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Italian Pages 326 [332] Year 1808
VIAGGI E
OPYSCOLI
DIVERSI
DI
DOMENICO
SESTINI
SOCIO DI PIÙ ACCADEMIE.
BERLINO ATPRESSO
CARLO
MDCCCVir.
QVIEIi.
ALL' ILLVSTRISSIMO E CHIARISSIMO SIGNORE IL SIGNORE
CARLO FEDERICO BEYME CONSIGLIERE INTIMO DI GABINETTO DI SVA MAESTA IL
RE DI PRVSSIA
CANONICO DEL CAPITOLO DELLA PRIMAZIALE COLLEGIATA DELLA B. V. M. D'HALBERSTADT SIGNORE DI STEGLITZ DAHLEM SCHMARGENDORFF &c. &c. SOMMO GIYRISCONSVLTO PROTETTORE DELLE BELLE ARTI E DELLE SCIENZE T V T T E MECENATE NOBILISSIMO E VERO ORNAMENTO E DECORO DELLA PATRIA IN
ATTESTATO
DI RISPETTOSO OSSEQVIO QVESTI SVOI VIAGGI E OPVSCOLI OFFRE E CONSACRA L' AVTORE.
PREFAZIONE.
U n
viaggio buono, o cattivo che ne sia,
fassi sempre leggere; e mediante questa proverbiale maniera, T r e altri,
oso di pubblicarne
trà quei tanti fatti per
varie
parti della Turchia, e dei quali tutti siami permesso
di darne qui
una
lista,
non
tanto per quei stati già stampati, quanto ancora per quelli, che ora si pubblicano, come pure per
gli
àltri
inediti, e dei
quali in appresso se ne promette la pubblicazione, affine di avere la Collana di tutti i miei viaggi del Levante fatti dall' aniao 1 7 7 4 . fino all' anno 1 7 9 2 . termine dei medesimi.
vi
Se tutti questi viaggi non verranno ad essere d' alcuna utilità agli altri viaggiatori, o di piacere a quelli, che li leggeranno, potrò almeno assicurare il pubblico, che fin dalla mia giovenile età un genio viandante, o sia quello Spiritus dens,
va-
mi ha accompagnato, e guidato
nella mia grande passione di viaggiare; e siccome la borsa il più delle volte non era gaja, così ho dovuto viaggiare sènza baule, e anco con il baule, ma non come i bauli, ed é questa la mia sola soddisfazione, e utilità riportata dai medesimi. Nota dei viaggi fino
al
pubblicati,
intrapresi dal
1792. alcuni
dei
quali
1774furono
ed altri nò, e dei quali se ne
dà qui ragguàglio,
per ordine dei tempi
diversi. Dall' anno 1774« fino all' anno 1778sono questi compresi in sette piccoli volumi in 1 2 . stampati parte a Firenze, e parte in Livorno, portando il titolo
=
VII
Lettere chia,
scritte dalla Sicilia,
e dalla
Tur-
(cioè da Costantinopoli) a diversi
suoi amici in Toscana Neil' anno
*).
1 7 7 9 . fu intrapreso
un
piccolo viaggio, (partenza da Costantinopoli] per la Penisola e Nicea,
di CizLco, per Brussa,
e il quale fu stampato in Li-
vorno l'anno 1785-
in d u e tomi in 8 **)•
Nel mese di Settembre dell' istesso anno
1779.
fatto
un'
altro
piccolo
viaggio da Costantinopoli a Bukoresti, con l'aggiunta di diverse Lettere relative a va-
*) Queste Lettere furono tradotte in francese dal Sigr. Penjeron, con l'aggiunta di varie note: Posso dire, che la traduzione fu ben' eseguita, mentre il Sr. Penjeron istesso sapeva bene l'italiano, ed aveva viaggiato in Sicilia col Sigr. Marchese di Neelle, e del quale non mancai di farne menzione nel tomo terzo delle mie Lettere: L' edizione fu fatta in Parigi in 5. tomi in 8. Prima dell' edizione francese, ne fu tentata altra in tedesco dal professore Jagemann, e il quale non tradusse se non il primo, e il secondo tomo delle mie Lettere, che in un solo piccolo volume fu stampato in Lipsia. **) Parimente anco di questo viaggio ne fu data un' edizione in francese con le stampe di Parigi l'anno
1789' i n gr-
Vili
rie produzioni, ed osservazioni Asiatiche, e il quale fu stampato in Roma l'anno 1794« L ' a n n o 1780. lasciai Bukoresti, per andare a Vienna, con aver prima percorso diversi luoghi della Transilvania : Questo viaggio non è peranco stampato. Neil'
istesso
anno
1780. cioè
nel
mese di Agosto ebbe luogo la mia partenza da Vienna, per ritornare a Costantinopoli a seconda delle acque del Danubio, e del Mar-Nero etc. ed è questa descrizione,
che presentiamo al pubblico,
compresa sotte il N®. L dell' Indice di questo Tomo. Neil' anno 1781- giungendo il Sigr. Giovanni Sulivan a Costantinopoli,
per
passare alle Indie, fu un' accidentale occasione per intraprendere col medesimo un grande Viaggio Asiatico sora,
insino a Bas-
e il quale fu stampato in Livorno
l'anno 1786'- in piccolo 4- con falsa data d'Yverdun.
IX
Ne viene indi 1' altro viaggio di ritorno da Bassora a Costantinopoli
per
Strade, e provincie diverse, e il quale fu stampato come sopra, abbracciando un tale viaggio i primi tre mesi dell' anno 1783 *). Nel mese d'Agosto dell' iStesso anno 1782. fu intrapreso altro viaggio per diverse provincie
deli
Asia
minore,
e il
quale viene qui ora pubblicato, e indicato sotto il N°. IL dell' Indice. Neil' anno 17 83- ebbe luogo un' altro viaggio da Costantinopoli a Smirne, per andare a Marsiglia, e di là a Firenze mia patria, con ritornare a Costantinopoli 1' anno 1784-
con
Napoli per Smirne.
essermi imbarcato a Niente di
questo
viaggio è stato pubblicato. Nel 1785- intrapreso parimente da *) L'uno e l'altro Viaggio fu tradotto ili francese, e pubblicato con le stampe di Parigi in un sol tomo in 8-
X
Costantinopoli, altro viaggio, fui a Lemrios, a Monte Santo, a Miconi, in Alessandria d'Egitto per la seconda volta, e indi imbarcatomi per Livorno, visitai Rodi, e l'Isola di Cos, e giunto in patria, passai a Malta, e in Sicilia, con ritornare a Costantinopoli l'anno 1786. Di questo viaggio niente è stato dato alla luce. Nel 1787* ebbe luogo il viaggio d' Angora della Gala zia, e del quale ora se ne pubblica una breve
relazione
posta
sotto il N. III. dell' Indice. Diversi articoli, che relazieue hanno con un tal viaggio, furono stampati, e in-r seriti in seguito del di sopra citato viaggio fatto da Costantinopoli a Bukoresti. Nel 1788- f u da me fatto un viaggio per la Macedonia, e Tessalia, cioè a Salonicco, Pella, e Volo, e di là a Ragusa, con ritornare indi a Costantinopoli, e del quale
viaggio
stampe.
niente è stato
dato alle
XI
Nel
1790.
fu intrapreso un'
altro
viaggio per Livorno, e Firenze, a bordo della Fregata Inglese 1' Aquilone, con ritornare indi a Costantinopoli l'anno 1 7 9 1 . Ma nel mese d'Agosto dell' istesso anno lasciai affatto Costantinopoli, con passare a Smirne, per trovare un' imbarco
per
Livorno, ma essendomi imbattuto' con un vecchio
bastimento
provenzale,
disgrazia, dopo il nostro rilascio tenza da Cesmè,
e Scio,
ebbi la e par-
di fare naufragio
a Navarrino in Morea, con essere obbligato di passare a Salonicco, e aspettare un' imbarco per Livorno, dove giunsi nell' aprile del 1 7 9 2 . con porre fine ai miei viaggi del Levante. Molti
di questi viaggi non furono
pubblicati per una. pecca o vizio
dei Li-
braj o Stampatori d'Italia, i quali, generalmente parlando, non sono portati nè a incoraggire gli autori, nè a specolare sopra le opere dei medesimi, ancorché venga
Xlt loro regalato il manoscritto, per farne un' edizione;
la
qual cosa poco favorevole
all' emulazione degli autori, i quali tutti non possono sempre far stampare a proprie spese le lóro opere, ritarda quel prurito, o fervore di scrivere, e gli anni sue-, cedendosi gli uni dopo gli altri, si ha, che parlandosi di viaggi non stati scritti, né redatti nell' istesso tempo dell' intrapresa, allora la memoria locale n o n accompagna più le idee, e che la narrazione viene alquanto sterile, e mancante il più. delle volte delle circostanze le più necessarie, e delle notizie in qualche maniera interessanti, e per dire il vero n o n si ha del,viaggio se n o n l'ossatura. Finito il termine dei viaggi del Levante, poco dopo ebbero luogo altri per varie parti dell' Italia, e della Germania dall' anno 1793. fino a questo periodo, con aver soggiornato più d'ogni altro in Charlottenburg, una delle tre Residenze
XIII
annuali di S. M. il Re di Prussia, o sia la Residenza d'Estate. In seguito poi dei Tre sopraddetti viaggi, si ritroveranno uniti diversi opuscoli, i quali forse potranno riempiere le lagune di questo libro, potèndo peraltro interessare il Trattato di Francesco Maurolico scritto a Pietro Gillio intomo ai pesci della Sicilia, e il quale lo ritrovai Mss. in Catania, non stato pubblicato da altri. Di questo Trattato inedito se ne parla dal Mongitore (Istoria di Sicilia) nella vita dataci del medesimo Francesco Maurolico: accennando infine tutte le opere stampate, e tutte quelle eh' egli scrisse, e le quali Mss. restarono, e trà le quali il Trattato in questione, che ho procurato di accompagnarlo di qualche nota, e osservazione.
INDICE dei viaggi,
Viaggio
Primo,
e dei diversi opuscoli nel presente volume.
contenuti
o sia descrizione del-viaggio
fatto da
V i e n n a per il D a n u b i o insino a Rusciuk, e di là per terra insino a Varna, dove per il Mar-Nero mi resi a Costantinopoli 1' anno 1780 V i a g g i o Secondo,
Pag.
fatto 1' anno 1782 V i a g g i o Terzo,
X
per diverse provincie dell' Asia Minore —
75
da Costantinopoli ad Angora, per la stra-
da di Brussa dell' O l i m p o , fatto 1' anno 1787
.
D e l l a Setta delli Jazìdj Lettera sopra il Murex
degli Antichi
.
Lettere, o corrispondenza sopra le Plumbate Lettera sopra 1' origine, e uso degli Anelli
.
.
.
.
.
—
'49
—
203
—
213
degli Amichi —
224
appresso gli
Antichi
—
Lettera d' un Levantino o sia di Sadik-el-Celebi un colloquio d' un' Imam
240
sopra
Turco
—
248
—
258
L e z i o n e accademica sopra la coltura del Sesamo in T u r c h i a —
266
N o t e relative alla lettera di Sadik-el-Celebi Sopra alcune Figuline
Cronologiche,
. . .
che si conservano
nel museo Bischeriano in Catania
—
276
Francisci Maurolyci Tractatus de piscibus Siculis ad Petrum Gillium N o t e , e osservazioni relative al suddetto Trattato
.
.
—
285
—
303
DE-
DESCRIZIONE del viaggio fatto da Vienna per il Danubio insino a Rusciuk j e di Ih per terra insino a Varna 3 dove per il Mar - Nero mi resi a Costantinopoli.
