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Italian Pages [457] Year 1996
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE
·TUTTE LE OPERE DI SANT'AMBROGIO
edizione bilingue a cura della Biblioteca Ambrosiana promossa dal cardinale GIOVANNI COLOMBO arcivescovo di Milano
in occasione del XVI centenario dell'elezione episcopale di Sant' Ambrogio
COMITATO DIRETTIVO CARLOM. MARTIN!
cardinale, arcivescovo di Milano
GACOMO BIFFI
cardinale, arcivescovo di Bologna .
BERNARDOCITIERIO
vescovo ausiliare di Milano
GIANFRANCORAVASI
prefetto della Biblioteca Ambrosiana
ENRICO GALBIATI
prefetto emerito della Biblioteca Ambrosiana
ANGELO PAREDI
prefetto emerito della Biblioteca Ambrosiana
ADRIANOBAUSOLA
rettore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore
FRANCESCOVERZELERI
abate di S. Ambrogio
ANTONIO QUACQUARELLI
dell'Università di Roma
GIULIO VISMARA
dell'Università di Milano
-
SEGRETERIA INOS BIFFI
ANGELOPAREDI
COLLEGIO DI REVISIONE ANGELOPAREDI e MIRELLAFERRAR!
per il testo latino
GABRIELEBANTERLE eINOS BIFFI
per la traduzione
UMBERTOCOLOMBO
per la lingua italiana
ENRICO GALBIATI
per le citazioni bibliche
PRESENTAZIONE
Il proposito dt promuovere la presente edizione di tutti gli · scritti di S. Ambrogio è nato nel nostro animo durante l'anno del XV I centenario della elevazione del santo Dottore alla cattedra episcopale di Milano. Mentre la ricorrenza ci induceva a ripensare alla sua figura dolce e forte, all'azione provvidenziale da lui svolta nella nostra terra, all'attualità del suo pensiero e· del suo esempio, si moltiplicavano le ragioni persuasive dell'opportunità di questa lunga e difficile impresa. In primo luogo è stato il desiderio di compiere un'opera di cultura che rendesse piu vicino e accessibile uno scrittore della statura di Ambrogio. Ovviamente il compito di attendere a questo impegno spettava a· quella Chiesa che va altera di chiamarsi ambrosiana; ~ssa lo ha sentito come un gesto di pietà filiale dovuto alla memoria di un padre ancora cosi presente e vivo tra noi. Inoltre, e piu profondamente, è maturata in noi la consapevolezza che oggi gli Italiani hanno bisogno dell'insegnamento di questo maestro in cui i valori della ·romanità e della rivelazione si sono fusi in modo originale e armonioso; egli è maestro di umanità, per un'epoca che si fa sempre piu violenta e crudele; è maestro di libertà, che ammonisce a non vendere il bene massimo della coscienza a nessun principe, antico o nuovo che sia; è maestro di fede, che con l'altissima ispirazione religiosa delle sue pagine, può reinfondere un'anima vigorosa e nuova a una società desolata dall'assenza dei valori, inaridita dalle prospettive secolaristiche. Ci ha stimolato infine l'ansia pastora.le di rispondere secondo un disegno ampio e meditato alle necessità della Chiesa di Milano in un difficile momento della sua storia. Milioni di persone, arrivate tra noi da ogni angolo della penisola nel breve arco di due decenni, hanno fatto della nostra terra un crogiuolo di stirpi, di
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PRESENTAZIONE
tradizioni, di dialetti diversi. I problemi umani che ne derivano sono ardui, numerosi e certo non risolvibili a breve scadenza.
Di fronte a questo rivolgimento storico, qualcuno, mosso da una visione piu generosa che illuminata, ritiene che la Chiesa di Milano debba attenuare le sue note caratteristiche, perché i nuovi arrivati possano adattarvisi piu agevolmente. Il contrario è vero: quanto piu è imponente l'ingresso tra noi di genti lontane tanto piu la nostra Chiesa deve saper offrirsi con la· sua inconfondibile identità, deve andar loro incontro col. suo volto chiaro e riconoscibile: solo cosi potrà improntare e animare di sé il popolo uuovo che nascerà_ da questa lunga e travagliata fusione. Diversamente, accolti in una società anonima e grigia, tutti conserverebbero le proprie diversità e continuerebbero a sentirsi irreparabilmente stranieri e senza speranza. Gli ospiti nuovi si accolgono non demolendo la nostra casa, ma irrobustendola, ampliandola e rendendola accogliente si, ma nel rispetto della sua originaria architettura e della sua primitiva spiritualità. In questo disegno assume una chiara significazione la rinascita - sempre piu vigorosa e caratterizzata - della liturgia ambrosiana. In questo disegno s'inquadra la salvaguardia e il rinnovamento delle nostre tipiche forme di pastorale. In questo dis·egno il pensiero e la parola di S. Ambrogio che stanno all'origine della nostra specifica identità ecclesiale sono proposti alla lunga meditazione del clero e del laicato della Chiesa di Milano, perché il ritorno alle sorgenti ci aiuti a rispondere agli interrogativi· del mondo di oggi con la forza interiore di chi sa di avere nella sua storia una ricchezza che non teme .con/ ronfi. · Proprio pr:,rché siamo un albero molto cresciuto ed esposto a bufere, sentiamo il bisogno di avere radici robuste e profonde.
L'alta impresa è affidata alla Biblioteca Ambrosiana, sede prestigiosa di ·studi severi, che è chiamata non solo a custodire ma anche a rendere eloquenti e attuali i tesori di cultura della nostra storia religiosa e civile. Siamo certi che il glorioso istituto
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PRESENTAZIONE
federiciano non deluderà le nostre attese e che in un breve giro di anni una serie di volumi agili e sobriamente eleganti ci offrirà tutte le pagine di Ambrogio, nel loro testo originale accuratamente ricostruito e in una semplice e dignitosa versione in lingua italiana.
Sul lavoro felicemente avviato e sulla larga schiera di coloro che vi profonderanno le loro fatiche invochiamo di cuore la benedizione di Dio.
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GIOVANNI COLOMBO
cardinale arcivescovo di Milano
SANCTIAMBROSIIEPISCOPI MEDIOLANENSIS OPERA 1
EXAMERON
recensuit Carolus Schenkl
MedioIani BibliothecaAmbrosiana
Roma e
Città Nuova Editrice
MCMLXXIX
SANT'AMBROGIO
Opere esegetiche I
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE
Milano Biblioteca Ambrosiana
Roma Città Nuova Editrice 1979
l
FORDHAM UNIVERSITY
UBRARV BRONX,NY ROSE HILL
II edizione, novembre 1996 La I ed. del volume è stata pubblicata con il contributo della Fondazione S. Ambrogio per la Cultura Cristiana, sostenuta dal Dr. Ing. Aldo Bonacossa
© Biblioteca Ambrosiana, P.za Pio XI, ·2 - 20123 Milano Città Nuova Editrice, Via degli Scipioni, 265 - 00192 Roma ISBN 88-311-9150-0
INTRODUZIONE
Fino ·dai primi secoli della Chiesa molti furono gli esegeti del primo capitolo della Genesi 1• Per ricordarne solo alcuni, citeremo • Origene 2 e S. Basilio di Cesarea 3 fra i Greci, Lattanzio 4 e S. Agostino 5 fra i· Latini. Possono spiegare questo interesse, che si prolunga nel corso del tempo, sia le ragioni liturgiche che consigliavano di commentare testi largamente impiegati durante le celebrazioni quaresimali sia, soprattutto, la_nt:,cessità d'illustrare, specie in contrapposizione con i vari sistemi ereditati dalla filosofia classica, l'origine del mondo, punto di partenza per la storia della salvezza 6• Si comprende perciò come anche S. Ambrogio abbia ritenuto opportuno affrontare tale argomento, probabilmenté· nel corso della Quaresima de{ 387, e precisamente nei sei giorni della Settimana Santa dal 19 al 24 aprile 7• Lo svolgimento della predicazione può essere cosi ricostruito: 1° giorno: I sermone; I, 1, 1·-6,.24 (mattina); · II sermone, I, 7, 25 -10, 38 (pomeriggio). 1 H. CAZEL12S ·e J.P. 13ouHOT,. Il Pe,1tateuco, trad. ital., Paideia, Brescia 1968, pp. 49-54. , . 2 Dodici Libri sulla Geriesi {Hexaemeron); sedici Omelie sulla Genesi, di cui la prima sulla creazione; forse altre omelie sempre sulla Genesi. Della prima opera rimangono solo frammenti; della seconda, una versione latina, non sempre meticolosamente fedele, di Rufino (400-404c.). 3 Nove Omelie sull'Hexaemeron. Si potrebbero qui aggiungere le analoghe opere di S. Gregorio di Nissa e di S. Giovanni Crisostomo. 4 De opificio mundi. . 5 De Genesi contra Manichaeos; De Genesi ad litteram imperfectus liber e, soprattutto, dodici libri De Genesi ad litteram sui_ primi tre capitoli della Genesi. e CAZEUES-BOUHOT, op. cit., pp. 55-56. 1 J.R. PAIANOUE, Saint Ambroise et l'empire romain, De Boccard, Paris 1933,pp. 520 e 759; F. HoMESDUDDEN, The li/e and times of St. Ambrose, Clarendon Press, Oxford 1935, Il, pp. 679-680. Le altre date proposte oscillano fra il 3a6 e il 390. In genere non si accetta la data 386, perché nelle omelie ambrosiane non c'è traccia della ten. sione provocata dalla lotta contro gli ariani. A favore di tale data non mi sembra decisivo l'argomento ricavato eia AUG., Conf., VII, 3, 5, 1: vedi P. CoURCBLLB, Recherches sur les « Confessions » de Saint Augustin, De Boccard,
Paris 1950, pp. 99-102. Che la predicazione sia durata sei giorni risulta chiaramente da quanto si dice all'inizio del nono discorso (sesto giorno): Qui (sermo) etsi per quinque
iam dies non mediocri labore nobis processerit ... (VI, 1, 1).
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INTRODUZIONE
2° giorno: III sermone, II, 1, 1-5, 22 (pomeriggio). 3° giorno: IV sermone, III, 1, 1 - 5, 24,· V sermone, III, 6, 25 -17, 72. 4° giorno: VI sermone, IV, 1, 1- 9, 34 (pomeriggio). 5° giorno: VII sermone,· V, 1, 1-11, 35; VIII sermone, V, 12, 36 -24, 92 (separato da un breve intervallo dal precedente e pronunciato nel pomeriggio). 6° giorno: IX sermone, VI, 1, 1 -10, 76 (manifestamente nel pomeriggio) 0• I vari momenti della creazione sono cosi distribuiti: nella prima giornata, cielo, terra (I) e luce (II); nella seconda, -firmamento (Ili),• nella terza, .acque (IV) e piante (V); nella quarta, sole, luna e stelle (VI); nella quinta, pesci (VII) e uccelli (VIII); nella sesta, animali e uomo (IX). Evidentemente un'opera cosi impegnativa presuppone nell'autore non solo il possesso d'una cultura generale, teologica e proop. cit., p. 438; DuDDBN, op. cit., Il, p. 679. Per il terzo giorno non ci sono precise indicazioni; si deve però. ritenere verosimile che il quarto sermone sia stato pronunciato al mattino e il quinto al pomeriggio. Per il quinto giorno, invece, risulta dalla nota del testo tachigrafico, rimasta all'inizio dell'ottavo sermone (V, 12, 36), che questo venne pronunciato dopo un breve intervallo (Et cum paulolum conticuisset) dal discorso ·precedente. Poiché, come vedremo nel seguito di questa stessa nota, _l'ottavo sermone fu ,tenuto nel tardo pomeriggio, assegnerei il settimo alle prime ore del medesimo pomeriggio. Il Paredi (La liturgia di S. Ambrogio, in « Sant'Ambrogio nel XVI centenario della·· nascita», Vita e Pensiero, Milano 1940, pp. 139-141),sul fondamento di Exam., V, 11, 35; 24, 88; 24, 89; 24, 90; 24, 92, in confronto con Epist., XX, 25-26,ritiene che i due discorsi assegnati alla quinta giornata (VII e VIII) non siano stati pronunciati il quinto giorno della Settimana Santa, e cioè il venerdf, bensi il giorno precedente, e che quindi la divisione o l'assegnazione dei vari discorsi che formano i sei libri sia da rifare. Senza entrare nel merito dei problemi, per altro controversi, connessi con la liturgia dei tempi di S. Ambrogio, credo assolutamente certo che il sesto sermone venne pronunciato nel tardo pomeriggio del quarto giorno, e cioè del Giovedi Santo: Sed iam cauendum ne nobis in sermone dies quartus 8 PALANQUE,
occidat; cadunt enim umbrae maiores de montibus, lumen minuitur, umbra cumulatur (IV, 9, 34). Non mi pare infatti possibile sostenere che l'espressione dies quartus si riferisca alla creazione anziché alla predicazione (cf. anche II, 5, 22). Ritengo inoltre altrettanto certo che i nove sermoni seguano l'ordine del primo capitolo della Genesi (cf. VI, 2, 3), sicché il settimo e l'ottavo non possono essere stati tenuti prima del sesto, cioè la mattina del Giovedi Santo. Del resto, anche l'ottavo sermone si conclude con un'indicazione che non · lascia dubbi: · ..~et gratulemur quod faètus · est ·nobis uesper, et fiat mane dies sextus. Si veda inoltre, nello stesso discorso, l'accenno alla stanchezza che potrebbe indurre al sonno gli ascoltatori (V, 12, 37). Quanto all'ipotesi che una probabile successiva rielaborazione abbia provocato qualche spostamento o ampliamento della materia, essa è certamente verosimile. In ogni caso, la storia di Giona (V, 11, 35) si prestava egregiamente per concludere l'elogio del mare, come la negazione di Pietro veniva a proposito parlando della notte e del canto del gallo. L'episodio di Giona, del resto, è richiamato anche da S. Basilio appunto 'nella perorazione della settima omelia (164A = 69 C), mentre l'esempio del gallo è citato verso la fine dell'ottava (181 C
= 77 C).
INTRODUZIONE
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fana, adeguata ai temi affrontati, ma anche il ricorso, piu o meno immediato, a fonti particolari. Per i primi quattro paragrafi ci soccorre l'approfondita ricerca del Pépin 9 che rinvia, oltre che ai Philosophumena d'Ippolito, al Cicerone del De natura deorum e probabilmente dell'Hortensius, a Filone, forse ad un'Epitome di Filodemo, senza escludere a priori la conoscenza diretta del De philosophia del giovane Aristotele, non ancora· indipendente dall'influsso platonico. Ma piu in generale, trascurando per il momento le fonti dell'informazione scientifica di cui diremo in seguito, per l'intera opera bisogna risalire, oltre che a Cicerone e a Filone, quanto meno ad Origene 10 e a S. Basilio di Cesarea 11• A questo proposito è inevitabile citare il famoso passo di S. Girolamo, nel tentativo di chiarirne i limiti ed il significato: Nuper Ambrosius sic Exaemeron illius (scilicet Origenis) compilauit,. ut magis Hippolyti sententias Basiliique sequeretur· 12• Sembra difficile, specie se si considera il carattere polemico di chi scrive, che il verbo compilare non assuma qui un significato niente affatto lusinghiero 13• Ma anche ammesso questo, il senso dell'intera frase continua a rimanere piuttosto oscuro. Secondo il Pépin, « d'après le contexte, Jérome semble vouloir dire qu'Ambroise a gardé une certaine indépendence dans l'usage de cet. Exaemeron ... En tout cas, J érome conferme que les éléments origéniens introduits par. Ambroise dans son propre Exaemeron devaient se trouver dans l'Exaemeron d'Origène plutot que dans une autre ouvrage du meme auteur » 14• Ad ogni modo è difficile raggiungere una conclusione sicura, perché sia l'Hexaemeron di Origene che quello di Ippolito non 9 J. PÉPIN, Théologie cosmique et théologie chrétienne (Ambroise, Exam., I, 1-4), Presses Universitaires de France, Paris 1964, pp. 513-533. . Dissente dal Pépin E. Lucc~I, L'usage de Phiion dans l'oeuvre exégétique de saint Ambroise, ecc., E.J. Brill, Leiden 1977, pp. 73-74 e, speciabnente, n. 2, il quale pensa ad Origene come a fonte unica o principale. · 1 Cioè al Il!pL cxp:cv e al perduto commento ai primi quattro capitoli della Genesi, oltre che alla prima omelia in Genesim, che tratta della creazione. 11 Il Lazzati (Il valore letterario della esegesi ambrosiana, Archivio ambrosiano, XI, Milano 1960, pp. 88 e 92) ritiene che l'Exameron preceda la lettura di Plotino. Vedi però anche P. CoURCELLB, Platon et Saint Ambroise, Revue de philologie, 76, 1956, pp. 46-47. · 12 Ep. 84, 7; cf. anche ApoZ: adu. Ruf ., I, 2, PL, 33, 417 B. 13 Il T.L.L. considera compilare sinonimo di excribere =«copiare»; cf. HoR., Sat., I, 1, 121; MART.,XI, 94, 4. Veramente J. Labourt (SAINT J~MB, Lettres, IV, Les Belles Lettres, Paris 1954, p. 134) traduce: « Naguère, Ambroise a compilé de telle manière l'Hexaméron d'Origène qu'il s'est attaché de préférence aux opinions d'Hippolyte et de Basile». Tra compiler e piller c'è una certa differenza. · 14 Op. cit., p. 417, n. 2. Il Paredi (S. Ambrogio e la sua età, Hoepli, Milano 19602,p. 370) intende cosi: « Girolamo che aveva sott'occhio tutte e quattro le opere (cioè quelle di Origene, di Ippolito, di Basilio e dello stesso Ambrogio) scrisse che Ambrogio diede una nuova redazione dell'Esamerone di Origene, seguendo piu da vicino Ippolito e Basilio che non Origene. Cioè l'opera di S. Ambrogio è piu curata quanto all'ortodossia ».·Da S. Girolamo (De uir. ill., c. 61, PL, 25, 707A) sappiamo che Ippolito aveva scritto un 'E~or:luupov. Sui rapporti tra S. Ambrogio e S. Girolamo vedi A. PAREDI,S. Gerolamo e S. Ambrogio, in « Mélanges Eugène Tisserant •, voi. V (Studi e testi, 235), Biblioteca vaticana 1964,pp. 183-198(in particolare ·pp. 191-192):
°
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INTROJlUZIONB
ci sono pervenuti ui. E invece possibile istituire un confronto con l'Hexaemeron di S. Basilio; ma i risultati ne sono, a dir poco, sconcertanti. Bisogna riconoscere, infatti, che nessun altro verbo meglio di compilare potrebbe esprimere la realtà del rapporto tra l'Exameron di Ambrogio e il suo modello greco. A parte l'impostazione generale, larghissimi brani sono riprodotti testualmente insieme con esempi, citazioni e persino formule di passaggio da un argomento all'altro 16• Addirittura, come osserva il Pépin 17 e come io stesso ho personalmente sperimentato, ,:,tolte oscurità del testo latino si chiariscono agevolmente nel confronto con quello di S. Basilio, data la maggiore precisione del linguaggio filosofico greco. La fonte, inoltre, non è mai citata se non indirettamente, come per. esempio a IV, 7, 30, dove si parla di nonnulli dÒcti et christiani uiri, ma soltanto per mani/ es tare un dissenso 18• Il Paredi, dopo aver rilevato, non senza una certa sorpresa, tale modo di procedere, lo spiega, sia pure in forma dubitativa, con il « carattere oratorio del libro» 19• Certamente un sermone non è un trattato, almeno nel senso moderno del termine, bensi un'op,era nella quale l'interesse che potremmo chiamare culturale-scientifico cede il passo all'interesse pastorale. Nel secolo quarto, poi, il concetto di « proprietà letteraria » era ben diverso da quello giuridico-morale dei nostri tempi. S. Ambrogio, insomma, attinge idee e immagini che ritiene possano giovare ai suoi ascoltatori, senza preoccuparsi d'essere originale, perché in lui è dominante l'animus del pastore, non quello dello scrittore _ e del dotto. È un fatto però che. l'Exameron costituisce un caso limite. Anche in confronto al De officiis, che pur deve tanto a Cicerone, risulta di gran lunga meno personale nel contenuto, perché manca l'atteggiamento di contrapposizione polemica rispetto alla fonte. Un'opera come l'Exameron, ·per la materia trattata e gli sviluppi che ad essa. si davano, richiedeva nell'autore un adeguato patrimonio di conoscenze scientifiche. Lo Schenkl 20 elenca tra le fonti lo stesso Basilio, i Prata dì Svetonio, l" AÀ.Éça.vopoc;di Filone 21 e, per le api, le Georgiche di Virgilio. La leggenda della fenice .
'
C. SCHENKL, S. Ambrosii Opera, CSEL, XXXII, p. XIII: Num uero recte dixerit Hieronymus Ambrosium Origenis Hexaemeron, hoc est Commentarios in Genesim, quorum paucae nunc reliquiae extant, compilasse prof ecto dubitari .potest. . 18 SCHENKL, op. cit., p. XIII: Immo Basilii, cuius sententias tantum eum magis secutum esse Hieronymus refert, opus expilauit ita ut plerumque eius dispositionem sequeretur, multa isdem fere uerbis redderet, longe plura maiore usus uerborum ambitu exprimeret, denique in uniuersum interpretis potius quam scriptoris munere fungeretur. 17 Op. cit., p. 372: « Si la plupart des obscurités du texte d'Ambroise 15
disparaissent
à la lecture du . texte de Basile ... ».
Aerem quoque nonnulli etiam docti et christiani uiri allegauerunt lunae exortu solere mutari; cf. BAS., 144BC (61 AC). 19 Op. cit., p. 370. Su tale questione vedi anche ciò che scrive M. ·cESARO, Natura e Cristianesimo negli « Exameron » di S. Basilio e di Sant'Ambrogio, 18
Didaskaleion, VII, 1929,p. 59. 20 Op. cit., pp. XVI-XVIII. 21 ".A)J~cxv8poc; ~ m:pl -rou Myov
· qeLV
-rei &-J..oylY. ~ci>« (Bus., H.E., II, 18, 6).
INTRODUZIONE
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(V, 23, 79) deriva dalla prima lettera di Clemente 22, l'episodio del canto dell'usignolo (V, 12, 39) da un carme dell'Anthologia Latina 23 • Sempre secondo lo Sclienkl 24, Ambrogio non avrebbe usato la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, come sarebbe dimostrato dal fatto clz'egli. non adopera mai, per lo .stesso argomento, i medesimi vocaboli impiegati dall'autore latino 25 • Non va taciuto che le nozioni scientifiche di S. Ambrogio non sono, nella maggior parte dei casi, frutto di osservazione diretta e che vengono accolte da lui tradizioni leggendarie e opinioni infondate 26 • Come si potrà riscontrare dai rimandi in nota alla traduzione, nell'Exameron sono numerosissime, piu d'un centinaio, le risonanze di Virgilio 27 , poche quelle di Lucrezio, di Sallustio e di Ovidio.· Non mancano inoltre echi di Varrone, di Orazio e, forse, di Macrobio 28 • Non si tratta di vere citazioni, ma, per lo piu, di un inserimento nel tessuto del discorso di espressioni che per la loro carica poetica o per la loro suggestione allusiva contribuiscono all'efficacia dell'esposizione. Di qui prende l'avvio una serie di considerazioni senza le quali il giudizio sull'opera ambrosiana risulterebbe incompleto e percio ingiusto. Nonostante i modelli, ciò che colpisce in Ambrogio è la sensibilità vibrante per gli spettacoli naturali in cui la potenza divina si manifesta. Sua caratteristica è il gioioso com22
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c. 25. 762 R.
Op. cit., p. XVI: Ne id quidem concedam Ambrosium scriptores Latinos, qui in rebus naturalibus explicandis maxime excelluerunt, omnes legisse. Veluti num Plinii Naturali historiae uel aliquod studium impenderit · quam maxime dubito. 25 Pur senza pretendere di smentire radicalmente l'affermazione dell'illustre studioso tedesco, mi permetto di citare qui sotto due passi nei quali, anche se non materi~lmente, i vocaboli di Plinio e di Ambrogio presentano una corrispondenza che potrebbe non essere casuale: a) N.H., XXV, 53, 92: (Ceruae) ostendere, ut indicauimus, dictanmum uulneratae PASTU statim TELI$ DECIDENTIBUS. Exam., III, 9, 40: CIBUS illis ergo medicina est, ut RESILIRB SAGIITAS uideas ex uulnere. b) N.H., X, 3, 13: Alterum expellunt TAEDIO NUTRIENDI. Exam., V, 18, 60: quod aliqui fieri putauerunt GEMINANOORUM ALIMBN24
TORUM FASTIDIO. 26 Vedi, p. es., la capacità della remora di fermare le navi (V, 10, 31), la trasformazione dell'acqua in sale nell'Oceano (V, 11, 33), la restituzione della vista ai rondinini (V, 17, 57), la fecondità verginale degli avvoltoi (V, 20, 64-5) e delle api (V, 21, 67), la resurrezione'.della fenice (V, 23, 79). A V, 12, 39'. S. Ambrogio dichiara di riassumere da incompetente nozioni elementari. 27 SCHENKL, op. cit., p. XVII, n. 1. M.D. DIF.DBRICH, Vergil in works of St. Ambrose, The Catholic University of America, Washington 1931, pp. 28-30, elenca quattordici «imitazioni», ritenute sicure, dalle Bucoliche, settantadue dalle Georgiche, settantuno dall'Eneide, piu altre quattro dubbie dalle Bucoliche, ventuno dalle Georgiche, quarantanove dall'Eneide. Sui procedimenti con i quali S. Ambrogio utilizza i testi virgiliani, vedi pp. 6-28. Vedi anche L. ALFONSI, L'ecfrasis ambrosiana del « libro delle api vergiliano •, Vetera christianorum, 1965, 2, pp. 129-138; A.V. NAZZARO, La I Ecloga virgiliana nella lettura d'Ambrogio, in « Ambrosius episcopus », Atti del Congresso internazionale di studi ambrosiani, ecc., a cura di G. Lazzati, Vita e Pensiero, Milano 1976, II, pp. 312-324. . 28 P. CouacELLE,Nouveaux aspects du platonisme chez Saint Ambroise, Revue des études latines, 34, 1956, pp. 232-234.
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INTRODUZIONB
piacimento con il quale sa cogliere anche i piu umili aspetti. della creazione. Troppo viva è la partecipazione del suo animo perché si possa pensare esclusivamente a squarci retorici. L'insegnainento della scuola si è limitato ad affinare doti di natura 29 e a fornire adeguati mezzi espressivi. Basterebbe la famosa descrizione del mare ad attestarci le sue capacità di scrittore 30 • Spesso, anche se lo spunto è offerto da S. Basilio, questo è ampliato e svolto vivacemente con ricchezza di apporti personali. Nuocciono tuttavia alla «composizione» dell'opera una certa prolissità e i frequenti excursus che fanno perdere il filo dell' argomento e turbano l'equilibrio della trattazione. Ambrogio talvolta dimostra chiaramente di rendersene conto 31, ma nello stesso tempo non· se ne preoccupa in modo eccessivo, come si ricava dal fatto che le numerose divagazioni'sono rimaste anche dopo la revisio•ne del testo tachigrafico 3z_ Non va dimenticato però che l'Exameron è anzitutto un'opera esegetica che vuole illustrare i sei giorni della creazione. Riveste quindi un'importanza essenziale la line·a interpretativa prescelta dall'autore. S. Ambrogio preferisce l'interpretazione letterale 33, attenendosi, almeno inizialmente, al testo; non rinuncia però ad applicare con grande larghezza l'allegoria o piuttosto il cosiddetto senso « psichico » o spirituale o morale, appreso dall'insegnamento di Origene 34. In tal modo, come scrive il Lazzati, « il vescovo-poeta potrà imprimere alla sua esegesi toni di un'intensità spirituale e di op. cit., p. 62. III, 5, 21-4; su cui vedi anche ciò che scrive L. SPITZER,L'armonia del mondo, trad. ital., Il Mulino, Bologna 1967, pp. 28-32. Il Paredi (op. cit., pp. 373 ss.), offre un'ampia e felice esemplificazione: III, 1, 2-4: l'acqua; IV, 1, 1-3: il ;mie; V, 8, 22: il granchio; V, 11, 36: gli. uccelli; V, 15, 50-2: le gru; V, 19, 62-3: la tortora; V, 20, 64-5: gli avvoltoi; V, 24, 88: il canto del gallo; VI, 9, 55: il corpo umano; VI, 9, 68: il bacio. Io aggiungerei anche, p.es., la descrizione del giglio (Ili, 8, 36); e a proposito del corpo umano, rileverei che nei paragrafi successivi non mancano argomentazioni contorte e persino considerazioni banali, sia pure legate alla mentalità del tempo. Sullo stile di S. Ambrogio e, in particolare sull'interferenza tra prosa Prose et. poésie: l'interférence des getJ.res et des e poesia, vedi J. FoNTAINB, styles dans la création littéraire d'Ambroise de Milan, in « Ambrosius episcopus •, I, pp. 124ss. 31 Vedi, p.es., I, 8, 32; II, 5, 22; III, 1, 6; III, 4, 17; IV, 9, 34; V, 11, 35; V, 12, 36;· V, 29, 90; VI, 2, 3. 32 G. l..AzZATI, L'autenticità del De Sacramentis e la valutazione letteraria delle opere di S. Ambrogio, Aevum, XXIX, 1955, p. 47; Opere di S. Ambrogio, a cura di G. COPPA, UTET, Torino 1969, p. 33; cf. p. 98. Sull'uso della tachigrafia all'epoca di S. Ambrogio, vedi C. MoHRMANN, Observations sur le « De sacramentis » et le « De Mysteriis » de saint Ambroise, in « Ambrosius episcopus », I, pp. 108-112. 33 Vedi p.es., VI, 2, 6: Caelum legimus, caelwn accipiamus; terrant legimus, terram intellegamus frugiferam. Vedi inoltre I, 8, 32; II, 4, 17; VI, 2, 4; VI, 3, 9. . M CoPPA, op. cit., p. 38; H. Da LUBAC, Esegesi medievale, trad. ital., Ed. Paoline, Roma 1972, II, p. 1223. In particolare, sulla genesi delle varie forme d'interpretazione e, soprattutto, del metodo allegorico, vedi H. AUSTRYNWoLFSON, La filosofia dei Padri della Cliiesa, trad. ital., Paideia, Brescia 1978, I, 29 I..AZZATI, 30
pp. 33-72.
INTRODUZIONE
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un'espressività che congiungono gli accenti. della mistica e della poesia » 35 • Per l'Exameron, o almeno per molte sue parti, questo giudizio può essere senz'altro accettato, sia pure con la riserva, formulata subito dopo dallo stesso Lazzati, che « la pagina esegetica ambrosiana » si presenta « spesso stentata, difficile, impigliata nel suo stesso gioco» 36• Se particolarmente felice appare l'accostamento tra la rosa, fiore bellissimo ma cinto di spine, e i successi degli uomini, spesso pagati a prezzo di sofferenze e di miserie 37, oppure tra la vite e i fedeli sia come singoli individui sia quali nJ.embri della comunità ecclesiale 38, lo sviluppo dato, per esempio, al paragone tra il cristiano e il pesce 39 e ancor piu alla leggenda dell'accoppiamento tra la vipera e la murena 40, con le relative applicazioni, nonostante l'efficacia pastorale, non ci convince del tutto. Inoltre l'opera è troppo legata alle inipostazioni culturali e ai concetti scientifici del proprio tempo, fatti emergere ancora piu rigidi dalle esigenze d'un'interpretazione letterale, perché il lettore dei nostri giorni possa sentirsi pago come chi ha raggiunto una meta. Eppure, con tutti i suoi limiti, specie riguardo alla originalità della dottrina, alla chiarezza e alla fondatezza in campo esegetico, all'equilibrio della composizione, alla validità di talune argomentazioni, l'Exameron resta, almeno in molte sue parti, un libro affascinante perché nato, prima ancora che dall'intelligenza e dalla cultura, da una vivissima fede, da un'anima ardente, da un cuore innamorato dello splendore dell'universo quale riflesso della sapienza e della bontà di Dio. * * *
Non esistono problemi sull'autenticità dell'Exameron. Basterebbe a garantirla la sola testimonianza di S. Girolamo sopra riportata. E significativa, inoltre, la probabile imitazione di Claudiano nel De raptu Proserpinae (III, 263-8 = Exam., VI, 4, 21) u, · composto tra il 395 e il 397 42, data che, in un certo senso, segna l'inizio della « fortuna » dell'opera attraverso i secoli 43• · · Converrà' piutto'sto spendere qualche parola sulla grafia del titolo che, derivando dal greco 'E~a:f]µEpov, dovrebbe essere regolarmente Hexaemeron. In realtà, presso i vari autori, questo nome viene scritto in forme diverse che ho scrupolosamente conservate
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37 38 39
Op. cit., p. 64. Op. cit., I.e.
III, 11. 48. III, 11,49 - 12,52. V, 5,4 - 6,17.
V, 7, 18-20. ScHENKL,op. cit., p. XVIII. 42 Sc1-iANZ-Hosxus, IV, 2, p. 24. 43 P.es., Isidoro di Siviglia (m. 636) nel De natura rerum usa largamente l'Exameron, spesso anche citandone l'autore. 40
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INTRODUZIONB
nelle relative citazioni 44• Lo Schenkl 45 ci avverte che tutti i codici. ambrosiani usano la forma Exameron, sicché, anche tenuto conto della varietà delle grafie attestate, sebbene la conoscenza del greco da parte di Ambrogio lasci adito a qualche perplessità sull'esattezza di tale trascrizione latina, preferisco conservare- la for .. ma ormai generalmente accolta. · Il testo riprodotto è quello curato da C. Schenkl per il Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Lat.inorum di Vienna (1897, ristampa 1962), con qualche lievissimo ritocco nella punteggiatura e qualche mutamento ortografico 46• Di tali mutamenti si fa menzione a piè di pagina. . Riguardo ai criteri seguiti nella traduzione, rinvio a quanto ho detto nell'Introduzione al De officiis. Va rilevato però che da un punto di vista letterario l'Exan1eron presenta uno stile piu colorito, piu vario e vivace che mi sono sforzato di riprodurre, pur nella fedeltà al testo latino.
44 Hexaemeron, Exaemeron. Il Faller (CSEL, LXXXII, pars X, Epist. XXIX, p. 195), scrive lecto EEAHMEPO. 45 Op. cit., p. XII. 43 Ho preferito scrivere Arrius, Arrianus, grafia largamente diffusa e CSEL, LXXVIII, p. 50*). attestata concordemente in codici del sec. V (FALLER, Inoltre ho mutato l'ortografia in pochissimi casi nei quali essa risultava contraddittoria senza che i codici ne dessero, a mio parere, sufficiente giustificazione. Su taluni•limiti dell'edizione dello Schenkl, vedi M. fERRARI, « Recensiones » milanesi di opere di S. Ambrogio, in « Ambrosius episcopus », I, p. 63.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
C. SCHENKL,S. Ambrosii Opera, CSEL, XXXII, Vienna 1897 (rist. 1962). M. CESAR0,Natura e Cristianesimo negli « Exameron » di S. Basilio e di Sant'Ambrogio, Didaskaleion, VII, 1929; pp. 53-123. ·· ·.
:
M.D. DIEDERICH, V ergil in_works of St. Ambrose, The Catholic University of America, Washington 1931. R. PALAN0UE, Saint Ambroise et l'empire romain, De !3occard, Paris 1933. F. HoMES DUDDEN,The lif e and times of St. Ambrose, Clarendon Press, Oxford 1935. S.
L'Esamerone, ecc., testo con introduzione, versione e commento di Mons. Dr. Emiliano Pasteris, SEI, Torino 1937. :
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LAZZATI,
brosiano,
Il valore letterario dell'esegesi ambrosiana, Archivio amXI, Milano 1960.
J. P~PIN, Théologie cosmique et théologie chrétienne (Ambroise, Exam., 1, 1-4), Presses Universitaires de France, Paris 1964. L. ALF0NSI,L'ecfrasis ambrosiana del « libro delle api vergiliano », Ve1965, 2, pp. 129-138. tera christianorum, H. CAZELLEse J.P. Boueor, Il Pentateuco, trad. ital., Paideia, Brescia 1968. BASILEDE CÉSA~E, Homélies sur l'Hexaéméron, texte grec, introduction et traduction de S. Giet, Les éditions du Cerf, Paris 19682• S. AMBROGIO, Opere, a cura di G. Coppa, UTET, Torino 1969. Genesi, Introduzione, Storia primitiva, a cura di P.E. TESTA,ofm, Marietti, Torino 1969, voi. I. H. DE LUBAC,Esegesi medievale, trad. ital., Edizioni Paoline, Roma 1972, voi. II. A.V. NAZZARO, Esordio e chiusa delle omelie esameronali di· Ambrogio, Augustinianum, XIV, 1974, •PP· 559-590. G. MADEC,Saint Ambroise et la philosophie, ~tudes augustiniennes, Paris 1974. H. AusrRYN WoLFS0N, La filosofia dei Padri della Chiesa, ,trad. ital., Paideia, Brescia 1978, voi. I.
Per una bibliografia completa, vedi specialmente le opere del Pépin e del Coppa e ,U piu recente volume del Madec. Su questioni specifiche
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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
vedi « Ambrosius episcopus », Atti del Congresso internazionale di studi ambrosiani, precedentemente citato. Riguarda solo indirettamente l'Exameron l'opera di H. SAVON, Saint Ambroise devant l'exégèse de Philon le Juif, 2 voli. :Études augustiniennes, Paris 1977, che ho potuto consultare soltan~o a lavoro ultimato.
Esprimo un doveroso ringraziamento a Sua Ecc. Mons. Giacomo Biffi e al prof. don Inos Biffi, che, con i loro suggerimenti, hanno contribuito a rendere piu rispondente agli scopi proposti questo lavoro. Don Inos Biffi è, inoltre, l'autore delle note piu strettamente teologiche del commento, contrassegnate dalla sigla I.B. Un vivo ringraziamento anche alla prof.ssa Mirella Ferrari, che ha rivisto con vigile cura le bozze del testo latino.
Exameron I sei giorni della creazione
DIES PRIMVS
SERMO I
Caput I
1. Tantumne opinionis adsumpsisse homines, ut aliqui eorum tria principia constituerent omnium, deum et excmplar et matcriam, sicut Plato discipulique eius, et ea incorrupta et in• creata ac sine initio esse adseucrarent deumque non tamquam · crcatorcmmateriae, sed tamquam artificem ad exemplar, ·hoc ~st idcam intendentem fecisse mundum de materia, quam uocant OÀ'l')V, quae gignendi causas rebus omnibus dedisse adseratur, ipsum quoquc mundum incorruptum nec creatum aut factum aesti• marcnt, alii quoque, ut Aristoteles cum suis disputandum putauit, duo principia ponerent, materiam et speciem, et tertium cum bis, quod operatorium dicitur, cui subpeteret competenter efficere quod adoriendum putasset. 2. Quid igitur tam inconueniens quam ut aeternitatem operis cum dei omnipotentis coniungerent aeternitate uel ipsum opus deum esse dicerent, ut caelum et terram et mare diuinis prosequercntur honoribus? Ex quo factum est ut partes mundi deos esse crcdcrcnt, quamuis de ipso mundo non mediocris ·inter eos quae.: stio sit. · 3. Nam Pythagoras unum mundum adserit, alii innumerabiles dicunt esse mundos, ut scribit Democritus, cui plurimum de physicis auctoritatis uetustas detulit, ipsumque mundum semper
PRIMO GIORNO
I SERMONE
Capitolo 1 1. Gli uom1n1 1n verità
hanno concepito 1 una cosi grande opinione di sé, che alcuni di loro, come Platone 2 e i suoi discepoli, fissano tre principi di tutto ciò che esiste: Dio, il modello esemplare e la materia. Essi affermano che tali principi sono incorrotti, increati e senza un inizio e che Dio, non come creatore della materia, ma come artefice che· riproduce un modello, ispirandosi cioè all'idea, formò il mondo della materia, che chiamano iJÀ.'Jl3, la quale ha dato origine a tutte le cose; perfino lo stesso mondo ritennero incorrotto, non creato né fatto. Anche altri, come sostenne Aristotele 4 con i suoi discepoli, posero due -principi, la materia e la forma, e con questo un terzo chiamato attivo 5, in grado di attuare conveni.entemente quello cui ritenesse di porre mano. 2. Che c'è dunque di tanto sconveniente quanto l'aver essi congiunto l'eternità dell'opera con quella di Dio onnipotente o · l'aver chiamato Dio l'opera stessa, cosi da tributare onori divini al cielo, alla terra, al mare? ,Da tali premesse derivò la loro convinzione che part,i del mondo fossero dèi, pur essendoci fra loro una controversia non trascurabile sul mondo stesso. 3. Pitagora afferma che esiste un solo mondo, altri dicono che ce ne :sono innumerevoli, come iscrive Democrito cui gli antichi attribuirono grandissima autorità nel campo delle ricerche
1 Infinito esclamativo; cf. HoR., Sat., 9, 72-3: Huncine solem / tam nigrum surrexe mihi! 2 Cf. HIPP., Philosophumena, 19, 1, in DIELS, Doxograplti Graeci, p. 567, 7, che deve ritenersi la fonte principale ed immediata di questo passo. Sulla questione delle fonti usate da S. Ambrogio per il primo capitolo dell'Exameron, vedi 'Pé>IN, op. cit., 527-533; cf. MADEC,Saint Ambroise et 'la philosophie, ~tudes augustiniennes, Paris 1974, p. 47. 3 « "n-ri: termine usato in filosofia per la prima volta da Aristotele ad indicare la «materia• in contrapposizione alla «forma» (Met., 6, 10, 4). ~ adoperato anche da Ippolito nel passo ·sopra citato. 4 Vedi sopra n. 3. Secondo il Pé>IN, op. cit., pp. 513-515, tutto il capitolo risentirebbe della dottrina del giovane Aristotele, esposta nel De philosophia; vedi anche MADEC, op. cit., p. 134. 5 L'aggettivo operatorius rende il 7tOLl)TLx6c; di Filone; vedi Pé>IN, op. cit., PP, 338-339. ·
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EXAMERON,DIES I, SER. I, C.
1, 3-4 ·
C.
2, 5
fuisse et fore Aristoteles usurpai dicere; contra autem Piato non semper fuisse et semper fore praesumit adstruere, plurimi uero non fuisse semper nec semper fore scriptis suis testificantur. 4. Inter has dissensiones eorum quae potest ueri esse aesti• matio, cum alii mundum ipsum deum esse dicant, quod ei mens diuina ut ,putant inesse uideatur, alii partes eius, alii utrumque? in quo nec quae figura sit deorum nec qui numerus nec qui locus aut uita possit aut cura conprehendi, .siquidem mundi aestima• tione uolubilem rutundum ardentem quibusdam incitatum moti• bus sine sensu deum conueniat intellegi, qui alieno, non suo motu ·· feratur.
Caput II 5. Vnde 'diuino spiritu praeuidens sanctus Moyses hos homi• num errores fore et iam forte coepisse in exordio isermonis sui sic ait: In principio fecit deus caelum et terram •, initium rerum, auctorem mundi, creationem materiae conprehendens, ut deum cognosceres antè initium mundi esse uel ipsum esse initium uniuersorum, sicut in euangelio dei filius dicentibus: tu quis es? respondit: Initium quod et loquor. uobis b, et ipsum dedisse gignendi rebus initium et ipsum esse oreatorem mundi, non idea quadam duce imitatorem materiae, ex qua non ad arbitrium suum, sed ad . speciem propositam sua opera conformaret. Pulchre quoque ait: In principio fecit, ut inconprehensibilem celeritatem operis expri•
a b
Gen 1, 1. Io 8, 25.
I SEI GIORNI DELLACREAZIONB
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naturali 8; Aristotele suole dire che lo stesso mondo è sempre esistito e sempre esisterà 7• Al contrario, Platone osa affermare che esso non è esistito sempre ed esisterà sempre 6, moltissimi invece asseriscono - nei loro scritti che non è esistito sempre né sempre esisterà. 4. In tale contrasto di opinioni quale può essere la valutazione della verità, dal momento che alcuni dicono dio lo stesso mondo, poiché sembra a loro giudizio che vi sia insita un'intelligenza divina. altri parti di esso, altri l'una e l'altra cosa? In questa situazione non si potrebbe comprendere né quale sia l'aspetto ' degl-i dèi né quale H loro numero né quale la loro residenza o la loro vita o di che si preoccupino, poiché, secondo tale visione del mondo, bisognerebbe concepire un dio rotante, sferico 9 , infocato, mosso da determinati impulsi, privo di sensibilità, trasportato da una forza estranea, non da una forza sua ~ropria.
Capitolo 2 5. Perci6, prevedendo per ispirazione divina che sarebb~ro sorti questi errori tra gli uomini e che forse: avevano già cominciato a diffondersi. il s~nto Mosè all'inizio della sua opera cosi dice: In principio Iddio creò il cielo e la terra, indicando nello stesso tempo l'inizio delle cose; l'autore del rriondo e la creazione della materia, affinché tu apprendessi che Dio esiste prima dell'inizio del mondo, che egli è l'origine di tutte le cose (cosi il Figlio del Vangelo, a coloro che gli chiedevano: « Tu chi sei?», rispose: « Sono l'origine che anche parlo a voi» 1), che egli ha inserito nelle cose il principio della generazione ed è il creatore del mondo, non già l'elaboratore della materia ad imitazione di una determinat~ _idea, secondo la quale dare forma alle proprie opere non a proprio arbitrio, ma conforme a un modello proposto 2• Ben disse anche: In principio creò, per esprimere· l'inconcepibile rapi6 Cf. C1c., Acad., II, 17, 55: Dein confugis ad physicos (i filosofi naturalisti), eos qui maxime in Academia irridentur, a qu,bus ne tu quidem iam te abstinebis, et ais Democritum dicere innumerabiles esse mundos; vedi anche De nat. deor., I, 45, 120. Cf. HIPP., Philos., 13, 2, in DIELS,Dox. Gr., p. 565, 9. 7 HIPP., Philos., 20, 6, in DIELS, Dox. Gr., p. 574, 34; cf. PHILO, De aet. mundi, 3. 8 Forse si allude ·a PLAT., Tim., 27d·29b, testo ·che S. Ambrogio doveva op. cit., p. XVI). conoscere nella traduzione di Cicerone ora perduta (SCHBNKL, 9 Cf. C1c., De nat. deor., II, 17, 46: Epicurus ... dicat se non posse intellegere qualis sit uolubilis et rotundus deus; I, 10, 24: Quae uero uita tri-
buitur isti rotundo deo? 1 Il testo greco ha: Tljv &:px1Jv 6·n ~l ).a).ii> òµ.iv da tradursi: « Proprio quello che vi dico» (Rossano). T¾)vci.px~vè un accusativo avverbiale. S. ComAmbrogio intende in riferimento al Verbo di Dio, seguendo ORIGBNB, mento a Giovanni I-II (cfr. trad. e note di B. Corsini, Torino 1968). 2 Confuta la ben nota teoria platonica esposta nel Timeo: vedi n. 8 del capitolo precedente.
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EXAMERON,DIES I; SER. I, C. 2, 5-7
meret, cum effectum prius operationis inpletae quam indicium coeptae explicauisset. 6. Quis hoc dicat aduertere debemus. Moyses utique ille eruditus in omni sapientia Aegyptiorum, quem de flumine collectum filia Pharao ut filium dilexit et subsidiis regalibus fultum omnibus saecularis prudentiae disciplinis informari atque instrui desiderauit. Qui cum de aqua nomen acceperit e, non putauit tamen dicendum quod ex aqua constarent omnia, ut Thales dicit, et cum esset in aula educatus regia, maluit tamen pro amore iustitiae subire exilium uoluntarium d quam in tyrannidis fastigio peccati perfunctionem deliciis adquirere. Denique priusquam ad populi liberandi munus uocaretur, naturali aequitatis studio prouocatus accipientem iniuriam de popularibus suis ultus inuidiae sese dedit uoluptatique eripuit atqùe omnis regiae domus declinans tumultus in secretum Aethiopiae se contulit ibique a ceteris negotiis remotus totum diuinae cognitioni animum intendit, ut gloriam dei uideret faciem ad faciem e. Cui testificatur scriptura quia nemo surrexit amplius propheta in I strahel sicut Moyses, qui sciuit dominum faciem ad faciem f, non in uisione neque in somnio, sed os ad os cum deo summa locutus, neque in specie neque per aenigmata, sed clara atque perspicua praesentiae diuinae dignatione · donatus 1 •
7. Is itaqtie [Moyses] aperuit os suum et effudit quae in eo dominus loquebatur secundum quod ei dixera:t, cum eum ad Pharao regem diriger.et: Vade et ego aperiam os tuum et instruam. te quid debeas loqui h. Etenim ·si quod de populo dimittendo diceret a deo acceperat, quanto magis quod de caelo loqueretur. Denique non in persuasione humanae sapientiae nec in philosophiae •simulatoriis disputationibus, sed in ostensione spiritus et uirtutis tamquam testis· diuini operis ausus est dicere: In principio fecit deus caelum et terram. Non ille, ut atomorum concursione mundus ·coiret, serum atque otiosum expectauit negotium neque discipulum quendam materiae, quam contemplando mundum posset ef-
Ex 2, 5 et 10. Ex 2, 15. e Ex 2, 11ss. r Deut 34, 10. ·
e
d
• Ex 12, 6-8. h Ex 4, 12.
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dità dell'azione, indicando il risultato dell'azione compiuta prima di accennare al suo inizio. 6. Dobbiamo fare attenzione a chi dice questo. t! quel fa. moso Mosè, colto in ogni campo del sapere degli Egiziani, che la figlia del Faraone aveva raccolto dal fiume e amato come proprio figlio e, procuratogli il ,sostegno della protezione. regale, aveva voluto che fosse adeguatamente istruito in tutte le discipline della scienza profana 3 • Egli, pur avendo derivato il suo nome dall'acqua t, non ritenne di dover dire che tutte le cose erano costituite d'acqua,. come afferma Talete 5, e, pur essendo stato educato nel palazzo reale, preferi per amore della giustizia sopportare un volon tario esilio piuttosto che al vertice del potere, in mezzo ai piaceri, esporsi a cadere in peccato 6 • Tant'è vero che, prima di essere chiamato al compito di liberare il popolo, avendo vendicato per un naturale sentimento di giustizia un suo compatriota che subiva un torto, si espose al risentimento, rinunciò alle comodità della vita e, fuggendo l'agitazione del palazzo reale, cercò rifugio in una località appartata dell'Etiopia e là, lontano da tutte le altre occupazioni, rivolse l'animo alla conoscenza di Dio, cosi che ne vide la gloria a faccia a faccia 7 • A lui rende testimonianza la Scrittura dicendo che non sorse mai piu in Israele un profeta come M9~è che cono.h9e 1'l ~ignare a faccia a faccia, non ,in visione o in sogno~ ma parlando con Dio a tu pér tu, avendo ricevuto il privilegio che gli fosse rivelata chiaramente, non in _immagine o in forma oscurà, la presenza divina. 7. Egli dunque apri la bocca e annunciò quello che per mezzo suo il Signore diceva, in conformità a quanto gli aveva detto mandandolo al re Faraone: Va', ed io aprirò la tua bocca e ti insegnerò ciò· che devi dire. Se aveva appreso da Dio ciò che doveva dire sulla liberazione del popolo, quanto piu avrà appreso da lui ciò che avrebbe detto del cielo! Cosf, non già fidando nell'uman·a sapienza né in fallaci dispute filosofiche, ma nella rivelazione dello spirito e della potenza 8 , come testimone dell'opera divina osò aff~rmar~: In principio Iddio creò il cielo e la terra. Egli non attese che il mondo si fòrmasse per l'incontro di atomi con un procedimento lento e irresponsabile 9 né ritenne di dover presentare Dio come un discepolo della materia in grado di plasmare il 3 BAs., Hexaem., 5 A (2 B): MwUyxov 'tijc; -rupa:w(8oc;µL~crac; xcxt 1tpòc;-rò 't'CX7tE:L\IÒV 't'ù>\Ibµoq>OÀWV &.voc8pcxµc:iv, dÀe:-roauyxcxxouxe:ra.o«t-rwÀa:ci'.l't'OU lxe:t\l &µa:pTlcxc; cx1t6ÀCXUCJ'L'II. ' ' -9-eou~ 1tp6cr>-r0Lc; p1)µcxaL't&v6µcx-rc. -rou 0tou fllV 8Lci• n-oLCa.v auyypcicpCi>Y VOLCXV ~µwv XCX"t"Ecp@'tLY• "Ev clpxn l1tol7la&Yo 0e:6c;. TL xiv.~ iJ ~ci~tc;; 'Apx~v 7tp6>'t'OV bté&l)xe:v, (V~ µ:~ lJ.va.pxova.Àa.la.Àa.1.ov ut dicanJUS latine, quasi summam operis, quia rerum uisibilium summa caelum et terra est,· quae non solum ad mundi huius spectare uidentur ornatum, sed etiam ad indicium rerum inuisibilium et quoddam argumentum eorum quae non uidentur, ut est illud propheticum: Caeli enarrant gloriam dei et opera manuum eius adnuntiat firmamentum v. Quod secutus apostolus aliis uerbis in eandem conclusit sententiam• dicens: Quia inuisibilia eius per ea quae f acta sunt intelleguntur w_ Auctorem enim angelo rum et dominationurn et potestatum facile intellegimus eum qui momento imperli sui hanc tantam pulchritudinem mundi ex nihilo fecit esse, quae non erat, et non extantibus aut rebus aut causis donauit habere substantiam x.
Io 8, 25. Prou 8, 22; cf. Luc 20, 21. r lo 1, 3. s Col 1, 17. t Ex 4, 22. u Rom 8, 20. v Ps 18, 1. w Rom 1, 20. x Col 1, 16. P
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dopo di lui. Secondo il Vangelo, l'inizio delle vie del Signore sta nella sua opera, affinché per suo mezzo il genere umano imparasse a seguire le vie del Signore e a compiere le opere di Dio. In tale prinéipio, cioè in Cristo, Dio creò il cielo e la terra, perché per mezzo di lui tutto fu fatto e senza di lui non fu fatto nulla di ciò ch'è stato fatto: in lui, perché in lui sussistono tutte le cose . ed egli è il primogenito di tutte le creature sia perché è prima di ogni creatura sia perché è santo, dato che i primogeniti sono santi, come era primogenito Israele, non perché fosse prima di tutti i popoli, ma perché piu santo di tutti gli altri. Invece il Signore è santo sopra ogni creatura anche secondo la sua incarnazione, perché è il solo senza peccato, il solo senza vanità, mentre ogni creatura è soggetta alla vanità. 16. Possiamo anche intendere: In principio lddio creò il cielo e la terra, cioè prima del tempo, come il principio di una strada non è ancora la strada e l'inizio d'una casa non è ancora la casa 11• 12, cioè nell'insieme, Altri disse Év xEcpr:x.À.r:x.lq> espressione la quale indica che l'insieme della creazione fu compiuto in breve tempo, in un istante. Vi sono .dunque anche quelli che intendono princicioè pio non riferito al tempo, ma prima del tempo, e XEv ltlp«yyla:v -réj>véj>na:pcx6µevot;npòç -rljv &tplv µ!v .&e:(l)pl)-rtx&>v IXÒ'riJ ~ 'tou at:>µcx-roc; x(Vl)'té)..oc;~o-rlvii xa.-.&:vouv èvépyeta.• 'tù>V8è 1tptXX"C'tx&>v, crn;, 'fic; nauaa:iJ;vl)c; oò8èv ò1tfo"rl) où8è ncxpé1,L&we "'C'o'tç op&>atv•.. Sul valore degli aggettivi 7tpcxx-rtx6c; e .&&(l)p7J"C'tx6c;, vedi Pm-IN, op. cit., p. 370.. 2 BAs., Hexaem., 17 BC (7 DE): ... oùxt htpY1Jae:v oò8è Ò7tt«:rn)ae:v,&.ll' bto(7Jae:v.Kcxt x~-it 1tollol -r&>vq>«vraa.&M(l)VO'UVU1tCXp:(ELV !~ &.t8(ou"C'ij> 0e -ròv x6aµov, oùx.t y&y&Vi)a&«t n«p' cxù-roucruve:x.t:>pl)aa.v, &.ll' olov&l&.noaxt«aµcx 't~c; ·8uvixj,L&c.>t; llÙ't'OU~vrcx IXÒ"C'oµcx-rc.>c; 1t1Xpu1roanjvcu • xcxl «l"t"LOV µèv a.Ù't'OU oµo~e; -rijc; axt&c;'t'Ò a&>µa:x«l 'tiic;>.cxµ).oyouat -ròv 0e:6v, af-i-tov 8è &.1tpocxtph(l)c;, ne:86voc;"C'Òiimxuy&.tov...
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5, 19
imago substantiae. In principio inquit fecit deus caelum et terram. Et factus est ergo mundus et coepit esse qui non erat; uerbum autem dei in principio erat et erat semper b. Sed etiam angeli, do• minationes et potestates etsi aliquando coeperunt, erant tamen iam, quando hic mundus est factus. Omnia namque creata et condita sunt, uisibilia et inuisibilia, siue sedes siue dominationes siue principatus siue potestates, omnia inquit per ipsum et in ipsum creata sunt c. Quid est in ipsum creata? Quia ipse est heres patris, eo quod a patre in ipsum transierit hereditas, sicut pater dicit: Posce a me, et dabo tibi gentes hereditatem tuam d, Quae tamen hereditas a patre transiuit in filium et in patrem reuertit a filio. Egregie itaque apostolus et hoc loco filium dixit auctorem omnium et maiestate sua continentem omnia et ad Romanos de patre ait: Quoniam ex ipso et per ipsum et in ipsum omnia e. Ex ipso principium et origo substantiae uniuersorum, id est ex uoluntate eius et potestate - omnia enim ex eius uoluntate coeperunt, quia unus deus pater, ex quo omnia; etenim tamquam ex suo fecit,, qui unde uoluit fecit -, per ipsum continuatio, finis in ipsum. Ex ipso ergo materia, per ipsum operatio, quae ligauit atque constrinxit uniuersa, in ipsum, quia et quamdiu uult omnia eius uirtute manent atque consistunt et finis eorum in dei uoluntatem recurrit et eius arbitrio resoluuntµt.
b e d e
lo 1, 1. Col 1, 16. Ps 2,· s. Rom 11, 36.
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della gloria del Padre e l'immagine della sostanza di lui. In principio, disse, Dio creò il cielo e la terra. Dunque fu creato il mondo e cominciò ad esistere, mentre _prima non esisteva; invece il Verbo di Dio in principio era ed era sempre 3 • Ma anche gli angeli, le dominazioni, le potestà, anche se incominciarono ad esistere ad un dato momento, tuttavia esistevano già quando questo mondo fu creato. Infatti tutte le cose, visibili e invisibili, sono state create' e fondate, sia i troni sì.a le dominazioni sia i principati sia le po• testà, ·tutte le cose, dice Paolo, sono state create per mezzo di lui e per lui. Che cosa significa « create per lui»? Che egli è l'erede del Padre, perché l'eredità è passata a lui come dice il Padre: Chiedimelo, ed io ti darò le genti quale tua eredità. Tale eredità tuttavia è ·passata dal Padre al Figlio e dal Figlio ritorna al Padre. Egregiamente perciò l'Apostolo anche in questo passo ha detto che il Figlio è l'autore di tutte le cose ~ tutte le abbraccia con la sua· ma~stà, e del Padre disse ai Romani: Poiché da lui, per mezzo di lui e. per lui ogni cosa. Da lui il principio e l'origine dell'esistenza dell'universo, cioè dalla sua volontà e dal suo potere (infatti in seguito ad un atto della sua volontà ebbero inizio tutte le cose perché c'è un solo Dio Padre dal. quale tutto deriva: egli ha creato da ciò ch'era suo, perché ha· creato traendo gli esseri donde ha voluto); per mezzo suo la loro sopravvivenza, per lui la loro ·fine. Da lui dunque la materia, per mezzo suo l'azione che ha collegato e riunito l'universo, per lui perché, finché egli vuole, tutte le cose continuano ad esistere e la loro fine risale alla volontà di Dio e a suo arbitrio si dissolvono.
3 In queste riflessioni Ambrogio riecheggia una polemica molto diffusa tra i Padri contro la filosofia antica, compresa quella platonica. I filosofi antichi tendevano a considerare il mondo come la manifestazione necessaria di Dio e come tale derivante necessariamente da lui: lo definivano perciò l'ombra o l'immagine di Dio. I Padri, da Atanasio a Gregorio di Nissa, reagiscono sottolineando che il mondo deriva invece da un atto di Dio assolutamente libero, per cui, mentre il mondo non può esistere senza Dio, Dio non ha bisogno del mondo per essere pienamente se stesso. Questo non significa che Dio non si riveli eternamente: la Bibbia parla di un'immagine di Dio. Ma questa è il Ver• bo, che esiste da sempre accanto al Padre e ne è l'immagine invisibile. lm• magine eterna ed invisibile. Con questo Ambrogio prende posizione anche contro alcuni che consideravano Gesu Cristo immagine di Dio solo in quanto uomo. Questo perché i primi a parlare di immagine invisibile erano stati gli Ariani, specialmente Asterio, i quali consideravano il Verbo come immagine invisibile, ma creata. Alcuni, specialmente Marcello di Ancira, il grande avversario di Asterio, per respingere la tesi ariana che Cristo è immagine invisibile in quanto spirito creato, sostennero che Cristo era immagine di Dio solo in quanto uomo. Ma con il tempo si chiarf che Gesu è in primo luogo immagine invisibile increata, in quanto Verbo,« immagine esattissima» o« immagine immutabile», e poi immagine in quanto uomo. Per una visione d'insieme cf. M. SIM~ NBITI, La controversia ariana nel IV secolo, Roma 1975, e R. CANTALAMBSSA, Il Cristo immagine di Dio nelle discussioni teologiche del quarto secolo, in Teologia Liturgia Storia, Miscellanea in onore di Carlo Manziana, La Scuola Morcelliana, Brescia 1977, pp. 29-38. [ENZO BEI.UNI]. 4 Il testo greco ha b-r(a.&7J• tradotto dalla Vulgata: condita sunt. BAs., Hexaem., 13 AB (5 D): ... @e; 8L8tiax&\. ~µ.éi~b IIcxuÀo~).l.yoov· "O·n lv cx&r i> µlv oùpa.véj>-ri 1tpta'3dcx Tijc; ytvfotù>c; cbto8ouc;,TÌ)v 31 yijv 8tuTtp&OELV cpciµevoi;"t7) òn&:p;tr.. 2 l3AS.,Hexaem., 20 AB (8 BC): "Oa-r&,xa.t µ718tvd7t] '1t'tplTù>V a-ror.xtC6>v,'7tUpÒc; X.ouà.1t6Tt'rwar.v -roi:ç ~CX-&u(Lot.t; ty"(L)'VO(LMJ• Vedi anche 40 AB (16 E--17A). 11 BAs., Hexaem., 36 D-37A (15 DE): Où:x,1 M.fou8t' ò8ix't'wv8uxvouµtvl) 8dxvoot noìJ.cxK,c;-.th; tv -rcj>(3ci&&t ; . tlnJq>lSocç H BAs., · Hexaem., 37 C (16 C): Où µ~v où3è 1tcxpcìE>E:ou-rb xcxxòv yéve:atv l,xcwtÙaef3éç ta-rt Mye:tv, 8tà: µl)8È'II-rwv tvcxv-tlro'II m~pà: -rou t'IICX'IITlou yC-yve:a&cxt. Oun: yà:p ii ~(I)~ &cxvcx-rov yewfi. OUTE: -rò ax6-ro~ qiro-r6c;ta'TLV «px~ OU'te: i) v6aot; uycf.«c;8l)µtoupy6c;, «>J...' lv µèv 't'oci:c; µtrcxf3o>..cxi:c; Twv 8tcx&foerovtx 't'W'IItvcxv-dv • lv 8è -roci:c; yevfoecnv, oùx lx -rwv tvocvdv, npbç T«lvocv·d« cxl µe:-rcxcnciae:tc; ci)J.' tx 'TWVoµoyevwv lx:xa-rov 'tù>V ye:voµlvw'II1tpolpxe-rvlµc; lvf-thjxe:.re:v"r)-&7JTC1> fIMJxe:xcùuµµb,oc; -dc.>c;-rcj>a>eOTCj) xa:1 -rò !in' cxò-rouxciU.oc;-roaoihov, 6aov frt md wv btp-&CXÀµol µixp-ropoucn.Ile:pte:Mµm:-ro8i: ciiJp, µ 6).ov 8t6).ou b~e:(occ; 'f«c; 8t0t86ae:,c; njc; ocòyijc;ml TCÌ 6pt0t UU'TOU fflX\l'rOtXOU 7totpcxc~e: 'fÒ q>wc;, ff (L1ç0\I,
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BAs., H exaem., 45 B (19 BC): "Ocnte:p yli:p ol tii -r(3u&bltmtç -rò l>4,ov x«-rocq,cive:tcxv lµnotoua, b., -r••• Noi non ne sappiamo nulla; vedi Gmr, op. cit., p. 172, n. 1. · 5 BAs., Hexaem., 45 BC (19 C): "0-rcxv81 cp-nj\l t1tl 0e:ou xa.l pjj~ xcd 1tp6oò 8tà. C(>Ci>Vl)'t'LXoov bpycivc.>v b.mµn6µevov tl,6ipovou8~ clip« 3Ld; cn«yµor:>..tyc.>(.Wol, y>.wacnic; 't'\J7tOUµt\lo\l 'fÒ\I &e:to\l>..6yovvoouy.t\l, dllà. ffJ\I iv -r&e:>..~µrt'fL ~07")\I 3,ciTÒ -rote;8,8ocaxoµm>tc;e:òauvomov,~youµe:-8«iv d3u npocnt1toµtv7jc;'n)t; VUKTÒt; 'tjj ijµtp~. . 2 La Scrittura auctoritate nominis principalis rivendica per il giorno tempora diei et noctis, chiamando « giorno ,. l'intero periodo di ventiquattro ore. 3 BAs., Hexaem., 49 A (20 CD): Kcd oùxtn npoae:y6peuae:v,i)µtp« xcd vu~, ~ Té;>lm.xptt-rom1, rl)v néiaixv npoO'"t)yopktvrbtb.le:tµ.e:. 4 BAs., Hexaem., 49 A (20 D). 5 BAs., Hexaem., 49 AB (20 E): ,Alld: µktv dmv, ~Tot 'C'ÒIUTPOV-IJµfpaç xcxlW>V dxo• at-re:aalip(l)v C:,pwvµtiiç iJµipcxc;lx1t>.7Jpouai;)v 81«0T7Jµ«•••Cf. PHILO,De opif. mundi, 3 (I, 3, 36; 4, 12 C). Anche Origene (Hom. in Gen., I, 1, apud Ruf.) usa dies una. 8 BAs., Hexaem., 49 e (21 AB): •.. 6 '")V 'C'OUxp6vou cpua,v xci-r«axMacxç xcil 0'7Jµ.ticx-rei -rl:lv iJµ.e:pwvbtt~w 8tcx.oua&«, xde:ue:&.,1:ea;p"'8-µoua«v TOUxp6vou '")V x(v-qa,v. T~v l~86µ«8a; a~7taÀW l:xn>.71pouv'"I" iJµ.tpcxvµ.Ccxv
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- nam etsi aliis locis saecula appellat, uidetur magis diuersitates statuum publicorum uel negotiorum significare quam saeculorum successionts aliquas· definire - quia dies domini magnus et praeclarus e et alibi: Vt quid uobis quaerere diem domini? 1• Et hic· tenebrae et non lux; manifestum est enim quod male consciis et indignis dies ille tenebrosus sit, quo fulgebit innocentia et mens noxia cruciabitur 1 • Ceterum quod sine interpellatione noctium et successione tenebrarum dies perpetuus ille re.munerationis aeternae futurus sit h scriptura nos docet. 38. Pulchre autem uicem utramque unum dicturus diem matutino eum fine conclusit, ut et a luce incohare diem doceret et in lucem desinere. Non enim est integrum diei tempus et noctis, nisi fuerit expletum. Vnde et nos semper quasi in die honeste ambulemus et abiciamus opera tenebrarum i, Noctem enim ad quietem. corporis datam esse cognoscimus, non ad muneris alicuius et operis functionem, quae somno et obliuione transcurritur. Non sit in nobis comisatio et ebrietas, cubile et inpudicitia 1, non dicamus: Tenebrae et parietes operiunt nos, et quis scit si uidebit altissimus? m. Sed sit in nobis amor lucis et cura honestatis, ut tamquam in die ambulantes opera nostra coram deo lucere cupiamus n, cui est honor laus gloria potestas cum domino nostro Iesu Christo et sancta spiritu a saeculis et nunc et semper et in omnia saecula saeculorum amen.
Ioel 2, 11. 5, 18. a Mt 13, 43. h Is 60, 19-20. i Rom 13, 12. l Rom 13, 13. m Eccli 23, 18 (26). n Mt 5, 10. e
f Amos
38, 1. Pulcre Schenkl pulchre omnes codd. praeter unum; cf. et passim.
