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Italian Pages 1082 [1168] Year 1962
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E TESTI
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COLLECTANEA
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VATICANA
IN H O N O R E M
ANSELMI M. CARD. ALBAREDA A BIBLIOTHECA APOSTOLICA EDITA
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CITTÀ DEL VATICANO BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA
1962
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E TESTI
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COLLECTANEA
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VATICANA
IN H O N O R E M
ANSELMI M. CARD. ALBAREDA A
BIBLIOTHECA APOSTOLICA EDITA
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CITTÀ DEI/ VATICANO BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA 1962
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Ristam pa anastatica Tipo-Litografia D ini s.n .c.
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M odena 1 9 8 6
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Ç ^uinque lustra in cuiuslibet vita longum temporis decursum signant; quid vero, cum ad clarum onerosumque munus biblio thecae regendae, quae inter antiquissimas et celeberrimas totius orbis habetur, id spatium temporis totum dicatum fuerit? Cuius rei dominus illuster Anselmus M . Albareda, S. Benedicti ordinis abbas, unicum fere prodidit nobis exemplum, qui per viginti quinque annos annum 1962
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scilicet ab anno Nativitatis 1936 usque ad
Bibliothecae Apostolicae praefecturam diligentia,
usu et experientia rerum sustinuit. Quapropter, nonnulli docti viri e variis orbis partibus consilium inierunt industriae Illius atque humanitatis concelebrandae. Eo magis igitur decebat certa stabat voluntas
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et
ut qui, vel operis socii vel proprio munere
addicti, Illi propiores per hos annos fuerant, praeeunte Vicepraefecto, Eum gratulabundi convenirent Eique suorum laborum recentiores dicarent fructus, Bibliothecae ipsius a locupletissimis thesauris depromptos.
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Quorum fructuum collectanea fere ad finem perducta erant cum Summus Pontifex Johannes Papa X X I I I humili Illius amplaeque benedictinae cucullae fulgentem romanam purpuram superimponere dignatus est. Ita haec volumina, quae nomen augustum prae se ferunt Bibliothecae unde originem trahunt, dupliciter
«
Vaticana
»
dicuntur, ut quae illustri domino Anseimo
M . Albareda, iam Bibliothecae Apostolicae praefecto, nunc S. R. Ecclesiae cardinali, reverenter ab auctoribus offerantur.
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f R o be r to A l m a g ià
ALCUNE PREZIOSE CARTE GEOGRAFICHE P I RECEN TE ACQUISITE A LL E COLLEZIONI VATICANE
La pregevole collezione di antiche carte geografiche a stampa, pos seduta dalla Biblioteca Apostolica Vaticana e descritta nel vol. II dei Monumenta cartographica vaticana (*), si è di recente accresciuta per un apporto meritevole di segnalazione. Esso consiste in quattro grandi carte rispettivamente dell’Europa, dell’Asia, dell’Africa e dell’America, che costituiscono una stampa o ristampa italiana delle carte dei con tinenti, uscite dalla celebre officina olandese di Guglielmo Janszoon Blaeu (1571-1Θ38), la cui edizione originale apparve ad Amsterdam nel 1608 (2). P) R. Almagià, M onumenta cartographica vaticana. II. Carte geografiche a stam pa di particolare pregio o rarità dei secoli X V I e X V I I esistenti nella Biblioteca A postolica Vaticana, Città del Vaticano 1948. (2) Su Guglielmo Janszoon Blaeu (Blaew), i suoi successori e la loro grande Officina cartografica, esiste una vasta, per quanto non esauriente, letteratura. Tra gli scritti più recenti segnaliamo: I. F. Niermeyer, Zur Geschichte der Kartog ra p h ie H ollands in den drei vorigen Jahrhunderten, Rotterdam 1893; E. L. Stevenson, W illem ] anszoon B laeu 7571 -1638..., New York 1914 (con particolare riferimento al grande mappamondo del 1605 conservato presso la Hispanic Society of America; indicazioni bibliografiche su scritti più antichi) ; H. Averdunk e J. M. Reinhard, Gerard M ercator und die Geographen unter seinen N achkommen, Gotha 1914; F. C. Wieder, M onumenta cartographica. Reproduction o f unique and rare m aps, plans and views in the actual size o f the originals accom panied by cartographical monographs, III, The Hague 1928 (con catalogo descrittivo di tutte le carte pubblicate da G. J. Blaeu separatamente dai suoi atlanti); J. Keuning, B laeu (W illiam Jan szoon ), in Nieuw nederlandsch B io g r a f i s i W oordenboek, X , Leiden 1937, pp. 74-78; W. Voorbeijtel Cannenburg, De B la eu ’s Beschrijvers van lan d-, hemeV- en waterwereld, Amsterdam 1952 (cata logo delle opere cartografiche del Blaeu esposte nel Museo storico di Amsterdam nel luglio-settembre 1952) ; W. Voorbeijtel Cannenburg, Catalogue de l ’exposition d'ancienne cartographie néerlandaise 1540-1800, Leiden 1938; L. Luzio, Catalogo dei globi antichi conservati in Italia. I. I globi blaviani (Istituto di Storia della Scienza. Biblioteca 1), Firenze 1957; J. Keuning, B laeu ’s Atlas, in Im ago M undi, X IV , 1959, pp. 74-89.
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R . Almagià
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Le carte vaticane, montate su tela, erano piuttosto danneggiate: un abile restauro, eseguito dopo il distacco dalla tela, ha rimediato, per quanto si poteva, ai guasti, ma restano purtroppo alcune notevoli abrasioni. L’incisione in rame è mediocre; la stampa appare un po’ stanca. Ogni carta consta di quattro fogli che si uniscono con lieve sovrap posizione ai margini e contengono la rappresentazione cartografica vera e propria; ma ad essi aderiscono una striscia superiore, contenente il titolo, una striscia inferiore che contiene una serie di piante di città, e due più larghe strisce laterali che contengono costumi e abbigliamenti di vari popoli e figurazioni consimili. Di questi elementi accessori cre diamo superfluo occuparci di proposito qui. La tavola dell’Europa, dalla quale iniziamo la descrizione, misura pertanto, nell’insieme cm. 137 x 97, ma i quattro fogli della carta vera e propria misurano ciascuno circa cm. 53,5 o 54 x 41 (compresa la graduazione marginale) ; uniti insieme danno un quadro di cm. 107,5 X 82. La striscia al margine superiore reca, in grossi caratteri tipografici (lignei), il titolo: «NOVA ET ACCVRATA TOTIVS EVROPAE TABVLA, auct: G. I: Blaeu ». G. I. sono le iniziali di Guillelmus Janszoon. Il titolo EVROPA è ripetuto nel foglio superiore destro in un grande cartiglio circolare riccamente adomato, che avrebbe forse dovuto contenere anche una dedica, ma, ad eccezione dell’unica parola EVROPA, è vuoto. Nel foglio superiore sinistro — dove la rappresentazione include tutta l’Islanda ( Yslandia), molto ricca di nomi, l’isola Frisland e altre adiacenti (Groenlandiae pars) e « Americae pars — Terra de Labrador, Regina Elis forland, con gli stretti di Davis e Forbisher (sic) » — trova posto una rappresentazione dell’intero globo in due emisferi (diametro di ciascuno cm. 13 circa) sormontato da un ampio cartiglio vuoto; sotto di essa è una lunga didascalia « De locorum longitudinis initio» che finisce con la scritta: « Pietro Todeschi incidit ». Nel foglio infe riore sinistro vi è una grande rosa di 32 venti coi relativi nomi in olan dese (i quattro cardinali anche in latino), poi, lungo il margine in basso, un’altra lunga didascalia intitolata: «Modus supputandi locorum di stantias in Triangulis Sphericis. Ac primum/quidem in locis quorum latitudo utraque borealis vel australis »; essa è corredata da due figure geometriche. Infine nel foglio inferiore destro, si trova un altro car tiglio vuoto. I due fogli inferiori includono tutta l’Africa settentrionale dal C. Bojador (con le Canarie, Madera e la più occidentale delle Azzorre) al delta del Nilo, ma solo nel Marocco e nell’Egitto si leggono nomi neU’intemo; in tutto il resto la toponomastica si limita alle coste.
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H. Angles
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A. Geering, en su estudio de 1952 sobre los « organa» y «conductus» contenidos en manuscritos alemanes, se fija también en el Vat. lat. 488, con polifonia ya mâs tardia (4). El Barb. lat. 657 (ff. 419v-423), si bien copiado durante el siglo XV, contiene un « Credo », a 2 voces, escrito con notación negra (2). J. Wolf estudio el Vat. lat. 2854 en su Bonaiutus de Casentino, ein Dichter-Komponist um 1300(s)] recientemente G. Vecchi reprodujo en facsimil algunas paginas de la mùsica de este ms. en su I più antichi monumenti italiani di musica mensurate (4), y estudia su texto y su mùsica en Carmi esametrici e ritmi musicali per Boni facio V IT I (5). *
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7. Lirica cortesana medieval. Eos c a n c i o n e r o s proven z a l e s mas o menos completos o fragmentarios conservados en la Vaticana son unos 13. Ea poesia contenida en los mismos ha sido repetidamente estudiada. Alfred Pillet y Henry Carsten los estudiaron de nuevo, en 1933, y ofrecieron una bibliografia completa de los mismos (“). Sólo en dos hay mùsica: Reg. lat. 1659 (s. X III) y Chigi C. V. 151 del s. X IV (7). El còdice Chigi tiene una gran importanda por contener el cèlebre «Misteri de Santa Agnès» estudiado y reproduddo tantas veces desde que E. Monad ofreció el facsimil en 1880 (8). A. Jeanroy y Th. Gérold editaron de nuevo el texto y la mùsica en 1931 (*). En (l) D ie Organa und mehrstimmigen Conductus in den H andschriften des deutschen Sprachgebietes votn 13, bis 16. Jahrhundert, Bem 1952. (a) Rubsamen, M usic Research, p. 19. (8) A d a M usicologica, IX , 1937, pp. 1-5. (4) Bologna 1960, tav. V -VH , pp. 16-21, editò el facsimil de la mùsica del refendo ms. del Vaticano; estudia, ademâs, el texto y edita la mùsica que trascribió en notación moderna. (*) En Convivium, X X V III, 1960, pp. 513-523, donde estudia la poesia latina y mùsica del Vat. lat. 2854 de fines del s. X III y principios del X IV ; alii publica la mùsica a 2 voces de la secuencia « Hec medela corporalis » y la melodia de «Sanguis demptus et redemptus». (·) B ibliographie der Troubadours, Halle 1933, pp. x-xi. Véase también A. Jeanroy, B ibliographie som m aire des Chansonniers provençaux (Les classiques français du Moyen-Age, 2e sér.: Manuels, 16), Paris 1916. (7) Cf. E. Gennrich, Der m usikalische N achlass der Troubadour, II, Darm stadt 1960, pp. 2, 9. (8) E. Monaci, i l mistero provenzale d i s. A gnese. . . , Roma 1880. (*) L e J e u de s. Agnès. Drame provençal du X I V e siècle (Les classiques français du Moyen-Age), Paris 1931.
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El tesoro musical *
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6. Polifonia sacra anterior al siglo X V . Como he ya indicado, en la Vaticana se conserva muy poca polifonia anterior al s. XIV. Bannister en sus Monumenti Vaticani (I, p. 79, n° 228, Tav. 43a) senaló el f. 87v del Reg. lat. 586 con 3 Graduales a dos voces, siguiendo el estilo del s. X I. Es interesante observar que este ms. Reg. lat. 586 fue estudiado a lo menos desde 1885. Prescindiendo de otros nombres, muchas veces ilegibles o desconocidos, resulta que Fr. Ludwig lo vió en 5. 4. 1911, anteriormente pues, a la obra de Bannister; H. Besseler, el 23. 4. 1924; R. von Ficker el 18.10.1926; H. Birkner, el 22.9.1934; B. Stàblein, el 18.8.1937; J. Handschin, el 2.4.1940; L. Feininger, el 3.12.1941; L. Schrade, el 18.5.1951; Krusch, el 15.7.1955; G. Vecchi, el 21.9.1958, etc. Bannister senaló tambièn el Reg. lat. 592 — corno el Reg. lat. 586 pro cedente de Fleury-sur-L,oyre — con 9 responsorios polifónicos a dos voces. Este còdice, ya antes que Bannister, lo habian estudiado, entre otros, Jordan, el 16.6.1899; F. Ludwig, el 5.4.1911. Por lo visto, Handschin, en 1936/37, olvidó que Ludwig habia hablado sobre este ms. en G. Adler, Handbuch der Musikgeschichte en 1923 Z1). El « Chansonnier français » Reg. lat. 1490, Con ejemplos de motetes franceses, lo estudió G. Raynaud en 1881 y 1883 (2); Bannister reprodujo un facsimil en la Tav. 100 (= f. 119v); Fr. Ludwig hablô de su contenido en 1923 (3); yo mismo recordé el çontenido musical de este còdice si guiendo a Ludwig en 1931 (4). El fragmento de una colección de mote tes copiada en Paris y semejante a la colección de Bamberg, aparece en Reg. lat. 1543, senalado por Bannister, que reprodujo un facsimil (I, 189), y estudiado por Ludwig en 1923 (®). Posteriormente (1958) F. Gennrich ofrece ima bibliografia completa de la parte musical de ambos mss. (*).
(1) Cf. su L ’Organum à l'Eglise, en Revue du Chant Grégorien, X L I, 1937, p. 15. (2) Recueil de motets fra n çais des X I I e et X I I I e s iè c le s .. . , II, Paris 1883, pp. 293-328.' (8) D ie Quellen der Motetten dltesten Stils, en AMW, V, 1923, p. 208. (4) Huelgas, 1, pp. 99-100 y 225-226. (5) D ie Quellen der Motetten, p. 201. (“) B ibliographie der dltesten franzôsischen und lateinischen Motetten, Darm stadt 1958, p. x m i ; cf. A. Jeanroy, B ibliographie som m aire des Chansonniers fra n çais du M oyen-Age (Les classiques français du Moyen-Age, 2e sér. : Manuels, 18), Paris 1918, pp. 14-15, donde describe este ms. y ofrece bibMografia.
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H. Anglés
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y dice: « Item numquam pones sojiam alpham quin ligetur cum nota, ita quod nota sit altior, quando finis alphe ». W. H. Rubsamen (*) indicò este tratado del susodicho ms. Del conocido carmelita inglés Jo. Hothoby se conserva una obra en el ms. Vat. lat. 5320, ff. 1-79. Hothoby (Ottobi) estuvo un tiempo en Espana, donde no comparila las teorias cientificas de Bartolomé Ramos de Pareja, profesor de mùsica en la Universidad de Salamanca hasta que en 1472 pasô a Italia. En Florencia (Bibl. Naz. Centr., Cl. X IX . D. 36) hay un escrito de Hothoby intitulado Epistola ubi cuiusdam Osmensis, Hispanici, tunc in honore, censuras refutat. Se trata dei conocido Petrus de Osma que vivia en Salamanca hacia 1470 y que habia discutido con Hothoby y con ei susodicho Ramos de Pareja. Hothoby era conocido en Espana con el nombre de Juan de Rondres (2). El cod. Vat. 5318 contiene una preciosa colección de cartas autógrafas de diversos mùsicos italianos de entre los anos 1517 y 1543; son cartas del conocido teòrico Giovanni Spataro; Giovanni da Regge, or ganista veneciano; P. Aron; G. del Rago; Ranfranco etc. El Padre Martini de Bologna, que habia conocido el ms. de la Vaticana, pidió le copiaran una parte de este ms. hacia 1761; en 1774 le copiaron otra parte; fue G. Gaspari quien completò la copia para la Biblioteca del Riceo Musicale Martini de Bolonia hacia 1850. R. Casimiri estudió el ms. Vat. lat. 5318 en Carteggio musicale autografo tra teorici e musici del sec. X V I dell’anno 1517 al 1543 (3). Mas tarde Knud Jeppesen hizo un estudio completo del contenido del ms. de la Vaticana, que confrontò con otros ms. que conservan cartas por el estilo existentes en Bolonia, Viena, Paris etc. (4). Recientemente G. Vecchi, en la edición Marcheti de Padua Pomerium (6) de 1961, entre otros códices de Milan (Ambros. D 5 inf.), Siena (Bibl. Comun. R. V. 30), Bruselas (Bibl. Royale, II. 4144) y Pisa (Bibl. Univers. 606), se vale también del de Roma (Vat. lat. 5322).