D o p o aver soggiornato più settimane in que- a5sta capitale, pensai di ritornare in Costantino- ^fgo!' poli, a seconda delle acque del Danubio, e del Mar- Nero, motivo per cui destinata essendo fino di questa mattina la mia partenza da Vienna, non aveva manpato il giorno antecedente di prepararmi per un tal viaggio, e di fare trasportare sulla barca tutto il mio bagaglio, a fine d'esser pronto il dopo pranzo, com' era stato stabilito dal padrone della medesima. Dall' altra parte non volendo perdere affatto tutta la mattinata, verso le ore 11. mi ritrovai al Collegio Gesuitico, per assistere alla lezione d'istoria naturale, che lesse il Sigr. Professore W e l l , e la quale si raggirò sopra diversi animali, e uccelli rari, che impagliati si conservavano nel Gabinetto di un tal Collegio, con osservare tra' i primi il Canis aureusj o sia il Ciakàl di tutta l'Asia, e il A
4 Belgrado, e dove non servono più a niente, per proseguire il corso del Danubio, ma che il proprietario impiega il legname, componente le medesime, ad altro uso. La nostra era molto lunga, e piatta: nella metà viene inalzato una specie di tetto, o coperta a paviglione, che serve per riparare le mercanzie dalla pioggia, potendosi dire che sia una stanza quadra con due porte, una da prua, e l'altra da poppa, con contenere in circa 500. casse di tali mercanzie. Per regolare il corso di tali legni, vi sono tre grossi e lunghi remi da ambe le parti, due dei quali sono posti alle fiancate, e un terzo in mezzo, a traverso. I Turchi poi che fanno spesso tali viaggj, o come proprietarj, o come fattori, nqn volendo perdere le loro comodità anco sopra tali barche, allora sopra il tetto fanno costruire un Ciardhk, o terrazz o , o belvedere^ per restare all' aria, e potere fumare la loro pipa, e osservare il corso del fiume, il che vien detto, far Kief3 o prendere piacere. Ma cosa dirò mai dei passeggieri, eh' eranvi dentro? riguardo alle diverse sette, o religioni, si poteva pensare alla valle di Giosafat, e alla torre di Babel, per la confusione delle lingue, che vi si parlavano; risparmio la similitudine dell' arca di Noe, per non conpromettermi. Molte persone, tutte le volte che tali legni partono, s'imbarcano per andare chi in un luogo, e chi in un' altro, o alle loro respettive case: queste non pagano niente, ma sono obbligate di remare, o di ajutare a re-
mare, poiché sei grossi remi domanderebbero molti navicella), ed in conseguenza un' aumento di nolo sulle mercanzie; e le diverse persone di nazioni differenti, che volontariamente s'erano attaccate al remo, non esagero, se dico, che vi erano Turchi, Greci, Armeni, Ebrei, Sirbi, Valachi, Tedeschi, Moravi, Boemi, Ungari, e che so io: È per altro certo, che vi voleva più d'un Calepino, per comprendere tante lingue dissonanti, ma la peggiore di tutte era l'accento Austriaco, che senza presunzione, scortica le orrechia tosche. Io poi che mi ritrovava vestito alla tartara, e non ignaro della lingua Turca, m'era accordato con Mustafà-Agà, buon Musulmano, di dargli dieci piastre per il passaggio, e nolo dei miei bauli insino a Belgrado, e un quarto di piastra, o sia io. parà al giorno per il mio vitto, cioè di mangiare con esso, e ai fumare, e bever caffè, e vino, mentre quest' ultimo non mancava, ed aveva sempre 1' attenzione di farmene avere, o di supplire con la Piva* cioè con la Birra; mentre egli come buon turco non osava beverne, non ostante, che la seconda bevanda non venga dall' Alcorano roibita: dunque mangiar del riso, fumare, ever caffè, e anco vino, era la vita, che doveva tenere insino a Belgrado, e non pensare a più spese. Alle ore della mattina lasciammo Vienna, in compagnia di una tale comitiva, corteggio, e caterva, «avendo da una parte 1' isola di Leopold-Stadtj confusa indi per la quantità dei Salcj. Neu-abreit è un piccolo, e nuovo bastio-
E
6 n e , e dove allora i cannonieri, e bombardieri, erano occupati a fare 1' esercizio del cannone, e tirare a segno, per la qual cosa i n o stri Turchi credevano che fosse il Bajràm, o qualche altra grande festa per li Viennesi. D o p o un tal luogo, si riscontra Petronelle, ove evvi un grande edilìzio: appresso ne viene Deutsch-Àhenburg, ove osservasi una chiesa, e delle fabbriche antiche. Alle ore xi. passammo Heimburg* eh' è una grossa terra, con restare sopra un* imminente montagna una fortezza; e dopo un' ora a sinistra passammo il fiume March * o Morava, o sia il Marus degli antichi, e il quale divide 1* Ungheria dalla Moravia, con entrare nel D a n u b i o , sotto Theben, o D e v e n , eh' è un castello, o fortilizio del tutto rovinato, e •iantato sopra alte, e scoscese balze, e il quae appartiene ai conti Palfy. I suoi contorni sono coltivati a vigne; e a basso alla riva del Danubio vi sono delle abitazioni di Tedeschi o Viennesi con una loro chiesa, o parocchia. D o v e m m o qui fermarci) mentre è HauptDreyfsigstamtj cioè Dogana, per fare risegnare le bullette, il che ci convenne aspettare insino alle ore cinque, per fare la comodità dei Doganieri,, e produrne il nostro disagio, ma siccome si conta un piccolo miglio tedesco insino a Presburg, così il ritardo procuratoci, non recò maggiore dilazione, poiché alle ore sette vi giungemmo. v}. Presburg, vien detto Posoni in Ungaro, e Domi- Posùn dai Turchi, e dove qui giunto, di me», buon mattino mi portai al castello, il quale resta situato sopra u n monte, che composto
{
7 và di una pietra quarzosa, e la quale seguita con altre piccole montagne, che separano la Moravia dall' Ungheria, e le quali vengono indi a formare la catena dei monti Crapazj. L a situazione d* un tal castello n' è piacevole, e amena non mancandovi all' intorno delle vigne; si gode, e si respira qui un' aria più sana, e migliore di quello che lo sia, intorno alle rive del Danubio, o al basso della città. Il principe Alberto, e la principessa Cristina, residenti nelP istesso luogo, come palontano lazzo reale, erano allo Schlofs-Ofen, tre ore, e i quali anderanno a governare nei paesi bassi, per la morte del principe Carlo. In questo castello in una camera del palazzo si conserva la corona, e lo scettro imperiale etc. ma che chiusa resta a nove chiavi, con due sentinelle di guardia, ed io che aspirava a non vedere niente, mi contentai di penetrare insino all' anticamera, dove erano poste le due sentinelle. La città di Presburg merita l'attenzione del viaggiatore, andando ornata di pubblici edifizj, e chiese, e anco di qualche palazzo, trà i quali quello magnifico del cardinale Bathyani, Arcivescovo di questa città, non peranco finito, e all' estremità della medesima si ritrova il così detto Kònigshugel, luogo ove soglionsi coronare i Rè d' Ungaria. Oltre il divertimento, che gli abitanti hanno del loro teatro nazionale, non mancano pure d' un' altro spettacolo, che quasi ogni domenica eseguiscono co' i Tori, ma non in quella celebrità come appresso gli Spagnuoli. Per passare il Danubio vi è un ponte vo-
8 lante, e il quale è ben costrutto, e che coli' ajuto di un canapo si và e si viene dall' una all' altra riva con molta facilità: gli abitanti della città hanno il passo libero, e i forestieri pagano una piccola moneta di rame. Per le barche poi, che navigano per il D a n u b i o , e che trasportano mercanzie, anco Presburg registra tutte le bullette, o polizze di carico, motivo per cui ci convenne aspettare tutta la giornata, per la comodità dei D o g a nieri, nel tempo che poteva essere l'affare d'una piccola ora: per verità si riscontrano spesso degli individui, che non vogliono fare c o n prontezza il loro dovere, e pare, che quando uno ha ottenuto un impiego, tutta la gran pena sofferta sia quella nel tenerlo, e non nell' esercizio del medesimo: ma il vero commercio non domanda ostacoli, bensì sollecitudine, ed esattezza. Alle ore 6. della mattina lasciammo la città Ago'„to Lunedì.di Presburg, e alle ore 7. dalla parte destra si osserva un villaggio detto Halburg> e c h e navigando sempre, con avere la spiaggia pian a , dopo tre ore di cammino in tutto restamm o arrenati per l'imperizia della gente tedes c a , che guidava la barca, in un luogo dell' Isola di C s a l l o - K ò z , o della Schutt, nel distretto di Vaika, che ci restava a sinistra, distante un miglio tedesco da Somerein. Ritrovandosi cosi arrenati, allora un rustico Ungar© venne cpn una piccola scafa, dicendoci, che eravamo stati mal condotti, e che diffìcile ne sarebbe la sortita, per il qual proposito, un navicellajo dei nostri lo soacciò, ingiuriandolo. T a n t o affronto quel)' Ungaro
9 non potette soffrire, proveniente da un Viennese, o Austriaco, molto più che gli Ungari d'un tal distretto sono liberi, non pagando nessun D a z i o , e che l'offesa in conseguenza diveniva maggiore. L i Tedeschi allora, che conducevano la barca, fecero scendere a terra tutti i passeggieri, per tirare la corda, affine di poter far rimovere la b a r c a , ma il tutto inutilmente: Onde si dovette ricorrere agli Ungari, che a caso si ritrovavano in quell' isola, a battere il grano: m a essi, in virtù dell' offesa fatta ad un loro compagno, non vollero dare alcun' ajuto, anzi impedivano, e sconsigliavano tutti quelli, che si dimostravano più facili a soccorrerci, mediante una ricompensa, che si aspettavano, e che dovuta era l o r o ; motivo per cui ci convenne restare in tale situazione per molto tempo, p o c o curandosi di ciò i nostri palmari* che pensavano anzi di consolarsi, con tracannare del vino, o della birra, il che peraltro non rallegrava nè i nostri Turchi padroni del Carico, nè la compagnia. Jn tale stato di cose, pensavamo di tranquillizzare questi Ungari, ma essi, per maggiormente burlarsi di noi, non mancavano di mettersi all' impresa, con la ferma risoluzione di lasciarci sempre immobili, mentre non trovando peranco giusto il loro pagamento, secondo la promessa fatta, e maggiormente irritati, minacciarono di tagliare il canapo, per farci assolutamente fracassare la barca. E d infatti fattasi s e r a , tutti trascurarono ciò, e non pensarono all' avviso minaccioso dei rustici, anzi avendo i barcarolj bevuto più
IO
del solito, e in conseguenza essersi ben addormentati, il canapo fu tagliato secondo la promessa, e le minaccie. Mehemed-Agà altro Giannizzero di viaggio, avendo ciò saputo, e inteso raccontare, allora si messe a sparare dalla barca per quattro, o cinque volte il suo fucile, senza ferire persona, mentre il fucUe non era carico a bala, come venne supposto. Dopo ciò impugna , a sua sciabola, si fa portare a terra, per prendere vendetta contro chi aveva tagliato il canapo, raà li rustici lo volevano legare, e portarlo in giustizia, mà si sottrasse dalle mani di quei Mirmidoni. Io poi mi ritrovava avere due sciabole turche, che aveva già portate da Constantinopoli, allorché partii per la Valachia, allora un' Ebreo, eh' era con noi, ne prese una, con dirmi, che prendessi l' altra, con seguitarlo a terra: per dir la verità, siccome il battello, o lo scaio, nel quale dovevamo tutti entrare, era molto piccolo, e sporco, cosi pensai di non imbrattarmi, e di essere sull' immobile barca, tranquillo spettatore della bravura del mio Isdraelita, che di lezzo puzzava. Ma scesi gli altri a terra chi con un' arine, e chi con un' altra, allora yiddi che non molto proseguirono il cammino, mentre i rustici si erano ritirati nelle loro capanne. Onde ritornarono i nostri bravi sulla barca, essendo già la sera avanzata, e siccome quei rustici dovevano essere maggiormente irritati, cosi nella notte pensammo di fare la guardia, affinchè non venissero a dar fuoco alla barca, come poteva succedere, se non aves-
II
sero osservato, che avevamo molte armi, p e i fare resistenza. Fin dal principio d' un tal' accidente ave- 2«va detto allo Schijjmeister, eh' era necessario Mamd!, d' avere un' ancora, e tirarsi come i bastimenti; ma noti avevamo n è cochlea, nè c a n a p o ; ma alla fine i rustici, d o p o aver ben dormito, e con la speranza di guadagnare qualche fiorino, là mattina vennero con un torchio, e 1' adattarono in tal maniera, che d o p o un' ora di travaglio f u m m o liberati: ciò poteva essere stato nell' istesso giorno, senza strepito, e senza tante s c e n e ; m a li tedeschi n e f u r o n o la colpa del male, e del m a l a n n o , che n o n era peranco finito. L' uomo, eh' era stato ingiuriato, e quei, contro dei quali erano state scaricate delle fucilate, n o n avevano trascurato di darne parte al tribunale di V a i k a , a tal segno, che nell' atto della nostra liberazione, arrivò un giudice del l u o g o , con faccia m e n o magistrale, che dar si potesse; e il quale armato di archibuso, e di sciabola, impose a tutti u n profondo silenzio, per p o t e n b e n e ascoltare le parti, e per rilevarne a colpo d' occhio, di chi era la mancanza, e il delitto di l e s a - m a e s t à , c o m e esso diceva, nell' aver scaricato più colpi di facile. Un radamante n o n ci poteva stare a canto, ed io che voleva dirgli qualche ragione, in latino, mi rispose con occhio torvo = tace, qi'ia leges noslras ignorcis: O n d e con questa bestia feroce rinsaccai il mio latino, e tacquimi. Ma alle fine la causa fu vinta cum str epitìi et sonitu ciuri, il che fu Ja somma di 25. fiorini, comprese le spese degli uomini, che il T u r c o dovette sborsare.
12 Dirò poi, che quest* isola, dove arrenati restammo, è formata dal Danubio, e da altri fiumi, e canali, che la circondano, e la separano dal restante del continente: La medesima vien divisa in tre parti, la prima si chiama in Ungaro Visz-Kòz, e resta fra li fiumi Waag (Cusus degli antichi) e Dudwaag. La seconda è compresa fra li due braccj del Danubio da Presburg fino a Komomdi una lunghezza di n . miglia tedesche, e viene detta Nagy-Szighetj e la terza si chiama SzigethKdz, e la quale si limita fino a Raika, o Rakendorf, per lo spazio di 6. miglia nel comitato di Wieselburg. Tutte e tre sono abitate dagli Ungaresi, essendovi pure domiciliati alcuni pochi T e deschi e Boemi, e nelle quali vi si contano quattro grossi Borghi, e 63. villaggi, la maggior parte cattolici, restando queste comprese nel distretto isolano superiore, e inferiore, essendo le terre principali SerdahelBóósj Egyhazos-Gelle j e Vasarut. Vaika è sede vescovile, il di cui Vescovo gode molti privilegi, tenendo guardie, o soldati, o sia il diritto di Bandiera : gli abitanti pure sono esenti da varj aggravi, potendosi dire, che un tal distretto detto della Schutt> compreso in una non indifferente pianura, formi una piccola repubblica. Somereiri poi, o sia Fanum S. Mariae, o Samaria j, o Sortici]a, ovvero Schomorin> passa per il miglior luogo di tutta l'Isola, e la quale non manca di produrre dei buoni grani, essendo fertile anco in pascoli, e in frutti, ma le nebbie spesso recano danno alla raccolta dei grani.
