Cielo interiore e guarigione. I corpi sottili tra Oriente e Occidente 0815787569, 9788899937898


129 118 8MB

Italian Pages [166] Year 2021

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD PDF FILE

Recommend Papers

Cielo interiore e guarigione. I corpi sottili tra Oriente e Occidente
 0815787569, 9788899937898

  • Commentary
  • Versione migliorata
  • 0 0 0
  • Like this paper and download? You can publish your own PDF file online for free in a few minutes! Sign Up
File loading please wait...
Citation preview

ADRIANO ERCOLANI ALESSANDRO 0RLANDI STEFANO RICCESI

CIELO INTERIORE E 6UARI6IONE. I Corpi Sottili tra Oriente e Occidente

STAMPERIA DEL VAJ.ElmNO

Tutti i diritti riservati

© 2021

Stamperia

del Valentino

via Raffaele Tarantino, 4 - 80 1 28 Tel. e Fax 0815787569

Napoli

www.stamperiadelvalentino.com ISBN: 978-88-99937-89-8

PREFAZIONE

Scrivere un libro che tratti in modo esaustivo ciò che è stato detto in quasi tre­ mila anni, tra Oriente e Occidente, sui corpi sottili dell'uomo e sul loro rapporto con malattia e guarigione non è affatto un'impresa semplice. Per dare un'idea, un trattato in otto volumi come A History of Magie and Experimental Science di Lynn Thomdyke non sarebbe sufficiente. C'è inoltre una questione spinosa: la sussistenza stessa dei "corpi sottili" del­ l'uomo (e delle eventuali guarigioni ad essi connesse) non può e non potrà mai rien­ trare nel dominio della scienza. Mancano infatti le condizioni di riproducibilità dei fe­ nomeni e appare del tutto inapplicabile il popperiano principio di falsificabilità. Si ag­ giunga che legioni di imbroglioni, ciarlatani e imbonitori da fiera hanno approfittato nei secoli della credulità dei loro simili per ven­ dere loro specifici e ricette basate su un pre­ sunto mondo sottile, proprio come fa Dulcamara con Nernorino nell'Elisir d'amore di Donizetti. Questa sfera di esperienza sus7

siste solo per chi l'ha sperimen tata, ma ha natura squisitam ente

soggettiva e richiede,

da parte dello sperirnentatore, una sorta "

di

sec onda vista", che nel mondo antico era

prero g a ti va degli

iniziati, mentre il

mondo

moderno nega que s ta evenienza, perché

presuppone un'idea

di trascendenza e l'esi­

stenza di un mondo invisibile .

Quel che è p os sibi le fare , e che abbiamo cercato di realizzare con

Adriano Ercolani

e Stefano Riccesi, è dare un'idea dei sen­ tieri che p o sso no essere percorsi da chi vo­

lesse approfondire

que sto argomento.

Nel primo dei tre saggi di qu e st o libro

traccio una

breve

storia

di come la Tradi­

zione Occidentale ha considerato i

"

c or p i

sottili" e di come essi siano legati indi sso ­ lubilmente all'idea che miti, fiabe, sogni e l 'imm aginazione attiva possano avere il po­ tere di guarirci e trasformarci. Nel secon do

saggio,

Adriano Ercolani il­

sottili di Patanjali e

lustra la visione orientale dei corpi

alla luce degli insegnamenti Shan kara e dell'idea di Liberazione. Nel terzo saggio Stefano Ri cce si tratta dei corpi sottili nella medicina antica, in al8

chimia, spagyria

e

nella dottrina degli

umori, approfondendo il ruolo giocato

dalla

fisiologia sottile nella ricerca di un "Cielo interiore"

e

di un'armonia tra il Microco­

smo umano e il

Macrocosmo. Alessandro Orlandi

9

l()

CORPI SOTTILI E GVARIOIO.NE IN OCCIDENTE Alessandro Orlandi

§ l

-

l Corpi sottni dell'Uomo nella Tra­

dizione occidentale Si può vedere il tema dei corpi sottili del­ luomo nel mondo antico, nella Tradizione Occidentale e nel cristianesimo delle ori­ gini, da tre diversi punti di vista: - Attraverso la fisiologia vera e propria dei

corpi

sottili;

- Attraverso il rispecchiamento del Macro­

cosmo nel Microcosmo umano, del cosmo nelle parti del corpo e nelle loro funzioni. Come si vedrà anche nel saggio di Stefano Riccesi, questa

ricerca di corrispondenze ha

fortemente influenzato anche molti aspetti della medicina antica, da lppocrate, a Galeno fino a Paracelso e diviene centrale nel pen­

siero ermetico,

alchemico e rosacrociano e

negli scritti ermetici, gnostici e neoplatonici, 11

c·nrnr

Il Corpus Henneticu.m, o la Pistis So­

medioevo e dai filosofi secolo e a personaggi rosa.­

t•ltl''· pnKNtmdo dal ""�hl, Ono al XVII C'I'IK'i"tni

come

Michael Maier, Robert Fludd o

llrinrich Khunrath;

visione cristiana �ei corpi sottili più mate­ rialistica e prosaica (per esempio in Tertulliano) secondo la quale, con la resurrezione dei morti, - Infine, Ja

� da sempre scissa tra una visione

ognuno riassumerà il suo corpo originario di

carne

e sangue,

come in

san

e una

visione più spirituale,

Paolo e in Origene, che pensano

piuttosto a un corpo

pneumatiCo di luce.

.l'fsfolDgi.a def Corpi sottili

In

epoca alessandrina, soprattutto at­

traverso

gli scritti

"ermetici•,

molte delle

credenze degli antichi egizi influenzarono i greci e, successivamente, i romani. Nell'An­ tico Egitto si credeva che

le componenti del

corpo umano fossero nove1: 1

Cfr.

ad

esempio

De

Egitto magico religioso 12

Rachelviltz, B.,

I miti

egizi,

l) Il

Sekhu o Khat, de­ decomposizione. Tutte le com­

corpo fisico, detto

stinato alla ponenti

sottili

vi

risiedono

durante

l'esistenza in vit a Al Khat era anche legata .

l'idea di putrefazione e veniva reso con una

pustola stilizzata. Era quel corpo che l'im­ balsamazione doveva rendere incorrutti­ bile. Una volta

incorruttibile, prende a volte il nome di Sahu (vedi dopo) che lette­ ralmente significa "nobile". 2) Il Ka, che alcuni hanno chiamato "Doppio", contiene i ricordi e i sentimenti della vita terrena ed assomiglia come una goccia d'acqua alluomo a

cui appartiene

.

L'idea moderna che si avvicina di più a riassumere tutte

le proprietà che gli egi­ ziani attribuivano al Ka, è la forma-pen­ siero di sé stesso che ognuno di noi coltiva durante la vita. Dopo la morte il Ka poteva rientrare nel corpo m um mificato o in una statua che raffigurasse le fattezze del de­ funto.

Il Ka nell'aspetto segue la parabola ascendente di un individuo, dalla gi ovi nezza alla maturità, ma non quella discen­ ­

dente (vecchiaia), conservando le fattezze dell'individuo nel punto massimo del suo 13

sviluppo. Nel sepolcro venivano deposte anche una serie di statue con le fattezze del

defunto: se il corpo mummifi.cato fosse an­ dato distrutto, la Statua-Doppio sarebbe

stata l'ultimo baluardo ad impedire la di­ struzione del

Ka,

l'ultimo supporto mate­

riale con cui il Ka potesse identificarsi.

3) Il Ba.

Rappresentato da

dalla testa umana o da

una

un uccello

cicogna nera,

si avvicina all'idea che oggi abbi am o di

E l'intelletto/logos, della memoria archetipica,

Anima.

responsabile la parte del­

l'uomo in contatto con gli dèi, determ ina personalità, ma

dopo

la morte

fatto oggetto (come d'altronde

la

deve essere il Ka) di of­

ferte, reali o simboliche e allora può tor­ nare

ad

unirsi al corpo

mum mificato ,

di

cui è la fonte di vita.

4) L'lb o e

Ab (cuore). Sede delle emozioni

dell'intelligenza,

della

memoria

l'anima e del sapere, unico organo

al

del­

lasciato

proprio posto dopo l'imbalsamazione.

Pesato da Anubis e da Maat dopo la morte, veniva divorato

da Ammitt

se

il verdetto era

negativo. Era raffigurato da un vaso dotato

di piccole orecchie. Gli egiziani considera14

vano il cuore (intelligenza) e la lingua

(vo­

l on tà) come gli unici due organ i creatori. 5) Il Ren, o nome se gre to .

É

la

compo­

nente dell'uomo che continua a dargli vita, fi n c hé viene pronunciato da Ptah. Il suo

"nome segreto " fa parte della personalità di un indivi duo ,

ne è una manifestazione,

chi

d o vesse conoscerlo avrebbe totale potere

su di

l ui , perché esso contiene l 'e ssenza

d ella cosa no minat a .

6) L 'Akh (o Khu, o Sahu, ma

qu e sta iden­

tificazione non è e sa t ta , i due ultimi ter­ mi ni

si

riferiscono

p iu t to st o

al

co rp o

glorioso abitato dall'Akh). Raffigurato con

un ibi s è un

e lem ento spirituale e luminoso

che dopo la morte si ric o n giunge con il

p rin cipi o divino, salendo a brillare come una stella . Mentre il corpo appartiene alla terra, l'Akh app arti en e al c i elo e la sua di­ rezi o n e è l'Oriente. È il legame dell'uomo col mondo di vino, che si riflette nel Ba. Se

le parti sottili dell'uomo si riuniscono dopo la

morte , dà origine al "corpo glorio so". 7) Il Khaibit, o Khabbit, o Sheut, o Shuyt.

E' l 'Ombra, di colore nero, presente sempre in ogni essere umano. All' opposto del Ka, 15

che tende t· hl"

a

conservare tutte le caratteristi­

positive, è l'emanazione di tutti gli

m1petti

n egativi,

le forme-pensiero

emanate

dal soffermarsi s ulla rabbia, sull'ira, sulla frustrazione, sull'invidia, sulla s uperbia ,

sulla paura, sull'avidità, etc. mento tra i l corpo e

È il

collega­

gli elementi incorporei

dell'individuo, la parte più vicina al mondo fisico dopo il corpo materiale. Responsabile delle manifestazioni spiritiche .

8) L'Heka. È l'energia

espressa come

"potere d ella magia". Si tratta di una forza

soprannaturale che

ogni

uomo

può rice­

vere dalla dea Uret-Hekam, "colei che è

grande in magia".

É la forza che

rende pos­

sibile l'esistenza di ogni uomo e, a volte, gli

consente

di dialogare

con il mondo

divino

e perfmo di influenzarne il corso.

9) Il Sekem:

è l'energia, la forza, la po­

tenza e la luce di una persona defunta. Si

tratta

di tutte le ener gie che si generano

parti fisiche e spirituali di vivente , che possono essere te­

dallunione delle un essere

nute insieme solo impedendo la disgrega­ zione dei corpi morte. 16

È

dell uomo dopo la sua

rappresentato da

un particolare

tipo di scettro. A proposito della medicina, gli antichi egizi, basandosi sulla loro fisiologia sottile delluomo, credevano che ci si possa am­ malare perché solo il corpo fisico è affetto da malattia, oppure perché si è squilibrato, in relazione agli altri, uno o più di uno dei corp i sottili che ci costituiscono, il che ha un riflesso immediato sul corpo fisico e sulla mente, ma non è partendo dal corpo fisico o dalla mente che il problema può es­ sere risolto. I nostri medici si occupano solo di curare il corpo fisico e, nella "mi­ gliore" delle ipotesi, l'Ombra (posto che la psicanalisi arrivi a "toccarla"). Per un egj� ziano antico era invece evidente che L'Akh guarisce il Ka e il Ba, e che il Ka e il Ba guariscono il Khat e il Khabbit, cioè il corpo fisico e l'Ombra. Come si vedrà nel saggio di Adriano Er­ colani, simili distinzioni, articolate in modo assai complesso, costituiscono un dato ri­ levante delle dottrine asiatiche. Nel Bardo Thodo� il Libro Tibetano dei morti si parla di un corpo materiale e di un corpo più sot­ tile, detto mentale, che può assumere di17

verse colorazioni. I suoi movimenti sono istantanei e il pensiero intuitivo e più acuto. Si ha partico lare consapevolezza di tale corpo nel cosiddetto stato intermedio, ossia con la morte fisica. Nel culto mitraico, di provenienza ira­ nica, che fu il culto più diffus o nell'Impero Romano tra il Io secolo a.C. e il no secolo d.C., l'anima, attraversando i cieli dei sette pianeti nell'atto di nascere, assume da ogni pianeta vizi e virtù, qualità sia materiali che sottili. n culto mitraico si configurava come una .vera e propria religione dell'astrologia e gli dèi v�nerati erano i dodici segni dello zodiaco, i ·�tte pianeti allora noti, le quattro stagioni e le personificazioni delle varie suddivisioni del tempo (secoli, anni, mesi, stagioni, ore). Maestro del Tempo e dei suoi cicli era un dio chiamato Zurvan, o Saeculum, o Aion, o Cro­ nos, rappresentato come un uomo alato con la testa di leone, che aveva in una mano un fulmine e nell'altra le chiavi che aprono le porte del cielo. I cicli del tempo erano simbo­ leggiati da un serpente, le cui spire si avvol18

gevano attorno al corpo di Aion. L'ascesa dell'anima, l'attraversamento delle porte dei c ieli , era spesso simboleggiata nei templi da una scala con otto gradini, ognuno di un me­ tallo diverso. Questa stessa scala, queste stesse porte, dovevano essere attraversate dagli iniziati ai Misteri di Mitra durante l a vita. I gradi iniziatici erano sette, ciascuno le­ gato a un pianeta e spesso durante le ceri­ monie gli iniziati indossavano maschere di animali (in particolare i Corvi e i Leoru). I preti erano scelti tra i Patres, il massimo grado ini­ ziatico del mitraismo, sacro a Saturno. Ogni uomo, nascendo, doveva attraversare i sette cieli dei pianeti , connessi con la sua fisiologia sottile, per ricevere da ognuno di essi doni e maledizioni dipendenti dalle sue vite prece­ denti: da Mercurio la capacità di orientarsi e le inclinazioni verso la cupidigia; da Venerei desideri erotici; da Marte l'ardore guerriero e l'aggressività; d a Giove l'ambizione e le aspi­ razio ni; dalla Luna l'energia vitale e legata al nutrimento; dal Sole le capacità intellettuali; da Saturno la saggezza e l 'inclinazione verso l'ozio.

