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Italian Pages 145
.·Yves Congar
Credo nello Spiri lo santo 3 TEOLOGIA DELLO SPIRITO SANTO
YVES CONGAR
CREDO NELLO SPIRITO SANTO Ili. Il fiume di vita (Ap. 22,1) scorre in Oriente ed in Occidente Teologia dello Spirito santo
EDITRICE QUERINIANA
Alla dolce memoria del fr. Patrice Ku~ela, che fu, forse, il più dotato dei miei studenti ucciso dalla Gestapo, a Praga Patria sua sottomessa alla tirannia.
INTRODUZIONE GRECI E LATINI IN. TEOLOGIA TRINITARIA Y.C.
Sorgi, o Gerusalemme, e sta in piedi sull'altura, e guarda verso Oriente vedi i tuoi figli riuniti da occidente ad oriente esultanti alla parola del Santo! (Baruc 5,5)
Presentazione di quest'opera
Titolo ol'iginale Je croi's en l'Esprit Saint Tome III: Le Fleuve de Vie (Ap 22,1) caule en Orient et en Occident
© 1980 by Les -§ditions du Cerf, Paris © 1983 by Editrice Queriniana, Brescia via Piamarta, 6 T11aduzione dal francese di PIETRO CRESPI Stampato dalla Tipolitografia Queriniana, Brescia
Dobbiamo innanzi tutto spiegarci. circa il genere, il contenuto di questo terzo volume, e circa le sue condizioni di redazione. Quando leggiamo, in Chamfort, «la teologia sta alla religione ·come il cavillo alla giustizia», non ne rimaniamo affatto impressionati, perché sappiamo che non è vero. La teologia è la cultura della fede mediante l'usp onesto dei mezzi di cultura di cui si può disporre in un dato momento. Quando leggiamo, in Bonhoeffer, «non c'è scelta per la Chiesa se non tra la parola concreta e il silenzio. Parlare soltanto in funzione di principi significa mentire», sentiamo che questo ci riguarda. Non al punto · però ·di ritenerci disapprovati. Bonhoeffer parlava in quei terminj nella congiuntura drammatica del dovere di resistenza al nazismo. È vero che, in termini più generali, egli rimprover~va a Karl Barth un positivismo della Rivelazione. Questo ci riguarda ancor più da vicino, pur notando che esiste anche ·un positivismo dell'esperienza e dell'attualità. A ciascuno il suo positivismo! Una domanda ci pare essenziale per ogni uomo, e per il teologo in riferimento al suo compito specifico: in che paese abitate? da quale quadro di vita parlate, e in quale lingua? Io abito la Chiesa delle Scritture, dei Padri e dei concili. Sono un pròfessore, votato ad insegnare, ad esporre. U mio stile ne risente: sarà uno stile didattico. Porterà anche i segni, diciamo le stigmate, di una vita condizionata da difficoltà che l'hanno resa più sedentaria di una volta, più confina:ta nei· mondo della carta, dei libri e dei testi. E questo da anni. Questa stessa opera è frutto di un lavoro iniziato da un tempo molto lungo durante il quale la documentazione si è arricchita con rischio di appesantirsi. Essa si è. anche caricata di amore e di preghiera. Questi elementi di una erudizione a volte pesante sono stati ogni giorno trasformati in dossologia adorante.
Introduzione
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Questa lingua, mi è stato detto, non è più quella di oggi. Non la capiranno. E un mio amico mi ha chiesto: dopo di questo, non potreste almeno redigere un'esposizione sintetica che sia accessibile a persone come noi, quelle persone ordinarie delle quali Chesterton diceva che se Dio non le amasse non ne avrebbe fatte tante ... Mi piacerebbe, forse ci proverò, ma non ~on sicuro di poterlo fare e di riuscirei. Per quanto giuste siano, queste osservazioni non mi hanno fermato, né mi hanno convinto di aver svolto un lavoro inutile. «Parlare la lingua di oggi». Quale? Sarebbe più comprensibile? Essa è relativa all'uomo, alle sue relazioni. Quella dei Padri è relativa a Dio, al suo mistero. Lo spaesamento che essa può esigere non impone soltanto uno sforzo intellettuale: esso corrisponde ad una conversione religiosa indispensabile. Del resto, la lingua dei Padri è a tal punto inattuale? Sta di fatto che essi vengono di nuovo interrogati, letti, ascoltati. Ma io ho pensato soprattutto al dialogo teologico ormai ripreso tra l'Ortodossia e il Cattolicesimo romano. Molto opportunamente, questo dialogo inizia con il capitolo dei sacramenti e della Chiesa come «mistero», cioè come grande sacramento. Sono delle realtà di grazia che ci sono restate profondamente comuni. Presto o tardi però, e probabilmente piuttosto presto, ci si scontrerà di nuovo con le difficoltà che un millennio di confronto non ha potuto eliminare, difficoltà che riguardano la teologia dello Spirito santo in se stesso e il suo ruolo nei sacramenti. È proprio l'argomento di quest'opera, e la distribuzione nelle sue due parti. Quando, nell'incontro tra S.S. Giovanni Paolo II e S.S. Dimitrios I, a Istambul, il 29 novembre scorso, il Patriarca ecumenico parlava dei «seri problemi teologici che riguardano capitoli essenziali della fede cristiana», egli pensava molto probabilmente ai problemi che noi studiamo in quest'opera. Ma quando il vescovo di Roma, da parte sua, parlava di «disaccordo, se non a livello di fede, almeno al livello della formulazione», egli confermava la conclusione di parecchi lavori molto seri e quella della nostra modesta ricerca. All'inizio della quale ci teniamo ad esprimere la nostra gratitudine a coloro che ci hanno aiutato sia procurandoci i libri di cui avevamo bisogno, sia scrivendo a macchina il manoscritto: in modo particolare il P. Nicolas Walty e la signora Nicole Legrain. Senza di ·loro questo libro non sarebbe stato pubblicato, come non sarebbero stati pubblicati gli altri due. Ai quali rimandiamo con la semplice sigla SS.
Greci e Latini in teologia trinitaria Una espressione adeguata del mistero trinitario non è stata ottenuta
Greci e Latini in teologia trinitaria
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senza lunghi brancolamenti, senza che anche le menti più acute e più cristiane sfociassero in vicoli ciechi, in errori, in mezze verità. Questa storia è stata scritta 1 e noi non tenteremo di rifarla in quanto tale. Del resto, noi ci interessiamo più specificamente alla pneumatologia, la quale, però, è inseparabile dalla riflessione sul mistero della Tri-unità di Dio. Sotto i brancolamenti e le imperfezioni di questa riflessione, è dato discernere una intenzione di fede più sicura delle espressioni che si tenta di elaborarne. Un s. Giustino può non distinguere il Logos dallo Spirito: ma ha dato la vita per la propria fede battesimale. Ci sono voluti due secoli di tentativi più o meno riusciti per trovare un vocabolario soddisfacente: una sostanza, tre ipostasi o persone. E ancora un eroico difensore della fede ortodossa come s. Atanasio identifica «ousia» (essenza) 2 con «ipostasi» • S. Basilio si mostra ancora esitante su questo punto. Ma questo stesso vocabolario era fonte di difficoltà tra l'Oriente greco e l'Occidente latino. «Hypostasis» si traduceva letteralmente substantia. Si dirà «tre sostanze» come i Greci, giustamente, dicevano «tre ipostasi»? La difficoltà che aveva turbato s. Gerolamo viene ancora evocata in pieno Medio Evo 3 • Eppure la fede vissuta e professata dossologicamente era davvero la stessa qui e là. La nostra convinzione è che, malgrado differenze profonde di approccio, di costruzione teologica del mistero, anche sul piano della sua espressione dogmatica, malgrado, infine, differenza di categorie intellettuali e di vocabolario, la Fede trinitaria della parte orientale della Chiesa e della sua parte occidentale è la stessa 4 • Abbiamo conosciuto, stimato ed amato molto Vladimir Lossky (t 19 58). Egli aveva il genio dogmatico nel senso più nobile del términe. Gli abbiamo espresso più 1 J. LEBRETON, Histoire du dogme de la Trinité, t. I e II (fino a s. Ireneo) 6' ed., Parigi, 1927-28; G.-L. PRESTIGE, Dieu dans la pensée patristique, Parigi, 1955; J.N.D. KELLY, lnitiation à la doctrine des Pères de l'Eglise, trad. fr. C. TuNMER, Pa;igi, 1968; G. KRETSCHMAR, Le développement de la doctrine du Saint-Esprit du Nouveau T estament à Nicée, in Verbum Caro n. 88, 1968, p. 555. Giriamo in ·sovrappiù H.B. SwETE, On the Histor)' of the Doctrine of the Procession of the Holy Spiri! /rom the Apostolic Age to the death of Charlemagne, Cambridge, 1876; In., The Holy Spiri! in the Ancient Church, Londra 1912; Th. RuESCH, Die Entstehung der Lehre vom Heiligen Geiste, Zurigo, 1953; H. 0PITZ, Urspriinge /riihchristlicher Pneumatologie, Berlino, 1960. 2 Cf G. BARDY, Dict. Théol. Cath. XV, col. 1666-67. Si veda anche S. EPIFANIO, Haer. 69, 72. 3 Cf SS I, 93; PRESTIGE, op. cit., p. 163, 202; TH. DE RÉGNON, op. cit. inlra (n. 8), I, p. 216, con il bel testo di Fausto Riez nel 480. Per s. Anselmo, in/ra, p. ÙJ5, n. 59; S. TOMMASO, C. err. Graec., I, pro!. 4 RICCARDO DI S. VITTORE, costatando che gli uni parlavano di tre sostanze una essenza, altri di tre sussistenze- una sostanza, scriveva: : De Trinita/e IV, 20 (PL 196, 943 C). ALESSANDRO DI ALES: : si veda in/ra, p. 181 s.
