Storia dell'uomo e cambi di clima 8816407662, 9788816407664

"Come un grande compositore che con poche note riesce a dare forma a una sonata, Yves Coppens nella sua lezione con

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INDICE
PREFAZIONE ALL'EDIZIONE ITALIANA
STORIA DELL'UOMO E CAMBI DI CLIMA
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Storia dell'uomo e cambi di clima
 8816407662, 9788816407664

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Yves Coppens

STORIA DELL'UOMO E CAMBI DI CLIMA Prefazione di Fiorenzo Facchini

di fronte e attraverso

DI FRONTE E ATTRAVERSO 766

Dello stesso Autore presso la J aca Book La scimmia, l'A/rz'ca e l'uomo, 1 985, 1 9962 (con H Breuil e A. Leroi-Gour­ han), Le grandi tappe della prei­ storia e della paleoantropologia. Lezioni inaugurali al Collège de France, 1988 Ominoidz; ominidi e uomini, 1 988, 1 9932 Pre-amboli. I primi passi dell'uomo, 1990 Storia dell'uomo e cambi di clima, 2007

Yves Coppens

STORIA DELL'UOMO E CAMBI DI CLIMA Prefazione all'edizione italiana di

Fiorenzo Facchini

l

Il Jaca Book li

Titolo originale Histoire de l'homme et changements climatiques Traduzione dal francese Eugenio Costa © internazionale 2006 Librairie Arthème Fayard, Paris © 2006 Editoriale J aca Book SpA, Milano per l'edizione italiana Prima edizione italiana gennaio 2007 In copertina Cranio di Bison priscus, un bisonte vissuto in Europa alla fine del Pleistocene; in basso, cranio di Uomo neandertaliano scoperto a La Chapelle-aux-saints, Corrèze, Francia (in F. Facchini, Le origini dell'uomo e l'evoluzione culturale, Jaca Book, Milano 2006)

\

Impaginazione Jo type snc, Pero (Milano) ISBN 978-88- 1 6-40766-4

Per informazioni sulle opere pubblicate e in programma ci si può rivolgere a Editoriale J aca Book SpA - Servizio Lettori via rrua 11,20146 Milano, tel. 48561520-29, fax 02/48193361 e-mail: [email protected]; internet: www.jacabook.it

Indice

Prefazione all'edizione italiana

di Fiorenzo Facchini pag. 7

Storia dell'uomo e cambi di clima pag. 15

Prefazione all'edizione italiana di Fiorenzo Faechini

Come un grande compositore che con poche note riesce a dare forma a una sonata, Yves Coppens nella lezione sua conclusiva al Collège de France delinea con tratti essenziali e rara eleganza la storia dell'uomo sulla Terra.

È una storia che fa parte della grande epopea della vita a partire dalle forme elementari di 4 miliardi di anni fa. Da quelle origini il mondo vivente si è svilup­ pato quasi per una legge universale in una «complica­ zione crescente e in un'organizzazione ogni volta mi­ gliore della materia» (parole che evocano «la com­ plessità crescente» di Teilhard de Chardiri));i dove l'uomo appare culminante in una delle vanrl� br' anche '

'

.

l

dell'albero dei viventi dopo essere stato p r:e teclllto da un corteo di forme preumane.

9

·r

Fiorenzo Facchini

Sullo sfondo sono i cambiamenti ambientali, spe­ cialmente climatici, fra i quali la grande siccità di 3 milioni di anni fa, a cui il genere Homo diede una ri­ sposta soprattutto intellettuale in forza del suo siste­ ma nervoso divenuto più complesso rispetto agli altri Ominidi.

È «l'evento dell'(H)Omo», come ama chiamarlo Yves Coppens sottolineando l'assonanza con il nome della valle del fiume Orno, probabile culla dell'umani­ tà, dove ha svolto le sue prime ricerche. Dall'Africa orientale l'uomo si è irradiato nel continente eurasia­ tico molto presto. L'uomo di Dmanissi in Georgia di 1.810.000 anni fa porta caratteri sia di Homo habilis

che di ergaster. A lui si aprivano i grandi spazi lasciati liberi da foreste e dalle coltri glaciali. E con l'uomo l'apparizione della coscienza (l'uomo

conosce e sa di conoscere), rivelata dai primi utensili da lui sistematicamente costruiti. La facoltà di fabbri­ care oggetti artificiali e di variarne indefinitamente la fabbrioazibne manifesta una intelligenza astrattiva ' \ (Bergson:�. Gli strumenti, nota Yves Coppens, segnano l'inizio

lO

Prefazione all'edizione italiana

di una storia culturale, di tutto ciò che non è natura; essa non è manifestata soltanto dalla tecnologia, ma dagli aspetti intellettuali, spirituali, morali, estetici dell'essere che ne è dotato. Con l'uomo «la materia si fa pensante».

È il pensiero che fa l'uomo.

Pascal parlava dell'uomo come «canna pensante». Quando si è compiuto il passo della riflessione, per usare un'espressione di Teilhard de Chardin? Coppens lo colloca tra 3 e 2,5 milioni di anni fa. Al­ tri autori pensano diversamente. Quando e come for­ se non lo sapremo mai. Ma l'importante è che sia av­ venuto, altrimenti non ci troveremmo neppure a di­ scuterne. Per lungo tempo l'evoluzione culturale si manifesta attraverso lo sviluppo delle tecniche di lavorazione della selce, ma secondo l'autore non vanno dimentica­ ti trattamenti particolari riservati ai defunti o compor­ tamenti a carattere simbolico precedenti anche le se­ polture di 100.000 anni fa. Evoluzione biologica ed evoluzione culturale se­ gnano il cammino dell'uomo fino alla forma moderna, ma con ritmi diversi. Per lungo tempo lo sviluppo del-

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Fiorenzo Facchini

la cultura rallenta rispetto a quello biologico, poi in­ torno a 100.000 anni fa si assiste a un'inversione della velocità di sviluppo. La storia dell'uomo identifica i suoi grandi prota­ gonisti secondo la nomenclatura binaria in uso di ge­ nere e specie, ma le specie sono da intendersi come distinzioni di grado più che vere discontinuità anato­ miche o genetiche, sulle quali la dislocazione geogra­ fica può aver giocato un ruolo determinante. A indi­ care le trasformazioni in una certa continuità vengono curiosamente coniati da Yves Coppens dei neologi­ smi, come ergasterizzarsi (per zarsi (per

Homo habilis) o erettiz­

Homo ergaster... ) .

Le differenze fra i gruppi umani non mancano e si conservano per centinaia di migliaia di anni nel conti­ nente europeo e nell'Est asiatico per adattamenti am­ bientali e fenomeni di endemismo. L 'autore riconosce una deriva neandertaliana, in Europa, e una deriva pi­ tecantropina nell'Est asiatico. E nell'ambito di que­ st'ultima dà una certa enfasi all'uomo di Flores, di de­ rivazione pitecantropina, pur con la sua bassa capaci­ tà cranica, in ragione forse dell'isolamento in cui è vis-

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Prefazione all'edizione italiana

suto, una condizione a cui neppure la cultura ha po­ tuto ovviare. La lezione conclusiva di Yves Coppens al Collège de France, il cui testo ho l'onore e il piacere di presen­ tare, è come un grande affresco sulle attuali vedute della paleoantropologia e della preistoria. La sua let­ tura sarà per gli specialisti un piacevole

excursus

sulla

storia evolutiva dell'uomo e per un pubblico più largo un invito a cogliere ed approfondire i nodi attuali del­ la paleoantropologia.