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Scrittura parla di un secolo - sebbene in altri passi parli di ({secoli», sembra piuttosto indicare la diversità delle situazioni o delle attività sociali che definire una successione di secoli" dicendo che il giorno del Signore è grande e illustre e altrove: A quale scopo per voi cercare il giorno del Signore? Qui però si parla di tenebre e non di luce 8, perché è manifesto che, per coloro che hanno una cattiva coscienza e sono indegni, è giorno di tenebre quel giorno in cui risplenderà l'innocenza e l'anima colpevole sarà soggetta a tormenti. Del resto la Scrittura ci insegna che il giorno senza fine del premio eterno non avrà l'intervallo delle notti e la successione delle tenebre. 38. Egregiamente poi, volendo chiamare un giorno l'avvicendarsi della luce e delle tenebre, lo fece terminare la mattina per insegnarci che il giorno comincia dalla luce e in essa ha fine. La durata del giorno e della notte non è intera se non è finita. Anche noi camminiamo sempre compostamente, come di giorno 9, e respingiamo le opere delle tenebre. Sappiamo che la notte è stata data per il riposo del corpo, non per svolgere qualche compito o attività, e perciò si trascorre nel sonno e nell'oblio. Non siano in noi gozzoviglia ed ebbrezza, libidine e impudicizia; non diciamo: Le· tenebre e le pareti ci- nascondono,. e chissà se l'Altissimo riuscirà a v~derci? Siano invece in noi amore per la luce e cura per l'onestà, affinché, come camminando alla luce del sole, desideriamo che le nostre opere risplendano al cospetto di Dio al quale è onore, lode, gloria, potere, con il Signore nostro Gesu Cristo e lo Spirito Santo dall'eternità e ora e -sempre e per tutti i secoli dei secoli. Amen.
m&.xtc; a.ù-rliv &te; ia.univ tivoccrrpfcpouaa.v, 't'OUTO8! XUXÀLX6v lcrrt TO ax'iilL«, ixcp'ia.uTOU&pxta.OU,xa.t &te;br.UTÒ )C(XT(X)..~y&tV. 1 BAS.,Hexaem., 52 A (21 C): ... &>on µa.llov ~TCXaT«a&V ~JLLV xat µ&:TV 7tOLx(>..v a,cxcpop&.c;, -~· oùxl mptypa.cpàc;xal 1tlpcxTa.xcxl 81.«BoxlÌ(; cxl(l)VCl>V b< Too-.ou 8dxvua&a.1. ; 8 S. Ambrogio traduce Gioele, 2, 11 dai Settanta: 8L6Tt µ&yil1J 'IJiJµipa. -rou KupCou, µty«>..l}xa.l t7ttcpa.v¾Jc; acp68pa.. La Vulgata ha: magnus enim dies Domini et terribilis ualde. Altrettanto si dica per Amos, 5, 18: ... (va. •d ct.U't1J~11iv iJ -ijµlpa. -tou Kuplou; xat a.ÙT'I) lni.v GXthoc;xcxloù cpC>c; ... dove la Vulgata ha: Dies Domini ista. tenebrae et
'1trcrr-
non lux. 9 BAs., Hexaem., 52 B (21 E): ('O Ila.~p -rou ci>.-q.Swoucpc.>Tòc;) ... na.p&X6µtv~ i)µiv c; lv 71µlplf &Ùnuenire, ut quae discreta natura sunt in unitatis et pacis uinculum uelut indiuidua conpassione nectantur? Aut quis haec uidens possibilitatem rationis infirmo ingenio rimetur? Quae omnia uis diuina inconprehensibilis humanis mentibus et ineffabilis sermonibus nostris uoluntatis suae auctoritate contexuit.
2. Fecit igitur deus caelum et terram et ea quasi auctor esse praecepit, non tamquam figurae inuentor, sed tamquam operator naturae. Nam quomodo sibi conueniunt operatoria inpassibilis dei uirtus et passibilis materiae natura tamquam altera ab altera quo indiguerint mutuantes? Nam si increata materia, uidetur ergo deo creandae potestas materiae defuisse et ab ea operationi subiacentia mutuatus: si uero inconposita, mirum admodum coaeternam deo materiem decorem sibi non potuisse conferre, quae substantiam non a creatore acceperit, sed sine tempore ipsa possederit. Plus ergo inuenit operator omnium quam contulit: inuenit materiem, in qua posset operari, contulit autem figuram, quae decorem inuentis rebus adferret. Vnde excipiendus a ceteris tamquam dies unus, non conferendus cum ceteris tamquam dies primus est, quo fundamenta rerum omnium posita et causae esse
SECONDO GIORNO
III SERMONE
Capitolo 1 . 1. Abbiamo terminato, nei limiti delle nostre possibilità, la trattazione del primo o piuttosto di un giorno 1, per conservare l'espressione preferita dal testo ispirato. Abbiamo appreso che in questo giorno fu costituito il. cielo, fu creata la terra, traboccarono le acque, fu diffusa intorno l'aria, fu divisa la luce dalle tenebre per l'azione di Dio onnipotente, del Sign9re Gesu Cristo ed anche dello Spirito Santo. Chi dunque non· resterebbe stupito al vedere il mondo, eterogeneo per la diversità delle sue parti, costituirsi in un unico organismo ed elementi · cosf differenti raccogliersi insieme in reciproca unione fra loro secondo una legge inviolabile di concordia e di amore, cosi che sostanze, naturalmente distinte, come per un'indissolubile solidarietà si legano in un vincolo di unione e di pace? O chi a tale vista oserebbe ricercare con il suo debole ingegno la possibilità di una spiegazione? Tutto ciò ·ha composto insieme con l'autorità del suo volere la potenza divina che non può essere compresa dalle menti umane né espressa- dalle nostre parole. 2. Iddio dunque creò il cielo e la terra e quale Creatore ordinò loro di esistere, non come se ne avesse trovato l'immagine, nia come autore della loro sostanza. Come possono l'impassibile potenza creatrice di Dio e la passibile natura della materia accordarsi tra loro quasi prestandosi reciprocamente ciò di cui hanno bisogno? Se la natura fosse increata, sembrerebbe di conseguenza che a Dio sia mancato il potere di crearla e che •da essa abbia preso gli elementi indispensabili per la sua opera; se però fosse informe, sarebbe veramente strano che la materia, essendo coeterna a Dio, non abbia potuto conferirsi la bellezza, visto che non aveva ricevuto l'esistenza dal Creatore, ma la possedeva di per s< stessa dall'eternità. Il Creatore dell'universo avrebbe trovato piu di quello che avrebbe dato, avrebbe trovato la materia sulla quale agire e le avrebbe conferito l'aspetto che desse bellezza a ciò che aveva trovato. Perciò il giorno della creazione deve essere distinto da tutti gli altri come un giorno, non messo a confronto con gli
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BAs., H exaem., ·52 C (22A):
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1, 2•3
coeperunt, quibus mundi huius atque uniuersae uisibilis creaturae fulta stibstantia est. Quare ad secundi diei miranda opera sermo nobis prodeat, quorum eminentia non secundum tractatus nostri possibilitatem,· sed secundum scripturam ad laudem referenda est creatoris. 3. Vos igitur quaeso ut naturaliter aestimare quae dicimus probabiliter ac simplici mente et sedulo ingenio pensare dignemini, non secundum philosophiae traditiones et inanem seductionern suasoriae ueri similia colligentes, sed secundum regulam ueritatis •, quae oraculis diuini sermonis exprirnitur et conternplatione tantae maiestatis fidelium pectoribus infunditur, quia scriptum est:. Confirma me in uerbis tuis: narrauerunt mihi iniusti exercitationes, sed non sicut lex tua, domine. Omnia praecepta tua ueritas b, Non ergo secundum elementorum naturas, sed secundum Christum, qui omnia quae uoluit fecit abundans plenitudine diuinitatis suae e, consideremus quae facta sunt et naturae possibilitatem interrogemus. Neque enim cum in euangelio leprosum curaret, caecis uisum refunderet d, populus qui aderat et spectabat illa medicinae oroinem recognouit, sed potestatem domini miratus dedit, ut scriptum est, deo laudem e. Neque secundum numeros Aegyptiorum et concursus siderum et mensuras elementorum extendit manum suam Moyses, ut diuideretur mare rubrum, sed diuinae imperio potestatis obtemperans. Vnde et ipse ait: Dextera manus tua, domine, glorificata est in uirtute, dextera manus tua, domine, confregit inimicos r. Illo igitur, sancta plebs, eleua mentem tuam et totum animum tuum eo confer. Non sic deus uidet quemadmodum homo. Deus in corde, homo .in facie. Nec sic igitur homo uidet quemadmodum deus. Audis quia deus uidit et laudauit. Noli igitur tuis oculis aestimare quae facta sunt opinionibusque colligere, sed quae deus uidit et probauit ea tu retractanda non putes.
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Col 2, 8.
b
Ps 118, 28 et 85-86.
e
Col 2, 9.
d
Mt 8, 2; 9, 30; 20, 34 (Mc 8, 25; 10, 25; Le 18, 43; Io 9, 7).
Le 18, 43. f Ex 15. 6.
e
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altri come « primo giorno» 2 • In esso infatti furono poste le fondamenta dell'universo e cominciarono ad esistere le cause sulle quali si fonda l'esistenza di questo mondo e di tutte le creature visibili. Passi dunque il nostro discorso alle meravigliose opere del secondo giorno, la cui sublimità deve essere riferita a lode del Creatore non secondo le possibilità di questo nostro sermone 3 , ma secondo la Scrittura. 3. Abbiate perciò la bontà di giudicare senza prevenzioni ciò che diciamo portandone le prove e di ponderarlo con animo aperto e "intelligenza attenta, non ricavando già conclusioni verosimili secondo gli insegnamenti della filosofia e la vana seduzione dell'eloquenza deliberativa 4, ma secondo le regole della verità espressa dalla rivelazione della parola divina 5 e infusa nel cuore dei fedeli mediante la contemplazione di una maestà cosi grande, perché sta scritto: Rafforzami nella tua parola: gli ingiusti mi hanno esposto vane teorie, ma non come la tua legge, Signore. Tutti i tuoi precetti sono verità. Consideriamo il creato e interroghiamo le capacità della natura non secondo la qualità degli elementi, ma secondo Cristo che ha fatto ·tutto ciò che ha voluto, sovrabbondando della pienezza della sua divinità. Quando nel Vangelo guariva il lebbroso e rendeva la vista ai ciechi, il popolo che assisteva a quei miracoli non ,riconosceva .in essi un procedimento della medicina, ma, ammirando la potenza ·del Signore, come sta scritto, diede gloria a Dio. E Mosè non stese la sua mano per dividere le acque del Mar Rosso fondandosi sui calcoli degli Egiziani, sulle congiunzioni astrali, sulle misure .degli elementi, bensi obbedendo al comando della potenza divina. Perciò anch'egli disse: La tua destra, Signore, è stata glorificata nella sua potenza, la tua destra ha in/ ranto i nemici. Or dunque, o popolo santo, innalza la tua mente a tali meraviglie e ad esse rivolgi tutto l'animo tuo. lddio non vede con gli occhi dell'uomo. Dio vede il cuore, l'uomo l'aspetto esteriore. Neppure cosi l'uomo vede come Dio. Tu senti che Dio vide e approvò l'opera sua. Non pretendere dunque di giudicare il creato e di trarre conclusioni secondo il tuo punto di vista, ma convinciti che non devono essere corrette le cose che Dio ha veduto e approvato.
1 BAs., Hexaem., 52 C (22 A): T« -rijç '7t'p6>T7)ç ~µép~ lpyor;, µ&llov 8l -rtl 'njt;(J.tciç ' (.I.~ ycip O~Y «.cpe:).6>f.LE3'x «.Ù'tijç· 'TÒ«.~(µa:, & !v 'tl) q>OGE:t lx&t, mtp« -iou X"flatWtoç xor;.S-'!1XU'ÒjVb.).~ auvr«~e:,&.p,&1111&dacx. 1 Tractatus è termine tecnico per indicare una riflessione meditata sul testo sacro. Vedi A.V. NAZZARO,Esordio e chiusa delle omelie esameronali di Ambrogio, Augustinianum, XIV, 1974, p. 564. • 4 Si allude alle cosiddette suasoriae di cui abbiamo un esempio nell'opera di Seneca il Vecchio; vedi SCHANZ-HOSIUS, Il, p. 339. 5 BAs., Hexaem., 53 A (22 B): Aiyw 81 -rou-rooùx l1tl -niv -rou l~71youµévou SwlXIJ.LV «vcxtpépv, li>J..' l1"l -nJVxvytypcxµµévv,cpuatxéi'>c; qouae1v -rò ròrc«p«8t>tTov x«l Tt'«CJTI x«p8(~ 1tpov-rò ci).~S~c;"fou m&a.vou
1tp0Tt(J.6>YT(l)V,
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EXAMERON,DIBS II, SBR. III, C.
2, 4-5
Caput II 4. Et dixit deus: Fiat firmamentum inter medium aquae et sit discernens inter aquam. Et factum est sic•. Audi uerba dei: Fiat dicit. Iubentis est, non aestimantis, imperat naturae, non possibilitati obtemperat, non mensuras colligit, non pondus examinat. Voluntas· eius mensura rerum est, sermo eius finis est operis. 'Fiat' inquit 'firmamentum inter mediam aquam'. Firmum est omne quod ·statuit deus. Et satis pulchre praemisit 'fiat firmamentum', antequam subiceret 'inter mediam aquam', ut tu prius crederes firmamentum ex praecepto dei factum quam de aquarum proflua qualitate dubitares. Si naturam elementorum consideres, quomodo inter aquas solidatu.m est firmamentum? Illae profluunt, illud constringitur: illae currunt, hoc manet. Et sit inquit disce.rnens inter aquam. Sed aqua confundere, non discernere solet. Quomodo iubet quod scit secundum elem~ntorum ra• tionem esse contrarium? Sed cum sermo eius ortus naturae sit, iure usurpat dare legem naturae qui originem dedit. 5. Sed prius consideremus quid sit firmamentum, utrum ipsum sit. quod .in superioribus. ca~lup;i appeMauit an aliud et si duo caeli an plures. Nam sunt qui unum caelum esse dicant riec alterius caeli faciendi, dum esset una vÀ:ri ut ipsi aiunt, potuisse subpetere substantiam, quoniam cum omnis superiori caelo esset expensa, nihil reliqui fuit quod ad aedificationem secundi caeli tertiiue proficeret. Alii uero innumeros caelos et mundos esse adserunt, quos inrident sui - non enim nobiscum illis maior quam cum suis pugna est - qui geometricis numeris et necessitatibus contendunt probare quod aliud caelum esse non possit, nec pati naturam, ut aut secundum aut tertium sit, nec operatoris uirtu• tem idoneam, ut multos caelos faceret. Et quis non hanc eorum artificem facundiam inrideat, qui cum ex una atque eadem causa plur;i eiusdem gener_is ab homini~us fieri posse non abnuant, de creatore omnium dubitent, utrum plures caelos facere potuerit, de quo scriptum est: Dominus autem caelos f ecit b et alibi: Omnia quaecumque uoluit fecit c. Quid enim difficile ei cui uelle fecisse
• Gen 1, 6 et 7. 5.
b Ps 95, e
Ps 113, 11(3b).
I SEI GIORNI DELLACREAZIONE
85
Capitolo 2 4. E Dio disse: « Sia fatto un firmamento in mezzo alle acque e le divida ». E cosi fu fatto. Ascolta le parole di Dio. Sia fatto, dioe. ~ il tono di chi ordina, non di chi valuta: comanda aHa natura, non si sottomette a limiti imposti, non prende misure, non verifica peso. La sua volontà è la misura delle cose, la sua parola segna il fine dell'opera. Sia fatto, disse, un firmamento in mezzo all'acqua. ~ fermo tutto ciò che Dio ·ha stabilito. E davvero opportunamente premise Sia fatto un firmamento prima di aggiungere in mezzo all'acqua, affinché tu credessi che per comando di Dio è stato fatto il firmamento, prima di dubitare della liquidità dell'acqua. Se tu consideri la natura degli elementi, in che modo il firmamento si è potuto solidificare in mezzo alle acque? Queste scorrono, quello si rassoda; queste si spostano rapidamente, quello sta immobile. E divida l'acqua, disse. Ma l'acqua suole mescolare, non dividere. Come mai ordina ciò che sa contrario alla natura degli elementi? Ma siccome la sua parola ha dato principio alla natura, con pieno diritto si arroga di dare la legge colui che le ha dato l'origine. 5. Ma prima consideriamo che cosa sia il firmamento, se sia precisamente ciò che in precedenza ha chiamato .cielo oppure una cosa diversa e se vi siano due cieli o piu ancora. Infatti vi sono di quelli che dicono che esiste un solo cielo e che non sarebbe potuta bastare la materia per formare un secondo cielo, essendovi un'unica VÀT) come essi dicono, perché, essendo stata consumata interamente per il precedente cielo 1, non sarebbe rimasto nulla che potesse servire alla costruzione di un secondo o di un terzo cielo 2 • Altri invece affermano che esistono innumerevoli cieli e mondi e sono derisi dai loro 3 - infatti non contrastano tanto con noi quanto con i loro - i quali si sforzano di dimostrare, sul fondamento di calcoli e di principi geometrici, che non può esistere un altro ciclo né"la materia permette che ve ne sia un secondo o un terzo né la potenza dell'artefice era in grado di creare molti cieli. E chi non si befferebbe di questa loro abile facondia, dato che essi, mentre non negano che gli uomini possano fare piu cose dello stesso genere da una sola e medesima causa, si chiedono dubbiosi se abbia potuto creare piu cieli il Creatore dell'universo, del quale è stato scritto: Ma il Signore ha fatto i cieli ~ _altrove: Fe_ce:tutt'? ciò che volle? Che cosa infatti è difficile per colui per il quale volere e avere già 'fatto sono la stessa cosa? 1 BAs., Hexaem., 56 D (23 E): ... Tt'"l~ca>&ev -roiç ~ca> x«'TCXÀLn6ne:t; ~µdç bd -rbv iXXÀ')O'LcxcrTLXàvÒ1t0 x«l µtrpCj>314-rot~xa.-ra -rl>v'1&>13. Xotl a-rcxy6vcçdalv òe-rou)~ac, 1t6aov 'Téi> x6aµc,>xp&vovclcp&>ptO'EV slt; 814µ0V1JV xcd 'Jt60'7JV XP~-r,rup(, &e; f'JOLV'Ha«~ b., or~npòr; TÒV -r&>v IS).c.>v E)cl)y a~«L • ·o >.tyV tjj cll3uaact>, lp'IJl;J,c.>&-IJan x«l TCCMCXI;-roòç 'JtO't'otµouçCJ'OU ~'l)ptnéi'> • . lè BAS.,Hexaem., 69 A (29 A): I:ù Sl -r"µ.1vn>.:/j&EL -roG GS«-roçclmaniç, ,rp~c;Sl 1'0U &tpµou 1tÀ1J&oc; o6x clno(3~tc;. 6 x«!v 6>.lyov. "C'éi> ~L, n-o>..).ijc;i..a: 'l't'pòc; /tJJ..'YjÀIX,rup xcd cp).6ya: «vcilfrn, Mv n b< cpÀoyòc; &:va:'7rt'oµi:Vl)c; xcx-;a:xtLu&j), fa6v l:cn-,xrd n-cxp~),:/Jatov!~ &:µv -rò -ri:).oc;. 23 BAS., Hexaem., 69 e, 72 A (29 E, 30 A): Ka:t "t'OL YE 6pwµev '")V µcyciÀY)V -rou-rcxTt'«V"t'v-roc; aocpla:v, ~«·n&ei:aa.v -ròv -sj>..,o-., l~ h-i:p6>Vdc; &epix tvcc µr,-roi:c;cxÙToi:c; &:el ,tpoa8ux-rpl~wv, "t'TI'l't'Àeove~~Tou &epµou >..uµ~VY)"t'a:L ffjV 81.CXx6aµ'Yjcrt v ...
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BXAMERON,DIES II, SER. III, C.
4, 15-16
Caput IV 15. Sed reuertamur ad propositurn. Fiat firmamentum inter medium aquae. Non moueat, sicut iam dixi, quia supra caelum ait, hic dicit firmamentum, quoniam et Dauid ait: Caeli enarrant gloriam dei, et opera manuum eius adnuntiat firmamentum •, hoc est: mundi opus, cum uidetur, suurn laudat auctorem; inuisibilis enim maiestas eius per ea quae uidentur. agnoscitur. Et uidetur mihi nomen caelorurn commune esse, quia plurimos caelos scriptura testificatur, nomen autem esse speciale firmamentum, siquidem et hic ita habet: Et uocauit firmamentum caelum b, ut uideatur supra generaliter dixisse in principio caelum facturn, ut omnem caelestis creaturae fabricam conprehenderet, hic autem specialem firmamenti huius exterioris soliditatem, quod dicitur caeli finnamentum, sicut legimus in hymno prophetico: Benedictus es in firmamento ·caelic. Nam caelum, quod oùpavoç graece dicitur, latine, quia inpressa stellarum •lumina uelut signa habeat, tamquam caelatum appellatur, sicut argenturn, quod signis eminentibus refulget, caelatum dicimus, oupav6ç autem cbtò "tou oppwvoòp«d néiaon.«~uaao1. •••
1
BAs.,Hexaem., 76 C (32 A).
cx1n6v, cp11at,xcxl -r(t. bt Tij,;
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EXAMERON,DIES II, SBR. III,' C.
-5, 19-22
per secretum inuisibilis naturae et audit similiter. Denique ait: Sicut audio et iudico, et iudicium meum uerum est, quia non sum solu.s, sed ego et qui me misit pater e. 20. Hoc mysticum est, illud morale. Vidit mihi, probauit mihi. Quod deus probauit tu reprehensibile ne dixeris. Quoniam quod deus mundauit, tu commune ne dixeris r scriptum tibi esse meministi. Ergo bonum dei n~~o blasphemet .. ];:t si. fir.mame~t.urn bonum, quanto magis bonus eius creator, etiamsi Arriani nolint, Eunomiani reclament, radicis degeneris fructus deterior. 21. Vidit inquit deus quia bonum est. Solent artifices singula ·prius facere et .postea habili commissione conectere, ut qui uultus hominum uel corpora excudunt de marmore uel aere fingunt uel ceris e~primunt, non tamen sciunt quemadmodum sibi possint membra singula conuenire et quid gratiae adferat futura conexio. Et ideo aut laudare non audent aut pro parte laudant; deus uero tamquam aestimator uniuersitatis praeuidens quae fu. tura sunt quasi perfecta iam 1laudat quae adhuc in primi operis exordio sunt, finem operis cognitione praeueniens. Nec mirum apud quem rerum perfectio non in consummatione operis, sed in suae praedestinatione est uoluntatis. Laudat singula quasi conuenientia futuris, laudat plenitudinem singulorum uenustate conpositam. Illa est enim uera pulchritudo et in singulis membris esse quod· deceat et in toto, ut in singulis gratia, in omnibus formae conuenientis plenitudo laudetur.
22. Sed iam secundus nobis claudatur dies, ne dum opus astruimus firmamenti,. infirmiores eos qui audiunt dicendi pro-
e
lo 8, 16.
r Act 10, 15. 20, 5. Ariani Schenkl Arriani plerique codd., quorum nonnulli antiquissimi. Vide Praef.
I SEI GIORNI DELLACREAZIONE
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divina e cosi lo ascolta. Dice infine: Come ascolto, cosi giudico, e il mio giudizio è vero, perché- non sono solo, ma siamo io e il Padre che mi ha mandato. 20. Questo è il senso mistico 2 ; vediamo ora quello inorale. Vide per me, approvò per me. Non dire difettoso ciò che Dio ha approvato, poiché ricordi che sta scritto per te: Non dire impuro ciò che Dio ha purificato. Perciò nessuno biasimi il bene operato da Dio. E se è buono il firmamento, quanto piu buono ne è il Creatore, anche se gli Ariani non sono di questo parere e gli Eunomiani 3 protestano, frutto ancor peggiore di una radice che ha tralignato. 21. Dio vide, dice la Scrittura, che era un bene. Gli artisti prima sogliono fare le singole parti e poi connetterle ~on abile commessura, come fanno coloro che sco_lpiscono nel marmo i volti e i corpi umani o li modellano nel bronzo 4 o li riproducono con ia cera; tuttavia non sanno come le singole membra possano armonizzare tra loro e quale bellezza conferisca ad esse la loro successiva riunione tin un tutto. E perciò non osano lodare la loro opera o ne lodano le singole parti. Dio invee~, come colui che, prevedendo il futuro, può valutare complessivamente l'opera sua, loda come se fossero già condotte a perfezione le cose che sono ancora all'inizio dell'attuazione loro, prevenendo con la sua conoscenza il compimento dell'opera 5 • Né ciò è strano, trattandosi di colui riguardo al quale la perfezione delle cose non consiste nell'essere state condotte a termine, ma dall'aver ricevuto un fine dalla sua volontà. Loda le singole parti come se già armonizzassero con quelle che sarebbero state successivamente create, loda la perfezione del tutto Tisultante dalla bel,lezza di ciascuna di es-se. C'è vera bellezza, quando nelle singole parti come nel tutto sia presente ciò che loro si addice, cosi che in ciascun particolare si lodi la bellezza e nell'insieme la perfezione d'una forma armoniosa. 22. Ma ormai concludiamo il secondo giàrno 6 per non esaurire con la nostra prolissità, proprio mentre trattiamo della creanatura
2 Annota il Coppa (op. cit., p. 172, n. 65)! Intendi « allegorico•, secondo l'antico concetto greco della « santa teologia• che schiude la via alla contemplazione divina. 3 Setta eretica che prende nome da Eunomio, nato in Cappadocia e morto a Dacora al piu tardi verso il 395. Elaborò una forma di arianesimo radicale che portò alle estreme conseguenze la dottrina di Ario. Cf. M. SIMONEITI, La crisi ariana nel IV secolo, Augustinianum, Roma 1975, pp. 464-466; 468-469;502-503e E. CAVALCANTI, Studi eunomiani, Augustinianum, Roma 1976. 4 Cf. VERG.,Aen., VI, 847-848: Excudent alii spirantia mollius aera / credo equidem, uiuos ducent de marmore uultus ... 5 BAs., Hexaem., 77 A (32 C): 'O µmot -rqv[fllc; xcxl ,-rpò Tijt; cruv.&!aec.>c; !ncxot8e "t'oube«OTou xCXÀÒV xcxl i?tcxtvet-reixcx&'lxcxa-tov,npòt; -rò d>..ot; cxò-roov v«q>épc.>v fllVmotcxv. To,ou-roç o~v 81)-rtt; XlXlwv lvrex;vot; btcxwtn)c; -roovxcx-rcì µépoc;lpyc.>vo E>eòç&.v«yfypcx1t'Tcxr.. S. Ambrogio, però, approfondendo il concetto, mette piuttosto in risalto la preveggenza di Dio che gli consente di conoscere quale sarà l'opera compiuta e di poterla quindi lodare sebbene ancora incompleta. 8 BAs., Hexaem., 77 A (32 C). I punti di contatto con S. Ambrogio sono però assai vaghi.
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BXAMERON,DIES II, SER. m, C.
5, 22
·1ixitate faciamus, dum in noctem sermo producitur, quae adhuc carens lunae stellarumque lumine - nondum enim auminaria creata sunt caeli - obscuritatem possit adferre remeantibus: simul ut cibo potuque curentur corpora, ne animis epulantibus fragilitas camis de nocturno quoque ieiunio conqueratur.
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zione del firmamento, la resistenza 7 degli ascoltatori, prolungando il nostro discorso fino a notte inoltrata che, priva ancora della luce della luna e delle stelle - infatti gli astri non sono stati ancora creati 8 -, potrebbe impedirvi di vedere mentre tornate a casa; e nello stesso tempo per consentirvi di ristorare il vostro corpo con cibi e bevande, evitando cosi che, mentre le anime banchettano, la fragilità della carne si lamenti di dover digiunare anche la notte.
7 Nel testo c'è un gioco di parole tra firmamentum e infirmiores. Nella traduzione ho preferito far prevalere la chiarezza del senso. Esordio e chiusa, Sulla chiusa di questo e degli altri sermoni vedi NAZZARO, ecc., cit. 1 Osservazione che allude, non senza un certo spirito, alla materia che sarà successivamente trattata. Del resto, le facetiae, entro certi limiti, erano comuni all'eloquenza classica: vedi Ctc., Or., 26, 37-90.
DIES TERTIVS
SERMO IV
Caput I 1. Dies tertius nobis hodie in sermone nascitur, qui ortus est in lectione, praeclarus dies, qui terram a naufragio liberauit dicente deo: Congregetur aqua quae est sub caelo in congregationem unam •. De quo ·praefationem adoriri placet. Congregetur aqua dictum est, et congregata est: et frequenter dicitur 'populus congregetur', et non congregatur. Non mediocris pudor est imperio dei insensibilia elementa parere et homines non oboedire, quibus sensus ab ipso tributus auctore est. Et fortasse hic pudor fecerit, ut hodie plures conueniretis, ne quo die congregata est aqua in congregationem unam, et hodie populus nequaquam congregatus in ecclesiam domini uideretur.
2. Nec hoc solum oboedientis aquae exemplum habemus; nam et alibi scriptum est Viderunt te aquae, deus, uiderunt te aquae et timuerunt b. Neque enim ueri sin1ile non uidetur de aquis dictum, quando alibi quoque item propheta ait: Mare uidit et fugit, Iordanes conuersus est retrorsum c. Hoc enim uere factum quis ignorat, quod ad Hebraeorum transitus mare fugerit? Quando se unda diuisit, transiuit populus uestigio puluerulento perisse mare credens, fugisse fluctus. Denique credidit hoc Aegyptius et ingressus est: Sed illi rediit unda, quae fugerat. Nouit ergo aqua et congregari et timere et fugere, quando deus praecepit. Hanc imitemur aquam et unam congregationem domi'nl, unam ecclesiam nouerimus. · 3. Congregata est hic quondam aqua ex omni ualle, ex omni palude, ex omni lacu. Vallis est haeresis, uallis est gentilitas, quia deu.s mòntium est, non uallium d. Denique in ecclesia exultatio est, in haeresi et gentilitate fletus et maeror. Vnde ait: Disposuit in conualle fle{us e. Ex omni igitur ualle congregatus est populus a b e
Gen 1, 9.. Ps 76, 17. Ps 113, 3.
d 3 Reg 21 (20), 28. e
Ps 83, 7.
TERZO GIORNO
IV SERMONE
Capitolo 1 1. Oggi nel nostro discorso comincia il terzo giorno già nato
nella lezione scritturale, giorno insigne che ha liberato la terra dal naufragio, quando Dio disse: L'acqua che è sotto il cielo si raccolga in un sol luogo. Da questo passo mi piace prendere l'avvio. Si raccolga l'acqua, è stato detto, e si raccolse; spesso anche si dice: « Si raccolga il popolo», ma non si raccoglie. Non è poca vergogna che gli elementi insensibili obbediscano al comando di Dio e che invece non obbediscano gli uomini i quali hanno ricèvuto la ragione dallo stesso loro Creatore. E forse questo senso di vergogna ha fatto sf che oggi vi radunaste piu numerosi, perché non avvenisse che anche oggi, nel giorno in cui l'acqua si è raècolta in un sol luogo, il popolo non si vedesse affatto raccolto nella chiesa del Signore. 2. E non abbiamo solo quest'esempio dell'acqua che obbedisce; infatti anche ·altrove sta scritto: Ti videro le acque, Dio, ti videro e ne ebbero timore. Non sembra inverosimile che ciò sia stato detto dell'acqua, perché anche in un altro passo il profeta dice ugualmente: · Il mare vide e fuggi, il Giordano ritornò indi_etro. Chi non sa che è veramente accaduto che il mare si sia ritirato per lasciar passare gli Ebrei? Quando le onde si divisero, il popolo passò stampando le sue orme sulla polvere, credendo che il mare fosse scomparso, che le onde si fossero date alla fuga. Lo credettero anche gli Egiziani ed entrarono a loro volta; ma l'onda, ch'era fuggita, per loro ritornò al suo· posto. L'acqua dunque sa raccogliersi e temere e fuggire quando lo ordina Dio. Imitiamo quest'acqua, e conosceremo l'unica comunità del Signore, l'unica Chiesa. 3. Qui si è raccolta un tempo l'acqua da ogni valle, da ogni palude, da ogni lago. Valle è l'eresia, valle il paganesimo, perché Dio è Dio dei monti, non delle valli 1• Di conseguenza nella Chiesa v'è gioia, nella eresia e nel paganesimo ci sono pianto e tristezza. Per tale motivo la Scrittura dice: Dispose pianti nella convalle 2•
1 Re, 20, 28: Deus montium est Dominus et non est Deus uallium ..• Sal 83, 7: in ualle lacrimarum, in loco quem posuit. Il testo dei Settanta dice invece: lv tji xotÀ&Bt'TOU>voi; di; 'T61tov8v I.Otto. 1 2
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EXAMERON,DIES III, SER. IV, C.
1, 3-5
catholicus. Iam non multae congregationes sunt, sed una est congregatio, una ecclesia. Dictum est et hic: congregetur aqua ex omni ualle, et facta est congregatio spiritalis, factus est unus populus. Ex haereticis et gentibus repleta ecclesia est. Vallis est scaena, uallis est circus, ubi currit mendax equus ad salutem 1, uhi uilis et abiecta contentio, ubi Iitigium foeda deformitas. Ex his igitur qui circo inhaerere consueuerant fides creuit ecclesiae, cottidianus coetus augetur. 4. Palus est luxuria, palus est intemperantia, palus est incontinentia, in qua uolutabra libidinum sunt, bestiarum murmura, .Iatibula 'Passionum, ubi mersantur quicumque inciderint et non emergunt, ubi labuntur pedum uestigia, f.luitant singulorum incessus, ubi. fulicae se dum lauant polluunt, ubi flebiles desuper gemitus columbarum, ubi pigra testudo caenoso haeret in gurgite; denique aper in palude, ceruus ad fontes 1 • Ex omni igitur palude, ubi quasi ranae ueterem canebant quereHam, congregata est fides, congregata est puritas animi mentisque simplicitas, 5. Congregata est aqua ex omni facu et ex · omni fouea, · ut nemo foueam fratri suo, -in quam ipse incidat, 'Paret h, sed omnes se inuicem diligant, omnes se inuicem foueant et quasi unum corpus diuersa se membra sustentent, quos non mortiferi cantus acroamatum scaenicorum, quae mentem· emolliant ad amores, sed concentus ecclesiae, sed consona circa dei laudes populi uox et pia uita delectet, quibus non puripurea peripetasmata, non aulaea pretiosa spectare uoluptati sit, sed hanc pulcherrimam mundi fabricam, hanc distantium inter se elementorum copulam, caelum sicut cameram extentum 1, ut inhabitantes in hoc mundo tegat, terram ad operandum datam, diffusum aerem, clausa maria, populum hunc diuinae operationis organum, in quo diuini modulamen resultet oraculi et dei spiritus intus operetur, templum istud, sacrarium trinitatis, sanctitatis domidlium, ecclesiam sanctam, in qua refulget aulaea caelestia, de quibus dictum est: Dilata locum
tabernaculorum tuorum et aulaeorum tuorum, fige, ne parcas, longiores f ac funiculos tuos et palos tuos conf irma, adhuc in dextra et sinistr.a extende: et, semen tuum gentes hereditate pòssidebunt, et ciuitates desertas inhabitabis 1• Habet ergo aulaea, quibus adtollit bonam uitam, peccata tegit, culpam obumbrat.
Ps 32, 17. • Ps 79, 14; 41, 2. h Prou 26, 27; Eccle 10, 8; Eccli 27, 26 (29). i 1s 40, 22. I 1s 54, 2-3. f
I SEI GIORNI DELLACREAZIONB
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Da ogni valle, dunque, si è raccolto il popolo cattolico. Ormai non vi sono piu molte comunità, ma una è la comunità, una la Chiesa . .B.stato detto .anche qui: « Si raccolga l'acqua da ogni valle», e si è fatta una comunità spirituale,- si è fatto un solo popolo. Valle .è il teatro, valle il circo dove il cavallo corre senza. giovare alla salvezza, dove si svolgono degradanti e spregevoli gare, dove avvengono contese che sono uno sconcio obbrobrioso. Fra costoro che non sapevano staccarsi dal circo crebbe la fede della Chiesa e di giorno in giorno la schiera dei fedeli si accresce 3• 4. 1:.palude la lussuria, palude l'intemperanza, palude l'incontinenza, una palude .dove regna il brago della sensualità, risuona il brontolio degli animali feroci, si trovano le tane delle passioni, dove chi cade affonda e non ritorna. piu a galla, dove i piedi scivolano e ognuno procede vacillando, dove le folaghe si insudiciano nel tentativo di lavarsi, dove dall'alto flebili gemono le colombe, dove la lenta tartaruga fatica a ~taccarsi dal fondo melmoso. Insomma il cinghiale nella palude, il cervo presso la fonte. Da ogni palude, dove come rane ripetevano il loro verso consueto', si è riunita la fede, si è riunita la purezza dell'animo e la semplicità della mente. 5. L'acqua si è raccolta da ogni -lago e da ogni fossa affinché nessuno scavi al proprio fratello una fossa nella quale cadere egli stesso, ma tutti si amino vicendevol~ente, tutti a vicenda si as.sistano e si sostengano come le varie membra di un unico corpo. •Cosi non traggano diletto dalle musiche funeste degli spettacoli ·teatrali 5, che infrolliscono l'animo inducendolo alla sensualità, ma dai canti liturgici, ma dalla voce del popolo che in coro loda lddio e dalla sua santa vita; non rechi loro piacere contemplare i tappeti di porpora, non i preziosi drappi, ma questa bellissima co-struzione dell'universo, questa riunione di elementi diversi fra loro, il cielo steso come una volta per proteggere gli abitanti di questo mondo, la terra offerta al nostro lavoro, l'aria diffusa, i mari circondati dalle terre, questo popolo strumento per l'armonia dell'opera divina, nel quale riecheggia la musica della rivelazione ed opera intimamente lo Spirito di Dio, questo tempio santuario della Trinità, dimora della santità, chiesa santa nella quale risplendono drappi celesti, dei quali è ·stato .detto: Allarga lo spazio delle
tue tende e dei tuoi teli, piantale senza risparmio, fa' piu lunghe le tue cordicelle e rafforza i tuoi pali, spiega la tua tenda a destra e a sinistra: e la tua discendenza avrà le genti in eredità e abiterai le città deserte. ·La Chiesa ha dunque i suoi drappi. con cui onora la vita onesta, copre i peccati, mette in ombra la colpa. 3 S. Ambrogio wol dire che dalla valle del paganesimo, cioè dalla corruzione dei suoi costumi, gli uomini convertendosi confluiscono nella Chiesa come le acque in congregationem unam. 4 Cf. VBRG.,Georg., I, 378: et ueterem in limo ranae cecinere querelam. Sal, 19, 41: Exterminauit eam aper de silua; 41, 2: Quemadmodum desiderat ceruus ad fontes aquarum. 5 Preferisco intendere acroama = « spettacolo musicale •; cf. PBTR.,Cen. Trim., 53, 12: reliqua, animalia, acroamata tricas meras esse. Il Marmorale (La Nuova Italia, Firenze, 1962,p. 92) intende « concerti •·
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EXAMERON, DIES III,
SER. IV,
c. 1, 6 • c. 2, 7
6. Haec est ecclesia, quae super maria fundata est et super fJumina praeparata m. Supra uos enim confirmata est et praeparata, qui sicut flu.mina puro in eam mundi fonte decurritis, de quibus dictum est: Eleuauerunt flumina. domine. eleuauerunt flumina uoces suas a uoce aquarum multarum n, Et addidit: Mirabiles elationes maris, mirabilis in excelsis dominus 0 • Bona flumina; hausistis enim ex illo perenni et pieno fonte, quo fluitis, qui ait uobis: Qui credit in me, sicut dixit scriptura, flumina de uentre eius fluent aquae uiuae P, Hoc autem dicebat de spiritu, quem incipiebant accipere qui credituri erant in eum. Sed iam quasi boni Iordanis fluenta reuertimini mecum in originem. ·
Caput II
1~ Congregetur inquit aqua quae sub caelo est in congregationem unam, et appareat arida. Et factum est sic a. Portasse parum _crediderit aàiquis superioribus sermonibus nostris, quibus tractauimus inuisibilem ideo fuisse terram. quod aquis aperta te-. geretur, ut corporeis oculis non posset uideri. Ad se enim propheta rettulit, hoc 'est ad nostram condicionem, non ad diuinae maiestatem naturae, quae. utique omnia uidet. Sed ut aduertatis quia non quasi nostri ingenii probandi gratia, sed uestrae causa instrù.ctionis suscepimus bune tractandi laborem, adstipulantem nobis •lectionis seriem testificamur, quae aperte probat post congregationem aquae, quae erat super terram. et post deriuationern eius "in maria apparuisse :aridam. Desinant ergo nobis dialecticis disputationibus mouere n~gotia dicentes: Quomodo terra inuisibi• lis, cum omni corpori naturaliter species et color insit, omnis au• tem color sit subiectus aspectui? Clamat dei uox: Congregetut aqua et appareat ar"idah. Et iterum scriptura dicit: Congregata est aqua in congregationem unam, et apparuit arida c. Quid opus fuit iterare, nisi occurrendum quaestionibus iudicasset propheta? Nonne uidetur dicere: non dixi inuisibilem secundum naturam, sed secundum superfusionem aquarum? Denique addidit sublato uelamine apparuisse aridam, quae ante non uidebatur.
m Ps 23, 2. n
o P
Ps 92, 3-4. Ps 92, 4. Io 7, 38.
• Gen 1, 9. Gen 1, 10 (9). e Gen 1, 9 (Sept.). b
I SEI GIORNI DELIA CREAZIONE
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6. Questa è la Chiesa fondata sopra i mari e preparata sopra i fiumi. Infatti è stata fissata e preparata sopra di voi che, da una pura fonte, scendete mondi verso di lei, come i fiumi dei quali è stato detto: I fiumi innalzarono, o Signore, innalzarono la loro voce con la voce di molte acque; e ancora: Mirabile il sollevarsi del mare, mirabile il Signore nell'alto dei cieli. Siete fiumi dall'acqua pura; avete attinto a quella sorgente pererine e abbondante dalla quale scorrete, che vi dice: Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d'acqua viva scorreranno dal suo seno. Questo diceva dello Spirito che cominciavano a ricevere coloro che avrebbero creduto in lui. Ma ormai, come le correnti del nostro buon Giordano 8, ritornate con me al punto da cui siamo partiti.
Capitolo 2 1. Si raccolga, disse~ in un sol luogo l'acqua che è sotto il cielo e appaia l'asciutto. E cosI fu fatto. Può darsi che qualcuno non abbia prestato troppa fede ai nostri precedenti sermoni nei quali abbiamo dimostrato che la terra era invisibile perché nascosta dalle acque che la coprivano, cosI che non poteva essere vista dagli occ:;hi del corpo. Lo scrittore ispirato si riferf al caso suo~ cioè alla nostra condizione, non alla maestà della natura divina che naturalmente vede ogni cosa. Ma perché vi rendiate conto che non per fare mostra del nostro ingegno, ma per istruire voi abbiamo intrapreso l'im·pegno di trattare quest'argomento, ricorriamo alla testimonianza della narrazione biblica che ci dà ragione, la quale m'1nifestamente dimostra come l'asciutto sia apparso, dopo che l'acqua, che copriva la terra, si fu raccolta e istradata verso il mare. Cessino dunque di suscitare difficoltà con le loro disquisizioni dialettiche dicendo: « Come può essere invisibile la terra dal momento che ogni corpo ha una sua figura e un suo colore e ogni colore cade sotto la vista? » 1• Proclama la voce di Dio: Si raccolga l'acqua e appaia l'asciutto. E ancora la Scrittura dice: Si raccolse l'acqua in un sol luogo e apparve l'asciutto 2 • Che motivo ci sarebbe stato di ripeterlo, se lo scrittore ispirato non avesse ritenuto necessario affrontare le obiezioni? Non serri• bra dire: « Non ho detto "invisibile" per natura, ma per la sovrapposizione delle .acque »? Di conseguenza aggiunse che, eliminato quel velo 3, apparve la terra asciutta che prima non si vedeva. s Vedi II, 3, n. 8. 1 BAs.,
Hexaem., 80 D, 81 A (34 A): II6acx µoL 7tp(Xyµ«Ta: ncxpe,xgç èv -ro'tç x«T6mvMyoti;, d1t1XtTù>V '")V cxt't'Cav7t'Wt; &.opcx't'oc; iJ TI, 7t'CXV't'lµ«Tt (l>OOtXi:>I; lP6>(LCX't'Oç auµ1tcxp6VTOt;, 'l'tlXVT~i; 8l xpwµa.-roc;cxta&1j-rouT?i&p(XÀUE: 'n)V !pu&pav &&aacxv -réj'> ,rcxpcx1tiia«v-r~v A(yu'7t't"ov KoLÀoTipcxv ooacxvkcxU'tijt; cbte)..&e°Lv xcxl auvcxtp,Siivcxt Xtlµtv TTI Alyo'7t't"pa.vxa.l '")V Ila.Àa.Lp E8lcxvnoL6n)-r« Ttjv +uxr,~cx fxtL • 6 81 ci-i)p-rljv oyp6fl)Tri• -tt>Bi: ,rup -rljv &epµ6'n)tU. 'Allà. ffUTct ~. ~r; ,rp~ffl crroLxe:rcx Twv auv&trc..>vxcxTd:-rov dp")µm>V TpOTCOv T'f>ì.oytaµij> hi>ptLTriL,-rd: a~-tj8") iv CJ6>µct'tL )((l,ffl't'ffctyµb.,ixxcxl 07tOffLn-roVT!X Tjj cda)a,;L cnmtcuyµévixl:x_r:t-r~ m>L6-nj~ .••• E conclude (92 A- 38 C): Ll oGTCI> y(yvr:• m xoxì.or;x«l :xopòr;b.iixpµ6vLor; auµq>vounv lin-lJì.otr;.
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EXAMERON, DIES llI,
SER. IV, C,
4, 18-19•
C.
5, 20-21
tisque conueniunt. Vnde et graece O"t'Ot.XE~CL dicuntur quae latine elementa dicimus, quod sibi conueniant et concinant. 19. Huc autem progressi sumus, quia scriptura ait quod deus uocauerit terram aridam e, hoc est quia quod principale eius est nuncupauit proprietate naturae. Naturalis enim proprietas siccitas est terris; haec ei praerogatiua seruata est. Principalis ergo siccitas. Subest etiam ut sit frigida, sed non praeferuntur secunda primis. Vt autem umida sit, aquarum id adfinitate sortitur. Ergo illud suum, istud alienum: suum, quod arida, alienum, quod umida. Auctor itaque naturae quod primo donauit hoc tenuit, quia istud ex natura, illud ex causa. Ex principalibus igitur, non ex accidentibus terrae debuit proprietas definiri, ut secundum praerogatiuam qualitatis eius info~maretur nostra cognitio.
Caput V 20. Et uidit deus quia bonum a. Non praeterimus quia aliqui nec: in Hebraeo putant esse nec in ceteris interpretationibus quia
congregata est aqua in collectiones suas et apparuit arida b. Et uocauit deus aridam . terram et collectiones aquarum uocauit maria c. Cum enim dixerit deus quia factum est sic, satis esse putant uocem operatoris ad celebratae operationis indicium. Sed quia in aliis quoque creaturis habet et definitionem praeceptionis et repetitum operationis uel 'indicium uel effectum, ideo nos non putamus absurdum id quod perhibetur additum, etiamsi ceteris interpretibus uel ueritas doceatur subpetere uel auctoritas; multa enim non otiose a septuaginta uiris Hebraicae 1ectjoni addita et adiuncta comperimus. 21. Vidit ergo deus quia bonum mare. _Etsi pulchra sit specie~ huius elementi, uel cum surgentibus albescit cumulis ac uer-
e
Gen 1, 10.
a b e
Gen 1, 10. Gen 1, 9 (Sept.). Gen 1, 10.
I SBI GIORNI DELLACREAZIONE
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tino chiamiamo elementa in greco si chiamano CT't'OL)tEta., perché si accordano armoniosamente fra loro 3 • . 19. Siarp.o arrivati a parlare di questo perché la Scrittura dice che Dio chiamò la terra «asciutto», cioè perché usò il nome della sua caratteristica principale riferendosi ad una proprietà della sua natura. Infatti la secchezza è una proprietà naturale per la·terra; e tale prerogativa le fu conservata. Sua caratteristica ·principale è dunque la secchezza. In secondo luogo essa è anche fredda, ma le qualità secondarie non prevalgono sulle principali. Che essa sia umida, invece, dipende dall'affinità con l'acqua. Quella è qualità sua propria, questa d'altri: è qualità sua propria quella d'essere asciutta, qualità d'altri quella d'essere umida. Perciò il Creatore della natura rese stabile la qualità primieramente attri-· buita perché .questa .dipende dalla natura, quella da un'occasione. Quindi la proprietà della terra doveva venir definita dalle sue caratteristiche ..principali, non da quelle accidentali, affinché la nostra conoscenza si formasse in modo corrispondente alla sua qualità primaria.
Capitolo 5 20. E Dio vide che era un bene. Non tacciamo che alcuni pensano mancanti, sia nel testo ebraico sia nelle altre versioni, le parole: L'acqua si raccolse nei suoi bacini e apparve l'asciut-
to 1• E Dio chiamò l'asciutto « terra» e la raccolta delle acque chiamò «mari» 2 • Infatti, poiché Dio aveva detto: Cosi avvenne, pensano che sia sufficiente la parola del Creatore quale prova del compimento dell'opera. Ma siccome anche nel caso delle altre creature la Scrittura riporta con precisione l'ordine e ripete l'accenno all'azione e al suo compimento, per questo noi non riteniamo fuori di luogo l'aggiunta tramandata, benché ci consti che tutti gli altri interpreti sono veraci ed autorevoli; ben sappiamo infatti che molte aggiunte al testo ebraico non senza vantaggio sono state introdotte dai Settanta. 21. Dio vide dunque che il mare era un bene. Quantunque questo elemento offra uno spettacolo magnifico o quando bian3 BAs., Hexaem., 92 A (38 C): "0-8-&V xup(c; «ò-roic; x«t i) '7t'po. dal significato cli ctroLX,d(J)v ~q>tipµoa-rcxt.Il verbo denominativo 1 avanzare in linea 1> passa a quello di « accordarsi con »; vedi CHANTRAINE, Dict.étym., sub uoce. 1 Come si è già detto (III, 2, 7, n. 2), il versetto fino alle parole « e apparve l'asciutto,. non si trova nella Vulgata e nel testo ebraico. BAs., Hexaem., 88 D, 89 A (37 C): IlpoJ..oic; -rwv &.v.typciq>(J)V, K«l cruv-lJx-&lJ TÒ G8(J)pTÒ U'JtO)(«'t'OUTOU oòp«vou etc; TCXXtXC1LV ipJJ,'r)ViV OU'T:E "1JXP1].:LllY mxpexoµlv,JBL' b>Tij~.
Cf. Rvr. NAM., 439-542. Naturalmente i versi di Rutilio Namanziano, mentre da un lato confermano il fatto, sia pure a distanza di trent'anni (vedi ediz. a cura di E. CASTORINA,Sansoni, Firenze 1967, p. 161), dall'altro ne danno una interpretazione opposta. 5
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EXAMERON,DIES III, SER. IV, C.
5, 23-24;SER. V,
C.
6, 25
plerumque comparatur ecclesia, quae primo ingredientis populi agmine totis uestibulis undas uomit, deinde in oratione totius plebis tamquam undis refluentibus stridit, cum responsoriis psalmorum cantus uirorum mulierum uirginum paruulorum consonus undarum fragor resultat. Nam illud quid dicam, quod unda peccatum abluit et sancti spiritus aura salutaris as,pirat? 24. Det nobis illa dominus: successuum flamine propero ligno currere, tuto portu consistere, nequitiae spiritalis grauiora quam ferre possumus temptamenta nescire, fidei ignorare naufragia, habere pacem profundam et, si quando aliquid. sit, quod graues nobis saeculi huius excitet fluctus, euigilantem pro nobis habere gubematorem dominum Iesum, qui uerbo imperet, tempestatem mitiget, tranquillitatem maris refundat d_ Cui est honor et gloria laus perpetuitas a saeculis et nunc et semper et in omnia saecula saeculorum amen.
SERMO V
Caput VI 25. Discedente aqua conueniebat ut species terrae daretur et gratia, ut inuisibilis et inconposita desineret esse. Nam pleriqu_e etiam hoc dicunt esse inuisibHe quod speciem non habet et ideo accipiunt terram- inuisibilem fuisse, non quia uideri non posset a summa deo uel angelis eius - nam adhuc homines creati non erant uel etiam pecudes -, sed quia sine sua specie erat. Species autem terrae est germinatio et uiriditas agri. Vnde ut uisibilem eam et comp◊sitam faceret deu-s, ait: Germinet terra herbam f aeni
d
Mt 8, 26; Le 8, 24.
I SEI GIORNI DELLACRBAZIONB
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delle onde se non una specie di canto del popolo? Perciò opportunamente spesso si paragona al mare la Chiesa quando il popolo entra in folla: dapprima ne riversa le ondate da tutti gli ingressi 8, poi, mentre i fedeli pregano in coro, scroscia come per il rifluire dei flutti, allorché il canto degli uomini, del,le donne, dei fanciulli, a guisa di risonante fragore d'onda, fa eco nei responsori dei salmi 7• Che dire dell'acqua che lava il peccato, mentre spira apportatore di salvezza il soffio dello Spirito Santo? 24. Il Signore ci conceda tutto questo: di navigare con prospero vento su una nave veloce, di fermarci in un porto sicuro, di non conoscere da parte degli spiriti maligni tentazioni piu gravi di quanto· s1amo· in grado di sostenere,· di ignorare i naufragi della fede, di possedere una calma profonda e, nel caso che capiti qualche avvenimento che susciti contro di noi i flutti di questo mondo, di avere, vigilante al timone per recarci aiuto, il Signore Gesu il quale con la sua parola comandi, plachi la tempesta, stenda nuovamente sul mare la bonaccia. A lui onore e gloria, lode, perennità dai secoli e ora e sempre e per tutti i secoli dei secoli. Amen.
V SERMONE
Capitolo 6 25. Al ritirarsi dell'acqua era conveniente dare alla terra un suo aspetto e una sua bellezza, perché non fosse piu invisibile e informe. Infatti molti dicono invisibile. anche ciò che non ha un aspetto esteriore e intendono perciò che la terra era invisibile non perché non potesse essere vista dall'Altissimo e dai suoi angeli - fino a questo momento non erano stati creati gli uomini -, ma perché mancava d'un aspetto suo proprio. E l'aspetto della terra è dato dal germogliare e dal verdeggiare del suolo. Quindi, per renderla visibile e ben ordinata, Dio disse: La terra germogli Cf. VERG.,Georg., II, 462: mane salutantum totis uomit aedibus undam. BAS., Hexaem., 93 C (39 E): ... 1tv xa.l yuv«txv, xcx-rcxTV 8e-lJO"ttç,bné(L7't'tTCXt. Il tema della Chiesa è cosf radicato e connaturale a S. Ambrogio che egli ne avverte e ne rileva l'immagine con estrema facilità. Qui il rifluire dei Outti e il fragore delle onde gli richiama il progressivo formarsi della ·comunità cristiana, il suo costituirsi in assemblea liturgica, che poi prega coralmente nel canto responsoriale. L'evidente fonte basiliana non può rendere punmente letteraria la descrizione di S. Ambrogio, « il piu. musicale fra tutti i Padri della Chiesa», che « raccomanda insistentemente di cantare» (E.T. MollrA CAGLIO, Lo « Jubilus » e le origini della salmodia responsoriale, Jucunda lauciatio, San Giorgio Maggiore-Venezia, 1976-1977,p. 141, n. 321). L'invito al canto ricorrerà piu avanti e troverà esempio e incentivo in quello degli uccelli cbelo rinnovano « surgente et occidente die • (V, 12, 36). Cf. anche Explan. ,s. I, 9-10;ps. 43, ~4; ps. 118, 1~. 30-32.Sul canto liturgico in sant'Ambrogio si · ll!da lo studio citato del Moneta Caglio (cf. p. 213, alla voce • Ambrolio•). [I.B.] 8
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BXAMERON,DIES III, SER, V, C.
6, 25-27
seminans semen secundum genus et lignum. f ructif erum f aciens fructum secundum genus, cuius semen suum in ipso a. 26. Audiamus uerba ueritatis, quorum series salus est audien• tum. Prima enim illa uox dei singulis creaturis inpertita gignendis lex naturae est, quae terris in omne aeuum remansit, futurae successionis datura praescriptum, quemadmodum uel generandi uel fructificandi in reliquum usus adolesceret. Prima itaque germinatio est, quando nascentia uidentur erumpere, deinde cum eruperit et profecerit germen, fit herba; herba quoque uhi paululum processerit, fit faenum. Quam utilis, quam · uehemens uox: Germinet terra herbam faeni, hoc est ipsa per se germinet terra, nullum alterius quaerat auxilium, non cuiusquam indigeat ministerio.
27. Solent enim plerique clicere: Nisi clementior solis calor tepefecerit terras et quodam modo radiis suis fouerit, non poterit germinare terra. Et propterea gentes diuinum honorem deputant soli, quod uirtute caloris sui terrarum penetrent sinus sparsaque foueat semina uel rigentes gelu uenas arborum relaxet. Audi ergo deurn uelut hanc uocem emittentem: Conticiscat ineptus senno hominum, qui futurus est, facessat uana opinio. Antequam solis fiat ltuij.inare, herba nascatur, antiquior sit eius praerogatiua quam solis. Ne error hominum conualescat, germinet prius terra quam fotus solis accipiat. Sciant omnes solem auctorem non esse nascentium. Dei clementia terras relaxat, dei indulgentia prorumpere facit fructus. Quomodo sol uiuendi usum ministrat oriundis, quando illa prius diuinae operationis uiuificatione sunt edita quam sol in hos uiuendi usus ueniret? Iunior est herbis, iunior faeno_.
a
Gen 1, 11.
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erba da foraggio, producendo semenza secondo la propria specie ed alberi fruttiferi che diano, ciascuno secondo la propria specie, un frutto che abbia in se stesso il suo seme. 26. Ascoltiamo le parole della verità, la· cui esposizione è salvezza per chi le ascolta. Infatti quella prima parola di Dio pronunciata per generare le singole creature è legge di natura, stabilmente valida per la terra 1, · cui avrebbe dato la norma del suo futuro sviluppo, come cioè in avvenire dovesse svilupparsi la pratica del generare e del produrre frutti. Quindi, prima si ha la germinazione, quando al loro nascere si vedono spuntare le pianticelle; poi il germoglio, quando è spuntato e cresciuto, diventa erba; a sua volta l'erba, quando è un po' cresciuta, diventa fieno. Quanto fu utile, quanto fu energico quell'ordine! La terra germogli erba da foraggio, cioè la terra germogli per suo conto, non chieda l'aiuto di nessun altro, non abbia bisogno dell'assistenza di nessuno. 27. Molti sono soliti dire: « Se il calore del sole con generosa benevolenza non riscalderà ~a terra e, in uncerto senso, non la ristorerà con i suoi raggi, essa non potrà germogliare». E i pagani tributano al sole un culto divino perché con la forza del suo calore penetra nelle viscere della terra riscaldando le sementi sparse o schiudendo le vene degli alberi irrigidite dal gelo. Ascolta dunqt,JeDio che pronuncia, per cosi'. dire, questa parola: « Tacciano gli stolti discorsi che gli uomini faranno in futuro, siano bandite le vane opinioni 2 • Nasca l'erba prima che sia creata la luce del sole, la sua prerogativa sia piu antica di quella del sole. Perché l'errore umano non acquisti credito, la terra germogli prima che il sole la ristori». Sappiamo tutti che il sole non è la causa di ciò che nasce. La bontà di Dio schiude la terra, la sua compiacenza ne fa uscire rigogliosi frutti. In che modo il sole somministra alle piante i mezzi per vivere, dal momento che queste sono sorte per l'azione vivificante di Dio prima che il sole intervenisse a fornire questi mezzi di vita? g piu giovane dell'erba, piu giovane del fieno3 •
1 BAs., Hexaem., 96 A (40 A): •H ycxp -r6-rc cpc.>vl),xixl -rò 1tp~-rov mivo wp&n(X')'µIX, otov v6µoc; 't'tt; i:ytvE:ro q,oacCi>c; xixl hixmµetVE TTi"(TI,
BAs., Hexaem., 96AB (40 C): 'Emtò~ uvee; ofov-ra.t't'Òv~Àtov a.htov dva.t b -rou ~&o~ òw«µtv cintmr&>µevov,òtoc -rou--ro'7tpea[3U't'épa. -rou ~ÀCou~ mpl yiiv ÒLçixù-ròv-rljv ixl-rt«vTijc; tCi>'ljc; apcx6µcvov, ol '7tmNXV1)µ.tVOt ,ca.oac.>V't'a.t. 3 Gli accenni polemici di S. Ambrogio sono rivolti contro· la religione solare di Mitra. Mitra, divinità indo-iranica, è il dio della luce che dona la fertilità al mondo e aiuta i suoi seguaci nella lotta contro il principio del male.Il suo culto, giunto a Roma nel 67 a. Cr. con i prigionieri cilici catturati da Pompeo, ebbe una particolare diffusione nel III secolo e divenne ufficiale sotto Aureliano come culto del sole (sol inuictus). Con la vittoria di Teodosio su Eugenio, questo culto venne soppresso nel 394 a Roma, ~a sopravvissepiu a lungo nella province, specie d'Oriente (cf. R. TURCAN, Histoire Us religions, e Enc. de la Pléiade ·•, Gallimard, Paris 1972,II, pp. 68-11). 2
,wvcbrò 't'7)c;yiic; cpuoµt'.ICi>V, -ri16:>..xjj-rou .&cpµ.ouitpòc; 'MJV brnpcivet11.v '"l"
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EXAMERON,DIES Ill, SER. V, C.
7, 28-29_
Caput VII 28. Et forte miretur aliqui, cur prius pecari pabulum quam cibus homini sit creatus. In quo primum profundum dei debemus aduertere, quod · etiam minima quaeque non neglegat, sicut in euangelio sapientia dei dicit: Respicite uolatilia caeli, quoniam
non serunt neque metunt neque congregant in horrea, et pater uester caelestis pascit illa: nonne uos pluris estis illis •? Cum enim illa pascantur dei gratia, nemo sibi debet de sua industria et uirtute blandiri. Deinde quia simp~icem uictum et naturalem cibum reliquis cibis debuit anteferre. Hic enim sobrietatis est cibus, re. liqui deliciarum atque luxuriae, hic communis omnibus animali• bus cibus, ilie paucorum. Exemplùm itaque frugalitatis, magiste• rium parsimoniae est herbae simplicis uictu holerisque uilis aut pomi contentos esse omnes oportere, quem natura optulit, quem liberalitas dei prima donauit. Ille_ salubris, ille utilis cibus, qui morbos repellat, qui resecet cruditates, nullo hominum partus labore, sed diuino effusus munere, sine satione fruges, fructus sine semine, tam dulcis et gratus, ut etiam repletis uoluptati atque usui sit. Denique ad primas datus mensas ad secundas remansit.
29. Quid autem creaturae huius adtexam miraculum et sapientiae operatrids exprimam argumentum? In hac enim germinum specie et filo uirentis herbae munere imago est uitae huma· nae et naturae condicionisque nostrae insigne quoddam spectatur et speculum elucet.. Illa. herba et flos faeni figura est carnis huma• nae, sicut bonus diuinitatis interpres organo suae uocis expressit dic'ens: Clama. Quid clamabo? Omnis caro faenum et omnis gloria
hominis ut flos faeni. Aruit f aenum et flos, decidit, uerbum autem domini manet in aeternum b. Dei sententia uox humana est. Deus dicit: Clama, sed in ipso Esaia loquitur. Ille respondit: Quid clamabo? Et tamquam quid loqueretur audisset adiunxit: Omnis caro faenum. Et uere; ·uiret enim gloria hominis in carne quasi faenum et quae putatur esse sublimis exigua quasi herba · est. Praematura ut flos, caduca quasi faènum germinat uiriditatem in specie, non in fructu soliditatem, hilarioris uitae quasi flos prae-
a b
Mt 6, 26. 1s 40, 6-8.
I SEI ,GIORNI DELLA CREAZIONE
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Capitolo 7 28. Forse qualcuno potrebbe meravigliarsi perché sia stata creata prima la pastura per gli animali che il cibo per l'uomo 1• In. ciò noi dobbiamo rilevare la profondità del disegno divino che non trascura anche le cose piu piccole, come nel Vangelo dice la sapienza di Dio: Guardate gli uccelli del cielo. Non seminano né mietono né ammassano nei granai, e il Padre vostro celeste li nutre: e voi non siete da piu di quelli? Siccome quelli sono nutriti dalla bontà di Dio, nessuno deve compiacersi della propria attività e della propria abilità. Dovette inoltre dare la precedenza al vitto semplice e al cibo naturale rispetto agli altri cibi. Questo infatti è il cibo che conviene alla frugalità, gli altri alla voluttà e alla mollezza; questo è il cibo comune a tutti gli esseri viventi, quello è di pochi. Perciò è un esempio di frugalità, un insegna• mento di parsimonia che tutti debbano accontentarsi d'un vitto di semplici .erbaggi o di comune verdura o di frutti che la natura ci offre, che la generosità di Dio per prima ci ha dato 2. t! questo un cibo salubre, un cibo utile perché tiene lontane le malattie ed elimina le digestioni difficili, un cibo ottenuto dagli uomini senza fatica, ma offerto· in abbondanza per dono divino, messi non seminate, frutti non piantati, cosi dolce e gradito da recar piacere e utilità anche a chi. è già sazio. Di conseguenza, servito in tavola all'inizio del pasto 3, ritorna con le portate successive. 29. Ma perché dovrei aggiungere le meraviglie di questa creatura e ricavarne una prova della sapienza che l'ha creata? In questo aspetto dei vegetali e in quell'aspetto dell'erba verdeggiante c'è un'immagine. della vita umana e si contempla come un simbolo della nostra natura e della nostra condizione· che in essi si rispecchiano luminosamente 4 • Quell'erba e il fiore del campo sono un'immagine della carne umana, ·come un efficace interprete della sapienza divina espresse con parole sue dicendo: Grida. Che cosa
devo gridare? Ogni carne è come l'erba e ogni gloria umana è come il fiore dell'erba. L'erba inaridisce e il fiore appassisce, ma la parola del Signore dura in eterno. Queste parole di un uomo sono pensiero di Dio. Dio dice: Grida; ma è lui che parla per. mezzo dello stesso Isaia. Questi rispose: Che cosa griderò? e, come se avesse inteso che cosa diceva Dio continua: Ogni uomo è come erba. E ben a ragione. Ogni gloria dell'uomo cresce vigorosa nella sua carne come l'erba. Precoce come il fiore, caduca 1 BAs., Hexaem., 96 B (40 D). 2 BAs., H euem., 96 BC (40 D): 'AXA"(lj,; nocpixaxgu~; Ilpò,; téj>m)J.à. -roov!v n6C(t,; fn x«l À«xcxvoti;lSv-rc.>v, -rpov~cipxELv. 3 Gli erbaggi figuravano nella gustatio (antipasto); cf. HoR., Sat., Il, 8, 7-9. 4 BAs., Hexaem., 91 e (41 D): Ilpoo-rov µ!v O~'\I6-rcxv(8w; '30't'ciVt)V x6p"t'OU x«l &.v&oç,tlç lvvot«v lpxou -rijç clv&poontvri,;ç,µeµVt)µlvoi; -rij,; tlx6voç -rou ooqiou 'Ha«tou 1kt ...
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EXAMERON, DIES III,
SER. V, C.
7, 29-30
tendens iocunditatem, breuiore spatio occasura sicut herba faeni, quod priusquam euellatur arescit c. Quae enim firmitudo in carne, quae salubritas potest esse· diuturna? · 30. Hòdie uideas adulescentem ualidum, pubescentis aetatis uiriditate fforentem, grata specie suauique colore: crastina die tibi faciem et ora mutatus occurrit et qui pridie tibi lautissimus decorae formae uisus est gratia alio die miserandus apparet ·aegritudinis alicuius infirmitate resolutus. Plerosque aut labor frangit aut inopia macerat aut crudita-s uexat aut uina corrumpunt aut senectus debilitat aut euiratos deliciae reddunt, luxuria decolorat. Nonne uerum est quia aruit faenum et flos ceddit? Alius auis atauisque nobilis et maiorum honestatus infulis, prosapiae ueteris clarus insignibus, amicis abundans, stipatus clientibus et utrumque latus tectus, producens maximam ac reducens familiam, repente aliqua accidentis periculi mole turbatus destituitur ab omnibus, a sodalibus derelinquitur, inpugnatur a proximis. Ecce uerum est quia sicut faenum uita hominis, priusquam euellatur, arescit. Est etiam qui dudum ubertate affluens copiarum, liberalitatis fama per ora uolitans singulorum, clarus honoribus, praerninens potestatibus, tribunalibus celsus, solio sublimis, beatus populis aestimatus, dum praeconum clamore deducitur, subita rerum conuersione in eum carcerem rapitur, quo alios ipse detruserat, et inter reos · -suos inminentis poenae def,let aerumnam. Quantos pridie caterua plaudentiùin et inuidiosa frequentis populi domum pompa deduxit: et nox una gloriosae illum splendorem deductionis aboleuit ac repentinus lateris dolor effusis gaudiis luctuosam grauis successionem maeroris admiscuit. Huiusmodi igitur est gloria hominis ·sicut flos faeni, quae etiam cum defer• tur nihil operibus adiungit, in qua nullus fructus adquiritur et,
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Ps 128, 6.