Introduzione
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volte la nostra impossibilità a seguirlo nella sua idea che il Filioque costituisce, non solo il principio di tutte le divergenze tra Ortodossia e Cattolicesimo, ma un articolo di opposizione insormontabile ·e di allontanamento irreconciliabile. Sul fìnire della sua vita era diventato meno rigido, ma purtroppo aveva fatto scuola 5• Certo, l'Oriente e l'Occidente sono diversi. Il loro approccio e la loro ·costruzione del mistero della tri-unità di Dio sono diversi. Riconoscerlo, ammetterlo è la condizione di uno sforzo che mira a manifestare la profonda- comunità di fede e a cercarne una espressione soddisfacente. La nostra esperienza personale, quella dei libri ma anche quella degli uomini e delfe comunità, concorda con quanto ci avevano detto eccellenti conoscitori, un Mr. Szepticky, metropolita di Lemberg, «l'Oriente è diverso 6 dall'Occidente anche nelle questioni in cui non è diverso affatto» , un Padre de Régnon, «Abituiamoci a considerare le Chiese greca e latina come due· sorelle che si amano e si fanno visita, ma che hanno la residenza e la casa ognuna per conto suo» 7 • Il P. de Régnon (t 26.XII.1893) ha d_ato un impulso nuovo agli studi . di teologia trinitaria, più precisamente agli studi che cercano di capire i Padri greci in parallelo con i latini 8 • Tutti gli dobbiamo molto. Egli ha dato un fondamento ad una conclusione preziosa: le ccstruzioni dogmatiche sono diverse; esse però traducono la stessa prospettiva di· fede. Nella fede, l'Oriente e l'Occidente concordano. Il P. de Régnon ha tuttavia sempliiìcato la differenza tra· i due mondi teologici e, dopo di lui, molti, soprattutto tra gli Ortodossi, hanno ripreso tali e quali le sue formule nette. Eccone alcune: La filosofia latina considera innanzitutto la natura in se stessa e prosegu~ fino al supposito; la filosofia greca considera innanzitutto il supp>. Le Concile de Florence, trad. fr. di M. JossuA, Desclée et Cie, l964, p. 204-205. 20 Ne è testimonianza questo testo dell'ex Generale dei Domenicani, nel suo famoso rapporto per il conciLio di Lione, 1274: «perit apud eos pro magna' parte scientia curo studio, et ideo non intélligunt quae dicuntur cis· per rationes, sed adhaereht semper quibusdem conciHis et quibusdem quae tradita sunt eis a praedecessoribus suis, sicut faciunt quidam haeretici idiotae, ad quos ratio nihil valet»:: UMBERTO DI RoMANS, Opus tripartitum, pars Il, c. 11 (BROWN, Appendix ad Fasciculum rerum expectandarum et. fugiendarum, Londra, 1690, t. II, p. 216). 21 Udienza del2 agosto 1967: Osservatore Romano, 3 agosto 1967.
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.CAPITOLO PRIMO
CONOSCENZA DEL MISTERO TRINITARIO
r. LE FONTI DELLA NOSTRA CONOSCENZA nELLO SPIRITO SANTO NECESSITA E CONDIZIONI DI UNA ESPRESSIONE DOGMATICA E TEOLOGICA
La prima nostra fonte è evidentemente la Rivelazione, della quale il concilio Vaticano II parla in questi termini: «Questa economia della · rivelazione avviene con eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, e le parole proclamano le opere e chiariscono il mistero in esse contenuto» 1• Ci sono innanzitutto dei fatti portatori di un valore di rivelazione, poi, con essi, delle parole ispirate che ne svelano il senso. I fatti sono quelli di tutta l'economia di grazia: quelli che ci vengono riferiti dalle Scritture dell'Antico e del Nuovo Testilmento, poi quelli di tutta la ·storia della salvezza e anche quelli dell'epoca contemporanea. Ne abbiamo ricordato un gran numero nei precedenti due volumL Lo stesso dicasi dei testi. Prima di tutto, sovranamente, sono quelli delle Scritture canoniche, poi, in maniera subordinata, ma meravigliosamente arricchente, quelli dei testimoni delll Tradizione: Padri, liturgia, santi e spirituali, teologi, testimoni molteplici dello Spirito. Li abbiamo già citati in abbondanza e li ,citeremo ancora. Essi formano la grande famiglia di cui ci riconosciamo membri. La Scrittura è ricca di enunciazioni. E di enunciazioni molto dogmatiche, o che sono pregnanti di sostanza teologica. Abbastanza spesso, però, 1
Costituzione dogmatica Dei Verbum dell8 novembre 1965, n. 2.
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Lo Spirito santo nella Tri-unità divina
parla dello Spirito, e anche di ·«Dio» in immagini, immagini che i Padri hanno voluto riprendere e commentare. Ricordiamo le principali. Soffio, aria, vento. È il nome stesso dello Spirito. . 2. A equa, e soprattutto acqua viva Fuo_co, lingue di fuoco (Atti, 2,3; Is 6,6 ). «l grandi simboli dello Spirito, l'acqua, if fuoco, l'aria e il vento, appartengono al mondo della natura e non comportano figure distinte; evocapo soprattutto l'irruzione di una presenza, una espansione irresistibile e sempre in profondità» 3 • Colomba: cf SS I, p. 31. Unzione, Crisma}. Dito di Dio: Le 11,20, per il quale, il parallelo di Mt 12,28 dice «Spirito» 5 • Nell'Antico Testamento, il dito di Dio era lo strumento e il segno della sua potenza (Es 8,15), anche della sua potenza creatrice (Sal 8,3; in 33,6 è «il soffio della sua bocca»). O ancora, il segno dell'autorità impegnata da Dio nella sua iniziativa: le Tavole della Legge erano state scritte con il suo dito (Es 31,18; Dt 9,10). Nel cristianesimo, la legge di Dio è scritta dal suo Spirito nei nostri cuori 6 • La potenza di Dio, di cui il braccio e la mano sono così spesso lo strumento e l'espressione, tocca l'uomo con la sua punta. È un contatto insieme delicato e potente, che Michelangelo ha rappresentato meravigliosamente nella creazione o risveglio di Adamo. Nel Vangelo è l'espressione di una partecipazione alla santità di Dio mediante questo contatto delicato e potente 7 • Altri nomi dello Spirito santo sono meno immaginosi, più aperti ad mia speculazione: Sigillo. È lo Spirito con il quale il Padre ha unto il Cristo al battesimo (Gv 6,27; Atti 10,38) e che dopo di lui unge e segna i cristiani: 2 Cf Is 44,3-4; Gv 4,iO; 7,37-39. SS I, p. 63; II, p. 122. Th. DE RÉGNON (Et. de théol. pos. sur la Ste Trinité, t. IV; p. 389 s) da ques6 testi dei Padri: lRENEO, Adv. Haer. III, 17,2-3; IV, 14,2; ATANASIO, Prima lettera a Serapione, 19; CIRILLO DI GERUSALEMME, Catech. XVI, 11 e 12; DIDIMO, De Trin. II, 6,22 (PG 39, 553 ). 3 J GUILLET, art. Spirito di Dio, in Dizionario di Teologia Biblica, Marietti, 19714,
coL 1232. 4 Cf· Is 61,1 (Le 4,18); Atti 10,38; SS I, p. 36 s. Il p. DE RÉGNON (op. cit., p. 401-406) cita i bei testi di IRENEO III, 183; ATANASIO, Prima lettera a Serapione, 23; BASILIO, Trattato sullo Spirito santo, cap. 12; GltÈGORIO DI NISSA, Adv. Maced., 15 e 16 (PG 45, 1320). Si veda anche DE RÉGNON, p. 413~421, su «profumo, buon odore, qualità». s Questo accostamento, inevitabile, è stato fatto spesso dai Padri: s. AGoSTINO, C. Faustum 30 (PL 42, 270); Ep 55,16 (33, 218 s); Serm. 156, 13; ecc.; s. CIRILLO DI ALESSANDRIA, Com. in Luc. XI, 20; s. MARTINO DI LEONE, Serm. 32 (PL 208, 1203). · S. GREGORIO fa un accostamento con Mc 7,33 (In Ezech. I, 10,26: PL 76, 891). 6 2 Cor 3,2-3. Cf s. AGOSTINO, De spiritu et littera 16,28: 17,29-30; 21,36 (PL 44, 218-219, 222). 7 J. LECLERCQ, Le doigt de Dieu, in La Vie spirituelle 78 (maggio 1948), 492-507. Cita numerosi passi dei Padri.
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Conoscenza del mistero trinitario
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2 Cor 1,22; Ef 1,13; 4,30. Il sigillo connota qualcosa di finale, di definitivo. Lo Spirito è il Promesso, il Dono escatologico. In Dio stesso) egli è il compimento della comunicazione della divinità; ·s. Atanasio mostra che il Sigillo di cui riceviamo l'impronta non può essere che lo Spirito, e Dio 8 • Amore: cf s. Tommaso d'Aquino, C. Gent. IV, 19; S. Th. la q. 37 e paralleli. · Dono: si veda infra, il cap. su s. Agostino; Tommaso d'Aquino la q. 38 e paralleli. Questo titolo è così importante che gli dedicheremo tutto un paragrafo. Pace: cf Gv 20,19 e 21 accostato a 22-23; Rom 14,17 «pace e gioia nello Spirito santo». . A queste immagini andrebbero aggiunte quelle in uso ne~la liturgia. Bisogna rileggere SS I, p. 128 s, l'inno Veni Creator, la sequenza Veni Sancte S piritus dei quali abbiamo la traduzione. E andrebbero aggiunti anche alcuni modi usati d~i Padri e dagli spirituali, modi che essi spiegano molto chiaramente. Così s. Simeoné che paragona lo Spirito alla chiave che apre la porta (SS I, p. 114 ), o s. Bernardo che lo paragona al bacio che si scambiano il Padre e il Figlio (SS I, p. 108). Il fatto che il mistero di Dio sia stato così spesso e preferibilmente rivelato in immagini può essere giustificato da molte ragioni. Gli Alessandrini (Origene), Dionigi, e ancora lo stesso s. Tommaso 9 vedono in tutto ciò non tanto un valore di rivelazione quanto piuttosto un velo che nasconde, «occultatio». In questo caso noi spingeremmo l'osservazione fino a parlare di condizioni «kenotiche» dell'auto-rivelazione e, autocomunicazione di Dio: ma questo lo vedremo più avanti. Facciamo nostra, comunque, l'osservazione che i paragoni più grossolani sono i migLiori, perché essi non fanno pensare che venga raggiùnto il mistero in sé. Ma secondo noi, il fatto che Dio si sia rivelato soprattutto in immagini è basato su di un motivo più profondo. Il fatto è che· le immagini più materiali sono delle metafore che non . pretendono affatto di esprimere l'essere in sé, il «quid» di ciò di cui parlano, bensì il comportamento, quello che la realtà di cui parlano rappresenta per noi. Dio è una roccia. Il Cristo è un agnello. Lo Spirito è un'acqua viva. Né Dio è un minerale, né il Cristo è un animale né lo Spirito santo un liquido dalla formula chimica ben nota. Ma Dio è per noi solidità, il Cristo una vittima offerta, lo Spirito un dinamismo portatore di vita. La Rivelazione ci dice essenzialmente e innanzitutto quello che Dio è per noi. Certo, essa svela in questo modo anche qualcosa di ciò che egli è in sé, ma secondariamente 8 9
Prima lettera a Serapione, 23 (PG 26, 584 C-585 B; SChr 15, 1947, p. 124 s). Sum. theol. la q.l a.9 ad 2; Illa q.42 a.3.
