentizione e nei bambini agitati. Veniva preparato anche uno sciroppo, contenente anche le bacche e i fiori di sambuco, per trattare la tosse e i sintomi dell’influenza e del raffreddore. Note bibliografiche 1 Leclerc H., op. cit., p. 222; Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 272; Dorvault F., op. cit., p. 349. 2 Bruneton J., 1993, op. cit., p. 476; Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 258. 3 www.naturaldatabase.com. 4 Frohne D. et al., op. cit., p. 226. 5 Dictionnaire Larousse, op. cit., p. 88.

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oleander

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Nerium oleander L.

Nome comune: Oleandro Francese: Laurier-rose Inglese: Oleander Tedesco: Oleander Spagnolo: Adelfa Famiglia: Apocynaceae Parte utilizzata: foglia Costituenti principali: – cardenolidi (1,5%): oleandrina (maggioritario) – oleandrosio (olio); nerina (azione strofantino-simile)1 Attività principali: simildigitalica; diuretica Impiego terapeutico: uso desueto

Utilizzo medico L’azione della pianta, cardiotonica, bradicardizzante e diuretica, è dovuta alla presenza dei cardenolidi, glucosidi digitaloidi. Studi clinici e farmacologici relativi all’impiego terapeutico della pianta vennero fatti durante la seconda guerra mondiale e si devono principalmente al farmacologo Mario Aiazzi-Mancini. A causa della difficoltà di approvvigionamento si cercò di verificare se era possibile sostituire in terapia le piante esotiche con quelle indigene. In questa direzione si avviarono le ricerche di Aiazzi-Mancini che volle verificare la possibilità di sostituzione dello strofanto con l’oleandro. I risultati di questi studi confermarono l’azione simildigitalica dell’oleandro: «Per tali sue caratteristiche la maggior parte degli AA. sono concordi nel situare l’Oleandro fra la Digitale e lo Strofanto… e consideravano la pianta un cardiotonico di sostituzione o di mantenimento, come altre droghe digitaliche, quali l’Adonide e la Scilla»2. Come per la digitale, di cui condivide le proprietà, l’impiego fitoterapico è però vivamente sconsigliato in quanto non è possibile avere un titolo costante dei principi attivi e di conseguenza il dosaggio terapeutico risulta altamente difficoltoso e pericoloso3. La medicina popolare, che riteneva tossica la pianta per uso interno, ne utilizzava invece le foglie nel trattamento di scabbia, tigna ed eczemi. Venivano effettuate frizioni con la loro decozione in olio, oppure con pomate, o con macerati delle foglie in acqua. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Tutta la pianta è tossica. I primi segni di intossicazione sono rappresentati da nausea e vomito. I segni neurologici sono: stato di malessere, debolezza e spesso confusione mentale e turbe della vista. In seguito compaiono disturbi cardiaci: bradicardia (30-40 battiti al minuto), polso debole e irregolare. All’elettrocardiogramma si apprezzano turbe della conduzione, in particolare blocco atrio-ventricolare. È presente iperkaliemia più o meno marcata. Alcuni casi vanno rapidamente a morte per fibrillazione ventricolare e asistolia4. 502

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oleander

L.

Curiosità • Nerium deriverebbe dal greco neros = umido, in quanto vegeta abitualmente presso fonti d’acqua; Oleander verrebbe per la somiglianza (?) delle sue foglie con quelle dell’Olivo (Olea)… Questa somiglianza è però lontana… L’Oleandro come pianta tossica era nota sin dall’antichità. Plinio, Galeno, Dioscoride conoscevano la tossicità delle foglie e dei fiori di Oleandro per gli animali che se ne cibavano e quella dell’acqua in cui i fiori sono stati in macerazione. Ignota era invece l’azione che questa pianta ha sul cuore, azione che venne individuata soltanto dopo la metà del secolo scorso con le ricerche di Lukowski che forse per primo ne studiò l’azione farmacologica (Benigni R. et al., 1962-64). • Plinio (I sec. d.C.) riferisce di un miele del Ponto che non poteva essere consumato in quanto fatto da api bottinatrici dei fiori di N. oleander. Seguendo un uso che risaliva ai grandi medici del passato, nel Medioevo in caso di avvelenamento veniva prescritto come antidoto un’infusione vinosa di oleandro e ruta: «Questa asserzione si basa senz’altro sulla credenza dell’antagonismo tra vegetali velenosi» (P. Lieutaghi, 1981). Note bibliografiche 1 Capasso F., 2011, op. cit., p. 240. 2 Benigni R. et al., 1962-64, p. 1002. 3 Campanini E., Piante medicinali in Sardegna, op. cit., p. 310. 4 Bruneton J., Plantes toxiques, végétaux dangereux pour l’homme et les animaux, op. cit., p. 133.

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Nigella sativa L.

Nome comune: Nigella Francese: Nigelle; Faux cumin o Cumin noir Inglese: Nigella; Black cumin Tedesco: Schwarzkümmel Spagnolo: Ajenuz Famiglia: Ranuncolaceae Parte utilizzata: semi Costituenti principali: – sostanza amara (nigellina), 25% olio grasso, < 1% olio volatile (nigellone – timochinone) – saponoside (melantina) Attività principali: antistaminica; carminativa, coleretica; emmenagoga; diuretica Impiego terapeutico: forme allergiche; dispepsia, meteorismo, colite

Utilizzo medico I semi, che erano utilizzati come spezie, sono reputati carminativi, diuretici, emmenagoghi e galattogeni. Può risultare interessante il loro impiego come antistaminico nelle forme allergiche e nella cefalea. Il nigellone risulta attivo nel broncospasmo provocato da istamina1. Nella medicina indiana i semi sono utilizzati come antiasmatici2. Nell’animale è stata dimostrata una blanda azione ipotensiva con lieve vasocostrizione periferica. La pianta, pertanto, manifesta una duplice attività: antistaminica e vasoregolatrice il che giustifica in parte la sua azione e il suo utilizzo nella diatesi emicranica e nella forme cefalgiche3. Una sperimentazione effettuata utilizzando l’olio dei semi di Nigella sativa ha dimostrato un’azione depressoria a livello del SNC e fortemente analgesica in ratti e cavie: tale attività sembra sia da attribuire alla presenza nell’olio di un principio oppioide. L’attività analgesica sembra essere antagonizzata dal naloxone4. In uno studio si evidenzia l’azione epatoprotettiva dei semi (utilizzati sia come olio sia come estratto): tale proprietà dipenderebbe «dalla loro attività citoprotettiva e antiossidante e al loro effetto su alcuni mediatori dell’infiammazione»5. Recentemente è stato pubblicato uno studio che ha valutato l’efficacia di N. sativa nell’eradicazione dell’infezione da H. pylori in 88 pazienti dispeptici non ulcerosi: i risultati positivi ottenuti (attività anti-H. pylori dei semi di N. sativa paragonabile alla triplice terapia con claritromicina, amoxicillina, omeprazolo) suggeriscono l’esigenza di ulteriori studi clinici, compreso quelli che prevedono un abbinamento della terapia antibiotica con N. sativa6. È stato inoltre pubblicato un altro studio (Randomized controlled trial - RCT) che ha dimostrato una significativa azione analgesica nella cavia da parte dell’estratto etanolico7. Uno studio ha investigato l’azione protettiva dell’olio di N. sativa in cavie affette da colite ulcerativa. I ricercatori hanno constatato che l’olio di “black cumin“ diminuisce le citochine proinfiammatorie (tumor necrosis factor-alpha (TNF-a), in504

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terleukin (IL)-1b, e IL-6), la lattatodeidrogenasi, i livelli di trigliceridi e colesterolo che erano aumentati nella fase infiammatoria. Gli autori concludono asserendo che l’olio di N. sativa, può risultare utile per prevenire la circolazione ematica di fattori pro-infiammatori, proteggendo così la mucosa del colon8. L’olio di nigella si ricava dalla spremitura a freddo dei semi. Uno dei suoi componenti, thimochinina (TQ), manifesta importanti proprietà immunomodulanti e d antiossidanti9. L’infuso veniva impiegato contro il meteorismo, nelle affezioni catarrali, per favorire il flusso mestruale e nella dismenorrea. L’azione diuretica, inoltre, contribuirebbe a limitare la ritenzione idrica premestruale10. Nota: Oltre alla Nigella sativa, si conoscono Nigella arvensis L. e Nigella damascena L. Nigella arvensis L. è la Nigella selvatica i cui semi, che contengono alcaloidi solo in tracce, avrebbero proprietà analoghe a quelle della nigella coltivata (o sativa). Nigella damascena L. presenta semi che contengono un principio amaro, la damascenina, solubile nell’alcol, e 1,5% di olio essenziale11. La damascenina avrebbe proprietà narcotiche12. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La melantina è una saponina tossica, per cui, in misura prudenziale, si sconsiglia l’uso della pianta in gravidanza, durante l’allattamento e in situazioni a rischio. Dosaggi molto elevati della pianta possono indurre vomito. Viene segnalato, comunque, un grado di tossicità molto basso per quanto riguarda l’utilizzo dei semi. È possibile, nell’uso topico e in soggetti predisposti, una dermatite da contatto13. Porre attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci antistaminici (sommazione d’effetto). Forme farmaceutiche e posologia Infuso: un cucchiaino di semi in una tazza di acqua: assumere durante la giornata. Nigella sativa T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dai semi essiccati (titolo 65°). Formulario Cefalea Nigella s. T.M. Chrysanthemum p. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 3volte al dì; al bisogno: 15 gocce ai primi sintomi, più volte al dì Curiosità • Nigella deriva dal latino nigellus-niger = nero, a causa del colore dei semi. • In Francia i semi prendono il nome di poivrette. Note bibliografiche 1 Paris R.R., Moyse H., op. cit., vol. II, p. 153. 2 Rama Chandan K. et al., 1986, The useful Plants of India, New Delhi, p. 66. 3 Bergeret C., Tétau M., 1986, La nuova Fitoterapia, Edizione del Riccio, Firenze, p. 150. 4 Khanna T. et al., 1993, Fitoterapia, vol. LXIV, 3, 407. 5 AA.VV., Erboristeria Domani, 272, p. 58 (lug/ago 2003). 6 Salem EM, Yar T et al., 2010, Comparative study of Nigella Sativa and triple therapy in eradication of Helicobacter Pylori in patients with non-ulcer dyspepsia. Saudi J Gastroenterol.

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16(3):207-14.; Okeola VO, Adaramoye OA et al., 2010, Antimalarial and antioxidant activities of methanolic extract of Nigella sativa seeds (black cumin) in mice infected with Plasmodium yoelli nigeriensis. Parasitol Res. Dec 14. 7 Bashir MU, Qureshi HJ., 2010, Analgesic effect of Nigella sativa seeds extract on experimentally induced pain in albino mice. J Coll Physicians Surg Pak. 20(7):464-7. 8 Isik F. et al., Protective Effects of Black Cumin (Nigella sativa) Oil on TNBS-Induced Experimental Colitis in Rats. Dig Dis Sci. 2010 Jul 24. 9 Salem ML., 2005, Immunomodulatory and therapeutic properties of the Nigella sativa L. seed. Int Immunopharmacol. 5(13-14):1749-70; Okeola VO, Adaramoye OA et al., 2010, Antimalarial and antioxidant activities of methanolic extract of Nigella sativa seeds (black cumin) in mice infected with Plasmodium yoelli nigeriensis. Parasitol Res. Dec 14. 10 Viola S., op. cit., p. 63. 11 Fenaroli G., op. cit., p. 787. 12 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 450. 13 Ali B.H., Blunden G., 2003, Phytother. Res. 17, 299-306.

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Ocimum basilicum L.

Nome comune: Basilico Francese: Basilic; Gran basilic Inglese: Basil; Sweet basil Tedesco: Basilikum Spagnolo: Albahaca; Alhábega Famiglia: Lamiaceae (= Labiateae) Parte utilizzata: parti aeree Costituenti principali1: – olio essenziale (0,02%-0,5% foglie fresche; 0,2-2,7% foglie essiccate) a composizione molto variabile (chemotipo, varietà e provenienza): linalolo (sino al 85%), estragolo (sino al 91%), citrale (sino al 90%), cinnamato di (E)-metile (sino al 82%), eugenolo (sino al 80%) o metileugenolo (eugenolmetiletere, sino al 44%); acetato di geranile (sino al 44%), geraniolo (sino al 27%), metilisoeugenolo (sino al 26%), 1,8-cineolo (sino al 20%), α-bulnesene (sino al 20%), δ-cadinene (sino al 20%), bergamotene (sino al 13%), α-muurololo (sino al 11%), β-cariofillene (sino al 10%), β-elenene(sino al 6%), γ-cadinene(sino al 5%), α-terpineolo (sino al 5%) Nota: in base alla caratteristiche dell’olio essenziale si distinguono 3 gruppi principali: – basilico tipo estragolo: originario di Tailandia, isole Réunione, Comore, India, Pakistan, Madagascar, Vietnam e Francia – basilico tipo linalolo: originario di Italia e Yugoslavia – basilico tipo linalolo+eugenolo: originario di Marocco, Africa del sud ed Egitto – derivati di acidi idrossicinnamici (principi amari) (2-3,5%): acido rosmarinico (2%) – flavonoidi (0,5-0,7%): eterosidi del quercetolo e del kemferolo, xantomicrolo, salvigenina, nevadensina – triterpeni, steroli: β-sitosterolo e acido oleanolico; lipidi: acido linolenico (nei semi) Attività principali: aromatizzante; eupeptica; antispasmodica; balsamica; antisettica e cicatrizzante Impiego terapeutico: disturbi gastrointestinali

Utilizzo medico Il basilico è conosciuto essenzialmente come pianta aromatica e condimentaria. Le foglie di basilico possono rivendicare proprietà digestive analoghe a quelle della Menta piperita2. Un tempo era ampiamente impiegato come tonico e corroborante, utile in tutti i casi di astenia. L’infuso, dal sapore gradevole, ad azione antispasmodica e stomachica, deve essere assunto come bevanda postprandiale (per non più di una settimana: vedi tossicità). È indicato nei soggetti con dispepsia di origine nervosa (azione antispasmodica a livello gastrico). L’uso delle foglie di basilico come aromatizzante nell’alimentazione rappresenta una fonte di principi antiossi507

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danti in grado di contrastare i danni cellulari provocati dai radicali liberi. Sembra infatti che il consumo di basilico svolga un ruolo preventivo nei confronti delle malattie cardiovascolari. I principali antiossidanti presenti nelle foglie di basilico sono l’acido rosmarinico, che agirebbe in sinergia con la vitamina E, acidi-fenoli e flavonoidi3. L’olio essenziale, che come avviene anche per altri oli essenziali, viene eliminato attraverso la mucosa bronchiale, manifesta proprietà antisettiche, fluidificanti ed espettoranti. L’azione spasmolitica è stata evidenziata nell’intestino isolato di cavia4. Uso esterno Decotti possono essere impiegati nell’alitosi, e come collutori nelle flogosi dell’orofaringe, e nella detersione di ferite superficiali. La polvere è ritenuta starnutatoria e il suo uso viene consigliato nella coriza. L’olio essenziale è usato in frizioni nelle forme reumatiche, nelle punture di insetto (azione analgesica) e nella cefalea di origine nervosa5. In uno studio atto a ricercare sostanze naturali che fungano da repellenti e larvicide, l’olio essenziale di basilico ha mostrato di possedere una notevole attività in tal senso6. Prove di laboratorio hanno evidenziato proprietà antielmintiche, insetticide e antimicrobiche7. Con estratti alcolici sono preparate formulazioni di pomate per il trattamento di ferite a cicatrizzazione difficoltosa8. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Rientra tra le piante classificate come GRAS -Substances Generally Recognized As Safe (FDA U.S. Food and Drug Administration). Dosi elevate di metil-eugenolo (allilkoxibenzene di tipo estragolo) somministrate per os alla cavia determinano tossicità cronica (epatotossicità e cancerogenicità). Tuttavia nell’uomo il consumo come aromatizzante delle foglie di basilico non è associato a rischio significativo di cancerizzazione, tanto che gli organismi internazionali non hanno posto limiti di impiego per la pianta come spezia, mentre l’interdizione esiste per il principio attivo (metil-eugenolo)9. Nella monografia della Commissione E del BfArM se ne sconsiglia l’uso medico per la mancanza di studi clinici e farmacologici adeguati ed è comunque buona norma evitarne l’impiego in gravidanza, allattamento, in pediatria e per tempi prolungati (non più di una settimana). In base alle attuali conoscenze non è stata segnalata alcuna tossicità acuta e/o cronica quando la pianta viene impiegata come condimento e a dosi ragionevoli10. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla foglia essiccata contenente al minimo 2,5 ml/Kg di olio essenziale. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 2- 4 g per tazza d’acqua, 2-3 volte al dì, per al massimo 7 giorni. Olio essenziale: 1-5 gocce/die. Ocimum basilicum T.M. 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica La Tintura Madre si prepara a partire dalla parte aerea fresca (titolo 65°). 508

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Curiosità • Il basilico era raccomandato da Plinio contro l’epilessia e la mania in quanto «espelle dal cuore i vapori malinconici». • Nella medicina popolare le foglie di basilico erano utilizzate per stimolare la secrezione lattea e come afrodisiaco. Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 144. 2 Bruneton J., 1993, op. cit., p. 427. 3 Jayasinghe C, Gotoh N, Aoki T et al., 2003, Phenolics composition and antioxidant activity of sweet basil (Ocimum basilicum L.). J Agric Food Chem. 51:4442-49; Ninfali P, Mea G, Giorgini S et al., 2000, Antioxidant capacity of vegetables, spices and dressings relevant to nutrition. Br J Nutr. 93:257-266. 4 Teuscher E. et al., op. cit., p. 144. 5 Proserpio G. et al., op. cit., p. 726. 6 Chokechaijroenporn P. et al., 1994, Phytomedicine 1, 135-9. 7 Teuscher E. et al., op. cit., p. 144. 8 Wichtl Max et al., op. cit., p. 105. 9 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 621. 10 Teuscher E. et al., op. cit., p. 144.

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Nome comune: Enotera; Onagra o Enagra; Rapunzia Francese: Onagre Inglese: Evening Primrose Tedesco: Nachtkerze Spagnolo: Onagra común Famiglia: Onagraceae Parte utilizzata: semi; parte aerea Costituenti principali: Semi: – sino al 25% di un olio ricco di acidi grassi insaturi: acido γ-linolenico (7-14%), α- linolenico (< 0,5%), linoleico (65-85%), oleico (5-12%), stearico (1-4%), palmitico (4-10) Parte aerea: – flavonoidi, tannino… Attività principali: Parte aerea: stimolante la digestione, calmante la tosse, lenitiva Semi: olio di enotera come fonte di acido gamma-linolenico (g-linolenico) Impiego terapeutico: eczema atopico, acne; sindrome premestruale, mastodinia; artrite reumatoide; irritabilità; invecchiamento cutaneo (semi); affezioni vascolari (parte aerea)

Utilizzo medico L’olio di enotera, estratto dai piccoli semi di Oenothera biennis, è uno dei rari prodotti vegetali che può fornire acido g-linolenico (AGL), un acido grasso di tipo omega-6, in quantità sufficiente da permettere la produzione delle prostaglandine della serie 1 (PGE1), a detrimento delle PGE2, anche in caso di deficienza della Δ-6-desaturasi: in tal modo verrebbero ridotti i meccanismi in grado di determinare uno stato infiammatorio. Gli acidi grassi essenziali (insaturi) sono precursori degli eicosanoidi (prostaglandine, trombaxani, leucotrieni) e costituenti della membrana cellulare. La loro carenza si accompagna a turbe cutanee (eczemi), ritardo della crescita, ipercoagulazione e alterazione della sintesi di PGE11. L’organismo quando è in buono stato di salute fabbrica l’AGL di cui necessita a partire dall’acido linoleico attraverso gli oli vegetali che gli provengono dall’alimentazione (girasole, mais, soia, cartamo ecc). L’acido γ-linolenico si forma dall’acido linoleico a partire dalla Δ-6-desaturasi che può essere inibita da vari fattori quali senescenza, ipercolesterolemia, infezioni virali, diabete, carenza in zinco, acidi grassi saturi ecc. Se per qualche ragione la Δ-6-desaturasi è inibita, viene a essere bloccata a livello dell’acido linoleico la sintesi delle prostaglandine E1(PGE1). Le PGE1, la cui sintesi è favorita anche dalla presenza di calcio, zinco e nicotinamide, sono importanti in quanto contribuiscono a mantenere l’elasticità della pelle controllandone la secrezione sebacea, intervengono nell’inibizione dell’aggregazione piastrinica, eser510

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citano un’azione regolatrice anche a livello di estrogeni e prolattina. «Se l’apporto di acido linoleico nell’alimentazione quotidiana è indispensabile, quello dell’acido γ-linolenico permette di saltare la tappa limitante che è rappresentata dalla desaturazione in 6, evitando lo squilibrio fra PGE1 e PGE2, dato che questi ultimi continuano a essere sintetizzati parzialmente a partire dall’acido arachidonico esogeno mediante l’apporto di carne e uova. Tale squilibrio sarebbe all’origine delle manifestazioni cliniche osservate in caso di carenza di acidi grassi essenziali.2» L’AGL è raramente presente in grande quantità nella nostra alimentazione: da ciò l’interesse nei confronti dell’olio di enotera che consente un apporto di acido γ-linolenico pronto per essere utilizzato. Altre fonti interessanti di AGL sono rappresentate dall’olio di borragine (22%) e olio di semi di ribes nero (18%). Dal punto di vista clinico le principali indicazioni cliniche dell’olio di enotera riguardano il trattamento dell’eczema atopico, della mastodinia, della sindrome premestruale e dell’artrite reumatoide. Il suo impiego, per os, sarebbe utile in pazienti affetti da eczema atopico3 anche se questa indicazione è controversa: i risultati degli studi clinici, spesso di scarsa qualità metodologica, sono controversi e le metanalisi pubblicate non sono concordi sulla reale efficacia terapeutica4. Uno studio randomizzato recentemente pubblicato ha segnalato che l’uso dell’olio di enotera in 50 soggetti per 5 mesi ha migliorato in modo significativo rispetto al gruppo placebo la sintomatologia5: gli autori, consapevoli del fatto che la letteratura scientifica non è concorde, auspicano più ampi studi. L’impiego locale in caso di eczema atopico sembra inefficace e addirittura in alcuni pazienti è stato registrato un aggravamento con l’uso di prodotti a base di acido glinolenico. Si segnala comunque che l’olio di enotera rientra nella formulazione di preparati indicati per preservare l’elasticità cutanea e prevenire la comparsa di rughe6. L’olio di enotera viene impiegato nel trattamento della sindrome premestruale7 per attenuare la sintomatologia (mastodinia, in particolare). Anche in questo caso però gli studi pubblicati non sono probanti8. Due studi comparativi effettuati su 675 donne sofferenti di mastodinia ha dimostrato che l’efficacia non è superiore a quella del placebo9. Nel trattamento della mastodinia l’azione è stata paragonata a quella della bromocriptina: agonista dopaminergico, frena la secrezione della prolattina a livello dell’asse ipotalamo-ipofisario ed è pertanto indicata nel trattamento delle conseguenze dell’iperprolattinemia (turbe del ciclo mestruale, sterilità, galattorrea; nell’uomo: impotenza e ginecomastia). In uno studio comparativo l’associazione di olio di enotera e bromocriptina ha ridotto i sintomi nelle pazienti che soffrivano di mastodinia ciclica10. L’olio di enotera è risultato utile nel trattamento dell’acne e dei comedoni che compaiono durante il periodo premestruale. Nonostante i dati in letteratura siano contraddittori11, sembra che nel trattamento dell’artrite reumatoide12 l’olio di enotera, come fonte di acido γ-linolenico, possa contribuire a ridurre i sintomi della malattia13. Dagli studi, spesso deboli dal punto di vista metodologico, emerge che sebbene i singoli studi non siano conclusivi, si rende evidente un certo potenziale beneficio nell’utilizzo di AGL, anche se si rendono necessari ulteriori studi per stabilire il dosaggio ottimale e la durata del trattamento14. Una indicazione terapeutica interessante è quella relativa alla neuropatia diabetica lieve: gli autori ne suggeriscono l’impiego come coadiuvante nei casi nei quali l’efficacia del trattamento medico classico è parziale15. Altre indicazioni terapeutiche riguardano le turbe vasomotorie della menopausa16, l’osteoporosi17, la fatica cronica18, l’asma19, la psoriasi20, la schizofrenia21 e le turbe da deficit dell’attenzione con o senza iperattività22. Dato che 511

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una carenza di acidi grassi essenziali può avere influenza sui processi della crescita, è possibile impiegarlo utilmente in pediatria nei bambini ipercinetici, nei quali sembra sia stata evidenziata tale carenza. Un’indicazione recente è quella relativa all’impiego per alleviare il disagio degli occhi secchi associati a lenti a contatto morbide23. A livello dell’apparato vascolare viene sfruttata l’azione di controllo sulla colesterolemia, le proprietà antiaggreganti piastriniche e vasodilatatrici che l’acido γ-linolenico è in grado di esercitare con l’intermediazione della formazione delle PGE1. L’assunzione di olio di enotera potrebbe pertanto contribuire a ridurre certi fattori di rischio nei confronti delle malattie cardiovascolari nei soggetti anziani24. Altre indicazioni reperibili in letteratura riguardano il suo impiego della sindrome dell’intestino irritabile e per contenere i danni epatici causati dall’abuso di alcol (proprietà epatoprotettrici). Segnalazioni particolari, e che meritano senza dubbio di essere approfondite tramite indagini adeguate, riguardano l’uso nel trattamento della sclerosi multipla, sindrome di Sjogren25, la sindrome di Raynaud26, corea di Huntington27. Scrive però Bruneton J.: «Se risultati modesti possono eventualmente giustificare il suo utilizzo in caso di eczema atopico e dolori mammari ciclici, le altre indicazioni poggiano su dati perlomeno contraddittori e frammentari»28. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. In seguito alla sua assunzione le feci possono presentarsi scarsamente formate. Non utilizzare insieme a farmaci anticonvulsivanti in quanto potrebbe diminuire la concentrazione di questi ultimi29. Si consiglia durante l’assunzione dell’olio di enotera l’integrazione con magnesio, zinco, vitamina C, niacina e vitamina B6, al fine di favorire la sintesi della PGE130. Il frequento impiego di corticosteroidi potrebbe ridurre l’effetto potenzialmente benefico dell’olio di enotera in caso di eczema atopico31. È stato segnalato che la contemporanea assunzione di fenotiazina e AGL può determinare epilessia temporale32. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) L’olio di enotera raffinato è l’olio grasso ottenuto a partire dai semi di O. biennis L. o di O. lamarkiana L. Composizione in acidi grassi (%): lunghezza inferiore a C16 < 0,3; palmitico, 4-10; stearico,1-4; oleico, 5-12; linoleico, 65-85; γ-linolenico, 7-14; α-linolenico, < 0,5. Forme farmaceutiche e posologia Olio di enotera: capsule da 250 a 500 mg (2 a 4 g al giorno: adulti); come supplemento alimentare: 500 mg-1g al giorno. Bambini: capsule da 250-500 mg, 3 cps al dì durante i pasti. Nota: «Per l’eczema atopico si consiglia 6-8 g per l’adulto e 2-4 per il bambino. Per i dolori mestruali e nella mastalgia si consiglia una dose giornaliera di 3-4 g. Queste dosi sono calcolate su un contenuto standardizzato di acido γ-linolenico dell’8%). Potrebbero essere necessari lunghi trattamenti (3 mesi) prima che venga osservato un effetto.33» Note di galenica L’olio si estrae a freddo dai semi, evitando così la trasformazione, dovuta al calore, dei principi attivi in isomeri meno attivi o inattivi. L’olio deve essere conservato al 512

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riparo dalla luce, dall’umidità e dal calore. La letteratura segnala una titolazione all’8% in acido γ-linolenico. A volte viene aggiunta vitamina E come antiossidante. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 45°). Curiosità • I fiori, molto belli, hanno il colore delle primule e si aprono alla sera: durano solo il giorno e la notte successiva. Note bibliografiche 1 Rombi M., op. cit., p. 201. 2 Ibidem, p. 202. 3 Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 296. 4 Morse NL, Clough PM., 2006, A meta-analysis of randomized, placebo-controlled clinical trials of Efamol evening primrose oil in atopic eczema. Where do we go from here in light of more recent discoveries? Curr Pharm Biotechnol. 7(6):503-24. Review; Van Gool CJ, Zeegers MP, Thijs C., 2004, Oral essential fatty acid supplementation in atopic dermatitis-a meta-analysis of placebo-controlled trials. Br J Dermatol. 150(4):728-40. 5 Senapati S, Banerjee S, Gangopadhyay DN., 2008, Evening primrose oil is effective in atopic dermatitis: a placebo-controlled trial Indian. J Dermatol Venereol Leprol. 74(5):447-52. 6 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 181. 7 Puolakka J. et al., 1985, J. Reprod. Med. 30, 149-153; Horrobin D.F., 1983, ibid., 28, 465-8. 8 Budeiri D, Li Wan Po A, Dornan JC., 1996, Is evening primrose oil of value in the treatment of premenstrual syndrome? Controlled Clinical Trials. 17:60-68. 9 Blommers J, de Lange-De Klerk ES et al., 2002, Evening primrose oil and fish oil for severe chronic mastalgia: a randomized, double-blind, controlled trial. Am J Obstet Gynecol. 187(5):1389-94. 10 Saied GM, Kamel RM, Dessouki N, 2007, Low intensity laser therapy is comparable to bromocriptine-evening primrose oil for the treatment of cyclical mastalgia in Egyptian females. Tanzan Health Res Bull. 9(3):196-201. 11 Belch JJ, Hill A, 2000, Evening primrose oil and borage oil in rheumatologic conditions. Am J Clin Nutr Jan; 71(1 Suppl):352S-6S. 12 Brzeski M. et al., 1991, Evening primrose oil in patients with rheumatoid arthritis and side effects of non steroidal anti inflammatory drug, Brit. J. Rheumatol. 30, 370-2. 13 Soeken KL, Miller SA, Ernst E, 2003, Related Herbal medicines for the treatment of rheumatoid arthritis: a systematic review. Rheumatology (Oxford). 42(5):652-9. Review. 14 Little C, Parsons T, 2001, Herbal therapy for treating rheumatoid arthritis. Cochrane Database Syst Rev, (1):CD002948. Review. 15 Halat KM, Dennehy CE., 2003, Botanicals and dietary supplements in diabetic peripheral neuropathy. J Am Board Fam Pract. 16(1):47-57. Review. 16 Cancelo Hidalgo MJ, Castelo-Branco et al., 2006, Effect of a compound containing isoflavones, primrose oil and vitamin E in two different doses on climacteric symptoms. J Obstet Gynaecol. 26(4):344-7. 17 Bassey EJ, Littlewood JJ et al., 2000, Lack of effect of supplementation with essential fatty acids on bone mineral density in healthy pre- and postmenopausal women: two randomized controlled trials of Efacal v. calcium alone. Br J Nutr. 83(6):629-35. 18 Warren G, McKendrick M, Peet M, 1999, The role of essential fatty acids in chronic fatigue syndrome. A case-controlled study of red-cell membrane essential fatty acids (EFA) and a placebo-controlled treatment study with high dose of EFA. Acta Neurol Scand. 99(2):112-6. 19 Ebden P, Bevan C et al., 1989, A study of evening primrose seed oil in atopic asthma. Prostaglandins Leukot Essent Fatty Acids. 35(2):69-72.; Stenius-Aarniala B, Aro A et al., 1989, Evening

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primrose oil and fish oil are ineffective as supplementary treatment of bronchial asthma. Ann Allergy, 62(6):534-537. 20 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 181. 21 Joy CB, Mumby-Croft R, Joy LA, 2000, Polyunsaturated fatty acid (fish or evening primrose oil) for schizophrenia. Cochrane Database Syst Rev, (2):CD001257. 22 Aman MG, Mitchell EA, Turbott SH, 1987, The effects of essential fatty acid supplementation by Efamol in hyperactive children. J Abnorm Child Psychol, 15(1):75-90. Arnold LE, Kleykamp D et al., 1989, Gamma-linolenic acid for attention-deficit hyperactivity disorder: placebo-controlled comparison to D-amphetamine. Biol Psychiatry, 25(2):222-228. 23 Kokke KH, Morris JA, Lawrenson JG., 2008, Oral omega-6 essential fatty acid treatment in contact lens associated dry eye. Cont Lens Anterior Eye. 31(3):141-6. 24 Hornych A, Oravec S et al., 2002,The effect of gamma-linolenic acid on plasma and membrane lipids and renal prostaglandin synthesis in older subjects. Bratisl Lek Listy; 103(3):101-7. 25 Theander E, Horrobin DF et al., 2002, Gammalinolenic acid treatment of fatigue associated with primary Sjogren’s syndrome. Scand J Rheumatol. 31(2):72-9.; Aragona P, Bucolo C et al., 2005, Systemic omega-6 essential fatty acid treatment and PGE1 tear content in Sjogren’s syndrome patients. Invest Ophthalmol Vis Sci. 46:4474-4479. 26 Belch JJ, Shaw B et al., 1985, Evening primrose oil (Efamol) in the treatment of Raynaud’s phenomenon: a double blind study. Thromb Haemost, 30;54(2):490-4. 27 Vaddadi KS, Soosai E et al., 2002, A randomised, placebo-controlled, double blind study of treatment of Huntington’s disease with unsaturated fatty acids. Neuroreport. 21;13(1):29-33. 28 Bruneton J., 1993, op. cit., p. 139. 29 Miller L.G., 1998, Herbal medicinals: selected clinical considerations focusing on known or potential drug-herb interactions, Arch. Intern. Med. 158, 20, 2200-2211. 30 Horrobin DF., 1981, The importance of gamma-linolenic acid and prostaglandin E1 in human nutrition and medicine, J. Holistic. Med. 3, 118-139. 31 Morse NL, Clough PM, 2006, A meta-analysis of randomized, placebo-controlled clinical trials of Efamol evening primrose oil in atopic eczema. Where do we go from here in light of more recent discoveries? Curr Pharm Biotechnol. 7(6):503-24. Review. 32 Vaddadi KS, 1981, The use of gamma-linolenic acid and linoleic acid to differentiate between temporal lobe epilepsy and schizophrenia. Prostaglandins Med. 6:375,379. 33 Capasso F., 2011, op. cit., p. 131.

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Olea europaea L.

Nome comune: Olivo Francese: Olivier Inglese: Olive tree Tedesco: Olivenbaum Spagnolo: Olivo Famiglia: Oleaceae Parte utilizzata: foglia; giovani getti Costituenti principali: – secoiridoidi: oleuropeoside (maggioritario: 60-90 mg/g), 11-demetil-oleuropeoside, diestere metilico (7,11) dell’oleoside, ligstroside, oleuroside e aldeidi seco-iridoidiche non eterosidiche (oleaceina)1 – triterpeni e acidi-fenoli (acido caffeico), verbascoside e flavonoidi (rutoside e glicosidi dell’apigenolo e del luteolo) – sostanze amare (olivamarina); tannini; sali minerali Attività principali: ipotensiva; ipoglicemizzante, astringente Impiego terapeutico: ipertensione; coadiuvante nelle forme di diabete

Utilizzo medico La tradizione fitoterapeutica attribuisce alle foglie dell’olivo numerose proprietà: febbrifuga, ipoglicemizzante, diuretica e, soprattutto, ipotensivante. Si ritiene che l’azione terapeutica si debba principalmente all’oleuropeoside. Studi sperimentali hanno dimostrato che infuso e decotto sono ipotensivanti nel cane. Analoga attività si è riscontrata utilizzando il principio attivo, oleuropeoside. Petkov (1972) ha dimostrato che la somministrazione intravenosa di oleuropeoside nel cane reso iperteso, determina una notevole e prolungata diminuzione dei valori pressori. Tale attività è stata confermata con l’impiego di un estratto al 70% in oleuropeoside, somministrato per os nel ratto spontaneamente iperteso così come con una preparazione di foglie somministrata per via intravenosa nel ratto normoteso2. A livello del miocardio di coniglio questo iridoide provoca aumento del debito coronarico e della pressione intraventricolare sinistra. L’oleuropeoside è, inoltre, spasmolitico e dotato di azione antiossidante3. Nella cavia diminuisce l’ampiezza delle contrazioni cardiache e rallenta leggermente il ritmo cardiaco. «Infuso e oleuropeoside sono coronarodilatatori e antiartmici, ma l’iridoide non è indubbiamente l’unico agente attivo della foglia»4. In effetti, ad esempio, gli acidi-fenoli conferiscono alle foglie marcate proprietà antiossidanti, l’oleacina inibisce in vitro l’enzima di conversione dell’angiotensina. Dal punto di vista clinico le foglie di olivo possono essere impiegate nelle forme di ipertensione arteriosa di grado modesto, ove determinano ipotensione tramite un meccanismo di vasodilatazione periferica: i preparati presentano una buona tollerabilità e non provocano azione depressoria sul cuore. Per l’azione vasodilatatrice 515

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a livello coronarico, il loro utilizzo può contribuire a prevenire gli attacchi d’angor. Possiedono proprietà antiaritmiche5 e riducono inoltre la viscosità ematica e facilitano la diuresi6. L’effetto ipotensore compare dopo 20-30 minuti dalla somministrazione e aumenta gradatamente sino a determinare la scomparsa dei disturbi dovuti allo stato ipertensivo. La terapia deve essere seguita per periodo prolungato. Si può associare Biancospino. Sono stati pubblicati i risultati di uno studio7 – in doppio cieco, randomizzato, in parallelo e con controllo clinico attivo – condotto in pazienti affetti da ipertensione al primo stadio, al fine di valutare l’effetto anti-ipertensivo e la tollerabilità di un preparato a base di foglie di olivo (Olea europea L.) rispetto a un farmaco, il Captopril. Sono stati indagati anche gli eventuali effetti ipolipemizzanti di O. europea. Dopo 8 settimane di trattamento, entrambi i gruppi hanno sperimentato una riduzione significativa della pressione sistolica e diastolica rispetto al basale, mentre la riduzione non è risultata diversa in modo significativo tra i due gruppi. Una significativa riduzione del livello dei trigliceridi è stata osservata nel gruppo trattato con estratto di foglie di olivo e non nel gruppo captopril. Recentemente sono stati segnalati nelle foglie acidi grassi poliinsaturi (acido γ-linolenico) in grado di ridurre il colesterolo LDL aumentando l’HDL e di contribuire alla formazione di sostanze (trombaxano e prostaglandine) coinvolte nel garantire l’integrità dei vasi. L’effetto sui vasi sembra inoltre dovuto a un aumento della concentrazione intercellulare di AMPc8. Viene pertanto a essere convalidata l’indicazione di alcuni autori del passato circa l’effetto benefico delle foglie nei soggetti ipertesi con note di aterosclerosi per via dell’azione vasodilatatrice a livello coronarico, della riduzione della viscosità ematica, dell’azione ipocolesterolemizzante e della stimolazione della diuresi (Benigni). Sempre all’oleuropeoside sarebbero dovute le proprietà ipoglicemizzanti che alcuni autori attribuiscono alle foglie9: le foglie possono essere impiegate, pertanto, come coadiuvanti, nel trattamento delle forme diabetiche lievi non insulino-dipendente10. Come per tutte le piante contenenti principi amari le foglie sono considerate febbrifughe: un tempo si utilizzavano nella malaria. Gemmoterapia: i giovani getti (Olea europea M.G.1DH) presentano un organotropismo elettivo nei confrontidei vasi arteriosi e agiscono a livello del metabolismo lipidico e glucidico (azione anti-ipertensiva, ipocolesterolemizzante e ipoglicemizzante). Dotati dispiccata attività antipertensiva, manifestano anche proprietà ipocolesterolemizzanti e di riduzione della lipemia totale: ne consegue che l’azione antiateromatosa associata all’attività antipertensiva e ipoglicemizzante fa di questo gemmoderivato un ottimo rimedio nella prevenzione e cura dell’arteriosclerosi. Per la citata attività ipoglicemizzante, inoltre, può essere prescritto nei soggetti con diabete tipo II e, sempre come supporto alla terapia medica di base. Nel deficit cerebrale dell’anziano svolgerà, grazie anche alla diminuzione della viscosità ematica e quindi alla migliorata vascolarizzazione, un valido aiuto per i vuoti di memoria e per migliorare le prestazioni intellettuali. In letteratura si trovano segnalazioni riguardanti l’impiego unitamente a Ficus carica M.G.1DH nel trattamento della nevralgia del trigemino11. Uso esterno L’uso topico delle foglie di olivo è dovuto alle caratteristiche astringenti. Decotti sono impiegati per lavare piaghe o ferite e, come collutorio, nelle infiammazioni delle mucose accessibili. 516

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Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Si consiglia di assumere durante o dopo i pasti, al fine di evitare irritazione gastrica in soggetti predisposti (principio amaro). Porre, inoltre, attenzione all’impiego contemporaneo di farmaci antidiabetici (azione ipoglicemizzante della foglia e dei giovani getti) e ipotensivante (sommazione d’effetto). Si consiglia di evitare in gravidanza e allattamento per mancanza di dati clinici e farmacologici esaustivi (solo prescrizione medica, per uso limitato). Il gemmoderivato non presenta controindicazioni. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla foglia essiccata contenente al minimo 5% di oleuropeina. La foglia serve a preparare l’estratto secco: preparato con etanolo al 65-96%, la concentrazione in oleuropeina è > 16%. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 3-10 g per litro. Tisana: fare una decozione (5 minuti) di 30 g di foglie per 1 litro di acqua. Assumere 3 tazze al dì. Apozema (Leclerc): far bollire 20 foglie fresche di olivo in 300 g di acqua, ridurre a 200 g. Filtrare, dolcificare e bere mattino e sera. * Per apozema si intende una tisana (infuso, decotto ecc.) che a differenza di quelle usuali contiene una forte dose di medicamento, ragione per cui non può essere usata come bibita usuale dall’ammalato, ma deve essere somministrata secondo la prescrizione medica (Medicamenta). Decotto: al 6% (uso topico). Estratto Fluido: 3-5 g pro die. Polvere: 200 mg per cps: 1-2 cps 3 volte al dì. Estratto secco (titolato al 10% min. in oleuropeina): 1 cps 2 volte al dì. Olea europea M.G.1DH: 30-50 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì. Olea europaea T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica Viene segnalata una scarsa stabilità degli iridoidi: si preferiscono pertanto preparati stabilizzati. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal ramo fogliato fresco raccolto in primavera (titolo 65°). Formulario Gocce diuretiche-antisettiche Uva ursi T.M. Olea e. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Eretismo cardiaco Crataegus o. T.M. 20 ml Valeriana o. T.M. 20 ml Olea e. T.M. 30 ml in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì 517

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se soggetto pletorico: Fumaria o. T.M. 20 ml Passiflora i. T.M. 20 ml Olea e. T.M. 30 ml in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Ipertensione (trattamento complementare) Crataegus o. T.M. 20 ml Olea e. T.M. 40 ml Passiflora i. T.M. 20 ml in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Dislipidemia e ipertensione Olea e. T.M. Taraxacum o. T.M. Cynara s. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì (solo prescrizione medica) Gocce ipoglicemizzanti (come coadiuvante) Allium s. T.M. Arctium l. T.M. Olea e. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì (solo prescrizione medica) Ipertensione (trattamento complementare) (Benigni R., Capra C., Cattorini P.E.) Estratto Fluido Olivo 15 g Estratto Fluido Biancospino 5g Estratto Fluido Arancio dolce alcol-idrosolubile 5g Sciroppo semplice F.U. 30 g Acqua q. b. a 150 g S/3 cucchiai al dì Curiosità • Albero originario dell’Asia e assai diffuso in Grecia, è coltivato in tutto il sud d’Europa: era noto anche come pianta medicinale ai popoli del bacino mediterraneo. • «È affatto moderno l’uso dell’ulivo contro le febbri intermittenti. Gli ufficiali sanitari dell’armata francese invadente la Spagna, e quelli che più tardi gareggiarono in Morea, trovandosi sprovvisti affatto di Chinino, e approfittando delle produzioni e probabilmente anche delle tradizioni farmaceutiche locali, ne ottennero splendidi risultati» (Scotti, 1872). • «Dal frutto verde immaturo i romani estraevano un olio viscoso, brunastro, chiamato omphacium. Gli atleti se ne ungevano il corpo: poi, dopo la lotta, misto alla polvere, al sudore, al sangue lo si raschiava dal corpo con una specie di striglie (strigili), e lo si conservava come rimedio preziosissimo contro una infinità di malattie, principalmente la scabie e l’alopecia» (Scotti, 1872). 518

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Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 718. 2 Petkov V., Manolov P., 1972, Arzneim. Forsch, 22, 1476-1486. 3 Bruneton J., op. cit., ibidem. 4 Ibidem. 5 Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 242. 6 Penso G., 1989, Piante medicinali nella terapia medica, IIª ed. OEMF, Milano, pp. 143-146. 7 Susalit E, Agus N, Effendi I et al., Olive (Olea europaea) leaf extract effective in patients with stage-1 hypertension: Comparison with Captopril. Phytomedicine. 2011 Feb 15;18(4):251-8. 8 Fehri et al., 1995, Phyt. Res. 9, 435-439. 9 Al-Azzawie HF, Alhamdani MS, 2006, Hypoglycemic and antioxidant effect of oleuropein in alloxan-diabetic rabbits. Life Sci. 16;78(12):1371-7. 10 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1021. 11 Campanini E., Manuale pratico di gemmoterapia, op. cit., pp. 106-107.

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spinosa

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Ononis spinosa L.

Nome comune: Ononide; Bonaga Francese: Bugrane éspineuse; Arrête-boeuf Inglese: Restharrow Tedesco: Dornige Hauhechel Spagnolo: Gatuña Famiglia: Fabaceae Parte utilizzata: radice Costituenti principali: – olio essenziale (0,1%): trans-anetolo, carvone e mentolo – onocerina: saponina triterpenica dalla struttura simile a quella della glicirrizina – steroli: fitosteroli – isoflavonoidi:glicosidi della formononetina e della biocanina-A e loro derivati malonilati, pterocarpani Attività principali: diuretica; astringente; antinfiammatoria Impiego terapeutico: per favorire la diuresi; prevenzione e trattamento renella

Utilizzo medico La radice di ononide viene generalmente classificata tra le droghe ad azione diuretica: a tale proprietà unisce un’azione declorurante e azoturica. «Sono particolarmente attive le saponine, le quali provocano l’aumento della diuresi anche in proporzione del 20:100, mentre, contemporaneamente, diminuiscono i processi infiammatori»1. In seguito alla sua somministrazione si constata quindi un aumento del volume urinario e nel contempo una diminuzione di intensità dello stato infiammatorio della pelvi e della vescica. Tale duplice attività ne giustifica l’impiego nelle cistiti e nella nefropatia calcolosica (in particolare da acido urico)2 e conferma l’uso antico della pianta «nella ritenzione di orina in corso di una diatesi urica, quindi in tutte le forme edematose e ascitiche, nelle nefriti e cistiti accompagnate o no da calcolosi, nelle dermatiti croniche, nella colelitiasi ecc.»3. La pianta infatti veniva stata utilizzata anche nel trattamento delle artriti croniche, degli eczemi e delle dermatiti pruriginose. Queste indicazioni fecero supporre che «l’ononide fosse dotata di un’attività corticosurrenalica. Ciò non sarebbe da escludere vista la struttura chimica di tipo triterpenico di uno dei suoi componenti: l’onocerina»4, una saponina dalla struttura simile a quella della glicirrizina (Glycyrriza glabra L., liquirizia). L’azione antiflogistica è rinforzata, inoltre, dalla presenza dei flavonoidi, dotati anche di proprietà antispasmodiche. Le foglie presentano analoghe proprietà anche se in minor grado: trovano impiego per lo più nella terapia delle forme eczematose croniche e nelle dermatiti pruriginose ecc. La monografia della Commissione E del BfArM indica l’impiego di O. spinosa nella prevenzione e nel trattamento della litiasi renale e come lavaggio delle vie urinarie nelle poussées infiammatorie. Attualmente se ne consiglia l’uso, quindi, in caso di renella, nelle cistiti e nella prostatite. 520

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Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. È opportuno, ovviamente, assicurare un abbondante apporto di liquidi. Come per tutte le piante ad azione diuretica, prestare attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci diuretici (sommazione d’effetto). Controindicata in caso di insufficienza cardiorenale. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla radice essiccata, intera o frammenta, di O. spinosa L. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 6-12 g /die. Infuso: 3-4 g di droga in 150 ml di acqua bo llente. Lasciare in infusione, coperto, per 30 minuti. Assumere 1 tazza 2-3 volte al dì tra i pasti. Estratto Fluido: 0,5-2 g pro dose 2-3 volte al dì (1 g = 35 gocce). Ononis spinosa T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al giorno. Note di galenica Con la decozione viene a essere persa l’attività diuretica in quanto la maggior parte delle sostanze attive vengono eliminate attraverso l’ebollizione. Si consiglia, pertanto, l’infuso o le preparazioni alcoliche ottenute da pianta fresca. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Decotto «In acqua o vino: 30-40-60 grammi di radice per 1 litro di liquido; far ridurre a 3/4. Al decotto ancora bollente si possono aggiungere, infondendo per alcuni minuti, 5-6 gram. di semi di finocchio; poi si passa e si aggiunge miele o zucchero; da bersi nelle 24 ore» (G. Antonelli, 1941). Renella-cistite Specie composta per tisana alla Gramigna F.U. Graminis rhizoma 20% Betulae folium 20% Solidaginis herba 20% Ononidis radix 20% Liquiritiae radix 20% S/Infuso al 3%; 1 tazza 3 volte al dì, lontano dai pasti Litiasi urinaria (Leclerc) Ononide radice 20 g Finocchio semi 5g acqua 1000 g Fare bollire la radice nell’acqua fino alla riduzione di un quarto: lasciare infondere i semi nella decozione bollente per 5 minuti. Dolcificare con miele. Assumere nelle 24 ore.

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spinosa

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Specie depurativa di ononide composta (Riva) Ononide radice 50 g Ortica foglie 20 g Betulla foglie 20 g Agrimonia somm. fiorite 10 g S/Un cucchiaio per tazza, infuso. 2-3 tazze al dì Gocce diuretiche Ononis s. T.M. Hieracium p. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua,3 volte al dì in abbondante acqua Gocce diuretiche Agropyrum r. T.M. Ononis s. T.M. Orthosiphon s. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, in abbondante acqua, 3 volte al dì Gocce depurative Agropyrum r. T.M. Fraxinus e. T.M. Ononis s. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì in abbondante acqua Curiosità • Ononis, dal greco onos = asino, il quale volentieri se ne ciba. • «In cucina sono apprezzati i giovani germogli della pianta che possono essere mangiati in insalata oppure cotti in acqua salata possono essere gustati come verdura…» (P. Fournier, 1947). • La pianta viene utilizzata, pressoché da sempre, per aumentare il volume urinario, e calmare i dolori dell’apparato urinario: Dioscoride la giudicava efficace per ridurre la renella ed espellere i calcoli. • «Finalmente così ne scrive Delle-Chiaje: ‘Questa pianta, sebbene di recondito uso in medicina avverso le affezioni calcolose, pure dagli odierni scrittori di materia medica oltremontani è poco o nulla curata. Tra noi all’incontro (a Napoli) ne è sì frequente la pratica nel caso esposto, che spesse volte sorprende la nostra aspettativa con massimo vantaggio dell’umanità, nettando le strade orinarie dai calcoletti e dalle arene. Si bollisce un oncia della sua radice bene contusa in due libbra di acqua, da consumarsi nel corso del giorno, secondo il bisogno del malato’» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Negri G., op. cit., p. 188. 2 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 608. 3 Negri G., ibidem. 4 Riva E., op. cit., p. 137.

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(L.) Mill.

Opuntia ficus indica (L.) Mill.

Nome comune: Fico d’India; Ficodindia Francese: Figuier de Barbarie Inglese: Indian fig Tedesco: Feigenkaktus Spagnolo: Tuna, nopal Famiglia: Cactaceae Parte utilizzata: frutto, cladodi, fiori Costituenti principali: Frutto – glucosio (6-8%) e fruttosio (5-6%) – acido ascorbico, vitamina B1, B2, PP, A – calcio, fosforo, ferro ecc. Cladodi (pale impropriamente chiamate foglie) – mucillagine (sostanze peptiche) Fiori – flavonoidi Attività principali: ipoglicemizzante; rinfrescante, emolliente Impiego terapeutico: diabete (coadiuvante); dolori gastrointestinali (fiori); affezioni infiammatorie (cladodi)

Utilizzo medico Il fico d’India, naturalizzato in tutto il Centro e Sud-America e nel bacino del Mediterraneo, fornisce un frutto zuccherino con polpa mucillaginosa contenente numerosi semi di consistenza lignea (da circa 100 a oltre 400 per frutto). Il frutto, edule, molto ricco di vitamina C, viene consumato come tale oppure trasformato in marmellata, sciroppo e anche in bevande alcoliche (in Messico: conche-colonche). Il valore calorico per 100 grammi di parte edibile è 53 calorie1. Viene utilizzata anche la polpa delle pale giovani (cladodi) che in Messico sono consumate come verdura oppure utilizzate come foraggio. La pianta accumula nei tessuti spugnosi dei cladodi una serie di sostanze mucillaginose (frazione polisaccaridica) utilizzate previa trasformazione. Questa cactacea presenta una molteplicità di impieghi: dall’ambito agro-alimentare a quello più propriamente terapeutico a quello industriale. Nell’agro-alimentare, oltre al consumo fresco dei frutti, si producono marmellate, bevande alcoliche e non, sciroppi, canditi, farine, oli estratti dai semi. I giovani cladodi sono consumati come verdura (limitatamente al Messico) o trasformati. Per l’alimentazione del bestiame il prodotto viene prevalentemente consumato fresco, ma può anche essere insilato, consentendo così l’impiego di materiale di potatura ottenuto da impianti destinati anche ad altri usi. Le diverse parti della pianta sono utilizzate anche dall’industria (coloranti, mucillagini, pectine, concimi organici, biogas), dal settore farmaceutico (cura del diabete, dell’obesità, delle affezioni infiammatorie ecc.) e della cosmesi. Le Opuntiae, inoltre, sono utilizzate a scopi ornamentali2. Dai semi del frutto si può ottenere un olio commestibile «che presenta un elevato grado di insaturazione, con alta percentuale di acido linoleico e bassa di acido linoleni523

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ficus indica

(L.) Mill.

co. Per queste e per altre caratteristiche chimiche e fisiche l’olio rientra nella stessa categoria degli oli di soia, mais, girasole»3. Sono stati effettuati numerosi studi, dal 1980 a oggi, che hanno dimostrato non solo l’attività ipoglicemizzante dei cladodi ma anche una certa influenza su altri disturbi metabolici, quali obesità, iperlipidemia, iperglicemia4. Scrive Mulas (1992): «In ragione dell’importante contenuto in fibre e in mucillagini, hanno un’azione ipoglicemizzante, dovuta all’assorbimento del glucosio degli alimenti e di conseguenza all’economia dell’insulina, così come un’azione ipocolesterolemica per assorbimento dei sali biliari che stimola la secrezione biliare e l’utilizzo del colesterolo presente nel sangue. Si pensa poi che gli organi vegetativi abbiano funzione antipiretica, antinfiammatoria, analgesica e antispasmodica, mentre i fiori essiccati vengono usati per la preparazione di tisane diuretiche»5. Sembra che l’essiccamento diminuisca le proprietà della pianta. L’alta concentrazione di sali minerali può invece spiegare l’uso tradizionale in Messico come drenante-diuretico e tonico cardiaco. I cladodi della pianta manifesterebbero proprietà lenitive a carico dell’apparato digerente ove contribuirebbero a diminuire l’intensità degli stimoli dolorosi nelle coliche e a prevenire la formazione di ulcere gastriche (pectina e mucillagine in elevata concentrazione). Per quanto riguarda l’impiego nell’iperplasia della prostata (medicina popolare) è stata segnalata l’inibizione in vitro dell’enzima 5-a-reduttasi che, quando presente in eccesso, può portare a un abnorme accrescimento della prostata. Recentemente sono state messe in evidenza proprietà antiossodanti (flavonoidi, β-carotene acido ascorbico ecc.)6. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Raramente, lievi disturbi gastro-intestinali. Non assumere in concomitanza a farmaci ipoglicemizzanti. Forme farmaceutiche e posologia Estratto secco: 200-400 mg / cps; 1-2 cps 3 volte al dì. Curiosità • Il fico d’India è originario del Messico: chiamato dagli atzechi nopali, venne introdotto dai coloni Spagnoli in Europa nel XVI secolo, ove si acclimatò nei paesi a clima caldo e temperato. L’attribuzione del nome Opuntia alla pianta si deve a Mattioli (XVI sec.) e in seguito venne adottato anche dai botanici. • Il fico d’India venne introdotto in Europa dopo la scoperta del Nuovo Continente. Il genere Opuntia è composto da circa 200 specie: in Italia si sono affermate tre principali varietà (gialla, bianca e rossa o sanguigna), la cui denominazione deriva dal colore del frutto. I frutti sono consumati freschi, ma vengono anche usati per produrre marmellate, bevande, sciroppi, farina e oli di semi. Il frutto era impiegato anche contro la diarrea in quanto determina stitichezza e la polpa dei cladodi per accelerare la guarigione delle ferite. • I nopalitos (le pale tenere, impropriamente chiamate foglie, di 10-15 cm di lunghezza) sono mangiati come verdura: hanno un sapore che ricorda quello del fagiolo verde e dell’asparago. Ai messicani piace prepararli con le uova o in gratin con i pomodori. In America si ottiene dai semi una farina con la quale si prepara una specie di pane.

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173 • Opuntia

ficus indica

(L.) Mill.

Note bibliografiche 1 Morricone A., Pedicino V., op. cit., p. 324. 2 Chessa I., Nieddu G., Descrizione del ficodindia, in www3.unifi.it. 3 Mulas M., Mulas G., 2004, in www.uniss.it. 4 Campanini E., Sovrappeso e cellulite, op. cit., p. 94. 5 Campanini E., 2009, Piante medicinali in Sardegna, op. cit. 6 Medina-Torres L et al., 2011, Study of the antioxidant properties of extracts obtained from nopal cactus (Opuntia ficus-indica) cladodes after convective drying. J Sci Food Agric. Apr;91(6):1001-5.

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174 • Origanum

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majorana

L.

Origanum majorana L.

Nome comune: Maggiorana Francese: Marjolaine; Grand origan Inglese: Majoran; Sweet majoran Tedesco: Majoran; Garten- Majoran Spagnolo: Mejorana; Mayorana Famiglia: Lamiaceae Parte utilizzata: sommità fiorite e foglie Costituenti principali1: – olio essenziale (0,8-3%; nella pianta fresca: 0,2-0,4%): terpinen-1-ene-4-olo (20-40%), α-terpineolo (4-8%), γ-terpineolo (2-12%), p-cimene (1-10%), idrati di sabinene (10-65%)*, terpineni e monoterpeni * L’idrato di cis-sabinene (40-80%) presente nella pianta fresca è rapidamente degradato durante l’idrodistillazione. Sono segnalate inoltre essenze di maggiorana ricche in carvacrolo (70-80%), in timolo (fino al 75%) e in linalolo e acetato di linalile (fino al 35%)2 – flavonoidi: diosmetina, vitexina, orientina, cynaroside, dinalina, thymonina, vincenina-2, diosmetina-β-glucoronide, luteolina-7rutinoside e apigenina-7-glucuronide – eterosidi fenolici: arbutina (0,4-1%), metilarbutina e idrossichinone – derivati acido idrossicinnamico (circa 5%)*: acido rosmarinico (0,1-3,3%) e clorogenico (*conosciuti come “tannini” delle Lamiaceae) – composti amari (diterpeni?) – saponosidi: murwaoside; triterpeni, steroli: acido ursolico (0,5%), acido oleanolico (0,2%) e β-sitostrerolo – ferro, calcio, manganese, vitamina E, K, A, acido ascorbico Nota: la composizione dell’olio essenziale varia a seconda dei chemotipi e delle modalità di distillazione Attività principali: aromatizzante ed eupeptica; neurotonica e antispasmodica; balsamica; antiossidante Impiego terapeutico: turbe digestive; affezioni bronchiali; distonia neurovegetativa

Utilizzo medico Il sapore aromatico e leggermente amaro è alla base delle proprietà aperitive e digestive della pianta: simile all’origano, le sue caratteristiche aromatiche risultano però più delicate. Le foglie e le sommità fiorite di maggiorana sono tradizionalmente impiegate nel trattamento sintomatico delle turbe digestive e nelle affezioni bronchiali acute benigne, di rinofaringiti, riniti, sinusiti ecc. ove manifesta azione espettorante, bechica e immunostimolante3. L’olio essenziale possiede infatti proprietà antimicrobiche oltre che vagotoniche e spasmolitiche. L’azione antisettica dell’olio essenziale, 526

174 • Origanum

majorana

L.

unita a quella antispasmodica e alla presenza di tannini, giustifica l’impiego della pianta anche nelle forme gastroenteriche accompagnate da meteorismo e flatulenza e alterazioni dell’alvo (impronta diarroica). Per l’azione tonica e corroborante, sostenuta anche dal miglioramento dei processi digestivi e quindi da un alleggerimento del distretto epatico, e per le già citate proprietà antispasmodiche, la pianta trova indicazione, ovviamente come coadiuvante, nel trattamento delle distonie neurovegetative stati ansioso-depressivi, disturbi del sonno, emicrania e cefalea di origine nervosa. Interessanti gli ultimi studi pubblicati relativi alle proprietà antiossidanti e anti-AChE (anti-acetilcolinesterasi) dell’olio essenziale: manifesta infatti a concentrazioni dosedipendenti effetti inibitori nei confronti della perossidazione lipidica e inibisce l’attività colinesterasica4. Risulterebbe pertanto utile introdurre nella nostra alimentazione questo agente naturale antiossidante e anti-AChE. La maggiorana risulta, infine, blandamente diuretica. Da non dimenticare l’uso come aromatizzante in cucina. Uso esterno Per uso topico, in suffumigi, può essere utilizzata in caso di naso chiuso, raffreddore, così come per l’igiene della bocca5 e come collutorio per gargarismi contro l’infiammazione della mucosa orofaringea. È stata segnalata in vitro un’azione antivirale dell’estratto acquoso sostenuta molto probabilmente dalla concentrazione in acido rosmarinico e che si manifesta solo nell’uso topico6. In particolare è stata segnalata l’inibizione della replicazione virale del virus Herpes simplex di tipo 17. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’impiego della pianta come condimento risulta sicuro. La debole quantità di idrochinone, libero o che si libera a partire dall’arbutina a livello intestinale, non sembra manifestare il suo potenziale tossico quando la pianta è impiegata come aromatizzante. L’idrochinone risulta infatti epatotossico, nefrotossico, carcinogeno (nell’animale) quando somministrato in grandi quantità e per tempi prolungati8. La pianta fresca può provocare, in soggetti sensibili, irritazione cutanea e oculare. Si trova segnalato che l’olio essenziale può provocare, per posologie elevate, ematuria9. Generalmente ben tollerato, si consiglia comunque di diluire nell’uso topico. Se ne sconsiglia l’impiego per diffusione10. Usare con cautela nei bambini. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1-2 cucchiai da minestra di droga in 250 ml di acqua: 1-2 tazze al giorno. Da bere caldo e a sorsate successive. Non zuccherare quando viene usato per trattare i disturbi digestivi. Dolcificare con miele invece per favorire l’azione espettorante. Olio essenziale: 1 goccia su compressa neutra 1-3 volte al giorno prima dei pasti. Origanum majorana T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Note di galenica L’olio essenziale opportunamente diluito e microincapsulato può essere utilizzato anche per via aerosol11. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). 527

174 • Origanum

majorana

L.

Formulario Gocce antispasmodiche Origanum m. T.M. Valeriana o. T.M. Eschscholtzia c. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì, durante la giornata Curiosità • La maggiorana era raccomandata dai medici arabi contro l’emicrania, i tic facciali, il singhiozzo e l’ubriachezza. • La pianta venne classificata dal grande medico, chimico e botanico Hermann Boerhaave (1668-1738) fra i medicamenti cefalici in quanto si riteneva esercitasse sul cervello, tramite l’intermediazione della mucosa olfattiva, un’azione benefica. Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 297. 2 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 579. 3 Raynaud F., Prescription et conseil en aromathérapie, op. cit., p. 164. 4 Mossa AT, Nawwar GA., 2011, Free radical scavenging and antiacetylcholinesterase activities of Origanum majorana L. essential oil. Hum Exp Toxicol. Jan 14. 5 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 430. 6 Teuscher E. et al., op. cit., p. 297. 7 Raynaud J, ibidem, p. 165. 8 Ibidem. 9 Van Hellemont J., op. cit., p. 273. 10 Ibidem. 11 Camporese A., op. cit., p. 127.

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175 • Origanum

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vulgare

L.

Origanum vulgare L.

Nome comune: Origano Francese: Origan vulgaire; Marjolaine sauvage Inglese: Oregano; Wild marjoram Tedesco: echter Dost; Oregano Spagnolo: Orégano Famiglia: Lamiaceae Parte utilizzata: parti aeree Costituenti principali1: – olio essenziale (0,3% a 1,5%; anche fino a 4%): carvacrolo come maggioritario (40-70%), γ-terpinene (8-10%), p-cimene (5-10%), α-pinene, mircene e timolo; timolo come maggioritario (60-80%); timolo (≈32%) + carvacrolo (≈17%) + p-cimene (≈12%)+γ-terpinene (≈10%); timolo (≈32%)+ trans-β-ocimene (≈23%) + p-cimene (≈10%) + carvacrolo (≈9%) o β-fellandrene (≈22%) + β-cariofillene (≈10%) + γ-elemene (≈6%) + transβ-ocimene (≈5%); linalolo (≈24%) +mircene (≈ 18%) + β-cariofillene (≈9%) + germacrene D (≈ 7%) + terpineolo-4 (≈4%); linalolo (≈ 37%) + β-cariofillene (≈9%) + carvacrolo (≈7%) + germacrene D (≈ 34%) o linalolo + terpineolo-4 Nota: la composizione dell’olio essenziale varia a seconda dei chemotipi e in funzione del periodo di raccolta. Esistono poi diverse sottospecie che si caratterizzano per la seguente composizione: Origanum vulgare L. ssp. hirsutum: carvacrolo (fino al 70%), timolo o p-cimene predominano Origanum vulgare L. ssp. gracile: β-cariofillene (≈18%) + germacrene D (≈ 13%) Origanum vulgare L. ssp. viride: terpineolo-4 (≈ 17%) + germacrene D (≈ 16%) Origanum vulgare L. ssp. viridulum: timolo (≈ 69%) + carvacrolo (≈ 10%) predominano – derivati dell’acido idrossicinnamico (7%)*: acido rosmarinico (5%), caffeico ecc. * costituenti amari tipici delle Lamiaceae – flavonoidi: eterosidi della luteolina, apigenina e naringenina Attività principali: stomachico e antispasmodico; bechica ed espettorante Impiego terapeutico: disturbi gastro intestinali; tossi spasmodiche

Utilizzo medico L’origano è tradizionalmente impiegato per le proprietà aperitive, stomachiche e antispasmodiche. Presenta azione stimolante la funzionalità digestiva ed è particolarmente indicato nelle atonie gastriche e intestinali caratterizzate da gonfiore epigastrico, lentezza digestiva, eruttazioni, meteorismo, flatulenza e nell’insufficienza epato-biliare. Si consiglia pertanto di utilizzare la pianta anche come erba aromatica da condimento: in questo modo, infatti, sono facilitati i processi digestivi e al contempo viene svolta un’azione antisettica e antifermentativa (olio essenziale). L’origano manifesta, inoltre, azione espettorante ed è indicato nelle affezioni bronchiali acute 529

175 • Origanum

vulgare

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benigne. Grazie all’azione antispasmodica è utile nella pertosse ove contribuisce a calmare gli accessi pertussoidi e favorisce una guarigione abbastanza rapida (2-3 settimane) ed esente da complicazioni. Risulta efficace anche nelle tracheiti da fumo. La pianta, grazie all’olio essenziale presente nel fitocomplesso, possiede proprietà antimicrobiche marcate, ad ampio spettro, che giustificano il suo impiego, oltre che nel trattamento delle forme bronchiali ecc., nell’uso topico per disinfettare ferite, ulcerazioni, bruciature e svariate lesioni cutanee. L’olio essenziale ottenuto dall’Origanum vulgare presenta infatti ampio spettro antimicrobico con maggior orientamento verso i gram negativi e proprietà immunomodulanti chemiotattiche2. In linea di massima le proprietà terapeutiche della pianta, e quindi del suo olio essenziale, sono simili a quelle del timo e della maggiorana3. Uso topico Oltre alle proprietà antimicrobiche viene segnalata anche un’azione antipruriginosa ed eutrofica. Si ricorda a questo proposito che le foglie di origano rientravano fra i componenti degli alcolati vulnerari, preparati che servivano a curare piaghe e ferite. L’origano può essere impiegato, per gargarismi, in caso di infiammazioni bucco-faringee, come antalgico e antisettico. Le foglie entravano nella composizione di alcolati vulnerari. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. L’olio essenziale può risultare caustico per cute e mucose (non usare concentrazioni superiori all’1%), epatotossico a dosi elevate o ripetute. Estremamente attivo, richiede una somministrazione cauta e solo a forti diluizioni. Controindicato in gravidanza, allattamento e pediatria. Non usare per via generale4. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle foglie essiccate e fiori separati dagli steli di Origanum onites L. o O.vulgare L. subsp. hirtum (Link.) Ietsw, o una miscela di entrambe le specie. Deve contenere non meno di 25 ml/kg di olio essenziale e la somma di carvacrolo e timolo minimo 60% nell’olio essenziale. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1,5 g di droga per tazza d’acqua calda; 3 tazze al giorno tra i pasti (antispasmodico). Origanum vulgare T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al giorno. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Infuso e vino di origano Infuso: 8-15 g di sommità fiorite per litro di acqua bollente. Prendere 2-3 tazze al giorno. Vino: 50 g di sommità per litro di vino dolce, genere moscato. Lasciare macerare 10 giorni. Prendere 3 bicchierini al giorno. Questa preparazione si può assumere prima dei pasti (effetto aperitivo), durante o dopo (effetto digestivo), fra i pasti (effetto stimolante e bechico)5. 530

175 • Origanum

vulgare

L.

Tracheite da fumo Origanum v. T.M. Inula h. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al giorno. Oppure 1 cucchiaino per tazza d’acqua a bollore: fare suffumigi. Alcolato vulnerario (Medicamenta, 1924) Foglie fresche di assenzio, angelica, basilico, calaminta, finocchio, issopo, maggiorana, melissa, menta piperita, origano, rosmarino, santoreggia, salvia, timo serpillo, timo volgare Sommità fiorite e fresche di lavanda Sommità fiorite e fresche di iperico aa 100 g Alcol a 60° 4500 g Porre a bagnomaria in un alambicco le piante precedentemente tagliuzzate, versare l’alcol e coprire con cura; far macerare per 6 giorni in luogo fresco e distillare finché avrete ottenuto 3000 g di alcolato. Curiosità • Secondo S. Ildegarda (XII sec.), era sufficiente mangiare o toccare la pianta per contrarre la lebbra: nello stesso tempo, però, guariva i soggetti che ne erano affetti. • Il nome deriva dal greco oros = montagna e ganos = gioia, in quanto la sua presenza ravviva gioiosamente i fianchi delle montagne. • L’appellativo “origano” raggruppa una serie di piante aromatiche che possiedono un aroma simile a predominanza di carvacrolo. Sono segnalate più di una sessantina di piante differenti, appartenenti a 17 generi e 6 famiglie botaniche: nel genere Origanum 38 specie sono attualmente repertorizzate sotto l’appellativo generico di “origano”. In particolare: O. dictamus L., o dittamo di Creta, O. heracleoticum L. (= Origanum vulgare L. ssp. viride) o origano di Grecia, O. onites Benth, o origano cretese, O. syriacum L. o origano di Siria6. Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 362. 2 Camporese A., op. cit., p. 123. 3 Teuscher E. et al., op. cit., p. 363. 4 Camporese A., ibidem. 5 Debuigne G., op. cit., p. 179. 6 Teuscher E. et al., ibidem, p. 364.

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176 • Orthosiphon

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stamineus

Bentham

Orthosiphon stamineus Bentham

Nome comune: Orthosiphon; Tè di Giava Francese: Thé de Java; Moustaches-de-chat Inglese: Java tea Tedesco: Orthosiphon Spagnolo: Te de Java Famiglia: Lamiaceae Parte utilizzata: Stelo fogliato Costituenti principali: Stelo fogliato: – Sali di potassio (3%) – Olio essenziale (0, 2-0,6 ml/kg): carburi sesquiterpenici, diterpeni e triterpeni– Composti fenolici1: flavoni lipofili (0,4-0,5%), in particolare sinensetina (= 5,6,7,3’,4’-pentametossiflavone, fino allo 0,2%) e altri derivati de-tri- e tetrametilati (eupatorina, salvigenina, rhamnazina, ladaneina, cirsimaritina, tetrametossiflavone, tetrametil scutellareina ecc.); esteri caffeici (0,5-1%): acido rosmarinico, acidi monoe di-caffeil-tartarico e derivati dell’acido litospermico (8%) – Cromeni: metilripariocromene Attività principali: diuretica; colagoga; ipocolesterolemizzante; depurativa epato-renale Impiego terapeutico: cistite, nefrolitiasi; piccola insufficienza epatica; trattamento coadiuvante dell’ipertensione; ipercolesterolemia

Utilizzo medico La pianta viene impiegata per incrementare la diuresi nelle malattie di natura batterica e infiammatoria a carico delle vie urinarie escretrici (Estratto Monografia della Commissione E del BfArM). È pertanto consigliata nel trattamento delle infiammazioni del tratto urinario e, come coadiuvante, nel trattamento delle infezioni urinarie2. La foglia (stelo fogliato) di Ortosiphon aumenta l’escrezione urinaria dei composti azotati (acido urico, urea) e dei cloruri, per cui viene impiegata nella renella, nella fosfaturia e nella nefrolitiasi. La tisana (10 g di foglie essiccate infuse in mezzo litro di acqua) assunta giornalmente ristabilisce la diuresi, facilita l’eliminazione delle scorie azotate, uratiche e fosfatiche, e nello stesso tempo placa il tenesmo e la cistalgia3. Il tè di Giava risulta utile anche nel trattamento della gotta. L’aumentata escrezione di cloruri, urea e cataboliti va a influenzare anche la dissoluzione più o meno completa dei depositi colesterinici, per cui può essere impiegato come coadiuvante nel trattamento dell’ipercolesterolemia. Per l’azione diuretica il suo utilizzo rientra nel trattamento coadiuvante dell’ipertensione e nei regimi dimagranti. La somministrazione per sonda gastrica (10 mg/kg di una preparazione della droga), in ratti in sovraccarico idrico, provoca un netto aumento della diuresi4. Tale proprietà sarebbe da riferire, almeno in parte, all’azione dei litospermati (tetrameri isomeri dell’acido litospermi532

176 • Orthosiphon

stamineus

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co) sul funzionamento renale: diminuzione dell’uremia, aumento della velocità di filtrazione glomerulare, dell’escrezione di urea e creatinina ecc.5. I cromeni ghanno dimostrato di possedere (nella cavia) proprietà antipertensive6. Si ricorda, inoltre, che l’acido rosmarinico è dotato di proprietà antiossidanti, batteriostatiche e antinfiammatorie7. Studi di laboratorio hanno dimostrato che anche i flavonoidi presenti nella pianta esercitano attività antiossidante8 e inibiscono la lipo-ossigenasi; alcuni diterpeni risultano antinfiammatori e riducono la produzione di ossido di azoto da parte dei macrofagi attivati9. Le foglie sono dotate di attività colagoga per cui, con la loro somministrazione, si ottiene un blando incremento della funzionalità epatica e biliare: sembra che sia stimolata, inoltre, la produzione del glicogeno da parte del fegato10. Decaux consigliava l’Orthosiphon come diuretico epatorenale11. Buoni risultati sono stati ottenuti con somministrazioni, opportunamente prolungate nel tempo, nelle malattie reumatiche e artritiche sia per le proprietà lenitive e antinfiammatorie dovute alla componente terpenica e flavonoidica sia per le proprietà depurative (azione epatorenale). Il tè di Giava sarebbe dotato di proprietà ipoglicemizzanti e diminuirebbe il bisogno di insulina12: mancano a oggi studi farmacologici e clinici che confermino la validità di tali indicazioni. Si segnala comunque che nel sud est asiatico (Myanmar, Vietnam, Indonesia, Giappone) O. stamineus è tradizionalmente impiegata nel trattamento della litiasi e delle affezioni renali, del diabete, dell’ipertensione, delle forme reumatiche e come disintossicante generale. È auspicabile pertanto che la ricerca si occupi più intensamente della pianta. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Non esistono al momento attuale segnalazioni in letteratura. È opportuno, ovviamente, durante la terapia con la pianta, assicurare un abbondante apporto di liquidi. Come per tutte le piante ad azione diuretica, prestare attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci diuretici (sommazione d’effetto) e cardiovascolari. Controindicata in caso di insufficienza cardiorenale. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla foglia e dalle estremità degli steli, essiccati e frammentati, di O. stamineus Benth (O. aristatus Miq., O. spicatus Bak.) contenente almeno 0,05% sinensetina. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 6-12 g/die in infusione (2 g per 150 ml di acqua) o la corrispondente quantità delle sue preparazioni. Estratto secco nebulizzato (titolato in composti fenolici totali min. 5% secondo Farmacopea Francese X):1 cps 1-3 volte al dì, preferibilmente lontano dai pasti. Assumere con acqua. Polvere: 2,5 g per tazza d’acqua calda, infondere per 15-20 minuti, più tazze al dì. Estratto Fluido: 0,5-3 g al dì (1 g = 30 gocce). Orthosiphon stamineus T.M. 50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La miscela chiamata Java Tea (Tè di Giava) è data dall’associazione di foglie e steli di diverse piante del genere Orthosiphonis (Or. aristatus, spicatus, stamineus) raccolte prima della fioritura. A Java gli indigeni applicano alle foglie dell’Orthosiphon gli 533

176 • Orthosiphon

stamineus

Bentham

stessi procedimenti che subiscono le foglie del tè, al fine di essiccarle mantenendone l’aroma. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla foglia essiccata (titolo 65°). Formulario Gocce epato-renali Cynara s. T.M. Orthosiphon s. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Gocce depurative (Botteri) Viola t. T.M. Orthosiphon s. T.M. Silybum m. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì per 20 giorni Cistite Uva ursi T.M. Orthosiphon s. T.M. Matricaria T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Cistite Associazione standardizzata di Uva ursina composta (Commissione E del BfArM) Uvae ursi folium 40% Orthosiphonis folium 30% Solidaginis herba 30% S/infuso al 3%; 3 tazze al dì lontano dai pasti Pozione colagoga e diuretica (Benigni) E.F. Orthosiphon 10 g E.F. Ononide 6g E.F. Carciofo 5g Vino bianco 200 g Sciroppo di Arancio dolce 50 g Potassio joduro 1g S/a bicchierini Litiasi- renella Orthosiphon s. T.M. Ononis s. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in un bicchiere di acqua, 3-4 volte al dì Curiosità • Il nome malese della pianta, Koemis Koettjing (baffo di gatto), allude alla forma del fiore: il tubo della corolla lungo e stretto è oltrepassato da quattro stami molto lunghi.

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stamineus

Bentham

Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 289. 2 ESCOP (European Scientific Cooperative on Phytotherapy) Orthosiphonisfolium, 1997. 3 Dorvault F., op. cit., p. 1173. 4 Rombi M., op. cit., p. 204. 5 Bruneton J. op. cit., p. 214. 6 Bruneton J., op. cit., p. 289. 7 Gracza L., Ruff P., 1984, Arch. Pharm. 317, 339-345; Abdelwahab SI, Mohan S et al., 2011, Antiapoptotic and Antioxidant Properties of Orthosiphon stamineus Benth (Cat’s Whiskers): Intervention in the Bcl-2-Mediated Apoptotic Pathway, Evid Based Complement Alternat Med. 2011:156765. 8 Lyckander I.M., Malterud KE., 1996, Lipophilic flavonoids from Orthosiphon spicatus prevent oxidative inactivation of 15-lipoxygenase, Prostaglandinis Leukot Essent Fatty Acids, 54, 239-246. 9 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 289. 10 Van Hellemont J., op. cit., p. 273. 11 Dorvault F., op. cit., p. 1173. 12 Rombi M., op. cit., pp. 204-205; Van Hellemont J., op. cit., p. 274; Mariam A. et al., 1996, Fitoterapia, 5, 465.

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177 • Paeonia

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officinalis

L.

Paeonia officinalis L.

Nome comune: Peonia selvatica Francese: Pivoine officinale Inglese: Peony Tedesco: Pfingstrose Spagnolo: Peonía Famiglia: Peoniaceae Parte utilizzata: radice e fiore Costituenti principali: Radice: – paenolo (metossi-acetofenolo), paeoniflorina – olio essenziale (0,4%); amido (15-20%) Fiori: – antociani: peonina; flavonoidi, > derivati del kaempferolo – tannini (gallotannini) Attività principali: antispasmodica e sedativa Impiego terapeutico: tosse spasmodica; fistole, ragadi anali, emorroidi (uso topico)

Utilizzo medico La peonia, largamente impiegata nell’antichità come rimedio sovrano nell’epilessia, manifesta proprietà antispasmodiche e sedative (in particolare la radice). Proprio l’uso antico riguardante l’epilessia, ha fatto utilizzare la radice della pianta nel trattamento di stati neurastenici, di agitazione e ansia, nelle forme nevralgiche e nell’emicrania. I fiori vengono spesso impiegati per abbellire alcune tisane e in particolare quelle pettorali ove, oltre al fattore “bellezza”, viene sfruttata l’azione antispasmodica e antitussiva della pianta. Secondo il medico fitoterapeuta francese Henri Leclerc risultano efficaci nella pertosse e nelle tossi ribelli (5-10 gocce di tintura al dì)1. Non a caso rientravano quindi nella preparazione di sciroppi contro l’asma e la tosse. Il paenolo (acetofenone) è un principio antibatterico, antinfiammatorio, analgesico e antispasmodico2. Viene descritta anche un’attività calcio antagonista verapamile-simile (ma meno potente del verapamile) per il paenolo (peonolo) isolatato dalla Paeonia suffruticosa3. Nella pianta si ritrova anche la paeoniflorina ugualmente sedativa, analgesica e anticonvulsivante. Le piante spontanee sembrano più attive rispetto a quelle coltivate4. Con i fiori di peonia, particolarmente ricchi in antociani, flavonoidi e tannini, si preparano formulazioni per uso topico indicate per il trattamento di fistole, ragadi anali associate a emorroidi. I semi sono considerati emetici e purgativi5. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Dosaggi elevati (fiori e radice) provocano gastroenteriti con vomito, dolori colici, diarrea. «Non sono disponibili informazioni di carattere generale o di carattere più specifico concernenti interazioni con farmaci e con test di laboratorio e gli effetti teratogeni durante la gravidanza»6. Si sconsiglia comunque l’uso della radice in gravidanza (presunta azione abortiva). 536

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Forme farmaceutiche e posologia Infuso (fiori): 1 g di droga per tazza di infuso. Note di galenica La radice veniva utilizzata per falsificare quella di Hydrastis canadensis L. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla radice fresca (titolo 65°). Formulario Creme e pomate al 4%. Curiosità • Il nome deriverebbe, secondo Teofrasto (IV-III sec. a.C.), da Paeòn, illustre medico, a cui la pianta fu dedicata e che, secondo la leggenda, avrebbe guarito Plutone da una ferita che gli era stata inferta da Ercole (Omero, Iliade, canto V, verso 401). Sempre secondo la mitologia, la peonia avrebbe sanato rapidamente le ferite inferte da Diomede a Marte, dio della guerra. • Un tempo venivano fatte collane per i bambini, in quanto si riteneva potessero prevenire le convulsioni. La radice di Peonia veniva fatta mordere agli epilettici ogni qual volta sentivano arrivare una crisi. Se riuscivano a masticarla, la crisi veniva bloccata. Note bibliografiche 1 H. Leclerc, 1935, p. 222. 2 Dorvault F., op. cit., p. 1311. 3 Capasso F., 2011, op. cit., p. 373. 4 Viola S., op. cit., p. 71. 5 Dorvault F., ibidem. 6 Società Italiana di Fitoterapia, OMS: monografie, op. cit.

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Nome comune: Ginseng asiatico, Ginseng coreano, Ginseng cinese Francese: Ginseng asiatique, Ginseng coréen, Ginseng chinois Inglese: Korean ginseng, Asian ginseng Tedesco: Ginseng Spagnolo: Ginseng Famiglia: Araliaceae Parte utilizzata: radici (radici principali laterali) * la droga viene importata da Corea, Cina e Giappone; quella importata dagli StatiUniti prende il nome di Panax quinquefolius (ginseng americano) Costituenti principali: – saponine triterpeniche della serie dammarano (3%): ginsenosidi (derivati del protopanaxadiolo: Rb1, Rb2, Rc Rd e derivati del protopanaxatriolo: Rg1, Re, Rf, Rg2) e una saponina oleanolica (gensenoside Ro) – olio essenziale (5ml/kg)*: carburi sesquiterpenici (fornisce al Ginseng il suo odore tipico) – polisaccaridi: pectine e glucani; glicopeptidi: panaxani; poliacetileni, – aminoacidi e peptidi: prolina, glicina, alanina, cisteina, tirosina, arginina, lisina, acido asparagico, treonina, serina, acido glutammico, leucina, valina, istidina – vitamine B1, B2, B12 e C, acido folico, acido nicotinico, biotina e acido pantotenico – steroli e acidi grassi: β-sitosterolo, daucosterolo, acido oleico, acido palmitico, acido stearico – sostanze minerali e oligoelementi: magnesio, alluminio, fosforo, calcio, vanadio, manganese, ferro, cobalto, rame, germanio e arsenico – enzimi e fosfatidi: amilasi e fenolasi; colina – nelle varietà selvatiche sono stati trovati composti estrogenici Nota: Il contenuto dei ginsenosidi varia a seconda della specie: nel ginseng asiatico o di Corea (P. ginseng) può variare dall’1 al 3% e sono generalmente più abbondanti i saponosidi Rb1, Rb2, Rg1 e Ro1) Attività principali: adattogena; tonico generale (miglioramento performance fisica e mentale); immunostimolante Impiego terapeutico: affaticamento, astenia, adinamia, depressione, convalescenza

Utilizzo medico La radice di ginseng asiatico (Panax Ginseng) è un tonico generale, fisico e psichico: la Commissione E del BfArM e l’OMS (Organizzazione Mondiale della sanità) ne riconoscono l’uso per tonificare l’organismo delle persone affaticate o asteniche, per ri538

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stabilire la concentrazione e in convalescenza per recuperare le forze. P. ginseng è in grado infatti di rafforzare la capacità di adattamento dell’organismo. Antiastenico, risulta inoltre un ottimo rimedio antistress. «Non si tratta di un rimedio destinato al trattamento di determinate malattie, bensì di una sostanza a uso profilattico che, in maniera aspecifica aumenta le capacità di difesa dell’organismo nei confronti dei diversi agenti e stimoli ambientali e/o riduce la predisposizione alle malattie.2» Si tratta infatti di una droga con attività adattogena (vedi: Eleuterococco). L’attività immunomodulatrice, dimostrata in una molteplicità di test, sembra essere almeno parzialmente responsabile delle proprietà adattogene3. Viene definita come adattogena una sostanza che risulta in grado di esercitare un’azione aspecifica sui processi fisiologici con il risultato di innalzare la resistenza fisica contro gli stress ambientali, di aumentare l’efficienza generale in situazioni di carico, riuscendo ad adattare l’organismo a condizioni di carico straordinario, e prevenire l’insorgenza di malattie. P. ginseng rafforza pertanto la capacità di adattamento dell’organismo e lo protegge contro i fattori fisico-chimici sfavorevoli come il freddo, il caldo, le radiazioni ultraviolette o ionizzanti ecc. Avrebbe anche proprietà protettrici contro svariati agenti virali e batterici. La droga è in grado di stimolare la corteccia surrenale4 e ciò è evidenziato dall’aumento della concentrazione urinaria in corticoidi e dalle proprietà antinfiammatorie e antiessudative esercitate dalla pianta. L’azione adattogena ed equilibratrice della pianta sembra dovuta alla struttura ormonosimile dei ginsenosidi i quali costituirebbero degli scheletri molecolari particolarmente sfruttati dal nostro organismo per sintetizzare ormoni di cui è momentaneamente carente. Le ricerche farmacologiche, inoltre, hanno evidenziato anche un’attivazione delle funzioni neuropsichiche: una sperimentazione condotta su cavia ha dimostrato che, a livello cerebrale, il ginseng inibisce la sintesi di certi neuromediatori o ne facilita il metabolismo (dopamina, norepinefrina, 5HT). La somministrazioni prolungata non ha effetto sull’aumento del peso corporeo e sull’appetito e non provoca anomalie all’esame istologico del cervello, del fegato e dei reni. Si constata invece un aumento della motilità e cambiamento nel comportamento (maggiore attività). La droga è pertanto uno stimolante fisico che si comporta come una sostanza psicotropa che modifica le facoltà mentali e comportamentali e questa azione è correlata a variazioni delle concentrazioni dei differenti neuromediatori cerebrali5. Sono state ovviamente condotte anche numerose sperimentazioni sull’uomo al fine di verificare l’azione adattogena e in particolare antiastenica: sono stati generalmente impiegati estratti di radice titolati al 4-7% in ginsenosidi corrispondenti a una dose di 0,500-1 g di radice intera e con durata del trattamento di 9-12 settimane. Gli autori segnalano, inoltre, l’importanza di adattare la posologia in quanto l’effetto della droga varia a seconda dello stato generale e fisico del paziente6. L’effetto tonico a livello del SNC deve essere inteso come una migliorata capacità di adattamento neuropsicologico alle esigenze e alle variazioni ambientali e un conseguente miglioramento della performance mentale (livello di vigilanza, attività mnemonica, fluidità verbale). È inoltre ipotizzabile che un uso protratto possa mantenere e migliorare nel tempo la memoria, ciò per un probabile effetto “diretto” a livello del sistema nervoso centrale (forse dopaminergico) di alcuni ginsenosidi e per un effetto correlato all’attività “periferica” per stimolazione del sistema cardiovascolare, miglioramento del metabolismo glicidico ecc.7. Alcuni autori, studiando gli effetti della droga sulla performance fisica in atleti, e avendo constato un netto miglioramento nei test di tipo anaerobico, sono giunti alla conclusione che tale miglioramento sia da attribuirsi a una «favorevole in539

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fluenza sulla capacità di coordinazione neuro-motoria»8 e alla capacità della pianta di equilibrare la funzione cardiaca e quella circolatoria. La droga viene infatti utilizzata con successo in vista di un’attività fisica intensa o durante una fatica eccessiva. Il miglioramento della performance fisica sembra dovuto alla capacità dei ginsenosidi (principio attivo) di «alterare i meccanismi dell’omeostasi durante gli esercizi fisici prolungati aumentando la capacità della muscolatura scheletrica di ossidare gli acidi grassi liberi a glucosio per la produzione cellulare di energia». Per quanto riguarda il miglioramento delle capacità mnemoniche e cognitive, «questa azione farmacologica sembra coinvolgere un aumento della sintesi e del rilascio dell’acetilcolina e una diminuzione dei livelli cerebrali di serotonina»9. Interessante risulta pertanto l’utilizzo anche in geriatria, in quanto oltre a migliorare le funzioni cognitive e il tono dell’umore, rallenta il processo di invecchiamento, soprattutto se precoce: viene spesso associato in questi casi con vitamine e sali minerali. Sono stati eseguiti diversi studi per valutare l’effetto della radice di ginseng sulla glicemia in soggetti diabetici e non. Sembra infatti che P. ginseng influenzi favorevolmente l’attività dell’insulina e a dosaggi elevati risulta moderatamente ipoglicemizzante (4-6 g al dì di polvere di radice). Una review pubblicata nel 2006 ha confermato gli effetti positivi della pianta nel trattamento del diabete di tipo 2. Tuttavia questi dati, secondo gli Autori, non consentono di stabilire un protocollo di trattamento in quanto i dosaggi e i prodotti utilizzati così come gli effetti osservati sono risultati molto diseguali. Si rendono necessari pertanto ulteriori studi clinici di qualità e maggior chiarezza prima di concludere definitivamente circa l’efficacia della pianta in questo ambito10. «L’effetto, infatti, è strettamente dipendente dalla specie e dalla provenienza del ginseng utilizzato: può essere assente, e anche invertirsi»11. In uno studio randomizzato in doppio cieco durato dodici settimane e nel quale è stato utilizzato ginseng rosso (Korean red ginseng) in complemento al trattamento abituale, non è stata evidenziata alcuna efficacia clinica se valutata tramite HbA1c. Tuttavia si è ottenuto un buon controllo glicemico e un miglioramento dell’indice di sensibilità all’insulina12. Numerosi studi canadesi versus placebo hanno evidenziato proprietà ipoglicemizzanti da parte del ginseng americano (P. quinquefolium). Sempre ai ginsenosidi sarebbero da attribuire l’attività gonadotropa (estrogenosimile), le virtù afrodisiache e la proprietà di combattere l’impotenza attribuite alla pianta: è stato osservato che i ginsenosidi permettono l’afflusso di sangue al corpo cavernoso con un meccanismo (endoteliale e neurogeno) che coinvolge l’ossido di azoto13. Un review che ha esaminato 7 studi clinci è giunta alla conclusione che il ginseng rosso potrebbe essere utile in caso di disfunzione erettile ma che manca comunque una certezza a causa della debolezza metodologica14. Uno studio in doppio cieco, randomizzato, versus placebo ha visto la somministrazione di un estratto standardizzato in donne (384) in menopausa: «La qualità della vita, le manifestazioni funzionali autovalutate tramite questionari così come i parametri biologici (FSH, estradiolo ecc.) non sono stati modificati significativamente dall’assunzione di Ginseng (sedici settimane, 200 mg/die). È stata tuttavia notata una tendenza al miglioramento dell’umore. Nessun effetto sull’umore o sulla sensazione di benessere viene rilevata in volontari in buona salute»15. Anche in questo ambito gli studi risultano fragili dal punto di vista metodologico a causa dell’adozione di metodologie sperimentali non adeguate e la scarsa standardizzazione delle preparazioni16. Sono state segnalate infine proprietà ipocolesterolemizzanti17, epatoprotettrici18, antiaggreganti piastriniche e fibrinolitiche19, antivirali e antibatteriche. 540

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Uso esterno Il Prof. Rovesti, negli anni Sessanta del 1900, suggerì l’utilizzo di estratti di P. ginseng nella formulazione di creme da impiegare «come antirughe, tonificanti e inturgidenti del viso e del collo». Del ginseng in effetti vengono sfruttate le proprietà rivitalizzanti e riattivanti a livello epidermico il miglioramento del microcircolo sottoepidermico e l’azione vasoprotettrice20. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Sudi di tossicità acuta e cronica non hanno evidenziato (nella cavia) effetti tossici: se usato in modo corretto il P.ginseng risulta relativamente sicuro21. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomanda di assumere P. ginseng di preferenza la mattina. La Commissione E del BfArM consiglia di non protrarre il suo utilizzo oltre i 3 mesi. Nel 1970 è stata segnalata in seguito a posologia elevata (circa 3g/die per mesi o 1-2 anni) una «più che dubbia»22 sindrome da abuso di Ginseng caratterizzata da insonnia, nervosismo, tachicardia, diarrea (mattutina), eruzioni cutanee, euforia a cui seguiva depressione del tono dell’umore, ipertensione arteriosa. Questa sindrome, unitamente a segnalazioni di sanguinamenti vaginali, tensione mammaria, rialzo pressorio, reazioni cutanee e una sospetta sindrome di Steven-Johnson risultano comunque dubbie in quanto, come scrive il farmacologo J. Bruneton: «quale era l’identità del ginseng utilizzato?(era ginseng?). Si trattava di un composto con altre piante? […] O ciò si è prodotto perché è stato “addizionato” con sostanze medicinali o tossiche (fenilbutazone, aminopirina, germanio ecc.)? Vi era un trattamento associato? Queste domande sono state poste raramente. Le interazioni farmacologiche a volte descritte, sono a loro volta delicate da interpretare. L’interazione con gli anticoagulanti è possibile»23. Tradizionalmente P. ginseng è controindicato in caso di asma, febbre e durante le infezioni acute, mestruazioni abbondanti o epistassi, ipertensione. Evitare la contemporanea assunzione di caffeina, amfetamine, IMAO e Warfarin. Teoricamente sono possibili interazioni con i farmaci ipoglicemizzanti24. Soggetti ipersensibili possono manifestare iperstimolazione, in particolare per alti dosaggi. P. ginseng non è teratogeno ma a scopo precauzionale se ne sconsiglia l’uso in gravidanza se non sotto controllo medico25. Anche durante l’allattamento la prescrizione deve essere esclusivamente medica. L’ESCOP consiglia attenzione nei pazienti diabetici (può ridurre lievemente la glicemia) e ne indica l’uso sotto controllo medico. Il suo uso, sempre a scopo sempre precauzionale, è da sconsigliare in donne mastectomizzate. La Commissione E del BfArM non riporta comunque controindicazioni26. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla radice essiccata, intera o tagliata, designata con il nome ginseng bianco, o sottoposta al vapore ed essiccata e designata con il nome di ginseng rosso del P. ginseng C.A. Meyer. Deve contenere al minimo lo 0,4% della somma dei ginsenoidi Rg1 e Rb1. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (ESCOP): 0,5-2 g di radice o preparazioni equivalenti. Non protrarre l’utilizzo oltre i 3 mesi. Infuso: 2 g di droga finemente sminuzzata in una tazza di acqua bollente. Infondere, coperto, per 5-10 minuti, quindi filtrare. Assumere 1 volta al dì per 3-4 settimane. Polvere: 1 g al dì. 541

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Estratto secco (nebulizzato e titolato in ginsenosidi totali calcolati come ginsenoside Rg1 min. 1,5%, Farmacopea Italiana X): 1 cps al dì. Non somministrare dopo le ore 17. Panax ginseng T.M.: 30-50 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì. Non somministrare dopo le ore 17. Note di galenica Il ginseng selvatico (shanshen o di Corea) è molto raro e viene pertanto per lo più impiegato quello coltivato. È possibile reperire sul mercato queste varietà27: – P. quinquefolium L. conosciuto come ginseng a cinque foglie o ginseng americano (coltivato in Nord America) – P. notoginseng (Burkill) F.H. Chen, o ginseng san-chi. Officinale in Cina, gode fama di emostatico e tonico – P. pseudoginseng Wall. subsp. japonicus o ginseng giapponese. Coltivato in Cina, Vietnam e Giappone, gode fama antipiretico, stomachico ed espettorante Esistono due varietà di Panax Ginseng, a seconda della lavorazione: rossa e bianca. Il ginseng bianco è la radice fresca lavata, raschiata e sbiancata con anidride solforosa e quindi essiccata. Il ginseng rosso (o ginseng rosso coreano) è la radice fresca trattata con vapore a 120-130° per circa 2-3 ore prima dell’essiccamento. Il contenuto in ginsenoidi è nel Ginseng bianco del 2-3%, in quello rosso dell’1%28. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla radice essiccata (titolo 55°). Formulario Astenia sessuale Panax ginseng T.M. Damiana T.M. Muira-Puama T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì Stimolante per anziani Panax ginseng T.M. Zingiber o. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì Capsule di Ginseng composto (G. Murari Colalongo) E.S. Panax ginseng 0,080 g E.S. Cola 0,050 g Eccipiente q. b. S/1 cps al risveglio e 1 cps nel pomeriggio Capsule stimolanti Panax ginseng E.S. 0,2 g Eleutherococcus s. E.S. 0,2 g Satureia m. O.E. 3 gocce Silice colloidale q. b. per 1 cps, di queste 90 Curiosità • Francesco Redi (1626-1698) scriveva che i Cinesi ritenevano questa radice «così valorosa, che tutto il tempo della vita ci può fare star sani e allegri, e senza ribrezzo di malattia». 542

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• Nel Pen-t’sao, che codificò tutto il sapere cinese in materia medica, fra le piante di montagna, il primo posto è attribuito allo jen-cen, che vuol dire corpo umano, divenuto, per deformazione, Ginseng: l’antropomorfismo della sua radice fece attribuire alla pianta poteri magici. • Secondo la medicina tradizionale cinese (MTC), il ginseng asiatico è “caldo”, mentre il ginseng americano è “freddo”. La specie asiatica risulta quindi stimolante e accresce l’energia “yang”, mentre la specie americana, più “fredda”, manifesta un effetto calmante e alimenta lo “Yin”29. Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 852. 2 Wichtl M. et al., op. cit., p. 237. 3 Monti L., 2000, 16 Monografie di Piante Medicinali Eccellenti, Studio Edizioni, Milano. 4 Van Hellemont J., op. cit., p. 277. 5 Toh. T. et al., 1989, Planta Medica, 55, 429-433. 6 Schmidt K.H., 1989, Planta Medica, 55, 455-457. 7 Della Croce F., 1989, Erb. Domani, 5, 135-139. 8 Wyss W., Gribaudo C., Granzit G.P., 1982, Medicina dello Sport, 35, 383. 9 Monti L., op. cit., 192. 10 Yeh GY, Eisenberg DM et al., 2003, Systematic review of herbs and dietary supplements for glycemic control in diabetes. Diabetes Care. Apr; 26(4):1277-94. Review; Buettner C, Yeh GY et al., 2006, Systematic review of the effects of ginseng on cardiovascular risk factors. Ann Pharmacother. 40(1):83-95. Review. 11 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 853. 12 Vuksan V, Sung MK et al., 2008, Korean red ginseng (Panax ginseng) improves glucose and insulin regulation in well-controlled, type 2 diabetes: results of a randomized, double-blind, placebo-controlled study of efficacy and safety. Nutr Metab Cardiovasc Dis. 18(1):46-56. 13 Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 279. 14 Jang DJ, Lee MS et al., 2008, Red ginseng for treating erectile dysfunction: a systematic review. Br J Clin Pharmacol. 66(4):444-50. 15 Bruneton J., Phytothérapie…, op. cit., p. 114. 16 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 854. 17 Yokozawa T. et al., 1985, Chem. Pharm. Bull. 33, 722-729. 18 Hikino H. et al., 1985, Planta Med. 53, 62-64. 19 Matsuda H. et al., 1986, Chem. Pharm. Bull. 34, 2100-2104. 20 Proserpio G. et al., op. cit., p. 515. 21 Capasso F. et al., 2006, op. cit., p. 590. 22 Bruneton J., 2009., op. cit., p. 854. 23 Ibidem. 24 Mills S., Bone K., op. cit., pp. 433-5. 25 Raynaud J, Prescription et conseil en phytothérapie, op. cit., p. 112; Mills S., Bone K., op. cit., p. 433. 26 Capasso F. et al., op. cit., p. 602. 27 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 850. 28 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie, op. cit., p. 594. 29 Chen CF, Chiou WF, Zhang JT. Comparison of the pharmacological effects of Panax ginseng and Panax quinquefolium. Acta Pharmacol Sin. 2008 Sep;29(9):1103-8. Review.

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Nome comune: Papavero rosso; Rosolaccio Francese: Coquelicot Inglese: Red poppy Tedesco: Klatschmohn Spagnolo: Amapola silvestre Famiglia: Papaveraceae Parte utilizzata: petali Costituenti principali: Nei petali sono state riscontrate scarse quantità di alcaloidi: – alcaloidi isochinolici (0,07%): roeadina (tetraidrobenzazepina), come maggioritario. Tale alcaloide è stato trovato in tutte le parti della pianta a eccezione dei semi. Nelle parti aeree: altri alcaloidi quali protopina (anche nelle radici), coptisina, sanguinarina, cheleritrina) ecc. – glicosidi antocianici (mecocianina, cianina e altri) – mucillagine Semi: olio grasso (35%), in prevalenza acido linoleico, in forma libera e combinata, e acidi oleico, palmitico e stearico. Non presente roeadina Nota: alla famiglia delle Papaveraceae appartiene il Papaver somniferum che fornisce l’oppio e i suoi alcaloidi (fra cui la morfina) e l’olio ottenuto dai semi, i quali risultano totalmente sprovvisti di alcaloidi (questo a dimostrare che la presenza dei principi attivi può variare da un organo all’altro in qualità e quantità). Gli alcaloidi di questa famiglia possono essere chimicamente vicini o uguali benché presenti in concentrazione assai differenziata: sono, comunque, i frutti (capsule o teste) gli organi maggiormente ricchi in principi attivi tossici. Al contrario in svariate Papaveraceae è a livello delle parti sotterranee che gli alcaloidi tossici sono maggiormente presenti (Escolzia, Chelidonia ecc.)1 Attività principali: sedativa, antispasmodica; bechica, emolliente Impiego terapeutico: insonnia; come calmante e analgesico; disturbi e affezioni a carico vie respiratorie

Utilizzo medico La pianta è conosciuta da sempre nella medicina popolare come blando sedativo e antitussivo. Nei petali sono state riscontrate scarse quantità di alcaloidi: alla roeadina, il principale alcaloide rappresentato, sono state attribuite proprietà sedative e bechiche. La farmacologia della roeadina non è conosciuta: Bruneton segnala che derivati vicini risultano antagonisti dopaminergici, neurolettici2. I petali sono consigliati nel trattamento delle turbe minori del sonno grazie alle proprietà blandamente sedative che manifestano. La loro azione sedativa è esente da effetti collaterali (Commissione E del BfArM, 1988). Preparati a base di rosolaccio risultano utili per conciliare il sonno in soggetti convalescenti, nei bambini e negli anziani. 544

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Il suo utilizzo è considerato valido come calmante della tosse, come adiuvante nella pertosse e nelle forme pertussoidi, come bechico nella terapia delle bronchiti catarrali acute. I fiori contribuiscono a calmare lo spasmo, favoriscono l’espettorazione e determinano un’azione diaforetica, utile nelle forme febbrili, conseguenza di raffreddore e influenza. In passato era molto utilizzato lo sciroppo di papavero per bambini, sia come sedativo che come espettorante: oltre a essere efficace risultava gradevole sia per il colore che per il sapore. I fiori fanno parte delle specie pettorali ove si trovano associati, in parti uguali, ai fiori di malva, altea, verbasco, violetta, antennaria: viene preparata un’infusione della miscela (infuso al 5%). La presenza di antociani, inoltre, assicura una benefica azione a livello del microcircolo. Da segnalare infine l’impiego della pianta nell’eretismo cardiaco dell’adulto (cuore sano)3. L’efficacia della droga non è stata ancora dimostrata dal punto di vista clinico-scientifico. Nei semi si ritrova olio grasso (35%) contenente in prevalenza acido linoleico e acidi oleico, palmitico e stearico. Non risulta presente l’alcaloide roeadina. Uso esterno Per uso esterno, la pianta può trovare impiego come sedativo e lenitivo nel trattamento di pelli irritate e arrossabili4. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Occorre porre attenzione, come per tutte le piante ad azione sedativa, alla contemporanea assunzione di farmaci ad attività sedativo-ipnotica e antidepressiva, al fine di evitare un potenziamento d’azione quando non ricercato. L’impiego come colorante in tisane e pozioni non offre tuttavia alcun pericolo. È bene inoltre segnalare che sono i frutti (capsule o teste) gli organi maggiormente ricchi in principi attivi tossici. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dai petali essiccati, interi o frammentati, di P. rhoeas L. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: un pizzico di fiori per tazza di acqua bollente; 3-4 tazze al dì o una tazza prima di coricarsi. Estratto Fluido: 1-10 g pro die (1 g = 37 gocce). Papaver rhoeas T.M.: 20 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La pianta è adoperata per le proprietà coloranti dovute agli antociani e nelle miscele per tisana come droga di abbellimento. È sensibile all’umidità, per cui va conservata in recipienti ben chiusi. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 45°).

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rhoeas

L.

Formulario Sciroppo sedativo per bambini agitati (Botteri) Biancospino E.F. Camomilla E.F. Papavero rosso E.F. Passiflora E.F. ana 10 ml Arancio amaro essenza 1 ml Sciroppo semplice q.b. a 200 ml S/1 cucchiaino 2 volte al dì (solo prescrizione medica) Sciroppo (Garnier) Petali essiccati di Rosolaccio 100 g Acqua distillata bollente 1500 g Zucchero bianco q.b. Dopo infusione di 6 ore in recipiente chiuso, aggiungere lo zucchero (180 g per 100 g di colaturo), portare rapidamente a ebollizione e filtrare. S/Adulti: 30 g al dì da assumere in modo frazionato durante la giornata (solo prescrizione medica) Infuso antitosse (Cagnola, Botticelli) Lichene islandico tallo t.t. 15 g Altea radice decorticata t.t. 30 g Liquirizia radice decorticata t.t. 20 g Timo serpillo sommità 10 g Viola del pensiero fiori 10 g Papavero petali t.t. 10 g Anice verde frutti 5g S/Versare su un cucchiaio della miscela una tazza di acqua bollente e lasciare riposare 10-15 minuti; filtrare e bere più tazze al dì. Dolcificare con miele all’acacia Infuso della serenità (Cagnola, Botticelli) Biancospino fiori 40 g Iperico sommità t.t. 20 g Papavero fiori t.t. 20 g Menta piperita foglie 10 g Melissa foglie 10 g S/Versare su un cucchiaio della miscela una tazza di acqua bollente e lasciare riposare 10-15 minuti; filtrare e bere una tazza la sera (per stati di ansia) Tosse /stati neurotonici Melissa o. T.M. Papaver r. T.M. ana parti in flacone unico S/30-50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Insonnia Humulus l. T.M. 30 ml Lotus c. T.M. 60 ml Papaver r. T.M. q. b. a 125 ml S/30 gocce, diluite in acqua, alle 18 e 50 gocce, diluite in acqua, prima di coricarsi 546

179 • Papaver

rhoeas

L.

Curiosità • Papaver: nome usato da Virgilio (Egl. II, 17), dal celtico papa = pappa, allusione a una antica usanza di mischiare il succo di questa pianta alla pappa, per fare dormire i bambini; rhoeas = dal greco reo = cado, allusione ai petali facilmente caduchi (Benigni). • Segnalata da Celso, che «dalla pianta intera otteneva un estratto speciale, facendola bollire nel vino di uva appassita», per l’azione sedativa (Scotti, 1872). • «Quando esercitavamo in campagna, non mancavamo mai di raccomandare ai contadini di raccogliere in primavera e conservare le teste fiorite del rosolaccio; e ne ordinavamo all’uopo infusioni calde, che giovavano come mucillaginose, come diaforetiche e anodine nelle irritazioni bronchiali, nella grippe, nelle febbri catarrali e reumatiche. I papaveri vanno essiccati rapidamente all’ombra: e bisogna rifiutare i petali, che, invece di conservare un rosso un po’ violaceo, anneriscono e si marmorzano di muffe» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Debelmas A.M., Delaveau P., op. cit., p. 33. 2 Bruneton J. 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 1071. 3 Bruneton J., ibidem; Note explicative de l’Agence du médicament (Francia-1998). 4 Proserpio G. et al., op. cit., p. 517.

547

180 • Parietaria

180

officinalis

L.

Parietaria officinalis L.

Nome comune: Parietaria; Erba vetriola; Muraiola Francese: Pariétaire officinale Inglese: Parietary; Pellitory Tedesco: Aufrechte Glaskraut Spagnolo: Parietaria Famiglia: Urticaceae Parte utilizzata: parte aerea Costituenti principali: – flavonoidi, tannini, mucillagini – sali minerali (> sali di potassio) – sostanze amare, acidi glicolico e glicerico Attività principali: diuretica; antinfiammatoria Impiego terapeutico: calcolosi renale e renella

Utilizzo medico La pianta viene utilizzata fin dall’antichità nel trattamento della calcolosi renale e della renella. La parietaria, che si caratterizza per le proprietà diuretiche, antiflogistiche e lenitive, deve la sua efficacia terapeutica alla presenza nel fitocomplesso di flavonoidi, mucillagini e sali di potassio. I flavonoidi, oltre all’azione antinfiammatoria, svolta a livello della pelvi e della vescica, sono epatoprotettori, antispasmodici, antibatterici e diuretici1. La presenza di acido glicolico e glicerico2 sarebbe responsabile dell’azione epatorenale attribuita alla pianta grazie alla quale si evidenzia un miglioramento della funzionalità epatica e renale che si riflette in particolare sull’urogenesi, la diuresi e il potere di concentrazione del rene. Verrebbe così favorita l’eliminazione dei cloruri, dell’urea e in genere dei cataboliti organici. La pianta rientra pertanto nella composizione di preparati ad azione depurativa associata ad altre piante ad azione diuretica, uricosurica ecc. Uso esterno Esternamente è usata come vulneraria: manifesta, infatti, proprietà antinfiammatorie, lenitive e cicatrizzanti. Può essere impiegata per lenire le infiammazioni dell’orofaringe. Si usa in unguento nelle scottature ove manifesta azione analgesizzante. Rientra nella formulazione di lavande vaginali3. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche: accertarsi, prima della prescrizione, che non vi sia ipersensibilità individuale alla pianta. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: al 2-5%; più tazze al dì. Polvere: 200 mg per cps, 2-4 cps al dì. Estratto Fluido: 1-4 g pro die (1 g = 30 gocce). Parietaria officinalis T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì. 548

180 • Parietaria

officinalis

L.

Note di galenica Risulta efficace come pianta fresca. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Tisana (Antonelli) L’infuso o il decotto si prepara con un pugno (circa 30 g) della pianta, fresca o secca, in 1 litro di acqua bollente o di vino, cui si aggiunge un po’ di scorza di limone o arancio, o altra pianta aromatica, zucchero o miele; se ne prendono 3-4 tazze al giorno. Calcoli renali (Cagnola, Botticelli) Parietaria sommità t.t. 50 g Uva ursina foglie t.t. 20 g Gramigna radice t.t. 20 g Menta piperita foglie 10 g S/Fare bollire in 1 litro di acqua 4 cucchiai della miscela per 15 minuti; filtrare e bere nella giornata Gocce diuretiche Parietaria o. T.M. Hiracium p. T.M. Equisetum a. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in abbondante acqua, 3 volte al dì Nefrolitiasi Parietaria o. T.M. 20 ml Orthosiphon s. T.M. 20 ml Erigeron c. T.M. 40 ml in flacone unico S/40 gocce 3 volte al dì in abbondante acqua Sciroppo (Benigni-Capra-Cattorini) Estratto Fluido Parietaria Sciroppo semplice F.U. S/Assumere a cucchiai

5g 95 g

Curiosità • Boerhaave (1668-1738) si incuriosì nel vedere una cagna che quando era libera correva a mangiare parietaria: tenuta legata, per un certo lasso di tempo, morì. Una volta aperta, trovò la vescica piena di calcoli. Il grande medico concluse che l’uso prolungato della parietaria conveniva ai soggetti sofferenti di calcolosi. • Platearius nel XIII secolo scriveva: «Quando ella è secca non ha nessuna forza, ma verde è di grande forza perché scioglie ed è diuretica e aperitiva». • Leclerc riteneva che il miglior modo di utilizzo, abitando in campagna, consistesse nel preparare una tisana facendo bollire in 1 litro di acqua un pugno di foglie staccate da un muro. Note bibliografiche 1 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 277. 2 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1078. 3 Proserpio G. et al., op. cit., p. 51.

549

181 • Passiflora

181

incarnata

L.

Passiflora incarnata L.

Nome comune: Passiflora; Fiore della passione Francese: Fleur de la passion Inglese: Passion flower Tedesco: Passionsblumen Spagnolo: Pasionaria lila Famiglia: Passifloraceae Parte utilizzata: la pianta Costituenti principali: – alcaloidi indolici (< 0,03% di alcaloidi totali): armano o passiflorina, alcaloide indolico maggioritario, accompagnato, a seconda del lotto, da armina e derivati diidrogenati – flavonoidi (da 1,5 a 2,5%): vitexina, orientina, iso-orientina, schaftoside, isoschaftoside… apigenina, luteolina, quercetolo, kaempferolo… Nota: I flavonoidi sono maggiormente concentrati nelle foglie e la loro concentrazione sarebbe massima prima e durante la fioritura – maltolo o 2-metil-3-idrossipirone (0,05%); eterosidi cianogenici (gynocardina) – acidi fenoli, cumarine, fitosteroli; – olio essenziale (1ml/kg):carburi terpenici, carvone, alcol benzilico e feniletilico, exanolo, linalolo ecc.) Attività principali: sedativa, antispasmodica Impiego terapeutico: turbe del sonno, ansia

Utilizzo medico Coltivata nei giardini dei sovrani aztechi ai tempi di Montezuma, venne introdotta in Europa nel secolo XVII ove non tardò a entrare nelle farmacopee come antispasmodico di scelta, in virtù dell’attività antispasmodica generale e sedativa nervosa. Alla pianta vengono attribuite da sempre, infatti, proprietà sedative, antispasmodiche e ansiolitiche. Commissione E del BfArM ed ESCOP confermano tali proprietà e ne indicano l’impiego in caso di nervosismo, agitazione e irritabilità. L’utilizzo della Passiflora è indicato particolarmente come sedativo nel trattamento sintomatico degli stati neurotonici degli adulti e dei bambini, in particolare nelle turbe minori del sonno. Per la sua azione sedativa è infatti indicata nelle lievi forme di insonnia dovute ad affaticamento, nello stress, nell’insonnia che si manifesta nel climaterio e nella menopausa. In particolare risulta valida nell’insonnia da eccitazione cerebrale, quando cioè l’ostacolo al sonno è dovuto a un eccessivo lavoro intellettuale o nei soggetti ansiosi e stressati, e nell’insonnia legata a uno stato depressivo. La Passiflora è in grado di provocare un sonno fisiologico e un risveglio rapido e completo senza conseguenze di depressione o obnubilamento psichico. Con il suo utilizzo non si manifestano pertanto effetti secondari mentre si ottiene una valida sedazione, un sonno di qualità e un’attenuazione del senso di angoscia. Leclerc segnalò l’efficacia della pianta, per l’azione neurosedativa e riequilibrante, nelle turbe della menopausa e per contrastare l’insonnia che frequentemente si manifesta durante la convalescenza di malattie infettive e in particolare nell’influenza. 550

181 • Passiflora

incarnata

L.

Preparati a base di Passiflora risultano utili nel trattamento sintomatico degli stati neurotonici per calmare l’ansia, l’irrequietezza e la tachicardia (eretismo cardiaco) che ne può conseguire, disturbi gastrointestinali di origine nervosa, spasmi muscolari (attività spasmolitica simile a quella della papaverina) e dolori nevralgici (blanda azione analgesizzante) ecc. La pianta risulterebbe efficace anche nel trattamento dei sintomi mentali durante la disintossicazione di pazienti dediti agli oppiacei1. Gli estratti di Passiflora sono dotati di attività antispasmodica, messa in evidenza anche in vitro. A livello dell’intestino isolato di coniglio l’estratto secco di Passiflora (1 g corrisponde a 6 g di pianta) provoca diminuzione del tono e della frequenza delle contrazioni peristaltiche e a dosaggi elevati paralizza l’intestino. «Tale proprietà spasmolitica dell’estratto si manifesta ugualmente nei confronti del cloruro di bario la cui azione contratturante è inibita; la Passiflora in questo saggio si comporta come un antispasmodico muscolotropo del tipo papaverinico di cui potenzia del resto gli effetti.2» Risulta utile quindi per l’attività spasmolitica simile a quella della papaverina, nei disturbi gastrointestinali di origine nervosa (azione sulla muscolatura liscia) quali coliti, gastriti e asma. Secondo Paris, la Passiflora è dotata di azione protettiva di fronte al broncospasmo: può ritardare ma non impedire la crisi asmatica. Preparati a base di Passiflora sono particolarmente indicati nel trattamento dei bambini ipercinetici, eretistici, anoressici, nei quali contribuisce a influenzare favorevolmente l’equilibrio psicofisico e, quando necessario, l’incremento ponderale (azione antispasmodica e sedativa). Nell’adulto viene impiegata anche per il trattamento dell’eretismo cardiaco (palpitazioni e tachicardia dei soggetti ansiosi). In ciò ha un utilizzo del tutto simile al Biancospino, al quale viene spesso associata. Il Biancospino accanto ai proantocianidoli attivi a livello del miocardio, contiene dei flavoni assai simili a quelli della Passiflora (isovitexina). La ricerca Varie sono le sperimentazioni condotte con estratti di Passiflora. Paris, ad esempio, ha esaminato le variazioni della motilità delle cavie sotto l’influenza della Passiflora avvalendosi di test appositi (cages sospendues). Ha così potuto dimostrare che un estratto di Passiflora somministrato per via sottocutanea ha sviluppato un effetto depressore assai netto sulla motilità. Dopo 30 minuti, la motilità spontanea degli animali era diminuita del 25%, poi del 50% dopo 2 ore, mentre dopo 4 ore gli effetti della droga hanno cominciato ad attenuarsi3. Della Loggia e collaboratori (Università di Trieste) hanno indagato gli effetti sul S.N.C di cavia utilizzando una batteria di test farmacologici classicamente impiegati per mettere in evidenza l’azione sedativa o ansiolitica di una sostanza: test di interazione farmacologica e metodi di comportamento (attività spontanea, curiosità, equilibrio). Si è potuto così verificare4 il potenziamento della narcosi indotta da esobarbital (37%) e tramite la misurazione dell’attività esploratrice (test dell’apparato a fori) aumentare significativamente (15%) tale attività. La valutazione della coordinazione motoria con l’impiego del test della barra rotante ha confermato che la Passiflora manifesta un’azione di tipo ansiolitico. Sarebbe la sinergia del fitocomplesso, e quindi l’azione sinergica di tutti i componenti della pianta medicinale, a determinarne l’attività in quanto singolarmente i diversi principi attivi (maltolo, etilmaltolo, alcaloidi indolici, flavonoidi ecc.) risulterebbero insufficienti. In particolare il maltolo manifesta azione anticonvulsivante e, oltre a essere un depressore dell’attività motoria spontanea nella cavia, è in grado di potenziare la durata del sonno indotto da esobarbital (sia per via sottocutanea che orale). È 551

181 • Passiflora

incarnata

L.

comunque presente nella pianta in concentrazioni definite “insignificanti”5 e quindi non può essere da solo responsabile dell’attività della pianta. Gli alcaloidi indolici (β-carboline) sono stimolanti centrali, presentano azione inibitrice della monoaminoossidasi (IMAO) e quindi proprietà antidepressive, e uno di essi è allucinogeno (armina): anche loro sono presenti in concentrazione “infima”6. Nell’animale si nota quanto segue: nel gatto, a basso dosaggio l’armina provoca azione bifasica con stadio di eccitazione e di inibizione; a forte dosaggio, l’eccitazione del SNC si traduce in allucinazioni e tremori: l’armanina, per via intraperitoneale, nella cavia alla dose di 10-20mg/Kg fa apparire tremori dopo 4-6 minuti e durante 15-20 minuti. L’azione è più intensa con l’armalina (piloerezione). A un dosaggio più elevato si producono convulsioni: 60 mg/ kg di armano per via intraperitoneale nella cavia fanno comparire convulsioni dopo 3-4 minuti. Queste differenti attività osservate nell’animale sono sovrapponibili a quelle riscontrate nell’uomo: a debole dosaggio (3-6 mg) gli alcaloidi armanici eccitano il SNC in modo analogo al tè e al caffè; a più forte dosaggio (15-35 mg) sono responsabili di un’agitazione motrice più marcata seguita da sonnolenza. A dosaggi ancora più elevati si assiste alla comparsa di allucinazioni, crampi, vomito. Recentemente diversi lavori hanno dimostrato l’affinità e l’interferenza delle betacarboline per i recettori delle benzodiazepine. Secondo gli autori l’azione sedativa della Passiflora non sarebbe pienamente manifesta «se non quando gli estratti presentano l’insieme dei componenti, flavonoidi e alcaloidi in particolare»7. I flavonoidi manifestano proprietà sedative a carico del sistema nervoso centrale confermate da lavori di ricerca. La somministrazione per os nella cavia della frazione flavonoidica ha diminuito nettamente gli effetti eccitanti indotti da 10 ml/kg di cocaina somministrata per via sottocutanea. È stata segnalata la presenza di un benzoflavone (ma non si conosce la struttura esatta di questa molecola) che nella cavia è responsabile dell’azione ansiolitica, antiasmatica, spasmolitica ecc. Ricerche sperimentali in vivo hanno evidenziato che un estratto ricco in C-flavonoidi coinvolge il sistema GABAergico: l’azione viene antagonizzata dal flumazenil, antagonista della fissazione delle benzodiazepine al recettore GABA8. Due studi clinici (complessivamente 198 partecipanti) sono risultati validi in una review effettuata recentemente9. In uno di questi è stata messa in evidenza la mancanza di differenza di efficacia nell’utilizzo di benzodiazepine e Passiflora incarnata. Viene segnalato anche un miglioramento nel rendimento sul lavoro (concentrazione) per Passiflora incarnata e un livello più basso di sonnolenza come effetto secondario nell’utilizzo di Passiflora rispetto a mexazolam (benzodiazepina). Gli autori concludono affermando che «...La Passiflora sembra essere ragionevolmente efficace nel combattere l’ansia». Interessante anche la segnalazione che emerge da una ricerca pubblicata sulla rivista Fitoterapia10: l’estratto metanolico di Passiflora incarnata ha manifestato una significativa azione antitussiva in cavie pretrattate con diossido di zolfo. L’inibizione della tosse è risultata paragonabile a quella della codeina fosfato. Viene in tal modo confermato l’uso tradizionale della Passiflora anche come antitussivo. Passiflora incarnata è spesso adulterata con piante appartenenti ad altre specie di Passiflora, quali P. edulis e P. coerulea: la prima è coltivata per i suoi frutti eduli, anche se le foglie sono impiegata nella medicina popolare del Brasile come sedative e ansiolitiche. Tali proprietà, mentre sono sicuramente documentate in vivo per Passiflora incarnata, non risultano presenti invece per la P. edulis. Spesso scorrendo la letteratura appare evidente come in molte referenze le due specie siano confuse e siano nominate come sinonimi. Tale confusione potrebbe essere la causa dei dati contraddittori che si leggono nei reports sulla Passiflora incarnata11. 552

181 • Passiflora

incarnata

L.

Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Sono stati riportati rari casi di nausea12. Bruneton afferma che le parti aeree della pianta sono apparentemente prive di tossicità: «In clinica rari effetti indesiderabili sono stati segnalati: turbe della coscienza, vasculite e orticaria»13 ma tali segnalazioni sarebbero dubbie14. Considerando le basse concentrazioni in principi attivi (maltolo e alcaloidi) presenti nelle preparazioni galeniche a base di Passiflora e l’elevata concentrazione delle dosi impiegate affinché queste sostanze siano tossiche, la pianta può essere considerata, comunque, di sicuro impiego. Occorre inoltre porre attenzione, come per tutte le piante ad azione sedativa, alla contemporanea assunzione di farmaci ad attività sedativo-ipnotica, al fine di evitare un potenziamento, quando non ricercato, dell’azione sedativa. La pianta può prolungare il sonno indotto dai barbiturici e non deve essere assunta, pertanto, nei giorni che precedono interventi chirurgici che prevedono il loro uso. La Passiflora potrebbe inoltre aumentare l’effetto dei farmaci antidepressivi (IMAO, SSRI e antidepressivi triciclici) e degli anticoagulanti (segnalazione peraltro non confermata). Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle parti aeree essiccate, frammentate o tagliate di P. incarnata. Possono essere presenti anche fiori e/o frutti. Contiene al minimo 1,5% di flavonoidi totali, espressi in vitexina. L’estratto secco di Passiflora ne deve contenere non meno del 2%. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 4-8 g di droga secca, in infusione, o preparazione equivalente. Infuso: 2 g di droga (parti aeree essiccate) per tazza d’acqua calda: infondere per 1015 minuti; bere diverse tazze al giorno. Polvere: 200-500 mg per cpr; da 0,5 a 2 g al dì. Estratto secco (nebulizzato e titolato in iperoside min. 0,3%, Farmacopea Italiana X: 2 cps 1-3 volte al dì (400-600 mg/die). Si consiglia di suddividere 2 o 3 somministrazioni di cui una nella tarda serata poco prima di coricarsi. Passiflora incarnata T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì oppure 40 gocce la sera. Note di galenica Le preparazioni ottenute a partire dalla pianta fresca sembrano garantire la presenza dell’insieme dei principi attivi. L’estrazione alcolica fornisce una concentrazione in flavonoidi indispensabile per l’efficacia terapeutica della pianta15. La droga in commercio dovrebbe contenere non meno dello 0,8% di flavonoidi, espressi in vitexina oppure non meno dello 0,3 % di flavonoidi espressi in iperoside16. La Commissione E del BfArM raccomanda che la Passiflora contenga non più dello 0,01% di armano alcaloidi. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte aerea fresca (titolo 65°). Formulario Dispepsia-gastralgia Taraxacum o. T.M. Passiflora i. T.M. Matricaria r. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, prima dei pasti. Le gocce possono essere diluite in infuso di semi di finocchio per potenziarne l’attività

553

181 • Passiflora

incarnata

L.

oppure: Finocchio E.S. Tarassaco E.S. Passiflora E.S. S/1 cps prima dei pasti

100 mg 150 mg 150 mg per cps

Insonnia Valeriana o. T.M. Passiflora i. T.M. Crataegus o. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, alle 18 (premedicazione), 50 gocce prima di coricarsi oppure Eschscholtzia c. T.M. Passiflora i. T.M. Crataegus o. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, alle 18 (premedicazione), 50 gocce prima di coricarsi Algie Harpagophytum p. T.M. Passiflora i. T.M. Eschscholtzia c. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua,1-3 volte oppure: Harpagophytum p. T.M. Passiflora i. T.M. Melilotus o. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua,1-3 volte oppure: Passiflora i. T.M. Salix alba T.M. Spiraea u. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua,1-3 volte Analgesico-antispasmodico Passiflora Eschscholtzia Zingiber o. S/1 cps più volte al dì

E.S. 100 mg E.S. 200 mg E.S. 150 mg per cps

Gastrite Passiflora E.S. Finocchio E.S. S/1 cps 3 volte al dì

150 mg 100 mg per cps

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181 • Passiflora

incarnata

L.

Palpitazioni Crataegus o. T.M. Passiflora i. T.M. Matricaria r. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua,1-3 volte Ansia Humulus l. T.M. Passiflora i. T.M. Crataegus o. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua,1-3 volte oppure Passiflora i. Crataegus o. Valeriana o. Melilotus o. S/1 cps 3 volte al dì

E.S. E.S. E.S. ana 40 mg E.S 15 mg per cps

Curiosità • Inviata in omaggio a papa Paolo V (Camillo Borghese 1605-1621), questi la fece coltivare con molta cura in Roma indicando come la pianta rappresentasse una rivelazione divina: la Passione di Cristo. • Fiore della passione perché il cerchio dei filamenti fiorali rappresenta la corona di spine di Gesù, i tre stili sono i chiodi usati per la crocifissione, le foglie tricuspidate sono la lancia e i viticci lo staffile. Note bibliografiche 1 Mills S, Bone K., op. cit., p. 526. 2 Bizet D., Roubaudi F., 1988, Phytothérapy 26, 22-24. 3 Ibidem. 4 Della Loggia R., Tubaro A., Redaelli C., 1981, Riv. Neurol. 51, 297-310. 5 Bruneton J. 2009, op. cit., p. 394. 6 Ibidem. 7 Bizet D.,Roubaudi F., 1988, Phytothérapy 26, 22-24. 8 Grundmann O, Wang J, McGregor GP, Butterweck V, 2008, Anxiolytic activity of a phytochemically characterized Passiflora incarnata extract is mediated via the GABAergic system. Planta Med. 74(15):1769-73. 9 Miyasaka L. et al., 2007, Passiflora for anxiety disorder. Cochrane Database Syst Rev. Jan 24;(1):CD004518. 10 Dhawan K, Sharma A., 2002, Antitussive activity of the methanol extract of Passiflora incarnata leaves. Fitoterapia. 73(5):397-9. 11 Mills S., Bone K., op. cit., p. 526. 12 Dhawan K, Dhawan S, Sharma A., 2004, Passiflora: a review update. J Ethnopharmacol. 94(1):1-23. Review. 13 Bruneton J., Phytothérapie…, op. cit., p. 160. 14 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 395. 15 Bizet D., Roubaudi F., 1988, Phytothérapy, 26, 22-24. 16 Capasso F., 2011, op. cit., p. 253.

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182 • Pausynystalia

182

yohimbe

(K. Schum) Pierre

ex

Beille

Pausynystalia yohimbe (K. Schum) Pierre ex Beille

Nome comune: Yohimbe Francese: Yohimbe Inglese: Yohimbe Tedesco: Yohimbe Spagnolo: Yohimbe Famiglia: Rubiaceae Parte utilizzata: corteccia Costituenti principali: – alcaloidi indolici (1-6%): yohimbani fra cui yohimbina (10-15%), come maggioritario, e suoi isomeri (coriantina), pseudo- yohimbina, allo-yohimbina, corinanteina ecc. Nota: La qualità e la quantità di yohimbina nella corteccia è altamente variabile, raggiungendo l’optimum quali-quantitativo nella corteccia dei fusti principali. La stessa concentrazione di principio attivo è soggetta anche a oscillazioni stagionali, essendo massima durante la stagione delle piogge e minima durante la stagione secca1 Attività principali: simpaticolitica, α-2 adrenolitica Impiego terapeutico: astenia sessuale, disfunzione erettile

Utilizzo medico Viene utilizzata la corteccia di questo grande albero della foresta equatoriale, originario del Camerun e del Gabon, per l’estrazione degli alcaloidi indolici che accumula (derivati a nucleo yohimbano: 1-6%). Le popolazioni locali utilizzano la corteccia come stimolante nervoso, per resistere al sonno, e come antimalarico. La corteccia gode anche fama di afrodisiaco, attività che venne successivamente confermata, tramite sperimentazione clinica e famacologica, e attribuita principalmente al suo alcaloide principale, la yohimbina. L’azione afrodisiaca, come conseguenza dell’eccitazione della porzione lombosacrale del midollo spinale, con aumento degli impulsi efferenti che corrono nel nervo erigente, suggerita un tempo, non è accettata da tutti gli autori2. Attualmente si ritiene che la yohimbina sia un inibitore selettivo dei recettori α-2-adrenergici presinaptici in grado di sviluppare un effetto simpaticolitico (azione adrenolitica). A deboli dosi si dimostra ipertensore, ed è utilizzato come trattamento d’appoggio dell’ipotensione ortostatica3, mentre a dosi più elevate si dimostra ipotensore e vasodilatatore periferico: in particolare è in grado di determinare una vasodilatazione importante a livello del bacino e degli organi genitali (vasodilatazione attiva del tessuto spugnoso dei corpi cavernosi). In tal modo viene ad aumentare l’apporto ematico negli organi genitali. Per queste proprietà viene impiegata nell’impotenza maschile. La droga è considerata utile nell’impotentia coeundi funzionale dei soggetti nevrotici4. La yohimbina agisce anche a livello della muscolatura liscia determinando aumento del tono e dei movimenti intestinali5: in passato era impiegata “con successo” nell’atonia intestinale postoperatoria6. La yohimbina 556

182 • Pausynystalia

yohimbe

(K. Schum) Pierre

ex

Beille

inibisce la diuresi, forse in seguito alla liberazione di ADH (ormone antidiuretico postipofisario)7. Viene segnalata un’azione inibitrice a livello delle MAO. La yohimbina viene impiegata nell’ipotensione ortostatica, in particolare quella determinata da antidepressivi triciclici8. Interessante la segnalazione relativa all’azione antipiretica nell’ipertermia da malaria9. La maggior parte degli studi clinci risultano datati e di scarso livello metodologico. È stata tuttavia pubblicata una review (7 studi: 419 soggetti) la cui metodologia è stata giudicata soddisfacente (studi randomizzati, doppio cieco versus placebo) che ha segnalato come i benefici legati al trattamento con cloridrato di yohimbina nella disfunzione erettile fossero superiori ai rischi di incorrere in effetti indesiderabili, valutati come rari e reversibili10. Sono necessari comunque ulteriori studi. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La Commissione E del BfArM sconsiglia la somministrazione della corteccia di yohimbe a fini terapeutici in quanto sono scarse le prove di efficacia e il «bilancio rischio-beneficio è imprevedibile»11. La concentrazione in alcaloidi della droga rende, infatti, le preparazioni a base di questa specie potenzialmente pericolose (De Smet et al.)12. Gli effetti collaterali sono quelli dovuti alla presenza della yohimbina: turbe del SNC con insonnia e nervosismo, turbe digestive, turbe cardiovascolari (ipertensione, tachicardia, priapismo). Risulta controindicata nell’insufficienza epatica e renale13. L’uso della yohimbina può dar luogo a interazioni terapeutiche con IMAO, antidepressivi, beta-bloccanti, clonidina, stimolanti del SNC, caffeina, efedrina14. Viene segnalato che bassi dosaggi di Yohimbina possono causare ipertensione quando si assumano antidepressivi triciclici: l’effetto è massimo nei soggetti ipertesi15. Non usare in gravidanza e allattamento. Nota: «In Italia né yohimbina, α-yohimbina, delta-yohimbina, allo-yohimbina, corinanteina, né l’intera pianta o parte di essa sono inserite nelle Tabelle contenenti le sostanze stupefacenti o psicotrope sottoposte alla vigilanza e al controllo di cui all’articolo 14 del Decreto del Presidente della Repubblica 309/90 e successive modifiche. Tuttavia, in Italia, lo yohimbe è inserito nell’elenco del Ministero della Salute, degli estratti vegetali non ammessi negli integratori alimentari.16» Forme farmaceutiche e posologia Yohimbe corteccia: 3 g in 150 ml di acqua. Fare bollire per 10 minuti, filtrare e bere nella giornata (prescrizione esclusivamente medica). Pausinystalia yohimbe T.M.: 20 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì (prescrizione esclusivamente medica). Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla corteccia essiccata (titolo 65°). Formulario Gocce stimolanti Satureja m. T.M. 30 ml Pausinystalia y. T.M. 40 ml Eleutherococcus s. T.M. 40 ml In flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua,1-3 volte al dì (prescrizione esclusivamente medica) 557

182 • Pausynystalia

yohimbe

(K. Schum) Pierre

ex

Beille

Curiosità • Si tratta di un albero che cresce nel Gabon e nel Camerun, dove è chiamato Yumbehoa o Yohimboa: il suo aspetto ricorda quello della Quercia. Gli indigeni utilizzano le decozioni della sua corteccia in suffumigi e soprattutto come afrodisiaco. • Il nome Pausinystalia deriva dal greco pausis nistalis = fermo la sonnolenza: era infatti conosciuta dalle popolazioni indigene come pianta sonnifuga, in grado di vincere la sonnolenza. Note bibliografiche 1 http://www.iss.it. 2 Refit, op. cit., p. 459. 3 Frohne D. et al., op. cit., p. 338. 4 Capasso F., Grandolini G.,1996, op. cit., p. 281. 5 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 1166. 6 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1796. 7 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., ibidem, p. 1795; Refit, op. cit., p. 459. 8 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 1167. 9 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., ibidem, p. 1795. 10 Ernst E, Pittler MH, 1998, Yohimbine for erectile dysfunction: a systematic review and metaanalysis of randomized clinical trials. J Urol. 159(2):433-6. 11 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 1166. 12 Bruneton J., Plantes toxiques…, op. cit., p. 459. 13 Dorvault F., op. cit., p. 1914. 14 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 1166. 15 De Smet P.A.G.M., Yohimbe alkaloids. General discussion, in: De Smet P.A.G.M., Keller K., Hansel R., Chandler (Eds), Adverse effects of herbal drugs, vol. 3, Springer, Berlin, 1997, pp. 181-206. 16 http://www.iss.it/binary/drog/cont/Schede_P.pdf.

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183 • Persicaria

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bistorta

(L.) Samp

Persicaria bistorta (L.) Samp (= Polygonum bistorta L.)

Nome comune: Bistorta Francese: Bistorte Inglese: Bistort Tedesco: Schlangen-Knöterich Spagnolo: Bistorta Famiglia: Polygonaceae Parte utilizzata: rizoma; foglie Costituenti principali: – tannini condensati (15-36%) – rosso di bistorta; amido (30%); zuccheri; antrachinoni; ossalato di calcio Attività principali: astringenti; antinfiammatorie; vulnerarie, cicatrizzanti Impiego terapeutico: forme diarroiche Uso topico: flogosi mucose accessibili; emorroidi

Utilizzo medico La radice contiene una forte quantità di tannini simili a quelli presenti nel Ratania e nella Tormentilla, droghe che possono essere considerate succedanee. L’elevata presenza di amido (30%) tuttavia, migliora notevolmente la tollerabilità della pianta. La bistorta viene impiegata, per le particolari proprietà astringenti, come collutorio nelle flogosi del cavo orofaringeo (stomatiti, gengiviti, faringiti ecc.) e nel trattamento topico di emorroidi, fistole, ragadi. L’applicazione topica di piante contenenti tannino determina infatti azione astringente con conseguente diminuzione della permeabilità cellulare, disimbibizione del connettivo, vasocostrizione e una modica analgesia locale. Se il tessuto è leso o infiammato l’effetto astringente, antiflogistico, antisecretivo ed emostatico appare evidente. Da segnalare l’azione vasocostrittrice a livello del microcircolo. La Bistorta può essere associata, oltre che a Ratania e Tormentilla, all’Hamamelis. Si ricorda che i tannini svolgono azione antisettica, antivirale, vasocostrittrice e modica analgesia locale. La radice era considerata, per via interna, un tonico efficace che si caratterizzava per l’azione astringente ed emolliente-protettiva, utile negli stati infiammatori a carico della mucosa intestinale (trattamento sintomatico delle forme diarroiche). Leclerc la riteneva particolarmente utile nei soggetti tubercolotici1. L’estratto idroalcolico è risultato, nella cavia, antinfiammatorio per os a posologia elevata (riduzione edema indotto da carragenina)2. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Eventuali effetti collaterali (irritazione gastrica) e interazioni farmacologiche sono dovuti alla presenza dei tannini. Forme farmaceutiche e posologia Decotto (20:1000). Polvere: 2-4 g al dì. Polygonum bistorta T.M.: 20 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì. 559

183 • Persicaria

bistorta

(L.) Samp

Note di galenica L’ebollizione precipita l’amido in combinazione insolubile con il tannino. Preferire la macerazione in acqua tiepida per gargarismi e applicazioni topiche in genere. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte sotterranea fresca (titolo 65°). Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) Rizoma intero o frammentato, essiccato, senza radici secondarie, contenente almeno 3% di tannini espressi come pirogallolo. Formulario Supposte contro le emorroidi (Leclerc) Estratto molle Bistorta 0,50-1 g Burro di cacao 5 g per 1 supposta Collutorio Polygonum b. Calendula o. Acqua S/preparare come infusione

30 g 20 g 500 ml

Gengivite Polygonum b. T.M. Tormentilla T.M. Propoli T.M. ana parti in flacone unico S/1 cucchiaino in mezzo bicchiere di acqua tiepida: fare sciacqui Afte Polygonum b. T.M. Tormentilla T.M. Calendula o. T.M. ana parti in flacone unico S/un cucchiaino in mezzo bicchiere di acqua tiepida: fare sciacqui Vino di Bistorta (Leclerc) Rizoma di Bistorta contuso 125 g Alcol a 45° 250 g Lasciare macerare per 24 ore, smuovendo di tanto in tanto; aggiungere Vino rosso di Bordeaux q. b. per 1 litro. Far macerare per 4 giorni; filtrare S/50-150 g al dì Curiosità • Foglie tenere e getti primaverili possono essere mangiati crudi in insalata o cotti come gli spinaci. • «Attesa la copia di sostanze amilacee di cui va ricca, la radice di bistorta, spogliata prima con opportune lavature del principio astringente, serve in Siberia all’alimentazione di quei poveri abitanti» (Scotti, 1872). • La pianta prende il nome di Bistorta a causa del rizoma che cresce a “S”. Note bibliografiche 1 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 377. 2 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 471.

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184 • Petroselinum

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crispum

(Mill.) Nyman

ex

A.W. Hill

Petroselinum crispum (Mill.) Nyman ex A.W. Hill

Nome comune: Prezzemolo Francese: Persil Inglese: Parsley Tedesco: Petersilie Spagnolo: Perejil Famiglia: Apiaceae Parte utilizzata: frutti, radice e pianta Costituenti principali1: Frutti: olio essenziale (2-6%): apiolo (60-80%), miristicina (55-75%); – flavonoidi: apiina; furanocumarine in tracce (bergaptene) – olio grasso (20%) Foglie: – olio essenziale (0,02-0,9%): miristicina, p-menta-1,3,8-trienemiristicina (maggioritario), limonene, β-fellandrene, mircene, terpineolo, α-pinene ecc., apiolo (0-10%) – flavonoidi (apiina o apigenina); furanocumarine (ossipeucedanina, bergaptene) – Vitamine: Vit. C (0,12-0,4%) Radice: – olio essenziale (0,1-0,3%): apiolo, miristicina, β-fellandrene – ftalidi, falcarinolo – flavonoidi: apiina; furanocumarine in tracce (bergaptene, isoimperatorina, ossipeucedanina,…) Attività principali: azione diuretica, azione emmenagoga, azione eupeptica, carminativa Impiego terapeutico: profilassi e trattamento renella (radice)

Utilizzo medico Tutta la pianta è medicinale ma i frutti, per la ricchezza in olio essenziale, risultano la parte più attiva. La presenza d’apiolo e di miristicina le conferiscono proprietà stimolanti a livello della muscolatura liscia e in particolare di quella uterina (azione uterotonica). In particolare i frutti di Prezzemolo sono da sempre utilizzati come emmenagoghi e a scopo abortivo (apiolo). Manifestano inoltre importanti proprietà diuretiche che sarebbero da ricondurre a una stimolazione diretta del parenchima renale da parte dei flavonoidi e dell’olio essenziale. I frutti possono essere utilizzati con successo quando si vuole ottenere una diuresi energica. Il frutto e la radice del Prezzemolo, e le preparazioni che ne derivano, sono utilizzati nella litiasi renale (profilassi e trattamento della renella), nell’idropisia, nelle forme reumatiche e per combattere l’obesità. Anche la radice è dotata di attività diuretica, ma molto più blanda. Il minore contenuto in apiolo (azione abortiva) della radice ne rende l’utilizzo più sicuro, per cui si comprende come rientri tra i componenti della formulazione dello Sciroppo delle cinque radici (vedi: Asparagus officinalis L.). Alla pianta vengono da sempre attribuite proprietà carminative e stomachiche ed era impiegata come eccitante, aperitiva, sotto forma di infuso (20:1000). Le foglie ricche in vitamina A, K, ferro, calcio, manganese, sono usate in cucina per le caratteristiche proprietà aromatiche. Il loro utilizzo nell’alimentazione quotidiana 561

184 • Petroselinum

crispum

(Mill.) Nyman

ex

A.W. Hill

può contribuire a rivestire, grazie alle caratteristiche nutrizionali (vitamine e minerali) e alla ricchezza in sostanze antiossidanti (apigenina, luteina e beta-carotene), un ruolo di protezione nei confronti della malattie degenerative. Esternamente le foglie contuse conoscono da sempre un utilizzo per risolvere le punture di insetto, contusioni e ascessi. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Se l’uso del frutto di Prezzemolo non presenta pericolo a dosaggi terapeutici adeguati, posologie elevate invece possono dar luogo a effetti secondari e tossici. L’apiolo e la miristicina sono responsabili, a dosi elevate, di congestioni vascolari e di un aumento della contrattilità della muscolatura liscia della vescica, dell’intestino e in modo particolare dell’utero. L’apiolo, come tale, veniva usato come abortivo. Dosaggi elevati possono, inoltre, provocare danni a carico dell’epitelio renale e del parenchima epatico (steatosi), infiltrazioni a carattere emorragico-flogistico del tratto gastrointestinale. In caso di abuso si può manifestare anche aritmia cardiaca. L’olio essenziale puro irrita il tratto gastrointestinale. Nei soggetti sottoposti a terapia anticoagulante, per la presenza di vitamina K (foglie) se ne sconsiglia l’impiego medicinale mentre è consentito quello culinario (come aromatizzante). Il Prezzemolo e i suoi preparati (uso medicinale) sono controindicati in gravidanza e nei soggetti con insufficienza epatica e renale. Per la presenza in furanocumarine sono possibili in persone sensibili reazioni fototossiche: fotodermatiti sono state segnalate, ad esempio, in raccoglitori di Prezzemolo esposti al sole2. Forme farmaceutiche e posologia Infuso (frutti): frantumare o triturare 1 g di droga immediatamente prima dell’uso; versarvi sopra acqua bollente, filtrare dopo 5-10 minuti. Una tazza 2-3 volte al dì. Oppure: 2 cucchiaini da caffè in 3 tazze d’acqua, estrarre a freddo. Bere ripartendo nella giornata. Infuso (radice): 2 cucchiaini da caffè in 3 tazze d’acqua, estrarre a freddo. Bere ripartendo nella giornata. Oppure: 3 cucchiai da minestra in 3 tazze d’acqua, estrarre a freddo. Bere ripartendo nella giornata. Oppure: 2 g di droga in una tazza di acqua bollente, lasciare in infusione, coperto, per 10-15 minuti. Bere 2-3 tazze al dì. Petroselinum sativum T.M.: 20 gocce, diluite in acqua,1-3 volte al giorno. Note di galenica Le tisane del frutto o della radice di P. crispum non possono essere portate a ebollizione per la presenza dell’olio essenziale. In caso contrario le preparazioni perderebbero rapidamente di efficacia. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca raccolta all’inizio della fioritura (titolo 65°). Formulario Tisana ad attività “dimagrante” (Weiss) Senna 10 g Frangula 10 g Tarassaco Prezzemolo, semi Finocchio, semi, Menta 20 g ana 562

184 • Petroselinum

crispum

(Mill.) Nyman

ex

A.W. Hill

S/2 cucchiai da minestra in 1/2 litro di acqua: infondere per 30 minuti e bere al mattino, fredda * Questa tisana a lungo andare può debilitare l’organismo; pertanto occorre limitarne l’assunzione nel tempo: si consiglia di assumerla per un paio di giorni nei momenti critici del trattamento. Species diureticae (Van Hellemont) Rad. ononidis 25 g Rad. liquiritiae 25 g Rad. juniperi 25 g Rad. petroselini 25 g S/3 cucchiai da minestra della miscela per 3 tazze d’acqua, estrarre a freddo. Bere durante la giornata Curiosità • Dodoens, grande botanico fiammingo del Rinascimento, segnala nelle sue opere il Prezzemolo come rimedio popolare contro l’epilessia, l’asma e la tosse ribelle. Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 368; Bruneton J., 2009, op. cit., p. 610. 2 Beier R.C. et al., 1994, Phytochemistry, 4, 869-872.

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185 • Peumus

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boldus

Molina

Peumus boldus Molina

Nome comune: Boldo Francese: Boldo Inglese: Boldo Tedesco: Boldo Spagnolo: Boldo Famiglia: Monimiaceae Parte utilizzata: foglie Costituenti principali: – olio essenziale (1-3%): composti monoterpenici (limonene, β-pinene, p-cimene, linalolo, canfora, ascaridiolo, 1,8 cineolo…) – flavonoidi (ramnetina, isoramnetina, kemferolo…) – alcaloidi aporfinici (0,2-0,5%): boldina maggioritaria (1-3%; la corteccia è più ricca 2-4% e serve per l’estrazione della boldina) Attività principali: coleretiche e colagoghe Impiego terapeutico: turbe dispeptiche di origine epatobiliare; stipsi

Utilizzo medico È un arbusto sempreverde a foglie grasse e persistanti originario dell’America del Sud. I preparati a base di Boldo sono tradizionalmente impiegati come coleretici, colagoghi e per facilitare le funzioni di eliminazione renale e digestiva. La monografia della Commissione E del BfArM e quella dell’ESCOP ne riconoscono l’efficacia in caso di spasmi gastro-intestinali lievi e di problemi dispeptici. Le foglie di Boldo rientrano in svariate specialità proposte nel trattamento sintomatico delle turbe dispeptiche e possono essere associate a piante colagoghe come il Carciofo, oppure a piante come la Senna, la Cascara ecc., nel trattamento della stipsi. Al Boldo sono attribuite anche proprietà diuretiche, sedative del sistema nervoso e debolmente ipnotiche. La boldina (principio attivo), un alcaloide dell’aporfina, esercita un’azione elettiva sulla secrezione biliare e, in particolare, sulla fluidificazione della bile. Sarebbe in grado infatti di modificarne le caratteristiche chimico-fisiche, diminuendone la densità e la viscosità e aumentando il contenuto acquoso1. Ricerche eseguite su cavia hanno messo in evidenza un’azione colecistocinetica, che compare anche a bassi dosaggi, compatibile con la posologia tradizionalmente impiegata in terapia, mentre l’effetto coleretico compare solo per posologie elevate. L’aumento della secrezione appare netto ma di breve durata. Il conseguente aumento dei sali biliari a livello intestinale determina anche un effetto lassativo. La boldina possiede a livello del tubo gastroenterico un’azione antispasmodica. A dosi più elevate rispetto a quelle utilizzate per stimolare le funzioni digestive, determinerebbe un’azione ipnotica in grado di provocare uno stato di sonno simile a quello fisiologico, cui segue un risveglio esente da sgradevoli sensazioni di malessere2. Numerose sono le proprietà che in seguito a studi di laboratorio sono state riferite al principio attivo boldina: molte di queste, tuttavia, non sono ancora state provate in vivo e/o confermate da sufficienti studi clinici. Sono stati osservati, ad esempio, 564

185 • Peumus

boldus

Molina

effetti antinfiammatori e antipiretici attribuiti a una inibizione della sintesi delle prostaglandine3; inibizione dell’aggregazione piastrinica ed effetti sul sistema cardiovascolare (vasodilatazione per possibile effetto antagonista nei confronti dei recettori alfa1-adrenergici)4; effetto miorilassante sulla musculatura liscia per una probabile interazione diretta con i recettori colinergici post-sinaptici di tipo nicotinico5. È stato dimostrato che posologie elevate di estratti idroalcolici inibiscono la perossidazione lipidica (epatociti di cavia in coltura) e proteggono in vitro gli epatociti contro gli effetti tossici del tetracloruro di carbonio. La boldina è responsabile di queste attività e manifesta anche la capacità di proteggere in vitro i sistemi biologici contro l’azione perossidante dei radicali liberi (azione antiossidante)6. Non è casuale, pertanto, che alle foglie di Boldo siano attribuite, dall’uso tradizionale, proprietà antiepatotossiche (sinergia del fitocomplesso). Alla presenza di olio essenziale si deve l’azione stimolante generale dell’appetito e dei processi digestivi: è opportuno però impiegare preparati ottenuti per estrazione alcolica. Tali preparazioni vengono utilmente utilizzate come diuretici e antisettici delle vie genitourinarie. L’olio essenziale è infatti eliminato con le urine per cui verrebbe a esercitare un’influenza favorevole nelle cistiti sia per l’azione antisettica (E. coli) che per quella diuretica. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Alle dosi terapeutiche i preparati di Boldo non sono tossici, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Risultano controindicati in caso di occlusione delle vie biliari, in soggetti affetti da calcolosi biliare.e nelle gravi epatopatie. Per la presenza di ascaridolo (ca. 40%) viene sconsigliato l’uso prolungato7 così come viene sconsigliato l’uso dell’olio essenziale e del distillato di Boldo. La pianta può potenziare l’azione del lassativi antrachinonici. È opportuno evitarne l’assunzione in gravidanza, durante l’allattamento e in pediatria (EMEA, 2009). La boldina non è genotossica ma a posologia molto elevata determina nell’animale da laboratorio effetti sia abortivi che teratogeni. Non può essere esclusa un’interazione con il warfarin8. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle foglie essiccate, intere o frammentate, contente al minimo lo 0,1% di alcaloidi totali espressi come boldina. La droga intera contiene non meno di 20 ml/kg e non più di 40 ml/kg di olio essenziale, mentre la droga tagliata ne contiene non meno di 15 ml/kg. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (ESCOP): 2- 5 g di droga sotto forma di infuso. Infuso: 1 g di foglie essiccate in 150 ml di acqua bollente per 5-10 minuti. Bere 3 tazze al giorno (Commissione E del BfArM). Polvere: 100-200 mg per cps in associazione. Estratto secco (5:1 acquoso): fino a 400 mg 2 v. al dì (EMEA). Estratto Fluido: 10-20 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì (1 g = 39 gocce). Peumus b. T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3volte al giorno. Note di galenica È stato accertato che durante la preparazione dell’estratto il contenuto in boldina può andare perduto. È opportuno pertanto l’utilizzo di preparazioni titolate. La Tintura Madre è preparata dalle foglie essiccate (titolo 55°). 565

185 • Peumus

boldus

Molina

Formulario Colecistopatie: Peumus b. T.M. Fumaria o. T.M. Eschscholtzia c. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 2 volte al giorno Turbe dispeptiche: Peumus b. T.M. Melissa o. T.M. Anthemis n. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 2 volte al giorno Elisir (Benigni) Estratto Fluido Boldo F.U. Alcol 60° Vino Malaga Sciroppo semplice F.U. S/A cucchiai

30 g 120 g 500 g 350 g

Vino di Boldo composto (Benigni) Estratto Fluido Boldo F.U. Estratto Fluido Tarassaco Succo d’uva Vino marsala S/A bicchierini

3g 3g 20 g 74 g

Sciroppo lassativo (Botteri) Frangula E. F. Rabarbaro E. F. Boldo E. F. Sciroppo semplice F. U. q. b. a S/a cucchiaini

20 ml 10 ml 10 ml 200 ml

Curiosità • Nel paese di origine della pianta (Cile), il Boldo rappresenta un rimedio popolare per la cura delle affezioni epatiche e delle vie urinarie. È stato segnalato inoltre che le capre che pascolano le foglie di Boldo risultano esenti da affezioni epatiche. • Peumus è il nome cileno della pianta, Boldus, perché dedicata al botanico spagnolo D. Boldo, fragrans per il profumo di canfora che emana la foglia quando viene sfregata. Note bibliografiche 1 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I, p. 160. 2 Wichtl M. et al., op. cit., p. 109; Dorvault, op. cit., p. 282; Rombi M., op. cit., p. 40. 3 Backhouse N. et al., 1994, Anti-inflammatory and antipyretic effects of boldine, Agents Actions, 42, 114-117. 4 Chen K.S. et al., 1996, Antiplatelet and vasorelaxing actions of some aporphinoids, Planta Med, 62, 133-136. 5 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 737.

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185 • Peumus

boldus

Molina

Bannach R. et al., 1996, Cytoprotectiveand antioxidant effects of boldine on tert-butyl hydroperoxide-induced damage to isolated hepatocytes, Cell. Biol. Toxicol. 12, 89-100; Bruneton J., 2009, op. cit., p. 1061; Fernández J, Lagos P, Rivera P, Zamorano-Ponce E., 2009, Effect of boldo (Peumus boldus Molina) infusion on lipoperoxidation induced by cisplatin in mice liver. Phytother Res. 23(7):1024-7. 7 Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 205. 8 Almeida E.R. et al., 2000, Toxicological evaluation of the hydro-alcohol extract of the dry leaves of Peumus boldus and boldine in rats, Phytother. Res. 14, 99-102; Bruneton J., 2009, op. cit., p. 1061; Lambert JP, Cormier A, 2001, Potential interaction between warfarin and boldo fenugreek. Pharmacotherapy. 21(4):509-12. 6

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186 • Phaseolus

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vulgaris

L.

Phaseolus vulgaris L.

Nome comune: Fagiolo Francese: Haricot Inglese: Common bean Tedesco: Gartenbohne Spagnolo: Frijol Famiglia: Fabaceae Parte utilizzata: baccelli (carpelli o valve) senza semi Costituenti principali: – lectine; arginina; acido salicilico – glucochinina (sostanza di origine vegetale ad attività insulinosimile) – sali minerali: > cromo Attività principali: diuretica; ipoglicemizzante Impiego terapeutico: come coadiuvante nella terapia del diabete; come coadiuvante nelle terapie dimagranti; per aumentare la diuresi e prevenire la formazione di renella o calcoli urinari

Utilizzo medico I baccelli (carpelli o valve) senza semi (Phaseoli pericarpium; Fructus Phaseoli sine semine) sono ritenuti, dalla medicina popolare, diuretici e blandamente ipoglicemizzanti. Phaseoli pericarpium rappresenta, secondo il medico Rudolph Weiss, un importante diuretico caratterizzato da proprietà antidiscrasiche: l’azione non è estremamente forte ma abbastanza chiara per poterne giustificare l’uso. La monografia della Commissione E del BfArM ne indica l’uso come coadiuvante nel trattamento delle disurie, per aumentare la diuresi e prevenire la formazione di renella o calcoli urinari. La blanda attività ipoglicemizzante è attribuita, secondo dati ormai desueti, alla presenza di glucochinina, sostanza d’origine vegetale ad attività insulinosimile. Attualmente si è portati a ritenere che la presenza peraltro considerevole di Cromo (1 ppm) contribuisca alla regolazione della glicemia. “È noto ad esempio che, nei ratti, l’insulina non è più efficace qualora nella dieta sia carente il cromo”1. In base a queste motivazioni Phaseoli pericarpium potrebbe essere utilizzato come coadiuvante nel trattamento delle forme leggere di diabete e nel diabete del soggetto obeso. Tossicità, interazioni, ed effetti secondari Nel Phaseoli pericarpium (così come nei semi) sono presenti lectine per le quali una serie di studi descrivono sia le proprietà aggreganti nei confronti degli eritrociti, sia citologiche nei confronti dei linfociti: in caso di assorbimento orale di fasina, fitotossina di natura proteica, si sviluppano proprietà tossiche a livello dell’intestino tenue, con gravi lesioni intestinali e alterazioni della mucosa2. L’intossicazione avviene però solo per ingestione di baccelli o semi crudi. Di solito le lectine sono denaturate dalla cottura, per cui i fagioli cotti, ad esempio, sono perfettamente commestibili mentre l’ingestione dei semi e dei baccelli crudi comporta severe gastroenteriti a evoluzione però favorevole3. Sono soprattutto i bambini e, per ignoranza, gli adulti vegetariani che possono incorrere in tale intossicazione. L’intossicazione si manife568

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vulgaris

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sta dopo 2-3 ore dall’ingestione con vomito, diarrea emorragica, perdita di liquidi e stato di shock. Qualche anno fa, in Germania e in Francia, è stato posto sotto sequestro e quindi proibito l’uso di un preparato a base di polvere di Phaseoli pericarpium per la presenza di lectine e quindi per il rischio di intossicazioni. Tale preparato era stato messo in vendita come dimagrante atto a bloccare le calorie grazie alla presenza di α-amilasi ritenute in grado di inibire la degradazione e quindi l’assorbimento intestinale dell’amido presente negli alimenti4. Si raccomanda di porre attenzione, infine, all’impiego contemporaneo di farmaci antidiabetici (potenziamento azione ipoglicemizzante). Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 5-15 grammi della droga più volte al dì Decotto: far bollire brevemente 5g circa (un cucchiaio) di droga in 150 ml di acqua, filtrando dopo 15 minuti. Bere una tazza preparata di fresco 2-3 volte al dì, tra i pasti Infuso: 2,5 g della droga per tazza di acqua bollente: lasciare infondere, coperto, per 10-15 minuti. Filtrare e bere 2-3 tazze al dì, tra i pasti. Polvere: 150-400 mg per presa; da 600 mg a 1,2 g al dì. Phaseolus vulgaris T.M.: 30 gocce, diluite in acqua,1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal seme essiccato (titolo 65°). Formulario Sovrappeso Polvere di Phaseolus 100 mg Estratto secco di Carciofo 200 mg per cps S/1 capsula 3 volte al dì. Assumere con acqua Curiosità • La pianta venne introdotto in Europa agli inizi del XVI secolo e fu descritto nel 1542 dai botanici tedeschi Bock e Fuchs. Nel 1572 Bock attribuiva alla pianta la proprietà di attivare la secrezione urinaria. Bisogna arrivare però al 1893 per ritrovare ulteriori indicazioni terapeutiche, quando il dottor Ramm attirò nuovamente, per primo, l’attenzione sulle proprietà diuretiche della pianta affermando che la decozione produceva nel giro di 24 ore, o al massimo al terzo giorno, una straordinaria emissione di urina: «non c’è mezzo migliore per frenare la formazione di acido urico nel corpo e dissolvere i depositi». Note bibliografiche 1 Wichtl M. et al., op. cit., p. 374. 2 Frohone D et al., op. cit., p. 193. 3 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie…, op. cit., pp. 189-192. 4 Frohone D. et al., op. cit., p. 194.

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alkekengi

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Physalis alkekengi L.

Nome comune: Alkekengi Francese: Alkékenge; Cerise d’hiver Inglese: Winter cherry; Chinese lantern Tedesco:Judenkirsche; Lampionblume Spagnolo: Alquequenje Famiglia: Solanaceae Parte utilizzata: frutti Costituenti principali: Frutti: – pigmenti polienici e carotenoidi (cryptoxantina) – vitamina C; acido citrico – lattoni steroidici: withanolidi (withafisalina, fisalina, withaperuvina) Attività principali: diuretica, depurativa; antispasmodica Impiego terapeutico: litiasi renale e renella; iperuricemia, gotta; forme reumatiche

Utilizzo medico Ciò che rende questa pianta notevole è il suo frutto, una bacca rosso-arancio a maturità, racchiuso completamente in un leggero involucro membranoso che in autunno assume tonalità aranciate o rosse. Considerata pianta ornamentale, è coltivata nei giardini per la sua bellezza: conservata in inverno in vasi senza acqua questa pianta costituisce un bouquet di sicuro effetto. Il frutto quando è maturo, a settembre, è commestibile: le bacche, infatti, dal caratteristico sapore acidulo ma gradevole possono essere consumate fresche (10-15 g/die). Ricco in carotenoidi e vitamina C, possiede proprietà vitaminizzanti, rinfrescanti, diuretiche, urico-eliminatrici e blandamente lassative. Secondo il medico francese Henri Leclerc (1870-1955), il frutto dell’alchechengi risulta assai utile alle persone che soffrivano di calcolosi renale, in particolare nella calcolosi da ossalati di calcio1. La ricchezza in vitamina C determina proprietà antiossidanti e favorisce, oltre a un aumento delle difese immunitarie, un miglior assorbimento del ferro presente nella nostra alimentazione. Attualmente l’uso medico della pianta è desueto. In passato Physalis alkekengi veniva impiegata nel trattamento delle forme reumatiche, della gotta e della litiasi renale. Rientrava nella composizione dello sciroppo di Cicoria composto (Cicoria, Fumaria, Rabarbaro, Scolopendra, Alkekengi, Cannella, Sandalo) ad azione lassativa. Il vino ottenuto dalle bacche poteva essere diuretico o febbrifugo a seconda della posologia (Medicamenta, 1924). La radice (rizoma) era segnalata come antitussiva ed espettorante: è stata però segnalata la presenza di alcaloidi pirrolozidinici (epatotossici) che ne fa sconsigliare l’impiego2. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Il frutto di alkekengi può essere considerato a priori inoffensivo3. La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Come per tutte le piante ad azione diuretica, prestare attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci diuretici (sommazione d’effetto). Si segnala che il rizoma, le foglie e i frutti immaturi contengono solanina e possono 570

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alkekengi

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risultare nocivi. La loro assunzione, infatti, può provocare nei bambini gastro-enterite e diarrea4. Nel rizoma sono stati segnalati alcaloidi pirrolozidinici (epatotossici). Forme farmaceutiche e posologia Decotto: 40 g di frutti (o bacche) essiccati e frantumati in 1 litro di acqua; far bollire per 5 minuti, lasciare in infusione a fuoco dolce per 10 minuti. Due tazze al dì (azione depurativa). Physalis alkekengi T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal frutto (bacca) essiccato (titolo 65°). Formulario Gotta, iperuricemia; sovrappeso Orthosiphon s. T.M. Hieracium p. T.M. Physalis a. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì. Vino «Il vino si prepara con 30 g (frutti) per 1 litro di vino; macerare per 8 giorni e passare: 15-30 g come diuretico antigottoso, la mattina a digiuno; è utilissimo anche a chi soffre di renella; 60-100 g come febbrifugo. Quattro o cinque di questi frutti, schiacciati in una emulsione ordinaria, sollevano molto i sofferenti di colica nefritica»5. Curiosità • Dioscoride e Arnaldo da Villanova consigliavano i frutti di alkekengi nella ritenzione d’urina, mentre nel XIX secolo venivano impiegati per il trattamento delle forme reumatiche, in particolare la gotta. • «È raro che si utilizzi l’alchechengi come frutto da tavola: il suo sapore è asprigno, unito con una certa amarezza dovuta alla modesta presenza di una sostanza, la fisalina, ed è tuttavia abbastanza piacevole, alla condizione di non prolungare troppo la masticazione, poiché libera allora, un retro-gusto insipido e nauseante che può essere comparato soltanto alla sensazione che si prova masticando un fagiolino cotto male: vengono preparate confetture il cui aroma, un poco insignificante, ricorda quello del pomodoro ma che, insaporite da scorze d’arancia o di limone, fanno bella figura sulla tavola dei gottosi e di coloro che soffrono di reumatismi» (H. Leclerc, 1932). • I frutti di alkekengi fatti confettare nella cioccolata costituiscono una ghiottoneria assai ricercata. Note bibliografiche 1 Leclerc H., 1935, p. 62. 2 Frohne D. et al., op. cit., p. 371. 3 Ibidem. 4 Lampe K.F., McCann M.A., 1985, AMA Handbook of poisonous and injurious plants, Chicago, American Medical Association Press, p. 432. 5 Antonelli G., op. cit., p. 360.

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americana

L.

Phytolacca americana L. (= P. decandra L.)

Nome comune: Fitolacca; Uva turca Francese: Phytolaque; Raisin d’Amerique Inglese: Poke root; Pokeweed Tedesco: Kermesbeere Spagnolo: Hierba carmín Famiglia: Phytolaccaceae Parte utilizzata: radice; frutti Costituenti principali: Radice: – saponine triterpeniche*: fitolaccosidi (serie A-G); steroli e tracce di lectine (conosciute come pokeweed mitogeni) Frutto: – fitolaccanina (pigmento azotato) e altri pigmenti rossi; acido fitolaccico – saponine triterpeniche (acidi jaligonico, fitolaccagenico ecc:); sostanze amare; steroli; tannino Nota: nelle foglie e nei semi sono state segnalate proteine antivirali1 Attività principali: azione emetocatartica; coloranti Impiego terapeutico: desueto (per via interna); angine, tonsilliti (uso esterno)

Utilizzo medico Attualmente l’uso per via interna della pianta è considerato desueto e ritenuto pericoloso. In tutti gli organi della pianta, ma in particolare nella radice e nei semi, sono presenti saponine triterpeniche che sono state messe in relazione con la tossicità della Phytolacca. Negli ultimi anni è stata inoltre segnalata presenza di lectine a proprietà mitogene (pokeweed mitogeni), stimolanti la crescita dei linfociti (B e T) e sarebbero in grado di determinare plasmacitosi e altre anomalie ematologiche2. In passato la radice di Phytolacca veniva impiegata, per le proprietà emetica e purgativa, nel trattamento delle forme reumatiche croniche e dell’artritismo. Interessante è notare, a questo proposito che, tra i saponosidi, il fitolaccoside B presenta azione antinfiammatoria e antireumatica3. Era altresì impiegata per combattere la sifilide e le cosiddette forme “scrofolose” mentre gli estratti dei frutti erano impiegati per colorare in rosso il vino e la confetteria. La fitolaccacina, pigmento azotato presente nei frutti e responsabile del loro colore rosso, presenta una struttura simile alla betacianina, pigmento della barbabietola rossa, che non presenta alcuna tossicità. La pianta per via interna conosce invece un uso omeopatico consolidato e privo di effetti collaterali. Uso esterno In passato, il decotto al 5% delle radici oppure unguenti e pomate a base di fitolacca, erano impiegati nel trattamento di psoriasi e tigna4. Più frequente e attuale risulta l’impiego della fitolacca, sotto forma di gargarismi ad azione antinfiammatoria, nel trattamento delle angine e delle tonsilliti. 572

188 • Phytolacca

americana

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Tossicità, interazioni ed effetti secondari I principi responsabili dell’intossicazione non sono ben conosciuti: si tratta, con tutta probabilità, dei saponosidi e delle lectine. I principali sintomi osservati con la consumazione dei frutti sono: impressione di sete e raffreddamento con debolezza muscolare; vomito e scariche violente con diarrea sanguinolenta; cianosi, midriasi e aritmia. Modificazione della formula ematica (comparsa plasmociti) dovuta alle lectine. Secondo studi datati l’assunzione di una decina di bacche crude può essere considerata inoffensiva nell’adulto e nell’adolescente, può essere invece sufficiente a indurre intossicazioni serie nel bambino (disturbi gastro-intestinali, vomito, diarrea e convulsioni). «Tuttavia su più di 100 casi di consultazione in bambini che avevano consumato fino a 20 frutti, e sono stati segnalati solo dolori addominali occasionali, nausea e vomito.» I frutti maturi sarebbero meno tossici5. La radice risulta più tossica del frutto6: l’assunzione determina una forte astenia, effetti emetocatartici e depressione della respirazione7. Modesti sovradosaggi provocano seri effetti secondari. L’azione emetica, in seguito alla somministrazione di posologie piuttosto elevate, si manifesta dopo una latenza di 1-2 ore ma continua poi per lungo tempo. Tale azione può essere accompagnata da dolori, spasmi, sonnolenza, vertigine e disturbi del visus. Dosi ancora più elevate determinano forte azione emetica, scariche diarroiche, grande prostrazione e, a volte, collasso8. Evitare il contatto con gli occhi (azione irritante). Le formulazioni da pianta fresca (tinture, ad esempio) per os devono essere evitate o quantomeno impiegate con estrema prudenza. Ovviamente è assolutamente controindicata in gravidanza (rischio di malformazione fetale), allattamento e pediatria. L’ingestione delle foglie induce una sintomatologia simile9. Forme farmaceutiche e posologia Solo come nota storico-medica: Estratto Fluido: radice (1 g = 50 gocce): 0,05 g-0,30 g pro dose; come emetico: 0,6-1,2 g pro dose. Phytolacca decandra T.M.: 30 gocce diluite in acqua, per uso esterno. Note di galenica La T.M. è preparata a partire dalla pianta intera fresca, bacche e radici comprese, raccolta al momento della maturità delle bacche (titolo 45°). Formulario Angina Phytolacca T.M. Calendula T.M. ana 60 ml in flacone unico S/30 gocce in mezzo bicchiere di acqua, per gargarismi Curiosità • L’uva turca, fitolacca, viene descritta dal Manzoni nell’orto di Renzo. • Pianta spontanea in Messico, Florida e Texas, venne introdotta in Europa nel XVII secolo, come specie ornamentale. L’interesse verso la pianta nasceva dal fatto che si tratta di una pianta che cresce velocemente, raggiungendo l’altezza di un uomo in un solo anno. È pianta però sensibile al freddo. • I giovani getti vengono consumati come asparagi, mentre i germogli e le giovani foglie possono essere consumati come spinaci avendo però l’accortezza di bollir573

188 • Phytolacca

americana

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le e di buttare l’acqua di cottura. Senza queste precauzioni, quando le foglie fresche sono consumate tal quali possono comparire gravi disturbi, anche cardiaci (blocco atrio-ventricolare di 1°grado). • Harant e Benezech (1951) descrivono il caso di avvelenamento di una bambina dovuto all’ingestione di qualche bacca di Fitolacca. Un particolare che colpì l’attenzione dei ricercatori fu che un’eruzione di orticaria da cui questa bambina era affetta, scomparve dopo l’intossicazione10. Note bibliografiche 1 Mills S., Bone K., op. cit., p. 541. 2 Frohne D. et al., op. cit., p. 286. 3 Demarque D., Jouanny J., Poitevin B.,Saint-Jean Y., op. cit., p. 326. 4 Proserpio G. et al., op. cit., p. 835. 5 Frohne D. et al., op. cit., p. 285. 6 Van Hellemont J., op. cit., p. 288. 7 Debelmas A.M., Delaveau P., op. cit., p. 144. 8 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I, p. 608. 9 Bruneton J., Plantes toxiques…, op. cit., p. 407. 10 Harant M., Benezech M., 1951, Ann. Pharm. Franc. 9, 1, 79.

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anisum

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Pimpinella anisum L.

Nome comune: Anice comune o verde Francese: Anis vert; Petit anis Inglese: Anise; sweet cumin Tedesco: Anis Spagnolo: Anís Famiglia: Apiaceae Parte utilizzata: frutti (impropriamente detti semi) Costituenti principali1: – olio essenziale (1,5-6%): transanetolo (80-95%), estragolo (1-4%),γ-himacalene (0,7-3%), pseudo-isoeugenolo-2-metilbutirrato (0,7-3%), epossi-isoeugenolo2-metilbutirrato (0,1-1, 3%), anisaldeide (0,5-0,9%), cis-anetolo (0,3-0,4%), neofitadiene (diterpene) ecc. Nota: l’olio essenziale ottenuto dalla pianta intera contine solo circa il 30% di trans-anetolo accompagnato da pseudo-isoeugenolo (20%), germacrene (15%), β-bisabolene (12%) e γ-himacalene (3%) – acidi fenilacrilici: derivati dell’acido caffeico, in particolare acido clorogenico (≈ 0,1%) e derivati acidi cafeoilchinici (acido p-cumaroilchinico, acido feriloilchinico) – flavonoidi: apigenina-7-O-glucoside, luteolina-7-O-glucoside, quercetina-3-O glucuronide, rutina, isoorientina, isovitexina – furanocumarine: > bergaptene; idrossicumarine: > ombelliferone – lipidi (≈ 30%): acido petroselinico (65%) Attività principali: azione antispasmodica; balsamica e secretolitica Impiego terapeutico: dispepsia, spasmi gastrointestinali, meteorismo; catarri delle vie aeree superiori

Utilizzo medico I frutti (semi) di Anice possono essere considerati validi regolatori dei processi digestivi ed efficaci carminativi: le preparazioni, dal sapore gradevole, contribuiscono a migliorare i processi digestivi aumentando la secrezione salivare e gastrica. Il miglioramento delle funzioni digestive, unitamente all’azione antispasmodica, si traduce in uno stato di benessere (assenza di sonnolenza postprandiale, migliorata assimilazione dei principi nutritivi ecc.) e rende l’uso di preparati a base di Anice raccomandato per combattere l’astenia accompagnata da cefalea e affaticamento cerebrale. Le proprietà carminative dell’Anice sono meno potenti di quelle del Cumino e del Finocchio. Studi di laboratorio hanno messo in evidenza come l’olio essenziale (in particolare l’anetolo) si opponga agli spasmi intestinali indotti chimicamente. In particolare è emerso che a posologie deboli l’olio essenziale stimola le contrazioni, mentre a posologie più elevate le riduce. L’azione eccitante dell’Anice verde sulla peristalsi, nei casi di atonia intestinale, e la contemporanea azione antispastica, ne giustificano l’impiego terapeutico nella dispepsia, negli spasmi gastrointestinali e nel meteorismo. 575

189 • Pimpinella

anisum

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Le proprietà antispasmodiche si evidenziano, come è stato dimostrato sperimentalmente, con dosaggi sufficientemente elevati; tale azione è accompagnata da proprietà antisettiche che contribuiscono a inibire il formarsi di processi fermentativi a livello gastrointestinale. I frutti di anice sono pertanto indicati nel trattamento sintomatico del gonfiore epigastrico, della lentezza digestiva, dell’aerofagia, della flatulenza e come trattamento adiuvante della componente dolorosa delle turbe funzionali digestive2. L’olio essenziale, escreto parzialmente dai polmoni, favorisce la secrezione bronchiale ed è espettorante: per questo motivo i frutti di Anice vengono aggiunti spesso alle tisane pettorali. Anche queste proprietà sono state provate sperimentalmente (aumento movimento delle ciglia vibratili presenti nel tratto respiratorio, stimolazione dell’espettorazione con aumento delle secrezioni polmonari)3. Confermate inoltre le proprietà battericide. Secondo Leclerc4 possono essere impiegati con buoni risultati nelle forme pertussoidi e nell’asma. È stato infatti dimostrato che la somministrazione nell’animale da laboratorio di estratti di Anice produce effetti broncodilatatori che sembrano essere dovuti a un’attività antagonista nei confronti dei recettori muscarinici5. La monografia della Commissione E del BfArM ne indica l’impiego, per via orale e locale (inalazioni), in caso di infiammazioni delle vie respiratorie. Per la presenza di anetolo, l’anice possiede una blanda attività estrogenica (come il finocchio): tale attività risulta senza incidenza nelle abituali condizioni d’uso6. La medicina popolare utilizza i semi di Anice in tisane galattagoghe che stimolano la portata lattea. Tali tisane danno al latte materno un sapore gradevole ed esercitano un’azione sedativa-antispamodica anche nel lattante. Uso esterno Pomate lipofile od oli contenenti il 5-10% di olio essenziale di anice sono utilizzate in frizioni o in inalazioni in caso di congestione delle vie respiratorie7. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’Anice verde o comune, se adeguatamente impiegato, è un medicamento sicuro: prove di tossicità acuta e cronica, su cavia, sono concordi infatti nel parlare di una tossicità trascurabile e solo per dosi estremamente forti si può manifestare tossicità epatica8. Rientra tra le piante classificate come GRAS - Substances Generally Recognized As Safe (FDA U.S. Food and Drug Administration). Occasionalmente, in soggetti predisposti (allergia all’anice e all’anetolo) possono manifestarsi reazioni allergiche cutanee, gastrointestinali o delle vie aeree (Commissione E del BfArM) e, in questo caso, se ne sconsiglia l’uso. Possibilità di allergia crociata con altre Apiaceae (finocchio, coriandolo). Occorre molta attenzione nell’uso dell’olio essenziale: l’impiego esagerato (aperitivi, per esempio) può provocare effetti tossici. A dosaggi elevati provoca uno stato di ebbrezza accompagnato da tremori; l’abuso cronico provoca confusione mentale e convulsioni. L’uso dei frutti di Anice, secondo la monografia elaborata HMPC-EMEA, non deve superare le due settimane continuative e non è raccomandato in gravidanza, durante l’allattamento e sotto i dodici anni. Tale cautela non è segnalata dalla Commissione E del BfArM. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dal frutto (diacheni interi secchi) di P. anisum contenenti al minimo 20 ml/kg di olio essenziale. 576

189 • Pimpinella

anisum

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Forme farmaceutiche e posologia Dose media giornaliera: 1-3,5 g di droga (frutti) in 150 ml di acqua bollente 3 volte al giorno, per non più di due settimane (HMPC-EMEA); bambini da 0 a 1 anno: 0,5 g di frutti contusi sotto forma di infuso; 4 anni: 1 g; 4-10 anni: 2 g; 10-16 anni: la dose per adulti (ESCOP). Infuso: da 1 a 5 g di semi triturati per tazza d’infuso caldo; diverse tazze al dì. Come mucolitico: bere una tazza di infuso preparato di fresco alla mattina e/o alla sera. Per i disturbi gastro-intestinali: un cucchiaio di tisana più volte al dì. Per i bambini piccoli un cucchiaino colmo, eventualmente nel biberon9. Polvere: da 0, 5 a 2 g per presa,1-3 volte al dì. Estratto Fluido: 0,15-0,3 g pro dose (1 g = 43 gocce). Olio essenziale: 0,3 g/die (Commissione E del BfArM); 50-200 μl 3 volte al dì (HMPC-EMEA). Olio essenziale: uso esterno, preparazioni al 5-10%. Pimpinella anisum T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica Si tende ad attribuire all’olio essenziale di Anice verde caratteristiche aromatiche leggermente più pregiate rispetto a quello ottenuto dall’Anice stellato (Illicium verum). Viene impiegato come correttore del gusto per i medicinali amari. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dai frutti essiccati (titolo 65°). Formulario Specie carminative (Hager) Anice Carvi Coriandolo Finocchio Radice Angelica ana parti S/1-2 cucchiaini da caffè per tazza d’infuso caldo; più tazze al dì Dispepsia-Astenia Angelica a. T.M. 40 ml Pimpinella a. T.M. 20 ml in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, dopo ogni pasto (almeno mezz’ora) Meteorismo Matricaria r. T.M. Mentha p. T.M. Valeriana o. T.M. Pimpinella a. T.M. Carum carvi T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Tisana antiflatulenza Flos chamomillae fol. menthae piperitae radix valerianae fructus carvi fructus anisi ana parti S/1 cucchiaino per tazza d’infuso caldo; più tazze al dì 577

189 • Pimpinella

anisum

L.

Gocce espettoranti Pimpinella a. T.M. Viola o. T.M. Verbascum t. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce in una tazza d’infuso caldo e dolcificato con miele 3-4 volte al dì Gocce per favorire la lattazione Galega E.F. 30 ml Anice E.F. 20 ml Finocchio E.F. 30 ml Fieno greco E.F. 20 ml S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì Curiosità • Plinio il Vecchio riteneva che l’Anice avesse il potere di far dormire e di salvaguardare la giovinezza del viso. Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 117. 2 Note explicative de l’Agence du médicament (Francia-1998). 3 Teuscher E. et al., op. cit., p. 118. 4 Leclerc Henri, [1935], Précis de phytothérapie, Essais de thérapeutique par les plantes francaises, Paris, Masson, 1976. 5 Boskabady M.H., Ramazani-Assari M., 2001, Relaxant effect of Pimpinella anisum on isolated guinea pig tracheal chains and its possible mechanism. J. Ethnopharmacol. 74, 83-88. 6 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 600. 7 Teuscher E. et al., op. cit., p. 119. 8 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 118. 9 Wichtl M., op. cit., p. 75.

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(L.) Huds

Pimpinella major (L.) Huds Pimpinella saxifraga L.

Nome comune: Tragosellino, Pimpinella maggiore (P. major); Tragoselino comune, Pimpinella minore (P. saxifraga) Francese: Grand pimprenelle; Boucage (P. major); Petite pimprenelle, Petite boucage (P. saxifraga) Inglese: Greater burnet saxifrage (P. major); Burnet Saxifrage (P. saxifraga) Tedesco: Große Bibernelle (P. major); Kleine Bibernelle (P. saxifraga) Spagnolo: Pimpinela major (P. major); Pimpinela blanca (P. saxifraga) Famiglia: Apiaceae Parte utilizzata: radice Costituenti principali: P. major – olio essenziale (0,1-0,6%): trans-epossipseudoiso-eugeniltigliato (20-55%) – cumarine e furocumarine: bergaptene, isobergaptene, pimpinellina (principio amaro), isopimpinellina, ombelliferone ecc. – tannino (1%); saponine (?); acido caffeico, acido clorogenico P. saxifraga – olio essenziale (0,1-0,6%): trans-epossipseudoiso-eugenil-2-metilbutirrato (10-75%) Attività principali: secretolitica Impiego terapeutico: catarri delle vie aeree superiori

Utilizzo medico P. major è considerata dalla medicina popolare emolliente, pettorale, espettorante e anche moderatamente emmenagoga e galattagoga. Grazie alle proprietà fluidificanti, dovute all’olio essenziale e alle saponine (la cui presenza, peraltro, non è stata ancora chiaramente confermata), le radici sono utilizzate nei processi flogistici a carico delle mucose dell’apparato respiratorio, nella bronchite, nella tosse, ma anche raucedine, angina, faringite, laringite ecc. Può essere utilmente associata al Lichene islandico. Venti-quaranta gocce di tintura (1:5) su uno zuccherino sembrano essere particolarmente efficaci nella raucedine e nell’angina. Alla pianta viene attribuita una certa efficacia nella diatesi urica per cui viene somministrata anche nelle forme reumatiche e nella gotta1. Esternamente le sue preparazioni (tintura o infuso al 10%) sono utilizzate in gargarismi nelle infiammazioni di gola e bocca. La P. saxifraga L., il cui nome deriva dal latino saxum frangere, per via dell’azione che le viene attribuita di dissolvere i calcoli vescicali, condivide le stesse proprietà della P. major. Le radici di queste due piante sono impiegate per aromatizzare i liquori (proprietà aromatiche e amare): fresche sono consumate in insalata, essiccate servono alla preparazione di estratti aromatici2. 579

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major

(L.) Huds

Tossicità ed effetti secondari Per la presenza di furanocumarine possibile azione fotosensibilizzante. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 3-10 g di droga contusa in una tazza d’acqua calda, filtrare dopo 15 minuti. Assumere 3-4 tazze al dì. Macerazione: 3-10 g di droga contusa in una tazza d’acqua fredda, portare a ebollizione lentamente; filtrare dopo 10 minuti. Assumere 3-4 tazze al dì. Uso esterno: decotto al 10% in gargarismi. Pimpinella saxifraga T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte sotterranea fresca (titolo 65°). Formulario Gargarismi (Van Hellemont) Pimpinella saxifraga Tormentilla S/30 gocce in un bicchiere di acqua

T.M. 15 ml T.M. ad 20 ml in flacone unico

Curiosità • «La piccola pimpinella esercita una manifesta azione sugli organi coi quali la si pone a contatto; e quindi la si adopra come masticatorio, tanto per aumentare l’azione delle glandole salivali, quanto per calmare i crudeli dolori di cui ponno essere maltrattati i denti. […] La grande pimpinella possiede assolutamente le stesse proprietà e in pari grado» [Levi, Dizionario classico di medicina, Venezia, 1837]. Note bibliografiche 1 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 931. 2 Teuscher E. et al., op. cit., p. 113.

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Forster

Piper methysticum Forster

Nome comune: Kava o Kava-Kava Francese: Kava o Kava-Kava Inglese: Kava o Kava-Kava Tedesco: Kava o Kava-Kava Spagnolo: kava o Kava-Kava Famiglia: Piperaceae Parte utilizzata: rizoma Costituenti principali: – resina (3-20%): α-pironi mono o biinsaturi: kavaina, diidrokavaina (DHK), metisticina, diidrometicistina(DHM), yangonina, desmetossiyangonina (riuniti anche sotto il nome di kawalattoni) – Alcaloidi piperidinici: pipermetisticina Attività principali: miorilassanti e psicorilassanti Impiego terapeutico: attualmente sconsigliato (turbe del sonno, stati ansiosi)

Utilizzo medico «In Italia né la kavaina né la pianta di Piper methysticum o parti di essa sono inseriti nelle Tabelle contenenti le sostanze stupefacenti o psicotrope sottoposte alla vigilanza e al controllo di cui all’articolo 14 del Decreto del Presidente della Repubblica 309/90 e successive modifiche. Il kava-kava si è sempre dimostrato un rimedio sicuro, tuttavia in tempi recenti è stato associato ad alcuni casi di tossicità epatica, che ne hanno determinato il ritiro dal commercio in numerosi Paesi a partire dal 2001. In Italia per tutelare la salute del cittadino il Ministero della Salute, con il Decreto del 29 maggio 2002 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 141 del 18 giugno 2002, ha vietato la vendita di prodotti omeopatici contenti kava-kava. In precedenza, un provvedimento del Ministero della Salute aveva sospeso la vendita di tutti i prodotti a uso “erboristico” contenenti kavakava. Inoltre, il Ministero della Salute ha inserito il Piper methysticum in una lista degli estratti vegetali non ammessi negli integratori alimentari»1. A scopo informativo si riferisce quanto riportato fino a ora in letteratura: Il Piper methysticum è una pianta, appartenente alla famiglia del pepe nero, molto diffusa in Oceania la cui radice poverizzata serve a preparare una bevanda di uso antichissimo (più di 3000 anni fa) chiamata kava-kava. Questa bevanda determina, a seconda della dose assunta, una specie di ebbrezza caratterizzata da sensazione di benessere, da un grande rilassamento, dall’attenuazione della componente algica se presente, da un’impressione di calma e tranquillità accompagnata però dal mantenimento delle facoltà mentali: «ciò ne fa un ansiolitico potenziale»2. Predispone anche a un sonno sereno e riposante. In Occidente la pianta è stata largamente utilizzata per il trattamento degli stati depressivi e ansiosi e della sindrome pre-mestruale, in virtù delle sue proprietà sedative, ansiolitiche, antidepressive e miorilassanti. Nel fitocomplesso, oltre a flavonoidi e chetoni, sono stati isolati e identificati come 581

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principali responsabili dell’attività terapeutica della pianta alcuni composti chiamati kavapironi (utilizzati per la standardizzazione degli estratti di Kava), ai quali sono state attribuite proprietà ansiolitiche, anticonvulsivanti, spasmolitiche, analgesiche e antimicotiche (Monografia Commissione E del BfArM, 1990). L’estratto acquoso (che prende il nome di kava), la frazione liposolubile, la diidrokavaina, la diidrometicistina e altri derivati insaturi corrispondenti sono analgesici nella cavia. I kavapironi (diidrokavaina in particolare) presentano un’azione anestetica locale di tipo cocainico3. A livello periferico i kavapironi esercitano un effetto analogo a quello della papaverina: muscolotropo spasmolitico. Le contrazioni di un frammento di intestino isolato prodotte da istamina, acetilcolina, bradichinina, 5-idrossitriptamina o nicotina sono inibite dai kavapironi, compreso la yangonina e la desmetossiyangonina. L’estratto acquoso e la frazione liposolubile diminuiscono la motilità spontanea. La sedazione indotta dall’estratto acquoso non si accompagna a perdita di tono muscolare. I kavapironi proteggono la cavia da convulsioni e morte prodotte da stricnina in modo più efficace rispetto alla mefenesina: un’iniezione intraperitoneale di 50 mg/kg di metisticina protegge dagli effetti di un’iniezione sottocutanea di 4 mg/kg di solfato di stricnina, mentre la mefenesina è inefficace contro un’intossicazione da stricnina, qualunque sia la dose impiegata. I kavapironi, del resto, diminuiscono o inibiscono completamente gli effetti delle contrazioni dovute a un elettroshock nella cavia. Per quanto riguarda due pironi (yangonina, desmetossiyangonina), essi mostrano una debole azione sedativa a livello del SNC: tale azione risulta più saliente quando queste due molecole sono somministrate insieme agli altri kavapironi (importanza del fitocomplesso!). Yangonina e desmetossiy angonina presentano, infatti, un’azione sinergica con gli altri pironi nel produrre un rilasciamento muscolare e prevenire le contrazioni di un elettroshock. Con la somministrazione, in cavie, dei kavapironi si passa progressivamente da un rilasciamento muscolare puro a un certo effetto complementare, sedativo e tranquillante, per cui viene a essere confermata la sintomatologia che si manifesta in seguito all’assunzione della pianta4. La resina induce il sonno: le modificazione EEC osservate nel gatto fanno pensare che la kava e la kavaina inducano il sonno agendo a livello delle strutture limbiche (diminuzione eccitabilità del sistema limbico?)5. Gli estratti di kava sono in grado, inoltre, di produrre inibizione della captazione della noradrenalina e inibizione delle monoamino-ossidasi6. La maggior parte degli studi effettuati sottolineano l’azione sedativa e ansiolitica della droga nell’uomo. Wenzel ha dimostrato che l’associazione di kavaina e orotato di magnesio risulta particolarmente adatta in geriatria: contribuisce infatti ad accrescere le capacità fisiche e intellettuali, in particolare la memoria dei fatti recenti e la facoltà di concentrazione; riequilibra il tono dell’umore; rilassa e favorisce l’induzione naturale al sonno; esercita un’influenza benefica sulle turbe nervose del sistema cardiovascolare prolungando la fase di ineccitabilità; abbassa il tasso di colesterolo ematico e migliora la tolleranza ai glucidi7. Una metanalisi pubblicata nel 2003 (11 studi-645 soggetti)8 e una nel 2005 (6 studi-345 soggetti)9 sono giunte alla conclusione che estratti di P. methysticum (120-210 mg di kavalattoni) risultano più efficaci del placebo nell’alleviare i sintomi dell’ansia diagnosticati tramite criteri riconosciuti (DSM-III-R, DSM-IV) e test appositi (Hamilton-HAM-A), in particolare nei soggetti con disturbi lievi o moderati. Altri studi, definiti di discreta qualità metodologica, che hanno comparato l’attività di estratti di kava con alcune benzodiazepine (oxazepam, bromazepam, buspirone, opipramolo) hanno evidenziato una efficacia simile e mancanza degli effetti collaterali tipici delle benzodiazepine, quali la diminuzione delle capacità cognitive10. 582

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Interessante è l’indicazione relativa all’impiego della pianta nello “svezzamento” da benzodiazepine che può contribuire a facilitare: un piccolo studio ha dimostrato che dosi crescenti di un estratto di kava (fino a 300 mg/die) assunte in concomitanza alla diminuzione della posologia delle benzodiazepine, ha aiutato i pazienti ad attenuare la sintomatologia ansiosa rispetto al gruppo placebo11. Ovviamente tale pratica deve essere effettuata solo dal medico. Studi preliminari hanno segnalato il possibile impiego negli stati ansiosi della menopausa12. Per quanto riguarda l’insonnia dovuta a disturbi d’ansia, la somministrazione di un estratto di kava (140 mg di kavalattoni) è risultato più efficace del placebo13. La pianta rientra anche nella formulazione di preparati che esercitano azione elettiva sulla sfera genitourinaria ove manifesta un’azione decongestionante, antisettica, antinfiammatoria, spasmolitica e sedativa (associare a Uva ursina, Vite rossa ecc.)14. Da segnalare che gli abitanti della Polinesia utilizzavano la pianta contro la blenorragia. Tossicità, interazioni ed effetti secondari In seguito alle segnalazioni di numerosi casi di epatotossicità15 è stata vietata – sospensione cautelativa – la vendita dei prodotti contenenti kava (Nota 22 gennaio 2002, Ministero della Salute). Sono stati infatti segnalati casi di epatite necrotizzante e letargia in seguito all’impiego di estratti alcolici concentrati di kava (circa il 71% di kavapironi)16. In letteratura fino a oggi sono state riportate le seguenti notizie e avvertimenti: Gli effetti indesiderati della kava (disturbi gastrointestinali, agitazione, midriasi, reazioni cutanee allergiche e dermatomiosite) sono considerati generalmente lievi e reversibili17. L’assorbimento di forti dosi comporta sonnolenza e turbe motorie; dosi maggiori provocano nausea, tremori, sonno prolungato18. La tossicità della droga è potenziata dall’alcol (Bruneton, 1993); «l’assunzione di alcol (acuta o cronica può svolgere un ruolo di epatotossicità della kava: può generare metaboliti reattivi via CYP2EI (assunzione cronica) o inibire enzimi epatici (assunzione acuta)»19. I primi casi di epatopatia sono stati segnalati nel 1998. Nel 2003 numerosi autori hanno messo però in discussione la validità di tali segnalazioni:«In un documento molto dettagliato, Schmidt riduce a 3 (su 82 di cui 38 in Germania) il numero dei casi che poteva essere legato con probabilità alla kava»20. Sarebbero auspicabili pertanto ulteriori ricerche condotte con metodologia rigorosa. La pianta può provocare disturbi della pelle o allergie cutanee, che però scompaiono rapidamente dopo la sospensione dell’assunzione. In una sperimentazione effettuata su animali da laboratorio (gatti) dopo un trattamento di diverse settimane si è manifestata una dermatite. Ciò è in analogia a quanto si è osservato nelle popolazioni indigene che per impiego cronico della decozione di kava mostrano una dermatite squamosa. Con il termine “kavaismo” è stata denominata una sintomatologia che si manifesta dopo uso cronico di Kava e caratterizzata da: disidratazione, desquamazione e depigmentazione della cute e da arrossamento degli occhi21. Piper methysticum può aumentare l’effetto di quasi tutti gli psico-farmaci ed esaltare gli effetti dell’alcol sull’organismo. «Poiché è stata prodotta l’evidenza dell’esistenza di interazioni fra Kava, barbiturici, benzodiazepine e altri psicofarmaci, è prudente evitare l’uso concomitante della droga con queste sostanze […]. Infine, data la possibilità dell’insorgenza dei citati disturbi visivi e dell’equilibrio, non è consigliabile l’impiego della droga in connessione con attività di guida o di manovra di macchine operatrici (Commissione E del BfArM)»22. Estratti di Kava hanno mostrato possibili 583

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proprietà antagoniste dopaminergiche. La contemporanea assunzione di Kava può aumentare i sintomi del Parkinson in pazienti in trattamento con levodopa23. Controindicato l’uso in caso di gravidanza, allattamento, depressione endogena. Non deve essere impiegata per più di 3 mesi senza la prescrizione del medico24. Forme farmaceutiche e posologia Dose media giornaliera (Commissione E del BfArM): 60-120 mg (kavalattoni). Kava-kava T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La droga è costituita dal rizoma essiccato in genere privo di radici e talvolta raschiato, contenente non meno del 3,5% di kavalattoni calcolati come kavaina (Deutscher Arzneimittel Codex e British Herbal Pharmacopoeia). La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte sotterranea essiccata (titolo 65°). Curiosità • La pianta è originaria della Polinesia occidentale (Tonga, Samoa, Fiji, Vanuatu…) fino a Tahiti. Gli indigeni ne traggono una polpa che prima masticano (la saliva provoca un’emulsione della resina) poi mettono in recipienti che riempiono di acqua calda e lasciano in infusione: questa polpa così diluita e preparata viene consumata durante le cerimonie religiose e per onorare gli ospiti, unire i partecipanti e rafforzare le identità sociali. Esiste la descrizione di tale cerimoniale da parte di J. Cook (1785). La tradizione samoana vuole che questa ricetta sia stata un dono di Tagaloa Ui, semidio, figlio del sole. Le prime osservazioni di carattere scientifico si devono a Louis Lewin, alla fine del XIX secolo, il quale constatò l’azione anestetica locale della resina. Note bibliografiche 1 http://www.salute.gov.it/ e http://www.iss.it/. 2 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 358. 3 Dorvault F., op. cit., p. 951. 4 Girre L., 1984, Phytothérapie, 9, 3-9. 5 Bruneton J., 2009, op. cit. p. 358. 6 Seitz U., Schule A., Gleitz J., 1997, 3H-monoamine uptake inhibition properties of kava pyrones, Planta Med. 63, 548-549; Uebelback R., Franke L., Shewe H.J., 1998, Inhibition of platelet MAO-B by kava pyrone enriched extract from Piper methysticum Forster (kava-kava), Pharmacopsychiatry, 31, 187-192. 7 Wenzel E., 1971, Wiener med. Wschr. 12, 226-236. 8 Pittler MH, Ernst E, 2003, Kava extract for treating anxiety. Cochrane Database Syst Rev. 9 Witte S, Loew D, Gaus W., 2005, Meta-analysis of the efficacy of the acetonic kava-kava extract WS1490 in patients with non-psychotic anxiety disorders. Phytother Res. 19(3):183-8. 10 Heinze HJ, Matzke M, Steitz J., 1993, Effects of oxazepam and an extract of kava roots (Piper methysticum) on event-related potentials in a word recognition task. Neuropsychobiology, 27(1):46-53; Boerner RJ, Sommer H. et al., 2003, Kava-Kava extract LI 150 is as effective as Opipramol and Buspirone in Generalised Anxiety Disorder-an 8-week randomized, double-blind multi-centre clinical trial in 129 out-patients. Phytomedicine, 10 Suppl 4:38-49. 11 Malsch U, Kieser M., 2001, Efficacy of kava-kava in the treatment of non-psychotic anxiety, following pretreatment with benzodiazepines. Psychopharmacology (Berl), 157(3):277-83. 12 De Leo V, La Marca A. et al., 2000, Assessment of the association of Kava-Kava extract and hormone replacement therapy in the treatment of postmenopause anxiety. Minerva Ginecol, 52(6):263-7.

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Lehrl S., 2004, Clinical efficacy of kava extract WS 1490 in sleep disturbances associated with anxiety disorders. Results of a multicenter, randomized, placebo-controlled, doubleblind clinical trial. J Affect Disord, 78(2):101-110. 14 Bruneton J., 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 263. 15 Gruenwald J., Freder J., 2002, Kava: the present European situation, Nutraceuticals World, 22-24. 16 Capasso F., 2011, op. cit., p. 251. 17 Ernest E. et al., 2001, The desktop guide to complementary and alternative medicine, Mosby, Edinburgh. 18 Dorvault F., op. cit., p. 951. 19 Capasso F., 2011, op. cit., p. 251. 20 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 359. 21 Norton S.A., Ruze P., 1994, Kava dermopathy, J. Am. Acad. Dermatol., 31, 89-97. 22 Monti L., 2000, 16 Monografie di Piante Medicinali Eccellenti, Studio Edizioni, Milano. 23 Ernst E., 2000, Herb-drug interactions: potentially important but woefully under-researched, Eur. J. Clin. Pharmacol., 56, 523-524. 24 Ernst E., 2004, Kava update: a European perspective. NZ Med J, 117: 1143-1146. 13

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Piscidia erythrina L. (= Piscidia piscipula (L.) Sarg.)

Nome comune: Piscidia Francese: Piscidie; Bois de chien Inglese: Jamaican dogwood; Piscidia Tedesco: Fischfanger Spagnolo: Piscidia Famiglia: Fabaceae Parte utilizzata: corteccia della radice Costituenti principali: – isoflavoni: erythbigenina, piscidone, piscerythrone, piscidina, rotenone, ictinone, jamaicina ecc. – β-sitosterolo; acido piscidico; tannino; acidi organici Attività principali: antispasmodica; sedativa e analgesica Impiego terapeutico: dismenorrea; disturbi minori del sonno

Utilizzo medico Si tratta di una pianta dotata di attività antispasmodica ed è considerata sedativa e calmante nell’insonnia nervosa. Come tale viene tradizionalmente miscelata in parti uguali alla Melissa. La pianta viene utilmente prescritta nella dismenorrea e come antalgico dell’apparato utero-ovarico. Leclerc la segnala nel trattamento della pertosse e delle forme nevralgiche. Gli studi farmacologici evidenziano un’azione narcotica con midriasi, aumento della sudorazione e azione litica sulla muscolatura liscia (azione deprimente su frammenti di intestino e utero isolati). È stata segnalata un’azione papaverinosimile. La droga è in grado, come accade per molte piante ad attività sedativa, di ritardare nella cavia, ma non di impedire, la crisi asmatica scatenata da acetilcolina1. Tossicità, interazioni ed effetti secondari In soggetti sensibili può causare nausea e mal di testa. Viene segnalato un sostanziale rischio di malformazione fetale o danno irreversibile (rotenone) per cui se ne sconsiglia l’uso in gravidanza. L’uso della pianta è inoltre controindicato in caso di bradicardia o insufficienza cardiaca. Evitare durante l’allattamento o comunque assumere solo dietro prescrizione medica. Prescrivere con cautela nelle donne che vogliono concepire, in pediatria, in caso di gravi malattie neurologiche, psicosi, malattie renali ed epatiche e se vi sono precedenti anamnestici di allergia o reazioni anafilattiche2. Occorre porre attenzione, come per tutte le piante ad azione sedativa, alla contemporanea assunzione di farmaci ad attività sedativo-ipnotica e a farmaci analgesici al fine di evitare un potenziamento non ricercato dell’azione sedativa. Forme farmaceutiche e posologia Decotto: 3-6g/die di corteccia della radice essiccata. Estratto Fluido: 1-3 g/die. Piscidia erythrina T.M.: 40 gocce, diluite in acqua,1-3 volte al dì. 586

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erythrina

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Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla scorza della radice essiccata (titolo 65°). Formulario Dismenorrea Piscidia e. T.M. Calendula o. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì una settima prima del ciclo Insonnia Piscidia e. T.M. Melissa o. T.M. Crataegus o. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, ore 18 e 50 gocce, diluite in acqua, prima di coricarsi Curiosità • Si tratta di un arbusto assai diffuso nelle Antille, in particolare alla Martinica. Il nome piscidia deriva da piscis (pesce) in quanto usata dagli indigeni nella pesca, per le proprietà ittiotossiche: i pesci storditi vengono a galla. • Foglie, frutti e corteccia possiedono un’azione inebriante e per tale caratteristica la pianta veniva aggiunta nelle bevande dalle popolazioni indigene. Note bibliografiche 1 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1115. 2 Mills S., Bone K., op. cit., p. 481.

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L.

Plantago lanceolata L.

Nome comune: Piantaggine lanceolata Francese: Plantain lancéolé Inglese: Small plantain Tedesco: Spitzwegerich Spagnolo: Llantén menor Famiglia: Plantaginaceae Parte utilizzata: parti aeree Costituenti principali: – glucosidi iridoidici: aucubina (0,3-2,5%), catalpolo (0,3-2,1%), acteoside, isoacteoside, asperuloside… – flavonoidi (apigenina, luteolina, scutellarina), cumarina (esculatina), acidi fenoli – mucillagine (6-7%): D-galattosio, L-arabinosio, acidi uronici (> 40%), enzimi – acido silicico (1,35%); sali minerali (> zinco e potassio) – tannino (6,5%); acido clorogenico e neoclorogenico Attività principali: bechica ed espettorante; antinfiammatoria; cicatrizzante Impiego terapeutico: catarri delle vie aeree, flogosi mucosa orofaringea; dermatosi, ulcerazioni

Utilizzo medico La droga viene tradizionalmente impiegata nel trattamento sintomatico delle patologie infiammatorie O.R.L. e broncopolmonari in virtù dell’azione emolliente e sedativa svolta dalle mucillagini e per l’azione antivirale e astringente dei tannini. L’aucubina, che si trova soprattutto nella foglia, possiede anche un’attività antiallergica, per cui l’uso della pianta risulterebbe utile nella bronchite cronica asmatiforme. La presenza di saponine e flavonoidi attribuisce alla pianta proprietà diuretiche e blandamente sedative che ne giustificano l’uso popolare come diaforetico e antireumatico. La Commissione E del BfArM ne riconosce l’uso medicinale per il trattamento delle infiammazioni e infezioni a carico delle vie respiratorie, della mucosa orale e faringea. Gli iridoidi presenti nel fitocomplesso della pianta sono responsabili dell’attività antinfiammatoria (acteoside), antimicrobica e antiallergica (aucuboside). L’acteoside è in grado in vitro di inibire la 5-lipo-ossigenasi. L’aucuboside ha inibito in vivo l’edema plantare indotto nella cavia con carragenina; estratti acquosi o idro-alcolici si sono dimostrati, in vitro, antibatterici e l’Estratto Fluido antispasmodico1. Le mucillagini inoltre sono in grado di inibire la tosse grazie alla formazione di un rivestimento protettivo che fa da schermo agli agenti irritanti a livello della superficie mucosa. «Tale effetto è limitato alla faringe dato che le mucillagini vegetali probabilmente non vengono assorbite come macromolecole e pertanto non riescono a raggiungere la mucosa tracheobronchiale in seguito a una somministrazione per via orale.2» Uno studio (senza placebo) effettuato su 593 soggetti affetti da infezioni acute a carico delle vie respiratorie ha segnalato il miglioramento dei sintomi, in particolare la tosse, grazie alla somministrazione di un preparato a base di Plantago3. 588

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Tramite il test di diffusione4 si è appurato che 1 ml di soluzione acquosa di aucubina al 2%, contenente β-glicosidasi, è in grado di determinare un alone di inibizione di Staphylococcus aureus analogo a quello ottenuto con 600 U.I. di penicillina. Sembra sia anche stimolata la produzione di interferone5. Uso esterno Le foglie di piantaggine sono impiegate come lenitivo e antipruriginoso in svariate affezioni cutanee e in caso di irritazione o fastidio oculare. Leclerc classificava la pianta fra i topici e la consigliava in oftalmologia nel trattamento di congiuntiviti e blefariti e in dermatologia nel trattamento dell’acne rosacea (vedi: Formulario). La tradizione accorda alle foglie fresche azione cicatrizzante utile nella terapia delle ulcere varicose e delle ferite. L’acido caffeico presente nel fitocomplesso è in grado di inibire in vitro la crescita dell’Herpes virus (HSV-1)6. Sempre alle foglie fresche viene accordata un’azione benefica nel trattamento delle punture di api, vespe, calabroni, zanzare: una frizione energica con foglie fresche basterebbe a neutralizzare l’effetto del veleno introdotto nel derma (vedi: Curiosità). Si ricorda che le foglie in effetti manifestano azione antiallergica di tipo antistaminico (aucubina). La Commissione E del BfArM ne ha riconosciuto l’uso topico per alleviare le infiammazioni della pelle (punture di insetti, tagli, graffi, bruciature ecc). Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Le preparazioni ricche in mucillagine vanno assunte lontano dai farmaci. Si ricorda infine che l’allergia ben conosciuta nei confronti della piantaggine è dovuta al polline e non alla pianta7. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla foglia essiccata, intera o frammentata, di P. lanceolata L. e lo scapo contenente almeno 1,5% di derivati totali di acido-o-diidrossicinnamico, espressi in acteoside. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 3-6 g/die (per os). Infuso: 1-2 cucchiaini di droga per tazza d’acqua bollente; lasciare in infusione per 10 minuti. Può essere fatta anche l’infusione a freddo. Macerazione: 1,5 g di droga essiccata in 150 ml di acqua fredda. Lasciare macerare per 1-2 ore, mescolando di frequente. Filtrare e usare il liquido come un collutorio o per gargarismi in caso di infiammazioni della mucosa orofaringea. Applicare come cataplasma in caso di infiammazione della pelle. Polvere: 100-300 mg/cps; 2-4 cps al dì. Plantago lanceolata T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì. Note di galenica Il composto attivo è rappresentato dall’aucubigenina (aglicone) che deriva dall’idrolisi dell’aucubina a opera di una β-glicosidasi endogena che è inattivata dal calore, per cui con infusi e decotti viene distrutta e viene impedita l’idrolisi dell’aucubina e la liberazione del principio attivo (Della Loggia, 1993). L’acqua è in grado di estrarre quasi completamente l’aucubina: in una tazza di tisana (1,5 g per 150 ml di acqua) si ritrovano 14 mg di aucubina8. 589

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lanceolata

L.

La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Compresse oculari (Leclerc) Plantago l. foglie 10 g Melilotus o. fiori 5g Centaurea c. fiori 5g Acqua bollente 150 g S/Lasciare infondere per 15 minuti e filtrare con garza sterile. Applicare sotto forma di compresse imbevute (impacco) Acne rosacea (Leclerc) Idrolato di Plantago Lanolina anidra Vaselina Essenza di rosa S/Applicare localmente

5g 10 g 1 goccia

Sciroppo espettorante Plantago l. T.M. 20 ml Miele (Acacia) 30 g Sciroppo semplice F.U. 200 ml S/un cucchiaino – un cucchiaio 3-4 volte al dì Tosse – Disturbi da raffreddamento Specie composta per tisana all’Altea (F.U.) Altheaeae radix t.t. 30% Thymi herba t.t. 25% Foeniculi fructus contuso 10% Plantaginis folium t.t. 15% Liquiritiae radix t.t. 10% Lichen islandicus t.t. 10% S/Un cucchiaino di tisana (circa 5 g) per una tazza di acqua bollente (250 ml ca.); 1-3 tazze al dì Infuso espettorante (Cagnola, Botticelli) Mirto foglie t.t. 30 g Altea radice decorticata t.t. 30 g Piantaggine foglie t.t. 20 g Liquirizia radice decorticata t.t. 20 g S/Versare una tazza d’acqua bollente su un cucchiaio della miscela; fare infondere per 10-15 minuti. Filtrare. «Se ne bevono 2 o 3 tazze al giorno da preparare al momento, una delle quali deve essere assunta alla sera prima di coricarsi.» Curiosità • Plantago deriverebbe dal latino plantam tangere, cioè pianta gradevole a toccarsi. • Le donnole prima di dare battaglia alle vipere si rotolano nella piantaggine. • Nel Medioevo, dato che cresceva sulle strade ed era quindi calpestata dai passanti, era ritenuta una panacea per tutte le malattie che riguardavano la deambulazione, l’affaticamento, le piaghe e le distorsioni (Luzzi). 590

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lanceolata

L.

Note bibliografiche 1 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 124. 2 Schultz V. et al., op. cit., p. 163. 3 Schulz V. et al., op. cit., p. 181. 4 Wichtl Max et al., op. cit., p. 379. 5 Plachcinska et al., 1984, Fitoterapia, 55, 346. 6 Chiang L, Chiang W et al., 2002, Antiviral activity of Plantago major extracts and related compounds in vitro. Antiviral Research, 55: 53-62. 7 Hallard F., op. cit., p. 141. 8 Wichtl Max et al., op. cit., p. 379.

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Plantago major L.

Nome comune: Piantaggine maggiore Francese: Grand plantain Inglese: Greater plantain Tedesco: Breitwegerich Spagnolo: Llantén Famiglia: Plantaginaceae Parte utilizzata: parti aeree Costituenti principali: – iridoidi e composti fenolici: flavonoidi, acidi fenoli, esteri eterosidici fenilpropanolici (verbascoside, plantamajoside) – mucillagine (6,5%), iridoidi (aucubina), flavonoidi, tannino (5%), acido silicico (1%), sali minerali (zinco e potassio), tracce di olio essenziale… * In Italia risultano maggiormente diffusi i preparati ottenuti dalla Plantago major: le conoscenze farmacologiche riguardanti il fitocomplesso sono però scarse rispetto alla Plantago lanceolata L. Attività principali: astringenti, antinfiammatorie, cicatrizzanti, batteriostatiche; diuretiche; espettoranti e antiallergiche Impiego terapeutico: infezioni vie urinarie; bronchite; affezioni allergiche e infiammatorie Uso esterno: flogosi mucose accessibili

Utilizzo medico Vedi Plantago lanceolata L. I composti fenolici presenti nel fitocomplesso esercitano in vitro proprietà antivirali. È stato pubblicato uno studio volto a testare l’attività antivirale dell’estratto acquoso e di alcuni principi attivi presenti nella pianta. Gli studi hanno riguardato gli Herpes virus e gli Adenovirus: l’acido caffeico fra i composti del fitocomplesso è quello che maggiormente ha manifestato attività antivirale nei confronti degli Herpes virus, mentre l’acido clorogenico è risultato più efficace nei confronti degli Adenovirus. L’estrazione acquosa ha mostrato solo una blanda attività antivirale nei confronti degli Herpes virus1. Il plantamajoside è in grado, in vitro, di inibire la 5-lipo-ossigenasi2, contribuendo pertanto all’azione antiflogistica. Sembra che la mucillagine presente nelle foglie, grazie a un suo polisaccaride (β-glucano), sia in grado di aumentare il tasso di sopravvivenza del 25% in cavie infettate da Streptococcus pneumoniae3. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Le preparazioni ricche in mucillagine vanno assunte lontano dai farmaci. 592

194 • Plantago

major

L.

Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Curiosità • Trotula de Ruggiero (XI sec.), donna medico della Scuola Salernitana, nel suo De passionibus mulieribus curandis, consiglia la Plantago in caso di metrorragia, negli “spostamenti di utero” e come potente astringente per ridare la verginità (cap. XXXV). Note bibliografiche 1 Chiang L.C. et al., 2002, Antiviral activity of Plantago major extracts and related compounds in vitro, Antiviral. Res. 55(1), 53-62. 2 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 124. 3 Hetland G., 2003, Anti-infective action of immno-modulating polysaccharides (β-glucan and Plantago major L. pectin) against intracelllular (Mycobacteria sp. and extracellular (Streptococcus pneumoniae sp.) respiratory pathogens. Curr Med Chem Anti-Infective Agents, 2: 135146.

593

195 • Plantago

195

ovata

Forssk.

Plantago ovata Forssk. (= P. ispaghula Roxb.)

Nome comune: Ispaghul Francese: Ispaghul; Plantain de l’Inde Inglese: Desert Indianwheat; Blond Psyllium; Ispaghul Tedesco: Indische Flohsamen Spagnolo: Isphagula; Llantén indio Famiglia: Plantaginaceae Parte utilizzata: seme e tegumento del seme Costituenti principali: – proteine, lipidi (85-10%), steroli, triterpeni, aucuboside… – mucillagine (30%): 85% di polisaccaridi solubili (> D-xylosio) * la mucillagine è presente unicamente nell’epidermide del tegumento seminale Attività principali: lassativo meccanico; ipocolesterolemizzante Impiego terapeutico: stitichezza, coliti; ipercolesterolemia

Utilizzo medico Grazie alla ricchezza in mucillagine i semi di Ispaghul sono considerati un buon lassativo meccanico da utilizzare in caso di stitichezza e tutte le volte che si vuole ottenere un’evacuazione più facile di feci morbide: emorroidi, ragadi e fistole anali ecc. La mucillagine (epidermide dei semi) fortemente idrofila presenta un potere di rigonfiamento notevole: a contatto con l’acqua forma un gel voluminoso che aumentando il volume della massa fecale e ammorbidendone il contenuto stimola la peristalsi intestinale e facilita lo svuotamento. Manifesta, inoltre, un’azione sfiammante e lenitiva a carico della mucosa intestinale. La formazione a livello intestinale, per fermentazione a opera della flora batterica residente, di acidi grassi a catena corta (AGCC) determina azione antiputrefattiva (< pH lume intestinale) e aziona trofica a livello della mucosa colica1. Nei semi sono presenti anche iridoidi, dalle spiccate proprietà antinfiammatorie, che contribuiscono a tale attività. La sua prescrizione può essere pertanto di aiuto nel trattamento delle coliti e dell’intestino (azione regolatrice) e ogni qualvolta si richieda una evacuazione non forzata (gravidanza, soggetti anziani, dopo interventi chirurgici al colon retto). I pazienti colpiti da malattie neurologiche vanno spesso incontro a stitichezza: secondo una review2 recentemente pubblicata, i risultati clinici ottenuti con l’uso dei semi di psyllium sono incoraggianti, ma non ancora abbastanza conclusivi per suggerire un protocollo di trattamento. Un buon effetto è stato osservato anche in caso di diarrea infantile. A questo proposito i semi di Ispaghul sono indicati come adiuvanti nella terapia di diarree di varia natura: vanno assunti senza acqua, in quanto i semi devono essere in grado di assorbire i liquidi in eccesso a livello intestinale (Commissione E del BfArM). Non a caso i semi di Plantago sono definiti una «eccellente medicazione gastrointestinale»3. Un altro tipo di attività attribuita alla pianta sarebbe quella di tipo metabolico: alcuni studi segnalano un’attività ipoglicemizzante, anche se l’uso dei semi è 594

195 • Plantago

ovata

Forssk.

sconsigliato nel diabete insulinodipendente, in quanto riduce l’effetto dell’insulina. L’azione ipocolesterolemizzante e ipolipidemizzante4 è stata confermata, in particolare se associata a regime dietetico appropriato. Nelle terapie di dimagrimento il protocollo “regime dietetico e Ispaghul” rispetto al solo “regime dietetico” sembra offrire risultati migliori5. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Assumere la droga con adeguato apporto idrico per evitare l’indurimento delle feci con conseguente rischio di ostruzione intestinale. La droga è controindicata in caso di sindrome occlusiva o di sindrome dolorosa addominale a etiologia non precisata, in caso di lesioni stenotiche o aderenze del tratto gastrointestinale, nausea, vomito, perdite ematiche rettali, atonia del colon, ulcere. Usare con prudenza in caso di megacolon a causa delle alterazioni della motricità del colon. È buona norma, inoltre, non assumere questo tipo di lassativo la sera prima di coricarsi o quando il paziente è allettato. Si segnala che nei dei primi giorni di trattamento si può manifestare aumento del meteorismo intestinale, flatulenza, fenomeni che però scompaiono spontaneamente entro pochi giorni. Solo in caso di sovradosaggio, si possono verificare gonfiore gastrico con nausea, vomito e tensione addominale. Questi composti generalmente non danno effetti indesiderati gravi e soprattutto determinano scarse reazioni sistemiche. Per evitare eventi avversi, anche la scelta tra questi blandi lassativi, deve essere, ad ogni modo, adattata alla condizione di salute del paziente6. Sono segnalate, seppure raramente, reazioni allergiche (da inalazione della polvere). I semi di Plantago possono essere assunti in gravidanza e durante l’allattamento. La posologia nel bambino dai 6 ai 12 anni deve essere ridotta dal 33 al 50%: evitare prima dei 6 anni (HMPC-EMEA). Con la loro assunzione, inoltre, si può verificare un rallentamento dell’assorbimento dei farmaci, minerali, vitamine ecc., per cui è consigliabile attendere un intervallo di almeno un’ora prima di assumere farmaci. È stato segnalato, ad esempio, che possono ridurre la concentrazione di litio e carmabazepina con induzione di livelli subclinici di tali farmaci7. Altre possibili interazioni segnalate sono quelle nei confronti di minerali, vitamine, glicosidi cardioattivi e i derivati della cumarina. L’uso di Ispaghul è sconsigliato nel diabete insulinodipendente, in quanto può ridurre l’effetto dell’insulina. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) Plantagini ovatae semen: semi maturi essiccati di P. ovata Forssk. (P. ispaghula Roxb.). Plantaginis ovatae seminis tegumentum: la cuticola è composta dall’episperma e dagli strati adiacenti collassati, rimossi dai semi di P. ovata Forssk. (P. ispaghula Roxb.). Forme farmaceutiche e posologia Dose giornaliera media (Commissione E del BfArM): da 12 a 40 g/die. Assumere da 12 g a 40 g (1 cucchiaio = 15 g circa) al giorno con due grandi bicchieri di acqua oppure lasciare rigonfiare 10 g di semi in 100 ml di acqua e ingerire il tutto, bevendo subito dopo almeno 200 ml di liquidi. Iniziare dalla posologia più bassa e aumentare fino a raggiungere l’effetto desiderato. Possono essere necessari alcuni giorni prima che si manifesti l’effetto lassativo ottimale.

595

195 • Plantago

ovata

Forssk.

Curiosità • I semi di questa pianta sono presenti in tutti i bazar dell’India e sono tenuti in grande considerazione: sono chiamati o con il nome persiano Ispaghul o con quello arabo Bazrequatuna. Note bibliografiche 1 Capasso F., 2011, op. cit., p. 122. 2 Coggrave M, Wiesel PH, Norton C., 2006, Management of faecal incontinence and constipation in adults with central neurological diseases. Cochrane Database Syst Rev, Apr 19;(2):CD002115. Review. 3 Dorvault F., op. cit., p. 938. 4 Rombi M., op. cit., p. 157. 5 Enzi G., Inelmen E.M., Crepaldi G., 1980, Pharmatherapeutica, 2, 421-428. 6 http://www.farmacovigilanza.org/fitovigilanza/. 7 Perlman B.B., 1990, Interaction between lithium salts and ispaghula husk, Lancet, 335, 416; Etman M.A., 1995, Effect of a bulk forming laxative on the biovailability of carbamazepine in man, Drug develop. and industr. Pharm. 21, 1901-06; Lancet, 355, 134-138, 2000.

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196 • Plantago

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psyllium

L.

Plantago psyllium L. (P. afra L. - P. indica L.)

Nome comune: Psillio Francese: Psyllium; Herbe aux puces Inglese: Flea wort Tedesco: Psyllium Spagnolo: Zaragatona Famiglia: Plantaginaceae Parte utilizzata: seme Costituenti principali: – 10-20% mucillagine: presente esclusivamente nell’epidermide del tegumento seminale (> xilosio e acido galatturonico, arabinosio e ramnosio) – 5-10% lipidi, tracce di alcaloidi (plantagonina e indicaina), proteine – iridoidi (aucubina): piccole quantità – alcaloidi in tracce Attività principali: lassativo meccanico Impiego terapeutico: stitichezza

Utilizzo medico Vedi: Plantago ovata. Tossicità ed effetti secondari Vedi P. ovata. Per quanto riguarda i semi di psyllium sono state segnalate, seppure raramente, reazioni allergiche (da inalazione della polvere) ed episodi di flatulenza e senso di gonfiore durante i primi giorni di terapia. L’assunzione cronica a scopo lassativo può essere responsabile, infatti, di una sensibilizzazione immunologica con manifestazioni respiratorie – rinite allergica e/o broncospasmo – e reazioni cutanee. I semi di Psyllium non dovrebbero essere utilizzati in soggetti ipertesi, con scompenso cardiaco o insufficienza renale in quanto sarebbero ricchi in sodio (Fitovigilanza). Il loro impiego deve essere attentamente monitorato nei soggetti affetti da diabete insulinodipendente poiché possono ridurre l’effetto dell’insulina. Porre attenzione anche in corso di trattamento antidiabetico orale. Nota: Il nome Piantaggine si riferisce generalmente ad alcune specie di piante appartenenti alla famiglia delle Plantaginaceae dotate di proprietà e usi pressoché simili. Dal punto di vista classificativo si riporta quanto segnalato dal dottor Monti: «Il British Herbal Compendium fa riferimento alla specie Plantago ovata Forssk; la Farmacopea Europea prende in considerazione Plantago Afra L., conosciuta anche con il sinonimo Plantago psyllium L., e Plantago indica L., nota anche con il nome di Plantago arenaria Waldstein et Kitaibel; nella Farmacopea degli Stati Uniti si trova la voce generica “Plantago species”, sotto la quale vengono accumunate P. ovata, P. psyllium e P. indica. In Inghilterra, la droga viene chiamata “Ispaghula husk”, mentre negli Stati Uniti il termine “psyllium” può indifferentemente riferirsi a P. psyllium o all’una o all’altra delle ulteriori due specie prima menzionate»1. 597

196 • Plantago

psyllium

L.

Bruneton sottolinea come la denominazione latina della specie produttrice di «plantago seeds» è raramente menzionata negli studi clinici pubblicati e che lo «psyllium» utilizzato in questi saggi molto spesso è il seme della P. ovata2. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dai semi maturi, interi ed essiccati, di Plantago afra L. (Plantago psyllium L.) o di Plantago indica L. (Plantago arenaria Waldstein e Kitaibel). Forme farmaceutiche e posologia Posologia giornaliera media (Commissione E del BfArM): da 10 a 30 g/die Due cucchiai da minestra (1 cucchiaio = 15 g circa) da assumere con due grandi bicchieri di acqua; oppure lasciare rigonfiare 10 g di semi in 100 ml di acqua e ingerire il tutto, bevendo subito dopo almeno 200 ml di liquidi. Assumere la sera ed eventualmente anche la mattina. Note di galenica Le droghe di qualità migliore presentano un indice di rigonfiamento tra 14 e 19. Curiosità • «In medicina si usò come quella (ndr: mucillagine) delle altre piantaggini contro le oftalmie, i flussi mucosi, la bronchite, l’emoftoe, la tisi, a guarire la quale il napoletano Boccone la diceva utilissima nel brodo di tartaruga» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Monti L., 1999, Piantaggine, Acta Phytotherapeutica, vol. II, 2, p. 92. 2 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 117.

598

197 • Podophyllum

197

peltatum

L.

Podophyllum peltatum L.

Nome comune: Podofillo Francese: Podophylle américain Inglese: American mandrake Tedesco: Schildförmige Fußblatt Spagnolo: Podofillo Famiglia: Berberidaceae Parte utilizzata: rizoma e radici Costituenti principali: – resina chiamata podofillina (3-6%): l-ariltetraidronaftaleni: podofillotoxina (20%),α- e β-peltatine (rispettivamente 5-10%), desossipodofillotossina e derivati vicini (anche eterosidi) Attività principali: purgante drastico; antimitotica (podofillina) Impiego terapeutico: uso desueto

Utilizzo medico La radice veniva in passato impiegata, particolarmente negli USA e in Inghilterra, sotto forma di polvere o tintura come purgante. La pianta veniva utilizzata anche come colagoga. L’uso medico, considerata la tossicità della pianta è però desueto. La pianta è conosciuta per gli studi effettuati sulla sua resina, o podofillina, dalle proprietà antimitotiche: estratta dal rizoma, la resina è servita come fonte di podofillina. Attualmente la viene estratta da un’altra specie del genere Podophyllum, P. hexandrum Royle (= P. emodi Wall.)1. La podofillina e le peltatine inibiscono la crescita delle forme tumorali indotte nella cavia. La loro azione si situa a livello dei microtubuli: la podofillotossina inibisce la polimerizzazione della tubulina e blocca la divisione cellulare all’inizio della metafase2. La podofillina veniva impiegata esternamente, sotto forma di soluzione alcolica standardizzata, nel trattamento di condilomi esterni e verruche e per l’ottenimento di derivati semisintetici utilizzati in chemioterapia (etoposide: carcinoma del testicolo, carcinoma bronchiale a piccole cellule, leucemie acute; teniposide: Hodgkin, neoplasie cerebrali e della vescica)3. Nell’uso esterno è stata sostituita, a causa della sua estrema tossicità, da una soluzione alcolica allo 0,5% di podofillotossina (esclusiva prescrizione medica): applicazioni locali 2 volte al giorno per 3 giorni, senza debordare sulla pelle sana, al fine di ottenere la necrosi dei condilomi esterni acuminati poco estesi (< 4 cm2)4. Tra gli effetti indesiderati: rossore e ulcerazioni locali. Questo trattamento è assolutamente controindicato in gravidanza e durante l’allattamento. Per l’azione antimicotica la podofillina era segnalata nella terapia della Tinea capitis5. Tossicità, interazioni ed effetti secondari «La podofillina è un tossico violento. Per ingestione (o per contatto cutaneo), provoca turbe digestive e, più tardivamente, una encefalopatia e una neuropatia periferica sensitivo-motrice accompagnata da una forte tossicità ematologica. A volte fatale, l’intossicazione comporta sovente turbe della marcia e altre sequele neurologiche che 599

197 • Podophyllum

peltatum

L.

possono persistere per diversi mesi.6» Già a bassi dosaggi la podofillina manifesta la sua azione drastica; a dosaggi più elevati (25 cg) può determinare avvelenamento e morte. Compaiono nausea, vomito, dolori addominali violenti accompagnati da frequenti scariche diarroiche anche sanguinolente; segue uno stato di profonda depressione che si può concludere con la depressione e la morte. La podofillotossina è assolutamente controindicata, per la sua azione antimitotica, in gravidanza, allattamento e in pediatria. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal rizoma essiccato (titolo 65°). Curiosità • Il podofillo, pianta originaria delle foreste umide degli USA e del Canada, venne importato dall’America del Nord in Inghilterra nella seconda metà del XVII secolo. Il nome deriva dalla forma delle foglie che ricordano vagamente un piede. • I frutti eduli, gialli, sono ricercati dai maiali, allevati all’aperto, per il loro sapore dolciastro. • «La podofillina ha causato infiammazioni pustolose del naso e delle palpebre nelle persone che lavorano alla sua preparazione» (Littré, 1893). • La diarrea profusa che può provocare, simile a quella da mercurio, le ha fatto attribuire il nome di “mercurio vegetale”. Note bibliografiche 1 Frohone D. et al., op. cit., p. 72. 2 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 334. 3 Dorvault F., op. cit., p. 1317. 4 Bruneton J., 2009, op. cit., p. 335. 5 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1137. 6 Bruneton J., 2009, p. 334.

600

198 • Polygala

198

senega

L.

Polygala senega L.

Nome comune: Poligala virginiana Francese: Polygala de Virginie Inglese: Senega Tedesco: Kreuzblumen Spagnolo: Poligala Famiglia: Polygalaceae Parte utilizzata: radice Costituenti principali: – saponine triterpeniche bisdesmosidiche (5-10%): eterosidi di presenegina, olean-12 (13)-ene polidrossilato (2β,3β,27) e dicarbossilico (C-23, C-28). Costituenti maggioritari: senegine II,III, IV – lipidi (5%); mono e oligo saccaridi; olio essenziale (tracce) – salicilato di metile; acidi fenoli Attività principali: fluidificante ed espettorante Impiego terapeutico: catarri vie aeree superiori, trattamento sintomatico della tosse non produttiva

Utilizzo medico La Poligala rientra nella formulazione di preparati per il trattamento sintomatico della tosse non produttiva. Espettorante e diaforetica a deboli dosi, fluidifica le secrezioni e favorisce l’espettorazione; diventa purgativa ed emetica a dosaggi elevati1. La differenza esistente fra dose espettorante e dose emetica è comunque molto elevata per cui può essere impiegata come espettorante nell’asma e nelle varie forme bronchiali. «Somministrati in dosi terapeutiche i preparati di poligala virginiana non provocano il vomito ma una sensazione lieve e durevole di nausea che determina aumento e fluidificazione della secrezione bronchiale»2. Uno studio sperimentale nel cane ha dimostrato che lo sciroppo di Polygala aumenta il volume di secrezione bronchiale, grazie forse a un meccanismo riflesso (Bruneton). La Polygala, infatti, fluidifica il secreto bronchiale e per via riflessa ne stimola la produzione. La monografia della Commissione E del BfArM ne indica l’utilizzo in caso di infiammazione delle vie respiratorie. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Solo in caso di utilizzo prolungato può comparire irritazione gastrointestinale (nausea, vomito, diarrea). È comunque controindicata in caso di gastrite, ulcera gastrica o duodenale, enteriti e coliti. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La radice essiccata e generalmente frammentata di P. senega L. o altre specie apparentate o da una miscela di queste specie di Polygala. 601

198 • Polygala

senega

L.

Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 1,5-3g/die. Decotto: 1,5 g in 150 ml di acqua, lasciare bollire per 10 minuti, filtrare e bere 2-3 volte nella giornata. Estratto Fluido: 0,5-1 g pro dose più volte al dì (1 g = 46 gocce). 1,5-3g/die (Commissione E del BfArM). Polygala senega T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 55°). Formulario Sciroppo Estratto Fluido poligala virginiana Sciroppo semplice F.U. S/a cucchiai

3g 97 g

Curiosità • Il termine Senega deriva da Sénékas, nome della tribù indiana pellirosse dell’ovest dello stato di New-York, che usava abitualmente la radice contro il morso del crotalo. Note bibliografiche 1 Dorvault F., op. cit., p. 1320. 2 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., p. 1145.

602

199 • Polygala

199

vulgaris

L.

Polygala vulgaris L.

Nome comune: Poligala nostrale Francese: Polygale vulgaire; Herbe à lait Inglese: Common milkwort Tedesco: Gewöhnliche Kreuzblume Spagnolo: Poligala comun Famiglia: Polygalaceae Parte utilizzata: la pianta intera Costituenti principali: – saponine, poliosi, poligalitolo; gaulterina (nella radice) Attività principali: fluidificante ed espettorante Impiego terapeutico: catarri vie aeree superiori, trattamento sintomatico della tosse non produttiva

Utilizzo medico Dimostra qualitativamente azione analoga alla Poligala senega: se ne differenzia in quanto nella P. vulgaris prevalgono le saponine acide, non emolitiche e quindi meno tossiche, mentre nella P. senega sono presenti in notevole quantità le saponine emolitiche (neutre)1. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Forme farmaceutiche e posologia Decotto: 1,5 g in 150 ml di acqua, lasciar bollire per 10 minuti, filtrare e bere 2-3 volte nella giornata. Estratto Fluido (pianta): 1,5-3 g pro dose (1 g = 38 gocce). Polygala vulgaris T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 55°). Curiosità • L’etimo di Poligala (dal greco: molto latte) deriva dal fatto che favorisce la produzione di latte nelle mucche. • «Se ne fa anche elettuario con miele, infuso vinoso, tintura alcolica, estratto pure acquoso od alcolico, sciroppo ecc. ma per vero dire non è medicina di tale attività, da doverle accordare tanto lusso di preparati» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., p. 1141.

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200 • Polygonum

200

aviculare

L.

Polygonum aviculare L.

Nome comune: Centinodio, Centimorbia, Correggiola Francese: Renouée des oiseaux; Aviculaire Inglese: Knotgrass Tedesco: Vogelknöterich Spagnolo: Centinodia Famiglia: Polygonaceae Parte utilizzata: la pianta Costituenti principali: – tannini (3,5-4%); flavonoidi (0,2-1%): avicularina = quercetina-3-arabinoside – mucillagine (polisaccaridi che per idrolisi danno acido galatturonico, glucosio, galattosio e ramnosio); 1% di acido silicico (in parte come silicati idrosolubili); acidi fenilcarbossilici; derivati cumarinici (umbelliferone e scopoletina); sali di potassio… Attività principali: espettorante; blandamente diuretica; rimineralizzante Impiego terapeutico: affezioni vie respiratorie; litiasi renale

Utilizzo medico Il Centinodio rientra fra le piante ricche in silicio. Equisetum arvense, Polygonum aviculare, Plantago lanceolata, Pulmonaria officinalis, Galeopsis segetum sono le piante che risultano essere maggiormente ricche in questo minerale. È nota l’importanza del silicio nel frenare l’invecchiamento delle fibre elastiche, in particolare a livello del sistema cardiovascolare (aorta), e nel diminuire il rischio di ateromatosi. Il silicio esercita, inoltre, un’importante azione rimineralizzante che lo rende utile, ad esempio, nel trattamento e prevenzione dell’osteoporosi, durante l’accrescimento e nella convalescenza. Per questa sua valenza veniva impiegata, come coadiuvante, nel trattamento della sudorazione notturna dei soggetti tubercolotici1. Alcuni studi pubblicati hanno evidenziato come la pianta, e in particolare la frazione tanninica, sia in grado di inibire in vitro l’Angiotensin Converting Enzyme (ACE)2 e come una frazione dell’estratto arricchito in flavonoidi sarebbe in grado di inibire l’aggregazione piastrinica, forse per inibizione della cicloossigenasi3. Si tratta tuttavia di una segnalazione che, se pur interessante, non può far pensare ancora alla pianta come a una droga dotata di proprietà ipotensivanti tali da poterla inserire a pieno titolo in terapia. Il Centinodio pertanto potrà essere prescritto associandolo alla terapia del caso, pensando anche a queste più che probabili valenze terapeutiche, in quelle situazioni ove occorra incidere sullo stato pressorio e sulla crasi ematica. La tradizione popolare attribuisce alla pianta proprietà espettoranti, antidiarroiche e una notevole efficacia nel trattamento della calcolosi vescicale e renale: il Centinodio infatti viene segnalato come la pianta più nota e impiegata nella litiasi renale non tanto per le proprietà diuretiche, ma per la capacità di «eliminazione rapida e sicura di sassi piccoli e grandi»4. 604

200 • Polygonum

aviculare

L.

Uso esterno La pianta conosce un antico uso come antiemorragico: le proprietà astringenti e vasocostrittrici hanno fatto impiegare in passato la pianta nel trattamento di ferite, piaghe e ulcere per l’azione antiemorragica e antiflogistica e per favorire le cicatrizzazioni. Il succo fresco veniva impiegato nell’epistassi. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Eventuali effetti collaterali (irritazione gastrica) e interazioni farmacologiche sono dovuti alla presenza dei tannini. Farmacopea europea Parti aeree fiorite intere o frammentate, essiccate di P. aviculare L. s.l, contenenti al minimo 0,30% di flavonoidi espressi come iperoside. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 4-6 g di droga. Decotto: 1,5 g di droga in 100 ml di acqua fredda, portare a ebollizione e filtrare dopo 10 minuti. Varie tazze al dì (come espettorante e bechico). Infuso: 4 g di droga in 150 ml di acqua bollente; infondere per 15 minuti. Filtrare e assumere 3 tazze al dì (come diuretico). Polygonum aviculare T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Gocce rimineralizzanti Polygonum a. T.M. Equisetum a. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì Curiosità • Le piante di questa famiglia devono il loro nome botanico Polygonum ai molti nodi dei loro fusti (polus = molto, gonus = ginocchio, nodo). Aviculare deriva dal fatto che gli uccelli si nutrono dei suoi semi. • «Quel cervello balzano di Paracelso aveva sognato o piuttosto dava a intendere che la centinodia possedeva virtù magiche, e che applicata a qualche parte inferma o dolente, ne cavava fuori lo spirito maligno od il diavoletto cagione del male» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Van Hellemont J., op. cit., p. 308. 2 Estratto Monografia Commissione E del BfArM, 1990. 3 Wichtl M. et al., op. cit., p. 387. 4 Proserpio G. et al., op. cit., p. 523.

605

201 • Polygonum

201

hydropiper

L.

Polygonum hydropiper L. (= Persicaria hydropiper (L.) Delarbre)

Nome comune: Persicaria selvaggia; Pepe d’acqua Francese: Poivre d’eau; Persicaire acre Inglese: Water-pepper Tedesco: Wasserpfeffer Spagnolo: Pimienta acuática Famiglia: Polygonaceae Parte utilizzata: la pianta intera Costituenti principali: – tannini (3,5-3,8%); acido poligonico; un glicoside emostatico (?) – composti flavonici (2,5-3,%): iperina, quercitrina, quercetina, persicarina, rhamnazina, rutina… (foglie) – amari; derivati sesquiterpenici (nelle foglie: azione antimicrobica) Attività principali: azione vasocostrittrice Impiego terapeutico: meno e metrorragie; emorragie emorroidarie; varici

Utilizzo medico Alla droga viene riconosciuta un’azione emostatica in virtù della quale era da sempre utilizzata, in mancanza di valide alternative, nella terapia di meno e metrorragie, ematemesi, emottisi, emorragie emorroidarie ecc. Esistono segnalazioni cliniche del passato che confermano tale indicazione. Leclerc, ad esempio, oltre a confermare i buoni risultati che si possono ottenere, per l’azione vasocostrittrice, nel trattamento di emorroidi, metrorragie passive dipendenti da fibromatosi uterina, ma anche di varici e del varicocele, segnala la propria personale esperienza riguardante l’utilizzo della pianta «nella distensione dolorosa delle vene intracraniche» ove, dopo un mese di terapia piena (80 gocce di tintura in 4 assunzioni), vide scomparire il quadro sintomatologico: a questo proposito, in omaggio all’estrema professionalità del dottor Leclerc, mi sembra opportuno riportare quanto segue: «[…] L’eminente neuropatologo trovò ciò molto interessante per cui mi incoraggiò a renderlo pubblico, ritenendo che, in uno stato patologico sempre angosciante e sovente assai poco curabile, tutte le risorse della terapeutica devono essere a disposizione. Ciò mi autorizzò, malgrado la mia avversione per l’irrazionale post hoc, ergo propter hoc, a pubblicare la mia auto-osservazione»1. Una segnalazione clinica, quindi, come spunto di ricerca e non come dato di assoluta verità! Secondo Van Hellemont, infine, le emorragie uterine (del climaterio o in seguito ad aborto) rispondono bene alla droga, mentre le emorragie infiammatorie (annessite o endometrite) rispondono meno bene a questo trattamento2. Uso esterno A livello topico la pianta manifesta proprietà revulsive per cui viene a volte inserita in lozioni da applicare sul cuoio capelluto per stimolare la crescita dei capelli. 606

201 • Polygonum

hydropiper

L.

Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Eventuali effetti collaterali (irritazione gastrica) e interazioni farmacologiche sono dovuti alla presenza dei tannini. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 2 cucchiaini da caffè per tazza d’acqua calda: numerose tazze al dì. Estratto Fluido: 1-2 g pro dose (1 g = 35 gocce). Polygonum hydropiper T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 45°). La droga secca perderebbe ogni attività3. Curiosità • Il Polygonum hydropiper L. cresce nei luoghi umidi e, come indica il nome, è di gusto pepato. • «Le foglie hanno sapore acre, bruciante: più ancora i semi, i quali al Giappone e anche nelle nostre campagne si usano invece del pepe» (Scotti, 1872). • Secondo la teoria della Signatura l’azione emostatica della pianta deriva dalla presenza di macchie rosso-brune nelle foglie. Note bibliografiche 1 Leclerc H., op. cit., p. 118. 2 Van Hellemont J., op. cit., p. 310. 3 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1089.

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202 • Potentilla

202

anserina

L.

Potentilla anserina L. (= Argentina anserina (L.) Rydb.)

Nome comune: Potentilla; Anserina; Argentina Francese: Potentille ansérine; Argentine Inglese: Silverweed Tedesco: Gänse-Fingerkraut Spagnolo: Anserina; Argentina Famiglia: Rosaceae Parte utilizzata: pianta intera Costituenti principali: – 6-10% tannini (> t. ellagici) – fitosteroli, triterpeni (tormentolo) – flavonoidi e leucoantocianidine Attività principali: astringente; antinfiammatoria; spasmolitica Impiego terapeutico: dismenorrea di grado lieve; forme diarroiche; flogosi mucosa orofaringea

Utilizzo medico La pianta viene considerata un succedaneo della Potentilla tormentilla. Per l’elevato contenuto in tannino conosce da sempre un utilizzo come astringente nelle forme diarroiche e in particolare nel trattamento dei disturbi gastrointestinali caratterizzati da spasmo. Studi clinici datati segnalano la pianta utile nel trattamento della dismenorrea di grado lieve su base spastica1. È stato riscontrato nell’utero isolato di diverse specie animali un marcato aumento del tono e della frequenza delle contrazioni. Accanto all’azione stimolante si manifesta però un’azione antispasmodica2. Da questo dualismo terapeutico scaturisce un’interessante applicazione riguardante il trattamento delle dismenorree e delle metrorragie di grado lieve: attenuazione dei dolori e del sanguinamento dovuto a un’atonia uterina3. La presenza di flavonoidi e leucoantocianidine può, almeno in parte, spiegare l’attività antispasmodica e decongestionante che viene attribuita alla pianta. Sempre ai flavonoidi è da attribuire la proprietà diuretica che nell’uso popolare ha fatto e fa adoperare la pianta anche come depurativo e diuretico. Uso esterno A livello topico viene impiegata, per l’azione sfiammante, lenitiva e astringente, nel trattamento delle mucose orofaringee e per lenire il mal di denti (azione antinevralgica). Tossicità, interazioni ed effetti secondari Eventuali effetti collaterali (irritazione gastrica) e interazioni farmacologiche sono dovuti alla presenza dei tannini. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 4 g di droga/die Infuso: 1-2 cucchiaini (2-4 g) di parti aeree in 150 ml di acqua bollente, infondere per 10 minuti. Bere una tazza, preparata di fresco, più volte al dì tra i pasti (Commissione E del BfArM) 608

202 • Potentilla

anserina

L.

Decotto al 3% (forme diarroiche); al 5-10%: uso topico. Polvere: 0,50 g per cps, 1-3 cps 3 volte al dì. Potentilla anserina T. M. 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Intestino irritabile (con diarrea predominante) Potentilla a. T.M. Melissa o. T.M. Matricaria r. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Dismenorrea Potentilla a. T.M. Calendula o. T.M. ana parti in flacone unico S/30, diluite in acqua, 1-3 volte al dì oppure Potentilla anserina Polvere: 0,50 g per cps S/1-3 cps 3 volte al dì, 2 o 3 giorni prima dell’inizio del ciclo continuando fino alla cessazione del dolore (Haupstein) Curiosità • Anserina deriva da anser = oca, con allusione alla forma della foglia simile a una zampa d’oca. • La Potentilla anserina veniva impiegata come coadiuvante nella terapia del tetano. • «In Norvegia e in Irlanda questa si mangia bollita: Erhard assicura anzi che in tempi di gravi carestie vi si usò alla fabbricazione del pane, utilizzando la parte amilacea o farinosa che contiene: in Scozia se ne acconciano le foglie col burro. Come la tormentilla, può servire alla concia delle pelli, ma riesce meno attiva» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Wichtl M. et al., op. cit., p. 80. 2 Estratto Monografia Commissione E. 3 Leclerc H., op. cit., p. 236.

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203 • Potentilla

203

tormentilla

Stokes

Potentilla tormentilla Stokes (= P. erecta (L.) Räusch.)

Nome comune: Tormentilla Francese: Tormentille Inglese: Tormentil Tedesco: Blutwurz Spagnolo: Tormentila; Sietenrama Famiglia: Rosaceae Parte utilizzata: rizoma Costituenti principali: – tannini catechici (17-22%): pedunculagina, agrimoniina, laevigatine B e F – flavonoidi, triterpeni glicosilati (tomentoside), acidi-fenoli – tracce di olio essenziale… Attività principali: astringente; antinfiammatoria; cicatrizzante; batteriostatica; antivirale Impiego terapeutico: diarree aspecifiche acute; flogosi mucose accessibili (uso esterno)

Utilizzo medico La pianta è attualmente conosciuta per le proprietà astringenti, antinfiammatorie, cicatrizzanti, batteriostatiche e antivirali, proprietà che deve all’elevato contenuto in tannini del fitocomplesso. Pianta erbacea dal sapore fortemente astringente, è considerata un succedaneo della radice di Ratania. La sua azione è superiore a quella della Potentilla anserina. Da sempre sono conosciute e “sfruttate” terapeuticamente le proprietà astringenti di questa pianta e infatti viene impiegata nella medicina popolare di tutti i paesi come rimedio antidiarroico ed emostatico1. La medicina tradizionale utilizzava la pianta, in mancanza di valide alternative, per frenare le emottisi e le emorragie uterine. Leclerc riferisce che si possono ottenere buoni risultati nelle enteriti croniche degli anziani ove affianca all’azione antidiarroica un’azione tonico-stimolante a livello gastrico, con aumento dell’appetito senza il concomitare di disturbi digestivi. L’importante azione antibatterica riconosciuta alla pianta viene a giustificare ulteriormente il suo utilizzo per combattere le gastroenteriti fermentative e, per uso topico, per la detersione e la stimolazione dei processi riparativi in caso di piaghe e ferite e processi infettivi in genere2. Uno studio randomizzato in doppio cieco ha segnalato l’efficacia di un estratto di radice di tormentilla, in dosi controllate, rispetto al placebo nel trattamento delle forme diarroiche da rotavirus in 40 bambini (3 mesi-7 anni)3: il gruppo trattato ha visto la riduzione della durata della diarrea e un diminuito ricorso alle soluzioni reidratanti. Estratti della pianta sembrano indicati anche in caso di sindrome dell’intestino irritabile; un piccolo studio (preliminare e senza placebo) ha segnalato un effetto positivo nella colite ulcerosa (fino a 3 g/die di estratto)4. La monografia della Commissione E del BfArM raccomanda di consultare il medico quando la diarrea si protrae oltre i 3-4 giorni. 610

203 • Potentilla

tormentilla

Stokes

Uso esterno Estratti della droga hanno dimostrato, a livello sperimentale, azione immunostimolante e antivirale5. Ciò rende interessante, ad esempio, il suo utilizzo a livello topico nel trattamento dell’Herpes labiale. Come per le altre piante a contenuto tanninico, Tormentilla viene impiegata per combattere l’infiammazione a livello delle mucose accessibili e per frenare perdite di sangue: viene pertanto impiegata nelle gengiviti, nelle infiammazioni delle mucose orale e faringea (gengiviti, stomatiti, zone di supporto protesico ecc.)6, per frenare la leucorrea (irrigazioni con decotto al 3%), nelle epistassi e nelle emorroidi sanguinanti e infiammate. In caso di gengiviti e stomatiti vengono consigliate spennellature effettuate con la tintura non diluita; si trova anche la segnalazione della polvere, da utilizzare sullo spazzolino, 2 volte alla settimana, per rinforzare le gengive7. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Eventuali effetti collaterali (irritazione gastrica) e interazioni farmacologiche sono dovuti alla presenza dei tannini. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dal rizoma intero o frammentato, essiccato, contenente almeno 7% di tannini. La tintura deve contenere almeno 1,5% di tannini, espressi in pirogallolo. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 2 g di droga per tazza (150 ml), 3-4 tazze al dì. Decotto: 2-3 g di droga in acqua fredda, portando brevemente a ebollizione; filtrare dopo breve infusione; al 5% (uso topico). Polvere: 0,25 g per cps; 1 cps ogni 3-4 ore. Potentilla tormentilla T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Nota: usare di preferenza la polvere nelle forme diarroiche e la tintura nelle infiammazioni8. Note di galenica I tannini durante la conservazione della droga si trasformano lentamente in flobafeni insolubili (rosso di tormentilla). L’ebollizione determina l’idrolisi degli ellagitannini e una riduzione dell’azione dei tannini. I tannini sono incompatibili con i metalli pesanti, gli alcaloidi e le mucillagini. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Pozione astringente: diarree infantili (Benigni) Estratto Fluido Tormentilla 5g Estratto Fluido Krameria t. 1,30 g Acqua di riso 70 g Saccarina q. b. S/un cucchiaino ogni 2 ore Collutorio: gengiviti (Benigni) Tormentilla tintura Alcol a 95° ana 25 g Timolo 1g S/15-20 gocce in mezzo bicchiere di acqua 611

203 • Potentilla

tormentilla

Stokes

Gocce antidiarroiche Tormentilla T.M. Matricaria T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 3-4 volte al dì Afte-stomatite Polygonum b. T.M. P. tormentilla T.M. Calendula o. T.M. ana parti in flacone unico S/un cucchiaino in mezzo bicchiere di acqua tiepida: fare sciacqui Collutorio P. tormentilla T.M. Salvia o. T.M. ana parti in flacone unico S/un cucchiaino in mezzo bicchiere di acqua tiepida: fare sciacqui Vino di Tormentilla (Leclerc) Rizoma contuso di Tormentilla Vino Porto Lasciare macerare 8 giorni; filtrare S/60-120 g al dì

70 g 1000 g

Curiosità • Potentilla Tormentilla: deriva dal latino tormina (dolori viscerali): chiaro riferimento alle proprietà terapeutiche della pianta. • Potentilla erecta – altra denominazione botanica della pianta – deve il nome al latino potens = possente, allusione alle virtù medicinali attribuite alla pianta mentre erecta = che sta ritta, vuole sottolineare il portamento eretto dei fusticini. • L’elevato contenuto in tannini è responsabile anche di un effetto antalgico. Non a caso quindi Paracelso consigliava la pianta nelle odontalgie! • «Per uso esterno ne prescrive Nauman il decotto con quello di Quercia e con allume contro l’alopecia» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1631. 2 Proserpio G. et al., op. cit., p. 530. 3 Subbotina MD et al., 2003, Effect of oral administration of tormentil root extract (Potentilla tormentilla) on rotavirus diarrhea in children: a randomized, double blind, controlled trial. Pediatr Infect Dis J, 22(8):706-11. 4 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 470. 5 Wichtl M. et al., op. cit., p. 499. 6 Estratto Monografia Commissione E, 1990. 7 Belaiche P., Manuale pratico di Fitoterapia familiare, Red, Milano, 1988, p. 179. 8 Van Hellemont J., op. cit., p. 315.

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204 • Poterium

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spinosum

L.

Poterium spinosum L. (= Sarcopoterium spinosum (L.) Spach)

Nome comune: Pimpinella spinosa; Spinaporci Francese: Pimpinelle épineuse Inglese: Thorn burnet Tedesco: Dornige Bibernelle Spagnolo: Pimpinela espinosa Famiglia: Rosaceae Parte utilizzata: corteccia radice Costituenti principali1: – triterpeni: β-glycyrretina e acido sumaresinolico – pseudo-saponine: tomentoside che per idrolisi alcalina libera glucosio e acido tormentillico; β-sitosterolo – poliflavani, procianidine B1, B3, B6, B7 e (+) catechine Attività principali: ipoglicemizzante; astringente Impiego terapeutico: diabete senile

Utilizzo medico P. spinosum viene segnalato come coadiuvante nel trattamento delle forme di lieve e media entità di diabete senile2. La pianta deve la sua azione alla presenza di glucochinine, sostanze vegetali ad attività insulinosimile (acido tormentillico?)3. Si ipotizza che la pianta, analogamente agli antidiabetici orali (sulfoniluree), regoli la produzione di insulina da parte delle isole di Langherans del pancreas4. Per la presenza di poliflavani (azione vasodilatatrice periferica e coronarodilatatrice) può essere utile nel controllare le complicanze vascolari del diabete5. Mancano, comunque, studi clinici e farmacologici che ne confermino l’uso. Uso esterno A livello topico può essere impiegata come collutorio per l’azione astringente dei tannini. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Possibile interazioni con farmaci antidiabetici (potenziamento d’azione). Forme farmaceutiche e posologia Decotto: 5 g in 250 ml di acqua: 2 cucchiai da minestra 3 volte al giorno dopo i pasti. Poterium spinosum T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, dopo i 3 pasti. Curiosità • Il genere Poterium prima di Linneo veniva chiamato Pimpinella, nome che Linneo ha trasferito a un genere di Ombrellifere generando così qualche confusione. • Il Poterium spinosum è una pianta atta a resistere alle siccità prolungate dei terreni più inospitali. Si tratta infatti di una pianta tipica delle pendici rupestri aridissime, all’estremo Sud della Sardegna e della Sicilia. 613

204 • Poterium

spinosum

L.

• Sembra che i Beduini, etnia che soffre in modo particolare di diabete, utilizzino la radice della pianta come antidiabetico, bevendo il decotto fino alla scomparsa dei sintomi. Note bibliografiche 1 Pourrat A, Pourrat H, Potier P., 1973, On the composition of Poterium spinosum L. (Rosaceae). Ann Pharm Fr., 31(4):321-4. 2 Weiss R. F., op. cit. p. 172. 3 Van Hellemont J., op. cit., p. 317. 4 www.progettodiabete.org/ 5 Mishkinsky J, Menczel E, Sulman FG, 1966, Hypoglycaemic effect of Poterium spinosum L. (Rosaceae). Arch Int Pharmacodyn Ther. 161(2):306-13.

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205 • Primula

205

veris

L.

Primula veris L. (= P. officinalis (L.) Hill)

Nome comune: Primula Francese: Primevère officinale Inglese: Primrose Tedesco: Echte Schlüsselblume Spagnolo: Primavera Famiglia: Primulaceae Parte utilizzata: fiori; rizoma, radice Costituenti principali: Radice e rizoma: – saponine triterpeniche (5-10%): acido primulico A (= acido primulacico A) – 16 - e 22-acetilpriverogenine Fiori: flavonoidi (eterosidi del kemferolo e quercetolo), carotenoidi, olio essenziale (tracce); saponine nel calice (2%): eteroside dell’acido primulacico A Attività principali: secretolitica, espettorante; antinfiammatoria Impiego terapeutico: catarri vie aeree, trattamento sintomatico della tosse

Utilizzo medico Il rizoma, che è la parte maggiormente usata in medicina, svolge principalmente un’azione espettorante e pettorale, mentre i fiori, anche se in misura blanda, presentano azione diaforetica, diuretica, lassativa (proprietà drenanti) oltre che calmante e antispasmodica. La pianta trova indicazione nelle forme bronchiali, nella pertosse o nelle forme pertussoidi, nell’asma. La Primula infatti esercita un’azione fluidificante sulla secrezione bronchiale, ed è indicata in tutti i casi ove sia necessario combattere la stasi bronchiale e favorire l’espettorazione. Dato che all’azione secretolitica si associa anche un’azione diaforetica, blandamente lassativa e diuretica, può essere particolarmente indicata nella fase iniziale delle forme influenzali, in quanto, oltre a liberare le vie respiratorie, esercita un’azione depurativa e drenante sull’organismo, contribuendo così a migliorarne la reattività. Si segnala, inoltre, che le saponine sono risultate batteriostatiche in vitro1. Le proprietà depurative, drenanti e sedative della pianta ne fanno anche un buon presidio terapeutico nel trattamento delle forme reumatiche, della gotta e, infine, dell’insonnia. Uso esterno: Per la ricchezza in saponine trova impiego nel trattamento delle contusioni: vaste ecchimosi regrediscono velocemente con l’applicazione di compresse imbibite con decozione (10%) della pianta. Sempre a livello cutaneo manifesta proprietà addolcenti e antipruriginose nelle affezioni dermatologiche, e azione trofica nel trattamento di screpolature, fissurazioni, sbucciature e punture di insetti2. Può essere impiegata come collutorio nell’igiene orale3. 615

205 • Primula

veris

L.

Tossicità, interazioni ed effetti secondari Dosaggi elevati e prolungati nel tempo possono provocare nausea e vomito. In rari casi il contatto dei fiori con la pelle può provocare reazioni allergiche. La specie più diffusa è la P. obconica Hance: occorre fare attenzione perché può determinare fastidiose dermatiti agli appassionati di giardinaggio che la svasano e la curano senza guanti (Luzzi). Il principio allergizzante è un alkilbenzochinone (primina) che si accumula sotto la cuticola dei peli che ricoprono le foglie4. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla radice e rizoma essiccati, interi o frammentati, di P. veris L. o P. elatior (L.) Hill. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): fiori: 2-4 g/die; radice 0,5-1,5 g/die. Infuso (fiori): 2-4 g di droga in una tazza di acqua bollente; filtrare dopo 10 minuti. Assumere 2-3 tazze al dì. Decotto (radice): 0,5 g di droga in 150 ml di acqua fredda; portare a ebollizione e dopo 5 minuti filtrare. Una tazza 2-3 volte al dì. Addolcire con miele (acacia, ad esempio). Decotto (radice): al 10% (uso topico). Primula veris T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica Viene usata come succedaneo della Poligala senega. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 45°). Formulario Tisana contro la bronchite Serpylli herba Primulae radix ana 15 g Farfarae folia ad 50 g S/2 cucchiaini da caffè per tazza, infusione di 5 minuti; 3 tazze al dì Gocce espettoranti e spasmolitiche Primula v. T.M. Thymus v. T.M. ana ad 30 ml S/20 gocce, diluite in acqua, più volte al dì oppure Primula v. T.M. Plantago o. T.M. Thymus v. T.M. ana parti in flacone unico S/un cucchiaino da caffè per tazza di infuso Flogosi cavo orofaringeo con tosse stizzosa Associazione standardizzata di Liquirizia (Commissione E del BfArM) Liquiritiae radix 25% Primulae radix 25% Althaeae radix 25% Anisi fructus contuso 25% S/infuso al 3%, 3 volte al dì, lontano dai pasti 616

205 • Primula

veris

L.

Gocce antinfluenzali Inula h. T.M. Primula v. T.M. Echinacea a. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 3-4 volte al dì, ai primi sintomi Curiosità • Primula, perché è una delle prime piante a fiorire. • Preparati a base di primula costituivano un topico usato frequentemente dal dottor Leclerc durante la prima guerra mondiale. • S. Hildegarda considerava la pianta un rimedio utile nella malinconia. • «Delle sue troppo decantate virtù non sono che rimasti i nomi pomposi di prim. paralyseos e prim. arthritica di cui l’avevano insignita gli antichi autori. Ora è affatto dimenticata ma il Lauzer domanda grazia almeno per l’infuso de’ suoi fiori, che è di un bel colore dorato, di aroma soave, di sapore gradevole» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 845. 2 Bruneton J, 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 561. 3 Note explicative de l’Agence di médicament (1998). 4 Bruneton J, Plantes toxiques…, op. cit., p. 422.

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206 • Prunus

206

africana

(Hook. f.) Kalkm.

Prunus africana (Hook. f.) Kalkm. (= Pygeum africanum Hook. f.)

Nome comune: Pruno africano Francese: Prunier d’Afrique Inglese: Red Stinkwood, African plum tree Tedesco: Pygeum Spagnolo: Pygeum Famiglia: Rosaceae Parte utilizzata: corteccia Costituenti principali1: – docosanolo (0,6%) e β-sitosterolo (15,7%) – alcanoli: tetracosanolo; esteri del docosanolo e tetracosanolo con l’acido trans-ferulico – acidi grassi (62,3%): acidi miristico, palmitico, linoleico, oleico, stearico, arachidico, behenico e lignocerico – steroli: sitosterone (2%) e daucosterolo; acidi triterpenici: ursolico (2,9%), epimaslinico (0,8%) Attività principali: antinfiammatoria Impiego terapeutico: ipertrofia prostatica benigna

Utilizzo medico L’estratto lipido-sterolico ottenuto dalla corteccia della pianta è dotato di azione terapeutica nell’ipertrofia prostatica benigna. Pygeum africanum mostra clinicamente una riduzione statisticamente significativa della sintomatologia disurica, in particolare con netto miglioramento di pollachiuria e nicturia. Appare evidente anche la diminuzione della minzione imperiosa, delle infezioni delle vie urinarie e del ristagno vescicale2. Controlli ecografici hanno consentito di rilevare l’efficacia nel ridurre la tumefazione infiammatoria della prostata e delle vescicole seminali: in alcuni casi la terapia ha determinato riduzione del peso globale della prostata, lasciando inalterate le aree ipertrofiche: il fenomeno è imputabile all’azione antiedemigena del farmaco3. La pianta non risulta attiva sul volume dell’adenoma. Il meccanismo d’azione non è stato ancora chiarito ma sembra che alla base di tali attività vi sarebbe un’importante azione antiedemigena e decongestionante grazie all’inibizione della 5-lipossigenasi dei polinuceati che infiltrano il tessuto prostatico4. È stata segnalata anche una inibizione parziale della 5α-reduttasi e dell’aromatasi5. «Più recentemente è stato dimostrato in colture di fibroblasti prostatici di ratto che l’estratto inibisce la proliferazione cellulare indotta dai principali fattori di crescita responsabili dello sviluppo normale e patologico del tessuto prostatico: EGF (Epidermal Growth Factor), bFGF (basic Fibroblast Growth Factor), IGF-l (Insulin-like Growth Factor l)»6. Studi sperimentali su coniglio hanno evidenziato che alti dosaggi di estratto di P. africana sono in grado di prevenire lo sviluppo della disfunzione contrattile (azione spasmolitica) della vescica indotta da un’otturazione parziale dell’uretra, aiutando a mantenere così la funzionalità contrattile della vescica in caso di ostruzione parziale: «fattore positivo in caso di IPB poiché questa affezione riduce la capacità della vescica di contrarsi e quindi di vuotarsi»7. È stato anche evidenziato che P. africana «non riesce a diminuire l’ipertrofia vescicale compensatrice (consecutiva all’aumento del bFGF)»8. 618

206 • Prunus

africana

(Hook. f.) Kalkm.

Una metanalisi effettuata su 18 studi clinici pubblicati, effettuati in doppio cieco e che ha indagato 1562 soggetti affetti da IPB, ha evidenziato che la pianta era nettamente più efficace rispetto al placebo nell’alleviare la sintomatologia9. Una più recente revisione degli studi clinici pubblicati indica che il pruno africano, sotto forma di capsule molli contenenti lo 0,5% di docosanolo, contribuisce ad alleviare i sintomi associati alla IPB lieve e moderata (100 mg/die per 6-8 settimane)10. Le proprietà antinfiammatorie rendono la pianta utile anche nel trattamento delle prostatiti. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Eventuali effetti collaterali, per altro assai rari, sono di tipo gastrointestinale. Non segnalate, a ora, eventuali interazioni con farmaci11. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla corteccia essiccata, intera o tagliata, del fusto e dei rami di Prunus africana (Hook. f) Kalkm. Forme farmaceutiche e posologia Polvere: 0,3 g per cps; 1 cps 2-3 volte al dì per almeno 2 mesi. Estratto standardizzato lipido-sterolico (14% triterpeni-0,5% di n-docosanolo): 100- 200 mg/die (6-8 settimane). «La dose giornaliera impiegata negli studi clinici è di 100200 mg, corrispondenti a 10-20 g di corteccia.12» Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla corteccia essiccata dello stelo (titolo 65°). Curiosità • Si tratta di un grande albero sempreverde, che può raggiungere i trenta metri di altezza, originario delle foreste africane. Cresce particolarmente nelle zone caratterizzate da forti precipitazioni. Le popolazioni indigene utilizzavano da sempre la corteccia per trattare i disturbi urinari. Note bibliografiche 1 OMS-monografie, op. cit., vol 2, p. 248. 2 Arena D. et al., 1987, Il progresso Medico, vol. XLIII, 4, 185-7. 3 Menchini-Fabris G.F. et al., 1988, Arch. It. Urol., LX, 313-322. 4 Marcioli M. et al., 1986, Farmaci e terapia, vol. III, 2. 5 OMS-monografie, op. cit., vol. 2, p. 250. 6 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 185. 7 Gomes CM, Disanto ME et al., 2000, Improved contractility of obstructed bladders after Tadenan treatment is associated with reversal of altered myosin isoform expression. J Urol., 163(6):2008-13; Levin RM, Das AK et al., 1997, Beneficial effects of Tadenan therapy after two weeks of partial obstruction in the rabbit. Neurourol Urodyn., 16 (6):583-99. 8 Ibidem. 9 Wilt T, Ishani A et al., 2002, Pygeum africanum for benign prostatic hyperplasia. Cochrane Database Syst Rev. 10 Capasso F., 2011, op. cit., p. 143. 11 Bruneton J, Phyotherapie…, op. cit., p. 135. 12 Capasso F. et al., 2006, Fitoterapia, op. cit., p. 664.

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spinosa

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Prunus spinosa L.

Nome comune: Pruno selvatico; Prugnolo Francese: Prunellier; Èpine noire Inglese: Blackthorn; Sloe Tedesco: Schlehdorn Spagnolo: Endrino Famiglia: Rosaceae Parte utilizzata: fiori e frutti Costituenti principali: Fiori – flavonoidi (glicosidi della quercetina e del kaempferolo), amigdalina (solo nel fiore fresco)1 Frutti – tannini, flavonoidi, acido malico, pectina, vitamina C Attività principali: diuretica e lassativa; astringente e antinfiammatoria (frutti) Impiego terapeutico: blando lassativo; flogosi delle mucose orofaringee; dermatosi (fiori)

Utilizzo medico I fiori, presenti nella farmacopea svizzera nelle Species depurativae, sono impiegati come diuretici e blandi lassativi: si consiglia di preparare la tisana impiegando 1-2 cucchiaini in una tazza da tè di acqua calda, lasciare riposare e consumare nella giornata2. All’azione blandamente lassativa si accompagnano proprietà antispasmodiche. Tali proprietà possono fare della pianta un rimedio atto al drenaggio. Tale tecnica terapeutica che consiste nella blanda stimolazione, tramite un’adeguata posologia, di uno o più organi con funzioni di eliminazione. Un buon drenaggio permette l’eliminazione delle tossine da parte dell’organismo attraverso quelli che sono considerati gli emuntori naturali: fegato, reni, intestino e pelle. Condotto con piante medicinali o gemmoderivati, a seconda dell’indirizzo terapeutico prescelto, il fine ultimo è quello di assicurare l’eliminazione delle tossine organiche, comprese quelle prodotte dal metabolismo delle sostanze introdotte con l’alimentazione. La pianta (fiori) può essere pertanto utilmente prescritta nelle formulazioni drenanti atte a trattare dermatosi quali, ad esempio, l’acne. Il frutto appartiene alla categoria della frutta acidula per la ricchezza in acidi organici, in particolare acido malico, che, oltre a conferire il sapore acidulo al frutto, ne favoriscono la conservazione. «Essi, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, quando, dopo essere stati assorbiti dall’intestino, passano in circolo, non hanno azione acidificante per l’organismo, bensì, al contrario, alcalinizzante. Infatti, essendo acidi “deboli”, sotto l’azione dell’ossigeno (ossidazione), si degradano facilmente, dando luogo alla produzione di acido carbonico, il quale, a sua volta, si combina con il sodio e, soprattutto con il potassio, contenuti nel sangue, formando carbonati e bicarbonati. Questi aumentano la cosiddetta “riserva alcalina”, cioè quella riserva che costituisce una difesa per l’organismo e che a questo occorre per neutralizzare acidi di diversa origine che possono venirsi a formare nel suo interno in conseguenza di diverse condizioni morbose. D’altra parte, durante l’assorbimento intestinale, i vari 620

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acidi, oltre a formare carbonati e bicarbonati, formano anche sali: dall’acido citrico, citrati; dall’acido malico, malati; dall’acido ossalico, ossalati. La formazione di questi sali può rivestire importanza nel caso di calcolosi renale fosfatica»3. Nei frutti sono presenti anche tannini ad azione astringente. Il decotto ottenuto con 25 g di frutti maturi per litro di acqua (o il succo di frutti spremuti), era considerato efficace in caso di diarrea; per uso esterno veniva impiegato sia nell’epistassi sia, sotto forma di gargarismi, nelle flogosi della mucosa orofaringea, quali stomatiti, gengiviti, faringiti. Anche la corteccia era utilizzata per le preparazioni di pozioni astringenti. L’uso medico è comunque desueto e le indicazioni cliniche risalgono al passato. Lo sciroppo dei frutti essiccati del prugnolo era impiegato in galenica per correggere il sapore sgradevole dei farmaci: «Quest’azione sarebbe essenzialmente dovuta al loro abbondante contenuto in tannino che, esercitando sulla mucosa della lingua e del palato un’azione leggermente conciante, ne attenuerebbe la sensibilità pel gusto sgradevole…»4. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. La presenza di tannini può determinare interazioni farmacologiche e irritazione gastrica (frutti). Viene segnalato inoltre che l’abitudine di aromatizzare liquori con i frutti può portare alla combinazione di alcol-HCN (presente nei semi) in grado di provocare, in caso di consumo ripetuto, una lieve intossicazione5. Forme farmaceutiche e posologia Infusione: un cucchiaino da caffè di fiori per tazza d’acqua bollente; lasciare in infusione per 10 minuti. Come lassativo: 2 tazze la sera. Prunus spinosa T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica I fiori venivano impiegati nella sofisticazione di quelli del Biancospino. La Tintura Madre è preparata a partire dai giovani rami freschi all’inizio della fioritura (titolo 65°). Curiosità • «Le drupe hanno sapore stittico, astringente, aspro; ed oltre a poco zuccaro contengono del tannino e diversi acidi. Ettmuller dice che acerbe danno buon aceto, e Cazin ne fa decotto contro i flussi di ventre. Mature servono a colorire il sidro e il vino, anzi a fabbricarne una specie di contraffazione, che chiamasi piquette in Francia, scheleckenwein in Germania – seccate al forno, e infuse nel vero vino, gli danno sapore austero – colla distillazione somministrano una acquavite abbastanza spiritosa – e acconciandole con alcol, zuccaro e aromi se ne ottiene un grato rosolio» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Wichtl M. et al., op. cit., p. 393. 2 Negri G., op. cit., p. 157. 3 Morricone A., Pedicino V., Dizionario dietetico degli alimenti, op. cit., p. 356. 4 Negri G., op. cit., p. 158. 5 Frohne D. et al., op. cit., p. 335.

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Benth.

Ptychopetalum olacoids Benth.

Nome comune: Muira-puama; Marapuama Francese: Muira-puama Inglese: Muira-puama; Potency wood Tedesco: Muira-puama Spagnolo: Muira-puama Famiglia: Olacaceae Parte utilizzata: corteccia dei rami e delle radici Costituenti principali: – 0,4-0,5% miscela di esteri: lupeolo, acido behenico e b-sitosterolo – tracce di olio essenziale, sostanze resinose, tannino, flobafene, acidi grassi – sostanze amare (0,06% di muirapuamina, alcaloide simile alla yohimbina) Attività principali: stimolante e digestiva; neurotonica; antireumatica; antinevralgica Impiego terapeutico: disfunzioni sessuali (impotenza) e astenia

Utilizzo medico Originaria dell’Amazzonia brasiliana era utilizzata dagli indigeni come afrodisiaco in decotto e per semicupi. Il nome Muira-Puama deriva da due vocaboli indios che vogliono dire legno-forte, legno potente. Veniva apprezzata anche per le proprietà stimolanti digestive, antireumatiche, antinevralgiche e neurotoniche in grado di migliorare le prestazioni fisiche e mentali. La droga contiene un alcaloide (muirapuamina) simile alla yohimbina che avrebbe azione alfa-bloccante e vasodilatatrice tale da giustificare l’uso afrodisiaco della pianta. È utilizzata per combattere l’impotenza in uso interno, sotto forma di gocce, e come uso esterno, sotto forma di decotto concentrato, per bagnare le parti genitali. Scrive Cattorini: «I preparati di Muirapuama hanno dato soddisfacenti prove nella cura delle astenie gastrointestinali e circolatorie, nella atonia ovarica, nei casi di inappetenza e di dispepsia e, per le proprietà neurotoniche, oltre che nei casi di impotenza genesica, negli esaurimenti e nelle depressioni nervose. La Muirapuama è da considerare quindi un tonico nervino con proprietà afrodisiache, uno stomachico ed un eupeptico. […]. Esternamente si usa in frizioni contro il reumatismo (tintura)1». Nel corso degli anni sono stati pubblicati alcuni studi (di laboratorio) che hanno cercato di individuare i possibili meccanismi d’azione della pianta. È emerso ad esempio che un estratto etanolico (POEE) produce risultati paragonabili a quelli ottenuti con pentilentetrazolo (PTZ) o cardiazolo suggerendo un effetto stimolante a livello del sistema nervoso centrale2. Le popolazioni amazzoniche usano rimedi tradizionali preparati con le radici di Ptychopetalum olacoides per il trattamento di varie alterazioni a carico del sistema nervoso centrale, comprese quelle connesse con l’invecchiamento. L’estratto etanolico della pianta (POEE) si è dimostrato in grado 622

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di inibire in modo significativo l’attività AChE a livello di corteccia frontale, ippocampo e striato (cavia): secondo gli autori l’attività inibitoria AChE rappresenta un correlato neurochimico di una serie di proprietà terapeutiche tradizionalmente attribuite alla pianta, in particolare per quelle che riguardano i processi cognitivi3. Studi di laboratorio recentemente pubblicati hanno evidenziato proprietà simil-adattogene4. Al momento non risultano pubblicati studi clinici attuati secondo le modalità richieste dalla comunità scientifica (doppio cieco ecc.). Tossicità, interazioni ed effetti secondari Alle dosi terapeutiche è sprovvista di tossicità ed effetti secondari, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Si può usare da 1 a 3 mesi senza che si verifichino effetti secondari. Non usare in gravidanza. Forme farmaceutiche e posologia Decotto: 1 g per 150 ml di acqua; lasciare bollire per 10 minuti; filtrare e bere 1-2 tazze nelle 24 ore. Per uso esterno, 2-5%. Polvere: 0,5 g per presa. Estratto Fluido: 10-20 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno (1 g = 42 gocce). Muira puama T.M.: 15 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica Muira Puama è un arbusto raro: la fabbricazione dell’estratto richiede che si utilizzi la corteccia, anche quella della radice ciò che distrugge la pianta. «La Muira Puama, sotto forma di Estratto Fluido è farmacologicamente poco attiva. Molto più attiva sarebbe invece la frazione acida etero solubile»5. Anche le tinture sarebbero poco attive. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal legno e radice essiccati (titolo 65°). Formulario Gocce neurotoniche (astenia sessuale) Muira p. T.M. Ginkgo b. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì Pozione Neurotonica (Benigni) Estratto Fluido Muira-puama Estratto Fluido di Damiana Estratto Fluido Yohimbehe Estratto Fluido Echinacea Glicerina e alcol aa Tintura di Vaniglia Sciroppo di scorza d’arancia Elisir Garus S/un bicchierino dopo i pasti

aa 20 ml 120 g 30 ml 250 ml 600 ml

Curiosità • Secondo il dr. Kleesatte, citato da Cattorini, per curare l’impotenza possono essere fatte, due volte al dì, abluzioni con 120 g di tintura (1:5) diluite in una bottiglia di acqua. 623

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• «Se voi aveste per le mani il pezzo di legno che ho io sul tavolo, un manganello dal quale si potrebbe ricavare una clava, capace di spaccare un elmetto d’acciaio, tanto è duro, compatto, pesante e resistente, condividereste senz’altro il mio parere: è esatta la versione che gli attribuisce il nome di legno-potente, anche per il significato recondito che queste parole possono avere» (Cattorini P.). Note bibliografiche 1 Cattorini P., 1952, Fitoterapia, 3, 313-319. 2 Da Silva AL, Bardini S et al., 2002, Anxiogenic properties of Ptychopetalum olacoides Benth. (Marapuama). Phytother Res. May, 16(3):223-6. 3 Siqueira IR, Fochesatto C et al., Ptychopetalum olacoides, a traditional Amazonian “nerve tonic”, possesses anticholinesterase activity. Pharmacol Biochem Behav, 2003 75(3):645-650. 4 Piato AL, Detanico BC et al., 2010, Anti-stress effects of the “tonic”Ptychopetalum olacoides (Marapuama) in mice. Phytomedicine, 17(3-4):248-53. 5 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 972.

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Pulmonaria officinalis L.

Nome comune: Polmonaria Francese: Pulmonaire Inglese: Lungwort Tedesco: Lungenkraut Spagnolo: Pulmoniaria Famiglia: Borraginaceae Parte utilizzata: le foglie Costituenti principali: – mucillagine, fruttani; sostanze minerali (sino al 15%): acido silicico (3%), manganese… – flavonoidi (kaempferolo e quercetina); vitamina C, carotene; allantoina – tannino (6-10%) e flobafene, resina – saponine: presenti (1%) secondo Van Hellemont1 (mancanti secondo altri) – alcaloidi pirrolozidinici: è stata segnalata la presenza, non confermata tuttavia da accurate analisi gascromatografiche2 Attività principali: bechica Impiego terapeutico: affezione vie aeree

Utilizzo medico Come dice il nome stesso, la pianta conosce un impiego terapeutico, in passato molto esteso, relativo alle affezioni a carico dell’apparato respiratorio come antitussivo blandamente sedativo ed espettorante. La presenza di sostanze minerali, carotenoidi e acido ascorbico, che determina da parte della pianta proprietà corroboranti e ricostituenti, la rende utile anche nella convalescenza e nelle forme di bronchite cronica degli anziani. La presenza di tannini e flavonoidi giustificherebbe l’utilizzo nella medicina popolare come diuretico e blando astringente valido nel trattamento di diarrea ed emorroidi. Attualmente è poco utilizzata. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1,5 g per tazza d’acqua calda, filtrare dopo 5-10 minuti. Più tazze al dì. Decotto: 1,5 g per tazza d’acqua fredda, lasciare bollire brevemente; diverse tazze al dì. Pulmonaria officinalis T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 55°). Curiosità • Secondo la teoria della Signatura, le foglie maculate raffigurano il polmone e quindi possono guarire le affezioni polmonari . Note bibliografiche 1 Van Hellemont J., op. cit., p. 325. 2 Wichtl M. et al., op. cit., p. 399.

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vulgaris

Miller

Pulsatilla vulgaris Miller

Nome comune: Pulsatilla; Erba del diavolo Francese: Pulsatille Inglese: Pasque flower Tedesco: Küchenschellen Spagnolo: Pulsatila Famiglia: Ranunculaceae Parte utilizzata: parti aeree Costituenti principali: – protanemonina e anemonina – saponine (> radici), acido chelidonico, acido succinico * il contenuto in saponine è più elevato durante la fioritura della pianta1 Attività principali: antispasmodica e sedativa; espettorante Impiego terapeutico: desueto (spasmi dolorosi, dismenorrea, orchite, annessite, uretrite)

Utilizzo medico Studi attendibili di carattere farmacologico e clinico sulla Pulsatilla ebbero inizio soltanto verso la fine del secolo scorso. Tutta la pianta contiene un liquido giallo, volatile, dal sapore bruciante e i cui vapori sono fortemente irritanti per le mucose del naso e degli occhi: in questo liquido è presente l’alcaloide anemonina. La pianta deve le sue proprietà antispasmodiche all’anemonina, e risulta efficace come sedativo nel trattamento di tossi spasmodiche, degli spasmi digestivi e dei dolori uterini. Presenta anche un effetto antiemicranico e antinevralgico: viene, infatti, impiegata negli spasmi dolorosi, negli stati spasmodici gastrointestinali e nelle nevralgie. In passato era impiegata come alcolaturo della pianta fresca (parti aeree): una decina di gocce erano somministrate per os in caso dolori uterini, nell’asma e nella pertosse2. Secondo Vigne3 la pianta agirebbe particolarmente a livello del sistema nervoso vegetativo influenzando la sfera genitale attraverso il simpatico pelvico. Attribuisce alla droga una notevole efficacia analgesica nei dolori dovuti alla dismenorrea, in particolare quella di origine uterina, all’ovarite e all’annessite, ma risulta efficace anche nell’orchite, nell’epididimite e nell’uretrite. P. vulgaris sarebbe priva di efficacia nella dismenorrea dovuta a congestione pelvica. Dato che determina un aumento costante del flusso mestruale, deve essere utilizzata con cautela nelle forme di dismenorrea caratterizzate da un flusso abbondante4. Per queste caratteristiche trova impiego nelle nevrosi legate a disfunzioni vegetative dovute a ipereccitabilità simpatica. Pulsatilla veniva impiegata anche per le proprietà anticatarrali, emmenagoghe e sedative. La protoanemonina, così come il succo della pianta fresca, è antibatterico ma anche vescicante5 per cui occorre molta cautela nel suo uso. Applicate localmente le preparazioni di Pulsatilla determinano una notevole azione irritante, per cui anche nella somministrazione orale devono essere opportunamente diluite. Tossicità, interazioni ed effetti secondari I preparati di Pulsatilla somministrati incautamente a dosi troppo elevate possono dar luogo a gastroenteriti con vomito e diarrea, albuminuria ed ematuria. Possono 626

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comparire disordini respiratori e cardiaci simili a quelli osservati con Aconitum napellus L. La sua somministrazione è controindicata in gravidanza, allattamento e pediatria. Dopo ingestione di piante contenenti protoanemonina sono stati osservati, in animali da pascolo, aborti ed effetti teratogeni6. Forme farmaceutiche e posologia Estratto Fluido: 0,2-0,5 g pro dose più volte al dì (1 g = 53 gocce). Tintura: 20 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì (Leclerc). Pulsatilla vulgaris T.M.: 20 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì. Note di galenica Sembra che preparati ottenuti da pianta essiccata non presentino riduzione dei principi attivi7. La Tintura Madre è ottenuta dalla pianta intera fresca fiorita (maggiore attività) (titolo 55°) e dalla radice fresca (titolo 65°). Formulario Pozione sedativa (dismenorrea) (Benigni) Estratto Fluido Pulsatilla 1g Tintura Piscidia Glicerina ana 10 g Alcol 95° 5g S/10-20 gocce pro dose Curiosità • Il fiore, formato da sei sepali violacei, prima di schiudersi completamente forma come una piccola campana pendula: questa si agita al minimo soffio d’aria e ha valso alla pianta il nome di Pulsatilla, datole dal medico e naturalista senese Pietro Andrea Mattioli (1501-1578) che per primo l’ha descritta. • Mattioli la indicava come antidoto contro diversi veleni e contro la peste. Note bibliografiche 1 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1160. 2 Frohne D. et al., op. cit., p. 302. 3 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1161. 4 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 428. 5 Demarque D., Jouanny J., Poitevin B., Saint-Jean Y., op. cit., p. 343. 6 Refit, op. cit., p. 346. 7 Ibidem.

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Punica granatum L.

Nome comune: Melograno Francese: Grenadier Inglese: Pomegranate Tedesco: Granatapfel, Grenadine Famiglia: Punicaceae Parte utilizzata: corteccia delle radici; frutto Costituenti principali: – alcaloidi piperidinici (0,5-0,7%): pelletierina, isopelletierina; pseudo-pelletierina – tannino (25%): ellagitannini – ossalato di calcio; flavonoidi (frutto) Attività principali: antielmintica; uso alimentare (frutto) Impiego terapeutico: desueto; uso alimentare (frutto)

Utilizzo medico Da sempre alla corteccia delle radici sono attribuite proprietà antielmintiche. Gli alcaloidi a nucleo piperidinico presenti nel fitocomplesso, tra i quali in particolare la pelletierina, sono considerati responsabili di tale attività. La pelletierina presenta, infatti, un effetto paralizzante nei confronti della tenia1 e può, a seconda del dosaggio, essere vermicida. È stata dimostrata anche l’attività antielmintica dell’estratto acquoso della buccia del frutto di Punica granatum2. La droga presenta, però, effetti tossici (vedi Tossicità ed effetti secondari) legati alla frazione alcaloidea assorbita a livello intestinale. L’epicarpo dei frutti, molto ricco in tannino (25%), presenta proprietà astringenti. Con la polpa del frutto che circonda i semi si prepara uno sciroppo molto gradevole, utilizzato in farmacia come correttivo del sapore. Uno studio recentemente pubblicato ha evidenziato che il succo di melograno e l’olio ottenuto dai semi avrebbero la capacità di preservare l’ossidazione dei lipidi e quindi sarebbero in grado di manifestare proprietà antiossidanti3. Segnalate inoltre proprietà gastroprotettive: l’estratto di melograno ha dimostrato, nel modello animale, proprietà gastroprotettive nei confronti dei danni indotti da etanolo4. In passato i fiori, contenenti tannino, che colorano la saliva in violetto, erano impiegati per la preparazione di pozioni astringenti, così come la corteccia e la radice. Tali preparati erano utilizzati particolarmente in caso di emorragie vaginali e intestinali5. Dal punto di vista dietetico e alimentare una melagrana, per 100 g di parte edibile, fornisce 62 kcal: la parte edibile è il 59% del frutto. Il contenuto vitaminico è rappresentato da una buona concentrazione di vitamina C, circa 20 mg per 100 g, superiore alla maggior parte dei frutti freschi. Sono presenti vitamine del gruppo B, in particolare B3 (0,3 mg), B5 (0,6 mg) e B6 (0,2 mg). La provitamina A è presente in tracce (0,04 mg). I minerali sono abbondanti (700 mg) e sono rappresentati da potassio (250 mg), fosforo, calcio e magnesio; sono presenti anche concentrazioni non trascurabili di oligoelementi di ferro (1 mg), zinco (0,4 mg), manganese (0,13 mg) e rame (0,12 mg)6. Gli acidi organici (acido citrico e acido malico) determinano il sapore acidulo del frutto. 628

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Moderatamente zuccherino, grazie alla presenza di vitamine, minerali e oligoelementi ad azione antiossidante ed energetica, può ricoprire un ruolo interessante nella prevenzione di svariate malattie dovute all’eccessiva industrializzazione. Viene segnalato che la particolare concentrazione in potassio può svolgere un ruolo ipotensore benefico per la salute cardiovascolare. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Gli estratti di frutto di P. granatum risultano sicuri. Viene segnalato tuttavia che studi in vitro hanno evidenziato da parte del succo inibizione del sistema P450, e che è stato riportato un caso clinico di “possibile” interazione tra il succo ottenuto dal frutto e il warfarin7. Sintomi di intossicazione, nell’uso della corteccia, sono rappresentati da vertigine, turbe del visus, cefalea, sonnolenza fino a depressione del centro del respiro: l’uso è ovviamente sconsigliato. Forme farmaceutiche e posologia Solo ed esclusivamente a titolo storico ecco quanto riportato da Medicamenta (1914): «30-90 g di corteccia in decotto p. 200-300 colat. da prendersi alla mattina a digiuno, in tre riprese con mezz’ora di intervallo tra l’una e l’altra. Si premetta un giorno di digiuno o di dieta lattea e si faccia seguire un clistere purgante (qualcuno lo premette anche: olio di Ricino 30-60 g); non si interrompa la bevanda anche se il primo bicchiere desse luogo a nausee e vomiti; sarà bene poi tenere l’ammalato in posizione orizzontale e cogli occhi chiusi per evitare le vertigini. Estratto alcolico: 10-20 g in capsule gelatinose, in misture ecc.». Curiosità • La corteccia delle radici era già raccomandata nel papiro di Ebers, 1500 a.C., come antielmintico. La melagrana, grazie all’epicarpo resistente che forma un involucro sferico e coriaceo, è un frutto che si presta alla lunga conservazione e viene danneggiato difficilmente durante il trasporto. Per questi motivi e per la sua ricchezza in acqua, trattenuta dalla spessa scorza, ha rappresentato nell’antichità uno degli alimenti basilari nei lunghi percorsi per viaggiatori e carovanieri. • Originario della Persia, il Melograno sarebbe stato importato dai Romani in Italia al tempo delle guerre puniche: da qui il nome del genere. • «Godeva molta fama in Como il segreto tenifugo del farmacista Pio Cartosio, al quale noi stessi vedemmo ricorrere con buon effetto diversi malati. Non era altro che radice fresca di pomo granato selvatico, in decozione con diverse erbe purgative» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Paris R.R., Moyse H., op. cit., p. 449. 2 Hukkeri V.I. et al., 1993, Fitoterapia, vol. LXIV, 1, 69. 3 Poli A. et al., 2001, Erboristeria Domani, 9, 84-92. 4 Gahrzouli K. et al., 1999, Phytother. Res., 13(1), 42-45. 5 Negri G., op. cit., p. 201. 6 www.aprifel.com/ 7 Capasso F., 2011, op. cit., p. 430.

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Quassia amara L.

Nome comune: Quassia Francese: Quassia du Suriname Inglese: Surinam quassia; bitterwood Tedesco: Quassie Spagnolo: Quassia Famiglia: Simarubaceae Parte utilizzata: corteccia Costituenti principali: – sostanze amare triterpeniche (0,05%0,2%): quassina, neoquassina, 18-idroquassina; picrasmina α e β del tutto analoghi alla quassina – alcaloidi β-carbonilici (cantinone) Attività principali: amaro-tonico Impiego terapeutico: dispepsia; atonia digestiva, stipsi

Utilizzo medico La corteccia di Quassia è un amaro-tonico che eccita gli organi digestivi, aumenta la secrezione salivare e biliare. Attiva moderatamente la circolazione e aumenta la contrattilità degli organi a muscolatura liscia quali intestino, colecisti e utero. Viene impiegata come digestivo e per favorire l’appetito: risulta, valida, pertanto, nelle forme dispeptiche, nelle atonie digestive, nella stipsi e nella congestione epatica. È considerata sinergica della Genziana. La pianta conosce un impiego, in particolare nei paesi di origine, come febbrifuga. La medicina popolare la indica come rimedio nell’abuso di alcolici1. Attualmente vi è un certo interesse per la struttura di tipo quassinoide in C20 della quassina: alcuni di questi quassinoidi, in particolare bruceantina, sono dotati di proprietà antitumorali2. La quassina tuttavia sarebbe pressoché sprovvista di tale proprietà. In passato veniva utilizzata anche come antielmintico e insetticida: manifesta infatti proprietà tossiche su artropodi e vermi. Sotto forma di clistere veniva impiegata l’infusione nel trattamento dell’ossiuriasi e nella pediculosi del capo. L’infuso, applicato sulla cute, funge da repellente nei confronti degli insetti (punture insetti). È stato segnalato che alcuni quassinoidi (C20) risultano, in vitro, antimalarici a bassa concentrazione; alcuni risultano anche amebicidi3. La corteccia di Quassia trova impiego anche come antiparassitario in agricoltura. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Ad alte dosi la corteccia di Q. amara determina vertigini e vomito. Nei bambini, ai quali in passato veniva somministrata sotto forma di clisteri come antielmintico, poteva provocare sedazione intensa e paralisi cardiaca o respiratoria. La quassina infatti determina, per via parenterale, riduzione della frequenza cardiaca, tremori muscolari e paralisi. Sono possibili interazioni con farmaci cardioattivi e anticoagulanti. La pianta è controindicata in gravidanza e durante le mestruazioni poiché provoca contrazione delle muscolatura uterina (determina coliche uterine al momento delle mestruazioni); può favorire l’ostruzione dell’uretra quando questa presenta già una stenosi4. 630

212 • Quassia

amara

L.

Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 0,5 g in 150 ml di acqua bollente; lasciare in infusione per 10-15 minuti. Filtrare e bere 20-30 minuti prima dei pasti. Polvere: 250-500 mg per cps; 1 cps 2-3 volte al dì. Quassia amara T.M.: 25 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica Con il termine Quassia sono indicate due droghe derivate da: Quassia amara L. (Quassia del Surinam) e Picrasma excelsa Lindley (Quassia della Jamaica). Quest’ultima risulta più attiva. L’indice di amarezza della droga è 40000, vale a dire che la concentrazione più bassa richiesta per avere il sapore amaro è di 1 g di droga in 40000 ml di acqua5. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal legno essiccato (titolo 65°). Formulario Gocce digestive e dissetanti Anice T.M. 30 ml Liquerizia T.M. 25 ml Quassia T.M. 15 ml in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Curiosità • Nelle Amenità accademiche (Leida, 1764) Linneo racconta la storia della Quassia, che Dahlberg, tenente colonnello olandese di stanza nel Surinam, di ritorno in patria, portò conservata nello spirito di vino e diede a Linneo raccontandogli di come Quassi, uno schiavo negro, fosse solito curare con buoni risultati le febbri maligne. • Haller (1730) trovò nei magazzini della farmacia Seba di Amsterdam del legno detto quassi o coissi e lo dice introdotto a torto nella terapeutica europea come succedaneo della China. • Con la Quassia veniva preparata la carta moschicida. • «Viene talora usata invece del Luppolo nella fabbricazione della birra, ed entra nella composizione di vari liquori» (Villavecchia, 1931). Note bibliografiche 1 Proserpio G. et al., op. cit., p. 622. 2 Dorvault., op. cit., p. 1457; Cuendet M. et al., 2004, Antitumor activity of bruceantin: an old drug with new promise, J. nat. Prod., 67, 269-272. 3 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 918. 4 Dorvault., op. cit., p. 1457. 5 Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 170.

631

213 • Quercus

213

robur

L.

Quercus robur L. (= Quercus peduncolata Ehrh.)

Nome comune: Quercia comune Francese: Chêne pédonculé Inglese: Pedunculate oak Tedesco: Stieleiche Spagnolo: Roble común Famiglia: Fagaceae Parte utilizzata: corteccia, foglie; gemme, ghiande, amenti, giovani radici Costituenti principali: – tannini condensati (8-20%): catechine, proantocianidine, ellagitannini – pectine, resine, sostanze mare; flavonoidi (foglie) Attività principali: astringente, antisettica, vasocostrittrice; cicatrizzante Impiego terapeutico: diarree aspecifiche; flogosi mucose accessibili

Utilizzo medico L’uso della pianta (corteccia) è incentrato sulla presenza dei tannini e sulle loro valenze terapeutiche: azione antisettica, azione vasocostrittrice, modica analgesia locale e azione antivirale. In passato, quando ancora la medicina non possedeva altri rimedi farmacologici, ha trovato largo impiego come antiemorragico, sia per uso interno che esterno, e come febbrifugo, in particolare contro le febbri intermittenti. Preparazioni a base di corteccia (decotti ed estratti vari) trovano indicazione, soprattutto per uso esterno, nel trattamento delle flogosi a carico delle gengive o delle mucose orali: valida risulta infatti l’azione sfiammante nelle flogosi delle mucose accessibili (orofaringee e anogenitali). Può essere utilmente impiegata come astringente, in particolare per uso esterno, nel trattamento di emorroidi, fistole e ragadi anali, e varici in virtù dell’azione vasocostrittrice e cicatrizzante, oltre che antisettica. Viene consigliata anche nell’iperidrosi palmoplantare, nel trattamento dei geloni (impacchi) e come antiforfora e regolatore della secrezione sebacea a livello del cuoio capelluto1. La monografia della Commissione E del BfArM ne indica l’uso nelle malattie infiammatorie a carico della pelle (uso esterno) salvo in caso di danno esteso (costituisce una controindicazione). Talvolta veniva impiegata per uso interno, a piccole dosi, come stomachico e, soprattutto, nel trattamento delle diarree aspecifiche: «…la Commissione E del BfArM ne ha riconosciuto valido l’uso come astringente nelle diarree aspecifiche e nel trattamento delle flogosi a carico delle mucose orofaringee e genitali»2. In passato la decozione veniva utilizzata anche come antidoto nell’avvelenamento da alcaloidi, sali di piombo, di rame, d’antimonio3. La Gemmoterapia utilizza principalmente il macerato glicerico, ottenuto dalle gemme, come regolarizzatore della funzionalità intestinale in caso di stipsi sostenuta da un deficit del tono organico. Le gemme, infatti, contribuiscono a regolarizzare, ovviamente con somministrazioni prolungate nel tempo, la funzionalità intestina632

213 • Quercus

robur

L.

le. Il gemmoderivato (Quercus peduncolata M.G.1DH) esplica inoltre azione tonica e stimolante generale, utile negli stati di convalescenza prolungata, surmenage, ipotensione e, in particolare, nell’astenia sessuale. Sembra che le gemme esercitino azione stimolante a livello surrenalico aumentando la secrezione dei 17-chetosteroidi. Gli amenti di Quercus peduncolata sono indicati in particolare nell’astenia sessuale della donna. È anche segnalato un utilizzo nell’enuresi: in questo caso risulta valida l’associazione con Abies pectinata M.G.1DH. Le ghiande e le giovani radici manifestano un’attività astringente e antinfiammatoria utile nel trattamento della leucorrea4. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La presenza di tannini può determinare interazioni farmacologiche e irritazione gastrica. Non utilizzare in caso di danno cutaneo esteso (Commissione E del BfArM). Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla corteccia essiccata e tagliata dei ricacci e dei giovani rami di Q. robur L., Q. petraea (Matt.) Liebl. e di Q. pubescens Willd., contenenti non meno del 3% di tannini espressi come pirogallolo. Forme farmaceutiche e posologia Dose media giornaliera (Commissione E del BfArM): 3 g/die per os; 20 g/litro per compresse e gargarismi; 5 g/litro per i bagni. Decotto: 1 g di droga finemente tagliata o polverizzata in acqua fredda, far bollire brevemente e filtrare dopo alcuni minuti. Per uso esterno: decotto 10%. «Un cucchiaino da tè corrisponde a circa 3 g, un cucchiaio a circa 6 g.5» Quercus peduncolata M.G.1DH: 50 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì. Quercus robur T.M.: soluzione acquosa al 10% per uso esterno. Note di galenica Il contenuto di tannini diminuisce con lo stoccaggio. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla corteccia fresca (titolo 65°). Formulario Gocce astringenti (Corcos R.) E.F. Hamamelis v. 50% E.F. Aesculus h. 25% E.F. Quercus r. 25% S/40 gocce in mezzo bicchiere di acqua, 3 volte al dì lontano dai pasti Per sciacqui e gargarismi: 2 cucchiai di corteccia in 500 ml di acqua. Decozione. Per semicupi o pediluvi: 500 g di corteccia in 5 litri di acqua. Lasciar bollire per 15-20 minuti e indi filtrare. Oppure si utilizzi 2 volte al giorno il decotto per 15-20 minuti a temperatura corporea6. Per infiammazioni della regione orofaringea: Si utilizzi il decotto non diluito più volte al giorno per gargarismi, salvo diversa prescrizione. 633

213 • Quercus

robur

L.

Curiosità • Quercus: secondo alcuni di radicale greca significante: ruvido, secondo altri da due parole celtiche: bell’albero (Scotti, 1872). • «Tanto erano sacre le foreste di querce che Tacito racconta che persino i soldati di Cesare, in Gallia, avevano timore ad affrontarne il taglio: credevano che se avessero usato le scuri contro quei sacri tronchi, ne sarebbero uscite lacrime e sangue e i colpi si sarebbero poi riversati contro di loro nei campi di battaglia» (Rigoni Stern M., Arboreto salvatico, 1996). • Dalle galle di Quercia viene ricavato un tannino particolarmente pregiato per la concia delle pelli e per la preparazione degli inchiostri. «È un fatto del resto che i macinatori della corteccia e i conciatori di pelle che la maneggiano (ndr: la corteccia), vanno di solito preservati dalle febbri intermittenti» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Proserpio G., op. cit., p. 532. 2 Wichtl M. et al., op. cit., p. 403. 3 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 323. 4 Campanini E., 2005, Manuale pratico di gemmoterapia, op. cit., pp. 118-9. 5 Wichtl M. et al., op. cit., p. 403. 6 Ibidem.

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214 • Raphanus

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sativus

L.

Raphanus sativus L. var. niger (Mill.) Kerner

Nome comune: Rafano Francese: Radis noir Inglese: Black radish Tedesco: Radieschen Spagnolo: Rábano Famiglia: Brassicaceae Parte utilizzata: radice Costituenti principali: olio essenziale solforato: glucoraphasatina (> 65% dei glucosilonati presenti) Attività principali: colagoga e coleretica; drenante epatico Impiego terapeutico: discinesie delle vie biliari, litiasi biliare; dispepsia e stipsi

Utilizzo medico Si tratta di un efficace antispasmodico delle vie biliari: l’effetto benefico non si basa su un’azione colagoga diretta, ma su un effetto indiretto per azione a livello intestinale, ove aumenta il peristaltismo e, molto probabilmente, l’effetto sul peristaltismo prosegue a livello della muscolatura liscia delle vie biliari, contribuendo così a far scorrere la bile1. Risulta utile quindi nei disturbi cronici delle vie biliari accompagnati da discinesia, nelle forme dispeptiche accompagnate da stipsi e nel migliorare le emicranie epatiche sostenute da discinesia delle vie biliari. L’intricarsi di disordini epatobiliari e sindromi cefalgiche è un fenomeno comune: variazioni del flusso biliare infatti sono all’origine delle discinesie biliari, fonti abituali di nausea, pesantezza e dolore all’ipocondrio destro. In questi casi il Rafano, in particolare se somministrato a soggetti di costituzione robusta e pletorica, risulta molto efficace. Lemarie e Loeper hanno pubblicato (1950) uno studio clinico che dimostra come l’estratto di Rafano provochi un “alleggerimento” del distretto biliare nei malati affetti da litiasi, tanto da poter essere consigliato a coloro che soffrono di insufficienza epatica, colecistite e affezioni epatiche2. La pianta gode anche fama di drenante epatico e come tale contribuisce a migliorare quelle manifestazioni cutanee di origine allergica che vedono nel rallentamento della funzionalità epatica un fattore scatenante e di aggravamento. L’olio essenziale è dotato di proprietà antibatteriche e avrebbe pertanto influenza sulla composizione della flora batterica intestinale contribuendo a combattere pertanto i fenomeni fermentativi. Uno studio in vitro ha evidenziato la presenza di sostanze (metabolita isotiocianato della glucoraphasatina, 4-methilthio-3-butenil isotiocianato (MIBITC), in grado di attivare alcuni enzimi (chinone-reduttasi, eme ossigenasi 1 ethioredoxina reduttasi 1) che contribuiscono a detossificare il fegato3. Altre ricerche hanno evidenziato potenzialità antiossidanti4 utili anche nella prevenzione del cancro del colon (protezione mucosa intestinale)5. La medicina popolare impiegava uno sciroppo destinato a guarire la pertosse e come 635

214 • Raphanus

sativus

L.

espettorante nei catarri bronchiali6. La Note explicative de l’Agence du médicament (1998) ne indica l’impiego, oltre che come coleretico e colagogo, nelle affezioni bronchiali acute benigne. Sempre dalla tradizione viene la segnalazione riguardante le proprietà diuretiche, l’efficacia della pianta nella litiasi renale e come antiscorbutica. Uso esterno Per uso topico trova impiego contro i colpi di sole, le bruciature superficiali e poco estese, gli eritemi7 e, dal punto di vista cosmetologico, contribuisce a limitare l’alopecia (azione rubefacente). I dati farmacologici e clinici sono però pressoché inesistenti8. Tossicità, interazioni ed effetti secondari In alcuni soggetti si possono manifestare lieve diarrea e irritazione gastrica (acidità, rigurgiti). I tiocianati possono entrare in competizione con lo iodio nella sintesi dell’ormone tiroideo, per cui può presentare moderata attività strumigena. Sono possibili interazioni con farmaci tiroidei. L’uso della pianta è controindicato nella colelitiasi. Forme farmaceutiche e posologia Succo fresco: 50-100 ml/die (Commissione E del BfArM); 15 ml (1 cucchiaio da tavola) di succo fresco da 2 a 6 volte al dì senza superare i 100 ml/die. Nota9: nel trattamento della dispepsia ne viene consigliata l’assunzione per 4 o 5 giorni, quindi si effettua una pausa di 2 o 3 giorni prima di riprendere nuovamente la terapia. Seguire questa modalità di assunzione per alcune settimane. Raphanus sativus T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La pianta essiccata risulta meno attiva per perdita dell’olio essenziale. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla radice essiccata (titolo 55° a 1/20). Formulario Discinesia vie biliari Fumaria o. T.M. Raphanus s. T.M. Eschscholtzia c. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì, per un mese Sciroppo di Rafano composto – Sciroppo antiscorbutico Foglie di Cochlearia off. recente p. 100 Foglie di Crescione recente p. 100 Radici fresche di Rafano p. 100 Trifoglio fibrino secco p. 10 Corteccia Arancio amaro p. 20 Corteccia Cannella Ceylon p. 5 Vino bianco p. 400 Zucchero p. 500 Si facciano macerare per 2 giorni le droghe nel vino bianco, si distilli a b. m. e il distillato si riduca a sciroppo sopra b. m. con p. 100 di zucchero. Il residuo, rimasto nella storta, si coli e si sprema, la colatura si chiarifichi con albume d’uovo, si addizioni dello zucchero rimasto e si filtri. Infine si mescolino i due sciroppi (da: Medicamenta, 636

214 • Raphanus

sativus

L.

1914). Curiosità • Erodoto narra che i faraoni facevano distribuire agli operai incaricati della costruzione della piramide di Gizah radici di Rafano e Aglio. • Dioscoride riconosceva alla pianta la virtù di risvegliare l’appetito, di rinvigorire lo stomaco, di calmare la tosse e di provocare le mestruazioni. Santa Hildegarda la giudicava adatta a “purgare” il cervello e i visceri dai loro umori maligni, mentre la Scuola Salernitana ne faceva un controveleno pari alla celebre Teriaca. • Mizault nel suo Jardin médicinal (1578) scrive che la pianta risulta molto efficace nella renella e che, in più, è suscettibile di attirare cospicui onorari da parte dei malati riconoscenti. Note bibliografiche 1 Van Hellemont J., op. cit., p. 333. 2 Debuigne G., op. cit., p. 213. 3 Hanlon PR, Webber DM, Barnes DM, 2007, Aqueous extract from Spanish black radish (Raphanus sativus L. Var. niger) induces detoxification enzymes in the HepG2 human hepatoma cell line. J Agric Food Chem, 8;55(16):6439-46. 4 Lugasi A, Blazovics A et al., 2005, Antioxidant effect of squeezed juice from black radish (Raphanus sativus L. var niger) in alimentary hyperlipidaemia in rats. Phytother Res, 19(7):587-91. 5 Sipos P, Hagymasi K et al., 2002, Effects of black radish root (Raphanus sativus L. var niger) on the colon mucosa in rats fe a fat rich diet. Phytother Res. 16(7):677-9. 6 Leclerc H., op. cit., p. 180. 7 Note explicative de l’Agence du médicament (1998). 8 Bruneton J, 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 234. 9 Weiss R.F., 1992, Lehrbuch der Phytoterapie, Hippokrates Verlag, Stuttgart.

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215 • Rauwolfia

215

serpentina

(L.) Benth.

ex

Kurz

Rauwolfia serpentina (L.) Benth. ex Kurz

Nome comune: Rauwolfia Francese: Sarpagandha Inglese: Snakeroot Tedesco: Indische Schlangenwurzel Spagnolo: Rauwolfia Famiglia: Apocynaceae Parte utilizzata: radice Costituenti principali: – alcaloidi totali (0,5-2,5%): costituiscono un insieme complesso di circa una trentina di composti differenti, indolici per la maggior parte: derivati di tipo yohimbano: reserpina, rescinnamina, deserpidina; yohimbina, corynanthina e isomeri derivati di tipo eteroyohimbano: ajmalicina (alias raubasina) e derivati metossilati ecc. derivati diidroindolici: ajmalina * la radice deve contenere al minimo 1% di alcaloidi totali1 – resina, amido, fitosterolo, acido oleico – carbonato di potassio, fosfato e silicato di potassio, tracce di ferro e manganese Attività principali: antipertensiva; sedativa Impiego terapeutico: ipertensione essenziale di grado lieve. Solo uso medico

Utilizzo medico La Rauwolfia trova indicazione nell’ipertensione essenziale di grado lieve, in particolare se accompagnata da aumento del tono simpatico (tachicardia sinusale, ansia, agitazione psicomotoria). Usata in India da secoli nella medicina ayurvedica per trattare le malattie mentali, la pianta venne introdotta nella medicina occidentale negli anni Cinquanta del secolo scorso. La reserpina è stato il primo antipertensore in grado di determinare una deplezione periferica di catecolamine: provoca infatti deplezione della noradrenalina nei neuroni adrenergici e a livello centrale. A dosaggi elevati la deplezione dei mediatori centrali può spiegare l’azione sedativa e neurolettica, altra importante indicazione farmaco-clinica della reserpina2. Come antipsicotico fu gradualmente rimpiazzata dalle fenotiazine, mentre rimase un importante farmaco per il trattamento dell’ipertensione. Anche se la Rauwolfia nella totalità del suo fitocomplesso è meglio tollerata rispetto ai singoli principi attivi, attualmente la pianta viene utilizzata solamente per l’estrazione degli alcaloidi. – Reserpina è un antipertensivo, un antipsicotico e riduce il tono simpatico. La deplezione delle catecolamine periferiche determina un abbassamento pressorio durevole e diminuzione della frequenza cardiaca: viene, di solito, associata a un diuretico tiazidico. Attualmente in terapia si preferisce utilizzare molecole più “maneggevoli” rispetto alla reserpina. La deplezione dei mediatori centrali determina azione sedativa accompagnata da una spiacevole sensazione di sonnolenza e di spossatezza. La somministrazione cronica di reserpina può portare a depressione grave e persino al suicidio. L’azione neurodeprimente di altre sostanze neuroattive viene potenziata 638

215 • Rauwolfia

serpentina

(L.) Benth.

ex

Kurz

(alcol, barbiturici ecc.). Gli effetti parasimpaticomimetici della reserpina sono dovuti alla diminuzione dell’attività simpatica. La bradicardia, l’aggravamento di preesistenti ulcere peptiche, l’aumentata motilità intestinale, la miosi sono il risultato della prevalenza parasimpatica. – La rescinnamina, che è circa la metà della reserpina, presenta analoghe proprietà così come la deserpidina. – Ajmalicina (o raubasina) presenta proprietà spasmolitiche e α-bloccanti che a forti dosi invertono l’azione dell’adrenalina: è dunque un moderatore dell’attività dei centri vasomotori, soprattutto a livello bulbare. Aumenta transitoriamente il flusso a livello cerebrale ed è blandamente ansiolitica. Viene impiegata come antischemico nelle turbe cerebrali della senescenza, e nell’arterite degli arti inferiori3. – La Ajmalina è un antiaritmico che determina diminuzione dell’eccitabilità, rallentamento della conduzione, allungamento del periodo refrattario nel tessuto contrattile. Si tratta di un composto tossico4. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’uso è controindicato nelle forme depressive, nell’epilessia, nell’ulcera e nella colite ulcerosa (per aumento della motitlità e secrezione gastrointestinale), nel feocromocitoma, nelle malattie del nodo seno-atriale, in caso di diminuita funzionalità renale; nella gravidanza e nell’allattamento e, ovviamente, in età pediatrica. Vi è anche la segnalazione, messa peraltro in dubbio da altri ricercatori, che vi sia un aumento del rischio di tumore al seno nelle donne in menopausa5. Il suo impiego può compromettere la vigilanza. La pianta può interagire con farmaci antipertensivi, antidepressivi, levodopa, levomepromazina, glicosidi digitalici o chinidina, simpaticomimetici. Attualmente l’uso della droga e degli alcaloidi puri (vedi sopra) è comunque sconsigliato. Forme farmaceutiche e posologia La somministrazione deve avvenire esclusivamente sotto il diretto controllo medico. La posologia deve essere regolata «tenendo conto delle necessità e della capacità dei pazienti di tollerarla e aumentandola gradatamente a intervalli di almeno 10 giorni fra un aumento e l’altro. I pazienti debilitati e geriatrici richiedono dosi degli alcaloidi della rauwolfia inferiori a quelle degli altri adulti»6. Posologia giornaliera media: 600 mg di droga = 6 mg di alcaloidi totali7. Compresse titolate a 2 mg di alcaloidi totali: 3 cpr al dì. Estratto totale di Rauwolfia: 20 mg per presa, più volte al dì. Estratto Fluido titolato all’1% (1 g = 27 gocce): 3-9 gocce al dì (circa 1-3 mg di alcaloidi totali). Rauwolfia serpentina T.M.: 15 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte sotterranea essiccata (titolo 65°). Formulario Sciroppo (Benigni) Estratto Fluido Rauwolfia serpentina Sciroppo semplice F.U. S/mezzo-un cucchiaino pro die

5g 95 g 639

215 • Rauwolfia

serpentina

(L.) Benth.

ex

Kurz

Curiosità • Rauwolfia: in onore di Leonard Rauwolf, medico, botanico ed esploratore tedesco che nel 1573-1575 visitò parte dell’Asia e dell’Africa per studiare nel loro ambiente le piante descritte dai medici arabi e greci. Pare che il cognome Rauwolf (Rauh = selvaggio, peloso; wolf = lupo) calzasse alla perfezione al carattere di questo studioso che veniva descritto dall’aspetto peloso e dal genere di vita rude e selvaggio… • Il genere Rauwolfia comprende circa 110 specie, alcune delle quali (R. vomitoria, heterophyla, tetraphylla) sono utilizzate per l’estrazione dei principi attivi, in particolare della reserpina. Note bibliografiche 1 Bruneton J, 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 841. 2 Frohne D. et al., op. cit., p. 31. 3 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 1176. 4 Ibidem. 5 Van Hellemont J., op. cit., p. 336. 6 Società Italiana di Fitoterapia, op. cit., p. 229. 7 Refit, op. cit., p. 353.

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216 • Rhamnus

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catharticus

L.

Rhamnus catharticus L.

Nome comune: Spino cervino; Ramno catartico Francese: Nerprun; Épine noire Inglese: Buckthorn Tedesco: Purgier-Kreuzdorn Spagnolo: Espino cerval o cervispino Famiglia: Rhamnaceae Parte utilizzata: i frutti (drupe) freschi o secchi Costituenti principali: – glicosidi antrachinonici (2-5%): glucofranguline e franguline – tannini (3-4%); flavonoidi (1%) – pectine, mono e oligosaccaridi; acido ascorbico Attività principali: purgativa e drastica Impiego terapeutico: stipsi

Utilizzo medico Lo Spino cervino viene classificato tra le droghe antraceniche ad azione purgativa. La sua azione è molto energica rispetto alle altre droghe antraceniche (Aloe, Cascara sagrada, Frangola e Senna) «tanto che somministrato a dosi anche moderatamente elevate, lo Spino cervino determina frequentemente vomito, dolori addominali, scariche diarroiche ripetute e gastroenterite più o meno grave»1. Per questa sua prerogativa è scarsamente impiegato in terapia se non per potenziare, quando sia necessario, l’azione di droghe purgative ad azione più blanda o in sostituzione di purganti drastici. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Vedi Utilizzo medico e per altre informazioni: Cassia senna L. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 3-5 g di droga in 150 ml di acqua calda; filtrare dopo 15 minuti. Bere la sera prima di coricarsi. Estratto Fluido: 2-4 g pro dose (1 g = 37 gocce). Rhamnus cathartica T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal frutto fresco (drupa) (titolo 65°). Curiosità • «Il latte delle capre, che pascono le sue foglie, diventa purgativo (Lauzer); i tordi che ne mangiano le bacche, sono purgativi (Hemberg): le ciliege e le albicocche, di cui il ramno riceve facilmente l’innesto, acquistano virtù purgative (Mizauld): e un signore di Aix, che aveva nel proprio giardino un prugno così inoculato, dovette farlo tagliare, perché metteva in rivoluzione il ventre di tutta la famiglia (Garidel). Lasciamo agli autori citati la responsabilità dei singoli fatti» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1524.

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217 • Rhamnus

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frangula

L.

Rhamnus frangula L. (= Frangula alnus Miller)

Nome comune: Frangola Francese: Bourdaine Inglese: Alder buckthorn Tedesco: Faulbaum Spagnolo: Arraclán Famiglia: Rhamnaceae Parte utilizzata: corteccia Costituenti principali: – glicosidi antrachinonici (4,5-7%): glucofranguline A e B, franguline A e B; crisofanolo, emodina ( K). È possibile un potenziamento d’azione dei glucosidi cardioattivi. Sono stati segnalati casi di pseudomelenosis coli, reversibile dopo sospensione del trattamento, in soggetti che facevano uso cronico della pianta. L’uso ripetuto o continuativo può provocare e aggravare stati di debolezza e ipotensione ortostatica nei pazienti geriatrici7. Gli antrachinoni del Rabarbaro danno alle feci e alle urine una colorazione marronegiallo intenso, che per alcalinizzazione vira al rosso. Anche la secrezione sudorale e lattea assumono una colorazione giallo bruna più o meno intensa a seconda del pH: il latte acquista anche proprietà purgative8. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dagli organi sotterranei essiccati, interi o tagliati, di R. palmatum L. o R. officinale Baillon, o da ibridi delle 2 specie o da una miscela, contenenti non meno del 2,2% di derivati idrossiantracenici, espressi come reina. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera come lassativo (Commissione E del BfArM): 30-120 mg di derivati idrossiantracenici (= 1,2-4,8 g di droga) Posologia media giornaliera come stomachico (Commissione E del BfArM): 3-9 mg di derivati idrossiantracenici (= 0,12-0,36 g di droga) Infuso: 4 g di droga in 150 ml di acqua bollente; filtrare dopo 10-15 minuti. bere la sera prima di coricarsi (1 cucchiaino da tè = 4 g di droga) Estratto Fluido F.U.: 0,05-0,20 g come stomachico; 0,2-0,5 g come lassativo; 1-4 g come purgativo (1g = 47 gtt)9 Polvere: 1-2 g di droga polverizzata come lassativo; 0,1-0,2 g di droga polverizzata come stomachico Rheum T.M.: 30-50 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì 648

219 • Rheum

palmatum

L.

Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte sotterranea fresca (titolo 65°). Formulario Sciroppo (Benigni-Capra-Cattorini) E.F. Rabarbaro cinese Sciroppo semplice F.U. S/A cucchiaini Gocce stomachiche Rheum Gentiana Pimpinella S/30 gocce, diluite in acqua, ai pasti

5g 95 g

T.M. T.M. T.M. ana parti in flacone unico

Vino di rabarbaro composto – Elixir della salute (F.U. 1914) Rabarbaro p. 8 Corteccia Arancio amaro p. 3 Vino marsala p. 100 Contuse le droghe si facciano macerare per 10 giorni nel vino, si coli, si sprema il residuo e i liquidi riuniti si filtrino Tintura vinosa di Rabarbaro (Medicamenta) E.F. Rabarbaro cinese p. 80 E.F. Arancio p. 20 Tintura cardamomo p. 80 Zucchero p. 125 Vino Xeres q. b. a p. 1000 Curiosità • «Delle piante di Rabarbaro si utilizzano anche i picciuoli delle foglie fresche, che sono grossi, teneri, ripieni di succo acidulo e servono a svariati usi di cucina (specialmente in Inghilterra), a preparare confetture, conserve, sciroppi, gelatine ecc.; anche le giovani foglie, le gemme fogliari, le infiorescenze sono commestibili» (Villavecchia, 1931). • La parola deriva da Rha (finnico Rav), antico nome del Volga, e da barbarum: cioè radice che i barbari raccolgono nella regione del fiume Rha. Rha o Rav significa radice. Perciò è la radice per antonomasia che ha dato nome al fiume sulle rive del quale nasceva la pianta del Rabarbaro (P.E. Cattorini). Note bibliografiche 1 Capasso F., 2011, op. cit., p. 199. 2 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 522. 3 Bruneton J, 1993, op. cit., p. 366. 4 Wichtl M. et al., op. cit., p. 416. 5 Taddei I., Giachetti D., 1980, Fondamenti di farmacognosia, Grasso, Bologna, p. 129. 6 Van Hellemont J., op. cit., p. 343. 7 Società Italiana di Fitoterapia, op. cit., p. 238. 8 Taddei I., Giachetti D., op. cit., p. 128. 9 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1194.

649

220 • Rhodiola

220

rosea

L.

Rhodiola rosea L. (= Sedum rhodiola DC) (= Sedum rosea (L.) Scop.)

Nome comune: Rodiola rosea, Radice artica, Radice d’oro Francese: Rhodiole, Racine dorée Inglese: Rhodiola, Arctic root, Golden root Tedesco: Rosenwurz Spagnolo: Rhodiola Famiglia: Crassulaceae Parte utilizzata: radice e rizoma Costituenti principali: – fenilpropanoidi e derivati: salidroside (0,11%), rosavina, rosavidina, rosarina e rosina, cianoglicosidi (rhodiacianoside A e B)1, para-tirosolo (0,03-0,2%)2 – olio essenziale, alcol monoterpeneci e loro glicosidi – polifenoli (40%) – flavonoidi, flavonlignani, proantocianidine e derivati dell’acido gallico; beta sitosterolo, daucosterolo (terpeni)3 – vitamine, elementi minerali Attività principali: proprietà adattogene; neuroprotettive, antifatica, antidepressive, ansiolitiche, nootrope, stimolanti l’attività del SNC, cardioprotettive… Impiego terapeutico: miglioramento funzioni cognitive (in situazione di stress); aumento resistenza allo stress; astenia

Utilizzo medico Conosciuta anche come radice d’oro vive nelle regioni artiche della Siberia orientale ove cresce spontaneamente. Alla radice sono attribuite oltre a proprietà adattogene (rafforza il sistema immunitario e combatte lo stress), proprietà serotoninergiche, dopaminergiche e quindi antidepressive. Interessante il suo effetto anabolico a livello muscolare con conseguente aumento della capacità di resistenza allo sforzo fisico e con miglioramento delle prestazioni fisiche. La pianta può essere pertanto considerata un valido tonico psicostimolante. La Rhodiola rosea, così come il ginseng e l’eleuterococco, viene definita pianta adattogena in quanto in grado, secondo la definizione data a questo termine da Nikolai Lazarev (1947) e successivamente da Israel Brekhman (1969), di esercitare «un’azione aspecifica sui processi fisiologici con il risultato di innalzare la resistenza fisica contro gli stress ambientali e l’efficienza generale in situazioni di carico, in modo da meglio poter adattare l’organismo a condizioni di carico straordinario, e prevenire l’insorgenza di malattie»4. Una sostanza adattogena deve pertanto dimostrare un’azione aspecifica (aumento delle difese nei confronti di noxae di tipo fisiologico, chimico, biologico), deve agire in senso normalizzante, indipendentemente dal tipo della situazione patologica, deve essere innocua e disturbare il meno possibile le funzioni organiche. L’azione adattogena si traduce, quindi, in un rafforzamento o prolungamento dell’adattamento fisiologico, ed è un tentativo dell’organismo di 650

220 • Rhodiola

rosea

L.

proteggere le riserve di energia e di accelerare la biosintesi delle proteine e degli acidi nucleici5. Gli studi relativi alla Rhodiola rosea sono iniziati negli anni sessanta del secolo scorso soprattutto a opera di ricercatori russi e scandinavi i quali segnalarono al mondo accademico le proprietà terapeutiche di questa pianta medicinale. Alla Rhodiola rosea infatti la tradizione popolare attribuiva la proprietà di accrescere la forza fisica, la memoria e le capacità cognitive, di favorire la longevità e il vigore sessuale. Tuttavia gli studi che sono stati pubblicati a sostegno di tali indicazioni presentano numerose falle metodologiche e non sono considerati pertanto probanti. Solo negli ultimi anni sono stati pubblicati studi randomizzati che hanno contribuito a confermare tali indicazioni (Capasso, 2006). Si tratta, però, fino a ora di lavori di ricerca condotti su un numero ridotto di soggetti e che richiedono pertanto ulteriori indagini. Un articolo pubblicato dalla rivista Phytomedicine nel 20106 ha passato in rassegna quanto pubblicato fino a ora circa la composizione chimica, l’attività farmacologica, l’uso tradizionale e ufficiale di Rhodiola rosea L. in medicina. È emerso che i componenti identificati nella pianta medicinale sono circa 140 (alcol monoterpeneci e loro glicosidi, glicosidi cianogenici, arylglicosidi, feniletanoidi, fenilpropanoide e loro glicosidi, flavonoidi, flavonlignani, proantocianidine e derivati dell’acido gallico ecc.) e che le preparazioni a base di Rhodiola rosea, come si evidenzia dagli studi condotti su organi isolati, tessuti, cellule, sistemi enzimatici e dalla revisione di svariati trials clinici, presentano proprietà adattogene, neuroprotettive, cardioprotettive, antifatica, antidepressive, ansiolitiche, nootrope, stimolanti l’attività del SNC. In particolare l’autore conclude la rassegna affermando che la pianta presenta oltre a consolidate indicazioni provenienti dall’uso popolare, anche evidenze farmacologiche “certe” per quanto riguarda il suo impiego nella stanchezza ed “emergenti” per quanto riguardo il sostegno delle funzionalità cognitive e dell’umore. Una review7 pubblicata recentemente (2010) ha segnalato che la pianta può essere particolarmente utile nel trattamento della depressione caratterizzata da astenia più o meno intensa, e che può affiancare gli antidepressivi convenzionali per alleviare alcuni dei loro effetti collaterali più comuni8. In uno studio R. rosea in associazione con antidepressivi triciclici (TCA) ha prodotto un significativo miglioramento nella maggior parte dei casi e una diminuzione degli effetti collaterali degli TCA. È emerso anche che alcuni di questi pazienti erano in grado di rispondere anche alla sola somministrazione di R. rosea. Anche in questo lavoro gli autori suggeriscono comunque la necessità di ulteriori studi. Per quanto riguarda le capacità cognitive, studi condotti in doppio cieco con placebo9 hanno dimostrato che preparati a base di Rhodiola rosea risultano particolarmente efficaci nel migliorare le funzioni cognitive in caso di stress e affaticamento. Con la sua assunzione si verifica infatti riduzione della fatica mentale, miglioramento della memoria a breve termine, della capacità di concentrazione e di effettuare un calcolo mentale, miglioramento della percezione visiva e auditiva e dello stato generale ecc. e assenza di effetti collaterali. Viene consigliato pertanto di assumere preparati a base di Rhodiola rosea a scopo preventivo, in particolare quando si prevedono intensi periodi di stress sia fisico che mentale. La sua prescrizione risulta ottimale nelle situazioni di sovraccarico di lavoro (acuto o cronico) che hanno determinato diminuzione della prestazione lavorativa, disturbi del sonno, scarso appetito, irritabilità, ipertensione, mal di testa e affaticamento. Può essere inoltre indicata in caso di fibromialgia e sindrome da fatica cronica. Le proprietà adattogene e quelle a carico del sistema nervoso centrale di Rhodiola 651

220 • Rhodiola

rosea

L.

rosea sono stati attribuite principalmente alla sua capacità di influenzare la concentrazione e l’attività delle monoamine (serotonina, noradrenalina, dopamina) e dei peptidi oppioidi come le beta-endorfine. Il miglioramento del tono dell’umore sembra sia sostenuto dal controllo esercitato sul sistema serotoninergico con aumento dei livelli serotoninici cerebrali grazie all’inibizione dei enzimi catabolici COMT e MAO e all’incremento del suo principale precursore, il triptofano (5-HTP). La capacità di inibire il sistema MAO-COMT determina anche un aumento dei livelli cerebrali di dopamina (Grandi, 2008). La modulazione dei livelli di dopamina e noradrenalina è responsabile dell’effetto stimolante sulle performance mentali con aumento dell’attività intellettuale, della concentrazione e della memoria. R. rosea è stato utile nelle lesioni post-traumatica e vascolare del cervello. È risultata particolarmente efficace in combinazione con Piracetam (farmaco nootropo) per i pazienti con marcata cognitive dysfunction, tuttavia, non ha ridotto i sintomi maniacali e potrebbe peggiorare gli stati paranoici. Si ritiene inoltre che Rhodiola rosea faciliti il trasporto dei neurotrasmettitori a livello cerebrale. Oltre a questi effetti centrali sulle monoamine sembra che prevenga l’esaurimento delle catecolamine surrenali indotto da stress acuto. Diversi sono comunque i meccanismi d’azione che possono contribuire all’ottenimento dell’effetto terapeutico tra cui una probabile interazione con l’asse ipotalamico con maggior produzione di ACTH, considerato l’ormone dello stress. Poiché la Rhodiola rosea sembra avere un impatto sui livelli delle monoamine a livello cerebrale, la sua somministrazione potrebbe essere privilegiata nelle condizioni cliniche caratterizzate da uno squilibrio nella concentrazione di tali neutotrasmettori a livello centrale. Uno studio effettuato in doppio cieco con placebo ha segnalato che Rhodiola rosea contribuisce, in volontari sani, a migliorare la capacità di effettuare esercizi fisici10. Maurizio Grandi a questo proposito segnala che la pianta induce un «miglioramento del trasporto dell’ossigeno ematico, con incremento del numero di eritrociti e di emoglobina (con contrasto dei processi anaerobici a favore di quelli aerobici), stimolazione dell’anabolismo muscolare e moderazione di acido lattico e urico»11. Si verifica inoltre un aumento della sintesi di ATP e cratin-fosfato a livello muscolare. La pianta può pertanto essere consigliata all’atleta, nel quale contribuirà a migliorare la forma fisica, ad aumentare la capacità di resistenza con miglioramento delle prestazioni, riduzione della durata del recupero e a migliorare lo stato funzionale del sistema cardiovascolare. Contribuisce inoltre a diminuire l’ansia di prestazione. R. rosea risulterà utile pertanto nei processi di riabilitazione fisica e per facilitare il recupero dopo intensa attività fisica o stanchezza muscolare12. È forse grazie a tali proprietà che veniva indicata come pianta atta a migliorare le prestazioni sessuali. Sembra inoltre che estratti di Rhodiola rosea contribuiscano a ridurre la concentrazione di proteina C reattiva e di creatinchinasi nel sangue13 (prova effettuata in volontari sani non allenati prima e dopo un esercizio fisico estenuante) manifestando un effetto antinfiammatorio e di protezione del tessuto muscolare durante l’esercizio fisico. Altre segnalazioni che si possono ritrovare in letteratura riguardano l’effetto immunomodulante «con incremento delle Natural Killer, regolazione dei livelli di glucocorticoidi e induzione della secrezione di interferone»14 e le proprietà antinfiammatorie sostenute dai polisaccaridi presenti nella pianta15. Il suo uso è segnalato anche nel trattamento preventivo del mal di montagna (High altitude sickness)16. La pianta viene prescritta anche durante un regime dimagrante in quanto sarebbe in grado di contrastare, per azione centrale, la “fame nervosa” modulando lo stato emo652

220 • Rhodiola

rosea

L.

tivo. La pianta sarebbe inoltre in grado di stimolare la lipasi presente nel tessuto adiposo favorendo in questo modo la mobilizzazione degli acidi grassi. Risulta importante però abbinare dopo l’assunzione una moderata attività fisica per almeno 45-60 minuti: a riposo infatti la liberazione di acidi grassi è risultata minore. Grazie all’azione anabolica, inoltre, viene migliorato anche il rapporto tra massa magra e massa grassa. In letteratura sono segnalate inoltre le proprietà antiossidanti (scavenger dei radicali liberi) sostenute dalla presenza nel fitocomplesso di flavonoidi, acido clorogenico e caffeico, pronatocianidine, p-tirosolo ecc. Grazie a tali proprietà la pianta può manifestare azione antitumorale «sia in senso antimutagenico (sembra non solo prevenire ma contribuire anche alla riparazione del danno) che antimetastatico» e cardioprotettiva17. Promettenti sembrano alcuni studi preliminari che hanno indicato come la somministrazione di preparati a base di Rhodiola rosea possono contribuire ad aumentare l’efficacia antitumorale e a diminuire gli effetti iatrogeni dei chemioterapici (miglioramento risposta immunitaria)18. A livello cardiaco, oltre alle proprietà cardioprotettive, viene segnalata anche un’azione antiaritmica «probabilmente grazie all’azione favorevole alla trasmissione oppioide rispetto a quella simpatica»19 sostenuta dall’induzione della biosintesi dei peptidi oppioidi e dalla stimolazione periferica dei recettori kappa-oppioidi20. La prescrizione di Rhodiola rosea potrebbe svolgere un ruolo cardioprotettivo preventivo nei pazienti a maggior rischio di sviluppare malattie cardiovascolari21. Preparati a base di Rhodiola rosea sono consigliati in caso di tinnito (acufeni) al fine di diminuire la sintomatologia e migliorare l’udito. Il meccanismo d’azione non è stato ancora chiarito, ma sembra possa dipendere dalla proprietà attribuita alla Rhodiola rosea di innalzare i livelli encefalici di serotonina (proprietà serotoninergiche). La serotonina, infatti, «è coinvolta nella modulazione dei processi sensoriali della corteccia uditiva primaria, (ed) è possibile che in seguito alla disfunzione del sistema serotoninergico, come si ha nella depressione, aumenti la coscienza dell’acufene e si riduca quindi la sua tollerabilità. Si ritiene pertanto che i farmaci inibitori del riassorbimento della serotonina possano ridurre l’intensità degli acufeni agendo direttamente sulla conduzione nervosa dello stimolo uditivo, in particolare sulle vie uditive centrali ricche di recettori per la serotonina»22. Alcuni recettori della serotonina si trovano infatti anche nei nuclei uditivi del tronco encefalico. Livelli ridotti di serotonina possono determinare un affetto eccitatorio delle vie nervose centrali uditive e ciò potrebbe essere una delle cause per l’insorgenza degli acufeni e dell’iperacusia. L’aumento dei livelli di serotonina (5-idrossitriptamina, 5-HT) determina generalmente un effetto inibitorio ed è stato dimostrato che riduce il riflesso di allerta acustico23. La Rhodiola rosea inoltre manifesta proprietà antiossidanti e una terapia antiossidante in caso di tinnito idiopatico sembra ridurne l’intensità e il disagio soggettivo e viene considerata come una modalità supplementare da attuare nel trattamento di tale patologia24. Da ultimo ricordiamo che anche stress e fatica possono avere ripercussioni sull’acufene. E quindi la prescrizione di Rhodiola rosea può risultare indicata grazie alla documentata azione antistress della pianta25. Rhodiola rosea viene consigliata anche in caso di emicrania in quanto l’aumentata concentrazione in serotonina a livello cerebrale può agire prevenendo la dilatazione delle arteriole. Studi non recenti e non convalidati riportano una certa efficacia della pianta in caso di disfunzione erettile ed eiaculazione precoce, amenorrea e infertilità (indicazione che risale all’uso popolare). Studi condotti su cavia indicano che Rhodiola rosea potrebbe agire come un inibitore dell’Enzima di Conversione dell’Angiotensina 653

220 • Rhodiola

rosea

L.

(Angiotensin Converting Enzyme = ACE) per cui potrebbe essere utile in caso di ipertensione arteriosa, insufficienza cardiaca e diabete di tipo 226. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La Rhodiola rosea viene considerata una droga sicura: “Gli studi clinici non hanno evidenziato effetti collaterali di rilievo”27. Solo per posologie non adeguate (sovradosaggio) possono verificarsi agitazione o sovreccitazione: in tal caso è opportuno diminuire la posologia o sospendere la terapia. Si consiglia di evitare l’assunzione la sera perché potrebbe disturbare il sonno o causare sogni vividi (non incubi) durante le prime settimane in soggetti predisposti, ma il dato non è univoco. Si consiglia cautela nei soggetti bipolari (psicosi maniaco depressiva) in quanto potrebbe portare a stati di eccitamento (mania). È stato segnalata una possibile interazione (potenziamento) con i farmaci inibitori dell’Enzima di Conversione dell’Angiotensina (ACE)28 e con sostanze o farmaci eccitanti. Per mancanza di dati tossicologici se ne sconsigli l’uso in gravidanza e allattamento. Forme farmaceutiche e posologia Estratto Secco (titolato in rosavina 3% e salidroside 1%): 100-300 mg, 2 volte al dì (prima di colazione e prima di pranzo); oppure29: 100-170 mg di estratto titolato in rosavina 3,6%, salidroside 1,6%, p-tirosolo 360 mg/kg) ottenendo una diminuzione della pressione arteriosa iniziale fino al 45%. L’azione è stata attribuita ai flavonoidi totali1. La pianta risulta efficace nel combattere le manifestazioni articolari dolorose grazie alla sua attività antinfiammatoria. Le foglie di Ribes manifestano, infatti, azione antiflogistica sia nei processi acuti che cronici: con il loro impiego si ha la riduzione consi656

221 • Ribes

nigrum

L.

derevole del numero delle cellule infiammatorie, in particolare i macrofagi, che sono considerati come dei potenti agenti infiammatori per le sostanze litiche contenute nei loro lisosomi, e normalizzazione dei markers ematochimici della flogosi. Tale attività è sostenuta, in parte, dai flavonoidi che si oppongono alla liberazione delle sostanze proflogogene e che, grazie all’azione vitaminoP-simile, determinano un miglioramento del microcircolo e quindi della vascolarizzazione locale. La pianta viene utilmente associata a Filipendula ulmaria L. e Fraxinus excelsior L. (Leclerc-Decaux) nel trattamento delle forme reumatiche dolorose, in particolare a carico delle piccole articolazioni (dita, polso, caviglia, gomito). Sono segnalate anche proprietà antiossidanti. Gli antociani presenti nel frutto gli conferiscono spiccate proprietà angioprotettrici per cui possono essere utilizzati nella prevenzione degli accidenti vascolari e, come per il mirtillo (vedi), per aumentare l’acuità visiva (azione protettiva sui vasi della retina per azione vitaminoP-simile: diminuzione permeabilità e aumento della resistenza)2. Associati al Ruscus aculeatus (vedi) si rivelano molto attivi nelle turbe funzionali legate all’insufficienza venosa a carico degli arti inferiori, negli stati emorroidari e nella fragilità capillare cutanea. Sempre i frutti vengono considerati rinfrescanti, ed evacuanti. Con essi si preparano sciroppi e marmellate dalle indubbie proprietà dietetiche e vitaminiche. La ricchezza in vitamina C della pianta (gemme, frutti) ne giustifica l’impiego, per le proprietà toniche e vitaminizzanti, nella prevenzione delle malattie infettive, nelle deficienze immunitarie, nelle convalescenze e come corroborante nelle astenie funzionali. Il succo ottenuto dai frutti è una bevanda molto gradevole da assumere quando si “sente” arrivare il raffreddore: occorre avere, però, l’accortezza di diluire con acqua tiepida in quanto il calore porterebbe alla distruzione dei principi vitaminici. L’infusione delle sole foglie (5%), leggermente tonica e astringente, è consigliata come bevanda rinfrescante in caso di influenza o febbre. I frutti vengono considerati rinfrescanti ed evacuanti. Con essi si preparano sciroppi e marmellate dalle indubbie proprietà nutrizionali (sono ricchi in vitamina C e P). La ricchezza in antociani conferisce loro spiccate proprietà vascoloprotettrici, per cui possono essere utilizzati nella prevenzione degli accidenti vascolari e, associati ad altre piante (ippocastano ecc.), nelle turbe funzionali legate all’insufficienza venosa a carico degli arti inferiori, negli stati emorroidari e nella fragilità capillare cutanea. I semi, infine, rappresentano una fonte significativa di acido gamma-linolenico ad azione antiossidante3. «Tra le numerose sostanze in grado di diminuire il livello di colesterolo e di avere attività antiaggregante delle piastrine del sangue, vi è l’acido γ-linolenico contenuto, sia pur in non elevatissime quantità, nell’olio dei semi di Ribes nigrum. Il Ribes rappresenta una delle pochissime fonti vegetali di questo acido, assieme all’olio di borragine e di Oenothera biennis»4. (Per altre indicazioni terapeutiche vedi Oenothera biennis.) Anche le gemme fresche, dalle quali si ottiene il macerato glicerico (Ribes nigrum M.G.1DH), possiedono una marcata azione antinfiammatoria. Il gemmoderivato agisce stimolando direttamente la corteccia surrenale (azione cortisone-simile), aumentando in tal modo la concentrazione di cortisolo ematico. Non possiede, per altro, gli effetti iatrogeni dei corticoidi. È bene, comunque, evitarne la somministrazione nei soggetti ipertesi. Studi sperimentali, attuati tramite test che saggiano la presenza di un’attività surrenalica (aumento della resistenza alla fatica, al freddo ecc.), hanno confermato l’attività stimolante sulla corteccia surrenalica e la notevole attività inibitrice nei riguardi dei processi infiammatori a opera del gemmoderivato5. Il suo uso è indicato nelle manifestazioni cliniche di natura infiammatoria generale e locali, in particolare a carico dell’apparato locomotore, ma anche dell’ap657

221 • Ribes

nigrum

L.

parato respiratorio, digestivo e urinario. Il gemmoderivato presenta anche azione antiallergica. È interessante rilevare che le gemme risultano, rispetto alle foglie e ai frutti – comunemente usati in fitoterapia –, più ricche in vitamina C, antocianosidi, flavonoidi, picnogenoli e amminoacidi. Appare, pertanto, evidente l’interesse nell’utilizzo di questo gemmoderivato. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Evitare, a scopo precauzionale, la somministrazione del gemmoderivato (Ribes nigrum M.G.1DH) in soggetti affetti da ipertensione. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1,5 g di foglie essiccate per tazza d’acqua bollente; lasciare in infusione per 10 minuti, filtrare e bere più tazze al dì; 20-50 g /litro di foglie essiccate in infusione per 15 minuti, 250-500 ml/die. Polvere: 100-200 mg/cps; 1 cps 3 volte al dì. Estratto Fluido (1:1): 5 ml, diluiti in acqua, 2 volte al dì, prima dei pasti. Estratto secco: 100-300 mg/cps; 1 cps 3 volte al dì. Ribes nigrum M.G.1DH: 50 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì. Ribes nigrum T.M.: 30-40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica Il Ribes nero foglie è composto dalle foglie di Ribes nigrum L. contenenti non meno dell’1,5% di flavonoidi calcolati come rutina (Pharmacopée Française). La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla foglia fresca (titolo 55°). Formulario Reumatismi cronici (Leclerc – Decaux) Ribes foglie 100 g Frassino foglie Spirea sommità fiorite 50 g aa S/un cucchiaio da minestra per tazza d’acqua bollente oppure Ribes n. T.M. 100 ml Fraxinus e. T.M. 50 ml Filipendula u. T.M. 50 ml S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Ipertensione Ribes n. T.M. 50 ml Olea e. T.M. 50 ml Crataegus o. T.M. 50 ml ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Astenia post-influenzale Ribes n. T.M. 60 ml Ginseng T.M. 20 ml in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì 658

221 • Ribes

nigrum

L.

Artrosi Ribes n. T.M. Harpagophytum p. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì oppure: Ribes n. T.M. Vaccinium m. T.M. Filipendula u. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì oppure: Ribes n. T.M. Vitis v. T.M. Ruscus a. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Curiosità • Oggetto di semplici citazioni fino al XVII secolo, P. Bailly (1712) la portò in auge come panacea universale in grado di curare febbri, peste, piaghe, calcolosi ecc. Caduta in oblio per tutto il 1800 riacquistò notorietà all’inizio del nostro secolo per le proprietà diuretiche e antireumatiche fino ad arrivare a essere considerata, per le sue gemme, la “perla” della gemmoterapia in virtù della notevole azione antinfiammatoria. • Huchard (1908) segnala, nel Journal des praticiens, l’utilizzo della pianta nel trattamento delle forme reumatiche. Scrive infatti di come vide un malato sbarazzarsi dei dolori di cui soffriva da lunghi anni assumendo regolarmente tutte le sere un’abbondante infusione di foglie di Ribes; la stessa medicazione diede buoni risultati in altri dieci malati affetti da manifestazioni reumatiche ripetute e subacute. Note bibliografiche 1 Lassarre B. et al., 1983, Naturw. 70, 95-96. 2 Questel R., Walrant P., 1983, Gaz. Méd. Fr. 90, 508-524. 3 Traitier H. et al., 1988, Fractionation of Blackcurrant Seed oil, J. Am. Oil Chem. Soc. 65, 755760. 4 Suozzi R, marzo 2001, www.KWSalute.kataweb.it. 5 Tétau M., Gemmoterapia, nuovi studi clinici, Ipsa, Palermo, 1989; Campanini E., Manuale pratico di gemmoterapia, op. cit., pp. 122-7.

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222 • Rosa

222

canina

L.

Rosa canina L.

Nome comune: Rosa canina; Rosa di macchia Francese: églantier; Rosier de chiens Inglese: Rose hip; Dog rose Tedesco: Hunds-Rose Spagnolo: Rosal silvestre Famiglia: Rosaceae Parte utilizzata: frutti o cinorrodi; gemme Costituenti principali: – vitamina C (1,7-5%), vitamina A; acido malico e acido citrico – pectine, tannini, zuccheri e acidi organici – carotenoidi (rubixantina, licopina, β-carotene) – tracce di flavonoidi e antociani; componente lipofila non identificata (az. antiflogistica)1 Attività principali: aumento difese immunitarie; depurativa Impiego terapeutico: carenza in vitamina C (coadiuvante); blando diuretico e lassativo

Utilizzo medico La droga è costituita dai ricettacoli ingrossati (falsi frutti) maturi essiccati, che contengono i veri frutticini erroneamente chiamati semi maturi e aperti. I frutti di rosa canina sono conosciuti per la ricchezza in vitamina C (dallo 0,3% fino all’1,7%), ciò che ne fa un valido e apprezzato presidio terapeutico nella prevenzione e nel trattamento delle affezioni invernali a carico dell’apparato respiratorio e negli stati di carenza di tale vitamina. La vitamina C svolge inoltre un’attività simile a quella del magnesio, favorendo l’utilizzo dell’energia a livello cellulare. Promuove la sintesi delle catecolamine ed è in grado, pertanto, di contrastare i cali energetici legati a uno stress psico-fisico: la sua somministrazione, infatti, aumenta le capacità muscolari e cardiache, mentre a livello cerebrale, grazie all’accresciuta sintesi di catecolamine, viene stimolato lo stato di vigilanza e la concentrazione. Si ricorda, inoltre, che l’inquinamento comporta anche un aumentato consumo di vitamina C: gli agenti inquinanti determinano un maggiore consumo di nutrienti e un concomitante aumento del fabbisogno di vitamine C, E, A e B. Quando si determina uno stato carenziale di tali elementi, come conseguenza si verifica una crescita della tossicità degli agenti inquinanti. La vitamina C, in particolare, è un potente antiossidante in grado di neutralizzare i radicali liberi, favorendone l’eliminazione, e di rigenerare gli altri antiossidanti una volta consumati. È opportuno ricordare che il processo di essiccamento distrugge dal 45 al 90% di vitamina C: occorre pertanto tenere presente che l’assunzione di Rosa c. può integrare l’apporto in vitamina C, ma non risulta sufficiente a coprire un fabbisogno aumentato in caso, ad esempio, di sindrome influenzale. Nei frutti freschi invece il contenuto in vitamina C è più elevato, così come nelle gemme utilizzate in gemmoterapia. 660

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Il gemmoderivato (Rosa canina M.G.1DH) viene utilizzato, soprattutto in età pediatrica, nella patologia infettiva dell’apparato respiratorio. La somministrazione di antibioticoterapia, anche quando pienamente giustificata dal punto di vista terapeutico, determina un calo delle beta e gamma globuline, cioè di quelle globuline responsabili di una adeguata reazione immunitaria da parte dell’organismo: tale calo può durare svariate settimane dopo la fine del trattamento. Ciò spiega il susseguirsi di forme influenzali, faringiti ecc. che si presentano in forma recidivante per tutto l’inverno. L’uso delle gemme di rosa canina può aiutare, in questi casi, ad aumentare le difese dell’organismo. Se la somministrazione avviene per tempo, in autunno (Rosa canina M.G.1DH, 20-30 gocce, diluite in acqua, prima dei pasti per 20 giorni al mese per 2-3 mesi), aiuterà ad affrontare meglio l’inverno, mentre la somministrazione contemporanea a quella dell’antibiotico o immediatamente successiva contribuirà a evitare le ricadute dopo tale trattamento2. La tintura madre (Rosa canina T.M.), preparata dal frutto fresco, esercita, oltre all’attività vitaminica e blandamente diuretica, blanda azione ipoglicemizzante, per cui può rientrare come coadiuvante nel trattamento del diabete alimentare. La tintura o l’infuso, per la presenza di tannini, sostanze ad azione astringente, sono raccomandati come astringenti intestinali, antidiarroici e antinfiammatori da impiegare nelle coliti a impronta spastica o nelle gastroenteriti dell’infanzia (infuso). Il frutto di rosa canina serve, poi, a preparare una conserva di gusto gradevole e di uso popolare assai diffusa come rinfrescante e lassativa, in particolare per l’infanzia. L’effetto blandamente lassativo e diuretico sarebbe da attribuirsi al contenuto in pectine e acidi organici, oltre che all’azione meccanica dei peli di cui sono rivestiti i semi contenuti nei frutti. Le bacche di rosa canina sono, inoltre, un innocuo ed efficace diuretico per cui rientrano nella formulazione di tisane rinfrescanti, spesso associate al carcadè. Una review sistematica (2008) degli studi pubblicati ha messo in evidenza proprietà antiossidanti e antinfiammatorie che vedono coinvolte componenti lipofile non identificate, la cui azione antiflogistica è stata dimostrata in vitro. La somministrazione di preparati a base di rosa canina (frutti e semi) è risultata efficace (in studi esplorativi) in pazienti affetti da osteoartrosi, artrite reumatoide e la lombalgia3. Studi clinici controllati versus placebo4 hanno segnalato che la polvere di cinorrodo (5 g/die per 3 mesi) apporta un modesto miglioramento del dolore nei pazienti (145) affetti da artrosi dell’anca e/o del ginocchio rispetto al gruppo placebo. Uno studio randomizzato e controllato condotto su una piccola casistica (29 pazienti) affetta da artrite reumatoide ha segnalato che la somministrazione di 5 g/die della droga per 6 mesi ha contribuito a ridurre i sintomi della malattia5. Sono comunque necessari ulteriori studi clinici per confermare tali dati clinici. A questo proposito si segnala che presso gli Istituti Ortopedici Rizzoli di Bologna le bacche di Rosa canina sono oggetto di sperimentazione come coadiuvante nel trattamento di forme di artrosi grave in 200 soggetti in attesa di intervento di protesi di anca. Lo studio vuole verificare l’efficacia sull’infiammazione e nel controllo del dolore in associazione al trattamento antinfiammatorio tradizionale. L’obiettivo è quello di verificare la possibilità di ridurre il dosaggio (e quindi gli effetti collaterali) dei farmaci assunti. Uso esterno La ricchezza in flavonoidi a proprietà vitaminica P, carotenoidi e antociani giustifica ampiamente l’utilizzo della pianta per uso topico nel trattamento emolliente e pro661

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tettivo della pelle, specialmente in presenza di alterazione del microcircolo (capillari). Rientra, pertanto, nelle formulazioni di prodotti emollienti, creme solari e preparati per pelli delicate e sensibili per l’azione vasoprotettrice e antinfiammatoria. In terapia veniva inoltre utilizzato il bedeguar, galla che si forma sulle foglie in seguito alla puntura di un imenottero, il Cynips rosae: ricco in tannini era impiegato, sotto forma di tintura a 1/5, nella terapeutica chirurgica per aiutare la detersione e la cicatrizzazione delle ferite. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dal cinorrodo essiccato di R. canina L., R. pendulina L. e altre specie di Rosa, contenente non meno dello 0,3% di acido ascorbico. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: versare acqua bollente su 1 cucchiaino di droga sminuzzata, lasciare in infusione per 10-15 minuti e infine filtrare. Estratto secco: 100-300 mg/cps; 1 cps 3 volte al dì. Rosa canina M.G.1DH: 40 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì. Rosa canina T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal frutto fresco a maturità (titolo 65°). Formulario Conserva di rosa canina Mescolare 2 kg di frutti schiacciati con 3 kg di zucchero. Fare scaldare per qualche istante a bagnomaria per amalgamare bene il tutto. Marmellata «Con i petali si può preparare anche un’ottima marmellata dal delicato profumo. Si fanno bollire per un’ora, a fuoco moderato, 1/2 kg di petali freschi con 200 g di acqua e 1/2 kg di zucchero. Questa marmellata non si conserva per lungo tempo» (R. Corcos, 1978). Specie diuretica di rosa canina composta (Riva) Rosa canina frutti 50 g Parietaria foglie 30 g Equiseto sommità 20 g S/Un cucchiaio per tazza, bollire un minuto. 2-3 tazze al dì Couperose, acne rosacea (Cagnola, Botticelli) Mirtillo foglie t.t. 40 g Achillea sommità t.t. 30 g Rosa canina frutti t.t. 30 g S/Versare una tazza d’acqua bollente su un cucchiaio di miscela e infondere per 15 minuti. Filtrare e bere 2-3 tazze al dì 662

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Curiosità • «Senza riguardo per il fascino del suo fiore che scintilla fra cespugli come una stella in una seta preziosa, impregnato di un aroma fine e discreto, né per la grazia robusta del suo frutto, armoniosamente contornato e rivestito da una scintillante corazza di corallo, i botanici greci, così sensibili alle bellezze della natura, non hanno trovato per designare questa pianta altro termine che quello di kunorrodon la cui traduzione latina è rosa canina.» Così scrive Leclerc, famoso medico fitoterapeuta francese, a proposito del nome attribuito alla pianta ritenendo tra l’altro che tale appellativo alluda alle virtù terapeutiche della pianta: gli antichi la consideravano uno specifico contro i morsi dei cani affetti da rabbia. Le spine dell’arbusto, infatti, erano paragonate alle zanne affilate di un cane ed era pertanto logico, seguendo la teoria della Signatura stabilire una relazione tra il graffio provocato dalla pianta e i morsi di un cane, per cui la prima guariva la seconda. Secondo tale teoria, per inciso, le malattie di una qualsiasi parte del corpo potevano essere curate con una pianta che di quella parte riproponeva la forma. Più irrispettoso il nome popolare francese gratte – cul che ritengo non necessiti di traduzione (!), ma che rispecchia l’aspetto del frutto il cui ricettacolo è ricoperto da peli. • I Persiani tenevano in gran conto la R. canina che, a loro avviso, oltre a dissolvere i calcoli, a diminuire le mestruazioni troppo abbondanti, serviva a risvegliare i morti… • Con i frutti, privati dei peli, si prepara un decotto di colore rosso e di odore vanigliato, che si consuma come tè e ha azione leggermente sedativa. Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 26. 2 Campanini E., Manuale pratico di gemmoterapia, op. cit., pp. 128-129. 3 Chrubasik C et al., 2008, A systematic review on the Rosa canina effect and efficacy profiles. Phytother Res. 22(6):725-33. 4 Christensen R, Bartels EM et al., 2008, Does the hip powder of Rosa canina (rosehip) reduce pain in osteoarthritis patients? A meta-analysis of randomized controlled trials. Osteoarthritis Cartilage. 16(9):965-72. 5 Capasso F., 2011, op. cit., p. 433.

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gallica var. centifolia

(L.) Regel

Rosa gallica L.

Nome comune: Rosa rossa Francese: Rosier de France; Rose rouge Inglese: Gallic Rose, French Rose Tedesco: Essig-Rose Spagnolo: Rosal de Francia

Rosa gallica var. centifolia (L.) Regel Nome comune: Rosa pallida Francese: Rose pâle; Rose de Mai Inglese: Provence rose; cabbage rose; Pale rose Tedesco: Zentifolie Spagnolo: Rosa centifolia Famiglia: Rosaceae Parte utilizzata: fiori Costituenti principali: – tannini (10-24%); olio essenziale (0,10-0,02%): composti triterpenici – flavonoidi (quercitrina) e antociani (cianine) Attività principali: tonica e astringente Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico I petali di rosa trovano impiego come astringente e tonico gradevole. In passato erano impiegati nel trattamento dei catarri delle vie respiratorie, nelle enteriti, nella leucorrea e come tonico-corroborante. Esternamente l’infuso veniva usato come collutorio, come collirio astringente e come vulnerario nelle ulcere atoniche. Il mel rosatum (miele rosato), preparazione utilizzata principalmente durante la dentizione per sfiammare le gengive, viene ottenuto dai petali della Rosa gallica L. (rosa rossa): nei paesi di area tedesca è considerato un buon antitussivo, valido per rinforzare le difese dell’organismo. La Rosa gallica era già conosciuta dall’antichità come pianta astringente: Dioscoride la consigliava contro moltissime malattie. Anche la Rosa centifolia, derivata dalla Rosa gallica, era nota agli antichi e usata per le stesse malattie. Durante il Medio Evo più che la Rosa gallica veniva impiegata la Rosa canina. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: versare acqua bollente su 2-4 g di droga sminuzzata, lasciare in infusione per 10-15 minuti e infine filtrare. Estratto Fluido rosa rossa: 2-10 g pro die (1 g = 37 gocce). Estratto Fluido rosa bianca: 9-10 g pro die (1 g = 39 gocce). 664

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gallica var. centifolia

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Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte aerea fiorita fresca (titolo 65°). Formulario Miele rosato F.U. Miele depurato p. 20 Petali rosa gallica p. 4 Acqua bollente q. b. Fare infuso coi petali di rose e dopo macerazione di 24 ore, cola. A p. 5 di colatura aggiungi il miele; concentra il liquido a b. m. sino alla densità di 1,32. Miele rosato «Il miele rosato può essere facilmente preparato in casa. Su un tavolo di marmo, si schiaccia una manciata di petali di rose selvatiche rosse rotolandovi sopra una bottiglia vuota. Si mettono questi petali schiacciati in un recipiente, si coprono appena con un po’ di acqua bollente e, dopo un quarto d’ora, si colano attraverso un pannolino, strizzandoli bene per farne uscire tutto il succo. Per due cucchiai di questo succo, se ne aggiunge uno di miele e si mescola bene» (R. Corcos, 1978). Conserva di rose rosse (Medicamenta) Polvere di rose rosse 10 g Acqua distillata di rose pallide 20 g Dopo 24 ore di contatto agg. Zucchero in polvere 65 g Glicerina 5g S/10 g al giorno Sciroppo composto (Benigni-Capra-Cattorini) E.F. rosa pallida 15 g E.F. senna 15 g Sciroppo semplice F.U. 970 g S/A cucchiai (azione lassativa) Curiosità • «Conserva di R. Si triturano in un mortaio i petali freschi di R. con il triplo del loro peso in zucchero e quanto basta di idrolato di R. per ottenere una pasta che abbia la consistenza del miele. Un’ottima bevanda si ottiene con questa conserva mettendone un cucchiaio abbondante in un bicchiere; si versa il succo di limone e si aggiunge un poco di scorza dell’agrume, si mescola e si aggiunge acqua fino a riempire il bicchiere. La bevanda così ottenuta si può anche filtrare» (Pizzetti I., 1968). • «All’Hôtel-Dieu di Parigi, per le piaghe croniche, torpide, atassiche, ha fama tradizionale il vino rosato, od infuso vinoso di rose (petali parte 1, fatta infondere per mezzora in 16 di vino rosso caldissimo) da applicarsi topicamente mediante filaccie o compresse» (Scotti, 1872). • «L’aura soave e l’alba rugiadosa,/L’acqua, la terra al suo favor s’inchina:/Giovani vaghi e donne innamorate/amano averne e seno e tempie ornate» (Ariosto). • «Et rose, elle a vécu ce que vivent les roses, L’espace d’un matin» (François de Malherbe). 665

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Rosmarinus officinalis L.

Nome comune: Rosmarino Francese: Romarin Inglese: Rosemary Tedesco: Rosmarin Spagnolo: Romero Famiglia: Lamiaceae (Labiatae) Parte utilizzata: foglie e fiori; giovani getti Costituenti principali1: – olio essenziale (1-3%):1,8-cineolo (3-60%), α-pinene (1-57%), canfora (1-57%), borneolo (1-18%%), acetato di bornile (1-21%), verbenone (0- 28%), p-cimene (0,5-10%) o mircene (0,5-12%); β-cariofillene, limonene, linalolo, β-pinene, sabinene,γ-terpinene, α-terpineolo e terpineol-4 Nota: la composizione dell’olio essenziale varia a seconda del chemotipo e del grado di sviluppo della pianta. – derivati dell’acido cinnamico [tannini delle Lamiaceae] (≈ 3,5%): acido rosmarinico (≈ 1,1 -2,5%), acido caffeico, acido clorogenico – fenoli diterpenici: acido carnosolico (≈ 0,35%) che degrada in carnosolo (picrosalvina) e in rosmanolo; isorosmanolo, rosmadiale, rosmaridifenolo, rosmarichinone (miltirone), 7-metossirosmanolo – flavonoidi: cirsimarina, diosmina, esperidina, omoplantiginina, eupafolina-3’glucoside, luteolina-3’-glucuronide ecc. – acidi triterpenici e steroli: acido oleanolico e acido ursolico e loro derivati 3-acetato, α- e β-amirine e rofficerone Attività principali: carminativa, eupeptica e coleretica; epatoprotettrice (giovani getti); antiossidante; antibatterica e antivirale; balsamica; antispasmodica (vie biliari e intestino) Impiego terapeutico: spasmi di origine digestiva; come colagogo e coleretico; disturbi dispeptici; affezioni dell’apparato respiratorio Uso esterno: affezioni reumatiche Uso cosmetico: pelli impure, capelli grassi ecc.

