198 59 15MB
Italian Pages 380 [398] Year 1961
STUDI E TESTI -------------210 --------------
ROMEO DE MAIO
ALFONSO CARAFA
Cardinale di Napoli ( 1540 - 1565)
CITTÀ DEL VATICANO BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA 1961
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STUDI E TESTI ------------- 210 --------------
ROMEO DE MAIO
ALFONSO CARAFA
Cardinale di Napoli ( 1540 - 1565 )
CITTÀ DEL VATICANO BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA 1961
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Ristampa anastatica - Dini - Modena 1981
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ALFONSO CARDINALI CASTALDO PRAESULI MEO AC PATRI NE MAIORUM VESTIGIA PEREANT
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IN TKODU ZION E Il personaggio Questo lavoro sul Cardinale Alfonso Carata entra nel mio piano di ricerche sulla Storia della Eiforma cattolica a Napoli di cui già precedentemente si è dato qualche sa ggio.1 Tuttavia, date le cir costanze biografiche del Cardinale di Napoli e il metodo storiogra fico cui ho voluto attenermi, esso è divenuto ricerca sulla società romana e napoletana sotto i pontefici Paolo IV e Pio IV e il Viceré Duca di Alcalà, il padre di s. Giovanni Eibera. Ne è derivata una luce se non nuova almeno più intensa su particolari angoli delle Curie di Papa Carata e di Papa Medici. E tuttavia la figura del ni pote di Paolo IV non mi è divenuta un pretesto per altri interessi. Non ho ammesso una sola digressione come ho voluto liberarmi dalla soggezione dei personaggi di primo piano per non estendere convenzionalmente alle particolari incidenze con il Carata
il giu
dizio anche storicamente acquisito su di essi. Pur con l’impegno unico, che però non poteva essere ricerca esclusiva, su Alfonso Carata la risultanza sociale e politica più ampia è scaturita da sè senza forzature. Eppure le dimensioni di questo Cardinale che fu il più giovane del Sacro Collegio come suo zio ne era stato il Decano se non sono modeste certo non sono di grande rilievo. Quando era entrato nella svolta di maturazione spirituale e apo stolica simile a quella di s. Carlo Borromeo dopo il suo primo soggiorno romano, con la quale cronologicamente coincise, fu stroncato da una febbre in 10 giorni. D i lui nato a Napoli il 16 luglio 1540 e mortovi il 29 agosto 1565, il dato biografico più rilevante è il suo rapporto con Paolo IV ; fu alla sua scuola 10 anni di cui 5 prima del Pontificato; Tesserne stato nipote inoltre fu importante in quanto gli consentì tale consue tudine. Gliene derivò quella particolare attitudine pastorale che ne fece un Arcivescovo riformatore dalle ampie vedute e quella sostanziosa vita interiore che si espresse nella fiducia in Dio, nella resistenza al dolore e nella moderazione quando ebbe in mano la
1 M.
S c a d u t o in « Archivum Historicum S .
» X X V I I (1958) 367.
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vm
Introduzione
potenza, come risulta dal suo carteggio con i cugini Vincenzo e Antonio Carata, il futuro Cardinal Bibliotecario, e dalla felice epi grafe che nel 1567 Paolo Manuzio compose per incarico di Pio V . Anche le sue sventure gli provennero
da
quel
rapporto
con
Paolo IV . Queste pagine orienteranno anche verso una conferma del giudizio della sua innocenza stabilita dalla revisione del pro cesso Carata conclusosi due anni dopo la sua morte. Pio I V che dovette a lui la tiara entrò nel piano di accuse organizzato dai ne mici dei Carata e che a riguardo del Cardinale di Napoli potevano essere sintetizzate da una espressione di Niccolò Franco: « ha menato le mani come un barbiere alla sede vacante ». 1 Franco stesso e anche Pio I V per diversi e individuabili motivi trascesero verso questo Carata fino alla calunnia. Quando il Papa riferiva al Card. Alfonso Gesualdo che egli menasse « mala vita », accettava l ’insinuazione di F ra n co 2. Essa fu subito respinta da Giulio Santoro che era il più intimo conoscitore e collaboratore del Carata ma è anche un assurdo psicologico nella impostazione della vita del nipote di Paolo IV . Del resto Pio I V
stesso pochi mesi
dopo disse che il Card, di Napoli era sempre vissuto da santo. D ’altra parte il terreno bibliografico del giovane Carata è ingom brato anche dalle dediche enfatiche come quella di Paolo Manuzio e dell’editore Giovanni Maria Scotto e dai meno pericolosi indirizzi poetici come quelli di Bernardino B o t a .3
Metodo di ricerca La bibliografia personale del Cardinale di Napoli è quasi tra scurabile. Dei quattro aspetti che più interessano nella sua bio grafia, la cultura non è stata « vista » essendo gli storici assorbiti da quella del cugino Antonio, la politica cede all’interesse per quella dello zio Carlo mentre l’azione pastorale e la formazione spirituale sono pressoché coperte di silenzio. Interessò di più la sua sventura ma ci si limitò a piangerla alla maniera con cui fece Partenope nella fantasia del poeta Giam bat
1 « Copia Pasquillorum et aliorum extractorum ex libro Nicolai Franchi », in Ottob. lat. 2684, p. II, f. 471. 2 A . M erca ti , I Costituti di Niccolò Franco (1568-1570) dinanzi l’inqui sizione di Roma, esistenti nell’Archivio Segreto Vaticano. (Città del Vaticano 1955, Studi e Testi 178) 158; G iulio A ntonio Santoro , Persecutione eccitata al Sr Giulio Santoro, in Barb. lat. 4592, f. 155T. s B. R o t a , Poesie, II, (Napoli 1726) 202.
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Introduzione
IX
tista Arcucci; commosse anche la sua morte precoce. Addirittura non si mancò, anche da parte di storici del peso di Stefano Ehses, di confonderlo con altri C a ra fa ,1 mentre L . Jadin che è l’ultima voce sui Carafa 2 in verità molto fioca neppure si è interessato di lui; m a del resto egli non ha intravisto nemmeno la grandezza di Oliviero Carafa. Gli storici di Paolo I Y , tra cui Eené Ancel il migliore, dati gli intenti o il metodo o anche l’apparente insignificanza della figura, ne hanno data scarsa rilevanza. Si deplora invece che la biografia di Paolo I V che Francesco Bobortello già preparava nel 1565 e di cui conosciamo lo schema sia poi mancata anzitutto per la morte del Cardinale di Napoli che ne aveva dato l’incarico; Bobortello preparava un lavoro critico alla sua valida maniera e dedicava un capitolo alla figura di Alfonso Carafa 3. Se non ancora è venuto alla luce il « Successo degli affari di lui e della sua morte » 4 steso da quel pregevole diarista che fu il cardinale Giulio Santoro, Joachim Birkner ne mise in luce altri due la v o r i5 che sono risultati fondamentali per la conoscenza dei fatti del carattere e dell’ambiente del Carafa. D i questi due diari (Barb. lai.
1592, ff. 129-138, 139-159)
darò in seguito l’edizione critica. Un fondo valido per la composizione
esterna
dei fatti
ma
assai importante pur in questi limiti è quello dei Ruoli di famiglia nella Biblioteca Vaticana. Esso
è stato
lievemente valorizzato e
per il periodo di Paolo I V e di Pio I V consultato da Susta da Ancel da Torne (1896, 1904, 1905) con scarsi riferimenti nei loro lavori.
1
Su gli Atti concistoriali di Antonio
Carafa attribuiti ad Alfonso' da
E h s e s e quindi da S u s t a e da P a s t o r e su altre confusioni intorno al Card,
di Napoli V. S t . E h s e s , E in von Pius I V beabhchtigtes Dekret zur Papstwahl in Gòrres-Gesellschaft. Vereìnsehriften fiir 1913, p. 58; I d e m , Concilium Tridentinum, V i l i , 121, 122, 255, 256, 258, 271, 889; I d e m , Dritte V ereinsschrift der Gòrres-Gesellschaft d. fiir 1919, p. 57; P a s t o r , V II, 317. Per altre confusioni H. J e d i n , D er Franziskaner Cornelio M usso, Bischof von B it onto. Sein Lebensgang und seine kirchliche Wirksamkeit, in «Rômische Quartalsclirift » 41 (1933) 249; E. R o d o c a n a c h i , Le Château Saint-Ange (Paris 1909) 167; Gl. M o r o n i , V i l i , 37. s In «Dictionn. d’ Histoire et Géographie Ecclesiastique» X I (1949), 986-994. 3 Flaminio Filonardi al Card, di Napoli, Padova, 1° giugno 1565 in Vai. lat. 6805, f. 329v-331. 4 G. A . S a n t o r o , Autobiografia, in « Arch. Società Romana di Storia P a tria » X I I (1889) 338. 5 J . B i r k n e r , E in zweiter Carafaprozess nuter Pius I V , in « Ròmisehe Quartalschrift » 41 (1933) 79-99.
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Introduzione
X
Fonte essenziale per me è stato il grande carteggio Carata, non sempre politico, nei Barb. lai. 5689-5731, dove ho
scoperto anche
quello non troppo ricco del Cardinale di Napoli (in Barb. lot. 5708). Fonte anche di prim’ordine mi è stato il carteggio dei gesuiti del Collegio di Napoli n&WArch. Romano della Compagnia di Gesù-, qui a precisare « come le cose propriamente siano andate », per ado perare una espressione del Ranke, è necessario arrivare all’osso nelle lettere « edificanti » come quelle di Gianfrancesco Araldo e quelle trimestrali stese dall’uno o l’altro padre per incarico di Salmeron. U n memoriale del Rettore Cristoforo Mendoza del 9 febbraio 1561 dal titolo « Quel che me pare che se deve fare per il bon Governo
per il Collegio di Napoli » 1 limita per esempio le contemporanee relazioni edificanti di altri padri. Più di tutte valgono le lettere con fidenziali e quelle di governo dei rettori con relativi giudizi su par ticolari figure. Sullo stesso piano posso mettere i dati assunti dal-
VArchivio napoletano della Compagnia dei Bianchi della giustizia che raccoglieva nelle sue file uomini che ebbero grande peso nella riforma a Napoli e quindi nella collaborazione con Alfonso Carata. Naturalmente ricerche sono state svolte negli archivi della Curia Arcivescovile di Napoli con notevoli risultati in quello Capitolare e in quello di Santa Visita e con grave pregiudizio alla completezza per il disordine in cui giace quello Generale. D ata poi la presenza del Carafa nella Curia Romana non è stata senza successo la consultazione degli archivi politici e in particolare quello di Simancas. Il sospetto, giustificatissimo, che uno dei collaboratori del Car dinale, il medico teologo e letterato Gianfrancesco Lombardo, fosse una figura da prendere in attenta cosiderazione mi ha messo su tutte le sue possibili tracce e così ho potuto scoprire il suo carteggio con il Card. Osio nella Landesbibliotheh di Gotha, fondamentale per la biografìa di Alfonso Carafa. Solo una parte dei documenti viene riprodotta in Appendice, interamente il Carteggio; poiché però di esso non si è inteso dare una edizione critica alla maniera esemplare degli Alien per Erasmo o di O. Braunsberger per s. Pietro Canisio, delle lettere pubblicate si dà solo la notizia con il riferimento bibliografico. Nella impo stazione della bibliografia essendomi attenuto al metodo di M. Jaryc non vi potevano trovar posto opere magari classiche sui Carafa come quella di A . Reumont o sulla Archidiocesi di Napoli come quella di G. Sparano o quella più recente di R . L. Jenkins; spero infine che1
1
Arch. Rom. dei Gesuiti, Italia 117, f.
66 s.
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Introduzione
xi
nella sistemazione delle note non mi sia allontanato troppo dal noto decalogo di Harnack. Questo lavoro è venuto su anche con la collaborazione affet tuosa di amici, studiosi e maestri espressa nel consiglio in comuni cazioni di archivi in altri modi ancora. Fra molti mi consento no minare il p. Edm ond Lamalle dell’Istituto Storico Eom ano dei G e suiti, il D r. Luigi Michelini Tocci della Biblioteca Vaticana e il Dr. Gerhard K ill dello Archivio di Stato di Vienna.
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TAVO LA D EG LI A E C H IV I E D ELLE RACCOLTE D I MANOSCRITTI
Città del Vaticano A R CH IVIO SEGRETO VATICANO
Acta Camerae, 10 (1560-1567). Acta Consistorialia 1565-68. Acta Miscellanea, IV (1550-59). Acta Vicencancellariae, 7-10 (1549-1572). Arch, di Castel S. Angelo, A A I-X V I II, 264, 6541-42. Brevi minute, Arm. X L II, 6-27 (1555-1572). Lettere de’ Principi, 11, 23. Il voi. 11 contiene 81 lettere dirette al Card, di Napoli, quasi tutte diplomatiche, di cui 37 (24 dicembre13 agosto 1558) del vescovo di Fermo L. Lenzi Nunzio a Parigi, 32 (7 dicembre-27 maggio 1559) del Card. Antonio Trivulzio Le gato a Parigi, 14 (14 gennaio 1559-12 aprile 1560) di G. F. Canobio inviato pontificio a Bruxelles, 4 del Card. G. Bellay (7 maggio-9 luglio 1559), 2 (24 gennaio e 4 marzo 1559) di Filippo II e altre 6 di altri; il voi. 23 contiene corrispondenza (1556-1578) di G. A . Calegari.
Nunziatura di Napoli 319, 319 A (1561-63), 1-6 (1570-76). I nn. 1-6 entrano nel I voi. della Nunziatura di Napoli (26 luglio 157024 maggio 1577) che prossimamente il Prof. P. Villani pubbli cherà a cura dello Istituto Storico Italiano per Veld moderna e con
temporanea. Signatura 1552-1562 - Arm. L II, 1-16, 40-41. Santoro, Giulio A ntonio, Audientiae, 1. I (1566-79), 1. II (1580-85), 1. I l i (1586-91), in Arm. L II, t. 17-19. Una fonte estremamente interessante per la storia del Cinquecento specialmente - di Napoli. Date le relazioni del Santoro con il Card, di Napoli le Audientiae ne riflettono l’ambiente umano. In quest’ordine è indispensabile il 1. I. BIBLIOTECA VATICANA
Pondo Arch. S. Pietro: Ξ . 59.B, Descendentia Canonicorum. H. 59. C, Descendentia Canonicorum, v. anche Vat. lat. 10171. H. 90, Liber Canonicorum Sacr. Vat. Basilicae Principis Aposto lorum qui diversis temporibus ad Summum Pontificatum et Cardinalatum electi fuerunt... per J. Grimaldum, Roma 1622,13 giugno.
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Tavola degli Archivi
X IV
Comuni 5 (1559-1567) in Arm. 3. Decreti 5 (1557-1565), 6 (1565-1571) in Arm. 15. Distribuz. mensili, comuni, feste e mandati 6 (1557-1562) in Arm. 4-6. Puntature voi. 32, 33 (1560). Pondo Barb. lat. 2586. « Originali vari circa il Cardinal [Alfonso] Carafa » Documentazione fondamentale. — 2630. Articuli pro R.mo Cardinali Neapolitano. Difese processuali degli avvocati Scipione Laneellotti (poi Cardinale), M. A. Bor ghese (padre di Paolo V) e di altri. Fonte essenziale per i naturali riferimenti alla condotta e a circostanze della vita del Card, di Napoli. — 2877. « Acta consist. A[ntonii]. Card. Carrafae (1561-84) », falsa mente attribuito al Card. Alf. Carata da Ehses, Dritte Vereinsschrift der Gorres-Gesellschaft fur 1913, p. 57 seguito anche da P astor V II, 317. V. nel codice f. 5Vs. — 4592. G. A. Santoro, Estratto da Diarii del s.r. G. 8. in Napoli, ff. 129-138 (sett. 1563-aprile 1564); G. A. Santoro, Persecutione eccitata al s.r. G. 8., ff. 139-159. Diari inediti ma conosciuti da J. B irkner in « Rom. Quart. » 41 (1933). — 4960. Diario degli ultimi mesi di Paolo IV . — 5698-5741. Grande carteggio dei Carata. Nel 5708, 62 ginali del Card, di Napoli.
lettere ori
Altri codici Barberini per documenti sparsi.
Fondo Borg. lat. 300. Lettere del vesc. di Bitonto C. Musso al Card, di Napoli (1565).
Fondo Gapponiano 63. B ello Vincenzo, Diario cominciato à di primo di settembre 1558, ff. 141-149v. Parzialm. pubblicato da H. L aemm e r , Metelematum Romanorum mantissa (Ratisbonae 1875) 207 ss. Fondo Ottob. lat. 2603. Coleine Cola, Diario di C. C. Romano del Rione di Trastevere dall1Anno 1521 fino all’Anno 1561, ff. 274-311v Sui limiti di quest’opera cfr. l’osservazione del copista del 1603, ivi f. 275.
Fondo Ruoli di famiglia. Ruoli di Paolo IV, di Pio IV, di Pio V. Fondo Urb. lat. 1038-40. Avvisi 1553-1568. v. C. Stornatolo, Codices, Urbinates latini, III (Roma 1921) 47-58. — 1666. Vita del Card, di Napoli (f. 59-67), e di altri Carata. Fondo Vat. lat. specialmente 5642, 6182-84, 6189-91, 6412, 6805, 6946, 10652,12086, 12282. Carteggio Carata, Santoro, Panvinio, Filonardi e di altri; il 4625 contiene anche una predica su S. Gennaro che C. Musso tenne nel Duomo di Napoli il 7 maggio 1564 davanti al Card, di Napoli.
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nr·,-*
Tavola degli Archivi
xv
Dublino · Irlanda BIBLIO T. DEL T R IN IT Y COLLEGE Cod. 1243. Processi contro napoletani nel S. Officio della Inquisi zione di Roma (1564-67). Inquisiti alcuni amici del Card, di Na poli. Contiene anche due sue lettere (1565). Sulla natura e la pro venienza di questo codice v. L. Salazar, Documenti del Santo Officio nella Biblioteca del T. C., in « Arch. Stor. Prov. Napol. » 33 (1908) 466-470.
Gothein - Germania Orientale LA ND ESBIBLIOTH EK Codd. 382, 383. « Commercium epistolicum Stan. Hosii Gard. ». 382 (7 genn. 1562-13 dic. 1563). 383 (1564-1610). Carteggio del napoletano G. F. Lombardo con Osio. In parte pubblicato da E. Cyprian , Tabularium (v. appresso. Fonti edite). Sui due codici, v. O. B raunsberger, III, p. lx ; IV, p. Lxxn (v. appresso Bibliografìa).
Firenze ARCH. D I STATO
Fondo Mediceo (relazioni diplomatiche) 3278-3281.
Mantova ARCH. DI STATO
Fondo Gonzaga 816, 890-895, 1931 (3 lettere del Card, di Napoli, dal Conclave; 2 al padre, 11 ottobre 1559 e una al segretario, 16 otto bre 1559).
Milano BIBLIOT. AM BROSIANA
Carteggio di S. Carlo: F. 104 e altri (2 lettere del Card, di Napoli 1564-1565 e altre centinaia di Carata e di collaboratori del Card, di Napoli).
Modena ARCH. DI STATO
Carte Estensi, Roma. Busta 36.
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Tavola degli Archivi
XVI
Napoli ARCH. CAPITOLARE N EL DUOMO
Lettere di diversi Cardinali, voli.1-3 (1557-1587). « Conclusioni delVlllustr.mo B.mo Capitolo di Napoli » (1563-1601). I verbali che interessano il presente lavoro (1563-65) furono stesi dai canonici Fabio Polverino, futuro Vescovo di Ischia e Giov. Matteo Pansullo, dal 4 maggio 1565, ivi f. 11, 12v.
« Franchigie e Decime ». Varia. Comprende il Testamento originale del Card, di Napoli. « Scritture di notar Biase Scampa ». ARCH. D ELLA COMPAGNIA D E I BIANCHI D E LL A presso il cortile dell’Ospedale degli Incurabili.
G IUSTIZIA,
— « Lettere e scritture piu notabili della Compagnia », I (1545-1644), Stipo III, 11. — Verbali (1552-1567). Stipo I 1-10. — « Catalogo dei fratelli defunti dal 1528 ». Ne deriva l’Elenco del ms. X V . F. 5 della Bibl. Nazion. di Napoli. — Altre carte. Su questo Archivio, fondamentale per la storia civile e religiosa di Napoli e per il presente lavoro v. A . Saladino, Una fonte di storia napoletana: l’Archivio dei Bianchi della Giustizia, in «Atti della Accademia Pontaniana», N. S. V II (1957-58) 217-229. ARCH. D I SAN TA VISITA
Alfonso Carafa (1557-8); Mario Carafa I (1574), II (1566-67). ARCH. G ENERALE DI CURIA
Civilia. Con molto rincrescimento ho dovuto rinunziare a più ampie ricerche in questo ricco Archivio essendone irreparabile l’attuale disordine. V. G. J. Grisar, in “ Studi in onore di Riccardo Filan gieri” II (Napoli 1959) 526; ma già è in corso un accurato rior dinamento. ARCH. D I STATO
Monasteri soppressi. Su questo fondo v. G. Coniglio. Gli Archivi dei Monasteri soppressi napolitani nell’Archivio di Stato di Napoli, in “ Rassegna degli Archivi di Stato” X I X (gennaio-aprile 1959) 103-147. Protocolli Notarili, n. 4122. ARCH. GESUITICO N ELLA PONTIFICIA FACOLTÀ TEOLOGICA D I POSILLIPO
« Cronica della Compagnia di Gesù di Napoli » (1551-1596) di G. F. Araldo; v. R. D e Maio , Le origini del Seminario di Napoli (ivi 1958), 13-14.
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Tavola degli Archivi
xvn
BIBLIO T. D EL SEM INARIO MAGGIORE
Chioccarelli, Archivio della Regia Giurisdittione, Tomi I-X V II I. BIBLIOT. N AZIO N ALE
Carteggio Seripando, X I I I , AA. 54-64; altri codici del Fondo 8. Mar tino.
Parma
ARCH. D I STATO
Carte farnesiane, Roma.
Roma ARCH. D E LL A PONTIFICIA U N IV E R SIT À GREGORIANA Ms. 142. « Origine del Collegio Romano e suoi progressi » 1551-1743. Copia in Arch. Romano della Compagnia di Gesù, Rom. 150«; il ms. è studiato da E. R inaldi, La fondazione del Collegio Ro mano (Arezzo 1914) 23-27. ARCH . D E L L ’O RD IN E CONVENTUALE N E I SS. APOSTOLI
Regesta Ordinis A 6-A 22. (1558-1596). Codice C. 221. ARCH . G EN ER ALE D E L L ’ O RD IN E D E I T E A T IN I Quietanza del Card, di Napoli, 20 novembre 1559, con sigillo in cera rossa rotondo, diametro mm. 52, in scatola di latta con coperchio, appeso a un filo di canapa. Reca lo scudo sormontato dalla croce e dal cappello cardinalizio, tre fasce. È ancor meglio conservato dell’altro esemplare identico nell’ASV. A A . Arm. I - X V I I I . 2230, descritto da P. Sella - M. H . L aurent. I sigilli dell'Archivio Vaticano. I (Citta del Vaticano 1937) p. 45 n. 170 e riprodotto nel I voi. delle Tavole, V I, 170. ARCH. D I STATO Mandati Camerali, n. 899-910 (anni 1550-1565). ARCH . ROMANO D E LL A COMPAGNIA D I GESÙ Fondo, Italia 110-128 (Lettere, 1557-1566); Neapolis 72, 193, Annuae Litterae 1567 ss. Coll. Rom. 455. BIBLIOTECA ANGELICA Cod. 119. Contiene 2 decreti (1560) del Card, di Napoli come Reg gente della Camera. Cod. 697, Explanatio in Psalmos G X I X ad C X X X I I I , di Bartolo meo Camerario, collaboratore del Card, di Napoli. Interessa so pratutto la Praefatio ad lectorem del 1 dicembre 1558. Cod. 1369. Contiene il Dialogo de la Lontananza di Lattanzio Benucci, familiare del Card, di Napoli, con la Dedica a la nobiless.a Ma donna Honorata Tancredi. Napoli 1 gennaio 1563.
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Tavola degli Archivi
X V III
BIBLIOTECA CASANATENSE
A. Di Costanzo, Genealogia della Ill.ma Gasa Caraffa di Napoli, cod. 1348. BIBLIOTECA LANCISIANA
Carteggio di Bernardino Cirillo, Maggiordomo di Paolo IV , n. 337, vol. I. BIBLIOTECA VALLICELLIAN A
Vita del pellegrino penitente già mercante di Palermo che viveva al tempo di Papa Pio Quarto. Cod. II. Su questa Aubiografia e il suo autore, Bonsignore Cacciaguerra, v. O. P remoli, Storia dei Barnabiti nel Cinquecento (Roma 1913) 483.
Salerno ARCH. D I CURIA ARCIVESCOVILE Sez. Sante Visite. Salerno e Diocesi. Cart. 2 a. 1575-1592. Sez. Parrocchie, Castiglione dei Genovesi, Cart. 1 a. 1455-1580.
Sim ancas - Spagna ARCHIVO GENERAL E.
1052-1053. Lettere del Card, di Napoli a Filippo II, 1562 1563, e altri documenti.
Valencia - Spagna BIBLIOTECA DEL CORPUS CHRISTI 198. Ann. 1 Est. 7 Leg. 4. Asuntos familiares, del figlio del Viceré di Napoli, s. Giovanni Ribera.
Venezia ARCH. D I STATO
Dispacci Napoli, 1562-1566; Dispacci Roma, 1555-1567.
Vienna - Austria HAU S-HO F-U N D STAATSARCHIV
— Staatenabteilung. Rom-Hof-Korrespondenz. Relazioni di Frane, di Thurm e di Prospero d’Arco, 1560-61; nel n. 5 è una lettera del Card, di Napoli a Ferdinando I, 1° marzo 1558.
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A B B B EVIAZIO N I
Araldo, Cronica, Cronica della Compagnia di Gesù di Napoli commenzando dal 1551, scritta da G. F. Araldo, v. Tavola degli Archivi.Napoli, p. X V I. ABSJ, Archivum Bomanum Societatis Jesu. ASV, Archivio Segreto Vaticano. ASPN, Archivio Storico per le Province Napoletane, dal 1876. Barb, lat., Fondo Barberiniano latino nella Biblioteca Vaticana. Bello, Diario, Diario cominciato à di primo di settembre 1558, nel Cod. Cappon. 63, nella Bibliot. Vaticana, lï. 141-149v. BNN. Biblioteca Nazionale di Napoli. Borgia, Sanctus Franciscus Borgia, voli. 5, Madrid 1894-1911. BV, Biblioteca Vaticana. Carteggio, Carteggio del Card, di Napoli in Appendice al presente lavoro. Caracciolo, Paolo IV , Vita e gest. di βίο. Pietro Carafa cioè di Paolo I I I I
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et molto Reverendo Sig. Vincenzo Carrafa fu dell’Illustrissimo Sig. Conte di Ruvo. Questo dialogo fu pubblicato a Napoli il 1562, v. D A f f l it t o , I, 311; è in A m m ir a t o , Opuscoli I, 354-534. — Opuscoli, t. I (Firenze 1640), t. II (Firenze 1637). t. I l i (Firenze 1644). Per la evidente incongruenza della data di pubblicazione del I e II t. v. Mazzuchelli, II, 643. Il titolo è inadeguato, perchè i 3 voli, contengono altre opere dellAmmirato come Orazioni. Poesie, Lettere ecc.
— Paralleli, in Opuscoli I, 683-730, II, 198-224. — Ritratti, in Opuscoli, II, 225-336. A ncel R., L'activité réformatrice de Paul IV . Le choix des cardinaux, in « Revue des Questions Historiques ». Nouv. Série, X L I (1909) 67-103.
— La disgrâce et le procès des Carafa d'après des documents inédits (15591567) in « Revue Bénédictine » X X I I (1905) 525, 535; X X I V (1907) 224-253, 479, 509; X X V (1908) 194-224; X X V I (1909) 52-80, 189-220, 301-324.
— Nonciatures de France. Nonciatures de Paul IV (Avec la dernière année de Jules I I I et Marcel II). Vol. I, Nonciatures de Sebastiano Gualtiero et de Cesare Broncatio (Mai 1554-Julliet 1557) I, Paris 1899 II, Paris 1911 (postuma).
— La nouvelle de la prise de Calais à Rome in « Annales de Saint Louis des Français » TX, III faso, (avril 1905) 247-66.
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D ’A fflitto, Memorie degli scritti del Regno di Napoli, 2 voli., Napoli 1782, 1794. L ’opera incoraggiata da Tiraboscbi e Paciaudi, (I, p. V II) si arrestò purtroppo alla lettera C. Su questa opera v. N. Cortese, Eruditi e grandi letterari nella Napoli del Settecento (Napoli 1922) 18-36.
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Litterae Quadrimestres, ex universis praeter Indiam et Brasïliam locis in quibus aliqui de societate J esu versabantur, Romom missae 15461562, voli. 7. Madrid 1894-1932. L o ss e n M a x ,
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M asius.
M a e s A n d r e a s , v . M asius. M a g g io F r a n c e s c o M a r i a , Vita della venerabil Madre D. Maria Carafa napoletana, sorella del santiss. Pontefice Paolo IV . N a p o li 1670. Va
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lorizza, ma con scarso talento critico, buone fonti documentarie e bibliografiche, e soprattutto le 200 e più lettere di Giampietro Ca rata, V. ivi, 8. — Bolo I, di tutte le BB. Madri Priore che han governato il venerabil Mo-
nistero di 8. Maria della Sapienza. — Bolo II, di tutte le suore professe morte o vive nel V. Monistero di S. Maria della Sapienza. In Appendice alla Vita della Venerabil Madre D . Maria Carata, pp. non nn.
In Epistolas M. Tullii Ciceronis ad Atticum, Brutum, et Q. fratrem. Emendationes ac suspiciones. Yenetiis, apud Jo. Bapt.
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Bulla eractionis officii S. B. E. Camera apostolicae re gentis ac facultatum cum glossa Q. M. Romae apud Ant. Bladum 1559.
M a n d o sio Q.,
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1 Esprimo la mia gratitudine al Dr. Ignazio Zelenka della Biblioteca V a ticana, per avermi aperta la conoscenza di questo pregevole lavoro, essendo in una lingua per me inaccessibile.
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C A P ITO L O P R IM O
EDU CAZION E CU LTURALE D I ALFONSO CARAFA In
casa dello zio
Cardinale G iampietro (P aolo IV )
Quando Alfonso Carafa lasciò Napoli per entrare nella corte del Cardinale suo zio, aveva nove a n n i.1 Iniziava quella sua con suetudine di vivere in un ambiente innaturale, senza famiglia e a contatto con un uomo essenzialmente severo e per di più amareg giato in quel momento contro gli Absburgo per questioni personali e per i suoi opposti criteri sulla Riforma.2 Ma Giampietro Carafa veniva dalla scuola dello splendido Oliviero3 e la cultura e il gusto umanistico erano entrati nella sua anima al pari del senso ecclesiastico.4 II pic 1 La notizia bisogna ritenerla certa provenendo da una fonte sicura come il Barb. lat. 2630, f. 1. Lo Urb. lat. 1666, f. 59 riferisce solo, non senza retorica, le grandi cose che Alfonso avrebbe apprese in casa di Giampietro, e dipende letteralmente da A l d i m a r i , I I , 151. 3 Sulla storia dell’atteggiamento antispagnolo di Giampietro cardinale e papa è fondamentale una lettera del Duca di Alba a Paolo IV , Napoli, 21 ago sto 1556 in A SV , A A . 1 - X V I I I , 6542, f. 8-10. È indicativo che una copia è anche nell’Arch, del Collegio del Corpus Christi, tra gli asuntos familiares del successore di Alba nel Viceregno di Napoli. La lettera è anche ricordata da S u m m o n t e cit. da D e B l a s ii s , 763 s. ove si prende posizione per la parte cipazione del Carafa alla rivolta a Napoli del 1547. Sul divieto delle autorità spagnole all’ingresso del Carafa nella sua sede di Napoli, poi ritirato, v. CmocC A R E L L i, Antistitum, 330 s. 3 « Qui [Sadoletus] vestre nobilissimae familiae alumnus, et in castissima Oliverij Carraie Card, domo, iam inde ab adolescentia tecum una educatus: quicquid unquam honoris, nominis celebritatis, doctrine denique ac virtutis adeptus est: id rectis familiae vestre institutis acceptum retulit... ». Paolo Sadoleto a Paolo IV , 13 giugno 1555, in A SV , A A . I - X V I I I , 6541, f. 173v; P a n v i n i o , in CT II, 271; C a r a c c io l o , Vita, in Barb. lat. 4953, 20 ss.; B r o m a t o , I, 28 ss. La circostanza del giovane Carafa che in casa di Oliviero per le sue letture si appartava quanto poteva riferita da F l a v i o , In funere, non trova altra conferma. 4 Decus litterarum et religionis, l’aveva definito Erasmo scrivendogli il 29 agosto 1517. In P. S. A l l e n , Opus epistolarum Des. Erasmi Boterodami, III (Oxford, 1913) 62. Già due anni prima questo suo giudizio di un Giampietro Carafa tanto colto quanto ecclesiastico l’aveva manifestato a Leone X con espressioni bellissime. Erasmo a Leone X , Londra, 21 maggio 1515. Ivi, II, 1
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A lfo n s o C a ra fa , C ard in a le d i N a p o li
colo Alfonso, che nel nome ricordava suo nonno fratello di Giam pietro, poteva trovare che l’immenso rigore disciplinare di questo zio veniva umanizzato da una dottrina profonda, dalla vasta eru dizione e da un temperamento pieno di affetto, come si addiceva ad un napoletano e come risultava dal carteggio che anche in quel momento svolgeva con la sorella Maria. *1 Giampietro Carafa ripetè con Alfonso il gesto che verso di lui aveva fatto Oliviero. Anche egli da ragazzo entrò alla corte dello zio cardinale, nel palazzo Orsini, dove nacque Pasquino che prese il lutto alla morte del m ecenate.2 Ma la posizione di Alfonso aveva il vantaggio dell’atmosfera più risolutamente religiosa, cui non s’accordavano sottili concessioni rinascimentali, giustificate in Oli viero da necessità principesche di favorire l’ arte e di ingrandire Casa Carafa.3 L ’ambiente di S. Maguto, la casa di Giampietro come (Oxford 1910) 79. Pole confidò a Sadoleto di trovare in Carafa queste qualità,
vir sanctissimus et doctissimus, Padova, 17 settembre 1534 in J. S a d o l e t i , Epistolae, II (Roma 1760) 233. Sadoleto, cbe conosceva Giampietro per lunga consuetudine gli rispose che della dottrina e della santità del Carafa era « jam diu » informato e che per lui costituiva un edificante richiamo abituale, Ivi, 241. 1 M o n t i , Ricerche, 179 ss., ove per il carteggio si valorizza il Barb. lat. 5697, il Vat. lat. 10652 e altre fonti della Bibl. Naz. di Napoli; M ag g io aveva già portato a conoscenza circa 200 altre lettere scambiate tra fratello e sorella. 2 Sulla base del Pasquino, vivente Oliviero si scrisse Oliverii Carafae be neficio hie sum. Anno salutis M D I. La statua di Pasquino fu riprodotta dal Lafrery con lo stemma Carafa. Per queste notizie e per il Pasquino in lutto nel 1511 v. P ie t r a n g e l i , 10 ss. Sulla identificazione del Pasquino, replica di un gruppo pergamene, datato tra il 240 e il 230, che raffigura Menelao che sostiene il corpo esamine di Patroclo v. B. S c h w e i s t z e r , Das Original des sog. Pasquinogruppe, Leipzig 1936; F. M e t z -F . D u h n , Antike Bildmercke in Rom, I, 271. 2 Le testimonianze sul mecenatismo di Oliviero sono moltissime. Riman gono caratteristiche le dediche di incunaboli a questo uomo che Agostino Nifo chiamò Studiosorum pater (De nostrarum calamitatum causis librum, ad Oli verium Carrafam ecc., Venetis 1505) per cui v. H a i n -R e ic h l in g , Reperto rium bibliographicum I, 91, 111, 117-8, 142; II, 129; III, 179; IV , 132 153; V I, 183 e Ch io c c a r e l l i , Antistitum, 299-302. Su un’opera di Francesco Elio Marchese dedicata a Oliviero v. Cr o c e , Uomini e cose, I, 33 s. Per altre sue benemerenze verso l’arte e gli studi', D e M a i o , Origini, 25 ss. (con bibliografia); S t r a z z u l l o , Saggi, 94 ss. Per la sua Biblioteca lasciata al convento di S. Maria della Pace e per altre informazioni di prim’ordine, L a n c i a n i , I, 106. Sulla Cappella dell’Assunta e di S. Tommaso, o dei Carafa, una delle più belle del Rinascimento italiano, che Oliviero fece affrescare da Filippino Lippi e da altri e dove lo stesso Lippi costruì la tomba per il grande mecenate v. per ora J. J. B e r t h ie r , L ’Eglise de la Minerve à Rome (ivi 1910) 148-196, e G. V a s a r i , Le vite de' più eccellenti pittori e scultori e architetti, ed. G. Milanesi, III (Firenze 1878) 467 ss. Carlo Bertelli intanto prepara uno studio storico e artistico su questa Cappella. Per l’opera di Oliviero in favore di Casa Carafa v. S c a n d o n e , 128;
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E d u c a z io n e cu ltu ra le
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dirò, era duro ma non gretto, quello di Palazzo Orsini era serio ma non spirituale. A d ogni modo anche a S. Maguto conveniva la grande cultura della Capitale, e Poggiani informa che Alfonso vi entrava in dispute « cum doctissimis hominibus » . *1 Come sarà possibile ritrovare in Giampietro alcuni tratti fondamentali del più umanisticamente aperto Oliviero, così dopo 10 anni ci sarà chi troverà in Alfonso l’immagine precisa di Paolo IY . A noi interessa stabilire l ’ambiente e possibilmente i criteri edu cativi del giovanissimo Carafa per spiegare la convenienza di certi com piti assai gravi che a solo nove anni dalla venuta in E om a gli saranno affidati. Allora quasi tutti, anche un Michele Ghisleri anche un Filippo I I perfino i diplomatici troveranno opportune o almeno non sconvenienti le sue altissime nomine. Alfonso abitò dal 1548 al 1555 il palazzo di S. Maguto, presso la famosa Guglia, che il suo zio educatore già tre anni prima aveva legato a Vittoria sua nipote, Marchesa della Tolfa. 2 Questa casa, domus solitae habitationis del Cardinale3 non era splendida come quella di Oliviero che fra qualche anno abiterà Alfonso. Oggi è impossibile averne un’idea esatta, dopo le trasformazioni operate dal Collegio Eomano che se la incorporò nel 1560. 4 Del resto anche Pio IY che il 31 luglio 1564 fu preso da grande desiderio di visitare « quelle stanze che erano state abitazione di Paolo IV mentre era cardinale » ritrovò solo « un pavimento con l’Arme di Di C o s t a n z o , Genealogia Carafa, f. 9. Un saggio serio, documentato su Oli viero è la lettera di R. Carafa a S. Di Giacomo in « Napoli nobilissima » I (1892)11-14. Tuttavia rimane una lacuna grossa nella storiografia del Rinascimento la mancanza di una biografia di questo Cardinale che ebbe una influenza grande nella storia artistica religiosa e politica della sua età. Le ricerche in ordine ai suoi rapporti con l’arte bisogna orientarle verso Bra mante Lippi e in genere i grandi artisti del primo Rinascimento. 1 P o g ia n i , lettera non datata che Lagomarsino riferisce al 1554, I, 66-7. 2 Sulla data, le condizioni e alcuni strascichi giuridici di questa dona zione V. documenti in A RS I , Coll. Borri·. 455, i. 195 ss. Un memoriale della Marchesa a Gregorio X I I I è ivi, f. 121. Un atto del 22 aprile 1560, fondamen tale, è in R i n a l d i , 133-6. 3 Domus solitae habitationis dictae fe·. re: Pauli pp. quarti antequam sum mum apostolatus apicem ascenderit. In R i n a l d i , 134. Su S. Maguto come a casa che habitava Paulo IV v. G. Laynez a A . Araoz, 6 marzo 1560 in Lainii, Monumenta, IV , 695, 698; anche Laynez a s. F, Borgia, 21 marzo 1560, in lì o r g ia , III, 594. Anche Massarelli e Panvinio ricordano S. Maguto in qua Paulus ipse I V in cardinalatu morabatur e in qua is cardinalis habitaverat. In CT, II, 333. Sulla chiesa di S. Maguto v. C. H u e l s e n , Le chiese di Borna nel Medio Evo (Firenze 1927) 307; M. A r m e l l i n i , Le Chiese di Boma dal se colo I V al X I X (Roma 1942) 383s, 1936. 4 Arch. Pont. Univ. Gregoriana, Ms. 142, f. 142, f. 26.
