Commento all'Eneide. Libri I-VI 8843048511, 9788843048519

Il "Commentum SuperSex Libros Eneidos Virgilii" ("Commento a sei libri dell'Eneide di Virgilio"

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Italian Pages 299 Year 2008

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Commento all'Eneide. Libri I-VI
 8843048511, 9788843048519

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Bernardo Silvestre

Commento all'Eneide Libri I-VI

A cura di Bruno Basile

Carocci editore

Volume pubblicato con il contributo del MIUR e dell'Università di Bologna

edizione, ottobre 2008 ©copyright 2008 by Carocci editore S.p.A., Roma Ia

Realizzazione editoriale: Omnibook, Bari Finito di stampare nell'ottobre 2008 dalle Arti Grafiche Editoriali Srl, Urbino

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione,

è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.

Indice

Introduzione

l7

Bernardo Silvestre: vita e opere

Premessa

l 24

l 29

COMMENTUM SUPER SEX LIBROS ENEIDOS VIRGILII l 3 2

COMMENTO A SEI LIBRI DELVENEIDE DI VIRGILIO

Note l

278

Nota al testo e alla traduzione l

5

l 33

298

Introduzione

Cum poetam dicimus nec addimus nomen , subauditur apud Graecos egregius Homerus, apud nos Vergilius.

Giustiniano, Instit. I,

2, 2,

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Agli albori del Novecento un maestro degli studi di medievi­ stica, Ludwig Traube, suggerì, come itinerario ineludibile per accedere alla letteratura compresa tra l'VIII e il XIII secolo, non già una serie di scuole, poetiche, autori, ma semplicemente una suddivisione empirica dei te m p i scandita dai grandi mo­ delli letterari che ne determinarono l'estetica: Virgilio, Ora­ zio, Ovidio. Si avrebbe pertanto un 'aetas vergiliana (VIII-IX se­ colo) , una horatiana (IX-XI secolo) , una ovidiana (XII-XIII se­ colo) 1• La presenza di questi autori latini, com 'è noto, ha un ruolo decisivo anche sulla nascita delle letterature europee in volgare: è impensabile - nel Trecento - Dante disgiunto da Virgilio, Petrarca separato da Orazio o Chaucer senza Ovidio. La logica del modello, dell'auctoritas, prevaleva dunque sul concetto di creatività come inteso da noi moderni. Traube col­ se acutamente questo rapporto dialettico che legava nel Me­ dioevo l'auctor a un magister, senza che mai però l'ombra au­ torevole di quest'ultimo negasse all'adepto delle lettere la posr . La tesi è nel saggio Enleitung in die lateinische Philologie des Mittelal­ ters, in Id. , Vorlesungen und Abhandlungen, hrsg. von F. Boll , P. Lehmann, Beck, Mi.inchen 19n, vol . II, in particol are pp. n3 ss.; un ritratto dello studio­ so è in G. Pasquali, Paleogra/ia quale scienza dello spirito, in Id., Pagine stra­ vaganti, a cura di G. Pugliese Carratell i, Sansoni, Firenze 1968, vo l . I, p. n5; dati importanti in Lateinische Kultur im 8. ]ahrhundert: Traube-Gedenkschrz/t, hrsg. von A. Lehner, W Berschin, Eos, St. Ottilien 1989.

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sibilità di spingere oltre, verso nuove acquisizioni, la ricerca estetica. Dando voce a un'opinione molto diffusa sul proble­ ma, nel cuore del XII secolo Bernardo di Chartres seppe ri­ vendicare - unendo a un tempo umiltà e superbia - questa particolarissima mentalità parlan do, con celebre immagine, d'intellettuali arditi capaci di vedere oltre il comune orizzon­ te di pensiero solo perché «nani» solidamente assisi sopra le spalle di «giganti» 2• E chiunque abbia una pratica, anche mi­ nima, con la filosofia medievale, sa che identiche auctoritates, svettanti in quel campo (Aristotele, Platone, Agostino) garan ­ tirono, non diversamente dai modelli suggeriti per le lettere da Traube (Virgilio, Orazio, Ovidio) , acquisizioni speculative di notanda originalità. Naturalmente, lo stesso Traube seppe sfum are quello schema tanto esatto quanto rigido, includendo - sia pure in forma subordinata - altri poeti eretti a modello nell'età me­ dievale (Stazio, Lucano, Boezio) e coordinandoli, da par suo, a ulteriori numi orientativi per la prosa latina dell'epoca (Ci­ cerone, Valeria Massimo, Marziano Capella) . E non mancò di studiare, scrutinando numerosi manoscritti medievali, i modi di lettura degli auctores proposti dalle scuole d'epoca. Esege­ si appassionate, connesse a pratiche glossatorie di stupefacen­ te finezza, pur nel quadro di modalità d'interpretazione per noi difficili da comprendere 3• Sotto il profilo quantitativo, i 2. Cfr. É. Jeauneau, «Nani gigantum humeris insidentes». Essai d)inter­ prétation de Bernard de Chartres, in "Vivarium " , V, 1967, pp. 79-99. Pochi san­ no che l 'immagine, attraverso l a mediazione di Giovanni di Salisbury e del suo Metalogicon (III, 4), giunse a Isaac Newton, che ne fece l 'em bl ema del­ l ' ardire scientifico moderno, ma alterandone studiosamente l a matrice origi­ naria: cfr. A. Rupert Hall , Da Galileo a Newton. I63o-I720, Feltrinell i, Mil ano 1973, p. 263 («Se io ho approfondito il probl ema, è stato per essermi issato sul ­ l e spall e di giganti») . L'erudizione di M.-D. Chenu, La théologie au douzième siècle, Vrin, Paris 1957, p. 396, ha segnal ato una ricorrenza, divenuta topica («Nos quasi nani super gigantium humeros sumus»), anche in Pierre de B l ois , Epist. 92 (in Patrologia latina, ccv, col . 290) . 3 · L'inchiesta awiata da L . Traube, Untersuchungen zur Uberlie/erungsge­ schichte romischer Schrz/tsteller, Staub, Miinchen 1891 fu compiuta, dopo l a scomparsa dello studioso, dal suo successore all a cattedra di Monaco: P.

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testi dei classici subirono strani destini, ora violentemente de­ curtati (il Medioevo non amò l'Orazio lirico, preferendogli l 'autore delle Satire e dell'Ars poetica), ora arricchiti con ope­ re apocrife (è il caso dei poemi pseudo-ovidiani o di Seneca, inserito nel canone dei prosatori anche grazie al viatico di una corrispondenza - assolutamente spuria - con san Paolo) 4• E c'è di più: la lettura dei classici latini della poesia avvenne at­ traverso la pratica dell 'allegoria, che traveste il testo, ne smus­ sa le componenti pagane, lo rende accetto a un pubblico va­ sto grazie a un moralismo esegetico per noi sovente enigmati­ co. Sull'allegoria medievale si sono scritti libri ponderosi: ma la causa - tutta psicologica - del fenomeno è forse nelle poche parole che vi spese Quintiliano, nell'Institutio oratoria, notan­ do che l'uso simbolico nasce anche per nobilitare una realtà avvertita come uggiosa, intollerabile (VIII, 6, 57: Usus est alle­ goriae} ut tristia dicamus melioribus verbis urbanitatis gratia aut qua edam contrariis signi/icemus) . Questo è valido, certo, per chiarire la combinatoria simbolica di un artista che, cer­ cando sensi metafisici nel mondo che lo circonda, ne dimostra Lehmann, Von Mittelalter und von der lateinischen Philologie des Mittelalters, Beck, Miinchen 1914. La gerarchia e i l canone degli auctores hanno concen­ trato, nel tempo, una bibliografia vastissima: cfr. la sintesi di A. J. Minnis, Me­ dieval Theory o/Authorship, Scol ar Press, London 1984. 4· L'Orazio divenuto «satiro» (così Dante, In/ IV, 89) con operazione ri­ duttiva è fenomeno già all'apice nel 1280, nell e esegesi di Ugo di Trinberg; sui corpora testuali dil atati da apocri fi cfr. P. Lehmann, Pseudo-antike Literatur des Mittelalters, Teubner, Leipzig 1927. Per Ovidio nel Medioevo cfr. F. Mu­ nari, Ovid im Mittelalters, Artemis , Ziiric h-Stuttgart 1960; I. Gallo, L. Nica­ stri (a cura di), Aetates ovidianae: lettori di Ovidio dall )Antichità al Rinasci­ mento, Edizioni scientifiche ital iane, Napoli 1995, e special mente - per gli apocrifi - B. Munk Ol sen, Ovide au Moyen Age (du IXe au XIr siècle), in G. Cavall o (a cura di), Le strade del testo, Adriatica, Bari 1987, pp. 65-96. Per Se­ neca e san Paol o cfr. C. W. Barlow, Epistolae Senecae ad Paulum et Pauli ad Senecam, American Academy of Rome, Roma 1938 (e M. Natal i, a cura di, Epi­ stolario tra Seneca e San Paolo, Rusconi, Milano 199 5); A. Momigliano, Note sulla leggenda del cristianesimo di Seneca, in Id. , Contributo alla storia degli studi classici, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1955, pp. 13-32 e in parti­ col are L. Bracciolini Pal agi , Il carteggio apocrz/o di Seneca e S. Paolo, Olschki, Firenze 1978.

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l'appartenenza, almeno analogica, a un universo più vasto e si­ gnificante di cui quello amorfo, che viviamo, non è che scolo­ rita copia. L'allegoria scaturisce, non a caso, dalla cultura neo­ platonica della tarda antichità 5 • Ma il concetto regge anche se applicato, sul piano della lettura, a testi cui si vuole attribuire un valore attuale scorporandoli dal contesto storico che li ge­ nerò. E la questione è antica, dato che, parlando dei capola­ vori dell'età classica, Rabano Mauro - e passiamo dall 'età im­ periale di Quintiliano ai fasti della cultura carolingia - non po­ neva altra alternativa, per farli vivere nel presente, che rileg­ gerli al lume dell'etica cristiana (Si quid in eis utile reperimus) ad nostra dogmata convertimus) oppure relegarli nell 'ombra dell 'oblio qualora l 'operazione di maquillage con i dettami della teologia moderna non fosse possibile (Si quid vero su­ per/luum de idolis) de amore) de cura secularium rerum) haec ra­ damus) . E il messaggio è affidato a uno dei più notevoli testi della pedagogia medievale, il De clericorum instructione (III, r8) , la cui diffusione in Occidente è capillare. Un 'opera che basta, da sola, a chiarire le ragioni per cui l'Ovidio medievale, riscritto melioribus verbis, divenga, a un certo punto della sua storia, filiazione inevitabile dell' aetas ovidiana, un Ovide mo­ ralisé: libro anonimo, di poco successivo al 1305, e sconcertan­ te nella sua compagine diluviale di 72. ooo versi 6. Ma tornia5· Cfr. in particolare J. Pépin, Mythe et allégorie. Les origines grecques et !es contestationsjudéo-chrétiennes, Aubier, Paris 1958; Id. , La tradition de tallégorie. De Philon d'Alexandrie à Dante, É tudes Augustiniennes, Paris 1987 e per le ra­ dici psicologiche dell'allegoria A. Fletcher, Allegoria: teoria di un modo sim­ bolico, Lerici, Roma 1968, con vasta bibliografia. Ulteriori accessioni in B. Pé­ rez-Jean, P. Eichel-Lojkine (éds.), Lallégorie de l'Antiquité à la Renaissance, Champion, Paris 2004. Ottimi sussidi nell'antologia curata da I. Ramelli, Alle­ goristi dell'età classica, introduzione di R. Radice, Bompiani, Milano 2007 e in Porfirio, Sullo Stige, a cura di C. Castelletti, Bompiani, Milano 2007. 6. Per il testo di Rabano (e la relativa bibliografia) cfr. F. Brunholzl, His­ toire de la littérature latine du Moyen Age, vol. I/2, L époque carolingienne, Brepols, Louvain 1991, pp. 86-7 e 282-3; per l'Ovide moralisé anonimo si deve ricorrere all'edizione del «poème du commencement du quatorzième siècle» di C. de Boer, 5 voli . , Sanding, Vaduz 1988 (ed. or. 1915) e all'esegesi di M. Pas­ samani Perez, Ovide moralisé: essai d'interprétation, Champion, Paris 2006. Da

IO

mo al primo e più idolatrato dei modelli, Virgilio, così oppor­ tunamente collocato da Traube (e da noi moderni) all 'inizio di un culto autorale presto insidiato dall 'allegoria. Il poeta dell 'Eneide è considerato una lettura doverosa per ogni uomo di cultura del Medioevo; e se nella sua aetas, tra l'VIII e il IX secolo, contende addirittura alle grammatiche di Donato e Prisciano il privilegio di primo ornamento di scrip­ toria pubblici e privati, nell'epoca successiva mantiene il suo ruolo privilegiato. Secoli prima persino un giudice severo co­ me Agostino, che ricordava con un certo disagio i versi di Vir­ gilio sulla passione di Didone per Enea, era disposto ad affi­ darne l'epos nelle mani dei bambini (parvuli) , perché appren­ dessero il valore di un vate magnus omniumque preclarissimus (De civitate Dei, I, 3) . Il poeta, poi, si era anche acquisito pres­ so i cristiani una particolare rinomanza per aver profetizzato, con la quarta egloga, la venuta del Cristo e di un 'era di felicità e di giustizia. Il vaticinio sibillino, scritto per un figlio di Poi­ lione o di altra illustre prosapia, venne piegato da anime pie a dimensione messianica, quasi a porre Virgilio, anzitempo, tra quelli che si accorsero «che Gesù passava» (Matt. XX, 30) . Vi si credette dall'età di Costantino: e non c'era persona di cultura che non rammentasse nel Medioevo i testi illustri che si soffer­ mavano, con parole pensose, su quella verità divenuta quasi di fede (Eusebio, Vita Constantini, IV, 32; Lattanzio, Divinae in­ stitutiones, VII, 24; Agostino, De civitate Dei, X, 27) 7• Si capisce,

questo Ovide dipende la seconda redazione (1342?) dell' Ovidius moralisatus la­ tino di Pierre de Bersuire (morto nel 1362) contenuto nel Reductorium morale: cfr. M.-H. Tesnière, Le Reductorium morale de Pierre Bersuire, in M. Picone (a cura di), Lenciclopedismo medievale, Longo, Ravenna 1994, pp. 225-45;]. En­ gels, L édition critique de tOvidius moralisatus de Bersuire, in "Vivarium " , IX, 1971, pp. 19-48; F. Coulson, A Cheklist o/Newly Discovered Manuscripts o/Pier­ re Bersuire}s Ovidius moralisatus, in "Scriptorium" , LI, 1997, pp. 166- 86. Per il problema delle ul teriori glosse all'Ovide moralisé cfr. M. -R. Jung, L0vide mo­ ralisé glosé, in H. Hudde, U. Schoning (hrsg.), Literatur: Geschichte und Ver­ stehen. Festschrz/t Ulrich Molk, Winter, Heidelberg 1997, pp. 81-93 . 7· Sul messianesimo presunto dell'egloga esiste una complessa bibliogra­ fia, discussa da S. Benko, Virgil's Fourth Eclogue in Christian Interpretation,

II

quindi, quanto fosse facile mutare in melius - ossia verso un senso profondo di spiritualità cristiana - con prassi esegetiche di commenti e centoni un testo che certi orizzonti li prefigura­ va. Bastava, a dire di Teodulfo, poeta di età carolingia, convin­ cersi come in Virgilio, talora sotto false apparenze, si nascon­ dessero sempre molte verità profonde (Plurima sub falso teg­ mine vera latent, Carmina, XLV, 20 ) . E si giunge di nuovo, co­ me nel caso di Ovidio, a una dialettica allegorica tra il parere e l'essere, l'esterno (tegmen, cortex) e l'interno (veritas, nucleus) . Rapporto che gli interpreti medievali sapevano trovare rifa­ cendosi a esempi significativi dell'esegesi virgiliana antica. Esisteva da parte dei Padri della Chiesa che si ponevano domande sulla struttura teologica - e morale - del mondo ul­ traterreno l'inevitabile tendenza a riferirsi al sesto libro dell'E­ neide, che è pur sempre un descensus ad in/eros, con visione ul­ traterrena correlata a una vera e propria cosmogonia 8 • Ma pur in Au/stieg und Niedergang der romischen Welt, De Gruyter, Berlin 198o, 31.1, pp. 645-705. I contributi di valore sono però - a nostro avviso - solo tre: E. Norden, Die Geburt des Kindes. Geschichte einer religiosen Idee, Teubner, Leipzig 1924; P. Courcelle, Les exégèses chrétiennes de la quatrième Églogue, in "Revue des Etudes Anciennes " , LXI, 1957, pp. 294-319 e in particolare J. Car­ copino, Virgilio e il mistero della IV egloga, prefazione di L. Canali, Edizioni dell'Altana, Roma 2001 (ed. or. 1930). Sul piano strettamente storico, il puer è stato identificato, nel tempo, con Salonino, figlio di Pollione, con il bambino atteso da Ottaviano e Scribonia (in realtà una figlia, Giulia, nata nel 39 a.C . ) , con l'erede di Antonio e Ottavia (pegno di pace in quello stesso anno, trat­ tandosi di parto della sorella di Augusto), con Alessandro Helios, rampollo di Antonio e Cleopatra (nel 4o a.C. possibile simbolo di una fausta unione tra Oc­ cidente e Oriente). Cfr. S. Mazzarino, I:impero romano, Laterza, Roma-Bari 1974, vol. III, pp. 866-8. TI proliferare delle ricerche dimostra l'ignoranza delle decisive parole di san Girolamo (335 ca.-420), che considerava la questione in­ solubile e oziosa - puerilia su n t haec et circolatorum ludo similia: cfr. Saint Jero­ me, Lettres, éd. par J. Labourt, Les Belles Lettres, Paris 1955, vol. III, p. 16 (Ep. LIII ad Paulum Presbiterum, 7). Ma c'è chi oggi ha notato che quella egloga «non si riferisce a un preciso nascituro», dato che «deve aver subito rimaneg­ giamenti, se non da cancellare, almeno da obnubilare l'occasione storica che l'ha determinata come carme genetliaco»: F. Della Corte, Pollione, in Enciclo­ pedia Virgiliana, vol. IV, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 1996, p. 176. 8. Cfr. P. Courcelle, Les Pères de l'Église devant les en/ers virgiliens, in "Ar­ chives d'Histoire Doctrinaire et Littéraire du Moyen Age" , XXX , 1953, pp. 5-74;

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ponendo questo fuoco esegetico del poema come passaggio inevitabile per accedere alla sapienza virgiliana e sollecitarne ulteriori riscontri, una simile prospettiva sacra nel concreto delle scholae s 'intrecciava con altri documenti, databili tra il IV e il V secolo, egualmente sensibili a percorrenze sapienziali. I Saturnalia di Macrobio, i Commentarti del grammatico Servio, le Interpretationes Vergilianae di Tiberio Claudio Donato of­ frivano anch'essi un itinerario filosofico per l'ermeneutica del­ l'Eneide, e così saturo di neoplatonismo (soprattutto in Ma­ crobio, adepto di quella speculazione anche nel commento al Somnium Scipionis di Cicerone) da correlarsi splendidamente all ' allegoria patristica. Allegoria a cui Servio offriva nuovi strumenti, chiosando tutto il poema e affinandone la lettura con approfondimenti di carattere morale. C'è tutta una feno­ menologia dell'anima umana e delle sue passioni che Servi o percepisce in Virgilio attraverso i personaggi dell 'epos, ravvi­ vandone i rapporti col pensiero classico, ma spingendosi a ve­ rificare una metafisica dei costumi che ne rese il testo grato ai lettori cristiani delle scuole medievali 9•

P. e J . Courcel l e, Lecteurs pai" e ns e t lecteurs chrétiens de l'Enéide, 2 vo li . , Gauthiers-Vi ll ars & D e Broccard, Paris 1984. Ulteriore bibliografia i n S . Freund, Vergil im /ruhen Christentum. Untersuchungen zu den Virgilzitaten bei Tertullian, Minucius Felix, Novatian, Cyprian und Arnobius, Schoning, Pader­ born-Miinchen-Wien-Ziirich 20032• Postille importanti in A. Wlosok, Res hu­ manae - Res divinae. Kleine Schrz/ten, hrsg. von E. Heck, E. A. Schmidt, Win­ ter, Heidelberg 1990, pp. 384-91 e 437-59; E. J. Heck, Vestrum est - poeta noster. Von der Geringsschiitzungen Vergils zu seiner Aneignung in der /ruhchristlichen lateinischen Apologetik, in " Museum Helveticum " , XLVII, 1990, pp. 102-20. 9· Servio compare come appassionato cul tore di Virgilio nei dialoghi dei Saturnalia (che si svolgono prima del 385), ma si pensa che i suoi Commenta­ rii siano successivi: cfr. Ambrosii Theodori Macrobii Saturnalia. In Somnium Scipionis Commentarii, ed. J. Willis, Teubner, Leipzig 1979; Servii gramma­ tici In Vergilii carmina commentarz'i, ed. G. Thi l o-H. Hagen , 3 voli . , Ol ms, Hildesheim 1986 (ed. or. 1881); Tiberi Cl audi Donati Interpretationes Vergilia­ nae, ed. H. Georgii, 2 voli . , Teubner, Leipzig 1905-1906. Sul pl atonismo e il cul to virgiliano di Macrobio cfr. J. Fl amant, Macrobe et le Néo-Platonisme la­ tin à la fin du rve siècle, Brill , Leiden 1977; B. W. Sinc l air, Virgil's sacrum poe­ ma in Macrobius' Saturnalia, in " Maia" , XXIV, 1982, pp. 261-3 e la vasta biblio­ grafia raccolta in Macrobio, Commento al Sogno di Scipione, a cura di M. Ne-

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Non desta quindi stupore che, nel VI secolo, Fabio Plan ­ ciade Fulgenzio, a coronamento di queste ricerche, scrivesse la celebre Expositio Virgilianae continentiae secundum philo­ sophos moralis, dov'è già lo schema dell'interpretazione più vulgata di Virgilio nel Medioevo. Un dotto versato nella sa­ pienza stoica ed epicurea, che lo relegò nell'ignoranza della pa­ rola di Cristo (Si [. .] inter tantas Stoicas veritates) aliquid etiam Epicureum non desipissem) paganus non essem) , ma anche il creatore di un poema, l'Eneide, i cui dodici libri rappresenta­ no le dodici stazioni di sviluppo della vita umana, scissa tra ani­ ma e corpo. Il vate augusteo diviene in Fulgenzio un poeta theologus che descrive in Enea le esperienze paradigmatiche del vivere, tra la giovinezza e la maturità raziocinante che scon­ figge le passioni (rappresentate da Turno, simbolo di /uror ir­ razionale). E l'eroe troiano in fuga dall 'eros - Didone ne è l'al­ legoria - verso il bene, la desiderata terra di Ausonia, conosce molte traversie che comprendono anche la discesa agli inferi (percezione del discrimine che rivela verità ultraterrene) e la lotta disperata contro l'empietà e l'irragionevolezza (Mezen­ zio, Messapo) . La trama epica si nobilita pertanto in un ro­ manzo di formazione dell'anima, di un inquietum cor cristia­ no di cui Enea allego rizza il destino 10• Ma Fulgenzio fornisce .

ri, saggio introduttivo di I. Ramel li, Bompiani, Milano 2007, pp. r66-224. Un'esaustiva disamina serviana si ha nei saggi di A. Uhl , Servius als Sprach­ lehrer. Zur Sprachrichtigkeit in der exegetischen Praxis des spiitantiken Gram­ matikerunterrichts, Vandenhoek & Ruprecht, Gottingen 1998 e A. Pellizzari, Servio. Storia) cultura e istituzioni di un grammatico tardoantico, Olschki, Fi­ renze 2003 . Per il moralismo e l'all egoria della sua esegesi cfr. J. W. Jones , An Analysis o/ the Allegorica! Interpretations in the Servian Commentary on the Aeneid, Beli & Horwell, Ann Arbor 1998 (ed. or. 1959) e in particol are A. Se­ taioli, La vicenda dell'anima nel commento di Servio a Virgilio, Lang, Frank­ furt am Main et alibi 1995. Su Donato (meno diffuso e considerato di Servi o) cfr. M. Squill ante Saccone, Le Interpretationes Vergilianae di Tiberio Claudio Donato, Società editrice napoletana, Napoli 1985. Indispensabil e - pur se l a­ cunoso sull e questioni allegoriche - S. Timpanaro, Virgilianisti antichi e tra­ dizione indiretta, Olschki, Firenze 2oor. ro. F. P. Fulgentii Opera, ed. R. Helm, Teubner, Leipzig 1970\ p. 103, 5 (l'Ex­ positio Vergilianae continentiae conosce la riedizione - discutibile - di T. Agoz-

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solo uno schema per la tessitura del Virgile moralisé destinato - al pari e prima di Ovidio - a fiorire in Francia. Lo iato cronologico e la mutata geografia culturale testimo­ niati dal Commentum super sex libros Aeneidos Virgilii di Ber­ nardo Silvestre (forse del 1125-30) devono essere corretti da pre­ cise coordinate storiche. Certo, in sostanza, siamo al cospetto di un'esegesi virgiliana che dall'Africa - la Libia, per essere preci­ si - di Fulgenzio riprende vita a Chartres, alla cui scuola si for­ ma Bernardo. Dall'epoca della tarda antichità giungiamo alla ri­ nascita francese del XII secolo. Ma le paginature di questa cro­ naca hanno premesse antiche, visto che il cenacolo sapienziale chartrense fu fondato dal canonico Fulberto in epoca remota (inizio dell'xi secolo: Fulberto morì nel 1028) e dipende, nelle sue strutture pedagogiche, da precedenti modelli avviati a Laon zino, F. Zanlucchi, Istituto di Filol ogia latina, Padova 1972 e l a traduzione, col titolo Commento all'Eneide, di F. Rosa, Luni, Trento 1992) . I migliori contribu­ ti sull'esegesi sono quelli di G. Raumer-Hefner, Die Vergilinterpretation desFul­ gentius. Bemerkungen zu Gliederung und Absicht der Espositio Vergilianae Continentiae, in "Mittellateinisches Jahrbuch", XIII, 1978, pp. 7-49; G. Huber­ Rebenik, Die Expositio Virgilianae Continentiae desFulgentius, in H.-J. Horn, H. Walter (hrsg. ), Die Allegorese des Antiken Mythos, Harrassowitz, Wiesba­ den 1997, pp. 85-95; E. Wolff,Fulgentiana, in F. Chausson, E. Wolff (éds . ) , Con­ suetudinis amor: /ragments d'histoire romaine (Ile-VIe siècles) o/fert à ]. P Callu, L'Erma di Bretschneider, Roma 2003, pp. 441-3. Si è tentato di identificare que­ sto Fulgenzio col vescovo di Ruspe, discepolo di Agostino (e noto come Augu­ stinus breviatus), morto nel 532 (cfr. P. Courcelle, Les lettres grecques en Occi­ dent. De Macrobe à Cassiodore, De Boccard, Paris 1948, p. 2oo), ma l a questio­ ne è dibattutissima: cfr. P. Langlois, Les auvres deFulgence le mythographe et le problème des deuxFulgence, in "J ahrbuch fiir Antike un d Christentum " , vn, 1964, pp. 95-105; A. Isola, Sul problema dei dueFulgenzi: un contributo della Vi­ ta Fulgentii, in Auctores nostri. Studi e testi di letteratura cristiana antica, vol. I, Edipuglia, Bari 2004, pp. 103-17. li frammento da noi citato sul disagio di Vir­ gilio - pagano pentito della sua stessa cul tura - è l'unico antecedente possibile per l 'identica sofferenza patita dal poeta l atino nella Commedia di Dante: cfr. S. Battaglia, Introduzione alla teoria del poeta teologo, in U. Bosco (a cura di), Dan­ te nella critica d'oggi, Le Monnier, Firenze 1965, pp. 72-86. Su Fulgenzio " gui­ da" all ' oltremondo virgiliano cfr. anche A. Laird, The Poetics an d A/terlz/e, in "Proceedings of the Virgil Society" , XXIV, 2001, pp. 49-80, preceduto dalla mi­ se au point di]. W. Jones jr. , Vergil as Magister o/Fulgentius, in C. Henderson jr. (ed. ) , Classica� Medieval an d Renaissance Studies in Honour o/B. L. Ullmann, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1964, vol . I, pp. 273-5.

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e Auxerre, in epoca che sfiora proprio quella cultura carolingia dov'era awenuta, anche sotto il profilo della lettura dei classi­ ci, una renovatio della prassi glossatoria tardo-latina. N o n di­ mentichiamo che la quasi totalità dei manoscritti di Macrobio, Servio, Fulgenzio risale al periodo compreso tra il x e l'XI seco­ lo e che solo a Chartres viene teorizzato, da Guglielmo di Con­ ches, l'abito dell'interpretazione allegorica, lo studio dell' inte­ gumentum, ossia del tracciato simbolico di un testo idoneo a de­ crittarne l'allegoria. Le chiose (glosae) divengono di tale raffi­ nata pregnanza da rawivare quell'ermeneutica nel nome di Pla­ tone già illanguidita in Fulgenzio. A Chartres il pensiero de­ dotto dal maestro del Timeo era un dato acquisito, e Giovanni di Salisbury dichiarò i filosofi di quelle scholae versatissimi nel­ l 'interpretazione allegorica dei testi antichi. Non sorprende, quindi, che dopo i tentativi - perduti - di commenti all'Eneide da parte di Guglielmo di Conches, Bernardo Silvestre si acco­ stasse a Virgilio per definirne quella moralis explicatio sognata - nella sua completezza - già da Teodulfo e da dotti sapienti co­ me Remigio di Auxerre e Sigeberto di Gemblouxll .

n. Sulla scuol a di Chartres sono indispensabili T. Gregory, Anima mundi. La filosofia di Guglielmo di Conches e la scuola di Chartres, Sansoni, Firenze 1955; M. Grabmann, Geschichte der scholastischen Methode, Schwabe, Basel ­ Stuttgart 1961 (ed. or. 19n), vol . II, pp. 441-76; P. Dronke, New Approach to the School o/ Chartres, in "Anuario de Estudios Medievales " , VI, 1969, pp. n7-40 (poi in Id. , Intellectuals and Poets in Middle Ages, E dizioni di Storia e Lettera­ tura, Roma 1992, pp. 15-40); J. Chatill on, Les Écoles de Chartres et de Saint-Vie­ tar, in La scuola nell'Occidente latino dell'Alto Medioevo. Atti della settimana di studio (IJ-2I aprile I97I), Centro di studi sull'alto Medioevo, Spoleto 1972, pp. 795-839; N. M. Haring, Chartres and Paris Revisited, in J. R. O'Donnell (ed.), Essays in Honour o/A. Ch. Pegis, Pontificai Institute of Medieval Studies, To­ ronto 1974, pp. 268-329; R. W Southern, Humanism and the School o/Chartres, in Id. , Medieval Humanism and Other Studies, B l ackwell , Oxford 1984\ pp. 6185; H. J. Westra (ed. ) , From Athens to Chartres. Neoplatonism and Medieval Thought. Studies in Honour o/ É. ]eauneau, Brill , Leiden-New York-Koln 1992. Sulle tecniche di glossa allegorica di quelle scholae cfr. É . Jeauneau, I;usage de la notion d'integumentum à travers les gloses de Guillaume de Conches, in "Ar­ chives d'Histoire Doctrinaire et Littéraire du Moyen Àge" , XXIV, 1957, pp. 351oo; H. Brinkmann, Verhiillung (integumentum) als literarische Darstellungs­ /orm im Mittelalter, in A. Zimmermann, G. Vuillemin-Diem (hrsg.), Der Begrz//

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Bernardo aveva certamente tutte le cognizioni giuste per accostarsi a un Commentum: retore, filosofo, cosmografo ver­ sato nell'astronomia antica e nell'astrologia araba, discepolo di Teodorico di Chartres e di Guglielmo di Conches, chiosa­ tore intrepido di Macrobio, Servio e Fulgenzio ( che serve da traliccio memoriale per la sua lettura virgiliana) , ha le qualità per redigere un Virgile moralisé12• Ma quanto ci è pervenuto lascia il sapore di un'opera incompiuta. Per ragioni rimaste oscure, il lavoro non oltrepassa il libro VI dell'Eneide e le chio­ se - assai disordinate - si dispongono in una totalità precaria, ora dilatata riguardo al sesto libro, ora sommatoria e affretta­ tamente laconica per altri settori dell'epos. Per di più il pro­ getto morale arretra di fronte a una vera lettura filosofico-en­ ciclopedica del testo, in cui l'asciutta levitas del breve com­ pendio fulgenziano è insidiata da motivi di stampo erudito. Glosse che trasformano la lettura in peripli - talora faticosi di etimologie grecizzanti, storie mitologiche suggerite da deità e personaggi virgiliani, citazioni preziose che nobilitano la sa­ pienza del chiosatore, ma depistano il moderno interprete tra sin ossi di auctoritates (dominante quella oraziana: l' aetas ese­ getica del grande poeta augusteo si era appena conclusa nel­ l'XI secolo e Bernardo sembra ricordarlo a ogni pagina del suo der Repriisentation in Mittelalter. Stellvertretungy Symbol) Zeichen) Bild, De Gruyter, Berlin-New York 1971, pp. 314-39. Per la fortuna di Virgilio e Fulgen­ zio a Chartres cfr. F Mora-Lebrun, Virgile le magicien et l'École des Chartriens, in "Médiévales " , XXVI, 1994, pp. 39-57 e anche A. Bisanti, Un medaglione su Fulgenzio: Sigeberto di Gembloux De viris illustribus XXVIII, in "P an" , XIV, 1995, pp. 203-12. Ancora utile la sintesi di E. De Bruyne, Estudios de estética medie­ val, Gredos, Madrid 1959, vol. II, pp. 292 ss. e 316-94. 12. Alla scuola di Chartres è dedicato il capolavoro del nostro magister (De mundi universitate o Cosmographia) , un prosimetro dove «ci viene descritto lo stato primo della materia (silva: donde il soprannome " Silvestre" aggiunto a Bernardo): il Caos informe che anela ad un ordine armonico». Così E. R. Cur­ tius, Letteratura europea e Medio Evo latino, La Nuova Italia, Firenze 1999, p. 126; e la spiegazione onomastica con resa di silva dalla hyle di matrice platoni­ ca e grecizzante trova conferme: cfr. ad esempio H. Flaten, Der Materia Pri­ mordialis in der Schule von Chartres, in "Archiv fi.ir Geschichte der Philo­ sophie" , XL, 1931, pp. 5-25; J. C . M. van Winden, Calcidius on Matter; His Doc­ trine and Source. A Chapter in the History o/ Platonism, Brill, Leiden 1965.

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lavoro) . La tecnica espositiva in molti casi ricorda quelle com­ pilazioni di re gesti sa pienziali che gli stoici, in epoca classica, avevano sovrapposto ai poemi omerici per intuirne percorsi metafisici. Nodi opachi di moralismo esegetico (si pensi alle Quaestiones homericae dello Pseudo-Eraclito) fatto rifiorire da Bernardo sotto il gelido sole della scolastica chartrense, provo­ cando un voluto sconcerto, lo stesso che si rivive, oggi, osser­ vando un frammento di decorazione marmorea antica inserita nella compagine di una chiesa romanica o ripreso tra i ramages del gotico fiorito. Eppure Bernardo Silvestre non è solo l'indi­ ce di un riuso del codice classico in età di allegorie medievali. Il Commentum una sua logica la possiede, sia pure «fantastica», per usare il pregnante aggettivo impiegato da Jurgis Baltrusai­ tis nel definire l'inquieta morfologia simbolica coeva 13• Innanzitutto l'interprete mantiene la certezza assoluta che i primi sei libri dell'Eneide contengano - sub integumento, na­ turalmente - la storia della maturazione di un eroe protagoni­ sta dall 'infanzia alla virilis aetas. Il progredire etico di Enea connesso alle età dell'uomo (suddivise in periodi coincidenti, come atti di un dramma classico, con i canti dell 'epos) risale a Fulgenzio, che Bernardo ripete, con devozione scolastica, fino 13. Sulle tecniche del commento medievale orientano W Geerlings, C . Schulze, Der Kommentar in Antike und Mittelalter. Beitriige z u seiner Er/or­ schung, Brill , Leiden 2002; per le applicazioni a Chartres cfr. in particolare L. Nauta, The Glosa as Instrument /or the Development o/ Natura! Philosophy. William o/Conche's Commentary on Boethius, in M.]. F. M. Hoerner, L. Nau­ ta (eds . ) , Boetius in the Middle Ages. Latin and Vernacular Tradition o/ the Consolatio Philosophiae, Brill, Leiden 1997, pp. 3-39. Per l'eco delle interpre­ tazioni allegoriche di Omero in epoca medievale cfr. F. Buffière, Les mythes d'Homère et la pensée grecque, Les Belles Lettres, Paris 1956; P. Léveque, Au­ rea catena Homeri: une étude sur l'allégorie grecque, Les Belles Lettres, Paris 1959. Sull'estetica inclusiva e " fantastica" tipica della rinascita del XII secolo cfr. J. Baltrusaitis, Il Medioevo fantastico. Antichità ed esotismi nell'arte goti­ ca, Adelphi, Milano 1�73, e per la cultura di Bernardo Silvestre, lettore di Ma­ crobio e Fulgenzio, E. Jeauneau, Macrobe, source du platonisme chartrain, in " Studi medievali " , I, 1960, pp. 3 - 24 e l'archetipo luminoso di H. Liebeschiitz, Fulgentius Metaforalis. Ein Beitrag zur Geschichte der antiken Mythologie im Mittelalter, Teubner, Leipzig 1926. Suggestivo sul piano filosofico M. Lemoi­ ne, Théologie et platonisme au XIIIe siècle, Cerf, Paris 1998.

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al momento supremo dell'autocoscienza filosofica coincidente con la visione degli inferi. Passo periglioso in cui finito e infi­ nito, contingente e trascendente parlano alla coscienza ravve­ duta del protagonista. Ma questi, allontanandosi dal modello fulgenziano, da interprete di una ricerca di avventure morali diviene il vero e proprio correlato di un'anima peregrinante dal mondo fisico a quello metafisica. Enea è lo spirito umano (Ae­ neas è chiosato come ennos demas} id est habitator corporis) fi­ glio di Anchise, il creatore, e di Venere, intesa come natura per­ fetta, musica mundana, ordine simbolico dell'universo. Il suo viaggio iniziatico, che ha origine col trauma della nascita sim­ boleggiata da Eolo, i cui venti di passione sconvolgono il mare dell'essere, si estende da Creta, il mondo angusto della carne, fino all'Italia, prodromo di quella natura divina la cui percepi­ ta sacralità era nel progetto originale del Commentum come pe­ regrinatio in Deum. E con tale alato schema di lettura anche episodi secondari del poema assumono significati inattesi. I dettagli mitografici, attraverso complessi reagenti di letture erudite (Servio si unisce ai cosiddetti Mitografi vaticani, il Ma­ crobio dell'In Somnium Scipionis è correlato alle esegesi di Gu­ glielmo di Conches) 14, prendono vita autonoma. Si scorpora14. L'uso dei Mythographi nell'esegesi di Bernardo è questione complessa. I l magister conobbe certamente le Mythologiae di Fulgenzio, a cui aggiunse quelle vaticane: cfr. Scriptores rerum mythicarum latini tres Roma e nuper reper­ ti, ed. G. H. Bode, Olms, Hildesheim 1968 (ed. or. 1834) , ancor utili per l a tra­ dizione manoscritta dei testi. Lesse, forse in un compendio medievale, il primo e secondo mitografo (cfr. Mythographi Vaticani I et 2, éd. par P. Kulcsar, Bre­ pols, Turnhout 1987 e Premier Mythographe du Vatican, éd. par N. Zorzetti, J. Berlioz, Les Belles Lettres, Paris 1995), mentre il terzo - si tratti di Alberico di Londra o di Alessandro di Neckam - come esegeta del secol o XII risul ta fonte più discussa e marginale: cfr. C. S. F Burnett, A Note o n the Origins o/the Third Vatican Mythographer, in "Journal of the Warburg and Courtauld Institutes " , XLIV, 1981, pp. 16o-6; R . M. Krill , The Vatican Mythographers. Their Place in An­ cient Mythology, in "Manuscripta" , XXIII, 1974, pp. 173-7; C. G. Garfagnini, Un accessus ad Apuleio e un nuovo codice del Terzo Mito grafo vaticano, in " Studi medievali " , XVII, 1976, pp. 307-62. Su lle fonti di questi testi, che condizionano alcune zone erudite del Commentum, cfr. R. Schulz, De Mythographi Vaticani primi/ontibus, Kaemmerer, Halis Saxonum 1905; F Keseling, De Mythographi Vaticani secundi/ontibus, Wischani et Burckardi, Halis Saxonum 1908; W Biih-

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no dalla cornice del testo, ponendosi in dialettico rapporto con la trama allegorica suggerita. La chiosano con la stessa impe­ riosa precisione che troviamo nell'arte figurativa coeva. Pre­ delle di polittici e capitelli di chiese, nel loro ornato, non sono occasioni marginali per postille artistiche, ma exempla allego­ rici da raccordare alla favola edificante posta in essere dalla struttura fondamentale del tempio. Se Enea rappresenta il farsi dello spirito umano - la sua fe­ nomenologia - Didone non può che incarnare la seduzione dei sensi. Seguendo uno spunto già presente in Fulgenzio, Di­ do è libido, e il momento cruciale dell'allegoria di Bernardo Silvestre avviene quando, nell'oltretomba, l'eroe troiano can­ cella anche la memoria della regina di Cartagine che avrebbe potuto impedire il tragitto verso la patria del rinnovamento spirituale (labitur ab eius memoria). Ma il commentatore svi­ luppa il tema del viaggio dal mare alle italiche spiagge, ossia dalla vita temporale a quella ascetica. Enea nel suo cammino periglioso ha due guide: Mercurio, l'eloquenza, e Apollo, l'in­ telletto divino. Il suo itinerario rinnova un mito più antico, quello di Ulisse, anch 'egli un sapiente capace di abbandonare ogni seduzione (Circe, per Bernardo, è allegoria, opulentia ter­ renorum) , d'interrogare le anime dei trapassati per conoscere il senso della propria missione. Senso che Enea fa scaturire dal consiglio di una terza guida, la Sibilla, che gli offre il ramo d'o­ ro della filosofia con cui entrare - vivente - nel regno dei mor­ ti, della scienza del bene e del male. L'eroe troiano, che già co­ nosce nel Commentum le quattro virtù cardinali (prefigurate dai quattro giuochi funebri resi alla memoria del padre, alle­ goria della perfezione dell'anima) e ha smarrito ogni tentativo ler, Die Pariser Horazscholien; eine neue Quelle der Mythographi Vaticani I un d 2, in "Phil ologus " , cv, 1961, pp. 123-34 e i l avori mirabili di P. Dematz, Fabul a. Trois études de mythographie antique et médiévale, Droz, Genève 1973 e di J. Seznec, La scoperta degli antichi Dei. Saggi sul ruolo della tradizione mitologica nella cultura e nell'arte del Rinascimento, Boringhieri, Torino 1981 (ed. or. 1940). Vasta bi bl iografia sulle norme ermeneutiche deducibili dal Macrobio esegeta di Cicerone in Macrobe, Commentaire sur le Songe de Scipion, éd. par M. Ar­ misen, C. Marchetti, Les Bell es Lettres, Paris 2003.

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di approccio empirico al vero (morte di Palinuro, il timoniere di Enea, simbolo dell'incerta capacità visiva del quotidiano) , nel mondo sotterraneo si avvicina al sacro, lasciando per sem­ pre i beni mondani. E il complicato romanzo di questa accul­ turazione spirituale dell 'anima umana di cui Enea è typus, sim­ bolo eterno, diviene comprensibile quando l'eroe troiano, at­ traverso i riti sacrificali per interloquire con le ombre ultra­ terrene, si fortifica con le virtù (abstinentia, moderatio, sobrie­ las, castitas, parcitas, modestia, verecundia) . E poi, nel passag­ gio decisivo nell'Ade, indice di rinuncia a ogni fascinazione mondana (Avernus per Bernardo vale sine vere) sine delecta­ tione) , riconosce i limiti negativi del suo essere contingente, circondato dagli spettrali fiumi del dolore. Leggiamo infatti che Lethen esse oblivionem) Stigem odium) Flegetontem ardo­ rem irarum) Acherontem tristiciam. Una volta dato corpo alle­ gorico allo spazio della sofferenza redentrice, il commentato­ re decritta tutti i mostri che la tradizione classica, tramite Vir­ gilio, aveva confinato in quegli spazi tenebrosi di meditazione morale. A uno a uno, in un rito esegetico pittoresco, questi si­ mulacri del male riprendono vita, recitando, come nei cartigli allegorici di una cattedrale gotica, i ruoli di una significanza morale: le scyllae sono i simulatores, l'ydra l'ignorantia, le ar­ piae le rapacitates, Geryon diviene simbolo del vitiosus, la Me­ dusa della mala coscientia, Charon, il traghettatore dei morti, del tempus che tutto rapisce in attesa del giudizio finale 15• 15. Certe categorie di Bernardo derivano dalla tradizione classica come ambientata a Chartres: cfr. R. C. Gibson, The Classica! Commentary. Histories, Practices, Theory, Brill , Leiden 2002 e in particol are A. J. Minnis, A. D. Scott, D. Wall er (eds . ) , Medieval Literary Theory and Criticism, c. IOOD-I375· The Com­ mentary Tradition, Cl arendon Press, Oxford 1988. Indispensabili per le critto­ grafie mitiche ed etimologiche D. Poirion, Résurgences. Mythes et littérature à l'age du Symbole (xne siècle), PUF, Paris 1986; R. von Hoehling (hrsg. ), Griechi­ sche Mythologie in /riihes Christentum, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 2005 e, insuperato, R. Klinck, Die lateinische Etymologie des Mit­ telalters, Fink, Miinchen 1970. L'abito di etimologizzare sul nome n auctoris e sui protagonisti di un testo era diffuso negli accessus proemiali d'epoca: cfr. ad esempio Saeculi noni auctoris in Boethii Consolationem philosophiae commen­ tarius, ed. R. T. Silk , American Academy of Rome, Romae 1936, pp. 5, 23 ss. , 51

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Questa topografia gnostica dei primi sei libri dell'Eneide diede fama a Bernardo Silvestre, anche per la dotta visività di certe allegorie che fanno pensare, più che alle astratte specu­ !azioni di un grammatico, allo scenografo di un mystère della Francia medievale. Testo dove l'involucrum di una storia mi­ tica e antica è trasformato nei momenti della creazione di quell 'uomo rinnovato (novus) a cui tendevano sia la scuola di Chartres, sia la vecchia cultura di Tours a cui Bernardo ap­ partenne, resa famosa da Ildeberto, Berengario e Adelardo di Bath. Ma il piacere erudito di seguire la fortuna di certe glos­ se in area europea (da Giovanni di Salisbury, pressoché coe­ vo, si può pervenire all 'umanesimo di Coluccia Salutati, che si servì di Bernardo - serius allegorizator Virgilii - nel De la­ boribus Herculis: e siamo nel 1378-83) , diviene cosa secondaria rispetto a un problema di fondo, davvero singolare. L'inter­ pretazione virgiliana offerta da Bernardo Silvestre collima con quella adottata da Dante Alighieri per la sua Commedia. Non solo per i monstra virgiliani divenuti allegorie morali, o per il dato comune delle guide indispensabili a un'anima in cerca della verità, tre nel commentatore francese (Mercurio, Apol­ lo, la Sibilla) , tre nel sommo poeta italiano (Virgilio, Stazio, Beatrice) . Colpisce l' affine simbolismo della selva - immagine dei temporalia bona, i peccati -, e soprattutto quella ricerca dell 'oltremondano come dovere del sapiente, un modo di per­ cepire la fragilità effimera di tutto ciò che ci circonda (sapiens [ . . . ] ad mundana per considerationem descendit) non ut in eis considerationem ponat) sed ut eorum cognita /ragilitate) eis abiectis) ad invisibilia penitus se converta!) . Un dovere da com ­ piere nella virilis aetas per Bernardo Silvestre: e Dante lo ri­ pete nell'inizio del suo poema - «Nel mezzo del cammin di nostra vita» -, confermando poi, nel Convivio (IV, 26, 8-15 e 34, ecc. Per più ampi ragguagli cfr. R. Guiette, Linvention d) étymologie dans !es lettres /rançaises au Moyen Age, in "Cahiers de l ' Association Internationale des Études Françaises " , XI, 1955, pp. 273-85; J. H. Quincey, Etymologica, in "Rhei­ nisches Museum " , CVI, 1963, pp. 142-8; Ch. Nifadopoulos (ed. ) , Etymologia. Studies in Ancient Etymology, Nodus, Miinster 2003 .

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4-10) , di essere perfettamente consapevole di un 'Eneide come allegoria del «diverso processo de l'eta di» dalla fase delle pas­ sioni alla necessità di «seguire onorata e laudabile via e frut­ tuosa». Fulgenzio o Bernardo Silvestre erano dunque nella misteriosa biblioteca di Dante: o, più semplicemente, il Virgi­ lio del nostro poeta registrava, forse, chiose di entrambi, an­ che se l'autorevole Ernst Robert Curtius, sulla base di un luo­ go del De vulgari eloquentia (n, 4, 10, legato a Eneide, VI, 129131), si dimostrò propenso al magister di Tours, di cui avvertì il segreto respiro di alcune glosse 16. Ma questo giuoco filolo­ gico, con la sua posta altissima, dimostra quale attenzione dobbiamo prestare a un Commentum medievale in cui tesse­ re erudite di un mosaico di citazioni possono portare con sé, con la luce sapienziale del classico e del suo esegeta, anche progetti, davvero sorprendenti, di nuova poesia.

16. Tutta l a critica sul problema è raccol ta da G . Padoan, Bernardo Silve­ stre, in Enciclopedia dantesca, vol . I, Istituto della Enciclopedia italiana, Ro­ ma 1970, pp. 6o6-7. La discussione di Curtius - preparata dal grande saggio Dante und das lateinische Mittelalter, in "Romanische Forschungen " , LVIII, 1943 , pp. 153-85 - è in Letteratura europea e Medio Evo latino, cit . , p. 349, in particol are nota 21; si avvicina all e posizioni di Curtius P. Dronke, Dante e le tradizioni latine medievali, Il Mulino, Bologna 1990 (ed. or. 1986), p. 9: «ri­ tengo [. .. ] che Dante si sia deciso a presentare il suo viaggio ul traterreno uti­ lizzando un metodo esp licativo simil e a quello che Bernardo Silvestre e al tri avevano ritenuto appropriato al viaggio di Enea». Dubbioso su l rapporto Dante-Bernardo Silvestre è invece H. de Lubac, Esegesi medievale. I quattro sensi della scrittura, Jaca Book, Mi l ano 2007 (ed. or. 1959-64), vol . IV, p. 259, pur ammettendo - tesi ripresa da P. Dronke, The Medieval Poet and His World, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1984, pp. 101 ss. e 431-8 - che il poeta italiano, conoscendo l'Anticlaudianus di Alain de Lill e (1183 ) , possa aver frequentato l 'all egorismo chartrense. La l inea esegetica Ful genzio-Bernardo Silvestre sembra nota, nell 'ul timo Trecento, anche a Petrarca: cfr. Pétrarque, Lettres de la vieillesse. Rerum senilium libri, éd. par E. Nota, présentation de U . Dotti, Les Bell es Lettres, Paris 2003 , vol . II, pp. 72-103 (Sen. IV, 5 Ad Fride­ ricum aretinum} de quibusdam /ictionibus Virgilii) .

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Bernardo Silvestre: vita e opere

Scarsissime e lacunose le notizie che possediamo su questo let­ terato e filosofo: persino le date di nascita e di morte sono sta­ te ricostruite su fondamenta così !abili da rappresentare solo una cronologia meramente orientativa (1100-116o ? ) . Unico fat­ to certo il ruolo di magister di retorica - ars dictaminis - rico­ perto da Bernardo a Tours, e con successo, visto che il docen­ te ebbe allievi illustri, capaci di magnificarne la cultura e la sa­ pienza (Pietro di Blois, Matteo di Vendome e Gervasio di Melkley) . Un 'eco di quelle lodi è in tre versi della Bataille des Sept Arts di Henri d ' Andeli (prima metà XIII secolo) : «Ber­ nardin li Sauvages, l qui connoissoit toz les langages l des esciences et des artes» (328-330) . Il magistero letterario si af­ fermò dopo il 1125, unendo l'esegesi dei classici antichi allo studio del pensiero filosofico che condusse il grammatico di Tours verso i maestri della scuola di Chartres (segnatamente Guglielmo di Conches, la cui Philosophia e i commenti a Ma­ crobio, Boezio e Marziano Capella ebbero un influsso decisi­ vo su Bernardo) . Il commento all'Eneide è forse del 1125-30; quello su Marziano Capella è di poco successivo, concluso nel 113 5 . Non abbiamo invece date - neppure ipotetiche - sulla composizione di un'Ars dictaminis e di un commento al Timeo di Platone (nella versione latina di Calcidio) registrati da fon­ ti coeve: il primo testo non è stato ancora identificato con cer­ tezza, le glosse al Timeo potrebbero anche essere perdute. A Teodorico, capo della scuola di Chartres, Bernardo de­ dicò un poema de mundi universitate, la celebre Cosmo­ graphia, completata nel 1147 e letta - pare - proprio in quel­ l'anno o nel successivo al papa Eugenio III. Un testo in prosa e poesia (prosimetrum, secondo il modello del De consolatio-

ne philosophiae di Boezio ) , che sopravvive in almeno cin ­ quanta manoscritti, ed è prezioso come sintesi delle idee coe­ ve sull'universo, le sue leggi e il rapporto tra astrologia e libe­ ro arbitrio umano. Bernardo vi si dimostra versato nella filo­ sofia neoplatonica di Chartres, nelle quaestiones sull'origine del mondo (esperite anche attraverso il sesto libro dell'Eneide di Virgilio da lui stesso commentato ) , nelle dottrine astrono­ miche arabe, conosciute attraverso l' Introductorium di Ab ii Ma'shar. Il poema ebbe lettori illustri: Giraldo Cambrense, Alessandro di Neckam, Alain de Lille, Jean de Meung, Boc­ caccio e Chaucer. Le ultime opere di Bernardo Silvestre, il poema Mathematicus, del 1150, e l'introduzione, della stessa epoca, a un manuale di divinazione, l'Experimentarius, si pos­ sono definire, forse, una vera appendice alla Cosmographia, dato lo spazio concesso al problema del destino umano nel­ l' ordine cosmico. I diciassette manoscritti pervenuti del Mathematicus uniti ai venti dell'Experimentarius testimoniano (piccola schiera superstite) dell 'apprezzamento concesso dai contemporanei a Bernardo Silvestre. Eberardo il Tedesco, nel XIII secolo, incluse, nel suo Laborintus, il nostro scrittore nel canone degli autori per le scuole; ma il fenomeno si era già an ­ nunciato, nel 1170, con Matteo di Vendome: giusto a un de­ cennio dalla scomparsa del magister di Tours . Opere

Commentum super Sex Libros Eneidos Virgilii, ed. G. Riedel, Abel, Gryphiswaldae 1924; J. W. Jones, E. F. Jones (eds . ) , The Commentary o n the First Six Books o/ the Aeneid o/ Vergil Commonly Attributed to Bernardus Silvestris. A New Critica! Edition, University of Nebraska Press, Lincoln-London 1977; H. J. Westra (ed. ) , The Commentary an Martianus Capella)s De Nuptiis Philologiae et Mercurii Attributed to Bernardus Silvestris, Pontificai Institute of Medieval Studies, Toronto 1986; C. S. Barach, J. Wrobel (hrsg. ) , De mundi universitate, Minerva, Frankfurt am Main 1964 (ed. or. 1876) ; P. Dronke 25

(ed. ) , Cosmographia, Brill, Leiden 1979 (trad. fr. di M. Lemoi­ ne, Cerf, Paris 1998 ) ; D. M. Stone (éd. ) , Mathematicus, in " Ar­ chives d'Histoire Doctrinale et Littéraire du Moyen Age", LXIII, 1996, pp. 209 -83; M. Brini Savorelli (a cura di) , Experi­ mentarius, in " Rivista critica di Storia della Filosofia", XIV, 1959 , pp. 283-324; Id. (a cura di) , Il Dictamen di Bernardo Sil­ vestre, ivi, XX, 1965, pp. 182-230 (attribuzione discussa: M. Ca­ margo, A Twel/th Century Treatise an Dictamen and Me­ taphor, in " Traditio", XLVII, 1992, pp. 161-213) . È teoricamente possibile reperire ancora traccia del Commentum al Timeo nelle numerose glosse anonime apposte alla versione di Calci­ dio nell'epoca della scuola di Chartres: cfr. P. Dutton, The Un­ covery o/ the Glosae su per Platonem o/Bernard o/Chartres, in "Medieval Studies", XLVI, 1984, pp. 192-221; F. Tauste Alcocer, Opus naturae. La in/luencia de la tradici6n del Timeo en la Co­ smographia de Bernardo Silvestre, Promociones y publicaciones universitarias, Barcelona 1995; Calcidio, Commentario al Timeo di Platone, a cura di C. Moreschini, Bompiani, Milano 2003. Critica

D. Comparetti, Virgilio nel Medioevo, nuova ed. a cura di G. Pasquali, La Nuova Italia, Firenze 1937-43 (ed. or. 1872); É . Gilson, La cosmogonie de Bernardus Silvestris, in " Archives d'Histoire Doctrinale et Littéraire du Moyen Age", III, 1928, pp. 5-24; M. Manitius, Geschichte der lateinisches Literatur des Mittelalters, Beck, Miinchen 1931, vol. III, pp. 205-9 (sintesi an ­ cora ammirevole) ; H. T. Silverstein, Dante and Virgil the My­ stic, in "Harvard Studies and Notes in Philology and Litera­ ture", XIV, 1932, pp. 51-82; A. Vernet, Bernardus Silvestris et sa Cosmographia, diss. École Nationale des Chartes, Paris 1937, pp. 167-74; E. Rathbone, Master Alberic o/ London, Mytho­ graphus Vaticanus Tertius, in " Medieval and Renaissance Stu­ dies", I, 1941-43 , pp. 3 5-8; T. Silverstein, The Fabulous Cosmo­ gony o/B. Silvestris, in "Modern Philology", XLVI, 1948 -49, pp. 92-116; E. R. Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino,

La Nuova Italia, Firenze 1992 (ed. or. 19542) ; M. De Marco, Un nuovo codice del commento di B. Silvestre alFEneide, in "Ae­ vum", XXVIII, 1954, pp. 173-83; G. Padoan, Tradizione e fortuna del commento alFEneide di B. Silvestre, in Id., Il pio Enea) F em­ pio Ulisse, Longa, Ravenna 1977, pp. 207-22; J. R. O'Donnell, ) The Sources and Meaning o/ B. Silvester s Commentary an the Aeneid, in " Medieval Studies", XXIV, 1962, pp. 233-49; H. H. Glunz, Die Literariisthetik des europiiischen Mittelalters, Klo­ stermann, Frankfurt am Main 19632; D. Thompson, Dante and B. Silvestris, in " Viator", I, 1970, pp. 201-6; B. Stock, Myth and Science in the Twel/th Century. A Study o/B. Silvester, Prince­ ton University Press, Princeton 1972; W. Wetherbee, Platon­ ism and Poetry in the Twel/th Century, Princeton University Press, Princeton 1972; M. Pastore Stacchi, Per il commento ) virgiliano di B. Silvestre. Un manoscritto e un ipotesi, in " Let­ tere italiane", XXVII, 1975, pp. 72-82; M. T. Donati, Metafisica) fisica e astrologia nel XII secolo: Bernardo Silvestre e tintrodu­ zione Qui celum alFExperimentarius, in " S tudi medievali", XXXI, 1980, pp. 689-703 ; R. R. Edwards, Poetic Invention and the Medieval Causae, in " Medieval Studies", LV, 1993, pp. 183217; C . Ratkowitsch, Die Kosmographie der Bernardus Silve­ stris: eine Theodizee, Bohlau, Koln-Wien-Weimar 1995; F. Mo­ ra-Lebrun, La hiérarchie des sciences dans le Commentaire sur FEnéide attribué à Bernard Silvestre, in "Euphrosyne", XXIV, 1996, pp. 147- 62. I migliori contributi filologici si debbono a P. Dronke, Fabula. Explorations into the Use ofMyth in Medie­ val Platonism, Brill, Leiden-Koln 1974; Id. , B. Silvestris) Natu­ ra and Personi/ication, in "Journal of the Warburg and Cour­ tauld Institutes", XLIII, 1980, pp. 16-31; Id. , Integumenta Virgi­ lii, in Lectures médiévales de Virgile. Actes du Colloque orga­ nisé par FÉcole Française de Rome (25- 2 8 oct. I982) , École Française de Rome, Roma 198 5, pp. 313 -29. Una bibliografia completa sui rapporti tra Bernardo Silvestre, la scuola di Chartres e la sua tradizione esegetica dei classici è in Teodori­ co di Chartres, Guglielmo di Conches, Bernardo Silvestre, Il divino e il megacosmo. Testifiloso/ici e scientifici della scuola di Chartres, a cura di E. Maccagnolo, Rusconi, Milano 1980; N. 27

M . Haring (ed . ) , Commentaries on Boethius by Thierry o/ Chartres and His School, Pontificai Institute of Medieval Stu­ dies, Toronto 1971; Scoto Eriugena, Remigio di Auxerre, Ber­ nardo Silvestre e Anonimi, Tutti i commenti a Marziano Ca­ pella, a cura di I. Ramelli, presentazione di G. Reale, Bompia­ ni, Milano 2006. Suggestive la lettura di J. Jolivet, Les rochers de Cume et Fantre de Cerbère. J}ordre du savoir dans le Com­ mentaire de B. Silvestre sur FEnéide, in Pascua Mediaevalia. Studies voor ]. M. de Smet, Universitaire Pers Leuven , Leuven 1983, pp. 263-76 e quella di M. Desmond, Bernardus Silvestris and the Corpus o/ Aeneid, in A. S. Bernardo, S. Levin (eds . ) , The Classics in the Middle Ages, Center for Medieval and Early Renaissance Studies, Binghamton (NY) 1990, pp. 129 -39. Sul problema delle fonti arabe nella cultura di Bernardo Sil­ vestre cfr. R. Lemay, Abii Ma (shar and Latin Aristotelianism in the Twelfth Century, Catholic Press, Beirut 1962, pp. 258-84; C. Burnett, The Cosmographia o/ Bernardus Silvestris, in " Me­ dium Aevum", XLIV, 1975, pp. 167-71; E. Bertola, La visione del macrocosmo e del microcosmo di Bernardo Silvestre e di ]oseph ibn Saddiq, in "Archives de Philosophie. Recherches et Docu­ mentations", L II, 19 84, pp. 535- 50; C. Ratkowitsch, Astrologie und Selbstmord im Mathematicus. Zu einem Gedicht aus dem Umkreis des Bernardus Silvestris, in "Wiener Studien", CXII, 1999, pp. 175-218 . Postille acute in Th. Charmasson, Recherches sur une technique divinatoire: la géomancie, Droz-Champion, Genève-Paris 1980; il miglior quadro storico è in R. L. Benson, G. Constable (eds . ) , Renaissance and Renewal in the Twelfth Century, University of Toronto Press, Toronto-Buffalo-Lon ­ don 198 52 e T. Gregory, Speculum naturale. Percorsi del pen­ siero medievale, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2008. Fondamentale J. M. Ziolkowski, M. C. J. Putnam (eds . ) , The Virgilian Tradition. The First Fz/teen Hundred Years, Yale Uni­ versity Press, New Haven-London 2008.

Premessa

L Eneide di Virgilio comprende dodici libri: desta quindi sor­ presa che Bernardo Silvestre limiti il suo commento allegori­ co ai primi sei, pur essendosi formato su una tradizione ese­ getica medievale ( Servio, Fulgenzio, Guglielmo di Conches) che aveva percorso con le explanationes la totalità del poema. Ma se esaminiamo i manoscritti che conservano il lavoro del magister di Tours (Parisinus Latinus 3804 A; Parisinus Latinus I6246; ]agellonicus II48 ; l'Ambrosianus G III inf. è solo tardo compendio) , risulta evidente che riproducono un medesimo corso pubblico di lezioni trascritto da diversi uditori, proba­ bilmente non destinato a circolare come magnum opus in sé compiuto. Bernardo avrebbe forse continuato l'esegesi dei re­ stanti sei libri, che certe chiose lasciano intendere come pro­ grammata, se eventi legati alla prassi pedagogica o ad altre cir­ costanze per noi rimaste misteriose non avessero limitato il la­ voro glossatorio al sesto libro e alle allegorie del descensus ad in/eros di Enea. Allegorie, tra l'altro, completate da un anoni­ mo glossatore che terminò quel libro, lasciato letteralmente tronco al v. 636, con postille che testimoniano un disagio non troppo diverso dal nostro. D'altronde le promesse mancate in sede di esegesi o incidenti di trascrizione da parte di allievi che abbandonano le recollectae sono comuni in età medievale. Per limitare l'esempio allo stesso Bernardo Silvestre, ricordiamo che il Commentum a Marziano Capella, conservato in un solo codice dell'Università di Cambridge (Mm. r.I8), non oltrepas­ sa - e con brusca interruzione - il primo libro delle Nuptiae Philologiae et Mercurii: e si stenta a credere che dopo Remigio di Auxerre e i suoi nove libri di glosse a Marziano, Bernardo abbia delibato una così limitata porzione di testo.

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Nondimeno proprio il frammento superstite ci offre una chiara esposizione dei criteri interpretativi del magister di Tours. Questi, da una lettura sinottica di Virgilio, Marziano Capella e Boezio, si persuade che Eneide, De nuptiis e Conso­ latio abbiano un comune denominatore allegorico, un viaggio dei protagonisti dal mondo terreno alla celeste contemplazio­ ne di verità eterne: Sicut enim apud [Maronem] ducitur Eneas per in/eros) camite Sibilla) usque ad Anchisem) ita et hic Mercu­ rius per mundi regio n es) virtute camite) ad Iovem. Ita quoque in libro de Consolatione scandit Boecius perfalsa bona ad summum bonum duce Philosophia. Que quidem tres figure /ere idem ex­ primunt. Nel caso concreto dell'Eneide, Enea figlio di Anchise (il creatore, per allegoria) è lo spirito umano che compie un iti­ nerarium mentis in Deum. E i primi sei libri dell' epos alludono, per significato simbolico e nella figura del protagonista, esule da Troia, agli stadi dello sviluppo umano, collocati ognuno nel­ la serialità dei libri di Virgilio: infanzia (I), fanciullezza (n), ado­ lescenza (III), giovinezza (IV), età virile (v) e infine conquista della comprensione filosofica trascendente attraverso la disce­ sa nel regno dei morti (VI). Una vera, esoterica gnosi compiu­ ta dall 'eroe troiano con l'aiuto della Sibilla (divinum consilium) e mediante il talismano del ramo d'oro (philosophia). La complicata esegesi comporta nondimeno la soluzione di un problema filologico arduo, e comunque preliminare. Solo uno dei manoscritti parigini, il 16246, parla di un Commentum Bernardi Silvestris super sex libros Aeneidos Virgilii: negli altri testimoni il testo è anonimo. Il Commentum è citato chiara­ mente nel successivo lavoro, incompiuto, su Marziano Capella: ma il codice di Cambridge lo attribuisce a Bernardo di Char­ tres, che è altra persona da Bernardo di Tours. Nulla di più fa­ cile che il Commentum all'Eneide possa essere del caposcuola di Chartres e attribuito - arbitrariamente - al magister di Tours, più coinvolto, rispetto all'altro filosofo, in operazioni divulgati­ ve e didattiche. Per prudenza, gli editori moderni hanno giudi­ cato ascrivibili (ma non certi) a Bernardo Silvestre i due corpo­ ra di glosse su Virgilio e Marziano Capella. Ma esistono prove, riprese in tempi recenti da Peter Dronke, che possono rendere 30

cogente quella paternità. L'inventario di un perduto manoscrit­ to che appartenne ad Amplonio di Ratinck registra il Commen­ tum all'Eneide come opera Bernhardi Silvestris. Il maggior eru­ dito dell'epoca del commentatore, Giovanni di Salisbury (III0118o), cita nel suo Policraticus sia Bernardo di Chartres sia Ber­ nardo di Tours, ma quest'ultimo, come vivente, è ricordato con un semplice quidam a cui seguono citazioni del Commentum ai­ l'Eneide. Visto che Bernardo di Chartres è sempre citato con onomastica indubbia per questioni filosofiche del Policraticus (1159) e anche del coevo Metalogicon, ne consegue che Giovan ­ ni distingue i due scrittori e che solo al magister di Tours attri­ buisce certe glosse allegoriche. Infine, esistono luoghi della Co­ smographia di Bernardo Silvestre che hanno corrispondenze te­ matiche con glosse dell'Eneide. In particolare le tre " camere" del cervello, che racchiudono ingenium, ratio e memoria, ritor­ nano, con la loro singolare struttura, nel prosimetrum (2, 13, 13) e nel Commentum. Persino il tema dell' e//ectus stellarum e dei vizi che riesce a ingenerare nel corpo umano affratella le due opere su un soggetto di fondo, rendendo difficile sottrarre a Bernardo Silvestre una paternità comune. Paternità conferma­ ta anche dalle numerose analogie poste in luce nelle nostre no­ te tra questa esegesi dell'Eneide e quella effettuata sul testo di Marziano Capella con affini apparati lessicali e allegorici. Per il testo seguiamo J. W Jones, E. F. Jones (eds . ) , The Com­ mentary o n the First Six Books o/the Aeneid o/Vergil Commonly Attributed to Bernardus Silvestris. A New Critica! Edition, Uni­ versity of Nebraska Press, Lincoln-London 1977. Per la que­ stione attributiva cfr. in particolare P. Dronke, Bernardo Silve­ stre, in Enciclopedia Virgiliana, vol. I, Istituto della Enciclope­ dia italiana, Roma 1996, pp. 497- 50, correlabile a E. R. Smits, New Evidence /or the A uthorship o/ the Commentary on the First Six Book o/ Vergil Eneid Commonly Attributed to Bernar­ dus Silvestris, in M. Gosman, J. Van Os (éds . ) , Non nova sed no­ ve. Mélanges de civilisation médiévale dédiés à W Noomen, Bou­ mas Boekhuis, Groningen 1984, pp. 239-46; D. Kriger, B. Lof­ sted, Textkritische Notizien zu Ps. -Bernardus Silvestris Kom­ mentar zu Martianus Capella, in "Aevum", LXV, 1991, pp. 309-11. 31

Commentum Super Sex Libros Eneidos Virgilii

[r] Gemine doctrine observantiam perpendimus in sua Eneide Maronem habuisse, teste namque Macrobio 1 : et veritatem phi­ losophie docuit et ficmentum poeticum non pretermisit. Si quis ergo Eneida legere studeat, ita ut eius voluminis lex deposcit, bee in primis oportet demonstrare, unde agat et qualiter et cur, et geminam observationem in bis demostrandis non relinquere. Quoniam ergo in hoc opere et poeta et philosophus perhi­ betur esse Virgilius, primo poete intentionem et modum agen ­ di et cur agat breviter dicamus. Intendit itaque casus Enee aliorumque Troianorum errantium labores evolvere atque hoc non usque secundum historie veritatem, quod Frigius descri­ bit \ sed ubique ut Augusti Cesaris gratiam lucraretur, Enee fa eta fugamque ficmentis extollit. Seri bit autem Virgilius, La­ tinorum poetarum maximus, imitando Homerum , Grecorum poetarum maximum: quemadmodum namque ille in Iliade sua Troianorum exidium, in Odissea vero Ulixis exilium enar­ ravit, ita et iste in secundo libro commemorat Troie subver­ tionem , in ceteris autem Enee laborem . Notandum est in hoc libro geminum esse narrationis ordi­ nem , naturalem scilicet et artificialem . N aturalis est quando narratio secundum seriem rerum [2] ac temporum distribui­ tur, quod fit dum eo ordine quo res gesta est narratur dumque quid tempore primo quid consequente quid ultimo gestum si t distinguitur. Hunc ordinem Lucanus sequitur. Artificialis or­ do vero est quando a medio narrationem incipimus artificio

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Commento a sei libri dell'Eneide di Virgilio

[I] Abbiamo valutato che nella sua Eneide [Virgilio] Marone tenne fede all'osservanza di una duplice dottrina: infatti, co­ me testimonia Macrobio, egli insegnò la verità filosofica, sen­ za però trascurare la finzione poetica. Pertanto, se qualcuno intraprende la lettura dell'Eneide così come richiede la logica di quel libro, occorre innanzitutto dimostrare dove conduca, in che modo e perché, e non trascurare, facendo questo, la du­ plice prospettiva [citata] . Dato che, dunque, in quest'opera Virgilio si rivela a un tempo poeta e filosofo, esponiamo in breve, innanzitutto, il progetto del poeta, la modalità scrittoria, il suo fine. Ha sta­ bilito quindi di narrare per esteso i fatti di Enea e i patimenti degli altri Troiani esuli, ma questo non secondo la verità della storia che descrive [Darete] Frigio, ma, per ottenere in ogni luogo l'approvazione di Cesare Augusto, le gesta di Enea e la sua fuga vengono celebrate con invenzioni poetiche. D'al­ tronde Virgilio, il massimo poeta dei Latini, scrive imitando Omero, il massimo poeta dei Greci: allo stesso modo, infatti, in cui quello narrò nella sua Iliade la fine dei Troiani e nell' O­ dissea poi l'esilio di Ulisse, così questo nel secondo libro ram­ memora la distruzione di Troia e negli altri, infine, l' avventu­ ra di Enea. In quest'opera si deve notare che è duplice la modalità nar­ rativa, ossia naturale e artificiale. È naturale quando la narra­ zione è svolta secondo la serie dei fatti [2] e dei tempi, cosa che accade allorché gli eventi sono raccontati in ordine e vie­ ne distinto ciò che capita prima, poi o da ultimo. Simile logi­ ca la ebbe Lucano. Quella artificiale, invece, avviene allor­ quando si comincia da metà del racconto e da lì si retrocede 33

atque modo ad principium recurrimus. Hoc ordine scribit Te­ rentius atque in hoc opere Virgilius. Tum enim foret iste ordo naturalis, si p rimo excidium Troie describeret atque inde Troianos in Cretam , a Creta in Sciciliam , a Scicilia in Libiam deduceret. Primo eos ad Didonem deducit atque Eneam sub­ vertionem Troianam et cetera que passus fuerat enarrantem introducit. Hactenus unde agat et qualiter ostendimus; dein ­ de cur agat inspiciamus. Poetarum quidam scribunt causa utilitatis ut satirici, qui­ dam causa delectationis ut comedi, quidam causa utriusque ut historici; unde Oratius Aut prodesse volunt aut delectare poete aut simul et iocunda et ydonea di cere vite 3•

Et in hoc opere ex ornatu verborum et figura orationis et ex variis casibus et operibus hominum enarrandis habetur que­ dam delectatio. Si quis vero hec omnia studeat imitari, maxi­ mam scribendi peritiam consequitur; maxima etiam exempla et excogitationes aggrediendi h onesta et fugiendi illicita per ea que narrantur habentur. Itaque est lectoris gemina utilitas : una scribendi peritia que habetur ex imitatione, altera vero recte agendi prudentia que capitur exemplorum exhortatio­ ne. Verbi gratia: ex laboribus Enee tolerantie exemplum ha­ bemus, ex affectu eius in Anchisem et Ascanium pietatis, ex veneratione guam diis exibebat et ex oraculis que poscebat, [ 3 ] ex sacrificiis que offerebat, ex votis et preci bus quas fun ­ debat quodammodo a d religionem invitamur. Per immodera­ tum Didonis amorem ab appetitu illicitorum revocamur. Quoniam proemii officium in comparanda lectoris vel au­ ditoris benivolentia, docilitate, attentione4 totum consisti t, re­ lictis septem que a pluribus in principiis librorum queruntur 5 , hec tria nos considerasse sufficiat: scilicet unde agat actor ut docilis reddatur lector; qualiter ut benivolus; cur ut attentus 6. Nunc vero hec eadem circa philosophicam veritatem videa­ mus. Scribit ergo in quantum est philosophus h umane vite na­ turam. Modus agendi talis est: in integumento describit quid 34

verso l'inizio. Così scrive Terenzio e, in quest'opera, Virgilio. Potrebbe esistere l'ordine naturale se davvero descrivesse la distruzione di Troia conducendo poi i Troiani a Creta, da Cre­ ta in Sicilia e dalla Sicilia in Libia. Per prima cosa [invece] li guida a Didone e mette in scena Enea che narra la rovina di Troia e le altre sventure patite. A questo punto mostriamo do­ ve e come ci conduca e perché lo faccia. Alcuni poeti scrivono per giovare, come i satirici, alcuni per dilettare, come gli autori di commedie, alcuni per entrambi gli obiettivi, come gli storici; per questo Orazio [scrisse] : I poeti mirano a portar giovamento oppure a divertire , oppure ancora a dire insieme cose piacevoli e utili per la vita.

