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Italian Pages 241 Year 1974
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Foto di copertina: Gianni Pettena
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1974 Arcana Editrice Via Giulia 167 Roma
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IL FENOMENO DELLA COMUNE: ORIGINI E VICENDE, IN COMPENDIO a cura di Emina Cevro-Vukovic
Premessa. La crisi della società moderna non è soltanto una crisi di credibilità dell'ideologia in generale, ma anche delle sue forme mondane di rappresentarsi. Ecco perché la comune come risposta spontanea al problema della famiglia è, con le parole di Hegel, soltanto una nuova forma assunta dal sentimento. Una forma che se da una parte cede all'antica nostalgia di un medioevo sparito troppo in fretta dopo essere vissuto troppo a lungo, dall'altra è proprio l'aspetto ingenuo ed umano del più elementare degli strumenti di critica dell'economia politica borghese. Economia che ha permeato tutti i momenti pubblici e privati della vita costringendola alla vergogna della sopravvivenza e scatenando su di sé le ire di coloro che ritrovando 10
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del. lavoro vive e attive. Oggi i partiti, mostrando l'indifferenza delle masse,. dicono che le masse sono ·un gregge inerte che non vuol curarsi della propria esistenza: solo i comunisti bolscevichi, soltanto i socialisti rivoluzionari, soltanto loro possono dare tutto ai contadini e. agli operai. Guardate da quanto tempo i partiti continuano a distribuire i loro benefici! hanno dato tanto, che hanno gettato le masse nei guai, nel bisogno, nella miseria e le hanno consegnate agli artigli inesorabili della burocrazia rossa e bianca. Ora basta ! È giunto il momento in cui il proletariato deve liberarsi dalle catene dell'autorità e del capitale. Gli operai debbono mostrare le loro capacità di costruirsi una propria vita indipendente. Senza perdere tempo il proletariato deve iniziare la costruzione di una sua rete di organizzazioni economiche, da sostituire alle organizzazioni statali corrispondenti. Non creda l'operaio di essersi liberato dal giogo di Denikin e dall'autorità del partito comunista bolscevico. Se non sa organizzare una gestione economica della sua impresa, cadrà di nuovo sotto il dominio di qualcuno. Le organizzazioni dei lavoratori: sindacati, comitati di fabbrica, d'officina, di miniera, ~omitati di ferrovieri debbono immediatamente prendere in mano la gestione delle imprese e farle andare. Collegandosi quindi con le più vicine organizzazioni contadine, inizieranno uno scambio di merci del tutto naturale. L'attività e la capacità delle masse copriranno il paese di una fitta rete di organizzazioni economiche e nessuna forza potrà ridurle sotto il dominio dell'autorità e del capitale. La lotta secolare continua. Più presto i lavoratori compiranno il loro dovere, più vicina sarà la vittoria. Ogni minuto di indugio si ripercuote gravemente su noi, che combattiamo per una vita nuova e giusta. Costruite il nuovo edificio sulle fondamenta di liberi accordi, come si conviene a esseri ragionevoli. Forgiatevi la vostra felicità. Createvi la vostra cultura. Aprite la strada della vostta primavera! Basta dormire! È tempo di realizzare le idee che ci sono care. Con voi sta il nostro esercito insurrezionale, che confar-
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tato dalla vostra azione decuplicherà i suoi sforzi e sarà barriera insormontabile, su cui si frangeranno le contro-rivoluzioni di destra e di sinistra. Abbasso i funzionari di stato! Viva l'azione potente delle masse operaie e contadine!
V.
BELASH
Comuni agricole in Spagna. « L'amministrazione civile è perfetta. La municipalità provvede gratuitamente al chirurgo, ai pastori, al fabbro, alla farmacia, alle indulgenze pontificie, alle litanie. 11. sale, il grano da semina, nonché i proventi dell'affitto dei bienes de propios sono equamente divisi tra gli abitanti del villaggio. Le terre sono tutte di proprietà comunale e ogni dieci anni vengono ripartite in parti uguali e sorteggiate tra tutti i vicini ». Questa è la descrizione che Juan Antonio Possé (« Vestìgos del primitivo comunismo en Espafia », Boletìn de la Instrucion de Ensefianza, agosto 1883) da del villaggio di Llanabes nel Leòn, negli anni 17901793. Da documenti successivi risulta che la situazione nel 1898 non era mutata a Llanabes ed in altri villaggi vicini. Essi erano i resti di un sistema sociale dominante nel secolo XVIII nel Leòn, e precedevano di almeno una sessantina di anni il sorgere del movimento cooperativo in Europa. Analogamente, nella zona costiera della Catalogna, da secoli i pescatori si riunivano in associazioni comunitarie per risolvere i problemi della pesca, della produzione delle reti, della gestione dei porti, mentre nelle valli dei Pirenei i pastori si riunivano in « comunidades de pasto ». Essi possedevano in comune tutti i pascoli e si amministravano collettivamente (5 ). Nel 1929 il movimento cooperativo spagnolo, fondato nel 1860 da un seguace di Fourier, Ferdinando Garrido, diede vita in Catalogna alla comunità di pescatori di Port de Selva. Il villaggio era retto da una cooperativa creata tra gli stessi abitanti che gestiva le reti, le barche, lo stabilimento per salare il pesce, il magazzino, i frigoriferi, tutti i negozi, i camion da trasporto, ( 5 ) Cfr.: Hans Magnus Enzenberger, La breve estate dell'anarchia, Milano, Feltrinelli, 1973, pp. 26, 36.
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gli uliveti e le raffinerie, il bar, il teatro e le sale di ritrovo. Era stata istituita una assicurazione contro i rischi di morte, infortunio e perdita delle barche da pesca. La cooperativa batteva moneta propria, puniva con multe le risse, la diffamazione dell'associazione e le azioni contrarie alla morale. L'articolo sesto dello statuto della cooperativa prevedeva l'organizzazione di balli per la diversiòn dei membri, e per la loro expansiòn spettacoli teatrali e cinematografici, serate letterarie e conferenze scientifìcne, corsi di agraria e di ittiologia (6 ). Esperimenti di questo tipo furono tentati anche nei villaggi vicini. Questi villaggi realizzavano, in parte, l'ideale della Repubblica Libertaria che molti contadini fin dal secolo scorso, in Catalogna, nell'Andalusia e in Castiglia, con ripetute ribellioni avevano cercato di realizzare, togliendo la terra ai proprietari, uccidendo i rappresentanti del potere centrale e riorganizzando i fondi su basi egualitarie. Queste insurrezioni scoppiavano violentissime a causa delle durissime condizioni di vita dei proletari, e della brutalità del potere dei padroni, generalmente a seguito di scioperi generali o a repressioni poliziesche. Nel 1910 uno sciopero generale a Saragozza si trasformò in vera e propria insurrezione armata, espandendosi fìno a Siviglia e a Bilbao. A Cullera, presso Valenza, gli operai in sciopero proclamarono la città una comune indipendente dalla Spagna, procedura in seguito imitata dagli insorti di molti villaggi delle provincie meridionali. Successivamente, con la notizia dello scoppio della rivoluzione in Russia, le popolazioni andaluse si mobilitarono. « Noi che siamo vissuti nel 1918-19 non dimenticheremo mai quello spettacolo. Nei campi, nei ripari e nei cortili, dovunque i contadini si riunissero a parlare, per qualsiasi proposito, v'era solo un argomento di conversazione e se ne parlava sempre con serietà e fervore: il problema sociale. Quando gli uomini si riposavan0 dal lavoro, nelle brevi pause durante il giorno e la sera dopo cena, il più colto leggeva ad alta voce volantini e giornali mentre gli altri ascoltavano attenti. Poi venivano le perorazioni, in cui si confermava ciò che era stato appena letto, e un'inter6 ( )
1970.
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Brenan Gerlao, Storia di Spagna 1814-1936, Torino, Einaudi,
minabile serie di discorsi in cui lo si lodava... In poche settimane il nucleo originario di 10 o 12 iniziati cresceva fino a diventare un gruppo di 200; in pochi mesi praticamente tutta la popolazione lavoratrice, posseduta da un fervente proselitismo, propagandava il nuovo ideale. I pochi che non si lasciavano contagiare, perché erano pacifici o timidi, o avevano paura di perdere il pubblico rispetto, venivano assediati da gruppi di convertiti, sui pendii delle montagne, mentre aravano i campi, nelle loro casupole, all'osteria, nella strada, sulla piazza. Erano bombardati di argomentazioni, di imprecazioni, di espressioni di disprezzo o d'ironia, finché cedevano. Era impossibile resistere. Una volta convertito tutto il villaggio, l'agitazione si diffondeva ... Ciascuno era un agitatore. Così in breve tempo il fuoco si estese a tutti i villaggi combustibili » (7). Per porre fine a queste agitazioni, nel maggio 1919 venne addirittura mandata in Andalusia una spedizione militare. Ma fu solo con la guerra civile che in Spagna si creò una situazione rivoluzionaria che permise ai proletari spagnoli di realizzare il sogno di trasformare i loro villaggi in « comuni », di prendere possesso delle terre nelle quali lavoravano come braccianti, collettivizzare le fabbriche. Nelle campagne i proprietari e i membri della Guardia Civil erano scappati o morti, i sindacati di villaggio trasformati in assemblee popolari che gestivano direttamente l'amministrazione della collettività tramite commissioni amministrative che si riunivano una volta alla settimana. Nelle fabbriche succedeva lo stesso. Alcuni operai erano nominati responsabili di fronte all'assemblea di tutto il personale che pianificava la produzione con l'aiuto di alcuni tecnici. Allo stesso modo furono gestiti i servizi pubblici delle città, come Barcellona, in mano ai proletari: « Su ogni negozio e caffè, un'insegna diceva che esso era stato collettivizzato; erano stati collettivizzati anche i lustrascarpe, e le loro cassette erano dipinte in rosso e nero. Camerieri e garzoni di bottega ti guardavano in faccia e ti trattavano come un eguale. Le espressioni servili o anche soltanto cerimoniose erano temporaneamente (7) Diaz de Mora!, Storia delle agitazioni agrarie della provincia di Cordoba, (ciclostile).
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scomparse dal lingÙaggio. Nessuno diceva " Sefior " o " Don " e neppure "Usted ", tutti si chiamavano l'un l'altro "Compagno ", tutti si davano del tu e dicevano " Salud " invece di "Buenas dias ". Non c'erano auto private, tutte requisite, e tutti i tram e tassi e buona parte degli altri mezzi di trasporto erano verniciati in rosso e nero. C'erano affissi rivoluzionari dappertutto, divampavano sui muri, in rossi e azzurri vividi accanto ai quali gli altri affissi pubblicitari .sembravano sgorbi di fango. Nel suo aspetto esteriore, Barcellona era una città in cui le classi abbienti avevano praticamente cessato di esistere. Fatta eccezione per poche donne e pochi stranieri, non c'erano persone ben vestite; quasi tutti portavano rozzi abiti da lavoro, tute azzurre, o qualche variante dell'uniforme della milizia. Tutto questo era curioso e commovente» (8 ). Annota Borkenan: « Innegabilmente, la fabbrica che ho visitato rappresenta un successo per la C.T.N. A sole tre settimane dall'inizio della guerra civile, due settimane dopo la fine dello sciopero generale, ha tutta l'aria di funzionare con tanta efficienza come se non fosse accaduto niente. I locali erano puliti, il lavoro si svolgeva ordinatamente. Da quando è stata collettivizzata, questa fabbrica ha riparato due autobus, ne ha finito uno già cominciato e ne ha costruito uno completamente nuovo. Quest'ultimo reca la scritta "Fabbricato sotto il controllo degli operai " ». La collettivizzazione delle aree rurali raggiunse livelli di massa, Gaston Levai (Socia/ Reconstruction in Spain, London 1938) parla di 500 aziende agricole collettivizzate nel Levante, 400 in Aragona, 230 in varie parti della Castiglia, mentre in Andalusia ogni villaggio non occupato dai nazionalisti aveva automaticamente collettivizzato la terra. Nel 1937 circa 3 milioni di persone vivevano in regime di economia collettivizzata su basi' locali. I villaggi collettivizzati si ritenevano indipendenti l'uno dall'altro, in rapporti di eguaglianza reciproca. La terra era di solito lavorata in comune, e non divisa in fondi individuali, ·mentre i metodi di organizzazione e divisione del prodotto cambiavano da luogo a luogo. Quasi tutti i villaggi abolirono l'uso del denaro, alcuni ricorsero· a buoni di produzione, altri instaurarono tin sistema 8 ( )
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G. Orwell, Omaggi0 alla Catalogna, Milano, Garzanti, 1965.
in base al quale i contadini attingevano ai depositi comuni senza nessun pagamento. Le condizioni di vita e di lavoro variavano da un villaggio all'altro. In Andalusia, dove la vena ascetica era molto viva, si tendeva ad un ideale di vita povera ma libera, semplice. In Aragona, Catalogna la popolazione, più avanzata, cercava di migliorare i sistemi di produzione; c'era la tendenza ad adottare metodi scientifici e la meccanizzazione del lavoro. In tutti i villaggi collettivizzati si cercò di creare scuole per eliminare l'analfabetismo, servizi medici e assistenza per gli invalidi. In nessun luogo, a causa della guerra, fu possibile però far durare la collettivizzazione della terra per più di una, due stagioni agricole. Scrive il Woodcock: « Una cosa era certa: per la prima volta a memoria d'uomo, in molte regioni spagnole vi furono lavoro e cibo per tutti. Terre incolte da generazioni furono coltivate, e nessuno ebbe a patire la fame». Ma l'avanzata nazionalista pose fine a questa sperimentazione, lordando per sempre di sangue le mani dei suoi affossatori e dei suoi complici fascisti spagnoli ed europei.
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Le comunità pacifiste di T olstoi. Tolstoi rifuggi dal creare utopie e dal preconizzare la via pratica del vivere in una società priva di leggi e di autorità che l'uomo deve attuare per poter conseguire la sua libertà. In questo egli, come tutti i pensatori anarchici, differisce notevolmente dagli utopisti del diciannovesimo secolo quali Owen e Fourier. Egli scrive: « Non possiamo conoscere i particolari del nuovo ordine di vita, dobbiamo crearli noi stessi. La vita consiste nella ricerca dell'ignoto, nell'opera di armonizzare le nostre azioni con la nuova verità». Tuttavia Tolstoi era convinto che, una volta aboliti stato, leggi è proprietà, alla attuale società violenta ne subentrerà una in cui la produzione sarà corporativa e la distribuzione dei prodotti avverrà secondo un principio comunistico per cui ciascuno sarà fornito di quanto gli abbisogna. Per realizzare questo tipo di società Tolstoi riteneva necessaria una rivoluzione morale piuttosto che politica, in quanto quest'ultima cambia soltanto esteriormente la struttura sociale lasciando inalterate le sue stesse basi: gli individui. Perciò, Tolstoi vede un solo mezzo per cambiare la società: usare la persuasione e l'esempio. Inoltre gli individui tramite il rifiuto dell'obbedienza verso lo stato autoritario faranno cessare con la collaborazione lo stato stesso. Il rifiuto all'obbedienza è insomma la grande arma di Tolstoi. L'influenza pratica di Tolstoi fu molteplice ed immensa, migliaia furono i suoi appassionati discepoli, russi e non russi, che fondarono, seguendo il suo esempio, colonie basate sulla comunità dei beni e su un ascetico regime di vita. La vita di queste comunità fu breve o per le incompatibilità personali dei membri o per mancanza di esperienze agricole. Tuttavia in Russia un attivo movimento tolstoiano soprav-
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visse fino al decennio 1920-30, quando fu soppresso dai bolscevichi e, all;estero, fino alla seconda guerra mondiale, soprattutto in Olanda, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti (9 ). Da qui deriva, fra l'altro, una delle componenti del pacifismo inglese che troverà poi in India il suo profeta: Gandhi. Le comunità tolstoiane erano sostanzialmente comunità agricole che si richiamavano esplicitamente ai valori delle tradizioni rurali; tra questi assumeva particolare importanza l'austerità: si voleva scorgere in una vita austera la salvaguardia contro le futilità a favore delle vere cose importanti del vivere quali la libertà e la fratellanza umana. Tolstoi rifuggiva lo stesso progresso: « Gli uomini veramente illuminati preferiranno sempre tornare a viaggiare a cavallo e ad usare cavalli da soma, e perfino tornare a coltivare la terra con bastoni da scavo e con le mani, al viaggiare su treni che regolarmente schiacciano parecchie persone, come accade oggi a Chicago, semplicemente perché i padroni delle ferrovie trovano meno costoso compensare le famiglie delle vittime che costruire le linee in modo che nessuno rimanga ucciso ». Non desiderava per gli uomini un'abbondanza economica; per lui, come per i contadini anarchici andalusi, l'ideale era una vita semplice ed ascetica in cui l'uomo fa il minimo affidamento possibile sul lavoro degli altri, e mantiene intatta la propria indipendenza; da qui l'odio per il lusso e l'odio per la cultura, se questi hanno come effetto d'allontanare l'uomo da una dimensione spirituale del vivere. Il desiderio di una rinascita morale e sociale si colorava in Tolstoi di religiosità priva di misticismo e in fondo anche priva di fede. Per lui Cristo è il grande maestro che sa parlare all'uomo, grazie alla ragionevolezza dell'uomo stesso. La ragione diviene in definitiva il vero credo dell'uomo: da essa, come logica conseguenza, il pacifismo, l'odio della violenza vista ancora come un momento di irragionevolezza. Tolstòi, ad ogni modo, opera continuamente una distinzione tra la violenza dei governi e quella di un popolo irato che si solleva contro di essi.
( 9)
Woodcock, op. cit., p. 205.
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Le comunità anarchiche nell'America del Nord -
Warren.
In America esiste una duplice tradizione anarchica: la indigena, le cui origini risalgono ai primi anni del secolo diciannovesimo, è caratterizzata da una forte tendenza individualista. Essa deriva in grari misura dagli scritti di Thomas Paine, dalle esperienze delle società socialiste-utopiste degli inizi del diciannovesimo secolo e da Politica! Justice di Godwin. Le idee del Godwin trovano, infatti, eco negli scritti di Emerson e di Thoreau. Ma il più importante personaggio americano sulla scena delle comunità anarchiche fu forse Warren, musicista ed inventore di grande talento. Wàrren lasciò New Harmony nel 1827, con la ferma convinzione che quello di Owen non era il modo giusto di risolvere i problemi della vita in comune. « Pareva (disse più tardi, analizzando le cause del fallimento di New Harmony) che la, diversità di opinioni, gusti e propositi aumentasse in proporzione diretta alla necessità di conformismo ... La legge naturale della diversità aveva ragione di tutti i nostri sforzi... I nostri " interessi comuni " erano in aperto conflitto con le personalità individuali, le circostanze, l'istinto di conservazione ... ed era evidente che quanto più stretti erano i contatti fra persone diverse tanto più diventavano necessari concessioni e compromessi». Warren non rinunciò all'idea della comunità cooperativa; rimase convinto che il modo migliore di trasformare la società consisteva nell'insegnare a uomini e donne a vivere insieme in perfetta amicizia e comunità d'interessi. Egli non dimenticò mai la lezione di New Harmony, e riflettendo su quest'esperienza elaborò quella teoria della sovranità dell'individuo in virtù della quale viene considerato il primo anarchico americano.