Nel m o nd o

greco si

riteneva, con Pla19

tone, che l'anima avesse tre gradi e che gli esseri viventi fo ssero tutti dotati di

qualità

due

dell 'an ima : un'anima vegetativa,

che governa il corpo fisico degli esseri vi­

venti e l 'an ima irrazionale, che pertiene ad animali e agli

uomini. Solo l 'uomo è dotato anche di un'anima razion al e. Ritroviamo questa idea in Galeno, nel l a medicina an­ tica e nel pensiero gnostico ed ermetico: nel Trattato di lside e Horu.s viene detto che "lo spirito

ha la natura di una quintessenza o p­ agli elementi grosso lani del corpo fi­ sico " e nell'Antologia di Stobeo (parte del Corpus Hermeticum) viene detto che "lo spi­ rito si irradia attraverso vene e arterie e il sangue è il su o veicolo" ma anche che lo spi rito può discernere o meno le appa­ renze: "se lo spirito è innalzato dall'intelli­ genza esso ci most ra realtà o ggetti ve, altrimenti si limita a creare immagini per sé posta

stesso " (phantasia, o tò phantastikòn). In sostanza, oltre al corpo fisico, si cre­ deva che l'uomo fosse dotato di un corpo di luce,

un corpo stellare o astrale, d etto

astroedides o augoeides, legato allo spirito , e di un corpo immateriale e pneumatico, 20

legato al respiro, ali ' ani ma e all'immagi ne di sé stessi, che dopo la morte

diventava eidolon e i latini

ciò che i greci chiamavano imago o umbra. Si tratta di quelle

stesse

e nti tà che Ulisse ed Enea evocarono nel

loro viaggi o nel mondo dei morti. Secondo Plo tin o e Porfirio questa anima irrazionale

era una sorta di immagi ne riflessa di qu ella razionale, immersa nelle tenebre della vita sensibile. Un'immagi ne offuscata, oscura, torbida, non purificata2• Sempre a proposito dell'anima irrazio­ nale, Porfirio scrive nel

De antro Nimpha­ rum: "L'anima prende le abitudini dei corpi, trattenuta dal suo involucro terrestre e dalla sua immagine, e viene sospinta verso il basso dagli elementi te"a e acqua, finché viene trascinata nella generazionè'. Porfirio ci dice anche che le ombre che

abitano l'Ade sono "le barche dell'Oltre­ tomba", "vascelli dei

daimones,

veicoli per

mezzo dei quali essi navi gan o nell\unido" e cita Eraclito:

"per le anime diventare umide

2 Secondo Omero (Od. XI, 602-605), l'immagine Ercole permaneva nell'Ade mentre egli stesso era tra gli déi.

di

21

è delirio oppure mortè'. L'anima irrazionale, assieme all'immagine di sé che la accompa­

gna, è il corpo immateriale che sussiste nell'Ade e fo rni sce una "base" ai fantasmi

dei defunti. Secondo gli stoici l e anime che amano il corpo

"

attirano a sé u na nuvola

co nd e nsata di umido e divengono visibili ,

modellate dall'immaginazione". Nel suo commento al De Anima

di

Aristo­

tele, Giovanni Filopono attribuisce al grande filosofo la dottrina che solo l'anima razionale

sia del

tutto separabile dal corpo,

quella irra­

zionale lo è dal corpo fisico, ma non dal corpo

immateriale, dall'imago di sé, ch e continua a sussistere per qualche tempo dopo

il

suo di­

stacco dal corpo materiale, mentre l'anima ve­ getativa sussiste so lo nel corpo fisico e perisce con esso. Questo spiega anche l'import:a.nm che nelle tombe veniva data ai ritratti dei de­

funti e a rappresentazioni

di

scene della loro

vita passata: quell e rappresentazioni contri­

buivano a impedire la dissoluzi one dell'imago e tenevano così "ancorata" l'anima irrazionale, preservandola dallo smembramento e dai pe­ ricoli dell'Oltretomba. Così, s e con d o Michele Psello (De opera22

tione

daemonum), le "voci interiori", buone

o malvage, la confusione,

il

delirio, si pro­

p agano attraverso il nostro corpo immate­ riale e i demoni insinuano le loro tentazioni nell 'anima uman a c ome spirito fantastico

o essenza immaginativa. Torniamo ora all'anima razionale e al corpo di luce, corpo glorioso o radiante. Ne parl ano Platone nel Fedro, ma soprattutto

Dam ascio nel suo Commento al Parmenide di Platone, sostenendo che la nostra condi­ zione di esseri incarnati ci impedisce di ac­ cedere

alla

colmano

luce

l 'e ssenza

e

allo

splendore

che

sottile del corpo sp iri­

tuale. Citando I sid or o (il padre della filo­ sofa lpazia), Damascio descrive un "veicolo r adioso ed eterno di natur a astrale". Par­ lano di questo veicolo anche Porftrio e Pro­ cio e nei loro scritti si trova anche traccia della cosiddetta "dottrina dei tre soli" che abitano l 'uomo, una dottrina propugnata dall'imperatore Giuliano e poi ripresa dal filosofo bizantino Gemi sto Pletone: i tre soli sono il sole invisibile e divino del mondo in ­ tellegibile, q uello del mondo inte llige nt e , che ha il ru olo di mediatore, e quello del 23

mondo sensibile,3 evidentemente leg ati ai tre gradi dell'anima.

I e roc l e (Commento ai Versi Aurei di Pitagora) il fin e del metodo pitag o­ rico era quello di ricondurre l uomo al suo Secondo

corpo radioso, purificandolo e libe ran dol o

dalle pastoie dell'incarnazione. Ma fu Sinesio (365-430), discepolo zia, a dilungarsi pi u

radioso in

di

di lpa­

ogni altro sul corpo

DeUe Visioni, un trattato che

scrisse prima di diventare cristiano. Egli parla dell 'iniziazione e della purificazione che conducon o l'anima a identificarsi con il corpo radioso come di un

deve

processo in cui l uomo trascendere sia il sogno che l'immagina­

zione,

deponendo,

per

così

dire,

lungo

l'ascesa ciò che l'anima sensibile e qu ella ir­

razion ale hanno preso in prestito durante la discesa nella dimensione corporea. Ricor­ diamo che Socrate, nel Fedone, so stiene che l'anima avrà accesso alla luce e alla verità di­ vina soltanto dopo la morte. E nei Misteri del

mondo antico, in particolare in quelli Eleusini

e in quelli di Dioniso, lo scopo dell'iniziazione 3 Su questo argomento cfr. Divo sole, A. Boella

Galli. 24

e

A.

era proprio quello di far passare i neofiti at­ traverso una morte simbolica, il cui effetto doveva essere quello c

dischiudere

di attivare il corpo sottile

nell'iniziato

una "seconda

vista", uno sguardo sul mondo e sull'interio­ rità. che attingesse agli aspetti simbolici della realtà. per percepirne aspetti preclusi

ai

pro­

fani4: quegli aspetti che non attingono solo al

Biòs, alla forza vitale dell 'in dividuo, tesa alla p ropria autoconservazione e autoafferma­ zione, ma anche alla Zoì, la corrente indi­

struttibile della vita, sacra a Dioniso, che

attraversa le generazioni .

.Macrocosmo e Microcosmo Si

tra tta

dell'idea che il Macrocosmo, in

ogni suo aspetto, si rispecchi nell'uomo, nei suoi organi e nelle sue funzioni, supe ­

riori e in feriori . A

que st o

proposito citiamo

alcuni autori:

Proclo (Commento 4

al

Timeo): "L'uomo è

Dice Giorgio Colli a proposito dei Misteri di Dio­ "L 'iniziato ai Misteri di Dioniso vede quel cfw gli non vedond' (La sapienza greca, Introduzione).

niso: altri

25

un Micro cos mo

perché, proprio come l'uni­ verso, egli possiede insieme mente e ra­ gione, un corpo divino e uno mortale, ed è anche costituito in modo conforme all 'uni­ verso: la ra gione corrisponde a Satumo negli aspetti contemplativi, a Giove in quelli sociali. La natura passionale a MaTte, quella eloquente a Mercurio, quella appeti­ tiva a Venere, sensitiva al Sole, uegetativa alla Luna. Inoltre, il corpo sottile radioso cor­ rispond e al cielo e il corpo mortale alla re­ gione sublunarè'. Origene (Omelia del Levitico): " Re nditi conto di essere in piccolo un secondo mondo e che in te sono il sole, la luna e anche le stellè' Paracel so (Pa rag ran o): "fl cielo è l'uomo e l'uomo è il cielo e il vero padre di ognuno è il suo cie lo interiore. I pianeti che sono in noi sono il vero uomo ed essi desiderano condurci a una grande saggezza."

La co nvinzione che il Macrocosmo si n­ specchi nel Microcosmo del corpo umano

attribuisce alla

costituzione dell'uomo sia

componenti legate alla materia che altre,

più 26

"sottili" le

quali,

se

l'uomo

ne

diviene

consapevole, q uando vengono a con tat to

omologhi della realtà altrimenti inattingibili ai cinq ue sensi, gli con sentono di pe rcepire l'ordito che connette l'individuo al resto dell'Universo e di in ter agire con ciò che è lontano e invisibile. All'alchimista, ad e sempio , permettono di in teragi re con gl i aspet ti "sottili" della materia e con la "p ro ­ con

a spetti

fondità simbolica" di ciò che accade. Queste tre immagini, tutte tratte da testi ros acrociani, possono i l lustrare me gli o m olte

di

parole l'idea medievale e rinascimen­

tale della corrispondenza tra Macrocosmo e

Microcosmo: Nell'ultima immagine tut to il cosmo si

Johann Daniel My­ lius: Giorno e Notte, da Opus Medico Chy­

micum (Francoforte, 1618)

27

Corrispondenze tra i pianeti,

i regni naturali, le parti del corpo umano (Verona, 1704)

tattie. Robert Fludd, Geomantica

e

le ma-



Gregor Reisch:

1535)

Margarita philosophica (Basilea

riflette nel corpo dell'alchimista, bipartito tra giorno e notte, che poggia su un leone con due corpi e un 'unica testa, simbolo della

Conjunctio Oppositoru.m,

dalla cui

bocca sgorga l'acqua mercuriale. La parte maschile dell'alchimista riceve il Sole-Zolfo dal Leone (uomo e leone poggiano sulle ali

della fenice, che custodisce gli elementi maschili, fuoco ed aria) e la sua parte fem­ minile riceve la Luna-Mercurio dal Cervo mercuriale

("Seruus .fugitiuu.s"), mentre en29

trambi poggiano sulle ali dell'aquila, che

custodisce gli elementi fe mminili , terra e acqua. Dietro di loro un bosco alchemico ,

sui cui alberi campeggiano i simboli dei sette pianeti e varie altre sostanze fonda­ m entali per l 'Opera, tra le q uali il Sale , il Mercurio e lo Zolfo. Le parti m asch i l e e

femminile dell'alchimista so no incatenate alla ruota cosmica, ch e nella parte inferiore reca cinq u e an imal i c h e simb o l e ggiano e l

alchemicum: Corvo (Opera al Nero); Cigno (Opera al Bianco); Grifone (unione del Fi s so col Volatile); Pel­ licano (Moltiplicazione); Fenice ( Ope r a al Rosso). Sopra di loro la Trinità divina, per­ varie

fasi

dell'Opus

ché l 'Op e ra alchemica può essere portata a termine solo

"dea concedenti!'.