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come il fieno, produce una vegetazione rigogliosa a vedersi, ma non frutti consistenti; come un fiore ostenta l'allegrezza d'una vita senza pensieri, ma è destinata ad una rapida fine come il fieno che, ancor prima d'esser strappato, inaridisce. Quale robustezza, quale salute nella carne può essere duratura? 30. Oggi tu potresti vedere un giovane robusto, nel pieno vigore della sua fresca età, gradevole nell'aspetto, piacevolmente roseo nel volto. All'indomani ti si presenta trasformato nel viso e nell'aspetto: quello che il giorno prima ti era parso uno splendore per il fascino della sua bellezza, il giorno dopo ti offre uno spettacolo miserando, prostrato com'è dallo sfinimento d'una malattia. Molti sono quelli che o fiacca la fatica o consuma la povertà o tormenta il mal di stomaco o degrada il vino o debilita la vec. chiezza o rinfrolliscono le dissolutezze o la •lussuria sfigura. Non è vero che il fieno si è disseccato e il fiore è appassito? Un altro, nobile per lunga serie di antenati 5, illustre per le cariche dei suoi maggiori, famoso per i trofei d'un'antica stirpe 8, pieno d'amici, circondato da ogni parte da una folla di clienti, con una moltitudine di -schiavi che escono con lui e lo accompagnano a casa, ad un tratto, se è travolto dal peso d'una disgrazia imprevista, ecco che viene evitato da tutti, abbandonato dagli amici, attaccato da coloro che prima gli erano piu vicini. :e.un fatto che, come fieno, la vita umana inaridisce prima di essere sradicata. C'è anche chi, mentre pur dianzi era colmo di ricchezze, stava sulla bocca di tutti 7 per la fama della sua generosità, era illustre per le cariche ricoperte, supe"riore agli altri per i suoi poteri, sedeva in alto sulla tribuna dei magistrati troneggiando sul suo seggio, era stimato felice quando ancora il banditore gli faceva strada con le sue grida, per un improvviso mutamento politico viene trascinato in quel carcere dove egli aveva cacciato gli altri e, tra quelli accusati da lui, piange per il tormento dell'imminente condanna. Quanti il giorno precedente furono accompagnati a casa da una schiera plaudente e da un corteo invidiabile di folla: ed una sola notte distrusse lo splendore di quella scorta vanitosa e un'improvvisa fitta al fianco uni alla gioia sconfinata il funesto avvicendarsi d'una grave afflizione 8 • Tale dunque è la gloria dell'uomo: è come il fiore dell'erba, perché, anche quando viene concessa, non aggiunge nulla alle nostre opere, non acquista alcun frutto e, quando si perde, svanisce lasciando ad un tratto completamente vuota
5
Cf. VERG.,Aen., VII, 56: Turnus auis atattisque potens. SALL.,lug., 85, 10: ... hominem ueteris prosapiae ac multarum ima-
11Cf.
iinum. 7
Cf. ENN., (Var., 18 Vahlen) in Cxc., Tusc., I, 34: ... uolito uiuos per ora
uirum.
• Cf. C1c., De fin., I, 11, 37: sic in omni re doloris amotio successionem tfficit uoluptatis. Cf. anche LUCIL., 1314 Marx (ENN, 622, Vahlen) apud MAR. V1cr.,p. 276, 13 K: Tum lateralis dolor certissimus nuntius mortis.
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SER. V, C,
7, 30-32
cum amittitur, euanescit omnem scaenam hominis et quam desuper obumbrabat repente destituens et quam intus animabat. 31. Atque utinam imitaremur hanc herbam, de qua ait dominus: Germinet terra herbam faeni seminans semen secundum genus et secundum similitudinem d. Seminemus igitur semen secundum genus . .Quod sit genus audi dicentem oportere nos quaerere illud diuinum, si quo modo illud tractare possimus aut in• uenire, quamuis non longe sit ab unoquoque nostrum. In ipso enim uiuimus et sumus et nwuemur, sicut quidam inquit uestrum dixerunt: cuius et genus sumus e. Secundum hoc genus semine• mus semen non in carne, sed in spiritu. Non enim carnalia, sed spiritalia semina seminare debemus r, qui ad uitam perueriire uo• lumus aeternam. Quae sit autem similitudo non ignoras, qui ad imaginem et similitudinem dei factus es. Herba generi respondet suo: tu non· respondes generi tuo. Tritici granum sparsum terrae generis sui gratiam reddit: et tu degeneras. Fruges non adulterant sui sinceritatem seminis: tu adulteras puritatem animae, uigorem mentis, corporis castitatem.
32. Non agnoscis opus esse te Christi? Manibus suis ut le• gimus te ille formauit: et tu, .Manichee, alterum tibi asciscis ,auc• torem. Pater deus dicit ad filium: Faciamus hominem ad imagineni et similitudinem nostram ii: et tu, Photiniane, dicis quia in constitutione mundi adhuc non erat Christus et tu, Eunomiane, dicis quia dissimilis est patri filius. Nam si imago, non dissimilis utique, sed totum exprimens patrem, quem pater substantiae suae unitate signauit. Pater dicit faciamus: et tu cooperatorem negas. Quod dixit pater filius fecit: · et tu aequalem negas, in quo conplacuit pater h. ·
d e
f
s h
Gen 1, 11. Act 17, 27-28. 1 Cor 9, 11. Gen 1, 26. Mt 3, 17.
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la scena dell'azione umana, sia quella che dall'alto essa proteggeva con la sua ombra 9 sia quella cui dava vita dall'interno 10• 31. E magari imitassimo quell'erba di cui dice il Signore:
Germogli la terra erba da foraggio, producendo semenza secondo la propria specie e somiglianza. Seminiamo dunque il seme secondo ciascuna specie. Quale sia questa specie, ascolta chi dice n~c~ssario per. D:oi ce:rcare quella divina, se in qualche modo possiamo trovarla come a tastoni, sebbene· non sia lontana da cia-
scuno di noi. In lui infatti viviamo e siamo e ci muoviamo, come alcuni di voi dissero: di cui siamo anche stirpe 11• Secondo questa specie seminiamo il seme non nella carne, ma nello spirito. Dobbiamo seminare non semi carnali, ma spirituali, noi che vogliamo giungere alla vita eterna. Di quale somiglianza si tratti, ben lo sai, tu che sei stato creato ad immagine e somiglianza di Dio. L'erba corrisponde alla sua specie,· tu non corrispondi alla tua. Il chicco di grano sparso per terra riproduce le buone qualità della propria specie, tu invece degeneri. Le messi non corrompono la pura qualità del ,loro seme; tu invece corrompi la purezza della tua anima, il vigore della tua mente, la castità del tuo corpo. 32. Non riconosci che sei opera di Cristo? Egli, come leggiamo, ti ha plasmato con le sue mani: e tu, Manicheo, ti attribuisci un altro creatore. lddio Padre dice al Figlio: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza; e tu, o Fotiniano 12, affermi che alla creazione del mondo non. esisteva ancora Cristo e tu, o Eunomiano, affermi che il Figlio non è uguale al Padre. Se infatti egli ne·è l'immagine, non è certo diverso da lui, ma riproduce interamente il Padre che gli ha impresso il sigillo dell'unità della sua sostanza. Il Padre dice: Facciamo; e tu neghi ch'egli abbia cooperato con lui. Il Figlio ha fatto ciò che ha detto il Padre; e tu neghi che gli sia uguale il Figlio nel quale egli si è compiaciuto.
9 Il passo non è troppo chiaro. Mi sembra che S. Ambrogio voglia dire che la gloria da un Iato costituisce una protezione per chi la possiede (cf. VERG., Aen., XI, 223:. et magnum reginae nomen obumbrat), dall'altro è stimolo per i protagonisti della commedia umana. Quando essa svanisce, si crea il vuoto . . 10 BAs., He_xaem., 100A (41 E, 42A): concetti analoghi a quelli esposti da S. Ambrogio. 11 -.ou yd:p xix\ y!voc; laµ!v: citazione da Arato (Phaen., 5), contenuta in Atti, 17, 28. •·· . 12 Fotino, discepolo di Marcello di Ancira in Galazia e suo compatriota, divenne vescovo di Sirmio tra la fine del 343 e il principio del 344. Piu volte condannato come eretico, fu deposto nel 351. Dopo un breve ritorno di fortuna dovuto alla protezione di Giuliano l'Apostata, dal 364 visse in esilio e morf nel 376. Per Fotino Cristo non è che un uomo uguale agli altri, salvo che per la sua nascita miracolosa e per le sue virtu. Nega che il Verbo abbia una sussistenza personale prima di discendere nel Cristo (Dict. Théol. Cath., XII, 2, 1532-1536.
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EXAMERON,DIES III, SER. V, C.
8, 33-34
Caput VIII 33. Germinet inquit terra herbam f aeni secundum genus. In omnibus quae dicuntur nascentia terrae primum germen est. Vbi se paululum sustulerit, fit herba, postea faenum, inde fit fructus. Sunt nascentia quae de radice germinant, ut arbores quae non sunt satae ex aliarum arborum radice nascuntur. In harundine uidemus quomodo in extremo eius uelut quidam fit nodus e latere et inde alla harundo germinat. Est ergo in radice uis quaedam seminarii. Insitiua quoque in superioribus germinant. Aliis ergo a radice, aliis diuerso munere series successionis adquiritur. Inest enim nascentibus singulis aut semen aut uirtus aliqua seminaria et ea secundum genus, ut quod nascitur ex ea simile eorum quae sata sunt uel quorum de radice sit germinet, de tritico triticum, de milio milium; de pyro pyrus albo flore prorumpit, castanea quoque sur~ · git de radice castaneae.
34. Germinet inquit terra herbam faeni secundum genus. Et continuo parturiens terra nouos se fudit in partus et induit se amictu uiriditatis, gratiam fecunditatis adsumpsit diuersisque compta germinibus proprios suscepit ornatus. Miramur quod tam cito generauerit: quanto maiora miracula sunt, si spectes singula, quemadmodum uel iacta in terram semina resoluantur ac, nisi mortua fuerint, nullum fructum adferant, si uero fuerint quadam sui morte resoluta, in uberiores fructus resurgant. Suscipit igitur granum tritici putris glaeba et sparsum cohibet occatio ac uelut materno terra gremio fouet et conprimit. Inde cum se granum illud resoluerit, herbam germinat grata ipsa iam species herbescentis uiriditatis, quae statim genus satiui similitudine sui prodit, ut in ipso s.uae stirpis exordio cuius ·generis herba sit recognoscas atque in herbis fructus appareat: paulatimque adolescit ut faenum culmoque pubescens erigitur et adsurgit. Ast uhi se genicu-
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Capitolo 8 33. Germogli la terra, disse, erba da foraggio secondo la propria specie. In tutti i cosiddetti vegetali all'inizio c'è il seme. Quando questo è un po' cresciuto, diventa erba, poi fieno, quindi frutto 1• Vi sono vegetali che si sviluppano da una radice, come, per esempio, nascono dalla radice di altri alberi quelli che non sono stati piantati. Nella canna vediamo che all'estremità si forma lateralmente una specie di nodo e di li spunta wi'altra canna. Esiste dunque nelJ.a radice la potenza generativa come d'un vivaio. Anche _le piante innestate germogliano nella parte superiore. Alcuni vegetali ottengono la continuità riproduttiva dalla radice, altri con diverso procedimento. Ciascun vegetale ha in sé o il seme o una qualche capacità riproduttiva e questa secondo la propria specie, sicché ciò che ne nasce si sviluppa_ in tutto simile o alle piante seminate o a quelle dalla cui radice deriva: dal grano il grano, dal miglio il miglio; dal pero nasce rigoglioso il pero con i suoi candidi fiori; anche il castagno sorge dalla radice del castagno. 34. Germogli la terra, disse, erba da foraggio secondo la propria specie. E subito la terra germogliando 2 si effuse nella vegetazione novella e si_rivestf di verzura, ricevette il dono della fecondità e, adorna di ·nuovi germogli, ebbe l'acconciatura che le si addiceva. Ci meravigliamo che la terra sia riuscita a produrre cosi in fretta; a considerarli singolarmente, quanto maggiori prodigi si trovano: come, per esempio, i semi gettati nel terreno si decompongano e, se non muoiono, non diano frutto; se invece si decompongono, per c~si dire morendo, rivivano in _frutti piu abbondanti. La zolla rammollita 3 accoglie il chicco di frumento e l'erpice ve lo trattiene una volta sparso e la terra lo riscalda e stringe come nel suo seno materno. Quindi, quando quel chicco si sarà decomposto, il gradevole aspetto d'un filo verdeggiante si trasforma in erba 4 che subito rivela la sua specie attraverso la somiglianza con la pianta da cui deriva, cosicché fin dall'inizio della sua crescita tu riconosci di quale specie sia quell'erba e già vi si intravede il frutto: un po' alla volta cresce come il fieno e svi• #
1 BAS., Hexaem., 100B (42 B): 'H ycxp~À«v t~E:UPTJ't'IXL, Tò µtV -yà.p Xù>VE:LOV o{ \J,fip~ ~60'KOVTotL, 8ux: T1JVXCl"t'otGXE:U1JV "t'OUaroµix-roç't'i)V t)( 'fou 8'1)ÀTJ't7JpCou l3Ml37Jvd:.rro8t8p&:axov-re:ç. Aan-oùç yà.p !xoV't'e:ç-roùç trd "l."l)t; xa.p8laç '1t'6pouç, q>Mvouatv tx-,;!q,cn "t'Ò Xot'tot'lto&tvnplv 't'l)Vcin" !XÒ'tou tjJo~tv"tù>V x«tplruv ~tp'l't. 4 BAs., Hexaem., 101D (43 C): cElli~opoç 8l bp"t'Oy(J)V i~l "t'pocp-lJ, l8t6't"7l'ft xp«ae:(J)t; 'tl)V l3ì.&:l371v à.'1t'oq>e:uy6V't'Ca>v. Cf. PLIN., N.H., X, 72, 197: Venenis capreae et coturnices, ut diximus, pinguescunt; vedi anche X, 23, 69: Coturni-
cibus ueneni semen gratissimus cibus. & BAS., Hexaem., 101D (43 D): Atà: µlv yà:p "t'OUµ«v8pcry6pouiSm,ovlcx-rpol x«nmiyouaLv. Cf. PUN,, N.H., XXV, 94, 150: Vis somnifica pro uiribus bibentium; media potio cyathi unius. 8 BAS.,Hexaem., 101D (43 D): im[8! 't~ aq>o8pcxi; bauv~ -rii>va(J)(.14't'(J)V x«TotXotµC~ouatv. Cf. PUN., N.H., XX, 76, 199: non ui soporifera modo, uerum, si copiosior hauriatur, etiam mortifera per somnos.
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9, 39-41
terit, quod conio plerumque furores libidinum marcuerunt et elleboro uetustae passiones aegri c-orporis sunt solutae. 40. Non solum igitur nulla in his reprehensio creatoris, sed etiam incrementum est gratiarum, siquidem quod ad periculum putabas esse generatum ad remedia tibi saluti-s operetur. Nam et id quod periculi est per prouidentiam declinatur et id quod salutis per industriam non amittitur. An uero oues ·et caprae ea quae sibi noxia sunt declinare didicerunt et solo odore per quoddam naturae- mysterium, cum sint ratfonis expertes, rationem tamen euadendi periculi uel tuendae salutis agnoscunt noxiaque pariter ac profutura distinguunt, ita ut plerumque, cum armata uenenis tela senserint, notas petere herbas atque his remedium uulneri dicantur adhibere? Cibus i~lis ergo medicina est, ut resilire sagittas uideas ex uulnere, fugere uenena, non serpere. Denique ceruis cibus uenenum est: col-uber ceruum fugit, Ieonem interficit: draco helefantum ligat, cuius ruina mors uictoris est. Et ideo summa ui utrimque certatur, ille ut pedem alliget, in quo casus uincti sibi nocere non possit, iste ne posteriore extremus pede aut calle capiatur angusto, ubi uel ipse se non queat retorquere et draconem graui protegere uestigio uel sequentis elefanti auxilium non habere.
41. Ergo si inrationabilia animalia norunt quibus sibi aut medicentur herbis aut subsidiis opem adferant, homo nescit, cui rationabilis sensus innascitur, aut tam· alienus a uero est, ut quae cuique apta sint usui minime deprehendat, aut ita naturae ingratus bonis, ut quoniam taurini haustus sanguinis letalis est homini, propterea · 1aboriosum putet animai aut nasci non debuisse aut sine sanguine debuisse generari, cuius uirtus ad cultum agrorum
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surìà hanno per'duto ogni loro violenza 7, e per effetto dell'ellèboro scompaiono malanni radicati in un corpo infermo 8 • 40. Quindi in tutto ciò non solo non c'è alcun motivo di biasimo per il Creatore, ma al contrario motivo di maggior riconoscenza 9, perché le piante, che tu pensavi potessero costituire un perico. lo per te, agi,scono quale rimedio per la tua salute. Infatti con le precauzioni si evita il pericolo che esse presentano e con l'operosità non si perde ciò che hanno di salutare. Forse le pecore e le capre hanno imparato a scuola ad evitare quant'è loro nocivo e non invece con il solo odorato per un misterioso istinto naturale, essendo prive di ragione, conoscono i mezzi per fuggire il pericolo e proteggere la loro incolumità e distinguono ugualmente ciò che· nuoce· e ciò che gioverà loro? 10• Cosi spesso, quando sono state ferite da frecce avvelenate, si dice che cerchino erbe da loro conosciute e che con queste curino la ferita. Il cibo dunque serve per esse da medicina, sicché potresti vedere saltar fuori le frecce dalla ferita 11 e sparire il veleno, non già diffondersi. Del resto i cervi si cibano di piante velenose: il serpente fugge il cervo 12, mentre uccide il leone; il pitone avvinghia l'elefante il cui crollo causa la morte del vincitore 13• Perciò con grande accanimento si combatte da entrambi le parti, quello per avviticchiargli il piede, perché in quella posizione la caduta del nemico avvinto non potrebbe fargli del male, questo per non farsi prendere ad un piede posteriore in fondo alla fila o in uno stretto sentiero, dove egli non potrebbe girarsi e schiacciare il pitone sotto l'enorme peso della sua zampa né avere .l'aiuto dell'elefante che viene dopo. 41. Ora, se gli animali irragionevoli sanno con quali erbe medicarsi e con quali mezzi procurarsi aiuto, non lo sa invece l'uomo che ha innato l'uso della ragione o è tanto lontano dal vero da non comprendere quali cose servano a ciascun uso e cosi ingrato verso i doni della natura dà ritenere che, siccome un sorso di sangue di toro è mortale per l'uomo, un animale cosi laborioso o non sarebbe dovuto nascere o sarebbe dovuto nascere senza 11
BAs., Hexae,n., 101D (43 D): "'H81)8i ·nveç '"t' XCi>ve:l xcxl 't'Ò Àuaa&>8eç N.H., XXV, 95, 154: Quod certum est,
'l'WV 6p~~cwv xcx-n;µcipcxvcxv. Cf. PLIN.,
lac puerperarwn mammis imposita extinguit ueneremque testibus circa pubertatem inlita. 8 BAs., Hexaem., 101D (43 D): xcd 't'file:(36pov~ 1t.~vye 61-,-rò ~68ov -r6n !veu cixcxv.&-7ic; ~v, 6cnepov 8~ -r" ci"«yv -r« q>pov/iµ.cc-rot, oòx citp9jXEV tpp1.µtdv«: X«µ«lxcxl"tOU ff(X't'E:LCJkl. !~L«. BooÀETCCI. 81:ii~ x«l olovd n,~('tLCOtiç ~e; «Y«'t"IJt;Tù>VffÀ'1)ofov clvdxca&c:nx«l !n«vcxn(X0ta&cx, cxtkoic;,tv' licl wpoc;Tb ~v't7J"6pµ11"!xoV"t"tc;, ot6" -r,.,,,,;«v«8EV8pli8e:i;(viti che montano sualialberi) -rcx!c;xopu~!c; Tù>VÒo/1}ÀO(J.«T(l)V l«i.m,òc; nccp,act~(l)µsv. 1 Cf. Cxc., De sen., 15, 53: ltaque ineunte uere in iis, quae relicta sunt,
°
usistit tamquam ad articulos sarmentorum ea quae gemma dici(ur, a qua oriens uua .se ostendit, quae et suco terrae et calore solis augescens primo est peracerba gustatu, deinde maturata dulcescit uestitaque pampinis nec modico tepore caret et nimios solis defendit ardores. Qua. quid potest esse cum fructu laetius, tum aspectu pulchrius?
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IDCAM~RON, DIES III, SER. V, C.
12, 52 - C. 13, 53
potest dulce esse nisi quod ad maturitatem perfectionis adoleuerit. Huic uiro perfecto nec frigus horrendae mortis nec sol iniquitatis nocere consueuit, quia obumbrat ei gratia spiritalis et omnia mundanae cupiditatis et corporeae libidinis restinguit incendia; •defendit ar-dores. Laudent te quicumque conspiciunt et agmina ecclesiae uelut quaedam palmitum serta mirentur, spectent s-inguli fidelium pulchra animarum monilia, delectentur maturitate prudentiae, splendore fidei, confessionis decore, iustitiae pulchritudine. ubertate misericordiae. ut dicatur tibi: Vxor tua sicut uitis abundans in lateribus domus tuae m, eo quod redundantiam uitis fructiferae copiosae munere liberalitatis imiteris.
Caput XIII 53. Sed quid ego in sola uite immoror, cum omnia genera arborum uti:lia sint? Alia ad fructum nata, alia ad usum data. Nam et quibus non est fructus uberior tamen usus pretiosior est. Caedrus suspendendis tectorum apta culminibus, eo quod huiusmodi materies et procera sit spatiis nec onerosa parietibus. Lacu• naribus quoque comendisque fastigiis habilis est cypressus. Vnde et ecclesia dicit in Canticis: Trabes domorum nostrarum. caedri, lacunaria nostra cypressi a, in bis esse declarans decora sui ornamenta fastigii, qui quasi trabes uerticem ecclesiae sua uirtute sustineant et fastigium eius exornent. Laurus et palma insigne uicto:r;iae: lauro uictorum capita coronantur, palma manus uictricis or• natus est. Vnde et ecclesia ait: Dixi, ascendam in palmam, tenebo altitudines eius b. Quae eminentiam uidens uerbi et sperans quod ad eius altitudinem possit ascendere et scientiae summitate~ di· cit: Ascendam in palmam, ut omnia relinquat. inferiora et ad superiora contendat, ad brabium Christi, ut suauis eius fructus car• pat et gustet; suauis enim uirtutis est fructus. Populus quoque coronis arbor umbrosa uictricibus et salix lenta uitibus 'habilis uinciendis quid aliud mystice declarant nisi bona esse Christi uincula, quae riocere non soleant, uincula gratiae, uincula carita· tis, ut unusquisque suis uincuHs glorietur, sicut gloriabatur et Paulus dicens: Paulus uinctus I esu Christi e? His ligatus uinculis dicebat: Quis nos separabit a cari tate I esu Christi? d, uinçulis abm
a b e d
Ps 127, 3. Cant 1, 17 (16). Cant 7, 8. Phm 1.
Rom 8, 35.
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I SBI GIORNI DELLACREAZIONE
nella sua pienezza non produca opere di scarso valore. Il frutto acerbo suole essere senz'altro amaro e non può essere dolce se non ciò che è cresciuto sino alla perfetta maturità. A quest'uomo perfetto s'olitamente non ·nuoce né il ·freddo della morte con il suo brivido né il sole dell'iniquità, perché lo protegge con la sua ombra la grazia divina e spegne ogni incendio di cupidigie mondane e di lussuria carnale e ·ne tiene lontani gli ardori. Ti lodino tutti coloro che ti vedono e ammirino le schiere dei cristiani ca. me ghirlande di tralci, contempli ciascuno i magnifici ornamenti delle anime fedeli, tragga diletto dalla maturit~ della loro prudenza, dallo splendore della loro fede, dalla dignità della loro testimonianza, dalla bellezza della loro santa vita, dall'abbondanza della loro misericordia, cosi che ti possano dire: La tua sposa è come vite ricca di grappoli nell'interno della tua casa, perché con l'esercizio di una generosa liberalità riproduci l'opulenza d'una vite carica di grappoli.
· Capitolo 13 53. Ma perché indugio a parlare della sola vite, mentre tutte le specie degli alberi sono utili? Alcune sono nate per produrre frutti, altre ci sono state date perché ce ne serviamo. Infatti anche quelle che· non danno un prodotto troppo abbondante, hanno un impiego veramente prezioso. Il cedro è adatto a sostenere il comignolo dei tetti 1, perché le travi che se ne ricavano sono estese in lunghezza --e non pesano sui muri. Il cipresso va bene per fabbricare i cassettoni dei soffitti e per ornare i frontoni. Perciò anche la Chiesa dice nei Cantici: Le travi delle nostre case sono di cedro, i cassettoni di cipresso, dichiarando che il prestigioso ornamento del proprio frontone consiste in coloro che, come travi, sostengono con la loro virtti il vertice della Chiesa e ne adornano il frontone. L'alloro e la palma sono insegne di vittoria: d'alloro s'incorona la fronte dei vincitori, la palma è ornamento della mano vittoriosa. Perciò anche la Chiesa dice: Ho detto, salirò sulla palma, starò sulla sua cima. Essa, vedendo la sublimità del Verbo e sperando di poter ascendere alla sua altezza e al culmine della sua scienza, dice: Salirò sulla palma, per abbandonare tutto ciò che sta in basso e tendere verso l'alto, verso la corona di Cristo per coglierne e gustarne il frutto soave: soave è il frutto della virtu. Anche il' pioppo, albero i cui ·rami òinbrosi diventano corone di vittoria, e il flessibile salice 2 , adatto a legare le viti, che altro simbolicamente significano se non che i legami di Cristo sono dolci perché non recano danno, legami di grazia, legami di amore, sicché ognuno si vanti dei suoi legami come se ne vantava anche Paolo dicendo: Paolo, prigioniero di Gesu Cristo? Avvinto Penso che non sia necessario precisare che « comignolo • linea di colmo del tetto» (DEVOTO-OLI, sub uoce). 2 Cf. VERG.,Bue., III, 83: lenta sali:c. 1
it
significa ·qui
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13, 53-55
stinentiae, uinculis caritatis. His ligatus uinculis etiam Dauid. ait: In salicibus in medio eius suspendimus organa nostra e. Bux-us quoque elementorum apicibus utilis exprimendis leui materia usum rnanus puerilis informat, unde ait scriptura: Scribe in buxo r, simul ut admoneat te ipsa materia, quae semper uiret nec umquam foliis exuitur suis, ne umquam spei tuae dissimulatione nuderis, sed semper tibi per fidem germinet spes salutis.
54. Quid ego enumerem quanta uarietas arborum, quam diuersus in singulis et pulcher ornatus, quam patulae fagi, quarn procerae abietes, quam comantes pinus, quam umbrosae ilices, quam populi bicolores, quam nemorosa et rediuiua castanea, quae simul ut excisa fuerit, tamquam siluam ex se pullulare consueuit, quemadmodum in arboribus ipsis aetas aut senilis aut nouella deprehenditur; iunioribus enim exiliores rami, antiquioribus uali• diora et nodosa sunt brachia, illis folia Jeuigata atque diffusa, istis contractiora et aspera. Sunt etiam arbores, quae senili atque emor• tua radice successionem sui, si forte caedantur, reparare non nouerint, aliae, quibus aut iuuentas uiret aut natura fecundior est, quibus excisio lucro potius quam ullo detrimento sit, ut per plures sui rediuiua successione renouentur heredes.
55. Est etiam, quod mireris, ipsis sexus in pomis, est discretio sexus in arboribus. Nam _uideas palmam, quae dactulos generat, plerumque inclinantem ramos suos et subicientem et concupiscentiae atque amplexus speciem praetendentem ei arbori, quam marem palmam adpellant pueri rusticorum. llla ergo palma feminea est et sexum suum subiectionis specie confitetur. Vnde cultores lucorum praeiaciunt ramis eius dactulorum uel palmitum semina masculorum, quibus illi femineae arbori uelut quidam sensus perfunctionis infunditur et expetiti concubitus gratia prae-
e
f
Ps 136, 2. 1s 30, 8.
55, 1. sexsus Schenkl sexus codd. omnes praeter unum,· praeterea uid• seq. lineam.
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da questi legami egli diceva: Chi ci separerà dall'amore di Cristo? cioè dai legami della temperanza, dai legami della carità. Avvinto da questi legami, anche Davide dice: Sui salici in mezzo ad essa ' appendemmo le nostre cetre. Anche il- bosso, sulla cui superficie levigata è facile tracciare le lettere dell'alfabeto 4, abitua a tale· esercizio la mano dei ragazzi 5• Perciò la Scrittura dice: Scrivi sul bosso, anche perché lo stesso legno, che resta sempreverde e non si spoglia mai delle sue foglie, ti esorti a non denudarti dissimulando la tua speranza, ma a fare in modo che la speranza della salvezza germogli sempre in te per mezzo della fede. 54. Perché dovrei esporre minutamente quanto sia grande la · varietà degli alberi, quanto sia diversa e attraente la bellezza di ciascuno di essi, quanto frondosi siano i faggi 6 , quanto alti gli abeti, quanto chiomati i pini, ombrosi i lecci 7, verdeargentei i pioppi?•. Quanto sia fronz,uto e rinascente !l castagno che, non appena tagliato,, suole far pullulare dal proprio ceppo una selva di germogli? Perché dovrei dire come negli stessi alberi si rileva l'età sia avanzata sia novella? Negli alberi giovani i rami sono piu sot- · tili, in quelli piu antichi le braccia sono piu robuste e nodose, nei pri~i le foglie sono lisce e ampie, nei. secondi piu ristrette e ruvide. Vi sono anche piante che, se per ·caso vengono tagliate dalla· radice vecchia e senza vitalità, non sono in grado di produr(e nuovi polloni; ve ne sono altre invece, piu vigorose di giovinezza o piu feconde di natura, per le quali il taglio è un vantaggio piuttosto che un danno, sicché rivivono in numerosi rampolli rinnovandosi di generazione in generazione. 55. Anche i frutti, cosa che ti farà stupire, hanno il sesso e gli alberi sono di sesso diverso. Infatti potresti vedere la palma che produce i datteri, spesso piegare i suoi rami e, offrendo l'immagine d'un cupido amplesso, sottoporli a quell'albero che i contadini chiamano palma maschio. La prima palma dunque è femmina e rivela il suo sesso sottoponendosi all'altra. Perciò i boscaioli di loro iniziativa gettano sui suoi rami semi di datteri o di virgulti di sesso maschile che stimolano nella pianta femmi-. na, per cosf dire, la sensibilità per la sua funzione e le prospettano il piacere dell'accoppiamento bramato. Ricevuto tale dono, nuovamente si drizza e innalza i rami e risolleva la chioma nella po3
Cioè a Babilonia. Questo salmo (136), per evidenti ragioni cronologiche,
non può essere di Davide. 4 Di bosso erano fatte le tavolette per scrivere, che venivano spalmate di cera in modo che vi si potessero tracciare le lettere con lo stilo. Qui ltuis significa evidentemente «liscio», « levigato•; cfr. PUN., N.H., XVI,
28,70: Tria eius genera ... tertium genus nostratis uocant, e siluestri, ut credo, mitigatum satu, diffusius et densitate parietum, uirens semper ac tonsile;76, 204: Spississima ex omni materie, ideo et grauissima iu.dicatur lrtbenuset buxus. Cfr. inoltre PRoP., III, 23, 9: uulgari buxo sordida cera fuit. 1 Apices = ipsi ductus litterarum (FoRCEIJ.INI); vedi Gm:.1..,XIII, 31: uix
ipsoslitterarum apices potui comprehendere. 1 Cf. VERG., Bue., I, 1: patulae sub tegminae fagi. 7 Cf. VERG., Georg., III, 334: ilicibus crebris sacra nemus accubat umbra. 1 Cf. VERG., Aen., VIII, TT6-2n: H erculea bicolor cum populus umbra I lllauitque comas foliisque innexa pependit.
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13, 55-56
sentatur. Quo munere donata rursus erigitur et eleuat ramos suos et in ueterem statum comam suam rursus adtollit. De ficu quoque eadem est opinio ideoque plerique secundum domesticam et fruc• tiferam ficum agrestem ficulneam feruntur inserere, eo quod cito fructus fecundae illius et domesticae ficus uel aura temptati aliqua uel aestu defluere ferantur in terram. Vnde gnari huius remedii grossis arboris agrestis alligatis ad illam feracem arborem me• dentur eius infirmitati, ut possit fructus proprios reseruare iamiamque, si deforent remedia, lapsuros. Quo admonemur uelut quodam aenigmate naturae non refugere eos qui a nostra fide et consortio separati sint, eo quqd et gentilis, qui fuerit adquisitus, quo grauior fuerit adsertor erroris, eo uehementior possit fidei defensor existere et si quis de haereticis conuertatur, uel confirmet eam · partem, in quam se commutata opinione contulerit, maxime si habeat aliquod directum naturae, ut uiuida eius possit esse sententia, si adminiculetur ei adtentio sobrietatis, obseruan• tia castitatis. Profunde ergo circa eum studium tuum, ut similitu• dine fructiferae iUius ficus de praesentia et coniuctione agrestis illius arboris tuam possis conroborare uirtutem. Ita enim tua nec dissoluetur intentio et diligentiae fructus et gratiae reseruabitur.
56. Quam multa sunt autem quae doceant naturalem· duritiam passe diligentiae. studio temperari, quibus affert cultus ruralis -exemplum. Nam plerumque cito florent mala granata et fructum adferre non possunt, nisi congruis peritorum remediis excolantur, plerull}que ·sucus uanescit interior et foris species eius pulchra praetenditur. Quae non inmerito conparatur ecclesiae, ut
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s1z1one primitiva. Si crede la stessa cosa anche del fico e perciò si dice che molti piantino ·un fico selvatico accanto al fico domestico e fruttifero, perché si afferma che i frutti di questa pianta cadano facilmente per terra sotto l'azione del vento o del calore. Per tale motivo, coloro che conoscono il rimedio appropriato, unendo all'albero fruttifero i fichi immaturi dell'albero selvatico, pongono riparo alla sua debolezza, cosi'..che il fico domestico possa conservare i propri frutti, li'. li per cadere se non intervenisse il rimedio 9 • Questo fatto, che possiamo considerare come un mistero di natura, ci ammonisce a non fuggire quelli che sono separati dalla nostra fede e dalla comunione con noi, perché anche il pagano, una volta convertito, può diventare un difensore della fede tanto piu deciso, quanto piu violento era stato nel sostenere l'errore; e se un eretico si converte, potrebbe addirittura confermare quella parte con la quale, dopo aver mutato opinione, si è schierato, specie se per natura ha una certa immediatezza comunicativa che gli consenta di esporre con vivacità il suo pensiero, sempre che sia sostenuto dall'impegno d'una vita sobria e dalla pratica scrupolosa della castità. Dèdicagli dunque senza risparmio la tua attenzione, affinché, a somiglianza del fico fruttifero già ricordato, per effetto della presenza e della collaborazione di quell'albero selvatico tu possa corroborare. la tua virtu. Cosi il tuo sforzo non resterà senza risultato e potrai conservare i f~tti della t11:a.dilig~nza e della tua bontà 10• 56. Quanti sono, d'altra parte, gli esempi tratti dalla coltivazione dei campi che dimostrano come la durezza naturale possa essere mitigata da un impegno diligente. I melograni per lo piu fioriscono rapidamente, ma non possono produrre il loro frutto se non sono coltivati dagli esperti con le cure adatte, e spesso il succo delle melagrane internamente si dissecca, mentre all'esterno il loro aspetto fa bella mostra di sé. Questa pianta, non a torto,
11 BAS.,
Hexaem., 112 AB (47 AB): Kixl t8oLç&vmne -riiv1tcxp'a.ò-rl:lvbvo(.14ta:µ!-
Y'IJV &i}ì..euxv, x1x,8ufoixv'TOÙi;XÀ«Boui;oto" bpyl:lavv !µ(31XÀÀov-rett; -ro!ç ,ù.,ix8otç ot6v TWOI: crmpµ«-ror. 'tWV &.ppb,,6>..,, -roùç )..eyoµ!vo~ q,ijvocc;,xa:l o')alcxc; &.max.tU"t'ù>V 7tOL6-nyrotc; µna:~file,, iJ8i xa:l cipE:'Ò)v 'Tijt; tJ,uxijc; bn~ua: 8uva:"t'lJ la"t'LmtV'ro8ct1toov cippaniµa-rv lmxpa:-rlja0tt.
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14, 58-60
Caput XIV 58. Sed ut ad simplicia poma reuocemus stilum, alia sunt quae quocuntur sole, alia quae et testis et corticibus clausa conplentur. Mala et pyra, uuarum quoque genera omnia nuda obiecta sunt soli, nucis autem et nucleae, nuclei quoque fructus et testa opertus et cortice alitur tamen et ipse calore solis et quantum pineae densitate nuculeus absconditur, tantum solis calore nutritur. 59. Quanta deinde domini prouidentia est; ut ubi mollior fructus, ibi folii crassitudo ualidius tegimentum tuendo deferat pomo, quod uidemus in fructu ·ficulneae. Delicatiora itaque ualidioribus munienda -sunt, ut et ipse dominus per Hieremi~m docet dicens: Sicut ficus istas bonas recognoscam translatos luda, quos emisi de loco isto in terram Chaldaeorum in bona, et confirmabo oculos meos super illos in bona a. Tamquam delicatos enim uelut quodam misericor-diae suae ualidiori saepsit tegmine, ne teneri fructus maturius interirent. Denique de ipsis etiam in posterioribus dicit: Delicati mei ambulauerunt uias asperas b, quibus infra ait: Constantes es tote, filii, et proclamate ad dominum e. Hoc enim solum aduersum omnes procellas atque iniurias inuiolabile tegimen, inpenetrabile munimentum est. Vbi ergo teneri fructus ibi crassiora tegmina et munimenta foliorum; contra autem ubi fructus ualidiores tibi teneriora folia, ut malus arbor docet. Pomurn enim ualidius non multo indiget protectionis auxilio; nam ipsa protectionis crassioris umbra pomo nocere plus posset.
60. Denique doceat nos pampinus naturae gratiam et diuinae sapientiae interna -mysteria. -Videmus enim ita scissum atque diuisum, ut trium foliorum spedem uideatur ostendere; ita pars media distincta est, ut .nisi inferioribus haereret, separata spectantibus uideretur. Ea autem ratio uidetur seruata naturae, ut et solem facilius admittat et umbram obtexat. Denique procerius media pars eius extenditur et in ipsa summitate tenuatur, ut plus pulcritudinis quam tegumenti praeferat. Etenirri brabii speciem
a b e
Ier 24, 5. Bar 4, 26. Bar 4, 27.
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Capitolo 14 58. Ma per ritornare ai frutti comuni, altri sono quelli maturati dal sole, altri quelli che raggiungono il loro completo svi• luppo rinchiusi in gusci e cortecce. Le ·mele e le pere e tutti i tipi di uva sono esposti al sole senza riparo; invece le noci, le nocciole e le mandorle in genere sono coperte dal guscio e dalla corteccia e tuttavia anch'esse sono alimentate dal calore del sole e il gheriglio, quanto si nasconde sotto lo spessore del mallo, tanto è nutrito dal calore del sole 1• 59. Quanto grande è poi la provvidenza del Signore! Dove c'è un frutto piu molle, lo spessore delle foglie offre una protezione piu valida per la sua difesa, come vediamo nel caso del fico 2 • Perciò 1le creature pili delicate devono essere protette da altre piu robuste, come lo stesso Signore insegna per bocca di Geremia dicendo: Come questi buoni fichi, cosi riconoscerò i de-
portati di' Giuda che ho inviato da questo luogo nella terra dei Caldei per il loro bene e fisserò i miei occhi sopra di loro per il loro bene .. Infatti, siccome erano esposti alle offese, li circondò, per cosi dire, d'una protezione piu valida costituita dalla sua misericordia, affinché quei teneri frutti non perissero prematuramente. Inoltre, degli stessi dice anche in seguito: Le mie tenere creature percorsero vie scabrose; e pili sotto dice ..loro: Siate coraggiosi, o figli, e gridate al' Signore. Questa è la sola protezione inviolabile, l'inespugnabile difesa contro tutte le tempeste e gli oltraggi. Dove ci sono frutti delicati, piu spessa è la protezione e la difesa delle foglie; al contrario, dove ci sono frutti piu resistenti, ivi le foglie sono piu tenere, come insegna il melo 3 • La mela, essendo alquanto resistente, non ha molto bisogno di un aiuto che la protegga: la stessa ombra di una protezione troppo spessa po"'. trebbe piuttosto nuocere al frutto. 60. Infine il pampino potrebbe insegnarci la bellezza della natura e gli intimi arcani della sapienza divina. Vediamo infatti che esso è cosi frastagliato e diviso da assumere l'aspetto di tre foglie distinte. Il suo lobo mediano si differenzia talmente che, se non fosse unito a quelli inferiori, a prima vista sembrerebbe una foglia a sé stante. E sembra che.la natura si sia comportata cosi per lasciar passare pili facilmente il sole e, nello stesso tempo, per offrire il riparo dell'ombra. Inoltre il lobo mediano del pampino si estende piu "in alto e sulla cima si assottiglia in modo da essere motiyo di bellezza piu che di protezione. Infatti sembra
BAs., Hexaem., 112 CD (47 D): IJé;)c;"t'LVIX µ~ yuµvcì nmncxt -rcj>~).[, -itvcl 8è èv èM"tpotc;xexcx)..uµµ!vocTtÀY)po&rcxt; 2 BAs., Hexaem., 112D (47 DE): ••• xcxl v µ!v cbtcxÀÒc; 6 xcxp1t6;, na:x_ò"t'OU btl "t''ijc;aux'ijc;; qiollou TÒ axen-cxa't~ptov,&>e; 3 BAs., Hexaem., 112D (47 DE): v ai ot xocpnol a"t'e:ycxv6>"t'e:pot., è>.cxcpp«Té;)v 1
ii 1tpoa~OÀ1J,&>e;è,tt njt; xcxpocxc;;"0-rt èxe:ivcxµbJ, 8tix "t'Òcia&EV~, 'JtÀdipoÀÀ6>V ovoc;è8ti-ro "t'ljc;'30'1j.&e:lcxc;, -rou-totc;8' a.v 1tpoa'3Àcx~~c; èyévE't'o -1,'JtCXXU"t'épix ne:pt~oÀ~ ix njc; «1t' CXÙ"t'WV O"Ktiic;.
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14, 60-61-
C.
15, 62
uidetur effingere significans quod uua inter pendentes ceteros fructus habeat principatum, cui tacito quodam iudicio naturae, sed euidenti indicio innascitur species et praerogatiua uictoriae. Secum igitur habet brabium suum, quo et munimen sibi praebetur aduersum iniurias uel aeris pariter imbriumque uiolentiam et inpedimentum non adfertur ad recipiendum solis calorem, quo tepefacta alitur, coloratur, augetur. Fièulneae quoque folium aeque prope ut pampinus quadrifida rescinditur diuisione, quod eo clarius u.idetur quo maius est folium, sane non ita ut pampinus uel ora omni uel summitate crispanti. Sicut enim in ficulneae folio crassitudo ualidior ita in pampino species elegantior. Crassitudo igitur folii proficit ad tempestatis iniuriam repellendam, interscissio ad fructus gratiam uaporandam. Denique hoc genus pomi grandinem non cito, maturitatem cito sentit, quia et fatere uidetur aduersus iniurias et patere ad ·gratiam·.
61. . Quid ego foliorum describam diuersitates, quemadmodum alia rutunda, alia longiora, alia flexibilia, alia rigidiora sint, alia nu.llis facile uentis labentia, alia quae leui motu decutiantur au-
rarum?
Caput XV 62. Inexplicabile est singularum rerum exquirere proprietates et uel diuersitates earum manifesta testificatione distinguere uel latentes occultasque causas indeficientibus aperire documentis. Vna nempe atque eadem est aqua et diuersas plerumque sese mutat in species: aut inter harenas flaua aut inter cautes spumea aut inter nemora uiridantior aut inter florulenta discolor aut inter lilia fulgentior aut inter rosas rutilantior aut in gramine Iiquidior aut in palude turbidior aut in fonte perspicacior aut in mari obscurior assumpto locorum quibus influit colore decurrit. Rigorem quoque pari ratione commutat, ut inter uaporantia ferueat, inter umbrosa frigescat, sole repercussa exaestuet, niuibus inrigata glaciali umore canescat. Quemadmodum autem sapor eius ipse conuertitur, ut nunc aspèrior, nunc amarior, nunc uehementior, nunc austerior, nunc dulcior pro specierum quibus infusa fuerit qualitate uarieturl Asperatur inmaturioribus sucis, tunso
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riprodurre l'aspetto d'un premio circense, indicando che, fra tutti gli altri frutti penduli, ha il primo posto l'uva, nella quale, per un tacito decreto della natura ma con chiara evidenza, sono innati l'aspetto e la prerogativa della vittoria 4 • Ha con sé dunque il suo premio il quale, ad un tempo, le assicura una protezione contro le offese o la violenza sia del vento sia delle piogge e non le impedisce di ricevere il calore del sole che, riscaldandola, l'alimenta, la colorisce, la fa crescere 5 • Anche la foglia del fico, quasi come il pampino, si divide in quattro lobi - cosa che si vede tanto piu chiaramente, quanto piu grande è la foglia -, benché non abbia, come il pampino, l'intero orno e il vertice frastagliati. Come nella foglia del fico lo spessore è piu resistente, cosi nel pampino la forma è piu. elegante. Lo spessore della foglia serve dunque a respingere i danni del cattivo tempo, la sua divisione in lobi a rendere saporito il frutto esposto al calore. Questa specie di frutto non subisce facilmente danni dalla grandine, facilmente invece giunge a maturazione, perché è riparata dalle offese ed esposta all'azione di ciò che le giova. 61. Perché descrivere le diverse forme .delle fpglie, come alcune siano rotonde, altre piu allungate, alcune flessibili, altre piu rigide,. alcune resistenti al vento, altre facili a cadere al solo sp1r.ar . d' una b.rezza '..
Capitolo 15 62. Sarebbe fatica interminabile indagare la proprietà delle singole cose o distinguerne le differenze con prove evidenti o spiegarne le cause avvolte nel mistero con una documentazione senza lacune. L'acqua, indubbiamente, è sempre la stessa, e tuttavia sovente assume aspetti diversi: gialla in mezzo alla sabbia, tra gli scogli spumeggiante, con riflessi verdi in mezzo ai boschi, tra i fiori variopinta, d'un candore luminoso fra i gigli, d'un rosso splendente tra le rose, in un prato piu limpida, in una palude phi torbida, in una fonte piu trasparente, nel mare .piu cupa, essa scorre assumendo il colore dei luoghi che attraversa. Allo stesso modo cambia la sua temperatura naturale, cosi che bolle a contatto con oggetti infocati, si raffredda all'ombra, evapora se esposta al sole, coperta di neve biancheggia diventando ghiaccio. E cosi cambia il suo sapore divenendo ora piu acida, ora piu amara,. ora piu frizzante, ora piu aspra, ora piu dolce a seconda della qualità delle
4 Non è ben chiaro che cosa intenda qui S. Ambrogio. Non· si capisce bene,infatti, come il lobo mediano della foglia della vite riproduca la for-
ma d'un premio circense. 1 BAs.,Hexaem., 112D, 113A (47 E): IIC>c;>c«-rtaxtG'tlnTijt; ciµntÀou -rbcpuÀlov,·fvcxXIXl' ?tpòc;tcxc;be.,--roucltpoc;!3>.«f3.&x-.pov l>nòvetv«L ,nve:l,; À(&ou q>OO'L\I d:nomiyvoµevov. Ma.p-rupet 8è -rij>Mr-rcxl:µq>ctLv6µeva; dpf'I')>«xl-rcxÀ&7t"t6't°tt'i(X 'Tù>\I ~q>(l)V, &mp, 0:7t0V.OU ~V"C'Ot; -rou bnou, l:va.nÀ'J)~M(X mtxn-a.L. Cf. PLIN., N.H., XXXVII, 3, 46: Liquidum id primo destillare argu,nento sunt quaedam intus tralucentia ut formicae culicesque et lacertae, 4uaeadltaesisse musteo non est dubium et inclusa durescente eodem remansisse. 1
2
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15, 64 ·
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16, 65
64. Sed quid ego· uili sermone decerno curo alta atque pretiosa ratione naturae, cum iste sermo humano alatur ingenio, naturam autem omnium prouidentia diuina formauerit? Vnde uelut habenis quibusdam uerborum cohibenda diffusio est, ne quod Solomoni specialiter sapientiae munere diuinitus uidetur esse con• latum, usurpatorie uideamur exponere differentias arborum et uirtutes radicum et quaecumque ,sunt abscondita et inprouisa •, sicut scriptum est. Quae nec ab ipso tamen manifestata produn• tur, ut mihi uideatur potuisse eum disputare de uirgultorum generibus b, non potuisse tamen plenius omnis creaturae explicare rationes.
Caput XVI 65. Quodsi inriguis aquarum plerumque et segetes laetiores sunt et uirides fabae et hortorum multiplex suscitatur et resuscitatur gratia, si uiri:dantibus toris fluuiorum exundantium decora• tur, quemadmodum ad uerbum domini, quod omni aquarum cursu est redundantius, subito creatura uirgultorum omnis effloruit! Festinarurit campi non commissam sibi frugem edere, ignorata horti holerum genera, florum miracula germinare, ripae fluminum se uestire myrtetis, properauerunt arbores cito surgere, cito se in florem induere, uictum hominibus, pecoribus pabulum ministrare. Fructus communis, est omnibus, usus quoque est datus omnibus. Simul utrumque arbores germinarunt, aliud quo uesceremur, aliud quo refrigerante umbra defenderemur a sole. Cibus in fructu, usus amoenitatis in follis; tamen quia praescia erat prouidentia creatoris quod fructuni sibi maxime hominum auiditas uindicaret, reliquis proùidit animanti!Jus, ut specialem iis donaret alimoniam. ltaque esca bis non mediocris in foliis est corticibusque siluestribus; ea quoque quae ad usum medendi ,proficerent, id est sud· lacrimae surculi pariter · ministrata stint. ltaque illa quae post: experimento_ usu exemplo utilia cognouimus, ea a principio crea-! tor, cui usui apta donaret, praescientiae suae maiestate de sino; terrarum iussit ex.ire. J
a b
Sap 7, 20-21. 3 Reg 5, 13 (4, 33).
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64. Ma perché nel mio umile discorso pretendo di affrontare le profonde e preziose leggi della natura, dal momento che il mio parlare è alimentato dall'impegno umano, mentre la natura dell'universo è stata plasmata dalla Provvidenza divina? Perciò l'esuberanza delle parole dev'essere, per cosi dire, imbrigliata, affinché non sembri che esponiamo, senza averne la competenza - facoltà che manifestamente fu concessa da Dio al solo Salomone con il dono della sapienza -, le differenze degli alberi e le proprietà delle radici e ogni altra questione nascosta e imprevista, come sta scritto. Si dice tuttavia che neppure da lui tutti -questi argomenti furono chiariti, sicché mi sembra ch'egli poté bensf trattare delle specie degli alberi, non poté tuttavia spiegare adeguatamente la ragione d'essere d'ogni creatura.
Capitolo 16 65. Se per l'azione delle acque irrigue le messi. sono piu rigogliose 1, se le fave diventano verdi e la molteplice bellezza dei giardini sorge e si rinnova, se le sponde dei fiumi che straripano si adornano di bordi verdeggianti 2, come alla parola del Signore, che trabocca piu copiosa d'ogni corso d'acqua, ad un tratto fiorirono tutte le piante create! I campi si affrettarono a produrre le messi non seminate e a far germogliare ignote specie d'erbaggi e fiori meravigliosi, le rive dei fiumi a rivestirsi di mirteti, gli alberi si fecero premura di crescere rapidamente, di ricoprirsi ra .. pidamente di fiori 3 , di somministrare il vitto agli uomini, la pastura al bestiame. Tutte le piante hanno il loro frutto, a tutte fu assegnato· un loro uso particolare. Nello stesso tempo gli alberi con la loro vegetazione ci offrirono sia un mezzo per . sfamarci che un mezzo per difenderci dal sole alla loro ombra ristoratrice - il cibo con i loro frutti, il ristoro con le loro foglie -. Tuttavia, poiché la provvidenza del Creatore non ignorava che l'avidità degli uomini avrebbe preteso i frutti specialmente per sé, provvide agli altri animali dando loro .un .cibo particolare. Perciò essi hanno un cibo abbondante nelle foglie e nelle cortecce selvatiche; parimenti ·vennero fornite anche le sostanze utili alla medicina, cioè i succhi, le resine e i polloni. Pertanto fin da principio il Creatore con la maestà della sua prescienza, per fornirci mezzi adatti a tale scopo, fece uscire dal seno della terra quelle sostanze di cui apprendemmo l'utilità successivamente con l'esperienza, l'uso, l'esempio.
1 2
Cf. Cf.
VERG., VERG.,
Georg., I, 1: Quid faciat laetas segetes. Aen., VI, 674: riparumque toros et prata recentia riuis.
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16, 66-69
66. Et quia iussit dominus ut germinaret terra herbam faeni et lignum fructif erum f aciens fructum secundum genus, cuius semen eius in eo, ne forte quis dicat in multis arboribus neque fructum neque semen uideri et putet diuinum in aliquo uaccillare praeceptum, ut a ueritate sit dubium, illud aduertat, quia nequaquam fieri potest, ut non aut seminibus utantur uniuersa gignentia aut habeant aliqua quae uideantur curo uirtute seminum conuenire, idque si quis diligenter intendat, manifesta testificatione poterit conprehendere. Nihil uidentur seminis habere salices, habent tamen in foliis granum quoddam, quod habeat uirtutem seminis, ut eo commisso terris tamquam posito surgat arbos de surculo et tamquam de semine se exsuscitet. ·Grano itaque illo radix prima coalescit; de radice pullulat non solum salicis, sed etiam reliquarum ad similitudinem huiusmodi generis arborum silua. Habet autem et radicis generatio uirtutem seminis, unde plerique ea satione incrementum sui nemoris propagauerunt.
67. Magna dei uirtus in singulis. Nec miretur aliquis, si in uirgultis magnam dei di.xi esse uirtutem, siquidem magnam uirtutem suam in lucustis esse dixit et bruco•, eo quod diuinae maiestatis offensa magna moderamine sterilitatis Iudaicae atque inopiae solueretur. Magna enim uirtus patientia, magna uirtus prouidentia. Indigni enim erant, qui uterentur fecunditate terrena, qui terrarum laeserant creatorem. Et uere magnus, qui miserabili fame nefas tantae impietatis ulciscitur.. Itaque si magna uirtute dei sterilem brucum terra generauit, quanto magis uirtute magna quae fecunda sunt procreat.
68. Quis pineam uidens non stupeat tantam diuino praecepto artem inolitam inpressamque naturae, que.IJ,1admodumab ipso centro distantibus licet mensuris pari adsurgat glutino, quo proprios fouet fructus? Itaque per circuitum eadem species et ordo seruatur et quidam in singulis plagis nuculeorum partus exuberat atque in orbem redit fructus et gratia. Itaque in pinea ista imaginem sui natura uidetur exprimere, quae a primo illo diuino caeIestique mandato priuilegia accepta custodit et partus suos quadam annorum uice et ordine refert, donec consummatio temporis impleatur. 69. Sed ut in hoc fructu gratam speciem sui signat, ita etiam in myricis, id est humilibus uirgultis figuram inprobae calliditatis
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66. E siccome il Signore ordinò che la terra producesse erba da foraggio e alberi frutti/ eri che facessero, ciascuno secondo la
propria specie, un frutto contenente il proprio seme, affinché per caso qualcuno non dica che in molti alberi non si vedono né il frutto né il seme e pensi che in qualche cosa il comando divino non regga, sicché dalla verità sorga il dubbio, consideri che non può assolutamente avvenire che tutti i vegetali o non abbiano bisogno del _seme o non abbiano qualche mezzo di riproduzione che sembri accordarsi con la proprietà dei semi 4 • E se a tale scopo si compirà una diligente ricerca, sarà possibile rendersene conto co~ prov_e evidenti. Sembra che i salici non abbiano seme, ma sulle foglie hanno un granello che ha· la proprietà del seme, sicché, quando questo viene affidato alla terra, l'albero spunta come se fosse stato piantato un pollone e si sviluppa come da un seme. Da quel grano si forma dapprima la radice; dalla radice pullula una fitta vegetazione non solo di salici ma anche di altre piante che ad essi somigliano 6• Ed anche la moltiplicazione della radice ha la virtu del seme, e perciò molti con tale sistema di riproduzione hanno esteso il loro bosco. 67. Grande è la potenza di Dio in ciascuna cosa. E nessuno si meravigli se ho detto che grande si rivela la potenza di Dio nelle piante ancor giovani, dal momento che egli disse che la sua potenza si :rivelava grande nelle locuste e nel bruco, .perché la grave offesa alla maestà divina veniva punita col castigo della siccità e della carestia del popolo giudaico. ~ potenza grande ·la pazienza, potenza grande la Provvidenza divina. Essi infatti non meritavano di godere la fecondità della terra poiché ne avevano offeso il Creatore. E veramente grande è colui che con una miserevole carestia punisce il sacrilegio d'una cosi grande empietà. Quindi, se per la grande potenza di Dio la terra generò lo sterile bruco, quanto piu si richiede l'intervento di questa grande potenza perché essa produca esseri fecòndi! 68. Chi, al vedere la pigna, si stupirebbe che dal comando divino sia stata radicata e impressa nella natura una cosi grande abilità, considerando cioè come da un unico centro essa -salga con uguali scaglie, sia pure di misura diversa, con le quali protegge i propri frutti? Tutt'attorno si conserva .n medesimo aspetto regolare, e,. sebbene nelle singole zone sporgano rigonfi i pinoli, tuttavia il frutto ·mantiene la sua elegente forma rotonda. Pertanto nella pigna sembra che la natura esprima la propria immagine, poiché da quel primo comando celeste e divino essa custodisce le prerogative ricevute e ripresenta i suoi frutti con una ordinata successione annuale, finché non sia compiuto il ciclo totale delle stagioni. 69. Ma come in questo frutto la natura esprime il suo attraente aspetto, cosi nei tamerischi, cioè in umili alberelli 8, ha 4 BAS.,Tlexaem., 105e (45 B): ... f1tet't'ct 6-rt cxxpt(3ooc; .&Ec.>pouvnxctl "JtfflOC ~ae-rct, ~ crmpµ:x-rt xexp71µb/a;~ -rei lao8uv0tµouv-roc -roi'c;cr1ti:p'10tcnv lxovra;. • • 5 Non corriSp'Onde a verità; vedi COPPA, op. cit., p. 224, n. 93. 6 Cf. VERG.,Bue., IV, 2: non omnis arbusta iuuant humilesque myricae.
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EXAMERON,DIES III, SER. V, C.
16, 69 -
C.
17, 70-71
expressit. Sicut enim duplici corde uiri ubique praesto sunt et gratiam simplicitatemque apud bonos praetendunt et uitiosissimis glutinantur, ita etiam et in aquosis et. in desertis contrario quodam usu haec uirgulta nascuntur. Vnde et Hieremias dubia morum atque insincera myricis comparauit b.
Caput XVII 70. Germinet inquit terra, et statim omnis surgenti germine terra completa est. Et homini dicitur: Dilige dominum deum tuum •, et non est caritas ·dei omnium infusa uisceribus. Surdiora corda hominum sunt quam dura saxorum. Terra indebitos fructus nobis ministrat, dum obsecundat auctori: nos debitum munus negamus, dum non ueneramur auctorem. 71. Vide in paruis quae prouidentia sit dei et, quia conprehendere non potes, · mirare quomodo alia semper florentia rese'ruarit, alia mutationes habere uoluerit expoliationis et amictus. Inter cana niuium, pruinas frigorum uiriditatem :suam arua conseruant et cum ipsa tecta sint gelu, partus sui tamen haut exiguam speciem uiriditatis obtexunt. In ipsis quoque generibus arborum, quae diuturnis frondibus uestiuntur, non mediocris distantia est. Seruat indumentum suum semper olea uel pinus, sed tamen folia sua saepe commutant nec ea quasi diuturna, sed quasi succedanea praetendunt suae arboris pulchritudini perpetui integritate uestitus uicem muneris obumbrantes. Palma autem uirens semper manet conseruatione et diuturnitate, non inmutatione foliorum. Nam quae primo germinauerit folia, ea .sine ulla substitutionis successione conseruat. Imitare ergo eam, o homo, ut dicatur et tibi: Statura tua similis facta est palmae b. Serua uiriditatem pueritiae tuae et illius innocentiae naturalis, quam a primordio recepisti, ut plantatus secus decursus aquarum fructurn tuum in tempore tuo habeas praeparatum et folium tuum non de• fluat c. Hanc uiriditatem gratiae semper .florentis in Christo se-
b
Ier 17, 6.
• Deut 6, S; Mt 22, 37. b Cant 7, 7. e Ps 1, 3.
I SEI GIORNIDBLLACREAZIONE
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espresso l'immagine di un'astuzia maligna. Come gli uomini doppi di cuore ~sono sempre disponibili e con i buoni ostentano benignità e scµiettezza, mentre si attaccano agli individui peggiori, cosi nelle zone umide e in quelle desertiche questi arbusti nascono comportandosi in modo opposto. Perciò anche Geremia paragonò ai tamerischi la condotta equivoca e la mancanza di sincerità 7•
Capitolo 17 70. Germogli la terra, disse, e subito la terra si riempi di virgulti nasGenti. E all'uomo si dice: Ama il Signore Dio tuo; ma l'amore di Dio non penetra in tutti i cuori. Il cuore dell'uomo è piu insensibile del macigno. La terra ci somministra i frutti che non ci sono dovuti, obbedendo al Creatore; noi, quando non adoriamo il nostro Creatore, rifiutiamo un tributo cui saremmo tenuti. 71. Vedi nelle piccole cose quale sia la Provvidenza divina e, poiché non puoi comprenderla, ammira come abbia conservato sempreverdi· alcune piante e invece abbia voluto che altre, mutando aspetto, si spogliassero e si rivestissero alternativamente del loro fogliame. Tra il candore delle nevi e le brine gelate 1 i campi mantengono l'energia vegetativa e, anche quando s~no ricoperti dal gelo, i loro prodotti celano non trascurabili manifestazioni del vigore con cui· si sviluppano. Nelle stesse specie degli ,alberi rivestiti di fronde perenni, c'è non piccola differenza. L'olivo e il pino conservano sempre il loro manto; tuttavia cambiano spesso le foglie e adornano cosi la bellezza dell'albero con foglie che non sono perenni, ma via via si sostituiscono nascondendo il succedersi della vegetazione con l'integrità d'una veste che non viene mai meno. La palma invece !rimane sempreverde, mantenendo perennemente le foglie senza mutarle 2 : conserva quelle spuntate per prime, senza cambiarle successivaniente. Imitala, o uomo, perché si dica anche a te: La tua statura è diventata come quella di una palma. Conserva la verde freschezza della tua adolescenza e di quella innocenza naturale che hai ricevuto fin dalla tua nascita, in modo che piantato lungo il corso dell'acqua; abbia pronBAS.,H exaem., 116BC (49 B ): °'Emt"t'IXxclxe:tvocnc6m:t, 1t&>ç~ µuplx'r)&:µf(t3t6v!CJTL xrd -rot~ cptÀ08pott;m.JVIXpt&µ.001,LCVOV xixl K«"t'«T«t; !piJµouç 'fÀ'l)iuvo• l'CVOV. Atò XIXL ò 'lepeµlixç 3t:K«(Cl>t; -rcx1t0V1)p6"t'Epcx K«l bnxµ.cpO"t'Ep[~oV"t'IX -r&>vi)&&>v 7
f(f) TOLOÒ-r q>U"t' Tt'IXpctxcite,. Cf. Ger., 17, 6: Maledictu.s homo qui confidit in homine. Erit enim quasi myricae in deserto, et non uidebit cum uenerit bonum; sed habitabit in siccitate in deserto, in terra salsuginis et inhabitabili. Cf. VERG.,Georg., II, 376: Frigora nec tantum cana concreta pruina. lm>l'l)ac, -rei. Il yuµ.voÒ!J.&VIX • xcd 'féi>vcle,&ot>. xrA6ç, •.llht idy«c; 6~ò, µlv )ttvtJ&ijVIXL, M centesimo tertio, de quo supra diximus, scripsit: Fecit lunam in tempora, sol agnouit occasum suum i. Cum enim dies boras suas complere coeperit, sol debitum sibi agnoscit occasum. Est ergo in potestate diei sol et luna in potestate noctis, quae temporum uicibus oboedire conpellitur et nunc impletur lumine atque uacuatur. Licet plerique bune locum mystice de Cbristo et ecclesia uideantur accipere, quod agnouit Cbristus proprii corporis passionem, qui ait: Pater, uenit hora; clarifica filium tuum 1, ut iHo occasu suo omnibus donaret uitam
Ps 118, 90-91. Ps 135, 8-9. d Le 12, 48. e Ps 103, Xl-11,. f Ps 103, 30. e Mt 6, 26. h Ps 135, 8-9. i Ps 103, 19. I lo 17, 1. b e
I SEI GIORNI DELLACREAZIONE
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potrebbe non servire il sole che è stato creato a disposizione del giorno? Come potrebbero non servire la luna e le stelle che sono state create a disposizione- della notte? Quant'è piu grande la bellezza conferita loro dal Creatore, cosi che l'aria è piu luminosa del solito quando il sole risplende, il giorno brilla piu sereno, le tenebre della notte sono rischiarate dal fulgore della luna e delle stelle, il cielo, come cinto da una corona di fiori, scintilla di luci cosi sfavillanti da farti credere che rifulga trapunto di fulgide ghirlande di rose olezzanti in un giardino a primavera; quant'è piu · grande la· bellezza che appare loro conferita, tanto piu gli sono debitori. Infatti quello cui è stato dato di piu, deve di piu. Ben a ragione il sole da molti è stato chiamato ornamento del cielo, perché è il prezioso gioiello delle stelle. 6. E affinché sappiamo che la fertilità della terra non va attribuita al calore del sole, ma è dovuta alla misericordia divina, dice il profeta: Tutto attendono da te, che tu dia loro il cibo al mo-
mento opportuno; se tu dai loro, essi raccoglieranno per sé, se tu aprirai la tua mano, saranno riempiti d'ogni bene; e piu sotto: Manda il tuo Spirito, e saranno creati e rinnoverai la faccia della terra; e nel Vangelo: Osservate gli uccelli del cielo: non seminano né mietono, e il Padre vostro celeste li nutre. Dunque non il sole e la luna sono la causa della fecondità, ma Dio Padre per mezzo del Signore Gesu assegna a tutte le cose una fertilità generosa. 7. Il profeta d'altra parte ci ha chiarito che cosa intenda quando dice che / ddio creò il sole a disposizione del giorno e la a disposizione della notte. Proprio nel ·già citato salmo centotré egli scrisse: Ha creato la luna per le stagioni, il sole conobbe il suo tramonto. Quando il giorno comincia a esaurire le ore assegnategli, il sole conosce che può tramontare. Dunque il sole è a disposizione del giorno e la luna a disposizione della notte, perché è costretta ad obbedire all'avvicendarsi delle sue fasi ed ora si riempie ed ora si vuota di luce. Molti evidentemente intendono questo passo in senso mistico, riferendolo a Cristo e alla Chiesa1, perché Cristo conobbe la passione del proprio corpo, egli che disse: Padre, è venuta l'ora: glorifica tuo Figlio, per dare con
luna
,1 Il motivo della luna come mysterium o come typus Ecclesiae è particolarmente càro a S. Ambrogio. -vi ritornerà e vi si soffermerà piu avanti (IV, I, 32); altri richiami si trovano in De patriarchis, 13; Explan. ps. 35, 26; ps, 43, 19;Ep. 18, 25; 23, 4; Exp. Eu. sec. Luc., X, 37. Per il tema nell'ecclesiologia patristica vedi H. RAHNER, L'ecclesiologia dei Padri. Simboli della Chiesa, trad. it., Ed. Paoline, Roma 1971,pp. 145-287e G. TOSCANI, Teologia della Chiesa in sant' Ambrogio,Vita e Pensiero, Milano 1974, pp. 149-151e 261-262.Nell'applicazione di questa figura alla Chiesa, S. Ambrogio - come osserva il Rahner - dipende non da. Basilio, ma da Origene e forse da Ippolito. • Nel rapporto sole-luna Ambrogio presta attenzione ai tre simbolismi del progressivo oscurarsi, del sraduale illuminarsi e del chiaro splendore dell'astro lunare nel plenilunio, alloscopo di illustrare quelli che per lui rappresentano altrettanti aspetti importanti della sua ecclesiologia. La Chiesa, sposa di Cristo, deve morire, ossia 'ffltire meno al mondo, per potersi unire intimamente al suo sposo. Nell'unione conCristo diviene sorgente di vita e madre spirituale delle anime. Nella misura in cui muore al mondo, rinasce a nuova vita e progredisce verso la gloria delcielo, circonfusa dello splendore dello sposo. Dei tre· motivi, il piu sentito e sviluppato da Ambrogio è certamente il primo» (G. TOSCANI, op. cit., pp.