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La società dev'essere trasformata in modo da mantenere inviolata la sovranità di ogni individuo. Si devono quindi evitare tutte le combinazioni e concessioni di diritti e d'interessi e tutti quegli altri arrangiamenti che non lascerebbero ad ogni individuo, in qualsiasi momento, la libertà di disporre della propria persona, del proprio tempo, dei propri beni in qualsiasi modo possa dettare la sua coscienza. Riflettendo sulle cause del fallimento di New Harmony, Warren giunse alla conclusione che alla radice di· tutto stava il fatto che non era stato affrontato nel modo giusto il problema della proprietà. Le sue conclusioni erano straordinariamente simili a quelle raggiunte qualche anno dopo da Proudhon. L'uomo ha diritto, individualmente, soltanto al frutto materiale del suo lavoro. Ma la vita civile è ormai così complessa che l'individuo non può vivere in regime di autosufficienza; la divisione del lavoro è una realtà che non si può ignorare, e su questa realtà devono essere fondati i rapporti economici fra gli uomini. Appena tornato da New Harmony a Cincinnati, Warren mise mano al suo primo esperimento, che battezzò Time Stare. Vendeva merci a prezzo di costo e chiedeva ai clienti di compensarlo del suo disturbo con buoni di lavoro nei quali essi si impegnavano a dare al gerente del negozio un tempo del loro lavoro equivalente a quello che il gerente stesso aveva speso riel servirli. In questo modo sperava di educare i suoi clienti all'idea di uno scambio basato sul lavoro e di reclutare sostenitori per il suo progetto di fondare una catena di villaggi mutualisti. Il Time Stare durò tre anni; alla fine dell'esperimento Warren era convinto che le sue idee erano attuabili. Nel 1834 Warren ed un gruppo di suoi discepoli acquistarono un appezzamento di terreno nell'Ohio e fondarono il Village of Equity; vi andò ad abitare una mezza dozzina di famiglie, che costruirono le loro case e facevano funzionare una segheria cooperativa su una base di scambi di lavoro. La struttura gerarchica delle comunità oweniste e fourieriste fu abbandonata in favore di semplici accordi reciproci; il Village of Equity fu la prima comunità anarchica del mondo dopo quella fondata, quasi due secoli innanzi, da Winstanley a St. George's Hill. L'insuccesso dell'esperimento fu dovuto non al mancato funzionamento del sistema di scambio, che non ebbe neppure il tempo di essere messo alla prova, bensì alle ma-
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lattie: alla malaria - il villaggio sorgeva in terreni bassi e acquitrinosi - e infine a un'epidemia d'influenza, che determinò l'abbandono della colonia. Nel 1846 fondò una seconda colonia, che battezzò Utopia. I suoi abitanti - per la maggior parte fourieristi delusi fabbricavano mattoni, lavoravano in cave di pietra e segherie, sempre su una base di scambi di lavoro, e la comunità mantenne per alcuni anni una quasi completa indipendenza dal mondo esterno. L'organizzazione della colonia era tanto vicina all'anarchismo individualistico puro quanto sembra umanamente possibile. Nella primavera del 1849 Warren scriveva: « Attraverso· Je nostre operazioni, tutto è stato sistemato in modo cosl rispondente ai principi dell'individualismo che non abbiamo tenuto neppure una riunione a scopo legislativo. Nessuna organizzazione, né delegazione del potere, non « costitu• zioni » né « leggi » né « statuti », né « regole » o « regolamenti », tranne quelli che ciascuno stabilisce per sé e per il proprio lavoro. Non abbiamo dovuto ricorrere a funzionari né a sacerdoti né a profeti - nulla di tutto questo è stato necessario. Ci siamo riuniti qualche volta, ma per conversare amichevolmente, per fare musica, per danzare o per qualche altro piacevole passatempo in comune. Non è stato tenuto neppure un discorso sui principi che reggono la nostra comunità. Non ce n'è stato bisogno, perché (come ha osservato ieri una donna), « una volta che la questione è stata spiegata e capita, non c'è più nulla da dire »: si tratta soltanto di agire ». Utopia rimase un villaggio mutualistico per quasi venti anni, fin dopo il 1860, con un centinaio di abitanti e alcune piccole industrie per la lavorazione del legno. Sopravvisse anche alla partenza di W arren, che nel 18 50 la lasciò per andare a fondare un'altra comunità, Modem Times, a Long Island. Nessuna delle due comunità può essere considerata un fallimento, ma entrambe dovettero buona parte del successo alla fluidità della società americana nel tempo in cui nacquero e vissero, ed entrambe si dissolsero quando, dopo la guerra civile, negli Stati Uniti orientali prevalse una m'aggiore stabilità sociale » (1°). 10 ( ) Tratto da Woodcock, op. cit., pp. 403, 4, 5. (A parte qualche testo pubblicato sulla stampa underground le uniche notizie sicure sulle esperienze di Warren sono contenute nell'opera citata del Woodcock).
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Colonia Cecilia. « Fin da quando, nel 1873, entrai a far parte dell'associazione internazionale dei lavoratori, feci, nella sezione a cui appartenevo, proposta dettaglia_ta di andare a fondare una colonia socialista in Polinesia ». Così scriveva Giovanni Rossi, veterinario socialista progettando « una società di liberi ed uguali » tramite la creazione di « colonie ». Oltre a pubblicare scritti teorici già nel 1866 d'accordo con un proprietario terriero mazziniano, Giuseppe Mori, organizzò a Cittadella, nel comune di Stagno, sulle rive del Po, una cooperativa agricola con la partecipazione delle famiglie contadine che abitavano il fondo. L'esperimento ebbe un certo successo dal punto di vista economico, anche se non si poteva considerarlo riuscito dal punto di vista umano. « Qui hanno socializzato il lavoro, ed è moltissimo, ma non hanno ancora voluto socializzare gli interessi e la convivenza». Infatti le trenta famiglie partecipanti, alle quali il Mori aveva affittato la terra, in realtà non gestivano direttamente il loro lavoro in comune, ma c'era una commissione tècnica, affiancata da un'altra commisione amministrativa che elaborava bilanci e libri paga. Giovanni Rossi, quindi, passò aà elaborar.e un nuovo progetto, più ambizioso e « totale», una vera ·colonia anarchica. La cosa cominciò con un colpo di fortuna: nel 1887 Giovanni Rossi riuscì ad avvicinare l'imperatore del Brasile Pedro II, in visita a Milano, e a esporgli le sue idee facendosi concedere un fondo in Brasile, nella provincia di Paranà. In quel pe~iodo in Brasile c'era bisogno di lavoratori per colonizzare le terre vergini, e un gruppo di esperti agricoltori italiani era un ottimo investimento. Il Rossi cominciò subito a reclutare uomini e a sottoscrivere e raccogliere fondi per la colonia. Il fatto non mancò di suscitare polemiche tra le riviste anarchiche sulla opportunità delle colonie anarchiche e delle comuni. Errico Malatesta, su « Rivendicazione », criticò apertamente il principio delle comuni, che egli riteneva un modo per disertare le lotte rivoluzionarie, un tentativo di emancipazione individuale che impoveriva il m~vimento operaio. Leonida Bissolati ribadì che era sbagliato tentare di costruire isolati nuclei socialisti all'interno di una struttura capitalista, ricordando l'esperienza di Cittadella.
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Comunque Giovanni Rossi, con un gruppo di circa 150 lavoratori, partì al principio del 1890 per Rio de Janeiro. Ciò che i coloni trovarono giunti a destinazione fu una terra desolata ed incolta. Dovettero costruirsi ricoveri con mezzi di fortuna, per ripararsi dalle intemperie, e incominciare un duro lavoro di dissodamento del terreno e, quindi, attendere la maturazione del raccolto per vedere i primi soldi. Quelli che non avevano con loro una compagna, ed erano la maggior parte, guardavano con cupidigia sessuale le donne degli altri. A proposito di questo problema il Rossi aveva teorizzato una sorta di libero amore, un legame fondato sulla parità senza implicazioni « familiari », ma ciò non risolveva in pratica il problema della scarsità di donne per i coloni che vivevano completamente isolati nella prateria. Il risultato fu che mentre sorgevano le baracche, si impiantava la fucina e la falegnameria, si sviluppava l'attività economica in comune, cresceva di pari tempo anche la monotonia ed incominciavano i primi ripensamenti da parte dei più giovani che avevano lasciato in Italia una vita più comoda e relativamente più facile. Mentre stava per riuscire l'esperimento di creare una certa abbondanza collettiva, e quello di una comunità che non si basava su rtessuna autorità e legge, il problema della felicità ancora una volta restava insoluto, una promessa lontana. Si ebbero cosi le prime defezioni, prima rare, ma poi sempre più numerose fino a determinare la fine dell'esperimento. Un vagabondo spagnolo, che si era «infiltrato» nella comune, scappò con la cassa. Rossi parti con la sua compagna Adele per gli Stati del sud del Brasile, lasciando il fondo ad un gruppo di coloni scapoli che volevano continuare l'esperimento. Tuttavia, anch'essi non riuscirono a proseguire a lungo; alla metà del 1894 anche l'ultimo colono era partito. Colonia Cecilia era durata in tutto circa quattro anni. Una parte dei componenti, rimasti in Brasile, diede vita, più tardi, al primo giornale anarchico dello stato del Paranà, pubblicato a Coritiba, « Il Diritto ».
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Alcune conclusioni. Bestor, uno degli storici più acuti del movimento delle comunità utopistiche, ha osservato che il tema dominante di questi esperimenti fu la convinzione che delle piccole comunità intenzionali avessero in sé la capacità di favorire una trasformazione sociale; in altre parole, queste comunità si ponevano come una reale alternativa al tema della rivoluzione, quasi un commento pratico alla famosa tesi marxiana sul mondo da rovesciare. Di fatto le trasformazioni sociali della « rivoluzione industri'ale » che avevano portato alla riduzione dell'uomo ad oggetto, strumento alienato della produzione, erano più profonde di ogni pretesa riformistica. L'ideologia comunarda, o se si preferisce, la sua illusione crebbe in un momento delicato di trasformazioni economiche, prima ancora che politiche o sociali, e crebbe sullo sconforto che né con i mezzi legali - vedi Owen - né con la critica delle armi si sarebbe potuto arrestare il corso della barbarie avanzante. Condannarsi alla sopravvivenza rinunciando alla totalità dei desideri sembrò, dunque, un modo per guadagnare tempo; cosi, rousseauismo e pastorellerie accompagnarono i primi fragori della macchina industriale. Del resto chi aderl al movimento delle comuni non fu certo chi versò il proprio sangue sulle barricate della « comune di Parigi », ma borghesi che avevano ancora qualcosa da perdere, forse soltanto le proprie illusioni, le illusioni che fosse possibile darsi da fare per trovare un nuovo modo di vivere salvando almeno l'estrema chime~a di servire ancora a qualcosa. Questa caratteristica del movimento comunitario, di essere un fenomeno di ripiegamento, che nasce da una situazione di sconforto, sembra riconfermata dai modi di manifestarsi delle attuali comunità sorte nel mondo occidentale come quelle nate con la morte dello slancio del sessantotto, in cui era
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stata. ridata nuova vita alla speranza rivoluzionaria mai sopita. Allora non si parlava di comuni, i giovani già vivevano insieme per le strade, lottando uniti per una sola causa. Cercando di distruggere la società del consumo dimostravano di essere capaci di liberarsi dei rapporti mercificanti e di voler riportare la vita alla sua dimensione umana. Il fallimento di questo impeto, il suo riflusso, ha condannato .all'impotenza ed ecco farsi avanti, mascherata di drappi rossi la comunità con le sue tematiche: « Uniamoci compagni, viviamo assieme, chissà che cosi vada meglio, cerchiamo un posto dove ognuno possa leccarsi quelle ferite che la rinuncia a vivere provoca incancellabili sullo spirito. Chiudiamoci in una comune, dimentichiamo il mondo esterno, illudiamoci di sfuggire alla sua •morsa, parliamo pure tutto il giorno della rivoluzione, sembra non faccia male quando se ne parla e basta, e poi... non è pericoloso, nessuno ci sente». Ora, come allora, la comunità ritorna ad essere un comodo paravento per coloro che hanno paura di vivere, di lottare fino alle estreme conseguenze. Ma la rinuncia mutila lo spirito, e l'orrore del sopravvivere ricompare nell'ambito comunitario. Chi non ha coraggio di continuare nella lotta piano piano perde anche gli avamposti conquistati. Autoritarismo, immobilismo, separazione, orrore ricompaiono. Non per niente i gruppi comunitari di maggior successo sono quelli dove un grande controllo sociale è esercitato sopra i membri. E questa è anche la conclusione a cui è pervenuta Rosabeth Kanter dopo aver analizzato novantuno comunità utopistiche esistenti fra il 1780 e il 1860. Come operavano queste comunità il controllo ? Primo forzando l'individuo a rinunciare al mondo esterno e a rigettare i costumi matrimoniali accettati socialmente per forme diverse di celibatezza o a volte anche di « free love »; in secondo luogo facendo crescere il sentimento comunitario attraverso rituali di gruppo, canti collettivi, ecc. sfrùttando, infine, alcune tecniche come la « mortifi,cation » il « mutual criticism », nonché facendosi consegnare depositi non restituibili di denaro, usati come rinforzo alla coazione psicologica (11 ). Molte di queste tecniche, è vero, sarebbero conside11 ( ) R. M. Kanther, « Commitment and Socia! Organization: A study of commitment Mechanisms in Utopian Communites », in American Sociologica/ Review, ottobre, 1968 n. 33; pp. 499-517.
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rate repellenti dalla maggior parte di coloro che attualmente vivono in comunità, ma ancora oggi il prezzo della stabilità sembra essere l'accettazione di una qualche forma di autorità. La comune dittatoriale dura nel tempo più della libera, cosi come il leninismo è durato nel tempo più della comune di Parigi. Di fronte all'orrore della società, l'orrore minore della comunità autoritaria batte la parvenza di verità della libera. Ma « IL MONDO È DA RIFARE, TUTTI GLI SPECIALISTI DEL SUO RICONDIZIONAMENTO NON LO IMPEDIRANNO » ( 12 ). Esistono comunque differenze tra i due momenti in cui si è affermato il movimento delle comuni, com'è storicamente logico. In realtà, la potenzialità di terre vergini, quali quelle degli Stati Uniti e del Canada, giustificavano in modo maggiore che non le attuali condizioni socio-politiche la speranza di concorrere alla creazione di un ordine sociale più giusto. Inoltre, parte delle persone che ebbero ruoli rilevanti nell'esperimento comunitario erano personalità conosciute e rispettate ai loro tempi non soltanto nell'ambiente comunitario, ma anche dall'opinione pubblica corrente; esse avevano, cosi, maggiore probabilità di far conoscere e a volte di far accettare pubblicamente i loro ideali di riforma sociale; tutto ciò di contro si differenzia notevolmente da quanto succede attualmente: non esistono nell'ambito dell'attuale fenomeno comunitario delle personalità di rilievo, come neppure dei teorici dell'esperimento; tutta la vasta letteratura in lingua inglese attualmente circolante sull'argomento, ad esempio, non va più in là del solito tono da reportage giornalistico, la maggior parte di questi libri sono puramente descrittivi, fatti da persone con velleità letterarie. La tematica della comune viene affrontata in alcune riviste tipo « The Modern Utopian », « Communes », « Whole Earth Catalogue », ma anche qui, pure quando si esce dal tono pratico, consigli sul tipo di verdure da piantare nell'orto nel mese di marzo, il livello non si spinge molto più in là di un generico discorso libertario.. Siamo lontani, cioè, dalle opere di un Thourou o di un Fourier, che sia pure con enormi limiti sono stati (12 ) R. Vaneigem, Trattato di saper vivere ad uso delle giovani generazioni, Firenze, Vallecchi, 1973, p. 1.
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un preciso tentativo di affrontare non velleitariamente il problema. Forse questa differenza di tono è da attribuirsi alle differenti classi di età fra gli allora e gli attuali accomunati. Oggi, infatti, le comunità realizzate sono più che altro un fenomeno giovanile. Ancora, la speranza, che allora fu vitale, di riuscire tramite la struttura comunitaria a cambiare la società è passata nella maggior parte delle comunità contemporanee in secondo piano rispetto all'esigenza di risolvere tramite la comunità i problemi esistenziali dei partecipanti. Leggermente più smaliziati gli attuali accomunati spostano nel futuro le speranze di cambiamenti sociali, considerati raggiungibili soltanto fornendo oggi un modello pilota di una cultura e di uno stile di vita a cui un domani la società potrà nel suo complesso uniformarsi. D' altronqe non è un caso che le tematiche esistenziali abbiano ai nostri giorni una maggiore rilevanza; il problema non è più, o non è solo, lo sfuggire alle cantine di Leed o Manchester, o in generale alle condizioni urbane di vita, ma anche quello di porre dei rimedi alla alienazione raffinata delle moderne metropoli, dove l'ultimo barlume di umanità si frantuma nella solitudine priva di speranza del consumatore solo con il suo carrello di fronte alla vodka del supermercato. Gli uomini vivono separati gli uni dagli altri, separati da ciò che essi sono per gli altri, separati da loro stessi. Di fronte a ciò la disperazione, che è la malattia infantile del rivoluzionario della vita quotidiana, cresce a dismisura e provoca il meccanismo della fuga. Si scappa, si torna alla terra, nella speranza di una vita migliore che ci sottragga all'alienazione urbano-industriale. Si può infatti affermare che il comunitarismo è, come è stato, un fenomeno rurale. Le poche comunità cittadine hanno per solito vita breve o sono gestite da gruppi che, lavorando secondo delle direttive già ben definite, si servono della comunità come strumento di lotta; in questo caso la comunità diviene non il fatto principale della vita dei partecipanti, ma solo una strategia, è questo il caso delle comunità dei W eathermen, delle Black Panthers, e dei compagni che vivono nei quartieri proletari delle città industriali (le comuni rosse proletarie). 70
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social hippy? Unificazione della politica e della vita: questo è il nostro programma immediato. E questo è anche il principale obiettivo di lotta che porteremo all'interno della nostra pratica sociale. C'è stato fin'ora un equivoco: che la cultura alternativa potesse essere una cultura di sinistra da contrapporre sul piano culturale alla cultura borghese. Questo equivoco, generato da decenni di pratica, è sostenuto principalmente da quegli intellettuali rivoluzionari che hanno capito molte cose ma che hanno paura di fare il salto, di rischiare di persona. Noi oggi che ci presentiamo nella scuola, nel quartiere, nelle lotte, oggi più che mal diciamo che cultura alternativa è unificazione tra politica e cultura, è vivere la politica rivoluzionaria giorno per giorno NEI LUOGHI DI PRODUZIONE COME NELLE COMUNI PROLETARIE, nei rapporti col padrone come nei rapporti col compagno-a; essere comunisti non significa solo " lottare con un livello di coscienza politico-generale e con una visione complessiva della realtà » come correntemente si sostiene. Essere comunisti vuol dire anche vivere da comunisti facendo lotta continua e quotidiana contro le strutture della società borghese e delle sue influenze ideologiche. Certo, noi ridiamo delle farse della UCI tipo cc matrimonio comunista », ma ridiamo anche di quegli ultra rivoluzionari che non ponendosi alternative fanno come mamma e papà. L'adesione puramente ideologica degli studenti ai gruppi cosi detti marxisti-leninisti, l'annullamento della propria individualità e la strumentalizzazione cieca della propria persona richiesta dal milltantismo separato di altri gruppi, ci fa paura. Se questa prassi/politica può portare a rapidi e brillanti successi sul piano della crescita numerica e della gestione delle lotte, crediamo che sia destinata a finire In vacca perché non si può costruire movimento od organizzazione rivoluzionarla, senza formare il rivoluzionario complessivo. A quei compagni che dicono cc l'uomo nuovo salterà su come un fungo dopo la rivoluzione » rispondiamo che uomini vecchi non fanno una società nuova. E' ovvio che senza modificare le strutture che condizionano !'Individuo non si modifica l'Individuo; ma solo conducendo la nostra battaglia contemporaneamente sui due fronti (realtà esterna - realtà Individuale) possiamo costruire il comunismo. Costruire insieme movimento e mliitante complessivo richiede una tensione su due fronti, che Inevitabilmente porta ritardi forse anche grossi rispetto chi ha un obbiettivo solo: per i compagni che fanno le lotte per cambiare la società senza cambiare se stessi e per gli hippy che vivono cercando di cambiare se stessi senza lottare contro la società. QUESTA POSIZIONE Cl COSTA MOLTO. ABBIAMO CONTRO GLI UNI E GLI ALTRI, cl sentiamo chiamare SOCIALHIPPY E VECCHIOTTI POLITICI. Per ora è una fascia esigua quella di chi fra gli uni e gli altri ha capito e superato I propri llmlti, ina nel momento In cui iniziamo la pratica sociale slamo anche convinti e abbiamo verificato con l'Inchiesta e con la vita come fra le masse giovanili siano profondamente espresse le esigenze che riconosciamo a noi stessi ed è con questa sicurezza che Iniziamo un lavoro politico alternativo senza alleati e con molti nemici.