(l) Cf. su M usic Research in Ita lia n L ibraries, Los Angeles 1951, p. 20. (а) H. Anglés, L a m usica en la Corte de los Reyes Católicos2, Barcelona 1960, p. 42. (3) Note d'Archivio, X V I, 1939, pp. 109-131. (4) Cf. su E tne musiktheoretische K orrespondem des frü hen Cinquecento, en A cta M usicologica, X III, 1941, pp. 3-39; véase también su D ie italienische Orgelmusik am A nfang des Cinquecento, Kopenhague 1943, p. 19. (б) Edit, en CSM, VI, 1961.
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El tesoro musical
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sucinta y mas redente sobre los teôricos medievales reladonados con el canto gregoriano, puede verse en Le Graduel Romain, de Solesmes (p. 197 ss.), dtado, y en MGG en cada uno de los articulos correspondientes a los teôricos antiguos. Acerca de los teôricos medievales que tratan de la polifonia anti gua del s. X II, cabe observar que se conserva un tratado anònimo sobre « Organum » s. X III, en la Ottob. lat. 3025, fol. 46-50T, dado a conocer por Bannister (1. c. n° 521) ; F. Ludwig hablô sobre este tratado en 1923 (l); R. von Ficker lo estudiô y publico pardalmente en 1932 (2); en 1931, me fijé en que la notadôn y los ejemplos musicales a dos voces de este. ms. recuerdan la notadôn «Calixtinus» de Compostela y ofrecen reladón con su polifonia (3) ; Marius Schneider, que trabajô en la Vaticana en 1932, se sirviô de este tratado para su Geschichte der Mehrstimmigkeit (*), donde senala ademâs los mss. Urb. lat. 602; Reg. lat. 586 y 592; Ottob. lat. 3025 y Palat, lat. 457, 488 y 2854; F. Zaminex lo estudia de nuovo y edita (Tutzig 1959). El ms. Vat. lat. 5129 es un « collectaneum ». En los £f. 145-157 se copia el « Libellus musice addiscende valde utilis et est dyalogus ». En el fol. 154: « Sequitur regula organi... omnis punctus quadratus... Item dictus punctus vocatur Alpha. . . » y escribe una « ligatura binaria obli qua ». Elio me recuerda el caso de Espana, donde las « ligaturae obli quae », desde el siglo XV, redbian el nombre de « alphados ». En el mismo ms. ff. 158-169T aparece el breve tratado « Indpit lectura per Pe trum Talhanderii ordinata tam super cantu mensurabili quam immensu rabili ». Como ya observamos en 1958, acaso hay que identificar este « Petrus Tallander » con el nieto del cèlebre Antoni Tallander, conocido en la corte real de Cataluna-Aragón con el nombre de ‘ Mossèn Borra ’ (c. 1360-1446) (5). Antoni Tallander, en 1413, era « mestre dels ministrers de boca » del rey Fernando I de Aragón; su hijo Leonardus era cantor de la Capilla real en 1414. El primogènito, de Mossèn Borra fue Antoni Tallander, padre de Petrus Tallander. En este escrito de la Va ticana después de haber hablado del « Planus cantus » escribe « De notis simplicibus que non ligantur »; de las breves, semibreves y longa, (x) D ie Quellen der Motetten, en AMW, V, 1923, p. 201. (a) Der ,Organumtraktat der V atikanischen Bibliothek (Ottob. 3025), en Kirchenm usikalisches Jahrbuch, 1932, pp. 65-74. (3) Huelgas, I, p. 64. (4) Geschichte der M ehrstimmigkeit, II, Berlin 1935, pp. 12-13. (5) Cf. H. Anglés, De cantu organico. Tratado de un autor catalan del siglo X IV , en A nuario M usical, X III, 1958, pp. 7-8.
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H . Anglés
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1904 (**), en 1905 y mas tarde en 1912 (2). El punto de partida de Wagner para establecer su teoria del ritmo mensural en el canto gregoriano, distinguiendo el valor ritmico de la « virga », del « punctum » vino preci samente del referido « Anonymus Vaticanus » (3). Con la publicación del libro de Bannister se facilitò a los estudiosos el poder saber exactemente cuales son los mss. de la Vaticana en los cuales figuran tratados mas o menos completos de teoria musical antigua. Asi vemos que el P. Josef Smits van Waesberghe, en su hermosa mono grafia sobre Guido de Arezzo, en 1950, menciona nada menos que 69 códices en los cuales se contiene algo sobre Guido. De entre ellos, 35 forman parte de la Vat. lat., 4 de la Barb, lat., 4 de la Ottob. lat., 5 de la Palat, lat., 8 de la Reg. lat., 1 de la Borg. lat.; ademas, menciona va rios incunables e impresos de la Palatina etc. (4). Para su edición de « Aribonis de Musica », el mismo P. Smits, puesto que en la Vaticana no hay códices completos que contengan esta obra, se limitò a citar fragmentos de Reg. lat. 1616 (s. X II) y Reg. lat. 1146 (s. XIV) (6). En la edición de « Micrologus » del citado Guido de Arezzo, el P. Smits estudia 11 códices de la Vaticana, que son: Vat. lat. 5129 y 9496; Reg. lat. 577, 597, 599, 1005, 1146 y 1616; Palat, lat. 957, 1346 y 1377 (·). En la edición del De Musica cum tonario Johannis Affligemensis, en cambio, el mismo P. Smits estudia sólo Palat, lat. 1346 y Reg. lat. 1196 (’), si bien en su The Musical Notation of Guido of Arezzo, en 1951, cita una infinidad de mss. de la Vaticana (8). H. Oesch, en Guido de Arezzo, se limita a estudiar el Reg. lat. 1616 que conserva el « Micro logus » y las «Regulae rhythmicae » de Guido (β). Una bibliografia (x) Un piccolo trattato sul canto ecclesiastico in un manoscritto del secolo X -X I, en Rassegna Gregoriana, III, 1904, coll. 481-484. (*) Einfiihrung in die gregor. M elodien, II, Leipzig 1912, pp. 355-358. (s) Sobre este tratado del ms. actualxnente extraviado en la Bibl. Vaticana, ofrecen una buena bibliografia Études Grégoriennes, I, Solesmes 1954, p. 59, n° 5. (4) De musico - paedagogico et theorico Guidone Aretino eiusque vita et moribus (premiado por el «Comitato nazionale perle onoranze a Guido d ’Arezzo», Roma 1950), Firenze 1953, pp. 241-243. (5) A ribonis De M usica (Corpus scriptorum de Musica [ = CSM], 2), Rome 1951. (·) Cf. su Guidonis A retini M icrologus (CSM, 4), Rome 1955. (7) Joh a n n is Affligemensis De M usica cum tonario (CSM, 1), Rome 1950. (8) M usica D isciplina, V, 1951, pp. 15-53. (*) H. Oesch, Guido von Arezzo. B iographisches und Theoretisches unter besonderer Beriicksichtigung der sogenannten Odonischen Traktate (Publikationen der schweizerischen musikforschenden Gesellschaft, Π , 4), Bem 1954.
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El tesoro musical
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B. 79 de la segunda mitad del s. X II, copiado para S. Pedro de Roma (l). Estudiaron esta cuestiôn Josef Smits van Waesberghe S. I. en 1954 (2) y 1955 (3), H. Hucke en 1955 (4), W. Apel en 1956 (6) y 1958 (6), R. J. Snow en el mismo libro de Apel (7). Orienta mucho sobre elio Dom G. Fréneaud, de Solesmes, en su Les témoins indirects du chant liturgique en usage à Rome aux I X e et X e siècles (8). Sobre este problema — que habia sido ya estudiado por P. Wagner, A. Gastoué, Bannister, O. Ursprung, etç. — no creo que se baya dicho aun la ùltima palabra, ni sera fâcil decirla, dada la desaparición de los antiguos côdices romanos, segùn ya be indicado. Recientemente se muestra muy escéptico, y acaso con fundamento bistórico, Carl-Allan Moberg, de Stockolmo (β). *
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5. Teóricos musicales. En los tiempos modemos, los teôricos musi cales de la Edqd Media conservados en la Vaticana, han sido estudiados, primeramente, en orden al canto gregoriano, y después también en el aspecto de la notación y de la polifonia medieval. Dom Mocquereau, en la Paléographie Musicale de Solesmes (vol. I, p. 102), fue el primero que llamó la atención sobre el tratado anònimo « Quid est cantus » del Palat, lat. 235. Este tratado, conocido después con él nombre «Anonymus Vaticanus », fue estudiado con mas detalle por P.. Wagner en
P) Cf. su L e chant « Vieux-rom ain »: liste de manuscrits et témoins indirects, en Sacris E ru diri, VI, 1954, pp. 96-124; cf. también su Un im portant témoin du chant « vieux-rom ain ». L e Graduel de Sainte-Cécile du Transtévère, en Revue Grégorienne, X X X I , 1952, pp. 26-37. (2) Neues über die Schola cantorum zu Rom, en Zweiter Internationaler Kongress fü r katholische Kirchenm usik, Bericht, Wien 1955, pp. 111-119. (3) The two versions o f the Gregorian Chant, comunicación leida en el Congreso int. de Musiecologia de Oxford, 1955, cuyos actos non se publicaron. (4) D ie E inführung des gregorianischen Gesanges in Frankreich, en Rômische Quartalschrift fü r christliche Altertumkunde und Kirchengeschichte, X L IX , 1954, pp. 172-187, y Gregorianischer Gesang in altrômischer und franzôsischer Überlieferung, en Archiv fü r M usikw issenschaft [ = AMW], X II, 1955, pp. 74-87. (5) The Central Problem o f Gregorian Chant, en Jo u rn a l o f the A m erican M usicological Society, 1956, pp. 118-127. (e) Cf. su libro Gregorian Chant, London 1958, pp. 77-83. (7) T he Old-Roman Chant, en Gregorian Chant de W. Apel, pp. 484-505. (8) Études Grégoriennes, III, Solesmes 1959, pp. 41-74. (9) Cf. su Gregorianische Reflexionen, en M iscelânea H iginio Anglés, II, Barcelona 1958-61, pp. 559-583. 3
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H. Anglés
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Sobre las melodias de las secuencias ha sido H . Husmann quien en nuestros dias ha estudiado mas directamente los colecciones médié vales -conservadas en las diversas bibliotecas europeas, con el fin de preparar el Catalogo de las fuentes, por encargo de la Sociedad intem acional de Musicologia y de la Sociedad internacional de Bibliotecas Musicales, obra patrocinada por la Unesco. N i cabe decir que Husmann ha investigado también en la Vaticana los pocos mss. que conervan algunas de ellas. *
4.
*
*
El problema del « Vieux-romain ». E l problema del canto « ro
mano antiguo », que tanto apasiona los gregorianistas de nuestros dias, tardarâ mucho en poder solucionarse en el sentido de que lo que se llama « viejo romano » sea la version primitiva del canto litùrgico ro mano, o bien una
«version» o un «dialecto» posterior. Fue acaso
Dom A . Mocquereau O .S.B . el primero que ya en 1891 se fijó en la version especial del canto litùrgico couservado en el V at. lat. 5319 (ms. del s. X II) y Arch. S. Petri F. 22 (s. X III) (*). Dom R . Andoyer O .S.B ., en 1912 ya estudió con toda daridad este problema (2) ; pero principal mente desde que en 1950 Bruno Stâblein presento de nuevo esta cuestion en el Congreso internacional de Mùsica sagrada de Roma, la version « alt-ròmisch » del canto gregoriano ha llamado la atendón de muchos estudiosos (3). E l mismo Stâblein, en 1951 y 1952 (4), insistió sobre el caso. Dom M. Huglo, en 1954, fue el primero que ofreció una Està mas o menos completa de los códices gregorianos que contienen la version del canto « vieux-romain ». Dos principales mss. conocidos con esta version se reducen, para el Graduale, al de Eondres, Phillipps 16069, copiado en 1071 para Santa Cecilia in Trastevere de Rom a; el Vat. lat. 5319, de fines del s. X I y principios del s. X I I , copiado para una basilica romana, acaso para Eetran, y Arch. S. Petri F . 22 (s. X III) ; para el Antiphonarium, Huglo senala Eondres, Br. Museum, Add. 29988, copiado en Italia central a mediados del s. X I I , y Arch. S. Petri
P) Paléographie M usicale, II, Solesmes 1891, p. 4 nota. (2) L e Chant rom ain antégrégorien, en Revue du Chant Grégorien, X X , 1912 pp. 69-75 y 107-114. (3) Zur Frühgeschichte des rôm ischen Chorals, en Atti del Congresso intern, d i M usica Sacra. R om a 1950, Tournai 1952, pp. 271-275. (4) D ie M usik in Geschichte und Gegenwart [ = MGG], II, art. Choral.