FIORENZO FACCHINI Università di Bologna

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Collège de France Cattedra di Paleoantropologia e Preistoria LEZIONE CONCLUSIVA PRONUNCIATA MARTEDÌ 21 GIUGNO 2005 DAL PROFESSOR YVES COPPENS

Signora) signori Ministrz� signor Amministratore) cari colleghz� . szgnore e szgnorz) mzez carz amzcz) .

.

.

venerdì 2 dicembre 1983) ventuno anni fa) in re­ altà ventidue anni universitarz� tenevo - ne !l)aula 8 -

la mia prima lezione) detta inaugurale) al Collège

de France. Ero molto emozionato. Dopo aver reso omaggio ai miei grandi predecessorz� Henri Breuil e André Leroi-Gourhan) e a colui che avrebbe potuto esserlo) Pierre Teilhard de Chardin) dichiaravo al­ l'Amministratore Yves Laporte) ai miei colleghi e ai

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Yves Coppens

miei futuri uditori: «Tale è dunque la pesante eredi­ tà che devo assumere e far /ruttz/icare /in o all'anno 2004», e credo fosse l'unica mia parola a strappare un sorriso! Orbene, eccoci non nel 200{ ma nel 2005, per fa­ re buon peso, mentre nel frattempo un maschietto è venuto ad aggiungere nuovi colori alla mia vita. En­ tro stasera nella bella coorte dei docenti onorari del Collège de France, che si gloria di una quarantina di colleghz� concludendo con voi l'insegnamento della cattedra di paleoantropologia e preistoria, benché sia in pieno sviluppo, ma che /arei? Non posso certo es­ sere nostalgico, dal momento che, per sua stessa es­ senza, è il passato il mio nutrimento . . Il 2 dicembre1983 avevo ringraziato della loro fi­ ducia i colleghi che avevano attivamente sostenuto la candidatura di questa nuova cattedra e incoraggia­ to la mia, perché l' occupassz� dal momento che una cooptazione al Collège si attua in due tempi. Questa sera desidero rendere omaggio, con emozione, alla memoria di tre di essz� che da allora ci hanno lascia­ to: Lucien Bernot, André Caquot e ]acques Ru//ié -

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Storia dell'uomo e cambi di clima

in particolare ]acques Ruffié, perché fu luz� titolare della cattedra di antropologia fisica, a farmi invitare nel Collège, dopo aver preparato in modo molto effi­ cace il mio arrivo. In una allocuzione pronunciata alla Sorbona in occasione della sua entrata nell'Académie des Scien­ ces, avevo descritto ]acques Ruffié come «uno scien­ ziato straordinariamente attivo e creativo, un diret­ tore di laboratorio intraprendente e combattivo, un presidente efficace e rispettato, un uomo caloroso e di compagnia molto piacevole», descrizione che con­ fermo in ogni aspetto, aggiungendo quello dell'ami­ co, la cui fedeltà non è mai venuta meno durante i quaranta e più anni delle nostre relazioni personali e professionali. Ho iniziato modestamente la mia carriera come stagiaire

di ricerca al Centre national de la Recher­

éhe scientifique, assegnato prima al laboratorio di paleontologia dei vertebrati e paleontologia umana della Sorbona, al 54 di rue Saint-]acques, dall'altra parte della strada; poi come addetto di ricerca e in­ caricato di ricerca, assegnato all'Institut de Paléon-

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Yves Coppens

1 tologie del Muséum national d Histoire naturelle1 al ]ardin des Plantes [Orto botanico]} prima di venir nominato vice-direttore} poi direttore del Musée de FHomme1 a palazzo Chaillot1 sulla riva destra della Senna} dove peraltro ho ottenuto la mia prima catte­ dra di docente titolare} quella di antropologia del Muséum} da cui mi deriva oggi un secondo titolo onorario. Arrivavo perciò al Collège de France aven­ do alle spalle già ventisette anni di esercizio della paleontologia e della preistoria} sia in laboratorio sia sul campo} accompagnato naturalmente da molti studiosz� giovani e meno giovanz� imbarcati sulla na­ ve che avevo costruito. Devo dire che ho trovato nel Collège1 per loro e per me1 un clima meraviglioso di serenità} d1indi­ pendenza1 di libertà} di lavoro e di appoggio per con­ tinuare la ricerca e la collaborazione. Il Collège mi offriva inoltre il privilegio di insegnare a un vasto pubblico la sintesi dei risultati appena usciti dai no­ stri lavori in corso; di poter invitare ogni anno nu­ merosi colleghi francesi o stranierz�· di poter avvici­ nare - p rivilegio più discreto - importanti membri

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Storia dell'uomo e cambi di clima

del Collège dediti a discipline cosz' lontane dalle mie) che f opportunità di in contrarli nel corso di una normale esistenza sarebbe stata senza dubbio uguale a zero. Ma il Collège vuol dire anche lo spirito della casa) fatto di solidarietà - Collège non è una parola vuota - e di apertura - il Collège potrebbe benissimo chia­ marsi «del Mondo». Come vedete) sono un «colle­ giale felice». Cinquantadue cattedre - ossia gli effettivi del Collège - evidentemente non bastano a coprire tutti gli ambiti della conoscenza) e il Collège non ha mai avuto la pretesa di riuscirvi. Mi è sembrato tuttavia che gli ambiti di cui mi occupo fossero sottorappre­ sentati e) dal momento che altrove erano occupati da grandi studiost� forte di buoni argomenti e di candi­ dati di eccezionale valore) mi sono lanciato nel con­ solidamento del mio settore. In realtà ero soltanto) ufficialmente) il portavoce degli uomini fossili e del­ le loro produzioni. Nessuno studiava il loro involu­ cro) nel senso più nobile della parola) nessuno si pre­ ) occupava della vita di prima dell Uomo) né degli uo-

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Yves Coppens

mini di quel periodo che non è più la P reistoria e non è ancora la Storia. Venne così creata la cattedra di geodinamica nel 1986 per Xavier Le P ichon; la cattedra di biologia storica ed evoluzionismo nel 1994 per A rmand de Ricqlès; e fu Christian Goudineau} titolare della cat­ tedra di antichità nazionali} ad attivarsi nel1993 per la creazione della cattedra delle civiltà dell}Europa } in epoca neolitica e nell Età del B ronzo} per Jean Guilaine} domandandomi di dividerne con lui la presentazione. Il Collège si è trovato così meglio at­ trezzato per offrire ai suoi uditori contenitore e con­ tenuto} la conoscenza della Terra e della sua vita agi­ tata} e quella della Vita tout court} con i popolamen­ ti di cui ha serbato la memoria. Una lezione inaugurale è costruita in modo piut­ tosto standard} modello che Pierre Bourdieu si è di­ vertito a smontare} componendo} all }epoca} la Leçon des leçons.

Ma poiché una lezion e conclusiva non

deve necessariamente attenersi a un obbligo del ge­ nere} non si è mai inscritta in uno schema tradizio­ nale. Che /are} dunque} stasera?

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Storia dell'uomo e cambi di clima

Vi propongo, dopo questa breve presentazione della piccola storia di un uomo, di esporvi la grande storia dell'uomo: certo, a mio modo, intrecciando lo stato dei lavori in questo campo e lo stato della mia rz/lessione.