i3 Una tal città adunque è assai grande, ed è ben fabbricata, con avere un buon commercio, e dei mercati settimanali molto frequentati, abbondanti allora in grano, e in pollami, e uccellami. V i e n e qui fatto un buon pane bianco, di ottimo gusto, e sapore. Somerein si conta per un luogo antico, con godere dei grandi privilegi, venendo nominata in alcuni documenti Civitas Libera: oltre la chiesa parocchiale vi è un Convento di S. Francesco di Paula, eh' è 1' unico in tutto il Regno. Fatto adunque nel tempo del nostro litigio una spassegiata per 1' isola, osservai che là Datura Stramonium era abbondante, non che il Sambucus nigra, la Potentilla Armerina* e il Polygonum aviculare: Interrogata una donna, che raccoglieva molto di quest' ultima pianta, per quale malattia se ne voleva ella servire, risposemi, che fatta bollire, e bevutane la sua acqua, era buona per i mali emmorroidali, e così erborreggiando, osservai, che il Danubio formava molti isolotti, e banchi di sabbia. Prónta infine la nostra partenza, dopo avere tutto calmató, e il vento ancora, che con forza soffiato aveva, alle ore quattro l a ciurma sacra dette di piglio al remo, ma non proseguimmo la rotta, se non per un' ora, stazione prendendo verso un villaggio detto Bodokt e il quale dà il nome ad un distretto che conta quattro Borghi con 77. villaggi. Qui scendemmo tutti a terra, continuando io ad osservare la solita Potentilla Anserinay oltre il Rhus Cotinus* la Centaurea Solstitia-
i4 lisj e Scab iosaj non che l'Euphrasia Oclontites j Arctium Lappa, Xanthium Strumariumj e Coronilla varia. 3°Di buon mattino facemmo partenza, con 0 KLerc. riscontrare di quando in quando qualche villagio, 1' ultimo chiamato Weifskirchen„ e if quale restava situato dalla parte destra del Danubio, andando a riposare a mezzo giorno a Qónyuj luogo di posta, ove pranzammo, e dove ritrovai delle pere campane in abbondanza. Rimessisi indi in viaggio, verso le ore 5passammo Nesmé villaggio nelle vicinanze di Komorridove vi giungemmo verso la sera. Komorn è una città non indifferente con una fortezza rispettabile, e nella quale non è permesso di entrare nè a Turco, nè a Ebreo, nè a Forestiero : ed io che mi ritrovava essere vestito alla tartara, non poteva aspirare a ciò, contuttociò procurai di vederla, con far dire al Maggiore, che io era un semplice viaggiatore, e che l'abiio non fa il monaco, proverbialmente parlando, in virtù di che detto Maggiore mi lasciò passare, con permettermi anzi ai ricopiare due iscrizioni, che sono nella fortezza suddetta. In saroophago lapideo arenaceo invento in pago Szony-Sunum. D M^ M. VAL. VALERIANJ. Z. LEG. IIII. F. LA VIXIT. AN. X A L i r ET. MA VAL* VLPIO. EQRV BI. FIL. VIXIT. AN. Vili. SIMV L. CONDITISA VI/ PIA PARA
»5 T I A N E . M A R I T O . ETA F I L I O E T V L P I A . V A L E R I A . F1LIA tERED ES F. G. L ' altra iscrizione consiste in un frammento d'un coperchio d' urna sepolcrale, c o n dire IIAAMTPI. £T*TX£I. M£TA. IIATPOG id est Palmyri animo b o n o es cum patre. Neil' istesso l u o g o di S z o n y - s u n u m , c h e resta dirimpetto a K o m o r n sulla riva opposta del D a n u b i o , si scavano molti laterculi portando 1' iscrizione della legione prima ausiliare pia felice. Il Marsili nel T o m . 2. p. g5. del suo D a nubio P a n n o n i c o n o n mancò di riportare, e fare anzi incidere queste due iscrizioni, ina molto diversamente dalla nostra descrizione. Egli dice che furono trasportate da Z e g n , che sembra essere 1' istesso luogo di sopra da me nominato. Nella prima osserveremo 1' interpunzione falsa fatta in m e z z o ad un sol nome, o sigla., come se si dovesse leggere diversamente. Neil' entrare nella fortezza si osservano appesi diversi trofei presi ai T u r c h i , nelle guerre contro di l o r o , e i quali consistono in staffe, sproni, ed altre cose simili, con p i ù una ruota. In un angolo pure esiste collocata una statua, che tiene nella sinistra mano uno scettro con la corona sopra, avente la mano d e stra alzata, in atto di far le fiche ai Turchi, mentre a questi n o n riuscì di poterla prendere,
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Agosto
essendo una di quelle poche fortezze, che al valore Ottomanno resistette nei tempi passati, ed è per conseguenza Comorno messo trà il numero delle fortezze Vergini. Avanti di arrivare a Comorno, si osservano dei Teph* o siano elevazioni di terreno, o monticelli fatti fare dai turchi, allorché si ritrovavano accampati, e i quali sogliono piantare i loro drappelli, motivo per cui detti vengono Sangiak-tepesì. D i questi monticelli se n e osservano per tutti i luoghi, dove i Turchi si sono portati con le loro armate. Il D a n u b i o qui è più unito, e non tanto irregolare nel suo corso, mà per l'imperizia dello Schiffmeister restammo per la seconda volta arrenati, mà presto ci ritrovammo liberi, non ostante che detto padrone fosse occupato più a squammare dei pesci per il suo vent r e , che a fare il suo uffizio, La partenza di questa mattina si effettuò 11
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Giovedì.alle quattro, e dopo un ora passammo JYezmely, e indi altri villagj detti Almas, e New dorf, luoghi abbondanti di vino; e indi Slitto, celebre questi per alcune specie di marmo rosso, e cenericcio: In Almas evvi una sorgente d' acqua calda. A mezzo giorno ci ritrovammo sotto Gran, detto Esztergom, dalla quale la voce latina Strigonum, o Istrogranumj una delle più vecchie reali città libere, e la quale prende il suo nome dal fiume-Gran ^ eh' è il Granua degli antichi, il quale entra nel Danubio dalla parte opposta, e per dove si estende anco la sua giurisdizione. In cima di un' alto monte esiste il castello,
'7 stello, o fortezza, e la quale ha subito delle varie vLcissitudini, cioè nel 1526. fu assediata da Solimano, e nel i532. dal Gritti, generale di Giovanni Sapolya, però senza alcun vantaggio, ma nel x543- il primo la prese. L'Arciduca Massimiliano venne l'anno i594> avanti di essa con 5oooo uomini, ma fu costretto di levarne 1' assedio, e nel i595- fu presa per capitolazione: nel 1604. l'assediarono i Turchi in vano, ma la ripresero però T anno susseguente. Dopo che la città di Vienna fu felicemente rinforzata, l'armata Tedesca, e Polacca marciava avanti questa fortezza; la costrinse anco talmente, e fece tanta paura al comandante che questo la rese per capitola; zione al quarto giorno, benché la guarnigione fosse forte il Carasso. Alle ore io£ riscontrammo Skekacsd, miserabile villaggio piantato alla spiaggia del Danubio, e abitato da Ungari, Tedeschi, e Raziani; e a mezzogiorno vedemmo altro mi? serabile villaggio detto Barbh, abitato da T e deschi, e situato verso il Danubio, e tutti dalla parte destra. Ad un* ora dopo mezzo giorno giungemmo a Mohacz, giurisdizione, o Comitato di Barany, grossa terra, situata in pianura non lontano dal Danubio, e dirimpetto ad un' isola, e dove le acque del fiume hanno qui scambiato di corso, con formare un nuovo letto, oltre 1' isola detta di S. Brigida. Un tal luogo è celebre per l'infelice spedizione del Re Ludovico II. nel 1526. e il quale dopo essere stato vinto da Solimano, perì in >oca distanza da un tal luogo nelle acque angose del Carasso, per essere stato dal suo cavallo gettato a terra, e soffogato.
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27 E pure celebre per la grande vittoria avuta contro i Turchi l'anno 1687. Qui per altro ci riposammo alquanto, e non si osservano se non cattive abitazioni con alcune chiese: un reggimento di soldati eravi accantonato. Il luogo abbonda in grani, e i n v i n o ; mà in questo, anno la raccolta era stata scarsa. Alle ore 2§ partimmo da Mohacz3 e continuammo il nostro corso iìno alle ore con fermarci all' isola Battina* e dove la mon-r tagna detta Harschan* ci restava a destra, essendo alta, di figura conica, e isolata, compresa nella contea di Barànya , e intorno alla quale sono piantazioni di viti. Lasciata 1' isola alle ore 5- la quale con- s tinua lino a Battinay villaggio situato lungo bre le coste di una catena di colline, che par- Saba,°* tono dal Danubio, e si estendono da Oriente a Ponente; alle ore. facemmo posa a Monostor* miserabile villaggio, e dove con molta pena si ottenne un poco di vino. La gente, che aveva fuori delle camicie a rasciugarsi, nei vederci, d' un subito corse a levarle, temendo forse di qualche accidente : Bisogna dunque, che gli abitanti, che principiano ad accostarsi alle frontiere della Schiavonia, o non siano troppo di buona fede, oppure, che la ciurma delle barche non sia stata di quando in quando nei limiti dell' onestà. Un padre zoccolante, che mi sembrava un' Ercole all' aspetto, con una grossa pipa in mano, che gli serviva di clava, era il guardiano di un tal luogo, in compagnia di un altro sacerdote secolare.
28 Monostor deriva, come ognun vede, da Monisteriiim* mentre in tempo antico i Cistercensi vi abitavano, ma il Danubio per le sue alluvioni' portò via la Badìa con tutti i monaci. D u e anni fà si vedevano ancora degli avanzi, che ugvalmente furono trasportati, e demoliti dalle acque del Danubio. Sulla sera poi verso le ore pensammo p e r il tempo piovoso, che durò tutta la notte, di restare alla spiaggia solitaria, che seguitava ad esser piana, e bassa. Settem Partendo alle ore 5» con osservare sembre pre la riva bassa, e deserta, alle ore io. pasDomen. s a m m o JJ sotto il villaggio detto Apatiti* dalla parto sinistra, e ad un' ora il fiume Drcima, o sia il Dravus dei latini, il quale divide 1* Ungheria inferiore dalla Schiavonia. Alle ore quattro passammo di Sotto il villaggio Erdddj il quale resta piantato in cima d' una collina e dove eravi un castello, n o n osservandovisi più se non qualche avanzo di torre, od altro. E questa una Signoria dei conti de Palfy, e i quali ne prendono il titolo, e le armi. Un tal luogo è della giurisdizione della contea di Werótzey. Alle ore 6. ci fermammo sotto Dalia, dell' istessa contea, villaggio Schiavone, grand e , e situato a destra, e il ,quale è il luogo principale d' una Signoria: il medesimo appartiene all' Arcivescovo di Carlowitz. Fuori che vino, e acquavite non fu possibile di trovare altro per le nostre provision i , eh' essendo anco Domenica, la gente si divertiva, con una buona porzione d' acquavite in corpo» a ballare in un' osteria, come gli orsi.
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Un tal luogo bensì era abbondante di prone, o susine, a tal segno, che con una piccola moneta se ne aveva una buona misura. Alle ore 5. al solito ci rimettemmo in corso con la nostra barca, con osservare la riva alta dalla parte della Schiavonia. Il villaggio lunedì, di Borova è il primo, che si osserva, e in seguito quello di TVukavar *), per il passato fortezza di qualche resistenza, ora poi senza difesa, ed è della giurisdizione, o contea di Sirmio, altre volte Ducato, di Sirmio. Un tal luogo non mi fece ravvisare, che gli abitanti fossero gente tranquilla, mentre il patibolo, che restava in qualche distanza, conteneva 5» giustiziati frescamente. Bisogna dire, che questi popoli non ostante sottomessi all' imperatore, sono sempre barbari, crudeli, vendicativi, e ladri, e che per una piccola somma di danaro s.ono capaci di togliere la vita a chicchesia. Eppure il popolo è colono, e pastore insieme. In un tal villaggio, eh' è molto grande, si fa commercio di legna per ardere. Dopo un' ora si passò altro villaggio detto Sotùij e indi dopo un' altra sèmpre dalla paiate destra il villaggio detto Opatovacz, e in fine quello di Sciaren-gradin* ove si vedono avanzi di qualche cittadella, o fortilizio. Iìlok ne viene appresso, dove vi è una fortezza, con formare qui il Danubio un' isola, passata la quale restammo arrenati in faccia
*) Prende il suo nome dal fiume Vuka, che entra nel Danubio avanti d' arrivare ad un tal villaggio.
5o di Palanka, grosso villaggio, o Borgo dalla parte sinistra, non per l'imperizia del piloto, mà per il vento, e per la quantità dei raolini piantati in mezzo al fiume. Si dice questo luogo celebre per il sepolcro dì S. Giov. Capistran, discepolo di S. Francesco. Nel 1494 il Re Vladislao, e nel 1526. l'imperatore turco Solimano si resero padroni, l'uno dopo 1' altro. Alle ore 6. ci fermammo dirimpetto ad un piccolo villaggio detto Niestin, situato a destra, con andare qui la riva montuosa.
Nel fiume poi osservammo diversi pelicani, o sia pelecanus Onocrotalus *), e il mio Giannizzero ne ammazzò uno, che la ciurma mangiò, e il quale si poteva dire essere grosso, quanto un montone. 1«. Questa mattina la nostra partenza ebbe Se bre"* l u o g ° verso le ore 6. ma una folta nebbia ci Martedì, obbligò di prendere terra sotto il villaggio di sopra nominato, ma ciò durò poco, mentre in breve fu dissipata, motivo per cui messisi in cammino, alle ore 7. passammo Susik> e alle ore 8- Banostot* due miserabili villaggi, restando BegheCj in faccia del secondo, situato dalla parte sinistra. Cerevizj e Cameniz sono due altri villaggi, che si vedono, avanti d' arrivare a Peter - IVaradinrestando a sinistra Futok, o Futakj come altri scrivono. *) Il D . Townson nel suo vioggio in Ungheria pubi, a Londra 1* anno 1797. lo chiama Pelecanus Bassanus, con dirci che l'altra denominazione era falsa; ma forse egli osservò questa seconda specie, e non 1' altra.
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Futak é un borgo situato in piccola distanza dai Dnnubio, della contèa ora di Bodrogj e in una vasta pianura, con buoni pascoli, e comoda per l'accampamento dell' esercito, come gli imperiali lo fecero nel 1716. e 17.7. A mezzo giorno poi arrivammo a JYeusatz, città, che resta in faccia di Peter-VPeira diri. Neusatz, (Neoplanta) e in Ungaro Vjvidecky detta prima Peter-IVardein-Schanz_, (il forte di Pietro Warqdein,) è situata in pianura, ed è difesa da un fortilizio con guarnigione di soldati. È abitata per lo più dai Rascia™, ed Ebrei, che fanno commercio di diversi generi di Turchia, e dove fummo costretti di trattenerci tre ore, per fare la solita Visa della barca. Peterwaraclin poi dalla parte della Schiavonia, è una buona fortezza piantata in cima di una montagna, il di cui complesso è un silice verdastro, e la quale è guarnita di truppe. Ritrovasi qui un interpetre per la lingua turca, mantenuto dall' imperatore. Questa città fu presa dai turchi nel 1526. abbandonandola npl 1687. e allora gli Ungari vi messero guarnigione: mà nel 171D. il principe Eugenio nelle vicinanze di un tal luogo riportò une grande vittoria sopra il Turco. Il Danubio qui forma una specie di gomito, con diversi Isolotti, e avendo seguitato il nostro corso sino alle 6. della sera, facemmo stazione nelle vicinanze di Karlowitz. Rimessisi in marcia alle ore 6. della mat- Settemtina, a mezzo giorno passammo di sotto Kar-
52 lou iLz, sede del metropolita Rasciano. Questa è una città piantata sopra collinette, in una delle più vaghe situazioni del Danubio, essendo molto stimato il vino rosso, che il suo territorio produce. Un tal luogo è distinto pure per la pace fatta nel 1699. col Turco. L' altra spiaggia poi dalla parte sinistra continua ad essere piana, e a mezzo giorno assammo sotto Salankamen, o Slang amen, orgo situato sopra il Danubio, e dove in passato eravi un castello, o fortilizio, e del quale non si osservano se non avanzi di mura. Nel 1691. i Cristiani ebbero sopra gF infedeli una grande vittoria, ma che costò molto sangue ai primi; e nel 1716. altra azione ebbe luogo nelle vicinanze di un tal luogo. Il fiume Tissa Thais, o Tibiscus degli antichi scorga dirimpetto a Salankamen 3 e separa 1' Ungheria dal Banato. Dopo nel nostro cammino passammo altri villaggi, cioè Sondok, Bel gir, e Banoviza, nel qual' ultimo ci fermammo la sera. Avendo il vantaggio del lume di luna,
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bre risolvemmo dipartire a tre ore dopo la mezza Giovedì. n otte, ma un forte vento ci obbligò di fermarsi alle ore potendo essere due ore distante da Semlin. Il mio Giannizzero, cioè Mustafà-Agà pensò andare per terra a Semehno affine di fare la Visa delle mercanzie, e spedirsi più presto che fosse possibile per passare a Belgrado, lasciandomi padrone della barca, ma il vento continuando a ritardare la nostra marcia, allora m'occupai ad erboreggiare alla ripa
33 del Danubio, e dove vi era un' ottima vigna tenuta bassa, e sul piede di quelle di Costantinopoli intorno'al Canale. Le piante, che osservai, si riducono alle seguenti, accompagnate alcune d'una .nomenclatura Si'hiavoua, e tutte ritrovate nel luogo di no.stra stazione, detto di Banoviza, Achiilaea Millefolium, Adiantum Capillus Veneris. Althaea officinalisDivicarayi. Ailtirrhi n urn gen istifo hum. — — linifolium. Anthyllis Vulneraria. Arando phragmites ^ Trisca. Artemisia politica* Pelìn. — — vulgaris j Metla. Athauiantha Cercaria, Ballota nigra. Betula Alnus. Bidens tripartita. Biitum vulgarej Stiri. Bunias Eruca go j Ruka. Conyza squarrosa. Centaurea nigra* Glamocce. Convolvulus saepiunij Puponiza. Corn us sanguinea Sibovina. mascùla* Drenavina. Clematis Vitalbas Bela Iosa. Carpinus Ostrya3 Grabovina. Cncubalus baccif. Zirna Jagud. Condrilla capitata * Graur. Cvtisus capitatus j Zanovet. Carduus palustris j Scai. Cerastium arvense. Clinopodium vulgare,
34 Cichorium Intyhus, Vodopia. Daucus. officinalis , Stravniza. Dianthus Carthusianorum. Dracocephalum Moldavica. Evonymus -verrucosus Jacq. Smerlikka. Euphorbia silvatica, Mecieca. Euphrasia odontites. lutea. Fraxinus excelsior * Ruivina. Gallium Mollugo. Glycyrrhiza echinata, Ciacciak. Humulus Lupulus. Hieracium Sabaudum. Hypericum perforatum * Giutilova. Inula oculus Christi. J u n i p e r c o m m u n i s s Vegnia. Lathyrus latifolius, Svesaan. pratensis , Divigrasciak. Lactuca virösa, Prili-paccia. Ligustrum vulgare, Pasicca. Lonicera Holosteum , Fa go de. Ligusticum Levisticum j, Liustän. Linum luteum. Leonurus cardiaca. Lycopus europaeus. Lysimachia punctata. Mentha sylvestris, Metviza. Mespilus Crataegus , Zirniglogh. Oenothera annua. — — longifolia. Origanum vulgare, Uranilovatrava. Panicum Dactylon, Muar. Phleum pratense, Costan. Prunus Padus, Visnik. Pyrus sylvestrisj Crusca.