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A lfo n s o C a r a fa , C a rd in a le d i N a p o li
Casa Carafa fatto dì mattoni bianchi e rossi intagliati ». Ma se la casa scomparve non si cancellò nella Compagnia il ricordo grato per la nipote di Papa Carafa, e il Generale Acquaviva il 1° gennaio 1583 le decretò una lapide che ancora esiste per quanto nessuno legge essendo troppo lunga.1 Giampietro aveva potuto disporre anche di una villa a Montecavallo, m olto bella, invidiata anche da qualche Papa, ma fino al 1545 quando i Carafa l’affittarono ai Farnese prima che agli Este.2 Il Cardinale teatino, amico di studi di Sadoleto,3 che Erasmo giudicava uomo coltissimo 4 e che stupiva per la conoscenza del latino e del greco, oltre che dell’ebraico e dello spagnolo 56 diede al piccolo Alfonso un maestro non proprio celebre, ma sicuramente dotto e che veniva da un ambiente culturale tipicamente vivace com e l’Accademia dei Sereni di Napoli invisa agli spagnoli e perciò a lui più gradita. « Vita et costumi » di Giovan Paolo Flavio erano chiari come la sua cultura per giustificare la sua presenza in quella Accademia, che era disciplinata da criteri non certo facili nell’ assun
1 L a lapide è ora nell’antisacrestia di S. Ignazio. R i n a l d i , 98, 136-7. Sulla lite che s’accese tra la Compagnia e i Teatini, cui era destinata dal Carafa la casa di S. Maguto nel caso che la Marchesa morisse improle, v. Arch. Pont. Univ. Gregoriana, ms. cit. 49-50, che è più sicuro di D e l T u f o , 30-31 ma non più di Coll. Horn. 455, f. 195 ss. in A RS I . 2 L a n c i a n i , IV , 93 s. Per i successivi contratti tra Carafa e Este v. V. P a c if ic i , Ippolito d’Este Cardinale di Ferrara (Tivoli 1920) 148. Ippolito nel 1570 mise la villa a disposizione del Card. Antonio Carafa infermo. Ivi, 158. 3 A . A l t a m u r a , I l Cardinale Oliviero Carafa in un'orazione inedita del Sadoleto in «Rassegna Storica Napoletana» N. S., I (1940) 321. Con questo
documento si stabilisce che Sadoleto era in casa di Oliviero già dal 1499 e non dal 1502, secondo la tradizione biografica. Su questo discorso aveva già scritto ampiamente e certo più utilmente di Altamura A . Ferrajoli che ritenne non meritasse di essere pubblicato. Del resto già prima P. De Grassis l’aveva giu dicato frigido e inadeguato. A . F e r r a j o l i , I l Ruolo della Corte di Leone X , Jacopo Sadoleto, in « Arch. Soc. Rom. Storia Patria » X X X V I I I (1915) 256 ss.; J. S a d o l e t i , Opera, I (Verona 1737) 2-3; G. Brixius a J. Sadoleto, 22 dicem bre 1530 in J. S a d o l e t i , Epistolae, I, (1760) 378-9. 4 Vir undequaque doctissimus. Erasmo a W . Gonell, Londra, 14 febbraio 1514 in P. A l l e n , o . c. I, 550. 6 Lo stesso Erasmo scriveva a Leone X il 21 maggio sulla tria linguarum haud vulgaris peritia, cioè sul latino greco e ebraico del Carafa. Ivi, II, 79; P . M a n u z io , 121v; B r o m a t o , I, 34 s. « P ar ch'habbi parlato alcune volte et in
latino et in volgare con tanta facondia et vehementia che ne Demostene ne Cicerone ■parlerebbono meglio ». Il vescovo di Fiesole [Pietro Camaiani] a G. Seripando, Roma, 18 ottobre 1555 in Bibl. Naz. di Napoli, A A . X I I I , 63, f. 72 . Notevole anche la testimonianza di Panvinio, che fa risalire alla fanciullezza del Carafa la sua conoscenza delle tre lingue dei dotti. P a n v i n i o in CT, II, 271.
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E d u c a z io n e c u ltu ra le
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zione dei s o c i.1 Anzi egli ne fu tra i primissimi « censori » con il com pito di « vedere li scritti latini et vulgari ».2 Flavio vi era socio con Ferrante Carafa, Marchese di S. Lucido, che ebbe parte note vole nei moti napoletani del 47 ai quali non fu estraneo Giampie tro. 3 L ’Accademia poi si radunava nel Seggio di Nido, che era quello del futuro Paolo IV. 4 Queste circostanze e altre ancora spiegano che Flavio non era estraneo a Casa Carafa. Già prima di entrare tra i Sereni che il sospettoso Viceré Toledo non tardò a di sperdere, 5 Flavio era noto almeno nei circoli letterari di Napoli, se Giano Anisio gli aveva rivolto un malinconico epigramma mentre il calabrese Peluso ne indirizzava un altro ai suoi scolari assai euforico. Gaudete o iuvenes mei elegantes Conspectu patris omnium leporum. Cuius e lepidis fluit latellis Melie dulcior A ttico loquela: Sit felix nimis, et nimis beata Quae talem genuit parens magistrum: Qui vos rethoricen, probosque mores D oceret.6 1 B. Cr o c e , L'Accademia dei Sereni, in A SP N , N. S. 56 (1920-21) 370 s.
2 Ivi, 372 e 371. 3 I vi, 372. Su Ferrante Carafa, come poeta e come politico v. D e M a i o , Origini, 142-3; T e j a d a , I II , 93 ss., che lo valuta eccessivamente. 4 S um m o n t e , V I, Appendice, 27. s Sulla dispersione delle Accademie napoletane, tra cui quella dei Sereni oltre C r o c e , o . c. 369 con la relativa bibliografìa v. lettere di Angelo Di Co stanzo a Bernardino Rota, 30 agosto 1546, 27 dicembre 1547 e 15 luglio 1549 in Nuova scelta di lettere di diversi nobilissimi huomini et eccellentissimi ingegni, I. IV (Venezia 1579) 393-7. Un epigramma del Rota ad Serenos academicos in R o t a , II, 192. “
P ei . u s o , 15.
Septima quandoquidem fatales explicat horas Mundi senescentis dies Dicturi ambiguam causam nos Paule paremus Apud supremum iudicem Romanum imperium, Medorum, bella Gigantum Canis remota seculis Quae nos remota seculis Quae nos mortales plus mille fuisse putamus, Natura beri esse existimat. J. A n i s i i , Variorum Poematum Libri duo aliis editis adnectendi (senza note tipografiche) p. 13v. Su Anisio v. D ’ A f f l it t o , I, 364 ss. In verità le sue poesie non sono tutte del tenore di questa riferita. Ivi, 366 s.; altro epigramma di Peluso a Flavio, ivi, 73v-74. Anche Rota gli rivolse un epigramma
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A lfo n s o C a ra fa , C ard in a le d i N a p o li
Flavio, che veniva giudicato dai contemporanei « litteratissimo » o « dottissimo » *1 era abbruzzese di A lvito ma naturalizzato di Napoli, da cui lo trasse Carafa per suo nipote e dove ritornerà dopo la parentesi rom ana.2 Manuzio qualche anno dopo confidava ad Alfonso che la scelta di Flavio era stata ottima, e che anzi biso gnava attribuirla a un favore d iv in o .3 A parte il metodo, che lo stesso Manuzio giudicava eccellente,4 Flavio era « huomo di bel lissime lettere Greche, Latine et Italiane ». 5 Sarebbe molto inte ressante conoscere il metodo d ’insegnamento di questo colto maestro, ma per ora, allo stato attuale della documentazione, si è solo in grado di indicarne i frutti che richiamano un albero buono. Alfonso conoscerà il greco a tal punto che un grecista del peso di suo cugino Antonio gli invierà il testo di un codice della Mar ciana perchè verificasse se una sua traduzione della Interpetratio in Psalmos di Teodoreto fosse stata fedele all’originale. 6 Del resto mentre Flavio gli dava lezioni, Alfonso faceva acquistare per la sua biblioteca le celebri edizioni dei classici greci di Aldo e di Lione. 7 Poi quando la cura pastorale e la persecuzione pontificia lo met teranno in una situazione decisamente sfavorevole a certi interessi culturali, Alfonso avrà ancora un maestro che lo eserciterà sui testi non abbastanza velato per non farci intendere che Flavio tentava anche la poesia ma senza ispirazione. Flavi, quid quaeris secretis abdita terris! Si majora domi prodiga musa dabit. R o t a , II, 258. Non è perciò da ritenersi perdita grave se non si è potuto sco prire la sua produzione poetica, e se fu lui a distruggerla fece cosa onesta. 1 Avviso 4 marzo 1559 in B V , Urb. lat. 1039, f. 12v, 30v. 2 Per la sua attività letteraria e di insegnamento a Napoli, per la sua amicizia con Paolo e Aldo Manuzio v. Lettere volgari, I II , 103T105V; Lettere di P rincipi, I, 226; F l a v i o , In funere; Barb. lat. 5729, f. 195v. Il suo concitta dino e contemporaneo, Giulio Prudenzio, testimoniò che Flavio « leggeva in Napoli alla maggior [parte'] dei figli [di] quelli Signori et gran Maestri ». G. P r u d e n z i o , Descrittione, 232. Come « famoso maestro di scuola » a Napoli è pre sentato anche nel processo Carafa-Santoro dell’estate 1564 nella Curia Ro mana. S a n t o r o , Persecutione, 144. 3 M a n u z i o , 121.
4 Ivi. 6 G. Ruscelli a Filippo II, Venezia 3 aprile 1561, in Lettere di Principi, I, 226. 8 A . C a r a f a , Theodoreti Interpretatio, dedica. Sulla copia inviata ad Alfonso nel 1564, ora Vat. gr. 1232, e sull’ originale della Marciana v. appresso
P· 7 II Vescovo di Fermo [Lorenzo Lenzi] al Card, di Napoli, Poissy 16 di cembre 1557, e Forte Milon 2 marzo 1559, in A SV , Lettere de' Prncipi 1‘ li f. 348v-349, 398v.
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E d u c a z io n e cu ltu ra le
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di D em ostene.1 Perchè questo ragazzo non ha preso mai la cul tura dal lato facile per apparire brillante. Si sa che a 20 anni aspi rava a Padova e che morì avendo in casa un umanista che era suo maestro. 2 Egli aveva preso a studiare greco « ab ineunte aetate », come testimonia suo cugino A n ton io,3 il che è pedagogicamente strano ma normale per il Cinquecento. Si pensi al Tasso che negli stessi anni, ad un’età pressoché impossibile, possedeva il greco da insegnarlo.45 6Flavio gli diede un intenso gusto per la; lingua di Roma. Un testo di Poggiani, che Lagomarsini riferisce al 1554 quando cioè Alfonso aveva 14 anni, dà questa informazione: Alfonsus Carafa studiorum et latine scribendi laudem habet qui, cum et suae erudictionis, disputando cum doctissimis hominibus, et linguae latinae literis ad pontificem dandis, magnum specimen dederit. 5 L ’ anno dopo Manuzio dedicò al quindicenne Carafa il suo Commentarius in Epistolas Ciceronis con una lettera che Agostino Renouard giudicò sa vante et instructive 6 e che per i gravi problemi che prospetta indi cherebbe un destinatario di maturi criteri. Del resto questo appa rire sempre al di sopra della sua età è stato concorde parere di chi incontrò Alfonso. Con piglio diciamo così nazionalistico Manuzio deplora che francesi e spagnoli contaminano di loro barbarismi la lingua d ’ Italia, mentre il latino vi incontra il più indecoroso scet ticismo. Lo studio del latino, che dovrebbe essere congenito nella Penisola, vi è considerato poco meno che arte di risuscitare un morto. Come se Manunzio si rivolgesse ad un vecchio cattedratico dello Studio di Padova o della Sapienza di Roma, entra nel più profondo della polemica sul latino, con termini di moderna attualità. 7
1 Luigi Russo a Antonio Carafa, Napoli 10 novembre 1563. Barb. lat. 5729 f. 141. 2 Leonardo Malaspina, v. appresso p. 126. 3 A . C a r a f a , Catena, 266. 4 Bernardo Tasso al Cavalier Giovan Jacopo Tasso, Roma, 16 novembre 1555 in A . S o l e r t i , Vita di T. Tasso, II (Laescher 1895) 81. 5 P o g ia n i , I, 66-7. 6 A. A . R e n o u a r d , Annales de VImprimerie des Aide, I (Paris 1825) 413. Flavio scrisse a Manuzio che quella dedica onorava tutta Casa Carafa e la cul tura: « quella si solenne, ricca, e degna d’eterna memoria Prefattion sua al Cardinale di Napoli: la quale è tale, oltre la gravità, e raccomandatissima eru ditione all’istesso comentario, che non pure egli con tutta la sua Illustrissima famiglia ne deve esser d’infinito obligo tenuto, ma altresì coloro tutti che la più eccellente e la più netta strada dello scrivere latinamente si veggono se guire, ma sopratutto io... ». Napoli, 17 maggio 1562. Lettere volgari, III, 103v-104. 7 M a n u z i o , 116 ss.
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A lfo n s o C a ra fa , C ard in a le d i N a p o li
A questo momento Alfonso aveva lasciato S. Maguto per il Va ticano, essendo suo zio Giampietro uscito Papa dal Conclave del 1555. Anche il « maestro del S.or Alfonso » entrò in Palazzo, ove Giambattista Caracciolo, altro nipote influente di Paolo IV , si inte ressò per ottenergli un posto di « scudiere ».1 Flavio non lasciò più la corte, solo che dall’aprile 1557 « maestro Pavol del Signor Alphonso » nel Ruolo di famiglia sarà « 31s Paulo Maestro del Re verendissimo de Napoli » e la sua dignità è tra i camei’ieri « minori » . 2 La fortuna romana di Flavio è legata a quella del suo alunno. Gli è unito nel primo atto ufficiale della sua carriera di Curia, cioè l’Inco ronazione di Paolo IV , e torna a Napoli quando Alfonso lascia il Vaticano per il suo palazzo Orsini e poi per il carcere in Castel S. A n g elo.3 D opo la sua apparizione nel corteo papale Flavio ebbe un momento di celebrità il 4 marzo 1556 quando fu designato dalla Svizzera cattolica a tenere il discorso di obbedienza al Capo della Chiesa. Parlò nella sala del Concistoro, ancora fresca delle recen tissime decorazioni. Erano presenti tutti i Cardinali meno quattro ammalati. S’introdusse con una analisi sullo stato d ’animo della Cristianità, che a parer suo era commossa per il ritorno di molti eretici e per avere una guida della statura di Paolo IV . Poi entrò nella storia dei rapporti tra i Cantoni e la Santa Sede e trovò che devozione e generosità ne risultavano atteggiamenti caratteristici. Egli assicurò che in quel momento niente era cambiato in coloro di cui si rendeva portavoce e che il Vicario di Cristo poteva contare sulla promessa che anche in avvenire la loro devozione sarebbe ri masta all’altezza dell’onore di essere ritenuti i Defensores libertatis ecclesiasticae. Gli rispose più brevemente e più formalmente il Se gretario dei Brevi Francesco B in i.4 II testo del discorso di Flavio è di grande interesse per la storia del suo alunno, perchè è il primo documento a nostra conoscenza che ci mette a contatto con la manièra 1 Ruolo 21, f. 25*; 22, f. 20*. 2 Ruolo 23, f. 11; 25, f. 22^; 29, f. 11*; 30, f. 14; 34, f. 7. 3 Ruolo 20, f. 3*; F l a v i o , In funere, dedica. Su G. P. Flavio v. anche Ch io c c a r e l l i , De scriptoribus, 344; A . L a u r i , Dizionario dei cittadini illustri di Terra di Lavoro antichi e moderni (Sora 1915) 86. * La breve orazione che ha per titolo Jo. Pauli Flavij Pro Helvetiis et Rheti8 ad Paulum I I I I Pontificem Max. è con [la risposta in A SV , A A . IX V I I I , 6541, f. 70-73. Il testo è inedito, ma già conosciuto e valorizzato da P. F r i d o l i n S e g m ü l l e r , D ie Wahl des Papstes P a u f I V und die Obedienzgesandtschaft derJEidgenossen, in « Zeitschrift fur schweizerische Kirchengeschichte » III (1909) 23 ss. Bisogna correggere Krieg, che chiama il Segretario dei Brevi Pinus invece di Bini. P. M. K r i e g , D ie Schweizergarde in Rom (Lu zern 1960) 76.
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letteraria del maestro. Flavio non era retorico, e aveva una forma zione biblico-patristica non inferiore a quella classica. Questo indica il discorso del 4 marzo e soprattutto gli altri che terrà in circostanze più importanti come per la pace di Cateau-Cambrésis, per Carlo Y, sulla bara di Paolo IY . Qualcosa come 10 anni di questa scuola possono spiegare lo stile degli scritti e anche quell’abituale atteg giamento nudo e concreto del nipote dell’ antiretorico Paolo IY . Negli anni in cui Flavio gli dava lezioni, Alfonso aveva una atti tudine allo studio che si potrebbe chiamare anche tendenza. Una indicazione la si ebbe quando suo zio il Papa aprì quella guerra antispagnola che mise in crisi l ’unità della cristianità latina e, come dovrà dirsi appresso, quella di Casa Carafa. Alfonso rimase raccolto o distolto nello stu d io.1 Tutto questo non fa trovare esa gerato che Massimiliano de Bergis dichiarasse « essquisita » la form a zione letteraria del giovanissimo A lfon so.2 Il greco e il latino non caratterizzarono da soli fanciullezza ed adolescenza del figlio del Marchese di Montebello. Un giorno Pio V confidò al Card. Savelli che avendo conosciuto il ragazzo non trovò mai che facesse qualcosa senza riflessione, e che la scuola dello zio Cardinale e Papa gli avesse formato un carattere assolutamente forte, e di una superiore prudenza. Pio Y era del parere che in Alfonso Carafa era possibile ritrovare Giampietro suo z io .3 Alcuni anni prima, in ambiente assai indicativo, si potè testimoniare che Alfonso aveva trascorso gli anni romani accanto allo zio con una condotta edificante.4 Tutto ciò aveva riconosciuto Manuzio quando scrisse al ragazzo diciassettenne: Vixisti semper antea laudabiliter, fuit in puero pudor: est in adolescente probitas, est perfecta pene ratio, et expetendarum vitandarumque rerum scientia. 5 Paolo IV che non era troppo tollerante per le debolezze di chi doveva vivergli vicino nella sua casa 6 ebbe un amore per Alfonso 1 M a n u z i o , 12 0v.
2 G. F. Canobio al Card, di Napoli, Bruxelles, 20 febbraio 1559, in AriV,
Lettere di P rincipi, 11, f. 271. 3 Colloquio tra Pio V e il Card. Savelli del 14 maggio 1571. Savelli al Card. Antonio Carafa, Roma, 25 maggio 1571, in Barb. lat. 5711, f. 108. Circa l’in flusso che il Carafa esercitò su Alfonso testimonia anche l ’ altro nipote Antonio c h e per quasi 4 anni fu tra i due Carafa. C a r a f a , Theodoreti Interpretatio, de dica. Enrico II era sicuro del valore di Alfonso Carafa per essere stato « alle vato da 8 . B.ne medesima ». Il Vescovo di Fermo al Card, di Napoli, Parigi, 16 dicembre 1557 in A SV , Lettere di P rincipi, 11, f. 343v. 4 Barb. lat. 2630, passim. Testimonianze al processo 1560-1. 5 M a n u z i o , Τ '. 6 B r o m a t o , I I , 112 ss.
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A lfo n s o C a ra fa , C ard in a le di N a p o li
che al N avagero apparve « incredibile » . 1 G iam pietro
Carafa
può
considerarsi l ’altro m aestro di A lfon so, il più im portante. Flavio ha potu to creargli la veste letteraria, lo zio gli diede l’attitudine religiosa, una spiritualità interiore che germinerà nella forza d ’ animo quando
sarà
oppresso
dall’ingiustizia
e nella
azione riform atrice
quando sarà nella cura pastorale. I l sacrificio di questo ragazzo che visse i più begli 11 anni della sua v ita accanto a un vecchio, che in certi m om enti era anche triste, ven iva com pensato dal fatto che questo zio era sempre in teressa n te .2 B A lfonso ne aveva un rispetto esem plare e si sa che almeno dal 1556 aveva deciso con il cugino A n to n io di non lasciar perdere nem m eno una parola o un gesto di lui
che
perciò
v olta
per v o lta
segnavano in qualcosa com e un
d ia r io .3 D ’ altra parte la predilezione che Paolo I V ebbe per il suo nipote, tan to m ansueto quanto suo padre era ira scib ile ,45 fu a conoscenza di tu tti.
L a R egina M aria d ’Inghilterra ne fu
inform ata
da Sir
E dw ard Carne s, il D og e da Bernardo N avagero 6, ogni Corte dagli A m basciatori, m entre a R o m a il fa tto era assolutam ente notorio 7. P aolo I V non faceva m isteri delle sue aspirazioni sul nipote. Per lui A lfon so era la speranza di Casa Carafa e la sua im m agine che si sarebbe tram andata. 8 Stando questo ordine di cose si poteva dare una grande gioia al P ap a esprim endo stim a e soddisfazione per il giovane nipote, che un diplom atico definì suo « fìgliuol della dextra »
a v a g e r o , Relazione, 387. 2 Sui « Servitia praestita » da Alfonso negli anni che fu accanto allo zio V. caratteristici riferimenti in Barb. lat. 2630, f. 1, 28v. Navagero prospettò al Consiglio una « qualche mala disposizione di corpo » in cui sarebbe caduto il giovane con quel tenore di vita. N a v a g e r o , Relazione, 387-8. 3 C a r a f a , Theodoreti Interpretatio, dedica. * Sul padre di Alfonso v. A n c e l , Nonciatures, 327-8. Nonostante l’aperta adulazione del Manuzio (natus ad amnem gloriam omnique Princeps laude cu mulatus. Epistolae, 376) Antonio Carafa fu quel brutto carattere che N ava gero descrive e di cui Alfonso suo figlio sentirà il peso schiacciante, N a v a g e r o , Relazione, 386. Una Vita di D. Antonio Carafa Marchese di Montebello è in Urb. lat. 1666, f. 117 ss., ove sono riprese le stesse confusioni di A l d i m a r i , II, 145 ss. da cui dipende. 5 Sir E. Carne alla Regina, Roma, 8 gennaio 1556 in T u r n b u l l , p. 204. 8 N a v a g e r o , Relazione, 387 s. 7 Hoc est notum, palam... Barb. lat. 2630, f. 1. 8 « Pare che il papa abbia collocato in lui tutte le grandezze e speranze di casa sua ». N a v a g e r o , Relazione, 387. Paulus quartus solitus erat dicere quod
1 N
dictus don Alfonsus Car.lis erat is in quo volebat quod eius memoria perpe tuaretur, et quod esset basis et fundamentum private domus et familie sue *. Barb. lat. 2630, f. 1. V. Appendice p. 309.
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■’ ?
E d u c a z io n e c u ltu ra le
e « B eniam ino » ο « un G ioseppe » . 1 Perciò chi
11
a v ev a
conosciuto
i p rogetti di P a p a Oarafa sul nipote quando questi fu stroncato dalla m orte concluse am aram ente che proprio allora scom pariva del tu tto P aolo I Y . 2 Con la form azione letteraria che gli venne anche da F la v io , con la
educazione
patristica
sc rittu ra le 3 e
spirituale
che
gli
prove
n iva soprattu tto dalla consuetudine con P aolo I Y , A lfon so alle soglie della giovinezza costitu iva per m olti una speranza; era un giovane di « grande aspettazione » com e si diceva. Suo cugino A n to n io , che non a v ev a tendenze all’ am plificazione e che il 1556 lo raggiunse in Y a tica n o , scrisse che P aolo I Y prediligeva A lfo n so propter [eius]
eximiam virtutem . 4 1 Navagero al Doge, 10 aprile 1557 in Venezia, Arch, di Stato, Borna 12, i. 5; il Vescovo di Monopoli [Ottaviano Preconio] al Card, di Napoli, Bruxel les, 22 febbraio 1559 in A S V , Lettere di P rin cipi, 11, f. 274. 2 Antonio Carafa a Pietro Barbarigo, 28 settembre 1565, lettera riferita nella risposta del Barbarigo, 21 ottobre 1565, in Barb. lai. 5721 f. 114. 3 Sulla competenza di Alfonso in questo campo testimoniò suo cugino. C a r a f a , Catena, 266. Pogiani a un certo momento della sua formazione cul turale aveva consigliato Alfonso di accoppiare l’interesse teologico con quello retorico, sull’esempio del grande zio. P o g i a n i , I II , 91. Nel Sinodo napoletano del febbraio 1565 Alfonso s’impegnò a influire su Filippo II e il viceré Bibera perchè si creasse una cattedra di S. Scrittura nello Studio di Napoli. Acta et
Decreta, 120. 4 Ca
r afa
,
Theodoreti Interpretatio, dedica.
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CAPITOLO SECONDO IN V A T IC A N O
(1 5 5 5 -1 5 5 9 )
P rima d ella porpora I l prim o atto ufficiale cui a E o m a partecipò A lfonso Carafa fu la
incoronazione
dello
zio
G iam pietro
che
dal [mezzogiorno
del
23 m aggio si chiam ava P aolo I V .1 Q uesta cerimonia che P ap a Ca rafa stabilì per il 2 6, quando invece si era d ’opinione di spostarla alm eno fino a P entecoste, cioè a una settim ana dopo, fu grande spet ta colo.2 I n fondo lo sfarzo fu enorm e anche perchè era polem ico; con esso il nuovo P ap a v o lev a affermare u n ’idea, dover essere cioè tu tti i suoi gesti del più sovrano splendore essendo lui il E e degli altri re.3 Sol exoriens, salutò A n to n Francesco E anieri il P ap a co ronato quel giorno. Questo diciam o così po eta d ovette essere gra dito al Pontefice col descrivere uom ini e natura im pegnati a glori1 P a s t o r , V I, 346. « H a preso nome Paulo quarto credo per mostrar grati tudine ai Farnesi ». (Joceiano a Seripando, Eom a, 25 maggio 1555 in Bibl. Naz. di Napoli, A A X I I I 48, f. 66v; sulla elezione di Paolo IV v. anelie l’ altra rela
zione del Cocciano a Seripando del 23 maggio. Ivi, f. 65v. Seripando si congra tulò subito con il neo Pontefice. Lettera del 31 maggio 1555 in A SV , A A . IX V I I I , 6541, f. 151. 2 U n’ ampia relazione su tutto l’avvenimento la stese A n t o n i o T a s o , Lettera mandata [il 28 maggio 1555] ad un suo amico la quale racconta tutto
il successo della felice Coronatione del Santissimo Signor N. Paulo per Divina providentia I I I I . . . (Roma, appresso Valerio e Alvigi Dorici, s. d.). Essa però è del tutto esterna e risente dello stato d’animo di quest’uomo molto emozio nato. Breve ma precisa descrizione di M a s s a r e l l i , in CT, II, 269-70. Ottime indicazioni con riferimenti di altre fonti in Fr. C a n c e l l i e r i , Storia dei solenni Possessi dei Sommi pontifici (Roma 1802) p. 107-8; v. anche B r o m a t o , II, 216. Tutto il Ruolo 20 descrive la « Famiglia da vestirsi per la Coro natione della S.tà di N. S. » con una minuziosa indicazione dell’abbigliamento per ciascuno dei partecipanti. 3 Testimonianze in P a s t o r , V I, 349 con richiami alle Appendici; A n c e l , Question de Sienne, X X I I , 37 ss. Paolo IV rimase in questo atteggiamento fino all’ultimo. Una chiara testimonianza ne fu la tanto discussa bolla Cum ex apostolatus officio del 15 febbraio 1559, in Bullarium Diplomatum etc., V I, (Taurinensis editio, 1860) 551 ss.
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A lfo n s o C ara ta, C a rd in a le d i N a p o li
ficario e il Sebeto di N ap o li cedere nell’om aggio al Tevere di R o m a .1 Ranieri pur senza fantasia avev a espresso l’idea del P apa. A lfon so era nel corteo con P aolo F lav io suo m aestro e con due Camponesco un Caracciolo un Carafa e un D ella T olfa
suoi
pa
renti.2 A n to n io T abo che p otè seguire la cerimonia m inuto per m i nuto la trovò edificante oltre che grandiosa. Per lui i 49 Cardinali che v i parteciparono
quella
v o lta
ispiravano
« riverenza e devo
tione ». M a T abo si occupò anche delle donne che gremirono prim a S. Pietro e poi la piazza, e le trovò una per una di stupenda bellezza. Q uesto indica fino a che pu nto il valore della sua relazione sia da lim itarsi. Per un napoletano com e P apa Carafa gli spari che per tu tta la giornata del 26 m aggio salutarono la sua coronazione d o vettero costituire un altro m otivo di gradim en to.3 I l nipotino che il Pontefice avev a portato su dai 9 anni, ora ne aveva 15 e tu tti lo chiam avano Don Alfonso e Signor Don Alfonso .4 N o n è docum entabile che lasciando S. M agu to per il V a tican o A lfonso lasciasse anche un canonicato di N ap o li; e d ’ altra parte non si può neppure affermare che l ’avesse m ai a v u to .5
1 A n t o n i i F r a n c i s c i K a i n e r i j M e d i o l a n ., De sanctiss. ac beatiss. P . et D. N. P . Pauli 1111 Pont. M ax. coronatione: Sol exoriens, carmen. In B Y , Stamp. Chigi I V 2206. Di quel Sebeto, che Pontano Sannazzaro Tasso, per no
minare solo i maggiori poeti, cantarono come un partenopeo Scamandro, ma di cui nessun napoletano saprebbe indicarne resistenza, Ranieri celebra la candida unda. Anche Lelio Capilupi nel centone virgiliano compilato per la coronazione di Paolo IV riporta versi sul Sebeto e sul Tevere adattati a tale circostanza. Altri meno metaforicamente accostano Napoli e Roma, Parthe nope generat te Paule, et Borna coronat. In A SV , A A . I - X V I I I , 6541, f. 140 ss. Per un inno greco nella coronazione di Paolo I Y di Angelo Lascaris, M e r c a t i , I I I , 151. 2 Ruolo 20. Gli abiti indossati da Alfonso non sono riferiti. Al suo nome (f. 5) segue lo spazio in bianco riservato alla loro lista. 3 T
abo
,
Lettera cit.;
R
a n ie r i,
Carmen
c it.
4 Ruolo 20, f. 5; Ruolo 22, f. 63; Navagero al Doge, 20 dicembre 1555 in B r o w n , Calendar V I, p. I, 295; R i b i e r , II, 684; C a s i m i r i , 355; Calegari al Commendone, Roma, 17 giugno 1556, in A SV , Lettere de' Principi, 23, f. 19. 5 La notizia circostanziata del canonicato che Alfonso avrebbe avuto il 1554 e che nel maggio dell’anno successivo avrebbe lasciato a Gio. Antonio della Tolfa è in S a n t a m a r i a , 4 3 6-7. La possibile fonte di verifica al Santamaria sarebbe stato il volume degli atti della visita del 1558 nell’ Arch, di Santa Visita, che malauguratamente ha in bianco i ff. 3 5 -4 0 v, dove presumibilmente si par lava del can. Antonio Della Tolfa e quindi del predecessore. Della Tolfa era suo cugino per via della Marchesa Vittoria Carafa Della Tolfa, cui Paolo IV aveva legato il palazzo di S. Maguto. Antonio Della Tolfa fu con Alfonso in Vaticano sino al 15 dicembre 1557 quando ebbe la chiesa di S. Marco, prece dendovi Sirleto. Ruoli 20 ss., tra i Camerieri. La bolla di nomina, ove è detto
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I n V a t ic a n o . 1 5 5 5 -1 5 5 9
15
D a l m aggio 1555 al m arzo 1 5 5 7 , cioè fino alla porpora, A lfonso sarà nel piccolo gruppo dei « camerieri [add etti] alla guardia et alle am basciate » del P a p a , e tra essi figurerà sempre al prim o p o sto .*1 I l nipote prediletto non ebbe in Palazzo un com pito speciale, almeno fino al settem bre 1 55 6 quando prese il posto di Carlo Camponesco altro nipote del P ap a. Carlo era stato nella parentela Carata per via della m adre di Paolo I V che fu una Cam ponesco 2 ed era entrato nella fiducia del P a p a per le sue ottim e qualità. N avagero il 12 set tem bre inform ò il D o g e sul « dolor di tu tta la Corte » in seguito alla m orte di Carlo, u n uom o che alla b o n tà di v ita sapeva accoppiare cultura e spirito. « Sua Santità, scrisse, ha fatto testimonio co'l pianto delVamor che li portava ». Quello stesso giorno il giovanis simo A lfo n so prendeva il posto del cugino Carlo, un posto della più grande fiducia del m on d o, fino a dover dormire nello stesso appar tam ento del P a p a .3 E g li avev a conosciuto il
suo predecessore già
nella più piccola corte di S. M a gu to .4 Se si esclude la notizia riferita dal solo ISTavagero che prim a della porpora A lfon so fosse stato anche pincerna , cioè coppiere di P aolo I V , 5 solo ora egli entrò in quella in tim ità paterna e ascetica che lo zio gli accordò fino alla m orte. A g li altri nipoti celebri, quelli per cui m ise « sottosopra il m ondo » com e si espresse N avagero 6 e verso i quali sarà poi quasi spietato o alm eno terribile, diede fiducia politica non confidenza spirituale.7 A lfo n so non fu coppiere perchè non era nello stile di Paolo I V
canonico napoletano è in A SV , Reg. Vat. 1851, f. 242-3; v. anche Acta Vicecariceli. 8, f. 119v, e E u b e l , III, 234. 1 Ruolo 23, f. 8; Ruolo 24, f . 6V e in altri Ruoli di Paolo I V. 2 Sua madre fu Vittoria Camponesco. S c a n d o n e , 147; B r o m a t o , I, 9 (con ampia bibliografia). 3 « È morto il s.r G-ioan Carlo Camponesco nepote del Papa, quello che dormia nella sua camera, con dolor di tutta la corte, perch’era persona dotta, accostumata et gioviale. Sua S.tà ha fatto testimonio co’l pianto dell’ amor che li portava: e subintrato a quel servitio fin hora Don Alfonso Caraffa figliolo deH’ Ill. Marchese di Montebello ». Navagero al Doge, 12 settembre 1556 in Venezia, Arch. Stato, Roma 12, f. 17 v. in B r o w n , Calendar, V I, p. I, 611. 4 Ruolo 21, f. 2. Su una burla ai danni di alcuni curiali, cui piacevolmente partecipò Camponesco v. Calegari al Commendone, Roma, 30 maggio 1556, in A SV , Lettere de' P rincipi 23, f. 5. 5 Navagero a,l Doge, 20 marzo 1557, in Venezia, Arch. Stato, Roma 14, j. 13, v. in B r o w n , Calendar, V I. 6 N
avag ero
,
Relazione,
414.
7 « Is the only one of his relatives in whom his Holiness has confidence and whom he rewards ». Sir E. Carne alla Regina Maria, Roma, 8 gennaio 1556 in T u r n b u l l , Calendar, 1553-8, p. 204.
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A lfo n s o C a r a fa , C a rd in a le d i N a p o li
di togliere la fiducia alle persone che giudicava degne, quale era B iagio G allo, antico « fam iliare » di S. M a g u to ,1 che [conservò quel· posto da quando si organizzò il prim o ruolo di fam iglia di P aolo I V fino al settem bre 1 5 5 7 , quando lo lasciò a A n to n io Carafa, il cu gino di A lfo n so .2 I l coppiere era u n ’ autorità di prim o
piano
nella
Corte pontificia. G allo ven iva solo dopo il M aestro di Cam era, che allora era P aolo Consiglieri l’uom o che p oteva dir tu tto al non a b i tu a lm e n te tollerante P a p a Carafa.3 Per A lfo n so però non si p rogettava di insidiare il posto di « M a e stro B iasio », si p rogettava la porpora. D a ta tu tta la. tradizione dei Cardinali giovani, e non ultim o il caso disgustoso di Innocenzo D el M onte elevato da Giulio I I I ,4 non appariva la porpora anzi nella
assurdo
al figliuolo del Com andante delle concezione nepotistica
prospettare
arm ate
del m om ento
sembrò
pontificie,5 anormale
che P aolo I V non lo innalzasse.6 Poggiani s’era chiesto ancor prim a cosa m ancasse al piccolo Carafa per aver la porpora, dato il suo sapere e la sua con dotta sotto ogni aspetto irreprensibile.7 D ’altra parte egli si riteneva sicuro che l ’ora della porpora stava scoccando per questo esem plare adolescente.8 D el resto se D e l M onte irresi stibilm ente disgustava P ap a Carafa, l’altro ancor più giovane ni pote di Giulio I I I , R ob erto
D e N ob ili, p o tev a fargli considerare
che l ’età non era una condizione definitiva nella scelta dei suoi di retti collaboratori. Q uando era Cardinale si oppose com e potè alla nom ina di D el M onte e influì decisamente per quella di D e N o b ili.9
1 Ruolo 2 1 , f . 2 . 2 Ruolo 23, f. 8; Ruolo 24, f. 6; Ruolo 26, f. 10; Ruolo 30, f. 7V. Dal 9 otto bre 1557 le lettere di Joannella Carafa sono indirizzate « all'Ill.e Signore et figlio benedetto il S.or Antonio Carrafa coppiere di sua Santità ». In Barb. lat. 5727. 3 Ruolo 2 4 , f . 6 ; A n c e l , Activité reformatrice, 8 9 . 4 Una lista non del tutto completa di Cardinali giovanissimi è in MoR O N E , I X , 293 ss.; Sul Del Monte v. P a s t o r , IV , 51 ss. 5 A n c e l , Nonciatures, 328. 6 Diomede Carafa al Card. Carlo Carafa, Bruxelles, 17 gennaio 1556 in Barb. lat. 5708, f. 212'·. 7 « ... cu m
s it p r a e t e r e a in a d o le s c e n t e s u m m a m o r u m
h o n e sta s, n o n v id e o
o g i a n i , I, 66-7. 3 Ivi, 67. 3 Per l’opposizione alla nomina di Del Monte, oltre P a s t o r , V I, v. la significativa lettera di Giampietro Carafa a Giulio III del 30 maggio 1550 in Barb. lat. 2586, f. 109. Su De Nobile Giampietro potè così scrivere allo stesso Pontefice: « Costui sarà de le migliore piante che habbiamo nel nostro horto et de le migliore cose che hanno a restar dopo noi » e ancora: « Tirato de la sua virtù me l’ho preso per figliolo et voglio esser suo pedagogo », 27 febbraio 1554, in M o n t i , Ricerche, 259. Per la proposta avanzata dal Carafa con questa lettera, che Giu-
q u a m o b r e m i n d i g n u s s i t , q u i i n c a r d i n a l i u m o r d i n e m c o o p t e t u r 6. P
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51,
I n V a t ic a n o . 1 5 5 5 -1 5 5 9
17
Ora da P ap a il suo criterio sul Sacro Collegio s’era evoluto in una concezione ancora più rigida e le sue creature, quasi tu tte, dovevano entrare com e strum enti efficaci e personalità rappresentative nella B ifo rm a della Chiesa.*1 A d ogni m odo in questo cam po [fu inesora bilm en te geloso della propria indipendenza. E ra deludente e m agari pericoloso tentare di influire in quella occasione della celebre creazione del 18
scelta.
Perciò
quando in
dicem bre m olti Cardinali
presentarono a P aolo I V la candidatura di A lfon so, caddero in un errore psicologico, perchè così la pregiudicarono. M a quella fu so p rattu tto una m ossa politica. A l Sacro Collegio, allora, non im portava niente di Casa Carafa nè di A lfon so nè del gradim ento che quel loro gesto avrebbe p otu to suscitare in Paolo I V . Secondo l’inviato veneto fu la paura a spin gerli in quell’iniziativa. ïfa v a gero dava per sicuro che i Cardinali non tem ono nulla più di una nu ova creazione di porpore. Ora si era certi a Borna, com e altrove,2 che il beniam ino del Pontefice avrebbe avuto al più presto il galero. B isognava dunque evitare che l’ele zione del ragazzo inducesse il P ap a ad allargarsi in altre nom ine, e gli chiesero di includerlo nella lista di dicem bre. Gli argomenti più persuasivi lasciarono incrollabile il vecchio Carafa, che alla fine si seccò quasi e consigliò loro di non voler proprio danneggiare suo nipote con tale petu lanza.3 Q uando Paolo
IV
esprim eva
ai Cardinali questa irrimediabile
decisione a B o m a si era del tu tto sicuri della nom ina del ragazzo. A v e v a lavorato per lui m oltissim o anche il Cardinale Carlo, fratello di suo padre.4 L a cosa avev a preso proporzioni tali
che il cugino
del re di Francia, il Cardinale di Lorena, tre giorni prim a del Con cistoro avev a espresso ad A lfon so i suoi rallegram enti.5 L a
sua
delusione com e quella di Carlo Carafa fu grandissima, m a il contegno di chi p o tev a essere stato m on tato piacevolm ente sulle ali di questa com une opinione fu coerente con quella sua prudenza che si sa. lio cioè passasse al nipotino l’Abbazia di Grottaferrata, che invece andò a Del Monte V . A . R o c c h i , De eaenobio Cryptoferratemi eiusque Bibliotheca et codi cibus praesertim graecis Commentarii (Tusculi 1893) 112-3. Sulla predilezione di Paolo IV per De Nobili v. appresso p. 63. 1 P a s t o r , V I, 424 s s . 2 Per esempio a Bruxelles. Diomede Carafa al Cardinale Carlo Carafa, Bruxelles, 17 gennaio 1556 in Barb. lat. 5708, f. 212v. 3 NavageroalDoge, Roma, 20 dicembre 1555 in B r o w n , Calendar, I V ,p. 1 ,291. 4 II Card. Carafa al Duca di Somma, 20 gennaio 1556, in Opere di M o n s i g n o r G i o v a n n i D e l l a C a s a , III (Venezia 1728) 85-6. 5 Camillo Titio al Duca di Toscana, Roma, 16 dicembre 1555 in Opere di M o n s i g n o r G i o v a n n i D e l l a C a s a , V (Venezia 1729) 138-9.
