C'è silenzio e silenzio. Forme e significati del tacere 8857513173, 9788857513171

Il silenzio non è opposto alla parola ma complementare ad essa: il tacere non va considerato soltanto come una privazion

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C'è silenzio e silenzio. Forme e significati del tacere
 8857513173, 9788857513171

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MIMESIS ACCADEMIA DEL SILENZIO n.4

Collana diretta da Duccio Demetrio e Nicoletta Polla­ Mattiot

Il gruppo promotore dell'Accademia del Silenzio è composto da: Angelo Andreotti, Angelo Barreca, Giampiero Comolli, Duccio Demetrio, Valentina D'Urso, Marco Ermentini, Emanuele Ferrari, Daniela Finocchi, Gianni Gasparini, Giorgio Ieranò, Emanuela Mancino, Francesco Marchioro, Giampaolo Nuvolati, Antonella Parigi, Luigi Perissinotto, Nicoletta Polla­ Mattiot, Gian Piero Quaglino, Stefano Raimondi, Antonio Ria, Francesca Rigotti, Luigi Spina, Manuela Trinci

GIOVANNI GASPARINI

C'È

SILENZIO

E SILENZIO Forme e significati del tacere

MIMESIS Accademia del Silenzio

© 2012- MIMESIS Collana:

EDIZIONI

(Milano- Udine)

Accademia del Silenzio n. 4

www.mimesisedizioni. it Via Risorgimento, 33-20099 Sesto San Giovanni

Telefono e fax: +39 02 89403935 E-mail: [email protected]

(MI)

INDICE

l.

lL

2.

GLI

3.

SILENZI

GRADEVOLI

p. 27

4.

SILENZI

PROBLEMATICI, SILENZI SGRADEVOLI

p. 37

5.

A

SILENZIO E LA COMUNICAZIONE SPAZI SOCIALI DEL SILENZIO

' MO DI CONCLUSIONE

p. 7 p. 15

p. 43 p. 45

B IBLIOGRAFIA - f iLMOGRAFIA

5

l.

IL SILENZIO E LA COMUNICAZIONE

Si può parlare del silenzio, scrivere sul silenzio? Appa­ rentemente si tratta di un paradosso, di una contraddizione in termini. In realtà, non soltanto è possibile parlare del si­ lenzio, ma si può farlo in modi validi e utili, come si cercherà di dimostrare in queste pagine. Parola e silenzio si possono concepire come comple­ mentari all'interno del processo di comunicazione di cui è intessuta la società e la stessa esperienza personale di ogni soggetto. E vi sono parecchie specie di silenzi, dal momento che il silenzio, come del resto la parola, ha più modalità di espressione e più significati, è polisemico. E dunque, per riprendere il titolo di questo testo, c) è silenzio e silenzio. n tema del silenzio può essere trattato in diversi modi e da parecchi punti di vista, anche collegati tra loro: filosofico, religioso, mistico, poetico, naturalistico, socio-antropologi­ co, linguistico e urbanistico, per tacere di altri. Il silenzio è o può essere un fatto sia di natura (quello degli spazi natu­ rali, oggi anche di quelli cosmici esplorati dalla navigazione spaziale extraterrestre) che di cultura (quando è legato a comportamenti degli attori e dei sistemi sociali). Il silenzio può essere inteso come una variabile indipendente, vale a dire come qualcosa che sta a monte di certe manifestazioni ed espressioni ad esempio in poesia, nell'arte, nell'espe7

rienza religiosa o in certe pr atiche sociali; oppure esso può venire concepito come una variabile dipendente, allorché si osservano esperienze e comp ortamenti che si manifestano silenziosamente a fronte di determinati processi che ne f a­ voriscono il verific arsi. n silenzio è all'origine di distinzioni e polarità import anti, come quell a che f a riferimento al silen­ zio pr atic ato individualmente rispetto a quello di un grupp o o di una collettività, o come quell a che differenzia il s ilenzio in qu anto libera espressione personale d a quello imposto coercitiv amente. n silenzio è anzitutto elemento di snodo con l a comu­ nic azione verbale: come not a D avid Le Breton in uno dei pochissimi lavori socio-antropologici sul tem a, il silenzio ap­ p are in qualche modo un intruso e un residuo an acronistico dello stadio a cui punta l'homo communicans: il silenzio, che si esercit a normalmente attr averso un gesto di riflessione e spesso di p azienz a, è il vero nemico della comunic azione, d al momento che ess a si svolge in un contesto di r apidità e di urgenza (Le Breton 1997, pp. 1 1- 13). Siamo abitu ati a concepire il s ilenzio per lo più come un a deprivazione rispetto a qualcos a che è fond ament ale per l'esperienz a e l'espressione uman a, l a p arol a. In questo senso il silenzio è consider ato la cess azione e l'opp osto del p arl are, così come del produrre suoni o rumori: il verbo it aliano tacere assume appunto questa connot azione negati­ v a, che è essenzialmente quell a dell' astensione, dell' assenza e della priv azione. M a è interess ante r ilev are che la lingu a l atin a, che pure disponeva dell'identico verbo tacere, con un altro verbo, silere} alludeva opportunamente ad un s ilenzio attivo inteso come azione concreta e reale, ad un "f are silen­ zio" che è o può essere signific ativamente orient ato a certi obiettivi e v alori. Certo il mondo premoderno o anche solo quello ante­ riore al Novecento in Occidente h a conosciuto un a re altà completamente diversa d all a nostr a rigu ardo all'esperienza 8

e all a diffusione del silenzio, t anto nelle aree n aturali che in quelle urb ane, nelle comunic azioni come nei contesti so­ ciali più diversi. M a x Pic ard, che negli anni Cin qu anta del Novecento dedicò al silenzio un a singolare e acut a oper a di c ar attere filosofico e s apienziale, giunse ad afferm are che con la perdit a del silenzio l'uomo è stato modific ato nella su a stess a struttura: Nulla ha tanto mutato l'essenza dell'uomo quanto la perdita del silenzio. Né l'invenzione della stampa, né la tec­ nica, né l'istruzione obbligatoria hanno tanto radicalmente mutato la fisionomia umana quanto la perdita di ogni rela­ zione col silenzio, quanto il fatto che il silenzio non esiste più come una cosa affatto naturale, naturale come le nubi del cielo, come l'aria. (Picard 1951, p.267)

Si fa f atic a a imm aginare che cos a scriverebbe oggi il filo­ sofo svizzero, che ai suoi tempi l amentav a la distruzione del silenzio ad opera dell a r adio, dop o l a dif fusione m assiccia verific atasi negli ultimi decenni dell a televisione, dei nuovi media, dei telefoni cellul ari; e a tutto questo si aggiunge l' au­ mento esponenziale del traffico automobilistico nelle città e sulle str ade e autostr ade, così come l a crescita incontroll ata di molte aree metropolitane nel mondo. M a, in fondo, non è così difficile imm agin arsi le f asce s p azio-temporali ben più ampie di silenzio che dovevano awolgere il mondo, sia nelle aree naturali che in quelle citt adine, solt anto un se­ colo f a, qu ando l a popolazione globale er a forse un qu arto di quella attuale e vivev a per meno di un terzo in aggregati urbani. Non si può dimentic are per altro che in contesti pre­ industri ali o pre-moderni il silenzio stava a signific are anche isol amento sociale, solitudine vissut a senza possibilità alter­ native, sc arsità di rel azioni al di fuori dell a comunità loc ale nonché impossibilità di comunic are a distanz a.