Da quest'opera si trae un certo diletto grazie all'ornamento verbale, alla forma del discorso e alla narrazione dei vari casi e imprese degli uomini. Se qualcuno cerca d'imitare tutto que­ sto, può conseguire una notevolissima perizia di scrittura e, tra­ mite le cose narrate, si possono ricavare grandi modelli e sug­ gestioni per intraprendere atti morali e fuggire quelli illeciti. È dunque duplice l'utilità per il lettore: una perizia scrittoria che si ottiene per imitazione e una cautela nell'agire morale esperi­ ta con la forza degli esempi. Per essere chiaro: dalle traversie di Enea ricaviamo un modello di tolleranza, dal suo affetto per Anchise e Ascanio ne ricaviamo uno di pietà, dalla venerazio­ ne ostentata per gli dei e per gli oracoli interpellati, [ 3 ] dai sa­ crifici offerti, dai voti e dalle preci effuse siamo sollecitati, in certo modo, verso la pratica religiosa. Attraverso l'amore pas­ sionale di Didone veniamo distolti dalla brama dell'illecito. Dato che l'ufficio di un proemio consiste nell'attirare la benevolenza del lettore o dell'ascoltatore con docile attenzio­ ne, lasciando da parte le sette [regole] iniziali che si richiedo­ no, a giudizio di molti, per i libri, a noi basta rispettare queste tre: dove ci porti la voce autorale per rendere il lettore dispo­ nibile, benevolo e attento. Ma ora limitiamoci a vedere queste istanze sotto il profilo della verità filosofica. [Virgilio] descri­ ve la natura della vita umana in quanto è filosofo. Il modo in 35

agat vel quid paciatur humanus spiritus in humano corpore temporaliter positus. Atque in hoc describendo naturali uti­ tur ordine atque ita utrumque ordinem narrationis observat, artificialem poeta, naturalem philosophus. Integumentum est genus demostrationis sub fabulosa nar­ ra tione veritatis involvens intellectum, unde etiam dicitur in ­ volucrum 7. Utilitatem vero capi t homo ex hoc opere, scilicet sui cognitionem ; ho mini enim magna est utilitas, ut ai t Ma­ crobius 8 , se ipsum cognoscere. Unde dictum est, De celo descendit nothis elitos 9

id est, cognosce te. Hactenus unde agat et qualiter et cur secundum utram ­ quam doctrinam perpendimus. Ordo deinceps talis est ut sin ­ golorum voluminum duodecim integumenta secundum ordi­ nem aper1amus.

cui si comporta è il seguente: rappresenta allegoricamente che cosa faccia o provi lo spirito umano posto nel corpo per un tempo definito. E scrivendo ciò si serve dell'ordine naturale e osserva entrambe le strutture narrative, l'artificiale da poeta e la naturale da filosofo. L'allegoria è un genere di dimostrazione che ricopre sotto favolosa narrativa la percezione del vero e si dice velame. L'uo­ mo prende poi utilità dall'opera, ossia cognizione di sé; come dice infatti Macrobio, è grande vantaggio per l'uomo cono­ scere se stesso. Per questo è detto: Dal cielo discende il " conosci te stesso "

ossia, conosciti. Ora valutiamo dove porti, come e perché secondo en ­ trambe le dottrine. La regola, in sostanza, è che sveliamo, or­ dinatamente, le allegorie dei dodici libri uno dopo l'altro.

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Continentia Fabulosa Primi Libri

[4] In primo ergo volumine venit I uno ad Eolum. Da t ei Deio­ peam. Iactatur Eneas tempestatibus. Evadit cum septem na­ vibus 10 . Cartaginem venit nube tectus. Videt socios neque al­ loquitur eos. Quam nubem Venus removet. Deinde suscipitur in epulis et carminibus citharedi Iope. Dido recipit Cupidi­ nem in specie Aschanii. Hec omnia quia in prima etate con ­ tingunt, in primo volumine enarrantur.

Compendio della trama favolosa del primo libro

[4] Nel primo libro, dunque, Giunone si reca da Eolo. Gli of­ fre Deiopea. Enea subisce la traversia e le tempeste di mare. Ne scampa con sette navi. Raggiunge Cartagine protetto da una nube. Vede amici, ma non parla loro. Venere disperde la nube. È poi accolto a pranzo e ode i canti di Iopa, il citaredo. Didone accoglie Cupido sotto le mentite spoglie di Ascanio. Nel primo libro si narrano tutte le vicende che avvengono nel­ la prima età.

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Expositio

Sa turni et Opis quattuor fuisse filios legimus qui morsus patris evaserunt, cum alias pater omnes devorasset n. Hii autem sunt Iupiter deus aliorum, Iuno coniux Iovis et soror et dea partus et Neptunus deus aquarum et Pluto deus Herebi. Saturni et Opis, id est temporis et materie, sunt quecumque in mundo temporaliter gignuntur, que omnia tempus consumit exeptis quattuor elementis. Deus omnium mundanorum dicitur Iupi­ ter, id est ignis superior, qui et omnibus celsior et omnia com­ plectitur. Deus aquarum dicitur Neptunus quia de mari omnes aque exeunt. Deus Herebi dicitur Pluto, id est terra, quia in re­ gione caducorum gravedo, id est terra, dominatur. Horum so­ ror Iuno, id est aer, dicitur, quia ex eadem materia constat; co­ niux Iovis quia ab eo calorem et accipit et eidem subditur 12• Dea vero partus dicitur quia calore et h umore partus concip i­ tur, formatur, alitur. Unde dicitur Iuno quasi novos iuvans et dicitur Lucina quasi lucem natis prebens l3. Eolum vero legimus deum ventorum vel regem esse qui ventis mare commovet. Per hunc intelligimus nativitatem pue­ ri qui dicitur Eolus quasi eonolus, id [5] est seculi interitus, quia nascente homine seculum, id est vita anime interit, dum gravedine carnis oppressa a divinitate sua descendit et libidi­ ni carnis consentit 14• Iste Eolus ventos immittit quia nativitas hominis commotiones vitiorum secundum constellationes pa­ titur. Tradit namque philosophia nativitatem pueri secundum constellationes, id est stella rum effectus, vicia movere. Con-

Esposizione

Si legge che furono quattro i figli di Saturno e di Opi che sfug­ girono ai morsi paterni, di un padre che divorò tutta la restan­ te prole. Questi sono dunque Giove, il sommo degli dei, Giu­ none, moglie e sorella di Giove, dea del parto, Nettuno, signo­ re delle acque, e Plutone, dio dell' È rebo. I figli di Saturno e di Opi, ossia del tempo e della materia, rappresentano tutto ciò che la materia genera nel tempo e quanto questo distrugge, ad eccezione dei quattro elementi. Giove, ossia il fuoco superno, che è più alto di tutti e awolge nella sua sfera ogni elemento, è detto il dio delle universali cose del mondo. Nettuno è defini­ to dio delle acque, perché queste derivano tutte dal mare. Plu­ tone è dio dell' È rebo, ossia della terra, perché nello spazio del­ le cose caduche ha dominio, cioè della terra. La sorella di co­ storo è Giunone, vale a dire l'aria, perché è formata proprio di quella sostanza; moglie di Giove, dato che da lui trae il calore e gli è sottomessa. È considerata anche dea del parto, perché questo è frutto del calore e dell'umidità, e ne è nutrito e gene­ rato. Per tale motivo Giunone è intesa come colei che giova agli infanti, ed è anche detta Lucina, che offre la luce ai neonati. Di Eolo poi leggiamo che è il dio o il re dei venti, capace con essi di sconvolgere il mare. Per suo tramite, intendiamo la nascita di un bambino, che può dirsi Eolo, come eonolus, os­ sia [5] fine del tempo secolare, perché, nascendo l'uomo, quel tempo, ossia la vita dell'anima, perisce quando, oppressa dal peso carnale, si distacca dalla sua origine divina concedendo­ si alla lussuria del corpo. Questo Eolo scatena i venti, perché la nascita di un essere umano subisce l'influsso dei vizi secon ­ do le costellazioni. E la filosofia poi ci porta a conoscenza che un bambino nato fa generare passioni viziose secondo le co41

stellationes autem dicit effectus stellarum quos habent dum accedunt ad eorum domicilia que abisides dicuntur. Si ergo contingat nativitas pueri in constellatione Saturnia, id est dum illa stella remotis aliis que eius naturam impediunt ad Can­ crum accedit vicium torporis et ignavie et negligentie efficit. Si autem in constellatione Martis, iracundie vicium et vesanie et temeritatis. Si in constellatione Veneris, vitium petulantie 15• Itaque Eolus, id est nativitas, ventos, id est viciorum commo­ tiones, emittit. His mare, id est humanum corpus quod est in­ trancium et exeuntium gurges humorum infestatur. Deiopea est una de pedisecis Iunonis, pulcrior aliis. Cum bis septem sint filie Phebi et Aurore dee, hec est familiarior Iunoni quam ip sa Y ris. Pedisecas Iunonis, comites scilicet ae­ ris, intelligimus esse naturas et effectus aerios, id est qualita­ tes et tempestatum varietates. Hec enim Iunonem comitantur et nature quidem sunt aeris: levitas, mobilitas, calar, humor, serenitas, raritas, spirabilitas. Naturale est aeris serenum esse, nisi frigore aque vel terre accidentaliter ita condensetur quod fulgore solis nequeat penetrari. Naturale est ei iterum rarum esse et subtilem et non sensibilem. Spirabilis quoque est in in­ feriori; non enim superiorem aerem propter nimiam subtilita­ tem attrahere possumus. Contra eadem causa inspirabilis est in eminentissimo loco ignis. Unde si quis ibi esset, non [6] diu viveret. Hanc ultimam pedissecam mittit Iuno ad omne ani­ mal vivificandum. Alie vero septem sunt septem aerie tempestates. Aerias tempestates dicimus quas vel aer operatur vel que in aere fiunt. He tres sunt comites Y ris que semper Yrim comitantur: prima est pluvia, secunda grando, tertia nix. Harum quattuor originem breviter videamus. Calore, qui vis est ignis divisiva soliditatis, humorem inferiorem diminuente, eiusdem humo-

stellazioni, ossia l'influsso stellare. E ci ricorda che queste stel­ le portano un tale effetto, che si esercita quando sono vicine alle loro sedi naturali, dette absidi. Se allora un infante nasce sotto la costellazione di Saturno, ossia quando quel pianeta si avvicina al Cancro ed è lontano da altri che ne limitano l'in­ flusso, ne deriva un vizio di torpore e d'ignavia negligente. Se invece nasce sotto la costellazione di Marte, ne scaturisce un vizio di folle iracondia e temerarietà. Se nasce sotto la costel­ lazione di Venere, domina quello dell 'impudenza [erotica] . Pertanto Eolo, ossia la natività, scatena i venti, cioè le passio­ ni viziose. Da queste il mare è infestato, vale a dire il corpo umano, che è un gorgo di umori che entrano o escono. Deiopea è una delle ancelle di Giunone, più bella delle al­ tre. Pur essendo quattordici le figlie di Febo e Aurora, questa è più familiare a Giunone della stessa Iride. Comprendiamo che le ancelle della dea, le compagne quindi dell'aria, rappre­ sentano le specificità e gli effetti atmosferici, ossia i tipi e le va­ rie guise del tempo. Costoro accompagnano Giunone e sono pure della natura dell'aria: levità, mobilità, calore, umore, se­ renità, rarefazione, respirabilità. È infatti naturale che l'aria sia serena, a meno che, per il freddo dell'acqua e della terra, venga così casualmente condensata da non poter essere pene­ trabile ai raggi solari. È di nuovo parimenti naturale che l' at­ mosfera sia rarefatta, ossia sottile e impercettibile. Respirabi­ le, poi, è solo negli strati inferiori; non possiamo infatti avvi­ cinare a noi l'atmosfera superiore per la sua troppa rarefazio­ ne. Al contrario, per la stessa causa, il fuoco è irrespirabile e sito in luogo eminentissimo. Ragion per cui se uno fosse lì, non [6] vivrebbe a lungo. Questa sua ultima ancella Giunone la in ­ via a ogni essere da mantenere in vita. Le altre sette ancelle, poi, rappresentano le sette perturba­ zioni atmosferiche. Definiamo perturbazioni sia quelle che provoca l'aria, sia quelle che le sono insite. Di queste, tre sono compagne d'Iride e sempre la seguono: la prima è la pioggia, la seconda la grandine, la terza la neve. Vediamo brevemente le origini delle altre quattro. Per il calore, forza liquefacente del fuoco, che scioglie la densità dei bassi strati atmosferici, le mi43

ris minute particule, id est gutte, ex !evitate ascendunt. Quas si compulsus ventorum vel frigoris consolidatio iungat, gra­ viores ex coniunctione facte natura ponderis deorsum revo­ cante per pluvias relabuntur. Si vero quando coniuncte sunt et grossiores in frigiditatem congelentur, cadit grando. Si au­ tem dum minute sunt congelentur, cadit nix. In bis tempestatibus, contingit nubem soli opponi que in quadam parte est spissa, in quadam spissior, in quadam spis­ sissima; in quadam pura, in quadam purior, in quadam puris­ sima. Quia vero sol in apposito radios dirigit, ubi est densis­ sima radii inclusi quasi in vitro nigrum reddunt colorem, ubi minus densa ceruleum, ubi minus autem densa rubeum, ubi pura croceum, ubi purior viridem, ubi purissima album. At­ que ita secundum maiorem puritatem induit colores magis al­ bedini affines, secundum vero maiorem densitatem magis af­ fines nigredini. Itaque Iris nichil aliud est nisi nubes soli ap­ posita et ex eius radiis multipliciter informata. Atque ita quia semper aliqua predictarum tempestatum Yrim comitatur, di­ cuntur pedisece et comites ipsius Y ris et subpedisece Iunonis. Harum trium pedisecarum Yrim aliqua semper et ubique co­ mitatur, veluti ibi dictum est: [7] Nuncia Iunonis varios induta colores concipit y ris aquas 1 6 •

Ita prima posita inter septem pedisecas Iunonis habens alias pedisecas est Iris, secunda phiton 17, tertia cometa, quarta ful­ men, quinta tonitruum, sexta fumigatio, septima terremotus. Et quoniam has tempestates diximus aerias et in aere vel ex aere fieri et ita Iunonis pedissecas et quia de Yri iam diximus, de ceteris videamus. Contingit quandoque in sublimi duos ventos ex diversis mundi partibus venientes nubem aliquam intercipere et vio­ lento conflictu eam in spissiorem et longam formam conden -

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nute particelle di quella stessa umidità, cioè le gocce d'acqua, s'innalzano per leggerezza. Queste, se sono riunite per colpi di vento o condensazioni di freddo, divenute più grevi di massa, dato che lo esige e impone la natura della gravità, ricadono in pioggia. Se invece le gocce sono unite e più grandi e vengono congelate dal rigore del freddo, cade la grandine. Se infine, quando sono riunite, si ghiacciano, cade la neve. In tali perturbazioni avviene che al sole si oppone una nu­ be in qualche parte densa, in altra più densa, in altra densissi­ ma; e allo stesso modo, in taluna parte è tersa, in altra più ter­ sa, in altra tersissima. Dato che il sole proietta i suoi raggi in di­ rezione opposta [al suo disco] , dove [la nube] è più spessa i raggi, trattenuti come fossero in un vetro, riflettono un colore scuro, dove è meno densa un colore ceruleo, dove la densità di­ minuisce il colore è rosso, dove la nube è tersa è croceo, dove è più tersa verde, dove è tersissima bianco. Pertanto [la nube] , secondo la sua maggior trasparenza, assume colori sempre più simili al bianco, e invece, essendo la densità maggiore, più si­ mili al nero. Dunque Iride non è altro se non una nube oppo­ sta al sole e rifratta dai suoi raggi. E poiché, inoltre, sempre qualcuna delle predette perturbazioni segue Iride, costoro si dicono ancelle e compagne di Iride e serve delle serve di Giu­ none. Di queste tre ancelle qualcuna sempre e ovunque ac­ compagna Iride, come qui è detto: [7] Annunciatrice di Giunone , vestita di vari colori, Iride porta le piogge .

Pertanto Iride è la prima tra le sette ancelle di Giunone, ac­ compagnata da altre: la seconda è il globo di fuoco, la terza la cometa, la quarta il fulmine, la quinta il tuono, la sesta la cali­ gine, la settima il terremoto. E dal momento che si è visto co­ me le perturbazioni avvengono nell'aria o da essa traggono origine - e dunque sono ancelle di Giunone - ed egualmente si è parlato di Iride, occupiamoci di altri fenomeni. Talora accade che ad alte quote due venti spiranti da di­ verse parti della terra si scontrino con una qualche nube e, per l'urto violento, la condensino in una lunga, raddensata strut45

sare. Que radiis solis in eam descendentibus vel ex velocitate motus accenditur dum que violentia ventorum accepta in ­ temptat in eam partem, evolat ubi ventos non invenit, que stel­ la discurrens vel igneum iaculum putatur. Tales figuras phito­ nes, id est calores, appellant. Si vero quattuor venti appositi nubem illam intercipiant, quia ex omni parte comprimitur, in rotundum formatur eodemque modo quo phitones accensa stella creditur et cometa vocatur. Et quia inter quattuor ven­ tos unus prevalet, ab eo in aliquam partem pellitur, sed quia ex violentia aliorum resistit, crines emittit. Hanc regum pre­ nuntiande mutationi mittit Iuno pedissecam , unde Lucanus, «crinemque timendi sideris» 18 et Iuvenalis, «instantem Arme­ nia regi cometem» 1 9. Quod idcirco dictum est quod hoc si­ gnum ita sepe movit animos populli quod reges mutabant quia hec propter eorum tirannidem iminere putabant. De ful­ mine et tonitruo quia alias dicemus ad presens dicere postpo­ namus 20 . Fumigationem et tremorem terre hoc modo immit­ tit Iuno: [8] terre corpus ad modum humani corporis disposi­ turo est 21 . Quemadmodum in humano corpore sunt meatus humoris, id est vene, per quas sanguis desfluit et inde facto vulnere exilit, ita et in terra sunt vene quas cataractas vocant, per quas aqua deducitur et inde si fodiatur exilit. Item que­ madmodum in humano corpore sunt arterie per quas haneli­ tus per corpus meat, ita in terra sunt caverne per quas aer im ­ mittitur. Que caverne si magne sin t multum aeris in se capi un t. Que vis aeris cum aliquam solidam materiam offendi t que ob­ stat ei erumpere nequit. Ipse autem mobilis stare non potest et cum ea confligit et ex violentia impulsus terram incutit 22. Qui terre tremor tam diu durat quousque retro aer ille redeat vel evicta materia erump at. Atque ita Iuno terre tremorem immittit. Fumigationem vero immittit sic: Si caverne terre an ­ guste sint, non magna vis aeris intrat ideoque vis illa minima

tura. Questa si accende per i raggi solari che scendono verso di lei o per la velocità del moto, e mentre colpita dalla vee­ menza dei ve n ti si estende in quella parte, vola via dove non li trova, sembra una cometa o un globo di fuoco. Tali forme le chiamano globi di fuoco, ossia fiamme. Se invece quattro ven ­ ti opposti colpiscono quella nube, dato che viene compressa da ogni parte, assume un aspetto rotondo e allo stesso modo dei globi di fuoco è ritenuta una stella di fuoco e chiamata co­ meta. E dato che tra quattro venti uno prevale, da lui [la nu­ be] è colpita in qualche parte, ma poiché resiste alla violenza degli altri, emette crini luminosi. Giunone invia questa ancel­ la a preannunciare una mutazione di re al governo, e per que­ sto Lucano scrive «la coda di una stella pericolosa» e Giove­ nale «una cometa che incombe sul re di Armenia». Cosa che, più o meno, è detta per il fatto che tale prodigio così spesso suggestiona l'animo popolare da far cambiare i re al governo, perché queste comete le credevano incombenti per la tiranni­ de di quelli. Fulmine e tuono, di cui abbiamo trattato altrove, presentemente li lasciamo da parte. Giunone, in questo mo­ do, genera la fumarola e il terremoto: [8] l'insieme della terra è strutturato a guisa del corpo umano. Allo stesso modo che in questo vi sono canali che portano umori, ossia vene per il cui tramite defluisce il sangue o da cui, in caso di ferita, spriz­ za, così nella terra vi sono condotti, che possiamo chiamare ca­ taratte, attraverso le quali l'acqua fluisce e donde, se si scava, zampilla fuori. Parimenti, come nel corpo umano vi sono le ar­ terie attraverso le quali lo spirito vitale circola nel corpo, così nella terra si trovano caverne ave l'aria penetra. Tali grotte, se sono grandi, ricevono in sé molta aria. Se la forza di questa preme una qualche materia solida, dato che per la sua resi­ stenza non può sfogarsi, e la stessa aria, mobile, non può sta­ re quieta, ne nasce un conflitto, e per il suo effetto violento la terra trema. Questo terremoto dura tanto a lungo fino a che quell'aria non arretra o e rompe sollevando la crosta terrestre. In questo modo, dunque, Giunone porta il terremoto. La fu­ marola, poi, nasce così: se le caverne terrestri sono anguste, non entra in esse una grande potenza dell'aria, e pertanto una 47

ad concutiendam terram non sufficit. Assidue tamen terram radendo suffyreasque venas torrendo ignem generat unde in ignivomis montibus fumigationes gignit aer. Itaque septem aeris nature et septem tempestates hee bis septem sunt Iunonis pedissece. Quarum autem pulchrior est serenitas, id est splendor aeris, quam intelligimus esse Deio­ peam . Dicitur autem Deiopea quasi demooipa, id est commu­ nis oculus, quia per splendorem omnes communiter videmus 23• Hactenus de Iunone et Eolo et Deiopea. Que et hic et in aliis huius libri locis necessaria sunt nos dixisse sufficiat. Ex his enim intelligitur quid sit Iunonem venisse ad Eolum et da­ re Deiopeam. Iuno ad Eolum venit [9] quoniam aer calore et humore partum aperit. Quemadmodum enim frigus et sicci­ tas constringendo et desiccando claudunt unde frequentius melancolice mulieres steriles sunt, ita econtra calar et humor dissolvendo et humefaciendo partum aperiunt. Unde Virgi­ lius precipit imminente pariendi tempore agasones suas equas agitare ut ex sudoris humectione et caloris dissolutione aper­ tior et facilior esset partus 24 • Deiopeam Eolo I uno mittit, id est commune et diuturnum iubar nativitati suum tribuit. Eneas Anchise et Veneris filius dici tu r. Anchises 25 enim celsa inhabitans interpretatur quem intelligimus esse patrem omnium omnibus presidentem . Veneres ergo duas legimus es­ se, legitimam scilicet et petulantie deam 26• Legitimam Vene­ rem legimus esse mundanam musicam, id est equalem mun­ danorum proportionem, quam alii Astream , naturalem iusti­ ciam, vocant. Hec enim est in elementis, in sideribus, in tem­ poribus, in animantibus. Impudicam vero Venerem et petu­ lantie deam dicimus esse carnis concupiscentiam que omnium fornicationum mater est. Notandum est vero in hoc loco, quemadmodum in aliis misticis voluminibus, ita et in hoc equivocationes et multivo-

minima forza non basta a scuotere la terra. Allora, sfiorando con insistenza il terreno, e ponendo in attrito le vene sulfuree, genera il fuoco, e per questa ragione l'aria sviluppa in monti vulcanici le fumarole. Pertanto sette caratteristiche dell 'atmosfera e altrettante perturbazioni rappresentano le quattordici ancelle di Giuno­ ne. Di queste la più bella è il sereno, ossia lo splendore dell 'a­ ria, che vediamo essere Deiopea. Deiopea è anche detta come demooipa, ossia occhio comune, perché tutti riusciamo a ve­ dere tramite la lucentezza. Null 'altro è da dire per quanto concerne Giunone, Eolo e Deiopea. Quelle cose che qui e in altri passi di questo libro so­ no necessarie, le abbiamo dette. Se ne evince, in modo chiaro, che cosa rappresenta l'arrivo di Giunone da Eolo per offrirgli Deiopea. Giunone, infatti, corre da Eolo [9] perché l'aria col calore e l' umore favorisce il parto. Come infatti il freddo e il secco lo bloccano con la costrizione e l'aridità, per cui di fre­ quente le donne melanconiche sono sterili, così, al contrario, calore e umore con valore solutivo e umettante favoriscono il parto. Per questa ragione Virgilio insegna che, nel tempo prossimo al parto, i cavallari fanno correre le giumente, per­ ché dai rivoli del sudore e dall'evaporazione del calore il tra­ vaglio ne tragga maggior immediatezza e facilità. Giunone concede Deiopea a Eolo, cioè attribuisce il suo usuale e diu­ turno splendore alla natività. Enea è detto figlio di Anchise e Venere. Anchise, infatti, s 'interpreta come colui che abita celesti fastigi, e lo intendia­ mo come il padre di ognuno, a tutti superiore. Si legge poi del­ l 'esistenza di due Veneri, la dea legittima e quella della sedu­ zione. La Venere legittim a apprendiamo essere la musica mondana, ossia la giusta proporzione delle cose terrene, che altri chiamano Astrea, la giustizia naturale. Costei è negli ele­ menti, nei pianeti, nei tempi, negli esseri animati. La Venere impudica, dea della seduzione, la definiamo concupiscenza carnale, dato che è pronuba di tutti gli amplessi. È da notare, a questo punto, che al pari di altre opere mi­ stiche, così pure in questa ambiguità, polisemie e allegorie fan49

cationes esse et integumenta ad diversa respicere 27. Verbi gra­ tia ut in libro Marciani per Iovem modo accipis ignem supe­ riorem, modo stellam, modo et ipsum creatorem, per Satur­ numque modo stella, statim tempus; eodem modo per Mer­ curium modo eloquentiam, modo stellam . Hic autem diversus integumentorum respectus et multiplex designatio in amni­ bus misticis observari debet si in una vero veritas stare non po­ teri t. Ergo in hoc opere hoc idem reperitur quod idem nomen diversas designat naturas et contra diversa nomina eandem : idem diversas ut Appollo aliquando solem, aliquando divinam sapientiam, aliquando [ro] humanam sapientiam designat, Iu­ piter aliquando ignem , aliquando summum deum, Venus ut supra dictum est aliquando carnis concupiscentiam, aliquan ­ do mundi concordiam ; diversa nomina idem , quod est multi­ vocatio, veluti Iupiter et Anchises creatorem designant. Ubi ergo invenies Venerem uxorem Vulcani matrem Ioci et Cupi­ dinis, intellige carnis voluptatem, que naturali calori coniunc­ ta est et iocum et coitum parit. Ubi vero leges Venerem et An ­ chisem Eneam filium habere, intellige per Venerem munda­ nam musicam, per Eneam humanum spiritum 2 8 • Dicitur au­ tem Eneas quasi ennos demas, id est habitator corporis, ennos Grece habitator Latine. Unde Iuvenalis Neptunum Ennosi­ geum vocat 29, id est habitatorem Sygei. Demas vero, id est vin ­ culum, corpus dicitur quia anime carcer est 30 . Eneas vero et Anchise et Veneris filius est quia spiritus humanus a deo per concordiam in corpore incipit vivere. Hec de Anchisa et Ve­ nere et Enea diximus quia in multis locis huius libri necessa­ ria vidimus. Data Deiopea Eneas periculis lacessitur. Mare corpus hu­ manum intelligitur quia ebrietates et libidines que per aquas intelliguntur ab eo defluunt et in eo sunt commotiones vitio­ rum et per ipsum ciborum et potus meatus fit. Secundum hoc legimus Venerem ex virilibus Saturni natam fuisse in mari. Vi­ rilia enim Saturni qualitates temporis sunt quibus creatur: ca-

no guardare a cose diverse. Come ad esempio nel libro di Mar­ ziano [Capella] , dove con la figura di Giove puoi intendere il fuoco supremo, un pianeta o anche lo stesso creatore e, con Saturno, il pianeta o il tempo e, in identica guisa, con Mercu­ rio l'eloquenza o il pianeta. Questo rispetto, poi, per le diver­ se allegorie e la correlata polisemia deve essere osservato in tutti i testi mistici, se la verità non può essere in una sola cosa. Pertanto in quest'opera si trova la stessa strategia, perché un identico nome designa diverse qualità e, al contrario, diversi nomi ne indicano una sola: un medesimo nome diverse qua­ lità come Apollo, che ora designa il sole, ora la sapienza divi­ na, ora [Io] quella umana, o come Giove, in un caso fuoco, in un altro la suprema divinità, o come Venere che, come prima si disse, una volta è la concupiscenza carnale, un 'altra la con ­ cordia mondana; [oppure] diversi nomi una stessa qualità, per moltiplicazione appellativa, come nel caso di Giove e An chi­ se, che designano il creatore. Dove dunque trovi Venere, mo­ glie di Vulcano, madre del Gioco e di Cupido, intendi la vo­ luttà carnale che è unita al calore e genera il divertimento e il coito. Dove poi leggi che Venere e Anchise hanno Enea come figlio, ritieni per Venere l'armonia terrena, per Enea lo spiri­ to umano. Difatti Enea è detto come ennos demas, cioè abi­ tante del corpo, invero ennos greco vale in latino abitante. Per questa ragione Giovenale chiama Nettuno Enosigeo, cioè abi­ tatore di Sigeo. Demas, cioè vincolo, è detto poi perché il cor­ po è carcere dell'anima. Enea è pertanto figlio di Anchise e Venere, dato che lo spirito umano comincia a vivere nel cor­ po provenendo da dio attraverso la concordia. Abbiamo det­ to queste cose di Anchise, Venere ed Enea ritenendole neces­ sarie a molti passi di questo libro. Concessa Deiopea, Enea è incalzato dai pericoli. Con il mare s'intende il corpo umano, perché le ebbrezze e le libidi­ ni, simboleggiate dalle acque, da quello defluiscono e nel cor­ po umano allignano le tempeste dei vizi, e per suo tramite si aprono per cibi e bevande. In questa prospettiva leggiamo che Vene re nacque in mare dai genitali di Sa turno. Infatti gli a t­ tributi virili di Saturno sono le qualità del tempo con cui si 51

lor et humor. Hec virilia in mare deiciuntur quoniam ciborum et potus superfluitates in corpore aguntu r 3 1 • Hec autem in corpore per cibos acta libidinem movent. Ideo dictum est «si­ ne Cerere et Bacco friget Venus» 32• [rr] Per predictum mare Eneas agitatur data Deiopea quia diurno iubare dato nativita­ ti, id est nato puero, patitur spiritus in corpore propter fre­ quentem influxionem et effluxionem oppressionem nimiam . In homine enim tunc nimius viget calor naturaliter quoniam ad resistendum sue nature consumptive et se alendum fre­ quentem ciborum et potuum influxionem et effluxionem de­ poscit. Unde spissus fumus ad capud ascendens naturales ce­ rebri cellulas et arterias implens vim ingenii atque rationis et memorie et virtutes animales retardat 33• Itaque his commotio­ nibus maris, id est influxionibus et effluxionibus corporis, Eneas et socii eius , id est spiritus et eius potentie, vexantur. Quosdam etiam sociorum ad tempus ammittit quia rationem et alia que deinceps eta te et exercitio studii et doctrina acqui­ rit, in infantia ad tempus perdit. Cum septem navibus evasit. Septem naves intelligimus es­ se septem voluntates Eneam et socios differentes. Ubique per naves intelligimus voluntates que ad diversa trahunt nos. Pri­ ma navis est voluntas videndi, secunda audiendi, tertia gu­ standi, quarta olfaciendi, quinta tangendi, sexta movendi, septima quiescendi. Alie vero quas ad tempus perdit et dein ­ de recipit sunt voluntates discernendi, intelligendi, vicia re­ primendi, virtutes sectandi. Has septem naves Cimothee et Triton «detrudunt acuto scopulo» 34• Triton marinus deus dicitur, Cimothee dea. Tri ­ ton , quasi contritio, carnis est molestia, qui deus maris dici­ tur, quia in corpore dominatur 35• Tuba etiam canere dicitur quia molestia carnis vocem emittit eiulationis, scilicet fletus. Cum enim esurit infans vel sitit vel alget, flet. Cimothea or­ nata dea interpretatur. Cema enim ornatus, theos deus dici­ tur. Ergo Cimothee [r2] quasi cematheos, id est dea ornata,

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crea: calore e umore. Tali organi sono gettati in mare perché vengano portate nel corpo le proprietà nutritive del cibo e del bere. Proprio queste, immesse nel corpo con i cibi, suscitano la libidine. Perciò si dice «senza Cerere e Bacco Venere resta fredda». [II] Concessa Deiopea, Enea è travolto dalle onde del mare già ricordato, perché, data la luce diurna alla natività, cioè nato il bambino, lo spirito patisce nel corpo un'assai gre­ ve oppressione, a causa di una frequente presenza d'influssi e reflussi. Infatti allora nell'uomo si afferma un maggior calore vitale, il quale, per resistere alla sua natura tendente allo sper­ pero e per nutrirsi, richiede un frequente arrivo e partenza di cibi e bevande. Ne consegue che una spessa caligine, ascen ­ dendo al capo e colmando le camerette del cervello e le arte­ rie, ritarda le doti dell'ingegno e quelle della ragione e della memoria, e le virtù animali. Pertanto, da queste fluttuazioni del mare, ossia influssi e reflussi del corpo, sono afflitti Enea e i compagni, cioè lo spirito e le sue potenze. Nelle circostan ­ ze [Enea] perde alcuni seguaci, perché la ragione e altre for­ me di riflessione che l'uomo acquisisce con l'età e l'esercizio di studio e dottrina, nell'infanzia temporaneamente le perde. Si salvò con sette navi. Comprendiamo che le sette navi so­ no le sette volontà che caratterizzano Enea e i compagni. Do­ vunque, tramite le navi, comprendiamo i desideri che ci con ­ ducono a svariate esperienze. La prima nave è la volontà di ve­ dere, la seconda di udire, la terza di gustare, la quarta di fiu­ tare, la quinta di toccare, la sesta di muoversi, la settima di fer­ marsi. Le altre [navi] che [Enea] smarrisce in particolari cir­ costanze, e poi recupera, sono le volontà di discernere, capi­ re, reprimere i vizi e seguire le virtù. Queste sette navi Cimòtoe e Tritone le «strappano dall 'a­ cuto scoglio». Tritone è detto dio marino, Cimòtoe una dea. Tritone, come contritio, è l'assillo della carne; si dice dio del mare perché domina il corpo. Si afferma anche che suoni la bùccina, perché l'assillo carnale emette una voce lamentosa, ossia piange. Quando infatti il bambino ha fame, sete o fred­ do, piange. Cimòtoe è da interpretarsi come dea ornata. Cema significa ornamento, theos dio. Dunque Cimòtoe [I2] come ce53

scilicet leticia. Hec quoque sua tuba cani t, id est exhilaratio­ ne rlSUS. Rupes maris que naves moratur est moles et pigritia carnis que voluntate ad diversa non sinit ire. Quandoque enim vult homo ire aliquid spectatum vel auditum vel quidlibet aliud, sed pigritia non permittit. Molestia vero vel leticia voluntates promovet veluti quando homo vult gustare quia esurit vel ire et conspectare ludos quia letus est. Tectus nube Carthaginem venit. Quemadmodum nubes coruscationem abscondit, ita ignorantia sapientiam. Sub igno­ rantia Carthaginem venit, id est ad novam civitatem mundi scilicet qui quidem civitas est omnes habens in se habitatores. In hac civitate regnum habet Dido, id est libido. Hec civitas nova est Enee quia nuper in eam illatus est. Hic occulos «pictura pascit inani» 36• Quia enim tunc no­ vus est mundus ei et ipse est in nebula, scilicet ignorantia nec naturam mundanam intelligit; ideo placent ei bee et in eis ad­ mirationem habet. Per oculos intelligimus sensus quorum qui­ dam sunt veri, quidam falsi quia sicut oculorum alter est dex­ ter, alter sinister, ita intelligimus quod quidam sunt veri, qui­ dam falsi; per picturas vero bona temporalia que ideo picture dicuntur quia bona non sunt, sed videntur et ideo Boetius ea «ima gin es veri boni» 37 vocat. Atque ita occulos, id est sensus, saturat in picturis, id est in mundanis bonis. In hac civitate invenit mulierem regnantem et Penos ser­ vientes quia in mundo isto talis est confusio quod imperat li­ bido et virtutes opprimuntur quas per Penos, fortes et rigidos viros, intelligimus atque ita servit vir et imperat mulier. Ideo in divinis libris dicitur 38 mundus civitas Babilonis, id est con ­ fusionis. [13] Socios videt nube tectus et non videtur ab eis nec al­ loquitur eos. Socios Enee diximus qui comitantur potestates scilicet anime et ipsa corpora et membra corporis. Duci t enim spiritus quo vult membra corporis. Hoc socios videt et non vi-

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matheos, vale a dire dea ornata, cioè di letizia. Anch'essa suo­ na con la sua bùccina, ossia con risa di gioia. Lo scoglio che blocca le navi è il peso e la neghittosità del­ la carne, che non permette alla volontà di cercare nuovi ap­ prodi. Talora, infatti, l'uomo vuole spingersi a vedere alcun ­ ché o fare una qualsiasi cosa, ma la pigrizia non lo concede. La necessità o il piacere suscitano i desideri, come quando l'uo­ mo vuol mangiare di gusto perché ha fame o andare a vedere i giochi perché è di buon umore. Coperto da una nube, [Enea] giunse a Cartagine. Come la nube nasconde lo splendore, così l'ignoranza cela la sapienza. Sotto il velo dell'ignoranza venne a Cartagine, ossia alla città nuova del mondo, il quale, anzi, è una capitale che raccoglie in sé tutti gli abitanti. In questa città ha il regno Didone, cioè la lussuria. La città è nuova per Enea, che da poco vi si è recato. Qui si vede con gli occhi «l 'illusione di una pittura». Poi­ ché, infatti, per lui il mondo è nuovo ed egli stesso è in una nu­ be, ossia nell'ignoranza, non può capire la natura delle cose mondane; pertanto gli piacciono e le ammira. Con gli occhi in ­ tendiamo i sensi, di cui alcuni sono veri, altri falsi, perché co­ me degli occhi uno è destro l'altro è sinistro, così capiamo che certi sensi sono veri e altri falsi, con le pitture intendiamo i be­ ni temporali, che quindi sono detti pitture perché non sono beni, ma lo appaiono, e perciò Boezio li chiama «immagini del vero bene». E proprio per questo sazia lo sguardo, ossia i sen ­ si, nelle pitture, cioè nei beni mondani. In tale città trova regina una donna e i Punici servi, perché in questo mondo tale è la confusione [di valori] che comanda la lussuria e sono oppresse le virtù, che percepiamo tramite i Punici, uomini forti e rigorosi; e così la virtù serve e la lussu­ ria regna. Non a caso, nei libri sacri, il mondo è detto città di Babilonia, ossia di confusione. [13] Vede gli amici protetto da una nube, ma non è visto da loro né gli parla. Dicemmo amici di Enea coloro che lo ac­ compagnano, cioè i poteri dell'anima, le strutture del corpo e le loro membra. Difatti lo spirito guida a suo piacimento le membra del corpo. Vede questi amici e non è visto da loro. Lo 55

detur ab eis. Spiritus enim corpora sentit et corpora nequa­ quam spiritum. Tune non alloquitur eos qui nec revoca t mem ­ bra a turpibus nec propellit ad honesta. Nubem Venus removet. Voluntas enim usum rei suadens facit ut res cognoscantur atque ita nubem removet. Suscipitur in epulis et carminibus Iope: alimentis educatur et garrulitate puerili permulcetur. Iopas enim puerilis tacitur­ nitas dicitur 39, quamvis enim sonum emitat, vocem tamen per­ levem non format. Recipit Cupidinem sub specie Ascanii. In prima etate mul­ tarum rerum desiderium habet cum omnia utpote nova sibi placeant nec tamen agnoscit 40 que desiderat nec utrum ratio­ nabile sit an non si t suum desiderium discerni t atque ita reci­ pit Cupidinem et non agnoscit. Sub forma Aschanii. Aschanius Enee et Creuse filius dici­ tur. Creusa quasi creans usum dicitur concupiscentia, scilicet vis appetencie boni, que coniux Enee dicitur quia naturaliter coniungitur humano spiritui. Nullus enim spiritus sine sua concupiscentia est. Hec enim usum rei, id est frequentatio­ nem, creat. Quia enim aliquid pro bono appetitur, idcirco la­ bar quo id proveniet vel frequentatur vel appetitur. Ita con ­ cupiscentia, id est boni appetentia, frequentationis est causa et ideo Creusa est dieta. Hec est mater Ascanii. Aschanius quasi aschalenos, id est sine gradatione, interpretatur: a non, schalenos, id est gradatio. Hunc intelligimus [14] esse rei no­ dum, qui sine gradu dicitur quia nec descendit ad defectum nec ascendit ad nimietatis habundatiam. In defectu vero sunt gradus descensus; possumus enim minus facere de re quam debemus et iterum minus et hoc usque in infinitum. In ha­ bundantia quoque sunt gradus infiniti; possumus enim plus quam debemus de re aliqua facere et adhuc magis et hoc in in ­ finitum. In modo vero nullus gradus est; si enim magis vel mi-

spirito, in effetti, sente le strutture corporee, ma quelle non lo avvertono per nulla. Allora non parla con gli amici colui che non distoglie le membra da nefandezze e non le sollecita a oneste azioni. Venere rimuove la nube. Il desiderio, infatti, sollecitando all'uso delle cose, ne rende possibile la conoscenza, e pertan­ to rimuove la nube. È accolto a banchetto e dai canti di Iopa: è svezzato col ci­ bo e addolcito dal chiacchiericcio dell'infanzia. Iopa, infatti, s 'interpreta come il taciturno periodo infantile; per quanto, in realtà, si faccia sentire, dà corpo a una voce assai fievole. Accoglie Cupido sotto le mentite spoglie di Ascanio. Nel­ l'infanzia ha desiderio di molte cose, dato che tutte danno pia­ cere come se fossero nuove, ma non c'è conoscenza delle de­ siderate, né se il suo desiderio sia razionale o meno, e così, senz'avvedersene, accoglie Cupido. Sotto le mentite spoglie di Ascanio. Ascanio è detto figlio di Enea e Creusa. Creusa, come creans usum, s 'interpreta qua­ le concupiscenza, ossia sforzo di ottenere il bene, detta moglie di Enea perché, secondo natura, si unisce allo spirito umano. Non esiste spirito senza una sua particolare concupiscenza. Questa determina l'uso della cosa, ossia la sua pratica fre­ quentazione. Se, infatti, qualcosa è desiderata come bene, al­ lora la fatica con cui giunge è praticata e desiderata. Pertanto il desiderio di avere un bene è causa del suo uso consueto, e per questo Creusa è chiamata così. Costei è madre di Ascanio. Ascanio s'interpreta come aschalenos, ossia senza gradazione: a vale non , schalenos gradazione. Comprendiamo che questo è il tratto distintivo [14] di una cosa che si presenta senza sfu­ mature, perché non discende verso il minimo grado né ascen­ de al massimo. Nella privazione vi sono poi gradi discenden ­ ti; riguardo a certi fatti, possiamo far meno di quanto do­ vremmo, e ancor meno, e così all'infinito. E persino nell'ab­ bondanza i gradi sono infiniti; possiamo dunque far più del dovuto in relazione a qualcosa, e ancor di più e così all'infini­ to. Nella misura, invece, non vi è gradazione: se infatti riguar­ do a una cosa facciamo di più o di meno non vi è regola, e per 57

nus faciamus non est modus et ideo Aschanius dicitur. Hunc modum generat spiritus in sua concupiscentia nec magis nec minus concupiscendo guam convenit et ita est Aschanius fi­ lius Enee et Creuse. Hec Aschanii forma est honesta; est enim forma rei per guam cognoscitur. Si vero aliquid honestum vi­ deatur, et modus in eo perpenditur. Sub hac forma est Cupi­ do dum recipit eum Eneas. Honestum enim reputat deside­ rium suum in prima etate. Unde etiam si nequit illud explere, deflet, quasi iniuste aliquid sibi negetur. Hactenus in primo volumine prima etas, id est infantia, describitur.

questo Ascanio si chiama così. Questa misura la genera lo spi­ rito nella sua concupiscenza, non desiderando più o meno del giusto, e per tale motivo Ascanio è figlio di Enea e di Creusa. L' aspetto di Ascanio è onesto, rappresenta infatti la forma esterna della cosa per la quale si conosce. Se infatti qualcosa sembra onesta, vi ci si avvicina con misura. Sotto questo aspet­ to appare Cupido quando Enea lo riceve. Infatti reputa one­ sto il suo desiderio nella prima giovinezza. Per questa ragio­ ne, se non riesce a attenerlo piange come se gli fosse ingiusta­ mente negato. Fin qui, nel primo libro si descrive la prima età, ossia l'infanzia.

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Secundus Liber

CONTICUERE OMNES ETC. In hoc secundo volumine secunde etatis, id est pueritie, describitur natura. Infantia est illa pars prima vite que est a nativitate usque dum homo naturaliter lo­ quatur. Pueritia est illa secunda pars vite humane que incipit ex quo homo incipit esse sub disciplina custodie et protendi­ tut usque dum a custodia exeat. Unde infantia dicitur ab in et for, faris; pueritia vero a pure 4\ id est a custodia. In hoc maxi­ ma est differentia infantie et pueritie quod pueri loquuntur, infantes vero loqui non possunt naturaliter ideoque nichil aliud mistice in hoc volumine secundo significatur nisi initium et possibilitas loquendi. [15] Per hoc enim quod ad narrandas historias suasu Didonis provocatur, nichil aliud demostratur nisi quod ad proferenda verba sua eum manifestari volens vo­ luntas hortatur cui satisfaciens in verba prorumpit. Quoniam quidam sermo verus, quidam falsus, ideo in hac narratione per hoc quod veritati historie falsitas fabule admiscetur hoc idem figuratur. Est enim historia quod Greci Troiam devicerunt; quod vero Enee probitas enarratur fabula est. Narrat enim Frigius Dares Eneam civitatem prodidisse 42•

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Secondo libro

TUTTI TACQUERO ECC. In questo secondo libro è descritta la na­ tura della seconda età, cioè la puerizia. L'infanzia è quella pri­ ma parte della vita umana che intercorre dalla nascita fino a quando l'uomo parla naturalmente. La puerizia è la [successi­ va] parte della vita umana, che inizia dal momento in cui l'uo­ mo comincia a essere sotto tutela e si estende fino a quando esce da essa. Per questa ragione, l'infanzia è detta così da in e /or, /aris, la puerizia da pure, ossia custodia. Soprattutto in questo c'è differenza tra infanzia e puerizia, che gli infanti per natura non parlano, i bambini possono parlare. Pertanto in questo libro si rappresenta allegoricamente nient'altro che l'i­ nizio e la possibilità di parlare. [15] Quanto al fatto poi che [Enea] sia sollecitato a raccontare le sue awenture per richie­ sta di Didone, null' altro si dimostra se non che la volontà lo esorta a proferire le sue parole, desiderando manifestarsi, e, per soddisfarla, inizia a parlare. E poiché un discorso può es­ sere vero, uno falso, proprio in questa narrazione, per il fatto che si mescola alla verità della storia l'inganno della favola, quel tema è esemplificato. È infatti un dato storico che i Gre­ ci distrussero Troia, quello che però viene raccontato circa l'o­ nestà di Enea è favola, poiché Darete Frigio narra che Enea tradì la sua città.

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Liber Tertius

POSTQUAM RES ASIE ET CETERA : In hoc tertio natura adholecen ­ tie exprimitur. Ut autem integumentum huius voluminis dein ­ ceps exponamus, primo summatim narrationem ponamus. Post incendium civitatis sue venit Eneas in Antandron , in ­ de in Tratiam, inde in Delon, inde in Cretam, inde ad Stropha­ des . Deinde videt Ciclopes, monstrante Achimenide, videt etiam Polifemum, cui oculum Ulixes effodit et Achimenidem ibi relinquit. Patrem in portu Drepani sepelivit. Civitas ergo Enee est corpus humanum quod spiritus hu­ manus incolit et regit ideoque eius civitas dicitur. Iterum que­ madmodum in civitate sunt quattuor mansionum divisiones et quattuor hominum ordines illas mansiones incolentes, ita quoque in humano corpore quattuor sunt mansiones et po­ tentie sedem in illis habentes 43• Prima civitatis mansio est arcs, quam sapientes incolunt; ita in corpore prima et eminentior m ansi o et arcs corporis est capud 44 , in quo sapientia sedem habet, et in eo sunt instrumenta sensuum et [r6] tres ingenii et rationis et memorie cellule. Secunda civitatis mansio est mi­ litum: ita secunda corporis mansio est animositatis in corde, scilicet quemadmodum illa est animosorum. Tercia mansio ci­ vitatis est cupidinariorum: ita tertia est in corpore cupiditatis; hec autem est in renibus. In ultimo civitatis est suburbium se­ cles agricolarum: ita in extremo corporis sunt manus et pedes ad agendum . Ideo civitas corpus dici tu r. Huius civitatis in­ cendium est prime etatis fervor naturalis, quo relicto venitur in Antandrum. Andros Grece, vir dicitur Latine, unde Evan-

Terzo libro

DOPO CHE LA POTENZA DELL)ASIA ECC. In questo terzo libro si dimostra la natura dell'adolescenza. Per esporre dunque l'al­ legoria di questo libro, facciamone, innanzitutto, il riassunto. Dopo l'incendio della sua città, Enea giunse ad Antandro, poi in Tracia, a Delo, a Creta e alle Stròfadi. Infine vede i Ci­ clopi mostrati da Achemènide, e scorge anche Polifemo, a cui Ulisse strappò l'occhio, abbandonando lì Achemènide. Il pa­ dre lo seppellì nel porto di Drepano. Dunque la città di Enea è il corpo umano che lo spirito a bi­ ta e governa, e per questo è detta sua città. Inoltre, allo stesso modo che nella città vi sono quattro diversi quartieri e altret­ tante classi sociali che li abitano, così nel corpo umano vi so­ no quattro dimore e altrettante potenze [spirituali] che vi s'in­ sediano. Il primo quartiere cittadino è la fortezza che abitano i sapienti, e così, pure nel corpo, il primo e più eminente quar­ tiere e baluardo è il capo, nel quale la sapienza ha sede, e in quello dimorano gli strumenti dei sensi e [r6] i tre scomparti dell'ingegno, della ragione e della memoria. Il secondo quar­ tiere cittadino è di pertinenza dei soldati: così la seconda di­ mora corporea è rappresentata dall'animosità posta nel cuo­ re, ossia [la virtù] di coloro che sono coraggiosi. Il terzo quar­ tiere cittadino appartiene agli zelatori delle passioni: infatti la terza dimora del corpo è quella della cupidigia, che ha sede nei reni. L'ultimo quartiere cittadino è il suburbio, sede degli agricoltori: non a caso alle estremità del corpo vi sono, per agi­ re, mani e piedi. E proprio per questo la città si può definire un corpo. L'incendio di tale città è il naturale fervore della pri­ ma età; una volta abbandonato, si giunge ad Antandro. An­ dros in greco equivale in latino a uomo, e per questo Evandro

der etiam bonus vir et Andreas virilis ; anti vero contra. Anthandros ergo contrarium virilitatis. Virilitas quidem pro­ prie dicitur constantia quasi viri qualitas . Propria enim est na­ turaliter virorum qualitas; neque enim puer neque iuvenis ne­ que senex, qui ad puerilem redit naturam, constantiam habet naturalem . De puero enim dicit Horatius : «Colligit iram et ponit temere et mutatur in horas» 4 5, de iuvene vero quod ipse est «pernix relinquere amata» 46. Quod viri sit constantia te­ statur idem; dicit enim «commisisse cavet quod mox mutare laboret» 47• Ita virilitas, id est viri qualitas, est constantia. Un­ de etiam arithmetici imparem numerum virunt dicunt48 qua­ si viri proprietatem , id est constantiam, indivisibilitatis ha­ bent. Antandros autem, id est contrarium virilitatis, est in­ constantia. Hec autem est primum adolescentie vitium . Quia enim adolescentes rerum usum et experientiam nondum ha­ buerunt, ideo unamquamque rem cernentes eam optimam credunt et illi adherent dumque eam talem qualem credunt es­ se non inveniunt, statim ad aliam traseunt. Viri autem quia per experientiam res agnoverunt, ideo in re cui adherent stabili­ tatem [r7] ha ben t. Itaque venit Eneas ab incendio civitatis in Antandron, id est a naturali prime etatis fervore qui corpus incendit in inconstantiam adolescentie. Quod autem idem de Ida silva naves dicitur machinari, sic accipiendum est. Naves Enee diximus esse voluntates Eneam et socios, id est spiritum et eius potestates ad diversa ferentes, que in Antandro fiunt quia in inconstantia varie et infinite ve­ niunt voluntates. Constantes namque semper quamdiu con­ stantes sunt eadem volunt; inconstantes modo hoc modo illud modo aliud, quia ut ait Horatius: Non eadem possunt oram durare probantes 49 •

De inconstante dicit:

è un buon uomo e Andrea vale virile, anti è contro. Antandro, dunque, è il contrario della virilità. La costanza poi si dice pro­ priamente virilità, quasi una qualità dell'uomo. Infatti questa qualità è naturalmente propria degli uomini, dato che né il bambino, né il giovane, né il vecchio che regredisce alla natu­ ra puerile hanno naturale costanza. Non a caso Orazio dice del bambino: «Prende e lascia facilmente l'ira e muta in ogni momento» ; del giovane invero è tipico «lasciare l'amato tra­ stullo». Quale sia poi la costanza dell'uomo lo attesta lo stes­ so poeta; dice infatti che «si cura di aver portato a termine ciò che poi si affanna a cambi are». Pertanto la virilità, ossia la qua­ lità dell'uomo, è la costanza. Anche per questo i matematici definiscono l'uomo un numero dispari, perché la proprietà dell'uomo, ossia la costanza, ritengono indivisibile. Antandro quindi, ossia il contrario della virilità, è l'incostanza. Questo in effetti è il primo vizio dell 'adolescenza. Poiché infatti gli adolescenti non hanno avuto uso ed esperienza delle cose, se­ guendone quindi una qualsiasi la credono ottima, e quando non la trovano come credevano subito passano ad altra. Gli uomini, invece, che traggono esperienza delle cose conoscen ­ dole, hanno quindi costanza riguardo a ciò che [17] scelgono. E pertanto Enea giunse dall'incendio della città ad Antandro, ossia dal fervore naturale della prima età, che infiamma il cor­ po, all'incostanza dell'adolescenza. Quanto poi al fatto che nello stesso luogo le navi siano det­ te costruite col legno della selva [del monte] Ida, si deve in ­ tendere così. Abbiamo visto che le navi di Enea rappresenta­ no le volontà che portano Enea e i compagni, ossia lo spirito e le sue potenze, a diversi obiettivi, e trovano approdo ad An ­ tandro perché i vari e infiniti desideri giungono all'incostan­ za. E infatti i costanti, sempre per quanto lo rimangono, vo­ gliono le stesse cose, gli incostanti, invece, divagano ora qua ora là, come dice Orazio: Non possono, pur apprezzando le medesime cose , fermarvisi.

Ed egualmente dell 'incostante dice che:

Quod petiit spernit, repetit quod nuper omisit, diruit , edifica t, mutat quadrata rotondis 5o .

Itaque fiunt classes, id est voluntatum multitudines, in An­ tandro. Y da est civitatis Troie silva de qua naves fiunt. Ida est idem quod pulchritudo unde Alcides fortis et pulcher dicitur et Ga­ nimedes Ideus, id est formosus. Hec autem dicitur silva civi­ tatis quia pulcritudo forme corpus extrinsecus obumbrat, ne feditas interior appareat. De Y da autem naves fiunt quia de pulcritudine rerum voluntates appetentie earum veniunt. Transit in Traciam , id est in avaritiam, quam merito per Traciam intelligimus, que avarissimos habitatores et avarissi­ mum regem habuit. De qua in hoc ipso libro legitur: «fuge li­ tus avarum» 5 1 • In han c transit ab Antandro; ab inconstantia enim ad avaritiam venitur. Unde Horatius in primo Sermo­ num postquam reprehendit de inconstantia, ad avaritiam transit 52• Ab inconstantia quidem si c venitur ad avaritiam: po­ stquam inconstantia [I8] diversa perlustravi! et omnia per­ temptavit, videt per divicias omnia temporalia posse haberi: Et genus et formam regnumque Pecunia donat et bene nummatum decorat. Suadela Venusque 53

atque ideo in querendis divitiis totus inhiat et tanto studiosus quanto omnibus aliis perlustratis eas preelegit. Itaque ab An ­ tandro fit transitus in Traciam. Invenit Polimestorem regnantem et sepultum Polidorum. Polis Grece, multum Latine; metros mensura. Inde Polime­ stor quasi polimetros, id est plurium mensura, scilicet aggre­ gatio pecunie quam in certam mensuram nummi avarus apud se vult esse. Hec autem in avaricia regnat quia avaros pelli t ad se extruendam, dicens «strenuus auge rem» 5 4 • Itaque servi t avarus agregationi multe pecunie vel eam augendo quia

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Disprezza quel che brama, richiede quel che ha appena lasciato, distrugge, costruisce, muta le cose quadrate in rotonde.

Così diventano le navi di Antan dro, ossia le schiere dei de­ sideri. Ida è un bosco della città di Troia di cui sono fatte le navi . Ida vale lo stesso che bellezza: per questo Alcide è detto forte e bello e Ganimede Ideo, ossia venusto. Anche questa è detta selva della città, perché la bellezza della forma adombra il cor­ po interno, al fine che la bruttezza interiore non appaia. Le na­ vi sono fatte [di legno] dell'Ida perché dalla bellezza delle co­ se derivano i desideri di attenerle. Passa in Tracia, cioè nell 'avarizia: e giustamente l'inter­ pretiamo con la Tracia, che ebbe abitanti avarissimi e un ava­ rissimo re. Di lei si legge in questo medesimo libro: «fuggi da un lido avaro» . Quivi giunge da Antandro, ossia dall'inco­ stanza perviene all'avarizia. Per questo Orazio, nel primo li­ bro dei Sermones, dopo aver castigato l'incostanza, si dedica all'avarizia. Così poi si perviene dall'incostanza all'avarizia: l'incostanza, dopo che [I8] ha esaminato diverse possibilità e percorso tutte le strade, vede che tramite le ricchezze si pos­ sono ottenere tutti i beni terreni, perché sua maestà il Denaro elargisce nobiltà e bellezza , e l' uomo ricco vien reso dignitoso da Persuasione e Venere

e così tutto attende a cercare ricchezze, con tanto più accani­ mento dato che le sceglie dopo aver verificato ogni altra pos­ sibilità mondana. E così da Antandro avviene il passaggio in Tracia. [Enea] vi trova regnante Polimèstore e ivi sepolto Polido­ ro. Polis in greco vale molto in latino; metros misura. Quindi Polimèstore è come polimetros, ossia misura di più cose, vale a dire mucchio di denaro che, in certa quantità di monete, l'ava­ ro vuole presso di sé. Questo [denaro] per di più ha signoria nell'avarizia, perchè costringe gli avari a procacciarselo, dicen­ do: «aumenta tenacemente i tuoi beni». Pertanto l'avaro è as­ servito alla raccolta di molto denaro o al suo accumulo, perché

lmpiger extremos curris mercator ad Indos 55

vel eam reverenda magna custodiendo, unde arguit eum Ho­ ratius: Congestis undisque gasis ; indormis inhians et tamquam parcere sacris cogeris 5 6 •

Itaque regnat Polimestor. Polidorus autem multa amaritudo interpretatur. Doris enim Grece, amaritudo Latine. Unde in fabulis legitur Dorim esse marinam deam quia amaritudo in marinis aquis domina­ tur. Hanc interpretationem exponit Virgilius dicens: Doris amara suam non intermisceat undam 57•

Hic Polidorus in Tracia sepultus est quia multa amaritudo in avaricia [19] involuta est: quid enim amarius quam quod ava­ rus «querit et inventis miser abstinet et timet uti» 5 8 , qui d quod «omnes res gelide pavideque ministrat» 59 , qui d quod «cresci t amor nummi quantum ipsa pecunia crescit» 60 et quod «sem ­ per avarus eget» 61• Hic autem Polidorus fugat Eneam a Tracia quia amari tu do et labor querendi et conservandi pecuniam se­ pe absterret a querenda pecunia. Videns namque spiritus ra­ tionalis tantarum rerum sollicitudinem inesse avaris amaritu­ dinemque avaritie, abrenuntiat et immundum victum avaricie abhorret, dicens: nunc, nunc impensius ungue, ungue , puer, caules. Mihi festa luce coquatur urti ca et fissa fumosum sin cci pud aure 62 •

Transit ad Delon . Delos interpretatur claritas unde Sol De­ lius 63, id est clarus, dicitu r. Per han c intellige honestam vitam

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mercante pieno di zelo , via di corsa fino alla remota India

o alla sua custodia attentissima, e per questa ragione Orazio lo rimprovera: Ammassati ovunque i sacchi, ci dormi sopra a bocca a p erta e ti trovi costretto a non toccarli, quasi fossero cose sacre.

E così regna Polimèstore. Polidoro, poi, va interpretato come molta amarezza. Doris in greco è infatti amarezza in latino. Per questo nei miti si leg­ ge che Do ride è una dea marina, perché l'amarezza prevale nelle acque del mare. Questa interpretazione la espone Virgi­ lio, dicendo: Doride amara non mescoli teco le sue onde.

Questo Polidoro è sepolto in Tracia, perché molta amarezza è presente [19] nell'avarizia: che cosa veramente è più amara del fatto che l'avaro «cerca i beni e, misero, si astiene da quelli trovati e teme di usufruirne», e che «amministra tutto con ti­ midezza e freddamente» e che «cresce l' amore del danaro quanto cresce la stessa moneta» e che «sempre l'avaro è privo di qualcosa» ? Dunque, questo Polidoro allontana Enea dalla Traci a perché l'amarezza e l'affanno della ricerca e conserva­ zione del denaro spesso tengono lontani dal cercarlo. E infat­ ti lo spirito razionale, scorgendo che l'amarezza per tante an ­ sie è tipica degli avari, rinuncia e si allontana dall'esecrabile vi­ zio dell'avarizia dicendo: Su, su condisci con più abbondanza, condisci fanciullo l'insalata. [Ora] non mi può mancare l'ortica nei giorni felici e mezza testa affumicata con le orecchie fesse.

[Enea] perviene a Delo. Delo s 'interpreta come chiarezza, per questo il Sole è detto Delio, ossia splendente. Con [l'isola] in-

que Delos, id est claritas, dicitur qui a nichil clarius in ha c vi­ ta. Unde querenti quid sit summum bonum in hac vita re­ spondetur «honestas». In hac Apollo colitur quia in honesta vita sapientie servitur. Qui enim honeste vivi t, omnia agi t que­ cumque sapientia suggerit. Ibi regnat Anius «rex et sacerdos Phebi». Dicitur autem Anius quasi aneos, id est sine novitate: a enim sine, neos vero novum. Inde etiam Neoptolemus no­ vus miles et neomenia, id est nova luna. Anius vero sapiens di­ citur 64. Sapienti enim qui rerum usum et experientiam habuit nichil novum accidit. Hic est rex et sacerdos quia theologia di­ vina aperit et practica humana regit. Ex Tra ci a venerunt in Del o n qui a dimissa avaritie im ­ munditia venitur [2o] ad honestatem . Anius Eneam in epu ­ lis suscepit quia sapiens spiritum rationalem i n eruditioni­ bus reficit. Ab Appolline monetur ut «antiquam matrem requirat» . Antique due matres, id est due regiones, Creta scilicet et Ita­ lia, sunt duo Enee initia, natura corporis et anime. Per Cre­ tam enim intelligimus naturam corpoream , que est quoddam initium temporalis vite Enee. Et dicitur Creta per antifrasim quasi cresis theos, id est divinum iudicium . Male enim cor­ porea natura iudicat de divinis dum ea temporalibus postpo­ nit. Per Italiam , que incrementum interpretatur, natura divi­ na accipitur que est rationalitas, immortalitas , virtus, scientia. Hanc iubetur requirere ab Appolline, id est a sapientia. Mo­ net enim sapientia ut id quod divinum habet amet. Sed quia Eneas erra t in ora culo 65, cum iubetur ire in Italiam , querit Cretam . In oraculo Apollinis erratur hoc modo: Querit Sa­ pientia ab homine ut in Boetio legitur 66 an aliquid se pretio­ sius habeat. Qui cum respondet «minime», iubetur ut in se ipso beatitudinem querat. Qui intelligens «in se», id est «in natura sui corporis», non «in se», id est «in natura spiritus», descendit totus in voluptates carnis. Atque ita Eneas cum iu-

tendi la vita onesta, che è detta Delos, ossia chiarezza, perché nulla di più radioso esiste in questa esistenza. Ne consegue poi che a chi domanda quale sia il sommo bene nella vita si ri­ sponda «l'onestà». In questa [Delo] si venera Apollo, perché nella vita onesta si ubbidisce alla sapienza. Chi infatti vive one­ stamente fa tutte le cose che gli suggerisce la sapienza. Qui re­ gna Anio, «re e sacerdote di Febo [Apollo]». Anio è poi detto come aneos, cioè senza novità: a infatti vale senza, neos invece nuovo. Da qui [deriva] anche Neottòlemo, soldato nuovo, e neomenia, cioè luna nuova. Anio, in vero, è detto sapiente. Al sapiente infatti, che ha esperienza e pratica delle cose, non ac­ cade nulla d'imprevisto. Costui è re e sacerdote, perché la teo­ logia dischiude le cose divine e la prassi governa quelle umane. Dalla Tracia [i Troiani] vennero a Delo perché, dimesso l'abito turpe dell'avarizia, [2o] si giunge all'onestà. Anio rice­ ve Enea con banchetti, dato che il sapiente ritempra lo spiri­ to razionale tramite pensieri ponderati. È ammonito da Apollo perché «ritrovi l'antica madre». Le due antiche madri, cioè le due regioni, ossia Creta e l'Italia, so­ no le due scaturigini di Enea, vale a dire la vita del corpo e quel­ la dell'anima. Infatti con Creta intendiamo la natura corporea, che è, per così dire, l'inizio nel tempo della vita di Enea. Ed è chiamata Creta per antifrasi, come se fosse cresis theos, cioè giu­ dizio divino. Infatti la natura del corpo giudica male le cose di­ vine quando le pospone alle cose terrene. Con l'Italia poi, da in­ terpretarsi quale incremento [spirituale] , intendiamo la natura dell'anima che è razionalità, immortalità, virtù, scienza. Questa [terra] è richiesto sia raggiunta da Apollo, ossia dalla sapienza. La sapienza, infatti, suggerisce di amare ciò che in essa c'è di di­ vino. Ma perché Enea erra nell'interpretare l'oracolo, quando gli ordina di andare in Italia, raggiunge Creta. Riguardo all'ora­ colo di Apollo, si erra così: chiede la sapienza all'uomo, come si legge in Boezio, se abbia qualcosa di più prezioso di sé. Ri­ spondendo questi «no, di certo», gli ordina che ricerchi la bea­ titudine in se stesso. Capendo «in sé», ossia nella natura del suo corpo, non «in sé», ossia «nella natura dello spirito», tutto si proietta nella voluttà carnale. E proprio così Enea, pur essen7I

betur ire in Italiam, venit Cretam . Sed quia ibi regnare ne­ quit, monetur a diis quos secum portat ut discedat. Quamdiu enim spiritus in natura carnis bonum suum querit, tam diu non imperat, potius servit 67 tot dominis quot vicii s . Ideo scientie et virtutes quas divina mens secum portat eum mo­ nent ut carnem fugiat. Venit ad Strophades . Stropha interpretatur conversio 68, idor autem aqua; unde etiam ydromantia divinatio in aqua. Inde Strophades, aquarum conversiones, insule sic diete sunt quia aquas in vertiginem rotant. Per has accipimus re­ volutiones vitiorum; per aquas enim vicia intelligimus que [21] sunt Enee naufragia. Dicuntur insule, id est in salo huius vite site. Ad has dum a Creta in Italian tendit, compellitur Eneas tempestatibus. Dum enim a natura carnis ad spiritua­ lem tendit, tempestatibus, id est commotionibus carnis con ­ tra irruentib us, reducitur ad regressum in vitia. Veluti si luxuriosus ad puritatem vite p roponat venire, oritur com ­ motio carnis que eum ad revolutiones in luxuriam compellit. Hec autem est commotio: Cogitat quanta sit arduitas in celi­ be vita et quanta voluptas carnis in luxuria. Qua cogitatione ad revolutionem in luxuriam compellitur. Itaque dum tendit Eneas a Creta in Italiam , ad Strophades insulas compellitur tempestatibus. De Harpiis autem quas ibi invenit dicemus in sexto. Videt Ciclopas. Ciclopas dicitur quasi cyclopolis, id est cir­ culorum pluralitas 69, guam intelligimus esse girovagationum multitudinem guam patiuntur adolescentes. Videt Polifemum . Cui oculum Ulixes effodit et Achimenidem ibi reliquit. Ulixes naves suas applicuit insule in qua filiam Solis Cir­ cem invenit que poculis suis socios illius mutavit. Que Ulixes Mercurii consilio refutavit ideoque immutatus mansit. Hanc autem consilio eiusdem fugiens Ethne navem applicuit. Ibi Poliphemum monoculum invenit. Eius in ultionem sociorum

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dogli ordinato di andare in Italia, giunse a Creta. Ma poiché qui non può regnare, è ammonito dagli dei che porta con sé di ri­ partire. Infatti lo spirito, quanto più ricerca la sua soddisfazio­ ne nella natura carnale, altrettanto non comanda, anzi piuttosto serve a tanti padroni quanti sono i vizi. Pertanto le scienze e le virtù, che naturalmente arrecano doni divini, danno un monito per sfuggire la carnalità. [Enea] giunse alle Stròfadi. Stropha è da interpretarsi ri­ volgimento, idor poi acqua; così è chiamata idromanzia la di­ vinazione per mezzo dell'acqua. Quindi le Stròfadi, rivolgi­ mento d'acqua, sono isole così dette perché avvolgono le ac­ que in gorgo. Attraverso di esse comprendiamo le ambagi dei vizi; tramite le acque intendiamo i vizi, i quali [2r] sono causa dei naufragi di Enea. E sono dette isole, cioè [terre] poste nel mare di questa vita. Quando da Creta si dirige in Italia Enea è spinto dalle tempeste [verso queste isole] . Infatti quando dal­ la natura carnale tende a quella spirituale, è ricondotto indie­ tro verso i vizi dalle tempeste, ossia dalle irruenti passioni fisi­ che. Proprio come se, essendo lussurioso e proponendosi di giungere a una vita casta, nascesse uno stimolo carnale che lo spingesse a rivolgersi alla libidine. L'assillo del corpo è proprio così: pensa quanto sia difficile la vita di un celibe e quanta la voluttà carnale nella lussuria. Con questo pensiero è spinto ad avvilirsi nella libidine. E così, mentre Enea si reca da Creta in Italia, è spinto dalle tempeste verso le Stròfadi. Riguardo poi alle Arpie che vi trovò, ne parleremo nel sesto libro. Vede i Ciclopi. I Ciclopi sono detti come cyclopolis, ossia plu­ ralità di circoli, che comprendiamo essere la moltitudine d'incerti percorsi che sopportano gli adolescenti. Vede Polifemo, a cui Ulisse strappò l'occhio, lasciando in quella terra Achemènide. Ulisse fece approdare le sue navi nell'isola in cui trovò Cir­ ce, figlia del Sole, la quale, con le sue pozioni, mutò l'aspetto ai compagni dell'eroe. Questi seppe astenersene per monito di Mercurio, e pertanto fu esente da metamorfosi. Per suggeri­ mento del dio, fuggendo [la maga] , pervenne per nave [al mon­ te] Etna. Qui trovò il ciclope Polifemo. Gli cavò l'occhio per vendicarsi della morte dei suoi compagni, lasciando in quella 73

quos ille devoravit oculum effodit et Achimenidem i bi reli­ quit. Ulixes quasi olonsenos, omnium sensus 70, dicitur, id est sapiens, quia omnium peritiam habet. Iste navem, id est vo­ luntatem, appulit insule. Insula quasi "in salo posita " dicitur illa terra quam circumquaque collustrant maria. In hac regnat Circe, id est opulentia terrenorum, que dicitur [22] circes qua­ si cirocrisis, id est iudicium manuum, quia opulentia terreno­ rum de laboribus manuum 71 iudicatur. Filia Solis dicitur quia omnis opulentia ex semine eius, id est solis calore agente in terra, procreatur. Hec propinat pocula ex herbis, id est vo­ luptates ex temporalibus bonis, quibus socii Ulixis, id est so­ cii sapientis, id est insipientes, in beluam mutantur. Belua fit ex homine dum homo qui naturaliter rationalis et immortalis erat secundum animam nimia delectatione temporalium fit ir­ rationalis et mortalis. Qui enim magis est belua quam cui be­ lue diffinitio convenit? Qui est magis belua quam cui belue inest natura nec aliquid habet hominis preter formam? In di­ versa genera beluarum mutantur; quidam enim in suem, qui­ dam in leonem, quidam in canem , quidam in vulpem. Hoc manifeste exponit Boetius dicens: «Si in fedis immundisque li­ bidinibus immergitur sus habeatur; iracundia urgetur: leonis animum gestare credatur; linguam litigiis exercet: canis la­ trans est; insidiatar occultis fraudibus surripuisse gaudet: vul­ pecule mores exequitur» 72• Ulixes vero voluptates abiciens ra­ tionalis manet. De Mercurio cuius consilio hoc feci t in quarto dicemus. Dum autem hanc fugit ad Ethnam venit. Ethna est mons ignivomus altus mari suprapositus. Elatio per montem desi­ gnatur. Per hoc quod mons intus est plenus flammis et intus illis editur et foris illis vicina comburit figuratur elationem in ­ tus ardore iracundie inflatam ipso ardore consumi et exterius alias eodem ardore affici. In hoc monte est Polifemus. Polife­ mum quasi polimunta femum, id est perdentem famam, intel­ ligimus 73 [23 ] esse superbum . Nemo enim tante virtutis est quin statim ex qua superbi t famam sue virtutis merito perda t.