2
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18
A lfo n s o C a r a fa , C ard in a le d i N a p o li
Lorena e Tournon trovarono che A lfo n so ,
com e del resto
G iovan
B a ttista D ella Casa e Bernardo Salviati anch’essi attesi e anch’essi esclusi,1 non p o tev a
com portarsi
più esem plarm ente
dopo
quello
che essi chiam arono reculement del P a p a . M a P aolo I V , che si sap pia, non aveva fa tto nessuna m arcia indietro. C om ’ebbe a dichia rare il 19 dicem bre allo stesso Tournon e il giorno dopo a Lorena non si era m ai deciso per suo nipote.2 L a delusione dei Carafa fu certam ente più grande di quella dei Cardinali. L a espresse non m olto dopo il Concistoro del 18 dicembre D iom ede, un fratello naturale del P a p a , che ebbe dalla prim a ora la carica di Capitano di Castel S. A n g e lo .3 A Bruxelles si era d ’opi nione che l’età non il sangue avesse ferm ato A lfonso alle soglie del Concistoro.4 D ifa tti non potè trattarsi di una ritrosia
antinepoti-
stica di Paolo I V , perchè quello stesso giorno che escludeva A lfonso incluse tra gli eletti un altro D iom ede Carafa, V escovo di A riano, buono quanto ricco e dai fini gusti di Oliviero suo z io .5 E
m entre
1 Casotti trovò fuori posto le critiche rivolte allora a una eventuale no mina del Casa. Ivi, 142 ss. Pastor più giustamente trova inadatto per la por pora l’autore del Galateo (V I, 426). Salviati il 26 febbraio 1561 ottenne da Pio IV quella porpora che Paolo IV non volle mai dargli. P a s t o r , V II, 122; E u b e l , III, 38 s. Nel gennaio 1556 però Salviati fu incluso nella Commissione per laRiforma. CT, X I I I , 332. 1 I cardinali Tournon e Lorena al Re di Francia, Roma, 21 dicembre 1 555 in
R
ib ie r
, II,
622.
P a g l i u c h i , I castellani del Castel 8 . Angelo di Roma con documenti inediti... (Roma 1909) 133; E. R o d o c a n a c h i , Le château St. Ange (Paris 1909) 155, 157-8, 166-7; A . M e r c a t i , Costituti, 17. Sulle sue entrate come Castellano v. Mandati Camerali n. 900-7 in Arch, di Stato 5 M
assarelli
in CT, II, 271-2; P.
di Roma. Sul suo rapporto di parentela A SV , Signaturar. 1552-1564, Arm. 52, t .l , 898, Indice) lo confonde con l’omonimo 4 « Alcuni che non tengono passioni
con Paolo IV e altre informazioni v. f. 171; S c a n d o n e , 147. Merkle (CT II, Cardinale Carafa.
hanno detto che 8. S.tà non ha fatto Card, il Signor Don Alfonso nostro per bavere più presto mirato alla età che al vincolo del sangue ». Diomede Carafa al Card. Carafa, Bruxelles, 17 gennaio 1556 in Barb. lat. 5708, f. 212v. Già il 16 dicembre, due giorni avanti il Conci
storo, l’inviato toscano informava Cosimo che l’età di Alfonso era vista come una difficoltà seria per la porpora al pari della vita passata per il Casa. In Opere di Monsignor G. D e l l a C a s a , cit. V , 139. Chi poteva essere abbastanza infor mato essendo in Curia e molto vicino al Papa e ad Alfonso, suo cugino Antonio, scrisse alla madre: « Sua S.tà non ha voluto far Don Alfonso Cardinale per re spetto delà Età». Roma, 21 dicembre 1555, in Barb. lat. 5727, f. 185. 5 « Tutti carrafesci gene dobiamo ralegrar grandissimamente per molti altri bene respetti ». Ivi. In questa stessa lettera Antonio chiede alla madre che si pensi a un decoroso regalo per Ariano. Una breve Vita di questo Carafa ecclesiasticamente non più che mediocre, che al solito dipende da A l d i m a r i è in
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19
In Vaticano. 1555-1559
L aura Terracina indirizzava a questo Carata un sonetto senza poesia m a pieno di certezza che la tiara gli avrebbe sostituito
il galero,*1
a E o m a non m ancarono m aldicenze per gli eletti dalla voce pu bblica e non dal P a p a , perfino a ll’indirizzo di A lfo n so .2 F u così che anche l ’augurio di M anuzio e di m olti altri espresso un p o ’ prim a del Concistoro riform atore, rim ase per allora lettera m orta. P aolo I V
avev a le sue idee quando lasciò il nipote-discepolo
al suo p osto nella sua A n ticam era pontificia con i cubicularii, in gran parte suoi parenti.3 A v e v a detto chiaram ente a quei Cardinali che la chiesero essere bene per il ragazzo rim anere senza porpora. P aolo I V affermò questo quasi con violen za.45 *Perchè? Se n on riuscì di saperlo a Bernardo N avagero, il suo c o n fid e n te s, è segno
che il
P a p a vo lle farne segreto. Per quanto A lfo n so indicasse quello svi luppo psicologico che si sa e fisicam ente apparisse sui 20
anni,®
nel dicem bre 1555 ne a v ev a soltanto 1 5 , e fu un bene che la porpora gli venisse dopo una più lunga attesa. E b b e ragione suo zio il P apa. E se ora non si m ancò di m ettere in azione Carlo Carafa, il poten te nipote, venisse
perchè
per la
in n a lza to ,7
le
P asqu a cose
dell’anno non
conosceva il P a p a , com e A lfo n so ,
successivo
p otevan o p o tev a
D on
cam biare.
apparire
A lfonso Per
chi
proprio poco
serio credere di riuscire in quella cosa servendosi di Carlo, che per quel
verso
fallim ento
non della
era
il
recente
sua introm issione in favore dello stesso
certam ente
il
più
a d atto
com e
nip ote,
Urb. lat. 1666, f. 50-58v. Su alcune delle sue benemerenze pastorali v. la lettera al Card. Antonio Carafadel 31 marzo 1573, in Barb. lat. 5735, f. 67-68. 1 L. T e r r a c i n a , Le Seste Rime (Lucca, V . Busdrago, 1558) 51. Terracina, che per i Carafa scrisse quanti più versi potè si era già rivolta al Vescovo di Ariano con rime non perfettamente adatte a un ecclesiastico, come certe sulle pene dell’amore. L. T e r r a c i n a , Quarte Rime, 1550, p. 12-13v, 28v-29v. Su qualche voce pressoché leggendaria che a Napoli correva su di lui e su altri aspetti discutibili della sua tendenza un po’ mondana un po’ meno ecclesia stica, V . A . B o r z e l l i , Laura Terracina poetessa napoletana del Cinquecento (Napoli, 1924) 14 ss. 2 Tournon e Lorena al Re di Francia, 2 1 dicembre 1555, in R i b i e r , I I , 622. Di voci contro uno degli esclusi, il Salviati, che raggiunsero il Papa e che per Caterina di Francia erano calunnie si parla ancora in una lettera di questa Regina al Card. Carafa alcuni mesi dopo. La lettera non è datata, ma è po steriore al 4 maggio 1556, data in cui Carafa inviava a Caterina una sua let tera, cui si rispondeva con la presente. In Barb. lat. 5699, f. 12. 3 Ruoli di Paolo I V , passim. 4 Nàvagero al Doge, in B r o w n , Calendar, V I, p. I, 291. 5 A n c e l , L a question de Sienne, 39-40. 8 Così lo giudicò Navagero. In B r o w n , Calendar, V I, p. I, 291. 7 Diomede Carafa al Card. Carafa. Bruxelles, 17 gennaio 1556 in Barb, lat. 5708, f. 212''.
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A lfo n s o C a ra fa , C ard in a le di N a p o li
del D ella Casa e del V esco v o
di Sa in t-P ap o u l potevano
p rovare.1
D a questo m om en to la v ita del ragazzo entra in un silenzio pieno di studi. Si sa che fosse Protonotario apostolico 2 m a per il resto le grandi e piccole relazioni da R o m a non si interessano di lui. Tranne trascurabili c a s i3 i diplom atici delle Corti del secondo Cinquecento, com e Firenze M an to v a P arm a V enezia V ienna M onaco
non
tr o
vano nulla di interessante da riferire su di lui fino al m arzo 1 5 5 7 . In un prim o m om ento sembrò che la sua posizione in Curia fosse destinata ad un crescente prestigio. T ra i camerieri pontifici si d i stinse per aver 1 servitori sui 2 che avevano gli altri per esem pio i cugini Tiberio e A n ton io D ella T olfa, m a poco dopo lasciava questo privilegio.4 A nche chi pensò che proprio allora il P ap a gli avrebbe attribuito un ricco canonicato di P a d o v a dovette ricredersi.5 Totus
in literas abditus lo vide M an u zio.6 P aolo I V
che lo
aveva
desti
nato a grandi cose non volle distrarlo dalla preparazione. In V aticano già a tu tto gennaio 1556 7 era entrato suo
cugino
A n ton io, il futuro Cardinale B ibliotecario, con cui aprì quella c o n suetudine fraterna e d ’ altra parte così ascetica che rimarrà com e un caso edificante nel ricordo dell’allora F ra M ichele Ghisleri che li conobbe per essere con loro nella fam iglia di Paolo I V . 8 I
due cu-
1 Carlo Carafa al Duca di Somma, 20 gennaio 1556, in Opere di Monsignor e l l a C a s a , III (Venezia 1728) 85-6; A n c e l , L ’Activité réformatrice, 74. 2 Massarelli che era in Palazzo (Ruolo 29, f. 4V) sa che almeno immedia tamente prima della porpora Alfonso fosse Protonotario apostolico. In CT, II, 305; Anche P a n v i n i o (,Romani Pontifices 400) attesta che Alfonso fu Protonotario. Ricerche su fonti ancora più dirette non sono possibili perchè il fondo Protonotari Apostolici nell’A S V inizia con il 1600. Per un periodo ante riore vi si conservano solo alcune matricole dal 1587. V . ivi voi. 51 e Inven tario ms. compilato da Mons. G u i d i . 3 NavageroalDoge, Roma, 4 dicembre 1556, in B r o w n , Calendar,\ l,p . II, 837. 4 Ruolo 23, f. 8; Ruolo 24, f. 6V. 5 Calegari a Commendone, Roma, 10 giugno 1556 in A SV , Lettere dè P rincipi, 23, f. 14. Su un banchetto che Delfini offrì ad Alfonso con Matteo Stendardo, Barbarigo, Savorgnani, Frangipani, Aleandro e 4 compagni di Sten dardo informa lo stesso Calegari. A Commendone, Roma, 17 giugno 1556. Ivi, f. 19. Calegari era al corrente dei fatti di Curia per essere al servizio del Maestro di Camera. È un vero danno che la corrispondenza del Calegari di questo periodo sia andata perduta quasi interamente. 6 M a n u z i o , 116t . 7 Ruolo 26, f. l l v. Antonio dovè ad Alfonso il suo posto in Curia. l i b i G.
D
omnia debeam, quae summa sunt, illud praecipuum est, quod effecisti, ut me ille [Paulus IV ] inter domesticos suos reciperet, et iuberet à cubiculo ut sibi essem. C a r a e a , Theodoretki Interpretatio, dideca. 8 Ruolo 28, f . 2; il Card. G, Savelli al Card. Antonio Carafa, Roma, 25 mag gio 1571, in Barb. lat. 5711, f. 106.
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I n V a t ic a n o . 1 5 5 5 -1 5 5 9
21
gini, uno sui 16 l’altro sui 18 anni nel 1556 quando presero a stare insieme, erano impressionati dalla grandezza dello zio, e l’uno e l’ altro fecero del tutto perchè le sue azioni rimanessero alla storia.1 Non ugualmente Alfonso era in intimità con l’altro cugino Tiberio, sebbene per ufficio gli fosse più vicino di Antonio,2 e fossero stati insieme già in S. Maguto.3 Tiberio aveva un proprio maestro Giovanni Vergerlo che gli leggeva latino e greco,4 mentre Antonio si appoggiava piuttosto alla direzione di Guglielmo Sirleto,5 che recentemente era entrato in Palazzo con il grado di Protonotario apostolico.6 Tutti e tre comunque erano dedicati solo allo studio almeno per quanto si sappia. A un certo momento la guerra antispagnola divise i cugini come in genere aveva diviso tutta la famiglia Carafa. Tiberio non volle dare le spalle a tutto un passato di fedeltà agli Absburgo e dissentì dallo zio Papa dallo zio Cardinale e dallo zio Comandante delle armate pontificie che era il padre di A lfonso.7 Questi preferì il si lenzio e lo studio alle evitabili dichiarazioni, come fece del resto Antonio. Avevano troppo entusiasmo verso lo zio Papa per con vincersi del tutto che anche lui poteva qualche volta non essere saggio. Il cameriere pontificio Tiberio Carafa dissentì dal Papa senza far molto rumore, come l’ altro parente Giovanni di Montorio che era nientemeno il Capitano generale della Chiesa 8 e diversa 1 Sui loro tentativi per una biografia di Paolo IV v. avanti p. 5. 2 Alfonso e Tiberio erano in una categoria di camerieri piti importanti di quella di Antonio. Ruoli 26, f. 10v, l l v. 3 Ruolo 21, f. 2. 4 Ruolo 20, f. 9. 5 II Conte di Macchia, suo cognato, il 16 marzo 1565 informa Antonio che « Sua San.tà ha fatto promotione di Cardinalj vintiduo tra quali ci è il vezoso et il protonotario goglielmo che fu maestro a V. 8. in greco ». In Barb. lat. 5729, f. 215. Secondo una testimonianza di Osio Sirleto gli dava solo saltuarie spie gazioni di passi greci. Osio al Card. Antonio Carafa, Heilsperger, 10 giugno 1568 in St. Hosii Opera, II (Coloniae 1584) 249. 6 P a s c h i n i (Note, 37) riporta alla fine del gennaio 1557 la nomina di Sir leto a Protonotario. Invece nel giugno 1556 era già nella Curia in tale qualità. Ruolo 27, f, 10. Del resto Pier Vettori già il 6 marzo gli scriveva che Paolo IV aveva in animo di innalzarlo. P o g i a n i , II, 28. 7 D i C o s t a n z o , Genealogia Carafa, in Bibl. Casanat., cod. 1348, f. 26v. Il breve del 21 giugno 1556 che nomina Antonio Carafa Generale delle truppe pontificie è in A SV , Arm. 40 t. V I I , f. 374. v. A n c e l , Nonciatures, 328. 8 A n c e l , Nonciatures, 308. Colui che lo farà giustiziare trovò che Gio vanni f w i·: - -· -
Accanita persecuzione
■· » .·
-
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scrisse a N apoli: « Sperarò che hormai sarà straqua la mala fortuna
in perseguitarce ».4 Così il 10 ottobre il Cardinale di N apoli rientrò in Concistoro. C’era all’ordine del giorno la crisi della Francia che secondo alcuni era ormai perduta per R om a. Quel giorno Alfonso vide il Papa « pieno d’ira et sdegno lagrimare di dispiacere et di dolore », mentre si raccontavano i più assurdi episodi di predominio luterano nella Corte di Caterina de M edici.2 N el Concistoro della seconda libe razione di Alfonso Carafa, il napoletano Fabio Pignatelli ebbe la chiesa di M onopoli.3 Ora sembrò che Pio I Y e soprattutto il potente nipote Carlo fossero non più ostili ai Carafa dandone qualche segno m olto apprezzato dal Cardinale di N a p o li4 che approfittò di questo stato d’animo per ripresentare la questione del canonicato del cu gino. I passi però erano difficili. Pio I Y non poteva sentire parlare dell’antico coppiere del suo predecessore senza am arezza. Questi era un Carafa sfuggito alla sua giustizia. Su di Antonio pesò una specie di sorte dello schiavo. Ora randagio ora nascosto. Essendo interdetto almeno per due anni non potè m ettere piede in una chiesa.51 2 3 4 5
grezza publica». Francesco Carafa a Vincenzo Carafa, Roma, 12 ottobre 1561.
Barb. lat. 5708, f. 277*. 1 Francesco Carafa a Vincenzo Carafa, Roma, 19 novembre 1561. Barb,
lat. 5708, f. 281v. 2 Avviso da Roma 11 ottobre 1561. Urb. lat. 1039, f. 302. In quei giorni si svolgeva il colloquio di Poissy (3 settembre-14 ottobre 1561) con l’intervento di Teodoro Beza e di Giacomo Laynez. Su cui e sull’atteggiamento di Pio IV V. l’eccellente lavoro di N oël V alois , Les essais de Conciliation religieuse au debut du Régné de Charles I X , in « Revue d’ Histoire de l’ Eglise de France » (Juillet-Décembre 1945) 237 ss. Per le fonti su questo cruciale momento nella storia religiosa di Francia abbiamo l’ampia ricerca di J. R oserot d e M el in ,
Etudes sur les relations du Saint-Siège et de l’Eglise de France dans la seconde moitié du X V I e siècle. I, Borne et Poissy, in « Melanges d’ archeologie et d’hi stoire de l’Ecole française de Rome », t. 39 (1921-22) 47 ss., ov’è pubblicato anche l ’utile Diario dell'Assemblea de' Vescovi à P oyssy, 91-151. Altra biblio grafia sul Colloquio di Poyssy in « Revue d’ Histoire de Peglise de France », 29 (1943) 237 s. A Poissy ebbe parte Pietro Martire Vermigli che aveva iniziato la sua apostasia con la predicazione a Napoli. G. D e B la isis , La chiesa e la badia di S. Pietro « A d Aram », in A SP N 23 (1898) 230 s. 3 A S V , Acta Cam. 9, f. 54 s. 4 Qualche giorno dopo il Concistoro il Papa approvava il dono che il clero offriva al suo Arcivescovo della sua parte di spettanza della franchigia dalla gabella sulla carne. Borromeo ne sollecitò l’applicazione. Borromeo al Nunzio di Napoli, Roma, 18 ottobre 1561. A SV , Nunziatura di Napoli, 319 A , f. 10. 5 L ’interdetto gli venne tolto dietro replicate intercessioni di Alfonso nel giugno 1562. Il Card, di Napoli a Vincenzo Carafa, 21 giugno 1662, e a Antonio Carafa 19 luglio 1562. Carteggio n. 55-56.
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110
Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
T u tti i disegni di Alfonso con tu tte le influenti amicizie m obilitate verso il P apa e Borrom eo non impedirono che già a novem bre egli scrivesse al cugino: « Signor Vincenzo, questi sono Padroni, et s’ha da trattar con loro come con Padroni ». P oi scrisse che questi erano padroni duri.1 E non si faceva più illusioni: « T u tta la speranza mia è riposta in D io el quale così come non m i ha abandonato in tanti travagli passati spero che m i [indrizarà et aiutarà per l ’avvenir ».2 D a novembre a giugno 1562, quando si concluse il suo soggiorno rom ano, la vita del Cardinale di N ap oli fu senza apparente colore. Senza attività di Curia 3 e senza impegni pastorali egli non si lasciò andare e riprese i suoi studi, questa volta sotto la guida di Giulio Poggiarli. La
fuga
a
N
apoli
A l principio di giugno 1562 Borna era già entrata in un calore eccessivo. Si sapeva che se uno doveva ritirarsi in cam pagna per difendersene questi era il Cardinale di N apoli.4 Se ne rese conto anche il P apa che già per sè aveva deciso di lasciare in anticipo il Vaticano per San M arco. Si credeva di sapere in quei giorni che egli avesse dato prove di benevolenza al Carafa.5 Quella giunta a nostra sicura conoscenza fu ben grande e arrivò giusto in tem po perchè Alfonso non entrasse di nuovo in Castel S. Angelo. Pio IV gli offrì la signoria di un piccolo territorio dello Stato Pontificio, Bauco, piuttosto per farlo riposare che per dargli una autorità che nel caso sarebbe stata ridicola, m a a condizione che non ne oltrepassasse i confini.6 N ella visita di congedo Alfonso trovò il m iglior Pio I V che avesse m ai pensato. Il Papa gli concesse quasi tu tto quello che chiese, e si che aveva dom andato la grazia per il cugino A ntonio. Se non riuscì a strappargli il canonicato, per cui del resto inutilm ente si m oveva già mezzo mondo vaticano, gli ottenne però l’assoluzione dalle censure e la reintegrazione nei benefici ecclesiastici. 1 II Card, di Napoli a Vincenzo Carafa, 2 novembre 1561, 21 febbraio 1562. Carteggio n. 41, 48. 2 II Card, di Napoli a Vincenzo Carafa, 9 novembre 1561. Carteggio n. 42. 3 Alfonso intervenne ai concistori del 23 ottobre, 10, 19 novembre, 5, 11, 17, 22 dicembre 1561 e abitualmente agli altri fino a quello del 5 giugno 1562 l’ultimo della sua vita. A SV , Acta Cam. 9, f. 55, 56, 57, 58, 59, 68T. Su quello del 19 novembre v. Francesco Carafa a Vincenzo Carafa, stesso giorno, Barb. lat. 5708, f. 28l u 4 Poggiani a l Card, di Napoli, fine di giugno 15 6 2, P o g i a n i , III, 89. 6 Avviso da Roma 13 giugno 1562, in Ste ve n so n , II, 92. 6 Tonina al Duca, 22 agosto 1562. Arch, di Stato in Mantova., Gonzaga 892.
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Accanita persecuzione
111
Quando A lfonso raccontò l’udienza a Carlo Borrom eo, questi ne stu pì. Gli sembrò incredibile che Pio I V si fosse spinto fino a quel punto.1 Il Cardinal di N apoli che il 5 aveva partecipato all’ultim o con cistoro della sua vita il giorno dopo verificava il bilancio delle spese della Biblioteca V aticana sottopostagli dal primo Custode Federigo R analdi, il 19 firmò la bolla Romanus Pontifex sulla riform a della Camera A postolica.2 D ue giorni dopo era già a Bauco quando scrisse a Vincenzo Carafa. A Bauco era ancora viva la umiliazione di Paolo IV e dei Carafa subita dalle truppe del D uca di A lba, m a Alfonso trovò anche la franca am icizia dei Filonardi che erano di quella terra; solo pochi giorni prim a aveva dato un posto di scrittore latino alla V aticana a Flam inio Filonardi il figlio
del suo
segretario.3
Poggiani che conosceva le sue aspirazioni lo consigliò a non buttarsi in uno studio eccessivo, m a di leggere con m etodo, il che diceva rende più che leggere m olto.4 Se Alfonso aveva trovato la pace nella quiete di quella cam pa gna, questa non potè goderla per m olto, non oltre di quando fu avvertito che nella notte tra 1 Ί1 e il 12 agosto era stato arrestato a R om a il francese Giovanni de Save, notaio della Camera,5 con docum enti com prom ettenti anche sul suo conto. Solo qualche giorno prim a a R om a s’era parlato di un attentato al Papa, sceso allora nel più profondo abisso della im popolarità. Sulle mura s’invocava la sua m orte con orribili m anifesti e si giurava di far passare come giochi di ragazzi le dim ostrazioni dell’agosto ’ 59 compiendo su lui vivo quello che s’era commesso sulla statua di Paolo IV . Perciò la città era sotto eccezionale vigilanza e gli arresti erano all’ordine del giorno come i sospetti.6 La perquisizione di Save fruttò la sco-
1 II Card, di Napoli a Vincenzo Carafa, Roma, 21 giugno 1562. Carteg
gio, n. 52. 2 A SV , Acta Cam. 9, f. 68v-69; Arch, della Bibl. V at., t. 29, f. 7 s.; A SV , Misceli. Arm. I V t. 32, f. 19v. 3 Su Bauco ora Boville Ernica, E. M ak tin ori , Lazio Turrito. Repertorio storico ed iconografico, I (Roma 1933) 84; G-. L ib e r a t i , S. Pietro Ispano e il co mune di Bauco (Siena 1888); Gl. Sil v e str e l li , Città castelli e terre della R e gione Romana, I (Roma 1940) 57 ss. Sulla nomina di Filonardi, v. lettera del Card, di Napoli a F. Ranaldi, Roma, 11 gennaio 1562, Carteggio, n. 45. 4 P o gian i , III, 90 ss. 5 Arch, di Stato in Roma, Mandati Cam. 904, f. 43v. 3 P astor , V II, 533 s. « Si sono qua trovate attaccate polize disonestissime contro S. S.tà nominandolo non Pio ma empio, et Antichristo, minacciandolo che se Paulo quarto fu gastigato in morte, ei sarebbe gastigato in vita et presto ». Saraceni al Duca, Roma, 3 agosto 1562. Arch, di Stato in Firenze, Mediceo 3282, f. 87. Simili relazioni di Tonina in P astor , V II, Appendice, 625 s.
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
112
perta di una dichiarazione firm ata da Carlo Carafa e anche, si di ceva, da A lfon so, con cui il Decano del Sacro Collegio B ellay pro m etteva loro 12 cardinali, 12.000 scudi e la conferma del D ucato di Paliano, che invece fu
ridato a Marco Antonio Colonna, se gli
avessero procurato la tiara. Carlo Carafa era stato strozzato da 17 mesi e Jean D u Bellay era m orto da 2 anni e m ezzo.1 2 Bim aneva solo Alfonso a poter pagare. Pio I Y fece spedire un monitorio a Bauco ingiungendo al Cardi nale di N ap oli di comparire im m ediatam ente avanti a lui. Alfonso invece passò il confine raggiungendo S. Germano la prima terra del Bearne di N apoli. A Borna si tem eva fortem ente per lui.2 A lla notizia della sua fuga Pio I V non svelò i suoi sentim enti.3*5Più tardi dirà che Alfonso era un pusillanime con il complesso della paura e che egli lo aveva richiam ato da Bauco solamente per elevarlo.* Nessuno poteva credergli, tanto meno Carafa, che intanto lasciò S . Germ ano per S. Angelo a Scala feudo dei Carafa®
più sicuro
sebbene assai caldo.® Per quanto una lettera del Cardinale Borro m eo lo rassicurasse sulle intenzioni del Papa che avrebbe preso lo spostam ento da Bauco a S. Angelo nel m iglior verso possibile cioè com e una visita al padre,7 Alfonso non s’illuse e prese le sue misure. Inviò a M adrid il segretario Paolo Filonardi con una lettera a F i lippo I I . Come « vassallo e servo » chiedeva di essere preso sotto la
1 Per Bellay v . R. B
orroux,
in Dictionnaire
de lettres françaises. Le sei
zième siècle (Paris 1951) 242. 2 Tonina al Duca, Roma, 22 agosto 1562. Arch, di Stato in Mantova,
Gonzaga 892. 3 « Del Car. di Napoli non si è dapoi inteso altro, ne sua Beat.e si lascia ancor intendere à che strada si voglij mover ». Tonina al Duca, Roma, 29 agosto 1662. Arch, di Stato in Mantova, Gonzaga 892. * Vat. lat. 7061, f. 283T. 5 « Io gionsi a S.to Angelo dio gratia sano et ce la passo assai piacevol mente. Di Roma non havemo anchora avviso alcuno il che mi fa sperar bene *. Il Card, di Napoli a Vincenzo Carafa, S. Angelo a Scala, 25 agosto 1562. Car teggio n. 59. A Roma ne furono ben presto informati, « Il S. Car. di Napoli si è retirato à sant’angelo terra del conte di Montorio ». Tonina al Duca, 5 set tembre 1562. Ivi. 3 « Qua si sentono contra l’ordinario eccessivi caldi ». Il Card, di Napoli a Vincenzo Carafa, S. Angelo 30 agosto 1562. Carteggio n. 60. 7 « Mons. Ill.mo Borromeo mi scrisse che a N. S.re è piaciuto intendere la venuta mia per visitar mio padre talché sin qui la cosa è parsa presa in bona parte ». Il Card, di Napoli a Vincenzo Carafa, S. Angelo 30 agosto 1562. Carteggio n. 60.
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Accanita persecuzione
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protezione di un « Principe così benigno e così supremo ».1 F ilo nardi, che era già esperto della Corte di Spagna,2 portò a pieno successo la sua missione. Sull’animo del E e aveva anche influito grandemente il padre stesso di A lfonso, giunto a Madrid insieme con Filonardi. Filippo I I informò il Viceré Eibera che trovasse la più sottile ed elegante maniera per rifiutare al Papa la consegna del Cardinale, della cui vita d’ora in avanti risponderebbe a lui direttam ente. Nessuna richiesta e nessun ordine di E om a per l’estradizione dover essere eseguito e voler comunque essere infor m ato sullo sviluppo della istruttoria Save.3 I l E e non avrebbe potuto ordinare cosa più gradita a Pietro A fan de Eibera D uca di A lcalà, che portava amore paterno allo sven turato Cardinale. L e prove che ne aveva già date erano solo un saggio di quelle che gliene darà fino alla m orte. N ella baronia dell’Irpinia intanto il rifugiato si teneva in fre quente contatto con E om a. In attesa di conoscere l’atteggiam ento di M adrid, egli era inform ato che Pio IV non dava segni di ripro vare la sua condotta.4 Questo e l ’ amicizia del cugino Antonio che a m età settembre gli faceva pungere « tanti belli vasi di cristallo » 5 davano conforto al suo spirato come le lettere inviategli da Giulio Poggiani. N on così le notizie sulla Biblioteca Vaticana, che era caduta in cattivo funzionam ento, mentre approfittando della sua assenza qualcuno lavorava per levargliene la direzione. Gesualdo, il cardinale napoletano così alieno dai Carata quanto era amico dei Borromeo,® chiamato da Pio IV a sostituire in
1 II Card, di Napoli a Filippo II, S. Angelo 30 agosto 1562. Carteggio n. 61. 2 R e i s s , 481 s .; A S Y , Lettere de' P rincipi 11, f. 323. Nel febbraio 1560 Alfonso aveva inviato Filonardi alla Corte di Firenze per rallegrarsi della ele vazione alla porpora del figlio del Duca. Il Card. Medici al Card, di Napoli, Firenze, 17 febbraio 1560. Lettere del Card. M edici, 4 3 . Il mese avanti l’inca rico per Madrid, l’aveva inviato a Roma da Sirleto. Il Card, di Napoli a Sirleto, Veroli 22 luglio 1562. Carteggio n. 57. Alcune lettere di Filonardi ai Carafa in
Vat. lat. 12086. 3 Filippo II al Viceré di Napoli, Madrid, 16 ottobre 1562. Simancas, Archivo General, E . 1058, f. 112. 4 «D i Roma li avvisj sono li medesimi, ne ci è alteratione alcuna». Il Card, di Napoli a Antonio Carafa, S. Angelo 20 settembre 1562. Carteggio, n, 62. 5 Ivi. * Una sorella di Carlo Borromeo, Geronima, aveva sposato Fabrizio Ge sualdo, principe di Venosa, fratello del Cardinale. P astor , V II, 88. Molte let tere dei fratelli Gesualdo al Borromeo sono nella Bibl. Ambrosiana, Carteggio
di 8 . Carlo. 8
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
qualche modo il Cardinale Bibliotecario, lasciava correre. Anche Sirleto, cui si rivolse A lfonso, non potè fare di più in quel momento per una sua m alattia che destava gravi preoccupazioni negli amici. Per difendersi alle spalle Carafa autorizzò anche Scotti a intervenire nelle faccende della Libreria.1 N on era ancora giunto a N apoli il dispaccio di Filippo I I , che Alfonso si congedò dalla terra che aveva dato i natali a Paolo I V 2 e in cui aveva vissuto qualche mese di pace, che dovrà presto rim piangere. Prim a di poter entrare nella Capitale dovè attendere che i rappresentanti della nobiltà e del popolo si accordassero sulla più solenne maniera di riceverlo. H loro convegno a San Lorenzo dov’era il Seggio del popolo, li lasciò divisi. Π Cardinale che era ospite della splendida V illa aragonese di Poggioreale3 tagliò la corda e sulla notte del 25 o ttob re4 attra verso la nuovissim a stra d a 5 costruita dal Viceré, entrò in città quasi di nascosto. Si era invece pensato di accompagnarlo al Duom o sotto lo stesso pallio che si adoperò il 25 novembre 1535 quando Carlo V entrò in Napoli.®
1 II Card, di Napoli a Sirleto, S. Angelo 27 settembre 1562. P ogiani , III 301. 2 La questione se Paolo IV fosse nato a S. Angelo a Scala o a Capriglia che era nel territorio di quella baronia si ritiene oziosa ai fini del presente la voro. B b o m a t o , I, 10; P a n v i n i o in M e k k l e , CT, II, 271. 2 Su questo « edificio più celebre del Rinascimento napoletano » e sul suo giardino famoso v. R. P an e , Architettura del Binascimento in Napoli (ivi 1937) 16 ss.; A . Colombo , I l palazzo ed il giardino di Poggioreale, in « Napoli Nobi lissima » I (1892) 117 ss.; D el T ufo , 27 ss. ‘ D e M aio , Origini, 34. La lettera del Cardinale di Napoli del 23 novem bre (Carteggio, n. 64) suppone che egli già da un certo tempo fosse in città aven done intrapreso la riforma del clero e ciò conferma l’esattezza di P acca e Su m m o n t e sulla data del suo arrivo contro gli altri autori notati in D e M aio , 1. c. s La strada da Poggioreale a Porta Capuana fu trovata « veramente reale et magnifica » da A mmirato , I l Bota, 483. * Summonte IV , 292 s. V . anche il « Sommario et breve) relatione détti V e
scovi et Arcivescovi di Napoli che sino a questo tempo, et anno 1598 et mese d'aprile s'ha possuto avere notitia. Raccolto da molto virtuoso et divoto Gio. Antonio Summonte cittadino Napolitano », in Bibl. Naz. di Napoli, Brancacciana I . F . 2, ì. 65v. Per una sintesi delle fonti dell’episodio, v. B ulifo n , 38 s.
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C A P IT O L O Q U A R T O C A R D IN A L E R IF O R M A T O R E
Gli
in t e r e s s i
del
Ca r d i n a l e
di
N
apoli
D a quel giovane fine che era la sera di domenica 25 ottobre Alfonso fece dirigere il cocchio alla Vicaria anziché all’Episcopio. Questa visita al Viceré fu più che di cortesia di am icizia. Il gesto è indicativo del suo stile. A differenza dei suoi successori egli non romperà con le auto rità civili pur riform ando. N on era detto che la scuola di Paolo IV lo portasse irreparabilm ente alla maniera rigida. Ribera che non era sempre cortese con i prelati,1 il lunedì restituiva la visita al Car dinale che due giorni dopo senza sfarzo, cioè contro la consuetudine di N apoli ove ogni circostanza poteva essere buona per una m ani festazione rum orosa, prendeva possesso nel D uom o.2 Secondo che scrisse il mese dopo al cugino Antonio due interessi predom inavano in lui, lo studio e la riform a della sua Chiesa.3 Essendo però un realista, egli dovè impegnarsi nei problem i pratici della Diocesi che sul piano specifico della vita religiosa erano gravi mentre su quello am m inistrativo e politico apparivano già allora disperati. Se per i poeti e per gli aristocratici di V ia Toledo N apoli era il « secondo Paradiso » com e si diceva in un salotto rom ano,4 per la gente piccola era semplicemente una bella città piena di miserie,
1 D e M a i o , Un teatino riformatore, 26 s. 2 P a c c a , 406.
Sul maggior valore di questa testimonianza rispetto ad altre posteriori, D e M a i o , Origini, 34. Più ampie notizie non è dato raccogliere su questo primo episodio della vita pastorale di Alfonso Carata perchè i Diari dei Cerimonieri della Cattedrale di Napoli iniziano dal 1600. F. S t r a z z u l l o , Una fonte per la storia napoletana : I D iari dei cerimonieri della Cattedrale di Napoli, in « Asprenas », I II , 1 (1960). 3 II Card, di Napoli a Antonio Carafa, Napoli, 23 novembre 1562. Car teggio n. 61. 4 Così la chiamò L. T a v e r n a nel Prologo della commedia Forza d’Amore letta nell’Accademia delle Notti Vaticane. B e r r a , 49. La commedia è certa mente anteriore al maggio 1563 quando l’Accademia prese un altro indirizzo. Alessandro de Andrea nel 1559 chiamava Napoli «paradiso del m ondo». Della
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
la seconda d’Europa per la troppa popolazione dopo Parigi.*1 M ai com e nei tre anni di governo pastorale di Alfonso Carafa s’ era visto una N apoli così infelice. Quando egli vi entrò in quell’autunno 1562 la città era sotto la desolazione della carestia m entre in dicembre e gennaio una epidemia faceva starnutire senza scampo quasi tu tti i cittadini. Tansillo chiamò « catarrosa » N apoli. L a m orte era venuta in m aniera com ica m a non fu m eno tragica.2 Prim a e dopo questa sciagura il terrem oto, l’alluvione, la pirateria turchesca, la siccità saranno all’ordine del giorno con la conseguente fam e nera, il ban ditism o e quindi l ’ accattonaggio e la prostituzione e per altro verso il form alism o religioso e l ’acquiescenza politica che dopo il 1564 e tranne episodi troppo isolati farà di N apoli una « fidelissima » gente rassegnata.3 Ciò che per alcuni significherà fatalism o, per altri pa zienza, m ancanza di dignità o incapacità sociale. Se dialoghi come il Candelaio di Bruno e II Bota di Am m irato e poesie spontanee come i Capitoli di Tansillo e carteggi com e quello tu tto cose dei R ettori del Gesù ai Superiori di R om a costituiscono una certa verifica di quei problem i, gli A tti del Sinodo che si chiuse il 14 febbraio 1565 sono la più am pia testim onianza della N apoli ecclesiastica e religiosa per cui Alfonso Carafa stava impegnando tutte le sue forze m a in maniera illum inata. Si sapeva che egli am ava il suo popolo 4 e aveva fatto m olta impressione la sua venuta, dopo
guerra di campagna di Boma e del Regno di Napoli nel pontificato di F odio IV Vanno MDLVI e L V II (ed. G. Gravier, Napoli 1769) 13. Alfonso Cambi trovava « bellissimi » anche i napoletani. A m m irato , Il Bota, 412. 1
C o n ig l io , 147 ss. che comprende Pincompleto P a r d i (75 s.) il migliore
B e l o c h (172), il sempre utile N .' F a r a g l i a
(Il censimento della popolazione di
Napoli fatto negli anni 1591, 1593, 1595 in
A S P N , X X I I , 1897, 257 s.) e altri
studi; B i e s s , 158.
* S u m m o n t e , 340 s. « Il mese passato di Decemb. corse un catharro con tagioso in questo paese insolito et violento molto, attalche niuno quasi fu che non ne sia stato malato... ». Ignazio Balsamo a Laynez, Napoli, 23 gennaio 1563 in A R S I. Neap. 193, f. 96; Tansillo alla signora Onorata Tancredi, Nepoli 28 marzo 1563 in Poesie liriche, 297. Sulla natura e la dimensioni della epide mia, A . C o r r a d i , Annali della epidemie occorso in Italia dalle prime memorie fino al 1850 (Bologna 1855) 847 ss.; secondo C o r r a d i (849) ne morirono il beato Marinoni e la sua penitente Beatrice Carafa, sorella di Paolo IV . Marinoni morì il 13 dicembre e nell’ Oratorio dei Bianchi della Giustizia, cui apparteneva, celebrarono un officio funebre con la partecipazione di 28 fratelli. Arch, dei Bianchi, Scrivani 1561-2, f. 43v. * Carlo V diede a Napoli il titolo di « fidelissima » dopo i moti del 1547. Sui moti del 1564 v. appresso. 4 « [Ν’] geloso questo S.re del suo popolo ». Cornelio Musso a Ferrante di Sangro, Bitonto, 20 gennaio 1565. Borg. lat. 300, f. 235. Il 9 novembre 1564, aprì il suo cuore ai canonici invitandoli a pregare molto perchè il suo popolo non cades-
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Cardinale riformatore
117
che da alcuni decenni non si vedeva un Arcivescovo entrare nel l’Episcopio di Piazza D onna Regina o di Som m a Piazza come allora si diceva.*1 E gli però non si lasciò prendere la mano dal sentim ento o m agari dalla generosità, buttandosi ciecamente nel lavoro. Perciò la sua azione non si esaurì in episodi di vita pastorale. E gli ordinò le sue forze in un piano semplice m a radicale, in cui tutto confluiva in unità. N on partì dal Sinodo, m a dall’esame del Clero e dalla visita pasto rale. Solo così il Sinodo del 1565 non fu una lista meccanica di cose da correggere con sanzioni canoniche, m a una im postazione di pro blem i vivi da discutere am piam ente per risolverli nell’impegno per sonale, possibile dopo la riform a individuale di quel m igliaio di ecclesiastici tentata da lui per due anni e dai suoi collaboratori ancora quattro anni prim a.2 In questa linea si capisce perchè egli a N apoli si m ettesse sotto la scuola di un giurista con lezioni assidue. Questo giovane respon sabile la cui brevissim a v ita fu sempre guidata dal rispetto verso tu tti, non avrebbe riform ato alla cieca, con vedute integraliste e perciò non sempre giuste. F u anche un bene che egli venisse da una consuetudine di letterati e che il gusto um anistico lo portasse, per fino tra le occupazioni apostoliche, a prendere in mano testi clas sici, greci e latini, oltre che patristici e teologici più recenti. Gliene derivava una larghezza di spirito che da riform atore gli fece evitare la ostinazione sulle cose non essenziali e da ecclesiastico la tendenza a intervenire sempre con autorità che è il dogm atism o portato su tu tte le questioni, anche dove il convincimento non può essere sosti tuito dalla giurisdizione.
se nella carestia. Arch. Capit, di Napoli, seduta 9 novembre 1564, Conclusioni I, f. 11 V. Appendice, p. 317. «Venuto al suo Arcivescovado di Napoli, diede tanto buon esempio et edificazione di vita et de santi costumi, et di vero et buon Pastore ». A b a l d o , Cronica, f. 42. « Nunc vero cum Neapoli vivas... quis te uno salutis eorum, qui tibi concrediti sunt tamquam pastori optimo studio sior? quis laboriosior, aut magis exercitus in tali ministerio? non modo enim doctrina, sed etiam exemplo illos adiuvas, et veluti in excubiis semper es ». A . C a e a f a , Theodoreti Interpretatio, dedica al Card, di Napoli. 1 «. . . fu il primo Arcivesc.o che se ricordi essere venuto alla residenza di questa Chiesa ». Arch. Capit, di Napoli, seduta 20 maggio 1598. Conclusioni I, 95v. Alfonso stesso nel febbraio 1565 riconobbe che la Diocesi ex diuturna nostra,
et predecessorum nostrorum absentia maximas in spiritualibus et temporalibus incurisse iacturas. Acta et Decreta, 110. 2 Sul numero degli ecclesiastici a Napoli sotto Alfonso Carafa, D
e
M a io ,
Origini, 56.