35 Polvgonum Persicaria* Rubus coesius, Jagognak. Rosa syls estris 3 Scipovlna. Symplìitum tuberosum.Gavès. Sambucus nigra3 Zuva. Ebulus3 A. via. Salix glabra, Verrirba. — fragilis 3 Iva. Scabiosa ocroleuca. Solivago 'virgaurea. Stachys annua* Sonchus oleiaceus. Sideritis hirsuta. Serratula tinctoria. Scabiosa arvensis. Solarium nigrum. Dulcamara. Salvia Horminium. Verbascum nigrum. Vitis vinifera sylvestris3 Zirna Losa. Verbena ojficina/is3 Caregì. Vaccinium Myrtillus* Gamisovina. Veronica pa/ustris. Vlmus campestris 3 Brestovina. Vrtica dioica 3 Copriva. Xeranthemum antiuum. Dopo ciò alle ore 4- pomeridiane pensammo di partire, e alle ore 8« arrivammo a Semelino, non ostante tutto il vento fresco, seguitando la spiaggia destra sempre alta, e bassa la sinistra. Le porte di Semlin attaccate a tante palizzate erano chiuse, onde non potemmo entrare in città; ma la ciurma della barca aveva bisogno di ristoro, che a forza di suppliche, G a
36 e preghiere, fu aperto tino sportello, per far venire del pane, e del vino, il che fu di grande consolazione per gli affamati, ettem Tutte le barche, che passano, per andare bre a Belgrado, bisogna, che facciano qui l'ultima Venvisa* e se per sorte i visitatori trovano del danaro imperiale, è sottoposto ad essere confiscato, non essendo permessa l'estrazione; se non sono i Talleri di Maria Teresa, che si spediscono in Cospli, come articolo di commercio, e i quali h a n n o corso per 1' imperio turco : Contuttociò si rimettono molti vecchi Mariascen o Sicbenzehnj o siano pezzi di 17. Kr'euzer, o quarantani, che vengono squagliati nella zecca di Costantinopoli, per coniarne piastre, e para col Tura del G. Signore. Voleva seguitare il mio corso sulla barca insino a Belgrado, ma siccome due Ortà, o compagnie di Giannizzeri si erano ribellate, l'una contro l'altra, con produrre una grande sedizione in Belgrado, mi convenne mutar pensiero e fare sbarcare i" miei bauli a Semlin, come feci, andando a stare all' aquila nera. Molti Moravi fabbricatori di panni, che si ritrovavano sulla barca, per andare in Valachia, presso l'Hospodar Ypsilandi, mediante Ja negoziazione di un certo Raguseo, e di un Didascalo, non potettero qui passare, mentre fu loro proibito il proseguire il viaggio per il Danubio, e ai quali convenne prendere la strada p e r l a Transilvania, eh' era la più sicura, e dove 1' intelligenza alle frontiere era stata data in favore de' medesimi. Io non mancai d'insinuar loro, che sarebbero stati ingannati, e che tutte le belle prò-
57 messe n o n sarebbero nulla, e c h e alla fine non troverebbero pane da mangiare *). Semlin j b o r g o situato nelle vicinanze di Belgrado, e al confluente della S a v a , e d e l Danubio resta in un' ottima situazione, per il suo Lazzeretto, mediante le m e r c a n z i e che vengono trasportate dalla T u r c h i a , e le quali sono sottoposte a fare c o n t u m a c i a , c o m e p u r e i passeggieri che v e n g o n o da tali parti sospette, sia anco dal vicino Belgrado, l u o g o spesso, attaccato dalla peste. Il generale d' Essek. n e ha la giurisdizione, ed i suoi ordini ricevuti, o emanati dalla corte di Vienna passano al c o mandante di S e m e l i n o , che era il Sig r . Barone de Stourm, e il quale li comunica al direttore del Lazzeretto, dal quale fui invitato a p r a n z o per più volte, nel t e m p o del mio soggiorno in Semelino, che mi fu forza di continuare, m e diante li sussurri di B e l g r a d o , fino al di 21. non ritrovandosi neppure pronta altra barca, per andare a Rusciuk. Il direttore, nel parlare dei quarantinanti, che si r i t r o v a v a n o , mi disse, eh' era arrivato un Sig r . Inglesej per n o m e James W o s l e y proveniente dalle I n d i e , p e r la via del C a i r o , e di Costantinopoli. N o n mancai di fargli una visita, e p e r tutto il mio soggiorno, fu l'unica, e r e c i p r o c a conversazione in un l u o g o m o l t o miserabile per un viaggiatore.
*) D i s p i a c e m i , c h e la m i a mentre il p r i n c i p e f u d e p o s t o , malamente c o n s i g l i a t i a portarsi mamiatture di p a n m f i c i o f u d e l
p r o f e z i a e b b e t u t t o 1' r i l e t t o ; i s u o i figli f u r o n o i n d o t t i , o a V i e n n a , e il p r o g e t t o d e l l e tutto lasciato da parte.
38 E r a questi quello che aveva tentato di venire a S u e z da fiombey, cori m e r c a n z i e delle Indie, m a che mediante le ultime deliberazioni della Porta, era proibita la navigazione del mar r o s s o , per il porto di Suez, o n d e fu arrestato in Cairo dal governo, e fu ritenuto in prigione, con soffrire molti danni, ma che spedito a Cospli, allora l'ambasciatore d'Inghilterra avend o avuto avviso di un tal p r o c e d e r e , giunto in porto alla scala franca, si portò col primo d r a g o m a n n o a b o r d o del bastimento, lo rec l a m ò , c o m e suddito di S. M. B. e lo sottrasse dalle mani della giustizia turca, e l'istessa notte Io f e c e partire per V i e n n a , e L o n d r a *). Un certo M a t t i o , oriundo di T i n o , isola dell' A r c i p e l a g o , e il quale era stato m a e s t r o di C a s a sotto T o u g h u t , allora Internunzio a C n s p l i , era venuto p^r a c c o m p a g n a r e un tal v i a g g i a t o r e , con c o r r e r e la posta a c a v a l l o , e servirlo d'interpetre, e s i c c o m e lo aveva già conosciuto in P e r a , non e b b i difficoltà di fare partita insieme, e di ritornare in Costantinopoli, m o l t o più che non p e n s a v a di finire la quarantina col s u o Inglese. In c o n s e g u e n z a di ciò ci m u n i m m o di un Bujurtì del P a s c i à di Belgrado, il q u a l e si ottiene p e r m e z z o del C o m a n d a n t e , con man*) Allorché io fui a B a s s o r a , il medesimo si ritrovava a Moskat, trattenuto mediante i corsari francesi, e che scrivendo a Mr. L a T o u c h e , diceva, che provava un' eccessivo calore, con paragonarlo a^quello dell' interno, e rio dalla cattiva situazione di Moskat. E certo, che quello che provai io stesso, non era minore di lotza, e chi avrebbe detto, (he dopo un' anno sarebbemo stali se non nell' istesso luogo, almeno sotto l'istessa zona.
39 dare il suo Dolmetscher* o sia dragomanello, eh* era un greco di Belgrado, che mediante tre piastre turche, il passaporto fu spedito, e pronto. Allora domandai al direttore, di poter far passare tutti i miei bauli per la porta del Lazzeretto, e di andare a stare la sera con Mr. Wosley e la mattina dopo aver fatta una buona colazione, partimmo per Belgrado. Mr. Wosley ebbe la bontà di venire ad accompagnarmi insino al battello turco, essendo permesso a' quarantinanti di spasseggiare fin' alla riva del fiume Sava, eh' è il limite della imperio, e la Turchia da questa parte. Il dragomanello non mancò di farci subire una piccola avanìa, per due battelli, che avevamo fatto venire dal Belgrado, per prendere il nostro bagaglio, e condurci, mentre fummo costretti di pagare otto piastre turche, prezzo troppo eccessivo. E vero che il tempo non era dei migliori, e le acque del Danubio erano agitate come quelle del mare, in tempo di un forte vento, che in verità incutevano timore, molto più che la Sava sgorgava velocemente, a motivo delle grandi pioggie, che cadute erano. Per altro in un' ora di tempo ci ritrovammo giunti a Belgrado, e siccome vi era un naviglio pronto per Rusciuk, così pensammo prima di mettere sul medesimo tuttociò, che ci apparteneva, e dopo entrare in città, ove andammo nel Consul-Khan, luogo ove dimorano tutti i corrieri che vengono da Costantinopoli con le lettere dei diversi ministri etc.
4o Il l u o g o è d e t t o Consul-Khan, p e r c h è u n c o n s o l e greco è q u e l l o , che !" abita, per le d i f f e r e n z e del c o m m e r c i o t e d e s c o , che si fa p e r il D a n u b i o , consistendo in v e t r a m i , cristalli, e f e r r a m e n t i , e chincaglierìe di tutte le specie. T r e ragioni poi m ' i m p e d i r o n o di p o t e r f a r e q u a l c h e osservazione i n t o r n o a B e l g r a d o : u n a la p o c a sicurtà per la citta, p e r la ribell i o n e dei Giannizzeri: 1' altra p e r la pioggia c o n t i n u a , e la terza per esser a l q u a n t o indisposto. C o n t u t t o c i ò a c c e n n e r ò q u a l c h e cosa, $ e r q u a n t o h o p o t u t o v e d e r e da l o n t a n o . Belgrado, d e t t o \ l b a g r e c a , è m o l t o cel e b r e nell' istoria, e nelle guerre, c h e h a sos t e n u t o , ed era riputato il riparo, e f o r t e dell' U n g h e r i a . E diviso nella sua fortezza piantata in cima della m o n t a g n a , e c h e d o m i n a la città d e t t a dell' acqua, o sia IVasserst.adb, e quella d e i Rasciani. Nella fortezza poi vi resta u n Giannizzero-/Vgà c o n molte O r t à , o c o m p a g n i e di G i a n n i z z e r i , ed un S e r d à r , o sia c o m a n d a n t e d e l castello. Il Pascià è quello p e r il civile, oltre u n M u f t ì , per la giustizia. L e fortificazioni f a t t e a t e m p o del princ i p e E u g e n i o f u r o n o d e m o l i t e ; e si o s s e r v a n o a n c o r a dei bastioni, e delli cdifizj degli i m p e r i a l i , oltre q u a l c h e chiesa d e m o l i t a , essendo s t a t e le altre convertite in Moschea. I greci poi s o n o molti a motivo del c o m m e r c i o , e i quali h a n n o più chiese. In egual n u m e r o sono p u r e gli Ebrei. II vivere è a b u o n m e r c a t o : m a la situaz i o n e è cattiva, e l'aria è pessima: dalla p a r t e d e l D a n u b i o è impossibile in t e m p o di piog-
4i già di p o t e r e andare alle barche, p e r li ristagni d'acqua. L a città dentro è di bratto aspetto, e niente impegna il passeggiere a rallegrarsi di un tal s o g g i o r n o , se non è 1' utile per il negoziante, il quale non cerca bel soggiorno, m a dei buoni profitti. Fatto l ' a c c o r d o c o l Reis del n u o v o naviglio, p e r il p r e z z o di 20. piastre turche per il nostro passaggio insino a Rusciuk, e contenti del medesimo, a tal segno c h e s' impegnò di farci la c u c i n a , purcitè mangiasse ancor' esso con noi, il che fu accordato c o n reciproca sodisfazione; o n d e non aspettavamo se non il m o m e n t o della nostra partenza, per allontanarsi da un l u o g o sì o r r i d o , e p o c o tranquillo, c o m e lo s o n o in generale tutti quei di f r o n t i e r a e d infatti verso il m e z z o g i o r n o 24.^ lasciammo Belgrado, c o n salva di pistolettate, bre fatta da varj Giannizzeri, c h e passavano a Domen. Widin suiy istessa barca, e la quale è c o m e , una F e l u g a , piatta peraltro di s o t t o , c o n l a sua camera a p o p p a , e c o n l e sue vele, secondo il vento. Wisriitza è il primo villaggio c h e incontrammo, distante un' ora da B e l g r a d o , e c h e dopo non trovammo se non spiaggia deserta, e alta, dalla parte destra, e piana dalla parte sinistra, e a v e n d o potuto fare otto ore di cammino, ci f e r m a m m o la sera nelle vicinanze di Bissargik. Avanti giorno continuammo il nostro cor- . •
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so, c o n ritrovare p o c o d o p o tiissargik (castelletto) l u o g o c e l e b r e p e r le guerre fra la Porta, e gì' Imperiali, restando distante 9. o r e
Settem-
brp Lui,edl -
42 da Belgrado, e dopo 3- ore con vento favorevole giungemmo a S e m e n d r i r o Semendria, capitale della Servia, e fortezza costrutta all' antica. Eli' era altrevolte sede vescovile, e di qualche considerazione. Nel i4?)8- e 1690. i Turchi e nel ii>88- e I 7 ' 7 - fili Ungari la pres e r o , e ripresero, ma alla line rimase ai turchi; e nei Zecchini turchi dei Sultan si ritrova la data di Sarnc/idric-Kalessì, per essere stata dai medesimi conquistata, e battutovi moneta. 11 vento poi essendo sempre favorevole, s'entrò in un piccolo pelago d'Isole, o Isolotti, componenti l'isola Ostrovci, con tenere il nostro corso per Z a r a Nemciasca_, come in Vallaco vien detto, cioè dalla parte dei tedeschi, per altro non mancammo di arenare, ma dopo una mezz' ora fummo liberati. Alle ore a. passammo di sotto un castello detto T ^ j - R a m *), fatto costruire dagli imperiali, e dirimpetto dalla parte del Banato resta U j - P a l a n k a **), eh' è un grosso villaggio e * ) V i e n d e t t o J'j-Ram, c i o r il n u o v o Ram, p e r d i s t i n g u e r l o d a l v e c c h i o Ram, r i c o n o s c i u t o p e r e s s e r e il l u o g o d e l l ' ant i c o / ìminacìo , e n o n a J'Vidin, c o m e d a altri fu c r e d u t o . *") l'j J'alanka s i t u a t a r e s t a a l l ' i m b o c c a t u r a d e l f i u m e ¡taraseli sul D a n u b i o in i m a p i a n u r a a s s a i fertile e v a g a ; e d o v e s i r i t r o v a n o d e g l i s t a b i l i m e n t i e c c e l l e n t i per lar q u a r a n t i n a , c o n p o s t a , e cambiatura di cavalli. N o n m o l t o l o n t a n o s o n o le r o v i n e d e l c a s t e l l o K o r o m , a s s a i n o m i . i a t o n e l m e d i o E u o , e d a d d o v e si v e - ' o n o d e l l e strad e fatt< d a i R o m a n i , i n t a g l i a t e n e l l e r o c c h e , c h e si t r o v a n o lung o le rive d e l fiume Moldava e Kolumbaz fino a Taktalla e Polcn'ìno. N e i l ' a n n o 1657. P r , ; s ° q u e s t o p e r a s s a l t o dal g e n e r a l e i m p e r i a l e R a b i i t i n , c o n aver fatto i n d i f l e m o l i r e le f o r t i f i c a z i o n i , c h e i T u r d i i rifecero, d o p o a v e r l o r i a c q u i s t a t o p o c o d o p o u n a tale presa, N e i l ' a n n o p o i 1716. fu r e s o al g e n e r a l e i m p e r i a l e M e r c y , e d a f f a t t o d e m o l i t o d a i T u r c h i n e l 1738-
43 dove il Danubio viene a ristrìngersi, con essere la riva montagnosa da ambe le parti, e continuando la nostra navigazione insino a sera, allora ci fermammo vicino ad un villaggio detto Ipek, contando d'aver fatto 18. ore per acquà, con restarne 102. insino a Rusciuk. D u e ore avanti giorno ci rimettemmo in Seta®m marcia, e passato il villaggio Ipek, e indi al- bre tro villaggio, allora dalla parte sinistra si lia Mar,edi la città di Moldova , situata in pianura, dovecchè dalla parte destra si hanno alte montagne. Q u i il Danubio è molto stretto, e nel mezzo vi è uno scoglio detto Papagaj, e dalla parte destra un' antico castello detto Kolumbaz, e dai turchi Ghiuverginik, il che viene a significare 1' istesso nelle due lingue, cioè Colombajo, l u o g o , dove restano annidiate le mosche cosi dette, e tanto perniciose agli armenti, e delle quali se ne farà qui appresso menzione. Un tal passo è molto pericoloso, essendo il Danubio rinchiuso da alte montagne: Il luogo pure è sospetto, a motivo dei ladri, onde pensammo di girare di bordo per il cattivo tempo, che di fermarci in un luogo deserto, e poco sicuro, in tempo di notte. Frà quelle montagne boschive non mancammo di vedere delle capre salvatiche, e dove anco a basso del fiume prendemmo una nidiata di Germani, o di anatre salvatiche. A sinistra poi vi sono tre buche nella rocca, ove vi fanno stazione le Camusce, che sono una specie di m o s c h e , e che quando escono a brandii, sono molto nociva agli ar-
44 menti, e bestiami, non che agli uomini per la loro affluenza. Di questi insetti ne fu parlato a lungo dal D r . Grisellini nella sua des. di Temisvar, nella lett. \ i . indirizzata allo Scopoli P. II. p. i2-\ con data di Temisvar de' rre ed, infatti alle* ore n . fu dato di piglio ai rea at0 ' mi, con riscontrare poco dopo la nostra partenza un' isola detta Sicciàn-Aclasì, cioè 1' Isola del topo. E qui dove vi sono delle Gardet o Tese per la Morona, cioè per il pesce detto Huso dai latini, eh' è una specie di storione, come pure per molte altre parti del D a n u b i o , e il quale è di una grande utilità facendosene un grande commercio, dopo eh' è salato, e il quale si sparge per molti luoghi, e anco per Costantinopoli, essendo un cibo, ordinariamente per li Greci, e altri popoli cristiani nei loro giorni di magro. Si ragguaglia ogni grosso pesce che si prende da otto piastre l'uno, e si conta che in ogni, tesa se ne può prendere da io. inaino a 20. e la migliore tesa è quella del Sicciàn - Adasì. I Turchi di Costantinopoli non sanno parlare, generalmente parlando, se non la loro lingua-turca, e la plebe il loro Kabakt cioè il linguaggio il più comune, con le espressioni basse, e triviali.