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Non è, senza dubbio, una novità per voi se dico che la storia dell'uomo fa parte della storia della Vi­ ta che fa parte della storia della Terra che fa parte della storia dell'Universo. Detto fatto, siamo proiet­ tati in una storia di dodici o tredici miliardi di anni, data limite delle nostre conoscenze. Gli astrofisici scrivono che lungo questi anni la materia si è distesa e raffreddata, ma anche complicata e organizzata. Meno di cinque miliardi di anni fa si è configurato il sistema solare e, naturalmente, fra i pianeti della no­ stra Stella, la Terra. E la materia cosiddetta inerte dell'Universo, nell' acqua sulla Terra, si è a sua volta complicata e organizzata facendo, di una parte di se stessa, della materia viva; e questo da almeno quattro

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Yves Coppens

miliardi di anni, e subito in maniera generosa. Ne è la prova il volume di molte centinaia di metri di po­ tenza degli edifici di concrezioni di carbonato di cal­ cio, dette stromatoliti, originate da cianobatteri foto­ sintetici in molti punti del pianeta. In modo senza dubbio troppo semplice - quando infatti si prende a prestito qualcosa da altre discipline si finisce per di­ re delle sciocchezze -, dirò comunque che tutto sem­ bra verificarsi come se la complicazione crescente e l'organizzazione di volta in volta migliore della mate­ ria apparissero come una legge universale, come se la predetta materia fosse pronta e non aspettasse altro che le condizioni adeguate per accrescere la compli­ cazione e l'organizzazione, e avere accesso a un nuo­ vo stato .

More is dzf/erent.

E la situazione si ripete quando si sviluppa la storia della Vita. La materia viva, lungo i quattro miliardi di anni del suo percorso, non ha smesso, per una parte di sé, di complicarsi e di organizzarsi. Tutto sembra veri­ ficarsi come se la materia, viva questa volta, fosse an­ ch' essa sottoposta a quella pressione di complicazione e di organizzazione che si è manifestata ogni volta che

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Storia dell'uomo e cambi di clima

le condizioni di ricezione delle nuove strutture erano tutte presenti.

«È

un fenomeno di stretta osservazio­

ne», diceva in una recentissima intervista Christian de Duve, premio Nobel per la medicina, confortandomi in alcune idee che penso siano di buon senso. La ma­ teria pensante, di cui siamo l'involucro, appare a sua volta come lo stato attuale più complicato e meglio or­ ganizzato della materia, e non è casuale che questo sta­ to sopravvenga soltanto tre milioni di anni fa, dopo quattro miliardi di anni di storia di materia viva, e do­ dici o tredici di materia inerte. Ma veniamo all'uomo. L'uomo è evidentemente un essere vivente e appa­ re, come tale, al termine di uno dei molteplici rami dell'immenso albero filetico del mondo vivente. Quando si mettono in ordine gli esseri - cosa che tut­ ti i naturalisti hanno fatto, per cercare di orientarsi nella stupefacente creatività della natura

, è fra gli

-

Eucarioti, i Metazoi, i Cordati, i Vertebrati, gli Gna­ tostomi, i Sarcopterigi, i Tetrapodi, gli Amnioti, i Si­ napsidi, i Mammiferi e i Primati che si collocano gli uomm1.

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Yves Coppens

Nell'albero a cui ci riferiamo trovo che una delle di­ ramazioni sia essenziale per la nostra vicenda, ed è evi­ dentemente quella che vede la separazione del ramo dei preumani e degli umani, e quello dei prescimpanzé e de­ gli scimpanzé, i nostri cugini più vicini: in altre parole, la biforcazione occupata dall'ultimo antenato comune. Dal momento che tutti i primati sono di origine tropicale, è probabile che questa diramazione si sia verificata sotto i tropici; e dal momento che gli scimpanzé nostri parenti sono sempre e soltanto africani, è probabile che essa si sia effettuata sotto i tropici d' Mrica. La lettura dei gradi di evoluzione raggiunti dai fossili scoperti a tutt'oggi, at­ tribuibili in seguito a uno dei due rami o al loro tronco comune, e quella degli orologi molecolari o citogenetici concordano per datare questo crocevia fondamentale a una scarsa decina di milioni di anni fa. Siamo perciò in possesso di un certificato di nascita: il ramo dei preuma­ ni e degli umani, il nostro, è nato dieci milioni di anni fa nell'Mrica tropicale. Lasciamo stare i prescimpanzé, che peraltro co­ nosciamo poco o nulla, o che non abbiamo ancora riconosciuto, e prendiamo la strada dei preumani;

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Storia dell'uomo e cambi di clima

scopriamo così un fascio di strade, con destinazioni variate, che talvolta stupisce per la sua ricchezza, pur se la sua densità era prevedibile. Nelle stesse epoche e nei medesimi luoghi, in effetti, i suidi, i proboscidati, gli equidi, i bovidi, ecc. propongono delle arborescenze del tutto comparabili. Il contra­ rio sarebbe stupefacente. Questi preumani si distri­ buiscono attraverso l 'aureola di savane tropicali del­ l' Africa, dal Ciad all'Etiopia, al Kenya, alla T anza­ nia, al Malawi e all'Africa del Sud, forse da nove mi­ lioni e mezzo di anni a certamente un po' più di un milione di anni fa. Personalmente includo, per ora, in questo insieme

Samburupithecus, Sahelanthropus,

Orrorin, Ardipithecus, Australopithecus, Kenyan­ thropus, Zinjanthropus e Paranthropus, con le neces­ sarie riserve; forse in futuro alcune di queste efflore­ scenze dovranno cambiare collocazione. Dal mo­ mento che, in questo vivaio di forme preumane, cer­ chiamo i rapporti di parentela e soprattutto quelli che hanno potuto esistere fra esse e l'uomo, ci si sforza di ridisegnare l'evoluzione di certi tratti su­ scettibili di sfociare in quelli che sono diventati i no-

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Yves Coppens

stri: fra tali sinapomorfìe vorrei citare la posizione eretta del corpo, a meno che non sia un carattere ereditato, il bipedismo, l'accrescimento del volume cerebrale, la riduzione della prognosi facciale, la ri­ duzione dei canini, la riduzione delle dimensioni dei denti iugali, l' aumento dello spessore del loro strato di smalto , ecc. Per quanto ne sappiamo, tutti questi generi sono eretti e bipedi. Ma

Orrorin, Ardipithe­

cus e Australopithecus afarensis esibiscono un bipe­ dismo caratterizzato da arboricolismo; è peraltro probabile che il bipedismo abbia avuto un' evoluzio­ ne, da una fase in cui divideva le proprie funzioni locomotorie con l' arrampicamento a una fase in cui

è divenuto esclusivo; l'instabilità del gomito di Au­

stralopithecus anamensis, rivelata dall'omero, e la solidità del suo ginocchio, rivelata dalla tibia, po­ trebbero certo fare di questa specie la prima deten­ trice di un bipedismo esclusivo, già quattro milioni di anni fa. Per quel che riguarda l 'encefalo, sembra che sia cresciuto in quantità e in qualità durante questi milioni di anni in tutte le forme repertoriate:

Sahelanthropus, di sette milioni di anni fa, ha una

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Storia dell'uomo e cambi di clima

capacità endocranica tra 360 e 380 cc;

Zinjanthro­

pus, di 1.200.000 anni fa, ne ha poco più di 500. Sa­ helanthropus non ha un prognatismo facciale eccessi­ vo, così pure

Kenyanthropus, e certamente non l'ha

Australopithecus bahrelghazali. Per quanto riguarda le forme robuste, Zinjanthropus e Paranthropus, sem­ bra che abbiano acquisito il loro ortognatismo per motivi almeno in parte funzionali.