..__ _,.. T. W. ADORNO . "t4iNiMA MORAUA"
_ Il rapporto coi genitori comincia tristemente, oscuramente a trasformarsi. Economicamente im• potenti, essi hanno cessato di incutere timore. Un tempo ci ribellavamo contro la loro insistenza sul principio di realtà, contro il loro buon senso sempre,pronto a convertirsi in furore contro chi non fosse disposto alla rinuncia. Ma oggi ci troviamo di fronte ad una sedicente gio'vane generazione, che, in tutti i suoi moti ed impulsi, è intollerahil• mente piu adulta di quel che i genitori non siano mai stati; che ha J
rinunciato prima di qualunque conflitto,. e che trae da questa rinuncia la sua forza: ostinata, autoritaria e irriducibile. Forse la generazione dei genitori è sempre apparsa innocua e impotente, quando la loro forza fisica cominciava a declinare e la nuova generazione appariva già, a sua volta, minacciata dai piu giovani : nella società antagonistica anche- il rapporto delle generazioni è un rapporto di concorrenza, dietro cui si nasconde la violenza pura e semplice.
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IL PROGETTO DELLA cc COMUNE» NEI SUOI ASPETTI POLITICO, ECONOMICO, SESSUALE COSI' COME DESCRITTO DALLA ccSTAMPA UNDERGROUND» EUROPEA DJ\ "MÌT" "IW\NO N,I-HA461o 1171 • Un giorno mentre eravamo a tavola gli dissi: Caro papà ho una gran voglia di fare l'amore! • (Patty Pravo in una intervista ad • ABC •• MIiano 1966)
Per rivoluzionare il tutto bisogna cominciare con l'eliminare la frammentazione dell'individualità, in questo senso la comune è un progetto nel quale si tenta di realtzzare l'optimum delle relazioni interumane. Dio, patria e famiglia sono storie di l'altro ieri! La coscienza tribale della società alternativa (o neo-arcaica, nella definizione di quei gran guardoni che sono i sociologhi) dell'età -elettrica è veramente un'altra cosa, fugge questa santa trinità fonte di ogni malattia comunque descritta mentale privata e pubblica. Nessuna difficoltà a definire questa esperienza una vittoria locale e provvisoria. Su questa come su tutte le barricate degli scontri parziali incombe lo spettro del ghetto; è per questo che bandiere e • cultura acida • devono vigilare sulla politica dell'esperienza pronti a respingere la massificazione delle contraddizioni e lo sputtanamento. Non-a caso la strategia del sistema borghese mira a « normalizzare • la precarietà, a vletnamizzarla. Come Il cancro degenera, ma non soccombe, potere, politica e popolo diventano la loro proiezione cinetica: mobilità, merce e massa. Geografia dell'apparizione: fenomenicamente le comuni tendono ad assumere l'aspetto tecnico di .. comunità •· In questo senso possono essere comunità di consumo, comunità di produzione o tutte e due le cose. Nelle prime i membri mettono insieme i loro redditi frutto di attività esterne, cioè l'organismo fruisce di rendite. In quelle di produzione è la comunità stessa che produce il suo reddito di consumo. Dal punto di vista comunardo gli elementi più rilevanti di questi due modelli di conduzione è la quantità di tempo di vita Che i membri passano insieme e l'autonomia che riescono a conquistare rispetto all'economia gene.raie dalla quale dipendono.
La strategia finale di una comune tuttavia.è un'altra: è l'attenuazione delle contraddizioni fra esistenza borghese e impegno rivoluzionario. Nel disegno in. questione, perciò, produzione e mercantilismo sono la stessa cosa. Tipico è il commercio di gadgets, anelli, collanine per i plastic-hippies, per i little-pig-squares o per l'intellighentia sinistra; commercio di soft-drugs, il capitale economico della cultura alternativa; sottrazione di beni e servizi a chi ne ha troppi, quello che tradizionalmente si chiama furto; infine fast but not least politica del lucro delle confraddizioni. Dal momento che la comune è una forma di collettivizzazione dell'economia ne discende che al suo livello dev'essere distrutto il significato del valore economico dello scambio. Le due principali contraddizioni economico-borghesi sono: contraddizione mercantile fra il valore di scambio e il valore d'uso delle merci; recupero del gap esistente fra la distruzione fisica di una utilità e l'obsolescenza economica dettata dall'economia di mercato. Addirittura esemplare, in questo senso, il caso degli elettrodomestici. Due o tre osservazioni. Una cultura dei manufatti contro una società dei prodottt. Il problema fondamentale è che l'economia della cultura alternativa dovrà adattarsi a convivere per decenni con la società borghese cibernetica del nostro adesso. Esattamente come è già successo con la « sotto-cultura-popolare feudale " quando si soprappose alla decadenza paranoico-imperiale romana, o - ancora - per restare nel troppo noto come nel passaggio dall'età dei Privilegi all'età della Ragione della borghesia illuminata conclusosi con la festa della rivoluzione francese. Come dice Leary, quindi, contro l'organizzazione la cooperazione. Che è poi dire, usane!o le definizioni di Edgar Morin, che. la controcultura deve stare soprattutto attenta ad una trappola: quella di tradurre sic et simpliciter l'edonismo borghese dell'avere in un edonismo dell'essere. · La rivoluzione d'ottobre è una rivoluzione sessuale. Contrariamente a quello che ne pensano i « Mao Maghilla " ogni rivoluzione politica è contemporaneamente una rivoluzione economica, sessuale « o " viceversa. La produzione nel sistema economico borghese è prima di tutto produzione dell'isolamento. L'individuo produce il suo isolamento producendo merci, queste lo legano artificialmente all'isolamento in cui versano i suoi simili. La comune, è una forma d'insurrezione invisibile, una guerriglia contro le tecniche dell'establishement borghese; da un punto di vista topologico è una testa di ponte nel territorio della middleclass. Un esclamativo scritto senza equivoci e per eliminare una illusione. Il kibbutz israeliano non è una comunità e tanto meno una comune, è invece un avamposto politico-economico dello stato imperialista. Lo precede e lo prepara. Le comuni sono storie del « dopo » seguono allo stato in qualunque forma esso si voglia camuff.are, anelano alla sua distruzione e tendono con il loro consolidarsi come forma alternativa di vita ad eliminarlo di diritto e di fatto. La comune è l'aggregato elementare di una società elettrotribale.
Uno dei suoi compiti fondamentali è la trasmissione orale della cultura alternativa. In questo senso è venuta a rimpiazzare con più efficacia quella che la beat-generation americana aveva definito la politica dell'on-the-road. Il beautiful people non legge più, è insofferente allo schema gutemberghiano - square - di trasmissione delle notizie; Il più delle volte è refrattario alla stessa informazione quando ha l'aspetto della nozione. Trasmette su canali diversi. Se è lecito un paragone è una cultura musicale monodica incapace di sopportare la brutalità della polifonia e dei suoi esercizi tecnici. Questo problema della cultura orale come media di trasmissione degli archetipi societari è un problema che la kultura borghese aveva sottovalutato. L'illusione degli scripta manent aveva dato per secoli false prospettive. Oggi è tutta una corsa ai ripari: il video-tape è già una forma di trasmissione orale della cultura. L'ha capito anche quella cosa che si chiama Time-Life e che è la più grande holding ,gutemberghiana di tutti i tempi. IL RADICALISMO VERBALE BORGHESILE PRODUCE LA SCHIZOFRENIA SOCIETARIA E LA PARANOIA INDIVIDUALE. Le comuni sono un mezzo per trasformare l'aspetto negativo dell'ego - frutto dell'educazione borghese - in coscienza collettiva. Gli-studenti rivoluzionari non producono cultura alternativa, questo invece è uno degli scopi politici di una comune, è lo scopo " esteriore ,. più importante, di conseguenza, la sua ragione rivoluzionaria. Il tutto con buona pace delle teorie junghlane su Introversione (hippies) ed estroversione (studenti rivoluzionari). Uno degli scopi politici comuni, invece, è la lotta all'autoritarismo. Una ragione strategica della comune è il suo aspetto terapeutico. 1.n questo senso è estremamente importante lo studio della metodologia che una comune si da per lo sviluppo delle relazioni sociali e Interpersonali. La comune in·quanto progetto alternativo può esserlo tecnicamente sia dal punto di vista familiare che societario. Cioè viene a manifestarsi come alternativa sessuale o come alternativa politica in senso stretto. Fino al secolo scorso le esperienze comunarde erano più che altro esperienze societarie e politiche oggi, invece, tendono ad essere tutte e due le cose. In particolare, il modello della comune tendenzialmente come alteFnativa societaria è tipica dei paesi anglosassoni e soprattutto -degli Stati Uniti, mentre il modello mittelleuropeo è tendenzialmente più _un'alternativa sessuale. Non a caso le comuni come alternativa sessuale sono una reazione Istintiva ad una società che • pretende ,. la partecipazione alla produzione e ai suol processi produttivi che tendono a reprimere la sessualità naturale per riprodurla a livello di merce. I bambini nelle culture occidentali sono trattati come beni di proprietà della famiglia. Questo training psicologico deve radicare In essi il suo corollario economico dialettico: la proprietà è uno dei beni della famiglia. Dal momento che la mancanza di proprietà è l'unica arma per abolire la povertà le comuni devono battersi contro la proprietà privata a partire dalle sue ragioni psicologiche. Lo studio di una strategia nei rapporti umani è tuttavia importante,
Importante per evitare che le comuni si isolino psicologicamente venendo a pesare sui loro membri. Nell'esperienza delle prime comuni sono stati commessi numerosi errori, specialmente nell'allevamento dei bambini. Questi - infatti - tendevano a diventare dei nevropatici perché in genere erano educati semplicisticamente con uno spirito da dopo-la-rivoluzione quando la rivoluzione è ancora da venire. Interessanti a questo proposito sono i documenti della « Komune 1 .. di Berlino. Un futuro. Come nel teatro borghese il matrimonio è l'ultimo quadro della commedia, cosi la comune è il primo quadro di una società naturalmente rivoluzionaria. Non a caso nella proiezione paranoica delfà fantascienza il modello di cultura più comune è il modello comunardo. Ciò non tanto per una intuizione particolarmente feltce di questa tecnica narrativa quanto perché in effetti /a descrizione del modello comunardo è /a descrizione più umana possibile di una cultura immaginaria. La nostra immaginazione sociologica - come ai tempi del « Milione ,. di Marco Polo proietta sulle immaginarie culture del futuro i modelli della propria nevrosi e cosi facendo cerca un riscatto teleologico. Come dire che il " progresso ,. - inteso come tempo futuro sicuramente consumabile - abbatterà i nodi ossessivi della nostra privata paranoia e della nostra miseria.
LA COMUNE URBANA
Il processo di formazione del movimento comunitario presenta una certa tipicità, tanto che il fenomeno assume in America, in Europa, come in Italia delle affinità ben precise: esso è scivolato dalla città alla campagna, cioè da un primo momento dinamico, urbano, ad un secondo momento, statico, rurale. In quanto, come parte del movimento più ampio di rifiuto della civiltà capitalistica, si espresse dapprima in un tentativo di creare all'interno della città stessa una realtà ad essa alternativa, nella forma della free city articolata nei suoi centri comunitari di assistenza e di mutuo appoggio: free clinic, free shop, ecc., e poi nell'abbandono del territorio urbano per una appropriazione della diversa dimensione esistenziale dell'ambiente rurale tramite ìl ritorno alla terra: back to nature. Comunque,
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il fenomeno comunitario, inizialmente crebbe addirittura nelle strade. A livello sovrastrutturale la strada è il luogo dove il capitale si rappresenta e si impone e la sua fruizione alienata annulla ogni possibile rapporto tra l'ambiente e l'uomo, tuttavia è possibile modificare un habitat, anche profondamente, intervenendo sulle sue strutture fisiche, agendo sull'uso fittizio che esso impone, e questo è quanto fecero gli hippies e successivamente i «politici» sulla base delle parole d'ordine: « prendiamoci la città ». La riscoperta di un approccio diretto con la realtà urbana, con quella realtà che era espressione della cultura dominante e quindi della classe dominante fu quanto mai corifeo di energie nuove. Vivere agli angoli delle strade, nelle piazze, assunse un significato rivoluzionario: era la banalizzazione del territorio nemico, la città, per usarlo in modo nuovo, umano; quel che di
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mitico rimanda alla mente il nome di certe zone urbane: Brera, Campo de' fiori, Village, il Dam, Piccadilly, è legato al ricordo di ciò, al fatto che esse furono le prime comunità alternative, le prime « zone liberate». La cultura hippies fu una cultura orale, visiva si può dire addirittura, e le comunità urbane sorte nellé strade furono il mezzo ideale per propagandarla. Così, i capelli lunghi, testimonianza di un. discorso di rigetto degli standard tradizionali del costume; così, i vestiti stracciati, maniera di esternare il rifiuto del concetto tutto esteriore e borghese del decoro, che rivelava altresl una povertà voluta rispetto al livello della classe di appartenenza, solitamente alto. L'abito volutamente stracciato è una cosa ben diversa dell'abito povero, mentre quest'ultimo obbedisce soltanto alle leggi economiche, il primo, che è poi l'abito hippy, è la testimonianza di una presunta ricchezza culturale. Il mocassino navaiio, la camicia dell'altra India sono non solo mezzi relativamente economici di vestire ma anche affermazione pubblica della propria diversità. L'aspetto esteriore diventava mezzo di comunicazione che permetteva subito di distinguere l'amico dal nemico e con ciò il riconoscimento dei membri nelle prime comunità temporanee alternative: le strade, le piazze, i parchi d'Europa e d'America. Anche la diversità ha le sue regole (sono quelle che permettono di riconoscere un poliziotto anche quando è camuffato da hippy). Se tu sei sporco e stracciato difficilmente frequenterai una casa borghese, se hai i capelli talmente arruffati da non poterli pettinare difficilmente lavorerai nell'establishment. Comunità completamente libere sorsero così verso la metà degli anni sessanta; l'assoluta mancanza di regole, diventata a sua volta regola, incoraggiava la partecipazione interessando la gioventù più sensibilizzata, che avvertiva le pesanti contraddizioni del vivere borghese e guardava ad un cambiamento. Il fenomeno non era nuovo. Negli States si erano avute delle manifestaziòni di questo tipo libero di comunità urbana nel periodo di fioritura della beat-generation. Pensiamo all'atmosfera del Village descritta da Miller, all'On the road di Kerouac. Si può dire in questo senso che il mondo beat ha anticipato alcuni temi della cultura underground. Naturalmente quello beat fu un movimento tutto considerato di .natura più letteraria che sociale. Droga, .jazz freddo, sesso interrazziale e buddismo zen erano un modo di manifestare il rifiuto
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della dominante cultura americana. « Pour epater les bourgeoises » diventò lo slogan dello stile di vita beat, la conformità, venne rigettata richiamandosi alla integrità artistica, accettando la povertà e lo scollamento sociale. I beat vissero come sbandati nei quartieri poveri di New York, delle grandi città americane, insieme nella strada, nei locali dove impazziva il « Beep-Boop », dando luogo ad un momento comunitario che cresciuto nella strada era fatto di vibrazioni raccolte nella strada. Ma quanto di romantico vi era nella personalità degli autori e dei personaggi della beat generation, quel loro senso di individualismo esasperato, impedl che questo primo momento si evolvesse in una unione comunitaria più formalizzata. La beat generation si estinse, e la sua vita come movimento per quanto breve non restò senza influssi, anzi parecchie immagini del dissenso da essa proposte divennero parte della successiva cultura hippy. I momenti di rigetto del mondo industriale, che si manifesta propriamente nella cultura urbana (dice Marx: « entro l'uso complessivo dello spazio fisico, la città appare fin dall'inizio come concentrazione, agglomerazione dei mezzi di produzione e di forza-lavoro e nient'altro che questo » ), passarono da un primo momento, il più generoso, in cui i giovani tentarono di liberare lo spazio urbano, di ristrutturarlo a dimensione umana attraverso una sua riappropriazione creativa, ad un secondo momento di estraneazione (antitesi) in cui tramite il rifarsi a culture diverse cercarono un supporto nell'opposizione critica alla società: ecco il senso del « viaggio in India » nell'Eden, fuga dalla paranoia urbana e allo stesso tempo ricerca di una alternativa. Il compromesso e la sintesi tra i due limiti massimi: realtà urbana, società pre-industriale, fu ritrovato da entrambi i movimenti nella realtà rurale del proprio paese; la differenza sta nel fatto che gli hippies andarono alla campagna per formare delle comunità, mentre l'individualità esasperata dei partecipanti della beat generation .fece si che la ricerca della pace dopo la turbinosa rincorsa di un senso del vivere attraverso le più svariate esperienze fosse ancora un'avventura personale (1). Il punto di ( 1 ) « In un manoscritto inedito del 1946, intitolato Questa è la mia risposta, Miller scriveva: " Pace e solitudine ! Riesco a gustarla, perfino in America. Qui a Parkington Ridge vado sulla porta della mia casa all'alba, guardo lo svolgersi delle colline vellutate e mi sento ricolmo di una
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vista della opposizione della beat-generation al sistema è ancora esistenziale, il senso della disperazione è sublimato nel vivere da eroi, questa generazione non conosce il momento della mediazione sociale, del supporto comunitario. Il mondo della controcultura fa sùe, invece, le aspirazioni societarie, esso vuole essere anche una risposta al dramma della solitudine quotidiana. Questo primo scendere nelle strade, questo primo riconoscersi negli abiti e nei gesti, realizzava il desiderio di identificazione sociale. La solitudine, invece, è accettata sia pure incosciamente dai beat come una maniera di verificare il proprio io, momento distruttivo che vuol essere alla base di una nuova rinascita. Il senso di straniamento, di disperazione, che noi troviamo in Neal Cassady cosi come è descritto da Dean Moriatry, protagonista dell'On the road di Kerouac è tipico di questa generazione e verrà rifiutato dalla cultura hippy che si nutrirà del senso comunitario. Cosi pure estraneo ad essa è l'uso dell'alcool che presuppone un atteggiamento distruttivo e al tempo stesso puritano. Chi beve vuole frapporre una barriera tra sè e il mondo esterno e al tempo stesso dispera di poter trovare il modo di esprimere la rabbia che gli urge dentro, dispera nel dialogo con l'altro. La cultura hippy diffida dell'alcool, essa invece;: accetta le droghe non oppiacee come quelle derivate dalla Cannabis Indica e le droghe allucinogene, naturali (peyote) e chimiche (LS.D. ), che servono ad espandere la coscienza. · Sempre ad ogni modo le droghe, siano esse alcool o marjuana, sono un modo di avviare un rapporto di socializzazione: esse diventano i sacramenti del rapporto sociale. L'amicizia, la dimostrazione della propria disponibilità cominciano davanti ad un bicchiere di whisky o ad un ioint di marjuana. La cultura hippy tuttavia è più fiduciosa nei riguardi del prossimo e del futuro, il suo impeto non fu solamente sovvertale soddisfazione, una tale gratitudine che istintivamente la mia mano si alza nel gesto della benedizione e benedico gli alberi, gli uccelli .... Laggiù può darsi che la gente si maledica e si torturi, si abbandoni a tutti gli istinti umani facendo un macello della creazione (come se fosse possibile ! ); ma qui è impossibile, qui c'è pace e serenità, pochissimi uomini e molti animali selvaggi, alberi nobili, arbusti e sterpi, lillà selvaggio e stupendi papaveri gialli, bozzagri, aquile, bellissimi uccelli di passaggio e il mare e il cielo e le colline e le montagne sconfinate ". Fernanda Pivano, Beat · Hippie Yippie, Roma, Arcana, 1972, p. 29.