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Alfonso Garafa, Cardinale di Napoli La
cultura
del
Ca r d i n a l e
di
N
apoli
Quando Alfonso Oarafa raggiunse N apoli era Bibliotecario della Chiesa da quasi quattro anni.1 Se era solo un ragazzo dicianno venne quando successe a D e N obili la sua form azione culturale e sopratutto la sua sete di sapere giustificavano l ’ampio elogio che ne fece Paolo IV . Per quanto nulla fosse più vicino al suo cuore del grande Isti tuto, diceva, e fosse consapevole che i suoi predecessori l’avessero messo sempre in mano a uomini dottissim i e integgerim i, non te m eva di affidarla a questo suo nipote Alfonso di cui gli optimarum licterarum studia non erano meno noti della sua pietà; essere egli certo d ’altra parte che il Cardinale di N apoli non avrebbe deluso la sua fiducia, come m ai deluse le incredibili speranze che non da ora si ebbero su di lui; tutto questo costituire una garanzia perchè il patrimonio scientifico della Biblioteca dei Niccolò V e dei Sisto IV fosse custodita e arricchita, com ’era nel compito che ora gli si attri buiva. Se Paolo I V era proprio convinto di quanto prospettava quel breve bisogna dire che fu cattivo profeta. N on che ne fosse respon sabile, m a è un fatto che con Alfonso Carafa la Biblioteca V aticana non ritornò alla splendida form a di Marcello Cervini. F u la disgrazia a tagliargli le m ani perchè egli l’amò e la protesse quanto potè. Ma bisognò aspettare che divenisse Bibliotecario suo cugino Antonio perchè un Carafa rimanesse celebre nella storia di quell’istitu to . Alfonso l ’ebbe in mano in un m omento di crisi e risulta che almeno ne arrestò il disordine.2 D opo potrà aprirsi la grande era di Am ulio Sirleto Antonio Carafa Baronio Barberini. A R om a, come conveniva a un Cardinale Bibliotecario, Alfonso era ritenuto « uomo di studio ».3*8 Quando con la porpora potè disporre di più abbondante danaro 1 II breve di nomina in M o n t i , Ricerche, 305 s. M o n t i (299) lo data al gennaio 1559. Essendo morto il 18 di quel mese il Cardinal Bibliotecario De Nobile e ricordando che Paolo I V coprì per prima proprio la carica di B i bliotecario qualche ora dopo la sua elezione (Avviso da Roma, 25 maggio 1555. Urb. lat. 1038, f. 64v) si trova pienamente ragionevole la conclusione del Monti. Del resto anche Pio I V chiamò Amulio a succedere Alfonso Carafa a soli pochi giorni dalla sua morte. Breve 11 settembre 1565. A S V , Arm. 42, t. 23, f. 233 s. 8 La documentazione critica sulla attività bibliotecaria del Card, di N a poli sarà data prossimamente nel mio studio La Biblioteca Vaticana sotto Paolo I V e Pio I V (1555-1565), nella Miscellanea in onore di Anseimo Albareda di immi nente pubblicazione. 8 Relazione del teatino Giovanni Antonio da Prato a Pio IV , Vat. lat. 12086 f. 383T.
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Cardinale riformatore
119
egli curò con gusto um anistico anche la sua biblioteca personale. D all’autunno del 1557 alla primavera del 1559 impegnò il nunzio Lorenzo Lenzi nell’acquisto di libri in Francia. Con estrema m eti colosità Lenzi cercò le edizioni più pregevoli. Prim a che ne inviasse alcune casse a R om a si interessò che le legature fossero splendide. « Io m i sono ingegnato di haver le m igliori stam pe, et più belle, et perchè alcune d’A ldo sono reputate m igliori, non ostante che costino da vantaggio l’ho prese rispetto alle legature, se bene ella l’harebbe potute havere in Italia à m iglior prezzo, et il simile ho fatto di quelle di Lione ». Anche se dovette mortificare in parte la sua maniera da biblio filo, Lenzi fece abbastanza perchè il suo lavoro risultasse originale. « N on havendo cuoiami colorati à bastanza per distinguere tutte le professioni, ho distinto solamente le lingue, facendo fare i Latini rossi, et i Greci violetti con filetti, et carte messe à oro, et ciascuno harà sul dorso con lettere similmente d ’oro scritto il nome dell’autor, nel qual modo m i è parso che stiano m eglio, et che siano più honesti, che con quegli sm alti i quali si guastano in pochissimo tem po ». Queste operazioni si svolgevano m età a Parigi e m età a Lione. Così quando furono inviati da questo celebre centro librario in due casse 87 volum i di cui 30 in folio, 47 in 8 ° e 10 in 4 ° Lenzi già pre parava una seconda spedizione.12 Si disse a R om a che la biblioteca del Cardinale di N apoli si fosse incorporata i libri di Basilio Zanchi dopo che questo canonico re golare m orì in Castel S. Angelo colpito dall’estremo rigore che Paolo I Y spiegò in maniera particolare contro i frati girovaghi.* Se la voce raccolta da Latini fu vera e se si pensa agli interessi e all’am biente culturale e alle opere di Zanchi il Cardinale di N apoli ebbe in mano una raccolta di prim ’ordine.3 ÌD invece certo che già 1 II vescovo di Fermo al Card, di Napoli, Poissy 16 e 23 dicembre 1557 Parigi, 23 febbraio 1558, Forte Milon 2 marzo 1559. A SV , Lettere de' Principi 11, f. 344* ss., 324», 337, 398». 2 L a t i n i , Epistolae, II, 69. B r o m a t o (II, 491 s.) non è esatto sulla data di morte di Zancbi. Arrestato il 22 agosto 1558 (P a s t o r , V I, 452) era già morto sulla fine di settembre. « Don Basilio andò dal Castello a miglior vita ». Antonio Agustin a Panvinio, Borna, 24 settembre 1558. A . A g u s t in , Epistolae latinae et italicae nwne primum editae a. J. Andreno (Parma 1804) 337. Urb. lat. 1038, f. 342». Quando fu arrestato era sfratato da 15 anni. « Fu frate della Pace ma da 4 anni in qua veste come gli huomini ». Così il 12 novembre 1547 scriveva Carlo G-ualtieruzzi a Giov. Della Casa. In P a s c h in i , Note su Θ. Sirleto, 19. 3 Sugli amici e la biblioteca di Zancbi v. M a s iu s , Briefe, 233, 299, 312; P. d e N o l h a c , La Bibliothèque de F . Orsini (Paris 1887, « Bibl. de l’ècole dee hautes études ») 6, 64, 254, 258 s. Indicativi della sua vasta cultura sono j
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
dal mese avanti la m orte dell’infelice bergamasco e fino al 18 agosto 1559 i libri di Paolo I Y prendevano la via di Palazzo Orsini.*1 Fino a quel momento Alfonso aveva preso quelli che gli pote vano interessare o che gli passava lo zio. Il 18 agosto invece, dopo che padre Geremia Isachino aveva fatto passi in suo favore presso il Pontefice morente, egli potè prendere tu tta la biblioteca.2 N on l’ave va ancora ordinata quando nel luglio successivo si diffuse la notizia che una perquisizione a domicilio aveva portato alla scoperta di alcune casse di libri proibiti. Fu processato anche per questo, ma gli avvocati ebbero buon gioco a dimostrare che quei libri il nipote di Paolo I Y non li aveva neppure sfogliati. In fatti alcuni così come il Cardinale Inquisitore
Giampietro
Carafa li aveva
sequestrati
ai librai, non erano ancora im paginati.3 D ei libri di Paolo IV passati al Cardinale di N apoli si è in grado per ora di precisarne un gruppo di dodici assai eleganti che proven nero alla Biblioteca Vaticana per il testam ento di Antonio Carafa, anch’egli Cardinale Bibliotecario. Sono i Vaticani greci 1278-1286, tu tti di mano di Giovanni Onorio da M aglie, scrittore greco della Vaticana stessa, tranne il 1280 e il 1281, di incerto. Sono quasi tu tti patristici, eccetto il 1283 il 1284 e il 1286. Questi codici, insieme con altri non ancora precisabili, alla m orte di Alfonso passarono al cugino.4 Intanto il suo maestro Paolo Flavio dopo il discorso funebre su Paolo IV tornava a Napoli in attesa di essere richiam ato. Invece il suo alunno entrava in prigione. Flavio però gli rimase affezionato al punto che lo implicarono nella fantastica congiura che a N apoli il suo Cardinale avrebbe organizzato contro Pio IV , servendosi di lu i.5
autografi repertori lessicali desunti da autori classici nei Vat. lat. 3443, 3444, 3449. Quest’ultimo fu pubblicato nel 1542 a Roma da Biado e nel 1543 a B a silea da Apiarius. Su alcune opere di Zanchi v. P. A . S e r a s s i , B. Zanehi Betgomensis Poemata quae extant omnia (Bergomi 1747). Zanchi e il Sirleto furono giudicati da B. Aegius (Apollodorus. Bibliotheces etc., Romae, Biadi, 1555, prefat.)
acerrimi judicii viros ac duo velut reipublicae litterariae sydera fulgentissima. 1 Barb. lat. 2630, f. 2. ! Ivi, 19, 73, 87; Vat. lat., 12086, f. 44*. ’ « A l Car.l di Napoli sono stati ritrovati in casa alc.e casse de libri proi biti; ma egli si scusa che furono portati doppo la morte del Papa che egli non ne sapeva niente, ne gli ha’ irai veduti, et erano ancor nelle casse ». Mocenigo al Doge, Roma, 27 luglio 1560. Arch, di Stato in Venezia, Roma 15, f. 60v. * Esprimo gratitudine al mio amico il Dr. Don P. Canart, scrittore greco della Vaticana, che mi ha cortesemente fornito notizie sullo scriba dei codici di Paolo IV e altre informazioni ancora.
4 Santoro , Persecutione, 144, 147v.
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Cardinale riformatore
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N ella primavera del 1562 dopo che ebbe una cèrta tregua dal l ’ assillo dei debiti Alfonso si rivolse a Poggiani per avere lezioni. Il noverese si scusò per cento m otivi, che però sarebbero stati tu tti brillantem ente superati se si fosse risolto il solo decisivo, lo sti pendio. Im possibile transigere su questo che per lui non ricco, osservò, era questione di vita. N on volle però lasciare cadere del tutto il desiderio del Cardinale. G li propose il m etodo per corri spondenza.4 E ra questo appena com inciato che già esprimeva la più alta soddisfazione per il giovane corrispondente che a parer suo superava per lucido ingegno altri suoi alunni per quanto illustri com e i defunti D e N obili e Girolamo D andino.6 Anche quando in giugno lasciò E om a Alfonso chiese a questo suo secondo maestro di continuare gli esercizi epistolari e di sugge rirgli un piano di studio. Con la sua caratteristica chiarezza il più elegante ciceroniano del tem po indirizzò il Cardinale su tre linee:
1 ) non disperdersi, precisando le ore dedicate allo studio. Questa disciplina gli impedirebbe l’affaticam ento dello spirito e la stanchezza fisica cose che avrebbero pregiudicato il rendimento. Per Alfonso Carata che aveva grande ansia di lettura m a poca salute questo consiglio era di una estrem a opportunità. 2) leggere Cicerone esercitandosi ad applicarne un brano a cose diverse. 3) com pletare
la
preparazione
classica
con
quella
sacra.
Su
questo punto, osservava Poggiani, basterebbe che egli richiamasse Paolo I Y per trovare il più efficace esempio da im itare perchè come per altre cose anche su questo piano Papa Carafa fu irraggiungibile, cui simile nihil vidit haec aetas.3 Se Poggiani non nascondeva il suo entusiasmo per l ’alunno Cardinale, questi concepì tale stim a del maestro che fece quanto potè per averselo a N apoli. Il suo sogno era per realizzarsi al prin cipio di ottobre 1563, quando Poggiani fu libero avendo lasciato R om a il Cardinale Trucksess al cui servizio era stato dedicato finora.4 Così l ’um anista era in partenza per N apoli quando un ordine cate gorico di Pio I Y lo fermò per m etterlo a disposizione di Carlo suo nipote, al cui invito, raccontò egli stesso, come a quello di Ippolito * 1 P o g ia n i , III, 55.
* Ivi, 56 s. Come De Nobile anche il Card. Dandino aveva stimato molto Alfonso Carafa da additarlo come esempio al nipote. Anseimo Dandino al Card, di Napoli, 5 gennaio 1560. P o g ia n i , I I , 5 s. 8 P o g ia n i , I II , 90 ss. Simile consiglio Pogiani dava ad Annibaie Minali, il figlio del Tesoriere che ingannò crudelmente Alfonso. Ivi, 39 6, 410. * Il Cardinale di Angusta lasciò Roma al principio di agosto 1563. Ivi, 351.
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
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d’E ste, di Luigi Cornelio, di V itelli si era già sottratto per rimanere fedele al Carafa.1 Questi però non fu preso alla sprovvista da questa notizia. Poggiani stesso sapeva di non essere più atteso per quanto la sua comparsa sarebbe stata assai gradita.2 Quando la lettera del 23 ottobre giunse nel monastero di M onteoliveto, dove risie deva la Corte arcivescovile, Alfonso aveva accanto un terzo maestro che gli aveva procurato suo cugino A ntonio. A questo Luigi Busso, un calabrese di cui il più che si sà è che deluse profondam ente il suo alunno, prem eva più di ottenere una sistemazione in Curia che le lezioni di latino e greco.3 V olle cominciare con l’orazione Pro
Ligario di Cicerone, m a l’arcivescovo ne preferì le Filippiche. Stava per iniziare anche quelle di Dem ostene quando Alfonso informò il cu gino che con Busso non si poteva andare avanti.4* Π 1 ° gennaio 1564 già un quarto m aestro ne aveva preso il posto.8 Leonardo M alaspina glielo aveva trovato Sirleto. Alfonso ne potè informare Antonio anche con entusiasm o, senza che questi si am a reggiasse per la sua scelta fallita. Tra loro cugini c’era una consue tudine già così sincera che la spontaneità non veniva m ai coperta dalle form e convenzionali. A ntonio,
da M ontefalcone8 ove era
seminascosto, raggiunse
1 Poggiani al Card, di Napoli, Som a, 23 ottobre 1563. Ivi, 351 ss. Non pare che le cose siano andate proprio come Poggiani le raccontò al Cardinale dì N a poli, data la versione contraddittoria che ne diede nella lettera al Trucksess il 6 novembre successivo. Ivi, 360. 2 'v i, 360. 3 Russo a Antonio Carafa, Monastero di Monteoliveto in Napoli, 10 no vembre 1563. Barb. lat. 5729, f. 141. Appendice, p. 290 s. Russo si aspettava l’impiego di consultore vescovile, che invece continuò a coprire Orazio Gal iucci la cui sorella Cornelia aveva sposato Vincenzo Carafa fratello di Antonio. S c a n d o n e , 238; Barb. lat. 5721, f. 76. 4 « Me Luigi il quale non è riuscito in pratica quel che io mi promettea di lui, però non so quello che me ne farò, sarò ben forzato di far altra provi sione ». Il Card, di Napoli a Antonio Carafa, Napoli, 13 novembre 1563. Car teggio n. 71. 3 II Card,
di Napoli a Guglielmo
Sirleto,
Napoli,
1° gennaio
1564.
Carteggio, n. 77. Alcuni mesi dopo Russo per difendersi davanti a Antonio Carafa del suo fallimento stese una lettera molto amara, che alla critica interna e per altre infinite testimonianze contrarie risulta non obbiettiva se non falsa. Russo a Antonio Carafa, Cosenza, 18 giugno 1564. Barb. lat. 5729, f. 189 s. Appendice, 292 s. Su Russo o Rossi si hanno scarsissime notizie. L . A c c a t t a t i s , Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie (Cosenza 1870) 373; L . A l i q u o L e n z i , Gli scrittori Calabresi (Messina 1913) 363. • A Montefalcone gli scrive il 14 giugno 1563 Bernardino Grandopoli, familiare del Cardinale di Napoli. Barb. lat. 5729, f. 138. Montefalcone era feudo della famiglia di Antonio. Ivi, 89, 108T, 151v, 164. D i ritorno da Padova
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Cardinale riformatore
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Padova nell’autunno 1563, dopo che Alfonso lo assicurò che la Sere nissima non lo avrebbe consegnato in mano a Pio I Y . « Quella patria è sicurissima per qualsivoglia sorte di persone, ne’ è stata m ai solita quella Signoria ad istanza di principe del Mondo violare quella libertà m a conservarla inviolabilmente ».x N e
sapeva
qualcosa il
Patriarca Grimani. I rapporti che Antonio gli inviava sugli studi e sugli amici pro vocavano la più sincera invidia del Cardinale, nonostante che avesse saputo che lo studio di Padova quell’anno scolastico 1563-64 non era all’altezza per esempio dell’anno precedente. A veva risentito della scomparsa di Trincavela e di Falloppia e per la facoltà di Leggi, cui era iscritto Carata, della partenza di Tornello.2 Antonio, che già da lungo tempo aveva aspirato a Padova,3 ora vi era confortato dalla presenza di amici come Antonio Salviati, Nicola Barone, Giulio Tiranni e specialmente Flaminio Filonardi che erano anche amici del cugino, dalle lettere di costui e dai consigli della madre. Le let tere della signora Giovannella portavano al figlio la viva casa a Padova,
dalla nascita dei nipotini alla provvista dei prosciutti,
insieme con esortazioni che solo l’autorevole amore materno poteva consentire. « Y i prego vi vogliate governar massime al studio et lo vogliate pigliar a piacer acciò non vi faccia male et attendite ale virtude et non pensate se non a far cosa che sia servitio a Dio et non*1 3 2
vi si stabilì nuòvamente. Barb. lat. 5729, f. 200v, 207v. I cittadini di Montefalcone rimarranno affezionati a questo Carafa. Barb. lat. 5730, f. 107 ss.; 5731, f. 207. 1 II Card, di Napoli a Antonio Carafa, Napoli, 29 maggio 1563. Carteggio n. 68. Simile elogio di Venezia lo fece Saivago un anno dopo, « aere non malsano, theatro d’huomini liberi et prudenti, secura tranquillità d’honesti ociosi, gio condo ricettacolo di malcontenti ecc. ». G. Saivago a G. F. Canobio, Venezia 1° ottobre 1565, in S a l v a g o , 779. 2 Flaminio Filonardi al Card, di Pisa, Padova, 14 (gennaio ?) 1564. Vat. lat. 6805, f. 311v. Per il 1563-4 mancano gli A ttid e lla Università di Padova come anche i Registri di immatricolazione degli studenti di Leggi e i rotoli dei professori (questi possono supplirsi). G. G i o r n o , L 'Archivio della Università di Padova (Venezia 1897) 17 s. Interessano per la conoscenza dell’ambiente di Antonio Carafa i due studi di B . B r u g i , La Scuola Padovana di Diritto Romano nel secolo X V I . Ricerche (Padova 1888) e Gli scolari dello Studio di Padova nel Cinquecento (Ivi, 1905). Più utili 12 lettere di Filonardi, 8 di Giulio Tiranni in Barb. lat. 5728, f. 36 ss., altre di Filonardi e di altri in Vat. lat. 6805, f. 311 ss., Barb. lat. 5721, f. 5728, 5729, 5730. Per un gruppo di studenti napoletani a Padova nel 1563-4 v. Biblioteca Capitolare di Padova. D . 62. f. 258, 259v, 260T, 269v. 3 II vescovo di Cesena a Antonio Carafa, Roma, 17 marzo 1560. Barb, lat. 5721, f. 78.
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
l’habiate a male che io vi scrivo cosj perchè sete giovane et la gioventude è una gran montagna a saglire t).1 H a mai letto Alfonso, scritte per sè, parole come queste? Nonostante consigli di amici Antonio aprì troppo la bocca sui guai passati e presto la sua posizione nella città del Santo divenne insostenibile per le autorità, date le molte pressioni, e dovette tor nare al volontario confino di Montefalcone,2 dove Filonardi gli aveva augurato di farsi per se « un'altra Padova ».3 Ciò che gli fu reso meno difficile dalle informazioni che riceveva dagli amici sugli studenti e sui professori, in m odo speciale su Francesco Robortello, con il quale era entrato in amicizia, e che in quel momento era forse il migliore docente dello Studio. A Padova lo storico delle istituzioni romane non era noto solo per la sua aspra polemica con il Sigonio che solo per l ’intervento di Seripando non assunse toni più animosi.1 *4 2
1 Giovanella Carafa al figlio Antonio, Napoli, 5 febbraio 1564. Barb. lot. 5727, f. 113. Altre lettere di Giovannella al figlio fino al 22 laglio 1564, ibi, 114 ss. 2 « La suplico ad andare risservata quanto più si può in raggionar delle cose et travagli passati perché non le mancano spie intorno., che referirano assai più et in più cattivo senso tutto quello che sarà detto da lui ». Il vescovo di Sebenico a Antonio Carafa, Trento, 16 dicembre 1563. Barb. lat. 5721, f. 90. Flaminio Filonardi il 15 settembre 1564 scriveva che Antonio era « oppresso e abbassato » dagli invidiosi e che sentiva « mancar il sangue per un grave pe ricolo incorso da lui ». Barb. lat. 5728, f. 38. Lo storico dello Studio di Padova ricorda Antonio Carafa tra gli alunni illustri. N. Commeno P apadopulos , Historia Gymnasii Patavini, (II, Yenetiis 1726) 90, il quale non è esatto scri vendo che egli curriculo conjecto doctor se recepit ad Brutios latuitque usque ad obibum P ii I V (ivi) perchè, come scrisse Filonardi, Carafa dovette interrom pere i corsi sul più bello. Filonardi a Antonio Carafa, Padova, 22 dicembre 1564. Barb. lat. 5729, f. 206. Mi riprometto un lavoro sul periodo padovano del Carafa. 2 « Son certo ch’ella quanto a se vi farà un’ altra Padova ». Filonardi a Carafa, Padova, 20 ottobre 1564. Barb. lat. 5728, f. 43. 4 P. Manuzio a Robortello [s. d.]. M anuzio , Epistolae, V , 180v-181v; Poggiani a Seripando, Roma, 31 agosto 1561. P o gian i , II, 317 s.; C. Sig on io , Disputationum Patavinorum adversus F . Robortellum. Liber primus et secundus (Patavii 1562). Sebastiano Curione chiamò Robortello « furiosissimo e im pru dentissimo uomo » attribuendogli calunnia e invidia. S. Cu r io n e , Epistola ad
amplissimum Collegium lurisconsult. Patavinae civitatis. Continens defensionem Augustini Curionis adversus Franciscum Robertellum Utinensem [1° febbraio 1562]. In B V , R. I V 720 (5). Già prima negli scritti di Robortello contro Si gonio Agustin trovava « granchi ». Àgustin a Panvinio, Roma, 16 ottobre 1557. A . A gustin , Epistolae latinae et italicae (Parma 1884) 297. Su Robor tello V . E . A llod oli , L'orazione di F . B. per la morte del Guidiceioni, in « La Rinascita», 5 (1942) 372-406; T. B ozza , Scrittori politici italiani dal 1550 al 1650 (Roma 1949) 34 ss.; G. T o ffa n in , La line dell'Umanesimo (Milano-Torino 1940) 29 ss.
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Cardinale riformatore
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Le sue opere vaste e pur critiche erano apprezzate come le sue lezioni.1 Robortello attraverso Antonio e Flaminio Filonardi entrò in relazione con Alfonso, che ne approfittò per realizzare il più bel sogno della sua pietà filiale, una storia di Paolo I Y senza retorica come ne verranno, e senza tendenziosità come quella che aveva steso Panvinio.2 A l pari del suo desiderio di avere una cattedra allo Studio di Napoli l ’opera di Robortello su Paolo I Y rimase progetto incom piuto soprattutto per la morte del più fedele nipote di Papa Carafa.3 Solo qualche giorno prima di lasciare Padova nell’agosto del 1564, Antonio inviava al cugino la sua doppia traduzione dal greco al Commento di Teodoreto sui Salmi e della Catena della Cantica, che gli aveva dedicato.4 Quell’anno a Yenezia anche un opera di Galeazzo Florimonte era dedicata al Cardinale di Napoli, con parole assai belle 5 ma non
1 « ... le lettionj sue piaceno tanto che appena si cape nella schuola grande siche si fa grande honore, hora seguita a declarar Livio col secondo dela Ret.ca ». Filonardi a Antonio Carafa, Padova, 9 novembre 1564. Barb. lat. 5728, f. 44. Solo tre anni prima Falloppia giudicava troppo pochi gli alunni di Robortello. In F. P uccinotti , Storia della medicina (Livorno 1859) 804. Filonardi, mentre Carafa era a Padova, stese questo grande elogio: « In humanitate et Filosofia morale vi è solo il Robortello miracolo de la natura et profondissimo in questa sua professione tanto nella lingua latina come nella Greca ». Filonardi al Card, di Pisa, 14 (gennaio 1) 1564. Vat. lat. 6805, f. 312. 3 V. avanti a p. I X . Alfonso non perdette occasione di ricordare al cugino quanto si rallegrasse sapendo che presso gli amici era sempre viva la memoria del grande zio. Il Card, di Napoli a Antonio Carafa, 20 novembre e 18 di cembre 1563. Carteggio, n. 72. 3 Robortello a Antonio Carafa, Visco del Friuli, 18 agosto 1565. Barb, lat. 5728, f. 124. Testimonianze dell’amicizia tra Robortello e Antonio Carafa, ivi, 37, 39, 42, 182v, 185, 186^. 4 Car a f a , Theodoreti Interpretatio, dedica; Catena, dedica. Già alla fine del 1562 Alfonso era informato dal cugino su questa traduzione. Il Card, di Napoli a Antonio Carafa, Napoli, 23 dicembre 1562. Carteggio n. 66. 5 Seconda parte de’ Sermoni di Santo Agostino, Cbrisostomo Bernardo et
Basilio; Tradotti in volgare da monsign. Galeazzo Florimontio vescovo di Sessa. Con alcune omilie del medesimo non prima date in luce. (Venezia, Scotto, 1564), dedica di Scotto al Card, di Napoli. Sulla amicizia tra Florimonte e i Carafa sono indicative due lettere del Card. Gaddi al Card. Carlo Carafa, 4 e 16 ottobre 1558, in Barb. lat. 5710, f. 39, 41. Su questa buona figura di Prelato e di Vescovo v. A lberigo , 209 ss., 225 ss., 235 s., 369 ss., e passim. Florimonte era in amicizia con molti Carafa anche per appartenere alla Compagnia dei Bianchi della Giustizia. Vi era entrato il 6 aprile 1545. Arch, dei Bianchi, Ca talogo dei fratelli defunti. Una sua lettera assai bella ai « fratelli », Roma 28 no-
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Alfonso Carata, Cardinale di Napoli
all’altezza di quelle di Antonio, il quale inviò a Napoli anche una copia del codice greco.*1 Se l ’Arcivescovo ora poteva essere in grado di controllare le sfumature di un testo grego per diudicare fino a che punto si ritrovassero nella traduzione, come chiedeva il cugino, questo era frutto anche dell’insegnamento di Leonardo Malaspina. Quando questo amico di Panvinio e di P oggiani2 giunse a Napoli, era stato appena pubblicato il suo opus maius cui aveva contribuito lo stesso Cardinale di Napoli.3 Malaspina oltre che come scrittore si sentiva obbligato al suo alunno come canonico
regolare;4 egli
non era solo un letterato celebre tra i ciceroniani ma anche un monaco virtuoso. L ’Arcivescovo lo trovava « candido » mentre Poggiani poteva assicurarlo che quest’uomo « dotto e buono » l ’amava intensamente. Dopo l ’esperienza dell’interessato Russo e mentre si svolgeva la persecuzione di R om a contro di lui, ci voleva per Alfonso un maestro così. Il figlio del suo segretario testimoniò che quel cano nico era persona dalla bontà diffusiva, mentre Alfonso dai primi incontri lo riconosceva « persona litteratissima nella lingua greca et latina poesia ».5
et esercitatissima
Malaspina, che era stato discepolo di Steuco,6 ancor più di Flavio aveva superato con Alfonso il rapporto scolastico entrando nella sua confidenza,7 e con più merito del primo
maestro
perchè egli
vembre 1552, ivi, Stipo III, Lettere, I, f. 15. Tra i pochissimi libri della Com pagnia inventariati il 1556 risulta anche il I volume dei Sermoni del Fiorimonte. Ivi, Stipo I, Registro 1556. 1 È ora il Vat. gr. 1232. 2 Poggiani al Card, di Napoli, Roma, 27 marzo 1564. P o gian i , III, 399; Malaspina a Panvinio, Verona, 1° settembre 1564. Vat. lat. 6412, f. 138. 3 M a laspin a , In Epistolas, dedica. Cfr. D e M a io , Origini, 37. 1 M alaspin a , In Epistolas, dedica. Anche Alfonso il 1° gennaio 1564 metteva in evidenza che Malaspina come canonico regolare era « sotto la pro tetton e » sua. Carteggio, n. 74. s II Cardinale di Napoli a Antonio Carafa, Napoli, 1° gennaio 1564. Ivi; Poggiani al Card, di Napoli, 27 marzo 1564. P o g ia n i , III, 39 9; Filonardi a Ma. laspina, Padova, 14 settembre 1564. Vat. lat. 6805 , f. 319. 6 M a laspin a , In Epistolas, 169. Su Agostino Steuco custode della Bi blioteca Vaticana e anche lui canonico regolare v. T ii . F re u n d e n b e b g e r , A . S. und sein literariches Lebenswerlc (Munster 1935); G. S a itta , I l Rinasci mento (Bologna 1950) 75 ss. 7 « Ms Leonardo Malaspina è in Roma alcuni Mesi sono per servitio di Mons.re suo, però le raccomandationi da parte di V. S. gli le farro per l.[ette]re». Giulio Tiranni a Antonio Carafa, Padova, 15 maggio 1565. Barb. lat. 5728, f. 187. Del resto Alfonso stesso si era prospettato con Malaspina dei rapporti non solo scolastici. Il Card, di Napoli a Sirleto, Napoli, 1° gennaio 1564. Car teggio n. 77.
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Cardinale riformatore
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dovette adattarsi ad una condizione di disagio nella Corte di Monteoliveto non eccessiva m a capace di scoraggiare chiunque vi fosse tenuto da prospettive di posizione confortevole.1 In quel momento il servizio del Carafa perseguitato non garantiva neppure il più lontano successo di carriera. Insieme con le lezioni di questo opportuno maestro, Alfonso riceveva anche i consigli di Sirleto per uno studio metodologico.2 L ’apprezzamento per la cultura che veniva accresciuto dalla consuetudine con tali uomini spiega anche il sofferto interesse per la Biblioteca Vaticana che ora sapeva più sicura perchè era nelle mani di un amico, Vitelli, delegato a rappresentarlo.3
Per
la
r if o r m a
della
D
io c e s i.
M etodo
e
r is u l t a t i
(1557-1565)
Più che di riforma è più giusto parlare di tentativi di riforma a proposito del governo di Alfonso Carafa. N on sarebbe diffìcile pre cisarne tutti i possibili dettagli, dato che non sono moltissimi stando alla documentazione, m a interessa assai di più la storia del suo metodo pastorale.4 Perciò si giudica indispensabile la conoscenza della formazione dei collaboratori del Cardinale di Napoli e in primo luogo dei più responsabili fra tutti i Vicari generali. Tanto più se si pensi alla sua vacanza dalla Sede dal 1557 al 1562, lunga per un Arcivescovo che visse solo 25 anni, e al fatto che egli non morti ficava gli uomini di Curia al rango di esecutori, m a una volta scelti lasciava loro l’iniziativa e la dignità di collaboratori, assumendone la responsabilità. Questo suo rispetto parve debolezza in qualche m omento, m a egli lo mantenne anche quando gli costò la guerra snaturata del padre, dei Carafa e di altri amici e quando questo suo sacrificio non era capito neppure dal Vicario generale per cui si batteva.5 1 Luigi Russo a Antonio Carafa, Cosenza, 18 giugno 1564. Barb. lat. 5729, 189 s. Appendice, p. 292. 2 II Card, di Napoli a Sirleto, Napoli, 1° gennaio 1564. Carteggio n. 77. 3 « ... bibliotheca vaticana, cuius in presens tempus R.mj D.ni bibliothecarij nomine curam gerimus». A tto camerale del Card. Vitelli. A SV , Divers. Gamer., Arm . 30, t. 217, f. 131v. Non ho insistito sulla attività di Alfonso Ca rafa come Cardinal Bibliotecario perchè un mio studio particolare su di essa è in corso di stampa. 4 Per una storia più larga e soprattutto per l’indicazione dei nuovi me todi pastorali mi rimetto al mio lavoro sulla Riforma cattolica a Napoli, già in preparazione da alcuni anni. M. Scaduto in « Arch. Histor. Soc., Jesu » X X V I (1958) 367.
s S antoro , Persecutione, 143.
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli D al 1557 al 1565 i suoi collaboratori per formazione si distin
guono chiaramente in due orientamenti, dei duri e dei non rigidi. N on basta determinarne la provenienza culturale, più teologica o più giuridica, quella ambientale, clero secolare o regolare, per caratterizzarne la prassi, perchè lavoravano a fianco per esempio domenicani, giuristi e teologi delle due diverse maniere. Bisulta invece certo, per la generazione di Alfonso Carafa e a Napoli, che i teatini erano nel gruppo dei duri per formazione e prove nienza a differenza dei gesuiti. M a anche per gli uomini di questi due Istituti non si possono trascurare le sfumature individuali e il loro rapporto con i superiori di Borna che spesso ne orientavano l’azione. Bim ane essenziale per tutti, trattandosi della Biforma, cogliere la loro sensibilità ai problemi spirituali quindi la pietà magari anche attraverso la loro devozione, come è possibile per Giulio Santoro, e la concezione tra Chiesa e società e tra ecclesiastici e laici. È caratteristica per esempio nei più duri, come in Luigi Campagna che poi fu anche il meno caritatevole, la tendenza a chiamare luterani coloro che non accettavano le proprie vedute anche quando esse erano così evidentemente tiranniche da non potersi giustificare come della Chiesa. D ’altra parte la seconda corrente non ebbe tutta la fortuna che meritava perchè non si era del tutto capito il significato del circolo di Giulia Gonzaga,1 cui confluivano i suoi uomini migliori come Pavesi e verso cui come per altre discusse questioni Alfonso Carafa non prese posizione. Anzi se si pensi che Lattanzio Benucci frequentava contemporaneamente la Corte del Carafa e il circolo della Gonzaga e lo sapevano tutti anche lui, si può concludere che l’Arci vescovo non trovasse da condannare le idee che si dibattevano in San Francesco delle monache.2*8
1 Santoro , Estratti, 133. 8 Santoro , Persecutione, 143. Giulia Gonzaga tranne qualche intervallo risiedeva nel monastero di S. Francesco delle Monache. Nel suo testamento questo Convento è al primo posto nella spartizione dei suoi beni. B. A m an te ,
Giulia Gonzaga contessa di Fondi e il movimento religioso femminile nel se colo X V I . Con due incisioni e motti documenti inediti. (Bologna 1896) 385 ss. Se un parente di Papa Carafa, Placido di Sangro, fu tra i più intimi discepoli della Gonzaga (J e d in , Scrinando, II, 638 ss.) Paolo IV e il nipote Carlo avevano dubitato della ortodossia di questa grande amica di prelati spirituali come Seripando, Pole, Pavesi. Solo la morte di Paolo I V le impedì più gravi dispiaceri. A mante , 378 ss. Sul monastero abitato dalla Gonzaga v. le precise informazioni di D e Stefano , 184, anche lui preso dal fascino della gran Signora. « Nel detto Monastero al presente dimora rillustrissima Donna Giulia di Gonzaga con tanta humiltà, che par proprio una dele sorelle, et vi fa molto bene ».
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Cardinale riformatore
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I Collaboratori Giulio Pavesi e Francesco Grammatico Notevole fu il contributo dato alla riforma a Napoli dal dome nicano Giulio Pavesi, Vicario generale di Alfonso Carafa. L ’ amicizia con Seripando è indicativa della sua concezione ecclesiastica,.1 Santi come Marinoni e Burali d’Arezzo ebbero fiducia in lui al pari di papi come Paolo I V e i suoi successori.2 Le sue incombenze come N un zio e come Collettore generale del Viceregno non gli inaridirono la speranza nella preghiera e la curiosità culturale,3 come l’apparte nenza all’ordine di San Domenico non gli fece chiudere gli occhi sulla funzionalità di altri Istituti. Lo si vide sopratutto nella scelta dei collaboratori nella Visita pastorale e per altro lavoro apostolico.45 Sciolto in una grande libertà cristiana, Pavesi affrontò i pro blemi con ampie vedute, sempre d’accordo con il suo giovane Arci vescovo, per il quale non è troppo dire che nutrisse stima e affetto.6 1 Per le fonti e la bibliografia del rapporto Seripando-Pavesi v. D e M aio ,
Origini, 30 ss. 2 V. avanti a p. 31. 3 Interessano le sue relazioni con due centri tipici di fervida vita reli giosa, la Sapienza ove le sorelle del Cardinale di Napoli e le altre suore prega vano per lui' e la Confraternita dei Bianchi di Giustizia cui chiedeva preghiera. Sue lettere del 20 luglio alla Priora della Sapienza, in M a g g io , Suor Maria 298 s. e del 20 dicembre 1561 ai fratelli bianchi in Arch, dei Bianchi in Napoli, Lettere e Scritture, I, f. 68. Per la biografia del Pavesi quest’ultima è di grande interesse. 4 Per i visitatori v. appresso a p. 155 s. La sua fiducia nei gesuiti appare anche dai suoi sforzi per affidare loro la cura spirituale della Casa dell’Annun ziai a a Napoli. D e Maio , Origini, 31. Il segretario di Pavesi fu Annibaie Ma rino, secondo che il 10 agosto 1561 costui sottofirmava l'imprimatur del Vicario al Collirium mentis, in quo pleraque Christi nomina ex veteri novoque testa mento excerpta, quibusdam scholis illustrata notantur... (Neapoli, J. M. Scottus 1562) del monaco cassinese Don V incenzo F lum ano . Tra i revisori di libri risulta il domenicano Marco da Castellammare come si rileva dal piccolo de creto steso per un’opera di Francesco Lombardo, uno dei più grandi amici di Alfonso Carafa e della riforma. Julius Pavesius etc. Tibi Joan. Franc, damus
amplissimam licentiam, et facultatem, ut imprimi facis Libellum de Balneis Puteol. simul cum Scholis tuis. Quum in illis (adhibita diligentia Beveren. Patris Ord. Praed. F . M arci Castri maris, Sacrae Theologiae Doctoris eximij, et catholici) nihil sit, quod Pietati christianae, et Fidei ortodoxae adversetur. Datum 6. Id. Febr. M D L IX , in Synopis authorum etc. (Neapoli. Cancer 1559). Su Marco da Castellammare che in S. Domenico maggiore ebbe Gior dano Bruno tra i suoi alunni v. Spam panato , 111 s., 119. 5 II suo entusiasmo lo comunicò anche al Seripando come risulta dalla lettera di costui al Card, di Napoli, Trento, novembre [posteriore al giorno 8] 1561. Bibl. Naz. di Napoli, A A X I I I 60, f. 24v; Appendice, p. 277.