Australopithecus,

con un prognatismo facciale ancora molto pronun­ ciato, è un' eccezione, e sotto questo aspetto è esclu­ so dalla filiazione del genere

Homo. La riduzione

dei canini sembra peraltro interessare tutte le boc­ che; quanto alle dimensioni dei denti, sono ancora piuttosto limitate in in

Sahelanthropus, molto limitate

Orrorin e Kenyanthropus, mentre rimangono for­

ti e sembrano anzi evolvere verso una macrodonzia nelle linee

Australopithecus-Zinjanthropus in Africa

orientale,

Australopithecus-Paranthropus in Africa

del Sud. Infine, lo strato di smalto dei denti è vigo­ roso ovunque, eccetto che in

Ardipithecus, il quale,

almeno a motivo di questo carattere, è escluso an­ ch' esso dalla nostra filiazione diretta.

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Yves Coppens

In conclusione, eccoci in possesso di una superba collezione di preumani (ne ho sottoscritti cinque) , tut­ ti tropicali e africani, tutti eretti, prima bipedi e ar­ rampicatori, poi semplicemente bipedi, e il cui cervel­ lo è cresciuto gradualmente. Alcuni di loro evolvono verso forme vegetariane e macrodontiche, altre verso specie frugivore, altre infine verso gli antenati onnivo­ ri microdonti del genere

Il genere

Homo.

Homo compare dunque fra 3.000.000 e

2.500.000 anni fa, sempre nell'Africa tropicale. I primi umani, in tal modo, sono contemporanei e compatrioti degli ultimi preumani, ma se ne distin­ guono per via di un bipedismo esclusivo, anche se manifestano tracce di arboricolismo, un encefalo notevolmente più grosso (tra 510 e 775 cc) , più complesso e meglio irrorato, una dentatura da on­ nivori, con i denti anteriori più robusti rispetto a quelli laterali, più piccoli, e una faccia nettamente meno prognata. Non è un caso che l'uomo, così at­ trezzato, compaia in quel momento . Dieci anni di ricerche nei sedimenti della bassa valle del fiume

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Storia dell'uomo e cambi di clima

Orno, ai confini tra Etiopia, Sudan e Kenya, sedi­ menti depositatisi fra quattro milioni e un milione di anni fa, mi hanno consentito di leggere la crisi climatica che si trova alla sua origine - era la prima volta; globalmente si è trattato di un raffreddamen­ to, e localmente di un periodo di siccità. Il rappor­ to fra il numero di pollini d ' albero e il numero dei pollini d ' erba passa in effetti, in quello stesso perio­ do, da 0,4 a 0,01. Cinquanta tonnellate di ossa mi hanno dimostrato , in relazione a questa perdita di umidità, come aveva reagito tutta la fauna dei ver­ tebrati in funzione delle proprie capacità nei con­ fronti del mutamento ambientale. Alcune specie si estinguono (ad esempio i mastodonti, gli stegote­ trabelodonti, i

primelephas), altre migrano, tutte

quante o in parte (i tragelafi, i bovini, i cercopite­ chi, i colobi) , altre arrivano (gli alcelafini, gli antilo­ pidi, le lepri, i gerbilli) , altre infine si trasformano sul posto : è il caso degli elefanti, che accrescono il diametro dei loro molari e il numero delle loro la­ mine di smalto; dei suidi che allungano i loro denti iugali e li forniscono di tubercoli; dei rinoceronti e

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Yves Coppens

degli equidi, che aumentano l ' altezza dei loro den ­ ti, ecc.

È anche il caso degli ominidi,

che hanno tro­

vato due risposte alla crisi: una risposta preumana, l ' australopiteco robusto e le sue due versioni, quel­ la estafricana,

Zinjanthropus, e quella sudafricana,

Paranthropus, i quali, credo, sono emersi indipen­ dentemente l'uno dall' altro; e una risposta umana, il genere e

Homo, forse con due specie, Homo habilis

Homo rudol/ensis. La risposta australopiteco è

una dissuasione fisica;

Zinjanthropus e Paranthro­

pus sono degli ominidi più grandi, più massicci dei loro predecessori e antenati, molto più impressio­ nanti per i predatori in questo nuovo ambiente ap ­ pena scoperto, e presentano inoltre una mascella poderosa, con premolari e molari enormi per rom­ pere e macinare frutti duri e vegetali coriacei, e ca­ nini e incisivi ridotti per tagliare e strappare i vege­ tali prima di sottoporli alla frantumazione. La ri­ sposta umana è una dissuasione intellettuale;

Homo

è un ominide col cervello più grosso, più comples­ so di quello dei suoi predecessori e antenati, sicura­ mente più inventivo di fronte ai predatori e ai rapa-

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Storia dell'uomo e cambi di clima

ci che gli contendevano i cadaveri, e presenta inol­ tre questa mascella capace di mangiare di tutto, che ho sopra descritta, avendo esteso alla carne il suo precedente menu vegetariano.

Da questi risultati derivano numerose, importanti deduzioni.

È

chiaro anzitutto che l'uomo, come il cavallo,

l'elefante o il facocero, reagisce al mutamento d' am­ biente cercando di adattarvisi; l' ominide, cambiando il proprio regime alimentare e aumentando le dimen­ sioni del proprio cervello, ha fatto esattamente come l'equide, che ha aumentato l'altezza dei denti e ridot­ to a un dito l'estremità delle zampe. Il preumano, au­ stralopiteco o kenyantropo, si è fatto hipparion si è fatto

Homo, come lo

Equus. Ciò significa che a que­

st'epoca l'ominide fa totalmente parte del suo ecosi­ stema e subisce le fluttuazioni del clima e dell' ambien­ te come qualunque suo vicino. Ciò significa pure che è stato l'ambiente a fare l'uomo e che, senza questo evento, il genere

Homo non avrebbe avuto alcun mo­

tivo di comparire, almeno lì e in quel momento. Per-

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Yves Coppens

ché la comunità scientifica, la quale ha impiegato die­ ci anni prima di prendere in considerazione questo fatto, si ricordasse di tale risultato fondamentale e del ruolo pionieristico della valle dell' Orno in queste ri­ cerche, ho chiamato questa crisi con un gioco di paro­ le, di cui non mi vanto, «l'evento dell' (H)Omo»

-

con

una H tra parentesi.

È chiaro inoltre che la maggior parte di questi esse­ ri si è trasformata al momento giusto e nella direzione giusta.