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tlttvo, essa credette realmente che gli si fosse aperta davanti la via ad una nuova società. Anche nel tono degli scritti è g101osa, priva della macerazione interiore che si riscontra nella beat generation, essa mostra per intero il suo carattere giovanile, l'ottimismo, la speranza, la gioia di vivere una presunta nuova vita. Le libere comunità urbane che si formarono nelle città erano ricche di fermenti, l'opposizione al mondo borghese si serviva di tecniche nuove come quella del gioco. Tutto veniva sdrammatizzato. Si formarono i primi nuclei di azione che si configuravano come comunità di gestione dei servizi alternativi più che come collettivi. Il programma per cui essi lottavano non conosceva limiti, lo slogan « cambiamo la vita prima che questa cambi noi » era di natura tale da coinvolgere tutta la vita, anche quella privata dei partecipanti. Nelle comunità alternative non si voleva che si venisse a creare quella frattura tipica a tanti gruppi della sinistra, che pure sono mossi da una opposizione critica alla società, tra lotta contro il sistema a livello pubblico di associazione ed esistenza borghese dei partecipanti a livello privato. Ad ogni modo coloro che si lanciarono nell'avventura underground appartenevano per la maggior parte alla media borghesia, per cui il loro ottimismo nasceva dal non aver fatto ancora i conti fino in fondo con il sistema, di cui erano i figli vezzeggiati. Ad Amsterdam i Provos, a San Francisco i Diggers, a Milano Onda Verde, ovunque le tecniche di lotta hippies erano allegre, eversive e questo faceva emergere spontaneo non solo il desiderio di ritrovarsi, ma anche di vivere assieme. Significativo appare, a questo proposito, il processo di sviluppo che avvenne a San Francisco, che grazie a quel parallelismo di avvenimenti che · abbiamo rilevato tipicizza in parte anche Amsterdam, Londra o Milano. «FREE CITY(1)
E la città era puro oro come dentro un luminoso cristallo 1 ( ) DAMM, Outlaw Manifestos and Ephemera 1965-70, Londra, Penguin, 1971.
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E le sue porte non potranno essere chiuse alla fine del giorno perché qui non cadrà mai la notte.
I fremiti provos di rivolta erano volati attraverso l' Atlantico, ma la grande rinascita della West Coast americana durante la seconda metà del 1966 non era soltanto un fenomeno di derivazione quanto piuttosto il risultato di una tendenza internazionale che riguardava pensieri paralleli che operavano tutt'intorno le ultime porte del decennio 60. I diggers di San Francisco, che avevano preso il nome da un gruppo comunitario di agricoltori inglesi del XVII secolo, operavano attraverso il disegno di una " magie city " così come i provos avevano fatto in Olanda. Ad ogni modo l'influenza di Amsterdam si irradiò di città in città .a tutto vantaggio dell'Europa centrale; il linguaggio dei Diggers è uno dei limiti più visionari, l'oceano Pacifico su un lato e sull'altro, l'occidente americano. 90
Ai Diggers accadde di andare incontro ad una sovrastante crisi. di numero. Quando migliaia di giovani cominciarono a scendere verso un vecchio ghetto nero di San Francisco conosciuto come "Haighf Ashbury " per la formazione di super accelerate comunità di droga, le priorità dell'abitare e del cibarsi divennero allora chiare a parecchi fuorilegge alla ventura, ladruncoli, e Robin-Hood. Le autorità respinsero un appello di aiuto e Free City nacque. I Diggers si impossessarono del tempo. Non c'era nessun tempo per la teoria. Che doveva formarsi simultaneamente con l'azione, o affatto. Una free clinic fu allestita per trattare gli inevitabili problemi delle malattie veneree e dell'abuso di droga. Fu aperto un free-store chiamato il " Free Frame of Reference ". I beni erano donati liberamente, ciascuno poteva liberamente avere qualsiasi cosa. Libere case comuni furono preparate. L'house organ di Free city era il " Communication Company ", un libero servizio di energia tramite un ciclostile. FREE NEWS fu una serie di volantini stradali stampati sul momento: poesie, chiarificazioni sui pericoli della droga, notizie di eventi, informazioni comunitarie, o qualsiasi altra cosa. La singolarità: "FREE NEWS non è null'altro CHE UN PEZZO DI CARTA SENZA VALORE. Free news is free spines. Free city is parallel free spines. Usa questa carta per accendere il fuoco e usala come carta igenica. Strappala per farne dei coriandoli e celebra Free City, usala per dare l'avvio ad una rivoluzione. Accartocciala, fanne un batuffolo e tiralo al tuo amore ". Fuori Free City si tenne intanto il primo Human Be-in, un collettivo non-evento con 30.000 Felici. Free City attrae curiosi in cerca di un posto per dormire inclusi i poeti Ginsberg, Ferlinghetti, MacClure, Richard Brautigan, Kirby Doyle e Lew Welch l'autore di "Final City" e "Tap City"; parecchi guru dall'oriente; guru della droga come Timothy Leary e Richard Alpert; complessi rock and roll come i Jefferson Airplane, i Big Brothers e la Holding Company, i Greateful Dead, i Quicksilver Messenger Service; e per ultimi gli Hells Angels, dopo una alleanza fatta con Allen Ginsberg e il romanziere Ken Kesey. I Diggers scomparvero velocemente nell'estate del 1967, quando la comunità fu invasa dai " Flower children ". La situazione sfuggiva, Free City fece grandi sforzi sotto il peso.
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I Diggers riemersero nel primo 1968, con progetti per· una free-bank; una pre-Presidential election, Convenction, il cui tema era Vota per Me, o Un Voto per Me è un Voto per Te; e il Free City Redistribution Service. L'ultimo consistette in un enorme scambio con il quale resero attiva l'idea di un free-store, che desse e ricevesse qualsiasi cosa arrivasse. Così centrale è nei Diggers l'idea di un pensiero non economico (o meglio non monetario) che essi fecero dei giri nei distretti ultra ricchi della città, chiedendo alle matrone impellicciate di martore e/ o ai loro maggiordomi se avessero bisogno di qualsiasi cosa dallo scambio. Ma al di là di Free City, i poeti visionari e i ladri (thieves lett = ladri) fecero le prime incursioni ostili verso la questione dell'equilibrio ecologico. Se la città era il microcosmo, il pianeta era il macrocosmo. La comunità, allora Tutto. Niente nazioni. Una serie di "planetedge-posters " vennero fuori da San Francisco a quel tempo, ponendo le fondamenta per qualsiasi più ampio studio sul tema: " Get out of the cities " ». I centri comunitari di comunicazione, di scambio e di assistenza non sono tipici solo della scena della controcultura americana, ma anche di quella inglese, tedesca, olandese ed italiana. Questi servizi, curati da « compagni » che fanno parte dello stesso movimento hanno l'enorme vantaggio di essere, per certi problemi, « sicuri », e i « fratelli » sanno così di poterne usufruire liberamente per qualsiasi cosa possano avere bisogno. A Londra, c'è Bit, un organismo al servizio del movimento comunitario. Bit è un ufficio (141, Westbourne Park Road WII) e un numero di telefono 01-229-8219, a cui si dà una risposta alle telefonate (40.000 all'anno) di gente che domanda: terra libera per una comunità, prodotti macrobiotici, consigli giuridici, indirizzi per pratiche abortive e più spesso indirizzi di comunità dove si possa dormire gratuitamente. Ad Amsterdam, un bollettino che analizza i problemi delle comunità: Cormallen è pubblicato da una comunità di musicisti: il gruppo Marannon. Idea centrale della controcultura e del movimento comunitario è quella dei servizi alternativi validi per venire incontro a tutte le difficoltà e le necessità pratiche della gente in modo che 92
ci sia una alternativa alle deficenze e alla brutalità di metodo del sistema borghese. Un servizio alternativo molto importante è stato ed è quello della free clinic che ha funzionato con successo anche in Italia. Un altro settore di base in cu1 intervengono i servlZl comunitari alternativi è quello della droga, per i grandi problemi che essa si trascina dietro: pericolo di « sballare », grande confusione circa gli effetti specifici e quindi bisogno di chiarificazioni e soprattutto, assistenza legale in caso di arresto. A queste funzioni, che attualmente sono in parte esplicate a Roma presso la sede di Stampa Alternativa, rispondeva una associazione milanese Sima, i cui membri avevano tentato di condurre una vita comunitaria. Sima, ora in declino, anche per l'evolversi della scena stessa, ha assolto per un certo periodo un compito di primaria importanza: « SIMA: due annunci su un quotidiano milanese, circa mille lettere di risposta, due manifesti murali e decine di adesioni e aiuti da parte di medici, avvocati, studiosi. Questo è il primo bilancio dei risultati ottenuti dopo dieci mesi di oscuro e difficile lavoro di ricerca dei membri di SIMA. "È il primo tentativo realizzato in Italia di servizio alternativo con qualche analogia con le associazioni inglesi e americane tipo BIT e RELEASE". "Nel 1967 alcuni movimenti di rottura come Onda Verde e Mondo Beat stavano esaurendosi perché avevano consumato la loro funzione iniziale. D'altra parte molti giovani sentivano ancora quei problemi che i b""èat ponevano in risalto con il loro modo di vivere. Nel '68 poi, il movimento studentesco ha maturato politicamente e ideologicamente una parte della tematica che tali gruppi ponevano all'inizio, ma tralasciando, anzi rinnegando, aspetti essenziali che gli hippies continuavano a porre. I nnanzittuto il fenomeno di milioni di ' cittadini dell'Occidente ' che scoprono sostanze psichedeliche inutilizzate dalla loro cultura. Dicevo fenomeno: è un fenomeno morale, spirituale, una scelta: ma non è solo individuale, privato: è un fenomeno storico. È fuori dalla storia chi lo interpreta come fenomeno di consumismo: le motivazioni iniziali potranno anche essere consumistiche, ma non interessano. Interessa perché si continua. 94
Interessa la qualità dell'esperienza e come riesce a informare la vita delle persone. il fenomeno è storico perché le esperienze con quelle sostanze, i suggerimenti, le idee, le intuizioni, i conflitti, i drammi, che nascono da quelle esperienze ENTRANO più o meno consciamente nella vita individuale e sociale, di tutti i giorni, delle persone che hanno cominciato il viaggio nello spazio interno. Questa ' entrata ', che è fondamentale, la abbiamo vista intuita in 4 anni e migliaia di articoli su 'droga ' forse solo in 3 articoli: Maria Livia Serini sull'Espresso nel '68, Angelo Greco su Men nel '68, Chiara Valentini su Panorama nel '70. La cosa è di difficile comprensione, dato che a livello ' culturale ' queste cose si sapevano da tempo. Ma forse in Italia la cultura non ha perso tempo a leggere certe cose perché fin dal principio non interessavano. Forse perché la cultura era condizionata da una certa immagine a cui era arrivata analizzando i ' beats ' in un certo modo. Però sono cose che interessano milioni di persone, anche in Italia. Guardate la nuova realtà. SIMA è nata quando alcuni di noi hanno percepito l'esistenza di questa nuova realtà e dei problemi che si venivano a creare. Da un punto di vista cronologico, l'idea è nata nel '67, l'associazione nel '68, e l'attività nel '70 con una relazione (aprile)". Chi sono: Sima ? "C'è un modo forse interessante di rispondere a questa domanda assurda (per noi). Se una persona normale, uno 'square ', volesse cominciare a r.apire qualcosa del fenomeno 'droga ', dovrebbe mettersi come uno studente a leggersi al'cune centinaia di libri e alcune migliaia di articoli, spesso provenienti da discipline e culture che lui non conosce. Anche a questo punto dubito che basterebbe. Gli mancherebbe _quella esperienza ' dal di dentro ' necessaria a fargli capire quello che legge". "Cioè l'esperienza della droga? ''. Non precisamente e non necessariamente. Basterebbe che per molto tempo fosse vissuto - non da turista o da spettatore, ma per scopi suoi, autentici - a contatto con la " cultura della droga", cioè con la musica, con le persone, con le vibrazioni,
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coi linguaggi, con gli ambienti, con le sequenze di un certo mondo (non quello della dolce vita!). Essere vissuto a Ibiza, Amsterdam, Katmandu, Brera, St. Germain o nell'altra Londra, quella che i turisti italiani non vedono perché per vederla devono averla un po' dentro. Aver condiviso parole, stanchezze, silenzi, vita con ragazzi e ragazze australiani, iugoslavi, spagnoli, giapponesi, afghani, norvegesi... In SIMA ci sono persone così e ci sono persone che hanno letto e studiato le centinaia di libri e le migliaia di articoli. Forse (per la conoscenza) è più importante la prima cosa, ma la seconda è, per un'azione pubblica, almeno indispensabile. L'intreccio delle due costituisce la "cultura SIMA ", cioè le conoscenze scientifiche e vissute di cui i membri di SIMA si sono arricchiti e permeati a vicenda. Il nostro sforzo sarà per ora approfondire comunicare e utilizzare queste conoscenze ». Comunque si cerchi di organizzare dei servizi alternativi, vivere nelle città non è facile neanche per una comunità. Le paranoie della vita urbana inevitabilmente si riflettono anche nella vita comunitaria, rendendo molto più difficile l'accordo tra i membri, e una ·serena atmosfera nella comune. Spesso si arriva a dei livelli di vita che sono una sopportazione forzata più che uno stare liberamente e felicemente assieme. Spesso si finisce per unirsi solo per risolvere quei problemi economici, che nelle città sono pressanti. Vivere insieme, così, troppe volte vuol dire solo dividere le spese dell'affitto e delle cattive vibrazioni. Si raggiungono casi limite, come quello di una comune milanese che abbiamo visitato dove essendo la casa considerata solo un posto per dormine e per di più temporaneo, la sporcizia e la indifferenza avevano raggiunto un livello tale che si lasciava che un cagnolino con i vermi e la diarrea defecasse anche sopra i sacchi a pelo. Un problema pressante per tutte le comunità è quello della gente di passaggio che diviene nella città ancora più grave, soprattutto se la comunità si trova ad essere per qualche motivo anche un centro dove le notizie e le situazioni circolano più velocemente che altrove. Da Roma, ad esempio, un amico ci dice della comune di Renata C. ai Parioli: « Sono stato con loro per tre giorni il 27-28-29 agosto. La comune esiste da circa il novembre del '72 quando la Renata,
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che possedeva una, stanza-negozio al piano terra del palazzo in cui abita la sua famiglia, ha deciso di sistemarla e ci è andata ad abitare. Non so quanti erano all'inizio, né se erano gli stessi di ora. Il numero delle persone della comune come al solito è estremamente variabile. Non so con quale scopo preciso sia sorta. Comunque ha passato periodi di paranoia (giugno luglio) per la troppa gente che frequentava la comune che ha uno spazio limitatissimo. Come al solito quando si sparge la voce che c'è un posto così arrivano da tutti i posti. La casa si riempie. Si riempie di gente che sta tutto il giorno sdraiata senza fare niente e la paranoia coinvolge tutti anche quelli che avessero voglia_ di muoversi. E. allora cattive vibrazioni, noia, atmosfera tesa, litigi ». Questo non è solo un problema italiano. In Francia succede la stessa cosa, osservano Roger Poi Droit e Antoine Gallien, autori di un libro sulle comunità giovanili francesi: « Come tutti gli accomunati di città gli accomunati parigini sono sovente insoddisfatti. La gioia di vivere delle comuni rurali io non l'ho ritrovata nei padiglioni comunitari dei sobborghi di Parigi. Perché? Gli accomunati parigini non riescono quasi mai a dimenticare tutto quello che essi avrebbero voluto lasciare alle spalle il giorno che avevano deciso di vivere insieme nelle comunità: il lavoro, il rumore, la famiglia, la fatica, non sono riusèiti ad eliminarli. Questa insoddisfazione e l'impazienza che li accompagna rende gli accomunati nervosi, qualche volta aggressivi. Sovente allora gli accomunati perdono coraggio e si separano» (2 ). La maggior parte di loro, infatti, vive in città, soltanto .perché è impossibilitata, per un qualche motivo, nel muoversi verso la campagna o i monti, di cui però sogna i vasti orizzonti. C'è anche, è vero, un certo numero di persone che scelgono coscientemente di vivere nella comune urbana, formando comunità militanti politiche, di obiettori di coscienza, di mistici, o di « maoisti». Queste comunità rivestono una funzione molto importante perché essendo punto di raccordo, di scambio di informazioni .( 2 ) Roger Pol Droit - Antoine Gallien, La chasse au bonheur, Parigi, Calmann-Levy, 1972, pp. 143-144.
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e di idee per la gente che viene dalla provincia, per gli studenti, per gli hippies di passaggio, partecipano attivamente alla vita sociale. Inoltre i membri di queste comunità, a differenza di quelli delle comuni agricole che ricercano l'autosufficienza economica nella coltivazione diretta della terra, sono solitamente inseriti nel mondo del lavoro e quindi sono a conoscenza anche delle sue scadenze e dei suoi conflitti, per cui spesso scelgono anche la strada politica nell'opposizione alla società borghese. Poi ci sono le comuni degli «sbandati», dei fumatori di « merda », degli artisti mancati. Queste sono formate da persone che rifiutano l'inserimento nel mondo borghese del lavoro e allo stesso tempo non sono attratte dalla utopia agricola; costoro naturalmente sono portati a vivere nella città, o meglio nella grande città, dove se la morsa del sistema si fa più pesante, anche le sue contraddizioni sfruttabili sono più evidenti: nella città è più facile trovare dei lavori saltuari relativamente ben retribuiti ed in essa, inoltre, può sussistere sem.pre la speranza di un contatto con il mondo dello spettacolo o della cultura da cui sono spesso attratti. Comunque, la vita nella comune urbana spesso è solo il primo momento di un cammino comunitario; infatti i partecipanti scelgono di vivere inizialmente in città perché in essa vi sono delle possibilità di lavoro ben retribuito che permettono, con il risparmio comune di tutti, di raccogliere i fondi necessari all'acquisto di un appezzamento di terreno in campagna o di una cascina in montagna in cui trasferirsi per dare avvio al vero progetto comunitario. Altre volte si vagheggia una utopia più complessa: due comuni, una urbana e una cittadina, gestite dallo stesso gruppo in modo da poter usufruire di due strutture diverse ma complementari. Ma in generale l'odio per la vita urbana, per il senso di impotenza che essa provoca, è tanto e tale che si vogliono tagliare completamente i ponti con essa·. Così in Italia, così in Europa, così in America: « Dopo parecchi anni spesi nella frustrazione, nella impotenza, nelle privazioni della vita cittadina, mentre durante tutto il tempo le mete della pace, della giustizia e della libertà sembravano essersi allontanate, Mungo e i suoi amici ebbero una visione: .il mondo del Vermont esplose press'a poco simultaneamente nelle teste, Vermont ! Non vedi tu una fattoria nel
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Vermont! Una libera comune agricola di stampo ottocentesco, una larga, aperta, salutare, linda fattoria sulle verdi nobili montagne. Un posto per ritrovarsi assieme di nuovo, liberi dalle velenose vibrazioni di Washington e dalla inutilità torturante della fetida America urbana» (3 ). Cosl si dette inizio al « totale moratorium della partecipazione costruttiva in questa società». Dopo poco tempo Mungo e nove dei suoi erano alla « Montague Farm », leggendo Thoureau piuttosto che nuovi testi e lavorando duramente sul piano fisico: spaccar legna, sarchiare patate, estrarre lo zucchero d'acero. Mungo nel suo recente Reportage sull'esperienza comunitaria, intitolato « Total Loss Farm », scrive: « Quanto di importante c'è nel processo attraverso cui si diventa liberi nella mia terra credo consista nel ritiro da tutte quelle cose solenni e terribili di cui avevamo pensato deliberatamente e sistematicamente di aver bisogno ... cosi che buona parte del nostro agire e del nostro programma deve essere negativo piuttosto che positivo. Noi siamo la gente che non fa tutte quelle cose corrotte, etc., etc. Ma io positivo considero il fatto che nuovi e avanzati aspetti della vita sono divenuti forti ora ... » (4 ). La lunga strada che cominciò con i sit-in e procedette con le proteste contro la guerra, le ribellioni universitarie, le speranze di una nuova età da attuarsi con una insurrezione violenta condusse Ray Mungo (5 ) e parte dei suoi amici al di là della politica nella isolazione rurale della « Montague Farm ».
( 3 ) Citato in Keith Melville, Communes in the counter Culture, New York, 1972, p. 81. ( 4 ) Ibid. pag. 82. 5 ( ) La vita di Mungo, autore di "Famous Long Ago" e di "Total Loss Farm " è, nelle sue vicende, tipica. Mungo passò da un « violento marxismo » al pacifismo, introdusse un po' prima di quanto fece la maggioranza hippies l'uso della droga, nel 1964 s'impegnò contro la guerra del Vietnam, tra il 1966-67 fu famoso come editore della Boston University N ews, alla fine giunse all'idea comunitaria e si ritirò sulle montagne.