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Alfonso Carata, Cardinale di Napoli
Pavesi fu un carattere felice, arguto franco e benevolo e fu amato da tutti.1 Ebbe in mano la Diocesi per quasi sette anni, di cui cinque a servizio di Alfonso Carafa. Insieme con Pavesi, in funzione di Luogotentente del Vicario, era in Curia Francesco Grammatico, figlio di un giurista noto anche come uomo di governo.2 L ’abbate Grammatico, come era detto, era il più strano e inte ressante uomo che si sappia. Teneramente celebrato da una poe tessa non sopportava facilmente contraddizioni specialmente quando gli venivano dai colleghi canonici, tanto che bisognò chiuderlo una volta nelle carceri della Vicaria dove suo padre era stato giudice e poi in quelle dell’Episcopio.3 Eppure un uomo coscienzioso come il Cardinale Santoro non esitò a proporlo a Pio V per la mitra. D ’altra parte Grammatico apparteneva alla Compagnia dei bianchi, dove la selezione dei soci era rigorosa e l ’esercizio della carità assi duo. Pavesi e Santoro ve lo trovarono quando anch’essi poterono entrarci. Quando sul finire dell’autunno 1561 Pavesi lasciò Napoli per Trento, Grammatico fu solo al governo fin che non giunse il nuovo Vicario generale Luigi Campagna.4 Non tutto ma il meglio di Gram1 Che fosse uomo di spirito risulta bene dal carteggio con Seripando per gli anni 1558-1561. Ivi, A A X I I I 63. Da Napoli non lo si voleva lasciar par tire a qualunque costo « si faceano tante contramire accioche non vertesse, et che s'ausavano tante forze et tanti favori per impedir la sua venuta ». Seripando a Giulia Gonzaga, Trento, 8 dicembre 1561. In J e d in , Seripando II, 639. Da Roma Seripando ebbe ordine, del resto inutile, di trattare con la più grande benevolenza Pavesi. Ivi. Il Cardinale Borromeo in seguito scrisse al nunzio a Napoli sul conto di Pavesi: « S. S.tà l’ama paternamente, et desidera di fargli ogni favore et gr.[ati]a possibile per le buone qualità sue ». Roma, 29 agosto 1562. A SV , Nunziat. di Napoli, 317A, f. 27. Lo stesso Pavesi aveva scritto a Napoli di essere trattato « molto paternamente » dal Papa Medici. Ai fratelli bianchi, Trento, 20 dicembre 1561, cit. Questi segni di stima non significarono, come per Campagna, che il Cardinale di Napoli ne facesse le spese. In questo caso Pavesi non avrebbe riscosso la simpatia di Pio V, che invece ebbe gran dissima. 2 Su Tommaso Grammatico v. D e F r e d e , 90 s.; Coniglio , 58 e soprat tutto L. G iu stin ian i , Memorie isteriche degli Scrittori legali del Regno di Napoli, II, (ivi 1787) 119 ss. Il Luogotenente di Pavesi dedicò al Viceré l’opera postuma di suo padre, stampata a Venezia nel 1562, In constitutionibus, capitulis et pragmaticis Regni Neap, additiones etc. 3 T e r r a c i n a , La prima parte, 82; Rime seconde (Firenze 1549) 25. Per la esemplare violenza intercorsa tra Grammatico e Orazio Bozzuto v. Arch. Ca pitol. di Napoli, sedute, 18 e 22 novembre 1563, Conclusioni I, f. l v ss. 4 II 19 febbraio 1562 lasciava il nulla osta (Datum in Palatio Archiep. Neapolit.) per un’opera che non era certo sullo stile di quella che a Napoli
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Cardinale riformatore
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matico risulta dalle informazioni che Santoro ne lasciò a Pio V e che discusse il 5 febbraio 1572. « L ’Abbate Gio. Fran.00 Grammatico prete Nap.[oleta]no fu altre volte ricordato alla S.[antità] Y .ra , persona d’anni 65 incirca (figlio già di Thomaso Grananti.00 Eegio Consiglierò giuraconsulto nominatiss.0 per l’op[er]e che ha lasciate in stampa, e più per e[sse]re stato sempre anchora in quelle favorevole alla libertà ecc.[lesiasti]ca) il quale essendo il Primo Diacono del Capitolo di Napoli per la sua buona vita e dottrina fu adoperato per visitatore e vicario generale sustituito [sic] in tempo della S.ta m e. di Paolo I I I I sotto il Card, di Pisa allhora Vicario di Napo. e sotto l’Arciv.vo di Sorrento insino al 1562 quando lasciata la sua dignità se ritirò in S. Giorgio della Molinara terra della dioc. di Benevento al servitio della Chiesa M a trice della q.[ua]le è Arciprete dove ha perseverato sino hoggi senza mai partirse, insegnando, predicando, e riducendo quella Chiesa in collegii, e continuo officio, ha dato e da molta edificatione di se e per la buona vita, e per l ’exempio, e per la cura e diligentia della sua chiesa; egli però non ha grado di doctore ».*1
Luigi Campagna Campagna era un calabrese di Eossano. Il suo servizio in casa di Alonso Carafa non fu spezzato neppure quando il suo signore fu recluso in Castello. Egli venne messo a parte di confidenze estre mamente rischiose come le proteste contro Pio I V .2 Era presente Alfonso al Concistoro del 5 dicembre 1561 quando Campagna ebbe la sede di Montepeloso. S’era interessato per lui Vitelli.3 Il Vicariato di Napoli non gli fu assegnato su designazione dell’Arcivescovo.4 stessa Telesio pubblicherà fra qualche anno. Stella salutis, indignus Presbyter
Jo. Dominicus De Nigris de animalium natura, et histor. exametro et pentametro carmine notata, cum allegoriis, et histories sacre pagine testimonio comprobatis (Neapoli, Excudebat E . Amatus, anno 1562). 1 S a n t o r o , Audientiae, I, f. 171. Pio V confuse Grammatico con Giro lamo Spinola, Ivi, f. 166. 2 V . avanti. 3 A S V , Acta Cam. 9, f. 58. 4 Che Campagna fosse imposto al Cardinale di Napoli risulta dal breve 16 maggio 1562, ove è detto anche che Carafa aveva già eseguito l’ordine. A m a b i l e , 264. Infatti il 18 aprile il Cardinale avvisa il cugino Vincenzo che il V i cario sta per raggiungere Napoli. Carteggio, n. 47. La nomina piacque a Pavesi. « Ho sentito contento dela provisione de Napoli judicandela bona per le optime qualità de Mone. Aloysio campagna » Pavesi al Card, di Napoli, Trento, 12 mag gio 1562. Vat lai. 6805, f. 189. Appendice, 280.
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli U n uomo dell’entourage di Carafa, che Pio I Y collocava molto
in alto, a meno che non si trattasse di Pavesi, doveva risultare equi voco.
Comunque
Campagna tradì il
suo Cardinale sicuramente
due anni dopo. In un momento in cui quel Cardinale era assai potente gli aveva così aperto l’animo: « non desidero altro al mondo ch’havere occasione di farle servitio, et mostrarle il mio sviscerato amore ».x Solo per circostanze indipendenti dalla sua volontà non riuscì a metterlo nelle mani del Papa. A veva combinato un piano sottile per annientarlo.1 2 Era bastante questo perchè Pio gesse e perchè divenisse insopportabile a Pio Y .3
IY
lo
predili
Campagna era giunto a questo punto perchè i Carafa, co minciando dal padre del Cardinale, non lo videro mai di buon occhio. Appena giunto a Napoli potè concludere dopo lunghe trattative svolte già dall’anno precedente l’affitto dei beni della mensa arcivescovile. Egli e Montebello firmarono il contratto il 23 giugno del ’62.4 Campagna, che intanto era a capo del Santo Officio nel Yiceregno,56 ebbe l’enorme torto di trasferire su tutti i rapporti il metodo inquisitoriale. Egli non sapeva trattare e non capiva niente della suscettibile fierezza dei signori napoletani, che egli indignò al massimo. Certe forme di cortesia che Della Casa gli avrebbe comandato come elementari, egli le trascurava con sussiego. Poi non lo tollerarono più quando in ognuno di loro prese a vedere un eretico. Anche quando nel meno benevolo dei modi i cavalieri gli consigliarono di cambiare tono, ricordandogli che a Napoli aveva a che fare con cittadini e non con
1 Campagna al Card, di Napoli, Fano, 22 novembre 1557, Vat. lat. 12086, f. 467. 2 S a n t o r o , Persecutione, 154 s ., 157. 8 Sulla nomina di Campagna a Commissario generale della Camera A po stolica mentre tramava la rovina del Card, di Napoli v. il breve 13 settembre 1564. A S Y , Arm . 42 t. 21, f . 227 s.; S a n t o r o , Persecutione, 157. Sulla ripugnanza di Pio V per Campagna testimonia Calegari. « Il Vesc.o di Montepeloso, che era fiscale, stette p.[rim]a con Napoli, et al tempo di Pio 4.to voltò mantello, et tradi i Caraffeschi, sendo andato à basciar i piedi à N . S. ne ha reportato un grosso rabufio, et se n’è ito alla sua residentia ». Calegari a Commendone, Roma, 22 gennaio 1566. A S Y , Lettere de' P rin cipi 23, f. 177. 4 C h i o c c a r e l l i , Antistitum Catalogus, 340. È da correggersi D e M a i o , Origini, 36 ohe ha 1561 invece che 1562. Sulle trattative fra i Carafa e Cam pagna dalla primavera del 1561 a quella seguente v. lettere del Cardinale di Napoli a Vincenzo Carafa, 12 e 17 aprile 1561, 21 febbraio 1562. Carteggio, 41. 6 A m a b i l e , 264 ss.
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Cardinale riformatore
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luterani, Campagna mostrò solo disprezzo.1 Si sentiva fin troppo sicuro perchè il Viceré lo riteneva l ’uomo dei tempi.2 Questo lo portò a prendere la mano anche all’Arcivescovo e si sapeva che certi spietati decreti per la tutela della fede, come egli li giustificava, erano tutta opera del Vicario.3 M a Alfonso non lo con dannava data la sua discrezione. La caparbietà di Campagna fu però più grande della pazienza di tutti e bisognò che abbandonasse la città per non lasciarci la vita.4 Il risentimento contro Napoli di questo suo collaboratore non poteva favorire la riforma del Cardinale. Campagna era duro e Ca rata l ’aveva già sperimentato in altri m om enti.5 Questa tendenza gli era favorita da Valerio Malvicino, un do menicano assai lontano dalle vedute di Pavesi.6
Giulio Antonio Santoro e Girolamo Spinola Dalle mani di Campagna il Vicariato passò in quelle di Giulio Antonio Santoro. Questo grande amico del Cardinale di Napoli, una delle più interessanti figure del secondo Cinquecento, si pre
1 Santoro , Estratto, 133. 2 Ivi, 135». 3 « ... el nostro calabrese insolente temmerario e precipitoso tratò di questa giustitia senza consultarsene con il car.le Campagna » vi è detto anche « calbrese scelerato » Vincenzo Carafa al fratello Antonio, Napoli, 11 marzo 1564 Barb. lat. 5729, f. 169 s. Vincenzo Carafa però era nemico personale di Campagna. San toro , Estratto, 137. Sui 2 (casi riservati da Campagna e che l’otto febbraio 1565 in Sinodo rivide e risusse v. A età et Decreta, 45 ss. 1 Ivi, 137». 6 Sulla sua durezza nella riforma del clero di Benevento e nei più avari consigli dati al Cardinale di Napoli che ne era Governatore per avvantaggiarsi delle pene pecuniarie contro gli Ebrei è esplicita una sua lettera allo stesso Alfonso Carafa, Benevento, 9 febbraio 1559. Vat. lat. 12086, f. 469 s. Dal 1° marzo 1559 Campagna risulta nella famiglia pontificia in posizione distinta, avendo diritto a 4 servitori e 2 cavalli. Muoio 34, f. 2». 6 Mal vicino già prima di Campagna era regio commissario per il libri. Spam panato , 229. Un nulla osta rilasciato dal Vicario e da lui nel 1563 è per l’opera del francescano L uigi V ulcano , Vera et nova Descrittione di tutta Terra Santa, et peregrinaggio del sacro monte Sinai. Compilata da verissimi autori dal ven. P. Frate L . V . dalla Padula (Napoli, G. M. Scotto 1563). Sulla parte cipazione di Malvicino alle feroci repressioni contro i valdesi v. E. P o n tie r i , A proposito della « Crociata » contro i valdesi di Calabria nel 1561 in N ei tempi grigi della storia d'Italia (Napoli 1957) 206 s.; M. Scadu to , Tra inquisitori e riformati. Le missioni dei gesuiti tra i Valdesi della Calabria e della Puglia in « Arch, histor. Soc. Jesu » X V (1946) 8, 65. Malvicino godè poi una certa stima di Pio V ma non di Santoro. S an toro , Audientiae, I, f. 166.
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Alfonso Carata, Cardinale di Napoli
senta allo storico in condizioni favorevoli perchè egli stesso fu un attento osservatore dei suoi fatti che fermò in Diari sostanzialmente sempre esatti tranne che, a volte, nei giudizi.1 Quando divenne Vicario la sua formazione era già definita tanto che nel Cardinale Santoro o di Santa Severina come più comune mente era chiamato, sarà possibile ritrovare il Vicario Generale del Cardinale di Napoli (1563-1565). L ’ambiente familiare agiato e religioso condizionò prima e fa vorì poi il suo orientamento culturale e ascetico. Ma il primo contatto con Napoli gettò il disorientamento nel ragazzo che lasciava una casa ordinata per una società che nel settore studentesco si offriva come seducente e devastatrice. Interessa notare che da questa crisi ne uscì con una reazione decisa che lo portò a un rigorismo quasi assoluto. N e derivò una tendenza che per un certo aspetto poteva avvicinarlo anche spiritualmente a Campagna se non fosse stata corretta dalla pietà perfino emotiva e dalle opere di carità. La sua cultura fu più a carattere giuridico che umanistico per quanto avesse frequentato la più tipica scuola di umanità che fosse in quel tempo a Napoli.2 F u infatti avvocato e per lo stesso pro cesso spirituale per cui allora Andrea Avellino e Paolo Burali d’Arezzo lasciavano il foro anch’egli lo lasciò. Prima che prendesse a gover nare ima diocesi. come fece a Caserta da vicario generale era stato
1 Oltre la sua Autobiografia e il Diario concistoriale editi e notissimi (per cui v. G. M e r c a t i , Del Diario del Cardinale di Santa Severina, in Opere M inori, II, 497 ss.; G. P a p a , A proposito dei Diari concistoriali del Cardinal Santoro in « Eiv. di Storia di Chiesa in Italia », V i l i (1954) 267 ss.) e le Audien tiae (per cui v. P a s t o r , V i l i , 619 s.; C. K o r o l e v s k i , Le udienze e relazioni
concistoriali del Cardinale Giulio Santoro per gli affari della Chirsa Orientale (1566-1602) in Supplemento allo « Stoudion » V (1928)-V III (1931) valorizzati largamente anche da D e M a i o , Origini, passim; I l Cardinale Santoro-, Un tea tino riformatore, nel presente lavoro sono stati utilizzati due altri Diari del Santoro, la cui importanza per la storia religiosa e sociale del Mezzogiorno e per quella· della Curia di Pio IV poteva già derivarsi dall’ampio sunto che ne aveva fatto il Birkner (v. avanti a p. I X ) ma non furono presi nella dovuta considerazione. Essi d’altronde risultano fondamentali per la biografia del Cardinale di Napoli e con ciò se ne giustifica il frequente ricorso. 2 S a n t o r o , Autobiografia, X I I , 328 ss.; D e M a i o , Il Cardinale Santoro, 219. Sulla scuola frequentata da Santoro (Autobiografia, X I I , 330) v. N. B a r o n e , Lucio Giov. Scappa grammatico napoletano del sec. X V I , in A SP N , X V I I I , 92-103; D e M a i o , Origini, 92 s. Giulio era figlio di Leonardo Santoro « dottore non solo di legge e di molta integrità e rettitudine » ma anche uomo politico e scrittore « in assai buon stile » come lo giudica il figlio. Autobiografia, 348. Su di lui v. S. V o l p i c e l l a nel Proemio a D ei successi del Sacco di Borna e guerra del Begno di Napoli sotto Latrech per Leonardo Santoro da Caserta (Napoli 1858).
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Cardinale riformatore
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anche fugacemente alla corte di Paolo I V in qualità di familiare di un uomo illibato qual era il canonico Agostino Campanile amico di Papa Carafa.1 Conobbe allora il sedicenne Alfonso Carafa. Egli rimarrà sempre devoto all’abate Agostino e lo porterà alla mitra.2 Perchè Santoro,
se
parve
ostinato
nelle
penitenze e nella lotta
all’eresia, fu tenace nell’amicizia. Questo è un elemento da mettere in rilievo per chi si interessa della storia del Cardinale di Napoli, la cui vita a un certo momento fu sospesa al filo della fedeltà di questo suo collaboratore. A Napoli era stato portato un po’ dal suo carattere che inaspriva le misure giustificate dal suo compito di Vicario generale provocan do una reazione che gli rese impossibile la vita a Caserta, un po’ perchè Arcivescovo e Viceré ne approfittarono per averselo più vi cino allo scopo di avvalersi della sua collaborazione.3 Finché rimase Luogotenente di Cam pagna4 Santoro ne parte cipò l’antipatia generale. Dopo però che fu implicato in quella specie di processo alla città che si tenne a Rom a nell’estate del ’ 64 rifiu-
1 Ruolo 28, f. 18. Santoro il 2 maggio 1556 lasciò Roma, dove era giunto Γ8 novembre 1553. Santobo , Autobiografia, X I I , 332. Sulla presenza nella Corte di Paolo IV , e prima ancora del Cardinale Giampietro, di Campanile « per sona di semplicissimi costumi e antica bontà », come lo chiama Santoro (ivi, 344) V . Ruolo 21, f. 2; 23, f. 8; 24, f. 27v; 31, f. 2V. Campanile lasciò il Vaticano quando nel marzo 1559 Paolo IV diede lo sfratto ai napoletani, perchè il 15 di cembre 1558 era ancora in Curia. Arch, di Stato di Roma, Mandati Camerali, 901, f. 89. Il 3 dicembre 1555 gli era stato lasciato l’indulto a conservare i frutti del canonicato napoletano, tranne le « distribuzioni quotidiane » nonostante l’ assenza abituale. A SV , Arm. 42 t. 6, f. 487 ss. 2 Giovanni Agostino Campanile ebbe la diocesi di Minori Γ8 agosto 1567, a istanza di Santoro che nella scelta dei vescovi era il consigliere quasi ufficiale di Pio V ( D e M a i o , Un teatino riformatore, 3, S a n t o b o , Autobiografia, X I I , 344; Eubel, III, 246. Sui rapporti tra Campanile e Santoro e Pio V, D e M a i o , Ori gini, 126; I l Cardinale Santoro, 223 s. 3 S a n t o b o , Autobiografia, X I I , 335 s.; Persecutione, 142. Potè avere una qualche conseguenza sulla formazione del giovanissimo Santoro il fatto che fosse per 9 anni (1555-1563, dai 23 ai 31 anni) Vicario generale di un uomo aperto come Agapito Bellomo che partecipò al Tridentino, su cui v. F. S n i e d e b s in D H G E , V II, 928; Lettere di P rincipi, III, 231 s s .; D. A . P e b i n i , Ono frio Panvinio e le sue opere (Roma 1899) 66; S a n t o b o , Autobiografia, 335. Bel lomo, nominato vescovo di Caserta il 5 dicembre 1554, il 4 gennaio successivo già prendeva possesso. E u b e l , III, 156. 4 Campagna lasciò Napoli il 23 aprile 1564. S a n t o b o , Estratto, 138. Già il 10 aprile 1564 si firmava Locumtenens Ill.m i et R.mi d.ni Cardinalis et archiep.i neap.ni, mentre il mese prima Locumtenens R.m i D .ni Vicari Neap.ni. Arch. Gen. della Curia in Napoli, Civilia (pro Gratia Candida) f. 4, 5, 6V, 7, 30. Alla luce di questi documenti è da rettificarsi D e M a i o , Origini, 47.
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
tando di uscirne potente come ne era uscito Campagna ma con il sacrificio della amicizia al suo giovane Cardinale, lo stato d’animo dei napoletani mutò in rapporto a lui.1 Aveva contribuito già prima un fatto di grande importanza nella sua vita e forse non è troppo dire nella storia religiosa della Capi tale, il suo ingresso nella Compagnia dei Bianchi della giustizia.2 Questa associazione dei più potenti e spesso più spirituali ecclesia stici e laici rimane uno dei fili conduttori per la scoperta e l ’inter pretazione della riforma di Alfonso Carafa e della riforma a Napoli in genere. Parenti e amici di questo Cardinale, a cominciare dal padre, erano soci di questa specie di Divino
Amore
napoletano.3
L ’assenza di Santoro durante il ricordato processo fu coperta da Girolamo Spinola, anch’egli di formazione giuridica. A veva già ispirato fiducia a Pavesi e perciò era entrato nel piccolo nucleo dei riformatori del 1555-1559. La sua franca amicizia con gesuiti e teatini4 ne indica la tendenza alla pietà operosa, tanto che entrò nella Compagnia dei Bian chi,5 come era quasi consuetudine tra gli amici di Alfonso Carafa e poi 1 Sul processo v. appresso, 173 ss. Per la presenza di Santoro nella let teratura napoletana v. D e M a i o , I l Cardinale Santoro, 222, 230. Un sonetto indirizzato a lui dalla Terracina è in None Rime, 56. L ’olivetano Alessandro Archirota, che era nel monastero dove Santoro risiedeva spesso insieme con Alfonso Carafa, più tardi gli dedicò un Discursus super evangeliis dominicalibus. Adventus et Quadragesimae (Florentiae, apud Sermartellium, 1587). Su Archirota v. A. M e r c a t i , Costituti, 33 s., 124 s.; F. C e r r e t a , Alessandro Piccolomtni Letterato e filosofo senese del Cinquecento (Siena, Accademia senese degli Intro nati 1960) 282 s. Quattro lettere (1571-1575) di Archirota al Card. Carafa sono in Barb. lat. 5728, f. 17 ss. 2 Vi entrò il giorno dopo che Poma lo eleggeva subdelegato del Santo Officio ( A m a b i l e , Documenti, 73) cioè il 16 aprile 1564. Arch, della Compagnia dei Bianchi in Napoli, Stipo I, Scrivani 1567, f. 2. In seguito divenne Protet tore della Compagnia. S a n t o r o , Autobiografia, X I I I , 154. 3 Sulla Compagnia v. F r a c e s c o S a v e r i o d a B r u s c i a n o , 166-228. * Il 28 giugno 1565 Spinola scriveva al nuovo generale della Compagnia Borgia: « Benedetto il Sig.r che se è degnato conceder V. p. E . per p.[ad]re a la sua benedetta compagnia, et poi che jo, uno de servi di quella benché indegno, mi trovo absente, con questa almeno mi par debito venire a basrle le manj, pregando il medesmo Sig.re che fiat in te spiritus duplex a gloria di M .tà sua, so che per la sua carità non bisogna che io preghi V. p. E . voglia favorirmi in tenerme nel medesimo grado che sempre li suoi antecessori si son degnati à tenerme ». A E S I, Neap. 127, f. 333. Per l’ amicizia di Spinola con i gesuiti v. anche le lettere di Mendoza a Laynez, 24 agosto 1561, di Spinola a Borgia, 17 feb braio 1565, di Hernandez a Borgia, 3 marzo 1565, in A E S I, Italia 118, f. 220; 126, f. 137, 206. Per l’amicizia con i teatini v. il testamento di Spinola, datato 13 settembre 1569, in Arch, dei Bianchi in Napoli, Stipo III, fase. 14, n. 19. 5 Spinola entrò fra i Bianchi il 2 marzo 1550. Ivi, Stipo I, Libro de' Scri vani 1567, f. 1.
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SA N C TO m V SJ^ X 'Τίίι
T p iira5. 3 3 v. 4 Acta et Decreta, 61 ss., 96, 179; D
b
M
a io
, Un teatino riformatore, I l s .
5 P e r i c r it e r i n e lla s c e lt a d e lle v o c a z io n i a lla S a p ie n z a v . la le tte r e d e lle s o re lle C a ra fa a l c u g in o C a rd in a le , a p r ile -o t t o b r e 1569, in Barb. lat. 5 7 3 9 , f. 8 7 , 93, 105, 238.
Su u n a v o c a z io n e e c c e z io n a le , C a ssa n d ra M a rch ese, e n tr a ta a lla
S a p ie n z a n e l 1543 e m o r t a v i il 1569, v . E . N
u n z ia n t e
,
U n divorzio al tempo
di Leone X . Quaranta lettere inedite di Jacopo Sannazzaro (R o m a 1887). 3 P e r il n u o v o c r it e r io d i tr a t ta r e la q u e s tio n e d e lle m o n a c h e
a N a p o li
s o n o fo n d a m e n t a li d u e le t te r e c h e g li E le t t i d e lla c it t à in v ia n o a l P a p a il 6 g iu g n o 1 5 9 0 e i l 28 f e b b r a io 1 5 9 1, in A S Y , Nunziat. di N apoli, v o i. 13, f. 7, 13 e u n ’ o p e r a d e l d o m e n ic a n o r if o r m a t o A
m b r o g io
d i
N
a p o l i,
Trattato della R eli
gione, utilissimo per conoscere la vera vocatione, et altre cose appartenenti à questo stato (N a p o li, C a rlin o e P a c e , 15 9 3).
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168
Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
sione tridentina sulla residenza dei v esco v i1 non doveva aspettarsi l ’acquiescenza del Papa per il suo gesto anche grave giuridicamente. Non s’accorse che il silenzio di Pio I Y era solo politico e l’interpre tazione che mostrò darne era troppo ingenua per essere la vera. Quando più tardi Pio I Y si dichiarò dichiarò, per Alfonso ciò non poteva avere più importanza perchè era morto e perchè già prima per suo conto aveva scoperto il vero stato d’animo del Pontefice attraverso fatti così pesantemente odiosi che egli non dubitò di valutarli come fili logici di una rete di persecuzione. Qualche mese dopo il suo arrivo a Napoli informava il cugino Antonio sopra suoi « travagli et fastidij » che definì « soliti ».2 Certo nella questione del monastero di San Festo che da allora prese a trattare non ebbe da Rom a la più elegante comprensione. L ’episodio, date le circostanze, non può riferirsi come un caso di Curia, dove spesso l’efficacia pastorale è sacrificata in favore della tradizione giuridica. Pio I V prese a stendere la sua rete intorno all’Arcivescovo per ria verlo a R om a, mentre rimaneva sempre aperta la caccia all’altro Carafa, il futuro Cardinale Antonio, cui il 13 novembre Alfonso scriveva: « devono considerar in che stato mi trovo ».3 La stessa espressione il mese dopo concludeva una sua lettera a Filippo II. Egli si richiamò alla potenza e alla pietà del Re Cattolico; se ogni suddito poteva sentirsi sicuro all’ombra di quell’imperatore giusto e saggio, egli come Carafa e per convinzione personale non avrebbe m otivi di temere; del resto osservava: « per qual cagione io suo fide lissimo suggetto, percosso e spaventato da tanti e così gravi acci denti, non devo fermamente promettermi di ritrovar hora e sempre in Vostra Maestà questa medesima pietà e cortesia? »; infine chie deva al Sovrano la salvezza. L ’urgenza di questo « segnalato favore » gliel’avrebbe espressa il suo segretario.4 Anche questa volta Paolo Filonardi, forse più che la retorica epistola, fu abile ed efficace. Filippo I I aveva ricevuto anche commoventi sollecitazioni dal Viceré che gli descriveva la « santa » vita del Cardinale e i frutti che scaturivano dalla sua presenza a Napoli. Come padre del Vescovo di Badajoz e come spagnolo poteva decantare il fatto della resi denza del Cardinale di Napoli sapendo la immensa simpatia che ne 1 P a v e s i il 12 m a g g io 1562 scrisse a l C a rd , d i N a p o li p r o p r io p e r a s s icu ra rlo s u lle su e in te n z io n i c ir c a la r e s id e n z a , d o p o
ch e a
R om a
se n e era in
a lla rm e . V a t. lat. 6 8 0 5 , f. 188 s. 2 II C a rd in a le d i N a p o li a A n t o n io C a ra fa , N a p o li, 10 m a r z o
1563. C a r
teggio, n . 67.
3 Carteggio, n . 71. 4 II C a rd in a le d i N a p o li a F ilip p o I I , N a p o li, 8 d ic e m b r e . Carteggio, n. 74.
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Cardinale riformatore
169
avrebbe preso quel R e .12 Il quale intervenne immediatamente. A l Papa « alla reale », come osservò un Carafa, chiese di lasciare Alfonso a Napoli e « con gentil passo » gli ricordò il conclave del 59 e a chi doveva la sua elezione. Borromeo si affrettò a scrivere al Cardinale che stesse tranquillo perchè al Papa era mancato quell’urgente bi sogno di averselo in Curia. Alfonso sembrò rassicurato. A l principio di gennaio i Carafa credettero che tutto fosse finito così.8 Filippo I I da parte sua ritornò alla carica con R om a e ingiunse al Viceré di proteggere il Cardinale a ogni costo e di favorirlo in tutte le maniere.3 N on era ancora giunto questo dispaccio da Barcellona dove Filippo l ’aveva steso che la posizione di Alfonso Carafa a N a poli Sé non era più così pericolosa, era però diventata assai diffìcile. Il 1° marzo Campagna condannò per eresia il poeta casertano Gianfrancesco Alois e l’aversano Gianbernardino Gargano e li passò al braccio secolare.4 Tre giorni dopo entrambi pendevano dalla forca in Piazza Mercato. « A l quale spettaculo concorse tutta questa cità con lo giubilo grande e con satisfattione e allegrezza di chiunque lo vedde ».5* Era così Napoli. Quindici giorni dopo prendeva le armi contro chi aveva condannato Alois e Gargano. Il fatto che costoro fos
1 R.
R
L
obres
luch
,
San
Juan de Ribera Patriarca de Antiochia A rzo-
bispo y Virrey de Valencia 1 5 32 -1 611 . Un obispo segùn el ideal de Trento ( B a r c e lo n a 1 9 6 0) 4 9 ss. 2 V in c e n z o C a ra fa a s u o fr a t e llo A n t o n io , N a p o li, 9 g e n n a io 1564. Barb, lat. 5 7 2 9 , f. 154. 3 F ilip p o
I I a l V ic e r é d i N a p o li, B a r c e llo n a , 22 m a r z o
1564. S im a n ca s .
A r c h iv o G e n e ra l, E 1053, f. 141. Appendice, 4 San
toro
Estratto,
,
1 3 2 v; Persecutione,
142.
A lo is
e ra
sta to
a rre s ta to
n e ll’ o t t o b r e 1562 e il s u o p r o c e s s o f u is tr u it o d a l R e g g e n t e V illa n i « d e p u t a t o a q .t i n e g o t ji d e lla F e d e »; v i p r e s e p a r t e a n c h e S a n to r o , Persecutione, 140 ss. L a s c o p e r t a d e l D ia r io d i S a n to r o (Persecutione, 1 4 0 v) r is o lv e a n c h e il s ig n i fic a t o d i u n a a llu s io n e d i A lf o n s o C a m b i in u n a su a le t te r a a P a o lo M a n u z io d el 24 o tto b re G.
Cappe
1 5 6 2, « si r it r o v a n e ’ te r m in i c h e s ta p e r l ’ a ltr u i m a lig n it à ».
l l e t t i,
Gianfrancesco A lo is e l’agitazione napoletana dell’anno 1564
contro la Inquisizione. Studio con documenti inediti (U r b in o
1913) 31. C a m b i
c o m e m o ltis s im i a N a p o li e a C a s e rta a t t r ib u iv a n o a S a n to r o la d is g r a z ia d e l p o e t a . S u V illa n i v . N . C o r t e s e , I Ricordi di un avvocato napoletano del S ei cento, Francesco d’Andrea (N a p o li 1923) 2 56 s .; p e r la s u a a m ic iz ia c o n Serip a n d o v . u n a le t t e r a d e ll’ a g o s tin ia n o a lu i d a T r e n t o , N a z . d i N a p o li, X I I I G. B
o n a g l ia
A A 60, f .
12 m a r z o 1561. B ib l.
91; V illa n i e ra c u g in o d i B u r a li d ’ A r e z z o ,
, Vita del beato Paolo Burali ( R o m a
1 7 7 2) 11.
5 V in c e n z o C a ra fa a) fr a t e llo A n t o n io , N a p o li, 1 1 m a r z o 1 5 6 4 . Barb. lat. 5 7 2 9 , f. 1 6 9 ; a n c h e S a n t o r o r ife r is c e su lla p a r t e c ip a z io n e p o p o la r e a l tr a g ic o s p e t t a c o lo d i P ia z z a M e r c a t o , Estratto, 1 3 2 v. C o n tr a r ia m e n t e a u n a r e la z io n e u fficia le in v ia t a a F ilip p o I I i l 7 m a r z o (in C a p p e l l e t t i , o. c . 3 6 ) S a n to r o p a r la di· « s p a v e n to d e lla C ittà d i N a p o li » p r e s o a q u e lla e s e c u z io n e . Persecutione, 1 4 2 .
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Alfonso Carata, Cardinale di Napoli
170
sero nobili anche se non titolati e Alois appartenesse al Circolo della Gonzaga e alla Compagnia dei B ia n ch i1 spiega l ’amaro risenti mento che ne derivò in una parte della città, che a quattro giorni dalla cristiana morte2 dei due condannati esplose in maniera irrepa rabile quando il Vicario emanò un provocatorio editto per la confisca dei beni dei giustiziati contrario perfino a un breve di Giulio II I. Mentre il governo eseguiva quella sentenza il Vicario fece affig gere in Duom o un secondo editto con il quale si ingiungeva a un certo numero di persone ritenute sospette che entro 6 giorni dovessero comparirgli innanzi per giustificarsi, pena la perdita dei beni.3 Allora scesero in piazza il Marchese di Vico, il padre del Cardinale, il Marchese di S. Lucido e suo fratello Mario Carafa, Francesco e Ottaviano
Carafa,
Mario
Galeota, Placido
di Sangro,
Lattanzio
Benucci. F u un pregiudizio che l’agitazione la manovrasse il Marchese di Vico che a Napoli era « mostrato a dito » come figlio di Galeazzo Caracciolo4 e che Galeota, di Sangro e Benucci fossero della cerchia di Giulia Gonzaga. Santoro, come naturalmente Campagna, vollero considerarla come una manovra di eretici. Eppure tra i suoi capi figura colui che fra un anno e mezzo sarà Arcivescovo di Napoli e suo fratello Ferrante che non solo trasferì la sua fede sul piano della carità m a la celebrò in versi fin troppo copiosi.5 La protesta si estese in maniera rapida e vasta divenendo po polare. Mentre Girolamo Spinola prendeva cura della vedova e degli orfani Alois,6 Campagna non fece un gesto per contribuire alla calma. 1 S u l d ’ A lo is c o m e
p o e t a v . C a p p e l l e t t i , o.
c.
24 s .; A
m m ir a t o
, I l Bota,
4 9 3 -5 1 1 ; B . C r o c e , N apoli nella descrizione dei poeti, in « N a p o l i n o b ilis s . » I I I (1 8 9 4 )
159 s. P e r a ltr e in fo r m a z io n i s u l d ’ A lo is , G . D
di storia napoletana (N a p o li 1908) 1 -2 4 ; A . B
o r z e l l i,
e
B
l a s iis
, in
Bacconti
Giovan Francesco de A lois
fatto morire in Piazza Mercato (N a p o li 19 4 0). 3 « L ’ A lo is s o s te n n e la m o r t e c o n a n im o c o s t a n t e , s e d a t o e t f o r t e e t p a r v e m o lt o c o n t r it o , m a il G a rg a n o n e l a n d a r à m o r t e m o s t r ò v ilt à ». S a n t o r o , P er secutione, 142; e n tr a m b i m o r ir o n o « p e n t it i e t c o n v e r t it i ». Estratto, 1 3 2 v. A lo is f u a s s is tito s u l p a lc o d a l d o m e n ic a n o G ir o la m o d a P a le r m o , d e lla C o m p a g n ia d e i B ia n c h i. S a n t o r o , Persecutione, 1 5 5 v, A r c h , d e i B ia n c h i d i N a p o li Cata logo dei fratelli defunti. B is o g n a c o r r e g g e r e C o s t o e q u in d i B
u l if o n
8 V in c e n z o
(1 6 ), S u m m o n t e
(IV , 342)
(4 0 ) c h e n e d e r iv a , s u lla d a t a d e lla m o r t e d i A lo is .
C a ra fa
a l fr a t e llo
A n t o n io ,
N a p o li,
11
m arzo
1 564?
Barb,
lat. 5 7 2 9 , f . 169; C o s t o , 16. * S u C o la n to n io C a r a c c io lo , p r im o g e n ito d i G a le a z z o v . B . C r o c e
C r it ic a » X X X I
in « L a
(1 9 3 3 ) 3 2 9 ss.
6 P e r g li s c r it t i re lig io s i d i F e r r a n t e C a ra fa v . T
eja d a
, III,
9 8 ss.
8 T e s t a m e n to d i G . S p in o la . A r c h , d e i B ia n c h i in N a p o li, S t ip o I I I fa s e . 14 n . 19.
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-Γ
Cardinale riformatore
171
Egli aveva già dato altre prove di durezza come nella riserva dei casi.1 D al 10 al 19 i Seggi tennero piazza. Quello di Capuana I’ l l inviò al Viceré e al Cardinale la sua delibera per l ’espulsione del Vicario. Poiché questa non seguì neppure dopo che il 20 gli E letti rinnova rono la richiesta parve evidente che i due fori si fossero accordati per introdurre l ’Inquisizione nella Capitale, e si presero le armi.2 L a condizione del giovane Cardinale diveniva di giorno in giorno più pietosa. Tutti premevano su di lui. Suo padre, i Carafa, nobiltà e popolo lo accusavano di tradimento per non licenziare il « Cala brese insolente » come chiamavano C am pagna;3 questi e il Viceré lo accusavano di essere con l ’altra parte per non opporsi magari duramente, cioè alla loro maniera come intendevano, alla rivolta. Già 1 Ί 1 marzo Vincenzo Carafa scriveva a Padova a suo fratello Antonio: « stava il cardinale otto giorni sono con benevolentia uni versale adorato da tutti, amato dal Viceré e da tutti i ministrj del Re e adesso havrà da usar con una parte e con l ’altra ». Nessuno ora poteva credere che agli editti del Vicario il Cardinale fosse del tutto estraneo.4 D ’altra parte egli fu troppo remissivo
con
Campagna
che si sentiva tanto più sicuro in quanto era apprezzato senza ri serva dal Viceré. U na prova della pregiudizievole indecisione che lo caratterizzò in questi momenti, ove s’imponeva una condotta sicura, Alfonso la diede il 22
marzo quando
a Monteoliveto gli si presentò Cam
pagna. Poiché si era potuto vedere l ’ originale del breve di Giulio I I I , a tutta Napoli fu evidente l ’arbitrio del Vicario. Egli però come al solito sapeva rispondere solo con l ’ostinato disprezzo. Santoro che fu in quegli avvenimenti notava: « il Vicario mostra cuore et ardire et dice al signor Cardinale quello che fare dovesse et dire ». N on aveva ancora concluso la sua sfacciata imbeccata che giunse in Epicopio Montebello. Egli che per temperamento era collerico, alla vista di Campagna perdette il controllo ed esplose 1 II n u m e r o d e i ca s i r is e r v a t i e la m a n ie ra d i es e g u irli a v e v a
p ro v o ca to
u n r is e n tim e n t o g ra n d is s im o c o n l ’ in e v ita b ile s o s p e t t o c h e co s titu is s e r o la p r e m e s s a d e lla I n q u is iz io n e s p a g n o la a N a p o li. A c ta et D ecreta , 4 4 ss. 2 Sa n
toro
, E stratto,
1 3 3 v. Il 2 3
m a r z o d a N a p o li si r ife r iv a
a lla C o rte :
« se a n p e r s u a d id o q u e les q u iè r e n p o n e r a n p u e s t o la y n q u is ic io n q u e t a n t o o d ia n y t o d o s u n a n im e s d iz e n q u e se d e x a r a n m a t a r y h a z e r m ile p ie c a s a n tes q u e le c o n s ie n t a n ». G io v a n n i C a p a t o a l s e g r e ta r io d e l C o n s ig lio d i M a d r id F r a n c e s c o d e G ra s o , N a p o li, 2 3 m a r z o 1 5 6 4 . S im a n ca s , A r c h iv o G e n e ra l, E f.
1053,
40.
3 S antoro , P ersecu tion e,
143;
V in c e n z o C a ra fa
a l fr a t e llo A n t o n io , N a
p o li , 1 1 m a r z o 1 5 6 4 c it . A p p e n d ic e , 4 I v i.
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172
Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
in una sfogata furiosa accomunando al Vicario anche suo figlio. D a quel momento a Monteoliveto e alla Vicaria le visite degli Eletti si succedevano a quelle del Vicario, queste con più successo. Il Viceré nonostante che la domenica delle Palme 27 marzo avesse ricevuto con insolita freddezza il Cardinale, avvertì Montebello di non pregiudicare suo figlio con la sua solita mancanza di giudizio.1 Ma Antonio Carafa non era uomo da entrare in questa ragione. Pro prio allora un suo parente faceva il parallelo tra la miseria del Car dinale e il fatto che suo padre se ne divorava le rendite ecclesiastiche.2* D a parte sua il Viceré fece di tutto per non compromettere il gio vane Arcivescovo; il quale si accorgerà ben presto che Eibera gli era rimasto « padre ».s II Viceré fu tollerante anche quando il Car dinale si associò ai Seggi nella richiesta liquidazione del Vicario. Alfonso tuttavia non volle dare l ’impressione di aver ceduto alla piazza; chiese la mediazione di Paolo Burali d’Arezzo, il teatino santo e popolare già designato a portare a Madrid la protesta e la speranza della città. Se Burali almeno fino all’intervento del
Cardinale B orrom eo4
potè declinare quella designazione accolse invece l ’incarico di fidu cia del Cardinale e convinse il Viceré di non ostinarsi a m ante 1 San toro , Estratto, 1 3 3 v. 2 « I l C a r.le d a p a s c h a in q u i è r id o t t o in g ra n n e ce s s ità p e r c h è si p r e t e n d o n o le p r o v is io n i d e l p a p a , il M a rch e s e si h a m a g n ia te t u t t e le e n tr a te d e lo A r c h ie p is c h o p a t o t a n t o le p a s s a te c o m e l e fu t u r e s ic o m e f a n n o q u e lli d i M o n t e fa lc o n e c h e si m à g n ia n o i g r a n j ». V in c e n z o C a ra fa a l fr a t e llo A n t o n io [s. d . m a p r im a v e r a 1 5 6 4 ] in Barb. lat. 5 7 2 9 , f. 1 6 8 . D o c u m e n t i s u l M a rch e s e c o m e affìctator fructuum reddituum et proventuum mense Arch, neap., s o n o c it a t i in D
e
M
a io
, Origini, 7 6 ,
88,
9 9 s.