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n silenzio è dunque una realtà dotata di ampie poliva­ lenze, a seconda sia del contesto sociale di riferimento sia del singolo che ne fa l'esperienza: analogamente a quanto avviene per la solitudine (piacevole o spiacevole secondo i casi), si può avere un silenzio "amico" o gradevole e un silenzio "nemico" o sgradevole. Per il primo tipo si può pen­ sare a quello del monaco che secondo la regola benedettina fa della taciturnitas uno stile di vita, ma anche a quello di una persona qualunque che ritrovi in un ambito silenzioso la possibilità di riflettere, di concentrarsi, di meditare (in termini laici o religiosi). L'altro tipo di silenzio può essere invece- fra altri esempi - quello di chi in una società autori­ taria o dispotica non abbia accesso ad una libera espressione della parola, di chi venga cioè "ridotto al silenzio"; o anche di chi subisca un silenzio ostile o colpevolizzante, carico di contenuti minacciosi o ricattatori. Parola e silenzio s'intrecciano così nei processi di comu­ nicazione interpersonale e collettiva, con esiti aperti e non predeterminabili. In alcuni casi il silenzio si presta a sostitu­ ire l'ambiguità sottesa alle parole, o almeno tenta di farlo. Nel celebre racconto di Saint -Exupéry, la volpe, interrogata dal piccolo principe sull'amicizia, gli insegna un'arte del si­ lenzio che inizia dall'esercizio della pazienza: 'Bisogna essere molto pazienti' rispose la volpe. 'In prin­ cipio tu ti siederai un po' lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi'. (Saint-Exupéry 1965, cap.21).

Che le parole si prestino a malintesi lo sappiamo bene per esperienza, dal momento che il linguaggio, per motivi sia intenzionali che di altro tipo, può essere all'origine di mancate comprensioni, errori di interpretazione e conflitti relativi. Giocano qui naturalmente nella relazione interperlO

sonale le diversità e i temperamenti individuali così come le appartenenze di genere (maschile e femminile), le fasce di età e le connotazioni etniche dei soggetti. Anche il silenzio non è privo di ambiguità, ma in determi­ nate occasioni o contesti sembra essere più eloquente e co­ municativo della parola. Allorché l'espressione verbale non basta, non è adeguata o sufficiente ad esprimere sentimenti profondi e difficili o imbarazzanti da comunicare, ecco che il silenzio supplisce. Questo accade in particolare in situa­ zioni in cui si voglia testimoniare ad altri la partecipazione a un dolore, a una perdita grave o irreparabile, a un lutto: nei casi in cui la parola è avvertita come carente, la presenza e la vicinanza silenziosa di un'altra persona possono testimonia­ re anche meglio di una espressione verbale il condividere e il prender parte ad una sofferenza o a un problema grave. Lo conferma un'altra esperienza che si è diffusa nelle no­ stre società, quella del minuto di silenzio che viene osservato eccezionalmente per fare memoria di una persona scompar­ sa o di un grave evento che ha coinvolto un gruppo sociale, un paese o una collettività: tutti si alzano in piedi tacendo e assumendo una posizione di raccoglimento. Anche in questo caso, che assume un valore potenziato e paradossale allorché una emissione radiotelevisiva trasmette in diretta l'evento, al silenzio viene assegnato un valore forte, anche più alto della comunicazione verbale esplicita, pur restando che ciascun partecipante utilizzerà questo breve momento silenzioso in modo differente (memoria, riflessione, preghie­ ra, eventualmente indifferenza). In linea generale, si può convenire che al silenzio sono assegnabili una serie di funzioni analoghe a quelle svolte dal linguaggio e studiate dai linguisti (Polla -Mattiot 2004, p.21 sgg.). Una prospettiva di analisi del silenzio che ho proposto da alcuni anni fa riferimento alla tematica e alla categoria degli 11

"interstizi", nel quadro di una Sociologia della vita quoti­ diana attenta alle esperienze piccole e marginali dei membri delle nostre società (Gasparini 1995, 1998, 2002, 2005, 2007, 2009). Gli interstizi della vita quotidiana sono esperienze o fenomeni generalmente trascurati e considerati intermedi (nel senso dell'in-between dal punto di vista spaziale, tem­ porale o della comunicazione) oppure marginali-periferici in un dato sistema sociale, ma che sono in realtà portatori di valori e di senso: nel primo caso si parla di interstizi di I livello, nel secondo di interstizi di II livello, anche se alcuni fenomeni possono rivestire contemporaneamente i caratteri dell'intermediarietà e della perifericità-marginalità. Infine, gli interstizi di III livello alludono a quegli "universi paralle­ li" al mondo serio e normale della vita quotidiana che sono anch'essi rilevanti per l'esperienza della singola persona, come ad esempio il mondo del sogno, del comico, dell'arte, del teatro, della letteratura. n silenzio si può considerare un tipico fenomeno inter­ stiziale anzitutto per il suo stare in mezzo a flussi continui o pressoché ininterrotti di comunicazione verbale e di rumo­ re. Si tratta di un interstizio di I livello attinente alla sfera comunicazionale, accanto ad esempio ai fenomeni dell'atte­ sa e della sosta, interstizi concernenti la sfera temporale, e alle esperienze del viaggio e del passaggio, relative alla sfera spaziale. In secondo luogo, il silenzio si può definire un'esperienza interstiziale in quanto si tratta di un fenomeno considerato marginale ed eccezionale rispetto alla centralità della parola parlata e scritta (interstizio di II livello). In una visione parti­ colarmente accentuata di questo secondo aspetto, il silenzio è stato definito persino "un errore di fabbricazione nel flus­ so continuo del frastuono" (Picard, p. 84). Tuttavia, nonostante il permanere del carattere periferi­ co e di fatto quasi eccezionale del silenzio, si osserva negli ultimi tempi il crescere di attenzione che viene prestata ad 12

alcuni aspetti del silenzio in un quadro di relazioni sociali preoccupate di salvaguardare il valore generale della qualità della vita. Ne testimoniano ad esempio e tra l'altro il varo di disposizioni volte a proteggere i cittadini dall'inquinamen­ to da rumore o, per altri versi, la valorizzazione economica di luoghi come abitazioni e alberghi (ma anche di carrozze ferroviarie e mezzi di trasporto) che consentano di fruire di spazi e contesti relativamente silenziosi e tali da assicurare in particolare il riposo, il rilassamento, la ri flessione personale. Così, la stessa carenza di silenzio nei sistemi contempora­ nei- dovuta all'invadenza dei rumori, all'onnipresente bru­ sio che regna nelle aree metropolitane, alla moltiplicazione ipertrofica delle forme di comunicazione- ha innescato per reazione un processo di valorizzazione del silenzio. Proprio perché espulso o fortemente emarginato e divenuto eccezio­ nale, il silenzio torna paradossalmente oggi a "farsi sentire" e ad essere apprezzato a motivo della sua stessa rarità. Come vedremo nelle pagine che seguono, il rispetto del silenzio viene richiesto o sollecitato in non pochi luoghi e ambiti come quelli dedicati alla cura della salute, al mantenimento di esigenze di riposo notturno, allo svolgimento di riti reli­ giosi, alla fruizione estetica.

13

2.

GLI SPAZI SOCIALI DEL SILENZIO

La molteplicità e polivalenza dei comportamenti silen­ ziosi suggerisce di introdurre una tipologia delle diverse forme di silenzio, nel quadro di una attenzione alle relazioni umane e alle norme che reggono il funzionamento di alcune unità sociali. Una distinzione può essere operata così tra situazioni ri­ spettivamente di silenzio generalizzato, di silenzio qualificato e di silenzio interattivo (Gaspar ini 1995, 1998). n silenzio generalizzato corrisponde a contingenze in cui il silenzio è richiesto a tutti gli attori o soggetti presenti, come nel caso già ricordato del minuto di silenzio osservato nel quadro di una commemorazione che accomuna tutti i partecipanti a un rito, a una celebrazione o a un evento collettivo. n secondo tipo, quello del silenzio qualificato, corrispon­ de a situazioni in cui il silenzio va osservato da tutti ad ecce­ zione di uno o pochi soggetti in posizione-chiave, come ad esempio il conferenziere che parla, l' insegnante o docente che sta svolgendo una lezione in classe, il pianista o i musici­ sti che eseguono un concerto. n terzo tipo, quello denominato silenzio interattivo, esprime le tipiche dinamiche dell'interazione verbale tra due individui coinvolti in una conversazione, in cui i silenzi punteggiano il discorso e le stesse alternanze reciproche di 15