Utilizzo medico Quando si parla di Rosmarino si fa riferimento di solito alla sua essenza, trascurando così di ricercare le valenze terapeutiche offerte dal fitocomplesso della pianta. Le principali proprietà riconosciute attualmente alle sommità fiorite del Rosmarino sono rappresentate da quelle antispasmodiche, coleretiche e antiossidanti che rendono la pianta utile nel trattamento sintomatico delle turbe digestive quali gonfiore gastrico, lentezza digestiva, eruttazione, flatulenza e per facilitare le funzioni di eliminazione renale e intestinale (azione drenante). Preparati di Rosmarino, a posologia adeguata, sono in grado di esercitare un’azione neurotonica e riequilibrante in tutti quei casi ove 666

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officinalis

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occorra, per migliorare lo stato generale, regolarizzare la funzionalità epatodigestiva disintossicando l’organismo. L’azione di protezione a carico della cellula epatica nei confronti di agenti tossici (tetracloruro di carbonio e sostanze perossidanti) è stata dimostrata anche sperimentalmente, così come le proprietà spasmolitiche a carico di cistifellea e intestino e l’azione antiflogistica, diuretica e coleretica. Estratti etanolici e acquosi, in particolare dei giovani rametti, oltre a manifestare proprietà coleretiche dose-dipendenti, hanno evidenziato azione epatoprotettrice (diminuzione glutammatopiruvato-transferasi) solo quando somministrati prima di un trattamento con tetracloruro di carbonio (agente tossico), mentre risultano inattivi se somministrati dopo2. L’estratto acquoso si è rivelato epatoprotettore sugli epatociti in coltura nei confronti degli effetti perossidanti dell’idroperossido del tert-butile. L’acido rosmarinico si è rivelato antiflogistico (test edema alla carragenina in cavia)3. Indubbie ormai le proprietà antiossidanti dovute in parte all’acido rosmarinico, ai flavonoidi e soprattutto ai diterpeni per i quali è stata valutata l’efficacia su diversi modelli sperimentali. Si è così appurato che la loro attività è superiore, o quanto meno uguale, a quella di un noto conservante alimentare (BHT-idrossitoluene butilato). Secondo quanto segnalato da Bruneton l’attività antiossidante è data, infatti, per il 90% ai 0-difenoli diterpenici carnosolo e acido carnos(ol)ico, la cui efficacia risulta superiore a quella degli antiossidanti sintetici. Tale proprietà ha interessato molto l’industria agroalimentare4. L’azione antiossidante del rosmarino può essere sfruttata anche a livello “domestico” inserendo più spesso la pianta nella preparazione degli alimenti, in particolare quando esistano problemi di refrigerazione, al fine di evitare intossicazioni alimentari. Recentemente è stato segnalato che il carnosolo avrebbe proprietà antitumorali5. La somministrazione per 2 settimane di rosmarino polverizzato (1% nell’alimentazione della cavia) ha ridotto del 76% la fissazione cellulare del 7,12-dimetilbenz[a]antracene cancerogeno. La formazione di tumori mammari provocati da agenti cancerogeni è stata ugualmente ridotta6. L’azione spasmolitica è legata alla presenza nel fitocomplesso dell’olio essenziale ed è stata messa in evidenza nell’ileo di cavia stimolato elettricamente o con acetilcolina, così come nel muscolo tracheale di coniglio stimolato da istamina (agenti spasmogeni)7. Il borneolo, antagonista parziale dell’acetilcolina è il componente a cui maggiormente è attribuita la proprietà antispasmodica. Sperimentalmente sono state segnalate proprietà inotrope positive e stimolanti la circolazione coronarica (Commissione E del BfArM). L’olio essenziale, presente nel fitocomplesso della pianta, manifesta azione espettorante e bechica, sia per os che per suffumigi. Dal rosmarino si ottiene l’olio essenziale, il più conosciuto è quello a 1,8-cineolo. L’attività farmacologica di quest’olio, ottenuto per distillazione immediatamente dopo la raccolta delle sommità fiorite, è rappresentata dall’azione espettorante e fluidificante delle secrezioni bronchiali, dall’attività antiossidante, dall’attività antispasmodica a carico della muscolatura liscia e delle pareti venose e arteriose, oltre a proprietà antisettiche. Risulta pertanto indicato nelle patologie broncopolmonari, nelle sinusiti e otiti (ove facilita l’evacuazione delle secrezioni patologiche), come tonico circolatorio e muscolare. Avrebbe anche azione tonica cerebrale (stimolo funzioni cerebrali). «Uno studio clinico in doppio cieco, randomizzato, che indagava le risposte sensoriali nei confronti di un dolore indotto, ha dimostrato che questo olio essenziale, per via olfattiva, diminuisce il dolore senza avere un effetto analgesico diretto»8. È stato pubblicato un interessante studio9 che ha indagato l’impatto olfattivo dell’olio essenziale di Rosmarinus officinalis sulle funzioni cognitive e sull’umore di individui adulti in buona salute. Il Rosmarino sembra 667

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migliorare significativamente le performance della memoria (memoria visuo-spaziale e memoria a breve termine) malgrado un rallentamento della velocità di risposta. Si assiste anche a un miglioramento del tono dell’umore. Gli autori riferiscono di aver ottenuto nel complesso risultati migliori rispetto al gruppo controllo e che i risultati indicano che le proprietà olfattive dell’olio essenziale di Rosmarino possono produrre effetti obiettivi sulle prestazioni cognitive, nonché effetti soggettivi sull’umore. Un precedente studio, anche se piccolo, aveva già evidenziato un effetto positivo sull’umore di soggetti adulti esposti all’olio essenziale di Rosmarino10. In commercio si trova anche l’olio essenziale ad acetato di bornile, verbenone, α-pinene: la sua attività farmacologica è rappresentata dall’azione colagogo-coleretica, disintossicante epatica. Facilita inoltre il peristaltismo intestinale. Risulta pertanto indicato come colago-coleretico, regolatore della flora batterica intestinale, stimolante generale e nervoso e riequilibrante psichico. È controindicato in gravidanza e nei bambini. L’olio essenziale a canfora, infine, manifesta attività tonico circolatoria e muscolare11. Il gemmoderivato (Rosmarinus officinalis M.G.1DH)12, ottenuto da giovani germogli, manifesta un tropismo elettivo per la colecisti e le vie biliari, esplica azione colagoga-coleretica, dimostrata sperimentalmente, ed epatoprotettiva. Tali attività si sono rivelate superiori (nella cavia) a quelle ottenute utilizzando preparati da materiale vegetale adulto. Il gemmoderivato trova indicazione nel trattamento della discinesia a carico delle vie biliari e nella litiasi biliare, patologia nella quale contribuisce a prevenire la formazione di calcoli. Manifesta, inoltre, un’attività riparatrice a livello della mucosa intestinale che, favorendo un miglior assorbimento del calcio, può contrastare efficacemente l’osteoporosi senile. I giovani germogli di Rosmarinus officinalis sono consigliati nell’andropausa e nella menopausa, ove oltre a contribuire a rallentare i processi aterosclerotici, sembra siano in grado di migliorare i processi mnemonici (stimolazione attività cerebrale) grazie alle proprietà toniche dovute all’azione di stimolo a carico della corteccia surrenale. I giovani getti inoltre hanno dimostrato, in vitro, attività antiradicalica: manifesterebbero cioè un effetto protettivo contro lo stress ossidativo dovuto ai radicali liberi sia a livello vascolare che del sistema nervoso. È ormai appurato che le sostanze (naturali o farmacologiche) che manifestano tali proprietà possono contribuire a ritardare la progressione delle malattie neurodegenerative. Rosmarinus officinalis M.G.1DH associato a Olea europea M.G.1DH rappresenta una delle chiavi di cura nel trattamento della ipercolesterolemia, soprattutto nelle forme che presentano elevati livelli di trigliceridemia: in tal modo presenta un’azione di protezione nei confronti dei processi aterosclerotici. Per tutte queste peculiarità il gemmoderivato potrebbe essere prescritto, come terapia di prevenzione sostegno, nel morbo di Alzheimer (fase precoce) e della demenza vascolare13. È buona norma non assumere Rosmarinus officinalis M.G.1DH la sera in quanto stimola l’attività cerebrale. Si consiglia cautela in caso di ipertensione. Nota: Spunto di riflessione per comprendere e apprezzare l’importanza del fitocomplesso nell’attività farmacologica e terapeutica delle piante medicinali è una ricerca che ha evidenziato come i componenti non volatili del fitocomplesso quali l’acido rosmarinico, i flavonoidi (luteolina), i diterpeni (carnosolo), gli acidi triterpenici (acido ursolico e oleanolico) siano dotati di una buona attività antiflogistica. Partendo dalla constatazione che l’abbondante produzione di olio essenziale ottenuto tramite la distillazione in corrente di vapore porta alla formazione di notevoli quantità di residuo vegetale, depauperato dalla componente volatile, attualmente non sfruttato, si sono volute valutare le eventuali proprietà farmacologiche di tale residuo. Lo studio, condotto dai ricercatori dell’Università di Trieste, è giunto alla conclusione 668

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che i residui vegetali ottenuti dopo la distillazione in corrente di vapore mantengono inalterata l’attività antinfiammatoria. Viene quindi ipotizzato l’impiego di tali residui come materia prima a basso costo per la produzione di preparati fitoterapici ad attività antinfiammatoria14. Uso esterno Per uso topico la pianta è impiegata nelle affezioni muscolari per l’elevata concentrazione in essenza terpenica (azione iperemizzante e analgesica). La ricerca ha segnalato che l’applicazione dermica di un estratto a base di rosmarino riduce la formazione di tumori cutanei indotti da agenti cocarcinogeni (TPA) e cancerogeni (7,12-dimetilbenz[a] antracene e benzo[a]pirene). L’attività antivirale osservata in vitro (> acido rosmarinico e fenoli di terpenici) è segnalata anche dopo applicazione topica15. Preparati a base di rosmarino sono utilizzati in massaggi stimolanti per la pelle (Acqua della regina d’Ungheria: vedi Formulario). I bagni, da fare la mattina per non turbare il sonno, sono consigliati nella convalescenza, nell’affaticamento degli sportivi ecc., in quanto svolgono, oltre a un’azione topica defatigante, attività corroborante. Il rosmarino è stimolante del cuoio capelluto e possiede proprietà antiparassitarie. È impiegato anche in collutorio per l’igiene orale. Risulta un valido cicatrizzante, vasodilatatore periferico, stimolante16. Dal punto di vista cosmetologico trova impiego come dermopurificante, deodorante, stimolante e tonificante. In tricologia, associato ad Arnica, Ortica, Ginseng ecc., è impiegato per il trattamento dei capelli grassi. Normalmente vengono utilizzati preparati al 2-3%. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Rientra tra le piante classificate come GRAS-Substances Generally Recognize as Safe (FDA U.S. Food and Drug Administration). Solo a dosaggi elevati si possono manifestare disturbi gastrointestinali e a carico delle vie urinarie. L’estratto alcolico non è tossico così come l’olio essenziale (DL50 = 5 ml/kg)17. L’olio essenziale tuttavia a dosaggi elevati, per la presenza di canfora, monoterpene cetonico che può causare convulsioni epilettiformi, risulta convulsivante. Per quanto riguarda l’uso di preparati di R. officinalis in gravidanza, viene riportato quanto segue: «Benché nessun aborto sia stato constatato con estratti di rosmarino nella sperimentazione animale, si raccomanda di evitare di consumarne forti dosi in caso di gravidanza, fino a che eventuali rischi non siano stati chiariti»18. L’ESCOP raccomanda di riservare l’olio essenziale all’uso esterno (evitare di applicare su ferite aperte o lesioni estese). Segnalate rare reazioni allergiche. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla foglia intera essiccata di Rosmarinus officinalis L. contenente al minimo 12 ml/kg di olio essenziale e 3% di derivati idrossicinnamici totali espressi in acido rosmarinico. L’olio essenziale è ottenuto per estrazione in corrente di vapore della parti aeree fiorite di R. officinalis. Profilo cromatografico dell’olio essenziale: Tipo Spagna: α-pinene (18-26%), camfene (8-12%), β-pinene (2-6%), β- mircene (1,5-5%), limonene (2,5-5%), cineolo (16-25%), p-cimene (1,2-2%), canfora (13-21%), acetato di bornile (0,5-2,5%), α-terpineolo (1-3,5%), borneolo (2- 4,5%%), verbenone (0,7- 2,5%) Tipo Marocco e Tunisia: α-pinene (9-14%), camfene (2,5-6%), β-pinene (4-9%), βmircene (1-2%), limonene (1,5-4%), cineolo (38-55%), p-cimene (0,8-2,5%), canfora 669

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(5-15%), acetato di bornile (0,1-1,5%), α-terpineolo (1-2,6%), borneolo (1,5- 5,5%), verbenone (< 0,4%) Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 4-6 g; Balneoterapia: 50 g di droga per un bagno completo. Infuso: far infondere 1 cucchiaino da caffè di droga in 150 ml di acqua calda: una tazza dopo i pasti. Estratto Fluido: 10-30 gocce pro dose (1 g = 37 gocce). Estratto secco: 100-200 mg/cps; 1 cps 3 volte al dì. Olio essenziale: 1 goccia su compressa neutra 1-3 volte al dì. Nota: Benché la Commissione E del BfArM indichi per l’olio essenziale una posologia di 10-20 gocce/die «questa dose è considerata come non sicura da numerosi autori che consigliano di diminuirla fortemente»19. Raynaud, ad esempio, consiglia di non superare le 10 gocce al dì, al fine di non incorrere in crisi epilettiformi20. Rosmarinus officinalis T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Rosmarinus officinalis M.G.1DH: 50 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal ramo fogliato fiorito fresco (titolo 65°). Formulario Specie aromatiche (Farmacopea Ufficiale) Sommità fiorite di lavanda Foglie di arancio Foglie di menta Foglie di rosmarino Foglie di salvia aa p. 1 Contundere e mescolare; conservare in un vaso chiuso. Acqua ungherese - Spirito di Rosmarino composto (Medicamenta, 1924) Fiori di lavandula Foglie di menta pip. Foglie di ruta Foglie di rosmarino Foglie di salvia Erba assenzio ana p. 1 Alcol p. 20 Macerare per 2 giorni e aggiungere: Acqua p. 50 Distillare, raccogliendo p. 40 di distillato. Formulazione a uso topico per massaggi stimolanti-corroboranti. Astenia post-influenzale Ginseng T.M. Rosmarino T.M. Eleuterococco T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì per 20 giorni 670

224 • Rosmarinus

officinalis

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Cefalea Passiflora i. T.M. 30 ml Rosmarinus o. T.M. 20 ml in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Ipotensione Rosmarinus o. T.M. 20 ml Silybum m. T.M. 40 ml in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Vino di rosmarino «…in un litro di buon vino bianco, un pugno di foglie di rosmarino, finemente tagliuzzate, in vaso ben chiuso, tenuto all’oscuro, per 12 ore; poi si filtra, e si usa (2-3 cucchiai)» (G. Antonelli, 1941). Bagno tonificante (Cagnola, Botticelli) Pino gemme t.t. 150 g Rosmarino foglie t.t. 150 g Timo volgare sommità 50 g Versare 5 l. di acqua bollente sulla miscela. Lasciare in infusione 15 minuti, filtrare e aggiungere all’acqua del bagno. Curiosità • L’abate Kneipp nella sua opera Ma cure d’eau scrive: «La medicina moderna ha cacciato il Rosmarino dalle farmacie, ma i vecchi lo conoscono e lo stimano sempre […]. Quanti nel tempo delle malattie, benedirebbero con riconoscenza il Creatore che ha fatto germogliare tante piante medicinali, se avessero saputo raccoglierle!». • Padre Antonelli (1941) consiglia un “ottimo vulnerario”, applicato in compresse, contro le contusioni e le storte; si prepara infondendo a freddo, per 15 giorni, in un litro di alcol, 10 g di sommità di Rosmarino, Maggiorana, Timo, Melissa e Salvia finemente sminuzzate. La stessa preparazione, alla dose di 1-3 cucchiai in mezzo bicchiere di acqua calda sarebbe indicata, sempre secondo Antonelli, nei casi di svenimento, sincope e deliquio. • Nel XVII secolo era in auge la conserva di Rosmarino. Così scrive il medico astrologo Gieronimo Manfredi: «El Rosmarino si è secco et è caldo/di suoi fiori si fa bon confetto/che secca gli humor del polmone et del petto». • I bagni con il Rosmarino erano indicati nel rachitismo infantile. A questo proposito un proverbio toscano recita: «Acqua di ramerino al corpo del bambino». • Nel 1235 la Regina Elisabetta d’Ungheria, colpita da paralisi, venne guarita da un eremita che utilizzò, per massaggiare gli arti paralizzati, un preparato ottenuto mettendo a macerare mezzo chilo circa di Rosmarino in 4 litri di alcol per diversi giorni. Questo preparato diventerà successivamente un cosmetico stimolante. • «Meglio usato ne è l’olio essenziale: e nell’invasione che fece il cholera a Napoli nel 1831, la facoltà medica ve lo proponeva in sostituzione di quella di cajeput, tanto più lodato, quanto era più difficile averne» (Scotti, 1872).

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224 • Rosmarinus

officinalis

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Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 418. 2 Ibidem, p. 419. 3 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 287. 4 Ibidem. 5 Singletary K., MacDonald C., Wallig M., 1996, Inhibition by rosemary and carnosol of 7,12-dimethyl-benz[a]anthracene (DMBA)-induced rat mammary tumorigenesis and in vivo DMBA-DNA adduct formation, Cancer Lett., 104, 43-48. 6 Teuscher E. et al., op. cit., p. 419. 7 Ibidem. 8 Raynaud F., Prescription et conseil en aromathérapie, op. cit., p. 212. 9 Moss M, Cook J, Wesnes K, Duckett P., 2003, International Journal of Neurosciences, 113:15-38. 10 Sanders C, Diego M et al., 2002, EEG asymmetry responses to lavender and rosemary aromas in adults and infants. Int J Neurosci. 112(11):1305-20. 11 Raynaud F., Prescription et conseil en aromathérapie, op. cit., p. 214. 12 Campanini E., Manuale pratico di gemmoterapia, op. cit., pp. 131-3. 13 Campanini E., Biondo S., 2011, Terapia complementari in geriatria, Tecniche Nuove, Milano. 14 Altinier G., Tubaro A. et al., 2002, I residui di distillazione di Rosmarinus officinalis L. quale fonte di principi antinfiammatori, Piante Medicinali, 3, 1, 101-6. 15 Teuscher E. et al., op. cit., p. 419. 16 Proserpio G. et al., op. cit., p. 538. 17 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 287. 18 Teuscher E. et al., op. cit., p. 419. 19 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 287. 20 Raynaud F., Prescription et conseil en aromathérapie, op. cit., p. 212.

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tinctorum

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Rubia tinctorum L.

Nome comune: Robbia domestica Francese: Garance des teinturiers Inglese: Common madder Tedesco: Färberkrapp Spagnolo: Rubia roja Famiglia: Rubiaceae Parte utilizzata: radice Costituenti principali: – glucosidi antrachinonici: alizarina (genina dell’acido ruberitrico), galiosina e purpurina – pectine, zuccheri, acido citrico… Attività principali: colorante; diuretica e depurativa Impiego terapeutico: sconsigliato

Utilizzo medico L’impiego è sconsigliato per possibili effetti tossici (vedi Tossicità ed effetti secondari). Solo come nota storico-medica: La pianta è stata comunque utilizzata in passato per le proprietà diuretiche, coleretiche e antilitiasiche. Per quanto riguarda l’azione nella calcolosi renale (fosfati e ossalati di calcio) questa sarebbe supportata da dati sperimentali: radici fresche somministrate per os (10% del nutrimento) in ratti provoca inibizione della formazione dei calcoli urinari e renali; nel coniglio la somministrazione per os di estratti di radici (150-200 mg/kg) ha inibito la cristallizzazione dell’ossalato di calcio nei reni. La pianta (tintura 1:10) determinerebbe pertanto inibizione della cristallizzazione dei fosfati e ossalati di calcio e la corrosione dei calcoli renali contenenti calcio1. Farmacologicamente è stato dimostrato che l’acido ruberitrico è capace di sciogliere i calcoli biliari e renali di solfato e d’ossalato di calcio; inoltre la droga agisce, nel suo complesso, stimolando la secrezione renale e biliare, nonché la peristalsi intestinale2. All’azione moderatamente diuretica si affianca quella antinfiammatoria e forse spasmolitica che ne indicava l’impiego nelle infiammazioni a carico delle vie urinarie. Le foglie conoscono un uso popolare come ipotensivanti3. La pianta veniva inoltre impiegata contro il rachitismo e faceva parte delle radici aperitive minori (insieme a eringio, gramigna e ononide): era considerata infatti anche tonica e aperitiva. Esternamente veniva usata per detergere ferite e piaghe (azione astringente). A questo proposito si segnala che sono stati isolati derivati antrachinonici dotati di proprietà antibatteriche e antisettiche4. Tuttavia la R. tinctorum può causare dermatite da contatto: i derivati 1,2-diidrossiantracenici presenti (fra cui l’alizarina) sarebbero responsabili di una sensibilizzazione così come di effetti genotossici (> lucidina e rubiadina). Tossicità, interazioni ed effetti secondari Nel fitocomplesso è segnalata la presenza di lucidina e rubiadina, sostanze mutagena e genotossiche per cui se ne sconsiglia l’uso. In esperimenti su conigli (somministrazione per os) sono stati osservati effetti epatotossici. Effetti genotossici sono 673

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tinctorum

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comparsi sia in test su batteri che in esperimenti su cellule di mammiferi5. La robbia fornisce una colorazione rossa al latte, alle urine e al tessuto osseo. Forme farmaceutiche e posologia Solo come nota storico-medica: Infuso al 3% (sapore acre). Polvere: 2-5 g al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte sotterranea fresca (titolo 65°). Curiosità • «La coltivazione della Robbia è antichissima in Italia, ma venne in progresso di tempo abbandonata e poscia ripresa al principio del secolo, specialmente nel Salernitano. In Toscana, prima dell’emigrazione dell’arte, ivi fiorentissima, della lana, si coltivava estesamente e ottenevasene di ottima, e nel catalogo ufficiale dell’esposizione di Parigi del 1862 trovasi che l’esportazione della Robbia dalle provincie napoletane dà l’annuale introito di oltre 5 milioni di lire» (Manuale Hoepli, Gorini, Piante industriali, 1881). • La robbia era usata come colorante rosso per tingere i tessuti di lana. In Francia, fino al secolo XIX, veniva usata per tingere i pantaloni e i Kepys rossi dell’armata fino a che fu realizzata in Germania la sintesi dell’alizarina. • «Della Rubia dei tintori. È tanto conosciuta la Rubia, che non accade farvi sopra particolar discorso intorno a i suoi delineamenti, essendo in uso, non solamente dai Tintori, ma fin anche dalle Donnicciuole, che con le radici d’essa si tingono i loro panni di lana, in colore rosso; se ne trovano però di due specie, domestica e selvatica, e ambedue sono buone. […] Provocano l’urina, e con acqua melata, giova al trabocco del fiele, alla sciatica, e alla paralisia: fa copiosamente urinare l’urina grossa, e qualche volta il sangue; oltre di ciò la radice applicata di sotto provoca i mestrui, il parto, e le secondine» (Donzelli, Teatro farmaceutico, 1763). Note bibliografiche 1 Refit, op. cit., p. 378. 2 Negri G., op. cit., p. 371. 3 Paris R.R., Moyse H., op. cit., vol. III, p. 378. 4 Dorvault f., op. cit., p. 762. 5 Refit, op. cit., p. 377.

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Rubus fructicosus L.

Nome comune: Rovo Francese: Ronce Inglese: Blackberry Tedesco: Brombeeren Spagnolo: Zarza Famiglia: Rosaceae Parte utilizzata: foglie, radice, frutto; giovani getti Costituenti principali: Foglie: tannini (4-15%); idrochinone e arbutina Frutti: acidi organici: ossalico, citrico, malico, succinico ecc.; flavonoidi; antociani; vitamina C,… Attività principali: astringente; diuretica e depurativa Impiego terapeutico: flogosi orofaringee; gastroenteriti, infiammazioni intestinali; nelle cure “primaverili”

Utilizzo medico Le foglie del rovo sono dotate di proprietà tonico-astringenti e sono particolarmente efficaci nelle flogosi della cavità orofaringea, nelle angine e nelle afte (gargarismi). Sempre per uso topico possono rientrare nelle formulazioni di composti galenici per trattare emorroidi e ragadi. Preparati a base di foglie di rovo risultano particolarmente indicati, per os, in caso di diarrea di grado lieve, aspecifica. La tradizione attribuisce loro un’azione ipoglicemizzante, peraltro confermata da uno studio condotto su animali ove un infuso concentrato ha ridotto i livelli glicemici in conigli diabetici1. Le foglie sono considerate un succedaneo del tè (Leclerc H.): l’aroma molto delicato è simile al tè di Cina (Camelia sinensis (L.) Kuntze). I frutti (more) presentano azione tonico-vitaminizzante, oltre che leggermente lassativa e rinfrescante. I composti fenolici presenti (acidi fenolici, polifenoli e flavonoidi) manifestano importanti proprietà antiossidanti. Le more rappresentano inoltre una buona fonte di manganese: questo elemento, oltre ad agire come cofattore di enzimi che favoriscono diverse vie metaboliche, protegge dai danni derivati dai radicali liberi. La vitamina C presente nel frutto facilita l’assorbimento del ferro da parte dell’organismo: si ricorda che il ferro svolge un ruolo importante nel trasporto di ossigeno nel sangue e nella formazione dei globuli rossi. La vitamina C manifesta inoltre proprietà antiossidanti, contribuisce a proteggere l’organismo dalle infezioni e accelera i processi di cicatrizzazione. Le more sono anche una fonte di rame, essenziale per la formazione dell’emoglobina e del collagene nell’organismo. Le more possono essere consumate fresche ma anche usate per la preparazione di sciroppi, gelatine e marmellate. Il valore calorico per 100 g di parte edibile è 31 calorie. In Gemmoterapia si utilizzano i giovani getti ai quali sono state attribuite un’azione osteoblastica di consolidamento del tessuto osseo (in particolare a livello femorotibiale)2 e blande proprietà ipoglicemizzanti, ipotensive e antisclerosi d’organo. Il gemmoderivato (Rubus fructicosus M.G.1DH) viene pertanto prescritto, associato ad altri farmaci, nel trattamento dell’artrosi, dell’osteoporosi, del fibroma uterino, in particolare nella donna in climaterio o menopausa. A carico dell’apparato respiratorio, grazie alle proprietà antisclerotiche, può mostrarsi un buon coadiuvante nel tratta675

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mento della bronchite cronica ostruttiva e dell’enfisema. In seguito alla sua assunzione si verifica un’azione tonica generale, probabilmente sostenuta dalla migliorata respirazione e di conseguenza da una maggiore ossigenazione dei tessuti. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. La presenza di tannino (foglie e radice) può provocare, in soggetti ipersensibili o per dosaggi elevati, irritazione a carico della mucosa gastrica; eventuali interazioni farmacologiche sono dovute alla presenza dei tannini. Forme farmaceutiche e posologia Infuso (foglie): 1,5 g per tazza di acqua bollente; una o più tazze al dì. Decotto (foglie): al 10% (uso topico). Estratto Fluido (frutto): ad libitum3 (1 g = 35 gtt). Rubus fructicosus M.G.1DH: 50 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì. Rubus fructicosus T.M.: 40 gocce, diluite in acqua,1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla foglia fresca (titolo 65°). Formulario Collutorio emolliente astringente Rubus f. Malva s. Althaea o. Acqua S/A cucchiai

T.M. T.M. T.M. aa 10 g q.b. a 200 g

Infiammazioni orofaringee (Leclerc) Decotto al 10% di foglie di rovo 800 g Sciroppo di more selvatiche 200 g S/Fare gargarismi oppure assumere a cucchiai durante la giornata Pozione emolliente lassativa di rovo composta (Riva) More succo 60 g Manna in sorte 20 g Altea Estratto Fluido 20 g S/Assumere a cucchiai Curiosità • Rubus è il nome dato da Virgilio (Georgiche III, 31) da ruber (rosso), allusione al colore dei frutti di alcune specie. • I Romani masticavano foglie e corteccia in caso di emorragie gengivali. Note bibliografiche 1 Castlemann M., op. cit., p. 347. 2 Campanini E., 2005, Manuale pratico di gemmoterapia, op. cit., p. 134. 3 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 965.

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Rubus idaeus L.

Nome comune: Lampone Francese: Framboisier Inglese: Raspberry leaves Tedesco: Himbeere Spagnolo: Frambueso Famiglia: Rosaceae Parte utilizzata: foglie; frutto; giovani getti Costituenti principali: Foglie: – tannini (10%): tannini idrolizzabili del tipo dell’acido gallico e dell’acido ellagico Frutto: – acidi organici: acido ossalico, citrico, malico, succinico…; flavonoidi, vitamina C Attività principali: astringente; spasmolitica Impiego terapeutico: flogosi orofaringee; gastroenteriti, infiammazioni intestinali; nelle cure “primaverili”; dismenorrea; ulcerazioni e malattie croniche della pelle (uso esterno)

Utilizzo medico Le foglie conoscono un uso popolare come depurativo del sangue e della cute. Presentano infatti azione diaforetica, diuretica e coleretica. Per la concentrazione in tannini sono impiegate nelle gastroenteriti e infiammazioni intestinali e per uso topico nelle flogosi orofaringee e nelle eruzioni e infiammazioni cutanee. Come per le foglie di rovo, anche per il lampone è stata segnalata un’attività ipoglicemizzante. Le foglie di lampone presentano inoltre un’interessante azione spasmolitica particolarmente efficace in caso di dismenorrea, per facilitare il parto, e negli spasmi a carico del tratto digestivo. Sue preparazioni vengono impiegate in gravidanza nel trattamento di nausea e vomito. L’acido ellagico e l’acide gallico sono composti fenolici ai quali sono riconosciute proprietà antimicrobiche e antivirali in vitro1, proprietà antitumorali2 e antiossidanti3. Ma è soprattutto il gemmoderivato a manifestare azione antispasmodica a livello uterino, per la presenza di un insieme di sostanze miorilassanti, che ne giustificano l’utilizzo nella dismenorrea (Rubus idaeus M.G.1DH)4. Il frutto è particolarmente ricco in vitamina C, manganese, rame e ferro. Il valore calorico per 100 g di parte edibile è 34 calorie. Ricco in acido citrico e malico, presenta anche una discreta percentuale in acido ossalico (15 mg). Il suo consumo è pertanto da sconsigliare nei soggetti uricemici e gottosi5. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Forme farmaceutiche e posologia Infuso (foglie): 1,5 g per tazza di acqua bollente; una o più tazze al dì. Decotto (foglie): al 10% (uso topico). Rubus idaeus M.G.1DH: 50 gocce, diluite in acqua, 1-2 al dì. Rubus idaeus T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. 677

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Note di galenica Grazie alle proprietà adesive delle foglie, è spesso presente nelle miscele per tisane come “stabilizzante”, per evitare la separazione dei vari componenti delle miscele6. Il succo, ottenuto dai frutti, è utilizzato nella tecnica farmaceutica come correttivo del sapore e dell’odore. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla foglia fresca (titolo 65°). Formulario Tisana depurativa Foglie di lampone 25 g Foglie di fragola 50 g Foglie di mirtillo rosso 25 g S/1-2 cucchiai da tè per tazza d’acqua bollente; lasciare in infusione per 5-10 minuti. Bere 3-4 tazze al dì Gocce depurative Ribes nigrum T.M. Rubus fructicosus T.M. Rubus idaeus T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in un bicchiere di acqua, 2 volte al dì oppure Ribes nigrum T.M. Betula alba T.M. Rubus idaeus T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in un bicchiere di acqua, 2 volte al dì Curiosità • Il nome Rubus idaeus è stato assegnato alla pianta da Linneo nel 1753. Idaeus, cioè del monte Ida (Grecia) dove cresceva abbondante. Ciò è quanto affermato da Dioscoride (De Materia Medica) il quale racconta che sul monte Ida, nell’antica regione della Troade, in Asia Minore, luogo di culto della dea Cibele, crescevano belle piante di lampone: «L’arbusto del lampone è molto più tenero di quello della mora e ha spine più piccole che talvolta sono del tutto assenti». • Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia parla di una pomata ottenuta mescolando i fiori di lampone con miele: «Cura le infiammazioni agli occhi e l’erisipela facciale; fatta macerare in acqua questa pianta cura i dolori di stomaco». • «Se ne fa sciroppo o col succo solo, od unendovi dell’aceto (acetosa) che riesce molto gradevole e rinfrescante» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Buzzini P, Arapitsas P et al., 2008, Antimicrobial and antiviral activity of hydrolysable tannins. Mini Rev Med Chem, 8(12):1179-87. 2 Zafra-Stone S, Yasmin T et al., 2007, Berry anthocyanins as novel antioxidants in human health and disease prevention. Mol Nutr Food Res, 51(6):675-83. 3 Bakkalbasi E, Mentes O, Artik N., 2009, Food ellagitannins-occurrence, effects of processing and storage. Crit Rev Food Sci Nutr. 49(3):283-98. 4 Campanini E., 2005, Manuale pratico di gemmoterapia, op. cit., pp. 136-7. 5 Morricone, Pedicino, op. cit., p. 436. 6 Wichtl M. et al., op. cit., p. 434.

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Rumex acetosa L.

Nome comune: Acetosa; Erba brusca; Romice acetosa Francese: grand oseille; oseille sauvage Inglese: Garden sorrel Tedesco: Wiesen-Sauerampfer Spagnolo: Acedera Famiglia: Polygonaceae Parte utilizzata: la pianta Costituenti principali: – vitamina C (80 mg/100 g) – flavonoidi; ossalato di calcio e potassio – derivati antrachinonici Attività principali: depurativa e diuretica; stomachica Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico Le foglie sono consumate come ortaggio per il sapore acidulo che conferiscono agli alimenti e per la caratteristica di essere rinfrescanti, antiscorbutiche e aperitive. Come per gli altri Rumex, gode fama di depurativo, grazie alle proprietà stomachiche, blandamente lassative e diuretiche, determinate dalla presenza di derivati antracenici e di tannini. Per questo motivo la pianta veniva impiegata nel trattamento delle forme reumatiche e nelle dermatosi, in quanto l’effetto depurativo e la migliorata funzionalità epatica sono in grado di determinare un miglioramento in tali patologie. Le foglie erano indicate anche nel trattamento delle anemie microcitiche e ipocromiche in quanto ritenute ferrofissatrici. La radice risulta ricca in tannini e, pertanto, in passato veniva prescritta come astringente in caso di diarrea. La presenza di ossalato di calcio rende la pianta irritante per i reni1. Dal punto di vista alimentare, l’acetosa affianca a un apporto energetico ridotto (24 kcal/100 g) un apporto in vitamine e sali minerali importante. Glucidi e protidi, infatti, non oltrepassano la concentrazione di 2-3 g/100 g, mentre le sostanze grasse sono presenti solo in tracce (0,7 g). Elevata la concentrazione in vitamina C (125 mg/100 g), in provitamina A (3-4 mg/100 g) e in vitamina E (1-2 mg/100 g). Per quanto riguarda i minerali, si trovano interessanti quantità di ferro (3 mg), magnesio (46 mg), calcio (40 mg), manganese (0,6 mg), rame (0,3 mg), zinco (0,2 mg). Il marcato sapore acidulo è conferito dalla ricchezza in acidi organici: domina l’acido ossalico con concentrazioni che vanno da 300 a 500 mg/100 g. Sono presenti anche piccole quantità di acido malico, citrico, fumarico, succinico, salicilico ecc.2. Il sapore acidulo delle foglie di acetosa è in grado di stimolare l’appetito e le secrezioni peptiche, favorendo in tal modo i processi digestivi. Verdura a foglia ben colorata, contiene dei pigmenti assai concentrati nelle cellule vegetali: clorofilla verde, e soprattutto carotenoidi giallo-arancio, la cui concentrazione arriva al valore record di 11 mg/100 g. Questi carotenoidi sono costituiti per 1/3 da carotene – o provitamina A – e per il restante da luteina e zeaxantina. I carotenoidi sono degli anti-antiossidanti potenti, ciò che consente loro di minimizzare gli 679

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acetosa

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effetti dei radicali liberi a livello cellulare. Rivestono in questo modo un ruolo benefico per la prevenzione delle malattie cardio-vascolari e di differenti forme tumorali. Sono anche protettori specifici per la retina. Nota: Rumex acetosa L., acetosa, non va confusa con l’acetosella (Oxalis acetosella L.), pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Oxiladaceae. Le parti usate in medicina sono le foglie, che contengono ossalato di potassio, mucillagine e vitamina A e C. Per l’elevata concentrazione in ossalato di potassio presenta le stesse controindicazioni dell’acetosa. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Dosaggi elevati e prolungati nel tempo possono provocare irritazione gastrointestinale e renali. Controindicato nella calcolosi da ossalati di calcio. Forme farmaceutiche e posologia Decotto: un cucchiaio da minestra di foglie in 2 tazze di acqua; lasciar bollire per 15 minuti. Bere una tazza al giorno, in più riprese. Rumex acetosa T.M.: 25 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla foglia fresca (titolo 45°). Curiosità • «Gli annali medici militari ridondano di fatti che ne comprovano l’efficacia, cominciando dai comentarii di Cesare, il quale narra essersene giovato a guarirne e preservarne i suoi soldati guerreggianti sul Reno» (Scotti, 1872). • Nell’Isola misteriosa di J. Verne si legge che i naufraghi si rallegrarono della scoperta dell’acetosa «il cui potere antiscorbutico non era da disdegnare». • Rumex acetosa fa parte degli ingredienti del Bouillon aux Herbes, preparato che veniva dato ai soggetti affetti da alitosi, febbre e dopo una purga. Si prepara facendo cuocere 40 g di acetosa, 20 g di lattuga, 10 g di bietola, 10 g di cerfoglio in 1 litro di acqua; aggiungere in seguito 2 g di sale e 5 g di burro fresco, poi passare. A volte si aggiunge del porro per correggere il sapore (Dict. Larousse). • «Nei brodi di erbe, sì cari alla vecchia medicina domestica e profilattica, oltre ai romici entravano il tarassaco, la fumaria, la bardana, le rane e le vipere, cui più logicamente si vennero poi sostituendo vitello e polli» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Paris R.R., Moyse H., op. cit., vol. II, p. 130. 2 Campanini E., 2009, Piante medicinali in Sardegna, Ilisso, Nuoro.

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229 • Rumex

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Rumex crispus L.

Nome comune: Romice Francese: Rumex crépu Inglese: Curly dock Tedesco: Krause Ampfer Spagnolo: Aceda de culebra Famiglia: Polygonaceae Parte utilizzata: rizoma Costituenti principali: – composti antrachinonici: emodina, crisofanolo, fiscione… – tannini; ferro; fitosteroli; ossalato di calcio Attività principali: stomachica; lassativa e depurativa Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico Le radici sono impiegate soprattutto in medicina popolare: contengono tannino e una quantità variabile di derivati antracenici che le fanno considerare un succedaneo del rabarbaro. Spetta comunque al Rumex alpinus L., chiamato Rabarbaro di montagna, il contenuto più elevato in derivati antracenici (1-2%) per cui risulta essere più efficace rispetto a Rumex crispus L., Rumex patientia L. e Rumex obtusifolius L. Si ricorda che il vero rabarbaro, cioè il Rheum, unitamente alle sue diverse specie, appartiene a questa famiglia (Polygonaceae). Nelle radici è presente ferro allo stato organico: in passato la pianta era molto utilizzata, per la ricchezza in ferro, come droga rimineralizzante e antianemica. Preparati a base di Romice sono impiegati come amaro-tonici e depurativi1. L’azione depurativa veniva sfruttata nel trattamento di alcune malattie della pelle, come eczemi e psoriasi. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Per dosaggi elevati e prolungati nel tempo irritazione gastrointestinale. Controindicato in caso di calcolosi ossalica. Forme farmaceutiche e posologia Decotto: 2-5%, 2-3 tazze al dì. Rumex crispus T.M.: 25 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla radice fresca (titolo 45°). Curiosità • Rumex, da radicale celtica che vuol dire asta, perché alcune foglie di questo genere, auricolate e puntute somigliano a un ferro di lancia (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Paris R.R., Moyse H., op. cit., vol. II, p. 130.

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Rumex patientia L.

Nome comune: Pazienza Francese: Patience Inglese: Patience dock Tedesco: Garten-Ampfer Spagnolo: Hierba de la paciencia Famiglia: Polygonaceae Parte utilizzata: radice Costituenti principali: – resina, composti tannici protocatechici – principi antrachinonici (emodolo, crisofanolo), ferro organico Attività principali: stomachica; lassativa e depurativa Impiego terapeutico: come amaro-tonico

Utilizzo medico Le radici sono impiegate soprattutto in medicina popolare; contengono tannino e una piccola quantità di derivati antracenici (nel Rumex alpinus L. 1-2%: è considerato un succedaneo del rabarbaro). Nelle radici sono presenti ferro e tannini. Sono impiegate come amaro-tonico e depurativo1. Alcuni utilizzano l’infuso (20:1000), per os, nel trattamento della scabbia e delle malattie della pelle2 rifacendosi, in tal modo, a un uso antico della pianta. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Per dosaggi elevati e prolungati nel tempo, irritazione gastrointestinale. Forme farmaceutiche e posologia Decotto: 2-5%, 2-3 tazze al dì. Rumex patientia T.M.: 25 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 45°). Formulario Tisana antierpetica – Apozema antipsorico (Dorvault) Malattie della pelle Arctium l. 10 g Rumex p. 10 g Solanum d. 10 g Saponaria o. 10 g Ulmus c.(corteccia) 10 g Acqua 1200 g Ridurre a un quinto per decozione; filtrare e aggiungere al colaturo Sciroppo di Fumaria 100 g 682

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Curiosità • Le foglie possono essere consumate cotte, come gli spinaci. • «[…] In sostanza però è una di quelle, di cui bisogna tener parola per non lasciare una lacuna nella storia dei medicamenti, ma che non può per alcun conto venire raccomandata in confronto di altre migliori» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Paris R. R., Moyse H., ibidem. 2 Dorvault, op. cit., p. 1220.

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Ruscus aculeatus L.

Nome comune: Pungitopo Francese: Fragon; Petit houx Inglese: Butcher’s broom Tedesco: Stechende Mäusedorn Spagnolo: Rusco Famiglia: Ruscaceae Parte utilizzata: rizoma con radici Costituenti principali: – saponine steroliche (6% della massa secca)1: ruscogenina e neoruscogenina – olio essenziale (tracce); derivati benzofuranici; flavonoidi; sali minerali Attività principali: vasoprotettiva; antinfiammatoria; diuretica Impiego terapeutico: affezioni venose: senso di pesantezza alle gambe, crampi ai polpacci, varici e stasi venosa, emorroidi, geloni, acrocianosi; linfedema; ritenzione idrica; gotta; calcoli renali Uso esterno: trattamento topico nei disturbi e infiammazioni vasali in genere ed emorroidali in particolare. Eritema da agenti chimico-fisici; eritema solare. Fragilità microcircoloepidermico (uso cosmetico).

Utilizzo medico Il Pungitopo (rusco) è attualmente apprezzato in medicina per le proprietà venotoniche, antinfiammatorie e astringenti che ne fanno un rimedio d’eccellenza nel trattamento di emorroidi e varici mediante preparati impiegati sia per via interna che topica. La Commissione E del BfArM ne riconosce l’efficacia nel trattamento coadiuvante dell’insufficienza venosa e delle emorroidi ove contribuisce ad alleviare i sintomi. Le proprietà vasculotrope della pianta sono attribuite alle saponine steroidee (ruscogenina e neoruscogenina). Sperimentazioni su organi isolati e sull’animale hanno dimostrato l’azione venotonica degli estratti di rusco: preparati a base di Ruscus aculeatus presentano effetto contratturante su un frammento di vena safena isolato, mentre il clampaggio della vena femorale nel cane ha dimostrato che si oppone alla distensione della rete venosa in caso di sovraccarico2. L’attività dei saponosidi, che sono effettivamente assorbiti se somministrati per os, sarebbe in parte legata al loro effetto stimolante a livello dei recettori alfa-adrenergici della cellula muscolare liscia della parete venosa3. Questi, infatti, attraverso una interazione diretta con gli adrenorecettori alfa-1 e alfa-2 posti sulle fibre muscolari lisce delle pareti venose e attraverso il rilascio della norepinefrina immagazzinata nelle terminazioni nervose che innervano le vene, esercitano una efficiente vasocostrizione venosa e aiutano il ritorno venoso reso difficile dallo sfiancamento delle pareti stesse4. Si verifica inoltre la liberazione dell’endothelium-derived relaxing factors che svolge un’azione vasoregolatrice: dilatazione arteriolare senza impatto sulla pressione arteriosa (> neoruscogenine). Nel cane anestetizzato, la somministrazio684

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ne di Ruscus aculeatus ha migliorato la contrattilità dei vasi linfatici periferici. Risultati in vitro hanno dimostrato come estratti della pianta siano in grado di aumentare il sistema di pompaggio linfatico favorendo così un migliore ritorno di linfa periferica al cuore (EMEA). A queste attività si associa l’azione antinfiammatoria e antiedemigena sostenuta dai saponosidi e dimostrata anche sperimentalmente: un estratto di Ruscus aculeatus somministrato per via parenterale al ratto [100-300 mg/kg] contribuisce a diminuire notevolmente e a lungo l’edema indotto da un’iniezione di caolino nella volta plantare della cavia. L’azione risulta, secondo gli autori, sensibilmente identica a quella del fenilbutazone5. Sono segnalate anche proprietà antielastasi6. Condizioni di ipossia, come si verificano in caso di stasi ematica vascolare, sono in grado di attivare le cellule endoteliali a rilasciare mediatori infiammatori (fosfolipasi A2 o PLA2) i quali inducono l’aderenza e l’attivazione dei neutrofili che possono quindi infiltrarsi e provocare danni negli strati sub endoteliali. Quando le cellule endoteliali sono incubate in condizioni di ipossia con estratto di Ruscus aculeatus, l’attivazione del PLA2 è stata inibita del 50% così come l’aderenza dei neutrofili alle cellule endoteliali. L’azione protettiva su vasi sanguigni, endotelio vascolare e muscolatura liscia è sostenuta principalmente dai flavonoidi. (EMEA). Numerose sono ormai le osservazioni cliniche7 che mettono in evidenza le proprietà vascoloprotettrici e venotoniche della pianta e che sottolineano l’efficacia nel migliorare la sintomatologia legata all’insufficienza venosa (gambe pesanti, parestesie, crampi, edema ecc.) e alla crisi emorroidaria (bruciore, prurito, congestione ecc.)8. Weiss R.9 segnala che la pianta agisce efficacemente nelle sindromi anorettali e in particolare nelle emorroidi, ove si assiste alla decongestione dei noduli emorroidali infiammati che si “sgonfiano” arrecando al paziente un senso di sollievo soggettivo. Già il medico francese H. Leclerc (1952) aveva segnalato l’uso della pianta nella patologia emorroidaria riportando l’esperienza di Caujolle e collaboratori (Toulouse médical, 1952) i quali «a partire dal rizoma fresco hanno preparato un intrait i cui saggi clinici preceduti da ricerche fisiologiche ha loro provato che l’indicazione maggiore è il trattamento delle emorroidi croniche: alla dose di 30-50 gocce di una soluzione idroalcolica al 10% o in supposte contenenti 0,10 g di intrait hanno ottenuto «miglioramenti considerevoli, rapidi e durevoli che in certi casi hanno tutto il valore di una vera guarigione». Il pungitopo, può essere associato ad altre piante a tropismo vascolare (Meliloto, Ippocastano, Hamamelis, Vite rossa ecc.) e risulta efficace oltre che nel trattamento delle turbe funzionali dell’insufficienza veno-linfatica, nella sindrome premestruale, nella contraccezione orale e durante la gravidanza. Sembra sia efficace anche nelle turbe della circolazione retinica10. Il suo uso sembra inoltre indicato in caso di ipotensione ortostatica11 e di linfedema secondario al trattamento chirurgico del tumore al seno12. Viene segnalato infine un biotipo che risponde bene alla pianta: si tratta di un soggetto obeso, tendente alla ritenzione idrica e alle varicosità negli arti inferiori (Brigo, 1997). La pianta era nota da tempo per l’azione diuretica e ipotensivante e come tale rientrava nella formulazione dello sciroppo delle 5 radici (Finocchio, Sedano, Rusco, Prezzemolo, Asparago), medicamento largamente usato in passato per promuovere la diuresi, ridurre la pressione arteriosa e gli edemi, e per favorire l’eliminazione di piccoli calcoli e della renella. La proprietà diuretica resta però ancora da dimostrare13. In studi condotti nel ratto i saponosidi hanno dimostrato una blanda attività azoturica14. 685

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Uso esterno I risultati di un saggio (senza placebo) condotto nel 2003 ha evidenziato che l’applicazione di una crema a base di rusco e meliloto (Melilotus officinalis) a livello degli arti inferiori può alleviare i sintomi associati all’insufficienza venosa (gambe pesanti, parestesie, crampi…). Si ricorda che anche il Melilotus officinalis manifesta azione anti-edema e favorisce la circolazione sanguigna15. Recentemente è stato condotto uno studio multicentrico16 volto a valutare l’efficacia di un preparato topico (crema) a base di Ruscus aculeatus, nel trattamento dell’ulcera flebostatica a carico degli arti inferiori. Lo studio è durato un anno e ha coinvolto 80 pazienti che sono stati suddivisi in 2 gruppi omogenei trattati l’uno, mediante sola terapia elastocompressiva, l’altro mediante elastocompressione associata all’applicazione della crema. I risultati hanno evidenziato una significatività statistica per i parametri esaminati (dolore locale, flogosi perilesionale, granulazione della lesione, trofismo del tessuto periulceroso e tempo di guarigione della lesione) con una notevole riduzione del dolore, della flogosi perilesionale, un miglior trofismo della cute periulcerosa. Ciò ha garantito una progressione più rapida e più valida della guarigione e della cicatrizzazione delle lesioni rispetto all’utilizzo della sola terapia elastocompressiva. È bene sottolineare, come per gli altri studi clinici pubblicati fino a ora, che il rusco è sempre stato usato in sinergia con altre piante vasculotrope. In questo caso il preparato impiegato conteneva, anche Aesculus hippocastanum, Vitis vinifera e Centella asiatica, oltre all’acido jaluronico e l’allantoina, componenti che sicuramente hanno contribuito alla riparazione dei tessuti distrofici. Per quanto riguarda l’impiego cosmetologico la pianta si caratterizza per le sue proprietà lenitive, protettive, disarrossanti e rinfrescanti: risulta indicata pertanto nella labilità e fragilità del microcircolo sottoepidermico e per il trattamento delle pelli delicate, sensibili e facili agli arrossamenti. Presenta un’azione di protezione nei confronti degli agenti esterni (sole, vento ecc.). Può essere utilmente associata a ippocastano e Hamamelis virginiana L. per preparati ad azione schiarente e astringente, e Calendula e Camomilla per l’azione lenitiva e rinfrescante17. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Solamente per dosaggi elevati si possono manifestare vomito e diarrea (Commissione E del BfArM). L’uso di piante medicinali ricche in saponine potrebbe essere inappropriato nei soggetti affetti da celiachia, malassorbimento di grassi, carenza delle vitamine A, D, E e K, disturbi gastrici (reflusso ecc.). Occorre cautela in pazienti con colestasi18. HMPC-EMEA ne sconsigliano l’uso in gravidanza durante l’allattamento e in età pediatrica, mentre Mills e Bone ne ammettono l’uso in gravidanza in quanto la sua somministrazione non ha aumentato, nella donna, la frequenza di malformazioni o ha manifestato altri effetti nocivi nel feto in seguito a un uso limitato. Non vi sono evidenze di aumento di danno fetale negli studi animali19. Ritengono inoltre la pianta compatibile con l’allattamento. Anche altri studiosi sono di analogo parere20. Si consiglia comunque, per la presenza delle saponine, cautela in gravidanza e allattamento (solo prescrizione medica). Al momento attuale non sono note interazioni farmacologiche. Solo teoricamente l’effetto della pianta potrebbe aumentare quello dei farmaci vasocostrittori e contrastare quello dei farmaci vasodilatatori (alfa-antagonisti – beta-bloccanti). Sono stati segnalati casi di diarrea cronica (colite linfocitaria) in pazienti che avevano assunto per lungo tempo un preparato a base di R. aculeatus, esperidina-metilcalcone e acido ascorbico21. 686

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Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dagli organi sotterranei essiccati, interi o frammentati, di Ruscus aculeatus L. contenenti al minimo 1% di sapogenine totali, espresse come ruscogenine (insieme di neoruscogenina e di ruscogenina). Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM- HMPC-EMEA): 7-11 mg di ruscogenine totali. Decotto: 6%, più tazze al dì. Polvere: 350 mg per capsula 3 volte al dì (HMPC-EMEA). Estratto secco (nebulizzato e titolato in saponine espresse come ruscogenina min. 10%, Pharmacopée Française X): 1-3 cps al dì, preferibilmente lontano dai pasti. Ruscus aculeatus T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte sotterranea fresca (titolo 65°). Formulario Sciroppo delle 5 radici Asparago Finocchio Prezzemolo Sedano Rusco 100 g ana parti Zucchero 2000 g Acqua 3000 g Bollire il tutto per 20 minuti. Infondere per 15 minuti. Filtrare e aggiungere lo zucchero al liquido caldo. Bollire per 3 minuti e filtrare nuovamente (formulazione ad azione diuretica). Insufficienza venosa, emorroidi Aesculus h. T.M. Ruscus a. T.M. ana parti S/50 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì Insufficienza venosa (Cagnola, Botticelli) Rusco radice t.t. 40 g Achillea sommità fiorite t.t. 30 g Gramigna radice t.t. 30 g S/Mettere in infusione un cucchiaio della miscela in una tazza d’acqua calda e lasciare infondere per 10-15 minuti. Filtrare e bere una tazza 2-3 volte al dì Cellulite Hydrocotyle a. T.M. Ruscus a. T.M. ana parti in unico flacone S/50 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì

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Sindrome premestruale (ritenzione idrica, congestione pelvica e irritabilità) Ruscus a. T.M. Passiflora i. T.M. ana parti in unico flacone S/50 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì Emorroidi Vitis v. T.M. Aesculus h. T.M. Ruscus a. T.M. ana parti in unico flacone S/50 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì Emorroidi Aesculus h. Ruscus a. S/1 cps, 1- 3 volte al dì

E.S. 150 mg E.S. 150 mg per cps

Decongestionante pelvico Aesculus h. T.M. 40 ml Harpagophytum p. T.M. 40 ml Ruscus a. T.M. 20 ml in unico flacone S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì Geloni (Botteri) Centella Rusco Crema base F.U. q.b. a 100 g

E.F. E.F. ana 5 ml

Curiosità • Le proprietà diuretiche del Pungitopo erano già conosciute dagli antichi. Dioscoride (40-90 d.C.) usava le foglie e le bacche macerate nel vino o il decotto del rizoma nel vino. Scrive anche che i giovani germogli venivano mangiati come gli asparagi. • «In tempi di estrema carenza dei generi coloniali De-Candolle propose di sostituire al caffè i semi di rusco torrefatti, che più di ogni altro succedaneo gli si assomigliano» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 838. 2 Rombi M., op. cit., p. 113; Raynaud J., Prescription et conseil en phytotherapie, op. cit., pp. 85-87. 3 Bruneton, 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 557. 4 Di Pierro F., 2003, L’integratore nutrizionale, 6 (3). 5 Chevillard L., Ranson M., Senault B., 1965, Méd. Pharmacol. Exp., 12, 109-4. 6 Capasso F. et al., 2006, op. cit., p. 409. 7 Boyle P et al., 2003, Int Angiol. 22(3):250-62; Vanscheidt W. et al., 2003, Efficacy and safety of a Butcher’s broom preparation (Ruscus aculeatus L. extract) compared to placebo in patients suffering from chronic venous insufficiency. Arzneimittelforschung. 52(4):243-50. 8 Boyle P, Diehm C, Robertson C., 2003, Meta-analysis of clinical trials of Cyclo 3 Fort in the treatment of chronic venous insufficiency. Int Angiol. 22(3):250-62. 9 Weiss R.F., 1992, Lehrbuch der Phytoterapie, Hippokrates Verlag, Stuttgart. 10 Altern Med Rev., 2001 Dec;6(6):608-12.

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11 Redman DA, 2000, Ruscus aculeatus (butcher’s broom) as a potential treatment for orthostatic hypotension, with a case report.J Altern Complement Med. 6(6):539-49. 12 Cluzan RV, Alliot F et al., 1996, Lymphology, 29(1):29-35. 13 Bruneton J, 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 557. 14 Rombi M., op. cit., p. 113. 15 Consoli A., 2003, Chronic venous insufficiency: an open trial of FLEBS Crema. Minerva Cardioangiol. Aug;51(4):411-6. 16 Chiummariello S, De Gado F. et al., 2009, Multicentric study on a topical compound with lymph-draining action in the treatment of the phlebostatic ulcer of the inferior limbs. G Chir., Nov-Dec; 30(11-12):497-501. 17 Proserpio G. et al., op. cit., p. 541. 18 Mills B., Bone K., 2005, op. cit., p. 306. 19 Ibidem. 20 Capasso F., 2011, op. cit., p. 217. 21 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 839.

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Nome comune: Ruta Francese: Rue officinale Inglese: Rue Tedesco: Weinraute Spagnolo: Ruda Famiglia: Rutaceae Parte utilizzata: parti aeree (pianta intera) Costituenti principali1: – olio essenziale (0,4-1,2%): nonano-2-one (metileptilcetone): 3-60% oppure undecanoe-one (metilnonilcetone): 5-85%*; acetato di 2-nonil e acetato di 2-undecil accompagnati da decano-2-one, propionato di 2-undecil, isobutirato di 2-nonil, 2-metilbutirato di 2-nonil, pregeirene, acido exadecanico * Le rispettive proporzioni di questi 2 composti variano a secondo della razza chimica – flavonoidi: rutina (2-5%), quercetina – antociani: ramnoglucoside della cianidina – cumarine: derivati idrossicumarinici come cumarina, ombelliferone, erniarina, gravelliferone, rutacultina, 8-metossigravelliferone, dafnoretina, dafnorina. – furocumarine: bergaptene (0,01-0,12%), psoralene (0,01-0,07%), xantotossina (0,0005-0,005%), ruta marina, chalepensina, 5-geranilossipsoralene. – diidrofuranocumarine: rutarina (circa 0,9%) e il suo glucoside rutaretina (≈ 0,2%), ruta marina (fino allo 0,1%); Piranocumarine: xantiletina – alcaloidi (0,2-1,4%): di tipo chinoleico (graveolinina, graveolina); di tipo furo e diidrofurochinoleico (skimmianina, dictamnina, γ-fagarina; di tipo acridone (arborinina); di tipo diidrofuroacridina (rutacridone, acetato di gravacridonediolo) – alcaloidi chinazoleici: arborina Attività principali: emmenagoga; ossitocica; vasculoprotettiva; pigmentante Impiego terapeutico: sconsigliato l’uso della pianta in toto; fragilità capillare: rutina

Utilizzo medico Viene sconsigliato l’uso terapeutico della pianta in toto, per lo sfavorevole rapporto rischio-beneficio. In terapia, infatti, si preferisce impiegare il principio attivo rutina (flavonoide) perché nel fitocomplesso sono presenti le furocumarine e l’olio essenziale, responsabili di effetti secondari e tossici da sempre conosciuti e segnalati. La pianta era impiegata come emmenagogo a debole dose, ossitocico e abortivo a dosaggi elevati. Sembra che l’attività abortiva sia dovuta, più che a un’azione diretta sull’utero, alla sua elevata tossicità2. Per via interna può causare una grave gastroenterite, con vertigini, tremori e convulsioni. I chetoni presenti nell’olio essenziale sarebbero responsabili della tossicità della pianta. La ruta risulta, inoltre, ricca in furocumarine che, dotate di attività fotosensibilizzante cutanea, provocano eritema e pigmentazione cutanea dopo esposizione al sole o 690

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luce ultravioletta a determinata lunghezza d’onda. Piante contenenti questi principi (Ammi majus, ad esempio) venivano utilizzate nell’antichità per favorire il ritorno a un colore della pelle normale nelle zone cutanee depigmentate. Le furocumarine, in effetti, sono impiegate nella cura della vitiligo. L’uso diretto e incauto della pianta può causare effetti dannosi a livello cutaneo (irritazioni e macchie indelebili). L’uso cosmetico, come afferma Proserpio3 «per la tossicità e la facile fotosensibilizzazione che gli estratti di ruta possono provocare, è vivamente sconsigliato». La ruta esercita infatti a livello topico un’azione irritante su pelle e mucose. La ruta, pertanto, può assumere una certa importanza solo considerandola come fonte di sostanze estraibili, quali appunto la rutina e le furocumarine. Proprio per la presenza delle furocumarine e dell’olio essenziale, responsabili degli effetti secondari e tossici della pianta, si preferisce utilizzare il principio attivo, la rutina, bioflavonoide protettore vascolare. La rutina è considerata infatti un efficace un protettore vasale: viene impiegata in terapia per aumentare la resistenza della parete capillare e diminuirne la permeabilità. I flavonoidi, in genere, presentano infatti una tipica azione vitaminoP-simile. La rutina, inoltre, manifesterebbe anche proprietà spasmolitiche e un’azione antijaluronidasica, di rinforzo quindi sulla coesione della parete vascolare. È indicata nel trattamento delle turbe della permeabilità capillare, in particolare nella fragilità eccessiva e quindi nella prevenzione degli accidenti vascolari e delle emorragie. La rutina rientra nella formulazione di creme e preparati orali e colliri atti a trattare l’insufficienza venosa, le emorroidi ecc. È utilizzata anche per la preparazione di colliri destinati a rinforzare la fragilità capillare congiuntivale e a prevenire l’emorragia retinica. Spesso è associata alla vitamina C. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Fotosensibilizzazione. Per via interna può provocare grave gastroenterite, con vertigini, tremori e convulsioni. Azione abortiva (vedi sopra). Esperimenti su animali hanno evidenziato che un infuso di foglie (1ml/kg, p.o.) provoca interruzione della gravidanza. Secondo alcuni studi, sempre su cavia, la calepensina (0,36 g/kg) abbasserebbe la fertilità di circa l’80%4. Nell’uso alimentare, quando viene impiegata come pianta condimentaria e aromatica, deve essere impiegata in piccolissime quantità e assolutamente evitata in gravidanza. Forme farmaceutiche e posologia Rutina: cpr da 20 mg, 20-100 mg nelle 24 ore. Solo come nota storico-medica: Infuso di foglie: 2-5:1000. Polvere: 0,5-1 g al dì, in dosi refratte. Estratto Fluido: 0,5-1 g pro dose (1 g = 54 gocce). Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte aerea fresca sprovvista di parti legnose raccolte prima della fioritura (titolo 65°). Curiosità • La ruta viene impiegata a piccole dosi in liquoreria e nelle insalate a cui conferisce uno spiccato sapore di arancia. • Rientra nella composizione dell’aceto dei quattro ladroni. Questo celebre aceto comparve per la prima volta a Tolosa (Francia) durante la terribile peste del 1628691

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1631. Quattro ladri presi sul fatto, mentre depredavano i poveri morti rivelarono, per avere salva la vita, il segreto che permetteva loro di non essere contagiati, dopo di che però come raccontano i registri della città, furono impiccati. Questo aceto ha subìto modificazioni nel corso del tempo; comunque la formulazione indicata più frequentemente è la seguente: mettere a macerare per 10 giorni in 2,5 litri di aceto grande Assenzio 40 g, piccolo Assenzio 40 g, Rosmarino 40 g, Salvia 40 g, Menta 40 g, Ruta 40 g, Lavanda 40 g, Acoro 5 g, Cannella 5 g, Garofano 5 g, Noce moscata 5 g, Aglio 5 g. Passare spremendo e aggiungere 10 g di canfora disciolta in 40 g di acido acetico cristallizzato. Filtrare il liquido (Dict. Larousse). • «Durante la peste descritta dal Manzoni (1630), il Medico Tadino, mandato, come ora si direbbe in qualità di commesso sanitario, a visitare il contado, riferiva che gli abitanti, abbandonati i villaggi, erravano dispersi, “et ci parevano tante creature selvatiche, portando in mano chi l’herba Menta, chi la Ruta, chi il Rosmarino et chi un ampolla di aceto”» (Scotti, 1872). • «Una particolare virtù era dai Romani attribuita alla ruta: quella di acuire la vista; per cui cantava Ovidio: “Utilius sumas acuentes lumina rutas”; e la Scuola salernitana: “Nobilis est ruta, quia lumina reddit acuta”» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 424. 2 Paris R.R., Moyse H., op. cit., vol. II, p. 301. 3 Proserpio G. et al., op. cit., p. 626. 4 Teuscher E. et al., op. cit., p. 426.

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Sabadilla officinarum Brandt et Ratzeb (= Schoenocaulon officinale (Schltdl. & Cham.) A. Gray ex Benth.)

Nome comune: Sabadiglia Francese: Cévadille Inglese: Cevadilla Tedesco: Sabadill Spagnolo: Sabadilla Famiglia: Liliaceae Parte utilizzata: seme Costituenti principali: – miscela alcaloidi sterolici chiamati veratrina (2-5%): cevadina, veratridina, cevacina Attività principali: parassiticida Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico Si tratta di una pianta originaria delle alte praterie del Guatemala e del Venezuela che contiene nei semi alcaloidi veratrinici particolarmente tossici. La veratrina, miscela di alcaloidi sterolici, è combinata nella pianta agli acidi veratrico, tiglico e gallico. A livello cardiaco gli alcaloidi risultano inizialmente stimolanti quindi depressori e ipotensori1. La polvere risulta starnutatoria. La pianta veniva usata solo esternamente come parassiticida, in particolare contro pidocchi e blatte. Associata alla polvere di Delphinium Staphysagria L. serviva a preparare un composto atto a distruggere le pulci. Anche il decotto e la tintura servivano a questo scopo. La sabadiglia è soprattutto utilizzata per estrarre la veratrina. La veratrina era indicata come antigottoso, antifebbrile e antinevralgico. Per quest’ultima indicazione era impiegata in pomata (0,50%) contro i dolori reumatici. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Pianta tossica. La veratrina è molto irritante: localmente determina a livello cutaneo eritema e vescicazione. Internamente irrita la mucosa digestiva e può dar luogo a forme gastroenteriche gravi. A livello muscolare esercita prolungamento della fase di decontrazione che si conclude con un rallentamento dei movimenti volontari per rigidità muscolare; rallenta i movimenti cardiaci e respiratori; aumenta tutte le secrezioni e abbassa la temperatura di 3-5°2. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dai semi essiccati (titolo 65°). Curiosità • «Essa è una pianta nativa del Messico […]. Il nome deriva dall’idioma messicano il quale dinota piccolo orzo cioè il seme che si usa […]. I semi vengono raccomandati nelle dissenterie epidemiche verminose» (Capria, Dizionario Farmaceutico, 1883). Note bibliografiche 1 Paris R.R., Moyse H., op. cit., vol. II, p. 42. 2 Dorvault F., op. cit., p. 1867.

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Salix spp. - S. alba L. - S. purpurea L. - S. daphnoides Vill. S. fragilis L.

Nome comune: Salice Francese: Saule Inglese: Willow bark Tedesco: Weidenrinde Famiglia: Salicaceae Parte utilizzata: corteccia dei rami di 2-3 anni Costituenti principali1: – glucosidi dell’acido salicilico (1-11%)*: salicoside (= salicina) come maggioritario (glucoside dell’alcol salicilico (= saligenina); salicortina e derivati (tremuloidina, tremulacina, fragilina, populina) * La concentrazione può variare a seconda della specie, della provenienza e dell’età dell’albero. Secondo la monografia della Commissione E del BfArM il contenuto in salicina totale dovrebbe essere almeno dell’1%, valore spesso non raggiunto da alcune specie di Salix. Percentuali elevate sono presenti in S. purpurea (6-8,5%), S. daphnoides (4,9-5,6%), S. fragilis (3,910,2), S. alba (0,49-0,98%)2 – fenoli e acidi-fenolici: triandrina, vimalina, acido salicilico, caffeico, ferulico ecc. – flavonoidi (flavanoni, 1-4%) e proantocianidoli Attività principali: antireumatica, analgesica; antispasmodica; antipiretica Impiego terapeutico: fibromialgia, artralgia; forme reumatiche croniche; insonnia

Utilizzo medico La corteccia del Salice è conosciuta per le proprietà antipiretiche, antireumatiche e antispasmodiche. Nella corteccia essiccata del Salice sono presenti infatti glucosidi salicilici ad azione antalgica e antiflogistica. Viene segnalata la presenza di una “concentrazione minima di 1,5% in derivati salicilati totali, espressi in salicina [...]. La corteccia contiene in effetti numerosi derivati glicosilati (salicoside, salicortina ecc.) la cui idrolisi, a livello intestinale libera dell’alcol salicilico. Quest’ultimo è in seguito ossidato in acido salicilico la cui attività è ben stabilita”3. La salicina, in effetti, agisce nell’organismo umano come un prefarmaco: dopo somministrazione per os è idrolizzata, a livello intestinale, in glucosio e saligenina che, una volta nel circolo ematico, viene metabolizzata in acido salicilico4. È bene ricordare che l’infusione della corteccia frammentata non estrae la totalità (100%) dei derivati salicilati e che la liberazione dell’acido salicilico a livello intestinale è molto progressiva. Le proprietà antinfiammatorie della droga sono quindi giustificate ampiamente dall’acido salicilico il quale risulta un inibitore della sintesi delle prostaglandine per inattivazione della ciclossigenasi. Oltre alle proprietà analgesiche e antipiretiche si segnala azione inibente sull’aggregazione piastrinica. Commissione E del BfArM e ESCOP riconoscono l’efficacia della corteccia di salice per abbassare la febbre e come antidolorifico nelle forme reumatiche e nel mal di testa. Vari 694

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studi clinici hanno dimostrato che l’effetto analgesico e antinfiammatorio è blando ma costante e superiore al placebo. Recenti studi clinici, randomizzati in doppio cieco versus placebo5, hanno evidenziato una significativa diminuzione della componente algica (al limite della significatività statistica) e miglioramento dello stato generale con l’impiego di preparati a base di Salice. L’utilizzo dell’estratto di salice (240 mg/die = 115 mg/ die di acido salicilico) potrebbe, secondo i ricercatori, ridurre il ricorso ad altri medicamenti. Negli studi pubblicati la posologia generalmente suggerita per la salicina (o salicoside) è stata di 240 mg al dì, nettamente inferiore, pertanto, alla posologia generalmente consigliata per i salicilati di sintesi (1300-2600 mg al dì): anche in questo caso il fitocomplesso gioca un ruolo essenziale nell’efficacia terapeutica della pianta e nella sua maggiore innocuità. La salicina è solamente uno dei principi attivi della corteccia di salice: numerose altre molecole presenti nella corteccia del salice, come i flavonoidi per esempio, hanno un effetto antinfiammatorio che completa e rinforza l’effetto antiflogistico della salicina e spiegherebbe così l’efficacia della pianta a così bassi dosaggi. Gli amenti (infiorescenze pendule) sono segnalati per l’attività sedativa e ansiolitica. Leclerc (XX sec.) considerava più importante l’azione antispasmodica e sedativa degli amenti e delle foglie rispetto a quella antireumatica della corteccia. In particolare l’azione sedativa si manifesterebbe a livello degli organi genitali: nelle turbe dismenorroiche, ove si evidenzia una notevole attenuazione della componente algica e delle turbe nervose che l’accompagnano, nell’eretismo genitale, ove produce un effetto anafrodisiaco (presenza di principi estrogenici? Negli amenti di una varietà di salice, Salix capraea L., sono state segnalate tracce di estrone6), e nell’insonnia nervosa. A ciò si aggiunge una benefica azione tonico-stomachica che, attivando i processi digestivi, contribuisce al miglioramento dello stato generale. I Salici sono specie mellifere importanti, in quanto fioriscono rapidamente mettendo a disposizione delle api abbondante nettare e polline in un periodo dell’anno povero di fioritura. Le api lavorano attivamente sui fiori di salice per tutta la giornata. Il polline (uno dei più ricchi, contenendo il 4% in azoto) è ammassato in pallottole grosse, di colore normalmente giallo-chiaro. Nonostante i salici siano buoni fornitori di nettare, il miele di salice è assai raro in tutta Europa e non risulta che sia prodotto in Italia: in realtà molti mieli definiti di tarassaco all’esame pollinico si rivelano miscelati con mieli di salice7. Quando preparato, il miele di salice si presenta chiaro e poco aromatico. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Secondo l’ESCOP la corteccia di Salice non sembra determinare effetti indesiderabili particolari. La sperimentazione sull’uomo mostra che modifica pochissimo l’aggregazione piastrinica8. Scrive Capasso: «D’altra parte la salicina non inibisce l’aggregazione piastrinica e pertanto il salice è più sicuro dell’aspirina per quanto concerne interferenze con la coagulazione»9. Viene inoltre riportato come «contrariamente all’acido acetilsalicilico, gli effetti antiaggreganti della corteccia di salice siano troppo deboli perché si possa verificare una interazione significativa fra la pianta e gli altri medicamenti di sintesi aventi effetti similari»10. Possono insorgere problemi solo per posologie elevate del principio attivo («quando i salicilati superano la dose di 3 g al giorno»)11. Si consiglia comunque di usare cautela in pazienti che assumono farmaci antiaggreganti piastrinici e anticoagulanti (potenziamento d’azione) in quanto «anche se non sembra sia stato riportato alcun effetto indesiderabile notevole o interazione farmacologica, non si può in teoria escludere il sopraggiungere di incidenti identici a quelli che sopravvengono con i 695

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salicilati»12. In linea teorica è bene evitare la concomitante assunzione di farmaci analgesici potenti13. Si segnala che la salicina a dosaggi di 0,3-1g può determinare rashes cutanei14. Anche se raramente gli estratti di salice possono irritare la mucosa gastro-duodenale: si consiglia di usare cautela in pazienti che presentano stati infiammatori acuti a carico del tratto gastro-intestinale. La presenza di tannini può determinare irritazione gastrica e interazioni farmacologiche. L’uso è controindicato in caso di ipersensibilità individuale ai salicilati, nei pazienti affetti da deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi. Per la presenza di un’alta concentrazione in tannini l’uso è controindicato in caso di stipsi, anemia ferropriva e malnutrizione. Non usare durante l’allattamento se non sotto controllo medico15. HMPC-EMEA ne controindicano l’uso nel terzo trimestre di gravidanza, in caso di asma, di ipersensibilità ai salicilati, di ulcera gastrica e di deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi16. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla corteccia essiccata intera o frammentata dei giovani rami o da pezzi interi essiccati dei ramuli giovani di diverse specie del genere Salix fra cui S. purpurea L., S. daphnoides Vill. e S. fragilis L., contenente al minimo 1,5% di derivati salicilati totali, espressi in salicina. L’estratto secco di corteccia di salice, ottenuto con acqua o solvente idroalcolico (al massimo all’80% di etanolo), contiene non meno del 5% di derivati salicilati espressi in salicina. Forme farmaceutiche e posologia Commissione E del BfArM consiglia una dose giornaliera corrispondente a 60-120 mg di salicina; ESCOP consiglia una dose giornaliera corrispondente a 120-240 mg di salicina. Decotto (corteccia): 2-3 g di droga in acqua fredda, portare a ebollizione e filtrare dopo 5 minuti. Una tazza 3 volte al dì. Infuso (amenti): 5 g di amenti in una tazza d’acqua bollente; una tazza prima di ogni pasto e prima di coricarsi. Estratto secco (nebulizzato e titolato in acido salicilico min. 4%, Pharmacopée Française): 1 cps 1-3 volte al dì. Salix a.T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La droga è costituita dalla corteccia che viene staccata da rami di 2-3 anni17. Si ricorda che «10 g di corteccia contenente 0,15 g di salicoside sono equivalenti, dopo idrolisi del glucoside, a circa 0,065 g di alcol salicilico o 0,072 g di acido salicilico. Bisogna notare anche che l’infuso di corteccia contusa non estrae il 100% dei derivati salicilati e che non è dimostrato che l’ossidazione in vivo dell’alcol in acido sia totale»18. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla corteccia fresca (titolo 65°). Formulario Artrosi-artralgie Harpagophytum p. T.M. Erigeron c. T.M. Salix a. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì 696

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Nervosismo Passiflora i. T.M. Salix a. (amenti) T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì Forme febbrili, influenza ecc. Echinacea a. T.M. Spiraea u. T.M. Salix a. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 3-4 volte al dì (fino a miglioramento) Periartrite Harpagophytum p. T.M. Erigeron c. T.M. Salix a. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì Menopausa Salvia o. Angelica a. Salix a. (amenti) S/40, diluite in acqua, 3 volte al dì

T.M. T.M. T.M. ana parti in flacone unico

Curiosità • Dioscoride usava le foglie per favorire l’addormentamento. • È a partire dalla corteccia di salice che il chimico Raffaele Piria scoprì nel 1838 l’acido salicilico per ossidazione della salicina. • «Nei giorni del prossimo febbraio i saliconi gonfieranno i gattici e sbocceranno i fiori dove le prime api coraggiose, dopo aver sorvolato i prati ancora coperti dalla neve, andranno a raccogliere il primo polline e il primo nettare dell’anno che serviranno a nutrire larve e adulte, e daranno forza all’arnia dopo il forzato riposo invernale. Pure le lepri, tra l’uno e l’altro gioco amoroso al chiaro di luna sulla neve indurita, andranno bramose a mangiare le gemme e le cortecce fresche e verdi dei salici» (Rigoni Stern M.). • «Umile e generoso albero quanto ti debbono gli uomini! Questi uomini che ti passano accanto dentro le loro veloci automobili o in treno. E nemmeno ti notano» (Rigoni Stern M.). • «L’olmo, il tiglio, l’ulivo, il pioppo bianco e il salice, presentano una particolarità meravigliosa: le foglie di questi alberi si girano in senso inverso dopo il solstizio d’estate, e nessun segno indica con più certezza che quest’epoca è passata» (Plinio, N.H., lib. XXXVI). Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 292. 2 Wichtl M. et al., op. cit., p. 438. 3 Bruneton J, Phytothérapie..., op. cit., p. 99. 4 Dorvault F., op. cit., pp. 1522-1533. 5 Chrubasik S., Eisemberg E. et al., 2000, Treatment of low back pain exacerbation with willow bark extract: a randomized study, Am. J. Med., 109, 9-14; Schmid B. et al., 2001, Efficacy and

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tolerability of a standirzed willow bark extract in patients with osteoarthritis: randomized placebo-controlled, double blind clinical trial, Phytother. Res., 15, 344-350. 6 Dorvault F., op. cit., p. 534. 7 UNAAPI, Il miele di Salice, in www.mieliditalia.it. 8 Krivoy N, Pavlotzky E et al., 2001, Effect of salicis cortex extract on human platelet aggregation. Planta Me, apr; 67(3):209-12; Bruneton J, Phytothérapie…, op. cit., p. 100. 9 Capasso F. et al., 2006, op. cit., p. 520. 10 Colin Briggs, B. Pharm., ph.D., FR. Pharm. S., 2005, Société canadienne de recherche sur les produits de santé naturels (SCRPSN) (septembre). 11 Fitovigilanza-Firenzuoli 2001. 12 Bruneton J, 2009, op. cit., Pharmacognosie…, p. 293 13 Mills B., Bone K., op. cit., p. 626. 14 Ibidem. 15 Ibidem. 16 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 294. 17 Wichtl Max et al., op. cit., p. 437. 18 Bruneton J, Phytothérapie…, op. cit., p. 100.

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officinalis

L.

Salvia officinalis L.

Nome comune: Salvia domestica Francese: Sauge Inglese: Sage Tedesco: Salbei Spagnolo: Salvia Famiglia: Lamiaceae Parte utilizzata: foglie, sommità fiorite; olio essenziale Costituenti principali1: – olio essenziale (1,2- 3,6%): α- e β-tuione (30-70%), canfora (8-37%), 1,8-cineolo (824%), limonene (0,3-15%), acetato di bornile, camfene, α- e β-cariofillene, mircene, α- e β- pinene, α-terpineolo, viridiflorolo, manoolo (Nota: la composizione dell’olio essenziale varia a seconda dell’ecologia, dell’epoca di raccolta e delle differenti sottospecie.) – fenoli diterpenici: nella foglia fresca acido carnosolico (salvina, 0,2-0,4%) che nella foglia essiccata diventa carnosolo (picrosalvina, dal sapore amaro) – derivati dell’acido idrossicinnamico (detti tannini delle Lamiaceaea) e acidi fenolcarbossilici: acido rosmarinico (0,1-3,3%), acido caffeico, clorogenico, salvianolico… – derivati dell’acido jasmonico; Triterpeni: acido ursolico (2-5%) e acido oleanolico – flavonoidi (1-3%): apigenina-7-glucoside, luteolina-7-glucoside, -3’-glucoronidi,6idrossiluteina, vincenina-2, genkwanina, genkwanina-6-metiletere, salvigenina-5metiletere – altre sostanze: β-sitosterolo e stigmasterolo, colina, asparagina, acidi fosforico, malico, ossalico, alcuni tannini catechici, mucillagini, resine Attività principali: antispasmodica; eupeptica; antisettica; antisudorale; cicatrizzante Impiego terapeutico: dispepsia, atonia gastrointestinale; iperidrosi; turbe mestruali; flogosi della mucosa orofaringea (uso esterno)

Utilizzo medico La Salvia, che gode fin dall’antichità fama di panacea, presenta un’indubbia azione antispasmodica e colagoga-coleretica. La Commissione E del BfArM riconosce l’uso della pianta per alleviare le turbe digestive funzionali, nella traspirazione eccessiva (uso interno) e nel trattamento topico delle infiammazioni a carico della mucosa nasale e della gola. L’ESCOP ne riconosce anche l’impiego nel trattamento delle flogosi della faringe, delle gengive e della mucosa orale. La presenza dell’olio essenziale e dei flavonoidi è importante per determinare l’azione antispasmodica che caratterizza la pianta. Sperimentalmente, infatti, si è visto che piccole dosi di olio essenziale sono in grado di inibire gli spasmi indotti da bicloruro di bario (BaCl2) su duodeno isolato di cavia, così come inibiscono quello provocato a livello della muscolatura liscia da acetilcolina, istamina e serotonina. Anche l’estratto idroalcolico presenta analoghe proprietà2. 699

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Gli estratti di salvia sono considerati efficaci antiossidanti3, in grado di inibire la perossidazione lipidica e quindi la degenerazione cellulare. Tale proprietà è sostenuta dalla presenza nel fitocomplesso della pianta di fenoli diterpenici, di acido rosmarinico e flavonoidi che agiscono come agenti antiossidanti capaci di neutralizzare i radicali liberi. Tali componenti sono in grado anche di rallentare l’irrancidimento dei grassi negli alimenti a base di carne. A tutto ciò si affianca l’attività antimicrobica. Non è un caso quindi che la pianta da sempre sia impiegata nell’alimentazione per conservare i cibi. L’attività battericida dell’olio essenziale risulta inferiore a quelle dell’O.E. di Timo ed è nulla nei confronti dello Staphylococcus aureus. Anche in questo caso gli estratti acquosi risultano ugualmente antisettici e antiossidanti per la presenza dell’acido rosmarinico. Le foglie dal sapore amaro e aromatico si caratterizzano per le proprietà aperitive e aromatiche: per questo la pianta trova impiego in qualità di amaro-tonico e stimolante nelle forme dispeptiche e nell’atonia gastrointestinale, in particolare nel trattamento sintomatico di turbe digestive quali senso di pesantezza epigastrico, lentezza digestiva, meteorismo, flatulenza ecc. Se assunta in forma di decotto, lontano dai pasti e a stomaco vuoto, sembra contribuire ad abbassare la glicemia nei diabetici4. L’antica usanza di consigliare alle persone affaticate, sia fisicamente che intellettualmente, l’infuso (1 cucchiaino da tè delle foglie triturate per tazza d’acqua calda, 2-3 tazze al dì) al fine di migliorare le prestazioni intellettuali e la ripresa della forma fisica, trova indirettamente una conferma di recenti studi5 che segnalano l’interessante azione dimostrata dalla pianta nel migliorare i processi mnemonici e nel contrastare il deterioramento che caratterizza il morbo di Alzheimer. I ricercatori del Medicinal Plant Research Centre dell’Università di Newcastle, infatti, ipotizzano che la pianta sarebbe in grado di bloccare l’enzima acetilcolinestarasi, ovviando, di conseguenza, alla carenza di acetilcolina caratteristica di tali stati. Non meno importanti, secondo i ricercatori, nell’espletare tali attività sono le proprietà antinfiammatorie e antiossidanti della pianta. Nel fitocomplesso della pianta viene segnalata, inoltre, la presenza di 2 diterpeni, acido carnusico-carnosolo, ad attività benzodiazepino-simile (elevata affinità per i recettori GABA-ergici benzodiazepinici). La salvia è conosciuta anche come pianta antisudorale. È stata segnalata una riduzione della traspirazione del 18-52% in soggetti sani che avevano assunto una preparazione a base di foglie fresche6. L’azione antidrotica si manifesta dopo alcune ore dall’assunzione della pianta e il beneficio può durare alcuni giorni. L’azione sarebbe centrale e sostenuta dall’olio essenziale. È stato dimostrato sperimentalmente che riuscirebbe ad antagonizzare completamente l’iperidrosi da pilocarpina7. L’olio essenziale paralizza le terminazioni nervose periferiche delle ghiandole sudoripare8. Preparati a base di salvia sarebbero in grado di manifestare una reale efficacia nel regolarizzare il flusso mestruale, calmare le reazioni dolorose e nei disturbi della menopausa. Per la Salvia officinalis viene segnalata la presenza di una “probabile” frazione estrogenica9 che però, al contrario di altre piante come la soia, la cimicifuga, il trifoglio rosso ecc. (ricche in fitoestrogeni), non è stata ancora dimostrata. Scorrendo la letteratura medica mancano peraltro segnalazioni relative a controindicazioni dovute alla presenza di estrogeni nel fitocomplesso della pianta. Come per tutte le piante ricche in olio essenziale, manifesta azione balsamica e sarebbe in grado di contenere l’eccessiva formazione di catarro nelle forme bronchiali. Uso esterno Gli estratti di salvia manifestano in vitro azione antivirale, sostenuta dalla presenza dell’acido rosmarinico e dai fenoli diterpenici: tale attività si manifesta più che altro 700

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a livello topico. Le foglie di Salvia sono impiegate come astringenti e antisettiche in gargarismi e collutori, nelle infiammazioni del cavo orofaringeo e nelle emorragie gengivali. In caso di faringite preparati a base di salvia manifestano proprietà antidolorifiche: uno spray a base di estratto acquoso di salvia ha contribuito ad alleviare il dolore dovuto all’infiammazione nelle faringiti di origine virale (studio in doppio cieco versus placebo)10 così come un preparato a base di Salvia ed Echinacea è risultato efficace quanto un trattamento topico a base di clorexidina e lidocaina11. Viene segnalata anche l’efficacia dell’infuso per trattare le infiammazioni orali causate dalle protesi dentarie. Uno studio comparativo ha valutato una crema a base di Salvia e Rabarbaro rispetto a una crema a base di acyclovir (5%) nel trattamento dell’Herpes labiale: l’efficacia è risultata analoga. Una pomata contenente solo estratto di salvia è risultato meno efficace rispetto agli altri due prodotti12. Dal punto di vista cosmetico manifesta azione dermopurificante, deodorante, stimolante e rassodante per cui può essere impiegata nella cura dei capelli grassi, della pelle grassa e impura e di quella rilassata e nell’igiene dentaria e generale, in preparazioni al 2-3%13. Nota: • Salvia triloba L. (Salvia triloba): l’olio essenziale contiene principalmente cineolo (60%), canfora, borneolo, terpineolo e circa 7% di tuioni. Le foglie sono impiegate come antiflogistiche in modo analogo alla salvia comune, in particolare nel trattamento delle infiammazioni orofaringee14. • Salvia miltiorrhiza Bunge (Salvia milthiorrhiza) è una varietà cinese conosciuta come danshen e utilizzata in Cina per il trattamento di patologie cardiovascolari e cerebrovascolari. Numerosi studi in vitro e in vivo hanno confermato che la pianta ha effetti antiossidanti e può inibire l’aggregazione piastrinica, ridurre la viscosità ematica e migliorare l’ischemia miocardica15. • Salvia divinorum Vault, originaria del Messico, veniva impiegata dagli indiani Oaxaca della regione di Mazatec nelle cerimonie religiose in quanto in grado di provocare variazioni nella percezione, allucinazioni ecc. La pianta può essere considerata una droga fortemente psicoattiva e allucinogena: il suo principio attivo Salvinorin A, un diterpene neocloradanico, è stato caratterizzato chimicamente nel 1982. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’impiego delle foglie, alle dosi usuali, non comporta fenomeni di tossicità acuta e cronica. Tuttavia quantità importanti di droga (dosi superiori a 15 g di droga secca) possono provocare secchezza delle fauci, comparsa di sudorazione, tachicardia e vertigini. È buona norma pertanto non eccedere e attenersi sempre alle posologie indicate16. Si consiglia inoltre di evitare l’assunzione continuativa e per tempi prolungati della pianta, anche sotto forma di tisana (a eccezione delle varietà povere in tuione)17. Occorre estrema precauzione nell’impiego dell’olio essenziale: la presenza infatti di tuione e canfora lo rendono neurotossico (azione convulsivante): la tossicità sarebbe legata a un’inibizione del metabolismo ossidativo dei neuroni18. Le manifestazioni dell’intossicazione acuta dovute all’essenza sono di tipo epilettogeno anche se non bisogna dimenticare la tossicità cronica di questa essenza che, somministrata nell’animale quotidianamente a debole dose, si rivela bruscamente convulsivante. Responsabili di questi effetti sono l’α- e β-tuione (quest’ultimo risulta più tossico del primo) e la canfora di cui numerosi autori hanno dimostrato l’azione convulsi701

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vante di tipo tonico-clonico: le convulsioni, a seconda della dose ingerita, sono seguite da coma accompagnato da vomito, insufficienza respiratoria o morte19. Scrive Bruneton: «Uno dei casi più recentemente pubblicati segnala che 12 gocce possono essere sufficienti per indurre una sensazione di malessere rapidamente seguita da un episodio di convulsioni tonico-cloniche generalizzate (Burkard et al., 1999). La lipofilia di questi oli essenziali spiega come la loro tossicità possa manifestarsi sia per via orale che per via rettale o per via transcutanea (ad esempio: con preparati per bagni)»20. L’olio essenziale va assunto solo sotto stretto controllo medico e non in cure prolungate. L’olio essenziale puro e gli estratti alcolici non vanno assunti in gravidanza e durante l’allattamento. Viene evidenziato infatti che la pianta ha causato o è associata a un sostanziale rischio di effetti dannosi nel feto o nel neonato senza causare malformazioni21. È stato segnalato che la Salvia può ridurre, oltre che la sudorazione, anche la lattazione: anche per questo motivo se ne sconsiglia, a scopo cautelativo, l’uso medicinale durante l’allattamento. Evitare in caso di insufficienza renale. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla foglia essiccata intera contenente almeno 15 ml/kg di olio essenziale. Quando la foglia è frammentata la concentrazione richiesta è ridotta di un terzo (>10 ml/kg). La foglia di S. officinalis è utilizzata per l’ottenimento della tintura: tintura al 1/10 nell’etanolo al 70%, contenete al minimo 0,1% di olio essenziale. Profilo cromatografico dell’olio essenziale di S. officinalis: α-tuione (18-43%), β-tuione (3-8,5%), canfora (4,5-24,5%), 1,8-cineolo (5,5-13%), umulene (0-12%), α-pinene (16,5%), camfene (1,5-7%), limonene (0,5-3%), linalolo libero ed esterificato (1% come massimo), acetato di bornile (2,5% come massimo) Nella Farmacopea Europea è presente anche Salvia triloba L. (Salvia triloba): la droga è costituita dalla foglia essiccata intera contenente almeno 18 ml/kg di olio essenziale. Quando la foglia è frammentata la concentrazione richiesta è ridotta di un terzo (≥ 12 ml/kg). Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 4-6 g/die (foglia); tintura: 2,57,5 g/die; Estratto Fluido: 1,5-3 g/die; olio essenziale: 0,1-0,3 g/die. In gargarismi: 2,5 g della foglia per 100 ml di acqua, oppure 2-3 gocce di olio essenziale oppure 5 g di estratto. Infuso: 1 cucchiaino da tè delle foglie triturate per tazza d’acqua calda, 2-3 tazze al dì. Polvere: 150-200 mg/cps; 1 cps 1-2 volte al dì. Estratto secco: 160 mg di estratto secco acquoso corrispondenti a 880 mg di droga 3 volte al giorno (ESCOP). Olio essenziale: 1-4 gocce al dì. Salvia officinalis T.M.: 25 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte aerea fresca (titolo 55°). Formulario Menopausa (vampate) Salvia o. T.M. S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì 702

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L.

Menopausa Salvia o. T.M. Equisetum a. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Gargarismi Matricaria r. T.M. Salvia o. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, in un bicchiere di acqua Gengivite Tormentilla Salvia S/Toccature locali

T.M. T.M. ana parti in flacone unico

Vino medicinale amaro-tonico (Negri) Mettere a macerare 80 g di foglie per otto giorni in vino marsala. Assumere dopo i pasti 1-3 cucchiai Specie aromatiche F.U. Sommità fiorite lavandula Foglie arancio Foglie menta Foglie rosmarino Foglie salvia aa p. 1 Si contundano e si mescolino. Conservare in un vaso chiuso Tisana alito fresco (Cagnola, Botticelli) Menta piperita foglie 20 g Rosmarino foglie t.t. 20 g Melissa foglie 20 g Salvia foglie t.t. 20 g Anice verde frutti 20 g S/Mettere in infusione un cucchiaio della miscela in una tazza d’acqua calda, lasciare infondere per 15 minuti e filtrare. Utilizzare il liquido per sciacqui e gargarismi Bagno antifatica Salvia 50 g Timo 50 g Rosmarino 50 g Lavandula o. O.E. 10 gocce S/Porre le erbe in un sacchetto di lino quindi mettere nell’acqua del bagno Curiosità • La Salvia era l’Herba sacra dei latini: l’uso era così comune che inventarono un verbo apposito per descriverlo: Salviare = dare una pozione di Salvia. • La Scuola Salernitana diceva: «Cur muriatur homo cui Salvia crescit in horto?» e anche «Salvia salvatrix, natura conciliatrix». 703

235 • Salvia

officinalis

L.

• «[…] per testimonianza di Valmont di Bomare, gli Olandesi ne importavano grandissima quantità nella China, dove quei popoli si stupivano che noi Europei, possedendo un’erba sì buona, sì gradevole, sì utile, fossimo tanto semplici da andarla a scambiare con il loro the, del quale essi pure avevano la semplicità di barattarcene doppio peso. È il solito andazzo di non apprezzare se non ciò che viene da lontano» (Scotti, 1872). • «Le foglie secche si fumano come rimedio antispasmodico contro la cefalgia nervosa e negli accessi asmatici, o sole od unite a qualche altra erba aromatica, o solanacea» (Scotti, 1872). • I Greci proibivano il suo impiego durante le competizioni sportive, poiché le sue proprietà euforizzanti ed eccitanti sembravano “dopare” gli atleti. • Gli Egiziani utilizzavano la Salvia per imbalsamare i morti, ma questa pianta aveva anche la reputazione di rendere le donne fertili. • Nel sud della Francia si dice che: «Qui a de la sauge dans son jardin, n’a pas besoin de médicin» (Chi ha della Salvia nel suo giardino non ha bisogno del medico). Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 446; Bruneton J, 2009, op. cit., p. 643. 2 Rombi M., op. cit., p. 241; Bruneton J, 2009, op cit., p. 644. 3 ESCOP Monographs on the Medicinal Uses of Plants Drugs - Salvia folium, Centre for Complementary Health Studies, Université d’Exeter, Grande-Bretagne, 1996. 4 Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 175. 5 Scholey AB, Tildesley NT et al., 2008, An extract of Salvia (sage) with anticholinesterase properties improves memory and attention in healthy older volunteers. Psychopharmacology, (Berl). 198(1):127-39. 6 Teuscher E. et al., op. cit., p. 446. 7 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1418. 8 Pellecuer J., 1990, Dossier de Phytothérapie, Université de Montpellier. 9 Proserpio G. et al., op. cit., p. 543. 10 Hubbert M, Sievers H et al., 2006, Efficacy and tolerability of a spray with Salvia officinalis in the treatment of acute pharyngitis - a randomised, double-blind, placebo-controlled study with adaptive design and interim analysis. Eur J Med Res. 31;11(1):20-6. 11 Schapowal A, Berger D et al., 2009, Echinacea/sage or chlorhexidine/lidocaine for treating acute sore throats: a randomized double-blind trial. Eur J Med Res. 1;14(9):406-12. 12 Saller R, Buechi S et al., 2001, Combined herbal preparation for topical treatment of Herpes labialis. Forsch Komplementarmed Klass Naturheilkd. 8(6):373-82. 13 Proserpio G. et al., op. cit., p. 543. 14 Wichtl Max et al., op. cit., p. 445. 15 Chan T.Y., 2001, Interaction between warfarin and danshen (Salvia miltiorrhiza), Ann. Pharmacother. 35, 501-4. 16 Teuscher E. et al., 2005, p. 446. 17 Mills B., Bone K., op. cit., p. 558. 18 Rombi M., op. cit., p. 268. 19 Pellecuer J., 1990, Dossier de Phytothérapie, Université de Montpellier. 20 Bruneton J, Plantes toxiques..., op. cit., pp. 338-9. 21 Mills B., Bone K., op. cit., ibidem.

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236 • Salvia

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sclarea

L.

Salvia sclarea L.

Nome comune: Salvia sclarea Francese: Sauge sclarée; Herbe aux plaies Inglese: Clary wort Tedesco: Muskatellersalbei Spagnolo: Amaro; Esclarea Famiglia: Lamiaceae (= Labiatae) Parte utilizzata: foglie e sommità fiorite Costituenti principali1: – olio essenziale: acetato di linalile (85%), linalolo (fino al 35%), β-pinene, 1,8-cineolo, α-terpineolo, nerolo, geraniolo, eugenolo, β-cariofillene, β-cubebene; Diterpeni: sclareolo (50%) Attività principali: antispasmodica, emmenagoga, anticatarrale Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico La Salvia sclarea è conosciuta come pianta antispasmodica, emmenagoga e anticatarrale. Le foglie messe a macerare sono impiegate, in liquoreria, per la preparazione di Vermouth e per dare un sapore moscato al vino e all’aceto2. Può essere utilizzata al posto della Salvia officinalis, ma occorrono dosaggi molto più elevati. L’olio essenziale è ricercato in profumeria. Lo sclareolo costituisce una materia prima per l’industria profumiera (è un fissatore), per l’aromatizzazione dei tabacchi e per l’emisintesi dell’ossido di ambra3. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte aerea fresca (titolo 55°). Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) L’olio essenziale è ottenuto per distillazione in corrente di vapore dagli steli fioriti, freschi o essiccati. Profilo cromatografico: α- e β-tuione (< 0,2%), linalolo (6,5-24%), acetato di linalile (56-78%), α-terpineolo (< 5%), germacrene-D (1-12%), sclareolo (0,4-2,6%). Curiosità • «Fu lodata nelle affezioni isteriche: ciò che le fece dare il nome di matri Salvia, o Salvia della matrice» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 448. 2 Luzzi P., op. cit., p. 73. 3 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 646.

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nigra

L.

Sambucus nigra L.

Nome comune: Sambuco Francese: Sureau noir Inglese: Elder Tedesco: Schwarze Holunder Spagnolo: Saúco negro Famiglia: Adoxaceae (= Caprifoliaceae) Parte utilizzata: fiori, frutto; foglie, corteccia Costituenti principali: Fiori1 – eterosidi del cianidolo elavonoidi: rutoside, isoquercitroside, iperoside, astragalina, quercitrina) – acido clorogenico, acido caffeico, acido ferulico, acido p-cumarico – triterpeni: amirine, acido ursolico e oleanolico; olio essenziale: alcani, 3,7-dimetil-1,3,7-octatriene-3-olo, linalolo, cis-exenolo e ossidi di rosa; acidi grassi liberi – mucillagini e tannini Frutti: – flavonoidi: rutina, isoquercitrina, iperoside – tannini (3%); antociani (0,2-1%): sambucina, sambucianina, crisantemina – glicosidi cianogenetici (nei semi): sambunigrina, prunasina, zierina, olocalina – olio essenziale (0,1 ml/kg); zuccheri riduttori, acidi organici (citrico e malico), vitamina A e C e fattori del complessoB (**) (**) contenuto fattori del complesso B nel succo dei frutti (mg/litro): tiamina (0,3-1,1), riboflavina (0,6-0,7), acido nicotinico e ammide (PP) (4,3-6,6), vitamina B6 (0,9-1,8), inositolo (340-630), acido pantotenico (2,1-2,4), acido folico (0,06-0,1), biotina (0,007-0,009)2 Corteccia interna – tannini; glucosidi flavonici; tracce di olio essenziale – glicosidi cianogenetici: sambunigrina; sambucina (alcaloide) – sali di K Attività principali: diaforetica (fiori); lassativa (frutti); diuretica (corteccia) Impiego terapeutico: disturbi da raffreddamento (fiori); cistite; nevralgia (frutti)

Utilizzo medico I fiori sono considerati diaforetici (favoriscono cioè la sudorazione), diuretici ed emollienti; i frutti, lassativi e antinevralgici; la corteccia interna è reputata diuretica e, a forti dosi, emeto-catartica. L’azione diaforetica sembra legata soprattutto ai fiori che vengono impiegati, sotto forma di infusi al 5%, in corso di malattie da raffreddamento accompagnate da febbre, nelle affezioni reumatiche e in quelle infiammatorie dell’albero respiratorio. Estratti di fiori hanno mostrato in vitro proprietà antivirali e di interazione con la produzione di citochine3. 706

237 • Sambucus

nigra

L.

Le mucillagini esercitano un’azione emolliente, i flavonoidi sfiammante e diuretica. Vengono spesso associati ai fiori di Tiglio. Nel 1999 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha riconosciuto l’uso tradizionale dei fiori di sambuco quali diaforetici ed espettoranti. Il British Herbal Compendium ne raccomanda l’utilizzo negli stati febbrili. In precedenza la Commissione E del BfArM (1986) ne aveva approvato l’impiego nel trattamento del raffreddore. Dorvault4 ricorda come in passato venisse raccomandato quale rimedio assai efficace contro la gotta il pediluvio effettuato con un decotto ottenuto facendo bollire per 3 ore i fiori di Sambuco. La Note explicative de l’Agence du médicament (Francia, 1998) ne indica l’uso per facilitare le funzioni di eliminazione urinaria e digestiva, per favorire l’eliminazione renale di acqua e come adiuvante nei regimi dimagranti. Segnala analoghe proprietà per i frutti. Le foglie sono considerate emollienti e depurative e vengono impiegate con indicazioni abbastanza simili a quelle dei fiori5. Il succo di pressa delle bacche, o frutti, è dotato di una valida azione antinevralgica: secondo studi ormai datati, sarebbe efficace nel trattamento della nevralgia del trigemino: l’assunzione di 20 g può determinare, nei casi recenti, la scomparsa del dolore in breve tempo (10-15 minuti), oppure dopo 3-5 giorni, nei casi di più vecchia data. Nelle ischialgie la somministrazione di 30 g 2 volte al dì faceva ottenere buoni risultati nel giro di 2-3 settimane6. Nel succo dei frutti si rilevano discrete quantità di fattori del complesso B: tiamina, riboflavina, acido nicotinico e ammide (PP), vitamina B6, inositolo, acido pantotenico, acido folico, biotina. È stata segnalata anche la presenza di tirosina7. I frutti servono a preparare una conserva (estratto molle: rob di sambuco) che è un vecchio preparato utilizzato come diaforetico alla posologia di 4-8 g, dose al di là della quale esercita azione lassativa e purgativa. Alcuni ricercatori8 hanno segnalato, inoltre, che i frutti di sambuco presentano in vitro un’azione di inibizione sullo sviluppo del virus dell’influenza e avrebbero effetti immunostimolanti9. Ciò conferma l’impiego del succo ottenuto dai frutti per mitigare i sintomi influenzali. La corteccia interna (libro) è considerata diuretica e, a forti dosi, emeto-catartica. Sembra particolarmente efficace nelle cistiti, ove come unico inconveniente può provocare una lieve forma di diarrea o aumentarla se già presente. Viene consigliato il decotto, l’estratto acquoso (0,20-1 g al dì) e il vino. La corteccia contusa è considerata un topico utile nelle emorroidi e nelle bruciature10. Nota: Il Sambucus ebulus L., o ebbio, e il Sambucus racemosa L., chiamato sambuco rosso o montano, presentano pressappoco le stesse virtù medicinali del Sambucus nigra L.: il Sambucus ebulus sembra più attivo del Sambucus nigra, mentre il Sambucus racemosa è leggermente più blando11. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Come per tutte le piante ad azione diuretica, è necessario prestare attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci diuretici (sommazione d’effetto). I frutti immaturi, per la maggiore concentrazione di glicosidi cianogenetici, possono determinare fenomeni di intossicazione caratterizzati da sensazione di bruciore e di raschiamento in gola, scialorrea, vomito, diarrea, senso di pesantezza al capo e di angoscia, difficoltà di respiro e crampi. Le persone allergiche alla famiglia delle Caprifoliaceae possono manifestare reazioni allergiche. I fiori, allo stato fresco, provocano, se applicati sulla cute, forte irritazione con eritema e flittene. L’uso dei fiori, secondo HMPC-EMEA, non deve superare la settimana e non è raccomandato prima dei 12 anni, in caso di gravidanza e allatta707

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mento. Anche L’OMS ne sconsiglia a scopo precauzionale l’uso in gravidanza e durante l’allattamento per la mancanza di dati clinici e farmacologici. La Commissione E del BfArM non segnala invece per l’uso dei fiori particolari precauzioni12. Anche Mills-Bone sono di uguale parere13. Segnalano invece che a dosaggi elevati i fiori di sambuco possono provocare nausea, diarrea e poliuria e che i frutti mangiati crudi possono causare nausea e vomito14. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dal fiore essiccato di S. nigra L. contenente al minimo 0,8% di flavonoidi espressi in isoquercitroside. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (fiori): 10-15 g/die; Estratto Fluido: 1,5-3 g/die; tintura: 2,57,5 g/die (Commissione E del BfArM). Infuso: 3-4 g di fiori in 150 ml di acqua bollente; lasciare in infusione per 10 minuti. Filtrare e bere più tazze al dì. Infuso o decotto (fiori) al 10%: uso esterno. Decozione (corteccia): 30 g per litro di acqua; fare una decozione che riduca a mezzo litro: 1-2 tazze al dì. Sambucus nigra T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì. Note di galenica I fiori di Sambuco vengono spesso impiegati come correttivi del sapore, ad esempio nelle tisane lassative. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalle sommità fiorite fresche (titolo 45°). Formulario Specie composta per tisana al Sambuco (Formulario Nazionale F.U.) Tiliae flos 30% Sambuci flos 30% Spiraea u. flos 20% Rosae pseudofructus 20% S/Un cucchiaio (5 g circa) per tazza d’acqua bollente (250 g circa); 1-3 tazze al dì. Come diaforetico nei disturbi da raffreddamento Vaporizzazioni emollienti (acne) (Cagnola, Botticelli) Sambuco fiori 50 g Echinacea radice 50 g S/Versare un litro di acqua bollente su 4 cucchiai della miscela, lasciare in infusione per 15 minuti. Mescolare bene ed esporre il viso ai vapori coprendo la testa con un asciugamano Tisana contro il reumatismo Foglie di betulla Fiori di tiglio Fiori di sambuco aa 25 g S/3 cucchiaini da caffè in infusione in 2 bicchieri di acqua 708

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nigra

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Tisana diaforetica (sudorifera) Sambuco fiori Tiglio fiori Camomilla fiori ana ad 100 S/2-3 cucchiaini da caffè per tazza d’acqua bollente; infusione di 10 minuti, da assumere calda a sorsi; 1-3 tazze al giorno Vino diuretico (Leclerc) Corteccia interna di sambuco 10 g Vino bianco 1000 g S/Lasciare macerare 48 ore. Da 100 a 150 g al dì Specie lassativa (Ph. Helvetica VII ed.) Anisi fructus contuso 15% Foeniculi fructuscontuso 15% Liquiritiae radix 10% Sambuci flos 10% Sennae fructus 50% S/Infuso al 5%; una tazza di infuso 1-2 volte al dì Curiosità • Sambuco deriva dal greco sambuché = strumento musicale, in quanto con i rami cavi della pianta veniva fabbricato una specie di flauto. • S. Alberto Magno (XIII secolo) dichiarava che corteccia, foglie e frutti erano purgativi e vomitivi e ricordava una credenza appartenente alla magia secondo la quale la corteccia avrebbe azione lassativa se staccata dalla pianta dall’alto in basso, e vomitiva se staccata in modo inverso. • Si ritiene che le popolazioni preistoriche raccogliessero grandi quantità di bacche di Sambuco che forse servivano a preparare bevande fermentate. Nelle stazioni preistoriche dell’Italia settentrionale e della Svizzera ne sono stati ritrovati grandi ammassi. • «Si loda molto l’olio di Sambuco per il gran penetrare e disseccare nella puntura dei nervi [Vico: La pratica chirurgica]. Quest’olio si otteneva lasciando digerire per 48 ore a bagno-maria una parte e mezza di fiori in 3 di olio di uliva, poi spremendo e coobando da capo con altra dose di fiori: e suo uso precipuo era quello di versarlo bollente sulle ferite d’arma da fuoco e da amputazione, per distruggere il creduto veleno delle prime, a impedire l’emorragia delle seconde. Fu Pareo il grande riformatore della chirurgia francese, il primo che rigettò questa pratica, tanto barbara quanto inutile» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 437. 2 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1421. 3 Barak V, Birkenfeld S et al., 2002, The effect of herbal remedies on the production of human inflammatory and anti-inflammatory cytokines. Isr Me assoc J. 4 (11 Suppl):919-22. 4 Dorvault F., op. cit., p. 1725; Akay-Rones Z, Varsano N et al., 1995, Inhibition of several strains of influenza virus in vitro and reduction of symptoms by an elderberry extract (Sambucus nigra L.) during an outbreak of influenza B Panama.J Altern Complement Med. 1(4):361-9. 5 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1421.

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237 • Sambucus

nigra

L.

Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., p. 1423. Dorvault F., op. cit., p. 1725. 8 Zakay-Rones Z, Thom E et al., 2004, Randomized study of the efficacy and safety of oral elderberry extract in the treatment of influenza A and B virus infections. J Int Med Res, 32(2):13240; Barak V, Halperin T, Kalickman I, 2001, The effect of Sambucol, a black elderberry-based, natural product, on the production of human cytokines: I. Inflammatory cytokines. Eur Cytokine Netw, 12(2):290. 9 Barak V, Birkenfeld S et al., 2002, The effect of herbal remedies on the production of human inflammatory and anti-inflammatory cytokines. Isr Me assoc J, Nov; 4(11 Suppl):919-22; Barak V, Halperin T, Kalickman I, 2001, The effect of Sambucol, a black elderberry-based, natural product, on the production of human cytokines: I. Inflammatory cytokines. Eur Cytokine Netw, Apr-Jun;12(2):290-6. 10 Leclerc Henri, 1935, Précis de phytothérapie, Essais de thérapeutique par les plantes francaises, Paris, Masson, 1976. 11 Viola S., op. cit., p. 206. 12 Bruneton J. 2009, op. cit., p. 437; Wichtl M. et al., op. cit., p. 447. 13 Mills B., Bone K., op. cit., p. 376. 14 Ibidem. 6 7

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minor

Scop.

Sanguisorba minor Scop. (= Poterium sanguisorba L.)

Nome comune: Salvastrella minore Francese: Pimprenelle; Petite pimprenelle; Petite sanguisorbe Inglese: Salad burnet; Sheeps burnet Tedesco: Pimpinelle; kleine Bibernelle Spagnolo: Pimpinela menor Famiglia: Rosaceae Parte utilizzata: radice Costituenti principali1: – derivati dell’acido idrossicinnamico: acido caffeico e p-cumarico – acidi fenolcarbonici: acidi p-idrossibenzoico, vanillico, gallico – tannini (≈ 10%); Flavonoidi (≈ 3%): isoquercitrina, avicularina, kemferolo-3glucoside, flavonoidi solfati – triterpeni: acidi ursolico e tormentico, tormentoside, acido 28-idrossitormentico, 28-O-estere glucoside dell’acido 23-idrossitormentico – saponosidi: sanguisorbina (?) Attività principali: astringente, vulneraria. Aromatizzante e amaricante (foglie); cicatrizzante; vasocostrittrice (uso topico) Impiego terapeutico: desueto (diarrea lieve, emorroidi, dismenorrea, disturbi circolatori arti inferiori, affezioni polmonari)

Utilizzo medico Il nome botanico Sanguisorba indica chiaramente le prerogative terapeutiche per le quali la pianta veniva impiegata in passato, vale a dire per le proprietà antiemorragiche e astringenti. La medicina popolare utilizza la pianta come astringente intestinale in caso di diarrea e anche come anticatarrale nelle affezioni polmonari. Esternamente presenta azione vasocostrittrice, astringente, antinfiammatoria e cicatrizzante per cui era impiegata per cicatrizzare le ferite, nella cura delle emorroidi e nei disturbi circolatori a carico degli arti inferiori. Le foglie vengono consumate come aromatizzanti per la preparazione di salse, insalate, aceto ecc. Viene segnalata nelle foglie la presenza di ossalato di calcio. Nota: Sanguisorba officinalis L. (= Poterium officinale (L.) A. Gray) o Sanguisorba (Francese: Sanguisorbe, Grande pimprenelle; Inglese: Great-burnet; Tedesco: Großer Wiesenknopf) presenta composizione e utilizzazione simile a quelle della S. minor2. Bruneton segnala che la radice contiene ziyuglicoside-I (triterpene) che potrebbe avere applicazione in cosmetica come antirughe3. Riporta inoltre che l’estratto acquoso inibisce le reazioni allergiche immediate e che in vitro alcuni triterpeni bloccano la produzione di TNF-α4. Le ultime ricerche evidenziano un possibile effetto neuroprotettivo nei confronti di un insulto ischemico cerebrale focale grazie alle proprietà antiossidanti5. 711

238 • Sanguisorba

minor

Scop.

È presente nella Farmacopea europea: radice essiccata di S. officinalis, senza radichelle, intera o frammentata, contenente non meno del 5% di tannini, espressi come pirogallolo. Tossicità ed effetti secondari Non segnalati in letteratura. La presenza di tannini tuttavia può determinare, per dosaggi elevati, irritazione gastrointestinale. Per la presenza di ossalato di calcio se ne sconsiglia l’uso alimentare in soggetti litiasici. Forme farmaceutiche e posologia Infuso o decotto (radice): 5% 2-3 tazze al dì. Estratto Fluido: 2-5 g al dì. Sanguisorba minor T.M.: 20 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Curiosità • Secondo una leggenda ungherese, il figlio di Attila, Csaba, utilizzò questa pianta per resuscitare i suoi guerrieri Unni caduti in battaglia: per questo motivo la pianta era conosciuta anche come “balsamo di Csaba”. Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 388. 2 Ibidem, p. 389. 3 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 470. 4 Cho JY, Yoo ES, Cha BC, Park HJ, Rhee MH, Han YN, 2006, The inhibitory effect of triterpenoid glycosides originating from Sanguisorba officinalis on tissue factor activity and the production of TNF-alpha. Planta Med. Nov;72(14):1279-84. Epub, Oct 4. 5 Nguyen TT, Cho SO, Ban JY, 2008, Neuroprotective effect of Sanguisorbae radix against oxidative stress-induced brain damage: in vitro and in vivo. Biol Pharm Bull. 31(11):2028-35.

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239 • Saponaria

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officinalis

L.

Saponaria officinalis L.

Nome comune: Saponaria Francese: Saponaire; Herbe à savon Inglese: Soap wort Tedesco: Seifenwurzel Spagnolo: Jabonera, Famiglia: Caryophyllaceae Parte utilizzata: radice; pianta intera Costituenti principali: – saponine triterpeniche (2,5-5%): bidesmosidi dell’acido quillaico (saponariosidi A-B), acidi gipsogenico o 16α-idrossigipsogenico (saponariosidi C-I, L-M) e loro derivati (saponariosidi J-K)1 Nota: il contenuto in saponine nella radice è massimo durante aprile e maggio poco prima della fioritura ed è minimo durante la fioritura in luglio e agosto – acido glicolico e glicerico, zuccheri riducenti, mucillagini: galattomannani – olio essenziale; flavonoidi (foglie): saponarina (vitexina e saponaretina) Attività principali: espettoranti; azione diuretica, depurativa e diaforetica Impiego terapeutico: catarri delle vie aeree superiori; dermatosi

Utilizzo medico La Saponaria, a piccole dosi, agisce come espettorante, diuretico e diaforetico. Alla pianta sono tradizionalmente attribuite proprietà, oltre che detergenti ed emulsionanti, anche antiedemigene e antinfiammatorie. Come depurativo trova impiego nelle malattie della pelle, in particolare i medici del passato ne segnalavano l’impiego nelle «forme squamose» (psoriasi ecc.)2. La saponaria sembra influenzare l’assorbimento intestinale di colesterolo: una riduzione del colesterolo serico è stata dimostrata in animali da laboratorio3. L’azione terapeutica della pianta è dovuta soprattutto alla presenza di saponine. A esse si devono, infatti, proprietà antinfiammatorie e antiedemigene. Sono segnalati anche effetti analgesici, ipocolesterolemizzanti e immunomodulatori. La monografia della Commissione E del BfArM la indica nel trattamento dei catarri delle vie aeree superiori. Le saponine, presenti in molte piante, sono caratterizzate da un insieme di proprietà fisiche (azione tensioattiva: mescolate con acqua danno soluzioni schiumose poiché diminuiscono la tensione superficiale dell’acqua) e fisiologiche (esercitano azione irritante sulle mucose e provocano emolisi se iniettate endovena). La loro assunzione per os non costituisce un pericolo perché vengono assorbite dalla mucosa gastrointestinale solo in piccolissime quantità. Si classificano in due gruppi: saponine a nucleo steroidico (Salsapariglia, Digitale ecc.) e a nucleo triterpenico (Saponaria, Poligala, Quillaja, Edera, Liquirizia ecc.). Le saponine esercitano innanzi tutto azione espettorante: le droghe a contenuto saponinico produrrebbero inizialmente modica irritazione della mucosa gastrica che, per via riflessa, indurrebbe una se713

239 • Saponaria

officinalis

L.

crezione bronchiale più fluida e abbondante. In un secondo momento le saponine, eliminate in parte tramite la mucosa bronchiale, per irritazione locale darebbero origine a stimoli tussigeni riflessi che faciliterebbero l’eliminazione dell’espettorato. Le saponine giunte nella mucosa bronchiale, inoltre, aumenterebbero il potere assorbente di questa, favorendo il riassorbimento del muco. Solo secondariamente manifestano azione diuretica, depurativa e diaforetica: vengono, infatti, eliminate per via renale per cui facilitano la diuresi grazie a uno stimolo locale. Fatto assai importante è che le saponine sono capaci di aumentare l’assorbimento di altre sostanze farmacologicamente attive (ad esempio: sinergismo tra saponine e glucosidi digitalici). Alle saponine sono state inoltre riconosciute altre interessanti proprietà: l’azione emolitica (già citata) è generalmente attribuita alla loro interazione con gli steroli della membrana eritrocitaria, interazione che induce un aumento della permeabilità e una fuga di emoglobina. Ed è ugualmente l’attività a livello di membrana che può spiegare la forte attività spermicida di alcune saponine triterpeniche. Alle saponine si devono le proprietà antinfiammatorie e antiedemigene di molte droghe (Liquirizia, Ippocastano ecc.). Sono segnalate anche proprietà analgesiche, ipocolesterolemizzanti, immunomodulatrici4. Come tutti i glicosidi, le saponine sono idrolizzabili e perdono le loro proprietà biologiche se le soluzioni in cui sono presenti si fanno bollire troppo a lungo. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Le saponine sono responsabili degli effetti irritanti e starnutatori della polvere della radice, risultano anche fortemente emolitiche ma solo in vitro5. La saponaria, il cui impiego è ormai desueto, richiede però un’attenta posologia: non va somministrata a forti dosi in quanto può provocare i fenomeni tossici descritti per le saponine. Esse possono determinare un aumento nell’assorbimento di farmaci assunti contemporaneamente (ad esempio, glucosidi digitalici) o nell’eliminazione (ad esempio, ipnotici). Le saponine iniettate direttamente in circolo provocano convulsioni seguite da indebolimento o paralisi dell’attività motoria, depressione cardiocircolatoria e respiratoria, infiammazione degli organi emuntori, emolisi, ematuria, gastroenterite e diarrea ematica6. Forme farmaceutiche e posologia Posologia giornaliera media (radice): 1,5 g di droga (Commissione E del BfArM) Decotto: 0,2 g di droga. Estratto Fluido: (1g = 55 gocce): 1-2 g pro die. Saponaria officinalis T.M.: 15 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì; in uso esterno, soluzioni al 10%. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Curiosità • I medici arabi utilizzavano la pianta nella cura della lebbra e di svariate dermatosi. • Il nome saponaria deriva dal fatto che la radice fa spumeggiare l’acqua come il sapone e ha proprietà detersive. La pianta era conosciuta come il “sapone dei poveri”: le saponine in essa contenute, molto solubili, rendono, infatti, l’acqua spumeggiante e in grado di emulsionare facilmente i grassi, scogliere le resine 714

239 • Saponaria

officinalis

L.

ecc. Era pertanto di uso comune «nell’imbiancamento dei merletti, delle stoffe di seta e di lana, per togliere macchie, per renderle nitide» (G. Antonelli, 1941). • «E sotto questo aspetto troviamo di caldamente raccomandarla invece della Salsapariglia, del quajaco e del sassafras, il cui merito maggiore spesso consiste in ciò solo di venirci da lontane contrade, e di doverli comprare dal farmacista, mentre ognuno può raccogliere la saponaria sul margine del primo fosso che incontra in campagna» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 859. 2 Dorvault F, op. cit., p. 1530. 3 Wichtl M. et al., op. cit., p. 405. 4 Bruneton J, 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 545. 5 Frohne D. et al., op. cit., p. 112. 6 Benigni R., Capra C., Cattorini P. E., op. cit., vol. II, p. 1435.

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240 • Sassafras

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albidum

(Nutt.) Nees

Sassafras albidum (Nutt.) Nees (= Sassafras officinale Nees et Ebermayer)

Nome comune: Sassafrasso Francese: Sassafras Inglese: Sassafras; Cinnamom wood Tedesco: Sassafras; Fenchelholzbaum Spagnolo: Sassafras Famiglia: Lauraceae Parte utilizzata: corteccia della radice Costituenti principali: – olio essenziale (50-100 ml/kg): safrolo (> 80%), canfora (30%), limonene (5%), 1,8-cineolo, α-pinene, citrale fellandrene; derivati fenilpropanici (derivati dell’eugenolo, asarone) – alcaloidi isochinoleici (aporfine) e lignani Attività principali: aromatizzanti; antisettiche; balsamiche; diuretiche e depurative Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico Per la presenza di safrolo (4-allil-1,2-metilenediossibenzene) la cui attività cancerogena (epatotossica ed epatocarcinogena) è stata dimostrata nei roditori1, l’uso della pianta e del suo olio essenziale sia a scopo alimentare che terapeutico è sconsigliato. Il safrolo deve essere considerato un procancerogeno. Nella sperimentazione animale è stato appurato che “determina la formazione di tumori epatici in quanto detrmina la formazione per metaboilizzazione epatica con gli enzimi microsiomiali a l’-idrossisafrolo o all’acetossisafrolo, e anche a l-sulfo-ossisafrolo, un estere dell’acido sulfurico del safrolo. Queste sostanze (in particolare l’estere sulfurico) formano legami covalenti con gli acidi nucleici e le proteine inducendo così tumori epatici. Tuttavia queste nuove entità metaboliche non colpiscono altri organi e compaiono a priori solo epatomi nell’animale. Tenuto conto di questi risultati sperimentali e della valutazione del beneficio atteso sotto forma di medicamento, i Ministeri francese e tedesco della Salute hanno annullato l’autorizzazione della vendita di tutti i medicamenti contenenti Sassafras e safrolo, anche se il metabolismo umano è a priori differente da quello delle specie animali. Ciò si applica ugualmente alle diluizioni omeopatiche fino alla D3. […] Negli stati Uniti il safrolo non è nemmeno più impiegato come additivo alimentare (aromatizzante), mentre in Europa sono stati stabiliti valori limite relativi all’utilizzo come aroma naturale: bevande e alimenti: max 1 ppm; alcols fino a 25 vol.%: max 2 ppm; alcols superiori a 25 vol.%: max 5 ppm; alimenti contenenti noce moscata: max 15 ppm”2. In Europa la concentrazione finale in safrolo dei prodotti cosmetici deve essere < 0,01%3. Solo come nota storico-medica: Alla pianta sono riconosciute dall’uso popolare attività diuretiche, depurative, balsamiche e antisettiche. Per tali caratteristiche veniva impiegata come depurativo del 716

240 • Sassafras

albidum

(Nutt.) Nees

sangue, in particolare nella sifilide e nel reumatismo, per lo più associata ad altre droghe dotate di analoga azione come Salsapariglia, Guajaco ecc. Tali proprietà sono state attribuite all’olio essenziale, il cui componente principale è il safrolo dotato di una spiccata attività antisettica. Tale attività si manifesterebbe infatti alla diluizione di 1:10004. L’olio essenziale, che viene eliminato attraverso l’emuntorio renale e le vie respiratorie, agirebbe sia da balsamico ed espettorante sia da diuretico e depurativo. Risulta poco assorbito dal tubo digerente: nonostante ciò presenta, comunque, un’elevata tossicità. A livello topico l’olio essenziale risulta revulsivo e a volte anche irritante. Il safrolo determina, infatti, una moderata azione irritante sulla cute. Veniva consigliato in odontoiatria per la disinfezione dei canali dentali e, in soluzione opportuna, per debellare i pidocchi. Se ne consigliava comunque un uso estremamente cauto. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Vedi Utilizzo medico. Il safrolo, dotato di proprietà neurotossiche, a dosi sufficientemente elevate provoca paralisi respiratoria preceduta da forte depressione circolatoria. Sono stati segnalati sintomi da avvelenamento in bambini che ne avevano assunto pochi grammi (un cucchiaino da tè di olio essenziale): vomito, collasso, midriasi e accentuato stupore5. Forme farmaceutiche e posologia Solo come nota storico-medica: Infuso (10-30:1000). Estratto Fluido: 2-10 g pro die (1 g = 41 gocce). Polvere: 2-4 g. Note di galenica Per il sapore e l’aroma gradevole era impiegato come correttivo nella tecnica galenica. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla corteccia della radice essiccata (titolo 65°). Curiosità • Gli indiani Choctaw della Louisiana utilizzavano le diverse parti della pianta come febbrifugo e come masticatorio e per preparare bevande. Furono gli Spagnoli a portare in Europa la corteccia che utilizzarono per curare la sifilide. • «Nome di una specie di lauro che cresce in diverse parti dell’America Settentrionale, e che potrebbesi facilmente naturalizzare sul suolo della Francia, come lo provano quegli avvistati individui che scorgonsi in alcuni giardini ove raggiunsero quasi le stesse dimensioni che nella loro patria. […] È il sassafras un medicamento eccitante; lo si somministra in generale per istimolare l’azione perspirato ria della pelle; unito alla salsaparilla e al guajaco, costituisce uno de’ più usati sudoriferi» (Levi, 1838). Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 656. 2 Frohne D. et al., op. cit., p. 230. 3 Bruneton J, 2009, op. cit., ibidem. 4 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1438. 5 Ibidem, p. 1437.