2 S antoro , Estratto, 135; T e s t a m e n t o in A ppendice, 2 6 9 s. E r a n o t o c h e il C a rd in a le a v e s s e u n a g r a n d e in flu e n z a s u l V ic e r é c h e p u r e p a s s a v a p e r u o m o
« tirato in fatto di favori » (G . H e r n a n d e z a B o r g ia , N a p o li, 22 a p r ile 15 6 5, A R S I , Italia 127, f . 9 9 ); Barb. lat. 5 7 2 9 , f . 165. San toro , Estratto, 130; d e lla « g ra n v o lu n t à c h e t e n e a d e s e r v ir a l C a rd in a le » r ife r iv a a n c h e S a lm e r o n a A n t o n io C a ra fa , N a p o li, 16 o t t o b r e 1565, Salm eron , Epistolae, I I , 43 s .; m a lo ste s s o A n t o n io e r a s t a t o in fo r m a t o d a l fr a t e llo V in c e n z o c h e il V ic e r é a m a v a i l C a r d in a le « p iù c h e fig lio ». Barb. lat. 5 7 2 9 , f. 169. M o r t o i l C a rd in a le il V ic e r é n e c o n t in u ò la p r o t e z io n e s u l p a d r e e s u l S a n to r o . Ser ra n o , 1 , 109; San toro , A u tobiografia, X I I , 3 3 8 . N e lla le t t e r a t u r a n a p o le ta n a d e l C in q u e c e n to P e d r o E n r i q u e z y A f â n d e R ib e r a y P o r t o c a r r e r o p a s s ò c o m e u o m o d u r o m a g iu s to . A m m i ra to , I l Bota, 4 4 2 ss.;
R ota , I I , 15 3 , 175, 2 0 2 , 2 0 5 , 2 1 6 , 2 1 8 , 2 2 2 , 2 6 0 ; a ltr e (1 8 8 0 ) 170 s .; D e M aio , Origini, 83. B ib lio g r a fia su d i lu i in R . R obres L luch , San Juan de Bibera (B a r c e lo n a 1 9 6 0) 10 s. te s t im o n ia n z e in A S P N , V
4 S u lle v ic e n d e d e lla d e s ig n a z io n e e d e lla a m b a s c e r ia
d e l B u r a li i l la v o r o
p iù r e c e n te e p iù n o t e v o le è q u e llo d i E . P o n tie ri , L'agitazione napoletana del 1 5 64 contro il Tribunale dell'Inquisizione e la missione del teatino Paolo d’Arezzo
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Cardinale riformatore
173
nere a Napoli Campagna, che d’altra per proprio conto parte si era convinto che partire era la più logica e la più utile soluzione. Per quanto però
avesse chiesto a Paolo Filonardi un certificato di
benservito, egli non partiva. Anche questo contribuiva a tenere gli animi esasperati al massimo. A Piazza dell’Olmo il 27 marzo un italiano e uno spagnolo sce sero a duello lasciando la vita presso la creduta casa di S. Gennaro. N on si dubitava, ora che il primo sangue era caduto, che anche quello di Campagna fosse in pericolo. Due giorni dopo il duello sotto le mura di Monteoliveto ci furono archibugiate dimostrative.*1 Il V i cario lasciò il monastero ma non
ancora Napoli.
Quando
poi il
24 aprile partì finalmente, Alfonso non potè partecipare alla gene rale letizia. « Alli 23, osservava Santoro, Mons. Campagna domanda s’imbarca su le galere con le robe, e con le mule, et la mattina se guente lunedì parte per Rom a, smonta a Terracina et accompagnato da cinquanta Archibugieri spagnoli fino a Piperno, si fanno diversi giudizij su la persona sua, tutti in publico giubilano altri temono con ragione conoscendo il cervello torbido et audace del Campagna, et il Cardinal non sta riposato d’animo, dubitando che il Campagna faccia in R om a sinistro offitio contro di lui ».2 Alfonso tuttavia non presentì fino a che punto il « Calabrese scellerato » come brutalmente Vincenzo Carata chiamò Campagna, avrebbe spinto la sua vendetta. Questa non ebbe tutto il suo suc cesso perchè Filippo I I mantenne la protezione sul Cardinale. Pro prio il 6 aprile, a 10 giorni dalla sua ordinazione sacerdotale, arri varono a Napoli lettere del Re in suo favore.3 Le iniziative di Campagna furono insperatamente favorite da una manovra ispirata anch’essa dalla vendetta. Certo Ortensio Abbaticchio, medico di Cotrufiano in Terra di Otranto, fatto arrestare il 4 aprile per mandato del Cardinale insieme con altri numerosi inquisiti tra cui il più rinomato medico Barto-
presso F ilip p o I I , in N ei tempi grigi della storia d’Italia, 2 ° ed. (N a p o li 1957) 2 3 1 -2 8 8 , c o n la o p p o r t u n a r e t tific a d e l g iu d iz io d i A m a b ile . A n c h e p e r q u e s to a v v e n im e n t o il D iario e l’Estratto d e l S a n to r o c h e q u i si v a lo r iz z a n o b is o g n a c o n s id e r a r li c o m e f o n d a m e n t a li e p e r la p a r t e c h e v i e b b e r o a lc u n i p e r s o n a g g i com e
P rosp ero
V it a g lia n o ,
M a r c e llo
S e r ip a n d o , il d o m e n ic a n o
G ir o la m o
da
P a le r m o in d is p e n s a b ili. 1 San
toro
, Estratto,
1 3 6 ; Persecutione,
147.
2 San toro , Estratto, 138. A B o r n a la s u a p a r t e n z a f u r it e n u ta u n a fu g a ; si r it e n e v a a n c h e c h e d iv e r s a m e n t e C a m p a g n a s a r e b b e s ta t o a m m a z z a t o . T o n in a a l D u c a , R o m a , 3 m a g g io 1564. A r c h , d i S t a to d i M a n to v a . Gonzaga 894. * San
toro
, Estratto,
1 3 7 T.
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
lomeo Maranta,1 ordì una calunnia così verosimile che per le circo stanze al Santoro apparve « congiura ». Il Cardinale gli avrebbe chiesto uno speciale veleno per eliminare Pio I Y . La richiesta gli sarebbe stata avanzata attraverso Paolo Flavio. Più che da conni venti Santoro e Campagna venivano implicati come fautori della congiura. F u una fortuna che Campagna vi fosse implicato, così dovette associarsi nella difesa anche l’odiato Cardinale. Il quale fu preso da forte paura quando in giugno Michele Ghislieri gli si gnificò l ’ordine del Papa che Santoro raggiungesse il Vaticano. Sia lui sia più velatamente il Viceré sconsigliarono Santoro di partire. Quest’uomo però che aveva affrontato tempeste meno solenni ma non meno pericolose decise di rischiare la vita fiducioso nella verità.2 Si affidò alle preghiere di Salmeron, dei cappuccini Bernardino di Cilento e Bernardino di S. Martino, delle bambine dell’Annunziata, di altre sante anime e partì per R om a raggiungendola il 6 luglio ospitato nel palazzo Orsini del suo Cardinale.3 L ’atto di coraggio di Santoro, assai apprezzato da Ghislieri,4 valse molto per una più serena inchiesta che si aprì il 20 luglio. Sin dai primi interrogatori Santoro si avvide che il processo non era più a lui o a Campagna ma solo a Carafa. « Si andò immaginando che questa macchina di congiura era aggirata da mano potente, et che tirava alla rovina del Cardinale di Napoli ».5 Giustamente si è parlato di secondo processo Carafa.6
1 San l im e n e
toro
, Persecutione,
1 4 3 v, p a s s im . Su
B a r t o lo m e o
M a ra n ta , G . S o
, Un umanista venosino (B . M .) giudica Tiziano ( N a p o li, S o c. E d . A s p e t t i
L e t t e r a r i, 1952) c o n la re c e n s io n e d i T . P
e d io
in « A r c h . S to r. P u g lie s e », I X
(1 9 5 6 ) f. I - I V , 1 6 7 -7 2 . In f a t t o d i v e le n i M a r a n ta e ra u n o s p e cia lis ta . U n a n n o d o p o la m o r t e u scì il s u o Della Theriaca et del Mithridato. L ibri due. N ei quali s’insegna il vero modo di comporre i suddetti antitodi (V e n e z ia , O lm o ,
1572).
G ir o la m o R u s c e lli l ’ a v e v a d e s c r it t o a F ilip p o I I c o m e « d e ’ p r im i m e d ic i, e t filo so fi d ’ E u r o p a , e t p r in c ip a lm e n te n e lle c o s e d e ’ s im p lic i ». Lettere di P rin cipi I, 228. Su M a r a n ta m e d ic o e b o t a n ic o (l’ in te r e s s a n te fe lc e Notholoena Marantae p r e n d e n o m e d a lu i) v . G . B . D
e
T
o n i,
N u ovi documenti sulla vita e sul carteggio
di Bartolomeo Maranta medico e semplicista del secolo X V I in « A t t i d e l R. I s t i t u t o V e n e to d i S cie n z e , L e t t e r e e d A r t i » , 7 1 , I I (1 9 1 1 -1 9 1 2 ) 1 5 0 5 -1 5 6 4 . A n c h e u n fr a t e llo d i M a ra n ta , L u c io , c h e e ra s ta t o a l C o n c ilio c o m e v e s c o v o d i L a v e llo f u im p lic a t o n e l p r o c e s s o . S a n t o r o , Persecutione, 151. 2 Sa n
toro
, Persecutione,
1 4 4 v.
3 S a n t o r o , Persecutione, 145; Autobiografia, X I I , 337. 4 Sa n
toro
, Persecutione,
146.
5 Sa n
toro
, Persecutione,
1 4 6 v.
6 B
ir k n e r
,
B in
zweiter
Carafaprozess
unter P iu s
IV .
L ’ a.
con d a n n a
C a m p a g n a , in d ic a « l ’ in d e c is io n e d e l C a rd in a le d i N a p o li e l ’ e le v a t o c o m p o r t a m e n to d i S a n to r o » .
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Lettera originale del quindicenne Alfonso Carata allo zio Cardinale Carlo. C a r te g g io η .
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Lettera originale del Cardinale di Napoli scritta al cugino Vincenzo pochi giorni prima della sua morte. Carteggio n. 92
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Carteggio
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n’eravamo punto in dubbio conoscendo la lor bontà e virtù. Nondimeno ci è stato gratissimo questa dimostrazion del contento che hanno ricevuto dell’elezzione fatta da N. S.re in persona nostra alla amministrazione di cotesta honoratiss.a chiesa; della quale habbiamo sentito per molti ri spetti molto piacere, ma particolarmente per l’honorata compagnia delle S. Y. sperando che dall’essempio dell’honesta e religiosa vita loro habbino à trarvi grandiss.o frutto gli altri nostri figli spirituali co’ servicio di Dio, con honore e sodisfacione di S. B.ne e nostro. Alla qual cosa le essortiamo co’ tutto l’animo, e speriamo in Dio benedetto ch’elle reste ranno similm.te sodisfatte dell’opera nostra. E ci offeriamo paratiss.i sem pre à ogni loro commodo e benefizio; che N. S.re Dio le conservi feli cemente, di Roma alii ij d’Ottobre LVII. Come fratello il Car.le di Napoli 4. All’Arcivescovo Seripando Napoli, Bibliot. Nazion., X I I I 4 1
56, f. 76.
Roma, 26 febbraio 1558.
Molto Reverendo Mons.re come fratello. Il S.r Giovanantonio Valva mio cariss.o familiare, hà ottenuto grazia da N. S.re dell’Archidioconato di cotesta città di Salerno, del quale manda hora fintanto che n’espedisce le Bolle à pigliarne il possesso con una lettera camerale, et perche desi dero per il servitio grato che tuttavia ricevo da lui, che non sia impedito da niss.o, et goda il frutto della grazia che gli è stata fatta pacificam.te, come si conviene, sarà contenta la S. V. pigliare la sua protettione, et favorirlo cosi nell’ottenerne la poss.ne, et mantenercelo, come in ogni altra sua occorrenza rendendosi certa che ne riceverò grandiss.o piacere, et terrò quella riconoscenza che si richiede all’amorevolezza et cortesia di V. S. alla quale con tutto l’animo me le offero paratiss.o sempre. Di Roma allj 26 di febraro 1558. Di Y. S. R. Come fratello il Car.le di Napoli 5. Al Card. Carlo Carafa Barb. lat. 5708, f. 83.
Roma, 8 marzo 1558.
Ill.mo e R.mo S.r mio oss.mo El S.r Castellano1 scrive lungamente à V. S. Ill.ma d’un negotio suo per conto di certi castelli dell’Aquila che desidera d’havere per prezzo honesto dalla Regia Corte, di che similmente le ha scritto à mio nome il Vesc.o di Cesena, e perche hò particolar commessione da N. S.re di raccomandarlo à V. S. Ill.ma m’è parso di farglielo intender con questa 1 Diomede Carafa.
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
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e dirle che quanto più favorevolmente e più presto si spedirà tanto sarà più grato servito à S. B.ne che lo desidera intensamente per l’honore e commodo del detto S.r Castellano; e perchè sò che le sarà à cuore per ogni rispetto, non m’occorre dirle altro intorno à ciò, se non che le bacio humilm.te le mani, pregandole ogni contento. Di Roma alli viij di Marzo LYIIJ. Di Y. S. Ill.ma e R.ma. Humiliss.o Servitore il Car.le di Napoli
.
6
Al Card. Carlo Carafa, Legato a Bruxelles D ü k ü y , 399-400.
Roma, 20 marzo 1558.
Il Papa è assai contento del Legato e desidera che affretti il ritorno. 7.
Al Card. Carlo Carafa, Legato a Bruxelles D u r u y , 397-99.
Roma, 20 marzo 1558.
Lo informa su alcuni avvenimenti della Corte romana.
.
8
Al Card. Carlo Carafa, Legato a Bruxelles D u r u y , 400.
Roma, 3 aprile 1558.
Lo esorta a ritornare subito a Roma. 9.
Alle sorelle Suor Costanza e Suor Agnese Maggio, Suor Maria, 366.
Roma, 4 aprile 1558.
Il Papa approva la elezione della nuova Priora Cecilia De Marinis.
10. All’ Arcivescovo Seripando Napoli, Bibi. Nazion., X I I I Λ Λ 56, f. 77.
Roma, 8 giugno 1559.
Molto Reveren. mons.re Io mi prometto tanto dalla amorevolezza di Y. S. che mi sento certo, che haverà sempre per raccomandate le cose della badia mia di Tuenna; con tutto ciò venendo costà ms Mario de
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Carteggio
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Marinari mio affittuario in detta badia, non ho voluto mancar di rac comandarle e lui e quanto s’aspetta ad essa badia; con pregarla a voler prestarli in ogni occorrenza l’aiuto, e favor suo, et haver in calda protettione le cose mie di costà et detto ms Mario, che di quanto fara sem pre, e per l’uno e per l’altro io glie ne terrò obbligo, offerendomi all’in contro ad ogni suo piacere e servizio; con acertarla, che non potrà far cosa, che sia per essermi maggiormente grata, che se si vaierà di me in ogni sua occorrenza; e confidando, che non sia necessario raccomandarle le cose mie più strettamente a Y. S. m’offero et raccomando di core; et la prego ogni contento. Di Rome alli viij di. giugno del LIX . Di Y. S. molto Reveren. Come fr.ello il Car.e di Napoli
11. Al Marchese di Montebello suo padre Mantova, Arch, di Stato, Busta 1931.
Dal Conclave 11 ottobre 1559.
Ill.mo et Ecc.mo mio et P.re oss.mo L ’Autorità di V. Ecc.za appresso di me e di tanta forza che visto el desiderio suo circa la cose di Mons Ill.mo di Mantova non ho manchato farci tutti q.lli boni offìtij ch’ho saputo et potuto con li Ill.mi Carraia et Farnese con q.ale habbiamo communicate la n.re forze in questo con clave; Ma questa pratica è stata negoziata di maniera da q.elli che forse in effetti non lo volevano Papa ch’io la trovo molto diffìcile, nè vedo che possa haver quel fine ch’ella desidera et io altretanto per causa sua et del S.or Duca d’Urbino al quale siamo tanto obligati. Tuttavia per il med.o rispetto et per obedienza di v. ecc.za non desisterò in ogni oec.ne farne ogni bono offitio et questo e quanto m’occorre dir in resposta di tre delle sue sopra questo proposito. Nel resto le cose n.ré qua proce dono per g.ra di Dio honorevolmente et ne speramo bon fine. Noi stiamo tutti bene et desideramo intender della salute sua et della S.ra Marchesa et baciandole le mani mi racc.do alle sue benedettioni Pregando N. S.re Idio che la contenti. Di Roma a di xi di ottobre 1559. D. Y. Ecc.za S.re et figlio obedientiss.o il Car.le di Napoli 12. Al Marchese di Montebello suo padre Mantova, Arch, di Stato, Busta 1931.
Dal Conclave, 11 ottobre 1559.
Ill.mo et Ecc.mo S.or mio et Padre oss.mo Ho fatto di giorno in giorno dar raguaglio a Mons nostro di Cesena di tutto quello ch’è passato in conclave con intentione che ne tenesse ragua-
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
girata l’Ecc.za Y. come credo che havrà fatto. Hora ritrovandomi tre lettere delle sue date in diversi tempi sovra le cose di Mons. Ill.mo di Mantova non ho voluto tardar piu a darle risposta con questa et dirle come la pratica delle cose del p.to sig.re è stata negotiata di sorte da q.lli che forse non han voluto ne vogliano ch’egli salisse a magior grado che l’hanno talmente disperate che non se ne po far bon giuditio. Mons Ill.mo Car raia et io con tutti li nostri intrammo in conclave havendo per n.ro primo soggetto el Car.le di Carpi; et ben disposti (in caso ch’egli non ci potesse riuscir) verso el Carde di Mantova, et perche noi soli non eramo bastanti a condurre a fine la pratica di Mons. Ill.mo de Carpi, et congionsimo con Mons. Ill.mo Farnese et con li suoi neli quali trovammo piu amor et conformità che con altri, collegandoci insieme resoluti a correr una for tuna; et nel negotiar trovando nelle cose di Carpi molta difficulta, mentre Mons. Ill.mo Carraia et io andavamo pensando come havessimo potuto assicurar Farnese con Mantova, li Avversari pensorno farcelo Papa al improvisa et senza n’ra partecipatione, nella qual fattione li fu mostrato quanto lor potevano et le forze nostre; eglino non potemo unire insieme a questa elettion piu di xx voti et li n.ri fumo xxvi di maniera alla sua esclusione che non sol non segui per allhora il disegno loro, ma ha reso questo negotio difficile per sempre quanto banda nara Io per rispetto di Y. Ecc.za et perche ho honorato et osservato sempre questo sig.re al quale desidererei questo et ogni bene, ma stando le cose in questo ter mine non vedo come possano le cose sue più riuscir. Nel resto Y. Ecc.za sia certa che col servitio de Dio (el quale ci havemo preposto ad ogn’altra cosa) non mancaremo con tutte le forze nostre operar che si facci elettione di Persona che giontamente habbi ad accomodar et per raccomandate le cose nostre et di casa nostra. Però la prego a poner l’animo in reposo et sperar che se ben le cose di Mantova non succederanno sigondo ch’ella desidera, et che me scrive, si farrà di modo che le cose passaranno honoratam.te et con sodisfation nostra et di q.elli che ci amano. Questi SS. Ill.mi creature della S.ta me. di Papa Paolo si son portate et si portano con noi talmente che nella fede et amor loro si po far ogni bon pensiero, et la casa n.ra a q.ti deve esser perpetuamente obligata. Di quel che ha avvenir non se po dar certezza alcuna talmente ogni parte ha per esclusi o non esclusi li suggetti suoi; A v.ra Ecc.za basti saper che senza le forze n.re non si po far conclusione. Noi tutti qua’ stiamo gratia del sig.re bene et desideramo intender il med.o di lei et della S.ra Marchesa et con questo fine le bacio le mani et mi racc.do alla sua benedittione Pregando N. S.re Idio che la contenti et conservi come desidera. Di Roma adi xi di otto bre 1559. Di Y. Ecc.za S.re et figlio obedientiss.o il Car.le di Napoli
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13. Al Vescovo di Cesena suo segretario Mantova, Arch, di Stato, Busta 1931.
Dal Conclave, 16 ottobre 1559.
Molto Beveren. Mons. Ho visto quanto v. s. mi fa intender della instnza che quelli gentilhomini del sor Duca d’Urbino fanno sopra le cose di Mons. Ill.mo di Man tova e di quanto le scrive sopra ciò el sor Marchese. Al s.or Marchese per la lettera ch’ella deve haver havuta et mandata si è risposto a bastanza. A questi Gentilhomini ella potrà dire come mi doglio grandemmente che questo negozio sia stato tratrato de maniera da tali che forse non volevono che questo Sig.re salisse a maggior grado che l’hanno reso tanto dif ficile che no veggo come al presente possi riuscir. Sa N. S.re Dio quanto desideravo si per obedir al S.or mio Padre che tanto caldamente me n’ha scritto più volte, come per servir al predetto s.or Duca (al quale devo tan to) et anche per li meriti di questo sig.re che questo negotio avesse bon esito; et sa li offitii che Mons. Ill.mo Carraia et io andavamo facedo per disponer et assicurar quelli che vi havevono interesse et poi con bona sodisfattion d’ognuno atrender alla conclusione. Ma havendo questi tali che n’havevono preso l’assunto tenuto il modo ch’ella deve saper et pen sato per via d’una improvisa adorazione far questa elettion senza parti cipatione della maggior parte di questo sacro collegio et nostra non so che dirme altro se no che non ci veggo da poter far bene alcuno, et che non dimeno s’io conoscessi per tattaccar questa pratica et col andar mio farvi alcun frutto non mancheria farlo, ma essendo sicuro non far mente andarvi solo et con poca reputatione (essendo per la contradittione sin qui fatta li animi di tutti ostinati et resoluti a non volerlo) non mi stendrò oltre, dirrò bene che se in processo di tempo ci vedrò speranza alcuna (la quale non ci vedo hora) che non mancherò aiutarla con ogni studio et farci ogni bono offitio, et è quanto mi occorre dir in resposta di questo negotio. Et N. S.re la conservi. A di X V I di ottobre del 1559. D. V. S. molto Beveren. Come fratello il Car.le di Napoli 14. Al cugino Antonio Carafa Barb. Lat. 5708, f. 85.
Roma, 6 gennàio 1660.
111. Sig.re Ho parlato più volte a ms Gioan Andrea 1 Procuratore di V. S. al quale ho detto, che sono per fare in servitio di V. S. tutto quel che mi 1 Giov. Andrea Calegari. Sue lettere a Antonio Carafa per gli affari ohe gli trattava a Roma in Barb. lat. 5729.
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
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richiede per la sua lettera per la vendita del suo Cubiculariato, et per la sicurtà, et quanto bisogna, così come faro sempre in tutte le sue cose nelle quali desidero che si serva di me, che mi troverà prontiss.o in procurarle ogni servitio, et honore, il che sara fine della presente, et le bacio le mani pregando Idio che la conservi. Di Boma alli vj di Genn.o del LX. Di V. S. 111. Amorevole fratello il Car.le di Napoli 15. Al cugino Antonio Carafa Barb. lat. 5708 f. 87.
Roma, 3 febbraio 1560.
111. S.re et fratello. In resposta della lettera scrittami da V. S. sopra il negotio del suo cubiculariato le dirro solo ch’io non ho manchato ne mancherò fra tutti quelli offitij con N. S.re che saran necessari] acciò la gratia fattali dalla S.ta di Papa Paolo habbi l’effetto suo; Però in questo caso si reposi sopra di me essendo cura mia ch’ella resti contenta come son certo che sarà, assicurandola che in ogni occasione le cose mie saran sempre tanto sue come di me stesso et cosi po et potrà sempre disponerne. Onde stia di bona voglia et non se pigli ne di questo ne d’altro pensiero alcuni perchè spero che Dio ci aiuterà in ogni modo. Et noi non mancheremo a noi stessi. Et e quanto mi occorre per la presente respondere a V. h. alla quale con tutto l’animo mi raccomando. Et bacio la mano. Di Roma adj 19 di feb.o 1560. Di Y. S. IU. Come fratello Amorevole il Car.le di Napoli 16. Al cugino Antonio Carafa Barb. lat. 5708, f. 89.
Roma, 24 febbraio 1560.
HI. et R. S.or El S.or Giulio Montano Coppiero di N. S.re dice haver inteso che V. S. ha in animo di dar a pensione il suo canonicato di San Pietro et mi ha pregato ch’io facci offitio con lei che voglia compiacerne più. tosto esso che altra persona, soprache non sapendo la intentione di V. S. non ho saputo che respondermi. Pero la prego con questa che le piaceva darmi avviso della resolution sua che quando sia tale credo che col sopradetto s.er Giulio sara bene travagliarsi et io per servitio di V. S. mi ci inter-
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porro volentieri. Di che aspetto quanto prima resposta da lei et e quanto per la presente mi occorre, il. S.re Dio la conservi come desidera. Di Roma a di 24 di febraro del LX. Di Y. S. HI. et R. Fratello Amorevoliss.o il Car.le di Napoli 17. All’Imperatore Ferdinando I Vienna, Haus-Hof-und Staatsarchiv, Bom Hofkorrespondenz 5. Roma,' 28 febbraio 1560.
Sacra Caesarea Maiestas. Ex litteris Tuae Catholicae Maiestatis quas mihi reddidit genere et virtute Illustris Comes Scipio orator tuus ad S.m D. N. et ex eius ser mone intellexi tuam erga me benevolentiam, praeclaramque volunta tem; quam etsi singularis humanitas, et benignitas tua, meaque in te observantia, et studium pollicerentur; nihilominus haec significatis gra tissima fuit, pro qua tibi gratias ego quas possum maximas, libentius relaturus siquando mihi offeretur occasio declarandae cupiditatis, qua incendor, tibi inserviendi. Quod potui oratori ipsi meam operam, quantulacumque est, obtuli ad omnia tua negotia paratissimam; teque oro ut illa posthac ubicunque commodum fuerit utare, nam praeterque quod rem mihi longe omnium gratissimam feceris, erit propensi animi tui in me, et meae in te devotionis indicium, de qua certiorem te reddet idem orator tuus, qui etiam meo nomine deosculabibur manus, T[uae] C[aesareae]. M[aiestatis]. cui Deum opt. max. propitium precor, et me quam humillime commendo. Vale. Romae Pridie Kal. Martii MDLX. Caesareae M.tis Tuae. Humillimus Servus Alf. Car.lis Neapolitanus 18. Al cugino Antonio Carafa Barb. lat. 5708, f. 91.
Roma, 2 marzo 1560.
111. S.re Ho ricevuta la lettera di V. S. delli X X V del passato portatami dal suo mandato. Non occorre chello usi con me tanti belli et amorevoli regratiamenti perche sa bene ch’io non posso mai far tanto in servitio suo ch’io non mi conosche esser debitor di piu. Nel suo negotio non ho manchato far tutte le forze mia ne mancherò et come per l’altre mie
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
li ho scritto lo reputo mio et n’ho maggior pensiero che se fusse mio proprio pero sia certa Y. S. che ci farro tutto quello che sara possibile. Al pre detto suo Mandato ho offerta tutta l’opera mia intorno a tutti li negoti, suoi et la spenderò tanto volentieri quanto devo. Et desidero ch’ella se spedisca presto delle cose di costo accio ponga in essecutione tanto honorato suo desiderio. Et di core sue l’offero et raccomando pregando Dio benedetto che la conservi. Di Roma adi ij di Marzo 1560. Di V. S. 111. Fratello Amorevole il Car.le di Napoli 19.
Al cugino Antonio Carafa Barb. lat. 5708, f. 93.
Roma, 29 aprile 1560.
DI. S.re et Fratello. Anchorch’io habbi dato continuamente raguaglio al suo agente di qua di quanto e passato accio ne potesse tener avvisata V. S. non dimeno non ho voluto mancar con questa dirle che non ci sono manchate per sone maligne che hanno fatto affino con N. S.re et detto ch’io togliesse dalla Camera della S.ta memoria di pp. Paolo molte robbe et danari per la qual cosa S. S.ta ha fatto una bolla sopra ciò. Et perche detta bolla mostrava disegnar più che gii aliri la per.ona mia resolvei far intender a S. B.ne tutto quello ch’io n’haveno havuto di volunta et ordine di quella S.ta Anima. Et benché habbi mostrato restar quieto, tutta volta porrebbe esser che continuando questi tali a far delli medesimi officij ch’ella ad instigatione loro non havesse ad esser chiamato a Roma, ho voluto avvertimela et dirle che hora piu che mai e necessario la taciturnità et segretezza sua et pregarla che di tutto quel che in questo proposito succedesse voglia con ogni diligenza darmene avviso accio possa farvi quelle previsioni che saran necessarie et con questo fine sue l’affero et raccomando et prego Dio che la Conservi. Di Roma adi 29 di Aprile 1560. Di V. S. Π1. fratello Amorevoliss.o il Carde di Napoli
.
20 Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lot. 5708, f. 95.
Roma, 10 ottobre 1560.
DI. S.re Ho ricevuto l’amorevolissima lettera di V. S. portatami dal S.or Orazio Galiuccio con la quale non occorrea ch’ella mi facesse nova testi monianza del amor che mi porta et del dispiacer che insieme con li ss.
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Padre et fratello passa del mio travaglio; perche amand’io lor ss. et re putando la mia fortuna (qualunque sara) comune, n’ero certissimo; Ma spero nella bontà di Dio, nella benignità di N. S.re et nella innocenza et sincerità del animo mio, che n’usciro presto et che saroni liberto per servirla et dimostrarle quanto sono bene impiegato le amorevoli demostrationi fatte da lei in questo caso mio. Mi doglio assai in si travagliate occasione haver conosciuto el s.or Orazio et ch’io non possa trattar seco conforme al merito suo et debito mio come farro al tempo piu aiegro, et intanto aspetta da s.s. et dal s. Gio Felice 1 quelli aiuti ch’io mi pro metto et che Y. S. ha imposti al valore et viver loro; ne quali ho la magior parte di quella speranza che dalli homini posso aspettare in questo tra vaglioso tempo. Col predetto S. Orazio mi sara concesso discorrere lun gamente quanto occorrerà et per hora assicuro Y. S. ch’io tengo et terrò quella grata memoria che devo delli offitij che ha fatti et fa continuamente e beneficio della causa mia et vivam.te le mostrerò con li effetti quanto le sono oblegato di che la presente voglia che le sia perpetuo testimonio et con questo fine aìli SS. suo Padre et fratello et altri (ne amor de quali ho infinita confidenza) mi raccomando con tutto l’animo pregando N. S.re Dio che le conservi felicemente. Di Roma adi X di ottobre del LX. Di V. S. Hl.ma fratello obbligatiss.o il Car.le di Napoli 21
.
Al cugino Vincenzo Carata Barb. lat. 5708, f. 97.
Eom a, 18 gennaio 1561.
Ill.mo S.re Il desiderio di V. S. ha tanto forza appresso di me che non posso mancarli in cosa alcuna che me rechiede et che me rechiederà sempre. Però con tutto che io fusse avvisato diversamente del Muro del giardino, non dimeno per sodisfattione sua scrivo di nuovo all’Abbate L uigi23che 1 Giovanni Felice Scalaleone fu uno degli avvocati al processo Carafa. P a s t o r . V II , 117. Su di lui notizie generiche in G iu s t in ia n i , Scrittori legali, III, 156 s.: M i n i e r i R ic c io , 322; T o p p i , 144; D ’ E n g e n io riporta l ’epigrafe assai bella che egli compose per la sua tonila, 324; Scalaleone insegnò Instituta allo Studio di Napoli dal 1535, C a n n a v a l e , docc. 1868-9; Cortese, 324. Per le sue relazioni con il padre del Card, di Napoli e altri Carafa. Barb. lat. 5730 f. 228, 5731 f. 129, 5733 f. 1, 45. Per lo stemma dei Scalaleone, famiglia di Teano impa rentata con i Florimonte (V. G r e l l a , Galeazzo Florimonti, Letterato del Cin quecento. S. Maria Capua Vetere 1909, p. 3) cfr. il blasonario X . A . 42 nella B i blioteca Nazion. di Napoli, f. 110: di azzurro alla scala d’oro posta in banda con leone d’oro che sale. 3 Luigi Campagna.
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Alfonso Carata, Cardinale di Napoli
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non manchi a requisition di V. 8. far quel tanto che da lei sara ricercata in questo caso et cosi son certo che farra. S’altro le occorre non mancherò consolarla come farro anehora per amor suo il S.re Orazio del primo loco che vacara di consultore. Et con questo fine con tutto il core me l’offero et raccomando pregandola a tenermi raccomando appresso al S.or Padre et fratello. Di Eoma adì 18 di Genn.o del 1561. Di V. S. Ill.mo fratello amorevole il Car.le di Napoli
22. Al cugino Vincenzo Carata Barb. lai. 5709, f. 99.
Eom a, 18 marzo 1661
Hl.re S.or Io hò sempre conosciuto tale l’amore et affezzione di V. S. verso di me, et le cose mie, che non bisognava haveme nova fede per le sue ultime lettere de V. del presente, dalle quali havendo visto, et appresso inteso per la relazione del S.r don Francesco Caraffa che me le portò, con quanta sollecitudine ella si è affatigata à benefizio mio; non ho voluto mancare di rengratiarla con la presente, et pregar N. S.re Dio che mi dia occa sione nella quale possa con gli effetti mostrar à Y. S. l’obbligo che le tengo et il desiderio che hò di servirla, et non occorrendomi con questa dirle altro con tutto il core me l’offero et raccomando che il S.re Dio le doni quanto desidera. Di Castello Sant’Angelo alli xviij di Marzo MDLXI. dì
y. s. ni. fratello obligatiss.o il Carde di Napoli 23. A Girolamo de Federicis, Governatore di Roma
G o bi , II, 311-312. Eom a, Castel S. Angelo, 23 marzo 1561. Inserta nel motuproprio « Oum ad amures » 12 dicem. 1562 in Barb. lat. 2630, 14-15.
Chiede la grazia del Papa e s’impegna a pagare 100000 scudi.
24. Alla Marchesa di Montebello M o n t i , Ricerche, 314: Studi, 110.
Eom a, 2 aprile 1561.
L e com unica la sua liberazione da Castel S . A n gelo.
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Carteggio
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25. Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lat. 5708, f. 101.
Roma, 12 aprile 1561.
111. S.or Io redo in ogni cosa quanto è l’amore che V. S. mi porta pero tutto quello che mi scrive so certo che le viene da amorevolezza et da vera affettione et cosi lo piglio in bona parte anzi conoscho ch’ella dice il vero et per questo io non mancho di usar tutte quelle diligenze che se fanno per la securità della vita et lo farro continuamente. Io sto aspet tando de intender qualche bon soccorso che mi venghi di costa per uscir di tanti travagli et non mi posso persuadere che quelli ss. della casa che hanno il potere siano per mancarmi tanto piu che voglio assicurarli sopra li frutti del Arcivescovado come più largam.te scrivo a Mons. Montepe loso 1 Del negotio del s.or Antonio sia certa ch’io non mi scordo et che mi e tanto a core quanto el mio proprio, ne ci perderò occasione alcuna, io spero accomodarlo conforme alli nostri desiderij ma in ogni caso V. S. po’ star sicuro che non son per manchar di tutto quello che altre volte e stato trattato tra noi et pero la prego che in questa parte ponghi l’animo in pace. La venuta sua in ogni tempo mi sarria cara per vederla et go derla, pero per questa causa non occorre che si mova, se occorrerà et cono scerò che sia necessaria presto lo farro sapere. Io ho dato l’offitio al S.or Horatio 1 et voglio che sia suo tuttavia non mi par conveniente finche Ί S. Luca Sanfelice non torna per mutatione, come sara tornato piglie remo appuntamento che Ί S. Horatio havra l’intento suo et questo e poco al desiderio che ho di farle servitio. Benché spero che di tutto ci resolveremo giontam.te costi dove desidero venir a starme per consola tione mia se ΪΓ. S.re vorrà farme questa gratia. Et con questo fine di core me le raccomando et prego Dio che la conservi felicemente. Di Borna adj xij di Aprile 1561. Di V. S. 111. [Post scriptum] V. S. s’assecuri che non mi vedrò mai consolato fin à tanto che non vegghi il desiderato fine al negotio del mio S. Antonio piu certam.te mio che suo, nel quale sia Y. S. pur certa che usaro tutta quella diligentia che per cosa mia propria et in ogni evento non si dia Y. S. travagli di cosa nessuna che à tutto si trovara rimedio. fratello Amorevoliss.o il Car.le di Napoli 1 Vincenzo Ferrari, vescovo di Montepeloso dal 30 novembre 1550. E u b e l , I II , 249. Fu alla Corte di Paolo IV . Ruolo 33, f. 2V; 34, f. 2V. ! Orazio Gallucci.
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Alfonso Carata, Cardinale di Napoli
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Al cugino Vincenzo Carata Barb. lat. 5708, f. 103.
Roma, 17 aprile 1561.
Hl.mo S.re et fratello Amat. Cosi come mi premono le cose del s.or Antonio come le mie proprie cosi non ho mancato ne mancherò sollecitar la cosa sua et tentar ogni via per accomodarla et sia certa che finche non la veda accomodar non mi pare d’haver intiera sodisfattione della mia liberatione, sin qui per quelli megliori mezzi che ho potuto ho fatto far offitio et con N. S.re et con Mons. Hl.mo Borromeo col Governatore,1 col fiscale2et con Mons. Presi dente.3 si trova qualche difficulta, non mancherò seguitar l’impresa per tutte le vie poiché io non posso uscir di casa et far quanto desidero per me stesso in questo negotio, ne diffido anchora che terminera felicemente. Dopo l’ultime si e inteso che S. S.ta ha fatto gratia del Canonicato al Gallese un de suoi servitore il che non mi spaura anzi lo reputo a bon fi ne, potendo N . S.re come cosa sua disponerne ad ogni suo bene placito, come ho detto sia certo V. S. che io non son per manchar di fare con tutte le forze mie per quetarne in questa parte che mi preme al presente più che ogni altro mio particulare. Con tutto ciò parendo, a V. S. venir a Borna per questo effetto forse la presentia sua farria qualche frutto de piu et se sodisfarria intieramente di quel che occorre. Pero la remetto a lei con certificarla che o venghi o non venghi non si mancara d’ogni opra ne cessaria. Il S.or Don Cesare nel primo parlamento che farra con S. B.ne non mancherà di parlarne a S. S.ta et da parte della casa supplicarla di questa gratia ma in ogni caso, giudicarei al proposito che quelli sig.ri tutti ne scrivessero in una lettera particulare et insieme haverne alcuna del S. Vicere et della S.ra Marchesa del Vasto o d’altri che giudicherà al proposito, che ciò mi rimetto a lei che e costì in tutto. Scrivo a Mons. di Montepeloso4 della causa che mando per la staffetta apposta et che conferirà tutto con lei et chella con la sua amorevolezza non mancherà aiutar il negotio per quanto bisognerà et con questo fine le bacio le mani et me le raccomando di core. Di Borna adi xvij di Aprile del M.D.LXI. Di V. S. HI. fratello Amorevoliss.o il Car.le di Napoli
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Girolamo de Federicis, vescovo di Sagena. Alessandro Pallantieri. Francesco Odescalchi, Presidente della Camera Vincenzo Ferrari.
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Carteggio
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27. Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lat. 5708 f. 105.
Eoma, 20 aprile 1561.
Hl.mo S.re fratello Amatissimo. Venendo il S.or Don Cesare da lui V. S. intenderà tutto quello che e passato et passa tanto nelle cose mie cone in quelle del S.or Antonio che mi premono quanto le mie proprie. Però reportando alla relatione sua non le dirro per questa altro se non che per l’absentia di dST. S.re el predetto S’or Don Cesare non ha fatto quello offitio che per l’ultima mia io le scrissi con S. S.tà. L’ha ben fatto con Mons Hl.mo Borromeo et con Mons. Ill.mo Morone et come S. B.ne tornara non mancherò tentar ogni altra via con lei, intanto mi rimetto a quello che per la detta ultima le scrissi et che di piu le riferirà el S.or Don Cesare et le bacio le mani et di core me le raccomando. Di Borna adi xx di Aprile del MDLXJ. Di V. S. HI. fratello Amorevoliss.o il Car.le di Napoli 28. Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lat. 5708, f. 107.
Eoma, 26 aprile 1561.
111. S.re et fratello Amat.o Per il s.or Don Cesare V. S. havera inteso quanto si è operato nelle cose del S.or Antonio (le quali io reputo mie) et la passione ch’io ne passo. Ella è prudente et so che conosce et stato nel quale mi trovo et quanto in ciò io posso fare; tuttavia sia certo che si come non ho manchato di far quanto per me si è potuto che simihn.te non si mancherà per l’awenir et in ogni tempo come lei vedrà et toccara con mano resoluto di venir qua come me scrive, per la qual cagione io so breve con questa con la quale solamente me le raccomando con tutto el core et le bacio le mani. Di Borna adi xxvi di Aprile del 1561. Di V. S. IH. frateüo Amorevoliss.o il Carde di Napoli 29. Al cugino Antonio Carafa Barb. lat. 5708, f. 109.
Eoma, 7 giugno 1561.
IU. S.re frateüo Amatiss.o Dal sig.r Vincenzo nostro che se ne toma a Napoli V. S. intenderà tutto quello che è passato neUe cose sue e nelle mie e le fara fede del
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
l’amor che le porto e portaro finche vivo e della passion che ho sentita e sento che le cose sue non habbino havuto quel fine che deisderavamo, la quale me remane nell’animo, et non viverò mai quieto fin’à tanto ch’ella non habbi la sua sodisfattione. Pero remettendomi alla sua relatione per questa non li dirrò altro se non che ogni mia bona fortuna sara co une con lei, si come e stata comun la contraria, esortandola à viver allegra mente e contenta, che spero in Dio che non ci vorrà sempre et in tutto abandonare. Et con questo fine me le raccomando pregando Dio che la conservi felicemente. Di Roma a di vii di Giugno del MDLXI. D. Y. S. Π1. fratello amorevolissimo il Car.le di Napoli 30. Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lai. 5708, f. 111.
Roma, 21 giugno 1561.
111. S.or fratello Amat. Delle cose di costa hora che ci e il s. Marchese mio padre mi repor taro a quanto insieme discoreranno et resolveranno et tutto approvato per bene. Io non mi saria mai creduto quello che si tocca con mano, pa tientia et ci volteremo alli stranei nelli quali sin qui ho trovato magio carità et spero continuamente trovar. Nel resto non so che dire, io sto sano, et desidero che sia el medesim di lei et del S. Antonio et del S.or Ranaldo 1 al quale scrivo con questo ordinario. V. S. lo tenghi contento et farsi sicuro che io non quietaro mai finche per qualche via terminaro le cose del S.or Antonio le quali son mie proprie ne mi fanno sentir piacer alcuno li travagli suoi. Anchor non e resoluto quel che S. S.ta vorrà fare del Monte pero non l’ha escluso, io dala parte mia ci fo tutto el poter mio che questa seria quella via di uscir di fastidio senza faticar nessuno. N. S.re Dio la conservi sana et con questa me le raccomando di core. Di Roma adi xxi di Giugno 1561. Di Y. S. Π1. fratello amorevolissimo il Carde di Napoli 31. A Rinaldo Carafa Barb. lat. 5708, f. 113.
Roma, 21 giugno 1561.
