Cacciari e Severino. Quaestiones disputate 8857500462, 9788857500461

Questo lavoro mette a confronto per la prima volta in modo sistematico due pensatori tra i più significativi e innovativ

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Cacciari e Severino. Quaestiones disputate
 8857500462, 9788857500461

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NICOLA MAGLIULO

CACCIARI E SEVERINO Quaestiones disputatae

MIMESIS

Filosofie

© 20 IO- MIMESIS EDIZIONI (Milano - Udine) www. mimesisedizioni . it l www. mimesisbookshop. com Via Ri sorg imento 33 - 20099 Sesto San Giovanni (MI) Telefono e .fax: +39 02 89403935 E-mail: mimesised@tiscali. it Via Chiamparis , 94-33013 Gemona del Friuli (UD) E-mail: i n fo mim@mim-c. net .

.

INDICE

BREVE PREMESS A E RINGRAZIAMENTI

p.

7

p.

11

p.

21

p.

25

L'ESSERE E L'APPARIRE DELL'ENTE

p.

31

L'IDEA DELL'ETERNITÀ DELLA COSA

p.

37

p.

41

VII. MUSICA, MAESTRI!

p.

47

VIII. OLTRE LA POTENZA: AUT POSSIBILITÀ AUT NECESSITÀ

p.

53

p.

59

p.

63

p.

67

p.

73

I. VERITÀ E CONTRADDIZIONE II. VERITÀ ED ERRORE III. L'IDENTITÀ 'NASCOSTA' DELLA SINGOLARITÀ IV.

v.

VI. IL SIGNIFICATO, IL SEGNO, IL SILENZIO

IX. EssERE NON È TEMPO

x. PASSATO, MEMORIA, OBLIO XI. UN ALTRO MONDO È POSSIBILE? OLTRE LA CONCEZIONE NICHILISTICA DELLA L IBERTÀ XII. IL TRAMONTO DEL MARXISMO, DEL CAPITALISMO, DELLA POLITICA E LA TECNICA

p.

81

p.

81

p.

84

non nichilistica della kenosi

p.

86

L' altra ' perfezione '

p.

91

p.

94

p.

99

p.

103

p.

111

XIII. CRISTIANESIMI

Fede , dubbio , volontà: violenza, negazione. Innegabile Oltre la conciliazione e l ' opposizione di Atene e Gerusalemme

11 Verbo da sempre incarnato e un'idea

La Chiesa cattol ica: interpretazione e ' tradimento ' della Verità del Grande Codice

XIV. GLI ULTIMI UOMINI E L '0LTREUOMO APPENDICE

Cogito quia absurdum. Note al libro di Massimo Donà Il m iste ro

dell'esistere

POSTFAZIONE

La differenza tra il discorso di E . Severino e il discorso di M. Cacciari

di Davide Grossi

Breve premessa e ringraziamenti

Questo lavoro è il frutto di un confronto , ineludibile, tra quelli che ritengo i due più significativi e innovativi pensatori della filosofi a contemporanea (non solo italiana), e maestri fondamental i, insieme a Vincenzo Vitiello, per l'intera mia for­ mazione e ricerca filosofi ca. Lavoro difficile per la complessità e ricchezza dell a ricerca dei due filosofi che negli ultimi decenni più a fondo hanno pensato il nichil ismo dell' Occidente; per la presenza , nei loro testi, solo di cenni e riferimenti sintetici al confronto tra le rispet­ tive tesi; e, infine , per l ' assenza di saggi critici di altri autori su questo tema, con la sola eccezione dell ' indicazione della necessità di questo confronto che ho trovato nelle pagine conclusive del libro di Ilario Bertoletti , (Massimo Cacciari. Filosofia come a-teismo, Edizione ETS

2008).

Ma l ' assenza di lavori che discutano e confrontino sistematicamente le loro tesi non deve oscurare la profondità e originalità speculativa che ciascuno dei due filosofi ha da sempre riconosciuto al pen siero del l ' altro; in particolare Cacciari ha sempre indicato (si vedano le note conclusive di Della cosa ultima, ma anche moltepl ici cenni presenti in precedenti opere), nel pensiero di Severino un i nterlo­ cutore fondamentale del suo itinerario fi losofico . Il mio lavoro vuole essere un contributo , che mi auguro utile , all ' individuazio­ ne dei temi fondamentali , delle tesi e delle categorie , affini o divergenti, dei due fi losofi . Ma quella che rappresenta forse la più profonda origine di questo libro è la ricer­ ca, svolta e approfondita interrogando il pensiero di Cacciari e Severino . intorno al destino della nostra epoca e alla philìa per la singolarità dell 'ente. al mistero della cosa e all 'inquieta dimora in cui siamo , lacerata irriducibilmente tra l ' inferno di un mondo che genera sempre più esistenze immiserite, offese, omologate e svuotate , e l ' impossibile città del la gioia. Campi flegrei, settembre 2009

Desidero ringra;.iare Massimo Donà per l'atten;.ione gentile con cui da anni

segue il mio lavoro, e per aver incoraggiato la pubblicazione di questo testo. Vorrei inoltre esprimere fa mia grati tudine a Davide Grossi per avermi aiutato con acute e molteplici osserva;.ioni ad approfondire il cot{fronto tra le tesi dei due filosofi , e per aver accettato il mio invito a scrivere una pos tjazione che arricchisce questo libro. A Massimo e Davide dedico con affetto questo mio lavoro.

Qui e ora Se non si potesse raccogliere tra le mani una pietra tonda e bianca, come un monaco buddista, e i bambini anche; se non fossero stati ragaz:.i come casse armoniche risonanti appendici di pioggia sonora e i mattini non si aprissero alla straripante percussione di un dio, foglie grigie si addormenterebbero sul cuore. Solo la prepotente vulgata del nulla chiude il mare dietro il muretto. Ma la domenica, la domenica di un dio che mai ha creato e riposato tace la festa che sale come acqua di piante a novembre. Se non sapessero d'alba i ricordi se questo o l'altro amico fosse solo davvero morto e 1wn venisse a visitarmi come mai da vivi potemmo essere cosi vicini allora sì vivremmo di economia e chirurgia. Ecco ... ora, incatturabile ma sperato, mi avvolge il vento che soffia e canta e mostra che la gioia si può solo sussurrare, e ogni giorno siamo cacciati dal Giardino ogni giorno espulsi nel sudore della fronte e nella pena de/l'allimale che desidera e non incontra sul ciglio rischioso. Godot non viene mai nel tempo perché questo a:.zurro imbiancato

è già una preghiera

e l'infinito piacere del corpo ha voce modulata e giocosa per pieghe impro1·vise che s'inarcano.

Lo sguardo che si attarda a salutare lascia un grido inutile di solitudine sorda e attempata. Di non più attese brucia l'urgenza di uccelli sgozzati e seppelliti lacrimanti arie e corde spaesati per troppo pianto rincorsi e forse perduti

ora vita affamata sciupata dal troppo vivere limpida e nuda ora ridente all'incrocio di consunte traiettorie libera per assenza per stanchezze riposte magnetismi usurati di una sola attesa sapiente angosciata e stupita

Ciro Esposito, Poesie inedite

Il

I VERITÀ E CONTRADDIZIONE

La ricerca intorno alla Verità , in tempi di presunta 'morte della veri­ tà' , torna , nell'itinerario percorso da CacciaTi e Severino , al suo antico splendore , e il pensare alla dignità di un domandare sistematico , rigoro­ so e profondo . Tutti gli enti sono in relazione alla Verità dell 'essere nel suo illuminarsi e/o nascondersi : e philo-sofia è aver cura di ciò che appare chiaro , evidente , che si annunzia con autorità; così come appariva, agli al­ bori del pensiero occidentale , in Parmenide ed Eraclito , pensatori che non casualmente rappresentano punti di riferimento fondamentali per i nostri due fi losofi . Aver cura del la verità significa aver cura di ciò che è la

vera realtà

reale;

e conoscere

e libertà del nostro essere nel mondo significa misurarsi e

lasciarsi giudicare dalla Verità: conosci te stesso , chi davvero sei; quali sono i modi , il senso , i fini dell 'esserci , e quale l ' ordine , la trama , la radice profonda di tutto ciò che esiste . Fare filosofia significa rompere la presunta ovvietà del nostro esserc i , ed essere esposti a un problema,

thauma,

che

può sconvolgerei e di cui bisogna imparare ad aver cura . Anche se popoli e individui possono più o meno lungamente vivere im­ mersi nell 'errore , può accadere di imbattersi nella verità: cos'altro era il senso delJa peripezia nella tragedia antica , se non la possibilità per l ' uomo di patire , nel corso della sua vita, un colpo tremendo che impone un faccia a faccia con un mutamento profondo dei propri equilibri esistenzi al i ? Severino h a spesso mostrato nelle sue opere l ' importanza d i un passo

1'/mzo a Zeus nell ' A gamennone , in cui si afferma la necessità di conoscere quel "sapere che sta e non si lascia smentire, che salva la mente dal precipitare ne/l 'angoscia e nella follia " . Il sapere tragico offre di Eschilo,

un rimedio: non quello di e liminare sofferenza: e conflitti , ma , come scrive Cacciari , quello di imparare ad affrontarl i e a sopportame l'urto , a non averne paura , a non restarne incatenati come servi; anche se questo , per il fi losofo veneziano è lungi dal rappresentare una soluzione del l'aporeticità de lla vita del l ' uomo .

discorsiva

12

Cacciari e Severino

Dunque la domanda intorno a ciò che è vero emerge necessariamente i n un'esistenza non dormiente. Non solo i sogni e i l mondo onirico m a anche i segni e il mondo diurno vanno interpretati . Severino ha spesso sottoli­ neato come l a conoscenza degl i altri con cui entriamo in relazione deve necessariamente divenire interpretazione di segni: come , infatti , possiamo conoscere l ' interiorità . i pensieri e le emozioni che risiedono ' invisibili ' negli altri e caratterizzano la loro autentica umanità, se non interpretando i gesti , gli sguardi e i volti , le parole . tutti i segni insomma con cui pensieri ed emozioni si manifestano all ' esterno? (Es .: il bacio può essere manifesta­ zione di amore vero o di tradimento: G iuda) . Ma, iniziando ad approfondire e a confrontare il pensiero di Cacc iari e Severino , proviamo ad i ndagare quali affinità , divergenze . problemi , ap­ paiono , nell a relazione tra l e loro tesi , intorno al cuore di ogni autentica interrogazione filosofica. La Verità non è . sia nella concezione cacciariana che in quella severinia­ na, prodotta dall ' uomo e neanche da un Dio , almeno da un Dio concepito

tradizionalmente come creatore-produttore ex nihilo. La Verità , qui ndi. s i mostra per entrambi . Ma perché- chiede Severino - ciò che appare e si mostra da sé non può essere negato? Quale eviden­ za i ncontrovertibi le possiede ciò che si mostra i n esso? La risposta del fil osofo bresciano è che l ' innegabilità di ciò che appare è determinata dal Destino della necessità , per cui ogni essente non può essere o divenire nulla, in quanto la sua negazione comporterebbe l'autonegazione di c iò

che appare . Il mostrarsi della Verità in Cacciari potrebbe sembrare , allora , alla l uce delle tesi severinian e , come un presupposto . una fede perché ciò che appare non ha la potenza di negare l'apparire della sua negazione , del suo contra­ rio; e anche il contenuto di ciò che appare è

luce oscura

perché appunto è

il mostrarsi da sé di un mi stero , di una verità antinomica , che non riesce ad essere innegabile . La fede , volontà , decisione finisce con il supplire allora , nel filosofo veneziano , all ' assenza di una negazione che si autoneghi?

È

quindi confutabile l a misteriosa evidenza dell ' enigma , del mistero come verità, di ciò che si mostra chiaramente ? Non innegabile l ' ul teriorità del la Verità relativamente alla sua Innegabil ità? . Se per Severino la Verità si manifesta insieme all ' antites i . alla negazio­ ne , ma come ciò che deve essere necessariamente negato, per Cacciari la Verità accoglie in sé la propria negazione . la contraddizione . Per Severino il principio di non contraddizione aristotelico , nella mi­ sura in cui afferma che c'è un tempo in cui l ' essere non è , ha al suo in­ temo il gem1e nichilistico . Importante appare , per il filosofo bresciano , la

Verità e contraddizione

13

tesi , esposta nel Libro quarto della

Metafisica ,

in cui Aristotele afferma

che non tutto quello che si dice lo si pensa veramente e che è impossibile resistenza del contraddirsi: non solo il pensato , il contenuto del pensiero come contraddizione è impossibile , e l ' elenchos confuta il contenuto del pensiero che si contraddice ; ma Severino ricorda come anche il soggetto che si contraddice sia l ' impossibile: ci si trova sempre nella verità rispetto al principio di non contraddizione nel senso che è impossibile che appaia la contraddizione non negata: il filosofo bresciano , sviluppando le tesi aristo­ teliche , afferma che il contraddirsi può apparire solo se non appare come tale , ovvero solo se non si ha consapevolezza della sua aporia. Su questo punto la differenza con Cacciari può dirsi autentica opposizio­ ne : per il filosofo veneziano proprio il contraddirsi , il darsi della contrad­ dizione non conciliata, nel soggetto e nel contenuto del pensare , è ciò che appare , l ' aporia in cui ci imbattiamo . L' armonia che salva il contraddirsi in sé , gli opposti in quanto tali , è la Verità che accoglie (non nega) la negazio­ ne , comprende in sé la propria antitesi : è Verità antinomica, come quella di Florenskj, o la cusaniana

coincidentia oppositorum.

Affermare che il contraddirsi irri solto degli opposti sia espressione di un ' impotenza a liberarsi di questa contraddizione , presuppone che la verità debba necessariamente essere escludente e che una delle due tesi debba essere falsa. Non è in discussione una Verità che sia capace di in­ cludere i molti , le differenze degli ent i ; ma la relazione della Verità con ciò che la nega. Né è necessariamente sintomo di debolezza speculativa mostrare una realtà antinomica e indecidibile : E se il significato della contraddizione - poiché il problema diventa quello di conferire un significato alla contraddizione - fosse precisamente quello di paralizzarci? Se proprio nel momento in cui l 'ordine contraddittorio ci blocca , noi lo stessimo eseguendo? S e proprio questa fosse l'azione c h e l a contraddi­ zione voleva imporci? 1•

L'anima , per Cacciari , non può dimostrare alcun fondamento , né può essere soddisfatta della confutazione , e la Verità che non si può dimostrare è più grande del l ' Innegabile : essa non coincide , cioè , con la dimostrazione del l ' impossibilità di negare il principio su cui si regge ogni nostra dimo­ strazione : La verità 'contiene' in sé l ' innegabile . ma anche la di fferenza tra verità e innegabile , e dunque ciò che non è l ' innegabile. Il principio logico si determina M. Cacciari,lcone della legge, Adelphi

1985, p. 87.

Cacciari e Severino

14

attraverso la forma del giudizio, ma la verità. che esso non può in sé manifesta­ re dimostrativamcnte , rimane in-finita 2 •

Per il filosofo veneziano l ' assenza di dimostrazione non è un limite , una mancanza , un qualcosa che sarebbe necessario ma che non si può raggiun­ gere , e mostra anche come la confutazione non possa sostituirla, surrogar­ la. Verità quindi più grande del l ' Innegabile ma senza , come nelle tesi di Tarca, oltrepassare l ' Innegabile attraverso la formulazione di un

elenchos

positivo3• Cacciari non afferma che il principio di non contraddizione (da ora in avanti p .n .c .) sia falso , non nega in assoluto la sua validità: non nega l 'apo­ ria in cui il negatore del principio immediatamente cade allorché vuole appunto negame la verità. Il filosofo veneziano vuole piuttosto affermare che il p .n .c . non è intrascendibile, è limitato .

È allora la via analogica ad essere approfondita:

non come mera alterna­

tiva al p .n .c . ma come capace di comprenderlo . oltrepassarlo: A quale silenzio la via analogica conduce? E quale esistenza definisce il principio di non contraddizione? La via analogica conduce precisamente all 'esistenza che non potrà mai essere uni vocamente detenninata da tale pri n ­ cipio. L' analogia n o n l o viola affatto; esso mostra come u n a stessa figura ri­ fletta infinite altre vie e vi si rifletta senza che la sua identità si dissol va. An zi, essa mostra proprio come questa figura rimanga se stessa come unità senza mescolanza di assolutamente distinti . L' analogia presuppone tale moltepl icità

2 3

M. Cacci ari , Della cosa ultima, Adelphi 2005, p. 1 08 . Ci riferiamo alle tesi formulate da Tarca in D ifferem:a e negazione, La città del sole , 200 1 . In questo suo importante lavoro , Tarca ci pone di fronte ad un'altra idea di armonia e ad un al tro methodos per raggiungerla; ad una concezione 'op­ positiva' di positivo e negativo. da cui dobbiamo uscire se vogliamo oltrepassare la logica della dispera:,ione. non restare imprigionati nel l oppos i z io ne tra la Ve­ rità po sitiv a e il negat ivo del mondo. Ma, ci domandiamo: certo il positivo deve distinguersi dal negativo. ma distinzione deve escludere ogni conflitto , opposizio­ ne tra essi? Prendere le distanze d al polo conflittuale implica l'uscire tout court da ogni conflittualità? Perché ogni conflitto deve essere d istru tti vo e non può , come per Machiavelli, essere produtt i vo? Non solo per Cacciari n on pos si amo liberarci del conflitto, ma solo nel po/emos patiamo la mancanza di pace , e si dà il legame indissolubile, l'armonia dei contrari . Costruire una re l az i one positiva con il ne­ gativo si g n ifi ca esemplificando. pervenire ad un amore senza conflitto? Amare il nemico, non giudicare il peccatore esclude og ni agòn in sé e con lui? La società evangelica può davvero realizzarsi petfettame nte nel mondo e rappresentare l a fine del processo, l a conci l iazione definitiva che tutto comprende e armonizza? O non rappresenta quel l ' Impossibile per le poss ibil i t à umane che tuttavia non nega il Po ss ib i l e ma ci impone di i n segu i rl o , di misurarci su di esso? '

.

Verità e contraddizione

15

esattamente come il principio di non contraddizione (questa figura è se stessa come non altra da sé) . Ma si dà questo, im-mediato , irrelativo . E si dà il para­ dosso della relazione del discorso analogico con questo in-discorribile. 'Ciò' l ' analogia tocca. E questo è il suo silenzio4•

È

mutata la concezione del filosofo veneziano su questo nodo fonda­

mentale rispetto ai suoi meno recenti lavori? Oppure , come noi pensiamo , si è approfondita e sviluppata ma intorno ad un nucleo speculativo che non si è sostanzialmente modificato? In Krisis5 la Logica esprime un bisogno di semplificazione e dominio del mondo , ma questo non la rende un 'illusione laddove l ' uso, l ' agire che si fonda su di essa, funziona, è utile , produce effetti . La Logica, e il p .n .c . sono quindi concepiti nel solco di Nietzsche e Wittgenstein come principi operativi : un totale disincanto investe sia la Logica che la Filosofia che nul­ la possono sulla differenza tra il loro sapere e l a realtà , tra nome e oggetto , e sul darsi di un Altro , di cui Wittgenstein dice espressamente di non aver scritto , che eccede i limiti del mondo e tuttavia si mostra nella dimensione del mistico . Il mondo sfugge al p .n .c . non perché esso non risponda in alcun modo alla sua legge , ma perché il

che è

del mondo , e della singolarità di ogni

cosa , non può essere ridotta ad esso o a qualsivoglia dimensione Logica. Così come le proposizione scientifiche non sono false e descrivono ade­ guatamente i fatti cui si riferiscono , analogamente le proposizioni logiche o il p.n .c . colgono una sola dimensione del mondo , non la sua Verità che si mostra più grande di essi . L' Innegabile dunque riguarda solo l ' ambito degli enti in quanto deter­ minati-definiti: non quindi qualcosa di per sé erroneo , ma un sapere del mondo che diventa errore laddove pretende di assolutizzarsi, di cancellare

il volto enigmatico e indeterminato che appare nel suo essere . Come la Verità accoglie , e non nega , esclude come errore , le antinomie e la sua negazione , così la Verità non decreta la falsità del p.n .c . o dell'elenchos. Per Cacciari , non di si dà conciliazione tra i contrari , e per contrari non bisogna intendere solo le singole determinazioni ma anche la contraddizio­ ne e la non contraddizione ; accogliere senza conciliare i contrari significa in definitiva che la loro

koinonìa

implica e insieme destituisce la contrad­

dizione , ovvero la necessità del l 'eterno ripetersi del l ' opporsi dei contrari,

4

5

Della cosa ultima. p. 505. Cacciari ha ripetutamente indicato come fondamentale per l 'approfondimento del suo concetto di analogia il libro di Enzo Melandri : La linea e il circolo. Studio logico-filosofico sull'analogia, Quodlibet 2004. Feltrinelli 1976.