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EXAMERON, DIES IV, SER. VI, C.
2, 7 •
C.
3, 8
aeternam, qui perpetuae mortis urguebantur occasu, et ecclesia tempora sua habeat, persecutionis uidelicet et pacis. Nam uidetur sicut luna deficere, sed non deficit. Obumbrari potest, deficere non potest, quae aliquorum quidem in persecutionibus discessio• ne minuitur, ut martyrum confessionibus impleatur et effusi pro Ghristo sanguinis olarificata uictoriis maius deuotionis et fidei suae toto· orbe lumen efifundat. Namque luna luminis inminutionem habet, non corporis, quando per uices menstruas deponere uidetur suum lumen, ut mutuetur a sole, quod facile puro aere atque perspicuo, quando nulla eam obducta nebula caligantern _facit, colligi potest. Orbis enim integer manet lunae, etsi non si• militer totus ut · pars eius effulgeat, et qualis uideri solet, cum plenus est luminis, tailis est magnitudine, sed per umbram quan• dam lumine suo uiduatus adparet. Et inde cornua eius refulgent, quia corpus· eius in orbem diffunditur et uelut deficiente portionis luce insinuatur.
Caput III 8. Mouere autem potest quod ait: · Fiant luminaria ad inlu• minationem super terram, quae discernant inter diem ac noctem •, quia et -supra iam, ubi lumen fecit, dixerat: Separauit deus inler lucem et tenebras. Et f actus est uesper et f actum est mane, dies unus h. Sed consideremus quia aliud est lumen diei, aliud lumen solis et lunae et lumen stellarum, eo quod sol ipse radiis suis fui• gorem diurno lumini uideatur adiungere, quod uel ortus diei potest prodere uel occasus. Nam ante solem lucet quidem, sed non refulget · dies, quia amplius quoque meridiano sole resplendeL
a b
Gen 1, 14. Gen 1, 4-5.
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il suo « tramonto » la vita eterna a tutti gli uomini, minacciati dal tramonto d'una morte senza fine, e perché la Chiesa ha le sue fasi, di persecuzione cioè e di pace. Sembra venir meno come la luna, ma non è cosi. Può nascondersi, non può .venir meno, essa che nelle persecuzioni cala bensf per le defezioni di alcuni, ma per raggiungere la sua pienezza per. la testimonianza dei martiri e, glorifìcata per le vittorie· ottenute versando ·U sangue per Cristo, diffondere per tutto il mondo una luce piu viva di devozione e di fede. La luna diminuisce la sua luce,· non la sua massa quando nel corso delle fasi mensili sembra ridurre il suo chiarore per prenderlo in prestito dal sole, cosa di cui è possibile rendersi conto facilmente 2 se l'aria è pura e limpida, quando non c'è caligine che, ricoprendola, la offuschi. Il disco lunare rimane integro, anche se non tutto allo stesso modo, cosi che ne risplende solo una parte, e per grandezza è tale quale suole apparire quando è completamente illuminato, ma per la sovrapposizione di un'ombra sembra privo della sua luce. E i suoi comi risplendono perché la sua massa si estende in forma di sfera e, venendo meno la luce in una sua parte, per cosf dire con la restante -si insinua nell'oscurità.
Capitolo 3 8. Può colpire d'altra parte che Dio dica: Siano fatti luminari per illuminare la terra, che distinguano il giorno dalla notte 1, perché già prin1a, quando aveva creato la luce, aveva detto: I ddio separò la luce dalle tenebre. E fu mattino, un giorno. Ma consideriamo che una cosa è la luce del giorno e un'altra la luce del sole, della luna e delle stelle, perché il sole stesso con i suoi raggi sembra aggiungere splendore alla luce del giorno, come può di• mostrare l'alba o il tramonto. Infatti, prima che sorga il sole, il giorno è chiaro ma non splendente, perché anzi risplende di piu 149-150). Cf. anche la nota di G. CoPPA all'Exp. Eu. sec. Luc., X, 37 (Esposizione dtl Vangelo secondo Luca/2, cit., p. 423). Per l'insieme delle immagini che S. Ambrogio applica alla Chiesa, vedi le pp. 147-208(Mysterium in figura. Figure bibliche del mistero della Chies~) dell'opera citata di G. Toscani che è il lavoro piu ampio e accurato sull'ecclesiologia di S. Ambrogio; per l'ecclesiologia dei Padri in generale cf. l'opera sopra menzionata di H. RAHNP.R e H.U. v. BALTHASAR,Casta meretrix, in Spons~ Verbi,trad. ital., Morcelliana, Brescia 1972, pp. 259-268.[I.B.] 2 BAs.,Hexaem., 121D, 124A (52 BC): . "Emt:nx xal b< "t'éi'>v mpl creÀTJYIJ'i1t1dl-C>v, 8uv0t-rbvijµixc;-rl)v,i-la-i'LV -r&>v t'1)'rouµ.évv eGp«a.e«,_. · A+ryoooa. yà:p xal flllOUjUVl), oùxl -rcj>Tt'otV't'l uunjc; awµ«x-rr. 80t1tlX.VIXT0tt, IDà: "t'Ò mptxdiuvov cpwc; UO\'t&tµ~Vl) xcd Tt'poaÀa.µ~civouaa. 7tlXÀtv lNX-r-rwaec.>c; -ijµtv xa.l «òtfoeooc;-rà:c;cpcxv,ml«ç Tt'0tpq&'tacx, 8uv-l)aoVTot,. 'Oµou -re yà.p l-rfx~ -rl>-mx,8Cov x«t 'IJµcxiotXot'tcxaxom,-rò y~&!v cippsv i') ,Mj).u• e:hcx civcxµ.tve:, 't'Òv x).cxu.&µ6v,&te:p a-qµei6v iaTL Tijc; f;wijc;-rou -r~ xp6vcp ffllpot8pcxµe'Lv t~acoa'fti; Etn& -r4> -rcx~oc;. ll6aot ~ou).f;, lv 't'OU"t X(l).8cx(cp -rò "(tW7J8iv.Atà: 1t6awv, ~ouÀf:L,&c'.:>_p.ev -rc'.:>v ÀmTO'rCX'tY -rij_c; 1.udac;-riJv ,c.i>v¾Jv ncxpc).&dv• 4Uwc; 'tt xcxl et -roxo,, l~-rijc;yuv«,xc.>vC-r,Boc; ta-ràc; I, -ri)v &p«.vcbton&tµtv0c;. Aci yd:p -rl>v -rei ~poaxonc!cx x«-rcxµcx,htv~oVTCX, npòc; wcp(~cta.v -ri)v&pa.vci1t0yp«q>ta&cx,, d-rc ijµcptvcì-rcximxd-rc vuxup,vcì -runcivo, .... 8 Cf. VBRG.,Georg., III, 284: Sed f ugit interea, fugit inreparabile tempus • ., In questo passo sia S. Ambrogio ( con altri autori) che la Vulgata differiscono dal testo originale greco che, nei codici migliori, dice: n,!vnc; 06 XOtJL.,,&-,Ja6µe:&ot, ,r6,v-rcç 3i cl~a6µc&ot. 8 Inenarrabilis corrisponde al greco tlvbcq>p«aTot;, clvcx3,~y,rroc;;cf. 2 Cor•• 9, ·1s: Xcip,c;'f0eq, ht tjj élva3L7JY1ft ·cw;ou 8c.>pe;ci (super inenarrabili do-
no eius).
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culam in sexaginta uices conferunt. Rursus unumquodque de illis sexaginta sexagies secant. Quam inconprehensibile est quod sexagensimo sexagensimae portiunculae natiuitatis momenta constituant et qui singulorum signorum sit aut motus aut species in natiuitate nascentis. Vnde cum inpossibile sit tam ,subtiles minutias temporis conprehendere, exigua autem inmutatio inuehat uniuersitatis errorem, totum negotium plenum est uanitatis. Disputatores eorum quae sua sunt nesciunt: et quomodo aliena nouerunt? Quid sibi inmineat ignorant: possunt aliis guae futura sunt denuntiare? Ridiculum est credere, quia, si possent, sibi potius prouiderent. 15. 1am illud quam ineptum ut si quis signo arietis ortum esse se dicat, ex usu pecudis aestimetur praestantissimus consilio, quod in grege huiusmodi emineat pecus, aut locupletior, eo quod uestitum habeat aries naturalem et quodannis lucrum capiat indumenti eoque uiro iHi familiaria uideantur· ·quaestuum esse conpendia. Similiter et de tauri et de piscium signis argumentantur, ut ex natura uilium anirnantium caeli rnotus et signorum interpretandas extiment potestates. Cibus ergo noster uiuendi nobis decreta constituit et alimenta nostra. nobis, id est aries, taurus et piscis, morum inprimunt disciplinam. Quomodo igitur de caelo nobis causas rerum et substantiam uitae huius arcessunt, cum ipsis caelestibus -signis causas motus sui ex qualitatibus escae uilis inpertiant? Liberalem aiunt signo naturn arieti-s, eo quod lanam suam aries non inuitus deponat, et eiusmodi uirtutem malunt uilis · animantis naturae deputare quam caelo, unde no bis et serenitas fulget et pluuia saepe descendit, laboriosos et patientis seruitii quos nascentes taurus aspexerit, quia animai laboriosum ad sumendum iugum spontanea seruituti colla subdat, percussorern
I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE
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volte ciascuna di queste sessanta 9 • Com'è incomprensibile che entro i limiti dì un sessantesimo di una sessantesima particella pretendano di stabilire il momento della nascita e quale sia o il movimento o la figura di· ciascuna costellazione "in cui collocare chi viene alla luce! Perciò, siccome è impossibile percepire spazi di tempo cosi minuti ed un piccolo spostamento provoca un errore generale, tutto questo lavoro è senza costrutto 10• I sostenitori di · tali teorie non sanno il loro destino; come possono sapere quello degli altri? Ignorano ciò che loro sovrasta; possono forse rivelare ad altri ciò che avverrà? :e.ridicolo crederlo, perché, se lo potessero, penserebbero piuttosto a se stessi. 15. Ora è del tutto fuor di proposito che uno, nato sotto la costellazione dell'ariete, si creda abilissimo nelle decisioni a somiglianza di quell'animale, perché esso domina nel gregge, o pensi di diventare ricco, perché l'ariete ha una veste fornitagli dalla natura e ogni anno ne guadagna una nuova e perciò per quell'individuo dovrebbero essere abituali i grossi guadagni. Nella stessa maniera ragionano a proposito della costellazione del toro e- dei pesci, cosi da pensare che, in rapporto alla natura di questi vili animali, debbano essere interpretati i movimenti del cielo e l'influsso delle costellazioni. Or dunque è il• nostro cibo che ha stabilito il nostro destino di vita e i nostri alimenti, cioè l'ariete, il toro e i pesci, imprimono in noi il nostro modo di agire. Come dunque fanno derivare dal cielo la causa degli eventi .e la sostanza di questa nostra vita, dal momento che allè -stesse costellazioni celesti attribuiscono le cause del movimento rifacendosi alle qualità di un cibo di scarso valore? Dicono che sarà liberale chi è nato sotto il segno dell'ariete, perché questo si spoglia della propria lana senza opporre resistenza, e preferiscono attribuire una simile virtu alla natura di un vile animale piuttosto che al cielo .dal. quale per noi risplende il sereno e spesso cade la pioggia; dicono che saranno laboriosi e disposti a servire quelli che alla loro nascita ha guardato il toro, perché questo laborioso animale spontaneamente sottopone il collo alla servitu accettando il giogo; colui che alla sua nascita lo scorpione ha accolto nella propria 9 BAs.,Hexaem., 128BD (54 CD): .•.dç cnsvòv na.vTe::>.wc; &.nbù..e1.acxv -rou xp6vou f!l µ:brpa;• ≤xÀe:'lt't'1)V xcd a.xcx't'CXÀlJTC"t'OV )jyoueGpe:aLv -rou xp6vou lcp' lx&cnou "toovn>..pcxi; n«Ucix~i; xcxl 6p~,v &u~>.oui; xixl 1broxpomov-rcxL ... 11
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sumpsisse quod noceat insontibus et nullius adhuc facinoris pessimi sibi consciis, quibus poena ascribitur antequam culpa, quid tam inrationabile, quod etiam inrationabilium bestiarum excedat inmanitatem, ut usus fraudis aut gratiae non meritis hominum deputetur, sed signorum motibus deferatur? Nihil, inquit, ille deliquit, sed noxia eum stella conspexit. Saturni ei sidus occurrit: auertit se paululum et aerumnam abstulit, -crimen absoluit. 18. Sed haec eorum sapientia telae araneae comparatur, in quàm si culex aut musca incidit, exuere se non potest, si uero ualidiorum animantium u11um genus incurrisse uisum est, pertransiuit et casses rupit infirmos atque inanes laqueos. dissipauit. Talia sunt retia Chaldaeorum, ut in his infirmi haereant, ualidiores •sensu of.fensionem ha bere non possint. I taque uos, qui ualidiores estis, cum uidetis mathematicos, dicite: Telam araneae texunt, quae nec usum aliquem potest habere nec uincula, si tu non quasi culex aut musca lapsu tuae infirmitatis incurras, sed quasi passer aut columba casses inualidos praepetis uòlatus celeritate dissoluas m. Etenim quis prudentium credat quod signorum motus, qui ad diem saepe mutantur et multipliciter in se recurruiit, insignia deferant potestatum? Nam si ita esset, quantae ad diem regalium natiuitatum exprimerentur figurae! Cottidie ergo reges nascerentur nec regalis in filios transmitteretur successio, sed semper ex cliuerso statu qui ius imperialis adquirerent potestatis orerentur. Quis igitur regum genituram filii sui· colligit, si ei debeatur imperium, et non proprio successionem regni in suos transcribit arbitrio? Legimus certe quod Abia genuit Asaph, Asaph genuit Iosaphat, losaphat genuit Ioram, loram genuit Oziam 0 , et reliqua omnis usque ad captiuitatem per reges generis pariter et honoris ducta successio est. Nurnquid quia reges fuerunt, signis caelestibus formandos motus suos imperare potuerunt? Quis enim hominum potest in his habere dominatum?
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nessun orribile delitto e a costui si attribuisce la pena prima della colpa, che c'è di tanto irragionevole da superare la ferocia persino degli animali irragionevoli, quanto l'attribuire la pratica della malvagità o della bontà non ai meriti degli uomini, ma ai movimenti degli astri? « Non ha commesso alcun male, dice, ma è nato sotto cattiva stella». Saturno gli veniva incontro; egli si è scansato un po' 14 e cosi ha evitato la sventura e si è liberato dall'accusa. 18. Ma questa loro sapienza può essere paragonata a una tela di ràgno; se una zanzara o una mosca v'incappa, non riesce a liberarsi, mentre, se vediamo finirvi dentro qualche specie d'animale piu robusto, rompe le fragili maglie e disperde gli inutili lacci 15• Le reti dei Caldei sono tali; che vi restano impigliati gli spiriti deboli, mentre chi è superiore d'intelligenza non può riceverne danno. Perciò voi che siete piti forti, quando vedete gli astrologi, dite: « Tessono una ragnatela che non può avere nessuna efficacia né può trattenerti se tu, come una zanzara o una mosca, non v'incappi per colpa della tua debolezza, ma, come un passero o una colomba, squarci le deboli maglie con la velocità d'un rapido volo» .. Quale. persona di buon senso potrebbe credere che i movimenti delle costellazioni, che sovente, ad un dato giorno, cambiano .e ritornano in vario modo nella condizione primitiva, rechino le insegne del potere? Se cosi fosse, quante figure di nascite regali apparirebbero ogni giornol Nascendo ogni giorno dei re, la successione regale non passerebbe ai figli, ma sempre da una diversa condizione nascerebbero gli aventi diritto al potere imperiale. Quale re pensa all'oroscopo di suo figlio per accertare se gli è dovuto il trono e non trasferisce piuttosto di suo arbitrio ai propri eredi la successione del regno? Leggiamo almeno che Abia generò Asaf, Asaf generò Giosaf at, Giosaf at generò Gioram, Gioram generò Ozia e che tutta la successione sia della famiglia che del trono fino alla cattività di Babilonia si trasmise di re in re. Forse, perché erano re, potevano comandare alle costellazioni del cielo come regolare .i movimenti che li riguardavano? Quale uomo potrebbe esercitare il proprio potere in questo campo? 16•
. 14 BAs.,H exaem., 133A (56 D): xcd lm:,8«v 1-~ -njc;xa>v 't'« aocpà:'t'OM; dp«x_vdotc; òcp&:aµa;atv lotxe:v, o!t; 6-rav µ~ x~volJ, f) µut« ~ """-réi>vncxp«x7.À1)ak.>c; toÒtotc; cia-&e:vwv lvaxe&fi, xcx-rcx8e-&Ma; xpcx-n:t 't'vl~upo-rlpei>v n ~cj>wv lyytan, cxù-r6-re ~cx8lCi>c; lx1tlme1. xcxl -rà: «8pa;v'ijucpciaµcx-r« 81.tpp7J~E xo:l ~!p«VLCJ&. Qui S. Ambrogio traduce persino l'aoristo gnomico con la forma Ialina corrispondente. . 18 BA~.• Hexaem., 133AB. (56 DE): El 8t. xcx&•bcxcnov cbc«ptcx!ov 'rOUxp6vou br' &llo xcxt filo µn-cxpµ6l:ov-r«1. ax'ijµa;, lv Bt -rcxtc;µ.uplcxi.c; -r«u-rcx1.c; µ.n-cx(3o>.«!c; KOÀM>.brouatv.OOTeyc:ìp-ro!c;-riJv i«V olxouatxix-ra.òu6µ.tvoc; -rou µe:y!&ouc;uq,l7Ja1.V otSn -rote;,rpòc;òuaµa.tc;XÒ: 8t -rote; dplJµlvo,c; xcxl -.&:1te:pl -njc; GEÀ~Vl)c; vo&Ca&oo. 2 BAs., Hexaem., 144 A (60 E, 61 A): O!µott 8t xaL -rrovt;cj>(.,)Y x«-totaxEUjjxcxl Tote; 'Àomo!ç -roiç &nò yijç ·q>Uoµivotc;µ~ µ.txpà:v ù1r&:p:xt,vh. -njc; XotTcx-rljv.ae:.>.:1)VJJVµe-rot~o),:ijc; 't'1JYountÀe:t~v. ".A)Àooç -yà:p 8ta.-tl&na.L µ.e:,oufWlllt;otò-rijçxotl v XÀovouµivrovx:xl cro11-m7t'T6v-rrov &.u-1)>.o,c; 4 BAs., Hexaem., 144 BC (61 B): Kixl cd 7tEpl·-roùc;clplnoui; nrtÀlppoL«L : xcxt .·•~upl -ròv ÀEy6µevov&>xt«vòvclµ1to-i,c;,fiv 1.:cx!c; m:p,680,c; -rijc;OEÀlJVl)«; TE-icxyµt·WC l1toµ!vl)v t~e:upov ol npoao,xouv-rec;. Ol µèv rdcp e.civ-rwae, 3n1vexe! xa.&ea-riJanv, lroc; &v, t>eq,cxvefoa. 7tCXÀ.LV, à>eouÀo&C«v nvà; Tjj -mx>.tppo(~1ta:pciCpÒv cicpcx,pfoe:a, -roq>éyyoc;!çor.vcx.).Laxoua«,
aclTO'E: nHov tj,ux11clpe-c11v X't'l'JO«µéV1) xa.1 3Là:cbtpoaeçl«c; 'TÒ xw..òv àcp!XVl>c;µivouaoe, ci).).cxm,xvcx 't'pE7toµév-q llll 1',ttpWV ~t; vLCoµtvwv'l't0t:pv4a-rpc..>v -rd: 4v&r) x«xl olovtl8,8uµca>v6cp&CZÀµ.wv po).«!ç -rfiau~u-yL~'t&lvµ.ty'II cpc..>a-riipca>v xot-rcxoaµiJ~ &Ji.Ae,n-6µ.e:vov ijv xcd 'i'OLt; G8cxaL -ròv olxci'ov x6aµ.ov cino8~L. 2 Cf. VERG.,Aen., VI, 724-726: Principio caelum ac te"am camposque llquentes I lucentemque globum lunae Titaniaque a.stra / spiritus intus alit. 1 praerogatiuae è partitivo dipendente da aliquid. ' S. Ambrogio segue i Settanta che danno: 'E~a;y«ytr d: G8cr.-rcx lpmTd: Mii>v tawvxotl m:n,vd: m:-.6µcvczbrl Tijc;yijç xa.-rd:-rò oup!c..>µ.cr. -rou oòpa;voG. •·bai testo letterale risulterebbe propriamente che anche i volatili provengono dall'acqua; vedi TEsTA, op. cit., pp. 261-262,nota ai vv. 20-23.
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1, 2-4
quodcumque .formauerat. Non exigui gurgites, non caenosae paludes uacabant, quin omnia datam sibi creandi adsumerent potesta• tem. Pisces exilibant de flumine, delphines praeludebant in fluctibus, concae saxis, ostreae adhaerebant profundis, adolescebant echini. Vae mihil Ante hominem coepit inlecebra, nostrae mater luxuriae, ante hominem deliciae. Prior ergo hominum temptatio quam creatura. Sed nihil natura -deliquit: alimenta dedit, non uitia praescripsit. Haec communia dedit, ne tibi aliqua uelut propria uindicares. Tibi suos fructus terra producit, tibi scaros et acipenseres et omnes fetus suos generant aquae: et his non contentus interdicta tibi alimenta gustasti. Ad inuidiam tuam omnia con• geruntur, ut praeuaricatio tuae auiditatis oneretur.
3. Sed neque quam multae species et nomina sint possumus enarrare, quàe omnia in momento diuinae praeceptionis animata sunt. Simul coibat forma corporis et operabatur anima, uitalis etiam uigor aliquid uirtutis. Repleta erat terra germinibus, mare inpletum animantibus. lbi insensibilia pullµlant, hic sensibilia uersantur. In terris quoque aquae suas sibi · uindicant portiones. Lambunt terram pisces aquarum et ex ea sibi praedam requirunt, culices quoque et ranunculae circa genitales .strepunt paludes; et ipsae audierunt domini mandatum dicentis: Producant aquae rep-_
tilia animarum uiuentium.
·
4. Scimus reptilia dici genera serpentiu~ eo quod super terram repant, sed multo rnagis omne quod natat reptandi habet uel speciem uel naturam. Nam etsi in profundum quaeque demerserint aquam · uideantur incidere, tamen cum supra innatant, repunt toto corpore, quod trahunt super quaedarn dorsa aquarum. Vnde et Dauid dixit: Hoc mare magnum et spatiosum,· illic reptilia, quorum non est numerus b. Quin etiam cum pleraque pedes habeant et ambulandi usum eo quod sint amphibia, quae uel in aquis uel in terris uiuant, ~t sunt phocae, crocodilli, equi fluuiales, quos hippopotarnos uocant eo quod ii generentur Nilo in flu• mine, tamen cum in alto aquarum sunt, non _ambulant, sed natant
b
Ps 103,25.
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I SEI GIORNI DELLACREAZIONE
Non i minuscoli specchi d'acqua, non le paludi fangose restavano inattivi senza usare la facoltà loro concessa di creare ogni specie acquatica. I pesci balzavano dai fiumi, i delfini iniziavano i loro giochi tra le onde, le. conchiglie si attac~av~o agli scogli, le ostri• che al fondo, crescevano i frutti di mare. Ahimè! Prima ancora dell'uomo è cominciata la lusinga, madre della nostra mollezza voluttuosa, prima ancora dell'uomo, la raffinatezza. La tentazione dell'uomo precedette la sua creazione. Ma la natura non ne ebbe colpa alcuna: essa ci ha dato dei cibi, non ci ha imposto dei vizi. Ha dato questi alimenti per tutti, perché tu non ne rivendicassi ~lcuni esclusivamente per te. Per te la terra produce i suoi frutti, per te le acque generano gli scari, gli storioni e tutti i loro prodotti: e tu, non contento di questi, hai gustato il cibo proibito. Tutto ciò si accumula a tuo rimprovero per rendere piu grave la prevaricazione della tua avidità 6• • 3. Ma non possiamo nemmeno ~pecificare quante siano le specie e i nomi di tutti gli esseri che ricevettero la vita nell'istante del comando divino. Mentre prendeva consistenza la forma del corpo, l'anima ed anche il vigore vitale cominciavano a dare qualche segno della loro efficace presenza. La terra era piena di germogli, il mare colmo d'esseri viventi. Là pullulavano esseri privi di ~en,sibilità, qui si ag~tavano esseri sensibili. Anche sulla terra le acque rivendicavano la parte loro dovuta. I pesci lambiscono le sponde e li cercano •la preda, anche le zanzare e le ranocchie rumoreggiano intorno alle paludi ove son nate; anch'esse hanno udito il comando del Signore che diceva: Le acque producano rettili in
un brulichio d' esseri viventi.
.
4. Sappiamo che si chiamano rettili le specie degli animali che strisciano, perché si trascinano per terra; però, a maggior ragione, tutto ciò che nuota ha l'aspetto o la natura del rettile. Anche se tutte quelle specie che scendono verso il fondo sembrano fendere l'acqua, tuttavia, quando nuotano alla superficie, strisciano con tutto il corpo che trascinano, per cosi dire, sul dorso dell'acqua. Perciò anche Davide disse: Questo è il mare vasto e spazioso: là si trovano rettili senza numero. Anzi, sebbene molti abbiano piedi e, di .solito, camminano perché sono anfibi, sia che vivano in acqua sia in terra, come le foche, i coccodrilli, i cavalli di fiume chiamati ippopotami perché nascono nel fiume Nilo, tuttavia, quando si trovano in acque profonde, non camminano, ma nuotano, né si servono della pianta del piede per 5 Questa lusinga che precede la creazione stessa dell'uomo per cui l'uomo si trova a nascere in un mondo già preparato a tentarlo - rivela il senso profondo del peccato in S. Ambrogio, della sua diffusione o occasione, oltre la bellezza e la varietà delle creature, che egli d'altra parte sa de·scrivere con viva sensibilità e arte raffinata. Non ne deriva però un radicale pessimismo. Da un lato egli sottolinea il ruolo della libertà dell'uomo: la natura non impone i vizi, -che dipendono da una scelta; e dall'altro proprio in tale contesto di peccato risalterà quel perdono divino che agli occhi di S. Ambrogio è come il fine ultimo dell'opera di Dio, quasi la rivelazione della sua piu intima proprietà in atto nel disegno di salvezza (cf. la nota 2 a p. 419).
(I.B.]
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1, 4 -
C.
2,. 5-6
nec uestigio utuntur pedis ad incedendum, sed tamquam remo ad reptandum, siquidem et nauis acta remis labitur et aquas sulcat carina.
Caput II 5. Producant aquae reptilia dixit dominus. Breuis sermo, sed uehemens et late patens communem minimis et maximis naturam infundit. Eodem momento producitur balaena, quo rana eiusdem ui operationis innascitur. Non .Jaborat in maximis deus, non fastidit in minimis. Nec dolet natura parturiens delphinas, sicut non doluit, cum exiguos murices cocleasque produceret. Aduerte, o homo, quanto plura in mari quam in terris sint. Numera, si potes, omnium piscium genera uel minutorum• uel etiam maximorum, sepias, polypos, Jiostraca, carabos, cancros et in his innumerabilia sui generis. Quid dicam genera serpentium, dracones, muraenas, anguillas? Nec praetermittam scorpios, raµas, testudines, mustelas quoque et canes maritimos, uitulos marinos, cete inmania, delphinas, phocas, leones. Quid adtexam etiam merulas, turdos, pauos quoque, quorum etiam còlores in auibus uidemus expressos, ut nigrae merulae, paui uerso colore dorsa et colla depicti sint; turdi aluo uarii, et cetera, quorum sibi terrae et species et nomina uindicarunt? Nam prius in mari ista coeperunt diuersisque flumini• bus, siquidem aqua prior animarum uiuentium reptHia diuino nutu imperatà produxit.
6. Adde hanc gratiam, quod ea quae timemus in terris ama• mus in aquis. Etenim noxia in terris in aqua innoxia sunt atque ipsi angues sine ueneno. Leo terribilis in terris, dulcis in fluctibus. Muraena, quam ferunt aliquid habere noxium, esca pretiosior ~sL
5, 3. ballena Schenkl balaena codd. omnes praeter unum; cf. V, 10, 31.
I SEI GIORNI DELLACRBAZIONB
241
camminare, ma come di un remo per nuotare 8, dal momento che anche la nave spinta dai remi scivola via e solca le acque con la carena 7 •
Capitolo 2 5. Le acque producano rettili, ha detto il Signore. Poche parole, ma decis.e e comprensive che infusero una comune natura agli esseri piu piccoli e a quelli piu grandi 1• Viene creata la ba~ lena nello stesso momento in c:ui, per effetto della medesima ope-. razione, nasce la rana. Iddio non prova fatica nel creare gli esseri piu grandi né disdegno nel creare quelli piu piccoli. E la na- _ tura non si duole di partorire _i delfini, come non si _dolse dando . alla Iute murici e minuscole conchiglie. Considera, o uomo, quanti piu animali vi siano nel mare che sulla terra. Conta, se puoi,· le specie di tutti i pesci, sia dei piu piccoli sia anche dei piu grandi: seppie, polipi, ostriche, gamberi, granchi., e· fra questi gli innumerevoli esemplari di ciascuna specie. Perché ricordare le specie di quelli che strisciano, draghi, murene, anguille? Non lascerò da· parte gli scorpioni acquatici, le rane, le testuggini, la puzzola 2 e i cani marini, :i vitelli marini, gli enormi cetacei 3 , i delfini, le foche, i leoni di mare. Perché aggiungere anche i pesci merli, tordi e perfino i pesci pavoni, dei quali vediamo riprodotti negli uccelli anche i colori, cosi che i merli sono neri, i pavoni sul dorso e sul collo sono tinti di riflessi cangianti, i tordi screziati sul ventre, e tutti gli altri di cui la terra si è appropriata specie e nomi? Infatti questi animali cominciarono ad esistere prima ne] mare, perché l'acqua per prima, al comando del cenno divino, pro-. dussei rettili in. un brulichio d' esseri viventi.
6. Aggiungi questo vantaggio: noi amiamo nell'acqua gli esseri che temiamo sulla terra. Animali nocivi sulla terra sono innocui nell'acqua e gli stessi serpenti non sono velenosi. Il leone, terribile sulla: terra, è amabile nelle onde. La murena, che dicono 8
BAs., Hexaem., 148D" (63D): Ilciv ~ò vrJX'rtX6v,xò:v Tii mtcpcxvtl~ -iou XcXV8Là: f3cx-8-ouç TÉ(.l.Vfl~~ G8oop,'njç TWYip7t'&crtLXWV lcrt,
ca«~tTrtVY)Xct'(.LIXTL.
V, 158: et longa sulcat uada salsa carina; X, 197, et
. longasulcat maria alta carina.
BAS., Hexaem., 149A (63 C): cH µh cpoo~ ~ou npocrt«yt.1,cx't'Ot; (LtXp«, : ,.Uov 8è où8s cpwv/J, cillcx ~0'7t'Yjµ6vov xcxl 6pµ~ 't'OU&ù.~(J,(XTOt; • -rò 8s 'njt; lv t 1' 1tp0a-t'«"((.LCX'rt 8c.cxvo(ix.; ,ro>.uxouvTOCJOuT6v lcnw, 6acx&. >«xlcxt Tù>V lx.&uei>v 8&.oti,pei«ixcxlxotv6-niuç, i:f I La mustela marina è la « donnola marina •• cioè la bottatrice (lota ..
1
;.cllllaaris). Nella traduzione uso il termine «puzzola• per conservare, nel ~Jll"lgrafo successivo, il parallelo tra la • puzzola di terra e la « puzzola •
r• t
mare. I
Cf. VERG.,Aen., V, 822: tum uariae comitum facies, immania cet~.
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2, 6
Rana horrens in paludibus, decora in aquis omnibus fere praestat alimentis .. Plura si qui uult cognoscere, a diuersis locorum piscatoribus quaerat; nemo enim potest omnia conprehendere. Canes sane et in mari caue, quos et in ecclesia molestos esse et cauendos apostolus docet dicens: Cauete canes, cauete malos operarios •. Mustelae grauis in terris odor, in aquis suauis. Terrena se. nouit uindicta faetoris ulcisci, haec non minorem habet gratiam capta quam libera. Neque te inhonoratum nostra prosecutione, thyrnalfo, dimittariJ., cui a flore nomen inoleuit. Seu Ticini unda te tlu• minis seu amoeni Athesis unda nutrierit, flos es. Denique sermo testatior quod de eo qui gratam ·redoluit suauitatem dictum facete sit: aut piscem olet aut florem; ita idem pronuntiatus est piscis odor esse qui floris. Quid specie tua gratius, quid suauitate iocundius, quid odore fraglantius? Quod mella fraglant, hoc tu corpore tuo spiras. _Quid loquar coruorum, quid etiam luporum teneri tu• dines? Nescit hos lupos agnus timere. Tanta est aquarum gratia, quarum uitUlos fugiunt et leones, ut his propheticum illud dictum de ecclesiae sanctitate iure conueniat: Tunc lupi et agni simul pascentur, leo et bos simul paleas manducabunt b. Nec mirum, quandoquidem etiam in ecclesia aquae illud operantur, ut praedonum abluta nequitia cum innocentibus comparetur. Quid etiam
• Phil 3, 2. 1s 65, 25.
b
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non priva di qualche pericolo, è un cibo squisito. La rana, che ci ripugna nelle paludi, nell'acqua non manca d'una sua eleganza e in bontà supera quasi tutti i cibi. Se uno vuol sapere di piu, si inforn1i dai vari pescatori dei luoghi: nessuno infatti può conoscere tutto. Anche nel mare però guardati dai cani che nella Chiesa sono molesti e devono essere evitati, come insegna l'Apostolo dicendo: Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai. Le puzzole sulla terra hanno un odore sgradevole, gradevole in mare. Quella di terra sa difendersi vendicandosi con il suo fetore, questa non è··meno piacevole catturata che libera. Né ti lascerò senza lusinghiera menzione nel nostro elenco, o temolo, cui ha dato nome un fiore. Sia che ti nutra l'onda del fiume Ticino sia quella del ridente Adige, tu sei un fiore. Perciò è un motto ben conosciuto quello· che si disse scherzando a un tale che emanava un gradito profumo: « Sa di pesce o di fiore » 4 ; in tal modo si dichiarava che l'odore del pesce era come quello d'un fiore. Che c'è di piu gradevole del tuo aspetto, di piu soave del tuo sapore, di piu delicato del tuo profumo? Tu dal tuo corpo emetti la fragranza di cui olezza il miele 11• Che dirò poi delle tenere carni dei corvi8 o dei lupi di mare? 7. Di questi lupi l'agnello non ha paura. Cos·fgrandi sono i pregi delle acque dove perfino i leoni fuggono i vitelli8 , che ad esse si adatta bene a ragione la famosa profezia sulla santità ''della Chiesa: Allora i lupi e gli agnelli pascoleranno insieme, il leone e il bovè mangeranno insieme il foraggio. E non c'è da stupirsi, perché anche nella Chiesa l'acqua fa si che la malvagità dei briganti, una volta purificata dall'acqua, sia posta sullo stesso piano con chi non ha peccato 9 • Perché dovrei ricordare an-
Il temolo (thymallus uulgaris) è chiamato cosi dal caratteristico odore di timo delle sue carni (Dsvoro-Ou). .e una specie di salmone. Per la forma letteraria cf. Aus., Mosella, 97-98: nec te puniceo rutilantem viscere, salmo, / lransierim; 115: nec te, delicias mensarum, perca, silebo. 5 Cf. VERG., Georg., IV, 169: redolentque timo fragrantia mella. 6 Il corvo di mare è identificato con la trigla hirundo L.; cf. PI.IN., NR:, XXXII, 11, 145. . 1 Il lupo di. mare .corrisponde alla .nostra . spigola; cf. PLIN., N.H., XXXII,2, 11 e 13. . 8 Come prima sul nome « lupo •, cosi ora S. Ambrogio gioca sui nomi • •vitello• e «leone»; cf. anche sopra, V, 2, 6: leo terribllis in terris, dulcis in ; fluctibus. Da V, 9, 25, dove sono nominati separatamente, si ricava che per ; S. Ambrogio vitelli marini e delfini sono due specie distinte. Il Coppa, che i pure a p. 264, n. 10, aveva spiegato trattarsi delle foche, qui rende uitulos r con« delfini ». 9 Nell'acqua, che è un motivo di speciale attrazione : per S. Ambrogio per la sua sensibilità poetica che ne appare come incantata e per i riclùami ~ b&'blici che riporta - il vescovo vede in filigrana il lavacro battesimale, con f la sua efficacia redentiva e purificatrice e con il suo effetto ecclesiale: la ~-basformazione operata dal battesimo sa creare il miracolo della comunità ~.pacifica e concorde. Va notata ancora una volta la facilità di S. Ambrogio J;a leggere « i pregi delle acque ,. - e piu generalmente i dati e le vicende (·della natura - in chiave ecclesiologica. La .Chiesa vi appare come il senso ~·lltimo e unificante di tutto il progetto divino: il piano in certo modo riso~... tivo, in cui entrano come momenti e spazio di prefigurazione e di simbolo 1 le altre creature, che formano il mondo e che offrono il linguaggio e le rap4
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3, 7
purpuras memorem, quae ornant regum conuiuia, amictus inbuunt? Aquarum est igitur quod in regibus adoratur, aquarum est species illa quae fulget. Adde porcos maris etiam Iudaeis gratos, quia nihil est commune, quod non aqua abluat, et ideo com111-unes eos sicut in terra editos aestimare non possunt.
Caput III 7. Innumeri itaque usus, innumera genera piscium. Alii oua generant, ut uarii maiores, quos uocant troctas, et aquis fouenda conmittunt. Aqua igitur animat et creat et adhuc mandati illius primi tamquam ·1egis perpetuae munus exsequitur, blanda quae. dam mater animantium. Alii uiuos fetus edunt de suo corpore, ut mustelae et caniculae et cete ingentia, delphines et phocae aliaque cete huiusmodi. Quae cum ediderint partus, si quid -forte insidiarum terrorisque praesenserint circa catulos suos quemquam moli• ri, quo tueantur eos uel tenerae aetatis pauorem materno affectu conprimant, aperire ora et innoxio partus suos dente suspendere, interno quoque recipere corpore et genitali feruntur aluo abscon- ; dere. Qui htµnanus adfectus hanc piscium pietatem possit imitari? . Oscula nobis satietati sunt, illis non satis est aperire uiscera na• , tosque recipere ac reuocare integros atque iterum fotu quodam. eos sui caloris animare et spiritu adolere suo duosque in corpore uno uiuere, donec aut securitatem deferant aut corpore suo obiec-) to natos suos defendant a periculis. Quis haec uidens, etsi possit j obtinere, non tantae piscium pietati cedat? Quis non miratus stu-j peat, ut seruet natura in piscibus quod non seruat in hominibus? j Plerique ex suspicione nouercalibus odiis adpetitos suos occid~.j runt filios, aliae in fame, ut legimus, partus proprios comederunt •. ·:! ·1.'
• 4 Reg 6, 28 ss.
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che la porpora che orna i conviti dei re e ne tinge le vesti? Viene dall'acqua, dunque, ciò che si venera nei re, viene dall'acqua il loro fulgido aspetto. _Aggiungi i porci marini 10, accetti anche .ai Giudei, perché. non c'è nulla d'immondo che l'acqua non purifichi, e perciò non li possono considerare immondi come quelli nati sulla terra.
Capitolo 3 7. Innumerevoli sono dunque i vantaggi, innumerevoli· 1e specie dei pesci. Alcuni producono uova, come alcuni pesci piu grandi chiamati trote, e le affidano alle acque perché le portino al pie:n,o sviluppo. L'acqua vivifica e crea e, quale .madre affettuosa d'~sseri viv_enti, continua ad eseguire il compito assegnatole da quel primo comando divenuto una legge perenne. Altri partoriscono dal loro corpo i piccoli già vivi, come le puzzole, i p~scicani, gli enormi cetacei,. i delfini e le foche e gli altri grossi pesci della_ stessa specie 1• Questi, dopo aver partorito, se si accorgono di qualche minaccia per i loro piccoli, per proteggerli o per reprimere con affetto materno lo spavento della loro tenera età: aprono la bocca e li appendono ai loro denti senza far loro del male ed anche li accolgono nell'interno del corpo 2 e li nascondono nell'apparato genitale. Quale affetto umano _potrebbe imitare questo tenero amore dei pesci? Noi ci saziamo dei baci, quelli. non si accontentano di schiudere le loro viscere e di accogliervi i: piccoli e di farli uscire sani e salvi e. d'infondere loro nuovamente la vita riscaldandoli col loro tepore e farli crescere con il loro fiato e vivere due in un sol corpo, finché non siano in grado o di garantire la sicurezza ai loro nati o di difenderli dai pericoli opponendo il loro corpo. Chi vedendo questo, pur potendo catturarli, non si ritrarrebbe di fronte a un cosi tenero amore? Chi al colmo della meraviglia non si stupirebbe che la natura rispetti nei pesci ciò che non rispetta negli uomini? Molti per un sospetto uccisero i loro figli, perseguitati dall'odio delle matrigne 3 ; ci furono donne, come si legge, che durante la carestia divorarono i propri bimbi 4 • La ·madre divenne presentazioni cli un termine e prela « realtà » che viene a • simbolo ». [I.B.] 10 Cf. Pl.IN., N.H., XXXII, fitto deriva evidentemente il
' ~
di un'opera incomparabilmente piu alta.~ semsaturare e a inver~e l'intenzione espressa dal 2, 18: grunnire eum cum capiatur. Da questo
suo nome.
1 BAs., He.xaem., 149A, 152A (63 C, 64 B). z BAs., He.xaem., 152A (64 B); cf . .ARIST.,H.A., VI, 12, 566b, 8-18, dove Jerosi parla del delfino e del marsuino. 1 Penso alluda al mito d'Ippolito, accusato. innocente dalla matrigna e lauoperire dal padre Teseo con la sua maledizione. ,· t 2 Re, 6, 28 ss.;. cf. Ios., Debello !ud., V, 40.
.
Ì·_•_.
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BXAMERON,DIES V, SER. VII, C. 3, 7-9
Humanis pignoribus mater sepulchrum facta est, piscium proli parentis uterus sicut murus uallo quodam intimorum uiscerum pignera inoffensa conseruat. 8. Diuersa igitur piscium genera diuersos usus habent; alii oua generant, alii uiuos pariunt atque formatos. Et qui oua gene• rant non nidos texunt ut aues, non diuturni fotus laborem in• duunt, non cum molestia sui nutriunt. Cecidit ouum, quod aqua gremio quodam naturae suae quasi nutrix blanda suscepit et animal celeri fotu reddidit. Continuo enim tactu parentis animatum ouum cecidit et piscis exiuit. 9. Tum deinde quam pura et inuiolata successio! Vt nullus alteri, sed generi suo miscetur, thymallus thymallo, lupus lupo! Scorpaena quoque castitatem inmaculati conubii generis sui seruat. Itaque habet pudicitiam generis ,sed uenenum generis sui non habet; non enim percutit scorpaena, sed reficit. Nesciunt igitur alieni generis socium adulterina coniugia, sicut sunt ea quae coeunte asinorum equarumque inter se genere magna cura hominum perpetrantur, uel rursus cum equis asinae miscentur, quae sunt uere adulterinae naturae; nam utique maius est quod in naturae conluuionem committitur quam quod in personae iniuriam. Et, homo, ista procuras interpres adulterii iumentalis et illud animai pretiosius putas, quod adulterinum quam quod uerum est. :Ipse genera aliena confundis diuersaque misces semina atque ad ·uetitos coitus plerumque cogis inuitos et hoc industriam uocas. -Hoc quia de hominibus facere non potest, ut diuersi generis com. mixtio fetus possit excludere, tollis homini quod natus est et uirum de uiro exuis abscisaque corporis .parte sexum negas, spa-donem efficis·, ut quod negauit natura in hominibus inpleret .audacia.
9, 17. exsuis Schenkl exuis codd. omnes praeter unum.
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tomba per le proprie creature 5; per la prole dei pesci l'utero materi;io, come ~na mu:1"aglia, conserva al sicuro i piccoli, per cosi dire, entro il baluardo delle viscere piu interne. 8. Or dµnque i diversi generi di pesci hanno consuetudini diverse: alcuni danno alla luce uova, altri partoriscono creature già vive e complete. Quelli che producono uova non intrecciano nidi come gli uccelli, non si assumono la fatica di una lunga cavatura, non si preoccupano di nutrirli. Basta che cada l'uovo, e l'acqua, quasi tenera nutrice, l'accoglie, per cosi dire, nel grembo della propria natura e· lo restituisce con rapida cavatura animale fatto. L'uovo, infatti, cade già reso vitale dal continuo contatto con la madre e ne esce il pesce. 9. Inoltre, com'è pura e inviolata la loro procreazione! Come nessuno si accoppia a un'altra specie, ma solò alla propria 8 , il temolo al temolo, il lupo al lupo! Anche la scorpena 1 conserva la castità dell'immacolato connubio proprio della sua specie. Perciò ha il pudore della propria specie, non ne ha il veleno 8 ; la scorpena non morde,. ma ristora. Ignorano infatti connubi adulterini con pesci 9 d'altra specie, come sono quelli che, incrociando tra loro asini e cavalle, gli uomini attuano con grande cura o come ancora avviene quando le asine si accoppiano ai cavalli, con il risultato di avere una specie autenticamente bastarda; infatti è senza dubbio piu grave ciò che si commette per contaminare la natura di ciò che si compie a danno d'una persona. E tu, o uomo, ti comporti cosi divenendo intermediario di questo adulterio tra giumenti e stimi di maggior valore l'animale bastardo che quello di razza pura. Unisci inoltre razze diverse e mescoli semi differenti e spesso costringi a connubi contro natura animali per conto loro restii, e questo chiami industriarsi 10• E siccome con gli uomini non. puoi ottenere che la mescolanza di razze diverse escluda la procreazione 11, togli all'uomo ciò che ha ricevuto alla sua nascita e lo privi della sua virilità e, troncando una parte del corpo, gli neghi il sesso, ne fai un eunuco. Cosi la temerarietà umana ha potuto raggiungere ciò che la natura aveva rifiutato. Cf. Czc., De off., I, 28, 97: vi si cita il verso natis sepulcro ipse est parens. BAs., Hexaem., 152B (64 E): Ilo)).«! -rii>v~lc.>vocl nocp«ll«y!Xl• m>ÀÀOtl x«l(Xlnepl -rà:ç 8toc8oxd:i;b.cxaTOUyblouç 8toccpop~l.Oòx brc.>«CouaLvol TtMLcmepcxl6pvt-&Ei; o(he: XcxÀL«xt; mJyYUV-;IXL ovlx-rpécpou0\V W.U't'ù>V 't'OC lxyo11a..«ÀÀOC 't'Ò (j8wp u1to8~cxµEVOV lxmaòv 't'Ò 6v, Cij>ovbtob10IV xcdix«c:rr yfvet ~ 8t«8ox~«n«pe ot1XL -rii>v~µ.c.6vc.>v btl -riji; xépaou .... 7 «Scorpena,. (gr. ax6pmxwoc, lat. scorpaena) è un altro nome italiano dello scorfano. Plinio (N.H., XXXII, 11, 151) nomina l'una accanto all'altro comedue specie diverse scorpaena e scorpio. 8 La notizia non è esatta. 11socium è genitivo plurale. · 10 Evidentemente si tratta di un rigorismo non pio condiviso' dalla moralecristiana. Va tuttavia sottolineato in S. Ambrogio il rispetto per la aatura quale opera di Dio. Vedi anche S. AMBROGIO, L'Esamerone, ecc., testo con introduzione, versione e commento di E. Pasteris, SEI, Torino 1937, p. i tH, n. 4. 11 Intendo ut ...possit escludere epesegesi dell'hoc prolettico. L'uomo evilllo sarebbe l'equivalente del mulo e del bardotto, animali sterili. 5 8
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4, 1~11
Caput IV
10. Quam bona autem mater sit aqua etiam bine considera. Tu, o homo, docuisti abdicationes patrum in filios, separationes odia offensas: disce quae sit parentis et filiorum necessitudo. Viuere pisces sine aqua non queunt nec a suae parentis consortio separaci neque a suae altricis discerni munere, et fit hoc natura quadam, ut s;eparati moriantur ilico. Neque enim ut omnia huius aeris uiutint spiramine, quia · hauriendi spiritus et respirandi natura bis non suppetit; alioquin sub aquis semper non possent uiuere non capientes spiritus infusionem. Quod est nobis spiritus illis est aqua. Sicut nobis spiritus ita illis aqua uiuendi ministrat substantiam. Nos intercluso commeatu spiritus, quia ne breui qui• dem spatio possumus expertes esse uitalis spiritus, statim extinguimur; pisces quoque sublati de aqua sine substantia sui esse non possunt. 11. Et causa manifesta est, quoniam in nobis pulmo per thoracis laxiora penetralia recipit spiritum et, cum ipse sit plerisque penetrabilis, spiritus infusione interiorem calorem refrigerat. Thorax enim ut suscipit alimenta, ita superflua ciborum et sucos salubres sanguinemque discernit: fit pulmo peruius, unde facilius ad eum potest aspiratio spiritus peruenire. Pisces uero branchias habent, quas nunc plicant et colligunt, nunc explicant atque aperiunt. In hac ergo collectione et apertione dum susci• pitur aqua et transmittitur ac penetrat,. respirationis munus uide-tur impleri. Propria igitur natura est piscium nec communis cum ceteris., specialis. usus et a ceteris uiuendi quaedam separata ac secreta substantia. Propterea non nutriuntur neque ut terrena ani• malia manus humanae tactu et delenirnento aliquo delectantur, etiamsi seruati in uiuariis suis uiuunt.
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Capitolo 4 10. Anche da questo fatto considera quale buona madre sia l'acqua. Tu, o uomo, hai insegnato ai padri a diseredare i figli, ad allontanarli, a odiarli, a offende111i: impara ora quale sia il vincolo affettivo· tra madre e figli. I pesci non possono vivere senza l'acqua né separarsi dalla convivenza con 4a loro madre né a fare a meno dell'intervento di colei che li nutre, e questo avviene per una legge di natura, sicché fuori del loro elemento istantaneamente muoiono 1• Essi non vivono come tutti gli altri animali respirando l'aria, perché non hanno la capacità naturale di aspirare l'aria e di emetterla; altrimenti non potrebbero vivere costantemente immersi senza che venisse loro somministrata. Ciò che per noi è l'aria, per essi è l'acqua. Come a noi l'aria, cosi ad essi l'acqua off~e il mezzo per vivere. Noi, se il passaggio dell'aria rimane interrotto, siccome non possiamo restare• privi nemmeno per breve tempo del soffio vitale, subito moriamo; anche i pesci, tolti dall'acqua, non possono rimanere senza il loro elemento. 11. La causa è manifesta: in noi, mediante un allargamento della cavità toracica, i polmoni ricevono l'aria e, siccome questa può penetrare in essi attraverso molti meati, inspirando mitigano il calore del corpo. Il torace, come accoglie gli alimenti, cosi separa il superfluo del cibo, i succhi utili alla nutrizione e il sangue: i polmoni sono un organo pervio attraverso il quale l'aria inspirata pili facilmente può giungere al. torace. I pesci invece hanno branchie che ora piegano e restringono, ora spiegano ed allargano. Sembra che mediante questo restringimento e successivo allargamento, mentre l'acqua viene assorbita, passa e penetra, si compia la funzione respiratoria. Or dunque la natura dei pesci è del tutto speciale e non comune con altri animali, particolari le tloro consuetudini, la loro esistenza completamente distinta da quella di tutti gli altri 3 • Non accettano il cibo né, come gli animali terrestri, provano piacere a farsi toccare e accarezzare dalle mani dell 'uomo, anche s~, in appositi vivai, riescono a sopravvivere.
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EXAMERON,DIES V, SER. VII, .C.
5, 12-13
Caput V 12. Quid autem de densitate dicam dentium? Non enim ut oues aut boues ex una parte dentes habent, sed pars utraque armata est dèntibus, quia in aqua sunt et, si diutius cibum uersa• rent et non cito transmitterent, aquarum alluuione de dentibus eorum esca posset auferri ac dilui. Ideo densos et acutos habent, ut cito incidant, cito conficiant cibum, facile et sine aliqua mora et di.latione transmittant. Denique non ruminant, solus tamen scarus in his ruminare perhibetur, ut ferunt quibus aut euentus aut usus. fuit aut studium talia conprehendere. 13. Sane nec ipsi a suis potentiae euasere uiolentiam et auaritiae potiorum subiecti ubique inferiores sunt. Quo quisque infirmior, eo praedae patet. Et plerique quidem herbis pascuntur ac minutis uermibus; sunt tamen qui inuicem se deuoi;ent et sua carne pascantur. Minor apud illos est esca maioris, et rur• sus ipse maior a ualidiore inuaditur et fit esca alterius praedator alieni. ltaque usu uenit, ut, cum ipse alium deuorauerit, ab alio deuoretur et in unum uentrem uterque conueniant cum · deuora• tore proprio deuoratus sitque simul in uno uiscere praedae uindictaeque consortium. Et ipsis sponte forte haec adcreuit iniuria, sicut in nobis non ex natura coepit, sed ex auaritia, aut quia ad usum hominum dati sunt, in signum quoque facti sunt, ut in bis nostrorum morum uitia uideremus et caueremus exempla, ne quis potior inferiorem inuaderet daturus in se potentiori exemplum
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Capitolo S 12. Che dirò poi della loro fittissima dentatura? Non hanno, come le pecore e i buoi 1, i denti da una parte sola, ma entrambe . sono fornite di denti, perché vivono in acqua e, se masticassero troppo a lungo il cibo e non lo inghiottissero immediatamente, dal fluire continuo dell'acqua esso potreb,be essere strappato dai loro denti e dissolto. Perciò li hanno fitti e aguzzi per tagliare rapidamente il cibo, sminuzzarlo in fretta e inghiottirlo facilmente senza il minimo indugio 2 • D'altronde non ruminano; si dice però che solo lo scaro fra essi sia ruminante 3, come riferiscono coloro che per combinazione o esperienza o passione hanno approfondito questa materia. 13. Certamente nemmeno i pesci riescono a sfuggire alla prepotenza del piu forte da parte dei loro simili e dappertutto i piu piccoli sono in balia dell'avidità dei piu grandi. Quanto pi-u uno è debole, tanto piu è facile preda. Molti, è vero, si cibano di erbe e di minuscoli vermi; tuttavia cì sono di quelli che si divorano reciprocamente e mangiano la loro carne. Il -piu piccolo è cibo del piu grande e, a sua volta, _il piu grande. è assalito da uno piu forte che, dopo aver predato l'altrui, diventa cibo di un altro. Cosi accade spesso che, quando un pesce ne ha divorato un altro, sia divorato a sua volta da un terzo e che nello stesso in ventre s'incontri con il suo divoratore e contemporaneamente un solo intestino si trovino insieme rapina e punizione 4 • Nei pesci però questa sopraffazione forse si è sviluppata spontaneamente, mentre in noi ha avuto inizio non per natura, ma per avidità 15; oppure, siccome i pesci sono stati dati a vantaggio degli uomini, sono diventati anche un esempio, .perché vedessimo in loro le colpe del nostro agire e ci guardassimo dall'imitarli e il piu forte non assalisse il piu debole con il pericolo di offrire a proprio danno 1 Come avverte il Coppa (p. 270, n. 30), non si capisce bene che cosa intenda S. Ambrogio; vedi sotto n. 2, e ARIST., H.A., II, 1, 501 a, 13, che però precisa trattarsi dei denti davanti della mascella superiore. z BAs., H exaem., 152C (64 E): Où8h 'Tt'tXpà. "t'OLt; lx&ocrtvt; -1}µ.tcre:~&'Tt'ÀLG"Mt Toi'c;ò8oucrtv, ~e; ~ouc;'Tt'«tl 1tp6~ix-rov • où8è yà.p µ1)ptxute:tTL'Jt'V K«'t'CX'Jt'EfflJXVCJ>"t'81X"t'Ot;. 3 Notizi~ infondata; vedi anche sopra n. 2, e ARisT., H.A., II, 17, 508 b, 13. 4 Sia il primo che il secondo pesce sono oggetto di . « preda •, ma solo D secondo di «punizione•· Non si può quindi parlare d'una stessa sorte :,di rapina e di punizione, come fa il Coppa (op. cit., p. 270), perché quest'ulJilpa riguarda solo uno dei due divoratori. t I BAS., Hexaem., .152CD (65 A): Tpocp1j8è lx.&uatv&uot,; &ll11XIXT« yb.,o,; t,'6,p~µtvl).Ol µèv yà:p tMt -rptq>OV't'Trot IDo TL 1rotouµev tv 't'jj xa:ra:Buv«Me~ -r&v ,Wacrdpv;
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BXAMERON,o'ms V, SER. VII,
c. 5, 13-14
m1uriae. ltaque qui alterum Iaedit sibi laqueum parat, in quem ipse incidat. 14. Et tu piscis es, qui uiscera inuadis aliena, qui demergis infirmum, qui cedentem persequeris usque in profundum. Caue ne dum illum persequeris, incidas ipse ualidiorem et deducat te in alienas insidias qui tuas uitat priusque tuam spectet aerum• nam qui te persequente propriam reformidabat. Quid interest: inter diuitem :inprobae cupiditatis ingluuie absorbentem infirmorum patrimonia et silurum minorum piscium uisceribus aluum repletum? Defunctus est diues et nihil ei sua spolia profuerunt, immo magis eum rapinarum suarum detestabiliorem fecit infamia.Captus est silurus et inutilis praeda detecta est. Quanti in eo repperiuntur, qui alias deuorauerant! Et tu, diues, habes in sinu tuo alterius praedatorem. Ille habebat facultates pauperis, quas inua• serat: tu eum opprimens duo patrimonia tuis facultatibus addi-· disti et adhuc tanto non satiaris augmento et dicis quod alios uin• dicaueris, cum eadem committas quae ulcisceris, iniusto iniustior et iniquo iniquior et auaro auarior. Vide ne idem te qui piscem· illum finis inueniat; amum caue et retia. Sed praesumis de potentia quod nemo tibi possit resistere:_ praesumebat et silurus quod amum µemo sibi iaceret, nemo tenderet retia, et, si incidis-. set, uniuersa disrumperet: et tamen fuscinam non euasit aut nexus · uinculi ualidioris incurrit, quibus se non posset exuere. Sine dubio et hominum iniquitas quo grauiora commiserit, eo magis scelere suo tuta esse non poterit, quin aliquando dissoluat quod pro se& lerum pretio constat difficile posse uitari.
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l'esempio della sopraffazione ad uno ancora piu potente. Cosf chi offende un altro, si prepara il laccio in cui cadere a sua volta. 14. Sei un pesce anche tu che ti getti sulle viscere altrui, che sommergi chi è debole, che insegui chi fugge davanti a te e non gli dai tregua sino al fondo. Bada che, mentre tu gli dai la caccia, non ti càpiti d'incontrare uno piu forte ·di te e quello che cerca di sottrarsi alle tue insidie non ti faccia cadere in quelle di un altro e che non assista prima alla tua rovina proprio quello che, da te inseguito, temeva la propria. Che differenza c'è tra il ricco che ingoia il patrimonio dei deboli con la sua scellerata cu• pidigia e il ventre dei siluri 6 colmo delle viscere dei pesci piu piccoli? Muore il ricco e il frutto delle sue ruberie non gli giova a nulla, anzi l'infamia delle sue rapine lo rende ancor piu dete• sta~ile. Il siluro viene catturato, e la sua inutile preda viene alla luce. Quanti si trovano nel suo ventre che, a loro volta, avevano divorato altr:i,l Anche tu, o ricco, hai nel tuo ventre chi derubava il proprio simile. Egli aveva i beni del povero dei quali s'era im• padronito; tu, rovinandolo, hai aggiunto due patrimoni alla tua sostanza e ancora non sei sazio di averla cosi aumentata e dici di avere vendicato gli altri, mentre commetti le medesime soperchie• rie che intendi punire, piu ingiusto dell'ingiusto, piu iniquo del• l'iniquo, pili avaro dell'avaro. Bada di non fare anche tu la stessa fine di quel pesce: fa' attenzione all'amo e alle reti 1 • ·Ma tu, quan• to a potenza, supponi che nessuno possa resisterti. Anche il siluro supponeva che nessuno gli lanciasse l'amo, nessuno gli tendesse le reti e, nel caso che vi fosse incappato, pensava di squarciarle tutte senza eccezione; e tuttavia non è sfuggito alla fiocina oppure è incappato nelle maglie d'una rete pili robusta del previsto, dalle quali non è riuscito a districarsi. Senza dubbio anche la malvagità umana, quanto pili gravi saranno le colpe commesse, tanto meno potrà sentirsi sicura dell'impunità, cosi da non pagare un~ buona volta la pena che sappiamo difficilmente evitabile in proporzione del delitto commesso 8 • 8 Il siluro è famoso per la sua voracità; vedi PLIN.,N.H., IX, 15, 45: Siluru.s : vassatur, ubicumque est, omne animal appetens, equos innatantes saepe ! umergens. 7 BAs., Hexaem., 152D, 153A (65 AB): Tl 8Lcxvlx8!~'1)'tOtt,&yxtI, S. Ambrogio e la sua et~, cit., pp. 437-461: 'I moralista), ci offre sulla vicenda dei pesci e sul contrappasso che ne segna la ]n>gressiva voracità una delle sue pagine piu vivaci e concrete. L'ispirazione '.lasilianaviene ad alimentare il motivo ricorrente della sua polemica contro la '~apacitàdei ricchi, che ha trovato la sua piu esplicita e forte espressione nel De ·.luutae; cf. anche De O/f ., II, 5, 17; III, 9, 63-64; Exp. Eu. sec. Luc., IX, 25. Per ·• contesto della polemica cf. L. CRACCORUGGINI, Ambrogio di fronte alla com'Jlllinesociale del suo tempo, in « Ambrosius Episcopus •, I, cit., pp. 230-265 ,_pola bibliografia ivi citata). Possiamo ariche notare la lucidità e l'amarezza ,SIN~
·•
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6, 15-16
Caput VI 15. Piscis ergo es, o homo. Audi quia piscis es: Simile est regnum caelorum reti misso in mare, quod ex omni genere piscium congregauit. Cum autem esset inpletum, duxerunt id ad litus et sedentes · elegerunt optimos in uasis suis, malos autem foras mi• serunt. Sic erit in consummatione saeculi. Exibunt angeli et se• parabunt malos de medio iustorum et mittent eos in caminum ignis a. Sunt ergo et boni et mali pisces; boni seruantur ad pretium, mali statim ardent. Bonum piscem nec retia inuoluunt, sed eleuant, nec amus internecat atque interficit, sed pretiosi uulneris perfundit sanguine, in cuius oris confessione bonum pretium ·repperitur, quo tributum apostolicum et census Christi possit exsolui b. Sic enim scriptum est dicente domino: Reges terrae a qui• bus accipiunt tributum uel censum? A filiis suis aut ab alienis? Et respondente Petro rab alienis' ait dom.inus: Vade ad mare et mitte amum et eum piscem, qui primus ascenderit, tolle, et aperto ore eius inuenies ibi staterem; illud sumens dabis pro me et te c. 16. Noli igitur, o bone piscis, Petri amum timere; non occi• dit,. sed consecrat. Noli quasi uilem te contemnere, quia uides corpus infirmum. Habes in ore tuo quod et pro •Petra et pro Chr~ sto offeras. Noli timere Petri retia, cui dicit Iesu: Due in altum
a b e
Mt 13, 47-50. Mt 17, 27. Mt 17, 25-27.
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I SEI GIORNI DELLACREAZIONE
Capitolo 6 15. Tu dunque, o uomo, sei un pesce. Ascolta perché sei un pesce: Il regno dei cieli è simile a una rete gettata in mare, che
raccoglie ogni genere di pesci. Quando poi è piena, la trascinano a riva, si siedono e raccolgono i migliori in ceste e buttano •.,ia i cattivi. Cosi avverrà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente. Vi sono dunque pesci sia buoni sia cattivi: i buoni riservati alla ricompensa, i cattivi subito bruciati. Il buon pesce non è avviluppato, bensi sollevato in alto dalle reti, non è straziato ed ucciso dall'amo, ma con questo irrorato dàl sangue d'una preziosa ferita; nell'attestazione della sua bocca si trova la buona moneta con cui si può pagare il tributo degli apostoli e quello di Cristo. Cosi infatti sta scritto, quando il Signore dice: I re della· terra da chi riscuotono i tributi e le tasse? Dai loro figli o dagli estranei? E siccome Pietro rispose: « Dagli estranei», il Signore riprese: Va' al mare e getta l' anio, prendi il primo pesce che verrà à
galla,aprigli la bocca e vi troverai uno statere per me e per te.
1•
Prendilo e dallo
16.' Non temere dunque, buon pesce: l'amo di Pietro non uccide, ma santifica. Non disprezzarti come se fossi di scarso valore, perché vedi debole il tuo corpo. Nella tua bocca hai di che pagare per Pietro e per Cristo. Non temere la rete di Pietro 2 : egli non la con cui S. Ambrogio individua e rileva questi « giuochi ,, della insaziabilità umana, d'altronde fatalmente destinati a una loro « vendicazione •, e quasi pà iscritti ed esemplati al livello della natura e dei suoi regni, aperti come p-ande libro per la lettura e la dottrina dell'upmo, [I.B.] 1 Lo statere equivaleva a un siclo intero, cioè a quattro dramme; cosi si soddisfaceva ai tributi di Gesu e di Pietro insieme (R1cc10rn, op. cit., p. 482). 2 S. Ambrogio dimostra una profonda devozione per S. Pietro, il firma111tntumEcclesiae (Exp. Eu. sec. Luc., IV, 70), ossia « il responsabile della : fedecattolica, il centro di coesione delle altre Chiese»: « Tutti - vescovi, 'acerdoti, fedelf - sono condotti da Pietro verso le profondità della gnosi di\·lina,e tutti... trovano posto nella "barca di Pietro" che non può essere tra~ wlla dai flutti perché porta lui... e la conduce con mano sicura ,. (G. COPPA, : Esposizionedel Vangelo secondo Luca, 1, cit., pp. 48-49). Il vescovo milanese l.aalta particolarmente l'immagine della nauicula Petri, influenzando - come •ta H. Rahner - « la liturgia, l'oratòria e il diritto ecclesiastico» (op. cit., p. Il). Ancora il Coppa osserva che « S. Pietro è personaggio di primo rango :.U'Expositio (Eu. sec. Luc.) »: « Insieme con tutte le altre opere ambrosiane, • certamente in forma piu spiccata, l'Expositio è la piu bella testimonianza .Ua fedeltà di Ambrogio alla Sede di Roma, e della sua pietà, delicata e virile,verso Pietro, il "vicario dell'amore" di Cristo per la Chiesa• (op. cit., p. 49). licordiamo espressamente due brani dello stesso commento sul tema di Pie:b: quello relativo alla pesca miracolosa (IV, 68-79)- il Coppa parla di « stu:,mdaecphrasis della barca cli Pietro» (op. cit., p. 355) -; e quello relativo al danegamento e al. pianto dell'apostolo, che nelle lacrime lava il suo peccato 11.72-86).S. Ambrogio al ricordo delle « bonae lacrimae, quae lauant culpam • la le sue pagine piu vibranti e commosse e apre il cuore alla preghiera lii confidente a Cristo perché rivolga lo stesso sguardo rivolto a Pietro. Il frmlivodel peccato che è assolto e lavato presenta tale partecipazione e in-
·.. ~ 1
i
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7, 17
et laxato retia d; non enim in sinistram partem mittit, sed in dextram, sicut iussus a Christo est. Noli timere sinus eius, quia dictum est ei: Ex hoc eris homines uiuificans e. Ideo misit retia et conplexus est Stephanum, qui de euangelio primus ascendit ha• bens in ore suo statera iustitiae. Vnde confessione constanti clamauit dicens: Ecce uideo caelos apertos et filium hominis stantem ad dexteram dei'· Pro hoc pisce stabat dominus Iesus; sciebat enim esse in ore eius pretium sui census. Denique glorioso martyrio et Petri iudicium atque doctrinam et Christi gratiam Iocuples adsertor inpleuit.
Caput VII 17. Nec te moueat, quod pro mari euangelium posui. Euangelium est, in quo Ohristus ambulauit a_-Euangelium est, in quo, licet titubauerit Petrus, quando negauit b, tamen per dexteram Christi fidei munimentum, stationis inuenit gratiam; euangelium
d e
Le 5, 4. Le 5, 10.
r Act 7, 56. a
b
Mt i4, 25. Mt 26, 70 ss ..