«Ill.m o S.re et come Padre oss. V. S. sia certo et sicura ch’io passo tanta passione et ansia delle cose del s.or Antonio suo figlio et mio fratello che finche io non le vedo accoRinaldo Carafa, padre di Vincenzo e di Antonio, v. lettera seguente.
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modate non posso intieramente goder della mia liberatione; perche le cose sue et hora et sempre le reputerò mie proprie. Io non ho mancato ne mancho ne mancherò in ogni occasione far in ciò quelle che devo, et tentar ogni mezzo et ogni strada per accomodarle et spero in Dio be nedetto che presto ci darra questa consolatione. Intanto la prego ch’ella non se ne pigli fastidio ne travaglio alcuno perche el s.or Antonio è pen siero et cura mia, et sara con me sempre el medesimo che Don Pietro1 mio. Pero V. S. sene reposi et sene quieti et lassi in tutto questo carico a me che non reposaro mai finche non sia ridutto nel pristino stato. Et appresso la prego a conservarsi sana et aiegra che non potrò haver mag gior consolatione che in sentir la salute sua et con questo fine le bacio le mani et me le raccomando con tutto el core pregando N. S. Dio che li dia quella contentezza che desidera. Di Eoma adì xxi di Giugno 1561. Di Y. S. Ill.ma Servitore et figlio amorevole il Car.le di Napoli 32. Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lat. 5708, f. 15.
Roma, 5 luglio 1561.
Ill.mo S.re fratello Amatissimo Io non ho mancato dopo che lei partio di Eoma far tutto quello che ho potuto per il negotio del S.or Antonio, n’ho parlato doi volte col Carde Borromeo el qual m’ha promesso nelle occasioni di voler far come facesse per una cosa propria, per anchora non se ne vede effetto, non mancherò in ogni occorrenza recordarla et farla recordar et spero che finalmente col tempo se ottenera. Intanto la prego ad haver patientia, et creder che quello che non si fa non si manca per volunta, come piu largamente li dirrà a bocca el S.or Francesco Jacopo Palagano 2 alla relation del quale reportandomi fo fine et di tutto core me le raccomando. Di Eoma adì v di luglio del LX I. Di V. S. Ill.ma Fratello amorevoliss.o il Carde di Napoli 1 Pietro Carafa, fratello del Card, di Napoli. 2 « Ms Fran.co Giacomo Palagano fu caro ser.re della b.me: del Carde mio al quale mancarono occasioni, e tempo di gratificarlo conforme ai servigi suoi... ». Cosi scriveva il Marchese di Montebello il 17 agosto 1569 raccoman dando Palagano al Card. Antonio Carafa. Barb. lat. 5733, f. 188. A Roma ebbe anche incarichi di fiducia in Curia, Barb. lat. 5720, f. 150. I Palagano erano fa miglia nobile napoletana; per lo stemma (di argento alla fascia di nero) v. Mss. X . A . 41 f. 26 e X . A . 42, f. 41 nella Bibliot. Nazion. di Napoli.
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
33. Al cugino Antonio Carafa Barb. lot. 5708, f. 117.
Roma, 5 luglio 1561.
Ill.mo S.or Fratello Amatissimo Ho commesso al s. Francescho Jacopo Palagano esibitor di questa che da mia porte le dia conto di tutto quello che e passato nel suo negotio doppo chel S.or Vincenzo partio di Roma, la prego che sia contenta cre derli et di piu che non ho pensiero che mi preme piu di quello della cosa sua la quale (s’ella vorrà haver qualche patientia come la conforto a dover far) son certo che havra bona fine et conforme a quello che lei et io desidero et remettendomi al predetto S. Fran.eo me le raccomando con tutto el core. Di Roma adì v de luglio del LXI. Di V. S. Ill.ma Fratello amorevole il Car.le di Napoli 34. Al cugino Antonio Carafa Barb. lat. 5708, f. 119.
Roma, 3 agosto 1561.
Ill.mo S.or fratello Amatissimo La morte del S.or Don Pietro mio fratello mi ha trafitto l’anima pero e stata volunta de Dio alla quale dovemo quietarci et cosi andero facend’io con la gratia sua. Mi è internamente dispiaciuta la Morte del S.or Ranaldo che sia in paradiso lo quale se bene era maturo ci poteva in questo tempo giovare et di conseglio et con la prodentia sua, dirro allei in questo caso el mede simo che dice a me, son casi inremediabili et naturali et bisogna accomo darcene, et così la prego che facci, nel resto io sto nelli medesimi travagli per finir di uscir de intrichi ne quali trovo molte difficulta pur spero in Dio che tutte se supereranno. Et delle cose sue tengo quella memoria che devo et all’hora posso scordarmene quando mi seordaro di me stesso. Et con questo fine me le raccomando con tutto el core et prego Dio che ce consoli et lei quardi da ogni male. Di Roma adì iij di Agosto del 1561. Di V. S. TU. [Post scriptum] La morte del S.r Ranaldo suo padre mi ha apportato dispiacere per infiniti rispetti ma quanto all’incommodo che V. S. dice che ha causato al viver suo, per amor de Dio per questa causa non se ne dia fastidio che pur hormai deveria sapere qual sia l’amor mio verso di lei che se non havesse se non un pane me lo sparterei per mezzo con V. S. et pertanto la prego che liberamente sempre m’avisi del suo bisogno, che se ben mi ritrovo in extreme miserie quel pocho che haverò me lo le varo da la bocca propria per darlo a lei, et quando lei noi facci da me me
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desimo me ne ricordaro io, ma per farmi maggior piacere avisi V. S. apponto di quel che bisogna, et comandi alli miei ministri in Napoli che hanno ordine di obedirle come alla persona mia propria, che sa ben V. S. che l’ho sempre riputato per proprio fratello et hora lo reputo per unico et solo, già che Iddio me ha privato del’altro. fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 35. Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lat. 5708, f. 121.
Roma, 17 agosto 1561.
111. S.re fratello Amatissimo Ho ricevuta la sua lettera in risposta della quale saro brevissimo ma le dirro solo che non desidero al mondo cosa piu che se pigli forma alle cose mie et a questo attnedo qua et mi piace ch’el simile se facci costì. Et volesse Dio che si potesse far senza disordinarle et metterle sbaratto. Quanto alla cosa del S.or Antonio la prego a deponer ogni dubieta di me et esser sicuro ch’io l’ho amato sempre et l’ho tenuto per fratello et ho causa di tenerlo hora piu che mai. Molte cose mi vanno per la fantasia a beneficio suo et per la quiete sua et delle cose sue le quali non mi occorre dire, bastali esser certo che mi premono al paro delle mie et che spero in breve mostrarli effetto tale chella conoscerà ch’io non dormo per suo servitio ne lascio occasion alcuna et per amor de Dio se ne quieti. Altro non voglio dire a V. S. Di core mi raccomando et prego Dio che la conservi felicemente. Di Roma adì xvij di Agosto del LXJ. fratello amorevoliss.o il Carde di Napoli
36. Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lat. 5708, f. 123.
Roma, 24 agosto 1561.
Ill.mo S.re fratello Amatissimo Io ho sempre fatto, come V. S. sa, gran disegno sopra la persona del S.or Antonio senza questa occasione. Pero deve creder che persisto nella medesima openione, et che se in questo manegio che hora si tratta delle cose mie ci sara loco da poter metterlo in esecutione sia certa che lo farro et che terrò memoria di quello che mi ha scritto et recordaro amorevolmente per la sua delli xvij. Andremo innanzi quanto piu po tremo con queste pratiche et di quello che si tratterà ella ne sara parte-
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
cipe come e stata sin qui et dove se potrà accomodar l’intention nostra V. S. vedrà che per me non resterà. Et con questo fine me le racc.do con tutto el core. Di Eoma adì xxiiii di Agosto del 1561. Di V. 8. Ill.mo Fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli
37. Al cugino Antonio Carafa Barb. lat. 5708, f. 125.
Roma, 14 settembre 1561.
Ill.mo S. Fratello Amatissimo Dio benedetto che vede el cor mio, sa la passione che passo della inquietitudine et affanni suoi, et sa che non desidero cosa in questo tempo con piu desiderio che vedernela et tramela fore al che ho drizati tutti li pensieri et l’attioni mie. Et sia certa che non lascio ne lasciarò passar et cercar ogni occasione di poterlo fare. Io non ho occomodato le cose mie, ma spero bene accomodarle presto, et accomodate che saranno confido che N. S.re mi farra delle gratie, et questa ha da esser la prima et quella che con piu efficacia ho da rechiedere. Intanto la prego a sopportar un pocho piu di tempo questi travagli, li quali un di spero che tornaranno in consolatione comune. Et non se metti pensiero poi di cosa alcuna, che quel poco di bene, o assai che sarà, et che io havrò sarà sempre comune con Y. s. alla quale per hora non voglio dir altro senò pregarla a sopportar questo tempo patientem.te. Et N. S.re Dio la contenti come desidera. Di Eoma adì 14 di 7.bre 1561. Di Y. S. Hl.ma Fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 38. Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lat. 5708, f. 127.
Roma, 23 settembre 1561.
DI. S.re fratello Amatissimo Non mancai subito far chiamare il Caligario per haver informatione della lite che V. S. mi scrive per remediarci et detti subbito ordine al mio sollecitator che non mancassi d’ogni diligentia et a ms Lattantio 1 et ms ■L uigi2 che ci studijno, si che non sarà negletta come e stata per 1 Lattanzio Benucci. 2 Luigi Campagna.
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il passato, quel che V. S. sarà da far dalla banna sua dal predetto Calegario et dal sollecitatore le sarà scritto, non manchi lei da farlo subbito et sia sicura che non si mancara di farci tutto quello che sarà necessario. Del negotio del s.or Antonio anchora ch’io scrivesse a V. S. per l’ordi nario passato che non voleva scriverli senon la conclusione nondimeno perche sappi tutto quello che passa non voglio mancar di dirle questo novo motivo. Stamatina fu da me el Car.le Simonetta et mostrò voler esser mezzo ad accordar questa cosa trai Gallese et S.or Antonio, da parte del qual Gallese mi offerse di voler dar per ricompensa una badia che ha in regno che vale 150 ducati. Et se ben io le dissi che tenevo la cosa non sol diffìcile ma quasi impossibile non dimeno mi pregò che io ne le volesse scrivere al S.or Antonio, dissi che non sapevo dove fusse ma che scriverla a V. S. et la pregarla a volerla accordar. Pero in questo mi rimetto a quel che lei risolverà. Desidero bene che Y. S. me responda sopra ciò mostrando che io nel habbi pregato caldamente ma dica poi tutto quello che le occorre ch’io facci, che cosi farrò. Et nel resto sia sicura che non ho pensiero che mi prema piu di questo et che non mancarò seguitar il desegno che sopra questo negotio ho preso con mettere a sbaratto delle piu importanti cose che io habbi solo per accomodar le cose del S.or Antonio, et cosìì sitamo sicuri che farò et in tanto mi raccomando a V. S. con tutto el core. Et prego Dio che la conservi. Di Roma adì xxviii di 7.bre 1561. [Post scriptum] Io credo che questo motivo del Gallese nasci per haver presentito forsi per l’offìcij che ho già fatti per il negotio con molti di questi S.ri qualche inclinatione dela volunta del Papa che saria assai bon segno, ho voluto che V. S. sappi il tutto et io fra questo mezzo spe rerò se non m’ingannano far qualche bon frutto secondo il nostro comune desiderio. Di V. S. 111.ma fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 39. Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lat. 5708, f. 129.
Roma, 12 ottobre 1561.
Ill.mo S.or fratello Amatissimo Mons. di Sorrento 1 è qua et anchora non habbiamo appena potuto vederci. Intenderò da S. S. tutto quello che insieme hanno discorso et sia certa V. S. che non posarò mai sino a tanto che non havrò messo in sicuro et quietate le cose del s. Antonio che me sono a core quanto le mie 1 Giulio Pavesi.
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Alfonso Carata, Cardinale di Napoli
proprie anzi piu che le mie, et ne spero quel esito che noi desiderarne. N. S.re mi ha rechiamato in Concistoro et venerdì fu il primo giorno che vi andai et comparirò in tutti li altri luoghi publichi, sichè havrò commodita di negotier per me stesso et sicuramente con 8. B.ne questo è quanto per hora mi occorre, per la prima occasione scivero piu lungamente. Et con questo fine me le raccomando di core et prego Dio che la conservi. Di Eoma adì xij di Ottobre 1561. Di Y. 8. ili. Del negotio del benefitio d’Atino se mando ultimamente a Y. S. la inibitione, non si mancherà di andar innanzi et farci tutto quello che sia di bisogno et sia sicura che le cose sue le reputo mie, et questo basta. Di V. S. Ill.ma fratello amorevoliss.o il Carde di Napoli 40.
Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lat. 5708, f. 131.
Roma, 26 ottobre 1561.
Ill.mo s.re fratello Amatissimo Non occorre che io replichi a V. S. piu quello che tante volte le ho scritto et di che po esser piu che certa che non ho cosa piu fìssa nel animo chel servitio suo et della casa sua, et per questo che sto avvertito di pi gliar qualche bona occasione che possi sperar chel negotio mi habbi da riuscite, et qua ho tutto l’intento mio. Nel resto per hora non voglio dir altro, senonche la nostra fortuna qualunque sia, è et sarà sempre co mune, spero bene che la cattiva haverà havuto fine. Et con questo fine con tutto el core melle raccomando pregnado Dio che la conservi felice. Di E o ma adì 26 di ottobre 1561. Di V. S. Ill.ma fratello amorevoliss.o il Carde di Napoli 41.
Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lat. 5708, f. 133.
Roma, 2 novembre 1561.
Ill.mo s.re fratello Amatissimo Per questo ordinario ho havuto la sua che mi è stata al solito gratitissima, un resposta della quale principalmente le dirrò che hebbi la sua sopra la resolutione fatta di quel che le scrissi essermi stato detto per il canoni cato del s.or Antonio, della quale mi son voluto dove bisognava. Quanto
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al che li è stato scritto che io ho concluso et stabilito le cose mie et che sta di mala voglia non vedendoci comprese quelle del S. Antonio et che de sidera saper come la cosa sia passata, le dico che sin qui sicome ho scritto al s. Marchese mio Padre così scrivo a lei che non ho accomodato senon il debito con S. S.ta et consignatoli li frutti della Badia del Corno per XV anni et mezzo. Hora resta da accomodar quello che questi ss.ri desi derano da me per cortesia che è il titulo della badia sopradetta con ri compensa in che non si è anchora concluso niente, et nel qual trattato io disegno in ogni modo includer il negotio del s.or Antonio del quale ho piu volte parlato con Mons. Ill.mo Borromeo et dettali che per prin cipal parte di ricompensa desidero che dia et testituische detto canonicato et se accomodino in tutto le cose del predetto S. Antonio, di che mi ha dato sempre bona intentione et se ben ci sono delle difficulta. Io instarò sempre sopra questo proposito ne mancho ad ogni occasione ricordarlo come feci pur hieri che lo trovai più disposto che mai dicendomi sopra ciò che al Gallese come a servitore farà far tutto quello che vorrà ma che la difficulta consiste in disponerci l’animo di S. B.ne con la quale io haveria parlato piu volte ma il predetto Mons. Borromeo non è parso, dicendomi che il lasci far ad esso che pigliarà l’occasione al tempo, et che se per questa strada non riesce che per altra è impossibile et in verita ci vien bene et promette ingenuamente l’opera sua et me si ha dato quasi ferma speranza. S.or Vincenzo, questi sono Padroni et s’ha da trattar con loro come con Padroni et sopra negotij difficili et pero bisogna crederli et andar secundando la lor volunta per non precipitarli et dar occasione che di cano che per nostra diffidenza sia mancato. Pero di una cosa l’averto che io non ho pensiero che piu mi prema di questo et sia sicura che nella conclusione del negotio del Corno io staro forte sopra la restitutione del canonicato et per tanto dormasene quietamente et se non le scrivo lo fo per veder se li posso dar fatti et non parole. El Caligari le scriveva d’un mo tivo et ufìfio fattali per li frutti del cubiculariato al che si è provisto come si prosedera a tutte quelle cose che si sapranno et che occorreranno et con questo fine me l’offero et raccomando che Dio la conservi. Di Roma adì ij di 9.bre del LXJ. Di V. S. 111.ma fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 42. Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lat. 5708, f. 135.
Roma, 9 novembre 1561.
Ill.mo s.re fratello Amatissimo Per l’ordinario passato io le detti conto particolarmente di quanto passava sopra le cose mie et del pensiero et disegno che ho delli parti culari del S.or Antonio, inche non ho mancato ne mancherò mai sino al
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
fine d’haver l’intento. Hora ho havuto la sua che mi è stata carissima et la ringratio delli amorevoli recordi che mi da, de quali nelli bisogni et occorrenze mi vaierò per quanto posso et chel presente stato nel quale mi trovo mi concede. Benché tutta la speranza mia è risoosta in Dio el quale così come non mi ha abandonato in tanti travagli passati spero che mi indrizara et aiutara per l’awenir. Et nel resto creda ch’io non mancherò a me stesso et che pigliaro le occasioni che alla giornata mi se presentaranno. Et questo e quanto voglio dirle con questa. N. S.re Dio la conservi come desidera. Et di core mele raccomando. Di Roma adì ix di Novemb. del LXJ. Di Y. S. Ill.ma. fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 43. Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lat. 5708, f. 137.
Roma, 16 novembre 1561.
Ill.mo S.re fratello Amatissimo Io non mancho ogni di di far qualche cosa intorno al comune desi derio ne perdo occasione alcuna et pur hieri fui da Mons. Ill.mo Bor romeo apposta per questo negotio, sopra che non havendo havuta reso lutione, non voglio darli parole, ma spero bene, che per Paulo 1 mio seg.rio (che questa settimana penso inviar costa per li negotij che da lui V. S. intenderà) potrò darglila forse conforme a quanto desideramo et questo è quanto me occorre dirle per la presente. N. S.re Dio la contenti come desidera. Di Roma adì xvi di 9.bre 1560. Di V. S. Ill.ma fratello amorevoliss.o il Carde di Napoli 44. Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lat. 5708, f. 139.
Roma, 24 novembre 1561.
Ill.e S.re fratello Amatissimo. Anchora che non habbi potuto impetrar sopra el negotio del S.or Antonio quello che io desideravo, non dimeno havendo fatto et concluso qualche cosa poco mancho non ho voluto per questa manchar di farnela avvisata. La settimana passata essendo vacato un canonicato di San Pietro per morte di ms Stefano del Bufalo 2 mi parve bella occasione di 1 Paolo Pilonardi. 2 B V , Arch. S. Pietro H 90 f. 536, R 59 c f. 359.
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suplicar S. S.ta et Mons. Ill.mo Borromeo che con questa vacanza poteva consolar el Gallese et a me fa'” gratia et così tante volte io starò et da S. S.ta et da S. S. Ill.ma ma per questo negotio et fattili parlar da altri che final mente se ben S. S.ta sta ostinata contra el S.or Antonio et difficile, et non ha voluto intenrer parole di farli gratia si è contentato di dar a me el Ca nonicato chel Gallese ha lasciato et al Gallese dato quello che di presente è vacato. Questo non e tutto quello che desideravo, pero havendo assi curato el canonicato spero anchira fra xv giorni seguenti o fra un mese sicondo vedrò l’occasione non mancherò mover di nuovo pratica per la absolutione et liberatione. Il che mi è parso scriverli cosi brevemente per bora, piu ampiamente li sara detto il tutto da Paolo mio seg.rio che sara presto costì. Et con questo fine me le raccomando di core. Di Roma adì xxiiiij di 9.bre 1561.
Di V. S. 111. V. V. stia di buona voglia che ogni cosa passerà bene [autografo]. fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli
45. A Federico Ranaldi Arch. Bibl. Vat. 2, f. 70.
Roma, 11 gennaio 1562.
Magnifico ms Federico. La provisione che volevate pagare à Fabio Grasso, dal di ch’egli morse la pagarete à Flaminio Filonardi, et cosi continuarete per l’avve nire, percioche dal detto di lo constituimmo in luogo del predetto Fabio, et li assegnarne detta provisione. Et state sano, che Dio di mal vi guardi. Di Casa questo xi di Gennaro MDLXII. V.ro il Car.le di Napoli.
46. Al cugino Vincenzo Carafa Barò. lat. 5708, f. 143.
Roma, 16 gennaio 1562.
Ill.mo s.or fratello Amat.mo Ms. Paolo Filonardi mio Seg.rio sarà portator della presente, hà da me commissione di raguagliarla di tutto quello che passa, al che son certo, che com’è informato d’ogni particolare è per sodisfare à pieno, però non occorre, ch’io con questa le ne dia altro, ma solo mi riporti alla relation sua, alla quale potrà V. S. dar quella fede che darebbe à me stesso, et senz’altro me l’offero et raccomando. Di Roma alli xvi di Gennaro di DLXIJ. Di Y. S. ill.ma fratello amorevoliss.o il Carde di Napoli
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
47. Al cugino Antonio Carafa Barb. lat. 5708, f. 141.
Roma, 16 gennaio 1562.
111. et R.do S.er fratello Amatissimo. Mandando à Napoli ms Paolo Filonardo mio Segretario non hò vo luto mancar di visitar V. S. con questa havendo poi sul resto data com missione à lui che supplisca à bocca con darle notitia di tutto il stato mio, et di quanto passa, al che confido che sodisfarà à pieno per esser benississimo informato, però rimmettendomi alla relation sua, alla quale piacerà a Y. S. dar quella fede, che daria à me medesimo, non accada ch’io me stenda in altro, senon in raccomandarmele et offerirmele, come fò di buon core, pregandole da Dio nostro sig.re ogni contentezza. Di Roma alli xvj di Genn.ro MDLXIJ. Di V. S. Π1. et R.da fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 48. Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lat. 5708, f. 145.
Roma, 21 febbraio 1562.
Ill.mo S.or fratello Amatissimo. Havendo in tutte le mie occorrenre conosciuta con gli effetti la gran dezza dell’affezione, et amor che V. S. mi porta, non mi è stato cosa nuova intender per lettere sue quanto prontamente e volentieri ella è per far la sicrutà che è di bisogno dare per la vendita de i censi di Mola. Per il che ne la rengrazio infinitamente. Intorno alle cose del S.or Antonio per l’ordi nario passato scrissi à ms Paolo quel che all’hora mi occoreva et hora replicarò à Y. S. ciò è ch’io non me ne scordo punto, ne ci dormo, anzi essen domi à core, e premendomi come propria, non pretermetto occasione che mi si presenti, ne cesso con ogni mezzo procurar la sua total reintegratione nella buona gratia di N. S.re la quale quando così per hora non si possa ottenere, vederò almeno d’haver l’assolut.ne in foro Conscientiae, e poi con maggior facilità si potrà attendre al resto et à far pian piano quelche in una volta ci si rende tanto difficile, per la durezza che si trova nelle per sone con le quali si hà da trattar. Quanto al benefizio di Atino Mons. di Montepeloso 1 nostro le dà avviso di quelche è successo. V. S. non sene dia pensiero, ma attenda solo à mantenersi in possesso, et del resto lascine la cura à noi, che per una via ò per un’altra se ci remedierà e stiamo di Luigi Campagna eletto vescovo di Montepelosi il 5 dicembre 1561.
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buona voglia. Il che essendo la fine dela presente à V. S. mi offero et racc.do di core, che N. S.re Dio la contenti. Di Roma alli xxi di feb.ro di DLXIJ. Di V. S. Ill.mo fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli
49.
Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lat. 5708, f. 147-148.
Roma, 22 marzo 1562.
Ill.mo S.r fratello Amatissimo. Si come in tutte le occorrenze e con tutte le mie forze hò di continuo cercato di mostrar l’animo mio alla S. V. et al S.r Antonio, pronto ad ogni lor commodo e benéflzio per l’amorevolezza et affezzione, che mi hanno sempre con gli effetti mostrato et mostrano tuttavia, così hò sempre mai havuto in loro tutta quella confidenza che si conviene per corri spondere à tanto amore. La S. V. si deve ricordare quando da principio ch’io uscij di Castello mi trovavo mal contento, non vedendo modo di ricuperare il Canonicato: il quale havendo finalmente N. S.re e Mons. Ill.mo Borromeo doppo tante diligenzie e mezzi usateci, designato di metterlo in persona mia, nelli modi ch’ella sà, et che non occorre ch’io replichi, l’hò tenuto sempre per esso s.or Antonio ò perchè egli havesse voluto, et essendomene dato di continuo buona intentione da predetto Mons. Ill.mo e parendomi posserne fare certa concettura dalle parole e beni gnità di S. B.ne, speravo ancora d’ottenere la total gratia et remissione del s.or Antonio, accioche lui medesimo havesse possuto goderio. Ma essendovisi trovato continuamente delle difflcultà, ne ho sempre dato avviso a V. S. e di piu per ms Paolo hò fatto chella intenda tutti li partiti che sopra detto Canonicando erano offerti, à i quali non hò dato mai orecchie, massime havendomi ella scritto che volevano star aspettando qualche altro di à risolversi: anzi à chiunche me si hà parlato, sempre hò detto libera mente che il Canonicato era del S.r Antonio, et chio non era per farne se non quel tanto ch’egli havesse voluto. Del particolare del Presidente 1 io non intesi mai altro, senon quanto mene disse Mercoredi in Concistorio, et se prima l’havessi saputo, prima n’harei dato raguaglio a V. S. sicome ho fatto di tutti li altrj. Non so imaginarmi donde prodedano tante nuove difficultà, però prima che si pigli altra risolutione e bene consultarla et farci sopra matura considerazione: percioche io non farò in questo negotio altro, senon quel tanto che da loro mi sarà ordinato, et in ogni risoluzione non le mancarò di tutto l’aiuto et opera mia, accioche restino sodisfatte, et persuadons! ch’io non tengo piu à core le cose mie proprie che quelle di 1 Francesco Odescalchi, Presidente della Camera.
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Alfonso Carata, Cardinale di Napoli
V. S. ne mi vedrò giamai quieto e contento, sin che elle non hanno quella fine che comunemente si desidera. Hora remandandole io con la presente la lettera del predetto Presi dente, ella potrà responderli come più le farà espediente stando le cose nei termini che vede, et in ciò rimettendomene à lei non dirò altro in risposta della sua, senon che la rengrazio infinitamente della buona voluntà che tiene di far la sicurtà. Et a Y. S. con tutto il core mi offero et raccomando pregando Dio che le conceda ogni desiderata contentezza Di Roma alli xxij di Marzo MDLXII. Di Y. S. Ill.ma fratello amorevoliss.o il Carde di Napoli 50.
Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lat. 5708, f. 149.
Roma, 18 aprile 1562.
Ill.mo S.or fratello Amatissimo. Ho ricevuto l’ultima lettera di V. S. in risposta della quale non mi occorre con la presente dire altro, senon che venendo costi Mons. di Mon tepeloso per mio Vicario, dal quale a bocca V. S. potrà intendere tutto quello ch’io potessi scrivere, mi rimetto a lui et à quelche ho ragionato seco, però V. S. sarà contenta prestarli fede come farebbe a me stesso, et con tutto il core me l’offero e raccomando, che N. S.re Dio la contenti. Di Roma alli 18 di Aprile 1662. Le lettere del S.r Antonio nostro con la traduttione non l’ho anco ricevuta per tanto desidero che V. S. me la ricordi in ogni modo. fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 51.
Al Duca di Baviera Alberto V P o g ia n i , I I I , 57-58.
Roma, aprile-maggio 1562.
Conferma la promessa fatta all’inviato Sigismondo Vichauser di appoggiare i negozi del Duca 1
1 Vichauser, che il 4 marzo aveva parlato all’assemhlea di Trento a nome di Alberto, era a Roma al principio di aprile e ne ripartì il 1° giugno. Sulla sua missione in Curia appoggiata anche da s. Pietro Canisio, B r a u n s b e r g e r , III, 380; CT., V i l i , 375 s.; Co n s t a n t , 204 ss., S u s t a , D ie K urie, II, 43; III, 112, 224; IV , 4 ss., 20.
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52. Al cugino Vincenzo Carata Barb. lat. 5708, f. 151.
Roma, 9 maggio 1562.
Ill.mo fratello Amatissimo Ho ricevuta la sua lettera delli 3 del presente et quanto alla cosa del canonicato poiché si resolveno che stia impetto mio così si fara et con tinuamente si andera tentando la gratia per il s.or Antonio et per amor de Dio V. S. le scriva che non se dia travaglio ne si pigli fastidio alcuno, attendi a darsi piacer et al studio come intendo che fa continuamente et non passi ansia et creda che non so cosa che mi prema piu che la quiete sua et che sto al herta per non perder occasione di consolarlo et essendo questo pensiero et cura mia egli deve quietarsene. Quella operetta che mi mandò è finalmente comparsa et mi è stata carissima et come l’harò ben considerata le risponderò, et intanto V. S. non manchi tenerlo con tento et consolato. Già havevo inteso la resolutione che V. S. ha fatta di far la securita per li ^ ducati o pigliar lei quelle annate di Mola per rata di y ducati, ne la ringratio et la prego a ponerlo in esecutione quando ne sara ricer cato dal S.or Marchese mio padre che doveva esser presto per finir questo negotio. Et questo e quanto mi occorre dir in risposta alla sua, prego N. S.re Dio che la facci et conservi contenta. Di Roma di ix di magio 1562. Di V. S. Ill.ma fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 53. Al cugino Antonio Carafa Barb. lat. 5708, f. 153.
Roma, 16 maggio 1562.
Ill.mo S.or frarello Amatissimo Io ho ricevuto alcune lettere di V. S. alle quali s’io non ho risposto la prego a pigliarlo in bona parte et esser certo che è stato fatto per giu stissime cagioni. Come la prego con tutto el cor che voglia creder che non minor ansia passo io per non poter accomodar secondo l’animo mio le cose sue che faccia lei stessa non vedendole accomodate. Et sia certa che non causa ne per poca voluntà ne per negligenza, ma perchè non se po più. Io ho tentato tutte le vie et fattale tentar da amici et sig.ri comuni, ma per anchora non si è occupato [?] el desiderio nostro, et creda che si stia tuttavia advertito di non perderne occasione et la prego che voglia cre derlo et esser certa che non ho pensiero che più mi prema che questo. Pero intanto supporti questo tempo patientemente attendi alli suoi studi
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
et di quello che non sta in poter nostro et che sino ad hora non si po far altro, non se ne voglia dar tanto travaglio et fastidio, ma quietarsene et sperare che N. S.re Dio non abandonò mai li giusti et quelli che hanno buona intentione, come non abandonara manco lei. Si trovò quella sua Traduttione del Agnel paschale, sopra la quale considerata che l’haverò dirrò l’opinion mia, in questo primo aspetto m’ha sodisfatto. Questo è quanto mi occorre dirle con la presente, prego N. S.re Dio che li dia for tezza d’animo et quel contento che desidera. Di Eoma adì xvj di maggio del 1562. [Post scriptum] Con tutto che non habbia mai pretermessa occasione nessuna di quietar una volta V. S. la qual cosa è da me oggi desiderata sopra tutte l’altre, e che sempre n’habbia ritrovato grandissima difficulta, se ben senza raggione come V. S. discorre benissimo nondimeno dico à V. S. liberamente e gli prometto, se ben in questo non posso avanzar piu me medesimo, che me ci riscaldaro di sorte et la trattaro di maniera come si trattasse di salvar la persona mia propria, io voglio sperar che Dio ci voglia con solar, ma quando pur non gli pacesse per l’alti suoi segreti, di darcela hora questa consolatione, quietisi per amor de Dio Y. S. per quel tempo di più che piacerà à Sua Divina M.ta e sia sicura eie gli renderà un giorno tal consolatione che si contentarà di haver patito con patientia e per amor suo quelli che hora paté. Quant’à me poi son sicuro con l’aiuto di Dio di haverli à far tal dimostratione dell’amor mio, che sia certa poi all’hora di non haver mai havuto persona che più cordialmente l’habbi amato et l’ami di quel che fo io. Di Y. S. ili. fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 54. Al Duca di Baviera Alberto V P o g ia n i , III, 58-59.
Roma, (princ. giugno) 1562.
Si congratula per il successo di Vichauser e si dichiara sempre pronto a servire il Duca. 55. Al cugino Vincenzo Carata Barb. lat. 5708, f. 155.
Banco, 21 giugno 1562.
Ill.mo S.or fratello Amatissimo Io non hò havuto mag.or desiderio in questa vita, che di accomodar il negotio del S.or Antonio nostro, et non hò mancato in tutte le occasioni e per me stesso e per altri far ogni sorte di offizio e con N. S.re e con Mons.
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Ill.mo Borromeo di procurar l’assolution sua, nella quale hò trovato tante difficultà, che me sono molte volte disperato di poterlo condurre a fine. Pero in questa mia partita da Roma nel licentiarmi da S. B.ne di nuovo volsi far offizio, e se bene S. S.ta mi fece molte repliche e mi si mostrò difficilissima nel principio nondimeno io feci tanta instanza, e con tanti modi che finalmente S. S.tà si contentò di assolverlo, et reintegrarlo à tutti li benefizij, eccetto el Can.to. Il che mi è parso assai haver ottenuto per hora, sperando che otterrò ancora il resto, e tanto più che Mons. Ill.mo Borromeo (che non confidava che si ottenesse tanto) mi dice che hora S. S.ta ha fatto questo, che à giudizio suo è il più, lo reintegrerà al Cano nicato el quale sta ne i medesimi termini, et ad instanza mia. Hò voluto d%rline con questa prima commodità avviso, accio insieme ne piglino quella consolazione che n’ho havut’io e perche appara in scriptis la gratia, ho lasciato ordine in Roma che sene spedisca un Motuproprio. Et intanto che verrà, giache la gratia è fatta, el predetto S.or Antonio potrà co minciar à comparir ne i luoghi sacri, Di quel che seguirà ella sarà avvisata. E me le raccomando con tutto el core. Di Bauco alli 21 di Giugno 62. Di Y. S. ill.ma fratello amorevole il Car.le di Napoli 56. Al cugino Antonio Carafa Barb. lat. 5708, f. 157.
Bauco, 19 luglio 1562.
111. et R.do 1 fratello Amatissimo Ho ricevuta la lettera di V. S. delli xv del presente et con essa la copia del motu propio per la sua absolutione che le mandai con la clausula aggiontavi da Mons. Vicario.2 Ho preso molto piacer [leggendoì la sua lettera poiché ci siamo trovati conformi et d’una medesima volunta di non far cosa indegna et chella facci cosi honorata resolutione. Per questo li scrissi et mandai la detta copia accioche V. S. ci facesse consideratione et mi rescrivesse l’apenion sua et in quanto al animo mio tenni sempre per fermo ch’ella se resolverebbe come ha fatto. Hora remanderò a Roma detta copia et darrò ordine che senza diminution di parola se presenti a Mons. Bonromeo accio la facci segnar, et staremo a veder quel che fa ranno et così sicondo la resolution loro cosi ci resolveremo anche noi perche prima che se pigli ne vorrò esser avvisato et di tutto terrò avvi sata anche V. S. Intanto non voglio dirle altro senon replicarle quello che tante volte le ho scritto ciò è che le cose sue et la quiete et satisfattion sua mi è tanto a core come la mia propria ne pretermetterò mai occasione alcun far per lei tutto quello che le sia per tornar commodo 1 Solo ora, dopo l’assoluzione lo chiama Reverendo. 8 Luigi Campagna.
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
et honor. Et nel resto attendi a conservarsi sana et aiegra et spero che N. S.re Dio ce darrà anchora qualche ristoro à tanti travagli et commodità che ci potremo goder fraternamente qualche tempo il che sopra tutte le cose desidero. Et N. S.re Dio la facci felice, col qual fine di core me le raccomando Di Bauco adì xix di luglio del LXIJ. Di V. S. 111. et R.de fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 57. A Guglielmo Sirleto Vat. lat. 6189, f. 108.
Verdi, 22 luglio 1562.
Reveren. Mons. mio. Ho commesso a ms Paolo Filonardi mio seg.rio che da mia parte venghi a visitar V. S. per saper com’ella sta et darmene avviso, desiderando sempre sentirne bene, li parlerà anchora a mio nome d’alcuna cosa impostali da me, sara contenta crederli et per quanto mi ama, et io osservo lei far opra ch’io venghi consolato d’un così giusto mio desiderio, che ne le resterò perpetuamente obligato. Et non essendo questa per altro di core me Tollero et raccomando pregando N. S.re Dio che la conservi felicemente. Di Yeruli a di xxvij di luglio del M.D.L.XIJ. Di V. S. Reveren. Come fratello amorevole il Carde di Napoli 58. A Guglielmo Sirleto P a s c h in i , in «Arch. Stor. d. Calabria» V (1917) 89. Sant’Angelo a Scala, 10 agosto 1562.
Gli raccomanda la Biblioteca Vaticana. 59. Al cugino Vincenzo Carafa Barb. lat. 5708, f. 159.
Sant’Angelo a Scala, 25 agosto 1562.
Hl.mo S.re fratello Amatissimo Io gionsi a S. Angelo dio gratia sano et ce la passo assai piacevol mente. Di Roma non havemo anchora avviso alcuno il che mi fa sperar bene. Et se ci sarà niente V. S. ne sarà avvisata. Dogliomi del suo male, la prego a curarsi et conservarsi et non ponersi in viaggio in questi tempi dispiacevoli se prima non è molto ben guarito. L’offerte tra noi son su-
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perflue havendo sempre et le persone et le robbe reputate comuni, harò caro saper nova del S.or Antonio et con questo fine me le raccomando di core et prego Dio che la conservi felicemente. Di S.to Agnolo adì 25 di Agosto del 1562. Di Y. S. Ill.ma fratello amorevoliss.o il Carde di Napoli
.
60
Al cugino Vincenzo Carata Barb. lat. 5708, f. 161.
Sant’Angelo a Scala, 30 agosto 1562.
Ill.mo S.re fratello Amat.o In resposta della lettera di V. S. non ho altro che dirle senon che per gratia de Dio io sto bene, nè ho sentita e nè sento sin qui alteratione alcuna di questa mutatione d’ave anchor che qua si sentano contra l’ordi nario eccessivi caldi. Desidero che lei anchora se conservi tale et ce dia opra. Di Eòma havemo varij avvisi et tutti conformi et Mone. Ill.mo Bonromeo mi scrive che a N. S.re è piaciuto intender la venuta mia per visitar mio padre talché sin qui la cosa è parsa presa in bona parte. Io l’anderò aiutando quanto potrò con ogni sorte d’attione talché spero che le cose passaranno bene. Altro non ho che dirle. N. S.re Dio la con servi felice et contenta. Di S.to Agnolo questo di xxx di Agosto 1562. Di V. S. Ill.ma fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli
.
61
A Filippo II Simancas, Archivo General, E 1052, f. 57. Sant’Angelo a Scala, 30 agosto 1562.
S. C. E. M.ta L’apportator di questa mia esporrà in mio nome alcune cose à V. M.ta La supplico non pur’ a dargli quella istessa credenza che farebbe à me medesimo, ma insieme à essermi tanto liberale della sua protettione, quanto conviene à la grandezza e bontà dell’animo suo, congiunta alla molta confidenza ch’io ne tengo, così per i segnalati favori ricevuti per me da la man sua sin’a quest’hora, come per la devota e perpetua ser vitù mia verso di Lei. Cosi facendo V. M.ta continuera in protegere e favorire un suo fedeliss.o vassallo e servo, il quale se non per altra ca gione almeno per la sincerità del’animo suo merita di ritrovare ogni fa 16
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
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vorevole dimostratione appresso à Principe così benigno e così supremo, quale è V. M.ta alla quale baciando con ogni reverenza la mano desi dero lunghiss.a felicità. Da Sa,ut,’ Angelo alii xxx d’Agosto MDLXII. Di Y. M.ta obligatiss.o e devotiss.o Servo il Car.le di Napoli 62. Al cugino Antonio Carafa Barb. lai. 5708, f. 163.
Sant’Angelo a Scala 20 settembre 1562.
111. et Eeverendo S.re fratello Amatissimo Non occorrea cbe V. S. facesse con me la dimostratione che ha fatto in mandarmi tanti belli vasi di cristallo perche qualunche se sia è super flua tra noi. Desidero bene la persona sua et vederla quanto prima le sia concesso dal tempo et dalla commodità et non altramente, la quale vista perche spero che non possa andar molto in lungo è causa similmente che con questa sia breve et le dira solo che di Roma li avvisj sono li me desimi, ne ci è alteratione alcuna. Et con questo fine di core le me racco mando et le prego ogni contento. Di S.to Agnolo adì xx di 7bre 1562. Di Y. S. 111. et R. fratello amorevoliss.o il Carde di Napoli 63. A Guglielmo Sirleto P o g ia n i , III, 301.
Sant’Angelo a Scala, 27 settembre 1462.
Gli raccomanda la Biblioteca Vaticana. 64. Al cugino Antonio Carafa Barb. lat. 5708, f. 165.
Napoli, 23 novembre 1562.
111. e Reverendo S.r La S. V. senza ch’io glielo scriva può ben credere, e tener per certo che le cose del S.r Vincenzo suo fratello mi sono tanto à corre quanto le mie proprie, et che per esse sino à hora non hò mancato ne mancarò di far ogni offizio oportuno, donde spero che le passaranno bene per gratia di Dio, et haranno quel buon esito che tutti desideriamo. L’intendere dei studij coi quali ella va passando il tempo mi è stato di gran piacere e consolatione, e glie n’ho invidia, non mi essendo concesso di poter far il
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medesimo per le continue occupationj ne quali mi trovo per la riforma di questo Clero. Io di nuovo ho scritto à Roma che si veda di far qualche buono effetto per le cose di Y. S. intorno alle quali se ci succederà cosa alcuna di buono come infinitamente desidero ella ne sarà subbito avvisata. Intanto non mi occorrendo altro con tutto il core me le raccomando, che N. S.re Dio la conservj. Da Napoli alli xxiij di Novembre di MDLXIJ. Di V. S. Π1. et R. fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 65.