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terra Achemènide. Ulisse è detto come olonsenos, percezione di tutti, e rappresenta il sapiente, che di tutto ha esperienza. Questi attracca la nave, ossia la volontà, all 'isola. L'isola (qua­ si "posta nel mare " ) è quella terra che i mari circondano da ogni lato. Vi regna Circe, ossia la ricchezza delle cose terrene, detta [22] circes come cirocrisis, ossia giudizio delle mani, per­ ché la ricchezza delle cose terrene è indicata dai lavori ma­ nuali. È chiamata figlia del Sole perché ogni ricchezza nasce da quel seme, ossia dal calore solare che agisce sulla terra. Pro­ pina pozioni, tratte da erbe, cioè piaceri dai beni terreni, con le quali gli amici di Ulisse il sapiente, cioè gli insipienti, sono trasformati in bestie. La bestia nasce dall'uomo mentre que­ sti, naturalmente razionale e immortale riguardo all'anima, per troppo diletto dei beni terreni diventa irrazionale e mor­ tale. Chi è più bestia di colui al quale si adatta la natura ferina e non ha altro d'umano se non la forma? Sono trasformati in vari generi di bestie [i compagni di Ulisse] : uno infatti in maia­ le, uno in leone, uno in cane, uno in volpe. Questo fatto lo chiarisce limpidamente Boezio, dicendo: «Chi sprofonda tra sozze e immonde libidini è da ritenersi un maiale; chi è incal­ zato dall'iracondia sappia d'indossare l'anima di un leone; chi scioglie la lingua nelle dispute è un cane che latra; il pratican­ te di insidie nascoste gode di aver usato frodi e segue i costu­ mi di una piccola volpe». Ulisse invece rifiuta i piaceri, m an ­ tenendo la mente razionale. Quanto poi a Mercurio, per il cui consiglio fece questo, ne parleremo nel quarto libro. Mentre dunque sfugge costei, [Enea] raggiunge l'Etna. L'Etna è un grande monte vulcanico che domina il mare. Con il monte si designa l'altezza morale. Per il fatto che il monte all'interno è pieno di fiamme e se ne nutre, e fuori, per loro mezzo, brucia le cose vicine, rappresenta lo slancio verso l'al­ to, interiormente saturo del calore dell'iracondia e consuma­ to dal suo ardore, e all'esterno capace di colpire gli altri uo­ mini con la stessa vampa. In questo monte abita Polifemo. Po­ lifemo, come polimunta /emum, ossia chi perde la fama, [23] capiamo che è superbo. Nessuno infatti è di tale virtù che su­ bito, per il fatto d'insuperbire, non perda la ragione. È mo75

Monoculus est. Duos oportet hominem occulos ha bere, id est considerationem eternorum et temporalium. Superbus vero solam considerationem temporalium habet. Hic socios Ulixis devorat cum sibi insipientes conformat. Occulus acumine su­ dis eruitur dum nimia intentio et consideratio temporalium asperitate increpationis aufertur. Achemenides dicitur quasi acheremenes, id est sin e gau­ dio et hilaritate, quod est tristicia; quem effosso occulo Ulixes reliquit. Veniens Eneas ad Ethnam Achimenidem recipit. Spi­ ritus adolescentis ad elationem veniens tristiciam recipit. Do­ let enim quod aliquid si bi obstet quia «iura nega t si bi nata, ni­ chil non arroga t armis» 74. Sepelit patrem in Drepano. Drepanus quasi drimus pes, id est acerbitas puerilis 75, interpretatur que est iracundia que pueros maximo fervore solet infestare. In iracundia pater se­ pelitur cum oblivioni deus datur. Iracundi enim pene aposta­ tantur. Sepultura quedam oblivio est.

nocolo. È necessario che gli uomini abbiano due occhi, ossia la valutazione delle cose eterne e di quelle contingenti. Il su­ perbo ha però la sola misura della contingenza. Costui [Poli­ ferno] divora i compagni di Ulisse, assimilando a sé gli insi­ pienti. L'occhio viene strappato dalla punta aguzza di un palo quando l'esagerata osservazione e stima delle cose terrene è sottratta dalla durezza del rimprovero. Achemènide è detto come acheremenes, ossia senza gioia e benessere, e vale tristezza; ed è colui che Ulisse abbandona dopo aver strappato quell 'occhio. Enea, giungendo all 'Etna, accoglie Achemènide. Lo spirito dell 'adolescente, cercando l'ascesa intellettuale, accoglie la tristezza. Infatti si duole che qualcuno gli si opponga, perché «nessuna legge è ancor nata per lui, farà tutto dipendere dalle armi». [Enea] seppellisce il padre a Drepano. Drepano è da in ­ terpretare come drimus pes, ossia puerile immaturità, che è l'i­ racondia capace di tentare soprattutto i bambini, a causa del loro troppo fervore. Il padre è seppellito nell'iracondia, quan ­ do un dio è affidato all'oblio. Gli iracondi, infatti, quasi ab­ bandonano la fede e la sepoltura è come un oblio.

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Quartus Liber

AT REGINA ETC. : In hoc quarto volumine natura iuventutis ex­ ponitur mistice, sed prius summatim narrationem, deinde ex­ positionem ponamus. Sepulto patre venatum vadit. Tempestatibus actus in spe­ luncam cum Didone divertit ibique adulterium committit. Quam turpem consuetudinem consilio Mercurii deserit. Dido vero deserta in cineres excocta defficit et demigrat. [24] Manifeste ac mistica narratione iuvenilis natura de­ scribitur. Per hoc quod sepulto patre venatum itur quid aliud designatur quam quod obliviscens creatoris sui venatu et ce­ teris occupationibus vanis implicatur quod in iuventute con ­ tingit, ut ait Horatius: Imberbis iuvenis tandem custode remoto, gaudet equis canibus et aperti gramine campi 7 6 •

Tempestatibus et pluviis ad cavernam compellitur, id est com ­ motionibus carnis et affluentia humoris ex ciborum et po­ tuum superfluitate provenientis ad immundiciam carnis duci­ tur et libidinis. Que immundicia carnis cavea dicitur quia se­ renitatem mentis et discretionis obnubilat. Affluentia humo­ ris ciborum et potuum taliter ad libidinis immundiciam ducit. In decoctione humoris quattuor sunt: liquor, fumus, spuma, fex. Decoctis ergo humoribus ciborum et potuum in cacabo stomachi fumus inde progrediens et, ut natura levitatis exi­ git 77, ascendens ascendendo et per arterias colando rarior fac-

Quarto libro

MA GIÀ LA REGINA ECC. In questo quarto libro si presenta, al­ legoricamente, la natura della giovinezza, ma prima registria­ mo il sommario degli eventi, poi l'esposizione. Sepolto il padre, [Enea] si reca a caccia. Spinto da tempe­ ste, si rifugia con Didone in una grotta e vi commette adulte­ rio. Questo turpe rapporto, per consiglio di Mercurio, lo ab­ bandona. Didone poi, abbandonata, muore e trapassa, ridot­ ta in cenere. [24] Chiaramente, con narrazione allegorica, si descrive la natura della giovinezza. Con il fatto che, sepolto il padre, [Enea] si reca a caccia, null'altro s'indica se non questo: di­ mentico del suo creatore, si occupa della caccia e di altre va­ ne incombenze, come accade in gioventù, secondo le parole di Orazio: Il giovane imberbe, mentre il maestro è lontano, trova da divertirsi con i cavalli, i cani e l' erba del campo aprico.

Dalle tempeste e piogge è spinto alla caverna, cioè è condotto dagli stimoli della carne e dall'afflusso dell'umore provenien ­ te dal superfluo dei cibi e delle bevande al peccato carnale e alla libidine. Questo peccato è detto caverna, perché opaciz­ za la serenità della mente e dell'equilibrio [etico] . Infatti l' af­ flusso dell'umore contenuto nei cibi e nelle bevande porta a tale corruttela. Nell'assimilazione vi sono quattro umori: quel­ lo liquido, il volatile, la spuma e la feccia. Dopo aver assorbi­ to, dunque, gli umori del cibo e delle bevande nell 'ansa dello stomaco, quello volatile poi esige, da lì muovendo per la na­ tura della sua stessa leggerezza, di salire; e salendo e filtrando 79

tus ad cerebrum venit et animales virtutes facit. Liquore vero membra coalescunt. Fex vero per inferiores meatus in seces­ sum emittitur; spuma vero partim per sudores partim per fo­ ramina sensuum fluit. Cum autem spume nimia est superflui­ tas, quod contingit in crapulosis comestionibus et ebrietati­ bus, per virilem virgam quia ventri proxima est et subdita in sperma, id est semen virile, conversa emittitur 78 • Purgatur enim venter per membrum proximum et subditum. Unde le­ gitur Venerem de spuma maris natam et ideo proprie vocatam esse afroden 79• Itaque ducunt pluvie Eneam ad caveam iungi­ turque Didoni et diu cum ea moratur. Non revocant eum tur­ pia preconia fame quia iuventus libidine irretita nescit Qui d pulchrum, qui d turpe, qui d utile , qui d

non

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[25] Tandem post longam monetur hiemem a Mercurio ut di­ scedat. Per Mercurium aliquando accipis stellam, aliquando elo­ quentiam : stellam ut in ea fabula in qua legis Venerem adul­ teratam cum Mercurio 81 per hoc quod intelligis stellas illas in accessu suo effectus suos iungere; eloquentiam ubi Mercurius Philologie connubium querit 8 2. Eloquentia enim nisi iungatur sapientie parum prodest, immo etiam obest 8 3• Atque ideo de­ pingitur avis vel canis quia sermo cito currit. Dicitur virgam gerere qua serpentes dividit quia habet interpretationem qua rixantes et venenum verborum effundentes secernit. Furto di­ citur preesse quia animos audientium fallit. Mercatoribus preest quia eloquentia a se merces extrudunt vendentes. Un­ de dicitur Mercurius quasi mercatorum kirios, id est deus, vel Mercurius, id est medius discurrens, vel Mercurius, mercato­ rum cura, vel Mercurius, mentium currus, quia excogitata

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per le arterie, divenuto più rado, perviene al cervello e costi­ tuisce le virtù animali. A causa dell'umore liquido, le membra prendono assieme vigore. La feccia poi è espulsa per mezzo del condotto posteriore, mentre la spuma fuoriesce in parte attraverso la sudorazione, in parte attraverso i meati dei sensi. Quando inoltre è troppa l'eccedenza della spuma, fatto che avviene nel caso di cibi eccessivi e di ubriachezza, questa è emessa attraverso il membro virile, perché è prossima al ven­ tre e sua tributaria, e mutata in sperma, ossia in seme dell'uo­ mo. Infatti il ventre si purga tramite un organo contiguo e di­ pendente. Per questo motivo si legge che Venere è nata dalla spuma del mare, e proprio per tale ragione chiamata a/roden. E così le piogge conducono Enea alla caverna e si unisce a Di­ done, restando a lungo avvinto a lei. Non lo richiamano [al dovere] le tristi dicerie diffuse dalla fama, perché la gioventù, irretita dalla libidine, non cerca affatto che cosa sia bello , turpe, utile e cosa non lo sia.

[25] Finalmente, dopo un lungo inverno, è ammonito da Mer­ curio perché riparta. Con Mercurio devi intendere ora il pianeta, ora l'eloquen ­ za: il pianeta come in quella favola dove leggi di Vene re con ­ giunta a Mercurio, da cui devi arguire che quei pianeti, in con ­ giunzione, hanno le loro influenze; l'eloquenza come in quel­ la favola dove Mercurio chiede in sposa Filologia. L' eloquen­ za, infatti, se non è unita alla sapienza, giova a poco, anzi, a di­ re il vero, nuoce. Proprio per questo la si rappresenta come uccello o cane, perché il discorso corre via veloce. Si dice che [Mercurio] porti il caduceo con cui separa i serpenti, perché possiede un giusto criterio con cui dividere le persone in ris­ sa che spandono i veleni della parola. Si afferma che tuteli il furto, perché inganna gli animi di coloro che ascoltano. Pro­ tegge i mercanti, perché sanno liberarsi della merce con l'elo­ quenza, vendendola. Per tale ragione Mercurio è detto come kirios dei mercanti, ossia dio, o Mercurio, ossia colui che cor­ re nel mezzo, o Mercurio, protettore dei mercanti, o Mercu81

profert. Unde etiam Hermes dicitur, id est interpres. Herme­ nia enim est interpretatio 84 . Hic monet et increpat Eneam quia invenit eum ad utile propositum non respicientem quia «Utilium tardus provisor» est et «prodigus eris» 8 5. Increpat Mercurius Eneam ora tione alicuius censoris. Di­ scedit a Didone et desuescit a libidine. Dido deserta emoritur et in cineres excocta demigrat. Desueta enim libido defficit et fervore virilitatis consumpta in favillam, id est in solas cogita­ tiones, transit.

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rio, carro delle menti, perché esterna le cose pensate. E mol­ to bene è detto anche Hermes o interprete. Hermenia vale in ­ fatti interpretazione. Questo [dio] ammonisce e rimprovera Enea perché lo trova incapace di rispondere a un utile proposito [morale] , dato che è «tardo nel provvedere alle cose utili» e «prodigo di vento». Mercurio rimprovera Enea con il discorso di un censore. [L'eroe] si allontana da Didone, cioè si rende indifferente al­ la libidine. Didone, lasciata, muore, e se ne va in ceneri com ­ buste. Infatti la libidine non praticata vien meno e, consunta dal fervore della virilità, svanisce in faville, ossia in m ere fan­ tasticherie.

Liber Quintus

INTEREA ET CETERA: In hoc quinto volumine incipit de natura virilis etatis. N arratur quod Eneas certamina instaura t. Com­ buruntur naves. [26] Monetur ut ad inferos descendat visurus patrem . Moritur Palinurus. Quattuor certamina, dimissa Didone, ad honorem patris celebrat quia dimissa luxuria quattuor virtutum exercicia in virili etate deo immolat. Per moderantiam namque navium accipimus temperantiam que est moderatrix omnium volup­ tatum 8 6• Precedi t autem hoc certamen quia in assequendis virtutibus priorem oportet habere moderationem. Hec est enim que vitia prohibet, que necessario precedit alias virtu ­ tes . Est enim temperantia rationis in libidinem atque in alias non rectos animi motus moderatio. Per certamen cestuum quod plumbi massa geritur accipe fortitudinem qua pondus laboris profertur. Est enim fortitudo considerata periculo­ rum susceptio et laborum perpessio. Per ludum vero eque­ s t rem vel p e d e s trem quo e q u o r u m vel h o m i n u m c o m ­ prehenditur velocitas accipe prudentiam qua rerum mutabi­ lium cursus et instabilitas dinoscitur. Item in cursu quidam videntur sequentes, quidam fugientes : ita et prudentia di­ scernitur que sint fugienda, que sequenda. Est enim pru­ dentia rerum bonarum et malarum utrarumque discretio 8 7. Per certamen in quo spicula eminus mituntur intellige iusti­ ciam per quam nociva longe removentur. Est namque iusti­ cia virtus conservata communi utilitate suam cuique tri­ buens dignitatem .

Quinto libro

FRATTANTO ECC. In questo quinto libro s'inizia a parlare del­ l' età virile. Vi si narra che Enea inizia gare [funebri] . Le navi sono incendiate. [26] È invitato a scendere agli inferi per ri­ vedere il padre. Palinuro muore. Allontanata Didone, celebra in onore del padre quattro gare, cioè, abbandonata la lussuria giovanile, sacrifica a dio, nell 'età matura, la pratica di quattro virtù. E infatti con il blocco delle navi abbiamo inteso la temperanza che sa trat­ tenere tutti i piaceri. Si pone infatti per prima questa gara, perché, nel perseguire le virtù , occorre avere innanzitutto la moderazione. Questa [virtù] è quella che reprime i vizi, e di necessità precede le altre. La temperanza è infatti il control­ lo della ragione riguardo alla libidine e agli altri moti scom­ posti dell'anima. Attraverso la gara di pugilato - i guantoni portano una massa offensiva di piombo - puoi percepire la fortezza, grazie alla quale si sopporta il peso della fatica. La fortezza è considerata cosciente acquisizione di cimenti e sopportazione di fatiche. Quanto poi alle corse a cavallo o a piedi, destinate a valutare la velocità di uomini e cavalli, de­ vi intendere la p rudenza, con la quale si riconosce il corso delle cose contingenti e la loro instabilità. Per di più nella corsa alcuni si vedono fuggire, altri inseguire: proprio così la prudenza mostra le cose da evitare e da perseguire. La pru­ denza è infatti comprensione attenta delle cose buone para­ gonate alle cattive. Con la gara nella quale si scoccano le frec­ ce di lontano intendi la giustizia, per il cui tramite eventi no­ civi sono rimossi da lungi. E infatti la giustizia è una virtù conservata per l'utilità comune e capace di attribuire dignità a ciascuno secondo i propri meriti.

Comburuntur naves. Dum bee certamina fiunt Troiane matres instigante Iri sub forma Beroes naves incendunt quia dum in virtutibus spiritus exercetu r carnis fragilitates que sunt Troiane mulieres Enee familiaritatem et consortium ab­ nuentes voluntates honestas que in Italiam , id est incremen ­ tum, deferre volunt ardore libidinis violare presumunt. [27] Y ri suadente bee fiunt. Per Irim diversicolorem et so­ li oppositam figuratur sensus qui quidem diversis speciebus et potentiis est distinctus et rationi contrapositu s . Habet enim sensus vim percipiendi formam, colorem, amaritudi­ nem, percipiendi dulcedinem , percipiendi asperitatem, per­ cipiendi lenitatem, percipiendi spissitudinem, percipiendi te­ nuitatem, percipiendi sonorum concentum vel discordiam . Rationi in hoc perpenditur esse contrapositus quod quemad­ modum in Boeti o legis 88 , ratio universalitatem, sensus vero solam singularitatem capit. Itaque sensum multiformem et rationi contrapositum intelligimus per Irim multicolorem et soli oppositam. Quod autem sensus rationi sit oppositus te­ statur Plato in Thimeo dicens «diversam naturam concretio­ ni et adunationi generum repugnare» 8 9• Suasu autem sensus honeste voluntates corrumpuntur quia sensus ad sola sensi­ bilia nos hortatur. Sub forma Beroes: Beroe interpretatur ordo veritatis 9 0 , que est ratio que verum ordinem in rebus capit dum deum pri­ mum, angelum secundum, hominem tertium , brutum animai quartum, corpus animatum et non sensibile ut sunt herbe et arbores quintum, inanimatum vero ultimum iudicat. Sub eius forma est sensus dum bee suadet quia rationalibilis creditur cum non sit. Monetur imagine patris ad inferos descendere visurus ibi patrem, id est cogitatione quadam imaginaria quam de crea­ tore habet. Non enim perfectam potest habere cum deus in­ circumscriptus sit cogitatione. In qua ille monetur ut ad mundana per cognitionem descendat ibique videbit patrem quia quamvis celsa inhabitet, tamen ex comparatione et ex

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Sono bruciate le navi. Mentre awengono queste gare, le donne troiane, per istigazione d'Iride sotto l'aspetto di Be roe, incendiano le navi, perché mentre lo spirito si tempra in que­ sti virtuosi cimenti, la fragilità della carne, ossia le donne troia­ ne, rifiutando la consuetudine e il legame con Enea, vogliono portar via e presumono di violare con sensuale libidine le le­ gittime aspirazioni che le conducono in Italia, ossia verso l'in­ cremento [morale] . [27] Questi fatti awengono per suggerimento d'Iride. Con Iride dai molti colori e opposta al sole è rappresentato il sen ­ so, il quale pure è distinto in diverse guise e potenze e con ­ trapposto alla ragione. Infatti il senso ha la facoltà di percepi­ re forma, colore, amarezza , dolcezza, dolore, ruvidezza, li­ sciezza, grossezza, sottigliezza, accordo o dissonanza di suoni. Lo si vede contrapposto alla ragione in questo, che, come leg­ gi in Boezio, la ragione può afferrare l'universale, ma il senso la sola particolarità. Pertanto con Iride multicolore e opposta al sole intendiamo il senso polimorfo e contrapposto alla ra­ gione. Il fatto poi che il senso sia opposto alla ragione lo pro­ va Platone nel Timeo dicendo che «la natura del diverso con­ trasta alla commistione e all'unione dei generi». In realtà, per dare retta al senso, gli onesti desideri si corrompono, perché questo ci conduce alle sole cose materiali. In forma di Beroe. Beroe è da interpretare come ordine del vero, ossia il modo razionale che sa cogliere la giusta compa­ gine delle cose, quando giudica al primo posto Dio, l'angelo al secondo, l'uomo al terzo, l'animale bruto al quarto, il cor­ po animato e non sensibile - come sono le erbe e gli alberi al quinto e l'inanimato per ultimo. Sotto questa forma è il sen ­ so mentre suggerisce tali [strutture] , perché si crede raziona­ le mentre non lo è. [Enea] è invitato dal fantasma paterno a discendere agli in ­ feri per vedervi il padre, ossia tramite una certa meditazione immaginosa che ha del creatore. Non può infatti averla per­ fetta, perché Dio non è circoscritto dal pensiero. Con la visio­ ne è ammonito a calarsi con la sapienza nelle cose mondane e ivi vedervi il padre, perché, per quanto abiti nei cieli, tuttavia

fragilitate rerum temporalium potest cognitio creatoris ha­ beri. Quamvis enim non sit in creaturis, pater, scilicet crea­ tar, cognitione tamen creaturarum cognoscitur. Ideoque iu­ betur apud inferos querere patrem licet celsa [28] inhabitet. De inferis autem et de descensu in sexto dicemus. Tunc moritur Palinurus nauta. Palinurus dicitur quasi pa­ lans noron , id est errabundus visus 9 1 • Hic hactenus n a ves Enee duxit, id est voluntates, sed dum ammonetur Eneas vi­ dere patrem, moritur Palinurus, id est demigrat errabundus VlSU S .

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può avere cognizione del creatore in modo analogico e attra­ verso le cose frali del mondo terreno. Benché il padre, ossia il creatore, non sia infatti nelle cose create, tuttavia si può co­ noscerlo per loro tramite. E così gli è consigliato di cercare il padre negli inferi, sebbene abiti in luoghi [28] supremi. Degli inferi e della discesa in essi diremo nel sesto libro. Allora muore il nocchiero Palinuro. Palinuro è detto come palans noron, ossia incerta capacità visiva. Costui ha condotto fino a questo punto le navi di Enea, ossia le volontà, ma men ­ tre Enea è impegnato a vedere il padre, Palinuro muore, cioè si allontana la sua incerta capacità di discernere.

Liber Sextus

SIC FATUR) ETC. Quoniam in hoc sexto volumine descensus Enee ad inferos enarratur, idcirco in primis de locis infero­ rum et de descensu intueamur et quia profundius philo­ sophicam veritatem in hoc volumine declarat Virgilius, ideo non tantum summam, verum etiam verba exponendo in eo diutius immoremur. Antequam philosophia ad id vigoris adolesceret, theologie professores aliud esse inferos quam corpora humana negave­ runt. Inferos autem corpora dixerunt eo quod in rebus nil aliud inferius invenerunt92. Eorum enim que sunt quedam sunt spiritus , quedam sunt corpora, quedam spirituum vel corporum accidentia. Spiritu vero corpus esse inferius evi­ dentissimum est cum spiritus rationalis et immortalis et indi­ visibilis si t, corpus vero mortale, irrationale si t atque divisi bi­ le. Iterum spiritus regi t, corpus regi tu r. Accidenti bus etiam in ­ ferius est cum illa sint incorporalia atque, ut ait Boetius, im­ mutabilem substantiam sui sortita 93. Itaque corpus inferius spiritibus et accidentibus. Corporum item quedam sunt cele­ stia, quedam caduca. Sed caduca que sunt dissolubilia quis non videat tum loco tum etiam natura esse inferiora? Cadu­ corum item quedam sunt hominum, quedam bestiarum , que­ dam herbarum vel arborum , quedam inanimata. Humanum vero [29] reliquis est inferius: bestiali quia corporea bona maiora sunt in eo quam in humano. Non enim, ut ait Boe­ tius 94, elephantos mole, tauros robore, tigrides velocitate prei­ bimus. Arboreis item corporibus inferius est humanum quia

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Sesto libro

COSÌ DICE ECC. Dato che in questo sesto libro si narra la disce­ sa di Enea agli inferi, proprio per tale motivo cerchiamo di comprendere, innanzitutto, che cosa sono i luoghi infernali e il senso della discesa; e poiché Virgilio nel presente libro di­ chiara con maggior profondità il vero filosofico, soffermia­ moci più a lungo su di esso, esponendone non solo la sintesi d'assieme, ma anche le parole. Prima che la filosofia giungesse a maturare con tanta for­ za, i maestri di teologia negarono che gli inferi fossero qual­ cosa di diverso dai corpi umani. Definirono inferi i corpi per il fatto che non trovarono null'altro di più vile. Infatti delle co­ se esistenti alcune sono spiriti, altre corpi, altre ancora acci­ denti degli spiriti o dei corpi. Che il corpo sia più vile dello spirito è evidentissimo, dato che lo spirito è razionale, im­ mortale e indivisibile, mentre il corpo è mortale, irrazionale e divisibile. Del resto, poi, lo spirito governa, il corpo è gover­ nato. È anche più vile degli accidenti, dato che quelli sono in ­ corporei e, come dice Boezio, hanno avuto in sorte un'immu­ tabile sostanza. E pertanto il corpo è inferiore agli spiriti e agli accidenti. Similmente, alcuni corpi sono celesti, altri caduchi. Ma quelli caduchi, che sono soggetti a dissolversi, chi non ne vede l'inferiorità sia per il luogo gerarchico occupato, sia per la loro stessa natura? Alcuni dei corpi caduchi sono quelli pro­ prio degli uomini, alcuni delle bestie, altri delle erbe o degli alberi, altri ancora degli esseri inanimati. Il corpo invero [29] degli uomini è più vile degli altri: della bestia perché le sue do­ ti fisiche sono maggiori che nell'uomo. Come dice Boezio, noi non sorpassiamo per mole gli elefanti, per forza i tori, per ve­ locità le tigri. Il corpo umano è egualmente inferiore agli al91

arbor si precisa fuerit rursus virescit et rami eius pullulant. Inanimatis vero inferius est humanum corpus. Inter inanima­ ta namque quid fragilius est vitro, quo etiam humanum cor­ pus inferius est: corpus enim humanum et violenta collisione et morbo et senectute interire potest, illud autem collisione, nec morbo nec senectute. Cum itaque nil sit inferius humano corpore, infernum id appellaverunt. Quod autem legimus in inferis animas coactione teneri quadam a spiritibus carcera­ riis, hoc idem dicebant pati anime in corporibus a viciis. Quattuor etiam fluvios in eis assignabant: Flegetontem ar­ dores irarum, Leten oblivionem mentis maiestatem sue divinita­ tis obliviscentis, Stigem autem odium, Acherontem tristiciam 95• Hoc quidem verum est hec esse inferos, hec vero sola fal­ sum. Alii vero mundum in duo dividebant: superius et infe­ rius; superius aplanen 96 quod Greco nomine paradisus dici­ tur, Latine vero ortus quia ab eo res oriuntur, Ebraice vero Eden quod Latine possumus dicere delicie eo quod animarum constat ibi esse delicias sitas; quod infra aplanon est, id est in­ ferius, istam scilicet caducam et inferiorem regionem, inferos dixerunt. Qualiter autem in hac regione sin t que apud inferos mistice legimus esse sequentia exponentes docebimus. [3o] Descensus autem ad inferos quadrifarius est: est au­ tem nature unus, virtutis alius, vicii tercius, artificii quartus. Naturalis est nativitas hominis: ea enim incipit naturaliter ani­ ma esse in hac caduca regione atque ita in inferis descendere atque a divinitate sua recedere et paulatim in vitium declina­ re et carnis voluptatibus consentire; sed iste omnium commu­ nis est. Est autem alius virtutis qui fit dum sapiens aliquis ad mundana per considerationem descendit, non ut in eis inten­ tionem ponat, sed ut eorum cognita fragilitate, eis abiectis, ad invisibilia penitus se convertat et per creaturarum cognitio-

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beri, dato che se un albero è troncato subito riprende le fron­ de e i suoi rami pullulano di vita. Il corpo umano è più vile del­ le cose inanimate: tra di esse, infatti, non c'è cosa più fragile del vetro, eppure il corpo umano gli è inferiore; infatti esso può perire per un colpo violento, per malattia o per vecchiaia, il vetro per un urto, ma non per malattia o vecchiaia. Pertan ­ to, non esistendo alcunché di più vile del corpo umano, lo chiamarono inferno. Quanto poi al fatto che leggiamo pure come le anime negli inferi siano tenute in un' apposita prigio­ nia da spiriti carcerieri, ebbene proprio lo stesso si dice che patiscono le anime nei corpi per via dei vizi. Negli inferi [la tradizione] pone quattro fiumi: Flegeton ­ te, l 'ardore dell'ira, Lete, l'oblio della mente dimentica della maestà della sua divina origine, Stige, l'odio, e infine Ache­ ronte, la tristezza. È poi vero che gli inferi sono queste cose, ma è falso che si limitino a tanto. Altri infatti dividono il mondo in due parti, la superiore e l'inferiore; la sfera superiore, detta aplanes, che in greco vale paradiso, in latino invece nascita, perché da essa le cose hanno origine, in ebraico poi Eden, che possiamo dire in latino piaceri, per il fatto che lì risulta siano situate le delizie spirituali; quanto è al di sotto dell' aplanes, cioè inferiore, ossia questa regione caduca e infima, la definirono inferi. In quale modo stiano in tale spazio quelle cose che leggiamo allegorica­ mente negli inferi, lo spiegheremo esponendo il seguito. [3o] La discesa agli inferi, poi, è quadruplice: ve n'è una secondo natura, un'altra secondo virtù, una terza secondo il vizio, una quarta secondo sacrificio. Quella naturale riguarda la nascita dell'uomo: inizia naturalmente l'anima a essere in questa regione caduca e poi a discendere agli inferi, allon t a­ nandosi così dalla sua essenza divina e a poco a poco scivo­ lando nel vizio e concedendosi alle voluttà carnali; ma questa discesa è comune a tutti. C'è poi un'altra discesa, secondo virtù, che avviene allorché il sapiente s'inoltra nelle cose mon ­ dane per ragione cognitiva, non per parvi cura speciale, ma perché conosciutane la fragilità, e dopo averle rigettate, si con ­ verta profondamente e conosca con più forza il creatore tra93

nem creatorem evidentius cognoscat. Sed hoc modo Orpheus et Hercules qui sapientes habiti sunt descenderunt. Est vero tercius vitii, qui vulgaris est, quo ad temporalia pervenitur at­ que in eis tota intentio ponitur eisque tota mente servitur nec ab eis amplius dimovetur. Taliter Euridicem legimus descen­ disse. Hic autem irrevocabilis est. Quartus vero artificialis est dum nigromanticus aliquis artificio nigromantico per aliquod execrabile sacrificium demonum petit colloquium eosque de futura consulit vita 97. Secundus ergo et quartus descen sus in hoc volumine maxime notantur. Nam quantum ad historiam, secundum ul­ timum Eneas ad inferos descendit et Misenum demonibus mactavit eorumque cum Sibilla, vate Cumena, colloquium pe­ ti t atque de future vite casibus quesivit. Secundum autem de­ scensum per integumenti figuram descriptum monstrabimus. Priusquam historiam expon amus, principium integumenti consideremus. Amisso Palinuro succedit Eneas gubernaculo et appellit naves nemori Trivie et auratis tectis. Tunc mittit Achatem ad Sibillam qui missus Sibillam adducit. Expositio: Relicto erra­ bundo visu incipit rationalis spiritus voluntatem suam ratio­ ne que est gubernaculum regere a quibusdam eam [31] echi­ bendo et ad quedam propellendo et tunc appellit classem ne­ mori Trivie, id est applicat studiis eloquentie voluntatem . Eloquentia est scientia formans suum lectorem ad congruam agnitorum prolationem. Hec autem Trivia 9 8 dicitur quia tri­ bus viis, id est tribus artibus, ad eam incedimus. Ut enim per­ fecta habeatur eloquentia, primo oportet scire loqui absque soloecimo et barbarismo quod per gramaticam fit. Dein ­ de sic loquendo oportet scire aliquid probare vel improbare quod fit per dialeticam. Adhuc necessarium scire persuadere vel dissuadere: possunt enim auditores grammatica oratione aliquid intelligere, dialetica pro ba tione de eodem certi esse et tamen illud nolle: ideo necessaria est retorica persuasio. Ita­ que gramatica inhitium eloquentie, dialetica dicitur provec-

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mite la piena coscienza delle creature. Secondo questo mo­ dello Orfeo ed Ercole, noti come sapienti, discesero agli infe­ ri. C'è poi quella terza discesa secondo il vizio che è comune, con la quale si giunge alle cose terrene e vi si pone ogni cura servendole con la totalità dell'intelletto, senza allontanarsi più di tanto da loro. In tal modo leggiamo che discendesse Euri­ dice. Questa poi è senza ritorno. La quarta è quella artificiale, quando un qualche mago, per incantesimo stregonesco, me­ diante un esecrabile sacrificio, cerca il colloquio dei demoni e li interroga sulla vita futura. Dunque la seconda e la quarta di queste discese sono pre­ senti soprattutto in questo libro. Infatti, stando alla storia, se­ condo l'ultimo tipo, Enea discese agli inferi e consacrò Mise­ no ai demoni, e chiese il colloquio con la Sibilla, profetessa cumana, domandando i casi della vita futura. Mostreremo il secondo tipo di discesa descritto secondo l'allegoria. Prima di esporre la storia, consideriamo il principio dell'allegoria. Perduto Palinuro, Enea gli succede al timone e guida le na­ vi al bosco di Trivia e ai tetti dorati [del tempio] . Allora invia Acate come ambasciatore alla Sibilla, che la riporta con sé. Esposizione: lasciata la visione imperfetta, lo spirito razionale inizia a guidare la sua volontà, tramite il raziocinio che è il ti­ mone, impedendole [31] certe [suggestioni] e sollecitandola ad altre, e allora conduce la flotta al bosco di Trivia, ossia ap­ plica la volontà agli studi dell'eloquenza. L'eloquenza è una scienza che forma il suo adepto a un'opportuna esposizione degli [argomenti] conosciuti. Costei è poi detta Trivia poiché vi approdiamo per tre vie, ossia mediante le arti. Perché infatti si abbia una perfetta eloquenza, occorre innanzitutto parlare senza solecismi e barbarismi, e questo avviene con la gram ­ matica. Poi, parlando così, occorre conoscere [l'argomento] , approvarlo o confutarlo: e questo avviene attraverso la dialet­ tica. Fin qui è necessario sapere, persuadere o dissuadere: di­ fatti gli ascoltatori possono capire qualcosa con un discorso grammaticalmente corretto, essere certi riguardo ad essa con l'assenso della dialettica, e tuttavia non volerla: pertanto è in ­ dispensabile anche la persuasione retorica. Così la grammati95

tus, rethorica perfectio atque ideo dicitur eloquentia Trivia. Nemora eius in quibus colitur sunt ille artes vel libri in qui­ bus bee scientia docetur. Aurea vero tecta sunt quattuor ar­ tes matheseos in quibus philosophia continetur que per au­ rum intelligitur. His navis Enee appellitur, id est voluntas Enee applicatur et prius grammatice, deinde in ordine aliis. Achates quasi a chere ethis interpretatur, id est tristis con­ suetudo 99• A enim sin e, chere leticia, ethis mos vel consuetu­ do. Hoc autem est studium quia ipsum est consuetudo et tri­ stis . Unde etiam diffinitur sic: «Studium est vehemens et as­ sidua animi applicatio ad aliquid agendum cum summa vo­ luntate» 1 00 • Quid enim aliud est assiduitas quam consuetu­ do? Quid aliud vehementia quam tristicia? Sibilla vero quasi scibule 1 01, id est divinum consilium, quod accipimus esse in­ telligentiam, que dicitur consilium quia per eam homo sibi consulit. Dicitur divinum quia intelligentia non est aliud quam divinorum comprehentio. Achates missus per nemora ducit Sibillam quia studium in artibus exercitatum adducit in telligen tiam . [32] His premissis ad litteram accedamus. LACRIMANS: La­ crimatur Eneas de discessu Palinuri. Quia consueverat erra­ bundo visui obedire et consuetudo est quasi altera natura 1 0 \ ideo non facile perfert demigrationem eius. Cuius enim io­ cundus est usus, eiusdem est tristis amissio. CLASSI, id est mul­ titudini navium, id est voluntatum. HABENAS: Habene sunt in ­ strumenta que aliquando laxant, aliquando retrahunt. Gu­ bernaculum ergo navis est ratio qua voluntas regitur. Habenas habet que ab illicitis voluntatem retrahunt, id est navem a pe­ riculis, et ad portum propellit, id est ad bonum exitum, scili­ cet finem. TANDEM: post longos labores. EUBOICIS: Eu boa est regio plu­ res habens civitates, in qua est civitas Cumarum quam colit Si­ bilia. Euboa interpretatur bonus sonus: eu enim bonum, boos sonus, inde boare sonare. Hec est scientia. Est autem scientia rerum comprehentio scibilium. Huius sunt quattuor partes: sa-

ca è l'inizio dell 'eloquenza, la dialettica ne è il prosieguo, la re­ torica la perfezione, e pertanto l'eloquenza è detta Trivia. I bo­ schi nei quali è adorata sono quelle arti e quei libri nei quali s'insegna tale disciplina. I tetti dorati sono le quattro arti co­ gnitive nelle quali è contenuta la filosofia, che si rappresenta con l'oro. Proprio a questi giunge la nave di Enea, ossia la sua volontà s'impegna innanzitutto con la grammatica e poi con le altre, in ordine. Acate s 'interpreta come a chere ethis, ossia tri­ ste abitudine. A vale infatti senza, chere letizia, ethis costume o consuetudine. Questo in fondo è lo studio, perché è fatto di consuetudine e di pratica uggiosa. Per tale ragione, si può an ­ che definire così: «lo studio è un 'applicazione entusiasta e as­ sidua dell'anima per intraprendere qualcosa con sommo im ­ pegno». Che altro è poi l'assiduità se non consuetudine? Che altro è l'impegno se non una pratica uggiosa? La Sibilla, poi, è come scibule, cioè divino consiglio, che capiamo essere l'in­ telligenza detta consiglio, dato che l'uomo, per suo tramite, provvede a se stesso. Il consiglio è divino, perché l'intelligen ­ za non è altro che comprensione delle cose divine. Acate, in ­ viato per i boschi, porta con sé la Sibilla, perché lo studio eser­ citato nelle arti porta l'intelligenza. [32] Detto questo, passiamo all 'esegesi letterale. LACRI­ MANDO: Enea piange per la morte di Palinuro. Perché era so­ lito obbedire alla visione approssimata [di lui] , e l'abitudine è una seconda natura, non ne tollera pertanto facilmente la di­ partita. Difatti è triste la perdita della persona di cui ci piac­ que la compagnia. ALLA FLOTTA : cioè alla moltitudine di navi, ossia di desideri. REDINI: le redini sono strumenti che talora al­ lentano talora trattengono. Dunque il timone della nave è la ragione, con la quale si controlla il desiderio. Ha redini che lo ritraggono dalle cose illecite, ossia la nave dai pericoli, e lo spingono al porto, cioè a buon esito, vale a dire al fine. INFINE: dopo lunghi travagli. EUBOICHE: l'Eubea è una regio­ ne con molte città, tra cui quella di Cuma, cara alla Sibilla. Eu­ bea s 'interpreta buon nome, eu vale infatti buono, boos suono, da cui boare, suonare. Questa [città] è la scienza. La scienza è in­ fatti comprensione di tutto lo scibile. Si divide in quattro parti: 97

pientia, eloquentia, poesis, mechania. Que vero sint sapientia et eloquentia et quas partes habe an t alias dicem us 10 3• Mecha­ nia vero est sciencia humanorum operum corporeis necessita­ tibus obsequentium. Huius sunt septem partes: lanificium, ar­ matura, navigium, venatio, agricultura, theatrica, medicina. Poesis vero est poetarum scientia habens duas partes, metri­ cum poema et prosaicum. Unaquaque ergo scientie species si­ ve ars una est Euboe civitas. In Eu boa est civitas CUMARUM: Cu­ me Grece, honeste mansiones Latine. Hee sunt artes philo­ sophice que dicuntur mansiones qui a in eis est Si bilia, id est si quis eas celebret intelligentiam repperiet. Honeste autem di­ cuntur ad differentiam mechanicarum que dicuntur mecanice, id est adulterine. OBTENDUNT, id est contraponunt. PELAGO: li­ bidini carnis et commotioni temporalium. PRORAS, id est volun­ tates. TUM DENTE TENACI: quia dixerat Eneam et Eneades, id est spiritum et [33] spirituales, contraponere voluntates suas libidi­ ni carnis et commotioni temporalium. Et hoc difficillimum est. Ostendit quomodo hec possint, ac si dicat: poterant obvertere proras pelago quia ANCHORA et cetera: Illud idem intelligimus hoc loco per anchoram quod in Boetio ubi dicitur: «Adhuc he­ rent anchore» 104• Et hic namque et ibi per anchoram accipimus spem. Est autem spes expectatio futurorum bonorum r o 5 que merito per anchoram designatur quia sicut illud instrumentum non sinit navem fluitare, ita spes voluntatem vacillare non per­ mittit. Dicitur enim, «Spes bona da t vires» 106• FUNDABAT: Sta bi­ les faciebat. NAVES: voluntates. Cum enim futuram remunera­ tionem homo expectat, constantius laboribus insudat. DENTE: desiderio remunerationis. TENACI: certo. LITORA: Exitus a mari et ingressus in portum est exitus a libidine carnis et commodo­ ne temporalium et incohatio studii, et hec vocat litus. CURVE: prone et intente. PUPPES: ubique sunt voluntates. Nota ordi­ nem: prius obvertuntur naves pelago, deinde applicantur lito­ ribus quia prius contraponende sunt voluntates libidinibus car­ nis, deinde applicande incohationibus studii. MANUS iuvenum :

sapienza, eloquenza, poetica, meccanica. Che cosa poi siano la sapienza e l'eloquenza e quali parti comprendano, lo dimostre­ remo altrove. La meccanica è la scienza dei lavori umani che ob­ bediscono alle necessità corporee. Comprende sette parti: arte della lana, delle armi, navigazione, caccia, agricoltura, scenica, medicina. La poetica è la scienza dei poeti e comprende due par­ ti, il poema metrico e in prosa. Dunque ciascuna specie di scien­ za e l'unità dell'arte è città dell'Eubea. In Eubea si trova la città di CUMA: Cume in greco vale in latino abitazioni idonee. Queste sono le arti filosofiche, definite abitazioni perché in esse c'è la Si­ bilia, vale a dire che se taluno le coltiva trova la sapienza. Sono poi definite oneste, differentemente dalle arti meccaniche, cioè adulterine. VOLGONO: cioè contrappongono. AL MARE: alla libi­ dine carnale e all'emozione delle cose terrene. PRORE: cioè vo­ lontà. ALLORA CON DENTE TENACE: poiché aveva detto che Enea e i suoi seguaci, cioè lo spirito [33] e le forze spirituali, con ­ trapponevano le loro volontà agli impulsi della libidine carna­ le e alle passioni terrene. E questo risulta difficilissimo. Mostra in che modo sia possibile, come a dire: potevano volgere le pro­ re al largo perché l'ÀNCORA ecc. In questo passo per àncora in­ tendiamo proprio quanto si legge in Boezio dove dice: «Fino­ ra le ancore attraccano». Infatti, in questo contesto e in quello, con àncora s'intende la speranza. La speranza, del resto, è at­ tesa di beni futuri che giustamente è simboleggiata dall'àncora, perché come quell'attrezzo non permette alla nave di navigare, così la speranza non permette al desiderio di avere incertezze. Si dice infatti: «la buona speranza dà le forze». ASSICURAVA AL FONDO: rendeva stabili. NAVI: le volontà. Quando infatti l'uomo aspetta una futura ricompensa, attende con più costanza alle fa­ tiche. CON DENTE: col desiderio di remunerazione. TENACE: si­ curo. SPIAGGE: l'uscita dal mare e l'ingresso nel porto è la fuga dalla libidine carnale e dalla passione per le cose terrene e l'i­ nizio dello studio, e queste cose le chiama spiagge. RICURVE: di­ sposte e adatte. POPPE: ovunque sono le volontà. Nota l'ordine: prima le navi sono affidate al mare, poi attraccate alle spiagge, perché prima le volontà sono da contrapporre alle libidini car­ nali, poi da applicare alle costrizioni dello studio. SCHIERA di 99

multitudo viriliter agentium et fortium. ARDENS fervore virtutis. LITUS: initium studendi. HESPERIUM: serenum. Hesperus est stella serenissima tanta claritate, ut ait Marcianus 10 7, alias ex­ cedens quod sola preter duo luminaria solis et lune fulgorem radiorum emittit. Si enim in nocte serena, non imminente lu­ na, que eius claritatem sua claritate ebetat, cernatur, radios ef­ ficit et umbram. Unde a Latinis Lucifer, a Grecis vero Fosfo­ ros, id est ferens lucem dicitur. Ipsa enim est clara, luna clarior, sol clarissimus. Per hanc ergo accipe poesim que ad compara­ tionem mechanie clara est, sicut illa stella comparatione alia­ rum. Clarior est [34] eloquentia paesi, clarissima philosophia. Ita ergo in hoc libro per illam stellam claram intellige poesim claram , per lunam clariorem eloquentiam clariorem, per Phe­ bum clarissimum philosophiam clarissimam. Litus ergo He­ sperium est incoatio poetici studii. SEMINA : scintillas . Aiunt in hoc loco Virgilium sensisse ignem inesse lapidi naturalem . Est autem vera sententia crea­ turas quasdam ita constare ex quattuor elementis quod ex omnibus quattuor constituuntur: ut homo ex igne habet cole­ ram, ex aere sanguinem , ex aqua flegma, ex terra melanco­ liam; item ex igne calorem, ex aere anelitum, ex aqua potum, ex terra cibum 108 . Quedam vero ex elementis constant quod non ex omnibus aliquid habent, immo vel ex duobus vel ex tribus: ut saxa si aliquid ignis haberent, naturaliter vitalem molliciem haberent; si aliquid aeris, anelitu aliquid attrahe­ rent et emitterent. Proprietates vero terre vel aque in eis per­ pendimus quia ea frigida et ponderosa sentimus 10 9• Dicitur autem in hoc loco flamma esse ABSTRUSA, id est recondita, IN VENIS SILICIS quia in collisione silicum videntur inde scintille prodire cum ipse ex collisione oriantur, aere inter illa corpora violen ter collisa in tercepto et ex violenti a collisionis calefacto et splendente. PARS: Notandum est: cum socii Enee sint occu-

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giovani: moltitudine virilmente forte e fattiva. ARDENTE: per fer­ vore virtuoso. SPIAGGIA: inizio dello studio. D )ESPERIA: sereno. È spero è un pianeta limpidissimo e di tanto chiarore, come di­ ce Marziano [Ca pella] , che supera gli altri, perché è l'unico, al di fuori dei due luminari sole e luna, che emette fulgidi raggi. Se infatti si vede in una notte serena, con la luna non sovra­ stante che vela con la sua chiaria quello splendore, manda luce e ombra. Per questa ragione dai Latini è detto Lucifero, dai Greci Fosforo, ossia che porta la luce. Infatti è di per sé chiaro, la luna più chiara, il sole raggiante. Per suo tramite, dunque, può intendere la poesia che, a comparazione della meccanica, è luminosa così come lo è quel pianeta a paragone degli altri. L'eloquenza [34] è più limpida nella poesia, limpidissima nella filosofia. In questo libro, dunque, per mezzo di quel chiaro pia­ neta puoi intendere la limpida poesia, con la luna più chiara l'e­ loquenza più brillante, con il chiarissimo Febo la splendida fi­ losofia. Dunque il lido d'Esperia è il fine dello studio poetico. PARTI GENERANTI: scintille. Dicono che in questo passo Vir­ gilio abbia capito che il fuoco sia naturalmente parte della pie­ tra. Infatti è vera l'opinione che certe cose siano costituite di quattro elementi in modo tale che sono formate da tutti e quat­ tro: pertanto l'uomo dal fuoco ha la collera, dall'aria il sangue, dall'acqua il flegma, dalla terra la malinconia; e non diversa­ mente dal fuoco si genera il calore, dell'aria il respiro, dall' ac­ qua la bevanda, dalla terra il cibo. Certe cose, però, pur essen­ do costituite da elementi, non traggono principio da tutti, ma solo da due o tre: ad esempio i sassi, se avessero qualcosa del fuoco, naturalmente possederebbero una vitale mollezza, se qualcosa dell'aria, attrarrebbero e separerebbero con qualche fiato. Le proprietà poi della terra e dell'acqua possiamo veder­ le relativamente alle cose, dato che le sentiamo fredde e pe­ santi. Si dice anche, in questo passo, che la fiamma è CELATA, cioè nascosta, NELLE VENE DELLA SELCE, perché nell'attrito del­ le selci si vedono scaturire scintille - proprio queste guizzano dall'urto - per pressione dell'aria violentemente costretta tra due corpi e resa calda e splendente dalla dura collisione. PAR­ TE: da notare: mentre i compagni di Enea sono impegnati taIOI

pati, pars in ignem querendo, pars in rapiendis tectis ferarum, pars in monstrandis fluminibus, Eneas ad templum Apollinis festinat quia cum alii fervoribus libidinis serviant, alii tempo­ ralia bona ambiant, alii humores ebrietatum et epularum dili­ gant, rationabilis spiritus solius sapientie studio vaccat. Se­ cundum enim integumentum per semina flamme intelligimus initia causasque luxurie, que sunt lascivientis animi turpes co­ gitationes. Ideoque abstruse in venis scilicis dicuntur, id est abscondite in intimis mentibus indiscretorum. TECTA vero FE­ RARUM sunt bona temporalia [35] in qui bus sunt fere, id est ho­ mines vicio transformati in feras. Iracundi enim sunt ut leo­ nes, immundi ut sues, litigiosi ut canes. Hec tecta rapiunt va­ ri. PIUS quia pietas inest ei a natura. APOLLO: In rei veritate Appollo quidam sapiens fuit atque in medicina plurimum viguit et metodicam 110 , id est carmina­ lem medicinam primus invenit et carminibus morbos curavit. Cuius filii dicti vero sunt Circe et Esculapius quia eius imita­ tores fuerunt. Et invenit Circe cirurgiam , id est medicinam, que est in stimatibus et scis s u ris et ceteris operibus m a ­ nuum 111• Unde cirurgia dicitur, id est opus manuum. Mistice autem per Apollinem sapientia figuratur. Unde Musas comi­ tes habere dicitur. Sunt enim novem Muse que sapientiam co­ mitantur: Clio cogitatio discendi, Polimia memoria retinendi, Tersicore delectatio studendi, Erato inventio similium, Mel­ pomene cogitatio perseverandi, Talia dans capacitatem, Cal­ liope obtima vox, Euterpe bene delectans, U rania celestis que es t intelligenti a 11 2• Sibillas vero alii decem dicunt fuisse, alii vero tres: He­ rophilam, filiam Marmensi, quam libros suos de fatis Roma­ norum aiun t Tarquinia vendidisse; Cassandram filiam Priami; Deipheben, filiam Glauci, ad quam iuxta historie veritatem, ut scripsit Dares 113, venit Eneas. Per han c Sibillam intelligi su­ pra docuimus intelligentiam. ARCES: theologia, mathematica, phisica, que in scientia ul­ tra ceteras artes precellunt 114• ALTUS in quantum ad compara-

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luni a preparare il fuoco, altri a scovare covili di fiere, altri a cercare corsi d'acqua, Enea si affretta al tempio di Apollo, per­ ché mentre certi sono soggetti alle passioni della carne, altri a desiderare i beni terreni, altri a preferire fiumi di ebbrezza e crapule, lo spirito razionale si dedica solo allo studio della sa­ pienza. Infatti, stando all'allegoria, con le scaturigini del fuoco intendiamo gli inizi e le cause della lussuria, che sono le turpi meditazioni di un animo lascivo. Per questo sono dette «n a­ scoste nelle vene della selce», ossia celate nelle latebre mentali di persone invereconde. Le DIMORE DELLE FIERE, poi, sono i be­ ni terreni [35] nei quali si celano bestie, ossia uomini trasfor­ mati dal vizio in fiere. Gli iracondi, infatti, sono leoni, gli im­ mondi maiali, i litigiosi cani. Questi covili, inoltre, li prendono gli avari. PIO: perché la pietà fa parte della sua natura. APOLLO: nel vero storico Apollo fu un sapiente, si distinse molto nella medicina e per primo scoprì la metodica, ossia la terapia formulare, e curò i mali con parole magiche. Si dice che ebbe come figli Circe ed Esculapio perché costoro furo­ no suoi seguaci. Circe, infatti, inventò la chirurgia, ossia la pratica terapeutica relativa a ferite, tagli e altre attività ma­ nuali. Proprio per questo è detta chirurgia, ossia terapia ma­ nuale. In senso allegorico, poi, attraverso Apollo si rappre­ senta la sapienza. Per questo si dice che abbia per compagne le Muse. Sono infatti nove le Muse che accompagnano la sa­ pienza: Clio il pensiero di apprendere, Polimnia la memoria che registra, Tersicore il diletto dello studio, Erato la scoper­ ta delle affinità, Melpomene il pensiero perseverante, Talia co­ lei che offre capacità, Calliope la voce eccellente, Euterpe il giusto diletto, U rania l'intelligenza celeste. Certuni dicono che le Sibille fossero dieci, altri tre: Eròfi­ la, figlia di Marmenso, che si narra abbia venduto a Tarquinia i suoi libri sul destino di Roma; Cassandra, figlia di Priamo; Deìfobe, figlia di Glauco, da cui, stando alla verità storica, co­ me scrive Darete [Frigio] , giunse Enea. Con queste Sibille ab­ biamo detto prima che deve intendersi l'intelligenza. VETTE: teologia, matematica, fisica, che, nella scienza, eccel­ lono sopra le altre arti. ALTO: paragonato alla poesia, alla mecca103

tionem poesis, mechanie, eloquentie. Vel alta dicitur philo­ sophia quia per theologiam alta [36] comprehendit. PRESIDET, id est sapientia theorice, id est theologie et methematice et phi­ sice. Ita presidet quod in sapientia continetur teorica et pro sa­ pientia theorica inventa est. Quattuor namque mala sunt que humanam infestant naturam: ignorantia, vicium , imperitia lo­ quendi, indigentia. His quattuor malis quattuor bona sunt ap­ posita: ignorantie sapientia, vicio virtus, impericie loquendi eloquentia, indigentie necessitas. Pro sapientia adipiscenda in­ venta est theorica disciplina; pro virtute poetica; pro eloquen­ tia eloquendi disciplina; pro necessitate mecania 115• Itaque pre­ sidet Apollo theorice. HORRENDE: Quia intelligentia divina ape­ rit, admirationem nobis archane nature et eorum horrorem in­ cutit velocius. Unde et Deiphebe, id est publica philosophie formido, dicitur. ANTRUM vero eius est profunditas philo ­ sophie. SECRETAque: adhuc Enee ignota. IMMANE quia inexau­ stum est. Quanto enim profundius philosophiam perscruta­ mur, tanto profundiorem agnoscimus. Unde in Boetio dicitur «inexausti vigoris» 116• CUI: Si bilie. DELIUS, id est clarus, scilicet sapientia, MENTEM: discretionem INSPIRAT: per doctrinam in ­ stillat. VATES quia sapientia APERIT FUTURA: secundum namque ea que videt presentia cognoscit futura. Si enim vi dea t sterili­ tatem terre, indicat famem venturam et similia. IAM SUBEUNT Eneas et quidam sociorum . DEDALUS: Quia dixerat Eneam subire lucos TRIVIE, id est studia eloquentie, ostendit qualiter id fiat. Hoc autem fit per instructionem in ac­ toribus. Sunt namque poete ad philosophiam introductorii, unde volumina eorum «cunas nutricum» vocat Macrobius 117• Hec autem est summa huius narrationis. Extra templum Apol­ linis depicte cernebantur historie et fabule quas ingressuri tem­ plum cernebant. Templum Apollinis sunt artes philosophice quas qui ingressuri sunt [37] oportet quod prius cernant pic­ turas ante descriptas, id est ut dent operam istoriis et fabulis et hoc est quod in porticum ab introeuntibus cernuntur historie

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nica, all'eloquenza; oppure la filosofia si dice alta perché con la teologia [36] cerca cose sublimi. PRESIEDE: intendi la sapienza al­ la dimensione teoretica, ossia alla teologia, alla matematica e al­ la fisica. E presiede perché nella teoresi è contenuta la sapienza e per via della sapienza si è trovata la teoresi. Infatti sono quat­ tro i mali che infestano la natura umana: l'ignoranza, il vizio, l'imperizia d'eloquio, la povertà. A questi mali si oppongono i quattro beni: la sapienza all'ignoranza, la virtù al vizio, l' elo­ quenza all'imperizia verbale, il necessario all'indigenza. Per ac­ quisire la sapienza occorre la disciplina teoretica, per ottenere la virtù la poesia, per ottenere l'eloquenza la perizia verbale, per la necessità la meccanica. Pertanto Apollo presiede all'attività teo­ retica. CHE INCUTE TERRORE: poiché l'intelligenza ci dischiude le cose divine, offre, con più tempestività, la contemplazione del­ l' arcano naturale e il timore delle cose sacre. Per questa ragione è detta anche Deìfobe, cioè pubblico timore della filosofia. Il suo ANTRO è dunque la profondità della filosofia. E i SEGRETI: finora ignoti a Enea. IMMANE: perché è inesprimibile. Infatti quanto più internamente ci addentriamo nella filosofia, tanto più la verifi­ chiamo profonda. Perciò in Boezio si dice «d'inesauribile forza». A CUI: alla Sibilla. DELIO: ossia chiaro, cioè la sapienza. MENTE: la discrezione. ISPIRA: suggerisce tramite dottrina. VATE: perché la sapienza DISCHIUDE LE COSE FUTURE: infatti secondo le cose che vede presenti preconizza il futuro. Se vede infatti la sterilità del­ la terra, valuta una futura carestia e cose simili. GIÀ S )ADDENTRANO: Enea e alcuni dei suoi compagni. DE­ DALO: poiché aveva detto che Enea si addentra nei boschi di TRIVIA , cioè negli studi dell'eloquenza, mostra come ciò av­ venga. Questo accade per l'istruzione condotta sui classici. E infatti i poeti sono guida alla sapienza, perciò Macrobio chia­ ma i loro libri «culle di nutrici». Questa è dunque la sintesi di tale racconto. Fuori del tempio di Apollo si vedevano dipinte delle storie e delle favole osservate da chi era in attesa d' en­ trarvi. Il tempio di Apollo rappresenta le discipline filosofi­ che; quelli che vi accedono [37] occorre vedano subito le pit­ ture dianzi citate, ossia apprendano storie e favole, ed è pro­ prio per questo che nel portico si scorgono dipinte per colo105

depicte et fabule. DEDALUS UT FAMA EST: luxta historie scriptu­ ram verum est Dedalum quendam sapientem fuisse qui cum in aliis peritus esset scientiis, in mecanicis plurimum viguit. Hunc legimus Pasiphe regine vaccam fecisse in qua inclusa a tauro violata est. Per quod nichil aliud puto figurari nisi quod carne­ ram vaccam figurantem fecit in qua iuvenis Taurus nomine eam violavit n8 • Deinde Minos videns eum tante prudentie in vincula coniecit, id est muneribus ligavit. Videns ergo Dedalus se teneri vinculis, id est muneribus, aeras vias PENNIS carpens ad templum Apollinis venit, id est sublimam contemplationem ratione et intellectu perlustrans ad philosophicum studium se transtulit ibique ALARUM REMIGIUM, id est rationis et intellectus exercicium SACRAVIT. ENAVIT, id est evolavit AD GELIDAS ARC­ TOS, inquirens per philosophiam quare gelide sin t Arctos et de aliis stellis astronomice discernendo. TEMPIA : artes IMMANIA theoricas v el quaslibet philosophicas. IN FORIBUS, id est in in­ troitu ad artes, scilicet in actoribus. LETUM ANDROCEI: He fa­ buie que sunt extra templum figurant omnes poetarum fabu­ las et ita non sunt misti ce intelligende n9 • CONTRA Athenas RE­ SPONDET: Opposita est, MONIMENTA : signa. LABOR: Unde labo­ rintus quasi labor intus. OMNIA : omnes ludicras actorum fabu­ las PERLEGERENT Eneas et qui cum eo ad templum advenie­ bant, qui ad philosophiam venire proponunt. ACHATES: Notandum est in hoc loco Achatem a societate Enee subtractum ex quo cum Didone cepit esse. Quamdiu enim cohabitavit cum Didone, Achates [38 ] non interfuit. Dum vero ad inferos itur, Achates comes redditur. Per quod evidenter figuratur quod dum Eneas in luxuria detinetur, stu­ dium relinquitur; cum vero ad cogitationem rerum tendit, stu­ dium recipit. PREMISSUS: Per nemora namque et aurea tecta, postquam ad littus ventum fuit, ad Sibillam Achatem misit. Que veniens

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ro che giungono storie illustrate e favole. DEDALO) COM )È NO­ TO: secondo la scrittura storica, è vero che Dedalo fosse un sa­ piente che, pur esperto in varie scienze, eccelse soprattutto nella meccanica. Di lui si legge che costruì per la regina P asi­ fa e una vacca nella quale [la donna] , nascosta, fu posseduta da un toro. Da questo mito nient'altro penso sia figurato se non che fece una camera in figura di vacca, nella quale un gio­ vane, di nome Toro, la sedusse. Poi Minosse, vedendolo di tanta sagacia, lo gettò in catene, ossia lo legò a sé con incari­ chi. Dedalo poi, vedendosi messo in catene, cioè oberato d'impegni, prendendo vie aeree con ALI, venne al tempio di Apollo, ossia con la ragione e l'intelletto, indagando la con ­ templazione di cose sublimi, si pose subito sulla strada dello studio filosofico e ivi COL BATTITO DELLE ALI, cioè l'esercizio della ragione e dell'intelletto, ne NOBILITÒ la pratica. PERVEN­ NE, cioè volò, ALLE GELIDE ORSE, studiando per mezzo del sa­ pere filosofico perché le Orse siano fredde e dissertando dal punto di vista astronomico sulle altre stelle. TEMPLI: le arti. IM­ MENSI: le dottrine teoretiche o qualsiasi disciplina filosofica. SULLE PORTE: nelle introduzioni alle arti, cioè negli autori. LA MORTE DI ANDRÒGEO: queste favole che sono [sulle porte] fuo­ ri del tempio rappresentano tutte quelle poetiche, e pertanto non vanno interpretate in senso allegorico. DI FRONTE ad Ate­ ne SORGE: è opposta. MEMORIE: segni. FATICA: da qui deriva "la­ birinto " , come "lavoro interno " . TUTTE: tutte le fatue favole dei classici. AVREBBERO OSSERVATO: Enea e quelli che con lui venivano al tempio, proponendosi di attingere la filosofia. ACATE: da notare, in questo passo, Acate separato dal con ­ tatto con Enea, dal momento che questi iniziò a essere vicino a Didone. Per tutto il tempo, infatti, che visse con Didone, Acate [38] non fu presente. Quando invece si reca agli inferi Acate ritorna come compagno. Con ciò, evidentemente, è al­ legorizzato che Enea, mentre è occupato dalla lussuria, ab­ bandona l'impegno intellettuale; quando poi tende alla co­ gnizione delle cose, lo riprende. INVIATO AVANTI: e infatti, non appena [Enea] giunse all'e­ speria lido, attraverso i boschi e muovendo dai tetti dorati [del 107

Eneam in videndis picturis occupatum invenit eumque ad tem­ plum ducit. Per hoc ergo, si quis gradus discipline diligenter attendat, utilissimus et congruus ardo doctrine monstratur. Primo enim a mari venitur ad littus Hesperium, id est a libidi­ ne carnis et commotione temporalium ad inchoationem poeti­ ci studii ut tamdiu opera detur in eo usque dum in genere lin ­ gue Grece vel Latine vel quecumque sit materia eruditus ani­ mus facilis ad difficiliora capienda reddatur. Statimque a litta­ re lucos Trivie, id est ab incohatione poetici studii artes elo­ quentie subire debet ut in lingua quam per illud studium iam intelligit competenter loqui sciat per grammaticam et probare per dialeticam et persuadere per rethoricam 1 20 • Et tunc Acha­ tem debet per aurea tecta mittere ut Sibillam adducat, id est studium in quadruvio exercere ut intelligentiam acquirat. Hee namque artes mentis occulum corporeis sensibus turbatum rursus illuminant. Tunc veniendum est ad porticum templi et spectande sunt picture. Qui enim ad actores trivio et quadru­ vio structus accedit, per intelligentiam, quam sibi per quadru­ vium comparavit, facile in eis gramaticas costructiones et dia­ leticas rationes et rethoricas orationes intelligit. SACERDOS quia aperit et eloquentie et philosophie rationes. REGI quia spiritus imperat carni et regit. NON HOC: Dum nimis longam operam in poeticis studiis da t Eneas eorum delectationi deditus, increpat eum intelligentia, aliud monens. TEMPUS: etas tua. [39] IUVENCOS SEPTEM: Iuvenci qui ad diversa trahunt sunt septem motus qui ad diversa corpus ducunt: anterior motus, posterior, dexter, sinister, superior, inferior, circularis 121 • Hos oportet MACTARE, id est cohibere et quodammodo occidere et corpus in aliquo loco sistere ut studeat. Septem quoque BI­ DENTES intelligimus esse septem membra corporis, scilicet duas manus, duos pedes, capud, pectus et pudendum 1 2 2 • Per

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tempio] mandò Acate dalla Sibilla. Costei, sopraggiungendo, trovò Enea intento a osservare le pitture e lo condusse al tem ­ pio. Con questo, dunque, si dimostra che se qualcuno si de­ dica, con impegno, a un certo livello di scienza, gli si dischiu­ de un utilissimo e congruo ordine di conoscenza. In primo luogo, infatti, si giunge dal mare al lido esperia, cioè dalla li­ bidine carnale e dal tumulto delle cose terrene all'inizio dello studio poetico, e vi si consacra il proprio impegno fino a quan ­ do l'animo, colto in ogni genere di lingua (greca, latina o al­ tra) , sia reso idoneo ad apprendere le cose più difficili. Su bi­ to dopo [si giunge] dalla spiaggia ai boschi di Trivia, ossia dal­ l'esordio dello studio poetico si devono apprendere le arti del­ l'eloquenza, perché con la lingua, che è già conosciuta per via di quell'impegno, si sappia sia parlare con competenza gram ­ maticale, sia dimostrare con la dialettica, sia persuadere con la retorica. E quindi ora [Enea] deve inviare Acate attraverso i tetti dorati [del tempio] perché conduca la Sibilla, ossia eser­ citare lo studio delle arti del quadrivio per acquisire maturità intellettuale. Infatti queste arti illuminano subito l'occhio del­ la mente velato dai sensi corporei. Poi si deve giungere al por­ tico del tempio e osservarvi le pitture. Chi infatti, preparato dalle arti del trivio e del quadrivio, accede ai classici, facil­ mente in essi comprende le costruzioni grammaticali, le ra­ gioni dialettiche e le loquele retoriche. SACERDOTESSA : perché dischiude le strutture sia della filosofia sia dell'eloquenza. AL RE: perché lo spirito regge e governa la carne. NON QUESTO: Enea, mentre dedica un tempo troppo protratto agli studi poetici, rapito dal loro diletto, viene rimproverato dall'intelli­ genza che altro gli suggerisce. TEMPO: la tua età. [39] SETTE GIOVENCHI: i giovenchi che guidano in diverse direzioni sono i sette movimenti capaci di sollecitare il corpo a mete difformi: moto anteriore, posteriore, verso destra, sini­ stra, verso l'alto, il basso, circolare. Questi occorre SACRIFICA­ RE, ossia bloccare e in qualche modo annullare, ponendo il corpo fermo in qualche luogo perché possa studiare. Anche i sette AGNELLI DI DUE ANNI capiamo essere le sette membra del corpo, ossia le due mani, i due piedi, la testa, il petto e i geni109

bidentes enim merito accipimus corpora in terra prona et bru­ ta nullam cogitationis perspicaciam habentia sicut econtra per capellas ad alta reptantes et acutius videntes in multis locis animas intelligimus alta speculantes et perspicue discernen ­ teS 1 23. Bidentes priusquam ad templum veniamus oportet mactare, id est membra carnis antequam ad artes ingrediamur cohibere et mortificare et de GREGE, id est de multitudine co­ gitationum INTACTO: incorrupta. LECTOS BIDENTES: principalia membra. Aliter autem possu­ mus intelligere septem esse tauros terram exercentes septem virtutes carnem vexantes et septem bidentes septem simplici­ tatis et mansuetudinis virtutes. Septem quidem virtutes que carnem vexant sunt hee: abstinentia, moderantia, sobrietas, castitas, parcitas, modestia, verecundia 124. Abstinentia est sta­ tutum prandendi tempus non prevenire. Moderantia est im ­ moderatum ciborum appetitum rationis imperio revocare. So­ brietas est nimietatis potus repressio. Castitas est continentia consilii moderatione motum libidinis cohibens. Parcitas est mensuram refectionis non ex cedere. Modestia est corporei or­ natus et usus superlectilis moderatio. Verecundia est feda et superflua verba reprimere. Hii septem tauri terram arantes, id est carnem affligentes MACTARI, id est sacrari et afferri debent et hoc DE INTACTO GREGE, id est de pura multitudine virtutum. Septem alie que ideo bidentes dicuntur quia ad simplicita­ tem et mansuetudinem pertinent sunt hee: innocentia, amici­ eia, concordia, pietas, religio, [4o] affectus, humanitas. Inno­ centia est puritas animi omnis iniurie illationem abhorrens. Amicicia est voluntas bona erga aliquem causa illius qui diligi­ tur cum eius pari voluntate. Concordia est virtus concives et compatriotas in identitate instituti iuris et cohabitationis spon­ tanee vinciens. Pietas est per quam sanguine iunctis et patrie

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tali. Infatti a ragione con gli agnelli di due anni intendiamo i corpi proni sulla terra come gli animali, privi di qualsiasi co­ gnizione e perspicacia, così come, al contrario, con le capre, che si: arrampicano in alto e sanno vedere con più chiarezza in molti luoghi, intendiamo le anime che sanno guardare in cielo e discernono limpidamente. Prima di pervenire al tem ­ pio occorre sacrificare agnelli di due anni, ossia controllare e mortificare le membra del corpo prima di accingersi allo stu­ dio delle arti, [quelli tratti] dal GREGGE, ossia dalla moltitudi­ ne dei pensieri. NON TOCCATO: incorrotto. [VITTIME] SCELTE DI DUE ANNI: le membra principali. Altri­ menti possiamo anche intendere che sono sette tori che, lavo­ rando la terra, rappresentano le sette virtù che umiliano la carne e i sette agnelli di due anni le sette virtù di onestà e mansuetudi­ ne. Le sette virtù che umiliano la carne sono queste: astinenza, moderazione, sobrietà, castità, frugalità, modestia e verecondia. L'astinenza è l'obbligo di non anticipare il tempo del pasto. La moderazione è revocare con il freno della ragione l'ingordo ap­ petito di cibarie. La sobrietà è il reprimere l'eccesso del bere. La castità è continenza che trattiene lo stimolo libidinoso grazie al­ la moderazione imposta dall'intelletto. La frugalità è il non su­ perare la giusta misura dell'alimentazione. La modestia è l'equi­ librio nell'uso dell'ornamento del corpo e di ciò che ci circonda. La verecondia è trattenere costantemente le parole eccessive e sconvenienti. Questi sette tori che arano la terra, ossia affliggono la carne, devono ESSERE UCCISI, cioè consacrati e offerti, DA UN IN­ TATTO GREGGE, vale a dire da un'incorrotta moltitudine di virtù. Le sette altre [spoglie sacrificali] che sono dette agnelli di due anni, perché in rapporto con la semplicità e la mansuetu­ dine, sono le seguenti:. innocenza, amicizia, concordia, mise­ ricordia, religione, [40] affetto, umanità. L'innocenza è pu­ rezza d'animo che si tiene lontana da qualsiasi pratica ingiu­ riosa. L'amicizia è buona disposizione verso qualcuno che vie­ ne amato e dal quale si è ricambiati in pari misura. La con ­ cordia è la virtù che unisce concittadini e compatrioti in iden­ tità d'istituzioni, diritti, spontanee coabitazioni. La misericor­ dia è la virtù che permette un benevolo zelo e un attento riIII

benivolum officium et diligens tribuitur cultus. Religio est que superioris cuiusdam nature quam divinam vocant curam ceri­ moniamque affert. Affectus est voluntas bona in minoritate generis habita. Humanitas est per quam animus super calami­ tate oppressorum movetur. Has quoque bidentes suadet of­ ferre intelligentia 125• AFFATA : Sibilla Eneam affatur dum intel­ ligentia spiritum ad aliud hortatur. VIRI quia viriliter agunt. TEUCROS: Peracto tali sacrificio SACERDOS quia divina aperit VOCAT TEUCROS invitat studiosos IN ALTA TEMPLA, id est in phi­ losophicas artes. EXCISUM: Ponit topografiam describens mistice phil o ­ sophiam quia ad eam dicebat Sibillam advocare Eneam . LA ­ TUS: Pars quedam EUBOICE RUPIS, i d est philosophie, est EXCI­ SUM, separatum, IN ANTRUM, in profunditatem. Rupes dicitur philosophia, non ipsa scientia, sed ipsa ars. Ideo autem di­ cuntur rupes philosophice artes quod inrefragibiles sunt. Tan­ te namque integritatis sunt artes philosophice quod nulla est earum ratio que falli possit. Un de Boetius ai t, «vestes philo­ sophie indissolubili materia factaS» 1 26• Euboice autem dicun­ tur ille rupes quia in Euboa, id est in scientia, sunt. Pars Eu­ boice rupis, id est pars artium philosophicarum, est theorica; alia pars practica 1 27• Illa pars philosophie, id est theorica, ita est excisa, id est a se separata. Dividitur enim per theologiam et mathematicam et phisicam . Theorica namque ea contem ­ platur in qui bus practica nequit agere, id est [4r] incorpora­ lia. Et quoniam incorporeorum tria sunt genera, tres sunt spe­ cies theorice contemplantis ipsa. Est enim primum incorpo­ reorum genus a corporibus penitus remotum, in quo genere est creator, eius sapientia, anima mundi, 1 28 angelus, quod con ­ templatur theorica per primam speciem suam, theologiam, unde sic dieta est theologia, id est divinorum ratio. Secundum autem genus est incorporeorum, id est illud incorporeum quod est circa corpora secundum multitudinem magnitudi-