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Lo SpiritÒ santo nella Tri-unità divina
e in modo molto imperfetto. Quello che egli è, è segreto suo. «: GCS, Epiph. l, p. 146); s. AGOSTINO, Sermo 71, 20, 33 (PL 38, 463 s); s. GIOVANNI DAMÀSCENO, Adv. Iconoclast. 12 (PG 96, 1358 D): Concilio Vaticano II, Lumen Gentium n. 4. s· S. ATANASIO, Contra Arian. I, 18 (PG 26, 49); II, 31 (col. 212 B); ·s. GrovA.NN! DAMASCENO, De fide or t h. I, 8 (PG 94, 812·813 ). 6 La nostra critica si trova presso altri autori: G. LAFONT, Peut-on connaitre Dieu en ]ésus-Christ?, Parigi, 1969, p. 220, 226; B. REY, in Rev. Se. ph. th. 1970, p. 645.
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Lo Spirito santo nella Tri-unità divina
Conoscenza del mistero trinitario
sembra manifesto quando leggiamo gli enunciati a cui arriva un discorso puramente logico che vuole sviluppare e affermare questa reciprocità. È quanto ha fatto Piet Schoonenberg. Egli ha presentato le proprie tesi come un semplice prolungamento di quelle di Rahner. Ma ecco a che cosa giunge 7 : 11. Der Vater muss auch in der trinitarischen J'heologie nicht nur als «erste Person» oder als Ursprung und Quelle der Gottheit ge;ehen werden, sondern auch und zuerst als unser Vater in Christus. Die heilsokonomische Vaterschaft ist die innergottliche Vaterschaft - und umgekehrt.
11. E il Padre non deve essere visto, in teologia trinitaria, soltanto come la «prima Persona» o come l'origine e la fonte della divinità, ma anche e innanzitutto come il nostro Padre in Cristo. La paternità economica [della storia della salvezza] è la paternità intradivina e reciprocamente.
12. Der Sohn ist nicht nur innergottlich, sondern auch und zuerst als der Mensch Jesus Ch~istus zu verstehen. Der Logos ist nicht nur innergottliches Wort (er wird in der Schrift niemals als innergottliche Antwort dargestellt), sondern auch und zuerst offenbarendes und lebenspendendes Wort in der Heilgeschichte, das in Jesus Christus Fleisch und giinzlich Mensch geworden ist. Die keilsokonomische Sohnschaft ist die innergottliche Sohnschaft und umgekehrt.
12. II Figlio non deve essere inteso soltanto come intradivino ma anche e innanzitutto come l'uomo Gesù Cristo. II Logos non è solo Parola intradivina (mai la Scrittura Io rappresenta come Risposta intradivina), ma anche e innanzitutto come Parola che rivela e diffonde la vita nella storia della salvezza, Parola divenuta carne e pienamente uomo in Gesù Cristo. La filiazione economica [della storia della salvezza] è la filiazione divina, e reciprocamente.
13. Der Heilige Geist ist nicht nur innergottliche Verbindung zwischen Vater und Sohn, sondern auch und zuerst «Gabe» (donum) und «Heiligungskraft» in der Heilsgeschichte. Diese letzteren Namen werden ihm in der Patristik zur Charakterisierung seines Personseins gegeben. Der in der Heilsgeschichte wirkende Geist Gottes ist der innergottliche - und ungekehrt.
13. Lo Spirito santo non è soltanto legame intradivino tra Padre e Figlio ma anche e innanzitutto «Dono» e «forza di santificazione» nella storia della salvezza. Questi nomi gli sono stati dati dai Padri come caratteristici di ciò che egli è come Persona. Lo Spirito di Dio attivo nella storia della salvezza è [lo Spirito] intradivino, e reciprocamente.
14. Die Mitteilungen oder «Sendungen» des Sohnes und des Geistes offenbaren sich als innergottliche «Hervorgiinge». Die Innergi:ittliche «Hervorgiinge» (processio-
14. Le comunicazioni o Figlio e dello Spirito si «Processioni» intradivine. ni» intradivine sono da
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nes) sind uns nur als Sendungen bekannt. Die Sendungen sind die Hervorgiinge und umgekehrt.
solo come missioni. Le missioni sono le Processioni, e reciprocamente.
15. Die Relationen zwischen Vater, Sohn und Geist sind uns nur in ihren Relationen zu uns zugiinglich. Die heilsi:ikonomischen Relationen sind die innergottlichen - und umgekehrt. Deshalb miissen Vater, Sohn und Geist zuerst durch ihre Beziehungen zu uns und dann durch ihre Beziehungen zueinander charakterisiert warden.
15. Le relazioni tra Padre, Figlio e Spirito ci sono accessibili unicamente nelle loro relazioni con noi. Le relazioni economiche sono quelle intradivine, e reciprocamente. Così Padre, Figlio e Spirito devono essere prima caratterizzati per le loro relazioni con noi, e poi per le loro relazioni tra loro.
Nella misura in cui ci si colloca sul piano della conoscenza che viene dalla Rivelazione, cioè sul piano della manifestazione di Dio, queste tesi sono classiche. Il problema nasce dall' «umgekehrt» nella misura in cui esso comporta passaggio dalla conoscenza alla antologia. Schoonenberg non lo fa formalmente, ma professa un apofatismo - impossibilità di affermare o negare alcunché - per quanto riguarda la vita intradivina.
«missioni» del rivelano come Le «Processionoi conosciute
7. Umgekehrt ist die immanente Trinitiit die i:ikonomische Trinitiit. Sie ist uns nur als okonomische Trinitiit zugiinglich. Dass Gott auch abgesehen von ·seiner heilsgeschichtliches Selbstmitteilung trinitarisch ist, darf weder als selbstverstiindlich vorausgesetzt noch auch verneint werden.
7. La Trinità immanente è reciprocamente la Trinità economica. Essa ci è accessibile unicamente come Trinità economica. Inoltre, che Dio sia trinitario, indipendentemente dalla sua autocomunicazione nella storia della salvezza, è cosa che né può essere presupposta come chiara di per sé né essere negata.
24. Es bleibt aber, dass Jesus Christus und der Vater sich personal gegeniiberstehen und dass der Heilige Geist in uns zum Vater betet und zum Sohn ruft und ihnen also auch personal gegeniiberstet. Vater, Sohn und Geist stehen sich also nach der Schrift in der Heilsgeschichte als Personen gegeniiber. Aus These 23 folgt, dass dies auch nur durch die Heilsgeschichte mi:iglich ist. Die immanente Trinitiit ist eine Trinitiit der Personen dadurch, dass sie okonomische Trinitiit ist.
24. Resta che Gesù Cristo e il Padre stanno di fronte l'un l'altro in modo personale e che lo Spirito santo prega il Padre in noi, chiama il Figlio stando così di fronte ad essi in modo personale. Secondo la Scrittura, Padre, Figlio e Spirito stanno l'uno di fronte all'altro. in maniera personale nella storia della salvezza. Secondo la tesi 23, ciò è possibile unicamente grazie alla storia della salvezza. La Trinità immanente è una Trinità di Per_sone nel e per il fatto che è una Trinità economica.
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P. SCHOONENBERG, Triniti:it - der vollendete Bund. Thesen zur Lehre von dreipersiinlichen Got, in Orientierung (Zurigo) 37 (1973, fase. del 31 maggio) 115-117 (p. 115). Schoonenberg presenta queste tesi come un seguito e una giustificazione del suo libro Ein Gott der Menschen, Benziger, 1969; trad. fr. Il est le Dieu des hommes, Paris, Cerf, 1973; trad. it. Un Dio di uomini, Queriniana, 1971.
In Dio stesso, Padre, Figlio e Spirito non sono che modi della Divinità; non si dà «Persona», non si danno relazioni personali che nell'Economia (tesi 28 ). Dio non è (per noi!) veramente trini-personale se non nell'Economia. «Grazie alla storia della salvezza, c'è una Trinità in
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Lo Spirito santo nella Tri-unità. divina.
Dio stesso. Grazie alla sua azione salvHìca Dio .diventa in se stesso trinitario, driepersoonlijk, cioè Tre Persone» 8 • Ciò dipende dal fatto che Schoonenberg intende «persona» nel senso moderno, senso che include il suo modo umano e implica coscienza, libertà, relazioni interpersonali (tesi 18). Tutto dò si applica al Cristo: è per questo che Schoonenberg gli attribuisce una pura personalità umana, avvertendo con insistenza che parlare a proposito del Cristo di Persona divina, preesistente, rischia di nuocere alla realtà · di questa personalità umana ... Ciò che tutto questo è in Dio stesso, noi qon lo sappiamo perché le nostre coqoscenze )e abbiamo· soltanto mediante l'Economia salvifìca e nei suoi limiti. Schoonenberg lascia quindi, aperto, ma sconosciuto, anzi inconoscibile, il mistero della Trinità immanente. Questa clausola salva l'ortodossia formale dell'autore. Ma'-'è permesso collocarsi come fa lui al di fuori di tutta una tradizione di riflessione basata sull~ testimonianz~ ispirate. della· Rivelazione? Gesù stesso ha sottolineato la distanza tra fìglio per grazia e Figlio per natura: «il Padre mio e. Padre vostro, Dio mio e Dio vostro»'(Gv 20,17). E che può essere una 'comunicazione delle tre Persone, se esse non sono già in sé tre Persone? Rahner non lo dimenticava. Egli scrive: «Se è vero che Dio si dà· all'uomo in maniera trinitaria per un suo gesto totalmente gratuito,- questo triplice modo contingente di garsi suppone un fondamento esistente da tutta l'eternità nel seno stesso della Trinità; in altre parole, la. possibilità di un tale dono viene dalla 'struttura' stessa di Dio» (MS p. 460 '~) 9 •
Conoscenza del mistero trinitario
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B)" L'autocomuhicazione. di Dio, Padre-Figlio-Spirito, non sarà piena autocomuriicazione se non escatologicamente, in quella che noi chiamiamo l~ .visione beatifica. È nota la tesi di s. Tommaso a questo proposito: v1s10ne senza species creata:. Dio stesso, cioè, sarebbe la forma oggettiva della nostra intelligenza. Tesi .eroica, quasi insostenibile. È ·stata molto ~ Formula tratta da un articolo «Gesù Cristo oggi lo stesso» apparso in olandese in . '!felanges_ \V.H. van de Pol (Ruremonde-Maaseik 1967) analizzato e criticato a ]. CoPPENS In Ephem. Tbeol. Lovan. 45 (1969) 127-137. Altra 'formula dallo stesso articolo: «La pres,~n_z~ di Dio in qu~nto Verbo diventa il Figlio personale del Padre per il fatto che fin dali mtzto essa abbraccia ·completamente l'esistenza umana di Gesù Cristo e la costituisce ~e non per i~ _fatto:che t~le presenza riempie l'uomo già esistente). La presenza di Dio In quanto Spmto dtv:nt~ ti Paraclito personale per il fatto che in maniera parallela tale pr€senza_ ~e~ge e _costitUisce la comunità dei credenti. Dio diventa Padre, prima persona della Trmtta per t! fatto che produce in Gesù. un Figlio della stessa sua natura e diffonde sulla Chiesa uno Spirito della stessa sUa natura ( wezensgelijk )». . ~ Q~es_ta trasposizione c~n;p,or~a l'obblig() di precisare il nostro. linguaggio, per la necesMta dt n~pettare, nella Trtmta Immanente, l'assoluta consustanzialità. delle . Per questo, sta Rahner che Schoonenberg parlano in termini personali per l'Economià e in . · termini modali per la Trinità eterna. [*, M_a la tr. i_tald•ana, che è ad litteram, ci seml:lra poco chiara; seguiamo quella fr~ncese che e piuttosto lthera, ma facilita la comprensione di questo passo. NdT].