uso e astensione dalla parola, come awiene tipicamente nel­ la conversazione telefonica. Dal primo al terzo caso si assiste ad una progressiva ri­ duzione dell'entità silenziosa del contenuto della relazione o del processo sociale in questione; il silenzio interattivo in effetti si sovrappone alla problematica della comunicazione verbale. n silenzio generalizzato, quello senza eccezioni, esprime implicitamente un aspetto normativa e di valore: quello per il quale si ritiene che esistano regole comuni che da tutti debbono essere rispettate. Non solo: questa forma di silen­ zio esige necessariamente una sintonia temporale, e precisa­ mente una simultaneità di comportamenti tra tutti i soggetti presenti, non essendo ammissibile che la norma che impone il silenzio venga attuata in momenti o fasce temporali diver­ se da quelle prescritte, vale a dire secondo logiche di flessi­ bilità temporale come quelle che potrebbero riguardare la prestazione di un'attività lavorativa o professionale. In certe unità sociali, poi, il silenzio osservato dai membri assume il significato di una esplicita adesione alle norme elaborate dall'organizzazione, come nel caso dei conventi di clausu­ ra che prescrivono il silenzio in certe fasce temporali della giornata o nelle caserme allorché ad una certa ora della sera viene "suonato il silenzio" e il segnale sonoro di uno stru­ mento musicale annuncia l'inizio del tempo in cui astenersi dalla comunicazione verbale e da ogni altro rumore. Anche nelle situazioni e nei contesti in cui si esprime un silenzio qualificato sono presenti elementi normativi che vengono di regola rispettati dai partecipanti e che costitu­ iscono la base della possibilità stessa di dar vita al processo sociale, all'evento o al rito in questione. In questi casi la di­ namica fondamentale è costruita attorno ad una asimmetria comunicativa, vale a dire al fatto che il silenzio di quasi tutti gli attori consente ad uno o pochi altri, in posizione centrale per il loro ruolo nella contingenza di cui si tratta, di parlare 16

o di produrre suoni. Si tratta dunque prevalentemente di situazioni in cui il silenzio è finalizzato all'ascolto e dove l'audizione riveste un carattere ritenuto particolarmente pregiato e pregnante: così, il pubblico di un concerto o di una rappresentazione teatrale si astiene dal parlare per poter ascoltare- e consentire a ciascuno di ascoltare - le parole, il canto, i suoni e gli stessi silenzi prodotti dai musicisti e dagli attori. Soltanto alla fine dell'esecuzione gli spettatori saranno autorizzati ad interrompere il proprio silenzio:essi lo faranno in un modo ritualizzato, tipicamente con l' ap­ plauso, gesto rumoroso che- come del resto il fischio, usato anch'esso in certi spettacoli- non ricorre alla parola, anche se quest'ultima potrà trovare modo di irrompere frammen­ tariamente per tradursi in forme di apprezzamento o di di­ sapprovazione verbale. Altri casi di silenzio qualificato sono quelli che si verifi­ cano nell'insegnamento scolastico e universitario o di altri tipi, nonché in occasione dello svolgimento di conferenze, seminari, convegni, dibattiti o simili: in tutti questi casi il silenzio è richiesto e funzionale ai fini di consentire al do­ cente o a chi parla di svolgere il proprio intervento orale. Al termine della comunicazione del relatore potrà essere data la facoltà di intervenire alle persone dell'uditorio o del pubblico, le quali saranno così autorizzate a rompere il si­ lenzio imposto precedentemente dall'ascolto e a loro volta porranno in essere situazioni in cui è previsto l'ascolto del proprio intervento, il quale sarà comunque sottoposto a rigi­ di limiti di tempo nonché di argomento. Analogamente, gli studenti alla fine della lezione (o anche durante la medesi­ ma, attraverso forme istituzionalizzate quali l'alzare la mano per chiedere di intervenire) vengono invitati o autorizzati a porre domande, a chiedere chiarimenti, a esprimere pareri al docente che li ha intrattenuti su un certo argomento e una certa disciplina. 17

A prescindere da forme di mancata osservanza del s ilen­

zio generalizzato e qualificato che consistono in interventi di parola intempestivi o non autorizzati, una forma parti­ colarmente seccante e diffusa di violazione della norma che chiede il rispetto del silenzio in certi luoghi è rappresentata oggi dallo squillo estemporaneo dei telefoni cellulari. Per contrastare questa sgradevole evenienza si sono diffusi in parecchi ambiti, dalle chiese ai teatri e alle scuole, awisi scritti e orali che richiamano gli astanti allo spegnimento del telefono portatile o quanto meno al silenziamento della suoneria relativa. n terzo tipo di silenzio evocato (silenzio interattivo) al­ lude a forme di comunicazione molto meno asimmetriche della precedente, anzi di carattere normalmente simmetrico, che si awalgono di emissioni verbali e di ascolto silenzioso alternati reciprocamente, come awiene nel dialogo telefo­ nico. In questi casi, in effetti, tanto una situazione di con­ temporaneo uso della parola (e non ascolto reciproco) degli interlocutori quanto quella di un loro simultaneo silenzio (che creerebbe imbarazzo) non è funzionale allo svolgimen­ to dell'interazione relativa. Un caso caratteristico in cui si ritrovano compresenti e alternati i tre tipi di silenzio - generalizzato, qualificato e interattivo - è offerto dal rito centrale della religione cri­ stiana, in particolare nell'ambito del cattolicesimo. Si tratta della celebrazione della messa, specialmente alla domenica (dies dominica, giorno del Signore osservato già dalle prime comunità cristiane nel I secolo), la quale come è noto rap­ presenta per i cristiani il giorno dominante della settimana, diverso da tutti gli altri, così come il sabbato lo è per gli ebrei e il venerdì per gli islamici. Ora, nella celebrazione eucaristica domenicale sono presenti in effetti fasi di silenzio generalizzato che vengono rispettate da tutti simultaneamente, compreso il presbitero celebrante: in esse (fra l'altro in quelle che seguono la con18

sacrazione del pane e del vino e la comunione) si intende sottolineare la solennità di certi momenti cruciali della cele­ brazione e fornire l'opportunità ai fedeli di un raccoglimen­ to nell'ascolto, nella meditazione o nella preghiera silenziosa personale. Le fasi in cui è all'opera il silenzio qualificato sono soprattutto quelle della proclamazione delle letture (testi dell'Antico e del Nuovo Testamento, con particolare enfa­ si sulla lettura del Vangelo) e dell'omelia che il celebrante pronuncia dopo il Vangelo. li silenzio interattivo si traduce poi nelle parti che costellano la celebrazione attraverso il dialogo ritualizzato tra il celebrante e i fedeli che gli rispon­ dono con le formule previste. Infine, vi sono parti del rito in cui si verifica una presa di parola generalizzata da parte di tutta l'assemblea, come quando vengono recitati da tutti insieme il Gloria, il Credo e la preghiera del Padre nostro, o nei momenti dedicati al canto collettivo. La notevole esemplificazione del rito eucaristico in am­ bito cattolico ci riporta più in generale alle intense relazioni che in tutte le esperienze religiose, nel succedersi del tem­ po, si sono espresse tra il sacro e la pratica e osservanza del silenzio, coinvolgendo non solo la ritualità delle istituzioni religiose nei loro rapporti con i fedeli ma anche la spiritua­ lità espressa nelle diverse credenze (cfr. Gasparini 1998). Secondo l'autorevole Ency clopedia o/ religion curata da Mircea Eliade, il silenzio è stato considerato come la forma più elevata di espressione religiosa, presente quasi universal­ mente in quanto elemento di adorazione o di preparazione alle esperienze spirituali (Wheelock 1987). Emerge qui l'accostamento e l'intreccio tra dimensioni socioreligiose del silenzio - come quelle che riguardano i comportamenti silenziosi prescritti nei riti e in certi ambiti dedicati alle esperienze del sacro - e aspetti personali per­ seguiti da singoli e volti a cogliere non solo le coordinate esteriori ma anche quelle interiori e più profonde dell'espe19