È

statisticamente troppo bello per essere alea­

torio. Come spiegare dunque questa evoluzione, l'Evoluzione? A un certo punto mi sono trovato a so­ gnare che certi geni sarebbero stati in grado di regi­ strare essi stessi il mutamento di ambiente e avrebbe­ ro potuto in seguito trasmettere geneticamente l'in­ formazione alla discendenza che avevano il compito di equipaggiare. In qualche modo un lamarckismo molecolare, altrettanto poco ortodosso quanto quello d'origine ! Recentemente ho letto in Christian de Du­ ve, che ho già citato, il suo stupore, simile al mio, di fronte alla frequente giustezza di reazione da parte della natura alle sollecitazioni dell'ambiente, cosa tut-

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Storia dell'uomo e cambi di clima

t'altro che somigliante al caso; egli propone di spie­ garla con la presenza permanente, in tutte le cellule di ogni essere vivente, di una collezione di mutazioni in attesa, che permetterebbe alle cellule di mettere a di­ sposizione la mutazione idonea non appena essa fosse richiesta. In ogni modo, il caso non è più quello di una volta ! In conclusione, appare chiaro che ci troviamo, a quest' epoca e in questo luogo , nel momento capita­ le del nuovo cambiamento di stato della materia in attesa del prossimo. Questa volta è una parte del­ la materia viva che, con l ' ausilio del suo sistema nervoso centrale, diventerà pensante. Per un natu­ ralista l'Uomo rimane un primate, e la cosa non è falsa. Ma le dichiarazioni intempestive del tipo «L 'Uomo è una Scimmia» oppure «La S cimmia è un Uomo» sono giuste soltanto in modo molto par­ ziale, è il minimo che si possa dire; ancora una vol­ ta, si tratta semplicemente di buon senso . Con l'uo­ mo che chiamerò , in mancanza di meglio, filosofi­ co, perché forse non è l'equivalente soltanto del ge­ nere

Homo, appare la coscienza - definita alla bel-

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Yves Coppens

l'e meglio con «sapere che sappiamo» -, coscienza che si rivela a noi in concreto attraverso i primi og­ getti fabbricati. Per la prima volta in assoluto, in natura, sono state sagomate delle pietre: un essere ha osato cambiare la forma di un oggetto per utiliz­ zarlo a proprio vantaggio . Nessun' altra specie, fi­ nora, ha mai condiviso un'audacia del genere. Do­ po dodici o tredici miliardi di anni di storia natura­ le, è il primo segno di una storia culturale, preci­ sando che il termine «cultura», per uno studioso della preistoria, coincide con tutto ciò che non è natura, vale a dire la tecnologia, evidentemente, ma anche gli aspetti intellettuale, spirituale, morale, estetico, etico, ecc. dell'essere che ne è dotato. Le più antiche pietre lavorate sono state raccolte su terreni da 3.300.000 a 3.200.000 anni fa (lo strato B2 della formazione di Shungura, nella bassa valle del­ l'Orno); non rimane che trovarle effettivamente den­ tro- e non sopra - questi terreni per essere sicuri del­ la loro datazione. Altri utensili sono stati raccolti sta­ volta indiscutibilmente dentro ad altri terreni, etio­ pici - Badar - e kenyani - Turkana -, di 2.600.000

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Storia dell'uomo e cambi di clima

anni fa. Se consideriamo valido questo indizio come testimonianza di coscienza, cosa peraltro non scioc­ ca, possiamo permetterei di datare l'emergere del grado di riflessione corrispondente fra 3.500.000 e

2.500.000 anni fa. Gli studiosi della preistoria si sono poi stupiti del­ la diversità di questi strumentari molto antichi e del­ la contemporaneità, rilevata a due riprese, di utensi­ li assai elaborati che denotano una buona capacità di taglio, perciò una buona conoscenza della pietra uti­ lizzata, e di utensili molto più frusti, che denunciano una vera disabilità, una debolezza di schemi concet­ tuali e operativi. Dal momento che non pare suffi­ ciente attribuire queste differenze a problemi di ma­ teria prima o a questioni inerenti alla destinazione degli oggetti fabbricati, si è portati a pensare che si tratti di differenze di autori. In un'epoca in cui coe­ sistono

Australopithecus, Zinjanthropus, Kenyanthro­

pus e Homo, perché mai non ci si dovrebbe imbatte­ re in opere di artigiani diversi che si sono cimentati nella scheggiatura della pietra per iniziativa persona­ le o per imitazione?

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Yves Coppens

Ritengo in effetti che questo cambiamento di stato, manifestatosi sotto la forma di emergenza della co­ scienza, di articolazione del linguaggio, di lavorazione dell'utensile, abbia potuto interessare, alla medesima epoca e per i medesimi motivi, diversi ominidi simul­ taneamente; e ritengo peraltro che queste differenti manifestazioni della coscienza abbiano potuto presen­ tarsi successivamente durante questo periodo di una certa durata, periodo che non per questo è meno pri­ vilegiato, piuttosto che a una data precisa in cui tutto si verificherebbe nello stesso momento. Ci troviamo dunque in possesso di un altro certifi­ cato di nascita: la coscienza è nata tre milioni di anni fa nell'Africa tropicale. E l'Uomo si è subito messo in cammino. Non è sta­ ta evidentemente una sua decisione, ma, con l'ingran­ dirsi della sua nicchia ecologica dovuto a ragioni eli­ matiche, egli si è sviluppato insieme ad essa. Poiché la sua capacità onnivora l'aveva reso più mobile, l' anato­ mia del suo piede più resistente, il suo grosso cervello più curioso e i suoi nuovi utensili più audace, sono convinto che si sia messo subito in moto e abbia spa-

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Storia dell'uomo e cambi di clima

ziato molto presto oltre i limiti del suo habitat. Già da tempo lo aspetto, attorno alla data di 2 .500.000 anni fa, tanto nel Vicino Oriente che nell'Estremo Occi­ dente e nell'Estremo Oriente, visto che il senso del suo visitare la Terra si è attuato in maniera geografica­ mente logica, dall'Africa verso l'Eurasia, attraverso il Sinai, il Vicino Oriente e il Caucaso. Tale data è già stata appurata, per alcuni utensili di pietra, a Yiron in Israele (2,4 milioni di anni fa [ = Ma]) , agli Étouaires o a Saint-Eble nel Massiccio Centrale francese ( da 2,2 a 2,4 Ma) , a Riwat nel Pakistan (2,2-2,3 Ma) , a Renzi­ dong in Cina (2-2,5 Ma) , ma chiede ancora di essere verificata nei cinque siti. In compenso altri siti, stavolta con ossa umane, raggiungono datazioni vicine ai due milioni di anni fa: Dmanissi in Georgia (1,8 Ma) , Orce in Spagna (1,8 Ma) , Sangiran in Indonesia (1,8 Ma); delle tre, la pri­ ma è senz' altro la data più affidabile.

È

chiaro che si deve porre il problema di sapere

quale specie di

Homo si sia lanciata attraverso il

mondo. Per le ragioni che ho appena enunciato , da tempo io ritengo, e l ' ho insegnato anche qui ma

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Yves Coppens

senza pretendere di aver rag10ne, che sia stata la prima specie in assoluto a espandersi ,

Homo habi­

lis, e non la seconda, Homo erectus, o l'antenata della seconda,

Homo ergaster, come viene afferma­

to dappertutto . Lo dico per ragioni molto sempli­ ci, insieme di buon senso ( ci tengo ! ) e di logica biologica, fisiologica, etologica e per di più, in tal caso, paletnologica: quando si hanno caratteri nuo­ vi, in questo caso i caratteri del genere

Homo, si

hanno i comportamenti di questi caratteri;

Homo

habilis ha avuto un cervello importante, un piede lungo a volta piantare e unghie corte e addotte, una dentatura da onnivoro e un corredo di utensi­ li, prima di

Homo ergaster e ben prima di Homo

erectus. Senza che questa affermazione sia pienamente di­ mostrata, è però soddisfacente notare che l'uomo di Georgia, di 1.810.000 anni fa, di recente classificato come

Homo georgicus, viene descritto come portatore

di caratteri di

Homo habilis e di Homo ergaster. Ora,

esso si trova già in Eurasia, al centro del Caucaso, molto lontano dalla sua culla tropicale, con un picco-

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Storia dell'uomo e cambi di clima

lo corredo di ciottoli lavorati, degno dei suoi nonni africani. Dato che questo genere umano non riesce a star fermo, da questa piattaforma girevole nel Levante si muoverà senza sosta per andare a vedere, a Ovest come a Est, che cosa vi sia oltre la linea delle colline che chiudono in modo insopportabile l'orizzonte. Ciò lo condurrà fino alle rive dell'Atlantico e a quel­ le del Pacifico nel giro di qualche decina di migliaia di anni. Di qui le datazioni molto alte ottenute in Europa e in Asia, di cui però occorre attendere con­ ferma.