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spetto verso coloro cui siamo uniti da un vincolo di sangue o verso la patria. La religione è la pratica che porta zelo rituale verso un qualche essere superiore che chiamano divino. L'af­ fetto è una buona disposizione tenuta verso una minoranza della specie. L'umanità è quella [virtù] per cui l'animo si pie­ ga sulle sventure degli oppressi. L'intelligenza persuade a of­ frire proprio questi agnelli sacrificali. POI CH )EBBE PARLATO: la Sibilla parla a Enea in quanto l'intelligenza esorta ad altro [obiettivo] lo spirito. UOMINI: perché agiscono virilmente. TROIANI: terminati questi sacrifici, la SACERDOTESSA, dato che dischiude cose divine, CONVOCA I TROIANI, cioè invita gli adep­ ti, NEL TEMPIO SACRO, ossia alle discipline filosofiche. INCAVATO: mette in opera una descrizione che allude, alle­ goricamente, alla filosofia, perché vi si dice che la Sibilla pro­ prio a questa sollecitava Enea. FIANCO: una certa parte della RUPE EUBEA, ossia della filosofia, è SCAVATA, separata, IN ANTRO, cioè in profondità. La rupe è detta filosofia, non la scienza, ma la disciplina. Dunque le rupi sono dette discipline filosofiche perché non sono frantumabili. Infatti le discipline filosofiche sono di tale integrità che nessuna delle loro regole può essere dissolta. Proprio per questo Boezio dice che «le vesti della fi­ losofia fatte d'inconsutile sostanza». Quelle rupi sono poi det­ te euboiche perché sono in Eubea, cioè nella scienza. Una par­ te della rupe euboica, ossia un settore delle discipline filosofi­ che, è quella teoretica, l'altra è la prassi. Quella parte della fi­ losofia, cioè la teoretica, è scavata, ossia separata da sé. Non a caso si classifica in teologia, matematica e fisica. Infatti la teo­ retica si dedica a studiare quegli ambiti nei quali la prassi non può agire, ossia le cose [41] incorporee. E dato che di queste vi sono tre generi, tre sono le specie di analisi teoretica. Il primo genere è infatti quello delle cose astratte assolutamente distan­ ti da quelle terrene, tra le quali il creatore, la sua sapienza, l'a­ nima del mondo, l' angelo, cose che la teoresi contempla con la sua prima branca, ossia la teologia; e per questa ragione la teo­ logia è definita così, ossia studio delle cose divine. Il secondo genere è quello delle cose incorporee, il quale si esplica sui cor­ pi relativamente al numero e grandezza, studiati dalla seconda 113

nemque, quod contemplatur secunda species theorice, id est mathematica. Tercia species theorice tercium genus com ­ prehendit incorporeorum, id est phisica naturas rerum. Con­ templatur namque theologia invisibiles substantias , mathe­ matica visibiles visibilium quantitates, phisica invisibiles visi­ bilium causas. Itaque theorica per tres species est ex eisa atque hic in antrum, id est profunditatem . Alta namque et profun ­ da dicitur philosophia, alta ut supradictum est ad compara­ tionem poesis et ceterorum vel alta quia divina speculatur; profunda quia inexhausta reperitur. Theorica autem ideo spe­ lunca Sibille dicitur, quia Sibilla, id est intelligentia, eorundem est comprehentio quorum est theorica contemplatio et in ipsa theorica est divinorum comprehentio que est intelligentia. QUO: ad quod antrum. Aditus in antrum sunt discipline magistrorum que sunt CENTUM, id est innumerabiles. Una­ queque enim doctrina uniuscuiusque Stoicorum, Perhipathe­ ticorum, Platonicorum, Pictagoreorum et ceterorum omnium aliquis aditus est ad philosophiam . HOSTIA : Effexegesis est. CENTUM: infinita. UNDE: a quibus hostiis. VOCES: erudiciones. Notandum est in hoc loco sapientis duo esse officia, scilicet dare consilium petentibus et erudire non petentes. Consilium datum petentibus notat per [42] RESPONSA , eruditionem non petentium per VOCES. LIMEN: voluntas cognoscendi. VIRGO quia nulli immunditie se iungit. FATA: Fatum est temporalis eventus provisorum et cum tria legantur esse fata 129, eorum nomina et officia congruunt. Est autem una istarum dearum Cloto que interpretatur evocatio cuius est officium colum baiulare. Hanc intelligimus esse ge­ nerationem . Est autem generatio ingressus in substantiam, id est in initium substantie rei que dieta est evocatio substantie; rem enim de non esse ad esse vocat. Colum bai ula t quia initium vite humane sustentat, a quo initio ducitur totius vite series quasi a colo filum. Secunda est Lachesis cuius officium est fi-

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branca della teoretica, ossia la matematica. La terza branca del­ la teoretica com prende un terzo tipo di cose incorporee, cioè la natura del mondo secondo la causa fisica. Dunque la teolo­ gia studia sostanze invisibili, la matematica quantità percepibi­ li di cose visibili, la fisica cause invisibili delle cose visibili. Per­ tanto la teoretica è scavata da tre categorie, e questo è correla­ to all 'antro, ossia alla profondità. E infatti la filosofia è detta al­ ta e profonda: alta, come si è detto sopra, in paragone alla poe­ sia e ad altre [discipline] , o alta perché specula su cose divine; profonda perché trova cose inesauribili [per importanza] . Per­ tanto, la spelonca della Sibilla simboleggia la teoretica, perché la Sibilla, ossia l'intelligenza, è comprensione delle medesime cose di cui la teoretica è contemplazione, e nella stessa teoreti­ ca vi è comprensione delle cose divine che è intelligenza. A CUI: a questo antro. L'ingresso nella spelonca sono le di­ scipline dei classici che sono CENTO, ossia innumerevoli. In­ fatti ciascuna dottrina di ognuno degli Stoici, Peripatetici, Platonici, Pitagorici e di tutti gli altri [filosofi] è un approccio alla filosofia. PORTA : è una [retorica] epesegesi. CENTO: infini­ ti. DONDE: da quelle porte. VOCI: colti saperi. È da notare in questo passo che due sono i doveri del sapiente, offrire il pro­ prio consiglio a coloro che chiedono aiuto e offrire la scienza a chi non la chiede. Il consiglio dato a chi lo chiede [il testo] lo registra con [42] RESPONSI, i saperi non richiesti con VOCI. SOGLIA : volontà di sapere. VERGINE: perché non si unisce ad al­ cuna cosa turpe. FATI: il fato è l'accadere nel tempo di cose previste, e dato che si legge dell'esistenza di tre Fati [Parche] , i loro nomi e i loro compiti collimano. Infatti esiste una di queste divinità, Cloto, che deve interpretarsi come evocazione, il cui compito è reggere la conocchia. Comprendiamo che rappresenta la ge­ nerazione. Questa infatti è un ingresso nella sostanza, ossia nel principio dell'essere, di una cosa che è detta evocazione della sostanza; evoca infatti una cosa dal non essere all'essere. Reg­ ge la conocchia perché sostiene l'inizio dell'umana natura, da cui svolge il prosieguo della stessa come un filo dalla conoc­ chia. La seconda è Lachesi, il cui ufficio è filare il predetto 115

lum trahere, id est vitam ab initio ducere. Hec est enim altera­ tio, id est motus de etate una ad aliam, de minori ad maius, de maiori ad minus. Verbi gratia nato homine de minore ad maius fit provectus. Membra enim primo pusilla procedente etate in­ crementum capiunt. Potentias quoque animi primo non omnis habet: que enim ratio queve memoria in infantia est? In ado­ locentia vero recipiuntur fitque ita motus usque ad virilitatem de minori ad maius. A virilitate vero usque ad senium paulatim et virium corporis et potentiarum animi fit detrimentum atque ita motus de maiori ad minus, ideoque Lachesis, id est varia­ tio, dicitur. Ultima es Atropos cuius officium est filum occare, id est vite seriem terminare, quod intelligimus esse corruptio­ nem, id est mortem. Unde et Atropos, id est sine conversione, dicitur quia «orta caro moritur, mortua non oritur» 13 0 • POSCE­ RE ergo FATA est inquirere philosophando unde generatio et unde alteratio et corruptio in rebus. Et DEUS ECCE: Quia suadebat poscere fata, ostendit a quo. Nec mirum si [43] intelligentia dicat «ecce deus» cum intelli­ gentia sit divinorum comprehentio. FANTI: docentique ANTE FORES: ingressus. Ante fores hec dicitur monere quia talis mo­ nitus intelligentie compellit intrantes ingredi. VULTUS: Vultus est pars qua persona agnoscitur. Vultus er­ go Sibille sunt infiniti effectus intelligentie, qui sunt infinito­ rum infinite notiones. COLOR: pulcritudo. NON UNUS: immo in ­ finitus. Quanto enim ex ea plus quisque exhaurit, tanto ei pul­ crior videtur atque ita secundum diversorum hominum capa­ citatem habet infinitam pulcritudinem. COME: subtiles senten­ tie quasi graciles come. NON COMPTE: non colorate. Intelligen ­ tia enim rethoricorum colorum ornatum non querit cum na­ turalem habeat pulcritudinem . Si enim incorporeorum specu­ lationes quis respiciat, veluti mathematica theoremata et theo-

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stame, ossia la vita dell'uomo. [Il suo nome] vale alterazione, cioè passaggio da un 'età all'altra, dal meno al più e dal più al meno. Ad esempio, dopo la nascita l'uomo si sviluppa dal me­ no al più: le membra infatti, prima piccolissime, con il pro­ gresso dell'età prendono sviluppo. Allo stesso modo, dappri­ ma [l 'uomo] non ha tutte le potenze dell'anima: difatti nel­ l'infanzia dove sono la ragione e la memoria? Si formano nel­ l' adolescenza, e pertanto la dinamica così procede fino all'età virile dalla minorità allo sviluppo completo. Dalla virilità alla vecchiaia avviene a poco a poco la consunzione delle energie corporee e delle potenze dell'anima, e pertanto la dinamica [si sposta] dal più al meno, e proprio per questo Lachesi è detta così, cioè variazione. Ultima [divinità] è Atropo, il cui compi­ to è quello di troncare il filo, ossia chiudere l'arco della vita, che noi interpretiamo come corruzione, cioè morte. Per tale ragione è detta Atropo, ossia senza ritorno, perché «la carne nata muore, e morta non nasce». INTERPELLARE, dunque, i FA­ TI è cercare, trami te la filosofia, dove [com paia] la generazio­ ne e dove invece [siano] l' alterazione e la corruzione. Ed ECCO IL DIO: poiché sollecitava a interrogare il destino, [la Sibilla] mostra da quale [fonte provenisse] . E non c'è da stupirsi [43] se l'intelligenza dice «ecco il dio», dato che essa è comprensione delle cose divine. A CHI DICEVA: a chi insegna­ va. SULL) ENTRATA : gli accessi [al tempio] . Dice d'in segnare queste [verità] dinanzi alle soglie perché un simile monito del­ l'intelligenza spinge gli astanti a entrare. VOLTO: il volto è la parte [del corpo] che fa riconoscere la persona. Pertanto il volto della Sibilla rappresenta le infinite manifestazioni dell'intelligenza che sono nozioni infinite di cose infinite. COLORITO: bellezza. NON UNO SOLO: anzi infinito. Infatti quanto più uno attinge da essa, tanto più questa sem ­ bra radiosa, e così, secondo il potere di differenti uomini, esi­ ste una bellezza infinita. CHIOME: i sottili responsi, quasi esili chiome. NON ADORNATE: non colorate. Il senso è infatti [que­ sto] : possedendo una naturale bellezza, non si cerca l'ornato dei colori retorici. Se poi qualcuno analizza le speculazioni re­ lative a cose astratte come i teoremi matematici e la teologia, 117

logiam, id est divinam paginam , in quibus maxime operatur intelligentia, vix in eis aliquam reperiet colorum exhornatio­ nem . Ad hoc enim ornatus rethorici sunt inventi ut rethoricas vel poeticas, non philosophicas , exornent orationes, que in sua integritate suum habent ornatum. PECTUS intelligentie, pectus cui inest intelligentia. HANE­ LUM fervore et desiderio cognoscendi. RABIE: Studium vel ocium dicitur rabies quia ab imperitis hoc putatur. FERA, id est severa. Feritas est vicium afine virtuti severitatis et ideo pro se­ veritate ponitur. TUMENT: Redundant. MAIOR: Quia humano more locuta fuerat, modo vero lo­ cutura erat divino ideoque maior videb atur. Quemadmodum enim Boetius dum describit philosophiam, dici t eam esse sta­ ture ambigue discretionis - «nam nunc ad communem om­ nium hominum se cohibebat valorem, nunc vero coelum pul­ sabat» 131 - ita et hoc loco de Sibilla intelligitur. Ad commu­ nem hominum valentia se cohibet [44] philosophia et intelli­ gentia dum ea demonstrat que sensibus patent. Intelligentia enim ut ai t Boetius omnia capi t que inferiores animi notiones, id est sensus et imaginatio et ratio. Communis autem valen ­ tia hominum ideo dicitur sensus quia omnibus communis est animantibus. Celum vero pulsant dum celestia considerant. Humana ergo est Sibilla dum sensibilia vel rationi subdita ca­ pit; maior vero, id est divin a, cernitur dum ea comprehendit que humanitas sensu vel ratione non percipit. Hec autem sunt divinorum certe notiones et futuri eventus rerum. Quos quia Enee decantare parabat, maior apparebat. Futura enim ut in suo loco exponemus bella predixit. VIVERI: Videbatur. NEC MORTALE, id est humanum, SONAT: Que preterita, pre­ sentia, futura erant enarrat et quia intelligentia futura doce­ bat, non humanum, immo divinum sonabat. Divinum vero il­ lud deinceps exponetur: futura quidem vel nascere vel doce-

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ossia la pagina divina, nelle quali opera soprattutto l'intelli­ genza, vi si trova ben poca presenza esornativa. N on a caso gli abbellimenti del retore sono stati trovati perché adornino i di­ scorsi eloquenti o poetici, non quelli filosofici, dato che que­ sti hanno l'ornato nella propria stessa struttura. PETTO dell'intelligenza, corpo a cui fa capo l'intelligenza. ANELO: per fervore e desiderio di sapere. CON FURORE: lo stu­ dio, o ozio [operoso] , è detto furore perché tale è ritenuto da­ gli inesperti. FEROCE: cioè severa. La ferocia è un istinto vizio­ so affine alla virtù della severità, e pertanto si pone in luogo di essa. SI GONFIANO: si allargano. PIÙ GRANDE: poiché [la Sibilla] si era pronunciata con voce umana, ma stava per parlare in guisa divina, sembrava più gran­ de. Infatti Boezio, allo stesso modo, mentre descrive la Filoso­ fia, dice di lei che è di statura non facilmente valutabile - «in ­ fatti ora si limitava a una misura comune a tutti gli esseri uma­ ni, ora invece batteva [alle porte] del cielo» -, così in questo passo si deve intendere riguardo alla Sibilla. La filosofia si adatta alla comune misura degli uomini, e [44] del pari l'in­ telligenza, mentre dimostra le cose che appaiono ai sensi. In­ fatti l'intelligenza, come dice Boezio, percepisce tutto ciò che [avvertono] le componenti subalterne dell'anima, ossia i sen­ si, l'immaginazione, il raziocinio. E poi la facoltà comune agli uomini è definita come senso perché è tipica di tutti gli esseri animati. [Questi] battono [alle porte] del cielo quando consi­ derano le cose celesti. La Sibilla è dunque [di statura] umana quando capisce i fatti sensibili o sottomessi alla ragione; è da ritenersi più grande, ossia divina, quando comprende quelle [nozioni] che l'umanità non percepisce col senso o con la ra­ gione. Queste sono poi le certe conoscenze del divino e gli esi­ ti futuri delle cose. E proprio perché si accingeva a mostrarle a Enea appariva più grande. Non a caso, come diremo a suo luogo, predisse future guerre. È VISTA: sembrava. NÉ MORTALE, ossia in guisa umana, RISUONA : colei che narra le cose passate o presenti, e insegna a comprendere le future, faceva sentire non l'umano, ma il divino. Infatti proprio quel divino è poi chiarito: e conoscere o insegnare le cose future è prerogativa 119

re est divinum. Unde et futurorum p rovidentia divinatio, quasi divina natio, dicitur. AFFLATA: accensa NUMINE: Numen dicitur quasi dei nutus. Nutu autem, id est voluntate divina, intelligentia accenditur quia sine ea intelligentia talia non aggreditur. PROPIORE: Magis enim cognoscere est ad deum accedere. CESSAS: Hortatur in ­ telligentia Eneam ad VOTA , id est desideria et preces. Ut ait Plato in Timeo: in maximis et in minimis rebus invocandum est divinum auxilium 132• Nisi enim donum divinum permittat, non contingit ut homini rerum cognitio innotescat. ORA ATTONITE DOMUS: h ostia artium, scilicet doctrine varie. NON DEHISCENT: id est non ignotescent ante vota; nisi enim de­ sideret, spiritum qui intus doceat non habet et nisi sit intus qui doceat, in vanum lingua docentis laborat. CONTICUIT: Hacte­ nus monuit. Nichil enim amplius hortatur [45] intelligentia ni­ si ut bona desideremus et desiderata prece perquiramus. PHEBE: Oratio Enee iuxta exhortationem Sibille hec magis ad litteram legenda est licet ad integumentum aliquantulum spectet. MISERATE: Auxiliante namque Neptuno, civitatem condidit. Laomedon namque per sapientiam suam eam insti­ tuit et a mari confluente ibi multa necessaria sibi mercatura habuit. DARDANA : Legitur in poetarum libris quod Apollo ma­ nu Paridis Achillem interfecit. Dares Frigius 133 describit quod mortuo Hectore Grai et Friges longas inducias et adeo firmas habuerunt quod Frigibus ad castra Danaum exire et Danais civitatem intrare licebat. Factum est dum quadam die Friges colerent annuas exequias Hectoris, Achilles sacrificium visu­ rus cum Antiloco filio Nestoris civitatem intravit ibique filia regis Polixena visa pariter et amata pollicitus est si sibi dare­ tur se reducturum bellum in Greciam vel futurum auxiliato­ rem contra Grecos. Tunc Hecuba mulier astutissima collo-

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divina. Proprio per questo si definisce la premonizione delle cose future divinazione, quasi fosse divina nozione. ISPIRATA : accesa. DA UN DIO: nume è detto come cenno di dio. Infatti per un cenno, ossia per volontà divina, s'illumina l'intelligenza, perché senza di essa l'intelligenza certe cose non può afferrarle. PIÙ DA VICINO: infatti aumentare la conoscenza è accedere a dio . INDUGI: l'intelligenza esorta Enea ai VOTI, cioè a desideri e preghiere. Come dice infatti Platone nel Ti­ meo, bisogna invocare l'aiuto divino sia nelle circostanze più importanti sia in quelle più insignificanti. Se poi non lo con ­ sente il dono celeste, non può avvenire per l'uomo che la co­ gnizione delle cose sia chiara. AMPIE GOLE DELL)ANTRO: le porte delle discipline, ossia del­ le varie dottrine. NON SI APRANO: non si possano conoscere pri­ ma dei voti; se infatti non lo si desidera, manca lo spirito che detti dentro, e se non c'è chi insegna, nell'intimo, la lingua del docente si affatica invano. TACQUE: profetizzò fino a questo punto. L'intelligenza, infatti, non esorta a nulla di più impor­ tante [45] che non sia desiderare il bene e ricercare con la pre­ ghiera ciò che desideriamo. o FEBO: questo discorso di Enea a seguito dell'esortazione della Sibilla si deve intendere soprattutto secondo la lettera, per quanto non poco riguardi l'allegoria. PIETOSO: infatti con l'aiuto di Nettuno fondò la città. Laomedonte, poi, la costruì con la sua scienza e dal mare limitrofo ottenne beni utili per il proprio commercio. I DÀRDANI: si legge nei libri dei poeti che Apollo, per mano di P aride, uccise Achille. Darete Frigio seri­ ve che, morto Ettore, Greci e Troiani ebbero lunghe tregue, a tal punto affidabili che era possibile ai Troiani uscire verso l'accampamento dei Greci e a questi ultimi entrare a Troia. Avvenne che un certo giorno, mentre i Troiani celebravano le annuali esequie di Ettore, Achille entrò nella città con Antilo­ co, figlio di N estore, per vedere la cerimonia e, ivi scorta Po­ lissena, la figlia del re, invaghitosene subito, promise che, se gli fosse stata concessa, egli avrebbe riportato l'apparato ossi­ dionale in Grecia e sarebbe stato, in futuro, alleato contro i Greci. Allora Ecuba, donna astutissima, richiese un colloquio 121

quium eius in tempio Apollinis petiit. In quo cum multis la­ tens Paris post statuam Apollinis mis sa sagitta in ultionem fra­ tris Achillem interemit ideoque dictum est Apollinem manu Paridis Achillem interemisse. Hec si mistice intelligamus, ac­ cipimus per Phebum creatorem ipsum qui labores Troie sem ­ per miseratus est quia labores corporis transire facit et bene­ ficiis suis illud alit. Hic idem interficit Achillem manu Paridis. Achilles quasi acherelaos interpretatur 1 34, id est dura tristitia: a enim sine, chere, leticia, laos vero lapis. Paris vero recta in ­ terpretatione sensus dicitur. Spicula vero Paridis sunt duo rum occulorum radii 1 35 per quos Achilles interimitur, id est tristi­ eia extinguitur. DUCE: deffensore. MARIA : commotiones temporalium et carnis libidines OBEUNTIA: lustrantia TERRAS: corpora terrenis dedita. MASSILIUM GENTES: [46] vitiorum multitudines. ARVA: membra corporis. SYRTIBUS: attractivis periculis. Sunt namque Syrtes aquarum attractiones per quas accipimus vicia. ITALIE: incrementi FUGIENTIS: Nemo enim in hac vita ad summam in­ crementi devenire potest. HAC: Temesis est 1 36. TROIANA TENUS FORTUNA: carnis eventus. GENTI: potentiis animi que in civitate Troiana, id est in cor­ pore, domos habent: in anteriori cellula ingenium, in media ratio et cetera. Animi potentiarum domos supra notavimus. DII ET DEE: virtutes et scientie vel dee Pallas et Iuno. Legi­ tur namque tres deas, Iunonem , Palladem, Venerem, Paridem adiisse ut iudex existeret que earum aureum pomum habe­ ret 1 37. Per Pallada theoricam vitam accipimus, per Iunonem activam, per Venerem voluptatem, per aureum vero pomum summum bonum et hoc propter materiam vel propter for­ mam: propter materiam quia sicut aurum alia excedit metal­ la, ita hoc bonum alia; pro forma vero quia sicut illa forma ca­ ret initio et fine, ita et bonum illud. Et merito pomum dicitur quia pro honesto labore fructus expectatur. Hoc vero pomum

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con lui nel tempio di Apollo. Proprio qui Paride, nascosto con molti [fidi] dietro la statua di Apollo, per vendicare il fratel­ lo, scoccata una freccia, uccise Achille, e pertanto si dice che Apollo ammazzò Achille per mano di Paride. Se si valutano allegoricamente questi [fatti] , raffiguriamo attraverso Febo lo stesso creatore che sempre ebbe pietà per le sventure di Troia, perché fa passare gli affanni del corpo e lo aiuta con i suoi do­ ni benefici. Questa stessa [divinità] uccise Achille per mano di Paride. Achille va interpretato come acherelaos, ossia dura pena: a infatti vale senza, chere letizia, laas, infine, pietra. Pa­ ride, a sua volta, secondo questa esegesi, è il senso. I dardi di Paride, poi, sono i due bagliori degli occhi con i quali Achille è ucciso, ossia la pena è estinta. COME GUIDA : per difensore. I MARI: . passioni per le cose ter­ rene e libidini carnali. CHE STANNO INNANZI: che espiano. TER­ RE: i corpi dediti alle cose terrene. I MASSÌLI: [46] le moltitudi­ ni dei vizi. CAMPI: le membra corporee. ALLE SIRTI: a gorghi pe­ ricolosi. Le Sirti sono infatti gorghi delle acque che per noi simboleggiano i vizi. DELL)ITALIA: dell'incremento [spirituale] . CHE FUGGE: nessuno infatti, in questa vita, può giungere al massimo incremento [spirituale] . QUI: è una tmesi. QUI LA SFORTUNA DI TROIA : le vicissitudini della carne. ALLA GENTE: alle potenze dell ' anima che nella città di Troia, ossia nel corpo, hanno dimora: l'ingegno nella parte an­ teriore [del capo] , la ragione in quella mediana ecc. Abbiamo prima segnalato gli spazi delle potenze dell'anima. DEI E DEE: virtù e scienze, o le dee Pallade e Giunone. Leg­ giamo infatti che tre dee, Giunone, Pallade e Venere, andaro­ no da Paride perché giudicasse a quale di loro spettava la me­ la d'oro. Con Pallade intendiamo la vita teoretica, con Giu­ none quella attiva, con Venere la voluttà, con la mela d'oro il sommo bene, e questo sia per la materia, sia per la forma: per la materia perché come l'oro è più prezioso degli altri metalli così questo bene sovrasta gli altri; per la forma, poi, perché co­ me quella è priva d'inizio e di fine, proprio così accade a quel bene. E giustamente è chiamato pomo, perché il frutto è atte­ so come compenso di un onesto lavoro. Questo pomo, però, 123

ambiguum est que illarum dearum habeat. Quidam enim pre­ ferunt contemplativam vitam reliquis, ut philosophi; quidam activam ut politici; quidam philarginam active et contempla­ tive sicut Epicuri. Paridi videtur pulchrior Venus quia sensus contemplari et agere voluptati postponit ideoque Pallas et Iu­ no Troiam persecuntur. Namque sensui pulcrum est diffluere voluptatibus, laboriosum carni contemplari vel agere. OBSTI­ TIT, id est restitit. REGNA : virtutes in quibus animus regnat. FATIS: id est eventibus. LATIO, id est incremento; idem enim est Lacium et Italia. TEUCROS: potentias animi. DEOS: quantum ad literam Minervam et Cibelem, quas attulit [47] in Italiam . Minerva quasi media vel intima cogitatio est, sapientia que in cerebro sedem habet. Tria namque sunt que sapientiam perfectam reddunt, ingenium, scilicet vis inveniendi, ratio vis discer­ nendi inventa, memoria vis conservandi. In cerebro autem sunt tres cellule quas alii ventriculos vocant: prima anterior in qua est ingenii exercicium; secunda est mediana in qua est vis rationis; tercia est postica in qua est vis memorie. Atque ideo sapientia intima cogitatio dicitur 138 • Cibele vero quasi cubele dicitur, id est solida terra, que sola inter quattuor ele­ menta solida est 139 • Quod ideo contingit quia tribus aliis cir­ cumvallatur, id est aqua, aere, igne. Soliditatis namque cir­ cumvallatio et constrictio cause sunt unde ignis quia nullo circumvallatur, rarus et subtilis est; aer vero qui a igne con ­ stringitur, aliquantulum densus est; aqua vero quia duobus, id est igne et aere, constringitur densi or; terra vero quia tri­ bus, id est aqua, a ere, igne, densissima est, id est solida 140• Unde Plato in Timeo ait soliditatem nullam esse sine terra 141 • Hanc deam turritam coronam habere dicunt propter saxa et sublimia edificia 142• Mater est Cereris et Bacchi et Palis. Est enim Ceres naturalis potentia producendi segetes; Bachus naturalis potentia terre producendi vinum 143; Pales est po-

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è incerto a quale di quelle dee vada. Alcuni infatti preferisco­ no la vita contemplativa, come i filosofi, alcuni la vita attiva, come i politici, altri ancora l'uso ozioso della vita attiva e con ­ templativa, come gli Epicurei. A Paride sembra più bella Ve­ nere, perché mette in secondo piano la contemplazione ri­ spetto al senso e l'agire rispetto alla voluttà: per questo Palla­ de e Giunone perseguitano Troia. Infatti è bello tenersi lonta­ no dal senso e dai piaceri, più squallido asservirsi alla carne o agire [per essa] . SI OPPOSE: resistette. REGNI: le virtù in cui l'animo regna. DAI FATI: ossia dagli eventi. DAL LAZIO: dall'incremento [spirituale] : infatti Lazio e Italia sono la stessa cosa. TEUCRI: le potenze dell'anima. DEI: se­ condo la lettera Minerva e Cibele, che [Enea] portò [47] in Ita­ lia. Minerva è quasi l'interna o intima sapienza, quella che ha sede nel cervello. Sono tre, infatti, le cose che rendono la sa­ pienza perfetta: l'ingegno, cioè lo strumento di ricerca; la ra­ gione, cioè il mezzo di discernere [il vero] delle cose trovate; la memoria, cioè il modo di conservarle. Nel cervello, infatti, vi sono tre camerette che taluni chiamano ventricoli: la prima an­ teriore, nella quale si cela l'esercizio dell'ingegno; la seconda mediana, in cui è lo strumento della ragione; infine la terza, os­ sia lo scrigno della memoria. Per tale ragione, la sapienza è det­ ta cognizione intima. Cibele a sua volta è detta come cubele, os­ sia terra solida, la quale sola, tra i quattro elementi, resta fer­ ma, perché è circondata da tre altri elementi, ossia acqua, aria, fuoco. La struttura concentrica delle cose solide e l'attrito, in­ fatti, sono le cause per cui il fuoco, non circoscritto da alcun elemento, è raro e sottile, l'aria invece, in quanto circondata dal fuoco, è alquanto più densa, l'acqua poi, costretta da due ele­ menti, ossia fuoco e aria, è ancor più densa, la terra infine, [chiusa] da tre elementi, vale a dire acqua, aria e fuoco, è den­ sissima, ossia solida. Per questo Platone nel Timeo dice che non esiste alcuna solidità senza la terra. Dicono che questa dea possieda una corona turrita per via delle rupi e degli eccelsi edifici. È madre di Cerere, Bacco e Pale. Cerere è infatti la na­ turale feracità della terra capace di produrre biade, Bacco quella che genera il vino, Pale i pascoli. Enea, stando alla sto125

tentia terre producendi pascua. Minervam et Cibelam, id est exercicium sapientie et cultum terre secundum historiam at­ tulit Eneas in Italiam . Quantam ad interiorem intellectum DEOS vocat interiores animi potentias, ERRANTES quia in pri­ mis etatibus erraverunt. AGITATA , commotionibus carnis. Hactenus preces, amodo vota, PHEBO, id est sapientie, TRI­ VIE, id est eloquentie, TEMPLA , conservationes memorie. DE MARMORE notat memorie [48] originem . Ingenium quidem et memoria diversas ha ben t origines. Ingenium namque ex ignea natura, memoria vero ex frigore oritur 144. Omnis enim veloci­ tas ex igne habetur, unde sanguineos, licet pingues, tamen ve­ laces videmus. Ingenium autem est velocitas capiendi scibilia. Itaque habet originem a calore. Contra autem est memoria tarditas et mora comprehensorum. Omnis enim tarditas a Eri­ gore provenit. Unde melancolicos, licet graciles, tamen tardos videmus 145• Has origines diversas misti ce nota t Marcianus ubi dici t U raniam sedere in aplane, id est vim capiendi in igne, Po­ limiam in Saturno, id est multam memoriam in frigiditate 146• Hoc idem notatur ubi dicitur TEMPLA DE MARMORE, id est con ­ servationes memorie de tenaci frigiditate. TE QUOQUE: 0 tu, intelligentia. PENETRALIA: profunda re­ servatoria. NOSTRIS REGNIS: dum regnabimus imperando viciis . HIC: in illis reservatoriis memorie. SORTES: vaticinia. ARCHANA FATA: secretas dispositiones divinas. DICTA : a te revelata. Qua­ liter autem revelabuntur in seguenti patebit. GENTI: consortio. Omnia enim que dicet eventura spiritui Enee dicet eventura consortibus, id est spiritualiter viventibus. ELECTOS: a viciis puros. ALMA: quia divinarum est substan­ tiarum et divina capit. VIROS: Notandum est viros, non pueros nec iuvenes nec senes intelligentie esse sacratos. In illis enim etatibus primis est nimietas caloris; in senectute autem nimie­ tas frigoris et humoris. In virilitate autem est temperatio atque

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ria, portò in Italia Minerva e Cibele, ossia l'esercizio della sa­ pienza e il culto della terra. Per quanto concerne l'intelletto in­ teriore, chiama DEI le potenze dell'anima, ERRANTI perché er­ rarono nelle età giovanili, AGITATI dalle passioni carnali. Fin qui le preci, e poi i voti, a FEBO, ossia alla sapienza, e a TRIVIA , ossia all'eloquenza. TEMPLI: luoghi deputati alla con­ servazione della memoria. DI MARMO: indica l'origine della me­ moria. [48] L'ingegno e la memoria hanno diversa origine. L'ingegno è infatti di natura ignea, la memoria, invece, nasce dal freddo. Ogni celerità, infatti, deriva dal fuoco, e per tale motivo vediamo i temperamenti sanguigni, sia pur pingui, tut­ tavia veloci. L'ingegno, infatti, è rapidità nell'afferrare lo sci­ bile e pertanto ha origine dal calore. Invece la memoria è len ­ tezza e indugio [mentale] di coloro che capiscono. Difatti ogni lentezza proviene dal freddo. Per questa ragione vediamo i melanconici, benché esili, tardi di comprendonio. Queste di­ verse origini le chiosa allegoricamente Marziano [C apella] , la d dove dice che U rania ha sede nella sfera più esterna del fir­ mamento stellato, cioè la capacità di afferrare [con la mente] è legata al fuoco, Polimnia invece [è prossima] a Sa turno, cioè la ricchezza della memoria è legata al freddo. Proprio questo si annota [nel testo] dove si citano i TEMPLI DI MARMO, ossia le possibilità di conservare la memoria per via di freddo tenace. ANCHE TU: o tu, intelligenza. SACRARI: archivi segreti. NEL NOSTRO REGNO: mentre regneremo comandando ai vizi. QUI: in quegli archivi della memoria. SORTI: vaticini. ARCANI FATI: se­ grete disposizioni divine. DETTE: rivelate da te. In che modo saranno rivelate lo si vedrà in séguito. ALLA GENTE: al genere umano. Tutte le cose, infatti, che afferma sarebbero capitate a Enea, ossia allo spirito, le conferma avvenute per i suoi simili, cioè a coloro che vivono per lo spirito. ELETTI: esenti da vizi. ALMA: perché fatta di divine sostan­ ze e capace di comprenderle. UOMINI: è da notare che gli uo­ mini, non i bambini o i giovani o i vecchi, sono consacrati al sapere. Infatti in quelle età giovanili c'è troppo calore, nella vecchiaia, invece, troppo freddo ed eccedenza di umori. Al contrario, nella maturità c'è equilibrio nel temperamento, e 127

ideo prime etates propter nimiam mollitiem et ultima pro ni­ mia duricia non intelligunt; virilitas vero moderata intelligit. Unde Plato humanam etatem esse cere comparabilem 147 dicit que si nimium sit dura vel mollis impressum non recipit; si ve­ ro temperata, figura impressa retinetur. [49] FOLIIS: instabilibus et girovagis magistris, qui sunt va­ gi et palantes CARMINA : precepta tua. VENTIS: viciis instabilita­ tis. Sibilla foliis carmina mandat, quoniam intelligentia per in­ stabiles preceptores preceptis suis nos informat. IPSA vero ca­ nit dum inspiratione sua nos erudit. CANAS: Inspires. FINEM: Hoc salurn enim poscit spiritus, intelligentiam. AT PHEBI: Incipit ostendere qualiter se habeat, deinde que ventura precinat intelligentia. VATES Phebi quia manifestat philosophica. NONDUM PACIENS: Nondum acquiescens; quan­ to enim plura noscit tanto plura appetit. IMMANIS: quia celestia tangit 1 48 • IN ANTRO: in profundo mentis. BACCATUR: Laborat vel studet. Studere enim quasi bachari est. Un de diffinitur etiam : studium est vehemens animi applicatio cum summa vo­ luntate ad aliquid agendum . SI POSSIT: ut possit EXCUSSISSE a PECTORE: per doctrinam emisisse a mente. MAGNUM DEUM: Phebum, scilicet sapientiam. Videt enim intelligentia quod alias instruendo ipsa augetur et ideo sapientiam erogat quo­ niam videt quod sapientia avarum possessorem indignata eo quod tenetur elabitur et ideo Salomon precipit: «Fili mi, diri­ ventur fontes tui foras» 149• FATIGAT: Et implet et qui inebriat ipse inebriatur. OS RABIDUM PERA CORDA DOMANS, id est super­ fluitates cordis et oris cohibens. FINGIT: Forma t et instruit PRE­ MENDO, ab illicitis cohibendo. HOSTIA: doctrine DOMUS: philo­ sophie CENTUM: infinita FERUNT: proferunt AURIS: casibus tem­ poralibus. o TANDEM: Ostendit intelligentia spiritui quanta perpessu­ rus sit postquam ad incrementum virtutum et scientiarum

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così le età giovanili non sono in grado di capire per la troppa mollezza, quelle tarde per l 'eccessivo rigore; l'età virile, inve­ ce, moderata, comprende. Perciò Platone dice che la vita umana è paragonabile a una cera, che se è troppa dura o mol­ le non riceve alcuna impressione, se invece è di temperata struttura trattiene la forma che vi è impressa. [49] su FOGLIE: con instabili e girovaghi maestri, che sono ambigui e vagabondi. CARMI: i tuoi precetti. AI VENTI: con i vi­ zi dell 'incertezza. La Sibilla affida alle foglie i responsi, dato che l'intelligenza ci rende edotti dei suoi precetti tramite mae­ stri non sicuri. ESSA invero parla quando ci erudisce con la sua voce ispirata. PARLI: ispiri. FINE: questo solamente richiede lo spirito, l'intelligenza. MA DI FEBO: comincia a mostrare come si comporti, poi quali cose future suggerisca l'intelligenza. INDOVINA : di Febo, perché svela cose filosofiche. NON ANCORA SOGGETTA: per nul­ la acquietata; infatti quanto più conosce tanto più desidera sa­ pere . IMMANE: perché sfiora cose celesti. NELL)ANTRO: nel profondo della mente. SI AGITA INVASATA: si affanna o s'impe­ gna. Studiare, infatti, è quasi un essere invasati. Per questo si può anche definire così: lo studio è una fervida applicazione dell 'animo per ottenere qualcosa con sommo impegno. SE POS­ SA : perché possa SCUOTERE [IL DIO] dal PETTO: tramite una sa­ pienza che ha fatto scaturire dalla mente. GRAN DIO: Febo, os­ sia la sapienza. L'intelligenza vede infatti che, istruendo gli al­ tri, aumenta se stessa, e pertanto comunica il sapere, poiché percepisce che questo, sdegnando di essere posseduto, sfugge ogni avaro detentore, e perciò Salomone insegna: «Figlio mio, è un torrente che straripa la fonte del tuo sapere». AFFATICA: riempie, poiché colui che inebria di sapere è a sua volta con ­ tagiato. IL VISO SCONVOLTO DOMANDO LA FURIA RIBELLE: cioè coartando le voci superflue nate dal cuore e dalla bocca. PIE­ GA: forma e istruisce COSTRINGENDO, separando da illeciti in­ flussi. PORTE: dottrine. DELLA CASA: della filosofia. CENTO: infi­ nite. PORTANO: mostrano. SUL VENTO: per casi accidentali. o ALFINE: l'intelligenza mostra allo spirito quanti affanni do­ vrà sopportare dopo che sarà pervenuto ad arricchire le virtù e 129

ventum fuerit. PELAGI: mundi vel carnis. Vel pelagus vitam temporalem intelligimus quia eam violentia ventorum exagi­ tat. Ventos autem intelligimus duas temporales fortunas, pro­ speritatem et adversitatem, que cito veniunt et cito abeuntes transeunt et naves, id est voluntates, ad diversa rapiunt et mentes hominum per hoc mare [5o] navigantes in vitiorum naufragium ducunt. Un de Boetius terrenos flatus 1 50 eos vocat. Item per mare vitam temporalem intelligimus tali similitudi­ ne: in mari tempestas a profundo incipit et usque ad summum se protendit. Terre enim uligo, id est fumus naturalis , exiens a terra fundum primum commovet, qua commotione foce in fundo dormientes excitantur. Quibus ad summum maris ve­ nientibus, timent naute scientes iam in profundo tempestatem incepisse. In temporali quoque vita passio et miseria ab initio eius usque ad finem se protendit. TERRA : soliditate virtutum. GRAVIORA : Cum enim in libidinibus carnis multa animi sint pericula, in soliditate virtutum tanta est arduitas et difficultas quod vix subsistunt. LAVINI: laboris regna DARDANIDE: animi potentie CURAM: timorem NON VOLENT dum enim in difficul­ tatibus et arduitatibus virtutis et in mediis vitiorum infesta­ tionibus ad pristinarum libidinum voluptates animus recurrit, plurimum honesti penitet eum propositi. BELLA : Quoniam ea que ventura precinit in reliquis voluminibus enarrantur, ideo eorum expositionem ad presens distulimus. Hoc tantum hoc loco nosse sufficiat quod intelligentia spiritui ad virtutem et sapientiam festinanti futura viciorum bella premonstrat, ut dum ad ea ventum fuerit ea fortius perferat. «N am levius le­ dit quidquid previdimus ante» 1 5 1 • Hac iterum de causa futura prenuntiat ne in remissa securitate negligentie veniat et ut ad ea sustinenda se accingat. TALIBUS: Hactenus fuit intelligentie vaticinium. EX ADYTO: secreto mentis. HORRENDAS: quia precognite vitiorum infesta­ tiones spiritum exterrent AMBAGES: quia modo prospera, mo-

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i sa peri. DEL MARE: del mondo e della carne. Difatti come mare intendiamo la vita contingente, perché è agitata dalla violenza dei venti. Con questi poi definiamo i due accidenti possibili, la fortuna prospera e quella avversa, che presto vengono e del pa­ ri vanno, e spingono le navi, ossia le volontà, a diversi approdi, e conducono al naufragio le menti degli uomini che navigano per questo mare di vizi. [so] Per questo Boezio li chiama venti di terra. Allo stesso modo valutiamo come mare la vita terrena per la seguente similitudine: nel mare la tempesta si origina nei flutti profondi e si estende fino alla loro sommità. Infatti il va­ pore della terra, ossia la naturale esalazione che ne esce, scon­ volge innanzitutto gli abissi, e per questo torbido si risvegliano le foche che riposano sul fondale. Venendo queste in superfi­ cie, i naviganti hanno paura, perché apprendono che la tempe­ sta ha origine nel profondo del mare. Anche nella vita terrena sofferenze e miserie si estendono dalla sua origine fino alla fi­ ne. IN TERRA: con ferma virtù. PIÙ GRAVI: infatti, dato che si an­ nidano nelle libidini della carne molti pericoli per l'anima, tan­ ta è l'ardua difficoltà nella concretezza delle virtù che queste sopravvivono a fatica. DI LAVINIO: i regni della fatica. I DARDANI: le potenze dell'anima. CURA: timore. NON VORRANNO: infatti, permanendo le ardue difficoltà della virtù e le infestazioni vi­ ziose, l'animo si rifugia nei piaceri dei vizi antichi e perlopiù si rammarica di ogni proposito onorevole. GUERRE: poiché i fatti che dovranno avvenire sono raccontati negli altri libri, per ora rinviamo la loro esposizione. A questo punto è sufficiente co­ noscere solamente che l'intelligenza predice allo spirito che si accosta volonteroso alla virtù e alla sapienza le future guerre dei vizi, perché in attesa di raggiungerle le sopporti con più forza. «Infatti ferisce più blandamente ciò che abbiamo previsto». Di nuovo, per questo motivo, preannuncia il futuro, perché non viva in una scontata sicurezza negligente e si accinga a soppor­ tare [proprio] quegli impegni. CON QUESTE [PAROLE] : fin qui giunse il vaticinio dell'intel­ ligenza. DAL FONDO DELL)ANTRO: dalle latebre della mente. OR­ RENDE: perché le ormai note presenze dei vizi spaventano l'a­ nima. OSCURE PAROLE: poiché ora promette cose favorevoli, 13 1

do adversa pollicetur vel AMBAGES quasi ambiguitates, id est responsa integumentis involuta. ANTRO: mente. REMUGIT: Rei­ terat ut memorie infigat. OBSCURIS: integumentis. VERA : Veri­ tatem per [51] integumenta occultat. Intelligentia namque di­ vina precipue docet; divinis ergo precipue integumenta con­ gruunt quia ut ait Macrobius cuniculis verborum divina sunt tegenda 1 52. Unde Plato et alii philosophi cum de anima et de alio theologico aliquid dicunt ad integumenta se conver­ tunt 1 53, ut Mara in hoc opere. FRENA: revocamina. STIMULOS: incitamenta. Sapientia enim ad divina investiganda propellit et animos archanis retrahit. FURENTI: Intelligentia quia et de his perquirendis et de futuris premostrandis humanam possibilitatem transcendit, furens reputatur. Est enim hominis mos ut quod in se non sentit pro impossibili, quod in se sentit pro possibili habeat. Unde Sal­ lustius: «Quod si bi quisque credi t equo animo accipit; si su­ pra id memores ducit vera pro falsis» 1 54. FUROR: vaticinium . ANIMO: discretione. UNUM: Nichil enim aliud querit rationalis spiritus nisi ut per creaturarum cognitionem creatorem agnoscat. IANUA per quam inferos, id est caducorum regionem , ingredimur est hec terrestris habitatio in qua nascimur. REGIS: Hunc regem ter­ ram esse diximus qui Dis appellabatur quia in terra omnes di­ vitie reperiuntur, et pecunia et thesaurus et predia et supellex et ornatus 155. Unde Boetius: Hoc quicquid placet excitatque mentes in imis tellus aluit cavernis I 5 6 •

THENEBROSA PALUS Lethes . Oblivio enim mentem obnubilat. P redictum est quidem Lethem e s s e oblivionem , S tigem odium, Flegetontem ardorem irarum, Acherontem tristiciam . Hii quattuor fluvii apud inferos habitatores infernales refi­ ciunt quia in hac regione animantur mortalia cum ex hiis quat­ tuor hauriunt. De Lethe potant omnes obliviosi, de Stige odiosi, de Flegetonte iracundi, de Acheronte tristes.

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ora cose contrarie o OSCURE PAROLE quasi ambigue, ossia re­ sponsi celati dalle allegorie. NELL)ANTRO: nella mente. RISUO­ NA : reitera [i pensieri] per fermarli nella memoria. D ) OSCURE [PAROLE] : con allegorie. IL VERO: occulta la verità [sr] con le allegorie. L'intelligenza, infatti, insegna soprattutto cose divi­ ne e le allegorie ben si adattano ad esse, perché, come dice Macrobio, le cose sacre si devono proteggere con complessi itinerari verbali. Perciò Platone e altri filosofi, quando affer­ mano una tesi sull'anima o su un altro tema teologico, si vol­ gono all'allegoria, come fa [Virgilio] Marone in quest'opera. IL MORSO: gli indugi. STIMOLI: provocazioni. Difatti la sa­ pienza sollecita a investigare il sacro e trattiene gli animi con il mistero. ALL'INVASATA: l'intelligenza è ritenuta folle, perché nel­ l'interrogare il divino e nello svelare il futuro trascende le pos­ sibilità umane. È infatti costume degli uomini di avvertire come possibile quanto percepiscono in sé, come impossibile quello che non avvertono nell'intimo. Perciò Sallustio [dice] : «quanto ciascuno crede possibile per sé lo accetta di buon grado, se in­ vece gli si racconta qualcosa al di là di quella misura, prende il vero per falso». FURORE: il vaticinio. CON L)ANIMO: con misura. SOLO QUESTO: lo spirito razionale non chiede nient'altro se non conoscere, attraverso le creature, il creatore. La SOGLIA at­ traverso la quale raggiungiamo gli inferi, ossia la regione delle cose caduche, è questa abitazione della terra nella quale siamo nati. DEL RE: diciamo che questo re è la terra che è chiamata Di­ te, perché tutte le ricchezze si trovano in essa: denaro, profit­ to, possessi, preziosità, ornamenti. Per questo Boezio [dice] : Queste cose che piacciono tanto ed eccitano le brame , le ha nutrite la terra, [conservandole] in profonde caverne.

TENEBROSA PALUDE: il Lete. L'oblio, infatti, obnubila la mente. Si è detto prima che il Lete è l'oblio, lo Stige l'odio, il Flege­ tonte il furore dell'ira, l'Acheronte la tristezza. Questi quattro fiumi degli inferi alimentano gli abitatori del luogo, perché qui, sulla terra, gli esseri mortali da loro attingono. Dal Lete bevo­ no tutti coloro che dimenticano, dallo Stige coloro che odiano, dal Flegetonte gli iracondi, da Acheronte i tristi figuri. 133

IRE: Predocuimus in quinto volumine quod ad inferos de­ scensus sit faciendus [52] ut videatur Anchises, licet su per om­ nes excelsus, quia creature agnitio ad contemplationem addu­ cit creatoris. CONSPECTUM: contemplationem. ORA : presentiam. Sed prius in hac vita itur ad contemplationem, in alia ad ora, id est ad videndum facie ad faciem 1 57 • DOCEAS: Hoc est enim in­ telligentie. ITER: ascentiones per creaturarum agnitiones. Pri­ mus gradus est ab inanimatis ad animata, scilicet insenibi­ lia, quemadmodum a lapidibus ad herbas et arbores; secundus gradus est ab his ad animata sensibilia, sed tamen ad irrationa­ bilia, id est ab arboribus ad animalia bruta; tertius est gradus ab animalibus irrationalibus ad animalia rationalia, id est ad homines; quartus autem gradus ab hominibus ad celestia 1 5 8 • Videt enim intelligentia hominem, quamvis quantum ad ani­ mam immortalem, natura tamen corporis dissolvi atque ideo ad celestia ascendit maiora querens et in his quidem homine maiorem angelum invenit utpote immortalem, incorporeum, ab omni carnea contagiane scincerum. Quintus gradus ab an­ gelo ad creatorem. Cum enim ceteris creaturis perpendat in­ telligentia angelum celsiorem, adhuc tamen celsius eo requirit; videt namque eum initium habuisse. Itaque per ordinem crea­ turarum itum est ad creatorem. HOSTIA: agniciones creatura­ rum. PANDAS: aperias. Est in hoc loco histeron proteron. Prius enim est aperire hostium, dehinc per iter ascendere. Sed su per notatos gradus numquam ascendit Eneas nisi duce Sibilla. ILLUM: Persuadet a sua persona facta petitione. FLAMMAS: incendia libidinis. TELA : infestationes vitiorum. HUMERIS: co­ gitationibus: HOSTE: qui volebat eum auferre, scilicet vitio. co­ MITATUS: protegendo. MARIA : libidines. PELAGI: commotionis temporalium. MINAS: infestationes. CELI: venti aerii, id est vicii. Vel MINAS PELAGI: infestationes carnis, MINAS CELI: errores ani­ mi. FEREBAT: ignoscendo. INVALIDUS: In his enim est [ 53] inva­ lidus quibus inest plus vicii quam virtutis. ULTRA virtutes vel merita SENECTE eternus enim est.

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ANDARE: preannunciammo nel quinto libro che la discesa agli inferi è da farsi [52] per vedere Anchise, ossia colui che è tra tut­ ti l'eccelso, dato che la cognizione della creatura guida alla con­ templazione del creatore. COSPETTO: contemplazione. VOLTO: presenza. Ma prima in questa vita si procede alla contemplazio­ ne, in un'altra ad ora, ossia a vedere [il sacro] faccia a faccia. IN­ SEGNAMI: questo è proprio dell'intelligenza. VIA: ascese attraver­ so la cognizione delle cose create. n primo grado è dalle cose inanimate alle animate, ma senza sensibilità, come a dire dalle pietre alle erbe o piante; il secondo da queste alle cose animate sensibili, ma irrazionali, owero dagli alberi agli animali bruti; il terzo è dagli animali irrazionali a quelli razionali, ossia gli uomi­ ni, il quarto dagli uomini alle cose celesti. Difatti l'intelligenza ve­ de che l'uomo, benché immortale quanto all'anima, nondimeno per la natura del corpo è destinato a morire, e pertanto ascende alle cose celesti cercando più solide certezze e in queste trova l'angelo, più elevato dell'uomo e immortale e incorporeo e im­ mune da ogni contagio carnale. Il quinto grado [conduce] dal­ l'angelo al creatore. Infatti l'intelligenza, valutando l'angelo più in alto delle altre creature, finalmente ricerca qualcosa anche più grande di lui e percepisce che anch 'esso ha avuto un'origine. E così, seguendo l'ordine delle creature, si perviene al creatore. PORTE: conoscenze delle creature. APRI: di sveli. C'è in questo pas­ so uno hysteron proteron. Per prima cosa infatti c'è da aprire la porta, poi da salire per il cammino [intrapreso] . Ma per le cita­ te tappe Enea non prosegue se non con la guida della Sibilla. QUELLO [IL PADRE] : cerca di convincere, fatta la richiesta, [muovendo] dal proprio ruolo. FIAMME: incendi della libidine. DARDI: le viziose infatuazioni. SULLE SPALLE: con i pensieri. DAL NEMICO: che voleva portarlo via, cioè dal vizio. ACCOMPAGNA­ TO: proteggendo. I MARI: le libidini. DEL MARE: della passione per le cose contingenti. MINACCE: infatuazioni [viziose] . DEL CIELO: dell'aura, ossia del vizio. Oppure MINACCE DEL MARE: infatuazioni carnali. MINACCE DEL CIELO: errori dell 'anima. PORTAVA : perdonando. INVALIDO: l'infermità è nelle [53] cose dove si trova più vizio che virtù. OLTRE le virtù e i meriti della VECCHIAIA vi è infatti l'eterno. 135

ORANS: pie exhortans. MANDATA : cogentia iussa: quando­ que enim monet, quandoque quasi invitum trahit «precibu­ sque minas regaliter addit» 159• PATRIS: ducendo me ad ipsum quod ipse obtat. POTES: Ostenso debito, in petitione ostendit possibilita­ tem. OMNIA : Cognoscit enim divina et h umana. HECATE dea est centum habens potestates 160 , quam dicunt esse lunam infini­ tos effectus habentem. Per hanc autem intelligimus hoc loco divinam sapientiam que dieta est Hecate, id est centum pote­ states quoniam infinitarum rerum notiones in se continet. Hec prefecit intelligentiam inferis quia temporalibus ita eam su­ perposuit quod ea perfecte cognoscit et ultra ea divina com ­ prehendendo transcendit. Teste namque Boetio, intelligentia omnia capit que inferiores animi nostiones 161• Cum enim sint quattuor animi nostiones, superiores cognoscunt omnia que inferiores, sed non convertitur. LUCOS autem vocat bona temporalia quia habent tres qua­ litates luci qualitatibus consimiles. Quemadmodum enim ne­ mora propter solis absentiam sunt obscura, ita propter def­ fectum rationis temporalia. Sicut nemora propter multitudi­ nem varietatemque viarum sunt invia, ita temporalia propter varias vias que ad summum bonum ducere videntur, cum non ducant, invia sunt 162• Avernus dicitur nemus sine vere quasi si­ ne delectatione; ita et illa sine vera delectatione sunt. SI POTUIT: Persuadet inductione. Orpheum legimus 163 Apollinis et Calliopes filium fuisse et citharam qua saxa et ar­ bores trahebat, fluvios sistebat, feras mitiga ba t habuisse. Huic era t uxor Euridice que dum per prata vagaretur ab Aristeo pa­ store adamata est, dumque eum fugeret, calcato serpente et veneno recepto, mortua est. Quo dolore permotus, Orpheus ut [54] coniugem suam extraheret ad inferos descendit, um­ brarum dominos permulsit, uxorem tali condicione ne respi­ ceret recepit. Respexit et perdidit. Per Orpheum sapientem et

PREGANDO: esortando religiosamente. ORDINI: imposizioni cogenti: talora infatti ammonisce, talaltra persuade il neghit­ toso «e alle preghiere aggiunge nobili rimbrotti». DEL PADRE: portandomi da lui, poiché egli stesso lo desidera. PUOI: mostrato il debito, pone in primo piano la possibilità nella richiesta. TUTTO: conosce infatti le cose divine e umane. ECATE: è una dea che ha cento poteri, e dicono sia la luna ca­ pace d'influssi infiniti. Nondimeno con la sua figura in questo passo intendiamo la divina sapienza che è detta Ecate, ossia dai cento poteri, perché contiene in sé la cognizione d'infini­ te cose. Costei pose a capo degli inferi l'intelligenza perché in tal modo la mise in contatto con le cose temporali che essa precisamente conosce e, comprendendo le parole divine, tra­ scende. Per testimonianza di Boezio, l'intelligenza compren ­ de tutto ciò che appartiene alle facoltà inferiori dello spirito. Essendo quattro queste facoltà, le superiori conoscono le in ­ feriori, ma non vale il contrario . Chiama poi BOSCHI i beni temporali, perché hanno tre aspetti simili a quelli del bosco. Allo stesso modo, infatti, che i boschi per l'assenza del sole sono oscuri, così parimenti le co­ se temporali lo sono per difetto di ragione. Come i boschi per la moltitudine e la varietà dei sentieri sono impervi, così le co­ se terrene, per le varie vie che sembrano condurre al sommo bene, mentre in realtà non vi conducono, sono impervie . Averno è detto un bosco senza fioritura, come senza piacere; e pertanto proprio quelle cose sono senza un vero diletto. SE [ORFEO] POTÉ: persuade attraverso l'induzione. Leggia­ mo che Orfeo fu figlio di Apollo e Calliope e che ebbe una ce­ tra capace d'incantare alberi e sassi, fermare il corso dei fiumi e ammansire le fiere. Aveva per moglie Euridice che, mentre passeggiava sui prati, venne amata dal pastore Aristeo e, men ­ tre lo sfuggiva, morì per aver calpestato un serpente riceven­ done il veleno. Orfeo, sconvolto da questo dolore, [54] per ria­ vere viva sua moglie discese agli inferi e pregò il signore delle tenebre, riottenendo la donna a condizione che [nel ritorno] non si volgesse indietro a guardarla. [La] guardò e [la] perse. Nella figura di Orfeo, dunque, vediamo l'uomo sapiente ed 137

eloquentem accipimus. Unde Orpheus quasi orea phone dici­ tur, id est bona vox. Dicitur filius Apollinis et Calliopes, id est sapientie et eloquentie: nam sapiens et eloquens sapientie et eloquentie filius est. Calliope vero, id est optima vox, dicitur eloquentia quia vocem disertam efficit 1 64. Habet chitaram , id est orationem rethoricam, in qua diversi colores quasi diversi nervi sonant. Lenimen huius ad aliquod honestum opus pi­ gros excitat, instabiles ad constantiam vocat, truculentos mi­ tigat, et ideo dictum est saxa trahere, fluvios sistere, feras le­ nire. Huic Euridice, id est naturalis concupiscentia, coniunx est, id est naturaliter iuncta. Nemo enim sine sua naturali con ­ cupiscentia est. Unde in poema ti bus legitur genium quendam, naturalem deum humane nature, esse qui nascitur cum homi­ ne et moritur, unde Horatius: Nature deus h umane mortalis in unum quodque capud 1 6 5 •

Quem intelligimus esse naturalem concupiscentiam que in humana natura dominatur et Euridice, id est boni appetitus, dicitur; quia data est ad appetendum bonum . Hec deambu­ lat per prata, id est errat per terrena que modo virent et sta­ tiro arescent quia sicut flos feni sic omnis gloria m un di 1 66. Dum per bee errat Euridice modo huc modo illuc ambiendo, adamatur ab Aristeo. Interpretatur autem Aristeus virtus di­ vina: ares enim virtus , unde Ariopagus, villa virtutis; theos ve­ ro deus. Divina autem virtus dicitur quia hoc habet homo in se divinum . Huic pastoris officia ascribuntur quia virtutis sunt officia greges, id est cogitationum , sermonum, actionum multitudines, custodire. [ 5 5] Vult Aristeus Euridicem sibi iungere, id est virtus sibi concupiscentiam unire, ut scilicet solum bonum concupiscentia querat, malum abhorreat. Eu­ ridice Aristeum fugiens in prato serpentem terit, id est in hac terrena vita temporale bonum tangit. Serpens dicitur bonum temporale 167 quia circa inferiora serpit et cum pulcher videa-

eloquente. Perciò Orfeo è detto come area phone, ossia bella voce. È detto figlio di Apollo e Calliope, ossia della sapienza e dell'eloquenza, difatti il sapiente e l'eloquente sono figli del­ la sapienza e dell'eloquenza. Tramite Calliope poi, cioè l'otti­ ma voce, è simboleggiata l'eloquenza, perché rende suadente la parola. Possiede la cetra, ossia l'orazione retorica, in cui ri­ suonano diversi timbri, come diverse corde. L'affabile malia strumentale incita i riottosi a un lavoro onesto, chiama gli in ­ decisi alla costanza, addolcisce le anime rudi, e per questo si diceva che attirasse i sassi, fermasse i fiumi e placasse le fiere. Euridice, ossia la naturale concupiscenza, è moglie [di Orfeo] , cioè a lui congiunta secondo natura. Nessuno, infatti, è privo della sua naturale brama. Per questo si legge nei poemi che vi sia un genio, dio della natura umana, che nasce e muore con l'uomo, e Orazio [ne scrive] : Dio dell' umana natura, destinato alla morte con le singole creature.

Lo interpretiamo come la naturale concupiscenza che domi­ na nell'essere umano e viene detta Euridice, ossia desiderio di un vantaggio, perché è concessa per desiderare il bene. Costei cammina per i prati, ossia erra per i terreni che ora sono in fio­ re, ora divengono aridi, perché come un fiore di campo così passa la gloria mondana. Mentre Euridice si perde nei campi vagando qua e là, è concupita da Aristeo. Aristeo s'interpreta come la virtù divina: ares è infatti virtù, da cui Areopago, vil­ la virtuosa; theos significa proprio dio. La virtù poi si dice di­ vina perché l'uomo ha in sé il divino. A costui è attribuita la funzione di pastore perché è dovere della virtù custodire le greggi, ossia la moltitudine dei pensieri, delle parole, delle dif­ ferenti azioni. [ 55] Aristeo vuole congiungersi con Euridice, ossia la virtù vuole unire a sé il desiderio, perché in tal modo la concupiscenza cerchi il sommo bene e aborrisca il male. Eu­ ridice, fuggendo Aristeo, calpesta nel prato un serpente, ossia in questa vita terrena tocca un bene temporale. Il serpente è definibile bene terreno perché striscia intorno a cose infime e, 139

tur nocivus est. In pede virus anguis recipit, id est in sensu boni temporalis delectationem. Martis ergo causa recepta, id est delectatione temporalis boni, ad inferos trahitur, id est ad temporalia relictis celestibus ducitur. Uxore sua permotus Orpheus ad inferos descendit, id est ad temporalia per co­ gnitionem, ut visa eorum fragilitate concupiscentiam inde ex­ trahat. Umbrarum dominos demulcet, id est temporalium possessores. Tandem postquam diu cantavit, id est sapien­ tiam et eloquentiam diu ibi exercuit, uxorem recipit, id est concupiscentiam a terrenis extrahit, hac lege quod eam per­ dat si retro respiciat, id est si iterum ad temporalia se reflec­ tat. Hic Orphei descensus in hoc loco notatur. MANES CONIU­ GIS, id est mortuam concupiscentiam que tunc moritur quan ­ do a vera vita, id est a celesti bono, elongatur. THRACIA quia ibi primo viguit. FRETUS: munitus CITHARA : oratione rethori­ ca. FIDIBUS: ornatibus rethoricis. SI FRATREM: Legitur Castorem et Pollucem fuisse fratres quorum Pollux deus, Castor vero mortalis 168 . Ne vero perpe­ tuam mortalitem haberet Castor, dicunt Pollucem cum eo di­ vinitatem suam partitum fuisse et ad inferos descendisse ut il­ le ad superos ascenderet. Sunt qui per hos duos duas figurent stellas quarum unam pro maiore fulgore divinitatem habere dicunt, alteram vero mortalitatem pro minori. Dumque Pol­ lux ad inferius hemispherium descendit, Castor superius te­ net atque ita descendit ad inferos ut Castor ascendat et dicunt «alternam mortem» alternatum occasum esse: dum enim illa occidit, [s6] hec apparet et econtra. Sed melius per hos fra­ tres intelligimus animum et corpus quorum animus est ratio­ nalis et immortalis et ita deus, corpus vero mortale 1 69. Se d animus corporis mortalitatem ad tempus patitur ut deinde corpus immortalitatem sortiatur. Quemadmodum enim ex

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pur sembrando bello, è nocivo. Riceve nel piede il veleno del­ la serpe: nel senso c'è diletto del bene temporale. Dunque, ri­ cevuta la causa di morte, cioè per piacere del bene contingen ­ te, è portata agli inferi, vale a dire, abbandonate le cose cele­ sti, è guidata alle terrene. Incalzato dal desiderio per sua mo­ glie, Orfeo giunge agli inferi, ossia scende alle cose contin­ genti per conoscerle, perché, percepita la loro inconsistenza, di lì possa cancellare la brama. Intenerisce [con preghiere] i signori delle tenebre, cioè i padroni dei beni temporali. Infi­ ne, dopo che cantò a lungo, owero esercitò ivi a lungo sa­ pienza ed eloquenza, riottenne la moglie, ossia portò via la brama delle cose terrene, ma con questo limite, di perderla se si fosse volto indietro, se di nuovo si fosse dedicato alle cose contingenti. Questa discesa [agli inferi] di Orfeo è descritta in questo passo. DAI MANI L)AMATA : ossia la defunta brama che muore allorquando si allontana dalla vita vera, owero dal be­ ne celeste. TRACIA: perché ivi [quell'arte] fiorì . FIDANDO: mu­ nito. DI CETRA : di orazione retorica. CON LE CORDE [DELLA CE­ TRA] : con retorici abbellimenti. SE IL FRATELLO: si legge che Castore e Polluce fossero fratel­ li, e tra questi Polluce era un dio, Castore, invece, un essere mortale. Perché Castore non soffrisse la mortalità per sempre, dicono che Polluce, spartita con lui la divinità, scendesse persi­ no agli inferi, perché il fratello potesse salire al cielo. Vi sono certuni che, attraverso questi due [personaggi] , rappresentano due stelle, delle quali l'una dicono abbia del divino per maggior fulgore, l'altra invece si limiti al destino mortale in quanto bril­ la di meno. E mentre Polluce si eclissa all'emisfero inferiore, Castore tiene quello superiore, e pertanto il primo discende agli inferi per far ascendere il secondo, e dicono che la «morte al­ terna» sia un occaso alternato: mentre infatti quella stella tra­ monta [56] questa sorge e viceversa. Ma, ancor meglio, con que­ sti fratelli raffiguriamo l'anima e il corpo: l'anima razionale e im­ mortale, e pertanto dio, il corpo invece mortale. Ma l'anima sopporta per un certo tempo la caducità del corpo solo a patto che questi abbia parte all'immortalità dello spirito. Infatti allo stesso modo in cui l'anima, per contiguità col corpo, abita que-

consortio corporis animus hanc regionem martis incolit, ita corpus ex consortio animi vite regionem inhabitat. ALTERNA MORTE, id est mutata mortalitate. Dat enim corpus animo mortalitatem temporalem ut animus dat corpori eternam im­ mortalitatem. THESEA : Dicitur Theseus 1 7 0 divinus et bonus: theos enim deus, eu bonus. Per hunc intelligimus rationalem et virtuo­ sum. Hic ad inferos descendit secundum descensum virtutis. ALCIDES interpretatur fortis et pulcher 1 7 1 per quem practicum accipimus qui gloria rerum gestarum pulcher est. Unde Her­ cules quasi gloria litis dicitur: her lis, cleos gloria. Hic quoque eodem descensu descendit unde in sequentibus dicetur. ARAS: animi virtutes super quas et thura et munera, id est orationes et bona opera deo immolantur. SANGUINE: genere. FACILIS: quia patenter naturam mortalium monstrat: descen­ dere ad inferos est facile, sed redire difficile. Quilibet enim ad temporalia per usum et per cognitionem descendere potest, redire vero vix aliquis potest. Cum illecebris plena sint et hu­ mana natura sit nimium debilis et cedens vitiis, facile i bi reti­ netur; sed cum infiniti sint descendentes, tria tantum sunt ge­ nera redeuntium: quos amat Iupiter, quos virtus sursum eri­ git, qui sunt semidei. Iupiter quia iuris pater vel Iupiter quasi iuvans pater 172 et Iovis quasi yavis 1 73, id est universalis vis, est summus deus . Illos dicitur precipue amare quos invictos a temporalibus extrahit ut Paulum 1 74• NOCTES: ignorantias. DIES: scientias. GRADUM: [ 57] voluntatem. A URAS: serenitatem. In­ ferne aure temporalia bona, superne eterna. LABOR: difficul­ tas. OPUS: utilitas. Redire laboriosum est et utile; manere vero facile et inutile. ARDENS: ignea, tendens ad alta ut ignis. Vicium vero contra terrenum est, id est deorsum spectans. In hoc qui­ dem virtus est ignea quod dei amoris fervorem tribuit, quod ad alta duci t, quod superioris habitationis hominem poten ­ tem , patientem reddit. Unde ibi habitare nemo poterit nisi prius virtutem habuerit. Unde Lucanus:

sta landa mortale, così il corpo per l'unione con l'anima abita la regione della vita. MORTE ALTERNA : ossia scambiata la mortalità. Infatti il corpo offre all'anima una temporanea mortalità, men­ tre l'animo dà al corpo un'immortalità eterna. TESEO: Teseo è detto divino e buono: theos infatti vale dio, eu buono. Con lui simboleggiamo [l'uomo] razionale e vir­ tuoso. Costui discende agli inferi secondo una catàbasi vir­ tuosa. ALCIDE: è da interpretare forte e bello, e con la sua fi­ gura intendiamo [l'uomo] forte e attivo che è mirabile per glo­ ria d'imprese. Per questo Ercole è detto come gloria del ci­ mento: her cimento, cleos gloria. Pure lui discese agli inferi con lo stesso tipo di catàbasi, come si vedrà in seguito. ARE: virtù dell'anima sulle quali erano sacrificati a dio in ­ censi e offerte, ovvero preghiere e buone opere. DA SANGUE: da razza. FACILE: perché mostra chiaramente la natura degli es­ seri mortali: è facile discendere agli inferi, difficile ritornare. Chiunque, infatti, può farsi strada verso le cose terrene per usarle e conoscerle, ma distaccarsi da esse è possibile a pochi. Essendo infatti queste ricche di attrattive, e la natura degli uo­ mini caratterizzata da troppa debolezza e inclinazione ai vizi, facilmente vi si è trattenuti; ma pur risultando infinito il. nu­ mero di coloro che vi discendono, tre solamente sono i tipi ca­ paci di ritornare: quelli che Giove predilige, che la virtù in ­ nalza, che sono semidei . Giove perché padre del diritto, o Giove come padre adiuvante, oppure Giove come yavis, ossia forza universale, è il sommo dio. Si dice che ami soprattutto coloro che, invitti, sottrae alle cose terrene, come Paolo. NOT­ TI: ignoranze. GIORNI: le scienze. PASSO: [57] la volontà. AURE: la serenità. Le aure infernali sono i beni terreni, quelle super­ ne i beni eterni. FATICA: difficoltà. BISOGNO: utilità. Ritornare è faticoso e utile; rimanere facile e inutile. ARDENTE: ignea, che tende all'alto come il fuoco. Il vizio invece, all'opposto, è ter­ reno, ossia guarda in basso. La virtù è ignea proprio per que­ sto, perché suscita fervore di amor divino e conduce ad alte mete e rende paziente l'uomo, capace della dimora più alta. Proprio per questo lì nessuno potrà abitare se prima non avrà avuto [il possesso] della virtù. E Lucano [ne scrive] : 143

Semidei manes habitant quos ignea virtus innocuos vita patientes etheris imi fecit 175•

DIS GENITI: filii Apollinis : sapientes; filii Calliopes: eloquentes; filii Iovis: rationabiles. Hii sunt semidei, id est in anima ratio­ nales et immortales, in corpo re mortales 176• SILVE: predicta de causa temporalia bona. COCHITUS inter­ pretatur luctus. Hic enim fluvius ita circumvenit quod nemo descendit ad inferos nisi per fluvium. Qui enim secundum naturalem descensum ad inferos venit, bune fluvium transit. Dum enim natus est homo, vagitum emittit quod ideo con ­ tingi t qui a a c alido et h umido h utero ad frigidam et siccam terram veniens patitur 177• Ideo calidum et humidum balneum ei paratur statim . Qui item per descensum virtutis descendit Cochitum transit: videns tantam fragilitatem in temporalibus deflet dum tam homines fragilibus deditos videt. Qui item per vitium descendit vel per nigromanticum officium Cochi­ tum transit quia delicti sui penitentiam agens vel penas susti­ nens lacrimatur. Cum itaque quasi quattuor porte sin t quibus ad inferos itur, id est natura, virtus , vitium , artificium , qui­ cumque per aliquid ingreditur per Cochitum graditur et ita Cochitus [58] circumvenit SINU, alveo, qui est dolor vel pas­ sio. BIS quia semel unusquisque per naturam descendit. IN­ DULGERE: satisfacere. LATET: Antequam aliquis ad inferos meare possit monet Sibilla querere aureum ramum quo pretermisso nullus ad in­ feros meatus patet. Hic autem ramus in ARBORE OPACA inve­ nitur. Quod qualiter accipiendum sit videamus. Ramus inte­ gumentis vocatur quodlibet quod in diversa scinditur ut vir­ tutes, vicia, scientie. RAMUS ergo AURES hoc loco intelligitur philosophia quia quemadmodum ramus per alias furcatur ita philosophia quasi quidam stipes in duas alias, scilicet theori­ cam et practicam que rursus in alias secernuntur ut subiecta docet figura 178:

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[Qui] abitano, dopo la morte , i semidei, cui la virtù del fuoco ha donato , per la loro santità, il godimento della parte inferiore dell'etere.