Per un ap­

profondimento degli aspetti della relazione

Microcosmo-Macrocosmo legati all a medi­ cina anticae ad alc himia e sp agyria , siri­

man d a al saggio di Stefano Riccesi .

30

n "Corpo di Resurrezione• Fin dalle origini del cristianesimo, sono emersi due indirizzi antitetici a proposito del cosiddetto "corpo glorioso"

o "corpo di

resurrezione", che ci attende alla fme dei

tempi, quando i morti risorgeran n o

dalle

loro tombe: un indirizzo spiritu al ista, l'al­

tro letteral e e pi uttosto materialista5•

Il

prim o è quello di san Paolo e di Ori­

gene, per i quali il corpo risorto sarà or­ spirito, così come il corpo materiale e quello p sichi co sono vei­ coli dell'anima. Ognuno di questi corp i è infatti riflesso di una stessa essenza perso­ gano e veicolo dello

nale, di uno stesso principio che l 'ha orga­ nizzato, ma il corpo destinato a risorge re non avrà nessuna delle caratteristiche del

c orp o materiale di

carne

e sangue, e nem­

meno del corpo psichico. San Paolo parla di

corpo terrestre e

corpo celeste, di corpo psichico e corpo spi

­

rituale (l Cor. 15, 35-53). Viene seminat o 5

Per

una

cfr. Mead

-

bibliografia esauriente sui testi antichi,

G.R.S., La dottrina del corpo sottile nella

tradizione occidentale. 31

nella morte- un corpo psichico, si risveglia, con la resurrezione, un corpo spirituale. Il corpo psichico, che richiama l'essere vi­ vente, nefes h, di Genesi 2, 7, viene conce­ pito da Paolo come un sem e che, posto sottoterra, germina in una nuova esistenza sottile. Il corpo di resurrezione viene invece concepito da Paolo come un corpo che "sarà il corpo stesso di Cristo" e sostituirà corpo fisico e corpo psichico, perché la carne e il sangue del corpo fisico, su cui in­ fierisce la morte, non possono ereditare il regno di Dio (l Cor , 15, 50); (2 Cor. 5,1-2). Anche Origene condivideva una visione simile del corpo di resurrezione. In un passo nel IV libro del suo perduto trattato Sulla Resurrezione, citato in una lettera di san Girolamo a Pammachio (Ep. 38), Ori­ gene chiama i sostenitori dell'indirizzo ma­ terialista philosarcas, amanti della carne, e si chiede a co sa potrebbe mai servire alla fm e dei t empi un corpo di carne e sangue, con nervi, ossa e organi riproduttivi. Ciò che si conserva immutato per sem­ pre dopo la morte, egli sostiene, è l'involucro etereo e luminoso che lui chiama "scintil.

32

tante", il germe delluomo spirituale che con tiene

il logos dell'individuo e da cui que­ sti risorgerà. Nel suo scritto Contra Celsum Origene scri ve: "n nostro corpo sarà semi­ nato nella terra, come un grano di frumento, ma l'entelechia che è in questo corpo e che è il principio della coesione della sua materia e che vive sempre nella sostanza corporale, non mancherà dopo la morte, che è l'annien­ tamento e la dissoluzione del corpo, e lo re­ susciterà per ordine di Dio rendendogli forma e vita, esattamente come l'entelechia che vive nel seme del cereale restituisce il grano di frumento corrotto e morto nella forma di stelo e di spiga... " Questo nuovo co rpo , spirituale , glorio so e

i m mortal e prende la forma di un corpo

luminoso e spesso si ripresenta sulla terra, o perché evocato, o nel sogno, o

nelle ap­

parizioni". Anche

Bonaventura

di

Bagnoregio

( 1217-1273) esprime idee non molto di­ ve rse

nel suo

descrivendo a

Itinerarium mentis in Deum:

il percorso

che avvicina l uo mo

Dio ritiene i ndispe nsabile che vengano

recuperat i

e affinati quei sensi spirituali 33

che ci avvicinano alla nostra vera essenza e attivano quel corpo sottile indispensabile all'uomo che voglia rapportarsi a Dio. Molte di queste convinzioni, caratteristi­ che anche degli Esseni, si ritrovano tra gli gnostici (ad esempio in alcuni dei Vangeli apocrifi e nella Pistis

Sophia,

che descrive

il corpo glorioso come veste di luce e vei­ colo dei poteri divini dell'Universo) e nel cristianesimo orientale. Così, per i Valen­ tiniani, la resurrezione dei morti può avve­ nire grazie a un battesimo dello spirito, analogo alla Pentecoste, che fa rinascere l uomo nel suo corpo glorioso. L'indirizzo materialistico muove, invece, da una lettura letterale dei vangeli e si so­ stiene che

il corpo di resurrezione si av­

varrà esattamente della stessa carne con cui si muore (non si presta tuttavia a una simile lettura

XXI , 4,

il Vangelo di Giovanni, XX, 1 4, XVI, 12, passi

né quello di Marco,

nei quali è evidente l'irriconoscibilità di Gesù risorto). Massimo esponente di questo indirizzo

è

Tertulliano

(155-230),

espose queste idee nel suo De 34

che

resurrectione

e ritenne eretico chiunque non condividesse. La Chiesa cattolica adottò per lo più la visione di Tertulliano6, almeno fmo al XIX secolo, tanto che nel Credo cat­ tolico si parla di "resurrezione della carne"7, mentre nel Credo della Chiesa orientale si parla di "resurrezione dei morti". mortuorum

le

Tra il XIX e il XX secolo l 'Archeosofia, l'Antroposofia, la Società Teosofica e molte tra le sette New Age sorte in Occidente nella seconda metà del XX secolo (Blavasky, Be­ sant, Krishnamurti, Crowley, Steiner, Pala­ midessi, Colozza, Scaligero, etc.) hanno formulato una loro fisiol ogia del sottile, per lo più frutto del sincretismo tra la visione occidentale che abbiamo fm qui sintetizzato, e quella orientale, esposta più oltre in que­ sto libro nel saggio di Adriano Ercolani. 6

Per

altro adottata anche dalla Chiesa

angli­ dai morti e ha riassunto il suo corpo con came, ossa e tutte quelle cose che appartengono alla perfezione della natura dell'uomd'.

cana: l'articolo IV dice: "Cristo è veramente risorto

7

Cfr.

M atteo XXVII, 52-53, che narra della resur­

rezione di molti corpi di santi morti, che escono dai

sepolcri nel momento della morte di Gesù.

35

In particolare, Rudolf Steiner delineò in Una fisiologia occulta e in La scienza occulta nelle sue linee generali una fisiologia sottile dell'uomo secondo la quale le componenti

fondamentali del nostro corpo,

visibili e invi­

sibili, sono cinque: Il corpo fisico, che viene ascritto al regno m inerale, destinato alla decom posi­

zione dopo la morte. Corrisponde a ll 'idea greca del oropa; Il corpo eterico, che viene rappresen­ ta to com e un 'aura sottile che avvolge il

corpo. Pur

essendo invisibile, ha tuttavia

una natura materiale. Appartiene a tutti gli esseri che fanno p arte dei regni animale e vegetale.

Sovrintende

ai

processi vitali,

dalla respirazion e, alla nutrizione, alla ri­ produzione ed

è

alla base della nostra

energia vitale. La circolazione di tale ener­ gia nel

corpo è Chakra (ruote),

regolata da alcuni centri, i

collegati tra loro. L 'interru ­

zione del flusso energetico è causa di ma­ lattie;

Il corpo astrale o anima senziente, di forma sferico-ovoidale racchiude i due pre­ cedenti corpi. Appartiene a tutti gli esseri 36

che fanno parte del regno

animale e sovrin­

tende alle emozioni, alle passioni e alle

sensazioni. che muo re

differenza del corpo eterico , con il cor p o fisico, il corpo astrale può separarsi dal co rpo fisico an che durante la vita, dando luogo a feno­ meni come i sogni lucidi e i viaggi astrali A

Corpo eterico e corpo astrale riassu­

abbastanza bene le idee greche di r.pwa;, oxrn.ta o maci (l'umbra dei lati ni ) e di

mono

Biòs Il corpo mentale, che appartiene

agli esseri

solo

umani e determina la coscienza

di sé. Con un lavoro costante della propria

anima razionale, l 'uomo può far evolvere il proprio corpo mentale e anche i precedenti tre corpi. Sorgente del pensiero , il corpo mentale è responsabile del nascere e del sussistere del senso dell'Io, dell'immagina­ zione e della memoria. D al la qualità del la­ voro su sé stessi dipende la misura i n cui il co rp o mentale viene i nfl uen zato e con di ­ zionato da quello astrale, tale lavoro do­ vrebbe mirare a renderlo indipendente da tali influenze. Il co rpo mentale ha un aspetto superiore, a contatto con la sfer a 37

dello spirituale, da cui provengono le intui­ zioni e le idee archetipali e una parte infe­ riore, collegata al corpo astrale e a quello eterico, che "traduce" intuizioni e archetipi in linguaggio razionale e comunicabile agli altri. È anche responsabile dell'immagine di sé che accompagna ogni essere umano. Sono gli dOCilÀa, che nell'Oltretomba diven­ gono le entità incontrate da coloro che vi­ sitarono gli inferi, come Ulisse o Enea, di cui ha trattato anche Hillman nel suo n sogno e il mondo infero. Il corpo causale o anima cosciente, che può essere raggiunto solo attraverso la me­ ditazione profonda e l'introspezione , indi­ spensabile per la conoscenza di sé stessi. A tali corpi sottili, che hanno una na­ tura eminentemente individuale, andreb­ bero aggiunte altre tre "realtà sottili", di natura cosmica, a cui può attingere solo chi abbia trasceso la propria individualità: Un Sé spirituale, che secondo Steiner, per passare dalla potenza all'atto, presup­ pone una trasmutazione del corpo astrale Una corrente vitale universale, la cor­ rente indistruttibile della vita, Spirito Vi38

tale Universale assimilabile all'idea greca di Zoì, che secondo St eine r, per passare dalla potenza al l 'att o, presuppone una tra­ smutazione del corpo eterico; Un'entità spirituale e immortale, ema­

nazione del di vin o , che secondo S tein e r ,

per passare dalla potenza all 'att o, p resup pone una trasmutazione del corpo fisico

­

Questa visione è stata poi adottata dalla s cuola antr opo so fica steineriana e, con qualche variazione, è ascrivibile anche

al

movi ment o teosofico di H elen a Blavatsky e all'Archeosofia di

§ 2

-

T om m aso

Palamidessi.

Immaginazione attiva e pensiero

del cuore (Sul p otere curativo e trasformatore di fiabe, miti, sogni e immagini)

Il potere mondo

di guarigione dei sogni nel

antico

Nella medicina antica, a Roma e

in

Gre­

cia, si usava far addorm ent are il malato 39

presso un tem pio

Esculapio o di Apollo

di

perché ricevesse in sogno le indicazioni sulla cura da segui r e ( medicin a incubato­

ria). Se decifrare il sogno fosse stato difficile, avrebbe poi provveduto il sacer dote del Dio a interpretarlo. Il medico in tal caso era un sacerdote guaritore e indovino In un

rac cont o

che ci

mondo antico viene

è

(iatromantis).

pervenuto dal

de scrit to il rito dell'in­

cubazione: il paziente (Elio Aristide) si re­ cava a Pergamo presso il santuario di Escu lapio e l'intervento guaritore del d i o avveniva, appunto, in sogno (altri tipi di

iatreion, che cura con i far­ physiologos che curava attra­

medico erano lo maci, e il

verso lo studio filosofico della Natura e il sapere cosmologico).

Presso Greci, Romani ed Etruschi e ra anche diffusa la figura dell'interprete di sogni, che a volte coincideva col sacerdote

di

Apollo, a volte era un medico che "esercitava" anche questa arte o un semplice oniromante

girovago (cfr. il

Libro dei sogni di Artemidoro,

un breviario di un oniromante greco per in­ terpretare i sogni, anche in relazione alle ma­

lattie, giunto fino a noi dal n sec. d.C.). 40

Era diffusa la credenza che i sogn i po­

tessero preannunciare malattie o p e rsi no la morte del sognatore o delle persone a lui care e che, talvolta, i s ogni , se corretta­ mente interpretati, contenessero il segreto per la guarigione.