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UNA VISITA AD UNA COMUNE URBANA, COME CONCLUSIONE Quando arrivo mi fanno: « Ciao, entra». Mi accolgono in una larga stanza; a terra dappertutto tappeti, in un angolo un giradischi, tutto intorno, addossati alle pareti, dei larghi letti bassi. Ci sediamo a gambe incrociate attorno al lungo tavolo centrale e incominciamo a parlare. « In quanti vivete qui » chiedo subito; si guardano l'un l'altro, c'è un attimo di silenzio, poi una ragazza incomincia ad elencare ad alta voce dei nomi, alla fine: « Ah si, siamo in undici, sai non sappiamo neanche noi quanti siamo, perché c'è sempre qualcuno che viene e qualcuno che va. Ma di solito, fissi, siamo appunto in undici. L'anno scorso eravamo in otto e vivevamo in un'altra casa; qui ci siamo trasferiti da poco ». Poi mi spiegano che sono collegati con una comunità gemella di altre dieci persone. Speravano di potersi trasferire tutti nella zona, un po' alla periferia di· Padova, dove ora in una grande casa si trasferirà l'altra comunità, ma non sono riusciti a trovare n una casa. Con la comunità gemella essi sperano di poter avere tra poco una sede, punto di incontro per la gente di passaggio, un po' come quelle che già ci sono in Olanda e in Germania. Infatti portano avanti ancora il discorso della controcultura e delle strutture alternative, anche se tra loro si chiamano compagno e molti escono dalle file di Potere Operaio, di cui ancora dicono di condividere le idee: « sai, Potere Operaio è sempre stato molto bravo qui a Padova, ma si creavano delle fratture: non ci si può chiamare compagno davanti la fabbrica e poi a casa continuare a menare un'esistenza borghese». Ora loro sono legati a Re Nudo di cui dicono di non condividere tutto ma « è una struttura; ci par giusto usarla »; infatti il loro bollettino, mezzo per rendere pubbliche le loro idee e il loro discorso, verrà inserito in Re Nudo come suo supplemento. Tramite i contatti allacciati con Re Nudo si stanno pure organizzando per dare il via, ogni quindici giorni, in una Casa dello studente di Padova, il Fusinato, gestita da dei compagni, a degli incontri musicali in cui inviteranno a suonare, naturalmente gratis, dei complessi e degli strumentisti di fama nazionale. Oltre queste 100
cose, tramite la sede le due comunità contano di avviare delle attività artigianali ed artistiche che ora sono sacrificate per mancanza di spazio (la ceramica è una delle attività programmate). Mi spiegano: « Lo scorso anno, nell'altra casa, che era oltretutto piccola, c'era una situazione incasinata, perché lì ci si incontrava con gli altri, si ospitava gente, si organizzava, si lavorava, si viveva; mancava insomma uno spazio privato della comunità, la situazione era molto tesa. Ora vogliamo fare una sede. Ma non intendiamo limitarci neanche a questo, abbiamo in mente tante cose belle, happening, per esempio, in cui verificarci ed avviare un rapporto con gli altri. Per dire, tempo fa una nostra amica si è sposata, costretta dai genitori, e noi siamo andati" tutti al suo matrimonio con bonghi, bonghetti, chitarre e una legalissima damigiana di vino e lì abbiamo cercato di creare delle vibrazioni, un'atmosfera diversa.· Tra poco, siccome partiamo tutti per l'India, scenderemo in piazza, sempre con tutti i nostri strumenti e organizzeremo un free-shop con i mobili della vecchia casa che non ci servono più, sarà un'altra occasione per incontrare la gente. E poi anche Padova può essere entusiasmante, certe vecchie vie, angoli, piazze, sono da riscoprire ». Questa estate ~hanno lavorato tutti per poter mettere da parte i soldi per il viaggio in India; c'è chi ha confezionato vestiti con la stoffa dei vecchi jeans, chi ha fatto la commessa, chi il facchino. Ora partiranno, con il treno fino ad Instanbul, poi con quel che troveranno. Hanno escluso a priori l'idea del « furgoncino », innanzi tutto perché sono in tanti e poi perché vogliono partire assieme ma non in comitiva: ognuno deve essere libero di potersi muovere, espandere, fare esperienze come più gli piace. In effetti nella comunità sembra che ci sia molta libertà nonostante o forse proprio grazie al forte sentimento comunitario. Sono tutti giovani, studenti i più, esistono delle coppie fisse ma nessuno è sposato, dormono tutti assieme in due stanze. Non esistono ruoli o leadership, i problemi economici vengono risolti senza regole fisse ad eccezione dell'unica per cui c'è « un calderone comune in cui butti tutto e dividi tutto ». Chiedo: « Siete vegetariani o fate qualche dieta speciale», si mettono a ridere, poi un ragazzo risponde: « Ma qualche volta facciamo una dieta da fame » poi scherzando aggiunge rivolgendosi ad una ragazza: « Poi c'è madame che fa 101
la curaridono. dimagrante e allora lei mangia bistecchine e pompelmo». Tutti Un gatto passeggia iJJdolente sopra la tavola, è molto bello, ha il pelo maculato e lungo. Ne hanno dieci di gatti che vivono su un'ampia terrazza dell'appartamento; la vecchietta che abita al piano superiore a volte scende a portar loro il rognoncino o il pollo; di essi. adesso che i ragazzi partono sarà lei ad avere cura (documento anonimo, settembre 1973).
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LA COMUNE RURALE back to nature
Una delle classificazioni più semplici che si può usare nell'esaminare il movimento comunitario è quella che ci permette di distinguere tra comune urbana e comune agricola o rurale. Il tema del ritorno alla terra costituisce, infatti il leitmotiv di molte delle comuni in questi ultimi anni negli Stati Uniti e nei paesi dell'Europa Occidentale. All'impossibilità di una vita urbana, che non sia il semplice sopravvivere, sentita particolarmente negli States dove in città come Prisco o Los Angeles camminare di sera può costituire un indizio di reato, si risponde con la fuga nei boschi ispirata, ancora una volta, al Walden del Thqreau. D'altronde, come ha già osservato Horkheimer « l'avversione individualistica per la civiltà si nutre dei frutti della civiltà stessa » o meglio « i grandi individualisti -che 103
cr1t1cano la vita delle città come Rousseau o Tolstoj in realtà avevano le loro radici intellettuali nelle tradizioni urbane; la fuga di Thoreau nei boschi fu concepita da uno studioso della polis greca più che da un contadino » (1 ). Al di là della sua immediatezza, che ci rimanda all'immagine abusata dell'Arcadia, il ritorno dell'uomo alla natura precisa il suo significato nella critica di quella civiltà borgheseliberale (riflesso p~litico-sociale del potere capitalistico) che nel tentativo di soggiogare la natura, riducendola a semplice strumento dell'uomo, soggioga l'uomo stesso. I risultati di questa pretesa di dominio, che trova nella ragione formalizzata un suo strumento, si notano con maggior chiarezza nei grandi agglomerati urbani, ammassi di cemento armato circondati da slums, città desolate della società estraniata da se stessa, luoghi privilegiati della mistificazione di massa. Ma « quanto più clamorosamente l'idea di razionalità in nome della quale la natura viene calpestata è proclamata e applaudita giusta, tanto più cresce negli uomini il rancore più o meno consapevole contro la civiltà e contro il suo agente nell'individuo, cioè l'ego » ( 2 ). L'individuo ribelle fuggendo l'adattamento, unico e supremo principio delle società industrializzate, cerca nell'antagonista alla dominante razionalità formalizzata, cioè nella natura, uno spazio fisico e psicologico in cui disporre della vita, che non sia la semplice sopravvivenza predisposta cinicamente alle esigenze del sistema che vuole perpetuare se stesso. Cosl la cultura giovanile alternativa, intuendo in modo confuso la problematica che, presente fin dalle origini della civiltà occidentale, è insita nel contrasto ragione-natura, contrapponendone i due termini come astratte categorie, ignorando la possibilità di una interpretazione dialettica e operando con una analisi povera che vede in una presunta realtà tecnologica la causa di. tutti i mali di cui soffre il mondo contemporaneo, propone il ritorno alla natura nelle comuni agricole come magica risoluzione del dramma in corso. 1 ( )
M. Horkheimer, Eclissi della ragione, Torino, Einaudi, 1969,
p. 84. 2 ( )
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M. Horkheimer, ibtd., p. 85.
Questo il punto d'arrivo dei figli ribelli (ribelli e non rivoluzionari) delle società industrializzate: la comune agricola. E tutto questo negli Stati Uniti dove, da anni, il giornale ufficiale delle comuni agricole The Mother Earth News che assomiglia a un manuale dei boy scout offre consigli pratici ·per coltivare l'orto, aiutare a partorire la vacca, allevare i pulcini; oppure in Italia dove, ad esempio, la comunità ecologica di Bovolenta, in provincia di Padova, di cui ci parla anche il giornale femminile della media borghesia italiana Grazia, con un articolo intitolato « Da studenti a contadini per ritrovare la natura », vuole insegnare agli agricoltori le nuove leggi della biodinamica. Infatti la comunità ecologica permanente (questo il nome ufficiale del nucleo) che è formata da giovani operai e studenti universitari e non da hippies e drogati « come qualcuno in principio temeva » ha deciso di dar vita a un gruppo inserito in un ambiente agricolo il cui scopo sia tentare il recupero di quei valori naturali che si stanno sempre più perdendo. Ecologia e naturalità, ecco i due punti focali attorno a cui la comune di Bovolenta sviluppa quel discorso che se le è proprio è proprio in realtà anche alla maggior parte delle comunità agricole che si rifanno al « movement »; quel complesso ideologico che propone e auspica il ritorno alla terra inseguendo questi due obiettivi che se pur complementari sono distinti. Si va dunque nella direzione di una vita più sana sul piano fisico (di qui la rilevanza dell'ecologia e della macrobiotica) e verso il tentativo di riacquistare tramite il contatto diretto con la natura anche quella natura intima dell'uomo, o meglio, quella · parte della propria essenza naturale di cui la pretesa di dominio ha soffocato perfino la memoria. La liberazione dell'io dall'IO. Su un fascicolo di Stampa Alternativa dedicato alla macrobiotica (a cura del centro di controinformazione di Roma) si legge: « La macrobiotica si adatta molto bene alla svolta che la nostra generazione sta compiendo nei confronti del sistema, cioè alla vita-struttura alternativa. O se vogliamo è .questa svolta che si riadatta alla macrobiotica, intesa come ritorno alla vita semplice, umana, naturale. La macrobiotica infatti è un'arte millenaria che gli estremo orientali e i nostri avi seguivano prima dell'avvento della « civi105
lìzzazione ». I suoi principi sono stati portati dall'oriente dal famoso Oshawa ed adattati alla nostra mentalità. Perché ancora proprio l'oriente? Non è un caso o una moda che i viaggi in India, la musica orientale, lo yoga, lo zen, la macrobiotica arrivino adesso, contemporaneamente. L'oriente soddisfa la nostra fame spirituale facendoci da guida in questa svolta. Come staccarsi praticamente dal sistema quando una bistecca costa 800 lire e 300 lire un pezzo .di formaggio, e per mangiare sono costretto a lavorare ? Il sistema è quell'ingranaggio nel quale esiste lo sfruttamento, la pubblicità, il lavoro in fabbrica, l'alienazione, ,na anche il desiderio dell'accùmulare l'abbondanza, e con essa, nell'alimentazione, la raffinatezza dei cibi e la ricerca dei piaceri della gola e con esse le malattie, i dottori da pagare, le operazioni, ecc. ecc. È ovvio che un piatto di riso bianco non soddisfa l'appetito perché essendo raffinato (non avendo il glume: l'elemento essenziale nutriente), non ci nutre abbastanza per cui oltre al riso abbiamo bisogno della bistecca. Ma anche un piatto di riso integrale non ci soddisfa, perché pur saziandoci non ci fa « godere » le raffinatezze degli altri piatti. La vita macrobiotica se vogliamo è un altro trip, in cui ci si nutre di cose semplici e sostanziose, si spende poco per mangiare, si lavora nella natura, non si hanno padroni, si realizza l'equilibrio fisico per cui niente malattie, né dottori, né operazioni; si realizza l'equilibrio psichico per cui niente desideri inutili o false esigenze, ecc. ecc. Sembrerebbe quindi molto semplice prendere un sacco di riso integrale in spalla e andare a vivere in comunità in qualche baita con un po' di terreno da coltivare, vivendo di ciò che ti dà la terra. In realtà non è così semplice. In realtà l'ingranaggio del sistema non è solo fuori di noi ma è dentro noi; ne facciamo ancor parte sostanzialmente. Ce ne accorgiamo nel cibo che mangiamo, nelle cose che desideriamo, nelle tensioni che inconsciamente cerchiamo nelle città. Noi dell'alternativa stiamo compiendo la svolta, stiamo cambiando il trip, e quando si cambia il trip si deve essere ben coscienti che non solo le strutture esteriori devono cambiare,
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ma anche soprattutto che i nostri istinti devono essere rieducati. La macrobiotica fra l'altro ci aiuta a prendere coscienza della derivazione dei nostri istinti e della perversione dei nostri gusti: ritornare di botto all'estrema semplicità, allo stretto necessario, provoca delle violente reazioni al nostro piano mentale. Le vecchie abitudini ritornano a galla e prendono il sopravvento sui nostri ideali, diventando forti esigenze. Questo ci può indicare a quale stato di assuefazione siamo arrivati nell'alimentazione come in altre cose. Ci troviamo (nella debita proporzione) nella situazione del morfinomane privato della droga. Vi daremo in seguito indicazioni su come cambiare (o accompagnare il cambiamento) del trìp dell'alimentazione .
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Appare chiara, da una parte, l'esigenza, non contestabile, di una vita più sana, che si esprime tramite l'invito ad un ritorno alla terra e a una dieta naturale, quale è quella macrobiotica, dall'altra il desiderio di una vita diversa, più autentica; questo è l'aspetto più significativo ed è quello che Stampa Alternativa chiama la « svolta » che la nostra generazione sta compiendo nei riguardi del sistema, cioè, la vita-struttura alternativa: « ... svolta intesa come un ritorno alla vita semplice, umana, naturale». In effetti il problema sollevato, cioè questo voler liberarsi dalle sovrastrutture, smettere di sopravvivere per cominciare a vivere, poteva, se approfondito in maniera radicale, permettere un effettivo ripensamento del modo di percepire la realtà, e di conseguenza di un modo rivoluzionario di affrontarla. Purtroppo i termini del problema vengono qui, come nella maggior parte delle elaborazioni teoretiche della cultura giovanile, ancora imppstati nel senso di un ritorno invece che in quello di un superamento. Forse l'unico tratto in comune tra questi giovani del dissenso e la generazione più anziana sta proprio qui, in questa forma di nostalgia. Non si guarda al futuro verso cui oscuramente si prova orrore, ma con l'angoscia del presente si riscopre il passato. Il lessico del Communal Moviment riflette un conscio desiderio di ritornare alla comunità integrale della società preindustriale, si guarda ad un mondo che fosse più semplice e più. stabile .di quello .attuale. « Il pericolo di ogni forma di no- ~~g~-,t ~~_J_fCJ~ _s~m,1:1lice ~~!!~~è ' - mai esistito » (3), il pericolo qui e aumentato dal fatto d1 par------,are ai-realtà storiche, di cui si dimostra di conoscere ben poco, dal fatto di accennare a problematiche culturali di cui in realtà si ignora quasi tutto. Lo sguardo superficiale, tipico dei rigattieri dello spirito, ha mietuto altre vittime, illusioni dure a morire sono rinate. No, nessun ritorno è possibile: « L'antagonismo fra l'individualità e le condizioni economiche e sociali della sua esistenza è un elemento essenziale della individualità st~ssa » ( 4 ). Se di fronte a una società che domina e sovrasta
l.
3 ( ) 4 ( )
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K. Melville, op. cit., p. 171. M. Horkheimer, op. cit., p. 115.
l'individuo il senso di impotenza che ne deriva lo fa consegnare al desiderio di adattarsi, non è sufficiente opporvi da parte della cultura giovanile un progetto di vita alternativa, un progetto comunardo che tradisce le sue origini ottocentesche ritrovabili nel socialismo utopistico e nel movimento anarchico, un'altra forma di sopravvivenza, ma ancora uno sforzo: « solo la rinuncia al positivo, in cui si esprime il desiderio stesso di una riconciliazione non illusoria con esso, riesce ad evitare il sacrificio della ragione che crede di ravvisare in una cieca natura deformata e stravolta dal dominio l'ingannevole idolo di se stessa; per evitate di feticizzare se stesso il pensiero deve far proprio l'angolo visuale di una negatività destinata a restare assoluta finché non intervenga a rovesciare la realtà presente una prassi liberatrice » ( 5 ). Di fronte alla frantumazione dell'individuo umano, nella sua coscienza e nei suoi atti, di fronte al conseguente slogan « ritorno alla natura » è giusto ricordare che « la storia dello sforzo dell'uomo di soggiogare la natura è anche' la stona de1sogg1ogamenro-d~uomo da parte oeU'nomo >>( 6). -Da una d1mens1one storica, m cultlcloll1IliK> si manifestava come forza bruta, siamo passati ad una dove questo si è interiorizzato, acquistando quel nome che ci è diventato familiare con il lessico della psicanalisi: « super io ». Ma neppure la scuola psicoanalitica, che così ampia risonanza ha nella società attuale (come farebbe la signora dell'alta borghesia a rinunciare al salotto psicanalitico più di moda) ha saputo liberare l'uomo da questo dominio. È vero, oggi si è riusciti a rendere l'ego indulgente con le emozioni piacevoli, è stata allungata di qualche metro la catena di prigionia di Eros, ma solo, sembra, per rigettare la riflessione da quelle tristi e mortali, questa morte che sembra entrata in ogni momento della nostra vita. Qui è allora il caso di difendere il Marchese De Sade, Lautreamont, Nietzsche, contro coloro che vorrebbero ridurre la vita ad un intervallo di tempo privo di speranza, privo di coscienza, nel1'eden prefabbricato della tecnica. Solo da una dialettica autentica tra Eros e Tanatos può sgorgare la coscienza del vivere. 5 ( )
T. Perlini, Autocritica della ragione illuministica, Ideologie, 1969, ·
p. 157. 6
( )
M. Horkheimer, op. cit., p. 94.
109
Dice Vaneigem: « I tecnocrati si propongono oggi, in un bello slancio umanitario, di porre fine all'alienazione primitiva, e incitano a sviluppare maggiormente i mezzi tecnici che permetterebbero » in sé « di combattere efficacemente la morte, la sofferenza, il malessere, la stanchezza di vivere. Ma il miracolo non sarebbe tanto di sopprimere la morte, quanto di sopprimere il suicidio e la voglia di morire. Vi è un modo di abolire la pena ' di morte che induce a rimpiangerla » (7). La strada per tentare di uscire da questo baratro è quella di una ragione che si faccia prassi. « Ma il fatto che la ragione sia stata ridotta (nell'attuale dominante cultura tecnica) a puro strumento finisce per influenzare anche il suo carattere in quanto strumento » (8 ). L'incapacità nell'uso, la mancanza di fiducia in questo uso abbandona l'uomo ad una incompleta impotenza, quale insetto che sbatta continuamente la testa contro barriere di vetro che non riesce a capire. Tutto assume la parvenza di realtà magiche imperscrutabili. « Le forze economiche e sociali assumono il carattere di cieche forze naturali che l'uomo, se vuol sopravvivere, deve dominare adattandosi ad esse. Come risultato finale del processo abbiamo da una parte l'io, astratto ego svuotato di ogni sostanza tranne che di questo tentativo di trasformare tutto quanto sta nel cielo e nella terra in uno strumento della sua sopravvivenza, e dall'altro una natura anch'essa svuotata, degradata a pura materia, che dev'essere dominata senz'altro fine fuorché quello appunto di dominarla » (9 ). La natura non è «buona». Il mito della madre terra che accoglie nelle sue amorevoli viscere l'uomo stanco di lottare, sarebbe il caso di relegarlo, ormai, nelle anticaglie del passato; infatti, se nelle civiltà automatizzate già si muore di noia, nelle civiltà non in• dustriali si muore ancora di fame. « Ogni paradiso è artificiale. Ricca malgrado i tabù e i riti, la vita di un trobriandese è alla mercé di una epidemia di vaiolo; povera malgrado i conforts, la vita di uno svedese è alla mercè del suicidio e del male di sopravvivere » (' 0 ). (7) R. Vaneigem, Terrorismo o rivoluzione, Roma, Arcana, 1973,
p. 9. ( 8)
M. M. (1°) R. generazioni, ( 9)
110
Horkheimer, op. cit., p. 51. Horkheimer, op. cit., p. 87. Vaneigem, Trattato del saper vivere ad uso delle giovani Firenze, Vallecchi, 1973, p. 13.