5t Le persone polite, e civili, e quelle che hanno avuta qualche coltura, e stati sotto buoni Koggiàj o maestri, allora hanno un' altra maniera di parlare più tersa, e scelta, come alla corte del G. Sig. tutti i cortigiani, e i Signori in dignità parlano il turco mescolato o arricchito di termini arabi, e persani, non che d' espressioni, e concetti presi dalle due lingue, che soglionsi insegnare, e apprendersi nell' istesso tempo. Ma i Turchi, che abitano tali contrade di frontiere composte di diverse nazioni, non. mancano di sapere le lingue diverse, che vengono parlate, cioè la Bulgara, Bosniacca, e Valaca, e si può dire, che dal Belgrado sino alle bocche del Danubio sanno molti spiegarsi in tali linguaggi. Onde per dire qualche cosa della lingua Valaca, accennerò alcuni termini che relazione hanno alla nostra navigazione. Il celebre Grisellini nelle sue erudite lettere sopra li popoli Dacj, non mancò di darci molta istruzione sopra la lingua Valaca, e più d'ogn' altro Samuel Klein de Szad, e Giorgio Gabriele Sinkai, ambedue dell' ordine di S. Basilio, con l'Elementa Linguae-Daco-Romanae, seu Valachicae. I termini, che ho messo insieme si riducono alli seguenti. Timone, Kirma. Timoniere, Kirmaccio. Lancia, o Scafo, Uranze, Remo, Lupai. Remi lunghi, Stìcciole. Bozzello, Macarali. D 2
5» Scopa mare, Ploccone> i Turchi hanno l'istesso fermine. Vela maestra, Ciembèn. Scotta, Ghiungicco. Scala, Skele. Albero della nave, Dricco. Stanga, Rajea. Bandiera, Stracco. Barca, Ghemiè 3 termine turco. Barca piccola, Ciatno. Remare, tragere lupat. Batte venta in puppa, affatto termine italiano. Se darnu Elchiemi_, facciamo vela: Elkien3 per vela, è preso dal turco. Si va a orza, se merge a riuorza. Soffia vento da prua, Batte ventu, da naen~ ta 3 cioè d'avanti. Soffia vento d'Est, Batte ventu d'Osciava. Soffia vento da ponente, Batte venta d'insusu. Soffia vento Etesio, Batte venui de Chible3 i Turchi chiamano .Kible, l'istesso vento. Soffia vento di Sud, Batte •ventu de Vornacu. Vortice, Vortèce 3 preso dal latino Vortex. Tre ore poi lontano da TViddin si riscontra altra piccola isola detta la Canapa. Alle ore 4* passammo di sotto il villaggio turco Riccerre, dopo il quale si ritrovano due isolotti, uno dalla parte, sinistra detto JDessaj e 1' altro Scommìa3 con giungere alle ore 6. al villaggio detto Plavikièns abitato da Sirbi, o Sprviani, e dove mangiammo dei buoni meloni o cocomeri gialli, e i quali vengono in abbondanza intorno a Widdin. Dopo ne viene Caralumù, altro villaggio, che lo passammo di notte, essendo distante 12. ore da TViddin.
53 Essendo il vento favorevole» e con bel » i
1
Ottobre
tempo, continuammo la nostra navigazione Domeper tutta la notte, e all' alba ci ritrovammo alla lingua di Zibru *), luogo detto Maìtepèt distante tre miglia da Caralumii * e quattro da Zibru* il quale è un Cassabà, che fu bruciato dai Russi, e che fu dopo rifatto, vedendosi ancora un Minarè d' una m o s c h e a , scapezzato. D o p o la levata del sole avendo il vento cessato, ci ritrovammo in calma, senza troppo avanzare, mentre alle ore due giungemmo ad un villaggio Valaco detto Nidiè* dove il fiume cosi denominato vi passa vicino, con scorrere dalla parte sinistra. Dirimpetto resta la Cotuslui con un isola dopo, e il luogo era abbondante di Rhus Colinus , che in Valaco si chiama Scompiè. Alle ore 3- passammo Orava **), che fu un castello t e d e s c o , e dove restano tuttavia avanzi di qualche muro. Grande è stato il passaggio delle cavallette, a tal segno, che venendone molte a cadere nel Danubio, la riva, o il greto era talmente ripieno, che per la loro putrefazione, tramandavano un gran fetore, aumentato d a molte pecore, e bovi morti, mediante una forte epidemia, che ha regnato per la Servia, e Valachia, e più d'ogni altro a Zibru , dove i possessori hanno perso molto, per un tale disastro.
*) Sembra il C e b r u m d'Antonino. " j Potrebbe essere la Variano, dell' Itinerario.
54 Dalla parte sinistra resta dirimpetto ad Orava, un villaggio detto Jatomizza dove scorre un grosso fiume così detto, e il quale passa in mezzo della Crajova. Orava poi resta piantato sopra colline, ed è un Cassabà abitato da Turchi, Sirbi, ed Ebrei. Alla spiaggia si osserva un edifizio con due cupole, ma rovinato, e che naturalmente era un bagno pubblico. Dopo Orava si ritrova un' isola detta Salonoizza* e indi un villaggio rovinato a tempo delle guerre dei Tedeschi, detto Tasclik in turco, e Covricce in Valaco, con giungere la sera alle ore 9. ad un Cassabà* detto Radine, ove vi è un fortilizio, contandosi 6. ore di distanza da Orava, andando sempre la spiaggia dalla parte destra alquanto con colline, e quella della Valachia, piana, ottobre Lasciando di buon* mattino Vadìrte, dopo Lunedi. 2. ore di corso, ritrovammo Besliè, villaggio Valaco, e il quale fa bruciato dai Russi, non ©sservandovisi ora se non poche capanne. Qui facemmo qualche provisione, e specialmente di vino, che da molto tempo ci mancava. I marinari pure erano scesi a terra, e siccome erano Valachi, così avevano piacere di fare un brindisi a Bacco co' i loro simili, ma il nostro Reis vedendo, che si trattenevano più del solito, finse, che della gente alquanto sospetta veniva a levarci il timone della barca, e in questa maniera li fece correre sollecitamente a bordo, trovandosi delusi dal loro accorto Reis. Dalla parte sinistra poi lontano alquanto
55 dalla riva vi è un grosso villaggio detto Sadova, e Ce/ij è pure un' altro grosso villaggio distante due ore dall' altro. E anzi Capitanato, e dove per qualche tempo restò accampato 1' esercito Russo. Diversi altri quattro villaggi si osservano d o p o , situati pure alla spiaggia sinistra, essendo li due ultimi Verde, Islhs, con diverse isole, che le acque del Danubio formano, continuando la riva destra essere alta, e pietrosa. Seguitando così il nostro corso, alle ore 3. passammo a destra Nicopoli, detto in Turco Niebul, o Nigheboli, dove dirimpetto scorre il fiume Olta, 1' Alutha degli antichi osservandosi il villaggio la T u r r u j così detto per esservi molte Kulè , o torri sparse in quà, e in là. In turco un tal villaggio vien detto Kulè, significando 1' istesso, che in Vaìaco. Nicopoli, poi resta in un vallone, e lungo la riva del Danubio ; a ridosso tiene una montagna, nella di cui cima vi è un Forte, Nicopoli fu cosi detta, e chiamata, non che fatta edificare da Trajano, dopo aver disfatto, e vinto Decebalo. Sotto li greci fu sede Vescovile, e dopo metropoli. Neil' anno 1395. li Turchi riportarono una grande vittoria, e trucidarono molti Cristiani, sotto Sigismondo Imperatore. Presentemente è abitata da Turchi, e Greci, ed è residenza d' un Pascià. Roma tiene un Vescovo in partibus, il quale fa la sua residenza a Rusciuk, essendo in tali parti molti cattolici. Lungo la spiaggia si osserva la strada se-
56 polcrale, e nella rocca compariscono i vacui delle diverse iscrizioni. Una tale spiaggia alquanto alta va abbondante di Rhus CotinuSj l'uso del quale se ne parlerà nel decorso di questo giornale. Dopo Nicopoli si trova un' isola, e indi si hanno i villaggi Bebina
t
Fistok
Olivina*
restando quest' ultimo dirimpetto all' isola di Balta* detta in turco Ghiòl. Avanti poi di arrivare à Rusciuk* ultima nostra stazione s' incontra Sistovi* e dopo PirgoSj e certi avanzi di mura detti DilikChaja* ed un isola Coan/ik denominata, oltre altro luogo chiamato Devè-tasti, cioè pietra del Camelo * eh' è vicino a Rusciuk > dove )( * - b arrivammo verso le ore n . sparando diverse Ma«, fucilate per il nostro felice arrivo, ma il luogo all' incontro risuonava da pertutto Jumurgiak* Jumurgiak*
c i o è peste y peste.
