D'Annunzio politico 1918-1938

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Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari CL 20-1426-2 Finito di stampare nel giugno 1978 nello stabilimento d 'arti grafiche Gius. Laterza & Figli, Bari

Renzo De Felice

D'ANNUNZIO POLITICO 1918-1938

Laterza 1978

INTRODUZIONE

A quarant'anni dalla morte Gabriele D'Annunzio è ancora per la cultura italiana un problema non solo aperto, ma difficile come pochi altri a essere affrontato con la serenità intellettuale, con il distacco critico che in realtà, data la sua importanza, merita. Certo, negli ultimi anni - grosso modo dalla « ripresa » di studi connessa alle cele­ brazioni, nel 1 963 , del centenario della sua nascita - il discorso sull'arte di D'Annunzio e sulla sua collocazione critica nella cultura italiana ed europea si è indirizzato per più di un aspetto verso vie nuove , superando quelle am­ biguità e quelle drastiche condanne che avevano caratte­ rizzato il periodo successivo alla fine della seconda guerra mondiale 1 • È però un fatto che questo nuovo indirizzo di studi ha avuto ed ha una eco assai scarsa fuori dal­ l' ambiente degli specialisti e della cosiddetta cultura acca­ demica o « alta cultura » . Agli altri livelli quello di P'AJ?1 Cfr. L'arte di Gabriele D'Annunzio. Atti del convegno interna­ zionale di studio. Venezia-Gardone Riviera-Pescara 7-13 ottobre 1 963, Mi­ lano 1968. Per un quadro complessivo degli studi, cfr. E. Mariano, La critica in Italia, in « L'Osservatore politico letterario », settembre 1975, I>P- 36 sgg. dell'i nserto speciale (relazione svolta nel quadro della tavola rotonda su « Gabriele D'Annunzio davanti alla critica francese » tenuta a Parigi nel maggio 1975; tutte le relazioni svolte in tale occasione e pubblicate nel l 'inserto speciale sono da vedere per- un. quadro della « fortuna » di D'Annunzio in Francia); nonché da un altro punto di vista, K Merola, D'Annunzio tra filologia e mitologia, > 5• Una affermazione così drastica e convinta, che praticamente riprende quella che, un cinquantennio prima, faceva di D'Annunzio « il Giovanni Battista del fascismo», oggi - pensiamo - pochi studiosi la scriverebbero ancora .: çhe il fiumanesimo e il fascismo delle origini affondino �e loro radici nello stesso magma culturale e siano en­ t!'ambi figli del sommarsi della crisi determinata dalla priril a guerra mondiale a quella connessa ali' affermarsi della società di massa è fuori dubbio. E, egualmente, è un fatto c_he Mussolini e il fascismo presero da D'Annunzio e dai fiumanesimo un certo stile di far politica, tipico nella sostanza (anche se le forme, ovviamente, talvolta mutano) della « nuova politica». Giustamente il Ledeen ha scritto� che « in pratica l'intero rituale della politica fascista derivò dallo c Stato libero di Fiume ' : il· discorso dal balcone, i saluto romano, il grido c eia, eia , alalà ', il dialogo dram matico con la folla, il ricorso a sir:nboli religiosi in un nuova ambientazione laica, l'elogio funebre dei c martiri della causa e l'uso delle loro c reliquie ' nelle cerimoni� pubbliche ». Detto questo, quanto al resto è però neces l sario procedere con estremo rigore e senso critico , senza generalizzazioni affrettate o semplicistiche, approfondendo i vari momenti e fenomeni e i loro contesti . E se si fa questo si vede che le differenze, anche radicali , sono molte e decisive. Gli intenti politici, il fervore morale, le prospettive a più lungo respiro che D'Annunzio e Mussolini misero nel­ l'impresa di Fiume furono e divennero via via diversis­ simi, come diversissimi furono le conseguenze, gli ammae­ stramenti che ne trassero . D'Annunzio non fu, né a Fiume

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Cfr. A. Repaci, La Marcia su Roma, Milano 1972, p. 1 23 . x

né mai, un vero politico, ché la sensibilità e la capac1ta politiche gli mancavano quasi del tutto e la sua politica o non fu propriamente sua o fu assai spesso il prodotto di stati d'animo e di reazioni morali 6• Nel 1 9 1 9 e soprat­ tutto nel 1920 egli riusd però - grazie alla sua sensibi­ lità di vero poeta - ad aprirsi come nessun altro ad un eccezionale sforzo di comprensione del travaglio morale e sociale , ancor prima che politico, del momento e a di­ schiudersi alle nuove realtà, ai nuovi problemi, ai nuovi stati d'animo, alle nuove soluzioni umane e sociali e, dunque, politiche, confusi quant'altri mai, ma che erano comuni a vasti settori degli ex combattenti e della gioventù piccolo e medio borghesi e, sia pur marginalmente, anche ad altri gruppi sociali e che attivavano una sorta di « con­ testazione » della « vecchia » realtà e della « vecchia » società in nome di « nuovi » valori che non si sapeva bene individuare e definire, ma di cui si sentiva la neces­ sità . E, soprattutto, seppe meglio di qualsiasi altro farsi a suo modo interprete di tutto ciò e in primo luogo del­ l'anelito a una nuova forma di vita collettiva attraverso la quale reagire alla crisi morale e materiale che era alla base di questa « contestazione » . Il che non toglie tut­ tavia che se il fiumanesimo senza D'Annunzio è impen­ sabile, esso però ebbe e soprattutto conservò - almeno nella sua parte migliore e più numerosa - una sua fisio­ nomia e una sua carica morale e politica che non pos­ sono essere puramente e semplicemente identificate, ridotte a quelle dannunziane. Se non si riesce a comprendere tutto 6 Su D'Annunzio e la politica, come atteggiamento morale e culturale c come concreta esperienza, manca a tutt'oggi uno studio puntuale ed approfondito. Oltre a quanto scritto in generale da G. Gatti , Vita di Gabriele D'Annunzio, Firenze 1956, si vedano, per la prima esperienza politica del poeta, F. Pariset, L'esperimza parlamentare di Gabriele D'Annunzio, « Storia contemporanea�>, gcnnaio·marzo 1977, pp . 5 sgg.; c U. Russo, Jl lettere inedite di Gabriele D'Annunzio. L'avventura t'lettorale, « Oggi e domani)), mar'lO·aprile 1978, pp. 35 sgg.