L'unità dell'uomo primitivo con la naru~a è di essenza ma-gica, cosl come l'unità dell'uomo moderno con la società·; nell'uno come nell'altro caso l'uomo si ritrova in una posizione di oggetto. « Da questo punto di vista la storia non è che la trasformazione dell'alienazione naturale in alienazione sociale » (11 ). Ecco perché i valori della natura, della terra, del sangue, erano esaltati dai fascisti, ecco perché il moderno fascismo si può ritrovare nel qualunquismo della dolce e sommessa « Find the coast of freedom »: nell'uno come nell'altro caso l'uomo ponendosi come oggetto si preclude la sua realizzazione come sog: getto. L'abbandono ai rapporti naturali nella loro immediatezza è l'abbandono alla strapotenza della forza.
Addenda
Alla luce delle problematiche sollevate. Si richiami l'attenzione sull'affermazione contenuta nello scritto di Stampa Alternativa secondo cui « soprattutto i nostri istinti devono essere rieducati »; sorvoleremo sulla troppo apparente contraddittorietà insita in un voler rieducare gli istinti, l'ironia vi avrebbe troppo facile gioco, ci soffermeremo invece su quel soprattutto. Sorge spontaneo il sospetto che questi giovani alternativi assomiglino ai giovani hegheliani, « novelli torrenti di fuoco », ci ricordano, appunto, il Feuerbach che tra il marzo e il settembre del 1843 nel carteggio con Marx, Ruge, Bakunin dibattente la possibilità di creare a non troppa lunga scadenza una situazione rivoluzionaria, esprimeva la convinzione che prima di rutto occorresse riformare l'uomo. Esclamava: « Abbiamo bisogno di uomini nuovi» e più avanti: « Ciò che unisce molte teste fa massa, si dilata e si fa posto nel mondo ». Intendiamo dire, cioè, che di fronte al malessere di cui soffre l'uomo nel mondo contemporaneo (talmente generalizzato da aver ormai prodotto assuefazione) la cultura giovanile soccombe nella misura in cui, _riconoscendo la fonte dell'oppressione anche nell'individuo, cerca di liberarsene con un lavoro ( 11 )
Ibid., p. 4.
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di scavo interiore servendosi di pratiche yoga, contatto con la natura tramite un panteismo primitivo a base di danze sotto la luna, dimenticando quella massima che pure essa stessa aveva forgiato: « Anche i paranoici hanno nemici reali » che in questo caso suona: anche il super ego ha delle cause reali: le coercizioni del dominio. D'altronde non dobbiamo dimenticare che se l'ignoranza « non è il male minore presso i nemici dell'imperatore », in quei giovani alternativi a u:n Freud letto male fa riscontro un Marx non letto, e ciò spiega un ritardo teorico che si rivela nella prassi di almeno un paio di secoli. Ma forse Feuerbach era già più temerario, sia pure su un piano puramente ideale, perché ora non si guarda più neppure al mondo, ci si accontenta del circuito alternativo; si legga, infatti, sullo stesso fascicolo l'appello finale.
APPELLO AGLI ASPIRANTI DELLA VITA ALTERNATIVA Nascano nelle città macrobiotici.
10, 1000 negozi e ristoranti
Nascano nelle campagne 100, 1000 comunità agricole Le comunità forniscano i negozi e i ristoranti dei prodotti genuini della nostra terra. Negozi e ristoranti servano da tramite per coloro che ancora nelle città stanno compiendo- la svolta E dalla città traggano i fondi necessari per il sostentamento proprio e delle comuni Ecco concretizzarsi il circuito alternativo sia nelle strutture esteriori sia nella profondità dell'io.
Infatti, quanto di fallimentare vi è nel discorso rivolto all'uomo è mostrato dallo sfacelo attuale dell'individualità e appare evidente non solo grazie a quella critica con cui da Marx in poi bisogna fare i conti, ma anche dai suoi risultati pratici. 114
Essa ci insegna ad intendere storicamente e a diffidare di ogni tentativo di reintrodurre sottomano obsolete concezioni romantiche. Poiché se è vero che la Weltanschauung romantica di per sé non era puramente conservatrice è ancor più vero che socialismo e romanticismo sono due differenti forme di opposizione al mondo borghese, di cui la seconda è solo apparente, come bene possiamo capire grazie alle armi critiche che la prima ci offre. Il romanticismo si rivoltò contro il mondo borghese in nome dell' « innerman » e delle sue esigenze del sublime e del misterioso, auspicò con la nostalgia dei tempi passati, in nome , di un ritorno ad una malintesa vita naturale, la rispiritualizzazione di esso, ma queste robinsonate, che purtroppo hanno ancora eco, non ne espressero una critica sostanziale, ma, romantico fiore ideologico da cui maturerà il frutto borghese, furono il tentativo di intorbidire le già melmose acque ottocentesche per cercare di' spacciare alla storia un concetto dell'uomo come essere spirituale naturalmente originato dalla natura, libero artefice della propria storia. Tanta ingenuità ai nuovi romantici non può più essere perdonata, veramente « il frutto prende il posto del fiore come sua verità» (12 ). La « liberazione » è un atto storico non un atto ideale, « ed è attuata da condizioni storiche»('~). In questo preciso sensc la presunta liberazione dell'individuo nell'ambito di una vita comunitaria non è, nella maniera in cui si manifesta, che un wgheggiamento utopico privo di ogni reale incidenza nelle strutture sociali più atto ad essere una soluzione personale alla incapacità della frangia più sensibile della gioventù dei paesi ad alto sviluppo industriale di sopportare l'alienazione di un modello obsoleto di vita quotidiana quale è quello familiare. Il problema è, quindi, eliminare l'alienazione tout court e non il formare dei piccoli centri di vita in cui cercare di coltivare dei rapporti non alienati. Di fronte a un mondo che conosce l'uso della bomba atomica non solo non ci si può illudere di potersi nascondere dietro la siepe di bossolo che circonda la « farm », ma neanche di potere alla sua ombra sognare tranquillamentè. ( 12 ) 13 ( )
F. Hegel. K. Marx.
115
La scelta comunarda (cioè la scelta di una vita non pm dominata dalla merce e dalla sua circolazione che tutto riduce a sé, ma dai rapporti di liberi uomini che vivono assieme) è forse necessaria, ma non sufficiente ad una scelta rivoluzionaria. Vi è in essa un aspetto positivo: il tentativo di portare la critica al livello della prassi, ma questa non è ancora la prassi armata mentre il pericolo di queste esperienze è che possano indurre a pensare che sia possibile quella trasformazione globale necessaria per l'avvento di una società umanizzata partendo da esperienze isolate; invece noi sappiamo bene come questa trasformazione « può avvenire soltanto per mezzo di una rivoluzione » che « la rivoluzione non è necessaria soltanto perché la classe dominante non può essere abbattuta in nessun'altra maniera, ma anche perché la classe che l'abbatte può riuscire solo in una rivoluzione a levarsi di dosso tutto il vecchio sudiciume e a diventare capace di fondare su basi nuove la società» (14 ). Ciò appare tanto più vero qualora si consideri la capacità del sistema di conglobare in sé anche il dissenso e di venderlo .::ome merce spettacolare (sezione dissenso, reparto giovanile, industria culturale, società dello spettacolo) tanto che il sistema può, nei riguardi della comune, permettersi il lusso dell'indagine sociologica e dei programmi televisivi, lusso che non si potrebbe permettere nei riguardi di quei fenomeni che mettessero realmente in forse l'esistenza.
(
p. 32.
116
14
)
G. Lukacs, Storia e coscienza di classe, Milano, Sugar, 1971,
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Da alcuni mesi è sorta nei pressi di Ovada una comune agricola che per certi aspetti si riallaccia all'esperienza tentata, a cavallo del '67 e '68 da alcuni compagni di « Mondo Beat"· I compagni e i fratelli di Ovada in questo loro tentativo di affermarsi come uomini liberi stanno affrontando moltissime difficoltà. Noi non possiamo sapere per quan- ----- - - -- -~,'
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to tempo la comune di Ovada sarà in grado di sopravvivere, ma pensiamo che sia dovere di ogni compagno e fratello fare in modo che essa viva il più a lungo possibile. La comune ha in questo momento alcune necessità pratiche, utensileria agricola, sementi ecc.; se qualcuno di voi pensa di poterli aiutare si metta in contatto con Re Nudo. Questa esperienza comunitaria non è un ritorno alla natura secondo gli schemi di un rinnovato mito del « buon selvaggio » come ha tentato di far credere la stampa borghese come sempre presente nei tentativi di recupero e di mistificazione di ogni momento creativo del Movement. L'esperienza di Ovada non è neanche una riproposta anacronistica del comunismo agricolo di tipo primitivo come era stato praticato nelle comuni utopistiche del secolo scorso, che seguivano le idee del Fourier e di Owen. Ovada forniI sce un'importante indicazione al f>e 1 Movement italiano, è un esempio, ----------□ un'azione pratica di vita alternativa
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Il modo di vita dei freaks è sempre materia di amore e comprensione. Tutti i punti suddetti, se realizzati in modo completo, porteranno alla pratica della libertà e della partecipazione ad un nuovo grado di elevazione della società umana. (da: Fuoco, Casale Monferrato, Maggio 1973, documento ciclostilato).
LA COMUNE DI CERTALDO DEI BAMBINI DI DIO I Bambini di dio sono un'emanazione della corrente mistica della cosiddetta controcultura americana, adattata alla tradizione cristiana-protestante che in America continua a vegetare dal tempo delle migrazioni dei quaccheri e dei padri pellegrini, assor179
bendo quella parte di protesta sociale che non trova spazio in movimenti rivoluzionari. Questo fatto rende possibile ad una setta di chierichetti guidati da un ex pastore della chiesa protestante tradizionale, sedicente visionario, di farsi chiamare « Jesus , Revolution », e, cosa peggiore, fa si che questi ragazzotti volenterosi intendano rivolgersi, nelle loro azioni, a quella parte di proletariato giovanile che si sta preparando per distruggere in blocco tutta l'eredità culturale borghese, riproponendo in chiave vagamente comunistica quei valori che per primi devono essere messi in discussione, in particolare la visione irrazionale della storia, la concezione teistica del mondo, con il conseguente recupero del concetto di « provvidenza», « salvezza » « carità» e «rassegnazione». Ai ragazzi del festival dell'Alpe del Viceré che da bambini andavano a dottrina in parrocchia e hanno dovuto lottare con le loro nonne per non andare a messa la domenica, che da un pezzo non si sentono in colpa se si masturbano, i Bambini di Dio cantavano: « Devi diventare bambino ... se vuoi andare in cielo ... ». In una specie di santino a fumetti che i Bambini distribuiscono in giro, si vede Pisellino, il figlio contestatore pieno di buoni sentimenti di Braccio di ferro-padre americano, che· lascia la casa e si mette a girare il mondo, ma rimane deluso dalla gente del « Movement ». Questo fatto gli fa venire una crisi mistica, durante la quale scopre l'esistenza di dio, e impara che la vera libertà è seguire Cristo. Da questo punto il fumetto prosegue per citazioni dalla bibbia e dal vangelo, tipo « Io sono la verità, la via e la luce » e altre cose che conosciamo bene dalle prediche dei vecchi parroci. Se riuscite a prender in disparte un bambino di dio, probabilmente, parlando della sua vita, racconterà una storia analoga. La maggior parte sono ragazzi americani, ex militanti del SDS, ex Weathermen, ex Black Panthers, o sémplicemente ex studenti. Ci tengono molto a far sapere che nella vita « hanno provato tutto, e solo li hanno trovato pace amore e libertà. Sono convinti che la protesta dei giovani americani è fallita perchè non era basata su Dio, e credono che solo la loro religione possa distruggere il sistema. Parlano citando spesso il vangelo, la bibbia o le lettere di Mosè; il vecchio pastore che da quando ha fondato la setta ha cambiato nome. Lo conoscono bene
perché dedicano una grossa parte del loro tempo alla lettura e alla meditazione. Quando hanno raggiunto una certa padronanza della materia, e· un certo livello di autosuggestione che li rende immuni da ogni altra teoria sociale e politica, vengono spediti in giro a predicare il verbo agli infedeli nelle piazze, ai concerti pop, ~elle stazioni dove passano i freak. Bisogna dire che Dio li assiste, sotto forma di conversioni economicamente vantaggiose. Senza arrivare ai livelli manageriali di certi squallidi mercanti di religione indiana che si spacciano per guru, i Bambini di dio godono di una certa prosperità, che consente loro di aprire sedi in varie città; pubblicare opuscoli e starsene abbastanza comodamente a studiare la bibbia e le lettere di Mosé. Il colpo più grosso, in Italia, è stato la conversione di un aristocratico romano, che ha donato un gruppo di fattorie a Certaldo, nella campagna toscana. Qui i Bambini vivono insieme, ma organizzati secondo una certa scala gerarchica, determinata dall'anzianità di servizio e dal prestigio personale. Il capo della comunità è un personaggio che si vede di rado, tiene sermoni e ordina ai « bambini » quello che devono fare. I Bambini lo ascoltano con devozione e prendono nota con cura delle perle di saggezza che sgorgano in continuazione dalle sue labbra quando legge, in inglese, la Bibbia. Ci tengono molto a dimostrare la loro ostilità verso la chiesa, le religioni tradizionali e il clero, che considerano colpevoli di aver vuotato di significato la parola di dio, per farne uno strumento di potere. Hanno scoperto che tutti credono in qualche cosa, e la maggior parte della gente scambia il denaro per la propria vita. Comunque non disdegnano le donazioni dei borghesi americani in cerca di verginità mistiche perdute, senza le quali forse dovrebbero faticare per trovare il tempo di ritirarsi in meditazione. Un aspetto che dovrebbe aprire gli occhi a molta gente che guarda ancora con simpatia i Bambini di Dio è la repressione sessuale che vige nei rapporti interni. I Bambini di Dio non praticano il libero amore, ma neppure scopano prima del matrimonio. Dicono che un rapporto sessuale deve avvenire solo tra persone che si amano, e questo fatto deve essere regolato dal matrimonio. Ma leggendo « Ragazza delle cime », cioè una lettera di 181
Mosè sull'argomento, ci si trova davanti ad una vera opera di pornografia reazionaria, una specie di Cantico delle Creature a sfondo feticista pieno di espressioni pseudo liriche miste ad altre che vorrebbero parodiare il linguaggio giovanile Perchè ci sono quelli che pianterebbero un bacio Su ogni amichevole signorina che passa E se tu mostrassi un amichevole capezzolo Bacerebbero anche quello, senza una piega ! Soddisferebbero anche la portatrice Ad ogni nuova montagna sollevata in vista E non si fermerebbero ma chiederebbero di più Finchè ti han fatto diventare una puttana Cosl nudiste stiano attente a questo, Ad altri ardenti che vorrebbero Arare con l'attrezzo del loro orgoglio Il vergine suolo dopo la marea Sii in allarme per ogni furfante Che lascierebbe il suo marchio dentro la. sua tana Cosl attenta, mia vergine bella ! Perchè se scegli di denudare le tue bellezze non lasciare che qualcuno ti trascini nella sua tana a piantar la conocchia tua sai dove.
Le conclusioni pratiche sono che i Bambini di Dio dormono separati, si sorvegliano e ricercano la castità. Un altro aspetto miserabile dei Bambini, è che nelle loro comunità si crea una gerarchia autoritaria, come diretta conseguenza dei principi biblici che Mosè esprime nelle sue lettere. Nei Bambini di Dio si ricevono ordini, si deve sottostare a delle leggi, ubbidire. Le critiche sono ascoltate, comunque l'organizzazione e la struttura della comunità viene decisa dal capo.
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Dicono nei loro scritti di voler vivere in comune, tutti uguali e rimproverano alla chiesa di aver un clero, in pratica se ne sono già ricreato un altro. Non esiste comunicazione effettiva tra la base e i capi, tanto che spesso i Bambini non sanno ~hi è quello che gli ordina di pulire i cessi o perché sia ll, così come non sanno da dove vengano i soldi con i quali mangiano. La cosa triste è che non si preoccupano di saperlo, ma si accontentano di spiegazioni a base di « vie del cielo infinite e misteriose ». Nonostante questo comportamento da movimento protestante vecchia come il cucco tipo « Esercito della salvezza » i Bambini si considerano dei grandi rivoluzionari. Ma la prima condizione per la loro rivoluzione è « uscire da sistema », ed andare a vivere nelle loro colonie. Tutti i Bambini hanno abbandonato la famiglia e la scuola, molti però erano anfetamici o drogati « pesanti », gente sballata che ha trovato un ambiente dove non si fa altro che parlare di amore, si sorride e ci si scambia sguardi sul dolcevuoto, e dove i reali problemi della società capitalista sono scrupolosamente tenuti lontano ... Molti « bambini » americani continuano a ricevere asse~ni dai genitori.
PROPOSTA DI DISCUSSIONE DI BASE PER UNA COOPERAZIONE INTER - CULTURALE TRA LE COMUNITA' E GLI INDIVIDUI DI TUTTO IL MONDO Introduzione
Il tempo è probabilmente maturo per la crescita di un movimento tra .tutte le comunità che· si sono sviluppate in tutto il mondo, sulle basi di pochi, ma chiari principi, ·che possano venire accettati da comunità o gruppi di differentemente orientati. Un numero sempre maggiore di gente sta accomunando i loro propri sforzi per costruire un nuovo tipo di vita, in dif- _ ferenti condizioni locali e ambiente culturale. Ciononostante pa-
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recchi di questi sforzi sono destinati a fallire per la mancanza di una base economica o la persistenza delle contraddiziçni tra le aspettative individuali e la natura o le caratteristiche della vita di gruppo. Un più sistematico scambio di esperienze, idee, contatti e aiuti, quando è possibile, tra tutta la gente e le comunità, potrebbe essere di valido aiuto in questa situazione. In questa maniera nessuno potrebbe essere o sentirsi isolato, cosl potrebbe crescere l'opportunità per ciascuno di trovare il migliore posto per vivere, e cosl potrebbero nascere le condizioni per una effettiva cooperazione economica e politica nella prospettiva di fare un movimento realmente capace di cooperare con le varie pressioni che provengono dalla società esterna. Un « MANIFESTO » proposto. a) Il posto dell'uomo nella natura: L'uomo è una parte dei dintorni fisici materiali di cui egli deve preservare tutte le diversità e complessità come la migliore espressione della ricchezza della vita terrena. I poteri di base dell'uomo sono il fisico e l'intellettuale, da questi noi possiamo scegliere tra il metodo della violenza e il metodo della cooperazione (cooperazione tra gli uomini e tra l'uomo e la natura). La scelta degli strumenti della cooperazione diventa effettiva nella vita attraverso Io sviluppo della conoscenza e dell'amore, e usando questi per reprimere il potere della violenza in tutte le sue espressioni. b) La naturale dimensione della vita umana: Un gruppo relativamente piccolo composto di coppie, bambini e persone di tutte le classi di età è la struttura sociale naturale della vita umana. La dimensione del gruppo potrebbe permettere l'approfondimento delle relazioni inter-personali. Ciascun gruppo o comunità dovrebbe operare in maniera indipendente nelle sue proprie dimensioni culturali ed ambientali, attraverso un continuo tentativo di ricerca in tutte le direzioni dell'interesse e del piacere umano. La cooperazione (economica, etc.) e un continuo scambio di informazioni o valori culturali potrebbe ampliarsi in larga scala tra tutte le comunità del mondo. c) Eguaglianza: Ciascun uomo e ciascuna donna sono uguali in dignità e hanno il diritto di vivere in una dimensione 184
naturale. Non si dovrebbe permettere che venga alla luce nessuna forma di espoliazione fisica o intellettuale tra gli uomini o i gruppi. Per cui ogni tipo di privilegio personale deve essere bandito dalla vita comunitaria. d) Libertà: Nell'incontro tra individui differenti, onde formare un gruppo, c'è spesso una limitazione spontanea alla libertà individuale. Ciascuno dovrebbe essere capace di trovare una comunità in cui le dimensioni culturali del gruppo meglio si accordino a quelle di tutti i suoi membri. L'evoluzione di una comunità deriverà dalla continua stimolazione di ciascun individuo. e) L'equilibrio: Ciascuna comunità dovrà trovare un equilibrio tra le attività produttive di ciascun individuo e il consumo sia di ciascun individuo sia del gruppo come un intero e l'ambiente (risorse naturali, forme di vita, spazio, etc.). f) Alternativa: La vita di gruppo non dovrebbe essere intesa come una evasione dai problemi e dalle realtà dell'attuale umanità. Ogni comunità dovrà scoprire una alternativa culturale (oppure religiosa), economica e sociale che possa essere capace di promuovere un effettivo cambiamento nella società umana comune. La strutturazione della presenza umana sulla terra in una comunità di comunità è lo scopo finale del movimento.