Con tale cantilena alquanto funesta, il primo nostro pensiero fu di trovare degli Araba s o carri per andare a Varnat e caricare nell' istesso tempo le nostre robe, ed altro, che per il gran bagaglio d'ambedue, fummo costretti di prenderne cinque, che pagammo a ragione di piastre sette 1' uno. In questo frattempo, lasciando la cura a Mattio di far caricare i miei bauli, ed esso le sue mercanzie, che aveva preso a Sem/in* non mancai d' andare nel Chan- Celebì* dove sapeva, eh 3 vi era il Sigr. Michel Peiger, neoziante tedesco ivi stabilito, ma lo trovai arricato nella sua abitazione contro la peste, e a tal segno che aveva molta difficoltà di riceverai. Si vede, che si era ritrovato per la
f
57 prima volta in un luogo attaccato dalla peste; ma lo persuaderti, che doveva io più temere, eh' esso di m e , giacché egli dimorava in un luogo già sospetto, e sporco, e che io ne veniva s a n o , e che piuttosto la paura doveva essere la mia, s e non sapessi, quali sono le precauzioni a prendersi nel camminare, e nell* evitare le persone per strada: p e r i i che convinto, ma con molte difficoltà, alla fine levò la barriera, e mi dette pratica, con farmi refocillare un p o c o , che ne aveva di bisogno. Tranquillizzato il mio buon negoziante, dopo qualche tempo presi congedo dal med e s i m o , con andare a fare una visita al Vescovo di Nicopoli, per nome D. Paolo Dovanlia, uomo alquanto avanzato in età, e di morigerati costumi, c o m e deve essere un Vescovo, e il quale era obbligato di condurre una vita ritirata, e il quale non messe tante difficolta, per ricevermi, come ne fece il negoziante ted e s c o , perch' esso era già pratico della maniera delle precauzioni da prendersi in tali accidenti. Come uno vede, si può fare visite, e percorrere una città, dove vi regna la peste: Certamente chi non ha idea di un tal flagello, Scanto, la paura, il timore, il ribrezzo, e lo come dicono i Siciliani, possono tutte queste cose fare soggiacere qualunche individuo, ma posso diré, che la peste in Turchia, allorché regna, non è sottoposta ai cordoni, e ai rigori militari, che non sono di veruna efficacia, ma è rimesso ad ogni individuo di aver cura di conservarsi, come ebbi luogo di parlarne in altre occasioni, in un trattato a
58 parte, nel dare la relazione della peste, che regnò nell' anno 1778. a Costantinopoli. Un tal contagio che qui regna, si crede proveniente da Adrianopoli, cora' è naturale, mentre in quella citta la peste ha fatto qualche strage, comunicatavi da Costantinopoli, e la quale data sempre dalla grande peste dell' anno 1778Uscito dal Vescovo, e osservato avendo, che Mattio aveva tutto preparato per la partenza, allora verso la sera questa ebbe luogo, ma un accidente m* arrivò, che in tempo di peste, certamente non poteva essere di grande piacere ad ognuno, mentre mi convenne trottarmi in una camera d'un' Agà turco, circondata, e ripiena di altri Turchi, Guardie, e Ciocadari. Bisogna sapere, che io era vestito alla Tartara, ma che Mattio restava co' i suoi abiti all'Europea, o alla Franca: Ciò mosse qualche sospetto, o curiosità all' Agà del luogo, nel passare accidentalmente sotto la Sua residenza distante dalla città, onde non sapendo che pensare, gli venne voglia di farci chiamare, per vedere se poteva angariarci, se p.eir accidente non fossimo provvisti d'un passaporto. Bisognò obbedire, e andare dall' Agà, per vedere cosa aveva da dirci: Il suo scopo era di farci pagare Charac* o la tassa, alla quale sono sottoposti tutti i Rajà del G. S. al che molto m' opposi, con persuaderlo, che i Franchi non erano sottoposti a ciò, ma che èrano liberi di percorrere tutto 1' imperio turco, e che per questo non mancava d'aver' un comandamento del Pascià
59 di Belgrado, oltre il mio passaporto preso nella cancelleria (li Vienna. Ma egli non voleva in»tendere ciò, ma eli' era necessario un firmano del G S. Gli risposi che non veniva da Costantinopoli, ma che doveva prestar fede a quello dell' imperatore di Vienna, che nel mostrarglielo, mi disse, che non sapendolo leggere, non poteva affermare, che fosse il m i o : Allora per convincerlo, gli replicai, che i Franchi avevano sempre dei dragomanni, meravigliandomi, eh' essi non tenessero l'istesso sistema, per intendere, e conoscere gli aifari; ma che per sincerarsi, doveva mandare nel ChanCelebì, per fare venire il dragomanno, che teneva il Sig r . Michele Peiper; allora l'Agà vedendo, che non poteva più mordermi, si messe a ridere, con ordinare, che ci dessero la stradas cora' egli disse, cioè che andassimo per i fatti nostri; e che nell' uscire, intesi, che l'Agà aveva ciò fatto, per tenere divertiti due suoi piccoli figli. D o p o una tale Scena, andammo a raggiungere i nostri carri, o sia la compagnia dei negri, mentre erano tirati da Bufali, e la nostra Carovana consisteva in g. carri. Posso dire, che dopo aver tanto camminato, non eramo lontani da Rusciuk se non un miglio, e mezzo, nel tempo «che mi sembrava d' averne fatti da una ventina; ma il Bufalo con il suo passo lento, non avanza più d'una testuggine. Non passammo se non un villaggio Bulgaro detto Kulè_, per esservi in disparte degli avanzi di qualche torre, restando situato in un vallone, la di cui separazione è formata, o com-
6o posta di pietra Calcaria e di pietra detta Sereria. Lontani così da Ruscìuk un miglio e mezzo, l'ora essendo al ¡uanto avanzata verso la sera, -pensammo di riposarci ad un buon Wirthshaus* luogo detto alla bella stella, e dove ognun prese la sua camera a suo piacere, adattandosi a dormire sopra un naturale verde tappeto, con questo di buono, che la mattina non era veruno obbligato di contare al Keller cinque grossi per la camera. Quando si viaggia in Turchia, bisogna contentarsi di tutto, e di non cercare gli agj, e le comodità, queste non si ritrovano, nè si possono ottenere, quando si vogliono. Bisogna fare quello che la Garovana fa, non ostante, che io potessi dormire nel mio carro eh' era anco coperto, ma era sicuro, che dormendo all' aria libera, mediante l'aria asciutta, e non umida, non poteva prendere alcuna malattia, allorché uno è ben coperto co' i suoi abiti, e mantell: di viaggio alla turca. Ottóbre ^a m a t t i n a due o r e avanti giorno la comMerco- pagnia dei negri si riunì ai loro rispettivi carri ledl " e dolcemente camminando, passammo un grosso villaggio turco detto Kadì-Kiojy composto di .700. case, cioè da 300. Turche, e 400. Bulgare, e intorno al quale la piantazione delle vigne era abbondante, notando che le vendemmie erano già principiate a Rusciuk* e dove mangiai della buon' uva detta Rasakì* eh* è una specie di S. Colombano, d' un gusto e sapore molto delizioso. Seguitammo sempre il nostro cammino per luoghi piaqi, e sulla sera fu fatto Konak
Gì al solito alloggio allo scoperto* coniando d' esser lontani da Rusciuk* se non sette ore di cammino. Parimente all' istess' ora partimmo, con 5. arrivare alle ore 7. al villaggio detto Cazelva, Giovedì! ove ci fermammo. E un piccolo villaggio composto di cento case, parte T u r c h e , e parte Bulgare, essendo tutti j4.rabagì* cioè Carettonaj. Gli Ambagi,, che partono da Rusciuk per Trarrla 3 sogliono qui sempre fermarsi un giorno, per fare le loro provisioni di pane, cacio, e farinate per la minestra, e per prendere il necessario, e per fare anco rivedere, 0 accomodare i loro carri; per il che essendo obbligati di passare la notte in questo luogo, allora pensammo d'andare in una casa Bulgara, per procurare di riposarci. I nostri Arabagì la sera non mancarono di darci da cena, ed ognuno aveva portato la sua pietanza, e tutti in compagnia ce la passammo molto bene all' aria aperta, molto più, che il cielo, e la luna ci favorivano. T r à 1 commensali si ritrovava pure 1' Imam del villaggio, il quale non mancò di raccontare al solito cento istorielle, per divertire la brigata. I nostri Arabagì brava gente, e fedele, fatte le l o r o provisioni di p a n e , ed altro, e tutto allestito, ci dissero, che sarebbemo partiti avanti 1' alba, per indirizzarsi verso Karna, come f a c e m m o , lasciando il villaggio di Cazelva, e dopo una traversata di più giorni, ier questa parte della Bulgaria, anticamente a Mesia inferiore, il di 12. detto arrivammo T.7Ottobre a Vama. G.OTedì.
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62 Siccome tutto il nostro viaggio si rassembrava, ed era 1* istessa ripetizione ogni giorno della cosa medesima, così non staio ad annoiare il lettore di più, se non che in tale traversata si riscontrano li seguenti" villaggi, distanti l'uno dall' altro due, o tre ore, e prima. Ghiurunova_, UpakaBasciìhr^ Spahilar* Ghiòsek di RasgradaNasurce Boghulàr3 Adattilij, Gradiski, Kadi-Kìoj di Sciumla, Jeni-Kiojj Jeni-BasàrCassabà turco 12. ore distante per Varna; Ghiogegì* passato il quale si osserva non poco lontano dalla strada maestra una mina antica. BeyììCullubèj D e u n e j villaggio bulgaro, non distante da tyn fiume così detto, che deve essere il ZyraSj secondo Plinio. Karà-Ghiur j si passa indi un luogo tenuto per sospetto, detto Karèm-Deresì. Kadi-Kioj; si trova Tascelh^ così detto, per esservi degli edilìzi rovinati, e i quali non mancano essere del tempo degli Ungari, dove anche si ritrovalo in tali luoghi molti cimiteri, e forse da quando il Re Vladislao I. Re di Ungheria fu sconfitto, e ucciso nella terribile battaglia dell' anno i444- sotto Murad II.' luogo propriamente di miserie per la Cristianità, e reliquie di confusione. Una tale traversata fu per strade sterrate, e buone, perchè non erano peranco cadute delle pioggie, p e r guastarle, come accade nell' inverno, e allora si rendono quasi impraticabili, ma siccome i carri tengono ruote grandi, le medesime molto a]utano a premere più il fango, e a sortirne fuori. La maniera -eli ^viaggiare con tali Caro-
63 vane è molto curiosa, non che noiosa, mà per noi era la meno dispendiosa, e la più facile, poiché si veniva ad evitare il passaggio* del Baìkàtij o sia del monte Emo. Non è necessario ripetere a tutti, e dire, che il bufalo domestico è un animale, che domanda molta cura, essendo nemico dèi freddo, e del troppo caldo. Le giornate, che abbiamo avute, erano piuttosto calde, cagionate dai venti di scirocco, allora nella marcia d' un' ora, e di strada forse un terzo, bisognava staccare li bufali, e farli rinfrescare in quelle pozzanghere, e ristagni, che di mano in mano si riscontravano, il che era d' un grande perdimento di tempo. Verso le ore io. solevamo fare posa* e prendere ristoro, con quello che tenevamo di provisioni, e allora si mettevano a pascere tutti i bufali nei luoghi, e pascoli, che sono comuni, e che in Turchia si gode d'una tale comodità, senza essere sottoposti ad alcun litigio, e ' p e n a . La libertà dei pascoli per le Carovane, è di un grande soccorso. Dopo due ore, o tre di pausa, riprincipiavamo la nostra gita, con venire la sera a far Konak in luoghi sempre aperti. Allora si adattavano tutti i carri in rotondo, unendo ruota con ruota, e nel mezzo del circolo facevamo fuoco : Li bufali si mandavano a pascere, e la mattina si fanno ritornare, stando un guardiano, per aver 1' occhio, acciò non troppo si allontanino, e che non verghino rubati, come spesso succede, in tali circostanze. Accade poi, che le ruote di. questi carri,
64 che non sono cerchiate, che spesso si romp o n o , onde altro inconveniente per ritardare il nostro cammino, mentrè bisogna aspettare, che gli Arabagì le rifacciano di nuovo. Ciò è loro per altro facile, mentre hanno seco loro gli stromenti necessarj, e nel bosco, che s'incontra, si taglia il primo Albero, che viene frà mano. La parte, che traversammo, non era montuosa, anzi piana, e le terre molto seminative, e altre boschive; L e qualità delle medesime sono di terre forti, e nere: e i e pietre componenti il masso di tali parti, sono tutte calcarie. L e piante poi, che ho osservato per tutto questo tratto di paese, le descriverò da ultimo, che daranno un' idea d' una piccola Florula Bulgarica. Dell' abbondanza di tali luoghi, e della fertilità di tali parti, non lasciai di parlarne nel mio primo viaggio fatto a traverso di detta provincia, allorché mi portai da Costantinopoli a Bucoresti. Mi resta solo di parlare della città di Varna, e specialmente del suo commercio, essendo questi un' emporio, o primo scalo del Mar-nero dalla parte d'Europa. V^cirna detta così dai Turchi, e dagli Europei egualmente, si suppone, che sia 1' antica Dionysopolìs, che al dir di Plinio, si chiamava anche Crunos t dalla quale denominazione non sarebbe impossibile, che ne fosse derivato il corotto nome di Varna, o pure che Cruni, o Crunos, significando scaturigine, o sorgente d' acqua, V a m a , per nome Scitico, abbia l'istessa accezione. Un
65 Un tal territorio era anticamente posseduto dagli Sciti Aroteri cognominati, al dir di Plinio, i quali contavano Aphrodisias, Libistos* Zigere* BorcobeEumenia, Parthenopolis, e Geranio., tra le principali loro città. Journet dunque resta situata in un luogo molto avantaggioso per il commercio, godendo di una buona Baja, o rada di m a r e , dove li bastimenti possono stare con tutta sicurezza. E abitata da Turchi, Greci, e Armeni, non potendovi stare Ebrei. Anticamente leggiamo, che i Ragusei vi avevano degli stabilimenti di negozio, come pure a Husciuk* dove neppur là è permesso agli Ebrei di stabilirsi. t r a i n a è piantata sul piede d' una collin a ; tiene 1111 castello, e delle palizzate per difendersi. N el castello si conservano dei monumenti antichi, e verso la chiesa dei Greci restano degli avanzi di volte con archi, di mattoni costrutti, e i quali denotano molta antichità. Il territorio di P'arna produce dei buoni vini, essendo i Greci quelli, che coltivano le vigne, e che li manipolano. Essendo questo luogo un Emporio, come dissi, molto interessante, è anco sottoposto ad un gran Doganiere, che viene da Costantinopoli, e al quale non mancai di fargli una visita, che secondo il solito mi regalò d' una tazza di caffè, e di una pipa. Siccome Mattio aveva ricevuto dall' Inglese una buona somma di danaro, così volendo fare specolazione col medesimo, lo impiegò a Semlino nella compra di tabacco in
66 polvere, che messe in tanti barili; in miele, formaggio, ed altro, ed essendo qui dogana, bisognava pagare qualche cosa, ma il Doganiere lo tassò a cento piastre, senza voler sapere, »> informarsi di ciò, eh' egli aveva; ma date delle buone parole al Doganiere, ottenni, che si contentasse di sole io. piastre, come fece, accordando la libertà d' imbarcare la sua mercanzia, che riguardo al tabacco, poteva essere sottoposto ad esser sequestrato, e il mio buon Mattìo n' uscì fuori con poca spesa : Che brava gente non sono questi Turchi! Non crediate, che il Doganiere non ignorasse, che vi era del tabacco, anzi egli lo sapeva molto bene, ma volle contentarsi piuttosto di una tale piccola somma, che di portar danno ad un passeggiero. Il traffico adunque di un tale Scalo consiste, che annualmente vengono da 5oo. bastimenti Greci, e Turchi in questa rada, per caricate, e trasportare una grande quantità di grano, fave, e miglio. Il Kilò è di 160. Okà in alcune parti della Bulgaria, e di 120. in altre. Un cantaro di mercanzia si computa 12. para eli nolo insino a Costantinopoli, e da qui si trasportano da ^ Jeclek di burro, che sono grossi otri di pelle di bufalo, di 3. in 400. Okà l'uno. 10000. Sacchi di Case-Cavai) che viene dalla Valachia, contenendo ogni sacco da 40. forme, del peso di ir>o in 160. Oka il sacco. p.^oo. Sacchi di Pastrumà, o sia Una specie di approsciuttata Hi carne di bufalo, e di bove, preparata come le diverse sorti di mortadelle, dando a queste per lo più la for-