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getta a sinistra, ma a destra, come gli ha ordinato Cristo. Non temere le pieghe delle sue reti, perché. gli è stato detto: D'ora in poi darai la vita agli uomini3. Perciò gettòJe reti e prese Stefano 4, che per primo sali dal Vangelo recando nella sua bocca lo statere della giustizia. Con coraggiosa testimonianza egli gridò dicendo:
Ecco, vedo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo seduto alla destra di Dio. In difesa di questo pesce stava il Signore Gest1; sapeva infatti che nella sua bocca c'era la moneta del suo tributo. Insomma, col suo glorioso martirio, quale autorevole testimone confermò sia il giudizio e l'insegnamento di Pietro sia la grazia di Cristo.
Capitolo 7 17. Non ti stupisca che io abbia usato· la parola «Vangelo» al posto di «mare». È il Vangelo dove Cristo ha camminato; è il Vangelo dove Pietro, pur avendo vacµlato al momento della sua negazione, 'trovò per mezzo della destra di Cristo- il ,sostegno della
tensità (cf. anche De Paen., II, 10, 92) da parte di S. Ambrogio che sembra l+Il'esperienza personale del santo stesso, cosf riservato nel parlare di sé (cf. ib., II, 67; 71-72). Si noti anche che nel pianto di Pietro il vescovo vede il pianto della Chiesa - la dimensione ecclesiale attraversa tutta l'opera ambrosiana -, per la quale Cristo perdona le nostre colpe (ib., II, 10, 92). Possiamo aggiungere il senso provvidenziale della caduta di Pietro che S. · Ambrogio mette in luce: Etiam vi si possa intravvedere
lapsus sanctorum utilis. Non mihi nocuit quod negauit Petrus, profuit quod emendauit (Exp. Eu. sec. Luc., X, 89): la convinzione è un aspetto dell'affer• mazione di S. Ambrogio sulla felix ruina, quae teparatur in melius (Explan. ps. 39, 20): cf. la nota 2 a p. 419. [I.B.] 3 Il testo greco ha: fan tc.>ypoov; la Vulgata: eris capiens. Il verbo t6>ypl:wsignifica « catturare vivo ». 4 Sul primo pesce interpretato come simbolo di S. Stefano cf. anche Exp. Eu.sec. Luc., X, 75 e De virginitate, 120, e vedi la nota di G. Coppa al testo del commento a Luca (Esposizione del Vangelo secondo Luca, 1, cit., p. 359). D Coppa osserva: « La fonte della curiosa allegoria ... è Ilario, Comm. in Matth., XVII,13 (PL 9, 1018), letta però nel contesto di Pietro pescatore di uomini• (ib.). Può essere interessante osservare che la liturgia ambrosiana tradizionalmente leggeva nel giorno di S. Stefano il brano del tributo (Mt 17, 24, 27). La scelta della pericope appare legata con ogni probabilità non alla « lectio continua•• ma all'interpretazione allegorica del primo pesce riferito a S. Stefano. t senza dubbio un indice dell'antichità della presenza della pericope per la festa di S. Stefano nella liturgia ambrosiana. « Lo stesso episodio, - osserva P.Borella, che però lo ritiene dowto alla « lectio continua • - nella lezione : di S. Matteo, è pure assegnato alla festa di S. Stefano nei libri liturgici pllicani, i quali l'avranno probabilmente usato ad imitazione di Milano • (in Il RtGHE'ITI, Storia Liturgica, II: L'anno liturgico, Ancora, Milano 19693,p. 539).Veramente è difficile precisare in che senso ci sia stata la derivazione, specialmente se teniamo presente che l'interpretazione allegorica di S. Ambrolioc'è già in S. Ilario, cioè in una fonte del vescovo di Milano. (Su S. Ilario · fonte di S. Ambrogio cf. G. COPPA,Opera Omnia di Sant'Ambrogio, Esposido• del Vangelo secondo Luca/1, cit., pp. 35-37). Forse non si deve parlare di de, rivazione,ma di area comune. [I.B.]
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est, de quo martyr ascendit; euangelium est mare, in quo piscantur apostoli, in quod mittitur rete, quod simile est regno caelorum e; euangelium est mare, in quo Christi figurantur mysteria; euangelium est mare, in quo Hebraeus euasit, Aegyptius interemp• tus est; euangelium est mare, quia sponsa Christi ecclesia et diuinae gratiae plenitudo, quae super maria fundata est, sicut dixit propheta: Ipse super maria fundauit eam d. ExHi super undas, o homo, quia piscis es. Non te opprimant saeculi istius fluctus. Si tempestas est, pete altum et •profundum: si serenitas, lude in flue• tibus: si procella, caue scopuloso litore, ne te in rupem furens aestus inlidat; scriptum est enini: Estote astuti sicut. serpentes e. 18. Et quia de serpentibus astutis propositum exemplum est, simus astuti circa quaerenda et seruanda coniugia, diligamus tri• buta nobis consortia. Et si ii qui -longinquis fuerant ortus sui tem• pore regionibus separati inter s~ conuenerint et si uir ad pere• grina contenderit, nulla longinquitas, nulla abstinentia conplacitam minuat caritatem. Eadem lex praesentes absentesque conec• tit, idem naturae uinculum int~r distantes et consistentes coniugalis caritatis iura constrinxit,- eodem iugo benedictionis utriusque colla sociantur, etiamsi alter obeat separatarum regionum longa diuortia, quia non corporis ceruice, sed mentis iugum gra• tiae receperunt. Vipera, nequissimum genus bestiae e.t super om• nia quae serpentini sunt generis astutior, ubi coeundi :cupiditatem adsumpserit, muraenae maritimae notam sibi requirit copulam
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Mt 13, 47. Ps 23, 2. Mt 10, 16.
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fede e la grazia della fermezza;· è il Vangelo donde il martire 1 venne a galla; è il Vangelo il mare nel quale pescano gli apostoli, in cui si getta la rete che è simile al regno dei cieli; è il Vangelo il mare in cui sono raffigurati i misteri di Cristo; è il Vangelo il mare nel quale gli Ebrei trovarono salvezza e gli Egiziani perirono. ~ il Vangelo il mare, perché la Chiesà è la sposa di Cristo e la pienezza della grazia divina, fondata ·sopra i mari, come ha detto il profeta: Egli in persona la fondò sopra i mari. Salta sulle onde, o uomo, perché sei pesce 2 • Non ti soffochino i flutti di questo mondo. Se imperversa la tempesta, rifugiati al largo nelle acque profonde; se splende il sereno, scherza tra i flutti; se infuria l'uragano, ~ta' lontano dalle scogliere perché le onde ·scatenate non ti sbattano contro la roccia. Sta scritto infatti: Siate accorti come serpenti. 18. E siccome ci è stato proposto l'esempio dei serpenti, siamo accorti nel cercare e nel conservare l'altro coniuge, amiamo quello che ci è stato dato 3• E se si uniscono in matrimonio due che sono vissuti separati in lontane regioni dal momento della loro nascita, nel caso che il marito debba andare in paesi stranieri, nessuna lontananza, nessuna rinuncia valga a diminuire l'affetto reciproco. La medesima legge unisce presenti ed assenti, lo. stesso vincolo di natura. ha stretto i diritti dell'amore coniugale fra chi è lontano e chi resta, il medesimo giogo di benedizione unisce il collo d'entrambi,· anche se uno affronta una lunga separazione in regioni lontane, perché hanno ricevuto il giogo della grazia non sul collo del corpo, ma su quello dell'anima•. La vipera, specie animale velenosissima e piu astuta di tutti i serpenti, quando sente il desiderio dell'accoppiamento, cerca l'unione con una murena marina già conosciuta in precedenza o con un altro esemplare e, spingendosi fin sulla spiaggia, dopo aver segnalata la sua presenza con un sibilo, la invita all'amplesso coniugale; la murena non si sottrae all'invito e concede al serpente velenoso l'intimità desiderata del suo congiungimento 5 • Che cosa significa un simile discor•
Cioè S. Stefano. S. Ambrogio si riferisce abitualmente nella sua tipologia sia a Cristo, sia alla Chiesa, sia al singolo cristiano: nel mare, anzi nel Vangelo, egli in• contra i misteri di Cristo, la Chiesa, il martire e ogni uomo che trova la salmza nelle onde del battesimo, nella Chiesa, in Cristo. Teologia e compiacenzadescrittiva in diversi tratti vivace e arguta, e anche fantasiosa, sono · strettamente unite a darci i caratteri tipici della predicazione e dello e stile» i del vescovo milanese. [I.B.] l Ritengo che coniugia e consortia siano qui sinonomi, usati per il coni' aeto coniuges. 4 Il vincolo coniugale !'. o, come dice S. Ambrogio con suggestiva defit aizlone,iugum gràtiae - 'è percepito come legame che unisce al livello dello i;'spirito, oltre il piano del corpo e oltre le circostanze esteriori: la sua resi1: stenza deve superare le distanze e le assenze, e rimanere vivo ed efficace •fra chi è lontano e chi resta». Il vescovo avverte cos( la ragione intima '\t originaria dell'indissolubilità: la comunione stabilitasi in forza di quella ·• srazia • che coinvolge, prima dei corpi e delle loro condizioni, le persone :.·.·llesse, ,le loro « ~nime », che trascendono le varie ~ituazioni con~in~enti. [I_.B.] 1 S1 tratta d1 una leggenda, anche se molto diffusa nell'antichità; ,, vedi, p. a., PuN., N.H., XXXII, 2, 14 (e nota a p. 84, ed. Les Belles Lettres). 1 2
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uel nouam praeparat progressaque ad litus sibilo testificata prae• sentiam ·sui ad coniugalem amplexum illam euocat, muraena au• tem inuitata non deest et uenenatae serpenti ex:petitos usus suae coniunctionis inpertit. Quid sibi uult sermo huiusmodi nisi feren• dos esse mores coniugum et, si absens est, eius operiendam praesentiam? Sit licet asper fallax inconditus lubricus temulentus: quid peius ueneno, quod in coniuge muraena non refugit? Vocata non ·deest et serpentis lubricum sedula caritate conplectitur. Ille tua mala portat et leuitatis femineae facilitatem, tu uirum tuum non potes, mulier, sustinere? Adam per Euam deceptus est, non Eua per Adam t • .Quem uocauit ad culpam mulier, iustum est ut eum · gubernatorem assumat, ne iterum. feminea facilitate labatur. Sed horridus et incultus est: semel placuit. Numquid uir frequenter est èligendus? Comparem suum et bos · requirit et equus diligit et, si mutetur alius, tamen trahere iugum nescit compar alterius et se non totum putat: tu iugalem repudias tuum et putas saepe mutandum et, si uno defuerit die, superducis riualem et statim incognita causa quasi cognita iniuriam pudoris exsequeris. Viper~ absentem requirit, absentem uocat et blando proclamat sibilo atque, ubi aduentare comparem senserit, uenenum euomit reuerentiam marito deferens, uerecundata nuptialem gratiam: tu, muUer, aduenientem_ de longinquo maritum contumeliis repellis. Vipera mare prospectat, explorat iter coniugis: tu iniuriis uiam uiro obstru.i.s, tu litium moues uenena, non reicis, tu coniugalis amplexus tempore dirum uirus exaestuas nec erubescis nuptias nec reuereris maritum.
19. Sed etiam tu, uir - possumus etiam sic accipere - depone tumorem cordis, asperitatem morum, cum tibi sedula uxor occurrit, propelle indignationem, cum blanda coniunx ad caritatem prouocat. Non es dominus, sed maritus, non ancillam sorti-
r 1, Tim 2, 14.
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so se non che deve essere -sopportato il carattere del proprio coniuge e, nel caso che sia lontano, dev'essere atteso il suo ritorno? Sia pure intrattabile, bugiardo, grossolano, lascivo, ubriacone: che c'è di peggio del veleno che tuttavia la murena non teme nel coniuge? 8 • Invitata, non si sottrae e con un premuroso affetto abbraccia il viscido corpo del rettile. Tuo marito sopporta i tuoi difetti e la superficialità della leggerezza femminile: tu non puoi sopportare tuo marito? Adamo fu ingannato per colpa di Eva, non Eva per colpa di Adamo. :t:.giusto che la donna abbia come guida colui che ella indusse alla _colpa, per non cadere una seconda volta a causa della leggerezza femminile. « Ma è rozzo, trascurato nella persona ». Ti è piaciuto una volta per tutte. Forse il marito si deve scegliere ripetutamente? Anche il bove cerca un compagno stabile e il cavallo lo predilige, e, se un altro viene messo al suo posto, sebbene aggiogato con l'altro compagno, non riesce a tirare il giogo, sentendosi dimezzato. Tu rifiuti tuo marito e pensi di doverlo cambiare spesso e, nel caso che rimanga assente un solo giorno, gli attribuisci una rivale e subito, per un motivo supposto che t'im~agini assolutamente certo, poni in atto ciò che offende il tuo pudore. La vipera invece cerca lo sposo lontano, lo chiama, lo invita chiaramente con un tenero sibilo e, quando avverte il suo arrivo, si libera del veleno per riguardo verso il marito", circondando di reverenza l'amoroso rapporto nuziale: tu, donna, respingi il marito che torna da lontano coprendolo di contumelie. La vipera scruta il mare in lontananza, spia il percorso dello sposo: tu con le tue ingiurie sbarri la strada al marito; tu, anziché liberartene, agiti il veleno dei litigi; tu, al momento dell'amplesso coniugale, sprizzi da tutti i pori un mortale veleno senza provare vergogna per il matrimonio e rispetto per il marito 8 • 19. Ma anche tu, marito, - l'esempio si può interpretare anche in questo modo - deponi l'arroganza del tuo animo, l'asprezza del tuo carattere quando tua moglie ti viene incontro premu• rosa, scaccia la tua irritazione quando la sposa teneramente ti esorta alla bontà: non sei un padrone, ma un marito, non ti sei 8 BAs., Hexaem., 160BC (68 B): 01 &v3pec;,clycxnéi-rt -r«c;yuv«txixç,>.-81)-re. 'T'ijçq>OCJtt; 'TijçtÒÀoylocçtuy6c;, lvatc; la-r-r{j)v8u:crr-r~v nxpoualcxv lpxE-r{j)v, to~6À, T( ~OOÀe-.etl µot o ).6:yoc; ; ''On, ,c&v-rp«xùc;jj xav lyptoc;-rò Tj.&oc; o OUVOLXoc;, civciyxlJcpéptLV 't'Òvoµ6çuyocx«l lK ILlJaeµ.téiç1tpocpcia&ç K«T«atxea.&«L'")V lvCl>CJLV 3LCXCJ'1t«V; lIÀ7lXT72t;; 'All.' cl\l~P-IIcipoLVoc;;'.AJJ...' ~µ.tvoc; >I, S. Ambrogio e la sua tttl, cit., pp. 449-452.[I.B.]
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tus es, sed ux.orem. Gubernatorem te uoluit deus esse sexus inferioris, non praepotentem. Redde studio uicem, redde amori gratiam. Vipera uenenum suum fundit: tu non potes duritiam mentis deponere? Sed habes naturalem rigorem: debes temperare euro contemplatione coniugii et reuerentia coniunctionis deponas animi feritatem. Potest et sic: nolite quaerere, uiri, alìenum torum, nolite insidiari alienae copulae. Graue est adulterium, naturae iniuria est. Duos primum deus fecit, Adam et Euam, hoc est uirum et ux.orem, et uxorem de uiro, hoc est de costa. Adam et iussit ambos esse in uno corpore et in uno spiritu uiuere 1 • Quid unum separas corpus, quid unum diuidis spiritum? Naturae adulterium est. Hoc docet muraenae et uiperae non iure generis, sed ardore Jibidinis expetitus amplexus. Discite, uiri, qui alienam permolere quaerit uxorem cuius se11pentis sibi asciscere cupiat contubernium, cui etìam comparandus ipse serpenti sit. Festinat ad uipe." ram, quae se in gremium uiri non directo tramite ueritatis, sed lubrico deuii amoris infundit. Festinat ad eam quae uenenum
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Gen 2, 19 ss.
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presa una serva, ma una moglie 9, Iddio ha voluto che tu fossi la guida del sesso piu debole, non il tiranno. Ricambia la sua premura, mostrati riconoscente del suo amore. La vipera espelle il suo veleno: tu non puoi deporre la durezza del tuo animo? 10• La tua durezza dipende da natura: devi mitigarla considerando che cos'è il matrimonio e deporre la ruvidezza dell'animo per rispetto del vincolo coniugale. L'esempio si può intendere anche in questo modo: non cercate, uomini, il talamo altrui, non insidiate il matrimonio degli altri. L'adulterio è una colp~ grave, è un'offesa alla natura. In principio Iddio creò una coppia, Adamo ed Eva, cioè marito e moglie, e la moglie dall'uomo, cioè da una costola di Adamo, e comandò che entrambi fossero un sol corpo ed un'anima sola. Perché separi un unico corpo, perché dividi un'unica anima? È una violazione della natura. Questo insegna l'amplesso della murena e della vipera, bramato non per diritto di razza, ma per irresistibile irnpulso di libidine. Imparate, uomini, con quale serpente desidera stringere relazione colui che cerca di godersi la moglie altrui, a quale serpente anzi deve essere paragonato 11• Corre da una vipera chi si insinua in seno all'uomo non già seguendo la via diritta della verità, ma il viscido sentiero~ d'un amore irregolare. Corre da una donna che ringoia il proprio veleno, come fa
L'affermazione di S. Ambrogio: « non ti sei presa una serva, ma una moglie » enuncia il principio fondamentale della parità dei coniugi, pur nella sottolineatura della profonda diversità, interpretata sullo schema biblico. Ugualmente forte la dichiarazione del Santo: « Iddio ... comandò che entrambi (Adamo ed Eva) fossero un sol corpo e un'anima sola. Perché separi un unico corpo, perché dividi un'ùnica anima? ». Sopra infatti egli parlava del « giogo dellagrazia» ricevuto sul « collo dell'anima». Sul tema cf. L. F. P1zzouro,La coppia umana in sant'Ambrogio, in Etica sessuale e matrimonio nel cristia• nesimodelle origini (a cura di R. Cantalamessa), Vita e Pensiero, Milano 1976, pp. 181·211. Secondo il ·Pizzolato nella delineazione dei rapporti uir-mulier, soprattutto nel De paradiso, S. Ambrogio presenta « una tensione apparentemente irrisolta e contra·ddittoria tra due visioni della coppia umana, tra le quali oscilla il consenso ambrosiano. Si tratterebbe dell'irresolutezza dell'autore ad attestarsi o sul ·versante della concezione filoniana, intrisa di allegorizzazioni a sfondo platonico-stoicizzante, accentuatamente pessimistica nei confronti del femminile, oppure su quello della concezione soteriologica cri• stiana, che emancipa la natura del femminile, verso cui lo farebbero propendere l'educazione e l'ambiente familiare, la sua speculazione sulla verginità, che l'aveva tenuto· occupato nei primi anni del suo episcopato » (pp. 181-182); tale emancipazione non poteva ovviamente a quel tempo prescindere da (o distruggere) convinzioni sociali e posizioni giuridiche ben consolidate» : (ib.,n. 9). ! Sul matrimonio in S. Ambrogio vedi in particolare V. MONACHINO, S. Am! h'ogio e la cura pastorale a Milano nel secolo IV, Centro ambrosiano di do~ QIDlentazionee studi religiosi, Milano 1973,pp. 164:-198.[I.B.] 10 BAs., H exaem., 160CD (68 C): •Axoutt(a) 8è x«l 6 civ¾)p'tijc; ,rpoO'"IJXOÒO'"IJc; ~ aln na:pa:wfot(l)C:.'H lxt8va: -ròv lòv i~eµc!, «l8ouµbnJ -ròv y&:µov• aù -rò -r71c; ~·~ cbt7JY!c; xcxl cm&:v.8-pc.mov oùx clno-r(&caix,«l8o! 'tijc; lv~aeCi>c; ; i.cxxjj, Tijt; !xe(v11çòmpp,
xp6Cf."!la-re: -roùç "Zto).)oùç 't'ù>Vtx&o(l)Vcbrpo6'1C'rt; Y1JXOJLiVOU~ -réi>no).u,ro8t.
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non norunt nec cauere quod noceat, cum gratifor sit et magis noxia inprobitas benignitatis obumbrata uelamine. Et ideo cauendi sunt qui crines suae fraudis et brachia longe lateque dispergunt uel speciem induunt multiformem. lsti enim polypi sunt nexus plurimos habentes et callidorum ingeniorum uestigia, quibus inretire possint qtridquid in scopulos suae fraudis inciderit. 22. Cancer quoque quas cibi gratia praestigias instruit! Nam• que et ipse o'streo delectatur et camis eius epulum sibi quaerit. Sed quia ut adpetens cibi ita prospiciens est periculi, quoniam cum difficilis est uenatio tum periculosa - difficilis, quia testis ualidioribus esca interior includitur; nam uelut muris quibusdam mollitiem carnis ·praecepti imperialis interpres natura muniuit, quam medio testarum quodam sinu concauo nutrit ac fouet et quasi in quadam ualle diffundit; et ideo cassa omnia tempta• menta sunt cancri,· quia aperire clausum ostreum nulla ui potest, et periculoswn est, si chelam eius includat -, ad argumenta confugit et insidias noua fraude molitur. ltaque quia omnia genera delectatione mulcentur, explorat si quando ostreum in remotis locis ab omni uento contra solis radios diptycum illud suum ape• riat et reseret claustra testarum, ut libero aere uisceris sui uoluptatem quandam capiat, et tunc clanculo calculum inmittens in• pedit conclusionem ostrei ac sic aperta claustra repperiens tuto inserit chelas uisceraque interna depascitur. 23. Sunt igitur homines, qui cancri usu in alienae usum circumscriptionis inrepant et infirmitatem propriae uirtutis astu quodam subfulciant, fratri dolum nectant et alterius pascantur aerumna: tu autem proprio esto contentus et aliena te damna
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dente leggerezza e perciò cadono piu facilmente, non riuscendo ad evitarli e a guardarsi dal danno. La disonestà che si copre del velo della benevolenza è tanto piu malvagia e nociva, e perciò bisogna fuggire coloro che distendono le chiome 3 e le braccia della loro fraudolenza o assumono apparenze multiformi. Costoro sono altrettanti polpi che hanno moltissimi tentacoli e trovate ingegnosamente scaltre con cui possono .afferrare qualunque cosa finisca tra gli scogli della loro disonestà. 22. Anche il granchio quante astuzie 3 pone in opera per procurarsi il cibo! Anch'egli, amando le ostriche, vuole banchettare con la loro carne. Ma siccome quant'è goloso tant'è prudente, dato che quella caccia è non solo difficile, ma anche pericolosa - è difficile perché il cibo è chiuso dentro valve alquanto robuste; infatti la natura, interprete dell'editto del Signore, ha difeso quasi con una muraglia quella polpa delicata che, tra due valve in una spec;ie di borsa, alimenta, protegge e distende come in un avvallamento, e perciò sono vani tutti i tentativi del granchio, perché non può aprire ad onta d'ogni sforzo l'ostrica chiusa; è pericolosa, se questa gli chiude una chela tra le sue valve -, ricorre alle sottogliezze, tramando insidie con un insolito inganno 4 • Poiché ogni specie prova l'attrattiva del piacere, spia quando l'ostrica, in un luogo ben riparato dal vento, apra le valve ai raggi del sole schiudendo la barriera della conchiglia affinché la polpa interna goda il piacere· dell'aria libera, e allora, inserendo di nascosto un sassolino, impedisce la chiusura della conchiglia e, trovando cosi le valve aperte, vi introduce impunemente le sue chele e si mangia tutta la polpa che sta all'interno. 23. Vi sono uomini che, come il granchio, astutamente si in·~inuano per ingannare gli altri e con impensati stratagemmi puntellano la debolezza delle proprie possibilità, tramano insidie al loro fratello e si pascono della sventura altrui. Tu invece a~contentati del tuo e non pascerti del danno degli altri. La schiettezza 1t!PL'1t'('7t't'etv, wç 'tTI'Jtt't'p!J~-ij&ev,xa:t l'to~µov y(yvea&otL~p«µ« -iéj>1t«voopyc;~t~'l)x6u.:;, cO.>.or. >Ccxla.ÀÀOt~oc8lù>c; yLV6µe:vor., O'ù>vuç µe-rà O'(l)'t'ot; ~ &.ypa.cx&.éj> 8tà: 'N)V'l'tep,~oÀ¾)v -rou 6a-rpcixouylve-rcxt.'Appcxye'l yrlpl:px( 'tÒ àna:ÀÒV T-ijçocxpxòc;+,t; 4npcxx1'oldar.v cxl xijÀcxr. -roù xcxpxlvou. Tl o~v nor.ti:; "Or«v t8n lv «mJvtµott; Xù>pCott; µe:&'ij8ovilc;8,cx&OCÀ1t6µevov xcxl wpbçniv &:wti:va: -rou TJÀfou-rà:c;7t'tOX«t;lcxu-rou8r.mÀwaa:via.,'tMc 8è M&p~ o/11tiS« 1tcxpeµ~CXÀ6>V 8uXKCJ>ÀOtt '"l" CNIJ.m,)~tv>CCXl eupCaxe-ra.,'t'Ò l>J..tt'JtOV T-ijç8uvcip.c(l)ç8r.cxT-ijçlmvolcxc;n-epr.e:x6µe:vot;. Come si vede, S. Ambrogio ha rielaborato il suo modello aggiungendo, conalcune notazioni, maggiore vivacità alla scena.
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non pascant. Bonus cibus est simplicitas innocentiae. Sua bona habens insidiari nescit alienis nec auaritiae facibus inardescit, cui lucrum omne ad uirtutem dispendium est,. ad cupiditatem incendium. Et ideo· beata est, si bona sua nouerit, cum ueritate paupertas et omnibus praeferenda thensauris, quia melius est exiguum datum cum dei timore quam thensauri magni sine timore a. Quantum est enim quod hominem alat? Aut si quaeris quod etiam aliis abundet ad gratiam, id quoque non multum est; melim; est enim hospitalitas in holeribus cum gratia quam uitulorum pinguium praeparaticum discordia b. Vtamur ergo ingenio ad quae .. rendam gratiam et salutem tuendam, non ad alienam circumscribendam innocentiam. Licet nobis uti exemplis maritimis ad -profectum nostrae salutis, non ad alienae periculum.
Caput IX 24. Echinus, animai exiguum, uile ac despectabile, maritimum loquor, plerumque index futurae tempestatis aut tranquillitatis adnuntius solet esse nauigantibu~. Denique cum procellam uentorum praesenserit, calculum ualidum arripit eumque _uelut saburram uehit et tamquam ancoram trahit, ne excutiatur fluctibus. Itaque non suis se librat uiribus, sed alieno stabilit et regit pondere. Quo indicio nautae uelut signum futurae perturbationis capessunt et sibi praecauent, ne eos inparatos turbo inprouisus inueniat. Qui mathematicus, qui astrologus quiue Chaldaeus potest sic siderum cursus, sic caeli motus et signa conprehendere?
• Prou 15, 16. b Prou 15, 17.
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dell'innocenza è il cibo che nutre veramente. Chi possiede i propri beni, è incapace d'insidiare quelli degli altri e non arde delle fiamme dell'avarizia, il cui guadagno è una perdita di virtu, è un incendio che fa avvampare la cupidigia. Perciò, ,se sa valutare i propri beni 5, la pov_ertà accompagnata dalla conoscenza della verità, è felice ed è preferibile a tutti i tesori 6, perché è meglio il poco ricevuto con il timor di Dio che immensi tesori senza di questo. Quant'è infatti ciò che basta a nutrire un uomo? Oppure se cerchi di possedere piu del necessario per dame agli altri, anche questo non è molto: è meglio un'ospitalità a base di erbaggi condita dalla .cordialità che un'imbandigione di vitelli. grassi con la discordia. Usiamo dunque il nostro ingegno per attirarci la simpatia e difendere la nostra incolumità, non per ingannare la semplicità altrui. Possiamo approfittare di questi esempi offerti dal mare, per garantire la nostra salvezza, non per mettere in pericolo l'altrui.
Capitolo 9 24. Il riccio, _animale di piccola corporatura, insignificante e di nessun valore, intendo parlare di quello marino, per lo piu suole pronosticare ai naviganti la burrasca che s'avvicina o annunciare la bonaccia. In una parola, quando avverte lo scatenarsi dei venti, afferra un sasso d'un certo peso, lo trasporta come una zavorra e lo trascina come un'àncora per non essere sbattuto dalle ondate. In tal modo non si mantiene in equilibrio cori le proplie forze, ma rimane saldo e si regge con quel peso estraneo. I marinai, traendo da questo indizio un segno della tempesta imminente, stanno all'erta affinché l'improvviso uragano non li trovi impre-parati. Quale studioso di astronomia, quale astrologo o quale Caldeo potrebbe conoscere con tanta esattezza il corso delle stelle, i movimenti e i segnali celesti? 1• Con quale istinto ha i_ntuito tutto questo, da quale maestro lo .ha imparato? Chi gli ha interpretato Cf. V.ERG.,Georg., II, 458. BAs., Hexaem., 153 B (65 D): To,oi:h6ç !crr,v 6 1tp~ ~òv «8tÀcpÒV ffl>ptu6q,cijyc '")V fWl()c;86Àxcxl -rcxic;~&>vffÀ'7lat\I à.xcxLpLa.Lc; cruµ.cpopcxic; wrpucp.&>v. f&l1,1,71a," 'Tù>V XIX't'r(V(l)aµtµ.v. To!c; otx&to,c;cipxou• ,uvLa, µ.trà. cxÒ'Tcxpxe:ku; cl>.:7J&oùçff«c; -rote; aCi>cppovouaL npO"C'LµOTépcx. 1 1
1 BAS., Hexaem., 160A (67 E, 68 A): "Hxoua!X lyv,ra:prù.lc.>v-nvlc;, &n 6 &«Maa,oc;~ivoc;, -ro(J,LXpÒv ncxv•td,C>c; xcxl SÒxa-tcxq>p6V7J't'OV CV4o,:p6>V ,i( -rwv citpv-rocpcxxà:c; TtX(J,!XLp6µ.r:voç, -rcxu't'cx -ròv !xtvov !8[8cx~E... Cf. PI.IN., N.H.,IX, 31, 100; XVIII, 87, 361.
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9, 24-25
Quo ingenio ista collegit, quo doctore percepit? Quis ei fuit tanti interpres augurii? Homines confusionem aeris uident et saepe falluntur, quod plerumque eam sine tempestate discutiat: echinus non fallitur, echinum sua nequaquam signa praetereunt. 25. Vnde exiguo animali tantam scientiam, ut futura prae .. nuntiet? Quo mag1s in eo nihil est, quo tantam possit habere prudentiam, crede quod per indulgentiàm domini rerum omnium hic quoque praescientiae huius munus acceperit. Etenim si faenum deus ,sic uestit •, ut miremur, si pascit uolatilia b, -si parauit corno escam - pulli enim eius ad dominum clamant e -, si mulieribus dedit texturae sapientiam d, si araneam, quae tam subtiliter ac docte laxos casses suspendit in foribus, sapientiae non reliquit inmunem, si ipse uirtutem equo dedit et soluit de ceru.ice eius formidinem, ut exultet in campo et occurrens regibus inrideat, odoretur bellum eminus, excitetur sono tubae e, si haec inrationabilia pleraque et alia insensibilia ut faenum, ut lilia repleuit suae dispositione sapientiae r, quid dubitamus quod etiam in echinum contulerit huius gratiam praescientiae? Nihil enim ine~ploratum, nihil dissimulatum reliquit. Omnia uidet qui pascit omnia, omnia replet sapientia qui omnia -in sapientia fecit s, ut scriptum est. Et ideo si echinum uisitationis suae exortem non praetermisit, si eum considerat et futurorum informat indiciis, tua non considerat? In1mo uero considerat, sicut testatur eius diuina sapientia dicens: si respicit uolatilia, si pascit illa, nonne uos pluris estis illis? h, Si enim faenum agri, quod hodie est et cras in ignem mittitur, deus sic uestit, quanto magis uos minimae fidei? i,
Mt 6, 30; Le 12, 28. Mt 6, 26; Le 12, 24. e lob 38, 41. d lob 38, 36 (Sept~). e lob 39, 19 ss. f Mt 6, 28; Le 12, Il. 1 Ps 103, 24. h Mt 6, 26; Le 12, 24. i Mt 6, 30; Le 12, 28. a b
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un cosi infallibile presagio? Gli uomini, pur vedendo le perturbazioni atmosferiche, si ingannano sovente, perché spesso l'aria le disperde senza che vi sia una burrasca; il riccio non sbaglia, e non accade mai che gli sfuggano gli indizi che egli solo riesce a percepire. _ 25. Donde la natura ha dato a questo piccolo animale una scienza cosi infallibile 2 da predire il futuro? Quanto pili esso è privo di qualsiasi qualità che gli possa conferire un tale discernimento, tanto piu devi credere che anche quest'animale ha ricevuto il dono di una simile prescienza per la bontà del Signore dell'universo. Se Iddio riveste l'erba in modo cosi meraviglioso, se pasce gli uccelli, se ha provveduto il cibo ad un corvo - i suoi piccoli, infatti, gridano verso il Signore -, se ha dato alle donne l'abilità nel tessere, se non ha lasciato privo di una sua capacità il ragno che appende alle porte ampie reti 3 lavorate in modo cosi abile e sottile; se ha dato la forza al cavallo e ha liberato il suo collo dalla paura cosi che avanza baldanzoso nel piano e affronta i re facendosene beffa, annusa da lontano l'odore della guerra, si eccita al suono della tromba; se ha riempito tutti" questi esseri irragionevoli e altre creature insensibili, come l'erba, come i gigli, con le ·qualità disposte dalla sua sapienza; perché dubitiamo che abbia conferito anche il dono di questa prescienza? Dio non ha lasciato nulla che gli sia inesplorato, nulla che gli sia nascosto. Tutto vede colui che tutto nutre, tutto riempie di sapienza colui che tutto ha creato con sapienza, come sta scritto. Perciò, se non ha lasciato il riccio privo d'un suo intervento, se ne tiene conto e gli insegna i presagi del futuro, non si occuperà delle tue cose? Al contrario, se ne occupa, come attesta la sua Sapienza divina dicendo: Se guarda gli uccelli, se li nutre, voi non contate piu di essi? Se Dio infatti veste cosi l'erba del campo, che oggi c'è e domani viene gettata nel fuoco, quanto piu farà per voi, uomini di scarsissima fede?4 •
2 Numerosi codici, tra i quali i pili antichi, han_no tantam scientiam. lectio difficilior rispetto al tanta scientia di· vari altri. Si potrebbe sottointendere, p. es., natura dedit. 3 Cf. VERG., Georg., IV, 247: laxos in foribus suspendit aranea cassis. 4 Nella natura, con i suoi diversi livelli, S. Ambrogio indaga e mette in luce·la· struttura sapienziale che le deriva direttamente da Dio, e quindi l'impronta di una provvidenza che guida ogni essere in modo mirabile, oltre quelle che riterremmo le loro possibilità. Dio si rivela cosi in un rapporto •personale» con il mondo, che non è abbandonato a sé, in un non senso stravagante e senza ordine, ma è corrispondente a un disegno della e bontà del Signore dell'universo », dotato di e qualità disposte dalla sua sapienza •· Ma questa provvidenzialità, che emerge nella lettura «religiosa» dell'universo, è vista soprattutto come segno di una provvidenza divina per l'uomo, verso Il quale la bontà e la sapienza sono specialmente rivolti. L'uomo in particolare si sente segu{to da Dio, e a maggior ragione: « Se non ha lasciato il riccio privo d'un suo intervento, non si occuperà delle tue cose?». t! la novità evangelica, di un Dio che veglia· sull'uomo con tenerezza paterna, che sp~zza il determinismo e la casualità di un mondo lasciato a se stesso, nell'indifferenza assoluta e distaccata della divinità, e invece esalta il valore e il senso personale di ogni uomo. [I.B.]
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10, 2~27
Caput X 26. An uero ·sine quadam dote naturae manere piscibus etiam illam putamus gratiam, quod unumquodque genus piscium praescripta sibi domicilia habet, quae sui generis nullus excedat, non incurset alienus? Quis geometra bis diuisit habitacula nullis rumpenda temporibus? Sed geometram audiuimus, thalassometram numquam audiuimus: et tamen pisces mensuram suam norunt, non muris urbium portisque praescriptam, non aedificiis domorum, non agrorum finibus limitatam, sed mensuram eius quod oporteat, ut tantum satis sit unicuique quantum ad usum abundet, non quantum auiditas quaedam inmoderata sibi uindicet. Lex quaedam naturae est tantum quaerere quantum sufficiat ad uictum et alim.entorum modo sortem censere patrimonii. Hoc ge• nus piscium in illo sinu maris alitur et gignitur,. illud in alio. Denique non reperies confusa genera piscium, sed quod hic abundat alibi deest iterum. Ille sinus maris cephalos alit, lupos ille, ille saxatiles, lucustas alius. Non est libera uagandi potestas, nec ta• men aut interclusa montibus copia aut fluuiis interlabentibus transitus inpeditur, sed usus natura inpressus tamquam patriae finibus .unumquemque sese tenere_ et l,lltra incolas prodire suspectum. 27~ At nobis longe alia sententia, mutare exilio domus, in• colarum fastidio teneri, aduenarum captare gratiam, transferre terminos perpetuos, quos posuerunt patres nostri, agrum ad agrum iungere, domum ad domum •. Deficit terra hominibus, sternuntur et maria, rursus pro singulorum libidine inciditur terra, mare infunditur, ut insulas faciant, .P.ossid_eai:it freta_.. Spa~ia _maris .s~b~. uindicant iure mancipii pisciumque iura sicut uernaculorum con•
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Capitolo 10 · 26. O forse pensiamo che, senza· un• dono di natura, i pesci abbiano stabilmente anche quella prerogativa per effetto della quale ciascuna specie ha un domicilio fisso da cui nessuno che vi appartenga si allontana e dove nessun estraneo fa irruzione? Quale geometra ha assegnato loro la dimora da non abbandonare mai in nessuna occasione? -Abbiamo sentito parlare di geometri, mai di talassometri 1; e tuttavia i pesci conoscono la loro zona, non delimitata da mura e da porte di città, non segnata da case e da confini di proprietà agricole, ma corrispondente ai loro bisogni, cosi che a ciascuno basta tanto spazio quanto soddisfa abbondantemente alle proprie necessità, non già quant~ potrebbe pretendere un'avidità immoderata 2 • ~ legge di natura cercare tanto quanto basta per vivere e .valutare la quantità del patrimonio sulla giusta misura del cibo. Questa specie di pesci vive e si riproduce in un golfo marino, quella in un altro. Di conseguenza non troverai mai mescolate le specie di pesci, ma quella che abbonda qui, altrove rispettivamente manca. Quell'insenatura ha il cibo adatto per i cefali, quella per le spigole, quella per i molluschi di scoglio,.un'altra per i gamberi. Non possono vagare liberamente, eppure tale facoltà non è impedita da monti né il transito è ostacolato dal corso di fiumi, ma l'istinto impresso da natura fa si che ciascuno resti, per cosi dire, entro i confini della propria patria e tema di spingersi lontano dai propri concittadini 1 • 27. Noi invece la pensiamo molto diversam'ente: lasciamo la patria per terre straniere, proviamo fastidio dei nostri concittadini, cerchiamo di acquistare il favore dei forestieri, spostiamo i confini immutabili posti dai nostri padri, aggiungiamo campo a campo, casa a casa 4 • La terra è diventata insufficiente per gli uomini, si interrano anche i mari 5 ; · al· contrario, per il capriccio di alcuni, si scava la terra, vi si introduce il mare in modo da formare delle isole e possedere lo stretto che le forma. Rivendicano spari di mare per diritto di proprietà e avanzano pretese sui Cioè « misuratori del mare• da ,&&aaot {mare). BAs.,Hexaem., 156AB (66 B): Ilooc; -r«y!V1)Toovlx_.Doc.>v lxot..d: Tote; olxr.lot,; lpcnr;h8tcx-rpC(3tt; Ùò8elc; ytc.>µtrpl)c; 7t«p' cxÒ'totc;xcx-rivtt(Lt "t'«çolXl)attt; • oò 81.'flptrat.x«l 0tÙ't'oµciT(a)ç lxcicncp -rò XPlJ• ulxtat mp,yqpocitTcxt.• oòx 6po.&eaCotc; 1 2
Clt.l.lOV«'lt'01tt'IXXT1Xt. ... «ÀÀIXv6µoc;
T{c; l:cn, q,uaec.>c;foroc; XOtl8tx«{c.>c;x«Tà. 't'Ò Wa-;ou XPtt.oo8ec; -rlJv 8Ccxt.Tcxv l>c«a-tot.c;cbtoXÀl)pù'>v. 3 BAs.,Hexaem., 156AB (66 B): Oo-roc;µ~ ycip 6 x6).,roc;T«8t Tt.vÒt y!V1)TWV lx3uoov p6mctt. xci>cti'voc; lTtp~ • xcxl't'd: w8c 'lt'Àl)&ovovrot, clTropOt mxp' l-r!po,c;. Oò», gpoc;&çdcxt.c;xopuq,ottc;civcx1tt'cxµ~ov8LlcmJa&.v,oò 7to't'cxµòc;T¾)v8r.«(3~a,vcbroCXÀÀà.v6µoc; "t (e; l:a,.t. cpuaeroc; •. . . UflvtT«xt., 4 BAs., Hexaem., 156B (66 C): Ofyt µt-r«lpoµ.e:v 6p,~ cxlt:>v,cx, & l&tv't'o ol 'mrlptc; ~µoov. IIcxpcxnµv6µt&cxyijv, auv«n't'oµtv olxlcxv xa.1 clypbv 7tpÒc;ciyp6v, r. 1ou 7tÀ1Ja{ovclcpe).wµe&«'t'L. Per mutare exilio domus cf. VBRG.,Georg., D, 511. . 5 Cf. HoR.; Carni., III, 1, 34-37: Contracta pisces aequora sentiunt / iactis in altum molibus; huc frequens / caementa demittit redemptor I cum lcmulis dominusque terrae / f astidiosus.
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dicione seruitii sibi subiecta commemorant. lste, inquit, sinus maris meus, ille alterius: diuidunt elementa- sibi potentes. His ostreae in .fluctibus nutriuntur, bis in uiuario piscis includitur. Luxuriae nec mare sufficit, nisi apothecas habeant ostrearum. Itaque aetates earum numerant et piscium receptacula instruunt, ne conuiuium diuitis mari non possit inpleri. Nam uicini nomen quibus audiunt auribus, quibus oculis intuentur possessiones eorum! Quemadmodum dies noctisque excogitant, ut aliquid proximis auferantl Numquid soli habitabitis super terram? b clamat propheta. Co, gnoscit haec dominus et uindictae reseruat. 28. Quanto aliena a piscibus auiditatis rapina! Illi naturalia captant secreta et ultra orbis terrarum terminos mare norunt, quod nullae interpolant insulae, nec terra aliqua interiacet uel ulterius ulla sit posita. Illic igitur ubi diffusum late mare omnem spectandi usum, utilitatis gratia nauigandi intercludat audaciam, condere se feruntur cete, illa inmensa genera piscium, aequalia montibus corpora, ut tradiderunt nobis qui uidere potuerunt. Illic quietum aeuum exigunt discreta ab insulis et ab omnibus mariti• ma~ urbium contagiis separata habent suas regiones et hapita~ cula distributa. Manent in his inoffenso uicinorum limite nec uago transitu mutationes quaerunt locorum, sed tamquam patrium solum diligunt et in his inmorari dulce arbitrantur. Quae ideo elegerunt, ut solitariam uitam remota possint arbitrorum interpel• latione transigere. 29. Sunt tamen aliqua piscium genera, qui non ingenii faci• litate loca mutent, sed fouendi partus necessitate, quem oportuno atque legitimo procurantes tempore ex plurimus locis ac diuerso maris sinu uelut communi consilio conuenientes coniuncto agmine aquilonis flatus petunt et ad illud septentrionalium mare par• tium quadam naturae lege contendunt. Dicas, si ascendentes ui• deas, reuma quoddam esse; ita proruunt fluctusque interseçant per Propontidem in Euxinum uiolento impetu profluentes. Quis piscibus haec adnuntiat loca, praecipit tempora? Quis tribuit di-
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pesci loro spettanti a titolo di servitu come se si trattasse di schiavi. « Questa insenatura, dice, è mia, quella è di un altro »: i grandi si dividono gli elementi. Alcuni hanno allevamenti d'ostri~ che in mare, altri tengono rinchiusi i pesci nei vivai. Alla loro Taffinatezza non basta nemmeno il mare, se non hanno depositi di ostriche. Perciò ne calcolano l'età e costituiscono riserve di pesci per timore che il convito del ricco non sia sufficientemente fornito di vivande dal mare. Con quali orecchi ascoltano il nome del vicino, con quali occhi guardano i possedimenti di chi abita accanto! Come si struggono giorno e notte per sottrarre qualcosa ai loro confinanti! Forse resterete soli ad abitare sulla terra? grida il profeta. Il Signore conosce tutto ciò e attende di farne vendetta. 28. Quant'è estranea ai pesci l'avidità di predare! Essi si impadroniscono dei recessi della natura e conoscono il mare oltre i limiti del mondo, dove non si frappongono isole, dove nel mezzo non si stendono terre né ve ne sono al di là. In quei luoghi, dove il mare sconfinato impedisce ogni possibilità di osservazione, ogni navigazione ardimentosa a scopo di guadagno, si dice che si nascondano i cetacei, quelle enormi specie di pesci dai corpi alti come montagne, stando almeno alle informaziòni di' coloro che sono riusciti a vederli. Là vivòno tranquilli lontani dalle isole e, separati da ogni contatto con le città di mare, hanno, equamente distribuiti, i loro spazi e le loro tane. Non si allontanano di qui, evitando di violare il confine dei vicini e non cercano di mutare i loro luoghi passando da una parte all'altra, ma li amano come fossero il suolq della patria e a loro sembra una dolcezza -rimanervi stabilmente. Li hanno scelti per poter trascorrere una vita solitaria, lontani da ogni disturbo d'osservatori 6• 29. Vi sanò tuttavia alcuni generi di pesci che cambiano luoghi non per volubilità d'indole, ma per la necessità di allevare la prole, per curare la qua-le al momento giusto ed opportuno, radunandosi da numerosissimi luoghi e da different_i insenature marine, come per una comune decisione tutti insieme si muovono nella direzione del vento di tramontana e, per una misteriosa legge di natura, si dirigono, com'è noto, verso il mare delle zone nordiche. Se tu li vedessi salire in quella direzione, li diresti un fiume: con tale slancio avanzano e tagliano i flutti riversandosi impetuosamente attraverso la Propontide nel Ponto Eusino. Chi indica ai pesci questi luoghi, chi fissa loro i tempi? Chi dà loro il comando di mettersi in viaggio, stabilisce la disposizione della carovana, le mete e il momento del ritorno? Gli uomini hanno, ben si sa, l'imperatore
• BAS.,Hexaem., 156 BC (66 CD): Ot8e T(Xx-liTYJ '")V «q>Cl>pLaµbnJv cxu-roic; mtp« q,uae(l)c;8(0u.-r1Xv, T1JV l~CI>-rwv olxouµévC1>v :)(Cl>p(wv XvKCX't« TÒ pyt&oc;!oLx6-rcx,&e; ol Te&erxµtvoLcpcxa(,µ.évtL lv Toic; olxdo,c; 6f)()Lc;, µ~n: -rcxic; +o,c; µ-I)-reT«ic; 7t 1,1,lvo~v ixcxcnov yb.toc;, '°7ttp n6ì.eaL ~ x&>µci,c; -r,atv ~ 'lttXTplaL &:pxcxCrx,c;, -rote; &:mrrc-rcxyµt.,,o,c; cxÙToic; -rijc; h>.«a..C~&T«L. ~
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spositionem uiandi, comitandi ordinem, metas et tempora reuertendi? Homines scilicet imperatorem habent, cuius expectatur imperium, procedit tessera, proponuntur edicta prouincialibus ut conueniant, tribunis militum litterae diriguntur, dies statuitur: et plerique ad dies statutos occurrere nequeunt. Quis imperator piscibus praeceptum ·dedit, quis doctor hanc tribuit disciplinam, qui metatores itinera disponunt, qui duces iter dirigunt, ut nullius desit occursus? Sed agnosco quis ille sit imperator, qui ordina• tione diuina sensibus uniuersorum suum infundat imperium, qui tacitus mutis animantibus naturalis disciplinae ordinem tribuat, non solum magna penetret, sed etiam per minima· quaeque se fundat. Diuinae legi piscis obsequitur, et homines contradicunt. Piscis sollemniter obaudit mandata caelestia, et homines inrita faciunt dei praecepta. An contemptibilis tibi uidetur, quia mutus est rationisque expers? Sed uide ne tu tibi magis incipias esse contemptui, si inrationabili · inrationabilior deprehendaris. Quid autem rationabilius hoc piscium transitu, cuius ratio_nem quidem uerbis non explicant, sed factis locuntur? Pergunt enim aestatis tèmpore ad fretum Ponti, eo quod reliquo maris sinu hic sinus dulcior sit. Non enim tamdiu sol ei fluctu quamdiu ceteris inmoratur, eaque fit causa ut non omnem aquam exhauriat, quae dulcis ac potabilis -sit. Quis autem ignoret quod etiam ea guae maritima sunt aquis plerumque dulcibus delectentur? Denique dum flumina secuntur ~t ad superiora ascendunt, frequenter alieni pisces generis capiuntur in fluuiis. Cum haec igitur causa Pontum illis faciat gratiorem uel quod aestus temperet sollemnis illic flatus aquilonis, tum oportuniorem ceteris iudicant, in quo generare et partus possint proprios enutrire, quod teneri fetus laborem alienae regionis ~erre uix possint, quos illic fouet aeris blanda
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di cui attendono il comando: arriva anzitutto l'ordine 7, si emanano i decreti ai provinciali perché si radunino, si inviano lettere ai tribuni militari, si fissa il giorno. E tuttavia molti non riescono a presentarsi alla data stabilita. Quale imperatore ha dato l'ordine ai pesci, · quale maestro li ha cosi istruiti, quali topografi predi• spongono l'itinerario, quali generali guidano la marcia in modo che nessuno manchi all'appuntamento? Ma io so chi è quell'imperatore che con divina disposizione infonde il suo comando nell'istinto di tu.tte le creature, che silenziosamente assegna ai muti animali l'ordine derivante da un insegnamento naturale, non solo penetrando negli esseri di una certa grandezza, ma diffondendosi anche in tutti i piu piccoli 8 • Il pesce obbedisce alla legge divina, gli ·uomini invece· vi contravvengono. Mentre il pesce è avvezzo a osservare i comandamenti celesti, gli uomini rendono vani i precetti divini. Forse il pesce ti sembra disprezzabile perché è muto e privo di ragione? Ma bada di non cominciare tu ad essere pit.i degno di disprezzo ai tuoi occhi nel caso che tu sia trovato piu irragionevole di. un essere irragionevole. Ma che c'è di piu ragionevole di questo spostamento dei pesci, la cui ragione essi non spiegano, è vero, con le parole,.ma attestano con i fatti? D'estate si dirigono verso il Ponto, perché è un tratto di mare piu dolce di ogq.i altro. Infatti il sole non vi si trattiene sopra tanto quant~ sugli altri, e questo è il motivo per cui non assorbe con l'evaporazione tutta l'acqua dolce e potabile che questo mare contiene 9• Chi non sa poi che anche gli animali marini per lo pit.i provano piacere dell'acqua dolce? Di conseguenza spesso vengono catturati nei fiumi pesci di mare mentre seguono il corso dei fiumi risalendo verso la sorgente. Sia dunque che tale motivo renda loro piu gradito il Ponto sia che i soffi dell'aquilone, che là spira solitamente, attenuino la calura estiva, è certo che ritengono quel mare piu adatto di tutti gli altri per dare alla luce e allevare i propri piccoli, poiché i pesciolini ancor teneri difficilmente potrebbero sopportare i disagi di un'altra ·regione, mentre in quel mare la carezzevole mitezza del clima offre loro protezione. Compiuta questa funzione,
Qui tessera ha il senso generico di e ordine •· BAs.,Hexaem., 156C-157A (66 DE): "H87J 3i TLVeç x«l cmo87Jl1'1J'rLXOl -r&>v fx&uCi>v, C>mttpebro XOLVOU '30UÀEUTJ)plou ,rpòc;'"JY mpoplcxv att>J.6µ.svc>L, ~cp•lvl ouv81ii.uxn "Jtctvt~ iin«lpouaLv. 'Enc,3civ ylip 6 n-ra:yµ.ivot;x«Lpò,;-rijç xu-lJacc.>,; mtcx.M~n, &}).oL «n•&>J..c.>vX6À7"6>V fJ.ff0tV0tfflVttç -rcp >cOLYq>'njt; l'f)Ut; Y6f.UI) lrytp&mtc;, !nl '"l" (3opLY¾jv lmlyovnn &baaa«v. K«l rao,ç clv X«'M -rov x«LpÒV tijç àv68ou &>antp·n ~ruµa; Toi,ç lx-8-uf;-i)vooµlvou,; x«l 3tcl Tijç Ilponovd3o,; iffl • Ev;Ilotov ,rp6cna:yµ.«(3«at>..i6>t;; Ilot« 3t«ypciµp«T« x«-r•clyoptlv-Jin>..µfv« -rijv ,ipo&tarlcxv87J>..oi;Ol ~EV«YOUV't'r:t; ·dveç; "Opék flJV.&e~ 8,ci-r~,v ,rciv-r«n->..7Jpoua«v x« 3,cì -r&>v µ,xpO't'chc.>v 8,'1)xouacw. 9 BAS.,Hexaem., 157AB (67 AB): 'Ix&òc;oòx clVT!l.rygL v6µ. 0cou, x«l lv&pc.>1"1)p(6>V 8,8cryµa-rc.>v oùx clvq6µE&u. Mii XIX't'Clfp6vcL -r&>vlx&oca>v, m,3iJ ftv« >«xl11:>,.oy« notvrtÀooc;, ~ 10'3ou µ~ x«Ì "r0UT6>V cUoy~n~ jjç, tjj 81«~ -rou x't'la«v-roc; clvrtv µovovouxl cpc.>V1JV clcp,mc.>v -rou yivouç -rljv µwcpcìvT0tu-t7Jvcl1ro8l)µl«vv 6 ~ÀLOt; OÙK !~«ytL otò-rijt; 6).ov a,a't''Ìjt;«XTLV°''t'Ò ,r6·ùµov. 1
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clementia. Itaque peracto munere omnes simul eo quo uenerant agmine reuertuntur. 30. Quaenam ista sit ratio consideremus. Obiectus est Ponti sinus boreae ceterorumque uentorum uiolentissimis flatibus, unde si grauis illic procella furit, tempestates mouentur, ita ut de profundo barena uertatur, cuius rei fluctus barenosus indicio est, qui uentorum motu insurgens altius, tum pondere grauior baud dubie non solum nauigantibus, sed etiam maritimis ipsis animantibus intolerabilis babetur. Accedit illud, quod cum plurima et maxima Ponto f.lumina misceantur, tum hiberno tempore sinus ip· se frigidior et torrentum rigescat adlapsu. Propterea pisces tamquam arbitri fluentorum aestate illic asperantis aurae clementiam captare consuerunt, cuius amoenitate ,perfuncti rursus biemis aspera declinare contendunt et - septentrionalis plagae saeua fugientes in reliquos se sinus conferunt, in quibus aut uentorum mollior -sit placiditas aut solis soleat uernare temperies. Nouit igitur piscis pariendi tempus, quod ·pro magno mysterio dixit Solomonis sapientia e, nouit tempus eundi atque redeundi~ nouit tempus perfunctionis et iactationis et nouit ut non queat falli, quia non rationis aestimatione et disputationis argumento utitur, sed inspiratione naturae, quae uera est magistra pietatis. Denique omnes animantes praescripta babent pariendi tempora, homo solus indiscreta atque confusa. Reliqua genera clementiam temporis quaerunt, mulieres solae partus suos inclementer effundunt; uaga enim et intemperans libido generandi uagam pariendi aetatem exhibet. Piscis tanta maria transmittit, ut utilitatem aliquam ge• neri suo quaerat, nos quoque diffusa aequora transfretamus; sed quanto bonestius quod successionis amore quam quod pecuniae auiditate suscipiturl Denique illis ad pietatem, nobis ad quaestum transmissio deputatur. Illi subolem referunt omnibus inercibus cariorem, nos mercem longe inparem ad periculi uicem misera lucri cupidine reportamus. ltaque illi patriam repetunt, nos derelinquimus: illis nando incrementum generis adquiritur, nobis minuitur nauigando.
e
Eccle 3, 2.
I
sm GIORNIDELLACRBAZIONB
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tutti insieme ritornano nella formazfone medesima in cui erano venuti 10• · 30. Consideriamo quale sia la spiegazione di tutto ciò. Il Ponto E usino" è esposto alle raffiche impetuosissime della tramontana e di tutti gli altri venti sicché, se là infuria una violenta bufera, vi si scatenano tempeste tali che sollevano la sabbia dal fondo. Ciò è provato dalle onde torbide che, levandosi a grande altezza sotto la spinta dei venti, appesantite per giunta dalla sabbia, non possono essere sopportate non solo dai naviganti; ma neppure dagli stessi esseri marini. Si deve considerare inoltre che, siccome moltissimi e grandissimi fiumi sfociano nel Ponto, d'inverno quel tratto di mare è particolarmente freddo e gelido per l'affluire di tali acque correnti. Perciò i pesci, che sono giudici inappellabili della temperatura delle acque, d'estate sogliono cercare colà la dolcezza d'una pungente frescura e, dopo averne goduto il ristoro, di bel nuovo si affrettano a evitare le asprezze dell'inverno e, fuggendo i rigori delle regioni settentrionali, si trasferiscono in altri golfi nei quali 'regni ùna piu soave calma di venti o il moderato calore del sole garantisca costantemente un clima primaverile. Conosce dunque il pesce H tempo di partorire, il che equivale a conoscere un grande mistero, come ha detto la sapienza di Salomone; conosce il tempo di andare e di tornare, conosce il tempo di svolgere il proprio compito e di andare errando senza stabile dimora, e lo conosce in modo che non può sbagliare, perché non usa una valutazione razionale o argomentazioni proprie delle dispute, ma l'istinto naturale, che è il vero maestro del sentimento del dovere. D'altra parte tutti gli animali hanno tempi determinati per il parto; solo l'uomo li ha indeterminati e imprecisi 11• Le altre specie cercano la mitezza del clima; solo le donne partoriscono le 1oro creature senza riguardi; infatti la voglia del procreare senza regola e senza freno rende senza regola anche l'epoca del parto. Il pesce attraversa mari cosi sèonfinati per procurare qualche vantaggio alla propria specie 12; anche noi valichiamo le ampie. distese marine: ma quanto piu onorevole è ciò che si intraprende per amore della prole di ciò che si affronta per avidità di guadagno! Insomma le loro traversate sono dovute all'affetto, le nostre all'interesse. Essi portano con sé la prole, phi cara di tutte le mercanzie; noi, per la miserabile brama di lucro, riportiamo dai nostri viaggi della merce che non vale assolutamente il pericolo corso. Quelli ritornano in patria, e noi la abbandoniamo; essi, nuotando, ottengono un aumento della loro specie, e noi, navigando, una diminuzione della nostra.
· 10 BAs., He.xaem.~157BC (67 BC): Xalp1:, 81 · 't'OLv lcrn x6'Ama>'1, ~ tit,TIJlaoç tva7roxuijaotLxal ix&pio/cpae:uxv.
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EXAMERON, DIES V, SER. VII, C.
10, 31 -
C.
11, 32
31. Quis igitur neget diuinitus illis infusum ingenium esse huiusmodi atque uirtutem, cum uideat istos in aquilonem tam sollemnem obeundae fecunditatis peregrinationem uiuaci ingenio conponere, alios in exiguo corpore tantum ualiditatis adsumere, ut maximas nauium plenis currentes uelis in mediis fluctibus sistant, sicut breuis •pisciculus echeneis tanta facilitate memoratur nauem. ingentem statuere, ut quasi radicatam mari haerere uideas nec moueri;. aliquamdiu enim inmobilem seruat. An et buie putas sine creatoris munere tantum potuisse subpetere uirtutis? Quid gladios loquar aut serras aut canes maritimos aut balaenas aut zygaenas, quid etiam turturis aculeum et hoc mortuae? Sicut enim uiperae os -si quis calcauerit rec,ens dumtaxat grauius quam uenenum .nocere fertur et inmedicabile uulnus serpere, ìta etiam turtùr aculeo suo mortua amplius quam uiua periculi adferre memoratur. Lepusculus quoque, timidum animai in terris, in mari formidabile, citam et quae non facile possit auferri corruptelam inuehit. Voluit enim te creator tuus nec in mari satis ·ab insidiantibus esse securum, ut propter pauca quae noceant quasi in excubiis positus armis. fidei semper et scuto speciem ·marmoris ualicll eiusdem metalli niueo candore resplendent, salubres corporis cibo et potui nimis grati: quomodo etiam non indecorus lapis coraIium in mari herba sit, si in aerem transferatur, lapidis firmitate solidetur: unde etiam ostreis pretiosissimam margari tam natura infixerit, quomodo eam maris aqua in tam molli carne solida• uerit. Quae difficile apud reges inueniuntur, ea litoribus quasi uilia iacent uulgo et in saxis asperis et cautibus colliguntur. Au• reum etiam ~ellus aqua nutrit et lanam in ,memorati speciem me• talli gignunt litora, cuius colorem nullus adhuc eorum qui fucis diuersis obducunt uellera potuit imitari. Adeo naturae maritimae gratiam humana irnplere nescit industria. Scimus qua sollicitudine uellera ouium etiam minus pretiosa curentur; sint licet optima, nequaquam tamen his fucus innascitur. Hic naturalis color est, quem nullus adhuc fucus aequauit. Hoc quoque piscis est uellus, sed et ipsi mt.irices, qui insigne dant regium, sunt. mari timi..
33, S. Brittanicis Schenkl Brittannicis plerique codd.
I .SEI GIORNI DELLA.CREAZIONE . .'
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monti altissimi che con le loro cime svettano verso il cielo. Si dice che non si vedano né lungo le coste né presso il litorale, ma nelle zone sconosciute dell'Oceano Atlantico 2 , cosicché per la loro presenza i marinai sono distolti dal navigare temerariamente in quei luoghi né osano, senza un estremo timore della morte, spingersi in quei recessi degli elementi. 33. Ma ormai risaliamo anche noi dal fondo del mare e il nostro discorso emerga alquanto e si elevi verso ciò che sta sopra 3 • Guardiamo cose note a molti e tuttavia piene di attrattiva: come l'acqua si trasformi assumendo la solidità del sale, cosi che spesso viene tagliata con una lama, fatto che non ha nulla di strano se si pensa ai sali di Britannia, che, simili a marmo du• rissimo, risplendono del niveo candore dello stesso minerale, salutari se usati nel cibo, straordinariamente gradevoli quale bevanda 4 ; come anche il corallo, una pietra non priva di bellezza, in mare sia erba e, portato all'aria aperta, si solidifichi assumendo la durezza della pietra;. con quali mezzi la .natura abbia infuso anche nelle ostriche una perla preziosissima e come l'acqua marina l'abbia solidificata in mezzo ad una carne cosi molle. Queste gemme, che si trovano a malapena nei tesori regali, giacciono sparse sul lido come oggetti senza valore e si raccolgono tra le rocce scabre e gli scogli 5 • L'acqua nutre anche una lana d'oro che le coste producono nell'aspetto di questo metallo, della quale nessuno, fra coloro che tingono i velli con succhi svariati, è riuscito a imitare il colore 8• A tal punto l'ingegnosità umana è incapace di riprodurre ,le bellezze naturali del mare. Sappiamo con quale attenzione siano lavorate· le lane ovine anche meno pregiate; siano pure della qualità migliore: tuttavia non hanno mai spontaneamente una simile tinta. Questo è un colore naturale che nessuna tintura è riuscita finora ad eguagliare. Anche questa lana è un pesce. Ma anche i murici 7, che ci danno le insegne regali, provengono dal mare. 2 BAs., Hexaem., 161B (69 A): ... ffle:1.8~-ro'ic;(UYlcm>Lt;6pe:a, -rii>~"(X 'TOU o&>µ«Tot; 1txpt«;1&te:T«t • & yc x«l '/4avno}.Nixtt; cpwrr«ol«v ,rcxpqn«L, ffle:t8&wv, '")V ~mtpov Xll'\'ll"Y6>1,LE:V, 4 Non ne sappiamo nulla. 5 BAS.,Hexaem., 161 A (68 DE): Ilwt; e:lc; &>.occ; -rò G8(i)p 'IM)"fWTOtL • nwc; i 1ro>..u-ilµ7)-roç >.l&oc;-rò xoupcx.UtovX,À67) µfv !cn,v lv &a}.cxao7),bte1.8c¼v8t e:lc;-ròv Up« l~e:vcx.&n,1tpòc; ),J&ou O"t'Cpp6TY)T.tuac. ùç d>.oupyl8occ; X,vxrLtp(wv1t«ptù.btc.>at,xciv i1tl noÀÙ'tijc; 0800 npof>... hxn, miÀLV.'")V IXÙnJVU7t00"tpicpouo1.v, cx~Lxv-rijc; p~&u(J,C~8(X'7)V"t'ÒVix -rijc; 6aoL1topLxc; x67tov Ò1t~ov-rcç, OU'tc.>xe;lotxe, -riiv cxù-rlJvn«.ÀI.V(3a8t-
mov. 7 8 1
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Cf. VERG.,Georg., II, 328: auia tum resonant auibus uirgulta canoris. Cf. Anth. Lat., 162 R., 1, 13, 31, 42. Cf. VER.G., Bue., I, 57-58: nec tamen interea raucae, tua cura palumbes I
gemere aeria cessabit turtur ab ulmo. °Cf. VERG.,Georg., I, 388: tum cornix piena ptuuiam uocat improba uoce.
1
1 Alcione: nome dell'uccello « mai:tin pescatore», priamente anche per il gabbiano (Dsvoro-Ou).
usato talvolta impro-
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13, 40-42
gratia. Namque ubi undosum fuerit mare, positis ouis subito mi• tescit et omnes cadunt uentorum procellae flatusque aurarum quiescunt ac •placidum uentis stat mare, donec oua fouet alcyone sua. Septem autem dies fotus sunt, quibus decursis educit pullos fetusque absoluit. llico alios quoque septem adiungit dies, quibus enutriat partus suos, donec incipiant adolescere. Nec mireris tam exiguum nutriendi tempus, cum absolutio fetuum tam paucorum dierum sit. Tantam autem gratiam minuscula auis diùinitus indultam habet, ut hos quattuordecim dies nautici praesumptae serenitatis obseruent, quos et alcyonidas uocant, quibus nullos motus procellosaè tempestatis horrescant.
41. Nonne uos passerib•us pluris estisì a dominus ait. Si igi• tur auis minusculae contemplatione et insurgit mare et repente comprimitur atque aspero hiemis inter graues procellas tempestatesque uentorum deterget caeli nubila fluctusque _componit elementis omnibus subito infusa tranquillitas, quantum praesu• mere debeas, o homo, ad imaginem dei factus agnoscis, si tamen auiculae istius fidem studio deuotionis imiteris. Illa tempestates uidens insurgere, saeuire uentos inter hiberni saeua non reuocatur neque reflectitur, sed inpellitur. Denique in litore sua oua constituit, ubi ea r~labente fluctu madida adhuc harena suscipiat, nec insurgentes fluctus, quos immurmurare atque adlabi uideat, re• formidat. · 42. Et ne putes quod ouorum uideatur habere contemptum, continuo, ubi. deposuerit oua, nidificat et suo partus corpore fouet nec saluti propriae adluuione litoris pertimescit, sed secura de dei gratia uentis se committit et fluctibus. Parum est hoc. 1\diungit totidem alio_s ad nutriendum dies nec interpellari tot diebus infidi maris tranquillitatem ueretur temptatqu~ rneritum suum naturae _iam sollemnitate fundatum. llla teneros. fetus non latibulis aliquibus abscondit aut tectis nec includit cauernis, sed nudo et rigenti committit solo, nec defendit a frigore, sed diuino fotu, quo magis cetera despiciat, tutiores fore extimat. Quis nostrum paruolos suos non uestimentis tegat, tectis abscondat, quis non claudat eos saeptis cubiculorum, quis non ita diligenter undique fenestras obstruat, ne qua possit aura uel leuiter penetra-
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12, 7.