Cacciari e Severino

16

e anche il significato

negativo

della contraddizione , che apparirebbe cioè

solo per essere negata . Non si dà contraddizione solo per essere negata , tolta come errore , né se­ parando gli opposti né conciliandoli: ma la Verità come contraddizione non impl ica il restare fi ssi alla loro opposizione ; la contraddizione va salvata anche dal restare pri gioniera di se stessa. L'Indifferenza de li ' Inizio non va concepita come negazione delle differenze che appaiono , ma insieme come opposizione e destituzione del l ' opposizione tra le differenze ; non Identità che nega o, viceversa , concilia le differenze , ma

Unum che distinti.

accoglie gli

opposti che possono separarsi oppure unirsi restando

La logica dell 'aut aut, per C acciari , sta inevitabilmente insieme a quel l a del l ' et et e mostra l ' enigmaticità intrascendibile del l ' aporia i n cui siamo: Il 'dialogo ' tra gli inconcil iabi li, sapere del veramente certo e doxa, è tragico perché ciascuno di essi ' cerca' l ' altro , 'cerca' quel la sintesi che sempre manca. Se 'mancasse' Parmenide, la sapienza apparentemente più estranea alla trage­ dia, non si darebbe alcuna tragedia, ma solo la commedia del fra-intendersi delle doxai . Scena tragica esige reale antinomia - e cioè inscindibilc polemos tra aut-aut cd et-et6•

In definitiva Cacciari non è con Eraclito

contra

Parmenide : stare nella

contraddizione significa avvertire tutta la parzialità dei due poli presi isola­ tamente o contrapposti , ma anche come la verità non possa cancellare uno degli opposti ma abbia bisogno di entrambi . Il contrasto tra Eraclito e Parmenide non è riducibile solo ad una con­ traddizione logica ma innanzitutto appare come opposizione tra intuizioni

doxa, il mondo ep istem e eppure è

fondamentali della realtà. La

dei fatti e delle opinioni non

può avere la saldezza dell

necessaria per conoscere ciò

'

che accade ; così come la scienza dell ' Essere non riesce a spiegare l ' acca­ dere del mondo: Eraclito si oppone al 'divieto' di Parmenide , ma non può controbattervi sul piano dell a dimostrazione logica; Parmenide coglie il 'cuore ' della Verità , ma 7 questa Verità non spiega il mondo •

è ma anche l ' illusione , le opinioni sono: le due vie insieme percorribili . L'Uno non nega il molteplice , non

Non solo l 'Essere non appaiono però 6

7

M. Cacc iari, Filosofia e tragedia. Sulle tracce di Carlo Diano, introduzione a Carlo Diano. Il pensiero greco da Anassimandro agli stoici, Boll ati Boringhieri 2007. p. 2 1 . Filosofia e tragedia. p. 22.

Verità e conn·addizione

17

esclude gli opposti , n é li concilia dialetticamente : li accoglie . L'ordine in­ gannevole del mondo non è negato ma neanche fondato . Ma anche la testimonianza del Destino della Necessità si imbatte in una contraddizione non facilmente aggirabile. Per Severino la Verità non può darsi

concretamente

nella sua interezza: ciò che della cosa resta nel l ' om­

bra del non apparire , ciò che di essa si mostra solo processualmente , e mai simultaneamente , implica la sua impossibilità a manifestarsi nella fi nitezza in un unico evento: aporia che Severino chiama

la contraddizione c. Ma di­

cendo che non può apparire mai nella sua totalità, non si dice che la fi nitezza non potrà mai ospitarla in nessun modo; né , viceversa , che l ' apparire della totalità concreta di ogni essente sia la sintesi tra la configurazione attuale dell ' apparire della cosa determinata e tutto ciò che di essa può sopraggiun­ gere , apparire , nel prolungamento infinito del sentiero della Terra . Resta in un luogo inaccessibile, in un altrove , l ' apparire infi nito che non può mai accadere , farsi evento , entrare nel finito perché altrimenti lo an­

astratto , come ciò che contraddizione C, ma che mai

nienterebbe . Appare da sempre e per sempre come oltrepassa ogni contraddizione , compresa la

potrà concretarsi pienamente nel finito , mostrarsi fenomenologicamente nell a pienezza delle sue determinazioni . L' apparire infinito, la Gloria non più contrastata non solo dal nichilistico isolamento dell a Terra , ma nean­ che dalla

contraddizione C,

non può che apparire

astrattamente ,

restare

nel l ' ombra del non apparire , nel l ' Inconscio . Non è solo la testimonianza del Destino della Necessità ad essere incompiuta , ma è la contraddizione

C

ad apparire nel fondamento. Noi esistiamo in primo luogo come mortali nella Terra isolata e in quan­ to tale pensata come terra sicura: isolamento che , tuttavia, è già da sempre

astrattamen­ mortali, della vo­

destinato a tramontare ma il cui tramonto appare ancora solo

te .

Esperiamo l ' affermazione crescente delle opere dei

lontà di potenza che smisuratamente , radicalmente vuoi far diventare altro la terra; il tramonto delle opere dei mortali non appare ancora ma è desti­ nato necessariamente ad apparire nel cerchio finito , mentre il superamento astratto della

contraddizione C nell' apparire

infinito potrà darsi solo in un

processo infinito . Resta , scrive Vitiel lo8 , nelle tesi severiniane 1' Assente che nessun pro­ cesso infinito potrà disvelare , un Assente

astrattamente conosciuto

ma che

mai sarà concretamente possibile che appaia interamente . Assente trascen­ dente. scolpito nel Destino della necessità e che differisce per questo dal Possibile Impossibile di Cacciaci: ma, in quanto Assente solo

8

Cf.

Il Dio possibile,

pp. 5 1-56, Città Nuova, 2002 .

astrattamen-

18

Cacciari e Severino

te

presente da sempre e per sempre , sarà anch'esso a suo modo avvol to in

una

luce oscura. Oltrepassare9, Severino prova a mostrare come contraddi�ione C - che è diversa dal1e altre contrad­

Ne11a sua ultima opera. il superamento della

di zioni i cui contenuti vanno negati -. non sia condannato ad apparire solo

astrattamente,

ma che seppure in relazione a singole parti del tutto , esso

apparirà anche concretamente . Quindi la Gioia non resterà solo interamente e necessariamente nel l ' inconscio del cerchio finito dell'appari re , né di essa sono desti nate ad apparire solo tracce ambigue come quelJe che appaiono nell ' i solamento della terra; la decifrazione delle tracce che accompagnano iJ tramonto dell'isolamento della terra , lascia che appaiano lungo il sentie­ ro de11a Gloria concrete tracce della Gioia . Da un lato diventeranno punti sempre più remoti gli enti così come erano apparsi nel1 'età del 1a Follia; dal l ' altro , si a11arga i l cerchio finito de1 1 ' apparire , anche se mai potremo giun gere alla piena e simultanea apparizione de1 la totalità delle relazioni

di un ente . Per Cacci ari , la Gioia può darsi laddove non insisti amo a cercarla univ o­ camente

chiamo

nel

mondo, nelle determinazioni-predicazioni-relazioni , ma

toc­

la cosa nella sua singolarità; tuttavi a . a di fferenza che in Severi no .

essa appare come

u n possibile che non dissolve gli altri

possibili e l ' Impos­

sibile dell ' Inizio, e che mai può darsi come un Fine i ncontrovertibilmente dimostrato e necessariamente assicurato . Il corpo a corpo delle nostre domande per non essere asserviti dal l ' an­ goscia, non è, a differenza che nel filosofo bresciano, il frutto di un erro­ re dello sguardo del

mortale;

della volontà di potenza che avverte la sua

impotenza di fronte alla morte . o a ciò che si sottrae al suo dominio. ma autentica , rischiosa peripezia. L' angoscia che ' soffoca ' il nostro esserci. per il filosofo veneziano , è originata dallo stare sospesi tra la comprensione razionale e il desiderio del l ' Impossibile: essa dischiude , o ci obbliga ad aver cura dell' Impossibile: a corrispondergli o a fuggire da esso , quindi è

tonalità emotiva

essenziale nel1a relazione con l 'Inizio .

Per il filosofo veneziano . la riflessione filosofico-teologica ci mette di fronte ad un bivio: o la possibile liberazione dalla disperazione è radicata nel1a solitudine del

Dasein , nell ' ascolto del silenzio in cui è immerso. nella

sua relazione con l ' imminenza della propria morte , nell ' auto-progettarsi . fondato sul nu11a, dell ' esserci che si decide per la cura del proprio se stes­ so: oppure il dono della libertà è fondato su di una voce che chiama da un Silenzio che ha un Nome , sul1a fede in Chi ha vinto la morte , ovvero in un

9

Adelphi 2007 .

Verità e contraddi:.ione

19

Dio che ama e spera che i .figli siano capaci già

Ora , e non

solo in un astrat­

to aldilà, dell' istante pieno , di ospitare il Regno dei cieli in noi10•

La speranza dell 'Impossibile , per Cacciari , è massima e non sradicabile cura: anche se disperiamo di tale oltre-umana misura di amore , non possia­ mo che specchiarei , interrogare , inseguire la purezza che ci è stata rivelata e che amiamo pur disperando di fruirne . Solo essa consente di vederci nella nostra mi seria, nei nostri limiti , e insieme ci dona l a possibilità di soppor­ tarla , di purificarla: La morte di Dio significa l impossibilità di re-legarci a qualsiasi ente , a '

qualsiasi valore, a qu al sias i positivo . Essa libera condannando ad una misura impossibile di nudità, di «vuoto» . Più nessun fondamento , più nessuna ter­ ra ben salda , più nessuna supe rstitio (super stare) . Appesi tutti alla fede in quell'Evento . . . il Dio negativo chiama dal suo deserto perché si faccia deserto in noi , perché ci si strappi da ogni philopsichia . «Innaturalità somma», follia 11• per la sapienza antica

10

Il

Interpretazione eterodossa, quella di Cacciari, per la qu ale il Figlio spera ed at­ tende la resurrezione dei figli, lasciando aperta la possibilità che. quando tornerà, potrebbe non trovare fede sulla terra. M. Cacciari, Prefazione ad A. Emo. Le voci delle Muse, Marsilio 1 992, p. IX.

21

II VERITÀ ED ERRORE

Per comprendere ancora più a fondo le posizioni di Cacciari e Severino intorno al problema fondamentale de lla Verità, dobbiamo indagare quale relazione tra vero e falso , Verità ed errore, emerga nelle loro tesi . In primo luogo non si dà dimostrazione deHa Verità per entrambi ; il mo­ strarsi del l ' Immediato non necessita di una dimostrazione .

È

il logos che

giudicando introduce nel l ' Uno la distinzione per poi denunciarne l ' imper­ fezione : il tempo è il destino de lla parola che vuole articolarlo-esprimerlo . O il logos, la dimostrazione , la mediazione è già nel l ' Immediato - ma al­ lora l' immediato non è tale -; o la sua affermazione non necessita di dimo­ strazione , mediazione , logos come ciò che dopo e dal l ' esterno fondi e dica la veri tà di ciò che si mostra. L'espressione che fa segno all ' Immediato, è già dopo di esso: riferendosi a Colli ed Aristotele, il filosofo veneziano afferma che

vero

è ciò che l'intu­

ire a-discorsivo tocca,jalso non ciò che non è dimostrato, ma ciò che non è toccato . Il logos traduce-tradisce l 'animo, ricostruisce l 'oggetto dividendo­ lo: ma questo non significa che ciò che il pensiero arriva a intuire, toccare, all 'estremo della sua potenza,jondi la verità o la falsità di ciò che appare . Concetto che viene definito rigorosamente da Vitiello: riguardo a questo vedere-toccare , a questo intuire-dire , il problema della verità c falsità non si pone neppure. E ciò non perché questo thigein e il dire che gli corrisponde e l ' accompagna, la phàsis, non si siano ancora elevati alla verità; bensì perché ne sono i l presupposto1 •

Allora il punto di differenza tra le tesi cacciariane e severiniane non con­ sisterebbe nel darsi di un Immediato e/o di un principio evidenti di per sé, ma andrebbe piuttosto ricercato nel di verso modo con cui esse affermano la possibilità o impossibilità di distinguere ed escludere il vero dal falso, il ·

necessario dal contingente .

Filosofia teoretica, Mondadori

1997, p. 41 .

22

Cacciari e Severino

Se Verità è un questo , è

questo,

allora si può defi nire esattamente l 'er­

rore , il fal so, mettere cioè in atto una procedura escl udente: per Cacciari, invece , errare signifi ca solo escludere l ' indeterminato , che nega il determ i­ nato . dal positivo determinato . Il vero e il falso si oppongono ma anche la loro contraddizione viene de­ stituita in quanto la Verità non si dà come mero porre e negare l ' errore, ma come

Unum che accoglie luce e ombra: è proprio l ' ordine divino e cosmico

ad aver posto in uno gli opposti : senza ombra la luce sarebbe accecante . in­ sopportabile , in sonne , la Necessità davvero troppo più forte della Libertà . Per Severino , invece , si dà un opposto della verità come negato , espul so , pura significazione del verità.

È

nulla:

esi ste ma senza alcun valore , bandito dalla

inevitabile che r errore appaia: gli uomini nu1 1 a possono su tale

destinazione: la loro

striscia di terra , per il

filosofo bresciano , sta tra l ' au­

tonegazione del la negazione de1 1 a verità e il non ancora sopraggiungente tramonto del1 a terra isolata. Il Destino dell a Necessità non costringe , non prevarica ma è i l cuore , l'adempimento del l a vocazione più sincera dell 'ente . Due anime battono nel petto del l ' uomo , afferma Severino citando il Faust di Goethe : la con­ tesa tra l ' i solamento della Terra e il Destino dell a Necessità conftiggono nel

mortale , che è

il luogo in cui appare questa contraddizione non risol ta,

come aporetica . L' errore ha invaso il linguaggio, le parole e le opere: per questo se il visibile è ciò che è testimoniato e l ' invisibile ciò che non lo è , nel nostro tempo appare che l a Terra è avvolta dalla

nube dell ' i nquinamen­

to nichilistico . Per Severino , l ' alienazione , l ' isolamento della terra sono destinati : il Destino della Necessità ha da sempre deciso che apparisse l ' erranza che conduce i mortal i ad isolarsi dalla verità e a persuadersi del predominio della Terra come dimora sicura . Credersi padroni del proprio destino , o anche di poter determinare l'eclisse del l ' errore e il trionfo del Destino del­ la Necessità , appartiene ad una nichilistica volontà di potenza in quanto volontà e azioni non sono in nostro potere , forze capac i di determinare una configurazione della terra piuttosto che un' altra. Tuttavia erronea appare anche la convinzione opposta per cui noi potremmo scegl iere di incroc ia­ re le braccia, di null a volere . di non agire, perché anche questo sarebbe espressione di una volontà di potenza . La contesa è insieme attesa: quando gli uomini testimonieranno la nega­ zione della contraddizione , attenderanno il compiersi , il tramonto del De­ stino . Ma attesa, ancora una volta. non significa non agire: gli uomin i non possono sottrarsi a ciò che il Destino invia. e dunque devono agire o non agire così come sono detenninati a fare non per una costrizione esteriore ed

23

Verità ed errore

oppressiva ma secondo la parte e il contesto che sono stati loro assegnati . Non ci è dato quindi determinare l ' avvento del Tramonto ma attenderlo sì . Il Destino della Necessità non implica alcuna indifferenza rispetto alla dimensione dell'agire; al contrario ogni nostro gesto , l ' atto più umile o il pi ù grande , sono assolutamente rilevanti . Ogni nostro fare , i n quanto de­ stinato e non isolato dal Destino , è nella Verità . Non ci sono gerarchie che privilegino o subordinino azion i , modi di vita; né valutazioni assiologiche , condanne o approvazioni morali che gi udichino i nostri atti distinguendoli in questo senso tra positi vi o negativi . Concludendo: Severino pensa che il

mortale sia alienato da un mille­ potenza senza verità e che

nario errore , dalla follia della ricerca di una

quindi non conosca la verità davvero onnipotente del Destino . Tuttavia, nonostante il linguaggio del l ' Occidente dia spicco all ' alienazione e alla follia, l 'ol tre-uomo che si apra allo sguardo del Destino patisce il non an­ cora sopraggiunto tramonto del la terra perché la oltrepassa

astrattamente

dizione come negata .

inquinata

dal nichilismo proprio

testimoniando l ' apparire della contrad­

25

III L'IDENTITÀ NASCOSTA DELLA SINGOLARITA DELLA COSA '

Per Cacciari e Severino la Verità si dà nella singolarità concreta , nel l ' uni­ cità irripetibile del singolo ente: ma, come abbiamo visto , l ' intramontabile orizzonte de ll'esistere della cosa appare differentemente pensato: no dell a Necessità

aut desti­

aut universo del puro Possibile .

Ma, dobbiamo ulteriormente chiederci : quale nesso si dà tra la singolarità della cosa e le relazion i dal le quali essa è costitutivamente intessuta? E quali affinità o differenze nel modo in cui i due filosofi pensano la sua identità? Per Cacciaci , già in

Icone della legge,

l ' i ndeterminato

questo ,

qualcosa

si determina. Sostanza è la totalità dei possibili : la cosa non è atomo di natura ma pluralità di affezioni e relazioni , continuo scambio di percezioni e informazioni, che non sono causate da un Dio architetto , come nella con­ cezione leibniziana, ma appaiono come una danza di puri rapporti , movi­ menti , energie , che hanno

la possibilità come loro sostanza . noumeno

La cosa è più di ciò che il suo apparire mostra:

invisibile e

non conoscibile , enigmatico ma non per questo meno ' reale ' , che si dà nei fenomeni e nelle relazioni

indeterminandoli:

puro possibile e impossibile.

Ogni cosa i ntesse re lazioni mai determinate e deducibili da principi o leggi onnivincolanti: appaiono biforcazioni sempre possibili , scarti mai previsti e prevedibil i . La stessa trama di re lazioni vi venti che dal piccolissimo al grande la natura i ntesse , non corrisponde a statiche leggi necessarie :

ra facit saltus e

Natu­

sostanza e materia , secondo la tradizionale interpretazione

della loro solida identità, collassano: La domanda intorno ali' ente va così specificata: non perché è questo o quest 'altro , perché ha questa o quella forma. Ogni ente è un composto, ma il composto non è sempl ice somma delle parti, così come la sillaba non è ri­ ducibile alle lettere che la compongono . Ciò che fa del composto questo ente determinato non è a sua volta un elemento , ma la sua causa. E questa è la ousìa di ciascuna cosa (poic hé è la causa prima del suo essere) 1•

Dellu

cosa

ultirrw, pp. 376-78.

Caccia ri e Severino

26

Semplice, irrelata. assolutamente distinta,

fysis

una

in sé e per sé , appare la

da cui la singolarità della cosa proviene , e quindi non catturabile,

manipolabile: L'Uno è il questo proprio di ogni ente e di ogn i figura , i mmanente al suo apparire e che nel suo apparire si nasconde , poiché tutto ciò che appare. appare in relazione ad altro . . . Ogni fi gura ospita in sé fi gure 'straniere ' . Ed è in base a tal i differenze che essa sarà determinabi le. Ma ogni figura è anche se stessa. Non solo una combinazione unica di distinti elementi, ma il ' qualcosa' inc­ sprimibile che li collega, che li dona così all'ek-sistenza, unici in ogni istante. irripetibili e intramontabili . Nel distinguere le forme diverse che compongono questa figura . colgo l ' im-mediatezza del suo essere questo , in questo istante . La figura non tende nostalgicamente ad essere questo,lo è, così si dà. E proprio ciò 2 è l ' ineffabile che è l ' armonia non manifesta di ogni sua espressione •

La cosa mai potrà essere icona delJ'Inizio ne11a rete delle sue determina­ zioni-negazioni -definizioni , ma nel mostrarsi de ll' enigma della sua singo­ larità possiamo toccare l ' Uno . L' Indi stinto appare nel J ' enigma del

tissimo , dell ' assoluto

distin­

differenziars i ; l ' assolutamente distinto , la cosa nella

sua irriducibilità , appare con l ' altro , con i distinti : i nseparabili mai uniti . Anche per Severino il fondamento del rapporto tra 1 ' essere sé della cosa e il suo essere insieme ad altro , appare indimostrabile: L' identità tra l ' essente e il suo essere insieme agli altri essenti appartiene alla struttura originaria della verità, e non può essere «dimostrata» con un pro­ cedimento che , dovendo prendere le mosse da un fondamento in cui tale iden­ tità non si manifesta e cioè non sussiste, giungerebbe a negare , affermando tale 3 identità, il fondamento di questa affermazione •

È

il

'qualcosa che collega i distinti elementi della cosa ' ,

per usare la

terminologia cacciariana, a restare nascosto anche in Severino: è contrad­ dittorio negare l ' identità tra l ' identità con sé stesso deJ l ' essente , e l ' identità dell' essente nel suo essere necessariamente insieme agli altri essenti : Se l 'essente è distinto dalle concrete determinazioni del suo altro non in quanto esso essente è noema. ma in quanto è l'esser sé e non esser l' altro da sé , l ' «analitico>) è la relazione dell'essente al proprio altro in quanto altro; il > ) . Kant li includeva entrambi all ' interno di ciò che chiamava fenomeno, e fenomeno è il modo in cui si ripresenta il phainomenon greco , ossia ciò che è il contenuto del phainestai . Nella sua sostantivizzazione il fenomeno kantiano 2 ripropone il concetto di apparire del l ' essente: è l'essente che appare •

Ed è proprio a partire dall ' i nterpretazione del pensiero kantiano che meglio si comprendono le affinità e le divergenze tra le tesi di Cacciari e di Severino . Per i due fi losofi è in un orizzonte più originario che si dan­ no come fenomeni sia il soggetto che l 'oggetto ma diverso è il modo di concepire l essere fenomeno : per Severino fenomeno è automanifestazione '

del la cosa , per Cacci aci esso non è la

cosa in sé,

e resta la differenza tra

le immagini e la cosa . Quindi, per il fi losofo bresciano

dentale

l 'apparire trascen­

si identifica con l ' autocoscienza della coscienza che testimonia la

verità del destino della necessità , dell ' essente che appare , del l ' Io infinito pur nel limite del l ' Io fi nito; mentre per il fi losofo veneziano , la soggettività

trascendentale ,

l ' in separabile relazione tra l 'essere del l a cosa e il suo ap­

parire , resta indeterminata ed enigmatica:

luce oscura. Fimmediatezza

Per Severino solo il darsi insieme dell a

diate::.za

e della

Limme­

assicura l ' innegabilità dell ' essere del l 'essente ; per Cacciaci , in­

vece , l ' immedi atezza del l 'ente comprende ma non coincide con la

mediate::.za ,

non perché si esaurisca ne11 a sua

Fimmediate.:.za ,

Lim­

ma perché

proprio il suo apparire nel logos non riesce a comprenderne la perfetta determinatezza ed a provame l ' effettiva esistenza .

