Cento pagine di geometria analitica dello spazio
 8882180700, 9788882180706

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DO PAGINI

DI,•• GEOMETRIA ANALITICA DELLO SPAZIO con elementi di teoria delle funzioni di piu variabili a cura di N. CHIARLI - 5. GRECO - P. VALABREGA

LIBRERIA UNIVERSITARIA LEVROTTO & BELLA - TORINO

. PAGIN

DI ••• GEOMETRIA ANALITICA DELLO SPAZIO con elementi di teoria delle funzioni di piu variabili a cura di N. CHIARLI - S. GRECO - P. VALABREGA

LIBRERIA UNIVERSITARIA LEVROTTO & BELLA - TORINO

Copyright@ 1994 Levrotto & Bella di Gualini T. & C. di Gualini Elisabetta S.a.s., Corso Vittorio Emanuele, 26/F - Torino I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo ( compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservate per tutti i paesi Finito di stampare nel mese di novembre 1994

Stampato dalla M. S./Litografia s.r.1., Torino per conto della Levrotto & Bella Editrice S.a.s. Corso Vittorio Emanuele, 26/F - Torino

INDICE

Capitolo 0: Sistemi di riferimento nello spazio 1. Coordinate cartesiane nello spazio 2. Coordinate polari nello spazio 3. Coordinate cilindriche o semipolari

0-1 0-4 0-6

Capitolo I: I vettori dello spazio 1-1 Somma di vettori, prodotto di un numero per un vettore Componenti di un vettore 1-3 II prodotto scalare 11 prodotto vettoriale II prodotto misto: Vettori liberi'

1. I vettori applicati

2. 3. 4. 5. 6. 7.

1-2

1-6 1-8 I-10

I-11

Capitolo II: Le rette e i piani 1. Distanza di due punti, punto medio, punto simmetrico

2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

Rappresentazione analitica de] piano Rappresentazioni analitiche della retta Parallelismo e ortogonalita Angoli Intersezioni Fasci di piani Distanze

II-5 11-9

II-10 11-12 11-15 11-17

Capitolo III: Sfere e circonferenze 1. Equazione della sfera

2. Intersezioni tra un piano e una sfera 3. Intersezione di due sfere. Fasci di sfere

II-1 II-2

IIl-1 IIl-3 IIl-6

Capitolo IV: Curve e Superficie 1. Generalita sulla rappresentazione

delle curve e delle superficie 2. Cilindri 3. Coni 4. Superficie di rotazione

IV-1 IV-4 IV-5 IV- 7

Capitolo V: Le Quadriche 1. Generalita sulle quadriche

2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

L'ellissoide L'iperboloide a una falda L'iperboloide a due falde 11 paraboloide ellittico I1 paraboloide iperbolico (o a sella) Quadriche traslate Piano tangente ad una quadrica

V-1 V-3 V-4 V-5 V-7 V-8 V-9 V-9

Capitolo VI: Geometria differenziale delle curve 1. Curve regolari .

2. Curve biregolari

VI-1 VI-5

Capitolo VII: Calcolo differenziale delle funzioni di piu variabili 1. Funzioni reali di n variabi1i reali 2. Derivazione delle funzioni di 2 variabili 3. Massimi e minimi relativi delle funzioni di due variabili 4. Retta tangente ad una curva de] piano e piano tangente a una superficie

VII-1 VII-4 VII-9 VII-11

Capitolo VIII: lntegrazione delle funzioni di piu variabili 1. Integrale curvilineo

2. Integrale doppio 3. Integrale triplo

VIII-1 VIII- 7 VIII-15

Capitolo 0 SISTEMI DI RIFERIMENTO NELLO SPAZIO 1. Coordinate cartesiane nello spazio 1.1. Definizioni

Un sistema di coordinate cartesiane Oxyz nello spazio si ottiene fissando un punto O (detto origine) e tre rette orientate passanti per 0 (dette asse x, asse y, asse z) tali che: - i tre assi siano a due a due ortogonali e orientati in modo concorde col triedro "pollice, indice, medio della mano destra" (vedi figura); - su tutti e tre gli assi sia stata scelta la stessa unita di misura per le lunghezze.

0-2

0

y

X

Gli assi x,y,z si chiamano assi coordinati (rispettivamente: asse delle ascisse, asse delle ordinate, asse delle quote). Sia P un punto qualunque dello spazio, e consideriamo le proiezioni ortogonali R,S,T di P sugli assi coordinati. Siano a,b,c le misure con segno 1 dei segmenti OR,08,0T rispettivamente. I numeri a,b,c nell'ordine si dicono coordinate di P (nel dato sistema di coordinate); essi si chiamano anche, rispettivamente, ascissa, ordinata e quota di P. Quindi ad ogni punto P dello spazio resta associata una terna ordinata (a,b,c) di numeri reali, cioe la terna ordinata delle sue coordinate. Viceversa: data una terna (a,b,c) di numeri reali, consideriamo sugli assi x,y,z rispettivamente, i punti R,S,T tali che le misure con segno dei segmenti OR,OS,OT siano ordinatamente uguali ad a,b,c. I piani per R,S,T ortogonali rispettivamente agli assi x,y,z si incontrano in un punto P, che ha evidentemente coordinate (a,b,c) (cfr. figura preceden te ).

1 La misura del segmento OR si prende positiva se R si trova, rispetto ad 0, dalla stessa parte della freccia dell'asse x, negativa se si trova dalla parte opposta. Analogamente per le misure di OS e OT .

0-3

In conclusione, fissato il sistema di coordinate Oxyz si ha una corrispondenza biunivoca tra i punti dello spazio e le terne ordinate di numeri reali. In virtu di questa corrispondenza e possibile identificare i punti dello spazio con le terne delle loro coordinate. Per dire che un punto P ha coordinate (a,b,c) scriveremo: P(a,b,c) (anche la notazione P = (a,b,c) e usata diffusamente). Esempi. 1. P(0,0,0) c ii punto 0, cioc l'origine dcllc coordinate . 2. I punti dcll'assc x sono i punti R(a,0,0), quclli dcll'asse y sono i punti S(O,b,O), quelli dell'asse z sono i punti T(O,O,c). 3. I punti del piano yz hanno coordinate (0,b,c), quclli de! piano xy hanno coordinate (a,b,0), quelli de! piano xz hanno coordinate (a,0,c).

1.2. Traslazioni Consideriamo due sistemi di coordinate cartesiane Oxyz e O'XYZ, e supponiamo di usare su entrambi la stessa unita di misura per le lunghezze. Supponiamo inoltre che gli assi X,Y,Z del sistema O'XYZ siano paralleli rispettivamente agli assi x,y,z del sistema Oxyz, e orientati allo stesso modo. Sia P un punto generico dello spazio: esso avra coordinate (x,y,z) rispetto al sistema Oxyz, e (X,Y,Z) rispetto al sistema O'XYZ. Se si ha O'(a,b,c) (rispetto al sistema Oxyz), sussistono le relazioni:

(1)

x =X + a { y=Y+b

z=Z+c

(2)

X=x-a { Y= y- b Z=Z- C

0-4

Il cambiamento di coordinate dal sistema Oxyz al sistema O'XYZ si chiama traslazione 2 e si indica con Oxyz ➔ O'XYZ. Le (1) si chiamano equazioni della traslazione. Le (2) sono le equazioni dalla traslazione inversa O'XYZ ➔ Oxyz. Esempio. La traslazione Oxyz {

X =X +1 y=Y+2 z=Z +3



O'XYZ con O' (1,2,3) edata dalle formule:

.

II punto P(3,5,-7) nel riferimento O'XYZ ha coordinate (2,3,-10).

NOTA. D'ora in poi confonderemo sempre gli angoli con le loro misure in radianti.

2. Coordinate polari nello spazio Un sistema di coordinate polari (O,p,1t) nello spazio si ottiene fissando un punto O (polo), una retta orientata p passante per O (asse polare), un semipiano 1t di origine p (semipiano polare), una unita di misura per le lunghezze ed il senso positivo delle rotazioni nel fascio di semipiani di origine p. Ad un punto P

~

p si fanno corrispondere i numeri:

p = distanza OP ( p > 0) cp = angolo diedro formato da 1t col semipiano rP (0 1'}

$

cp $ 21t)

= angolo delle rette r ed OP ( 0 $ 1'} $ 1t ).

2 Si possono definire anche rotazioni e rototraslazioni, ma cio esula dagli scopi

di questo libro.

0-5 z

/ /

=p

- - - - - - - - - - - - )'I / I

/

f--1

//

I

I

IQ

I

I

I

I

I

I

II I

/

I

I I

1/

/

/

y

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _J/

Q'

coordinate polari di Pe si chiamano rispettivamente raggio, longitudine, colatitudine.

(p, 0, cioe sc e solo sc t < 2 -% oppure t > 2+"/6.

2. Intersezioni tra un piano e una sfera 2.1. Punti comuni ad un piano e ad una sfera Sia S: (x-cx) 2 + (y- ~) 2 + (z.:y) 2 = R 2 la sfera di centro C(cx,~,y) e raggio R, e sia 7t il piano di equazione ax+by+cz+d = 0. I punti comuni a S e 1t sono quelli le cui coordinate soddisfano il sistema di secondo grado:

(3)

(x-a)2+(y- ~)2+(z- y)2 = R2 { ax+by+cz+d = 0

Si possono verificare tre casi, e precisamente:

Caso 1. d(C,n) < R. In questo caso e si dice secante.

1t

interseca S in una circonferenza

Caso 2. d(C,n) = R. In questo caso 1t interseca S in un solo punto P e si dice tangente; il punto P di intersezione si dice punto di tangenza. Caso 3. d(C,n) > R. In questo caso

1t

non interseca S e si dice esterno.

Esempio. Sia S: x2 +y 2+ z 2 = I e sia 1t: y = 4. La distanza di 1t dal centro di S e maggiore de! raggio di S, e quindi 7t e csterno a S, cioe non intcrseca S.

111-4

2.2. La circonferenza. Ricerca centro e raggio. Nel caso 1 le (3) si dicono equazioni cartesiane della circonferenza r = nnS. Osserviamo che una circonferenza nello spazio si rappresenta quindi con un sistema di due equazioni: quella del piano 7t che la contiene, e quella di una qualunque delle infinite sfere che la contengono. Se la circonferenza r e data come intersezione del piano sfera S di centro C e raggio R si ha:

7t

e della

Il centro C' di , e la proiezione ortogonale del centro C di S su n, ossia l'intersezione della retta per C ortogonale a 1t, con 7t stesso. II raggio di , e r =✓ R2 -d 2 dove d = d(C,n). Infatti se P e un punto qualsiasi della circonferenza il triangolo CPC' e rettangolo in C' e d(C,P) = R, d(CC') = d(C,1t). La formula segue dal teorema di Pitagora.

R

C .,,--,

;;-~---t---D1 --- ....