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discussa. L'Oriente non la accetta così come è, anche se ci offre numerose affermazioni sulla visione di Dio. Esso riserba l'Essenza inconoscibile, distinguendo ciò che è incomunicabile e ciò che è comunicabile (le «energie» che ne emanano). Ma nessuno in Occidente sostiene che noi comprenderemo Dio come Dio comprende se stesso. S. Giovanni della Croce applica alla visione stessa l'immagine delle «isole lontane». Non si dà partecipazione all'aseità, all'Ipsum esse, a ciò che fa sì che Dio sia Dio. La costruzione teologica della realtà è diversa, piuttosto profondamente diversa, in Oriente e in Occidente, ma ci si ingannerebbe se si parlasse di due dogmatiche incompatibili e contrarie. Quello che qui ci interessa, però, è di vedere che non c'è piena auto-comunicazione di Dio se non nella consumaziol)e escatologica. Questa auto-comun.icazione avviene, nella Economia, secondo uno statuto di «condiscendenza», di umiliazione, di servizio, in sintesi di «kenosi». Tutto ciò impone il riconoscimento di una distanza tra la Trinità rivèlata economicamente e la Trit.;_ità eterna. È la stessa, e Dio veramente si comunica, ma in· modo non connaturale all'essere delle divine Persone. Il Padre «onnipotente»? Dove è, in un mondo. pieno dello scandalo del male? Il Figlio «splendore della sua gloria, immagine della sua sostanza», «Sapienza» di Dio? È la sapienza della croce! È tanto poco riconoscibile, chè la bestemmia contro di lui verrà perdonata. Lo Spirito? Egli non ha volto: spesso è .stato denominato sconosciuto ... È il momento di richiamare elementi molto profondi della riflessione cristiana: il tema della «condiscendenza» e soprattutto quello della theologia crucis. Prima che in Lutero lo troviamo in un s. Massimo Confessore, per esempio. Il quale scriveva: «Il Signore, volendo far capire che non si deve cercare una necessità di natura in ciò che è al di Sçlpra della natura, ha' voluto operare mediante cose contrarie: realizzare la vita mediante la morte e la gloria mediante il disonore» 10 • Ma _è Lutero qttello che ha lanciato l'espressione theologia crucis. Dio non è accessibile s.econdo la nostra logica. Egli si rivela nascondendosi 11 • Egli realizza la sua opera, sotto le apparenze o mediante il suo contrario: la giustizia, la . grazia e la vita mediante un cammino di giudizio e di morte. La vera conoscenza di Dio è quella che lo avvicina in questo modo, che trova il suo o pus pro prium in un opus alienum, in breve la salvezza nella croce sulla quale Gesù è trattato come un maledetto» 12 • to Questioni e difficoltà: PG 94, 793. Citato e tradotto in fr. da J-M. GARRIGUES, Maxime le Confesseur. La charlté avenir divin de .l'homme, P~rjgi, 1976, p. 160. Il Commento. del 1525 alla lettera ai Galati: Oeuvres, t. XV, Ginevra, 1969, p. 282-295. 12 Scritti del 1518: Asterici; Glossa marginale a Eh.; Risoluzioni e soprattutto Disputa di Heidelberg, te!ii 22 e 24 (Oeuvres, t. I, Ginevra, 1957, p. 121, s). Cf J.E. VERCRUYSSE, Luther's theol()gy of the Cross in the time of /;Jeidelberg Disputation, in Gregorianum 57 (1976)_523-548.
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Lo Spirito santo nella Tri-unità divina
In queste osservazioni non c'è nulla che contraddica l'assioma di Rahner. Il quale può scrivere: «Ciò che Gesù è e fa come uomo, costituisce l'esistenza del Logos come nostra salvezza accanto a noi, esistenza che rivela il Logos stesso» (MS p. 424; ET p. 129). È vero: la condiscendenza, l'umiliazione, la kenosi, la croce, il fatto che la vita sia più forte della morte ma che l'amore si manifesti prendendo su di sé la morte 13 : tutto questo rivela chi è il Verbo, il quale a sua volta rivela chi è il Padre: «Filippo, chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14,9) 14 • Che questa «economia» non offuschi in nulla la «teologia», ce lo testimonia con una forza sorprendente il modo con cui il quarto vangelo introduce la lavanda dei piedi: «(Gesù) sapendo che il ·Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava ... » ( 13,3 ). Gesù compie l'atto tipico dell'amore umile di colui che serve, nella coscienza di essere l'espressione del Padre. nio è così! La Trinità economica rivela la Trinità immanente. Ma la rivela tutta? Esiste comunque un limite a ciò: l'Incarnazione ha le sue condizioni che dipendono dalla sua natura di opera creata. Se se ne trasponessero tutti i dati nell'eternità del Logos, bisognerebbe dire che il Figlio procede «a Patre Spirituque» 15 ... Di più, se la forma servi appartiene a ciò che è Dio, anche la forma Dei gli appartiene! Ora questa forma su questa terra ci sfugge in una misura indicibile. Ci sfugge il modo infinito, divino con cui sono realizzate le perfezioni che noi affermiamo! Tutto ciò ci deve rendere discreti quando affermiamo: «e reciprocamente». Dato che parleremo del palamismo e riconosceremo in esso a livello di un theologumenon, una costruzione possibile della fede, possiamo chiederci quale sarebbe la reazione palamita alla tesi rahneriana. Innanzitutto ci sembra che la teologia palamita sottoscriverebbe l'idea che la Trinità è un mistero di salvezza, interpretando questa salvezza, secondo la tradizione orientale, come una divinizzazione, theosis; ci sembra che accetterebbe in pieno l'idea di auto-comunicazione di Dio, a condizione di situare questa comunicazione nell'ordine delle energie increate. Poiché le energie manifestano le Persone, per mezzo di esse ci sarebbe una rivelazione della Tri-unità di Dio. È senza dubbio in queste condizioni che l'archimandrita Kallistos Ware, difendendo la distinzione tra essenza ed energie contro una critica di R. Williams (il quale rimproverava a VI. Lossky e a Palamas di passare dalle nostre possibilità di conoscenza al piano dell'antologia 13 Aspetto sottolineato da E. JuNGEL, Das Verhaltnis von «okonomischer» und «immanenter» Trinita!, in Zeitschr. f. Theol. u. Kirche 72 (1975) 353-364. 14 Cf il_ nost.ro Dum ~isibiliter Deum cognoscimus, in La Maison-Dieu, n. 59 (1959/3) 132-161, r1pr. m Les vozes du Dieu vivant, Parigi, 1962, p. 79-107 [ trad. i t. Le vie del Dio vivo, Morcelliana, Brescia, 1966]. 15 K. BARTH, Dogmatique, pl'imo volume, tomo l, Ginevra, 1953, p. 174.
Conoscenza del mistero trinitario
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intra-divina), rispondeva: «questa rivelazione è una vera indicazione dell'essere eterno di Dio. Se non lo credessimo, come potremmo passare dalla dottrina 'economica' della Trinità alla dottrina delle distinzioni eterne trinitarie?» 16 • Ma alcune pagine dopo, nello stesso fascicolo, Amphilokios Radovic notava che la distinzione tra l'essenza e le energie comporta una distinzione, anzi una differenza, tra le origini esistenziali delle Persone e la manifestazione economica delle stesse Persone: «noi non possiamo... a partire dalla manifestazione della Trinità nel mondo arrivare a delle conclusioni sul modo dell'esistenza eterna di nio». L'identificazione dell'ordine dell'esistenza eterna delle ipostasi con l'ordine dell'economia sta alla base della posizione latina 17 • Di fatto è chiaro che questa identificazione esigerebbe il Filioque, o almeno un per Filium di senso uguale, sul piano della processione eterna. Era questa una delle ragioni per cui K. Barth riteneva necessario, in nome della testimonianza biblica, mantenere il Filioque. Ma, in teologia palamita, se Dio è parzialmente rivelato dal suo agire, nell'economia, rimane però assolutamente nascosto quanto alla sua essenza.
16 Dieu caché et révélé. La voie apophatique et la distinction essence-énergie, in Messager de l'Exari:hat du patriarche russe en Europe occidentale, n. 89-90 (1975) 45-59 (p. 56). 17 Rea2iione esplicita di A. RAnovrc, Le «Filioque» et l'énergie incréée de la Sainte Trinité selon la doctrine de S. Grégoire Palamas, in Messager de l'Exarchat du patriarche russe en Europe occidentale n. 89-90 (1975) 11-44 (p. 15-17 e 19). Si può confrontare, nella
slessa riYista n. 81-82 (1973) p. 19-25, quello che dice il monaco HrLARION: la concezione cattolico-romana è legata, secondo lui, ad una identificazione delle missioni temporali con le process·ioni eterne, il che egli rifiuta in nome della distinzione tra processione delle ipostasi e energie increate.
CAPITOLO SECONDO
TAPPE E FORME DI UNA TEOLOGIA DELLA TERZA PERSONA
Possiamo distinguere tre grandi momenti: prima della cns1 ariana; di fronte all'arianesimo; costruzioni sistematiche.