Già

Omero,

nell'Odissea

(XIX 562-567), parla di due porte dalle sogni arrivano a noi umani: una di avorio dalla quale escono i sogni mendaci e quelli che si riferiscono alla vita di tutti i quali i

giorni e una di corno dalla quale ci sono in­

viati dagli dèi i sogni veraci, qu elli profe tic i e quelli che hanno il potere di guarire.

già citato n sogno e il mondo infero, Hillman traccia una an alo gi a tra le immagini dei morti che ap­ paiono ad eroi come Enea o Ulisse nei loro viaggi nell'Oltretomba, che i greci chiama­ van o Eidola, e le im magini delle persone con cui interagiamo nei nostri sogni. Quelle immagini , cariche di energia psichica, pos­ sono darci indicazioni preziose per il nostro futuro e per la nostra salute. D'altro canto, anche gli sciamani di tutte l e civiltà conosciute si servono dei sogni per guarire chi si rivolge loro ed è an c he atNel

lo psicoanalista James

41

traverso la visione di immagini "numinose" che lo sciamano acquisisce i suoi poteri . Scrive Eliade ne Lo S ciam anis mo : "Le

malattie i s ogni e le es tas i costituiscono in una iniziazione, vogliamo dire che esse vanno a t rasformare l'uomo p rofan o di p rima della "scelta" in un tecnico del sacro. L Jesperienza dJordine estatico è sempre e dappe rtutto seguita da una istruzione teo­ rica e pratica da pa rte di vecchi maestri: ma n on per questo essa è meno decisivaJ per­ ché è essa che modifica ra d icalme nte lo stato della persona "scelta". sé stesse

L'esperienza sciamanica cui fa riferi­ mento Eliade consiste in un cambiamento di prospettiva sul mondo : lo sciamano, come effetto della su a esperienza estatica "vede" la realtà da un altro punto di vista, un punto di vista che gli co n fe ri sce Potere

e lo trasforma radicalmente .

42

Il potere dJ guarigione delle Immagini

sacre e alchemiche Nel mondo antico (anche in Egitto), oltre

ai sogni venivano utilizzate a fini di guari­ gione sia le immagini degli dèi che il rac­ conto dei miti che li riguar davano

.

Si pensi, anche oggi,

al ruolo delle im­ m a gini sacre e miracolose nella religione cristiana (immagini e icone della Madonna,

de i santi ,

di

Gesù)

e in altre religioni (bud­

dhismo, induismo) . La semplice contem­

p lazion e di

una

immagine può

avere

dunque il potere di far sparire le piaghe di

un lebbroso, di

sanare uno zoppo

o un ma­

lato terminale, di guarire una malattia ner­ vosa . Nel pensiero esoterico occidentale un ruolo importante spetta all'alchimia, che ne costituisce uno dei cardini fondamentali

fin

dai primi secoli dopo Cristo.

Oltre che

la trasformazione del piombo in oro l'alchi­ mista si poneva

come obiettivo la

prepara­

zione di un elisir di lunga vita capace

di

guarire le malattie e conferire l'immortalità a chi se ne fosse ripetutamente dissetato. 43

Ebbene, nella tradizione alchemica le immagini sono importantissime ed esi­ stono

libri costituiti da sole im m agin i . Le

so stanze da utilizzarsi nell 'Opera alche­ mica,

gli

zioni

da

strumenti necessari e le opera­ compiere

sono

velate

dietro

raffigurazioni di oggetti, strumenti e ani­ mali fantastici , raffigurazioni allegoriche con carattere antropomorfo che

hanno come sfondo una Natura pie na di riferi ­ menti simbolici . Queste immagini avevano , dichiaratamente , il compito di stimolare "l 'immaginazione attiva"

e diventavano una

metafora della trasformazione che aspet­ tava sia l 'alchimista che la materia su cui egli lavorava (cioè si riferivano sia a opera­ zioni chimiche ch e ai

corrispondenti stati

p sichici) . Questo particolare tipo di imma­ gi n azi o n e di cui

parlano gl i alchimisti va

distinto dal semplice fantasticare , ha un valore di

conoscenza ed è a pieno titolo uno

strumento dell'operare alchemico . Dice il

"La Natura porta a ter­ mine la sua operazione a poco a poco, io vo­ glio che anche tu faccia cosi, e sia la tua immaginazione secondo Natura. . . E questa Rosario dei Filoso fi :

44

immaginare sia fatto con la vera immagina­ zione e non con quella fantastica" . Gli alchimisti non rifuggono nemmeno

dal citare i sogni come chiavi che possono aprire la porta che racchiude i segreti dell 'Opera (Si pensi al

Sogno Verde di Ber­ nardo Trevisano , alle Visioni di Zosimo o all 'Hennès devoilé di Cyliani) . Il dato che caratterizza le immagini e le

metafore alc hemiche rispetto alle infmite p o ssibil i corrispondenze simboliche, che invece non fanno parte dell'immaginario al­ chemico , è una concezione dell 'universo in cui spirito e materia, corpo e anima, sono profondamente connessi e in cui esiste un segreto legame tra tutte le creature , tra i

regni della Natura, tra Microcosmo e

Ma­

crocosmo , tra le trasformazioni subite dalla materia e quelle subite dall 'operatore . In­ fatti , l 'alchimia non si riduce mai a soli processi psicologici e stati estatici ma ha sempre anche un aspetto operativo , che si riferisce alla trasmutazione di sostanze mi­ nerali o vegetali . La fo nnula che la caratte­ rizza, potremmo dire ,

è corporificare lo

spirito e spiritualizzare la materia. 45

In Psirologia e Alchimia Jung o sserva come vi sia una stretta concordanza tra le immagini e le metafore proprie dell 'alchimia, le immagini che emergono dai sogni dei suoi pazien ti , e quello che chiama "il p ro ce sso di individuazione del Sé". Si tratta di un lungo e labirintico percorso che conduce un indi­ viduo a fare i conti col proprio "destino psi­ cologico", a far emergere all 'attenzione della coscienza le istanze più profonde del suo es­ sere, sia quelle provenienti dall'alto che quelle, inconsce, provenienti dal basso. Nelle culture orientali alle immagini attribuito un potere di guarigione. In Cina si pensi ad esempio alle immagini de l Ching, il Libro dei Mutamenti, che si ba­ sano su una concezione del rapporto Micro­ cosmo - Macrocosmo non dissimile da que lla di cui parlavamo un attimo fa. Chi c o n su lta il Libro dei Mutamenti ge tt ando tre monete o gli steli di millefoglie, compie una azione sincronica che contiene in sé l 'im pronta del tempo che circonda il con­ sultante , degli eventi c he lo hanno prece­ duto e di quelli che seguiranno . L'immagine viene

46

che deriva dalla con sultazione dell 'oracolo va quindi contemplata come una fedele im­ magine della "tendenza" che domina il tempo pre sente a cui il consul tante d eve adeguare i propri comportamenti come l 'acqua si adegua alla forma del recipien te che la contiene, per non andare contro le leggi che regolano il cosmo. Chi si adegua all 'immagin e che domina il Tempo viene chiamato dai Ching "Il Nobile" . Chi la osta­ cola è "L 'Ignobile", dove questo epiteto non ha carattere morale , ma è una constata­ zione di ignoranza delle leggi che regolano l 'Universo . Chi , invece , le conosce e si ade­ gua ad esse ha salute , "emenda le cose guaste" , guarisce. I Tibetani attribuiscono il potere di gua­ rire anche a complesse pitture e raffigura­ zioni delle entità sottili, dèi e demoni, che operano nell 'invisibile e ci attendono nel­ l 'Oltretomba. Nella visione tibetana durante le nostre vite alimentiamo attorno a noi delle "forme pensiero" con idee ricorrenti e stati d'animo ad esse associati, come rabbia, frustrazione , speranza , paura, collera, desiderio etc. 47

Queste forme pensiero , che si nutrono delle nostre energie , finiscono con l 'acqui­ stare vita propria, col determinare malattie del corpo e dell 'anima e ci attendono nel­ l 'oltretomba per banchettare con le nostre energie.

Il Bardo Tlwdol,

il libro tibetano dei

morti , va letto al defunto subito dopo la morte per guidarlo nel Bardo, cioè nell 'ol­ tretomba. Gli vengono descritte le figure terrificanti che egli in contrerà, le quali di ssiperanno la sua consapevolezza e lo spingeranno a reincarnarsi in una forma inferiore di vita. Gli viene detto ripetuta­ mente che si tratta di immagini scaturite da lui stesso e dalle azioni compiute du­ rante la vita, che quelle immagini non sono , appunto , che

i pen sieri ossessivi col­

tivati durante l 'esistenza terrena assieme alle emozioni che li hanno animati e che essi vanno riconosciuti come m ere illu­ sioni . Qui la rappresentazione del mondo d emonico che ci attende nell 'oltretomba e che c irconda, invisibile , la nostra

vita, ha

il compito di guarire il corpo e lo spirito dalle malatti e che li affliggono ( se chi ascolta il bardo è ancora vivo e cerca la co48

noscenza) o di guid are il morto verso la luce attraverso le insidie del bardo dell 'ol ­ tretomba. Si ritiene che meditare sulle im­ m agin i delle forme che abitano il mondo sottile, malefiche o benefiche che siano, sia una via di guarigi one e redenzione. Questa idea, che le forme-pensiero create dalla mente umana possano agire sia su chi le ha create che sul mondo esterno, non era e stranea al pensie ro m agico medievale , anche nel mondo islamico . Il filosofo, musi­ cista, astrologo e matematico arabo Al Kindi, vissuto nel IX sec. d. C . , scriveva nella sua opera De radiis: "AUorché l'uomo ooncepisce oon l'immaginazione una oosa

materiale, tale

oosa acquisisce una esistenza reale seoondo la specie dello spirito fantastioo (spiritus ima­ ginarius). Tale spirito emette dei raggi, che muovono le cose esteriori esattamente come

la oosa di cui esso è immaginè'

l Miti

Durante i Misteri del mondo antico (di Dioniso , di lside , di Cibele , di lside e Osi49

ride , di

Mitra

che venivano

etc . ) veniva a ttri buito ai riti

compiuti

e al raccon to di dei

mi ti e de lle vicende degli dèi il po te re di guarire si a i corpi che le anime . In particolare, durante i misteri eleusini, dionisiaci

e isiaci, agli iniziati veniva

raccon­

tata una vicenda del dio o della dea (come

la

ricerca di Persefone da parte di Demetra, la discesa agli inferi di Trittolemo e il riscatto di

Persefone, Dioniso fatto a pezzi dai Titani e ri­ costituito dal cuore, le

nozze infere tra Perse­

fone e Dioniso-Ade , la favola di Amore e

Psiche) . Con l 'aiuto di un

rito, di una partico­

lare bevanda, men tre veniva asperso incenso e si ascoltavano musiche ipnotiche si otteneva

percettivo" mediante il quale il mito mostrava all 'iniziato un senso riposto che egli

un "salto

non aveva precedentemente mai considerato. Nelle culture arcaiche le condizion i mate­ riali dell uomo vengono interpretate alla luce delle "leggi

cosmiche". Gli aspetti fondamen­

tali dell'esistenza sono scanditi da riti e miti. Tanto i riti che i miti , come mostrano gli

s tudi di Mircea Eliade , hanno lo scopo di collegare ogni nuova azione a un archetipo 50

primordiale, che deve conferirle senso e re­ altà annullando e rifon dando il tempo. Si vuo l e in tal m o do mostrare che ciò che l uomo si accinge a fare è già succe s so all 'inizio dei tem p i nel mondo degli dèi, o dei p rogen itori mitici, o degli archetipi e che la situazione attuale, in quanto rip e te l 'azione primordiale , ha un sen so ed ere­ dita m agi c am e n t e il "potere del fare" ( cfr. ad esempio n mito dell'eterno ritorno o Sacro e profano) . Ciò vale per tutte le principali azioni d ella vita ( c oltivare la terra, battersi in guerra, raggiungere la pubertà, un ir si in m atrimon i o , generare figli , cat t urare prede durante la caccia, ammalarsi e morire) . Lo scopo dei riti è quello di creare una corrente di comunicazione tra l 'umano e il non umano . Il rito è visto , in una inizia­ zione , come un vero e proprio insieme di mezzi "tecnici" per e n trare in co nt atto col s ac ro . Chi viene iniziato sperimenta un bagno purificatore , fonte di vita, di rinno­ vamento e di guarigio ne . Il mito invece può avere differenti gradi di influe nza sull'iniziando, a seconda di come 51

vengono ordinati e interpretati i sim boli che

lo costituiscono . Nel mito, in altri termini , vi è un rito in fieri ed

anzi, (dato che lo stesso mito può essere pen etrato con diversi livelli di profondità in tempi diversi) , più riti in fieri. I l rito cos ti tuisce un m ezzo , uno stru­ mento per en trare in contatto col sacro ,

anche se l 'officiante non ne comprende ve­ ramente il sen so . Il Mito , invece, che deriva dalla radice mu e dal latino

mutos,

mu to ,

si fa rito solo nella misura in cui chi lo uti­ lizza ne ha disvelato il sen so profondo .