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E l tesoro musical
del s. X I , y se conserva en el Rossian. 205. Guido Maria Dreves lo estudió en Rom a, hacia 1854, cuando no pertenecia a la Bibl. Vaticana, y editò sus textos juntamente con las 25 melodias, que transcribiô muy libremente (*). Clemens Blume S. L , al reeditar los himnos publicados por H . A . Daniel y otros himnólogos, estudió los mss. siguientes de la Vaticana: Reg. lat. 338 (Pont, e H ym n. Anglicum, s. X ) ; V at. lat. 8 3 (Psalt. et H ym n. Ambrosianum, s. X ) ; Vat. lat. 82 (Psalt. et Hym n. S. Jacobi de Pontida, s. X I ); V at. lat. 5776 (Hymn. Bobiense, s. X I ); Ottob. lat. 145 (Hymn. Beneventanum [Casinense?], s. X ) ; V at. lat. 4928 (Brev. S. Sofiae Beneventanae, s. X I ); V at. lat. 7172 (Hym n. S. Severini Neapolitani, s. X /X I ) ; Arch. S. Petri D . 156 (Psalt. et Hym n. Romanum [Monasticum], s. X I /X I I ) (2). En 1905 el mismo Blume, ayudado por
Bannister,
editò
los
« Tropi Graduales » del « Ordinarium Missae » (3) ; mas tarde editò él solo, en 1908, los tropos del «Proprium Missae » (4). Como troparios que figuran en la Vaticana pudieron solamente estudiar: Reg. lat. 222 (Trop. S. Martini Marciacensis [?], s. X /X I [fragmentum]); Urb. lat. 602 (Trop. Casinense [?], s. X I ). Elio indica cuân pobre es la Vaticana en este punto, comparada con otras bibliotecas europeas. E n 1931 mencioné una serie de mss. de la Vaticana, en los cuales figuran textos o melodias que interesaba comparar con otros que aparecen en mss. espanoles; en 1935, senalé asimismo varios codices conservados en la Vaticana, cuyos textos de tropos, secuencias, etc., tienen màs o menos relación con la cultura litürgicomusical hispana (®). Carl-Allan Moberg, al estudiar y editar, en 1947, los textos y las melodias de los himnos conocidos en mss. de Suecia, cita como códices de la Vaticana: V at. lat. 420, 3797, 3776, 3791, 10645 y 10774; Ottob. lat. 308 (*). Bruno Stàblein, en 1956, al publicar la melodia de los himnos, menciona los 16 mss. siguientes de la Vaticana: V at. lat. 420, 1122, 3797, 9422 y 9496; Palat, lat. 552 y 602; Ottob. lat. 145 y 308; Reg. lat. 321, 324, 1949 y 2050; Rossian. 205; Urb. lat. 602; Arch. S. Petri B. 79 (Altrômische Antiph.) de la primera mitad del s. X I I (7). (*) A nalecta hym nica [ = An. hymn.], II, Leipzig 1888. (2) Cf. A n. hymn., LI, 1908. (3) An. hymn., X LV H , 1905. (*) An. hymn., X L IX , 1908. (5) Cf. mis E l Còdex M usical de L a s H uelgas (Polifonia dels segles X III/X IV , 1-3), Barcelona 1931 [ = Huelgas'], pp. XXX, 383, y L a m ùsica a Catalunya, p. 439. (®) D ie liturgischen Hymnen in Schweden, I, Kopenhague 1947. (7) Cf. su M onumenta M onodica M edii Aevi, I, Kassel und Basel 1956.
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completa publicada por los Monjes de Solesmes en 1957 (*). A la vista de estas fuentes, se da uno cuenta de que los mss. musicales gregorianos antiguos conservados en la Vaticana que contienen parte del Graduale son relativamente pocos (unos 26) y que la mayoria de los mismos no fueron escritos para la Capilla pontificia, sino copiados para otras Igle sias de Italia y de Francia. Lo mismo podia ya deducirse de los fac similes editados por Bannister en 1913. Extractando del refendo libro de Solesmes, podemos aqui senalar algunos de los mss. conservados en la Vaticana con la mùsica del Graduale: V at. lat. 10673 (Grad., s. X I , Benevento); Ottob. lat. 576 (Miss., s. X I I /X I I I , de la region de Benevento); Borgia lat. 359 (Grad, del 1031-1066, de Besançon); Barb. lat. 603 (Miss, del 1124/1131, de Caiazzo); V at. lat. 6082 (Miss., s. X I I , de Montecassino); Reg. lat. 562 (Miss., s. X , de Le Mans); Ottob. lat. 313 (Sacramentarium, s. I X /X , de Saint-Denis); V at. lat. 7018 (Miss., s. X , de Reggio Em ilia); Rossian. 181 (Grad., s. X I I /X I I I , de S. Peter de Erfurt); Rossian. 231 (Grad., s. X I I , Italia del Norte); Barb. lat. 559 (Miss., del 1173-1223, de S. Michel de Lyon); V at. lat. 4770
(Miss.,
s. X /X I , de los Abbruzos); Barb. lat. 560 (Miss., s. X /X I , de Toscana). No es nuestro intento c'recer aqui una bibliografia mas o menos completa de los estudios publicados, en los cuales se trata de la notación, de la melodia o del contenido de los diversos códices gregorianos conservados en la Vaticana. Diremos solamente que H . Huglo identi ficò el Barb. lat. 564 corno de origen francés, y precisamente proce dente de Auvergne (2). *
*
*
3. Hymnaria, Prosaria, Sequentiaria. E l « Hymnarium » mas antiguo es el de Reg. lat. 11; va copiado juntamente con un salterio; es del s. V i l i , no contiene mùsica y procede del Norte de Francia (3). E l « Hymnarium » mas antiguo conservado con mùsica es el de Moissac,
f1) L e Graduel Rom ain. E dition critique. II. L es Sources, Saint-Pierre de Solesmes 1957, donde senalan la bibliografia para cada ms. (2) Cf. su T rois anciens manuscrits liturgiques d ’Auvergne, en Bulletin histo rique et scientifique de l ’Auvergne, CXX.VII, 1957, pp. 81-104. (3) Es curioso observar que este ms. fue estudiado por Juan de Castro en 1.2. y 14.10 de 1887; G. Morin, 11., 18. y 29.5.1895; A. Wümart, 15.5.1905; A. M. de Amelli, 9.6.1906; De Bruyne, 10.1.1908; P. A. Gasquet, 19.12.1910; M. Lindsay, 21.4.1912; Quentin, 3.12.1926; Alban Dold, 23.9.1938; Quasten, 6.11.1957, etc.
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Anteriormente a Bannister, los Benedictinos de Solesmes y otros estudiosos italianos y alemanes pudieron estudiar muchos de los códices con notación gregoriana conservados en la Vaticana; asi, por ejemplo, el conocido Oskar Fleischer de Berlin trabajó en la Vaticana ya en junio de 1886; entre otros manuscritos gregorianos estudió el Palat, lat. 494 (de fines del s. IX ), Palat, lat. 489 (s. X) y Palat, lat. 482 (s. X I) (4). Peter Wagner, en 1905 y 1912, estudió los neumas gregorianos, y ofreció facsimiles de los siguientes: Vat. lat. 3227 (s. X II) y 4770 (s. X /X I); Palat, lat. 334 (s. X I/X II) y 489 s. X /X I); Reg. lat. 466 (s. X /X I) y Reg. lat. 529 (s. X III) (a). El discipulo de Wagner, H. Freistedt, se limitò al estudió de algunos facsimiles de mss. de la Vaticana editados por Bannister (3). Posteriormente fue Dom Gregorio M. Sunol quien, valiéndose de los materiales y fotografias recogidas en el monasterio de Solesmes, estudió y ofreció en 1935 facsimiles de los siguientes códices que figuran en la Vaticana: Vat. lat. 1202 (s. X I), 3256, 3867, 4750 (s. X II), 4770 (s. X /X I), 6078 (s. X II), 10645 (s. X I), 10646 (s. X II) y 10673 (s. X ); Barb. lat. 543 (Siena, s. X I/X II) y 559 (Lyon, s. X II); Borgia lat. 359 (Besançon); Ottob. lat. 167 (Cagliari, s. X I); Palat, lat. 247 (s. X II) y 500 (s. X IV ); Reg. lat. 1709 (Fleury-sur-L,oire, s. X I) (4). Cabe advertir que entre los códices gregorianos conservados en là Vaticana comùnmente son tenidos corno los mas interesantes los siguien tes: Vat. lat. 4770 (Missale, Subiaco?, s. X /X I) copiado con neumas hasta el folio 83; Vat. lat. 7017 (s. X I/X II, Breviarium de la Italia Central); Vat. lat. 7018 (s. X I, Brev.-Miss., pars aestiva, Reggio Emilia); Vat lat. 10673 (s. X I, Graduale fragmentario muy hermoso procedente de Pouilles, reproducido en el t. X IX de la Paléographie Musicale)', Barb. lat. 560 (s. X I, Miss., Italia Centrale); Borgia lat. 359 (1031-1066, fi. 135-243v, Graduale de Besançon); Rossian. 205 (s. X I, Hymnarium de Moissac, con algunos himnos provistos de notación y otros con espacios en bianco para escribirla). Sobre las mas antiguas fuentes conservadas del « Graduale Roma num » y el origen de los mss. respectivos tenemos hoy la bibliografia (x) Cf. su D ie Germanischen Neumen, Frankfurt a. M. 1923. (2) Cf. su E inführung in die gregorianischen M elodien. II. Neumenkunde, Leipzig 1912, pp. xi-xiii. (3) Die liqueszierenden Noten des gregorianischen Chorals. E in Beitrag zur Notationskunde (Verofientlichungen der gregorianischen Akademie zu Freiburg [Schweiz]), Freiburg 1929. (4) Introduction à la P aléographie musicale Grégorienne, Paris.. . Rome 1935.
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di Musica sacra, marzo 1962, ha tornado come fundamento de su trabajo el Vat. grec. 345. Egon Wellesz (The Akathistas Hymn [Monumenta Musicae Byzantinae transcripta, 9], Copenhagen 1957) coteja Vat. gr. 1606 y Vat. gr. 1613. Véase también su A History of Byzantine M u sic and Hymnographie2, Oxford 1961, y lps estudios de O. Strunk, donde se estudian diversos mss. de la Vaticana.
2. Códices gregorianos. Con ocasión de celebrarse en Roma un Congreso de canto gregoriano, en abril de 1904, para conmemorar el centenario de la muerte de san Gregorio Magno, el P. Fr. Ehrle, Prefecto de la Vaticana, pidió a E. M. Bannister — el conocido colaborador del P. Clemens Blume S. I. en el estudio de las secuencias y tropos — que preparase una exposición de códices litürgicos y gregorianos en la Bi blioteca Vaticana p). Unos anos mas tarde, en 1913, pudo el mismo Bannister, siguiendo los deseos del papa Pio X , ofrecer al mundo un Catàlogo completo de todos los códices con canto gregoriano conservados en la Vaticana, ofreciendo facsimiles de los mismos (2). Ea obra de Bannister puso al alcance de los estudiosos el tesoro de los manuscritos gregorianos màs o menos completos que figuran actualmente en la Vaticana. El autor tuvo ademas el buen acierto de indicar, en un grupo separado, la serie de códices que contienen teoria musical antigua, y en otro grupo la serie de manuscritos con mùsica polifònica en notación mensural. Gracias a la obra de Bannister, los especialistas en la notación neumatica gregoriana, en la polifonia me dieval y en la teoria musical antigua, pudieron estudiar y conocer con todo detalle el tesoro musical conservado en la Vaticana. En 1949 y 1950 pedi varias veces a S. E. el Card. Mercati de si seria posible que, ademas de los manuscritos senalados por Bannister, figuraran en la Vaticana otros códices que él no hubiera visto; Su Eminenda me con testò muy decidido que era elio muy dificil, puesto que Bannister, para preparar su obra, habia visto uno por uno todos los manuscritos antiguos alli existentes. P) Como recuerdo de elio se editò Catalogo som m ario della Esposizione Gre goriana1 (Studi e testi, 13), Roma 1904. (2) Cf. su M onumenti V aticani di P aleografia m usicale latina (Codices e Vaticanis selecti phototypice expressi, 12), Leipzig 1913.
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1. Codices con mùsica bizantina. L,a mùsica de la liturgia bizan tina ha sido muy investigada y publicada en todos sentidos durante el siglo X X . Entre otros hay que recordar los nombres de H. Gaisser, A. Gastoué, C. Hòeg, M. Merlier, J. Petrescu, J.-B. Rebours, H. Riemann, Bartolomeo di Salvo, O. Strunk, I,. Tardo, J.-B. Thibaut, H. J. W. Tillyard y E. Wellesz, sin contar los especialistas del canto litùrgico sinagogal y de la Iglesia Oriental. En generai, los especialistas estudiaron los códices bizantinos conservados en el Monte Athos, en las Bibliotecas Nacionales de Atenas, Paris y Viena, en la Abadia de Grottaferrata, en el Patriarcado de Jerusalém y en la Vaticana. El P. Eorenzo Tardo, del monasterio griego de Grottaferrata, fue el primero que publicó un estudio sobre I codici melargiri della Vaticana e il contributo alla musica bizantina del monachiSmo greco della Magna Grecia, en Archivio storico per la Calabria e la Lucania, I, 1931, pp. 225-
248. En su trabajo dio el P. Tardo una lista de los códices con notación bizantina que figuran en la Biblioteca Vaticana. Después de las bùsquedas del P. Tardo y del P. di Salvo podemos decir que en la Vaticana figuran unos 36 códices con mùsica bizantina. De entre ellos los màs interesantes son sin duda los 6 siguientes: 1. Vat. gr. 345, P saltikon del s. X III, en pergamino, de los màs comple tos en su gènero. 2. Vat. gr. 1606, P saltikon (no figura en la lista de Tardo), también de los màs completos; proviene de Mesina. 3. Ottob. gr. 380, en pergamino, de fines del s. X IV , precioso por ser completo en todos sentidos; contiene el canto de todo el ano litùrgico. 4. Palat, gr. 243, en pergamino, s. X IV -X V , incompleto al principio; contiene los himnos distribuidos por tonalidad, del tono I al VII, y otros cantos. 5. Barb. gr. 300, en pergamino, de la segunda mitad del s. X V ; con tiene una selección de composiciones musicales de los primeros maestros. 6. Barb. gr. 301. H irm ologion, s. X V -X V I con composiciones similares a los otros de tradición moderna. Procede del Monte Athos.
Que sepamos, hasta hoy sólo Paul-Armand Eailly se habia valido de un còdice bizantino de la Vaticana para escribir su tesis doctoral que tituló: Analyse du Codex de musique grecque n° 19. Bibliothèque Vaticane (Fonds Borgia), en Publications musicales byzantines, Séminaire SaintAnne. Jérusalem, Ifiban 1949. Recientemente el P. Mathias Dijker, A. A., alumno del Pont. Istituto di Musica sacra, en su tesis — I Prokeimena del Psaltikon — preparada bajo la dirección del P. di Salvo en el Istituto per gli Studi Orientali de Roma y sostenida en el Pont. Istituto
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encontremos con dos hechos que a primera vista desconciertan: por una parte, los libros de canto litùrgico anteriores al siglo X III alli conservados son relativamente pocos, y, por lo comùn, muy incompletos; por otra parte, exceptuando unos pocos, esos libros de canto litùrgico no fueron escritos para la Curia Romana, y muchas veces, ni siquiera fueron copiados para la liturgia pontificia, sino recogidos de todas partes en epoca tardia, a partir del siglo XV. Elio esplica el porqué del grande contraste que existe entre el repertorio musical sagrado monódico y polifònico antiguo, y el repertorio de mùsica sagrada polifònica, rico en todos sentidos que se conserva alli desde mediados del siglo XV. Este tesoro polifònico i1), copiado, y, en gran parte, compuesto directamente para la liturgia papal, forma una de las colecciones mas ricas y mas interesantes en su gènero de cuantas se hayan conservado en todo el mundo. SÌ comparamos el tesoro litùrgico-musical de la Vaticana con el de la Bibliothèque Nationale de Paris, por ejemplo, salta a la vista que la Vaticana es tan rica como la parisiense en nùmero y en cantidad de libros htùrgicos, pero mientras la B.N. de Paris aventaja en mucho a la Vaticana en codices gregorianos, troparios, secuenciarios y en « chansonniers » con la monodia cortesana medieval, en cambio el tesoro de mùsica polifònica de carâcter sagrado conservado en Roma supera en mucho al repertorio similar guardado en la B.N. de Paris. Por lo que se refiere a polifonia impresa durante los siglos X V I/X V II, son muchas las bibhotecas que aventajan a la Vaticana. Con el fin de que nuestra exposición sobre el tesoro musical conser vado actualmente en la Bibhoteca Vaticana sea mas interesante, estudiaremos el tesoro musical de la misma dividiéndolo por secciones; cada sección contendra un gènero o una època musical bien determinada. De los estudios o ediciones hechas sobre los códices principales de cada sección, el lector podrâ deducir la importanda que tiene para la cultura artistica de la humanidad entera el tesoro musical salvado hasta hoy en la Bibhoteca Vaticana.(*)
(*) Mucho màs rico seria el fondo de mss. polifónicos de la capilla pontificia si se hubieran salvado todos los mss. e impresos que se guardaban en ella desde el siglo X V I; quién sabe los códices polifónicos que se perderian primero durante el siglo X V I, después durante los anos 1678-1687 y en tiempos posteriores! Cf. J. I/lorens, Capellae Sixtinae Codices m usicis notis instructi. . . (Studi e testi, 202), Città del Vaticano 1960, pp. vii-xix.