PRIMA DELLA CRISI ARIANA
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È stata una lenta e difficile gestazione. Abituati come siamo alla saldezza del dogma e all'interpretazione dei testi scritturistici, facciamo fatica a capire come si sia così a lungo esitato, come si siano seguite delle piste per noi poco comprensibili. La questione teologica dello Spirito è stata affrontata in buone condizioni solo quando il rapporto tra il Figlio-Logos e il Padre è stato esso stesso messo in luce 1• · I primi furono gli apologisti. Per vocazione, in certo qual senso, essi utilizzano dati filosofici abbastanza comunemente ammessi. Così sono più in grado di parlare del Verbo che non dello Spirito. Confessano la fede trinitaria e confessano che il Logos e lo Spirito (Sapienza) sono eternamente in Dio, prima che egli li proietti nella creazione e nel tempo perché vi si manifestino. Lo Spirito ha parlato nei profeti e si unisce all'anim~ di coloro che vivono nella giustizia. Egli deriva o proviene da Dio 2 • Non troviamo altre precisazioni circa la processione di Colui che - dice Giustino - i cristiani venerano come terzo 3 • 1 L'esposizione· _più recente: F. BoLGIANI, La théologie de l"Esprit-SaiiJt de la fin du [er siècle après ]ésus-Christ au conci/e de Constantinople .(381), in I.-es quatre fleuves n. 9, 1979, p. 33-72. . 2 ATENAGORA, Supplica per i cristiani (nel 177) cap. X: SChr 3, 1943, p. 94: derivazione· = aporroia (cf Sap 7,25). lbid. (SChr p. 92-93) Atenagora' hà la bella formula: «Essendo il Figlio nel Padre e il Padre nel Figlio per l'unìtà e ·la potenza delfo. Spirito», ma qùe,;t'ultimo termine non ha l'articolo, non si ·tratta della terza .Persona, bensi delhi. natura diyina~ 3• I Apol 4,1. AT~NAGORA (l. cit.) parla di «distinzione nel 8J:ado».
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medesima realtà, > la frase in cui nell'anafora di s. BASILIO, c'è la transizione dal Figlio allo Spirito: «par ou to Pneuma to hagion exephanè>>, come fa B. CAPPELLE, La procession du S.S. d'après la liturgie grecque de Basile, in L'Orient syrien 7 (1962) 69-76. 23 Trattato; cap. 17: PG 32, 148 A; SChr p. 188, che rimanda a s. ATANASIO, Prima lettera a Serapione, 21; Terza lettera, 1: PG 26, 580 B e 625 B (SChr 15, p. 120 e 164). 24 Adv. Eunom. V: PG 29, 723 e 731. Ma secondo }. LEBON (be Museon 50 (1937) 61-84 ), i libri IV e V dell'Ad v. Eun. sono di Didimo di Alessandria. 25 Ecco il passo (Adv. Eunomium III, inizio) quale è stato discusso a Firenze (J. GILL, Le concile de Florence, Parigi, 1964, p. 183 s e 205):
testo letto dai Greci PG 29, 653 B. Anche se lo Spirito santo
testo letto dai latini Anche se lo Spirito santo è terzo per di·
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Uno studio critico del testo originale conclude che deve essere stato aggiunto al testo di Basilio trasmesso da alcuni manoscritti uno scolio riprodotto in margine da un copista ma preso da Eunomio, che s. Basilio criticava e che diceva: lo Spirito è terzo, cioè subordinato e inferiore al Verbo quanto alla natura: posizione filosofica neoplatonica che i Cappadoci combattono 1". S. Basilio ha poche nozioni filosofiche. Egli usa la distinzione comune tra ousia e hypostasis e la spiega così: «Ousia e hypostasis si differenziano esattamente come il comune (koinon) e il particolare (to kath' ekaston), per esempio come 'animale' e un uomo particolare» 27 • Ciascuna ipostasi è l'ousia, così Basilio collega l'unità delle ipostasi all'identità di natura, ma ciascuna ipostasi si distingue per una caratteristica (idiazon) 28 che consiste nel fatto che due delle Persone vengono da una prima la quale non viene da nessun'altra, o meglio per una proprietà (idiotès): la paternità, la filiazione, la potenza di santificazione 29 • Quest'ultima gnoristikè idiotès - che corrisponde a ciò che s. Tommaso chiama «nozione» - è caratteristica: lo Spirito è colui che santifica, che consuma nella perfezione della comunione con la divinità. S. Basilio, muore il lo gennaio 379. La lotta che egli sosteneva venne ripresa da suo fratello Gregorio, vescovo di Nissa (t 394 o dopo) 30 • Come Atanasio e Basilio, egli si basa sulla formula trinitaria del batteè terzo per dignità e per ordine 656 A perché dovrebbe esserlo anche per natura? Che egli infatti venga dopo il Figlio, tutto ciò la Seri t tura e la Tradizione Io dicono forse. Ma che egli sia terzo per la sua natura, i santi non ce Io insegnano e noi non possiamo dedurlo logicamente da quello che è stato detto.
gnità e ordine, perché dovrebbe esserlo anche per natura? Che egli infatti venga dopo il Figlio, deri· vando da lui il suo essere e ricevendo dei suoi beni per farcene partecipi e dipendendo completamente da questa causa, tutto ciò la Scrittura e la Tradizione lo dicono. Ma che egli sia terzo per la sua natura i santi non ce lo insegnano e noi non possiamo dedurlo logicamente da quello che è stato detto.
26 M. VAN PARYS, Quelques remarques à propos d'un texte controversé de Basile au concile de Florence, in lrénikon 40 (1967) 6-14. - La storia del dibattito su questo testo è stata fatta da L. LoHN, Doctrina S. Basi/ii de processionibus divinarum Personarum, in Gregorianum lO (1929) 329-364, 461-500. Lohn è per il testo dei Latini. 27 Epist. 214, 4 e 236, 6 ad Anfiloquio, nel 376: PG 32, 789; 884. Ed anche Epist. 38 a Gregorio Nisseno, suo fratello, nel 369-70 (col. 325 s). 28 Trattato, cap. 18: PG 32, 149 B; SChr p. 192-93. 29 Trattato, cap. 25 (col. 177 B; p. 222); Epist. 214, 4 e 236, 6 (PG 32, 789 e 884); Adv. Eunom. II, 28 (PG 29, 637). 30 W. }AEGER, Gregor von Nyssa's Lehre vom Heiligen Geist. Aus dem Nachlass hrg. v. H. D6RRIES, Leida, 1966. Più generale: H.U. VON BALTHASAR, Présence et Pensée. Essai sur la philosophie religieuse de G. de Nysse, Parigi, 1942; ]. DANIÉLOU, Platonisme et théologie mystique. Essai sur la doctrine spirituelle de Gr. de Nysse, Parigi, 1944; ]. QuASTEN, Initiation aux Pères de l'Eglise. III, Parigi, 1963, p. 365-420; M. CANEVET, in J)ict. de Spiritualité, t. VI, 1967, col. 971-1011.
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Lo Spirito santo nella Tri-unità divina
simo 31 • Come loro, egli argomenta dalla nostra divinizzazione per . concludere alla piena divinità dello Spirito. Questa argomentazione classica è anche sviluppata da Gregorio in un'antropologia teologale: la formazione dell'uomo cristiano (morphOsis), la sua perfezione (teleiosis), di cui il Cristo è modello, sono opera dello Spirito santincatore 32 • Lo Spirito è quindi consustanziale al Figlio e al Padre: è della stessa natura (contro Macedonia ed Eunomio): unità di natura (physis, ousia), distinzione delle ipostasi 33 • Quello che la Scrittura gli attribuisce come azione esige che egli sia Dio e, in quanto tale, riceva lo stesso onore del Padre e del Figlio: ·è così che ·Gregorio arg01nenta alla vigilia del concilio del maggio 34 . 381 • È la convinzione che ha guidato il cammino del concilio e il testo del suo simbolo. Jaeger ha mostrato che Gregorio di Nissa ha svolto in ciò un ruolo decisivo 35 • Gregorio unisce. affermazioni insistenti sulla unità di natura e il senso, così forte in oriente, della monarchia del Padre: «della medesima ed unica persona del Padre (prosopon), dal quale il Figlio è ·generato e dal quale lo Spirito procede. Ecco perché noi parliamo in senso stretto di un solo Dio, di una sola causa degli esseri che dipendono da lui come da loro causa» 36 • Gregorio illustra questa teologia cori dei paragoni significativi: quello di una lampada che comunica la propria luce ad un'altra e, tramite questa, ad una terza: così lo Spirito risplende eternamente attraverso il Figlio 37 o il paragone di una fonte di potenza, della potenza stessa e dello spirito di questa potenza 38 • Il Verbo appare così come intermediario tra il Padre e lo Spirito. GregQrio di Nissa ha, evidentemente, le formule bibliche: lo Spirito procede (esce) dal Padre ·e riceve dal Figlio, per cui è Spirito di Dio e Spirito del Cristo 39 • Ciò implica una certa dipendenza, nell'essere, dello Spirito 31 Refutatio Confessionis Eunomii (Opera, ed. W. ]AEGER, II, p. 312 s). Epist. V Opera VIII/2, 32 s. 32 Tema sviluppato da W. ]AEGER, Paideia Christi, in Humanistische Reden u. Vortriige, Berlino, 1960, p. 260-265; Early Christianity aniJ Greek Paideia, Cambridge ,(Mass.), 1961; op. cit. supra, cap. V, p. 101 s. E gli studi di M. LoT-BoRODINE, 1932-33, è di ]. GRoss, 1938. 33 · Oratio catechetica, c. 3 e s.: PG 45, 17 s; Tractatus de communibus notionibus, col. 176 s. · 34 Adversus Macedonianos: PG 45, 1301 s; Opera III/l, p. 89 s. 35 Op. cit., supra (•n. 30), p. 70s. Su questo concilio e sul simbolo che quello di Calcedonia gli ha attribuito, A.M. RrTTER, Das Konzil von Konstantinopel und sein Symbol. Studien zur ç;eschichte und Theologie des II. okumenischen Konzils, Gottingen, 1965; G.I. DossETTI, Il Simbolo di Nicea e di Costantinopoli, Roma, 1976, e l'introduzione a Conciliorum Oecumenicorum Decreta, ed. G. ALBERIGO et alii. 36 Tract. de communibus notionibus: PG 45, 180 C. 37 Adv. Maced., 6 (PG 45, 1308); confr. Contra Eunomium lib. I (45, 416 C, 396 D). Stessa immagine in GREGORIO NAZIANZENO, Or. theol. V: PG 36, 136. 38 Adv. Maced., 13: 45, 1317. 39 Adv. Maced., 2 e 10 (45, 1304, 1313 B). Sono le referenze classiche a Gv 15,26 e Rom 8,9.