L'essenziale del m ito è ciò c he il m ito tace , l 'analogia nascosta o la metafora che , se

viene svelata, rende attivo il m i to , gli co n ­ ferisce quel potere evocativo che , invece , il ri to

possiede

già

intrin secamente .

Po­

tremmo quindi anche dire che il mito agi­ sce dall 'interno , mentre il rito dall 'esterno.

4) Le fiabe e le aUegorie Cominciamo col dire che , dal punto di vista storico ci sono stati moltissimi studi dedicati alle fiabe e al loro ruolo nella for52

mazione sia sociale che individuale delle persone . Dal punto di vista individuale si

Mondo Incantato di che analizza il modo in

pensi ad esempio al Bruno Bettelheim ,

cui il mondo m agic o delle fiabe serve al bambin o per co m prend ere e affrontare la

realtà che lo circonda, per dare una forma alle sue an s i e

esistenziali ,

per dialogare

con il proprio in con sci o e rapportarsi alla propria sessualità e alle figure negative o minacciose che avverte intorno a sé . Dal punto di vista collettivo gli stu di di Propp

(Le radici dei racconti di fate)

affermano che

le fiabe di magia affondano le loro origin i

storiche nei riti di iniziazione e di passaggio dell'età tribale e presentan o , al di là del­ l 'area

culturale

di

app art e n enza ,

una

stessa struttura, co stituita da personaggi

che

svo lgon o le stesse funzioni

in rap port o

allo svolgimento della storia. Levi-Strauss oppone a Propp una teoria leggermente

diversa: si dovre bbe

secondo

lui analizzare piuttosto l 'insieme di c o ppi e di opposti che si agitano dietro la storia, te­ nendo conto che una funzione può trasfor­ marsi in un 'altra, secondo lui l 'errore del 53

formalismo di Propp è an c he nel credere che ci si possa occupare solo d e l l a "gram­ matica" delle fiabe e rinviare l 'analisi del lessico mentre, egli sostiene,

" . . . nel meta­ linguaggio di fiaba e mito tutto è sintassi". Dal punto

di vista del potere di guari­

gione delle fiabe , secondo la corrente psi ­ coanalitica j unghiana, due sono i pu n ti fondamentali : L'elemento della favola che rappresenta la malattia, l'Ombra, il Problema da risol­ vere, il maleficio Il metodo di guarigione e gli attori della fiaba che ne divengono i veicoli. Non esiste naturalmente una ricetta uni­ versale né una unica lettura di come agi­ scano le fiabe. Quello che è certo è che le fiabe non sono mai

il prodotto dell'immagi­

nazione di un solo individuo ma costitui­ scono un materiale in cui si sono depositati secoli di elaborazione collettiva, e possono diventare un mezzo , secondo gli studiosi

junghian i , di risalire agli "archetipi dell'in­ conscio collettivo"

perché col tempo fini­

scono col pe rd e re ogni carattere locale e 54

individuale e ogn i rapporto con la storia iniziale che

i spirò

la fiaba e contengono,

proprio per ciò, un elemento di universa­ lità, incarnano ombre , m ali e rimedi scatu­ riti da una intera c olle ttività nel corso di molte generazioni . è

Secondo la Von Franz l'eroe della fiaba una emanazione del Sé che diviene uno

stimolo per modellare l 'I o , sia per struttu­ rarlo che per destrutturarlo e

trasformarlo. psicoanalisi jun­

Dal punto di vista della ghiana la condizione di salute potrebbe de­ finirsi come uno stato di armonia tra il complesso dell 'Io e il Sé . Lo stato di malat­ tia consiste , invece , una situazione d isar­ monica in cui , spinti dall 'ambiente, da un

da cause ereditari e propri istinti, adottando comportam en ti " sbagli ati" . (Individuo sen­ sibile e timido che si forza a una vita avven­ turosa e pubblica, o viceversa, chi, nato per l'avventura e l 'e stroversione, si piega a una vita prevedibile e interamente program­ mata, chiusa agli stimoli esterni , magari pe r venire incontro alle richieste di terzi ) . im pul so incoercibile o

ci si è alienati dai

Quando u n complesso particolare viene 55

attivato,

esso può avere effetti su ogni

aspetto di una persona alterando l'equilibrio generale delle parti . Questo è quello che una fiaba percepireb be come "maleficio".

Il fatto che fiabe , allegorie e guarire chi

ne

po ssano

miti

ascolta il contenuto dipende

dalla profonda "rison anza" tra il maleficio di

cui si narra nella fiaba o nel mito e il disturbo dell'essere umano che ascolta. Per questo mo­ tivo , anche il metodo di guarigione o reden­ zione previsto nella fiaba può "riverberare" il suo contenuto nella vita reale del malato , sug­ gerendogl.i la via da prendere per guarire.

Per fare alcuni esempi di "malefici" : (te­ n e ndo conto che il tipo di maleficio chiari­ sce quali sono le caratteristiche verso le quali l'Io è regredito e dendole "visibili" ,

permette

n egativ e quin di , ren­

di affrontarle)

- essere presi da un sonno simile alla morte , destinato a durare finché

magico" non ci

"l'alleato

risvegli

- essere trasformati

in

animali ( as i n o ,

cigno , lupo , corvo , volpe, etc . . . )

- subire u n a

grave privazione

(della persona amata, di

etc.) 56

tutti i

o

perdita propri b en i

- cadere in schiavitù al se rvizio di un mago , di un orco o di una strega (con la va­

rian te dell'essere divorati) - essere sottoposti a p rove difficilissime, pena la morte se si fallisce E sempi di "redenzione": - Bagno purificatore n ell 'ac qua o nel fuoco ; - superare alcune prove

mente

apparente­

"impossibili"

- sottoporsi a un lu ngo periodo

zione sensoriale giare, etc . ) ;

di priva­

(senza parlare, senza man­

- I n alcune fiabe l a distruzione della pelle dell'animale o l 'uccisione dell'animale in cui il protagonista è stato trasformato è causa di redenzione , in altre è causa di di­ sgrazia (potrà la coscienza integrare quel contenuto?) . Quale

nostro atto con sap evo le

corri­

sponde a una parti colare vicenda di una fa­

vola o di

una

allegoria? Qui torna la tecnica

della " immaginazione attiva" ,

di cui si è par­

lato a proposito dell 'alchimia. Se si è riusciti a

diagnosticare il

proprio disturbo attra­

verso la metafora della fiaba o d ell 'allegoria , 57

se la stessa fiaba ci suggerisce quale perso­ n aggio o azione

sia portatore / portatrice di

guarigione, si tratta di " dare la par o la" a quell'aspetto della fiaba o a quel personaggio e dialogare con lui/ lei, ascol­ tando con attenzione que llo che "l'alleato magico " ha da dire . Non si deve tuttavi a agire fmché n on sia giunto il momento, fm­ redenzione e

ché la coscienza non sia pronta ad integrare

i contenuti fmora respin ti

come Ombra:

questo spiega come mai spesso la lu ce nelle fiabe possa avere un ruolo negativo (si pensi a Amore e Psiche) . Per fare questo delicato lavoro occorre guardare alle fiabe e alle al­ l egorie come si guard a ai sogni : ogni ele­ mento della fiaba può essere un ele me nto della nostra psiche. Sgombriamo in fme

il

campo d a un

sibile equivoco : non esiste null a "

spiegazione defmitiva" di

pos­

come la

una fiaba, di una

immagine, di un sogno o di un mi to o una "interpretazione defmitiva" di un 'allegoria !

fiabe , sogni, allegorie e miti ci c on tinuerann o a parlare per tutta la vita in modo diverso nelle differenti fasi de l la no­ stra evoluzi on e . Come le facce di un diaImmagini ,

58

mante rifletteranno ogni volta la luce sotto una

diversa angolazione. Ciò che conta, in­ fatti, non è la " spiegazione intrinseca" di una fiaba, ma le energie che essa ha il po­ tere di liberare quando la rendiamo attiva.

Duran te le

iniziazioni ai

Misteri dell'anti­

chità lo stesso mito ( ad esempio Amore e

Psiche) poteva essere raccontato molte volte all'iniziato in differenti fasi dell'iniziazione e , ogni volta, svelava un aspetto diverso della conoscenza.

5) Perché immagini, miti, fiabe e sogni haDDO fi potere di guarire? Nelle culture nelle quali si ritiene di poter guarire

con l 'aiuto di

una fiaba o di

un mito , non viene fatta una netta distin­

zione tra

le malattie della m e nte

e qu ell e

il riduce alla sua

del corpo, per il semplice motivo che "corpo" dell 'uomo non s i

componente visibile e tangibile . Abbiamo visto che per canto zione,

gli egiziani, ac­ al corpo fisico soggetto alla putrefa­ i l Khat o S ahu, sussistevano lo S hut 59

(o Khabbit ) , il corpo eterico , !"umbra dei la­

tini, anch 'esso destinato a dissolversi dopo la morte , il

Ka,

il corpo astrale o corpo delle

emozioni , che poteva evitare di dissolversi dopo la morte grazie al supporto del corpo fisico mummificato , dei vasi canop i , delle scritte sulle pareti del sep olcro e delle of­ ferte , ma non era suscettibile di ulteriore evoluzione . Quindi il

Ba,

l 'anima che colle­

gava tra loro il piano spirituale e divino con quello terreno , e infine l 'Akh, l 'immortale

corpo di luce . Anche nelle dottrine asiatiche troviamo simili distinzioni : nell a tradizione tibetana nello stato del Bardo , successivo alla morte, mentre il corpo materiale si dissolve, la consapevolezza del morto si aggira in una sorta di labirinto di incubi e viene messa di fronte alle fo rm e - pensiero alimentate du­ rante la vita, che possono assumere diverse colorazioni, alcune che conducono verso la Liberazione e verso i corpi sottili e spiri­ tuali, altre verso la rinascita verso forme sempre meno evolute . Queste forme-pen­ siero sarebbero una sorta di estroflessione 60

delle speranze e delle paure, consap evoli e incon sc e , che il defun to aveva alimentato duran te la sua vita. Alimentate si delle sue energie per decenni reclamano ancora nu­ trimento dal corpo sottile che sopravvive (temporaneamente) alla morte fisica e così app aiono al defunto come " divini tà divora­

trici" che reclamano le sue energi e. Nell ' induismo e nel tao i smo lunga è la via che conduce l 'anima a identific arsi con lo Atman delle nito da: "non

Upanisad, immortale e defi­ è que sto , non è quello " e

assai c omple ssa la struttura dei co rpi in cui il cosmo si riflette. Si può p erò accen ­ nare alle essenze eteriche dette "Po", che muoiono insieme al corpo fisico, e a quelle astral i dette

"Hum ",

che perdurano o ltre la

morte e che co n tribui sc ono a formare lo Shen o corpo spirituale.

Gli alch i mi sti

orientali credono che purificando i soffi vi­ tali o Qi si possa pervenire a formare un

"embrione di luce" che trae il suo nutri­

m ento dalla identificazione dell 'uomo con il Tao , con la Via. Disciplina regia per approdare a questo 61

risultato è quella predicata, ad esempio nel Bahagavad Gita, dagli induisti: non nutrirsi del frutto delle proprie azioni, oppure il " Wu wei•, il "non fare" dei taoisti, che ha sempre a che fare con l 'agire senza attaccamento. L'immortalità viene conseguita dall 'alchimi­ sta "rafforzan do" il proprio corpo di luce e trasferendovi la consapevolezza. Nella Tradizione ebraica la riflessione mistica della Qabbala h sulla Torah non si discosta troppo da tali concezioni. Un celebre versetto della Torah dice: "R Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suow (adamah) e soffiò (ruah) n elle sue na­ rici un alito di uita (neshamah) e l'uomo di­ venne un essere vivente (nefeshf [ Gen. 2 , 7 ) Ebbene , accanto al corpo fisico (adamà o me glio basar, Gen. 6 , 3) i cabalisti con­ templano un'anima o entità psichica ( ne­ fesh, Gen 1 , 30 e 9 , 4-5) , l'intelletto vero e proprio ( ntah, Gen 7,22) , e la parte più alta dell 'anima, incapace di peccare ( nesha­ mah) . S econdo lo Zohar, uno dei testi chiave della Qabbalah, Nefesh, Ruah e Ne­ sha ma h sono parti dell'anima umana che formano una sequenza dall 'inferiore al su62

p eriore e

intermediario

tra il corpo fisico

dell 'uom o e la sua anima è lo

Zelem (Gn l , 26) , la sua con figurazione spirituale o prin­ cipi o di individualità, composto di materia

sottile come un corpo etereo.