I SEI GIORNI DELLACRHAZIONB
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pause d'improvvisa bonaccia. Il mare, se è agitato, si calma subito appena deposte le uova, si placano tutte le procelle dei venti, hanno tregua le raffiche e la superficie marina resta immobile per l'assenza del vento 2 , per tutto il tempo in cui l'alcione cova le proprie uova. La cavatura si prolunga per sette giorni, trascorsi i quali fa uscire i piccoli ormai completamente formati. Subito aggiunge altri sette giorni per nutrirli, finché non comincino a crescere. E non meravigliarti di un cosi breve periodo di allevamento, dal momento che la completa formazione dei piccoli richiede pochissimi giorni. Ed è tanto grande il dono che quest'uccello di modeste proporzioni ha ricevuto dalla bontà di Dio, che i marinai ·rimangono in attesa di questi quattordici giorni di bonaccia, che chiamano anche « dell'alcione », perché in essi non devono temere l'imperversare del cattivo tempo 3 • 41. Voi non valete piu dei passeri? dice il Signore. Se dunque per riguardo d'un modesto uccello il mare si solleva e tosto si placa e nell'asprezza dell'inverno, tra violente procelle e tempeste di vento, la bonaccia, diffondendosi repentinamente in tutti gli elementi, sgombra le nubi del cielo e spiana i flutti, sai che cosa devi attenderti, o uomo, creato ad immagine di Dio, purché tu imiti con l'impegno della tua devozione la serena fiducia di questo piccolo uccello. Esso, pur vedendo levarsi le tempeste e infuriare i venti mentre imperversa l'inverno, non se ne lascia dissuadere, non si tira indietro, .ma ne riceve stimolo: depone le sue. uova addirittura sulla spiaggia per.ché. ivi le accolga la sabbia ancor umida per il rifluire de1l'onda, e non si spaventa per l'insorgere dei flutti che vede spingersi gorgogliando sulla riva. 42. E perché tu non pensi che -l'alcione sia incurante delle sue uova, fabbrica il nido subito dove le ha deposte, le riscalda con il suo corpo, senza preoccupazione per la propria incolumità in seguito al riversarsi copioso dell'acqua sul lido, ma, sicuro della bontà di Dio, si affida ai venti ed ai flutti. E questo è ancor poco. Aggiunge altrettanti giorni per l'allevamento né teme che in tutti . questi giorni s'interrompa la tranquillità del mare infido e mette alla prova il proprio merito· ormai fondato sulle consuetudini della natura. L'alcione non cela i propri piccoli in qualche nascondiglio o riparo né li chiude in cavità rocciose, ma li affida alla nuda terra irrigidita dal gelo; né 1i protegge dal freddo, ma pensa che saranno piu sicuri per il tepore fornito loro da Dio e per tale motivo si cura meno del resto. Chi di noi non proteggerebbe con vesti i propri bambini, non li nasconderebbe in casa, chi non li chiuderebbe tra le pareti della stanza da letto, chi non turerebbe diligentemente le finestre da ogni parte affinché non possa penetrarvi nemmeno un filo d'aria?· Noi in tal modo otteniamo di spogliare della pro2 Cf. VERG.,Bue., II, 26: curn placidum uentis staret mare; IX, 57-58: ti omnes, aspice, uentosi ceciderunt murmuris aurae. s BAs., Hexaem., 171AB (75 E, 76 A): •AÀKu~v èn questo nome perché non _possono camminare, ma soltanto strisciare - e inoltre i dragoni sono per lo piu privi di piedi come i pesci, non c'è specie di uccellf che .manchi di tale sostegno, perché tutti traggono il nutrimento dalla terra e quindi si sostengono con l'aiuto delle zampe; hanno infatti bisogno di un simile aiuto per trovare il cibo 3• Perciò alcuni uccelli sono armati di artigli per predare, come gli avvoltoi .e le aquile che cacciano la preda; altri se ne servono in modo adeguato per camminare o per procurarsi il cibo. . . 47. Unico è il nome di «uccelli», ma le specie sono diverse: chi potrebbe ricordarle o conoscerle tutte? Vi sono uccelli che si cibano di carne. Questi hanno artigli appuntiti, becco .ricurvo e
1 BAS.,Hexaem., 169A (72 B): "O·n &cmep cruyytveLC't"~. Kcxlycìp c':>vm-epuy(l)Velt; -rò 1tp6a(I)X(l)POUvtti;, tjj 8~ oùprdou µE:To:(30).n 'f«c; -re m:punpo-. tdç >t«l,i-cxi;eò&da:t;6pµcìt; !otu-ro!i;ol«xLCovtet;• 06-ixcxl l1d -roov'JtTl)VOOV l:a't"LV l&iv 81.cx'nlxoµévv -ròv citpcxTo!c;'J't'Upo'tt;xcx-rà:-ròv 6EJ,or.ov -.p6'tov. "OO"t'E: mi.81) lv l8lµtttv bccx-.épo1.c; ~ v{]xea&cx1. 1,1.lcx -ri.t;«ù-ro!c;ii auyyéve1.cxix 'ti}c;-;éi>v 1 6&iTCi>V')'E:VtGE:6>t;'ltCXpE:CJXt-fhJ • 2 Come si è visto sopra
(V, 1, 1, n. 4) S. Ambrogio segue alla lettera
ll testo dei Settanta. 3 BAs., Hexaem., 169A (72 BC): ID,7Jv re 6-rt où8tV -roov'7t't"l)véi>v &ouv, 81.cì ~ n-«at'"l" 8(cxt't"c; TÒ -&-l]pixµcx xcxl -;-cji!Mv-rt y&Vfo&«t.".AÀÀlJ't'WVa1tepµoì,.6y(l)vxcx-;-cxcrxeu11 • 3t«ç Àoy,x-ijç•
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EXAMERON,DIES V, SER. VIII, C,
16, 55
propriis fouet et - quid dicam? - collaticio cibo pascit, quando etiam i.psa reparat naturae dispendia, ut bine atque inde suble• uantes senem fulcro alarum suarum ad uolandum exerceant et in pristinos usus desueta iam pii patris reuocent membra. Quis nostrum releuare aegrum non fastidiat patrem? Quis fessum senem suis umeris inponat, quod in ipsa historia uix credibi.Ie habeatur? Quis, ut pius :sit, non· hoc seruulis mandet obsequium? At uero auibus non est graue quod pietatis est plenum, non est onerosum quod soluitur naturae debitum. Non recusant aues pascere patrem, quod etiam praescripta necessitate sub terrore poenarum plerique hominum recusarunt. Aues non scripta, sed nata lex stringit, aues ad hoc munus nulla praecepta conueniunt, sed gratiae na• turalis officia, aues non erubescunt reuerendi senis membra por• tare. Est enim uectura pietatis, quod eo usque frequenti testificatione percrébuit, ut congruae mercedem remµnerationis inuenerit; nam Romanorum usu pia auis uocatur et quod uix uno im• peratori consulto senatus delatum dicitur hoc istae aues in com• mune meruerunt. Habent ergo aues istae decreta patrum ad propriae insigne clementiae; pios enim filios patrum prius oportuit iudicio praedicari. Habent etiam uniuersorum suffragia; nam retributio beneflciorum à.v-rt.1tEÀa.pywcrt.çnominatur; 1tÉÀapyoç enim ciconia dicitu:r. Virtus itaque ab his nomen accepit, cum relatio gratiarum ciconiae uocabulo. nuncupatur.
I SEI GIORNI DELLACREAZIONE
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le proprie penne le membra del padre giacente 3 , prive ormai della protezione delle piume e del remeggio delle ali 4 a causa della· sua decrepita vecchiaia, e - che debbo dire? - lo nutre col cibo raccolto qua e là; talora anche rimedia alla perdita na• turale delle forze, cosi da mantenere esercitato nel volo il vecchio, sostenendolo da una parte e dall'altra con l'appoggio delle loro ali, e da ricondurre alle antiche abitudini le membra ormai de• suete del loro buon padre 5 • Chi di noi non avrebbe a noia di sollevare il padre ammalato? Chi si prenderebbe sulle -spalle un vecchio stanco, cosi che sembra appena credibile un simile ge• sto narrato dalla storia? 8 • Chi, volendo adempiere i propri obblighi, non affiderebbe agli schiavi tale servizio? Ma per gli uccelli non è molesto eiache è sincera manifestazione d'affetto, non è oneroso ciò che soddisfa a un debito di natura. Gli uccelli non rifiutano di nutrire -il padre, mentre molti uomini si sono rifiutati, nonostante l'obbligo imposto con la minaccia delle pene. Gli uccelli non sono obbligati da una legge scritta, bensi da una legge in• nata 1 ; non sono costretti a questo dovere da nessuna ingiunzione, ma da un impegno d'affetto voluto dalla natura; gli uccelli non si vergognano di portare le membra di un vecchio meritevole deUa loro venerazione. È questo un trasporto. dovuto ad un sentimento di affettuoso rispetto, talmente noto per le frequenti attestazioni da ottenere il premio di una adeguata ricompensa; infatti i Romani sogliono chiamare la cicogna « il pio uccello »: cosi questi uccelli si sono meritati tutti insieme tale appellativo che sappiamo attribuito a malapena ad un unico imperatore per decisione del senato 8 , Questi uccelli dunque hanno una deliberazione dei padri quale attestato della loro bontà; è infatti necessario che i figli siano prima dichiarati « pii » dal giudizio dei loro padri 11• Hanno anche l'approvazione universale: il ricambio dei benefici si dice à.v-c1.1tEicipyw,11.ç; cicogna in greco si dice 1tÉÀa.pyoç10• Perciò una virtu ha preso il nome. da questi uccelli, poiché il ricambio dei benefici si indica con un nome che deriva da quello della cicogna.
Cf. VERG., Aen., 4· Cf. VF.RG,, Aen.,
3
XII, 395: ille ut depositi proferret fata parentis. I, -300-301:uolat ille per aera magnum / remigio alarum;
VI, 18-19: sacrauit / remigium alarum. 5 BAs., Hexaem., 176 C (75 BC): 'H mpl -roùç "{'1lp«acxna:ç -.&>vnda:py&>vnp6'IOL(Xl~~pxe:1, ToÒçncx!8a:r;ijµC>v,d 1tpoaéxe:1.v t~ou>.ov.o; q>LÀomi:ropa:ç >V bty6vc.>v't'«t; 61',ctt;. Cf. PLIN., N.H., XXV, 49, 89: Animalia quoque inuenere herbas, in primisque chelidoniam. Hac enim hirundines oculis pullorum in nido restituuntqua uisum, ut quidam uolunt, etiam erutis oculis. Si tratta evidentemente d'una . 2
ffi1p«
leggenda (vedi ed. Les Belles Lettres. n. 1.~?.).
310
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17, 57 -
C.
18, 58
gentia et ·paupertate ad nocendum alii compellitur nec in graui filiorum imbecillitate desperat. Nos uero et paupertas afficit et inopiae necessitas uexat, et plerosque indigentia cogit in flagitiqm, inpellit in crimen; lucri quoque studio in fraudes uersamus ingenium, aptamus adfectum atque in grauissimis passionibus spem deponimus fractique .animo resoluimur, inprouidi et inertes iacemus, cum de diuina miseratione tunc sperandum am-plius sit, cum praesidia humana defecerint.
Caput XVIII 58. Discant homines amare filios ex usu et pietate cornicum, quae etiam uolantes filios comitatu sedulo prosecuntur et sollicitae, ne teneri forte deficiant, cibum suggerunt ac plurimo tem• poris nutriendi officia non relinquunt. At uero feminae nostri ge• neris cito abiactant etiam illos quos diligunt aut, si ditiores sunt, lactare . fastidiunt: pauperiores abiciunt. paruulos et exponunt et deprehensos abnegant. Ipsi quoque diuites, ne per plures suum patrimonium diuidatur, in utero proprios negant fetus et parricidalibus sucis. in ipso genitali aluo pignera sui uentris extinguunt, priusque aufertur uita quam traditur. Quis docuit nisi homo filios abdicari? Quis repperit tam inmitia patrum iura? Quis inter naturae fraterna consortia fratres inpares fecit? Vnius diuitis filii diuersa sorte caeduntur. Alius totius patemae sortis ascriptionibus inundatur, alius opulentae hereditatis patriae deplorat exhau• stam atque inopem portionem. Numquid natura diuisit merita fi. liorum? Ex pari omnibus tribùit quod· ad nascendi atque uiuendi possint habere substantiam. lpsa uos doceat non discernere patrimonio quos titulo germanitatis aequastis. Etenim quibus ded.istis communiter esse quod ·nati sunt, non debetis bis, ut id communiter habeant in quod natura substituti sint, inuidere.
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mente, le strettezze dell'indigenza ci tormentano e la miseria induce molti al delitto, li spinge alla criminalità; inoltre per avidità di guadagno rivolgiamo il nostro impegno, applichiamo le nostre inclinazioni a tramate inganni e nelle piu gravi disgrazie ci disperiamo, affranti nell'animo restiamo come distrutti, siamo a terra incapaci di correre ai rimedi e di agire mentre bisognerebbe sperare maggiormente nella misericordia divina proprio allorquando le risorse umane sono venute a mancare.
Capitolo 18 • . 58. Gli uomm1 imparino ad amare. i propri figli dalle affettuose consuetudini delle cornacchie, che seguono i loro piccoli anche quando sono in volo, accompagnandoli con sollecitudine, e, perché non vengano rn,eno le loro ancor deboli forze, premurose li imboccano e per lunghissimo tempo non trascurano cli nutrirli. Af contrario le donne della nostra specie smettono presto di allattare anche i figli che amano o, se sono benestanti, non hanno voglia di farlo; le phi povere se ne disfano, li espongono e, se vengono ritrovati, li disconoscono. Anche i ricchl, per non dividere il loro patrimonio tra piu eredi, rinnegano le proprie creature 1 nel grembo materno e con veleni assassini spengono i frutti del loro ventre nello stesso alvo che li ha generati e cosi la vita viene tolta prima ancora .di essere trasmessa 2 • Chi, se non l'uomo, ha insegnato a ripudiare i propri figli? Chi ha inventato diritti paterni cosi crudeli? Chi ha reso diversi i fratelli che la natura ha voluto uguali? I figli di uno stesso ricco sono colpiti da una · sorte opposta. In uno si riversa sovrabbondante l'assegnazione dell'intero patrimonio paterno, un altro protesta per aver ricevuto una scarsa e misera parte d_ell'opulenta erec:Iità _lasciata dal padre. Forse la natura ha distinto i meriti dei figli? Essa che attribuisce in eguale misura i mezzi necessari per nascere e per vivere, vi insegni a non distinguere col patrimonio quelli che avete fatto uguali per diritto di fratellànza. Voi non dovete negare a coloro, ai quali avete concesso di essere pari per la loro nascita, di godere in uguale misura i beni di cui la natura li ha istituiti eredi.
BAs., Hexaem., 180A (76 C): Toto&rot -rt>vyovf.6>vol ~l 7tpocpciaet ,n:vl«ç bt-rt&f.µEVot. -rii·vfJnt« • ~ x«l lv 't'TI8t«voµjj -rou x~:f)poudvta6-rcx-rot npòt; -r«lxyov«.A(xcnov ycip, &>amp l~ foou µau8c86>x«t; cxù-rot,; x«t 6µo-rlµ6>t;7t«pfxctv. 2 Su questo punto l'insegnamento della Chiesa è di una assoluta chiarezza.Accenno contro i Manichei (CoPPA, op. cit., p. 308, n. 35)? Questi, che in teoria proscrivevano matrimonio e procreazione, di fatto concedevano di sppsarsi o di. yivere _cqn una concubina e di avere dei figli (PUECH,op. cit., pp. 584-585). . 1
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59. Accipitres feruntur duram in eo aduersus pròprios fetus habere inclementiam, quod ubi eos aduerterint temptare uolatus primordia, nidis eiciunt suis continuoque eliminant ac, si morentur, propulsant pinnis atque praecipitant, uerberant alis coguntque audere quod trepidant nec ullum postea deferunt his munus alimoniae. Quid mirum tamen, si rapere adsueti nutrire fastidiunt? Consideremus ad hoc eos esse generatos, ut etiam aues ad cauendum formido exerceat, ne passim CUJ:'.aS relaxent, sed pericula a praedonibus declinanda prospiciant. Deinde cum his natura qua• dam praedandi munus inoleuerit, magis a tenero' pullos suos insti• tuere uidentur ad praedam quam pastus abdicare conpendiis. Cauent ne in tenera aetate pigrescant, ne soluantur deliciis, ne marcescant otio, ne discant cibum magis expectare quam quaerere, ne naturae suae deponant uigorem. Intermittunt studia nu• triendi, ut in usum rapiendi audere conpellant.
60. Aquila quoque plurimo sermone usurpatur quod suos abdicet fetus, sed non utrumque, uerum unum ex pullis duobus. Quod aliqui fieri putauerunt geminandorum alimentorum fastidio. Sed id.non arbitrar facile credendum, praesertim cum Moyses tan• tum testimonium in pullos suos pietatis huic dederit aui, ut di• ceret: Sicut aquila protegit nidum suum et super pullos suos con•
fidit: expandit alas suas et adsumpsit eos et ·suscepit eos super scapulas suas. Dominus solus deducebat eos a. Quomodo ergo ex• pandit alas, -si occidit alterum? Vnde puto non auaritia nutriendi eam inclementem fieri, sed examine iudicandi. Semper enim fertur probare quos genuit, ne generis sui inter omnes aues quoddam regale fastigium · degeneris partus deformitas decoloret. Itaque adseritur quod pullos suos radiis solis obiciat atque in aeris medio paruulos ungue suspendat. Ac ~i quis repercusso solis lumine intrepidam oculorum aciem inoffenso tuendi uigore seruauerit, is probatur, quod ueritatem naturae sinceri optutus constantia demonstrauerit: qui uero ,lumina praestrictus radio solis inflexerit quasi degener et tanta indignus parente reicitur nec aestimatur dignus educatione qui fuit indignus susceptione. Non ergo eum acerbitate naturae, sed iudicii integritate condemnat nec quasi suum abdicat, sed quasi alienum recusat.
a Deut 32, 11-12.
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59. Si dice che gli sparvieri usino contro i propri piccoli una crudele durezza in quanto, non appena si accorgono· che essi ten'tano i primi voli, li cacciano dai loro nidi mettendoli fuori immediatamente e, ·se indugiano, li respingono agitando le penne e li fanno cadere, li colpiscono con le ali e li costringono ad osare ciò di cui hanno paura né poi dedicano loro cura alcuna per nutrirli. Tuttavia, perché meravigliarsi se, avvezzi a predare, non sopportano di somministrare il cibo? Consideriamo che sono stati creati affinché la paura abitui anche gli uccelli a stare all'erta, perla vigilanza, ma badino ai ché ·non allentino indiscriminatamente pericoli che devono evitare da parte dei rapaci. Inoltre, siccome si è sviluppato in essi per una certa disposizione naturale l'istinto del predare, sembra che istruiscano fin dalla tenera età i loro piccoli alla preda piuttosto che a rinunciare a guadagnarsi il pasto. Si preoccupano che ancor piccoli non impigriscano, non si lascino fiaccare dalla vita comoda, non infrolliscano nell'ozio, non imparino ad attendere il cibo invece di cercarlo, non perdano il vigore della loro natura. Interrompono la cura di ·nutrirli per indurli a · osare, allo scopo di avvezzarli a cacciare la preda. 60. Si dice spessissimo che anche l'aquila respinge i suoi aquilotti, ma non tutti e due, bensi uno di essi 3• Alcuni pensano che ciò avvenga per la noia di raddoppiare la' quantità di cibo 4 • Invece io penso che a questa spiegazione nori si debba dare troppo credito, soprattutto perché Mosè ha dato a questo uccello una testimonianza cosi solenne del suo affetto per i piccoli fino a dire:
Come l'aquila protegge il proprio nido e confida nei suoi piccoli; spiega le sue ali e li prende e li accoglie sul suo dorso. Solo il Signore li conduceva. Come può spiègare le sue ali se uccide uno dei due aquilotti? Perciò credo che diventi crudele non per risparmiare il cibo, ma per giudicarli dopo averli esaminati. Si dice infatti che metta sempre alla prova quelli che ha generato, perché la deformità d'un parto degenere non degradi, in un certo modo, la reg·ale supremazia della sua razza fra tutti gli uccelli. Si sostiene perciò che esponga i propri piccoli ai raggi del sole· e li tenga sospesi nel vuoto ai suoi artigli. Se uno, nonostante il riflesso della luce solare, resiste imperterrito con gli occhi conservando intatta la forza visiva, questi supera la prova perché ha dimostrato 1la genuinità della sua natura con la fermezza dello sguardo che non ha subito danno. Quello invece che, abbagliato dai raggi del sole, abbassa gli occhi, viene ripudiato perché degenere e indegno di si nobile madre: non si ritiene meritevole d'essere allevato quello che era immeritevole d'essere generato. Perciò l'aquila non lo condanna per crudeltà di natura, ma per obiettività di giudizio, non lo rifiuta come suo, ma lo ripudia come illegittimo. BAs., Hexaem., 177C (76 B): 1 A8tK&;-«-.ot; m:pl 't'Y)V -rwv !xy6vvlK-rpo,JJv'6 citT6t;. '1.oCa> yà:p !l;cxycxychv vtoaaout;, TÒV 'l-rtpòv (lU'tù>Vtlt; yijv XOt't'cxppl)TIU(JL. Tcxi:c; tt>.l)y«i:t;Twv m-tpwv cimi>&ooµevot; • Tòv 8t 1-rtpov µ6vov civo0.o:{3tr>v, 8tcx't'Ò -rijc;-rpoq>'ijt; !1tl1tovov ci1to1totooµEVoc; 6v !yml)atv. ebcttoU't'cxt, 4 Cf. PLIN., N.H., X, 3, 13: Alte rum expellimt taedio nutriendi. 3
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61. . Hanc tamen, ut quibusdam uidetur, regalis auis inclementiam plebeiae auis excusat clementia. Auis enim, cui fulica nomen est, quae graece clicitur cpTJVT}, susceptum illum siue abdicatum siue non agnitum aquilae pullum cum sua ,prole conectit atque intermiscens suis eodem quo proprios fetus maternae sedulitatis officio et pari nutrimentorum sumministratione pascit alienos nutrit: nos uero nostros inmiti crudeet nutrit. Ergo cpTJVTJ litate proicimus. Aquila uero si proicit, non quasi suum proicit, sed quas~ degenerem non recognoscit: nos, quod peius est, quos nostros recognoscimus abdicamus.
Caput XIX 62. Sed ueniamus ad turturem, quam lex dei uelut castae hostiae munus elegit. Denique cum dominus circumcideretur, · oblata est, quia scriptum est in lege domini, ut darent hostiam par turturum aut duos ipullos columbarum •. Hoc est enim uerum Christi sacrificium pudicitia corporalis et gratia spiritalis. Pudicitia ad turturem refertur, ad columbam gratia. Fertur etenim turtur, ubi iugalis ,proprii fuerit amissione uiduata, pertaesum thalamos et nomen habere coniugii, eo quod primus amor fefellerit eam dilecti morte deceptam, quoniam et infidelis ad perpetuitatem ,fuit et amarus ad gratiam, qui plus doloris ex morte quam suauitatis ex caritate generauerit. ltaque iterarè coniunctionem recusat nec pudoris iura aut compiaciti uiri resoluit foedera, illi soli suam caritatem reseruat, iUi custodit nomen uxoris. Discite, mulieres, quanta ·sit .uiduitatis gratia, quae etiam in auibus praedicatur.
• Le 2, 24.
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61. Tuttavia la bontà d'un uccello plebeo compensa, come sembra a taluno, la durezza dell'uccello regale. L'uccello chiamato folaga, in greco cpTJ'Vl), unisce alla sua prole l'aquilotto che sia stato ripudiato e non riconosciuto e, ponendolo tra i suoi figli, lo alleva e nutre con la stessa premurosa attenzione materna e con la stessa somministrazione di cibo dei propri piccoli a. La cpT)Vl}nutre i figli degli altri; noi invece abbandoniamo i nostri con crudeltà atroce. Ma l'aquila, se abbandona l'aquilotto, non lo abbandona considerandolo un proprio figlio, bensi non lo riconosce ritenendolo di una specie degenere; noi, e ciò è ancora peggio, rifiutiamo i figli che riconosciamo per nostri.
Capitolo 19 62. Ma veniamo alla tortorà, che la legge di Dio ha scelto come offerta d'una pura vittima. Quando il Signore venne circonciso 1, essa fu offerta perché stava scritto .nella legge del Signore che offrissero com~ vittima una coppia di tortore o due giovani colombe. Questo è il vero sacrificio accetto a Cristo, la castità del corpo e la grazia dello spirito. La castità si richiama alla tortora, la grazia alla colomba. Si dice che la tortora, quando rimane vedova per la perdita del proprio sposo, :abbia in odio il talamo e perfino il nome delle nozze, perché il suo primo amore l'ha ingannata deludendola con la morte del suo diletto 2 ; questo è stato infedele nella perennità :del vincolo e· causa di sofferenza nell'amore, perché ha recato piu dolore con la sua morte che gioia con il suo affetto. Essa perciò rifiuta di rinnovare .l'unione e non infrange i diritti del pudore o il vincolo coniugale con lo sposo diletto, a lui solo riserva la sua tenerezza, per lui custodisce il nome di moglie. Imparate, o donne, quanta sia la bellezza della vedovanza 3 , esaltata persino tra gli ucc~lli 4 • BAs., H exaem., 177C (76 C}: '.A:M'oòx iii, -i-oi>Tov Cl~ cpixcrL, Btixcp-&ixp'ijvixt. ~ cp~Vl) • rJJJ..'OTt'OÀc;-rei1tollcì xcxl 't'«u-rcxµ:x.xpo~T«Touc; '5VTocc; • otc; ys µfxi,tc; ixa't'Òv i't"wv, 6>c;-rà.1tollcx, 1tccpa;-n:(vCTocL ~ Cooi). 2 Cf. VERG.,Georg., IV, 206: ergo ipsas quamuis angusti terminus aeui I ucipiat. 3 La partenogenesi degli avvoltoi è una leggenda; lo stesso Aristotele (H.A., VI, 5, 563a, 5-11, e IX, 11, 615 a, 9-14) non ne parla.
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gatur? Auis sine masculo parit et nullus refellit: et quia despon• sata Maria peperit, pudori eius faciunt quaestionem. Nonne aduertimus quod dominus ex ipsa natura plurima exempla ante prae. misit, quibus susceptae incarnationis decorem probaret, astrueret ueritatem?
Caput XXI 66. Nunc age quae aues uelut quandam rem publicam curare uideantur expediam atque uitae huius aetatem agere sub legibus. Hinc enim rei publicae usus est leges omnibus esse communes atque obseruari eas deuotione communi, uno omnes teneri uinculo, non alii ius esse quod alius sibi intellegat non licere, sed quod liceat licere .omnibus et quod non liceat omnibus non licere; esse etiam communem reuerentiam patrum, quorum consilio res publica gubernetur, commune omnibus urbis domicilium, commune conuersationis officium, unum praescriptum omnibus, unum esse consilium. 67. Magna haec, sed quanto in apibus praestantiora, quae solae in omni genere animantium communem omnibus subolem habent, unam omnes incolunt mansionem, unius patriae clauduntur limine. In commune omnibus labor, communis cibus, communis omnibus operatio, communis usus et fructus est, communis uolatus - quid plura? - communis omnibus generatio, integritas quoque corporis uirginalis omni:tJus communis et partus, quoniam nec inter se ullo concubitu miscentur nec libidine resoluuntur - nec partus quatiuntur doloribus et subito maximum filiorum examen emittunt e foliis atque herbis ·ore suo prolem legentes.
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nessuno contesta questo fatto; e siccome Maria, ancora fidanzata, ha partorito, mettono sotto processo la sua castità. Non vediamo che il Signore ha fatto precedere moltissimi esempi ricavati dalla · stessa natura, mediante i quali intendeva dimostrare l'onorabilità ed affermare la verità dell'Incarnazione avvenuta per suo volere?
Capitolo 21 66. Vi esporrò ora quali uccelli sembrano amministrare una specie di stato e trascorrere il tempo della loro vita sotto le leggi1. Di qui ha tratto origine la consuetudine degli Stati che le leggi siano uguali per tutti e siano osservate da tutti con uguale ossequio, tutti siano soggetti al medesimo vincolo, uno non abbia un diritto che un altro pensi di non poter esercitare, ma a tutti sia lecito ciò che è lecito e ciò che non è lecito non sia lecito per nessuno; inoltre che sia comune la riverenza per gli anziani i quali con la loro saggezza governano lo Stato, comune a tutti il domicilio nella città, comune il dovere dei rapporti sociali, unica per tutti la norma, unico il modo di sentire 2• 67. Questo modo di comportarsi è straordinario, ma è ben piu straordinario nelle api, che, uniche fra tutte le specie dei viventi, hanno una prole comune a tutte, tutte abitano in un'unica dimora, vivono chiuse dentro i confini di un'unica patria. Comune a tutte è il lavoro, comune il cibo, comune l'attività, comune l'uso e il provento, comune il volo 3 , - che dire di piu? - comune a tutte la procreazione, comune a tutte anche l'integrità del corpo verginale e il parto, poiché non si uniscono in alcun modo fra loro mediante l'accoppiamento né si sfiniscono con la libidine né sono scosse dai dolori del parto e danno alla luce ad un tratto un grandissimo sciame di figli raccogliendo dalle foglie e dai prati la prole con la •loro bocca '.
1 Cf. VERG.,Georg., IV, 54: magnisque agitant sub legibus aeuum. Anche l'inizio Nunc age ricorda Georg., IV, 149. ·2 BAs.,-Hexaem., 172D (7lE): "EcnL 8! 'tLv«x~l '7tOÌ..L'mtd: 't~V «).6yrov, e:fm;p a>.,-re:lotç t8tov 'tb npbc; lv '7t!p~ xoLVbvcruweu&Lv rljv lvépye:r.«V 'tWVx«-8-"lx«C«TCÌ 7t(XV't(a)V ,rpniov, xcxl µ.cyé&e:~ xocl a;c-l)µa.u x~'t'Oc;8é, 8t(Ì TÒ m,xv6up6v '7t'ù>t; etvett, auyxptaet -;ou cxt&eptouC16>l,LGt,oç, Kcxlf.14ÀÀOV Tt't'7t'LÀ7J(LtVOV -reti'c;x«-rc.>&&v «vciv, lffpxvlv GtÙ-rotc; >eet-r«a>etu~v eùp-f)attc; • n-68«; ofm: 8teaxtaµévouç, @i; -roùc;-rrjç xop«:>V7Jc; o(he d.yxuì..ouc;, ~e; 't'OÙç-rwv aetpxocp&.yv • d.ìJ.cìnÀIXuic;xa;l òµtV6>8etç, (va; ~rx8Lù>c; èm~XVTIXL -réi>G8cx-rt,olovd X6>'1tGtLt; -ri.al 't'Oic;-rwv ,;o8wv oµ.fo, -rò 6ypòv8tc..>&0UµtVOL, · 3 BAS.,Hexaem., 184B (78 D): 'Erxv8è X1X-;etµci&t)c; 61tù>t;dc; ~cx&oc; 6 xuxvoc; m&Ltlt; -ròvrxùxévcx, x«-rù>8tVlcwréj>-rliv-rpocpi)v «vcxcpépti., -i6u e6p~ac1.c; -riJvaoq>lcxv flU X'tLoCXVTOc;, 5-rt8LcxTOU'rO µetxp6-rtpov 'tWV 'lt08ù>V1ÒV «uXtvoC npoai~KEV, fvoc 6crncp·nviì 6pµC«vXIXT-iÒc; Xv6pvl&c.>v68oucn xtX()lJTCXI. xcxl t:c.>oyovet~ C:,ç ffTp«fflJ8cx, mL1roMt:e1. Bè 't 8! 3 BAS., Hexaem., 188C (80 C): x6p-rov «xoua«xc;,x6p-rov voC>,x«xl fU'TÒVxul tx.-Oùv xcxl &lJpCovx«xl XTl)VOt;;, miv-rcxwc; dp7l'tCXL, oi'hc.>t;; iva~oµa.L. Sulla preferenza di S. Ambrogio per l'interpretazione letterale, vedi l'lntroduz.ione. 4 BAs., Hexaem., 188AB (80 AB): ITC>t;; òµ!v iJ l&i.vri-rwv Myv-rpcxmt;cx xa:utptiw,; Eµol µiv yà.p lmj>.,&evdx&aa:L -rà: lµ«xu-rou,rbn)-r6ç 't'L~ lcnLcx-ropoc; 't'V '7tOÀU't&À&af'Àoqipoauvn,oc;TWV SÙ'tp1X7"~ù>V ·ne; dv«xLcpLÀ0'1'C:flOUµa,oc;,Viii tpcmiCn• &>on m:pda-ra:a8-&te;cbtttpoxa).lac; 6vEa8oc;-rò «ptÀ6-t'tµov. 6 viene citato l'esempio di Eliseo. 1 Allude a quanto narrato da 2 Re, 4, 39-41: Eliseo, versando della farina • I Dellapentola, eliminò l'amarezza d'una minestra preparata da un suo di1 sicepolocon ingredienti non adatti. 1
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2, 6-8
Et dixit minister: Quid dabo hoc in conspectu centuni uirorum? Et respondit: Da et manducent, quoniam haec dicit dominus: Manducabunt et relinquent e. Fides igitur uestra faciet abundare pauperis linguae conuiuium. Nec uereor, ne ieiunia uos edaciores faciant, quominus repleti et esurientes ac uacui reuertamini, quia scriptum est: Confirmat iustos dominus, et in diebus f amis satu• rabuntur r. Multo pulchrius est ordeacios -panes · non erubescere et adponere quod habeas quam negare. Helisaeus, qui sibi nihil reliquit, populis abundauit. Helisaeus ergo ordeacios panes non erubuit adponere: nos erubescimus simplices intellegere creaturas, quae simplicibus et suis declarantur uocabulis. Caelum legimus, caelum accipiamus; terram legimus, terram intellegamus frugiferam. 7. Quid mihi quaerere quae sit eius mensura circuitus, quam geometrae c~ntum octoginta milibus stadiorum aestimauerunt? Libenter fateor me nescire quod nescio, immo scire quod scire nihil proderit. Melius est genera terrarum scire quam spatia, quae circumfuso mari, interiectis barbarum regionibus, suffusa atque inuia paludibus humo quemadmodum possumus conprehendere? Quod inpossibile esse hominibus scriptura demonstrat dicente deo: Quis mensus est manu aquam et caelum palmo et uniuersam terram clausa manu? Quis statuit montes in libra et r:upes in sta_te_r:a et nemora in iugo? •. Et infra: Qui tenet gyrum terrae et habitantes in ea· sicut lucustas, qui statuit caelum ut cameram h. Quis igitur aequalem sibi cum deo audet scientiam uindicare, ut guae deus maiestatis suae esse proprio signauit oraculo haec sibi homo ad cognitionem suppetere posse praesumat?
8. Certe Moyses eruditus erat in omni sapientia Aegyptiorum, sed quia spiritum dei accepit, quasi minister dei inanem illam. et usurpatoriam philosophiae doctrinam ueritatis rationi posthabuit et ea descripsit mihi quae nostrae spei adcommoda iudicauit, quod terram fecerit deus, quod produxerit terra iuxta dei oninipotentis imperium operationemque domini Iesu uirgulta de terris et omnem animam uiuentem secwidum genus. At non ille putauit dicendum quantum de spatio aeris occupet umbra terrae, cum sol recedit a nobis diemque abducit inferiora axis inluminans, et quemadmodum in regionem mundi huius i~cidens lunae globus eclipsis faciat, quoniam quae nihil ad nos quasi nihil
4 Reg 4, 43. r Ps 36, 17 et 19.
e
• Is 40, 12. 1s 40, 22.
h
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spose: Dallo loro e ne mangino, perché il Signore dice: Ne mangeranno e lasceranno avanzi. Dunque la vostra fede farà che sia abbondante il banchetto di questa mia povera lingua. E non temo che i digiuni vi rendano troppo ingordi, cosi che ve ne torniate pieni, ma ancora affamati e a pancia vuota, perché sta scritto: Il Signore sostiene i giusti e nei giorni della fame saranno saziati. ti molto piu bello non vergognarsi dei pani d'orzo e imbandire ciò che hai piuttosto che rifiutarlo. Eliseo, che non tenne nulla per sé, abbondò per il popolo. Eliseo non si vergognò_ d'imbandire dei pani d'orzo; noi invece proviamo vergogna d'intendere le semplici creature che sono indicate dai semplici nomi, cioè dai loro. Leggiamo cielo: intendiamo il cielo; leggiamo terra: inten. diamo la terra feconda di frutti 8 • 7. Che mi importa cercare ,la misura della sua circonferenza che i geometri hanno calcolato in centottantamila stadi? 7 • Confesso volentieri di non sapere ciò che non so, anzi di sapere cose che non mi saranno di nessun vantaggio 8• ~ meglio conoscere le specie che le dimensioni della terra: in che modo potremmo misurarle, dato. che il mare la circonda, regioni barbare s'interpongono, il terreno è sparso di paludi che lo rendono inaccessibile? La Scrittura dimostra che ciò è impossibile· agli uomini, poiché Dio dice: Chi ha misurato con la sua mano l'acqua e il cielo con il palmo e tutta 'la terra· con il pugno? Chi ha collocato i monti sulla bilancia e i boschi sul braccio della stadera? E piu sotto: Colui che regge il cerchio della terra e coloro che vi abitano come locuste, che ha costituito il cielo come una volta. Chi dunque osa rivendicare una scienza pari a quella di Dio, in modo che l'uomo presuma di disporre per la sua conoscenza di quelle nozioni che Dio con una sua decisione stabili che fossero proprie della sua maestà? 8. Certamente Mosè era stato istruito i11 tutta la scienza egiziana, ma, avendo ricevuto lo Spirito divino, quale ministro . di Dio pospose ai principi della verità quella vana ~ presuntuosa erudizione filosofica e descrisse per me quanto ritenne adatto alla nostra speranza, che cioè Dio aveva creato la terra, che aa terra, conforme il comando di Dio onnipotente e l'operazione del Signore Gesu, aveva fatto crescere dal suolo ·1e piante e tutti gli animali secondo la loro specie. Egli però non ritenne di dover dire quanto dello spazio atmosferico occupi l'ombra della terra, quando il sole si allontàna da noi e reca con sé il giorno, illuminando le regioni inferiori del cielo, e come il globo della luna, venendo a trovarsi in faccia a questo mondo, produca le eclissi, poiché trascurò le cose che non ci riguardavano in quanto non sarebbero
Vedi sopra n. 1. Tale misura fu stabilita da Tolomeo (Il sec. d. Cr.); vedi GIET, op. ctt., p. 482, n. 1. Lo stadio, pari a seicento piedi greci o seicentoventicinque piedi romani, variava da centosessantadue a centonovantotto metri circa. 8 Come la misura della circonferenza della terra; vedi PASTERIS, op. cit., p. 580,n. 111. 8
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profutura praeteriit. Vidit enim in sancta spiritu non illas marcescentis iam sapientiae uanitates sequendas, quae rebus inexplicabilibus mentem nostram occupant luduntque operam, sed ea potius describenda quae ad uirtutis. spectareni prqfec.tum.
Caput III 9. Inhaereamus igitur propheticis dictis nec spiritus sancti quasi uilia despectui habeamus adloquia. Producat inquit terra animam uiuentem pecorum et bestiarum et reptilium. Quid argumentarnur alia, ubi euidenter creaturarum terrestrium natura formatur? Currit enim in constitutione mundi per omnem creaturam dei uerbum, ut subito de terris omnia quae statuit deus animantium genera· producantur et in futurum lege praescripta secundum -genus sibi similitudinemque uniuersa succedant, ut leo leonem generet, tigris tigridem, bos bouem, cygnus cygnum, aquila aquilam. Semel praeceptum in perpetuum inoleuit naturae, et ideo ministerii sui obsequium praebere terra non desinit, ut priscae animantium species reparabili generis successione in nouas reparentur aetates. 10. Sed uis ad usum hominis deriuare quae genita su~t? Noli ueritatem unicuique generi naturae propriae denegare, et multo magis ea ad gratiam aptabis humanam, primum quia om• nia genera pecorum, bestiarum ac piscium in aluum natura prostrauit, ut alia uentre repant, alia quae pedibus sustinentur demersa magis quadripedi corporis gressu et uelut adfixa terris uideas esse quam libera, siquidem, cum erigendi se non habeant facultatem, de terra uictum requirunt et uentris, in quem deflectuntur., solas sequuntur uoluptates. Caue, o homo, pecorum more curuari, caue in aluum te non tam corpore quam cupiditate de-
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state di nessuna utilità per noi 9• Vide nello Spirito Santo che non bisognava seguire quelle vanità d'una sapienza ormai in disfacimento, che occupano la nostra mente con problemi senza soluzione e beffano la nostra ricerca, ma si . dovevano esporre quelle notizie che servono a farci progredire nèlla virtu.
Capitolo 3 9. Restiamo dunque aderenti ai vocaboli ispirati e non disprezziamo, come di poco conto, le parole che ci rivolge lo Spirito Santo. La· terra, disse, faccia uscire esseri ·viventi, quadrupedi~ fiere e rettili. Perché andiamo in cerca .di altre interpretazioni dove manifestamente si parla della formazione delle creature terrestri? La: parola di Dio, mentre il mondo viene costituito, si diffonde rapida per tutto il creato, affinché ad un tratto tutte le specie animali stabilite da Dio escano fuori dalla terra e si susseguano tutte in futuro obbedendo alla legge stabilita secondo la loro specie e somiglianza, cosi che il leone generi un leone, la tigre una tigre, il bue un bue, il cigno un cigno, l'aquila un'aquila. TI comando impartito una volta si è impresso per sempre nella natura, e perciò la terra non cessa di offrire l'ossequio del suo servizio, sicché le originarie specie animali si rinnovano in altre generazioni, succedendosi via via nell'ambito della stessa specie. 10. Vuoi rivolgere a profitto dell'uomo queste creature? Non rifiutando a ciascuna specie Ja verità della propria natura, tanto piu 1e utilizzerai a vantaggio dell'uomo, anzitutto perché la natura ha steso sul ventre ogni specie di bestiame, di fiere e di pesci, cosicché alcune strisciano sulla pancia, altre che pur si reggono sui piedi, ti sembrano sprofondate con l'incedere del loro corpo a quattro zampe e come inchiodate al suolo anziché libere, dal momento che, non potendo rizzarsi, ricavano il loro sostentamento· dalla terra e cercano soltanto i piaceri del ventre che hanno piegato in giu 1• Guardati, o uomo, dal curvarti a guisa delle bestie, guardati dal piegarti sul ventre, non tanto col corpo, quanto con i tuoi desideri sfrenati. Guarda l'assetto del tuo corpo e assumi 9
BAs., Hexaem., 188D, 189A {80DE, 81 A): Où '1ta.pCÌ -roiho '1tpoixx.&1Jao-
l'O'L«TLµo-rép«vdm:tv -rl)v iJµe-rfpa;vxoaµono,la;v, èm:,8i) où8~ m:pl oXll!J4't'V 6
'rOU0e:ou &pcb~V MOar}r; 8L&ÀéX-&7J où8è e:!m: 8~ x«l òx-rc1> µ.uptci8~ aTcx8[v .tb mp(µcrpov ~&Lv TÌ)r;-yijr;• XrLl-rò cl,;"IXÙnjr;axLxµ«~ èv -rjj ùnò yrjv -rouiJ>.Lou xtv/icm,brl n6aov X,pe:t -rou tltpor; où 8tt(J.tc'P'1'JO'& • >e«lnùic; -rou-ro-rjj a&ÀTJVO 'ltpoCtVCX~ 't'IXI; hM(q,e:tt; '7t0L&t. 'Em:t8~ 't'CX µ.'1)8h1tp~ -§Jµ&c; &>e; !xp'J'ja't'(Xd:ne:aL6>'Jtl)CtV • clpot-rou-ioufve:xe:v ch,µ6-ce:poc i)V7Jaoµ«L -ri)r;µp«v-81:lG7Jc; aocplocr; -rcx-ro~ Ilvcl~ l&"fOt; ).6yr.«; •
BAs., Hexaem., 192AB {81E): Tùiv 1trpotn68v TÒ axiilL« 1t0Tcx1e6v; 'H xcf«À~ otò-rwvml yijv npoavt\le:uxcv, !m yaa-rtpcx ~Àffl&L X!Xl -rò 't"IXO't"1jt; ~8ò èx nYTÒr; -rp6nou 8txe:,. 1
352
EXAMERON,DIES VI, SER. IX, C.
3, 1().13
flectas. Respice corporis tui formam et speciem congruentem celsi uigoris adsume, sine sola animalia prona pascantur. Cur te in edendo sternis ipse, quem natura non strauit? Cur eo delectaris in quo naturae iniuria est? Cur noctes et dies cibo intentus pecorum more terrena depasceris? Cur inlecebris corporalibus deditus ipsum te inhonoras, dum uentri atque eius passionibus seruis? Cur intellectum tibi adimis, quem tibi creator adtribuit? Cur te iumentis comparas, a quibus te uoluit deus segregare dicens: Nolite fieri sicut equu.s et mulus, in quibus non est intellectu.s •? Aut si te edacitas equi .intemperantiaque delectat et adhinnire ad feminas uoluptati est, delectet in freno maxillas tuas èamoque constringi. Si crudelitas pascit - ferarum haec rabies est, quae propter saeuitiam trucidantur -, uide ne in te quoque crudelitatis tuae uertatur inmanitas. · 11. Piger asinus et expositus ad praedam sensuque tardior quid aliud docet nisi nos uiuaciores esse debere nec desidia corporis animique pigrescere, confugere ad fidem, quae onera grauia ableuare· consuerit? 12. Fraudulenta uulpes fo~eis se latibulisque demergens nonne indicium est infructuosum esse anima! odioque dignum propter rapinam, despectui propter infirmitatem . et ideo suae incautam salutis, dum insidiatur alienis? · 13. Perdicem astutam, quae aliena oua diripiat, hoc est per• dicis alterius, et corpore foueat· suo, sed fraudis suae fructum ha• bere non posse, quia, cum eduxerit pullos suos, amittit eos, quia, ubi uocem eius audierint quae oua generauit relicta ea ad illam. se naturali quodam munere et amore conferunt quam ueram sibi matrem ouorum generàtione cognouerint significantes hanc nutricis fungi officio, illam parentis. I taque incassum proprios fundit. labores ac, fraudis sua.e pretio multatur. Vnde et Hieremias ait: Clamauit j,erdix et congregauit quae non peperit b, id est oua congregauit et clama-uit quasi ouans suae fraudis effectu, sed ludit operam, quia inpenso labore alii educit quos ipsa diuturnae fotu sedulitatis animauerit. Huius imitator est diabolus, qui generationes creatoris aetemi rapere còntendit, et si quos insipientes et sensus proprii carentes uigore potuerit congregare fouens eos inlecebris corporalibus, uhi primum uox Christi paruolis fuerit infusa, discedunt atque ad eam se conferunt matrem, quae pullos suos sicut auis materno amore conplectitur c. Congregauit enim diabolus gentiles, quos non creauerat; sed ubi in euangelio suo uocem Christus emisit, ad eum se potissimum contulerunt quos
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b e
Ps 31, 9. Ier 17, 11. Mt 23, 37.
I SEI GIORNI DELLACREAZIONE
l'aspetto d'un nobile vigore che ad esso conviene: lascia che solo gli animali pascolino rivolti a terra. Perché nel mangiare ti stendi all'ingiu 2, mentre la natura· non ti ha stèso cosf? Perché ti diletti di ciò che offende la natura? Perché notte e giorno, rivolto solo al cibo, ti pasci delle cose terrene come il bestiame? Perché, abbandonandoti agli allettamenti della carne, disonori te stesso ser·vendo al ventre e alle sue passioni? Perché rinunci all'uso dell'intelligenza che , il Creatore ti ha dato? Perché ti fai simile ai giumenti dai quali il Signore ha voluto distinguerti dicendo: Non vogliate diventare come il cavallo e il mulo che non hanno intelligenza? Oppure, se ti attrae la voracità del cavallo e la sua intemperanza 3 e ti piace nitrire alle femmine, allietati che le tue .mascelle siano costrette dal morso e dalla museruola. ·se provi gusto alla crudeltà-· questo furore è proprio delle fiere che vengono uccise appunto per la loro ferocia-, sta' attento che la tua crudeltà disumana non si volga anche contro di te. 11. L'asino, pigro, esposto ad essere preda e tardo nei sensi t, · che altro ci insegna se non· che noi dobbiamo essere piu alacri •né impigrire nell'accidia del corpo e dell'anima, ma cercare un rifugio nella fede che suole alleviare i nostri carichi pesanti? 12. La volpe fraudolenta 5 che precipita nelle fosse nascoste, non dimostra di essere un animale inutile, degno di essere odiato per le sue ruberie, disprezzato per la sua dappocaggine e· perciò incapace di garantirsi l'incolumità mentre insidia quella degli altri? 13. E l'astµta per:nice che ruba le uova altrui, cioè di un'altra pernice, e le cova col suo corpo? Ma essa non può godere il frutto del suo .. inganno, perché, una volta fatti uscire dall'uovo i pic~oli, li perde; infatti, quando questi odono la voce di colei che li ha generati, l'abbandonano e, per un affettuoso istinto di natura, vanno dall'altra che hanno riconosciuto come la vera madre perché ha generato le uova, mostrando che la prima è solo la nutrice. Perciò getta al vento le proprie fatiche e riceve la pena del suo inganno. Per tale motivo anche Geremia dice: La pernice si mise a gridare e radunò ciò che non aveva partorito, cioè raccolse le uova e levò la sua voce quasi in un grido di trionfo per il risultato del suo inganno; ma perde il suo favoro, perché, dopo tanta fatica, alleva per un'altra i piccoli che essa ha chiamato alla vita col tepore d'una lunga sollecitudine. Fa altrettanto il diavolo che cerca in ogni modo di rapire all'eterno Creatore le sue creature; e se riesce a mettere insieme alcuni esseri incoscienti e privi della capacità di ragionare per conto proprio, crogiolandoli con le lusinghe della carne, non appena la voce di Cristo penetra in quei piccoli, essi se ne vanno, rifugiandosi da quella madre che, come un uccello, abbraccia con amore materno i suoi figliuolini. Il diavolo radunò i gentili che non aveva creato; ma non appena nel Vangelo Cristo levò la sua voce, preferirono di gran lunga recarsi da Com'è noto, gli antichi mangiavano distesi su divani. BAS., Hexaem., 192 C (82 A): .&epµ.òç6 f7rnot; 1tpÒt;m,.&uµCtMovu, -iò µov«• f;c.>ljc;, 'rÒ «XOLV6>V1)TO\I 7tpÒç TÒ oµ6q>UÀOV, 0{ov y«p Ttç TUptJ.WOç 'fWV,l),6-y(J)v,8,à '")\I l:x ipuaeçumpo~Lav, 'tljV 7tpÒçTOÙi; 7t0).À0Òc; OIJ,O't'LIJ,~V où ~'t'cx3q«cxL. "Oc; ys où3~ x.S-,C~v-rpoÀM 'T't'ELÀCÌt;notplXj)UOUOCX.
BAS., Hexaem., 193A (82 D): Krxl tq,,c; -rljv iv -rote;6!p&u).µo!c; j)M(311v i~,éifk,OXl)&dc; µ«por:v.&pov. 7 BA~•• Hexaem., 193A (82 D): MÀ6>V7) 8! acxpxbçèxl8V7)t;!µq,op11&iacx,8,à: ,ijç TOu 6pty&.vou&:v-nn:1.&tlrxt; q>euytt '")V ()ì..ci~1)V 't'OUlo~6ì..ou. · 8 BAS., Hexaem., 193A (82 D): "I8otc; a·civ .>«il ci).6),mc« Tcj> 8xxpuTijc; 6
'r!lt
'ld'NOçllXtmjVlCa>µi\17)\1. 9
Cf. VBRG.,Aen., XI, 548-549:tantus se de nubibus imber / ruperat.
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EXAMERON,DIES VI, SER. IX, C. 4,. 2'0-21
mica reuocauerit. Boues inpendente pluuia ad praesaepia se tenere nouerunt. Idem ubi naturali sensu mutationem caeli collegerint, foras spectant et ultra praesaepia ceruices extendunt suas una omnes specie, ut prodire se uelle testentur. Ouis sub aduentu hiemis inexplebilis ad escam insatiabHiter herbam rapit, eo quod praesentiat asperitate hiemis defuturam, ut se prius herbae pabulo farciat quam gelu adurente omnis herba deficiat. Echinus iste terrenus, quem uulgo iriciwn uocant, si quid insidiarum prae• .senserit, spinis suis clauditur atque in sua se arma colligit, ut quicumque eum · contingendum putauerit uulneretur. ldemque echinus futuri prouidens geminas sibi respirandi uias munit, ut quando boream flaturum collegerit, septentrionalem obstruat, quando noto cognouerit detergi aeris nubila, ad septentrionalem se conferat, ut flatus declinet obuios et e regione nocituros.
21. Vnde dignam domino laudem propheta detulit dicens: Quam magnificata sunt opera tua, domine! Omnia in sapientia f ecisti t. Omnia penetrat diuina sapientia, inplet omnia, idque locupletius . ex inrationabilium sensibus quam ex rationabilium cli· sputatione colligitur; ualidius est enim naturae testimonium quam doctrinae argumentum. Cui animanti incognitum est quaemadmodum suam tueatur salutem, si virtus subpetit, resistendo, si ueloci• tas, fugiendo, si astutia, praecauendo? Quis eas usum medendi herbarumque docuit habere notitiam? Homines sumus et saepe spe• cie herbarum fallimur et plerumque quas salubres putamus noxias repp~rimus. Quotiens inter dulces epulas. cibus letalis inrepsit et inter ipsas auliconµn excubias ministrorum uitalia regum feralis esca penetrauit! Ferae solo norunt odore noxia et profutura di• scernere, nullo praeuio, nullo praegustatore carpitur herba nec laedit; melior enim magistra ueritatis natura est. Haec sine ullius
t Ps 103,24.
I .SEI· GIORNI DELLA CREAZIONE
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se non quando la formica abbia nuovamente riportato il raccolto nei propri granai 10• I buoi, quando è imminente la pioggia, sanno rimanere nella stalla; quando però con il loro istinto intuiscono un cambiamento di tempo, guardano fuori e protendono tutti con lo stesso atteggiamento il collo oltre la mangiatoia per mostrare la loro volontà d'uscire 11• La pecora, nell'imminenza dell'inverno, in. saziabile di cibo divora senza tregua l'erba, perché prevede· che le verrà a mancare per l'inclemenza dell'avversa stagione. Cosi si ingozza pascolando nei prati prima che ogni erba, bruciata dal gelo, scompaia 12• Il riccio di terra, comunemente chiamato porcospino, se si accorge di qualche pericolo, si chiude nei suoi aculei e si raccoglie nella sua armatura 13, cosi che chiunque pensi di toccarlo, ne sia ferito. Il riccio inoltre, preoccupandosi del futuro, apre, nella sua tana, due fessure per respirare: quando comprende Che sta per soffiare la tramontana, chiude la fessura rivolta a setten~ trione; quando si accorge che le nubi del cielo sono spazzate dall'austro, ricorre a quella di settentrione per evitare le raffiche dirette che gli sarebbero dannose, se prese di fronte 14• 21. Perciò il profeta ha rivolto al Signore una degna lode dicendo: Come. sono magnifiche le tue opere, Signore! Tutto hai fatto con sapienza 15• Tutto penetra la sapienza divina, tutto riempie,. ç ciò si coµ1pren9e con maggior. ric~he~a dall'istinto degli esseri irragionevoli che dalle discussioni di quelli dotati di :ragione: è piu valida la testimonianza della natura che gli argomenti dei dotti. Quale animale ignora come proteggere la propria incolumità, resistendo, se ne ha la forza, fuggendo, se è dotato di velocità, stando in guardia se possiede J'astuzia? Chi ha insegnato loro a curarsi e a conoscere le erbe? Noi siamo uomini, e spesso siamo ingannati dall'aspetto delle erbe e, per lo pili, constatiamo che quelle credute salutari sono nocive. Quante volte tra vivande squisite si è insinuato un cibo mortale e, superando la stessa vigilanza dei seryi di corte, un cibo velenoso è penetrato negli organi vitali dei re! Le fiere invece al solo odore sanno distinguere gli alimenti dannosi e quelli giovevoli; senza che nessuno si sia interposto o 'ne abbia fatto rassaggio, brucano l'erba e non fa loro 10 BAs., Hexaem., 196A (83 B): K!Xl 8,!XIYOXEL -rou-rouc;(-roùc; xocpnoÙç), 6-r«v «fo.&l)t«1. «irrwv 81.«~p6xwv• xa:l oùx lv n:xv·d npo{¼)Àet xcup,à:>J..' 6-ra.v 7tpocxl&tpoc;lv e:ù8lvn x,x-ra.a-rciae:L .~vlx8ex_6ptvjj, fi8e ,rod -roO l«poc; rcpoa1.6v-roc;, (L&VOL,lx 't'WV~ooo-ra:alwv1tpòc;-;d:c;l;68ouc; &pwcJL, 7t.&c;&va.'ltVod:c; '")V cipx-r4>a.v • v6tou 81 mU.r.v µET«p.fllov-roc;µ~.., ~opéou me:iv, cinocppciaaoV't'a. >.aµ~tivov-coc;, e:lc;rliv ,rpoa«ipXTtovµe:Tcx~lvoVTrx. 15 BAs., Hexaem., 196AB (83 CD).
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4, 21-22
magisterio suauitatem sanitatis nostris infundit sensibus, eadem doloris acerbitatem docet esse fugiendam. Hinc uita dulcior, bine mors amarior. Haec commendat leaenae catulos suos et inmitem feram materno mollit affectu. Haec tigridis interpellat ferocita• tem et inminentem eam praedae reflectit. Namque ubi uàcuum raptae subolis cubile reppererit, ilico uestigiis raptoris insistit. At ille quamuis equo uectus fugaci, uidens tamen uelocitate ferae se posse praeuerti nec euadendi ullum subpetere sibi passe subsidium technam huiusmòdi fraude molitur. Vbi -se con tingi ·ulde• rit, sphaeram de uitro proicit; at illa imagine sui luditur et subolem putat. Reuocat impetum colligere fetum desiderans. Rursus inani specie retenta totis se ad conprehendendum equitem uiribus fundit et iracundiae stimulo uelocior fugienti inminet. lterum ille sphaerae obiectu sequentem retardat nec tamen sedulitatem matris memoria fraudis excludit. Cassam uersat imaginem et quasi lactatura fetus residet. Sic pietatis suae studio decepta et uindictam amittit et subolem.
22. Quod nobis scriptura adfert, quae dicit: Filii, diligite patres uestros,· pare,ntes, nolite ad iracundiam prouocare filios uestros •, natura hoc bestiis infundit, ut catulos proprios ament, fetus suos diligant. Nesciunt illae odia nouercalia, nec mutato concubitu parentes a subole deprauantur neque nouerunt praeferre filios posterioris copulae, superioris autem neglegere. Norunt pignora sua, nesciunt caritatis differentiam, odio rum incentiua, of• fensionum discrimina. -Simplex Jferarum natura est, nescit ueritatis calumnias. Sic enim omnia dominus temperauit, ut quibus mi• nus rationis daret plus indulgeret adfectus. Quae fera pro catulis
1
Col 3, 20-21.
I SEI GIORNI DELLACREAZIONE
363
male. La natura è migliore maestra- di verità: senza che nessuno ce lo insegni, fa percepire ai nostri sensi il piacere di ciò che è sano e nello stesso tempo ci insegna ad evitare l'asprezza del dolore 16• Da un Iato la vita è phi gradevole, dall'altro la morte è piu ·amara. La nàtt.tra affida alla leonessa i leoncelli e con l'affetto materno addolcisce quella fiera crudele. Essa ostacola •la ferocia della tigre e la respinge quando sta per piombare sulla preda. Infatti, quando trova vuota la tana perché i piccoli le sono stati· rapiti, subito si mette sulle tracce del rapitore. Ma quello, sebbene in groppa a un cavallo che fugg~ a gran carriera, accorgendosi tuttavia di poter essere raggiunto dalla velocità della belva e di non avere alcuna possibilità di scampo, la inganna ricorrendo a questo stratagemma: quando si vede raggiunto, getta una sfera di vetro; quella, ingannata dalla propria immagine scambiandola per un tigrotto n, frena lo slancio volendo raccoglierlo. Di bel nuovo, dopo essere stata trattenuta da quella apparenza inconsistente, si slancia con tutte le forze per afferrare il cavaliere e, resa piu veloce dall'assillo del furore, è addosso al fuggitivo. Ancora una volta questi, gettando -la sfera, ne ritarda l'inseguimento senza che il ricordo del precedente inganno renda inoperante la premura materna. Fa girare quella vana immagine e si accovaccia come per allattare i suoi piccoli. Cosi, ingannata dallo slancio del suo affetto, perde e vendetta e prole. 22. La Scrittura ci raccomanda questo stesso sentimento dicendo: Figli, amate i vostri padri; padri, non provocate i vostri figli all'ira: dalla natura è stato impresso nelle fiere in modo che amino i propri piccoli, abbiano care le loro creature 18• Esse ignorano gli odii delle matrigne né, cambiando coniuge, i genitori diventano snaturati verso la loro prole né sanno mostrare preferenza per i figli dell'unione successiva e quindi trascurare quelli della precedente. Conoscono i frutti dell'amore, ignorano le differenze dell'affetto, gli stimoli dell'odio, le discriminazioni dell'avversione. La natura delle fiere è semplice, non sa alterare la verità. Il Signore ha stabilito in ogni creatura un tale equilibrio per cui ha concesso maggiore semplicità d'affetto a quel.Ji cui ha dato minore capacità razionale. Quale fiera non esiterebbe ad offrirsi spontaneamente alla morte in difesa dei propri piccoli? Quale fieBAS.,Hexaem., 196 B (83 DE): Elol 8~ x«l 7tc; 6 XUCa>V 'lm\"(Xt8e:uµbloc;. Tò yàp tx... oc; "t'OU&ljplou 'r«UTdiv cpCi>YT)V «cpl'r)Vnpcicrcret• ~ '")V8e:,cp-JiaLv, !-rp«XTa.xocpv !çVmunocv6v-rrovlx7tÀ'1J~r.v 1tcxpcxx.oiv, 7toÀoocxpxov t:;(pl)Ydv«L xcxl auµ,mpopl)µévov -rò al:>µa. ToOT(t> d µéyY)V ,rpoCYIX)"E:'t'IXL xcxl TÒ.1to't'Òvdvr.µéi't'cxr..•AX>J,.xal &.8r.cip&p~&EL
Ò1to-
xttp,ovijµi'v x«·danJaEV 6 E>cò,;,&ou xocl 8,8ocax6µevovauv,~oc, x«L -ru'7t'T6JUVov ••• >UfflX8éxe:a&otL 1 BAs., Hexaem., 201 C (86 CD): Où µ6vov 3t l:v TOic;µt:yci).oL,;-ri'i>v(cj>c.>v -rljv cù3tv lM't"'t'OV ffl~Lxvlcxcrrov aoq,(,xv~ecrr, xrt-rL3tiv,cl).M xocl !v TOi,;JLLXpo-tUTOLt; CNV«yELpotL 't'Ò &otuµcx-. "Oam:p ycxp où µIDov ,&ocuµciCc.> -rà:t;µtycO.cxç.'t'V6pi'i>v
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EXAMERON,DIES VI, SER, IX, C,
6, 37-38
quam murem, quia terribilis helefanto est. Naturae igitur haec potentia est, ut terribilia aliis aliis meticulosa sint. Est enim do• nata praerogatiua quaedam singulis creaturis, ut quibusdam priuilegiis propriis fulciantur. Formid~bilis tauris helefantus, murem timet. Leo quidem rex ferarum exiguo scorpionis aculeo exagitatur et ueneno serpentis occiditur. Eximia leonis pulchritudo: comantis ceruice toros excutit uel sublato pectore adtollit ora: sed quis non miretur tam breui scorpionis aculeo, ut incorporeum putes, ingentium corporum exire mortem?
38. Nec hoc quispiam reprehendat, quod creator serpentis creaturis suis et alia uel animantium uel herbarum genera uenenata miscuerit. Nata sunt enim haec ad correptionem nostram, non ad deformationem. Nam quae ignauis aut infirmibus aut impiis plerumque offensioni atque terrori sunt, aliis usui ita sunt haec ut paedagogi paruolis. Amari uidentur, acerbi et molesti, formidabiles uerbere, libertatem lasciuiendi .negant; necessitatem disciplinae exigunt, pueriles animos, ne luxu defluant, terrore constringunt, ideoque horum austeritate ,frugi euadunt, sobrii, continentes, laudi magis quam ludo dediti. Vides quid terribilia illa flagella proficiant? Sic et serpentes flagella sunt eorum quibus infirma animi aetas et quaedam puerilis mentis est uirtus: ceterum .fortioribus nocere non possunt. Denique confidenti in domino dictum est: Super aspidem et basiliscum ambulabis et conculcabis leonem et draconem b, Paulum momordit uipera, et putabant eum quasi peccatorem uix de naufragio seruatum uene• no esse moriturum: sed· posteaquam inuiolabilis mansit excussa in ignem uipera, plus apud intuentes uenerationis inuenit e, S.!d et ipse dominus ad omn~s ait: Qui crediderit et baptizatus fuerit hic saluus erit,· qui uero non crediderit damnabitur d. Signa au-
b e d
Ps 9, 13. Act 28, 3-6. Mc 16, 16.
I SEI GIORNI DELLACREAZIONE
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dunque la potenza della natura; creature, che incutono spavento ad altre, di fronte ad altre sono vinte dalla paura. Infatti alle singole creature è stata data per cosi dire la prerogativa di sentirsi sostenute da talune doro speciali qualità. L'elefante, che incute terrore ai tori, teme a sua volta il topo. Il leone, che pure è il re delle fiere, è messo in agitazione dal piccolo pungiglione dello scorpione e ucciso dal veleno del serpente. La bellezza del scuotendo la testa agita la criniera che ne leone è straordinaria: ricopre la muscolatura e solleva il muso gonfiando il petto 1 ; ma chi non si stupirebbe che dal pungiglione dello scorpione, pur tanto corto che lo crederesti immateriale, esca la morte per corpi · cosi imponenti? 38. E nessuno critichi il fatto che il Creatore abbia mescolato ·alle sue creature ·anche altre specie,· sia ·d'animali che di vegetali, fornite di veleno. Queste sono nate per correggerci, non per danneggiarci. Le creature che per lo piu provocano danno o terrore negli ignavi, nei deboli, negli empi, agli altri giovano cosi come i maestri ai bambini 3 • I maestri sembrano duri, aspri, pedanti, temibili perché usano la sferza, non lasciano la libertà di scapricciarsi, impongono una rigida disciplina, frenano col terrore l'animo dei fanciulli perché non si lascino andare alla dissipazione, e cosi, per effetto della loro austerità, diventano onesti, assennati, capaci di controllarsi, piu preoccupati d'avere buon nome che di divertirsi. Vedi quali vantaggi recano quelle terribili sferze? Cosi anche i serpenti sono una sferza per coloro che sono spiritualmente in età ancora immatura e hanno una virtu dell'animo, diciamo cosi, ancora infantile; del resto essi non possono nuocere a chi è piu forte. A chi confida nel Signore è stato detto: Cam-
minerai sull'aspide e sul basilisco e calpesterai il leone· e il serpente. Una vipera aveva morso Paolo, e pensavano ch'egli, perché peccatore, a malapena scampato dal naufragio, sarebbe morto avvelenato; ma quando. egli, scossa la. vipera nel fuoco, rimase illeso, ottenne da parte dei presenti una piu grande venerazione 4 • Lo stesso Signore disse a tutti: Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; chi invece non crederà, sarà condannato. Disse poi che quexopucp~ç, cxt -ré;>?tÀ"1jalovetvcxt -rwv veaoucnTb XEt(.LtptoV, -1j't1)Vb, ".CXLç cpcxpcty;L XOLÀ6-nj't..eewòvciel -ròv ,; xcxl lv 'tcxi,; &:yocµcu TÒVtÀtV XCXTCX(T)(EUOCLç oÙ (.LOCÀÀOV 6-tt cpo(3ep6çfo·n 'téj>t).icpcxvtt• ~ -tò ÀE'ft't'Mot'C'OV -rou axopxlou xbn-pov ... ·3 Cf. VERG.,Aen., XII, 6-7: mouet arma leo, gaudetque comantis / excutiens 0
ceruice toros. 3 BAs., Hexaem., 201 D, 204 A (86 B):
Kcxl µ7J8elç tyxll).e:C'C'CJ> 'C'OO'foulvEXEV 't' '7t0Ll)tjj,g.'U[o~6ÀcX t« xcxl vmtcrlryqgv • ~ 8' oU'C'CJ> 8' &v 'ttç x«l '7ttXt8«yCJ>y tyx«)..0(7J elç -r«~tv clyov-n '"I" sùxo).lcx,,,Tij,; VE&n)-roç xcxl '1t'À-1Jycxt,; x«l (.L(lçtjLtv&v-8-pc.>1t0v. •Axoue:Lc;,o )(pLCl"L"01-UXXE, O't"L -rcji >eoLvc.>vcj> 'tijt;: 81)µLoupyL«ç 1rpoa8uxÀéyt-rcxL .•• z BAs., Hexaem., 205 BC (87 E, 88 A): ou-rc.>>C0Ct-rò !x&pòv Tijc; &,).~~e; yévoc;ol 'Iou8«i'ot O"t'&VoxoopouµtvoL, noìJ.ci, _cpcxa(v,!O"TL -r« np6ac.>nctnpòc; oOc;6 À6yoc;y/;yove:-rou 0e:ou. Toic; cxy-yi).oLt; Y«? liye:L -roic;ncxpe:O'TOOO'LV cxù-rcj>, 'JtOL~O'c.>p.evclv-8-pC1>,rov, 'Iou8cttxòv -rò 'JtÀcia!-'et, Tijc; i:>µcxm:pLfflOUeotl-roùc;6µ080uÀouc;i)µwv xupfo-ut;'JtOtoùcn-rijc;~µtrtpcxç 87>µtoupy(cxç. Vedi PHILO, De op. mundi, 24: Iloti)a(a)µtv1 6-n-e:pi:µcpa.(ve:L auµ"Jtcxpi>..l)q,tv (l'aver associato a sé) htpc.>v, «À7jc; 18p~c; xa.xoupyjj, s BAS., III, 216D M. 6 Cf. VERG.,Aen., Ili, 524: ltaliam laeto socii clamore salutant.