Teologia della terza persona
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dal Figlio. Certo, Gregorio non dice ek tou Hyiou né apo tou Hyfou. W. Jaeger ha mostrato che l'ek di alcuni i:n~noscritti del De Oratione Dominica, horn.· III, è una interpolazione 40 • Ma alla fine del libro I del suo Contra Eunomium, Gregorio. scrive, nel 380: il Figlio è seqtpre con il Padre, e noi insegnamo la stessa cosa dello Spirito, con solo una differenza nell'ordine (taxis), «perché come il Figlio è· unito al Padre e riceve da lui (ex autou) l'essere, senza essere però (temporalmente) posteriore quanto alla sua ipostasi, così lo Spirito riguardo all'Unigenito: perché, quanto all'ipostasi, il Figlio è concepito prima dello Spirito unicamente sotto l'aspetto della causa (katd ton tès aitias logon) 41 ». Il titolo di «causa, aitia», si applica in questo caso all'Unigenito o al Padre? Qualche passo lo potrebbe far pensare 42 • Ma una precisazione di graq valore ci viene data alla fine del Quod non sint tres dii: Se veniamo accusati di mescolare e confondere le ipostasi, per il fatto che non poniamo differenza quanto alla natura (physis), noi rispondiamo:· confes-. sando una natura divina senza differenza né variazione, noi non neghiamo una differenza che riguardi la situazione di ~ausa e di causato (kata ton aition kai aitiaton). È solo éosì che noi veniamo a capire che uno si differenzia dall'altro: una cosa è essere causa, altra cosa, è essere causato. E in ciò che è causato noi vediamo una nuova distinzione tra ciò che viene immediatamente (prosech6s) dal· primo e ciò che viene per la mediazione di ciò che viene immediatamente dal primo. Sicché la proprietà di essere Unigenito rimane senza ~;~mbiguità proprietà del Figlio, e non c'è dubbio che lo Spirito è dal Padre, irt quanto la posizione mediana del Figlio conserva allo stesso la proprietà di essere Unigenito e lo Spirito non è privato della sua relazione naturale al Padre 43 •
Non è il Filioque latino: gli Orientali non parlano del Padre e del Figlio che formano un unico principio di spirazione attiva, anche se, come hanno fatto s. Agostino .e l'Occidente, si sottolinea che ciò spetta al Padre principaliter. I Greci non amano speculare, precisare a forza di deduzioni. Ma non si può negare un ruolo del Figlio nell'esistenza intra·divina dello Spirito. Questo ruolo, però, non sarebbe di natura causale. Quando precisa, Gregorio di Nissa, sia -quanto alla lettera sia quanto al senso, ha la formula: ek tou Patros dia tou Hyiou ekporeuetai, ·lo Spirito esce dal Padre per mezzo del Figlio 44 • Op. cit. supra (n. 30), p. 122-153. PG 45, 464. 42 Così Contra Eunomium !ib. I: PG 45, 416. 43 PG · 45, 133. Notiamo che s; Basilio aveva già espresso la distinzione tra il Padre e il Figlio in termini di aition e to ek tou aitiou: Epist. 52 (PG 32, 393 C); C. Eunom. II, 22 (29, 621 B).· . . 44 H. DoRRIES (op, cit. supra n. ~ p. 149) rimanda ad Opera, ed. W. ]AEGER, III/l, p. 5.6; VIII/2, p. 76. 40
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S. Gregorio di Nazianzo, nato verso il 330, è stato consacrato arcivescovo di Costantinopoli il 27 novembre 380, ma diede le dimissioni dali 'incarico fin dal mese di giugno del 381, e si ritirò nel suo paese natale dove morì nel 389 o 390 45 . Dalla Chiesa d'Oriente viene detto «il teologo». Come Basilio, suo amico, egli mostra che lo Spirito ha tutte le qualità e compie le azioni di Dio 46 • A differenza di Basilio il quale non aveva pronunciato questa parola, egli afferma esplicitamente che lo Spirito 47 è Dio • Nell'affermazione della consustanzialità, egli insiste sulla monarchia del Padre, il quale è «senza principio, anarchos»: Il nome di Colui che è senza principio è Padre; il nome del Principio è Figlio; il nome di Colui che è con il Principio è Spirito santo 48 • Ciascuno è Dio per la consustanzialità, i Tre sono Dio per la monarchia 49 . La natura è una nei Tre, è Dio; ma ciò che fa la loro unità è il Padre, dal quale dipendono gli altri, non perché siano confusi o mescolati, bensl perché essi siano uniti 50•
Gregorio usa i paragoni della sorgente, del ruscello, del fiume o del sole, del raggio e della luce 51 , ma avverte che qualsiasi paragone è insufficiente. Egli sottolinea la nostra (sua) incapacità di penetrare e precisare la natura delle processioni e la loro differenza, anche se siamo informati su quest'ultima dalle parole stesse che ha usato il Cristo, teologo sovrano 52 . È sufficiente affermare, come 'misteriosamente diverse, la generazione e la processione a partire da Colui che, solo, è agennètos 53 . Gregorio si azzarda tuttavia a fare un paragone: Eva è stata tratta immediatamente da Adamo mediante una derivazione diretta: è così che procede lo Spirito; invece Seth è venuto da Adamo (e da Eva!) per generazione 45 Opere: PG 35-38. I Discorsi teologici sono stati pubblicati nella traduzione francese di P. GALLAY (coli. «Les grands écrivains chrétiens»), Lione, 1942, poi con la collaborazdone di M. }oURJON, in SChr 250 (1978); i discorsi 1-3, •in SChr 247, trad. fr. ]. BERNARDI (1978) - J. PLAGNIEUX, S. Grégoire de Nazianze, théologien, Parigi, 1952; J. RoussE, in Dict. de Spiritualité, t. VI, 1967, col. 932-971; S. HARKIANEKIS, Die Trinitiitslehre Gregors von Nazianz, in Kleronomia (Tessalonica), gen. 1969, p. 83-102. 46 Oratio 31 (theol. V), 29 (PG 36, 165 B- 168 B); 41, 9 (PG 36, 441). 47 Oratio 31 (theol. V), 10: col. 144 A. 48 Oratio 42, 15: PG 36, 476 B. È il discorso di addio al concilio. 49 Oratio 40, 41: 36, 417. Confr. Or. 31, 14 (col. 148 D- 149 A). so Oratio 42, 15: 36, 476 B. 51 Oratio 31 (theol. V), 32: PG 36, 169; SChr 250, p. 398. 52 Lo Spirito procede dal Padre, non cercare come: Oratio 20 (PG 35, 1077). Che cosa voglia dire «procedere» (ekporeuetai: Gv 15,26), non è possibile spiegarlo come non è possibile spiegare l'agennèsia del Padre o la generazione del Figlio: Oratio 31, 7 s (36, 140 s). Circa il carattere indicibile della generazione del Figlio e l'uso, in questo senso, di Is 53,8b, cf G.M. DE DuRAND, in Rev. Se. ph. th. 53 (1969), 638-657. 53 Oratio 30 (theol. IV), 19 (PG 36, 127 C); 31 (theol. V) 7-8 (140 s); 39, 12 (348); Sermone di Epifania 381 (35, 347), è Gregorio che ha introdotto i termini to ekporeueton, ekporeusis.
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(cf Gn 4,35) 54 •.. Strano paragone! Se venisse spinto fino in fondo, bisognerebbe dire che il Figlio è generato a Patre Spirituque, il che contraddirebbe la taxis, l'ordine delle Tre Persone nella loro perfetta consu-
stanzialità. I nostri Cappadoci hanno definitivamente stabilito la distinzione ~ra la ousia comune (sostanza o natura) e le ipostasi, che essi a volte chiamano anche «per·sone, pros6pa». L'ipostasi è ciò che ha una consistenza propria, una esistenza concreta: è la protè ousia di Aristotele, l'c:ssere concreto in cui esiste una sola sostanza concreta. Essa è caratterizzata dalla sua idiotès riconosciuta per mezzo di gnorismata. «Secondo Basilio, queste caratteristiche individualizzanti sono rispettivamente la paternità: la filiazione e il potere santificante o santHìcazione. Gli altri Cappado:l danno· termini più precisi: la proprietà di «non essere generato» (agen~e sia ), quella di «essere generato (gennèsis )» e la «missione» o «processiOne» (ekpemsis, ekporeusis) ... In tal modo la dist~nzi.one .delle ~er~one è fondata sulla loro origine e sulle loro mutue relaz10m ... : 11 che s1gmfica che esse sono 'modi di accessione all'essere' (tropoi hyparxeos)» 55 . Così i caratteri ipostatici «sono presi dalla relazione di origine» 56 • Ma i Padri greci sostengono tutti che il modo di accessione all'essere del Verbo e dello Spirito è ineffabile 57 . Tutto quello che si può fare è ticonoscerlo, rispettarlo, affermarlo. Il Figlio, Verbo del ·Pa~r~, è ge~e rato hyiokos, filialmente, lo Spirito ,Pneumatikos, come Spmto, scrive Didimo di Alessandria 58 • Le analisi dei 1Latini, consonanti nel profondo con la dottrina dei Greci, appariranno a costoro una elaborazione razionale indiscreta al di là di quello che si può dire sul mistero ineffabile delle processioni. 54 Oratio 31 '(theol. V), 11 (36, 144-45), 35 (348 C); Carmen dogmat. III (37, 408). Questo paragone è stato uti~zzato da GREGORIO NISSENO (PG 4~, 1329 C); dallo PsEUDOBASILIO (Adv. Eunom. IV: PG 29, 681 B); da DIDIMO (De Trzn. II, 5: PG 39, 504 C505 A)· .dallo PsEuDo-CIRILLO (De S. Trin., 8: PG 77, 1136 D); da s. GIOVANNI DAMAsdENO (De fide orth. I, 8: PG 94, 816 C-817 A). E anche da FaziO (Q. amphiloch. 28: PG 101, 208 C). . , 55 J.N.D. KELLY, Initiation à la doctrine des Pères de l'Egltse, p: 276. ~>, cf Th. DE RÉGNON, Etudes sur la Sainte Trinité, t. l, Parigi, 1892, p. 409-427; CHOLLET, Dici. de Théol. Cath., t. II, 1905, col. 2527-2532; A. DENEFFE, Perichoresis, circun:Tinsessio, circumincessio, in Zeitsch. f. kath. Theol. 47 ( 1923) 497-532; G.L. PRESTTGE, Perich6reo and perichOrèsis in the Fathers, in ]ournal of Tbeol. St. 29 (1928) 242-252 e vol. citato supra, p. 236-251; B. DE MARGERIE, La Trinité chrétienne dans l'histoire, Parigi, 1975, p. 244 s.