È

divertente constatare che l 'opinione generale

della comunità scientifica si sia stupita della molti­ plicazione delle forme preumane man mano che ve­ nivano scoperte e descritte, ma non si sia mai vera­ mente stupita dell'apparente unicità della stirpe umana,

Homo habilis, Homo ergaster, Homo erectus,

mentre la reazione naturale avrebbe dovuto essere al contrario . Ho già detto quanto il manipolo dei preumani fosse prevedibile e quanto fosse rassicu­ rante scoprirlo nel corso delle ricerche. Non si è an-

43

Yves Coppens

cora sottolineato, invece, quanto sia strana la pover­ tà della filiazione umana. una dualità,

È vero

che essa inizia con

Homo habilis, Homo rudol/ensis, di cui

non si sa bene il significato - generi diversi di diffe­ renti origini preumane, specie autentiche o variazio­ ni di una sola - e che comunque disturba. Sembra però che essa continui con una bella linea retta, non intaccata dal tempo né dallo spazio. Ritengo che ta­ le apparente omogeneità mostrerà presto delle cre­ pe e che ci si renderà conto di una diversità ben più grande, qui da tempo entrata nell' insegnamento, di quanto non si fosse pensato fino a oggi; si comincia a distinguere un

Homo erectus

o

Homo erectus erec­

tus asiatico da un Homo mauritanicus o Homo erec­ tus mauritanicus europeo e nordafricano, cosa non improbabile. Si va invece un po' troppo distante quando si fabbricano degli

Homo georgicus, Homo

cepranensis, Homo antecessor e, risalendo più indie­ tro, a tutto spiano

Homo paleojavanicus, Homo peki­

nensis, Homo soloensis, a meno che non si tratti di soprannomi di comodo, ma che non bisognerebbe latinizzare. Penso peraltro, e già da tempo, che la

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Storia dell'uomo e cambi di clima

cultura, la quale risponde più velocemente - e sem­ pre più velocemente - della natura alle sollecitazio­ ni dell' ambiente, retro agisce su quest'ultima, la nozione di specie del genere

e

che

Homo, salvo lunghe

rotture peripatriche, non è più esattamente quella che viene descritta dalla biologia. Voglio dire che a questo punto si verifica nel genere umano una sorta di

continuum: l'Homo habilis si ergasterizzerebbe e

l' ergaster si erettizzerebbe, prima che l' erectus, più tardi, si sapientizzi, senza vere discontinuità anato­ miche né, successivamente, genetiche. Questi livelli successivi chiamiamoli gradi. Immaginiamo dunque questa umanità molto anti­ ca che, già due milioni di anni fa, popola l'insieme del Vecchio Mondo, Africa ed Eurasia, evidente­ mente fino a una certa latitudine. A questo punto le vicende climatiche interverranno nuovamente nella sua storia. La Terra entra in effetti in una serie di ci­ cli successivi freddi e temperati: i primi provocano la mobilizzazione dell'acqua per fissarla nella forma di ghiacciai, gli altri invece lo scioglimento dei medesi­ mi e la restituzione dell'acqua ai suoi bacini d'ori-

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Yves Coppens

gine, e anche oltre - cicli da cui non è ancora uscita. Nelle fasi fredde, l'Europa produce un immenso

in­

landsis, da 2.000 a 3.000 metri di spessore, che rico­ pre i Paesi scandinavi, la Scozia e talvolta arriva fino all'Olanda e al Belgio, e un ghiacciaio molto pesante sulle Alpi fino ai Carpazi; nelle fasi temperate, il Mar Nero, il Mar d'Azov e il Mar Caspio si raccolgono in un vasto specchio d ' acqua, mentre le terre indone­ siane si sgranano in una lunga corona di isole. Tor­ niamo al nostro primo popolamento umano; si trova in Europa da almeno due milioni di anni, a Giava da almeno 1.800.000 anni, a Flores da almeno 800.000 anni; i ghiacciai in Europa, il mare a Giava e poi a Flores rinchiudono letteralmente queste prime po­ polazioni, le quali ovviamente reagiscono, come qualsiasi popolazione insulare, mediante derive ge­ netiche. Queste popolazioni, necessariamente picco­ le, con possibilità di matrimoni più ridotte rispetto alle altre, continentali, divengono differenti da quel­ le da cui si sono staccate. A quest' epoca, si insediano quattro umanità, a fianco a fianco e contemporanee: l'europea, chiamata neandertaliana; la giavanese, che

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Storia dell'uomo e cambi di clima

possiamo chiamare pitecantropa (dal primo nome di genere dato a questi fossili dal loro scopritore alla fi­ ne del

XIX

secolo); la floresiana, denominata sempli­

cemente così; e l'asiatico-africana, detta

sapiens o

moderna. Discendono tutte dalla specie o dal grado

Homo erectus, ma, rimaste separate fra loro un tem­ po sufficientemente lungo, sono giunte a modellare quattro tipi diversi di uomo. I primi Europei portatori delle stimmate di questa deriva genetica, ossia di autapomorfie neandertalia­ ne, possono avere da 700.000 a 800.000 anni (la mandibola di Mauer lo dimostra, ma non i resti di Gran Dolina) e, a partire da questa data fino a circa

30.000 anni fa (33.000 a Zafarraya), prende piede la neandertalizzazione e i protagonisti vengono deno­ minati Preneandertaliani o un primo tempo, e poi

Homo heidelbergensis, in

Homo neanderthalensis. Jean­

J acques Hublin ha scritto: «La soluzione più sem­ plice rimane evidentemente quella di includere in

Homo neanderthalensis tutti gli specimen che pre­ sentano apomorfie neandertaliane, anche se in nu­ mero limitato».

È

quello che penso anch'io, e l'ho

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Yves Coppens

applicato da tempo in questo m1o insegnamento. Stasera facciamo dunque il passo - sarà comunque più semplice - e dichiariamo:

Homo erectus, nell'Eu­

ropa glaciale divenuta insulare, si fa

Homo neander­

thalensis per molte centinaia di migliaia di anni, fino alla sua estinzione. Se si tiene conto dello sviluppo dell'endemismo a Giava (l'evoluzione di

Stegodon trigonocephalus, per

esempio) , la deriva pitecantropina dell'Homo

erec­

tus giavanese potrebbe aver avuto inizio prima della deriva neandertaliana, più di un milione di anni fa. E se si prende a modello l'Europa, si designerebbe questa analoga deriva con il nome del suo esito fina­ le, appena prima della sua estinzione,

Homo erectus

ngandongensis o Homo soloensis. Diciamo Homo so­ loensis, l'uomo del fiume Solo, che è comunque il nome più antico e più facile da ricordare. Se accet­ tiamo le ultime datazioni proposte da C . C . Swisher, questo uomo di Giava avrebbe potuto estinguersi fra 27.000 e 53.000 anni fa, ossia alla stessa epoca di Neandertal e, come vedremo più tardi, per le stesse ragwm.