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procederi, por lo comùn, de las Basilicas romanas. Con todo, este hecho negativo no quiere decir que para la liturgia pontificia en Roma no hubieran existido códices gregorianos suficientes, por no decir abundan tes, desde que la Iglesia latina practicó una notación musical, y muchos mas desde que empezó a cantar mùsica polifònica. En el campo de la mùsica para voces anterior al siglo X V sucede lo mismo: la Biblioteca Vaticana carece de manuscritos que conserven la polifonia sagrada primitiva anterior al siglo XV, a pesar de que la Schola cantorum pontificia la habia practicado desde el siglo V ili ο IX . Es Adhemar de Chabannes, monje de San Marciai de Limoges y de Angulema (c. 989-1034), quien nos informa en su « Historia » que los cantores que Carlomagno tomo de Roma para Francia hacia 787: « Similiter erudierunt Romani cantores supradictos cantores Francorum in arte organandi », en el sentido de mùsica para voces o polifonia (2). El « Ordo romanus X I », escrito antes de 1143, al hablar del canto de las secuencias, escribe que se canten « modulatis vocibus » y « modulatis organis », frase que bien se puede interpretar en el sentido de mùsica polifònica (2). Debido al hecho negativo de que en la Biblioteca Vaticana no figuren códices antiguos con polifonia, los historiadores de la mùsica sagrada hasta hace poco habian creido que la Capilla pontificia de Roma no habia cantado polifonia hasta el siglo XIV, coincidiendo elio con la residenda de los Papas en Avinón. Con todo, hoy podemos afirmar que la practica de cantar polifonia era muy floreciente en la liturgia papal ya durante los siglos X II/X III. En efecto, los inventarios de la Biblioteca Pontificia escritos en Perusa en 1311 y en Asis en 1327 y 1339, senalan nada menos que « ocho volùmenes » que contenian mùsica sagrada polifònica de « organa, conductus » y « motetes », polifonia an terior a la otra de la « ars nova » del siglo XIV. El hecho de que un libro contuviera una colección de « Benedicamus » y « Alleluia » a 3 voces, nos senala que en la Capilla pontificia se ejecutaba incluso un reper torio polifònico que hasta aqui nos era desconocido (3). Con cuanto hemos expuesto no es de extranar que, al estudiar los códices de canto gregoriano conservados en la Biblioteca Vaticana, nos
i1) Cf. J. Handschin, L ’Organum à l'Église, en Revue du Chant Grégorien, X L, 1936, pp. 179-182; X U , 1937, pp. 14-19, 41-48; W. Apsl, E arly History of the Organ, en Speculum, X X III, 1948, pp. 190-216. (2) P. E „ E X X V III, col. 1031. (3) H. Anglés, L a m usica sacra medievale in S icilia, en Bollettino del Centro di Studi filologici e linguistici siciliani, III, 1955, pp. 11-12.
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esforzó a fin de que Espana aceptara la « Lex romana » con su liturgia y su canto, cuando Alej andrò II consiguió que el « Romanus ordo » se introdujera en Aragon, el ano 1071, no consta mandara libros litürgicos y de canto a Espana. Cuando Gregorio VII pudo ver coronado su ensueno de que — introducido el « Romanus ordo » en Navarra, Castilla y Réon, en 1076 — la liturgia y el canto romano se impusieran en toda Espana, no sabemos tampoco que hubiera prestado libros de canto « ut Romanus ordo per totam Hyspaniam et Galliam et ubicumque potueris, in omnibus rectius teneatur », como escribia a Simeón, obispo de Oea (Burgos) (l). Siendo el canto indispensable para la liturgia papal solemne, es obvio que eh Roma, o donquequiera se encontrara el Papa, ademas de la « Schola cantorum », figuraran en su curia los libros de canto necesarios para solemnizar los actos del culto divino. Si segùn el inglés anònimo del siglo X III, en su epoca, en Notre-Dame de Paris, se conservaba seis volùmenes de canto polifònico, volùmenes cuyo contenido especifica, «et pluria alia volumina reperiuntur» cuyo contenido no estudia (2), muchos mas libros tenia que haber en Roma tanto para el canto monódico corno para la polifonia sagrada. Sabemos también que las capillas reales de Europa tuvieron siempre sus libros de canto litùrgico monódico y polifònico durante el Medioevo; mucho mas, pues, debian tenerlos los Papas en todas las épocas. Con todo, es una pena que nada sepamos del tesoro musical de los Pontifices romanos, que se guardaria en la « Bibliotheca antiqua » hasta Honorio III (1216-1227), y que tampoco se hayan conservado los libros de mùsica que figuraban en la « Biblio theca Bonifaciana » recogida durante el siglo X III y ordenada durante el pontificado de Bonifacio V ili (1294-1303) (3). Como después diremos, la Biblioteca Vaticana actualmente no es muy rica en códices de canto gregoriano, y los que en ella se conservan no son muy completos, ni(*)
(*) J. Briz, H istoria de la fu n daciôn y antigüedad de S. J u a n de la P en a , Zaragoza 1620, pp. 518 ss.; H. Anglés, L a m ùsica a Catalunya fin s al segle X I I I , Barcelona 1935, pp. 23-39, y L a musica, medieval en Toledo hasta el siglo X I , en Spanische Forschungen der Gôrres-Gesellschaft, I. Reihe, 7. Bd, 1937, pp. 63-64 con abundante bibliografia. (2) -EL de Coussemaker, Scriptorum de m usica m edii aevi novam seriem . . . edidit, I, p. 860. (3) Fr. Ehrle, H istoria Bibliothecae Roman. Pontificum tum B on ifatian ae tum A venionensis. . . , I, Roma 1890, pp. 24-116 [Index Perusinus (anni 1311) Bibliothecae Bonifatianae]; A. Pelzer, A ddenda et em endanda ad F r. E hrle H isto riae B ibi. Rom an. P o n tific u m ... tomum I , Bibliotheca Vaticana 1947, p. 16.·
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H iginio A ngles
E L TESORO MUSICAL D E L A BIBLIOTECA VATICAN A
Para mejor conocer la historia del canto sagrado del primer milenario saria interesante el poder conocer las diversas etapas y transformaciones por las cuales pasaron los libros de canto que figuraban en la Capilla pontificia de Roma, desde cuando el canto litùrgico de la Iglesia, ya perfecto en su gènero como arte sagrado, fue posible copiarlo con notation musical mâs o menos legible y diastemâtica. Era muy natural que Gregorio Magno, al mandar a san Agustin con sus misioneros, en 596, a Inglaterra, se preocupara por que llevaran consigo los libros de liturgia y de canto necesarios; consta históricamente que la iglesia de Inglaterra conservò con grande celo la tradition litùrgicomusical retibida de Roma. Sabemos asimismo que Paulo I (757-767) mandò al rey Pipino un «antifonario» y un « responsoriale », mientras que Adriano I (772-795), el ano 790, prestò a Carlomagno cantores con los libros de canto ro mano (x). Hacia 826, el abad Wala del monasterio de Corbie pudo llevarse consigo otro libro de canto litùrgico al partir de Roma. Es también conotida la historia de Amalario de Metz que fue a Roma comisionado por el emperador Ludovico Pio hacia 831/832 con el intento de estudiar personalmente el canto autèntico de los libros usados en Roma: « cantatorium », «responsoriale» y « antiphonarium » (*). Roma, que tanto se P) Cf. entre otros los estudios de P. Wagner, A. Gastoué, B. Stablein, H . Hucke, W. Lipphardt y S. Corbin, L ’É glise à la conquête de sa musique, [Paris] 1960. (2) A m alarii episcopi O pera liturgica om nia, edita a J. M. Hanssens.. . , I. (Studi e testi, 138), Città del Vaticano 1948, pp. 361-363, donde se lee: «N o tandum est volumen quod nos vocamus a n t i p h o n a r i u m , tria habere nomina apud Romanos: quod dicimus g r a d u a l e , illi vocant cantatoriu m .. . Sequentem partem dividunt in duobus nominibus: pars quae continet responsorios, vocatur r e s p o n s o r i a l e , et pars quae continet antiphonas, vocatur a n t i p h o n a r i u s » (p. 363).
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del 1797. Il Baudrand, geografo e cartografo ben noto (1633-1700), soggiornò a Roma come segretario del card. Antonio Barberini jr e poi del card. Be Camus e fu presente ai conclavi del 1655, del 1667 e del 1691. Per l’officina De Rossi allestì altre carte dell’Italia, dello Stato della Chiesa, della Francia, dell’Alemagna, della Spagna. Come conclusione di questa nota, giova ribadire che, essendo tutte le carte ora segnalate, di estrema rarità, tornerebbe opportuna una ri cerca sistematica, diretta a rintracciare tutti gli esemplari sopravissuti e sarebbe quanto mai utile provvedere a buone riproduzioni fotografiche, che consentano di determinare, con un esame comparativo, le filiazioni e le derivazioni, comunque differenziate.
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Baffins bay si incurva chiudendosi a circa 79° lat. con la Sir Thomas Smiths bay. Te tre carte dell’Asia, Africa ed America sono state certamente incise dal medesimo incisore e sono stampate sugli stessi fogli nei quali è ben discernibile la filigrana: giglio entro un cerchio, Ea carta dell’Eu ropa, nella quale la filigrana non è discernibile, potrebbe essere opera di un incisore diverso; certo è incisa con una tecnica un po’ differente: ad es. le località abitate sono figurate con semplici circoletti, mentre nelle altre carte esse figurano con una casettina, che racchiude spesso un circoletto. Per la toponomastica si può ripetere all’incirca quello che si è detto per l’Europa. Queste carte della serie minore sono anteriori per data alla serie maggiore del De Rossi con la quale non sembra abbiano rapporto diretto; ma da quale originale derivino non mi pare che si possa per ora precisare. Carte dei Continenti in formato ridotto comparvero ben presto negli Atlanti blaviani; già nella famosa Atlantis Appendix sive Pars altera ecc. pubblicata ad Amsterdam nel 1630, della quale l’unica copia conosciuta si trova nel British Museum, le carte appaiono e il Wieder le considera come riduzioni delle carte del 1617. Ma, in mancanza di riproduzioni, il confronto è anche in questo caso per ora impossibile. Nella carta del l’Europa trovo, nella Scandinavia, tre scritte in francese: « Eappons danois », « Eappons suédois », « Eappons Moscovites », che sembrano ine splicabili, a meno di non supporre che l’incisore, avendo sott’occhio un originale francese, abbia in questo solo caso trascurato di tradurre. Nessun caso simile ho trovato in altre parti di questa carta o in quelle degli altri Continenti. Per incidenza aggiungiamo che alla stessa serie di carte recentemente ritrovate in un fondo della Biblioteca Vaticana, appartiene anche un mappamondo in due grandi fogli di M .A . Baudrand «NOVA ET ESATTA TAVOBA DEB MONDO O TERRA UNIVERSAEE DI MICHEBE ANTONIO BAUDRAND PARIGINO DOTTORE DEEBEGI ET AVOCATO NEB PARLAMENTO DI PARIGI DATA IN DUCE B’AN. 1680 ». In un grande cartiglio in basso a destra vi è la dedica di Gio. Giacomo De Rossi al card. Azzolini. In un piccolo car tiglio in basso a sinistra: « IN ROMA per Gio. Giacomo Rossi alla Pace all’insegna di Parigi ». Anche questo mappamondo, sul quale non ci tratteniamo qui, elencato nell’Indice delle Stampe dei De Rossi del 1705, è ripetuto nei cataloghi della Calcografia camerale fino a quello
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in prossimità del meridiano centrale, a 51-52 m ; la lunghezza dei gradi aumenta progressivamente verso i margini. A sinistra in basso vi è una cartina della calotta antartica, nella quale sono tracciati alcuni lembi della « Terra incognita » con pochissimi nomi, ma con le quattro seguenti interessanti indicazioni: «Ter. de Dionne 1616 »; « Ter. de Eeendracht 1616 »; « Ter. de Edels 1619 »; « Ter. de Nuyts 1627 ». Di scoperte posteriori non vi è traccia. Sopra la cartina vi è una figura di un cammello guidato da un indigeno (tar taro?); su di esso è un bambino che reca una targa vuota. De altre due carte, dell’Africa e dell’America, sono identiche per le dimensioni e per il titolo, eccetto che per la sostituzione del nome del Continente; la data 1679 è la stessa. Da bella carta dell’Africa — pur guasta da qualche lacerazione — è in proiezione apparentemente cilindrica, ma a latitudini e longitudini crescenti; è graduata di grado in grado di 40° lat. S. a 40° N. e da circa 337° long. Ov. a 103° Est; la numerazione dei gradi è lungo l’Equatore. Dieci gradi corrispondono, verso il centro della carta, a mm. 66-67. A sinistra in basso la figura di due negri che sostengono un cartiglio vuoto. Sotto, la scritta: « Si vendono per Gio. Giacomo Rossi in Roma all’in segna di Parigi alla Pace ». Alcune imbarcazioni nel mare. Manca la scala. Da carta dell’America non ha cartigli nè targhe; solo in basso a destra, la consueta scritta: «Si vendono per Gio. Giacomo Rossi etc.»; è probabilmente in proiezione stereografica equatoriale: la graduazione delle latitudini va da 27° S. a 33° N., quella della longitudini da circa 205° O. a 25° E .; il meridiano centrale è il 295°0.; la lunghezza di 10° misurata ai lati del meridiano centrale corrisponde a circa 39 mm.; al margine (p. es. tra 10° e 20° E.) è di 67 mm. Manca anche qui la scala. A destra in basso è la solita scritta: « Si vendono ecc. ». Da carta abbraccia una parte notevole dell’Oceano Pacifico fino alle isole Barbados sotto il 205° meridiano, ad est comprende buona parte dell’Africa nordoccidentale; a nord reca parte della Gronelande (Meta incognita) e della Estotilande e intero il disegno della Baia di Hudson; ma ad ovest di essa si stende uno spazio bianco fino alla costa di una « Terra incognita Anien ». Da California è nettamente disegnata come isola, non come penisola, mentre il suo carattere peninsulare era a quell’epoca da tempo accertato. Alla rappresentazione della calotta artica è dedicata una cartina speciale in basso a sinistra: in essa è figurata per intero la Groenlandia, che appare peraltro saldata con l’« America settentrionale incognita»; Y Estotilande è una grande isola, a nord della quale la