Rabbi Shimeon : "R corpo dell 'uomo serve da piedistallo a u n altro piedistallo che è Nefesh . Quest 'altro piedistallo serve a Ruah, e Ruah serve da piedistallo a Nesharnah . Rifletti su queste gradualità dell'essere umano e scoprirai il mistero dell'Eterna Sapienza che le ha for­ mate a immagine del Mistero Supremo". Gli sciarnani di tutte le lati tudin i par­ lano di un Doppio, ign oto alla no stra co­ sc i enza diurna, che gli u om in i che non sono iniziati son o destinati ad incon trare Scrive

in

me rito

per un breve istante, solo al momento della morte , mentre la loro con sapevolezza si

di ssolve inesorabilmente con sente agli iniziati, che

e ch e , invece, vi possono

sferire la con sapevolezza, imprese

tra­ inimma­

ginabili e la p ossi b ili tà di biloc ar si . In particolare , gli sciarn an i messicani parlano del "Nagual», variame n te interpretato come un an imale totemico nel quale può trasfe63

rirsi l'iden tità dello sciamano o come una sorta di "Doppio energetico" dello stregone ( tale , ad esempio, è la concezione che hann o del Nagual gli stregoni del lignaggio di Don Juan nei libri di Carlos Castaneda) . Previa l 'acquisizione di alcune discipline del corpo e della mente, la "consapevolezza diurna" può trasferirsi nel Nagual, ren­ dendo anche possibili fenomeni di biloca­ zione. Tra le tecniche da acquisire per rendere possibile il trasferimento nel pro­ prio Doppio energetico, sembra fondamen­ tale quella consistente nel rimanere consapevoli durante il sonno . Ebbene, la tesi che viene più o meno esplicitamente sostenuta nelle culture nelle quali si ritiene che il racconto orale abbia un potere di guarigione è che miti e fiabe , quando di­ vengono "attivi", possano agire su questa parte sottile del nostro essere.

64

6) L'immaginazione attiva8 e U pensiero simbolico

Come si lavora su una fiaba, su un 'im­ magine o su un mito per renderli "attivi"? Un semplice racconto, appre so passiva­ mente, non ha necessariamente il potere di attivare alcunché in chi ascolta. Si può però intervenire "attivamente" su una fiaba, un 'immagine , un simbolo o un mito e "costellare" gli elementi che li costi­ tu i sco n o con i propri contenuti interiori . Nel caso di una fiaba, ad esempio, si tratta di mettere in evidenza i person aggi che vi intervengono , nel b e ne e nel male, le azioni che essi compiono, le relazioni c he inter­ corrono tra di loro , gli animali, le piante, gli oggetti funzionali allo svolgimen to della vi­ cenda e di "riconoscere" in ciascuno di questi elementi un aspetto della propria in­ teriorità. Si tr atta di cogliere, per ciascuno di questi elemen ti , un aspetto simbolico e universale che va oltre il significato contin1\ Sull'uso terapeutico dell'immaginazione attiva cfr. ad esempio il saggio di Marta Tibaldi Pratica del­ lim.maginazione attiva.

65

gente della fiaba o del mito di cui ci stiamo

occupando

e

collettivo .

Qu esta fase potremmo chia­

che fa parte dell 'immaginario

marla "amplificazione" di quel dato ele­ mento.

In

altri

termini

far

ricorso

al

"pensiero simbolico" significa far entrare in rison anza un racconto o una immagine con i propri contenuti interiori e acquisire una visione più ampia, simbolica, del ma­ terial e su cui si sta lavorando, alla luc e delle associazioni e delle m etafore deposi­ tate nell'arco di mill enni nella cosci enza collettiva. L'altro strumento fondamentale per la­ vorare su immagini, miti e fiabe è quello della "immaginazione attiva" . Dopo aver "amplificato" un personaggio o una azione o un altro elemento simbolico, si tratta di dagli "voce" , di dialogare con lui e ascoltare ciò che ha da dirci. Questo , in altri termini ,

È di con oscenza di

è ciò che fanno gli artisti quando creano . un

potente strumento, sia

sé che di guarigione . Pensiero simbolico e immaginazion e at­ tiva costituiscono quello ch e è stato chia­ mato "il pensiero del cuore". 66

I nostri scrittori , artisti , poeti , utopisti e scienziati nei secoli passati hanno imma­ gin ato il loro futuro e trasmesso forza e vi­ talità alle i m m agi ni scaturite dalla loro interiorità. Con questo fuoco hanno dise­

gnato la real tà d 'altra parte ognuno di noi ha un'immagine del suo compito nel mondo e delle persone amate e quelle im­ magini tracciano il profùo della sua vita. Le immagini prodotte dal cuore , quindi, ,

segnano il destino sia di una collettività

che degli

individui che ne fanno parte .

trattarsi di immagini oscure e oppure di illusioni. All ora l 'umanità

Certo , può malate

dovrà affrontare le sue ombre, oppure rea­

lizzare di aver perso le su e guide o di non saperle più riconoscere . Le i mm agi n i del cuore sono il mezzo at­ traverso il quale il cuore illumina la notte

dell'accadere,

dando agli

eventi peso

speci­

fico , senso e direzione , luce e calore , come

i l sole illumina il

mondo.

Inoltre , le imm agin i del cuore

non hanno una natura unicamente personale e indivi­ duale , ma sono il tramite mediante il quale

attingiamo

al pozzo dell'anima, il nostro ca67

naie c on il mondo sottile , con gli antenati e c on il nostro invisibile futuro . Esistono pozzi a cui

tutti possono

disse­

di vita a chiun­ attin gerl a . Le immagini che i grandi uomini lasciano dietro di loro sono a dispo sizion e di chi sappia coglierne la bel­ tarsi , che elargiscono acqua que voglia

lezza e la forza creativa.

È forse per questo motivo che gl i antichi greci , i romani, gli egiziani, gli ebrei del vec­ c hio e del nuovo testamento e i mistici sufi consideravano il cu ore come la sede della visione e dell'intelligenza. In una sua conferenza sul p en siero del cuore, pubblicata da Adelphi con il titolo di L 'Anima Mundi e il pensiero del cuore, lo psicoanal is ta James Hillman ha denun­ ciato l'accecamento collettivo dal quale è affitto il m on do moderno. Il cuore, così come lo concepiamo oggi, è "la sede dei sentimenti". Questo genera con­ fusione tra le immagini che il cuore produc e in quanto organo della "visione profonda" e le nostre pas sioni per sonali come rabbia, paura, brama, d olo re, godim ento estetico , infatuazione, autocommiserazione, tristezza 68

e m el an conia ,

collera etc., che da quelle im­ magini sono suscitate. Queste passioni per­ sonali vengono innalzate a massima vita del cuore, mentre per il mondo antico avevano una natura pesante e corporea, lontana dalla capacità del cuore di cogliere gli aspetti più sottili della realtà. Questa con­ cezione del "cuore sentimentale" è la causa certa di molte delle sciagure che affliggo n o il mondo, è l'origine dell'inconsapevolezza di sé , della mancanza di "visione", della cecità dell'uomo moderno, dell'inflazione dell 'Io, dell'incapacità di creare e riconoscere la bel­ lezza e direi, soprattutto, della volgarità che contraddistingue la n o stra epoca. Riconoscere l 'esistenza ed il potere a t­ t ivo delle immagini del cuore non è la fine , ma l'inizio di un percorso . Il cuore è sede delle imm agin i attive , ma anche delle illusioni . Parlando d ei sogni abbiam o detto che secondo Omero essi scaturiscono da due porte . Dalla prima, di co rno , provengono i sogni p rofe ti ci e sa­ pienziali, inviati dagli dèi. Dall'altra, di avo­ rio, i sogni menzogneri ed in gan n evol i , legati ai m o ti contingenti dell'anima e alla 69

quotidianità. Il perco rso che ognuno di noi è chiamato a compiere deve condurci non so lo a distinguere tra il sentimento e l 'im­ m agin e che lo desta, tra il desiderio e il suo oggetto , tra soggetto e oggett o , ma, soprat­ tutto, tra l 'immaginazione attiva del cuore , che contribuisce a creare il mondo che ci circonda e a dare sen so alle nostre vite, e le vane illusioni del cuore, che conduco n o l 'uomo ve rso la sofferenza e l a dispersione .

Testi citati: Testi moderni Bettelheim , 8 . : n

mondo incantato: uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, Milano 1 977; Boella A. , Galli A. Divo Sole, Ro m a 20 1 1 ; Cum on t F. , Les Mysteres de Mithra , Torino 20 1 3 ; Colli, G . Del Corno, D . (a cura di) La sa­ pienza greca, Milano 1 990; De Rachelwiltz, B . l miti egizi, Milano 20 1 8 ; Egitto magico religioso, Milano 20 1 4 ; Eliade M . Lo Sciamanismo, Roma 1 983 , 70

ma anche n

mito dell'eterno ritorno,

Torin o

20 1 8; Sacro e profano,

Torino 1 973 Hillman , J . , n codice deU'anim.a, carattere, vocazione, destino, M ilano 1 997; n sogno e il mondo infero, Milano 1 984; L �nima mundi e il pensiero del cuore, Milano 1 993; Jung C . G . , Psico logia e Alchimia , Torino 2006; Lévi- Strauss C . , La st ru ttura e la forma. Riflessioni su un'opera di Vladimir Ja.

Propp,

Cahiers de l 'institut de sciences éco­

nomiques appliquées 9,

1 960: 3-36 ; Mead G . R . S . , La dottrina del corpo sottile nella tradizione occidentale, ( Milano 20 1 5) ; Propp V.J . Le radici storiche dei racconti di fate (Torino 1 992) ; Steiner R. Una fisiologia occulta (Milano 2005) ; La scienza occulta nelle sue linee ge­

nerali ( Bari

1932);

Thomdyke L. , A History of Magie and Ex­ perimenta l Science, 8 vol . , New York 1 9 58; Tibaldi M . , Pratica dell'immaginazione attiva, Roma 20 1 1 Von Franz M . L. , Le fiabe interpretate (To­ rino, 1 992 ; Le fiabe del lieto fine, psicologia 71

delle storie di redenzione (Milano , L 'individuazione nella fiaba (Torino , L'ombra e il male nella fiaba (Torino , L'animus e l'anima nelle .fiabe (Rom a ,

1 996) ; 1 987) ; 1 995) ; 2009) .

Testi antichi (soao indicate le edizioni consigliate) : Al Kindi , De Radiis; Artemidoro, R libro dei sogni, Milano 1975; Bahagavad Gita; Bardo Thodol, Libro tibetano dei mo rti a cura di Giuseppe Tucci, Milano 1 998; Bonaventura di Bagnoregio , Itinerarium mentis in Deum; Corpus He rmeticu m, Milano 2005; Cyliani, Hermes devoilé; Damascio G . , Co mme nto al Parmenide di Platone; Dorn G . , Rosarium Philosophorum; Filopono G . , Commento al De anima di Aristotele; Fludd R . , Utriusque Cosmi Historia; Khunrath H . , Amphiteatrum Sapientiae Aeternae; l Ching, Milano 1 99 1 ; Ierocle , Commento ai versi au rei di Pita72

gora Origene , Omelia del Levitico; Co nt ra Cel­

sum; Sulla Resurrezione (testo perduto, dt. frammento) ; Paracelso , Paragrano; Paolo di Tarso , 1 o Lettera ai Corinzi; Platone, La Repubblica; Fedro; Fedone;

Timeo; Plotino, Enneadi; Pistis Sophia; Porfirio , De Antro Nimpharum; Proclo , Commento al Timeo di Platone; Psello M ., De operatione dae monum; Sinesio ,

Delle Visioni;

Tertulliano , De resurrectione mortuorum; Trevisano B . , n Sogno verde; Upanishad antiche e

medie a cura di 1 995;

Pio

Filippani Ronconi, Torino

Zohar, Torino 20 1 6 ; Zosimo , Visioni.

73

CORPI SOTTILI E SGUARDI ORIENTALI Adriano Ercolani Nell'immenso oceano della storia della filo sofia po ssiamo leggere migliaia di pa­ gine , sommando le riflessioni di comme n ­ tatori an tichi e moderni, che trattano il t e m a del cosiddetto "corpo sottile" all 'in­ terno d elle d iverse

tradizio n i m ed i tative e

ftlosofiche derivanti dalla sap ienza o ri e n ­ tale , in particolare indiana. Questo mio breve contributo non ha

al­

cuna pretesa di e saurire un tema co sì

vasto ,

né offre un ap p ro ccio fondato sul ri­

gore accademico .