67 ma di un ferro da cavallo. Tutti questi popoli ne fanno grand' uso nei loro viaggi, con mangiarla cotta, o arrostita. Si conta, che ogni sacco può contenere la carne di 15. bovi, o bufali, così preparata. Il commercio delle noci è immenso, com e pure quello delle nocciuole. La foglia del cotino o scotano che abbonda spontaneamente in tali parti, si carica in sacchi, e si spedisce a Costantinopoli, servendo per tingere le pelli o cordovane in giallo. I Turchi chiamano una tale pianta Tetre, e i greci Pa^/. Grande poi è F imbarcazione delle gallin e , che si fa da questo S c a l o , per consumo di Costantinopoli, dalla quale città viene di ritorno riso, caffè, zucchero, limoni in botti> e altri generi. Nessun' edilìzio pubblico ritrovasi per conservare le mercanzie, che arrivano in Dogana, ma di mano in mano, che un carro carico giunge, si gettano dallo Scalo le mercanzie che porta, nella scialuppa del dato bastimento, e se vi sono mercanzie arrivate da Costantinopoli, per essere trasportate a Rusciuk, o in altre parti, allora l'uomo del carro le prende, e parte in conseguenza per il suo destino, ed in tal guisa il commercio è più speditiva, mentre la spedizione di transito del Doganiere, è anco sollecita, e pronta, regolandosi dalle polizze di Carico dei respettivi bastimenti. Sarebbe necessario, che in genere di commercio , le nazioni di già civilizzate imparassero da quelle credute barbare, a non essere tanto
68 complicate, e a non far perdere una giornata di tempo, per una semplice Visa. D o p o ciò presa un' imbarcazione sopra d' una Manilla gre.ca, che sono bastimenti p*^ dell' istesso taglio, e portata d'un Pinco GeDomen. novese, la sera del di i5- ci rendemmo a bor,fi do, e la mattina susseguente verso l'alba sal-
Ottobre
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Lunedì, pammo 1 ancora. Bisogna, che prima di tutto faccia la descrizione della maniera di navigare tanto dei Greci, che dei Turchi, che frequentano tali Scali. Andando la sera a bordo, per essere pronto la mattina, ritrovai il bastimento carico, e Stracarico in coverta con una grande quantità d'otri di burro: e sopra questi tanti gabbioni pieni di galline, che i Turchi vengono espressamente, per farne incetta, e portarle a C o stantinopoli, e sopra questi gabbioni distribuiti alle due fiancate restavano più di 100. passeggieri Turchi, e nell' istesso tempo i mercanti delle galline. La cameretta del bastimento era piena di Biscotto, e non ostante, che io avessi pattuito di stare al coperto, mi convenne prendere un posto sopra il piccolo cassero, e là restare immobile a tutte le intemperie dell' aria. Tale maniera di navigare, non si può negare, che non abbia del barbaro, ma i padroni dei bastimenti non pensano cosi, ma considerano, che quanto più caricano, più nolo fanno, e che per l'avarizia di un nolo di più di '20. o 30. piastre, accade, che in una burrasca spesso si perdono, oppure costretti sono di
69 gettare in mare le mercanzie, se non hanno in vista qualche porto, per potersi salvare, e correre presto, come fummo obbligati di fare la sera del dì ig. per un cattivo temporale, entrando in porto d ' E g n i a d a , (Anchialiis) eh' è l'ultimo, che si trova da Varna insino all' imboccatura del Canale dalla parte d'Europa, e dove si rifugiarono per l'istessa ragione da 26. altri bastimenti, che successivamente arrivavano. Un tal porto è ristretto in un lungo golf o , ben spazioso, e sicuro: L' intorno era tutto salvatico, montuoso, e boschivo, e non si ritrova se non una bottega a caffè, trattenuta da un t.jrco, dove praticando molti marinari turchi dalia parte di Trabisonda, gente fiera, e barbara, non stimava troppo prudente di andare a terra; contuttociò bisognava ristorarsi, mentre questi Greci non fanno alcuna provisione, a riserva di biscotto, e di oliveIl tempo essendo ritornato favorevole, la 1 1 1 ,
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Dt^Ie Mere,
Ottobre
mattina del di 2 1 . avanti I alba ci rimettem- sabato, mo alla vela, e la sera del dì 22. entrammo ^ l ì d i ' imboccatura del Canale di Costantino- Do°mepoli, con gettare 1' ancora sotto i nuovi castelli, mentre di notte tempo, sarebbe stata imprudenza di proseguire il viaggio, e anco senza di questo i bastimenti ai vecchi castelli sono sottoposti ad una visita, motivo per cui non è loro permesso di continuare la rotta di notfe tempo. Questa mattina messisi alla vela, e arri- 0 t ^ T e vati a Mavromolo, allora pensai di scendere Lunedì, dal bastimento, e di liberarmi da un tal incomodo legno, ed entrato in un K a i k , o
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battello turco, venni a Tarapiaper ossequiare il Sig r . Inviato di Napoli M r de LudolfF, dove restai a pranzo, è indi andai a Bujukd e r è j dove dimorava Sir Robert Ainslie Ambasciatore d' Inghilterra, e presso il quale tornai a restare, in qualità d' amico. Il mio compagno Mattio, il quale aveva comprato a Semlino, come dissi, mol*o tab a c c o da naso,, e messo in barili, gli riuscì di scaricarne qualcheduno, avanti di arrivare, in Costantinopoli, ma la grande porzione, che gli restava, andava risico di perderla, e di subire qualche pena, se non la manifestava, giacché era questi un articolo di contrabbando. , Il meno male era di manifestarlo al D o ganiere, ma se ciò faceva, non poteva ritirare s e non 13. para l ' O k à , e allora invece di un profitto, che poteva fare, era sottoposto a perdere la metà del suo capitale. In tale critica circostanza cosa fa egli? bisogna lasciare fare ai Levantini, che sono in certi casi ben' accorti, per lusingare il turco : Egli pensò di andare a gettarsi ai piedi del D o g a n i e r e , con raccontargli quello che aveva fatto, sapendo molto bene, eh' era contro le leggi, e regole del suo dipartimento, m a che 1' aveva fatto per guadagnare qualche c o s a , affine d' ajutare la sua famiglia, e mille altre ragioni persuasive. Il Doganiere vedendo una tale sommissione, accompagnata dalla verità del fatto, trovò il suo discorso degno di compassione, e di un subito gli promise d' aiutarlo, con dirgl i , che sulla sera gli avrebbe dato delle guardie, affine di poter scaricare liberamente
7l il suo tabacco, come f e c e , n o n costandogli se non qualche piccola riconoscenza per l e medesime, venendo indi a raddoppiare il suo capitale, com' egli rni disse. E certo, che Mattìo non aveva ben' agito, come spesso gli ripeteva, ma esso nato in T u r c h i a , e credendo in una certa maniera al destino, mi rispondeva sempre, Allah-Kierimj cioè che Iddio è grande* dicendo ciò, per conoscenza delle b u o n e intenzioni dei T u r c h i , che in certe occasioni non sono tiranni, ma credono semre- per la loro morale, di fare un' opera uona, quando possono, nell' ajutare una pers o n a , e non opprimerla. FLOP^VLA BVLGARICA. r Ligustrum vulgareJ Kiopek-Uzumì, cioè Uva canina. Crocus autumnalis. Iris Pseud' Acorus* Papùr. Dipsacus laciniatus Taraklik. Scabiosa arvensis. — — ochroleuca. Gallium luteum. Cornus mascula* Kisilgìk. sanguineaj Kiopek-Kisilgìk. Lithospermum officinale* Cusce-DaresL — — purpuro -coeruleum. An c l n s a officinalis. Echium italicum. Plumbago europaea. Cerinthe vulgaris. Verbascum Thapsus. Physalis Alkekengi* ICirmisì-Kosà. Datura Stramonium.
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Solarium Dulcamara. Solarium niqrum. Rhamnus Paliurus. Vitis vinifera sylvestris, in italiano Abr ostina. Ulmus campestri^, Karà-Agacce. Heracleum Spondylium. Spseli fhppornarathrum. Rhus Coiimis , Tetre. Viburnum Lantana, Ghermescè. Delle sue mazze se ne servono i Turchi per farne-canne da pipa, per fumare, ma le migliori sono stimate quelle, che vengono dalla Bosnia. Linum usitatistimum, 3 colitur. — hirsutum. Asparagus officinalis. Berberís imlgaris. Colchicum autumnale. Alisma Piantalo. Polygonum orientale, colitur. — — Fagopyrum. — — Convolvulus. Cercis Siliquastrum. Dianthus Carthusianorum. Agrimonia Eupatoria. Prunus Mahaleb, Karà-Bojà. Questi popoli, e specialmente i Turchi si servono delle mazze di questo albero, per farne delle canne da pipa. Il seme si sparge sul pane, che gli da un grato sapore. Di questo, se ne raccoglie molto, e si vende da 16. para 1' Okà, essendone molto richiesto per 1* Egitto. Se ne fa anco una pasta, eh' è buona per conservare i denti, o per il male dei medesimi.
73 Prunus spinosaGhuèm. Crataegus Oxyacantha* Jemiscene-Agagì, albero di mangime. Mespilus slmelanchier j Karà-Alicce,, cioè Lazzarole nere, per essere il frutto simile ad una piccola Lazzarola nera, ed è di qualche gusto, mangiandolo. Rosa sylvestris. — puntila. Rubus fruticosus. Clematis vitalba* Karà Baghlà. Helleborus nigervel potius ver us. Teucrium Iva. Polium (a). Nepeta Cataria. Stachys sylvatica. • germanica. annua. Origanum -vulgare. Thymus Serpillum. Melissa Calamintha. Ocymum Basilicum * colitur. Euphrasia Odontites. An tirrhinum genistifolium. Malva sylvestris. Lavaterra thuriizgiaca Ghiul-Fatimè-jabàn. Citisus nigricans. Glycirrhiza echinata. Galega officinalis. Psoraleà bituminosa. Trifolium pratense. Hypericum perforatum. Lactuca vii-osa. Cichorium Intybus. ö erra tula ar vensis.
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pycnocephalus. marianus. — — eriophorvs. Bielens tripartita. Eupatorium cannabinum. Artemisia politica, Pelìn. Xeranthemum annuum. Inula sqaarrosa. Senecio Jacobaea. Conyza Scabiosa. calcitrapa, Ciahìr-Dikienì, spina di prato. solstitialis. Quercus Cerris. Corylus Colurna. Salix caprea. — alba. Cannabis satinat colitur. Populus nigra. Acer tataricumj Garipè-Haivà. — campestre, Akcè-Agacce. Fraxinus excelsior, Disputak. I Bulgari si servono delle foglie di quest' albero, per tingere in giallo. Carduus
FINE D E L VIAGGIO PRIMO.
VIA
G GIO
per diverse Provincie.
Amico
dell' Asia
Minore.
Carissimo, Vera
di Costantinopoli
i. Agosto
1781.
I S i o n sono scorsi da quattro mesi, che appena ritornato dal mio lungo viaggio, cioè da Bassora> che mi conviene partire per un* altro, che si deve raggirare intorno a varie Provincie dell' Asia Minore. Il mio scopo è di fare delle ricerche in genere di medaglie, per arricchire la collezione, che ho fra mano. Cammin .facendo, non ostante che tali ricerche mi debbano occupare più del solito, non mancherò le altre, che riguardar possino le antichità in generale, e la botanica, od altro, e che al solito vi comunicherò, per dar loro quell' approvazione, che stimerete più convenevole. Intanto a tre ore d o p o mezzo giorno m'imbarcai sopra un' legno Idriotto destinato per Atene, e siccome deve fermarsi, com" è di costume, ai Dardanelli, così penso di sbarc a n t i la, per andare a Smirne. S e il naviglio non 1' avessi trovato sì ripieno di passeggieri, ed in conseguenza inco-
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m o d o , forse mi sarei determinato di proseguire un tal viaggio in Atene, e non in Troja, ma altre ragioni vi si opponevano. Primieramente il legno era molto imbarazzato, e bisognava stare esposti sempre all' aria, non essendovi luogo da ricoverarsi, e mettersi al coperto. Secondariamente si ritrovava una famiglia greca, che si era presa la libertà di consumare tutte le mie provisioni, e non si trattava se non di nutrire sei persone di più, il che non conveniva al mio piano, e perciò stimai proprio di abbandonare il viaggio di A.tene, con 1' idea di rimetterlo ad un' altra occasione. Tali legni Idriotti, che prendono il nome da Idra, isola anticamente detta Calauria* sono reputati per tutto il Levante di sicura navigazione, essendo buoni veleggiatori con le loro vele latine, che prendono un quarto di vento di meno dei legni armati con vele quadre; onde sulla sera ci ritrovammo verso il ponte grande, e la mattina susseguente in paralello ad Eraclea, o sia Perinto, con dar fondo sulla sera a Gallipoli, mentre il Reis voleva far provisione di Biscotto. In tal tempo siccome la squadra turca si trovava fuori, a risquotere i caracci, diversi Ga/ion-gì di un subito erano venuti a bordo, per fare un' avarìa al Reis, dicendo, che dovevano servirsi della sua Tartana, per caricar del Biscottoy per portarlo alla squadra; ma ciò era un pretesto, ed un bel trovato, ma fu il loro abbacare alla luna, mentre il carico del bastimento apparteneva ad un Greco, Barattano Inglese, o d'altra potenza, che fosse. Ognun sa la celebrità di Gallipoli, città
77 della T r a c i a , e la quale fu fatta edificare da Caligola, con prenderne il suo nome di Cali gulae-polis; e la quale vien detta Ghehbè dai Turchi, e della tua magnificenza romana non altro si osserva se non un' antico castello del tutto smantellato dalla parte di dietro, dove lessi un' imperfetta iscrizione greca, in onore di Trainno, e la quale principiava = ArA. ©Eou. TPAIAN.. cioè AyaB-os^yict, beneJicentia Divi 'Ti ajcini etc. Intorno ad un tal luogo nasce la Plumbago Rondeìetii, Smyrnium perfoliatum, e Gramen Alopeciuroules. Alla marina poi si osservano tuttavia dei resti di mura o recinti, per costruire le galere, che lo praticarono in principio i Turchi, allorché si resero padroni di questo porto, non restandovi ora niente di tutto questo. Il suo porto è ripieno, e colmo, e non si può più entrare con tali legni, i quali sono obbligati di restare alla rada. Il luogo è abitato da Turchi, e Greci, e il maggior traffico è quello del Biscotto, che serve per 1' approvisionamento di tutta la marina turca, e di chi vuole fare provisione. L a città è mal fabbricata, e resta in collina, e parte sopra di una r o c c a , o masso, il di cui composto è di pietra calcaria con testacei, e la quale viene impiegata in tutte le abitazioni. Gallipoli ora è ridotto un luogo di esilio per li Grandi Visiri, allorché vengono disgraziati, e i quali non sogliono menare se una vita infelice, in un sì tristo socgiorno. 3. À D i notte tempo avanti l'alba messisi alla f7°sl
7» vela, alle ore io. della mattina giungemmo ai Dardanelli, dove lasciai Atene, e gli Ateniesi da parte. Sceso a terra, dopo le formalità della visita fatta dai Turchi ad ogni bastimento, che esce fuori dei Dardanelli, fui a presentare una lettera per il console Inglese, eh' è un certo Sabatai Tarragano, e il quale m'invitò a fare il sabbato nel loro quartiere, che chiamar si può il Ghetto, e dove ritrovai tutta la sua famiglia in gran gala. E questa un' antica Casa proveniente da Londra, e stabilita ai Dardanelli, e che da molto tempo ha goduto un tal posto, ed ha sempre servita la nazione Inglese, ma attese le circostanze, i bastimenti Inglesi per Costantinopoli non sono sì frequenti, come nello Scalo di Smirne. il suo fratello poi minore per nome Caia, è addetto al servizio Russo, in qualità d'Agen-» te, ma tali agenzie si riducono a piccoli incerti, e a semplice onore, e privilegio di non essere più sotto il giogo diretto del Turco, ma dipendenti alla nazione, che hanno l'onore di servire. Ma le sole nazioni propriamente parlando, che abbiano dei Vice-Consoli nazionali, e che battino Bandiera alle loro respetti ve residenze, sono la Francia, e la Repubblica di Venezia, e M r . Russel, che lasciato aveva in Costantinopoli, n'era il Vice-Console Francese. I Dardanelli, e le sue vicinanze, tanto dalla parte d' Europa, che da quella d' Asia producono molto vino, e si pretende che un Dumcin di terreno si compra a ragione di
79 ioo. piastre, nel quale si piantano da 2400. magliuoli: e che nel quinto anno si ottiene da — in Okà di vino. t Per mantenere una tale vigna vi voranno da 30. piastre di spesa un' anno per 1' altro, con vendersi il vino da 2, o 3> parà l'Oka. Tali vini dei Dardanelli, e specialmente quei, che si producono a Maita* l'antica Madytos dalla parte dell' Europa, città compresa nel Chersoneso Tracio, non che i vini di Tenedos, che sono per lo più rossi, vengono anco ricercati per Costantinopoli, come i migliori per pasteggiare. Gli Borei in generale fanno i loro vini a parte, e come si suol dire, vini di legge, con comprare, o caparrare per tempo le uve delle diverse vigne; e posso dire1, che Irò sempre bevuto da loro, i migliori vini, ma che la nazione non trascura di ben beverli, -e specialmente nelle- loro annuali solennità, avendo osservato spesso, che in generale, passono i termini dell' ubriachezza. Oltre un tal prodotto, vi è pure quello del Cotone, che si vende a 34- piastre il cantaro di Okà 45. di peso.' Sul luogo si fanno molte tele, che servono per fare vele,- per i diversi bastimenti. Si ritrovano pure varia fabbriche di stoviglie, e le quali non mancano di dare un buon guadagno. Molti Turchi poi s'occupano pure a fare dei camminetti di pipe, CLulèJ con una specie di bolo, che rassembra al Bucchero. Il mare poi dà un' abbondanza di Pesci di tutte le sorti, e specialmente il pesce Spar da, che non vi manca.