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Lo Spirito santo nella Tri-unità divina Padre è in me ... Noi non parliamo di tre dei, il Padre, il Figlio e lo Spirito santo. Al contrario parliamo di un solo Dio, la Santa Trinità, il Figlio e lo Spirito che si riferiscono ad un unico Principio, senza composizione né confusione, contrariamente all'eresia di Sabellio. Perché ques.te persone sono unite non per confondersi, ma per contenersi a vicenda: tra di esse esiste una circuminsessione, senza alcuna mescolanza né confusione, in virtù della quale esse non sono né separate né divise nella sostanza, contrariamente all'eresia di Ario. Infatti, per riassumere tutto in una parola, la divinità è indivisa negli individui, ccime in tre soli contenuti l'uno nell'altro ci sarebbe una sola luce per compenetrazione intima 77 •
Già che ce ne è data l'occasione, diciamo qualche parola, adesso, su questo valore così difficile da circoscrivere. Il quarto vangelo parla spesso della in-esistenza del .Padre nel Figlio e del Figlio nel Padre 78 • Un valore così importante non poteva sfuggire alla coscienza cristiana. Senza il termine «pericoresi, circuminsessione», l'idea si, trova nei Padri più antichi 79 • Le applicazioni sono state fatte prima in campo cristologico 80 • È in cristologia che per la prima volta, s. Massimo Confessore ha usato il termine perichoresis per esprimere l'unicità di aziohe e di effetto che risulta dall'unione delle due nature nel Cristo 81 • In teologia trinitaria, l'iniziativa spetta allo Pseudo-Cirillo. Giovanni Damasceno lo ha seguito. Perichoresis designa l'in-esistenza delle Persone l'una nell'altra, il fatto che esse sono presenti le une alle altre, si contengono, si manifestano l'una all'altra. Questa in-esistenza è fondata nell'unità e identità di sostanza, e ciò anche nei Padri greci 82• Se ci si fermasse qui, però, si avrebbe identità di Dio 77 De fide orth. l, 8: PG 94, 829; traduZJione fr. di RÉGNON, p. 417. Si veda anche I, 14, col. 860. Il paragone dei tre soli è in Gregorio Nazianzeno e nello Pseudo-Cirillo (FRAIGNEAU-}ULIEN, p. 200). . 78 Cf Gv 10,30 e 38; 14,11 e 20; 17,21. In modo meno deciso, 8,29. Questa in-esistenza reciproca fonda l 'unità di disegno tra il Padre e il Figlio, tra il Padre e lo Spirito (cf Rom 8,27; I Cor 2,10-11 ). Gesù manderà lo Spirito, ma manderà il Promesso dal Padre (Le 24,49; Atti 2,33 ); il Padre manderà il Paraclito, ma dietro richiesta e nel nome del Figlio (Gv 14,16.26). 79 Solo qualche testimonianza: ATENAGORA: «TI Padre e il Figlio sono una sola cosa, il Figlio è nel Padre e il Padre nel Figlio>> (Supplica 10,5); s. ILARIO, De Trinita/e IX, 69; GREGORIO NISSENO e CIRILLO DI ALESSANDRIA citati da PRESTIGE, p. 241-2; s. AGoSTINO: «Ciascuna di esse (le persone divine) è in ciascuna delle altre, tutte sono in ciascuna, ciascuna è in tutte, tutte in tutte e tutte sono una sola cosa>> (De Trinita/e VI, 11,12: PL 42, 932); s. FULGENZIO DI RusPE, De fide ..td Petrum, c. l. n. 4 (PL 65, 674 AB: verso il 508) citato dal decreto Pro i, verbo al presente; il simbolo «to ek tou Patros ekporeuòmenon>> sostituisce para con ek e mette il verbo al participio· passato, il che gli fa esprimere la proèessione eterna. Cf H.B. SWETE, The Holy Spiri! in the New Testament, Londra, 1909, p. 304, n. 2. Noi non critichiamo affatto questo modo di fare. Il p. A.-M. DuBARLE ha mostrato come i Padri greci abbiano argomentato dal ruolo economico del Verbo incarnato per stabilire la sua relazione eterna con il Padre (Dio), e concludeva alla legittimità di un simile procedimento per lo Spirito: Les fondements bibliques du , in Russie et Chrétienté, 1950, p. 229-244. Nello stesso fascicolo, p. 125-150, Mr CASSIEN aveva esposto L'enseignement de la Bible sur la Procession du Saint-Esprit. 111 Gal 4,6. : s. ToMMASo, C. Gent. IV, 24. 112 S. ILARIO considera che (Cv 16,14) potrebbe avere lo stesso senso che «a Patre procedere» (De Trinita/e VIII, 20: PL 10, 250-251. Vedremo che, per Agostino, più tardi per Anselmo, l'insuffiazione di Gv 20,22 implica la processione dello Spirito .
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in temporale con lo Spirito di Dio 113 • Dal punto di vista esegetico .non si .può dire di più. Abbiamo visto che i Padri greci, in modo particolare gli Alessandrini, ammettono un legame, se non una dipendenza eterna,· ma senza precisare molto. Dobbiamo prendere in considerazione un'altra testimonianza: Ap 22,1: «Poi l'Angelo mi mos~rò un fiume di Vita, limpida come cristallo, che scaturiva dal trorio di Dio e dell'Agnello, ekporeuomenon ek tou thronou tou Theou kai tou Arniou». L'acqua viva è lo Spirito (Gv 4,10 s; 7,37-39; · Ap 21,6); Egli procede dal trono di Dio e dell'Agnello. Quest'ultimo termine designa il Figlio in quanto ha operato la nostra salvezza: siamo ancora nell'ordine dell'economia, anche se nello stadio della sua consumazione eterna. La Scrittura, se rimaniamo nello stretto ambito dei testi, non dirime la nostra questione. Come vedremo, è oi ·importanza decisiva notare che l'Occidente ha sostenuto il Filioque, tramite i suoi ·Padri e nei suoi concili, quando era in comunione con l'Oriente e l'Oriente con esso. Padri 114
Tra la nube dei testimoni pr~nderemo in considerazione soprattutto quelli che il quinto concilio ecumenico, secondo di Costantinopoli, nel 553, cita, ·mescolati ai greci, come santi Padri e dottori della Chiesa dei quali si dichiara di voler seguire in tutta la dottrina: Ilario, Ambrogio, Agostino, Leone 115 • · S. llario (t 366) dice dello Spirito che è «Patre et .Filio auctoribus confitendus» (De Trinitate II, 29: PL 10,69). Non si tratta qui. della processione, bensì della testimonianza data dal Padre e dal Figlio. Tuttavia abbiamo visto (n. 112) che egli accetterebbe di mettere nel «de· meo accipiet» un senso equivalente a >, in Istina 17 ( 1972) 443-456. 164 The Procession ... (supra n. 157), p. 48-49; A l'image ... , p. 87-89. In Vladimir Lossky, un théologien de la personne et du Saint-Esprit (Mémorial Vladimir Lossky: Messager de l'Exarçhat du Patriarche russe en Europe occidentale, nn. 30-31, aprile-settemhre 1959, p. 137-206), O. CLÉMENT testimonia questa apertura di Lossky e ne dà (p. 192 e 178) le espressioni tratte dai corsi del 10.XI.l955 e 17 .XI.1955: . .
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Se il carattere «monarchico» del Padre come principio unico del Figlio e dello Spirito è un carattere ipostatico assolutamente incomunicabile, il suo carattere di divinità-fonte (dell'essenza e delle energie), il suo privilegio «fontale>>, per riprendere un'espressione della teologia latina, non si comunica al Figlio, poi dal Padre e dal Figlio allo Spirito, fonte della nostra deificazione? Non è forse questa partecipazione alla divinità-fonte, il ritmo che rende il Figlio, poi lo Spirito, fonte con il Padre, ad essere designata da un certo filioque latino (e alessandrino)? 1~5.
Certamente questo è attribuibile all'insufficienza della nostra informazione, ma lo riconosciamo: non abbiamo idee chiare sul pensiero di Palamas per quanto riguarda quello che egli attribuisce alle energie o alla Persona dello Spirito santo. Quando scrive «'lo spirito nuovo e il nuovo cuore' (Ez 36,26) sono creature ... quanto allo Spirito di Dio dato al cuore nuovo (Ez 37,5) è lo Spirito santo» 166 , si tratta delle energie increate o della Persona dello Spirito santo? Quando dice che le energie non sono altra cosa che lo Spirito santo, ma non sono l'essenza divina i 67 , si tratta delle energie in-ipostatizzate nello Spirito o della terza Persona? Ciò dipende forse dal fatto che Palamas dà il nome di Spirito santo sia alle energie sia alla ipostasi. Egli scrive: «Quando lo sentirai dire (si tratta di Cirillo di Alessandria) che lo Spirito santo procede dai due, perché proviene essenzialmente dal Padre mediante il Figlio, tu devi intendere il suo insegnamento in questo senso: ciò che si diffonde sono le potenze e le energie essenziali di Dio, ma non l'ipostasi divina dello Spirito» 168 • I Padri chiamavano energeia l'azione soprannaturale di Dio, che è il suo Spirito·: Padre, Figlio, Spirito sono il soggetto primo, la sua potenza e il suo atto 169 • Oppure parlavano delle energie dello Spirito designando con
l,
165 Art. citato supra (n. 163 ), p. 450. Nell'articolo citato supra (n. 157), Amphilokios RADovrc mostra che Palamas afferma la processione dello Spirito santo· dal Padre solo, ma afferma che lo Spirito riceve l'essenza divina anche dal Figlio (p. 27 s); egli dedica le sue pagine 42-43 a Gregorio di Cipro. Citiamo anche da Pau! EvnoKrMOV, L'Esprit Saint dans la tradition orthodoxe, Parigi, 1969, P: 63: (n. 70: Citato da J. MEYENDORFF, Intr. à l'ét., p. 315). 166 Citato da MEYENDORFF, Introduction, p. 232. i67 Contro Akindynos II, 17, citato da MEYENDORFF, p. 308. 168 Trattati apodittici. Citato da MEYENDORFF, Introduction, p. 314. 169 Si vedano numerosi testi (accompagnati da abbondanti spiegazioni) in Th. DE RÉGNON, Etudes sur la Sainte Trinité, t. IV, p. 425-465. È quanto si legge in particolare in s. ATANASiO, Lettere a Serapione (1, 19, 20 e 31; III, 5). Confr. G.L. PRESTIGE, Dieu dans la pensée patristique, Parigi, 1955, p. 217.