Al cugino Antonio Carata B a rb. lat.
5708, f. 167.
Napoli, 5 dicembre 1562.
111. e Reverendo S.or Insieme con la gratissima lettera di V. S. hò ricevuto la traduzzione del Proemio e di un Salmo la quale per quanto sin qui n’hò visto mi piace, et l’essorto à sequitar questa fatica sino alla fine, poiché ella si trova tanto innanzi, perciochè sarà veramente degna, et utile cosa. L ’indisposizione del S.or Vicere ha causato che nella causa del S.r Vincenzo non si sia fatto più di quel che le scrissi per la sua liberazione, la quale mi è à core come deve, et V. S. può persuadersi senza ch’io glie lo dica. Li frutti mandatemi da V. S. mi sono stati carissimi et nela rengrazio con tutto il core, et a lei senz’altro mi offero et raccomando che N. S.r Dio la contenti. Da Napoli alli v di Decem.re del LXIJ. Di V. S. ifi. e R. Io ho già letta tutta la traduttione et mi sodisfa infinitamente, sequiti V. S. che veramente fa un’ opera dignissima. Le mando li alligati avvisi i quali se bene qui sono un po vecchi, giudico nondimeno che costi in coteste Montagne doveranno esser non pur freschi, ma agghacciati. fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli
66. Al cugino Antonio Carata B a rb. lat.
5708, f. 169.
Napoli, 23 dicembre 1562.
111. et Rv. S.r Antonio. Essendo V. S. sicome mi scrive tant’inanimat’ alla traduzione di Theodoreto, spero sentir in breve, ch’ella ne sia al fine desiderato: Però seben conosco esser superfluo, l’essorto nondimeno à continuare in questa buona et lodevol’opra come ha cominciato: Ho ricevuto la traduzione del l’orazione del Naziazeno mandatami da V. S. la quale mi è stata gratis sima et havendone letto sinqui una buona parte, mi sodisfa grandemente,
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
et ne la rengrazio pur assai. Il S.r Vincenzo nostro si come V. 8. doverà haver inteso, è già libero per grazia di Dio et sene sta in Casa, et sino à hora non l’ho visto. Et non havendo con questa da dirle altro fo fine, ricordandole che attenda à conservarsi sana et allegra come faccio io, et me l’offero et raccomando. Da Napoli alli xxiij di Decembre MDLXIJ. Di V. S. ΙΠ. et E. fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 67. Al cugino Antonio Carafa B a rb . lat.
5708, f. 171.
Napoli, 10 marzo 1563.
IU. et R.do S.or frateUo Amatissimo Alla lettra di V. S. del penultimo del passato non mi occorre dir altro in risposta, senon ch’ella mi è stata gratissima, si come ordinariamente mi sono tutte queUe che ricevo da V. 8. et che mi apportano come ha fatto questa, nova del ben star suo, del quale desidero continuamente intendere, et la prego à darmene spesso avviso, com’io farò di me et del stato mio, del quale non ho che dirle altro di presente, senon che per grazia di Dio, è assai buono, con tutto che non mi mancano delli soliti travagli et fastidij. Ho ricevuto le pere ch’ella mi manda le quali essendo buone et belle mi goderò per amor suo, rengraziandone pur assai la S. V. alla quale facendo fine ricordo che attenda à conservarsi sana et allegra, et con tutto il core mi raccomando. Da Napoli alli x di Marzo del LXIIJ. Di V. S. 111. et R. fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 68. Al cugino Antonio Carafa B a rb . lat.
5708, f. 173.
Napoli, 29 maggio 1563.
Ill.mo S.re fratello Amatissimo Per un’altra mia V. 8. havrà inteso come io non posso senon laudar grandemente la resolutione fatta di andarvene questo settembre al studio di Padova, benché da hora a quel tempo ponno occorrere molte cose che potranno far variare questa volunta, ma sia come si voglia non posso Senon commendar questo honorato proponimento. Io per la relatione che tengo intendo che non occorre far instantia alcuna di starvi sicuro, perche quella patria è securissima per qualsivoglia sorte di persone, ne è stata mai solita quella Signoria ad instanza di principe del Mondo violare quella liberta ma conservarla inviolabilmente. Con tutto ciò per la prima
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occasione io ne scriverò al S.or Matteo Stendardo nostro che me ne dai piu particulare informatione et resolutione. Intanto V. S. se conservi et attendi con la solita diligenza che ne sento non minor contentezza che se io facesse el medesimo acquisto delle discipline che fu lei et chel suo studio si convertesse in soddisfattione et honor mio, percio che ogni ornamento della sua persona lo reputo mio proprio et con questo fine me le racco mando che N. S.re Dio la conservi, Di Napoli adì 29 di magio 1563. Di V. S. Ili .ma fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 69.
Al cugino Antonio Carafa B a rb . lat.
5708, f. 175.
Napoli, 14 giugno 1563
111. S.re fratello Amatissimo Ho ricevuta la lettera di V. S. delli viij alla quale non mi occorre far altra risposta senon conflrmarla nel medesimo proposito el quale non posso senon summamente laudar. Io ho già scritto al S.or Matteo 1 et non po tardar la risposta la quale venendo le manderò subito per piu quiete del animo suo che nel resto son certissimo che non occorre haver dubio alcuno di quella stanza per qualsivoglia causa. Intanto V. S. perseveri nelli suoi studij et in si laudevole dispensatione de tempo, ma non si scordi pero in questo tempo conservarsi anzi prencipalmente attender alla sanità, che è quanto mi occorre dirle. N. S.re Dio la conservi come desidera. Di Napoli adì xiiij di Giugno 1563. Di Y. S. Ill.ma fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 70.
A Scipione Ammirato Ammirato. O p u scoli, II, 364-65.
Napoli, 15 settembre 1563.
Lo incoraggia a portar avanti un negozio in Curia e gli mette a di sposizione la sua casa romana. 71.
Al cugino Antonio Carafa B a rb . lat.
5708, f. 176.
Napoli, 13 novem bre 1563.
111. et R.do S.re fratello Amatissimo Io ho havuto grandissimo piacér che finalmente siate giunto salva a Padova et per Dio che vi siete messo in un gran risico, è venuta bona 1 Matteo Stendardo.
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
per hora, non bisogna farne piu di simili cose, perche Improbe Nettuni Ho piacer che restiate sodisfatto del nostro ms Desiderio 1 et veramente è officiosissimmo Amico, et da farne conto. Hora attendete al studio per espedircene presto, cosi potesse fare io con ms L uigi2 el quale non è riuscito in pratica quel che io mi promettea di lui, però non so quello che me ne farò, sarò ben forzato di far altra provisione. Al S.or Matteo 3 bisogna haver compassione che senon ho fatto e non fa non credo che proceda da poca voluntà. Delle cose di Don Nicola 4 si a scritto costa le cose di qua come stanno accioche pensi quel che se po far o voi che se facci. Di me si po prometter per quanto passo. Sicome dico anchir del Sacchetti 5 et loro devono con siderar in che stato mi trovo et lei lo sa et però bisogna andar passando tempo che Dio ci aiuterà tutti. Questo vaglio dir in resposta della vostra. State sano pregandovi da Dio quella contentezza che desiderate. Di Napoli adì xiij di 9.bre del LX IIJ. Di V. S. HI. et E. fratello amorevoliss.o il Carde di Napoli 72.
Al cugino Antonio Carafa B a rb . lat.
5708, f. 178.
Napoli, 20 novem bre 1563.
Ill.mo S.re fratello Amatissimo Mi è stata cariss.ma la visita che V. S. ha fatto al Clariss.o Mozenigo et la memoria che li ha rinfrescata di me et sicondo chella me scrive le scrivo l’alligata lettera et ogni volta che le occorrerà far di simili offici] con li amici et della S.ta me. di papa Paolo et nostra fatelo che è ben fatto et a me grato. Nel resto havrò caro con sua commodità d’intendere che sia accomodata a Padova, et che studio prende et che lettioni se legono et chella intende, et intanto et sempre non posso senon amarla et desi derargli ogni bene et quel medesimo che faria a me proprio et conservisi sana come farremo con ogni industria noi di qua. Et N. S.re Dio lo con servi. Di Napoli adì xx di 9.bre del LXIJJ. Di Y. S. 111. fratello amorevoliss.o il Carde di Napoli 1 Desiderio da Lanciano, v. lettere del 1° gennaio, 27 maggio e 9 settem bre 1564. 2 Luigi Russo. 3 Matteo Stendardo. 4 Nicola Barone. 6 Andrea Sacchetti era stato nella Segreteria del cardinale Carlo Carafa con il salario di 72 scudi al trimestre. Arch, di Stato di Rom a. M a n d a ti C a m e rali 901, f. 26v, 189.
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73. Al cugino Antonio Carata B a rb . lat.
5708, f. 180.
Napoli, 27 novembre 1563.
Ill.mo S.re fratello Amatissimo Mons. mio Ill.mo Gonzagha mi ha costretto a far opra con V. S. di voler dare il suo canonicato di S. Pietro al S.or Julio Montano coppiero di S. S.tà et egli darra ricompensa idonea et per parte un Priorato senza cura sul Trivigiano chiamato Conigliano, el resto assicurato sopra d’altri beneficij. Non ho possuto ne voluto mancar di farglilo intender con dirle che volendone far esito, che mi sarà sopra modo caro che lo facci per mezo del predetto Ill.mo al quale io sono molto obbligato, col detto S.or Giulio. Del Priorato ella trovandosi in coteste parti potrà informarsi. Et sopra tutto mi darrà avviso del animo suo accioche possa responder al p.to Ill.mo S.re. Noi di qua stiamo per gratia del Sig.re sani et così speriamo che sia di V. S. alla quale mi raccomando che Dio la contenti. Di Napoli adì xxvij di novembre 1563. Di V. S. 111. et E. fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 74. A Filippo II Simancas, A rchivo General, E 1052, c. 57, 250.
Napoli, 8 dicembre 1563.
Sacra Catolica e Eeal Maestà. Nessuna cosa ho mai desiderata tanto sin’a questo giorno, quanto che di vivermi, e riposarmi ad ogni hora sotto la feliciss.a ombra et potentiss.a protettione di V. M.ta conosciuto et raccolto da Lei in ogni occasione per quel deditiss.o Vassallo e Servitore ch’io le sono e sarò sempre per natura e libera volunta. E si come questo mio innato desiderio ha preso insieme con gl’anni più di forza e di vigore, così la speranza di con durlo al suo fine è di maniera cresciuta in me, che mi par di poter dire horamai ch’ella se sia convertita in sicuriss.a certezza. Perche se da quella pietà, e da quella grandezza d’animo che risiede e risplende ne la M.ta Y. è abbracciato, assicurato e favorito a tutte l’hore non solo questo e quel particulare, che travagliato confida e ricorre à Lei com’a sicuriss.o refugio, ma le provincie, i Eegni et il Mondo tutto per così dire; per qual cagione io suo fedeliss.o suggetto, percosso e spaventato da tanti e così gravi accidenti, non devo fermamente promettermi di ritrovar’hora e sempre in V. M.ta questa medesima pietà e cortesia, poi che la confidenza ch’io ne tengo è infinita? Veramente altro non si può aspettar già mai da la Sacra e Eegal M.ta Cat.ca che amorevolezza paterna, dolciss.a quiete e finalmente gratie innumerabili; frutto degno certamente di quell’Altezza
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
e di quel valore, che hoggi rende cosi chiaro in ogni parte il glorioso nome di V. M.ta. Hora se ben’io per tutte queste considerationi e per i segni che V. M.ta s’e degnata di darmene per il passato, già posso persuadermi d’esser sin qui registrato nel numero di coloro che da lei son fatti par tecipi di tanto bene, nondimeno, perche pur desidero haverne ancora piu certa testimonianza, supplico V. M.ta quanto piu vivamente posso, che le piaccia raccoglier di nuovo et confermar sotto la sua tutela e pa trocinio me, suo devotiss.o Servitore accioche io, assicurato da così segna lato favore, possa per l’avvenire con animo più tranquillo che non è hora, impiegar per il servigio di V. M.ta la sincera Servitu mia, di modo ch’llae non sia del tutto infruttuosa. Ne per a ro che per questo effetto mando al presente a V. M.ta questo mio segretario, dal quale, quando così resti servita, ella potrà piu largamente intendere questo mio desideratiss.o desiderio et insieme lo stato in che hora io mi ritrovo. Supplico la V. M.ta à prestargli quell’istessa credenza che farebbe à me medesimo et ultima mente à consolar per questa mia chi tanto lo desidera e tanto n’hà di bisogno. Bacio humilissimamente la sacra mano de la M.ta V. pregandole da Dio benedetto lunghiss.e felicita. Da Napoli il di viij di Dicembre M.D.LXIIJ. Di V. M.ta Devotiss.o e perpetuo Servo il Car.le di Napoli 75. Al cugino Antonio Carafa B a rb. lat.
5708, f, 181.
Napoli, 18 dicembre 1563.
111. S.re fratello Amatissimo Io ho ricevuto dell’altre lettere di V. S. doppo che è in quelli Paesi et a tutte ho risposto et questa sara per risponder all’ultima ultimamente recevuta delli xij del mese passato per la quale ho havuto piacer d’inten der che sia commodato in Padova et che habbi dato principio alli suoi studij ne quali piaccia a N. S.re Dio che facci quel progresso che e desi derato da lei ed non meno niente da me. Ho havuto ben dispiacer ch’ella non ci habbi trovato quella copia di lettione et il valor di quelli che si son stati l’anno passato. Tuttavia spero che V. S. con l’assiduita et vi gilanza sua supererà questo mancamento et questo deve sforzarsi di far. Mi è piaciuto intender nova di Mons. Barbarigo 1 et che conservi si frescha memoria et della fe. re. di Papa Paolo et di me in che è contracambiato da me et da Dio quanto desidero occasione de mostrarli la volontà mia. In tanto facci Y. S. le mie raccomandationi et meli offerì per quanto posso et so. 1 Pietro Barbarigo vescovo di Curzola. Per la sua amicizia con Antonio Carafa v. B a rb. lat. 5721, f. 136; 5722, f. 61.
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Io so ogni di molestato per questo benedetto canonicato et oltre a quello che li giorni passati li scrissi per il coppiero di S. S.tà ad instanza di Mons. mio Ill.mo Gonzaga, hora le scrivo per un cameriero di Mons. DI.re Vitello che lo desiderarebbe con dar equivalente ricompensa o giusta pensione, V. S. de gratia me scriva la final resolution sua accioche per sempre io la possi mostrar o scrivere a quelli che me ne parleranno o scriveranno. Et perche possa farlo maturamente et discorrervi ben sopra le dirrò che havendone parlato col S.or Vincenzo nostro egli mi ha detto che finalmente quando col dar questo canonicato ella potesse in tutto accomodar le cose sue con N. S.re et haverne una ampia assolutione ad arbitrio et voluntà nostra con una giusta recompensa che forse non farrebbe male cosa a farlo. Tuttavia ci pensi lei et rescriva la volunta et parer suo che sicondo quello in tal caso sempre me règularo. Et N. S.re la conservi come desidera et facci contenta. Di Napoli adì xviij di xbre del 1663. Di V. S. 111. et R. fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 76.
Al cugino Antonio Carafa B a rb . lat.
5708, f. 183.
Napoli, 1° gennaio 1564.
Ill.mo S.re fratello Amatissimo Io scrissi la lettera chella ha vista per conto del canonicato per so disfar a quel sig.re che me ne fece instanza et non per volerne piu di lei in questo caso che come sa et a bocca et per lettere li ho significato et detto sempre che in ciò ho desiderato et desidero l’arbitrio suo et così le dico. Mi saria piaciuto che V. S. distintam.te sopra ciò mi havesse resposto dicendomi le cause perche ella non vole o non po farlo accio havessi po tuto mostrar d’haver fatto l’officio con lei et così la prego che facci ri mettendomi nel resto al voler suo. Ho havuto piacer grande d’intender il ragionamento et discorso havuto con li Padri Laines et Salmerone, et forzaromme di corresponder all’openione che si ha di me. Ms. Luigi1 se n’ando. Et in loco suo mi ho tirato appresso don Leo nardo Malaspina Padre di quelli di San Pietro a vincula che sono sotto la mia protettione, persona litteratiss. et esercitatiss. nella lingua greca et latina poesia et candida. Ho havuto similmente piacer intender li studij suoi et farò l’officio col Robortella et per la persona che verrà havrete la lettera. Attendete S.re Antonio che per questa via si va in cielo. Et piacemi sopra modo che habbi trovata la stanza a suo gusto et con tante commodità delle quali leggendo la sua lettera mi è venuta una gran voglia et ne li ho invidia. 1 Russo.
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Alfonso Carata, Cardinale di Napoli
Di ms Desiderio ho gran contento che l’habbiate trovato amirevole cossi e valente homo et io l’Amo per le qualità sue et perche so che la S.ta me. di Papa Paolo ne faceva molto conto, la pensione ritrovata delli 40 d.ti sara bona per le spese straordinarie. Et così passano le cose quando Dio ci voi aiutare. Attendi dunche Y. 8. alli studi, et a goder di quella liberta, che Dio la conservi felice. Di Napoli adì primo dell’anno 1564. Di V. S. ili. fratello amorevoliss.o il Carde di Napoli 77.
A Guglielmo Sirleto1 Val. lat. 6189, f. 108.
Napoli, 1° gennaio 1564.
Molto Reveren. Mons. mio. Io son tanto sicuro del amor suo che con me non occorre che V. 8. facci dimostratione di fatti ne di parole, et la prego chella mi scriva solo quando le toma commodo, non negando però che le sue lettere m’apportano molta recreatione. El P.re Don Leo nardo Malaspina è in Napoli et spero haver con esso dulcissima vita et conversatione et esercitio nelle bone lettere. Il testimonio di V. 8. è stato caggione a farmi in ciò resolvere et spero come ho detto di far con esso alcun frutto nella lingua in che son resoluto di dar opra. Et la ringratio infinitam.te delli amorevoli ricordi che supra ciò mi da li quali conoscilo fideliss.i et amantissimi et mi forzano di ponerli in esecutione dico si nelli studij come anche circa la vita la qual spero che sarà tale che non offendrà ne darra occasione di disprezzo ad alcuno. Circa le cose della libraria io confido assai nell’amorevolezza di V. S. et nella diligenza del suo fratello2 et di ms Federico3 la concordia de quali mi è summam.te cara, le racc.to quanto posso alej pregandola ad haverci qualche volta l’occhio. Io ho scritto per un straordinario a Mons. Ill.mo Gesualdo et ho drizato la lettera a ms Federigo per conto delli 100 d.ti et non sol delli pre senti ma per la recuperatione se possibil fusse di quelli dell’anno passato. La l.ra confido che arriverà a tempo et confido che Mons. Ill.mo Gesualdo farà l’officio. Et con questo fine a lei mi affero et racc.do pregando Dio che la conservi felieem.te. Di Napoli adi primo di Gennaro del MDLXIIIJ. Di Y. S. molto R.do Come fratello amorevole il Carde di Napoli
1 Parzialmente pubblicata in P o g ia n i , III, 399; P. C a v a l ie r i V. G a r o f a l o , Biblioteca degli uom ini illustri de>’ Canonici regolari del S S . Salvatore Lateranensi,
I, (Velletri 1836) 8-1; D e M a io , Origini, 37-8. 2 Girolam o Sirleto, prim o custode della Vaticana (1557-1576). 3 Ranaldi, secondo custode della Vaticana (1557-1590).
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Carteggio
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78. Al cugino Antonio Carata B a rb . lat.
5708, f. 286.
Napoli, 29 gennaio 1564.
111. e Reverendo sig. fratello amatississimo L ’ultime lettere sue son deli xiiij dj questo; à le quali facendo ri sposta, dirò brevemente, che se bene io son tutto il giorno stimolato di far offizij con Y. S. per causa del Canonicato; non però intendo mai di procurarle cosa, che le possa portar altro che infinita sodisfazzione, nè violentar in modo alcuno la sua volontà; anzi, quant’à me, lodo molto che Y. S. si sodisfaccia almen dell’animo in questo particolare, poiché per hora non può in altro modo, si com’ella et io n’haveremo desiderio, e ciò le sia detto per sempre. In tutto quel ch’io potrò giovar con l’opera mia al sig. Conte di Macchia 1 lo farò tanto piu volentieri, quant’io veggo che à V. S. sommamente caro; e mi sforzarò fargli conoscere di quanta forza sieno appresso di me le racc.ni di V. S. à la quale offerendomi con tutto l’animo in questa et in ogni altra occasione, la prego à ricordarsi tal’hora di me, chè l’amo tanto. Da Napoli il di xxix di Genn.o MDLXIIIJ. Di Y. 8. 111. et R.da fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli
79. Al Duca di Mantova M antova, Arch, di Stato, G onzaga 816.
Napoli, 6 febbraio 1564.
Ill.mo et Ecc.mo Sig.or mio oss.mo Io mi ricordo d’haver’altra volta scritto à V. E. chiedendole in grazia un luogo di Segretario, almeno il primo che venisse à vacare, nel senato suo di Monferrato; e n’hebbi in quél tempo da V. E. per sua naturai bontà, cortesiss.a intenzione; hora perche intendo che già due mesi sono, è va cato uno di questi luoghi, torno à pregar ΙΈ . V. che le piaccia affettuar quella buona volontà, che mi mostrò allhora; assicurandola che oltra che me ne farà favore singolare, ella locarà questo benefizio in persona, che la servirà di buon core fedelissimamente; che tanto mi posso pro mettere di ms Teodoro Crova da Casale, per il quale io desidero questo favore, poi che, per quel tempo ch’egli è stato appresso di me, ha fatto molto ben conoscer l’integrità e la sufficienza sua. Spero per tanto che V. E. habbia da compiacermi di questa grazia, poi che io la desidero, e 1 Giovanni A ntonio de Regina, conte di Macchia, sposò Luisa sorella di Antonio Carafa, S c a n d o n e , 138; B a rb . .at. 5727, f. 212, 254 ss., 265, 262 ss.
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
poi che da lei, per l’antica servitù mia, posso promettermi ogni amorevoliss.a dimostratione. E con questo fine bacio le mani di Y. E. pregan dole da Dio ogni desiderata felicità. Da Napoli il dì vj di febr.o MDLXIIIJ. Di V. E.za Amorevoliss.o Servitore il Carde di Napoli 80.
Al cugino Antonio Carafa B a rb . lat.
8708, f. 188.
Napoli, 27 maggio 1564.
111. Sre fratello Amatississimo Da ms Desiderio nostro gli sarà detto alcuna cosa nel particular di quanto alli giorni passati gli fu su scritto, Y. S. gli dia fede come farebbe a me proprio et insieme con esso far quella resolutione che piu le sarà sicura et a proposito. Nel resto per le bone provisioni et remedij che furno fatti a quel male et a quel incendio si smorzo un poco ma non è in tutto estinto, però è bene qualche tempo abiane a star avvertito sopra di se et ridursi in loco sicuro, et con ogni felicità. Di Napoli adì xxvij di magio del LX IIIJ. Di V. S. 111. fratello amorevolissimo il Car.le di Napoli 81. A s. Carlo Borromeo Milano, Bibi. Am bros., F . 104, c. 211.
Napoli, 3 giugno 1564,
Ill.mo et Es.mo S.re mio Colendissimo Havendo il Padre Mastro Clemente da Firenze predicato questo anno in questo città con molto concorso et sodisfattione di questo Po pulo al partire io ne scrissi una lettera alla bo. me. del Cardinale di Carpi. Ma quando egli giunse in Roma lo trovò passato da questa vita. Hora essendo la protettione di questa religione venuta nel governo di V. S. Ill.ma non ho voluto mancar di replicar al detto officio et farle fede del molto valore et sufficienza di detto Padre et avisarla che è Padre di riuscire da ogni honorata impresa et di sodisfar molto bene ad ogni carico che se gli impone et come tale ce lo raccomando con dirle di più che io le resterò obligato di tutti li favori et gratie che fara Y. S. IlLma a detto Padre et con questo fine baciandole humilmente le mani mi raccomando alla sua bona gratia che N. S.re Dio gli concedi ogni desi derata felicità. Di Napoli adì iii di Giugno 1564. Di V. S. ills.ma e Es.ma Humiliss.o et obligatiss.o Servitore il Car.le di Napoli
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82.
Al cugino Antonio Carata B a rb . lat.
5708, f. 190.
Napoli, 1° luglio 1564.
111. et R. S.re fratello Amatiss.o L’amorevolissima lettera di Y. S. mi è stata tanto grata quanto cosa che potessi al presente haver intendendo chella sta bene et di bona voglia et la ringratio senza fine delli amorevoli ricordi che mi da et sia sicura che dalej ricevo ogni cosa in bon senso perche so che mi amate di core si come fo io voi singularmente. Di travagli non ce ne mancano mai et siamo nati in questa vocatione, sia benedetto Dio dalle mani del quale ogni cosa ricevo in bona parte et per fino utile mio. Io le ho fatto intendere molte cose che sono occorse et che occorrono et siete sicuro che lo dico interam.te per vostro servitio et vostra quiete et non per altra causa. Non vi sepi specificar ogni cosa et come passa, et pero lassateve governar et credete le cose come vi vengono scritte perche le stanno appunto cosi come le se scrivono. Io sono nel medesimo parer che vi ho scritto et che vi è stato detto altre volte da mia parte et le cose stanno nelli medesimi termini che stavano et però credete che cedere al tempo è cosa da savio. Il tempo sarà breve et in esso che sarà tre mesi si vederà che esito po havere. Hora facci lei. Non per questo si restaro di susperar la volta che desiderata. Questi negotij che sono andati in volta non son noti a nessun di casa vostra et per non saper che contenesse la vostra lettera per questo non è stata data. Et non ve date fastidio di cosa che succeda che Dio ci aiuterà un giorno et se recuperara tutto el perso, et per hora non pensate ad altro che a rendervi illeso da tante persecutioni come ceno di far io. Et state sano, adi p.o di luglio 1564. Di V. S. il Vostro amorevoliss.o fratello 83.
Al cugino Antonio Carafa B a rb . lat.
5708, f. 192.
Napoli, 9 settembre 1564.
Ill.mo et R. S.re fratello Amatissimo et honorato Per lettere di Ms. Desiderio da Lanciano ho inteso con molto mio dispiacer il periculo corso nel viaggio ma con molto piacer poiché siete redutto in salvo. Egli anco non è comparso et penso lo causi non haver compagnia a suo modo, lo vedrò volentieri quando verrà et conoscendo et l’amore et il valor suo sarà sempre da me riamato et trattato come merita per l’uno et per l’altro. Per la via sua io scrissi anco a V. S. che me haria cariss.o che Y. S. se conferissi a Napoli per 8 giorni et per questa vi replico el medesmo, potremo raggionar di molto cose et anco far o
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Alfonso Carata, Cardinale di Napoli
pensar qualche remedio a questi nostri travagli per sempre. Se verrete anzi perche spero che verrete non voglio esser longo. Ma quando non lo facciate se responderà alle particularité della vostra et però per hora vi dico che non mancarò di far l’opra che me scrivete per la tratta del gra no, per quel bon Marinaro. Et state di bona voglia et non dubbitate che Porsan et hec olim. Se verrete sara facil a dar conto atto del vostro tornar et imputarlo alla indispositione et che quell’arie non vi confacea. Et chi vorrà saper più oltre lo anderà cercando da altri. Et con questo fine di core nell’offero et racc.to che Dio la conservi. Di Napoli adi 9 di 7.bre 1564. Di Y. S. 111. et B. fratello amorevoliss.o il Carde di Napoli 84. Alla sorella suor Costanza M o n t i , R icerch e, 315-16; S tu d i, 111-112.
Maddaloni, 31 dicembre 1564.
Le apre il suo animo rattristato dalla mancanza di affetto del padre e da altre contrarietà. 85. A s. Carlo Borromeo Milano, Bibliot. Ambros, F . 105, c. 30.
Napoli, 13 gennaio 1565.
Ill.mo et Bs.mo S.or mio Col.mo Bacio humilmente le mani di Y. S. Ili,ma dell’amorevol memoria che tiene d’uno affettionato et obligato servitore come lo sono io et del officio che l’è piaciuto far con me per mezzo di Mons. di Nola Nuntio. Io confesso nello scrivere mancar assai con lei et non scrivendole mai senon quando occorre darle qualche molestia. La supplico a imputarlo solo a non volerle esser importunamente noioso et turbar il stato de tanti negotij in quanti so che V. S. Illma si trova continuamente immersa. Ma con l’animo le sono sempre presente et le fo riverenza come hora con ogni humiltà le fo con questa. Al S.or Mons. Nuntio ho detto che non po farmi magior piacere che commandarmi et mele sono offerto prontiss.o. In che non permetterò ch’alcun me passi. Et con questo di novo humilmente le bacio le mani raccomandandomi alla sua bona gratia pregandole da N. S.re Dio ogni desiderata felicità. Di Napoli adi 13 di Gennaio del MDLXV. Di V. S. Ill.ma et Bs.ma Humiliss.o et obbligatiss.o Servitore il Car.al di Napoli
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.
Al cugino Antonio Carata Barb. lat. 5708, f. 193.
Napoli, 3 febbraio 1565.
111. et B. s.re fratello Amatissimo Bel principio di Gennaro Io stetti molti giorni fora di Napoli et a Maialoni per concludere l’accasamento del S.re Conte mio 1 con la S.ra Cor nelia Carraia nipote della S.ra Duchessa di Mataloni2 et sorella del S.re Marchese di Arienzo et spero hayerlo accapato et che ne sentirete presto la esecutione. Di che veramente resto contentissimo per molti ragione voli rispetti che V. S. po imaginarsi. Alla tornata che io feci di la trovai la sua del primo del sudetto mese et il S.re Vincenzo nostro mi dono da sua parte le pere chella mi ha mandate le quali mi sono stato carissime et go derò per amor suo, ringratiandovela per l’amorevol memoria chella con serva di me. Et per la sudetta lettera non occorrea che Y. S. mi facesse fede o dicesse che me desidera le bone feste et quante io stesso me ne desidero perche del amor suo et del desiderio che tiene del mio bene io ho tanti espressi segni che non me ne bisogna nova dimostratione. Al s.re Banaldo baciarete le mani da mia parte et mi raccomandate dicendole che non oc corre che con me usi cerimonie. Io so che mi ama e di questo resto conten tissimo si come S. S. po restar certo del amor che porte a lui. Et con questo fine pregandola a darmi spesso nova di se come io faria alei di me spesso se ci fussero piu spesso messi che non ci sono et di core mele raccomando pregandole da N. S.re ogni contento. Di Napoli adì 3 di febbraio del 1565. Di V. S. 111. et E. fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli 1 D iom ede Carafa, figlio del D uca di Paliano. 2 Era la celebre K oberta figlia del Duca di M addaloni D iom ede Carafa. Donna colta, bella e benefica sopratutto con i Gesuiti di Napoli, s c a n d o n e 146, 150; Ce c i -C k o c e , 171 s.: E k r ic h e t t i , 338 ss.; Discorso di Gio. A n t. Garafa Sanseverino intorno ad alcune attieni della ... Sig. Boberta Oararfa duchessa di Matalone (vico Equense. G. Cacchi 1586); Oratione di Gio. Bat. Attendolo
fatta
alVEcc.za del S. D . L uigi Garrafa P rinc. di Stigliano. I n Materia della Illustris sima et Eccdll.ma Sig.ra Pubertà Caraffa duchessa di Maddalone. Con alcune R im e et versi (Napoli. G. Cacchi, 1588). D onò 12000 ducati al monastero della
Sapienza, oltre 360000 al Gesù; si interessò anche della istruzione religiosa e s’interessò per una edizione delle prediche di Cornelio Musso e di altre simili. Ivi 49 ss. Il sonetto a lei della Terracina « Vostra inclita virtù che Ί mondo onora » Quarte R im e, 10 -11) rispecchia la verità, anche se intorno alla celebre Duchessa non mancarono le calunnie. Ce c i -C k o c e , 171 s.
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
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87.
Al Duca di Mantova Mantova, Arch, di Stato, G onzaga 816.
Napoli, 24 marzo 1565.
Ill.mo et Bcc.mo S.or mio La perdita che io in particular ho fatto per la morte della bo. me. di Mons. Ill.mo et R.mo suo Fratello1 et mio sig.re si come mi ha incom parabilmente afflitto così mi ha tenuto talmente oppresso che prima mi e sopragiunta l’amorevoliss.a lettera di Y. Ecc.za che io gl’habbi significato el dolor che n’ho sentito. Et certo non poteva venirme cosa che piu fusse fuor della aspettation mia di questa, percioche l’età mi iacea sperar di haver a servirlo lungo tempo et in quel Sig.re mostrar la servitu mia verso della Ill.ma casa sua. Ma essendo altramente stato disposto dal voler de Dio supplico V. Ecc.za a consolarsene che quanto alla parte che tocca a me serbaro eternamente el medesmo animo la medesma affefetione et servitu che havevo dedicato a detto sig.re a Y. Ecc.za et alla Ill.ma casa sua, et cosi per sempre me l’offero prontissimo a servirla pregandola, a darmene occasione che non po farmi più segnalato favore. Et con questo fine baciandole humilmente le mani sue le racc.do di core che N. S or Dio gli conceda in compenso ogni desiderata contentezza et fe licita. Di Napoli adi xxiiij di Marzo del MDLXV.j Vi V.ra Ecc.za aff.mo Servitore il Car.al di Napoli
.
88 A s. Francesco Borgia B o r g ia , I I I , 784.
Napoli, 8 aprile 1565.
Gli chiede di ammettere un ragazzo nel Collegio Germanico. 89.
A Gaspare Cervantes, Arcivescovo di Salerno Dublino, Biblioteca del Trinity College, ms. 1243.
Napoli, 14 aprile 1561.
B.mo Mons. mio honoratissimo. Havendomi li Ill.mi et R.mi SS.ri del S.to Officio di roma mandato li allegati articuli per parte del fisco contra del vescovo di Policastro cò li nomi de Testimony da esaminarsi sopr’esSi et cò li interrogatory delle parti, accio che io facesse examinar quelli che si trovassero in questa citta et el resto dell’esamine commettesse a qual che Prelato in partibus co’ pregarlo che quanto prima lo volesse spedire 1 Card. Federico Gonzaga, morto a Mantova, di cui era vescovo, il 21 fe b braio 1565. E tjbel , I I I , 40.
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per remandarlo spedito in Roma per dar fine alla causa del detto vescovo el quale essendo per quanto intendo suffraganeo di V. S. R. non ho sa puto et pensato poter raccomandar questo negotio a persona più inten dente et diligente che a lei. Et pero celi mando cò la presente, pre gandola che per servitio de Dio et della religione voglia esser contenta pigliarsi questa faticha et far chiamare li testimoni] nominati in questa lista et commetterne lo esamine al suo Vicario o altri che sia idoneo or dinandoli che con quanta diligenza et circumspettione che se rechiede lo tratti facendo interogar prima sopra li interogatorij della parte et poi sopra li articuli del fisco (secondo el s.to Officio di Roma costuma) avvi sandola che non occorre far chiamar Don Gio. Tomasso de Grandis de Policastro ne Don Durante Santoro perche son stati trovati et reperiti in Roma, nelli altri potrà usar la diligenza che conviene et espedito che Posamine sarà remandarmelo accio possa rinviarlo a Roma conforme alla commissione che ne tengo et cò questo fine di core a V. S. me racco mando che Dio la conservi,1 Di Napoli a di xiii di Aprile del MDLXV. Di V. S. R.ma Come fr.ello amorevole il Car.le di Napoli 90.
A Gaspare Cervantes, Arcivescovo di Salerno Dublino, Biblioteca del Trinity College, me. 1243.
Napoli, 21 maggio 1565.
R.mo Mons, come Fratello hon. La cagione per la quale io pregai V.S.R. a nome del S.to Officio di Roma perche fusse contenta di far esaminar quelli Testimonij nella causa del vescovo di Policastro fu per esserne lei Metropolitano alla quale non manca autorità ne po mancar persona a chi possa commetterlo in partibus non parendoli farli chiamar a se vo lendo la ragione che no debbino in ogni caso restar di obedirla. Circa la commissione quelli Ill.mi ss. del detto S.to Officio son soliti proceder della maniera che vede et cò una lettera della quale per sua sodisfattione gli mando la allegata copia ne dubbito che per difetto di specificata commessione sia per nascerci difficulta. Quanto alle spese havendone parlato cò Mons. Nuntio che e solito di far tutte quelle che occorrono in simil manegio, mi ha detto che nò mancarà provederci et che ne scriverà a V. S. la qual di novo prego stret tissimamente che sia contenta quanto prima dar effetto a detto esamine o con mandar persona in partibus a farlo o cò chiamar li testimonij a se alli quali potrà far sodisfar delle spese examinati che saranno. Io so quanto V. S. R. è zelante del servitio de Dio pero si come li sudetti SS. Ill.ini alli quali n’ho dato notitia si promettono di lei ogni 1 A parte la lista dei 14 testimoni, tra cui un Fran. Ant. Mazza, abitante a Napoli, e un Eev. Sebastiano Mafia, entrambi salernitani. 17
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diligenza in questo et in ogni altro caso cosi io ne son più che certo, però nò voglio dirnele altro senon recordarle che fatto che detto esamine sara voglia m a n d a rm elo autentico per poterlo inviar al detto S.to Officio et cò questo fine di core me l’offero et raccomando che N. S.re Dio la con servi come desidera. Di Napoli a di xxi di magio 1565. Di Y. S. B.ma Come fr.ello amorevole il Carde di Napoli
91.
Al Card. Sirleto Y a t. lat.
6189, f. 226.
Napoli, 2 giugno 1565.
Ill.mo et R.mo S.or mio oss.mo Ms Alexandro nostro Maccarone cameriero della S.ta me. di Papa Paolo IIII. ha alcune differenze costi in la corte et tra l’altro una con Mons. Gallese dat.o nelle quali desidera il favore et la protettione di Y. S. Hl.ma a volerlo favorire. Alche non potendo mancar ho voluto con questa supplicamela quanto più caldamente posso et so che oltre chella favorirà a la giustitia un suo particular servitore, favorirà anco me che desidero a detto Ms Alex.o ogni quiete et nele restarò etemam.te obliga+o. li bisogni di detto Ms. Alex.o V. S. intendara dal portatore di questa però io non son venuto alii particulari ma solo a raccomandarceli come fo et con questo fine humilm.te le bacio le mani raccomandandomi alla sua bona gratia che Dio la conservi. Di Napoli adì 2 di giugno del 1565. Di V. S. Hl.ma et R.ma Humiliss.o servitore il Carde di Napoli
92. Al cugino Vincenzo Carafa B a rb . lat.
5708, f. 196.
Napoli, 11 agosto 1565.
Hl.mo S.re fratello Amatissimo A venir costa non è ordinario alcuno et quando ci occorrono straordinarij io non ho mai notitia. Et hora scrivo a caso per quando ci capitarà alcuno, accioche V. S. sappi che la tengo continuamente nella me moria che desidero che stia bene et gli succeda ogni cosa bene. Et se io non ho sin qui risposto all’amorevoliss. lettera scrittami sopra la consagratione è stato per la sopradetta causa, so chella si aiegra d ’ogni mio
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contento però non mi è parso novo intender questo. Questi caldi clie ve ramente li havemo havuti eccessivi li ho passati per gratia de Dio sano non pero senza travagli della mente poiché quel nostro amico, che sene pensi di qua, ha anch’esso seguitando quel altro del anno passato fatto prova di nocermi col suo veleno. Però Dio ha protettione de boni et fa conoscer l’attioni de tristi et con la sua gratia siamo qua con speranza che ci con serva. Ho voluto dirle queste quattro parole, el resto alla sua tornata che non dovria esser molto longa approssimandosi el tempo fresco. Questo per hora. Prego Dio che la facci et conservi sano et contenta, et mele racc.do. Di Napoli adì xj di Agosto del MDLXV. Di Y. S. Ill.ma fratello amorevoliss.o il Car.le di Napoli
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CARTEGGIO NON TROVATO
A Enrico II re di Francia R om a [fine novem bre - principio dicembre] 1657. Risulta dalla lettera del Nunzio a Parigi al Card, di Napoli, 16 dicembre 1557. A SV , Lettere de’ P rin cipi 11, f. 243.
Chiedeva al Be il rilascio del fratello Pietro e del cugino Diomede, ostaggi.
A Lorenzo Lenzi nunzio a Parigi R om a 13 14, 19, 20 novem bre 1557; 7, 11, 16 dicembre 1557. Risulta da Lettere de' P rin cipi 11, in ASV , f. 337, 342.
Istruzioni diplomatiche.
Al Card. Antonio Trivulzio Legato a Parigi Rom a, 10 gennaio 1558. Risulta da Lettere de' P rin cipi 11, in ASV, f. 369.
A Lorenzo Lorenzi nunzio a Parigi Roma, 2, 10, 10, 22 gennaio 1558. Risulta da Lettere de' P rin cipi 11, in ASV , f. 324, 335, 337.
Istruzioni diplomatiche.
A Giulio Pavesi Vicario Generale di Napoli R om a [4 aprile?] 1558. Risulta dalla lettera n. 8.
Avverta le monache della Sapienza che il Papa approva l’elezione della nuova Priora Cecilia de Marinis.
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Alfonso Carafa, Cardinale di Napoli
Alle monache della Sapienza in Napoli R om a [4 aprile?] 1558. Risulta dalla lettera n. 8.
Il Papa approva l’elezione della nuova Priora Cecilia de Marinis.
A Cosimo I Duca di Toscana Rom a, Castel S. Angelo 1561. Risultano da Arch, di Stato in Firenze, M e d ic e o 3281, passim.
Con alcune lettere chiedeva l’appoggio del Duca per la sua libera zione.
Al Card. Giovanni de Medici R om a 1661. Risulta dalla lettera del card. G. Medici al card, di Napoli, Pisa 21 aprile 1561. L ettere del Card. M e d ic i, 384.
Gli comunicava la sua liberazione da Castel S. Angelo.
Al Card. Giovanni Medici Napoli