8o Si pesca pure una grande ¿quantità di gamberetti di mare, e che i francesi chiamano chevrettese i quali si osservano simboleggiati nelle medaglie d'Abido, ed espressi pure in quelle della città di Priapo. Fuori poi alla campagna vi è un bel bosco, o piantazione di grossi Platani orientali, ed è l'unica spasseggiata per gli abitanti, ed in tempo d* estate, è qualche cosa di vago, e ameno. Non vi mancano poi i soliti Bostàn, o Orti, e dove si coltivano diversi erbaggi in abbondanza. Il torrente, o fiume, che scorre all' intorno, io c r e d o , che sia 1' antico SgAAiine, del quale ne fa menzione Omero, e il quale scorreva vicino alla città d* Arisba, che doveva essere in tale situazione, mà siccome il castello che si chiama di Cianak-Hyssa>_, si crede, che sia situato trà l'antico Abido, e Dardano $ cosi il fiume, che scorre per la campagna di un tal luogo, e che si getta di la deì castello, deve essere l'antico Rodio, scorrendo trà Abido, e Cardano ; inter haec Rhoidius amnis emittit. Strab. Lib. 13. p. 163. In una spasseggiata fatta altre volte lungo il littorale osservai alcuni avanzi di mura dove appunto ora vi è un Mulino, che deve esser passato l'antico Dardano, e sembra questi essere il luogo dell' antico Ofrinio, con ritrovarsi d o p o una grande, e folta pineta, il di cui legno serve per li Bagni di Costantinopoli, nel dovere fare scaldare le acque, potendosi •credere, che potesse essere il Bosco d'Ettore, come dice Strabone 1. c. Non proùul hinc est
$t Ophrinium t et in eo Hectoris Incus* deinde Pteleus LacuSj ed infatti passato il bosco si riscontra un luogo paludoso, ma che resta in parte coltivato. Le piante osservate in una tale spasseggiata si riducono alle seguenti, cioè: Tamarix gallica* Elaeagnus spinosa. Rhamnus paliurus. Cucumis elaterium. Centaurea Amberboij flore luteo, sed colitur. Vitex Agnus Castus, et Nerium Oleander 3 sono queste due ultime piante abbondanti per li letti del fiume. Per andare dunque alla spasseggiata platanistica, si osserva un Turbe* o tumulo, o sepolcro, il quale è sottoposto alla seguente istori ella. Si racconta, e si pretende., che un santo Turco perseguitato da un santo Greco, ambedue a cavallo, e che il cavallo del secondo fossesi convertito in pietra con credere i Turchi di vedere ciò espresso: intorno ad un tale Turbe vi è un grosso Agnus-Castus* motivo per cui vien detto Aìt-Dedè* cioè l ' A g n o Casto, o Vitice del morto. Mutato poi il mio piano di viaggiare, pensai di non più andare in Atene, ma di passare a Metellino, che per fare un tal viaggio per mare, mi convenne prendere una Piade dei Dardanelli, a mia disposizione, con l'obbligo di toccare Capo Sigeo» Troja, e Babà» e di restare due giorni a Metellino, il tutto per il prezzo di piastra 25. turche. La Piade è come una spronara Maltese, a riserva che la sua vela non è tanto grande. Due passeggieri vi possono stare con tutta co-
82 modità, oltre due persone di servizio, ed è equipaggiata d' un Reis con sette uomini con 5* paja di remi, che ogni uomo, o marinaro ne fa e può fare agire due alla volta con molta facilità, in tempo di bonaccia, o calma. In un tal piccolo naviglio si può caricare da 20. in 50. eantara di mercanzie, e a tale effetto il Reis con la sua gente presero, o caricarono del Bessj cioè della tela cotonina per Velaggi, per venderla a Metellino. Facendo partenza adunque con un fai naj^sa.0 viglio, con poco vento andammo a Kum-Kalessìj eh' è il primo castello d'Asia, allorché s' entra nello Stretto, o sia nell Ellesponto. Il secondo si chiama Sitili Bahar. Il primo poi dalla parte d' Europa vien detto Cianhk-Ka-, lessìj e il secondo KUìt-Baliai\, cioè la Chiave del Mare: nel mezzo a questi due vi è un fortino fatto costruire sotto la direzione del Barone de Tott, detto Jeni-Kalè, cioè nuovo castello, ma considerato di poco rilievo, forza, e impedimento all' inimico marittimo. Gianizèr-Kiojj distante due ore, è un villaggio greco, che resta situato sopra una pun-? ta, che si crede essere 1' antico capo cSigeo. Qui giunto, mi portai à vedere, se ritrovava qualche cosa di curioso, o di particolare, e specialmente quella Pietra tanto celebre, per la quale molti Europei hanno tentato d'averla, con offrire delle somme esorbitanti di danaro, ma tutto inutilmente, mentre questa esiste tuttavia avanti la chiesa di S. Giorgio, non altro essendo se non un' urna sepolcrale con bassi rilievi, con un' iscrizione del tutto consumata, ma con lettere greche molto antiche, o di formazione Sigea.
83 Intorno ad una tale miserabile chiesa vi sono messi dei pezzi, e frammenti di varie cose antiche marmoree, c o m e colonne, capitelli, e simili: L'idea pare comune a molte r a zioni, se non vogliamo dirla antica, mentre se legghiamo le istorie patrie di Firenze, ritroveremo, che molti sarcofagi antichi, ornavano il circondario del Battisterio Fiorentino, m a che d o p o gli uomini mutando d' idea, pensarono di levarli, e conservarli altrove, per non mescolare il sacro con il profano. Ritrovandomi qui appunto in un giorno di D o m e n i c a , il popolo greco si divertiva di stare all' ombra fuori delle loro rispettive abitazioni, facendo crocchio : e pare cosa naturale a tuttij per rinnovare 1' amicizia, e ia buona armonia c o n i parenti, e con i suoi vicini. Altri p o i restano assisi sopra tali monumenti di marmo collocati intorno alla chiesa, per il che n'è derivato il frottamento, non che il perdimento dell' iscrizione S i g e a , che più non si poteva leggere. Q u a n d o uno poi si allontana alquanto dal villàggio, e volta le spalle al mare, allora ritroverà, che il colpo d'occhio è molto vago, mentre si viene ad osservare una grand' estensione della provincia di Troja, in mezzo alla quale passa, e scorre il fiume Scamandro, che va a sboccare sotto Kum-Kalessìj o il castello dell' Arena. Una tal* estensione è sempre fruttifera sia per li grani, vigne, cotoni, e pascoli, e non 6 meraviglia, ce nelle medaglie di Alessandria F 3
84 di Troja, tanto greche, che edonistiche, fu rappresentato un cavallo, che pascola. Visto ciò, venni a Ghiaur-Kioj, villaggio greco, e detto dai Turchi, degli Infedeli, restando poco lontano dalla spiaggia. Qui mi trattenni insino alla sera, con aver' osservato alla chiesa di S. G»ovanni la seguente iscrizione. C. MARCIVS. MAR. SVS. Y . F. SIBI. E T . SV1S. Chishull Inscrip. Sigea p. 2. sembrami, che abbia preso il capo Sigeo, e questo villaggio, »er l'istesso luogo, ma sono due villaggi diferenti, e distanti 1* uno dall' altro un' ora di cammino. Ritornato poi verso la sera alla spiaggia, dove osservai due grossi alberi di Vallonea, che i Turchi chiamano Pelamud-Agagì, rientrai nella mia Piade> e avanzando co' i remi, alla bruna giunsi un' ora lontano da EskìJstambùlj cioè il 'vecchio Costantinopoli , e dove si dice, essere il luogo dell' antica Troja, cioè d' Alessandria di Troja, con restare ancorati alquanto lontani dalla spiaggia, non troppo fidandoci dei moderni Trojani, secondo l'opinione del mio Reis, o padrone della Piade. s. Di buon mattino scesi a terra, e un' ora A st e° - distante dalla spiaggia, con due dei miei battellieri, o piadè-gi, armati di fucile, attraversammo un Bosco di Vallonea, e fummo a vedere un grande avanzo di un' edilìzio antico, con molte arcate; con dare 1' idea di un palazzo, costrutto tutto di pietre quadrate, della natura di un brecciato, con testacei frami-
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85 schiato, di più il granito impiegatovi a parte. Ha un frontespizio composto di marmo ; oltre di ciò un' arcata rimane addossata dalla parte del Nord, che sembra opera posteriore, o sia a tempo degli Imperatori greci. Più a basso di un tale edilìzio si osservano molti sotteranei, che danno l'idea di essere qui state le Terme; il luogo è un ammasso di macie, di colonne, capitelli, e basi di marmo, e gli ortolani del luogo di quando in quando dissotterano antichi monumenti, e delle medaglie della colonia Troas, che procurano di conservare, per venderle ai viaggiatori, e delle quali non mancai di comprarne diverse, ma qui fu Troja, cioè Alexandria di Troja, che gli Greci chiamano tuttavia un tal luogo, Troada. Gli avanzi antichi, che si osservano, sono tutti dei tempi dei Romani; verso poi alla marina vi sono delle mofete, e delle altre rovine, e sotterranei che meritano 1' attenzione del viaggiatore, ma non 1' interesse pubblico, se non è per la Vallonea, il di cui prodotto non è differente secondo le buone annate, essendo scarsa la raccolta, allorché regna una grande siccità, come appunto arrivò quest' anno, che poca se ne raccolse : in buona raccolta poi si suol pagare da una piastra il cantaro la grossa, e una piastra e mezzo la piccola. ^ Le piante, che alla spiaggia osservai, si riducono alle seguenti. Centaurea spinosa 3 et solstitialis. Athanasia marítima. Poterium spinosum. Hypecoum procumbens. Reseda lutea. Vitex Agnus castus flore albo, et flore violaceo. Euphorbia spinosa.
86 Visitato eh' ebbi tali luoghi, rientrai in barca, e facendo vela non ostante il poco vento, la sera al tardi arrivammo a Metellino n^l porto Vecchio dei Genovesi, dopo aver fatto un corso di ioo. miglia, con aver passato in prim o luogo capo Baba3 1' antico promontorio detto L s c t u n i j che ora è un villaggio Turco con un Fortino con alcuni Giannizzeri di presidio : È celebre questo luogo per le fabbriche di Jataghàn, che sono sciabole turche. Si contano 4. miglia da Boghcè-Adassi, o sia da Tenedos, e 60. da Babà a Metellino. Il canale di Lesbos, che principia dopo aver passato il detto capo Babà, non vi presenta la parte dell' Eolia se non deserta, e montuosa, a riserva degli alberi di Vallonéa, o sia di Quercus Pheìlos, come pure 1' isola tutta, a mezzi» strada della quale vi è un castello detto M.olova3 che si crede, essere 1' antica Methymna. 6.Asrosto Giunto tardi in porto, e non1 11 sapendo do, £ 1 1782. ve andare a passare il restante della notte, allora pensai ai dormire sulla barca, e la mattina scesi a terra; ma avendo inteso» che il Capitan-Pascià, per nome Hassàn-Pascià, era con la nave detta la Padrona e con diverse galere, mi portai al campo, per far visita al suo Ekim-Bascì, cioè al suo protomedico, mio amico, per nome il Sig r . Bosari» Veneziano, e giovine di non poca esperienza nella sua professione. Era accampato sotto la sua tenda vicino ad una punì a dell' altro porto, dove il grande Ammiraglio aveva fatto fare un Kiosk, essend o solito di trattenersi qualche giorno in tempo della sua annuale spedizione. 1
87 Ognun sà, a quanto si estende la sua giurisdizione, e di quanta autorità n e viene egli rivestito, allorché è fuori di Costantinopoli, essendo lo scopo principale, di andare a raccogliere i tributi delle isole dell' Arcipelago, di mettere il buon' ordine in m a r e , in caso di pirati, o altro» venendo ad essere p a d r o n e dispotico di tutto VAk-Denisì, come i T u r c h i dicono, cioè del mar Bianco, metaforicamente detto il Mediterraneo, e le isole dell' Arcipelago. Ma spesso n e arrivano le avanìe, le concussioni, e le tirannie, mentre si ammazza u n miserabile, e si fa scannare un ricco. Le sue galere poiy che sono spedite in corso, il più delle volte c o m m e t t o n o li più grandi disordini, e tutti col capo sia in una maniera, sia in un' altra vogliono, e cercano i mezzi di far danaro. Il peggio poi si è quello, non che l'avanìa principale consiste di dare la caccia a tutti i piccoli legni greci, che per m a r e incontrano, fermandoli con 1' intenzione di dover servire a fretare diverse cose per servizio della Flotta, il che spesso non sussiste. Il povero Pieis che è destinato col suo carico per un l u o g o , o 1' altro, in tali circostanze cosa f a r e , e risolvere! Il miglior' espediente è di lasciarsi comporre, e spesso non si redime n è con ino. o 2QO. piastre: ed ecco il buon' ordine del Grande Ammiraglio co' i suoi subalterni dell' Imperio Lunare. Il dragomanno di un tal personnaggio, scelto sempre tpa la nazione greca, è quello» che combinare deve tutte le operazioni ves-
88 satorie, dovendo essere anco più eccellente di tutti gli altri nel raggiro ellenico, e che facendo in una certa maniera angariare i suoi consimili, viene a far gaja la sua borsa eziandio. Il nome di un tal dragomanno era quello di Mavrogheni, cioè Barba nera *). Un certo Condili, che faceva la campagna, in qualità di referendario, amfìbio di re-* ligione, mentre ora vero Greco, ed ora sospetto Latino, mi volle presentare a un tal soggetto, come amico dell' ambasciatore d' Inghilterra, al che non volli oppormi, per altre ragioni, e il quale lo ritrovai in un Kiosco vagamente fatto, col sangue dei suoi simili: Ma la superbia greca non gli permetteva nè di alzarsi, nè di fare la minima attenzione; peraltro mi fece servire d'una tazza di caffè, eh' è la minima cerimonia, che si possa dimostrare ad un forestiere in Levante, dopo il 3uale me ne ritornai alla tenda del mio meico, e amico. Nel licenziarmi dal dragomanno, il Sigr.' Condili mi disse, che aveva 1' ordine d' invitarmi a pranzo, al quale non mancai di portarmi: ma che beli' invito: Il dragomanno non comparve: la tavola à\ Schiavitù fu messa in una stalla, e la bigutta fu servita, e spedita peggio da cavalii, e da come richiedeva il locale. Bisogna che il viaggiatore veda, o osservi, e ammiri tutto, e specialmente la poca * ) Q u e s t i dopo fu fattó dragomanno d e l l j p o r t a , e indi principe di M o l d a v i a , ma come non era discendente di razza principesca, nè dotato di buon carattere, ebbe la testa tagliata, accusato di p e c u l a t o , e c