INTERCULTURAL WORLD MOVEMENT OF COMMUNITIES (IWMC) (Bollettino n. 2, Giugno 1973) Noi abbiamo avuto finora poche risposte (n. 6 dall'Inghilterra e 3 dagli U.S.) riguardanti la prima proposta di un incontro mondiale delle comunità. Ma la maggior parte provengono da organizzazioni molto ampie. Sebbene uno potrebbe aspettare un maggior numero di adesioni dopo questa estate (tempo per gli incontri, etc.) ci sono ugualmente abbastanza indicazioni per proporre per il 1974 tre incontri: uno nel Nord Europa nella
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tarda primavera, uno nell'Ovest degli U.S.A. (in giugno) e una riunione dei rappresentanti nell'Est degli U.S.A. o in Inghilterra nell'autunno 1974. I primi due incontri per essere aperti ad una vasta partecipazione dovranno elaborare due tipi di argomenti: a) una analisi storica della crisi della attuale civiltà, b) le basi ideologiche ed organizzative di una alternativa interculturale. La terza riunione dovrebbe tradurre queste analisi in un Manifesto ed in una organizzazione operativa. Inclusi in questa lettera ci sono due appendici, una relativa all'argomento suggerito per i meetings, l'altra su alcuni concetti per chiarire il termine « interculturale » che abbiamo usato qui. Sarà presto necessario organizzare alcuni centri organizzativi di alternativa del IW Mç, almeno uno per ciascun paese o stato, e per ciascun tipo di orientamento culturale (spirituale, ecologico, ecc., group) espresso. Naturalmente voi potreste canalizzare il lavoro in questa direzione dando il vostro apporto in termini di azioni, idee e suggerimenti per l'unico fine di costruire un sistema mondiale alternativo per la vita dell'uomo. Nel tardo autunno saranno organizzate tre segreterie: una come centro di coordinamento (probabilmente in Inghilterra o negli U.S.A.) che sarà il temporaneo punto di riferimento per IWMC, le altre due relative alt' organizzazione dei primi meetings. Love, yours, Gabram, da Gelso Verde Community, Via Chioggia 31, 35100 Padova, ltaly.
Appendice prima: argomenti suggeriti per gli incontri. Notare che la discussione non dovrà riguardare gli argomenti in termine di valutazione, perché gli incontri non sono intesi come una occasione di scambio culturale, ma come una occasione per lo sviluppo di un metodo o di un sistema per difendere e sviluppare la vita di gruppo come alternativa per se stessa. Infatti noi non dobbiamo mai correre il rischio di proporre valori o culture come un modello per la vita comunitaria. 186
LE RADICI DELLA CRISI DELLA ATTUALE CIVILIZZA~ ZIONE 1) Vita nei gruppi primitivi: una dimensione culturale percepita non criticamente. 2) La rivoluzione agricola: lo sviluppo del potere umano sopra la natura. 3) La nascita delle città: lo sviluppo della cultura e della violenza al prezzo della violenza e della espoliazione di massa. 4) Il processo ciclico di splendore e caduta della civiltà: le cause. 5) La rivoluzione industriale: il metodo scientifico al servizio della violenza e della espoliazione di massa, sfruttamento degli uomini e delle risorse naturali.
LE BASI DI UNA ALTERNATIVA INTERCULTURALE 1) Amore e conoscenza: un mezzo ·naturale e uno cul- · turale onde promuovere un nuovo tipo di vita. 2) Diversità culturale: (filosofica, religiosa, comportamentale, etc.) una eredità da salvare e sviluppare attraverso un approccio critico e l'esperienza della vita. 3) Dalla struttura sociale alla struttura comunitaria: problemi di consapevolezza e di adattamento nel processo che porta l'uomo dalla vita attuale alla vita di gruppo. 4) Basi economiche della vita comunitaria: la sopravvivenza e lo sviluppo di una comunità nella società consumistica. Una organizzazione alternativa di turismo (maggiore ospitalità), produzione artistica, produzione dei cibi, educazione, cooperazione per una industria non inquinante produttrice dei beni essenziali. 5) Cooperazione interculturale: cooperazione culturale ed economica tra tutte le comunità del mondo. 6) Movimento mondiale intercultur~e: una organizzazione per promuovere lo sviluppo comune e coordinare la cooperazione economica e culturale tra essi. 7) La rivoluzione della comune: una prossima unione 187
tra le comunità in ciascun paese in vista di cambiare le attuali politiche di potere con un sistema di cooperazione. 8) Altre ....
Appendice seconda: uno dei problemi principali per noi è la questione se « sia necessario per un uomo passare attraverso l' esperienza della vita in una opulenta città industriale per essere portato verso l'alternativa della vita in comunità». Io penso che questo non sia assolutamente necessario se noi siamo capaci di promuovere la vita comunitaria attraverso uno scambio di conoscenze senza imposizioni di valori culturali. CULTURA è tutto ciò che viene espresso e prodotto dalla vita dell'uomo in un dato ambiente. Parte della cultura sono le emozioni, le esperienze e le conoscenze, la creazione individuale senza il processo di relazione con altri uomini e con la natura. Come la diversità di vita è importante per la sopravvivenza dell'ambiente naturale sulla terra, così la diversità culturale è necessario per la sopravvivenza della civiltà umana. La violenza è· la causa di un processo non biologico di competizione e morte della diversità del mondo d'oggi. Un movimento mondiale delle comuni deve lavorare in direzione di sviluppo e difesa della differenza culturale attraverso la cooperazione ad un livello di conoscenza (economica politica, e scientifica). Infatti la gente che vive in differenti ambienti e situazioni non può cambiare le' proprie emozioni, etc. (in ogni caso non direttamente). Così noi non sappiamo quale tipo di creazione sia meno valido, perché tutte sono necessarie per la sopravvivenza dell'uomo e la felicità in questo particolare ambiente.
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FREE-SHOP (Un'esperienza italiana) L'idea del free-shop che abbiamo visto essere un momento importante nel pensiero e nella azione del movimento dei Diggers è fondamentale anche ad altri pensieri che vogliono essere critici verso la società dominante, in quanto essa colpisce, anche se più utopisticamente che altro, il supporto basilare del capitalismo, il mondo della merce. Ora, in Italia, si sta sviluppando un esperimento che riprende l'idea del free-shop, radicalizzandola, esso si chiama uso libero. Consiste nella libera circolazione di oggetti tra la gente di un quartiere in base ai bisogni, attraverso un punto base adibito a questa funzione, il laboratorio. Uso libero è stato avviato a Portonaccio da un gruppo libertario-anarchico e ciò non a caso in quanto uno dei primi e forse il più importante esperimento di questo tipo è stato intrapreso dal Thoreau già nell'ottocento presso la casa paterna e da allora esso ha sempre fatto parte del patrimonio dell'anarchismo individualista. Comunque in Italia l'idea del free-shop acquista un significato politico più preciso di quello che aveva assunto a San Francisco, perché qui coinvolge operai, artigiani, in una parola il proletariato di un quartiere periferico e non i giovani figli dissidenti della upper-class americana. Inoltre il centro di giovani proletari anarchici non esaurisce la sua attività nella gestione dell'uso libero, che essa comprende anche una controscuola per i bambini del quartiere. « La scuola libera deriva dall'esigenza di sviluppare nel ragazzo la piena autonomia con il massimo di creatività e costruttività». (L'esperimento di scuola libera ha ormai due anni). Inoltre il centro collabora e partecipa alla lotta per la casa a fianco del proletariato del quartiere. A Portonaccio, infatti, un folto gruppo di famiglie si autoriduce il fitto della metà. Questa lotta nel quartiere aiuta ad accrescere un sentimento comunitario reciproco tra i proletari e serve a smascherare i nemici degli operai che vi si annidano. « Anche nei quartieri dunque come nelle fabbriche, va lentamente avanzando il processo di autonomia operaia dalle illusorie alleanze con i nemici del socialismo (leggere i partiti socialisti riformisti » ). Il circolo nel nome dell'interesse comune organizza dei dibattiti settimanali il martedì alle ore 21 : « per una migliore e più
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approfondita conoscenza degli stessi argomenti al fine di poter , individuare con maggiore chiarezza le norme costruttive del sistema e creare gli strumenti alternativi ad esso ».
Cos'è l'uso libero L'uso libero è un aspetto pratico della coscienza e abitudine comunitaria. Noi mettiamo a disposizione degli oggetti prodotti dal laboratorio in uso libero: cioè gli abitanti del quartiere possono prenderli, se ne hanno bisogno (o per pochi giorni o per sempre). Perché tutto questo ? Perché vogliamo contribuire a creare la coscienza che i prodotti dei lavoratori appartengono alla comunità. Inoltre perché, come dicevamo, con questa azione vogliamo cominciare a costruire fìn d'ora nuovi rapporti sociali per gettare le basi di una futura società più libera, più giusta e quindi più felice in cui sia abolito lo sfruttamento, vi sia l'uso comune dei beni e di conseguenza, sia abolita la moneta, che è lo strumento che permette ai ricchi di essere tali, accumulando la ricchezza sul lavoro degli altri.
Considerazione sull'esperimento di uso libero Nel primo mese di esperimenti (giugno-luglio 1972) su 400 persone avvisate con volantino, 38 hanno usufruito dell'uso libero. Circa il 10%. Aprile 1973 Dato che l'esperimento è tutt'ora in atto e nuovi compagni si sono aggiunti - ogni nuovo compagno apporta prima o poi nuove idee e nuovi sviluppi - è difficile fare dei bilanci, trarre delle conclusioni, indicare con certezza matematica le possibilità di ampliamento o regressione. Di certo possiamo ora affermare che: A) Non si è verificato un fatto che era nelle previsioni di alcune persone che collaborarono alle fasi iniziali di allestimento del laboratorio comune e ai primi dibattiti interni al gruppo sull'uso libero: non c'è stata la corsa ad arraffare tutto. Alcune di queste persone dicevano addirittura che la gente sarebbe venuta col carrettino a prendere bottiglie, manifesti, 190
disegni e quanto altro avessimo esposto in vetrina e l'esperimento sarebbe durato due o tre giorni. Invece c'è stata una disciplinata, quasi timida partecipazione dall'inizio dell'esperimento sono passati sedici mesi. Di più: dopo circa due mesi dall'inizio dell'esperimento, alcuni abitanti che avevano usufruito dell'uso libero portarono spontaneamente oggetti che rimettemmo in circolo. Se l'arraffamento non è avvenuto possiamo elencare tre cause: 1) Per un lungo periodo di tempo (otto mesi) dall'arrivo in quartiere sino al primo giorno di uso libero, gli abitanti hanno visto quotidianamente lavorare i compagni. Lavorare nel signi-
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ficato più semplice della parola. Eravamo, e siamo ancora, artigiani nel quartiere, come c'è a poca distanza, il fabbro, l'elettrotecnico, il fotografo o il falegname. Chi conosce i proletari sa che essi hanno un istintivo rispetto per il lavoro e la fatica umana, poiché essi la conoscono di persona, la vivo quotidianamente sulla loro pelle. E pertanto hanno avuto un istintivo proletario rispetto del lavoro dei compagni e quindi dei prodotti di questo lavoro. Cosl non c'è stata la corsa all'accaparramento. 2) Il grado di coscienza e di autocontrollo dei proletari del Tiburtino limitrofi al laboratorio, è ben superiore a quanto si potesse presumere e forse si può considerare già sufficientemente maturo per praticare l'uso liberò su scala più ampia. L'ideologia borghese non è ancora cosl totale, non ha ancora stravinto. 3) Un recondito senso di colpa. Non è da escludere che l'arraffamento dei prodotti sia stato imP,edito anche da un fattore - che consideriamo negativo e cioè il recondito senso di colpa che noi tutti proviamo quando si « prende » un oggetto senza pagare. Ricordiamo certe situazioni di alcune madri di famiglia che erano in tal senso significative. « Ma possiamo proprio prendere» ? « Sl ». « E non dobbiamo proprio pagare»? «No». « Devo dare subito un altro oggetto » ? « No, se in futuro sentirà di farlo, potrà dare per l'uso libero quello che vuole ». « Ma dovrà essere dello stesso valore » ? « No. Non ci basiamo sul valore degli oggetti ma sulla necessità di usarli ». « E quanto tempo posso tenere questo oggetto » ? « Pochi giorni o finché ne avrà bisogno quindi anche per sempre ». « Magnifico ! Posso cosl in tutti i negozi »? Chi volesse tentare l'esperimento in altri luoghi, tenga accuratamente presente la progressione da noi attuata e sappia interpretarla e adattarla alla realtà in cui si trova. Di certo la non progressione ovvero l'improvvisa apertura di un negozio, ad uso libero potrebbe causare azioni non controllabili in minoranze interessate ad intralciare il lavoro sociale degli anarchici e rivelarsi sostanzialmente controproducente.
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Uso libero e difesa del salario I prezzi da un anno a questa parte hanno subito aumenti che neanche il blocco governativo è riuscito a contenere. Sulle spalle dei lavoratori mangiano una serie di piccoli e grossi padroni del commercio: dagli intermediari ai grossisti, ai bottegai, ai soci delle grosse cooperative. P.C.I. e il P.S.I. cosa propongono? La riforma del commercio. Ma in realtà essa non è che. una truffa che non cambia niente. Alla piccola distribuzione si sostituisce la grande, alla piccola bottega il supermercato. Cambiano i suonatori ma la musica resta la stessa. Invece della STANDA si avrà la COOP/Italia; non più azionisti ma cooperative gigantesche. Come cambiare questo meccanismo infernale ? A nostro avviso esistono due possibilità: 1) Organizzandosi contro tutte le rapine parassitarie dei padroni e sfruttamento in fabbrica riducendosi il fitto, i trasporti, non pagando la luce, il gas, chiedendo forti aumenti salariali, accrescendo gli spazi di autonomia operaia. 2) Aprendo i negozi ad uso libero, COMINCIANDO a fregare i capitalisti, contestando il loro sistema monetario e COMINCIANDO a creare delle forme di SOLIDARIETA' tra gli sfruttati basate sullo scambio dei beni di fuori della moneta. Per il momento si tratta di creare diversi centri o ammassi di beni o negozi ad uso libero come quello già esistente al Tiburtino, dai quali ognuno possa prelevare secondo i suoi BISOGNI E LA SUA COSCIENZA, senza pagare nulla. Su quali principi si basano questi negozi ad uso libero ? Chi ha oggetti o capi di vestiario o mobili in eccedenza alle sue necessità, li consegna al negozio che provvede a ripulirli o decorarli e applica un cartellino con la scritta « Lire O ». Chi ha bisogno di oggetti o beni li prende e li usa finché gli servono. A chi appartengono questi oggetti in uso libero ? A tutti e a nessuno: sono in uso libero. Hanno un valore di scambio? Assolutamente no.
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I capitalisti aumentano i prezzi ed i profitti ? E noi ci organizzìamo il nostro mercato ad uso libero. (LABORATORIO COMUNE DIONISIO, Roma)
Uso libero e lotta di classe internazionale ... Certo non è sufficiente creare un solo negozio ad uso libero dal momento che i padroni hanno fabbtiche, fattorie, ferrovie, le navi, i calcolatori elettronici e i laboratori di ricerche sociali scientifiche. Forse abbiamo la volontà di togliere loro ciò che noi abbiamo fatto col nostro lavoro, ma essi hanno fucili, i cannoni, le bombe dello stato per costringerci con le cattive (se le buone non bastano più) a continuare a lavorare (molto) e consumare per far ingrassare loro e tutti gli altri parassiti che vivono col nostro lavoro. Il valore politico dell'uso libero è perciò il seguente: esso ci dimostra la strada su cui camminerà l'umanità una volta eliminati i padroni, il capitalismo, ma ci dice anche che soltanto se tutte le materie prime, tutte le industrie, tutte le fattorie, tutti i trasporti, in tutto il mondo saranno autogestiti dai lavoratori potremo parlare di uso libero in libera produzione.
ELENCO OGGETTI IN USO LIBERO 16-10-1973 38 Bottiglie dipinte a mano (6 in lavorazione); 1 Termos; 12 Disegni originali 25 x 35; 12 Manifesti in eliografia; 36 litografie di un ritratto di Michelangelo; 1 Attaccapanni da ingresso 1,90 x 1,90 con specchio; 1 Mobile buffet 2 x 1 x 0,48; 50 Dioniso test; 4 Svitabulloni per auto; 8 chiavi a tubo e attrezzi varii; 2 Torce elettriche; 2 Cucine economiche; 13 Poullover; 1 Paio di scarpe da donna n. 35; 1 Giacca da uomo; 1 Poltrona di plastica gonfiabile; 23 Manifesti del maggio francese; 1 Paio di scarpe da donna n. 36; 3 Mollettoni neonato; 2 Grembiulini; 1 Paio di calzini lana n. 12; 1 Pantalone a tuta bambino; 1 Vestitino neonato; 1 Camicia pigiama uomo; 1 Camiacia uomo taglia 46; 1 Canottiera lana neonato; 5 Calzettoni bambino; 3 Sottovestine bambina; 4 Paia mutandine bambina; 1 Canottiera filo bambina.