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aut ad alas suas ut aues, quo tuta quiete potiantur. Nobis autem in summa corporis parte constitui oculos oportuit tamquam in aree et ab omni uel minima offensione defendi, quae duo sibi · conpugnantia uidebantur. Nam si in humili essent propter tutamen, munus inpediretur, si in uertice, paterent ad iniuriam. ltaque ne uel usu muneris aliquid detraheretur uel aliquid ad propulsandam iniuriam prospiceretur, eo loco oculos constituit, cui supercilia desuper non minimum protectionis inpertiant, subter malae aliquantulum eleuatae haut exiguum munitionis adiungant, interiorem partem saepiant nares, exteriorem quoque frontis malarumque gibbi extuberantes et lic~t ossuum compage conexa et aequata confinia circumuallare uideantur. Inter haec medii sunt oculorum orbes et tuti ad cauendum et ad intuendum liberi et decori ad gratia:m. utpote in crystalli speciem refulgentes. In quorum medio pupillae sunt, quae uidendi munus operantur. Haec ne qua incidentis iniuria offensione laedantur, pilis bine inde consertis uelut quodam uallo per circuitum muniuntur, unde tutum auxilium sibi postulans propheta ait: Custodi me, domine, ut pupillam oculi d, ut protectionis diuinae fieret ei tam sollicita et tuta custodia quam pupillam oculi tutissimo quodam naturae uallo munire dignatus est, :simul quia innocentia et integritas leui sorde aspersa uiolatur et gratiae suae munus amittit et ideo prospiciendum, ne quis eam puluis erroris oblimet aut ulla uexet festuca peccati, quia scriptum est: Bice primum trabem de oculo tuo et tunc uidebis eicere festucam de oculo fratris tuie.
61. ltaque propter · oculos ferunt medendi periti cerebrum hominis in capite locatum, alias autem nostri corporis sensus propter . cerebrum finitimo quodam esse domicilio constitutos. Initium · enim neruorum et omnium sensuum uoluntariae commotionis cerebrum est atque inde omnis eorum quae diximus causa manat. Initium autem arteriarum et insiti caloris, quo animantur ·et tepefiunt uitalia, cor esse plerique arbitrantur. Sensuum autem singulorum uelut organum nerui sunt, qui uelut cordae et fides quaedam de cerebro oriuntur et per partis corporis in singula quaeque officia deriuantur. Ideoque mollius est ceteris cerebrum, quia omnis suscipit sensus. Vnde et nerui, qui referunt uniuersa quae uel oculus uiderit uel auris audierit uel odor inalauerit uel lingua increpuerit uel os saporis acceperit. Quod enim
d
Ps 16, 8.
e
Mt 7, 5.
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ca 7 e che fossero protetti da qualsiasi anche minima offesa,· esigenze queste due che sembravano fare a pugni tra loro. Infatti, se fossero collocati in basso per la loro sicurezza, ne sarebbe impedita -la funzione; se nel punto piu alto, sarebbero esposti all'offesa. Perciò, affinché nulla venisse tolto alla loro funzione e, d'altra parte, si prendesse ogni precauzione per scongiurare il danno, lddio ha collocato gli occhi in una posizione dove i sopraccigli superiormente garantiscano una protezione tutt'altro che trascurabile, al di sotto le guance alquanto sporgenti aggiungano una non piccola difesa, le narici ne proteggano a guisa di siepe la parte interna, mentre le prominenze rigonfie della fronte e delle guance e la linea di demarcazione delle ossa 8 , che pur formano una compagine strettalllep.te c.onnessa e spianata, sembrino circondarne come d'un bastione la parte esterna. ·1n 'mezzo a tutto questo si trovano i globi oculari, protetti dai pericoli, liberi nel guardare, splendidi nella loro bellezza perché risplendenti a guisa di cristallo. Al loro centro si trovano le pupille che esercitano la funzione visiva. Queste, per non essere offese da qualche ,lesione provocata da un corpo estraneo, sono protette tutt'intorno, da una parte e dall'altra, da peli che s'intrecciano strettamente fra loro, come una palizzata 9• Perciò il profeta, chiedendo per sé wi sicuro aiuto, dice: Custodiscimi, Signore, come la pupilla dell'occhio, affinché la custodia della protezione divina fosse per lui cosi premurosa e sicura come Dio si era degnato di difendere le pupille dell'occhio con 4na palizzata naturale assolutamente valida e, nello stesso tempo, perché l'innocenza e l'integrità, contaminate se raggiunte da una lieve impurità, perdono il privilegio , della bellezza, e quindi bisogna stare attenti che nessun pulviscolo d'errore le insudici, giacché sta scritto: Togli prima la trave dal tuo occhio e allora vedrai di togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello. 61. Gli esperti di medicina dicono che· il cervello dell'uomo sia stato collocato nella testa per la presenza degli occhi e che invece gli altri sensi del nostro corpo siano stati fissati in una zona confinante per la presenza del cervello. Infatti il cervello è il punto di partenza dei nervi e di ogni sensazione provocata dalla volontà e di qui deriva ogni causa dei fenomeni sopra esposti. Invece il punto di partenza delle arterie e del calore innato, che anima e riscalda gli organi vitali, i piu ritengono che sia il cuore. Dei singoli sensi sono poi organo i nervi che, come le corde di una lira, hanno origine dal cervello e si diramano attraverso le parti del corpo per esercitarvi ciascuno la propria funzione. E il cervello è piu molle degli altri organi, perché riceve tutte le sensazioni. Perciò tali sono anche i nervi che trasmettono tutto ciò che o l'occhlo vede o l'orecchio ascolta o l'odorato annusa o la lingua 7 Cf. C1c., De nat. deor., II, 56, 140: Sensus autem interpretes ac nuntii rer~m in capite tamquam in aree miri/ice ad usus necessarios et facti et · collocati sunt. · 8 Con/ inia è soggetto con gibbi. 9 Cf. Cxc.,· De nat. deor., II, 57, 143: Munitae sunt palpebrae tamquam uallo pilorum, quibus et apertis oculis, si quid incideret, repelleretur.
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molle ad conpassionem aptius, quod autem durum ex aliquo rigore neruorum ad agendum efficacius. 62. Praestantissimum quoque audiendi munus est et uisui suppar gratia. Ideo aures extantiores sunt, ut et ornatus decorem praeferant et excipiant omne illud quidquid de u~~tice sordium umorisue defluxerit, simul ut in earum sinibus uox repercussa sine offensione interioris ingrediatur anfractus. Nam nisi ita esset, quis non ad omnem fottioris sonum uocis adtonitus redderetur, cum inter ista subsidia frequenter inprouiso ictus clamore nos obsurdiscere sentiamus? Tum uelut quaedam propugnacula uideas pr~etendere aduersum frigoris asperitatem calorisque flagrantiam, ut neque frigus penetret ductus ·patentes neque nimius adurat aestus. Sinuatio autem interiorum aurium modulandi quendam numerum -praestat et disciplinam, siquidem per anfractus aurium quidam cythmus efficitur et modulis quibusdam ingressae sonus uocis exprimitur. Tenaces praeterea sermonis accepti ipsos esse anfractus aurium usus ipse nos docet, siquidem uel in concauis montium uel in recessu rupium uel in anfractu fluminum uox auditur dulcior et responsa suauia referens echo resultat. lpsae quoque sordes aurium non inutiles, quae ligant uocem, ut tenacior eius in nobis et memoria sit et gratia.
63. De naribus autem quid loquar, guae biuio et procero foramine antrum quoddam recipiendis odoribus praestant, ut non perfunctorie odor transeat, s~d diutius inhaereat naribus et earum ductu cerebrum sensusque depascat? Ideo diutius odor fraglat acceptus quam sermo resonat aut uisus apparet. Plerumque quod momento breui fueris odoratus toto tibi die spirat in naribus. Per eas quoque purgamenta capitis defluunt et sine fraude atque offensione aliqua corporis deriuantur. 64. Est etiam non mediocris sensus in tactu atque in eo uoluptas gratissima, .sincerum iudicium; plerumque enim tactu probamus quae oculis probare non possumus. 65. Postremum quoque officium est oris aut linguae, quod tamen omnibus uires ministrat. Nam neque oculi uigorem uidendi haberent, nisi uirtutem substantiae corporalis acciperent, quae cibo defertur et potu, neque aures audiendi aut nares odorandi aut manus tangendi, nisi corpus omne confortetur alimentis. Deficimus enim uiribus, nisi eas cibi conpetentis adsiduitate repa-
63, 3. diutus Schenkl mani/ est o mendo typ.
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fa rison?,re o il gusto percepisce.
Infatti ciò che è molle è ph'.i adatto a subire le impressioni, mentre ciò- che è resistente è pili efficace nell'agire per una certa rigidezza dei nervi. è anche la funzione dell'udito e quasi 62. Importantissima uguale in pregio a quella della vista. Gli orecchi sono alquanto sporgenti sia per conferire un decoroso ornamento sia per raccogliere ogni sudiciume o umore che scenda dalla sommità del capo e, nello stesso tempo, perché la voce, echeggiando nelle loro pieghe, vi penetri senza danno del condotto piu interno. Se non fosse cosi, chi non rimarrebbe stordito ad ogni suono di voce un poco piu forte, dal momento che, nonostante questi accorgimenti, spesso ci sentiamo assordati quando ci colpisce un improvviso clamore? Inoltre vedresti che costituiscono• una difesa, come dei baluardi, contro il rigore del freddo e l'ardore del caldo, di modo che né il freddo penetri nei condotti spalancati né li riscaldi l'eccessivo calore. La sinuosità dell'orecchio interno consente poi un certo ritmo regolare nella modulazione del suono, giacché, far• mandasi una specie di cadenza, attraverso i condotti auricolari il suono della voce che penetra assume un~ particolare scansione. Inoltre anche la nostra esperienza ci insegna che le stesse cavità auricolari conservano a lungo il suono delle parole udite, se è vero che sia nelle cavità montane sia nelle rupi solitarie sia nelle anse dei fiumi la voce si sente pili dolce e l'eco rimbalza rinviando gradevoli suoni 10• Lo stesso cerume degli orecchi non è inutile, perché conserva la voce in modo che pili a lungo ne rimanga in noi il ricordo ed il piacere. 63. Che dire poi delle narici? Mediante una duplice e profonda apertura formano una specie di cavità per la percezione degli odori, in modo che lo stesso odore non passi superficialmente, vi rimanga a lungo impresso e attraverso il loro condotto provochi nel cervello una sensazione piacevole. Per questo l'odore percepito conserva la fragranza pili a lungo di quanto non risuoni la voce o si mostri l'immagine. Spesso per tutto il giorno ti rimane nelle narici un profumo annusato per un breve istante. Attraverso le narici defluiscono anche gli spurghi del capo e si disperdono senza danno o disgusto del corpo. 64. Anche nel tatto esiste una sensibilità non trascurabile, perché consente sensazioni gradevolissime e valutazioni· del tutto aderenti alla verità; molte volte infatti con il tatto constatiamo · ciò che non possiamo constatare con gli occhi. 65. L'ultima funzione è quella della bocca o della lingua, la quale tuttavia conferisce forza a tutti gli altri organi. Infatti né gli occhi avrebbero la capacità di vedere, se non ricevessero l'energia della sostanza corporea che viene fornita dal cibo e dalla bevand.a, né gli or~hi avrebbero quella di ascol~are o ,le narici quella di odorare o le mani quella di toccare, se tutto il corpo non venisse sostentato dal nutrimento. Le nostre forze vengono meno, 1° Cf. VERG.,Georg., IV, 49-50: ubi concaua pulsu / saxa sonant uocisque olf ensa resultat imago.
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remus. Denique confecti fame nullis· oblectantur sensuum uoluptatibus, sed quasi exortes eorum delinimenta non sentiunt. 66. Quid ego describam dentium uallum, quo conficitur cibus et plenae fit uocis expressio? Quae sine dentibus alimonia delectaret? Denique aeui maturos plerumque cernimus hoc ipso citius senescere, quod amissis dentibus nullam possint cibi uirtutem ualidioris adsumere. Ideo muta infantia, quia non habet adhuc organum uocis. 67. Linguae quoque non solum in loquendo, sed etiam in edendo munus pretiosissimum est Ea enim uelut plectrum loquentis et quaedam edentis est· manus, quae defluentem cibum dentibus suggerit et ministrat. Vox quoque aeris quodam remigio uehitur et per inane portatur eademque ui sua aerem ·uerberat, nunc conmouet, nunc demulcet audientis adfectum, iratum mitigai, fractum erigit, solatur dolentem. Sit igitur nobis canorum commune cum auibus, sed apud quem quo sono uocis utatur, quod est rationabile, non potest cum omnibus animantibus inrationalibus scilicet · esse commune. Nam et ipsi sensus communes nobis sunt cum animalibus ceteris, sed tamen non eadem bis ceterae animantes industria utuntur. Erigit et bucula ad caelum oculos, sed quid spectet ignorat, erigunt ferae, erigunt aues, omnibus est liber aspectus, sed soli inest homini eorùm quae aspiciat affectus interpres. Spectat oculis ortus obitusque signorum, uidet ornamentum caeli, miratur stellarum orbes, fulgores quoque diuersos intellegit singulorum, quando uesperus surgat, quando Iucifer, cur ille uespertinus, hic matutinus inradiet, quos motus Orion habeat, quod luna defectus, quemadmodum sol suos norit occasus, circuitus quoque cursus sui sollemnitate custodiat. Audiunt quoque animantes ceterae, sed quis praeter hominem audiendo cognoscit? Secreta sapientiae solus homo ex omnibus generibus quae in terris sunt auditu et meditatione et prudentia colligit, qui potest dicere: Audiam quid loquetur in me dominus deus 1 hoc est pretiosissimum, quod homo divinae vocis fit organum et corporalibus labiis exprimit caeleste oraculum, sicut illud
f
Ps 84, 9.
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se non le ricostituiamo continuamente con il cibo appropriato. Pertanto, coloro che· sono sfiniti per l'inedia non ricavano alcuna soddisfazione dai piaceri dei sensi, ma, come se ne fossero privi, non ne sentono le attrattive. 66. Perché dovrei descrivere la chiostra dei denti che serve a masticare il cibo e ad articolare esattamente le parole? Senza i denti quale vivanda sarebbe gradita? 11• Di conseguenza spesso vediamo invecchiare rapidamente le persone mature proprio perché, avendo perduto i denti, non possono nutrirsi con cibi piu sostanziosi. E l'infanzia non sa parlare, perché non ha ancora quest'organo della voce. 67. È utilissima la funzione della lingua non. solo nel parlare, ma anche nel mangiare. Essa infatti è come un plettro per chi parla 12 e una mano per chi mangia, che· porta sotto i denti e distribuisce il cibo che tende a scendere verso lo stomaco. Anche la voce è trasportata, in un certo senso, dalle del vento e si diffonde nel vuoto e inoltre con la sua intensità sonora sferza l'aria: ora commuove, ora rasserena l'animo di chi ascolta, placa chi è· adirato, incoraggia èhi è abbattuto, conJorta chi è addolorato. Anche se abbiamo in com~ne con gli uccelli ,la capacità di emettere suoni armoniosi, tuttavia non può essere evidentemente comune con tutti gli animali irragionevoli l'elemento razionale esi. stente nell'uomo 13 quando emette tale suono con la sua voce. Con gli altri animali abbiamo in comune persino i sensi; tuttavia le altre creature viventi non li usano con la medesima nostra ingegnosità .. Anche la giovenca alza gli occhi al cielo, ma non sa che cosa vede; li alzano le fiere, li alzano gli uccelli, tutti sono liberi di vedere, ma solo nell'uomo è insita la disposizione atta ad interpretare ciò che vede. Contempla con gli occhi il sorgere e il tramontare delle costellazioni 14, vede l'ornamento del cielo, ammira i globi delle stelle, riconosce la differente luminosità di ciascuno di essi, sa quàndo sorga Vespero, quando Lucifero, perché quello brilli alla sera, questo al mattino, quali movimenti abbia Orione, quali fasi la luna, come il sole conosca il suo tramonto e come mantenga immutabilmente il percors9 della sua orbita. Anche le altre creature viventi odono; ma chi· all'infuori dell'uomo conosce per mezzo dell'udito? Solo l'uomo, fra tutte le specie esistenti sulla terra, con l'udito, ·1a riflessione, il discernimento conquista i segreti della· sapienza, lui che può dire: Ascolterò che cosa mi dirà il Signore I ddio. Ed è un dono preziosissimo
ali
BAs., III, 218A M. Cf. C1c., De nat. deor., II, 59, 149: ltaque plectri similem linguam nostri solent dicere, chordarum dentes, nares cornibus iis qui ad neruos resonant in cantibus. " apud quem = apud eum qui. 14 Cf. C1c., De nat. deor., II, 61, 153: Soli enim ex animantibus nos astrorum ortus, obitus ·cursusque cognouimus; Sai. 103, 19: Fecit lunam in tempora, sol cognouit occasum suum. 11
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est: Clama. Quid clamabo? Omnis caro f aenum g. Accepit quod diceret et clamauit. Sibi habeant prudentiam suam qui radio caeli spatia terrarumque describunt, sibi habeant intellectum suum, de quo dicit dominus: Et intellectum prudentium reprobabo h. Neque numeros orationis ac modos et modulos musicae sapientiae hoc constituam loco, sed eam sapientiam definio, de qua dicit propheta: Incerta et occulta sapientiae tuae manifestati mihi 1•
68. Quid autem loquar de osculo oris, quod pietatis et caritatis est signum? Osculantur se et columbae, sed quid ad humani osculi uenustatem, in quo amicitiae insigne humanitatisque praefulget, in quo plenae caritatis fidelis exprimitur adfectus? Vnde dominus uelut prodigii genus in proditore condemnans ait: I uda, osculo filium hominis tradis? 1• Hoc est: caritatis insigne conuertens ad signum proditionis. et infidelitatis indicium pacis hoc pignore uteris ad officinam crudelitatis? Bestiali igitur oris obsequio inferentem potius necem quam caritatis foedera· deferentem diuinae arguit uocis oraculo. Illud quoque praecipuum est, quod soli homines ore exprimimus quae corde sentimus itaque cogitationes tacitae mentis oris sermone signamus. Quid est igitur os hominis nisi quoddam sermonis adytum, fons disputationis, aula uerborum, promptuarium uoluntatis? Absoluimus uelut quandam humani corporis regiam, in qua sit licet quaedam quantitas portionis, forma tamen uniuersitatis est.
69. Sequitur guttur, per quod toto corpori uitale commercium et spiritus huius conmeatus infunditur. Succedunt brachia • et ualidi lacertorum tori, ualidae ad operandum manus et procerioribus digitis habiles ad tenendum. Hinc aptior usus operandi, bine scribendi elegantia .et ille calamus scribae uelociter scribentis m, quo diuinae uocis exprimuntur oracula. Manus est quae cibum ori ministrat, manus est quae praeclaris eminet- factis, quae conciliatrix diuinae gratiae sacris infertur altaribus, per quam offerimus et sumimus sacramenta caelestia, manus est quae operatur pariter atque dispensat diuina mysteria, cuius uocabulo non dedignatus est, se dei filius declarare dicente Dauid: Dextera domini fecit uirtutem, dextera domini exaltauit men. Manus est quae fecit omnia, sicut deus dixit omnipotens: Nonne manus mea fecit haec omnia? 0 • Manus est totius corporis propugnaculum, capitis I
Js 40, 6.
h i 1
1s 29, 14; 1 Cor 1, 19.
o
Is 66, 2.
Ps SO, 8. Le 22, 48. m Ps 44, 2. n Ps 117, 16.
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che l'uomo diventi strumento della voce divina e con le labbra del corpo pronunci parole ispirate come questa: « Grida ». « Che cosa griderò?». « Ogni carne è erba». Ascoltò ciò che doveva dire e -levò la sua voce. Si tengano il loro senno coloro che con un bastoncello disegnano gli spazi del cielo e della terra 15, si tengano la loro intelligenza di cui il Signore dice: Riproverò l'intelligenza dei sap(e~1ti.E qui l)O_ncol)sidererò sapienza 16 le clausole oratorie e i ritmi o le melodie musicali, ma· intendo. quella sapienza di cui dice il profeta: Tu mi hai rivelato le verità oscure e segrete della
tua sapienza. 68. Che dire poi del bacio, segno d'affetto e d'amore? Si baciano anche le colombe; ma che rapporto può esserci con la gentilezza del bacio umano in cui risplende l'insegna dell'amicizia e dell'amabilità, in cui si esprime il sentimento sincero dell'autentico amore? Perciò il Signore, condannando nel traditore come un atto mostruoso, dice: Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo?, cioè, mutando il segno dell'amore in segno dì tradimento e in prova d'infedeltà, ti servi di questo pegno di pace per una macchinazione di crudeltà? Con la sentenza della sua voce divina ·smaschera colui che, col ripugnante omaggio della sua bocca, gli recava la morte invece di dimostrargli la fedeltà nell'amore. :e.importante anche il fatto che solamente noi uomini esprimiamo con la bocca i sentimenti del nostro cuore e cosi suggelliamo con le parole che ci escono dalle labbra i pensieri della mente che non parla. Che è dunque la bocca dell'uomo se non l'intima sede dei discorsi, la fonte delle discussioni, ·1a reggia delle parole, il magazzino della volontà? Abbiamo finito di trattare del capo che è come il palazzo imperiale del corpo umano, nel quale, sebbene sia quantitativamente soltanto una parte, ha sede ciò che regola il tutto. · 69. Subito dopo viene la gola, attraverso la quale penetra nell'intero corpo lo scambio vitale ed entra quest'aria che respiriamo. Seguono le braccia e i vigorosi rilievi dei muscoli, le mani robuste nell'operare e adatte ad afferrare con la punta delle dita. Di qui la particolare attitudine al lavoro, di qui l'eleganza nello scrivere e la famosa penna dello scriba che scrive velocemente, mediante la quale si esprimono gli oracoli della voce divina. È la mano che porta il cibo alla bocca, è la mano che si distingue per illustri imprese, che per conciliarsi la protezione divina si posa sui sacri altari, quella per mezzo della quale offriamo e riceviamo i sacramenti celesti; è la mano che compie e distribuisce ugualmente i divini .misteri, quella con il cui nome il Figlio di Dio non ha sdegnato d'indicarsi quando Davide dice: La destra del Signore ha compiuto .atti di valore, la destra del Signore mi ha esaltato. ~ la mano che ha fatto ogni cosa, ç:ome ha detto Dio onnipotente: Non è la mia mano che ha fatto tutto questo? La mano è un baluardo per l'intero corpo, una difesa per il capo: pur essendo col-
15
1s
Cf. VERG., Aen., VI, 849-850: caelique ,neatus. / describent radio. Intendi: hoc loco sapientiae.
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defensatrix. Quae cum sit loco inferior, totum uerticem comit et honesto uenustat ornatu. 70. Quis digne explicet pectoris cratem uentrisque mollitiam? Aliter enim uiscera molliora non possent :foueri et intestinorurn sinus duris haut dubie ossibus laederentur. Quid tam salutare quam ut pulmo cardi finitimo limite iungeretur, ut, cum exarserit cor ira et indignatione, pulmonis sanguine atque umore citius temperetur? Ideoque et mollis pulmo est, quia madet semper, simul ut rigorem indignationis emolliat. Haec ideo strictim percurrirnus, ut tamquam indocti obuia perstringere, non tamquam medici plenius scrutare uideamur et persequi quae naturae latibulis abscondita sunt.
71. Lien quoque cum iecore habet u1cm1am fructuosam, qui dum adsumit quo ipse pascatur, abstergit quidquid sordium deprehenderit, ut per fibras iecoris minutiores ciborum possint tenues atque subtiles reliquiae transire, quae · uertantur in sanguinem uiribu~que proficiant, non cum fimi sordibus egerantur. Intestinorum uero circumplexi orbes et sine aliquo licet nodo sibi tamen inuicem nexi quid aliud nisi diuinam prospicientiam creatoris ostendunt, ut non cito esca pertranseat et statim ab stomacho decurrat? Quod si fieret, iugis famis et continua uorandi libido hominibus gigneretur. Exinanitis enim uisceribus et exhaustis, dum momentaria effusione uacuarentur, necesse erat inexplebilem atque insatiabilem cibi et potus generari cupiditatem, quam sine dubio mors matura sequeretur. -Ideoque prouide conficitur primum esca in utero superiore, deinde in iecore quoquitur eiusque uapore digestus transfunditur sucus eius in reliquas corporis partes eaque substantia artus aluntur humani, quam iuuenes accipiunt ad incrementum, senes ad perseuerantiam, reliquum autem uelut superfluum per intestina deducitur et per illud ex transuerso. ostium deriuatur. 72. Denique etiam in Genesi arca Noe ad -fabricam humani corporis ordinatur, de qua dixit deus: Fac tibi arcam ex lignis
quadratis. Et nidos f acies in ea et bituminabis eam intus et foris bitumine. Et sic facies arcam P et: Ostium uero facies ex transuerso, inferiora autem arcae bicamerata et tricamerata facies q. Hoc ergo significat dominus, quod ostium ex posteriore sit parte, per quod egerantur ciborum superflua. Decore enim creator noster ductus reliquiarum a uultu hominis auertit, ne dum curuamur, inquinaremus aspectum. Simul illud considera, quod ea quae puP
Gen 6, 14. 6, 16.
11 Gen
71, 17. relicum Schenkl reliquum codd. paene omnes.
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locata piu in basso, ne acconcia la parte superiore e lo abbellisce con un decoroso ornamento. 70. Chi potrebbe spiegare adeguatamente la gabbia toracica e la morbidezza del ventre? In caso contrario, non potrebbero essere protetti i visceri piu delicati, mentre le anse intestinali sarebbero indubbiamente lese dalla durezza delle ossa. Che cosa contribuisce tanto alla salute quanto il fatto che i polmoni siano congiunti al cuore e ne siano confinanti, sicché, quando il cuore si infiamma d'ira e di sdegno, viene raffreddato prontamente dal sangue e dall'umidità del polmone? Per questo motivo il polmone è anche spugnoso, pèrché è costantemente imbevuto d'umidità per allentare la tensione provocata dallo sdegno. Trattiamo brevemente di questi argomenti perché sia chiaro che riassumiamo da incompetenti nozioni elementari e non già da medici li approfondiamo, indagando ciò che la natura ha nascosto nel nostro corpo. 71. Anche la milza si trova vantaggiosamente vicina al fegato, essa che, mentre ne ricava il proprio nutrimento, filtra tutte le impurità che vi trova, sicché attraverso le piccolissime fibre del fegato possono passare tutti i minuti e sottili resti dei cibi che si trasformano in sangue e accrescono le forze, senza essere eliminati tra i rifiuti delle feci .. E le anse intestinali, strettamente intrecciate fra loro pur senza presentare nodi, che altro rivelano se non la divina previdenza del Creatore, affinché il cibo non passi troppo in fretta, uscendo subito fuori dallo stomaco? Se accadesse questo, si provocherebbe negli uomini una fame perenne e una continua, irresistibile. voglia di mangiare. Infatti, nei visceri completamente svuotati per il loro scaricarsi istantaneo, si produrrebbe necessariamente una bramosia di cibo e di bevanda inestinguibile ed insaziabile che senza dubbio sarebbe seguita da una rapida morte. Perciò, prima il cibo viene elaborato provvidamente nello stomaco, poi viene dissolto nel fegato e, digerito mediante il calore di questo, il suo succo passa nelle altre parti del corpo; le membra dell'uomo traggono alimento da tale sostanza, che i giovani ricevono per crescere, i vecchi per sopravvivere, mentre il resto, come superfluo, si inoltra attraverso l'intestino e si scarica per la nota apertura posteriore. 72. Appunto ad imitazione del corpo umano anche nella Genes_ivien~ costruita l'arca. di Noè, della quale lddio disse: Fabbri• cati un'arca di legni squadrati. E in essa ricaverai delle celle e la spalmerai di bitume dentro e fuori. E cosi farai l'arca; e ancora: Farai però la porta posteriormente, mentre dividerai lo spazio inferiore in due e tre piani. Il Signore dunque vuol dire che deve essere dalla parte posteriore la porta attraverso la quale scaricare il superfluo dei cibi. Opportunamente, infatti, il nostro Creatore tenne lontano dal volto· dell'uomo gli scarichi degli escrementi per non contaminare la nostra vista nell'atto in cui ci curviamo 11• E nello stesso tempo rifletti che le parti che sono oggetto di mag-
17
Cf.
XENOPH.,
Comm., I, 4, 6; AMoR.,De Noe, 8, 24.
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EXAMERON,DIES VI, SER. IX, C,
9, 72-74- C. 10, 75
doris plena sunt eo loco constituta sunt, ubi operta uestibus dedecere non ·possint. 73. Venarum pulsus uel infirmitatis internuntius uel salutis est. Eadem tamen cum toto diffusae corpore sint, neque nudae atque intectae sunt et ita leuibus operiuntur uisceribus, ut explorandi copia sit et celeritas senticndi, quando nulla est uiscerum crassitudo, quae pulsum possit obducere. Ossa quoque omnia tenui· operta sunt uiscere et rcuincta· neruis, praecipue tameri capitis leui tecta sunt corio et, quo possint aliquod aduersus imbres et frigora habere munimen, capillis densioribus uestiuntur. Quid de genitalibus loquar, quae uenis e regione ceruicis per renes lumbosque deductis suscipiunt genitale seminium ad munus et gratiam procreandi? 74. Quid de officio pedum, qui totum corpus sine ulla sustinent oneris iniuria? Flexibile genu, quo prae ceteris domini mitigatur offensa, ira mulcetur, gratia prouocatur. Hoc enim patris summi erga filiwn donum est: V t in nomine domini omnes genu
curuent caelestium et terrestrium et inf ernorum et omnis lingua confiteatur quoniam dominus I esus in gloria dei· patris est r. Duo enim sunt quae prae ceteris deum mulcent, humilitas et fides. Pes itaque exprimit humilitatis affectum et sedulae seruitutis obsequium, fides aequat filium patri atque utriusque eandem gloriam confitetur. Recte autem non plures, sed duo sunt homini pedes; quaterni enim pedes feris ac beluis sunt, bini auibus et ideo unus quasi de uolatilibus est homo, qui alta uisu petat et quodam remigio uolitet sublimium sagacitate sensuum. Et ideo de eo dictum est: Renouabitur sicut aquila iuuentus tua s, eo quod proprior sit caelestibus et sublimior aquilis, qui possit dicere: Nostra autem
conuersatio in caelis est t.
Caput X 75. Sed iam finis sermoni nostro sit, quoniam completus est dies sextus et mundani operis summa conclusa est, perfecto uidelicet homine, in quo principatus est animantium uniuersarum et summa quaedam uniuersitatis et omnis mundanae gratia creaturae. Certe deferamus silentium, quoniam requieuit deus ab om-
r Phil 2, 10-11.
• Ps 102, 5. Phil 3, 20.
t
I ·sEI GIORNIDELLACREAZIONE
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gior pudore sono state collocate là dove, coperte dalle vesti, non possono essere causa di disagio 18• . 73. Il battito delle vene è messaggero o della malattia o della buona salute. Esse tuttavia, siccome si diramano per tutto il corpo, non sono né scoperte né prive di protezione, ma sono coperte da tessuti cosf leggeri da offrire la possibilità di seguirne il percorso e la facilità di percepirne il battito, quando lo spessore della carne non è tale da occultarlo. Anche tutte le ossa sono coperte da un sottile strato di carne e congiunte insieme dai nervi; soprattutto quelle del cranio sono protette da una leggera pelle e sono rivestite da una fitta capigliatura per poter avere una difesa contro la pioggia e il freddo. Che dire delle parti genitali che, mediante le vene che scendono dalla nuca, attraverso le· reni e i lombi ricevono il seme prolifico per la funzione e il dono della procreazione? 74. Che dire della funzione dei piedi che sostengono tutto il corpo senza avvertire la fatica del suo peso? Il ginocchio è flessibile: piegandolo, piu che con qualsiasi altro atto si placa l'offesa recata al Signore, se ne mitiga l'ira, se ne .ottiene la grazia. Questo ~ infatti il dono del sommo Padre al Figlio: Perché nel nome del Signore tutti, quanti sono frz cielo, in terra e sotto terra, pieghino il ginocchio e ogni lingua proclami che il Signore Gesu è nella gloria di Dio Padre. Due sono le virtu che piu delle altre placano Dio: l'umiltà e la fede. Il piede perciò esprime il sentimento· di umiltà e l'ossequio d'una premurosa servi;tu, la fede pone il Figlio alla stessa altezza del Padre e riconosce ad entrambi la medesima gloria. Giustamente poi i piedi dell'uomo sono due e non di piu; infatti le fiere e le bestie ne hanno quattro ciascuna, due gli ·.uccélli, e perciò l'uomo appartiene, per cosi dire, agli alati, perché con la sua vista mira a ciò che sta in alto e con l'acutezza dei suoi sentimenti piu nobili si libra come su ali 19• E perciò di lui è stato detto: Si rinnoverà come aquila la tua giovinezza, perché è _piu vicino alle cose celesti e s'innalza piu delle aquile, lui che può dire: La nostra vita invece. è nei cieli.
Capitolo 10 75. Ma ormai è tempo di porre fine al nostro discorso, perché è finito il sesto giorno e si è conclusa la creazione del mo_ndo con la formazione di quel capolavoro ch'è l'uomo, il quale esercita il dominio su tutti gli esseri viventi. ed è come il culmine dell'universo e la suprema bellezza d'ogni essere creato. Veramente dovremmo mantenere un reverente silenzio, poiché il Signore si
te Cf. AMBR., De off .• I, 18, 78. BAs., De hom. struct., I. 13.
19
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10, 75-76
nibus mundi operibus a. Requieuit autem in recessu hominis, re• quieuit in eius mente atque proposito; fecerat enim hominem rationis capacem, imitatorem sui, uirtutum aemulatorem, cupidum caelestium gratiarum. In bis requiescit deus, qui ait: Aut super quem requiescam. nisi super humilem et quietum et trementem uerba mea? h. · 76. Gratias ago domino deo nostro, qui huiusmodi opus fecit, in quo requiesceret. Fedt caelum, non lego quod requieuerit, fecit terram, non lego quod requieuerit, fecit solem et lunam et stellas, nec ibi lego quod requieuerit, sed lego quod fecerit hominem et tunc requieuerit habens cui peccata dimitteret. Aut forte tunc iam futurae dominicae passionis praecessit mysterium, quo reuelatum est quia requiesceret Christus in homine, qui requiem sibi praedestinabat in corpore pro hominis redemptione secundurn quod ipse dixit: Ego dormiui et quieui et surrexi, quoniam
a b
Gen 2, 2. 1s 66, 1-2.
I SEI GIORNI DELLACREAZIONB
riposò da ogni opera del mo, si riposò nella sua creato .J'uomo dotato di sue virtu, bramoso' delle lddio che ha detto: O su
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mondo. Si riposò poi nell'intimo dell'uomente e nel suo pensiero; infatti aveva ragione, capace d'imitarlo, emulo delle grazie celesti 1• In queste sue doti riposa
chi riposerò, se non su chi è umile, tranquillo e teme le mie parole?
76. Ringrazio il Signore Dio nostro che ha creato un'opera cosi meravigliosa nella quale trovare il suo riposo. Creò il cielo, e non leggo che si sia riposato; creò la terra, e non leggo che si sia riposato; creò il sole, la luna, le stelle, e non leggo che nemmeno allora si sia riposato; ma leggo che ha creato l'uomo e che a questo punto si è riposato, avendo un essere cui rimettere i peccati. O forse già allora si preannunciò il mistero della futura passione del Signore, col quale si rivelò che Cristo avrebbe riposato nell'uomo, egli che predestinava a se stesso il riposo in un corpo umano per la redenzione dell'uomo, secondo quanto egli stesso affermò: I o dormii e riposai e mi levai, perché il Signore mi ha accolto 2 • Infatti lo stesso Creatore si riposò. A lui onore,
1 L'entusiasmo di S. Ambrogio per la creazione dell'uomo - che ha dato in queste ultime pagine slancio lirico alla sua prosa· - arriva alla dottrina dell'uomo come sintesi di ogni valore creato, come «microcosmo». Il tema era già stato accennato (cf. p. 345), ed è collegato col « riposo di Dio». Dio si astiene da ogni altra opera· perché col « capolavoro ch'è l'uomo» la creazione del mondo si conclude: egli è « il culmine dell'universo e la suprema bellezza d'ogni essere creato ». ~ il senso antropologico del mondo, che prende significato dalla sua intenzione prima, anche se ultima nell'attuazione, cioè l'uomo. Una tale visione è senza dubbio capace di far superare radicalmente un pessimismo nella valutazione delle creature compresa la realtà materiale, che entra a costituire l'uomo stesso. Ma non solo Dio « riposa » dopo la creazione dell'uomo: egli « riposa » nell'uomo, « dotato di ragione, capace di imitarlo, emulo delle sue virtu, bramoso delle grazie celesti ». L'uomo è cosi il luogo di Dio, della sua presenza e abitazione nel mondo, della sua imitazione e comunione. [I.B.] 2 Dio si riposa, secondo S. Ambrogio, propriamente non per il fatto di aver ·creato l'uomo comunque, ma l'uomo in quanto « essere cui rimettere i peccati ». ~ questo tino dei punti phl caratteristici e uno dei motivi piu alti della sua originalità. ~ come dire che Dio, per un disegno misterioso e mirabile, le cui ragioni appartengono al suo insondabile segreto, quando decide di creare vuole esprimere di sé come prerogativa ultima e compiuta la sua misericordia. Crea l'uomo per essere misericordioso. Senza dubbio non crea l'uomo peccatore o perché pecchi, ma certamente la passione del Signore, il riposo di Cristo. nella morte redentiva, rappresenta il senso della creazione, prefigurato dal riposo di Dio al termine dei sei giorni. Il peccato, che è in ogni modo male, consente a Dio di manifestarsi come colui che perdona, e che, appunto riposando, non ha altro da fare e da rivelare, poiché nel mondo, al di fuori cioè di lui, Dio ha fatto tutto. Questa concezione ambrosiana non è occasionale, ma ricorrente, e ci piace riportare espressamente alcuni testi sorprendenti:
Maluit enim Deus plures esse quos saluos facere posset, et quibus donaret peccatum, q'uam unum solum Adam, qui liber esset a culpa (De Paradiso, 41).
Non gloriabor quia iustus sum: sed gloriabor quia redemtus sum. Gloriabor, non quia uacuus peccatis sum, sed quia mihi remissa sunt peccata. Non gloriabor quia profui, neque quia profuit mihi quisquam: · sed quia pro me aduocatus apud Patrem Christus est: sed quia pro me Christi sanguis effusus est. Facta est mihi culpa mea merces redemptionis, per quam mihi
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EXAMERON, DIES VI, SER. IX, C.
10, 76
dominus suscepit me c. Ipse enim requieuit qui fecit. Cui est honor gloria perpetuitas a saeculis et nunc et semper et in omnia saecula saeculorum amen.
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I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE
gloria, perennità secolì. Amen.
dai secoli e ora e· sempre e per tutti
1
secoli dei
Christus aduenit. Propter me Christus mortem gustauit. Fructuosior culpa, quam innocentia. lnnocentia arrogantem me fecerat, culpa subiectum reddidit (De Iacob et uita beata, /, 21). Non dixerat Adae: Mecum eris,· quia sciebat illum esse casurum, ut redimeretur a Christo. Felix ruina, quae reparatur in melius (Explan. ps. 39, 20). Plus..., Domine I esu, iniuriis tuis debeo quod redemtus sum quam operi• bus quod creatus sum. Non prodesset nasci, nisi redimi profuisset (Exp. Eu. scc. Luc., Il, 41-42). Etiam lapsus .sanctorum utilis: nihil mihi nocuit quod negauit Petrus; pro/uit quod emendare! (Exp. Eu. sec. Luc., X, 89). Amplius nobis profuit culpa, quam nocuit: in quo redemptio quidem nostra diuinum >n.unusinuenit (De instit. uirg., 104). Uniuersorum itaque culpa operata est subiectionem, subiectio humilitatem, humilitas obedientiam. Itaque quia superbia culpam contraxerat, e contrario culpa obedientiam generauit (Ep. 78, 6). Non si può non rilevare l'affinità tra le espressioni ambrosiane Felix ruina, quae reparatur in melius, Amplius profuit culpa, quam nocuit, Non prodesset nasci, 11isi redimi profuisset e quelle dell'Exsultet romano: O felix culpa, quae talem ac tantum meruit ltabere Redemptorem, Nihil. .. nobis nasci pro.fuit, nisi redimi profuisset. Non è mancato chi ha attribuito a S. Ambrogio la composizione dell'Exsultet (cf. per la questione e la relativa bibliografia P. BORELLA, op. cit., pp. 404-405).t?.interessante notare che « le frasi (dell'Exsultet) O certe necessarium Adae peccatum ... O felix culpa quae talem ac tantum meruit Redemptorem, erano nel medio evo da molti ritenute eccessive. Infatti, in molti Mss. del• l'Exsultet o mancano o sono cancellate» (M. RIGHBTII, op. cit., p. 262, n. 54). Cf. anche G. COPPA, Esposizione del Vangelo secondo Luca/1, cit., p. 185, n. 3. Notiamo che in questa concezione dell'uomo creato come colui al quale Cristo· rimetterà i peccati nella passione, e progettato· come il luogo dell'esercizio della misericordia divina, pone le premesse per una visione unitaria del piano di Dio in questo universo concreto: l'Uomo-Dio Redentore non è un contingente e occasionale, sopravvenuto, ma il fine stesso della creazione, per una scelta di cui sfugge ogni logica razionalmente ed esaurientemente comprensibile. Quanto abbiamo notato sopra riguardo alla • positività • del peccato trova qui il suo fondamento: il peccato nel disegno di Dio serve per il dono della misericordia e la grazia del perdono. Perciò S. Ambrogio, che pure ha vivissimo il senso del male nel mondo, si sofferma ammirato a illustrare ciò che Dio sa operare proprio attraverso il peccato nell'uomo che se ne pente e si converte. La parola definitiva e piu vera per il santo vescovo non è la colpa, che diviene secondaria, ma la conversione, la purificazione e la grazia che redime. Cf. p. 239, nota. [I.B.]
INDICI
INDICE SCRITTURISTICO
GEN
1, 1: I, 2, 5 1, 2: I, 7, 25 1, 2: I, 8, 28 1, 2: I, 8, 29 1; 2-3: I, 9, 33 1, 3: I, 9, 33 1, 4: I, 9, 34 ·1, 4-5:· IV, 3, 8 1, 5: I, 9, 35 1, 5: I, 10, 36 1, 6-7: Il, 2, 4 1, 7: Il, 3, 8 1, 8: II, 4, 15 1, 9: III, 1, 1 1, 9: III, 2, 7 1, 9 (Sept.): lii, 2, 7 1, 9: III, 3, 12 1, 9 (Sept.): III, 5, 20 1, 10: II, 5, 18 1, 10: III, 2, 7 1, 10: III, 3, 13 1, 10: III, 4, 19 1, 10: III, 5, 20 1, 10: III, 5, 20 1, lt': . I, 4, 13 1, 11: III, 6, 25 1, 11: III, 7, 31 1, 11: III, 9, 41 1, 11: III, 11, 47 1, 14: IV, 2, 5 1, 14: IV, 3, 8 1, 14: IV, 4, 12 1, 14: IV, 5, 21 1, 20: II, 4, 16 1, 20: V, 1, 2 1, 20: V, 12, 37 1, 20: · V, 14, 45 1, 20: V, 21, 70 1, 24-26: VI, 2, '4
*
1, 26: III, 7, 32 1, 20: VI, 7, 40 2, 2: VI, 8, 49 2, 2: VI, 10, 75 2, 19 ss.: V, 7, 19
3, 19: Ili, 10, 45 3, 19: VI, 7, 43 4, 4, 6, 6, 6,
2: I, 7, 25 20-21: I,_ 8, 28 3: VI, 6, ·39 14: VI, 9, 72 16: VI, 9, 72 7, 11: III, 2, 9 7, 20: III, 3, 14 8, 1: III, 2, 9 9, 20: III, 17, 72 9, 21: III, 17, 72 14, 19: I, 3, 8 14, 22: I, 3, 9 27, 27: III, 8, 36 27, 27: III, 17, 72 27, 28: III, 17, 72 46, 27: VI, 8, 46 47, 9: I, 10, 36 47, 9: IV, 5, 22 Ex
2, 5. 10: I, 2, 6 2, 11: I, 2, 6 2, 15: I, 2, 6 3, 2-3: IV, 3, 9 3, 14: VI, 7, 41 4, 12: I, 2, 7
4, 22: I, 4, 15 7, 12: IV, 8, 33
12, 2: I, 4, 13 12, 2: I, 4, 13 12, 6-8: I, 2, 6 14, 21:. III, 2, 9 15, 6: II, 1, 3 15, 8: II, 3, 11
* Il presente indice contiene le citazioni riportate in calce al testo latino.
426
INDICE SCRITTURISTICO
NuM
Ps
21, 8: IV, 8, 33 24, 20: I, 4, 14
1, 3: III, 17, 71 2, 8: I, 5, 19 3, 6: VI, 10, 76 8, 9: II, 4, 15 9, 13: VI, 6, 38 13, 2: I, 7, 26 13, 2: IV, 8, 32 15, 10: V, 23, 79 16, 8: IV, 5 22 16, 8: VI, 3, 13 16, 8: VI, 9, 60 18, 1: I, 4, 16 18, 2: Il, 4, 15 22, 6: I, 10, 36 23, 2: III, 1, 6 23, 2: V, 7, 17 31, 9: VI, 3, 10 32, 6: I, 8, 29
DEUT
4, 9: VI, 6, 39 4, 9: VI, 7, 42 4, 24: IV, 3, 10 5, 11: VI, 8, 50 6, 5: III, 17, 70 8, 11: VI, 8, 50 8, 11-14: VI, 8, 51 8, 17: VI, 8, 53 19, 4-5: I, 8, 31 28, 23: II, 4, 16 32, 11-12: V, 18, 60 34, 10: I, 2, 6 3 REG
5, 13 (4, 33): III, 15, 64 16, 29-33: II, 4, 16 21 (20), 28: III, 1, 3 4 REG
4, 4, 4, 6, 6,
39: VI, 2, 5 4041: VI, 2, 5 43: VI, 2, 5 6: III, 2, 9 28 ss.: V, 3, 7
TOB
6, 1: VI, 4, 17 11, 5 (9): VI, 4, 17
Ioa 1, 1: I, 7, 25 9, 6: I, 6, 22 9, 7: IV, 1, 2 26, 6-8: I, 6, 22 26, 7: I, 6, 22 26, 11-13: I, 6, 22 33, 4: I, 8, 9 37, 27: II, 3, 12 38, 1: I, 6, 22 38, 4-6: I, 6, 22 38, 8: III, 3, 13 38, 10-11: I, 6, 22 38, 10-11: III, 2, 10 38, 36 (Sept.): I, 6, 22 38, 36 (Sept.): V, 9, 25 38, 41: V, 9, 25 39, 19 ss.: V, 9, 25
32, 7: III, 2, 9 32, 9: I, 3, 8 32, 9: I, 7, 27 32, 17: Ili, 1, 3 32, 17: V, 11, 34 33, 8: III, 12, 50 33, 15: I, 8, 30 33, 16: I, 9, 34 33, 16: V, 24, 88 36, 6: IV, 3, 8 36, 6: IV, 5, 22 36, 17.19: VI, 2, 6 .. 36, 25: .VI, 8, 51. 36, 28: I, 4, 14 41, 2: III, 1, 4 44, 2: V.I, 9, 69 49, 11: III, 8, 36 50, 8: VI, ·9, 67 54, 7: IV, 4, 18 57, 6: IV, 8, 33 71, 5: IV, 8, 31 71, 7: IV, 8, 32 71, 19: IV, 1, 2 72, 20: VI, 7, 42 74, 4: I, 6, 22 75, 9: I, 7, 26 76, 17: III, 1, 2 77, 16: III, 2, 9 79, 9-12: III, 1, SO 79, 14: III, 1, 4 83, 7: III, 1, 3 84, 9: VI, 9, 67 88, 12-13: III, 3, 13 88, 37-38: IV, 8, 31 89, 10: I, 10, 36 92, 3-4: III, 1, 6
INDICESCRITIURISTICO
92, 4: III, 1, 6 92, 4: VI, 6, 37 94, 4: I, 6, 22
15, 16: V, 8, 23 15, :17: V, 8, 23 16, 5: · I, 4, 12
94, 5: UI, 4, 17
16, 16: V, 17, 56 23, 32: V, 7, 19 23, 33: V, 7, 19 27, 27: III, 1, 5
95, 5: .II, 2, 5 101, 26-28: I, 6, 24 102, 12: IV, 6, 25 102, 12: VI, 9, 79 103, 5: I, 6, 22 103, 6: Ili, 2, 9 103, 15: lii, 12, 49 103, 19: IV, 2, 7
103, 24: I, 3, 8 103, 24: I, 5, 17
103, 24: V, 9, 5 103, 103, 103, 103, 103, 103,
24: VI, 4, 21 25: V, 1, 4 27-28: IV, 2, 6 30: I, 8, 29 30: IV, 2, 6
32: I, 6, 22 104, 34: III, 16, 67 106, 33: Hl, 4, 17 HO, 10: I, 4, 12
113, 3: Il, 1, 2 113,3: II, 3, 11 113, 11 (3 b): Il, 2, 5 117, 16: VI, 9, 69 118, 2.5-6: II, 1, 3 118, 90-91: IV, 2, 5 123, 7: IV, 4, 18 127, 3: III, 12, 52 135, 8-9: IV, 2, 5 ,135, 8-9: IV, 2, 7 135, 8-9: IV, 5, 24 136, 2: III, 13, 53 138, 6: VI, 8, 50 148, 3: IV, 1, 2 148, 4: II, 2, 6 148, 4-5: Il, 3, 10 148, 5: I, 6, 24 148, 5: I, 9, 33 148, 5-6: Il, 3, 10 148, 7: II, 4, 17 150, 1: II, 4, 16 PROU
1, 7: I, 4, 12 5, 15: III, 12, 49 6, 6: VI, 4, 16 6, 8a-b (Sept.): V, 21, 70 8, 22: I, 4, 15 8, 27: I, 4, 12 8, 29-30: I, 4, 12 11, 13: III, 13, 56
30, 8: VI, 8, 53 30, 9: VI, 8, 53 ECCLE
1, 4: I, 6, 22 1, 7: III, 2, 10 2, 14: VI, 9, 55 3, 2: V, 9, 30 7, 1: VI, 8, 51 7, 24 (25): Il, 3, 10 10, 8: III, 1, 5 CANT
1, 7: IV, 5, 22 1, 8 .(7): VI, 6, 39 1, 17 {16): III, 13, 53 2, 3: III, 17, 71 2, 11-12: IV, 5, 22 4, 3: III, 13, 56 5, 1: III, 17, 71 5, 2: IV, 7, 29 6, 10 (9): IV, 8, 32 · 7, 7: III, 17, 71 7, 8: Ili, 13, 53 7, 8-9: Ili, 17, 71 7, 13 (12): III, 13, 56 8, 10: VI, 8, 49 SAP
2, 12: VI, 8, 48 5, 12: I, 7, 25 7, 20-21: lii, 15, 64 14, 12: I, 4, 12
Eccu 9, 13 (20): VI, 8, 48 23, 18 (26): I, 10, 38 27, 12: IV, 8, 31 27, 26 (29): III, 1, S 31, 28-29 (37-38): III, 17, 72
1s 1, 5, 5, 5,
6: I, 8, 38 1-2: III, 12, 50 8: V, 10, 27 8: V, 10, 27
427
428
5, 8: VI, 8, 52 9, 2: IV, 5, 22 18, 1: . I, 7, 25 23, 3: IV, 4, 19 23, 4: IV, 4, 19 24, 16 (Sept.): · I, 7~ 25 27, 3: VI, 8, 49 29, 14: Vl, 9, 67 30, 8: III, 13, 53 34, 4: I, 6, 21 40, 6: VI, 9, 67 40, 6-8: III, 7, 29 40, 12: VI, 2, 7 40, 12-13: I, 3, 9 40, 22: I, 6, 21 40, 22: I, 6, 21 40, 22: Ili, 1, 5 40, 22: VI, 2, 7 40, 22-7,3: I, 3, 9 40, 27: II, 3, 12 45, 2: III, 3, 15 49, 2: V, 23, 80 · 49, 16: VI, 7, 42 49, 16: VI, 8, 46 49, 16: VI, 8, 49 51, 6: I, 6, 21 51, 6: I, 8, 28 54, 2-3: III, 1, 5 56, 10: VI, 4, 17 58, 11: V, 23, 80 60, 19-20: I, 10, 37 65, 25: V, 2, 6 · 66, 1: VI, 8, 48 66, 1-2: VI, 10, 75 66, 2: VI, 9, 69
IER 5, 22: III, 2, 10 8, 7: VI, 4, 20 10, 0-13: I, 3, 9 1(), 14: I, 3, 9 13, 23: VI, 3, 15 16, 16: VI, 8, 50 17, 6: III, 16, 69 17, 11: VI, 3, 13 20, 12: VI, 8, 44 · 24, 5: III, 14, 50 THREN
3, 10: VI, 4, 18 3, 25: VI, 8, 46
BAR 3, 24: VI, 8, 52
INDICE SCRITTURISTICO
4, 26: III, 14, 59 4, 27: III, 14, 59 DAN
3, 56: II, 4, 15 3, 62 ss.: IV, 1, 4 3, 63-68: II, 4, 17 IOEL
1, 4: III, 6, 67 2, .11: I, 10, 37 .2, 31: IV, 5, 22 i
AM 4, 13 (Sept.): II, 4, 16 5, 18: I, 10,-37 lON
I, 2-3.15: IV, 4, 13 2, l.ll: IV, 4, 13 2, 2-3: V, 11, 35 2, 11: V, 24, 92 4, 6: V, 11, 35 AGG
2, 6 (7): I, 6, 22 2, 6 (7): IV, 1, 2 MAL
4, 2: IV, 1, 2 4, 2: IV, 5, 22
MT 1, 7-8: IV, 4, 18 3, 17: III, 5, 18 3, 17: III, 7, 32 4, 16: IV, 5, 22 5, 10: I, 10, 38 6, 26: IV, 2, 6 6, 26: V, 9, 25 6, 26: V, 9, 25 6, 28: III, 8, 36 6, 28: V, 9, 25 6, 29: III, 8, 36 6, 30: V, 9, 25 6, 30: V, 9, 25 7, 5: VI, 9, 60 7, 15: VI, 6, 39 7, 15: VI, 8, 49 8, 2: II, 1, 3 8, 20: VI, 8, 48 8, 20: VI, 8, 48
INDICE SCRITl'URISTICO
8, 24-26: III, 2, 9 8, 26: III, 5, 24 9, 30: II, 1, 3 10, 16: V, 7, 17 10, 16: V, 14, 49 10, 28: VI, 7, 43 11, 8: V, 23, 77 11, 28: III, 12, 50 12, 40: V, 11, 35 13, 24-25: III, 10, 44 13, 26: III, 10, 44 13, 27-28: III, 10, 44 13, 43: I, 10, 37 13, 47: V, 7, 17 13, 47-50: · V, 6, 15 14, 25: V, 7, 17 14, 30: V, 11, 35 14, 30: VI, 4, 27 15, 11: VI, 8, 50 15, 32: VI, 24, 91 17, 25-27: V, 6, 15 17, 27: V, 6, 15 18, 10: II, 4, 15 19, 23: VI, 8, 52 20, 34: li, 1, 3 20, 70 ss.: V, 7, 17 22, 37: III, 10, 44 23, 37: VI, 3, 13 24, 20: l, 3, 11 24, 28: V, 24, 92 24, 29: IV, 4, 12 24, 35: I, 3; 10 24, 35: I, 6, 24 24, 35: IV, 8, 31 26, 14-15.: V, 24, 89 26, 36: V, 24, 88 26, 70: .V, 11, 35 26, 74-75: V, 24, 88 27, 5: V, 24, 89 27, 75: V, 24, 88 · Mc 4, 14: III, 10, 45 4, 26: III, 10, 44 4, 26-29~ III, 10, 46 8, 25: II, 1, 3 10, 52: Il, 1, 3 14, 36: II, 2, 5 16, 16: VI, 6, 38
5, 4: V, 6, 16 5, 10: V, 6, 16 5, 10: VI, 8, 50 8, 24: III, 5, 24 8, 31: I, 8, 32 9, 58: VI, 8, 48 10, 20: I, 6, 21 10, 39: V, 24, 91 12, 7: V, 13, 41 12, 24: V, 9, 25 12, 24: V, 9, 25 12, 27: V, 9, 25 12, 28: V, 9, 25 12, 28: V, 9, 25 12, 42:. IV, 2, 5 13, 11-13: III, 12, 50 17, 37: V, 24, 92 18, 42: II, 1, 3 20, 21: I, 4, 15 21, 25: IV, 4, 12° 22, 48: VI, 9, 68 22, 61: V, li, 35 22, 61: V, 24, 88 23, 42-43: IV, 4, 13
Io 1, 1: I, 5, 19 . 1, 1: VI, 7, 41 1, 3: I, 4, 15 1, 3: I, 8, 29 1, 9: I, 9, 33 1, 9: IV, 1, 2 1, 16: IV, 8, 32 3, 14: IV, 8, 33 '' 5, 19: II, 5, 19 7, 38: III, 1, 6 8, 5: I, 2, 5 8, 16: II, 5, 19 8, 25: I, 4, 15 8, 44: I, 4, 14 9, 7: II, 1, 3 10, 30: VI, 7, 41 11, 39-44: I, 7, 27 11, 42: Il, 5, 18 11, 43-44: III, 2, 9 14, 9: VI, 7, 41 14, 30: · I, 4, 14 17, 1: IV, 2, 7 17, 14: I, 7, 25 Acr
Le 1, 77: IV, 5, 22 1, 78-79: IV, 5, 22 2, 24: V, 19, 62
7, 56: V, 6, 16 9, 8: IV, 4, 13 9, 40: IV, 4, 13 10, 15: II. 5, 20
429
430
INDICE SCRITTURISTICO
12, 7-11: IV, 4, 13 13, 11: IV, 8, 33 13, 55: V, 23, 79 17, 27-28: Ili, 7, ~1 28, 3-6: VI, 6, 38 ROM 1, 20: I, 4, 16 8, 15: IV, 1, 4 8, 20: I, 4, 15 8, 20: IV, 8, 31 8, 20-21: I, 6, 22 8, 22: IV, l, 4 8, 22: IV, 8, 31 8, 27: IV, 8, 44 8, 28-30: IV, 8, 46 8, 35: III, 13, 53 11, 36: I, 5, 19 · 13, 12: I, 10, 38 . 13, 12: IV, 8, 32
1 CoR 1, 19: VI, 9, 67 3, 3, 6, 7,
16: 17: 15: 8-9:
VI, VI, VI, V,
6, 39 6, 39 8, 47 19, 63
7, 51: I, 3, 10 - 9, 11: III, 7, 31 10, . 11, 11, 11, 15, 15, . 15,
1-2: I, 4, 14 7: VI, 8, 48 7: VI, 8, 50 14-15: VI, 9, 56 51: V, 23, 78 51-52: IV, 4, 14 52-53: V, 23, 78
PHIL
2, 2, 2, 3, 3, 3, 3, 3, 4,
7: IV, 1, 2 7: IV, 8, 32 10: VI, 9, 74 2: V, 2, 6 20: III, 12, 51 20: VI, 8, 45 20: VI, 8, 48 20: VI, 9, 74 13: II, 3, 11
Co~
1, 13-15: VI, 7, 41 1, 16: I, 4, 16 1, 16: I, 5, 19 1, 17: I, 4, 15 1, 18: VI, 7, 41 2, 8: II, 1, 3 2, 9: II, 1, 3 2, 9: V, 23, 80 3, 9-10: VI, 6, 39 3, 20-21: VI, 4, 22
1 TIM 2, 14: I, 7, 18 5, 14: V, 19, 63 6, 16: I, 9, 33
2 TIM 2, 5: VI, 8, 50 4, 7-8: V, 23, 80 PHM
1: III, 13, 53 HEBR
2 COR _3, 18: IV, 8, 45 11, 14: IV, 8, 33 12, 9: I, 8, 31 12, 9: I, 8, 31 12, 10: I, 8, 31
7, 2-3: I, 3, 9 1 PETR 5, 8: VI, 8, 50
1 Io 4, 16: III, 12, 51
GAL
2, 20: IV, 8, 32 EPH
1, 18: V, 24, 86 3, 18-19: II, 3, 9 4, 10: IV, 8, 32
APOc 1, 17: 2, 23: 14, 1: 21, 6: 21, 27:
I, 4, 15 VI, 8, 44 VI, 7, 42 I, 4, 45 VI, 7, 42
INDICE DEI PASSI DI S. BASILIO UTILIZZATI DA S. AMBROGIO*
S.
AMBROGIO
I, 2, 6
S. BAs., H exaemeron
I, 5, 17 I, 5, 18
A (2 B) AB (2 BC) C (2 D) C (2 D) B (3. A) BC (3 C) 9 AB (3 E, 4 AB) 9 B (4 AB) 12 C (5 C) 16 C (7 A) 17 A (7 B) 16 C (6 E) 17· AB (7 BD) li BC (7 DE)
I, 6, 20
13 AB (5 D) 20 A (8 A)
I, 2, 7 I, 3, 8 I,·3, 10
I, 4, 12 1,· 4, 16
I, 6, 22
I, 6, 23 I, 7, 25
i:, 7, 26
I, 7, 27 I, 8, 28 I, 8, 29 I, 8, 30
5 5 5 5 8 8
2Q AB (8 BC) 20 C (8 D) 24· A (9 A) 24 BC (10 AB) 24 D (10 C) 25 A (10 D) 25 A-28 A (10 E-11 D)
29 AC (12 CE) 29 BC (12 E) 33 C (14 E) 36 A (15 A) 29 B (12 D) 36 A (15 AB) 36 BC (15 C) 44 A (18 B) 44 B (18 C)
37 CD (16 CD) 36 D-37 A (15 DE) 37 A (15 E)
I, 8, 31
37 A (15 E) 37 C (16 C) 37 D (16 D) 40 AB (16 DE, 17 A)
* I passi di S. Basilio sonq elencati nell'ordine in cui sono citati nel commento.
432
INDICE DEI PASSI RIPRESI DA S. BASILIO
$, AMBROGIO
I, 8, 32
I, 9, 33
I, 9, 34
I, 10, 36 I, 10,·37 I, 10, 38 II, 1, 1 II, 1, 2 II, 1, 3 II, 2, 5 II, II, II, II,
2, 2, 3, 3,
6 7 8
9
II, 3, 12
II, 3, 13 II, 3, 14 II, 4, 15 II, 4, 16 II, 4, 17 II, 5, 18 Il, S, 21 II, 5, 22 III, 2, 7 III, 2, 8 III, 2, 10 III, i, 11 III, 3, 14
III, 3, 15 III, 3, 16 III,.4, 17
S. BAs., H exaemeron 40 ,C (17 B) 44 C (18 E) 45 B (19 C) 44 C (18 E-19 A) 45 B (19 BC) 45 BC (19 C) 45 C (19 D) 48 AB (20 B) 48 B (20 AB) 48 C (20 C) 49 A (20 CD) 49 A (20 D) 49 AB (20 E) 49 C (21. AB) 52 A (21 C) 52 B (21 E) 52 C (22 A) 52 C (22 A) 53 A (22 B) 56 D (23 E) 57 AB (24 AB) 57 B (24 BC) 57 D (24 BC) 60 A (24 E) 60 B (25 AB) 60 B (25 B) 64 CD (27 BC) 65 A (27 CD) 65 CD, 68 A (27 E, 28 AB) 68 B (28 C) 69 A (29 A) 69 B (29 C)· 69 C (29 D). 69 C, 72 A (29 E, 30 A) 72 B (30 A) 72 B (30 B) 72 BC (30 BC) 73 AB (30 C) 73 CD, 76 A' (31 BC) 76 C (31 E) 76 C (32 A). 77 A (32 C) 77 A (32 C) 80 D, 81 A (34 A) 81 A (34 A) 81 AB (34 BC) 84 AB (35 AB) 84 B (35 BC) 84 C (35 CD) 85 A (35 E). 85 B (36 A) 88 A (36 CD)
85 C (36 C) 89 AB (37 CD)
INDICE DEI PASSI RIPRESI DA S, BASILIO
S.
Al\tlBROGIO
III, III, Ili, III,
4, 5, 5, 5,
18 20 22 23
III, 6, 26 III, 6, 27 III, 7, 28 III, III, III, III,
7, 7, 8, 8,
29 30 33 34
III, 9, 38 I~I! 9, 39
III, 9, 40 III, 9, 41 III, 9, 42 III, 10, 43 III, 10, 44 111, 10, 45 III, III, III, III, III,
11, 47 11, 48 12, 49 12, 50 12, 51
III, 13, 55 III; 13, 56 III, 14, 58 III, 14, 59 III, 14, 60 III, 15, 62 III, 15, 63 III, III, III, IV, IV, IV, IV,
16, 66 16, 69 17, 71 1, 2 2, 7 3, 8 3, 11
IV, 4, 13
433
S. BAs., H exaemeron 89 BC (37 E, 38 A) . 88 D, 89 A (37 C) . 92 BD, 93 AB (38 DE, 39 AB) 93 B (39 C) 93 C (39 E) 96 A (40 A) 96 AB (40 C) 96 B (40 D) 96 BC (40 D) 97 C (41 D) 100 A (41 E, 42 A) 100 B (42 B) 100 BC ( 42 BC) 100 D, 101 A (42 DE) 101 B (43 A) 101 C (43 BC) .101 D . (43 C) 101 D (43 D) 101 D (43 D) 101 D (43 D) 101 D (43 D) 104 A (43 D) 101 C (43 B) 101 B (43 A) 104 A (43 E) 104 AB (43 E, 44 A) 104 B (44 A) 105 A (44 C) 105 A (44 D) 105 ·B (44 E) 105 BC (45 A) 108 A (45 C) 108 C (45 E) 109 A (46 B) 108 CD (46 A) 112 AB (47 AB) 112 BC (47 CD) 109 CD, 112 A (46 E, 47 A)
112 CD (47 D) 112 D (47 DE) 112 D (47 DE) 112 D, 113 A (47 E) 113 A-D (47 E-48 D) 113 B (4a AB) 113 B (48 AB) 105 C (45 B) 116 BC (49 B)
116 B (50 E) 120 B (50 E) 121 D, 124 A (52 BC) 124 B (52 D) 124 C (52 E) 124 CD (52 E) 128 AB (54 AB)
434
S.
INDICE DEI PASSI RIPRESI DA S. BASILIO
AMBROGIO
IV, 4, 14
IV, 4, 15 IV, 4, 16 IV, 4, 17 IV, 4, 18 IV, 4, 19 IV, 5, 21 IV, 5, 23 IV, 6, 25
IV, 6, 27 IV, 6, 28 IV, 7, 29 IV, 7, 30 IV, 8, 31 IV, 8, 32 IV, 8, 33
V, V, V, V,
1, 1 1,4 2, 5 3, 7
V, V, V, V,
3, 4, 4, 5, v. 5, V, 5,
9 10 11 12 13 14 V, 7, 18 V, 7, 19 V, V, V, V, V,
8, 21 8, 22 8, 23 9, 24 10, 26
V, 10,.27 V, 10, 28 V, 10, 29
V, 10, 30
S. BAS., Hexaemeron 128 BC (54 CD) 128 D, 129 A (54 DE, 55 A) 128 B-D (54 CD) 129 B (55 B) 129 CD, 132 A (55 C-E) 132 BC (56 AC) 132 C (56 B) 133 A {56 D) 132 B (55 E, 56 A) 133 AB (56 DE) 133 BC (56 E, 47 AB) 133 C (57 B) 133 D, 136 A {57 B-D) 136 BC (57 E, 58 A) 137 AB (58 BC) 137 CD .(58 DE, 59 A) 137 D {59 A) 140 A (59 B) 140 B-D {50 B-E) 141 A (60 A) 141 B (60 B) 141 B (60 B) 144 A (60 E, 61 A) 144 BC (61 A) 144 BC (61 B) 141 CD, 144 A '(60 DE, '61 A) 145 A (61 D) 145 A (61 DE) 148 A-C (62 DE) 148 D (63 B) 149 A (63 C) 149 A, 152 A (63 C, 64 B) 152 A (64 B) 152 B (64 E) 149 B (63 D) 149 BC (63 E) 152 C (64 E) 152 CD (65 A) 152 D, 153 A (65 AB) . 160 BC (68 B) 160 CD (68 C) 160 C (68 C) 153 C (65 DE) 153 AB (65 BC) 153 B (65 D) 160 A (67 E, 68 A) 156 AB (66 B) 156 AB (66 B) 156 B (66 C) 156 BC (66 CD) 156 C-157 A (66 DE) 157 AB (67 AB) 157 BC ( 67 BC) 157 D (67 D)
INDICE DEI PASSI RIPRESI DA S. BASILIO
S.