PROLE DEI NUMI: figli di Apollo, i sapienti; figli di Calliope, gli eloquenti; figli di Giove, i raziocinanti. Costoro sono semidei, cioè, riguardo all'anima, razionali e immortali, riguardo al cor­ po, mortali. SELVE: per la citata ragione, i beni temporali. COCITO: è in­ terpretato come lutto. Infatti questo fiume gira attorno agli in­ feri, così che nessuno può entrarvi se non attraverso tale cor­ rente. Infatti, colui che giunge agli inferi seguendo una disce­ sa naturale passa questo fiume. L'uomo, quando nasce, emette un vagito, e ciò avviene perché, provenendo dal caldo e umido utero alla terra fredda e secca, patisce. Proprio per questo gli si appresta subito un bagno caldo e umido. Colui poi che di­ scende per catàbasi virtuosa [agli inferi] attraversa Cocito: ve­ dendo tanta fragilità nelle cose terrene piange mentre guarda gli uomini dediti a cose così caduche. Chi invece discende con inganno o per artificio negromantico passa Cocito, perché pa­ gando penitenza per il suo crimine o sostenendone la pena piange. E infatti, esistendo, per così dire, quattro porte per le quali si giunge agli inferi, ossia natura, virtù, vizio, artificio, chiunque passa attraverso una qualsiasi di queste guada Coci­ to, e pertanto questo fiume [58] circonda con ANSA, con un al­ veo che è dolore o sofferenza. DUE VOLTE: perché una sola vol­ ta ciascuno discende per via naturale. DEDICARTI: compiere. SI CELA: prima che qualcuno possa entrare agli inferi la Si­ bilia lo invita a cercare un ramo d'oro senza il quale non c'è adito possibile verso quei luoghi. Questo ramo poi si trova in un ALBERO FOLTO. Vediamo come si debba intendere. Il ramo è da definirsi allegoricamente tutto ciò che si dirama in parti diverse, come virtù , vizi, scienze. Il RAMO dunque D ) ORO in questo passo è da interpretare come filosofia, perché come il ramo si biforca in altri, così la filosofia, come un tronco, si di­ vide in due diramazioni, teoretica e pratica, che poi si divido­ no in altre, come mostra il seguente schema: 145

PI-ll LOSOPHIA

l

l

l

PRATICA

l

THEORICA

l

l

l

l

l

l

l

SOLITARIA

PRIVATA

COivi:..IU!\IS

THEOLOGIA

i\1ATHEi\lATICA

PHISICA

AUREUS autem quia per aurum sapientia intelligitur 179, unde legitur quattuor virgines, id est Heglen, Hesperiam, Are tu­ sam, Medusam, pomum aureum custodisse per quod intelli­ gimus quod studium, ingenium, ratio, memoria sapientiam conferunt. Hunc ramum intelligentia monet querere Eneam ut possit meatus ad inferos patere quia qui philosophia caret ei rerum agnitio non patet. Hic ramus est in ARBORE. Arborem Pitagoras appellavit humanitatem 180 que in duos ramos, id est in virtutem et vi­ tium se dividit. Cum enim in initio continuat, deinceps qui­ dam in dextrum, quidam in sinistrum , id est quidam in vi­ tium, quidam in virtutem se dividunt. Hec autem arbor gra­ vedine carnis opacca est. Quia humanitas ad modum arboris dividitur, ideo hoc loco «arbor» vocatur et a Pitagora per Y caracterem furcate arboris formam habentem [59] figuratur. LATET: in profundo mentis . FOLIIS: coloribus verborum . VIMI­ NE: sententia. IUNONI: dea est Herebi Prosperpina quam Pluto rapuit, eamque per dimidium mensem ad superos remittit et per di­ midium a se recedere non permittit. Filia Iovis et Cereris, id est ignis et humiditatis, que dicitur Ceres quasi creans res, et est luna que dieta est Proserpina quasi iuxta serpens quia vi­ cinior est aliis planetis. Hanc Pluto, id est terra, rapuit quia ei terra gravedinem dando ab etherea regione eam elongavit 1 8 1• Eam Ceres cum facibus querit quia in fervoribus exhustionis

Fll..O SOFIA

l

l

l

PRATICA

l

TEORETICA

l

l

l

l

l

l

l

SOLITARIA

PRIVATA

COMU:\E

TEOLOGIA

MATEMATICA

FISICA

AUREO: perché tramite l'oro s'intende la sapienza, e per questo si legge che quattro vergini, ossia Egle, Esperia, Aretusa e Me­ dusa, abbiano custodito il pomo d'oro attraverso il quale com­ prendiamo che studio, ingegno, razionalità e memoria conferi­ scono la sapienza. L'intelligenza invita Enea a cercare questo ramo perché si possa aprire un varco agli inferi, dato che la co­ gnizione della realtà non si dischiude a chi manca di filosofia. Questo ramo è sull'ALBERO. Pitagora definì l'umanità un albero, perché si biforca in due rami, ossia la virtù e il vizio. Infatti pur essendo all'inizio unitaria [per struttura] , poi si di­ rama a sinistra e a destra, ossia alcuni uomini vanno verso il vizio, altri verso la virtù . Quest'albero, poi, è reso opaco dal peso gravoso della carne. Dato che l'umanità si separa a guisa di un albero, così in questo passo è chiamata albero e raffigu­ rata da Pitagora con la lettera Y, che ha la forma di un albero biforcuto. [59] CELA : nel profondo della mente. CON FOGLIE: con i colori delle parole. CON GAMBO: per sentenza. A GIUNONE [INFERNALE] : dea dell'Erebo è Proserpina, ra­ pita da Plutone, che la rimandò sulla terra per la metà di un mese e per altrettanto non permise che si allontanasse da lui. Figlia di Giove e di Cerere, ossia del fuoco e dell'umidità - che è detta Cerere come creans res , è la luna, detta Proserpina come iuxta serpens perché è più vicina degli altri pianeti. Plu­ tone, ossia la terra, la rapì, così che la terra, fornendole gra­ vità, la allontanò dalla regione celeste. Cerere la viene cercan-

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humiditas ad cohercendum torrorem eam requirit. Per dimi­ dium mensem ad superos remittitur et per dimidium marito iungitur quia per dimidium luna in superiori hemisperio cer­ nitur et per dimidium in inferiori subditur terre. Hec regina est Herebi; maritus vero eius est rex quia gravedo terre et hu­ mor lune in caduca regione dominatur atque inter lunam et terram permutationis regio continetur. Ara huius dee est po­ stica cellula memorie in qua, ut supradictum est, frigus et tar­ ditas, que a luna habentur, memoriam operantur. Atque ideo dicitur quod ramus illi dee consecratus est quia in cellula illa philosophia est memorie commandanda. INFERNE IUNONI: in ­ ferne regine et proprium nomen pro communi est. LUCUS: collectio bonorum temporalium . TEGIT: occultat. Temporalia enim impedimenta sunt ne pulchritudo philo­ sophie elucescat. UMBRE: imagines boni. TELLURIS: terreni bo­ ni. OPERTA : latentem naturam . SUBIRE: per cognitionem. DISCERPSERIT: doctrina reeperit. SIBI: in sua ara. PULCRA : se­ rena PRIMO: Ad hoc quod Eneas posset di cere, «iamdudum di­ scerptus est ramus» respondit Sibilla. AVULSO: per doctrinam recepto. Sapientia enim magistri [6o] non deficit pro sapien ­ tia discipuli. VIRGA: mens discipuli quemadmodum ad diver­ sa virge ducuntur. ERGO: quia oportet ramum habere, ratione et intellectu et que sunt agenda inquirere et iuxta inventa age­ re. MANU: operatione. VOLENS: Dicit sapientia: «Ego diligentes me diligo» 18 2 • FATA : divine dispositiones. VIRIBUS: studiis. FER­ RO: acumine ingenii. DURO: naturali. PRETEREA : Persuasit intelligentia ramum aureum esse que­ rendum; adhuc suadet prius sepelire Misenum. Misenus Eoli­ des tibicen erat qui cum certaret cum Tritone interemptus est ab eo. Hic prius sepeliendus est quam ad inferos descensus pateat. Misenus dicitur quasi miso enos, id est laus caduca; mi-

do con fiaccole, perché nelle vampe della combustione l'umi­ dità la ricerca per soffocare il calore. È restituita alla terra per la metà di un mese e, per egual tempo, è ricongiunta al mari­ to, dato che la luna si vede quindici giorni nell'emisfero supe­ riore [con le altre stelle] e altri quindici si cela nella parte in ­ feriore del globo terrestre. Costei è regina dell'Erebo, suo ma­ rito ne è re, perché la gravità terrestre e l'umidità lunare do­ minano nella regione delle cose caduche, e tra la luna e la ter­ ra è racchiuso lo spazio soggetto ad alterazioni. L'altare di que­ sta dea è la cameretta posteriore della memoria, nella quale, come si disse, freddo e torpore, derivati dalla luna, agiscono sulla memoria. E pertanto ·si dice che il ramo è da consacrare a quella dea perché in quella tale cameretta la filosofia si deve affidare alla memoria. A GIUNONE INFERNALE: alla regina infer­ nale, ed è un nome proprio invece del comune. BOSCO: insieme dei beni terreni. PROTEGGE: occulta. Infatti le cose terrene sono d'impedimento al risplendere della filoso­ fia. OMBRE: immagini di bene. DELLA TERRA: del bene terreno. SEGRETI: la natura latente. ENTRARE: attraverso la cognizione. ABBIA DIVELTO: abbia accolto con dottrina. A LEI: nel suo al­ tare. BELLA: serena. AL PRIMO: la Sibilla risponde all'eventuale obiezione di Enea «il ramo è da tempo strappato». STACCATO: ricevuto per dottrina. Infatti la sapienza del maestro [6o] non viene meno per via dell 'istruzione del discepolo. RAMO: la mente del discepolo, dato che i rami guidano a diverse [disci­ pline] . DUNQUE: perché occorre avere il ramo, ricercare, con ragione e intelletto, le cose da farsi e agire secondo quanto in ­ tuito. CON LA MANO: attivamente. OBBEDIENTE: dice infatti la sa­ pienza: «lo amo coloro che mi amano». FATI: divine disposi­ zioni. CON LE FORZE: con gli studi. CON IL FERRO: con l'acume dell'ingegno. DURO: naturale. INOLTRE: l'intelligenza suggerì di cercare il ramo d'oro, ora chiede, innanzitutto, di dare sepoltura a Miseno. Miseno Eo­ lide era un suonatore di bùccina che, mettendosi in gara con un Tritone, venne privato della vita da questi. Proprio costui è da seppellire prima che si dischiuda la discesa agli inferi. Mi­ seno è detto come miso enos, ossia lode effimera; miso infatti 149

so enim obruo, enos laus quam intelligimus esse gloriam tem ­ poralem 18 3• De Eolia regione qui a Vane laudis amor ventosa voce tumescit 184.

Gerit tubam, id est superbie inflationem, quam dum persona t, id est dum aliquem laudat ad bella incitat. Deum marinum Tritona diximus esse carnis molestiam que item tuba canit, id est eiulatione. Cum Tritone Misenus certa t quia ambiguam est qui d magis ad bella incitet, an predicatio laudis que est canti­ lena Miseni an vox eiulationis vindictam deposcens que est tu­ ba Tritonis. Triton tamen Misenum interimit quia carnis mo­ lestia appetitum glorie extinguit. Misenum in sepulcrum po­ nere est gloriam oblivioni mandare quod monet intelligentia. ANTE: ante descensum quia iuxta Fulgentium «qui vane laudis pompam non obruit numquam nature secreta penetrabit» 185• Et ita dixit «preterea»: preter hoc quod ramum oportet que­ rere superest alius labor. CORPUS: magnitudo. AMICI: glorie quam hactenus amasti. EXANIMUM: mortale et caducum. [6r] IACET: Non enim celestia tangit, immo prostratum est. HEU: Quia secutus es NESCIS esse caducam. INCESTAT: Polluit. SEDI­ BUS: oblivionibus. PECUDES: vitia. MESTO: quia nemo tante perfectionis invenitur, qui gloriam letus deponat. LUMINA : rationem et intellectum ut ramum in ­ veniat. VULTU: voluntate. LINQUENS ANTRUM: id est excedens carnem. CECOS: reddentes hominem cecum. EVENTUS: prospe­ ritatem et adversitatem. VOLUTAT: Inquirit. Primo enim dum philosophari incipit mens circa bonum temporale, disserendo de adversa et prospera fortuna, ad summum bonum quasi per quandam contrariorum comparationem spectat. Hunc ordi­ nem Boetius observavit 186 . ANIMO: discretione. FIDUS: quia stu­ dium non relinquit nisi relinquitur. VESTIGIA : considerationem visibilium et invisibilium. FIGIT: ex assiduitate imprimit. VA­ RIO: modo ad hoc modo ad illud se transferendo. Hic enim est

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vale copro, enos lode, che comprendiamo essere la gloria ter­ rena. È della terra eolica, da t o che L' amore della vana lode cresce con la voce del vento .

Porta la bùccina, ossia la tronfia superbia, suonandola, cioè mentre loda qualcuno provoca alla guerra. Definimmo il Tri­ tone, dio marino, assillo della carne, che parimenti suona la bùccina, ossia un acuto lamento. Miseno gareggia col Tritone, poiché resta dubbio quanto provochi di più alla guerra, se la celebrazione della fama, che è la melopèa di Miseno, o la vo­ ce del lamento che chiede vendetta, cioè la bùccina del dio Tritone. Il Tritone però uccide Miseno perché l'assillo della carne estingue la brama di gloria. Inumare in un sepolcro Mi­ seno è porre in oblio la gloria secondo quanto suggerisce l'in­ telligenza. PRIMA : prima della discesa, perché, secondo Ful­ genzio, «chi non cela la pompa della vanagloria non riesce a penetrare i segreti della natura». E perciò dice «inoltre» : oltre al fatto di cercare il ramo resta un 'altra fatica. CORPO: gran ­ dezza. AMICI: della gloria che fin qui hai amato. ESANIME: mor­ tale e caduco. [6I] GIACE: non tocca infatti le sedi celesti, anzi è prostrato [a terra] . AHIMÈ: perché l'hai seguita NON SAI che sia tanto caduca [la gloria] . CONTAMINA : infetta. AL [suo] PO­ STO: all'oblio. BESTIAME: i vizi. MESTO: perché non si trova alcuno di tanta perfezione che, lieto, tralasci la gloria. GLI OCCHI: la ragione e l'intelletto, per­ ché trovi il ramo. COL VOLTO: con la volontà. LASCIANDO L)AN­ TRO: cioè superando la carne. CIECHI: che rendono l'uomo cie­ co. EVENTI: prosperità e avversità. PENSA: ricerca. Infatti mentre in prima istanza la mente si attarda a filosofare intorno al bene terreno, dissertando dei casi avversi e prosperi, guarda al som­ mo bene quasi per confronto con i suoi contrari. Boezio os­ servò quest'ordine. NELL)ANIMO: con discrezione. FIDO: perché non abbandona lo studio se non è abbandonato. TRACCE: valu­ tazione delle cose visibili e invisibili. OSSERVA: imprime [nella mente] con pervicacia. VARIO: trasferendosi ora a questo, ora a quel [pensiero] . È proprio l'abitudine di coloro che disputano.

disputantium mos. HUMANDUM: obliviscendum . LITORE: exitu libidinis. SICCO: ab habundantia libidinis 18 7. HECTORIS: quia ex probitate gloriam assecutus fuerat. LITUO: laude. HASTA : eia­ tione. EQUORA: commotiones temporalium. CONCHA: ore adu­ lantis. DIVOS: animi potentias. CERTAMINA : Dici t enim se melius canere, id est melius monere, quam ratio et cetera. SAXA: acu­ tos et duros labores. UNDA : inundantia adversitatis. ERGO: quia para ba t ARAM, id est cumulum virtutum. SEPULCRI: oblivionis. ARBORIBUS: Arbores diximus vocari quelibet divisa in species. Has arbores intellige esse virtutes que in alias furcantur ut in Rethorica 188 habemus. Quarum diffinitiones bue michi non est facile transferre. CELO EDUCERE: usque ad celestes substan­ tias exaltare. Tamdiu enim cumulus ille virtutum augendus est donec homo per eum celestes tangat. ITUR IN ANTIQUAM SILVAM quoniam virtutum cumulum exstruere impossibile [62] est ni­ si prius vitiorum precedat extirpio quia S cincerum est nisi vas , quodcumque infundis acescit 189.

Ideo primo ostendit qualiter vitia extirpentur, deinceps qua­ modo virtutes inserantur. ITUR pedibus contemplationis, scili­ cet ingenio et studio, IN SILVAM, in collectionem temporalium bonorum, umbrosam et inviam . ANTIQUAM: ab initio temporis natam . STABULA : mansiones fumo vitiorum immundas. ALTA: elationem incurrentia. FERARUM: id est hominum in ferinam n aturam vitio transform atorum . Vocat enim philosophia luxuriosos sues, fraudolentos vulpes, garrulos canes, trucu­ lentos leones, iracundos apros, rapaces lupos, torpentes asi­ nos 19 0 . Hii omnes temporalia bona inhabitant sicut econtra «bono rum conversatio in celis est» 191. PROCUMBUNT: Extir­ pantur. PICEE: Per has quattuor arbores propter amaritudinem et sterilitatem accipimus vicia. Quia enim predictum est per arbores quelibet divisiva in philosophia intelligi, per dulces fi­ guramus virtutes vel scientias, per amaras vero vitia vel igno­ rantias. Picee arbores sunt in summo pungitive, in stipite pla-

DA SEPPELLIRE: da dimenticare. SULLA SPIAGGIA: a causa della li­ bidine. ARIDA: per eccesso della passione. DI ETTORE: perché dal probo comportamento si era assicurato grande gloria. CON TROMBA : con gloria. CON L)ASTA : con slancio. ONDE MARINE: emozioni per le cose terrene. CON LA BÙCCINA : con voce adula­ toria. DEI: le potenze dell'anima. GARE: dice infatti che sa suo­ nare meglio, cioè dare meglio consigli della ragione ecc. SASSI: acute e dure fatiche. ONDA : la marea delle cose avverse. DUN­ QUE: perché preparava un altare, ossia un cumulo di virtù. DEL SEPOLCRO: dell'oblio. CON ALBERI: abbiamo detto che gli alberi simboleggiano una qualsiasi cosa divisibile in specie. Questi al­ beri intendi che siano virtù che si biforcano in altre, come tro­ viamo scritto nella Retorica. Le loro definizioni non mi è facile trasferire qui. PORTARE AL CIELO: innalzare fino alle essenze ce­ lesti. Infatti quel tumulo è da accrescere con le virtù finché l'uo­ mo, per suo tramite, tocchi le essenze divine. VANNO ALL)ANNO­ SA FORESTA: dato che è impossibile innalzare un cumulo di virtù [62] se prima non si procede all'estirpazione dei vizi perché Se un vaso non è pulito , tutto quel che vi metti va a male.

Pertanto mostra prima come si estirpino i vizi, poi come si pos­ sano reintrodurre le virtù . VANNO con i piedi della contempla­ zione, ossia con l'ingegno e lo studio, ALLA FORESTA) nella sel­ va dei beni temporali, impervia e ombrosa. ANNOSA: nata all'i­ nizio dei tempi. COVI: abitazioni immonde per la presenza dei vizi. PROFONDI: che si oppongono all'altezza. DI FIERE: cioè di uomini trasformati dal vizio in bestie. La filosofia, infatti, chia­ ma porci i lussuriosi, volpi i fraudolenti, chiassosi i cani, fero­ ci i leoni, iracondi i cinghiali, rapaci j lupi, infingardi gli asini. Tutti costoro frequentano i beni terreni, come, al contrario, «la compagnia dei buoni è nei cieli». CADONO STESI: sono strappa­ ti. PINI: con questi quattro alberi, per via della loro sterilità e assenza di frutti, intendi i vizi. Poiché infatti si è detto che con gli alberi si deve intendere qualsiasi categoria analitica in filo­ sofia, con quelli fruttiferi intendiamo le virtù o le scienze, con quelli sterili, invece, i vizi e le ignoranze. I pini sono alberi p un153

ne per quas figurantur libidines primo delectabiles, deinde aculeis penitentie et conscientie pungentes. Libido enim , cum recedit, «nimis tenaci ferit icta corda morsu» 192• Hec vitia in ­ fructuosas spinas vocat Boetius 1 93• SONAT [. . . ] ILEX: Ilex est ar­ bor duro et insecabili subere vestita per quam accipimus ani­ mi contumeliam que dum eam eruditio increpans corrigere in ­ tendit in verba deffentionis prorumpit. Unde dicit ICTA SECU­ RIBUS vel aliis erudimentis increpata. SECURIBUS: reprehentio­ nibus. SONAT: Clamore increpationis tonat. FRACXINEE: Per hanc arborem aeriam elationem designat. [63] ROBUR: Osten ­ sa extirpatione viciorum, figurat insertionem virtutum. Per ROBUR FISSILE figurat quodlibet vitium ad divisionem habile. Sunt enim vicia que dum scinduntur ad virtutem reducuntur: quemadmodum ab avaritia cum ipsa sit «tenere tenenda et non tenenda», separemus ea a se et abiecto inutili, utile te­ neamus; in prodigalitate quoque sequestranda sunt a se «da­ re danda et non danda». Itaque tam contraria vitia scissione et inutilium abiectione et utilium electione ad unum medium re­ ducuntur, id est ad «dare danda et tenere tenenda» que est munificentia. Eodem modo in vitiis pavoris et temeritatis et in omnibus aliis contrariis fit. Unde dicitur SCINDITUR CUNEIS, id est iudiciis discretionis. ORNOS: Per has glandifferas arbores fi­ gurat frugiferas virtute s . ADVOLVUNT: Cum labore ad se trahunt. A MONTIBUS, id est a divinis substantiis. Per montes enim aliquando accipiuntur vita elationis 194 sicut i bi «montes sicut cera fluxerant» 1 95, aliquando rationabiles et divine sub­ stantie ut i bi «montes in circuitu Ierusalem» 196 et i bi «mons elevabitur super omnes montes» 197. INTER TALlA : extirpationes vitiorum et insertiones virtu­ tum . SOCIOS: philosophantes. ARMIS: Arma quibus hostes im­ pugnantur et socii deffenduntur, sunt tres animi potentie 19 8 ,

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genti alle estremità, ma lisci di tronco, con cui si figurano le li­ bidini, prima voluttuose, poi pungenti per via degli aculei del pentimento e della coscienza. Infatti la libidine, mentre rece­ de, «ferisce i cuori colpiti con un morso tenace». Questi vizi Boezio li chiama sterili spine. RISUONA [. . . ] IL LECCIO: il leccio è un albero ricoperto da una corteccia dura e inattaccabile, con cui s'intende un difetto dell'anima che, mentre la sapien­ za di chi rimprovera intende correggere, prorompe in parole di difesa. Perciò dice COLPITA DALLE SCURI o lesa con altre col­ te riflessioni. DALLE SCURI: dai rimproveri. RISUONA : grida con gli accenti del rimprovero. DI FRASSINO: con quest'albero figu­ ra l'altezza. [63] FORZA: mostrata nell'estirpazione dei vizi, raf­ figura l'inserimento delle virtù. Con FORZA CAPACE DI TAGLIA­ RE rappresenta qualsiasi vizio atto a dividere [l'anima] . Vi so­ no infatti dei vizi che, quando sono divisi, riconducono alla virtù: l'avarizia, ad esempio, è un «tenere le cose da possedere e quelle da non possedere»; separiamola dunque da se stessa e, messo da parte l'inutile, teniamo l'utile; anche nel caso del­ la prodigalità bisogna isolare tra loro «le cose da dare e da non dare». E così vizi tanto contrari, con la separazione, l'estro­ missione di ciò che è inutile e la scelta di cose utili, si ricondu­ cono ad un unico giusto mezzo, ossia al «dare le cose da darsi e tenere quelle da tenere», che coincide con la munificenza. Allo stesso modo avviene nel caso di vizi di paura e di temera­ rietà e in tutti gli altri [che presentano dialettica di] contrari. Perciò si dice SI SPACCA CON CUNEI, cioè con i criteri della di­ screzione. ONTANI: con questi alberi ricchi di ghiande raffigu­ ra le virtù frugali. TRASCINANO: traggono a sé con fatica. DAI MONTI, ossia dalle sostanze divine. Con i monti talora sono da intendersi i vizi di ambizione, come nel passo «i monti si sciol­ gono come cera», talora le sostanze razionali e divine, come nel luogo «i monti che circondano Gerusalemme», e in quel­ l' altro, «il monte si eleverà sopra tutti i monti». FRA QUELLE [OPERAZIONI] : estirpazioni di vizi e inserimen ­ ti di virtù . COMPAGNI: coloro che praticano la filosofia. CON LE ARMI: le armi con le quali sono assaliti i nemici e difesi gli ami­ ci sono le tre potenze dell'anima, ossia irascibilità, concupiI 55

scilicet irascibilitas, concupiscentia, animositas . ACCINGITUR: Circummunitur. Cum enim circa Eneam hinc bona illinc ma­ la, malis pretendit irascibilitatem , bonis apponit concupi­ scentiam utrisque animositatem ; animositate enim appetit bona et impugnat mala. TRISTI: studioso et sollicito. ASPEC­ TANS: ratione contemplans. PRECATUR: Preces sunt desideria eius. SI: utinam. HEU: Gemit pro morte Miseni quia eum co­ mitatus era t, id est dolet pro debilitate caduce glorie quia eam secutus fuerat. FATUS ERAT: Desideraverat. COLUMBE: ratio et virtus. Et est ratio [64] naturalis agnitio gerendorum; virtus vero eiusdem agnitionis voluntaria executio. SUB ORA : Ante conspectum ve­ niunt quia eius contemplationem precurrunt. CELO VENERE: a creatore per angelum in hominem . SEDERE: sedem eligere. VI­ RIDI [. . . ] SOLO: vivido corpore. MAXIMUS: divinus. MATERNAS: Ad historiam dicuntur aves Veneris quia sunt luxuriose: un­ de dicuntur columbe quasi colentes lumbos 1 99. Matrem Enee supradictum est esse concordiam. Materne ergo sunt, id est concordes, quia ratio sine virtute otiosa est, virtus sine ratio­ ne idiota est. AURAS: temporalia bona propter discursum. LU­ cos, id est cumulos rerum. DIVES RAMUS: sapientia que ditat. HUMUM: humanitatem PINGUEM: opulentam virtutibus OPA­ CAT: Tanti fulgoris namque est sapientia quod humanam na­ turam respectu sui debilem esse monstrat. DUBIIS quia ignora­ tur finis REBUS: contemplationibus. DIVA : concordia. EFFATUS: hoc optans VESTIGIA : sensus PRESSIT: cohibuit. OBSERVANS: di­ ligenter notans SIGNA : erudimenta vel monitus. PERGANT: per­ severent. PASCENTES: incrementum capientes. Exercicio enim suo augentur. VOLANDO: per alta discurrendo. ACIE: videndi acumine. OCULI: studium et ingenium. SEQUENTIUM: rationali­ bilium et virtuosorum . FAUCES: introitus terrenus AVERNI: su­ blunaris regionis OLENTIS: fetentis, rationis indigentis. Fetor quidem ibi deprehenditur. Olfactus regionis est caduca et corruptibilis natura. TOLLUNT: erigunt. LAPSE: A celestibus ad

scenza, animosità. SI A CCINGE: si p rotegge attorno. Infatti Enea, essendo circondato da una parte dai beni, dall' altra dai mali, ai mali oppone l'irritazione, ai beni la concupiscenza, a entrambi l'animosità; con l'animosità poi desidera i beni e re­ siste ai mali. AL TRISTE [CUORE] : all'attento e sollecito [cuore] . ASPETTANDO: contemplando con la ragione. PREGA : le preci so­ no i suoi desideri. SE: magari. AHIMÈ: piange per la morte di Miseno, dato che gli era compagno, ossia soffre per la debo­ lezza della gloria caduca che aveva seguito. AVEVA DETTO: aveva desiderato. COLOMBE: ragione e virtù. È la ragione [64] cognizione naturale delle cose da farsi, la virtù, poi, pratica volontaria della stessa cognizione. DINANZI: vengono dinanzi perché anticipano la sua riflessione. VENNE­ RO DAL CIELO: dal creatore nell'uomo tramite un angelo. POSA­ RE: scegliere una sede. NEL VERDE [. . . ] SUOLO: nel vivo corpo. MASSIMO: divino. MATERNE: secondo il senso storico [le colom ­ be] sono gli uccelli di Venere perché lussuriosi: perciò si chiamano colombe come messe a servizio dei lombi. La ma­ dre di Enea abbiamo detto essere la concordia . Sono dunque materne, ossia concordi, perché la ragione senza virtù è ozio­ sa, la virtù senza ragione è imbelle. A URE: beni mondani, per il loro correre qua e là. BOSCHI: cioè insieme di cose. RAMO D ) O­ RO: sapienza che arricchisce. TERRENO: umanità. PINGUE: ricca di virtù . FA OMBRA: la sapienza è infatti di tale fulgore che al suo cospetto la natura umana si dimostra fiacca. IN INCERTE: perché è ignorato il fine. CIRCOSTANZE: contemplazioni. DEA : la concordia. DETTO: desiderando ciò . TRACCE: i sensi. FERMÒ: trattenne. OSSERVANDO: notando diligentemente. SEGNI: i fon ­ damenti del sapere e i suoi moniti. CONDUCANO: perseverino. NUTRENDOSI: prendendo incremento. Infatti aumentano eser­ citandosi. VOLANDO: sparpagliandosi in alto. CON LA FORZA : con l'acutezza della vista. OCCHI: studio e ingegno. DI COLORO CHE SEGUONO: degli [uomini] razionali e virtuosi. BOCCHE: in­ gresso terreno. DELL)AVERNO: della regione sublunare. MALEO­ DORANTE: puzzolente, priva di ragione. Anche il cattivo odore qui si sottolinea. L'odore della regione è la natura caduca e corruttibile. SI LEVANO: s'innalzano. CALATE: dalle cose celesti 157

terrena vertuntur ut per illorum comparationem hec cogno­ scant. GEMINA : quia humanitas quasi in bivium separatur. Un­ de a Pictagora per Y litteram significatur, vel «gemina» prop­ ter duos sexus vel quia ex corporea et incorporea substantia componitur. UNDE: a qua arbore. A URA : bonum temporale. DISCOLOR: Sapientia enim immortalis et illud mortale. Illa incorruptibilis et hoc corruptible. [65] Illa vera, hoc falsum. PER RAMOS A URI, id est per species philosophie REFULSIT: innotuit vel patuit. VI­ SCUM: quasi dixit gummi; sicut enim gummi illud liquidum ab intimitate arboris exterius procedit, ita sapientia choruscans a mente hominis exterius vel per doctrinam vel per operatio­ nem venit. BRUMALI FRIGORE quod humorem illum ab intimis exterius prodeuntem consolidat. Ita frigiditas senectutis vicia cohibens sapientiam conservat. FRONDE: Ita sapientia in ope­ ratione viret quia operatio ab homine sicut folium ab arbore procedit. Illius enim arboris folia sunt opera, fructus vero re­ munerationes . QUOD viscum NON SEMINAT: non producit. A terra enim per radices et intimam medullam humor ille exte­ rius demigrat; ita sapientia a magistro per mentem et sermo­ nem et operationem discipuli exterius coruscat. CROCEO FETU, id est sapientie pulchro effectu . CIRCUMDARE: sapientia cir­ cummunire corpora rotundam formam habentia, id est hu­ mana capita, cum in eis sin t et quinque sensuum et reliquarum sapientie virtutum, scilicet ingenii, rationis et memorie instru­ menta 20 0 • FRONDENTIS: fructificantis. BRACTEA : Per auream la­ minam accipe philosophicam sententiam 20 \ per «lenem ven ­ tum» accipe rethoricam orationem que dicitur ventus. Ventus enim est aer incitatus. Omnis quoque vox est aer naturalibus instrumentis promotus. «Lenis» quia animos auditorum per­ mulcet. LENI VENTO, id est persuasoria oratione «crepitat», id est sonat BRACTEA, id est philosophica sententia; explicatur enim ea. AVIDUS: fervens amore sapientie. REFRINGIT: Labore studii capit. SUB TECTA: in mente.

ritornano alle terrene per conoscerle in comparazione a quel­ le. DI DOPPIA NATURA : perché l'umanità è divisa come se fosse a un bivio [tra vizio e virtù] . Proprio per questo da Pitagora è raffigurata con la lettera Y; o «di doppia natura» per i due ses­ si, o perché si compone di sostanza corporea e incorporea. DONDE: da quell'albero. AURA : bene terreno. D )INCERTO CO­ LORE: la sapienza è infatti immortale, quello mortale. Quella incorruttibile, questo corruttibile [65] . Quella vera, questo fal­ so. PER RAMI D ) ORO: cioè tramite le classificazioni della filoso­ fia. BRILLÒ: divenne noto e chiaro. VISCHIO: quasi dice resina; infatti come quell'umore resinoso distilla dall 'interno all'e­ sterno dell'albero, così la sapienza, rendendosi chiara, si ma­ nifesta all'esterno della mente dell'uomo con la dottrina e con la prassi. NEL FREDDO INVERNALE che consolida quell'umore che scaturisce dall'interno all'esterno [dell'albero] . Così il ge­ lo della vecchiaia, congelando i vizi, mantiene la sapienza. CON FRONDA : così la sapienza si afferma nella prassi, perché l' azio­ ne trae impulso dall'uomo come la foglia nasce dall 'albero. In ­ fatti le foglie di quell'albero sono le opere, i frutti invece i gua­ dagni. CHE il vischio NON SEMINA : non produce. Quell'umore, infatti, fluisce all'esterno dalla terra attraverso le radici e il mi­ dolio; del pari la sapienza che viene dal maestro brilla all'e­ sterno attraverso la mente, le parole e le azioni del discepolo. DI CROCEA BACCA: cioè per bell'effetto della sapienza. CIRCON­ DARE: difendere intorno con la sapienza i corpi che hanno for­ ma rotonda, ossia le teste degli uomini, essendo in quelle la se­ de dei cinque sensi e le scaturigini degli altri saperi, ossia gli strumenti della ragione, dell'ingegno e della memoria. FRON­ ZUTA : che dà frutto. LAMINA : con la lamina d'oro devi intende­ re la sentenza filosofica, con il «lieve vento» l 'orazione retori­ ca, che può dirsi vento. Il vento è infatti aria provocata. Ogni voce è pure aria mossa da strumenti naturali. «Lieve» perché addolcisce l' anima degli ascoltatori. CON VENTO LIEVE, ossia con una suadente orazione, «crepita», cioè suona, la LAMINA , ossia la sentenza filosofica; infatti la si spiega. AVIDO: ardente per amore di sapienza. [LA] STACCA: capisce con impegno stu­ dioso. NELL)ANTRO: nella mente. 159

IN LITORE: id est in initio philosophandi. FLEBANT: quia tam caduca secuti erant, ut Diogenes 20 2• CINERI: residuis PRINCIPIO: Ostendit que «suprema», PIRAM: acervum virtutum . INGEN­ TEM: omnem fortune possessionem [66] excedentem . PIN­ GUEM TEDIS: redundantem ardoribus virtutum et ROBORE: vir­ tute. SECTO: Sectionem supra monstravimus: unum sectum ro­ bur est dare danda, tenere tenenda, aliud audere audenda, ti­ mere timenda et sic in ceteris. Ea vero ex quibus hec secta sunt, sunt ea que abiecta sunt. LATERA: quattuor virtutes prin ­ cipales. FRONDIBUS: operibus ATRIS: passionem inferentibus. CUPRESSOS: Ea et caprificus sunt arbores que dum plantatur in sepulcris penetrant saxeam materiam et exterius prodeunt. Per quas figurantur scientie que dum intus per doctrinam se­ runtur, exterius verbo per os proferuntur. Quam figuram no­ tat Persius udi dicit: Quid didicisse nisi hoc fermentum et que semel intus innata est rupto iecore exierit caprificus ? 203

FERALES: ad remotionem divinarum notionum. CONSTITUUNT: simul statuunt. ARMIS: predictis. FULGENTIBUS: quia virtutes operantur. LATICES: Latex hanc habet naturam quod declivia sequitur, quod sitim restringit, quod sordes abluendo deter­ git. lta doctrina a maioribus ad subditos, id est a magistris ad discipulos , tran sit, reficit sitientes fervore sapientie, vitia quoque abluit a carne. ltaque est labilis, reficiens, abluens. AENA : vasa aque, id est libros sapientie. Quod autem per aquam sapientia intelligitur exemplorum copia est. Dicitur enim «sapientie aque potabis eos» 2 04 et «aquas appendi t in mensura» 20 5 et «poni t in thesauris abissos» 206 et «aque que super celos sunt» 2 0 7 et «aque fu rtive dulciores sunt» 2 08 • FLAMMIS, id est sententiis, quia sicut flamma algentia membra refovet, ita sententie torpentia permulcent. Sicut item flam-

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SULLA SPIAGGIA : ossia all'inizio dell'attività filosofica. PIAN­ GEVANO: perché avevano seguito cose così effimere, come Diogene. ALLA CENERE: ai resti. DAPPRIMA: mostra quali fosse­ ro «le cose supreme» . PIRA : il cumulo delle virtù . INGENTE: ogni possesso eccessivo [66] di fortuna. RICCA DI RAMI RESINO­ SI: colma di ardori virtuosi e di LEGNO DI QUERCIA : virtù. TA­ GLIATO: che cosa fosse il taglio lo abbiamo mostrato prima: un legno tagliato significa dare le cose da dare, tenere quelle da tenere, un altro osare ciò che si deve, temere le cose da teme­ re, e così con gli altri. Le cose, poi, dalle quali queste sono sta­ te separate sono da tenere lontane. FIANCHI: le quattro virtù principali. CON LE FRONDE: con le opere. OSCURE: che portano la passione. CIPRESSI: il cipresso e il fico selvatico sono alberi che, se si seminano sui sepolcri, penetrano la struttura sasso­ sa ed emergono in superficie. Per loro tramite sono figurate le scienze che, mentre vengono instillate con dottrina entro di noi, ne escono scandite all'estremità per via della bocca. Alle­ goria che annota Persia quando dice: A che fine aver studiato, se questo fermento e quel fico selvatico che ci è nato dentro non fuoriesce dal fegato?

FERALI: per rimuovere le sacre nozioni. COSTRUISCONO: stabili­ scono insieme. CON ARMI: prima dette FULGENTI perché le virtù le mettono in opera. ACQUE: l'acqua ha questa proprietà, che segue i piani inclinati, che disseta, che deterge, sciacquando, le cose sporche. Parimenti la dottrina rifluisce dai più grandi ai sottoposti, cioè dai maestri ai discepoli, rifocilla gli assetati col fervore della sapienza e lava i vizi della carne: pertanto è scor­ revole, ricostituente, ripulente. VASI: vasi per acqua, ossia i li­ bri sapienziali. Il fatto che la sapienza sia raffigurata dall'acqua è confermato da numerosi esempi. Si dice infatti: «Li dissete­ rai con l'acqua della sapienza», «stabilisce le acque con misu­ ra», «chiude [Dio] come in un serbatoio [i flutti] dell'abisso», «le acque sono sopra il firmamento» e «le acque nascoste son più dolci». CON LE FIAMME: cioè con giudizi, dato che come la fiamma scalda le fredde membra così le opinioni sollecitano le

mis in agro filix et frutices uruntur, sic sententiis in animo noxii affectus et vitia exstirpantur. CORPUS: quantitatem FRI­ GENTIS: torpentis . UNGUNT: Lubricum faciunt. FIT GEMITUS ut supra dictum est. [67] MEMBRA: laudes REPONUNT in THORO: retractant in animo. PURPUREAS: pulcros et transitorios po­ pulli favores VESTES VELAMINA . PARS, scilicet debiles quia sciunt eam caducam et tamen eam sequuntur. SUBIERE: sub­ portavere FERETRO: animo suo quod est vas cadaveris, id est caduce glorie. TRISTE quia remordet eos conscientia dum id sequuntur quod caducum agnoscitur. FACEM: virtutis ardo­ rem et splendorem scientie. AVERSI, id est infensi ipsi glorie TENUERE: exercuere. CREMANTUR: consumuntur. TUREA : adu­ lationes et laudes que quodammodo redolent. DAPES: rumo­ res . CRATERES: In integumentis accipimus corpora, it in Ma­ crobio habes craterem Liberi patris in regione inter Cancrum et Leonem positum, unde anima descendens potat, ex quo potu sequitur ebrietas 20 9• Quod sic intelligendum est: dum Sol tenet Cancrum , ex vicinitate plus vigentes radii eius ni­ mias aquas attrahunt. Unde etiam quedam stella ibi posita Si­ rius quasi attractans 210 dicitur. Un de etiam signum aquatile hoc nomine aquatilis animalis dicitur appellatum. ldeoque humor per hoc figuratur, per leonem vero calar. Regio ergo inter Leonem et Cancrum est aer, inter calorem ignis et hu­ morem aque. In hac est crater, id est corpus humanum, et po­ tentialiter quia calar et humor huius regionis ipsum creat et vegetat et localiter: si enim in terra dicatur, intelligimus esse super terram . Crater vero dicitur esse quia est humorum ca­ pacitas. Potus est gravedo carnis guam anima dum descendit, id est incorporatur, senti t et recipit et hoc est quod pota t. Ex hoc potu sequitur ebrietas , id est oppressio et debilitatio na­ turalium potentiarum. Ex hac ebrietate sequitur oblivio, id est naturalis ignorantia. Tales crateres facibus uruntur, id est

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membra torpide. Allo stesso modo, come nel campo in fiam­ me la felce e le gemme vengono bruciate, così le passioni e i vi­ zi sono estirpati nell'animo dai pensieri. CORPO: quantità. RAG­ GELATO: intorpidito. UNGONO: rendono lubrico. SORGE IL PIAN­ TO: come prima si è detto. [67] MEMBRA: lodi. RIPONGONO sul CATAFALCO: le rimodulano nell'animo. DI PORPORA: splendidi e la bili favori della gente. VESTI ABITI. PARTE: cioè i deboli che la riconoscono caduca [la persona di Miseno] e tuttavia la se­ guono. SI MISERO SOTTO: sopportarono. IL FERETRO: il suo ani­ mo, che è ricettacolo del cadavere, ossia di gloria caduca. TRI­ STE: perché la coscienza li rimprovera quando seguono ciò che conoscono come caduco. FIACCOLA : ardore di virtù e splendo­ re della scienza. VOLTI INDIETRO: cioè nemici della loro stessa gloria. TENNERO: praticarono. SONO CREMATE: sono consuma­ te. D )INCENSO: adulazioni e lodi che in certo modo profumano. MENSE: le chiacchiere. CRATERI: nelle allegorie intendiamo i corpi: ne è testimonianza in Macrobio il cratere di padre Li­ bero posto nella regione [astrale] tra il Cancro e il Leone, dal quale l'anima che discende [dal cielo] beve, e da questa li ba­ gione consegue l'ebbrezza. E questa allegoria deve intendersi così: mentre il Sole occupa la regione del Cancro, i suoi raggi, più fervidi per la contiguità, attraggono molte acque. Ne con­ segue anche che una stella lì posta sia chiamata Siria, come se fosse colei che attrae. Inoltre dicono che il segno d' acqua sia chiamato con il nome di un essere acquatico. Perciò da que­ sto è raffigurato l'umore, il calore, invece, dal leone. Dunque, la regione [celeste] tra il Cancro e il Leone è etere, tra il calo­ re del fuoco e l'umore dell'acqua. In questa compare il crate­ re, ossia il corpo umano, sia in potenza, perché il calore e l'u­ mido di questa regione lo curano e lo mantengono, sia local­ mente: benché infatti sia detto in terra, lo sappiamo sopra di essa. È detto cratere in quanto è contenitore di umori. Il bere è il peso della carne che l'anima mentre discende [dal cielo] , ossia si incarna, sente e fa proprio, e ciò significa che beve. Da questo bere consegue l'ebbrezza, ossia l'oppressione debili­ tante delle potenze naturali. Da tale ubriacatura segue l'oblio, ossia l'ignoranza intellettuale. Tali crateri sono scaldati da fa-

virtutibus extenuantur. In quibus solebat potare Misenus. Potus quibus Misenus reficitur [68] sunt hii: nitor forme, ve­ locitas , valitudo membrorum et cetera que in hoc vase sunt. OLIVO: doctrina et exhortatione quibus ignis virtutis accendi­ tur. Quidam libri habent crateris genitivum quod intelligi ­ mus rationis cellulam. CINERES: id est corruptibilia residua, scilicet postremas laudes. RELIQUIAS, id est fantasmata, id est imaginarias cogitationes. VINO: doctrina. FAVILLAM: Expositio est. BIBULAM: quia illa fantasmata aquam, id est doctrinam, arefaciunt. CORYNEUS: Coron interpretatur pulcrum , unde Coronides pulchra forma et Corinna pulchra mulier; neos ve­ ro novum, Coryneus ergo pulcritudo novitatis, scilicet delec­ tatio novi scientie. OSSA, scilicet laudes TEXIT: abscondit AB­ NO CADO: indissolubili oblivione. SOCIOS: philosophantes CIR­ CUMTULIT: circummunivit. TER: quantum ad animam . UNDA : doctrina PURA : purgante. RORE, id est eruditionum aspergine LEVI: levigante a vitiorum gravedine. RAMO: virtute OLIVE: pa­ cis . DOMOS: mentes. NOVISSIMA , id est perfectionem doctrine qua in odium et contemptum ducitur gloria. MOLE: cumulo virtutum. REMUM: laborem humanum TUBAM: quandam lau­ dis inflationem MONTE: divinitate. MISENUS quia odit gloriam . ETERNUM [ . . . ] 2n . SPELUNCA : Simplex tractus nigromantici descensus in hoc loco notandus est. Iuxta historiam ut supradictum est Eneas nigromantiam exercuit. Qualiter autem exercuerit hoc loco monstratur et etiam locus optimus et qualitas victimarum nec­ non etiam tempus ad hoc idoneum ostenditur. IBANT: Redit ad philosophicum descensum. OBSCURI: A nullo videbatur Eneas nisi a se et a Sibilla et Sibilla nisi a se et ab Enea quia sola intelligentia cognoscit spiritum et solus spi­ ritus intelligentiam . NOCTE: temporali vita. Dies enim est eter­ na vita. UMBRAM: naturalem ignorantiam. DOMOS: temporalia bona. DITIS quia in eis natura terrena prevalet. VACUAS [69] ab

ci, cioè sono provati dalle virtù. In questi soleva bere Miseno. Le bevande che davano forza a Miseno [68] sono queste: le bellezze esteriori, la prestezza e sanità delle membra e tutte le altre cose che sono in questo vaso. CON OLIO: per mezzo di do t­ trina e persuasione, con le quali si accende il fuoco della virtù. Alcuni codici hanno il genitivo di cratere, che è da intendersi come la cameretta dell'intelligenza. CENERI: ossia i residui cor­ ruttibili, vale a dire le ultime lodi. RELIQUIE: cioè fantasie op­ pure pensieri immaginari. CON VINO: con dottrina. FAVILLA : è [ulteriore] chiarimento. CHE ASSORBE: perché quelle fantasie inaridiscono l'acqua, ossia la dottrina. CORINEO: coron è da in ­ terpretare bello, quindi Coronide bella forma e Corinna bella donna; neos infatti vale nuovo, Corineo è dunque bellezza del nuovo, ossia piacere per la novità della scienza. OSSA: cioè lo­ di. COPRÌ: nascose. NELL) URNA DI BRONZO: con sempiterno oblio. GLI AMICI: gli adepti della filosofia. SPINSE INTORNO: li premunì. TRE VOLTE: riguardo all'anima. ONDA : dottrina. PURA : che purifica. CON VELO ACQUOSO: cioè aspergendoli di cose sa­ pienti. LIEVE: che solleva dalle pesantezze dei vizi. CON RAMO: con la virtù. DI OLIVA : di pace. CASE: le menti. ULTIME: cioè con la perfezione della dottrina che conduce la gloria in odio e di­ sprezzo. CON MOLE: per cumulo di virtù. REMO: umana fatica. TROMBA : l'inevitabile eccesso di lode. SUL MONTE: con la divi­ nità. MISENO: perché odia la gloria. ETERNO [. . . ] . SPELONCA : in questo luogo è da notare il semplice tratto di discesa [agli inferi] negromantica. Secondo la storia, come già si disse, Enea praticò la stregoneria. Come l'abbia esercitata è detto in questo passo e insieme ne viene indicato il luogo più adatto, la qualità delle vittime e il tempo idoneo. ANDAVANO: riprende la discesa [agli inferi] secondo filoso­ fia. OSCURI: Enea non era visto da alcuno, se non da se stesso e dalla Sibilla; e questa non era vista se non da se stessa e da Enea, dato che la sola intelligenza conosce lo spirito e il solo spirito l'intelligenza. DI NOTTE: nella vita terrena. Il giorno, in ­ fatti, è la vita eterna. OMBRA : la naturale ignoranza. CASE: i be­ ni contingenti. DI DITE: perché in essi prevale la natura terre­ na. VUOTE: [69] da ogni impiego. E DESERTI [REGNI] : [ulterio-

utilitate ET INANIA: expositio. ITER IN SILVIS: lta contemplatio in temporalibus bonis. IUPITER CONDIDIT CELUM UMBRA, id est corpus quod est comparabile Iovi, id est aeri, obumbravit di­ vinitatem naturali ignorantia. PER INCERTAM LUNAM, scilicet noctem dubiam, scilicet tem­ poralem vitam . SUB LUCE MALIGNA : sub p rava hum anitatis scientia. NOX: hec vita. REBUS: invisibilibus. COLOREM: pulcri­ tudinem . Impedit enim hec vita ne tam pulcra appareant no­ bis omnia divina. VESTIBULUM: superficies terre. FAUCIBUS: nativitatibus. cu­ RE: sollicitudines. MALESUADA , id est male suadens: quinque enim gule irritamenta suadet, id est statutum tempus pran­ dendi prevenire, lautiores cibo querere, accurato apparatui operam dare, visos cibo nimio appetitu desiderare, mensuram refectionis excedere 2 1 2• CONSANGUINEUS, sicut enim adsunt corpori motus et sensus vel ita: sicut enim letum aufert cor­ pori motus et sensus, ita somnus ad tempus. GAUDIA : volupta­ tes. LIMINE: nativitate. BELLUM inter spiritum er corpus. EUME­ NIDUM: Eumenides tres sunt filie Noctis et Acherontis, scilicet Allecto, Thesiphone, Megera. Per Acherontem ut dictum est accipimus dolorem qui in Nocte, id est ignorantia animi, pro­ creat et gignit tres sorores. Prima est Allecto que interpreta­ tur prava cogitatio 213; secunda Thesiphone, id est vox suppo­ sita male cogitationi, sermo scilicet malus; tercia Megera, ma­ la operatio. TALAMI: corda FERREI: contumacia. CRINEM: rixa­ rum multitudinem. VITTIS: armis bellicis . IN MEDIO: Hec omnia sunt in vestibulo, id est in superficie terre. Preter hec autem domus sompnii, ULMUS ramosa et fron­ dosa, habens sub singulis frondibus singula insompnia. Som­ pnus est quies animalium virtutum , id est otium quinque sen ­ suum . Domus est huius humanum corpus quod merito figu­ ratur per ulmum. Sicut enim ulmus quamvis sterilis vitem ta­ men fructuosam sustinet, ita caro quamvis sterilis anime, ta­ men virtutibus et scientie fecunda [70] sedes est. Ramosa est ulmus, id est habens membrorum eminentias, frondosa quasi

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re] chiarimento. LA VIA PER LE SELVE: così è la contemplazione che segue i beni terreni. GIOVE NASCONDE IL CIELO CON L) OM­ BRA : ossia il corpo, che è paragona bile a Giove, ossia all' aere, adombrò la divinità per connaturata ignoranza. SOTTO LA LUNA SCARSA DI LUCE: ossia una notte buia, vale a dire la vita contingente. SOTTO UNA LUCE MALIGNA : sotto una cattiva scienza dell'uomo. NOTTE: questa vita. ALLE COSE: invi­ sibili. COLORE: bellezza. Infatti questa vita impedisce che cose tanto belle ci appaiano divine. VESTIBOLO: superficie della terra. ALLE GOLE: alle nascite. AFFANNI: sollecitudini. [FAME] DAL TRISTE CONSIGLIO: cioè che dà cattive indicazioni; suggerisce infatti cinque peccati della gola: anticipare il dovuto tempo del cibo, cercare i cibi più pre­ ziosi, apprestare un sontuoso servizio, desiderare le vivande vi­ ste con troppo appetito, eccedere la giusta misura del nutri­ mento. [SONNO] FRATELLO [DELLA MORTE] : come infatti moti e sensi si avvertono presenti nel corpo, o come la morte strappa al corpo sensi e movimenti, così fa il sonno per un breve spa­ zio. GIOIE: i piaceri. DINANZI ALLA SOGLIA : dalla nascita. GUER­ RA: tra spirito e corpo. DELLE EUMENIDI: le tre Eumenidi figlie della Notte e di Acheronte, e sono Alletto, Tisifone e Megera. Con Acheronte, come si è visto, intendiamo il dolore che nel­ la notte, ossia nell'ignoranza dell'animo, procrea e genera tre sorelle. La prima è Alletto, che va interpretata come cattivo pensiero; la seconda Tisifone, cioè la voce data al cattivo pen ­ siero, ossia il cattivo discorso; la terza Megera, la cattiva azio­ ne. I TALAMI: cuori. DI FERRO: le assenze. CRINE: il garbuglio del­ le risse. CON LE BENDE: con armi da guerra. IN MEZZO: tutte queste cose sono nel vestibolo [degli infe­ ri] , cioè sulla superficie della terra. Oltre a queste, poi, la casa del sonno, L) OLMO ramoso e frondoso che porta sotto ogni fronda i singoli incubi. Il sonno è la quiete delle virtù animali, ossia l'ozio dei cinque sensi. La sua casa è il corpo umano, che giustamente è simboleggiato da un olmo. Come infatti l'olmo, benché sterile, sostiene la vite fruttifera, così la carne, per quanto priva di anima, tuttavia è sede delle virtù [7o] e della scienza. L'olmo è pieno di rami, cioè di membra sporgenti,

vanis foliis honusta, id est cogitationibus, sub quibus singulis vane visiones innascuntur. Qualiter autem in humano corpo­ re sompnus habeat fieri tradit philosophica 2 14: docet enim quendam ignem nostro corpori intimum esse. Ex omnibus enim elementis conflatum est, sed quia ignis ille calorem ha­ bet et splendorem , splendor eius, ut ai t Plato, per oculos ema­ nans visum operatur. Calor vero cibos decoquit et membra vi­ tali relaxatione emollit. Decocto autem cibo cum omnis ut predictum est decoctio humorum quattuor habeat, liquorem et fumum est spumam et fecem, fumus levitatis natura ad alta ascendi t; qui cum capitales sensuum cellulas implet, quiescent sensus ideoque ianuis visus, id est oculorum pupillis, clausis cohartatus ignis ille fundit se per membra. Unde mollito cor­ pore et dissolutis humoribus et libero meatu discurrentibus quies corporis convalescit. ANNOSA : certo spatio annorum cre­ scentia. OPACA : naturali ignorantia. VANA : que enim ex reli­ quiis cogitationum prodeunt vana sunt. FERARUM: vitiorum . CENTA URI: Legitur in fabulis lxio­ nem 21 5 concubitum Iunonis affectasse eamque nubem inter­ posuisse que semen Ixionis recipiens Centauros semiviros et semiferas genuit. Ixionem ergo solem intelligimus qui Ixion, scilicet " su per omnia " , dicitur quia superpositus omnia illu­ strat. I uno vero, quasi "iuvans novos " , dicitur terra 21 6 quia nu­ per natos fructibus educat. In hanc agere vult Ixion dum sol et calorem et siccitatem suam deorsum mittit. Iuno vero nu­ bem interponit quia terra fumum contra calorem [7r] venien ­ tem erigit. Mixto ergo solis calore illi humori gignuntur bona temporalia que ideo dicuntur prima parte homines, postrema fere quia in parte rationabilia sunt, in parte viciosa, et sic est intelligendum Centauros ex equo et homine esse biformes quia primo rationabilia cernuntur, deinde cito decurrunt. STA­ BULANT: Stabulum habent, id est fumo viciorum et fetore ple­ nam mans1onem.

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fronzute, quasi gravide di foglie caduche, ossia di pensieri, e sotto ciascuna nascono sogni effimeri. In qual modo possa giungere il sonno nel corpo umano lo dice la filosofia: insegna, infatti, che un certo fuoco vive all'interno del nostro corpo. Quest'ultimo è formato di tutti gli elementi, ma perché ha ca­ lore e splendore ardente, lo splendore suo, come dice Platone, irraggiando attraverso gli occhi, permette la visione. Infatti il calore consuma i cibi e rilassa le membra con opportuna di­ stensione. Assimilato il nutrimento, poiché, come si disse, ogni digestione genera quattro umori, liquido, fumo, spuma e fec­ cia, il fumo, essendo lieve, sale in alto e, saturando le principa­ li cellule dei sensi, li acquieta, e così, serrate le aperture della visione, ossia le pupille degli occhi, quel fuoco costipato si di­ sperde per le membra. Proprio per questo, rilassato il corpo e dispersi gli umori che si muovono per liberi passaggi, la sua quiete viene ripristinata. ANNOSE: che crescono in un numero preciso di anni. OPACHE: per istintiva ignoranza. VANE: le cose infatti che emergono dai residui di pensieri sono false. DELLE FIERE: dei vizi. CENTAURI: si legge nei miti che Issio­ ne abbia costretto Giunone a unirsi con lui, ma che [la dea] si sia difesa interponendo una nube, la quale, ricevendo il seme di Issione, generò i Centauri, per metà uomini e per metà fie­ re. Dunque interpretiamo con Issione il sole, il quale Issione - ossia " sopra tutte le cose " - è così detto perché, posto in luogo eccelso, illumina ogni essere. Giunone poi, come colei che "giova ai nati " , è chiaramente la terra, che fa crescere le sue stirpi con le messi. Issione vuoi agire su di lei quando, co­ me sole, invia sulla terra sia il suo calore sia la sua siccità. Giu­ none quindi interpone la nube perché la terra solleva una ca­ ligine contro l'arrivo del calore. [7r] Pertanto, dalla mesco­ lanza del calore solare con quell'umore si generano i beni ter­ reni, i quali quindi sono con parte umana e parte ferina, poi­ ché sono parzialmente secondo ragione e parzialmente inclini ai vizi, e così si deve ritenere che i Centauri sono di natura umana ed equina, perché prima si percepiscono le cose razio­ nali, ma poi presto si allontanano. SI PASCONO: hanno pastura, ossia un'abitazione piena di esalazioni viziose e di fetore.

Silla dicitur in fabulis monstrum sub vultu virgineo canina inguina habentia 217• Per quod figuratur simulatores qui blan ­ dimenta et quasi virgineum vultum pretendentes, caninos la­ tratus, id est invidas detractiones, interius celant. CENTUMGEMINUS: ex centum animalium formis gemina­ tus 2 18 utpote ex leone, apro, cane, sue, vulpe, et infinitis aliis. Hic significatur alicuius nequitia ex infinitis viciis conflata; in hoc enim quod atrocitatem habet leo est, in hoc quod iracun ­ diam aper, in hoc quod garrulitatem canis, in hoc quod frau­ dem vulpes, in hoc quod immundiciam sus. BELUA : Idra est monstrum tortuosum multicep s . Dum enim amputatur unum capud, plura succedebant 219• Quod ad historiam dicitur fuisse aquam plurium brachiorum : dum ali­ quod horum obstruebatur, infiniti succedebant rivuli. Mistice autem accipimus per ydram ignorantiam plures ambiguitates continentem, quod significant infinita capita. Quod vero tor­ tuosa est nichil aliud est nisi quod ignorantia 220 modo ad hoc, modo ad illud divertit. Per Herculem intelligimus sapientem . Unde nomen congruit. Dicitur autem Hercules Grece, gloria litis Latine. Her enim lis, cleos gloria. Hic autem capud ydre amputat, dum unam questionis ambiguitatem certificat et tunc plures subcrescunt. Videns vero Hercules laborem suum cassum, ydram comburit, id est videns sapiens studium suum parum utile, vivacissimo igne mentis ignorantiam dissolvit cum fervore inquirendi eam investigat et splendore cagno­ scendi illustrat. Quod autem hoc integumentum habeat intel­ lectum bune notat Boetius ubi dicit questionem «vivacissimo igne mentis» 22 1 comburendam esse. LERNE, id est corporee [72] nature. STRIDENS: sonans HORRENDUM ignoranti. CHIMERA est monstrum triforme 222 habens primas partes leonis, medias caprinas, postremas serpentinas, quod histori­ ci dicunt nichil aliud esse quam montem in primo capite leo­ nes, in medio pecudes, in postremitate serpentes habentem . Philosophi vero per hoc significant libidinem in principio, in visu, in alloquio leonis atrocitatem pretendentem , in medio

Si chiama Scilla nel mito un mostro che presenta volto ver­ ginale e un addome di cane. Per suo tramite si raffigurano i si­ mulatori che, offrendo illecebre e un volto quasi intemerato, celano all'interno latrati da cane, ossia lividi interessi. CENTÌMANE: generato [Briareo] da cento forme animali, come da leone, cinghiale, cane, maiale, volpe e da infiniti al­ tri. Questo [mostro] significa la nequizia umana, satura di vi­ zi infiniti; infatti è leone per la ferocia che possiede, cinghiale per l'iracondia, cane per la chiassosa petulanza, volpe per l'a­ stuzia, maiale per la sporcizia. BELVA: l'idra è un mostruoso serpente a più teste. Quando ne viene tagliata una ne crescono molte altre. Per quanto ri­ guarda la realtà storica, dicono che fosse un corso d'acqua a più rami: quando uno di essi era ostruito ne derivavano infiniti tor­ rentelli. Allegoricamente con l'idra intendiamo l'ignoranza che contiene molte ambiguità, rappresentate dalle innumerevoli te­ ste. Quanto poi al fatto che sia serpentiforme, non mostra altro se non che l'ignoranza fa muovere ora da una parte ora dall'al­ tra. Con Ercole intendiamo l'uomo sapiente. E il nome appare congruente: infatti si dice in greco Eracle, in latino gloria nel ci­ mento. Her vale cimento, cleos gloria. Costui amputa all'idra una testa, quando dimostra una questione ambigua, e per que­ sto ne rampollano altre. Ercole, vedendo inutile il suo operato, brucia l'idra col fuoco, ossia il sapiente, prendendo coscienza del suo impegno poco utile, [stabilisce] che l'ignoranza è da bruciare col fuoco vivacissimo della mente, da sondare con il fervore della ricerca e da illuminare con lo splendore della co­ noscenza. Che questa allegoria abbia il significato che si è detto lo rileva Boezio quando dice che una questione va bruciata «col fuoco vivacissimo della mente». DI LERNA: ossia della [72] natu­ ra corporea. CHE STRIDE: che risuona. ORRENDO: per chi non sa. CHIMERA : è un mostro triforme (le parti superiori sono di leone, quelle intermedie di capra, le estremità di serpente) che gli storici dicono non essere altro che un monte, il quale ave­ va in cima leoni, a mezza costa armenti, a bassa quota serpi. I filosofi, poi, per suo tramite indicano la libidine, che esibisce all'inizio, nello sguardo e nell'eloquio, la ferocia del leone, nel

caprinum et fetentem coitus usum habentem , in fine vero ser­ pentis aculeis, id est penitentie et male conscientie stimulis ur­ gentem. FLAMMIS: ardoribus. GORGONES tres legim us fuisse filias P h orci marini dei 223, Stennio, Eurialem , Medusam; communi autem nomine di­ cuntur Gorgones. Leguntur etiam he tres unum occulum ha­ buisse communiter quem vicissim sibi tradebant. Terciam le­ gimus Perseum necasse auxilio Palladis et arte Mercurii. Ex guta autem sanguinis que cecidit natus est Pegacsus. Emana­ vit autem fons dum hic terram tetigit. Phorcus marinus deus est animus qui in carne, guam per mare accipimus, domina­ tur et dicitur Phorcus quasi formans rerum conceptiones . Orche enim Grece, conceptio dicitur Latine. Hic gignit tres filias, primam malam voluntatem que dicitur Stennio, id est debilitatio, quia primum debilitamentum est malum velle. Se­ cunda dicitur Euriale, boni occultatio, que est malus sermo: malus enim sermo detractionibus bonum occultat. Tercia est mali operatio que Greco vocabulo Medusa, id est terror, di­ citur. Hanc enim utpote maiorem plus aliis formi dam u s . Commune autem nomen est eis Gorgon , [73 ] quasi georgon, id est terram colens , quia carnem comitatur. Communis au­ tem occulus quem tradit Stennio Euriale, Euriale vero Me­ duse est mala conscentia guam Stacius «sevam diem ani­ mi» 224 vocat. Hec ideo habetur in mal a voluntate, deinde in malo sermone, proximo in nepharia opera tione. Per Perseum vero virtus accipitur. Hic auxilio Palladis sue sororis et fratris sui Mercurii, id est sapientie et eloquentie, terciam sororem, nephariam scilicet operationem , necat et hoc lege scripta que mucro Mercurii est. Et nota quod duas sorores non interemit, sed terciam ; malam enim voluntatem et pravum sermonem nequit virtus aliqua lege reprimere. Gutta cecidit dum nepha­ ria operatione necata silvestribusque hominibus a ferino vie­ tu retractis sanguinis effusio cessavit. Pegasus alatus equus famam significat 225• Quia enim fama est «malum quo non

mezzo l'abuso schifoso del coito, proprio delle capre, e che al­ la fine invece [aggredisce] con i denti dei rettili, ossia con gli scrupoli del pentimento e della cattiva coscienza. CON FIAMME: con gli ardori. LE GORGONI: furono tre, stando a quanto si legge, figlie di Forca, divinità marina, ossia Steno, Euriale e Medusa, dette Gorgoni con nome collettivo. Si trova anche di loro che aveva­ no un occhio in comune e se lo passavano vicendevolmente. Apprendiamo che Perseo uccise la terza [Medusa] con l'aiuto di Pallade e l'astuzia di Mercurio. Da una goccia di sangue che cadde nacque [il cavallo] Pegaso. Scaturì anche una fonte men­ tre questi toccò terra. Forca, divinità marina, è l'anima domi­ nata dalla carne, allegorizzata dal mare, e prende il nome di For­ ca, come formando la generazione delle cose. Orche infatti in greco equivale in latino a concepimento. Costui genera tre fi­ glie: la prima è la cattiva volontà, detta Steno, ossia debolezza, perché il primo cedimento è volere il male; la seconda è chia­ mata Euriale, ossia occultazione del bene, che è il falso discor­ so: infatti un eloquio cattivo cela il bene con ambagi; la terza è il male operare, che in greco si dice Medusa, cioè terrore. Co­ stei, infatti, come [sorella] maggiore, la temiamo di più. Hanno in comune poi il nome di Gorgoni, [73] come georgon, ossia che coltiva la terra, perché accompagna la carne. Infine l'occhio comune che Steno passa a Euriale ed Euriale a Medusa è la cat­ tiva coscienza, che Stazio chiama «il giorno crudele dell'ani­ ma». Questa si annuncia nella cattiva volontà, poi nel discorso menzognero, quindi nell'azione nefanda. Con Perseo s'intende la virtù. Costui con l'aiuto della sorella Palla de e del fratello Mercurio, ossia della sapienza e dell'eloquenza, uccide la terza delle sorelle, vale a dire l'azione nefanda, e lo fa con la legge scritta, che è la spada di Mercurio. E nota che non uccise le [prime] due sorelle, ma la terza; infatti la virtù non può, con una qualche legge, reprimere la cattiva volontà e il discorso menzo­ gnero. La goccia [di sangue] cadde quando, uccisa l'azione ne­ fanda e distolti gli uomini primitivi dal cibo ferino, cessò l'effu­ sione di sangue. Pegaso cavallo alato significa la fama. Poiché infatti la fama è «un male di cui non esiste altro più veloce, e 173

aliud velocius ullum, mobilitate viget» 226, merito per animai gemine velocitatis celeritas significatur. In pedibus enim equi et in alis volucris geminata habetur celeritas. Hic Pegasus gutta cadente, id est sanguinis effusione cessante, oritur et Perseum ad diversa raptat, id est nomen virtutis per univer­ sas nationes dilatat. Pegasus tangit terram dum fama excitat mentem humanam . Unde fons emanat dum stimulante gloria sapientia per doctrinam stillat. ARPIE tres sunt sorores 227, que plumis velantur, habentes ungues acutos cum ventris ingluvie: prima est Aello, secunda Ochiroe, tercia Celeno. He mensas Phinei postquam orbave­ rat filios suos a luminibus et eandem penam a diis receperat coinquinabant et cibos surripiebant. Hercules vero ab eo su­ sceptus cum Zeto et Calai filiis Boree volucres illas sagittis fixit. Phineus avarum significa t, un de nomen congruit. Dici­ tur autem Phineus quasi epineos, id est supra novitatem; epi enim supra, neos vero novitas. Dicitur [74] autem sic quia nu­ per acquisita occultat. Hic filiis suis occulos d emit dum con­ victores suos quos per doctrinam gignit sin e discretione et in ­ tellectu reddit. Eandem penam recipit quia ipse quoque sor­ dido usu vite eosdem occulos perdit. Unde Ovidius Quid fodis inmeritis, Phineu, sua lumina natis? Pena reversura est in capud ista tuum 228 •

Arpia Grece, rapacitas Latine: arpo enim rapio 229• Quod au­ tem tres sunt congruit numerus er nomina. Est enim quedam rapacitas alienum invadere, unde Aello quasi allonedon, id est aliena invasi o, dici tu r. Secunda est cito subripere, id est O chi­ roe, properata rapina. Tercia est celare subreptum un de dici­ tur Celeno, nigra, id est occultatio. Virgines dicuntur quia ste­ riles sunt et nullum fructum pariunt. Volucres sunt quia ad ra­ pienda aliena festine sunt. Ungues sunt usura et fenus que

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trae forza dalla mobilità», giustamente questa viene raffigurata da un animale dalla duplice attitudine alla corsa. Infatti negli zoccoli equini e nelle ali librate si ha questa doppia sveltezza di movimento. Pegaso nasce da una goccia [sanguigna] caduta, ossia dalla cessazione del sangue versato, e porta via Perseo a diverse mete, cioè fa conoscere per tutte le nazioni il nome del­ la virtù. Pegaso tocca terra nel senso che la fama provoca la mente umana. Per questo sgorga una fonte in quanto, sotto lo stimolo della gloria, la sapienza stilla tramite la dottrina. Le ARPIE sono tre sorelle, coperte di piume, con unghie acute e grosso ventre: la prima è Aello, la seconda Ochiroe, la terza Celeno. Costoro imbrattavano le mense di Fineo, dopo che aveva tolto la vista ai suoi figli, ricevendone in cambio la stessa pena dagli dei e gli rubavano il cibo. Ercole poi, accol­ to da lui con Zete e Calai figli di Borea, trafisse con le frecce quegli uccelli. Fineo rappresenta l'avaro, e il nome calza. Fi­ neo è detto come epineos, ossia oltre il nuovo; epi infatti vale sopra e neos novità. È così detto [7 4] perché occulta quanto ha appena acquisito. Costui strappò gli occhi ai suoi figli men ­ tre erano ospiti a pranzo, esseri generati consapevolmente che rese senza percezione e possibilità d'intendere. Ne ebbe la stessa pena, perché pure egli, per uso sordido dell'esistenza, perse proprio gli occhi. E perciò Ovidio [scrisse] : Perché , o Fineo, strappi gli occhi ai figli innocenti? Questa pena è destinata a ritorcersi sul tuo capo.

Arpia in greco, rapacità in latino: arpa è infatti rapisco. Il fat­ to che siano tre rende congruenti numero e nomi. È infatti un certo tipo di rapacità invadere lo spazio altrui, per questa ra­ gione Aello è detta come allonedon, ossia invasione di ciò che ad altri appartiene. La seconda [rapacità] consiste nel trafu­ gare rapidamente, e questa è detta Ochiroe, ossia presta rapi­ na. La terza è celare il bottino, e perciò è chiamata Celeno, ne­ ra, perché si tratta di un' occultazione. Le [Arpie] sono dette vergini, dato che sono sterili e non partoriscono nulla. Sono uccelli perché rapide nel sottrarre le cose altrui. Gli artigli so175

sunt rapiendi instrumenta; piume vero occultanti instrumen ­ ta ut crumena et loculi; venter ingluviosus vorax capacitas pe­ cunie. He mensas Phinei coinquinant dum victum eius sordiditatem suadendo contaminant. Unde Iuvenalis In medio Septembri minuta reservat avarus 2 3°.

Cibos rapiunt quia necessarium victum imminui cogunt. Ava­ rus enim «querit et inventis miser abtinet et timet uti» 231• Her­ cules autem cum Phineo ospitatur dum sapiens ab avaro reci­ pitur. Arpias sagittis interimit dum rapacitatem acutis incre­ pationibus arguit. Zetus Grece quasi zelus, id est emulatio La­ tine; Calais vero quasi calon, id est bonum . Emulatio autem hoc loco poesis intelligitur que tota est in imitatione. Unde Plato in Timeo 232 dici t poetas imitandi peritos ea demum emulari posse quorum ab ineunte etate [75] experientiam ha­ bent. Respice enim ad Horatium, J uvenalem et Stacium, Ver­ gilium . In omnibus se imitantur. Calais est opus honestum . Boreas ventus gloria est, unde Horatius Quem tulit ad scenam ventoso Gloria curru 2 33•

Ita tragedus: «gloria nil aliud aurium inflatio magna» 234• Bo­ reas Zeti et Calais pater est quia gloria poematis et egregii ope­ ris est causa. Virtutis enim fructum multi ponunt in gloria. Poete vero gloriam maxime querunt, quod testatur ille versus Horatii, «Quem tulit et cetera». Auxilio Zeti et Calais Arpie necantur quia poeticis satiris et boni operis exemplis capaci­ tates avaricie auferuntur. TRICORPORIS: Legimus Gerionem monstrum triphorme fuisse 235 quem historici in telligun t regem fuisse tria regna te-

no l'usura e il guadagno, che sono gli strumenti della rapina; le piume sono poi i mezzi di occultamento, come bisacce e cas­ setti; il ventre prominente la voracità rapace del denaro. Co­ storo insozzano le mense di Fineo nel senso che contaminano il suo cibo suggerendo l'avarizia. Come [dice] Giovenale, a metà di settembre l' avaro mette da parte i manicaretti.

Rubano cibi perché obbligano a limitare il vitto necessario. L'avaro, infatti, «ammassa e si astiene da quanto possiede e te­ me di usarlo». Ercole poi è ospitato da Fineo in quanto il sa­ piente è accolto dall'avaro. Uccide con le frecce le Arpie in quanto con pungenti rimproveri punisce la rapacità. Zete in greco è come zelo, ossia emulazione in latino; Calai a sua vol­ ta è come calon, ossia buono. Inoltre in questo passo per emu­ lazione s'intende la poesia, la cui totalità risiede nell'imitare. Perciò Platone, nel Timeo, definisce i poeti esperti nell'imita­ re e capaci di emulare quelle cose di cui hanno avuto espe­ rienza [75] dalla prima giovinezza. Guarda dunque Orazio, Giovenale, Stazio, Virgilio, che in ogni argomento sanno imi­ tare se stessi. Calai è un lavoro onesto. Borea è un vento di glo­ ria, perciò Orazio [scrisse] : [il poeta] che la Gloria ha portato verso la scena sul suo carro mobile ad ogni vento.