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240 miglia = mm. 49. In alto a sinistra entro un grande cartiglio riccamente decorato da figurazioni varie, vi è la dedica a Carlo Gerini marchese di S. Stefano, a firma « Jo. Jac. Rubeis in obs. Test. DDD. ». Più sotto nell’Atlantico, rosa di 32 venti. La carta è in proiezione conica, graduata ai margini di grado in grado da circa 27°30’ a 72° lat. e da 360° (ossia 0°; merid. dell’isola di P alm a nelle Canarie) a 81° (al margine superiore da 293° ovest a 150° Est); meridiano centrale è il 40°. Non vi è nome di incisore nè data, ma l’incisione è assai buona, come tutte quelle dei De Rossi. È da avvertire che la carta è più estesa della corrispondente dell’editio maior a oriente, perchè comprende quasi tutto il Mar Caspio, meno estesa a nord dove si arresta alle coste europee affacciate al Sep tentrionalis Oceanus; essa è naturalmente molto più povera di nomi. La toponomastica conserva spesso, ma non sempre, per i singoli stati, le forme locali (francesi, inglesi, spagnole, tedesche e anche slave); per gli individui maggiori (mari, laghi, regioni) dà ora una forma latina (Mare Atlantiçum, Mare Mediterraneum, Hispania, Hibernia), più spesso forme italiane (Mare di Levante, Golfo di Venetia, Mare Galligo, Transilvania, Deserti di Barca, Turcomania etc.) talora anche forme slave (Movrmanskoy More seu Norvegicum; Niaren More). Per l’Egeo si legge: « Archipelago ouero da li Antichi Mare Egeo »; per il Mar Nero: «Mare Nero altramente Mare Maggiore chiamato da li Gredi Mavro thalassa, da li antichi Pontvs Evxinvs, da li Alemanni Schwarts Meer viene a dire Mar Nero, da li Moscoviti Zomo More, da li Turchi Caradenis »; per il Mar d’Azòv: « Mare delle Zabache olim Maeotis palus ». La carta dell’Asia, purtroppo deturpata da strappi irremediabili nella parte centrale, è in due grandi fogli che uniti insieme misurano, compreso sempre il margine graduato, cm. 90,5 X 58. Il titolo su due righe lungo il margine superiore è, salvo la sostituzione delle parole ASIAE ad EVROPAE, perfettamente identico a quello dell’Europa; ma all’ultima parola AMSTELODAMI segue la data MDCLXXIX. A destra in basso si legge: « Si vendono per Gio. Giacomo Rossi in Roma all’insegna di Parigi alla Pace ». In alto a destra vi è un grande ed elegante cartiglio, che doveva contenere la dedica, ma è del tutto vuoto. Mancano la scala e il nome dell’incisore. La carta, in proiezione stereografica equatoriale a paralleli e meri diani curvi, e a latitudini e longitudini crescenti, è graduata di grado in grado da 9° lat. S. a 46° N. e da 33° a 186° long, (al margine inferiore); è tracciato per intero l’Equatore, anch’esso suddiviso di grado in grado. Il meridiano centrale è il 40°. Dieci gradi equatoriali corrispondono,
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Si deve aggiungere che i due cartigli ovali che nelle carte Visscher dell’Asia e dell’Africa, in basso a destra, contengono i privilegi di stampa, nelle carte vaticane si trovano, come si è detto, neË’identico posto, ma sono vuoti. In conclusione, e a complemento di quanto si è accennato prima, l’ipotesi che a me sembra più probabile è che le carte vaticane incise a Bologna da Pietro Todeschi, rappresentino una edizione italiana della serie pubblicata dai Visscher con qualche modificazione, introdotta per tener conto di scoperte posteriori avvenute nell’Oceano Pacifico. Be serie di carte blaviane ora descritte sono tutte, come si è visto, estremamente rare; forse le stesse grandi dimensioni ne rendevano dif ficile la conservazione ed anche incomoda la consultazione. Parallelamente ad esee ne furono fatte perciò edizioni ridotte più maneggevoli; esse sono peraltro poco note agli studiosi e del pari molto rare. Ba stessa officina Romana di G.G. De Rossi, accanto alla serie « maior » cui sopra si è accennato, ne stampò una serie in formato ridotto, che nel già citato Indice del 1705 è elencata in questi termini (*) : «Nuova, ed esatta tavola dell’Europa colle sue sposizioni di Gu glielmo Blau intigliata a bulino in due fogli imperiali ». « Nuova ed esatta tavola dell’Asia etc » identicamente; e così per le carte dell’Africa e dell’America. Il prezzo di ciascuna carta è indicato in 40 baj occhi (2). Di questa serie fortunatamente un esemplare fu trovato tre anni fa nella Biblioteca Vaticana, in discrete condizioni, dopo diligente re stauro; credo utile dame qui una breve descrizione, perchè non trovo che altri ne abbia fatto oggetto di particolare segnalazione. Ba carta dell’Europa è in quattro fogli (i due superiori di dimen sioni minori degli inferiori) che uniti insieme misurano, compreso il margine graduato, circa cm. 89 x 58,5. Circa tre centimetri lungo il margine superiore sono occupati dal seguente titolo in due righe: TOTIUS EVROPAE NOVA ET EXACTA TABVBA E X OPTIMIS TUM GEOGRAPHORUM TUM ABIORUM/scriptis collecta et ad hodiernam regnorum et principatuum et maiorum partium distinctionem accomoda ta per Gulielmum Bleaew Amsterdam! ». Sotto questo titolo a destra vi sono cinque scale (si legge « Schala »). Ba scala di miglia d’Italia dà (x) Vedi a p. 9 l ’In dice menzionato qui sopra (p. [18], nota 1). (a) Anche questa serie minore figura nei posteriori Indici della Calcografia fino a quello del 1797; non figura più nei successivi.
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Un esame comparativo di tutte queste edizioni o ristampe è per ora impossibile a causa della mancanza di buone riproduzioni fotogra fiche. Ma un accurato confronto tra le carte vaticane e quelle dei Visscher della Collezione Schônburg, delle quali si posseggono, come si è detto, riproduzioni molto ridotte, ma in qualche modo utilizzabili, dimostra una strettissima affinità in tutti gli elementi, sia del disegno cartografico vero e proprio, sia di tutti gli accessori (rose dei venti ecc.), delle figu razioni decorative ecc. Anche taluni errori sono comuni, per es. Ormus scritto non solo al suo posto sulla costa persiana, ma anche nella parte dell’Arabia che la fronteggia. Notevoli differenze ho riscontrato solo in due casi. All’angolo sud-est (basso a destra) la carta Schônburg mostra una grande isola detta Ceiram e accanto una penisoletta sporgente al margine. Nella carta vaticana l’isola Zeràm figura in dimensioni ridotte, mentre appare una grande spor genza peninsulare con la indicazione già segnalata: «Terra dos Papons a Jacobo le Maire dieta Nova Guinea » (*). Nella carta speciale della Terra Australe' (inserita nella carta dell’America), i contorni di questa terra, che eranò originariamente delineati come nella corrispondente carta Visscher, sono stati modificati sul rame in modo che l’estensione della grande terra incognita risulta ridotta; è aggiunta, appena adom brata, la terra di van Diemen e la indicazione « detecta 1667 » della quale si è parlato sopra.
« Nuova tavola simile di tutta l’Africa. « Nuova tavola simile di tutta l’America ». L ’Europa è in vendita per 70 bajocchi, le altre carte per 60. Non c’è dubbio che si tratti delle carte del 1686, delle quali si è fatto cenno sopra. Dopo che il patrimonio di carte e di incisioni dei De Rossi passò alla Calcografia Camerale costituita nel 1738, le stesse carte sono elencate negli Indici della Calcografia fino a quello del 1797 dove sono indicate (p. 113) con le medesime parole. Nel l ’Indice del 1805 non compaiono più. Per la storia della calcografia vedi: E. Ovidi, L a Calcografia rom ana e l ’arte dell’incisione in Italia, Roma-Milano 1905, specialmente pp. 11-30; F. Ehrle, R om a p rim a di Sisto V. L a p ian ta di R om a Du P érac-L afréry del 1577, Roma 1908, pp. 22-24. — Ringrazio l’attuale diret tore della Calcografia Nazionale dott. Gilberto Ronci, per l’aiuto prestatomi in queste ricerche. Non par verosimile che nessun esemplare di queste carte ne sia conser vato in raccolte italiane; sarebbero da eseguire ricerche sistematiche, che a me per ora non sono state possibili. P) La navigazione del Le Maire è del 1616-1617, ma il nome Nuova Guinea si fa risalire al navigatore Inigo de Retes (1545).
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gine superiore, il titolo: «NOVA ET ACCVRATA TOTIVS EVROPAE TABVEA auct. Guil. J. Blaeu 1669 »; le altre carte, titoli analoghi con la stessa data. Ma in un cartiglio, che nella carta d’Europa è in alto a destra, nelle altre carte in altra situazione, si legge una intitolazione in francese (« Carte de l’Europe nouvellement dressée etc. ») che termina con la data 1678. Questa data si trova nei titoli analoghi delle altre carte. De didascalie descrittive sono in due testi di contenuto identico, in latino e in francese.' Queste strisce contenenti le didascalie furono forse aggiunte in esemplari messi in circolazione più tardi: il testo latino della descrizione dell’Asia termina con l’indicazione: «A Paris, chez Hubert Jaillot, sur le Quay des Augustins aux deux globes M D C IyX X X V ».
Una collezione analoga, ma non del tutto identica, è posseduta dall’Istituto Geografico militare di Firenze. Un altro esemplare è se gnalato alla Biblioteca Nazionale di Parigi. Aggiungo ancora, in relazione a quanto dirò tra breve, che una terza edizione italiana delle carte blaviane dei quattro Continenti — poste riore peraltro a quella bolognese posseduta dalla Vaticana — fu messa in circolazione a Roma dalla notissima officina di Gian Giacomo De Rossi alla Pace nel 1686. Ne ho notizia dal dott. B. va n ’t Hoff, direttore degli Archivi di Stato olandesi, il quale mi segnala un esemplare — l’unico che io conosca — posseduto dal Museo Navale di Rotterdam. Da carta dell’Europa in sette fogli ha per titolo (in cartiglio in alto a destra) «NOVA TOTIVS EVROPAE TAB V IA AVTORE JOANNES BIAEV. AMSTEUREDAMI. Jo. Jacobus de Rubeis Formis Romae ». In basso a sinistra in un cartiglio « Joannes Jacobus de Rubeis Formis Romae ad Templum Pacis cum privilegio Summi Pont. Anno 1686». l e altre carte, in sei fogli ciascuna, sono del tutto analoghe; la data 1686 manca nella carta dell’America; ma che le quattro carte costitui scano una serie unica è dimostrato dal fatto che nella carta dell’Europa vi è una dedica a Orazio Quaranta che comincia: « Quatuor Orbis Partes tuis non minus studiis quam passibus pervias tibi sisto........ » i1).(*)
(*) N ell’Indice delle stam pe intagliate nel ram e a bulino e in acqua forte esistenti nella Stam peria di Domenico De Rossi erede d i Gio. Giacomo appresso S. M aria della P ace in Rom a, stampato nel 1705, si legge (p. 9): « Nova tavola di tutta l’Europa con le sue città e modi di vestire figurate « all’intorno di Giovanni Blau intagliata a bulino in 7 fogli reali grandi. « Nuova tavola simile di tutta l’Asia in sei fogli.
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den Ende sculp. ». Claes Janszoon (Nicolas Johannis) Visscher (circa 1586-1652) è il fondatore e proprietario di una grande casa editrice di incisioni, piante e carte geografiche di Amsterdam, in rapporti coi Blaeu; la sua attività fu continuata dal figlio Nicola (1618-1709). Dal confronto della carta dell’Asia con la fotografia dell’originale del 1608 in mio possesso si sarebbe inclinati a dedurre che si tratta anche in questo caso di una ristampa dallo stesso rame, ma se questo possa affermarsi con sicurezza anche per le altre carte non potrei dire; la carta dell’America reca alcune aggiunte posteriori al 1608, per es. lo stretto di Lemaire scoperto nel 1616. Il confronto con la stampa del 1634, che uscì con titolo un po' diverso, dalle officine di Enrico Hondt (Hondius) non è possibile, perchè, come si è detto, l’unico esemplare conosciuto di quelle è andato perduto. Il Wieder (Monumenta, pp. 72-73) menziona carte dell’Asia, Africa e America del tutto analoghe a quelle ora descritte, delle quali si trovano esemplari nel Museo Nazionale di Monaco e nel Museo Navale di Am sterdam, le quali recano la data 1656 per l’America e 1657 per l’Asia (nessuna data nella carta dell’Africa). Una carta analoga dell’Europa (mancante alla collezione Schònburg) con l’indicazione « C. I . Visscher exc. » e la data 1655 si trova, secondo il Wieder, nella Biblioteca Nazionale di Parigi e una non datata nella Biblioteca di Stuttgart. Il Wieder dà per sicuro che queste carte derivino dagli stessi rami di quelle del 1608-1624. 1669-79 - La serie delle carte blaviane fu messa in circolazione a Pa rigi da H. Jalliot nel 1669 e anni seguenti. Una collezione di tali carte è con servata nella così detta « Galleria delle Navi » dell’Università di Bologna ed è stata accuratamente descritta da P. Frabetti (J). Le carte si com pongono al solito di quattro fogli uniti insieme e incollati su tela, che misurano complessivamente cm. 83,5 X 110,5; ma esse sono accom pagnate da strisce contenenti piante di città, figurazioni etnografiche e descrizioni dei singoli continenti, come in altre serie precedentemente descritte. La carta d’Europa reca, su una striscia applicata lungo il marf1) P. Frabetti, Università di Bologna. L a collezione delle antiche carte geo grafiche, Bologna 1959, pp. 35 e seg. La descrizione è corredata da riproduzioni purtroppo molto ridotte e non leggibili. Le carte sono in mediocre stato di conservazione.