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Storia dell'uomo e cambi di clima

La piccola isola di Flores, lunga 300 chilometri e larga 20, si trova a est di Giava. Insulare da molto tempo, l'Uomo non pare abbia potuto raggiungerla se non via mare; questo aveva fatto dire qualche an­ no fa ad alcuni colleghi olandesi che la navigazione umana, almeno elementare, su zattere di bambù, potrebbe avere 700.000 o 800.000 anni. Ecco dun­ que gli uomini di Flores,

Homo soloensis, che arriva­

no da Giava via Bali, Lombok e Comodo. Per moti­ vi legati alla diminuzione del territorio, alla limita­ zione della p redazione e alla riduzione della biodi­ versità, sappiamo, da sempre, che certi ordini di vertebrati, una volta stabiliti su certe isole, subisco­ no uno scompenso ormonale che, nell' arco di qual­ che decina di migliaia di anni, li rende nani o gigan­ ti. I proboscidati, certi artiodattili, certi sdentati, certi primati sono, fra i mammiferi, i più facilmente affetti da nanismo ; dtiamo, fra i tanti: l'elefante

Pa­

laeoloxodon cypriotes di Creta, alto al garrese 90 centimetri, discendente di

Palaeoloxodon antiquus,

del vicino continente, alto quattro o cinque metri; l'ippopotamo

Phanourios minutus di Cipro, grande 49

Yves Coppens

come un San Bernardo, discendente da

Hippopota­

mus behemoth del Vicino Oriente, di dimensioni equivalenti a quelle di un ippopotamo attuale;

l'Anoa depressicornis di Celebes, alto un metro al garrese, discendente dell' anoa del continente asiati­ co, o bufalo; l'antilope

Myotragus balearicus, delle

Baleari, alta cinquanta centimetri; o ancora i bradi­ pi nani

Neocnus, Synocnus, Acratocnus o Palocnus,

rispettivamente di Cuba, Haiti, Puerto Rico o Cura­ çao, tutti discendenti dai Megalonychidae giganti del continente americano. Ebbene, l 'Uomo ci ha fat­ to la sorpresa di aggiungere la famiglia degli omini­ di alla lista delle famiglie affette da questo curioso fenomeno. Peter Brown, un collega australiano, ha portato alla luce l'anno scorso, dal sito di Lian Bua, nella parte occidentale di Flores, un individuo alto un metro/un metro e venti, col cranio simile a quel­ lo di un

Homo erectus e di una capacità endocrani­

ca fra 380 cc ( come il più piccolo degli

Sahelanthropus) e 530 cc ( come

Homo habilis), associato a un'in­

dustria liti ca e di un'età geologica fra i 12.000 e i

1 8. 000 anni !

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Storia dell'uomo e cambi di clima

Trent'anni fa, si considerava con condiscendenza la mia proposta di associare la nuova anatomia del ge­ nere Homo - vale a dire né più né meno che la nostra origine - al mutamento climatico che le corrisponde­ va cronologicamente, osando spiegare l'una mediante l'altro: veniva definita deterministica. Ed ecco, due milioni e mezzo di anni dopo «l'evento

dell'(H)Omo»,

la dimostrazione del ruolo che ha l'ambiente sull' ana­ tomia del genere Homo quando la cultura non sia suf­ ficientemente potente per resistergli. Dobbiamo pur constatare che, anche all'epoca di Lascaux o delle pri­ me domesticazioni, l'uomo era ancora, in certi angoli del mondo, sottoposto, senza potervisi opporre, a ciò che l'ambiente voleva fare di lui ! Veniamo al piatto forte: si tratta niente meno che dell'Africa e dell'Asia continentale riunite insieme.

L'Homo erectus le abita, anche se è più ergaster in Africa tropicale, dentale ed

mauritanicus in Africa nordocci­

erectus sensu stricto in Asia. Come in Eu­

ropa, a Giava o a Flores ,

Homo erectus vi si evolve­

rà, e lo farà muovendosi verso una form�t portatrice di un cranio arrotondato, dalla calotta alta, di gran-

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Yves Coppens

de volume cerebrale, con la faccia corta, le sovra­ strutture e i denti fortemente ridotti: è la forma chiamata

sapiens.

Per la maggior parte degli autori,

Homo sapiens

sarebbe comparso in Africa e si sarebbe poi diffuso attraverso il mondo lungo la rotta di

Homo habilis,

due milioni di anni più tardi. Per pochi altri, fra cui il sottoscritto,

Homo erectus si sarebbe sapientizza­

to sul posto, ovunque si trovasse. La prima ipotesi si chiama

Out of Africa, la mia O ut o/ nowhere.

L ' argomento dei primi è paleontologico - i più an­ tichi

sapiens conosciuti, Homo rhodesiensis, Homo

sapiens idaltu, sono africani - e genetico . L ' argo­ mento degli altri è la permanenza di certi caratteri in modo continuo nelle grandi regioni dell'Africa e dell'Asia durante centinaia di migliaia di anni attra­ verso i popolamenti di

Homo erectus e di Homo sa-

. piens. L ' argomento contro i primi è la difficoltà di concepire l'ibridazione dell' ondata degli

Homo sa­

piens appena spuntati e della falda degli Homo erec­ tus che li ha preceduti; l' argomento contro gli altri

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Storia dell'uomo e cambi di clima

è la grandissima omogeneità dell ' umanità contem ­ poranea. In ogni caso, una cosa è certa, che tra alcune centi­ naia e alcune decine di migliaia di anni fa coesisteva­ no sul nostro pianeta quattro umanità, coscienti, intel­ ligenti e colte:

Homo sapiens, Homo neanderthalensis,

Homo soloensis, Homo floresiensis. Poi, un bel giorno di 50.000 anni fa - cifra como­ da, ma certamente approssimativa -, per ragioni di ac­ cessibilità dei territori ma forse anche di pressione de­ mografica o ambientale,

Homo sapiens si mette di

nuovo in moto, dato e non concesso che si sia mai fer­ mato. Ed eccolo in America, dove è giunto a piedi, senza rendersi conto, come Cristoforo Colombo, che la stava scoprendo. Eccolo in Australia, dove non ha potuto far altro che arrivarci su una zattera. Eccolo in . Europa, a Giava e senz' altro più tardi a Flores. In America e in Australia non c'è nessuno. In Europa, a Giava e a Flores,

sapiens, chiamato nel primo caso

Cro-Magnon e Wadjak negli altri due, incontra i suoi predecessori. Il grande interrogativo, per alcuni, è sapere se ab-

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Yves Coppens

biano avuto fra loro, l'indigeno e l'immigrato, delle relazioni sessuali e se queste siano state feconde. La ri­ sposta alla prima domanda

è «SÌ» e non ha particolare

bisogno di commenti. Alla seconda, David Serre e André Langaney hanno risposto, recentemente e in modo misurato, basandosi sulla decriptazione di DNA mitocondriale di più di sessanta individui, che, per quanto riguarda l'Europa, se vi neandertaliano al

è stato un contributo

pool genico di Homo sapiens, cosa

che non si può escludere,

è stato

un

contributo estre­

mamente modesto. Poiché dopo una lunga coesistenza - molte miglia­ ia di anni -, tanto in Europa e nel Vicino Oriente ( do­ ve Neandertal si era portato) , quanto a Giava e a Flo­ res,

è Homo sapiens che prevale mentre il suo prede­

cessore si spegne, un altro grande interrogativo

è sa­

pere perché sia andata così e come sia avvenuta que­ sta scomparsa. Quando due specie, e a maggior ragio­ ne due gradi, condividono la stessa nicchia ecologica, alla fine una elimina l'altra. Un'eliminazione che non necessariamente è violenta né deliberata - si