., , , , ,;,-,,,,,.,,,,,,,,,,,

-------4C'

'

' ',

....

r ................

---

.,,,,,,,,,.

Esempio. Sia r = Srm, dove S: x2+y 2+z 2 = lO e n: 3x-4y = 5. S ha centro C(0,0,0) e raggio R =

fw, quindi

d = d(C,rc) =

1 ~

'\j 32+42

= 1 < 10.

r e quindi una circonferenza di

raggio r = ✓ R 2-d 2 = 3. Inoltrc la retta per C ortogonalc a intcrseca

7t

ncl punto C'(

¾, -f ,0), chc c ii centro di r.

1t

e

s: (x,y,z)

= (3t, -4t, O) c

III-5

2.3. Piano tangente ad una sfera in un suo punto. Retta tangente ad una circonferenza in un suo punto Sia S: (x-a)2 + (y- ~) 2 + (z-y) 2 = R2 la sfera di centro C(a,~,y) e raggio R, e sia Po(xo,Yo,z0 ) un punto di S. II piano tangente ad Sin P 0 e il piano per P 0 ortogonale al raggio CP0 , cioe ortogonale al vettore P 0 - C. Esso pertanto ha equazione: (P0 -C)·(P-P0 ) = 0 ovvero, passando alle componenti: Sia r = Snrr la circonferenza intersezione della sfera S col piano rr, e sia P 0 un punto di r. La retta tangente a r in P 0 e l'intersezione del piano 1t col piano tangente ad S in P 0 . Esempio. Siano S: (x-2)2+y2+z 2 =4, re: x+y-z =0, 0(0,0,0). 11 piano cr tangente a S in 0 ha equazione (O-C)•(P- 0) = 0, dove C(2,0,0), cioe x = 0. La retta tangente a r in 0 , ,.

.

e 1mtcrsez1one tra

1t

e cr, ovvero:

{X = 0

x+y-z = 0

.

2.4. Piani tangenti ad una sfera passanti per una data retta esterna alla sfera I due piani che passano per una data retta r esterna ad una sfera S, tangenti ad S, sono quelli che appartengono al fascio di piani passanti per r, la cui distanza dal centro C di S e uguale al raggio R di S stessa. Per trovare tali piani si puo procedere nel modo seguente: - si scrive il fascio di piani avente per asse la retta r; - si impone al generico piano del fascio di distare R da C (applicando la formula del Cap. II, 8.1); - si perviene in tal modo ad una equazione di secondo grado in ').. e µ;

III-6

- se r e, come supposto, esterna alla sfera, l'equazione trovata fornira due possibili coppie (A,µ) le quali, sostituite nell'equazione del fascio, daranno i due piani cercati. Si possono semplificare i calcoli scrivendo il fascio in forma non omogenea, ma facendo attenzione a non perdere soluzioni (cfr. II, 7.2). Nota. Se r e tangente alla sfera in un certo punto P 0 , le due soluzioni saranno coincidenti, in accordo col fatto che i due piani di cui sopra sono uguali e precisamente coincidono con il piano tangente alla sfera in P 0 • . . . . . I {x+y- l = O c tangent1. a II a sfera . . S.1 trovmo E serc1zio. I p1a01 passant1 per a rctt.a r:

z=O

x2+y2+z2-2x-2y-6z+8 = 0. Soluzionc. II fascio dci piani passanti per r ha cquazionc "A.(x+y-l)+µz = 0. Imponendo al gencrico piano di qucsto fascio "A.x+"A.y+µz -A= 0 di avcre distanza R = si ottiene: l"A.+"A.+3µ-"A.I "A.2+"A.2+µ2



= '-./r::;j

,

. ,

CJOC

-/3

da C(l,1,3)

512_61 A. A.µ -6µ 2 = 0 .

Dunquc i piani richicsti si hanno in corrispondcnza delle coppie (A,µ) soddisfacenti l'equazione. Svolgendo i calcoli si otticne (3+ "✓39,5) c (3-"/39,5). I piani sono quindi: (3+ "✓39)(x+y-1)+5z

=0

(3- "✓39)(x+y-1)+5z

=0.

3. Intersezione di due sfere. Fasci di sfere 3.1. Posizione reciproca di due sfere

Siano S 1,S 2 due sfere distinte. E' noto che: - S1 ed S2 non si intersecano se e solo se d(C1,C2) > R1+R2 (sfere esterne), oppure d(C1,C2) < IR1- R2 I (una sfera e interna all'altra);

III-7 si intersecano in un punto see solo se d(C 1,C 2) = R 1+R2 (sfere tangenti esternamente), oppure d(C1,C2) = IR1- R2 I (sfe re

- 81 ed 82

tangenti internamente ); 81 ed 82 si intersecano in una circonferenza se e solo se IR1- R2 I < d(C1,C2) < R1+R 2 (sfere secanti).

,,,,----

-- - --- ... -- ... ,c1 I

----------

---

Ricerca dei punti comuni a due sfere. Siano: 8 1 : x 2+ y 2+ z 2+ a1x+ b1y+ c1z+ d1 = 0 S2 : x 2 + y 2+ z 2 + a2x+ b2y+ c2z+ d2 = 0 due sfere distinte. I punti comuni si trovano risolvendo il sistema:

(4) che

(5)

{

x 2+ y 2+ z 2+ a1x+ b1y+ c1z+ d 1 = 0 x2+ y 2+ z2+ a2x+ b2y+ c2z+ d 2 = 0

e equivalente al seguente sistema piu semplice: {

x 2+ y 2+ z 2+ a 1x+ b1y+ c1z+ d 1 = 0

(ai-a2)x + (bi-b2)y+(c1-c2)z+ d1- d2

=0

111-8

ottenuto sottraendo la seconda equazione dalla prima.

II piano radicale. Se le due sfere non sono concentriche si ha C ( a2 b2 c2 ) . d. 1 d .t . C 1 ( - 2a1 , -2b1 , -S) 2 :t:. 2 -2 , - 2 , -2 e qmn 1 a meno uno e1 re numeri a1-a2, b1-b 2, c 1-c 2 e non nullo, e pertanto la seconda delle (5) rappresenta un piano re, che si chiamapiano radicale delle due sfere .

. h,e C2-C1 = ( - -a1 -a2 h1 - b2 ci - c2) , 1 C 2- C1P01c 2 , - - 2- , - - 2- , re e ortogona e a Inoltre 7t passa per gli eventuali punti comuni alle due sfere. Infatti se P(u,v,w) E S1n82 risulta: 2 2 2 {u + v +w + a 1u + b1v + c1w + d1 = 0 u 2+ v 2+ w 2+ a2u + b2v + c2w + d2 = 0 da cui, sottraendo membro a membro

ossia PE re. Quindi: se le due sfere si intersecano in una circonferenza r, il piano radicale re e il piano di re le (5) sono equazioni di r. Se invece le due sfere sono tangenti in un punto A allo stesso piano (e quindi sono tra loro tangenti in A) il piano radicale e il piano tangente ad entrambe le sfere in A (perche passa per A ed e ortogonale a C 2-C 1). Esempio. Date le sfcre S 1 : (x - 1)2 + y2 + z2 = 4, S 2 : (x - 3) 2 + y2 + z 2 = I si ha C 1(1,0,Q) e R1 = 2, mentre Ci3,0,0) e R2 = 1, e quindi: d(C 1 ,C 2) = 2, R 1 + R2 = 3, R1 -R 2 = 1. Risulta allora:

e quindi le due sfcre si intcrsecano in una circonferenza, che si puo rappresentare col sistema: {

x2+y 2+z 2 -2x-3 = 0 x2+y 2+z 2 -6x+8 = 0

oppure, sottraendo la seconda cquazione dalla prima , col sistema cquivalente:

III-9 x2+y 2+z 2 -2x-3 = 0 { 4x-ll = 0 II piano radicale delle due sfcre (che c anche ii piano della circonferenza)

c 4x-11 = 0.

3.2. Fasci di sfere secanti Sia r una circonferenza. L'insieme di tutte le sfere passanti per chiama fascio di sfere con luogo base r.

r si

La sfera di raggio minimo del fascio e quella avente r come cerchio massimo, ossia quella avente centro e raggio uguali a quelli di r. Osserviamo anche che il luogo dei centri delle sfere del fascio e la retta passante per C e ortogonale al piano di r . Sia ora S: x2+y 2+z 2+ex+fy+gz+h = 0 una sfera passante per r, e sia n: ax+by+cz+d = 0 il piano di 1. Si puo dimostrare il seguente:

Teorema. Le sfere del fascio di luogo base aventi equazione del tipo:

(6)

r

sono tutte e sole quelle

x2+y2+z 2+ex+fy+gz+h + k(ax+by+cz+d) = 0

dove k e un parametro reale. In altre parole: - per ogni k

E

R la (6) rappresenta una sfera passante per r;

- ogni sfera passante per un opportuno k E R).

r

ha un'equazione del tipo precedente (per

si chiama piano radicale del fascio, e la (6) si chiama equazione del fascio. 1t

Esercizio. Si scriva l'equazione de! fascio di sfcre con luogo base la circonferenza x2+y 2+z 2 -2x-3 = 0 r : {4x-11=0 e tra esse si determini la sfcra che passa per l'origine delle coordinate.

III-10 Soluzione. II fascio ha cquazione x2+y 2+z 2 -2x-3 + k(4x-11) = 0. II passaggio per 0 impone la condizione -3-11 k = 0, da cui k = - { 1 . La sfera cercata e pertanto

S: x2+y2+z2 -2x-3 - {1 (4x-ll) = 0.

3.3. Fasci di sfere tangenti ad un piano dato in un punto dato Sia A un punto e sia 1t un piano per A. L'insieme di tutte le sfere tangenti a in A si chiama fascia di sfere con punto base A e 1t (e essenziale specificare 1t). Il luogo dei centri delle sfere del fascio e la retta per A ortogonale a 1t . 1t

Siano ora 1t: ax+by+cz+d = 0 e A(x0 ,y 0 ,z 0 )

e 1t.

Teorema. Le sfere del fascio di punto base A e equazione del tipo:

Vale il seguente: 1t

sono tutte e sole quelle aventi

(7) dove k

e un parametro reale. In altre parole:

R la (7) rappresenta una sfera tangente a 1t in A; - ogni sfera tangente a rr in A ha un'equazione del tipo precedente (per un opportuno k e R). per ogni k

1t

e

si chiamapiano radicale del fascia, e la (7) si chiama equazione del fascia.

Esercizio. Dato n: x-y+z = 0, si trovino tuttc le circonfcrcnze tangenti a n in O e tra queste si trovi quella passante per B(l,2,0). Soluzione. JI fascio dcllc sfcre tangcnti a

7t

in O ha cquazionc:

Imponendo ii passaggio per R si trova 5-h = 0, da cui h = 5. La sfera cercata ha pertanto equazione x2+y 2+z2+5(x-y+z) = 0.