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vol. IV [1961] ofrece facsimiles de Sist. 46, ff. 198v-199 motete « O Ge nitrix gloriosa », de Arch. S. Petri B. 80, ff. 27v-28; motete « Omnium bonorum plena » y « Sile fragor » de Chigi C. V ili. 234, ff. 279v-280. En el motete « Ad honorem tuum, Christe » coteja Sist. 42, ff. 15v-18; para «A ve Maria » Chigi C. VIII. 234, ff. 140v-142 y « Profitentes uni tatem » compara Sist. 42, ff. 140v-142 mientras que para el -refendo « Sile fragor», Chigi C. VIII. 234, ff. 270*-281. Dragan Plamenac, en su Johannes Ockeghem, Sâmtliche Werke, I. Messen I - V I I I , Eeipzig 1927, coteja Cap. Sist. 14, copiado en 1481-1492; Sist. .35 de fines del s. X V ; Sist. 41, de fines del s. XV; Sist. 63, de la misma època y Chigi C. VIII. 234, que contiene 13 misas de Ockeghem, corno hemos dicho anteriormente; en el vol. II Masses and, Mass Sections I X - X V I (New York 1947) coteja los mss. Sist. 26, 41, 51, 63 y Chigi C. VIII. 234. Albert Smijers, en su Jacobus Obrecht Opera omnia, editio altera quam edendam curavit Verenigin voor Nederlandse Musiekgeschiedenis,
vol. I, fase. IV (Amsterdam 1955), para la Misa «Malheure me bat» a 4 se vale también de Cap. Giulia X III. 27; en el vol. II, fase. II (Amsterdam 1958), con motetes coteja Sist. 42 « Factor orbis » y « Eaudemus nunc Dominum ». El Institut of Mediaeval Music (= Veròffentlichungen mittelalterlichen Musikhandschriften, 7). New York 1959, en Faugues, Vincent: Opera omnia. Faks. d. Werke Faugues aus d. Hs. Trent 88, Trent 91, Cappella Sistina 14, Cappella Sistina 51, Verona D C C L X I, Modena L.M .k. 13, mit Einl. von Georg C. Schütze, se ofrecen facsimiles de
Sist. 14 y Sist. 51. B. Kahmann, en Antoine de Févin, tesis doctoral del Pont. Istituto di Musica Sacra, Róma 1948, que editò en parte en Musica Disci plina, IV, 1950, pp. 153-162 y V, 1951, pp. 143-155, coteja los mss. Cap. Giulia X II. 2 y Sist. 45 para la Missa « Ave Maria »; para la « Dictes moy » a 5, Sist. 16; para la « de Feria » a 4, Sist. 16; para la « Mente tota », Cap. Giulia X II. 2 y Sist. 16; para la « Missa parva », Sist. 16; para la Missa « Sancta Trinitas », Sist. 160. Mientras que para los motetes de Févin « Benedictus Dominus » coteja Sist. 26; « Bauda Sion », Sist. 46; « Sancta Trinitas », Chigi C. V ili. 234. Entre otros mss. confronta también Palat, lat. 1980 u 1981. Albert Smijers, para su edición de Josquin des Près Opera omnia, se valió de diversos mss. de la Vaticana: para los Motetes Fase. I (Eeipzig 1926) coteja Sist. 42, ff. 21v-23 « Ave Maria »; Sist. 46, ff. 50T-55 Anònimo [= Josquin] « O admirabile commercium ». Fase. II entre
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H . Anglés
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otras fuentes: Sist. 35, ff. 4?-6 « Domine non secundum peccata »; Sist. 41, ff. 155v-156 Missa « D’ung altre amer ». Fase. I ll: Sist. 38, ff. 63v-73 « Planxit autem David »; Sist. 42 Anònimo [= Josquin] « Diber genera tionis Jesu Christi »; Sist. 63 Anònimo [= Josquin] « Missus est Gabriel angelus». Fase. IV: Sist. 15, ff. 188v-190 Anònimo [= Josqtiin] «Alma Redemptoris mater » y « Ave regina »; Sist. 26, ff. 136M38 » Mente tota tibi supplicemus». Fase. V: Sist. 15, ff. 243v-247 Anònimo [= Josquin] « Illibata Dei virgo nutrix »; Sist. 42, ff. 148T-150 « Homo quidam ». Fase. VI (1936): Sist. 16 y Sist. 45. Fase. V II (1938): Sist. 16 y Sist. 42. Fase. IX (1950): Sist. 19 «Missus est». Fase. X (1950): Sist. 24 « Inviolata » a 5, sólo de este ms. El mismo Smijers para las Misas de Josquin des Près, cotejó y se vallò, entre otros, de los siguientes mss. de la Vaticana: Fase. I: Missa « D’homme armé super voces musicales », Sist. 154 y 197. Fase. II: Missa «la sol fa re m i» (Deipzig 1927), Sist. 41, ff. 38v-49. Fase. I ll: Missa « Gaudeamus », Sist. 23. Fase. IV : Missa « Fortuna desperata » (1929), Sist. 41, ff. 50v-61. Fase. V: Missa «D ’homme armé sexti toni» (1931), Sist. 41, ff. 27v-37 y Chigi C. V ili. 234 (solo Kyrie, Gloria y Credo). Fase. VI: Missa « Ave maris stella » (1935), Sist. 41. Fase. V II: Missa « Hercules dux Ferrariae » (1937), Sist. 45, ff. 116T-129. Fase. X I: Missa « D’ung altre amer » (1950), Sist. 41. Fase. X III: Missa « Faisant regretz» (1951), Sist 23, ff. 118v-128. Fase. X IV : Missa «ad Fugam», Sist. 49, n° 12 Anònimo [= Josquin] y describe el còdice. H. Anglés para su edición de Cristóbal de Morales O f era omnia (Escuela Espanda de Historia y Arqueologia en Roma, del Consejo Superior de Investigadones Cientificas: Delegación de Roma) se ha servido de los siguientes mss. de la Vaticana: Vol. I (1952): Ocho Misas: Missa «S i bona suscepimus» a 6, Sist. 154. Vol. II (1953): Motetes: « O sacrum convivium » 2 p., « Mens impietrir » a 5, de Sist. 13; Motetes: « Cum natus esset » 2 p., « At illi » 3 p., « Et ecce stella » a 5, de Sist. 17; « Damentabatur Jacob » 2 p., « Prosternens se Jacob » a 5, de Sist. 29 y Sist. 258; « Exaitata est » 2 p., « Virgo prudentissima » a 6, de Sist. 64. Vol. I l i (1954): Cuatro Misas: Missa «de Beata Virgine » a 5, de Sist. 19; Missa « Benedicta es celorum regina » a 4, de Sist. 32. Vol. IV (1956) : 16 Magnificat, de Sist. 21, que contiene todos los Magnificat de Morales; Sist 61, que contiene très; Cap. Giulia V ili. 39, que contiene los Magni ficat de Morales; se editan también las voces anadidas por Palestrina cuya version es conocida sólo por este ms. Se trata de los siguientes versos: « Esurientes » III tono:· Palestrina anadió un Tenor I; al de VI tono, Palestrina anadió un Altus I y II; al « Fecit potentiam » de
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El tesoro musical
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III modo, Palestrina anadió un Altus I; « Sicut erat » de IV tono, Palestrina anadió un Altus II; « Sicut locutus est » de III tono, Pales trina anadió un Altus II; « Suscepit Israel » de II tono, Palestrina anadió un Altus I y Suriano un Cantus. Vol. V (1959): Motetes XXV-E, Motete « Veni ad liberandum » a 6 v. de Cap. Giulia X II. 4, Sist. 19 y Sist. 484-489; motete Pater noster a 5 v., de Sist. 38. E. Dagnino, Sacrae Cantiones de Constantius Festa (Monumenta Polyphoniae Italicae, 2), Romae 1936, coteja Sist. 18, ff. 193v-194 « Petrus Apostolus » a 4; Sist. 18 y 21 para « Veni Creator Spiritus »; Sist. 18 para « Vexilla regis », a. 4; Sist. 18 y 21 para « Magnificat » a 4. Glen Haydon (Constantius Festa, Hymni, en los referidos Monumenta vol. I ll, Romae) ofrece el facsimil del Cap. Giulia X II. 6 (olim 50), ff. l v-2 y de Sist. 18, ff. 2v-3, coteja también Sist. 21 y Vat. lat. 10776. E. Feininger en su Ordinarium Missae cum quatuor choris N . V I I . G.O. Pitoni. Missa S. Pietro X V I vocum, Ί720 (Monumenta Eiturgiae polychoralis S. Ecclesiae Romanae), Trento 1960, la transcribe sólo de Cap. Giulia II. 38, n° 2, y ofrece 8 paginas de facsimiles de la misma. Anadiremos, para terminar, que todos los « Musikdenkmàler » y las « Opera omnia » de los compositores de mùsica sacra de los siglos X V -X V I publicados en los diversos paises, asi corno las historias cri ticas de la mùsica de iglesia, desde A. W. Ambros, Geschichte der Musik (1862-1878) hasta Gustav Reese, Music in the Renaissance (New York 1954), al estudiar la mùsica sacra de los siglos X V -X V I se aprovecharon directa o indirectamente de los fondos musicales conservados en la Va ticana. Eos estudios de J. M. Elorens sobre La Captila Pontificia en tiempo de Paulo I I I (‘) y Miniaturas de Vincent Raymond en los manuscritos musicales de la Sixtina (2) orientan mucho sobre la copia y el contenido de los mss. musicales de la Capilla pontificia del siglo XVI.
t1) Cf. su L a C apilla P on tificia en las fiestas y solem nidades religiosas celebradas en Rom a durante el P ontificado de P au lo I I I , en Cuadernos de T rabajo de la E scuela E sp an ola de H istoria y A rquelogîa en Rom a, V ili, 1956, pp. 109-138. (a) En M isceldnea H. Anglés, I, pp. 475-498.
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D ante B arboni
IL RITO D ELLA B EN ED IZIO N E D ELLE PALME (Vat. lat. 4770)
L’importanza ed il carattere attribuiti dalla Liturgia alla ceri monia delle Palme, come rito introduttivo alle solenni celebrazioni pasquali, hanno richiamato in questi ultimi tempi l’attenzione di nu merosi studiosi, che hanno dedicato all’argomento opere veramente notevoli; tra queste meritano soprattutto di essere ricordati gli studi del Franz (x), dello Schmidt (a) e del Graf (8). Pensiamo di fare cosa utile, nell’ambito di queste ricerche, pub blicando un’analisi dei testi relativi a tale cerimonia contenuti nel codice Vat. lat. 4770, che d sono sembrati di particolare interesse, e mettendoli a confronto con quelli che compaiono in altri quattro codia vaticani dello stesso periodo intesi tutti ad illustrare la solenne cerimonia delle Palme (4).
(l) A. Franz, D ie kirchlichen B enediktionen im Mittelalter, I, Freiburg i. Br. 1909, pp. 470-507. V i sono raccolte (pp. 490-503) 19 orazioni tratte da co dici dei sec. X I-X IV e da libri stampati tra il 1499 e il 1512. (*) H. Schmidt, H ebdom ada sancta, 2 voli., Roma 1956-1957. (3) H. J. Graf, P alm enw eihe und Palm enprozession in der lateinischen Liturgie (Verôfîentlichungen des Missionspriesterseminars St. Augustin, Siegburg, 5), Steyl [1959]. Il Graf pubblica (pp. 149-158) il rito della Benedizione delle Palme utilizzando il codice Valliceli!ano D 5 (fi. 99-102), di cui gli studi di M. Andrieu (Les ' Ordines rom ani ’ du haut M oyen-Age, I [Spicilegium sa crum Lovaniense, 11], Louvain 1931, pp. 176-211, 494-548) e di C. Vogel (Le P ontifical rom ano-germ anique du X e siècle. Elém ents constitutifs avec indications des sections im prim ées, in Revue des Sciences religieuses, X X X I I , 1958, pp. 113167) hanno messo in rilievo l’importanza ai fini di una conoscenza più esatta degli elementi costitutivi del Pontificale romano-germanico. (**) Ci sia permesso citare il nostro lavoro su Teologia ed ascetica nell’Ordo instauratus H ebdom adae Sanctae, in R ivista liturgica, X L IV , 1957, pp. 93-105.
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D. Balboni
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Il Vat. lat. 4770, ‘ Missale plenum ’ di tipo gregoriano perfetta mente fuso, è stato spesso citato ma non ancora preso integralmente in esame (x). Descritto ima prima volta dall’Ebner, fu da lui datato ai sec. X X I (*). D’anno seguente anche l’Ehrensberger ne diede una breve de scrizione, chiamandolo ' Missale benedictinum ’ , datandolo al sec. X I ed indicando i testi contenuti nei ff. 66r-70r con l’espressione comples siva di «Benedictio palmarum et processionale » (3). «Curieux missel du X e-X Ie siècle » lo chiama dom Quentin riferendosi al farraginoso calendario (4). Il Bannister, a sua volta, lo qualifica come il più antico Graduale italiano, copiato da vari scribi intorno al 1000. «D i grande valore li turgico », egli dice, « sono le tracce d’influenza ‘ gallicana ’ e ‘ gelasiana ’ , come provano le orazioni ‘ Vere sanctus ’ , ecc.; l’uso frequente di due Collette, ecc. »; ed aggiunge: « quindi questo enorme manoscritto ri chiede uno studio accurato tanto pel testo e per le rubriche, com’anche per la melodia adoperata la quale . . . sarebbe di grandissima impor I/elencp e l’esame dei codici è posto in appendice. Si tratta di codici sconosciuti o non ancora interamente studiati. (l) È un codice pergamenaceo, che misura 340 x 265 mm ed ha 254 fogli (numerati nel sec. XVII) a due colonne, scritti da più mani, per la maggior parte in minuscola carolina; il f. 216r v presenta trentadue righe in scrittura beneventana, ricordate da B. A. Loew (The Beneventan Script. A History o f the South Italian M inuscule, Oxford 1914, p. 363; cfr. pp. 199, 240). ha. rilega tura attuale risale al sec. X V III, come dimostra lo stemma del card. Querini, bibliotecario negli anni 1730-1755. Il primo foglio va inserito in fine, come sug geriscono il testo e la scrittura. Notiamo inoltre che all’inizio manca un numero imprecisato di fogli in cui erano probabilmente contenute le Messe dell’Avvento e la prima Messa di Natale, cominciando il codice, nello stato attuale, con la Epistola della II Messa della Natività di Cristo (fecim us nos, sed secundum). (a) A. Ebner, Quellen und Forschungen zur Geschichte und Kunstgeschichte des M issale Rom anum im Mittelalter. Iter Italicum , Freiburg i. Br. 1896, pp. 218224. Sia 1’Bbner (op. cit., p. 142) sia K. Gamber (Sakram entartypen. Versuch einer Gruppierung der H andschriften und Fragm ente bis zur Jahrtausendm ende [Texte und Arbeiten, H. 49/50, Abt. I.],· Beuron 1958, p. 67, n. 3) lo mettono in relazione col Barb. lat. 560, in cui però i testi relativi alla cerimonia della Benedizione delle Palme (fi. 31r-32T), tranne i passi dell’Esodo, del Vangelo di s. Matteo (f. 31v) e dell’Oremus finale « Adiuva nos », sono stati riscritti su rasura nel sec. X III. (8) H. Ehrensberger, L ibri liturgici Bibliothecae A postolicae V aticanae m anuscripti, Friburgi' Br. 1897, pp. 446-447. (4) H. Quentin, L es martyrologes historiques du M oyen Age. Étude sur la form ation du Martyrologe rom ain, Paris 1908, p. 21, n. 6.