(documento ciclostilato, novembre 1973). 195
dall'amore comune all'amore 'in comune'
LA LIBERAZIONE SESSUALE: LA LIBERTA' IN AMORE NON E' ANCORA LA LIBERTA' DI AMARE Alcuni analisti neofreudiani hanno affermato che non è da considerarsi casuale che i sistemi in cui è presente una più alta repressione sessuale siano anche quelli dove si annidano tendenze politiche totalitarie. Essi possono citare il caso dell'Inghilterra del periodo puritano, .della Nazi-Germania, o dell'attuale repubblica sudafricana. S~tto certi aspetti l'autoritarismo è una conseguenza della mentalità possessiva che si sviluppa nell'ambito della famiglia monogamica dove il possesso della donna è già il primo passo verso la società del dominio. Molti di coloro che credono nella 196
via comunitaria sono convinti della verftà di queste affermazioni, e pensano che un radicale cambiamento dei rapporti fra l'uomo e la donna possa portare ad una migliorata condizione umana ed ad un sistema sociale più giusto. Lo slogan « fate l'amore e non la guerra » al di là del suo significato immediato contiene una notevole parte di verità, per lo meno freudianamente parlando. La nuova apertura verso le questioni sessuali degli accomunati presenta diversi gradi, si va dai gruppi più moderati a quelli che praticano il « group marriage » per finire all'ultimo stadio della libertà sessuale quale è quella praticata dalla « Sexual Freedom League » americana (New York). La permissività sessuale di molte delle nuove comunità giovanili è in contrasto con la severità della maggior parte degli esperimenti comunitari utopistici del diciannovesimo secolo, che regolavano l'attività sessuale con precetti fissi e indiscutibili; ma sia i nuovi che i vecchi accomunati rigettando, sia pure in direzioni · opposte, gli standard borghesi sul sesso, si separano radicalmente dalla società dominante e quanto in essa un diverso costume sessuale possa suscitare scalpore è provato dagli articoli dal tono tra lo scandalizzato e l'incuriosito (con una sfumatura di compiacimento) che la stampa borghese di tutto il mondo dedicò alle comunità giovanili hippies appena fondate. Sembrava allora che l'esperimento comunitario si potesse risolvere in due parole: droga e sesso. Naturalmente la realtà era assai meno colorita di quanto la si dipingeva. E le orge enfatizzate dall'uso della droga, assunta a sentire la stampa borghese, nelle maniere più inverosimili: « fumavano L.S.D. », « si iniettavano marjuana », erano cose epiche, bellissime, ma purtroppo ben lontane dal vero. Questa stampa è stata il migliore press-agent che le comunità potessero avere, ha creato dei miti a cui esse hanno cercato vanamente di tenere dietro. Infatti è facile postulare teoricamente la necessità di un superamento della famiglia monogamica per una forma di amore libero, diflicile è tradurre in pratica questo proposito. Soprattutto la realtà italiana rende lontanissima questa meta: ancora oggi la maggior parte dei giovani, che pur portano in giro i santini del loro credo, detto comunista, nelle processioni-corteo della società spettacolare, si sposano in chiesa per accontentare papà e mamma. Altri che più coraggiosamente
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avevano cercato di esperimentare, anche nelle comuni,. dei rap• porti sessuali più liberi si sono visti costretti, il più delle volte, a ritornare sui loro passi. Gli atteggiamenti psicologici che rendono impossibile un rapporto libero, quali il bisogno di possesso e la gelosia, nonché le insicurezze derivate dalla mitologia sessuale di questa società fallocratica sono cosi ben radicati negli individui che è necessario qualcosa di più di qualche facile entusiasmo per vincerli. Esperimenti validi, tra cui famoso quello della « Comune I » di Berlino, sono falliti a causa, anche se non solo, dei pro~lemi sessuali sorti tra i partecipanti. Tra gli accomunati che vivono assieme nella stessa casa, che si vedono giorno dopo giorno, si sviluppano naturalmente delle attrazioni reciproche, queste possono venir represse, ma allora nella comunità si formeranno tensioni che renderanno la
convivenza difficile o possono venire accettate, dando luogo cosi a rapporti l!essuali tra i membri che non sempre saranno tra i più facili e tranquilli. Infatti, non sembra che la repressione sessuale e la possessività amorosa scompaiano con la formazione dei « group marriage ». In una comune di Milano, ad esempio, molto bella, aperta, formata ·da gente in gamba, si venne a stabilire un canadese con la « sua » donna. Questi si professava un convinto sostenitore della libertà sessuale cosi come di tutti gli atteggiamenti radicali. Era molto underground.
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A Milano conobbe un'altra donna e la portò a vivere nella comune, costringendo, praticamente, la sua ragazza canadese a dividere la camera da letto con la nuova ragazza italiana. Egli era molto fiero della sua radicalità e di come fosse riuscito a superare e a far superare preconcetti affettivi e sessuali. Ma la sua prima ragazza non era felice, spesse volte piangendo andava a cercare conforto e comprensione presso un membro della comune di cui alla fine si innamorò. Allora essa decise di rompere con il suo compagno canadese e di non avere più rapporti con lui. Chi prima si mostrava radicale e aperto improvvisamente cambiò faccia e smaniando e disperandosi, cacciata la ragazza italiana, implorò colei che era stata sua affinché tornasse da lui. Non poteva tollerare che gli fosse tolto qualcosa che aveva sempre considerato suo. In realtà, nonostante la sua dichiarata radicalità, egli era conservatore: non era disposto a vedere nella sua ex-ragazza un essere umano libero; ammetteva la libertà sessuale soltanto fino dove questa non ledeva i suoi sciovinisti interessi. È inutile guardare al passato per trovare la giustificazione della coppia, perché ciò può servire solo fino ad un dato punto. Il matrimonio è stato creato dalla società basata sulla proprietà privata per difendere i suoi interessi, esso serve a legalizzare la trasmissione dei beni da padre in figlio(*). Infatti, l'adultera era punita severamente, perché il tradimento sessuale metteva in forse il motivo stesso del matrimonio: la sicurezza ereditaria. Il matrimonio borghese è una invenzione dell'economia capitalistica che trova nella famiglia la sua struttura portante, ma non così tranquillamente si può ridurre la coppia all'esigenza del capitale. Il problema, ancora, è complicato anche dalle ingerenze religiose che pesano sulle popolazioni cristiane del mondo oc(*) D'altronde qui non si dice una novità, già il Campanella nell'opera « La città del Sole » ( 1693) faceva dire da coloro che « si risolsero di vivere alla filosofica in comune... che tutta la proprietà nasce da far casa appartata, e figli e moglie propria, onde nasce l'amor proprio; che per sublimar a ricchezze o a dignità il figlio o lasciarlo erede, ognuno diventa o rapace pubblico se non ha timore sendo potente; o avaro ed insidioso id ippocrita se impotente. Ma quando (gli uomini) perdçino l'amor proprio resta il comune solo».
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cidentale (area a cui il nostro discorso è limitato): il matrimonio religioso, il matrimonio come sacramento. Ma si può affermare, forse parlando un linguaggio in parte semplificato, che la religione ha servito gli interessi del capitale, dopo averli opportunamente mascherati. Il matrimonio religioso, per fortuna, rappresenta oggi una forma sopravvissuta ad altri tempi, destinata a scomparire in un periodo relativamente breve. Più vitale il matrimonio « fittizio » dei borghesi, che poi è il matrimonio nel suo senso più « culto » perché questi non è ancora in crisi a livello popolare, perlomeno la gente continua a sposarsi. Infatti, attualmente non è in crisi il matrimonio, cioè lo strumento di istituzionalizzazione della coppia, quindi la coppia stessa, ma la famiglia. La critica a questa si leva da più parti: dalla donna che si rifiuta di sopportarne oltre il peso che per tanti secoli è gravato sulle sue spalle, dai sociologi dell'efficienza, che sognano strutture più complesse e più funzionali, dagli architetti « sinistrorsi » che sognano la città cibernetica, non più divisa in cellette (gli appartamenti della famiglia nucleare), dai bastardi psicologi della felicità, che tanto piacciono ai giovani che hanno provato su se stessi l'oppressione familiare, e da ultimo dalle comuni che, con la benedizione di tutti, si affannano a porre in pratica, sia pur su piccola scala un progetto ad essa alternativo. Piccola avanguardia di un movimento frutto della trasformazione dell'economia da capitalistica in economia di monopoli burocratizzati. La famiglia, come unità economica di base che serve all'accumulazione del capitale, ha perso la sua funzione storica nell'era post-industriale, persiste solo come modello; si tratta di prendere atto di questa verità, porre fine agli indugi e condannarla a morte. Ora la famiglia non è più necessaria né economicamente, dato che la divisione tra lavoro domestico, basato sulla schiavizzazione della donna, e lavoro extradomestico con conseguente risparmio ed accumulazione non serve più ad una società imperniata sul consumo, né come centro di allevamento e di educazione dei figli, funzioni queste già in via di surrogazione da parte dello stato, né come « home sweet home », ché sulla sicurezza e sulla bellezza della famiglia oggi si illudono soltanto i lettori delle riviste femminili di terza categoria. L'acutezza di Freud stette proprio in questo,
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nell'aver scoperto i pericoli e le angosce della vita familiare, e la giustizia storica è dalla sua parte. Del resto « la critica della famiglia còme agente dell'oppressione, da tempo familiare proprio all'opposizione inglese a partire da Samuel Bunter, è sortita nello stesso tempo in cui la famiglia insieme con la sua base economica ha perduto l'ultima apparenza del diritto di determinare lo sviluppo degli individui uomini» (1). Ma una volta soppressa questa struttura che cosa la sostituirà ? Il futuro c'è chi lo anticipa, prendiamo un sociologo italiano, il Sannazzaro: case albergo in cui le strutture domestiche sono comuni e i servizi sono forniti dal sistema, con conseguente liberazione della donna. Coglionate riformiste. Il futuro c'è chi lo vede e lo sta cercando di tradurre in pratica nelle comuni: i giovani che si sono liberati dalla struttura opprimente della famiglia in quanto hanno ravvisato in es~a il primo nucleo repressivo della . vita umana. Ma nell'una come nell'altra alternativa si tralascia di affrontare direttamente il tema della liberazione sessuale. E così anche in una struttura evoluta, che ad esempio si è trasformata da famiglia in comunità, si ripropone il dilemma: coppia (esclusività amorosa) o free love, che, come abbiamo già visto, non è legato che fittiziamente alla famiglia. Il problema sessuale poteva essere legato a quest'ultima soltanto qiiando la società guardava al sesso principalmente come allo strumento della procreazione; ora la sessualità ha invece acquistàto una sua autonomia che pone in discussione parecchie cose. Nonostante ciò, pochi fra coloro che pur sono disposti a seppellire l'obsoleta struttura familiare sono ugualmente disposti a postulare la fine della coppia, dell'unione duratura di un uomo e di una donna (tanto per rimanere nell'ambito delle nostre tradizioni) formalizzata (matrimonio) o non. Dice Gerard di una comune di Mant (Francia): « Il fatto della coppia o non coppia, del rapporto monogamico o dell'amore di gruppo ce lo siamo posti fin dall'inizio e siamo partiti col superamento della coppia, poi poco a poco, ci siamo accorti che era una imposizione violenta fatta alla nostra cultura, un errore di dogmatismo, di soggettivismo. Ci siamo ac1 ( )
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T. W. Adorno, Prismi, Torino, Einaudi, 1972, p. 27.
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corti che non basta volere. Il superamento della gelosia va affrontato nella pratica quotidiana. Qui da noi adesso esistono due coppie che però come hai potuto vedere, hanno verso gli altri un rapporto della massima apertura. La contraddizione che ovviamente esiste, è ridotta al minimo, anche se questo minimo è il letto » (2 ). Molta strada separa ancora gli utopisti dalla loro meta. Operando una distinzione tra amore libero (libertà nella scelta della persona da amare) e libertà in amore (libertà totale nei rapporti affettivo-sessuali non vincolata alla durata) diremo che l'amore libero fu una conquista della borghesia o più precisamente di quella sua espressione che fu il romanticismo. Cuori amanti ed anime belle rivendicavano il privilegio, in una società che si avviava verso la logica del dominio, della libertà in amore e il diritto - in una società in cui tutto aveva già un prezzo - di farsi dono di sé. Dove tutto è sussunto dalla legge economica della merce e della sua circolazione solo l'amore deve essere libero, disinteressato, sincero. Esso è l'ultima spiaggia dell'umanità, il paravento che nasconde l'orrore generale, l'abbellimento che lo ottunde. « La società borghese insiste sempre e ovunque sullo sforzo di volontà; solo l'amore deve essere involontario, pura immediatezza del sentimento. In questa aspirazione all'immediatezza che mira all'esenzione dal lavoro, l'idea borghese dell'amore trascende la società borghese. Ma in quanto vorrebbe spiegare il vero immediatamente nella falsità universale, lo perverte in quest'ultima» (3). Da questo contrasto tra ciò che l'amore vorrebbe essere e ciò che in questa società non può essere nasce l'ineluttabilità di un destino al pari tempo comico e tragico che pesa sull'unione borghese: il matrimonio si rivela ad uno sguardo appena un po' più smaliziato che l'osservi (c'è sempre qualcosa di ridicolo in una coppia di coniugi che appaia in pubblico), tragedia e comicità di persone tanto più separate e incomprensibili l'una all'altra quanto più vicine. Alle loro più rosee speranze fa riscontro nel tempo la realtà più alienante; e quanto più l'amore era immediatezza, donarsi irriflesso, tanto più facilmente si· con2 ( )
1973,
f,·
A. Valcarenghi, Underground: a pugno chiuso!, Arcana, Roma,
103-104. ( ) T. W. Adorno, Minima moralia, Einaudi, Torino, 1954, p. 166.
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vertirà nel tempo nel suo opposto: l'odio o la malcelata sopportazione. La falsa vicinanza stimola la cattiveria e lo sforzo di rimanere in sé, sempre maggiore in una società che incalza l'individuo per rubargli la sua soggettività onde ridurlo ad oggetto, si concretizza nell'opposizione all'altro. Questo è il vero senso del costo umano, del logorio nervoso, della tensione psicologica imposti dalla organizzazione della attività produttrice di cui parlano i sociologi quando analizzano la crisi dell'uomo quale marito, essa non è quindi una « crisi di ruolo » quale amano definirla, ma una delle manifestazioni della crisi totale profonda dell'essere umano nella società contemporanea. La donna, invece, che nel mondo borghese incamera la virtù e la moralità e per tutta la sua natura sfruttata ottiene l'assunzione nel mondo del dominio come infranta si trasforma nella sua casa in dispotica matrona: colei che nel mondo pubblico non ha voce né parola fa udire qui le sue urla. In questo senso Arcibaldo e Petronilla dicono di più sulla realtà della coppia borghese di quindici saggi sociologi. La dialettica di servo e padrone continua nelle pareti domestiche e la ribellione della donna tramite la demistificazione dell'uomo se rivela la falsità dello stato matrimoniale, di un rapporto in cui l'uomo vorrebbe essere signore derivando però tutto il suo potere dalla realtà economica, mostra anche la miseria della sua critica. Il momento della riflessione cacciato al sorgere dell'affetto non comparirà neanche quando il gioco della roulette della vita, di cui l'uomo se vittima dell'immediatezza non fa che registrare i numeri, ne determinerà la morte a mediarne l'infelicità. Ma i giorni della illusione sono finiti anche per la società borghese, man mano che le speranze cadono, gli uomini fatti più furbi - in realtà più meschini - si fanno più cauti. Gli spregiudicati non si lasciano più commuovere dall'amore e non investono in esso un _briciolo di più di quello che si possono attendere di ritorno. Anche nelle esperienze che propugnano l'amore di gruppo, nelle comuni l'accento cade sempre più sui valori della comunione, della fratellanza e l'amore viene ridotto al « far l'amore», mezzo per instaurarli praticamente. Cosi, sia nel mondo della controcultura, sia nel mondo borghese non si crede più all'amore, solo che se nel primo si cerca, al-
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meno, di trasformarlo in dialogo umano nel secondo è già diventato scambio. La sessualità in nome della quale il gioco continua perde il suo carattere di ebbrezza per diventare funzione fisiologica o meglio sistema di gratificazione e cosi impoverita sembra non riesca più a tenere uniti gli uomini sempre più soli. L'ansia disperata che si rivela nella ricerca di continui nuovi incontri testimonia di una sete mai soddisfatta, e rimanda alla coscienza. il tormentoso assillo che qualcosa stia sfuggendo. Nei rapporti fungibili e sempre uguali compare ogni volta nell'altro come in uno specchio la nostra alienazione più che il nostro amore. La miseria che investiva la coppia si è fatta generale toccando con il suo influsso mortale gli incontri privati dell'ultimo alone di avventura, di fatto gratuito, diventati routine più o meno casuale. « Non solo l'amore sessuale romantico è caduto come metafisica sotto i colpi della scienza e dell'industria, ma ogni amore in generale perché nessun amore può reggere di fronte alla ragione: quello della donna per il marito non più di quello del1' amante per l'amata; l'amore paterno o materno non più di quello filiale » (4 ). L'esigenza della ratio, diventata esigenza della ratio economica fa si che esso debba sempre essere smascherato come idolatria. Nessuna alternativa sarà possibile fino a quando l'uomo sarà costretto a vivere ad una dimensione. Il sentimento amoroso ha la capacità di stregare anche lo spirito più lucido, facendo credere che sia possibile superare individualmente lo stato di solitudine e di isolamento a cui la società ci condanna. Illusione generosa che uccide tanto più sicuramente. Cala il sipario, la scena si dissolve e l'uomo si ritrova ancora più solo. « L'alba in cui si sciolgono gli abbracci è simile all'alba in cui muoiono i rivoluzionari senza rivoluzione. L'isolamento a due non resiste all'isolamento di tutti. Il piacere si rompe prematuramente, gli amanti si ritrovano nudi nel mondo, ·i loro gesti si vedono improvvisamente senza forza e ridicoli. Non c'è amore possibile in un mondo infelice» (5 ). · 4 ( ) M. Horkheimer T. W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, Einaudi, Torino, 1966, p. 126. ( 5 ) R. Vaneigem, Trattato di saper vivere ad uso delle giovani generazioni, Vallecchi, Firenze, 1973, p. 28.
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TIPOLOGIA DELLA VITA SESSUALE COMUNITARIA
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La relazione uomo-donna è il motore della vita delle comunità, ma dice Raimundo Dinello, che ha partecipato all'esperienza della Comunitad du Sur di Montevideo: « È impossibile sapere quale sia la struttura relazionale uomo-donna che convenga di più ad un gruppo comunitario, si parte dal tutto, ma per me ci si incammina verso il tutto diviso. In quale maniera dividere le idee, l'affettività, la sensualità, le relazioni uomodonna senza delimitazioni formali a priori ? Ecco llna domanda oggi latente nelle comunità. Mettersi d'accordo per dividere le spese materiali è abbastanza facile, organizzare in comune l'educazione dei bambini è più complicato, però è già più diffuso, arrivare a vivere in comune le relazioni uomo e donna, eèco la scatola a sorpresa di tutte le esperienze comunitarie» (6 ). In effetti i rapporti affettivi non cambiano in una comune solo grazie ad una teoria diversa, il fatto amoroso non consiste in una ripetitività di gesti che si possano uniformare facilmente sotto una regola generalizzata, entrano in gioco in esso le disponibilità e i caratteri di ognuno dei membri. Inoltre la liberazione sessuale non si potrà raggiungere fino a quando tutti i partecipanti non abbiano conseguito uno stesso stadio di crescita nel campo sessuale, mentre è chiaro che oggi ognuno ha una propria crescita differenziata per quanto la liberazione di uno funga da stimolo alla liberazione di tutti. Racconta Dinello: « Durante il periodo in cui il Living Theater ha soggiornato alla Comunità du Sur di Montevideo, noi abbiamo potuto parlare di tutto quello che concerne la vita comunitaria, però è stato 6 ( ) R. Dinello, P. Mèric, Théorie et pratique de la vie en communaute, Parigi, Belibaste, 1972, p. 22.
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impossibile analizzare la problematica uomo e donna. Que~ta aveva lasciato delle tracce amare presso Julian e Judith, questa era stata troppo cocente per Carlitos, Susy, Yolanda, Ruben, Ana, Mariel, Victor... » (7). Il desiderio di un altro partner e di rapporti affettivi vari, è generalmente accettato nel milieu d' avant garde, da cui spesso , partono le esperienze comunitarie, ma anche in questo il panico ricompare nell'espressione: « io non sono più il suo amore». Mancando di cautela, di un saggio approfondimento critico, si rischia di far naufragare sugli scogli degli egoismi la fragile navicella comunitaria, per non aver ben scandagliato i fondali segreti degli individui. Per dogmatismo si parla molto di superamento della mentalità borghese, di atteggiamento libertario, ma nonostante ciò resperienza comunitaria cade sull'incapacità di superare praticamente i problemi, rimanendo la liberazione un fatto tutto esteriore, che non riesce ad acquistare una dimensione autenticamente intima. In un gruppo che pratica l'amore libero nonostante la donna abbia la possibilità di « essere scopata » da più uomini essa non ha la sicurezza di nessuno, finendo col diventare una che attende l'uomo e il cui valore si misura dal numero che riesce a possederne. Essa stessa, inoltre, può essere portata a misurare il suo valore da ciò, e sentirsi in una situazione frustrante, cadendo vittima dell'atteggiamento borghese che vede appunto il valore della donna come riflesso di quello dell'uomo. Triste realtà che ciascuno dia più importanza alla sicurezza di un rapporto che alla intensità delle emozioni. Partendo quindi dalla necessità di una autentica liberazione profonda al di là dei facili dogmatismi (finto-rivoluzionari) diremo che anche la coppia non è da rigettare per definizione, semplicemente per tutto il bene che essa può offrire. « E per questo non si possono calcolare i tempi, ciascuna coppia può vivere per tre giorni, sei mesi, tutta la vita, se dura spontaneamente. Ma liberiamo le donne dalle attese pazienti liberiamo gli uomini dal loro ruolo di intraprendenti. Liberiamo gli uomini e le donne dai contratti formali affinché si possano incontrare a loro piacere» (8 ). Cosi, l'insegnamento della Comunità du Sur ( 8 ) Ibid., p. 27. (7) Ibid., p. 23.
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