Capitolo IV CURVE E SUPERFICIE 1. Generalita sulla rappresentazione delle curve e

delle superficie 1.1. Rappresentazione parametrica di una curva Una curva L dello spazio si rappresenta parametricamente con un sistema del tipo X {

= x(t)

y = y(t) z = z(t)

t

E

I,

dove x(t),y(t),z(t) sono tre funzioni reali della variabile reale t definite in I~R. Il punto generico di L ha coordinate (x(t),y(t),z(t)) e per ogni valore di t e I le (1) forniscono le coordinate di un punto di L; e viceversa. Le (1) si scrivono anche nelle forme seguenti: (1')

(x,y,z) = (x(t),y(t),z(t))

(1")

P = (x(t),y(t),z(t)), o anche P = P(t).

IV-2 x = sin t Esempio. II sistcma { y =cost rapprcscnta una curva L dello spazio. II punto generico di z=t L ha coordinate (sen t,cos t,t). Per t = 0 si ha ii punto (0, 1,0) E L, per t = n: si ·ha ii punto (0,-1,n:) E L, mcntrc ii punLo (0,0,0) non sta su L: infatti non esiste alcun valore di t per cui sen t = 0, cos t = 0, t = 0.

1.2. Rappresentazione parametrica di una superficie Una superficie S si rappresenta parametricamente con un sistema del tipo:

(2)

x = x(u,v) { y = y(u,v)

(u,v)

E

I,

z = z(u,v) dove x(u,v),y(u,v),z(u,v) sono tre funzioni 5 reali delle variabili reali u e v definite nell'insieme I~ R 2. Il punto generico di S ha coordinate (x(u,v),y(u,v),z(u,v)) e per ogm (u,v) E I le (2) forniscono le coordinate di un punto di S; e viceversa. Le (2) si scrivono anche nelle forme seguenti: (2')

(x,y,z) = (x(u,v), y(u,v), z(u,v))

(2")

P

= (x(u,v), y(u,v), z(u,v)),

x=u+v+l { Esempio. II sistema ).' = uv

z=

o anche P

= P(u,v).

rappresenta una superficic S. II suo punto generico ha

u2 +v 2

coordinate (u+v+ 1, uv, u2 +v 2). I punti di S si ottengono dando ad u e v tutti i possibili valori reali. Ad escmpio, per (u,v) = (0,Q) si trova ii punto (1,0,()) E S, per (u,v) = (1,-1) si trova il punto (1,-1,2) E S, mcntrc ii punto (0,0,0) non sta su S. Infatti non esistono valori di u e v per cui si abbia: (0,0,Q) = (u+v+ 1, uv, u2+v 2).

5 Per la definizione di funzione si veda il cap. VII, 1.1.

IV-3

1.3. Rappresentazione cartesiana di una superficie Una superficie S si puo rappresentare in forma cartesiana mediante una equazione del tipo: f(x,y,z) = 0 dove f(x,y,z) e una funzione 5 reale delle tre variabili reali x,y,z. L'equazione f(x,y,z) = 0 prende il nome di equazione cartesiana di S. Un punto P sta su S se e solo se le sue coordinate soddisfano l'eqtlazione di S. Esempio. L'equazionc xy 2-z 2 = 0 rapprcscnta una superficie S. II punto (0,0,0) sta su S, mentrc ii punto (0,0,1) non sta su S.

1.4. Rappresentazione cartesiana di una curva Una curva L si puo rappresentare in forma cartesiana con un sistema del tipo

(3)

ftx,y,z) = 0 { ( , o anche f( x,y,z) = g(x,y,z) = 0 g x,y,z ) = 0

dove f(x,y,z) e g(x,y,z) sono due funzioni reali di tre variabili reali. 11 sistema (3) prende il nome di rappresentazione cartesiana di L. Esso esprime il fatto che L e l'intersezione delle superficie S ed S' aventi equazioni cartesiane rispettivamente f( x,y,z) = 0 e g(x,y,z) = 0. Esempio. II sistema {xy 3 -z = O rapprcsenta una curva e precisamente la curva intersezione xy+l = 0

delle due superficic di equazioni cartesiane xy 3 -z = 0 e xy+ 1 = 0.

IV-4

2. Cilindri 2.1. Generalita sui cilindri Si chiama cilindro una superficie S che sia unione di rette tutte parallele ad una retta fissata. Tali rette prendono il name di generatrici del cilindro S, e ogni curva L contenuta in S che incontri tutte le generatrici di S si chiama direttrice di S.

Esempio 1. L'equazione x2+y2-I = 0 (nello spazio!) rapprescnta un cilindro: prccisamcnte si tratta dell'unionc di tutte le rctte parallcle all'asse z e che incontrano la circonferenza L: x2 +y 2 -I = z = 0 (cioc la circonferenza clcl piano xy avente centro nell'origine delle coordinate e raggio 1).

Qucste rette sono le gencratrici clel cilinclro, mentre la circonfercnza L ne e una direttrice. Taglianclo ii cilinclro con un piano non parallclo all'asse z si ottiene una curva contcnuta ncl cilindro che interseca tulle le generatrici, cioc una direttrice. In modo simile si possono trovarc infinite altre dircttrici.

Osservazione. In generale un'equazione del tipo f(x,y) = 0 (cioe un'equazione in cui manca la variabile z) nello spazio rappresenta un cilindro avente le generatrici parallele all'asse z. Una direttrice di tale cilindro e ad esempio la curva di equazioni f( x,y) = z = 0. Analogamente per equazioni del tipo f( x,z) = 0 (cilindro parallelo all'asse y) e f(y,z) = 0 (cilindro parallelo all'asse x).

IV-5

2.2. Rappresentazione parametrica di un cilindro Sia r una retta con parametri direttori l,m,n e sia L la curva di equazioni parametriche P = (x(t), y(t), z(t)). 11 cilindro S avente le generatrici parallele ad r e come direttrice L e il luogo delle rette di equazioni parametriche:

(4)

x = x(t)+sl { y = y(t)+sm

z = z(t)+sn Le (4) danno una rappresentazione parametrica per S. Notiamo che si tratta di tre equazioni nei due parametri t ed s; inoltre per t = t 0 fissato si ottengono le generatrici del cilindro, mentre per s = s 0 fissato si ottengono delle direttrici (non tutte!). Esempio 1. II cilindro con dircttrice L: P = (t, cost, t2) e generatrici parallelc al vcttore X = t+3 { v(3,-3,2) ha equazioni paramctriche y = cost-3s z = t 2+2s X

Esempio 2. La superficie di cquazioni parametriche:

{

y

= 2t+3S = t2-s

e un cilindro avente per

z = t3+s dircttrice L: P = (2t, t2 , t3) e gcneratrici parallclc a v(3,-l,1).

3.Coni. 3.1. Generalita sui coni Un cono e una superficie costituita dall'unione di rette passanti per un punto fisso V. Le rette in questione si chiamano generatrici del cono, il punto V si chiama vertice, ogni curva che incontra tutte le generatrici in qualche punto diverso dal vertice si.chiama direttrice del cono.

IV-6

Esempio. La supcrficic S: xy-z 2 = 0 c un cono di vcrticc l'originc O dcllc coordinate. lnfatti se P 0 (x 0 ,y 0 ,z 0 ) c un punto di S, la rctta OPo e contcnuta in S. Le equazioni parametriche di OP0 sono infatti: (x,y ,z) = (tx 0 , tyo, tzo), c sostitucndo nell'cquazione di S si ha: (tx 0 )(ty 0)-(tz 0)2 = t2 (x 0 y0 -z 02) = t2 0 = 0 per ogni t, ovvcro ogni punto della retta soddisfa l'equazionc dclla supcrficic, c quindi la rctta sta sulla supcrficic. In altre parole la rctta sta sulla supcrficic. Dunquc S c unionc di rcllc passanti per 0, c quindi e un cono.

Osservazione. Una funzione f( x,y,z) si dice omogenea di grado p nelle variabili x,y,z se f(kx,ky,kz) = kPf(x,y,z) per ogni numero reale k; ad esempio la funzione xy- z2 dell'esempio e omogenea di grado 2. Si puo provare, con la tecnica usata nell'esempio, che: ogni funzione omogenea in x,y,z (di qualunque grado) eguagliata a zero e l'equazione

cartesiana di un cono con vertice nell'origine delle coordinate. 3.2. Rappresentazione parametrica di un cono Siano dati il punto V(a,b,c) e la curva L: P = (x(t), y(t), z(t)). Il cono S avente vertice in V e direttrice L e il luogo delle rette di equazioni parametriche:

(5)

x = a+s(x(t)-a) { y = b+s(y(t)-b)

z = c+s(z(t)-c)

Le (5) danno una rappresentazione parametrica per S. Notiamo che si tratta di tre equazioni nei due parametri t ed s; inoltre per t = t 0 fissato si trovano le generatrici del cono, mentre per s == s 0 -:t- 0 fissato si trovano delle direttrici (non tutte!). Per s = 0 si hail vertice.

IV-7 Esempio. II cono S avcntc vertice V(2,1,3) e direttrice L: P = (t, t2 , t3 ) ha equazioni X = 2+S(t-2) parametrichc: { y = 1+s(t2- 1) z = 3+s(t3- 1)

4. Superficie di rotazione 4.1. Generalita sulle superficie di rotazione Sia r una retta. Una superficie S si dice superficie di rotazione attorno all'asse r se S e unione di circonferenze aventi il centro su r, contenute in piani ortogonali ad r. Cio vuol dire che se P e un punto di S, e C e la proiezione ortogonale di P su r, la circonferenza di centro C e raggio R' = d(C,P) contenuta nel piano per P ortogonale ad r, giace su S.

r

Nella figura sono rappresentati due paralleli e un meridiano della superficie ottenuta facendo ruotare la curva £ attorno alla retta r.

Esempio 1. Una sfera c una supcrficic di rotazionc avente per asse una qualunque rctta passante per ii suo centro. Esempio 2. La superficie S: x2+y 2 -I = 0 (chc abbiamo gia visto csserc un cilindro con le gcneratrici parallclc all'asse z) e anche una supcrficic di rotazione attorno all'asse z. Infatti se Po(xo,Yo,zo)

c un punto di

S, l'intcrsczione di S col piano z-zo = 0 (piano per z-z0 = 0

Po ortogonale all'assc z) c la circonferenza di cquazioni: { X2+y 2+(-·z-z. ) 2- 1 -_ 0 0

-

IV-8 Esercizio. Si trovi la supcrficic S oltcnuta dalla rotazione della retta r: x =y =z attomo all'asse z.