È

analizzando ulteriormente la sua interpretazione di Kant , che com­

prendiamo meglio le tesi di Cacciaci : nel fi losofo tedesco , da un lato mai l 'esperienza appare un prodotto dell ' intelletto , e, dal l ' altro , mai di fronte all ' intelletto si dà il mero dato , l 'oggetto esterno: sempre a darsi è l ' appa­ renza che

"non è meno reale per esse re tale solo nella percezione " 3 •

L' apparire come fe nomeno del l ' oggetto reale non impl ica i l trionfo del soggetto ideali sticamente concepito : la percezione fenomenica della realtà , non la dissol ve , ma definisce i limiti de11a nostra relazione con essa. li

esterno

dato

non è indipendente dal nostro percepire , ma il suo essere relativo

alla percezione , e mai dimostrabile , non implica il suo svanire , o il risol­ versi della sua conoscenza in un dubbio scettico mai oltrepassabile : esso resta irrevocabile .

2 3

E. Severino , L 'Identità della j(Jl/ia , Rizzoli 2007 . p. 30 1 . M . Cacciati , Dell 'In izio, Ade1phi 200 1 , p. 26.

34

Cacciari e Severino

Al

senso esterno

il reale si dà come se esistesse effettivamente fuori

di noi . Un enigmatico composto si mostra , ed è ciò che Kant oppone alla unilaterale certezza del realista e del l ' ideal ista dogmatici . Ma proprio la

soggettività

di questa esperienza . impone di non arrestarsi di fronte a tale

enigma e rimanda ad altro da sé: una dimenticata affinità , un originario ac­ cordo si dà tra spirito e materia, in cui la materia appare come il prodotto di un pensiero , e gli enti si mostrano leggibili come segni di un alfabeto , della lingua di un essere pensante in sé irraggiungibile; enigmatica relazione che non può essere svelata, e filosoficamente o scientificamente fondata . Ma se reale è ciò che la percezione rappresenta, anche ciò che percepia­ mo nel sogno , nella fantasia, nel l ' errore potrà essere ' reale ' ? Come distin­ guere tra le percezioni ? Per Kant: è reale cià che si collega con una percezione secondo leggi empiriche (CrV. 1 781 , p . 276) "4 , ciò che percepiamo secondo forme , leggi immanenti alla stessa percezione . È già una moltepl icità organizzata secon­ do leggi empiriche quella che si dà a noi nel l ' esperienza: Reale risulterà, insomma, il perceptum in quanto immaginato, associato­ riprodotto dall' immaginazione , riferito all'unità del l ' appercezione , e, infine , pensato dall 'intelletto secondo le sue leggi . Nessun reale può costitui rsi al di fuori della percezione , ma la percezione - ripeto, questo è lo snodo decisivo - non può costituirs i al di fuori della facoltà sintetica dell'immaginazione . I concetti del l ' intelletto possono schematizzarsi al fenomeno soltanto in quanto il fenomeno è già ' prodotto' dell 'immaginazione5 •

Questo ci è dato: un ' Immaginazione ri-produttiv a , e non creatrice , che ' agisce' all ' interno della percezione stessa e si riferisce all ' unità del l ' ap­

percezione trascendentale . L' intelletto deve , costitutivamente , operare la messa in immagine dei suoi concetti . La costruzione del concetto nello spazio tridimensionale appare petfetta espress ione dell ' idea moderno-contemporanea dell 'espe­ rimento: ma tale modello è matematico prima che fi sico . Vera conoscenza si dà, allora , nel percorso kantiano , solo di ciò che è dimostrabile sulla solida base e nei limiti dell ' i ntuizione figurabile ; mentre nulla possiamo conoscere e dimostrare della nostro percepire .

4

Dell 'Inizio .

5

Dell ' Jni::io,

p. 3 3 . p. 37.

cosa in sé,

che appare come indifferente al

L'essere e l 'apparire dell 'ente

Unsinn ,

35

insensata appare allora la via che conduce alJ ' Incondizionato .

Cosa ne è di esso?

È

idea utile solo per un uso critico-negativo della ra­

gione ? O può assumere un ruolo decisivo e positivo nella costruzione del nostro

Settima lettera , che faceva emergere onoma, logos, eidolon, ed episteme - di com­

sapere - come per il Platone della l ' impossibilità - attraverso

prendere l ' inesprimibile Quinto che libera la nostra anima dal rimanere prigioniera nel gioco dei Quattro? Per Cacciari una quarta dimensione è aperta in Kant, come mostrano le due Critiche successive alla

Critica della ragion pura.

Perché devo arri­

schiamù fuori dall ' isola verso l ' oceano? E perché questo rischio non po­ trebbe essere al tro che venire sedotti da un miraggio? Perché la radice delle categorie non

è sensibile:

' genetica' appare l a loro

rottura del vincolo che le lega alla sensibilità , e costitutiva la tendenza a risalire al proprio principio. Analogamente , le nostre rappresentazioni sono del loro essere : solo non il loro

che è . pensato

DelJ 'ente

come

inquietate

dal mistero

esse si diano , infatti , può essere compreso , ma

non può essere dimostrata l ' effettiva esistenza: il

de serto dell a ragione , il suo non poter pervenire ad alcuna positiva co­ noscenza, mostra come il

semplicememente esistente possa essere colto Prius possa essere narrato solo a

solo ek-staticamente ; come tale assoluto

posteriori.

37

v

L'IDEA DELL'ETERNITÀ DELLA COSA

CacciaTi e Severino convergono nel ritenere ogni singola cosa

eterna;

questa tesi si differenzia dalla tradizione fi losofica e teologica del l'Occi­ dente per l a quale eterna è solo l'anima (platonismo) o anche il corpo (cri­ stianesimo) , ma spiritualizzato , trasfigurato , che risorge dalla polvere di quello terreno ; e si differenzia anche dal nichi1 ismo contemporaneo per cui ogni cosa è

mortale, niente,

e solo provvisoriamente nell'essere : anzi , nel

proprio più profondo inconscio, già da sempre e per sempre

nulla .

Tuttavia differente è il modo con cui i due filosofi concepiscono l 'eternità di ogni ente: in base a quaJ i argomentazioni, infatti , predicano la luce incor­ ruttibile deJla cosa? E, seconda questione: ogni ente è solo e necessariameme eterno o può essere aut eterno aut mortale , e insieme eterno e mortale? Per Severino , ogni ente che appare è determinato dalle determinazio­ ni dello sfondo , del la Struttura Originaria, si manifesta all ' i nterno deJle sponde intramontabili del Destino della Necessità. L'apparire de li' essere sé dell'essente è l'innegabile che è posto nel suo stesso porsi , che non ha bisogno di dimostrazione, di essere fondato dalla ragione . In questo senso Verità innegabile è che ogni cosa appaia inseparabile dal suo essere , qui ndi dal suo necessario non poter essere

niente, divenire altro da sé .

Nichilismo è, allora , per Severino separare l ' inseparabile: la Logica dalla Fenomenologia , l ' essenza dali' esistenza, l' identità dalle sue determi­ nazioni , l 'essere dall'ente , daJ la molteplicità delle determinazioni . Anche il ricordo non è separabile dal darsi del suo contenuto , non è idea , mera rappresentazione psichica, disincarnata; insomma quale che sia la rappre­ sentazione che appare , essa non è mai concepibile per Severino come un quadro che dall'esterno rappresenti un contenuto la cui reale esistenza le resti estrinseca. Il pensiero non è chiuso in sé e connesso alla cosa come se questa fosse al di fuori di sé: la cosa appare nel segno ma non come noema , significato separato dalla sua concretezza , dal suo essere in l ' intera, intatta

cosa

carne e ossa:

si manifesta nell ' anima, e l ' anima è l ' au tomanifesta­

zione del la cosa così concepita.

Cacciari e Severino

38

Per determinare l ' essere si deve necessariamente metterlo in relazione con il

nulla;

il

nulla

appare ma come negato , ovvero il nulla appare ma il

contenuto affermato dal suo apparire è errore che si togl ie, che è tolto . Nel pensiero severiniano, il senso stesso dell ' essere sta nel suo opporsi al

nulla ,

nell'energia che consente ad ogni positivo di negare il nulla. 11 suo ritornare a Parmenide è stato frainteso e si è fatto tal volta di Severino un neoparmeni­ deo: ma il filosofo bresciano non affenna che le cose in quanto determinate non siano l ' iiJuminarsi o l 'energia che spinge via il

nulla . L'essere , assoluta­

mente di stinto dalle determinazioni , sarebbe a suo modo determinato: l ' esse­ re è l 'energia che si dà in ogni positività determinata , negandosi come puro essere indeterminato (luce senza colori) ma insieme negando il suo essere tutto e solo nei colori , ne11e determinatezze . La testimonianza dello splen­ dore del Luogo e della Totalità delle cose , appare un essersi già da sempre svegliati a scena aperta: Verità non è altro dalla determinazione-definizione ma si dà come ulteriorità rispetto ad ogni determinazione-definizione che si ponga come

absoluta,

esaustiva manifestazione dell ' ente . Anche Platone ,

per il filosofo bresciano, porta sì le differenze neH 'essere , sal vando i feno­ meni , ma le lascia nel Tempo e dunque nel venire e andare nel n una. Severi­ no pone interamente ogni positività determinata neH 'essere fuori dal Tempo nichilisticamente interpretato , ma non fuori da ogni divenire . Per Cacciari , su11a scia delle interpretazioni del platonismo in Kant. Lukac s , Benj amin , l ' idea che contempliamo non coincide con la

forma

universale del l ' ente ma, piuttosto , è l ' idea deJla singolarità della cosa a mo­ strarsi ; essa salva i fenomeni e non è astrattamente separata da essi . Il mi­ stero dell ' immediato e semplice apparire della cosa , della sua provenienza

L'essere se stesso della singolarità deJla cosa è ciò che è il proprio del fenomeno individuale e concreto , il questo qui individuum della cosa ad apparire eterno . L a libertà dell ' anima s i d à allora proprio i n questo fingersi del pensiero; in questa capacità di vedere il realissimo inesi stente della cosa, che non è la rende saldissima .

implica la sua eternità:

meno reale perché puro possibile/impossibile . Contempliamo , intuiamo che l ' ente , nel suo

proprio,

non appare interamente nelle sue relazioni-deter­

minazioni . Amiamo l ' eternità del la cosa nella sua contingenza; ma quale significato Cacci ari attribuisce ali 'idea di contingenza? Se la cosa fosse con­ tingente nel senso di essere destinata univocamente a fi nire , di provenire ed andare nel nulla, la sua preziosa irripetibilità sarebbe sempre e solo accom­ pagnata dall'ombra dell ' ansia per un ente esposto alla minaccia incombente del nuJla. Una simile concezione deJl ' idea deJla

cosa

escluderebbe total­

mente la gioia e potrebbe darsi e riflettersi solo in tonalità emotive ' scho­ penhaueriane ' come una lieta mal inconi a o una compassione quale unico e

L'Idea dell 'eternità della cosa

39

ultimo orizzonte dello sguardo che si posa su di essa: meglio, la gioia non sarebbe altro che il provvisorio , precario resistere dell 'ente al

nulla .

Ma, per il filosofo veneziano, radicale contingenza è solo quella tra la mortalità e l ' immortalità della cosa: attingere-vedere-toccare la pienezza del suo essere sé . che di nulla manca, è vederne l'enigma di cosa

insieme

eterna e mortale . Cacciari sembra allargare, superare la sua concezione (presente ancora in

Icone)

della precarietà della

gloria

della cosa come un lampo tra due

nulla; eterna e gioiosa appare la cosa nel suo essere sé; la sua preziosità non consiste nell ' essere lo squarcio irripetibile che illumina sospeso tra due abissi oscuri . Ora la cosa può essere guardata nel suo puro

poter non essere:

dunque non intervallo tra due

nulla ,

poter essere­

ma tra i due volti

dell ' Inizio: vera Vita e Ni-ente . Le determinazioni-negazioni-relazioni velano la sua eternità laddove pre­ tendono di esaurirla nella mera somma del le sue parti . Se l'Inizio non coinci­ de con la potenza, ma con la Compossibilità, il contingente corruttibile non è necessario: aHa

cosa può accadere di essere mortale o immortale:

. . . J'uno-duità di Aiòn e Chronos si riflette , i nformandola tutta, in quella di con­ tingente e necessario. per cui solo in quanto predicato secondo necessità il contin­ gente potrebbe veramente essere detto tale. Ma se il contingente è puro contingente non dovremmo piuttosto affermare che esso dovrebbe essere pensato anche come necessario? Se il puramente corruttibile è davvero contingente non dovrebbe poter­ si pensare anche come immortale? E non immortale la specie delle cose mortali , ma immortale lo stesso singolo individuo mortale - se esso davvero è pura contingen­ 1 za. Al puramente contingente può capitare la conuttibilità come l 'inconuttibilità •

Per Cacciari

Aiòn

è vivente unità che persiste in sé senza di nulla man­

care; ma Aiòn non esclude fagocitato da

Cronos. Aiòn

kinesis,

vita, divenire: non è né separato, né

non coinc ide con l 'alternarsi di Amore e Odio

ma si dona infinitamente sdoppiandosi , sacrificandosi , e insieme destituen­ do l 'opposizione . Anche per il filosofo veneziano , come per Severino, la oltre l 'orizzonte nichilistico, non è

nulla in sé, ed

cosa,

pensata

è alienata nel suo dive­

nire altro da sé ; è l 'incatturabile-inesprimibile singolarità della cosa a farla eterna; singolarità che non nega, ma accoglie in sé e oltrepassa le determi­ nazioni-relazioni dell 'ente .

È

il mistero del darsi a-intenzionale della sua

idea, tutt'altro che nostro prodotto, a significarne l'eternità: indicibile la

Dell 'Inizio, p . 276 . Nello stesso testo sulla rel azione tra necessità e contingenza cf. anche: Potenza e atto , pp. 1 57- 1 63 .

Cacciari e Severino

40

cosa ,

sospesa al Caso della sua possibilità e impossibilità: per Severino ,

invece . l 'eternità del l ' essente è una spec ificazione concreta del1 'opposizio­ ne universale e innegabile tra positivo e negativo: l ' i dentità con sé appare in uno con l ' inscindibile nesso di essenza ed esistenza; e la

cosa

ha come

limite solo il non poter apparire nel l ' infinità delle sue relazioni e dei suoi predicati in un unico evento . L'essere sé , l ' eguaglianza con sé , nel la filosofi a cacciariana, impl ica. inoltre , il disfarsi del1a propria identità. Se il donare è in mio potere . è un mio possesso , e se attende una reciprocità o una remunerazione - che sia la vita eterna , il ritrovare la potenza della propria ani ma, o la restituzione dal i ' altro di ciò che gli si è donato

-

è evidente che siamo ancora in una

dimensione in cui lo scambio mercantile prevale sul gratuito, e il possesso di sé sullo smarrire sé stesso . Il dono va invece pensato come un radicale aprirsi aJraltro senza perché , scopo , reciprocità , remunerazione; positivo nulla attendersi , neanche la pro­ pria salvezza, puro

rivolgersi a , libertà in cui

l ' altro appare come l ' intrascen­

dibile del Se stesso . Lasciar essere l ' altro significa oltrepassare il Sé incate­ nato alle proprie determinazioni-relazioni verso il Sé che ospita l 'altro in sé; oltrepassiamo la libertà intesa come proprietà, per essere davvero liberi; non siamo costretti ad un sé inteso come volontà di potenza, o come nobiltà di un' anima incondizionata che , come un sole , si effonde sovrana. Infinita Libertà non destinata al proprio inalienabile del l ' esserci: donare come spossessamento non temporaneo ; kenosi del nostro proprio che per­ viene al dono del l ' in nata

libertate, e non

al la semplice rinuncia a questo o

quel bene . Vera imitazione del Dio che vuotandosi dell ' uguaglianza con sé , assume forma servile mostrando la sua radicale libertà . L' anima può essere ritrovata-salvata solo nella libertà dell' altro , ed

sere felici vivendo

es­

lo si può solo se l ' altro non è separato da noi da un

invalicabile muro e chiuso nel suo inferno; ad essa , viene donato alla fine i l tesoro di

credere

di poter essere liberi anche dalla caverna del geloso

possesso di sé: Mi all ieto perché mi si ri-vela che questo sono io stesso ! Questo è inesau­ ribile e inattingibi le ! Così mi conosco; così tocco il mio essere-divino senza 'comprehenderlo' , il mio proprio inafferrabile . E amo me stesso senza divenire mia 'proprietà· - amo il dono che sono e cerco di corrispondere a ciò di me che ho toccato: essere-dono - amo liberarmi di tutto fi no a corrispondervi , c cioè a sapermi donare 2 •

2

Della cosa ultinw. p . 507 .

41

VI IL SIGNIFICATO , IL SEGNO , IL SILENZIO

Per Severino, ] ' apparire infinito del Tutto non può darsi nel cerchio fi­ nito , è avvolto nell

'

ombra chiara del non-apparire ,

e quindi la Gioia re­

sta nell ' i nconscio disseminando le sue tracce lungo il Sentiero della Terra. Ne Il' isolamento

della Terra , il mortale getta

la parola come una rete sulla

cosa , cercando di dominare l ' instabilità del di venire , e si chiude nella rela­ zione con gli enti che pone al di sopra del l ' apparire silenzioso del destino: ma la stessa testimonianza del Destino della Verità è altro dalla traccia della Gioia, perché non riesce a liberarsi dalla volontà di potenza che vuole imporre

un

senso al mondo , istituendo nessi arbitrari , convenzionali tra

enti, significati e segni , concepiti come originariamente irrelati . La parola , per Severino, è la forma di ciò che il pensiero pensa: le parole delle differenti lingue storiche sono segni che indicano l ' identità dell 'es­ sente e del significato . Il nesso che unisce il significante e il significato non

è necessario , appare infondato: le parole sono sempre opere dei mortali, del loro tentativo di stabilizzare il divenire; e la

volontà di parlare non può che

tradire anche il Destino della necessità: . . . ma il destino della verità non solo non è linguaggio, ma non è nemmeno il linguaggio che la testimonia. Il destino è destino , nonostante il suo essere testi­ moniato dal linguaggio . . . ossia è necessario che questa concretezza sintattica del destino appaia già da sempre al di là dell ' isolamento della terra, al di là del linguaggio che testimonia il destino e dunque al di là dello stesso linguaggio che , qui , ora, sta affermando la necessità che la totalità della sintassi del destino appai a oltre il linguaggio . . . La volontà di assegnare la parola al destino chiude il destino nell ' ambito indicato dalla parola . . . Il destino , nella sua essenza, cioè come esser sé dell'essente . è ciò la cui negazione è autonegazione : ma ciò la cui negazione è autonegazione è necessariamente la totalità della sintassi del destino , che dunque non può apparire processualmente . La volontà di assegna­ re la parola al destino è invece uno sviluppo , dove ciò a cui la parola è via via assegnata viene isolato dal la totalità sintattica del destino e viene reso dispo­ nibile alla parola: il pensiero isolante si impadroni sce di esso e lo fa diventare altro da c iò che esso è in quanto concretamente unito a quel la totalità, ossia lo

42

Cacciari e Severino

fa diventare non verità , la non verità che è la contraddizione in cui consiste un 1 tratto del destino in quanto separato dalla totalità della sintassi del dcstino •

In

Oltrepassare , Severino riprende questo tema

riaffermando che anche

il linguaggio che testimonia il destino è volontà di potenza e che il desti­ no , in quanto appare come un designato , è altro da ciò che in verità è . Ma aggiunge: La testimonianza del destino non ne è l ' apparire , ma mette in questione i linguaggi che testimoniano soltanto la terra isolata . Tuttavia il linguaggio che testimonia il destino dice l ' incontrovertibile , ossia è il segno e l' aspetto del destino, perché , pur rendendolo un designato , e così alterandone il volto . non lo altera fino al punto di non lasci are apparire che la negazione del destino è autonegazione - ossia che ogni linguaggio che sia negazione del li nguaggio del destino è un linguaggio che si fonda sul linguaggio del destino ed è quindi un linguaggio che nega se stesso2 •

La luce del Destino è il mostrarsi della parola come definitivamente ol­ trepassata; dell ' apparire del significato nella parola come oltre essa; anche se è pur sempre nella parola che dobbiamo dire la differenza tra puro si­ gnificato e segno , e quel rinvio da un significato all'altro che si arresta da ultimo alla cosa/affezione dell 'anima .

Oltre il linguaggio3 , Severino affronta proprio quello che chiama il tema eminente , mostrando come la pura luce del si­ gnificato deve apparire , en eschato, non avvolta dalla parola; ovvero il si­ Nelle ultime pagine di

gnificato si dà non solo nella parola ma anche in un aldilà del linguaggio . La cosa , il puro significato che appare da ultimo cos ' è ? Pura visione . Come non vedere un · assonanza , affinità con la concezione neoplatonica , con una teologia negativa, laddove la visione dello splendore dell' Uno implica per Plotino il venire meno del dualismo tra intelligenza e intellegibile? L'enigmatico mistero in cui ek-sistiamo è apice anche dell' itinerario fi­ losofico di Cacciali ; si dà la dimensione del silenzio , sempre tra-dita dalle parole: un significato che non ha un senso univoco , che non può dirsi in relazione ad altro; che si mostra non in una parola silenziosa , ma nel puro silenzio . Il silenzio del l ' Uno è altro-non altro dal silenzio di che non può essere detto nei segn i . Per Cacci ari mistico è il

che è

del mondo non

come

è.