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241 • Satureja

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montana

L.

Satureja montana L.

Nome comune: Santoreggia di montagna Francese: Sarriette des montagnes Inglese: Winter savory Tedesco: Winter-Bohnenkraut Spagnolo: Ajedrea Famiglia: Lamiaceae (Labiatae) Parte utilizzata: sommità fiorite, foglie Costituenti principali: – olio essenziale: carvacrolo (28- 68%), p-cimene (8-20%), timolo (0-40%), -terpinene (5-15%) Nota: la composizione può variare fortemente in base al periodo di raccolta mentre è indipendente dalle sotto-specie1 – derivati dell’acido idrossicinnamico (acido rosmarinico); flavonoidi; tannini; triterpeni e steroli Attività principali: azione antisettica; aromatizzante, eupeptica; vulneraria Impiego terapeutico: dispepsia, colite; malattie infettive urinarie e respiratorie

Utilizzo medico Si tratta di una droga fortemente antisettica valida nel trattamento di malattie infettive urinarie e respiratorie. L’olio essenziale agisce su un gran numero di batteri Gram + (stafilococchi e streptococchi) e Gram – (colibacilli) così come su diversi funghi patogeni (Candida). Si deve al professor J. Pellecuer (Facoltà di Farmacia, Università di Montpellier) l’avere dimostrato, con le sue approfondite ricerche, l’importanza terapeutica svolta dalla pianta come battericida e fungicida. Grazie a queste proprietà la santoreggia rientra a pieno titolo nel gruppo delle essenze aromatiche germicide maggiori (Origano di Spagna, Timo, Cannella di Ceylon, Garofano, Santoreggia). L’indice aromatico medio dell’olio essenziale di Santoreggia2 è 0,45. L’attività antifungina dell’olio essenziale si manifesta nei confronti di Candida albicans, Tricophyton interdigitalis, Aspergillus niger, Aspergillus fumigatus3. Tradizionalmente la pianta trova impiego nel trattamento sintomatico delle turbe digestive, quali difficoltà digestive, nausea, meteorismo; per la presenza di olio essenziale (azione antisettica e antispasmodica) e tannini (azione astringente) manifesta azione antidiarroica, per cui il suo inserimento può risultare utile nel trattamento dell’intestino a impronta diarroica e nelle forme gastroenteriche a impronta spasmodica e, in particolare, nelle forme di gastralgia nervosa. Può essere utilmente associata, in questi casi, a Melissa, Escolzia e Valeriana. Viene segnalato anche un suo impiego come tisana dissetante per soggetti diabetici4. L’olio essenziale viene consigliato anche in caso di infezioni genito-urinarie (cistiti da Candida albicans, prostatiti)5. La tradizione popolare attribuisce alla pianta proprietà stimolanti e afrodisiache6. Il potere aromatizzante (sapore aromatico e leggermente piccante) dell’olio essenziale risulta minore rispetto a quello della Saturja hortensis L., o Santoreggia dei giardini. La composizione dell’olio essenziale di S. hortensis è la seguente: carvacrolo 718

241 • Satureja

montana

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(20-85%), γ-terpinene (10-40%) p-cimene (5-25%), β-cariofillene, mircene, α-pinene, α-terpinene e timolo7. Uso esterno In uso locale, presenta indicazioni identiche a quelle della Lavanda8. Fa parte dell’alcolato vulnerario (macerazione alcolica seguita da distillazione di 17 piante aromatiche). Sempre in applicazione locale disinfetta le cavità delle carie dentarie prima dell’otturazione, ed è assai attiva nelle micosi9. Per uso topico, secondo la Note explicative de l’Agence du médicament (Francia, 1998), le foglie e le sommità fiorite possono essere impiegate per il trattamento delle piccole ferite dopo lavaggio abbondante, in caso di naso chiuso e raffreddore, come collutorio per l’igiene buccale. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. L’olio essenziale non va applicato puro, e occorre evitare il suo contatto con le mucose: rischio di irritazione. Non deve essere applicato in caso di piaghe atone e ulcere varicose10. Può essere epatotossico a dosaggi elevati11 (l’uso fino a 15 gocce/die, nell’adulto, è considerato sicuro12). Si consiglia comunque di assumere solo su prescrizione medica: non usare in età pediatrica, in gravidanza e durante l’allattamento. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1,5 g della droga per tazza d’acqua bollente (150 ml): 2 tazze al dì; per uso esterno: 5 g/100 ml. Polvere: 100-200 mg per cps. Olio essenziale: 2 gocce su compressa neutra, 1-2 volte al dì, dopo i pasti. Satureja montana T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Farmacopea La droga è costituita dalle sommità fiorite essiccate di S. montana contenenti al minimo 7 ml/kg di olio essenziale (Ph. fse., 10ª edizione). Formulario Pomata (Raynaud J.) Incorporare 5 ml di olio essenziale di Satureja montana in 100 ml di eccipiente. Alcolato vulnerario Foglie fresche di Assenzio Angelica a. Basilico Calaminta Finocchio Hyssopus o. Maggiorana Melissa

100 g 100 g 100 g 100 g 100 g 100 g 100 g 100 g 719

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montana

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Menta pip. 100 g Origano 100 g Rosmarino 100 g Santoreggia 100 g Salvia o. 100 g Timo s. 100 g Timo v. 100 g Sommità fiorite e fresche di Lavandula o. 100 g Sommità fiorite e fresche di Hypericum p. 100 g Alcol a 60° 4500 g Porre a b. m. in un alambicco le piante precedentemente tagliuzzate, versare l’alcol e coprire con cura; far macerare per 6 giorni in luogo fresco e distillate finché avrete ottenuto 3000 g di alcolato. Gargarismo antisettico O.E. Lavandula o. 5 ml O.E. Satureja m. 3 ml Alcol 90° 30 ml S/1 cucchiaino da caffè per 100 ml di acqua tiepida Curiosità • La Santorregia (26%) rientra con l’Origano (26%), il Rosmarino (26%), il Timo (19%) e il Basilico (3%) nella composizione delle “Erbe di Provenza”, impiegate per aromatizzare gli alimenti. Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 641. 2 Belaiche P., Traité de Phytothérapie et d’aromathérapie, op. cit., p. 133. 3 Raynaud F., Prescription et conseil en aromathérapie, op. cit., p. 216. 4 Van Hellemont J., op. cit., p. 369. 5 Raynaud J, ibidem., p. 216. 6 Proserpio G. et al., op. cit., p. 749. 7 Teuscher E. et al., op. cit., p. 439. 8 Bruneton J, 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 438. 9 Pellecuer J., 1990, Dossier de Phytothérapie, Université de Montpellier. 10 Raynaud F., Prescription et conseil en phytothérapie, op. cit., p. 216. 11 Camporese A., op. cit., p. 128. 12 Teuscher E et al., op. cit., p. 438.

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242 • Saxifraga

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granulata

L.

Saxifraga granulata L.

Nome comune: Sassifraga Francese: Saxifrage granulée Inglese: Meadow saxifrage Tedesco: Knöllchen-Steinbrech Spagnolo: Saxifraga blanca Famiglia: Saxifragaceae Parte utilizzata: la radice (fresca)1; fiori e foglie Costituenti principali: – tannini: leucodelfinidine, leucocianidine; principi amari – miricetina, quercetina, kaempferolo – vitamina C (foglia) Attività principali: diuretica e litotriptica Impiego terapeutico: litiasi renale (desueto)

Utilizzo medico Era conosciuta come pianta diuretica e litotriptica (radice). Considerata dalla medicina empirica come efficace in caso di litiasi, “è difficile tuttavia – scrive G. Negri – trovare una giustificazione a questa credenza che sembra risalire, a cagione dei bulbilli caratteristici di questa specie, alla ormai dimenticata dottrina della signatura”2. Uno studio datato segnala che la foglia contiene 54 mg di vitamina C per 100 g di sostanza essiccata3. Attualmente la pianta non viene più utilizzata4. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 3 cucchiaini da caffè della droga per tazza d’acqua bollente. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 45°). Curiosità • Saxifraga da saxus frangere = rompere le pietre, per la reputazione della pianta di dissolvere i calcoli. Cazin, medico francese del XIX sec., era solito prescrivere la radice (60 g) sia in infusione in 1 litro di vino bianco, sia in decozione in 1 litro di acqua. • «Di siffatta specie adopransi i piccoli tubercoli radicali, […] dati in decotto nella dose di mezz’oncia ogni libbra di acqua, esercitano qualche azione sull’apparato urinario, e adopravansi ora semplicemente come diuretici, ora per combattere le affezioni calcolose; oggidì però si ripone assai minor fiducia in questi pretesi litontrici, e i tubercoli della sassifraga sono poco usati» (Levi, 1838). Note bibliografiche 1 Garnier G. et al., op. cit, vol. II, p. 705. 2 Negri G., op. cit., p. 152. 3 Garnier G. et al., op. cit, ibidem. 4 Dorvault F., op. cit., 1539.

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243 • Sedum

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telephium

L.

Sedum telephium L.

Nome comune: Erba della Madonna; Borracina massima, Erba da calli Francese: Grand orpin Inglese: Orpine Tedesco: Große Fetthenne Spagnolo: Hierba callera; orpina Famiglia: Crassulaceae Parte utilizzata: foglia Costituenti principali: – tannini e mucillagini – glicosidi flavonici, telephioside – sali minerali, zuccheri, alcaloidi, acidi organici Attività principali: cicatrizzante; anticheratosica; antinfiammatoria Impiego terapeutico: uso topico (ulcere, ascessi, eritemi, fistole ecc.)

Utilizzo medico Le foglie fresche e spellate risultano detergenti, disinfiammanti, cicatrizzanti e analgesiche. Vengono applicate con successo su ulcere, ascessi, paterecci, fistole, ove mostrano di possedere un’ottima azione cicatrizzante. Efficaci anche su calli e zone ipercheratosiche plantari. Gli studi del dottor Sergio Balatri (Firenze) hanno evidenziato la necessità di utilizzare le foglie raccolte tra luglio e agosto, quando la pianta inizia a fiorire; esse vanno, quindi, lavate e fatte asciugare in un giorno solo; asciutte, si mettono, in scatola a chiusura ermetica, nel congelatore. La tecnica del congelamento è risultata utile sia per poter disporre per tutto l’anno delle foglie fresche sia perché, dopo lo scongelamento, si riesce a togliere con facilità la pellicola della pagina inferiore «e le grosse cellule del parenchima si rompono lasciando fuoriuscire il contenuto citoplasmatico; i principi attivi delle foglie sono così immediatamente a contatto con la superficie da trattare, mentre se si usa la foglia fresca, tutto avviene ugualmente, ma con più lentezza […]. Quando è stata congelata la foglia aderisce bene e si modella su qualsiasi superficie»1. Scrive inoltre il dottor Balatri: «La foglia privata della cuticola della faccia inferiore, posta sopra piaghe, ulcere, necrosi cutanee, ne dissolve le parti superficiali portando in superficie e favorendone il trofismo, il tessuto di granulazione sottostante di modo che l’epitelio proveniente dai margini dell’ulcera, si può finalmente distendere sul tessuto di granulazione». La foglia sembra inoltre favorire la maturazione degli ascessi: «È infatti questa una notevole proprietà, interessante sia sul piano terapeutico che su quello speculativo; le foglie scongelate, oppure finemente suddivise della pianta fresca, messe sopra una zona dove il processo infiammatorio sia appena abbozzato possono farlo regredire, se la sequenza degli eventi non ha ancora portato alla formazione del pus oppure possono indurre un enorme richiamo di leucociti provocando la raccolta del pus in un tempo molto rapido»2. Altre indicazioni terapeutiche segnalate sono: idroadenite (ascellare), cisti sebacee suppuranti, complicazioni di ferite, difetti di cicatrizzazione, corpi estranei sotto722

243 • Sedum

telephium

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cutanei, radiodermiti, tendiniti, ulcere trofiche flebostatiche delle gambe, ustioni di secondo grado profondo e terzo grado ecc. Il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Firenze ha studiato la pianta per quanto riguarda i suoi componenti con particolare attenzione alle sostanze fenoliche e alle metodiche più opportune inerenti le tecniche di estrazione e i metodi di conservazione della foglia3. Ulteriori studi hanno evidenziato, oltre a un’azione antiossidante, anche proprietà fotoprotettive in vivo, a conferma dell’efficacia terapeutica della pianta4. Tossicità, interazioni ed effetti secondari «Poiché la pianta è molto potente possono verificarsi delle reazioni allergiche, qualche volta anche molto vistose, di natura eritemato-vescicolosa; […] ma solo nei casi in cui il trattamento dovrebbe durare più di 10 giorni, perché è dopo questo lasso di tempo che l’eventuale reazione si verificherebbe.5» Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 45° a 1/20). Curiosità • Il Sedum conosce un utilizzo gastronomico: le foglie possono essere pestate con sale e aceto o fatte cuocere con il latte o macerare con l’olio. La radice cotta con lo strutto si può mangiare in purea (Luzzi). • «Ulcera detergit et ad cicatricem perducit, tumorum suppurationem promovet et dolores mitigat» (Vitman Fulgenzio, 1770). • «Fino a non molto tempo fa, mi riferisco alla mia infanzia all’Impruneta, ricorrere a questa pianta per curare processi infiammatori superficiali era cosa naturale: mi ricordo di essere stato curato da mia madre di un giradito all’età di sette anni e di aver conosciuto allora la caratteristica più appariscente dell’azione della foglia, la macerazione cutanea, o come dicevo io la “lessatura del dito” rimasto a contatto per tutta la notte con il succo della pianta» (S. Balatri, 1988)6. Note bibliografiche 1 Balatri S., 1988, Natom, 48, 62. 2 Balatri S., L’Erba della Madonna (Sedum telephium L.) in: www.asgdd.it. 3 Mulinacci N., Vincieri F.F. et al., 1995, Flavonols glycosides from Sedum telephium subspecies maximum leaves, in Phytochemistry, 38 (2):531-533; Mulinacci N., Vincieri F.F. et al., 1995, Mass spectrometric methodologies in plant analysis: the case of flavonols in Sedum telephium juice”, in Rapid Commun. Mass. Spectrom., 9 (10):963-967. 4 Bonina F, Puglia C, Tomaino A, Saija A, Mulinacci N, Romani A, Vincieri FF, 2000, In-vitro antioxidant and in-vivo photoprotective effect of three lyophilized extracts of Sedum telephium L. leaves. J Pharm Pharmacol. 52(10):1279-85. 5 Balatri S., 1988, Natom, 48, 62. 6 Campanini E., Piante medicinali in Sardegna, op. cit., p. 462.

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244 • Sempervivum

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tectorum

L.

Sempervivum tectorum L.

Nome comune: Semprevivo Francese: Joubarbe des toits Inglese: Common houseleek Tedesco: Dach-Hauswurz Spagnolo: Siempreviva mayor Famiglia: Crassulaceae Parte utilizzata: foglie Costituenti principali: – tannini, flavonoidi, mucillagine, pectine, zuccheri – acidi organi (malico, ascorbico, isocitrico, formico…), aminoacidi Attività principali: astringenti, lenitive; diuretiche Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico Conosciuto è l’uso topico effettuato applicando foglie fresche, come succo o polpa o foglia sbucciata, su bruciature, irritazioni, ulcere, piaghe, emorroidi, punture di insetti ecc.: determina un effetto benefico, pressoché immediato, con diminuzione del dolore e graduale scomparsa della flogosi1. Il succo fresco è considerato efficace contro le verruche. Le foglie, pestate con l’aceto, costituiscono, secondo Leclerc, un callifugo assai efficace. Solo come segnalazione, ma che può essere eventuale spunto di ricerca in quanto mancano studi convalidati e attuali in proposito, si ricorda che in passato la pianta è stata utilizzata come succo fresco opportunamente manipolato nel trattamento topico di alcune forme tumorali, sia in iniezioni locali che per via interna2. Viene segnalato un uso interno, appartenente alla medicina popolare, nella dismenorrea e amenorrea, come antispasmodico e nelle forme febbrili. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca (titolo 45° a 1/20). Curiosità • Carlo Magno nel Capitulare de Villis ordinava di piantare il Semprevivo sui tetti delle case per evitare i fulmini. • «Più che dall’autorità dei medici, tra i più antichi dei quali è da annoverarsi Galeno, quest’erba trae la sua importanza dalla tradizione popolare; […] ha il vantaggio di trovarsi sempre e dovunque alla mano di tutti, in modo da poterne cavare il succo fresco: sola preparazione che possa riuscire di pratico vantaggio» (Scotti, 1872). • «[…] e il bavaro Reichel (1846) lo ha preconizzato come narcotico quasi specifico nelle affezioni spasmodiche dell’utero, nonché nell’amenorrea o dismenorrea. Ne dà mezzo cucchiajo da caffè tre, quattro volte al giorno in un po’ di acqua zuccherata od aromatizzata, aggiungendo, se occorre, la tintura di castoreo» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Proserpio G. et al., op. cit., p. 550. 2 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 700.

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245 • Serenoa

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repens

(Bartram) Small.

Serenoa repens (Bartram) Small. (= Sabal serrulata (Michx.) Nutt.ex Schult.&Schult. f.)

Nome comune: Serenoa; Palma nana Francese: Sabal; Palmier de Floride Inglese: Saw palmetto Tedesco: Sägepalme Spagnolo: Serenoa Famiglia: Arecaceae (= Palmae) Parte utilizzata: frutto (drupa) Costituenti principali: – olio grasso (12%) contenente fino al 75% di acidi grassi liberi: acido laurico, alcani, alcanoli (esacosanolo, octacosanolo, triacontanolo) alceni; fitosteroli (β-sitosterolo, campesterolo, cicloartenolo); olio essenziale (1,5%) – acidi caffeico, clorogenico e antranilico; polisaccaridi, flavonoidi, tannini Attività principali: azione antiandrogenica e antiestrogenica Impiego terapeutico: ipertrofia prostatica benigna (fasi I e II)

Utilizzo medico La Commissione E del BfArM e l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) ne riconoscono l’impiego per trattare le turbe urinarie che accompagnano l’ipertrofia prostatica benigna lieve e moderata (fasi I e II). L’estratto lipofilo ottenuto dalle drupe è largamente utilizzato in terapia come adiuvante nel trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna allo stadio I e II e dei sintomi a essa associati (Low urinary tract sinptoms-LUTS). Tale estratto è stato oggetto di numerosissimi studi clinici che hanno confermato l’efficacia terapeutica della pianta. Per quanto riguarda il meccanismo d’azione sembra sia in gioco un’azione di inibizione della 5-α-testosterone reduttasi, con inibizione della conversione del testerone in diidrotestosterone, un’azione di inibizione della ciclo-ossigenasi e un’azione antiestrogenica che si manifesta a livello del tessuto stromale con inibizione diretta della proliferazione stromale1. La frazione esanica è stata oggetto di svariati studi: si è così appurato che nella cavia e nel ratto castrati esercita un effetto antiandrogeno periferico2. L’azione terapeutica viene attribuita a un’interazione complessa con il metabolismo e le modalità d’azione del testosterone a livello prostatico: inibizione della 5-α-testosterone reduttasi, enzima a cui è dovuta la trasformazione del testosterone in diidrotestosterone (DHT), metabolita biologicamente attivo, principale responsabile della stimolazione proliferativa sulle parti immediatamente sottocorticali della ghiandola prostatica. Viene segnalata anche un’azione di antagonismo nei confronti dei recettori α-adrenergici e un effetto inibitore a livello dei recettori nucleari agli estrogeni. L’azione antiestrogenica si manifesta a livello del tessuto stromale con inibizione diretta della proliferazione stromale, inibizione della produzione dei recettori per gli estrogeni e inibizione dell’attività della 5-α-reduttasi3. Presente inoltre un’attività antinfiammatoria e antiedemigena. Quest’ultima proprietà sarebbe legata all’inibizione della ciclo-ossi725

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genasi, della lipo-ossigenasi e a una riduzione dell’attività del TNF-α e dell’interleukina-1 α4. Da non dimenticare, infine, l’effetto spasmolitico e decongestionante che favoriscono indubbiamente il miglioramento delle condizioni infiammatorie della mucosa vescicale e uretrale che spesso accompagnano questo quadro. Viene a essere così migliorata la sintomatologia clinica legata alla ipertrofia prostatica, quali pollachiuria, disuria, pesantezza pelvica. Il volume della ghiandola non viene modificato così come il PSA (prostate-specific antigen). Tali dati sono stati convalidati da una recente metanalisi che ha confermato un effettivo miglioramento della pollachiuria e della nicturia nei pazienti che assumono preparati a base di Serenoa repens rispetto ai gruppi di pazienti trattati con placebo5. Una recente review (2004) ha esaminato i risultati ottenuti in 4280 pazienti trattati per 21-720 giorni con l’estratto lipido-sterolico di S. repens. La qualità metodologica è risultata eterogenea e sovente scarsa. Solo 6 studi hanno fatto riferimento, per valutare i risultati clinici ottenuti, a una scala di valutazione riconosciuta a livello internazionale (IPSS = Intenational Prostate Symptom Score). Dalla revisione di questi studi è emerso che l’assunzione dell’estratto aumenta in modo statisticamente significativo il debito urinario massimo e diminuisce il numero delle minzioni notturne (versus palacebo). Lo score IPSS è risultato ridotto di 5 punti6. Le conclusioni del gruppo di studio e ricerca Cochrane risultano analoghe: estratti di S. repens migliorano moderatamente ma in modo statisticamente significativo i sintomi e il debito urinario e in modo simile alla finasteride7, ma con ”un più elevato rapporto beneficio/rischio”8. Secondo alcuni studi clinici la somministrazione di un preparato a base di S. repens e Urtica d. (320 mg di S. repens e 240 mg di Urtica al giorno) risulta efficace nel ridurre la sintomatologia urinaria quanto i medicinali classici9. Viene segnalato, infine, un suo eventuale impiego, orale e topico, nel trattamento dell’alopecia androgenica (per l’azione inibente della 5-α-reduttasi). Tossicità, interazioni ed effetti secondari È considerata una pianta abbastanza sicura con pochi e rari effetti collaterali (disturbi gastrointestinali, nausea, cefalea, vertigini ecc.)10. Si consiglia di assumere a stomaco pieno. In letteratura sono presenti due articoli che riguardano un caso di tempo di sanguinamento aumentato11 e un caso di emorragia cerebrale12: è opportuna quindi vigilanza in pazienti che assumano anticoagulanti e antiaggreganti piastrinici. Per quanto riguarda le interazioni «alcuna sperimentazione specifica sembra sia stata condotta in questo ambito»13. Sembra che gli estratti della pianta non determinino, come invece avviene per i farmaci classici (finasteride e tamsulosin), effetti negativi sulla funzione sessuale maschile (eiaculazione, in particolare)14; una review segnala comunque casi di diminuzione della libido15. Da sconsigliare l’impiego nelle donne in gravidanza, durante l’allattamento e in pediatria. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dal frutto maturo essiccato di S. repens contenente non meno dell’11% di acidi grassi totali. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM – ESCOP): 1-2 g/die del frutto oppure 320 mg/die di un estratto lipofilo (esanico o etanolico al 90%). 726

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Estratto lipido-sterolico contenente dall’85 al 95% di acidi grassi: 160 mg per 2 volte al giorno subito dopo i pasti principali per almeno 3 mesi. Serenoa repens (Sabal serrulata) T.M.: 10 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì lontano dai pasti (Brigo B., 1997); 25 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dai frutti maturi essiccati (titolo 65°). Curiosità • Tra i fossili vegetali, dal Cretacico in poi, sono state identificate le foglie e i frutti di specie appartenenti a generi attualmente viventi, tra cui il Sabal16. • I frutti erano considerati come calmanti della mucosa bronchiale infiammata (inalazioni dei vapori ottenuti dalla cottura dei frutti). • Sabal è il nome indigeno della pianta, Serenoa perché dedicata a Sereno Watson, botanico americano (1826-1892). Note bibliografiche 1 Bruneton J, 1993, pharmacognosie…., p. 143; Casarosa C. et al., 1988, Clin. Ther., 5, 585-588; Di Silverio F. et al, 1992, Eur. Urol., 21, 309-314. 2 Bruneton J, 2000, op. cit., p. 187; Harnischfeger G., Stoltze H., 1989, Z. für (verifica) Phytother. 10, 71-76; Breu W., Hagenlocher M. et al., 1990, Arzneim.-Forsch. 42, 547-551. 3 Di Silverio F. et al., 1992, Eur. Urol. 21, 309-314. 4 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 187; Casarosa C. et al., 1988, Clin. Ther., 5, 585-588. 5 Boyle P, Robertson C, Lowe F, Roehrborn C., 2000, Meta-analysis of clinical trials of permixon in the treatment of symptomatic benign prostatic hyperplasia. Urology; 55:533-9. 6 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 188. 7 Wilt T, Ishani A, Stark G et al., 1998, Saw palmetto extracts for treatment of benign prostatic hyperplasia. A systematic review, J. Am. Med. Assoc., 280, 1604-9; ibidem. 8 Monti L., 16 Monografie..., op. cit., p. 143. 9 Sokeland J, Albrecht J., 1997, Combination of Sabal and Urtica extract vs. finasteride in benign prostatic hyperplasia (Aiken stages I to II). Comparison of therapeutic effectiveness in a one year double-blind study. Urologe A. 36(4):327-33. German; Engelmann U, Walther C et al., 2006, Efficacy and safety of a combination of sabal and urtica extract in lower urinary tract symptoms. A randomized, double-blind study versus tamsulosin. Arzneimittelforschung. 56(3):222-9; Lopatkin N, Sivkov A et al., 2005, Long-term efficacy and safety of a combination of sabal and urtica extract for lower urinary tract symptoms-a placebo-controlled, doubleblind, multicenter trial. World J Urol. 23(2):139-46. 10 Gerber GS., 2000, Saw palmetto for the treatment of men with lower urinary tract symptoms, J. Urol. 163, 1408-1412. 11 Cheema P, El-Mefty O, Jazieh AR, 2001, Intraoperative haemorrhage associated with the use of extract of Saw Palmetto herb: a case report and review of literature. J Intern Med, 250(2):167-9. 12 Stepanov VN, Siniakova LA et al., 1999, Efficacy and tolerability of the lipidosterolic extract of Serenoa repens (Permixon) in benign prostatic hyperplasia: a double-blind comparison of two dosage regimens. Adv Ther. 16(5):231-241. 13 Bruneton J, Phyotherapie…, op. cit., p. 132. 14 Zlotta AR, Teillac P et al., 2005, Evaluation of male sexual function in patients with Lower Urinary Tract Symptoms (LUTS) associated with Benign Prostatic Hyperplasia (BPH) treated with a phytotherapeutic agent (Permixon), Tamsulosin or Finasteride. Eur Urol. 48(2):269-76. 15 Agbabiaka TB, Pittler MH et al., 2009, Serenoa repens (saw palmetto): a systematic review of adverse events. Drug Saf. 32(8):637-47. 16 Gola G., Negri G., Cappelletti C., Trattato di Botanica, UTET, Torino, 1951.

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Silybum marianum (L.) Gaertner

Nome comune: Cardo mariano Francese: Chardon marie Inglese: Milk-thistle Tedesco: Mariendistel Spagnolo: Cardo mariano Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: frutti; foglie Costituenti principali: Frutti1: – flavolignani: silimarina (1,5-3%): silibinina o silibina (60-70%), silidianina, silicristina – lipidi (20-30%) ad alta concentrazione di acidi grassi insaturi: acido linoleico (circa 60%), oleico (circa 30%) e palmitico (circa 9%); tocoferolo, steroli; olio essenziale (0,1%) – proteine (25-30%); tiramina; piccole quantità di mucillagine – flavonoidi: quercetolo, eriodictiolo, crisoeriolo…; tannini catechici Foglie2: – flavonoidi: apigenina, Kemferolo, luteolina e loro glucosidi – sitosterolo; triterpene acetato; poliacetileni, acido fumarico Attività principali: antiepatotossica, epatoprotettrice; antiossidante; debolmente spasmolitica Impiego terapeutico: epatopatie (cirrosi epatica, steatosi epatica, epatite acuta e cronica); ipotensione arteriosa; sindromi emorragiche (epistassi, meno-metrorragie, emorroidi sanguinanti)

Utilizzo medico I frutti, o acheni, impropriamente chiamati semi, contengono principi attivi, quali la silimarina e i suoi isomeri, che si caratterizzano per un’attività epatoprotettrice e un’azione rigeneratrice a livello della cellula epatica (epatocita). Sembra infatti che contribuiscano ad accelerare sensibilmente il processo di rigenerazione del parenchima epatico in quanto viene aumentata la sintesi di RNA per stimolazione d’attività dell’RNA polimerasi. Nell’intossicazione da parte di un agente tossico come il tetracloruro di carbonio (CCl4), ad esempio, l’estratto dei frutti della pianta è in grado di accelerare la normalizzazione del quadro enzimatico (ALT-AST), indice di funzionalità epatica, e di diminuire l’azione lesiva del CCl4 se somministrato contemporaneamente. Nelle lesioni lisosomiali e mitocondriali da etanolo, la silimarina è in grado di intervenire positivamente riportandoli alla normale struttura e stimolando la sintesi proteica compromessa anch’essa nelle lesioni da alcol. La silimarina e i suoi isomeri sono pertanto dotati di sicura azione contrastante gli effetti epatolesivi di svariati agenti epatotossici, sia naturali che di sintesi. La silimarina appartiene alla famiglia chimica dei 2-fenilcromanoni e deriva dalla condensazione della taxifolina con l’alcol coniferilico. Sono stati isolati tre stereoisomeri, che costituiscono la silimarina, rappresentati dalla silibinina, dalla silidianina e dalla silicristina (flavolignani); 728

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fra questi la silibinina (7-cromanol-3 metiltaxifolina) risulta essere il più attivo. La silimarina, dopo l’assorbimento intestinale, viene eliminata in piccola parte mediante l’emuntorio renale, mentre per la maggior parte viene concentrata nelle cellule epatiche ed escreta attraverso la bile nell’intestino, da cui viene riassorbita (veicolazione enteroepatica). Nel trattamento fitoterapico dell’epatite virale, patologia nella quale questa pianta può essere considerata un agente terapeutico particolarmente valido, i frutti di cardo mariano, oltre ad assicurare una coleresi dolce e una stimolazione delle difese dell’organismo, favoriscono la rigenerazione della cellula epatica. Si ritiene infatti che tale sostanza agisca limitando attraverso la protezione delle membrane epatocitarie, l’aggancio dell’agente virale ai recettori cellulari situati esternamente alle membrane citoplasmatiche: in tal modo la silimarina ridurrebbe il numero di epatociti parassitati e quindi il danno parenchimale e i livelli di transaminasi. Diverse esperienze di laboratorio hanno, del resto, dimostrato come la silimarina possieda per lo meno un sito d’azione sulla membrana cellulare dell’epatocita che impedisce o rende assai difficile la penetrazione delle sostanze tossiche all’interno della cellula3. Nel corso di un’affezione epatica gli epatociti possono presentare, inoltre, un diverso grado di alterazione: mentre per le cellule che sono andate incontro a modificazioni irreversibili la silimarina risulta inefficace, per le altre cellule tale sostanza esplica un’azione stimolante sulla sintesi proteica che si traduce nell’accelerazione del processo di rigenerazione. In effetti esisterebbe un secondo sito d’azione a livello del nucleo, dato che la silimarina aumenta l’attività della polimerasi A, stimola l’acido ribonucleico e favorisce la sintesi intracellulare. La silimarina agisce pertanto come “protettore di membrana” tramite blocco dei siti recettoriali di membrana: impedisce l’ingresso di altre tossine, determina diminuzione del ricambio dei lipidi di membrana (effetto stabilizzante) e inibizione della formazione dei perossidi (radicali altamente reattivi derivati dal metabolismo di alcuni lipidi anche di origine alimentare in grado di alterare le normali strutture di membrana), stimolazione della sintesi dell’RNA e protezione del nucleo a cui consegue un aumento dei processi riparativi a livello della cellula epatica se il processo degenerativo è ancora reversibile. Non a caso, quindi, la silimarina rientra come tale nella formulazione di prodotti farmaceutici ad attività epatotropa. La Commissione E del BfArM ha approvato nel 1989 l’uso dell’estratto standardizzato in silimarina (al 70%) per trattare le intossicazioni epatiche e come adiuvante nelle epatiti e cirrosi epatiche; nel 2002 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha riconosciuto gli stessi impieghi d’uso. È bene comunque ricordare che anche se il principio attivo è stato identificato e ampiamente studiato, occorre guardare al fitocomplesso, perché l’azione del principio attivo può essere rafforzata ed equilibrata da tutto quell’insieme di sostanze, più o meno importanti, che lo costituiscono, che ne rafforzano la biodisponibilità nell’organismo e ne ampliano lo spettro d’azione4. Le proprietà amaro-tonico-coleretiche del fitocomplesso, ad esempio, possono contribuire a migliorare i processi digestivi (proprietà antidispeptiche) e disintossicanti in senso lato. Anche in questo caso la Commissione E del BfArM e l’OMS riconoscono l’uso dei frutti di cardo mariano per trattare questo tipo di disturbi. Weiss (1982) consiglia di assumere 3-4 tazze di infuso secondo questo schema: una tazza la mattina a digiuno, una tazza mezz’ora prima del pasto di mezzogiorno, una tazza mezz’ora prima di cena ed eventualmente una tazza prima di coricarsi. L’autore consiglia inoltre, di aggiungervi della Menta per migliorarne il sapore e per rafforzarne l’attività. Si ricorda inoltre che nel trattamento di un’epatopatia, e 729

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in particolar modo in quello delle epatiti, è controindicato l’utilizzo delle preparazioni alcoliche. L’associazione di Cardo mariano e Alburno di Tiglio assicura rapidamente una coleresi efficace e, nel caso di una epatopatia, una normalizzazione dei parametri epatici. Il cardo mariano, grazie alle proprietà antiepatotossiche, permette di proteggere il tessuto epatico dai danni causati dalla chemioterapia5. Sembra inoltre che possa contribuire a migliorare l’efficacia dei trattamenti antitumorali6 e a prevenire l’insorgenza di forme tumorali a carico di prostata, colon-retto e pelle7. Ovviamente sono necessari altri studi clinici e farmacologici per convalidare questi dati. Viene segnalato che la silimarina può contribuire a migliorare il controllo della glicemia e ridurre la resistenza all’insulina8. Alla tiramina, sostanza ad azione simpaticomimetica presente nei frutti, è attribuita un’azione tonico-vascolare in grado di aumentare la pressione sanguigna9. Leclerc utilizzava la pianta, oltre che nelle affezioni epatobiliari e nelle turbe dispeptiche, anche nell’affaticamento intellettuale, negli ipotesi che sopportano male viaggiare, e come preventivo nelle cinetosi (mal di mare e di auto). Scriveva: «La medicazione presenta inoltre il vantaggio di essere del tutto priva di tossicità e di poter essere continuata per lungo tempo fino a che è necessario, senza che mai succedano all’ipotensione delle reazioni ipertensive»10. Grazie alle proprietà antiemorragiche e debolmente spasmolitiche, infine, i frutti venivano impiegati nelle meno-metrorragie, epistassi, emorroidi ecc. Secondo recenti studi, infine, i semi della pianta avrebbero effetti immunomostimolanti. Stimolerebbe infatti, in vitro, la secrezione di interferone-γ e di interleuchine da parte di linfociti11. Le foglie, scarsamente utilizzate, manifestano a loro volta azione tonica, colagoga, di stimolazione gastrica e diuretica, per cui possono essere associate ai semi nelle preparazioni. Nella medicina popolare venivano impiegate contro la malaria, come emmenagogo, per metropatie (affezioni uterine) e splenopatie12. Uso esterno: L’uso topico della pianta è legato alla dermocosmesi. Preparazioni contenenti estratti di cardo mariano o silimarina rientrano nelle formulazioni di creme contro l’invecchiamento (proprietà antiossiodanti). In dermatologia può essere impiegata per favorire i processi di guarigione e nel trattamento di eritemi, bruciature, dermatiti atopiche e psoriasi13. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Generalmente ben tollerato, può, in alcuni soggetti sensibili, dare un blando effetto lassativo che cessa dopo 2-3 giorni dalla sospensione. Verificare che non vi sia allergia alle Asteraceae (possibile reazione allergica). Il cardo mariano va usato con cautela nei soggetti ipertesi data la presenza di tiramina. È stato segnalato che teoricamente la silimarina può accelerare l’eliminazione degli estrogeni, per cui non dovrebbe essere somministrata in donne che assumono contraccettivi orali o terapia sostituiva (TOS). Per quanto riguarda le possibili interazioni farmacologiche risulta comunque importante quanto afferma J. Bruneton: «In vitro, il cardo mariano inibisce certe isoforme del citocromo P450. Potrebbe dunque modificare la farmacocinetica di diversi medicinali. Tuttavia, saggi clinici hanno dimostrato l’assenza di traduzione clinica di questa inibizione (almeno alle dosi usuali e nei casi studiati: midazolam, nifedipina, indinavir, irinotecan)»14. La pianta sembra compatibile con la gravidanza e l’allattamento15. 730

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Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dal frutto maturo, privato dei pappi, di S. marianum contenente al minimo 1,5% di silimarina, espressa in silibinina. Il frutto viene utilizzato per la preparazione dell’estratto secco purificato e standardizzato fra 30 e 65% di silimarina, espressa in silibinina. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 12-15 g/die (frutti); 200-400 mg/die (silimarina, calcolata in silibinina) suddivisi in 2-3 assunzioni. Infuso (frutti): un cucchiaino di frutti triturati e infuso in acqua bollente per 10-15 minuti; 3-4 tazze al dì, 1/2 ora prima dei pasti. Preparare ogni volta. Infuso (foglie): versare acqua bollente su ½ cucchiaino di droga finemente tagliata, filtrare dopo 5-10 minuti, 2-3 tazze al dì. Un cucchiaino corrisponde a 1,5 g. Estratto secco titolato (nebulizzato e titolato in silimarina min. 1,0%, Farmacopea Italiana X): 1 cps 1-2 volte al dì. Silybum marianum T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dai frutti (acheni) essiccati (Titolo 65°). Formulario Colecistopatia Silybum m. T.M. Fumaria o. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Ipotensione-astenia Silybum m. T.M. 60 ml S/30 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì Sovrappeso Silybum m. T.M. 20 ml Melissa o. T.M. 20 ml Physalis a. T.M. 20 ml in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Ipotensione-astenia Silybum m. T.M. 40 ml Rosmarinus T.M. 20 ml in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì Sovrappeso Orthosiphon s. T.M. Silybum m. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì

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Curiosità • Giberto Scotti (1872) riporta che l’utilizzo della radice da parte di Aetius, medico nato ad Amida, in Mesopotamia nel V secolo, il quale consigliava il decotto della radice contro “il sudore fetido”, era basato sul fatto che la pianta era considerata un rimedio diuretico e depurativo in quanto «faceva passare per orina i principi male-olenti della cutanea transpirazione». Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 336. 2 Wichtl M. et al., op. cit., p. 124. 3 Saba P. et al., 1979, Epatologia, 25, 277-281. 4 Campanini E., 1986, Secondo Natura, 13, 9-11. 5 Comelli MC, Mengs U et al., 2007, Toward the definition of the mechanism of action of silymarin: activities related to cellular protection from toxic damage induced by chemotherapy. Integr Cancer Ther. 6(2):120-9. Review; Greenlee H, Abascal K et al., 2007, Clinical applications of Silybum marianum in oncology. Integr Cancer Ther. 6(2):158-65. Review. 6 Greenlee H, Abascal K et al., 2007, Clinical applications of Silybum marianum in oncology. Integr Cancer Ther. 6(2):158-65. Review. 7 Katiyar SK, 2005, Silymarin and skin cancer prevention: Anti-inflammatory, antioxidant and immunomodulatory effects (Review), International Journal of Oncology. 26:169-176. Review. 8 Huseini HF, Larijani B et al., 2006, The efficacy of Silybum marianum (L.) Gaertn. (silymarin) in the treatment of type II diabetes: a randomized, double-blind, placebo-controlled, clinical trial. Phytother Res. 20;1036-9; Velussi M, Cernigoi AM et al., 1997, Long-term (12 months) treatment with an anti-oxidant drug (silymarin) is effective on hyperinsulinemia, exogenous insulin nee and malondialdehyde levels in cirrhotic diabetic patients. J Hepatol.26(4):871-9. 9 Lieutaghi P., Lieutaghi P., 1981, Il libro delle erbe, le loro proprietà medicinali, il loro uso culinario, dove trovarle, come coltivarle e raccoglierle, Milano, Rizzoli, p. 113. 10 Ibidem. 11 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 337. 12 Wichtl M et al., op. cit., p. 124. 13 Morazzoni P. et al., 1995, Fitoterapia, 1, 3-40. 14 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 338; Piscitelli S., Formentini E. et al., 2002, Effect of milk Thistle on the Pharmacokinetics in Healthy Volunteers, Pharmacotherapy. 22(5), 551-556. 15 Mills B., Bone K., op. cit., p. 594.

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Simarouba amara Aublet

Nome comune: Simaruba Francese: Bois blanc Inglese: Bitterwood Tedesco: Simaruba Spagnolo: Simaruba Famiglia: Simarubaceae Parte utilizzata: corteccia della radice Costituenti principali: – tannino (20-27%); resina, tracce di olio essenziale – principi amari: simarubina e simarubeina – alcaloide (0,5-0,8%) Attività principali: toniche, febbrifughe; antidissenteriche Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico Le proprietà della corteccia di radice di questa pianta proveniente dalla Guyana, dal nord del Brasile e dalle Antille, sono simili a quelle della Quassia (è conosciuta infatti anche come Quassia simaruba): toniche, febbrifughe e antidissenteriche. Attualmente vi è un certo interesse verso le Simarubaceae per l’attività antitumorale di alcuni quassinoidi in C20 (vedi: Quassia)1. L’alcaloide viene segnalato come un antielmintico potente che provoca il vomito2. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Inizialmente può provocare nausea. A dosaggi elevati è emeto-catartica. Forme farmaceutiche e posologia Polvere: da 0,50 a 3 g. Simaruba amara T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla corteccia essiccata (titolo 65°). Curiosità • «Si tratta di un grande albero della Guiana e del Brasile, detto nei luoghi d’origine Sumaruppa. La corteccia contiene una resina, un olio volatile e un principio amaro analogo alla quassina (vedi: Quassia). Si usa in medicina, ma da noi raramente, come tonico, amaro e febbrifugo» (Villavecchia, 1931). Note bibliografiche 1 Dourvalt F., op. cit., p. 1556. 2 Van Hellemont J., op. cit., p. 374.

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(L.) Scop.

Sisymbrium officinale (L.) Scop. (= Erysimum officinale L.)

Nome comune: Sisimbrio; Erba del cantore; Senape selvaggia Francese: Herbe aux chantres; Vélar officinale Inglese: Bank cress Tedesco: Weg-Rauke Spagnolo: Erísimo Famiglia: Brassicaceae Parte utilizzata: parti aeree fiorite, foglie Costituenti principali: – glucosinolati (eterosidi solforati): sinigrinavolio essenziale; flavonoidi Attività principali: antinfiammatoria; bechicaemolliente Impiego terapeutico: raucedine e afonia; stati infiammatori vie respiratorie

Utilizzo medico La pianta sembra risultare particolarmente efficace nel trattare la raucedine e afonia dei soggetti che, per lavoro, utilizzano molto la voce in quanto contribuisce ad attenuare i sintomi dolorosi legati alla secchezza e all’infiammazione della laringe e della faringe. È considerata infatti un rimedio specifico delle laringiti sopravvenute in seguito a sforzo vocale1. Per le sue proprietà modificatrici degli stati infiammatori delle vie respiratorie, e grazie anche all’attività espettorante e mucolitica, rientra nella formulazione di preparazioni per il trattamento di affezioni bronchiali acute benigne e delle tracheiti, e come sintomatico nella tosse dei fumatori. Per via locale, come collutorio, risulta un buon antalgico nelle affezioni della cavità orale e/o orofaringea2. In letteratura, peraltro assai scarsa, si trova una segnalazione riguardante l’utilizzo della pianta come antispastico delle vie biliari: la pianta può essere impiegata nella litiasi biliare in quanto, come antispasmodico, permette alla cistifellea di “sopportare” i calcoli ed elimina il riflesso che tende alla loro espulsione, contribuendo così alla scomparsa della sintomatologia dolorosa3. I suoi componenti risultano poco conosciuti sia dal punto di vista chimico che farmacologico. Le indicazioni terapeutiche della pianta si basano pertanto su un utilizzo clinico perpetuato nel tempo. Il nome popolare della pianta (erba del cantore, herbe aux chantres ecc.) del resto, ne attesta un uso antico. Nota: È stato appurato che numerose specie del genere Erysimum contengono eterosidi cardiotonici, i cardenolidi (attività simile alla digitalina), presenti in concentrazioni importanti soprattutto nei semi ma che si possono ritrovare in quantità anche nella parti aeree: sono pertanto possibili intossicazioni sia nell’uomo che negli animali (Erysimum crepidifolium Reichb.)4. Cardenolidi sono stati isolati nei semi di Erysimum officinale L. (Van Hellemont, 1986). Nei semi dell’Erysimum aureum Sieb., pianta ornamentale, sono stati isolati due principi attivi: uno di natura alcaloidica provoca paralisi, l’altro (erysimina, un eteroside che può essere classificato nel gruppo della digitalina) risulta tossico per il cuore5. 734

248 • Sisymbrium

officinale

(L.) Scop.

Tossicità, interazioni ed effetti secondari Ai dosaggi terapeutici non sono da temere effetti collaterali. Alcuni autori tuttavia ne sconsigliano l’uso, a scopo precauzionale, in gravidanza e in pediatria data la scarsità di dati esistenti dal punto di vista chimico e farmacologico. Solo per dosaggi elevati e prolungati nel tempo sembrano possibili interazioni con farmaci tiroidei (tiroxina e metimazolo) a causa della presenza nel fitocomplesso dei glucosinolati. Evitare la somministrazione nel soggetto ipotiroideo. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 6 g per tazza d’acqua bollente; lasciare in infusione per 20 minuti (Leclerc). Addolcire con miele. Può essere impiegato anche per gargarismi (infuso mielato). Polvere: 50-100 mg per cps in associazione. Estratto Fluido: 1-2 g pro dose, 2-3 volte al dì (1 g = 40 gocce). Erysimum officinale T.M.: 25 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì. Note di galenica Viene consigliato di impiegare la pianta fresca in quanto con l’essiccazione perderebbe gran parte della sua attività6. La pianta ha un gusto sgradevole per cui si consiglia di aggiungere miele e liquirizia. La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Sciroppo Erysimum o. Sciroppo semplice S/a cucchiai

T.M. 10 g 90 g

Sciroppo (Larousse) Fare bollire 30 g di foglie e sommità fiorite in 1 litro di acqua addizionata di 10 g di Liquirizia fino a riduzione di un terzo. Filtrare. Aggiungere, quindi, 200 g di miele e mettere a cuocere a bagnomaria bollente fino a consistenza di sciroppo. Vino Versare 10 g di sommità fiorite in 1 litro di vino rosso. Lasciare macerare 4 giorni, poi filtrare. Discinesia vie biliari Glycirrhiza g. T.M. Erysimum o. T.M. Fumaria o. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì in tisana al Finocchio Curiosità • Il nome Erisimo deriva dal greco eruo = io salvo e oimos = il canto, mentre Sisymbrium è dovuto al fatto che sarebbe una pianta dedicata a Sisymbria, antica attrice greca. • «[…] e se fra tante autorità competenti può figurare anche quella di un profano, citeremo quanto ne scrisse Racine a Boileau “Lo sciroppo di Erisimo non è assolutamente una visione […]. Monsieur Dodart mi ha assicurato che se le acque di 735

248 • Sisymbrium

officinale

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Bourbonne non vi guariscono dall’afonia questa vi guarirà infallibilmente. Mi ha citato l’esempio di un cantore di Nôtre-Dame, al quale un raffreddore aveva fatto perdere completamente la voce ormai da sei mesi, e che stava pensando di ritirarsi. Un medico lo prese in cura e con l’erisimo lo guarì così bene, che non solo parla, ma canta e ha una voce così forte come non ha mai avuto. Ho raccontato la cosa ai medici di Corte: mi confermano che questa pianta è molto buona per il petto”» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Hallard F, op. cit., p. 70. 2 Bruneton J, 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 179. 3 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 524. 4 Frohne D. et al., op. cit., p. 83. 5 Dorvault F., op. cit., p. 660. 6 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I, p. 558.

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officinalis

H.B.K.

Smilax officinalis H.B.K.

Nome comune: Salsapariglia Francese: Salsepareille Inglese: Sarsaparilla Tedesco: Stechwinden Spagnolo: Salsaparilla Famiglia: Liliaceae Parte utilizzata: radice Costituenti principali: – saponine steroidali (5%): sarsapogenina, smilagenina come maggioritarie – fitosteroli e glicosidi sterolici: β-sitosterolo – resina (2,5%), olio essenziale (tracce) e olio grasso – amido e tannini Attività principali: depurativa, diuretica, antiurica Impiego terapeutico: come depurativo: forme reumatiche, malattie della pelle

Utilizzo medico La pianta ebbe larga fama come rimedio antiluetico e come tale venne impiegata fino al 1800, dopodiché la sua somministrazione, in virtù delle proprietà depurative, diaforetiche e diuretiche, riguardò esclusivamente il trattamento delle forme reumatiche e delle malattie della pelle. S. officinalis è dotata di una notevole azione diuretica, azoturica e ipoazotemica e, per quanto riguarda le indicazioni terapeutiche che le possono essere attribuite, derivano soprattutto da tali proprietà che determinano un’azione disintossicante a livello generale con aumento dell’eliminazione dei cataboliti, in particolare di acido urico. La pianta infatti «influenza direttamente o indirettamente la concentrazione dell’acido urico nel sangue, soltanto quando esso raggiunge limiti superiori alla norma, vale a dire quando esso assuma il reale significato di scoria azotata tossica per l’organismo»1. Risulta pertanto indicata nelle malattie del ricambio, quali diatesi artritica, iperuricemia, gotta e dermatosi su base dismetabolica. La radice è utilizzata infatti in svariate affezioni cutanee croniche, come eczema e dermatiti. È stato segnalato che la pianta, per il suo contenuto in saponine, possiede un’azione ipocolesterolemizzante: ciò avviene per una reazione delle saponine con gli acidi biliari (formazione di micelle), per mezzo della quale viene inibito il riassorbimento del colesterolo. Nella psoriasi, dove si constata un aumento del colesterolo, la sua somministrazione abbasserebbe tale valore, influenzando benevolmente l’andamento della malattia. Per quanto riguarda le proprietà antiluetiche, sembra che il benefico effetto manifestato dalla pianta sia in parte da attribuire alla stimolazione dei poteri di difesa dell’organismo. Un’altra attività riscontrata è quella antileprosa, comune, per altro, a molti generi di Smilax2. La smilagenina e la sarsapogenina (saponosidi a struttura steroidea) sono utilizzati come composti base per la semisintesi degli ormoni steroidei3. Tossicità, interazioni ed effetti secondari A dosi elevate la Salsapariglia può provocare irritazione del tratto gastroenterico. Come per tutte le piante ricche in saponine, può determinare un aumento nell’assorbimento di 737

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officinalis

H.B.K.

farmaci assunti contemporaneamente (ad esempio, glucosidi digitalici) o nell’eliminazione (ad esempio, ipnotici). Evitare un uso prolungato e posologie elevate. La Commissione E del BfArM ne sconsiglia l’impiego in quanto la sua efficacia non è stata dimostrata. Forme farmaceutiche e posologia Macerazione: 40 g per litro di acqua fredda. Macerazione di 8 ore, fare quindi bollire per 20 minuti. Bere il tutto durante la giornata. Decotto: al 5% per uso esterno. Estratto Fluido: 1-10 g pro die (1 g = 46 gocce). Estratto secco: 25 mg per cps, 1-3 cps al dì. Smilax officinalis T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La pianta risulta più attiva allo stato fresco4. L’Estratto Fluido viene impiegato come veicolo che favorisce l’assorbimento di altri medicamenti5. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dagli organi sotterranei essiccati (titolo 55°). Formulario Tisana depurativa (Van Hellemont) rizoma di Gramigna 10 g radice di Liquirizia 10 g radice di Bardana 20 g radice di Ononide 20 g radice di Cicoria selvatica 20 g radice di Salsapariglia ad 100 g S/un cucchiaio da minestra per tazza di decotto, 1-2 tazze al dì, di preferenza la mattina a digiuno Sciroppo (Benigni-Capra-Cattorini) Smilax o. E. fluido Sciroppo semplice F.U. S/un cucchiaio 2-3 volte al dì

5g 95 g

Curiosità • Una bevanda, un tempo assai diffusa negli USA, era la Salsapariglia Bristol ottenuta preparando una infusione di Salsapariglia leggermente alcolizzata e addizionata di acido carbonico che ne faceva una bibita gassata. Note bibliografiche 1 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 1406. 2 Ibidem. 3 Capasso F., 2011, op. cit., 433. 4 Dorvault F., op. cit., p. 1525. 5 Capasso F., 2011, op. cit., 433.

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250 • Solanum

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dulcamara

L.

Solanum dulcamara L.

Nome comune: Dulcamara Francese: Morelle douce-amére Inglese: Bittersweet Tedesco: Bittersüße Nachtschatten Spagnolo: Dulcamara Famiglia: Solanaceae Parte utilizzata: steli (piante di 2-3 anni) Costituenti principali: – glucoalcaloidi steroidici (solanine): eterosidi della soladulcidina, del tomatidenolo, della solasodina; solasonina, solamarine… – saponine steroliche (agliconi: tigogenina, diosgenina, yamogenina) – acido dulcamaretico e acido dulcamarico Attività principali: depurativa, diaforetica; antinfiammatoria Impiego terapeutico: reumatismo, gotta; dermatosi da alterato ricambio, eczema cronico

Utilizzo medico La Dulcamara trovava impiego, in passato, nel trattamento delle affezioni reumatiche, della gotta e di numerose malattie croniche della pelle come eczema, psoriasi, manifestazioni acneiche (acne della adolescenza e della menopausa), prurigo ecc. Risulta efficace in particolare per l’azione dermatropa nelle malattie della pelle associate ad anomalie del metabolismo: la Commissione E del BfArM la considera pianta atta alla «terapia di sostegno dell’eczema cronico». La dulcamara è pianta depurativa che stimola il metabolismo: a bassi dosaggi, infatti, esplica azione diuretica e lassativa. Weiss parla di attività antidiscrasica in grado di indurre, grazie all’aumento dei processi secretivi ed escretivi, mutamenti nella costituzione del sangue e dei tessuti1. Tale attività sarebbe da attribuire agli effetti stimolanti non specifici della componente steroidea2. Studi sperimentali sui glicosidi steroidei hanno evidenziato, per quanto riguarda la solasodina, effetti cortisonosimili: azione antiflogistica nell’artrite da caolino indotta nel ratto, diminuzione della permeabilità dei vasi, ipertrofia delle ghiandole surrenali in seguito a somministrazione prolungata (inferiore a quella prodotta dal cortisone). La solasodina può anche servire da materia prima per la sintesi parziale degli ormoni steroidei. La b-solamarina avrebbe attività antitumorale3. La pianta conosceva un uso popolare anche come espettorante e antispasmodico nella bronchite cronica e nell’asma, nonché un’azione leggermente ipnotica e anafrodisiaca. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Il contenuto in alcaloidi varia in funzione dell’organo: è massimo nel frutto verde (fino allo 0,65% della massa secca), mentre raggiunge valori minimi nel frutto maturo. Uguale fenomeno si riscontra, ad esempio, nel corso della maturazione dei pomodori (Lycopersicum esculentum Miller) o delle melanzane (Solanum melongena L.). La concentrazione nelle foglie infine è inferiore a quella dei frutti. 739

250 • Solanum

dulcamara

L.

Le gravi intossicazioni per lo più sono dovute all’ingestione delle bacche immature: la concentrazione in alcaloidi è infatti massima nel frutto verde e diventa molto scarsa nel frutto maturo dove, per altro, sono presenti saponine che possono essere responsabili dei disturbi digestivi minori. Per posologia elevata, i primi sintomi sono a carico dell’apparato digerente: sensazione di bruciore alla gola, nausea, vomito, dolori addominali, diarrea. Appaiono quindi quelli a carico del sistema neuro-vegetativo: midriasi, secchezza delle mucose, tachicardia, cefalea, a volte delirio, allucinazioni e convulsioni. Nelle forme gravi si possono manifestare turbe respiratorie e cardiovascolari4. Le osservazioni del centro di tossicologia di Berlino hanno comunque rilevato che su più di 200 casi registrati, solo per qualcuno sono stati segnalati sintomi lievi come vomito spontaneo. La tossicità della pianta sembra quindi molto meno importante rispetto a quanto si è portati a credere in base alla lettura di opere ormai superate5. Forme farmaceutiche e posologia Posologia giornaliera media (Commissione E del BfArM): 1-3 g di droga (steli), o quantitativi corrispondenti per i preparati da essa ricavati. Infuso o decotto per uso esterno: 1-2 g di droga (steli) in 250 ml di acqua. Estratto Fluido: 1 g pro dose (1 g = 40 gocce). Solanum dulcamara T.M.: 20 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dal giovani rami fogliati e fioriti freschi (titolo 45°). Formulario Sciroppo (Leclerc) Dulcamara steli 100 g Acqua bollente 1500 g Dopo 6 ore di infusione, passare spremendo; far depositare e decantare il tutto e aggiungervi 180 g di zucchero per 100 g di liquido, passare dopo ebollizione rapida. S/50-100 g al dì Curiosità • L’etimo solanum deriva dal latino consolare, mitigare (solari), allusione alle proprietà sedative di varie specie di questo genere, mentre dulcamara fa riferimento al sapore dolce-amaro degli stipiti. • Linneo utilizzava la pianta nella sifilide, nel reumatismo e nella gotta. • «Dioscoride aveva già notato che il succo delle bacche giova contro le efelidi; e Mattioli riferisce che le dame toscane ne componevano un liscio per rammorbidire la pelle» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Weiss R.F., 1992, Lehrbuch der Phytoterapie, Hippokrates Verlag, Stuttgart. 2 Frohne D., 1994, Medicina Naturale, 5, 40-45. 3 Frohne D. et al., ibidem, p. 42. 4 Debelmas A.M., Delaveau P., op. cit., p. 124. 5 Frohne D. et al., op. cit., p. 376; Bruneton J, Plantes toxiques…, op. cit., p. 502.

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251 • Solidago

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virgaurea

L.

Solidago virgaurea L.

Nome comune: Solidago; Verga d’oro Francese: Verge d’or Inglese: Goldenrod european Tedesco: Gewöhnliche Goldrute Spagnolo: Vara de oro Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: sommità fiorite Costituenti principali: – olio essenziale (0,1-0,5%): γ-cadinene come maggioritario – flavonoidi (1,5-2%): iperoside, quercitrina, rutina, isoquercitrina, astragalina – saponine triterpeniche e acidi-fenoli: acidi caffeico e clorogenico, leiocarposide (0,10,5%) e virgaureoside A, – tannini catechici (10-15%); Diterpeni Attività principali: diuretica, antilitiasica, depurativa; astringente, antisettica e vulneraria; blandamente spasmolitica Impiego terapeutico: renella; iperuricemia e gotta; stati infiammatori delle vie urinarie; cicatrizzante (uso esterno)

Utilizzo medico La Solidago deve alla presenza di flavonoidi e saponine triterpeniche l’importante azione antinfiammatoria e vitaminoP-simile che la caratterizza. Favorisce inoltre l’eliminazione della renella e può dunque prevenire la formazione dei calcoli. Tale attività deriva dall’eminente proprietà diuretica. Numerosi studi farmacologici hanno confermato l’attività diuretica, con aumento del flusso ematico a livello renale e della filtrazione glomerulare. Non si verifica aumento della perdita di ioni cloruro e sodio1. Nei soggetti affetti da gotta, per gli stessi motivi, esercita una preziosa attività antiurica. Si segnala, oltre a ciò, che la ESCOP menziona, fra le proprietà farmacodinamiche, un’azione ipotensivante. In linea generale, comunque, è una pianta che risulta utile negli stati infiammatori delle vie urinarie e nelle affezioni del rene o della vescica che si accompagnano a colite (colibacillosi). La presenza di tannino ne giustifica l’impiego nella diarrea e nell’enterite. Il leiocarposide (diglucoside dell’estere dell’alcol salicilico e dell’acido 2,4-diidrossi-3-metossi-benzoico) è diuretico, antinfiammatorio e analgesico, ma il suo assorbimento intestinale è molto basso. I saponosidi si sono dimostrati attivi in vitro nei confronti della candida albicans, e immunostimolanti2. La pianta può essere considerata un buon adiuvante nel trattamento delle infezioni batteriche del tratto urinario (ESCOP). Recenti studi hanno evidenziato l’efficacia nel migliorare il tenesmo urinario (sintomo prevalente nell’86% circa dei pazienti indagati) con risposta terapeutica nel 71,9% dei casi. Buoni risultati sono stati ottenuti anche nel trattamento di pazienti affette da “vescica irritabile da causa ignota”, casi nei quali si è avuto un miglioramento sintomatologico notevole3. 741

251 • Solidago

virgaurea

L.

Interessante la segnalazione riguardante l’impiego, per l’azione antalgica e litagoga in particolare, nei soggetti affetti da calcolosi renale che sono stati sottoposti a litotrissia extracorporea con onde d’urto. L’efficacia della pianta nel contribuire all’eliminazione dei residui di disgregazione è stata giudicata ottimale nell’85% dei casi. Molto elevata anche la tollerabilità4. Uso esterno Da non dimenticare le proprietà vulnerarie, simili a quelle della Calendula – presenta, infatti, azione lenitiva e disarrossante – ma di scarso utilizzo per la difficoltà, a livello industriale, di ottenere e conservare la droga allo stato secco5. Per le proprietà astringenti, decongestionanti e antinfiammatorie può essere impiegata nelle stomatiti e nelle infiammazioni della gola. Già Avicenna (XI sec.) ne consigliava il decotto nel trattamento dell’afte buccale. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici ai dosaggi terapeutici. Verificare che non vi sia allergia alle Asteraceae. Assicurare un abbondante apporto di liquidi. Come per tutte le piante ad azione diuretica, prestare attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci diuretici (sommazione d’effetto). La pianta risulta controindicata in caso di edema da ridotta funzionalità cardiorenale (Commissione E del BfArM) e nei pazienti affetti da malattie renali croniche. HMPC-EMEA ne controindicano l’uso in gravidanza e allattamento, mentre la Commissione E del BfArM e altri autori sono di parere opposto6. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle parti aeree fiorite, essiccate, intere o frammentate, di S. viragurea L. contenenti non meno dello 0,5% e non più dell’1,5% di flavonoidi, espressi in iperoside. La droga è costituita anche dalle parti aeree fiorite, essiccate, intere o frammentate, di Solidago gigantea Ait. o Solidago candensis L. e le loro varietà o ibridi e o loro miscele, contenenti al minimo 2,5%di flavonoidi, espressi come iperoside. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 10 g di droga. Infuso: 3-5 g in 150 ml di acqua bollente. Filtrare dopo infusione di 15 minuti, una tazza 2-4 volte al dì, tra i pasti, per 2- 4 settimane (HMPC-EMEA). Decotto al 30%: a cucchiai da minestra. Polvere: 2 g per cpr, 1-3 cpr al giorno. Solidago virgaurea T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalle sommità fiorite fresche (titolo 55°). Formulario Prostatite Solidago v. T.M. Uva ursi T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì 742

251 • Solidago

virgaurea

L.

Cistite Uva ursi fol. 40% Solidago h. 30% Orthosiphon fol. 30% S/infuso al 3%; 3 tazze al dì lontano dai pasti Cistite Uva ursi T.M. Hieracium p. T.M. Solidago v. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Gocce diuretiche Uva ursi T.M. 60 ml Orthosiphon s. T.M. 40 ml Betula a. T.M. 25 ml in flacone unico S/30 gocce in mezzo bicchiere di acqua, 3 volte al dì lontano dai pasti Gocce depurative Solidago v. T.M. Arctium l. T.M. Fraxinus e. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì per 20 giorni Renella Solidago v. T.M. Agropyrum r. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì Curiosità • Solidago, dal latino “solidare = rendere sano, rinforzare”. • Dal punto di vista storico, la prima citazione si deve ad Arnaldo da Villanova (XIII sec.) che ne esaltò l’azione nella litiasi renale. Un utilizzo massiccio della pianta si ebbe durante tutto il Medioevo e sino al secolo XVIII, in quanto era richiesta per la cura delle ferite da taglio (spada, coltello, sciabola ecc.). In Gran Bretagna, dove si riteneva che la pianta non esistesse e dove la sua presenza fu scoperta solo nel XVI secolo, ne venivano importate ingenti quantità a costo assai elevato. Veniva applicata esternamente sotto forma di unguento oppure bevuta come infuso caldo. Note bibliografiche 1 Raynaud J, Prescription et conseil en phytothérapie, op. cit. p. 200. 2 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 297. 3 Schmitt M., 1996, TW Urologie Nephrologie 8, 133-135. 4 Monti L., op. cit., p. 184. 5 Proserpio G. et al., op. cit., p. 552. 6 Mills B., Bone K., op. cit., p. 443.

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252 • Sorbus

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aucuparia

L.

Sorbus aucuparia L.

Nome comune: Sorbo selvatico o rosso; Sorbo degli uccellatori Francese: Sorbier des oiseleurs Inglese: Mountain-ash; rowan tree Tedesco: Vogelbeere Spagnolo: Serbal de los cazadores o azarollo Famiglia: Rosaceae Parte utilizzata: frutto Costituenti principali: – sorbitolo; Acido ascorbico (60-110 mg/100 g) – acidi organici (2-3%): malico, succinico, citrico e altri. – acido parasorbico, parasorboside, acido sorbico – tannino; pigmenti; principi amari – carotenoidi e derivati antocianici – flavonoidi (rutina, isoquercitrina, quercetina; – amigdalina (tracce): nei semi Attività principali: tonica-astringente (frutto essiccato) Impiego terapeutico: diarrea; forme catarrali a carico dell’apparato respiratorio

Utilizzo medico I frutti (sorbe) di circa 1 cm di diametro sono rossi a maturità e di sapore aciduloamarognolo, raramente dolci. Per la ricchezza in tannini hanno fama di astringenti e antidiarroici. Sono consumati quando sono vizzi, in quanto la maturità ne mitiga l’asprezza. La medicina popolare utilizza le sorbe come antidiarroiche, diuretiche, emmenagoghe e come fonte di vitamina C. Allo stato fresco possono manifestare una lieve tossicità: l’essiccazione e la cottura dei frutti (con i quali si preparano marmellate, gelatine, succhi) elimina l’acido cianidrico e degrada l’acido parasorbico, sostanza che può mostrarsi irritante nei confronti della mucosa del tratto digestivo determinando blanda azione lassativa1. L’Estratto Fluido (ottenuto dal frutto essiccato) risulta estremamente valido, in particolare nell’anziano, nel trattamento di enteriti ribelli, in quanto all’azione astringente si affianca quella tonica e vasculoprotettiva (flavonoidi, acidi organici, vitamina C ecc.). Possono essere utili anche nel trattamento delle forme catarrali a carico dell’apparato respiratorio (tannino, vitamina C, flavonoidi ecc.). Il sorbitolo estratto dalle sorbe ha un largo impiego nei prodotti dietetici per il basso contenuto calorico2. Analoghe proprietà presenta il Sorbus domestica L. (= Pyrus sorbus Gaertn.) o Sorbo comune, coltivato dall’epoca dei Romani come albero da frutta. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Le dosi terapeutiche non sono pericolose. La consumazione di frutti freschi può provocare turbe gastrointestinali lievi: «in più di 4000 consultazioni di bambini che avevano consumato fino a 2-3 pugni di frutti, è stato segnalato solo qualche raro 744

252 • Sorbus

aucuparia

L.

problema gastrointestinale (salivazione, vomito, gastroenterite), così come vampe di calore e orticaria del viso […]»3. L’acido parasorbico, liquido volatile a temperatura ambiente e oleoso (olio di sorbo), è largamente eliminato nell’essiccamento o nella decozione dei frutti. Forme farmaceutiche e posologia Decozione: 5 g di frutti in 100 g di acqua. Lasciar bollire per 5 minuti e tenere in infusione 10 minuti. Una tazza, 1-3 volte al giorno. Estratto Fluido: 1-2 g al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal frutto fresco (titolo 45°). Formulario Sciroppo di Sorbo Mescolare 1 litro di succo appena ottenuto con 1,900 kg di zucchero. Fare bollire, passare e assumere 5-6 cucchiaini da caffè al dì. Curiosità • «Con i frutti maturi si può fare una bevanda spiritosa, una imitazione del sidro» (Scotti, 1872). • «L’astringenza dei frutti di sorbo domestica è così pronunciata prima della loro maturità che fanno serrare le labbra quando le si gusta» (Cazin, 1876). Note bibliografiche 1 Bruneton J, 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 171. 2 Pedretti M., 1980, L’erborista moderno, Erboristeria Domani, Libri., Milano, p. 118; Bruneton J, 2009, op. cit., p. 18. 3 Frohne D. et al., op. cit., p. 336.

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253 • Stachys

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officinals

(L.) Trevir.

Stachys officinalis (L.) Trevir. (= Betonica officinalis L.)

Nome comune: Betonica, Vettonica Francese: Bétoine Inglese: Betony Tedesco: Ziest, Echte Betonie Spagnolo: Betónica Famiglia: Lamiaceae Parte utilizzata: foglie, radice Costituenti principali: – flavonoidi, iridoidi, tannini – principio amaro, colina e tracce di olio essenziale Attività principali: eccitante, starnutatoria; emetocatartica (radice); vulneraria Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico In passato era estremamente in voga il suo uso come tonico, febbrifugo e antidiarroico. Attualmente l’utilizzo interno della pianta è desueto anche se è stata segnalata un’attività antinfiammatoria dovuta alla presenza di iridoidi analoghi a quelli dell’Harpagophytum procumbens (arpagide e acetilarpagide); è stata segnalata anche un’azione ipotensivante e colagoga1. Esternamente avrebbe reali proprietà vulnerarie atte a favorire la cicatrizzazione delle ferite che guariscono male, che sono infettate o in suppurazione (soluzione al 10% di Tintura Madre). La polvere delle foglie è starnutatoria e in passato veniva usata al posto del tabacco. Leclerc consigliava l’uso esterno della decozione vinosa (10%) per la detersione e medicazione delle ferite infette, «la cicatrizzazione delle quali sia stata ritardata da un eccesso di granulazione o da una secrezione troppo abbondante, e inoltre per la cura delle ulcere varicose»2. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala, ai dosaggi terapeutici, effetti secondari tossici. Cazin affermava che i raccoglitori di Betonica manifestavano stordimento e vertigini a causa dei componenti della pianta. L’ingestione della radice può provocare nausea e vomito. Forme farmaceutiche e posologia Infuso al 10%. Polvere: 1-2 g, 2-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fiorita (65°). Curiosità • Betonica, dal latino vere tonica, veramente tonica, con allusione alle proprietà della pianta; secondo Plinio deriverebbe da Vettonica, per il suo impiego presso i Vettoni, abitanti dell’antica Lusitania. • Antonio Musa, medico di Augusto, dedicò un libro alla pianta: De Vetonica libellus, nel quale la segnalava utile in 48 malattie. Fu più discreto Apuleio Platonico 746

253 • Stachys

officinals

(L.) Trevir.

che, nel De viribus herbarum, le assegnava 35 indicazioni di cui una particolare per le donne ut facile concipiant. • Testimonianza della fama goduta dalla pianta sono alcuni proverbi e modi di dire: «Di quegli uomini che sanno tutto, che fanno tutto, che si cacciano dappertutto, e che hanno faccende con tutti si diceva: conosciuti come la Betonica; di una cosa utile a diversi usi, giovevole in molte bisogna, si faceva l’elogio col dire che aveva più virtù della Betonica; e a mostrarne il pregio e l’importanza si consigliava: vendi la tonica e compra la Betonica» (Scotti, 1872). • La pianta vantava la reputazione di pianta dotata di poteri magici: la si riteneva in grado, infatti, di cacciare gli spiriti cattivi. Era impiegata anche per trattare insonnia e incubi: «A questo scopo l’erba viene seccata, tagliata e cucita dentro un piccolo sacchetto di lino (applicare sul petto la notte)»3. Note bibliografiche 1 Dorvault F., op. cit., p. 262. 2 Negri G., op. cit., p. 348. 3 Breindl Ellen, 1989, L’erborista di Dio, Santa Ildegarda mistica medievale, Torino, Edizioni Paoline, p. 152.

747

254 • Sterculia

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urens

Roxburgh

Sterculia urens Roxburgh

Nome comune: Gomma karaya Francese: Gomme Karaya Inglese: Karaya Gum Tedesco: Stinkbäume Spagnolo: Sterculia; karaya Famiglia: Malvaceae Parte utilizzata: la gomma essudata dal tronco Costituenti principali: – mucillagine e gomma ricca in acido galatturonico – amido Attività principali: viscosizzanti; emollienti e antinfiammatorie Impiego terapeutico: regolatore del transito intestinale

Utilizzo medico Dal punto di vista terapeutico è prescritta come regolatore del transito intestinale e nel trattamento delle gastroenteriti (azione emolliente e lenitiva): ciò è dovuto alla capacità della gomma di gonfiarsi fortemente formando dispersioni vischiose1. Una sua soluzione al 10% è in grado, infatti, di espandersi e di formare una massa omogenea, gelatinosa e viscosa2. Gomma karaya si compone di polisaccaridi e la sua struttura macromolecolare è simile a quella delle pectine. Può servire da blando lassativo in caso di fistole anali o costipazione cronica. È impiegata anche come trattamento adiuvante nei regimi dimagranti come frenatore dell’appetito3 in quanto dà senso di sazietà. Viene utilizzata da qualche anno come adesivo nelle sacche utilizzate dopo colostomia, in quanto meglio tollerata dalla pelle rispetto agli adesivi abituali. In più, grazie al suo grande potere assorbente, la gomma Karaya protegge la pelle contro l’azione acida delle feci liquide4. In caso infatti di irritazione della cute peristomale, il trattamento locale si basa sull’impiego di polvere di Karaya, che possiede la peculiarità di aderire perfettamente alla cute, curandone, contemporaneamente, l’infiammazione. Grazie al potere adesivo viene impiegata, inoltre, nella fissazione delle protesi dentarie. Nell’industria farmaceutica rappresenta un succedaneo della gomma adragante (più costosa). Viene impiegata come disperdente dei principi insolubili in acqua. Trova impiego anche nell’industria alimentare e cosmetica per le proprietà viscosizzanti. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. La gomma e le sue associazioni (Aloe, sennosidi, solfato e ossido di magnesio ecc.) sono controindicati in caso di affezioni stenosanti del piloro, e vanno impiegate con prudenza in caso di megacolon a causa dell’alterazione della motricità colica5. La ricchezza in mucillagine può ridurre l’assorbimento di farmaci. Assumere solo sotto controllo medico. 748

254 • Sterculia

urens

Roxburgh

Forme farmaceutiche e posologia Gomma Karaya: 1-3 cucchiaini da caffè mezz’ora prima dei pasti (coadiuvante nei regimi dimagranti). Assumere con abbondante acqua. Curiosità • Sterculia urens è un albero che cresce nelle regioni montagnose e aride del Nord e del Sud dell’India. Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 103. 2 Schulz V. et al., op. cit., p. 221. 3 Note explicative de l’Agence du médicament (Francia-1998). 4 Dorvault F., op. cit., p. 799. 5 Bruneton J, 2009, op. cit., ibidem.

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255 • Stevia

255

rebaudiana

Bertoni

Stevia rebaudiana Bertoni

Nome comune: Stevia Francese: Stevia; Herbe sucrée du Paraguay Inglese: Stevia; Sweet leaf Tedesco: Süßkraut Spagnolo: Caajé; Estevia o azúcar verde Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: foglie Costituenti principali: – eterosidi: steviolo: stevioside* (6%), rebaudiosidi A-F, dulcoside A – saponosidi * lo stevioside può rappresentare più del 10% della massa della foglia essiccata1 Attività principali: edulcorante, amaro-tonica Impiego terapeutico: come coadiuvante nelle diete dimagranti

Utilizzo medico Stevia rebaudiana è una pianta del Centro e del Sud America ampiamente coltivata per le sue foglie dolci. È stata utilizzata per secoli dai nativi sudamericani come dolcificante tradizionale, aggiunto a tisane e altre bevande. Nelle foglie sono presenti due principali composti glicosidici dal sapore dolce: lo stevioside e il rebaudioside A. Queste sostanze risultano 40-300 volte più dolci del saccarosio e quindi è sufficiente solo una piccolissima quantità per raggiungere la dolcezza desiderata. Lo stevioside risulta leggermente lassativo, non provoca fermentazione, non altera la colorazione dei cibi, non lascia retrogusti, non favorisce le carie, contribuisce a mantenere stabile la concentrazione di colesterolo ematico e manifesta anche un’azione ipoglicemizzante e di regolazione sul metabolismo dei carboidrati2. La sua assunzione inoltre non comporta un apporto energetico. La pianta pertanto rientra come coadiuvante nelle diete dimagranti. È presente inoltre un effetto tonico e stomachico in virtù dei principi amaro-aromatici presenti nella foglia3. Alcuni studi pubblicati4, alcuni anche di buona qualità metodologica, hanno segnalato un benefico effetto cardiocircolatorio in quanto i principi attivi (stevioside ecc.) regolerebbe la pressione arteriosa nei soggetti ipertesi e la frequenza cardiaca. Nota: Nel 1999, la Commissione E del BfArMuropea (Scientific Committee on Food- SCF) ha negato l’autorizzazione per l’utilizzo di piante di Stevia o di sue foglie essiccate come dolcificante a causa di una sicurezza non sufficientemente provata di un metabolita dello stevioside, lo steviolo (azione mutagena?). Il Ministero della Salute italiano con circolare 18 luglio 2002, n. 3 (G.U. n. 188 del 12 agosto 2002), ha disposto il divieto di utilizzo della pianta negli integratori alimentari. Nel 2008, diversi esperti del JECFA (Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives) e dell’FDA (American Food and Drug Administration) hanno dichiarato sicuro l’uso dello steviolo puro (≥ 95%) per il consumo umano e recentemente USA, Australia e Nuova Zelanda hanno autorizzato nei loro mercati alcuni preparati di Stevia come ingredienti per cibi e bevande. Test tossicologici hanno mostrato che non sono presenti sostanze 750

255 • Stevia

rebaudiana

Bertoni

genotossiche, né cancerogene o che comportino eventuali effetti negativi sul sistema riproduttivo umano o per il bambino in via di sviluppo. Il gruppo di esperti ha stabilito una dose giornaliera accettabile (Acceptable Daily Intake - ADI) fra 0-4 mg/kg di peso corporeo al giorno per i glicosidi steviolici, un livello coerente con quello già stabilito dal comitato misto FAO/OMS di esperti sugli additivi alimentari (JECFA)5. Questa posologia corrisponde a un massimo di 200 mg di steviosidi al giorno per una persona di 50 kg, e 280 mg per una persona di 70 kg6. Viene considerata una posologia molto “prudente”: esistono infatti studi che dimostrano come l’assunzione quotidiana fino a 1 500 mg di steviosidi per 2 anni non ha comportato effetti indesiderabili7. A livello europeo, il gruppo di esperti scientifici dell’European Food Safety Authority (EFSA), autorità europea per la sicurezza alimentare, nel 2010 ha valutato la sicurezza dei glicosidi steviolici, e ha stabilito una dose giornaliera accettabile per il loro consumo che non comporti rischi per la salute. Il gruppo ha fissato una dose giornaliera ammissibile (DGA) pari a 4 mg/kg peso corporeo/die per i glicosidi steviolici, un livello coerente con quello già definito dal comitato congiunto di esperti FAO/OMS sugli additivi alimentari (JECFA). La valutazione è stata trasmessa (aprile 2010) alla Commissione europea che alla fine del 2011 ha votato l’approvazione per l’utilizzo come dolcificanti di estratti di stevia (glicosidi steviolici) con purezza al 95% o superiore8. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Lo stevioside è sprovvisto di tossicità acuta e a breve termine. Lo stevioside sembra infatti assai poco tossico per l’uomo dato il largo consumo a uso dei locali: la Stevia, comunemente usata in vari paesi del Sud America, rappresenta circa il 40% del mercato dei dolcificanti in Giappone9. Dal 2008 è stata ammessa come edulcorante anche negli Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda. La segnalazione, tuttavia, che alcuni metaboliti della steviolo formati in vitro da microsomi epatici umani presentano un’attività mutagena ha dato il via in passato (vedi: Utilizzo medico) a una serie di ricerche volte ad approfondire lo studio del metabolismo di questa pianta. La debole attività antiormonale segnalata in passato non è stata più riscontrata nel corso di ulteriori sperimentazioni10. Planas e Kuc, nel 1968, infatti, avevano segnalato che la somministrazione in ratti del decotto ottenuto dalle foglie di questa pianta determinava una diminuzione della fecondità11. Lo studio nacque dalla segnalazione che gli indigeni utilizzavano le foglie della Stevia come anticoncezionale. Forme farmaceutiche e posologia Foglie essiccate: 1 g di droga per tazza di tè: da 1 a 5 tazze al dì. Decotto: 2 cucchiaini da tè di foglie per litro di acqua: bollire per 10 minuti. Polvere (foglie essiccate): 300 mg per cps, 1-2 cps prima dei pasti principali, da una a 3 volte al dì. Note di galenica Lo stevioside è solubile in acqua, alcol etilico e metilico. Non è solubile in etere. I primi studi sul principio attivo della pianta, lo stevioside, risalgono all’inizio del XX secolo. 751

255 • Stevia

rebaudiana

Bertoni

Curiosità • La pianta è originaria degli altipiani del Nord del Paraguay ove è conosciuta come Kaa-Héé. Il suo nome guarani significa erba dolce. Il primo tentativo di riproduzione e coltivazione si deve alla signora Vera B. Jimenez, nel 1905, nel giardino della sua casa, attuale orto botanico del Paraguay. • L’azione edulcorante della Stevia è stata da sempre utilizzata dagli Indios (epoca precolombiana) per dolcificare bevande amare. Paris segnala che in Paraguay le foglie sono aggiunte in piccole quantità a quelle del Matè per mascherarne il sapore amaro. Il botanico uruguaiano Moises Bertoni così scrive nel 1899: «È veramente incredibile il potere dolcificante di questa piantina. Un frammento di foglie di pochi millimetri è sufficiente per tenere dolce la bocca per un’ora; un pezzettino di foglia basta per dolcificare una forte tazza di caffè o di tè». Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 792. 2 Jeppesen PB, Gregersen S et al., 2000, Stevioside acts directly on pancreatic beta cells to secrete insulin: actions independent of cyclic adenosine monophosphate and adenosine triphosphate-sensitive K+-channel activity. Metabolism, 49(2):208-14; Lailerd N, Saengsirisuwan V et al., 2004, Effects of stevioside on glucose transport activity in insulin-sensitive and insulinresistant rat skeletal muscle. Metabolism, 53(1):101-7; Gregersen S, Jeppesen PB et al., 2004, Antihyperglycemic effects of stevioside in type 2 diabetic subjects. Metabolism, 53(1):73-6. 3 Angelucci Ediomar, Tese apresentada á Faculdade de Ciencias Farmaceuticas, Saõ Paolo, 1979. 4 Chan P, Tomlinson B et al., 2000, A double-blind placebo-controlled study of the effectiveness and tolerability of oral stevioside in human hypertension. Br J Clin Pharmacol, 50(3):21520; Hsieh MH, Chan P et al., 2003, Efficacy and tolerability of oral stevioside in patients with mild essential hypertension: a two-year, randomized, placebo-controlled study. Clin Ther, 25(11):2797-808; Ferri LA, Alves-Do-Prado W et al., 2006, Investigation of the antihypertensive effect of oral crude stevioside in patients with mild essential hypertension. Phytother Res, 20(9):732-6. 5 http://www.eufic.org/. 6 June 2008. www.fao.org. 7 Hsieh MH, Chan P et al., 2003, Efficacy and tolerability of oral stevioside in patients with mild essential hypertension: a two-year, randomized, placebo-controlled study. Clin Ther, 25(11):2797-808. 8 http://www.eufic.org. 9 Leung A.Y., Foster S., 1996, Encyclopedia of Common Natural Ingredients Used in Foods, Drugs, and Cosmetics, 2ª ed., John Wiley & Sons, New York, pp. 478-480. 10 Bruneton J, 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 521. 11 Paris R.R., Moyse H., op. cit., p. 434.

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256 • Symphytum

256

officinale

L.

Symphytum officinale L.

Nome comune: Consolida maggiore Francese: Consoude; Grande consoude Inglese: Common comfrey Tedesco: Beinwellwurzel Spagnolo: Consuelda Famiglia: Boraginaceae Parte utilizzata: radice Costituenti principali: – allantoina (0,6-0,8% da gennaio a marzo) – alcaloidi pirrolizidinici (0,2-0,4%): licopsamina, intermedina e loro derivati acetilati, simfitina (anche nelle foglie sono presenti alcaloidi ma in debole quantità: 0,003-0,2%; risultano più ricche le giovani foglie)* – mono e bidesmosidi triterpenici; steroli: sitosterolo – tannini catechici (4-6%circa); mucillagine (fruttani); amidi – acidi clorogenico, caffeico e rosmarinico; depsidi dell’acido deidrocaffeico: acido litospermico – asparagina (1-3%); amminoacidi: acido γ-aminobutirrico Nota*: l’alcaloide echimidina una volta segnalato in quantità notevoli nel fitocomplesso di S. officinale sarebbe invece assente. Tale segnalazione era dovuta a una confusione con specie morfologicamente assai simili come S. asperum Lepechin et S. x uplandicum Nyman (ibrido di S. consolida e S. asperum)1 Attività principali: cicatrizzante, emolliente Impiego terapeutico: Uso interno: sconsigliato Uso esterno: distorsioni, contusioni, ematomi, strappi muscolari; trattamento pelli aride, screpolate o ipercheratosiche

Utilizzo medico L’uso interno della pianta risulta pericoloso per la presenza degli alcaloidi pirrolizidinici epatotossici per cui è stato abbandonato. Attualmente si consiglia solamente l’uso topico. La pianta manifesta per uso topico proprietà addolcenti, antipruriginose, cicatrizzanti e antinfiammatorie grazie alla presenza nel fitocomplesso di mucillagini, tannini, acido rosmarinico e allantoina2. Per l’azione antinfiammatoria trova impiego in caso di distorsioni, contusioni, strappi muscolari (Commissione E del BfArM del BfArM), tendiniti, ematomi, artriti, periostiti. Gli studi clinici pubblicati hanno segnalato che l’applicazione di un unguento a base di consolida risulta più efficace del placebo e di un gel a base di diclofenac (FANS) per alleviare il dolore e il gonfiore articolare in caso di slogatura, contusione ecc.3. Una review è giunta alla conclusione che la pianta potrebbe rappresentare un trattamento adiuvante in caso di slogatura alla caviglia4. Gli studi sono stati effettuati con prodotti esenti da alcaloidi pirrolozidinici. Si ricorda infine che preparazioni topiche erano impiegate anche per stimolare la formazione del callo osseo, ricalcando l’antico uso che vedeva, nell’applicazione 753

256 • Symphytum

officinale

L.

locale sulle fratture di cataplasmi ottenuti dalla radice fresca contusa, un efficace mezzo per favorirne la saldatura. Nella monografia della Commissione E del BfArM (1990), si legge che preparazioni a base di Consolida possono essere applicate solo su cute integra e per non più di 4-6 settimane nel corso dell’anno al fine di evitare un possibile accumulo di alcaloidi pirrolozidinici nell’organismo. La penetrazione percutanea degli alcaloidi, studiata nell’animale, risulta debole e il rischio trascurabile5. In passato radice di Consolida veniva impiegata per le proprietà cicatrizzanti, dovute all’allantoina e ai polisaccaridi, nelle ulcere gastrointestinali e nelle emorragie interne, nelle affezioni delle vie respiratorie (come bechico), negli spasmi gastrointestinali e nella diarrea. Per via topica, oltre alla radice, erano impiegate anche le foglie come addolcenti, analgesiche e leggermente astringenti. Nell’uso tradizionale invece la pianta era indicata nel trattamento delle ragadi del seno, delle fistole e ragadi anali, delle punture di insetto e rientrava anche nella composizione di collutori e gargarismi contro la paradontosi, la stomatite, la faringite, l’angina. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La tossicità è legata alla presenza degli alcaloidi pirrolizidinici epatotossici (presenti in tutti gli organi della pianta). La somministrazione delle radici e delle foglie in ratti, per via orale e per un tempo prolungato, ha indotto, in circa la metà di questi, la comparsa di tumore a carico del fegato; ugualmente per la simfitina. Nell’uomo si ritiene che l’assunzione prolungata di un infuso di consolida sia in grado di determinare casi di sindrome veno-occlusiva6. La droga inoltre deve essere considerata potenzialmente genotossica per l’uomo: test di mutagenicità condotti su cellule somatiche di drosofila ecc. con acetilintermedina e acetillicopsina (alcaloidi pirrolozidinici) sono risultate mutagene7. Una foglia corrisponderebbe ad 1 mg di alcaloid8. Una tazza di infuso può contenere sino a 8,5 mg di alcaloidi9: è pertanto da sconsigliare assolutamente l’uso della droga per via interna. Nell’uso esterno non superare le 4-6 settimane per anno. Applicare su pelle integra. Sconsigliato l’uso in gravidanza e in pediatria. Forme farmaceutiche e posologia Posologia esterna: pomate o altre preparazioni contenenti da 5 al 20% di radice (o foglia) essiccata (fino a 35% secondo ESCOP). La dose giornaliera (in alcaloidi 1,2 insaturi e per questa via, N-ossidi inclusi) deve essere al massimo di 100 μg (microgrammi). Non utilizzare per più di 4-6 settimane per anno e applicare solo su pelle integra (Commissione E del BfArM)10. Note di galenica La droga è costituita da rizoma e radice essiccata di Symphytum officinale L. (Deutscher Arzneimittel Codex e British Herbal Pharmacopoeia). La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte sotterranea fresca (titolo 45°). Formulario Pasta cicatrizzante (Leclerc) Estratto Fluido Consolida Essenza di Bergamotto Ossido di zinco Lanolina Vaselina 754

12 g 20 gocce 20 g 10 g 30 g

256 • Symphytum

officinale

L.

Curiosità • Risale al 1912 la prima osservazione clinica sull’efficacia della Consolida: il medico inglese Mac Alister infatti vide guarire rapidamente nel giro di poche settimane, dopo l’applicazione di compresse imbevute di infusione di Consolida, «un’ulcera larga e profonda del torace» che aveva resistito per più di 2 anni a ogni terapia. Mac Alister, stupito dei risultati che continuava a ottenere nel trattamento delle ulcere, suppose che dovesse esistere nella radice di Consolida un principio avente il ruolo di “proliferante cellulare”. • «Ciò spiega come talvolta possa riuscire in lieve grado astringente, sì che Valmont de Bomarre la diceva topicamente usata ad sophisticationem virginitatis» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 993. 2 Frohne D. et al., op. cit., p. 78. 3 Koll R, Klingenburg S., 2002, Therapeutic characteristance and tolerance of topical comfrey preparations. Results of an observational study of patients. Fortschr Med Orig. 120(1):1-9; Koll R, Buhr M et al., 2004, Efficacy and tolerance of a comfrey root extract (Extr. Rad. Symphyti) in the treatment of ankle distorsions: results of a multicenter, randomized, placebocontrolled, double-blind study. Phytomedicine. 11(6):470-7; Predel HG, Giannetti B et al., 2005, Efficacy of a comfrey root extract ointment in comparison to a diclofenac gel in the treatment of ankle distortions: results of an observer-blind, randomized, multicenter study. Phytomedicine. 12(10):707-14; Kucera M, Barna M et al., 2004, Efficacy and safety of topically applied Symphytum herb extract cream in the treatment of ankle distortion: results of a randomized controlled clinical double blind study. Wien Med Wochenschr. 154(21-22):498-507; D’Anchise R, Bulitta M, Giannetti B., 2007, Comfrey extract ointment in comparison to diclofenac gel in the treatment of acute unilateral ankle sprains (distortions). Arzneimittelforschung. 57(11):712-6. 4 Bleakley CM, McDonough SM, MacAuley DC, 2008, Some conservative strategies are effective when added to controlled mobilisation with external support after acute ankle sprain: a systematic review. Aust J Physiother. 54(1):7-20. Review. 5 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 994. 6 Ibidem. 7 Graf U. et al., 1983, Mutat. Res. 120, 233. 8 Bruneton J, Plantes toxiques…, op. cit., p. 207. 9 Wichtl M. et al., op. cit., p. 484. 10 Bruneton J, Plantes toxiques…, op. cit., ibidem.

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257 • Syringa

257

vulgaris

L.

Syringa vulgaris L.

Nome comune: Lillà; Serenella Francese: Lilas Inglese: Lilac Tedesco: Flieder Spagnolo: Lilas Famiglia: Oleaceae Parte utilizzata: fiore e foglia, corteccia; gemme Costituenti principali: Fiori: – olio essenziale con farne solo; siringina (tracce) Foglie: – vitamina C Corteccia: – mannitolo, siringina, siringopicrina (sostanza amara), acido ursolico Attività principali: febbrifuga; antiflogistica e antalgica Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico Sembra che gli estratti delle foglie e della corteccia possiedano attività antipiretica, analgesica e antiflogistica. I fiori freschi venivano utilizzati in frizioni oleose come antalgici: con essi infatti si preparava un linimento contro il reumatismo articolare1. I fiori sono ricchi in peli ghiandolari: l’indagine istochimica evidenzia la presenza di alcaloidi, lipidi, oli essenziali, tannini e sostanze pectino-simili. Tale ricchezza di principi potrebbe giustificare l’impiego terapeutico della pianta come febbrifugo, antalgico ecc., ed è perciò che «una verifica sperimentale, chimica e farmacologica è auspicabile»2. Gemmoterapia: le gemme agiscono a livello delle coronarie di cui combattono lo spasmo e l’aterosclerosi, favoriscono la vasodilatazione e migliorano il trofismo del miocardio. Il loro utilizzo è indicato, pertanto, nel trattamento dell’angina pectoris, nelle sindromi coronariche, nella miocardio-coronaro-sclerosi (come coadiuvante). Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Forme farmaceutiche e posologia, Syringa vulgaris M.G.1DH: 50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal rametto fogliato e fiorito fresco (titolo 65°). Curiosità • In Russia viene impiegato contro il reumatismo articolare un linimento preparato facendo macerare per 15 giorni, in un vaso di vetro riempito con olio di oliva ed 756

257 • Syringa

vulgaris

L.

esposto al sole, fiori freschi di lillà; si frizionano le articolazioni 2 volte al giorno con quest’olio (Cazin). Nel Dizionario Larousse è riportata la seguente formulazione: 150 g di fiori e 150 di foglie in 1 litro di olio. • «È originario dell’Affrica, dove la chiamano sering e della Persia dove ha il nome di lilac: ma naturalizzato in Europa ora vi cresce spontaneo. Dei primi ad averne notizia fu Mattioli, che versi il 1560 ne ricevette un disegno da Busbeck ambasciatore di Ferdinando I di Germania presso la corte ottomana, poi un ramoscello da Gio. Ant. Cortusio, il quale, ottenutone un arbusto dall’Affrica, lo coltivava nel giardino botanico di Padova» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Pizzetti I. et al., op. cit, vol. II, p. 575. 2 Ciccarelli D., Pagni A.M., 2001, Peli ghiandolari in Syringa vulgaris L., Acta Phytotherapeutica, 1, IV, 4-6.

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258 • Syzygium

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cumini

(L.) Skeels

Syzygium cumini (L.) Skeels (= Eugenia cumini Druce)

Nome comune: Jambul Francese: Jamboul Inglese: Jambul Tedesco: Jambulbaum Spagnolo: Jambul o Jambolán Famiglia: Mirtaceae Parte utilizzata: corteccia e semi Costituenti principali: Corteccia: – tannini, resina, acido betullico, beta-sitosterolo Semi: – olio essenziale, tannini, jambolina (glicoside ipoglicemizzante) – alcaloide: jambosina (?); tracce di fitosterolo Attività principali: carminativa, astringente, ipoglicemizzante Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico Il frutto fresco serve a preparare una bevanda alcolica, la jambava, che in seguito a fermentazione acetica acquista un sapore acido: viene usata in India come medicamento diuretico, carminativo e stomachico1. La corteccia è impiegata come carminativo e astringente nella diarrea aspecifica acuta, nella bronchite catarrale e, all’esterno, nelle flogosi cutanee superficiali. I semi sono ritenuti ipoglicemizzanti e potrebbero essere impiegati, come coadiuvanti, in alcuni casi di diabete leggero2. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Forme farmaceutiche e posologia Estratto Fluido (1g = 34 gocce): 0,3 g più volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dai semi essiccati (titolo 65°). Formulario Sciroppo (Benigni) Estratto Fluido Jambul semi Sciroppo semplice F.U. S/Assumere a cucchiai

5g 95 g

Curiosità • La pianta venne introdotta nella medicina europea nel 1800 da un medico indiano. Note bibliografiche 1 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 788. 2 Paris R.R., Moyse H., op. cit., p. 447.

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259 • Syzygium

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aromaticum

(L.) Merr&L.M. Perry

Syzygium aromaticum (L.) Merr&L.M. Perry (= Eugenia caryophyllus [Spreng.] Bullock&S.Harrison)

Nome comune: Chiodi di Garofano Francese: Giroflier Inglese: Clove Tedesco: Gewürznelke Spagnolo: Clavo de olor o Girofle Famiglia: Myrtaceae Parte utilizzata: bottoni fiorali (Chiodi di Garofano) Costituenti principali: – olio essenziale (15-21%): eugenolo (70-90%), β-cariofillene (5-12%) – tannini: tannini gallici (10%) – flavonoidi (0,5%); derivati dell’acido idrossicinnamico, eterosidi dei cromoni (biflorina e isobiflorina) – acidi fenolcarbonici: acido p-idrossibenzoico, salicilico, siringico, vanillico, gentsico e protocatechico; mucillagini Attività principali: attività antisettica, antibatterica; spasmolitica; anestetica locale Impiego terapeutico: turbe digestive; come antalgico nelle affezioni della mucosa orofaringea (uso topico)

Utilizzo medico I Chiodi di Garofano, cioè i bottoni fiorali essiccati, costituiscono la spezia chiamata chiodi di garofano assai apprezzata sia in cucina che nell’industria alimentare per le proprietà aperitive e digestive che derivano dal suo sapore aromatico. Per via interna sono tradizionalmente utilizzati come sintomatici delle turbe digestive: quale tonici e aromatici rientrano nella composizione dello spirito di melissa composto. I chiodi di garofano sono dotati infatti di proprietà carminative, antisettiche, antibatteriche, spasmolitiche e anestetiche locali. I bottoni fiorali sono in parte utilizzati per l’ottenimento dell’olio essenziale (olio essenziale dei chiodi) che è però preparato soprattutto a partire dalle foglie (olio essenziale delle foglie)1. L’eugenolo favorisce la secrezione biliare e determina effetto spasmolitico bloccando i canali del calcio2. L’eugenolo manifesta anche azione antiflogistica forse per azione a livello della biosintesi delle prostaglandine: applicato localmente frena la formazione dell’edema indotto dalla carregenina nella cavia. Interessanti sono le proprietà antimicrobiche dell’olio essenziale: segnalata quella nei confronti dell’Helicobacter pylori di cui inibisce la crescita. Estratti acquosi si sono dimostrati efficaci nei confronti di Herpes simplex e Cytomegalovirus di cui frenano la moltiplicazione sia in vivo che in vitro. Viene inoltre segnalato che i chiodi di garofano e l’olio essenziale proteggono l’organismo dai danni provocati dai composti cancerogeni (azione antiossidante). I chiodi di garofano sembrano proteggere anche la mucosa gastrica: nella cavia riducono la comparsa di ulcere a livello gastrico favorendone la guarigione e la produzione di muco3. 759

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Uso esterno In medicina i preparati a base di chiodi di Garofano possono, per uso topico, essere impiegati nel trattamento delle piccole piaghe, come antalgici nelle affezioni della mucosa orofaringea, nell’igiene della bocca, nella carie dentaria, nella pulpite, nella odontalgia. L’eugenolo presenta proprietà anestetiche locali (inibisce la conduzione nervosa). Di uso dentistico era impiegato nelle medicazioni intracanalari (azione anestetica). L’olio essenziale sembra essere un buon repellente nei confronti di mosche e tarme. Una pomata contenente olio essenziale riduce le reazioni infiammatorie provocate da punture di insetti4. L’eugenolo, data la sua innocuità, può essere presente negli alimenti fino a una concentrazione di 2,5 mg/kg (FDA: valore ADIacceptable daily intake)5. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari tossici nelle dosi terapeutiche. Le intossicazioni dovute all’olio essenziale sono rare e attribuibili a un uso improprio. A forti dosi l’eugenolo e l’olio essenziale determinano danni epatici, azione depressiva a livello del SNC, convulsioni e turbe della coagulazione. Rapidamente metabolizzato ed escreto, per la maggior parte coniugato e debolmente epossidato, l’eugenolo non è cancerogeno. Può essere caustico nei confronti di pelle e mucose6. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) Chiodi di garofano: bottoni florali essiccati contenenti al minimo 150 ml/kg di olio essenziale. Olio essenziale (chiodi di garofano): ottenuto per estrazione in corrente di vapore dai bottoni florali essiccati deve contenere dal 75 all’88% di eugenolo, dal 5 al 14% di β-cariofillene e dal 4 al 15% di acetileugenolo. Forme farmaceutiche e posologia Infuso (per uso topico): 1-2 chiodi in 100 ml di acqua bollente. Olio essenziale: 1-5% in acqua per gargarismi e collutori. Non diluito in odontoiatria. Syzygium aromaticum T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al giorno. Formulario Spirito di melissa composto (F.U.) Foglie di Melissa p. 5 Corteccia di cedro p. 3 Noce moscata p. 2 Cannella p. 1 Chiodi di garofano p. 1 alcol 60° p. 120 Si distilla a b.m. dopo 24 ore di macerazione, per ottenere p. 80 S/un cucchiaino da caffè in un mezzo bicchiere d’acqua Aceto aromatico inglese (sali contro gli svenimenti) Acido acetico concreto 635 g canfora 60 g Olio essenziale di Lavandula o. 0,50 g Olio essenziale di Eugenia 2g Olio essenziale di Cannella 1g 760

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Acqua dentrificia Chiodi di Garofano Corteccia Cannella Frutti Anice ana 30 g Cocciniglia* 20 g alcol a 90° Dopo otto giorni filtrare e al filtrato aggiungere Essenza di Menta piperita 15 g * Cocciniglia: Coccus cacti L.: viene usato in farmacia come colorante rosso innocuo. Curiosità • Eugenia caryophillata o Syzygium aromaticum è un piccolo albero originario delle isole Molucche, Reunion, Antille e Madagascar. Quando nelle isole Molucche gli Olandesi distrussero tutti gli alberi di Eugenia, il paese fu devastato da parecchie epidemie fino ad allora sconosciute. • Per allontanare le zanzare e le tarme vengono utilizzate arance nelle quali sono infilzati chiodi di Garofano. • I chiodi di Garofano sono uno dei componenti del laudano di Sydenham. • Spezie assai ricercata, i chiodi di Garofano trovano in Indonesia un uso particolare: rientrano nella composizione di sigarette, Kretek (60% di tabacco, 40% di chiodi di Garofano). Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 659. 2 Teuscher E. et al., op. cit., p. 269. 3 Ibidem. 4 Ibidem. 5 Ibidem. 6 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 660.

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Tamarindus indica L.

Nome comune: Tamarindo; Dattero indiano Francese: Tamarin Inglese: Tamarind Tedesco: Tamarinde Spagnolo: Tamarindo Famiglia: Fabaceae Parte utilizzata: polpa del frutto e semi Costituenti principali: Polpa1: – monosaccaridi: 20-40% di zucchero invertito; Pectine (2-2,5%) – acidi organici* (8-24%): acido tartrico (3-12%), acido citrico, succinico, malico, lattico, formico e acetico * Gli acidi organici in parte sono liberi e in parte come sali di potassio2 – composti aromatici monoterpenici e aromatici (cinnamati), derivati furanici (artefatti) pirazina, tiazoli (responsabili dell’odore) Semi3: – proteine (15-20%); Lipidi (3-7%) – polisaccaridi non fibrosi (65-70%); ”gomma” di tamarindo: D-galatto-D-xylo-D-glucano – acidi cetonici: acido γ-metil-α-cetoglutarico – derivati fenolici (0,6%): proantocianidoli; Flavonoidi Attività principali: blando lassativo Impiego terapeutico: stipsi acuta e cronica

Utilizzo medico I frutti del Tamarindo, albero sempreverde originario dell’Africa orientale e dell’India, conoscono da sempre un uso alimentare in particolare nella cucina orientale. I frutti sono baccelli penduli spessi e lunghi, leggermente ricurvi, gibbosi a livello dei semi, lunghi da 5 a 15 cm, di colore bruno. I semi, da 4 a 7 per ogni baccello, sono inseriti in una polpa giallastra o bruna frammista a fibre, dal sapore acido ma gradevole. La polpa del frutto è ricca in acidi organici (acido tartarico, malico, citrico...), pectine e zuccheri (mono e disaccaridi), amminoacidi, vitamine (> B2), minerali (in particolare ferro, potassio e calcio) ecc.; nei semi sono presenti acidi grassi, poliosio ecc. Tale composizione conferisce alla droga una blanda azione lassativa grazie all’attività osmotica esercitata: l’aumento del contenuto in acqua della massa fecale ne facilita l’evacuazione. Le pectine contenute, inoltre, avvolgono la massa fecale e ne facilitano lo scorrimento lungo il tratto intestinale. Viene pertanto utilizzata nel trattamento della stipsi acuta e cronica. «In terapia si usa la polpa dei frutti, la quale viene purificata dissolvendola in acqua distillata bollente e quindi passata per setaccio di crine. Il liquido ottenuto viene concentrato a b.m. sino a consistenza di estratto molle. Si ottiene così una massa nerastra di sapore decisamente acido, che somministrata alla dose di 20-40 g, determina un effetto lassativo o purgativo se somministrata alla dose di 60-100g.4» I frutti freschi sono pressoché introvabili in Italia mentre è reperibile la polpa disidrata762

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ta o l’estratto liquido. La polpa disidratata viene lasciata in ammollo per qualche ora in acqua tiepida quindi viene strizzata e si utilizza l´acqua di infusione dopo filtrazione, mentre l’estratto liquido richiede solamente una diluizione in acqua. Dal frutto si ottengono anche le polveri e gli estratti concentrati a scopo fitoterapico, usati prevalentemente per gli effetti lassativi. In particolare sono disponibili estratti acquosi titolati al 5% in acido tartarico adatti alla preparazione sia di forme solide orali che di sciroppi e altre forme liquide orali5. Come edulcorante acidulo viene spesso associata ad altre droghe lassative, quali la senna (infuso) per correggerne il sapore. La polpa, a piccole dosi, può essere anche sciolta nell’acqua, insieme a sciroppo di zucchero: si ottiene così una bevanda rinfrescante e dissetante dalle proprietà decongestionanti e depurative. La polpa di tamarindo è indicata particolarmente per i bambini e le persone deboli. La polpa di tamarindo viene anche segnalata come regolatore dell’appetito. La mucillagine del tamarindo riduce la velocità di diffusione degli ingredienti alimentari e ritarda il loro assorbimento a livello intestinale: in tal modo permette di evitare l’aumento postprandiale della glicemia6. Studi sperimentali realizzati sull’animale hanno evidenziato proprietà ipoglicemizzanti7. Nei paesi di origine (India-Egitto) alle foglie viene attribuita azione antielmintica. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Il suo uso è comunque da evitarsi, come per tutte le conserve di frutta, in quei casi ove siano presenti fermentazioni intestinali abnormi, nei diabetici ecc. È stato segnalato che la pianta aumenterebbe la biodisponibilità dell’aspirina8. Come per tutte le piante ad azione lassativa, porre ovviamente attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci (possibile diminuzione del loro assorbimento). Forme farmaceutiche e posologia Sciroppo o marmellata di Tamarindo: 20-40 g al dì (dose lassativa), 40-60 g al dì (dose purgativa). Bambini: 1-2 g per anno d’età. Estratto secco, 50-100 mg per cps, 1-2 cps prima dei pasti, 2 volte al dì. Note di galenica La polpa deve essere conservata al fresco in recipienti in legno ben chiusi: mai in ferro o rame. In galenica trova impiego come edulcorante acidulo. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal frutto essiccato (titolo 55°). Formulario Electuarium Tamarindorum compositum (Van Hellemont) extract. sennae fluidum 200 g radix liquiritiae pulv. 75 g fructus coriandri pulv. 75 g conserva tamarindorum 225 g saccharum 425 g Tisana lassativa di Senna e Tamarindo (Riva) Infuso di senna al 5% 100g polpa di tamarindo 30g S/una tazza al giorno (al bisogno) 763

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Sciroppo di tamarindo composto (Riva) Tamarindo Estratto Fluido Frangula Estratto Fluido Rabarbaro Estratto Fluido Aloe Estratto Fluido Sciroppo semplice F.U. S/un cucchiaio la sera come lassativo Sciroppo (Benigni-Capra-Cattorini) Succo o concentrato di Tamarindo Zucchero Acido citrico Acqua q.b.a

50 g 10 g 10 g 10 g 20 g

100 g 500 g 20 g 1000 g

Curiosità • In India la pasta del tamarindo (asem) è utilizzata per la preparazione di una bevanda rinfrescante: acqua d’asem. Analogamente al succo di limone viene impiegata anche per aromatizzare piatti a base di pesce così come gli intingoli molto speziati a base di lenticchie o di verdura (sambhar, rasam). • Tamarindus è la semplice traduzione del nome indù Tamari hindi, che significa frutto dell’India. Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 468. 2 Capasso F., Grandolini G., 1996, op. cit., p. 47. 3 Bruneton J, 2009, op. cit., p 28. 4 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, pp. 1582-5. 5 www.farmanetwork.com/. 6 Teuscher E. et al., op. cit., p. 469. 7 Ishola M.M. et al., 1990, J. sci. Food Agric., 51:141-3. 8 Mustapha A., Yakasai I.A., Aguye I.A., 1996, Effect of Tamarindus indica L. on the bioavailability of aspirin in healthy human volunteers, Eur. Drug. Metab. Pharmacokinet., 21, 223-6.

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Tanacetum parthenium (L.) Schultz-Bip.

Nome comune: Camomilla bastarda; Partenio Francese: Grande camomille Inglese: Feverfew Tedesco: Mutterkraut Spagnolo: Hierba santa Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: parti aeree Costituenti principali: – lattoni sesquiterpenici: partenolide e altri germacranolidi (costunolide e derivati, artemorina), eudesmanolidi (reinosina), guianolidi (canina, artecanina, tanapartina, derivati della cumambrina B ecc.1 Nota: la concentrazione di partenolide varia in base al ciclo vegetativo (risulta massimo al momento della fioritura) e dell’organo: concentrato nelle sommità fiorite (1,38%) e nelle foglie (0,95), risulta poco abbondante negli steli (0,08%) e pressoché assente nelle radici (0,01%) – olio essenziale (3-8 ml/kg): canfora, acetato di trans-crisantemile (come maggioritari), campfene, germacrene D, p-cimene… – flavonoidi, gluconati di flavoni, eteri metilici di flavonoli lipofili ecc. Attività principali: proprietà inibitorie sulla liberazione di sostanze endogene vasoattive Impiego terapeutico: profilassi delle crisi emicraniche

Utilizzo medico Le foglie di questa pianta trovano impiego principalmente nella profilassi delle crisi emicraniche: ESCOP e OMS (Organizzazione Mondiale della sanità) ne riconoscono infatti l’efficacia preventiva. Il Tanacetum parthenium era conosciuto per la sue proprietà febbrifughe ed emmenagoghe, ma già nel XVII secolo c’era chi riconosceva alla pianta una buona efficacia «per tutti i dolori del capo» (J. Parkinson). Fu però solo attorno alla fine degli anni Settanta del 1900 che, grazie alla curiosità di un medico inglese, il dottor E. Stewart Johnson, venne attuata la prima sperimentazione clinica presso la City of London Migraine Clinic, grazie alla quale si ottennero risultati incoraggianti. Successive sperimentazioni, effettuate anche con la metodica del doppio cieco, confermarono la positività dei risultati. Nel 1988 vennero pubblicati, sulla prestigiosa rivista medica Lancet2, i dati di un’indagine randomizzata, a doppio cieco e a placebo controllato, effettuata con capsule di tanaceto polverizzato. La durata dello studio fu di 4 mesi e vennero trattati 72 soggetti affetti da emicrania. La conclusione tratta dai ricercatori fu che la pianta rappresentava un rimedio in grado di controllare l’intensità, la frequenza e la durata degli attacchi di emicrania, anche se tuttavia non la guariva. Al termine del trattamento infatti il quadro si ripresentava. Il meccanismo d’azione ipotizzato si basa sulle proprietà inibitorie per quanto riguar765

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da la secrezione di serotonina: «La patogenesi dell’emicrania rimane sconosciuta, ma è stato riscontrato tuttavia un anomalo comportamento delle piastrine: durante un attacco le piastrine liberano serotonina, e che la causa sia da ricercarsi in questo processo è dimostrato dall’utilità degli antagonisti della serotonina per la prevenzione dell’emicrania. Gli studi in vitro hanno dimostrato che l’estratto di Tanaceto inibisce l’aggregazione piastrinica e la liberazione di serotonina dalle piastrine, se ciò accade in vivo, questo potrebbe spiegare il beneficio clinico riportato nell’emicrania […]. I lattoni sesquiterpenici (principalmente il partenolide) nel Tanaceto sono responsabili della ridotta attività secretoria delle piastrine in vitro, probabilmente attraverso la neutralizzazione dei gruppi sulfidrilici […]». È stato successivamente segnalato anche si verifica una inibizione della degranulazione dei leucociti polinucleati e della liberazione di enzimi implicati nei fenomeni infiammatori, una inibizione della fosfolipasi A2 e della sintesi delle prostaglandine, così come un effetto protettore sulle cellule endoteliali vascolari3. Il tanaceto è in grado anche di ostacolare l’attivazione dell’NF-kB, un fattore trascrizionale coinvolto negli attacchi di emicrania oltre che nei processi infiammatori4. Oltre al partenolide, altri costituenti contribuiscono molto probabilmente all’attività della pianta, come, ad esempio, i flavonoidi, l’acetato di crisantemile di cui è stata dimostrata la proprietà inibitrice nei confronti della prostaglandino-sintetasi5. Una review sistematica (2004) su quanto pubblicato condotta dalla Cochrane Collaboration ha ritenuto validi 5 studi clinici randomizzati in doppio cieco versus placebo (343 pazienti in toto) giungendo alla conclusione che non vi sono evidenze circa una efficacia superiore al placebo nel prevenire le crisi emicraniche6. Studi successivi, anche di buona qualità metodologica, hanno segnalato invece che le crisi emicraniche risultano meno numerose rispetto al gruppo placebo7. Alcuni autori ritengono che la pianta dovrebbe essere comunque provata soprattutto nei pazienti che non possono assumere i trattamenti farmacologici classici8. Studi condotti nel trattamento dell’emicrania hanno evidenziato inoltre proprietà ipotensivanti e, a livello del tratto digestivo, azione antispasmodica (azione sulla muscolatura liscia). Tali attività determinerebbero anche un blando effetto tranquillante. Assunta la sera, faciliterebbe l’addormentamento. La pianta ha trovato indicazione anche nel trattamento dell’artrite reumatoide: i risultati terapeutici sono stati di modesta entità e non confermati: in uno studio condotto in doppio cieco in pazienti affetti da artrite reumatoide «il solo cambiamento che è stato possibile verificare è stato un aumento della capacità della presa nel gruppo dei trattati»9. Sperimentazioni nell’animale da esperimento hanno confermato che la somministrazione di estratti di Partenio produce interessanti effetti analgesici e antinfiammatori confermando indirettamente l’impiego della pianta nelle forme algiche10. Nell’uso popolare la pianta veniva impiegata, oltre che per il trattamento della cefalee e delle forme dolorose articolari, anche nella dismenorrea e come emmenagogo. Le ultime ricerche, infine, hanno segnalato che il principio attivo partenolide può inibire in vitro la crescita di linee cellulari tumorali11 e sembra possedere una potenziale capacità di aumentare la sensibilità delle cellule cancerose ai farmaci chemioterapici12. Per uso esterno la pianta conosce un utilizzo come antisettico nel trattamento di ferite e contusioni e come collutorio13.

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Attenzione Tanacetum parthenium (L.) Schultz-Bip. può essere reperito anche con altri sinonimi14: – Chrysanthemum parthenium Bernhardi – Leucanthemum parthenium (L.) Gren&Gordon – Matricaria eximia Hort. – Matricaria parthenium L. – Pyrethrum parthenium Smith Non dev’essere assolutamente confuso con Tanacetum vulgare L., pianta tossica, conosciuto anche con altri sinonimi: – Chrysanthemum tanacetum Visiani – Chrysanthemum vulgare (L.) Bernhardi – Pyrethrum tanacetum DC. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Generalmente la pianta è ben tollerata. Può tuttavia causare lievi sintomi gastrointestinali come bruciore di stomaco, nausea, diarrea, costipazione, dolore addominale e gonfiore e flatulenza. Sono stati segnalati anche nervosismo, cefalea tensiva, insonnia, stanchezza, variazioni del ciclo mestruale, palpitazioni, eruzioni cutanee, e aumento di peso. Questi effetti collaterali sembrano essere più comuni dopo aver consumato le foglie fresche15. È stato segnalato che se la foglia viene masticata determina, in una buona percentuale dei casi, ulcerazione della mucosa orale e dolori addominali. È bene comunque evitare la somministrazione della pianta in soggetti che presentano allergia alle Asteraceae. Se ne sconsiglia l’impiego per terapie prolungate e la prescrizione deve essere comunque medica. Non assumere in caso di gastrite o ulcera. Si consiglia di usare la pianta con cautela in soggetti sottoposti a terapia anticoagulante e in individui con una pregressa storia di emorragie o di disordini dell’emostasi16. Sono sospettate come possibili, interazioni con farmaci antitrombotici quali l’acido acetilsalicilico e farmaci antiflogistici. Si consiglia anche di sospenderne l’assunzione almeno 2 settimane prima di interventi chirurgici in quanto potrebbe causare sanguinamento eccessivo se usato nel periodo preoperatorio. Non associare a farmaci antiemicranici (alacolidi dell’ergot ecc.) a causa del simile meccanismo d’azione (inibizione del rilascio di serotonina da parte delle piastrine, riduzione della sintesi di prostaglandine)17. L’assenza o l’insufficienza di dati riguardanti la teratogenicità o la mutagenicità dei lattoni (presenza di epossidi citotossici) e una presunta azione ossitocica ne controindica l’uso in gravidanza, durante l’allattamento e in età pediatrica. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle parti aeree, intere o frammentate, essiccate, di T. parthenium (L.) Schultz-Bip., contenenti al minimo 0,2% di partenolide. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (ESCOP): 50-120 mg di polvere delle parti aeree o preparazioni equivalenti, per diversi mesi. Interrompere periodicamente il trattamento riducendo progressivamente la posologia durante il mese che precede l’interruzione. Secondo la definizione della monografia ESCOP «quantità della droga o di preparazioni equivalenti a 0,2-0,6 mg di partenolide al giorno». Polvere: 85 mg per capsula; una capsula al dì (85 mg di materiale fogliare = 2,19 mmol di partenolide). 767

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Estratto secco titolato in partenolide min. 0,5% (British Herbal Pharmacopoeia 1990): seguire le indicazioni del produttore. Tanacetum parthenium T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì. In cure di 3 settimane al mese. Formulario Fibromialgia Matricaria r. T.M. 30 ml Chrysanthemum p. T.M. 20 ml Harpagophytum p. T.M. 40 ml in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Artalgie/fibromialgia Chrysantemum p. E.S. 100 Harpagophytum p. E.S. 200 per cps S/1 capsula 2-3 volte al dì per almeno un mese Curiosità • Nel 1772 il medico inglese Hill affermava che «quest’erba supera ogni rimedio noto, nel peggiore mal di testa». Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, op. cit., p.765. 2 AA.VV., 1988, Lancet, voll. II, 23 luglio, 8604. 3 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 766. 4 Capasso F., 2011, op. cit., p. 187. 5 Bruneton J, 2009, op. cit., ibidem. 6 Pittler MH, Ernst E., 2004, Feverfew for preventing migraine, Cochrane Database Syst Rev. 7 Diener HC, Pfaffenrath V et al., 2005, Efficacy and safety of 6.25 mg t.i.d. feverfew CO2extract (MIG-99) in migraine prevention. A randomized, double-blind, multicentre, placebocontrolled study. Cephalalgia, 25(11):1031-41. 8 Modi S, Lowder DM., 2006, Medications for migraine prophylaxis. Am Fam Physician, Jan 1;73(1):72-8. 9 Monti L., 16 Monografie di Piante Medicinali Eccellenti, op. cit. 10 Ain NK, Kulkarni SK, 1999, Antinociceptive and anti-inflammatory effects of Tanacetum parthenium L. extract in mice and rats. J Ethnopharmacol, 68:251-259. 11 Ross J.J., Arnason J.T., Birnboim H.C., 1999, Low concentrations of the feverfew component parthenolide inhibit in vitro growth of tumor lines in a cytostatic fashion, Planta Med., 65, 126129; Bruneton J, 2009, op. cit., p. 766. 12 Patel N.M. et al., 2000, Paclitaxel sensitivity of breast cancer cells with constitutively active NF-kappaB is enhanced by IkappaBalpha super-repressor and parthenolide, Oncogene, 19, 4159-4169. 13 Knight D.W., 1995, Feverfew: chemistry and biological activity, Nat. Prod. Rep., 12, 271-276. 14 OMS: monografie di piante medicinali, 2004. 15 Ernst E, Pittler MH, 2000, The efficacy and safety of feverfew (Tanacetum parthenium L.): an update of a systematic review. Public Health Nutr, 3:509-14. 16 Heck A., DeWitt B., Lukes A., 2000, Potential interactions between alternative therapies and warfarin, Am. J. Health Syst. Pharm. 57, 1221-7. 17 htpp://www.faramcovigilanza.org.