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La Benedizione delle Palme
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tanza nella restaurazione del canto gregoriano»^). Anche dom Fer retti, che accetta la datazione al X -X I see., lo giudica « fort intéressant pour sa date et pour la forme de ses neumes », pur mancando « les don nées sûres pour déterminer sa provenance et le scriptorium où il fut copié » (2). Più recentemente il Gamber, dedicando al Vat. lat. 4770 alcune pagine di un suo studio (3), ne ha anticipato la data al sec. IX -X , senza tuttavia motivare questa sua convinzione. Paleograficamente, nelle pagine del codice dovute a mani del X see. le caratteristiche descritte dal Battelli (4) sono minuziosamente presenti: le legature si limitano ai gruppi et, et, st, e la g è generalmente chiusa; la a minuscola è chiusa indifferentemente alla sommità o a metà. Le abbreviazioni sono prevalentemente finali. La fattura risente delle condizioni economiche e politiche del tempo. Notiamo anche, come è già stato messo in evidenza dal Bannister, che « le parole sono unite insieme in modo affatto irrazionale » (s) : oltre agli esempi dati da questo autore, ricordiamo: sicetenim (f. 67Tb, lin. 23), benedictionistue (f. 67vb, lin. 25), tuautemeum (f. 68™, lin. 10). Più complesso si presenta il problema della localizzazione del ma noscritto. L’Ebner lo localizza in un monastero benedettino (·) delle vicinanze di Roma o dell’Italia centrale (forse degli Abruzzi), dedicato a s. Pietro (’ ). Seguendo l’Ebner, il ‘ Catalogo dell’esposizione gregoria
0) E. M. Bannister, M onumenti vaticani di paleografia m usicale latina(Codices e Vaticanis selecti photot. expressi, 12), Lipsia 1913, p. 47. (2) P. Ferretti, Étude sur la notation aquitaine d ’après le Graduel de SaintY rieix (Paléographie musicale, 13), Tournai 1925, pp. 90-91. (3) K . Gamber, D ie mittelitalienisch-benevçntanischen P lenarm issalien, in Sacris E ru diri, IX , 1957, p. 274. (4) G. Battelli, L ezioni di paleografia3, Città del Vaticano 1949, pp. 177 e 191. (5) Bannister, M onumenti vaticani, p. 47 n. 2. Questa particolarità puòessere forse attribuita al fatto che, come ha rilevato l’Ehrensberger {Libri liturgici, p. 447), «librarius linguae latinae ignarus [erat] ». (®) Ebner, Quellen, p. 218: « aus einem Benedictinerkloster S. Petri aus· der Gegeiid von Rom oder doch Mittelitaliens (Abruzzen?) ». Si noti, a questo proposito, la presenza dell’ufficio della vigilia e della festa di s. Benedetta (20-21 marzo: ff. 22T-24*). (7) Questa affermazione dell’Ebner (Quellen, pp. 218 e 223, n. 2) è stata ripresa dai Monaci di Solesmes [Le Graduel rom ain. IL L es sources, Saint-Pierre de Solesmes [1957], p. 124), che la fondano stilla presenza del nome dell’Apostolo nella seconda orazione della * Missa pro congregatione ’ (f. 248τ) : « Descende {lege Defende), quesumus Domine Deus, intercedente beato Petro apostolo-
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na ’ (*), alla cui compilazione collaborò il Bannister, lo poneva, sia pure in forma ipotetica, negli Abruzzi, rilevando che i neumi si avvicinavano più a quelli francesi che a quelli del codice 123 della Biblioteca Ange lica di Roma, di provenienza bolognese. In seguito, nei suoi ' Monu menti vaticani ’, il Bannister manifestò l’opinione che esso provenisse dall’Umbria, o forse da Bologna per il nome di s. Isidoro che ricorre nel ' Communicantes ’, e lo accostò al codice dell'Angelica (2). Dom Hesbert invece, in ragione del contenuto, ritenne che il manoscritto sia stato compilato in uno scriptorium della zona d’influenza bene ventana, verosimilmente a Subiaco (8). Nella loro edizione del Graduale romano, i Benedettini di Solesmes considerano però l’opinione dell’Hesbert come una semplice congettura (4). Ci sia qui permesso di mettere in evidenza un particolare, degno di considerazione, che non ci sembra sia stato finora notato: la pre senza del nome di s. Bartolomeo apostolo non solo nel ' Communi cantes ’, in cui ricorreva comunemente (B), trattandosi di un apostolo, tuo ista ab omni congregatione ut, tibi corde prostrata, ab hostium propitius tuearis clçmenter insidiis. Per ». Pur con le sue sgramma ticature, essa corrisponde all’ottava delle ‘ Orationes diversae ’ del ‘ Missale romanum ’ in cui è invocata la B. Vergine al posto di s. Pietro. (*) Catalogo som m ario della E sposizione gregoriana? (Studi e testi, 13), Roma 1904, p. 38, n° 91. (a) Bannister, M onumenti vaticani, p. 47. Sul codice 123 della Biblioteca Angelica di Roma v., oltre allo stesso Bannister (op. cit., pp. 95-96), L. Gherardi, I l codice « Angelica 123 » monumento della C hiesa Bolognese nel sec. X I (Biblio teca di ‘ Quadrivium’ : Serie liturgica, 1), Bologna 1960. Per quanto riguarda la localizzazione a Bologna o nei dintorni, v. anche G. M. Sunol, Introduction à la paléographie m usicale grégorienne, Tournai 1935, pp. 180-181, 203. Cfr. l ’Addendum. (3) R. J. Hesbert, L a tradition bénéventaine dans la tradition manuscrite, in L e codex 10673 de la B ibl. Vaticane, fo n d s latin, Graduel bénéventain (X Ie s.) (Paléographie musicale, 14), Tournai 1936, p. 243, n. 5: « Encore s’agit-il là d ’un manuscrit dont les affinités avec la tradition bénéventaine sont assez étroites; ce qui n’est pas très étonnant, puisqu’il provient d ’un scriptorium très voisin de la zone bénéventaine: vraisemblablement Subiaco ». Questa opinione, espres sa già precedentemente in L es D im anches de Carême dans les manuscrits rom anobénéventains, in Ephem erides liturgicae, X L V III, 1934, p. 200, n. 1, fu dallo stesso autore ripetuta in L ’A ntiphonale m issarum de l ’ancien rite bénéventain, in E phem erides liturgicae, LII, 1938, p. 29. (4) Moines de Solesmes, L e Graduel rom ain, II, p. 124. (5) Vat. lat. 4770, f. 115*: « Communicantes et memoriam venerantes . . . beatorum apostolorum hac (!) martyrum tuorum Petri, Pauli, Andreç, Iacobi, Iohannis, Thome, Iacobi, Philippi, Bartholomei, Mathei, Sym oniset Tatdei(!),
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La Benedizione delle Palme
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ma andie nel ‘ Libera n os’ (χ), sì da far pensare die questo santo fosse il patrono del monastero cui apparteneva il nostro codice. Riteniamo infatti che per la localizzazione di un Messale, più che i nomi d d santi (2) inseriti nel ‘ Communicantes ’ e nel ‘ Nobis quoque sia dedsivo il nome del patrono della chiesa induso n d ‘ Libera nos Ma diversi erano, nel sec. X , i monasteri dell’Italia centrale che osser vavano la regola di s. Benedetto e di cui era patrono s. Bartolomeo; ci limitiamo, a titolo di saggio; a segnalarne alcuni: S. Bartolomeo di Carpinete della Nora, negli Abruzzi, fondato nel 962; S. Bartolomeo di Musiano (de Musiliano), presso Bologna, già ricordato nel 981; S. Bar tolomeo di Pistoia, eretto n d 756, ecc. (8). Riesce dunque difficile localizzare il manoscritto, e converrà perdo chiamarlo genericamente « Messale benedettino dell’Italia centrale », ivi compresa anche l’Emilia (4). Il contenuto del voluminoso codice è, come abbiamo detto, quello di un ‘ Missale plenum cum neumis ’, con aggiunta, nelle parti più recenti, di Messe, Benedizioni, Orazioni, e anche di un ‘ Ordo qualiter
Lini, Cleti, Clementis, Xisti, Cornelii, Cypriani, Laurentii, brisohoni, Iohannis et Pauli, Cosme et Damiane (corr. in Damiani), Ylarii, Martyni, Augustini, Gregorii, Ieronimi, Ambrosii, Benedicti, Ysidori» (V. L. Kennedy, The Saints o f the Canon o f the M ass [Studi di Antichità cristiana, 14], Città del Vaticano 1938, pp. 60, 66, 105-106; cfr. anche Ebner, Quellen, p. 219). (!) Vat. lat. 4770, f. 116ya: « Libera nos . . . intercedente pro nobis beata et glariosa (!) semperque Virgine Dei genitrice Maria, et beato Michaele Archangelo et sanctis apostolis tuis Petro, Paulo, Andrea, Bartholom eo cum omni bus sanctis . . . ». (8) Nell’ aggiunta dei nomi nel Canone della Messa c’era ampia libertà, come l’attesta per questo periodo il M icrologus (P.L., 151, col. 994) : cfr. J. A. Jungmann, M issarum sollem nia . . . , II, Torino 1954, p. 218; per il ‘ Libera n o s ’ V . V. Leroquais, L es Sacram entaires et les M issels manuscrits des Bibliothèques publiques de Fran ce, III, Paris 1924, p. 382, dove sono riportati 51 nomi di santi; M. Andrieu, L es ‘ Ordines rom ani ’ du haut M oyen Age. II. L es textes . . . (Spicilegium sacrum Lovaniense, 23), Louvain 1948, pp. 303-304 (ediz. dell’ O rdo V II ’) ; L- Eizenhôfer, Canon M issae rom anae (Collectanea anselmiana. Series minor, 1), Roma 1954, p. 47. Notiamo però che il nome di s. Bartolomeo non compare in nessuna di queste tre ultime opere. (8) Su questi monasteri, cfr. L. H. Cottineau, Répertoire topobibliographique des abbayes et prieurés, Mâcon 1935-1937, coll. 606 (N ora e non N ova), 2023, 2290, 2605; cfr. G. Penco, Storia del monacheSimo in I t a l i a . . . , Roma 1961, pp. 120-121, 292. (4) Cfr. l ’Addendum.
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D. Balboni
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in Sancta Romana Sede çcclesiç altaria consecrantur vel ecclesie con diuntur (!) » (l). Pur seguendo l’ordine del calendario, in diverse parti il testo pre senta un certo disordine. Anche i testi che interessano la funzione delle Palme (ff. βΦ-ΤΟ1) sono disposti confusamente: all’inizio si trovano raggruppati i canti da eseguirsi durante la funzione, seguono alcuni Oremus, tre Lezioni, altri Oremus, il Prefazio, un terzo gruppo di Ore mus, e infine gli incipit dei canti riportati all’inizio. Caratteristica di queste pagine è la presenza dell’Oremus « Omni potens . . . pretende », dell’ ‘ Epistola ad Romanos ’ (XI, 13-24) e del Vangelo di s. Luca (X IX , 30-38) nella ' Missa sicca ’ di benedizione. La prima pericopa fu scelta in grazia dell’accenno finale all’olivo: « nam si tu ex naturali excisus es oleastro, et contra naturam insertus es in bonam olivam, quanto magis ii, qui secundum naturam inserentur suae olivae » (2) ; mentre per il Vangelo la ragione della preferenza data allo storico Luca sul profetico Matteo sta forse nella frase « ad descensum Montis Oliveti », dove veniva letta originariamente in Gerusalemme tale pericopa (s). Un particolare interessante è l’assenza di croci negli Oremus di benedizione, salvo in un caso (f. 68v: v. tav. 2) in cui la croce è stata aggiunta nell’interlinea forse dalla mano che ha redatto il testo (4). Diamo la trascrizione diplomatica del s o l o testo della Benedi zione delle Palme, sciogliendo le abbreviazioni, adottando le maiuscole per i nomi propri ed usando la punteggiatura moderna per facilitarne la lettura. Anche le parole saranno divise secondo l’uso corrente, e le rubriche saranno sempre poste a capo riga in corsivo. Inoltre aggiun geremo varianti di tre codici vaticani coevi per dar rilievo alle carat teristiche del nostro. Per quanto riguarda la disposizione dei testi nel Messale romano e nell” Ordo ’ , rinviamo all’edizione dello Schmidt, e per la loro presenza i1) Vat. lat. 4770, ff. 225v-226v. Un elenco di queste parti è dato dall’Ebner (Quellen, pp. 222-224). (2) Il codice (f. 68r) ha: «nam si tu naturali excisus est (!) oleastro et contra naturam inserentur sue olive », per la caduta, probabilmente dovuta ad omoioteleuto, della frase centrale del versetto: «insertus es . . . secundum naturam ». — Mentre l’Epistola è citata dal Graf (P alm enw eihe, p. 105), il Vangelo di Luca non è ricordato; ciò è dovuto al fatto che i primi due versetti sono tratti da Matteo (X X I, 1-2) ed i restanti da Luca (X IX , 30-36). (3) Vedi qui sotto, p. [15], n. 1. (4) Vedi l'Addendum.
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in diversi codici, alle tavole del Gràf (x); qui ci limitiamo a riportare i brani più interessanti per il loro contenuto, ha numerazione premessa ai canti (in grassetto) e alle orazioni (in corsivo e tra parentesi quadre) è quella attribuita ad essi dal Gràf (2). Avvertiamo che i canti hanno generalmente la notazione neumatica; ne fanno eccezione i canti n° 3 (che l’ha solo all’inizio), n° 6 (che l’ha solo all’inizio e alla fine), n° 10 (in cui manca del tutto) e n° 11 (che l’ha solo sulle due prime sillabe) (3). Nelle note al testo e nel prospetto finale i codici saranno indicati con le seguenti sigle: A (= Vat. lat. 4770, fi. 66r-70r), B (= Vat. lat. 2736, f. 81™), C (= S. Pietro F. 12, fi. 115M16v), D (= Vat. lat. 4772, fi. 37r-40r), E (= Barb. lat. 560, fi. 31r-33r). Per maggiore comodità del lettore ne riassumiamo qui in uno specchietto le principali caratteri stiche, rimandando per notizie più dettagliate sui codici B , C, D, E alle rispettive descrizioni poste a conclusione di questo studio: codice
data
A
sec. X -X I
natura
Ital. centr.
Missale pl.
sec. IX -X
Ital. centr.-sett.
Miss, o Pont.
see. X -X I
Ital. centr. (Roma?) Sacram. Bvang. Ital. centr. (Arezzo) Sacramentario
B C D
sec.
E
luogo
XI
sec. X , X III Ital. centr. (Subiaco?) Missale pl.
Ca n t i
Ebner Gamber Graf
218
67
58
—
—
—
185
—
—
224
—
32
142
67
—
pro c e ssio n a li
(f. 661·) Ant. ‘ i ’ Occurrunt tu rbe... per nubila: osanna (4). < 2 ’ Ave, rex noster, fili D avit... osanna in excelsis (6).
(1) Schmidt, H ebdom ada, I, pp. 35-51; Gràf, Palm enw eihe, tabb. V e VI. (2) Gràf, Palm enw eihe, tabb. V (orazioni) e V I (canti). (3) Per la valutazione dei neumi rinviamo alle opere già citate del Banni ster e del Ferretti. (4) Schmidt, H ebdom ada, I, p. 48. Il ‘ Missale romanum ’ (Dominica in palmis, Ad processionem) aveva aggiunto « in excelsis »; il nuovo ‘ Ordo hebdomadae sanctae instauratus ’ (De Dominica II passionis seu in palmis. De processione, Ant. I») lo ha omesso. In luogo di « Filium Dei ore gentes prædicant » il codice ha « Filio Dei morientes pridicant ». (5) Schmidt, H ebdom ada, I, pp. 49-50. Si trova solo nell’ ‘ Ordo ’ (Ant. 7).
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62
D. Balboni
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Ant. c vers. ‘ 3 ’ Gloria, la u s .. . promsit osanna pium (*). ' 4 ’ Pueri ebreorum portantes.. . osanna in excelsis (2). ' 5 ’ Pueri ebreorum vestim en ta.. . in nomine Domini (8). ‘ 6 ’ Dum appropinquaret... (f. 66 v) miserere nobis fili Davit (4). 5 * 7 ’ nte sex dies paske ven iens.. . osanna in excelsis (6).