È

questo

corpo

l ' esperienza

mondana radicale in cui si mostra l ' Ineffabile . Indicibile , Inesprimibile: il E. Severino , La Gloria, Adelphi 200 l , pp . 474-477 . 2

Oltrepassare, p. 1 32 .

3

Adelphi 1 992 .

Il significato , il segno, il silenzio mondo

e l ' Altro . Non un

43

significato positi vo-determinato ma ciò che sfug­

ge ad ogni compiutezza significante-determinata . Si dà un pensare inesauribile rispetto ai limiti del dire, un silenzio eloquente : tuttavia non solo per Severino , bensì anche per Cacciati , non può che dirsi e apparire nella parola l' ulteriorità indicibile della cosa, del significato . Il silenzio è il segno chiaro dell ' inespri mibi l ità del senso del­ la vita, che tuttavi a vuole essere significata . Di cosa non si può parlare? ­ domanda il filosofo veneziano : di tutto ciò c he non si disvela nel mondo : del l ' inesprimibilità della presenza; della cosa distinta dal fatto c alcolato nello spazio logico. Possi amo solo far segno a ciò che pensi amo senza riuscire a conferirgli un senso univoco , ad esprimerlo secondo un senso mi surabile e c alcolabile . L' inattingibile mostra sé nello scacco-compimento del ricercare . Qui appare ciò che eccede ogni determinazione del pensare, ciò che nel de­ terminato non è determi nazione : l ' irresolubilità dell'enigma della vita e del

che è

della singol arità . Impossibile comunicare ciò che sarebbe la

cosa più bella poter comunicare ; il

positum:

proprio

della cosa non può essere

per pensarlo devo determinarlo, ma esso appare indeterminato ;

esperienza di un pensare-patire la singolarità di un corpo non sezionata per universali . M a s e questi sono i limiti der nostro linguaggio discorsivo , può forse la poesia essere un altro e migliore modo di dire la Verità? Può la poe­ sia, in quanto l inguaggio altro dalla filosofi a , dire la Verità meglio della fi losofia? La poesia , per Severino, è incapace di fondare e mostrare l 'innegabilità del suo contenuto , e quindi non può assumere uno statuto ontologico su­ periore alla filosofia . Quando Severino rileva in Eschilo e Leopardi , alle origini e alla fine della metafisica occidentale , tesi speculati ve fondamen­ tali per la comprensione del nostro Destino, lo fa filosofizzando il discorso poetico , subordinando la specificità delle idee e del linguaggio estetico . Ma se per Severino la parola poetica è una rete gettata sulla cosa, anche per Cacciari la parola poetica non può dire l'Essere originario e condivide con ogni altro linguaggio il limite invalicabile della finitezza:

A. - Amare , dolci memorie mi invita a rinnovare . . . nostalgia di un nome che dice la cosa come la cosa stessa vorrebbe potersi dire e che ci consenta, dunque , di abitarla dicendola . Tuttav ia, no , non è questa esperienza che cerco di ricor­ dare . È un'esperienza dove il nome rimane confitto nei limiti del nostro nomi­ nare e la singolarità immediata della cosa si dà, e basta. Questa contraddizione permane . E altrimenti come potrei. io, provare gioia? Che cosa mi allieta nel contatto , all ' ultimo della mia capacità di tessere analogie? Proprio il fatto che

44

Cacciari e Severino

si dà J ' i nesprimibile del pragma touto . Che nessun nome lo definisce . Proprio il 4 suo infinito mi dona gioia , la sua incsauribil ità cd inattingibilità per la parola •

L' anima non può dire compi utamente il

tauma dello spettacolo grandio­

so che vede ma solo metterlo in forma ed immagini: per Cacciari , anche la poesia arriva sempre troppo tardi per poter dire davvero l ' immediatezza e pienezza de li ' Essere originario ; il canto non può che essere memoria dell ' istante in cui si ' tocca' l'uno della singolarità del l 'ente . La poesia ha cura per l'altra faccia del linguaggio , meglio per la sua origine che non vuole significare nulla di determinato , che rimanda ali 'ine­ sprimibile: linguaggio poetico e filosofico-scientifico si danno , allora , in una inseparabile distinzione, senza che l ' uno possa cancell are, escludere , negare l'altro , in una pace che è frutto del riconoscimento dell ' impossibi­ lità sia di oltrepassare la tensione e l 'opposizione tra i due che di restar­ ne imprigionati . Il contrario di un ' armonia che escluda uno degli opposti come errore, illusione . Alla fi ne , dopo aver demolito la volontà di potenza del l ' Ego che vuole possedere le cose tramite il linguaggio, dopo aver mostrato la finitezza di ogni linguaggio e l ' impossibile ' superiorità' in questo senso della poesia sulla filosofia, Cacciari e Severino pervengono al si lenzio di un puro signi­ ficato che nessun linguaggio potrà mai dire perfettamente . La parola vuole esprimere , a differenza degli altri segni che indicano soltanto, il

che cos 'è

dell 'essente , della cosa: ma il

che cos 'è

dell 'essente

non coincide con determinazioni-relazioni concettualmente afferrabili, ma con l ' enigma della sua provenienza , del darsi della cosa , il

che è.

tauma del suo

Come può la parola esprimere un altro modo di abitare il mondo

aperto dalla tonalità emotiva, la

luce oscura del darsi del

mondo? Ecco per­

ché la parola, per il filosofo veneziano , al suo culmine si fa in-vocazione, grido , o deve ripiegare

quasi nel

silenzio:

Perché la Poesia di fronte alla serietà tragica della vita?. Proprio per que­ sto , proprio perché voglio affrontare la serietà tragica della vita, non posso sclerotizzare , fossili zzare il linguaggio , debbo saperlo mantenere aperto , fino a destinarlo quasi al silenzio . Allora "salverò" anche la sofferenza . Poiché la sofferenza alla fine è proprio ciò che non possiamo de-fi nire , non possiamo un ivocamente significare . La sofferenza deve restare ferita aperta . Soltanto così 5 potrà essere ricordata •

4 5

p . 507 . Cito dal la lectio magistralis tenuta da Massimo Cacci ari i l l 4 gennaio 2008 nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, a M ilano , in occasione della festa per i ve nt an n i della rivista "Poesia" .

Della cosa ultima.

'

Il significato, il segno, il silenzio

45

Il linguaggio discorsivo si apre alla metafora , al canto, pre-testo per l' ir­ rompere della voce ; o affida alla musica la speranza di liberarci dalla tiran­ nia del signi ficato , del concetto , del discorso, delle loro partizioni necessa­ rie ma sempre incapaci di dire l ' immediatezza6 • Scrive Severino , citando il commento di Agostino al salmo 90:

"Chi giubila non dice parole, ma è un

suono di letizia senza parole " 7 •

6 7

Cf. su questo tema: Massimo Donà , Filosofia della musica . Bompiani 2006 . In Il parric:idio mancato, Adelphi 1 9 8 5 , p. 48 .

47

VII

MUSICA , MAESTRI !

Nel filone schopenhaueriano-nietzschiano , la musica

è

essenzialmente

concepita come il linguaggio originario della vita , della volontà, del di­ venire e dei suoi contrasti : la

sapienza di Dioniso

afferma che l a musica

esprime l'essere originario concepito come gioia-dolore del divenire . Scri­ ve Severino : . . . Alla base di questo discorso c ' è Schopenhauer: i concetti desumono dalle cose gli aspetti universali di esse , ma la musica anticipa tali aspetti e quindi an­ che il più universale di tutti : la gioia-dolore del divenire , l'uscire e il ritornare nel niente , prodotti dall' opera incessante della volontà

. .

.1•

Ma la musica è anche potenza catartica, rimedio che libera dali ' angoscia, che agisce riuscendo a mutare lo stato affettivo , senza che se ne comprenda la ragione . Nasc ita

della tragedia dallo spirito della musica: per Nietzsche

la musica libera l'anima perché rappresenta il rimedio più profondo di cui gli umani possano disporre . Per Severino , il nesso schopenhaueriano-nietzschiano tra musica e dive­ nire , esistenza , non viene superato da Heidegger: Anche se il rapporto tra la musica e il concetto heideggeriano dell 'angoscia è un problema vergine , nella musica non appare il silenzio della «chiara notte del nulla» rivelata dall' angoscia, ma appare il movimento sonoro che , all ' interno del suono , dissolve ogni forma del mondo . La musica rappresenta in forma sonora il dissolvimento di ogni forma , ed essa stessa emerge e ritorna nel silenzio , che è il dissolvimento della stessa forn1a sonora . Ma il dissolvimento delle forme è appunto il divenire , sì che la musica è l' immagine sonora del divenire2 •

Ma anche un altro significato di questo

pathe in

può essere pensato: il

fluire dei suoni e delle tonalità emotive non appare necessariamente icona

l 2

Il parricidio mancato, p . 47 . Il parricidio mancato . p. 49 .

48

Cacciari e Severino

del divenire che annienta , di una temporalità inautentica, ma. ' l iberato' da un ' interpretazione nichilistica, si dà anche indi pendentemente dalla Vo­ lontà e in relazione all ' Aperto .

È

Vitiello che prova a percorrere questo

sentiero:

È una nuova forma di l i nguaggio che viene qui teori zzata - un l i nguaggio che è oltre l ' arte e oltre la scienza, di là dal la musica e dal l ' immagine . Un lin­ guaggio fatto di ' metafore proibite ' , d i ' inaud iti accozzamenti di concetti ' , per portare a parola, ad i mmagine , a schema, non le ' intu i zion i ' . . . ma il sentimento, il pathos , e cioè il musicale riflesso dcll ' Uno primigenio; per portare l ' icona, lo schema concettuale a piegarsi su di sé , riflettendo in immagine consapevole la propria istintiva musicalità . . . Ma a qual fine questo nuovo , altro linguaggio? Per dire la vita. la gioia e la felicità del la vita come il dolore e l ' i nfelicità? Per cogl iere in immagine la musica della Vita , del movi mento erac l i teo della Vo­ lontà? O non c'è dell ' altro ancora, che qui , ma non soltanto qu i . dura fatica ad essere detto , ma che pure è di continuo alluso . accennato - sospettato , almeno? In ogni caso un altro linguaggio per un altro ethos . Per un altro modo di abitare il mondo3 •

La musica è canto dettato dal dio. non solo umana troppo umana espres­ sione di affetti o rimedio alla Volontà : il filosofo napoletano afferma. in questo senso , anche la necessaria polisemia del linguaggio contro le deli­ mitazioni della Logica . G l i uomini - potremmo dire sviluppando questa traccia -, sono coloro

i quali ascoltano se stessi risuonare , e amano il risuonare che

è

in essi , o

si disperano o rassegnano per non più risuonare. per il risuonare presente come assente . Come scriveva Hegel : La musica è spirito , è anima che suona immediatamente per se stessa e si sente soddisfatta nel proprio percepirsi . . . 4 .

Ma l ' anima non risuona solo di sé , come nella concezione idealistica in cui la potenza del lo spirito si dispiega ' togliendo ' e conciliando con sé ogni

altro da sé ; essa gioisce della possibile relazione con il Suono silenzioso o il S ilenzio risuonante;

in

questa relazione le può accadere il contatto , che

non concilia e non elimina la distanza, con la Gloria della singola cosa . II

che è

del darsi in uno del risuonare dell'anima e del Suono del Silenzio

è

enigmatico , e il farsi perfetta icona di esso è l ' i mpossi bile cui l ' anima tende alla ricerca dell ' Uno:

3

4

di Cadmo, Laterza 1 998 , p. 57. Hegel , Estetica , Tomo Il , Feltrinelli 1 978, p. 1 239.

V. Vitiello, La jal'ola

Musica, maestri!

49

In qualche luogo si erge la musica , in qualche luogo suona/Questa luce ad orecchi come squilli lontani. . . /Ai nostri sensi solo tutto sembra così/ diviso . . . E tra r una e l ' altra vibrazione/ Vibra queireccedenza senza nome

. .

.5•

Armonia cosmica e musicale rimandano alla stessa origine indetermi­ nata , la luce oscura e risonante che ci sovrasta: per Cacciari il canto è trac­ cia dell ' inafferrabile-inudibile Suono che mai si esaurisce, di cui tutto è intessuto e che ci ri-crea . Il fare del canto è l ' inverso della via del logos: esso procede piuttosto dall' essere al Ni-ente , dando voce a ciò che mira al silenzio , de-crea. Il mondo è il Suono a pezzi , ma è proprio nel molteplice dei frammenti che occorre ascoltarlo . Per il filosofo veneziano nel Timeo platonico la musica è la prima ma­ nifestazione del Metro che armonizza il cosmo , vera icona dell'eterno . Ed

è

nella costituzione stessa dell ' anima che si deve individuare un principio

musicale: l ' anima è armonica in sé e produce armonie ; tende ad armoniz­ zare anima e corpo , anima e cosmo: ma per connettere le opposte determi­ nazioni occorre un Numero comune che non sia della stessa natura degli elementi che connette . La musica rivela il Numero comune che armonizza i dissimili : senza numero , ritmo , patiremmo solo una muta e confusa rela­ zione con le cose . Ma oltre l ' armonia manifesta si dà un ' armonia nascosta tra finito e In­ finito: l ' anima cerca l' armonia tra limite e Illimite e quindi è libera anche dali ' armonia tra le sole determinazioni dell ' ente ; armonia di contrari non solo perché comprende il sentimento più cupo e il trillo più gioioso , ma perché si estende dai suoni al S uono incatturabile da cui tutti i suoni di­ scendono: L'anima è essenzialmente la potenza numerante-ritmante , capace di 'proiet­ tare ' ogni elemento finito al l ' in-fin ito e, insieme , di ordinare l ' in-finito secon­ do sequenze , ordini , rapporti defi n iti , dire i : musicalmente udibili . L' anima non ' canta' soltanto perché sa articolare l ' intervallo tra il ' più alto ' e il ' più basso ' , ma perché anela a ritornare al dio . . . L' anima 'canta ' non soltanto perché anno­ nizza elementi manifesti nel loro essere distinti , ma anche per esprimere la pro­ pria nostalgia all ' Uno che li trascende - e ad esso vuole tuttavia armonizzarsi . . . Ad-cantus di un inudibile pianissimo , ogni voce deve comparare al Silenzio6 .

Si dà l ' istante in cui si perviene alla gioia dell' ascolto di una musica extra-sonora, come in Dante; oltre un intervallo ancora pitagoricamente 5 6

Rilke , Musica , Poesie sparse , in Sonetti a Orfeo, Edizioni Studio tesi , 1 990 . p . 225 . Della cosa ultima, pp. 259-64 .

50

Cacciari e Severino

ritmabile , è il Bello invisibile che può sal varci , e l ' anima è libera per que­ sto poter accedere all a verità dell 'ente . Bello non è solo

insula, fi gura rita­

gliata , proporzionata , ma ente che si trasfigura , espressione di Eros. ricerca del l ' Amato che travolge ogni forma defi nita: L' Infi nito vive in infiniti effetti e va infinitamente perseguito-amato . Bello div iene mettere le ali verso l ' lnatti ngibile . . . L'arcontato del cosmo si dissol ve . Il suo ordine era fi ttizio; la sua pretesa di eterna durata fal sa: la sua bellezza seduzione . Esso è sovrano soltanto su questo mondo , destinato alla phtorà . E che anela in ogni sua fibra alla nuova creazione . Ecco, allora , il fine dell' arte ! Non imitare le armonie di questo mondo che se ne va, ma lasciare immaginare la Novitas della creazione avvenire . Immaginazione creatrice , produzione di immagini che non hanno ' proporzione · con le cose vi ste . percepite , con i suoni che si odono7 •

Un Silenzio splendente in piena pace , semplice e puro , si dà, insieme ad un Silenzio tremendo in cui nessun suono musicale

sarà mai stato . Tre­

menda, oltre-divina, sacra è la Quiete che sta oltre ogni ebbrezza, di spe­ razione , delusione umane troppo umane . Ogni luogo , ogni attimo possono farsi buchi per fuggire verso l ' Infinito , catastrofizzano verso il S ilenzio risonante , o verso il S ilenzio i n cui può implodere l a singolarità del l ' ente : . . . Tempo verrà , che esso uni verso , e la natura medesima , sarà spenta. E nel modo che di grandissimi regni ed imperi uman i , e l or maravigliosi moti, che furono famosissimi in altre età, non resta oggi segno né fama alcuna; pa­ rimente del mondo intero , e delle infinite vicende e calamità delle cose crea­ te , non rimarrà pure un vestigio; ma un silenzio nudo , e una quiete altissima . empieranno lo spazio immenso . Così questo arcano mirabile e spaventoso del l ' esistenza universale , innanzi di essere dichiarato né inteso , si dileguerà e perderassi ."(Cantico del gallo silvestre ) .

ascoltato in uno con l ' incipit del l ' Elogio gli uccelli naturalmente le più liete creature del mon­

Brano che andrebbe , forse , deg li uccelli, "Sono

do .

.

. " che risuona di un ' allegria contagiosa come quella mozartiana, e che

si snoda comparando l ' allegrezza del canto degli uccell i al privilegio che ha l ' uomo di ridere , unico tra tutte le specie animal i . I due volti , per Cacciari , del sovrumano Silenzio leopardiano: quello i n

cui rammemora:

7

Della

cosa

ultima ,

p. 268 .

51

Musica, maestri! in uno «le morte stagioni , e la presente/ E viva» !

È

evidente che l ' Infinito

custodisce entrambe e che non è affatto semplice, assoluto Silenzio . L' Infinito vale anche qui come in-differenza degli opposti .8

8

Della cosa ultima, pp . 84-85.

53

VIII OLTRE LA' POTENZA : ' AUT POS S IBILIT A AUT NECESSITA

Per la comprensione dell ' itinerario fi losofico di C acciari e Severino ap­ pare cruciale il confronto tra le differenti interpretazioni del concetto ari­ stotelico di potenza e le tesi con le quali viene oltrepassato : a tale problema in particolare Vi ncenzo Vitiello ha dedicato specifici rilevanti contributi 1 • Per questo appare utile illustrare sinteticamente e confrontare le tesi de l filosofo napoletano con quelle di Cacciari e Severino . Per Vitiello2 la rottura tra paganesimo e

cristianesimo

- intese qui non

come fi gure storiche ma come condizioni de l l ' essere nel mondo - rappre­ senta la fine di ogni ethos radicato nella natura umana .

È

in gioco una

libertà radicale , non quella di scegliere i mezzi per compiere i fini che l'ari ­ stotelica buona n atura ha già in sé: il primato dell ' atto sulla potenza impli­ ca, infatt i , che sia determinato originariamente il Invece di una

tà impossibile

natura

telos da raggiungere . possibili­

umana così concepita, l ' abisso di una

si spalanca nel l ' esserci: spazio vuoto , indeterminato che

sradica da ogni legame con il mondo , alla stessa maniera dell ' annuncio evangelico in cui Gesù dice di essere venuto a portare nel mondo la spada che recide da ciò che è simile per aprire al dissimile . Radice tutt' altro che terranea , che destina ad essere

nel mondo

ma non del mondo .

L' angoscia heideggeriana rappresenta la tonalità emotiva attraverso la quale la voce silenziosa chiama l' esserci e lo sottrae ai legami con la di­ mensione mondana ed inautentica:

nulla

dice questa voce se non la spae­

satezza inquietante che lo attraversa . s-fonda .

È

un

possibile

mai esaurito

dai possibili che ogni volta scegliamo , sempre aperto su possibilità rimaste o che resteranno irrealizzate , differenti da quelle attuate .

lnstans

in cui i l

mutamento accade in radicale di scontinuità con i l movimento temporale Cf. Vitiello , La lampada di Severino, in Aut Aut 267-268 , maggio-agosto 1 995; L 'im-possibile di Cacciari, Aut Aut 245 , settembre-ottobre 1 99 1 . Cacciari ha

2

esplicitamente riconosciuto l ' importanza del contributo di Vitiello per l' appro­ fondimento del concetto di possibilità impossibile . Cf. in particolare Il Dio possibile, Città nuova , 2002 .

Cacciari e Severino

54

concepito come successione quantitativa di momenti ;

attimo non deducibi­

l e che apre un vuoto , una lacuna , che scardina i ne ssi con un passato inteso come stato causale detenninante necessariamente il futuro . Una concezione , quella del filosofo napoletano , in cui il primato della Possibilità, de li' è-possibile, si contrappone al primato del l ' Atto : l a Veri ­ tà è più grande del pensare perché il pensare necessariamente detennina, è legato all ' è - copula che ci destina inevitabilmente nel l ' orizzonte delle molteplici detenninazioni . Vitiello prova a scardinare il dominio del l 'esse­ re subordinando la tremenda paroletta - è -, ad una possibilità a sua volta non inchiodata alla sua identità , al l ' identità con sé; in questo senso rinuncia all ' uso della terza persona relativo alressere . e sperimenta quello del Tu , della seconda persona . Vedi amo ora quali sono i nvece le tesi d i Severino e Cacciari intorno a tale decisivo nodo speculati vo. Per il filosofo bresciano , il concetto aristotelico di potenza domina l 'Oc­ cidente ma non se ne vede la contraddittorietà: l ' assurdo di una potenza che contemporaneamente ha in sé due contrari . che è potenza di farsi atto e,

simul,

non atto . Severino critica il concetto di potenza proprio perché l o

interpreta come

possibile

e quindi connesso a d u n divenire c h e non deve

necessariamente accadere: La contraddittorietà del dynatòn a essere e a non essere può quindi essere espressa come contraddittorietà del possibile . . . Ma il pensiero dell 'Occidente attribuisce allo stesso (ente ) , la possibil ità di essere e di non essere; c ioè attri­ buisce gli opposti allo stesso , e sotto lo stesso rispetto3 .