Soluzione. Un punto P sta su S se e solo se c contenuto in una circonferenza che sta su un piano ortogonale all'asse z, ha i1 centro sull'asse z e incontra la retta r. Una tale circonferenza avra equazioni {

z-h = 0 2

2

2

x +y -R = 0

• II

raggio R deve essere uguale alla distanza

tra le intersezioni dcl piano z = h con la retta r e con l'asse z. Si ha cioe: R2 =(distanza al quadrato tra i punti (0,0,h) e (h,h,h)) =2h2.

c dunquc:

{zt+y °- h

=2 2 2 0 e l'equazione di = S si ottiene eliminando ii parametro h tra le due equazioni. Si trova: x2+y2-2z 2 = 0.

La generica circonferenza dclla supcrficie S

X

Osservazione. Nell'esercizio precedente l'equazione di S e del tipo f(x 2 +y 2 , z) = 0 con f funzione di due variabili. Si puo dimostrare che cio vale in generale per tutte le superficie di rotazione intorno all'asse z; cioe ogni superficie di rotazione intorno all'asse z ha equazione cartesiana del tipo f ( x 2 +y 2 , z) = 0. Analogamente un'equazione del tipo g(y 2+z 2 ,x) = 0 rappresenta una superficie di rotazione attorno all'asse x, mentre h(x 2 +z 2 ,y) = 0 rappresenta una superficie di rotazione attorno all'asse y. Ne segue che se fissiamo un sistema di coordinate cilindriche (p,l'},z), le superficie di rotazione attorno all'asse z hanno equazione del tipo f(p,1'}) = 0.

Capitolo V LE QUADRICHE

1. Generalita sulle quadriche 1.1. Definizione di quadrica e classificazione delle quadriche Si chiama quadrica una superficie di equazione f (x,y,z) = 0, dove f( x,y,z) e un polinomio reale di secondo grado. Le sfere sono quadriche. La piu generale equazione polinomiale di secondo grado (e quindi l'equazione generale di una quadrica) e: ax 2+bx2 + 0, b > 0, c > 0; 2+ b2 +2 = 1 a

C

x2 Y2 z2 a2 + b2 - c2

1

con

a > 0, b > 0, c > 0;

=1

con

a > 0, b > 0, c > 0;

~+ b2 = 2Z

con

a> 0, b > 0;

x2 y2 a2 - b2 = 2Z

con

a> 0, b > 0.

x2 Y2 z2 a2 - b2 - c2 x2

=:=

Y2

Le quadriche appena descritte si chiamano rispettivamente ellissoide 6, iperboloide a una falda, iperboloide a due falde, paraboide ellittico, paraboloide iperbolico (o paraboloide a sella). Lo studio completo delle quadriche e al di la degli scopi di questo libro. Qui ci limitiamo a studiare le quadriche in forma canonica e quelle che si possono mettere in forma canonica con una traslazione.

1.2. Metodi generali per lo studio di una quadrica. Simmetrie Per studiare una quadrica o, piu in generale, una superficie, procedere nel modo seguente:

e utile

a) studiare le intersezioni della superficie con famiglie di piani, in particolare con i piani paralleli ai piani coordinati; b) studiare eventuali simmetrie della superficie rispetto ai piani coordinati, agli assi coordinati e/o rispetto all'origine.

6 E sis . t e anc h e 1a qua dnca . d'1 equaz1one . z2 ( b ) - 2x2 - by2 2 - 2 = 1 a > 0, > 0, c > 0 , a

C

che non ha pun ti rea1i e si chiama ellissoide immaginario.

V-3

Ricordiamo che una figura L si dice simmetrica rispetto ad un piano coordinato (rispettivamente: rispetto a un asse, rispetto all'origine) se tutte le volte che un punto P appartiene ad L, anche il simmetrico di P rispetto al piano coordinato (rispettivamente: rispetto all'asse, rispetto all'origine) (cfr. Cap II, 1.3) appartiene ad L. Una figura simmetrica rispetto a tutti e tre i piani coordinati e anche simmetrica rispetto agli assi coordinati e all'origine.

2. L'ellissoide Ha equazione canonica

x2

r

z2

2 a + b2 + 2C =

1 con a > 0, b > 0, c > 0.

Risulta: 1) l'ellissoide e simmetrico rispetto ai tre piani coordinati, ai tre assi coordinati e all'origine, perche x,y,z compaiono solo al quadrato; 2) per ogni punto (x,y,z) dell'ellissoide risulta: x2 a2

s 1,

y2

b2

s 1,

z2 c2

s1

e quindi l'ellissoide e contenuto nel parallelepipedo definito dai piani x = ± a, y = ± b, z = ± c; 3) l'intersezione dell'ellissoide con i piani del tipo z = k

e

data da:

e quindi e un'ellisse se -c < k < c, un punto se k = ± c, mentre per k < -c, o k > c non ci sono punti di intersezione. Quando -c < k < c l'ellisse precedente si puo scrivere cosi: z=k {

x2

V-4

e ha semiassi ~ ,

~

, di valore massimo per k = 0.

Analoga situazione si trova intersecando l'ellissoide con i piani paralleli agli altri piani coordinati. z

y

I punti (±a,0,0), (0,±b,0), (0,0,±c) si dicono uertici dell'ellissoide; il punto 0(0,0,0) si chiama centro; i numeri a,b,c si chiamano semiassi. Osserviamo che se a = b = c l'ellissoide e una sfera di centro O e raggio a; se sono uguali due dei tre semiassi (ad esempio a = b), l'ellissoide si puo ottenere facendo ruotare un'ellisse attorno ad uno dei suoi assi di simmetria (nell'esempio, l'asse z).

3. L'iperboloide a una falda . • x2 r_ z2 Ha equaz10ne canomca 2a + b2 -

= 2 C

1, con a> 0, b > 0, c > 0.

Si tratta anche in questo caso di una superficie simmetrica rispetto ai piani coordinati, agli assi coordinati, all'origine. I piani z = k intersecano l'iperboloide nell'ellisse di equazioni :

Z=k {

x2

k2 a2 (1+-)

c2

+

V-5

i cui semiassi

a ~ , b ~ crescono al crescere di

Ik I e

hanno valore minimo per k = 0. Invece i piani x = k e y = k intersecano in iperboli per ogni k. 2

a/2

Il punto 0(0,0,0) si chiama centro dell'iperboloide a una falda; i numeri a,b,c si chiamano semiassi. Se a= b, la quadrica e di rotazione attorno all'asse z, e si puo ottenere X

ad es. facendo ruotare intorno all'asse z l'iperbole Si puo dimostrare che l'iperboloide a una falda cioe e unione di infinite rette reali.

{

=0

~ a

_z~ = 1 C

e una superficie rigata,

4. L'iperboloide a due falde 2

Ha equazione canonica : 2 -

2 2 ~ - ~2

= 1, con a> 0, b > 0, c > 0.

Come le quadriche precedenti e una superficie simmetrica rispetto ai piani coordinati, agli assi coordinati, e all'origine.

V-6

Per ogni punto (x,y,z) di questa superficie risulta: quindi

.Y:

x2 a2

z2

1+ b2 + c2

e

IJ I ~ 1.

I punti dell'iperboloide sono allora tutti esterni alla regione di spazio compresa tra i due piani paralleli x = a e x = -a. I piani x = k, con I k I > a, tagliano l'iperboloide nelle ellissi: z {

=;

z2

k2 + k2 = 1 c2(1+-) a2 a2

b 2 (1+-)

i cui semiassi crescono al crescere di I k I . Invece i piani y

=k

e z = k intersecano la quadrica in iperboli.

Per comodita. di disegno abbiamo disegnato la quadrica di equazione z2 - 2 -

c

x2 - 2 -

a

y2 - 2

b

= 1 (che e dello stesso tipo).

I punti (±a,0,0) si dicono vertici dell'iperboloide a due falde; il punto 0(0,0,0) si chiama centro; i numeri a,b,c si chiamano semiassi. Se b = c, la quadrica

e di rotazione attorno all'asse x, e si puo ottenere

ad es. facendo ruotare intorno all'asse z l'iperbole {:;

0

z2 _

b2 - b2 -

1

V-7

5. II paraboloide ellittico .

.

Ha equaz10ne canomca

x2 a2

Y:.

+ b 2 = 2z, con a > 0, b > 0.

Per ogni punto di questa quadrica risulta z ~ 0, quindi essa si trova tutta al di sopra del piano z = 0, tranne il punto 0, che vi appartiene. I piani z

= k con k > 0 tagliano il paraboloide ellittico nelle ellissi: z =k {

x2 y2 2ka2 + 2kb2

i cui semiassi a-{ii; e h-Jik crescono al crescere di k. I piani x = k e y = k parallelo all'asse z.

tagliano la quadrica in parabole con asse

X

Il punto 0(0,0,0) si chiama vertice del paraboloide ellittico; i numeri a,b si chiamano sem,iassi. Se a = b, la quadrica

e di rotazione attorno all'asse z, e si puo ottenere X

=0

ad es. facendo ruotare intorno all'asse z la parabola { yz- x = 0 .

V-8

6. 11 paraboloide iperbolico (o a sella) x2

y2

Ha equazione canonica a 2 - b 2 = 2z, con a> 0, b > 0.

L'intersezione col piano

y = 0 e la

mentre

parabola X

l'intersezione col piano x

= 0 e la parabola r 2 :

{

=0

y2

_

-b2 - z

r 1 e r 2 hanno lo stesso vertice 0, stanno su piani tra loro ortogonali e sono, la prima rivolta verso l'alto, la seconda verso il basso. Le intersezioni con i piani x = h sono parabole con vertice su r2, asse parallelo all'asse z e rivolte verso il basso; le intersezioni con i piani y = h sono parabole con vertice su r 1, asse parallelo all'asse z e rivolte verso l'alto. Le intersezioni coi piani z = h (h > 0) sono iperboli con assi di simmetria paralleli agli assi x e y, e asse trasverso parallelo all'asse x; le intersezioni coi piani z = h (h < 0) sono iperboli con assi di simmetria paralleli agli assi x e y, e asse trasverso parallelo all'asse y.

L'intersezione con il piano z = 0

e l'unione delle due rette

{

z=0 b

y

11 punto 0(0,0,0) si chiama vertice del paraboloide iperbolico.

=±;x

V-9

11 paraboloide iperbolico non e mai una superficie di rotazione. Anch'esso, come l'iperboloide ad una falda, e una superficie rigata .

7. Quadriche trasla te Le equazioni (1')

a(x-a) 2 + P(y- b) 2+ 'Xz- c) 2 = 8

(2')

a(x-a) 2 + p(y-b) 2 = 28(z-c)

rappresentano quadriche traslate. Una loro forma canonica si ottiene con la traslazione: x = X+a { y=Y+b

z

= Z+c

8. Piano tangente ad una quadrica Sia Q una quadrica non degenere, che supporremo in una delle forme (1') e (2'), e sia P 0 (x0 ,y0 ,z 0 ) un punto di Q. Si chiamapiano tangente a Q in P 0 il piano di equazione: (3)

a(xo-a)(x-a) + p(yo-b)(y-b)+ y(zo- c)(z-c) = 8

nel caso (1'), e

(4)

(x0 -a)(x- a)+ (yo-b )(y-b) = 8((zo- c)+(z- c))

nel caso (2').