[E] così quel tragediografo: «La gloria è nient'altro che vento nelle orecchie». Borea è padre di Zete e Calai perché la gloria è causa generante della poesia e di ogni egregia opera. Infatti molti identificano nella gloria il frutto delle proprie capacità. I poeti soprattutto cercano la gloria, come dimostra quel ver­ so di Orazio: « [Il poeta] che la Gloria ha portato ecc.». Con l'aiuto di Zete e Calai le Arpie sono uccise perché le sugge­ stioni dell'avarizia sono cancellate da satire poetiche e dagli esempi di buone opere. TRIFORME: leggiamo che Gerione fu un mostro triforme, che gli storici ritengono sia stato un re signore di tre regni. Al177

nentem . Mistice autem per hoc intelligitur viciosus qui tribus generibus vici o rum urgetur, latenti, manifesto, consueto. Un­ de congruit nomen. Dicitur enim Gerion quasi gerinos, id est terre frons 236• Et merito frons terre dicitur qui ad tantam gra­ vedinis eminentiam provehitur. FORMA, id est species, UMBRE, id est vicii, TRICORPORIS, id est in occultationem, manifestatio­ nem , consuetudinem discreti. FERRUM: Gladius quo ab hostibus se deffendit est ratio qua viciis resistit. CORRIPIT: Gladium in manu tenet dum rationem in operationem exercet. In vagina enim habebat, dum terrena mente rationem occulta ba t. TREPIDUS: Trepidabat ne umbre il­ le irruant, id est ne vicia illa in se impetum faciant. ACIEM: Ve­ nientibus umbris aciem offerre est acumen rationis viciis ir­ ruentibus obicere. VITAS: voluptates que ab Epicuris vita re­ puntantur TENUES: sine fructu SINE CORPORE: sine substantia. Non enim vicia alique substantie sunt nec aliquarum [76] sub­ stantiarum naturales proprietates. Vel SINE CORPORE, id est si­ ne vigore. Per corpus enim quod est solidum merito vigor et valitudo intelligitur. Vicium autem sine vigore est quia nulli noce re potest nisi ip se prius ei se i unga t per concessum. Un­ de etiam cani ligato comparabile est quia sicut canis ligatus ne­ mini nocet nisi ad eum spante accedit, sic nec vicium nisi ei spante concessi t. VOLITARE, id est humanam naturam circuire. Unde legitur «in circuitu impii ambulant» 237• CAVA : inani IMA­ GINE: similitudine FORME: rationis vel nature que forma dici­ tur quia per eam cognoscitur substantia. IRRUAT: impugnet, quod faciendum non est. Non enim sequenda sunt vicia sed fugienda. FRUSTRA : Sufficeret enim fugere ea. A URAS: inanes et transitorias voluptates. HINC VIA : Ex vestibulo in quo sunt predicte forme itur ad Acherontem fluvium. Acheron enim ut prediximus interpre­ tatur " sine gaudio " . Relictis formis predictis, ad Acherontem venitur quia dum a viciis notatis duce intelligentia separamur

legoricamente, quindi, con lui si simboleggia [l'uomo] cor­ rotto che è incalzato da tre specie di vizi, quella latente, quel­ la manifesto, quella consueto. Perciò il nome è adatto. Si chia­ ma infatti Gerione come gerinos, ossia parte elevata della ter­ ra. E giustamente è definito così, perché è spinto a tale impe­ gno oneroso. FORMA, cioè aspetto, DI OMBRA, ossia di vizio, TRI­ CORPOREO, vale a dire diviso in occultazione, manifestazione, consuetudine. IL FERRO: la spada con la quale si difende dai nemici è la ra­ zionalità idonea a vincere i vizi. AFFERRA: tiene in mano la spa­ da mentre esercita la ragione nella prassi. L' aveva nel fodero quando occultava la ragione con mente rivolta alle cose terre­ ne. TREPIDANTE: temeva che quelle ombre gli corressero incon­ tro, ossia che i vizi lo aggredissero. IA PUNTA: offrire la punta della spada alle ombre che accorrono è opporre l'acume razio­ nale ai vizi incombenti. VITE: i piaceri, che sono ritenuti la vita dagli Epicurei. FRAGILI: senza frutto. SENZA CORPO: senza so­ stanza. I vizi, infatti, non sono di una qualche sostanza, né pro­ prietà naturali [76] di qualche sostanza. O SENZA CORPO, cioè senza vigore. Con il corpo, infatti, che è solido, s'intende giu­ stamente il vigore e la salute. Il vizio, infatti, è senza vigore, per­ ché non può nuocere ad alcuno se prima non gli sia unito per debito consenso. Perciò è paragonabile a un cane legato, per­ ché come un cane alla catena non è pericoloso se non per chi gli si accosta spontaneamente, così neppure il vizio danneggia se non chi gli si offre di buon grado. VAGARE, cioè circuire l'uma­ na natura. Si legge in proposito: «gli empi vanno girando attor­ no». VUOTA: inconsistente. IMMAGINE: similitudine. DI OMBRA: di ragione o di natura, che si dice forma perché per suo tramite è conosciuta la sostanza. ASSALGA: contrasti le cose che non sono da farsi. I vizi, infatti, non sono da perseguire, ma da evitare. IN­ VANO: infatti bastava fuggirli. AURE: piaceri inutili e transitori. DA QUI IA STRADA : dal vestibolo ove sono percepibili que­ ste citate ombre si perviene al fiume Acheronte. Acheronte in­ fatti, come si disse, s'interpreta " senza gioia " . Lasciati i detti fantasmi si giunge all'Acheronte, perché mentre ci stacchiamo, con la guida dell'intelligenza, dai riferiti peccati, siamo colti da 179

vehementi dolore afficimur. HINC: Ab his formis est VIA : tran ­ situs ad Acherontem, id est ad tristiciam pro viciis relictis quo­ rum consuetudo iocunda erat. TURBIDUS quia lucem rationis turbat, CENO: immundicia carnis. VORAGINE: scientiarum op­ pressione. GURGES: adfluentia doloris. ESTUAT: Estum dat dum mentem accendit et turbat. ARENAM ERUCTAT: Arena ex qua Acheron prodit est multitudo iniuriarum et adversitatum ex qui bus tristi eia initium sumit. Han c Acheron eructat dum tri­ sticia iniurias quas perpessa est per conquestionem exterius manifestat. Hec in tragedis sepe videntur. Acheron harenas eructabat dum dolor Boetii Theodorici tirannidem ennarabat dicens «pro vere virtutis premiis morti proscriptionique dam ­ pnamur» 238 . COCHITO: luctu. [77] PORTITOR: Predictas aquas Carrone duce oportet mea­ re quia luctum et tristiciam relictis viciorum voluptatibus due­ tu temporis utile est transire. Carronem legimus Polidemonis filium fluviorum portitorem 239. Dicitur autem Carron quasi cronon, tempus; filius Polidemonis, id est firmamenti ex con­ versione oritur. Firmamentum Polidemon, id est civitas de­ monum dicitur quia regio illa spirituum est. Ultra fluvios du­ cit quia ultra tristiciam et luctum nos sistit. In hac enim vita omne malum transitorium facit. HORRENDUS: Horror capillo­ rum est frigus hibernorum dierum. AQUAS: quia mentes mise­ rorum mergunt ut mentem Boetii 240 . FLUMINA : quia quasi pro­ fluvii affluunt dum incremento quodam succedunt scilicet. SERVAT: In custodia Carronis hec flumina sunt quia temporali­ ter procedunt luctus et tristicia. SCALORE: deformitate. MENTO: Nota quod omnis persona per superiora sua describitur, quod hic quoque observatur. Superiora enim Carronis sunt hiberni menses. Est ver inferius quasi ceteris omnibus prius: estas et autumpnus medius; hiems ultimam licet inde philosophi dis­ senciant 241. Dicunt enim Ebrei diem qui primum omnium il­ luxit estatis fuisse. Cuius rei asserunt eam rationem quod ter-

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un acre dolore. DA QUI: da queste ombre. C 'è STRADA : passag­ gio all'Acheronte, cioè alla tristezza dopo aver lasciato i vizi, perché la loro frequentazione era gioiosa. TORBIDO: perché tur­ ba la luce razionale. DI FANGO: l'impurità carnale. DI [VASTA] VORAGINE: di oppressione dei saperi. GORGO: confluenza di do­ lore. BOLLE: ribolle quando accende e turba la mente. ERUTTA RENA : la sabbia da cui nasce Acheronte è la moltitudine di pec­ cati e di awersità da cui trae inizio la malinconia. Acheronte erutta la rena [in Cocito] in quanto la tristezza manifesta all 'e­ sterno, attraverso il lamento, le ingiurie che ha patito. Queste si vedono spesso nelle tragedie. Acheronte eruttava arena quando il dolore di Boezio faceva intendere la tirannide di Tec­ dorico dicendo: «invece dei premi della virtù vera siamo con­ dannati ad avere morte ed esilio». IN COCITO: nel lutto. [77] NOCCHIERO: le dette acque si devono attraversare con la guida di Caronte, perché è utile passare, con l'aiuto del tempo, il lutto e la tristezza una volta lasciati i piaceri dei vizi. Si legge che Caronte, figlio di Polidemone, fosse nocchiero sui fiumi. Caronte è detto poi come cronon, tempo; figlio di Poli­ demone, ossia nasce dalla compiuta circolarità del firmamen­ to. Il firmamento è detto Polidemone, ossia città dei demoni, perché regione degli spiriti. Traghetta al di là dei fiumi perché ci ferma al di là della tristezza e del lutto. Infatti in questa vi­ ta rende transitorio ogni male. ORRENDO: l'orrore delle chio­ me è il freddo dei giorni invernali. ACQUE: perché sommergo­ no la mente degli sventurati, come quella di Boezio. FIUMI: perché come fiumi affluiscono, ossia mentre si succedono ri­ gonfiandosi. CUSTODISCE: questi fiumi sono sorvegliati da Ca­ ronte perché lutto e tristezza si affermano nel tempo. CON SQUALLORE: con bruttezza. DAL MENTO: nota che ogni figura è descritta tramite le sue parti superiori, regola che anche qui viene rispettata. Nel caso di Caronte le parti superiori sono i mesi invernali. La primavera infatti è più in basso, come se fos­ se la stagione che viene prima di tutte, estate e autunno sono intermedie, l'inverno è l'ultima, benché certi pensatori non siano concordi su questo punto. Gli Ebrei dicono infatti che il primo giorno che illuminò [il creato] fosse l'estate. La ra181

ra aquis cohoperta ad hoc, ut ab eisdem liberata appareret et ex limo suo varia animalium genera plasmata haberet, ma­ gnam desposcebat caloris potentiam cui rei non vernus sed so­ lus estivus calor sufficiebat. Alii dicunt vernum tempus pre­ cessisse. Aiunt enim quod nuper creatarum rerum teneritudo violentiam estivi caloris minime pateretur, sed quia ex calore et humore omnia animata, tam sensibilia quam non, creantur, aluntur, vegetantur, ver vero ex calore et h umore contempera­ tur; ideo prime creationi nessarium fuit. Per mentum Carro­ nis, cum eius [78] superiora sint menses hiberni, accipe De­ cembrem cui inest plurima canicies nivis et grandinis, unde etiam Sagittarius signum ei deputatur. INCULTA: sterilis vel IN­ CULTA : quasi culturam telluris impediens. LUMINA: sol et luna STANT in FLAMMA, id est tenent igneam regionem. AMICTUS: ge­ nera tempestatum ut nix, grando, pluvia. HUMERIS: hibernis mensibus. NODO: frigoris constrictione. RATEM: Navem habet sutilem et rimosam quam intelligi­ mus esse corpus humanum. Sutilis est quia diversis elementis et humoribus compacta. Rimas habet, id est sensuum forami­ na. Hanc SUBIGIT CONTO, id est sustentat et regit ciborum ali­ mento. Quia enim tempus hieme terram clausam facit conci­ pere, vere apertam parere, estate siccatam maturare, autum­ pno tempus messoris dare: ideo navem illam conto dicitur re­ gere. Et merito per contum, scilicet per navis sustentamen­ tum, significatur corporis alimentum, scilicet sustentaculum. VELIS: Vela que flatibus conceptis impellunt sunt duo acculi qui delectatione voluptatum et petulantia iocundorum que videntur affecti ad diversa corpus trahunt. Unde in Timeo le­ gis: «Hic sensus dum nova et ideo delectabilia capit precipiti et inordinata iactatione corpus moveri facit» 242• His velis Car­ ron MINISTRAT dum tempus occulis lucem et tenebras parat:

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gione di ciò la pongono nel fatto che la terra, ricoperta dalle acque, perché apparisse liberata da loro e potesse avere i vari generi di esseri viventi plasmati dal suo fango, richiedeva po­ tenza di calore a cui era necessario non l'inverno, ma la sola calura estiva. Altri, invece, ritengono che precedesse la sta­ gione primaverile: dicono infatti che la delicata natura degli esseri appena nati non potesse in alcun modo sopportare la sferza della canicola estiva, ma poiché tutti gli esseri animati, sensibili e insensibili, sono nati, sviluppati e posti in vita con l'ausilio di calore e umidità, e la primavera, come sappiamo, è equilibrio di calore e umidità, [proprio lei] fu necessaria alla prima creazione. Con il mento di Caronte [78] , dato che le sue parti superiori corrispondono ai mesi invernali, intendi di­ cembre, caratterizzato da moltissima bianchezza di neve e grandine, tanto che gli è deputato il segno del Sagittario. IN­ COLTA: sterile o INCOLTA: quasi capace d'impedire la coltiva­ zione della terra. GLI OCCHI: il sole e la luna. STANNO nel FUO­ co: ossia tengono la regione del fuoco. MANTO: varietà di per­ turbazioni, come neve, grandine, piogge. SULLE SPALLE: nei mesi invernali. LEGATO: per costrizione del freddo. BARCA: ha un'imbarcazione formata di varie parti e fessura­ ta che comprendiamo essere il corpo umano. È composita, os­ sia strutturata da diversi elementi e umori. Ha fessure, cioè aperture dei sensi. Questa SOSPINGE COL REMO, cioè sostenta e regge con l'aiuto del cibo. Infatti poiché il tempo invernale rende sterile la terra, quello primaverile la dischiude [alla ge­ nerazione] , l'estivo ne provoca la secchezza e l' autunnale of­ fre il tempo delle messi, così si dice che quella nave è guidata dal remo. E giustamente col remo, ossia col sostentamento della nave, raffigura l'alimento del corpo, cioè il vitto. ALLE VE­ LE: le vele che gonfie di vento spingono [la nave] sono i due occhi che per diletto dei piaceri e per ricerca di cose che sem­ brano piacevoli spingono il corpo a scopi diversi. Come infat­ ti leggi nel Timeo, «questo senso, mentre percepisce cose nuo­ ve, e per questo piacevoli, fa muovere il corpo con precipito­ sa e disordinata costrizione». A queste vele si ADOPERA Ca­ ronte in quanto il tempo fornisce agli occhi luce e tenebra: di

die lucem causa videndi, nocte tenebras causa recreationis et quiescendi. FERRUGINEA : sordida. CORPORA : vicia corporea. SE­ NIOR: quia cum materia ortus est. CRUDA : consumptiva. Anti­ quitas enim temporis multa consumit. Unde in alio legis inte­ gumento Saturnum pene omnis filios suos devorasse. VIRIDIS: quia in singulis annis renovatur. AD RIPAS: ad exitus voluptatum et initia luctus et tristicie et aliarum passionum . MATRES: subdit que TURBA . In omnibus in­ tegumentis per p atres et ma tres accipimus preceptores, per fi­ lios et filias eos qui doctrina eorum [79] formantur, id est di­ scipulos. VITA: Duas vitas et duas mortes et duas sepulturas in integumentis philosophia intelligit. Una vita secundum Stoi­ cos est libertas anime in virtutibus et scientiis manens que ab eisdem Sto i cis philosophia dicitur. Altera est secundum Epi­ cureos corporearum voluptatum servitus quam solam isti vi­ tam arbitrantur. Est ergo illa vita anime, bee carnis. Prima mors est prime vite finis, oppressio viciorum que est vera mors . Altera mors est viciorum mortificatio quam Plato ait philosophantibus appetendam 243• Hanc mortem persuade ba t qui dicebat «mortificate membra vestra» 244. Una sepultura est cognitorum intimatio in firma memoria in qua sepeliende sunt virtutes et scientie. Altera sepultura est in qua Misenus et Pa­ linurus sepeliendi sunt, scilicet involutio in oblivionem . IN­ NUPTE: steriles. ROGIS: viciorum ardoribus. ANTE ORA PAREN­ TUM: ante preceptorum conspectum. POLIA vento agitata comparantur mentibus commotione viciorum errantibus. FRIGORE: morte quam inveit temporalis opulentia. AVES: Avibus iterum mentes humane merito com­ parantur quia pennis virtutis et scientie ad alta conscendere possunt. UBI ETC. : Sicut frigus autumni ultra pontum aves mit­ tit, ita oppressio vitiorum mentes hominum meare cogit. APRI­ CIS: Amenitas ultra pontum est vita quieta purgatorum ultra tristiciam et luctum . STABANT: Moram faciebant in temporali tristicia ORANTES: desiderantes CURSUM: temporalem vitam TRANSMITTERE: ultra

giorno la luce per vedere, di notte le tenebre per riposo e quie­ te. FERRIGNA : sordida. I CORPI: i vizi corporei. VECCHIO: perché è nato col mondo. FIERA : che consuma. Infatti l'antichità del tempo consuma molte cose. Per tale ragione in un'altra alle­ goria si legge che Saturno divorò quasi tutti i suoi figli . GA­ GLIARDA : perché si rinnova ogni anno. ALLE SPONDE: alla fine dei piaceri e agli inizi del lutto, della tristezza e di altre passioni. MADRI: suggerisce quale TURBA. In tutte le allegorie con madri e padri intendiamo i precettori, con figli e figlie coloro che sono svezzati dalla loro dottrina, ossia [79] i discepoli. VITA : la filosofia, nelle allegorie, ipotizza due vite, due morti e due sepolture. Secondo gli Stoici, una vita è la libertà dell'anima che persiste nelle virtù e nelle scienze, che dagli stessi Stoici è detta filosofia. L'altra è, secondo gli Epicu­ rei, l'asservirsi alle voluttà corporee, che costoro ritengono l'u­ nica vita. Pertanto la prima è vita dell'anima, la seconda della carne. La prima morte è il termine della prima vita, la negazio­ ne dei vizi che è la vera morte. La seconda morte è la mortifi­ cazione dei vizi, che Platone dice sia auspicabile per quanti praticano la filosofia. Suggeriva questa morte colui che diceva «mortificate il vostro corpo». La prima sepoltura è la conser­ vazione di eventi noti in una solida memoria, nella quale si de­ vono seppellire virtù e scienze. L'altra sepoltura è quella in cui sono da tumulare Miseno e Palinuro, ossia il sudario dell'oblio. NON SPOSATE: sterili. SUI ROGHI: sugli ardori dei vizi. DAVANTI AGLI OCCHI DEI PADRI: al cospetto dei precettori. Le FOGLIE agitate dal vento sono correlate alle menti che tralignano per viziosa emozione. AL FREDDO: per la morte in cui incorre la ricchezza nelle cose temporali. UCCELLI: di nuovo le menti umane sono paragonate agli uccelli, perché possono con le piume della virtù e della scienza salire in alto. OVE ECC. : co­ ) me il freddo autunnale spinge gli uccelli [a migrare] di là dal mare, egualmente il peso dei vizi costringe la mente dell'uomo a divagare. [VERSO LIDI] SERENI: il luogo felice al di là del mare è la vita quieta dei pentiti già oltre la tristezza e il lutto. RESTAVANO: facevano indugio nella terrena tristezza. PRE­ GANDO: desiderando. IL VIAGGIO: la vita terrena. PASSARE OL-

fl.uvium Acherontis in quieta purgatorum vita mittere. MANUS: operationes TENDEBANT: moliebantur. RIPE ULTERIORIS, id est initii quiete vite. TRISTIS: severus ACCIPIT: Defert ultra fluvium. AST ALIOS: Quosdam defert ultra tristiciam temporalem usque in quietam vitam, quosdam vero [8o] LONGE detinet ab in ­ gressu tristicie tem poralis. HARENA vel Averna: ingressu Ache­ rontis. MIRATUS: Mirandum enim est cum nullum dicamus preire meritum, cum quidam ad hoc nascuntur ut semper ad­ versitatibus urgeantur, quidam longe ab eis immunes haben ­ tur, quidam vero trans tristitiam vite temporalis in quietam usque vitam vehantur. Et ideo spiritus intelligentiam consulit dicens, DIC ETC. DISCRIMINE: differentia meriti. REMIS: consiliis. VADA: tristiciam. VERTUNT: transeunt. CERTISSIMA : quia scientia et virtus signum est divinitatis. DII CUIUS: In Gigantomachia, dii filiam Stigis, scilicet Victoriam, auxiliatricem haberuent et ideo in bello prevaluerunt. Ideo Stigi tantam reverentiam exhibuerunt quod ex eo tempore eius nomen periurare timuerunt. Gigantes, quasi gegantes, id est ex terra geniti, sunt corpora naturaliter ex terra creata et ex eius alimentis nutrita 245• Quod vero Titanem patrem ha­ buerunt quid aliud est quam quod ex calore solis in terram agen te gign un tur? Deos vero scien tias et virtu tes dix i m us. Gi­ gantes vero diis bella indicunt dum corpora virtutes et scien ­ tias opprimunt. Gigantes vincuntur dum corpora mortifican­ tur. Stigem diximus odium interpretari. Stix iuncta Mavorti Victoriam parit quia ex odio et bello victoria procedit. Hec diis favere dicitur dum a virtutibus per victoriam corpora do­ mantur. Dii Stigem reverentur quia inter virtutes et scientias nulla discordie mentio habetur. TURBA : vitiorum multitudo. INOBS: egens bono. INHUMATA: Non sepulti sunt quia vicia sua in oblivione non involvunt. QUOS VEHIT UNDA : Qui tran ­ seunt temporalem tristiciam conveniunt ad amenitatem quie­ te vite purgato rum. SEPULTI sunt: id est, involuta sunt vicia sua

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TRE: oltre il fiume Acheronte porre una vita serena da pentiti. MANI: attività. TENDEVANO: apprestavano. DI UN )ALTRA RIVA: cioè l'inizio della vita serena. TRISTE: severo. ACCOGLIE: porta al di là del fiume. E GLI ALTRI: alcuni li porta oltre la tristezza terrena fino alla vita serena, alcuni poi [8o] li trattiene LONTA­ NO dall'ingresso della tristezza terrena. RIVA o Averno: all'in­ gresso dell'Acheronte. STUPITO: infatti è da notare che non si afferma la preminenza di nessun merito, dato che alcuni [es­ seri umani] di necessità sono sempre incalzati da sventure, al­ cuni se ne conservano lontani, altri poi sono portati oltre gli squallori della fortuna contingente alla vita serena. Pertanto lo spirito si rivolge all 'intelligenza dicendo DIMMI ECC. [PER QUA­ LE] DIFFERENZA : differenza di merito. CON REMI: con consigli. GUADI: la tristezza. ATTRAVERSANO: passano. CERTISSIMA : perché scienza e virtù sono segno di divinità. SU CUI [TEMONO] GLI DEI [DI GIURARE] : nella gigantomachia gli dei ebbero l'aiuto della figlia dello Stige, ossia Vittoria, e così vinsero la guerra. Pertanto mostrarono tanto rispetto per lo Stige che da quel momento ebbero timore di giurare il falso in suo nome. Giganti, come gegantes, ossia nati dalla terra, sono i corpi naturalmente generati da essa e nutriti con i suoi ali­ menti. Il fatto che ebbero come padre Titano che altro signi­ fica se non la loro generazione per il calore solare attivo sulla terra? Definiamo gli dei come scienze e virtù. I Giganti dun ­ que fanno guerra agli dei in quanto i corpi opprimono le virtù e le scienze. I Giganti sono vinti quando i corpi sono mortifi­ cati. Abbiamo detto che lo Stige va interpretato come odio. [La corrente dello] Stige unita a Marte genera la Vittoria, per­ ché questa nasce dal contrasto e dalla guerra. Si dice che fa­ vorisca gli dei in quanto per suo tramite i corpi sono vinti dal­ le virtù . Gli dei rispettano lo Stige perché tra virtù e scienze non c'è alcun motivo di discordia. TURBA: moltitudine di vizi. POVERA : priva del bene. INSEPOLTA: non sono sepolti per­ ché non avvolgono d'oblio i loro vizi. CHE L) ONDA TRAGHETTA: che attraversano la tristezza del mondo contingente e giungo­ no alla vita serena delle anime pentite. Sono SEPOLTI: cioè i propri vizi sono ricoperti dall'oblio, le virtù dalla memoria. os-

in oblivione, virtutes in memoria. OSSA : virtutes QUIERUNT: lo­ cate fuerunt [8I] SEDIBUS: thesauris memorie. Merito ossa vir­ tutes figurant, caro vero vicium quia sicut putredine caro at­ teritur, ossa vero supersunt, ita vicia corruptibilia sunt, virtu­ tes autem corrumpi non possunt. CENTUM: finiti temporis spa­ cium pro infinito. ERRANT, degentes in viciis. VOLITANT: va­ gantur. LITTORA, id est exitus a voluptuosa vita et ingressum in laboriosam . Et nota bene quod possint «volitare». Est enim volitare imperfecte volare. Volant autem, sed non perfecte qui parvis pennis ad littora veniunt et ea non transeunt, id est qui parvis virtutibus et scientiis ad exitum voluptuose vite et ini­ tium laboriose veniunt, sed quia sepulti non sunt, id est quia virtutes in memoriam et vicia in oblivionem minime invol­ vunt, laboriosam vitam usque ad quietem minime transeunt. STA GNA : Acherontem et Cochiton EXOPTATA : que exoptant meare REVISUNT: iterum contemplantur, ut cognita natura ha­ rum estuationum animi pervincant eas. CONSTITIT: Circa bee contemplando moram feci t. VESTIGIA: sensus PRESSIT: cohibuit. Aliter enim non patent ei meatus trans fluvios. MULTA , scilicet quod quidam ad tristiciam et luc­ tum temporalem veniunt, quidam non. Ita multis enim parcit fortuna quantum ad comparationem aliorum quos intolerabi­ li calamitate perurget. Eorum iterum quidam ad tristiciam ve­ niunt, quidam usque ad quietam vitam, quidam vero non. Hec et bis similia multa reputat. INIQUAM: Iniustum reputamus ta­ lem eventum quod quidam floreant, quidam deprimantur quamvis isti pravi, illi boni repuntantur. LEUCASPIM: Duo socii, qui tempesta ti bus perierunt, signifi­ cant naturalem scientiam et naturalem virtutem. Habet enim mens humana bee duo a natura, a qua horum trina accepit se­ minaria. Tria enim scientia naturalia habet seminaria 246• Inge­ nium , vim naturalem inveniendi; rationem, vim scilicet discer­ nendi inventa; memoriam, vim [82] conservandi discreta. Tria quoque habet initia virtus 247: irascibilitatem, id est fugam ma­ li; concupiscentiam , id est appetentiam boni; animositatem in

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SA : le virtù. EBBERO PACE: furono collocate. [8I] NELLE TOMBE: negli scrigni della memoria. Giustamente le ossa figurano le virtù e la carne il vizio, perché come la carne è assalita dalla putredine, mentre le ossa sopravvivono, così i vizi sono cor­ ruttibili, mentre le virtù non possono essere alterate. CENTO: uno spazio di tempo finito in luogo dell'infinito. ERRANO: per­ manendo nei vizi. VANNO ATTORNO: vagano. SPIAGGE: ossia l'abbandono della vita dei piaceri e l'ingresso in quella labo­ riosa. E nota bene che possono «vagare qua e là». Infatti va­ gare è volare imperfettamente. Volano, infatti, ma non perfet­ tamente, coloro che giungono alle spiagge con penne piccole e così non le attraversano, ossia quelli che con piccole virtù e scienze giungono al termine di una vita di piaceri e all'inizio di quella laboriosa, ma poiché non sono sepolti, vale a dire poiché in nessun modo ripongono le virtù nella memoria e i vizi in oblio, passano a fatica la vita laboriosa fino alla tran ­ quillità. STAGNI: Acheronte e Cocito. BRAMATI: che desiderano passare. RIVEDONO: di nuovo contemplano, perché, conosciu­ ta la natura di tali passioni dell' animo, possano vincerle. SI FERMÒ: indugiò in tali pensieri contemplando. I PASSI: i sensi. FERMÒ: trattenne. Altrimenti, infatti, non gli si rivelava il passaggio oltre i fiumi. MOLTE COSE: cioè che alcuni giungo­ no alla tristezza e al lutto per le cose contingenti, altri no. In­ fatti la sorte risparmia molti [uomini] a paragone di altri che incalza con sventura spietata. E di questi poi alcuni giungono al rimorso, taluni fino alla vita serena, altri neppure a questo. Valuta ciò e altre cose simili. INIQUA : riteniamo ingiusto un ta­ le evento, che alcuni stiano bene e alcuni no, benché i primi siano da ritenersi buoni e gli ultimi cattivi. LEUCASPI [E ORONTE] : i due amici, che morirono per le tem­ peste, figurano la scienza e la virtù naturale. La mente umana, infatti, riceve dalla natura queste due facoltà e tre fonti delle stesse. La scienza ha tre fonti naturali: l'ingegno, cioè la forza istintiva di scoprire; la ragione, ossia la capacità di intendere le cose scoperte; la memoria [82] , la capacità di ricordare quanto inteso. La virtù [naturale] possiede anch 'essa tre sor­ genti: l'irascibilità, ossia la fuga dal male; il desiderio, ossia

pugnationem doli et boni deffentionem . Per Leucaspim ergo virtutem naturalem accipimus. Leucaspis enim albedinis vel pulchritudinis claustrum interpretatur: leuce enim pulchritu­ do vel albedo interpretatur. Unde etiam Leucothoe, id est al­ ba dea, dicitur. Caspos enim Grece, claustrum Latine. Unde etiam Caspium mare nomen habet, quia Eoas regiones clau­ dit 248 • Claustrum autem pulchritudinis dicitur virtus quia de­ corem animi contra contaminationem vicii protegit. Orontes, quasi orentheos 249, id est bonitatis deus, dicitur sapientia quia et bona est et divina et, cum bona dat, conservat. Unde in Boe­ tio «magistra virtutum» dicitur 25 0 • Hic dicitur «Licie classis ductor» 251 quia est corporee voluptatis precursor; omnibus enim voluptatibus preire debet. CERNIT: occulis contemplatio­ nis IBI, scilicet ad Acherontem et Cochiton. In hac enim vita virtus et scientia luctu et tristicia potissimum urgentur, unde Boetius «premi t insontes debita sceleri noxia pena» 252• ME­ sros: severos. MORTIS HONORE: sepultura. Diximus sepulturam virtutum et scientiarum memoriam, vitiorum oblivionem. Et nota hos duos «honore martis», id est decore sepulture, «ca­ rere» quia difficilius virtutes et scientias memorie mandamus quam vitiorum sordes. In peius enim mutabiles sumus. VECTOS: distracto s . EQUORA : commotiones temporales . VENTOSA , i d est plena ventis, i d est commotionibus viciorum. AUSTER: Per ventos supra monstravimus viciorum impetus fi­ gurari. Per hunc ergo accipimus ingluviem edacitatis 253• Hic enim ventus maxime est nubifer: ab Antartico enim cardine veniens invenit nubes calore vicine [83] torride zone elevatas quas veniens ante se in Arcticum angulum impellit. Econtra autem Aquila serenus est. Significat ergo Auster edacitatem . Sicut enim Auster nubes plus aliis impellit, sic hoc vicium maiorem ceteris ignorantiam invehit. Unde Grecorum est sen­ tentia, «ex crasso ventre non gigni tenuem sensum» 254• Et Ho­ ratius testatur quod hoc vicium «afligit humo divine particu­ lam aure» 255• Unde Epicuri quia plurimum in hoc vitio labo-

l'appetenza del bene; l'animosità nel combattere l'errore e nel difendere il bene. Dunque con Leucaspi intendiamo la virtù naturale. Leucaspi, infatti, s 'interpreta come chiostro di bian ­ chezza e splendore, in quanto leuce vale bellezza e biancore. Da qui deriva anche il nome di Leucotoe, la dea bianca. Il gre­ co caspos equivale al latino chiostro. Per questo il mar Caspio ha tale nome, perché chiude le regioni orientali. Il chiostro poi è detto pregio di bellezza perché protegge il decoro dell'ani­ ma contro la contaminazione viziosa. Oronte come orentheos, ossia dio della bontà, significa la sapienza, che è buona e divi­ na, e quando elargisce beni, pure li mantiene. Per questo in Boezio è detta «maestra delle virtù». Costui è detto «ammira­ glio della flotta troiana» perché governa il piacere fisico: in ­ fatti chi governa deve guidare tutti i piaceri. OSSERVA : con gli occhi del discernimento. lVI: cioè verso Acheronte e Cocito. In questa vita, infatti, virtù e scienza sono incalzate dal lutto e dalla tristezza, come [dice] Boezio: «incalza gli innocenti la dura pena dovuta al delitto». MESTI: severi. DI ONORE DELLA MORTE: la sepoltura. Definiamo sepoltura il ricordo delle virtù e delle scienze, l'oblio dei vizi. E nota come dica giustamente di questi due che «erano privi» dell' «onore della morte», os­ sia di una sepoltura decorosa, perché più difficilmente affi­ diamo alla memoria virtù e scienze di quanto non facciamo con la feccia dei vizi. Infatti siamo mutevoli in peggio. SPINTI: distratti . ACQUE: passioni terrene. VENTOSE: cioè piene di venti, ossia di viziose emozioni. AUSTRO: prima chi a­ rimmo che con i venti si raffigurano le violenze dei vizi. Con questo [vento] pertanto intendiamo la sede dell'ingordigia. Più degli altri, infatti, porta le nubi; venendo poi dal polo an ­ tartico trova nubi alzate per il calore della vicina zona torrida che, spirando, spinge verso [83] la latitudine artica. L'Aquilo­ ne invece è sereno. Dunque l'Austro figura l'ingordigia. Co­ me infatti l'Austro più di altri [venti] sospinge le nubi, così questo vizio, più degli altri, genera ignoranza. Per questo esi­ ste una sentenza dei Greci, «da un ventre grasso non è gene­ rata una sensibilità raffinata». E Orazio attesta che tale vizio «inchioda a terra una parte di aura divina». Perciò gli Epicu-

raverunt, magis ceteris in doctrina erraverunt. AUSTER ergo so­ cios Enee AQUA OBRUIT dum prime etatis ingluvies naturalem scientiam et virtutem opprimi t influxione. INVOLVENS: turbans NAVES: voluntates. ECCE: Nota quod Enee facto descensu ad inferos fata om­ nia que passus est et socii defuncti ante occulos reducuntur. Dum rationabilis spiritus ad caduca contemplanda inclina­ tur, mortificata primarum etatum vitia imaginaria represen­ tatione quodammodo retractantur, ut ECCE Palinuri SE umbra AGEBAT dum erroris preteriti imaginatio redibat. Sic umbra Didonis et Deiphebi occurrit dum retractio transacte libidi­ nis et terroris redit. LIBICO CURSU, id est, transitu a libidine ad initium philo­ sophandi. DUM SIDUS: Palinurus sidera servat dum is cui error inest celestia spectat et sic Palinurus demigrat. EXCIDERAT PUP­ PI: Demigraverat a voluntate. EFFUSUS IN UNDIS: obrutus et ne­ catus in doctrina VIX COGNOVIT: quia erat iam remotus a se, non sentit et ideo dicitur non agnoscere, sicut de sapiente et casto dicitur quod libidinem non noscit quamvis sciat quid si t. MESTUM: Error enim quos errare facit dum in malum eos tru­ dit mestos reddit. UMBRA : retractione. PRIOR: Primum enim locum discendi sapiens habet. DEO­ RUM: virtutum et scientiaru m . APOLLO: sapientia. FALLAX: Apollo Eneam fallit dum sapiens per preceptorem [84] ab er­ rore spiritum nocivum retrahit. Hoc sapiens facit dum primo hominem instruit ut in Horatio legis patrem eius exemplis notasse fugienda et petenda nec tamen causas reddidisse cur hec fugienda, illa petenda, sed dixisse, «sapiens vitatu quid­ ve petitu si t melius causas reddet» 256. RESPONSO: consilio suo. INCOLUMEM: validum. PONTO: commotione secularium bono-

rei, poiché patirono assai per questo vizio, più degli altri erra­ rono nella dottrina. L'A USTRO dunque TEMPESTÒ D )ACQUA i compagni di Enea nel senso che la brama della prima giovi­ nezza opprime con il suo influsso la scienza naturale e la virtù. AWOLGENDO: turbando. NAVI: le volontà. ECCO: nota che, una volta avvenuta la discesa di Enea agli inferi, tutto ciò che ha patito e gli amici defunti gli sono ri­ condotti dinanzi agli occhi. Quando l'anima razionale si pie­ ga a contemplare le cose caduche, i vizi puniti delle prime età [della vita] sono ricondotti in qualche modo [davanti agli oc­ chi] con astratta rappresentazione, come nel caso di ECCO l'ombra di Palinuro VAGAVA SENZA META , quando ritornava l'immagine di un passato errore. Così si manifesta l'ombra di Didone e di Deìfobo quando ritorna la considerazione della passata lussuria e del terrore. NEL TRAGITTO DALLA LIBIA : vale a dire, nel passaggio dalla libidine all 'inizio della filosofia. MENTRE LA STELLA: Palinuro osserva le stelle in quanto colui che è vittima dell 'errore guar­ da le cose celesti, e allora Palinuro muore. ERA CADUTO DALLA POPPA : si era allontanato dalla volontà [di ben operare] . RI­ VERSO NELLE ONDE: sommerso e ucciso nelle dottrine. A STEN­ TO [LO] RICONOBBE: poiché era già fuori di sé, non sente, e per­ tanto si dice che non conosce, proprio come del sapiente e del casto si afferma che ignorano la libidine, per quanto sappiano cosa sia. MESTO: l'errore infatti rende tristi coloro che fa trali­ gnare mentre li guida nel vizio. NELL) OMBRA: nel rimorso. PER PRIMO: il sapiente ha infatti la prima occasione di par­ lare. DEGLI DEI: delle virtù e delle scienze. APOLLO: la sapienza. FALLACE: Apollo inganna Enea in quanto il sapiente, tramite il precettore, [84] allontana dall'errore lo spirito che può far ma­ le. Questo il sapiente lo fa quando all'inizio istruisce l'uomo, come si legge in Orazio che suo padre avesse annotato con esempi le cose da evitare e da desiderare, e tuttavia non chia­ risse le ragioni per le quali tali cose fossero da trattare così, li­ mitandosi a dire: «un saggio ti renderà meglio ragione su quanto sia da evitare e da ottenere». CON UN RESPONSO: col suo consiglio. INCOLUME: robusto. PER MARE: per le passioni dei 193

rum . FINES A USONIOS: in initia incrementi. CORTINA: intimum consilium . NEC ME DEUS: Duo quesiverat: QUIS DEUS ERIPUIT eum sibi et MERSIT in equore. Alterum horum non nega t, scilicet deum eripuisse eum si bi quia hoc ve rum est sed alte rum nega t, sci­ licet deum mersisse eum in equore, id est scientiam vel virtu­ tem aliquem errorem in seculari vita posuisse. GUBERNACU­ LUM: consum anime in viciis. MULTA VI: Quadam enim violentia vicii habetur a voluntate consensus ille. HEREBAM: In­ separabilia enim sunt error et consensus malus. PRECIPITANS TRAXI MECUM: Simul enim demigrant. PRO ME: Scit enim vi ­ cium hoc se in multis sedem inventurum . QUAM TUA: De hoc potissimum dolere videtur quod a sapiente separatur. ARMIS: cogita tione, delectatione, consensu. DEFFICERET: a pravo desi­ steret incepto. UNDIS: irrigationibus doctrine. NAVIS: voluntas. SURGENTIBUS: increpantibus. NOTHUS: libido ut diximus. NOCTES: ignorantias. TRES: sui scilicet, alterius creature, creatori s . VEXIT: Luxurie enim maxime inest ignorantia et error, unde etiam luxuriosus tur­ pem vicii sui usum honestum putat. AQUA: lacu luxurie. LV­ MINE: Tribus diebus vehitur Austro et in QUARTO Italiam cer­ nit. In quattuor quia in tribus voluptatibus inest error libidi­ nis et in quarta sentit incrementum . Per lucem voluptatem si­ gnificamus quia ea sola iuxta Epicuros iocunda est et fulgens et sectatorem suum hilarem reddens. Voluptas prima est de illicitis cogitare, secunda approbare, tertia perpetrare, quar­ ta consuescere. [8 5] In omnibus bis luxuria habet errorem, sed in quarta error maxime ad incrementum se movet, unde subditur: PAU­ LATIM ADNABAM, ETC. , sed nota quod dicit VIX vidisse Auso­ niam quia quamvis ad incrementum error acceleret, vix tamen se crescere videt; sic enim omne vitium sectatores excecat ut

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beni terreni. LIDI A USONI: inizi della crescita [intellettuale] . ORACOLO: intimo consiglio. NON [FU] UN DIO CHE MI [SPINSE] : aveva chiesto due cose: QUALE DIO lo STRAPPÒ a sé e lo IMMERSE nel mare. Di queste non nega la prima, cioè che un dio lo strappasse a sé, perché è vera, ma la seconda, vale a dire che un dio lo annegasse nel mare, ossia che la scienza o la virtù immettessero qualche in­ ganno nella vita terrena. TIMONE: il consenso dell'anima ai vi­ zi. CON MOLTA FORZA : infatti quel consenso è ottenuto dalla vo­ lontà per una certa violenza del vizio. MI TENEVO: sono infatti inseparabili l'errore e il colpevole consenso. PRECIPITANDO LO PORTAI CON ME: infatti muoiono assieme. PER ME: comprende infatti che questo vizio potrà trovar luogo in molti. DELLA TUA [NAVE] : sembra dolersi soprattutto di questo: che è separato dal sapiente. DALLE ARMI: dal pensiero, dal diletto, dal con ­ senso. VENISSE MENO: desistesse dal cattivo esordio. DALLE ON­ DE: dai contributi della dottrina. NAVE: la volontà. AWENTATE­ SI CONTRO: capaci di rimprovero. NOTO: la libidine, come si disse. NOTTI: ignoranze. TRE: os­ sia di sé, di ogni altra creatura, del creatore. TRASCINA : infatti sono propri soprattutto della lussuria l'ignoranza e l'errore, per cui i lussuriosi ritengono onesto il turpe esercizio del pro­ prio vizio. ACQUA: l'abisso della lussuria. ALLA LUCE: per tre giorni è spinto dall 'Austro e nel QUARTO scorge l'Italia. In quattro [giorni] , perché in tre piaceri consiste il viaggio della libidine e nel quarto avverte il suo acme. Tramite la luce in ­ terpretiamo la voluttà perché questa sola, secondo gli Epicu­ rei, è piacevole e brillante, rendendo appagato chi la segue. Il primo piacere è pensare cose proibite, il secondo apprezzar­ le, il terzo perpetrarle, il quarto trasformarle in abitudine. [8 5] La lussuria erra in tutti questi [piaceri] , ma nel quar­ to in particolare l'inganno si muove verso il suo acme, per cui aggiunge: MI AWICINAVO A POCO A POCO ECC. , ma nota che di­ ce di aver visto A STENTO l'Ausonia, dato che, per quanto l'in­ ganno si affretti verso l'acme, a m ala pena si accorge di cre­ scere; infatti ogni vizio acceca a tal punto chi lo persegue da prendere vieppiù le sue forze senza che egli se ne renda con195

eis nescientibus magis et magis in eis vires capiat. ADNABAM: Per lacum luxurie accedebam PA ULATIM: consuescendo scili­ cet TERRE: Gravedini et firmitati necessitatis a consuetudine venitur ad necessitatem que indissolubili vinculo mentem li­ gat et firmitatem viciis dat et ideo per terram gravem et fir­ mam figuratur. TUTA : Tunc enim non timet evelli, sed quia tunc maxime a sapientibus errar deprehenditur, dum in con ­ suetudine cernitur et deprehensus arguitur ne mens ad firmi­ tatem ducatur, addit GENS CRUDELIS: multitudo severorum. GRAVATUM: confirmatum. MADIDA VESTE: immundo victu . UNCIS: malis affecti MANIBUS: operibus PRENSANTEM: aggre­ dientem CAPITA HASPERA : virtutes laboriosas. MONTIS: rationa­ lis substantie. FERRO: increpatione. PREDAM: guam rapere de­ bent. IGNARA: carens experimento mundi veri. NUNC: Non ve­ nit ad montem sed repulsum vi ventorum . HABET FLUCTUS: luxurie lacus. VERSANT: deferunt VENTI: impetus vitiorum . LIT­ TORA : ingressus luxurie in lacum. QUOD: Palinurus Eneam adiurat, dum cui inest errar rationalem spiritum ut liberetur rogat. LUMEN: eternum bonum. AURAS: temporalia bona. TER­ RAM: virtute firmam et fructiferam . PORTUS: ingressus libidinosi salis. VELINOS: quia velant mentem vel a voluntate natos. REQUIRE retro relictos: per con ­ templationem quere ut me videas. Ab ingressu enim errorem inspicere debem u s , ut eum radicitus extirpem u s . DIVUM: scientiarum et virtutum. DEXTRAM: iustum opus. UNDAS: casus temporales. SEDIBUS: memorie. MORTE: viciorum mortificatio­ ne. QUIESCAM: Orientur virtus et [86] scientia. FATUS: Vicia ad spiritum loquuntur dum spiritus circa ea aliquid deprehendit, vel dum is cui vitium inest ad sapientem sermonem dirigit. Hec in predictis facile notantur. VATES: Intelligentia loquitur dum intelligens fatur. INHU­ MATUS: nisi vitium in oblivionem involvas. AMNEM: Cochitum.

to. MI AWICINAVO: proseguivo per il lago della lussuria. A PO­ co A POCO: cioè abituandomi. ALLA TERRA : al peso e alla fer­ mezza della necessità; dalla consuetudine si perviene alla co­ strizione che lega la mente con vincolo indissolubile e dà con ­ sistenza ai vizi e pertanto è raffigurata dalla pesantezza e im ­ mobilità della terra. LUOGHI SICURI: solo allora infatti non te­ me [la lussuria] di essere sradicata, ma poiché proprio in quel frangente l'errore è colto dai sapienti, mentre è percepito nel­ l'abitudine, e, una volta colto, viene confutato perché la men­ te non sia condotta a persistervi, aggiunge GENTE CRUDELE: moltitudine [di persone] intransigenti. AFFATICATO: rassicurato. CON LA VESTE MADIDA : con im­ mondo nutrimento. CON ADUNCHE MANI: dalle malvagie opere della passione. CHE STRINGE: che aggredisce. PUNTE ROCCIOSE: impervie virtù. DEL MONTE: di sostanza razionale. COL FERRO: col rimprovero. PREDA : che devono cogliere. IGNARA : carente di esperienza del vero mondo. ORA : non giunge al monte, ma è respinto dalla forza del vento. IL FLUTTO [MI] TIENE: il lago della lussuria. RIVOLTANO: portano. I VENTI: l 'impeto dei vizi. LIDI: gli accessi al lago della lussuria. QUALE: Palinuro scon­ giura Enea in quanto colui che erra prega lo spirito razionale di essere liberato. LUME: l'eterno bene. A URE: i beni contin­ genti. TERRA : la stabile e fruttuosa virtù. PORTO: l'accesso al mare della libidine. DI VELIA : perché ve­ lano la mente oppure perché nati dalla volontà. RICERCA colo­ ro che sono lasciati indietro: cerca di vedermi per via contem­ plativa. Dobbiamo infatti guardare l'errore dall'inizio, per estirparlo alle radici. DEI NUMI: delle scienze e delle virtù. LA DE­ STRA [MANO] : il giusto impegno. ONDE: casi contingenti. IN LUO­ GHI: della memoria. NELLA MORTE: nella mortificazione dei vi­ zi. MI RIPOSI: nasceranno virtù e [86] scienza. [AVEVA] PARLATO: i vizi parlano allo spirito nel senso che questi apprende qual­ cosa su di essi o che colui che è vittima del vizio volge la paro­ la al sapiente. Questo si nota facilmente nelle parole già dette. LA PROFETESSA : l'intelligenza si manifesta mentre l'intelli­ gente parla. INSEPOLTO: se non avvolgi il vizio nell'oblio. ON­ DA: Cocito. 197

ASPICES contemplatione. INIUSSUS: non predestinatus. FATA : eventus temporales. DEUM: divinarum notionum. FINITIMI: qui errori accedunt. PRODIGIIS: signis. OSSA : facta erratica. TUMU­ LUM: oblivionem. SOLEMNIA: sacra opera. LOCUS: mens guam tenebis dicetur "errabunda " . GAUDET: Vicia gaudere dicuntur quia officia gaudentium in eis videntur. Perseverant enim cor­ rumpendo animum quasi hoc esset gaudium eorum . TERRE: torpentis animi. ITER: contemplationem . NAVITA : Charon in Acheronte dici­ tur esse quia is qui plus etatis habet maiorem calamitatem su­ stinet ut probat Iuvenalis per regem Pilium qui vidit barbam Antilochi ignibus accensam 257. Deinde subdit de sene, «mor­ borum omne genus circumsalit agmine facto»; «ille humero, [. .. ] hic coxa debilis; ambos perdidit ille occulos et luscis invi­ det; [. . . ] pallida la bra cibum accipiunt digitis alienis» 258 • Et Oracius: «multa senem circumveniunt incommoda» et Multa ferunt anni venientes commoda secum, multa recedentes adimunt 259 .

PEDEM: gressum contemplationis. PRIOR ALLOQUITUR: Carron Eneam alloquitur dum plenus dierum , id est senex multi temporis, ad rationabilem fatur, et «prior» quia enim in senibus est prudentia et rerum memoria. Ideo propter venerabilem gravitatem primus ei locus dicendi permittitur. INCREPAT: Cum enim videt prudens senex spiri­ turo alicuius rationabilem pedibus contemplationis raptum, veretur ne causa curiositatis et solius amoris temporalium bo­ norum ad ea descendat et ideo respondet Si bilia quia [87] pro videndo patre venit, id est pro agnoscendo creatore. ARMATUS: Prediximus enim gladium evaginatum . QUID: Cur scilicet, an pro amore boni temporalis an pro contempla­ tu . COMPRIME: siste GRESSUM: contemplationem. UMBRARUM:

GUARDERAI: con il discernimento. NON COMANDATO: non predestinato. I FATI: gli eventi contingenti. DEGLI DEI: delle no­ zioni divine. POPOLI VICINI: coloro che si accostano all'errore. DA PRODIGI: da segni. OSSA : fatti casuali. TUMULO: l'oblio. [RI­ TI] SOLENNI: le sante opere. LUOGO: la logica da seguire è da ri­ tenersi " incerta " . GODE: è detto che i vizi trionfano perché vi si trovano le finalità di coloro che cercano il piacere. Infatti perseverano a corrompere l'anima quasi che ciò sia per loro una gloria. DELIA TERRA : dell'animo intorpidito. CAMMINO: la contemplazione. NOCCHIERO: si dice che Ca­ ronte sia sull'Acheronte perché colui che è più anziano sop­ porta maggior sventura, come dimostra Giovenale con il re di P ilo, che vide la barba di An tiloco accesa dalle fiamme [del ro­ go funebre] e poi aggiunge dell'uomo vecchio che «ogni gene­ re di morbo, in schiera, lo assale d'intorno», [e] «uno [è] ma­ lato alla spalla, [. .. ] un altro debole all'anca; un altro ancora ha perso entrambi gli occhi, tanto da invidiare i guerci; [ . . . ] [e] le pallide labbra prendono il cibo da mani estranee». E Orazio: «il vecchio è circondato da contrarietà d'ogni genere» e Gli anni, fin che vengono, portano con sé belle cose; quando si ritirano ne portano via molte.

PASSO: il cammino della contemplazione. PARIA PER PRIMO: Caronte parla con Enea in quanto carico di giorni, ovvero vecchio di molti anni, si rivolge all'animo ra­ zionale, e «per primo» perché infatti nei vecchi esistono saggez­ za e memoria [riguardo] agli eventi. E poi perché, a causa della venerabile maturità, gli è concesso, per primo, il diritto d'inter­ loquire. RIMPROVERA: infatti l'accorto vecchio, vedendo l'anima razionale strappata dalla via della contemplazione, teme che per la curiosità e l'amore esclusivo dei beni temporali discenda ver­ so di loro; per questo la Sibilla risponde che [Enea] [87] è ve­ nuto per vedere il padre, ossia per conoscere il creatore. ARMATO: infatti prima dicemmo della spada sguainata. CHE COSA : perché, ossia per amore del bene terreno o per fine con ­ templativo. FERMA : arresta. IL PASSO: la contemplazione. DELLE 199

Hec omnia supra docuimus. CORPORA: substantias VIVA : in pu­ ra libertate scientiarum et virtutum. NEPHAS: illicitum et im­ possibile. CARINA : corpore. VECTARE: Nequit enim anima in corpore penitus ab omni miseria pura oblivione degere. ALCIDEM: Hercules ad inferos descendit, sed quia semideus fuit, exitus ei retro patuit et ianitorem Cerberum vinctum ex­ traxit. Hercules virtuosum significat. Unde nomina con­ gruunt. Dicitur enim Hercules Grece, gloria litis Latine; labor enim eum celebrem reddit. Unde Boetius: «Herculem duri ce­ lebrant labores» 260• Dicitur et Alcides quasi fortis et formo­ sus. Fortis notat virtutem, formosus gloriam . Hic ad inferos descendit dum complatione ad temporalia venit, sed quia est semideus, id est rationalis et immortalis in anima, irrationabi­ lis et in corpore mortalis, redit dum ab eis ad celestia resurgit. Cerberus in integumentis accipitur in duabus figuris; per eum namque terram intelligimus, unde nomen congruit 26 1 • Dicitur enim Cerberus quasi caerberos, id est carnem vorans. Carnes enim consumit ossibus manentibus. Tria habet capita: Europam , Africam , Asiam . Vel triceps propter diversitates qualitatum. Habet enim quiddam calidissimum, quiddam fri­ gidissimum, quiddam medium. Caldeorum est sententia tres zonas esse. Ianitor est in Orco quia per eum sublunarem in ­ gredimur regionem . Fulgentius vero per Cerberum eloquen ­ tiam figurat quia Cerberus dicitur quasi carnes vorans quia carneas auditorum mentes penetrat et arguit 262• Triceps vero est quia habet tres principales disciplinas, grammaticam, dia­ lecticam , rethoricam vel propter tria genera [88] causarum vel carminum . Ianitor est Orci. Secundum hoc Orcus habet aliam figuram : figura t enim corpus humanum . Cerberus ergo ianum Orci custodit quia eloquentia oris instrumentum et claudit et aperit. Hercules bune vinctum extrahit dum in preceptioni­ bus et regulis ceteris comprehendit. Theseus vero sapientem significa t, Piritous eloquentem 263• Hii duo pares in amore leguntur quia, ut ait Tullius, bee duo

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OMBRE: tutte queste cose si sono chiarite prima. CORPI: sostan ­ ze. VIVI: in libera giurisdizione sia delle scienze sia delle virtù. VIETATO: illecito e impossibile. CON LA BARCA : col corpo. TRAGHETTARE: infatti l'anima non può rimanere nel corpo lontana da ogni miseria vivendo nel puro oblio. ALCIDE: Ercole discese agli inferi, ma poiché fu un semidio il ritorno gli si dischiuse e portò con sé in catene Cerbero, il por­ tiere [infernale] . Ercole figura l'uomo vittorioso. E per questo i nomi sono congruenti. Infatti si dice Eracle in greco, in latino successo nella lotta, in quanto la sua fatica lo rende celebre. Per­ ciò Boezio [scrive] : «Ercole è reso celebre dalle dure fatiche». Ed è detto anche Alcide come forte e venusto. Forte in riferi­ mento alla virtù, venusto per la gloria. Costui discese agli infe­ ri in quanto, tramite la contemplazione, si pose a contatto del­ le cose terrene, ma poiché si trattava di un semidio, ossia di un essere razionale e immortale nell'anima, irrazionale e mortale nel corpo, ritornò quando riprese il contatto con le cose celesti. Cerbero, per allegoria, si può interpretare in due modi: per suo tramite intendiamo la terra, e perciò il nome è opportuno. Si chiama infatti Cerbero come caerberos, ossia divoratore di carne. Difatti trangugia le carni lasciando le ossa. Ha tre teste: Europa, Asia, Africa. Oppure è tricipite per diverse qualità. Possiede infatti qualcosa di caldissimo, qualcosa di freddissimo e qualcosa d'intermedio. È parere dei Caldei che vi siano tre zo­ ne [geografiche] . È portiere nell'Orco perché, grazie a lui, en­ triamo nella regione sublunare. Fulgenzio poi con Cerbero rap­ presenta l'eloquenza, perché Cerbero vale divoratore di carne, in quanto penetra e confuta le menti ottuse degli ascoltatori. Ha tre teste dato che possiede tre discipline principali, gram­ matica, dialettica, retorica, o perché [incarna] tre generi [88] di cause e di poesia. È portiere dell'Orco. Proprio per questo Or­ co ha un altro significato: raffigura il corpo umano. Cerbero dunque custodisce la porta dell'Orco perché l'eloquenza apre e chiude l'organo della bocca. Ercole lo porta via in catene in quanto lo afferra nei precetti e nelle altre regole. Teseo poi raffigura il sapiente, Piritoo l'uomo eloquente. Questi due [eroi] si legge che siano eguali nella passione, per20!

iungi amant 2 64 • Nam sapiens si non sit eloquens sibi soli utilis habetur; eloquens autem si non sit sapiens inutilis et perni­ ciosus civis patrie habetur. Horum coniunctionem aperte in­ nuit Marcianus, dum Philologie coniugium introducit Mercu­ rium querentem 265• Quod autem Theseum in parte deum, in parte mortalem fuisse legimus, quid aliud est guam sapientem in quantum theoricus est divinum, in quantum practicus hu­ manum esse. Unde et nomen congruit: dicitur enim Theseus deus bonus: theos enim deus, eu bonum. Deus enim dicitur per theoricam divinorum scientiam, bonus autem p ropter practicam, que bonum humanum, id est vite honestatem do­ cet. Honestas enim summum bonum in vita. Peritous vero quasi circuitionum deus dicitur: peri enim circum , theos deus. Circuitiones autem has nichil aliud intelligimus guam girava­ gas circumitiones mercatorum quibus eloquentia preest. Un­ de Mercurius quasi mercatorum kirios , id est deus, dicitur. Hic autem totus mortalis est quia facta manent et verba tran­ seun t et qui a sermo ad solos homines pertinet et qui a post prolationem non manet. Sapientia autem manet et immortalis est. Hii Proserpinam ad inferos rapturi veniunt. Dum enim cursus solis et lune et similes aliorum astrorum naturas co­ gnoscunt, philosophari circa mundana amant, sed sapientia sua sapientem educit. Salurn vero [89] eloquentem garrulitas sua magis vincit. Non SUM LETATUS quia pro curiositate sola contemplatur. LACU: Acheronte in quo maxime sunt contemplationes. MANU: opere, scribendo carmina. SOLIO: sede anime, corde scilicet. TREMENTEM: tremorem gestans vel TREMENTEM quia accusan­ do reos tremere fa cit eos. FATA : Si bilia. INSIDIE: curiositatis stu­ dia. VIM: Violentiam fert ratio quia pro sola curiositate philo­ sophatur. ANTRO: meatu gutturis, concha pulmonis. LATRANS: disputationibus et declamationibus. UMBRAS: reos. CASTA : non deprehensa coniuratione vel cognitione. PATRUI: Est enim filia

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ché come dice Tullio [Cicerone] , queste due cose amano esse­ re unite. Il sapiente, infatti, se non è provvisto di eloquenza è da ritenersi utile solo a sé, l'uomo eloquente, invece, se non è sapiente, è da valutarsi cittadino inutile e dannoso alla sua pa­ tria. Al loro intimo rapporto allude apertamente Marziano [Capella] quando rappresenta Mercurio che chiede di sposare Filologia. Dato che leggiamo anche come Teseo fosse in parte mortale, in parte dio, questo non significa altro se non che in quanto capace di teoresi il sapiente è divino, in quanto provvi­ sto invece di pratica è umano. Perciò il nome è proprio adatto. Teseo infatti è detto buon dio, theos è quindi dio, eu buono. Poi è detto dio per la scienza teoretica delle cose divine e buo­ no per la pratica che insegna il bene umano, ossia l'onestà del vivere. L'onestà è infatti nella vita il bene più importante. Piri­ too è detto veramente dio delle circonvenzioni: peri vale infat­ ti intorno, theos dio. Con quelle circonvenzioni non intendia­ mo altro che le trattative ambigue dei mercanti in cui ha pre­ gio l'eloquenza. Per questo Mercurio è detto come kirios dei mercanti, vale a dire dio. Costui è poi del tutto mortale, perché i fatti restano e le parole passano e perché la parola riguarda solo gli uomini e, una volta spesa, non rimane. La sapienza in­ vece resta ed è immortale. Costoro scendono agli inferi per ra­ pire Proserpina: mentre infatti conoscono il corso del sole e della luna e le nature di altri simili astri, amano filosofare in­ torno a cose mondane, ma la loro sapienza forma il sapiente. Veramente [anche] solo [89] la loro facondia vince il retore. Non MI SONO RALLEGRATO: perché contempla per mera cu­ riosità. NEL LAGO: nell 'Acheronte, ove sono prevalenti le con­ templazioni. CON MANO: agendo, scrivendo carmi. [DAL] TRO­ NO: dalla sede dell'anima, ossia dal cuore. TREMANTE: che fre­ me, oppure TREMANTE perché, accusando i rei, li fa tremare. FATI: la Sibilla. INSIDIE: attenzioni curiose. VIOLENZA : la ragio­ ne porta violenza, dato che si pratica la filosofia per mera eu­ riosità. NELL)ANTRO: con l'apertura della gola o con la cavità polmonare. LATRANDO: con dispute e declamazioni. OMBRE: i rei. CASTA: non presa a tradimento e scientemente. DELLO ZIO: [Proserpina] è infatti figlia del fratello di Plutone, ossia Gio203

fratris Plutonis, id est J ovis, id est ignis superioris. LIMEN: cir­ culum lunarem qui est superior finis sublunaris regionis. NULLA : Aliquando enim non placet sapienti seni si videat aliquem philosophari, etiam pro agnoscendo creatore timens ne desit sapientia qua id possit et ideo APERIT RAMUM. VESTE: opere bono quo pudenda vitia sua occulit ut veste. Vel vestem Enee dicamus corpus sub quo ramus occulitur quia sapientia carne occulitur, id est obscuratur. VISUM: a primo inicio philo­ sophandi. PUPIM: corpus cecum et passionabile. CERULEAM: Livor enim in ista re passionis signum est. Carron pupim ad Eneam «vertit» quando tempus discrete etatis carnem rationabili spi­ ritui convenire facit. RIPE: N avis ripe ut Eneam recipiat acce­ dit dum caro molestas passiones ut spiritui subdatur pati in­ cipit. IUGA : elationes . SEDEBANT: morabantur. DETURBAT: de­ pellit. Caron sedentes in iugis a se reicit dum senex in elatio­ nibus moram facientes contempnit. LAXAT: Foros navis Caron laxat dum instrumenta sensuum tempus discrete etatis doma t. SIMUL: nave ENEAM ACCIPIT dum carnem spiritui obedire facit. Sicut enim navis Eneam sustinet, ita caro spiritui subditur. IN­ GENTEM: magnum ad comparationem navis. Maior enim est spiritus quam corpus, unde nullum bonum corporeum eum replere potest. GEMUIT: N avis pro pondere Enee gemitum dat quando caro pro [9o] arduitate virtutum spiritus clamat. PALUDEM: Paludem Acherontis per rimas navis ha uri t, dum undas molestarum passionum per foramina sensuum et poros caro recipit. Caron TANDEM post longum spatium eos TRANS FLUVIUM EXPONIT dum trans molestias laboriose vite in quie­ tam vitam eos sistit. LIMO: quieta vita purgati; limus enim est terra irrigua. Vita autem philosophica soliditatem habet virtu­ tum et humorem doctrine. Et sicut ex terra irrigua multus

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ve, vale a dire il fuoco superno. LA CASA: il circolo lunare che è il confine superiore della regione sublunare. NESSUNA : infatti talora non aggrada all'anziano sapiente se vede qualcuno filosofare, anche per conoscere il creatore, te­ mendo che manchi la riflessione necessaria, e perciò [GLI] MO­ STRA IL RAMO. CON LA VESTE: con il bene operare che, giovan­ do, occulta i suoi vizi come una veste. Oppure diciamo che la veste di Enea è il corpo sotto il quale il ramo è occultato, da­ to che la sapienza è occultata dalla carne, ossia è oscurata. VI­ STO: dal primo inizio del filosofare. POPPA: il corpo insensibile e soggetto alle passioni. CERULEA : il livore è in questa circostanza segno di passione. Caronte «vol­ ge» la poppa [della sua barca] a Enea quando il tempo dell'età matura fa coesistere la carne con lo spirito razionale. ALLA RIVA: l'imbarcazione si accosta alla riva per accogliere Enea quando la carne inizia [ad accettare] che le sue moleste passioni si lascino sottomettere dallo spirito. BANCHI: ascese. SEDEVANO: dimorava­ no. SGOMBRA: scaccia. Caronte respinge da sé coloro che siedo­ no ai banchi in quanto, vecchio [d'esperienza] , disprezza colo­ ro che indugiano nell'ascesa. LIBERA: Caronte libera le corsie della barca in quanto il tempo dell'età matura doma gli organi dei sensi. NELLO STESSO TEMPO sulla barca ACCOGLIE ENEA quan­ do obbliga la carne a obbedire allo spirito. Infatti come la nave sostiene Enea, così la carne si sottomette allo spirito. INGENTE: grande in paragone alla barca. Lo spirito, infatti, è più grande del corpo, tanto che nessun bene fisico può accontentarlo. SCRICCHIOLÒ: la barca geme per il peso di Enea, quando la car­ ne [90] invoca lo spirito per il rigore delle virtù [che la prostra] . PALUDE: la palude di Acheronte penetra per le commessu­ re della barca nel senso che la carne riceve per i meati e i po­ ri dei sensi le onde delle moleste passioni. Caronte FINALMEN­ TE dopo lungo intervallo [di tempo] li TRAGHETTA OLTRE IL FIUME allorché li porta, oltre le molestie di una vita d'affanni verso una quieta esistenza. NEL FANGO: redenti dalla vita sere­ na; il fango è infatti una terra bagnata dall 'acqua. La vita se­ condo filosofia, poi, ha solidità per le virtù e umore per la sa­ pienza. E come la terra irrigata genera molti frutti, così da 205

fructus procedit, sic ex illa vita multa venit utilitas. INFORMI: Non enim ornatur ex corruptibilibus ornamentis. IN ULVA : Ul­ va prodiens ex limo est virar vel humor morum et virtutum ex e a vita veniens. REGNA : Quasi in tali vita virtutes imperant. PERSONAT, id est arguit, bonos enim potissimum urget. ANTRO: Antra qui­ bus Cerberus includitur sunt profunde artes qui bus eloquen­ tia continetur. ADVERSO: quia he artes adversarios habent arti­ fices: rethorica accusatorem et defensorem , dialectica oppo­ nentem et respondentem. COLLA : Cerberi sunt instrumenta quibus exercentur. COLUBRIS: acutis et nocivis verbis. Hoc ha­ bet eloquentia dum sine sapientia est et ita proicit Sibilla OF­ FAM, scilicet sentenciam reficientem animum. MELLE: dulcedi­ ne sapientie quia ut psalmista testatur: dulcis est «super mel et favum» 26 6 • FRUGIBUS: utilitatibus sapientie. MEDICATIS quia medentur erroribus et viciis . FAME: desiderio cognoscendi. TRIA : grammatica, dialectica, rethorica. TERGA : vigorem gar­ riendi RESOLVIT: humiliat HUMI: solide virtuti et frugifere FU­ sus: pronus: dum eloquentia sapientiam accipit, ea docente in virtutibus prona inspicit. EXTENDITUR: Augetur vel prolonga­ tur. Cum enim in se magna sit sapientia recepta, eloquentia augetur. ANTRO: artibus. ADITUM: cor. Nota diligenter ordinem : primo enim Sibilla offa Cerberum saciat et ita Eneas «aditum occupa t» quia pri­ mo intelligentia sapientiam [9r] eloquentie iungit et tunc spi­ ritus rationalis oris possidere instrumentum docendo incipit. Tunc enim doctrinam exercet eloquentia proferendo que do­ cet iuncta sapientie. Prius enim non debet aliquis nomen ma­ gistri profiteri guam possideat sapientiam et eloquentiam . Si enim docere presumat et utroque careat, deerit ei sententia et oratio eam explicans. Si vero sapientia assit sola, habet qui­ dem in mente quid proferat, sed deest ei quo artificio se ex­ plicare queat. Si autem solam habet magistri eloquentiam, scit

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quella vita scaturisce molta utilità. SENZA FORMA: non è infatti resa adorna da fragili ornamenti. SULL)ALGA : l'alga, nascendo dal fango, è vitalità e umore costitutivo di costumi e di virtù, che proprio da quella vita si genera. REGNI: poiché in tale vita le virtù comandano. RINTRONA : cioè rimprovera, infatti [Cerbero] incalza i buoni con massi­ mo zelo. NELL)ANTRO: gli antri nei quali Cerbero è rinchiuso sono le profonde arti in cui è racchiusa l'eloquenza. OSTILE: perché queste arti hanno abili avversari: la retorica l'accusa­ tore e il difensore, la dialettica l'oppositore e l'interlocutore. LE GOLE di Cerbero sono gli strumenti con cui si esercitano. CON SERPI: con parole pungenti e nocive. Proprio queste pos­ siede l'eloquenza quando è priva di sapere, e pertanto la Si­ bilia getta un'OFFA , ossia un parere capace di dar forza all'ani­ ma CON IL MIELE: con la dolcezza della sapienza, dato che, co­ me dice il salmista, è dolce «più del miele e del favo». CON GRA­ NAGLIE: con cose utili alla sapienza. CONTENENTI DROGHE: per­ ché medicano errori e vizi. PER FAME: per brama di conoscere. TRE [GOLE] : grammatica, dialettica, retorica. DORSI: la forza del rimprovero. ABBANDONA : umilia. AL SUOLO: alla salda e frutti­ fera virtù. S )ADAGIA : prono: quando l'eloquenza riceve il sape­ re, guarda sottomessa chi l' ammaestra nelle virtù . SI ALLUNGA: si accresce e aumenta. Infatti, dato che è introiettata una gran ­ de sapienza, aumenta la facondia. NELL)ANTRO: con le arti. ENTRATA : il cuore. Osserva attentamente l'ordine: difatti per prima cosa la Sibilla sazia Cerbero con un'offa, e così Enea «occupa l'entrata» perché innanzitutto l'intelligenza unisce [91] la sapienza all'eloquenza e allora lo spirito razionale co­ mincia a possedere, insegnando, lo strumento dell ' oralità. In quella circostanza, infatti, l'eloquenza esercita la dottrina, enunciando le cose che insegna unite alla sapienza. Infatti, per prima cosa, nessuno deve svolgere il ruolo di maestro se non possedendo sapienza ed eloquenza. Se inoltre uno ha presun­ zione d'insegnare e manca dell'una e dell'altra, gli verrà meno sia la scienza sia la parola per diffonderla. Se poi è presente la sola sapienza, uno ha certo in mente ciò che deve dire, ma gli manca la tecnica per esplicitarlo. Se invece ha del maestro la 207

quidem loqui sed quid loquatur ignorat. Ideoque precipiendi professionem oportet preparare per eorum coniunctionem, et ideo postquam dixit, «Eneas corripit aditum», subdit CUSTO­ DE SEPULTO, id est eloquentiam in sapientia implicata. EVADIT: transit CELER: ingeniosus; est enim velox in rerum comprehentione. RIPAM: finem UNDE Acherontis, scilicet tri­ stitie, INREMEABILIS, qui enim semel per molestiam inquietam vitam transit invitus per eam redit quia duricie quam perpes­ sus est meminit. CONTINUO: luncta sapientia eloquentie et recepta doctri­ ne professione postquam ad quietam vitam venit tum demum liber spiritus caducam vitam et transitoriam 267 respicit et ca­ lamitates eius agnoscit et hoc est A UDITE: cognite VAGITUS: stulti animi affectus. Quattuor sunt animi affectus stulti: gau­ dium , scilicet affectus de presenti bono, spes de futuro bono, dolor de presenti malo, timor de futuro malo. Sunt ergo duo de bono et duo de malo: gaudium et spes de bono, dolor et timor de malo; duo de presenti, scilicet gaudium et dolor; duo de futuro, spes et timor. Hos quattuor ordines nota t Boe­ tius dicens: Gaudia pelle, pelle timorem spemque fugato nec dolor assit . 268

[92] et Horatius dicit: Gaudeat an doleat, cupiat metuatne, quid ad rem? 269

Per «voces» ergo figurantur hii duo affectus de bono venien ­ tes, id est gaudium et spes. Vox enim , id est vocalis exortatio - sic enim vocem accipimus - signum est illorum affectum. VA­ GITUS: aliorum duorum signum est et ideo ea figurat.

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sola eloquenza, sa anche parlare, ma non sa cosa dire. Pertan ­ t o occorre allestire la professione docente con la loro unione, e così, dopo che disse «Enea occupa l'ingresso», aggiunge DO­ PO AVER SEPOLTO [NEL SONNO] IL CUSTODE, ossia dopo aver in­ cluso l'eloquenza nella sapienza. LASCIA ALLE SPALLE: passa. RAPIDO: ingegnoso; infatti è ve­ loce nel comprendere le cose. RIVA: il termine DELL) ONDA di Acheronte, ossia della tristezza. NON PIÙ NAVIGABILE: infatti chi ha trascorso la vita con inquieto disagio mal volentieri riper­ corre il cammino, dato che si ricorda della sofferenza provata. DI SEGUITO: unita la sapienza all'eloquenza, e accolto l'inse­ gnamento della dottrina, dopo che è pervenuto alla vita serena, proprio allora lo spirito, finalmente libero, osserva la vita cadu­ ca e transitoria, riconoscendone le infermità, e questo è in UDI­ TE: conoscete IL LAMENTO: l'affezione stolta dell'animo. Sono quattro le affezioni stolte dell'animo: il piacere, ossia l'amore per il bene contingente, la speranza di un bene futuro, il dolo­ re per il male presente, il timore per quello futuro. Due affezioni riguardano dunque il bene e due il male: piacere e speranza il bene, dolore e timore il male; due affezioni sono relative al pre­ sente, ossia piacere e dolore, due al futuro, ossia speranza e ti­ more. Queste quattro possibilità le annota Boezio, dicendo: S caccia i piaceri, scaccia il timore , bandisci anche la speranza e non ci sia posto per il dolore.

[92] E Orazio dice: Sia piacere o dolore, sia desiderio o timore, che differenza c'è?