Un' importante esemplificazione dell' incidenza che l ' aporia del concetto aristote lico di potenza ha ancora ne l nostro tempo, il fi losofo bresciano l ' ha mostrata nei suoi interventi relativi alle questioni della tutela dell 'embrione e delle manipolazioni genetiche sollevate dalle recenti polemiche tra laici e cattolici . Severino ha evidenziato come entrambi gli schieramenti adottino, pur traendo conclusioni opposte , il concetto nella sua definizione aristoteli­ ca. senza avvedersi del l ' inevitabile contraddittorietà che è in essa: L'embrione - si dice - è i n potenza un esser-già-uomo . Ma, si è visto , pro­ prio perché è «in potenza» uomo , l " embrione è in potenza anche non-uomo . Pertanto è in potenza anche un esser-già-non-uomo . È già uomo e, anche , è già non-uomo. Nell ' embrione questi due opposti sono uniti necessariamente .

3

Severino , Fondamento della collfraddizione, Adelphi 2005 , p. I l O.

Oltre la potenza:

aut Possibilità aut Necessità

55

Proprio per questo , l ' embrione non è un essere uomo . Infatti l ' uomo autentico è uomo e non è insieme non-uomo4 •

La potenza, in quanto tale ,

è in

atto il non attuarsi della potenza , il

nulla

della sua realizzazione ; per Severino , si tratta, invece , di comprendere che possibile

è ciò che mai è autocontraddittorio , e che è impossibile che non esista .

se qualcosa ha la possi­

bilità di esistere ,

Cacciaci , al contrario , critica nel concetto aristotelico di potenza proprio il suo

necessario dover essere e l ' assenza della pura possibilità .

Quindi sia Cacciaci che Severino superano il concetto aristotelico di po­ tenza ma in due direzioni opposte: il puro primo , la

necessità oltre

possibile oltre la potenza per

il

la potenza per il secondo .

Per Cacciaci , infatti , nel profondo ogni ente non

è natura , non è determi­

nato dal primato dell' Atto e neanche dal Destino della necessità: prima di essere o divenire questa o quella determinazione , ogni cosa deriva da Altro il suo possibile o impossibile , da un'indeterminata compossibilità . Mistero , enigma invisibile e incomprensibile che regge e sconvolge la trama degli enti , del loro ordine , delle loro determinazioni.

È possibile non solo ciò che non è impossibile che sia , ciò che ha in

atto

la potenza di essere , di realizzarsi: per evitare che l ' atto determini in toto la predicabilità della potenza , e che il significato dell'essere in potenza non consista interamente nel l ' attualità del potere che

è

in grado di tradurlo in

atto , occorre , per il filosofo veneziano , che la potenza presupponga il puro

possibile, che

non coincida con esso .

Per Cacciari il puro Possibile , l 'Inizio come pura apertura di un Possibi­ le che abbracci anche la negazione di sé , l ' Impossibile , deve comprendere anche ciò che eccede la riduzione del possibile al

non

impossibile , ovvero

l' illimite di ciò che mai sarà possibile che sia , il possibile che la manifesta­ zione non sia . Ma che

qualcosa mai sia possibile , l ' Impossibile , non signi­ è, invece, l ' atto come

fica, si traduce , implica la negazione del Possibile:

orizzonte definitivo dell'ente , a rappresentare la negazione del possibile . L' eksistenza . l ' esserci dell ' ente , della timo del suo apparire ,

è

natura

naturata,

come orizzonte ul­

l 'impossibilità del puramente possibile : la deter­

minatezza del l ' ente nega il puramente possibile . In uno ,

allora comprende in sé l ' Impossibile .

4

possibile

è impossibile che sia; se il è ciò che non deve necessariamente tradursi in atto , determinars i ,

sia ciò che non è impossibile che sia, sia ciò che Possibile

simul, è

Severino , Sull 'embrione . Rizzoli 2005 , p.

46.

56

Cacciari e Severino

Qui dunque appare un' altra differenza cruciale tra le tesi di C acciari e Severino: l 'Impossibile , ciò che non può realizzarsi , passare in atto , non è per il filosofo veneziano , nulla ; per il filosofo bresciano . invece , Impossi­ bile è l ' esser

nulla

del l ' ente : che l 'ente diventi altro da sé , e non sia com­

piutamente identico a se stesso . Per il filosofo veneziano, possibile non è potenza ma neanche impo­ tenza , la purezza del possibile non può essere defi nita solo daJla sua irre­ alizzabilità , dal non poter esi stentificars i . Il suo possibile può e non può reali zzarsi : impossibile è l ' irrealizzabile; irrealizzabile non solo di questa o quella possibilità ma del Possibile stesso , della Totalità dell ' essere . lmpo s ­ si bile come altro dal poter-essere , dalla manifestazione; l ' impossibilità di

ogni cielo e di ogni cosmo , Onnipotenza concepita anche come possibilità di non essere ; non

dovere/poter

superare , vincere , oltrepassare l ' Assenza ,

la possibilità di non essere . Nessun ente , atto . determinazione esauri sce la libertà e la ricchezza della compossibilità del l ' Inizio: ciò che non può essere determinato-defin i to , neanche come il massimamente determinato , ovvero iJ distintissim o . Per Cacciari l ' apori a del

Parmenide

deve essere altrimenti svolta: si dà

una dimen sione - l ' Uno-uno - che non si esaurisce nel l ' Uno-che-è ; ma pensare un aldilà del l ' essere come totalità delle determinazioni (l 'uno-mol­ ti) , non vuoi dire naturalmente pervenire al nihil absolutum, ma indagare la possibilità impossibile di una dimensione che è separata dal

altra

ma, insieme , non

qui e ora .

Se l ' Uno , infatti , fosse pensato come al di là dell 'essere , irrelativo , di­ stintissimo , diverrebbe un separato: Indistinto che in quanto tale si distin­ gue dalle determinazioni . Se restasse chiuso nel S ilenzio e nella Quiete , sarebbe opposto a parola e movimento; se fosse raggiungibile solo negati­ vamente , attraverso una come puro

nulla,

de-creatio che

ci astrae dagli enti , esperiti-pensati

sarebbe opposto alle molteplici determinazioni .

Nel l ' apparire degli enti come determinati e differenti l ' uno dall' altro , si dà il Ni-ente dell ' Inizio come

altro-non altro

dalle loro relazioni: il Sem­

plice , l ' Uno in cui la dualità , le differenze sono destituite , non restano fisse ed opposte in quanto tali . E, tuttavia, non basta: per Cacciari l ' Indifferenza di essere ed ente ,

la creazione e destituzione del differire , è ancora pensata all ' interno di un ' idea dell 'Inizio come essenzialmente destinata alla Luce , alla creazio­ ne . L' Inizio viene ancora pensato in relazione al suo legame indissolubile con la totalità degli enti . sia che venga posto come fondamento che come destituzione del differire .

Oltre la potenza : aut Possibilità aut Necessità

Ma i l nostro

57

ek-sistere non oscilla solo tra

vergogna e speranza, potenza

e miseria: il suo ultimo orizzonte non è l' inseparabilità dei distinti . L' Apei­

ron

non deve manifestarsi solo come l ' Inizio accogliente che comprende

in sé le determinazioni-negazioni , e che viene concepito esclusivamente in rel azione a questa terra e a questo cosmo: l ' Indeterminato come negazione di tutte le negazioni . Come de ve essere allora pensato un Ini zio che non sia né astrattamente trascendente , né totalmente immanente alla molteplicità degli enti , Indiffe­ rente alla stessa opposizione trascendenza-immanenza?

De possest:

se l ' Uno è

pensato come Altro non separato , deve essere concepito come

Non aliud,

Per Cacciari , bisogna andare oltre il Cusano del ovvero come

altro

dall 'essere altro , quindi

non altro

da nulla. Ma questa

concezione non esprimerebbe che il principio generale del l ' ente : e Cusano sbaglia nel pen sarla differente dal principium .firmissimum, mentre invece: i l principio di non contraddizione pone , appunto , l ' identità del l ' ente con sé nella sua relazione con altro: esso presuppone l ' apparire del l ' ente-in-relazione , i l suo 'mondo ' , per poterlo definire non contraddittoriamente5•

L' Inizio, dunque , non può dirsi solo Non

aliud:

i l necessario legame tra

Uno ed ente non può consistere nella sua i ndissolubilità , ma l 'ente deve essere concepito come esposto all ' i llimite della

luce oscura che l ' avvolge ciò che mai sarà

e che comprende non solo il suo esistentificarsi , ma anche

possibile che sia . S e l ' Uno è altro dall 'altro , quindi non-altro , può esserlo solo come con­ traddictio-contraddictionis: affermato-negato nel Tutto , in ogni ente , ma, insieme, altro dal Tutto e da ciascun ente . L'Apeiron non può identificarsi con l ' Indifferenza di Essere ed enti ; e la totalità delle determinazioni , appare sospesa su di un Abisso . Impossibile non equivale a

de-creatio ,

m a all ' impossibilità radicale di

ogni manifestazione: l ' Altro dal poter essere , ciò che nessuna Potenza può far essere . Possibilità di salvezza e salvezza delJ ' I mpossibile insieme . La critica heideggeriana all ' ontoteolog ia, per Cacciari , dimentica la vera differenza che non è quella tra essere ed ente , ma tra Uno ed essere : meglio , ciò che davvero eccede la tradizione ontoteologica non è la differenza on­ tologica tra essere ed ente , ma l'Indifferenza di Possibile e Impossibile , di volontà di Vita e nostalgia per i1 Niente dell ' I nizio .

5

Della cosa ultima, p . 72.

58

Cacciari e Severino

Non solo è possibile che qualcosa mai si manifesti nel l ' ambito del Pos­ sibile , ma il Possibile stesso è uno con l ' Impossibi le , altrimenti non potreb­ be dirsi In-fi nito ma solo In-terminato: E poiché l ' Infi nito Possibile (e non solo l ' infi n ità dei possibili ! ) è uno con l ' Infi nito Im-possibile , non debet esse (così come non debet non esse )6•

È quello che forse con linguaggio severiniano potrebbe defi nirsi

come il

possibile suicidio dell ' Inizio: Nel l ' idea dell ' infinito Potere che detiene l ' arché , deve comprendersi anche il suo poter non-essere: l ' Altro dal poter-essere , l ' Im-possibile di ogni cielo e di ogni cosmo . A questo ' fine ' fa segno il fatto che la luce che ' aggioga' disve­ latezza e visione è invisibile-inattingibile . Oltre a ciò . il Potere manifestativo del l ' arché implica il suo negarsi , il potere di fare che nulla sia, neppure se stessa7 •

È questa la tesi cacciariana che Severino , riferendosi Della cosa ultima , che giudica un lib ro mirabile , critica:

in particolare a

Se, infatti , l ' Inizio non è un nulla assoluto . tuttavia per Cacciari . al seguito di Schel ling, l ' Inizio è il puro Possibile perché innanzitutto sarebbe potuto ri­ manere un assoluto nulla. In questo modo - rilevo - ogni ' eternità' garantita dal Possibile sarebbe sospesa sul baratro del nulla , sulla possibilità di essere rima­ sta un nulla . Ma che gli essenti siano nulla, o possano esser nulla o sarebbero potuti rimanere nulla, questo è ciò che chiamo ' essenza del nichilismo' , ' Follia essenziale ' , 'fede nella morte ' . Quest'ombra minaccia le splendide pagine di CacciaTi sulla li bertà , sul male, e quelle , ancora più lucenti , sul Paradiso8 •

6

7 8

Della cosa ultima , p. 8 5 . "Venuti meno i pianeti, la terra, il sole e le stelle , ma non la materia loro, si formeranno di queste nuol'e creature, distinte in nuove generi e specie, e nasceranno per le for::.e eteme della materia nuori ordini delle cose e un nuovo mondo. Ma le qualità di questo e di quelli, siccome degli innumere1·oli che già.furono e degli alti infiniti che poi saranno, non possiamo noi né pur solamente congetturare ·· (Leopardi . Frammento apocrifo di Stratone di Lampsaco) . Della cosa ultima. p. 8 8 . E. Severino, Discussioni intorno al senso della 1·erità , Edizioni Ets . 2009, p . 50.

59

IX ESSERE NON

È TEMPO

Il divenire non è illusione ma errore laddove lo si concepisca in rela­ zione al nulla. Non annientare il divenire . non calunniare l ' apparente , cer­ cando una redenzione

dal tempo , è

la traccia nietzschiana condivisa sia da

Cacciari che da Severino . Per i due filosofi , esiste un ' altra possibile relazione tra tempo ed eternità (eternità che non deve però essere concepita come un immobile presen­ te o un ' illimitata durata) ; essi immaginano un altro divenire , necessario o possibile , una modalità dell' apparire del divenire differente dalla mera successione dal prima al poi . Il tempo e la morte intesi come annientamento , come unica dimensione dell' ente non possono che finire con il contraddirsi ed implodere : dunque cronos e morte , nella loro relazione con il nulla , come ciò che annienta l ' ente , vanno a fondo , possono essere oltrepassati . Per Cacciari l ' errore consiste nel concepire Cronos come autonomo ed assoluto , ovvero senza relazione con Aiòn e con la possibilità di altri ordini temporali , di immaginare nell'attimo uno scorrere

ek-tropico

e non solo

entropico. Cosa mostra davvero l ' apparire di ciò che diviene si chiede Severino? Il filosofo bresciano torna più volte a ribadire che l ' apparire non può mostra­ re che la cosa che scompare sia distrutta. annientata , vada nel nulla , non possa tornare ad apparire , cessi di essere . L' apparire non può mostrare que­ sto , né può smentire i l logos che afferma la verità dell 'essere ; ma ciò che

fenomenologicamente non può neanche però confermare , se non astrattamente , la verità del logos , o meglio può confermarla concretamente appare

solo in un infinito processo . Nel tempo e nello spazio, secondo la concezione nichilistica comune a tutta la tradizione occidentale , crediamo di osservare il disfacimento de ll' essente e delle sue relazioni; ma se si ammette come reale questo pro­ cesso in cui ogni ente si annichilirebbe , se si pensa che il divenire determini il provenire e andare nel nulla di questa o quella identità e delle sue relazio­ ' ni. diventa poi aporetico ricostruire , far risorgere ciò che è andato distrutto ,

60

Cacciari e Severino

perduto . Oppure si deve affermare che una parte di questo

composto

sia

al riparo da questo processo e che si possa poi ricongiungere con la parte andata temporaneamente di strutta . La violenza che si presume capace di annientare gli enti , per Severi­ no, illusoriamente crede di recidere i nessi inviolabili ed eterni che legano ciascun essente all ' Essere . Qualcosa - pensa la follia

dell 'Occidente -

di­

viene altro da sé , ovvero si trasforma , assume forme sempre diverse e che provengono dal nulla mentre le precedenti si annientano : ma questo pre­ suppone la separabilità nel l 'ente di un

sostrato dalle

sue forme specifiche e

determinate . Invece non esiste , per il filosofo bresciano , un' identità perma­ nente isolabile dalle determinazioni che mutano: della specifi cità concreta e individuale di ogni cosa, fanno parte tutte le determinazioni che di essa appaiono; comprese , come negate , quelle relative al contesto in cui essa si mostra e agli altri enti da cui si distingue. Divenire non

è creatio ex n ihi/o dell' ente

nella sua specifica singolarità

ma sopraggiungere del suo apparire ; non potrebbe darsi davvero divenire se non nell ' orizzonte dell ' apparire : il passaggio dell ' ente da un prima ad un poi non può essere il passaggio da una sua assoluta assenza ad una pre­ senza; ma dalla presenza della sua assenza alla presen:a della presenza del medesimo ente . Per il fi losofo bresciano , parafrasando Heidegger, l 'essere po . La legna non

divema

non è

tem­

cenere : certo , la specificità che caratterizza ogni

essente scompare per lasciare il posto ad altre v ariazioni e specificità ma senza che le precedenti si annientino o le nuove emergano dal nulla. Che poi la legna sia interpretata come bruciata da un atto volontario dell ' uomo, o dal l ' autonomo processo della natura , non cambia niente in

divenire altro sia nel senso di volere e divenire aln·o possa accadere , sia nel senso , oggi dominante ,

questo orizzonte . La volontà vuole il credere che il

di ritenersi padrone e produttore di questo processo . Ma sia spostare un pennarello o una sedia , che bombardare Hiroshima sono interpretati . da Severino . come un

divelltare altro nella misura

in cui

questi eventi vengono concepiti come l ' isolarsi e l ' annientarsi dello stato precedente e l ' emergere dal niente della nuova forma specifica che è il pennarello o la sedia spostati , la città bombardata etc . La volontà di potenza è fonte dell ' errore perché vuole dominare , tra­ sformare , resistere , opporsi ali ' apparire de l i ' essere sé de Il ' essente : crede sempre di avere davanti a sé ciò che

è

isolato e di cui si può impadronire .

Che ciò su cui voglio dominare sia una regione grande o piccola dell'esse­ re , non muta la sostanza del problema: niente cambia anche se restringo il segmento su cui posso intervenire , delimitando il campo in cui mi persuado

Essere non è Tempo

61

d i poter ottenere risultati e mutamenti parziali d i sé , degli altri , della natura , della storia. Infatti , in ogni caso , a questo scopo si deve isolare il soggetto

che si vuole trasformare dal nesso necessario con la su a forma specifica

che comprende una rel azione originaria tra soggetto e predicato; tra questa cosa e le sue rel azioni necessarie con il contesto e lo sfondo che intramon­ tabile accompagna ogni essente che appare . In questo senso , anche l ' amore cristiano , che appare certo preferibile all 'odio , volendo trasformare , an­ nientare

l ' uomo vecchio, per fame uno nuovo , è

violenza .

Non si tratta, allora , di restare alla superficie del problema e di opporre , ad esempio, alla violenza devastatrice della guerra , l a pacifica esistenza quotidiana: è n eli ' idea 'occidentale ' della

cosa , nel

suo

dibattersi tra l 'es­

sere e il nu1 1 a , quindi disponibile alle forze che possono evocarla o respin­ gerla nel niente , la radice di ogni sfruttamento, manipolazione , v iolenza, guerra . Per Severino , si crede che la vita ' normale ' venga annientata dalla guer­ ra: ma anche ' l ' innocente e pacifico vivere quotidiano' deve essere inter­ pretato come una forma della volontà di potenza e del divenire altro , seb­ bene meno ' traumatico' . La guerra si illude di poter sradicare le persone dai loro contesti , temporaneamente o definitivamente , di riuscire ad assog­ gettarli o di essere sconfi tta in questo tentativo . Invece , la forma specifica della loro singolarità non si annienta per diventare quella di massacrato , profugo: le relazioni che costituivano quella forma specifica non v anno nel nulla ; sopraggiunge un altro contesto che appare certo più doloroso , ma la nuova forma specifica non può annientare

l'eternità

dell ' essere sé , che è

data appunto dal non poter essere annientate delle sue relazioni passate . La purezza di un inviolabile essere sé della singola cosa resta; di essa non si può davvero liberamente decidere di alterare l ' identità costituita, recidendo il nesso con tutte le altre determinazioni . Nessuna violenza , op­ pressione , dolore può da vvero far diventare l 'essente altro

da sé:

soffriamo

perché erroneamente ci convinciamo di potere essere strappati o separati dal nostro essere sé: mai , invece , possiamo essere espulsi dalla dimora che già da sempre ci ospita . Il dolore cui non si cerca di dare un senso, una spiegazione , il dolore non isolato dalla gioia, dall ' apparire del Tutto , è cer­ to percepito in modo differente da quello patito dal

mortale .

E, tuttavia,

puntualizza Severino: il dolore oltrepassato resta dolore , mai cancellabile in quanto tale . Conoscere sé allora implica non essere servi del proces so , ma essere compiutamente se stessi: non diventare altro da sé , non essere in contrad­ dizione con il sé; non commettere l ' errore dei dormienti che vedono solo l a morte che annichila ogni cosa . Per Severino , necessario appare conoscere i l

62

Cacciari e Severino

legame irri ducibile tra i1 fondo del l ' Io e di ogni cosa con la Luce deiresse­ re : i l Destino della Necessità, non può rinchiudersi in una parte: nel l 'uomo , il

mortale

conftigge con il

superdio che

sempre è nel profondo di ognuno

ma si tratta di una contraddizione già da sempre superata , vinta .