Osservazione. La sfera e una quadrica che rientra nel tipo (1'). Con facili calcoli si vede che l'equazione del piano tangente vista nel cap III, 2.3, coincide con quella data dalla (3).

V-10 Esercizio 1. Si trovi ii piano tangentc in O(0,0,Q) a Q: x2+3y 2-z 2 -2x+z = 0. Soluzione. L'cquazionc di Q si puo scrivcrc (x-1) 2+3y 2-(zrichiesto

e (0-l)(x-1)+3(0-0)(y-0)-(0-½)(z-½) = ¾, ovvero

½) 2 = ¾, e pertanto il piano

-2x+z

=0.

Esercizio 2. Si trovi ii piano tangentc in 0(0,0,()) a Q: 2x 2-y 2+4y-3z = 0. Soluzione. L'cquazionc di Q si puo scrivere 2x 2 -(y-2) 2 = 3(z-~), e pertanto il piano richiesto

c 2(0-0)(x-0)-(0-2)(y-2) = ½[(0-J )+(z-

t)] ,

ovvcro 4y - 3z = 0.

Capitolo VI GEOMETRIA DIFFERENZIALE DELLE CURVE 1. Curve regolari 1.1. Funzioni vettoriali regolari e curve regolari Una funzione vettoriale e una funzione P: I ➔ R 3 , dove I~ R. Si usa scrivere P = P(t), o anche, esplicitando le componenti: P

= P(t) = (x(t), y(t), z(t)).

Le rappresentazioni parametriche delle curve sono funzioni vettoriali. Se le componenti del vettore P(t) sono funzioni derivabili, il vettore (x'(t),y'(t),z'(t)) si chiama derivata di P = P(t) e si denota col simbolo P'(t) o

~~.

Definizioni. 1. Una funzione vettoriale P = P(t) si dice regolare se: a) e iniettiva; b) possiede tutte le derivate; c) P'(t) -:t:. 0 per ogni t 2. Una curva L: P

E

I.

= P(t) si dice regolare se la funzione P(t) e regolare.

VI-2

3. Diremo curva chiusa regolare una curva L: P = P(t) (a::; t::; b), dove P = P(t) e una funzione regolare nell'intervallo aperto ]a,b[ , e inoltre P(a) = P(b).

Nota. Definizioni analoghe alle precedenti si possono dare per funzioni P: I ~ R 2 (I c R), e corrispondentemente per le curve del piano. Esempi. 1. Una retla r: P = P 0 + tw

e una curva regolare.

2. La circonferenza r: P = (Rcost, Rsint), con O ::; t ::; 2rr, e una curva chiusa regolare. Infatti la funzione P(t) ha tutte le derivate, c iniettiva nell'intervallo aperto ]O,21t[ e inoltre per ogni t si ha P'(t) = (-Rsint, Rcost) 0

*

*

3. La curva dello spazio L: P = (Reos t, Rsin t, ht) con R > 0 eh 0, c una curva regolare che si chiama elica circolare (la verifica della regolarita e lasciata per esercizio).

1.2. La retta tangente ad una curva regolare Sia L: P = P(t) (t E I) una curva regolare, e sia P 0 = P(t0 ) E L. La retta passante per P 0 e parallela al vettore (non nullo!) P'(t0 ) si dice retta tangente ad L in P 0 • Esempi. 1. Sc L

c una retta, la retta tangcnte in ogni punto coincide con L.

2. Se L e una circonferenza di centro C, la retta tangente in P(to) coincide con (P-P(to)•(C-P((o)) = 0. Esercizio. Si trovi la retta r tangcntc a L: P = (2cos t, 2sin t, t) nel punto P0(-2,O,1t).

Soluzione. Si ha P0 = P(1t), e quindi r P'(1t)

c la retta per

P 0 parallela al vettore

= (-2sin t, 2 cost, l)i = 1t = (0,-2,1).

Si ha r: (x,y,z) = (-2,-2t,1t+t).

1.3. Lunghezza di un arco Definizione 1. Consideriamo una curva regolare L: P = P(t) (t Siano a,b due punti di I, e poniamo A = P(a), B = P(b).

E

I).

VI-3

L'insieme dei punti di L corrispondenti ai valori del parametro t compresi tra a e b si chiama area di L di estremi A e B. Un arco si intende sempre orientato: e cioe importante l'ordine in cui si considerano gli estremi A e B. Esempi 1. Un segmento orientato c un arco oricntato della rcua che lo contiene.

2. Un arco della circonfercnza r : P = (Reos t, Rsin t), 0 $ t $ 21t, r' : P = (Reos t, Rsin t) con a $ t $ b, dove O $ a < b $ 7t .

e una curva de! tipo

Gli cstremi dell'arco sono i punti A(Rcosa, Rsina) e B(Rcosb, Rsinb). Se si considera A come primo estrcmo, l'arco e orientato in scnso antiorario, sc invece ii primo cstremo e B, l'arco e oricntato in senso orario. Ad esempio sc a = 0 e b = 7t, l'arco c la scmicirconferenza di r situata al di sopra dell'assc dclle x, orientata a seconda dcll'ordinc in cui si considerano i suoi estremi A= (R,0) c B = (-R,O).

Definizione 2. Sia L: P = P(t) una curva regolare, e sia y un arco di L avente estremi A= P(a) e B = P(b). Si dice lunghezza di y, e si denota col simbolo l(y), il numero reale: b

l(y) =

J IP'(t) I dt. a

Si noti che, essendo IP'( t) I> 0 per ogni t, risulta: l(y) > 0 se a< b; l(y) = 0 se a= b; l(y) < 0 se a> b. Esempio. La lunghezza dclla circonfercnza l(r) =

come ovvio.

r: P = (Reos t, Rsin l) (0 $

2rr~------

2rr

0

0

J✓ (-Rsint) 2+(Rcost)2dt = f Rdt = 21tR,

t $ 21t),

e:

VI-4

1.4. Ascissa curvilinea Definizione. Sia L: P = P(t) (t E I), una curva regolare, e sia Po= P(to) un punto fissato di L. Se P(t) e un qualsiasi punto di L, si definisce ascissa curvilinea del punto P(t) (con origine P 0 ) il numero reale (positivo, negativo o nullo):

JI P'(u) I du

s(t) =

to

cioe la lunghezza dell'arco orientato di estremi P 0 e P(t). Esercizio. Data la curva L: (x,y,z) = (cost,sint,t) si trovi ii punto di L avente ascissa curvilinea -2, assumendo come origine P 0(1 ,0,0). Soluzione. Poiche P0 = P(0) devc risultarc:

-2 =

f IP'(u)I du= J✓ cos2u+sin 2u+ 1 du = t✓-"2 0

()

da cui t = - {i,. II punto richiesto c quindi P(- {i,)

= (cos (- {i,), sin (- {i,), - {i, ).

1.5. Parametrizzazione intrinseca Definizione. Si dice che una parametrizzazione regolare L: P = P(t) e intriseca se IP'( t) I= 1 per ogni valore del parametro t. Si puo dimostrare che ogni curva regolare si puo riparametrizzare usando come parametro l'ascissa curvilinea, e che la parametrizzazione che ne risulta e intrinseca. In tal caso si dice anche che L e parametrizzata mediante la lunghezza d'arco. Esempio. Sia L: (x,y,z) = (cost,sint,t) e sia P 0 (1,0,()) E L, assunto come origine degli archi. L'ascissa curvilinea de! punto gencrieo P(t) di L e: t

s = s(t) =

f IP'(u)I du= J✓ cos2t+sin2 t+l du= t✓-"2 ()

()

VI-5 da cui si ricava t =

12 .

Sostituendo ncllc cquazioni di L si trova:

L: (x,y,z) = (cos ( chc

12 ), f2) ,f2, ), sin(

e una parametrizzazione intrinseca. (Si verifichi chc

IP'(s)I = 1).

2. Curve biregolari 2.1. Definizione di curva biregolare Una funzione vettoriale P = P(t) si dice biregolare see regolare e inoltre P'(t)AP"(t) :;t: 0 per ogni t. La curva L: P = P(t) si dice biregolare se la funzione P(t) e biregolare. Esempi. 1. La retta r: P

=P0+ tw

none biregolare. Infatti P"(t)

=0

per ogni t.

2. L'elica circolare (cfr. 1.1, Es. 3) e bircgolarc. 3. La curva L: (x,y,z) = (t+t2 , c 2t,0) e regolare (verifica al lettore), ma non bircgolare. Infatti P'(0) = (1,2,0), P"(0) = (2,4,0), e quindi P'(0)AP" (0) = 0.

2.2. Il triedro fondamentale Il versore tangente. Sia L: P = P(t) una curva regolare. Si chiama

versore tangente a L in P(t) il versore t(t) = vers P'(t) = 1~~~; 1 • E' uno dei due versori paralleli alla retta tangente. Il suo verso dipende dalla parametrizzazione di L. Il versore normale. Sia L: P = P( t) una curva regolare. Si puo dimostrare che: L e biregolare se solo se t'(t) :;t: 0 per ogni t. Quindi se L e biregolare esiste il versore: n(t)

= vers t '(t) =

t'(t)

1 t'(t) 1

VI-6

che si chiama versore normale a L in P(t). Si dimostra che n(t) e ortogonale a t(t), e che non dipende dalla parametrizzazione biregolare scel ta per L.

Nota. Se L: P = P(t) e una curva biregolare e la parametrizzazione e intrinseca si ha P'(t) = t(t) e quindi n(t) = vers P"(t). Cio e falso in generale. II versore binormale. Sia L: P = P(t) una curva biregolare. 11 versore t(t)An(t) si chiama versore binormale a L in P(t) e si denota col simbolo b(t). 11 verso di b(t), come quello di t(t), dipende dalla parametrizzazione scelta. Si pub inoltre dimostrare che:

(2)

b(t)

= vers [P'(t)AP"(t)].

Definizione. Sia L: P = P( t) e una curva biregolare. La terna di verson (t(t), n(t), b(t)) si chiama triedro fondamentale di L in P(t). z

Per comodita di disegno abbiamo disegnato la quadrica di equazione z2

x2

y2

-c2 - -a2 - -b2 = 1 (che e dello stesso tipo).

Le rette passanti per P(t) e parallele a t(t), n(t), b(t) si chiamano rispettivamente retta tangente (gia vista in 1.2), retta normale principale e retta binormale.

Nota. Per calcolare il triedro fondamentale e conveniente calcolare t( t), poi b(t) con la (2) e infine n(t), osservando che si ha n(t) = b(t)At(t).