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Tanacetum vulgare L.

Nome comune: Tanaceto Francese: Tanaise Inglese: Common tansy Tedesco:Rainfarn Spagnolo: Tanaceto o hierba lombriguera Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: infiorescenze e parti aeree Costituenti principali1: – olio essenziale (0,5-0,9%, ≈ 0,2% nelle foglie fresche): artemisacetone, acetato di bornile, cavacrolo, transcrisantenolo, acetato di crisantenile, 1,8-cineolo, canfora, davadone D, diidrocarvone, germacrene D, linalolo, liratol/ acetato di liratile, α-pinene, piperitone, α e β-sabineni, acetato di β-terpenile o tuioni e ombelluloni; borneolo, camfene, diidrocarvone, carveolo, crisantenone, acetato di isobornile, limonene ecc. – lattoni sesquiterpenici; Flavonoidi; Poliine – derivati dell’acido idrossicinnamico: acido clorogenico e isoclorogenico – triterpeni e steroli: α e β-amirine, β-sitosterolo e stigmasterolo Nota: la composizione dell’olio essenziale e di altri costituenti varia rispetto alla zona geografica, al chemotipo, alla stagione e ai metodi di estrazione Attività principali: antielmintica Impiego terapeutico: sconsigliato

Utilizzo medico La pianta veniva utilizzata, prima dell’avvento dei farmaci antielmintici, per debellare le parassitosi intestinali (ossiuri e ascaridi)2. Tale proprietà è sostenuta in modo particolare dall’olio essenziale e dal contenuto in santonina e tuione ad azione neurotossica. Il tuione esercita un’azione stimolante eccitante ma, a seconda del dosaggio, anche convulsivante (azione neurotossica) e abortiva3. La composizione dell’olio essenziale e di altri costituenti varia rispetto alla zona geografica, al chemotipo, alla stagione e ai metodi di estrazione. Vi sono molti chemotipi di Tanaceto: pochi sono ricchi in β-tuione, molti in canfora. Un sondaggio ha rilevato le seguenti concentrazioni di tuione in varie preparazioni di tanaceto di differenti origini: da 1,8 a 167 mg/L (infusione), 9 mg/g (polvere) e 0,4 mg/g (tintura)4. Data quindi questa grande variabilità e poiché possono essere presenti chemotipi particolarmente ricchi in tuione e anche per il suo potenziale di sensibilizzazione, l’uso non è più raccomandato5. Solo come nota storico-medica si segnala che i preparati della pianta erano considerati tonici e stimolanti ed erano raccomandati nelle cure primaverili, così come nel trattamento delle emicranie e delle nevralgie6. Il sapore aromatico e amaro è all’origine delle proprietà aperitive e digestive del tanaceto. Nel fitocomplesso sono presenti principi attivi che svolgono un importante ruolo in quanto la loro presen769

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za determina proprietà spasmolitiche (flavonoidi) e carminative (amari). Sono segnalati anche lattoni sesquiterpenici ad attività antinfiammatoria: una sperimentazione condotta su cavie (edema della zampa da carragenina) ha dimostrato che la somministrazione dell’estratto cloroformico delle foglie ha impedito la formazione dell’edema in modo dose dipendente, e la sua tossicità è risultata molto bassa in relazione alla dose attiva7. Uso esterno Il decotto veniva utilizzato come parassiticida. L’olio miscelato con altri oli neutri era impiegato come rubefacente nei reumatismi e nella gotta. Attenzione • Sinonimi di Tanacetum vulgare L. sono: – Chrysanthemum tanacetum Visiani – Chrysanthemum vulgare (L.) Bernhardi – Pyrethrum tanacetum DC. – Pyrethrum vulgare Boinier • Da non confondere con altri Chrysanthemum quali: – Chrysanthemum parthenium L. (= Tanacetum parthenium L.) – Chrysanthemum leucantheum L. (la margherita) – Chrysanthemum cinerariifolium L. (o piretro) Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’uso medico è stato abbandonato in quanto il coefficiente tossico risulta troppo elevato per l’utilizzo terapeutico della pianta. Infusi, polveri, tinture possono avere a seconda dell’origine della droga, se non standardizzate, una elevata concentrazione in tuione tale da generare un effetto tossico alle dosi terapeutiche. Intossicazioni sono provocate, generalmente, da abuso o sovradosaggio dell’olio essenziale utilizzato a scopo abortivo. L’olio essenziale di tanaceto è molto tossico a dosi di 7-15 g e letale per l’uomo alla dose di 15-30 g8. I sintomi osservati sono: vomito, spasmi dolorosi a livello addominale, gastroenterite, forte arrossamento del viso, a cui segue sincope, spasmi tonico-clonici violenti, tachipnea, attività cardiaca irregolare, midriasi, emorragie uterine (aborto), lesioni renali ed epatiche. L’ingestione di dosi sub-tossiche di olio essenziale può provocare lesioni organiche, soprattutto epatiche. Segnalate anche dermatiti da contatto (lattoni sesquiterpenici) e reazioni crociate con altre Asteraceae. Nota: Lo studio dell’olio essenziale ha portato a stabilire l’esistenza di chemotipi ben definiti, caratterizzati dalla presenza di determinate sostanze quali componenti principali dell’olio essenziale: tipi idrocarburo monoterpenico; tipi monoterpenchetone; tipi alcol monoterpenico; tipi sesquiterpenici. Nei fiori della varietà olandese del Tanacetum vulgare si trovano in concentrazioni elevate 2 composti, il crisantenilacetato (1,3%) e il partenolide (0,7%), che negli ultimi anni hanno riscosso interesse per la profilassi dell’emicrania (tali principi sono stati isolati per la prima volta nel Chrysanthemum parthenium L.: vedi monografia)9. Questa varietà, inoltre, risulta priva di tuione, responsabile degli effetti tossicologici attribuiti alla pianta. In seguito pertanto a un’esauriente opera di selezione e riproduzione controllata della pianta, il Tanacetum vulgare, secondo Hendriks, potrebbe essere reintegrato «tra le materie prime per la produzione di interessanti fitopreparati»10. 770

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Forme farmaceutiche e posologia Solo come nota storico-medica: Infuso: 2 g per tazza d’acqua bollente; una tazza al dì. Polvere: 2-4 g al dì (con marmellata d’Arancio)11. O.E.:1-3 gocce al dì – su una zolletta di zucchero – al massimo per 3 giorni consecutivi (Van Hellemont). Tanacetum vulgare T.M.: 15 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì. Per brevissimi periodi. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte aerea fiorita fresca (titolo 65°). Curiosità • Il decotto dei fiori veniva impiegato contro i pidocchi e le pulci. • «Dubois narra di un vecchio che si liberò di una tenia, mangiando per longo tempo un’insalata di foglie di tanaceto; e il dott. Pisani ne guarì un proprio figlio con prolungata applicazione pur delle foglie su tutta la superficie del corpo. Non è però rimedio da dare inconsideratamente. L’americano Pendleton cita un caso di avvelenamento mortale dietro forte decozione di tanaceto, somministrata a scopo abortivo» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 472. 2 Garnier G., Bézanger- Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 1412. 3 Bruneton J, Plantes toxiques…, op. cit., p. 169. 4 Mills B., Bone K., op. cit., p 597. 5 Teuscher E. et al., op. cit., p. 474. 6 Ibidem. 7 Mordujovich-Buschiazzo P., 1996, Fitoterapia, 67, 319-322. 8 Teuscher E. et al., op. cit., p. 473. 9 Hendriks H., Bos R., 1990, Planta Med., 55, 540. 10 Hendriks H. et al., 1994, Farmacia Naturale, 7, 36-39. 11 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 1412.

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Taraxacum officinale Weber

Nome comune: Tarassaco; Dente di leone; Piscialetto Francese: Pissenlit; Dent-de-lion Inglese: Dandelion Tedesco: Löwenzahn Spagnolo: Diente de león Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: radice; pianta intera Costituenti principali: Radice: – potassio, fruttosio (concentrazione massima in primavera, 18%) e inulina (40% in autunno, 15 al 24% in estate, 1- 2% in primavera) – mucillagini (1,1%) Pianta intera: – lattoni sesquiterpenci:eudesmanolidi e germacranolide: tetraidro-ridentina, glucosi del taraxacolide e dell’acido taraxinico – alcol triterpenici pentaciclici: tarassasterolo, pseudotarassasterolo e loro acetati e derivati idrossilati (arnidiolo, faradiolo) e steroli: sitosterolo, stigmasterolo – flavonoidi: apigenina-7-glucoside, luteolina-7-glucoside; caroteni; xantofille; acido caffeico – potassio (foglie essiccate fino al 4,5%) – taraxalisina (serina proteinasi presente nel lattice fresco, in particolare in primavera); numerosi enzimi Attività principali: depurativa; coleretica; blandamente lassativa; diuretica Impiego terapeutico: turbe digestive in genere; litiasi biliare (azione preventiva); eczema cronico; reumatismi (come depurativo); sovrappeso

Utilizzo medico Gli antichi testi di medicina sembrano ignorare il Tarassaco e solo nel XVI secolo Boeck ne esaltò l’attività diuretica e Tabernaemontanus quella vulneraria1. Da sempre invece la medicina popolare ha riconosciuto a questa pianta il potere di stimolare le funzioni epatiche, ma è stata la fitoterapia moderna a confermare questa proprietà tramite prove pratiche di laboratorio e cliniche che hanno evidenziato sia l’aumento della contrazione della cistifellea (azione colagoga) sia l’aumento della secrezione biliare (azione coleretica)2. Il Tarassaco presenta inoltre una potente attività diuretica superiore rispetto alla maggior parte delle altre droghe ad attività sulla sfera epatica. La presenza di pigmenti colorati (composti flavonici) determina il colore dei fiori (giallo, per lo più), ma anche l’attività terapeutica: antispasmodica, diuretica, vitamino P-simile. Sono comunque i principi amari le sostanze attive maggiormente presenti e da questo scaturisce la prevalente attivazione delle funzioni digestiva ed epatica Il tarassaco presenta anche una blanda azione lassativa. Tali proprietà ne giustificano l’utilizzo come pianta depurativa e di drenaggio. 772

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Il drenaggio è una tecnica terapeutica che permette infatti l’eliminazione delle tossine da parte dell’organismo, attraverso quelli che possono essere considerati gli emuntori naturali: fegato, reni, intestino, pelle. In fitoterapia e in gemmoterapia si parla molto di drenaggio in quanto esso è visto come momento molto importante dell’atto terapeutico. «Poiché l’uomo viene considerato nella sua totalità, le malattie di cui è vittima si sviluppano su un terreno reso fragile dal rallentamento degli organi di eliminazione – gli emuntori – e dall’accumulo di un pool di sostanze tossiche, di metaboliti mal degradati, di sostanze di rifiuto […]» (M. Tétau). Condotto con piante medicinali o gemmoderivati, a seconda dell’indirizzo terapeutico prescelto, il fine ultimo è quello di assicurare l’eliminazione di tutte le tossine, comprese quelle prodotte dal metabolismo delle sostanze introdotte con l’alimentazione3. In una formulazione di drenaggio si utilizzano piante ad attività blanda e a basso dosaggio, 1/2 o 1/4 delle dosi abituali, dato che si ricerca un effetto disintossicante, depurativo e, in alcuni casi, di preparazione al trattamento etiologico. La posologia sarà quindi la metà o anche un quarto di quella preconizzata in fitoterapia per ottenere una risposta terapeutica. Il risultato finale di un buon drenaggio consiste in un aumento della diuresi e delle secrezioni biliari grazie a un’attività coleretica e colagoga assai modulata, in un blando aumento del transito intestinale, in un aumento della secrezione delle ghiandole sudoripare e nella regolazione della secrezione sebacea. Se il drenaggio è effettuato correttamente il paziente avvertirà allora una sensazione di benessere accompagnata da una diminuzione del senso di fatica. Il tarassaco può quindi essere considerato in virtù di quanto esposto un’ottima pianta da utilizzare per effettuare la tecnica del drenaggio. Non a caso il Tarassaco rientra da sempre nelle formulazioni impiegate per le cosiddette Cure depurative. La stimolazione della cellula epatica e la decongestione del fegato rendono ragione dei successi che si ottengono nell’ambito digestivo in seguito al suo utilizzo. Inoltre la stimolazione della diuresi, unitamente all’incremento della funzionalità epatica, portano a un’azione sul ricambio generale che si traduce in un’aumentata eliminazione di scorie da parte dell’organismo e quindi un alleggerimento del distretto epato-renale. La capacità di influenzare pertanto il ricambio fa del Tarassaco un tonico generale impiegato nelle “cure primaverili” da aprile a maggio e in autunno. Ottimo è associarlo con le foglie in insalata, le quali possono essere definite un medicamento-alimento. Se ne gioveranno soprattutto le persone che soffrono d’artrosi attuando cure di 6 settimane in primavera-autunno, in quanto otterranno un beneficio a livello della funzionalità articolare e una minore tendenza a nuovi attacchi. L’attivazione del metabolismo generale si ripercuote infatti anche sul metabolismo del tessuto connettivo4. Clinicamente la pianta trova indicazione nelle alterazioni del flusso biliare (azione coleretica-colagoga), nel trattamento della disappetenza e nei disturbi dispeptici quali senso di pienezza, disturbi digestivi e flatulenza (azione amaro-tonica) e nel favorire la diuresi. È stato segnalato che le persone predisposte alla litiasi biliare possono utilizzare preventivamente la radice di Tarassaco: occorrerà allora proseguire il trattamento per un periodo prolungato (cicli di 2 mesi su 3). L’attività si basa sulla stimolazione della funzione cellulare e del metabolismo in generale. Comunque è bene sottolineare che la radice possiede proprietà preventive e non può quindi dissolvere i calcoli già presenti5. La pianta esercita anche attività ipocolesterolemizzante, azione dovuta molto probabilmente al comparto flavonico. Il tarassaco può essere impiegato anche nelle cure di dimagrimento, non perché tolga l’appetito, bensì per le proprietà depurative. Si 773

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ricorda che le foglie agiscono maggiormente a livello renale, mentre la radice agisce più a livello epatico. La ESCOP conferma tali proprietà. La Commissione E del BfArM ne conferma l’impiego (radice e foglie) nelle turbe della secrezione biliare, nella perdita di appetito, nella dispepsia e per stimolare la diuresi. La pianta (foglie e radice) conosce da sempre un uso alimentare e, grazie alla ricchezza dei suoi componenti, può essere considerata una verdura particolarmente utile per l’organismo. Le foglie sono ricche in provitamina A (8,4 mg per 100 g), vitamina C (35 mg), agenti antiossidanti utili nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e dell’invecchiamento prematuro delle cellule. Sono presenti anche numerose vitamine del gruppo B (vitamina B6, B9 o acido folico) e minerali quali calcio (165 mg), magnesio (36 mg) e ferro (3,1 mg). La ricchezza in fibre (3,5%) e in acqua (85-93%) può contribuire a facilitare il regolare funzionamento intestinale e favorire la diuresi6. La presenza di buone concentrazioni di potassio rende il tarassaco un valido diuretico, in quanto non causa perdite di potassio a livello renale. La radice contiene, oltre ai principi amari (azione eupeptica, coleretica e colagoga), l’inulina, una sostanza in grado di favorire la moltiplicazione della flora batterica intestinale benefica7. Dal punto di vista alimentare, una porzione media di insalata di tarassaco (50 g) fornisce al massimo 20 kcal ma presenta un’alta densità vitaminica e minerale. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura medica non segnala effetti secondari tossici ai dosaggi terapeutici. La pianta è controindicata in caso di flogosi o occlusione delle vie biliari. Nelle calcolosi delle vie biliari la sua assunzione deve avvenire soltanto su indicazione medica. È bene evitare la somministrazione in caso di gastrite o ulcera: per la presenza di principi amari può determinare disturbi gastrici da iperacidità. Per la sua capacità di aumentare la secrezione clorido-peptica dello stomaco, il tarassaco può incrementare il potere gastrolesivo dei FANS8. Come per tutte le piante ad azione diuretica, prestare attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci diuretici (possibile sommazione d’effetto). È stato segnalato che il frequente contatto con il Tarassaco, particolarmente con il lattice, può causare talvolta dermatite da contatto (lattoni sesquiterpenici). Verificare che non vi sia allergia alle Asteraceae. Forme farmaceutiche e posologia Infuso (foglie): 4-10 g di foglie essiccate in 150 ml di acqua bollente per 5-10 minuti,1-3 volte al giorno. Decotto (radice): 3-5 g per una tazza di acqua bollente per 5-10 minuti, 1-3 volte al giorno. Succo (foglie fresche): 5-10 ml da assumere 2 volte al dì. Polvere: 1 g per capsula, 1 cps 1-3 volte al dì. Estratto secco: 150-300 mg/cps; 1 cps 3 volte al dì. Estratto Fluido: 2-6 g pro dose (1 g = 31 gocce). Taraxacum officinale T.M.: 30-50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica Diffuso in quasi tutto il mondo, comune in Italia in campi, cortili, prati, dal mare ai monti, la droga è costituita dalla radice (raccolta preferibilmente in autunno), talvolta accompagnata dalle parti aeree. In commercio si trova anche la droga costituita dalle sole foglie (British Herbal Pharamcopoeia). La Tintura Madre è preparata a partire dalla pianta intera fiorita (titolo 45°). 774

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Formulario Drenaggio Cynara s. T.M. Taraxacum o. T.M. Fumaria o. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, prima dei pasti per 20 giorni, un mese Nota: Questa formulazione viene definita “I tre moschettieri della fitoterapia” e questo ci fa simpaticamente comprendere l’importanza terapeutica che le viene da sempre attribuita. Benché questa formulazione possa sembrare un po’ squilibrata, dato che verte soprattutto sull’emuntorio epatico, è stata ed è utilizzata dai fitoterapeuti di scuola francese come una formulazione di drenaggio particolarmente efficace, valida per ogni patologia9. Sovrappeso Taraxacum o. T.M. Hieracium p. T.M. Melissa o. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì per 1 mese. Colite, stipsi (Cagnola, Botticelli) Tarassaco radice t.t. 30 g Passiflora pianta t.t. 25 g Anice verde frutti 20 g Malva foglie t.t. 20 g Camomilla fiori t.t. 5g S/Far bollire un cucchiaio della miscela in una tazza di acqua bollente. Dopo 15 minuti filtrare. Bere a piccoli sorsi Ipercolesterolemia Tarassaco E.S. 150 mg Carciofo E.S. 150 mg S/1 capsula prima dei pasti principali Dispepsia-gastralgia Taraxacum o. T.M. Passiflora i. T.M. Matricaria T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, prima dei pasti. Le gocce possono essere diluite in infuso di semi di finocchio per potenziarne l’attività oppure: Finocchio E.S. Tarassaco E.S. Passiflora E.S. S/1 cps prima dei pasti

100 mg 100 mg 100 mg per cps

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officinale

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Ipertrofia prostatica Taraxacum o. T.M. Urtica d. T.M. Uva ursi T.M. ana parti in flacone unico R/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Cura di primavera Betula a. T.M. Taraxacum o. T.M. Urtica d. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, in un grande bicchiere di acqua, 2 volte al dì lontano dai pasti Curiosità • «Nel 1854, quando la scarsità delle uve aveva tanto incarite gli alcol, il Dott. Normand ne presentò all’Accademia delle Scienze in Parigi un saggio di bella e buona qualità, distillato dalla radice del Tarassaco» (Scotti, 1872). • Il nome popolare “Girasole dei prati” si riferisce al fatto che la pianta apre i suoi fiori col levar del sole, segue l’astro nell’arco della giornata e li chiude al tramonto (eliotropismo). Al rapporto sole-tarassaco è legata la leggenda che vuole la pianta generata dalla polvere del carro solare di Elios (il dio Sole). • Una fra le più curiose citazioni riguarda un medico francese, il dott. Baudens, che nella spedizione in Crimea (1854-56), essendo a corto di medicinali e dovendo affrontare e risolvere un’epidemia di scorbuto (dovuta a carenza di vitamina C), consigliò alle truppe di consumare delle grandi quantità di tarassaco, sia come alimento che come medicinale. Con questo semplice rimedio frenò la malattia e non esitò a dichiarare la Crimea «terra promessa del tarassaco». Tra l’altro constatò come, in inverno, allo scarseggiare della pianta, corrispondesse uno sviluppo di questa patologia. Note bibliografiche 1 Mereu A., 1986, Secondo Natura, 14, 4. 2 Wichtl M. et al., op. cit., p. 486. 3 Campanini E., 2005, Sovrappeso e cellulite, Tecniche Nuove, Milano; Campanini E., Fitoterapia e obesità, Tecniche Nuove, Milano, II ed. 1996 (esaurito). 4 Weiss R.F., 1992, Lehrbuch der Phytoterapie, Hippokrates Verlag, Stuttgart. 5 Van Hellemont J., op. cit., p. 391. 6 www.aprifel.com. 7 Trojanova I., Rada V., Kokoska L., Vlkova E., 2004, The bifidogenic effect of Taraxacum officinale root. Fitoterapia, 75 (7-8):760-763. 8 http://www.farmacovigilanza.org/. 9 Campanini E., 2000, Ricettario medico di fitoterapia, Tecniche Nuove, Milano.

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Nome comune: Tasso; Albero della morte Francese: If Inglese: Yew Tedesco: Eibe Spagnolo: Tejo común o tejo negro Famiglia: Taxaceae Parte utilizzata: corteccia; foglie Costituenti principali: – diterpeni triciclici a nucleo taxano: taxolo, taxusina, taxagufina, baccatina III e derivati, taxina, cefalomannina, taxicine e derivati ecc. – polisaccaridi e ciclitoli; acidi grassi; steroli – bisfalvonoidi:sciadopitisina, kayaflavone; proantocianidoli – lignani; eterosidi cianogeni Parte utilizzata: foglie, corteccia Attività principali: azione antimitotica Impiego terapeutico: chemioterapia antitumorale (tassolo o taxolo)

Utilizzo medico Il tasso è un albero sempreverde di dimensioni notevoli (anche più di 15 metri di altezza). La tossicità della pianta era conosciuta fin dall’antichità. Tutte le parti della pianta contengono quantità significative di pseudo-alcaloidi, a eccezione della parte carnosa dello pseudofrutto che è «costituito da un seme nero avvolto quasi completamente (con esclusione della sommità) da un involucro carnoso deliquescente, rosso, di sapore dolciastro»1. L’involucro rosso e carnoso del seme (arillo) è considerato non tossico o leggermente tossico. I semi possono causare avvelenamenti quando ingeriti con il frutto. L’essiccamento non fa diminuire la tossicità. I principi tossici del tasso appartengono alla classe dei taxoidi o tassoid i (di cui se ne conoscono oltre un centinaio): si tratta per la maggior parte di polidrossiditerpeni ciclici con uno scheletro di base di tipo taxano. Possono essere esterificati con diversi acidi, anche di tipo β-aminico: in questo caso sono chiamati con il termine “pseudo alcaloidi”. È il caso della taxina B, considerata il componente maggiormente responsabile della tossicità del Tasso, esterificata dall’acido 3-(dimetilamino)-3-fenilpropionico2. L’uso medico della pianta, come fitocomplesso, è stato abbandonato a causa dell’elevata tossicità dovuta alla presenza di taxina, rapidamente assorbita dal tratto digestivo che causa gravi perturbazioni a livello cardiaco. Il tassolo o taxolo (paclitaxel), un diterpene derivato del taxano isolato a partire dalla corteccia de T. brevifolia Nutt. (Tasso del Pacifico) riveste un’importanza particolare. Negli ultimi anni la ricerca ha dimostrato che il tassolo possiede un’elevata attività antimitotica, in grado cioè di impedire la replicazione cellulare. Le prime ricerche che individuarono la presenza di un principio antitumorale attivo risalgono ai primi anni Sessanta del 1900. Furono due chimici americani, Wani Mansukh e Wall Monroe, a scoprire che il composto da essi estratto e isolato mediante tec777

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niche cromatografiche risultava essere estremamente attivo su un modello in vitro di leucemia. Il tassolo, infatti, è apparso efficace contro un ampio spettro di forme tumorali umane (leucemia, melanoma, cancro mammario, ovarico e polmonare). Attualmente, sia per ragioni ecologiche (microscopica quantità di taxolo presente nella corteccia e quindi elevato numero di alberi da abbattere), sia per problemi di solubilità e tossicologici (reazioni di ipersensibilità al prodotto, ulcerazioni tubo digerente, neutropenia ecc.), si è arrivati a ottenere tale principio per semisintesi da un precursore naturale, estraibile, senza danni per la pianta, dalle foglie rinnovabili di Taxus baccata L.: il docetaxel. Questo derivato si è dimostrato particolarmente efficace nel trattamento del cancro mammario metastatizzato resistente ad altri farmaci3. Il larotaxel è un tassano semisintetico che può essere utile per il trattamento dei tumori con metastasi cerebrali in quanto supera la barriera emato-encefalica. Sembra inoltre presentare minore tossicità rispetto a docetaxel (effetti tossici: neutropenia e reazioni di ipersensibilità) e paclitaxel (effetti tossici: neutropenia, neurotossicità periferica, reazioni di ipersensibilità e cardiotossicità)4. Per quanto riguarda i biflavonoidi è stato dimostrato che possiedono in vitro proprietà depressive a carico del sistema nervoso centrale, analgesiche e antipiretiche nell’animale. Nelle foglie sono presenti eterosidi cianogeni ma la liberazione di acido cianidrico, che avviene lentamente, sembra poco significativa dal punto di vista tossicologico5. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Nell’uso della pianta (come fitocomplesso), in caso di grave intossicazione appaiono inizialmente sintomi digestivi (vomito e diarrea coleriforme), sintomi nervosi (tremori, alterazioni del visus, midriasi, vertigini) ed ecchimosi; compare quindi eccitazione seguita da depressione, dispnea ingravescente, ipotensione e bradicardia, infine coma con segni convulsivi, collasso cardiovascolare (il tutto in 30 minuti dall’inizio delle manifestazioni). In caso di intossicazione meno severa occorre prendere in considerazione il pericolo di una epatonefrite tossica secondaria6. Le intossicazioni con i frutti sono legate all’ingestione delle “bacche rosse” da parte dei bambini: fortunatamente il seme – che contiene i principi tossici – viene ingerito intero e non masticato, in quanto molto amaro, e ciò spiega la rarità dei casi gravi. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dal rametto fresco fogliato con frutto (titolo 65°). Curiosità • Nelle regioni abitate dalle popolazioni di origine celtica «il tasso è pianta abituale dei cimiteri, così come il cipresso lo è nelle regioni meridionali» (P. Fournier, 1948). Del resto il legame con il mondo dei morti è testimoniato anche dal poeta Ovidio (43 a.C.-17 d.C.), secondo il quale la strada verso il mondo dei morti era ombreggiata da tassi: «Iterque ad Inferos ea arbore obsitum/via declivis funesta nubila taxo ducit ad infernas per multa silentia sedes» (Ovidio, Metam., l. 4, v. 432-433). • Occidit Taxi umbra dormientes sub ea (Plutarco, I sec. d.C.). • «Si è molto disputato se il tasso sia sostanza inerte, medicinale o tossica. Questioni inutili, quando la storia numera fatti incontestabili di veneficio, cominciando da quello di Cativulco re di una parte delle Gallie, citato da Giulio Cesare nei Commentarii» (Scotti, 1872). • «[…] e l’Imparziale di Firenze del 1870 riferisce di una giovane di anni 19, la qua778

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le a scopo emmenagogo beveva da 3 giorni un bicchiere di decozione fatta con 150 o 180 grammi di foglie e che il quarto, avendone usati 230, soccombette otto ore dopo, malgrado i prestati sussidii» (Scotti, 1872). • «Dalla corteccia intera di un albero di 100 anni si ricava circa 1 g di tassolo, il cui costo equivale a 1000 dollari» (Capasso F., 2011). Note bibliografiche 1 Chiappini M., Guida alla flora pratica della Sardegna, Sassari, Carlo Delfino Editore, p. 117. 2 Frohne D. et al., op. cit., p. 388. 3 Monti L., Galante M.A., 1997, Erb. Domani, 7-8, 51-57; Bruneton J, 2009, Pharmacognosie…, op. cit., pp. 779-785; Dorvault F., op. cit., p. 888. 4 Capasso F., 2011, op. cit., pp. 311-2. 5 Frohne D., op. cit., p. 388. 6 Debelmas A.M., Delaveau P., op. cit., p. 130.

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Teucrium chamaedrys L.

Nome comune: Camedrio Francese: Germandrée petit-chêne Inglese: Common germander Tedesco: Edel-Gamander Spagnolo: Zamarrilla de los muros; camedrio Famiglia: Lamiaceae Parte utilizzata: parti aeree fiorite Costituenti principali: – diterpeni lattonici a nucleo neoclorodano: teufline, teucrine A-G, teucvine, teuflidina, isoteuflidina ecc. – flavonoidi; acidi-fenoli; triterpeni – olio essenziale: cariofillene (60%), umulene, teucroside – olio essenziale Attività principali: digestiva; amaro-astringente, tonica, diuretica Impiego terapeutico: sconsigliato (pianta epatotossica)

Utilizzo medico Il Ministero della Sanità con decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 181-1996 ha dichiarato la pianta epatotossica. Responsabili dell’epatotossicità sono i diterpeni neo-clerodanici1. Sembra che la presenza del nucleo furanico sia indispensabile e che questi furano-neoclorodani siano attivati dal citocromo P4503A, generando una deplezione di glutatione e di tioproteine. Segue un forte aumento di calcio intracellulare che provoca apoptosi e rapida e massiva morte delle cellule (necrosi epatica)2. La pianta, pertanto, non deve essere utilizzata. Solo a carattere storico-informativo si riporta quanto segue: La farmacologia della droga non era conosciuta e l’impiego terapeutico si basava soltanto sull’uso tradizionale: turbe digestive, piccola insufficienza epatica, astenia. Le proprietà amare e aromatiche hanno fatto utilizzare la pianta per combattere, infatti, l’atonia e stimolare delicatamente l’apparato digerente: risultava efficace nei casi nei quali i tonici più energici non potevano essere impiegati, in quanto la pianta sembrava dotata di un’attività tonico-eupeptica blanda. Proprio grazie a questa sua caratteristica veniva largamente usato in liquoreria. Il Camedrio era consigliato anche nell’aerofagia3. La presenza di principi amari e dell’olio essenziale ha fatto utilizzare la pianta nel trattamento di alcuni stati febbrili, quali influenza, forme da raffreddamento, bronchiti ecc. Dotata di attività diuretica, era indicata per promuovere l’eliminazione della renella e dei prodotti del catabolismo, e ciò si poteva obiettivare in quanto l’urina emessa assumeva un aspetto lattescente. Oltre a ciò, per la sua capacità di aumentare le difese dell’organismo e di incrementare il ricambio metabolico, la pianta era indicata anche nel trattamento delle dermatosi, nelle forme reumatiche e come coadiuvante nelle terapie dimagranti. A questo proposito risultava interessante la segnalazione di Rombi circa l’azione lipolitica “riconosciuta 780

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dall’uso” svolta dalla pianta4. La presenza di tannini, infine, contribuiva a determinare l’azione astringente e ne giustificava l’impiego nel trattamento sintomatico delle diarree leggere. Esternamente erano sfruttate le proprietà antisettiche, astringenti e antalgiche nelle affezioni dell’orofaringe, per l’igiene buccale e per applicazioni su piaghe e ulcerazioni: l’infuso, impiegato come topico, manifestava azione cicatrizzante astringente5. La pianta faceva parte delle specie vulnerarie. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Il Ministero della Sanità con decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 181-1996 ha dichiarato la pianta epatotossica. Se ne sconsiglia pertanto l’impiego. II centri di farmacovigilanza francesi avevano segnalato svariati casi di epatite acuta conseguenti all’assunzione di polvere o di estratti della pianta6. Curiosità • Il nome camedrio deriva dal greco e significa “piccola quercia” in quanto la forma delle foglie è simile a quella delle foglie di quercia. Il nome Teucrium, ufficializzato da Linneo per questo genere di Labiate, trae la sua origine da Teucro, re dei Troiani, che per primo utilizzò la pianta. • Mattioli (1501-1577) racconta che la pianta era tenuta in grande considerazione in Toscana perché, mangiata cruda in insalata, la mattina a digiuno, era considerata un ottimo antidoto contro la peste. • Il camedrio entra nella composizione della “Chartreuses”, di aperitivi e vermouth. In passato faceva parte dei componenti della Teriaca di Andromaco. • Castore Durante (1529-1590) riconosce alla pianta una spiccata attività nel trattamento della forfora: «manda via la farfarella dalla testa bollite queste frondi con lupini nella lisciva». • Il famoso medico Chomel (XIX sec.) consigliava l’infuso di Camedrio come rimedio principe «nella convalescenza delle febbri adinamiche e sul declinare di tutte quelle affezioni, anche acute, che lasciano come postumo uno stato di languore e di inerzia nelle funzioni vitali». Note bibliografiche 1 Piozzi F., Bruno M., Cirimina R. et al., 1997, Putative hepatotoxic neoclerodane diterpenoids from Teucrium species, Planta Medica, 63, 483-4. 2 Frohne D. et al., op. cit., p. 227; Bruneton J, 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 779. 3 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 1234. 4 Rombi M., op. cit., p. 122. 5 Dorvault F., op. cit., p. 775. 6 Mostefa-kara N., Pauwels A. et al., 1992, Fatal Hepatitis after herbal tea, Lancet, 340; Frhone D. et al., op. cit., p. 227.

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Teucrium marum L.

Nome comune: Maro; Erba dei gatti Francese: Germandrée maritime; Thym de chat Inglese: Cat’s thyme Tedesco: Gamander Spagnolo: Tomillo de gato Famiglia: Lamiaceae Parte utilizzata: pianta intera Costituenti principali: – diterpeni neocloradanici – marrubina (principio amaro) – tannini, resina: olio essenziale – flavonoidi; saponine Attività principali: espettorante; eupeptica; coleretica; diuretica; antispasmodica Impiego terapeutico: sconsigliato

Utilizzo medico Tutte le specie di Teucrium (in particolare T. chamaedrys, T. capitatum, T. polium, T. viscidum ecc.) sintetizzano una serie di diterpeni di tipo clorodano nei confronti dei quali si impone una stretta vigilanza1. Solo a carattere storico-informativo si riporta quanto segue: La pianta, dotata di attività analoghe a quelle del Marrubium vulgare L. (vedi), veniva impiegata come espettorante nelle bronchiti. Come per gli altri Teucrium, manifestava a livello dell’apparato digerente un’azione amaro-tonica, coleretica e antispasmodica. In considerazione di ciò veniva utilizzata nel trattamento della colecistite e della colelitiasi. L’azione antispasmodica risultava utile nelle forme algiche a carico dell’apparato urinario (vescica e reni). Le indicazioni terapeutiche riguardavano pertanto bronchite, litiasi renale e biliare e affezioni reumatiche. La Medicina popolare utilizzava la droga come mezzo per stimolare il ricambio e quindi il metabolismo. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non riportava effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche; tuttavia, poiché è stato segnalato che la pianta contiene come per le altre specie di Teucrium, diterpeni neo-clerodanici ad azione epatotossica, se ne sconsiglia l’impiego terapeutico. Scrive, a questo proposito, il professor Franco Piozzi (Dipartimento di Chimica Organica, Università di Palermo, ottobre 2003): «Ritengo che tutte le specie di Teucrium (famiglia Labiatae) siano pericolose e da vietare, perché tutte contengono diterpeni neocloradanici responsabili della epatotossicità. Diterpeni strutturalmente simili si trovano nei generi Scutellaria e Ajuga (sempre famiglia Labiatae): non credo che la tossicità di queste piante sia mai stata indagata, ma penso che sia prudente non utilizzarle»2. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca raccolta prima della fioritura (titolo 65°). 782

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Curiosità • La pianta, per il suo odore caratteristico, viene ricercata dai gatti che vi si rotolano sopra come con la Cataria e la Valeriana. • «Cullen lo tiene pel più potente cefalico e antispasmodico tra le verticillate; […] Mayr d’Arbon nel 1834 ne suggerì un’utilissima applicazione chirurgica, preconizzando la polvere – la quale è anche un potentissimo starnutatorio – fiutata per le narici contro la formazione o piuttosto contro la riproduzione dei polipi» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Frohne D. et al., op. cit., p. 227; Bruneton J, 2009, op. cit., pp. 778-9. 2 Piozzi F., 1981, The Diterpenoids of Teucrium Species, Heterocycles, 15, 1489; Piozzi F. et al., 1987, Advances in the Chemistry of the furanoditerpenoids from Teucrium Species, Heterocycles, 25, 807; Piozzi F., Bruno M., Cirimina R. et al., 1997, Putative hepatotoxic neoclerodane diterpenoids from Teucrium species, Planta Medica, 63, 483-4.

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267 • Teucrium

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scorodonia

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Teucrium scorodonia L.

Nome comune: Scordio; Teucrio acquatico Francese: Germandrée des bois Inglese: Wood germander Tedesco: Salbei-Gamander Spagnolo: Germandrina de bosque o escorodonia Famiglia: Lamiaceae Parte utilizzata: pianta intera Costituenti principali: – diterpeni neocloradanici – olio essenziale; marrubina; – tannini (8-9%); acidi polifenolici – saponine; flavonoidi (1,7) Attività principali: espettoranti; eupeptiche; coleretiche; antispasmodiche; antidrotiche Impiego terapeutico: sconsigliato

Utilizzo medico Tutte le specie di Teucrium (in particolare T. chamaedrys, T. capitatum, T. polium, T. viscidum ecc.) sintetizzano una serie di diterpeni di tipo clorodano nei confronti dei quali si impone una stretta vigilanza1. Solo a carattere storico-informativo si riporta quanto segue: Veniva in passato utilizzata nelle affezioni delle vie respiratorie in quanto blando espettorante dotato di attività spasmolitica. Secondo Leclerc, il suo impiego risultava particolarmente utile nel trattamento delle forme influenzali e nella bronchite cronica degli anziani (infuso al 5%: 4 tazze al dì). Il suo uso permetteva inoltre di migliorare i processi digestivi in quanto rinforzava la secrezione del succo gastrico e il peristaltismo intestinale. Era pertanto indicata nel soggetto anziano, nel quale si manifesta un rallentamento dei processi digestivi. Leclerc riconosceva alla pianta effetti antidrotici analoghi, se non superiori, a quelli della Salvia per cui ne consigliava l’utilizzo nelle donne sofferenti di vampate tipiche della menopausa e nei soggetti indeboliti da una lunga convalescenza. La pianta veniva pertanto prescritta per stimolare la digestione, nell’atonia intestinale, nella cosiddetta “piccola insufficienza epatica” e come tonico negli stati febbrili e infettivi o durante la convalescenza. Uso esterno: venivano sfruttate le proprietà antisettiche, astringenti e antalgiche nelle affezioni dell’orofaringe, per l’igiene buccale e per applicazioni su piaghe e ulcerazioni. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non riportava effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, tuttavia, poiché è stato segnalato che la pianta contiene come per le altre specie di Teucrium, diterpeni neo-clerodanici ad azione epatotossica, se ne sconsiglia a scopo precauzionale l’impiego terapeutico. Scrive, a questo proposito, il professor Franco Piozzi (Dipartimento di Chimica Organica, Università di Palermo): «Ritengo che tutte le specie di Teucrium (famiglia Labiatae) siano pericolose e da vietare, perché tutte contengono diterpeni neocloradanici responsabili della epatotossicità. Diterpeni 784

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scorodonia

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strutturalmente simili si trovano nei generi Scutellaria e Ajuga (sempre famiglia Labiatae): non credo che la tossicità di queste piante sia mai stata indagata, ma penso che sia prudente non utilizzarle» (ottobre 2003)2. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte aerea fresca (titolo 65°). Curiosità • Scordium, forma contratta di Skorodon = Aglio, con allusione all’odore della pianta. • Viene segnalato che la pianta comunica il suo gusto agliato al latte di vacca. • «Galeno racconta con tutta serietà che dopo certa battaglia i cadaveri, i quali per avventura s’erano trovati giacere sullo scordio erano stati gli ultimi a putrefarsi. Dal conservare i morti al preservare i vivi non v’era che un passo; e lo scordio fu tenuto come infallibile rimedio profilattico e curativo della peste» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Frohne D. et al., op. cit., p. 227; Bruneton J, 2009, Pharmacognosie…, op. cit., pp. 778-9. 2 Piozzi F., 1981, The Diterpenoids of Teucrium Species, Heterocycles, 15, 1489; Piozzi F. et al., 1987, Advances in the Chemistry of the furanoditerpenoids from Teucrium Species, Heterocycles, 25, 807; Piozzi F., Bruno M., Cirimina R. et al., 1997, Putative hepatotoxic neoclerodane diterpenoids from Teucrium species, Planta Medica, 63, 483-4.

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occidentalis

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Thuya occidentalis L.

Nome comune: Thuya Francese: Thuya du Canada; Cèdre américain Inglese: Tree of life Tedesco: Abendländische Lebensbaum Spagnolo: Thuya Famiglia: Cupressaceae Parte utilizzata: foglie e rametti Costituenti principali: – olio essenziale (1,4-4%): α-tuione (31-65%), β-tuione (8-15%), fencone (7-15%)1 (La composizione varia a seconda della pianta, della stagione ecc.: le foglie essiccate contengono 3,8% di olio essenziale di cui il 20% in tuione) − tannini (5%), flavonoidi ecc.; frazioni polisaccaridiche2 Attività principali: astringente, antivirale Impiego terapeutico: Uso interno: desueto e pericoloso Uso esterno: verruche e condilomi

Utilizzo medico Un tempo veniva impiegata come emmenagogo, ma il suo impiego è ormai abbandonato in quanto pericoloso per la presenza dell’olio essenziale ricco in tuione, ad azione neurotossica e abortiva. Dopo somministrazione per os, l’olio essenziale determina intossicazioni molto gravi accompagnate da spasmi tonico-clonici, modificazioni epatiche-degenerative, lesioni renali ed emorragie gastriche3. I canali secretori resiniferi accumulano tuione, cetone biciclico monoterpenico che è responsabile in gran parte della tossicità della pianta. È ammesso, invece, l’uso topico ove manifesta attività astringente, caustica e antivirale: viene utilizzata nel trattamento di condilomi e verruche. Si consiglia di applicare la Tintura Madre mattina e sera per settimane sulle verruche: l’azione risulta evidente sulle verruche piccole che tenderanno a scomparire. Può essere adoperata la pomata al 10%4. T. occidentalis contiene sostanze con specifica attività antivirale nei confronti dell’Herpes simplex virus come dimostrato in vitro: «È stata dimostrata l’attività antivirale di alcune piante medicinali appartenenti a generi molto diversi come l’Euphorbia, la Paeonia, la Clivia ecc. Lo spettro delle sostanze attive è ampio e comprende, per esempio, alcaloidi, flavonoidi, tannini e lignani. In molte indagini vengono descritti la purificazione e l’isolamento delle sostanze a partire dagli estratti delle piante originarie. Sono stati utilizzati con maggior frequenza come modelli in vitro per l’attività biologica monostrati di colture cellulari con diversi DNA o RNA virus. La nostra indagine riguarda l’attività antivirale di sostanze derivate dalla Thuya occidentalis su cui fino a ora non sono state condotte ricerche. La Thuya occidentalis contiene sostanze dotate di specifica attività antivirale contro 786

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il virus dell’Herpes simplex che presentano una buona efficacia terapeutica in vitro. Come nel modello del test in vitro è stata utilizzata la prova di riduzione di placca con herpes simplex (HSV-1, ceppo Elstree). Prima di effettuare il test antivirale è stato esaminato il potenziale citotossico di ogni campione cosicché si è potuto definire il range non tossico. È stato così possibile differenziare la tossicità cellulare non specifica dall’attività antivirale effettiva. Oltre a un esame microscopico sull’accrescimento delle cellule degenerative, è stata anche determinata l’influenza delle reazioni e delle sostanze in oggetto sul metabolismo del DNA delle cellule HeLa, misurando l’incorporazione di timidina (i farmaci più promettenti sono i derivati dei nucleosidi che agiscono interferendo con la sintesi del DNA-virale) e la cinetica cellulare delle subcolture dopo l’applicazione in comparazione nei controlli. Utilizzando questi sistemi di prova, è stato possibile identificare l’attività antivirale già negli estratti grezzi e seguirli attraverso diversi stadi di purificazione. […] Con tali tecniche è stato possibile ottenere il coefficiente terapeutico (TR). La minima dose efficace è 1/8 della dose citotossica: lo studio ha valutato, quindi, il limite tra attività terapeutica e citotossica»5. Nel fitocomplesso della droga si nota la presenza di tannini, sostanze di origine vegetale, non azotate, di struttura polifenolica, solubili nell’acqua, nell’alcol, nell’acetone. Storicamente l’importanza delle droghe contenenti tannino era legata alla proprietà “tannante”, vale a dire la proprietà di trasformare la pelle in un materiale imputrescibile: il cuoio. Tale processo è reso possibile dal formarsi di legami fra le fibre di collagene della pelle, fatto che conferisce alla pelle resistenza all’acqua, al calore, all’abrasione. L’attitudine dei tannini a combinarsi con le macromolecole spiega il fatto che siano in grado di precipitare la cellulosa, le pectine, le proteine. La maggior parte delle proprietà dei tannini è legata, infatti, al potere di formare complessi con le macromolecole, in particolare con le proteine (comprese quelle virali). Qualunque sia la via di somministrazione (esterna/interna) l’effetto antisettico (antibatterico, antimicotico) e antivirale è chiaramente dimostrato. Le proteine virali responsabili dell’affinità per i recettori cellulari, assicurano la fissazione e la penetrazione del virus. Per la creazione di un complesso con il tannino i virus perdono il loro carattere infettivo. Sono stati dimostrati in vitro effetti inibitori della replicazione dei virus: inibizione dell’adsorbimento del virus sulle cellule e inibizione della transcriptasi inversa. I tannini sono inoltre degli inibitori enzimatici6. Da segnalare l’azione vasocostrittrice a livello del microcircolo. L’applicazione topica di sostanze tanniche opportunamente diluite, determina azione astringente con conseguente diminuzione della permeabilità cellulare, disimbibizione del connettivo, vasocostrizione e una modica analgesia locale. Agendo a livello della superficie cellulare i tannini manifestano una ridotta capacità di penetrazione cellulare e nonostante la notevole riduzione della permeabilità non danneggiano le cellule. Per questo motivo applicati su cute e mucose normali provocano una relativa protezione contro agenti chimici, batterici, virali e meccanici. Se il tessuto è leso o infiammato l’effetto astringente, antiflogistico, antisecretivo ed emostatico appare evidente. Come antisettici impediscono il riassorbimento dei prodotti tossici che si formano nel tessuto necrotico. Anche in base a queste motivazioni T. occidentalis rientra nella composizione di preparati topici da usarsi nel trattamento dell’Herpes labialis. I polisaccaridi presenti nel fitocomplesso sono segnalati in grado di attivare i linfociti CD4+ e la risposta immunitaria7. Azione svolta dai Tannini: azione antisettica – azione antivirale – azione vasocostrittrice – modica analgesia locale 787

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Tossicità, interazioni ed effetti secondari È una droga tossica. Il tuione, principale costituente dell’olio essenziale, è assai irritante e il suo assorbimento può condurre a una degenerazione del parenchima epatico e provocare anche intossicazioni mortali. A livello topico l’olio essenziale ha provocato in soggetti sensibili una reazione allergica (simile all’eritema polimorfo)8 così come soggetti che lavoravano a contatto con questa pianta hanno sviluppato una reazione allergica (dermatite, faringite, bronchite)9. Forme farmaceutiche e posologia Thuya occidentalis T.M.: solo uso esterno. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dai rametti fogliati freschi raccolti di preferenza in primavera (titolo 65°). Formulario Herpes labiale Buxus sempervirens T.M. Thuya occidentalis T.M. Potentilla erecta T.M. Plantago major T.M. ana parti in flacone unico (Per toccature locali: su prescrizione del medico) Curiosità • Thuya occidentalis è un albero che può raggiungere i 15-20 metri nei paesi di origine (Virginia e Canada). È stato introdotto in Europa dal Canada durante il regno di Francesco I di Francia (1515-1547) e coltivato nei giardini reali di Fontainebleau. • Thuya dal greco “mando odore” per via della fragranza della resina che ricorda l’incenso; secondo altri dal greco “io sacrifico”, per l’abitudine che avevano gli antichi di bruciare i suoi rami nei loro templi. • I primi studi sulla Thuya si devono a S. Hahnemann, il padre dell’omeopatia (1819). Note bibliografiche 1 Mills B., Bone K., op. cit., p. 600. 2 Capasso F., 2011, op. cit., p. 351. 3 Frhone D. et al., op. cit., p. 137. 4 Van Hellemont J., op. cit., p. 395. 5 Beuscher N., Kopanski L., 1986, Planta Medica, 6, 555-6. 6 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 313. 7 Capasso F., 2011, op. cit., p. 351. 8 Puig L, Fernandez-Figueras MT et al., 1995, Erythema-multiforme-like eruption due to topical contactants: expression of adhesion molecules and their ligands and characterization of the infiltrate, Contact Dermatitis, 33(5):329-32. 9 Mills B., Bone K., The essential guide to Herbal safety, op. cit., p. 601.

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Thymus serpyllum L.

Nome comune: Timo serpillo; Timo selvatico Francese: Serpolet Inglese: Wild thyme Tedesco: Sand-Thymian Spagnolo: Serpol Famiglia: Lamiaceae Parte utilizzata: sommità fiorite Costituenti principali: – olio essenziale (0,15-1%): cimolo, timolo, carvacrolo, fenolo, idrocarburi terpenici e sesquiterpenici ecc. – tannino (3,5-7,5%); sostanze amare: serpillina – glicosidi flavonici: luteolina-7glucoside – saponine Attività principali: antisettica, espettorante, mucolitica, antitussiva e spasmolitica; digestiva e coleretica Impiego terapeutico: affezioni dell’apparato respiratorio (trattamento sintomatico della tosse); trattamento sintomatico delle turbe digestive

Utilizzo medico Si distinguono due varietà di Timo: Thymus serpyllum e Thymus vulgaris. Appartenenti alla grande famiglia delle Lamiaceae, condividono analoghe proprietà terapeutiche anche se l’attività del Timo serpillo è minore rispetto al volgare e più difficoltosa risulta l’estrazione del principio attivo. Le preparazioni contenenti Timo serpillo risultano quindi più blande, grazie al minor contenuto in olio essenziale, e meglio tollerate. Le indicazioni terapeutiche sono analoghe a quelle del Timo volgare a cui spesso si associa quando si vuole ottenere un potenziamento di attività di quest’ultimo. La sua sfera di azione si situa prevalentemente a livello delle vie respiratorie, ove manifesta attività bechica ed espettorante. L’infuso si dimostra un gradevole antispasmodico nella prima infanzia (coliche, stipsi, pertosse ecc.) e sembra avere efficacia nella gastralgia dell’adulto1. Usato come condimento in cucina (azione battericida e antifermentativa); la presenza di un principio amaro (serpillina) rende il serpillo un amaro aromatico. Il Timo serpillo si impiega sovente in balneoterapia nei dolori reumatici e muscolari. In campo cosmetologico rientra nella formulazione di preparati destinati a detergere pelli grasse, comedoniche e impure e in prodotti destinati al conforto del piede (Proserpio). Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Le persone sensibili al polline delle betulle e del sedano possono presentare un’allergia crociata al timo. L’uso topico è sconsigliato su pelli sensibili, portate a reazioni di intolleranza al timolo. 789

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Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle parti aeree fiorite essiccate, intere o frammentate, contenenti al minimo 3ml/kg di olio essenziale Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 6 g della droga/die. Infuso: versare 150 ml di acqua bollente su 1,5-2 g di pianta essiccata, filtrando dopo 10 minuti (un cucchiaino da tè corrisponde a 1,5 g) diverse tazze al dì (adulti); bambini metà dose. Polvere: 0,5-2 g per presa, 2,5-5 g al dì. Thymus serpyllum T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte aerea fresca (titolo 65°). Formulario Talco antisudore (Cagnola, Botticelli) Timo serpillo sommità fiorite polvere 60 g Ireos radice polvere 40 g S/Applicare la miscela con un batuffolo di cotone sulle parti più soggette a sudorazione Tisana contro la bronchite Timo serpillo pianta Primula radice ana 15 g Altea foglie ad 50 g S/2 cucchiaini da caffè per tazza, infusione di 5 minuti; 3 tazze al dì. Dolcificare con miele d’acacia Bagno tonico (Van Hellemont) fiori di Lavandula 185 g foglie di Menta 125 g foglie di Rosmarino 185 g Serpillo pianta 125 g S/preparare infuso con la totalità della miscela in 4 litri di acqua. Filtrare e aggiungere al bagno. Bambini: metà dose. Non fare a bambini inferiori ai 3 anni in quanto si può sviluppare spasmo della glottide Bagno antireumatico (Van Hellemont) Maggiorana pianta Serpillo pianta Salvia foglie ana 150 g S/Preparare un infuso con la totalità del melange in 4 litri di acqua. Filtrare e aggiungere al bagno Curiosità • «In un’azione di rastrellamento compiuta dalle S.S. tedesche nella zona del Cusio (Lago d’Orta-Val d’Agogna) un volontario, braccato, isolato, stretto dal progredire convergente delle pattuglie, non avendo altra via di scampo per sfuggire 790

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alla cattura e al peggio, si gettò con un salto di parecchi metri, in una profonda forra dove in prevalenza vegeta rigoglioso il Rubus fructicosus L. i cui lunghi fusti rossastri sono abbondantemente armati di forti aculei rigidi, adunchi, e taglienti come artigli felini […(i quali)] scorticarono, rigandoli di lunghe e profonde lacerazioni, gambe, braccia, torace, gote ed orecchie. Rotolato sul fondo, impigliato nel roveto, pesto e sanguinante rimase nell’impossibilità di uscire per il resto della giornata, tutta la notte e parte del mattino successivo sinché, scorto da un taglialegna, venne tratto fuori e portato in una baita. Le ferite furono sommariamente lavate con acqua di fonte. […] Quando, avvisato dell’accaduto, potei salire al casolare, trovai il ferito in cattive condizioni. Aveva la febbre: tutte le parti artigliate dagli aculei fortemente arrossate, gonfie e dolenti, le ferite più o meno suppuranti. […] Che fare? Portarlo all’ospedale più vicino equivaleva a metterlo nelle grinfie dei tedeschi e dei loro compari. […] Che fare? Pensai al Timo. L’umile pianticella è abbondante fra quei monti […] prevale il Thymus serpyllum L., qua e là frammisto al T. vulgaris. […] Misi tre abbondanti manciate della droga in uno dei fiaschi e versai dentro circa un litro d’acqua bollita, caldissima ma non bollente, e, tappato il collo con del cotone, lasciai macerare per circa un’ora, agitando di tanto in tanto. Filtrai l’infuso su cotone e n’ebbi un liquido limpido, color marrone chiaro, profumato, di sapore aromatico, amaro deciso. Con questo liquido, che ogni giorno rinnovavo, lavai accuratamente, con batuffoli di garza, graffio per graffio, detergendo il pus […]. Per 5 giorni ripetei le lavature e le ferite si detersero a una a una abbandonando sulla garza frustoli necrotizzati. […] Al decimo giorno le manifestazioni infettiva e infiammatoria erano ridotte al minimo e le ferite prossime a rimarginarsi. […] L’infuso di T. serpyllum quindi, oltre a un’azione detersiva, antisettica, antispasmodica e astringente, aveva esplicato uno spiccato potere antibatterico. […] Essendo il Serpillo povero di timolo e carvacrolo, mi sembra che la occasionaleosservazione sia una conferma pratica che l’azione antibiotica dell’infuso era certamente dovuta ad altra sostanza che nell’infuso stesso si era mantenuta attiva. […] Quale sarà la sostanza battericida? […] Sarò lieto se la segnalazione indurrà qualche giovane studioso ad intraprendere osservazioni severe e metodiche. Il sapere che la mia scarna narrazione avrà servito a qualche cosa, lenirà in me il ricordo doloroso della fine del giovane, caduto crivellato di colpi poco tempo dopo» (Cattorini P.E., Fitoterapia di guerra-il Timo (1948). Note bibliografiche 1 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 1241.

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Thymus vulgaris L.

Nome comune: Timo volgare Francese: Thyme commun Inglese: Common thyme Tedesco: Thymian Spagnolo: Tomillo Famiglia: Lamiaceae Parte utilizzata: fiori e foglie Costituenti principali1: – olio essenziale (5-25 ml/kg): timolo, carvacrolo (fino all’85%), p-cimene (fino al 45%), linalolo, α-terpineolo, canfora ecc. (Il contenuto e la concentrazione variano a seconda del chemotipo, della provenienza e del momento di raccolta) – glicosidi flavonici e flavoni: apigenina, luteolina, taxifolina, naringenina ecc. – derivati dell’acido idrossicinnamico (principi amari delle Lamiaceae) (4% circa): acido rosmarinico (0,8-2,6%) – triterpeni: acido ursolico (1,9%), acido oleanolico (0,6%) – derivati dell’acetofenone: 4-idrossiacetofenone e gli eterosidi esterificati con dei derivati dell’acido benzoico Attività principali: antisettica, espettorante, mucolitica, antitussiva e spasmolitica; digestiva e coleretica Impiego terapeutico: affezioni dell’apparato respiratorio (trattamento sintomatico della tosse); trattamento sintomatico delle turbe digestive

Utilizzo medico Grazie al sapore aromatico, il timo provoca una stimolazione riflessa di secrezioni salivare, gastrica e biliare: viene pertanto impiegato per le proprietà regolatrici dell’appetito (proprietà aperitive e carminative) e come stimolante digestivo2. La presenza dei principi amari rende il timo un amaro aromatico, mentre l’olio essenziale e i tannini esercitano azione battericida e antifermentativa. Proprio per queste caratteristiche (antisettica, tonica e antispasmodica) se ne consiglia l’uso come condimento in cucina unitamente alle altre spezie aromatiche come origano, dragoncello, santoreggia ecc. Si segnala, inoltre, che recentemente le sono state attribuite proprietà antiossidanti, in grado cioè di ridurre i danni cellulari provocati dai radicali liberi. Il timo deve le sue proprietà antiossidanti ai flavoni e ai composti bifenilici “molto più efficaci del BHT (butilidrossitoluene): a una concentrazione di 1 μ, inibisce la perossidazione lipidica indotta in vitro a livello dei mitocondri e dei microsomi e inibisce parzialmente la produzione dell’anione superossido. Nel ratto la somministrazione per lungo tempo dell’olio essenziale si oppone alla perdita del potere antiossidante legato all’invecchiamento”3. Il suo regolare inserimento nell’alimentazione può pertanto contribuire a diminuire il rischio di malattie cardiovascolari e degenerative. Il timo era impiegato come coadiuvante nel trattamento della gastrite cronica: risulta 792

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pertanto interessante la segnalazione che l’Estratto Fluido e acquoso inibiscono in vitro la crescita dell’Helicobacter pylori4. Importante si rivela, inoltre, lo stimolo esercitato dalla pianta sulle funzioni disintossicanti dell’organismo: favorisce la traspirazione, la diuresi, per cui è particolarmente indicata in tutte quelle situazioni (forme reumatiche, raffreddore ecc.) in cui risulta opportuno applicare una tecnica terapeutica particolare: il drenaggio. Studi in vitro suggeriscono che l’azione spasmolitica attribuita alle preparazioni a base di Timo sia dovuta alla presenza di polimetossiflavoni. Vi sarebbe infatti una inibizione della risposta agli agonisti di alcuni recettori quali quelli dell’acetilcolina, dell’istamina e della L-norepinefrina e di alcuni agenti che non agiscono tramite specifici recettori, come il cloruro di bario. I flavoni del timo agiscono come antagonisti non competitivi e aspecifici; inoltre è stato dimostrato che sono antagonisti del Ca2+ e agenti muscolotropici che esercitano una azione diretta sulla muscolatura liscia5. La pianta viene utilizzata da sempre, inoltre, per la sua attività antisettica, espettorante e mucolitica nelle affezioni dell’apparato respiratorio. A queste attività affianca una non trascurabile azione antitussiva e spasmolitica agendo, quindi, sullo spasmo bronchiale (regolazione del tono bronchiale): risulta pertanto utile nelle bronchiti acute e croniche, nella pertosse, nella tosse asmatica e in genere nelle forme catarrali. Tutte queste indicazioni sono riconosciute dalla Commissione E del BfArM, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’European Scientific Cooperative on Phytotherapie. Il Timo possiede attività tonica generale ed è un eccellente stimolante intellettuale: il suo infuso viene raccomandato, dopo i pasti, per contrastare la sonnolenza postprandiale e migliorare la concentrazione. («agli intellettuali che conducono una vita sedentaria per vincere la sonnolenza postprandiale e permettere loro di rimettersi, così, al lavoro con… rinnovato vigore!»). A questo proposito, un’annotazione storica: «Il profumo di questo fiore si dice che fortifichi il cervello, e renda energia alle facoltà mentali dei vecchi» (F. Cazzuola, 1876)6. L’olio essenziale di Timo, ricco in fenoli, è dotato di proprietà antibatteriche e antifungine messe ampiamente in evidenza da prove in vitro. Vari sono i chemotipi e tutti risultano attivi, anche se l’azione battericida più marcata è data dai tipi a timolo e carvacrolo7. L’olio essenziale a timolo e carvacrolo risulta fortemente anti-infettivo (azione battericida ad ampio spettro e antifungina soprattutto nei confronti di Candida albicans). Risulta dermocaustico per cui non va utilizzato puro. Per la sua ricchezza in fenoli l’uso è controindicato in caso di insufficienza epatica, insufficienza tiroidea e nei bambini8. L’olio essenziale a linalolo presenta un’attività di minor spettro rispetto alla varietà a fenoli (timolo-carvacrolo) e ciò si accompagna a una discreta tollerabilità. Presenta azione anti-infettiva, antibatterica, antifungina (Candida albicans) e immunostimolante9. Possiede, inoltre, una buona attività nei confronti dei parassiti intestinali quando somministrato in capsule gastroresistenti10. Non è dermocaustico e quindi può essere impiegato nella formulazione di preparati per la terapia di infezioni cutanee. Pellecuer J. ha testato l’olio essenziale di Timo, su un ventaglio di germi batterici rappresentativi della flora patogena, in rapporto ad altre essenze di Lamiaceae (ex Labiatae) e ha constatato un’azione similare a quella della Satureia montana L.11. Uso esterno Il timo è conosciuto come efficace pianta vulneraria per detergere e disinfettare piccole ferite, per fortificare le gengive (piorrea), nelle stomatiti e per prevenire la formazione della carie, proprietà riconosciute anche dall’ESCOP (European Scientific Coope793

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rative on Phytotherapy). Sarebbe anche un buon tonico del cuoio capelluto: arresta o impedisce la caduta dei capelli, li rinforza e attiva la loro crescita (azione revulsiva). È anche un buon dentifricio in quanto fortifica le gengive, previene la formazione della carie e profuma l’alito. Si impiega sovente in balneoterapia nei dolori reumatici e muscolari in quanto risulta efficace come calmante del dolore. Secondo la classificazione di Belaiche, l’olio essenziale fa parte, in aromaterapia, degli oli essenziali maggiori (Origano, Santoreggia, Cannella, Garofano). In campo cosmetologico rientra nella formulazione di preparati destinati a detergere pelli grasse, comedoniche e impure, e in prodotti destinati al conforto del piede12 (Proserpio G., 1983). Tossicità, interazioni ed effetti secondari Rientra tra le piante classificate come GRAS -Substances Generally Recognize as Safe (FDA U.S. Food and Drug Administration). Non sono disponibili dati sull’interazione con altri farmaci e «nonostante il diffuso uso che ne viene fatto, Herba Thymi non ha mai suscitato preoccupazioni per la salute»13. Gli effetti collaterali del Timo sono legati a un utilizzo improprio dell’olio essenziale puro. Ai dosaggi terapeutici, infatti, l’olio essenziale non presenta pericoli; tuttavia l’ingestione di una quantità elevata produce, per la presenza di timolo e carvacrolo, disturbi a livello gastroenterico (cefalea, nausea, vomito) e, nei casi più gravi di intossicazione, depressione del sistema nervoso centrale (depressione cardiaca e respiratoria); risulta epatotossico ad alte dosi14. La varietà caratterizzata da una prevalenza di alcoli (linalolo) presenta una discreta tollerabilità. L’uso prolungato di collutori al timolo può produrre una tireotossicosi. Per quanto riguarda la gravidanza e l’allattamento secondo l’Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) mancano studi clinici e farmacologici adeguati per cui come misura cautelare ne consiglia l’uso sotto controllo medico, anche se tuttavia viene sottolineata l’innocuità della pianta15. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalla foglia e dal fiore, intero, staccato dagli steli precedentemente essiccati di T. vulgaris o di T. zygis, o da una mescolanza delle due specie, contenenti al minimo 12 ml/kg di olio essenziale di cui al minimo 40% di timolo e carvacrolo. Profilo cromatografico dell’Olio essenziale: β-mircene (1-3%), γ-terpinene (5-10%), p-cimene (15-28%), linalolo (4-6,5%), terpineolo-4 (2-2,5%), timolo (36-55%), carvacrolo (1-4%). Forme farmaceutiche e posologia Infuso: versare acqua bollente su 1,5-2 g di Timo, filtrando dopo 10 minuti (un cucchiaino da tè corrisponde a 1,5 g) diverse tazze al dì (adulti); bambini metà dose. L’infuso può essere utilizzato come collutorio (3%), per pediluvi (10 g per litro), bagni tonificanti (fare infondere 500 g di pianta di Timo in 3-4 litri di acqua bollente, filtrare e aggiungere al bagno). In compresse nei reumatismi (5%). L’infusione concentrata 60-150 g/l, versata in un bagno è sedativa. Polvere: 100-200 mg/cps; 1-2 cps 1-3 volte al dì. Estratto secco: 100 mg/cps;1 cps 1-3 volte al dì. Olio essenziale: 1 goccia su compressa neutra, 1-4 volte al dì (anche in tisana calda). Estratto Fluido: 5-15 g pro die (1 g = 30 gocce). Tymus vulgaris T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. 794

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Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla parte aerea fresca (titolo 65°). Formulario Vino aromatizzato Far macerare circa 30 g di timo essiccato in 1 litro di vino bianco per 40 giorni. Inalazioni Eucalipto foglie 50 g Timo sommità fiorite 30 g Menta foglie 30 g S/2 cucchiai da minestra del composto in mezzo litro di acqua bollente, 4 volte al dì per inalazione Alitosi Anice verde semi Salvia foglie Timo sommità fiorite S/1 cucchiaio da minestra per tazza diversi sciacqui al dì

30 g 20 g 20 g d’acqua bollente, in infusione per 15 minuti,

Bagno antifatica (Da Legnano) Salviae folium Thymi herba Rosmarini folium Lavandulae aetheroleum S/Nell’acqua del bagno

50 g 50 g 50 g 10 gocce

Specie composta per tisana al Timo (Formulario nazionale F.U.) Tisana bechica, fluidificante bronchiale Thymi herba 25% Foeniculi fructus contuso 15% Liquiritiae radix 25% Plantaginis folium 35% S/1 cucchiaio di tisana per tazza d’acqua bollente; 1-3 tazze al dì Tracheite Pimpinella a. T.M. Thymus v. T.M. Inula h. T.M. ana parti in flacone unico S/20 gocce, diluite in acqua, più volte al dì Stomatite Rosmarinus o. T.M. Salvia o. T.M. Thimus v. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce in acqua tiepida: sciacquare la bocca ogni 2 ore

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Gengivite (Van Hellemont) Aetheroleum Thymi Tinctura Chinae Tinctura Myrrae Spiritus Menthae ad S/toccature locali

0,1g 5g 5g 20 g

Olio per i massaggi muscolari (Van Hellemont) essenza di Lavandula 20 g essenza di Rosmarino 20 g essenza di Timo 20 g olio di mandorle dolci 110 g Tisana al Finocchio composto (R. Corcos) Foeniculi fructus contuso 25% Anisi fructus contuso 25% Basilici herba 25% Thymi herba 25% S/infuso al 3%; 3 tazzine al dì (coliche gastrointestinali) Specie composta per tisana all’Altea (Tosse stizzosa) (Formulario nazionale FU) Altheaeae radix 30% Thymi herba 25% Foeniculi fructuscontuso 10% Plantaginis folium 15% Liquiritiae radix 10% Lichen islandicus 10% S/un cucchiaio di tisana per tazza d’acqua bollente; 1-3 tazze al dì Sciroppo espettorante-emolliente Timo Liquirizia Altea Sciroppo semplice S/a cucchiai, più volte al dì

T.M. 15 g T.M. 5 g T.M. 5 g F.U. 75 g

Gocce antitosse Thymus v. T.M. Inula h. T.M. Helichrysum i. T.M. ana parti in flacone unico S/20 gocce, diluite in acqua o tisana, più volte al dì Curiosità • In un passo del libro di Elio Vittorini Sardegna come un’infanzia si legge: «[…] Per chilometri non si scorge un uomo né un tetto. E l’impressione dell’altipiano si precisa nel senso di una maggiore prossimità della sorgente solare. Nell’aria ce n’è l’odore: del Sole. Di fuoco puro, privo di ogni acredine di combustibile. E di pietra secca. Ma di brughiera anche. E di spoglie di serpi. Odore di Sardegna 796

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[…]». Parte fondamentale di questo odore di Sardegna è senza dubbio il Timo che, alquanto diffuso nell’isola, viene apprezzato per l’aroma che trasmette al latte, e quindi ai formaggi prodotti nei pascoli montani. • Il nome Timo viene fatto risalire al verbo greco thyein = profumare. L’usanza greca di bruciare cespugli di Timo nei falò propiziatori offerti agli dei rende ragione anche a coloro che fanno derivare questo nome da thumon = ciò che è preso in sacrificio. Ma potrebbe derivare anche da thm, parola egiziana riferita a una pianta che veniva utilizzata nel lavaggio delle salme da imbalsamare: nulla di strano date le ormai indiscusse proprietà antisettiche attribuite alla pianta. Ma anche dal dal greco forza, coraggio, per indicarne la virtù eccitante. • In Marocco e in Tunisia la decozione di Timo in olio di oliva è un rimedio assai utilizzato per detergere e disinfettare le piaghe. Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., p. 477; Bruneton J, 2009, op. cit., p. 647; Raynaud F., Prescription et conseil en aromathérapie, op. cit., pp. 231-5. 2 Teuscher E. et al., op. cit., p. 477. 3 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 648. 4 Ibidem. 5 OMS-Monografie di piante medicinali, Siena 2002, p. 263. 6 Cazzuola Ferdinando, 1876, Dizionario di botanica applicata alla medicina, alla farmacia, alla veterinaria, all’orticoltura, all’agricoltura, all’industria e al commercio, Pisa, Tipografia Nistri. 7 Bruneton J, ibidem. 8 Raynaud J., ibidem. 9 Ibidem. 10 Camporese A., op. cit., p. 126. 11 Pellecuer J., 1990, Les Dossiers Universitaires, Montpellier. 12 Van Hellemont J., op. cit., p. 402. 13 Società Italiana di Fitoterapia, op. cit., p. 264. 14 Camporese A., ibidem, p. 123. 15 OMS, Monografie di piante medicinali, Siena 2002.

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Tilia cordata Mill.

Nome comune: Tiglio Francese: Tilleul Inglese: Lime tree Tedesco: Winter-Linde Spagnolo: Tilo norteño Famiglia: Tiliaceae Parte utilizzata: infiorescenze; corteccia (alburno) Costituenti principali: Infiorescenze: – polifenoli: acidi fenoli; proantocianidoli; tannini; flavonoidi: quercitroside, tiliroside, iperoside, ramnosil-7-kaempferolo… – mucillagine: D-galactosio, L-arabinosio, L-ramnosio e acidi uronici (> arabinogalattani) – olio essenziale: farnesolo, geraniolo, eugenolo, linalolo ecc. * la composizione varia a seconda dell’origine: le brattee sono ricche in fenilacetaldeide e altre aldeidi mentre i fiori sono ricchi in carburi monoterpenici. Alburno* (composizione poco conosciuta): – acidi-fenoli, tannini, fraxoside, esculoside, floroglucinolo, sostanze minerali, lipidi, zuccheri, acido ascorbico ecc. * L’Alburno è la seconda corteccia della pianta: rappresenta lo strato di fibre legnose più esterno e più giovane degli strati del fusto Attività principali: sedativa; antispasmodica; diaforetica; regolatrice della coleresi (alburno) Impiego terapeutico: trattamento sintomatico stati neurotonici; disturbi del sonno; turbe dispeptiche; discinesie delle vie biliari (alburno)

Utilizzo medico Ai fiori del Tiglio vengono attribuite proprietà diaforetiche, blandamente sedative e spasmolitiche e regolatrici della coleresi. Come diaforetico il suo impiego è consigliato nelle malattie da raffreddamento febbrili e nelle affezioni reumatiche quando vi è l’indicazione di un incremento della sudorazione e come sedativo della tosse per catarri delle vie aeree. Tali proprietà sono confermate dalla Commissione E del BfArM. L’azione sedativa, da sempre riconosciuta alla pianta, ne rende prezioso l’utilizzo nel trattamento di tutti quei sintomi funzionali che si accompagnano a uno stato di eretismo nervoso (gastralgia, colite, cefalea ecc.) ove a dominare è lo spasmo. I fiori vengono anche impiegati sotto forma di bagni per favorire il riposo notturno, soprattutto dei bambini. L’azione è di tipo tranquillante a tendenza ipnotica. Viene segnalata anche un’azione vasodilatatrice e ipotensivante e ciò si verificherebbe in seguito a una diminuzione delle resistenze vascolari periferiche. A questo proposito il grande medico fitoterapeuta francese Henri Leclerc scriveva: «Il tiglio ha una reale efficacia nell’arteriosclerosi per rimediare a ciò che io chiamo “la tripla discrasia sanguigna (poliglobulia, iperviscosità, ipercoagulabilità)” per rendere il sangue più 798

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fluido, più duttile, per prevenire la sua stasi nei vasi, la sua aderenza alle loro pareti, e la pletora, che ne è la conseguenza; ma alla condizione di somministrarla larga manu prescrivendo ad esempio: Estratto Fluido di Tiglio 50 g + idrolato di tiglio 450 g + sciroppo delle 5 radici 500 g – da 2 a 3 bicchieri da Bordeaux al giorno»1. L’azione sarebbe da attribuire, secondo lavori non recenti, almeno in parte, agli alcol terpenici che hanno dimostrato di diminuire la motilità spontanea nella cavia e di inibire gli spasmi indotti dall’acetilcolina sul duodeno isolato di ratto2. L’alburno, o seconda corteccia, presenta un’attività spasmolitica (muscolatura liscia) e di regolazione della coleresi. Viene utilizzato nelle affezioni epatobiliari, in particolare nelle discinesie delle vie biliari. La sua prescrizione è risultata utile nei casi di emicrania digestiva, quando cioè l’emicrania trae origine dalla discinesia delle vie biliari, e nel trattamento sintomatico delle turbe dispeptiche quali gonfiore epigastrico, digestione lenta, flatulenza ecc. Sperimentalmente si è appurato che a livello biliare frena la coleresi nel cane, anche a deboli dosi, e in vitro inibisce la transaminasi glutammico-piruvica. Sempre sperimentalmente è stata accertata la sua efficacia in caso di ritenzione biliare provocata mediante iniezione di morfina (induce uno spasmo a livello dello sfintere di Oddi)3. Il floroglucinolo, la cui presenza è spesso segnalata, ha azione spasmolitica e come tale viene prescritto (cpr da 80 mg) nel trattamento delle coliche a livello renale, epatico, e nelle coliti spasmodiche. La tradizione francese attribuisce all’alburno anche un’azione curativa nella litiasi renale (decozione di 30 g per litro d’acqua per 15 minuti) in quanto sarebbe in grado di facilitare la funzione di eliminazione a livello renale4. Leclerc segnalava anche la “farina verde” (preparata con le foglie verdi essiccate di tiglio, polverizzate e mescolate a farina d’orzo o di grano saraceno) utilizzata nell’alimentazione per l’elevato contenuto in proteine e clorofilla. In Gemmoterapia si utilizzano le gemme di Tilia tomentosa Moench (Tilia tomentosa M.G.1DH) caratterizzate da azione sedativa, antispasmodica, ipnoinducente. Il gemmoderivato è indicato nelle molteplici espressioni della distonia neurovegetativa e risulta efficace, pertanto, nelle sindromi ansiose, nell’eretismo cardiaco che quasi sempre si accompagna a questi stati, nell’ipertensione arteriosa sostenuta da stress, nell’insonnia ecc. Le proprietà spasmolitiche e sedative sono attribuite, in parte, al farnesolo, terpene dalle proprietà neurosedative: agendo sul livello di serotonina è in grado di migliorare il tono dell’umore e di svolgere attività ansiolitica. Vengono segnalate per Tilia tomentosa M.G.1DH anche proprietà depurative: in particolare agirebbe diminuendo il colesterolo e l’acido urico5. Uso esterno: Per uso esterno, le preparazioni di tiglio sono impiegate, in quanto emollienti e antipruriginose, nel trattamento di svariate dermatosi. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Rientra tra le piante classificate come GRAS-Substances Generally Recognize as Safe (FDA U.S. Food and Drug Administration). A proposito del gemmoderivato (Tilia tomentosa M.G.1DH) il dottor Bruno Brigo scrive: «Paradossalmente alcuni pazienti possono sentirsi eccitati dopo l’assunzione di Tilia Tomentosa; in tal caso la posologia va ridotta. Privo di tossicità, può essere utilizzato nel bambino, nell’anziano, in gravidanza»6. Uno studio clinico ha indicato una potenziale interazione tra i fiori di tiglio e un ridot799

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to assorbimento di ferro7. Una infusione di fiori di tiglio ha ridotto l’assorbimento di ferro del 52% da un pasto (comparato all’acqua) in volontari adulti. Questa inibizione è risultata dose dipendente e in relazione al contenuto in polifenoli. In caso di anemia e quando è richiesta una supplementazione di ferro, i fiori di tiglio non devono essere assunti contemporaneamente ai pasti e alla supplementazione di ferro8. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dall’infiorescenza intera essiccata di T. cordata, T. plataphyllos, di T.X vulgaris o da una loro mescolanza. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 2-4 g (infiorescenze). Infuso: 1 cucchiaino da caffè (1-2 g) per tazza d’acqua bollente; infondere per 10 minuti; 3-4 tazze al dì. Alburno: decotto: al 3-8%. Estratto secco (titolato in flavonoidi totali min. 1%, Pharmacopée Française X): 100-300 mg/cps; 1-2 cps 3 volte al dì. Tilia tomentosa M.G.1DH: 20-50 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì. Tilia tomentosa T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalle infiorescenze fresche con le brattee (titolo 55°). Alburno: la Tintura Madre si prepara dall’alburno essiccato (titolo 65°). Formulario Tisana (cefalea) Tiglio fiori 4g Camomilla fiori 4g Melissa foglie 4g Arancio foglie 4g S/Infondere per 15 minuti in 1 litro di acqua bollente. Dolcificare a piacere Tisana diaforetica Sambuci flores Tiliae flores Chamomillae flores ana ad 100 S/2-3 cucchiaini da caffè per tazza d’acqua bollente; infusione di 10 minuti, da assumere calda a sorsi Sciroppo sedativo Fiori di tiglio mondati 100 g Acqua distillata 1000 g Zucchero 1800 g Infusione di un’ora: filtrare con pressione, completare a 1 litro, aggiungere lo zucchero che si farà sciogliere a bagnomaria e filtrare. S/Un cucchiaio 1-3 volte al dì

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Nervosismo Passiflora i. T.M. Eschscholtzia c. T.M. Tilia c. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Emicrania digestiva Tilia c. T.M. Fumaria o. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Dispepsia Tilia c. T.M. Melissa o. T.M. Agrimonia e. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Curiosità • Dal greco ptilon = ala, per la forma della brattea alata che accompagna il peduncolo del fiore. Alcuni fanno derivare il nome da telum = giavellotto, a causa dell’utilizzo antico del suo legno nella fabbricazione di questa arma. • «Ogni anno, a luglio, raccolgo in abbondanza i loro fiori e li distendo in soffitta sopra un graticcio e, quando sono ben asciutti, li ripongo al buio in vasi di vetro. Nelle sere d’inverno, dopo cena o prima di coricarmi, una tazza di infuso di fiori di Tiglio con un cucchiaio di miele di Salvia delle isole dalmate è un’ottima bevanda che concilia il sonno e agevola la respirazione» (Rigoni Stern M., Arboreto salvatico, Einaudi). • «Qualche volta persino le api, quando con insistenza raccolgono nettare da certi tigli, vengono come assopite e si adagiano sull’erba all’ombra dell’albero» (Rigoni Stern M., Arboreto salvatico, Einaudi). • «Mizald vantò il Tiglio contro l’epilessia: Hoffmann assicura di averne risanata una di antica data: e Paulino, rincarando sull’elogio, dichiara che a guarirla ne basta non più che l’ombra sola!» (Scotti, 1872). • «Coi semi torrefatti, uniti a zuccaro e altre droghe Missa si provò a farne cioccolatta; ma differt insigniter a vera succulata ex nucleis cacao, consistentia, odore, sapore (Murray)» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Leclerc Henri, 1935, Précis de phytothérapie, Essais de thérapeutique par les plantes francaises, op. cit., p. 214. 2 Rombi M., op. cit., p. 264. 3 Rombi M., ibidem. 4 Hallard F., op. cit., p. 159. 5 Campanini E., 2005, Manuale pratico di gemmoterapia, op. cit., pp. 150-3. 6 Brigo B., 1991, Fitoterapia e gemmoterapia nella pratica clinica, La Grafica Briantea, Como. 7 Hurrel RF, Reddy et al., 1999, Br. J. Nutr., 81:289-295. 8 Mills B., Bone K., op. cit., p. 504.

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Trifolium pratense L.

Nome comune: Trifoglio dei prati; trifoglio rosso Francese: Trèfle-rouge Inglese: Red clover Tedesco: Wiesen-Klee Spagnolo: Trébol rojo Famiglia: Fabaceae Parte utilizzata: sommità fiorite Costituenti principali: – isoflavoni: formononetina, biocanina, daidzeina, genisteina – glicosidi cianogenici e derivati della cumarina; olio essenziale; minerali, vitamine; clorofilla Attività principali: estrogenica Impiego terapeutico: menopausa (sintomi vasomotori)

Utilizzo medico Si tratta di una pianta erbacea perenne originaria dell’Europa e dell’Asia. Rappresenta un’importante erba da foraggio ed è in grado anche di fissare l’azoto atmosferico nel terreno che ne viene pertanto arricchito. Per la presenza nel fitocomplesso di isoflavonoidi ad azione estrogenica la pianta viene impiegata per trattare le turbe vasomotorie della menopausa: è infatti ritenuta una fonte di fitoestrogeni come la soia1. Varie sintesi e metanalisi relative a studi pubblicati tra il 2004 e il 2007, che hanno valutato la frequenza delle vampate vasomotorie trattate con estratti titolati in isoflavoni (40-80 mg/die), non hanno dato però risultati statisticamente significativi rispetto ai gruppi placebo2. Non sono stati per altro evidenziati nel corso degli studi effettuati effetti collaterali3. I risultati ottenuti da una review pubblicata nel 2007 evidenziano comunque che, nonostante i risultati contraddittori, la pianta eserciterebbe un certa efficacia nei confronti dei lipidi ematici: lieve diminuzione dei trigliceridi e aumento del colesterolo “buono” HDL4. Anche per quanto riguarda l’azione nella prevenzione dell’osteoporosi i risultati sono contraddittori: secondo alcuni studi l’assunzione di un estratto titolato, rispetto al placebo, contribuirebbe a ridurre la perdita ossea5. Viene segnalata la presenza di composti acetil derivati di natura fenolica (pratensolo e pratolo) e di un olio essenziale contenente furfurolo: questi principi svolgerebbero una azione antiflogistica e secretolitica a carico delle vie aeree superiori (catarri laringei e faringei) e regolarizzatrice le secrezioni gastrointestinali6. L’infuso (per os) è consigliato nel trattamento in caso di tosse e turbe dispeptiche. La pianta conosce un uso tradizionale nel trattamento della psoriasi, dell’eczema e delle dermatiti pruriginose: sono consigliati l’infuso, sia per os che per lavaggi esterni, e creme o unguenti a uso topico (10-15%). Tossicità, interazioni ed effetti secondari La pianta in teoria può potenziare l’azione di altri fitoestrogeni o preparati estrogenici; può potenziare in teoria l’azione dei farmaci anticoagulanti. Dati in vitro, indi802

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cano che estratti di T. pratense potrebbero, quando assunti contemporaneamente con farmaci metabolizzati dal sistema del citocromo P450, modificarne il metabolismo. Non usare in gravidanza, allattamento e in pediatria. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: mettere in infusione 4 g di fiori essiccati in 250 ml di acqua bollente per 15 minuti; bere 2-3 tazze al dì. Estratto secco titolato in isoflavonoidi (40-80 mg): 1-2 cps al dì. Formulario Tosse Trifoglio sommità 50 g Eucalipto foglie 20 g Altea foglie 20 g Liquirizia radice 10 g S/Un cucchiaio per tazza, infuso. 2-3 tazze al dì Specie antidispeptica di Trifoglio composto (E. Riva) Trifoglio sommità 50 g Camomilla fiori 20 g Anice verde semi 20 g Malva foglie 10 g S/Un cucchiaio per tazza, infuso. Dopo i pasti Curiosità • Dioscoride e Galeno ritenevano che il T. pratense fosse in grado di guarire dalle ferite causate dai serpenti velenosi; nel XVI secolo era considerato febbrifugo, tonico, emmenagogo e diuretico (Riva E., 1995). Note bibliografiche 1 Capasso F. et al., Fitoterapia, op. cit., p. 653. 2 Lethaby AE, Brown J et al., 2007, Phytoestrogens for vasomotor menopausal symptoms. Cochrane Database Syst Rev. 17;(4):CD001395. Review. 3 Coon JT, Pittler MH, Ernst E, 2007, Trifolium pratense isoflavones in the treatment of menopausal hot flushes: a systematic review and meta-analysis. Phytomedicine. 14(2-3):153-9. 4 Geller SE, Studee L, 2006, Soy and red clover for mid-life and aging. Climacteric. 9(4):245-263. 5 Atkinson C, Compston JE et al., 2004, The effects of phytoestrogen isoflavones on bone density in women: a double-blind, randomized, placebo-controlled trial. Am J Clin Nutr, Feb; 79(2):326-33; Kawakita S., Marotta F., Naito Y. et al., Clinical Interventions in Aging, 2009:91-100. 6 Riva E., op. cit., p. 140.

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Trigonella foenum-graecum L.

Nome comune: Fieno greco Francese: Fénugrec Inglese: Fenugreek Tedesco: Bockshornklee Spagnolo: Alholva o fenogreco Famiglia: Fabaceae Parte utilizzata: semi Costituenti principali1: – olio essenziale (0,01-0,02%): 4,5-dimetil-3idrossi-2 (5H)-furanone (sotolone), 3-idrossi4-metil-2 (5H)-furanone (responsabili odore); diidroactinidina diolide, diidrobenzofurano, n-exanolo; β-elemene, ε-muurolene e idrocarburi alifatici – trigonelline (0,2-0,4%): coffearina, N-metilbetaina dell’acido nicotinico – saponine (1,2-3%): 3,26-diglucosidi di furostene-5-trioli e derivati vicini (fino al 3%); estere peptidico della diosgenina (foenugrecina) e yamogenina; – flavonoidi: vitexina, isovitexina, vicenina-1, vicenina-2, arabinoside dell’orientina e isoorientina e saponaretina; isoflavonoidi (0,3%): rotenoidi – mucillagini (20-45%): galattomannano solubile; inibitori di proteasi; steroli (β-sitosterolo e colesterolo); Lignina, pectine e cellulosa – proteine (23-30%): L-lisina, L- triptofano; 4-idrossi-isoleucina – lipidi (6-10%): trigliceridi, fosfolipidi e glicolipidi Attività principali: ipoglicemizzante, ipocolesterolemizzante, epatotropa; tonica, eutrofica, ricostituente; antinfiammatoria Impiego terapeutico: Uso interno: convalescenza, astenia; magrezza; ipercolesterolemia Uso esterno: ascessi, foruncoli, flogosi orofaringee, emorroidi

Utilizzo medico Pianta annuale originaria del nord Africa e del bacino del Mediterraneo, era apprezzata dalla medicina popolare per le proprietà aperitive, digestive e tonificanti. Era impiegata anche per combattere le infezioni e le infiammazioni delle vie aeree, per facilitare il parto e l’allattamento, per curare le ferite della pelle, dolori reumatici ecc. Attualmente alla pianta sono riconosciute proprietà ipoglicemizzante, ipocolesterolemizzante ed epatotropa2. I semi agiscono favorevolmente a livello del metabolismo lipidico, regolando la concentrazione del colesterolo ematico. Le fibre e i galattomannani svolgerebbero un ruolo importante nel determinare l’azione: inibizione degli enzimi lipolitici pancreatici ed enterici da parte delle fibre indigeribili e quindi minore quota di lipidi assorbiti. L’aumentata capacità di legare gli acidi biliari, che emulsionando i lipidi alimentari contribuiscono alla formazione di aggregati idrosolubili di acidi grassi, mono- e digliceridi e colesterolo, sono agevolmente assorbiti dai microvilli intestinali, porta ovviamente a una diminuzione del loro assorbimento. Lignina, pectine e cellulosa rappresentano la frazione maggiormente attiva nel legare gli acidi biliari. Sembra che anche le proteine del seme svolgano un certo ruolo nel determinare l’effetto ipoco804

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lesterolemizzante. Tali proteine sono paragonabili, per composizione in aminoacidi, a quelle della Soia con un rapporto lisina/arginina più favorevole per quanto riguarda i semi di fieno greco (0,66 contro 0,85 della soia, 2,3 del latte). Le proteine che presentano un maggiore contenuto in arginina rispetto alla lisina (nelle proteine animali è il contrario) esercitano attività ipocolesterolemizzante. Il rapporto lisina/arginina è pertanto un indice per valutare gli effetti di una proteina sul tasso di colesterolo3. Sperimentalmente si è appurato che in ratti normali resi ipercolesterolemici, la cui alimentazione era costituita per metà dai semi di fieno greco, il valore del colesterolo serico si è dimezzato4. Anche la frazione contenente saponosidi è implicata in tale attività. Per quanto riguarda la proprietà ipoglicemizzante, prove sperimentali hanno dimostrato la diminuzione della glicemia postprandiale nel ratto e nel cane diabetico5. Una review6 effettuata sugli studi clinici condotti sull’uomo, ha segnalato che il fienogreco potrebbe contribuire alla regolazione della glicemia in caso di diabete tipo 2 (la forma più comune di diabete e rappresenta circa il 90% dei casi di questa malattia). È stato ad esempio evidenziato che con la somministrazione di polvere di semi di fieno greco si assiste a un dimezzamento della concentrazione di glucosio nel sangue e a un miglioramento per quanto riguarda la risposta al test di tolleranza al glucosio7. Successive pubblicazioni però mettono in dubbio tali dati anche perché gli studi non sono risultati metodologicamente adeguati. Uno studio recente (2009) che ha coinvolto per 8 settimane 24 soggetti (10 g/die di polvere sciolta in acqua calda) ne ribadisce comunque l’azione adiuvante in caso di diabete8. Si rendono necessari ulteriori studi clinici a conferma di tale indicazione e per la sicurezza d’uso. Il meccanismo d’azione non è stato ancora completamente chiarito anche se l’azione ipoglicemizzante è stata attribuita alla frazione dei semi priva di grassi e alla presenza di acido nicotinico e cumarina9. L’aggiunta della polvere alla dieta determinerebbe l’incremento dei recettori dell’insulina e ne stimola la secrezione da parte celle cellule β del pancreas. Sembra pertanto che i semi di fieno greco siano in grado di aumentare l’utilizzazione del glucosio periferico determinando una maggiore tolleranza allo stesso10. Pure in questo caso l’effetto ipoglicemizzante sarebbe da attribuire anche alla frazione fibrosa. Le fibre grezze, dotate di proprietà idrofile, sottraggono acqua dal tratto gastroenterico ostacolando l’attività degli enzimi glucido-attivi (amilasi) e ne determinano un rallentamento di attività a livello delle macromolecole glucidiche: viene a diminuire, così, la disponibilità di glucosio. Le fibre inoltre sono indigeribili, per cui si viene a manifestare un’azione meccanica, svolta dalla massa mucillaginosa imbibita, con aumento della velocità di transito intestinale: si determina pertanto, a causa del minor contatto fra mucosa e nutriente, e quindi fra enzimi idrolitici e polisaccaridi, una minore formazione di glucosio disponibile per l’assorbimento11. Capasso F. riporta nel suo trattato “Farmacognosia” che per il trattamento e la prevenzione del diabete di tipo 1 la posologia consigliata è di 100 g di droga essiccata e ridotta in polvere (privata dei grassi), suddivisa in 2 dosi da 50 g ciascuna; in caso di diabete di tipo 2 la posologia consigliata è di 2,5 g di droga in polvere (due volte al giorno per 3 mesi)12. Ultimamente l’attenzione dei ricercatori si è indirizzata nei confronti di un amminoacido: 4-idrossi-isoleucina: questo amminoacido sarebbe infatti in grado di stimolare la produzione di insulina e di migliorare la sensibilità dell’organismo nei suoi confronti, contribuendo così alla regolazione della glicemia. Ridurrebbe inoltre il colesterolo e trigliceridi. Sarebbe pertanto un valido ausilio nel trattamento della sindrome metabolica13. ESCOP conferma tali indicazioni e ne segnala l’uso come adiuvante in caso di diabete e ipercolesterolemia. I semi di Fieno greco presentano spiccate proprietà anaboliche, stimolanti neuromusco805

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lari, antianemiche. Proteine di elevato valore biologico, glucidi e lipidi, sostanze minerali e vitaminiche ne giustificano l’azione stimolante in numerose vie del metabolismo intermedio. Tali qualità rendono i semi di Fieno greco un importante prodotto dietetico-terapeutico che viene impiegato in particolare nel trattamento degli individui astenici, magri e dei convalescenti in quanto contribuisce, anche grazie all’elevato valore calorico, a far riacquistare il peso perduto. Nei casi di magrezza, non dipendenti da cause organiche, il Fieno greco influisce positivamente sul metabolismo, determinando un miglioramento dello stato generale, un risveglio dell’appetito e l’aumento di peso. L’azione tonica a livello del sistema nervoso, caratteristica della droga, è da attribuire anche alla presenza di fosfolipidi. La monografia della Commissione E del BfArM ne indica l’impiego per os in caso di perdita di appetito. Interessante è anche l’utilizzo in alcune osteopatie in quanto nel seme sono presenti fattori osteogenici rappresentati da vitamina D, calcio, vitamina P. Può quindi essere prescritto nel trattamento dell’osteoporosi, nei disturbi della crescita, per aiutare il consolidamento delle fratture. Può essere validamente associato a Equisetum arvense. L’azione favorevole nelle affezioni epatiche, dalla semplice insufficienza epatica ai processi degenerativi, con ristabilimento dell’alterato equilibrio metabolico del fegato, è dovuta alla presenza di fattori epatoprotettivi. La colina previene l’accumulo di lipidi nel fegato e aumenta la sintesi epatica dei fosfolipidi: ciò determina un’aumentata mobilizzazione di acidi grassi dal fegato verso i depositi. Anche le lecitine manifestano attività lipotropa; essendo inoltre un costituente di membrana dell’epatocita ne regolano la permeabilità. Il complesso B (B1-B2) e l’amide dell’acido nicotinico intervengono sia come attivatori enzimatici che come protettori della funzionalità epatica. Gli acidi grassi (linoleico, linolenico) infine agiscono regolando l’omeostasi lipidica e diminuendo la concentrazione di colesterolo ematico. Viene segnalato inoltre che la droga è antiulcerogena: estratti acquosi somministrati a ratti hanno provocato la guarigione di ulcere gastriche indotte sperimentalmente14. La tradizione riconosce alla pianta attività galattogena. Presso l’Università del Cairo è stata fatta una sperimentazione su 345 nutrici che ha confermato l’aumento della secrezione lattea, il migliorato contenuto in proteine, grassi, zuccheri, minerali e vitamine15. È stato condotto uno studio16 per valutare l’effetto della somministrazione di fieno greco sulla produzione di latte nelle capre che allattano. La somministrazione di fieno greco è in grado di aumentare la produzione di latte del 13% circa nelle capre che allattano e questo effetto potrebbe essere mediato attraverso la stimolazione dell’ormone della crescita GH (Growth Hormone). I semi di fieno greco hanno suscitato un certo interesse come materia prima per la produzione di diosgenina, sostanza impiegata per la sintesi di ormoni steroidei17. La pianta, infatti, oltre all’elevata concentrazione in saponine steroidiche presenta il vantaggio di un ciclo di coltura breve (annuale). Uso esterno: I semi di Fieno greco si applicano sotto forma di cataplasmi o compresse per fare maturare ascessi e foruncoli, come emollienti e sfiammanti negli indurimenti di origine flogistica e negli eczemi, come analgesici nei dolori reumatici. I semi rientrano nella composizione di gargarismi utilizzati per lenire le infiammazioni della bocca e nell’angina, così come rientrano nelle formulazioni per il trattamento di emorroidi, vaginiti, piaghe e ferite (azione detergente, cicatrizzante e lenitiva). Dal punto di vista cosmetico potrebbero esseri impiegati come rassodante, antirughe ed emolliente, ma il cattivo odore ne rende impossibile l’utilizzo (Proserpio). 806

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Tossicità, interazioni ed effetti secondari Rientra tra le piante classificate come GRAS - Substances Generally Recognize as Safe (FDA U.S. Food and Drug Administration). La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Sono possibili reazioni cutanee da sensibilizzazione in seguito a ripetute applicazioni topiche. Porre attenzione all’impiego contemporaneo di farmaci antidiabetici. Cautela con posologie elevate (> 20g/die) in pazienti ipotiroidei18. L’uso di piante medicinali ricche in saponine potrebbe essere inappropriato nella celiachia, nel malassorbimento dei grassi e nella carenza di vitamine A, D, E e K e in alcune forme irritative a livello gastroenterico (reflusso ecc.)19. Porre attenzione all’impiego contemporaneo di farmaci antidiabetici (potenziamento). Potrebbe inibire l’assorbimento del ferro (per posologia elevata o frequente). Evitare in gravidanza: tradizionalmente la pianta viene impiegata per provocare le contrazioni e facilitare il parto. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dai semi maturi essiccati di T. foenum-graecum L. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliero (ESCOP): 25 g/die di semi in polvere o preparati equivalenti (terapia coadiuvante diabete e terapia ipercolesterolemia); 1-6 g di droga in polvere fino a 3 volte al giorno da assumere con acqua prima dei pasti (inappetenza). Infuso a freddo: far macerare per 3 ore 500 mg di droga polverizzata in 150 ml di acqua fredda; filtrare e, volendo, aggiungere un po’ di miele per attenuarne il sapore: una tazza più volte al dì. Infuso: un cucchiaino in 300 ml di acqua bollente. Filtrare e assumere durante il giorno. Uso esterno: si fanno bollire 50 g di semi in polvere per 5 minuti in 250 ml di acqua fino a ottenere una pappa che si stende su un pezzo di tela e si applica sulla parte interessata (ipacco caldo umido). Bagno: mescolare 50 g di droga polverizzata in 250 ml di acqua e diluire questa preparazione nell’acqua del bagno. Polvere: 0,5-1 g in cachet: fino a 6 g al dì. Estratto Fluido (1 g = 46 gocce): 0,2-1 g più volte al dì. Trigonella foenum graeci T.M.: 30 gocce, diluite in acqua,1-3 volte al dì. Note di galenica Viene segnalato che la droga trasmette al latte un sapore sgradevole: i preparati a base di fieno greco hanno infatti un odore acre e persistente che può essere corretto aggiungendo Anice, Lampone, essenza di Limone, Melissa ecc.20. Per ottenere una valida azione ipocolesterolemizzante e ipoglicemizzante è opportuno utilizzare una forma galenica che mantenga la presenza delle fibre indigeribili. La Tintura Madre è preparata dai semi essiccati (titolo 65°). Formulario Disappetenza Angelica a. T.M. S/40 gocce, diluite in acqua, 30 minuti prima di pranzo Trigonella f. g. T.M. S/40, diluite in acqua, 30 minuti prima di cena Tilia M.G.1DH S/20 gocce, diluite in acqua, prima di coricarsi

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Vino ricostituente (Benigni-Capra-Cattorini) Trigonella f. g. E.F. 75 g Sciroppo Arancio amaro 75 g Vino bianco q. b. 500 g S/a bicchierini prima dei pasti Sciroppo ricostituente (Benigni-Capra-Cattorini) Trigonella f. g. E.F. 30 g Sciroppo semplice F.U. (aromatizzato) 70 g S/a cucchiaini Lattazione scarsa Trigonella f. g. T.M. Verbena o. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì Ipotensione-Astenia Trigonella f. g. T.M. 20 ml Rosmarinus o. T.M. 20 ml Panax ginseng T.M. 40 ml in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì Astenia- dimagrimento Equisetum a. T.M. Trigonella f. g. T.M. Avena s. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì per 3 settimane Cataplasmi (Van Hellemont) Trigonella f. g. semen pulv. gross. Lini semen pulv. ana 150 g S/far bollire 10 cucchiai da minestra nella stessa quantità di acqua finché si ottiene una poltiglia; applicare il più caldo possibile Curiosità • Catone raccomandava il suo utilizzo per fare ingrassare il bestiame. • Usata da tempo immemorabile in Oriente dalle donne desiderose di ingrassare. Una ricetta utilizzata era la seguente: fieno greco semi polverizzati g 20, miele g 20, olio di oliva g 20. La medicina araba ne vantava anche gli effetti afrodisiaci. • I mozabiti, popolo berbero del Sahara erano soliti ricorrere ai semi di fieno greco per combattere le parassitosi intestinali: tale uso era già conosciuto dagli antichi egizi. • Renon nel 1905, in Francia, ne iniziò l’uso come alimento nella tubercolosi: farina di semi mondata (pestati in mortaio di rame) mezza tazza, zucchero in polvere 2 cucchiai, olio di oliva 3 cucchiai. Da assumere un cucchiaio a digiuno, fino a mezza tazza a sostituzione della colazione del mattino. • La droga può far parte di miscele speziate di curry (India). • Il seme abbrustolito trovò impiego come surrogato del caffè, mentre le foglie, dopo bollitura, possono essere mangiate come spinaci. 808

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Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al., op. cit., pp. 244-5. 2 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 115. 3 Pedretti M., 1996, Erb. Domani, 6. 4 Wichtl M. et al., op. cit., p. 204. 5 Ibidem, p. 115. 6 Basch E, Ulbricht C et al., 2003, Therapeutic applications of fenugreek. Altern Med Rev, 8(1):20-7. Review; Gupta A, Gupta R, Lal B, 2001, Effect of Trigonella foenum-graecum (fenugreek) seeds on glycaemic control and insulin resistance in type 2 diabetes mellitus: a double blind placebo controlled study. J Assoc Physicians India, 49:1057-61. 7 Raghuram T.C. et al., 1994, Phytotherapy Research, 8, 83-86. 8 Kassaian N, Azadbakht L et al., 2009, Effect of fenugreek seeds on blood glucose and lipid profiles in type 2 diabetic patients. Int J Vitam Nutr Res, 79(1):34-9. 9 Capasso F., 2011, op. cit., p. 219. 10 Raghuram T.C. et al., 1994, Phytotherapy Research, 8, 83-86. 11 Pedretti M., 1996, Erb. Domani, 6. 12 Capasso F., 2011, op. cit., p. 219. 13 Harvey L, Jetté L et al., 2009, 4-Hydroxyisoleucine: a plant-derived treatment for metabolic syndrome, Curr Opin Investig Drugs, 10(4):353-8. Review. Narender T, Puri A et al., 2006, 4-hydroxyisoleucine an unusual amino acid as antidyslipidemic and antihyperglycemic agent. Bioorg Med Chem Lett. 15;16(2):293-6. 14 Teuscher E. et al., op. cit., p. 245. 15 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I, p. 602. 16 Moharnme a. Alamer, Ghazi F. Basiouni, 2005, Feeding Effects of Fenugreek Seeds (Trigonella foenum-graecum L.) on Lactation Performance, Some Plasma Constituents and Growth Hormone Level in Goats. Pakistan Iournal of Biological Sciences, 8(11):1553-6. 17 Wichtl M. et al., op. cit., p 204. 18 Mills B., Bone K., op. cit., p. 401. 19 Ibidem, p. 400. 20 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I, p. 602.

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Nome comune: Nasturzio; Cappuccina Francese: Capucine Inglese: Common nasturtium Tedesco: Kapuzinerkresse Spagnolo: Capuchina Famiglia: Trapeolaceae Parte utilizzata: foglie e fiori; semi Costituenti principali1: – glucosinolati (≈ 0,1% nella pianta e ≈ 1% nei semi): glucotropaeolina (benzilglucosinolato), 4-idrossi e 4-metossibenzilglucosinolati. I prodotti di idrolisi della glucotropaeolina corrispondono a isotiocianato di benzile, volatile e di odore pronunciato – vitamina C: ≈ 300-320 mg/100g (foglie), ≈ 130 mg/100g (fiori) – flavonoidi: glucoside della quercetina – derivati dell’acido caffeico: acido clorogenico – cucurbitacine (frutti immaturi): cucurbitacine B, D e E – xyloglucani (amiloidi): i grani acculano amido – carotenoidi: luteina e zeaxantina (fiori) Semi: olio (6-10%): acido erucico (60-80%)2 Si tratta dell’olio più ricco in acido erucico attualmente conosciuto. Attività principali: espettorante; diuretica; stimolante, iperemizzante (uso esterno) Impiego terapeutico: bronchiti croniche; enfisema; trattamento cuoio capelluto (forfora ecc.): uso topico

Utilizzo medico La ricchezza in isotiocianati di benzile (≈ 30 mg/100 mg), nella pianta fresca e contusa, spiega la forte attività antibatterica e antifungina. Grazie a tali proprietà viene utilizzata nel trattamento delle affezioni bronchiali, ove esercita, fra l’altro, funzione balsamica, fluidificante ed espettorante, e nel trattamento di infezioni delle vie urinarie. La presenza di sostanze solforate è determinante per caratterizzare l’attività della cappuccina. Tali sostanze, infatti, quando sono presenti nel fitocomplesso di una pianta, danno luogo per via interna a un effetto stimolante a livello delle secrezioni gastrointestinali e dell’epitelio renale (nella fase di eliminazione), a un’azione fluidificante delle secrezioni bronchiali, faringee, laringee e e a un’azione inibitoria sulla moltiplicazione cellulare di ceppi batterici patogeni. Per via esterna esercitano un’azione revulsiva3. Le giovani foglie, i germogli freschi e più raramente i fiori sono aggiunti alle insalate, in particolare di cetriolo, e le foglie stesse vengono mangiate come insalata: dal sapore piccante stimolano l’appetito e facilitano la digestione. È bene però non superare i 15 g per pasto e i 30 g al giorno a causa della presenza dell’isotiocianato di benzile (vedi tossicità)4. 810

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Uso esterno La pianta conosce un uso dermatologico e cosmetologico. Viene infatti impiegata, sotto forma di frizioni, lozioni, shampoo, nelle affezioni della pelle, delle unghie e dei capelli (forfora): in particolare nel trattamento di pruriti e desquamazioni del cuoio capelluto con forfora5 e nel trattamento preventivo della caduta dei capelli ove si dimostra in grado «di stimolare la vitalità del bulbo pilifero e di prevenire la caduta dei capelli»6. Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’isotiocianato di benzile irrita la mucosa orale e gastrica: la pianta, pertanto, deve essere somministrata tramite preparazioni gastroresistenti. L’uso interno è comunque controindicato nei soggetti con ulcera gastrica e intestinale e in presenza di nefropatie. In caso di sovradosaggio può comparire albuminuria dovuta, si pensa, a lesione dell’apparato glomerulo-tubulare7. La pianta o l’isotiocianato di benzile possono provocare allergie da contatto. Non utilizzare in pediatria, in gravidanza e durante l’allattamento. Forme farmaceutiche e posologia Tropaeolum majus T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì (uso interno desueto). Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 45°). Formulario Lozione capillare (Leclerc) Foglie e semi freschi di Capuccina 100 g Foglie fresche di Ortica 100 g Foglie fresche di Bosso 100 g alcol a 90° 500 Frantumare le foglie; fare macerare 15 giorni nell’alcol; filtrare con pressione; frizionare il cuoio capelluto con una spazzola un po’ ruvida. Curiosità • Pianta originaria del Perù, è coltivata come pianta ornamentale. I boccioli fiorali e i piccoli frutti verdi trovano impiego, sotto aceto, come surrogati dei capperi, e le foglie tenere, sono utilizzate per confezionare insalate (Morricone, Pedicino). Note bibliografiche 1 Teuscher E. et al, op. cit., p. 163. 2 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 237. 3 Refit, op. cit., p. 437. 4 Teuscher E. et al., op. cit., p. 164. 5 Note explicative de l’Agence du médicament (Francia, 1998). 6 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 633. 7 Refit, op. cit., p. 437.

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Turnera diffusa var. aphrodisiaca (G.H. Ward) Urban

Nome comune: Damiana Francese: Damiane Inglese: Damiana Tedesco: Damiana Spagnolo: Damiana Famiglia: Turneraceae Parte utilizzata: foglie Costituenti principali: – olio essenziale (0,5-1%): 1,8 cineolo (11%), ?- e ?- pinene, p-cimolo, timolo e altri – tannino (3,5%); resina (14%); amido (6%); gomme (13,5%) – glicoside cianogenico (in piccola quantità): tetrafillina D (0,26%)1 – arbutina (0,7%); principio amaro (7%) Attività principali: psicostimolante; blandamente lassativa e diuretica; espettorante Impiego terapeutico: esaurimento psichico; impotenza

Utilizzo medico La pianta viene utilizzata come tonico generale nell’esaurimento psicofisico, in caso di affaticamento nervoso, durante la convalescenza e nella diminuzione dell’attività sessuale, in particolare nell’impotenza di origine psichica, caso nel quale si associa ad altre droghe ad azione simile. Damiana è originaria dell’America centrale: in Messico, uno dei principali paesi di origine, la pianta è conosciuta come The messicano e viene indicata in caso di debolezza nervosa, impotenza, frigidità, dolori allo stomaco e come afrodisiaco e rinvigorente2, in Giamaica è usata come espettorante e tonico, in Brasile come astringente3. La tradizione le riconosce anche proprietà adatte a trattare depressione, ansietà (in particolare nei confronti delle prestazioni sessuali), impotenza psichica, dispepsia nervosa e stipsi4. Alla pianta sono riconosciute anche proprietà amaro-toniche, blandamente lassative (purgative a dosaggio elevato) e diuretiche. La presenza di arbutina è troppo tenue perché possa esercitare un’efficace attività antisettica a livello delle vie urinarie. Studi su animale, infine, hanno evidenziato una possibile attività ipoglicemizzante5. Il suo fitocomplesso non è ancora stato ancora chiarito così come il meccanismo d’azione. Dato che i preparati a base di Damiana rientravano assai spesso, in virtù dell’azione tonica del sistema nervoso, nelle prescrizioni per il trattamento di alcune forme di paralisi e nella incontinenza urinaria, tale utilizzo fece postulare l’ipotesi che la pianta fosse dotata di un’azione stricninosimile, stimolante i centri spinali e quindi, più o meno elettivamente, anche quelli della minzione, erezione, ejaculazione6. Avrebbe infatti un’azione di stimolo sul centro parasimpatico sacrale-pelvico che controlla tali meccanismi. Oltre al centro dell’erezione viene stimolato anche quello dell’ejaculazione, per cui non va prescritta nell’ejaculatio precox. In test condotti su ratti maschi, per valutare l’efficacia della pianta in caso di disfunzione sessuale, non è stato riscontrato alcun effetto sul comportamento sessuale nei 812

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soggetti sessualmente normali, mentre si è verificato un miglioramento in quelli che soffrivano di inerzia sessuale o impotenza7. Attualmente non sono reperibili studi clinici sull’uomo in grado di dimostrare l’efficacia della pianta. Gli studi clinici attualmente presenti in letteratura non riguardano la singola pianta ma un’associazione (ginseng, ginkgo biloba, damiana, arginina e vitamine e minerali) e non presentano un livello metodologico adeguato: pertanto non possono essere considerati probanti. Questo prodotto somministrato a 25 uomini con lieve disfunzione erettile, avrebbe dato buoni risultati, ma la prova è stata eseguita senza placebo ecc. Lo stesso prodotto somministrato in donne giovani (studio in doppio cieco versus placebo) e in donne in pre-perimenopausa avrebbe determinato un aumento del desiderio sessuale e contribuito a migliorare la qualità della vita sessuale8. Nota: Le disfunzioni sessuali possono avere differenti cause di ordine sia biologico (malformazioni) sia psichico (stress ecc.), come si riscontra, ad esempio, nella eiaculazione precoce e nella maggior parte delle dispareunie. Psicofarmaci, alcol e fumo giocano un ruolo certamente negativo nella sessualità della coppia che vedrà diminuire sensibilmente la propria libido, in quanto si tratta di sostanze che possono incidere notevolmente in tal senso. L’uso degli psicofarmaci per il trattamento delle forme ansiose è di comune prescrizione: fra gli effetti collaterali questi farmaci manifestano la diminuzione della performance psicomotoria contribuendo così ad agire negativamente sulle prestazioni sessuali. Il loro utilizzo, pertanto, deve essere limitato ai casi di reale necessità (sindromi ansiose, ad esempio), inserito in una strategia di trattamento globale e non deve essere considerato come un semplice “silenziatore sintomatico della sofferenza” come afferma Tansella. Per questo motivo la fitoterapia è importante per il trattamento delle forme blande di ansia e insonnia dove il ricorso allo psicofarmaco risulta davvero sproporzionato ai reali vantaggi che si possono ottenere. Se una piccola dose di ansia, pertanto, non è pregiudiziale per il contatto amoroso, una dose eccessiva ovviamente non lo favorisce: in fitoterapia possiamo adoperare a questo scopo piante rilassanti come Biancospino, Rosolaccio, Escolzia, Luppolo, Passiflora, Valeriana, Tilia tomentosa che possono risultare molto utili. Il vino è stato sovente utilizzato come veicolo degli afrodisiaci: l’alcol viene considerato infatti un potente disinibitore. La verità si colloca a metà strada, in quanto, se modiche quantità come possono essere quelle di un vino medicinale possono aiutare ad allentare uno stato di tensione, maggiori quantità non facilitano ma sono anzi di ostacolo alle velleità amorose dei suoi estimatori. Ma che cosa è un afrodisiaco? A questa domanda, secondo una ricerca condotta in Francia nel 1990, la maggior parte degli uomini ha risposto che le sostanze afrodisiache servono ad aumentare la performance sessuale, mentre per la maggior parte delle donne servono ad aumentare il desiderio. Qualcuno infine pensa che aumentino il piacere. Anche se differenti, ciò che accomuna queste risposte è la ricerca del plus jouir. La pianta ideale per il suo potere afrodisiaco sarebbe quindi quella in grado di favorire il ciclo dell’amore: desiderio, seduzione e realizzazione del pia cere. Il desiderio, ad esempio, è risvegliato in noi attraverso i sensi, e l’olfatto indubbiamente gioca un ruolo molto importante. Molte sostanze, da sempre considerate come afrodisiache, lo sono innanzitutto per il loro odore: Pepe, Tabacco, Vaniglia, Ylang-ylang, Zenzero, Zafferano, Vetiver, Cannella, Geranio. Fra le piante che sono considerate afrodisiache per eccellenza meritano di essere segnalate: Eleuterococco, Damiana, Ginseng, Salvia, Rosmarino, Santoreggia, Menta, Guarana, Zenzero ecc. Per l’azione antiastenica, infine, si ricordano: alghe (Fucus, Laminariae), bevande eccitanti (Coffea, Thea, Mate), cereali, frutta fresca, frutta secca, verdure (Carota, Cicoria, Crescione, Spinaci) ecc. 813

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La fitoterapia pertanto, anche se non in chiave miracolistica, può offrire un valido ausilio, con un miglioramento notevole dei sintomi, soprattutto se inserita in una strategia di trattamento più generale. Le piante da sole infatti non sono in grado di migliorare la sessualità di una coppia che ha occultato la propria seduzione o che, comunque, non riesce più a comunicare: per entrare nel ciclo del piacere, infatti, bisogna poter comunicare. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari tossici alle dosi terapeutiche. Dosi elevate possono provocare un modesto senso di euforia e alterazione dell’alvo (azione lassativa)9. Viene segnalato che ad alte dosi la pianta determina una lieve sensazione di dolore nella regione prostatica10. È stato descritto che l’assunzione eccessiva di un estratto alcolico di Damiana (227 ml) ha determinato convulsioni simil-tetaniche e parossismi11. Poiché la pianta è considerata dalla medicina tradizionale messicana emmenagoga e facilitante il parto se ne sconsiglia l’uso in gravidanza. Per la supposta attività ipoglicemizzante potrebbe, teoricamente, potenziare l’attività di farmaci ipoglicemizzanti. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: infondere 2-4 g della droga in 150 ml di acqua bollente per 5-10 minuti. Bere 3 tazze al dì. Decotto: 4 g della droga in 100 ml di acqua. Bollire un minuto. Tenere in infusione per 10 minuti. Una tazza 3 volte al dì. Estratto Fluido, 2-4 g pro dose (1g = 40 gocce), 2-3 volte al dì. Polvere: 2-4 g della droga 3 volte al dì. Turnera aphrodisiaca T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dallo stelo fogliato fresco (55°). Formulario Gocce stimolanti (impotenza ecc.) Miura puama T.M. Turnera a. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua,1-3 volte al dì Sciroppo psicostimolante Turnera a. T.M. 50 ml Cola a. T.M. 15 ml Sciroppo semplice q. b. ad 300 ml S/un cucchiaio da minestra 2-3 volte al dì Curiosità • I Maya usavano le foglie di Damiana – chiamate mizibcoc – per il trattamento di capogiri, vertigini e perdita di equilibrio; gli indigeni del Messico preparavano una bevanda dotata di proprietà afrodisiache e indicata anche nel trattamento di disturbi mestruali che colpivano le giovani donne. • Turnera, perché dedicata a William Turner, autore di un Herbarium e di un’opera sulla Flora inglese (1551). 814

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Note bibliografiche 1 British Herbal Medicine Association’s Scientific Committee: British herbal pharmacopoeia, Bournemouth, 1992, BHMA, pp. 71-72 2 Brinker F., 1995, Eclectic Dispensatory of Botanical Therapeutics, vol. 2, Eclectic Medical Publications, pp. 101-3. 3 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. I, p. 428. 4 British Herbal Medicine Association’s Scientific Committee: British herbal pharmacopoeia, Bournemouth, 1983, BHMA, pp. 219-220. 5 Perez RM, Ocegueda A. et al., 1984, A study of the hypoglycemic effect of some Mexican plants. J Ethnopharmacol. 12(3):253-62. 6 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., ibidem. 7 Arletti R, Benelli A et al., 1999, Stimulating property of Turnera diffusa and Pfaffia paniculata extracts on the sexual-behavior of male rats. Psychopharmacology (Berl). 143(1):15-9. 8 Ito TY, Trant AS, Polan ML, 2001, A double-blind placebo-controlled study of ArginMax, a nutritional supplement for enhancement of female sexual function. J Sex Marital Ther, 27(5):541-9; Ito TY, Polan ML et al., 2006, The enhancement of female sexual function with ArginMax, a nutritional supplement, among women differing in menopausal status. J Sex Marital Ther. 32(5):369-78. 9 Mills S.Y., 1991, Out of the Earth: The Essential Book of Herbal Medicine, Middlesex, Viking Arkana, UK, pp. 516-7. 10 Dorvault F., op. cit., p. 524. 11 Mills B., Bone K., op. cit., pp. 358-9.