63

x

PAS SATO , MEMORIA E OBLIO

Per Severino , la concezione nichilistica immagina che nel divenire tem­ porale l ' esistenza, l ' identità dell ' ente si separino dal nesso con le loro de­ terminazioni: interessi , emozioni , scolorirebbero , sarebbero annientati; poi la stessa esistenza e identità dell'essente finirebbero nel

nulla da cui

sareb­

bero venute . Ciò che ci appassionava, ciò per cui abbiamo creduto di vive­ re , la bellezza perfino , mostrerebbero l ' orlo divorato dal niente che cresce . Ogni volta l ' esistere fa sempre più fatica per risorgere dalla stanchezza e dalla nausea per l 'uomo e ancor più dal l ' avvolgente

nube

che nientifica

ogni cosa , ente . Alla fine di questo processo distruttivo anche le lacrime sarebbero inaridite : si farebbe niente anche il dolore per questa crescente sottrazione dell ' essere ad opera del nulla; del niente stesso non ne sarebbe più niente , ed anche i ricordi che hanno resistito poco o molto al divenire

" Con l 'annullamento di ogni essere si annulla anche l 'essere stato dell 'essere, ossia non è pit't vero che llll mondo è stato, perché anche ogni verità è annullata " 1 • che tutto trascina e annienta, vengono cancellati:

Nessuno meglio e più radicalmente di Leopardi , ha pensato e cantato questa condizione esistenziale radicata in un intrascendibile nichilismo : siamo già vissuti , abbiamo già consumato le illusorie possibilità del nostro vivere , e ognuno torna a sperimentare il trasformarsi della vita in morta sopravvivenza . Vivere stesso è un passato , passata è la vita stessa .

È l ' espe­

rienza della disillusione estrema , del lutto inconsolabile che ne segue , dello svuotarsi e inaridirsi della vita , della morte nel c uore dell 'esistenza . Gli stati emotivi si fanno meno frequenti , intensi ; l ' anima mette le rughe e appassisce come il corpo. La vita resta

vedova insino alla fine .

Il passato

remoto , il tempo di ciò che è trascorso hTeversibilmente , assume in Leo­ pardi un accento solenne , terribile , luttuoso :

Passasti . . . , perì

. .

. , risuonano

come note di un Requiem .

È

la

volontà

che ciecamente vuole continuare a vi vere ed è sconfitta ,

impotente . Il passato . i suoi eventi e le sue possibilità, non possiamo moSeverino , L 'anello del ritorno. Adelphi 1 999 , p. 400 .

64

Cacciari e Severino

difi carlo. utilizzarlo : i l

così fu

implica uno scacco della volontà di potenza .

"un 'a::,ione compiuta non può diventare non compiuta (jactum infectum fieri neqtdt), e in questo senso non può essere annullata " 2 • L a volontà ricrea continuamente il passato m a s a c h e questo non implica un ' impotenza intrascendibile:

il modificarsi di quanto già accaduto; le sue reinterpretazioni si traducono solo in un sovrapporsi di strati che si sottraggono a1 la potenza del la volon­ tà . Solo rivolere ciò che è già accaduto rende davvero potente la volontà : è quanto , per il filosofo bresciano , afferma Nietzsche sulla capacità de1la Volontà di redimere , di annullare l 'annientamento del passato . Ma Severino vede nella concezione nietzschiana solo l ' estrema illusione della Volontà . Il passato appare nel presente del l ' anima ma in nessun senso torna disponibile alle manovre della volontà di potenza. Non è il

soggetto

che determina il ri affi orare di emozion i , felici o infelic i , o ha in suo potere ]a capacità di illuminare , con le sue interpretazion i , la verità seppell ita nei ricordi . L' immediatezza del passato è sempre irriducibilmente

altra

dall a

volontà m a anche dal pen siero c h e invece , nel l ' attualismo gentiliano , ap­ pare come capace di ' togliere ' questo irriducibile presupposto , di esserne i l ' produttore ' : l ' alterità del passato è c i ò d i c u i mai potremo essere padroni .

È qui , allora, ali ' estremo confine d i questo itinerario , che vanno interro­

gate , discusse , messe a confronto le tesi di Cacciari e Severino. Per Severino appare un legame tra il nostro

qui e ora

e la positività

del l ' essere che si mostra ·nella sua irriducibile evidenza, e che l ' angoscia per tempo e morte che divorano ogni cosa, non può corrodere : questo lega­ me si fonda , come abbiamo visto , sul superamento del sapere occidentale che ha erroneamente connesso morte e nulla , e sul saldo nesso i sti tuito dal destino della Necessità tra ressere sé dell' ente e il suo non poter diventare

altro da sé. Per il filosofo bresciano , il passato è compiuto , perfetto perché il suo quantum esistenziale si è concluso, ha raggiunto il suo limite ultimo , e nulla più si può aggiungere ad esso . Perfezione è ]a compiutezza del no­ stro passato; siamo sciolti da un passato messo definitivamente alle spalle , quindi compiuto , oltre-passato nel senso che non determina ulteriormente il presente e il futuro . Per CacCiari , invece , a compiersi è sempre l 'incompi utezza di ogni vita: la fine del suo quantum esistenziale non può per questo significare raggiun­ gere la compiutezza . aver realizzato interamente il proveniamo . Se la provenienza della

2

L 'anello del ritorno,

p. 1 73 .

cosa è

puro possibile

da cui

il Possibile Impossibile mai la

Passato. memoria e oblio

65

cosa può dirsi compiuta: il passato è

eterno e non assoluto , se ha possibilità

di fare ritorno , se non è stato liquidato , messo alle nostre spal le una volta per tutte . Il passato , per Severino , non va nel nulla, continua ad apparire ma come compiuto ; invece per Cacciari , appare strutturalmente sotto un duplice vol­ to che ancora inquieta il nostro essere qui e ora.

Antigone , scrive ad esem­

pio , il filosofo veneziano3 , patisce la relazione con il suo Passato , con l ' Im­ possibile cui resta fedele contro e oltre ogni conciliazione con Creonte . Siamo per Severino nel l ' eternità già da sempre assicurata dal Destino ; oppure , per il filosofo veneziano , nel continuo contraddirsi , e destituirsi di questa contraddizione , tra la possibilità di

amare l 'eternità

o di restare

abitatori del tempo . Per Cacci ari nel l ' anima si dà la relazione tra i tre Tempi nella loro inse­ parabile distinzione: Passato e Futuro restano aionicarnente distinti dal Pre­ sente che non può ridurli a sé , cancellando la relazione in perfetta Identità. La comprensione del Presente non annulla l ' ignoranza del Passato:

ignorantia

di un Immemorabile che si mostra

ritirandosi

docta

da ogni visione

determinata: Il Passato non apparterrà . così , alla successione dei Temp i , come ciò che la successione progredendo supera (pone , cioè . come mero momentum del pro­ prio ' onni voro' movimento) 4 .

Per il filosofo veneziano , sapere il Passato come puro Inizio significa pensarlo non come ciò che precede cronologicamente il mondo , ma come l 'essenzialmente prima di ogni presente . che , in quanto tale , non può essere confuso con l ' Originario , cioè con la causa prima della totalità degli enti . Aver cura per quella

morte che è prima della vita , significa, allora , pen­

sare ed esperire ogni momento ed ogni cosa, in relazione con la possibilità

dell 'impossibilità

del volto luminoso e oscuro del l ' Inizio .

Siamo al cuore del

polemos

cacciariano: ciascuna figura , umana e di­

vina , non può essere inchiodata a

questo cosmo ,

o alla propria necessaria

natura , ma è appesa all ' insostenibile leggerezza della Libertà dell ' Inizio . Negare , esc ludere il Passato , combatterlo o illudersi di essersene libera­ ti , ci condanna alla sopravvivenza . Questo Inconscio non potrà mai essere ri mosso , anche se mai potrà essere interamente portato alla Luce :

3 4

M . C acciari , Lo. parola che uccide introduzione ad: Antigone, Einaudi , 2007 . Dell 'lni:;io , p. 488 .

66

Cacciari e Severino Il movimento è dunque questo: si attinge autentica' libertà' dal Passato solo rivolgendosi al suo cuore inattingibile ; soltanto prendendo cura del suo Ni-ente 5 è possibile su di esso (tragende Vergangenheit) un vero procedere •

Inizio

non è solo ciò che destina le persone , di vine ed umane , a decidere

quale ruolo assumere nella teodrammatica, ma anche volontà di ritirarsi dal

mondo come volontà e rappresentazione;

volontà che non si dia teogonia

alcuna . Non c ' è Gioia del Presente, Amore del Futuro che possa dimenticare . ' sciogliersi' dal Passato: essi rimandano sempre alla morte che abbraccia tut­ ti i possibili e/o alla nostalgia per la perfetta quiete del Ni-ente dell ' Inizio . Il Futuro non potrà e ssere , allora , soltanto la manifestazione di nuovi cie­ li e nuove terre , o, viceversa, l ' annientamento di ogni cielo e di ogni terra; ma una nuova creatio che mai potrà assolutizzarsi dal Ni-ente dell'Inizio , e che resterà sempre aperta ad altri possibili , e ali ' Impossibile stesso dell ' Ini­ zio . Che il Futuro si dia come in alcun modo predicabile e pre-figurabile , non rappresenta solo un suo tratto temporaneo , legato all ' ignoranza umana e divina , e che l ' apocalisse disvelerà pienamente ; ma anche il lato oscuro e incancellabile dell ' Inizio . Viceversa, però , il ritiro nel Ni-ente dell'Inizio, mai significherà l ' ultima parola, l ' annichilimento pieno e_ defi niti v o di ogni com-possibilità . Si dà , in queste tesi cacciariane , una relazione tra memoria e oblio del Passato , in relazione alla salvezza e all ' eternità degli enti , che appare per certi versi affine , per altri opposta a quella presente nelle tesi di Severino . Per Severino , l ' essere dell 'ente non coincide con il suo apparire: l' ente

è

anche quando non appare; anche ciò che appare obliato , dimenticato , as­

sente , appare e in quanto appare è in una qualche relazione con gli enti che appaiono nei cerchi del l ' apparire . L' oblio di ciò che è entrato nel l ' apparire può essere solo provvisorio , e tutto ciò che appare dimenticato , è eterna­ mente destinato ad essere rammemorato e a permanere nell ' apparire ; se così non fosse , il sentiero della terra raggiungerebbe un

inoltrepassabile .

Per Cacciari , invec e , la memoria non nega, né è solo opposta all ' oblio , al dimenticare . Al culmine della memoria sta ciò che trascende la potenza del ricordare: l ' Immemorabile . Oblio che non è solo l ' utile dimenticanza che ci l ibera dalla catena dei ricordi , dal sovrabbondante rammemorare storici­ stico; ma ci apre alla possibilità di ri-cor-dare la Libertà dell ' Immemorabi­ le Passato che è anche l ' anima profonda e il vero

----

5

·--···--- ------

Dell 'lni�io, p. 50 1 .

telos del

fare del canto .

67

XI UN ALTRO MONDO È POSSIB ILE? OLTRE LA CONCEZIONE NIC HILISTIC A DELLA LIBERTÀ

Essere nel mondo significa per Severino camminare lungo il Sentiero del Giorno in cui sempre nuove determinazioni sopraggiungono , accado­ no , destinate necessariamente ; in esse l ' uomo , se sa corrispondere alla Ve­ rità, non può certo , fondandosi sul1a propria libera decisione , smettere di soffrire , o far tramontare le opere nichilistiche dei

mortali,

ma aprirsi ed

iniziare a cogliere le tracce della Gioia. Per Cacciari , invec e , essere nel mondo è passeggiare lungo i casi che accadono sapendo cogliere la molteplicità indeterminata di possibilità che si offrono poiché ogni parte , scelta proviene e sta sospesa su di un abisso , si relaziona ad un In-finito che rende in-quieta la nostra dimora .

È possibile

un

altro

mondo?

È possibile

che la Terra sia il Luogo in cui

appaia una radicalmente differente configurazione del molteplice , positiva o negativa, e tramonti

questa

storia e

questo

mondo ?

La risposta per Severino e per C acciari sembrerebbe dover essere positiva, affermativa, con la sola differenza che per i1 fi losofo bresciano i1 processo che conduce al tramonto de1 1 'errore , dell ' isolamento , della volontà di poten­ za del mortale è destinato necessariamente ; mentre , per il fi losofo veneziano, il processo è aperto alla decisione degli uomini di scegliere per un possibile differente da quello realizzatosi nella presente configurazione del molteplice . Che si tratti della storia del singolo o di quella dei popoli , le posizioni dei due filosofi ci pongono davanti ad un aut aut: ciò che accade , per Severino , è destinato e appare in una trama in cui l ' agire umano è esaurito dal suo collo­ carsi nelle determinazioni e negli eventi destinati: oppure , per Cacciari , si dà wz poter

essere altrimenti, che rappresenta una possibile

ulteriori là relativa­

mente all ' essere in atto in questo o in quel modo determinato . Ma , posta questa differenza, dobbiamo ancora chiederc i : equivale la po­ sizione del filosofo veneziano , ad una concezione nichilistica che interpre­ ta le trasformazioni come volontà di potenza , e si il1 ude di poter annientare ciò che ci precede , creare un vuoto tra epoche ed eventi per scegl iere e produrre nuovi ordini dal nu1la? È possibile che la trama sia radical mente

Cacciari e Severino

68

interrotta , recisi e capovolti i legami e i condizi onamenti del passato e che si di a libertà solo

ex nihilo?

Libertà richiede una rottura che spezzi ogni signori a del passato e crei le condizioni per una radicale decisione e novitas: ma Cacciari non con­ cepi sce questa rottura come qualcosa che sorga dal

nulla

bensì come pro­

venienza indeterminata dall ' Inizio . Quindi categorie come decisione , fare , l ibertà , non rimandano , per il filosofo veneziano , necessariamente ad un orizzonte nichilistico . Per Severino solo I " agire e la libertà conformi al Destino della necessità si sottraggono alla volontà di potenza; per Cacciari si dà, invece , la possi­ bilità di una libertà che dona, lascia essere . iscritta nella Libertà del l ' Inizio, e che si differenzia dall a libertà - possesso che mira a confermare l ' identità gelosa con il S é . Per entrambi i filosofi va oltrepassato 1 'agire c h e si identi fica con 1 ' ari­ stotelica

proairesis;

Cacciari e Severino la interpretano in modo analogo

come agire razionale , decisione su ciò che teniamo in pugno , sulle cose che sono in nostro potere al fine di trasformarle .

La proairesis si differenzia

quindi dal volere l ' impossibile: essa, cioè , può decidere solo sui mezzi ma non sui fini . Per entrambi è l ' irrazionale prepotenza dell ' impuls o , che sfug­

ge ad ogni dimensione razi onale-calcolante , che ci costringe a fare: si dà la potenzialmente illimite creazione - soddisfazione dei bisogni . Il

mortale è l ' artefice, padrone dell ' agire , che nel decidere separa la cosa

dai nessi con il Tutto : l a sua decisione si fonda sulla fede di potere . agendo . vincere , rimuovere il dubbio che il suo fare ottenga o non ottenga veramen­ te quanto vuole possedere . Per Severino epoche e forze si succedono procedendo secondo un neces­ sario , e solo apparentemente contraddittorio, processo determinato dal De­ stino della Necessità: l ' intima vocazione del le cose si mostra , logicamente e fenomenologicamente , incontraddittoria . Per il filosofo bresciano , è solo l ' errore che isola la Terra che ci fa sporgere fuori del Destino , e ci getta nel dolore di essere in contraddizione con sé; è lo stesso Destino che ci destina ad

errare,

a peregrinare attraverso contraddizioni . illusorie nei contenuti ,

ma esi stenti come errori . Non è una necessità dialettica - come nella con­ cezione hegelo-marx.iana -, a generare , nel l ' esserci . quel contraccolpo che ci riconsegna alla verità .

È

un contraccolpo necessariamente destinato quello che ci condurrà

fuori dall ' isolamento; non potremo conoscere il come e il quando esso ac­ cadrà , ma all ' alienazione del paradiso della Tecnica, in cui raggiungerà il suo culmine la felicità e insieme l ' infelicità degli

individui,

seguire , per il filosofo bresciano , la Gloria della Terra .

non potrà che

Un altro mondo è possibile? Oltre la concezione nichilistica della libertà

69

Per Cacciari , invece , nuovi ordini , forme politiche possono essere deter­

tauta puro possibile , di un poter essere altrimenti con una creatio ex nihilo, rappresenti un ' in ­

minate a partire dalla sconfessione del primato dell ' Atto per il quale

aei,

e dall ' affermazione di un

che , pur non identificandosi

dubbia discontinuità n e l processo storico , o meglio il volgersi verso c i ò che chiama in ogni invio dell' essere . Per il filosofo veneziano occorre pensare un fare che si purifica, che mira al getto ma corrisponde alla

theorìa

non fare ,

che non si origina da un Sog­

dis-interessata che libera dalla trama del

quotidiano produrre e discorrere , oltrepassando sia il fare produttivo che la prassi . Per Cacci ari l ' agire politico non può allora essere pensato come un fare capace di rovesciare il mondo , n-creandolo

ex nihilo .

Dal capitalismo e

dalla politica del nostro tempo non si transita verso un qualcosa di asso­ lutamente , specularmene opposto ma verso nuove costruzion i , ordini che rappresentano nuovi modi di abitare il mondo . Non si tratta di stare dinan­ zi al seguente aut aut : o cerco , costruisco una configurazione alternativ a del mondo oppure rinuncio alla salvezza della terra, secondo quella logica escl udente per cui fi n quando Io spazio esistenziale del mondo sarà occu­ pato dal profitto non avrò salvezza e viceversa . Ma per Donà, tuttavia, anche Cacciari finirebbe con il restare all ' inter­ no della logica che cerca una configurazione del molteplice alternativa a quella esistente : ciò deriverebbe da una concezione ancora dialettica della negazione: Negazione significa infatti per lui produzione di una differenza . . . Negare

significa alludere ad ' un altro ' rispetto al negato 1 •

Necessario o possibile che sia , determinata dal Destino della necessità o dalla Libertà del l ' Inizio , la Terra può tuttavia sia per Cacciari che per Severino, farsi Luogo inaudito , Terra che salva.

È dalla Storia

stessa che l ' uomo può e deve decidersi: non solo decide

nel la storia ma oltre

questa Storia. Per il filosofo veneziano la libertà uma­

na se vuole essere icona di quella dell ' Inizio non può essere libero arbitrio , libertà di volere e decidere tra questo e quello , ma relazione con i l possibile e ] ' impossibile che si spalanca quando non dimoriamo mai soddisfatti in nessuna delle determinazioni decise . lllusoria allora appare non l ' Indeter­ minata Libertà ma la volontà di catturare la Libertà , e il voler dimorare nelle sole determinazioni autonomamente scelte e volute dagli uomini . Noi

M. Donà, Sulla negazione, Bompiani 2004 , in nota p. 394.

Cacciari e Severino

70

ci decidiamo , scegliamo ma tra opzioni inviate dal l ' essere e non poste da noi : tuttavia ogni determinata scelta non esaurisce mai la nostra possibi Jità. L' essere vincolato ad una determinazione rende inquieto J ' ente che sogna altri ordini cosmici , matematici , musical i , politici . Ordin i che potranno an­ che rimanere puramente possibili ovvero impossibili: ordini che tuttavia appaiono determinati , altre determinazioni possibi l i . L'esserci è determi nato dal contesto i n c u i vive e dal carattere : m a non solo ogni volta può strapparsi dalla catena e farsi vuoto per accordarsi ad un nuovo inizio incondizionato , ma può conservare , dopo aver scelto , la possibilità di

revocare gradum .

Per natura possiamo contraddire la nostra natura , poiché essa, come in Pico , signi fica

non

avere una natura che si esaurisca nelle sue

maschere .

L' uomo ma anche Dio non ha la libertà in suo potere: 1 ' Abi sso della Liber­ tà dell ' Inizio , l ' Apeiron infinito mostra un Inizio indeterminato . L' esserci non deve progettarsi , come nel primo Heidegger a partire dal l ' angosc ia per la morte , dal suo poter

essere , ma dal i ' abisso della Possibilità

impossibi le,

della Libertà dell ' Inizio: Sull ' indistruttibi le im-possibi le nulla può il nostro essere liberi - semplice­ mente perché vi coincide. L' i ndistruttibi le non ul teriormente fondabile non è che l ' essenza stessa del l ' esserci in quanto libertà� .

Ma se l ' indeterminata-infi nita Libertà dell 'Inizio dovesse manifestarsi solo come lasciar essere saremmo necessitati alla libertà e vincolati ad una scelta esi stentificante . Se la Li bertà coincidesse con Dio, sarebbe il pre­ supposto intrascendibile della stessa natura divina; Libertà e trascendenza di Dio non deriv ano dalla propria Natura ma dall a Possibil ità impossibile : dalla Tenebra divina, dunque , non Per Cacciari un

nuovo inizio

ex nihilo .

non sorge dal nul la, non è creato-prodotto

dalla volontà di potenza di Dio o di un uomo , ma è possibile in quanto gli uomini corrispondono alla Verità/Libertà dell 'I nizio .

Compimento tra gli opposti ,

non si dà per il fi losofo veneziano se non come relazione

cum

tragico al culmine della lacerazione . Nessuna patria,

definitiva conciliazione sono raggiungibili : l ' uomo abita le sue determina­ zion i , il suo determinarsi e proprio per questo non può che patire in esse l ' assenza dell ' Indeterminato , dell ' Impossibile . C acciari interpreta , in questo senso , l 'escatologia realizzata , l 'orizzonte ultimo della storia e del cri stianesimo . I primi,

2

M . Cacciari , Hamletica , Adelphi 2009 , p. 63 .

i beati, per Gesù , sono le vit-

Un altro mondo

è possibile ?