AMBROGIO
V, 10, 31 V, 11, 32 V, 11, 33 V, V, V, V, V,
V, V, V, V, V,
12, 36 12, 38 13, 40 13, 44 14, 45 14, 46 14, 47 14, 48 14~ 49 15, 51 16, 53
V, V, 16, 55 V, 17, 56 V, 17, 57
V, 18, 58 V, 18, 60 V, 18, 61
V, 19, 62 V, 20, 64 V, 21, 66 V, 21, 67 V, 21, 68
V, 22, 73 V, 22, 74
V, 22, 76 V, 23, 77 V, 23, 82 V, 23, 83 V, 24, 85 V, 24, 86 V, 24, 87 V, 24, 88 VI, 1, 2 VI, 1, 4 VI, 1, 5 VI, 2, 8 VI, 3, 10 VI, VI, VI,· VI, VI, VI,
3, 11 3, 3, 3, 4, 4,
12 14 15 16 17
S. BAs., H exaemeron 161 161 161 161 161 161 168 168 177 181 169 169 172 172 172 176 176 176 176
BC (69 A) C (69 B) B (69 A) C (69 B) A (68 DE) A (68 E) C (71 E, 72 A) C (72 A) AB (75 E, 76 A) BC (77 E) A (72 B) A (72 BC) AB (73 AB) B (73 B) BC (73 CD) A (74 E, 75 A) BC (75 AB) C (75 BC) CD (75 C) ,176 D-177 A (75 D) 177 A (75 D) 179 A (75 E) 180 A (76 C) 177 C (76 B) 177 C (76 C) 177 C (76 B) 180 AB (76 DE) 172 D (73 E) 173 AB (74 A)
173 A (74 A) 173 180 184 184 184 184 181 181 181
B (74 B) BC (77 A) B (78 C) B (78 D) A (78 B) D (78 E, 79 A) C (78 A) D (78 A) A (72 C) 181 B (77 D) 181 A (77 C) 181 C (77 E) 164 A (69 C) 188 C (80 C) 188 AB (80 AB) 188 D, 189 A (80 DE, 81 A) 192 AB (81 E) 192 C (82 A) 192 BC (82 A) 192 C (82 A) 192 CD (82 B) 192 D (82 B) 193 CD, 194 A (83 AB) 192 C (82 A)
435
436
S.
AMBROGIO
VI, 4, 19
VI, 4, 20
VI, 4, 21 VI, 4, 22 VI, 4, 23 VI, 4, 25 VI, 5, 30 VI, 5, 31 VI, 5, 33 VI, 5, 34
VI, 5, 35 VI, 6, 37 VI, 6, 38
VI, 7, 40 VI, 7, 41
INDICE DEI PASSI RIPRESI DA S. BASILIO
S. BAs., H exaemeron 193 A (82 D) 193 A (82 D) 193 A (82 D) 193 A (82 D) 196 A (83 B) 193 B (82 E) 193 B (82 D) 193 B (82 E) 196 AB (83 CD) 196 B (83 DE) 196 CD, 197 A (83 B, 84 A) 197 BC (84 CD) 197 C (84 E) 197 AB (84 BC) 200 A (85 A) 200 C (85 D) 200 C, 201 A (85 DE) 201 B (86 A} 201 B (86 AB) 201 BC (86 B) 201 C (86 CD) 201 D, 204 A (86 B) 204 A (86 E) 205 A (87 D) 205 BC (87 E, 88 A) 208 A (88 B)
Hom. in illud: Attende libi VI, 7, 42 VI, 8, 51 VI, 8, 52. VI, 9, 66
III, 204 AB M. 212 A 212 c 212 D 218 A
VI, 9, 74
De !zom. struccura I, 13
INDICE DEGLI AUTORI CITATI NEL COMMENTO*
AMBROSIUS
De Jacob, I, 21: VI, 10, 76
II, 1, 4: III, 17, 72 De iust. uirg., 1104: V,I, 10, 76 De Noe, 8, 24: VI, 9, 72 De off., I, 18, 78: ViI, 9, 72 I, 28, -132: VI,. 8, 52 De parad., 47: VI, 10, 76 De patr., 13: IV, 2, 7 Ep., 18, 25: IV, 2, 7 23, 4: IV, 2, 7 78, 6: :VI, 10, 76 Expl. ps., 1, 9-10: III, 6, 23 35, 26: IV, 2, 7 39, 20: V•I, •10, 76 43, 19: IV, 2, 7 43, 24: III, 6, 23 . Exp. ps., 118, 19, 30-32: III, 6, 23 Exp. Eu. sec. Luc., ·H, 41-42: VI, 10, 76 X, 37: IV, 2, 7 X, 89: VI, 10, 76 Anth. Lat., 762 R.: V, 12, 39 ARATVS
Phaen., 5 (Act., 17, '28): III, 7, 31 ARISTOTELES
De caelo, I, 8-9 (276a, 18; 277b, 27): II, 2, 5 H. A., I, 1, 488b, 12: V, 14, 49 II, .17, 508b, 13: V, 5, 12 V, 8, 542b, 4: V, 13, 40 VI, 5, 563a, 5-U: V, 20, 65 VI, 12, 566b, 8-18: V, 3, 7 ·IX, 11, 615a; 9-14: V, 20, 65 IX, 34, 619b, 23: V, 18, 61 .IX, 37, 622a, 8: V, 8, 21
* Bibbia e S. Basilio esclusi.
Meteor., I, 14, 27, 352b, 26: III,
2, 11 AVLVS GELLIVS
XIII, 31: III, 13, 53 XVII, 19, 3: IV, 1, 1 (EPIC'I., Usener 396) AVSONIVS
Mosella, 97-98; 115: V, 2, 6 CICERO
Acad., II, 17, 55: I, 1, 3 II, 17, 55: II, 2, 5 II, 26, 82: IV, 5, 26 II, 37, 118: I, 2, 6 De fin., I, 6, 17: -I, 2, 7 I, 11, 37: III, 7, 30 I, 15, 49: Hl, !11,48 V, 12, 35: IV,_4, 13 De nat. deor., I, 10, 24: I, 4, 12 I, 10, 24: I, 1, 4 I, 10, 25: I, 2, 6 I, 13, 33: I, 6, 23 I, 45, 120: I, 1, 3 II, 17, 46: I, 1, 4 II, 18, 47: I, 3, 10 II, 19, 49: I, 3, 10 II, 50, 140: VI, 9, 60 II, 57, 143: VI, 9, 60 H, 59, 149: VI, 9, 67 II, 61, 153: VI, 9, 67 III, 29, 73: V, 8, 22 (CAEc., Syneph., 209 Ribbeck) De off., I, 28, 97: V, 3, 7 De rep., VI, 16 (4, 16): I, 8, 28 VI, 17 (4, 17):. 11, 2, 6 VI, 18 (5, 18): J.I, 2, 6 VI, •18 (5, 18): H, 2, 7 1
438
INDICE DEGLI AUTORI
VI, 19 (5, 19):. II, 2, 7 De sen., 15, 51: III, 8, 34 15, 52: III, 12, 49 15, 52: III, 12, 49 15, 53: III, 12, 51 15, 53: III, 12, 52 Or., 26, 87-90: III, 5, 22 Pro Mil., 4, 10: V, 16, 55 Pro Rab. Post., 12, 35: V, 8, 22 Tusc., I, 7, 40: I, 6, 22 I, - 15, 34: III, 7, 30. (ENN., Varia, 18 Vahlen). Verr., V, 47, 84: III, 5, 23 CLAVDIANVS
De rapt. Pros., III, 263-268: VI, 4, 21 . CLEMENS
Ep., -I, 25: V, 23, 79 COLVMELLA
VIII, -17,3: III, 2, 8 HERODOTVS
II, 158: III, 2, 11 HIPPOLYTVS
Philos., 6, 3 (Diels, p. 559, 23): I, 6, 22 13, 2 (Diels, p. 565, 9): I, 1, 3 20, 6 (Diels, p. 574, 34): I, 1, 3 HORATIVS
Carm., I, 1, 15-18: IV, 4, 19
I, 32, 1-2: V, 12, 37 II, 1, 34-35: VI, 3, 15 II, 18, 1-2: VI, 8, 52 Ili, 1, 3-7: V, 10, 27 Ep., I, 2, 54: IV, 1, 1 Epod., 17, 4-5: IV, 8, 33 Sat., I, 2, 34-35: V, 7, 19 I, 9, 72-73: I, 1, 1 IVVENALIS
XIII, 23: III, 9, 38 l.ACTANTIVS
Diu. inst., VII, 3: Il, 3, 11 LVCANVS
Phars., V, 729: lii, 11, 47
LVCILI VS
1314 Marx (ENN., 622 Vahlen) apud Mar. Vict. p. 216, 13 K: III, 7, 30 LVCRETIVS
I, 24-36: VI, 8, 52 II, 32-33: III, 8, 34 II, 1052-1066: II, 2, 5 IV, 652-653: I, 4, 13 VI, 17-18:_ IV, 1, 1 ORIGENES
Rom. in Gen., I, 11: VI, 2, 3
Ovmrvs Ars., III, 249-250: VI, 9, 56 Met., I, 12-13: Il, 3, 11 I, 190: V, 10, 31 PETRONIVS
Cena Tr., 53, 12: III, 1, 5 PHILO
De aet. mundi, 3: I, 1, 3 De anim., 42 A: VI, 4; 16 De opif. mundi, 3: I, 10, 37 7: I, 4, 12 10: Il, 3, 8 24: VI, 7, 40 De prou., I, 88 A: IV, 4, 13 De uita Moys., I, 4: I, 2, 6 Quaest. in Gen., ,IV, 214: III, 17, 72 PLATO
Tim., 27d-29b: I, 1, 3 32c-33a: II, 2, 5 54e: I, 6, 22 PLINIVS
N. H., VI, 29, 165: III, 2, 11 VII, 11, 32: 111,· 9, 40 VIII, 34, 80: VI, 4, 26 'VIII, 41, 97: VI, 4, 26 VIII, 41, 101: V, 4, 26 VIII, 50, 118: III, 9, 40 IX, 15, 45: V, 5, 14 IX, 24, 79: V, 10, 31 IX, 29, 86: V, 8, 21 IX, 48, 155: V, 10, 31 X, 3, 12: V, 18, 60
INDICE DEGLI AUTORI
X, 21, 47: VI, 4, 26 X, 22, 51: V, 13, 44 X, 23, 69: III, 9, 39 X, 27, 75: ··v,23, 83 X, 32, 90: V, 13, 40 X, 72, 197: III, 9, 39 XVI, 28, 70: III, 13, 53 XVIII, 62, 231: - V, 13, 40 XVIII, 87, 362: V, 13, 43 XX, 76, 199: III, 9, 39 XXIV, 73, 117: III, 8, 37 XXV, 22, 54: III, 9, 39 XXV, 53, 92: III, 9, 40 XXV, 94, 150: III, 9, 39 _XXV,95, 154: III, 9, 39 XXVII, 28, 52: III,' 8, 37 XXIX, 14, 57: V, 13, 44 XXX, 41, 1'21: VI, 4, 26 XXXII, 1, 8: V, 10, 31 XXXII, 2, 11. 13: V, 2, 60 XXXII, 2, 14: V, 7, 18 XXXII, 2, 18: V, 2, 6 XXXII, 11, 145: V, 2, 6 XXXII, 11, 151: Hl, 4, 16 PLINIVS
Ep., VIII, 2, 4: III, 4, 16 PROPERTIVS
III, 23, 9: Ili,
13, 53
QVINTILIANVS
IV, 2, 53: III, 2, 8
Rut. Nam., 439-452: nI, SALLVSTIVS
5, 23
.
Catil., 6-12: V, 15, 52 lug., 12, 5: VI, 8, 45 79, 6: I, 8, 28 85, 10: III, 7, 30 SECVNDVS
Sent., P.rg. plzil. Graec., I, 513, 24: III, 9, 38 I, 516, 14: III, 9, 38 I, 518, 25 ss.: IV, 1, 2 I, 518, 30: Hl, 9, 38 SENECA
De ben., Il, 29, 4: III, 11, 47 De clem., I, 19, 2-4 (III, 17): V, 21, 68
STRABO
I, 38: III, 2, 11
XVII, 804: III, 2, l1 SVETONIVS
Prata, p. 206 R.: II, 3, 13 p. 254 R.: VI, 4, 24 VARRO
L.L., V, 3, 18: II, 4, 15 V, 13, 78: V, 13, 43 VERGILIVS
Aen., I, 105: III, 2, 10 I, 161: III, 2, 10 . I, 164-165: I, 8, 32 I, 174: II, 3, 12 I, 174-175: II, 3, 14 I,· 300-301: V, 16, 55 I, 301: I, 7, 25 I, 387-388: I, 8, 29 I, 607-608: III, 2, 8 II, 557-558: VI, 9, 57 II, 707-708: V, 16, 55 III, 45-46: VI, 4, 22 III, 524: VI, 9, 59 IV, 16-18: V, 19, 62 IV, 136: VI, 8, 52 IV, 402-407: VI, 4, 16 V, 20: II, 3, 11 V, 158: V, 1, 4 VI', 18-19: V, 16, 55 VI, 19: I, 7, 25 VI, 270-272: IV, 5, 22 VI, 646: V, 14, 49 674: III, 16, 65 VI, 674-675: I, 8, 28 VI, 724-726: V, 1, 1 VI, 847-848: II, 5, 21 VI, 848: VI, 9, 57 VI, 849-850: V, 24, 86 V I, 849-850: VI, 4, 23 VI, 249-250: VI, 9, 67 VII, 34: V, 12, 36 VII, 56: III, 7, 30 VII, 490: V, 14, 49 VII, 604: V, 23, 81 VII, 749: V, 21, 69 VIII, 276-277: III, 13, 54 VIII, 411-413: V, 24, 85 VIII, 655-656: V, 13, 44 VIII, 691-692: V, 11, 32 IX, 174-175: V, 15, 52 IX, 461: IV, 3, 11 X, 412: VI, 4, 20
vr.
440
INDICE DEGLI AUTORI
XI, 223: III, 7, 30 Xl, 548-549: VI, 4, 20 XII, 6-7: VI, 6, 37 XII, 283-284: VI, 4, 22 XII, 395: V, 16, 55 Bue., I, 1: ·III, 13, 54 I, 40: V, 14, 49 I, 57-58: V, 12, 39 I, 73: IV, 1, 1 I, 83: IV, 9, 34 II, 26: V, 13, 40 Ili, 83: III, 13, 53 IV, 2: III, 16, 69 . VI, 33-34: I, 4, 13 VI, 33-34: II, 3, 12 VI, 33-34: III, 8, 34 IX, 54: VI, 4, 26 IX, 57-58: V, 13, 40 Georg., I, 1: I, 8, 28
I, 1: III, 16, 65 I, 2: IV, 1, 1 I, 45-46: IV, 4, 19 I, 92-93: III, 8, 34 I, 93: III, 10, 43 I, I, I, I, I, I,
139: V, 14, 48 144: lii, 8, 34 187-188: III, 16, 65 274-275: V, 24, 85 293: V, 24, 85 298: IV, 4, 19 I, 299: IV, 4, 19 I, 361-362: V, 13, 43 I, 362-363: V, 13, 43 I, 363-364: V, 13, 43 I, 378: III, 1,· 4 I, 388: V, 12, 39 I, 432-435: IV, 9, 34 I, 508: IV, 4, 19 I, 512: V, 11, 34 II, 121: V, 23, 77 II, 152: III, 9, 38 Il, 161-164: III, 3, 15 Il, 212: III, 5, 23 II, 217-218: I, 8, 25
Il, II, II, Il, Il, II, II, Il, II,
223: I, 8, 25 317-318: I, 4, 13 328: V, 12, 38 330: III, 8, 34 330-331: I, 4, 13 336-345: I, 4, 13 343-345: I, 4, 13 376: III, 17, 71 458: V, 8, 23 II, 458-459: III, 9, 41 II, 459-471: VI, 8, 52 II, 462: Ili, 5, 23 II, 511: V, 10, 27 III, 256: VI, 5, 32 III, 284: IV, 4, 14 III, 328: V, 22, 76 III, 334: III, 13, 54 IV, 19: V, 21, 69 IV, 49-50: VI, 9, 62 IV, 71-72: V, 22, 76 IV, 109: V, 21, 69 IV, 149: V, 21, 66 IV, 153: V, 21, 67 IV, 154: V, 21, 67 IV, 158-159: V, 21, 69 IV, 159-162: V; 21, 69 IV, 163-164: V, 21, 69 IV, 168: V, 21, 69 IV, 169: V, 2, 6 IV, 169: V, 21, 69 IV, 198-199: V, 21, 67 IV, 200-201: V, 21, 67 IV, 201-202: V, 21, 67 IV, 206: V, 20, 64 IV, 210-212: V, 21, 68 IV, 212-218: V, 21, 71 IV, 231: V, 21, 72 IV, 236-238: V, 21, 69 IV, 247: V, 9, 25 XENOPHON
Comni., I, 4, 6:. VI,. 9, 58 I, 4, 6: VI, 9, 72 I, 4, 12: V, 10, 30
INDICE ANALITICO
ABISSO:
da intendersi in senso letterale, I, 8, 32; significato del termine, I, 8, 32. . ACAB (cf. Ge,abele): sotto di lui regnava l'empietà, Il, 4, 16. ACQUA:
.
tutte le cose secondo Talete hanno origine dall'acqua, I, 2, 6; si confuta chi sostiene che non vi può essere acqua sopra i cieli, Il, 3, 9-11; divisa dal firmamento~ Il, 3, 10; le acque sopra i cieli interpretate da alcuni come potenze purificatrici, II, 4, 17; cause deLla sua fluidità, III, 2, 8; tende a ri~alire al livéllo altrove mggiwito, III, 2, 9; come un unico bacino abbia potutq contenere tutte ie acque, III, 3, 14-16; cambia colore e sapore, III, 15, 62; produce effetti diversi nei frutti, III, 15, 62; differente al tatto, III, 15, 62; ha generato per prima esser-i viventi, V, 1, 2; i pesci non possono vivere fuori dall'acqua, V, 4, 10-11. · AGLIO:
aborrito dal leopartlo, usato dagli uomini, VI, .4, 28; utHe quale medicina, VI, 4, 28. ALCIONE:
sua riproduzione, V, 13, 40; giorni dell'alcione e relativa applicazione morale, V, 13, 40-42. AMBRA: , è una re~ina, III, 15, 63. ANIMA:
possiede l'eccellenza della bellezza, VI, 6, 39; dura per sempre, VI, 6, 39; immagine di Dio, VI, 7, 42-43; 8, 50; sostanza di ciò che costituisce ,l'uomo, VI, 6, 43; senza di essa fa carne non è niente, VI, 7, 43; in che senso è immagine di Dio, VI, 8, 44-45; quella del giusto difesa da Cristo, assediata dal diavolo, VI, 8, 49. ANIMALI:
.
nocivi sulla terra, innocui nel mare, V, 2, 6; dotati da Dio di particolari qualità, V, 9, 25; hanno un tempo determinato per il parto, V, 10, 30; continuità delle specie animali, VI, 3, 9; perché Dio ha fornito ad alcuni un collo corto e ad altri lungo, VI, 5, 30; perché esistono quelli velenosi, VI, 6, 38. ANNO:
il sole e la luna dividono gli anni, IV, 5, 24; bisestile, IV, 5, 24. ANTIOCHIA:
episodio del cane che in Antiochia fa scoprire l'uccisore del padrone, VI, 4, 24. API: vita delle api, V, 21, 67-72; ,loro ronzio, V, 22, 76.
442
INDJCE ANALITICO
APoLLO PIZIO:
non è suo il detto « Conosci te stesso», VI, 6, 39. AQUILA:
come mette alla prova gli aquilotti, V, 18, 60. ARIANI:
negano la bontà del Creatore del firmamento, II, 5, 20; negano che il Figlio sia creatore con il Padre, VI, 7, 40. ARCA 01 Noli: analogia col corpo umano, VI, 9, 72. ARISTOTELE:
i due .principi di ciò che esiste, I, 1, 1; sostiene l'eternità del mondo, I, 1, 3. ARMONIA DELLE SFERE:
si confuta l'affermazione che il moto delle sfere produca un suono, II, 2, 6-7. ARTI: pratiche e speculative, I, 5, 17.
Asc1uno: perché nella Genesi si usa la parola «asciutto» III, 4, 17-19.
invece di «terra»,
ASINO:
ci insegna che non dobbiamo impigrire nell'accidia, VI, 3, 11. (Oceano): ospita enormi cetacei, V, 11, 32.
ATLANTICO ATOMO:
.
una connessione di atomi non è causa di perpetua durata, I, 2, 7. AVIDITÀ:
applicazione morale dell'astuzia del granchio, V, 8, 23. AVVOLTOI:
loro verginità, V, 20, 64; annunciano ,la morte degli uomini, V, 23, 81. BACIO:
segno d'affetto e d'amore, VI, 9, 68; segno del tradimento di Giuda, VI, 9, 68. BACO DA SETA: BELLEZZA:
'
vedi
VERME INDIANO.
deMe cose create in armonia tra foro, II, 5, 2; ,del campo, III, 8, 36; 9, 42; del mare, V, 11, 34; J'anima ne possiede l'eccellenza, VI, 6, 39; superiorità del corpo umano per bellezza, VI, 9, 54. BIBBIA: vedi SCRITTURA SACRA. BRITANNIA:
.
mare che circonda le isole britanniche, marmo durissimo, V, 11, 33.
III, 3, 15; suoi sali simili a
Buoi: intuiscono un cambiamento
di tempo, VI, 4, 19.
CALDEI:
loro arti fallaci, IV, 4, 18. CAMALEONTE:
cambia il suo colore, V, 23, 77. CAMPO:
.
· sua bellezza, .III, 8, 36; non è mai senza doni, III, 9, 42. CANI: sanno difendere i pad,roni, VI, 4, 17; i cristiani ne imitino la fedeltà, VI, 4, 17; l'arcangelo Raffaele sull'esempio del cane educa Tobia al-
443
INDICE ANALITICO
Ja riconoscenm, VI, 4, 17; foro qualità quasi umane, VI, 4, 23; episodio di Antiochia, VI, 4, 24; ogni belva ammalata si cura bevendo sangue di cane, VI, 4, 26. CANTI LITURGICI:
la voce del popolo in coro loda Dio, III, 1, 5; ti canto dei fedeli fa eco ai responsori dei salmi, III, 5, 23. CARNE: l'uomo non è carne, VI, 6, 39; senza l'anima fa came non è niente, VI, 7, 43. CERVO:
,mastica ramosoe1M d'olivo ,per guarire, VI, 4, 26. CETACEI:
si nascondono nel mare oltre i lim·iti del mondo, V, 10, 28; ospitati nell'Oceano Atlantico, V, 11, 32. CHIESA:
è una, III, 1, 3; nel popolo cristiano
opera intimamente lo Spirito Santo, III, 1, 5-6; è paragonata al mare, III, 5, 23; simboleggiata dal inelograno, III, 13, 56; in essa risplende la giustizia, IV, 5, 22. Crno:
·
le piante lo offrono agli uomini e agli animali, III, 16, 65; l'uomo . non deve volgersi solo al cibo, VI, 3, 10. CICALE:
effetti del loro verso, V, 22, 76. CICOGNE:
loro ordine di volo, V, 16, 53; loro pietà verso il vecchio padre, V, 16, 55. CIELO:
sua qualità e sostanza, I, 5, 21; teorie dei filosofi 5ulla sua natura, sulJe sue proprietà e sulla sua composizione, I, 6, 23-24; ,perché non fu subito o:r:nato di stelle, I, 7, 27; destinato a .peri-re, I, 8, 28; unicità o pluralità dei cieli, Il, 2, 5-6; sbaglia chi sostiene che non vi può essere acqua sopra i cieli, II, 3, 9; nome comune rispetto a « firmamento », II, 4, 15; etimologia del nome, II, 4, 15; il sole è suo ornamento, IV, 2, 5; da intendersi in senso letterale, VI, 2, 6. COLLO:
,perché Dio ha ·fornito ad alcuni animali un collo corto, ad altri lungo, VI, 5, 30. COMUNISMO:
il cosiddetto
«comunismo»
di S. Ambrogio, VI, 8, 52.
CONVITI:
raffinat-i e sfarzosi assomig,tiano a inutili discorsi, VI, 2, 5. CoRNACCHIE:
scortano le gru in volo, V, 16, 53; loro senso di ospitalità, 54; cure per i loro piccoli, V, 18, 58.
V, 16,
CORPO UMANO:
sua superiorità per bellezza su tutti: gli altri, VI, 9, 54; sua costituzione, VI, 9, 55-74; funzione preminente del capo, VI, 9, 55-58; occhi, VI, 9, 59-60; cervello, VI, 9, 61; udito, VI, 9, 62; narici, VI, 9, 63; tatto, VI, 9, 64; bocca e lingua, VI, 9, 65-67; parola, VI, 9, 67; bacio, segno d'affetto e d'amore, VI, 9, 68; bacio, segno del tradimento di Giuda, VI, 9, 68; gola, VI, 9, 69; mani, VI, 9, 69; altre parti, VI, 9, 70-71; analogia con -l'arca di Noè, VI, 9, 72; vene, VI, 9, 73; piedi, VI, 9, 74. CoSTELLAZIONI:
loro presunto inf.lusso sulla vita degli uomini, IV, 4, 15; 4, 17.
444
INDICE ANALITICO
(vedi anche Figlio, Verbo): semina il buon seme, III, 10, 44; i Manichei lo ·rif,iutano come creatore, III, 7, 32; i Fotiniani negano la sua esistenza aiJ.momento della creazione, III, 7, 32; sole di giustizia, IV, 1, 2; 5, 22; il mistero di Cristo ,proclamato dalla ,luna, IV, 8, 32; simboleggiato da Giona, V, 11, 35.
CRISTO
DANUBIO: divide i Romani dai barbari,· II, 3, °12. DARIO (cf. Sesostri): vuole unire il Mare Indiano al Mare Egiziano, III, 2, 11. DEMOCRITO:
sostiene la pluralità
dei mondi, 1, 1, 3.
DIGIUNO:
rimedio spirituale e sua potenza, VI, 4, 28.
Dio: creatore dell'universo, I, 3, 8-10; 5, 19; non ha creato iJ. male, I, 8, 30; appare a Mosè nel .roveto, IV, 3, 9; il suo fuoco i1lumina, non brucia, IV, 3, 9; il suo fuoco iUumina i giusti, brucia gli empi, IV, 3, 10; ha dotato alcuni animali di particolari qualità, IV, 9, 25; inaccessibile agli uomini la sua scienza, VI, 2, 7; non è carne, ma spirito, VI, 6, 40; si riposò dopo aver creato l'uomo, VI, 8, 49; 10, 75-76; riposa nell'animo de1l'uomo ·, VI, 8, 49; riposa nell'intimo · dell'uomo, VI, 10, 75-76. DIRITTO DI PROPRIETÀ:
.
la terra è a ,libera disposizione di tutti, VI, 8, 52. DIVINITÀ DEL MONDO:
fallaci opinioni di alcuni filosofi, I, 1, 2; 1, 4. DONNA:
.
il suo trucco esprime il vizio, non il decoro della bellezza, . VI, 8, 47.
(Mare d'): ha un ,livello infér.iore al Mare Indiano, III, 2, 11.
EGITTO
ELEFANTE:
è ucciso dal pitone, III, 9, 40; sue caratteristiche e -abitudini, VI, 5, 31-35; modo ,per catturarlo, VI, 5, 32; suo impiego in guerra, VI, 5, 33; teme il topo, VI, 6, 37. ELEMENTI:
lotta tra loro, Il, 3, 12; loro qualità, III, 3, 18; si accordano armoniosamente fra loro, III, 3, 18. ELIMA (mago): accecato da Paolo, IV, 8, 33. ELISEO:
fa galleggiare una scuTe, III, 2, 9; imbandisce v,ivande amare, VI, 2, 5; sua fede, VI, 2, 6. EMPI:
,il fuoco di Dio brucia gli empi, IV, 3, 10. ERBA!
sua gem1inazione, III, 6, 26; perché fu creata prima del cibo per gli uomini, III, 7, 28; simbolo della vita umana, III, 7, 29-~0: succhi curativ:i delle erbe, III, 8, 37; creata prima del sole, IV, 1, 3; erbe e piante con cui gli animali si curano da sé, VI, 4, 19. ETERNITÀ DEL MONDO:
non c'è cosa sconveniente
come l'aver consiunto
f etemità
del-
INDICE ANALITICO
445
•l'opera a quella di Dio, I, 1, 2; sostenuta da Aristotele, I, 1, 3; negata da Platone che afferma il mondo imperituro, I, 1, 3; moltissimi si oppongono ad entrambi, I, 1, 3. · EUNOMIANI:
negano la bontà del creatore del firmamento, Il, 5, 20; negano che -il Figlio sia uguale al' Padre, III, 7, 3~. E USINO (Ponto): . vastissima insenatura del Mediterraneo, lii, 3, 13; meta delle migrazioni dei pesci, V, 10, 29; piu dolce di altri mari, V, 10, 29; perché è ricercato dai pesci, V, 10, 29-30. FASI:
scendendo dal Caucaso si riversa nel Ponto Eusino, III, 3, 13. FENICE:
sua leggenda, V, 23, 79; applicazione morale, V, 23, 80. Fico: la sua riproduzione ci ammonisce a non evitare chi è separato dalla nostra fede, III, 13, 56; forma delle sue foglie, III, 14, 60. FIERE:
loro affetto per i piccoli, VI, 4, 22. FIGLI:
comportamento crudele ed ,ingiusto degli uomini verso i figli, V, 18, 58; 18, 61. FIGLIO (vedi anche Cristo, Verbo): immagine del Dio invisibile, I, 5, 19; II, 5, 19; coetemo al Padre, I, ·5, 19; in lui è s•tata creata ogni cosa, I, 8, 29; uguale al Padre, II, 5, 18-19; III, 7, 32; creatore con -il Padre e uguale a Jui, VI, 7, 40-41; tale verità è negata da Ariani ed Ebrei, VI, 7, 40. FINE
DEL MONDO:
suoi segni,
rv, 4,
12.
FIRMAMENTO:
sua creazi9.ne, II, 2, 4; 3, 8; divide le acque, II, 3, 10; è nome specifico rispetto a « cielo», II, 4, 15; etimologia del nome, Il, 4, 16; messo da -alcuni in rapporto con le potenze attive, II, 4, 17; significato dell'espressione « in faccia a,l firmamento », V, 22, 73. FOLAGA:
alleva l'aquilotto
ripudiato dai suoi, V, 18, 61.
FORMICA:
sua previdenza e laboriosità, VI, 4, 16; sa spiare i periodi di sereno, VI, 4, 20. FOTINIANI:
negano l'esistenza di Cristo al momento della creazione, III, 7, 32. FRAUDOLENTI:
applicazione morale dell'astuzia del polipo, V, 8, 21. FRUTTI:
loro sesso, III, 13, 55; loro varietà, III, 13, 57; loro uso in medicina, III, 13, 57; maturati dal calore del sole, III, 14, 58; naturalmente protetti, III, 14, 59. Fuoco: quello di Dio iMum-ina, non brucia, IV, 3, 9; .illumina i giusti, brucia gli empi, IV, 3, 10. 1
GALLO:
effetti del suo canto, V, 24, 88; applicazioni morali, V, 24, 8_8-89.
· 446
INDICE ANALITICO
(cf. Acab): sotto di lei regnava l'empietà, II, 4, 16.
GEZABELE
GIACOBBE:
olezzava dell'odore della terra, III, ,16, 72; simbolo della Sinagoga, IV, 5, 22. GIONA:
,richiamato al dovere dall'acqua, 11, 35.
V, 11, 35; simbolo di Cristo, V,
GIORDANO:
risale a.Jla propria sorgente, II, 3, 11 (cf. III, 1, 2; 2, 6). GIORNO:
Ja luce chiamata gior.no, I, 9, 35; significato della parola «giorno», I, 10, 36; perché « un » giorno invece di « primo » -giorno, I, 10, 3738; II, 1, 2; la sua luce ha preceduto -il sole, IV, 1, 1; la sua durata è determinata dal sole, IV, 5, 21; il sole creato a disposizione del giorno, IV, 2, 5; 5, 24; che significa questo, IV, 2, 7; ·la sua luce è distinta da quella del sole, IV, 3, 8-9; pretesa ,infiluenza negativa del q~arto giorno, IV, 9, 34. GIUDA:
bacio del tradimento,
VI, 9, 68.
GIUDEI:
incapaci di un sano proposito e dii emendamento, VI, 3, 15; simili al leopardo per incostanza, VI, 3, 15; negano che H F,iglio sia creatore con iii Padre, VI, 7, 40. GIUSEPPE (Tribu di): benedizione di Mosè, II, 4, 16. GIUSTI:
il fuoco di Dio .i!Huminai giusti, 'IV, 3, 10. GIUSTIZIA:
quella del santo paragonata alla luce del meriggio, IV, 3, 8; risplende nena Chiesa, IV, 5, 22; quella da cui der.iva la giustif.icazione appartiene all'anima, non ail corpo, VI, 8, 46. GRANCHIO:
sua as,tuzfa per procurarsi H oibo, V, 8, 22; applicazione morale agli avidi, V, 8, 23. GRU:
loro turni di guardia, V, 15, 50; loro ordine di volo, V, 15, 51. IMMAGINE:
Il Figlio è l'immagine del Dio inv,isibile, I, 5, 19; H, 5, 19. INCONTENTABILITÀ:
degli uomini, V, 10, 27. INDIANO (Mare): ha un livello superiore al Mare d'Egitto, III, 2, 11. INTERPRETAZIONBLETTERALE: « tenebre » e « abirsso »
da intendersi in senso letterale, I, 8, 32; acque» da intendersi .in senso ,proprio; Il, 4, 17; le specie deHe fiere da intendersi come sopra, VI, 2, 4; « cielo » e « terra » da intendersi come sopra, VI, 2, 6; aderenza alle parole ispirate, VI, 3, 9. e
LAGHI: non si mescolano aUe onde marine, III, 3, 16. LEONE:
sdegna la compagnia della foUa, VI, 3, 14; teme i,l gallo, specie se
INDICE ANAUTICO
447
bianco, VI, 4, 26; ,divora una scimmia per guarire, VI, 4, 26; teme il ,pungiglione dello scorpione ed è ucciso dal serpente, VI, 6, 37. , LEOPARDO:
.suoi umori incostanti, VI, 3, 15; gli sono simili i Giudei, VI, 3, 15; beve il sangue della capra selvatica e cosi evita la malattia, VI, 4, 26; aborrisce il'aglio, VI, 4, 28. LEPRE:
diventa bianca d'inverno, V, 23, 77. LOCUSTE:
strumento doi castighi di Dio, III, 16, 67; divorano i prodotti, V, 23, 82; sono divorate. dailla seleucide, V, 23, 83. LUCE:
sua creazione, I, 9, 33; è un bene, I, 9, 34; chiamata giorno, I, 9, 35; quella del sole è distinta da quella del giorno, IV, 3, 8-9; quella del -medggio paragonata alla giustizia del santo, IV, 3, 8; non ha alcun -rapporto con ,le tenebre, IV, 3, 11. LUNA:
_
creata a disposizione della notte, IV, 2, 5; 5, 24; che significa questo, IV, 2, 7; interpretazJione mistica, IV, 2, 7; segno per le -ricorrenze, d giorni e gU anni, IV, 4, 12; divide gli anni, IV, 5, 24; sue dimensioni, IV, 6, 25; effetti veri e falsi provocati dalla luna, IV, 7, 29-30; appl4cazione morale deHe fasi lunari, IV, 8, 31; proclama ,il mistero di Cristo, IV, 8, 32; è simbolo della Chiesa, IV, 8, 32-33; pretesa azione degli incantesimi suUa luna, IV, 8, 33. LUPO:
toglie la voce all'uomo, se ,lo vede per ,primo, e vic.eversa, VI, 4, 26; applicazione morale, VI, 4°,27; evita le foglie di scilla, VI, 4, 29. MAESTRI:
utile
,la
loro seve:r:ità,VI, 6, 38.
MALE:
Dio non ha creato il male, I, 8, 30; non. è realtà vivente, I, 8, 31; origine del male, I, 8, 31; non •sono maJ.i se non queUi che coinvolgono fa mente in una colpa, I, 8, 31. MANDORLO:
come i contadino. eliminano •l'amarezza dei suoi frutti, Ili, 13, 56; relativa applicazione morale, III, 13, 56. MANICHEI:
loro dottrina suH'or.igionedel male, I, 8, 30; rifiutano Cristo come creatore, III, 7, 32. MARCioNITI: .
loro dottrina sull'origine del male, I, 8, 30. MARE:
circoscritti i mari entro un con.fine ,loro imposto, III, 2, ,10; nomi attribuitd ai vari mari, III, 3, 12; una sola è Ja massa delle acque, III, 3, 13; come un unico bacino abbia potuto contenere tutte le-acque, III, 3, 14-16; sconfinato circonda le isole britannich~, III, 3, 15; suo elogio, III, 5, 21-23; ricchezze in esso contenute, V, 11, 33; ,idenHficato aMegoricamente con i,l Vangelo, V, 7, 17; bellezza del ,mare, V, 11, 34. MARE D'EGITTO: vedi EGITTO (Mare d'). MARE INDIANO: vedi INDIANO (Mare). MARIA VERGINE: ..
suo parto verginale, V, 20, 65.
448
INDICE ANALITICO
MATERIA: chiamata 0>..11,I, 1, 1; ii filosofi sostengono che non ha avuto iini1Jio, I, 7, 25; esiste dal momento in cui fu creata, I, 7, 25; insufficiente, secondo i filosofi, per formare un secondo cielo, II, 2, 5. MATRIMONIO:
doveri dei coruiugi, V, 7, 18-19. MELOGRANO:
è simbolo della Chiesa, III, 13, 56. MONDO:
unicità del mondo affermata da P,itagora, I, 1, 3; opinioni sull,a eternità del mondo, I, 1, 3; sulla sua divinità, I, 1, 4; sua origine secondo Talete, I, 2, 6; ha avuto principio, I, 4, 12; fu creato in primavera, I, 4, 13; orea1o iin Cristo quale principio, I, 4, .15; 8, 29; creato prima del tempo, I, 4, 16; secondo i pagani sussiste sponta• neamente, I, ~, 18; terra e cielo sono i 5uoi cardini, I, 7, 25; luogo e causa delle tenebre, I, 9, 33; segni della sua fine, IV, 4, 12.
Most: autore ispirato, I, 2, 5-7; agisce non per ciò che sa, ma obbedendo a Dio, Il, 1, 3; sua benedizione alla tribu di Giuseppe, II, 4, 16; Dio gli appare nel roveto, IV, 3, 9. MUSICA: vedi SPETTACOLI TEATRALI (Musiche degli). vedi OROSCOPO. NILO: . sue cateratte, Il, 2, 7; allaga l'Egitto, II, 3, 12; v,i nascono gli a.ppopotami, V, 1, 4. Nots: coltivatore della vite, III, 16, 72; analogia del corpo umano con farca di Noè, VI, 9, 72. NASCITA:
NOTTE:
tenebre chiamate notte, I, 9, 35; fa luna creata a disposizione della notte, IV, 2, 5; che signifiica questo, IV, 2, 7; è l'ombra della terra, IV, 3, 11; la sua durata determinata dal sole, IV, 5, 21. NOTI0LA:
fa sua vista è offuscata dalla luce, V, 24, 86; app1ioazione morale,
V, 24, 86. OCHE:
foro• turni di guardia, V, 13, 44; salvarono il Campidoglio, V, 13, 44. OCEANO ATLANTICO:
OMBRA:
vedi
ATLANTICO
(Oceano).
.
fa notte è 11'ombra della terra, IV, 3, 11; inseparabilmente
unita al corpo, IV, 3, 11; c'è un'ombra di salvezza, IV, 5, 22; ,i.I sole produce il variare delle ombre, IV, 5, 23. ORIGINE DELLE COSE:
opinione di Talete, I, 2, 6. OROSCOPO.:
.
sua infondatezza,_ IV, 4, 13-19; esempi degli apostoli, del buon ladrone, di Giona, dei santi Pietro e Paolo, IV, 4, 13; lo zodiaco e Je sue suddivisrioni, IV, 4, 14; presunto ,influsso deMe costel.Jaziom; IV, 4, 15; 4, 17; presunta influenza dei pianeti, IV, 4, 16. ORSA:
modella i piccoli con la lingua, VI, 4, 18; si cura da sé, VI, 4, 19; l'orso ammalato divora le formiche, VI, 4, 19.
449
INDICE ANALITICO OSPITALITÀ:
-senso di ospitalità 16~ 54. .
degli ucce11i e relativa applicazione
,morale, V,
PADRE:
uguale al Fii.glio,opera iinsieme con Jui, Il, 5, •18-19. PALMA:
sua r.iprodt.17Jione,III, 13, 55; suo significato
simbolico, III, 16, 71.
PALUDE:
simbolo della sede dei vizi, III, 1, 4. PAMPINO:
sua forma e beJ.lezza, III, 14, 60. PAOLO (S.):
acceca i1lmago Bliima, IV, 8, 33; morso da una vipera a Malta, Vl, 6, 38. . PAROLA:
c'è chi semina Ja parola, III, 10, 45. PARTO:
dn periodi determinatii 1~30.
per gli animaii, a differenza .
deM'uomo, V,
PECORA:
s'ingozza d'erba !in prev-isione dela'i,nvemo, VI, 4, 20; sa -riconoscere il proprio agnello, VI, 4, 25. PERNICE:
sua vana ast~ia
nel rubare le uova altrui, VI, 3, 13.
PESCI:
foro creazione, V, 2, S; Joro rJrproduzione, V, 3, 7-8; Joro ,procrea• zfone, V, 3, 9;·non vivono fuori dell'acqua, V, 4, 10-11; tJ.orodentatura, V, 5, 12; i piu piccoli sono -preda dei piu grandi, V, 5, 13; appMcazione morale di tale fatto ai .ricchi, V, 5, 14; identificazione allegorica ·tra uomini e pesci, V, 6, 15-16; appMoata a S. Stefano l'allegoria del buon pesce, V, 6, 16; ciascuna speoie ha Wl domicilio fisso, V, 10, 26; loro migrazioni, V, 10, 29; :r.icercano particolarmente il Ponto Emino, V, 10, 29; velenos-i, V, 10, 31; creati dal,le acque come gli uccelli, V, 14, 45; affinità tra pesci e uccelli, V, 14, 45. PIANETI:
presunta
loro influenza sulla vita umana, IV, 4, ·16.
PIANTE:
create prima del sole, III, 6, 27; IV, 1, 3; loro ri-prod.uzione, III, 8, 33-34; perché nascono piante velenose, III, 9, 38; Joro usi, III,· 9, 39; foro significato simbolico, III, 13, 52; loro specie, III, 13, 53-54; distinzione di sesso, III, 13, 55; fioriscono al comaooo di Dio, III, 16, 65; offrono il cibo per uominri e animali, III, 16, 65; si moltiplicano mediante iii seme, III, 16, 66; piante sempreverdi, III, 17, 71'; perché esiìstono piante velenose, VI, 6, 38~ PIETRO (S.):
fa precipitare Simon Mago, IV, 8, 33; si pente al canto del gallo, V, 24, 88; suo .pianto, V, 24, 90. PIGNA:
eleganza della sua forma, III, 16, 68. PIPISTRELLO:
sue carattedstkhe,
V, 24, 87.
PITAGORA:
afferma i'unicità del mondo, I, ,1, 3. PITTURA:
di Dio nell'uomo, VI, 8, 47.
450
INDICB ANALITICO
PLATONE:
i tre principi di ciò che esiste, I, 1, 1; sostiene che il mondo non è esistito sempre, ma non av,rà fine, I, 1, 3. PLURALITÀDEI MONDI:·
sostenuta da Democrito, I, 1, 4. Po:
sicuro mezzo di trasporto, Il, 13, -12. POLIPO:
sua astuzia, V, 8, 21; appl,ioozione morale a.ile insidie dei fraùdorlenti, V, 8, 21. PONTO EUSINO: vedi EUSINO (Ponto). POPOLOCRISTIANO:
in esso opera continuamente fo Spirito Santo, III, l, 5-6; fa vite mnnagine del popolo .fedele, III, 12, 50-51. PORCOSPINO:
come si difende, VI, 4, 20; come protegge le sue vie respiratorie, VI, 4, 20. POTENZB ATTIVE:
messe da alcuni dn. rapporto col firmamento, Il, 4, •17. POTENZE INTELLETTIVE:
messe da alcuni in rapporto con l'espressione «·cieli dei cieli», II, 4, 17. POTENZE MALVAGIE (vedi anche Male): h maivagità non è sostanza, I, 8, 28. POTENZE PURIFICATRICI:
de acque sopra i cieli mterpretate 4, 17.
come potenze purifkatrioi,
Il,
POVERO:
v-igili contro ie tentazioni, VI, 8, 50-51; ciò che ha e ciò che non ha, VI, 8, 52. POVERTA:
nella povertà non mancano le tentazionii, VI, 8, 53. PRINCIPI DI CIÒ CHB ESISTE:
tre secondo Platone, I, 1, 1; due secondo Aristotele, I, 1, 1. vedi DIRITTO DI PROPRIETÀ.
PROPRIETÀ:
REMORA: trattiene grosse navi, V, 10, 31. RENo:. bastione dell'Impero romano, Il, 3, 12. REslNB: diverse tra loro, III, 15, 63; ambra, III, 15, 63.
RETTILI: come dev'essere .inteso questo termine, V, 2, 4; loro creazione, V, 2, 5. RICCHEZZA:
.
nella ricchezza non mancano le tentazioni, VI, 8, 53.
RICCHI: avidi come ii pesci, V, 3, 14. RICCIO MARINO:
preannunzia burrasca e bonaccia, V, 9, 24. RICONOSCENZA:
l'arcangelo Raffaele educa Tobia alla riconoscenza, VI, 4, 17. RODANO:
fende impetuoso ,le acque del Mare Tirreno, II, 3, 13.
INDICE
ANALITICO
451
RONDINE:
sua sol:lecitudme materna e relativa applicazione morale, V, •17,56. ROSA:
sua bellezza, III, 11, 48; è dmmagine della vita umana, III, 11, 48. Rosso (Mare):
passaggio del Mar Rosso, II, 3, 11; III, .1, 2; 2, 9; 1110n si congiunge col Mare Egmano, III, 2, ll. SALOMONE:
nemmeno Salomone poté spiegaire fa ragion d'essere d'ogni creatura, III, 15, 64. SCRITTURA SACRA:
prefe11ibile rdnterpretazJione ietteraile, I, 8, 32; II, 4, ,17; VI, 2, 4; 2, 6; 3, 9; molte aggiunte al testo ebraico introdotte dai Settanta, III, 5, 20. . SEGNI:
per le ricorrenze, i giorni e gli anni, IV, 4, 12; della fine del mondo, IV, 4, .12. SEME:
sua degenerazione, III, •10,43; Cristo semina il buon seme, III, 10, 44; le piante si mo1tiplicano mediante dJ.seme, III, ,16,66. SERPENTE:
si ,Jibera datlla cecità mangiando finocchio, VI, 4, 19; se assaggia lo sputo d'un uomo digiuno, muore, VI, 4, 28. SESOSTRI (cf. Dario): .tenta di unire iii Mare Indiano ai1Mare Egraiano, III, 2, 11. SEITANTA:
introdussero molte aggiunte ai testo ebraico della Bibbia, III, S, 20. SIDONE:
dn essa non c'è spazio per la virtu, IV, 4, 19. SIMON MAGO:
fatto precipitare da Pdetro, IV, 8, 33. SINAGOGA:
avvoHa in ·fitta tenebra, IV, 5, 22; simboleggiata da Giacobbe, IV, 5, 22. SOLE:
.produce calore,. Il, 3, 14; .provoca l'evaporazione marina, II, 3, 14; li pagam g1i ,tributano oulto div-ino, II, 6, 27; creato dopo le piante, III, 6, 27; IV,· 3, 1; matura i frutti, III, 14, 58; sua creazione, IV, 1, . 1; Cr-isto sole di giustizia, IV, 1, 2; 5, 22; fa terra può essere feconda anche senza di esso, IV, •1, 3; 2, 6; suo elogio, IV, 1, 4; è ornamento del cielo, IV, 2, 5; creato a disposizione del giorno, IV, 2, S: 5, 24; che signif,ica questo, IV, 2, 7; interpretazione mistica, IV, 2, 7; fa sua iuce è dist,inta da quella del ·giorno, IV, 3, 8; è causa delle stagioni, IV, 5, 21;. deter-mina la durata del giorno e della notte, IV, 5, 21; è causa del variare deMe ombre, IV, 5, 23; diwde gli anm, IV, 5, 24; .sue dimensiom, IV, 6, 25-26; J,imiti dmpos,tigM dal Creatore, IV, 6, 28. SPARVIERI:
come educano !i piccoli, V, 18, 59. SPETTACOLI TEATRALI (Musica degLi): corrompe 4'animo, III, 1, 5. SPIRITO SANTO:
aleggiava sopra ~e acque, I, 8, 29; è creatore. I, 8, 29; opera intima-
452
INDICE ANALITICO
mente nel popolo oristi-ano, III, 1, 5-6; l'uomo ne è tempio, VI, 6, 39. SPOSI: vedi MATRIMONIO. STAGIONI:
prodotte dal moto del sole, IV, 5, 21; -applicazione allegorica alla Chiesa, IV, 5, 22. STATO:
com'era un tempo e sua decadenza, V, 15, 52; gli uccelli sembrano amministrare wia speoie di Stato, V, 21, 66. 0
STEFANO:·
applicata a .J.uil'allegoria del buon pesce, V, 6, 16. STELLE:
perché il cielo non fu -subito ornato di stelle, I, 7, 27; create a disposizione delfa notte, IV, 2, 5; 5, 24; segni per ,le -ricorrenze, i giorni e gli anni, IV, 4, 12. TAMERISCO:
simbolo d'wi'astuzia
matigna, III, 16, 69.
TARTARUGA:
si libera dal veleno con l'or,igano, VI, 4, Ì9. TEMOLO:
.
sue particolari qualità, V, 2, 6. TEMPO: principio del ,tempo, I, 4, 13; 6, 20. TENEBRE:
da !intendersi iin senso ~etterale, I, 8, 32; non sono sostanza originao:.ia,I, 8, 32; il mondo è luogo e causa deHe. tenebre, I, 9, 33; chiamate notte, I, 9, 35. TENTAZIONI:
.
ne sono soggetti. r-icchi e poveri, VI, 8, 53. TERRA:
sua natura e posizione, I, 6, 22; esiste dal momento della sua creazione, I, 7, 25; terra e cielo sono ii cardini del -mondo, I, 7, 25; non si librava nel,l'aria, I, 7, 25; perché era ancora dnv.isibile, I, 7, 26; 8, 30; III, 2, 7; 6, 25; perché non fu subito omata, I, 7, 27; destinata a perire, I, 8, 28; mfo:rme, I, 8, 28; è sospesa nel vuoto e r.imane iimmobile, II, 3, 11; è una sola, III, 3, 13; perché ne:Ha Genesi si parila di. «asciutto» e non dì «-terra», III, 4, ,17; 4, ,19; germoglia l'erba, III, 6, 26; restituisce ad usura quanto riceve, III, 8, 35; feconda pur senza coltivatori., III, 10, 45; .feconda anche senza :il sole, . IV, 1, 3; 2, 6; fa notte è ['ombra de1la terra, IV, 3, 11; da intenderisi in senso letterale, VI, 2, 6; ,inutile conoscerne .la circonferenza, _VI, 2, 7. TIGRE: .
suo affetto materno, VI, 4, 21; come viene ingannata dal cacciatore inseguito, VI, 4, 21. TORO:
sua utilità, III, 9, 41. TORTORA:
sua fedeltà vedow-le e relativa applicazione morale, V, 18, 62-63; stende sul nido foglie di sd1la per tenere 1ontani ,i lupi, VI, 4, 29. UCCELLI:
•
s-tavano per essere dimenticati nella trattazione, V, 12, 36; lodano Dio con i loro canti, V, 12, 36; foro ca~ti, V, 12, 39; comportamento
453
INDICEANALITICO
di vari uccelli marini, V, 13, 43; affinità tra pesci e uccelli, V, 14, 45; entrambe ie specie sono state create dalle acque, V, 14, 45. UNICITÀ DEL MONDO:
Pdtagora afferma che esiste un solo mondo, I, 1, 3. UOMO(vedi anche Corpo umano): creato ad immagine di Dio, III, 7, 31; identificazione allegorica tra uomo e pesce, V, 6, 15-16; sua iincontentabilità, V, 10, 27; non ha un tempo determinato per Ja prooreazione, V, 10, 30; creato eretto a differenza degli anima.li, VI, 3, 10; non deve volgersi solo a,I cibo, VI, 3, 10; è tempio dello Spirito Santo, VI, 6, 39; sua creazione, VI, 7, 40; pittura di Dio nell'uomo, VI, 8, 47; ,può essere tana la sua bocca, VI, 8, 48; insidia il propr-io simile, VI, 8, 48; Dio si riposò dopo averlo creato, VI, 8, 49; 10, 75-76; Dio riposa nell'animo dell'uomo, VI, 8, 49; è glorda di Dio, VI, 8, 50; è H capolavoro della creazione, VI, 10, 75; Dio riposa nell'intimo dell'uomo, VI, 10, 75-76. USIGNOLO:
dolcezza del suo canto, V, 24, 84. VALENTINO:
sua dottr-ina sull'origine del male, I, 8, 30. VANGELO:
~dent-iffoato aUegoricamente con il mare, V, 7, 17. (vedi anche Cristo, Figlio): mentre viene costiituito ,i,1 mondo, si diffonde .per tutto 11 creato, . VI, 3, 9.
VERBO
1
VERME INDIANO:
· sua metamorfosi, V, 23, 77. VERGINITÀ:
degli avvoltoi, V, 20, .64; parto verginale di Maria, V, 20, 65. VIGILANZA:
,l'uomo vigili contro VI, 8, 52.
-letentaz,ioni, VI,
8, 50-51; anche il povero vigili,
VIPERA:
ce:.ca l'accoppiamento con la murena marina, V, 7, 18; applicazione ·morale, V, 7, 18-20. VITA UMANA:
la rosa è immagine della v-ita umana, III, 11, 48. VITE:
sua be1lezza e utUità, III, -12,49; immagine del popolo fedele, III, 12, 50-51; sua coltivazione, III, 12, 51; l'esempio della vite come regola per ,la nostra vita, III, 12, 52; forma e bellezza del pampino, III, 14, 60; Noè coltivatore deLla Vii.te,III, 16, 72. VOLPE:
animale inutile da odiarsi per de sue· ruber,ie, VI, 3, 12; &i cura con la resina del pino, VI, 4, 19. ZIZZANIA:
seminata dal nemico, III, 10, 44. ZODIACO:
sue suddivisioni, IV, 4, 14; presunto IV, 4, 15; 4, 17.
influsso delle costellazioni,
INDICE DEI NOMI *
A.BRAMO: I, ACABBO: II,
IV, 5, 22; 7, 29; 8, 32; VI, 8, 49. CASPIO (mare): III, 3, 12. CATADUPE (cateratte del Nilo): II,
3, 9. 4, 16.
ADAMO: V, 7, -19(2); VI, 7, 42. ADIGE: V, 2, 6. ADRIATICO (mare): III, 3, 12; 3,
CANTICO DEI CANTICI:
13
(2).
III, 3, 13; VI, 8, 45. di): III, 3, 16. ALPI: II, 3, 12. AMAI.Ec: I, 4, 14 (3). ANTIOCHIA: VI, 4, 24. APoLLO PIZIO: VI, 6, 39. ARABIA: III, 3, 15; V, 23, 79. ARIANI: II, 5, 20; VI, 7, 40 (2). ARISTOTELE: I, 1, 1; 1, 3. . AsMODEo: VI, 4, 17. ATLANTICO (mare): III, 3, 12; V, 11, 32 (2). AUGUSTO (porto di): III, 3, 15. AyERNO (lago di): IJI, 3, 15. AFRICA:
ALBANO (lago
BARUC: VI, 8, 52 (propheta). BENACO: III, , 3, 16. BRITANNI: IV, 6, 25. BRITANNIA: III, 3, 15. BRITANNICI (sali): V, 11, 33.
2, 7. CAUCASO
(Caucasei montes):
II, 3,
12. CINESI: V, 23, 77. Vedi anche « Seri ». CRETA (mare di): III, 3, 12. CRISTO: I, 4, 15; 8, 29; Il, 1, 3; III,
2, 9; 7, 32 (2); 10, 44 (2); 13, 53 (2); 17, 71 (2); IV, 2, 7 (3); 4, 13 (2); s, 22 (4); 7, 29; 8, 32 (2); 8, 33 (2); V, 6, 15; 6, 16 (3); 7, 17 (4); 19, 62; 23, 80; 24, 86; 24, 88; 24, 89; 24, 90; VI, 3, 13 (2); 4, 17 (2); 4, 27 (3); 8, 45; 8, 48 (2); 8, 49 (2); 10, 76. Vedi anche « Gesu Cristo .».
II, 4, 15 (propheta); 4, 17 ·(propheta). DANUBIO: II, 3, 12. DARIO (re dei Persiani): III, 2, 11.· DAVIDE: I, 3, 8; 5, 17 (propheta); · 6, 22; 6, 24 (2); 8, 29 (propheta); DANIELE:
10, 36; II, 2, 6; 4, 15; III, 1, 2. (di): III, 3, B. Vedi anche « Gaditano ». CALDEE (superstizioni): IV, 8, 33. CALDEI (astrologi): IV, 4, 18. CALDEO (astrologo): IV, 4, 14; V, 9, 24. CAMPIDOGLIO:V, 13, 44. CADlCE
(propheta); 2, 9; 2, 13 (propheta); 4, 17; 12, 50 (propheta); 13, 53; IV, 2, 6 (propheta); 2, 7 (propheta); 3, 8 (propheta); 5, 24 (propheta); 8, 32 (propheta); V, 1, 4; VI, 8, SO (propheta); 9, 60 (propheta); 9, 69. DEMOCRITO:I,
1, 3.
* I nomi sono elencati nella forma italiana corrispondente a quella della Vul-. gata. Non sono compresi i nomi contenuti nelle citazioni testuali; in taluni casi, invece, si è registrato anche l'appellativo, specie se usato per antonomasia. Il numero tra parentesi ·indica quante volte lo stesso nome è ripetuto nel me• desimo paragrafo.
455
INDICB DEI NOMI DEUTERONOMIO: VI, 6, 39. EBRAICA (lectio): III, 5, 20. EBREO (popolo): II, 3, 11; V, 7, 17. EBREO (testo): I,. 8, 29; ~II, 5, 20. EBREI: III, 1, 2; IV, 5, 24; V, 24,
89 (2). Vedi anche «Giudei». ECCLESIASTE: I, ...6, 22. EGEO (mare): III, 3, 12. EGITTO: I, 4, 14; II, 3, 12; III,
2,
11; 3, 13; 3, -15; 15, 63. EGIZIANI: I, 2, 6; Il, 1, 3; lii, 1, 2; VI, 2, 8. EGIZIANI (formule magiche degli): IV, 8, 33. EGIZIANO: III, 2, 11: V, 7, 17. EGIZIANO (furore): V, 16, 54. EGIZIANO (màre): III, 3, 11 (2); 3,
12. ELIA: II, 4, 16. ELIMA: IV, 8, 33. ELISEO: III, 2, 9 ·(2); VI;
GEZABELE: II, 4, 16. GIACOBBE: I, ,10,'36; IV, 5, 22 (2). GIOBBE: I, 6, 22 ,(2);
III,
17, 22;
8, 29; Ili, 2,
10; 3, 13.
2, 5 (2);
2, 6 (3). ELLESPONTO: III, 3, 12. Esooo (ilibro dell'): V, 23, 82. ETIOPE: VI, 3, 15. ETIOPIA: I, 2, 6. EUNOMIANI: Il, 5, 20. EUNOMIANO: III, 7, 32. EusINo (mare): II, 3, 12; III,
3, 12; V, 10, 29. Vedi anche « Pon-
to». EVA: V, 7, 19. FARAONE: I,
38; II, 5, 19 (dominus); III, 2, 9 (dominus lesus); 5, 24 (dominus I esus); 10, 44 (dominus); 10, 46 (dominus); 12, 50; 12, 51 (dominus); IV, 2, 6 (dominus lesus); 4, 12 (dominus); 8, 33 (dominus lesus); V, 6, 15 (dominus); 6, 16 (dominus Iesus, 2); -11, 35; J3, 41 (dominus); 19, 62 (dominus); 23, 77 (dominus); 24, 88 (lesus, 2); 24, 88 (dominus); 24, 89 (Iesus); 24, 90 (lesus); 24, 92 (dominus); 24, 92 (I esus); VI, 2, 8 (dominus lesus); 6, 38 (domi• nus); 6, 39 ( dominus); 8, 46 (d~ minus lesus); 9, 68 (dominus).
2, 6; 2, 7; 4, 14; V, 24,
89. FASI: Il, 3, 12. FOTINIANO: III, 7, 32. GADITANO (lido): vedi « Cadice (di) ». GALLIA: III, 3, 13. GALLO {nemico): V, 13, 44. GENESI (libro della): VI, 8, 46; 9,
72. GEREMIA: 1, 3ì' 9; III, 14, 59; 16, 69; VI, 3, 13; 3, 15; 8, 46. GEREMIA (libro di): VI, 4, 20. GEstl CRISTO: I, 3, 10 (mundi sa-
luator); 4, 13 (dominus); ·4, 14; 4, 15 (dominus, 2); 6, 24; 6, 24 (dominus); 7, 27 (dominus); 10,
GIOBBE (libro. di): II, 3, GIONA: IV, 4, 13; V, 11,
92..
GIORDANO:
12. 35 (3); 24,
II, 3, ,11; III, 1, 2; 1,
6. GIOVB: V, 13, 44. GIUBAL: I, 7, 25. GIUDA ISCARIOTA: V, 28, 99. GIUDAICO (sterilitas ludaica):
III,
16, 67.
I, 7, 27; Il, 3, 11; 4, 16; V, 3, 6; VI, 3, 15; 7, 40 (2). Vedi anche « Ebrei ». GIUSÈPPE: II, 4, 16. GRECI: Ili, 13, 56; IV, 4, 14; VI, 4, 19. GIUDEI:
INDIANE (gemme): III, 12, 52. INDIANI: IV, 6, 25; V, 21, 68. INDIANO (mare): III, 2, 11; 3, 12;
3,
13. INDIANO (verme): V, 23, 77. IONIO (mare): III, 3, 12. ISACCO: III, 8, 36; 17, 72.
ISAIA: I, 3, 9 (propheta); 6, 21; 8, 30 (propheta); II, 3, 12; III, 7, 29 (bonus diuinitatis interpres); 1, 29; 12, 50; IV, 4, 19 (propheta); V, 10, 27 (propheta); VI, 8, 49. ISAIA {libro di): I, 8, 28. ISRAELE: I, 2, 6; 4, 14; Il, 4, 16. ITALIA: III, 3, 13; 3, 15; VI, 8, 45.
456 ITALICI:
INDICE
DEI NOMI
II, 3, 12.
LADRONE BUONO: IV, 4, LAMENTAZIONI (Threni):
13.
VI, 8, 46. LAz10: III, 3, .16. LAZZARO (amico di Gesu): I, 7, 27 (2); III, 2, 9. LIBIA: III, 15, 63. LIBRA (costellazione): III, -15, 63. LUCIFERO (stella): VI, 9, 67. LUCRINO (lago): III, 3, 15.
•
III, 3, 13. .MANICHEI: I, 8, 30. .MARCIONI: I, 8, 30. MARIA(Madre di Gesu): V, 20, 65 (dei mater); 20, 65. MARIA(sorella di Lazzaro): V, 24,. 91. MEDO: III, 2, 11. MELCHISEDEC: I, 3, 9 (2). Mosb: I, 2, 5; 2, 6 (2); 5, 18; 7, 25; II, 1, 3; 4, 16; III, 2, 9; IV, 3, 9 (3); V, 18, 60; VI, 2, 8; 6, 39 (2); 7, 41. MACEDONIA:
NILO: Il, NINIVITI:
2, 7; 3, ·12; V, 1, 4.
V, 11, 35. Nob: III, 3, 14; 17, 72 (3); VI, 9, 72. NUMERI (libro dei): I, 4, 14. ORIONE:
VI, 9, 67.
Ili, 3, 15 (2). 4, 14 (apostolus); 5, 19 (apostolus); 8, 31 (apostolus); II, 2, 6 (apostolus); 3, 9 (apostolus); III, 13, 53; IV, 4, 14; 8, 33; V, 19, 63 (2); 23, 78 (apostolus); 23, 80; VI, 6, 38; 8, 45; 8, 46. PASQUA: VI, 8, 45. PERSIA: VI, 8, 45. PERSIANI: V, 21, 68 (2); VI, 5, 33. PIETRO: IV, 4, 13; 8, 33 (Petrus Simon); V, 6, -14 (4); 7, 17; 11, 35; 24, 88 (ipsa ecclesiae petra); 24, 88 (2); 24, 88 (Simon); 24, 89 (2); 24, 90 (2); VI, 4, 27. PITAGORA: I, 1, 3. PI.ATONE: I, 1, 1; 1, 3. Po: II, 3, 12. PALESTINA: PAOLO: I,
II, 3, 12; III, 3, 12; 3, 13; V, 10, 29 (2); 10, 30 (2). Vedi an• che «Eusino ». PROPONTIDE: III, 3, 12; V, 10, 29.
PONTO:
RAFFAELE (arcangelo): VI, 4, 17 (2). RENO: II, 3, 12. RODANO: II, 3, 12. ROMA: V, 13, 44. ROMANI: I, 5, 19; Il, 3, ,12;IV, 5, 24. ROMANO (Campidoglio): V, 13, 44. ROMANO (impero): . II, . 3, 12. .
Rosso {mare): Il, 1, 3; III, 2, 11 (2); 3, 13. III, 15, 64; V, 7, -19; 10, 30; 21, 70 (propheta); VI, 6, 39;
SALOMONE:
6, 39 (propheta). SARMATI: V, 21, 68.
IV, 4, 17. I, 4, 12; 4, 13; 4, 14; 6, 20; 6, 22; 7, 25 (2); 8, 28; 8, 30; 9, 33; 10, 36 (3); 10, 37 (2); II, 1, 2; 1, 3; 2, 7; 2, 7 (diuina
SATURNO (pianeta): SCRITTURA (sacra):
lectio); 3, 8; 3, 9; 3, 10; 4, 15; 4,
16 (2); III, 2, 7; 2, 10; 3, 12; 3, 15 (2); 4, 19; 8, 36; 10, 46 ( exemplum lectionis); 13, 53; IV, 1, 1; 1, 3 (diuina lectio); 5, 20 (lectio); 8, 31; V, 21, 70; 24, 88 (lectio); VI,
2, 3; 2, 7; 3, 15; 4, 16; 4, 17; 4, 18;
4, 22. SERI: vedi Cinesi. SESOSTRI: III, 2, 11. SINAGOGA: IV, 5, 22 (3). SIRIA: III, 3, 13. SIRIACO (testo): I, 8, 29. · SODOMITI: V, 16, 54. SPAGNA: III, 3, 13. STEFANO: V, 6, 16.
TALETE: I, 2, 6. TIBERIADE (lago di): TICINO: V, 2, 6. TIRRENO (mare): II,
III, 3, 15.
3, 12; III, 3, 12; 3, 13. ToBI: VI, 4, 17. TOBIA: VI, 4, 17 (2). TRACIA: III, 3, °I.3. TRAIANO (porto di): III, 3, 15. VALENTINI:
J, 8, 30.
INDICE
I, 2, 5; 3, 10; 4, 15 (2); 6, 24 (2); 7, 27; 8, 32; II, 1, 3; 5, 19; III, 2, 9; 7, 28; 10, 44; 12, 50; IV, 2, 6; V, 6, 16; 7, 17 (8); VI, 3, 13; 7, 41.
V ANGELO:
DEI
457
NOMI
VESPERO
(stella):
ZACCARIA
(padre del Battista):
5, 22.
VI, 9, 67. IV,
INDICE GENERALE
Presentazione del
CARD. GIOVANNI
• pag.
COLOMBO •
9
»
13
»
21
pxameron - I sei giorni della creazione .
»
23
Primo giorno (I sermone) .
»
25
»
54
»
81
»
111
»
135
Quarto giorno (VI sermone) .
»
189
Quinto giorno (VII sermone) •
»
237
»
287
»
343
»
423
Indice seri tturistico
»
425
Indice dei passi di S. Basilio utilizzati da S. Ambrogio .
»
431
Indice dei passi citati nel Commento
»
437
Indice analitico
»
441
Indice dei nomi
»
454
Introduzione Bibliografia
essenziale
II sermone Secondo giorno (III sermone)Terzo giorno (IV sermone)
•
..
•
V sermone
V I I I sermone Sesto giorno (IX sermone) Indici
.
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