rienza del silenzio vissuta in chiave religiosa. A questo ri­ guardo va ricordata la dimensione per così dire ambientale, che rappresenta l'involucro o la cornice esterna che consen­ te l'isolamento dai rumori e la predisposizione di condizioni preliminari che facilitino l'esperienza del silenzio sia su base individuale che collettiva: si può pensare qui, oltre che agli spazi specializzati preservati dai rumori esterni (come gli edifici di culto), alle scelte che stanno a monte di determina­ te esperienze religiose, come nel caso di conventi, monasteri e luoghi di ritiro o romitaggio. n caso del monachesimo cristiano in occidente è partico­ larmente interessante, a partire dall'analisi di alcune regole di ordini religiosi. La regola o Regula monasteriorum di San Benedetto, del V I secolo, che ha avuto grande importanza non solo per l'elaborazione di altre regole monastiche ma per la scansione del tempo nella società medievale attraver­ so l'alternanza dell'ora et labora, affronta con una specifica casistica il tema del silenzio. Quello prescritto dalla regola benedettina è un silenzio di umiltà e di prudenza, una taci­ turnitas finalizzata al controllo dei sensi, sulla linea trasmes­ sa dai testi sapienziali dell'Antico Testamento; ma è anche un silenzio motivato dall'atteggiamento essenziale di ascolto e attenzione- di obbedienza, che significa letteralmente ed etimologicamente il gesto di "porgere orecchio" - che viene richiesto al discepolo di fronte alla parola di Dio: "Tocca al maestro parlare e insegnare, al discepolo convengono il tacere e l'ascoltare" ( San Benedetto 1981, cap.V I). n silenzio esteriore di cui si occupano le regole nell'am­ bito del monachesimo cristiano, ricco di riflessi sullo stesso svolgimento della vita monastica, ha così un valore pedago­ gico di apertura alla vita religiosa e spirituale, a quell'ascolto di cui si nutre la preghiera silenziosa individuale così come quella comunitaria, ad un ascetismo che in rari casi può pre­ ludere ad esperienze mistiche. 20

n silenzio mistico è un forma di afasia presente in tradi­ zioni religiose diverse- non solo cristiane- in cui si verifica un contatto personale e intimo con Dio. L'incontro del mi­ stico con la divinità è ineffabile, non riferibile in parole, e il suo mistero non può essere comunicato a posteriori, se non eventualmente in modo parziale, imperfetto e insoddi­ sfacente, anche da parte di un poeta che abbia consuetudine con la parola. E' questo in particolare il caso di Dante, sommo poeta, che nell'ultima cantica del Paradiso riferisce una sorta di visione beatifica frutto di un'esperienza mistica e ribadi­ sce la pochezza, l'insufficienza della poesia stessa a ridire la visione, a proposito della quale la parola allude a silenzi molto più pregnanti di quanto non possa essere comunicato verbalmente: Oh quanto è corto il dire e come fioco al mio concetto! e questo, a quel ch'i' vidi, è tanto, che non basta a dicer "poco" (Dante 1987, Paradiso, XXXIII, vv.l21- 123)

Sempre in tema di legame con il sacro, va menzionato il comportamento silenzioso che è di solito sollecitato nei luoghi di culto con appositi cartelli o indicazioni scritte (e talvolta orali) anche quando non sono in corso riti o cele­ brazioni, allo scopo di consentire il raccoglimento, la con­ centrazione e la preghiera di ciascun fedele. n silenzio è tenuto poi solitamente nelle contingenze e negli ambiti che implicano un contatto con la morte: pensia­ mo ai riti funerari, al corteo funebre, al cimitero. Durante i funerali il mantenimento del silenzio o l'uso discreto e a bas­ sa voce della parola testimonia, nella cultura attuale, tanto il rispetto di fronte al mistero della morte quanto l'imbaraz­ zo che comporta l'uso della parola nel rivolgersi ai parenti stretti di chi è deceduto. Per analoghi motivi, nei cimiteri 21

ci si attende dai frequentatori un atteggiamento di silenzio o quanto meno improntato ad un uso limitato della parola. Vanno menzionati poi, tra i luoghi sensibili all'osservanza e alla pratica del silenzio, le organizzazioni e unità sociali che si occupano specificamente della cura della salute come gli ospedali, le cliniche e le case di cura, a cui si possono aggiungere gli istituti di vario tipo per la cura degli anziani e di soggetti privi di autonomia. Elementi in questo senso si ritrovano sia all'esterno di questi luoghi con la prescrizione di "zone di silenzio" che riguardano il traffico e dovrebbero preservare dai rumori, sia all'interno con la norma del silen­ zio da osservare nelle camere dei degenti durante certe ore del giorno e nel periodo notturno. Le motivazioni relative si legano alle esigenze di cura e riposo del paziente e al rispetto della sofferenza, specialmente nelle fasi più gravi che posso­ no preludere ad un esito infausto della malattia. Altre unità sociali sono interessate a norme che chiedono l'osservanza del silenzio, a tutela del riposo e del benessere di tutti, come nel caso di ambiti dedicati alla fruizione del tempo libero e delle vacanze. Nelle stesse abitazioni private si pongono problematiche connesse al rispetto del silenzio, specialmente nelle aree urbane che sono soggette ad una esposizione all'inquinamento da rumore, e a tutela comun­ que del valore della privacy di chi occupa un appartamento. Si osserva così la tendenza all'a umento della domanda di case e appartamenti silenziosi o acusticamente isolati. Un caso storicamente significativo e perdurante di un luogo e ambito sociale in cui si mantiene il silenzio è rap­ presentato dalla biblioteca. Istituzione antica e ancora oggi fondamentale- nonostante la diffusione dei supporti infor­ matici - per la conservazione della memoria e per l'attività di studio, la biblioteca ha uno speciale legame con il silenzio: essa è infatti per eccellenza l uogo laico di silenzio, spazio nel 22

quale la compresenza di individui numerosi e fisicamente contigui è improntata all'astensione dal parlare e dal fare rumore. Lo stesso uso del computer portatile da parte degli utenti, da pochi anni ammesso anche nelle biblioteche, av­ viene in modo tale da mantenere l'obbligo del silenzio che incombe a tutti e che viene richiamato di solito da appositi avvisi scritti all'ingresso del luogo. n silenzio ha la funzione di consentire a ciascuno di legge­ re i propri libri e di lavorarvi, nel rispetto reciproco riguardo agli altri utilizzatori della biblioteca. Siamo quindi in pre­ senza di un silenzio generalizzato, per usare la terminologia introdotta sopra, ma nel quale ogni partecipante svolge una propria attività che corrisponde a una motivazione persona­ le specifica, anche se accomunabile a quella di ciascun altro attraverso l'interesse generale di tutti i frequentatori della biblioteca alla lettura e allo studio di libri e pubblicazioni. Nelle aree urbane la presenza di un traffico massiccio di veicoli privati e pubblici, insieme alla compresenza e conver­ genza di grandi masse di individui, è all'origine di imponenti flussi di comunicazione verbale e di rumori meccanici o di altro genere. Proprio per questo il silenzio si può considera­ re in tali aree in linea di massima un fenomeno eccezionale, "interstiziale" nel senso indicato in precedenza. In un'opera già citata, dove l'approccio @osofico e poe­ tico-sapienziale è decisamente prevalente su quello dell'os­ servazione sociale, Picard notava che la grande città appare come un immenso serbatoio di rumore, dal momento che quest'ultimo "è fabbricato in città né più né meno di una merce qualsiasi". Sviluppando una critica radicale del mac­ chinismo moderno, egli rileva il ruolo svolto al riguardo dal lavoro industriale e dalle macchine, a cui si aggiunge il bru­ sio di fondo determinato soprattutto dalla radio. A parecchi decenni di distanza, durante i quali il lavoro e le macchine industriali con il processo di deindustrializzazione hanno 23