VI-7 Esercizio. Si calcoli ii triedro fondamcntalc dclla curva L: (x,y,z) = (t2 ,t3 ,2t) in P(O). Soluzionc. Si ha P'(O) = (2t,3t2 ,1) 1= 0 = (0,0,2), e quindi t(O) = (0,0,1) = k. Inoltre P"(O) = (2,6t,0) 1=o = (2,0,0), e quindi (calcoli al lcttore) P'(O)AP"(O) = 2j. Ne segue: b(O) = vcrs 2j =j. Infine n(O) = b(O)At(O) =jAk = i.

2.3. 11 piano osculatore Sia L: P = P(t) una curva biregolare. Si chiama piano osculatore ad L in P(t) il piano passante per P(t) e ortogonale a b(t). Poiche b(t) = vers [P'(t)AP"(t)l , tale piano ha equazione vettoriale:

(3)

(P-P(t)),P'(t)AP"(t) = 0

ed equazione cartesiana:

(4)

x-x(t) y-y(t) z-z(t) y'(t) z'(t) x"(t) y"(t) z"(t)

I x'(t)

I

= 0.

E' evidente dalla definizione che: il piano osculatore in P(t) contiene la

retta tangente e la retta normale principale ad L in P(t), ed ortogonale alla retta binormale ad L in P(t).

e

2.4. Curve piane Una curva dello spazio si dice piana se esiste un piano che la contiene. Ad esempio le circonferenze sono curve piane. Si puo dimostrare che: se L e una curva biregolare piana, il piano osculatore a L in ogni punto coincide col piano contenente L. Pertanto per vedere se una curva e piana si puo procedere cosi: - si trova il piano osculatore ad L in un punto a scelta, sia esso

1t;

- si interseca L con 1t: se risulta L ct. 1t·, non puo esistere nessun altro piano che la contiene (peril risultato precedente) e quindi L non e piana; se risulta L 0, esiste 8 > 0 tale che If (x,y)- f(a,b) I< £ per ogni P E dom f tale che la di stanza di P da P O sia minore di 8. La funzione f si dice continua in I ,;;;; R 2 se

e tale in ogni punto di

I.

VII-4 Esempi. Sono continue nel loro dominio tutte le funzioni f(x,y) dei tipi seguenti: 1. Polinomi, ad escmpio: x+y, x2-3y5+8xy ...

:+;i 3_

2. Funzioni razionali (cioe quozienti di polinomi), ad esempio: x~6y ,

2. Logaritmo esponenziale, radice, seno, coseno ... di funzioni continue, ad esempio: , ✓ log (x-5y) ... log (x-5y), e 3x-6xY, sin _!_ x- 6y 4. Somme, prodotti, quozienti di funzioni continue, ad csempio: xeY+ ln2(xy), sin3(7x+y), cos (x+5y) - x ...

1.6. Funzioni di 3 variabili. I concetti introdotti per le funzioni di due variabili si estendono facilmente alle funzioni f( x,y ,z) di tre variabili: Ad esempio, si definisce il dominio di f (dom f) come il piu grande sottoinsieme di R 3 in cui f e definita; la continuita di f (x,y ,z) si definisce in rnodo tale che esponenziali, logaritmi, polinorni, frazioni, radici, ... siano tutte funzioni continue. Le curve di livello diventano, per le funzioni di tre variabili, superficie di livello, di equazioni ftx,y,z) = c, dove c e costante, e sono superficie dello spazio a tre dimensioni. Qualche problerna c'e peril grafico, che si trova in un ambiente a 4 dimensioni e non e rappresentabile con un disegno.

2. Derivazione delle funzioni di 2 variabili 2.1. Derivate parziali Sia f(x,y) una funzione di due variabili. Si chiama derivata parziale di f rispetto a x la funzione che si ottiene derivando f considerata come funzione della sola x (cioe y si tratta come una costante). Essa si denota col simbolo oppure fx· Analogamente si definisce la derivata

:!

parziale di f rispetto a y, denotata col simbolo :

oppure fy.

VII-5 Esempio. I. Sia f(x,y) = exi_ Si ha:

econsidcrata costante); (x econsiderata costantc).

fx0

>0

minima relativo

>0

0, t(P) = 18 > 0. Pertanto P Non vi sono punti di massimo rclativo o punti di sella.

e un punto di minimo rclativo.

VII-11

4. Retta tangente ad una curva del piano e piano tangente a una superficie 4.1. Retta tangente ad una curva Sia L: f(x,y) = 0 una curva del piano e sia P 0(a,b) E L. Supponiamo che f abbia le derivate parziali continue e non entrambe nulle in P 0 . Si chiama retta tangente ad L in P 0 la retta del piano passante per P 0 e ortogonale a (grad Dp . L'equazione di tale retta e pertanto: 0

fxCa,b) (x-a) + fyCa,b) (y-b) = 0. Questa definizione e compatibile con tutti i casi noti (circonferenze, coniche, grafici di funzioni). Le facili verifiche sono lasciate al lettore per esercizio. Esempio. Sia L: x2 -xy+y 3 -y + x = 0. La rctta tangentc ad L m O ha come vettore ortogonalc grad fco,o) = (1,-1 ). Essa e pcrt.anto x - y = 0.

Osservazione. Se L: f( x,y) = c e una curva di livello della funzione f( x,y) e P O E L e un pun to in cui grad f non si annulla, allora la retta tangente a L in P O e ortogonale al vettore (grad Dp . •

0

4.2. Piano tangente al grafico di una funzione di due variabili. Sia f( x,y) una funzione di due variabili dotata di derivate parziali continue, e sia S: z = f( x,y) il grafico di f. Sia poi Po(a,b) un pun to interno a dom f. Il piano di equazione: (2)

z = f(a,b)+fxCa,b)(x-a)+fy(a,b)(y-b)

si chiama piano tangente alla superficie S nel punto Q(a,b,f(a,b)). Brevemente l'equazione del piano tangente ad S in Q e: z

= f(P 0 ) + (grad Dp •(x-a,y-b). 0

VIl-12

Osservazione. 11 secondo membro della (2) e la funzione polinomiale di primo grado g che approssima f vicino a Po(a,b) (cfr. 2.6). Pertanto il piano tangente al grafico di f in Q(a,b,f(a,b)) e il grafico di g. Esempio. 11 piano tangenlc alla supcrficie S di cquazione z = eX-8xy nel punto Q(0,1,1) ha equazione z = 1-7x, cioe 7x+z- l = 0. In effetli S e ii grafico della funzione f(x) = ex-8xy e Q(0,1,f(O, 1)). Inoltrc si ha: fx = ex-8y,

fx(O,l) = -7,

fy = -8x,

fy(0,1) = 0.

4.3. Piano tangente ad una superficie in generale Se S e la superficie di equazione f( x,y,z) = 0 e P 0 (a,b,c) piano tangente ad S in P 0 e:

E

S, l'equazione del

fxCa,b,c)(x-a)+fyCa,b,c)(y-b)+fz(a,b,c)(z-c) = O; brevemente: (grad Dp •(x-a,y-b,z-c) = 0. 0

I casi gia studiati (sfere, quadriche, grafici di funzioni) sono casi particolari del precedente. La facile verifica e lasciata al lettore per esercizio. Esempio. 11 piano tangente alla supcrficie di equazione: x2 -4y 2+4z 2 -x = 0 in P = (0,2,-2) ha equazione: -x-16(y-2)-16(z+2) = 0 in quanto si ha: fx

= 2x-1

fx(0,2,-2) = -1

fy = -Sy

f/0,2,-2)

= -16

f2 = Sz

fz(0,2,-2)

= -16.

CAPITOLO VIII INTEGRAZIONE DELLE FUNZIONI DI PIU VARIABILI Gli argomenti di questo capitolo sono affrontati da un punto di vista esclusivamente operativo: in particolare non vengono date definizioni rigorose, ne vengono messe in evidenza le ipotesi sotto cui sono validi i risultati enunciati, le quali, per altro, sono verificate nelle situazioni che si presentano allo studente cui e diretto questo libro.

1. lntegrale curvilineo 1.1. Integrale curvilineo di una funzione Consideriamo una funzione di due o tre variabili f: D ➔ R (D i; ; ; R 2 oppure Di;;;;; R 3 ), e sia y: P = P(t) (a~ t ~ b) un arco di curva regolare (eventualmente chiuso) contenuto in D, orientato da P(a) a P(b). Si chiama integrate delta funzione f tungo y (o integrate curvilineo di f

esteso a y) il numero reale, denotato col simbolo

ff, cosi definito: y

VIII-2 b

(1)

Jr =

Jr(P(t)) I P'(t) I dt

Y

a

Nel caso di due variabili si ha y: P = (x(t),y(t)) (as; ts; b), e quindi: b

Jr =

Jr(x(t),y(t)) ✓ x'(t)2+ y'(t)2 dt

Y

a

e analogamente nel caso di tre variabili. Se r vale identicamente 1 l'integrale di r su y coincide con la lunghezza dell'arco y (cfr. Cap. VI, 1.3). Esempio. Consideriamo la funzione

y: P = (2cost, 2sint)

f(x,y) = xy 2 (definita su tutto R 2 ), e l'arco

tr~ t ~ n.), cioe l'arco dclla circonfcrenza di centro l'origine e raggio

2, avente primo estremo nel punto A(0,2) e secondo estremo ncl punto B(-2,0). Risulta (omettiamo alcuni passaggi): 7t 7t

ff

Jr(2cost,2sinl)✓ (2sint)2+(2cost) 2dt = f 16cost(sint}2dt = - 136 •

=

m2

y

1ta

Osservazione. L'integrale curvilineo si puo calcolare anche su archi non regolari, ma solo regolari a tratti, cioe archi che sono unione di un numero finito di sottoarchi regolari che non si sovrappongono. Infatti se l'arco y e l'unione dei sottoarchi regolari Y, y , ... , y non sovrapposti 'l

2

n

si puo usare la formula: Jr= y Esercizio. Si calcoli

Jr+ Jr+ ... + Jr 'Yl 'Y2 'Yn

f xcosy, dove y c l'unione dei segmenti y

B(l,n), C(3,0), orientati rispettivamentc da A a B e da B a C.

AB e BC con A(l,0),

VIII-3 Soluzione. Poniamo y1 = AB, y2 = BC. Si ha allora:

Jxcosy

=

Y

Jxcosy

+

Y1

Jxcosy . Y2

Per calcolare i due integrali a secondo membro cerchiamo innanzi tutto delle equazioni parametriche dclle rette contencnti y1 e y2 come archi. La retta passantc per A e B ha equazioni paramctrichc P = (1,t), e si ha A= P(0), B = P(1t). Ne segue: 1t

Jxcosy

J!cost✓ 02+ 12dt =

=

o

Y1

Fcostdt o

= 0.

Analogamcnte: la retta passantc per B e C ha equazioni parametriche: P = (1 +2t,1t-1tt) e si ha B =P(0), C = P(l). Pcrtanto (tralasciando alcuni passaggi): 1

Jxcosy

=

J(1 +2t)cos(1t-1tt)✓ 4+1t dt 2

0

Y2

[~

]I

= - -re- (sin(1t-1tt)+2tsin(1t-1tt)-2cos(1t-1tt))

In conclusione si ha:

0

= 0.