Oltre la concezione nichilistica della libertà

ti me dell ' ingiustizia e della violenza, gli

71

umiliati e offesi , i poveri di spirito

che non desiderano e giudicano per dominare e gonfi are la propria vanità , prendere le distanze dagli altri ; a loro spetta il regno di Dio che è il tesoro e la gioia custoditi in noi

l 'ora ed è adesso

(in voi infatti è il Regno di Dio, Le 1 7, 20-2 1): viene qui e ora nel regno

in cui è possibile , imitandolo , sentirsi

dei ciel i , rinascere a nuova vita , convertire non solo la mente ma il cuore e i comportamenti , decidersi per un' altra storia. I1 povero che non desidera e non giudic a , che non vuole

riconoscimento

ma solo un gratuito donarsi che nulla attende in cambio , patisce la relazio­ ne con l ' Altro assente . Attingendo al proprio Impossibile, 1 ' uomo compie r ambito delle sue possibilità , tocca il suo

escluzton .

Non si dà alcuna conciliazione dialettica perché il compimento è rela­ zione con 1 ' Assente , l ' Altro, l ' Impossibile ; questo è il Regno: la salvezza della distanza , solo analogicamente dicibile , tra possibile e impossibile . L'Impossibile non nega il possibile , lo accoglie :

eschaton

è l ' attualità

dell ' I mpossibile che quindi , come si è visto , non significa solo il mero contrario, opposto del possibile . Il Regno è infatti in noi il riconoscimento dell ' impossibile come del nostro proprio;

attualità di sconfitta e trionfo .

Dunque il compimento non oltrepassa la lacerazione tragica: è parados­ sale compimento che resta aperto all ' incompiutezza ed in essa abita e in­ siste a cercare ciò che è , e resterà, irraffigurabile e incatturabile . L' uomo attende ma non ciò che è da sempre assicurato ma ciò che può implodere o venire : la destituzione della contraddizione tra possibile e impossibile non significa il

realizzarsi dell ' impossibile , il venir meno della distanza tra

finito e infinito .

Eschaton non si può ridurre a tempo futuro: eschaton è futuro ma nel-del presente ; né presente , né futuro concepiti isolatamente . Nessuna catena di momenti potrà mai produrre un Ultimo: il Futuro abita il presente , lo trasfi­ gura in

advemus, in tempo

sempre anche

adreniente.

Se il Futuro fosse prevedibile in base allo stato attuale del mondo , o se si realizzasse compiutamente in un successivo presente , verrebbe meno in quanto futuro , si annienterebbe in quanto tale . Solo un Futuro eterno ,

sempre futuro , che

mai rappresenti una Fine che chiuda defi nitiv amente il

processo . salva il futuro . Ma allora il problema diventa quello di un

ton

escha­

che non può mai perfettamente chiuders i , di una Fine della creazione

ineludibile ma non definitiva . Mentre in Severino la

Terra che salva

è il necessario destino che ci at­

tende , per Cacciari A more può tramontare anch'esso , fallire dissolvendosi nel mistero del l ' Inizio da cui proviene , lasciare la Terra nelle mani di indi­ vidui

servi delle magnifiche sorti e progressive .

73

XII IL TRAMONTO DEL MARXISMO , DEL CAPITALISMO E DELLA POLITICA NELLA TECNICA

Per Severino la tendenza dominante ne1 1a filosofia del secolo scorso è stata quella di liberare il pensiero di Marx dalla dialettica per dare spazio alla scienza; è quanto hanno teorizzato Popper, Kelsen , Rossi e Colletti in Itali a, che ritengono l ' errore cruciale del fi losofo tedesco il non aver rispet­ tato il principio di non contraddizione , fondamento della scienza , e l ' aver invece interpretato il c apitalismo come luogo di una contraddizione reale . In direzione opposta si muove la critica a Marx del filosofo bresci a­ no: se il suo pensiero è destinato ad un declino inevitabile è per le aporie ' filosofiche ' del suo impianto che sono da ricercare piuttosto in una con­ cezione erronea, ovvero nichilistica de11 ' essere : in particolare Marx usa categorie come

"lavoro condizione naturale eterna dell 'uomo " , che

sono

invece ' storiche ' , platonico-aristoteliche ; e non fonderebbe in modo incon­ trovertibile la contraddizione originaria del capital ismo, concependolo sì come separazione dell ' inseparabile ma di nessi la cui relazione appare solo empiricamente fondata sui ' fatti ' . Severino in

Gli abitatori del tempo , accomuna

inoltre anche Cacciari ai

marxi sti prima citati: Per il resto anche Masullo e Cacciari , si trovano sulla linea di Colletti e di Rossi - la l inea c ioè del tramonto del marx ismo nella scienza . . . Cacc iari cri tica ogni concezione totalizzante e quindi anche la concezione totalizzante della tecnica sostenuta da Heidegger - e oltre a ritenere che il marxismo non sia giocato dalla tecnica crede che il nuovo giorno non sia segnato dalla Tecnica come Destino , come orizzonte unico e comune bensì dalla organizzazione dei progetti specifici interni alle differenze e contraddizioni della tecnica ossia dal­ la molteplicità dei punti di vi sta che , per potere . rimangono inesorabilmente in confl itto rec iproco ' .

Severino , Gli abitatori del tempo , Armando Editore 1 978, p. 1 1 4 .

Cacciari e Severino

74

Ma le tesi del filosofo veneziano possono essere identi ficate con le posi­ zioni degli altri pensatori citati da Severino? Cacciari assume sì il dato del tramonto del marxismo nella scienza ma come tendenza inevitabile . e sen­ za cri ticare Marx per la carenza di ' scientificità' del suo si stema fi losofico . In una recente ricostruzione del J ' operai smo italiano degli anni sessanta­ settanta , Cacciari ricorda come: L' assunzione della razionalità tecnico-scientifica come orizzonte d i desti no . come meridi ano del l " epoca veniva decli nata al l ' interno del conflitto operai­ capitale nella direzione di una critica dell ' ideologia che liberasse una «scienza>) di classe operaia 2 •

Cacciari , attraverso Weber, comprende e afferma la necessità che razio­ nalità scientifica e tecnica non siano

romanticamente

respinte ma subor­

dinate e governate dal l ' autonomia della politic a , della deci sione e della responsabilità . Se il fatto de1 1 a razionalizzazione appare il destino comune de li' epoca per politica e scienza, opposta è la loro relazione con i valori . Non solo la scienza decide a partire da valori , ma la sua razionalità e avalu­ tatitività rappresentano il suo specifico valore . Ma il fatto non è riducibile

continuum situazione per affermare una

alla sola razionalità scientifica: la decisione politica spezza i1 de11a burocrazia e delle tecniche, si colloca in

trasformazione non astrattamente libera: la decisione politica , come appare evidente anche in Weber, deve sempre per Cacciari essere radicata in un contesto determinato e non è infondata o fondata nichilisticamente . Tornando all ' interpretazione di Marx , per Cacciari essa non deve corri­ spondere al suo

scheletro ,

alla sua ' essenza ' .

È

il Marx del l ' analisi delle

trasformazioni del sistema quello ancora fecondo: per il filosofo veneziano le crisi , le trasformazioni , innovazioni ricorrenti nei cicli capitaJ istici - a differenza delle interpretazioni marxiste , in questo infedeli al pensiero di Marx- , non sono riconducibili ad una sostanza astratta , ad una contrad­ dizione fondamentale da cui si possano dedurre in maniera lineare , non contraddittoria. L' indeterminatezza dei rapporti economici impone l'analisi de11e nuove forme che di volta in volta il si stema produce ; restare , invece , ancorati alJa centralità della teoria del valore o della classe operaia, significa non saper leggere i mutamenti produttivi che accadono e che determinano nuovi as­ setti , possibil ità dell 'economia. della politica e de1 1 a scienza .

2

A .A .V.V. , L 'operaismn degli ann i Sessanta , DeriveApprodi 2008 , p . 832.

Il tramonto del marxismo, del capitalismo e della politica nella Tecnica

75

In modo anal ogo va declinata la stessa idea di classe: l ' identità , l ' appar­ tenenza ad una classe non deve essere concepita come un permanente che il succedersi delle differenze non intacca . Quale continuità, scrive il filo­ sofo veneziano, potrebbe rintracci arsi tra mercanti , imprenditori di varie

''gente eguale che trasforma il proprio mestiere o sog­ getti culturalmente-politicamente diversi che attribuiscono senso diverso al proprio operari? " 3 • epoche e contesti :

M a può i l capitalismo , almeno come civiltà , sopravvivere senza spirito borghese? Può un sistema uni versale di produzione non avere un coerente progetto politico-istituzionale'! Per i l

grande borghese

la proprietà obbliga e la coesione non può fon­

darsi solo sugli interessi materiali comuni ma su di un comune sentire e comuni idee regolatìve .

È

il capitalismo fi nanziario a perseguire un nudo

profitto sconnesso da ogni senso , la

deregulation , e non certo la promozio­

ne della partecipazione . A differenza di Severino , che concentra la propria analisi sull' identità determinata che lo scopo del profitto rappresenta per il capitalismo e su come sia contraddittorio e quindi impossibile assumere scopi diversi se non tramontando e diventando altro da sé , Cacciari mostra , a partire dall ' inde­ terminatezza dei rapporti sociali capital istici, la possibilità di abitare-go­ vernare le contraddizioni; di scegl iere e determinare possibili trasforma­ zioni interne al sistema , senza da un lato pensare di poterle comporre in una risoluzione definitiva, e dal l ' altro senza immaginare il necessario darsi di realtà incontraddittorie , di processi economici dominati e determinati da una Logica escludente le contraddizioni, interpretate come meri errori che di volta in volta si generano . Per Marx nella contraddizione tra rapporti di produzione e forze produt­ tive, i rapporti di classe ostacolano l ' utilizzo adeguato di tutta la ricchezza e la tecnologia cui perviene lo sviluppo sociale . Ma Severino osserva: la previsione marxiana di un impoverimento assoluto della maggioranza del­ le popolazioni europee non si è verificato nei paesi ricchi del Nord , ma ha trovato una relativa conferma invece nel Sud del mondo: tuttavia il filosofo bresciano ritiene che le contraddizioni marxiane della miseria crescente dell ' umanità e dell ' alienazione vadano criticate o superate in un differente orizzonte filosofico: le contraddizioni capitalistiche hanno un sottosuolo più profondo nella concezione nichilistica della cosa così come è stata pen-

3

Passato futuro t/el il dolore e il piacere è l ' apparire del dolore e del piacere . . . La Gioia dell ' apparire infinito, in cui è necessario che tutto appaia in carne e ossa, è l ' apparire della totalità infinita del dolore e del piacere in carne e ossa: è il modo estremo , più profondo e totale di provare il dolore , il piacere , la contraddiz ione , 1' errore e la fol lia del l ' isolamen­ to del la terra e della volontà più radicale di far diventare altro le cose7 •

La morte di Dio , anche per Donà8 , significa che muore l 'eterno, il mon­ do greco che mai si sarebbe potuto curare del lamento della determina-

562 .

7

Gloria , p.

8

M . Donà , L 'Essere di Dio . Trascenden:;a e temporalità , Albo Versorio 2007 ; cf. in

particolare il capitolo: La novitas del Dio che muore .

92

Cacciari e Severino

tezza , del suo dolore : ecco il vero motivo per cui non potremmo non dirci cristiani . Il Dio che si fa uomo . che si

incarna

rappresenta una relazione radical ­

mente diversa con l e debolezze , le ferite della c arn e e delr esi stenza umana che assumono un nuovo valore e una nuova luce: l ' opposto di ogni

ataras­

sia e apateia classiche . Il corpo per il cristiano non è la prigione del l ' anima , né qualcosa da ' annientare ' attraverso pratiche ascetiche . E ci s i dimentica spesso che il cristiano non afferma la sola immortal ità dell ' anima, come ad esempio i platonici , ma la resurrezione del corpo , e quindi non può che dare valore divino a ciò che è terrestre e corporeo . Per il Dio cristiano della

kenosi

e del l 'Incarnazione , il calice va bevuto

fi no in fondo , il Getsemani è sofferenza estrema . Non è la messa in scena di un Dio che non soffre davvero fino in fondo o una marcia trionfale verso la Resurrezione . Morendo . Gesù si separa dall a propria divina i mmortalità , da una perfezione che guarda dall ' alto e dal l ' esterno il dolore degli uomini , distante dalla fi nitezza umana.

agàpe(amore) risuona agòn (lotta) , e amore esige agonia: il martirio dell 'amore di Gesù , che più avanza nella sua missione , e più vede il suo amore farsi Passione; ma anche resta fermo nella mi seri cordia, nel libero In

dono di sé fi no alla morte . Il simbolo cristiano , nella sua specificità, accoglie la concepisce

una

in sé la

sofferenza , e

con l ' amore , e perfino con la gioia .

L'ottavo fioretto , quello della perfetta

letizia ,

corrisponde limpidamen­

caritas e sofferenza . Francesco risponde a perfetta letizia si dia in quelli che pure rappresentano

te alla relazione evangelica tra Leone negando che

i vertici dell ' umano e anche del religioso : essere virtuosi , fare miracoli , raggiungere l ' apice della conoscenza , avere il dono della profezia, riusci­ re a convertire tutti gli infedeli; nessuna di queste vette costituirebbe , per Francesco , la possibile dimora dell a perfetta

leti:::.ia.

Ma allora? La perfetta letizia si dà quando busserete e non troverete : quando tornerete a chiedere ospitalità , e sarete respinti anche duramente ; e patirete mali antichi e corporali come il freddo e la fame , e sopporterete tutto questo con amore e perfino - cito

- allegramente .

Se mai il cristiano può dirsi perfetto qui e ora , tuttavia è verso il para­ dosso di un

cum ,

all 'e stremo della lacerazione . di sofferenza e letizia, che

la sua fede deve muovere : restare appesi all ' Impossibile nell ' inferno del mondo . Il simbolo cristiano glorifica pensa

una con

in sé in quanto tale . la

sofferenza , e la

l ' amore , e perfino con la letizia: questo , e non la mera rasse­

gnazione , obbedienza, accettazione del dolore , rappresentano lo specifico della concezione cristiana.

Cristianesimi

Quale

93

transitus è allora possibile dalla sofferenza alla gioia? Non

il male

come possibile strumento del bene, secondo una teodicea che concepisce l ' armonia divina concimata con le lacrime umane; la bellezza e la gloria del la sofferenza stanno nel suo essere patita senza che si consolidino odio e vendetta , ma ancor più: splendente è l 'uomo reso umile dal dolore se ,

in uno, conserva memoria e vive di quella Gioia che ha già e non ancora toccato, e di cui attende con pazienza sovrumana il possibile/impossibile compimento . Solo così potremo forse sognare-salvare quella simpatia

originllria delle

cose che muove la nostra ricerca ed è istanza di libertà vera dell ' anima , di liberazione: ritrovare l ' inesprimibile immediatezza-semplicità, il mistero della provenienza e della bellezza dei viventi che si impone evidente al nostro sguardo quando ne liberiamo il valore in sé , il loro non servire a

'niente ';

quando risplendono , - icona di una leggerezza , di una libertà e di

una gioia simili a quelle scolpite in due luoghi fondamentali della nostra

uccelli del cielo e i gigli dei campi, e il Cantico delle creature9• Ogni singolo appare icona del l ' utile inutilità dell 'originario che si dà come assenza di ogni scopo , libertà a-intenzionale e atemporale del l ' arché. cultura: il brano evangelico sugli

testo che forse meglio gli corrisponde: il

Se interpretassimo il pensiero e il canto francescano solo come contrappo­ sizione di

uti e jrui , di

utile e inutile , resteremmo ne I l ' ambito delle opposte

determinazioni del l ' essere . Solo se utile e inutile si oppongono e insieme si accordano , pur restando nella loro distinzione , ogni ente , ogni parte del tutto appaiono divini . Solo se il loro contraddirsi si dà insieme al loro co­ municarsi e al destituirsi della loro contraddizione . Se il cosmo fosse determinato soltanto come utile alla gloria di Dio e del l ' uomo , allora avrebbe uno scopo , un senso , corri sponderebbe a un de­ terminato disegno , un bisogno di esistere che lo determinerebbero univo­ camente . Se invece creature e cosmo sono utili-inutili , allora provengono da un Inizio a-intenzionale , e il loro esistere è contingente . Un Inizio non determinato univocamente come fondamento , potenza , bisogno , ragione ,

9

In questa direzione mi pare vada anche l ' interpretazione del Cardinale Manini: "Quando fu chiesto a san Francesco che cosa fosse (Eraclito, fr. 27). Ma sono così attesi perché già da vivi . e da sempre . sono ciò che non sperano e non suppongono di essere . L' immenso da cui sono attesi è la «Gloria»" (E. Severino . La Gloria , p . 1 8 . Adelphi. Milano 200 1 ) Tanto per Severino quanto per Cacciari il pensiero non è identico al linguaggio. Per il primo infatti oltre il linguaggio dimora la cosa di cui la parola è segno così come per il secondo nel linguaggio il logos si incarna come espressione . A tale proposito si confrontino le pagine di Severino in Oltre il Linguaggio (ibid.) e di Cacciari in Della Cosa Ultima, (pp . 405-4 1 0) .

Postjazione di Davide Grossi

1 19

cifico . L' identità concreta delressente è esclusione da sé del proprio altro , cioè del nulla sì che il confine è tolto perché l ' oltre da esso è l ' esser-non di ogni oltre ed è lo stesso esser nulla del nulla. L' ulteriorità del/dall ' essere resta negata in quanto posta nell 'opposizione come impossibilità ontologi­ ca deli ' opposto deli ' opposizione ovvero come steresi della negazione . Il Destino della Necessità è manifestazione del l ' autonegazione della propria negazione ovvero negazione dell 'identità dei distinti di cui è individuazio­ ne trascendentale il principio della propria identità o posizione dell ' identi­ tà/eternità con sé di ogni essente . La struttura originaria appare interamen­ te posta , nella particolarità di ogni suo punto che pertanto è eterno in quanto non può che significare sempre l ' essere stesso . Il cessare non appa­ re se non come scomparire sì che nell ' impossibilità di non-essere dell 'es­ sere non cessa di apparire il certo non-apparire . Ecco: il non apparire appa­ re . Questa proposizione resta innegabi1e tanto per Severino quanto per Cacciari ; la differenza consiste nel significato che essi attribuiscono al non significare . Per il primo esso è nulla, per il secondo esso è l ' Inizio . Resta da chiedersi se alla differenza esplicita tra queste espressioni corrisponda una differenza fattuale . A proposito della struttura elenchica del princ ipio abbiamo rilevato una peculiare circostanza logica, quella determinata dalla necessità per il principio , di affermare la propria innegabilità a partire dall ' incosistenza di colui che la nega23 • La situazione logica che ivi si determina comporta la steresi posizionale di un momento della dianoesi che compete al fonda­ mento ; i1 paradosso che ne consegue costituisce un rischio per l 'originario in quanto nullifica il medio della sua auto-evidenza. Difatti , ad una prima analisi , risulterebbe che il negatore sia posto e che poF� esso venga tolto , di modo che il valore del suo dire venga ricondotto al suo contrario non prima che l ' intento di quel dire possa apparire ; a ben vedere però , egli resta pietrificato25 ben prima che la Medusa elenchica possa rivolgergli il proprio sguardo . lovero, è il negatore , a volgere subito gli occhi verso Medusa e cioè nell' istante in cui si costituisce come negatore . Intendiamo dire che la

23

24 25

Come abbiamo visto , medesima circostanza si riflette a proposito del tratto fon­ damentale della per-sintassi : se lo sfondo è ciò che è necessario appaia perché qualcosa appaia e necessario è ciò la cui negazione è autonegazione allora neces­ sario è essenzialmente il Destino . quest' ultimo , perché sia posto, esige quindi il semantema •·autonegazione" quale momento della propria semantica. La successione possiede qui un senso certamente logico sebbene si rifletta nel discorso ingannando per la forma dia cronicamente ordinata in cui si pone . Letteralmente ridotto ad un immobile "tronco" . Cfr. Aristotele , Metafisicll , op. ci t .

1 20

Cacciari e Severino

pietra in cui Medusa lo tramuta è l ' esser già da sempre stato pietra del tra­ mutato si ché il tramutato non ha mai avuto volto , non ha mai parlato . Muta è la condizione trascendentale del negatore . Dal punto di vista del Destino questo silenzio non ha suono perché è l ' eco del can to che nella festa, vie­ ne intonato�6 • Festa è l ' apparire del Destino in cui si manifesta l ' armonia de11 ' esser raccolti alla contempl azione del segreto del l ' opposizione : l ' esse­ re . Il suo basso continuo scandisce il ritmo della distinzione che in tal modo trova la propria condizione trascendentale , que l l a condizione che è essa stessa e non quel l ' assolutamente al tro da essa che è il null a . Per Severino l ' insensatezza del nulla dipende dal senso del l 'essere , in esso è racchiuso il significato dell ' opposizione: qualcosa come l ' i mpossibilità di un' alterità può apparire in quanto la non al terità non può che apparire . Per Cacciari invece , la necessità dell 'opposi zione non trova la propria condizione in sé stessa ma nel proprio presupposto , quell ' ab-grund che l 'opposizione cela come il proprio cuore . D ' altronde se autonegazione significa contradditto­ rietà del S é , e se , come abbiamo specificato pri ma , essa è un tratto dello sfondo , al lora il nulla è un tratto dello sfondo . Severino non avrebbe alcun problema ad ammettere tale esito se non che per lui , contraddittorietà è solo un tratto dello sfondo e né il suo intero né il suo fondamento . Inoltre egli avrebbe ragione di osservare che il Nulla non è il venir meno o i1 mancare di tale tratto bensì l ' apparire del positivo significare del significato null a ossia del tratto-null a . Per Severino , in luogo della risoluzione del l ' aporia impli­ cata dall ' apparire del nulla e dal carattere astratto del rilievo corrisponden­ te , è possibile porre come positivo e ad un tempo porre come negazione del positivo, uno dei momenti dell ' opposizione . L' opposizione di positivo e negativo sta cioè a fondamento de11a semantizzazione dei termini e non viceversa si ché è impossibile l ' aporia perché essa appare se appare come aporia. Ciò vuoi dire che i momenti appaiono perché opposti , a causa cioè del loro opporsi: la relazione è prima dei suoi momenti . Per Cacciari invece la relazione è necessaria perché resa possibile da1 1 " impossibilità della sua negazione . Cosa significa? Significa che per quest ' ultimo l ' i mpossibile è ciò che rende possibile il necessario. Certo esso non appare ma è proprio il suo negarsi an · apparire ciò che lo serba nella latenza . In questo senso il Destino appare sordo perché incapace di ascoltare ciò da cui proviene , esso non ha memoria della propria immemorabile origi ne . Ma è proprio questo il punto: se l ' origine è immemorabile allora non può che essere perso i l

26

Il Grido che viene ricondotto all " unisono durante la festa arcaica è immagine che proviene dagli scritti dello stesso Severino . Cfr. Il parricidio mancato , Adelphi . Milano 1 988.