perso relativamente terreno rispetto ai servizi e al terziario, si nota che nelle aree urbano-metropolitane si è verificata una formidabile crescita delle fonti di rumore, specie negli spazi pubblici ma non solo in essi: oltre agli esiti del traffico e della crescita delle aggregazioni urbane, è facile osservare che l'invadenza degli schermi televisivi, dei riproduttori di musica, dei computer e soprattutto dei telefoni cellulari ha ridotto drasticamente le aree, le fasce temporali e le possibi­ lità stesse di silenzio nelle aree urbane. E' interessante richiamare qui la distinzione che Picard opera tra rumore e brusio, in cui è coinvolto anche il rap­ porto tra parola e silenzio: Vi è una differenza tra rumore e brusio verbale. Il rumo­ re è nemico del silenzio, gli è contrapposto; il brusio verbale non si contrappone al silenzio, ma ne fa dimenticare l'esi­ stenza. Non è neppure un fenomeno acustico; la sua com­ ponente acustica, il suo ronzio, è soltanto il segno che ora il brusio verbale occupa tutto lo spazio e tutto il tempo. Il rumore è invece delimitato, legato a un oggetto, per­ ché ne annuncia la presenza. Il rumore di una festa, il chias­ so di una musica campestre, sono circoscritti dal silenzio che, opponendovisi, dà rilievo al chiasso. Il silenzio resta ai confini del rumore e attende di poter ricomparire; ai confini del brusio verbale vi è invece il limitare del vuoto, il nulla. (Picard 2007, pp.15 3-154) ll brusio di fondo di cui parlava Picard avendo presente

la radio, da lui considerata un vero e proprio medium, si è trasformato oggi soprattutto in quello dei telefoni cellulari che accompagnano in ogni segmento dello spazio urbano i movimenti e le azioni dei singoli, sottraendo al silenzio tem­ pi e spazi della vita sia individuale che collettiva. Ma esso riguarda lo sfondo incessante e indistinto della comunica­ zione continua e ipertrofica che- attraverso strumenti diffu24

si e di uso quotidiano come computer e cellulari con accesso a internet, Ipad, schermi televisivi e così via - caratterizza la vita dei sistemi sociali e le nostre singole esistenze nel loro quotidiano svolgersi. Mi sembra di poter notare qui una convergenza tra l' os­ servazione del brusio, che scorre in continuazione e non differenziato- al punto tale che "l'uomo e il brusio verbale sono confusi in un solo e persistente rumoreggiare" (Picard 2007, p.62) - , e l'idea che sia in atto oggi un processo di agglutinamento della comunicazione, così come si presenta tipicamente nella televisione e nei nuovi media. La logica quantitativa tende in tal modo a svalutare radicalmente quella qualitativa e della distinzione, mettendo sullo stesso piano qualunque elemento o segmento di comunicazione, indipendentemente dal suo valore e dalla sua specificità, dal momento che L'agglutinamento sottolinea la presenza contemporanea di oggetti reali o virtuali che si connettono l'uno all'altro senza una gerarchia o un ordine preciso, come mero esito del funzionamento di certi strumenti che li producono o li rendono disponibili ad un utente (Gasparini 2009 a, p. 39) .

Si tratta allora di avere consapevolezza e prendere atto di queste caratteristiche e tendenze della comunicazione omologante, globalizzata e agglutinante di oggi, tanto più se si aderisce ad una visione umanistica delle scienze sociali, in cui i valori entrano nelle scelte e negli orientamenti degli attori operanti dal vivo nei sistemi sociali. Al riguardo mi sia consentito segnalare qui la diversità del mio approccio da quello radicalmente critico della modernità adottato da Picard, allorchè egli si spinge sul terreno dell'osservazione sociale e vede in modo deterministico e completamente ne­ gativo le forme di comunicazione a distanza. A mio parere, 25

invece, un approccio sapienziale, @osofico e spirituale al si­ lenzio può coniugarsi e articolarsi felicemente con un'analisi sociologica o socio-antropologica e con l'accettazione delle forme della modernità contemporanea, dei segni dei tempi attuali. In altri termini: per quanto il compito sia difficile e gli esiti non scontati, ritengo che sia possibile resistere a ciò che nei contesti sociali moderni si oppone al silenzio o lo distrugge e che si possa aspirare a fruire di spazi ed esperienze signi­ ficative di silenzio anche nel mondo di oggi, ben sapendo che quest'ultimo è caratterizzato da flussi di comunicazione incessante e dall'invadenza del rumore.

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3.

SILENZI GRADEVOLI

Alla luce e sulla premessa delle indicazioni che precedo­ no, si vorrebbero illustrare ora casi di silenzi che abbiano un valore positivo per i singoli e per i gruppi sociali. Pensiamo a silenzi significativi che abbiano potenzialità gradite o gra­ devoli, che siano frutto di scelte degli interessati e che siano accessibili e realizzabili nei nostri sistemi, dove come sap­ piamo siamo inseriti in logiche di comunicazione continua, o se si vuole nella morsa di una "società di rete" (network society) che lascia soltanto frammenti e brevi interstizi all'e­ spressione del silenzio. La prima grande area da cui trarre esemplificazioni è rap­ presentata dall'esperienza artistica nelle sue diverse espres­ sioni, a partire dalla poesia, q uella forma che assegna un valore assolutamente prioritario alla parola. Ora, per molti poeti che hanno riflettuto sulla loro stes­ sa esperienza e per alcuni filosofi che se ne sono occupati specificamente, la poesia è considerata come parola che emerge dal silenzio e che tende a fare ritorno ad esso, alla sua profondità. La poesia può essere intesa come un viag­ gio dal silenzio al silenzio: come una parola che nasce dalla meditazione silenziosa, conosce il miracolo sorprendente dell'ispirazione e trova espressione nei segni impressi sulla carta o nella declamazione dell'attore; una parola-forma che conchiude il proprio percorso lanciandosi verso sponde ul­ teriori di silenzio. 27

Come nota con linguaggio poetico Picard, la parola è una candida nuvola che si libra sul mare del silenzio. Ma silenzio e parola si implicano e rinviano all'insostituibile importanza della parola stessa in quanto gesto umano che si proietta al di là dell'umano: E' come se dietro il silenzio vi fosse la parola assoluta verso cui, attraverso il silenzio, muove la parola umana. E' come se la parola umana fosse sorretta dalla parola assoluta. (Picard 2007, p.42)

Si può cogliere una consonanza di questa visione con la dimensione religiosa del cristianesimo, nel quale la Parola (Logos o Verbum) esce dall'eternità per incarnarsi in Gesù Cristo: nella sintesi che fornisce il Vangelo di Giovanni, l'in­ carnazione è appunto l'evento unico e irripetibile che segna nel mondo e nella storia l'awento della Parola uscita dal Padre nella persona di Gesù. Ritornando al terreno delle interpretazioni e formula­ zioni più specificamente poetiche, il tema del rapporto tra parola e silenzio è stato esplicitato tra gli altri da Simone Weil quando parla della poesia come un "andare mediante le parole al silenzio, al senza-nome" (Weil 1982, voLI, p.364) e in modo ancora più radicale da Elemire Zolla: Una poesia è un silenzio ribadito da parole, è formata di parole immolate al silenzio. L'ineffabile è l'unico soggetto degno della poesia e questa infatti spesso consta di interro­ gazioni che esaltano il silenzio: 'Chi mai dirà?', 'A che cosa paragonare?'. (Zolla 1988, p. 119)

Questo aspetto essenziale della parola poetica è illustrato mirabilmente da T. S. Eliot, in alcuni versi di una delle opere più ispirate del Novecento, i Quattro quartetti:

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Le parole, dopo il discorso, giungono Al silenzio. Solo per mezzo della forma, della trama, Possono parole o musica raggiungere La quiete, come un vaso cinese ancora Perpetuamente si muove nella sua quiete. (Eliot 1982, "Burnt Norton", V, w.l-7) Le citazioni si potrebbero moltiplicare, sia per sottoline­ are esplicitamente il valore della parola, sia per esprimere la profondità del rapporto tra esperienza poetica e ineffabilità del silenzio. Per esemplificare la prima modalità cito l' inci­ pit di una lirica del contemporaneo Mario Luzi: Vola alta, parola, cresci in profondità, tocca nadir e zenith della tua signifìcazione, giacchè talvolta lo puoi (Luzi 1998, p. 591)

Un'altra esemplificazione è offerta dalla poesia Guitarra (Chitarra), una canzone del Poema del cantejondo di Federi­ co Garda Lorca: qui è la chitarra con il suo suono insistente, che nessuno può far tacere, a elevarsi dal silenzio per espri­ mere il proprio pianto. n suono della chitarra diventa un sostituto della parola e della voce umana e si fa carico della funzione di cantare nel modo del planctus, del grido acco­ rato che rende testimonianza del dolore umano e di ciascun essere vivente (come "il primo uccello morto sul ramo"), così come dell'universo nella sua interezza: [ . . . ] Comincia il pianto Della chitarra. E' inutile farla tacere. E' impossibile Faria tacere. Piange monotona Come piange l'acqua, 29

come piange il vento sulla neve. E' impossibile Faria tacere. Piange per cose Lontane. Arena del caldo meridione Che chiede camelie bianche. Piange freccia senza segno, la sera senza domani, e il primo uccello morto sul ramo. (Garda Lorca 195 8)

A una delle più celebri poesie della letteratura italiana, !}infinito di Leopardi, dobbiamo una esplicita e pregnante allusione al silenzio, all'ineffabilità della visione che si comu­ nica al poeta e che si fa immagine di ciò che sta oltre, come in questo caso la siepe che preclude lo sguardo e consente di immaginare con le ali della poesia spazi e s ilenzi al di là delle umane possibilità: Sempre caro mi fu quest'ermo colle, E questa siepe, che da tanta parte Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati Spazi di là da quella, e sovrumani Silenzi, e profondissima quiete lo nel pensier mi fingo; ove per poco Il cor non si spaura. [ . . . ] (Leopardi 1953)

E' ancora Leopardi, ne La sera del di di festa, a evoca­ re il silenzio, ma in un'accezione diversa e più inquietante: si tratta del silenzio del passato, quello che nel corso del succedersi delle generazioni e del tempo storico oltre che 30

biologico fa sì che si sia stesa una coltre di silenzio e di oblio nei riguardi di grandi imprese e uomini del passato: [. . ] Or dov'è il suono Di que' popoli antichi? or dov'è il grido De' nostri avi famosi, e il grande impero Di quella Roma, e l'armi, e il fragorio Che n'andò per la terra e l'oceano? Tutto è pace e silenzio, e tutto posa Il mondo, e più di lor non si ragiona. (Leopardi 1953) .

Per concludere questi accenni alla poesia, va osservato che nella sua forma scritta o stampata essa contiene evidenti allusioni al silenzio, come sono quelle che emergono dagli spazi bianchi alla fine di ogni verso e di ogni strofa. Essi rappresentano in un certo senso un limite rispetto alla paro­ la poetica e un necessario pendant che invece manca nella scrittura e stampa della fiction, della letteratura non poetica. Se consideriamo brevemente altre forme di espressione artistica oltre alla poesia, possiamo cogliere sinteticamente la diversa rilevanza che il silenzio assume per l'attuazione e la fruizione di tali forme. Nella musica il silenzio è elemento assolutamente basilare per l'esecuzione di un brano, nel sen­ so che il pentagramma o lo spartito indicano precisamente i tempi-ritmi e l'alternanza tra i pieni (le note da eseguire) e i vuoti, che sono rappresentati dalle pause, dette anche "silenzi", le quali fanno parte insieme alle note dell'ordito del pezzo musicale. La musica poi è in grado con il suo lin­ guaggio di esprimere e comunicare all'ascoltatore sensazioni che possono comprendere tra l'altro quelle legate ad un'at­ mosfera silenziosa da cui emergono i suoni o alla quale essa ritornano, con un movimento analogo a quello già messo in luce a proposito della sinergia tra parola poetica e silenzio. 31

Nel teatro la recitazione si avvale continuamente del gio­ co tra parola e silenzio di un singolo attore. C' è anzi, come è stato osservato a proposito del teatro di Mario Luzi, un tempo cruciale che intercorre tra silenzio e parola, un tempo che si fa teso e diventa il momento di passaggio tra recitazio­ ne silenziosa e recitazione con la parola: Il momento forse più sorprendente dell'esperienza teatrale è legato al "tempo" che intercorre tra il farsi del silenzio e il risuonare della parola. n tempo, per breve che sia, si fa teso, dispone all'attesa e alla concentrazione, può divenire colmo e produttivo. Introduce in un altro "tem­ po". Lo spettatore deve decidere, ed ogni volta decidere, se fare suo, conquistare, immergersi in questo silenzio per disporsi all'ascolto della parola che inizia a risuonare. ( Cu­ minetti 1991)

Nel cinematografo il silenzio può essere impiegato in modi assai efficaci. Non si può dimenticare tra l'altro che la prima parte della storia del cinema si è espressa attraverso il film muto, quello che al massimo poteva avvalersi di un accompagnamento musicale registrato o dal vivo. Un film recente che parla del passaggio dal muto al parlato a Hol­ lywood, The Artist di Hazanavicius (2011), utilizza in un punto-chiave- quello in cui lei sopraggiunge e sventa il sui­ cidio di lui, l'artista decaduto- una sequenza assolutamente muta, senza accompagnamento musicale, facendone sortire un esito molto efficace. Altre volte il cinema ha rappresenta­ to in modo più o meno paradossale il silenzio stesso: un caso ben noto negli ultimi anni, anche per l'inatteso successo ri­ portato, è Il grande silenzio di Philip Groning (2005), un documento filmico sulla vita dei monaci di clausura de La Chartreuse nelle Alpi del Delfinato francese, dove il silenzio è effettivamente il tema monotono e quasi il personaggio principale di un lungometraggio che dura ben 162 minuti. 32

Un altro caso di potente rappresentazione del silenzio è quello di Decalogo} l del polacco K.Kiesloswi (1989), quando la scena straziante del recupero del bambino morto tragicamente nel laghetto ghiacciato dà luogo a un silenzio raccolto della piccola folla degli astanti, che si mettono tutti in ginocchio senza dire parola. C'è ancora da dire poi sulla pittura: si tratta di una forma artistica che si comunica di per sé attraverso una modalità silenziosa, quella che cattura l'attenzione del visitatore -os­ servatore e gli trasmette, senza parole scritte o pronunciate e senza suoni, sentimenti, sensazioni e idee. Analogo rapporto con il silenzio è quello che prova il visitatore di un'opera architettonica, dove la differenza rispetto alla pittura è data dal fatto di trovarsi di fronte ad una superficie tridimensio­ nale e normalmente percorribile nello spazio anziché ad una rappresentazione bidimensionale come è quella offerta dal quadro. In parte diverso è il discorso relativo alle installazio­ ni dell'arte contemporanea, che talvolta sono concepite per prestarsi anche all'emissione di suoni o rumori. Un'altra importante modalità di fruizione di forme di si­ lenzio considerate gradevoli è legata alla natura: si pensa qui anzitutto all'ambiente naturale nelle sue espressioni integre e wild, che peraltro sono sempre più difficili da trovare allo stato puro. Ma si può pensare alle manifestazioni accessibi­ li del mondo naturale- a partire dalle più semplici, come l'osservare in silenzio il cielo di giorno e soprattutto di notte -, alle forme ed espressioni del paesaggio che integrano ele­ menti naturali ed elementi culturali protrattisi nel tempo. Né si possono trascurare, data la rilevanza enorme e sempre crescente delle città -metropoli nelle nostre società, le mani­ festazioni della natura presenti e sperimentabili nei contesti urbani, come gli spazi verdi, i giardini e i parchi. La bellezza della natura e delle sue manifestazioni richia­ ma o richiede un atteggiamento di contemplazione o almeno 33