Jxcosy = 0. y

1.2. Integrale curvilineo di un campo vettoriale Definizione. Un campo vettoriale f(x,y) sul dominio D c;;; R 2 e una funzione definita in D i cui valori sono vettori del piano. F e individuato da una coppia di funzioni definite in D, cioe: f( x,y) = (X(x,y ),Y(x,y )).

Analogamente un cam po vettoriale f( x,y,z) sul dominio D c;;; R 3 e una funzione definita in D i cui valori sono vettori dello spazio. F e individuato da una terna di funzioni definite in D, cioe: F(x,y,z) = (X(x,y,z),Y(x,y,z),Z(x,y,z)). Esempio 1. Sia f: D ➔ R, (D s;;; R 2) una funzionc derivabilc di due variabili. Allora:

F(x,y)

=grad f = (fx(x,y),fy(x,y))

VIII-4

c un campo vettorialc sul dominio

D.

Analogamente sc f: D ➔ R, (D ~ R 3 )

c una funzionc derivabilc di tre variabili, si ha che:

F(x,y,z) = grad f = (fx(x,y,z),fy(x,y,z),fz(x,y,z))

c un campo vcttoriale sul dominio

D.

Definizione. Sia F un campo vettoriale sul dominio D, e sia y: P = P(t) (a ::;; t::;; b), un arco di curva regolare contenuto in D, orientato da P(a) a P(b). Si chiama integrale di F esteso a y il numero reale definito dalla formula: b

JF·dP = Jf(P(t))·P'(t)dt

(2)

Y

a

dove il segno di prodotto scalare a primo membro e solo un simbolo, mentre quello a secondo membro indica il prodotto scalare ordinario tra vettori. L'integrando F-dP si denota anche con Xdx+Ydy (nel caso di due variabili) e con Xdx+ Ydy+Zdz (nel caso di tre variabili). Ad esempio nel caso di due variabili abbiamo: y: P

= (x(t),y(t)) (a :5: t :5: b); f(x,y) = (X(x,y), Y(x,y))

e quindi la (2) diventa: b

JF·dP = J[X(x(t),y(t)) x'(t) + Y(x(t),y(t)) y'(t)]dt

(3)

Y

a

Analogamente nel caso di tre variabili. Esempio 2. Considcriamo ii campo vettorialc F(x,y) = (-y,2x) e sia y la circonferenza di ccntro I'origine e raggio I considcrata come arco y: P = (cost, sint) oricntato da P(O) a P(21t). Le due funzioni chc dcfiniscono F sono: X(x,y) = -y; Y(x,y) = 2x c quindi: 2rr

2n

JF•dP = J(-sin t,2cos t)•(-sin t,cos t) cit = f (I +cos2 t)dt = 31t y

O

(omettiamo i calcoli rclativi all'ultimo integrale).

0

VIII-5

Osservazione. L'integrale di un campo vettoriale esteso ad un arco regolare a tratti e la somma dei vari integrali sui sottoarchi regolari (analogamente a quanto visto per le funzioni, cfr. 1.1). 1.3. Campi vettoriali conservativi

Definizione 1. Sia F un campo vettoriale. L'integrale di F esteso ad un arco chiuso regolare contenuto nel suo dominio si chiama circuitazione di F. Il campo F si dice conservativo see solo se ogni sua circuitazione e zero. Esempio. II campo vettorialc F(x,y) = (-y,2x) none conservativo. lnfatti abbiamo visto (cfr. 1.2, Esempio) che esiste almeno una sua circuitazionc non nulla.

Si puo dimostrare che: F e un campo conservativo nel dominio D se e solo se presi comunque due archi regolari a tratti y1,y2 , contenuti in D aventi gli stessi estremi A e B e orientati da A a B, risulta:

I F-dP = I F-dP Y1

Y2

cioe: l'integrale dipende solo dagli estremi dell'arco su cui si integra, e

non dall'arco scelto. Teorema 1. a) Sia f: D ~ R una funzione in due o tre variabili dotata di derivate parziali continue. Allara grad f e un campo conservativo definito in D. b) Viceversa: se F e un campo conservativo, esiste una funzione f tale che F = grad f .

.

In altre parole: i campi conservativi sono quei campi che si possono

esprimere come gradiente di una funzione. Dimostrazione. a) Supponiamo per semplicita che f sia una funzione di due variabili (per tre variabili la dimostrazione e analoga) e sia

VIII-6 y.

t

= x(t) = y(t)

(a::,; t::,; b), x(a)

= x(b);

y(a)

=y(b)

un arco chiuso regolare contenuto in D. Si ha per definizione: b

J(grad f}dP = J[fxCx(t),y(t))x'(t) + fyCx(t),y(t))y'(t)]dt y

a

Osserviamo che l'integrando a secondo membro e la derivata della funzione composta f( x(t),y(t)) (cfr. Cap. VII, 2.3) e quindi l'integrale vale: [f(x(t),y(t))]

b a

= f( x(b),y(b)) - f( x(a),y(a)) = 0

Ma x(a) = x(b), y(a) = y(b), in quanto l'arco e chiuso. Abbiamo quindi dimostrato che ogni circuitazione di grad f e nulla, e cio vuol dire che il campo vettoriale grad f e conservativo. b) Sia A e D un pun to fissato. Per ogni pun to P e D sia y ~ D un arco regolare, avente estremi A e P. Allora

JF·dP e un numero che dipende

y solo da P (e non dall'arco scelto), e che denotiamo con f( P). Resta cosi definita una funzione f: D ➔ R, e si puo dimostrare che grad f = F.

Definizione 2. Sia F un campo vettoriale. Se esiste una funzione f tale che F = grad f, si dice che f e un potenziale del cam po F. E' chiaro che se f e un potenziale di F anche f + k lo e, per ogni costante k. Inoltre due potenziali dello stesso campo vettoriale differiscono per una costante purche il dominio non sia "spezzato" (ad esempio se e un rettangolo o tutto il piano o tutto lo spazio). Osservazione. Se f(x,Y) = (X(x,Y),Y(x,y)) e un campo conservativo e le funzioni X(x,y), Y(x,y) sono dotate di derivate prime continue per il teorema di Schwartz (cfr. Cap. VII, 2.5) si ha: (4)

ax -av oy = ax

-

Analogamente se F(x,y,z) = (X(x,y,z),Y(x,y,z), Z(x,y,z)) conservativo si hanno le uguaglianze:

e un

campo

VIII-7

(5)

ax aY ay = ax

ax az az = ax

aY az az = ay

Viceversa, si puo dimostrare il seguente:

Teorema 2. a) Sia ft: x,y) un campo vettoriale definito in un rettangolo Do in tutto R 2 . Se vale la (4) il campo econservativo. b) Sia f(x,y,z) un campo vettoriale definito in un parallelepipedo D o in tutto R 3 . Se valgono le (5) il campo e conservativo. Esempio. Consideriamo ii campo vettorialc F(x,y) = (2x+y,x+l). Si ha X(x,y) 1 aY 1 d . ax aY . h, ·1 domm10 . . e- D . d" ax Y(x,y ) = x+ 1, C qum I ay = , ~ = , a CUI oy = ax ; po1c e I

= 2x+y, = R2 I·1

campo c conservativo. Per trovare un potenzialc usiamo il metodo visto nella dimostrazione del teorema 1 b). Fissiamo A = 0(0,0), c sia P(a,b) E R 2. Un arco y che congiunge 0 con A e l'unione dci due segmenti OQ e QP, dove Q(a,0). Procedcndo come ncll'cscmpio 2 di 1.1 si trova:

fF•dP

= a2 +ab+b.

y

Allora la funzione f(x,y) = x2+xy+y c un potcnziale di F(x,y) (infatti si verifica immediatalmente che F(x,y) = grad f). Esscndo D = R 2 , tutti i potcnziali dcl campo dato sono allora x2+xy+y+k, dove k c una costantc arbitraria.

2. Integrale doppio 2.1. Definizione e proprieta Ricordiamo che se y = f( x) e una funzione non negativa di una variabile definita nell'intervallo I = [a,b], l'integrale di f esteso ad I misura l'area della figura F costituita dai punti del piano le cui coordinate verificano le disuguaglianze

(6)

VIII-8

(in breve diremo che F

e definita dalle

(6)).

Consideriamo ora una funzione di due variabili f: I ➔ R dove I ~ R 2 .

Definizione intuitiva di integrale doppio. Si chiama integrate doppio di f esteso ad I il numero reale che si denota col simbolo:

ff f(x,y) dxdy I

e che si definisce intuitivamente come segue: a) Se f( x,y)

~0

per ogni (x,y) E I, si definisce

ff f(x,y )dxdy

come il

I

volume 7 del solido S costituito dai punti compresi trail piano z = 0 e il grafico di f. Piu precisamente: 8= {(x,y,z)E R3 I (x,y)E I e Oszsf(x,y)}.

Jf

b) Se f( x,y) s O per ogni (x,y) E I, si definisce

f(x,y)dxdy come il

I

·'

volume,i con segno negativo, del solido 1

S = { (x,y,z) E R 3 I (x,y) E I e f (x,y) s z s O}. c) Se f( x,y)

e qualsiasi, si

definisce

fJ f(x,y)dxdy I

=

ff

f(x,y)dxdy +

I+

dove I+ e l'insieme dei punti di I in cui f( x,y) punti di I in cui f(x,y) s 0.

ff

f(x,y)dxdy

I. ~

0 e I_

e l'insieme dei

7 La definizione rigorosa del concetto di volume di un solido e al di la degli scopi di questo libro. Pertanto ci limitiamo a considerare il volume come un concetto intuitivo che, per i solidi della geometria elementare (parallelepipedi, sfere, ... ), coincide con quello usuale.

VIII-9

Proprieta dell'integrale doppio. Si puo dimostrare che a) s~ I= I 1ul 2 e I 1nl 2 ha area8 nulla, si ha:

ff f(x,y )dxdy

ff

=

I

b) se g(x,y)

f(x,y )dxdy +

11

f(x,y )dxdy

12

e un'altra funzione definita su

Jf [f(x,y)+g(x,y)]dxdy = ff I

c) se k

ff

I, si ha:

f(x,y)dxdy+

I

Jf

g(x,y)dxdy

I

e una costante, si ha:

If kf(x,y)dxdy = k

ff

I

f(x,y)dxdy.

I

2.2. Integrale doppio su un rettangolo Se I

e il rettangolo defini to da I= {(x,y)E R 2 I a::; x::; b; c ~ y::; d}

si hanno le seguenti formule di riduzione:

(7)

b

ff f(x,y )dxdy =

Jdx Jf( x,y)dy

I

(8)

d

a

C

d

b

ff f(x,y )dxdy = Jdy Jf( x,y)dx I

C

a

La (7) dice che per calcolare l'integrale doppio si puo prima calcolare d

l'integrale semplice

Jf( x,y)dy , considerando

x come costante, e poi

C

integrare tra a e b la funzione (della sola

x)

cost ottenuta.