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cio riesce difficile capire (o si finisce per ritenere impos­ sibile) che Leni n nel 1920 potesse affermare che D'An­ nunzio era un rivoluzionario 7, perché Gramsci nel 1 92 1 riconsiderasse sotto un'ottica diversa da quella precedente l 'impresa fiumana e desiderasse incontrarsi con D' Annun­ zio, perché persino Bordiga , ancora nel 1 9 24 , mostrasse interesse per il movimento dannunziano, lo distinguesse dal fascismo e non escludesse che esso potesse assumere un carattere di forza di opposizione al fascismo più e meglio di altre formazioni borghesi. Ancora più chiare sono le differenze se si prende in esame il periodo successivo all'impresa fiumana . Sino al 1924-26 esse sono infatti cosi nette che parlare di un D'Annunzio filofascista è oggi ormai impossibile. Se, ap­ parentemente, qualche problema può porsi è, se mai, per gli anni ancora successivi, specialmente per gli ultimi della vita di D'Annunzio. Bisogna però avvicinarsi a questo periodo senza fermarsi alla sua superficie, senza farsi con­ dizionare dagli sforzi che il regime fascista fece per collo­ care il poeta-soldato nel suo pantheon e tenendo nel giusto conto il processo di ripiegamento psicologico che carat­ terizzò gli ultimi anni di vita di D'Annunzio. Tutto ciò determinò, per un verso, il riemergere di alcuni vecchi motivi della sua personalità che nel periodo fiumano e immediatamente successivo non avevano avuto sul suo 7 Il giudizio di Lenin risulta soprattutto da due testimonianze. Una di N. Bombacci, in una intervista pubblicata il 30 dicembre 1920 ùa « La Tribuna »: « Il deputato comunista », si legge in essa , « dichiarava che il movimento dannunziano è perfettamente e profondamente rivolu­ zionario; perché D'Annunzio è rivoluzionario. Lo ha detto anche Lenin al Congresso di Mosca ». L'altra, più tarda e indiretta , di G. Tuntar ( in « L'Italia del Popolo » di Buenos Aires del 13 gennaio 1935) riguar­ dante una critica mossa da Lenin ai socialisti italiani : « Bisognava sfrut­ tare la situazione creata dall'impresa dannunziana per volgerla ai fini della rivoluzione proletaria italiana; le proposte fatte al Partito [da Giulietti per un'azione all 'interno] dovevano perciò essere ascoltate e discusse ac­ curatamente>>. Per maggiori elementi cfr. R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario (1883·1920), Torino 1965, pp. 553 sgg. XII

comportamento un peso decisivo o che, cornunque, erano stati compensati da altri, nuovi, e, per un al tro verso, l'ac­ centuarsi in lui della tendenza a vedere l'esperienza fiu­ mana sempre più in una ottica personali s tica, estetico­ letteraria, come la « oltre le belle bella » delle sue im­ prese. Allora è facile rendersi conto come anche in questo ultimo periodo D'Annunzio fu tutt'altro che un fa scista e capire il valore tutto particolare ed episodico che va dato alla sua adesione alla guerra d'Etiopia , l'unico suo vero atto di consenso alla politica fascista e tale da fargli rivedere quello che fino allora era sostanzialmente stato il suo giudizio, la sua valutazione umana e politica di Mussolini. Certo su tutti questi momenti e problemi vi è per gli storici ancora molto da lavorare. Gli aSPetti da appro ­ fondire non sono infatti pochi . E altri , certamente, se ne presenteranno via via che gli studi progrediranno . Dopo la pubblicazione, nel 1976, delle (assai deludenti, confuse e per tal uni aspetti devianti) memorie fium ane di G. Host­ Venturi - l'ultimo dei maggiori protagonis ti dell'impresa ancora in vita e che non aveva mai scritt o prima su di essa -, ben pochi apporti di rilievo potran no venire dalla memorialistica . Molteplici e ricche sono invece le possi­ bilità di lavoro offerte, oltre che da un ripensamento di ciò che già si conosce, dalla vastissima documentazione ancora inedita conservata al Vittoriale 8, i n vari archivi pubblici e in tutta una serie di archivi e di raccolte pri­ vati (di grande importanza per una migli ore conoscenza dell'impresa di Fiume, specie nei suoi aspetti politico­ economici , e, forse, anche del periodo i rnmediatamente 8 Per una ricerca negli Archivi de l V i uoriale cfr . Inventario dei manoscrifli di D'A mumzio al Vittoria/e,