di osservazione il più possibile silenziosa. E' vero che anche la natura produce elementi sonori - come la risacca del mare, il fluire dell'acqua di un torrente, il soffiare del vento, il canto degli uccelli, il ronzio degli insetti, e così via -, ma non si tratta generalmente di rumori bensì di suoni che sono sinergici al silenzio degli elementi naturali e che non si pos­ sono assimilare ai rumori meccanici della città. Questi ultimi possono costituire fattori di un vero e proprio inquinamento sonoro che incide negativamente sulla salute fisica e psichica di chi vi è esposto. Così, camminare in silenzio nei contesti naturali che lo consentono, come suggerisce Duccio Deme­ trio (2005, 2012), è un'attività significativa che può rivelarsi gradevole oltre che terapeutica per chi la pratica nella logica della scrittura autobiografica. Per chi vive nei contesti urbani si pone un problema con­ creto: dove cercare e sperimentare tempi-spazi, o almeno momenti prolungati, di silenzio, inteso come silenzio gene­ ralizzato? Qui ad un comportamento reattivo che consiste nel combattere e segnalare per una loro repressione le ma­ nifestazioni rumorose più invadenti e inquinanti- e nell'al­ lontanarsi dai luoghi che le generano è opportuno unire modalità di comportamento "attivo", volte alla ricerca e alla promozione esplicita di ambiti silenziosi nelle aree urbane. n cercatore di silenzio dovrà dunque destreggiarsi op­ portunamente tra elementi naturali e culturali: utilizzare gli spazi verdi e i percorsi relativi - attraverso parchi e giardini - che siano relativamente protetti dal rumore, ma anche fare ricorso a quegli spazi chiusi che sono ancora portatori di silenzio attraverso l'isolamento acustico e le norme che chie­ dono l'astensione dalla comunicazione verbale. Si tratterà di alcuni luoghi specifici e specializzati come le biblioteche e talvolta gli spazi museali, così come di ambiti quali i luoghi di culto che restino aperti al di fuori delle ore di celebrazio­ ne collettiva di riti e cerimonie. Le chiese e cappelle sono -

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oggi probabilmente, nei nostri paesi, i luoghi più isolati acusticamente e più accessibili ad una fruizione silenziosa aperta a chiunque, credente o non credente che sia. E non vanno owiamente trascurati neppure gli spazi domestici, anche se è ben nota la loro esposizione acustica ai media e la fragilità delle barriere acustiche che separano tra loro gli appartamenti degli immobili condominiali. In certe ore del giorno, soprattutto della sera e della notte, chi cerca silenzio potrà poi trovare soddisfazione nel percorrere a piedi certe aree del tessuto cittadino come le isole pedonali e gli spazi del centro esclusi dal traffico veicolare: è quest'ultimo il grande imputato del rumore e dell'inquinamento sonoro di cui si soffre oggi. Insomma, il nostro cercatore di silenzio dovrà giocare su più piani e a più livelli, dando prova di conoscere il rap­ porto tra luoghi potenzialmente silenziosi e ore-tempi della giornata e della settimana, evitando i punti più intensamente esposti ai rumori meccanici e alla comunicazione rumorosa e awalendosi di quei manufatti che attraverso l'isolamento acustico rispetto all'esterno consentono di fruire di forme di silenzio desiderate e gradevoli. Resta il fatto che il silenzio è reso oggi più fragile e ale­ atorio dalla penetrazione massiccia e capillare di mezzi di comunicazione rumorosi, i quali possono immediatamente e improwisamente alterare un contesto silenzioso: non solo la televisione e la radio ma i riproduttori di musica e soprat­ tutto i telefoni cellulari. Proprio per questo motivo in pa­ recchi contesti frequentati collettivamente (luoghi di culto, teatri e sale di rappresentazione, ambiti ospedalieri, mezzi di trasporto pubblici, ecc.) sono state elaborate norme per contrastare l'uso del cellulare.

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4.

SILENZI PROBLEMATICI, SILENZI SGRADEVOLI

Non sempre le forme e le pratiche del silenzio corrispon­ dono a esperienze gradevoli e volontariamente perseguite, legate ad obiettivi di espressività individuale o al consegui­ mento della "qualità della vita" in diversi aspetti e modalità, come nei casi illustrati nella sezione precedente. La polivalenza e poliedricità del fenomeno del silenzio in­ duce a indicare altre forme che si presentano come proble­ matiche o come decisamente sgradevoli dal punto di vista dei soggetti che le sperimentano. Tra le forme definibili problematiche si può illustrare il silenzio legato ad imbarazzo o disagio nell'interazione all'in­ terno di un dato contesto o di un gruppo, quando si tratta di "rompere il ghiaccio" e ogn uno degli astanti ha difficoltà a intervenire con la parola. Nella lingua e nella cultura fran­ cese si fa ricorso ad un'espressione che serve per sdramma­ tizzare e sbloccare il silenzio imbarazzante e prolungato che si è creato in una conversazione che s'interrompa improwi­ samente. In questi casi awiene di solito che uno degli astanti dica un ange passe ( ''c' è un angelo che passa"), per signi­ ficare che nel momento del silenzio si awerte comunque una presenza che lo abita, quella oltreumana di un angelo che passa non sentito e non visto. Si tratta probabilmente di una reminiscenza antica, legata alla credenza che gli dei, e 37

in modo particolare Ermes il messaggero, siano awolti dal silenzio quando si muovono tra gli umani (cfr. Le Breton 1997, p.44). Problematico, quando non francamente sgradevole, si può considerare anche il silenzio legato a situazioni di iso­ lamento e solitudine subìta da un individuo, nonché di una sua difficoltà o impossibilità a comunicare. Si tratta di un'e­ sperienza che oggi è in diminuzione a motivo del processo di globalizzazione della comunicazione in atto in tutti i con­ tinenti e della conseguente diffusione capillare di strumenti e pròtesi come i telefoni cellulari, i computer e la rete. In modo ancora più esplicito, le patologie che interessano le persone sordomute pongono in evidenza una forma di silenzio decisamente problematica, in quanto espressiva di un handicap legato all'impossibilità fisica per i soggetti in questione di parlare così come di ascoltare suoni e parole altrui. Un'altra realtà di silenzio che può implicare situazioni problematiche di vario genere è quella connessa all'area del segreto nelle interazioni interindividuali, che copre un complesso di comportamenti disparati e numerosi. I segreti danno luogo a manifestazioni di silenzio o di reticenza nel­ la comunicazione interpersonale e possono dipendere da parecchie motivazioni o contingenze: vi sono segreti lega­ ti a specifiche competenze e doveri professionali di ruolo, come il segreto istruttorio dei magistrati, il segreto a cui si impegna il sacerdote che riceva una confessione, il segreto professionale di medici e di funzionari pubblici, e così via. Altri segreti sono legati alla sfera della privacy personale; al­ tri ancora corrispondono all'appartenenza a gruppi, anche di matrice illegale, che fanno della segretezza nel sociale un elemento costitutivo della loro identità e del loro operare. L'aspetto per così dire problematico di questi silenzi è quello che si può manifestare talvolta sul versante di chi è oggetto di comunicazioni influenzate dal segreto e dunque 38