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Nome comune: Farfara; Tussilagine Francese: Tussilage; Inglese: Coltsfoot Tedesco: Huflattich Spagnolo: Tusilago o Fárfara Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: fiori e foglie Costituenti principali1: Fiori: – mucillagine; flavonoidi (iperoside, rutina); carotenoidi; triterpeni – alcaloidi pirrolozidinici: esteri di necina insaturi in 1,2: senkirkina (maggioritario), senecionina (tracce); tussilagina e isotussilagina (a nucleo saturo) – sesquiterpeni: tussilagone, tussilagonone e derivati metilbutirilossi- e bisabolladienone Foglie: – mucillagine (6-10%) – alcaloidi pirrolizidinici: senkirkina (maggioritario), senecionina (tracce); tussilagina e isotussilagina Nota: la composizione degli alcaloidi varia a seconda dell’origine geografica: le piante europee sarebbero meno ricche in alcaloidi totali rispetto alle piante orientali (Bruneton J., 2009) Attività principali: bechiche ed espettoranti; antinfiammatorie Impiego terapeutico: uso sconsigliato per la presenza degli alcaloidi pirrolozidinici (affezioni apparato respiratorio: tracheiti, broncopneumopatie croniche…)

Utilizzo medico Per la presenza degli alcaloidi pirrolozidinici (epatotossici, genotossici e carcinogeni) se ne sconsiglia a scopo cautelativo l’utilizzo (vedi: Tossicità). Solo a carattere storico-informativo si riporta quanto segue: Il nome Tussilago deriva da Tussis agere = cacciare la tosse e già questo dice molto sull’attività principale della pianta a cui da sempre sono state attribuite proprietà antitussive. Preparati a base di Tussilago sono utilizzati per calmare la tosse e facilitare l’espettorazione del catarro presente a livello delle vie respiratorie. È opportuno però impiegarli non nel periodo congestivo iniziale, ma quando le secrezioni cominciano a essere abbondanti (Leclerc). Tali preparati risultano validi nel trattamento di bronchiti, di tracheiti recidivanti, nei soggetti convalescenti per influenza e raffreddamento, in virtù dell’azione tonica che la pianta manifesta. Le mucillagini esercitano proprietà lenitive in quanto rivestono le mucose con uno strato protettivo che attenua le irritazioni chimiche e fisiche contribuendo così a ridurre lo stimolo della tosse. Uno studio sperimentale, effettuato su cane, ha dimostrato che il tussilagone (0,02-0,03 mg/kg, ev) aumenta molto rapidamente la pressione arteriosa unitamente a una stimolazione della respirazione che contribuisce ad accrescere la ventilazione2. È stata segnalata anche un’attività inibitrice del PAF (Platelet Activating Factor), me816

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diatore di cui è conosciuto il ruolo nei fenomeni infiammatori e nelle turbe cardiovascolari e respiratorie, e del metabolismo dell’acido arachidonico3. Viene segnalata anche una blanda azione spasmolitica di cui si gioverebbero i soggetti asmatici, che vedono diminuire di intensità e frequenza le loro crisi (Leclerc). Gli estratti acquosi e alcolici manifestano, infine, proprietà antibatteriche, anche se modeste4. Uso esterno: Le foglie sono conosciute come vulnerarie (cataplasma delle foglie fresche). Le foglie fresche o il loro decotto risultano un buon rimedio in tutte le irritazioni della pelle. In cosmetologia presentano proprietà dermopurificanti per pelli comedoniche, grasse, asfittiche (Proserpio). Tossicità, interazioni ed effetti secondari La monografia della Commissione E del BfArM (foglie) precisa che l’apporto giornaliero in pirrolozidine deve essere inferiore a 10 μg; per gli estratti e il succo ottenuto per pressione dalla pianta fresca la concentrazione in alcaloidi pirrolozidinici a scheletro deidro-1,2-necina deve essere inferiore a 1μg (microgrammo). Precisa inoltre che il suo impiego non deve oltrepassare le 4-6 settimane l’anno e che l’uso è controindicato in gravidanza e allattamento. Conviene utilizzare la Tussilago ? La letteratura non è concorde: per alcuni autori gli alcaloidi pirrolozidinici (epatotossici, genotossici e carcinogeni) sarebbero presenti in quantità minima: una tazza d’infuso ne conterrebbe in media 1ppm, per cui un uso limitato e controllato non comporterebbe rischio di intossicazione acuta5. Per altri autori invece anche la presenza in minima quantità di alcaloidi epatotossici ne dovrebbe sconsigliare l’uso. È bene pertanto dato che il rapporto rischio-beneficio non è a favore del beneficio (non esistono studi clinici che ne confermino la validità terapeutica), evitarne l’uso6. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca raccolta al momento della fioritura (titolo 45°). Curiosità • Soggetti asmatici che fumano foglie di Tussilago vedono diminuire di intensità e frequenza le loro crisi (Leclerc). Già Linneo riferiva che in Svezia vi era l’uso di fumarne le foglie contro la tosse. • La medicina orientale utilizza la Tussilago in modo analogo a quello della medicina occidentale. La pianta prende il nome di Kuan dong hua. • «I greci la chiamavano bechion, il che indica già che le assegnavano azione demulcente, espettorante; e venne infatti raccomandata in tutte le gradazioni delle malattie di petto, dalla bronchite catarrale alle ulceri del polmone (Ippocrate), dall’asma (Galeno e Plinio) alla tisi (Fuller, Hiller ecc.)» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 995. 2 Li P.Y., Wang Y.M., 1988, Gen. Pharmac. 19, 261-3. 3 Braquet O., 1987, Drugs of the future 12, 643-699; Bruneton J, ibidem. 4 Rombi M., op. cit., p. 267. 5 Wichtl M. et al., op. cit., p. 198. 6 Frohne D. et al., op. cit., p. 65; Bruneton J, Plantes toxiques…, op. cit., p. 179.

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Nome comune: Farfaraccio Francese: Pétasite Inglese: Butterbur Tedesco: Suchergebnisse Spagnolo: Petasites Famiglia: Asteraceae Parte utilizzata: foglie; rizoma Costituenti principali: Foglie: – alcaloidi pirrolozidinici (senecionina, senchirchina…) – petasine (esteri dell’acido angelico e dell’isopetasolo) – olio essenziale (0,1%); tannino; mucillagine – flavonoidi (isoquercitrina, astragalina, quercetina) – saponine triterpeniche (tracce) – inulina; resina Nel rizoma: – alcaloidi pirrolozidinici (senecionina, senchirchina…) – olio essenziale (0,1%); – petasine; resina; triterpeni – inulina; pectine, mucillagine; – colina Nota: la pianta fresca è più ricca in petasina rispetto alla pianta essiccata Attività principali: spasmolitica Impiego terapeutico: sconsigliato (disturbi funzionali neurodistonici; asma)

Utilizzo medico Per la presenza degli alcaloidi pirrolozidinici (epatotossici, genotossici e carcinogeni)1 se ne sconsiglia l’utilizzo (vedi: Tossicità). Solo a carattere storico-informativo si riporta quanto segue: In passato era utilizzata come antitussivo; ben presto venne però soppiantata dalla Tussilago farfara, dotata di maggiore attività. Al dottor L. Santini si deve il primo studio clinico relativo a questa pianta: furono le segnalazioni di alcuni medici e l’attenta rilettura dei trattati medici del passato, che racchiudono spesso precise osservazioni di carattere clinico, a stimolare tale indagine. Questo ricercatore, al quale va il merito di aver rivalorizzato altre piante (Agrimonia, Elicriso ecc.), avendo appreso casualmente che la Petasites era usata con successo dai “curanderos” dell’interno del Brasile nella terapia dell’ipertensione arteriosa, e avendo riscontrato che alcuni suoi pazienti ipertesi, i quali da lungo tempo assumevano in modo del tutto empirico il decotto di radice di Petasites, avevano ottenuto una stabile normalizzazione dei valori pressori, sottopose questa droga a un’attenta ed estesa sperimentazione clinica trattando più di duecento casi ed ottenendo risultati interessanti. Ottenne la risposta migliore nei casi di ipertensione essenziale e di ipertensione in menopausa ove constatò un’inattesa azione sedativa con diminuzione dello stato ansioso e miglioramento del tono. La pianta risultò 818

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efficace anche in diversi casi di asma essenziale e di natura allergica. Successivamente altri autori confermarono i dati del dottor Santini soprattutto per quanto riguarda i casi morbosi dominati da turbe della sfera emotiva e da disfunzioni del sistema neurovegetativo. La ricerca ha dunque cambiato o meglio ampliato il campo d’azione della pianta: dall’azione antitussiva a quella riequilibratrice del sistema neurovegetativo, attività che la rende valida nelle sindromi neurodistoniche (turbe a carico dell’apparato digerente, cefalea muscolotensiva ecc.)2. Si è postulato che i principi responsabili di tale attività siano la petasina, l’isopetasina ed eventualmente i composti sesquiterpenici a struttura analoga. Ricercatori hanno segnalato che iniettando petasina per via intramuscolare nel ratto si manifesta un’azione analgesica e induttrice del sonno3. La petasina ha azione spasmolitica simile a quella della papaverina4. La droga viene quindi impiegata come fitotranquillante spasmolitico nei disturbi funzionali neurodistonici a carico dell’apparato digerente (fegato, stomaco, intestino), asma bronchiale e dismenorrea di origine diversa. Sulla rivista Archives of Otolarynglogy – Head & Neck Surgery (2004) è stato pubblicato il resoconto di uno studio clinico condotto in doppio cieco sugli effetti di un estratto ottenuto dalle foglie e dalle radici della Tussilago petasites in pazienti affetti da rinite di origine allergica. Durante lo studio, condotto su 186 pazienti per un periodo di due settimane consecutive (criteri di inclusione nello studio rinite allergica confermata dalla positività ai test cutanei) non sono emersi particolari effetti collaterali. La somministrazione del preparato ha determinato un miglioramento statisticamente significativo e dose-dipendente dei sintomi. «Il farfaraccio potrebbe essere di qualche utilità nei moltissimi pazienti affetti dalla fastidiosa rinite allergica. Tuttavia, fa nascere qualche riserva sul possibile uso del Farfaraccio il dato che l’uso della pianta sia stato recentemente sconsigliato poiché è noto che gli alcaloidi pirrolizidinici hanno attività epatotossica-genotossica e carcinogenica» (D. Crupi, G. Calapai, Dipartimento Clinico Sperimentale di Medicina e Farmacologia. Sezione di Farmacologia, Università di Messina)5. Un’altra indicazione interessante è rappresentata dal trattamento profilattico dell’emicrania: studi condotti sull’uomo hanno dimostrato che estratti della droga hanno ridotto in maniera significativa la frequenza degli attacchi di emicrania fino a un massimo del 60% rispetto ai valori basali6 e hanno manifestato un buon livello di sicurezza7 anche nei bambini e negli adolescenti8. Per quanto riguarda la presenza degli alcaloidi pirrolozidinici si veda però anche quanto detto nella monografia precedente (Tussilago farfara). Tossicità, interazioni ed effetti secondari La Petasites e le sue preparazioni contengono tracce di alcaloidi pirrolozidinici per cui valgono gli avvertimenti forniti per la Tussilago farfara L. (vedi). Gli alcaloidi pirrolozidinici hanno attività epatotossica, genotossica e carcinogenica, pertanto la durata di utilizzo non dovrebbe comunque mai superare le 4-6 settimane l´anno. Per tale ragione, il farfaraccio è controindicato in pediatria, gravidanza, allattamento e nei casi di insufficienza epatica o epatiti9. Note di galenica Il processo di produzione degli estratti titolati porta alla rimozione degli alcaloidi pirrolozidinici riducendone la tossicità10. La Tintura Madre (T.M.) si prepara dalla pianta intera fresca raccolta al momento della fioritura (titolo 45°). 819

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Curiosità • «Altre tossilagini, delle quali come della farfara spunta e fiorisce lo stelo prima della nascita delle foglie, ponno venire usate in medicina, cioè la tussil. Petasites, pur essa bechica, mucillaginosa, e la tussil. fragrans, i cui fiori olezzano la vaniglia, coltivata appunto col nome di vaniglia d’inverno, e di cui si può fare gradevolissima, aromatica infusione teiforme» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Frohne D. et al., op. cit., p. 65. 2 Campanini E., 1989, Erb. Domani 1, 35. 3 Wichtl M. et al., op. cit., p. 367. 4 Van Hellemont J., op. cit., p. 411. 5 http://www.farmacovigilanza.org/fitovigilanza/corsi/200503-01.asp. 6 Grossman W, Schmidramsl H, 2001, An extract of Petasites hybridus is effective in the prophylaxis of migraine. Altern Med Rev. 6:303-10. 7 Lipton RB, Gobel H et al., 2004, Petasites hybridus root (butterbur) is an effective preventive treatment for migraine. Neurology. 63:2240-4; Diener HC, Rahlfs VW, Danesch U., 2004, The first placebo-controlled trial of a special butterbur root extract for the prevention of migraine: reanalysis of efficacy criteria. Eur Neurol. 51:89-97. 8 Pothmann R, Danesch U, 2005, Migraine prevention in children and adolescents: results of an open study with a special butterbur root extract. Headache, 45(3):196-203. 9 http://www.farmacovigilanza.org/fitovigilanza/corsi/200511-01.asp. 10 Chizzola R, Ozelsberger B, Langer T., 2000, Variability in chemical constituents in Petasites hybridus from Austria. Biochem Syst Eco, 28:421-432.

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Nome comune: Olmo Francese: Ormeau Inglese: Common elm Tedesco: Ulmen Spagnolo: Ulmo Famiglia: Ulmaceae Parte utilizzata: corteccia interna dei rami; gemme Costituenti principali: – tannino (3%); mucillagine – resina; principi amari; sali minerali Attività principali: depurativa; sudorifera; diuretica; astringente Impiego terapeutico: affezioni cutanee; malattie reumatiche

Utilizzo medico Un tempo la corteccia trovava impiego nel trattamento delle affezioni cutanee in virtù delle proprietà astringenti, sudorifere e depurative. Esternamente impacchi e pomate erano utilizzati nei dolori reumatici e come astringenti. La decozione serviva per irrigazioni rettali e vaginali. Attualmente l’uso fitoterapico è desueto, mentre la Gemmoterapia ricorre largamente alle gemme della pianta. Caratterizzate da uno spiccato tropismo cutaneo, esse trovano indicazione nelle patologie della pelle a carattere gemente o vescicoloso. Rappresentano, inoltre, un valido drenante cutaneo in quanto affiancano a un’azione mirata sulla pelle, proprietà disintossicanti (attivazione dei macrofagi epatici ecc.). Regolarizzano la secrezione delle ghiandole sebacee e frenano quindi la seborrea che è alla base di svariate dermopatie. Oltre che nelle dermatiti eczematose e seborroiche il gemmoderivato è indicato nel trattamento dell’acne giovanile, della foruncolosi, dell’Herpes recidivante1. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Forme farmaceutiche e posologia Decozione (corteccia) al 5-10%. Ulmus campestris M.G.1DH: 50 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì. Note di galenica La corteccia contiene dei principi naturali che danno alle decozioni un colore rosso e un aspetto viscoso, sciropposo, senza che peraltro sia stato aggiunto zucchero. La Tintura Madre è preparata dalla corteccia fresca del ramo (titolo 65°). Curiosità • Dioscoride utilizzava la corteccia di olmo nelle affezioni cutanee ribelli. • «La magnifica Villa Raimondi in Borgo Vico chiamasi L’Olmo, da una di queste 821

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piante, vera ulmus opaca ingens di Virgilio che la giganteggiava d’innanzi. Il conte G.B. Giovio (Lettere lariane) ricorda l’ampia caverna scavata nel suo tronco, che era stata murata ’onde meglio proteggere l’albero venerabile. Ma il fulmine (1775) non rispettò una vita di mille e forse più anni’ e del suo scheletro se ne cavarono 100 e più carri di legna» (Scotti, 1872). • «Egli lo dà (ndr: corteccia o libro) nelle croniche dermatosi de scrofolosi, principalmente nell’impetigo e nell’eczema impetiginoides, e la sua utilità fu su larga scala comprovata allo Spedale di S. Luigi in Parigi; […] Nella state le foglie essudano anche una specie di melata o di manna: e infuse o bollite danno una bevanda dolce eccoprottica» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Campanini E., 2005, Manuale pratico di gemmoterapia, op. cit., pp. 154-5.

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Uncaria tomentosa (Willd.) DC.

Nome comune: Uncaria; Unghia di gatto Francese: Uncaria Inglese: Cat’s claw Tedesco: Katzenkralle Spagnolo: Uña de gato Famiglia: Rubiaceae Parte utilizzata: corteccia del fusto e delle radici di piante adulte (prelevate prima della fioritura) Costituenti principali: – alcaloidi ossindolici: alcaloidi ossindolici pentaciclici (0,5-3%): isopteropodina, pteropodina, isomitrafillina ecc.; alcaloidi ossindolici tetraciclici (isorincofillina, rincofillina) Nota: Esistono 2 chemotipi di U.tomentosa: chemotipo predominante con prevalenza in alcaloidi ossindolici di tipo pentaciclico (chemotipo POA) e chemotipo con prevalenza in alcaloidi ossindolici di tipo tetraciclico (chemotipo TOA) – glicosidi dell’acido chinovico; triterpeni poliidrossilati – acetilderivati del β-sitosterolo, stigmasterolo e campesterolo Attività principali: azione immunomodulante e immunostimolante; azione antivirale; azione antinfiammatoria, antidolorifica; cicatrizzante Impiego terapeutico: dolori di origine infiammatoria; virosi; ulcere

Utilizzo medico La pianta, che cresce nelle selve tropicali del Sud America, in particolare nella parte settentrionale, tra i 300 e 900 metri, viene utilizzata da tempo dalla medicina tradizionale peruviana. I “curanderos” peruviani usano la pianta per curare le ferite profonde, le ulcerazioni, nelle patologie degenerative, nei processi flogistici di varia natura, nelle algie osteoarticolari, nel postpartum ecc. I risultati positivi ottenuti con l’uso della pianta ne hanno favorito la commercializzazione e l’esportazione. Alla corteccia del fusto e delle radici di piante adulte di Uncaria tomentosa sono attribuite proprietà immunomodulanti, antivirali, antiossidanti1 e adattogene2. Alla pianta sono riconosciute anche proprietà antiflogistiche e antalgiche utili per trattare dolori di origine infiammatoria: tale azione sarebbe da attribuire alle proprietà antiossidanti in grado di inibire la “cascata” infiammatoria3. Le proprietà anti-infiammatorie sarebbero da attribuire anche alla notevole presenza di derivati del β-sitosterolo4. È stato pubblicato uno studio clinico riguardante l’efficacia di un estratto di U.tomentosa appartenente al chemotipo pentaciclico (POA) nel trattamento dell’artrite reumatoide5: si tratta di una piccola indagine clinica durata 52 settimane ed effettuata su 14 pazienti affetti da artrite reumatoide in trattamento con sulfasalazina o idrossiclorochina. Lo studio è stato diviso in due fasi. Nelle prime 24 settimane (randomizzazione, doppio cieco) parte dei pazienti ha assunto l’estratto e parte il placebo: i pazienti trattati con estratto hanno dimostrato una riduzione del 53,2% nel numero delle giunture affette da dolore e deteriorate contro il 24,1% nei pazienti del gruppo placebo (p = 0,044). Nella seconda fase di 28 settimane tutti i pazienti hanno 823

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ricevuto l’estratto: i pazienti che avevano assunto l’estratto solo nella seconda fase hanno anch’essi evidenziato una significativa riduzione del numero delle giunture dolenti e deteriorate rispetto al trattamento con il placebo. Scarsi e minori gli effetti collaterali riscontrati. Sembra, pertanto, che la pianta sia «in grado di fornire un seppure modesto beneficio quando aggiunta al trattamento con sulfasalazina o idrossiclorochina in pazienti con artrite reumatoide»6. La sua somministrazione come preventivo nei riguardi delle patologie invernali potrebbe essere particolarmente indicata pertanto in soggetti sofferenti di artrite reumatoide e artriti in genere7. Mancano, comunque, dati esaustivi per una conoscenza approfondita della droga e del suo meccanismo d’azione. Prove farmacologiche hanno dimostrato che gli alcaloidi alcaloidi ossindolici pentaciclici (POA) sono in grado di determinare attività immunostimolante e immunomodulante che si traduce in un aumento della fagocitosi da parte dei macrofagi. I principi attivi dell’Uncaria tomentosa (Willd.) DC sembrano risultare efficaci nel contrastare l’azione della DNA-polimerasi e della transcriptasi inversa implicati nella replicazione dei virus. È stato pubblicato uno studio nel quale viene segnalato che volontari vaccinati nei confronti delle infezioni pneumococciche e ai quali era stato somministrato un estratto standardizzato della pianta presentavano una attività immunitaria superiore ai soggetti vaccinati che non l’avevano assunto8. Viene segnalata infine un’azione antimutagenica che può essere attribuita «a un meccanismo antiossidativo che agisce inibendo la trasformazione di sostanze promutageniche in sostanze mutageniche. […] In un test antimutagenico in vivo si è notato che l’urina di soggetti fumatori ha un’attività mutagenica prima della sperimentazione, ma mostra una diminuzione netta del potenziale mutagenico dall’inizio della somministrazione di Uncaria tomentosa (Willd.) DC fino ad 8 giorni dopo la sospensione»9. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La pianta può determinare raramente lievi disturbi gastro-intestinali (diarrea in caso di sovradosaggio ecc.). U. tomentosa (chemotipo POA) non ha dato luogo a effetti collaterali significativi rispetto al placebo in un trial clinico randomizzato in doppio cieco10. L’assunzione di prepararti standardizzati in TOA (alcaloidi ossindolici tetra ciclici) può determinare effetti sedativi e ipotensivanti. Come per Echinacea spp., la pianta è controindicata in caso di malattie autoimmuni, tubercolosi, sclerosi multipla. Viene consigliato di non somministrare prepararti standardizzati in POA (alcaloidi ossindolici pentaciclici) in chi ha recentemente ricevuto o deve ricevere un trapianto di midollo osseo o di un organo11. Ricerche in vitro indicano che Uncaria tomentosa può inibire il CYP3A4 e quindi, anche se fino a ora non sono stati segnalati in letteratura reali casi di interazione farmacologica, la pianta potrebbe essere in grado di prolungare l’emivita e aumentare i livelli serici di farmaci metabolizzati da questo sistema enzimatico (inibitori proteasi, inibitori non nucleosidici trascriptasi inversa, ciclosporina, alcune benzodiazepine ecc.)12. Porre attenzione alla contemporanea assunzione di prepararti standardizzati in POA (alcaloidi ossindolici pentaciclici) con farmaci immunosoppressivi. In teoria preparati a base di U.tomentosa (chemotipo TOA) potrebbero potenziare l’azione di farmaci ipotensivanti. L’uso prolungato sembra interferire sui livelli plasmatici di estradiolo e progesterone13. L’uso è controindicato in gravidanza e nelle donne che desiderano concepire. Vengono infatti segnalati, oltre a una probabile azione sulla muscolatura uterina, possibili rischi di malformazione fetale o danni irreversibili14. Durante l’allattamento deve essere utilizzata solo su consiglio medico. L’uso nei bambini sotto i 3 anni è sconsigliato per la mancanza di dati clinici e farmacologici esaustivi. 824

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Forme farmaceutiche e posologia Polvere (corteccia): 250 mg per cpr, 1 cpr 1-3 volte al dì (cicli di 2 mesi). Estratto secco (titolato in «alcaloidi ossindolici totali min. 3%): il suo dosaggio giornaliero va da 2 a 4 mg per kg di peso corporeo, suddivisi in 2 somministrazioni preferibilmente lontano dai pasti»15. Uncaria tomentosa 1DH: 15 gocce diluite in acqua 1-3 volte al dì. Note di galenica Data la variabilità stagionale del profilo alcaloideo e la presenza di 2 chemotipi differenti (POA -TOA) ma fenotipicamente identici, risulta importante la standardizzazione degli estratti della pianta per definire esattamente le reali potenzialità immunostimolanti. Scrive infatti Schulz V.: «la gran parte dei preparati a base di uncaria sono miscele confuse senza una reale utilità terapeutica». La predominanza o meno degli alcaloidi ossindolici di tipo tetraciclico (chemotipo TOA) o pentaciclico (chemotipo POA) risulta, infatti, assai importante nel determinare l’attività farmacologica della pianta: i primi esercitano una più netta azione ipotensiva ed una modesta attività immunostimolante; nei secondi, al contrario, è quest’ultima azione a prevalere. Si ritiene che «un prodotto efficace non dovrebbe contenere più dello 0,02% di alcaloidi ossindolici tetraciclici»16. Curiosità • Una de gato è il nome che viene dato alla pianta con allusione alle spine a forma di uncino che servono alla pianta per agganciarsi e sostenersi agli alberi e svilupparsi verso l’alto in cerca di luce di cui ha bisogno per crescere. Note bibliografiche 1 Mills S., Bone K., op. cit., p. 318. 2 Capasso F. et al., op. cit., 2006, p. 615 ; Schulz V. et al., op. cit., p. 303. 3 Sandoval M, Okuhama NN et al., 2002, Anti-inflammatory and antioxidant activities of cat’s claw (Uncaria tomentosa and Uncaria guianensis) are independent of their alkaloid content. Phytomedicine. 9(4):325-37. 4 Cabieses F., 1994, La una de gato y su entorno, Associacion Grafica Educativa, Lima-Perù. 5 Mur E. et al., 2002, J. Rheumatol. 29, 678-681. 6 AA.VV., 2002, Piante Medicinali 1, 5, 231. 7 Mur E, Hartig F et al., 2002, Randomized double blind trial of an extract from the pentacyclic alkaloid-chemotype of uncaria tomentosa for the treatment of rheumatoid arthritis. J Rheumatol. 29(4):678-81. 8 Lamm S, Sheng Y, Pero RW, 2001, Persistent response to pneumococcal vaccine in individuals supplemented with a novel water soluble extract of Uncaria tomentosa, C-Med-100. Phytomedicine. 8(4):267-74. 9 Tirillini B., 1995, L’Erborista, 2, 36-39. 10 Mue E., Hartig F. et al., 2002, J. Rheumatol. 29:678-681. 11 Mills-Bone, op. cit., p. 318. 12 Budzinski J.W. et al., 2000, An in vitro evaluationof human cytochrome P450 3A4 inhibition by selected commercial herbal extracts and tinctures, Phytomedicine, 7, 273-282. 13 Capasso F. et al., 2006, op. cit., p. 611. 14 Mills B., Bone K., op. cit., p. 318. 15 http://www.simn.org/chi_siamo.html. 16 Schultz V. et al., op. cit., p. 303.

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Urtica dioica L.

Nome comune: Ortica maschia, Ortica comune Francese: Ortie; Grande ortie Inglese: Nettle; Stinging nettle Tedesco: Große Brennnessel Spagnolo: Ortiga mayor

Urtica urens L. Nome comune: Ortica minore Francese: Petite ortie Inglese: Dwarf nettle Tedesco: Kleine Brennnessel Spagnolo: Ortiga menor Famiglia: Urticaceae Parte utilizzata: pianta intera Costituenti principali: Parti aeree: – composti minerali (20%): sali di calcio e di potassio; silice (0,9-1,8%) – clorofilla; derivati dell’acido caffeico; flavonoidi; clorofilla – vitamine (A, B2, C, acido folico ecc.) – secretina (glucochinina?) I peli urticanti contengono: acetilcolina, istamina, 5-idrossitriptamina, colina, acido formico (che provoca l’irritazione cutanea), acido acetico e leucotrieni1 Radice: – polisaccaridi; lectina: UDA = Urtica dioica agglutinina; numerosi composti fenolici – steroli e tannino Frutti: – proteine, mucillagine, olio grasso Attività principali: diuretica, uricolitica e depurativa; antinfiammatoria; tonico-stimolante Impiego terapeutico: stati infiammatori delle vie urinarie; prevenzione e trattamento litiasi renale; gotta; coadiuvante nei trattamenti dei dolori articolari; ipertrofia prostatica (radice); ricostituente e rimineralizzante; dermatite seborroica

Utilizzo medico Le indicazioni terapeutiche attribuite all’ortica sono innumerevoli e possono essere riassunte in azione tonica, antinfiammatoria e diuretica. Numerose piante tenute in grande considerazione sino dai tempi più remoti per le loro proprietà medicinali, dopo una serie alterna di tentativi di recupero terapeutico, sul finire del secolo scorso e all’inizio di questo, sono cadute inesorabilmente nel dimenticatoio per quanto riguarda la medicina ufficiale. Fra queste piante rientra senza dubbio l’ortica il cui uso è rimasto come patrimonio della medicina popolare. Le innumerevoli attività che le venivano attribuite possono essere così riassunte: attivazione delle funzioni digestive, azione tonificante e ricostituente, azione depurativa e diuretica, antidiarroica, emostatica, astringente, ipoglicemizzante, galattagoga ed 826

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emmenagoga. Anche ai semi venivano riconosciute proprietà terapeutiche ed erano impiegati come diuretici, purgativi, e forse anche febbrifughi. La pianta conosceva un uso alimentare: germogli e foglie rappresentavano una «eccellente verdura di cucina» di facile digestione. Nonostante questo ampio uso terapeutico, gli studi clinico-farmacologici sulla pianta sono stati abbastanza scarsi. A partire dagli anni 80 del 1900 sono stati effettuati studi clinici volti a valutare l’efficacia della radice di ortica nel ridurre la sintomatologia legata all’ipertrofia prostatica benigna. La radice di ortica infatti sembra agire favorevolmente nell’iperplasia prostatica, contribuendo a ridurre il volume della ghiandola. La concomitante azione antiedemigena può svolgere un ruolo importante nella riduzione dell’ostruzione cervicoprostatica, contribuendo a migliorare il quadro funzionale e i problemi di minzione dovuti all’ipertrofia benigna della prostata (fase I e II). Una review effettuata ha comunque evidenziato la carenza metodologica di tali pubblicazioni2. I risultati di 6 trials clinici in doppio cieco versus placebo (1076 pazienti che presentavano ipertrofia prostatica I-II) hanno tuttavia evidenziato che la radice (460-600 mg/die) sembra alleviare il quadro sintomatologico3. La Commissione E del BfArM, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e l’ESCOP (European Scientific Cooperative on Phytotherapie) riconoscono l’uso della radice di ortica nell’alleviare le difficoltà della minzione (frequenza eccessiva e nicturia). Non sono ancora chiari il meccanismo d’azione e i principi attivi coinvolti: in vitro è stata evidenziata un debole attività inibitoria dell’aromatasi da parte di una frazione lipofila e dell’acido 9-idrossi-10,12octadecadienoico e sembra che l’estratto di ortica possa interagire (debolmente) con la globulina serica (SHBG/Sex Hormone Binding Globuline) che trasporta il testosterone. Il farmacologo J. Bruneton riporta che l’estratto di radice non inibisce né la 5-α-reduttasi né la fissazione del diidrotestosterone sui recettori prostatici4 ma riduce debolmente la proliferazione di cellule prostatiche in coltura (lectina/UDA-Urtica dioica agglutinina? sitosteroli?). Per la lectina UDA è stata segnalata la stimolazione circa la produzione di γ-interferone5. Studi eseguiti in Germania tendono a dimostrare che il sitosterolo esercita effetti benefici sull’ipertrofia prostatica benigna grazie a una diminuzione della sintesi delle prostaglandine a livello prostatico6. Occorre inoltre segnalare che la frazione polisaccaridica (radici) manifesta azione antinfiammatoria, proprietà dimostrata sperimentalmente nell’edema indotto con carragenina sulla zampa del ratto7. Estratti della radice di Ortica possono essere associati, per il trattamento dell’ipertrofia prostatica, a Sabal serrulata (o Serenoa repens), Pygeum africanum e al gemmoderivato Sequoia gigantea (Sequoia gigantea M.G.1DH). A questo proposito uno studio pubblicato ha valutato l’efficacacia della somministrazione di un preparato a base di Serenoa e Ortica versus finasteride in soggetti affetti da ipertrofia prostatica benigna (stadio I-II): in ambedue i gruppi vi sono stati miglioramenti (aumento del flusso urinario, diminuzione del tempo di minzione, diminuzione sintomatologia soggettiva ecc.), ma nel gruppo Serenoa e Ortica sono stati segnalati minori effetti collaterali, in particolare per quanto riguarda l’emicrania, le disfunzioni erettili e la riduzione del volume di eiaculazione8. Uno studio conforme ai parametri della ricerca attuale (randomizzato, in doppio cieco, placebo controllato e multicentrico)9 ha valutato l’impatto sullo score IPSS (International Prostate Sympton Score). In pazienti (246) con score IPSS 18 (mediamente sintomatici) la terapia, durata un anno, con estratto di radice di ortica (459 mg estratto secco) è risultata più efficace del placebo: l’IPSS è diminuito in modo significativa rispetto al placebo (da 18,5 +/- 0,3 a 13,8 + /- 0,5, p = 0,0233). Il numero di 827

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eventi avversi così come le infezioni urinarie ecc. è risultato minore nel gruppo in terapia rispetto al placebo. Il trattamento con estratto di radice di ortica può pertanto essere considerato un’opzione terapeutica sicura nell’ipertrofia prostatica benigna, soprattutto per ridurre i sintomi irritativi e le complicanze associate. Non è invece da prevedere un forte aumento di Q (max) cioè di riduzione dell’urina residua (più alto è il Q (max), migliore è la velocità di flusso urinario del paziente). Si ricorda a conclusione di quanto esposto che la radice di ortica migliora la sintomatologia ma non modifica l’ipertrofia prostatica (Commissione E del BfArM). Le foglie (e le sommità fiorite), per la ricchezza in minerali (ferro, calcio e silicio) e clorofilla sono reputate un ottimo rimineralizzante, ricostituente e antianemico, valido in tutte le fasi della vita. La clorofilla possiede una formula chimica simile all’emoglobina umana da cui differisce soltanto per la presenza dell’atomo di magnesio al posto di quello del ferro. L’organismo umano sarebbe in grado di utilizzare i gruppi pirrolici della molecola di clorofilla e l’azione emopoietica della pianta scaturirebbe dall’elevata presenza di clorofilla. Per quanto riguarda l’azione della pianta a livello intestinale, oltre all’azione astringente (tannino), sarebbe presente un’attività normalizzatrice della flora batterica intestinale, attribuibile, almeno in parte, alla secretina. Tale sostanza, sarebbe analoga alla secretina umana, ormone prodotto dalla mucosa dell’intestino tenue che sollecita la secrezione biliare, la produzione di succo pancreatico, povero di enzimi, ma ricco di acqua e bicarbonati, e di succo intestinale. Ciò spiegherebbe il motivo per cui un infuso o un piatto di Ortica siano particolarmente validi anche dal punto di vista nutrizionale e «come sia da rimpiangere che la pianta non figuri più sulle nostre tavole se non a titolo del tutto eccezionale» (Fournier P., 1947). Le proprietà diuretiche e depurative si manifestano già durante l’uso alimentare. Ben conosciute, nel passato, erano del resto le caratteristiche dietetiche della pianta tanto da farne un alimento pregiato non solo per il bestiame: i germogli freschi, non urticanti, rappresentano infatti “una ghiottoneria” presente in molte tavole regionali. Le forme reumatiche, gli stati iperuricemici e la gotta traggono giovamento dalla terapia con estratti di Ortica in quanto accanto alla nota azione diuretica determinano una marcata eliminazione di sali, in particolare urati. Ciò sarebbe conseguenza di modificazioni epatiche che influenzano, fra le altre funzioni, l’urogenesi e si ripercuotono sulla diuresi che si trova già modificata per un potenziamento dell’azione renale di fronte all’urea. L’aumento della depurazione urinaria si ripercuote sull’eliminazione delle scorie e sui costituenti chimici del sangue, con una diminuzione dell’uricemia e della colesterolemia, allorché queste costanti sono abnormemente elevate (vedi: Curiosità). L’attività diuretica, esercitata dalla pianta, si accompagna a una modica diminuzione della pressione sistolica, per cui può essere inserita con vantaggio nella terapia delle forme ipertensive, unitamente ad altri presidi terapeutici. Si ricorda che, sempre in ambito urologico, trova impiego negli stati infiammatori delle vie urinarie e nella prevenzione e trattamento della litiasi renale e renella (diuresi forzata). Per l’attività depurativa rientra anche nelle formulazioni atte al trattamento delle eruzioni cutanee, in particolare dell’acne e delle dermatiti seborroiche. È presente inoltre una valida azione antinfiammatoria tanto che nelle monografie dell’ESCOP e della Commissione E del BfArM, le foglie di ortica sono indicate come coadiuvanti nel trattamento delle malattie reumatiche. L’azione antinfiammatoria della pianta è stata dimostrata con numerosi studi di laboratorio (test dell’edema indotto da carragenina nella zampa di ratto ecc.). Uno studio clinico (non randomizzato) volto a indagare se l’assunzione della pianta fosse in grado di ridurre la posologia di un farmaco antinfiammatorio non steroideo in pazienti affetti da artrite cronica, ha evi828

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denziato che «50 mg/die di diclofenac con l’aggiunta nella dieta di 50 g/die di foglie cotte di U. dioica sono efficaci al pari di 200 mg/die di diclofenac nel diminuire i livelli serici di proteina C reattiva e nel controllare gli attacchi acuti di artrite»10. Anche ai semi sono state attribuite proprietà terapeutiche: sono infatti considerati emmenagoghi e diuretici. Si ricorda, tra l’altro, che i semi, ricchi in lipidi (25-33%) e in acidi grassi insaturi (80% acido linoleico), fitostimuline, fitormoni ecc., manifestano azione stimolante, per cui ne viene raccomandato l’uso negli stati di debolezza e astenia. L’olio da essi ricavato (con spremitura a freddo) viene segnalato, anche se mancano studi che ne confermino l’attività, come biostimolante atto a incrementare i processi organici11. Uso esterno Interessante è l’uso esterno dell’ortica: in soluzione alcolica viene impiegata per frizioni nelle algie reumatiche e nelle nevralgie, soprattutto quando si tratta di dolori degenerativi artrosici, lombalgia, sciatalgia e tendiniti conseguenti a distorsioni ecc., in quanto si manifesta iperemia per stimolazione locale. La pianta fresca (succo, tintura madre) trova impiego da sempre come tonificante e stimolante del cuoio capelluto. Si usa quindi come tonico del cuoio capelluto, contro la seborrea e la caduta dei capelli. Le preparazioni dalla droga secca sfruttano il contenuto proteico e manifestano pertanto un’attività sostantivante e condizionante capillare piuttosto che tonico-stimolante. L’essiccazione e la bollitura fanno perdere infatti ogni attività urticante. Al fine di una maggiore attività tricofila può risultare utile l’associazione con Arnica, Capsico, China, Ginseng, Salvia, Rosmarino, Timo12. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. La radice occasionalmente può causare sintomi gastrointestinali minori. Il contatto con la pianta fresca può provocare una sensazione di bruciore talvolta dolorosa e di prurito (orticaria). Da non utilizzare in caso di edemi causati da ridotta efficienza cardiaca o renale (parti aeree). Per l’azione emmenagoga si sconsiglia l’uso dei semi (frutti) in gravidanza. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga (foglia di Ortica) è costituita dalle foglie essiccate, intere o frammentate, di U. dioica L., di U. urens o una mescolanza delle 2 specie. Deve contenere al minimo 0,3% della somma di acido cafeoilmalico e di acido clorogenico. Forme farmaceutiche e posologia Posologia giornaliera (Commissione E del BfArM-ESCOP): radice, 4-6 g/die o preparazioni equivalenti; foglia, 8-12 g/die o preparazioni equivalenti. Infuso (parti aeree, radice): 3-4 cucchiaini (ca. 4 g) in una tazza d’acqua bollente; filtrare dopo 10 minuti. Assumere 3-4 tazze al dì. Uso esterno: decotto al 5%. Decotto (frutti): 2-4 g di droga frantumata in una tazza d’acqua fredda, portare a ebollizione, lasciare in infusione 10 minuti. Filtrare (uso raro). Succo della pianta fresca: un cucchiaio di minestra 2 volte al dì per 4-6 settimane. Polvere (radice): 1 g per capsula, 3-4 capsule al dì. Estratto secco (radice): 1-2 cps al dì. In particolare: «estratto secco nativo (7-14:1, metanolo al 20% V/V) 300-600 mg/die o 378-756 mg/die di estratto secco nativo (1216:1, etanolo al 70% V/V)» (ESCOP). 829

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Estratto Fluido (1:1, etanolo al 45%)radice: 4,5-7,5 ml /die; Estratto Fluido (1:5, etanolo al 40%) radice: 15 ml/die (ESCOP). Urtica T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Uso esterno: soluzioni al 10% della T.M. Note di galenica La Tintura Madre è preparata da pianta intera fresca (titolo 45°). Formulario Tisana contro il reumatismo (Madaus) Foglie di ortica Foglie di betulla Fiori di tiglio Fiori di sambuco aa 25 g S/3 cucchiaini da caffè in infusione in 2 bicchieri di acqua Lozione per capelli Sminuzzare 100 g di ortica: infusione in mezzo litro di acqua bollente. Lasciare raffreddare, quindi aggiungere mezzo litro di aceto. Con questo infuso, fatto riscaldare brevemente ogni volta, sciacquare i capelli ogni sera per 10 giorni consecutivi. Lozione crosta lattea Ortica foglie 40 g Bardana radice 30 g Viola del pensiero fiori 30 g S/Infuso al 4%: lavaggio delicato della testa Acne giovanile Viola t. T.M. Urtica d. T.M. Arctium l. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Rimineralizzante Medicago s. T.M. Urtica d. T.M. Equisetum a. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Ritenzione idrica Urtica d. T.M. Orthosiphon s. T.M. Spiraea u. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Ipertrofia prostatica Taraxacum o. T.M. Urtica d. T.M. Uva ursi T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì 830

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oppure Sabal serrulata E.S. Urtica d. (radix) E.S. S/1 cps 2-3 volte al dì

150 mg 150 mg per cps

Renella Urtica d. T.M. Equisetum T.M. Achillea m. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in abbondante acqua, 3 volte al dì Tisana Schauenberg: lattazione scarsa Anisi fructus contuso 20% Foeniculi fructus contuso 20% Basilici herba 20% Urticae folium 20% Verbenae herba 20% S/Infuso al 4%; una tazza di infuso ogni 4 ore Species aperitiva (DRF) herba Urticae rhizoma Graminis ana 10 cortex Frangulae herba Fumariae herba Violae t. ana 20 S/un cucchiaio da minestra per tazza, in decozione; una tazza prima di ciascun pasto Curiosità • La decozione dei semi di Ortica nel vino era consigliato da Dioscoride come afrodisiaco. • Un trattamento “eroico” in caso di dolori reumatici è l’urticazione, cioè il percuotere la pelle con un mazzo di ortiche da poco raccolte. La sostanza urticante delle foglie penetrando nella cute provoca un benefico senso di calore che dura per parecchie ore. La “cura” risulterebbe molto efficace nella lombalgia e sciatalgia. Viene consigliato di praticare l’urticazione per 2-3 giorni consecutivi alternandola ad altrettanti giorni di riposo perché l’organismo si sensibilizza facilmente. Dopo l’urticazione per il resto della giornata non deve essere usata acqua fredda sulla pelle in quanto il benefico senso di calore, che si mantiene a lungo, si trasformerebbe in bruciore. L’Ortica è più urticante dalla fioritura in poi, cioè da metà maggio (R. Weiss). • Scrive Antonelli a proposito dell’urticazione: «ha salvato non pochi, restituendoli dalla morte apparente, ritenuti già morti, alla vita […]». • «Tutti le riconosciamo: molti anzi non conoscono altre piante all’infuori delle ortiche, perché tutte le loro parti pungono, e ne hanno un certo orrore. Eppure l’Ortica è come un uomo burbero, ma molto buono di cuore. Se si conoscessero i benefici che queste temute piante possono recare all’uomo, sano e malato, tutti le apprezzerebbero come si meritano» (Antonelli, 1924). • Chi si diletta di giardinaggio sa che la presenza di Ortica produce un aumento 831

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del contenuto in essenza in piante come angelica, maggiorana, origano, menta, salvia, valeriana, e altre piante aromatiche. Viene anche impiegata come concime in quanto è in grado di accelerare i processi di decomposizione del terreno (Castleman). Note bibliografiche 1 Czarnetzki B.M., Thiele T., Rosenbach T., 1990, Int. Arch. Allergy Appl. Immunol. 91, 43-6. 2 Chrubasik JE, Roufogalis BD et al., 2007, A comprehensive review on the stinging nettle effect and efficacy profiles. Part II: urticae radix. Phytomedicine. 14(7-8):568-79. Review. 3 Chrubasik JE, Roufogalis BD et al., 2007, ibidem. 4 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 903. 5 Capasso F., 2011, op. cit., p. 180. 6 Ritschel W.A., Kastner U., Hussain A.S., Koch H.H., 1990, Arzneim.-Forsch., 40, 463-8. 7 Wagner H. et al., 1989, Planta Med. 55, 452-4. 8 Sokeland J. et al., 1997, Combination of sabal and urtica extract vs. finasteride in benign prostatic hyperplasia (Aiken stage I to II)…, Urologe A., 36, 327-333. 9 Schneider T, Rübben H, 2004, Stinging nettle root extract (Bazoton-uno) in long term treatment of benign prostatic syndrome (BPS). Results of a randomized, double-blind, placebo controlled multicenter study after 12 months, Urologe A., 43(3):302-6. 10 Monti L., op. cit., p. 119. 11 Wichtl M. et al., op. cit., p. 503. 12 Proserpio G. et al., op. cit., p. 570.

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Vaccinium macrocarpon L.

Nome comune: Mirtillo rosso americano; Ossicocco Francese: Canneberge Inglese: Cranberry Tedesco: Großfrüchtige Moosbeere Spagnolo: Arándano rojo americano Famiglia: Ericaceae Parte utilizzata: frutti Costituenti principali: – proantocianidoli dimeri (A-2, B-2) e in particolare trimeri dell’epicatecolo – antocianosidi: 3-O-galactosidi e 3-O-arabinosidi del cianidolo e del peonidolo – flavanoidi: quercetina e miri cetina – acidi organici: citrico, chinico, benzoico ecc. – vitamina C; zuccheri; amminoacidi e peptidi Attività principali: antisettico urinario; antiossidante Impiego terapeutico: cistiti; prevenzione delle infezioni a carico dell’apparato urinario

Utilizzo medico Vaccinium macrocarpon L. è una specie simile al mirtillo (Vaccinium myrtillus L.), dalle grosse bacche rosse e fortemente acidule, che cresce spontaneamente nell’America del nord e nel Canada e che in questi paesi viene ampiamente coltivato per la produzione dei frutti. Le popolazioni locali utilizzavano i frutti per prevenire e trattare le infezioni a carico delle vie urinarie, ma anche per curare le turbe dell’apparato digerente, renale ecc. Erano impiegati anche per prevenire e curare lo scorbuto e in cataplasmi (uso topico) per trattare le ferite cutanee. Numerosi sono gli studi che dimostrano, oltre a proprietà antiossidanti, l’efficacia di V. macrocarpon nella prevenzione delle infezioni a carico dell’apparato urinario. Una metanalisi che ha valutato una decina di studi clinici (1049 pazienti) è giunta alla conclusione che il trattamento (un anno) con succo o estratti di mirtillo rosso hanno significativamente ridotto del 35% l’incidenza di infezioni urinarie ricorrenti1. Le linee guida per una buona pratica clinica della Society of Obstetricians and Gynaecologists of Canada (SOGC) consigliano i prodotti a base di mirtillo rosso americano come valida opzione per prevenire le recidive UTI (Urinary Tract Infections)2. Viene anche segnalato che V. macrocarpon riduce la batteriuria asintomatica e infezioni del tratto urinario nelle donne in gravidanza3. Altre ricerche cliniche hanno dimostrato anche che bere succo di mirtillo (15 ml per 2 volte al giorno) può ridurre il rischio di batteriuria nei pazienti ricoverati in ospedale4. Anche l’estratto secco risulta efficace: uno studio clinico di piccole dimensioni ha segnalato che l’assunzione di estratto di cranberry per 6 mesi ha ridotto il rischio di infezioni del tratto urinario nelle donne in postmenopausa con una storia di ricorrenti infezioni del tratto urinario5. Tuttavia, non è ancora chiaro se il succo e gli estratti siano ugualmente efficaci, o quale possa essere la posologia più utile. La ricerca clinica ha segnalato che né il succo né gli estratti di mirtillo rosso americano riducono il rischio di infezioni urinarie ricorrenti associato con la vescica neurogena in adulti o bambini6. Mancano ancora evidenze 833

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certe che siano efficaci per prevenire infezioni del tratto urinario nelle persone con catetere urinario7. L’azione batteriostatica inizialmente era stata attribuita all’acidificazione delle urine da parte degli acidi organici, di cui è ricco il frutto, e dei loro metaboliti. Sarebbero invece i Proantocianidoli responsabili dell’attività antibatterica riscontrata in vitro nei confronti di Escherichia coli, Proteus mirabilisis, Staphylococcus aureus, Pseudomonas aeruginosa ecc. L’azione batteriostatica infatti è legata all’inibizione dell’aderenza dei batteri sull’epitelio (membrane cellulari). È stato dimostrato ad esempio che l’adesione di E. coli sulle cellule uroepiteliali viene inibita sia dal succo del frutto sia con urina di cavia o di persone che avevano consumato questi frutti8. Viene segnalato inoltre che il succo di Cranberry manifesta analogo meccanismo nei confronti dell’Helicobacter pylori: l’assunzione regolare del succo può contribuire a diminuire la concentrazione di questo battere nello stomaco dei pazienti9. Il succo si è dimostrato inoltre in grado di bloccare i batteri della flora buccale implicati nella formazione e nella stabilità della placca dentale10. Studi clinici preliminari hanno segnalato che che l’assunzione di mirtillo rosso americano (polvere del frutto essiccato: 500 mg 3 volte al giorno per 6 mesi), potrebbe migliorare i sintomi urinari e ridurre il PSA (antigene specifico prostatico) in soggetti con elevati livelli di PSA e biopsia prostatica negativa. I soggetti trattati hanno infatti hanno avuto, rispetto al gruppo placebo, un miglioramento statisticamente significativo nel punteggio International Prostate Symptom Score (IPSS)11. Una ricerca clinica preliminare ha dimostrato che il succo di cranberry può ridurre l’odore dell’urina quando somministrato per os, in modo continuativo, in pazienti con incontinenza urinaria12. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Il mirtillo rosso americano, per os, è di solito ben tollerata se assunto in modo adeguato. Solo per dosi molto elevate, per esempio 3-4 litri al giorno di succo, possono verificarsi disturbi gastrointestinali e diarrea. Consumare più di 1 litro al giorno per un periodo prolungato di tempo potrebbe anche aumentare il rischio di formazione di calcoli renali13. Usare con cautela in soggetti con una storia di calcoli urinari di ossalato di calcio14 e acido urico. Nausea, vomito e diarrea sono stati segnalati con l’assunzione per diverse settimane di circa 120 g di succo in donne in gravidanza15: si raccomanda pertanto l’uso sotto controllo medico. Si consiglia inoltre vigilanza in caso di trattamento con anticoagulanti. Vi è stata infatti una segnalazione di un caso riguardante l’interazione con warfarin (per diminuzione dell’attività dell’enzima che metabolizza e degrada questo farmaco) ma indagini successive non hanno confermato tale dato: «sette pazienti in cura con warfarin non hanno mostrato cambiamenti significativi dell’INR sotto l’influenza del succo di craberry (250 ml/die)»16. Si consiglia comunque vigilanza in attesa di ulteriori dati. Farmacopea (United States Pharmacopeia) La droga consiste nei frutti maturi, fresci o essiccati di Vaccinium macrocarpon Aiton. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (ESCOP): 300-750 ml di preparazione liquida contenente 25-100% si succo di cranberry, suddiviso in 2-3 porzioni; 200-500 mg di estratto secco o succo concentrato di cranberry 2 volte al giorno; altre preparazioni equivalenti. 834

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Bambini sopra i 2 anni: 15 ml di succo diu cranberry/kg di peso corporeo. Frutto fresco: 10-20 g/die. Estratto secco: 400-800 mg/die. Si consiglia un consumo quotidiano di 36 mg di proantocianidine (PAC). Curiosità • Nelle foreste delle zone del nord-est a cavallo tra gli Stati Uniti e il Canada, attorno ai Grandi Laghi, il frutto era conosciuto, nella lingua delle popolazioni indiane, l’irochese, con il nome atoca (o ataca). • Da 1500 g di frutti freschi approssimativamente si ottiene 1 litro di succo. Note bibliografiche 1 Jepson RG, Craig JC, 2008, Cranberries for preventing urinary tract infections. Cochrane Database Syst Rev. Jan 23;(1). Review. 2 SOGC Clinical Practice Guideline. Recurrent urinary tract infection. JOGC 2010;250:1082-90. Available at: www.sogc.org/guidelines/documents/gui250CPG1011E.PDF. 3 Wing DA, Rumney PJ, Preslicka CW, Chung JH., 2008, Daily cranberry juice for the prevention of asymptomatic bacteriuria in pregnancy: a randomized, controlled pilot study. J Uro; 180:1367-72. 4 Haverkorn MJ, Mandigers J., 1994, Reduction of bacteriuria and pyuria using cranberry juice. JAMA, 272:590. 5 Mazokopakis EE, Karefilakis CM, Starakis IK., 2009, Efficacy of cranberry capsules in prevention of urinary tract infections in postmenopausal women. J Altern Complement Med. 15:1155. 6 Waites KB, Canupp KC, Armstrong S, DeVivo MJ., 2004, Effect of cranberry extract on bacteriuria and pyuria in persons with neurogenic bladder secondary to spinal cord injury. J Spinal Cord Med; 27:35-40. 7 Jepson RG, Craig JC, 2008, Cranberries for preventing urinary tract infections. Cochrane Database Syst Rev (1):CD001321. 8 Bruneton J, 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p 478. 9 Zhang L, Ma J et al., 2005, Efficacy of cranberry juice on Helicobacter pylori infection: a double-blind, randomized placebo-controlled trial. Helicobacter, 10:139-45. 10 Bodet C, Grenier D et al., 2008, Potential oral health benefits of cranberry. Crit Rev Food Sci Nutr, 48(7):672-80. Review. 11 Vidlar A, Vostalova J, Ulrichova J et al., 2010, The effectiveness of dried cranberries (Vaccinium macrocarpon) in men with lower urinary tract symptoms. Br J Nutr, 104:1181-9. 12 Vidlar A, Vostalova J, Ulrichova J et al., op. cit., 104:1181-9; DuGan CR, Cardaciotto PS., 1966, Reduction of ammoniacal urinary odors by the sustained feeding of cranberry juice. J Psychiatr Nurs, 467-70. 13 Terris MK, Issa MM, Tacker JR., 2001, Dietary supplementation with cranberry concentrate tablets may increase the risk of nephrolithiasis. Urology. 57(1):26-9. 14 Mills B., Bone K., op. cit., p. 349. 15 Wing DA, Rumney PJ, Preslicka CW, Chung JH., 2008, Daily cranberry juice for the prevention of asymptomatic bacteriuria in pregnancy: a randomized, controlled pilot study. J Urol. 180:1367-72. 16 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 479; Lilja JJ, Backman JT, Neuvonen PJ., 2007, Effects of daily ingestion of cranberry juice on the pharmacokinetics of warfarin, tizanidine, and midazolamprobes of CYP2C9, CYP1A2, and CYP3A4. Clin Pharmacol Ther. 81(6):833-9; Li Z, Seeram NP et al., 2006, Cranberry does not affect prothrombin time in male subjects on warfarin. J Am Diet Assoc. 106:2057-2061; Pham DQ, Pham AQ, 2007, Interaction potential between cranberry juice and warfarin. Am J Health Syst Pharm. 64:490-494.

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Nome comune: Mirtillo nero Francese: Myrtille; Airelle; Bleuet Inglese: Blueberry; Bilberry Tedesco: Heidelbeere Spagnolo: Mirtilo o Arándano Famiglia: Ericaceae Parte utilizzata: foglie e frutti Costituenti principali: – flavonoidi, tannino, manganese, cromo (foglie) – antociani, flavonoidi, tannino, vitamine (frutto) In particolare: Frutti: – glicosidi antocianici (0,5%)1: eterosidi del cianidolo, peonidolo, delfinidilo, malvidilo e del petunidolo ; flavonoidi (iperoside, quercitroside); acidi-fenoli – Tannini (1,5%)2: proantocianidoli (procianidoli B1-B4) e flavan-3-oli monomeri (catecolo e epicatecolo) – acqua (90%circa); zuccheri (3-7%); acidi organici (1 a 1,7%) – pectina; provitamina A, complesso vitaminico B, vitamina C Foglie: – acidi-fenoli; flavonoidi: ramnoglucosil-, arabinosil- e glucoronil-quercetolo – proantocianidoli e catecoli (10%) – tracce di alcaloido chinolizidinici (mirtina, epimirtina) – arbutoside e idrochinone (?)*; neomirtillina (glucoside metossilato acido gallico) – acidi organici; manganese, cromo (9,0 ppm) – antacianosidi (pigmenti): mirtillina; iridoidi * furono isolati nel 1950 e in seguito non furono più ritrovati (chemotipo diverso? contaminazione?) Attività principali: Frutti: vasoprotettrice; antiossidante; antiflogistica; astringente Foglie: ipoglicemizzante; antisettica, astringente Impiego terapeutico: Frutto: turbe della circolazione; couperose; turbe della visione mesopica e scotopica (emeralopia, miopia); diarrea lieve (frutto essiccato); dispepsia cronica fermentativa, dispepsia del lattante; infiammazione moderata mucosa cavità orale (uso esterno) Foglie: coadiuvante nella terapia del diabete; astringente (uso esterno)

Utilizzo medico La ricchezza in antociani, composti polifenolici, che presentano effetti antiossidanti e antinfiammatori, determina la spiccata attività angioprotettrice dei frutti di V. myrtillus. Malgrado una debole biodisponibilità messa in evidenza nel ratto, legata a uno scarso assorbimento digestivo, gli antociani del mirtillo dimostrano, nell’animale, un’attività vasoprotettrice e antiedematosa costante3. Gli antociani, la cui presenza è scarsa nelle foglie, manifestano la loro attività a livello della microcircolazione, ove 836

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aumentano la resistenza e diminuiscono la permeabilità capillare: hanno pertanto proprietà vitaminoP-simili in quanto vasoprotettori e normalizzanti della permeabilità dei capillari sanguigni. Prove sperimentali ipotizzano anche inibizione dell’elastasi, aumento delle catecolamine per inibizione della catecol-o-metiltransferasi, inibizione dell’attività piastrinica indotta dal collagene e riduzione dell’edema da carragenina indotto in cavie. Riducono infatti la liberazione di agenti proinfiammatori, stimolano la biosintesi di collagene e mucopolisaccaridi, la reticolazione delle fibrille di collagene nel connettivo, abbassando così la permeabilità e la fragilità dei capillari. Sono in grado anche di proteggere le pareti vasali dai danni indotti da un’alimentazione iperlipidica4. In vitro, gli antociani presenti nel frutto sono in grado di proteggere il collagene dall’attività proteolitica indotta da ioni superossidi prevenendo quindi i danni tessutali da radicali liberi5. È stata segnalata inoltre un’attività protettrice e cicatrizzante a livello della mucosa gastrica nei confronti di agenti ulcerogeni. Tale azione sarebbe legata alla stimolazione della sintesi dei proteoglicani nello strato mucoso della parete gastrica6. Il cloruro di cianidolo somministrato per os a ratti, antagonizza l’azione ulcerogena di vari fattori scatenanti, quali stress, etanolo, istamina ecc.)7. Importante è l’impiego in oftalmologia per l’attività sulla visione: gli antociani, infatti, sono in grado di favorire la rigenerazione della rodopsina (aumentano la velocità di rigenerazione dei pigmenti retinici) e di migliorare l’adattamento all’oscurità e la qualità della visione; agiscono cioè come normalizzanti nelle carenze di adattamento e di percezione visiva in condizioni di luce crepuscolare. Tali dati sono confermati dall’elettroretinografia. Valida è quindi la prescrizione in caso di miopia e nelle retinopatie diabetiche. Preparati a base di mirtillo possono essere impiegati nel trattamento della cataratta e del glaucoma8. Svariati sono gli studi clinici relativi alle preparazioni a base di antociani volti a dimostrare la reale efficacia a livello del microcircolo di tali preparati: la stessa industria farmacologica del resto ha attinto ampiamente dal mondo vegetale, così in farmacia possiamo trovare preparati a base di antociani o di estratto di mirtillo volti a trattare fragilità capillare cutanea, turbe della circolazione venosa e affezioni vascolari degli occhi, flebopatie, emorroidi, in particolare in pre e post-partum, microangiopatie diabetiche, couperose ecc. Negli studi clinici è stata utilizzata, nel trattamento dell’IVC un estratto di mirtillo (36% di antocianosidi) alla dose giornaliera di 240-520 mg9. Alcuni studi (2005)10 hanno messo in evidenza come i mirtilli e i loro estratti possono contribuire a contrastare il declino della funzione cerebrale legata all’invecchiamento e ad alcune malattie come il morbo di Alzheimer. È stato anche evidenziato che il consumo quotidiano di succo di mirtillo ha contribuito a migliorare la capacità di apprendimento e memorizzazione in persone anziane. Gli antociani, che esplicano proprietà antinfiammatorie e antiossidanti, sarebbero responsabili di un aumentata trasmissione neuronale e di una migliorata disponibilità di glucosio, fattori che contribuirebbero a prevenire e attenuare la neurodegenerazione cerebrale. Uno studio ha esaminato gli effetti del consumo quotidiano di succo di mirtillo in un campione di soggetti con più di 70 anni e che presentavano difficoltà ai test cognitivi per la memoria. Il consumo quotidiano per 2 mesi di 2 tazze di succo di mirtillo, confrontato con un gruppo di controllo che non aveva ricevuto alcuna supplementazione naturale, ha determinato esiti migliori ai test11. I ricercatori hanno confermato che il consumo di mirtilli, anche sotto forma di succo, è in grado di aumentare temporaneamente la capacità antiossidante del sangue e quindi di prevenire i danni provocati dall’ossidazione dei radicali liberi. Vengono così confermate (studi in vitro, studi 837

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sugli animali e nell’uomo) le proprietà di protezione nei confronti delle malattie cardiovascolari e degenerative12. La Commissione E del BfArM approva l’uso medicinale del frutto di mirtillo essiccato nel trattamento della diarrea. Il frutto essiccato, grazie alla concentrazione in tannino risulta un blando astringente per le proprietà astringenti, antimicrobiche e adsorbenti utile nelle forme diarroiche, in particolare del bambino e dell’anziano. Può essere utilizzato anche il succo non dolcificato e filtrato, diluito in acqua. Recentemente è stato segnalato che i frutti contengono sostanze (antiadesine) in grado di inibire l’adesione del colibacillo a livello di vescica e intestino, confermando l’uso tradizionale della pianta nel trattamento delle enteriti13. Da ricordare inoltre l’attività antivirale svolta dai tannini: tale attività si esercita in ragione dell’affinità di queste sostanze per le proteine. Le proteine virali, responsabili dell’affinità per i recettori cellulari, assicurano infatti la fissazione e la penetrazione del virus nella cellula. Grazie alla formazione di un complesso con il tannino, i virus perdono quindi il loro potere infettivo14. Un altro utilizzo è quello come adiuvante nelle forme dolorose del colon (coliti spasmodiche) e durante i trattamenti antibiotici. Mentre il frutto essiccato è astringente, il frutto fresco è un blando lassativo utile nella stipsi cronica grazie alla cellulosa e agli acidi organici che contiene. Le foglie di mirtillo possiedono proprietà ipoglicemizzanti (neomirtillina?)15. L’attività ipoglicemizzante è stata dimostrata sperimentalmente in conigli resi diabetici con allossana16. L’elevato contenuto in cromo (pari a 9,0 ppm) potrebbe rivestire un ruolo determinante nell’attività ipoglicemizzante delle foglie. Il cromo infatti rappresenta un fattore di tolleranza al glucosio e risulta efficace nella terapia del diabete mellito di tipo II indotto sperimentalmente nell’animale17. In clinica comunque la sua prescrizione è indicata solo per le forme lievi di diabete, in particolare nel diabete dell’anziano. È bene sottolineare però che La Commissione E del BfArM non riconosce alla foglia un uso terapeutico in quanto la sua efficacia non è stata dimostrata mentre sono segnalati rischi per la supposta presenza di idrochinone e derivati nelle foglie (azione antisettica a livello delle vie urinarie): tale presenza non è stata confermata anche se in prove di laboratorio sono stati segnalati nel gatto sintomi simili alla intossicazione da idrochinone. Come asserito precedentemente, idrochinone e arbutoside furono ritrovati negli anni 50 del 1900 e mai più riscontrati. Secondo Bruneton, questo può dipendere sia dalla presenza di chemotipi diversi sia «e questo molto più verosimilmente» in seguito a contaminazione dei lotti a suo tempo studiati da parte di specie vicine che ne condividono l’habitat: V. vitis idaea L. o V. x intermedium Ruthe (= V. myrtillus x V. vitis idaea), piante ricche in arbutoside e idrochinone18. Scrive, sempre a questo proposito, Bruneton: «Se la specie testata all’epoca era sicuramente V. myrtillus, allora le foglie contengono una sostanza nociva non ancora conosciuta…». Uso esterno Gli antociani del frutto sono ampiamente utilizzati grazie alle loro proprietà disarrossanti, antinfiammatorie, protettive e lenitive: sono pertanto impiegati per la preparazione di fitocosmetici funzionali “di alto livello”, sia nel settore dei dentifrici che in quelle delle creme e gel per mucose e pelli secche e sensibili19. Le foglie erano impiegate sotto forma di decotti come preparazioni estemporanee per pelle grasse. I frutti sono usati in infuso nelle infiammazioni del cavo orale e delle prime vie aeree, come collutorio e gargarismi: gengiviti, angina ecc. Con il succo venivano preparati colliri per le palpebre infiammate oltre a trattamenti per pelli acneiche, grasse e comedoniche. Il succo era impiegato localmente anche nel trattamento delle emorroidi. 838

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Tossicità, interazioni ed effetti secondari I frutti non presentano tossicità o effetti secondari. Solo per dosaggi elevati (antocianine: > 100 mg/die) occorre cautela in pazienti con disordini della coagulazione e in quelli che assumono warfarin o farmaci antiaggreganti20. Attualmente le foglie di mirtillo sono presenti nella lista negativa della Commissione E del BfArM. Con l’uso delle foglie viene infatti segnalato un rischio di intossicazione dovuto a posologie elevate o a un utilizzo cronico. Porre attenzione all’impiego contemporaneo di farmaci antidiabetici (azione ipoglicemizzante della foglia). Bruneton segnala che l’idrochinone risulta tossico a forti dosi (1g e più) e che gli studi più recenti ne rilevano, contrariamente agli studi precedenti, scarse o nulle quantità nelle foglie, e ciò può dipendere sia dall’esistenza di altri chemotipi sia dalla probabile contaminazione dei lotti inizialmente studiati con specie vicine ricche in arbutoside e idrochinone libero21. Comunque, in attesa di nuovi e ulteriori indagini tossicologiche, è buona norma attenersi alle direttive della Commissione E del BfArM ed evitarne l’uso. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) Frutto fresco di mirtillo: il frutto maturo, fresco o congelato, contenente al minimo 0,3% di antocianine espresse in cloruro di cianidina 3-O-glucoside (crisantemina) Frutto secco di mirtillo: il frutto maturo essiccato, contenente al minimo 1% di tannini espressi in pirogallolo. L’estratto secco purificato e titolato (frutto) contiene tra 32,4% e 39,6% di antocianine espresse in cloruro di cianidina3-O-glucoside. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media (frutto essiccato): 20-60 g /die per os; decozione al 10% (uso locale) (Commissione E del BfArM). Infuso (foglie): 1 g per tazza di acqua bollente; diverse tazze al dì. Non usare per periodi prolungati. Estratto Fluido: 1-2 g al dì (1 g = 31 gocce). Infuso (frutti): 4 cucchiai da minestra di frutti essiccati per litro di acqua. Fare bollire per 10 minuti. Filtrare e bere durante la giornata. Per i bambini: 1-2 tazze al dì. Polvere (frutti): 100-200 mg per cps (anche in associazione): 1 cps 3 volte al dì. Estratto secco contenente 50-120 mg/die di antocianine (equivalenti a circa 20-50 g di frutto fresco)22. Estratti standardizzati contenenti 36% di antocianine: 320-480 mg/die (ESCOP). Vaccinium myrtillus T.M. (da frutto fresco): 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalle foglie fresche (titolo 65°) e dalla bacca matura fresca o congelata (titolo 55° a 1/20). Formulario Micosi O.E. Cannella O.E. Santoreggia O.E. Timo Vaccinium myrtillus Alcol a 60° S/Per toccature

ana 1g T.M. 30 g q. b. p. 125 ml 839

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Colon irritabile Vaccinium myrtillus Valeriana officinalis Pimpinella anisum S/50, diluite in acqua, 1-3 volte al dì

T.M. 40 ml T.M. 20 ml T.M. 10 ml in flacone unico

Turbe della visione Vaccinium myrtillus Daucus c. S/1 cps 2-3 volte al dì

polvere 100 mg polvere 150 mg per cps

Tonico venoso e capillare Vaccinium myrtillus Vitis v. Melilotus o. S/50, diluite in acqua, 1-3 volte al dì

T.M. T.M. T.M. ana parti in flacone unico

Emorroidi Achillea m. Vaccinium myrtillus Vitis v. S/50, diluite in acqua, 1-3 volte al dì

T.M. T.M. T.M. ana parti in flacone unico

Enterite Vaccinium myrtillus polvere 150 mg Alchemilla v. Ribes nigrum S/1 cps 2-3 volte al dì

polvere 150 mg polvere 100 mg per cps

Curiosità • Gli antocianosidi rappresentano le sostanze coloranti naturali ammesse dalle normative dei più svariati paesi. Il mirtillo è utilizzato dall’industria farmaceutica per l’estrazione degli antocianosidi. • Il nome mirtillo viene alla pianta da Mirto, pianta sacra ai Persiani, alla quale somigliano molto le foglie e i frutti. • La prima prescrizione terapeutica si deve a Dioscoride il quale segnalava la pianta nel trattamento delle forme dissenteriche. • Arnaldo da Villanova (1240-1311) attribuisce alla pianta virtù antiemorroidarie, per cui consiglia, per guarire, di sedersi su di un cuscino di foglie di mirtillo e di rose bollite. • Durante la Seconda Guerra Mondiale i piloti della RAF che consumavano una grande quantità di marmellata di mirtilli sembravano possedere una migliore acuità visiva notturna. Studi successivi hanno dimostrato l’esattezza di tale segnalazione del tutto empirica! Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 432. 2 Mills B., Bone K., op. cit., p. 262. 3 Bruneton J, 2009, op. cit., ibidem.

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Wichtl M. et al., op. cit., p. 352. Rombi M., op. cit., p. 195. 6 Magistretti M.J., Conti M., Cristoni A., 1988, Arzneim-Forsch. 38, 686-690; Cristoni et al., 1987, Il farmaco, 42, 29. 7 Bruneton J, 2009, op. cit., ibidem. 8 Bone K., Morgan M., 1997, The Vision Herb., MediHerb Professional Review, 59, 1-4. 9 Capsso F., 2011, op. cit., p. 255. 10 Lau FC, Shukitt-Hale B, Joseph JA., 2005, The beneficial effects of fruit polyphenols on brain aging. Neurobiol Aging, 26 Suppl 1:128-32; Joseph JA, Shukitt-Hale B, Casadesus G, 2005, Reversing the deleterious effects of aging on neuronal communication and behavior: beneficial properties of fruit polyphenolic compounds. Am J Clin Nutr, 81(1 Suppl):313S-316S. 11 Krikorian R, Shidler MD et al., 2010, Blueberry supplementation improves memory in older adults. J Agric Food Chem, 14;58(7):3996-4000. 12 Neto CC., 2007, Cranberry and blueberry: evidence for protective effects against cancer and vascular diseases. Mol Nutr Food Res, 51(6):652-64. Review. 13 Bruneton J, 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 309. 14 Fokina G.I. et al., 1993, The antiviral action of medicinal plant extracts in experimental tickborne encephalitis, Vopr. Virusol., 38, 170-3. 15 Cohen-Boulakia F. et al., 2000, In vivo sequential study of skeletal muscle capillary permeability in diabetic rats: effect of anthocyanosides, Metabolism. 49, 880-5. 16 Rombi M., op. cit., p. 195. 17 Krauss L., Reher G., 1982, Dtsch. Apoth. Ztg., 122, 2357; Wichtl Max et al., op. cit., p. 348. 18 Bruneton J, 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 432. 19 Proserpio G. et al., op. cit., p. 573. 20 Mills B., Bone K., op. cit., p. 262. 21 Bruneton J, Plantes toxiques, op. cit., p. 259. 22 Mills B., Bone K., ibidem. 4 5

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Nome comune: Mirtillo rosso Francese: Airelle rouge; Myrtille rouge Inglese: Alpine cranberry; Cowberry Tedesco: Preiselbeere Spagnolo: Arándano rojo Famiglia: Ericaceae Parte utilizzata: foglie e frutti; giovani getti Costituenti principali: – glucosidi fenolici (arbutina), flavonoidi, tannino catechico – antocianosidi, tannini, zuccheri (frutti) In particolare: – arbutina, idrossichinone (4-9%) – tannino catechico (8%), tannino pirogallico – flavonoidi (0,9%): iperoside, avicularina, isoquercitrina ecc. – acidi triterpenici: acido ursolico e acido oleanolico – acidi organici; sali minerali (Fe e Mn) Attività principali: antisettica urinaria; antinfiammatoria; astringente; ipoglicemizzante Impiego terapeutico: cistiti; coadiuvante nelle forme lievi di diabete

Utilizzo medico Le foglie di mirtillo rosso, ricche in arbutina, sono dotate di una spiccata attività antisettica a livello delle vie urinarie. La percentuale di arbutina è circa la metà rispetto a quella presente nelle foglie di Uva ursina, quindi per poter ottenere un’uguale attività antisettica-urinaria, se ne dovrà utilizzare per lo meno il 30% in più1. Grazie alla concentrazione in tannini relativamente bassa, le preparazioni della pianta risultano ben tollerate. In passato le foglie venivano utilizzate nel trattamento delle forme reumatiche e nella gotta. Le foglie contengono inoltre una certa quantità di neomirtillina, glicoside dell’acido gallico, che possiede proprietà ipoglicemizzanti, per cui vengono utilizzate, in formulazioni, come coadiuvanti nelle forme moderate di diabete (diabete senile). Il frutto, commestibile, se essiccato possiede proprietà astringenti: per questo motivo è a volte impiegato nel trattamento delle enteriti. È stato segnalato che i frutti contengono sostanze (antiadesine) in grado di inibire l’adesione del colibacillo a livello di vescica e intestino, confermando l’uso tradizionale della pianta nel trattamento delle enteriti e delle cistiti in particolar modo2. Gemmoterapia: i giovani getti rappresentano il rimedio specifico di tutti i disturbi che colpiscono il colon. Studi sperimentali hanno dimostrato un’azione regolatrice, di tipo bifasico, sulla motilità del colon: in caso di inerzia esplicano azione stimolante, tonica; in caso di spasmo e ipertonia, si rivelano sedativi, antispasmodici. L’impiego del gemmoderivato (Vaccinium vitis idaea M.G.1DH) risulterà pertanto prezioso sia nel trattamento della stipsi sia in quello delle coliti (colon irritabile, colite spastica, meteorismo ecc.). Per l’attività disinfettante a livello dell’apparato urinario e intestinale (è in grado di neutralizzare colture di colibacilli e bacilli di Eberth) è indicato nel trattamento delle cistiti a ripetizione e nelle colibacillosi. I giovani getti di Vaccinium vitis idaea risultano essere inoltre un ottimo specifico in tutte quelle situazioni ove 842

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prevale la ialinizzazione dei tessuti, sia a livello vascolare (aterosclerosi ialina) sia di organo (ialinosi ovarica nel post-menopausa, fibromioma uterino, adenoma tiroideo ecc.) e, per l’azione sul tessuto connettivo, nell’invecchiamento prematuro. Può essere considerato pertanto, anche grazie all’azione estrogenica che esercita, il rimedio della donna in menopausa in grado di riattivare la funzionalità delle ovaie ialinizzate. Sarà inoltre indicato nei disturbi da carenza estrogenica, quali disturbi trofici vaginali e cutanei, alterazioni dell’umore, caldane, osteoporosi. In quest’ultimo caso risulta importante anche il migliorato trofismo a livello della mucosa intestinale che permette, tra l’altro, un aumentato assorbimento di calcio3. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Preparazioni a base di foglie non devono essere assunte per periodi prolungati o ad alti dosaggi perché l’arbutina potrebbe essere tossica (epatotossicità ecc.)4; per la presenza di tannini può provocare nausea e vomito. Evitare l’uso in gravidanza, allattamento e pediatria (foglie). Risulta sicuro l’uso del gemmoderivato (indicazione medica). Forme farmaceutiche e posologia Posologia giornaliera: 2 grammi di foglie essiccate. Infuso: infondere 2 grammi di foglie essiccate in 150 ml di acqua bollente per 10-15 minuti. Vaccinium vitis idaea M.G.1DH: 50 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì. Vaccinium vitis idaea T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dal ramo fogliato fresco con frutto (titolo 65°). Formulario Menopausa precoce Vaccinium vitis idaea M.G.1DH S/50 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì Cistite Vaccinium vitis idaea T.M. Hieracium p. T.M. Eschscholtzia c. T.M. ana parti S/40 gocce in Camomilla 3 volte al dì per 10 giorni Curiosità • Chiamato anche Vite del monte Ida: questo monte si trova a Creta ove la pianta peraltro non è presente. Si tratta pertanto di un errore che, nel XVI secolo, fecero Dodoens e Gesner dato che presso gli antichi la pianta non era conosciuta con questo nome. • Le foglie venivano utilizzate per sofisticazioni delle foglie di Uva ursina. Note bibliografiche 1 Van Hellemont J., op. cit., p. 417. 2 Bruneton J, 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 309. 3 Campanini E., 2005, Manuale pratico di gemmoterapia, op. cit., pp. 157-160. 4 Gruenwald J, Brendler T, Jaenicke C, 1998, PDR for Herbal Medicines, 1st ed., Montvale, NJ: Medical Economics Company, Inc.

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Nome comune: Valeriana Francese: Valériane officinale; Herbe aux chats Inglese: Valerian; Cat’s valerian; Tedesco: Baldrian Spagnolo: Valeriana Famiglia: Valerianaceae Parte utilizzata: radice, rizoma Costituenti principali1: – olio essenziale (0,2-2,8%)*: monoterpeni: acetato di bornile, acetato di mirtenile, camfene, pineni ecc.; sesquiterpeni non volatili (acidi carbossilici ciclopentanici): acido valerenico, acido acetossivalerenico, acido idrossivalerenico**; sesquiterpenivolatili: valeranale, valerianolo, valerenolo e suoi esteri, valeranone, alcol kessilico, eudesmatriene e altri carburi – iridoidi o Valepotriati (0,8-1,7%): valtrato e isovaltrato come maggioritari (instabili si degradano in baldrinali) – alcaloidi (tracce): actinidia, naftiridilmetilcetone; acidi-fenoli; acido γ-amino-butirrico; – flavonoidi * la sua composizione varia secondo la stagione, le condizioni di coltura e soprattutto i procedimenti di ottenimento (radice secca o fresca, idrodistillazione o estrazione) ** la concentrazione in acido valerianico e dei suoi derivati (0,2-0,7%), delle migliori varietà coltivate, è massima in marzo (anche 0,9%) La radice fresca è pressoché inodore: durante l’essiccamento compare il tipico odore dovuto alla liberazione dell’acido isovalerianico Attività principali: sedativa, spasmolitica, ipnotica Impiego terapeutico: sindromi ansiose, stati di nervosismo, bolo isterico e palpitazioni, convulsioni (come coadiuvante), insonnia (> affaticamento intellettuale e da stress), cefalea, emicrania; spasmi gastrici e colici

Utilizzo medico Valeriana officinalis è indicata, da sola o in combinazione con altre piante (melissa, Passiflora ecc.) in alternativa alle benzodiazepine per il trattamento di lievi stati d’ansia e dei disturbi transitori del sonno e in ogni caso non associati a gravi disturbi mentali2. Risulta efficace nel controllare l’agitazione motoria, i dolori cardiaci di origine nervosa, le cefalee, la neurastenia e come antispasmodico negli spasmi gastrici e colici di origine nervosa. Viene utilizzata pertanto come sedativo del sistema nervoso centrale e risulta particolarmente utile nelle difficoltà di addormentamento e negli spasmi gastrointestinali di origine nervosa. La pianta agisce favorevolmente sul sonno riducendo il tempo di addormentamento e migliorandone la qualità. Dalla letteratura3 emerge anche che per ottenere un miglioramento nei disturbi del sonno è necessaria una somministrazione prolungata nel tempo (oltre le due settimane): «...il sonno ad onde lente si installa più rapida844

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mente dopo trattamento con valeriana e la sua proporzione in rapporto alla durata totale del sonno aumenta (differenze significative). Si osserva anche una tendenza al miglioramento della percezione soggettiva della qualità del sonno (tempo di addormentamento)»4. Secondo l’EMEA (European Medicines Agency): «Gli estratti acquosi e idroalcolici delle radici di Valeriana officinalis, assunti per via orale alle dosi raccomandate, sembrano efficaci nel ridurre il tempo di latenza necessario ad addormentarsi, nel ridurre la frequenza dei risvegli notturni, nel prolungare la durata del riposo notturno, migliorandone la qualità e, conseguentemente, il benessere dell’individuo durante la giornata»5. È stato pubblicato uno studio multicentrico in doppio cieco, randomizzato, a gruppi paralleli, senza placebo, che ha coinvolto 202 pazienti ambulatoriali (18-73 anni) con diagnosi di insonnia (da 3.5 mesi). Questi pazienti sono stati trattati per 6 settimane sia con 600 mg/die di estratto di valeriana (LI 156) sia con 10 mg/die di oxazepam. La qualità del sonno (Sleep quality-SQ) è stata misurata dopo 6 settimane attraverso il questionario Sleep Questionnaire B (SF-B; CIPS 1996): è emerso che la somministrazione di 600 mg/die di estratto di valeriana (LI 156) risultava altrettanto efficace del trattamento effettuato con 10 mg/die di oxazepam. Per entrambi i trattamenti vi era un notevole miglioramento della qualità del sonno rispetto al baseline (p < 0,01). Le altre sottoscale SF-B, ossia sensazione di riposo dopo il sonno (GES), stabilità psichica la sera (PSYA), esaurimento psichico la sera (PSYE), sintomi psicosomatici nella fase del sonno (PSS), ricordo del sogno (TRME) e durata del sonno, hanno confermato effetti simili per entrambi i trattamenti. Clinical Global Impressions scale (CGI) e Global Assessment of Efficacy (medico e paziente) hanno mostrato, inoltre, effetti simili per entrambi i trattamenti. Si sono verificati eventi avversi in 29 pazienti (28,4%) che ricevevano l’estratto di Valeriana e in 36 pazienti (36,0%) sotto oxazepam: i disturbi sono stati tutti classificati da lievi a moderati. Non si sono verificate gravi reazioni avverse in entrambi i gruppi. La maggior parte dei pazienti ha valutato il trattamento ricevuto “molto buono” (82,8% nel gruppo valeriana, 73,4% nel gruppo oxazepam)6. Un promettente studio preliminare relativo all’impiego della Valeriana (20 mg/kg die di estratto secco titolato all’1,10% di valtrato/isovaltrato) utilizzato per risolvere i problemi del sonno in bambini (7-14 anni) con deficit intellettivo (Q.I. < 70 secondo la Weschler Intelligence Scale for Children) ha evidenziato che la somministrazione della pianta è in grado di determinare, rispetto al placebo, una significativa riduzione della durata di latenza del sonno, della veglia notturna, allungamento della durata del sonno e miglioramento della qualità. La terapia è risultata più efficace nei bambini ipercinetici. Lo studio ha confermato, indirettamente, la validità e la sicurezza della pianta in ambito pediatrico7. Svariati sono gli studi sperimentali (anche in doppio cieco) effettuati con preparati di Valeriana, tesi a dimostrare come la reale efficacia clinica della pianta sia disgiunta da fenomeni collaterali. La Valeriana presenta infatti dal punto di vista farmacologico azioni tipicamente sedative, a lato di effetti positivi sulla coordinazione motoria, sull’efficienza e concentrazione. Assunta la sera, prima di coricarsi, non incide il giorno seguente sulla concentrazione e i tempi di reazione; si è visto invece che nelle due ore successive alla sua assunzione si assiste a un lieve calo della vigilanza8. Secondo alcuni autori l’attività della pianta sarebbe dovuta per 1/3 all’olio essenziale e per 2/3 ai valepotriati. Sarebbero i valepotriati a esercitare l’azione sedativa più marcata, mentre quella dell’olio essenziale si manifesterebbe più lentamente 845

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ma in modo durevole. I valepotraiti agiscono a livello della formazione reticolata e non a livello del sistema limbico come le benzodiazepine e il meprobamato. Scrive Della Loggia (Università di Trieste): «Vi sono ad oggi fondati motivi per ritenere che l’azione sedativa di preparazioni prive di valepotriati, come gli infusi, la tintura (F.U.) e i preparati a base di estratti non titolati, o titolati in componenti diversi dai valepotriati, sia da attribuire al sinergismo tra i diversi componenti»9. L’azione sedativa della Valeriana si basa su un meccanismo di azione che coinvolge il sistema dell’acido gamma-aminobutirrico (GABA) e il recettore per le benzodiazepine: non è stato ancora identificato, tuttavia, quale o quali siano i principi attivi coinvolti10. Con la scoperta (Thies, 1968) dei valepotriati (non idrosolubili11, lipofili e instabili), si ritenne che l’attività della pianta fosse a essi imputabile. Esaminando però le varie formulazioni in commercio, vantate per l’attività sedativa, ma prive di tali principi, vennero identificati altri principi attivi implicati (baldrinali: prodotti di decomposizione dei valepotriati) e, in particolare, i componenti dell’olio essenziale (acido valerenico e valerenale). L’acido valerenico, presente nell’olio essenziale, manifesta un’azione spasmolitica e miorilassante e, assieme ai sesquiterpeni a esso affini, un effetto sedativo legato all’inibizione del catabolismo dell’acido gamma-aminobutirrico (GABA), importante mediatore inibente del SNC12. Una sperimentazione condotta per indagare il meccanismo biochimico della pianta, e che si è avvalsa del modello in vitro in cui sono isolati i sinaptosomi della corteccia cerebrale di ratto, ha dimostrato che l’estratto acquoso di Valeriana inibisce, in quantità di un microgrammo per milligrammo di proteine sinaptosomiali, del 50% l’uptake di acido γ-aminobutirrico, generalmente considerato il maggiore inibitore delle trasmissioni neuronali del sistema nervoso centrale e che svolge, quindi, un ruolo fondamentale nella farmacologia dell’ansia e dello stress. L’estratto acquoso inoltre induce il rilascio di ioni calcio. Sembra pertanto che i componenti del fitocomplesso della Valeriana siano in grado di influenzare il trasporto dell’acido γ-aminobutirrico13. I valepotriati e l’omobaldrinale diminuiscono la motilità spontanea della cavia14. Nel gatto, i valepotriati, somministrati per os, provocano modificazioni EEG simili a quelle indotte da imipramina e diminuiscono l’ansia e l’aggressività15. Per quanto riguarda l’azione spasmolitica si è visto che l’insieme dei valepotriati è più attivo della papaverina sull’ileo di cavia stimolato con istamina16; il valeranone e il diidrovaltrato rilasciano l’ileo stimolato con K e inibiscono gli spasmi indotti con cloruro di bario: l’azione è di tipo muscolotropo17. «La Valeriana si presta anche per sostenere l’affermazione che le piante medicinali sono delle miscele complesse di composti chimici, fra i quali è sempre molto difficile, talvolta impossibile, distinguere quelli che determinano la loro attività farmacologica. Nella Valeriana, la cui seppur blanda attività ipnotica e sedativa è universalmente riconosciuta, vi sono indubbiamente dei composti che, come l’acido valerenico, sono caratterizzati dalla stessa attività, ma la loro potenza non è sufficiente per giustificare quella della pianta integra»18. Uso esterno Per quanto riguardo l’uso topico, in passato le foglie venivano usate esternamente nel trattamento delle varici che, sembra, riducessero notevolmente, nelle ferite da punta e per diminuire la tumefazione dolorosa della gotta. Venivano applicati cataplasmi di foglie fresche sminuzzate sulle zone da trattare oppure un’infusione concentrata, 50-80 g per litro di acqua bollente, seguita da macerazione per 8 ore per fare lavaggi calmanti. 846

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Tossicità, interazioni ed effetti secondari Non si devono temere effetti secondari spiacevoli utilizzando Valeriana officinalis alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Scrive Bruneton: «La tossicità acuta della Valeriana nell’uomo è indubbiamente assai scarsa: le turbe – fatica, dolori addominali, tremore delle estremità, oppressione toracica, stordimento – consecutive all’ingestione volontaria di una ventina di grammi della polvere di radici sono regredite in 24 ore»19. A volte possono comparire nausea e vomito a causa del sapore sgradevole delle sue preparazioni. Solo con l’uso cronico talvolta possono manifestarsi lievi effetti collaterali quali cefalea eccitabilità, irritabilità, disturbi gastrointestinali, irrequietezza, sonnolenza diurna e difficoltà al risveglio al mattino, insonnia (quadro conosciuto un tempo come valeromania). L’assunzione di estratti di Valeriana in dosi fino a 1800 mg non sembra incidere in misura significativa a livello di umore o performance psicomotoria20. Assunta la sera, prima di coricarsi, non incide di solito il giorno seguente sulla concentrazione e i tempi di reazione, tuttavia, questo a volte potrebbe verificarsi. Si è visto invece che nelle 2 ore successive alla sua assunzione si assiste a un lieve calo della vigilanza21. V. officinalis può quindi ridurre debolmente la vigilanza: è quindi bene tenerlo presente prima di mettersi alla guida o usare macchinari pericolosi. Sono sati descritti sintomi da astinenza benzodiazepino-simili quando il trattamento viene interrotto bruscamente: dopo un uso prolungato infatti occorre scalare scalare lentamente la terapia22. Gravidanza e allattamento: si consiglia di evitarne l’assunzione in corso di gravidanza e allattamento (solo prescrizione medica, per uso limitato). Secondo quanto riportato da Bruneton, è preferibile non prescrivere la pianta in quanto «è chiaramente dimostrato in vitro che i valepotriati e i loro metaboliti, inibitori della sintesi degli acidi nucleici, sono dei citotossici potenti, mutageni e genotossici. Questi effetti constatati in vitro hanno un significato nell’uomo? Probabilmente no, visto il loro debole assorbimento intestinale e ciò che si sa sul loro metabolismo […]»23. Tuttavia, conclude l’autore, è possibile che permangano una citotossicità e mutagenicità residua e che un’assunzione regolare e prolungata nel tempo possa esporre a tali rischi, e quindi la prudenza è d’obbligo. Anche se questo rischio non è documentato, è preferibile, secondo Bruneton, utilizzare preparazioni sprovviste di valepotriati (estratti con titolo alcolico basso, estratti acquosi)24. Secondo HMPC-EMEA la Valeriana può essere assunta solo da adulti e da adolescenti oltre i 12 anni. Tali limitazioni non sono segnalate nella monografia della Commissione E del BfArM. Altri autori ne sconsigliano l’uso sotto i 3 anni di età25 e indicano come sicuro l’uso in pediatria quando utilizzata in modo appropriato e a breve termine (4-8 settimane)26. È bene comunque che le preparazioni di Valeriana siano assunte sotto controllo medico da bambini e anziani27. Sono stati segnalati rari casi di epatotossicità ma imputabili più che altro ad altre piante presenti nel mélange assunto dai pazienti28. Interazioni: come per tutte le piante ad azione sedativa è bene evitare la contemporanea assunzione con farmaci ad attività sedativo-ipnotica, antidepressivi, antiepilettici, farmaci antistaminici e con bevande alcoliche (“effetto potenzialmente addittivo”). Poiché la Valeriana prolunga il sonno indotto dai barbiturici, non deve essere assunta nei giorni che precedono interventi chirurgici che prevedono il loro uso. 847

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Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dagli organi sotterranei, essiccati, interi o frammentati contenenti al minimo 4ml/kg di olio essenziale e al minimo 0,17% di acidi sesquiterpenici, espressi in acido valerenico. L’estratto idroalcolico secco di valeriana è prodotto dalla radice utilizzando etanolo da 45 a 80% (v/v) o metanolo da 40 a 55% (v/v), con una concentrazione in acidi sesquiterpenici al minimo 0,25%, espressi in acido valerenico. L’estratto acquoso secco di valeriana è prodotto dalla radice con acqua al minimo a 60°; la concentrazione in acidi sesquiterpenici è al minimo 0,02%, espressi in acido valerenico. La tintura di valeriana presenta una concentrazione in acidi sesquiterpenici al minimo dello 0,0015%, espressi in acido valerenico. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (ESCOP): come dose singola, 1-3 g di droga o estratti equivalenti preparati con acqua o etanolo (max 70%), fino a 3 volte al giorno. Macerazione a freddo: 2 cucchiaini da caffè per tazza d’acqua (200 ml); macerazione per 8-10 ore; una tazza la sera come ipnotico leggero. Infuso: 2 -3 g di droga per tazza d’acqua calda: infondere per 10-15 minuti; da una a più volte al giorno (Commissione E del BfArM). Polvere di Valeriana: 500 mg per capsula: 3-4 al dì; da 3 a 5 capsule come sedativo diurno, particolarmente in caso di stress e agitazione motoria. Estratto secco (nebulizzato e titolato in acidi valerenici totali minimo 0,42%, Farmacopea italiana): 100-200 mg per cps (300-500 mg/die). Si consiglia di suddividere in 2 somministrazioni, l’ultima delle quale va presa circa 30 minuti prima di coricarsi. Tintura di Valeriana: un cucchiaino da caffè più volte al dì. Valeriana TM: 20-50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Bagno: 100g di droga per una vasca piena di acqua. Nota: La Commissione E del BfArM raccomanda una dose corrispondente a 2-3 g di droga secca per tazza, da assumere una o più volte al dì; tintura (1:5, etanolo al 70%): 1-3 ml, da 1 a più volte al giorno; estratti: quantità equivalenti a 2-3 g di radice, da 1 a più volte al giorno. HMPC-EMEA considera ottimale e sicuro un trattamento di 2-4 settimane e non più di 4 assunzioni/die; distingue l’indicazione “nervosismo” (fino a 3 volte al giorno) e l’indicazione “turbe del sonno”(un’assunzione unica 30-60 minuti prima di coricarsi la sera e in caso di bisogno un’altra assunzione nella notte). La posologia per presa (simile a quella della Commissione E del BfArM): 0,3-1 g di radici (polvere), 1-3 g (estratto liquido), 15 mg (olio essenziale), 15 mg (succo della pianta). Note di galenica Infusi, estratti, Estratto Fluido e tintura non contengono più valepotriati, termolabili e chimicamente instabili. Sono sensibili infatti a umidità, calore (> 40°), acidità (pH < 3). I valepotriati non sono estraibili con l’acqua ma tramite soluzioni idroalcoliche titolate al minimo 70% di etanolo. I valepotriati con il tempo si decompongono «pertanto una tintura di valeriana conservata per 1-2 mesi è meno tossica di una appena preparata»29. L’acido valerenico è soprattutto presente negli estratti idro-alcolici30. La Tintura Madre è preparata dalla parte sotterranea fresca (titolo 55°).

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Formulario Insonnia Passiflora i. T.M. Valeriana o. T.M. Crataegus o. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, nel tardo pomeriggio e 50 gocce prima di coricarsi* *Quest’associazione, classica nella sua formulazione, risulta valida nel trattamento dell’insonnia iniziale (difficoltà di addormentamento), nei risvegli notturni e nell’insonnia terminale Insonnia Melissa o. T.M. 40 ml Valeriana o. T.M. 20 ml in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, ore 18; 50 gocce mezz’ora prima di coricarsi Insonnia (menopausa) Actaea racemosa T.M. Valeriana o. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Tisana per dormire Fol. melissae Rad. valerianae ana Strobul. lupuli S/2 cucchiaini da caffè per tazza

20 g 5g

Eretismo cardiaco (stress) Crataegus o. T.M. 20 ml Valeriana o. T.M. 20 ml in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Sindrome ansioso-depressiva Hypericum p. T.M. Valeriana o. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Gocce geriatriche Ginkgo b. T.M. Valeriana o. T.M. Avena s. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì Tisana contro la dispepsia gastrica e la flatulenza (Ph. Helvetica VII) Calami rhizoma 15% Carvi fructus 30% Matricariae flos 25% Menthae piperitae folium 20% Valerianae radix 10% S/infuso al 3%; una tazza dopo i pasti 849

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Meteorismo Matricaria r. T.M. Mentha p. T.M. Valeriana o. T.M. Pimpinella a. T.M. Carum carvi T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, dopo i pasti principali Distonia neurovegetativa Lavandula o. T.M. 30 ml Valeriana o. T.M. 70 ml Mentha p. T.M. 25 ml in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì Curiosità • Il nome Valeriana deriva dal latino valere = avere forza/valore, godere buona salute e fa riferimento alle virtù terapeutiche attribuite alla pianta. Il nome compare per la prima volta intorno al X secolo. Dioscoride raccomandava la Valeriana come diuretico e antidoto contro i veleni, Plinio la considerava un analgesico, Galeno la prescriveva come decongestionante, la badessa Hildegarda da Bingen la raccomandava come tranquillante e sonnifero e, infine, Scopoli, Chomel, Sauvage e altri medici assicuravano di aver guarito numerosi casi di epilessia con la radice di Valeriana. • «Dall’epoca in cui Fabio Colonna, attaccato da una grave epilessia, fece un così felice uso della Valeriana sopra di se stesso, si è religiosamente riguardata questa pianta come il sovrano specifico di questa affezione» (Alibert J.L., 1768-1837). • Si dice che il pifferaio di Hamelin soggiogasse topi e bambini oltre che con il suo flauto magico, anche con la Valeriana. • I primi coloni in America scoprirono che diverse tribù indiane usavano le radici polverizzate della specie indigena di Valeriana per curare le ferite. La pianta fece il suo ingresso nella Farmacopea degli Stati Uniti come tranquillante nel 1820. • «La pianta fiorita emana un gradevole profumo etereo, che non ha nulla a che vedere con l’odore della pianta secca» (Capasso F.). • Cazin, medico francese del XIX secolo, raccomandava l’uso della Valeriana nel trattamento del diabete magro. • Durante la Prima Guerra Mondiale la Valeriana divenne di uso molto comune per contrastare l’esaurimento nervoso causato dai bombardamenti dell’artiglieria. Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 740. 2 Schmitz M., Jackel M., 1998, Comparative study for assessing quality of life of patients with exogenous sleep disorders (temporary sleep onset and sleep interruption disorders) treated with a hops-valarian preparation and a benzodiazepine drug. Wien Med.Wochenschr. 148, 291-8. 3 Donath F., Quispe S. et al., 2000, Critical evaluation of the effect of valerian extract on sleep scture and sleep quality, Pharmacopsyhiatry, 33, 47-53. 4 Bruneton J, Phyotherapie…, op. cit., p. 156. 5 European Medicines Agency (EMEA), Evaluation of Medicines for Human Use. Community herbal Monograph on Valerian root (Valeriana, radix). Doc. Ref. EMEA/HMPC/340719/2005, 2005; 1-5. 6 Ziegler G, Ploch M, Miettinen-Baumann A, Collet W., 2002, Efficacy and tolerability of va-

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lerian extract LI 156 compared with oxazepam in the treatment of non-organic insomnia. A randomized, double-blind, comparative clinical study. J Med Res, 25;7(11):480-6. 7 Francis A.J.P., Dempster R.J.W., 2002, Phytomedicine, 9, 273-9. 8 Gutierrez S, Ang-Lee MK et al., 2004, Assessing subjective and psychomotor effects of the herbal medication valerian in healthy volunteers. Pharmacol Biochem Behav, May;78(1):57-64. 9 Wichtl M. et al., op. cit., p. 515. 10 Ortiz J.G., Nieves-Natal J., Chavez P., 1999, Effects of Valeriana officinalis extracts on [3H] flunitrazepam binding, synaptosomal [3H]GABA uptake, and hippocampal [3H]GABA release, Neurochem. Res., 24, 1373-78. 11 Van Hellemont J., op. cit., p. 418. 12 Wichtl M. et al., op. cit., p. 515. 13 Santos M.S. et al., 1994, Planta Med, 60, 278-9. 14 Wagner H. et al., 1980, Planta Med, 38, 358-365. 15 Ammelounx P. et al., 1978, Planta Med, 33, 282-3. 16 Wagner H., Jurcic K., 1975, Planta Med, 37, 84-95. 17 Hazelhoff B. et al., 1982, Arch. Int. Pharmacodyn., 257, 274-287. 18 Monti L., 2000, 16 Monografie di Piante Medicinali Eccellenti, Studio Edizioni, Milano. 19 Bruneton J, Plantes toxiques…, op. cit., p. 344; Willey LB, Mady SP et al., 1995, Valerian overdose: a case report. Vet Hum Toxicol, 37:364-5. 20 Glass JR, Sproule BA, Herrmann N et al., 2003, Acute pharmacological effects of temazepam, diphenhydramine, and valerian in healthy elderly subjects. J Clin Psychopharmacol. 23:260-8; Gutierrez S, Ang-Lee MK et al., 2004, Assessing subjective and psychomotor effects of the herbal medication valerian in healthy volunteers. Pharmacol Biochem Behav, 78:57-64. 21 Bruneton J, Phytothérapie…, op. cit., p. 156; Kuhlmann J, Berger W et al., 1999, The influence of valerian treatment on “reaction time, alertness and concentration” in volunteers. Pharmacopsychiatry. 32:235-41. 22 Garges HP, Varia I, Doraiswamy PM, 1998, Cardiac complications and delirium associated with Valerian root withdrawal. [Letter to the Editor]. JAMA, 280:1566-7. 23 Bruneton J, Phytothérapie…, op. cit., p. 158. 24 Bruneton J, 2009, op, cit., p. 745. 25 Mills B., Bone K., op. cit., p. 318. 26 Muller SF, Klement S, 2006, A combination of valerian and lemon balm is effective in the treatment of restlessness and dyssomnia in children. Phytomedicine, 13:383-7; Francis AJ, Dempster RJ, 2002, Effect of valerian, Valeriana edulis, on sleep difficulties in children with intellectual deficits: randomised trial. Phytomedicine, 9:273-9. 27 OMS: monografie di piante medicinali, Società Italiana di Fitoterapia, Siena, 2002. 28 Bruneton J, 2009, op, cit., p. 745; MacGregor FB, Abernethy VE et al., 1989, Hepatotoxicity of herbal remedies. BMJ, 299:1156-7. 29 Capasso F., 2011, op. cit., p. 170. 30 Miller L.G., 1998, Herbal medicinals: selected clinical considerations focusing on known or potential drug-herb interactions, Arch. Intern. Med., 158, 2200-11. Bruneton J, 2009, op. cit., p. 742.

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Vanilla planifolia Andrzeiowski

Nome comune: Vaniglia Francese: Vanille Inglese: Vanilla Tedesco: Vanille Spagnolo: Vanilla Famiglia: Orchidaceae Parte utilizzata: frutti (silique) * la vaniglia è rappresentata dal frutto raccolto prima della maturazione completa, fermentato e essiccato. Costituenti principali: – frazione volatile e aroma*: vanilloside da cui per sdoppiamento, durante la fermentazione, si forma 1,5- 4% di vanillina (anche 10% in alcuni cultivar); alcol vanillico, alcol anisico e benzoato di benzile; vitispirano; (+)-trans-α-anione; derivati acido benzoico – esteri dell’acido salicilico e dell’acido caffeico – derivati del furano: furfurale ecc.; mucillagine; lipidi; cere; tannini ecc. – monosaccaridi, oligosaccaridi: glucosio e fruttosio (insieme, 15-20%), saccarosio (35%) * la base dell’aroma è dato dalla presenza di vanillina la quale tuttavia non riesce da sola a riprodurre l’inimitabile profumo che conferiscono ai derivati della bacca tutti i composti secondari presenti in questa: ciò spiega il pregio commerciale che i derivati della Vaniglia naturale hanno rispetto a quelli sintetici o alla vanillina da sola1. Il frutto fresco nel quale non è ancora intervenuto il processo di fermentazione non presenta alcun profumo Attività principali: aromatizzante, digestiva, coleretica stimolante; antiossidante Impiego terapeutico: dispepsia

Utilizzo medico La Vaniglia, una liana originaria del sud-est del Messico, Bolivia, Paraguay, Argentina del nord e Antille, grazie al sapore aromatico è un regolatore dell’appetito e presenta dal punto di vista terapeutico proprietà debolmente coleretiche e stimolanti digestive. Può risultare utile, anche se di scarso impiego, nelle forme di atonia gastrica e nella disappetenza. Nelle varie edizioni dei Medicamenta vengono segnalate altresì proprietà afrodisiache ed eccitanti. Anche la medicina popolare le attribuisce proprietà afrodisiache e la raccomanda per trattare la dismenorrea2. Come corroborante fa parte di numerosi preparati alimentari quali cacao, cioccolata, farine lattee ecc. Più che altro viene utilizzata come aromatizzante, in particolare nell’industria alimentare e dei profumi. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Sono segnalati fenomeni irritativi della cute in seguito a contatto prolungato e ripetuto con i frutti. Gli operai incaricati di tritare e imballare la Vaniglia, ad esem852

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pio, possono presentare eruzioni cutanee, mal di testa, insonnia, aumento del flusso mestruale ecc. (“vanillismo”). Per questo motivo non sono conosciuti usi terapeutici topici della Vaniglia. L’azione irritativa e rubefacente è data dalla penetrazione nella pelle dei rafidi di ossalato di calcio (contenuti nella polvere di Vaniglia). Dal punto di vista cosmetologico viene utilizzata a bassi dosaggi come aromatizzante in rossi per labbra e lucida-labbra, unguenti e oli per massaggi. Occorre comunque saggiare la tollerabilità e la sensibilizzazione. Anche l’uso interno, a dosi improprie, può dare origine a fenomeni allergici (eczema, neurodermiti ecc.). Forme farmaceutiche e posologia3 Zucchero con vaniglia (1:20): 2-8 g. Tintura (1:10): 2-10 g. Note di galenica In Farmacia veniva utilizzata per mascherare sapori e odori sgradevoli: rientra ad esempio nella composizione dell’Elisir di Garus (stomachico). La Tintura Madre è preparata dal frutto essiccato (titolo 65°). Formulario Pozione stimolante aromatica (Benigni-Capra-Cattorini) Tintura di Vaniglia Tintura di Cannella aa 10 g Vino di Malaga 100 g Sciroppo corteccia arancio 50 g S/Da consumarsi a più riprese Curiosità • Già gli Aztechi utilizzavano la Vaniglia per profumare il cioccolato. • Venne introdotta in Europa dagli Spagnoli nel XVI secolo; il nome deriva dallo spagnolo vainilla, diminutivo di vaina = vagina, per la forma del frutto. La migliore Vaniglia è quella messicana. • Gli Stati Uniti sono i più grossi consumatori di Vaniglia. Note bibliografiche 1 Proserpio G. et al., op. cit., p. 756. 2 Teuscher E. et al., op. cit., p. 485. 3 Medicamenta, 1914.

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Veratrum album L.

Nome comune: Veratro; Elleboro bianco Francese: Vératre blanc; Ellébore blanc Inglese: White veratrum; False Hellebore Tedesco: Weiße Germer Spagnolo: Eléboro blanco Famiglia: Melianthiaceae (= Liliaceae) Parte utilizzata: rizoma (radice) Costituenti principali: – alcaloidi totali (1,5%) il cui insieme è formato da un complesso di alcaloidi steroidici (gruppo C-nor-D-omo-steroidi): jervina, rubijervina, veratramina e i glucosidi corrispondenti; protoveratine A e B Nota: anche le foglie contengono alcaloidi (0,2-1%), in particolare all’inizio del loro periodo vegetativo1 – proveratrine A e B Attività principali: antipertensiva Impiego terapeutico: desueto e sconsigliato

Utilizzo medico Un tempo utilizzata per trattare l’ipertensione arteriosa e l’insufficienza cardiaca, attualmente la droga non è più utilizzata a causa dell’elevata tossicità dei suoi alcaloidi, tra i più attivi del mondo vegetale. Nell’uomo e nei mammiferi esercitano azione bradicardizzante e ipotensivante dovuta in parte alla stimolazione del sistema parasimpatico. La stimolazione dei barorecettori del seno carotideo e dei centri vasomotori accresce l’effetto ipotensore. Si può manifestare, inoltre, effetto emetizzante, aritmia e un’azione diretta tossica sul miocardio. Gli alcaloidi del Veratro sembrano agire direttamente sulla membrana cellulare modificando la permeabilità agli ioni: aumento del canale sodico rapido a livello delle cellule eccitabili. Come risultato si ha un allungamento e un rinforzo della contrazione dei muscoli striati e un’azione inotropa positiva sul cuore isolato2. L’applicazione esterna determina irritazione, sensazione di bruciore, dolore e rossore secondario all’iperemia. La mucosa nasale reagisce con violenti starnuti: in passato venivano utilizzate polveri starnutatorie contenenti la droga che provocavano intossicazioni. Pomate al Veratro erano impiegate nella nevralgia del trigemino, nella nevralgia intercostale e nella miastenia, ma l’uso è da sconsigliare in quanto l’assorbimento cutaneo può essere pericoloso. Gli alcaloidi del Veratro risultano assai tossici negli animali a sangue freddo, tanto è vero che in passato la pianta veniva impiegata sotto forma di polvere come parassiticida esterno. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Il pericolo di intossicazione è reale e grave. I sintomi di intossicazione sono: sensazione di bruciore a livello della bocca e delle labbra, salivazione abbondante, vomi854

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veratrum album

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to abbondante, diarrea, tremori. Vertigini, cefalea, disturbi alla vista. Ipotensione arteriosa con rallentamento marcato del ritmo e diminuzione della diuresi. Segue depressione respiratoria con broncocostrizione, a volte pause respiratorie e rischio di collasso. Le dosi terapeutiche possono risultare già tossiche. Dose letale: 2 g. In letteratura, fra i vari casi di intossicazione, viene segnalato3 quello dovuto alla consumazione di un vino alla Genziana preparato artigianalmente: occorre prestare molta attenzione, infatti, in quanto la Genziana può essere confusa, da un raccoglitore inesperto, con il Veratro! Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla parte sotterranea fresca (titolo 65°). Curiosità • «Tutta la pianta si considerava da Teofrasto e da Catone talmente venefica, da poter comunicare un’azione diuretica e purgativa al vino, fatto coll’uva di viti, presso le quali fosse essa nata […]» (Targioni Tozzetti A., 1847). • Il nome potrebbe derivare da vere atrum = veramente nero, riferito alla radice; l’aggettivo album è riferito, invece, ai fiori bianchi. Note bibliografiche 1 Bruneton J, Plantes toxiques…, op. cit., p. 370. 2 Bruneton J, 1993, pharmacognosie…, op. cit., p. 875. 3 Ibidem; Bertrand F. et al., 1990, Sem. Hôp. Paris, 66,(13), 671-673.

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Verbascum thapsus L.

Nome comune: Tasso barbasso; Verbasco Francese: Bouillon blanc; Molène Inglese: Mullein Tedesco: Kleinblütige Königskerze Spagnolo: Gordolobo Famiglia: Scrofulariaceae Parte utilizzata: foglie; fiori Costituenti principali: – polisaccaridi (3%): acido uronico, galattosio, arabinosio (mucillagine) – flavonoidi (1,5-4%): apigenina, luteolina, rutina, esperidina – esteri osidici fenilpropanici; saponosidi (verbascosaponina ecc.) – iridoidi: aucubina, catalpolo e derivati; lignani eterosidici – olio essenziale in tracce (fiori); pigmenti gialli glicosidici (crocetina, xantofilla) – acidi fenilcarbonossilici: acido caffeico, ferulico, protocatechico – idrati di carbonio (11% di zucchero invertito) – alcaloidi (?) di tipo papaverinico Attività principali: emolliente, pettorale; antinfiammatoria; sedativa; vulneraria Impiego terapeutico: affezioni apparato respiratorio; forme reumatiche; coliti, emorroidi (foglie); disturbi del sonno; dermatiti

Utilizzo medico Il tasso barbasso o verbasco fa parte delle specie pettorali (verbasco, malva, rosolaccio, altea, antennaria, violetta). I fiori rientrano infatti nelle formulazioni di tisane bechiche e pettorali. Oltre alle specifiche attività pettorali, la pianta esercita un blando effetto sedativo (flavonoidi) utile per favorire la distensione e il sonno. Viene tradizionalmente impiegata nel trattamento sintomatico delle patologie infiammatorie a carico dell’apparato respiratorio, in virtù dell’azione mucolitica e induttrice della motilità ciliare delle mucose, per l’azione emolliente e sedativa svolta dalle mucillagini (effetto ricoprente e protettivo degli epiteli); le proprietà espettoranti sono dovute all’azione antinfiammatoria e tensioattiva sulle membrane da parte delle saponine. Ai flavonoidi (luteolina e apigenina) si deve, oltre all’azione antinfiammatoria e antispasmodica, quella antiallergica (inibizione di istamino-secrezione da parte dei mastociti)1. Gli iridoidi sono responsabili della proprietà antiflogistica, antimicrobica e antiallergica: l’aucubina, che si trova soprattutto nella foglia, sarebbe utile nella bronchite cronica asmatiforme. La tisana dei 4 fiori, utilizzata nel trattamento della tosse (vedi Formulazioni), risulta particolarmente indicata anche nei bambini, ai quali verrà somministrata «in tutte le affezioni lievi dell’apparato respiratorio, nella dose di un cucchiaio da dessert in una tazza, zuccherata col miele, o con lo sciroppo di liquirizia. Essa calma la tosse, favorisce l’espettorazione e facilita il sonno»2. 856

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La presenza di saponine e flavonoidi attribuisce al verbasco anche proprietà diuretiche e blandamente sedative che ne giustificano l’uso popolare come diaforetico e antireumatico. L’azione sfiammante e antalgica inoltre rende la pianta indicata nelle infiammazioni a carico della mucosa intestinale (clisteri o pozioni) e nella dismenorrea. «La stessa azione sedativa di fenomeni infiammatori locali può essere esercitata anche per via esterna mediante impacchi imbevuti della decozione dei fiori o cataplasmi di foglie»3. Il decotto dei fiori era in passato consigliato sotto forma di gargarismi nelle affezioni della gola. Viene infine segnalata un’azione ipotensiva e cardiotropa nell’animale. Uso esterno Il tasso barbasso si segnala in campo dermatologico per le proprietà addolcenti, antipruriginose e come antalgico e vulnerario nel trattamento di emorroidi, affezioni della bocca, scottature, punture di insetti, geloni ecc. In campo cosmetologico infusi e decotti risultano utili per il trattamento emolliente di pelli aride e screpolate4. In oftalmologia vengono consigliati colliri a base di verbasco per il trattamento di congiuntiviti allergiche. Il decotto delle foglie veniva impiegato per bagni e fomenti emollienti. Tossicità ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Porre, comunque, attenzione alla sua prescrizione nei soggetti ipotesi. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dai fiori essiccati (corolla e androceo), di Verbascum thapsus L., V. densiflorum Bertol. (V. thapsiforme Schrad.) e V. phlomoides L. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1-1,5 g per tazza d’acqua bollente; filtrare. Più tazze al dì. Viene spesso associato ad altre droghe contenenti mucillagine o saponine. Decotto al 5% (bollire 2 minuti): uso topico, impacchi. Polvere: 4-8 g al dì. Estratto secco: 300-600 mg al dì. Verbascum thapsus T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica È opportuno filtrare con cura l’infuso a causa dei peli di cui è ricoperto il fiore che possono risultare irritanti per la gola. La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Tisana dei 4 fiori (tosse) Malva, verbasco, rosolaccio, altea ana 20 g S/10 g in 150 ml, infondere per 15 minuti in acqua bollente; 3-4 tazze al dì lontano dai pasti

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Fiori pettorali Fiori di verbasco Fiori di rosolaccio Fiori di altea Fiori di malva Fiori di antennaria Fiori di violetta aa 100 g Miscelare. S/1-2 cucchiaini della miscela per tazza d’acqua bollente; lasciare in infusione per 5-10 minuti, filtrare e bere più tazze al dì Tè espettorante Verbasco fiori Altea foglie Anice frutti ana ad 50 S/2 cucchiaini da caffè per tazza d’acqua bollente; lasciare in infusione per 5-10 minuti, filtrare e bere più tazze al dì Decotto per gargarismi «Decotto per gargarismi: mescolare 20 g di fiori di Tasso barbasso a 20 g di foglie di malva. Fare bollire per un quarto d’ora in un litro di acqua e filtrare il liquido quando è tiepido. I gargarismi devono essere fatti più volte durante il giorno.5» Collutorio Infuso al 2% Sinusite Verbascum t. T.M. Agrimonia e. T.M. Echinacea a. T.M. in flacone unico S/30-50 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì Eczema, emorroidi Decotto al 5% (bollire 2 minuti): uso topico, impacchi. Emorroidi Ortica (foglie) Verbasco (fiori) Ippocastano S/Nell’acqua del bagno

100 g 30 g 30 g

Curiosità • Verbascum deriverebbe da barbascum, barbuto, con allusione alla lanugine di cui è ricoperta la pianta. • Dioscoride e Plinio utilizzavano la pianta nelle affezioni polmonari; S. Hildegarda la considerava un rimedio infallibile nel trattamento delle raucedini. • Da Leclerc: «[…] Bisognerà aver cura di filtrare con un panno a causa dei peli di cui è ricoperto il fiore che possono irritare la gola. È per aver trascurato questa precauzione che mi sono attirato i rimproveri di un paziente che era venuto a 858

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consultarmi a causa di una faringite granulosa accompagnata da fastidiosi bruciori, al quale avevo prescritto un infuso di Verbasco: mi domandò in tono agrodolce se era il modo di far assumere alle persone “dei pelucchi che grattavano”. Per fortuna, avevo a che fare con un adepto fervente dell’omeopatia: nulla mi fu più semplice per discolparmi di fargli credere che era una ingegnosa applicazione del precetto similia similibus curantur». Note bibliografiche 1 Goetz P., 1989, Revue de Phytothèrapie pratique, 3, 32. 2 Lieutaghi P., 1981, Il libro delle erbe, le loro proprietà medicinali, il loro uso culinario, dove trovarle, come coltivarle e raccoglierle, Milano, Rizzoli p. 337; Campanini E., 2002, Fitopediatria, Tecniche Nuove, Milano. 3 Negri G., op. cit., p. 324. 4 Proserpio G. et al., op. cit., p. 575. 5 Cecchini T., 1967, Enciclopedia delle Erbe e delle piante medicinali, Milano, Giovanni De Vecchi Editore, p. 327.

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Verbena officinalis L.

Nome comune: Verbena Francese: Verveine officinale Inglese: Common vervain Tedesco: Eisenkraut Spagnolo: Verbena Famiglia: Verbenaceae Parte utilizzata: pianta intera Costituenti principali: – iridoidi (0,2-0,5%): verbenalina, verbenina, astatoside – triterpeni: acido oleanolico, ursolico e derivati – eterosidi fenilpropanici: verbscoside (=acteoside), eukovoside – olio essenziale: citrale, terpeni, alcol terpenici – mucillagine Attività principali: analgesica, diuretica; coleretica; drenante; vulneraria Impiego terapeutico: drenaggio vie biliari; litiasi biliare; renella; ritenzione idrica; dermatiti; nevralgie (uso topico) Nota: Verbena officinalis L. non deve essere confusa con la verbena odorosa o cedrina = Lippia citriodora H.B.K. (fam. Lamiaceae) indicata nell’anoressia, ipotonia digestiva e meteorismo

Utilizzo medico L’azione antinfiammatoria e blandamente analgesica che da sempre è stata attribuita alla verbena sarebbe in parte giustificata dalla presenza nel fitocomplesso di iridoidi glucosidici ad azione antinfiammatoria e antidolorifica. Il medico francese Henri Leclerc (1935) impiegava, sembra con successo, l’Estratto Fluido (1-2 cucchiaini al dì) nel trattamento di forme lievi di nevralgia del trigemino. Sperimentazione in cavie, nelle quali era stato indotto a livello della zampa edema da carragenina, ha evidenziato che un estratto di Verbena officinalis applicato localmente manifesta un effetto antiflogistico simile a quello del piroxicam in gel (farmaco antiinfiammatorio non steroideo). L’attività analgesica, nella stessa sperimentazione, è risultata inferiore a quella ottenuta con un unguento a base di salicilato di metile1. Estratti della pianta hanno manifestato in vitro proprietà antiossidanti e antibatteriche2. L’azione antinfiammatoria e blandamente analgesica degli iridoidi, unitamente all’attività depurativa, ne rende interessante l’utilizzo nelle forme reumatiche. Alla pianta, inoltre, sono riconosciute dalla tradizione un’efficace azione sul ristagno del flusso biliare e proprietà depurative e diuretiche atte a rimuovere la renella e i piccoli calcoli. I suoi preparati, grazie alle virtù amaro-toniche, venivano prescritti in caso di «esaurimento per clorosi, anemia, crisi della pubertà e della menopausa, nonché negli ingorghi del fegato, della milza e del rene. Come tutte le droghe amare, le sono state inoltre attribuite proprietà antireumatiche e febbrifughe»3. Si segnala che al Peking Medical College è stato dimostrato che la pianta possiede un effetto sinergico con la prostaglandina E2, per cui i ricercatori hanno ipotizza860

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to di impiegare la pianta come abortiva4. A questo proposito è interessante leggere quanto asserito da Leclerc il quale ricorda di aver conosciuto una vecchia levatrice che consigliava tisane di Verbena alle partorienti il cui tono uterino si stava indebolendo e alle nutrici quando la montata lattea era insufficiente, e di averne ammirato l’intuizione in quanto, in seguito, si era potuto appurare che la verbenina possiede la proprietà di attivare le contrazioni uterine e di produrre un aumento marcato della secrezione lattea. Secondo studi datati gli estratti di Verbena possono presentare azione antitiroidea, in quanto alcuni componenti del fitocomplesso sarebbero in grado di bloccare i recettori della tireotropina o di legarsi a essa5. La medicina popolare consigliava la pianta come espettorante nelle forme bronchiali croniche e in caso di lattazione scarsa. Uso esterno Per uso esterno si applica l’infuso in compresse sulle parti dolenti: i cataplasmi servono a mitigare i dolori nevralgici e articolari, contribuendo a far regredire l’edema, se presente. Viene attuata l’applicazione di cataplasmi anche in caso di eczema e foruncoli, e di impacchi sulle contusioni. In gargarismi e sciacqui viene utilizzata nella faringiti, in caso di gengive atone e facili al sanguinamento e alla suppurazione, e in presenza di afte. Esiste anche un utilizzo in oculistica (lavande oculari). Tossicità ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Occorre, comunque, porre attenzione alla funzionalità tiroidea del paziente (supposta azione antitiroidea) ed evitarne l’uso in gravidanza. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle parti aeree, intere o frammentate, essiccate di Verbena officinalis L. raccolte durante la fioritura, contenenti non meno dell’1,5% di verbenalina. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: versare acqua bollente su 1,5 g di droga finemente tritata; filtrare dopo 10 minuti. Uso esterno: infuso al 5%. Verbena officinalis T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 65°). Formulario Vino di Verbena «Mettere in infusione per 24 ore in un litro di buon vino rosso 100 g di radice di Verbena e qualche buccia di arancia amara. Filtrare il vino e consumarlo a bicchierini prima dei pasti.6» Lattazione scarsa Verbena o. T.M. Trigonella f. g. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce in mezzo bicchiere di acqua 3 volte al dì lontano dai pasti 861

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Curiosità • Anticamente venivano attribuite alla Verbena proprietà afrodisiache. Verbena, potrebbe derivare da Herba veneris, erba di Venere. In latino Verbenae erano i rami sacri portati dai feziali (membri dell’antica corporazione sacerdotale latina cui erano demandate le ambascerie e la custodia dei trattati). • «Francesco Rabelais, medico e umorista, eruditissimo osservatore, attribuisce alla verbena una funzione interessante che sta in stretta relazione con le sue virtù magiche. Infatti nel suo meraviglioso libro delle avventure di Pantagruel (IV, cap. 3) egli consiglia un segreto per ottenere delle covate di piccioni tutto l’anno. Esso consiste nel dare ai piccioni “la sacre herbe verveine”. In questo modo egli ritiene facile di avere delle uova in tutti i mesi dell’anno. Lo strano si è che questo genere di prescrizioni non si trova a quanto io sappia che in questo autore. Ma è evidente che Rabelais conosceva benissimo la fama di afrodisiaco che era attribuita alla verbena e il nome di erba colombina che le era frequentemente dato negli antichi testi: si può quindi facilmente pensare, anche senza voler ammettere che la prescrizione sia stata copiata da un altro autore o raccolta dalla viva voce dei contadini, ciò che sembra più probabile, essa sia nata semplicemente dalla feconda fantasia dell’immortale umorista» (A. Castiglioni, 1935). Note bibliografiche 1 Calvo MI., 2006, Anti-inflammatory and analgesic activity of the topical preparation of Verbena officinalis L. J Ethnopharmacol, 11;107(3):380-2. 2 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 725. 3 Negri G., op. cit., p. 365. 4 Wichtl Max et al., op. cit., p 521. 5 Kolk M.A. et al., 1985, Endocrinology, 116, 1687. 6 Cecchini T, op. cit., p. 336.