Analogamente per la (8). 8 Anche il concetto di area, come quello di volume,

e qui considerato intuitivo.

VIII-10 Esempi. 1. Sia I = ( (x,y)

R2 11 :;; x :;; 3; -1 :;; y:;; 2 }. Usando la (7) risulta:

e

ff xy dxdy = 2

3

2

I

-1

f dx f xy2dy.

I

Si ha:

e pertanto: 3

ffxy 2dxdy = I

f3xdx=

12.

I

2. Sia I= ( (x,y) e R 2 I a:;; x:;; b; c:;; y:;; d }. Risulta allora:

ff dxdy =

b

d

b

a

c

a

f dx f dy = f (d - c)dx = (b - a)(d - c) = area di

I

I.

e un fatto de! tutto generale. Si puo infatti dimostrarc che: qualunque sia il sottoinsieme I di R2 , si ha:

Qucsto

ff dxdy = area di I. I

2.3. lntegrale doppio su un dominio normale Definizione. Si chiama dominio normale rispetto all'asse x una figura piana del tipo: I= {(x,y)e R 2 I a~ x ~ b; c(x)

~

y ~ d(x)}

dove c(x) e d(x) sono due funzioni di x definite nell'intervallo [a,b].

VIIl-11

y

a

=d(x)

b

X

Analogamente, un dominio normale rispetto all'asse y piana del tipo

e una

figura

I= {(x,y)E R 2 I a(y) S x S b(y); c Sy S d} dove a(y) e b(y) sono due funzioni di y definite nell'intervallo [c,d]. Si dimostra che per i domini normali valgono le seguenti formule di riduzione, che generalizzano quelle viste in 2.2. b

ff f (x,y )dxdy = Jdx I

se

a

I= { (x,y)

e

Jf ( x ,y )dy c(x)

R 2 I a S x Sb, c(x) Sy S d(x) };

d

(11)

d(x)

ff f(x,y )dxdy = Jdy I C

b(y)

Jf(x,y)dx a(y)

se l= {(x,y)E R 2 1a(y)SxSb(y),cSySd}. Esem pi. 1. Sia I ii semiccrchio di centro l'origine e raggio 1, contenuto nel semi piano

y 2:: 0. Esso eil dominio normale rispetto all'assc x dcfinito dalle disuguaglianze:

VIII-12 Sia ora f(x,y)

= x+y. Dalla (10) risulta:

Jf (x+y)dxdy

~

I

f dx f

=

I

(x+y)dy

o

-1

1

=

f(d

1-x2 +½(1-x 2)) dx

-1

] 1 1 -3 1 1 = [ --(l-x2)2 + -x - -x 3

3

2

6

-1

2. Calcoliamo il volume V del solido S definito dalle disuguaglianze: y2 $ x $ l { -1 $ y $ 1

0 $ z $ x2 - xy Osserviamo che S el'insicme dei punti dello spazio compresi trail piano z = 0 e ii grafico della funzione f(x,y) = x2-xy, considerata ncl dominio I del piano dcfinilo dalle prime due disuguaglianze. Pertanlo si ha: V =

JI (x -xy)dxdy. II dominio 2

I

I

a11'asse y, con a(y) =

y2, b(y) = 1, c = -1, d =I.Dalla (5) risulta allora:

Jf (x 2-xy)dxdy I

=

1

1

-1

y2

f dy f (x2-xy)dx

e normale rispetto

VIIl-13

2.4. Calcolo dell'integrale doppio mediante passaggio a coordinate polari Come per gli integrali semplici, anche per quelli doppi e possibile cambiare le variabili: in tal modo spesso si riesce a semplificare l'integrale. Noi ci limitiamo al caso particolare dato dal passaggio da coordinate cartesiane a!coordinate polari, e cioe:

Jx = pcos1'1 lY = psint'J

(12)

Vale la seguente formula:

Jf

(13)

f(x,y) dxdy

=

fJ

I

r

f(pcos1'},psim'}) p dpd1'1

dove I e un insieme non contenente l'origine delle coordinate e I' e l'insieme del piano (p,t'J) trasformato di I tramite le (12). Si noti che l'integrando a secondo membro si ottiene sostituendo le (12) al posto di x e y e moltiplicando il risultato per p. Esercizio. Sia I l'insieme dei punti del piano aventi ordinata circonfercnze di ccntro l'origine c raggi 1 e 3. Si calcoli:

~

0 e compresi tra le

Jf (x 2-y2) dxdy I

Soluzionc. I punti di I sono quclli le cui coordinate polari (p,{)) vcrificano le disuguaglianze: { 1 s p s 3 . Quindi ii cambiamento di variabili (12) trasforma I nell'insieme: Os{)sn I'= ((p,1'J)E R 2 11 sps3,0s{)sn} Poichc I non conticne l'origine possiamo usarc la (13), ottenendo:

ff (x 2-y2) dxdy = ff [(pcos{)) 2- (psim'J)2] p dpd{). T

Siccome I'

c un rettangolo (ncl piano (p,1'})), l'intcgralc a sccondo membro vale:

3

f dp I

I'

7t

fp[(pcos{})2-(psim'})2J d{) = 0

3

7t

I

0

fp3dp f cos21'}d{) = 0.

VIII-14 Si ha quindi:

ff (x -y 2

2)

dxdy) = 0.

I

2.5. Integrali di superficie Sia f( x,y) una funzione di due variabili definita nell'insieme I ~ R 2 , e sia S il grafico di f. Sia g(x,y,z) una funzione di tre variabili il cui dominio contiene S. Si chiama integrale di g esteso ad S il numero reale definito dalla formula:

Jfs gdcr = ff1 g(x,y,f(x,y)) ✓ l+fx2 +f/ dxdy Si definisce poi:

Jfs ldcr = area della superficie Esercizio. Si calcoli !'area dell a superficie S = ( (x,y,z)

E

S.

R 31z = ~ . 1 $ x $ 9; 1 $ y $ 4}.

Soluzione. S e il grafico di f(x,y) = ~ considerata su I= { (x,y) Pertanto, detta A l'area di S, si ha:

ff

A=

S

da =

ff ✓ l + f I

X

E

R 3 11 $ x $ 9, 1 $ y $ 4}.

2+f 2 dxdy y

"h'f-_y_ x - nsu ··1·ta ✓ 1 + f x2+f2-__!__~ 'd'· P01c c x - _r.:--, fy -- -_ r.:--, Y - r:· ~ , e qum 1. "\/ 2xy

· h'e ~ P01c ., · vxy

v'x =~

, y

'< 2 -V xy

"\/ 2xy

+

iir· nsu . I ta, con t·ac1h. . caIco1·1: '< x

J 4

4

r

', X

Tdy + \y

I

e quindi

II ~

-

.r-· dxdy I ,xy

Pcrtanto A=

26 ✓2,

J

v'v

-';:': dy

,x

I

. , 13 1 = 2"\/ x + 3 -;= vx

VIII-15

3. lntegrale triplo Generalita. Data una funzione di tre variabili f: I ➔ R, definita nell'insieme I k R3 , si puo definire l'integrale triplo di f esteso ad I, denotato col simbolo:

fff f( x,y,z)dxdydz. I

Esso si puo calcolare con formule di riduzione simili a quelle viste per l'integrale doppio, oppure passando a coordinate polari (nello spazio) o a coordinate cilindriche. Inoltre si ha:

fff dxdydz = volume di

I.

I

Integrale triplo su un parallelepipedo. Se I= ( (x,y,z)

E

R 3 1a~ x ~ b; c ~ y

~

d; p

~

z ~ q}

si ha la seguente formula di riduzione:

fff f( x,y,z)dxdydz I

b

=

d

q

f dx f dy ff( x,y,z) dz. a

C

p

Passaggio a coordinate cilindriche. Se I non contiene puriti dell'asse z s1 puo effettuare la sostituzione data dal passaggio a coordinate cilindriche: (14)

{

x = pcos1'} y = psem1 Z=Z

Si ha allora la seguente formula:

fff f( x,y,z)dxdydz = fff f( pcosi},pseni},z) p dpdi}dz I

dove I'

e il trasformato di

f

I tramite le (14).

Passaggio a coordinate polari. Se I non contiene l'origine si puo effettuare la sostituzione data dal passaggio a coordinate polari nello spazio:

VIIl-16 x = psem'Jcosqi { y = psem'Jsen

(15)

z

= pcos'I')

Si ha allora la seguente formula:

Jff f(x,y,z)dxdydz = Jff f(psem}cos,psen&sen,pcost'}) p sim'Jdpdt'}d 2

I

I'

Jffzdxdydz

Esercizio. Si calcoli

dove I

e ii sottoinsieme di

R 3 definito dalle disuguaglianze:

I 1 $ x 2+y 2+z 2 $2

{ x~O y~O

z~O

e ii solido contenuto nel primo ottante e compreso tra le superfici sfcriehe di centro J'origine e raggi rispcttivi 1 e 2. In coordinate polari I e descritto dallc disuguaglianze:

Soluzione. I

(16)

Pa~sando a coordinate polari si ha:

fff zdxdyclz = fff (pcos,')) p sim')dpdqid,') 2

I'

dove I'

e ii parallelepipedo dello spazio

p'I') dcfinito dalle (10). L'integrale a secondo membro si

puo quindi calcolarc per riduzionc, eel e uguale a: .!!

ll 2

2

2

f f f cl¢

dp

0

p 3cos1'Jsim'Jd1')

0 1t

2

2

f = 4 'f d

0

In conclusionc si ha:

fff zdxdydz l

= \ 561t.

1t

3

p dp

•1

15Jt =16

Collana 100 PAGINE DI... 100 ESERCIZI DI. .. diretta da S. GRECO Piano dell'opera 100 PAGINE DI... P. ALLIA

Fisica I

P. ALLIA

Fisica II, con cenni di struttura della materia

G. MONEGATO

Elementi di Calcolo Numerico

N. CHIARLI - S. GRECO - P. VALABREGA lineare

Algebra

N. CHIARLI - S. GRECO - P. VALABREGA Geometria analitica piana, con teoria elementare delle funzioni e numeri complessi N. CHIARLI - S. GRECO - P. VALABREGA Geometria analitica dello spazio, con elementi di teoria delle funzioni di piu variabili C. DEMARTINI

Fondamenti di Informatica I

P. ROLANDO et al

Chimica Generale

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Chimica Organica

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Finito di stampare nel mese di novembre 1994 presso la M. S./Litografia s.r.l. - Torino per conto della Editrice Universitari.l Lev rot to & Bella - Torino

ISBN

88-8218- □ 7 □-□

II II llll 1111111111111111

9 788882 180706