Postjazione di Davide Grossi

121

suo ricordo - esso dilegua nell ' eterno ricordare del tutto . Quest' obiezione non persuade Cacciari, il quale precisa che la custodia del l ' immemorabile consiste nel serbare ricordo proprio del suo necessario oblio . Che cosa si­ gnifica? Significa che nel dire . il non detto

è taciuto proprio perché

il detto

lo dice tale . Il ricordo del l ' oblio non conduce il dimenticato alla presenza, la memoria attinge al suo fondo mostrando l ' impossibilità di attingervi .

è la stessa impossibilità di colui che nega il principio , è lo sguardo immobile , pietrificato , dell' esecutore del comando contraddit­ Questa impossibilità

torio . Per Cacciari il senso della contraddizione sta in ciò: nell ' indicibilità della sua in-signi ficanza. Ma è nel cuore della parola che risiede il silenzio che corrisponde all 'inesprimibile , esso "non

è

affatto ' troppo profondo ' o

' troppo misterioso ' per il discorso ma ' troppo' chiaro per il discorso"27 • È di

' troppo ' il significare di ciò che non ha significato perché se il significare è da esso allora esso ' deve' distinguersi -celarsi da-ad questo . L' inesprimibile è allora indubitabile così come indubitabile è il nulla per Severino, difatti , così come il silenzio dell ' indicibile allude alla presenza di ciò che è presen­ te tacendo l ' assenza di ciò che resta assente , il positivo significare del nulla allude al la propria essenza separandosi da essa, non rivelando nel discorso null' altro che la propria forma - che il proprio esser discorso-presenza. Dal punto di vista del Destino , l ' auto-contraddittorietà del nulla lascia quest'ul­ timo nella insignificanza assoluta pur riferendosi ad essa, circostanza af­ fatto simile a quella che si verifica dal punto di vista del l ' Inizio laddove

è

detto che la memoria dell ' oblio non togJie dalla latenza il nascosto perché ne dice l ' immemorabile essenza . Daccapo dunque : scopertasi tale , l ' auto­ negazione ripete ciò che nega, affermando ora (e già da principio) ciò che negava . Detto altrimenti: proprio perché anche il silenzio indica qualcosa , in quanto segno del non-qualcosa, non vi sprimibile nel suo altro . Ed morante : che il silenzio

è

è

è

silenzio che non traduca l ' ine­

proprio questo il senso del l ' ascolto rarnme­

ascolto del mi stero della presenza in quanto

ripetizione della presenza , in quanto

è

è

il darsi nella parola che di sé nulla

dice o forse : che di sé dice il nulla. Ecco l' elenchos: posto dai contrapposti discorsi ed allo stesso modo ; si tratta ora di vedere in che modo e con quali conseguenze . Al culmine dell ' elenchos , Aristotele presenta due possibilità logiche al proprio negatore : o egli afferma il principio o non proferisce parola alcu­ na contro di esso , facendosi in tal modo simile a pianta. D ' altronde cosa obiettare ad una pianta? Nulla. La pianta e la pietra non si oppongono al principio e però neppure lo ripetono , oppure si? Torniamo al comando con-

27

Della Cosa Ultima , p. 40 1 , op . cit .

1 22

Cacciari e Severino

traddittorio. quel comando che paralizza . Tale è il comando del Castello di Kafka , è lo stesso Cacciari a suggeri rlo nella pagine che egli vi dedica in Icone della Legge28 , qui Cacci ari osserva che proprio la paralisi cui il comando costringe è l a sua perletta esecuzione . L' impossibil ità dell' ordine è il suo stesso senso ma il riconoscimento della sua insensatezza non ne è la soluzione poiché esso resta inammissibile per i l

logos.

L'agrimensore

attende al senso perché ne è atteso , egli non può che tentare di escludere la contraddizione confi n ando la terra entro il suo ill imite perché è impossibile non pensare secondo l a l ogica delr esclusione . Il destino dell 'esclusione espone però ali ' abisso da cui essa appare , come altra .

È questo l ' Inizio , ciò

che in sé è possibilità della relazione come del la sua negazione in quanto è origine sempre im-possibile di ogni relazione2'� . Quest ' assenza fa della ne­ cessità del mondo un mistero proprio perché la sua esi stenza non le deriva. Qui abbiamo un senso della relazione per la quale essa è seconda ri spetto ai suoi termini o meglio: essa è seconda rispetto ad uno solo dei suoi termini . Si tratta di quel negativo la cui potenza è tale da poter revocare 1 ' opposi­ zione entro cui istituisce sé come negatività opposta ad una positività data - da essa data - , ovvero al mondo stesso . La possibilità di esperire o di toccare l ' inatti ngibile o meglio l ' intangibile , ri siede , come abbiamo visto, nel non detto implicato

dal logos parlante . Non detto

non significa qui non

portato al discorso bensì "che non può essere portato al discorso" , esso è pari al nulla momento (lo stesso

me òn

platonico) inscritto nel la sintesi

originaria onde si compone il significato nulla30 • Ma al lora: il silenzio del

sol·rumano silenzio del la pianta sì che l ' ascolto cui essa conduce è possibi l e per la violenza elenchi­ negatore messo a tacere da Aristotele è lo stesso

ca del principio? Se così fosse avrebbe ragione Severino e sarebbe daccapo nel l ' opposizione , la condizione trascendentale all ' Inizio , il quale, quindi . ri s ulterebbe impossibile secondo l ' accezione logica per la quale impos­ sibile è l ' assolutamente escl uso . Ma ancora , e questa volta rigorizzando l ' istanza negativa della posizione cacciariana: anche qualora così fosse non resterebbe questo scarto al centro piuttosto che al margine del di scorso? La compl icazione cui siamo incorsi suggerisce una specul arità della due posizioni che ci obbl iga a rivisitare la proposizione con la quale indicava­ mo la superiorità, per Severino , della relazione rispetto ai termini relati . Se infatti osserviamo l ' andamento della contrapposizione ci accorgiamo

28 29

Cfr. M. Cacciari , Icone della Legge , pp . 9 1 , Adelph i , Milano 1 985 Il rigore dell ' I nizio esige che al senso della propri a i mpossibil ità per la parola corrisponda l ' assoluta possibilità che esso la revochi .

30

Cfr. E. Severino, La Struttura Originaria , cap . IV, Adelphi , Milano 1 980

Postjàzione di Davide Grossi

1 23

che resta affatto condiviso il carattere trascendentale dell' opposizione , a detem1inare la differenza d ' accento del le due posizioni , la prima sul carat­ tere antologico dell ' opposizione , la seconda sul carattere me-antologico della medesima , sta il primato conferito ai termini di essa. A bene vedere , per Se verino , l ' aporetica del nulla con la sua conseguente risoluzione così come l ' eternità e identità con sé del l ' essente deri va dal significato "essere" . Il discorso rileva il carattere intrascendibile del l ' opposizione a partire dal significato essere , viene infatti assunto innanzitutto tale significato quale fondamento dell'implicazione relazionale cui essa da luogo . La premessa in somma pare risiedere nella medesima premessa con la quale ha inizio il quarto libro della Metafi sica di Aristotele dove lo stagirita stabilisce il sen­ so dell 'episteme prima nel compito di determinare le qualità (le implica­ zioni) che competono all 'ente in quanto ente . Nel momento in cui è deciso un tale fine è posto il senso del discorso: esso dovrà dire dell 'ente ciò che gli compete in quanto significante come ente e non come altro . La defini­ zione di essere implica la sua principiale differenza dal nulla perché ciò che viene de.finito come essere include la dianoesi posta come originaria. Ad una tale osservazione Severino risponderebbe che noesi e dia-noesi sono , in questo senso , co-originari . E se la co-originarietà fosse in questo senso l ' autentico presupposto del discorso? Come confutare l ' ipotesi di conside­ rare l 'ente in quanto non ente se non muovendo dal l ' identità dell'esser sé del l 'ente , dall 'ente-ente? In C acciari , si potrebbe ancora obiettare , non ci troviamo di fronte ad una situazione speculare poiché in verità non è , come abbiamo cercato di mostrare , a partire dal significato ·'ente" che si costituisce il discorso bensì a partire da ciò che tale significato esclude da sé . Proprio per questo però , a nostro avviso , è possibile parlare di rovescio o specularità e non di iden­ tità . Per il filosofo veneziano la relazione presuppone l ' irrelazionato , l 'in­ distinto in cui è posta la possibilità di distinguersi del molteplice . Tale in­ distinto

esige

la con-possibilità

del

suo

sottrarsi

come

indistinto ,

distinguendosi , ovvero creando - o de-creando come possibilità sempre attuale del l ' Inizio - il mondo . In esso , la necessità del l ' o.ffenbarung può essere posta solo a posteriori , a causa di un errore logico in cui è tradita 'la potenza che ha in orrore l a luce ' . Non a caso , la critica del l 'Inizio muove da una coerentizzazione della prima ipotesi del Parmenide platonico; si tratta , per Cacciari , di pensare l ' Uno-Uno non come assenza di relazione bensì come unità assoluta/indistinzione di tale possibilità e del suo contra­ rio ovvero come assoluta identità con sé dell ' Uno . Perfetta coincidenza che esclude da sé la differenza cui può dare luogo solo a partire dal proprio in­ significato originario. L' unità dell ' Inizio è prima dell' identità perché

1 24

Cacciari

e Severino

quest 'ultima esige la posizione dei di stinti che la tautologia unifica, in tal modo la protologia del l ' Inizio separa da sé la separazione , indistinguendo­ si nel l ' impossibil ità del nul la. Proprio perché l ' identità è de i distinti , l ' Ini­ zio non è identico a se stesso . Cosa signi fica? Che esso è tale da potersi sottrarre a se stesso , da potersi suicidare , dileguando nel l ' assolutamente nulla quindi , obietterebbe Severino . Il problema è che l ' obiezione è inop­ pugnabile perché non è un 'obiezione : l 'esser null a dell ' Inizio infatti , non da ultimo (in quanto conseguenza del rigore ipotetico del con -possibile) ma da principi o , è la sua essenza . Se così non fosse , non avrebbe senso dirne l 'esser condizione trascendentale dell ' apparire perché dileguante in esso come ciò che esso non può dire/mostrare . Come abbiamo cercato di sottolineare . ! ' immemorabile che si nega alla parola/memoria è posto come fine della rammemorazione che ne conserva l ' assoluto obl io. La peculi arità di questa struttura autoriflessiva è che qui . così come al l ' interno delJa strut­ tura

elenchica

del vero - la quale esige quel l ' altro (il negatore) che non è

mai stato altro - l ' altro resta altro pur se il medesimo lo riflette come me­ desimo . Il positivo significare che compone il signi ficato auto-contraddit­ torio del nulla rimanda alla propria identità con sé . ripetendo la sintesi originaria onde appare il negativo . Nel J ' auto-flessione del significato con­ creto , appare l ' astratto come non compreso nel concreto ma esso può appa­ rire tale perché compreso dal concreto . Detto altrimenti: il concetto astratto delJ ' astratto è impossibile così come non può rivelarsi l ' immemorabile , ciò in quanto l ' apparire come astratto-immemorabile del l ' astratto-immemora­ bile trattiene i termini nel concreto . Se non apparisse alla memoria dell ' oblio, l ' oblio stesso non sarebbe posto come oblio sì ché l ' i mmemora­ bile non potrebbe essere posto come tale o l ' astratto non potrebbe essere saputo come astratto . L' astratto non appare tale perché se davvero fosse astratto non apparirebbe affatto mentre il problema è che l ' astratto è indu­ bitabile ed appare così come rimmemorabile che è il certo .

È nel l ' i dentità

di ricordo e obl io che è posta la differenza tra i mmemorabile e ricordo dell ' oblio o anche: è nell' identità con sé del significato contraddittorio che è posta la differenza tra significato e suo altro . Si tratta di una notevole contraddizione in quanto . per l ' auto-posizione della riflessione viene spez­ zata l ' identità che arresta il rimando . con l ' inclusione del l ' originariamente indistinto . Tale indistinto , assolutamente indistinto perché oggetto della di­ stinzione - suo contrario - non può che apparire come presupposto perché nulla presupposto e p i ù propri amente , perché presupposizione del nulla. Ma l ' oblio pensato è già tradito - è la stessa aporetica del nulla ad esiger­ lo - sì che tanto per Cacciari quanto per Severino , è la stessa risoluzione dell ' aporia a distinguere il significato puro da ciò con cui il ril ievo lo con-

Postfazione di Davide Grossi

1 25

fonde . Si tratta dell ' Uno o del Nulla, di ciò che , per Plotino è , appunto , oltre l ' essere . Pur riconoscendo l ' intrinseca contraddizione implicata dalla posizione dell a differenza3 1 assoluta , il discorso di entrambi , intende dire l ' assoluta incontradditorietà dell ' indeterminato ovvero che essa è tale e non altro da sé . All ' essere-essere di Severino sta di contro l ' Uno-Uno di Cacciari . Il gioco di specchi che ne consegue ha la propria regola nel me­

desimo

nomos

escludente , il principio dell ' opposizione . La differenza tra i

due discorsi appare tale in quanto stanno di contro condividendo lo star di contro quale senso ultimo dell'essere o del nulla . Ma è dai termini dell 'op­ posizione ch' essi i stituiscono l ' opposizione, si rivela in questo apparente contrasto - apparente proprio perché è il contrasto dell ' apparire con ciò che non appare - la solidarietà segreta tra Platone e Ari stotele , tra neoplatoni­ smo e aristotelismo/scolastica32 ed è per questa ragione che lo spettacolo cui da luogo il loro conflitto radica la filosofia contemporanea italiana all ' interno della grande tradizione filosofica occidentale . Non è un caso che per entrambi ricorra un determinato senso della libertà. Tanto per Severino quanto per Cacciari il significato fondamentale della libertà non ha nulla a che vedere con il mortale arbitrio; per entrambi ' l ibero ' è l 'onnipotente , libero è solo l ' assoluto come ab-solutu s , sciolto da legami . Onnipotente è per l ' uno il Destino , per l ' altro l ' Inizio . Con la differenza che l 'onnipoten­ za del Destino sembrerebbe limitata dall ' impossibilità , da parte di esso, di rivolgere contro di sé la propria potenza, mentre per il secondo, nella pos­ sibilità del ' suicidio' sarebbe posta la possibilità di un tale potere . A nostro avviso , anche in questo caso la differenza apparente rivela una più profon­ da consonanza: l' antica questione circa il rapporto tra onnipotenza e vera­ cità in Dio ritorna nelle pagine di Cacciari e Severino con inaudito spesso­ re . Per quest ' ultimo , la veracità del Destino presiede alla sua essenza, essa è tale che il Destino è lo stesso manifestarsi della necessità de li' opposizio­ ne . Dunque il Destino non può rivolgere contro di sé (togliersi) il proprio potere poiché il suo potere gli proviene dalla necessità del suo essere . Ri­ torna in questo passaggio , l ' accento del termine ' essere ' : in quanto l ' essere

31

32

Differenza qui vale in un senso tanto ampio da includere l ' indifferenza di sé con il proprio altro. Essa è l' altro dalla necessità, certo . e pertanto è altra dalla necessità di essere tale sicché è il con-possibile. Quel possibile che per Severino non è altro che nulla, è il nulla . Nel presente luogo non ci sarà dato di chiarire un' affermazione tanto onerosa, per la quale siamo costretti a rinviare ad altri lavori . Ci sia concesso di precisare che una tale affermazione suggerisce un ' interpretazione affatto diversa della storia della filosofia antica e medievale , non più percorsa dalla contrapposizione classica sopra citata ma da quella più profonda frattura tra sofistica e filosofia .

Cacciari e Severino

1 26

è . è impossibile che si neghi . che dilegui in nulla. Il potere del Destino è in senso proprio il potere sul nul J a , la vittoria sempitema sul proprio nemico . L' Onnipotenza del Destino è assoluta perché non ha/opposto , egli ha vinto il proprio altro . E lo ha già da sempre vinto di modo che l ' opporsi è già la vittoria sul J ' opposto . Per Cacci aci invece , la potenza del la

tyche, del

caso ,

è possibile auto-toglimento: non solo l 'Inizio può de-creare l ' iniziante ben­ sì può dileguare come Inizio ; farsi perfettamente nulla. Il suicidio dell ' Ini­ zio appartiene alla sintassi delle sue possibilità , sebbene , a nostro avviso , esso gli appartenga in un senso deci sivo . Se la possibilità dell ' autonegazio­ ne non costituisce un futuro o un determinato ben sì la condi zione originaria del determinarsi allora l ' autonegarsi del negativo fa eco dello stesso sacri­ ficio originario . L' accento metafi sico si sposta sul termine già da sempre passato , già da sempre tolto ed è per tale ragione che la sua essenza coinci­ de col suo stesso dileguare . Tale spostamento , solo apparentemente , esibi­ sce una maggiore potenza del negativo poiché in verità, essa è posta per la necessità di dire del negativo ciò che gli compete in quanto tale . Tale di­ scorso vale al rovescio per Severino: è per la necessità che la positi vità del l ' intero sia tale che essa è assolutamente potente . Alla necessità (assolu­ ta) del Destino corrisponde la libertà (assol uta) dell ' Inizio, e alla libertà (non assoluta) del primo corri sponde la necessità (non assoluta) del secon­ do: cambia l ' accento ma non il metro . Non è l ' opposizione orizzontale che stabilisce il senso dei rispetti vi di scorsi e tantomeno la sua negazione ma la relazione verticale dei suoi termini . La decisione che sposta l ' accento dell ' opposizione diacronizza logicamente la relazione . L' esito di questo gesto mantiene fermo 1 · asse delJo slittamento semantico: tale è l ' asse dell " in quanto ' . 'In quanto ' ha segno ' - ' , è l ' immediato in cui si assenta la congiunzione . Non è identità perché non è relazione sì ché la sua impossi­ bilità ripete l ' universalità dell 'opposizione , ponendo la propria esclusione a fondamento della decisione.

È per questo che non

solo determina di fatto

ma non può non determinare l ' indifferenza fondamentale degli opposti di­ scorsi di Cacciaci e Severino . Perché l " in quanto ' resta così inteso? Perché la deci sione sposta l ' accento su questa o quella sillaba. ripetendo la stessa melodia? Ri spondere ad interrogativi di questo tipo comporta una nuova interrogazione sulla ' fine ' di una filosofi a ed un capovolgimento del modo con il quale è stato da sempre , reali sticamente inteso il senso del vero . Un compito che questo saggio non ha potuto certamente assolvere e che però avverte questa strada . Intanto , ed in ragione del ' fi ne ' determinato del pre­ sente discorso , ci sembra opportuno richiamare il significato della ' Gioia ' che nel pensiero dei due maestri si presenta . All ' interno della testimonian­ za del Destino esso è posto come l ' inconscio del mortale/finito , in cui risie-

Postfazione di Davide Grossi

1 27

de l ' infinita ricchezza del Destino . Se la Gloria destina all ' infinito il togli­ mento della contraddizione dell 'originario (la contraddizione C), la Gioia

è toglimento attuale , nel finito , della contraddizione del fi nito . L' inconscio più profondo del mortale è la Gioia del tutto come sapienza-chiarore del superamento di ogni contraddizione . Scol pita nella persintassi del Destino , la Gioia custodisce il cuore del l ' Io del destino . L' immenso in cui essa ci trattiene , libera il vivente dalla morte , nella Gloria del mondo . Alla neces­ sità della Gioia del Destino sta di contro la volontà di una Gioia che né è sperata né è dedotta33 ma voluta dal l ' Inizio , dal suo ascolto . Così essa è il godere dell ' altro in cui il tutto è sentito come l ' esser-feli�e del tutto . Si tratta della stessa idea, della stessa beatitudine celeste , che tanto in Caccia­

ri , quanto in Se verino , esaudi sce l ' identica fi ne (o il fine) del loro discorso . Ciò non toglie che la posizione speculare che appare dal i ' evidenza del loro contrasto , non comporti quell ' inclinazione che ne moltiplica gli specchine differenze , se non che , forse , imprigionato nel labirinto , resta la bestia: che il nulla, prim' ancora di farsi parola e proprio in quanto tale , è. Che la pian­ ta mediti questo o che la voce del flauto di Dioniso ne sia espressione , questo è il nostro ' fine ' .

33

··Questo so: che avverto questa idea in me come il mio principio , la mia archè - e che l ' avverto come una forza che mi libera da ogni decreto del tempo, una forza che esige la vita dell 'essente - che il vivente eternamente senta e goda il vivente . Non voglio sperarlo. Voglio che così sia." (Della Cosa Ultima , p . 5 1 2 . op. cit.).