Si tratta di una m era in troduzion e , a ca­ rattere spi ccatamen te divulgativo , rivolta a potenziali neofiti , ovvero a chiunque desi­

deri avere dei punti di

ri fe ri men to iniziali

per avventurarsi in un terreno così este so , ricco e variegato . Un terreno non solo vasto ma, innega­ bilmente, attraver s ato da false p iste , vicoli ciechi d o gm atici , trappole p seu do - spi ri ­ tuali , radici di p regiu diz i e luoghi comuni 75

su cui è molto facile i nciam pare , fo sse di

fan atismo e p rigioni di chiusura m e n tal e dalle quali non è facile uscire senza l 'aiuto di una guid a non del tutto sprovveduta .

Premessa di metodo Quando si affrontano questi temi con una

prospettiva intellettuale di stampo

occiden­

tale è necessario fare alcune premesse. La luce de l " gi oiello della discrimina­ zione" , come direbbe il sommo m istico e teologo indiano Shankara, deve guidarci questo sentiero di

in

ricerca,

da un lato po­

tenzialmente illuminante ,

dall 'altro fre­

quentemente insidioso . Sono necessarie alcune premesse di me­ todo: parlando di un ambito fo n damental­ mente

empirico ,

spesso

non

definibile

razionalmente , dobbiamo scontare alcuni paradossi. L'esperienza della meditazione , de l

ri sve gli o energetico , dell 'approccio alla prop ria dimensione sottile, per defmizione , conduce a stati di coscienza diversi da quelli comuni. Dunque, do b b i am o essere 76

consapevoli di affrontare dimensioni che sfuggono ai limiti convenzionali del lin­ guaggio . In un certo senso , qualsiasi tentativo di descrizione di uno stato di coscienza di­ verso da quello di veglia è una sfida ali 'inef­ fabile . Se il Sommo Poeta Dante Alighieri più volte nel Paradiso dichiara la sua impossibi­ lità di restituire lo splendore della sua vi­ sione, figuriamoci noi poveri ricercatori al fondo del Kali Yuga, come possiamo resti­ tuire in maniera limpida e incontrovertibile la profonda quiete dello stato meditativo e, in particolare, i sentieri interiori che vi condu­ cono? Inoltre , quando si prova a delineare una mappa della fisiologia sottile, soprattutto in ambito orientale, ci si accorge che alcuni pilastri della dialettica occidentale improv­ vi samente vacillano . Ad esempio, il cosiddetto "principio di autorità" , l'ipse dixit aristotelico , appare molto controverso e fallace , considerando la mole di innumerevoli maestri, soprat­ tutto emersi nell'ultimo secolo, che propon77

gono tecniche co m pletam ente

differenti. Nella vasta letteratura di divu lgazio n e yogica, a s ec o n d a , qui nd i , d eli 'ap p rocci o del singolo stu dio so (che spesso è un di­ chiarato devoto di un determinato mae stro ) p os siam o trovare i nco n trare i n t erpre t a ­

zioni discordanti , se non oppo ste , dello stesso fenomen o . N o n a caso , gran parte degli au to ri

che

si occupano d i questi temi tend on o

a

espressioni apodittiche , irrefutabili , as­ si omi, se n on dogmi , fondati sulla loro pe­ culiare esperi e nza .

Molti di essi, maestri o allievi, si rivol­ gono al lettore come se fossero in possesso

di

u n a rivel azione e sc lu siva sui segreti del

corpo sottile .

li quid are la que stione sancendo che, di fatto, si tratta di un ambito irrazionale , antiscientifico, in ­ servibile dal punto di vi sta della specula­ zione filo sofica occidentale, almeno per come la con cepiam o dall 1lluminismo in poi. In realtà, l 'argomento è molto più sottile , Si potrebbe, a questo pun to ,

per l 'appunto , e complesso . E per questo più interessante . 78

Le discipline che , sotto diverse forme, ci con s en ton o di e n trare in contatto con la nostra dimen sione sottile sono , sostanzial­ mente,

quelle

collegate

a una qualche

forma di meditazione .

Ed essa è, indubbiamente , è uno stato espe ri bi le

.

Chi tratta questo tema parla, di fatto , di una sua esperienza. Questo fondamento empirico, però, non può essere ridotto, come vorrebbero alcun i pregiudizi di stampo

scientista, a una mera autosuggestione : una im po n en te letteratura scientifica atte­ sta i benefici , o comunque gli effetti , delle diverse p ratich e meditative sulla salute psicofisica dei p raticanti

.

Come conciliare queste contraddizioni? Come conciliare un approccio empirico con uno stile apodittico? O, ancora più difficile, come risolvere il con trasto fra l'interesse de­ stato dalle ricerche neuroscien tifi che sulla meditazione con

il

frequente atteggiamento

antiscientifico di certi

ambien ti

New Age?

Perché attorno a un'esperienza che do­ vrebbe co n durci alla pace e all'armonia c'è

cosi tanta confusione? 79

Una possibile spiegazione potrebbe ri­ sultare sorprendentemente semplice: per­ ché differenti esperienze che vengono definite con lo stesso nome di "medita­ zione" sono profondamente discordanti. Tecniche completamente diverse, con presupposti concettuali distanti e obiettivi talvolta opposti, condividono lo stesso glos­ sario, ingenerando così disorientamento e confusione. Qui, come dicevamo ali 'inizio, è neces­ sario affilare il nostro discernimento.

Differenza tra contemp lazione e medi­ tazione

Nel parlar comune, ad esempio, "medi­ tare" vuoi dire ponderare attentamente, sforzare la propria concentrazione per va­ lutare approfonditamente, soppesare i pro e i contro di una determinata situazione. Questa diffu sa accezione deriva dalla fi­ losofia medievale cristiana, in particolare dal monaco benedettino del XI I sec. Guigo II , !'"Angelico", che distinse nel famoso testo 80

Paradisi (de tta anche Epistola de vita contemplativa) quattro livelli del rituale della preghiera quotidiana, la cosiddetta Lecti.o Di­ vina: in primo luogo , appunto, la lectio, ov­ vero la lettura approfondita dei testi sacri; la meditatio, in cui si memorizzava e ponde­ rava il testo; I 'oratio, la preghiera i sp irata dalla lettura; e, infine, la oontemplatio, in cui l'anima dell'arante giun geva nella pace del silenzio meditativo , nella contemplazione quieta della presenza interiore del Divino . L'etimologia ste s sa di "contemplazione" (" cum" e "templum") evoca di per sé l'eleva­ zione d el l o sguardo verso il cielo : il tem­ plum era il recinto sacro, lo spazio ritagliato nel cielo dalla bacchetta de ll 'augu re dentro il quale osservare il volo degli ucc el l i e trarre auspic i di c arattere oracolare. Dunque, la contemplazione sarebbe l 'e l evazio n e del proprio sguardo interiore verso uno spazio sacro . Come chiunque p ratichi la meditazione di d erivazion e orientale avrà in tuito, qui si incon tra subito uno di quegli intrecci con­ cettuali che così spesso complicano defmi­ zioni e riferimenti in questo ambito: questa Scala

81

accezione occidentale di "contemplazione"

è, infatti,

molto più vicino a quella orien tale

di "meditazione"

( be n

più dell 'espressione

latina meditatio, tipico e s empi o di "falso amico" in traduzio n e) . Chiaramente , questa differente sfuma­ tura semantica rivela anche lo sguardo, per alcuni versi opposto , delle due tradizioni

spirituali : quella cristi an a occidentale , tesa

a un'elevazione verso il trascendente; quella yogica orientale , orientata al dissolvimento

dell'identità individuale nellunità sp iri tu ale sottesa al Tutto . Segnalo vo len ti eri come alle affmità e di­ vergenze tra

i

due sguard i sia stato dedi­

cato un saggio utile da Daniele Palmieri ,

Pratiche di contemplazione. L 'arte de lla me­ ditazione occidentale (pubblicato da You­ canprint nel 2 0 1 8) .

n sfgn#Jfca.to più profondo di "yoga." Del resto , se n ell 'e ti m o del termine "me­ ditazione" alcuni hann o ritrovato una co­

mune radice con 82

"

medicare" e "mente"

( p re nde rsi cura di sé ma anche "misu­ rare") , in qu ello del termine "yoga" alcuni studiosi, come Mircea Eliade , nel suo sag­ gio fondamentale del 1 9 3 3 , Lo Yoga. Im­ mortalità e libertà (Milano, 1 999) , ritrovano la radice di yuj- ("unire" ma an che " aggi o ­ gare") ; se per alcun i versi si può ri condurre tale e timo al controllo dei sensi e della pro pria attenzione operati dal medi tante , in senso più lato il significato etimologico di "unire" n on può farci pensare a quello di altre parole chiave della spiritualità: religione (" rilegare ") , simbolo ("mettere in sieme ") , s i n ago ga (" co ndurre insieme") . ­

­

A li vello superficiale, per il grande pub­ blico lo yoga rappre sen ta poco di più che una sorta di ginn astica esotica che si fa in palestra per ri so l ve r e p ro blem i di mal di sc hien a . In realtà, è molto di più, è una d e l l e massime sintesi di p rassi e sp e cu l azion e della storia delle civiltà umane . Come scrive Emanuel Carrère in Yoga

(Milano 2020) , un li bro di gran mod a negli ambienti i n tellettu ali nell'ultimo periodo 83

(scritto magistralmente, interessante come testimonianza ma poco nutriente dal punto di vista della conoscenza yogica) , riferen­ dosi al testo Le cose come sono. Una inizia­ zione al buddhismo comune (Milano 20 1 5) di Hervé Clerc: •l'unico compito cui è chia­ mato un uomo dotato di buon senso è cer­ care di uscire dal samsara, dal ciclo di trasformazioni e sofferenze che chiamiamo condizione umana, per accedere al nirvana, che è la vita fmalmente reale, sottratta al­ l'illusione, la vita in cui vediamo le cose come sono. Lo yoga è questo, dice Hervé. O meglio: lo yoga è questo se lo si prende sul serio, e non soltanto come una ginnastica. • . Dunque, per evitare d i incappare nelle trappole evidenziate all'inizio di questa ri­ flessione, ci rifaremo a due figure fonda­ tive, due padri spirituali , in tutti i sensi , della filosofia orientale: Pataftjali, e il già ci­ tato Shankara (o Adi Shankaracharya, che dir si voglia) . In primo luogo, però, è obbligatorio af­ frontare un punto di riferimento essenziale e ineludibile quando si parla di filosofia orientale, il testo probabilmente più cono84

sciuto, e studiato , della storia d eli 'India: la Bhagavad Gita.

L'importanza della Bhagavad Gita

Considerato uno dei testi più importanti della storia dell'umanità, la Bhagavad Gita ("il Canto del Beato") rappresenta in realtà solo un capitolo di una sezione del lunghis­ simo poema epico e sacro Mahabharata, il più ampio della letteratura di tutti i tempi, elaborato complessivamente nell 'arco di circa otto secoli (dal 4 A.C. al 4 D . C . ) . Lo studioso Suredranath Dasgupta, maestro di Mircea Eliade, così ne riassume l 'insegnamento mistico nel suo saggio n mi­ sticismo indiano (Roma 1 995) , che riunisce alcune lezioni tenute dall'autore nel 1 92 6 : • la grande soluzione della Gita consiste nella proposta di compromesso tra la vita mondana, fatta di doveri prestabiliti , e la vita da eremita, fatta di rinuncia assoluta; nonché tra una vita nel rispetto delle leggi e delle gioie appropriate e un 'estinzione as­ soluta dei desideri. Il programma che essa 85

propone riguarda. da una parte, la purifi­ cazione della mente, che deve essere pur­ gata da tutti gli attaccamenti e da tutte le passioni - cosa che si può ottenere dedi­ cando tutti i frutti delle nostre azioni a Dio -, dall'altra continuando a compiere tutti i doveri che appartengono alla propria casta specifica, nonché alla propria fase di vita. Non sono le azioni a legarci, bensì le nostre inclinazioni personali e le nostre passioni. Ma se possiamo esprimere un sentimento di fede e d'amore per Dio fmo al punto che, in quest'amore per Lui, ci liberiamo da ogni altro attaccamento , allora le azioni che compiamo non possono più legarci in alcun modo ad una meta più bassa, anche se siamo ancora in quella fase della vita in cui dobbiamo continuare a compiere i no­ stri doveri normali. • A questo punto, è necessario un mi­ nimo, e stringatissimo, riassunto della nar­ razione, per rendere comprensibile il contenuto del testo : il nodo centrale della storia è la rivalità tra due linee di cugini appartenenti alla stessa stirpe: i virtuosi Pandava e gli arroganti Kaurava. Questi ul86