parziali, reticenti o al limite fuorvianti, dal momento che esse possono celare o tacere informazioni rilevanti per il soggetto che ne è il destinatario. Stiamo entrando così a contatto delle forme sopra indi­ cate come esplicitamente sgradevoli. Esse corrispondono anzitutto a forme di silenzio involontarie o subite coattiva­ mente da un soggetto o da un gruppo anche molto vasto di individui, ad opera di altri soggetti. Si tratta di situazioni in cui un individuo, una categoria sociale, una etnia, una intera collettività vengono ridotti al silenzio, non solo nel senso fisico e materiale dell'espressione ma dal punto di vi­ sta della possibilità di esprimere le proprie istanze culturali e politiche. I regimi dittatoriali e autoritari, facendo leva sul proprio potere, tendono a ridurre al silenzio gl i oppositori, perseguitandoli o privandoli della li bertà; nella maggior par­ te dei casi essi impediscono il libero svolgimento del diritto alla parola di ogni cittadino. Vi sono poi silenzi diffusi di reticenza dovuti alla paura di esprimersi, silenzi di complicità e di omertà come quando si diffonde nel sociale una pratica di acquiescenza a forme delittuose o illecite che non vengono denunciate: le realtà mafiose sono, come è purtroppo ben noto, esemplari al riguardo. L'omertà viene definita dal vocabolario, testual­ mente, come una "consuetudine propria di organizzazioni malavitose specialmente d i carattere mafioso, per cui viene mantenuto il silenzio su un delitto o sulle sue circostanze per sottrarre il colpevole alla giustizia ufficiale e !asciarlo alla vendetta privata dell'offeso" (De Mauro 2000). Un'altra forma di silenzio imposta da chi detiene potere nei confronti di altri è quella che comporta l'astens ione dalla comunicazione verbale ai fini di indurre un altro soggetto a determinati comportamenti, che egli non avrebbe desidera­ to né posto in essere. E' questo il caso che viene descritto magistralmente dal Manzoni nei Promessi sposi allorché illu­ stra l'atteggiamento tenuto dai genitori della futura monaca 39

di Monza, i quali mantengono nei confronti della giovane figlia in casa un lungo periodo di silenzio colpevolizzante e ricattatorio per costringerla moralmente ad entrare secondo il loro volere in convento (Manzoni 1994, cap. X) . n silenzio che viene mantenuto su certi fatti storici dai regimi autoritari e dittatoriali ha spesso anche una funzione di alterazione e negazione della memoria collettiva, vale a dire di una memoria che dia conto della verità dei fatti. Si può pensare qui alla segretezza e alle informazioni false e fuorvianti che per anni il regime nazista durante la Seconda guerra mondiale riuscì a diffondere a proposito dei campi di sterminio degli Ebrei. Un altro caso impressionante legato alla Seconda guerra mondiale è quello avvenuto a Kat yn, la foresta ai margini tra Polonia e Russia dove nel 1940 si compì uno degli eccidi più orrendi e infami del Novecento, con l'eliminazione della quasi totalità degli ufficiali polacchi (circa diciottomila) che erano stati catturati dai sovietici e che vennero uccisi ad uno ad uno con un colpo alla nuca e interrati in fosse comu­ ni. Allorché le fosse vennero scoperte nel 1943 nei boschi di Katyn dalle truppe tedesche, i sovietici addossarono in modo menzognero la responsabilità della strage ai nazisti e costruirono in Urss e in Polonia una falsa memoria uffi­ ciale dell'eccidio che si mantenne per molti decenni. Come documenta in modo esemplare il film Katyn del regista po­ lacco A.Wajda (2007), chiunque avesse osato contraddire in Polonia la verità ufficiale sulla strage veniva imprigionato e perseguitato: la verità storica ha impiegato quasi 70 anni ad emergere, ma alla fine i silenzi menzogneri dell'Urss e della Polonia suo stato satellite sono stati smentiti e una memo­ ria collettiva veritiera, vale a dire la parola, ha potuto avere ragione di un silenzio che copriva una vergogna ritenuta im­ pronunciabile e inammissibile (cfr.Gasparini 2011).

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Per concludere questa rapida rassegna di forme di silen­ zio opposte a quelle considerate gradevoli da parte di coloro che le vivono, non possiamo trascurare certe modalità in­ quietanti del silenzio che si manifestano e dominano talora nella natura quando essa si presenta o è recepita come osti­ le e awersa (i deserti, le distese polari, i mari e gli oceani), così come quei luoghi e ambiti che sono diventati silenziosi perché non vivibili, pericolosi e abbandonati dalla presenza umana. E per finire vi sono luoghi che alludono all'assenza di espressioni di vita e vitalità, a quello che si può chiamare esplicitamente un silenzio "di morte" o "di tomba": un caso rilevante al riguardo è rappresentato appunto dalle aree oc­ cupate dai cimiteri. Non si può dimenticare che per l'essere umano la morte, cessazione della e dalla parola, segna l'in­ gresso in un ambito di assoluto silenzio.

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5.

A MO' DI CONCLUSIONE

In questo saggio si sono esplorate sinteticamente forme, modalità e significati del silenzio, attingendo soprattutto alla socio-antropologia della vita quotidiana, alla filosofia e alla letteratura.

Penso che l'ultima parola sul silenzio spetti alla poesia. La parola poetica è un filo luminoso che sorge dal magma indistinto del silenzio e che, consapevole del proprio limite di fronte al trascendente, tende a farsi umile ed essenziale per ritornare nell'alveo di silenzio da cui proviene. Per questo, un poeta tra altri poeti ha scritto questi versi: Procedere a motori spenti per forza di frustrazione quando capisci che nessuno vede la vena d'oro che traluce dalla tua poesia procedere ingaggiando l'agone tormentoso tra vocaboli scelti e lasciati ponendo una esigua speranza nella parola che canta la bellezza 43

procedere nell'ombra a luce e voce spenta quando ogni alto e vibrato dire affronterà il silenzio al punto estremo e ad esso tacendo cederà

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BIBLIOGRAFIA

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ACCADEMIA DEL SILENZIO www. lua .it/accademiasilenzio da un 'idea di Duccio Demetrio e Nicoletta Polla-Mattiot

Scuola, laboratorio , occasione di incontro e confronto, vacanza dal rumore. L' Ac cademia del silenzio è -un luogo dove incontrarsi per condividere esperienze di riflessio­ ne e creatività legate al silenzio -uno spazio didattico dove seguire corsi e seminari pratici per apprendere le potenzialità comunicative, ideative , relazionali, terapeutiche del silenzio . -un gruppo di studiosi convinti che " fare silenzio " è un' arte, con delle regole che si p ossono imparare , trasmettere, condividere ed esercitare . -una comunità virtuale e reale di persone impegnate a promuovere il valore, l'insegnamento e l'esperienza del silenzio . PERCH É -Per diffondere una cultura e un 'ecologia del silenzio , del risp etto dei luoghi e delle persone , del piacere di re-imp arare ad ascol­ tare : suoni, voci, natura . . . -Per promuovere una " nuova militanza del silenzio " nei consueti luoghi di vita, contro l'inutile rumore. -Per favorire un approfondimento delle occasioni e delle risor­ se intellettuali che hanno la necessità del silenzio , per creare, comporre, scrivere, camminare, leggere, pensare, dipingere, meditare . . . -Per sperimentare un "linguaggio del silenzio" , delle pause, del giusto tono , dell'alternanza di ascolto e comunicazione, come strumento dialettico , di reale integrazione e comp rensione , e come percorso di relazione. PER CHI -Per tutti coloro che già amano il silenzio, lo cercano anche in se stessi e cercano persone con le quali condividere questa passiOne.

-Per tutti coloro che hanno bisogno di rieducarsi al silenzio e di curarsi con esperienze intensive di vita silenziosa: anche in rela­ zione a st ress emotivi, a disagi esistenziali , a momenti critici. -Per tut ti coloro che intendano iniziarsi a pratiche che si avvalgano del silenzio come condizione ideale; quali ad esempio : la scrit­ tura personale ed autobiografica, la composizione e la lettura poetica , l'ascolto musicale, la pittura , il dialogo filosofico, la ricerca religiosa , il camminare non competitivo . -Per quanti vogliano apprendere st rumenti di teoria e pratica del silenzio a scopo " professionale " , le cui applicazioni spaziano dall' uso comunicativo a quello pedagogico , a quello creativo .