Con le «voci», dunque, sono raffigurate queste due affezioni provenienti dal bene, ossia piacere e speranza. La voce infat­ ti, ossia l'esortazione vocale - così almeno l'intendiamo -, è se­ gno di quegli affetti. LAMENTI: è il segno delle altre due [affe­ zioni] e pertanto rappresenta le cose [dette] . 209

INFANTUM: Per infantes in disciplinis accipimus rudes. LI­ MEN: ingressum scientiarum. DULCIS VITE: libertatis animi in scientiis et virtutibus. UBERE: doctrina per guam alimenta ru­ des a provectis hauriunt. Est enim doctrina scientie erogantia. ATRA DIES: mala voluntate. FUNERE: vitiorum oppressione. IUX­ TA : cohabitantes. DAMPNATI: infames CRIMINE: infamia MORTIS: viciorum FALSO: Fama enim «facta et infacta canit» 270 • NEC: Notavit duo genera degentium in hac vita temporali, fragiles scilicet et infames et nota qui iudices de eis. Tres legis filios Jovis fuisse qui iudices extant apud inferos, Minoem, Ra­ damantum, Eacum . Per hos intelligimus tria bona que sola possidemus: virtutem, sapientiam, eloquentiam 271• Hec tria a creatore initium habent quia bona sunt. Dicitur autem Minos Grece, clarus Latine; mene vero clara. Per Minoem ergo intel­ lige sapientiam que animum illustrat, per Radamantum elo­ quentiam. Dicitur enim Radamantus Latine iudicans verbum . Est enim eloquentie officium iudicare verbum: per grammati­ cam vero vitia eloquendi elimina t; per dialecticam verum et fal­ sum diiudicat; per rethoricam vero orationem colori bus illu­ strat. Eacus vero quasi Heroachaos, id est dominus confusionis, dicitur quia virtus super confusionem vicii dominatur. Exstat ergo Minos iudex super sapientes et errantes, Radamantus su­ per disertos et non disertos. Eacus vero super virtuosos et vi­ ciosos. SORTE: dispositione. URNAM: mortem , vicium scilicet, MOVET: inquirit. SILEN­ TUM: extinctorum viciis [93] CONCILIUM VOCAT ut congregatos instruat. Hoc enim est officium sapientie multos ad suam doc­ trinam vocare et inquirit ut ea cognita legibus datis corrigat. PROXIMA DEINDE fragilibus et infamibus. Omnes enim ma­ li cohabitare dicuntur. Cohabitatio enim eorum est prava vita. SIBI PEPERERE LETUM, id est se detrusere in vicium MANU: pra­ ve operando. Notat negligentes. LUCENTEM: sapientiam PROlE-

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DI INFANTI: con gli infanti intendiamo gli apprendisti nelle discipline. La SOGLIA : l'ingresso delle scienze. DELLA DOLCE VI­ TA : della libertà dell 'anima nelle scienze e nelle virtù. DAL SE­ NO [MATERNO] : dalla dottrina con la quale i neofiti traggono alimento dagli esperti. Infatti la dottrina è volgarizzamento della scienza. TETRO GIORNO: cattiva volontà. CON MORTE: con oppressione dei vizi. PRESSO: coabitanti. DANNATI: infami. PER CRIMINE: con infamia. DELLA MORTE: dei vizi. FALSAMENTE: la Fama infatti «diffonde cose vere e non vere». NON [LUNGI] : ha annotato due generi di persone che sof­ frono in questa vita contingente, ossia le deboli e colpevoli, e nota coloro che devono giudicarle. Leggiamo che tre furono i figli di Giove che svolgono agli inferi il ruolo di giudici, Mi­ nosse, Radamanto, Èaco. Per loro tramite intendiamo i soli tre beni in nostro possesso: virtù, sapienza, eloquenza. Essi, in quanto beni, derivano dal creatore. Il greco Minasse, infatti, vale in latino chiaro; mene infatti è chiara. Con Minasse per­ tanto intendi la sapienza che illumina l'anima, con Radamanto l'eloquenza. Radamanto, infatti, vale in latino colui che giudi­ ca la parola, poiché è compito dell'eloquenza giudicare [il va­ lore] della parola: con la grammatica, difatti, elimina gli errori dell'eloquio; con la dialettica discrimina il vero e il falso; con la retorica fa risplendere di artifici l'orazione. È aco, poi, è detto come Heroachos, vale a dire signore della confusione, perché la virtù domina sulla confusione del vizio. Dunque Minasse re­ sta giudice di sapienti e insipienti, Radamanto di facondi e in­ facondi, È aco di virtuosi e viziosi. PER SORTE: per disposizione. URNA : morte, vale a dire vizio. AGITA : esamina. SILENZIO: di coloro che sono spenti dai vizi. [93] CHIAMA IL CONSIGLIO: per­ ché istruisca le persone radunate. L'ufficio della sapienza, in­ fatti, è proprio questo, chiamare molti alla propria dottrina e vigilare di poter correggere quelle cognizioni con debite leggi. LUOGHI VICINI POI: per deboli e colpevoli. Infatti tutti i ma­ li si dice abitino insieme. Non a caso la loro convivenza è una vita prava. [QUELLI CHE] SI DIEDERO LA MORTE: vale a dire si get­ tarano nel vizio. CON LA MANO: operando in modo iniquo. In­ dica i negligenti. LUCE: la sapienza. GETTARE: sottoporre ai pia2II

CERE: voluptatibus corporeis subdidere. ETHERE: coruscatione sapientie et divinitate PAUPERIEM: contemptum momentanei boni quem philosophi ut Diogenes habuerunt. PALUS: oblivio. STIX: odium . NOVIES: Novem enim sunt odiorum genera; novem sunt scientiarum contemptus. Est enim triplex odium tres eloquentie disciplinas contempnere, triplex quoque tres practice philosophie despicere et triplex tres theorice negligere. Stix ergo per novem alveos fluit dum odium in novem scientias se transfundit. Stix ergo INTERFUSA NOVIES COHERCET volentes resurgere ad relictam vitam quia odium excludens ab eis sapientiam novem operiendo scien ­ tias, arcet querentes reverti ad dimissam scientiam. Qui enim vult sapiens esse bune oportet scientiarum exercicium amare. NEC: Notatis tribus generibus degentium in hac vita secu­ lari quos rationabilis spiritus contemplatur, scilicet fragili bus, infamibus, negligentibus, notat quartum, scilicet luxurioso­ rum vitam . Et nota quod cum cetera vicia per viros figuret, hoc vicium per solas feminas declarat: femina namque debi­ litatem et molliciem ubique designat; hoc autem vitium fra­ gilitati et molliciei est subiectum precipue. Diversa genera luxuriosorum diversis exemplis notavit. NON PROCUL HINC: Hoc vitium non multum distat a superius notatis quia se co­ mitantur. LUGENTES: errores luxurie. Per bee nomina gemi­ nam luxuriam significat. Primo enim luxuria amenitatem quandam pretendit, ultimo lamentis penitentie et male con ­ scientie amantes afficit. [94] Unde Boetius: Apium par volantum ubi grata mella fudit fugit et nimis tenaci ferit icta corda morsu 272•

Unde per Chimeram supra diximus luxuriam primo dulcem, postremo pungitivam figurari. CALLES: Vie quibus ad hos cam -

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ceri fisici. NELLA LUCE: nello sfavillio del sapere e nella divinità. MISERIA : il disprezzo del bene effimero che certi filosofi, come Diogene, ebbero. PALUDE: l'oblio. STIGE: l'odio. IN NOVE GIRI: infatti nove so­ no i generi degli odi e nove i disprezzi per la scienza. È inve­ ro un triplice odio disprezzare le tre discipline dell 'eloquenza, triplice odio svalutare le tre discipline della prassi filosofica, triplice odio trascurare le tre della [filosofia] teoretica. Lo Sti­ ge pertanto fluisce per nove alvei quando si ripropaggina l'o­ dio per le nove scienze. Lo Stige dunque FLUENDO IN NOVE GI­ RI AWOLGE coloro che vogliono risorgere alla vita trascorsa, perché l'odio, separandoli dal sapere con il fatto di nasconde­ re le nove scienze, blocca coloro che chiedono di tornare alla sapienza tralasciata. Infatti chi vuole essere sapiente occorre che ami questa pratica delle scienze. NON [LUNGI] : registrate tre specie di sofferenti in questa vi­ ta mondana che lo spirito razionale osserva, ossia deboli, col­ pevoli, negligenti, ne osserva una quarta, quella dei lussuria­ si. E bada che mentre gli altri vizi li raffigura per mezzo di uo­ mini, questo lo mostra con sole donne: infatti la donna sem ­ pre designa la fragilità e la mollezza, e proprio questo vizio è sottoposto principalmente alla fragilità e alla mollezza. Sotto­ linea diversi generi di lussuriosi con diversi esempi. NON LUN­ GI DA LÌ: questo vizio non dista molto da quelli notati prima, perché si aggregano. [CAMPI] DEL PIANTO: i peccati della lus­ suria. Con queste parole sottolinea la duplice natura della lus­ suria. In primo luogo, infatti, la lussuria fa balenare un certo piacere, da ultimo affligge gli amanti con le lamentele del pen ­ timento e della cattiva coscienza. [94] Perciò Boezio [scrisse] : Simile alle api che ronzano, una volta sparso il soave miele , fugge [il piacere] , lasciando nei cuori colpiti una trafittura difficile da rimarginare.

Non a caso si disse sopra che la lussuria è rappresentata dalla Chimera, prima affabile [nell' aspetto] poi capace di ferire. 213

pos itur sunt vicia quibus ad amores venitur que multa osten ­ dit esse Ovidius de arte amandi dicens Principio quod amare velis et cetera 273•

SECRETI: Latere dicuntur quia cum mala sint, bona esse pu­ tantur, dum p ro cu rialitatibus inter homines habentur. MIRTHEA : Veneria SILVA : obumbratio, ignorantia scilicet, quam habet illud vicium TEGIT: involvit. CURE: Sollicitudines MORTE: illius vicii oppressione NON RE­ LINQUUNT: comitantur; vel aliter de illa morte lege: «cure», imaginarie rationes que fantasmata dicuntur, «non relin­ quunt» in mortificatione carnis. Cum enim hoc vicium in car­ ne nostra iam mortificamus, non statim a fantasmatibus illius purgar1 possumus. PHEDRAM: Intellige quoddam genus luxuriosorum quod dicitur incestum, scilicet illicite amantes. PROCRIN: genus su­ spiciosorum. EURIPHILEM: genus avarorum amantium. EVAD­ NEN: Hec fuit coniunx Capanei que postquam audivit mari­ tum suum esse mortuum cadaver quesivit et super repertum occubuit dans amplexum. Ideoque per hanc intellige tam im ­ pacienter amantes quod eorum amori nequit mors finem im ­ ponere. PASIPHEN: Per hanc intellige genus amantium quorum amore iura nature transcendit. LAODAMIA : Per han c intelligi­ tur genus amantium in tanta sollicitudine degentium quod nulla sompni necessitas vel cibi vel potus vel aliorum potest amori eorum requiem dare. [ 9 5] IUVENIS CENEUS: Primo fuit mulier, deinde in viri sexum transit et tunc dictus est Ceneus cum primo Cenis 274 diceretur; rursus in feminam versus, primum nomen recepit. Diximus femineum sexum fragilitatem vicii significare; virilis vero vigorem virtutis designat. A femina in virum transit quia a fragilitate vicii in vigorem virtutis transit. A viro in feminam revertitur dum a vigore virtutis in debilitatem vicii reducitur, quod precipue in luxuria cernis fieri, ut Terentius 275: Phedria

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CALLI: le vie con le quali si perviene a questi campi sono i vizi con cui si giunge agli amori, tutte mostrate da Ovidio, dicen ­ do sull'arte di amare: In primo luogo l' oggetto del tuo amore ecc.

SEGRETE: si dicono nascoste perché, pur essendo cattive, si ri­ tengono buone, in quanto fra gli uomini sono giudicate buone maniere. DI MIRTI: SELVE sacre a Venere: una penombra, vale a dire ignoranza, che è propria di quel vizio. PROTEGGE: avvolge. AFFANNI: sollecitudini. NELLA MORTE: nell'estinguere quel vizio. NON LASCIANO: accompagnano; o, diversamente, di quel­ la morte leggi: «affanni», pensieri immaginari che sono detti fantasie, «non lasciano» durante la mortificazione della carne. Infatti quando mortifichiamo nella nostra carne tale vizio non possiamo redimerei subito dalle sue fantasie. FEDRA : intendi [per essa] un certo genere di lussuriosi che si dicono legati all'incesto, ossia amanti fuori dal lecito. PROCRI: [simboleggia] un tipo di gelosi. EURÌFILE: un tipo di amanti avi­ di. EVADNE: costei fu la moglie di Capaneo, che non appena seppe della morte del marito ne chiese il cadavere e giacque sulla salma abbracciandola. Pertanto con la sua figura intendi gli amanti così appassionati che la morte non riesce a porre fi­ ne al loro amore. PASIFAE: per suo tramite intendi un tipo di amanti la cui passione trascende le leggi della natura. LAODA­ MIA: con lei s'intende un genere di amanti che vivono in tale trasporto affettuoso che nessuna necessità di sonno o di cibo, bevande o di altre cose può dar requie alla loro passione. [95] GIOVANE CENEO: dapprima fu donna, poi cambiò sesso e divenne Ceneo, mentre prima era Cenide; alla fine, mutato nuovamente in donna, riprese il primo nome. Abbiamo detto che il sesso femminile significa la fragilità del vizio; quello viri­ le designa il vigore virtuoso. Da donna diviene uomo perché passa dalla fragilità del vizio al vigore della virtù. Da uomo ri­ torna donna perché ritorna dal vigore virtuoso alla fragilità del vizio, fatto che suole avvenire soprattutto nella lussuria, come [dice] Terenzio: Fedria da donna s 'innalzava a uomo quando 215

ad virum a muliere surgebat dum amorem Taydis 276 linquere cogitabat; a viro autem ad feminam relapsus est dum ab ho­ nesto ilio proposito in primam mollitiem reductus est. Merito autem Ceneus vel Cenis, id est filius vel filia novitatis quasi ad tam diversa repente novatur. FATO: eventu temporali. INTER QUAS: Dum hec varia libidinis genera contemplatur, imaginatio preterite libidinis sue cernitur et hoc est quod in ­ ter hec umbra Didonis esse videtur. RECENS A VULNERE, id est adhuc nova quia nuper demigravit. ERRABAT: Ad retractionem recurrebat SILVA : in umbra tione amena amoris. STETIT: Moram fecit circa eam contemplando guam turpi amore dudum te­ neretur. UMBRAM: retractionem . OBSCURAM: Non enim tam pulchra sibi videtur. QUALEM: Sicut enim luna primo coru­ scans postquam latuit, rursus tenuem tlammam resumit, sic li­ bido que primo pulchra visa vigebat, postquam demigravit, retractione tenui ad animum recurrit. LACRIMANS: penitens quia in tam turpi erravit. AFFATUS: Eneas ad umbram Didonis loquitur dum rationabilis spiritus per retractionem libidinis naturas contemplatur. NUNTIUS: Ratio nuntiat Enee Didonem obiisse dum ratio monstrans spiritum a servi tute libidibis li­ berum docet eam demigrasse. FERRO: increpationis acumine. CAUSA : Nisi enim libidinem relinqueret, ipsa non demigraret. Quamdiu enim libidini assentimus tamdiu ei vigorem damus. Unde dicitur: [96] Accede ad ignem et plus calesces 277.

INVITUS: Nisi enim secum ipse pugnet, numquam libidinem linquit. LITORE: libidinis fine. DEUM: scientiarum et virtutum. SENTA: pungitiva. Sicut enim spine corpus pungentes sangui­ nero extrahunt, sic terrena bona spiritum urgentia vigorem auferunt. NEC: Non enim credit libidinem tam firmis laqueis

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pensava di lasciare l'amore di Taide; da uomo, poi, è ritornato donna quando da quell'onesto proposito è stato ricondotto al­ la prima debolezza. Giustamente dunque è chiamato Ceneo o Cenide, ossia figlio o figlia del nuovo, dato che subito rinasce a così diversi destini. PER FATO: con evento nel tempo. FRA QUESTE: mentre si osservano questi vari generi di lus­ suria, si percepisce l'immagine della propria passata libidine, ed è per questo che tra queste ombre si scorge quella di Di­ done. FRESCA DALLA PIAGA : ossia ancora giovane [ombra] per­ ché morta da poco. ERRAVA : si awicinava al rimorso. SELVA : nell'ombra protettiva dell 'amore. SI FERMÒ: sostò vicino a lei riflettendo su quale turpe passione l'avesse appena coinvolto. OMBRA : rimorso. OSCURA : non gli sembra infatti molto bella. QUALE: infatti come la luna, prima lucente, assume un tenue lucore dopo che si è venuta oscurando, così la lussuria, dap­ prima seducente, non appena è andata sopendosi, per lieve stimolo rimosso ritorna nell'animo. PIANGENDO: pentendosi perché commise errore in così turpe peccato. [LE] DISSE: Enea parla all'ombra di Didone in quanto lo spirito razionale, per espiazione della lussuria, contempla le scaturigini della libidi­ ne. L)ANNUNCIO: la ragione annuncia a Enea che Didone è mor­ ta in quanto essa stessa, mostrando lo spirito libero dalla schiavitù della libidine, rivela che Didone è scomparsa. COL FERRO: con la punta del rimprovero. CAUSA : infatti, se [Enea] non avesse rinunciato alla libidine, [Didone] non sarebbe morta. Invero, quanto più ci si unisce al piacere sessuale, tan ­ to più vigore gli attribuiamo. Perciò si dice: [96] Avvicinati al fuoco, che più ti riscaldi. CONTRO VOGLIA : infatti se non combatte con se stesso non può mai lasciare la lussuria. DAL LIDO: dalla fine della passione. DE­ GLI DEI: delle scienze e delle virtù. SQUALLIDI: che arrecano scru­ poli. Come infatti le spine che pungono il corpo fanno scaturi­ re il sangue, così i beni terreni che incalzano lo spirito gli tol­ gono vigore. E NON: non reputa infatti la libidine legata a sé con legami così fermi, se la lascia come cosa destinata ad allonta2!7

secum inherentem si eam reliquat, discessuram . SISTE: Dido, viso Enea, fugit dum luxuriosus sapientis eruditionem non at­ tendit. Eneas Didonem fugientem ad colloquium revoca t dum spiritus rationabilis erubescentem luxuriosum ad suam in­ structionem invita t. TEQUE: ab aspectu Enee Dido se subtrahit dum ab intuitu sapientis luxuriosus latebras querit. ARDEN­ TEM: Ardere est proprie errare. TORVA: Dido Eneam truculen­ ter aspicit dum luxuriosus contra instruentem se rationabili­ ter securam deffensionem promit. OCULOS: Dido occulos in terram figi t dum luxuriosus ingenium et rationem suam ad ce­ lestia non erigit. INCEPTO: proposito malo. VULTUM: volunta­ tem quia in vultu voluntas deprehenditur. Unde Iuvenalis: Deprendas animi tormenta latentis in egro corpore , deprendas et gaudia; sumit utrumque in de habitum facies 278 •

SERMONE: Sermo est eticalis instructio ad presentes directa. SI­ LEX: Sicut enim silex immobilis est et surda, sic torpens et ne­ gligens est luxuriosus. TANDEM: Postquam diu imaginarie re­ tractando contemplatus est Eneas Didonem, labitur ab eius memoria. CORRIPUIT: Lapsa est vel evanuit. IN NEMUS: in ame­ nam obumb rationem ignorantie sue. SICHEUS interpretatur bonum anime 279 quod intelligimus esse vicium ingluviei et crapule quo bono secundum Epicuros nullum bonum potest maius habere anima. Hic est ita coniux Didonis quia gaudet luxuria ingluvie: «Sine Cerere enim et Baccho friget Ve ­ nus» 2 80 . EQUAT: Tantum enim amat ingluvies luxuriam, quan ­ tum luxuria ingluviem . Neutro enim sine altero est 281 . CASU: demigratione [97] PERCUSSUS: permotus. Nequit enim tante perfectionis esse quin aliquando moveatur si rece­ dat quo gaudebat. Un de subdit PROSEQUITUR ET CETERA , id est revertitur ad cogitationem imaginariam. ITER: contemplationem que est via a creaturis ad creato­ rem . ARVA: milicie officia. ULTIMA : quia sunt defentiones cete­ rorum, et ideo dicuntur ultima quasi aliorum fundamenta. SE­ CRETA: ab his officiis divisa. Ut enim in Thimeo legis hoc offi2!8

narsi. FÈRMATI: Didone, scorto Enea, fugge in quanto il lussu­ rioso non attende il colto messaggio del sapiente. Enea richia­ ma a colloquio Didone fuggente in quanto lo spirito razionale invita a istruirsi il lussurioso che arrossisce di vergogna. E TU: Didone si sottrae dal volto di Enea in quanto il lussurioso cer­ ca di celarsi allo sguardo del sapiente. ARDENTE: ardere è pro­ priamente errare. TORVA: Didone guarda con astio Enea in quanto il lussurioso, contro chi lo ammaestra razionalmente, ostenta una sfacciata difesa. OCCHI: Didone fissa a terra gli oc­ chi in quanto il lussurioso non volge all'alto dei cieli l'ingegno e la sua ragione. D JINIZIO: di cattivo proposito. VOLTO: la volontà, dato che essa si coglie nel volto. Per questo Giovenale [scrisse] : Non ci vuoi molto a indovinare, in un corpo illanguidito, i tormenti dell' anima, né a scoprirne le gioie: la faccia prende le sue espressioni di là.

A QUEL DISCORSO: il discorso è un'istruzione etica diretta agli astanti. SELCE: infatti come la selce è immobile e insensibile, co­ sì il lussurioso è torpido e negligente. FINCHÉ: dopo che a lungo, pentendosi nell 'immaginazione, Enea ha visto Didone, la di­ mentica. S )INVOLÒ: cadde o svanì. NEL BOSCO: nell'amena pe­ nombra della sua ignoranza. SICHEO: s'interpreta come bene del­ l' anima, che intendiamo essere il vizio dell'ingordigia e della cra­ pula, il massimo bene dell'anima secondo gli Epicurei. Costui è pertanto il marito di Didone in quanto la lussuria gode dell'in­ gordigia: «Infatti senza Cerere e Bacco Venere langue». DWIDE PARIMENTI: l'ingordigia, infatti, ama tanto la lussuria quanto questa l'ingordigia. Invero con l'esclusione di una delle due do­ mina la . DAL DESTINO: dalla morte. [97] COLPITO: scos­ so. Infatti non può essere di tanta perfezione che talora non sia commosso se ciò che gli dava gioia si allontana. Perciò si dile­ gua. LA SEGUE ECC. : vale a dire ritorna al meditare fantastico. IL CAMMINO: la contemplazione, che è la strada dalle crea­ ture al creatore. CAMPI: i doveri della milizia [spirituale] . ULTI­ MI: perché sono i presìdi di coloro che restano, per questo si dicono ultimi, come basi fondanti per gli altri. SEPARATI: di219

cium ita ab aliis divisum est ut numquam simul aliquis buie of­ ficio iungat aliud. Unde Plato: «Tributo ceteris quod unicui­ que eximium a natura datur, solis bis qui pro salute omnium bella tractarent hoc unum munus iniunctum est protegende civitatis» 2 8 2 • OCCURRIT: videtur. N otat diversa genera exercen ­ tium bee negotia. Per Tideum accipe illos qui valetudinem membrorum ultra eorum quantitatem habent. In Tideo enim Maior in exiguo regnabat corpo re virtus 2 8 3 .

Per Partenopeum eos quorum virtus iuveniles animas transit; per Adrastum eos quorum virtus debilitate senectutis vinci­ tur, quos notat per imaginem Adrasti. AD SUPEROS: apud ra­ tionabiles qui eorum errores agnoscunt. CADUCI: labentes in vicium DARDANIDE: qui corpus quod per Troiam intelligimus contra vicia deffendere volunt. QUOS: que genera exercen ­ tium militiam CERNENS: oculis contemplationis errores di­ squirens. GLAUCUM: Per hos tres accipe tria genera deffenso­ rum in re publica. Sunt enim tria genera belli: patrium quan ­ do homines eiusdem vel diverse patrie pugnant; civile quan­ do eiusdem civitatis; plus guam civile quando eiusdem fami­ lie. Hec tria hostilitatis genera notat Plato in Thimeo ubi di­ cit: officium esse militum protegere civitatem adversus extra­ neos, contra intestinos, contra domesticos hostes 28 4 • Iuxta er­ go bee tria sunt tria genera deffensorum: contra extraneos, contra intestinos, contra domesticos. Unde etiam hostes [98] dicuntur ANTENORIDES, id est obiecti contra. POLIBOETEN: Per h une eos omnes qui sacre prelationis sue non attendunt di­ gnitatem 28 5 . IDEUM: Paridem in Ida nutritum 2 8 6 • Per h une ac­ cipiuntur hii qui iacturam patrie dum iniuriam alicui inferunt

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stinti da questi doveri . Infatti, come leggi nel Timeo, questo dovere è così distinto dagli altri che nessuno può aggiungervi mai alcunché. Perciò Platone [disse] : «una volta attribuito agli altri ciò che a ciascuno è stato dato dalla natura come do­ no specifico, a quanti dovrebbero occuparsi della guerra per la salvezza di tutti abbiamo affidato questo solo compito, di proteggere la città». LO INCONTRA : appare. Sottolinea i diversi tipi di coloro che esercitano tali doveri. Con Tideo intendi tut­ ti quelli che hanno la forza corporea oltre i limiti della loro complessione. In Tideo, infatti, una grande forza regnava in un piccolo corpo.

Con Partenopeo [intendi] coloro la cui virtù vince la giovinez­ za dell'anima; con Adrasto quelli la cui virtù è sconfitta dalla debolezza della vecchiaia, indicati dalla figura di Adrasto. PRES­ so GLI DEI: presso le menti prowiste di ragione che riconosco­ no gli errori di quegli [eroi] . CADUTI: vittime del vizio. DÀNAI: coloro che vollero difendere contro i vizi il corpo, simboleg­ giato da Troia. LORO: quali tipi di praticanti la milizia [morale] . GUARDANDO: esaminando i peccati con gli occhi della contem­ plazione. GLAUCO [E MEDONTE E TERSÌLOCO] : con questi tre in­ tendi i tre generi di difensori dello Stato. Vi sono infatti tre ge­ neri di guerra: patriottica, quando combattono uomini di una stessa e di diversa patria; civile, quando lottano quelli di una stessa città; intestina, quando contrastano quelli di una stessa famiglia. Questi tre tipi di conflitto li annota Platone nel Timeo quando dice che è dovere dei militari proteggere la città con­ tro gli stranieri, contro i nemici in terni, contro quelli domesti­ ci. Pertanto accanto a queste tre categorie vi sono tre generi di difensori: contro gli estranei, contro i nemici interni, contro quelli domestici. Ragione per cui [98] i nemici si chiamano AN­ TENORIDI, vale a dire coloro che si oppongono. POLIBETE: con questo [eroe] intendi tutti coloro che non si accostano alla di­ gnità del proprio santo dovere. IDÈO: Paride, nutrito sul [mon­ te] Ida. Per suo tramite sono raffigurati coloro che mentre ar­ recano ingiuria a qualcuno non vedono la sventura [portata al221

non respiciunt. CIRCUMSTANT, id est in his militaribus officiis manent FREQUENTES: exercitati DEXTRA: bono opere. VIDISSE oculis contemplationis. MORARI: disquirendo errores vel rec­ ta opera eorum. ET CONFERRE: Iter suum eis adsociat quando contemplationem sua factis eorum aptat . CA USAS: utilitates VENIENDI: ad quas nati sunt. AT DANA UM: Danaos Troiam infestantes diximus esse vicia vel corporeas necessitates corpus vexantes. Agamemnon vero qui Danais preest est ratio que viciis et necessitatibus super­ posita est. Unde nomen congruit. Dicitur enim Agamemnon quasi agonis mene, id est certaminis claritas. Ratio enim vir­ tutes cum viciis dimicantes illustrat. Fratrem habet Mene­ laum, virtutem scilicet que dicitur Menelaus quasi clara et la­ pidea: mene enim claritas, laos lapis . Virtus vero, quia cele­ bratur, ideo clara est; quia ardua est, ideo lapidea 28 7• PROCE­ RES ergo DANA UM sunt qui capaces sunt multorum viciorum. Hii adventum Enee non expectant quia rationabile collo­ quium formidant. A GAMEMNONIE FALANGES: Agamemnonie cohortes sunt viciorum multitudines quibus Agamemnon pre­ sidet quia in viciis ratio imperium habet. ARMA: rationem in exercitio nitentem. UMBRAS: bona temporalia. PARS: Danai ti­ mentes Eneam fugiunt dum viciosi rationabilis increpationem non attendunt. EXIGUAM VOCEM TOLLUNT dum parvam def­ fentionem inducunt. CELI: Eneas ad rates Danaos compellit, dum rationabilis viciosos ad pravas voluntates suas spectare facit. Coguntur naves conscendere; id est, pravas volutantes vindicare. CLAMOR: deffentio FRUSTRATUR: decipit. ATQUE HIC: Legitur Helenam primo fuisse iunctam Mene­ lao a quo rapuit eam [99] Paris et iunxit eam sibi. Interempto autem Paride a Menelao, iuncta est Deiphebo filio Priami fra­ tri Paridis . Civitate autem capta, irruit Menelaus in Dehiphe­ bum et manus et pedes et occulos et aures et nares amputavit. Sic trucidatum videbat eum Eneas. Diximus Menelaum esse virtutem celebritate claram , arduitate lapideam . Helena qua­ si helenne, id est dea inhabitans, dicitur. Hel enim dea, enne inhabitans. Hec est enim terrena opulentia que in terra et in

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la propria] patria. SI ASSIEPANO: ossia persistono nei loro uffici militari. FOLTI: allenati. DA DESTRA: con buona azione. AVER[LO] VISTO: con gli occhi della contemplazione. FERMARSI: esami­ nando i peccati o il retto operare di quelli. E ACCOMPAGNARSI: accompagna il suo cammino con costoro nel senso che [Enea] fa collimare la sua riflessione con le loro imprese. RAGIONI: uti­ lità. DELIA VENUTA : per le quali sono nati. MA [I CAPI DEI] DÀNAI: abbiamo detto che i Greci nemici di Troia sono i vizi e le necessità fisiche che tormentano il corpo. Agamennone poi che guida i Greci è la ragione che è posta al di sopra di vizi e necessità. E il nome è calzante: Agamennone è detto come agonis mene, owero splendore in battaglia. La ra­ gione, infatti, illumina le virtù che lottano coi vizi. [Costui] ha un fratello, Menelao, cioè la virtù, che è detta Menelao, come chiara e petrosa; mene vale chiarezza e laas pietra. Infatti la virtù, in quanto celebrata, è chiara, in quanto ardua, è pietrosa. I CAPI dunque dei DÀNAI sono quelli capaci di molti vizi. Costoro non aspettano l'arrivo di Enea perché temono il colloquio con la ra­ gione. LE SCHIERE DI AGAMENNONE: le coorti di Agamennone so­ no le moltitudini dei vizi comandate da Agamennone, perché sui vizi comanda la ragione. ARMI: la ragione che brilla nella pras­ si. OMBRE: i beni temporali. PARTE: i Dànai, temendo Enea, fug­ gono, in quanto i viziosi non attendono il rimbrotto della ragio­ ne. ALZANO UNA FIEVOLE VOCE in quanto tentano una debole di­ fesa. COME: Enea respinge i Dànai alle navi in quanto lo spirito razionale costringe i viziosi a guardare le loro prave tendenze. Sono obbligati a risalire sulle navi, vale a dire ad abbandonare le cattive volontà. ClAMORE: difesa. ILLUDE: inganna. E QUI: si legge che Elena dapprima fosse sposa di Menelao, a cui [99] la rapì Paride per unirla a sé. Ucciso Paride da Me­ nelao, costei si unì a Deìfobo, figlio di Priamo, fratello di Pari­ de. Presa la città [di Troia] , Menelao si awentò su Deìfobo e gli amputò mani, piedi, occhi, orecchie e naso. Così massacrato lo vedeva Enea. Abbiamo detto che Menelao è la virtù chiara per fama, lapidea per rigore. Elena è detta come helenne, ossia dea che ha una sede. Hel infatti vale dea, enne che abita. Costei è detta opulenza terrena, che abita e domina sulla terra e nelle co223

terrenis habitat et dominatur. Hec formosissima fuisse dicitur quia ultra cetera bona expetibilis iudicatur. Helena ergo Me­ nelao primo data est quia opulentia terrena ut virtuti subde­ retur primo facta est, sed per Paridem rapitur dum a virtuoso ad sensualem transfertur. Paris enim Grece, sensus, ut di xi­ mus, Latine. Neclecto ergo Menelao, Helena Paridem eligit quia relicto virtuoso opulentia terrena sensuali se tradit. Inde etiam philosophi probant eam malam esse quia improbis fre­ quentius solet adherere. Iuncta Paridi Helena, Danai parant Troie bella quia iuncta sensuali opulentia, infestationes mo­ vent corpori vicia. Vicia enim in carnem plurimum irruunt, dum opulentiam , quasi materiam s u i , inveniunt. Itaque moent sapientes opulentiam relinquere ut liberi a viciis queamus vivere. Tandem a Menelao Paris occiditur dum vir­ tute sensualitas mortificatur. Tertio Deiphebo Helena adheret quia mortificato sensu opulentia pavido se prebet 288 • Dicitur enim Deiphebus quasi dimophobus, id est terror publicus. Priamus autem quasi iperamus 28 9, id est superior pressura, di­ citur. Per bune autem accipimus passionem que ab ipsa nati­ vitate surgens per totam temporalem vitam corpori superpen­ det et ideo regnasse in Troia legitur. Senex etiam dicitur quia ut prediximus illi eta ti plurima inest miseria. Priamus ergo Pa­ ridem et Deiphebum gignit quia passio [roo] ut sepe dictum est sensum et pavorem producit. Paride mortuo, Deiphebo Helena datur quia mortificato sensu, pavori opulentia subdi­ tur dum ab eo qui sensualia linquens timet se maiora non in ­ venturum possidetur. Civitas a Danais capitur29 0 dum corpus viciis subditur. Menelaus in Deiphebum irruit quoniam virtus in pavorem impetum facit. Manus et pedes ab eo secat dum actuum et itinerum prudentiam ei deesse monstrat. Occulos quoque et aures rapit dum eum quid audiat vel videat ignora­ re ostendit. Eneas Deiphebum sine pedibus, manibus, occu­ lis, auribus in inferis tuetur quoniam rationabilis spiritus p a-

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se terrene. Si dice che fosse bellissima perché era giudicata de­ siderabile oltre ogni altro bene. Dunque Elena fu concessa pri­ ma a Menelao, visto che la ricchezza terrena è fatta innanzitut­ to perché si assoggetti alla virtù, ma venne rapita da Paride, pas­ sando così dall'uomo virtuoso al sensuale. Paride infatti, come si disse, in greco vale senso in latino. Ripudiato dunque Mene­ lao, Elena scelse Paride perché trascurato l'uomo virtuoso la ter­ rena ricchezza si dona all'uomo sensuale. Perciò anche i filoso­ fi dichiarano che fosse una donna malvagia, perché suole più frequentemente unirsi ai cattivi. Dopo l'unione di Elena con Pa­ ride, i Dànai preparano la guerra di Troia, dato che congiunta l'opulenta ricchezza al senso i vizi del corpo sollecitano aggres­ sioni. I vizi, infatti, fanno breccia per lo più nella carne, in quan­ to trovano l'opulenza, che ne è matrice. Proprio per questo i sa­ pienti suggeriscono di lasciare la ricchezza perché si possa vive­ re liberi dai vizi. Finalmente Paride è ucciso da Menelao, in quanto la sensualità è mortificata dalla virtù . Per la terza volta Elena si unisce a Deìfobo perché, mortificati i sensi, la ricchez­ za si offre al pavido. Infatti si dice Deìfobo come dimophobus, vale a dire terrore pubblico. Priamo poi è detto come iperamus, ossia forza di chi è superiore. Per suo tramite, infatti, intendia­ mo la passione, che sorgendo dallo stesso momento della nasci­ ta, sovrasta il corpo per tutto il corso della vita terrena, e per­ tanto leggiamo che ebbe regno in Troia. È detto anche vecchio perché, come si disse prima, molta miseria si connette a quel­ l'età. Priamo, dunque, generò Paride e Deìfobo perché la pas­ sione, [Ioo] come spesso abbiamo detto, produce la sensualità e la vigliaccheria. Morto Paride, Elena è data in sposa a Deìfo­ bo perché, mortificati i sensi, la ricchezza è sottomessa al timo­ re quando è posseduta da colui che abbandonando le cose sen­ suali teme che non ne troverà di maggiori. La città è presa dai Danai quando il corpo si sottopone ai vizi. Menelao aggredisce Deìfobo perché la virtù assale il timore. Gli taglia mani e piedi in quanto mostra che gli manca la prudenza negli atti e nei per­ corsi. Gli strappa pure occhi e orecchie in quanto mostra che quello ignora ciò che ode o vede. Enea [scorge] Deìfobo senza piedi, mani, occhi e orecchie, posto negli inferi, dato che lo spi225

vorem quid aga t, quo eat, quid videat vel audiat nescientem in hac nostra regione contemplatur et quia pavor plurimum in militia accusatur. Ideo dicitur «hic», id est in his armis, scili­ cet in militaribus officiis. ORA : sensus aurium, occulorum , na­ rium et oris. AMBAS: bonam et malam operationem. VIX AGNOVIT: Eneas vix Deiphebum agnoscit quia rationa­ bilis spiritus pavorem vix in se admittit: si enim dicitur «vicia ignorare» , id est in se non admittere. TEGENTEM: Quamvis enim nullus supradictorum in se prudentiam habeat, tamen se habere simulat. COMPELLAT: A Deiphebo hec querit dum cir­ ca pavorem hec discernit. NOTIS: Deiphebus vocem Enee no­ scit quia pavidus rationabilis instructionem sepe recipit. Quia enim pavidus numquam explet quod rationabilis monet, ideo sepe instruitur ut semel expleat quod tocien s monetur. Si enim aliquando expleat quod iubetur non amplius hoc agere iubetur. ULTRO: Non enim instructionem rationabilis pavidus querit. ARMIPOTENS: Armatos enim ad fugam pellit. TEUCRI: A Teucro enim initium habent omnes Troiani. Theucrus quasi theos cronon , id est deus temporis, dicitur. Deus temporis est sol qui accessu suo dat estatem , recessu suo dat hiemem , emersione diem, demersione noctem. A Teucro ergo Troia et Troiani initium ha ben t quia per solem corpus hominis [ror] et natura eius vigent. FAMA: Rumor nunciat Deiphebum interis­ se dum doctrina rationis docet pavidum a virtute discessisse. NOCTE: ignorantia. CEDE: vitiorum mortificatione. TUMULUM: involutionem in oblivionem . RETHEO: Retheos Grece quasi re­ sis theos, id est eloquentie deus Latine, dicitur 29 1 • Deus elo­ quentie est philosophia que et quid eloqui debeamus demon ­ strat et a proterva garrulitate eloquentiam revocat. In RETHEO ergo LITORE Deiphebus sepulture datur quia in inhitio philo­ sophandi pavor in oblivionem involvitur. MANES: Infernales animas. Eneas magna voce infernales animas VOCAT dum ra-

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rito razionale osserva nel nostro mondo che il timore non sa co­ sa faccia, dove vada, che oda o cosa veda e poiché in ambito mi­ litare è soprattutto la paura a essere biasimata. Perciò dice «qui», cioè in queste armi, vale a dire nei doveri militari. IL VOL­ TO: il senso dell'udito, della vista, dell'odorato e del gusto. AM­ BE: l'agire buono e quello cattivo. APPENA RICONOBBE: Enea riconosce appena Deìfobo, per­ ché lo spirito razionale a stento ammette in sé la paura: infat­ ti si dice proprio così, «ignorare i vizi», ossia non ammetterli in sé. CHE PROTEGGE: per quanto nessuno dei prima menzio­ nati abbia in sé della prudenza, tuttavia simula di averla. [LO] CHIAMA: domanda tali cose a Deìfobo, mentre egli [Enea] di­ scerne queste [verità] sul timore. CON USUALI [PAROLE] : Deìfo­ bo riconosce la voce di Enea perché il pavido spesso accoglie l'istruzione del razionale. Ma poiché il pavido non conduce a termine quanto il razionale gli suggerisce, viene istruito spes­ so, affinché compia almeno una volta quanto tante volte gli è consigliato. Se infatti una volta o l'altra compisse l'ordine, non gli sarebbe richiesto di farlo nuovamente. PER PRIMO: infatti il pauroso non richiede l'istruzione del razionale . FORTE NELLE ARMI: in quanto costringe alla fuga gli armati. DI TEUCRO: tutti i Troiani traggono la loro origine da Teucro. Teucro è detto co­ me theos cronon, ovvero dio del tempo. Il dio del tempo è il sole, che al suo culmine genera l'estate e col declino poi l'in­ verno, apparendo determina il giorno e scomparendo la not­ te. Da Teucro quindi hanno origine Troia e i Troiani, dato che il corpo umano [ror] e la sua natura traggono vigore dal sole. FAMA: una voce annuncia che Deìfobo è morto in quanto la dottrina razionale mostra che il pavido si è allontanato dalla virtù. [IN QUELLA] NOTTE: per ignoranza. DALLA STRAGE: per mortificazione dei vizi. TUMULO: dimenticanza e oblio. RETEO: Reteo è detto in greco come resis theos, ossia in latino dio del­ l'eloquenza. Il dio dell'eloquenza è la filosofia, la quale mostra che cosa e come dobbiamo apprendere e distoglie l'eloquio da una proterva facondia. Nel LIDO dunque RETEO è data sepol­ tura a Deìfobo, dato che con l'inizio della filosofia la paura scompare nell'oblio. MANI: anime infernali. Enea CHIAMA a 227

tionabilis ad magnam instructionem suam animas temporali­ bus bonis inhiantes invitat. LOCUM: oblivionem. ARMA : Arma quibus Deiphebus impugnat sunt rumores quibus pavor nos territat. AMICE: Deiphebus ab Enea diligitur quia pavidus a ration abili instruitur. CONSPICERE: Eneas discedens nequit Deiphebum conspicere quia rationabilis spiritus corporea bona relinquens non potest pavorem sentire. Imprudens au­ tem si a visibilibus ad invisibilia transire patet quia non cre­ dit se pociora relictis inventurum plurimum horret. TERRA : virtute solida et frugifera. Eneas nequit Deiphebum in patria terra ponere, id est pavorem in celestibus virtutibus annu ­ merare. ATQUE HEC: Deiphebus Enee respondet dum pavoris natura rationabili spiritui paret. SOLVISTI: Eneas sepulturam Deiphebo debebat quia ut rationabilis pavorem in oblivio­ nem absconderet equum erat. UMBRIS: bonis transitoriis. FA­ TA : eventus temporales. LACENE: Lacena quasi laceneos, id est latens novitas interpretatur. Helena Lacena dicitur quia propter opulentiam nova absconduntur. Non enim opulen ­ tiam habemus nisi nuper quesita reservamus. HJS: Helena Deiphebo malum illud invehit quia opulentia pavidum et in­ discretum reddit. Cum enim pavidus opulentiam tempora­ lem in qua assuetus est iubetur relinquere, ideo ignorat quid debeat agere. SUPREMAM NOCTEM: summam ignorantiam EGE­ RIMUS nos Troes, id est carnales. [ro2] NECESSE: inevitabile. Nequit enim rationabilis cavere quin rememoretur volupta­ tem preterite vite. CUM FATALIS: Legimus Troiam sic eversam: Equus innume­ ros Danaos in se claudens in civitatem receptus est qui sopitis Troianis Danaos quos claudebat in civitatem effudit. Equus in integumentis duas habet figuras: significat enim voluntatem ut in illo Horatii: Salve senescentem mature sanus equum et cetera 2 9 2 •

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gran voce le anime infernali in quanto [lo spirito] razionale in ­ vita alla sua completa istruzione le anime incantate dai beni terreni. IL LUOGO: l'oblio. ARMI: le armi impugnate da Deìfo­ bo sono le dicerie con le quali la paura ci atterrisce. o AMICO: Deìfobo è prediletto da Enea perché il pauroso è istruito da un'anima razionale. VEDERE: Enea allontanandosi non può guardare Deìfobo, dato che lo spirito razionale lasciando i be­ ni terreni non può avvertire timore. L'imprudente, invece, se deve passare dalle cose visibili alle invisibili teme assai, perché non crede di poter trovare cose migliori di quelle lasciate. IN TERRA: con virtù solida e produttiva. Enea non vuole seppel­ lire Deìfobo nel patrio suolo, vale a dire annoverare il timore tra le virtù celesti. E QUESTE COSE: Deìfobo risponde a Enea in quanto la natura paurosa obbedisce allo spirito razionale. ADEMPISTI: Enea doveva la sepoltura a Deìfobo perché era giu­ sto che l'anima razionale consegnasse il timore all'oblio. ALLE OMBRE: ai beni effimeri. FATI: gli eventi contingenti. DELLA LA­ CENA : Lacena s 'interpreta come laceneos, ovvero nascosta no­ vità. Elena è detta Lacena perché a causa della ricchezza le co­ se nuove vengono celate; infatti non abbiamo la ricchezza se non si mettono da parte le cose appena acquisite. IN QUESTI [MALI] : Elena arreca quella sventura a Deìfobo perché la ric­ chezza rende pavidi e indiscreti. Infatti, quando il pauroso è obbligato a lasciare la ricchezza terrena a cui è assuefatto, ignora che cosa debba fare. L'ULTIMA NOTTE: la suprema igno­ ranza. PASSAMMO: noi Troiani, ovvero [uomini] carnali. [102] È NECESSARIO: inevitabile. Lo spirito razionale non può fare a meno di ricordare il piacere della vita passata. QUANDO IL FATALE [CAVALLO] : leggiamo che Troia fu di­ strutta così: un cavallo [di legno] che nascondeva in sé nume­ rosi Dànai venne accolto nella città; questo, una volta che i Troiani si addormentarono, sparse nella città i Dànai che na­ scondeva. Il cavallo, nelle allegorie, ha due significati: rappre­ senta infatti la volontà, come in quel verso di Orazio: Stacca, se hai un po' di giudizio , al momento buono, il cavallo che sta diventando vecchio ecc.

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Per equum propter velocitatem voluntas nostra figuratur quia subito ad diversa transfertur. Significa t etiam equus luxuriam ut in eo in tegumento in quo legimus Diomedem hospites suos equabus suis apposuisse, id est luxuriosum convictores suos diversis luxurie generi bus applicuisse. Equus ideo han c figu­ ram habet quia in hoc animali plurimum luxuria viget. Dicit enim Plinius in libro de naturali historia equas tam impacien ­ tis libidinis esse quod dum marem non inveniunt cacumina montium ascendunt ibique ventorum flatu recepto conci­ piunt 293. Unde velocissimi fetus prodeunt sed non diu vivunt. Hoc quoque loco in figura luxurie accipitur. Equus infinitos Danaos in se cohibet quia luxuria in se varia vicia continet ut­ pote incestum, adulterium, fornicationem, scortationem que iterum in alias species dividuntur. Equum isti Danai machina­ ti sunt quia luxurie ingluvies et ebrietas in Troia sunt iuxta il­ lud: «Sine Cerere et Baco friget Venus» 294. Troes sopiuntur dum scientie et virtutes non exercentur; tunc equus Danaos quos clauserat effundit quia luxuria diversa genera vitiorum ex se promit. Cessante enim exercicio [103] virtutum pro­ deunt ex luxuria petulantia, prodigalitas et avaricia. Sed qua­ liter prodigalitas et avaricia, cum sint contraria, ex una tamen origine luxurie manare possint inquirendum est. Qui enim luxuria laborat pluribus videt se egere que in ea impendat; ita­ que magno conamine querit ut habundet; usui quesitorum parcit; atque ita avaritiam protulit luxuria. N am quod p rodi­ galitatem pariat ex hoc certum fit quod amator meretrici sue et iterum nuntiis suis satisfacien s omnia tribuit. Prodeunt etiam ex luxuria inhertia, negligentia, ignavia, desidia, otium, inconstantia quorum diffinitiones breviter ponamus ut eorum naturam exprimamus 295. Luxuria est vitium cuius suasu im­ portunas corporee voluptatis suggestiones explemus. Petu­ lantia est stimulus libidinis, ornatus corporei et cetere supel­ lectilis usum moderatum excedens. Prodigalitas est pecunie

Col cavallo, per via della sua velocità, si raffigura il nostro vo­ lere, perché subito si applica a obiettivi diversi. Il cavallo si­ gnifica anche la lussuria, come in quell'allegoria nella quale leg­ gemmo che Diomede dava da mangiare alle sue cavalle gli ospi­ ti, vale a dire che il lussurioso forniva ai suoi convittori diversi generi di piaceri carnali. Il cavallo poi ha questa allegoria per­ ché in tale animale la lussuria si rende chiaramente manifesta. Infatti dice Plinio nella sua storia naturale che le puledre sono tanto avide di libidine che, se non trovano il maschio, salgono sulle vette dei monti ove s'ingravidano per lo spirare dei venti. Perciò nascono puledri velocissimi, ma non vivono a lungo. E anche in questo passo [il cavallo] è assunto come figura di lus­ suria. Il cavallo racchiude in sé un numero infinito di Dànai perché la lussuria ha in sé vari vizi, come l'incesto, l'adulterio, la fornicazione, la pratica delle prostitute, che a loro volta si suddividono in altre specie. Questi Dànai escogitano il cavallo perché in Troia si trovano l'ingordigia della lussuria e l'ubria­ chezza, secondo quel [detto] : «Senza Cerere e Bacco Venere langue». I Troiani si assopiscono in quanto le scienze e le virtù non sono praticate, allora il cavallo fa uscire i Dànai che por­ tava racchiusi perché la lussuria genera da sé diverse specie di vizi. In assenza dell'esercizio [ro3] delle virtù, nascono dalla lussuria l'impudenza, la prodigalità e l'avarizia. Ma è da valu­ tare come prodigalità e avarizia, pur essendo contrarie, tragga­ no origine dalla sola lussuria. Infatti colui che è vittima della lussuria si vede privo di più cose di quante ne sperperi per col­ tivarla; pertanto cerca con grande impegno di averne in ab­ bondanza; risparmia l'uso di ciò che ha guadagnato; e così la lussuria genera l'avarizia. Per quanto riguarda il fatto che que­ sta generi la prodigalità, è certo che l'amante offre di tutto al­ la sua favorita e ne soddisfa continuamente le richieste. Deri­ vano anche dalla lussuria l'inerzia, la negligenza, l'ignavia, la neghittosità, l'ozio, l'incostanza, di cui daremo successive de­ finizioni, chiarendo la loro natura. La lussuria è il vizio con il quale poniamo in atto gli importuni stimoli della voluttà fisica. L'impudenza è pungolo della libidine che supera l'uso equili­ brato dell'ornamento del corpo e delle altre attrattive. La pro-

questus negligens et immoderata profusio. Avari ti a est pecu­ nie vehemens acervus et vorago tenax. Inertia est omnium si­ mul artium tam liberalium quam mechanicarum ignorantia. Unde inhertes dicimus quos sine arte degere videmus. Negli­ gentia est per quam aliquis artis et professionis sue exercicium contempnit. Ignavia est rigor et tarditas corporis honesti affi­ cii aggressionem reformidans. Desidia est studii et cuiuslibet actus congrui desuetudo. Otium est ab omni penitus cura et studio et la bore supersedere. Inconstantia est mobilitas animi circa varias occupationes. Danai recepti civitatem in ignem vertunt quia vicia dum eis caro consentit fervore incendii sui eam accendunt. FATALIS: mortifer SALTU: repentino impetu su­ PERVENIT: oppressit PERGAMA : corpus. Et ne intelligas corpus animalium, de quo non agitur hic, subditur ARDUA. Hominis enim erectum corpus; animalium autem corpora prona sunt in terra. GRAVIS: Socors enim et otiosa est luxuria. [ro4] PEDI­ TEM: vicium quia circum infima reptat. ALVO: continentia. ILLA : Helena, scilicet opulentia SIMULANS CHORUM, id est exultationem . ORGIA: festa Bachi. Orge Grece, colere dicitur Latine. Nam festa illa orgia antonomasice dicebantur quia ter in anno vel in triennio semel colebantur. Unde et triatherica alio vocabulo dicuntur. Et bene Helena festa Bachi dicitur ce­ lebrare quia opulentia ebrietates solet suadere. Bene etiam FRIGIAS circum equum ducit quia carnales homines circa luxuriam opulentia involvit. Friges enim sunt carnales et fra­ giles 29 6 . MEDIA : Helena media est inter Troiades quia opulen ­ tia media incedit inter carnales. FLAMMAM: incendium male suggestionis. SUMMA : Helena Danaos ad subvertendam civita­ tem vocat dum opulentia vitia ad pervertendam et pervincen­ dam animam carne excitat. Et tunc ipsa «arcem» tenet quia

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digalità è trascuratezza nel procurarsi il denaro e sua sconside­ rata profusione. L'avarizia è accumulo forsennato di soldi e brama tenace. L'inerzia è l'ignoranza simultanea di tutte le ar­ ti, tanto liberali quanto meccaniche. Per questo definiamo inerti quelli che vediamo vivere senz' arte. La negligenza è [il vizio] per cui qualcuno trascura la pratica della sua arte o pro­ fessione. L'ignavia è rigidezza e lentezza del fisico che teme la sollecitazione di una onesta incombenza. La neghittosità è de­ suetudine allo studio o a qualunque stimolo simile. L'ozio con­ siste nell'astenersi totalmente da qualsiasi impegno, studio e fa­ tica. L'incostanza è la mutevolezza dell'animo intorno a occu­ pazioni disparate. I Dànai una volta penetrati in città la danno alle fiamme, poiché i vizi, quando la carne dà il proprio con­ senso, la incendiano col calore della loro fiamma. FATALE: che provoca la morte. CON BALZO: con impeto repentino. SALÌ: vin­ se. LA ROCCA DI PERGAMO: il corpo. E perché non s'intenda il corpo degli animali, di cui qui non si parla, aggiunge ELEVATA . Infatti il corpo umano è eretto; quelli invece degli animali so­ no proni a terra. PESANTE: la lussuria è infatti sciocca e oziosa. [104] [SOLDATO] APPIEDATO: il vizio, perché si trascina intorno a cose infime. NEL VENTRE: con continenza. QUELLA : Elena, ossia l ' opulenza. FINGENDOSI [GUIDA DI UNA] DANZA : ossia [fingendo] l'esultanza. ORGIA: festa di Bac­ co. Orge in greco equivale al latino venerare. Infatti quelle fe­ ste erano dette orge per antonomasia, perché si celebravano tre volte all'anno o una volta ogni tre anni. Perciò, con un'altra pa­ rola, erano dette triatherica. E giustamente si dice che Elena ce­ lebra il baccanale, perché la ricchezza è capace di suggerire il bere smodato. Non meno opportunamente conduce le TROIA­ NE intorno al cavallo, perché la ricchezza coinvolge gli uomini sensuali nella lussuria. I Frigi, infatti, sono sensuali ed effemi­ nati. NEL MEZZO: Elena si trova al centro fra i Troiani perché la ricchezza procede altera tra gli adepti della carnalità. FIAMMA: un incendio di perverso fascino. DALL)ALTO [DELLA ROCCA ] : Elena chiama i Dànai a distruggere l a città [di Troia] in quan­ to la ricchezza incita i vizi a pervertire e prostrare l'anima tra­ mite la carne. E allora proprio lei s'impadronisce «della roe233

tunc cum dominatur, celsitudinem imperii habet. CONFECTUM CURIS: Pavidus enim sollecitudinibus pavorum angetur. SOM­ NO: ocio exercicii virtutum. In se TALAMUS INFELIX, irruenti­ bus in urbem Danais, Deiphebum «habet» quia mala mens, incurrentibus in carmen viciis , pavorem continet et PRESSIT, id est desperare fecit. ARMA : Helena arma a tectis AMOVET dum opulentia potentiarum et iudiciorum animi exercicium a mentibus delet. FIDUM ENSEM CAPITI Deiphebi subducit dum rationem a natura pavidi averti t. INTEREA [. .. ] INTRA TEC­ TA ut Deiphebum enecet Menelaum vocat dum intra mentes ut terrorem mortificet virtutem invitat. LIMINA PANDIT dum sensus aperit. Opulentia virtuti sen sus nostros aperit quia circa han c virtus sensus nostros cognoscit quod eos opulen ­ tie inhiantes cernit. AMANTI: Menelaus iterum Helenam fieri suam coniugem volebat quia virtus opulentiam sibi subdi de­ siderat. Helena morte Deiphebi putat se Menelao satisfacere dum opulentus extincto pavore credit se virtuoso piacere. Tamen virtuosus opulentiam odit quia [ro 5] eam iunctam pa­ vori cernit et hoc est quod Menelaus Helenam habebat odio quia Deiphebo iuncta erat. ET FAMAM: Morte Deiphebi infa­ mia Helene extinguitur quia mortificato pavore opulentia non amplius infamis habetur. Inde etiam opulentia accusaba­ tur quia sic pavidum hominem reddebat quod celestia spec­ tare non poterat. IRRUMPUNT: Intrant mentes , virtus scilicet et sapientia, quod intelligimus per Menelaum et Ulixem . SCELERUM: Hoc enim viciosus scelus reputat dum aliquis vicium suum negat. EOLIDES: Ulixes ab Eolo duxit originem 297 quia scientia omnis a gloria initium habuit. Unde supra diximus fontem Musarum ex i c tu Pe gasi equi manasse. GRAIS: Menelao et Ulixi. DII: di­ vine dispositiones. TALlA: ut ipsi scilicet mortificentur. Pavi-

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ca», perché allora, dominando, ha l'apice del potere. OPPRES­ so DAGLI AFFANNI: il pauroso, infatti, è oppresso dalle solleci­ tazioni delle ansie. DAL SONNO: dall'assenza di esercizio delle virtù . UN LETTO FUNESTO «ospita» Deìfobo quando i Dànai ir­ rompono in città perché, quando i vizi fanno irruzione nella carne, la mente malvagia contiene in sé la paura. OPPRESSE: cioè tolse la speranza. ARMI: Elena SGOMBRA la casa d'ogni arma in quanto la ricchezza cancella dalla mente l'esercizio delle po­ tenze e dei giudizi dell 'animo. Sottrae la FEDELE SPADA SOTTO IL CAPO di Deìfobo in quanto sottrae la razionalità dalla natu­ ra del pauroso. FRATTANTO [. .. ] NELLE STANZE: invoca Menelao perché uccida Deìfobo in quanto invita la virtù a sconfiggere il timore presente nelle menti. SPAlANCA LE SOGLIE: in quanto dischiude i sen si. La ricchezza dischiude i nostri sensi alla virtù, dato che, riguardo a quest'ultima, la virtù conosce i no­ stri sensi, per il fatto che li scorge attoniti guardare la ricchez­ za. ALL)AMANTE: Menelao voleva che Elena divenisse nuova­ mente sua moglie, dato che la virtù desidera veder sottomessa la ricchezza. Elena, per la morte di Deìfobo, crede di poter soddisfare la richiesta di Menelao, in quanto la ricchezza, uc­ ciso il timore, pensa di esser gradita al virtuoso. Invece questi odia la ricchezza, poiché [105] la scorge unita al timore, e que­ sta è la ragione per cui Menelao odiava Elena vedendola uni­ ta a Deìfobo. E IA FAMA: con la morte di Deìfobo si estingue la cattiva fama di Elena, dato che, cancellata la paura, la ricchez ­ za non è più posseduta dagli infami. Pertanto anche la ric­ chezza veniva posta sotto accusa, dato che poteva rendere co­ sì pavido l'uomo da non fargli vedere le realtà celesti. IRROMPONO: si fanno strada le riflessioni, cioè virtù e sa­ pienza, che sappiamo essere simboleggiate da Menelao e Ulis­ se. DI CRIMINI: infatti il vizioso proprio questo reputa un delit­ to, quando qualcuno gli rimprovera il suo vizio. BOLIDE: Ulis­ se trasse da Eolo la sua origine, perché qualsiasi scienza ha ori­ gine dalla gloria. Perciò si disse prima che la fonte delle Mu­ se scaturisse da un colpo [di zoccolo] dato da Pegaso. AI GRE­ CI: a Menelao e a Ulisse. DEI: divine disposizioni. TALI [SUPPLI­ ZI] : perché essi siano puniti. Il pauroso, infatti, non appena si 235

dus enim quia videt se a virtute et scientia urgeri ideo obtat eas necari. SED TE: Deiphobus Eneam alloquitur dum pavidus rationabilem admiratur. ERRORIBUS PELAGI: vitiis carnis. DI­ VUM: scientiarum et virtutum. VENIS: Ad temporalia per con ­ templationem descendis . FORTUNA : fatum scilicet, divinum imperium. DOMOS: temporalia bona. SOLE: scientiarum splen ­ dore et virtutum fervore vel vigore. HAC VICE: Dum Eneas et Deiphebus colloquuntur, AURORA oritur quia dum rationabi­ lis proprietates pavoris inquirit et agnoscit, mens illius illumi­ n are incipit. Est enim Aurora prima coruscatio scientie men ­ tis h umane occulis irradians. TRAIECERAT: penetraverat AXEM: cor scilicet hominis MEDIUM: in medio stans ETERIO: divino ad­ ventu. ET FORS: Spiritus enim numquam pavorem relinquit ni­ si intelligentia ultra eum ducit. ADMONUIT: Quid sit Sibillam loqui ad Eneam , quia supradiximus hec et similia tociens non repetemus ne tardius ad indiscussa veniamus. NOX: tempora­ lis vita RUIT: per volventem momentorum successionem tran­ sit. FLENDO: Rationabilis enim et intelligens videns hanc vitam nichil aliud esse quam vivendi dilationem luget. [Io6] HIC: in vita temporali. AMBAS: virtutem et vitium. VIA : conversatio h u­ mana. DEXTRA: virtus. MENIA : De his iam dicetur. TENDIT: con ­ templando. ELISIUM: Sciendum et infernum dividi in duas par­ tes , in Tartarum et Elisium, quod significat in hac nostra ha­ bitatione esse vitam bonorum et malorum. Bona vita Elisium dicitur ab eleison quod est locus misericordie et claritudinis; vita autem malorum Tartarus, id est Infernus quasi inferior. Dextra ergo via ad Helisium, leva vero ad Tartarum duci t quia virtus in bona vita, vicium vero in mala sectatores suos si­ stit 29 8 . PENAS: tormenta penitentie sollicitudinum et pravarum conscientiarum. CONTRA DEIPHEB US: respondet Sibille dum

vede incalzato dalla scienza e dalla virtù, desidera che queste siano eliminate. MA TE: Deìfobo parla a Enea in quanto il pau­ roso ammira la mente razionale. PER GLI ERRORI [DI ROTTA] DO­ VUTI AL MARE: per i vizi della carne. DEI NUMI: delle scienze e delle virtù . VIENI: discendi verso le cose contingenti tramite il discernimento. FORTUNA : fato, ordine supremo. CASE: beni ter­ reni. [SENZA] SOLE: splendore delle scienze e fervore e vigore di virtù. FRA QUESTO [DISCORSO] : mentre Enea e Deìfobo par­ lano sorge l'A URORA , dato che quando l'anima razionale ana­ lizza e riconosce le proprietà del timore, la sua mente comin ­ eia a illuminare. Infatti l'Aurora è il primo rifulgere della scien­ za che illumina gli occhi della mente umana. AVEVA ATTRA­ VERSATO: aveva penetrato l'ASSE [DEL CIELO] , cioè il cuore del­ l'uomo. MEZZO: che sta nel centro. [PER IL CORPO] CELESTE: con divino avvento. E IL TEMPO: infatti lo spirito non abbandone­ rebbe mai il timore se l'intelligenza non lo conducesse oltre quel [limite] . AMMONÌ: che cosa valga il colloquio della Sibilla con Enea, dato che si è detto, non lo ripetiamo con cose affi­ ni, per non ritardare esegesi non ancora discusse. NOTTE: la vi­ ta contingente. SCORRE: passa per insensibile successione di at­ timi. PIANGENDO: infatti l'anima razionale e capace di discer­ nimento, nel vedere che questa vita non è altro che una dila­ zione del vivere [autentico] , piange. [ro6] QUI: in questa vita terrena. IN DUE PARTI: virtù e vizio. VIA : umano cammino co­ mune. DESTRA : la virtù. MURA : di queste diremo tra breve. CON­ DUCE: per via di meditazione. ELISIO: bisogna sapere che l'in­ ferno si divide in due parti, Tartaro ed Elisio, e questo signifi­ ca che in questa nostra sede [terrena] vi è la vita dei buoni e dei cattivi. La vita retta si dice Elisio da eleison, che è un luo­ go di misericordia e chiarore [spirituale] ; quella malvagia Tar­ taro, cioè inferno, come inferiore. Dunque, la via a destra con ­ duce all'Elisio, quella a sinistra al Tartaro, perché la virtù po­ ne i suoi seguaci nella vita retta, il vizio in quella cattiva. PENE: i tormenti del pentimento , degli affanni e delle cattive co­ scienze. DEÌFOBO RISPONDE: risponde alla Sibilla in quanto la naturale caratteristica del timore si mostra all 'intelligenza. [NON] INFIERIRE: si dice che la Sibilla infierisca perché l'intel237

pavoris naturalis proprietas patet intelligentie. SEVI: Sibilla se­ vire dicitur dum intelligentia contra vicia, quamvis iuste, tru­ culenter irascitur. EXPLEBO: minuam. TENEBRIS: id est ignoran ­ tiis insipientie. I: contemplare NOSTRUM: humanum. Et TAN­ TUM: Deiphebus loquendo VESTIGIA TORSIT qui a pavor dum in ­ telligentie patet evanescit. RESPICIT: Relicto pavore occulis contemplationis aspicit Eneas. LATA MENIA magni Ditis sunt. lsta CIRCUMDATA TRIPLI­ CI MURO locata SUB RUPE sunt hec quinque bona temporalia, id est sufficientia, potentia, dignitas, gloria, iocunditas. Ma­ gni Ditis dicuntur quia terrena sunt. Triplici muro circum ­ dantur quia ignorantia, egestate, debilitate clauduntur. Sub rupe sunt locata, id est sub mole fortune sita. LATA quasi di­ scursui erroris apta. FLEGETON: ardor irarum. SAXA : instru­ mentorum genera. PORTA: fraus per guam hec quinque bona ingrediuntur. Adamantine COLUMPNE in his menibu s sunt predicti inexstirpabiles animi affectus: gaudia, dolores, spes, timores. ADAMANTE: inexpugnabili contumatia cordis. VIS [. .. ] VIRUM: potentia [107] virtuosorum. CELICOLE: spiritus. EXCIN­ DERE: extirpare FERRO: doctrina que acumine increpationis inutilia amputat. STAT. In his menibus erecta est TURRIS: mens elata, «spec­ tans» subaudis AD A URAS, id est inhians ad temporalia bona. THESIPHONE: malus sermo 299 SUCCINCTA : circumdata CRUENTA PALLA : rixa. VESTIBULUM scilicet per quod est egressus e turre est os pravum per quod est exitus ab elata mente et hoc pro­ p rie SERVAT Tesiphone INSOPNIS: inquieta et implacabilis . NOCTES: Sive enim adsit scientia sive ignorantia elate menti; tam enim superbi un t sapientes factis egregiis guam insipien ­ tes pravis. Semper malus sermo in pravo ore illius elati locum habet. HINC: ex his temporalibus bonis. GEMITUS: querimonie eorum quibus eripiuntur. VERBERA : iniurie raptorum . HAU­ SIT: concepit STREPITUM: tumultum. FACIES: qualitas. AD A U-

ligenza s'inasprisce duramente, benché con giustizia, contro i vizi. TORNERÒ A UNIRMI: diminuirò. ALLE TENEBRE: ossia all'i­ gnoranza dell'insipienza. VAI: contempla. NOSTRO: umano. E [DICENDO] SOLO QUESTO Deìfobo dirige ALTROVE I SUOI PASSI, dato che la paura, quando si apre all'intelligenza, svanisce. SI VOLGE: lasciata la paura, Enea osserva con gli occhi del­ la contemplazione. GRANDI MURA: sono [la città] del grande Dite. Queste IN TRIPLICE CERCHIO, collocate SOTTO UNA RUPE, rappresentano i cinque beni terreni, ossia l' avere tutto ciò che basta, potenza, dignità, gloria, felicità. Sono detti del grande Dite perché terreni. Sono circondati da un triplice muro per­ ché sono chiusi da ignoranza, povertà, debolezza. Sono collo­ cati sotto una rupe, ossia sotto il dominio della fortuna. AMPIE: come adatte al prosieguo dell'errore. FLEGETONTE: ardore del­ l'ira. MACIGNI: tipi di utensili. PORTA : l 'inganno attraverso cui giungono questi cinque beni. Le infrangibili COLONNE su que­ ste mura sono le inestirpabili passioni dell'anima di cui si è già detto: gioie, dolori, speranze, timori. DI DIAMANTE: per infran ­ gibile orgoglio del cuore. FORZA [. . . ] DI UOMINI: la forza [107] dei virtuosi. NUMI DEL CIELO: spiriti. VINCERE: estirpare. COL FERRO: con la dottrina che, con il taglio degli argomenti av­ versi, amputa le cose inutili . SI ERGE: in queste mura è eretta UNA TORRE: una mente ele­ vata, sottinteso «che osserva» VERSO L)ARIA , vale a dire che anela ai beni temporali. TISIFONE: discorso malvagio. AWOLTA: circondata. DA UN MANTO ROSSO [DI SANGUE] : dalla contesa. VE­ STIBOLO: quello che permette l'uscita dalla torre, ed è l'aper­ tura immorale che offre una via di scampo dalla mente eleva­ ta, e proprio questa VEGLIA Tisifone INSONNE: inquieta e im ­ placabile. NOTTI: infatti che la scienza o l'ignoranza si associ­ no ad una mente presuntuosa, i sapienti divengono superbi per le nobili imprese così come gli insipienti per quelle im­ morali. La cattiva parola è sempre presente sulla bocca de­ pravata del superbo. DI LÌ: da quei beni effimeri. LAMENTI: le querimonie di quel­ li a cui vengono strappati. PERCOSSE: ingiurie dei rapiti. SI BLOCCÒ: avvertì. LO STREPITO: il tumulto. ASPETTO: qualità. AL 239

RAS: Pro temporalibus enim bonis gemitur. CASTO: a viciis pu­ ro. LIMEN: supradictum vestibulum. DEUM PENAS, id est a diis illatas, notionibus scilicet divinis. GNOSIUS quia in Creta viguit eloquentia. HABET: Circa bee sola exercetur eloquentia. SUPE­ ROS, id est, dum adbuc esset in scientia sua. MORTEM: vitiorum oppressionem . ULTRIX: Increpationibus enim scelera ulcisci­ tur ACCINCTA: munita FLAGELLO: obiurgatione. SINISTRA : falsa acusatione; dextra enim eius est vera accusatio. ANGUIS: vene­ rosa et aspera verba. VOCAT: Tbesipbone sorores suas vocat dum malus sermo et malas cogitationes et malas operationes excitat. PANDUNTUR : Execrabiles p o rte p a n d u n t u r dum nepbaria ora ut accusationibus respondeant aperiuntur. cu­ STODIA : Tesipbone. YDRA : ipsa ignorantia. HIATIBUS: infinitis questionibus. SEVIOR: Deterior est enim ignorantia in corde guam pravus sermo in ore. INTUS: in ipsa mente. BIS IN PRECEPS TARTARUS PATET quia mala vita dupplex pre­ cipitium babet: carnem enim molestiis bonerat et spiritum vi­ tiis pregravat iuxta illud Horatii: [Io8] Hoc corpus vitiis honustum pregravat atque affligit humo divine particulam aure 3oo .

TENDIT: Sectatores suos detrudit SUB A URAS, id est sub bona ca­ duca 3 0 1. SUSPECTUS: sursus aspiciens AD [. .. ] OLIMPUM, id est tbeologiam . Is est sensus: quantum sapiens divina suspicien­ do bona temporalia transcendit, tantum mala vita infra eadem bona sectatores suos deprimit. HIC: in bis menibus: mistice docuit penam qua pena ur­ geantur sectatores quinque temporalium bonorum. Adbuc ostendit diversitates sectatorum et supplicia eorum. ANTIQUUM: Filii Titanis et Terre, Gigantes sunt corpora bumana ex sole et terra composita. FULMINE: potentia divina. IN IMO: in inferiori ordine creaturarum, ut prediximus cum de locis inferorum do­ cuimus. ALOIDAS: Filii Aloei cotidie multis ulnis crescebant 3 02.

VENTO: infatti ci si dispera per i beni terreni. AL PIO: a colui che è puro. LA PORTA: il vestibolo prima menzionato. LE PENE DEI NUMI: vale a dire date dagli dei, ovvero con criteri divini. DI CNOSSO: perché in Creta fiorì l'eloquenza. POSSIEDE: riguardo a queste viene praticata unicamente l'eloquenza. COLORO CHE VIVONO SOPRA LA TERRA : ossia, fin quando fosse nel suo sape­ re. MORTE: oppressione dei vizi. VINDICE: infatti vendica i pec­ cati con i rimproveri. ARMATA: munita. COL FLAGELLO: col rim ­ provero. CON LA SINISTRA : con falsa accusa; la sua destra infat­ ti è quella vera. SERPE: le parole dure e velenose. CHIAMA: Ti­ sifone chiama le sue sorelle in quanto la parola immorale ec­ cita cattivi pensieri e cattive opere. SI APRONO: si aprono le ese­ crabili porte in quanto le bocche nefande si spalancano per ri­ spandere alle accuse. CUSTODE: Tisifone. IDRA : l 'ignoranza stessa. CON BOCCHE: con infinite questioni. PIÙ FEROCE: infatti è più deteriore l'ignoranza nel cuore che la parola depravata sulla bocca. ENTRO: nella stessa mente. IL TARTARO SI APRE A PICCO DUE VOLTE: perché la vita prava conosce un duplice precipizio: infatti grava la carne di molestie e ottunde lo spirito coi vizi, come in quel [passo] di Orazio: [Io8] Questo corpo pieno di vizi aggrava l' anima e pianta in terra questa piccola parte del divino spirito.

TENDE: allontana i suoi seguaci. VERSO L)ARIA: verso beni ca­ duchi. IN ALTO SALE: guardando in alto. VERSO [. .. ] L) OLIMPO: vale a dire la teologia. Il senso è questo: quanto il sapiente af­ fidandosi alle cose divine trascende i beni temporali, tanto la vita prava deprime i suoi seguaci fra quegli stessi beni. lVI: fra queste mura [di Dite] : allegoricamente mostra la pena con la quale sono incalzati i seguaci dei cinque beni ter­ reni. Ora mostra la differenza dei seguaci e i loro supplizi. AN­ TICO: i Giganti, figli di Titano e della Terra, sono i corpi urna­ ni generati dal sole e dalla terra. DAL FULMINE: per divino po­ tere. IN BASSO: nell'ordine inferiore delle creature, come di­ cemmo parlando dei luoghi inferi. ALÒIDI: i figli di Aleo ogni giorno crescevano di molte braccia. Aloe in greco è amarezza

Aloe Grece, amaritudo Latine: Aloeus ergo interpretatur ama­ rus quem intelligimus esse avarum. Que enim maior amaritu­ do quam vigilare metu exanimem noctesque diesque, formi­ dare malos fures, incendia, servos? Que etiam maior amaritu­ do quam carnem suam laboribus cruciare et cruciatum neces­ sariis alimentis non refovere? Aloeus duos filios dum avarus cupiditatem et copiam producit. Hii cotidie pariter crescunt dum et cupiendo copia maior redditur et cupiditas acquiren ­ do augetur iuxta illud: Quo plus sunt pote plus sciciuntur aque 3o3

et iuxta illud: Crescit amor nummi quantum ipsa pecunia crescit 304•

Hii a regno suo IOVEM depellere volunt dum a divinitate vir­ tutis et scientie animam detrudere querunt. Iupiter [ro9] enim ut diximus multipliciter accipitur 3 0 5. Pro superiori igne unde dicitur: «A Iove principium Muse» 306. Pro anima mundi ut «lavis omnia plena» 3 0 7. Pro stella unde post Saturnum in or­ dine deorum dicitur prior. Pro creatore unde dicitur «lupiter omnipotens». Pro humana anima ut in hoc integumento. Et secundum hoc dicemus mundum quia a Iove regitur homi­ nem quia ab anima movetur. Unde Microcosmus, minor mun­ dus 3 08 , dicitur. In hoc mundo celum est divina natura spiritus a qua Aloide volunt Iovem deicere. SALMONEA : Legimus S almoneum in Elide regnasse et adeo emulum Iovis fuisse quod mundum suum quattuor ele­ menta habentem et fulgura et tonitrua et nimbos sibi facie­ bat 3 0 9. Hic significa t tirannum. In de etiam nomen habet: di­ citur enim Salmoneus quasi salmoneos, id est illator novita­ tis 31 0 . Tirannus enim nobis novitatem importat dum divinam potentiam humana transcendentem in se representat. Elis di-

in latino: Aleo dunque è da interpretarsi come amaro e capia­ mo [essere allegoria dell'] avaro. Infatti quale maggiore ama­ rezza esiste che vigilare sbigottito per paura notte e giorno, te­ mere gli astuti ladri, gli incendi, i servi ? Quale amarezza mag­ giore poi che tormentare la propria carne di affanni e non rifo­ cillare il corpo sofferente con i necessari alimenti? Aleo gene­ ra due figli come l'avaro genera cupidigia e ricchezze. Costo­ ro crescono ogni giorno eguali in quanto la brama di ricchez­ za s'ingrandisce e la cupidigia, acquistando [beni] , si accresce, come in quel [verso] : Quanto più son dissetate, tanto più hanno sete,

e in quell'altro: Aumenta l' amore per il denaro quanto cresce il denaro stesso.