(*) Schmidt, H ebdom ada, I, p. 49. Nel ‘ Missale romanum ’ e nell·' Ordo ’ . Invece di « Antiphona cum versibus » Γ ‘ Ordo ’ ha « Hymnus ad Christum regem »; l’edizione critica curata da E. Duemmler (MGH. P oetae latini aevi carolini, I, Berolini 1881, pp. 558-559 [Theodulphi carmina 69] = Schmidt, op. cit., II, pp. 656-658) ha il seguente titolo: [Versus facti ut a pueris in die palmarum can tarentur]. L ’inno è composto di 39 distici di cui solo i primi sei sono utilizzati dalla Liturgia; i 13 versi del codice sono scelti tra i primi 14 distici. L ’affinità della melodia dei due versi iniziali ha ingannato il copista — ignaro anche della metrica latina — per cui ad ogni stico fa cantare il distico iniziale « Gloria, la u s .. . ». Riportiamo gli etichi — dei quali solo la metà hanno la notazione neumatica — secondo l’ordine con cui si trovano nel codice, premettendo il numero dello stico dell’edizione critica. 1) Gloria, laus et honor tibi sit, Rex Christe, redemptor,
2 ) cui puerile decus promsit osanna pium. 5) 3) 6) 7) 8) 13) 14) 9)
12) 21 )
22 ) 27) 28)
Vers. Vers. Vers. Vers. Vers. Vers. Vers. Vers. Vers. Vers. Vers. Vers. Vers.
Cetus in excelsis te laudat celitus omnis. Gloria, laus. Israel, es tu rex Davidit et inclita proles. Gloria. Et mortalis homo et cuncta creata simul. Gloria. Plebs hebrea tibi cum palmis obviam venit. Gloria. Cum prece, voto, ymnis adsumus ecce tibi. Gloria. Fecerat hebreos gloria transitus almus [!]. Gloria. Nos fecit (corr. fecerat) ebreos transitus ecce pius. Gloria. Hi tibi passuros [!] solvebat munia laudis. Gloria. Rex pie, rex clemens, cui bona cuncta placent. Gloria. Sis pius ascensus et nos simul asellus. Gloria. Tecum nos capiant urbs veneranda pium [!]. Gloria. Sit pius pro nobis victoria ramis. Gloria. Ut tibi victrices sorte canamus ita. Gloria.
f2) Schmidt, Hebdon/iada, I, p. 43. Figura nel ‘ Missale romanum ’ e nel1’ ' Ordo ’ (De distributione ramorum, Ant. 1). (s) Schmidt, H ebdom ada, I, p. 44. Figura nel ‘ Missale romanum ’ e nel1’ ‘ Ordo ’ (De distributione ramorum, Ant. 2). Nel codice le due Antifone si susseguono senza Salmo; nell’ ‘ Ordo ’ il loro canto si alterna rispettivamente con quello dei Salmi 23 (1-2, 7-10) e 46. (4) Schmidt, H ebdom ada, I, p. 47. Nel ‘ Missale romanum ’ (Ad proces sionem) con la variante all’inizio « Cum » invece di « Dum ». (6) Schmidt, H ebdom ada, I, pp. 47-48. Nel ‘ Missale romanum ’ (Ad pro cessionem); nel codice mancano le parole: «solemnis», «e t in manibus porta bant ramos palmarum » e « in excelsis » dopo il primo « Hosanna ».
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[11]
La Benedizione delle Palme
63
‘ 8 ’ ppropinquante Iesu filio Dei Ierusolimam pueri ebreorum clamabant: osanna, redemptor mundi (x).
Item Ant. ‘ 9 ’ Dum appropinquaret Dominus......... fili Davit. ' io ’ e mti. f é/ itccfétndx-» tzw.- ■·- «π ..fiiituf 'C\ " r u . f é u N >*.· - J f é ;f é fé fé fé ^ fé fé fé âtrr., n a m .-
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eif Iv&incafydi-uquoci cou tt~; Cod. 9, f. 1D. (7) Per la corrispondenza col testo del cap. (21) della Collezione beneven tana; per la corrispondenza con la rubrica il riscontro si ha nel riassunto intro duttivo del precedente capitolo della Coll. C (IV, 47).
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Collezione canonica beneventana
[9]
125
5 . - Il prospetto offre motivo di alcune interessanti constatazioni. I capp. (2)-(16) della Collezione beneventana si seguono con lo stesso ordine di successione immediata dei capitoli 24-38 della Coll. B, in questa raccolti a formare il tit. I l i , De privilegiorum auctoritate. Da stessa denominazione è premessa come rubrica al cap. (2) della Collezione beneventana, ed è posta in testa al lib. IV della Coll. C. Anche in questo libro i capp. (2)-(16) trovano corrispondenza, in due gruppi successivi di capitoli, 1-9 e 13-18, che del libro stesso costitui scono solo una piccola parte. I capp. (17)-(20) della Collezione bene ventana hanno riscontro non nella Coll. B ma in altrettanti, non però disposti nella stessa immediata successione, della Coll. C: due al lib. I, 45 e 62; due al lib. IV , 10 e 30. Inoltre la Collezione beneventana pre mette a ciascuno di questi capitoli, come rubrica, il riassunto introdut tivo di ciascuno dei capitoli corrispondenti nella Coll. C, invece di ri peterne la denominazione De potestate et primatu apostolicae sedis e De privilegiorum auctoritate poste in testa, rispettivamente, ai libri I e IV . Vero è che la seconda delle due denominazioni, comune col tit. I l i della Coll. B, nella Collezione beneventana era già stata utilizzata come ru brica del cap. (2 ). Dei capp. (21)-(26) solo il (21) ed il (26) hanno riscontro tanto nella Coll. B quanto nella Coll. C. Nella Coll. B i due capitoli corrispon denti sono a notevole distanza tra di loro, in due libri diversi e nell’or dine inverso: il 179, al tit. X X I I I , De observatione decretorum pontificum romanorum; il 39, al tit. IV , De monachorum monasteriorumque libertate. Nella Coll. C i capitoli corrispondenti al (21) ed al (26) sono nello stesso ordine della Collezione beneventana, ma sempre a notevole distanza tra loro, e in due libri diversi: il 48 del lib. IV , De privilegiorum aucto ritate·, il 54 del lib. V , De ordinatione ecclesiarum et de omni iure ac statu illarum. Da denominazione del tit. IV della Coll. B, De monachorum monasteriorumque libertate, che nella Coll. C serve solo di riassunto introduttivo al cap. 54 del lib. V , ma con una diversa disposizione di parole, De libertate monachorum et monasteriorum, nella Collezione be neventana è ripetuta come rubrica del cap. (26). Questo inoltre ha, come il cap. 39 della Coll. B, le sottoscrizioni e la data dello Ps. Gre gorio I, mancanti invece nel capitolo corrispondente della Coll. C; e si differenzia da entrambe nell’essere suddiviso in tre parti, con l ’inse rimento di altre due rubriche intermedie, « Item in eisdem », fra la prima e la seconda, « Item in eodem », fra la seconda e la terza. Come rubrica del cap. (21) troviamo il riassunto introduttivo del cap. 47 del lib. IV della Coll. C, e non la sua denominazione, o quella del tit.
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126
O. Bertolini
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X X I I I della Coll. B. Allo stesso modo, per i capp. (22)-(25) che hanno riscontro nel lib. IV della Coll. C, ai capp. 50 e 53-55, troviamo come rubriche i riassunti introduttivi dei capitoli stessi, e non la denomina zione del libro, del resto già utilizzata, come si disse, per la rubrica del cap. (2).
6. - I / anonimo monaco di S. Sofia di Benevento che, intorno al 1120, compilò il corpo della piccola collezione canonica conservataci nel V at. lat. 4939 insieme con il
Liber Preceptorum di quel monastero,
vi accolse dunque testi scelti così dai titoli III, IV e X X I I I della « Col lectio in Iy X X IV titulos », come dai libri I, IV e V della « Collectio » di Anseimo di Bucca, disponendoli secondo un proprio criterio. Di provenienza diversa è solo il testo che noi diamo come cap. (1) della collezione. Nel prospetto è messo in rapporto con la Coll. A . Si ritrova infatti alla lettera nella seconda parte di uno dei « Kapitula legis Ro mane », accolti nella «Collectio Anseimo dedicata» come «ad tertiam partem pertinentia»(x). Ma lo stesso testo, attinto dalla «Epitome» di Giuliano, era già stato accolto nella «Eex Romana canonice compta». È quindi opportuno dare qui un completo confronto testuale esteso anche a questa ed a Giuliano. Coll, benev. cap. (1)
E pit. G iuliano (2)
L ex Rom. can. c. (3)
Ex legibus Iustiniani.
Const. IvXXVII. Cap. cc x c ix . De iudiciis. 2. Si quae lites iam contestatae sunt in iudiciis ci vilibus, secundum priora iura suum finem expectent, omnia autem pri vilegia, quae data sunt a nobis sa crosanctis eccle siis, ' et religiosis episcopis, et cle ricis, sive mona chis, maneant im mutabilia.
LX I. - De iudicibus. K ap .ccxcv m j ex eadem novella. Si quae lites contestatae sunt in iudiciis civilibus,, secundum priora iura suum finem expectent. Omnia autem privilegia quae data sunt a nobis sacrosanctis ecclesiis et religio sis episcopis, et de clericis sive mona chis, maneant in mutabilia.
Omnia autem pri vilegia quç data sunt a nobis sacro sanctis çcclesiis, et religiosis episcopis, et clericis sive mo nachis, maneant inmutabilia.
(x) (2) (3) (4)
Coll. A (4) De iudiciis. Si que lites con testate sunt in iudiciis civilibus secundum priora iura suum finem exspectent. Omnia autem privilegia quae da ta sunt a nobis sacrosanctis eccle siis et religiosis episcopis, et de clericis sive mona chis, maneant in mutabilia.
Palat, lat. 580, f. 111’ , coi. 2; Palat, lat. 581, f. 138', col. 1. Ed. Haenel, E pitom e latina, p. 103. Ed. Mor, L ex R om ana, pp. 60-61. Codd. Palat, lat. 580 e 581, rispettivamente a fi. 113r, col. 1, e 139”, coi. 2.
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Collezione canonica beneventana
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La « Lex Romana canonice compta » e la Coll. A hanno, sulla fine di questo testo, una differenza in comune rispetto all’ «Epitome» di Giu liano: « et de clericis », invece di « et clericis ». Nel testo beneventano si trova invece, come nell’Epitome, « et clericis », e non « de clericis ». Ma anche qui era stato scritto prima « et de clericis ». Nel codice è in fatti evidente, fra « et » e « clericis », la rasura di due lettere, nella quale s’intravvedono ancora le tracce di un « de ». Il testo beneventano fu quindi preso da un codice che conteneva o la « Eex Romana canonice compta » o la Coll. A . Fu corretto solo in un secondo tempo, non sap piamo quando, e se in seguito ad un confronto o con un altro codice della Coll. A , nel quale mancava il « de », o con un codice contenente 1’ «Epitom e» di Giuliano. La precisazione «E x legibus Iustiniani» può far ritenere preferibile la seconda alternativa, e presumibile la contem poraneità o quasi contemporaneità della correzione. Non è tuttavia da trascurare la possibilità che si prestassero a suggerire la precisazione anche codici della Coll. A che, come ad es. il Palatino latino 580, nell’indicare questi testi al pari del 581 come « Kapitula legis Romane », ne aggiungono la provenienza in modo meno generico, con citazioni del tipo « ex eadem Novella », « ex eadem Novella legis Romane », « ex eodem libro Novellarum » (x). Il compilatore, nella scelta e nella disposizione dei testi da inserire nella sua raccolta, è stato evidentemente guidato da un duplice criterio di documentazione giuridica e canonistica: quella relativa alla validità dei privilegi concessi al monastero; quella da addurre in sostegno delle autonomie monastiche. Nella raccolta si possono infatti agevolmente distinguere due parti principali, ha p r i m a , più varia e più ampia, comprende i capitoli sino al (25) incluso, che hanno per tema dominante appunto la validità dei privilegi. A tutti senza dubbio il compilatore intendeva estendere la rubrica premessa al cap. (2), De privilesiorum auctoritate, che è identica non solo a quella del tit. I l i della Coll. B, con la quale sono in comune i capp. (2)-(16), ma anche a quella del lib. IV della Coll. C, col quale sono in comune i capp. (19)-(25). La s e c o n d a parte, costituita dal solo cap. (26), ha invece per tema l’argo mento indicato nella sua prima rubrica, De monachorum monasteriorumnue libertate, identica alla denominazione del tit. IV della Coll. B, con
(!) Palat, lat. 580, ff. I l i ' , col. 2; 112v, col. 1, margine sinistro, col. 2, margine destro. Palat, lat. 581, f. 138', col. 1.
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O. Bertolini
[12]
il quale ha in comune il capitolo stesso e le sottoscrizioni e la data, mancanti invece, come si è osservato (*), nel capitolo corrispondente della. Coll. C. *
(i) (f. 15r) Ex legibus Iustiniani (2). Omnia autem privilegia, quç data sunt a nobis sacrosanctis çcclesiis, et religiosis episcopis, et deride sive monachis, maneant inmutabilia.
(f. 16r) DE PRIVILEGIORUM AUCTORITATE 5
(2) Anacletus servus servorum Dei omnibus episcopis et reliquis Christi sacerdotibus salutem (8). Privilegia ecclesiarum et monasteriorum intemerata et inviolata dus decrevimus manere temporibus, leges Ecclesiç apostolica firmamus auctoritate, et peregrina iudida submovemus.
10
(3) Deo papa Mardano Augusto (“;. Privilegia ecdesiarum et mo nasteriorum sanctorum patrum auctoritate instituta nulla possunt im probitate convelli, nulla novitate mutari, in quo opere auxiliante Christo fideliter exequendo, necesse est huius sanctç Sedis pontifices perseve rantem exhibere famulatum, dispensatio enim nobis credita est, et ad 3 episcopis, et] Segue rasura di due lettere, che, a giudicare dagli elementi rim asti visibili nella fotografia bianco su nero meglio che nel cod., erano de. 8 eius] Coll. C omnibus. Coll. B , secondo i vari codd. eius, eis, evis, omnibus. P s.-A naci. Pr. enim e. vel (et) sacerdotum sancti apostoli iussu salvatoris i. et i. e i u s decreverunt m.t.; apostolica] Segue rasura d i -m. 10 Privilegia] A ll’orlo del marg. destro sigla di Nota. 14 famulatum] Cod. famulatu. ♦Avvertenza. - H o volutamente contenuto le note a l testo, d i m assim a, nei lim iti dello stretto indispensabile. L o stato attuale delle m ie conoscenze sulla tra dizione m anoscritta della Coll. B m i ha consigliato d i segnalare solo in via ecce zionale divergenze di lezioni tra la piccola collezione beneventana e le due maggiori. Potranno in qualche modo sopperire, intanto, le varianti che il Thaner h a desunto dai tredici codici della Coll. B da lu i collazionati, ed inserite nell’apparato critico della su a edizione della Coll. C. P) P. [9]. P) Per questo testo si veda a pp. [5-6]. (s) Ps. Anacleti I E pistolae I, cap. 15, in Decretales P s. Isid orian ae . . . . ed. P. Hinschius, Lipsiae 1863, p. 73; J.-K . f 2. (4) beone I a Marciano: J.-K. 481. Lo stesso passo, con alcune frasi in più, altre in meno, è ripetuto al cap. (19): v. p. [17], rr.5-9.
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