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ciò i suoi doni, fatti ai fedeli e da Lui causati 170 • Tutto ciò pone la questione, discussa già dagli oppositori di Palamas 171 , della continuità tra gli enunciati dei Padri e la sistematizzazione palamita. La questione meriterebbe uno studio complessivo, fatto con perfetta oggettività scientifica 172 • Secondo il nostro parere si può discutere il senso dei testi dei Cappadoci e di s. Giovanni Damasceno citati a favore della tesi palamita 173 • I Padri ante-niceni, in modo particolare s. Atanasio, hanno sempre negato che in Dio vi sia un'altra processione oltre a quella delle Persone. Secondo loro, oltre le ipostasi, da Dio procedono solo delle creature. Contro Eunomio, secondo il quale il termine agennètos era un'espressione àdeguata dell'essenza di Dio, i Padri hanno affermato l'inconoscibilità di questa · essenza. Conosciamo Dio solo mediante le sue proprietà e le sue opere che s. Basilio chiama «le sue energie (che) scendono verso di noi, mentre la sua sostanza rimane inaccessibile» 174 • I Padri esprimono spesso questa distinzione nei termini kat'auton (Dio in se stesso) e t a peri auto n o peri autou (su di lui: quello che si può conoscere e dire su di lui, partendo, cioè, dalle sue proprietà e dalla sua azione), o peri tèn physin 175 • Quell'.eccellente conoscitore che è il p. André de Halleux difende tuttavia l'interpretazione di peri auton favorevole a Palamas 176 • Filologicamente, de Halleux ha ragione: peri con l'accusativo 170 Questo avviene, ci sembra, in Const. Apost. V, 20, 4 a proposito della Pentecoste («Siamo stati ripieni della sua energia e abbiamo parlato 1ingue nuove>>), in s. MASSIMO CoNFESSORE, Q. ad Thal. 63 (PG 90, 672); Theol. Polem. l (91, 33 ). Nella sua lotta anti-monotelita, Massimo parla di energia divina nel senso della facoltà attiva di una natura o di una essenza. Ma per lui, è la causalità creatrice, non le energie nel senso in cui Palamas le distingue dall'essenza e dalle ipostasi: questa è, almeno, l'interpretazione di ].-M. GARRIGUES, art. citato supra (n. 157). 171 J.S. NADAL, La critique par Akindynos de l'herméneutique patristique de Palamas, in Istina 19 (1974) 297-328. 172 Per adesso non abbiamo che uno studio parziale: E. VON AvANKA, Palamismus und Vatertradition, in L'Eglise et les Eglises. Mél. Lambert Beauduin, Chevetogne, 1954, t. II, p. 2946 (conclude che i testi invocati non parlano di una distinzione reale in Dio bensì di una distinzione fatta dalla nostra mente, che non può pensare se non distinguendo); J.Ph. HouDRET, Palamas et les Cappadociens, in Istina 19 (1974) 260-271. La conclusione è crhica. 173 Dal p. Georges FLOROVSKY (Grégoire Palamas et la patristique, in Istina 8 (1961-62) 115-125: p. 122, soltanto s. BASILIO, Ep. 234 ad Amfiloquio, e il DAMASCENO, De fide orth. I, 14) e da Mr PHILIPS, op. cit. infra (n. 178) p. 254. 174 S. BASILIO, Adv. Eunom. I, 4 (PG 29, 544); Ep. 234 ad Amphilochlum, l (32, 869 AB) . . 175 Così s. GREGORIO NAZIANZENO, Oratio 38, 7 (PG 36, 317 B); or. 45, 3 (525 C); s. MASSIMO CoNFESSORE, Centurie sulla carità IV, 7 (PG 90, 1049 A); Prima centuria sulla teologia e sull'economia, 48 (90, 1100 D); s. GIOVANNI DAMASCENO, De fide orth. I, 4 e 10 (PG 94, 800 C e 840). 176 Art. citato supra (n. 157 fine), p. 848: «L'opposizione che i Cappadoci esprimevano con le espressioni kat'auton e peri auton non può essere tradotta nell'opposizione tra Dio in se stesso e quello che di Dio possiamo conoscere noi. Seguita dall'accusativo, la preposizione peri significa normalmente «attorno a» e non «a .proposito di». Con il peri auton i Padri distinguevano quindi ciò che 'circonda' l'essenza divina, l'irraggiamento luminoso
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significa «attorno a» o «in connessione con». Rimane la questione di quello che se ne deduce teologicamente o metafisicamente. I Padri hanno posto una specie di corona di energie divine attive ad extra e partecipabili, antologicamente e realmente distinte dall'essenza e dalle ipostasi? Quell'altro eccellente conoscitore che era E. von Ivanka, lo nega (cf supra, n. 172). La questione non ci sembra assolutamente chiarita e noi non siamo in grado di dirimerla. Siamo impressionati dall'opzione formale di tanti teologi ortodossi, greci o slavi, che sono i meglio collocati e indicati per interpretare i testimoni della loro tradizione. Rimane la questione della possibilità, per i cattolici, di «ricevere» il palamismo o, al contrario, di trovare in esso una opposizione inconciliabile con la nostra dottrina (la nostra fede?). La posizione negativa e critica è stata sostenuta, in maniera comunque variamente sfumata, dal p. Martin Jugie, dal p. ·P.S. Guichardan (cf supra, n. 157), dal p. P.E. Candal 177, dai collaboratori di Istina del 1974 (supra, n. 157). Altrettanto numerosi sono gli specialisti che hanno, invece, sostenuto la possibilità di accordare il palamismo con la fede cattolica 178 • Diciamo bene: la fede cattolica, perché, se si tratta della teologia di s. Agostino o di s. Tommaso d'Aquino, bisogna ammettere che, dopo aver letto Palamas con apertura e simpatia, dopo aver riconosciuto ampie possibilità di intesa, restano gravi divergenze. Il cardinale Journet ha fatto il lavoro partendo dal bel libro di Jean Meyendorff 179 • Questa distinzione tra fede e teologia che proviene dal nucleo oscuro dell'essenza ... il peri auton non è ciò che Dio rivela del suo kat'auton, cioè l'essenza così come noi la possiamo conoscere, il semplice percepito come multJiplo; si tratta piuttosto di uno zampi11amento, distinto in Dio stesso dal fuoco inaccessibile deJ,.suo Essere>>. 177 Numerose pubblicazioni recensite nd Bollet·tino di D. STIERNON (supra, n. 157). 178 Citiamo, secondo l'ordine cronologico, spesso dal prezioso Bollettino di Stiernon, al quale rimandano le pagine indicate tra parentesi quadre: G. HABRA, The source of the Doctrine of Gregory Palamas on the Divine Energie, in Eastern Churches Quart. 12 (1957-58) 244-252, 294-303, 338-347 [p. 311]; P. BossUYT, Hesychasmus en katholieke teologie, in Bi;dragen (1964) 229-238 [p. 306]; M. STROHM, Die Lehre von der Einfachheit Gottes. Ein dogmatischer Streitpunkt zwischen Griechen und Lateiner, in Kyrios N.F. 7 (1967) 215-228, e Die Lehre von der Energeia Gottes, ibid., 8 (1968) 63-84; 9 (1969) 31-41 [309-311]; ]. KUHLMANN, Die Taten des einfachen Gottes. Bine romisch-katholische Stellungnahme zum Palamismus (Das ostliche Christentum N.F. 21), Wiirzburg, 1968 [294-299, con indicazione di una critica di B. SCHULTZE, in Or. Chr. Per. 36 (1970) 135-142]; G. PHILIPS, La Grace chez les Orientaux, in Ephem. Theol. Lovan. 48 (1972) 37-50, ripr. in L'union personelle avec le Dieu vivant. Essai sur l'origine et le sens de la grace créée (Bibl. Ephem. Theol. Lovan., XXXVI), Gembloux, 1972, p. 241-260 (al quale noi rimandiamo. Questa importante presa di posizione non ha ricevuto l'·attenzione che merita); A. DE HALLEUX, Palamisme et Scolastique, in Rev. théol. de Louvain 4 (1973) 409-422: Orthodoxi~ et Catholicisme: du personnalisme en pneumatologie, ibid., 6 (1975) 3-30; Palamisme et Tradition, in Irénikon 48 (1975) 479493). - E cf la nota seguente. 179 Ch. }OURNET, Palamisme et thomisme. A propos d'un livre recent, in Rev. Thomiste 60 (1960) 429-452.
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~aniera,.
è fondamentale. Il p. de Régnon non cessa di richiamarla nel corso dei suoi quattro volumi. Il cardinale Journet constata innanzitutto che non c'è opposizione sui seguenti articoli: ordine naturale e soprannaturale, Cristo ed Eucaristia, Chiesa come realtà mistica, Vergine Maria e i santi. Divergiamo sul «peccato originale» (ma è un'espressione così ambigua!), l'Immacolata Concezione di Maria, la processione dello Spirito santo dal Padre e dal Figlio mediante una medesima spirazione. Resta la questione della distinzione reale tra essenza ed energie, distinzione richiesta dall'affermazione della piena verità della nostra divinizzazione. La dottrina della luce taborica non ne è che un'applicazione. A noi pare, come pare al cardinale Journet, a J.-M. Garrigues, come in fondo pare a ]. Kuhlmann (p. 43-57) e a Mr. Philips, che la differenza deriva dalla nozione di partecipazione. Kuhlmann e Journet lo mostrano in modo particolare confrontando l'interpretazione dei medesimi testi di Dionigi in s. Tommaso (e Massimo il Confessore) da una parte, e in Palamas dall'altra. Partecipare = prendere parte, partem capere. Per Palamas significa prendere parte entitativ~mente, antologicamente a Dio: quindi non può essere una partecipazione alla sua essenza incomunicabile, ma alle energie che emanano da essa e le staano attorno. Ma ciò permette una divinizzazione nel senso letterale ed assoluto: noi diventiamo Dio, diventiamo increati per grazia 180 • Questa è una concezione, dal punto di vista filosofico, piuttosto ele~entare e m~teriale della partecipazione 181 • Sarebbe di tipo neoplatomco. Quella dt s. Tommaso (e già di s. Massimo) è di tipo aristotelico, non senza assumere da Platone un valore di esemplarismo. Come un artista sovrano, Dio fa partecipare le creature, non alla sua divinità in quanto tale - ciò è impossibile sia per noi che per Palamas - bensì a delle somiglianze delle sue perfezioni di èssere - esemplarismo delle idee divine - e mediante la causalità efficiente che conferisce l'esistenza. È in questo senso che s. Tommaso e s. Massimo commentano Dionigi, De divinis nominibus. Ecco il testo di s. Tommaso su II, 4: Dio viene manifestato dagli effetti che escono da lui· è la Deità stessa infatti, che in certa misura procede nei suoi effetti, ~uando essa infond~ una somiglianza di se medesima nelle cose secondo la loro capacità; in tal
Cf l\-1EYENDORFF, lntroduction, p. 244-247. Così, per Palamas, se l'uomo partecipasse all'essenza di Dio, sarebbe anche lui onnipotente, e esisterebbero un numero indefinito di ipostasi divine: Capita CL physica, 108-1?9 (P