Costoro vogliono scacciare GIOVE dal suo regno in quanto cer­ cano di espellere l'anima dalla virtù divina e dalla scienza. Giove [109] poi, come si disse, può essere in teso in vari modi. Come il fuoco supremo, e perciò si dice «Da Giove il princi­ pio del canto». Come anima del mondo, in «Tutte le cose pie­ ne di Giove». Come pianeta, e perciò si dice il primo, dopo Saturno, nell'ordine degli dei. Come creatore, e per questo si dice «Giove onnipotente». Come anima umana, in questa al­ legoria. E, seguendola, intendiamo che il mondo retto da Gio­ ve equivale all'uomo mosso dall'anima. Per questo [l'uomo] è detto microcosmo, ossia mondo più piccolo. In questo mon ­ do il cielo è la divina natura dello spirito dalla quale gli Alòi­ di vogliono scacciare Giove. DI SALMONEO: leggiamo che Salmoneo regnasse in Èlide e fosse talmente emulo di Giove che si appropriava del mondo di quello, comprendente i quattro elementi, le folgori, i tuoni e i nembi. Costui simboleggia il tiranno. Per questo gli con ­ viene anche il nome: Salmoneo è detto come salmoneos, ossia portatore di novità. Infatti il tiranno ci arreca novità quando realizza in sé una divina potenza che trascende le cose umane. 243

citur Eleydam 3u, id est divini operis forma, que est respubli­ ca. Divinum autem opus est mundus, res autem publica adeo est eius forme quod etiam alter mundus dicitur. Sicut enim mundus quattuor habet regiones et unaqueque suum habet ornatum, si c civitas 312 per quattuor a poli ti cis divisa est et si­ cut in celsa regione sunt rationabiles substantie et in infima brute, sic et in civitate. In arce enim Plato et Socrates ponunt philosophos, in secundo vico milites, in tercio cupidinarios, in suburbio agricolas 313• Hic ergo est mundus Salmonei. Ful­ gura vero et tonitrua et nimbi sunt arma et tube et bella. Ar­ ma acuta et coruscantia sunt fulgura. Tube vero et litui clan­ gor et raucitas tonitrua; bella vero per consertam telorum congeriem [IIo] pluvie. Et sicut tonitrua minantur pluvias et fulgura, si c clangor ille bella et arma. NUBILA : N ubes supe­ riecte Salmoneo sunt ignorantie circumvolute tiranno. TE­ LUM: adversam fortunam. NECNON: Ticius Latone concubitus dicitur affectasse unde in inferis hoc supplicium patitur quod a vulturibus iecur suum iugiter roditur 3 1 4• Hic curiosum figurat quod etiam ipsum vo­ cabulum sona t. Dicitur enim Ticius quasi tisiceos, id est con ­ sumptus anima. Tisis enim consumptio, scea umbra vel anima. Curiosus autem anima est consumptivus quia dum archanam rerum naturam vehementia laboriosi studii requirit mentem suam in quantum eius immortalitas patitur consumit. Latona mater Apollinis est doctrina a qua procedit sapientia. Unde etiam L atona dicitur quasi lati tona quia latet. Ticius ergo La­ tonam sibi coniungere querit dum curiosus doctrinam am­ plecti cupit. Ideoque vulturibus in inferis iecur eius traditur quia mordaci bus studii sollicitudinibus mens eius dum hic vi­ vit urgetur. ALUMPNUM: Curiosus enim dum in otio philo­ sophandi occupatur fructibus terre quos non elaborat alitur, iuxta illud «Satur cum dici t Horatius euhoe» 3 1 5• NOVEM IUGE­ RA sunt novem scientie: tres eloquentie, tres theorice, tres practice. CORPUS: substantia uniuscuiusque. Substantia est

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L' Èlide è detta Eleida, ossia forma dell'opera divina, che è lo Stato. Il mondo è infatti lavoro divino, lo Stato poi lo è egual­ mente per la sua forma, che è detta anch 'essa un altro mondo. Infatti come il mondo ha quattro regioni, e ciascuna ha la sua struttura, così la città è divisa in quattro parti dai politici; e co­ me nella regione superiore del mondo vi sono sostanze razio­ nali e in quella inferiore sostanze brute, così avviene pure nel­ la città. Infatti nella rocca Platone e Socrate pongono i filoso­ fi, nel secondo quartiere i soldati, nel terzo i commercianti, nel suburbio gli agricoltori. Questo è dunque il mondo di Salmo­ neo. E poi folgori, tuoni, nembi, trombe e guerre sono le ar­ mi. Le folgori sono armi aguzze e lampeggianti. Il clangore della tromba e il rauco suono del lìtuo sono i tuoni; le guerre poi sono piogge [rro] per i n ugoli di dardi. E come i tuoni mi­ nacciano piogge e folgori, così quel frastuono promette guer­ re e armi. NUBI: le nubi che avvolgono Salmoneo sono le cose ignorate attorno al tiranno. Il FULMINE: la fortuna avversa. ANCHE: si dice che Tizio costringesse all'unione Latona e per questa ragione agli inferi patisse il supplizio del suo fega­ to roso continuamente dagli avvoltoi. Costui rappresenta l'uo­ mo curioso, com 'è suggerito dallo stesso nome. Tizio è detto come tisiceos, ossia consunto nell'anima. Tisis vale infatti con­ sunzione e scea ombra o anima. Il curioso, infatti, è consunto nell'anima, perché quando ricerca, con sforzo di laborioso im­ pegno, la natura misteriosa delle cose, consuma la sua mente, per quanto lo consente l 'immortalità di quest'ultima. Latona, madre di Apollo, è la dottrina da cui deriva la sapienza. Per questo, infatti, Latona è detta come latitona, poiché è nasco­ sta. Dunque Tizio desidera congiungersi con Latona in quan ­ to il curioso desidera abbracciare la dottrina. Pertanto il suo fegato agli inferi è dato in pasto agli avvoltoi perché la sua mente, mentre vive, è incalzata dai puntigliosi affanni dello studio. ALUNNO: il curioso, infatti, mentre è occupato dall'o­ zio del filosofare, è nutrito dai frutti della terra che non colti­ va, secondo quel [detto] «quando Orazio intona il suo Evoè ha lo stomaco pieno». NOVE IUGERI: sono le nove scienze: tre dell'eloquenza, tre della teoresi, tre della prassi. CORPO: la so245

animus. ROSTRO: morsu. VULTUR: cura. ADUNCO: tenaci. FIBRIS: mentibus. RENATIS: Renasci mens dicitur quia quamvis assidue sollicitudine edatur, superest tamen que consumenda est. IXIONA diximus interpretari " super omnia " et ibi in figura solis accipi. Hic vero iudicem significa t qui hoc vocabulo ideo nominatur quia dum ab accusatore, deffensore, auditoribus eius sententia expectatur omnibus veneratione superponitur. PIRITOUS vero ut p rediximus est hortator, iudex et orator. LAPHITE quasi laophite, [rrr] id est lapidei et ardentes, dicun ­ tur dum reis quamvis supplicantibus minime parcunt et con ­ tra eos face iracundie se accendunt, et lapidei merito dicuntur et ignei. Laos enim lapis, pheton ardor dicitur. SILEX: ictus for­ tune. IMMINET: Hii enim qui magistratus tenent semper timent ut Dionisius rex Siculus sensit ictum fortune imminentis. LU­ CENT: Quam superlectilem predictus Dionisius per cathedram ostro ornatam figuravit 316. MAXIMA in nequitia, Megera: mala enim operatio ex cedi t in nequitia malam cogitationem et malum sermonem. ACUBAT: Iacet in eorum conscientia que per thorum figuratur. Accu­ bare enim est in thoro iacere. PROHIBET: Dum enim pravum opus per memoriam recusat ne unquam corpus quiescat, ani­ mus vehementer contristatur. FACEM: iram . Dum enim per re­ cordationem redit quia se ipsum reum animus sentit, contra se ipsum in iram se incendit. INTONAT: minatur penam . ORE: ratione que diserte loquitur, que pena illi delicto debeatur. Dum enim sic malum opus in mentem recurrit, ibidem cau­ sam constituit in qua conscientia voluntatem accusat. Ratio vero iudex astat; timor vero ligat, dolor excruciat. HIC: in his campis, scilicet in vita malorum. Diximus per meni a illa quinque bona tem poralia in telligi. Ideoque facile est videre cur ibi Gigantes et Aloide et Salmoneus et Ticius et Laphite inesse dicantur317. Gigantes enim sunt in una illarum

stanza di ciascuno. Tale sostanza è l ' anima. COL BECCO: col morso. AWOLTOIO: affanno. ADUNCO: tenace. ALLE FIBRE: alle menti. RINATE: si dice che la mente rinasca perché, per quan ­ to assiduamente sia rosa dall 'inquietudine, avanza tuttavia qualcosa da consumare. ISSIONE: si disse d'interpretarlo " sopra tutto " e in quel luo­ go di accoglierlo come allegoria del sole. Qui però rappresen­ ta il giudice e come tale con questa parola è definibile perché mentre dall'accusatore, dal difensore e dagli ascoltatori è atte­ sa la sua sentenza, è indicato alla venerazione generale. PIRI­ TOO: come dicemmo, è chi esorta, giudica e tiene concione. I LAPITI sono detti come laophite, [III] ovvero di pietra e arden­ ti, dato che non risparmiano affatto i rei, anche se supplicano, e contro di loro s'infiammano del fuoco dell'iracondia, e quin­ di giustamente sono definiti di pietra e di fuoco. Laas è infatti pietra e pheton ardore. MACIGNO: colpo di fortuna. PENDE: in­ fatti coloro che rivestono una magistratura sono sempre pieni di paura, come Dionigi, re siciliano, che avvertì il pericolo del­ la sorte che incombeva su di lui. RISPLENDONO: il detto Dionigi figurò questo arredamento con un trono ornato di porpora. LA PIÙ GRANDE [FURIA] : per nequizia è Megera; infatti il cat­ tivo agire supera in nequizia il cattivo pensiero e il cattivo di­ scorso. È DISTESO: giace nella loro coscienza, che è figurata dal letto. Distendersi è infatti giacere a letto. VIETA : infatti quando rifiuta, tramite la memoria, una prava azione, perché il corpo non s'acquieti, l'anima è fortemente intristita. FUOCO: ira. Di­ fatti mentre ritorna il ricordo, dato che l'anima sente se stessa colpevole, si accende d'ira verso di sé. GRIDA: minaccia una pe­ na. CON LA BOCCA: con la ragione, che parla sapientemente, [sta­ bilisce] quale pena si debba per quel delitto. In realtà, quando una cattiva azione ritorna in mente, ivi nasce una diatriba nella quale la coscienza accusa la volontà. La ragione invero fa da giu­ dice; il timore, a sua volta, vincola, il dolore tormenta. NI: in quei campi, cioè nella vita dei peccati. Dicemmo che tramite quelle mura si dovevano intendere i beni temporali. Ed è pertanto facile vedere perché ivi risultano essere presenti i Giganti, gli Alòidi, Salmoneo, Tizio e i Lapiti. Infatti i Giganti 247

mansionum quia corpora nostra sunt tota in servitute volup­ tatum. Aloide sunt in sufficientia temporali, Salmoneus in potentia, Laphite in dignitate, Ticius in gloria. FRATRES: con­ sortes in officiis et disciplinis. In fratribus odium habent dum in vita manent qui consortibus in disciplinis invident dum in scientia vigent. «Patrem pulsant» qui preceptorem suum increpant, quod magnum delictum est. FRAUS: Clientes in integumentis sunt membra corporis quia anima serviunt. Fraudem ergo [rr2] clientibus nectit qui membra corporis sui ad errorem ducit. Caro enim ex se nichil noscit et ideo ani­ mus eam decipit dum ad id quod malum esse videt eam im­ pruden tem alli ci t. SUIS: proximis. Avarus enim «in opi dare n olit amico quo frigus duramque famem depellat» 3 18 . OB ADULTERIUM: Uxores mistice intelligimus officia. Unde preci­ pitur nullum sine uxore esse debere quia omnes aliquod no­ bis debemus iniungere. Et alibi maledicitur qui filios in uxo­ re sua non gignit quia miser et quia in officio suo bona et egregia opera non egit 319. Uxorem ergo alienam sua neclecta querit qui officium quod numquam sibi iniunxit suo relicto preeligit et hoc est adulterium, inconstancia scilicet. Propter adulterium ergo ceduntur qui pro inconstantia rep rehen ­ duntur. ARMA: Arma mistice diximus animi potentias . Pia ve­ ro arma dicuntur dum eis hostes ceduntur, id est vicia extir­ pantur, et sui defenduntur, id est virtutes conservantur. Hoc autem fit dum irascibilitas vicia impugnat, concupiscentia si­ bi virtutes vendicat, animositas vicia evertit et virtutes def­ fendit. IMPIA vero hec arma dicimus dum horum habetur usus contrarius, quod fit dum irascibilitas contra virtutes se accendit, concupiscientia vicia querit, animositas bona im­ pugnat et mala conservat. DOMINORUM: Sicuti corporis mem­ bra servos dicimus, sic econtra animi potentias et iudicia, sci­ licet irascibilitatem , concupiscentiam, animositatem , inge-

sono in una di quelle costruzioni perché tutti i nostri corpi so­ no asserviti ai piaceri. Gli Alòidi vi compaiono per il tempo do­ vuto, Salmoneo per la potenza, i Lapiti per la dignità, Tizio per la gloria. FRATELLI: affini in doveri e discipline. Hanno odio verso i fratelli finché restano in vita coloro che invidiano quel­ li che praticano le loro stesse discipline finché dominano nel sapere. «Vessano il padre» coloro che rimproverano il proprio precettore, fatto che rappresenta un grande delitto. INGANNO: nelle allegorie, i clienti sono le membra corporali asservite al­ l'anima. Dunque chi avvince [r22] i clienti con la frode condu­ ce le membra del proprio corpo all'errore. Infatti la carne di per sé non conosce, e pertanto l'animo l'inganna, mentre im­ prudentemente la lusinga verso ciò che vede cattivo. PER I SUOI [PARENTI] : per il prossimo. Infatti l'avaro «non vuoi dare nulla al povero amico con cui possa scacciare il freddo e la fame cru­ dele». PER ADULTERIO: allegoricamente intendiamo con le mo­ gli i doveri. Perciò s'insegna che nessuno debba essere senza moglie, dato che ogni persona deve imporsi un qualche dove­ re. E altrove si depreca colui che con la moglie non ha genera­ to figli, dato che è miserabile chi nel suo ruolo non compie buone ed egregie opere. Dunque, lasciata la propria, cerca la moglie altrui chi sceglie, trascurando il suo, un dovere che non ha mai imposto a se stesso; e questo è adulterio, vale a dire in­ costanza. I puniti per adulterio rappresentano dunque quanti sono rimproverati per l'incostanza. ARMI: allegoricamente di­ cemmo che le armi sono le potenze dell'anima. Le armi sono dette pietose, poi, quando i nemici ad esse si arrendono, ossia i vizi sono estirpati, e i seguaci [di tali armi] sono difesi, vale a dire le virtù sono mantenute. Questo, infatti, avviene quando l'animo irascibile aggredisce i vizi, la concupiscenza rivendica per sé le virtù, l'animosità allontana i vizi e difende le virtù. Di­ ciamo invece EMPIE queste armi quando se ne fa l'uso contra­ rio, cioè quando l'animo irascibile s'infiamma contro la virtù, la concupiscenza cerca i vizi, l'animosità aggredisce i beni e tu­ tela i mali. DEI SIGNORI: come definimmo servi le membra del corpo, così, all'opposto, le potenze e le facoltà dell'anima, os­ sia irascibilità, concupiscenza, animosità, ingegno, ragione, 249

nium, rationem , memoriam dominos vocamus. DEXTRAS ergo DOMINORUM fallunt qui bonos actus spiritualium potentiarum pervertunt, utpote convenientem ingenii inventionem, ratio­ nis discretionem, memorie tenacitatem. Notavit ergo septem genera degentium in prava vita: primo invidos ubi dixit QUI­ BUS INVISI FRATRES, [113] secundo arrogantes ubi dixit PULSA­ TUSVE PARENS, tertio negligentes ubi FRAUS ET CETERA, quarto immisericordes ubi NEC PARTEM, quinto inconstantes ubi QUI­ QUE OB ADULTERIUM, sexto pervicaces ubi QUIQUE ARMA ET CE­ TERA, septimo imbecilles. INCLUSI: nequitia involuti. FORMA: qualitas supplicii. FORTUNA : genus vite. SAXUM: la­ boriosum conatum . RADIIS: casibus ROTARUM: fortunarum . Quia fortuna ad modum rate volubilis est 320 ita quod quos­ dam sistit summos , quosdam imos , quosdam de summo in imum trudit, quosdam de imo ad summum vehit. Unde qui­ dam dixit: Gloriar elatus; descendo minorificatus . lmus in axe teror; rursus ad astra feror 321 •

Ideo per rotam figuratur. PENDENT dubii sunt ut exponit Ma­ crobius 322• TESEUS: sapientia INFELIX: calamitosa. Miserie enim huius vite philosophos plurimum urgent ut patet Boetio as­ sertore per Socratem, Senecam , Anaxagoram, Canios, Sora­ nos 323 in quibus sapientia semper ab improbis lacessita est. FLEGIAS: virtus quasi flegeon, id est ardens, unde virtus alibi ignea dicitur 324• MISERRIMUS quia hoc habet proprium omnes labores tolerare. VOCE: instructione. UMBRAS: bona temporalia. DISCITE: ecce hortamentum virtutis. DIVOS: virtutes et scientias. VENDIDIT: Hoc est virtutis viciorum quoque exempla notare. NON MIHI: quia nephas est castos intrare Tartara, hic Sibil­ la non introducit Eneam. Per quod datur intelligi quod intel-

memoria, le chiamiamo signori. LE DESTRE, dunque, DEI SIGNO­ RI che pervertono le buone azioni delle potenze spirituali, co­ me, in questo caso, l'adatta creatività dell'ingegno, la discre­ zione razionale, la tenacia di memoria, errano. Ha designato dunque sette tipi di sofferenti nella vita peccaminosa: per pri­ mi gli invidiosi, dove disse QUELLI CHE ODIARONO I FRATELLI, [113] per secondi gli arroganti, dove disse o VESSARONO IL PA­ DRE, per terzi i negligenti, dove disse FRODE ECC. , per quarti gli impietosi, dove disse NÉ MISERO A PARTE, per quinti gli inca­ stanti, dove disse E COLORO CHE PER ADULTERIO, per sesti i per­ vicaci, dove disse E COLORO [CHE SI VOLSERO] ALLE ARMI ECC. , per settimi gli inetti. CHIUSI: awolti nel peccato. FORMA: qualità della pena. FORTUNA : genere di vita. MACI­ GNO: sforzo laborioso. DA RAGGI: da casi. DI RUOTE: di eventi fortunosi. Perché la fortuna è simile a una ruota girevole, da­ to che certuni li pone alla sommità, certuni in basso, altri li ro­ vescia dall'alto in basso, altri ancora dal basso li eleva in alto. Per questo [un poeta] disse: Mi glorio perché sono esaltato , discendo avvilito. Sono schiacciato dall' asse più in basso [di tutti] , vengo di nuo­ vo portato verso l' alto.

Perciò [la fortuna] è simboleggiata dalla ruota. PENDONO: so­ no incerti, come chiosa Macrobio. TESEO: la sapienza. INFELI­ CE: calamitosa. Infatti le miserie di questa vita tormentano moltissimo i filosofi, come risulta, stando a Boezio, dai casi di Socrate, Seneca, Anassagora, Canio, Sorano, nei quali [si ve­ de] come la sapienza è sempre aggredita da persone inique. FLEGIAS: la virtù come /legeon , ossia ardente; per questa ra­ gione la virtù, altrove, è detta ignea. MISERRIMO: perché ha questa caratteristica, sopportare ogni fatica. A [GRAN] VOCE: con l'istruzione. OMBRE: i beni terreni. IMPARATE: ecco l'esor­ tazione della virtù . I NUMI: virtù e scienze. HA VENDUTO: que­ sto è annotare esempi di virtù e anche di vizi. SE MAI AVESSI: dato che è proibito l'ingresso nel Tartaro a per­ sone pure, qui la Sibilla non fa progredire Enea. Con questo è

ligentia contemplantem spiritum, ne contaminetur, in malam vitam non sistit; pravorum tamen errores ei aperit. Et hoc est quod actenus Sibilla Eneam que sunt in Tartaro docuit. CEN­ TUM ORA: habet Sibilla quoniam centum prolatores habet in ­ telligentia. FORMAS: species. [114] VIAM: contemplationem. PERFICE: Quia enim agnovi­ sti que sunt in Tartaro, restat inquirere que sin t in Helisiis. ME­ NIA : Visibilibus peragratis, restat invisibilia perquirere et ideo dicit Sibilla se cernere celum , scilicet menia Ciclopum. Ciclo­ ps quasi policiculos, id est multitudo circulorem, dicitur. Per circulos enim qui fine sunt carentes et puncto indivisibili et immobili accedentes figurantur spiritus immortales et creato­ ri indivisibili et immutabili adherentes. Ciclops ergo, id est multitudo circulorum, est ordo spirituum; Ciclopes plures spirituum multitudines . Menia ergo Ciclopum sunt celi que sunt naturales regiones spirituum . CONSPICIO: Patent enim in ­ telligentie celestia. EDUCTA : ceteris altiora. CAMINIS: igneis ta­ bernaculis que sunt partes XII celi 325• Non enim solum zodia­ cum in XII a philosophis legimus divisum sed totum celum a polo australi usque ad articum. Unde australia et borealia si­ gna in aliis partibus dicuntur esse, vel ipse su pere stellares. ATQUE FORNICE: fornix est humanum cerebrum testudi­ neum. PORTAS, id est cellulas. Per has enim ut supradiximus ex­ cercendo ingenium, rationem, memoriam celestia contempla­ tione ingredimur. AVVERSO: Respicit capud ad celum . HEC UBI, id est in quibus portis, quia in cellula memorie. DONA: philo­ sophiam . PARITER: Socialiter enim incedunt. VIARUM: virtutum . MEDIUM: ipsam virtutem que est media hominum 326 et divina­ rum substantiarum . FORIBUS PROPINQUANT dum quedam inge­ nio inveniunt, ratione discernunt, memorie mandant. occu­ PAT: Occupat ADITUM dum exercet ingenium. CORPUS SPARGIT RECENTI AQUA dum se ipsum nova irrigat doctrina. Hec enim

dato capire che l'intelligenza non mette lo spirito contemplati­ vo a contatto con la vita peccaminosa, affinché non ne sia con­ taminato; piuttosto gli mostra gli errori delle persone inique. Ed è proprio per questo che fin qui la Sibilla ha spiegato a Enea le cose che sono nel Tartaro. CENTO BOCCHE ha la Sibilla, perché l'intelligenza ha cento modi di farsi sentire. FORME: specie. [114] VIA : discernimento. COMPI: infatti, dato che hai cono­ sciuto ciò che si trova nel Tartaro, resta da cercare quanto sia negli Elisi. MURA : percorsi gli spazi visibili, restano da vedere quelli invisibili, e pertanto dice la Sibilla di vedere il cielo, os­ sia le mura dei Ciclopi. Il Ciclope è detto come policiculos, os­ sia moltitudine di cerchi. Con i cerchi privi di una fine e che scorrono su un punto indivisibile e immobile sono raffigurati infatti gli spiriti immortali che si accostano al creatore indivi­ sibile e immutabile. Dunque il Ciclope, ossia una moltitudine di cerchi, è l'ordine degli spiriti, più Ciclopi [rappresentano] la moltitudine degli spiriti. Pertanto le mura dei Ciclopi sono i cieli, regioni naturali degli spiriti. DISTINGUO: infatti le realtà celesti si rivelano all'intelligenza. COSTRUITE: più alte delle al­ tre. CON CAMINI: con fucine di fuoco che sono le dodici parti del cielo. Infatti non dividiamo solo lo zodiaco in dodici [par­ ti] , stando ai filosofi, ma tutto il cielo, dal polo australe all' ar­ tico. Perciò si dice che i segni [zodiacali] australi e boreali o le stesse costellazioni siano in diverse parti. E LE PORTE AD ARCO: la porta ad arco è il cervello umano convesso. PORTE, ossia camerette. Infatti per loro tramite, co­ me si è detto, ponendo in esercizio ingegno, ragione, memo­ ria, ci avviciniamo a contemplare le cose celesti. DI FRONTE: il capo è rivolto al cielo. QUESTE) DOVE: ossia in queste porte, va­ le a dire nello spazio della memoria. I DONI: la filosofia. PARI­ MENTI: infatti procedono di comune accordo. DELLE VIE: delle virtù. [SPAZIO] IN MEZZO: la stessa virtù che è intermedia tra gli uomini e le sostanze divine. PERVENGONO ALL)ENTRATA: quan­ do trovano qualcosa con l'ingegno, l'analizzano con la ragio­ ne, la serbano nella memoria. OCCUPA : occupa l'INGRESSO in quanto esercita l'ingegno. COSPARGE IL CORPO DI VIVA ACQUA: in quanto irrora se stesso di nuovo sapere. Queste [due] cose 253

iungenda sunt, [115] scilicet ingenii exercitium et doctrine eru­ dimentum. Unde Horatius: N atura fieret laudabile carmen an arte quesitum est 327•

Sed quia sequitur ingenii inventionem memorie mandatio, ad­ dit RAMUM: philosophiam . ADVERSO LIMINE: cellula postica 32 8 .

INSCIUS ENEAS QUE SINT EA FLUMINA PORRO: Flumina longe sunt remota. LETHES: Lethes vero senectutem designat 329. Senectus alia viridis, alia decrepita. In viridi adhuc habetur memoria; in decrepita omnino ammittitur. Senectutem itaque decrepitam significat Lethes. QUE LUCIS MISERIS TAM DIRA CUPIDO EST? DICAM EQUIDEM ETC. : Videndum est animas et debere et posse et velle. Debent quia sunt creature creatoris et debent ei obedire et ipse vult. Illas incorporari ergo debent. Possunt quia eterne sunt et om­ nia possunt. Ergo et hoc possunt. Volunt quia potaverunt ex Letheo flumine. Hec enim iterum incorporari nollent nisi prius miserias prius habitas oblivioni traderent. Animam vero ex Letheo flumine bibere nil aliud est guam animam existen ­ tem incorporari. Stella descendit per planetas in corpus et in uno quoque pianeta aliquid divinitatis sue ammittit 33 0 . PRINCIPIO CELUM ETC. : Hic innuitur anima divino spiri tu re­ gi, sed queritur cum omnia alia regantur equaliter divino spi­ ritu qualiter non omnia sint eiusdem capacitatis 33 1 . Ad quod respondetur: Mole corporis id efficiente, anime sunt eiusdem capacitatis, sed quedam magis tarda, quedam minus; sed se­ cundum hoc se habent quod etiam in uno et eodem corpore multociens 332 apparet. Idem enim corpus n un c est sanum, nunc egrum et secundum hoc se habet vel tardius vel mobi-

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infatti, ossia l'esercizio dell'ingegno e l'erudizione dottrinaria, [115] devono andare sempre insieme. Perciò Orazio [scrive] : Ci si chiede se l'opera di un poeta ottenga pregio per arte naturale o per capacità acquisite.

Ma poiché la memorizzazione tiene dietro alle scoperte del­ l'ingegno, aggiunge RAMO, [indicando] la filosofia. ALLA POR­ TA OPPOSTA: alla stanza posteriore.

ENEA IGNARO SUBITO [CHIEDE] QUALI SIANO QUEI FIUMI: i fiumi sono molto lontani. LETE: il Lete, invero, designa la vecchiaia. Esiste una vecchiaia vivace e un'altra decrepita. In quella vi­ vace si mantiene ancora la memoria, in quella decrepita si per­ de del tutto. Pertanto il Lete significa la decrepitezza. COS'È MAI QUESTA BRAMA FUNESTA DEL GIORNO? TE LO DIRÒ IO STESSO ECC. : bisogna considerare che le anime devono, pos­ sono, vogliono. Devono perché sono esseri del creatore e gli de­ vono l'obbedienza che richiede. Pertanto devono incarnarsi. Possono dato che sono eterne e capaci di ogni azione. Dunque possono anche questo. Vogliono perché bevvero dal fiume Le­ te. Infatti De anime] non possono incarnarsi nuovamente se pri­ ma non dimenticano le precedenti miserie. Il fatto che l'anima beve dal fiume Lete non significa altro che l'anima esistente è incarnata. Tramite i pianeti una stella porta i suoi influssi nel corpo e in ognuno di essi riverbera qualcosa della sua divinità. DAPPRIMA IL CIELO ECC. : qui si accenna al fatto che l'anima è retta da uno spirito divino, ma ci si chiede, visto che ogni al­ tra cosa è organata da quello in modo giusto, perché ciascuna anima non abbia le medesime capacità. A questo si risponde così: per effetto della massa corporea, le anime sono della stes­ sa capacità, ma una è più lenta [nell'operare] , un'altra meno; ma le anime si conformano a questo [principio] , che spesso ri­ corre anche in un solo e medesimo corpo. Difatti uno stesso corpo ora è sano, ora è malato e, in relazione a ciò, si mostra 255

lius; similiter et anima. Iterum queritur cum anime sunt eter­ ne et omnia possint qualiter paciantur contagium. Ad hoc re­ spondetur ita: Aliud est pati ex se; aliud ex alio. Paciuntur [II6] contagium anime, non ex se, sed ex corpore veluti can ­ dela quantum ex se clara est ponatur in obscuro loco et mi­ nuetur eius claritas. Iterum queritur cum anima lucida sit et clara ex sui natura qualiter puniatur post separationem a cor­ pore quod sic solvitur. Ex coniugatione anime et corporis multa contagia concrescunt et oportet omnino ut anima pu­ niatur ad hoc ut mundetur; quemadmodum statua si proiecta fuerit in paludem, oportet eam lavari ut munda sit. vel tota vel ex magna parte ammittitur quod evidentibus exemplis probare possu­ mus. Messala enim rex ictu lapidis capite lesus prorsus me­ moriam litterarum amisit. Corvinus quoque Romanus tanta vehementia egritudinis afflictus est quod etiam proprii nomi­ nis memoriam perdidit et omnes alios sensus integros habuit, extincta tamen memoria 333. Sic, inquam, scientia memorie postibus affixa, tandem Eli­ sios ingredi meruit. Elisios vero resolutio dicitur 334 quia, fini­ to magistrali timore et discendi studio, tranquilla et quasi re­ saluta vita animo ducitur. Vel aliter de ramo dicamus ut per Proserpinam luna intelligatur subtus guam quecumque con ­ tinentur sunt mutabilia et caduca. Ad hec percipienda vel per­ petienda Eneas dum ascendisset animi consideratione, tan ­ dem ramum aureum postibus Proserpine defixit quia dum usque ad lunam hec consideratio pervenisset, vidi t i bi termi­ nari et finem habere ea de quibus homo plenus anime scire et fari posset. Illa tamen que super lunam sunt non solum homi­ nis eloquentiam verum etiam hominis scientiam [II?] exce­ dunt. Ibi Elisii sunt, id est campi solares et lucidi vel perpetua tranquillitas.

più esitante o più mobile; e proprio così fa l'anima. Poi ci si chiede, essendo eterne le anime e capaci di ogni azione, come mai possano patire un influsso pernicioso. A questo si rispon ­ de così: altro è patire per proprio conto, diverso se ciò avvie­ ne per colpa altrui. Le anime [116] patiscono cattivi influssi non da se stesse, ma dal corpo, non diversamente da una can ­ dela, di per sé splendente, che, se viene posta in luogo oscu­ ro, ne viene sminuito il lume. Poi ci si chiede perché, essendo l'anima per sua natura tersa e limpida, sia punita dopo la se­ parazione dal corpo; fatto a cui si risponde in tal modo. Dal­ la simbiosi di anima e corpo si sviluppano assieme molte mal­ vagie affezioni e occorre assolutamente che l'anima subisca una punizione per emendarsi; allo stesso modo una statua get­ tata in un pantano occorre che sia lavata per renderla pulita. si può perdere tutta o in gran parte, cosa che possiamo comprovare con precisi esempi. Infatti il re Messala, ferito alla testa da un colpo di pie­ tra, perdette il ricordo della parola. Anche il romano Corvino venne colpito da una malattia così grave che smarrì anche il ri­ cardo del proprio nome, pur mantenendo, scomparsa la me­ moria, integri tutti gli altri sensi. Così, aggiungo, consacrato il sapere della memoria alle por­ te dei campi Elisi, [Enea] finalmente meritò di entrarvi. Que­ sti campi poi sono definibili come risoluzione, perché, termi­ nato il rispetto verso la guida e lo studio, [Enea] conduce con l'anima [razionale] una vita tranquilla e [ormai] risolta. Ma di­ ciamo qualcosa di più sul ramo [d'oro] e perché attraverso Proserpina sia indicata la luna, al di sotto della quale tutte le realtà appaiono mutevoli e caduche. Enea, mentre col discer­ nimento si apprestava a capire e a sopportare tali cose, alla fi­ ne affisse il ramo d'oro alle porte del regno di Proserpina, per­ ché quando quel suo discernimento giunse fino alla sfera lu­ nare, vide proprio lì terminare e aver fine tutto ciò di cui pote­ va aver cognizione e parlare un uomo animoso. Al contrario, le cose che sono al di là della sfera lunare superano non solo l'e­ loquenza umana, ma anche la [II?] scienza. Lì sono i campi Eli­ si, cioè i campi illuminati e limpidi, ossia la pace perpetua. 257

SOLEMQUE SUUM, id est sibi convenientem quia i bi non tan ­ tum fervorem exercet quantum aput nos cum ibi sit ether li­ quidissimus et nulla soliditas . Sol enim magis in solida corpo­ ra vim caloris exercet quam in liquida. Quod bene in aqua et terra, lapidibus et lignis notari potest. Cum enim in estate flu­ vius aliquis fervore incalescat, lapides qui in fundo iacent, li­ cet remotiores sint a sole quam aqua, tamen quia solidiores sunt, magis calescunt. PARS IN GRAMINEIS: Per hoc quod dicit hec diversa officia ibi exerceri fidem notat antiquam quia per has huiusmodi ar­ tes posse ad requiem pervenire putabant vel secundum quod hic vixerunt illam illic remunerabantur. OBLOQUITUR: Duo sunt in anima, intellectus scilicet et affectus; duo in voce que hiis duabus obiciuntur, id est respondent, significatio scilicet et melodia, et significatio quidem obloquitur intellectui, me­ lodia vero affectui. NUMERIS, id est musica consonancia. Sep­ tem discretas voces et consonanciam musice denotat etiam secundum fabulam quod prius ore cantavit; dehinc cithera personuit. PECTINE: Plectro. Vel clavos quibus corde exten ­ duntur vocat pectinem quia in modum pectinis ordinanti di­ spositi sunt. MELIORIBUS quam posteri. SUPERNE: alte versus superos. Ideo aput infernum oriri Heridenus dicitur quia ab infero mari Italie oritur et flui t ad superum 335• HIC MANUS, id est multitudo 336• ET PHEBO DIGNA : [118] Hoc dicit respectu il­ lorum qui finxerunt se spiritum habere divinandi. MERENDO, id est meritis. MUSEUM: Museus dominium excelsius interpretatur, id est sol. Nil enim adeo preclarum hominibus est concessum. ME­ DIUM quia ipse quasi medius inter planetas et cetera sidera quecumque in eum omnem suum calorem fundunt extat et huius ducatu Eneas patrem patrie invenit quia dum vidit om­ nia illuminari et calore procreari, perpendit hoc per se ita non posse fieri sed aliquo creatore ita destin ari. N am creator po-

UN PROPRIO SOLE: ossia adatto a sé, dato che lì non si svi­ luppa tanto il calore come avviene da noi, essendovi un etere fluidissimo e mancando ogni elemento di concretezza. Il sole, infatti, fa sentire la canicola più nei corpi solidi che non nei fluidi, cosa che si può osservare bene in acqua e in terra, nel­ le pietre e nel legno. Infatti d'estate quando un fiume s'intie­ pidisce per i raggi solari i ciottoli che giacciono sul fondo, ben­ ché siano più lontani dal sole rispetto all'acqua, tuttavia, per­ ché più solidi, si riscaldano maggiormente. PARTE IN ERBOSE [PALE5TRE] : nel dire queste cose nota che in quel luogo una fede antica spingeva [le anime] a esercitare di­ verse gare, dato che con tali arti [sportive] credevano di giunge­ re alla pace, oppure, in relazione a quanto vissuto [in questa vi­ ta] , tentavano di restaurarla. COMPONE: nell'anima vi sono due [componenti] , l'intelletto e l'affetto, e due nella voce che corri­ spondono alle precedenti, ossia le rispecchiano, vale a dire il si­ gnificato [delle parole] e la loro melodia; la prima componente intreccia un colloquio con l'intelletto, la seconda con l'affetto. [COMPONE] SUI [SETTE] TONI: ossia con armonia musicale. Indica le sette note intonate e la consonanza musicale, anche in relazio­ ne alla canzone che prima intonò vocalmente, poi suonò con la cetra. COL PETTINE: col plettro. Oppure chiama pettine i bische­ ri con cui si tendono le corde [della cetra] , dato che sono dispo­ sti al modo di un pettine per chi li accorda. IN [TEMPI] MIGLIORI dei successivi. DALL)ALTO: in alto verso i numi. Per questo si dice che l'Erìdano abbia le sue sorgenti presso l'inferno, perché na­ sce dal mare meridionale d'Italia e fluisce nel settentrionale. QUI LA SCHIERA : ossia la moltitudine. E [CARMI] DEGNI DI APOLLO [rr8] : dice questo per riguardo a coloro che immaginarono di posse­ dere uno spirito profetico. MERITANDO: ossia per meriti. MUSEO: Museo è interpretato come il più eccelso signore, os­ sia il sole. Infatti non è concessa agli uomini una cosa più splen­ dente. MEDIO: perché egli è sito quasi al centro tra i pianeti e le al­ tre stelle, che in lui trasfondono il loro calore, e con la sua guida Enea ritrova il padre della patria [celeste] , perché quando capì che il tutto è illuminato e procreato dal calore, valutò che questo [fenomeno] non può avvenire di per sé, ma è voluto così da un 259

test a creatura cognosci. ILLIUS ERGO, id est causa illius. No­ men indeclinabile 337. NULLI CERTA , id est privata domus sed communiter habitamus . A T PATER ANCHISES interpretatur unus pater inhabitans per quem deus 33 8 intelligitur qui solus inhabitator omnium est. Qui penitus in convalle fuit quia quidem sit humano intellec­ tui quantumvis perspicaci investigabilis et incomprehensibilis est. Unde postea dicit TER CONATUS [. .. ] DARE BRACHIA CIRCUM, sed ipse evanuit quia hominis non est scire quid sit deus. Sed ut Augustinus dicit, sufficit scire quid ipse non sit 339 . Si enim scierent quid esset, venerabilis non esset. Nam quod ratione comprehendi poterit nulla admiratione dignum eri t. FATAQUE: Tria hic notat quibus hominem posse fieri beatum credebant: fatum predestinationem; fortunam, id est casum; virtutem 340 . QUAM METUI ne ibi retinereris a viciis. TRISTIS: severa. STANT SA­ LE: Non quesita a se respondet, sed in hoc magnus affectus no­ tatur patris, quem habuerat erga patrem 341. PORRO: id est lon ­ g e ita remota. LONGA OBLIVIA preteritorum e t [119] futurorum. QUO MAGIS MECUM LETERIS. PRINCIPIO CELUM ETC. : lnterrogatus Anchises quare tanto opere anime vellent redire ad corpo­ ra 34\ incipit ex alto dicens omnia ex quattuor elementis con ­ stare: terra, a qua, igne, aere. Ex qui bus omnibus mixtis in era­ tere togaton 343, ille summus, omnia creavi t in suo ordine. No­ vissime autem ex illius commixtionis pura parte animam crea­ vit et in sua sede omnes animas ab initio creatas et simul loca­ vit, id est in circulo lune, ut ibi purgarentur ex sordibus sibi inherentibus ex illa commmixtione. Secundum autem quod homines nascuntur, deus cuique corpori suam animam de­ mittit, et poete dixerunt non aliud esse infernum quam hoc corpus. In hoc enim anima quasi tenebroso carcere clausa cor­ poreis vitiis polluitur et sordes attrahit. PRINCIPIO CELUM pro aere hic ponitur et ethere. CAMPOSQUE LIQUENTES, id est planities marium. LUCENTEMQUE GLOBUM LU-

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qualche creatore. Infatti il creatore può essere conosciuto dalla creatura. PER LUI DUNQUE [VENIMMO] : vale a dire per sua causa. La voce risulta non declinabile. NESSUNO DI NOI HA UNA STABILE SEDE: ossia una sede privata, ma abitiamo in luoghi comuni. MA IL PADRE ANCHISE: s 'interpreta come l'unico padre che abbia sede, attraverso lui s'intende Dio, che è il solo abitante di tutto. Costui è sito ben addentro la convalle, dato che per quan­ to sia investigabile all'intelletto umano più perspicace, resta ineffabile. Per tale ragione dopo dice PER TRE VOLTE [. .. ] TENTÒ DI ABBRACCIARLO, ma nondimeno sfuggì perché non è alla por­ tata dell'uomo conoscere cosa sia Dio. Ma, come dice Agosti­ no, basta sapere che cosa Dio non è. Se pur si conoscesse la sua natura, non sarebbe da rispettare. Difatti ciò che è accessibile alla ragione non è degno di alcuna ammirazione. E I FATI: qui nota le tre possibilità con le quali credevano che l'uomo potes­ se divenire beato: il fato come predestinazione, la fortuna, os­ sia il caso, la virtù. QUANTE VOLTE EBBI PAURA: che non fossi trat­ tenuto lì dai vizi. TRISTE: severa. HO LASCIATO NEL MARE: non ri­ sponde alle domande rivoltegli, ma in questo punto si sottoli­ nea il grande affetto che il padre aveva avuto per lui. LONTANO: ossia posti così lontano. LUNGHI OBLII: delle cose passate [119] e delle future. PERCHÉ TU POSSA ANCOR PIÙ RALLEGRARTI MECO. DA PRINCIPIO IL CIELO ECC. : Anchise, interrogato sul perché con tanto zelo le anime volessero ritornare nei corpi, inizia dall'ori­ gine, dicendo che ogni cosa consta di quattro elementi: terra, acqua, fuoco, aria. Da tutti questi, mescolati in un cratere, quel sommo bene creò ogni essere in modo preordinato. Da ultimo poi dalla parte pura di quella miscela creò l'anima, e tu t te le ani­ me create all'inizio le collocò assieme nella loro sede, ossia nel cielo lunare, perché si purgassero dalle scorie ancora presenti di quella mescolanza. A mano a mano che nascono gli uomini, Dio fa discendere in ciascun corpo la propria anima, e i poeti dissero che l'inferno non era altro che questo corpo. Infatti l'a­ nima, quasi racchiusa in questo tenebroso carcere, è macchia­ ta dai vizi corporei e attira sordidezze. DA PRINCIPIO IL CIELO: qui è detto al posto dell'aria e del­ l'etere. E I LIQUIDI CAMPI: cioè la superficie del mare. E IL LU-

NE TITANIAQUE ASTRA: Aut solem vel stellas dici t qui unus era t gigantum et de Titanibus 344. SPIRITUS INTUS ALIT, scilicet divi­ nus, et unum est sive mentem sive animam sive dicat spiritum. INTUS ALIT, id est vegetat. INFUSA PER ARTUS quia nulla pars ele­ menti sine deo est. PER ARTUS, id est elementa que sunt mem­ bra mundi. MENS AGITAT MOLEM, id est magnitudinem mundi circumducit divinus spiritus aut anthitosis fit figura illa pro corpori ubi dici t 345 MAGNO SE CORPORE MISCET. INDE HOMINUM, id est de quattuor elementis 346 quantum ad corpus. VITEQUE, quantum ad vitam anime. ET CELESTIS ORIGO: Idemque supra diximus. In tantum hominibus enim pars divinitas viget, id est in quantum sinit corporum qualitas 347. [120] TERRENIQUE EBETANT ARTUS MORIBUNDA QUE MEM­ BRA : morienti similia, id est semper moriencia quia in eodem statu numquam permanent, sed aut crescunt aut minuun­ tur 348 . HINC METUUNT, id est ex corporea coniunctione et he­ bitudine. Varro enim ut alii philosophi quattuor passiones anime, duas a bonis rebus opinatis, duas a malis rebus opinatis 349 . N am dolere et timere due vero hone, opinati sunt, gaudere scilicet et cupere; prima presentis, se­ quens futuri est. NEQUE A URAS: celestem et puram earum na­ turam, guam auram dicit. Quia coherent corporeis delecta­ tionibus, oblivis cuntur quia sunt in corpore quasi in carce­ re ceco clause: p ropria corporis diffinitio et comparatio . QUIN ET SUPREMO quia occurrit eas mox debere reverti in suum priorem statum et dicit non posse hoc: que enim diu sunt coniuncta se fortius tenent et trahunt reliquias sordium antiquarum 35 0 . NON TAMEN OMNE: [cadit] Cedit quidem , sed non omne 351 . CONCRETA , id est coniuncta et conglutinata. INOLESCERE, id est con crescere. ERGO EXERCENTUR PENIS quia

CENTE GLOBO DELLA LUNA E L)ASTRO TITANIO: indica il sole o le stelle, dato che il primo era uno dei Giganti e discendeva dai Titani. LO SPIRITO ANIMA DENTRO: s'intende divino, ed è sem­ pre lo stesso, che lo si chiami mente, anima o spirito. ANIMA DENTRO: ossia fa vivere. [UNA MENTE] INFUSA PER GLI ARTI: per­ ché nessuna parte del creato è senza [traccia di] Dio. PER GLI ARTI: per le parti elementari, che sono le membra del mondo. UNA MENTE AGITA LA MASSA : owero lo spirito divino abbraccia la grandezza del mondo, oppure ricorre alla figura dell 'antip­ tosi, scrivendo " con il corpo" invece di " al corpo" dove dice CON IL GRANDE CORPO SI UNISCE. DA QUI [PROVIENE IL NASCERE] DEGLI UOMINI: cioè dei quattro elementi in relazione al corpo [umano] . E DELLA VITA: quanto alla vita dell'anima. E LA CELE­ STE ORIGINE: proprio la stessa cosa si disse prima. Infatti la par­ te divina degli uomini si manifesta in una data misura, ossia quanto lo permette la qualità dei corpi. [120] NÉ LI OTTUNDONO ARTI E MEMBRA MORIBONDE: simili a un morto, ossia sempre moribonde, perché non restano mai in una stessa condizione, ma o aumentano o scemano. PERCIÒ TEMONO: ossia per il rapporto stretto col corpo e la [sua] de­ bolezza. Varrone infatti , come altri filosofi, che vi quattro passioni nell'anima, due destate da buoni propo­ siti, due da cattivi. Invero dolore e timore , buone inve­ ce due altre, a quanto dicono, gioia e desiderio, la prima vol­ ta al presente, il secondo al futuro. NON [SCORGONO] IL CIELO: la loro celeste e limpida natura, che definisce aura. Poiché [le anime] si uniscono ai diletti fisici, dimenticano, dato che sono chiuse quasi in un cieco carcere: giusta definizione e parago­ ne per il corpo. E ANCHE CON L) ULTIMA [LUCE] : poiché awiene che [le anime] devono ritornare nel loro precedente stato, di­ ce che questo non è possibile: quelle infatti che più a lungo so­ no state unite [al corpo] resistono con più forza e portano tracce degli antichi peccati. NON [SI SRADICA] TUTTAVIA OGNI [MALE] : [cade] cede, ma non interamente. [VIZI] INDURITI: os­ sia congiunti e insiti. GERMOGLIARE: ossia crescere assieme. DUNQUE SONO TORMENTATE DA PENE: perché, lasciato il corpo,

deposito corpore sordes supersunt. Ergo penis torquentur, se d non equis 352• Aliter PRINCIPIO CELUM: Ostendit quod possint denuo in­ corporari quia anime immortales sunt, ubi dicit eis esse cele­ stem originem. Ostendit etiam quod velint quia de Letheo flumine biberunt et obliviscuntur preteritorum malorum et non timent futura. CELUM, id est aerem . LIQUENTES CAMPOS: [r2r] planitiem aquarum . TITANIAQUE ASTRA : Etherem dicit. SPIRITUS: Hic innuit animam que omnia vivificat et vegetat. Sciendum est quod nomen substantie est spiritus. Anima ve­ ro dicitur ab officio quia ex quo aliqua divinus spiritus qui semper erat animabat, ab hoc officio anima dicitur. Unde et Plato et alii philosophi dicunt eam creatam, scilicet quia res creatas vivificat et in hiis operatur 353• Mens vocatur quando meminit; animus quando discernit; anima quando anim at. MOLEM, id est magnitudinem quattuor elemento rum et que ex hiis procreantur. MAGNO [. .. ] CORPORE: pro " corpori " , id est mundo 354• SEMINIBUS, id est animabus. Plato enim dicit quod deus calodemonibus postquam fecerit corpora sementem de­ derit hominem, animam a se ut digniorem partem creatam 355• Hic queritur, cum eadem omnia anima vivificat, cur non easdem vires equaliter in omnibus exerceat. Unde subdit quod hoc solvit: «quantum non noxia corpora tardant». Cor­ pus enim asini non esset tam aptum guam corpus humanum nec humanum tam aptum ut celeste corpus ut anima tantam suam vim posset exercere. Nam sicut leo inclusus in lacu im­ peditur ne possit talia perpeti acer qualia in aperto campo, nec tamen vires proprias ammittit; ita anima, quantum ad sui naturam semper eandem vim habet in quolibet corpore, licet gravedine et inhercia impedita, in eo non exerceat hoc, scili­ cet quod corporibus agravatur 356• Quattuor passiones patiuntur de presenti et futuro. NEC RESPICIUNT A URAS, id est non atten-

sopravvivono le iniquità. E dunque sono tormentate da pene, ma non eguali. Con diversa esegesi DA PRINCIPIO IL CIELO: mostra che pos­ sono nuovamente incarnarsi, perché le anime sono immorta­ li, dove dice che hanno un'origine celeste. Indica pure che co­ sa desiderino dopo che hanno bevuto dal fiume Lete e di­ menticano i mali passati e non temono quelli futuri. CIELO: os­ sia l'aria. LE LIQUIDE DISTESE: [r2r] la superficie delle acque. E L)ASTRO TITANIO: indica l'etere. SPIRITO: qui accenna all'anima [del mondo] che vivifica e fa germinare ogni cosa. È da sa persi che il nome di tale sostanza è spirito. Infatti è detta così, ma dall'ufficio [che svolge] , perché il divino spirito eterno che da­ va vita a tante cose proprio da questa funzione si definisce ani­ ma. Perciò Platone e altri filosofi la dicono creata, dato che vi­ vifica le cose create e con queste agisce. È chiamata mente quando ricorda, animo quando discerne, anima quando ani­ ma. MASSA : ossia la grandezza dei quattro elementi e le cose che ne sono procreate. AL GRANDE [. .. ] CORPO: al posto di " al corpo " , cioè al mondo. NEI SEMI: vale a dire le anime. Platone infatti dice che Dio, dopo che fece i corpi con l'aiuto dei de­ moni buoni, abbia dato il seme all'uomo, l'ani­ ma, da sé creata come parte migliore. A questo punto si chiede, dato che una stessa anima [del mondo] vivifica tutto, perché non mostri la medesima forza [vitale] in ogni essere. Suggerisce, comunque, quanto risolve il problema: «finché non li gravano corpi nocivi». Infatti il cor­ po dell'asino non è strutturato tanto come quello dell'uomo, e questo non è formato al pari di uno celeste perché l'anima vi possa manifestare tutta intera la sua forza. Come quando un leone chiuso in una fossa è impedito a compiere - essere cru­ dele - tali efferatezze quali può fare in campo aperto, ma non per questo perde le proprie forze, così l'anima, riguardo alla propria natura, ha sempre la stessa forza in ogni corpo, per quanto impedita dal peso e dall'inerzia [corporale] , e non la esercita proprio in quanto gravata dal corpo. sopportano quattro pas­ sioni relative al presente e al futuro. NON SCORGONO IL CIELO:

dunt naturalem claritudinem ut clause ceco et vicioso carce­ re corpor1s. QUIN ET SUPREMO: quasi diceret: Non salurn in corpore ita obfuscantur [122] sed etiam post solutionem corporis a tabe illa non sunt immunes quam de corporeis viciis contraxerunt. Necesse est enim dum manent in corpore multas viciorum sordes eis inolescere que miris modis concrescunt. Quasi di­ ceret: Mirar unde eis hoc accidere possit vel quomodo conti­ gerit. De hoc Virgilius ut gentilis nescivit causam reddere 357, scilicet unde hanc labem, scilicet a corpore, traherent. Sed sciendum quod [quia] corpus adeo amant quod consentiunt omnibus que cupit, et ipse maculantur et puniuntur, ut divi­ ni volunt. ERGO: Quando quidem post mortem non excidunt ab eis omnes pestes , igitur penis exercentur. Que tribus modis fiunt vel in aere vel aqua vel igne 35 8 • QUISQUE suos PATIMUR MANES: suos, id est proprios: hoc est, quisque secundum hoc quod meretur, infernali pena punitur. Sciendum quod dicit ut poeta multa miranda, sed non omnia credenda 359• Si enim luculente sue sapientie quedam caliginosa et falsa aliquando non interseruisset, paganus non esset. Nulli enim omnia ve­ ra nosse vel dixisse contingit nisi cui sol veritatis et lumen fi­ dei illuxit. Unde quod laudandum hic dixerit probetur; quod autem philosophice et false respuatur. DONEC LONGA DIES PERFECTO TEMPORIS ORBE, scilicet antequam intremus Elisium et RELIQUIT PURUM ET ETHERIUM SENSUM, id est spiri­ turo , scilicet dum sumus in Elisiis. ROTAM, id est tempus vo­ lubile quod in se reciprocatur. Quasi circulus redit 3 60 • DEUS, scilicet Mercurius. ILLUSTRES: Nomen est notitie non virtutis quia meretrices dicimus esse illustres, id est male famosas. EXPEDIAM: Hic no­ tat reges Albanos quorum [123] quosdam etiam hic nominat, sed non ilio ordine 361 quo ip si regnaverunt hic poni t, sed sicut

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ossia non attingono la chiarezza naturale, dato che sono ani­ me chiuse nel cieco e vizioso carcere del corpo. E ANCHE QUANDO CON L'ULTIMA [LUCE] : è come se dicesse: non solo le anime si degradano nel corpo, [r22] ma, anche do­ po la morte, non sono immuni da quella corruttela che con ­ trassero dai vizi corporali . Infatti è inevitabile, mentre per­ mangono nel corpo, che germoglino in loro molte macchie vi­ ziose, destinate a svilupparsi in modo incredibile. Vale a dire: mi stupisco come ciò sia potuto accadere loro e come capiti. Virgilio, da pagano, non seppe identificare le cause del feno­ meno, ossia donde - dal corpo - traessero tale vizio. Ma biso­ gna sapere anche che amano il corpo a tal punto da accon ­ sentire a tutto quanto esso desidera, e proprio per questo so­ no contaminate e punite, come esige la divinità. DUNQUE: dal momento che dopo la morte non scompaio­ no da loro tutti i vizi, allora [le anime] vengono tormentate dalle pene. Queste avvengono in tre modi, o in aria o in acqua o nel fuoco. CIASCUNO SOFFRE I SUOI DEMONI: suoi, ossia propri; cioè ciascuno, secondo quanto ha meritato, è punito dalla pe­ na infernale. Bisogna sapere che [Virgilio] dice, come poeta, molte cose da apprezzare, ma non tutte da credere. Se infatti alla sua vasta cultura non aggiungesse talora alcune teorie in­ certe e false, non sarebbe pagano. Invero a nessuno toccò in sorte di aver conosciuto la verità o di averla detta, se non a co­ lui che sia stato illuminato dal sole del vero e dal lume della fede. Pertanto si deve acconsentire a quanto di lodevole ha detto, respingendo al contrario ciò che vi è di filosofico e di falso. FINCHÉ UNA LUNGA STAGIONE, COMPIUTO IL CICLO DEL TEMPO: vale a dire prima di entrare nell'Elisio. LASCIA IL PURO E L'ETEREO SENSO: cioè lo spirito, ossia mentre siamo nei cam­ pi Elisi. RUOTA: vale a dire il tempo mobile, che ritorna su di sé al pari di un cerchio. DIO: cioè Mercurio. [ANIME] FAMOSE: il termine designa la notorietà, non il valo­ re etico, dato che diciamo famose persino le meretrici, ma in senso negativo. [TI] SVELERÒ: qui indica i re di Alba, e ne [123] nomina alcuni; ma non li pone in quell'ordine nel quale ebbero il regno, ma come apparivano in quanto anime, vale a dire co-

anime ibi apparebant, scilicet ut erant digniores. PURA [. . . ] HA­ STA, id est sine ferro 362 quia illis qui aput antiquos aliquod in­ signe faciebant talis hasta dabatur. : Occiso Enea secundum veritatem vel submerso secundum fabulam, in anima timens Ascanium privignum suum fugit et in silva tempore sui partus latuit filiumque peperit quem ideo Silvium nominavit quia in silva natus fuit. QUEM TIBI POSTUMA PROLES, id est qui post humationem tuam nascitur. Consolatur ubi di­ cit TIBI LONGEVO, id est deificato quia evum tantum ad deos pertinet. ET QUI TE NOMINE REDDAT: lste filius ab Enea septi­ mus regnavit aput Albam . Sciendum est autem quod hoc no­ men Silvius tunc generale fuit a primo, sicut Tholomeus Egip­ tiorum et sicut adhuc [quibus] Romanorum imperator voca­ tur Augustus 363 et SI UNQUAM REGNANDAM qui a more regio adhuc puer pedagogum et tutorem, scilicet vite dominum, ha­ buit qui in sua potestate regnum quinquaginta annis tribus obtinuit 364, a quo vix extorsit. CNILI, id est civica. Due enim erant, muralis et civica. Muralis dicebatur illa cum aliquis pri­ mus murum ascenderet et ad huius rei insigne querna fronde post memoriam coronabatur; civica vero cum quis civem ab hoste liberavit. Quercu vero ideo coronabantur quia auxilium et tutamen suis erant sicut quercus quondam per glandes ho­ mines pascebat 365. HII COLLATINAS: Quod Superbus Tarqui­ nius postea feci t, scilicet opidum Collatinorum factum de col­ lata 366, id est communi pecunia. [r24] INUIUS: Pan lingua Ar­ chadum ubi colitur deus Inuius vocatur367. GEMINE: Per hoc eum excusat, quasi diceret fatatum fuit eum regnum fratris ha­ biturum . ET PATER IPSE, id est Mars, iam signat illum super­ bum, id est sublimem, vel ad superos venturum per duas cri­ stas. IMPERIUM: Quam latum est regnum totius terre, tam la­ tum erit tuum imperium et in tantum dilatabitur 368 . ANIMOS quia Romulus deificabitur et multi alii. SEPTEM [. . . ] ARCES, id

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me erano più degni. PURA [. . .] ASTA: cioè senza [punta di] ferro, dato che veniva data una tale asta a quelli che, presso gli antichi, facevano qualcosa di insigne. : ucciso Enea, come dice la storia, o scomparso nell'acqua secondo il mito, ti­ morosa di Ascanio, suo figliastro, [Lavinia] fuggì e si nascose in una selva, all'epoca del suo parto, e generò un figlio, che chiamò Silvio perché lì dato alla luce. QUESTI TUA POSTUMA PROLE: ovve­ ro che nasce dopo la tua inumazione. Arreca consolazione do­ ve dice A TE LONGEVO, ossia deificato, perché l'evo riguarda so­ lo gli dei. E CHE TI RINNOVERÀ NEL NOME: questo figlio, il settimo da Enea, regnò su Alba. Bisogna anche sapere che questo nome Silvio fu allora esteso [ai successori] dal primo [re] , come Tolo­ meo fra gli Egiziani, e come tuttora l'imperatore dei Romani è chiamato Augusto. SE MAI OTTERRÀ DI REGNARE: perché secon­ do il costume dei re ancora bambino ebbe un pedagogo e un tu­ tore, ossia un maestro per l'esistenza, che tenne per cinquanta­ tre anni il potere, dal quale a fatica [Enea Silvio] lo estromise. [DAL PREMIO] CIVILE: ossia dalla corona civica. Ve n'erano infat­ ti due [di corone] , quella murale e quella civica. Era detta mu­ rale quella di cui era insignito colui che per primo scalasse le mu­ ra [nemiche] , ed era incoronato per ricordo di quell'atto con la fronda di quercia; civica, invece, era quella [corona] data a chi liberasse un cittadino dal nemico. Invero s'incoronavano con la quercia perché aiutavano e tutelavano i loro concittadini così come una volta la quercia nutriva gli uomini con le sue ghiande. QUESTI [TI ERIGERANNO LE] ROCCHE COLLATINE: cosa che Tarqui­ nia il Superbo fece in seguito, ossia la fortezza dei Collatini co­ struita con una colletta, ossia una raccolta comune di denaro. [124] INUO: P an nella lingua degli Arcadi, dov'è riverito, è detto dio Inuo. DUPLICE [CIMITERO] : con questo lo scusa, come se di­ cesse che per volere del fato era destinato ad avere il regno del fratello. E GIÀ LO STESSO [PADRE] : cioè Marte già contrassegna quel superbo, cioè sublime [personaggio] , ovvero destinato a giungere fra gli dei, attraverso due cimieri. DOMINIO: quanto grande è il regno di tutta la terra, tanto esteso sarà il tuo domi­ nio e a tanto si espanderà. ANIMI: perché Romolo sarà divinizza­ to e [così] molti altri. SETTE [. .. ] ROCCHE: ossia monti: Palatino,

est montes: Palatinum, Quirinalem, Aventinum, Celium, Vi­ minalem, Es quilinum, Ianicularem . Hii omnes intra muros Romane urbis fuerunt inclusi 369. DNI GENUS: Iulii generis. QUI CONDET AUREA SECULA PER AR­ VA QUONDAM REGNATA LATINO SATURNO: Alius enim Saturnus fuit extra vias solis, id est zodiaci, sed tamen non multum re­ motus quia iuxta perustam zonam sunt Garamantes 370 et vidi. Athlas est in fine Africe. Ideo autem dicit EXTRA SIDERA quia quantum ad visum habitantium Rome illa plaga videtur quasi de mundo remota. SEPTEMGEMINI, id est septemplicis N ili. ERI­ PEDEM: que ereos pedes habuit vel aeripedem, id est velocem, ut dicit Priscianus qui tetrasillabum posuit hic pro penthasil­ labo 37 1 . ERIMANTHUS: Mons est Archadie ubi aprum fortissi­ mum devicit et vivum Argos civitatem deportavit 372• QUI PROCUL: Ideo quasi de ignoto loquitur quia de sua progenie non fui t. Numa Pompilius regnavit, sed de Sabinis natus 373. SACRA quia primus docuit Romanos sacrificia dea­ rum . INCANA QUE quia a pueritia canus fui t vel notat canitiem animi. Cures erat quedam pars Sabinorum. A U­ RIS, id est popularibus favoribus qui sunt leves [125] ut aure. Unde Oratius : Qui dedit hoc hodie cras auferet 374.

VIS ET TARQUINIOS: Superbus Tarquinius gentem quandam de­ vicit. Que cum postea iterum facta esset rebellis, misit ad eam subiugandam filium suum Arruntem. Qui cum devicisset eos et vellent deditionem facere, misit nunctios ad patrem ut in ­ quirerent quid decerneret in eos. Hii cum venissent, invene­ runt illum deambulantem in ortis, et cum inquisissent quid potissimum iuberet in illos, ut quidam dicunt, dedignatus est eis respondere et tntum ferula guam tunc in manu gesta­ bat capita papaverum trucidavit 375. Sed ut Flavius dicit De Ocultandis Consiliis:

Quirinale, Aventino, Celio, Viminale, Esquilino, Gianicolo. Tut­ ti questi furono inclusi tra le mura della città di Roma. FIGLIO DEL DNO: di schiatta giulia. CHE RENDE IL NUOVO SE­ COLO D ) ORO PER I CAMPI SU CUI REGNÒ IL LATINO SATURNO: in­ fatti ci fu un altro Saturno, estraneo alle strade del sole, ossia dello zodiaco, ma tuttavia non molto lontano, perché vicino al­ la zona ardente vi sono i Garamanti, e lo vidi. Atlante è al ter­ mine dell'Africa. Non a caso poi dice OLTRE LE STELLE, perché dal punto di vista degli abitanti di Roma quella plaga sembra quasi separata dal mondo. DALLE SETTE FOCI: cioè del N ilo a set­ te braccia [di delta] . BRONZEA : perché ebbe i piedi bronzei op­ pure rapidi come il vento, ossia perché era veloce, come dice Prisciano, che qui mise un tetrasillabo al posto del pentasilla­ bo. ERIMANTO: è un monte dell'Arcadia dove [Ercole] vinse un ferocissimo cinghiale, portandolo vivo ad Argo. CHI È LAGGIÙ: così ne parla, come se fosse uno sconosciu­ to, perché non fu della sua stirpe. Numa Pompilio regnò, ma di nascita fu Sabino. SACRI [ARREDI] : perché per primo inse­ gnò ai Romani i sacrifici agli dei. E CANUTO: perché fin da gio­ vane fu canuto, oppure in riferimento alla canizie spirituale. Curi era una certa regione dei Sabini. DELL)AURE: cioè dei favori popolari, che sono lievi [125] come le brezze. Perciò Orazio [scrisse] : Chi oggi ti diede questo [merito] domani te lo porterà via.

DESIDERI [VEDERE] ANCHE I TARQUINI: Tarquinia il Superbo vinse un certo popolo. Quando in seguito questo si ribellò, mandò a soggiogarlo suo figlio Arrunte. Costui, avendo vinto, visto che volevano trattare la resa, mandò degli ambasciatori al padre perché chiedessero che cosa stabiliva per gli sconfit­ ti. Gli ambasciatori, al loro arrivo, lo trovarono che passeg­ giava in giardino e, avendo richiesto che cosa ordinasse per quelli, stando a quel che dicono, non si degnò di rispondere, ma si limitò a decapitare i papaveri con una sferza che in quel momento aveva in mano. Ma come dice Flavio [Vegezio] in Come nascondere i propositi:

Non causa superbie hoc fecit, sed ne, siquis percepisset, hosti pro­ deret, et si c se non dedidisset 37 6 .

Illi vero reversi cum filio retulissent quod tantum capita pa­ paverum recussisset, in telligens qui d vellet, omnes decolari iussit. ANIMAMQUE SUPERBAM VICTORIS BRUTI: Supradictus Ar­ runs iussu patris Lucretiam matronam nobilissimam uxorem etiam cuiusdam nobilissimi nomine Tarquinii vi oppressit. Quo dolore permota hoc confessa coram omnibus in curia, se ipsam occidit. Unde Brutus eius avunculus et maritus Tar­ quinium cum filio expulerunt et p rimus consul factus est Brutus , expulsis etiam omnibus qui Tarquinii vocabantur. Unde et Lucretie maritus est amice expulsus 377. FASCES [ . . . ] RECEPTOS, id est susceptos modo scilicet primum. SECURES: Ante consules portabantur ut modo lancea et gladius ante imperatorem . : Iste vero Brutus filios suos volentes intromittere [126] Arruntem quem nimium amabant cum to­ to exercitu patris proditos et diiudicatos et convictos iussit trucidari 378 . QUIN DECIOS, patrem et filium quorum alter in Sampnitico, alter in Gallico bello se devovit 379 . DRUSOSQUE [. . . ] : Torquatus iste filium quem reliquerat in castris domum revertens iussit decollari quia adepta oportu­ nitate cum hostibus pugnavit contra eius mandatum, quos ta­ men devicit. Hic etiam contra quendam Gallum singulari cer­ tamine pugnavit et eum vicit, unde hoc nomen promeruit 3 80 . ET REFERENTEM: Brennus dux Senonum aput Alliam flu­ vium cum Romanis pugnavit. Quibus devictis, ad urbem ten­ dens ita eam cepit et usquam ad Capitolium destruxit. Qui ut parceret infinitam accepit pecuniam . Camillus, hoc audiens, qui tunc aput Ardeam in exilio relegatus erat propter spolia inequaliter militibus divisa, illum cum paucis secutus, devicit et omnia recepit et Romam misit iterumque ad exilium suum

N on fece questo per superbia, ma per evitare che se tal uno lo avesse sentito lo rivelasse al nemico , e questi pertanto non si arrendesse.

Quegli [ambasciatori] poi, al ritorno, riferirono al figlio che [Tarquinia] aveva soltanto reciso i fiori ai papaveri; [costui] , capendo quanto voleva, ordinò che tutti [i capi] fossero de­ capitati. E L)ANIMA SUPERBA DI BRUTO VENDICATORE: il citato Ar­ runte, per ordine del padre, violentò Lucrezia, nobilissima matrona e moglie, per di più, di un nobilissimo Tarquinia. Scossa dal dolore, rivelato il crimine in senato al cospetto di tutti, si uccise. Perciò Bruto, suo zio materno, e il marito scac­ ciarono Tarquinia col figlio, e Bruto divenne primo console, e furono anche mandati in esilio tutti quelli che si chiamavano Tarquini, per cui venne cacciato, senza violenza, il marito di Lucrezia. PRESI [ . . . ] I FASCI: ossia assunti per la prima volta. SCURI: erano portate dinanzi ai consoli, come l'asta e la spada dinanzi all'imperatore. : questo Bruto, invero, ordinò di truci­ dare i suoi figli, [r26] consegnati, giudicati e riconosciuti col­ pevoli perché volevano far entrare [in città] Arrunte, che ido­ latravano, con l'esercito del padre. E [GUARDA] I DECI: il padre e il figlio, di cui uno si immolò nella guerra sannitica, l'altro in quella gallica. E I DRUSI [. . . ] : il Torquato in que­ stione comandò di decapitare il figlio che, ritornando a Roma, aveva lasciato negli accampamenti perché, colta un 'occasione, combatté i nemici e li vinse, ma contro l'ordine paterno. Sem ­ pre lui combatté anche in duello con un Gallo, e lo vinse, tan­ to da meritarsi quel nome. CHE RECUPERA [LE INSEGNE] : Brenna, re dei Senoni, com ­ batté con i Romani presso il fiume Allia. Dopo averli vinti, di­ retto a Roma la conquistò, distruggendola tutta tranne il Cam­ pidoglio. Per risparmiarla prese una sterminata somma di de­ naro. Avendo udito ciò Camillo, allora relegato in esilio pres­ so Ardea per via di un bottino non diviso equanimemente tra i soldati, inseguendolo con pochi compagni lo vinse, ricon ­ quistò tutto rimandandolo a Roma e ritornò nuovamente al suo esilio. Allora i Romani, in cambio di quella benemeren273

rediit. Tunc Romani pro ilio merito eum vix exorare potue­ runt ut ipse Roman veliet redire 381. : Menechus Hercules dicitur a monos et machia, id est solus pugnator, vel ideo quia solus in uno tempio voluit coli 382. ILLE, scilicet Mutius IPSUMQUE, scilicet Pirrum regem Epirotarum qui fuit de progenie Pirri filii Achillis . ET TEMERATA , p ropter Cassandram , guam minor Aiax, qui fui t Oyleus, in tempio Minerve corrupit. Unde etiam postea fulminatus est. PARVOQUE: quia noluit recipere aurum a legatis Pirri, sed remandavit ei quod Romani nolient , sed habentibus aurum imperare 383. Serranus dictus est a serendo quia dei aratro ut Ca­ milius ad imperium [127] translatus est 384 . UNUS QUI NOBIS: Hunc versum feci t Ennius de Maximo qui Hannibalem quasi cunctando et moras fingendo tandem subito insperantem in ­ vasit et postquam victorem gloriose devicit, Romanos ex sum­ mo periculo redemit 385. MOLLIUS, id est flexibilius. CELIQUE MEATUS, ut Egipi et Caldei 386. TU [. .. ] o ROMANE, scilicet popule. TERCIA quia ter triumphavit. QUIS PATER ILLE: De singulari distinctione quesivit quasi discreparet ab aliis. Que aliquando inteliigitur per proprium nomen si est celebre. Si autem no­ men inauditum prius, ex aliis circum strepentibus qualitas in­ fra singularis ostenditur. VIRUM, id est Marcelium quia si vixis­ set, eius pater fuisset SI HEC DONA FUISSENT PROPRIA et si spes ilia que de puero ilio est habita fuisset impleta et mansura. IL­ LE [. . . ] CAMPUS [. . . ] MAVORTIS. FUNERA, id est funus. NEC PUER; Iste puer filius fuit sororis Augusti et cum esset annorum sex edilis factus est et dictator 387. HEU PRISCA FIDES: Que scilicet in hoc veraciter esset et renovaretur si superesset. Cum Virgilius

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za, rius cirono a stento a persuaderlo perché accettasse di tor­ nare in città. : Ercole è detto Moneco da monos e machia, vale a dire solo combattente, oppure anche perché, solo, volle essere adorato in un unico tem pio. QUELLO: cioè Muzio . E LO STESSO: cioè Pirro, re degli Epiroti, che di­ scendeva da Pirro, il figlio di Achille. IL VIOLATO [TEMPIO] : per via di Cassandra, che il minore Aiace, quello di Oileo, violentò nel tempio di Minerva. Per questo dopo morì folgorato. E [RIC­ co] DI POCO: perché non volle ricevere l'oro dagli ambasciato­ ri di Pirro, ma gli mandò a dire che i Romani non vogliono