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Veronica officinalis L.

Nome comune: Veronica; Tè svizzero Francese: Véronique officinale; Thé d’Europe Inglese: Common speedwell Tedesco: Ehrenpreis Spagnolo: Verónica Famiglia: Plantaginaceaea (ex Scrofulariaceae) Parte utilizzata: parte aerea fiorita Costituenti principali: – iridoidi (0,5-1%): catalpolo, veronicoside, verproside, ladroside, aucubina ecc. – flavonoidi: > derivati della luteolina – acido clorogenico, caffeico ecc.; triterpeni; β-sitosterolo – tannini, mannite; olio essenziale, saponine (tracce) Attività principali: espettoranti; emollienti; diuretiche e depurative; astringenti Impiego terapeutico: affezioni apparato respiratorio; affezioni reumatiche

Utilizzo medico Largamente utilizzata in passato, in particolare per il trattamento delle forme influenzali e da raffreddamento, rientra, insieme ad altre piante, nella formulazione del Tè svizzero, nome con il quale viene indicata in molti testi. La presenza di aucubina (azione antiallergica, antinfiammatoria e antimicrobica) e delle saponine la rende utile nella terapia della bronchite cronica e nell’asma bronchiale. L’infuso, di sapore amaro, può essere impiegato come bevanda prima dei pasti principali per favorire la funzionalità digestiva. Dotata di proprietà fortemente astringenti (tannini) e al tempo stesso emollienti, manifesta un’azione locale decongestionante marcata: l’infuso al 5% viene utilizzato per sciacqui e gargarismi; al 3% nei pruriti persistenti; al 2% nelle infiammazioni e affaticamento degli occhi (Refit). Tossicità ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1,5 g di droga per tazza d’acqua bollente;filtrare dopo 10 minuti; 2-3 tazze al dì. Veronica o. T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 65°).

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officinalis

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Formulario Aerofagia Veronica sommità fiorite 60 g Ribes foglie 20 g Liquirizia radice 20 g S/un cucchiaino del composto in una tazza di acqua bollente; infondere per 10 minuti. Assumere prima dei pasti Tisana aperitiva (Leclerc) Veronica foglie 60 g Ribes foglie 15 g Balsamita* foglie 15 g Liquirizia radice contusa 10 g S/un cucchiaio da minestra per tazza d’acqua bollente; infondere 20 minuti. Una tazza non zuccherata, 5 minuti prima dei pasti (*Balsamita = Tanacetum balsamita L. conosciuta anche come erba amara o erba di S. Pietro) Curiosità • Pianta dedicata a Santa Veronica, o per meglio dire, il nome fa riferimento al paragone che, nel Medio Evo, veniva fatto tra il fiore e l’impronta del viso di Cristo sul velo di Veronica. • La pianta era considerata una panacea, in particolare per il trattamento della tisi. Hofmann F., tra i più celebri medici degli inizi del XVII sec., «in una sua dissertazione intitolata De infusi veronica efficacia preferenda herbae teae, attribuì alla pianta notevoli proprietà diaforetiche, tonico-amare per nulla secondarie a quelle del tè cinese» (E. Riva, 2001). • «E in fatto se ne ottiene, principalmente in Germania, un’infusione teiforme, grata, aromatica, blandamente eccitante e diaforetica, […] è quello il solo uso, più economico che farmaceutico, cui possa utilmente venire destinata la veronica» (Scotti, 1872).

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290 • Viburnum

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opulus

L.

Viburnum opulus L.

Nome comune: Viburno; Sambuco d’acqua Francese: Viorne obier Inglese: Cramp Bark Tedesco: Schneeball Spagnolo: Viburno Famiglia: Adoxaceae (= Caprifoliaceae) Parte utilizzata: corteccia; gemme Costituenti principali: – catechine ed epicatechine – composti flavonici (non contiene amentoflavone) – cumarine: scopoletina e scopolina (in tracce) – acidi triterpenici: acido ursolico e oleanolico – resina amara (viburnina) Attività principali: spasmolitica (> a livello uterino), blandamente sedativa; ipotensiva; astringente Impiego terapeutico: dismenorrea; asma

Utilizzo medico La corteccia di V. opulus è uno spasmolitico più blando rispetto a Viburnum prunifolium che gli viene preferito. V. opulus non contiene amentoflavone e questo lo distingue dal prunifolium. La corteccia di Viburno possiede proprietà blandamente sedative e spasmolitiche principalmente a livello dell’utero e della pelvi. Non a caso era usata come “sedativo uterino”. Le preparazioni di Viburno contribuiscono a diminuire le contrazioni e il tono muscolare dell’utero per cui vengono utilizzate per sedare i dolori mestruali, nell’amenorrea, nella minaccia d’aborto e nelle turbe climateriche. La medicina popolare utilizza la pianta anche nel vomito gravidico. Può essere utilmente associata all’Achillea millefolium L. Per l’azione spasmolitica è utilizzata, sotto forma di Estratto Fluido o T.M., in caso di asma. Recentemente è stato pubblicato uno studio che ha evidenziato come la presenza delle proantocianidine (tannini) determini una importante azione antiossidante a livello della mucosa gastrointestinale di cavia1. Viene anche segnalato che diverse specie di Viburnum (sargenti, chinshanense, luzonicum ecc.) sono ricche in iridoidi di cui si conoscono le proprietà antiflogistiche e antalgiche, la cui presenza però è stata ancora segnalata nel V. opulus2. Mancano, a oggi, studi clinici che ne confermino un impiego sicuro della pianta. In Gemmoterapia si utilizzano le gemme del Viburnum lantana L. (Viburm lantana M.G.1DH) che manifestano un’azione sedativa sul sistema neurovegetativo. A livello dell’apparato respiratorio inibiscono lo spasmo bronchiale con regolazione del tono bronchiale. Sono indicate pertanto nel trattamento dell’asma nelle sue varie forme e della dispnea asmatiforme. Occorre, però, affinché l’azione del gemmoderivato si manifesti in modo completo, che gli venga associato Ribes nigrum M.G.1DH del quale sfrutta l’attività antiallergica e stimolante a livello della corteccia surrenale. Il suo impiego si è rilevato molto affidabile soprattutto nei bambini e negli adolescenti (Viburnum lantana M.G.1DH: 30-50 gocce, diluite in acqua, da una a più volte al dì). 865

290 • Viburnum

opulus

L.

Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Studi datati riportano che posologia elevate (ma non meglio definite) hanno causato una certa depressione del sistema nervoso3. Mancano però studi clinici che confermino un impiego sicuro della pianta. Nota: i frutti rossi del V. opulus sono generalmente considerati tossici e secondo segnalazioni datate provocano gastroenterite e intossicazioni anche mortali. «Tuttavia alcun caso di intossicazione dai frutti di V. opulus è stato riportato, nonostante i bambini li mangino di frequente. Comunque, la bibliografia fa allusione qualche volta alla consumazione di frutti maturi di altre specie di Viburnum (alnifolium, cassinoides, edule, lentago, opulus, prunifolium) sotto forma di gelée o di confettura, anche senza cottura. […] Pertanto i frutti non inducono turbe digestive (vomito, diarrea) se non quando sono consumati acerbi o in grande quantità.4» Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1,0 g di droga per tazza d’acqua bollente (infusione di 10 minuti); 3 tazze al dì. Polvere: 2-8 g al dì. Estratto Fluido: nell’adulto: 20-40 gocce (mezzo cucchiaino da caffè) più volte al dì (2-8 g al dì); nella giovane donna: 10-30 gocce, diluite in acqua, al dì. Viburnum prunifolium T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica Gli estratti acquosi e alcolici possiedono una spiccata attività spasmolitica. La Tintura Madre è preparata dalla corteccia essiccata (titolo 65°). Formulario Tisana contro le mestruazioni dolorose: Cort. Viburni prunifolii Flor. Chamomillae Fol. Menth. pip. ana 20 S/2 cucchiaini da caffè per tazza d’acqua bollente (infuso); diverse tazze al dì Curiosità • Viburnum deriva da viere = legare per l’elasticità dei rami. • «Sin dal 1866 il Phares usò il V. prunifolium nel trattamento delle coliche uterine e come antispasmodico e lo usò per primo per neutralizzare gli effetti di ecbolici ingeriti per provocare l’interruzione delittuosa della gravidanza e per diminuire le contrazioni dolorose post-partum» (P.E. Cattorini, 1949). Note bibliografiche 1 Zayachkivska OS et al., 2006, Influence of Viburnum opulus proanthocyanidins on stressinduced gastrointestinal mucosal damage. J Physiol Pharmacol. 57 Suppl 5:155-67. 2 Tomassini L, Gao J et al., 2005, Iridoid glucosides from Viburnum sargenti. Nat Prod Res. 19(7):667-71; Tomassini L, Gao J et al., 2006, Iridoid glucosides from Viburnum chinshanense. Nat Prod Res. 10;20(8):697-700; Fukuyama Y, Minoshima Y et al., 2004, Iridoid glucosides and p-coumaroyl iridoids from Viburnum luzonicum and their cytotoxicity. J Nat Prod. 67(11):1833-8. 3 American Herbal Pharmacopoeia. 4 Frohne D et al., op. cit., p. 109.

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291 • Vicia

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faba

L.

Vicia faba L.

Nome comune: Fava Francese: Fève Inglese: Horsebean Tedesco: Ackerbohne Spagnolo: Haba Famiglia: Fabaceae Parte utilizzata: semi, fiori Costituenti principali: – glucidi, proteine, lipidi – vitamine (A, C, tiamina, riboflavina, niacina) – ferro, calcio, fosforo Attività principali: nutrizionale Impiego terapeutico: desueto

Utilizzo medico Dal punto di vista terapeutico l’utilizzo è desueto: in passato si impiegava la farina dei semi (bollita) per trattare forme di diarree croniche dovute a infiammazione della parete intestinale (azione sfiammante e astringente); esternamente era impiegata in cataplasmi per accelerare la maturazione di foruncoli e ascessi. I fiori, in infusione, erano considerati diuretici, antispasmodici e aromatici. Tali infusi erano consigliati anche nel trattamento della renella e della calcolosi renale. Le fave presentano, dal punto di vista nutrizionale, qualità innegabili. Fresche contengono, infatti, glucidi (10 g per 100 g; 6 g dopo cottura), proteine (5-6 g) e fibre (6,5 g) in quantità tali da conferire loro proprietà nutrizionali interessanti. La concentrazione in zuccheri è simile a quella delle carote e dei carciofi: si tratta per l’85% di zuccheri complessi (amido) e per il 15% di zuccheri semplici (glucosio, saccarosio, fruttosio). La concentrazione in proteine è superiore a quella presente in qualsiasi altro legume fresco. Le proteine della fava sono molto ricche in lisina, ma leggermente deficitarie in amminoacidi solforati – metionina e cistina. Consumando contemporaneamente fave e cereali (che mancano in lisina), si realizza un’associazione ottimale per la qualità proteica dell’alimentazione. Le proteine della fava possono anche essere equilibrate da una piccola quantità di proteine d’origine animale. Scarsi i lipidi (0,3-0,6 g per 100 g) e rappresentati da acidi grassi insaturi (52% acido linoleico, 4% acido linolenico, 26% acido oleicomonoinsaturo). Le fave forniscono inoltre quantità non trascurabili di minerali: potassio (210 mg per 100 g dopo cottura), calcio (24 mg dopo cottura) e magnesio (18 mg). Numerose anche le vitamine: vitamina C (28 mg nella fava cruda, 12 mg dopo cottura), vitamine del gruppo B (in concentrazione più elevata rispetto alle altre verdure fresche), vitamina E (0,5 mg dopo cottura)1. Il contributo energetico della fava fresca è di 60 kcal per 100 g. Da segnalare, inoltre, che le fave fresche sono ipocaloriche per l’elevata percentuale in acqua, mentre quelle secche, ricche in zuccheri e proteine e povere in acqua, sono ipercaloriche (320 calorie per 100 grammi). Le fave secche si caratterizzano, inoltre, per un elevato contenuto in ferro (5 mg). 867

291 • Vicia

faba

L.

Tossicità, interazioni ed effetti secondari Rischio di favismo. La cattiva fama di cui godeva la pianta nell’antichità molto probabilmente è da ricondurre al fatto che alcuni individui, per la mancanza congenita di un enzima (glucosio-6-fosfato-deidrogenasi-G6PD) possono incorrere, anche per una consumazione modesta di questo alimento, nel favismo, malattia caratterizzata dalla rottura dei globuli rossi (emolisi) e conseguente comparsa di anemia emolitica con ittero. Essa si manifesta in modo improvviso, 12-48 ore dopo l’assunzione di fave. Questo difetto enzimatico si trasmette ereditariamente e in Italia è presente particolarmente al Sud e in Sardegna, ove la percentuale dei fabici è altissima, fino al 25% in certe zone delle province di Cagliari e di Oristano (Avis Sardegna)2. Curiosità • «Con i semi abbrustoliti si preparava un caffè considerato «utilissimo per i fanciulli… con zucchero e miele, nella dose di 4-5 cucchiai per volta, 3-5 volte al giorno. In poco tempo acquistano migliore aspetto, hanno più appetito, e crescono allegri e contenti» (G. Antonelli, 1941). • Considerata pianta alimentare, non sempre ha goduto di buona fama. Nell’antico Egitto era stimata un alimento impuro e la sua consumazione era interdetta ai sacerdoti, così come era considerato tabù l’attraversamento di un campo di fave. Questi campi infatti rappresentavano il luogo dove i morti attendevano la loro resurrezione e la fava era ritenuta l’embrione dei bambini che dovevano nascere. I Greci, come riporta Plinio, credevano che le fave fossero abitate dalle anime dei defunti e vedevano segni funesti nei fiori. Sembra che anche Pitagora, filosofo e matematico greco (VI-V a.C.), seguisse questi precetti e «le proscrisse dal vitto umano, e ciò nell’opinione che fossero malsane, o per altre idee superstiziose e funebri. Ma per altro quel precetto di Pitagora a fabis astine, alcuni pretendono che si debba intendere per star lontano da pubbliche cariche, in cui devesi dare il voto, e ciò colle fave, secondo che seguita ad usar sempre fin da remoto tempo in poi» (A. Targioni Tozzetti, 1847). La leggenda narra che il grande filosofo venne assassinato da sicari, dopo essersi trovato dinanzi a un campo di fave che avrebbe rifiutato di attraversare. Note bibliografiche 1 www.aprifel.com. 2 Campanini E., Piante medicinali in Sardegna, op. cit., p. 526.

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292 • Vinca

292

minor

L.

Vinca minor L.

Nome comune: Pervinca Francese: Petite pervenche Inglese: Lesser (small) periwinkle Tedesco: Kleine Immergrün Spagnolo: Brusela Famiglia: Apocynaceae Parte utilizzata: foglie Costituenti principali: – alcaloidi totali (0,3%-1%): vincamina (10%) e altri alcaloidi indolici (di tipo eburnano, aspidospermano e corianteano) * la foglia rappresenta una fonte industriale di vincamina – flavonoidi; tannini, fitosteroli, acido ursolico ecc. Attività principali: ipotensiva; spasmolitica; astringente e vulneraria Impiego terapeutico: ipertensione; disturbi circolatori cerebrali; insufficienza coronarica; turbe psicocomportamentali della senilità

Utilizzo medico In passato l’uso era particolarmente quello topico per via delle proprietà astringenti e vulnerarie, mentre, per via interna, la pianta veniva prescritta come digestivo, antidiarroico e galattogeno. Attualmente l’utilizzo della pianta è stato abbandonato in favore di quello della vincamina, il più importante degli alcaloidi presenti nella pervinca. La vincamina, alcaloide a nucleo indolico, agisce prevalentemente a livello del sistema vascolare cerebrale: è considerata un valido presidio geriatrico in quanto contribuisce a migliorare l’ossigenazione tissutale. Le turbe psico-comportamentali causate dalla senescenza cerebrale (a esclusione della malattia di Alzheimer e altre demenze)1, quali turbe della vigilanza e della memoria, vertigini ecc., rappresentano l’indicazione principale per questa molecola. Risulta utile anche nelle sequele di accidenti vascolari cerebrali, di traumatismi cranici, nelle turbe cocleovestibolari, nelle turbe retiniche di origine ischemica e nelle arteriopatie degli arti inferiori. La vincamina aumenta il flusso circolatorio cerebrale, ciò comporta aumento del consumo di ossigeno e glucosio (aumento glicolisi) che determina aumento della pCO2 e di conseguenza vasodilatazione2. Viene segnalata una debole biodisponibilità della molecola, il che ha condotto alla messa a punto di forme farmaceutiche a liberazione continua, in modo da permettere un assorbimento regolare a livello dell’apparato digerente. Esistono anche specialità che affiancano alla vincamina i flavonoidi (proprietà vasculoprotettive e antispasmodiche)3. L’azione ipotensivante attribuita alla vincamina è dovuta alla diminuzione della resistenza vascolare periferica (azione vasodilatatrice). Uno studio recente, effettuato da ricercatori dell’Università di Sassari, ha evidenziato che nel fitocomplesso della Vinca sardoa (Stearn) Pign., oltre agli alcalodi indolici e agli acidi fenolici, sono presenti sostanze ad alto potere antiossidante e quindi a potenziale attività biologica: luteolina, quercetina, cinidina, delfinidina e derivati (M. Usai et al., 2007). 869

292 • Vinca

minor

L.

Nota: Non si deve confondere la Vinca minor L. con la Vinca rosea L. o Catharanthus roseus (L.) G. Don. (pervinca del Madagascar), specie tropicale, dalla quale sono stati isolati, tra il 1958 e il 1965, la vincristina e la vinblastina, alcaloidi che agiscono bloccando la formazione del fuso mitotico, essenziale per la divisione cellulare (azione antitumorale). La vinblastina è particolarmente attiva nel trattamento del linfoma di Hodgkin, mentre la vincristina è attiva nelle forme leucemiche. A partire dalla vinblastina, nel 1978 è stata sintetizzata una nuova molecola, la navelbina, indicata nel trattamento delle forme tumorali del polmone e del seno. Le parti aeree della Vinca rosea sono impiegate solo a fini estrattivi, data la tossicità degli alcaloidi. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari o tossici con l’uso del fitocomplesso. L’impiego, anche prolungato, in geriatria, sembra non presentare alcun pericolo. La Commissione E del BfArM comunque, a causa degli studi insufficienti, non ne ritiene giustificato l’utilizzo in terapia. Occorre cautela nell’uso della vincamina, il principio attivo, in quanto può provocare modificazioni del ritmo cardiaco, quali bradicardia, aritmie, torsioni di punta, modificazioni ECG. ecc. Non associare a farmaci che possono provocare torsioni di punta4 (possibile sommazione d’effetto). La vincamina è controindicata in caso di neoformazioni cerebrali con ipertensione endocranica e nella donna in gravidanza. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 1 cucchiaino di droga per tazza, 2-3 volte al dì oppure 30 g di droga fresca o 15 g di secca per 500 ml di acqua5. Estratto Fluido: 2-5 g al dì. Vinca minor T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 2-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 55°). Formulario Geriatria Vinca m. T.M. 20 ml Ginkgo b. T.M. 40 ml in flacone unico S/40 gocce diluite in acqua, 2 volte al dì Curiosità • M.me de Sevigné nel 1684 scriveva alla figlia: «Infine, mia cara, comunque sia, consolatevi e guaritevi con la vostra buona pervinca, alquanto verde e amara, ma assai specifica ai vostri mali e di cui avete sentito grandi effetti: rinfrescatevene questo petto infiammato». Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 1175. 2 Ibidem, p. 1174. 3 Bruneton J, 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 838; Lounasmaa M., Tolvanen A., 1992, The alkaloids-Chemistry and Pharmacology, vol. 42, Academic Press, San Diego. 4 Bruneton J, 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 1175. 5 Negri G., 1979, p. 291.

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293 • Viola

293

odorata

L.

Viola odorata L.

Nome comune: Violetta; Viola mammola Francese: Violette; Violette odorante Inglese: Common violet; Garden violet Tedesco: Duftveilchen Spagnolo: Violeta Famiglia: Violaceae Parte utilizzata: fiori, foglie, rizoma Costituenti principali: Nel rizoma: – saponine; alcaloidi in tracce: violina (proprietà simili all’emetina?) – olio essenziale; salicilato di metile – glicosidi: iridina; composti antocianici (violamina) Nei fiori: – pigmenti antocianici; olio essenziale; mucillagini Nelle foglie: – saponine; flavonoidi (quercetina); mucillagini Attività principali: emolliente ed espettorante; diuretica e depurativa; antinfiammatoria; eudermica Impiego terapeutico: calmante della tosse; renella, litiasi renale; dermatiti (uso topico)

Utilizzo medico Lo sciroppo di viola viene impiegato da sempre nel trattamento delle forme bronchiali acute e croniche e nei raffreddori. Tutta la pianta, infatti, grazie alla presenza di olio essenziale e mucillagini, manifesta, ai dosaggi terapeutici, proprietà depurative, bechiche ed espettoranti. I fiori fanno parte dei cosiddetti fiori pettorali (tasso barbasso, altea, malva, papavero). Lo sciroppo, preparato per lo più a partire dai fiori, dotati di azione più delicata, manifesta anche una blanda azione lassativa: il suo utilizzo è pertanto particolarmente indicato per regolarizzare l’intestino di persone anziane, debilitate e bambini. La radice a dosaggi elevati manifesta attività emetica e purgativa1. Foglie, radici e fiori sono indicati nel trattamento della renella: con essi si preparano tisane depurative e diuretiche usate per eliminare i calcoli dell’apparato urinario. La radice a dosaggi elevati manifesta attività emetica e purgativa, legata alla presenza delle saponine e di tracce di alcaloidi, tra cui uno con proprietà simili all’emetina (violina). Anche i semi sono citati in letteratura come diuretici, emetici e purgativi. Uso esterno: Grazie alla presenza di mucillagini, fiori e foglie, esercitano un’azione calmante e addolcente su epidermide e mucose infiammate (azione eudermica). Decotti ottenuti dalle foglie venivano impiegati, ad esempio, per trattare le irritazioni di occhi e palpebre. Proserpio (1983) riporta, inoltre, che l’essenza, concreta e assoluta, di viola costituisce un elemento fondamentale dell’alta profumeria. 871

293 • Viola

odorata

L.

Tossicità, interazioni ed effetti secondari Alle dosi terapeutiche la letteratura non segnala effetti secondari tossici, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Tuttavia, dosi elevate di radice possono provocare diarrea e vomito. Forme farmaceutiche e posologia Infuso (fiori): 2 cucchiaini da caffè per tazza d’acqua calda; diverse tazze al dì. Decotto (radice): decozione al 5% (far bollire per 30 minuti almeno). Uso esterno: Come emetico: 15-20 g di radice spezzettata in 300 g di acqua fino a riduzione della metà. Come espettorante: 4-5 g di radice spezzettata in 300 g di acqua fino a riduzione della metà. Viola odorata T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 45°). Formulario Sciroppo di viola (Medicamenta, 1924) Petali di viola recenti p. 1 Acqua bollente p. 2 «Fare infusione per 12 ore, indi cola con leggera pressione: nel filtrato sciogli il doppio del suo peso di zucchero e filtra poi per panno lo sciroppo ancora caldo.» Sciroppo di viola Petali freschi di viola (tolto il calice) 50 g Acqua bollente 500 g «S’infonde per 24 ore in vaso coperto; poi si passa per pannolino, spremendo; vi si aggiungono gram. 900 di zucchero; si riscalda il tutto per 20 minuti; si lascia quindi posare per alcune ore, si decanta, e si conserva in recipienti chiusi.2» Bronchite (azione emolliente ed espettorante) Viola o. T.M. 10 ml Sciroppo semplice F.U. 90 ml S/A cucchiai nell’acqua calda Infuso per la tosse Versare «un litro di acqua bollente sopra 15 gram. di fiori freschi (20 g. se secchi) e lasciandoli infusi per circa mezz’ora in recipiente chiuso; quindi, passato per tela, si addolcisce con miele, meglio che con lo zucchero; si prende in piccole dosi più volte il giorno»3 (G. Antonelli, 1941). Gocce pettorali Althaea o. T.M. 30 ml Viola o. T.M. 20 ml Glycyrrhiza g. T.M. 10 ml in flacone unico S/30 gocce in una tazza d’infuso caldo e dolcificato con miele, 3-4 volte al dì

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293 • Viola

odorata

L.

Curiosità • Gli antichi attribuivano alla pianta la capacità di dissipare i fumi dell’alcol. Per questo motivo durante i loro festini se ne cingevano la fronte. • La Scuola di Salerno riteneva la pianta il rimedio più efficace nell’emicrania “a crapula”: Crapula discutitur, capitis dolor atque gravedo. • «Nella bronchite incipiente Laennec propone da un’oncia ad un’oncia e mezza di acquavite con due o tre di infuso caldissimo di viole, raddolcito con sciroppo di Altea, da bersi la sera nel coricarsi» (Scotti, 1872). • Una delle innumerevoli varietà tratte dalla V. odorata, ossia la famosissima “Violetta di Parma”, è coltivata intensivamente in molte località italiane per la distillazione di queste preziose sostanze profumate, ma serve anche all’industria liquoristica per la composizione di liquori, a quella dolciaria per la preparazione di canditi, marmellate, caramelle, e alla comune pratica casalinga per la decorazione di insalate4. Note bibliografiche 1 Garnier G., Bézanger-Baeuquesne L., Debraux G., op. cit., p. 568. 2 Antonelli G., op. cit., p. 223. 3 Ibidem. 4 Nicolini G., Moreschi A., 1982, Fiori di Liguria, Genova, Edizione SIAG, p. 573.

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294 • Viola

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tricolor

L.

Viola tricolor L.

Nome comune: Viola del pensiero Francese: Pensée sauvage; Violette tricolore Inglese: Wild pansy; Heart’s Ease Tedesco: Heartsease Spagnolo: Pensamiento salvaje Famiglia: Violaceae Parte utilizzata: pianta intera. Ne esistono due varietà una piccola a fiore bianco (Viola tricolor arvensis) e una più grande a fiore violetto (Viola tricolor vulgaris) Costituenti principali1: – acido salicilico e suoi derivati (0,06%-0,3%) – acidi fenolcarbossilici: acidi trans-caffeico, transe cis-p-cumarico, gentisico, protocatechico ecc. – Mucillagini (10%):glucosio (35%), galattosio (33%), arabinosio (18%) e ramnosio (8%) – Tannini (2,4-4,5%); flavonoidi: rutina (violaquercetrina), violantina ecc. – Antocianidine; cumarine: umbelliferone; carotenoidi: violaxantina, zeaxantina – Saponine in modeste quantità; -αtocoferolo Attività principali: depurativa; diuretica; analgesica; eudermica Impiego terapeutico: dermatosi (acne, impetigo, psoriasi, prurito, ulcerazioni, crosta lattea); forme reumatiche; gotta; patologia apparato urinario

Utilizzo medico Originaria delle zone temperate dell’Europa e dell’Asia e appartenente alla famiglia delle Violaceae, la droga è costituita dalle parti aeree della pianta raccolte durante la fioritura. La Commissione E del BfArM, formata da esperti medici, chimici e farmacologi nominati dal Ministero della Sanità tedesco nel 1976, per esaminare la validità terapeutica delle piante medicinali, riporta le seguenti indicazioni terapeutiche: infiammazioni cutanee; affezioni dermatologiche di natura seborroica (cuoio capelluto), eczema; acne moderato; come depurativo. In esse sono presenti mucillagini, derivati salicilici (gaulterina) ad attività antinfiammatoria, tracce di saponine e sostanze minerali. I fiori, ricchi in flavonoidi e antociani, si caratterizzano per la proprietà di contribuire a migliorare il microcircolo tissutale. Ancora alla presenza di flavonoidi si ascrivono le proprietà diuretiche, depurative, emollienti e antipruriginose, già conosciute da tempo, che rendono la pianta particolarmente valida nel trattamento delle affezioni cutanee quali eczema, acne, psoriasi, crosta lattea ecc. In quest’ultimo caso, nell’alimentazione al seno, l’infuso può essere somministrato alla madre, altrimenti si diluirà opportunamente il latte con l’infuso. La pianta può essere prescritta anche per uso topico. Sotto forma di cataplasmi veniva infatti utilizzata nel trattamento della crosta lattea dei bambini (infuso al 2% da applicare 2-3 volte al dì). Grazie all’attività globale sull’organismo, ma anche elettiva sul tessuto cutaneo, Viola tricolor L. risulta particolarmente efficace nella terapia delle malattie a carico della pelle in quanto è in grado di potenziare in modo blando l’attività epatica, 874

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la secrezione biliare, la diuresi e di contrastare validamente l’eccessiva secrezione delle ghiandole sebacee. Per combattere i disordini biologici e metabolici che accompagnano certe affezioni cutanee è estremamente importante favorire l’eliminazione delle tossine da parte dell’organismo, attraverso quelli che possono essere considerati gli emuntori naturali: fegato, reni, intestino, pelle in quanto il funzionamento difettoso di tali emuntori ostacola l’eliminazione delle tossine prodotte dall’organismo. Grazie all’attività globale sull’organismo, ma anche elettiva sul tessuto cutaneo, Viola tricolor risulta particolarmente efficace in quanto in grado di potenziare in modo blando l’attività epatica, la secrezione biliare, la diuresi e di contrastare validamente l’eccessiva secrezione delle ghiandole sebacee. Tali caratteristiche ne fanno una pianta particolarmente adatta al drenaggio (particolare metodo di depurazione dell’organismo attuato tramite la somministrazione di piante opportunamente scelte): non a caso la medicina popolare vedeva nella pianta un “depurativo del sangue” in grado cioè di stimolare il metabolismo. Per queste caratteristiche rientra nelle formulazioni da attuare nelle cosiddette cure depurative primaverili ove risulterà particolarmente efficace per quei soggetti che facilmente presentano manifestazioni cutanee. Una formulazione depurativa assai valida prevede l’associazione di Viola tricolor, Arctium lappa L. e Cynara scolymus L. L’azione antinfiammatoria (acido salicilico), diaforetica e diuretica la renderà, inoltre, preziosa come coadiuvante nel trattamento delle forme reumatiche e nell’arteriosclerosi. L’azione depurativa può essere rinforzata prescrivendo in associazione con altre piante quali Bardana, Carciofo e Fumaria in modo da poter beneficiare della sinergia d’azione. Particolarmente interessante risulta il suo impiego nel trattamento dell’acne giovanile ove, come scriveva il dottor Leclerc, le papulo-pustole in seguito al suo utilizzo, soprattutto per via esterna, diventano sede di un’infiammazione blanda alla quale segue lo svuotamento e la loro scomparsa senza residui cicatriziali. In questi casi comunque è opportuno associare al trattamento esterno quello interno (infuso al 6%: 2-3 tazze al dì). Oltre all’azione depurativa, infatti, sono presenti proprietà antinfiammatorie (gaulterina) e antisettiche (tannini). Sotto forma di cataplasmi viene utilizzata nel trattamento della crosta lattea dei bambini: infuso al 2% da applicare 2-3 volte al dì. L’azione antinfiammatoria, diaforetica e diuretica la renderà, inoltre, preziosa come coadiuvante nel trattamento delle forme reumatiche e nell’arteriosclerosi che si accompagnano a dermatosi. Lo sciroppo è bechico, leggermente lassativo e depurativo, per cui può essere utilizzato con vantaggio sia nel trattamento delle forme cutanee come nell’artrosi e nelle affezioni lievi del tratto respiratorio. Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dalle parti aeree fiorite essiccate di Viola arvensis Murray e/o V. tricolor L., contenti al minimo 1,5% di flavonoidi espressi come violantina.

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tricolor

L.

Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (ESCOP): 1,5-4 g di droga come infusione, 3 volte al dì; uso esterno: 3-4 g di droga in 150 ml di acqua calda, applicare come impasto o compressa più volte al dì. Infuso: 2 cucchiaini da caffè di droga, fino a un cucchiaio da minestra, per tazza d’acqua calda; lasciare infondere per 10-15 minuti. Filtrare e bere diverse tazze al dì dopo i pasti per più settimane. Polvere: mezzo cucchiaino da tè di droga in acqua calda zuccherata 3 volte al dì (bambini); 1 cucchiaio da minestra in acqua calda zuccherata 3 volte al dì (adulti). Estratto Fluido (1:1, etanolo al 25%): 2-4 ml, 3 volte al dì. Estratto secco (6:1): 2-4 g/die (ESCOP). Viola tricolor T.M.: 50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dalla pianta intera fresca (titolo 45°). Formulario Acne, dermatiti Cynara s. T.M. Arctium l. T.M. Viola t. T.M. ana parti in flacone unico S/30 gocce, diluite in acqua, 2 volte al dì per 20 giorni (drenaggio) S/50 gocce, diluite in acqua, 3 volte al dì (terapia) Sciroppo di Viola tricolor (Codex) Pianta fiorita Viola tricolor 100 g Acqua distillata bollente 1500 g Zucchero bianco q. b. Versare l’acqua bollente sui petali, lasciare infondere per 6 ore in vaso chiuso; filtrare con pressione, lasciare riposare, decantare. Aggiungere lo zucchero nella proporzione di 180 g per 100 g di colaturo. Portare rapidamente a ebollizione e filtrare. Sciroppo «Si può preparare anche uno sciroppo, infondendo, in un litro e mezzo di acqua bollente, 100 grammi della pianta, ridotta in piccoli frammenti, per 6 ore, in vaso chiuso; quindi si passa; e al liquido ottenuto si aggiungono 180 g di zucchero ogni 100 g d’infuso; se si aggiunge poi anche un cucchiaino di acqua di fiori di arancio, si ottiene uno sciroppo aromatico e più gradito. Come depurativo, se ne prendono 2-4 cucchiaini al giorno, per più settimane.2» Lozione crosta lattea Ortica foglie 40 g Bardana radice 30 g Viola tricolor fiori 30 g S/Infuso al 4%: fare lavaggio delicato della testa Eruzioni cutanee croniche (Van Hellemont) Infus. herb. viol. tricol. 20/180 Sirup. viol ad 200 S/un cucchiaio da minestra 3 volte al dì dopo i pasti 876

294 • Viola

tricolor

L.

Curiosità • Il termine greco IA con il quale veniva designato il genere Viola, deriva, come riporta Plinio, dalla ninfa Io, sotto i cui passi, poiché venne tramutata in vacca, gli dei facevano spuntare le viole, perché le servissero da pascolo. Ed è come Jacea che la troviamo citata dal dottor G. Scotti nel volume Flora medica della provincia di Como (1872): «La jacea, fu molto usata anticamente, quando la farmacologia constava tutta di semplici; era però quasi caduta in disuso, quando nel 1773 Strack in una disertazione premiata dall’Academia di Lione (De crusta lactea infantum ejusdemquem remedio) ne richiamò i vantaggi, assicurando di averla in tale malattia usufruttata tuto et bono effectu per lo spazio di 20 anni […]». • «[…] e come è rimasta nella medicina domestica, rimedio tradizionale contro la crosta lattea, la scienza ne estese l’uso anche a tutte quelle forme analoghe di dermatosi, per le quali è indicata una terapia raddolcente, temperante, depurativa» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Wichtl M et al., op. cit., p. 528. 2 Antonelli G., op. cit., p. 225.

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295 • Viscum

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album

L.

Viscum album L.

Nome comune: Vischio Francese: Gui Inglese: Mistletoe Tedesco: Weißbeerige Mistel Spagnolo: Muérdago blanco o visco Famiglia: Viscaceae Parte utilizzata: rametti fogliati; giovani getti Costituenti principali: – glicoproteine: viscotossine (A2, A3 e B) e lectine (ML I o viscumina, ML II e ML III) – composti polifenolici: acidi-fenoli, lignani (eleuteroside E, glucoside del siringaresinolo), siringoside; flavonoidi (eterosidi del quercetolo, glucosidi di flavanoni e di calconi metossilati) – amine: colina, tiramina, istamina ecc. – triterpeni, steroli, polisaccaridi (galatturorani, arabinogalattani) Attività principali: ipotensivante; citostatica e immunostimolante non specifica Impiego terapeutico: forme ipertensive di grado lieve; arteriosclerosi; stimolazione immunitaria

Utilizzo medico La tradizione attribuisce al Vischio proprietà ipotensivanti. Studi in vitro e su animale (somministrazione e.v.), hanno messo in evidenza tale proprietà1 che però non è stata confermata dalla ricerca clinica in particolare per quanto riguarda la somministrazione orale2. Esiste comunque una lunga pratica, soprattutto nei paesi di area tedesca, che ne sostiene l’efficacia3. Pianta ad azione antispasmodica, ipotensiva, simpaticolitica e parasimpaticomimetica, si ritiene che nel Vischio la presenza di alcuni principi attivi (amine e flavonoidi) stimolino il sistema parasimpatico e diminuiscano la resistenza periferica per vasodilatazione. Saponosidi e flavonoidi inoltre rinforzano la diuresi e favoriscono l’escrezione di urea. Si assiste così a una diminuzione dei valori pressori e a un miglioramento della sintomatologia soggettiva. La pianta, del resto, è da sempre utilizzata come rimedio sintomatico atto a eliminare i disturbi soggettivi derivanti dall’ipertensione. La presenza delle sostanze responsabili dell’azione ipotensiva, che risulta peraltro transitoria, non sono state chiaramente identificate, anche perché la loro natura dipende dalla pianta che il Vischio parassita: il Vischio che cresce sul Biancospino avrebbe dimostrato, ad esempio, una maggiore azione ipotensiva rispetto a quello cresciuto su pino, melo ecc. Per quanto riguarda il trattamento dell’arteriosclerosi viene indicata non solo come rimedio sintomatico per combattere un concomitante stato ipertensivo, ma anche come rimedio curativo per la sua supposta attività ipocolesterolemizzante e antiateromatosa4. Per queste proprietà viene consigliato l’uso del vischio durante la menopausa, nell’arteriosclerosi e in geriatria. La monografia della Commissione E del BfArM, mentre precisa che l’effetto ipotensore 878

295 • Viscum

album

L.

e l’efficacia nel trattamento dell’ipertensione moderata devono essere verificati, indica l’uso dei preparati a base di vischio nella terapia palliativa dei tumori maligni per stimolazione aspecifica e nel trattamento delle infiammazioni articolari degenerative creando tramite iniezione sottocutanea una infiammazione locale riflessa. Numerosi saggi clinici hanno valutato l’efficacia del vischio somministrato per iniezioni sottocutanee al fine di ridurre le forme tumorali o rallentarne la progressione. La maggior parte degli studi hanno esaminato il trattamento con il vischio in concomitanza a un trattamento classico (chemioterapia, radioterapia, chirurgia) mettendolo a confronto con il solo trattamento classico. I risultati sono stati a favore del trattamento abbinato (trattamento classico+terapia con il vischio). L’analisi di questi studi tuttavia è stata messa in discussione dai ricercatori che ne hanno evidenziato le numerose carenze metodologiche (mancanza di gruppo placebo, doppio cieco ecc.)5. I trattamenti inoltre variavano in modo significativo in termini di durata e vi era scarsa chiarezza sul tipo di preparazione utilizzata (mancanza di una standardizzazione ecc.), sui protocolli d’applicazione, sulla posologia e sul tipo di tumore trattato (mammella, polmone, melanoma, vescica ecc.). Studi più recenti indicano che le iniezioni sottocutanee di estratti di vischio (come terapeutica complementare) possono contribuire a migliorare la qualità della vita dei pazienti sottoposti a chemioterapia e migliorare la risposta del sistema immunitario6. Il trattamento con il vischio nelle forme tumorali, per la prima volta preconizzato da R. Steiner e applicato dalla scuola antroposofica di Arlesheim7, a partire dagli anni Trenta del 1900, necessita di una revisione critica con gli attuali strumenti di indagine sperimentale e clinica da parte dei centri oncologici universitari al fine di valutare il reale ruolo del vischio nella moderna terapia dei tumori al fine della pianta. La Commissione E del BfArM lo consiglia comunque come terapia palliativa «in quanto migliora la qualità della vita del paziente»8. L’azione citostatica del vischio valutata su alcune linee cellulari (HeLa, sarcoma 180) si deve alle frazioni proteiche. Le lectine sono particolarmente citotossiche; inibizione delle cellule leucemiche umane a concentrazioni di 1-3 ng/ml. Sono stati segnalati effetti immunostimolanti. Anche le viscotossine sono citotossiche ma in modo meno intenso; esercitano un effetto citolitico9. È da segnalare inoltre che tali proteine, assunte per os, tramite infusi o altri preparati, sono decomposte nel tratto gastrointestinale e quindi assorbite in forma non integra. Del resto l’azione citotossica delle viscotossine si manifesta pienamente solo per via parenterale, cioè iniettiva. A questo proposito si legge nella scheda edita dalla Commissione E del BfArM: «L’iniezione intracutanea determina infiammazioni locali che possono giungere fino a necrosi. In esperimenti su animali si sono dimostrate proprietà citostatiche e immunostimolanti aspecifiche». L’azione immunostimolante si attua tramite l’attivazione delle cellule NK, attraverso l’induzione del rilascio da parte dei linfociti T (> CD3+ CD4+) di interferon-gamma10. Tali cellule svolgono un ruolo basilare nella sorveglianza immunitaria nei confronti di eventuali cloni tumorali presenti nell’organismo: in pazienti tumorali infatti si ha depressione di questa attività. La liberazione di interferon-gamma determinerebbe da parte di macrofagi/monociti il rilascio del Tumor Necrosis Factor a (TNFa) che sarebbe responsabile, in parte, della citotossicità del Viscum album11. L’attività antineoplastica degli estratti di Viscum album L. non si limita comunque a un’attivazione dei sistemi di sorveglianza immunitaria ma si esprime soprattutto attraverso un’azione citotossica su cellule tumorali, dimostrata in vitro e su modelli animali12. Si segnala infine che è conosciuto anche un uso locale (iniezioni) nelle forme artrosiche. Si pensa che si tratti di un’attività legata alla viscotossina, alle lectine, all’istamina. La presenza di composti tossici (viscotossine e lectine) deve indurre, comunque, 879

295 • Viscum

album

L.

a un’attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio e la sua prescrizione deve essere esclusivamente a opera del medico. Nota: il Vischio è pianta parassita: le indicazioni terapeutiche saranno, pertanto, in funzione delle specifiche proprietà dalla pianta su cui, appunto, cresce il Vischio, come viene evidenziato dal prospetto che segue (Pinto R., 1990). Viscum Quercus peduncolata: epilessia, corea, atetosi, vasculopatie cerebrali Viscum crataegi: ipertensione arteriosa Viscum pini: azione citostatica nell’uomo Viscum mali: azione citostatica nella donna In Gemmoterapia sono impiegati i giovani getti della pianta che manifestano azione antispasmodica e ipotensivante. Le indicazioni terapeutiche principali sono l’ipertensione arteriosa, le vasculopatie cerebrali da sclerosi vascolare e la sindrome delle gambe senza riposo. La gemmoterapia si avvale dei giovani getti a una particolare diluizione, la 1CH, che ne rende più sicuro l’utilizzo terapeutico (Viscum album M.G.1CH). Tossicità, interazioni ed effetti secondari L’uso è controindicato in caso di infezioni croniche progressive, ad esempio T.B.C. e di ipersensibilità alle proteine (Commissione E del BfArM). Effetti collaterali sono rappresentati da: brividi e febbre elevata, cefalea, angor, turbe circolatorie ortostatiche e reazioni allergiche. Le lectine (glicoproteine) possiedono una netta azione citotossica dimostrata sperimentalmente su vari tumori e carcinomi: risultano però tossiche e possono provocare agglutinazione dei globuli rossi per cui l’impiego prolungato, o senza controllo medico, delle preparazioni fitoterapiche di Vischio possono risultare pericolose e provocare seri danni all’organismo (Refit, 1994). Possono verificarsi probabili interazioni con farmaci immunosoppressivi e anticoagulanti13. La somministrazione sottocutanea, nelle affezioni articolari croniche e nel trattamento delle neoplasie, può provocare effetti secondari – febbre, cefalea – minimi se si utilizzano dosaggi terapeutici ottimali. È stata segnalata la possibilità che il paziente possa produrre anticorpi contro le lectine e altri componenti dell’estratto ottenuto dalla pianta, rendendolo così inattivo14. Si ribadisce che la presenza di composti tossici (viscotossine e lectine) deve indurre comunque a un’attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio e la sua prescrizione deve essere esclusivamente a opera del medico. Nota: Le viscotossine sono presenti in tutte le parti aeree della pianta, con una predominanza a livello delle foglie e in misura minore nelle bacche. Scrive a questo proposito Frohne D.: «Ciò spiega il fatto che il centro antiveleni di Berlino ha registrato pochi sintomi (dolori addominali, diarrea) in più di 800 ingestioni di bacche di vischio, e ha valutato la loro tossicità come molto debole. […] Per via orale, un effetto localmente irritante e necrotico si manifesta solo dopo assunzione di grandi quantità di bacche, che provocano ugualmente turbe cardiovascolari (ipotensione, bradicardia, collasso) e neurologiche (paralisi, midriasi)»15. Forme farmaceutiche e posologia Avvertenza: prescrizione esclusivamente medica Macerazione: versare acqua fredda su 2,5 g di droga finemente tagliata (un cucchiaino da tè); lasciare macerare per 10-12 ore a temperatura ambiente, quindi filtrare. Assumere 1-2 tazze al giorno16; foglie essiccate, o in infuso: 2-6 g (British Herbal Pharmacopoeia) 880

295 • Viscum

album

L.

Estratto Fluido (1:1) (alcol 25%): 0,5 ml (British Herbal Pharmacopoeia) Viscum album Tintura (1:5) (alcol 45%): 1-3 ml (British Herbal Pharmacopoeia) Viscum album T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì Viscum album M.G.1CH: 30 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì Note di galenica I principi attivi del Vischio sono sensibili al calore. Si preferiscono così i macerati a freddo e si utilizzeranno di preferenza le preparazioni stabilizzate. La Tintura Madre è preparata dalla parte aerea fresca con le bacche (titolo 45°). Curiosità • Nell’antichità le bacche venivano date alle vacche per accrescerne la fecondità e la produzione di latte. • Le bacche, vischiose, servono a preparare trappole per la cattura degli uccelli. • Dal celtico gwid (tradotto dai francesi in gui) arbusto che i Druidi raccoglievano in grande solennità con una roncola d’oro per servirsene nelle loro cerimonie religiose. • «Già Plinio, Teofrasto, Dioscoride lodarono la virtù antiepilettica del Vischio. […] l’Haller (il botanico) il quale lo asseriva non meno efficace contro l’epilessia che contro i sortilegi. […] Frank narra di avere conosciuto a Vilna un medico italiano, che ne otteneva meravigliosi successi contro la tosse convulsiva, nella quale aggiunge di averlo con successo adoperato egli pure, e di averlo visto adoperare da due medici polacchi» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Petkov V., 1979, Plants and hypotensive, antiatheromatous and coronarodilatating action. Am J Chin Med. 7(3):197-236. 2 Bruneton J, 2009, Pharmacognosie…, op. cit., p. 252. 3 Pizzorno JE Jr, Murray Michael T., 2006, Textbook of Natural Medicine, Churchill Livingstone, USA 3° ed., p. 1376. 4 Van Hellemont J., op. cit., p. 429. 5 Ernst E, Schmidt K, Steuer-Vogt MK., 2003, Mistletoe for cancer? A systematic review of randomised clinical trials. Int J Cancer. 1;107(2):262-7; Kienle GS, Berrino F et al., 2003, Mistletoe in cancer. A systematic review on controlled clinical trials. Eur J Med Res, 27;8(3):109-19. 6 Semiglazov VF, Stepula VV et al., 2006, Quality of life is improved in breast cancer patients by Standardised Mistletoe Extract PS76A2 during chemotherapy and follow-up: a randomised, placebo-controlled, double-blind, multicentre clinical trial. Anticancer Res, 26(2B):1519-29. 7 Platina, 1986, Secondo Natura, 20, 19. 8 Capasso F., 2001, op. cit., p. 146. 9 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 253. 10 Mueller E.A., Anderer F.A., 1990, Cancer Immunology and Immunother. 32, 221-7. 11 Männel D.N. et al., 1991, Immunology and Immunother. 33, 177-182. 12 Bianchi A., 1994, Erb. Domani, 9, 108-114. 13 Monti L., op. cit., p. 209. 14 Stettin A. et al., 1990, Klin. Wochenschr. 68, 896-900. 15 Frohne D. et al., op. cit., p. 260. 16 Wichtl M. et al., op. cit., p. 536.

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agnus castus

Kurz

Vitex agnus castus Kurz

Nome comune: Agnocasto Francese: Gattilier; Agneau chaste Inglese: Chaste tree Tedesco: Mönchspfeffer Spagnolo: Arbol casto; Sauzgatillo Famiglia: Verbenaceae Parte utilizzata: frutti; sommità fiorite Costituenti principali: Frutto1: – flavonoli polimetossilati lipofili: casticina, eupatorina, penduletina; C-flavonoidi: orientina e vitexina – iridoidi: aucuboside e agnoside – composti terpenici: monoterpeni e sesquiterpeni (olio essenziale, spatulenolo); diterpeni labdanici (vitetrifoline, rotundifurano, vitexilattone) e derivati del clerodano – triterpeni: viticosterone E – olio essenziale (0,8-1,2%): 1,8-cineolo, sabinene, limonene, α- e β-pinemi ecc. – olio ad acidi grassi insaturi Sommità fiorite: – iridoidi: aucuboside, agnoside, agnocastosidi e altri derivati dell’acido mussaenosidico – flavonoidi; olio essenziale Attività principali: antispasmodica e tonica; ormonale (progestinica e antiestrogenica) Impiego terapeutico: spasmi intestinali; dolori pelvici; tensione nervosa; menorragie e metrorragie; sindrome premestruale (iperfoll.)

Utilizzo medico Le foglie e i frutti godono da sempre fama di anafrodisiaci e sedativi. L’agnocasto trova indicazione nelle emorragie provocate da insufficienza del corpo luteo, nelle menorragie e metrorragie, nella sindrome premestruale dovuta a iperfollicolinismo, nella ritenzione idrica del periodo premestruale, nell’acne giovanile. Secondo gli studiosi, la pianta interviene nella produzione di prolattina, ormone che, favorendo la lattazione e la formazione del corpo luteo, svolge un ruolo essenziale nell’equilibrio del ciclo mestruale. Verrebbe così favorita la produzione di ormoni da parte del corpo luteo con conseguente deviazione dell’equilibrio estro-progestinico verso l’attività progestinica. Gli estratti acquosi e idroalcolici della droga inibiscono la secrezione di prolattina in vitro (cultura di cellule pituitarie) e in vivo, sia nella cavia che nell’uomo, grazie a un meccanismo dopaminergico2. Sono stati identificati nei diterpeni (clerodadienoli ecc.) del fitocomplesso, i composti ad attività dopaminergica in grado di ridurre i livelli di prolattina (fissazione dei diterpeni sui recettori dopaminergici D2)3. L’azione dopaminergica sembra sia da attribuire anche alla presenza dei flavonoide e degli iridoidi. I principi attivi della pianta agirebbero inoltre sui livelli di endorfine endogene «attraverso una interazione con i recettori oppioidi μ, κ e λ»4. È stato infatti segnalato che estratti della pianta sono in grado di ridurre i livelli di prolattina sierica 882

296 • Vitex

agnus castus

Kurz

nelle donne che presentano mastodinia premestruale, contribuendo quindi a migliorare la sintomatologia algica e probabilmente anche altri sintomi correlati alla sindrome premestruale (irritabilità, ritenzione idrica, fame insaziabile e crampi). Tale sintomatologia sarebbe in parte da attribuire, infatti, a una iperprolattinemia latente. Questa proprietà della pianta può risultare utile anche nell’infertilità femminile correlata ad anomalie del ciclo dovute a concentrazioni elevate di prolattina nel sangue e in particolare in caso di amenorrea (scomparsa delle mestruazioni) o insufficienza del corpo luteo (insufficienza progestinica): è stato raccomandato un trattamento di 3-6 mesi5. Mancano comunque dati certi e provati per confermare questa indicazione. Uno studio prospettico, randomizzato in doppio cieco versus placebo, ha indagato, per la durata di tre cicli mestruali, 170 donne (84 gruppo placebo, 86 gruppo attivo) al fine di valutare l’efficacia e la tollerabilità di un estratto secco di V. agnus castus (titolato in casticina) nel trattamento della sindrome premestraule. L’età media era di 36 anni, la lunghezza media del ciclo è stata di 28 giorni, durata media del ciclo mestruale è stata di 4,5 giorni. Il miglioramento dei sintomi soggettivi principali (irritabilità, alterazioni dell’umore, rabbia, mal di testa, tensione del seno, meteorismo ecc.) è risultato significativamente maggiore nel gruppo trattato (P buccia) ove viene biosintetizzato: si ritrova in quantità variabile nel vino rosso (2-3 mg/l, e a volte anche 15 mg/l)15. Numerosi studi farmacologici hanno dimostrato come il resveratrolo possieda proprietà anticarcinogenetica, cardioprotettrice, antiossidante e antinfiammatoria (inibisce la ciclo-ossigenasi). Grazie alla proprietà antiossidante è in grado di esercitare un’azione inibente sulle reazioni che conducono alla perossidazione delle lipoproteine a bassa densità (LDL), evitando in tal modo gli effetti citotossici che sono alla base di molteplici processi degenerativi. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Le foglie di Vitis vinifera rappresentano un rimedio sicuro. «Non sono note per ora segnalazioni di reazioni avverse importanti, per cui al momento la tossicità della Vitis vinifera è da considerarsi poco rilevante»16. In linea teorica posologie elevate in oligo-proantocianidine potrebbero aumentare l’effetto dei farmaci anticoagulanti e antiaggreganti. Forme farmaceutiche e posologia Infuso: 4-5 g di foglie triturate in 100 ml di acqua. Dopo infusione di 10 minuti, filtrare e assumere 2-3 tazze al giorno; 10 g di foglie essiccate in 250 ml di acqua, 3-4 tazze al dì Decotto (uso esterno): 8-10 g di foglie triturate in 100 ml di acqua; fare impacchi sulle zone interessate oppure 60-80 g/litro di acqua (per bagno o pediluvio). Polvere (polvere totale criofrantumata delle foglie): 350 mg per capsula: 1 cps 1-3 volte al dì, prima dei pasti17. Estratto Fluido: 10 ml, diluiti in acqua, 1 volta al dì. Estratto secco acquoso (foglie, 4-7:1): 360-720 mg/die (ESCOP). Estratto secco (semi): da 75 a 300 mg per 3-4 settimane; 40-80 mg/die (mantenimento). Vitis vinifera MG1DH: 50 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì. Vitis vinifera T.M.: 40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. 888

297 • Vitis

vinifera

L.

Note di galenica La droga è costituita dalle foglie essiccate di cultivars di Vitis vinifera L. e contenenti non meno del 4% di polifenoli totali e 0,2% di antocianine espresse come cianidin-3glucoside (Pharmacopée Française). La Tintura Madre è preparata dalla foglia fresca della vite verde (titolo 65°). Formulario Menopausa Foglie di Vite 50 g Fumaria pianta 25 g Maggiorana pianta 25 g S/un cucchiaio da minestra per tazza d’acqua bollente, infusione di 10 minuti; 2-3 tazze al dì Tonico venoso e capillare Melilotus o. Hamamelis v. Aesculus h. Vitis v. S/1 cps 3 volte al dì

E.S. 50 mg E.S. 100 mg E.S. 150 mg E.S. 150 mg per cps

Emorroidi Vitis v. T.M. Aesculus h. T.M. Ruscus a. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Prostatismo Aesculus h. Vitis v. Ruscus a. S/1 cps 3 volte al dì

E.S. 100 mg E.S. 100 mg E.S. 100 mg per cps

Diarrea cronica Ribes n. Vitis v. Mirtillo S/1 cps 3 volte al dì

E.S. 100 mg E.S. 100 mg E.S. 200 mg per cps

Sovrappeso – obesità Vitis v. T.M. Filipendula u. T.M. Fraxinus e. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 per 3 volte al dì Curiosità • La cura dell’uva (ampeloterapia) La cura può durare dai 10-15 giorni alle 3 settimane. È opportuno iniziare sempre con una quantità non superiore ai 500 g al dì e aumentare gradualmente fino ad arrivare a 2-3 chili nella seconda settimana, nel corso della quale sarà utile prevedere uno o 889

297 • Vitis

vinifera

L.

due giorni di dieta esclusivamente a base di uva (senza l’aggiunto di altri alimenti). Nell’ultima settimana si comincerà a ridurre il quantitativo fino a raggiungere una razione giornaliera di circa un chilo al dì. Tutte le uve vanno bene per la cura anche se sarà opportuno utilizzarne una sola varietà al giorno, cambiando ogni giorno per le qualità particolari che contraddistinguono ogni varietà. Secondo alcuni autori è preferibile l’uva bianca, ben matura mentre le uve nere si prestano poco alla cura e devono essere scartate se non completamente mature. Le uve devono essere accuratamente masticate al fine di meglio estrarre i benefici principi: occorre però non ingerire le bucce e i vinaccioli per evitare fatti di replezione e distensione gastrica e possibili disturbi colitici. Dato che l’uva a digiuno può provocare diarrea, conviene far precedere la prima assunzione d’uva da una colazione leggera. Ovviamente bisognerà avere cura di lavare molto bene i grappoli per eliminare i residui dei prodotti chimici usati nella coltivazione della vite. Occorre mantenere durante la cura una dietetica semplice e leggera. Dopo averla consumata pulire accuratamente i denti. La cura dell’uva si fa appena il frutto ha raggiunto la sua maturazione completa e si può estendere da luglio a dicembre perché da noi in Italia è possibile disporre di uve in grande quantità. Tra le uve settembrine si ricordano: l’Albana, la Colombana, i Moscati, la Malvasia, i Tribbiani, il Dolcetto, la Panarella o uva di Corinto, l’Avorengo, la Salamanna. La cura dell’uva può essere praticata utilizzando il succo di uva, in questo caso occorre tener presente che 1 kg di uva fresca dà circa 650 grammi di succo. • «I fiori hanno una fragranza gratissima che ricorda quella del miglionetto. Servono ad aromatizzare vini e liquori» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Capasso F. et al., 2006, op. cit., p. 414. 2 Capasso F., 2011, op. cit., p. 256. 3 Rombi M., op. cit., p. 275. 4 Bruneton J, 1993, Pharmacognosie…, op. cit., p. 311 5 Liviero L. et al., 1994, Fitoterapia, vol. LXV, 3, 203. 6 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 436. 7 Joshi S.S., Kuszynski C.A., Bagchi M., Bagchi D., 2000, Chemopreventive effects of grape seed proanthocyanidinextract on Chang liver cells, Toxicology, 155, 83-90. 8 Bombardelli E. et al., 1995, Fitoterapia, 66, 291-317; Carini M. et al., 2000, UVB-induced hemolysis of rat erythrocytes: protective effect of procyanidins from grape seeds, Life Sci. 67, 1799-1814. 9 Bombardelli E, Morazzoni P., ibidem. 10 Durukan AH, Evereklioglu C et al., 2006, Ingestion of IH636 grape seed proanthocyanidin extract to prevent selenite-induced oxidative stress in experimental cataract. J Cataract Refract Surg. 32(6):1041-5. 11 Doganay S, Borazan M et al., 2006, The effect of resveratrol in experimental cataract model formed by sodium selenite. Curr Eye Res. 31(2):147-53. 12 Costantini A., De Bernardi T., Gotti A., 1999, Clinical and capillaroscopic evaluation of chronic uncomplicated ven Anthocyanosides extracted from Vitis vinifera, Vaccinium myrtillus and Pinus maritimus. I. Elastase-inhibiting activities in vitro. II. Compare angioprotective activities in vivo, J. Pharm. Belg., 38, 41-46. 13 Capasso F., 2011, op. cit., p. 257. 14 BavarescoL., Fregoni C. et al., 1999, Stilbene compounds: from the grapevine to wine, Drugs. Exp. Clin. Res. 25, 57-63. 15 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 355. 16 Farmacovigilanza, 31 marzo 2001. 17 Raynaud F., Prescription et conseil en phytothérapie, op. cit., p. 207.

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298 • Zea

298

mays

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Nome comune: Mais; Granoturco Francese: Mais; Blé d’Inde Inglese: Corn silk; Maize Tedesco: Mais Spagnolo: Maíz Famiglia: Graminaceae (Poaceae) Parte utilizzata: stimmi delle infiorescenze femminili*; giovani radici * Gli stimmi devono essere raccolti alla fioritura (giugno-luglio) “ma di solito vengono strappati alla sgranatura (meno attivi)”1 Costituenti principali: – flavonoidi: 6-C-glicosilflavoni (> maisina)2 – olio grasso (2% circa); olio essenziale (0,1%): carvacrolo e altri terpeni – polifenoli tanninici (12%) – sali minerali, in particolare sali di potassio Secondo alcuni autori sono presenti anche3: – vitamina K3; acido salicilico; allantoina – sino allo 0,85% di alcaloidi (?); mucillagine4 Attività principali: diuretica e sedativa delle vie urinarie; depurativa; coleretica e colagoga Impiego terapeutico: nefrolitiasi (uratica e fosfatica); renella; cistite cronica; affezioni reumatiche e gotta; come coadiuvante nelle terapie dimagranti

Utilizzo medico Notevole risulta l’azione diuretica degli stimmi di mais: i sali di potassio sono in parte responsabili dell’azione in quanto favoriscono i processi osmotici a livello dell’epitelio renale. Si evidenzia inoltre attenuazione delle manifestazioni dolorose in virtù di un’azione spasmolitica sulla muscolatura liscia delle vie urinarie (flavonoidi). L’allantoina avrebbe azione sedativa ed epiteliogena e sarebbe responsabile dell’attenuazione delle manifestazioni dolorose Anche se l’effetto diuretico è stato confermato, gli studi riguardanti gli effetti della pianta sulla funzionalità renale sono ancora carenti5. Il loro utilizzo nel trattamento di cistite cronica, nefrolitiasi, in particolare urica e fosfatica, anche prolungato nel tempo, non presenta pericoli. Gli stimmi di mais si impiegano inoltre per le proprietà disintossicanti e acceleranti l’eliminazione dei cataboliti nella psoriasi e nelle malattie del ricambio. Rientrano ad esempio, sia per l’azione depurativa che diuretica, nel trattamento del sovrappeso. A livello dell’apparato locomotore, le forme reumatiche e la gotta, grazie alle proprietà diuretiche e alla presenza di flavonoidi, acido salicilico ecc. risentono favorevolmente dell’impiego della pianta. H. Leclerc ne segnala l’utilizzo, grazie alla moderata azione coleretica e colagoga, anche nel trattamento di colecistiti, colangiti (escluso la fase acuta), colelitiasi, piccola insufficienza epatica. Scrive: «Diminuendo la quantità di materie organiche, la viscosità e la ricchezza in bilirubina della bile, esplica un’attività più prolungata e più dolce non determinando né esagerato aumento della peristalsi intestinale, né diarrea»6. 891

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Esperienze di laboratorio hanno dimostrato un moderato effetto ipotensivo. Van Hellemont segnala un’attività sulla crasi ematica: gli stimmi di mais conterrebbero, infatti, una sostanza antiemorragica, la vitamina K3, uno dei fattori della coagulazione7. La presenza di questa vitamina deve essere comunque confermato dalla ricerca farmacologica. Recentemente sono state messe in evidenza le proprietà antiossidanti degli stimmi di mais, tramite uno studio che ha indagato l’effetto antiossidante dell’estratto etanolico (MSE) nei confronti del danno ossidativo in vivo. Sono state impiegate γ-radiazioni per indurre uno stress ossidativo nel topo e sono state esaminate la variazione per quanto riguarda malondialdeide (MDA), rapporto glutatione/glutatione disolfuro (GSH/GSSG), cellule ematiche, fattore Nrf2 e gli enzimi antiossidanti correlati ecc. I risultati hanno mostrato che le radiazioni elevano i livelli di MDA, inducono alterazioni ematologiche e diminuiscono i livelli di GSH/GSSG e del fattore Nrf2 nel fegato e nei reni. La somministrazione di MSE ha abolito in modo significativo l’innalzamento dei livelli di MDA nel fegato, mantenuto stabile il GSH/GSSG epatico, ha migliorato le anomalie ematologiche in maniera dose dipendente e ha aumentato l’attività e la concentrazione dei fattori antiossidanti. Tuttavia, la capacità antiossidante del MSE non sembrava di essere così efficace nel rene come nel fegato. Questi risultati hanno comunque dimostrato il ruolo protettivo di un estratto di stimmi di mais nei confronti dello stress ossidativo. Si auspicano pertanto ulteriori studi8. Con i germi dei semi e i semi in toto si ottiene un olio, olio di mais (conosciuto anche come olio di vinaccioli), molto valido dal punto di vista alimentare-dietetico. Contiene acido linoleico (30-60%) e oleico (19-50%)9. Come tutti gli oli di semi possiede effetti medicamentosi: azione lassativa e ipocolesterolemizzante. L’elevato contenuto in acidi polinsaturi determina proprietà anticolesteroliche. L’olio di mais contiene antiossidanti appartenenti alla famiglia dei tocoferoli (Vitamina E): in particolare è ricco di gamma-tocoferolo10. L’assorbimento intestinale degli oli di semi risulta più ridotto rispetto a quello dell’olio di oliva, e la parte che viene eliminata con il materiale fecale risulta proporzionalmente maggiore, favorendo meccanicamente lo svuotamento intestinale. È consigliabile quindi che gli oli di seme che presentano un’alta concentrazione in grassi polinsaturi, come l’olio di vinaccioli, siano presenti nell’alimentazione in rapporto 1:1 rispetto all’olio di oliva. L’industria farmaceutica, inoltre, utilizza abitualmente questo olio come veicolo per molti preparati a uso topico. In cosmesi può essere impiegato in preparazioni emollienti e idratanti per pelli secche e senili. Secondo Proserpio non raggiunge però il livello di apprezzamento dell’olio di germe di grano. Gemmoterapia: le giovani radici (Zea mays M.G.1DH) sono dotate di organotropismo cardiaco. Riducono, infatti, i valori della gluttammico-ossalacetico-transaminasi e contribuiscono a favorire i processi riparativi post-infartuali (Brigo, 1991). Tossicità, interazioni ed effetti secondari Non sono segnalati effetti secondari e tossicità ai dosaggi terapeutici, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale: un uso prolungato ed eccessivo può tuttavia provocare vomito, coliche e diarrea (presenza di alcaloidi?). Come per tutte le piante ad azione diuretica, prestare attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci diuretici (sommazione d’effetto).

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Forme farmaceutiche e posologia Decotto: Versare 0,5 g di stimmi (un cucchiaino da tè circa) in acqua fredda e lasciare bollire brevemente, filtrare dopo pochi minuti. Come blando diuretico va bevuta una tazza di tisana più volte al giorno. Estratto Fluido: 3-5 g pro dose (1 g = 39 gocce). Zea mays M.G.1DH: 30 gocce, diluite in acqua, 1-2 volte al dì. Zea mays T.M.: 30-50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dagli stigmi freschi (titolo 45°). Formulario Sovrappeso Frassino T.M. Tarassaco T.M. Zea mays T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce 3 volte al dì, diluite in acqua, per un mese Psoriasi Fumaria o. T.M. Zea mays T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce 3 volte al dì, diluite in acqua oppure: Helychrisum i. T.M. Fumaria o. T.M. Zea mays T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce 3 volte al dì, diluite in acqua Cistite cronica Hieracium p. T.M. Orthosiphon s. T.M. Zea mays T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce 3 volte al dì, diluite in acqua per un mese Nefrolitiasi Zea mays T.M. S/50 gocce 3 volte al dì, diluite in acqua per un mese Curiosità • Gli indiani del Perù utilizzano la pianta come stupefacente. Tale attività sembra legata alla presenza di alcaloidi, dalla composizione ancora sconosciuta, che per inalazione danno eccitazione psichica e il cui uso prolungato causa vomito, coliche e diarrea11. • Mais (Zea mays), da Zao = traggo la vita, cioè alimento utile, arrivò in Europa con Cristoforo Colombo, ma il suo ingresso ufficiale nella Materia Medica risale al 1879 quando venne segnalato l’uso degli stimmi per l’attività sedativa e diuretica. Gli stimmi, o barbe, si distinguono in barbe chiare o bionde (color verdiccio o bianco, leggermente bruniccio) o barbe scure (color bruno o rossastro). 893

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• «Le barbe recenti della pannocchia in decotto le ho viste, usate tradizionalmente in Brianza, giovare spesso come rimedio diuretico» (Scotti, 1872). Note bibliografiche 1 Benigni R., Capra C., Cattorini P.E., op. cit., vol. II, p. 909. 2 Mills B., Bone K., op. cit., p. 343. 3 Van Hellemont J., op. cit., p. 432. 4 Wichtl M. et al., op. cit., p. 312. 5 Velazquez DV, Xavier HS, 2005, Zea mays L. extracts modify glomerular function and potassium urinary excretion in conscious rats. Phytomedicine. 12(5):363-9. 6 Leclerc Henri, 1935, Précis de phytothérapie, Essais de thérapeutique par les plantes francaises, Paris, Masson, 1976. 7 Van Hellemont J., op. cit., p. 432. 8 Bai H, Hai C et al., 2010, Protective effect of maize silks (Maydis stigma) ethanol extract on radiation-induced oxidative stress in mice. Plant Foods Hum Nutr. 65(3):271-6. 9 Capasso F., 2011, op. cit., p. 131. 10 Lemcke-Norojarvi M, Kamal-Eldin A et al., 2001, Corn and sesame oils increase serum gamma-tocopherol concentrations in healthy Swedish women. J Nutr, 131(4):1195-201. 11 Hager, 1979, vol. 6, 550.

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Nome comune: Zenzero Francese: Gingembre Inglese: Ginger Tedesco: Ingwer Spagnolo: Jengibre Famiglia: Zingiberaceae – rizoma Costituenti principali1: – olio essenziale (1-4,3%)*: carburi sesquiterpenici (30-70%): zingiberene (7-50%), (-)β-fellandrene (2-12%), ar-curcumene (0,219%), (+)-β- bisabolene, (E)-α-farnesene; alcols sesquiterpenii: sesquifellandrolo e zingiberolo; monoterpeni: 1,8-cineolo (da tracce al 13%), p-cimene (0,2-11%), nerolidolo (da tracce al 9%), α-pinene (1,8-4,2%), linalolo (1-5,5%), borneolo, β-pinene, camfene, geraniolo, citrale; alifatici: nonanolo (2-8%), propanolo (0,1-3,1%) * sono stati individuati più di 160 componenti, ma la composizione dell’olio essenziale varia considerevolmente a seconda dell’origine geografica – feniletil-n-alchil-cetone e derivati: gingeroli (fino al 25% nell’oleoresina) (responsabili del sapore marcato della droga) – shogaoli (nella droga essiccata) – gingerdioli e derivati; curcuminoidi; diterpeni; glicolipidi; amido (≈ 50%), Attività principali: carminativa, aromatica e assorbente; antiemetica; ipocolesterolemizzante Impiego terapeutico: disturbi dispeptici; prevenzione cinetosi

Utilizzo medico Il rizoma della droga è da sempre utilizzato come spezia in India e in Cina e rientra, inoltre, fra le sostanze medicamentose della medicina orientale, oltre a essere un costituente dei curries. La Commissione E del BfArM descrive il rizoma come medicamento antiemetico, stimolante le secrezioni salivare e gastrica, stimolante il peristaltismo e il tono intestinale e ne riconosce l’uso nella dispepsia e nelle cinetosi. L’organotropismo della pianta si situa, infatti, a livello gastrointestinale: il rizoma, oltre alle ben note attività stimolanti aromatiche e stomachiche, manifesta anche proprietà colagoghe. L’aumento della secrezione biliare è stato ottenuto con l’estratto acetonico e non con l’estratto acquoso. Si è appurato a livello sperimentale che il [6]-gingerolo è colagogo, il [6]-, [8]-, [10]-gingeroli stimolano la motilità gastrointestinale2. La droga è conosciuta anche come tonico-stomachico: stimola i recettori termosensibili dello stomaco e provoca così una sensazione di calore locale3. Tale proprietà è sfruttata nella dispepsia, nella ipoacidità gastrica e nella gastralgia. Lo zenzero stimola la secrezione salivare e la sua concentrazione in ptialina (amilasi) e in mucina (mucopolisaccaridi), aumenta il tono della muscolatura intestinale e attiva la peristalsi4. Nella cavia la stimolazione della motilità gastrointestinale con i gingeroli è comparabile a quella con metoclopramide (farmaco antiemetico)5. Sono inoltre segnalate 895

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proprietà proteolitiche e anche ipocolesterolemizzanti: probabilmente quest’ultima è da riferire all’azione colagoga della pianta6. Studi su animale hanno dimostrato che un estratto etanolico frena l’aumento di colesterolo e trigliceridi in conigli alimentati con una dite ricca in lipidi7 e in cavie geneticamente incapaci di sintetizzare apolipoproteine (proteine capaci di legare lipidi ) un estratto di zenzero somministrato per os ha condotto a una riduzione del 44% della superficie delle placche aterosclerotiche, del 27% la concentrazione ematica dei trigliceridi e del 29% del colesterolo8. La ricerca farmacologica ha evidenziato che gingeroli e shoagoli sono in grado di proteggere il fegato da danni indotti con sostanze epatotossiche. L’[8]-gingerolo è epatoprotettore (prevenzione della tossicità da tetracloruro di carbonio sugli epatociti del ratto) così come il [7]- e [8]-shogaolo9. Il zingiberene si è dimostrato antiulceroso. L’effetto antiulcera è stato messo in evidenza sperimentalmente nel ratto nel quale l’estratto acetonico (1g/kg per os) e il zingiberene (100 mg/kg) inibiscono in modo significativo l’induzione dell’ulcerazione tramite una soluzione etanolica di acido cloridrico10. Un estratto secco ha ridotto la produzione di succo gastrico e ha protetto la mucosa contro agenti ulcerogeni come l’indomatacina11, farmaci aspirino-simili e alcol12. Svariati inoltre sono gli studi che hanno segnalato come la polvere del rizoma abbia attività antinausea. Alcuni studi clinici recenti sembrano dimostrare che la radice di Ginger manifesta un’efficacia superiore al placebo nell’alleviare la nausea e il vomito prodotti da cause diverse13. Il [6]-gingerolo e il il [6]-shogaolo potrebbero intervenire nell’attività antinausea sopprimendo le contrazioni gastriche e stimolando la motilità gastrointestinale e la peristalsi. All’azione antiemetica, infatti, contribuirebbe un miglioramento della motilità gastrointestinale sia a digiuno sia a stomaco pieno14. L’azione antiemetica non sarebbe di origine centrale, ma consecutiva a effetti diretti sul sistema digerente. Viene segnalato infatti che i componenti attivi dello zenzero «bloccano a livello gastrico i recettori 5-HT3 della serotonina (implicati nella genesi del vomito) e di conseguenza riducono la possibilità che il segnale emetico dallo stomaco arrivi al livello centrale (cervello)»15. Nausea in gravidanza: una review sistematica16 che ha valutato 6 studi di qualità metodologica corretta (675 donne) è giunta alla conclusione che lo zenzero risulta efficace per ridurre nausea e vomito in gravidanza. Quattro studi (246 pazienti) si sono mostrati superiori al placebo (1,5 g di estratto o 1 g di polvere al dì in 4 assunzioni). Altri studi hanno segnalato che lo zenzero si è mostrato efficace quanto la vitamina B6 (piridossina)17 e quanto il dimenidrato (principio attivo antistaminico e anticolinergico. Viene utilizzato in caso di nausea e sensazioni di vertigini), ma provocando meno effetti collaterali18. OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), American College of Obstetricians and Gynecologists19 e Association of American Family Physicians20 ritengono lo zenzero un trattamento efficace per contrastare la nausea e il vomito gravidico. La Commissione E del BfArM invece ritiene l’uso «senza giustificazioni particolari»21 e, basandosi sull’assenza di certezze circa l’innocuità della pianta, che la zenzero non deve essere somministrato alla donna in gravidanza. Cinetosi: uno studio in doppio cieco22 ha stabilito che la polvere di zenzero risulta più efficace nel prevenire la comparsa dei sintomi legati alla cinetosi (s. gastrointestinali e nausea) rispetto a un farmaco classico quale la difenidramina (940 mg di polvere di zenzero assunte 25 minuti prima della prova, effettuata con sedia rotatoria, comparate a 100 mg di difenidramina). La posologia consigliata è la seguente: 0,5-2 g di polvere 30 minuti prima della partenza, poi 0,5-2 g ogni 4 ore23. Commissione E del BfArM, ESCOP e OMS ne riconoscono l’uso. 896

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Nausea e vomito postoperatorio: molti studi condotti non sono considerati metodologicamente adeguati, e quindi le segnalazioni riguardanti l’efficacia della pianta in questo ambito sono ritenute dubbie24. Una metanalisi25 pubblicata nel 2006, che ha valutato 5 studi effettuati in doppio cieco (356 persone), è giunta alla conclusione che 1 g di zenzero essiccato può ridurre nausea e vomito in caso di interventi chirurgici minori, in particolare in caso di laparoscopia26. L’European Scientific Cooperative on Phytotherapie (ESCOP) ne riconosce l’uso per prevenire la nausea e il vomito consecutivi a un intervento chirurgico minore. Sono in corso valutazioni per valutare l’efficacia della pianta nella nausea e vomito in corso di chemioterapia, sintomi segnalati quasi dal 70% dei pazienti. Una ricerca recente ha avuto come obiettivo quello di determinare se lo zenzero risultava più efficace del placebo nel controllo degli effetti collaterali della chemioterapia in pazienti che assumevano anche un antiemetico (antagonista del recettore 5 − HT3). La supplementazione con il Ginger a una posologia giornaliera di 0,5 g-1,0 g ha aiutato in modo significativo pazienti che assumevano anche un farmaco antiemetico nel ridurre la nausea durante le prime giornata di chemioterapia27. Lo zenzero conosce anche altri usi: tradizionalmente viene impiegato per curare i dolori di tipo artritico. Anche in questo caso gli studi però sono carenti. Da alcuni studi pubblicati sembra che la sua azione, in casi di terapia prolungata, sia superiore al placebo (gonartrite-osteoartrite)28. L’attività antiflogistica e antiedematosa sarebbe dovuta a una inibizione della lipo- e ciclo-ossigenasi. Secondo uno studio clinico29 statunitense preparati a base di radice di zenzero (Zingiber officinale) sono in grado di alleviare i dolori muscolari causati da attività fisica. La loro azione può essere paragonata a quella dei farmaci antinfiammatori quali aspirina, ibuprofene, paracetamolo ecc. Secondo i risultati della ricerca tali preparati hanno contribuito a ridurre il dolore infiammatorio di circa il 25% rispetto al placebo. Studi simili condotti con antinfiammatori venduti senza prescrizione medica, hanno evidenziato che l’effetto dello zenzero è maggiore di quella attribuito a aspirina, ibuprofene o paracetamolo. Sarebbero i gingeroli e in particolare i shogaoli, i principi responsabili di tale attività. La medicina ayurvedica utilizza lo zenzero per trattare le emicranie: si verifica diminuzione della frequenza delle crisi e un effetto sintomatico 30 minuti dopo assunzione di 500-600 mg di polvere di zenzero nell’acqua. Occorre ripetere l’assunzione ogni 4 ore e per 3-4 giorni30. Alcuni shoagoli presenterebbero azione protettiva nei confronti della proteina β-amiloide, il cui attacco ai neuroni da parte di questa proteina è considerata una delle principali cause del morbo di Alzheimer. La pianta potrebbe essere considerata, pertanto, «una fonte di composti naturali potenzialmente utili per il trattamento del morbo di Alzheimer»31. Il [6]-gingerolo e il [6]-shoagolo, attivi sul SNC ove manifestano azione analgesica e anticonvulsivante, sarebbero responsabili inoltre di un’azione bradicardizzante e ipotensivante32. Sperimentalmente è stata dimostrata azione inotropa positiva (Monografia Commissione E del BfArM). Ulteriori ricerche si stanno sviluppando nell’ambito delle proprietà antitumorali del gingerolo, per ora messe in evidenza da prove in vitro e su animale33. Lo zenzero potenzia il sistema di difesa antiossidante dell’organismo. Somministrato a ratti (1% nella loro dieta) abbassa la perossidazione lipidica e aumenta in modo significativo la concentrazione ematica di gluatatione34. Sono segnalate anche proprietà antimicrobiche e antivirali: sono soprattutto i componenti dell’olio essenziale a svolgere tale attività. In particolare β-fellandrene e zingiberene frenano la moltiplicazione dei rhinovirus35. 897

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Nota: Il rizoma è utilizzato nella fabbricazione di liquori e aperitivi e, come aromatizzante, grattugiato, per condire le vivande. Uso esterno La pianta viene impiegata come aromatizzante in numerose collutori e medicamenti per le cure dentarie. La Tintura si usa in frizioni per migliorare l’irrorazione ematica. L’olio essenziale rientra nella composizione di pomate (5 gocce/100g) da frizionare sul torace in caso di tosse36. Tossicità, interazioni ed effetti secondari Non sono segnalati effetti tossici ai dosaggi terapeutici. «Gli studi clinici mostrano che gli effetti indesiderati dello zenzero sono sovrapponibili a quelli del placebo; pertanto la droga è da considerarsi sicura.37» In pazienti ipersensibili, tuttavia, possono manifestarsi pirosi gastrica e diarrea (ridurre la posologia o sospendere il trattamento), in particolare se si assumono posologie superiori a 4-6 g. Nella monografia della Commissione E del BfArM si segnala che, in presenza di calcolosi biliare, la droga va impiegata solo dopo aver consultato un medico e che non è da utilizzare in gravidanza in quanto la tradizione riconosce alla pianta un utilizzo come emmenagogo. Tale avvertimento è considerato da taluni eccessivo «soprattutto per una specie d’uso alimentare corrente e di lunga tradizione medicinale in Oriente […] di fatto vi è una carenza di argomenti per prendere una posizione definitiva»38. Viene segnalato che, per ottenere comunque un’attività emmenagoga, occorrono dosaggi notevolmente superiori a quelli comunemente consigliati (1 g-1,5 g) e si consiglia alle donne in gravidanza o che allattano di non consumare quantità superiori a quelle alimentari. Per quanto riguarda una supposta mutagenicità, non esistono prove certe in letteratura che la confermino. Secondo uno studio pubblicato condotto su 187 donne gravide lo zenzero non ha aumentato il rischio di malformazioni39. Anche Mills e Bone affermano che, nonostante l’ampio consumo, non sono state documentate prove di aumento di malformazioni o altri effetti dannosi sul feto. Avvertono comunque che l’assunzione della pianta in gravidanza e allattamento deve avvenire comunque solo sotto controllo medico e il dosaggio massimo consigliato è di 2 g di radice essiccata al giorno in dosi ripartite nella giornata (corrisponde a 10 g di droga fresca)40. Alcuni autori consigliano vigilanza in caso di assunzione contemporanea di farmaci anticoagulanti per una teorica possibilità di potenziamento d’effetto di tali farmaci da parte di Z. officinale. Uno studio pubblicato ha comunque evidenziato che l’assunzione di estratti della pianta non ha influenzato la farmacocinetica del warfarin nei soggetti sani41. La Farmacovigilanza asserisce che nonostante «segnalazioni piuttosto vecchie suggeriscano un effetto sulla aggregazione piastrinica, questo viene smentito dai dati più recenti. Non sono state riportate interazioni con la warfarina»42. Farmacopea europea (Ph. eur., 7ª edizione) La droga è costituita dal rizoma, essiccato, intero o tagliato, di Zingiber officinale Roscoe contenente al minimo 15 ml/kg di olio essenziale. Forme farmaceutiche e posologia Posologia media giornaliera (Commissione E del BfArM): 2-4 g di rizoma essiccato/die. In particolare la monografia ESCOP (2009) consiglia: Profilassi cinetosi: adulti e bambini sopra i 6 anni, 0,5-2 g della droga in polvere in sin898

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gola assunzione 30 minuti prima del viaggio; se la sintomatologia continua, 0,2-0,4 g ogni 2-4 ore in base alla severità dei sintomi. Nausea e vomito della gravidanza (solo sotto controllo medico): 75 mg-2 g/die, dividere in dosi, per 1-5 giorni. Nausea dopo intervento chirugico: 0,5-1g un’ora prima l’intervento. Infuso: versare acqua bollente su 0,5-1g di droga grossolanamente polverizzata e filtrare dopo 5 minuti. Come antiemetico assumere 2 g di droga polverizzata di fresco con un po’ di liquidi. Decotto al 3%. Polvere: 500 mg di polvere per capsula 3 volte al dì 30 minuti prima dei pasti; 2 capsule 30 minuti prima del viaggio43. Estratto secco (titolato in olio essenziale min. 0,8%, British Herbal Pharmacopoeia o in gingeroli min. 4%, Farmacopea tedesca): 100-300 mg per capsula. Zingiber officinalis T.M.: 30 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì. Note di galenica In commercio si possono reperire il Ginger bianco (White Ginger) e il Ginger nero (Black Ginger). Il Ginger bianco è il rizoma decorticato e proviene principalmente dalla Giamaica, il Ginger nero, con la buccia, dalla Cina e dalla Sierra Leone. Si possono trovare anche radici parzialmente decorticate provenienti da India, Nigeria, Australia e Giappone44. La Tintura Madre è preparata dalla parte sotterranea essiccata (titolo 65°). Formulario Dispepsia e Gastralgia Zingiber o. Matricaria r. Melissa o. S/1 cps prima dei pasti principali

E.S. 100 mg E.S. 100 mg E.S. 100 mg per cps

Dolore in generale Passiflora i. T.M. Eschscholtzia c. T.M. Zingiber o. T.M. ana parti in flacone unico S/50 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Ipercolesterolemia-arteriosclerosi Zingiber o. T.M. Harpagophytum p. T.M. Crataegus o. T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì Astenia sessuale Zingiber o. T.M. Eleutherococcus s. T.M. Ginseng T.M. ana parti in flacone unico S/40 gocce, diluite in acqua, 1-3 volte al dì

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Curiosità • «In Inghilterra preparasi collo zenzero una birra che riesce grata ed utile contro lo scorbuto e le scrofole. In Francia adoprasi talvolta la conserva o confettura dello zenzero come stomachica; ma bisogna ben distinguere i casi in cui lo stomaco digerisce male per vera debolezza dagli altri nei quali la cronica flogosi di quest’organo gli impedisce di esercitare le sue funzioni ed ove l’uso dello zenzero aumenterebbe gli accidenti anziché diminuirli» (Levi, Dizionario classico di medicina, 1840). • Il vino caldo allo zenzero, preparato con 5 fettine di rizoma fresco, succo di mezzo limone, vino rosso, miele e acqua calda, è un rimedio casalingo utilizzato in caso di influenza accompagnata da febbre. Nella medicina popolare il tè allo zenzero viene consigliato per alleviare i dolori di stomaco, i dolori mestruali e le turbe circolatorie. Note bibliografiche 1 Frohne D. et al., op. cit., p. 262. 2 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 350. 3 Van Hellemont J., op. cit., p. 432. 4 Wichtl M. et al., op. cit., p. 539. 5 Bruneton J, 2009, op. cit., ibidem; Yamahara J. et al., 1990, Chem. Pharm. Bull. 38, 430-1. 6 Hallard F., op. cit., p. 94. 7 Bruneton J, 2009, op. cit., ibidem. 8 Frohne D. et al., op. cit., p. 262. 9 Rombi M., op. cit., p. 125. 10 Yamahara J. et al., 1988, J. of Ethnopharm., 23, 299-304. 11 Bruneton J, 2009, op. cit., ibidem. 12 Capasso F., 2011, op. cit., p. 177. 13 Ernst E., Pittler M.H., 2000, Efficacy of ginger for nausea and vomiting: a systematic review of randomized clinical trials. Br. J. Anaesth. 84, 367-371. 14 Micklefield G.H., Redeker Y. et al., 1999, Effects of ginger on gastroduodenal motility.Int. J. Clin. Pharmacol. Ther. 37, 341-346. 15 Capasso F., 2011, op. cit., p. 177. 16 Borrelli F, Capasso R et al., 2005, Effectiveness and safety of ginger in the treatment of pregnancy-induced nausea and vomiting. Obstet Gynecol. 105(4):849-56. Review. 17 Chittumma P, Kaewkiattikun K, Wiriyasiriwach B., 2007, Comparison of the effectiveness of ginger and vitamin B6 for treatment of nausea and vomiting in early pregnancy: a randomized double-blind controlled trial. J Me assoc Thai, 90(1):15-20. 18 Pongrojpaw D, Somprasit C, Chanthasenanont A, 2007, A randomized comparison of ginger and dimenhydrinate in the treatment of nausea and vomiting in pregnancy. J Me assoc Thai. 90(9):1703-9. 19 www.acog.org: Issues Guidance on Treatment of Morning Sickness During Pregnancy. 20 White B, 2007, Am Fam Physician. Ginger: an overview, 1;75(11):1689-91. 21 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 352. 22 Mowrey D.B., 1982, Lancet, (8273) 655. 23 Frohne D. et al., op. cit., p. 264. 24 Bruneton J, 2009, op. cit., ibidem, p. 351. 25 Chaiyakunapruk N et al., 2006, The efficacy of ginger for the prevention of postoperative nausea and vomiting: a meta-analysis. Am J Obstet Gynecol. 194(1):95-9. Review. 26 Ratchanon S, Wiriyasirivej B., 2006, Effectiveness of ginger for prevention of nausea and vomiting after gynecological laparoscopy. Apariman S, J Me assoc Thai, 89(12):2003-9. 27 L Ryan, C. Heckler, Dakhil SR, 2009, J Clin Oncol, 27:15 s, (suppl; Abstr 9.511).

900

299 • Zingiber

officinale

Roscoe

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Miller

Zizyphus jujuba Miller (= Zizyphus vulgaris Lam.)

Nome comune: Giuggiola Francese: Jujubier Inglese: Jujube Tedesco: Hinesische Jujube Spagnolo: Azufaifo Famiglia: Rhamnaceae Parte utilizzata: frutto Costituenti principali1: frutti: acidi triterpenici, saponsoidi e polisaccaridi semi: saponosidi e flavoidi; tracce di alcaloidi peptidici foglie: saponosidi, alcaloidi isochinoleici; negli steli tracce di alcaloidi peptidici In particolare nel frutto: – saponine triterpeniche (jujubosidi), alcaloidi isochinolinici (zizifusina) e ciclopeptidici (daehuciclopeptide-I), flavonoidi, mucillagini, tannini, triterpeni (acido oleanolico, ferulico, betulinico), vitamine (A, B2, C), calcio, fosforo, ferro, zuccheri (saccarosio, glucosio, galattosio, fruttosio) e aminoacidi Attività principali: emolliente e bechica; sedativa Impiego terapeutico: flogosi apparato respiratorio; ansia-insonnia

Utilizzo medico Il Giuggiolo è un piccolo albero originario della Cina settentrionale, da dove arrivò in Asia occidentale 2500-3000 anni a.C. e quindi nella regione mediterranea ove naturalizzò. Il frutto, grande come un’oliva, di sapore dolce-acidulo e colore rosso-bruno, risulta particolarmente ricco in zuccheri (30 g per 100 g di parte edibile); possiede un valore calorico relativamente elevato rispetto ad altra frutta fresca (120 cal. per 100 g); contiene inoltre elevate quantità di vitamina C (40 mg). Può essere consumato fresco o impiegato per la preparazione di marmellate e conserve. I frutti sono dotati di proprietà emollienti e bechiche, antinfiammatorie e blandamente sedative (flavonoidi): grazie a ciò vengono impiegati negli stati infiammatori e catarrali a carico dell’apparato respiratorio. Le giuggiole rientrano nella composizione della tisana dei quattro frutti, che associa, in parti uguali, giuggiola, datteri, fichi secchi e uva secca. Tali frutti sono chiamati dalla tradizione medica del passato, frutti pettorali in quanto veniva loro riconosciuta una certa efficacia in caso di raffreddori, bronchiti e in genere nei disturbi a carico dell’apparato respiratorio. Viene spesso ricordata anche la pasta di giuggiole, dotata di analoghe proprietà, e che può essere assunta ad libitum (a piacere). La pasta di giuggiole, ottenuta con un’infusione in acqua di giuggiole a cui si aggiungono gomma arabica e zucchero e aromatizzata con acqua di fiori d’arancio, «di sapore gradevole, si mangia e serve a fare le famose pastiglie»2. Al frutto sono attribuite anche proprietà blandamente lassative: per il medico Henri Leclerc la sua efficacia può essere paragonata a quella della Plantago psyllium L. (psillio) e dell’agar-agar. «Conviene pertanto alle persone con intestino delicato, troppo debole per sopportare i lassativi troppo energici o i drastici»3. I semi del frutto contengono composti triterpenici responsabili dell’azione sedativa: è stato dimostrato che lo jujuboside A riduce l’iperattività dei neuroni4. 902

300 • Zizyphus

jujuba

Miller

Nella Medicina Tradizionale Cinese (MTC) vengono correntemente utilizzati i frutti essiccati (datteri cinesi) nel trattamento dell’insonnia dovuta ad astenia fisica ma anche i semi tostati della varietà suanzaoren e sanjoin (Corea) come ipnotici, sedativi e ansiolitici: è stato provato in vitro che la sanjonina (alcaloide peptidico) interferisce con i recettori GABA5. Sono state osservate, infine, un’elevata attività antiossidante, che protegge le cellule dai danni ossidativi, e proprietà antiallergiche6. Uno studio recentemente pubblicato ha messo in evidenza come un estratto ottenuto dai frutti è in grado, grazie alle proprietà antiossidanti, di proteggere i neuroni di cavie che avevano ricevuto per 10 giorni somministrazioni orali del preparato, dai danni ischemici presenti a livello dell’ippocampo mediante up-regolazione della superossido dismutasi (SOD1) e alla riduzione della perossidazione lipidica7. La medicina araba utilizza il frutto come depurativo, antifebbrile, nelle infiammazioni, nell’asma e in oftalmologia; il seme, come tonificante. Alcuni ricercatori hanno studiato il frutto, utilizzando un estratto alcolico del frutto essiccato con i semi, al fine di valutarne le proprietà antalgiche, antinfiammatorie, antifebbrili e broncodilatatrici. Hanno così potuto appurare che l’estratto etanolico presenta azione antinfiammatoria nell’edema da carragenina e nel granuloma infiammatorio. Mentre l’azione antipiretica non è stata riscontrata, l’estratto ha dimostrato di possedere proprietà antalgiche importanti (per os), forse attribuibili agli alcaloidi e ai flavonoidi del fitocomplesso. Gli autori hanno inoltre dimostrato che la pianta è esente da effetti tossici, che non presenta azione depressoria a livello del SNC e che non possiede alcuna influenza biologica negativa così come alcun effetto spermatotossico anche per assunzioni prolungate nel tempo8. Le foglie del giuggiolo presentano la caratteristica, dovuta alla presenza dei dammarani, di annullare la percezione del gusto zuccherato9. Uso esterno È stato segnalato anche un uso topico come antalgico nelle affezioni della cavità orale: tale proprietà è forse attribuibile agli alcaloidi e ai flavonoidi del fitocomplesso. In cosmesi si impiega come emolliente e idratante per pelli secche (maschere). Tossicità, interazioni ed effetti secondari La letteratura non segnala effetti secondari e tossici alle dosi terapeutiche, a meno che non vi sia una particolare sensibilità individuale. Forme farmaceutiche e posologia Decotto: 15 g di droga (frutti essiccati privati del nocciolo) per 2 tazze di acqua (Antonelli). Estratto secco (semi: titolato al 2% in jujubosidi): capsule da 200 mg: 1-2 cps/die. Note di galenica La Tintura Madre è preparata dal frutto essiccato (titolo 65°). Formulario Tisana dei frutti pettorali Decozione di un mélange in parti uguali di fichi, uva, datteri, giuggiole: 50 g per litro, lasciare bollire dolcemente per mezz’ora. Pasta di Giuggiole10 Si ottiene mettendo a infondere 30 gr di giuggiole in 200 di acqua e sciogliendo a caldo, nell’infuso ottenuto, 180 gr di gomma arabica. Filtrato il liquido per panno, vi 903

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jujuba

Miller

si aggiungono 220 grammi di sciroppo semplice, si riporta la miscela alla bollitura, continuandola sino a che essa abbia raggiunto la consistenza pastosa, la si profuma allora con acqua di fiori di arancio (10 gr), si schiuma e si versa negli stampi delle pasticche, facendola evaporare in stufa a 35-40 °C. Si preferisce talora lasciare mescolata al liquido la polpa del frutto. Decotto pettorale (Medicamenta, 1924) Orzo mondo 100 g Uva passa 150 g Fichi secchi 150 g Giuggiole ammaccate 150 g Acqua 1800 g Far bollire a riduzione di 2/3 del liquido, poi aggiungere: Legno di liquirizia contuso 15 g Dopo alcuni minuti d’ebollizione togliere dal fuoco e colare il liquido semifreddo. Bronchi (catarro), tosse «Decotto: far bollire per venti minuti in mezzo litro d’acqua 40 g di frutti di Giuggiolo. Filtrare il liquido, addolcirlo con parecchio miele e berne una tazza la sera prima di coricarsi e il rimanente durante il giorno successivo.11» Intestino (irritazione) «Decotto: far bollire una cucchiaiata di frutti di Giuggiolo in una scodella d’acqua. Filtrare il decotto e berlo la sera prima di coricarsi. Ripetere la dose il giorno seguente.12» Curiosità • Zizyphus viene da Zizouf, nome arabo della pianta. Originaria della Siria, fu introdotta in Italia negli ultimi anni del regno di Augusto. Fu Galeno che per primo la segnalò atta a «diminuire il calore del sangue». Nel Medioevo le vennero riconosciute proprietà bechiche. Tale uso durò fino all’inizio del XIX secolo, quindi cadde nell’oblio. • «È comune il modo di dire «andare in brodo di giuggiole» per significare che si prova squisito senso di dolcezza; è comune anche l’altro ’è una zizzola!’ per dire che ci è caduta qualche traversia tra capo e collo, assai più pesante… di una zizzola!» (G. Bizzarrini, 1945). Note bibliografiche 1 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 1212. 2 Campanini E, 2009, Piante medicinali in Sardegna, Ilisso, Nuoro. 3 Ibidem. 4 Zhang M, Ning G et al., 2003, Inhibitory effect of jujuboside A on glutamate-mediated excitatory signal pathway in hippocampus. Planta Med. 69(8):692-5. 5 Bruneton J, 2009, op. cit., p. 1213. 6 Ibidem. 7 Yoo KY, Li H, Hwang IK, 2010, Zizyphus attenuates ischemic damage in the gerbil hippocampus via its antioxidant effect, J Med Food, 13(3):557-63. 8 Shah A.H. et al., 1989, Phytotherapy Research, 6, 232-4. 9 Bruneton J, 2009, op. cit., ibidem. 10 Negri G., op. cit., p. 235. 11 Cecchini T., op. cit., p. 158. 12 Ibidem.

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Indice analitico

A abrasioni 73, 348, 459, 490, 492 acne 82, 128, 155, 191, 308, 510, 590, 662, 708, 830, 874, 876 acne rosacea 187, 286, 589, 662 acrocianosi 684 acufeni 15, 111, 317, 653 aerofagia 70, 157, 331, 470, 576, 864 affaticamento oculare 441, 863 affaticamento psico-fisico 176, 259, 386, 538, 575, 651, 669, 812, 844 affaticamento intellettuale 176, 730, 844 affezioni apparato respiratorio 18, 122, 164, 282, 293, 334, 390, 404, 421, 477, 492, 494, 526, 544, 604, 625, 666, 711, 718, 789, 792, 816, 856, 863, 902 affezioni vie urinarie 358, 718, 741, 826, 874 afonia - raucedine 3, 30, 62, 288, 441, 442, 579, 734 afte 119, 130, 250, 267, 288, 331, 442, 450, 458, 486, 560, 611, 675, 742, 861, agitazione psicomotoria 471 algie funzionali 273, 278, 290, 343, 433, 434, 551, 694 alitosi 3, 70, 481, 508, 703, 795 allattamento 294, 312, 578, 808, 861 allergia, 31, 353, 504, 657 alopecia androginica 726 amenorrea 14, 41, 390, 653, 865, 883 analgesico 31, 92, 224, 279, 344, 374, 447, 462, 479, 536, 544, 554, 667, 695, 741, 850 anemie secondarie 139, 268, 364, 828, 860 angina/e 156, 393, 442, 572, 675 annessite 251, 606, 626

anoressia 96, 157, 309, 368, 860 ansia 59, 213, 410, 470, 500, 550, 536, 581, 652, 844, 902 antalgico nelle affezioni della mucosa orofaringea 759 antiaggregante piastrinico 42, 46, 365, 487, 657 aritmie 213, 242 arteriopatia arti inferiori 317 arteriosclerosi 42, 51, 268, 878 artralgie 12, 39, 119, 147, 197, 274, 279, 374, 462, 694, 696 artrite reumatoide 122, 124, 148, 229, 269, 510, 661, 766, 823 artritismo 124, 297, 308 artrosi 124, 270, 271, 291, 300, 343, 659, 696 ascessi 62, 143, 722, 804 asma 30, 67, 124, 247, 263, 317, 338, 347, 351, 383, 390, 431, 433, 504, 511, 541, 551, 576, 588, 615, 817, 818, 856, 863, 865, 903 astenia 107, 258, 356, 364, 385, 455, 538, 622, 650, 656, 658, 670, 731, 804, 808 astenia sessuale 542, 556, 623 ateromatosi 20, 42, 604 atonia digestiva 13, 42, 96, 99, 395, 630 atonia gastrointestinale 168, 487, 699, 700 attività sportiva 258, 652 aumento resistenza allo stress 258, 539, 650 B blefariti 288, 353, 589 bolo isterico 844 bronchite asmatica 31, 67, 247

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Indice

analitico

bronchite/i 156, 351, 431, 433, 440, 592, 810, 816 bronchite/i cronica/che 156, 284, 303, 347, 351, 390, 588, 625, 676, 810, 856, 863 C caduta dei capelli 18, 23, 498, 794, 811, 829 calcolosi renale 35, 187, 276, 548, 568, 684 calcolosi salivare 186 caldane notturne 16, 700 callosità plantari dolorose 128 capelli deboli 268 capelli grassi 666 carie 138, 269, 488, 719, 760, 793 cardiotonico di mantenimento 213 carenza in vitamina C 364, 660 cataratta 837, 887 catarri delle vie aeree superiori 388, 575, 579, 588, 601, 603, 615, 713 cefalea 449, 470, 483, 500, 505, 671, 800, 844 cellulite 22, 118, 172, 273, 290, 299, 347, 362, 468, 687 cheloidi 172 chemioterapia antitumorale 652, 777 cheratosi palmoplantari 128 cinetosi 196, 421, 483, 730, 895 cirrosi epatica 229, 728 cistalgia 61, 440, 532 cistite/i 29, 35, 61, 80, 86, 88, 101, 121, 134, 273, 492, 532, 706, 743, 833, 842, 891, 893 climaterio 14, 39, 41, 328, 368, 550, 675, 884 coadiuvante nei regimi (cure/diete) dimagranti 35, 136, 149, 151, 153, 189, 193, 264, 269, 297, 299, 305, 362, 532, 562, 568, 595, 652, 707, 748, 750, 773, 891 colecistite/i 96, 228, 234 colecistopatia 96, 279, 309, 566, 731 colibacillosi 87, 134, 362, 741, 842 colite/i 39, 124, 398, 504, 594, 718, 856 colite ulcerosa 55, 61, 124, 610, condilomi 139, 599, 786 congiuntivite/i allergica/che 31, 351, 353, 857 congiuntivite/i 30, 166, 181, 288, 331, 340, 353, 441, 449, 589, 857 congiuntiviti allergiche 31, 353, 857 contusioni 22, 94, 128, 753

912

convalescenza/e 96, 109, 258, 261, 364, 456, 538, 804 convulsioni (come coadiuvante) 844 coronarite 213 crampi ai polpacci 22, 684 crosta lattea 82, 830, 874 cuore senile 208 couperose 23, 662, 836 crohn (malattia di) 124, 888 cure “primaverili” 120, 151, 497, 675, 677, 775 D decongestionante pelvico 25, 42, 688 deficienze immunitarie 251, 364 dentizione 62, 664 depressione 109, 538, 651, 812, depurativo del sangue 115, 122, 737 dermatite atopica 122, 341, 365 dermatite seborroica 56, 107, 826 dermatiti 53, 82, 122, 128, 166, 172, 250, 351, 392, 440, 449, 458 588, 620, 677, 713, 737, 821, 856, 860, 871, 874 dermatosi da alterato ricambio 739 diabete 50, 82, 311, 485, 515, 518, 523, 568, 613, 744, 836, 842 diarrea 3, 30, 39, 136, 273, 559, 608, 610, 632, 711, 744, 836 difficoltà digestive 181, 313, 392, 466, 449, disappetenza 4, 13, 72, 189, 192, 198, 201, 210, 313, 409, 473, 483, 807 discinesie delle vie biliari 308, 481, 635, 798 disfunzione erettile 556 disfunzioni sessuali (impotenza) 622 dismenorrea 4, 14, 72, 96, 128, 181, 340, 401, 405, 433, 449, 586, 608, 626, 677, 711, 865 dislipidemie 187, 386, 518, dispepsia/e 3, 11, 72, 96, 99, 152, 168, 192, 196, 201, 210, 224, 228, 232, 234, 293, 313, 392, 343, 367, 388, 392, 409, 421, 444, 447, 470, 483, 487, 494, 500, 504, 575, 630, 635, 666, 699, 718, 798, 836, 852, 895 dispepsia atonica 168, 406 dispepsia cronica fermentativa 836 dispepsia del lattante 836 distonia neurovegetativa 278, 376, 412, 433, 470, 526, 818, 850 distorsioni 92, 753

Indice disturbi circolatori cerebrali 317, 869 disturbi della crescita 268 disturbi della memoria 137, 317, 320, 516, 539, 651, 668, 837, 869 disturbi delle vie biliari 477 disturbi gastrointestinali 477, 507, 523, 529 disturbi minori del sonno 278, 409, 500, 586, 856 disturbi stenocardici lievi 67 dolori articolari 9, 14, 92, 147, 273, 290, 299, 301, 345, 462, 656, 694, 823, 826 dolori muscolari 92 dolori pelvici 882 drenaggio 189, 236, 276, 310, 775 drenaggio cutaneo 60 drenaggio vie biliari 860 E ecchimosi 23, 93, 173, 398, 615, eczema/i 82, 155, 308, 351, 449, 510, 739, 772 edemi postoperatori 22 edemi post traumatici 269 eiaculazione precoce 368, 653, 813, 827 ematomi 92, 94, 753 emeralopia 836 emicrania 278, 308, 409, 472, 527, 653, 765, 799, 801, 819, 844 emicrania da raffreddore 284, 289 emorragie emorroidarie 606 emorroidi 4, 22, 226, 268, 340, 371, 398, 438, 468, 490, 492, 494, 536, 559, 684, 711, 728, 804, 856 enfisema 351, 390, 676, 810 enuresi 31, 61, 226, 279, 378, 633 epatopatie 234, 351, 728 epistassi 728 eretismo cardiaco 176, 213, 433, 517, 551, 849 eritema da agenti chimico-fisici 128, 684, 722 eritema da pannolino 128 eritema solare 55, 173, 341, 392, 684 esantemi (morbillo, rosolia) 82, 718 esaurimento psico-fisico 107, 812 F faringite/i 3, 30, 94, 128, 282 ferite 4, 172, 250, 490, 492 fibromialgia/e 273, 345, 694, 768 fistole 56, 398, 536, 559, 632, 722

analitico

flatulenza 12, 70, 75, 158, 313, 409, 470, 577, 849 flebite/i 25, 226, 340 flogosi della/e mucosa/e orofaringea/e 92, 364, 485, 588, 608, 620, 675, 677, 699, 804 flogosi mucose accessibili 559, 592, 610, 632 forfora 18, 44, 83, 166, 458, 632, 810 forme catarrali a carico dell’apparato respiratorio 3, 324, 330, 338, 347, 744 forme reumatiche 35, 77, 82, 110, 118, 120, 151, 290, 343, 570, 666, 694, 737, 739, 772, 856, 863, 874, 891 foruncoli/foruncolosi 62, 83, 92, 128, 297, 425, 804 fragilità del microcircolo 22, 196, 198, 656, 684, 690, 821, 836 fratture 268, 754, 806 funzioni cognitive 137, 317, 319, 471, 540, 650, 667 G gargarismi 33, 412, 442, 453, 580, 703, 720 gastralgia 73, 296, 474, 553, 718, 775, 789, 798, 895, 899 gastrite/i 330, 376, 381, 453, 899 gastroenterite/i 30, 61, 675, 677 geloni 128, 149, 351, 490, 492, 684, 688 gengivite/i 3, 219, 398, 458, 494, 560, 611, 656, 703, 796 glaucoma 320, 837 gotta 11, 77, 101, 118, 120, 151, 570, 684, 739, 741, 826, 874, 891 H Herpes 55, 127, 129, 260, 340, 378, 391, 421, 459, 472, 527, 589, 592, 611, 701, 759, 786, 821 Herpes labiale 127, 250, 391, 470, 589, 592, 611, 701, 788 Herpes genitale 55, 260, 472 I immunomodulante 53, 61, 250, 458, 652, 823 impetigo 393, 874 impotenza 812 infezioni delle vie urinarie 28, 592, 833 infezioni vaginali da Candida 458 infiammazione del tratto (delle vie) urinario 77, 419

913

Indice

analitico

influenza/sindrome influenzale 251, 256, 290, 656, 660 insonnia 59, 70, 109, 111, 176, 195, 213, 278, 367, 401, 433, 449, 466, 470, 500, 550, 544, 581, 586, 694, 798, 844, 856, 902 insufficienza circolatoria cerebrale 317, 650 insufficienza luteinica 39 insufficienza secrezione biliare 186 insufficienza veno-linfatica 22, 144, 172, 186, 371, 392, 398, 438, 466, 684, 711, 836, 886 intestino irritabile 41, 61, 70, 478, 609, 840, 842 invecchiamento cutaneo 510 involuzione senile precoce 317 ipercheratosi 128 ipercolesterolemia 46, 234, 326, 424, 532, 594, 775, 804, 899 iperglicemia 82 iperidrosi 392, 632, 699 iperprolattinemia 511, 883 ipertensione arteriosa 42, 46, 50, 213, 346, 356, 515, 532, 638, 869, 878 ipertiroidismo di grado lieve 436 ipertrigliceridemia 234 ipertrofia prostatica 221, 266, 322, 404, 618, 722, 775, 826, 830 iperuricemia 273, 297, 570, 741 ipofunzionalità tiroidea 305 ipotensione arteriosa 258, 671, 728, 731, 808 ipotonia digestiva 59, 860 irregolarità mestruali 4, 128 L laringo-tracheo-bronchite 61, 579 leucodermie 65 leucorrea 39, 146, 405, 438, 459, 494, 611, 633, 664 linfedema 684 litiasi biliare 228, 234, 635, 772, 860 litiasi renale 67, 108, 118, 417, 430, 521, 570, 604, 721, 826, 871 litiasi da ossalati di calcio 570, litiasi uratica 358 M magrezza 804, 808 malattia di Dupuytren 173 malattie da raffreddamento 130, 250, 284, 290, 395, 706, 798

914

malattie virali 250, 656 manifestazioni dolorose di origine nervosa 470 mastodinia 436, 510, 883 memoria 137, 317, 516, 539, 651, 668, 837, 869 meno-metrorragie 115, 144, 606, 728, 882 menopausa 14, 16, 111, 226, 307, 326, 340, 367, 370, 380, 404, 416, 424, 449, 455, 468, 697, 802, 843 menorragia/e 371, 606, 882 meteorismo 71, 182, 224, 293, 388, 453, 504, 575, 577, 850 mialgia/e 14, 22 micosi 129, 230, 251, 392, 459, 719, 839 micosi interdigitali 459, miopia 836 N nausea 478, 421 nefrolitiasi 115, 532, 891 nefropatie 417, 520 neoformazioni benigne 886 nevralgia/e 9, 22, 94, 147, 412, 706, 860 nevralgia del trigemino 516, 707, 860 nevrosi/psiconevrosi 111, 300, 414, 470, 883 nevrosi cardiache 414 nevrosi gastrica 470 O obesità 290, 301, 354, 523, 889 odontalgie/mal di denti 155, 290, 462, 471, 608, 760 oftalmie 166 onicomicosi 459 orchite 626 orticaria 30, 656 orzaiolo 288 ossiuri 48, 96, 221, 630, osteoporosi 152, 268, 292, 456 otalgie 251, 462, 471 otiti 393, 667 P palpitazioni 59, 433, 470, 551, 555, 844 pediculosi 459, 630 pelli grasse (seborroiche) 268 pelli impure 666 pelvipatia vegetativa (semicupi) 4

Indice periartrite scapolo-omerale 271, 697 pertosse/ forme pertussoidi 111, 164, 276, 338, 347, 412, 431, 500 piaghe 126, 268, 376 piccola insufficienza epatica 308, 532 piorrea 93, 94, 130, 458, 793 polimenorrea 40, 371 polluzione notturna 368 prestazioni atletiche 258 prevenzione delle malattie infettive 250, 364 proctite 22, 61, 130 profilassi delle crisi emicraniche 765 prostatite 45, 80, 89, 373, 742, 889 prurito/i 30, 376, 874 prurito vulvare 40 psicastenia 433, 470 psoriasi 307, 351, 874, 893 pulpite 760 punture di insetto 92, 173, 181, 348, 392, 459, 508, 562, 589, 615, 630, 724, 754, 760, 857 R radiodermiti 55 raffreddore/sindrome da raffreddamento 18, 128, 282 ragadi 372, 492, 536 ragadi anali 6, 372, 536, 632, 754 raucedine 3, 62, 288, 441, 579, 734 regolatore del transito intestinale 748 regolazione funzionalità epatica 286 renella 118, 268, 271, 297, 419, 520, 548, 561, 568, 570, 741, 830, 860, 871, 891 retinopatia diabetica 837 riabilitazione fisica 652 rimineralizzante 50, 152, 268, 456, 605, 826, 830 rinite 30, 43, 263, 265, 351, 353, 526, 597, 819 ritenzione idrica 42, 115, 234, 268, 273, 276, 299, 362, 392, 395, 419, 684, 830, 860 S sciatalgia/sciatica 9, 94, 153, 829, sclerodermia 173 sclerosi multipla 512 scompenso congestizio cardiaco 242 scottature solari 351 senescenza 110, 261, 317, 849, 870

analitico

sindromi allergiche 30, 263, 351, 504, 592 sindromi ansiose 176, 213, 470, 550, 581, 844, 902, sindrome ansioso-depressiva 380, 849 sindrome di Alzheimer 137, 152, 229, 318, 432, 471, 668, 700, 837, 869, 897 sindrome di Sjogren 512 sindrome premestruale 14, 292, 510, 688, 882 singhiozzo 70, 500 sinusite 156, 265, 282, 526, 667 sovrappeso 16, 33, 140, 263, 271, 292, 301, 307, 384, 385, 446, 569, 571, 731, 772, 775, 889, 893 spasmi del tratto gastrointestinale 104, 156, 159, 176, 183, 213, 293, 278, 343, 346, 388, 453, 470, 500, 523, 575, 666, 844, 882 spasmi delle vie biliari 156, 183 stati depressivi non endogeni 376 stati di eccitazione nervosa, nervosismo 107, 176, 192, 367, 401, 500, 510, 801, 844 , 882, 884 stati di tensione nervosa premestruale 470 stati infiammatori associati ad asma 124 stati febbrili/febbre 121, 256, 444, 657, 694, 697, 706, 791, 900 stati neurodistonici 59, 409 steatosi epatica 234, 728 stimolazione immunitaria 286, 364, 878 stipsi 53, 160, 189, 302, 360, 424, 564, 594, 597, 630, 635, 641, 642, 645, 647, 762, stomatite/i 3, 30, 256, 398, 458, 611, 656, 795 strappi muscolari 753 strie gravidiche 173 stress 176, 193, 214, 258, 318, 356, 367, 410, 412, 450, 539, 550, 650, 660, 799, 844, T tabagismo 50, 108, 315 tachicardia 214, 436, 470, 551 tenesmo 226, 358, 532, 741 tenia 221 tensione premestruale 176 terapia interdigitalica 20 tonico nervino 99, 622 tonsilliti 30, 130, 572 tosse 63, 226, 247, 263, 266, 276, 288, 347,

915

Indice

analitico

390, 440, 444, 485, 529, 536, 590, 601, 603, 615, 789, 792, 871 tosse secca 247, 383, 440 tosse stizzosa 64, 276, 423, 616, 796 tracheiti 391, 531, 795, 816 trattamento cuoio capelluto 18, 44, 83, 166, 206, 392, 404, 498, 606, 632, 669, 794, 806, 829, 874 trattamento di pelli aride, screpolate o ipercheratosiche 753 trattamento di pelli secche, screpolate, delicate, facilmente arrossabili 128 trattamento (preventivo) arteriosclerosi 47, 51, 268, 308, 516, 798, 875, 878, 899 trattamento sintomatico stati neurotonici 798 trattamento topico nei disturbi emorroidali 684 turbe del metabolismo 151 turbe della visione 836, 840 turbe digestive (in genere) 526, 759, 772, 789, 792 turbe dispeptiche di origine epatobiliare 234, 564 turbe funzionali della fragilità capillare cutanea 173, 196, 198, 398, 467, 657, 837 turbe mestruali 699

916

turbe psicocomportamentali della senilità 869 turbe psicosomatiche 72, 376, 470, 845 U ulcera gastroduodenale 30, 330, 332, 365, 376, 450 ulcerazioni 376, 588, 677, 874 ulcere 128, 172, 250, 722, 823 unghie deboli 268 uretrite/i 86, 134, 492, 626 uricemia 198, 273, 297, 300, 354, 363, 570, 737, 741, 828 ustioni 55, 128, 172, 250, 252, 283, 351, 353, 365, 376, 378, 384, 392, 422, 723 V vampate (menopausa) 14, 327, 368, 414, 468, 702, 802 varici 5, 22, 25, 26, 31, 196, 226, 340, 353, 476, 606, 632, 684 varicocele 606 verruche 49, 183, 724, 786, 888 vertigini, 317, 869 vescica irritabile 35, 221, 741 vescica neurogena 833 virosi 169, 823 vitiligo 66, 691 vomito 70, 421, 470

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DELLA STESSA AUTRICE Terapie complementari in geriatria Enrica Campanini, Stefania Biondo pag. 408 • ISBN: 978-88-481-2561-1 • 34,90 € Fitoterapia e omeopatia si prestano a una precisa personalizzazione della cura e rispondono all’esigenza sempre più pressante in medicina di recuperare la visione olistica del paziente, importante anche in ambito geriatrico. Un approccio integrato, che preveda l’impiego di tali metodiche per le patologie meno importanti e dei farmaci quando strettamente necessario, può rappresentare pertanto una soluzione terapeutica. Dopo un’introduzione al problema dei farmaci nell’anziano, le autrici analizzano le patologie neuro-psichiatrica, cardiovascolare, respiratoria, gastrointestinale, urinaria, dell’apparato locomotore, dermatologica.

Manuale pratico di gemmoterapia – II Ed. Enrica Campanini 296 pag. • ISBN: 978-88-481-1711-1 • 27,90 € La gemmoterapia è una metodica terapeutica, di ambito fitoterapico, che utilizza i tessuti embrionali – gemme, giovani getti, radichette ecc. – di piante, alberi e arbusti per prevenire e trattare svariate patologie. Il testo, completamente rinnovato rispetto all’edizione precedente, è suddiviso in quattro parti: definizione di gemmoterapia e tecniche di preparazione e composizione dei gemmoterapici; 52 accurate monografie relative ai gemmoderivati più utilizzati; la tecnica terapeutica del “drenaggio”; formulario diviso per patologie e tavole comparative fra gemmoderivati e Tinture Madri.

Fitopediatria Manuale pratico per medici e farmacisti Enrica Campanini 192 pag. • ISBN: 978-88-481-1367-0 • 20,00 € Le piante medicinali, opportunamente utilizzate, oltre a svolgere un’efficace attività sintomatica (azione antiflogistica, antisettica, emolliente, ecc.) svolgono il ruolo molto importante di stimolare le capacità di reazione dell’organismo, poiché agiscono non solo sul singolo organo o apparato ma sull’organismo in toto (terreno). Grazie a questo tipo di azione si potranno ottenere risultati veramente sorprendenti: in ambito pediatrico, in particolare, si potrà assistere al graduale ripristino della reattività del bambino, troppo spesso soffocata da terapie inutilmente aggressive.

Sovrappeso e cellulite Prevenzione e cura con le terapie naturali a cura di Enrica Campanini 192 pag. • ISBN: 978-88-481-1710-4 • 19,90 € Gli autori (tre medici e un farmacista) descrivono le possibilità terapeutiche nel settore della medicina naturale per i problemi di sovrappeso e della cellulite. Gli autori sottolineano che non può essere un farmaco, una pianta o alcunché di miracoloso a far dimagrire, ma solo un insieme di “strategie”, attuate sotto controllo medico, in grado di modificare l’atteggiamento nei confronti del cibo, di migliorare l’adesione alla dieta e di stimolare l’organismo.

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medicina naturale

Enrica Campanini Dizionario Di fitoterapia e piante meDicinali Dopo 15 ristampe e due edizioni il Dizionario di fitoterapia e piante medicinali esce in questa terza edizione ulteriormente ampliata: le piante medicinali sono ora 300 e con schede a colori. Il nuovo dizionario è stato arricchito anche nei contenuti, particolare attenzione è posta nell’evidenziare le più moderne osservazioni scientifiche e cliniche in campo fitoterapico, grazie anche alla nutrita e aggiornata bibliografia che accompagna ogni scheda. Dove presenti, inoltre, sono puntualmente segnalate le eventuali interazioni, tossicità ed effetti collaterali a cui si può andare incontro nell’utilizzo delle piante medicinali. L’ampliamento nella parte iconografica (ogni pianta è presentata con l’immagine fotografica) contribuisce a rendere il testo un utile strumento di studio che può trovare la sua giusta collocazione nella formazione di studenti e professionisti che si occupano di farmacologia e di medicina “con le piante”. Enrica Campanini, laureata in Medicina e Chirurgia, dal 1985 svolge la libera professione come medico esperto in Fitoterapia e Omeopatia Nel 1990 ha conseguito il Diploma Universitario in Fitoterapia e Piante Medicinali presso l’Università di Montpellier (Francia). Ha collaborato con il CISDO (Centro Italiano Studi Documentazione Omeopatia) ed è stata responsabile della direzione didattica della Scuola Nazionale di Fitoterapia riservati a medici e farmacisti. Ha svolto numerosi corsi e seminari presso varie sedi universitarie. Con Tecniche Nuove ha pubblicato anche: - Fitoterapia e obesità (1994) - Manuale pratico di gemmoterapia (I ed. 1996; II ed. 2005) - Ricettario medico di fitoterapia (2000) - Menopausa… meno paura (2000) - Fitopediatria - Manuale pratico per medici e farmacisti (2002) - Sovrappeso e cellulite (2005) - Terapie complementari in geriatria (2011).