timi, con l'inganno , vincono al gioco per tredici anni il regno dei Pandava. Allo sca­ dere del tempo concordato, si rifiutano di restituirlo e, inevitabilmente, si scatena una guerra, evidente allegoria della batta­ glia interiore (oltre che di numerosi conflitti stratificati dal punto di vista religioso, an­ tropologico e sociale) . Lo scontro culmina nella pianura di Ku­ rukshetra, dove Arjuna, l 'eroe alla testa dell'esercito dei Pandava, viene preso dallo sconforto nel vedere dall 'altra parte dello schieramento molti affetti a lui cari e lascia cadere le armi . A quel punto inizia il Canto del Beato, ovvero di Krishna, il divino protagonista del testo. Presente sul campo di battaglia come umile auriga di Atjuna, ma in realtà potentissima in­ carnazione divina dell'Essere Supremo, Kri­ shna, in uno dei dialoghi filosoficamente più sapienti di tutti i tempi, rivela ad Arjuna la sua natura divina e gli impartisce gli inse­ gnamenti fondamentali della conoscenza yogica. Divisa in 1 8 capitoli, la Gita ha influen87

zato profondamente il pensiero di filosofi come Arthur Schopenhauer o leader poli­ tici come il Mahatma Gandhi, oltre che ad essere letta con pari rispetto da figure ap­ parentemente distanti come Simone Weil ed Emil Cioran . Si attribuisce ad Albert Einstein questa affermazione: • Quando leggo la Bha.gauad-Gita e rifletto su come Dio creò questo universo, ogni altra cosa mi sembra così superflua. • . Ma perché è così importante questo testo? Perché, come spiegava il Mahatma Gan­ dhi , •per migliaia di persone essa è la uera madre, in quanto produce il ricco latte del sollievo nelle difficoltà. Io l 'ho chiamata il mio dizionario spirituale, perché non mi ha mai abbandonato nell 'angoscia. Si tratta inoltre di un libro esente da faziosità e dogmi. Il suo appello è universale. • . Ecco, dunque, i n una feroce sintesi , "l 'appello universale" della Gita: Krishna ingiunge ad Arjuna di prendere l'arco e combattere, di compiere il suo dha.rma (il suo "dovere", la sua "legge interiore") , di uccidere tutti i nemici "perché sono già morti". Il dio, ancora non rivelatosi, infatti , 88

illustra all'eroe la dottrina della reincarna­ zione , che svela l'illusorietà della morte , ponendo però la possibilità della libera­ zione dal ciclo crudele di morti e rinascite, grazie all 'identificazione con l 'eterno Sé, imperturbabile nella sua perenne suprema autocoscienza. Davanti allo stupore di Arjuna, Krishna rivela la sua forma, maestosa e terribile, di Essere Supremo, di Uno da cui tutto sca­ turisce . E, una volta mostrato il suo volto di ava­ tar di Vishnu, la personalità divina della Trimurti indiana che si incarna periodica­ mente per riportare l'umanità sulla retta via, Krishna indica nello yoga, in partico­ lare in quello devozionale ( bhakti yoga) la via per il ricongiungimento con il divino . Ciò che avete appena letto è una sintesi brutale e indegna di uno dei testi più im­ portanti della civiltà umana, ne abbiamo offerto solo dei rudimenti per facilitare la comprensione del discorso successivo . A questi in segnamenti fondamentali sono diversamente collegati , infatti, i citati maestri Pataiij ali e, soprattutto, Shankara. 89

PatG:iijaZi. e lo YogCISUtra Pata:ftjali è una figura leggendaria a cui viene attribuito lo Yogasutra, primo testo giuntoci ad avere come oggetto la dottrina yogica. Per alcuni studiosi andrebbe datato nei primi secoli dopo Cristo, essendo stato probabilmente elaborato successivamente dopo una lunga tradizione secolare di tra­ smissione orale degli insegnamenti origi­ nali. Celebre è la sentenza del grande stu­ dioso rumeno Mircea Eliade secondo cui è per merito suo se lo Yoga, da tradizione "mistica", si è trasformato in "sistema filo­ sofico" . Crediamo però sia anche importante ri­ cordare le considerazioni di Federico Squarcini nella sua introduzione all 'edi­ zione Einaudi del testo, il quale nota: • .la notorietà dello yoga è andata crescendo, al punto da scatenare , ai giomi nostri , una vera e propria caccia al 'vero yoga', in nome del quale sono sempre di piu coloro che si adoperano per ritrovare, ripristinare, ripro­ porre uno yoga che appaia 'originale', 'vero', . .

90

'puro ', 'classico ', 'incontaminato ', 'fedele all'inizio ', ritrovandosi, surrettiziamente, a postulare perciò l 'esistenza di uno yoga sempiterno, incorruttibile e perennemente uguale a se stesso. Una caccia all'origina­ rio che ha spesso puntato tutte le sue armi proprio sugli Yogasutra di Pataiij ali , eleg­ gendoli a pietra angolare, a canone ultimo , a unità di misura, a fidato termine di pa­ ragone • ; detto questo , Squarcini però in­ tende porre il testo di Pataiijali in una prospettiva storica defmendolo "un 'opera che, per quanto importante, 'classica' e si­ gnificativa, ci parla di un 'interpretazione peculiare del termine yoga, che non era la sola. Al contrario , essa trovava motivi d 'espressione proprio dal confronto dialet­ tico con le altre metodiche del tempo . Sarà solo a causa della peculiare storia della ri­ cezione degli Yogasutra che li si è immagi­ nati come il fondamento di tutti i successivi sviluppi dello yoga, cosa che, come sarà detto a seguire, è tutt'altro che tacita o scontata. • Rimandiamo al suo saggio per un ap­ profondimento delle sue ricerche. 91

D 'altro canto, è importante anche tenere a mente l 'approccio pratico e filosofico racco­ mandato da Leonardo Vittorio Arena

in

una

originale autointervista che segue la sua in­ troduzione alla versione del testo da lui curata per

BUR:

-Io Yoga dettaglia una fenomenolo­

gia della coscienza, della percezione. Allude a modalità che abbiamo, forse, sempre colti­ vato, che possiamo recuperare. Non a una trance o a poteri straordinari , ancorché di­ scussi, ma a stati normali, oscurati dali 'illu­ sione.

L 'illusione

potrebbe

svelarci

che

sapevamo tutto da sempre, e che dietro al velo

il nudo . . . Ma questo si ricava dalla si spera, dalla pratica. • . Affro ntiamo ora, in una brevissima sin ­

c'è il vuoto,

lettura dell'opera e,

tesi , la struttura del testo .

Lo Yogasutra con siste in 1 96 aforismi suddivisi in quattro capitoli principali :

Samadhi Pada: l 'introduzione concet­ tuale, potremmo dire, in cui lo Yoga viene visto come la via per giungere all o stato di sam adhi ,

uno stato di consapevolezza su­

periore che affranca

il meditante dal sam ­

sara (il ciclo di morti e rinascite collegato antologicamente alla sofferenza) . 92

Sadhana Pada: in cui viene descritto il Kriya Yoga (lo "yoga dell 'azione") e l'Astanga Yoga (lo "yoga degli otto stadi") Vibhuti Pada: in cui si descrivono i po­ teri spirituali che uno yogin può svilup­ pare . Kaivalya Pada: in cui si affronta la se­ parazione tra gli elementi primordiali di pu­ rusa (spirito) e prakrti (materia) Partendo dalla definizione di yoga come stato di estinzione degli stati mentali (ov­ vero la corretta conoscenza, l 'errore , l 'astrazione , il sonno e la memoria) , nel primo capitolo Pata:iijali descrive lo stato di samadhi come meta: uno stato estatico di perfetta consapevolezza in cui l'identità in­ dividuale è dissolta. Vengono distinte due forme: il sampm..ftiiita samddhi (con " sostegno") e asamprajflii. ta samddhi ("senza sostegno") . Il primo è rag­ giungibile come compimento di una cor­ retta pratica yogica, il secondo può essere descritto come una sorta di rapimento estatico. Ma, per evitare equivoci, Mircea Eliade, in Tecniche dello Yoga (Torino 20 1 3 ) , ha 93

proposto di tradurre con il termine enstasi (incontro con la coscienza più pura nella propria interiorità) , rispetto al più fre­ quente estasi (che etimologicamente allude all'uscir fuor da sé) . Nel secondo capitolo , Pataiij ali affronta più tecnicamente la prassi yogica. Il Kriya Yoga ("yoga dell 'azione") viene defmito come una disciplina in grado di eli­ minare la sofferenza. Illustrando l 'Astanga Yoga ("yoga degli otto stadi") , Pataiijali entra in una profonda riflessione filosofica in cui vengono distinti cinque fattori fondamentali della sofferenza umana: l'avidya (falsa conoscenza) ; l'asmita (il senso dell'ego) ; il raga (l 'attaccamento) ; dve.Sa (il disgusto) ; l 'abhinive.Sa (la volontà di vita) . Partendo dal presupposto che per il sa­ piente "tutto è sofferenza" , tale agnizione diventa fondamentale per assurgere alla sapienza. Gli otto livelli dell'Astanga Yoga sono, chia­ ramente, otto tappe per giungere al samadhi:. yama. (paletti del giusto comportamento nelle relazioni: nonviolenza, sincerità, onestà, asti94

nenza sessuale e non avidità) ; niyama (re­ gole di condotta personali: purificazione, soddisfazione, ascesi, autoconoscenza e ar­ resa al divino) ; ; asana (le posizioni yogiche) : pranayama (gli esercizi di respirazione) ; pra­ tyahara (il ritrarre l'attenzione dagli oggetti esterni dei sensi all'interiorità) ; dharana (la concentrazione) ; dhyana (la meditazione) : samadhi (il più alto stato di coscienza e bea­ titudine) . Nel terzo capitolo, Pataiijali si concentra sugli ultimi tre livelli di coscienza del­ l'Astanga Yoga e prosegue descrivendo i po­ teri spirituali che possono essere sviluppati dal meditante: dalla veggenza alla lievita­ zione, dalla conoscenza delle vite precedenti all'invisibilità. Il sapiente autore però sottolinea come questi poteri non rappresentino il fine dello yoga e che anzi possono rappresentare delle tentazioni in grado di sviare il prati­ cante dalla retta via. Nell'ultima parte dello Yoga Sutra, Pa­ taiij ali illustra come le azioni dello yogin siano affrancate dalla "colorazione" e dal legame con le tre guna (di cui parleremo 95

tra poco) : colui che giunge al compimento del percorso yogico è al di là del tempo e, quindi, del karma, poiché la sua coscienza è immune dagli effetti delle azioni passate. Il testo si conclude ribadendo come lo scopo stesso della manifestazione esteriore della natura sia condurre la parte più ele­ vata di sé a riconoscersi nella sua naturale pura identità spirituale. Siamo almeno tredici secoli prima di H egel . Come scrive il citato Eliade nel secondo volume di Storia delle credenze e delle idee religiose (Milano 2006 ) : • Lo Yoga classico inizia là dove finisce il Sarpkhya. Pataiij ali, infatti , non crede che la conoscenza meta­ fisica possa, da sola, condurre l 'uomo alla liberazione: la conoscenza si limita a pre­ parare il terreno in vista della conquista della libertà, ma quest'ultima si ottiene mediante una tecnica ascetica e un metodo di meditazione• .

%

Shankara e I'Adwlita Vedanta

L'altro grande punto di riferimento del nostro contributo è il sommo Shankara (o Adi Shankaracharya) , vissuto tra il VI e lVI I secolo dopo Cristo, fondatore dell'Ad­ vaita Vedanta, la più importante e in­ fluente corrente filosofica del pen siero indiano classico. Shankara ebbe un ruolo cruciale nel ri­ stabilire ordine nella letteratura vedica, tramite una straordinaria opera di esegesi dei testi sacri induisti. Celebri e venerati sono i suoi commen­ tari alle Upanisad, al Brahmasutra, alla Bhagavad Gita, oltre a numerose opere teologiche e poetiche. Il nome di Shankara è collegato, come accennato , alla fondazione dell 'Advaita Ve­ danta, dottrina ft.losofica che sostiene l 'unità ultima del Tutto. Anche se ci sembra corretto ricordare il chiarimento dello studioso Ananda Kentish Coomaraswamy a riguardo nell'importante saggio La tenebra divina. Saggi di metafi­ sica (Milano 20 1 7) : • Shankara non fu in 97

nessun senso il fondatore, scopritore , o promulgatore di una religione o filosofia nuova; la sua grande opera come esposi­ tore fu formata dalla dimostrazione del­ l'unità e consistenza della dottrina vedica e da una spiegazione delle sue contraddizioni apparenti in una correlazione di differenti formulazioni dei punti di vista impliciti in esse. Per l'esattezza, ed esattamente come nella scolastica europea, distinse tra i due avvicinamenti complementari a Dio, che sono quelli della teologia affermativa e ne­ gativa. Nella via dell 'affermazione, o di quella conoscenza relativa, si predicano le qualità nell 'Identità Suprema a causa di eccellenza, mentre nella via della negazione tutte le qualità sono astratte• . Come scrive l o studioso Eliot Deutsch nel saggio Advaita Vedanta. Una ricostruzione filosofica, pubblicato recentemente dalle Edizioni Tlon (Roma 202 1 ) : «