è sciocca­

mente parlato di genocidio - e che non ha bisogno di

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Storia dell'uomo e cambi di clima

trovare un'origine esterna di tipo patologico, o inter­ na, ossia genetica. Può dipendere semplicemente da una competizione passiva ma efficace. A parte il piccolo uomo di Flores, dimenticato nel­ la sua isola, da 30.000 anni a questa parte la Terra ap­ partiene soltanto a

Homo sapiens, che ha finito di far­

ne il giro attraverso la Groenlandia, 5.000 anni fa, la Melanesia 3.500 anni fa, la Polinesia 2.000 anni fa, e Isola di Pasqua, Hawaii, Madagascar e Nuova Zelan­ da poco più di mille anni fa. Visto che, durante tutto questo tempo, gli uomini si sono effettivamente spostati, ingrandendo il loro territorio e scoprendo progressivamente la Terra, mi sono sempre divertito a pensare che un bel giorno di

2.500.000 anni fa, nel Vicino Oriente, gli uni e gli al­ tri si erano separati e salutati, partendo gli uni verso l'Est e gli altri verso l'Ovest. Gli uni avevano percor­ so l'Asia e poi l'America, avevano in seguito raggiun­ to la Groenlandia da nord e da nord-est, prima di scendere lungo le coste fino a sud e in Islanda. Gli al­ tri invece si stabilivano in Europa e avevano a lungo sognato davanti all'Oceano Atlantico, prima che Eric

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Yves Coppens

il Rosso, o qualcuno dei suoi, si lanciasse e sbarcasse a sua volta in Islanda, sulle coste meridionali della Groenlandia e quelle del Labrador. Verso l'anno

1000, gli uomini che molto tempo prima si erano la­ sciati in Asia Minore si sono ritrovati, gli uni con i tratti di Inuit di Tule, meravigliosamente adattati alla vita dell'Artide e alla caccia dei grandi mammiferi marini, gli altri con i tratti di Vichinghi scandinavi, navigatori emeriti e avventurieri che erano riusciti a costruire, a forza di filiali commerciali, una vera cul­ tura originale attraverso tutta l'Europa e una parte importante dell'Oriente. Non pretendo che si siano riconosciuti ! Le culture degli uomini appunto, in altri termini la Preistoria, ci hanno insegnato certamente molto du­ rante i tre milioni di anni della loro esistenza. Si è visto il loro emergere molto antico, e le loro caratteristiche già allora così diversificate che ci si era domandati se molti ominidi non avessero inven­ tato nello stesso tempo l'utensile di secondo grado. Poi questi utensili, presenti all'inizio solo di tanto in tanto, erano diventati presenti in modo permanente,

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Storia dell'uomo e cambi di clima

quasi obbligatori.

È

allora che ha cominciato a fun­

zionare la coppia uomo-utensile, come si dice in meccanica, e da quel momento non si è mai divisa. Gli utensili sono migliorati, beneficiando ogni volta delle conoscenze che avevano guidato la fabbricazio­ ne dei precedenti - la cultura si diffonde a macchia d'olio - e si sono anche diversificati, nel loro insie­ me, così come si sono diversificate le funzioni a cui erano destinati. Per cogliere i progressi nell'abilità del taglio, An­ dré Leroi-Gourhan aveva costruito una specie di indi­ ce di efficacia. Si divertiva a pesare dei chili di pietre tagliate (possibilmente dello stesso materiale) e a mi­ surarne la lunghezza della parte tagliente, che sommava ms1eme. Aveva ottenuto in tal modo dieci centimetri di fi­ lo tagliente per un chilo di pietre tagliate di due mi­ lioni di anni fa, quaranta centimetri per un chilo di

500.000 anni fa, duecento centimetri, ossia due me­ tri, per un chilo di 50.000 anni fa, duemila centime­ tri, vale a dire venti metri, per un chilo di 20.000 an­ ni fa. L ' esponenziale così ottenuta dimostra il pro-

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Yves Coppens

gresso della tecnologia in maniera sufficiente da esi­ mere da ogni commento. Ma anche l'evoluzione dei comportamenti mani­ festa un progresso di questo tipo. I crani di

Homo

erectus di Giava o della Cina, di molte centinaia di migliaia di anni fa, hanno mostrato, ormai da tem­ po, degli interventi con la selce sulla faccia e sulla base che, se confermati - perché rimangono dubbi secondo molti autori -, rivelano un trattamento par­ ticolare riservato molto presto ai defunti. A Sima­ de-los-Huesos in Spagna, una fossa interpretata co­ me sepolcrale ha restituito molte decine di cadaveri di 500.000 anni fa, accompagnati da oggetti chiara­ mente scelti in base alla loro qualità estetica. E poi, da 100.000 anni a questa parte, l'Europa, il Vicino e il Medio Oriente offrono vere e proprie sepolture individuali, molto curate, in cui il cadavere,

Homo

sapiens o Homo neanderthalensis, risulta affiancato da molteplici segni di rituali che ne hanno accompa­ gnato l'inumazione: depositi di fiori, di cibo, di og­ getti di valore, secondo un certo ordine. Attraverso questi esempi appare evidente che il pensiero sim-

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Storia dell'uomo e cambi di clima

bolico si fa più complesso, più raffinato , con il pas­ sare degli anni.

Percorriamo ora il mondo della percezione delle forme. Gli inizi della scheggiatura non pare abbiano seguito delle forme standard, tali da essere riprodotte. Ma assai presto, almeno da due milioni di anni fa, cer­ te forme sperimentate sono adottate in quanto proba­ bilmente più efficaci, e quindi insegnate e riprodotte. La simmetria è riconosciuta più tardi, verso 1.700.000 anni fa. Il celebre utensile denominato bifacciale, ta­ gliato in modo sia bifacciale che bilaterale, durerà più di un milione di anni. Poi, in molti luoghi, l'Uomo in­ venterà la scheggia detta Levallois, la più grossa scheggia che si possa estrarre da una pietra, che ri­ chiede dodici o tredici percussioni, non percebili dal­ l' osservatore, un po' come le piegature necessarie alla fabbricazione di origami. A partire da 100.000 anni fa, l'uomo si interesserà alle forme delle conchiglie coeve o fossili, ai colori e alle densità di certi minera­ li; poi, non resistendo più, 50.000 o forse 75.000 anni fa (Blombos in Sudafrica) , proietterà su pareti di im-

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Yves Coppens

mobili o su oggetti mobili le forme dei suoi pensieri, delle sue osservazioni, dei suoi rituali, delle sue imma­ ginazioni, dei suoi fantasmi, ma anche dei suoi umori e del suo humour. La Venere di Lespugue - 25.000 anni fa -, che ho studiato, è per esempio semplice di fronte e doppia di schiena ! Anche qui il progresso può essere difficilmente negato.

E non dimentichiamo il progresso del progetto. probabile che

È

Homo habilis, due milioni di anni fa, ta­

gliasse il suo ciottolo per un uso quasi immediato del­ l'utensile fabbricato. Vi è qualche probabilità che Ho­

mo erectus di 500.000 anni fa abbia curato il taglio del suo bifacciale per tenerselo accanto, a mo' di coltelli­ no svizzero, per potersene servire per varie settimane e non dover tornare troppo presto alla cava per ta­ gliarsene un altro.

L'Homo sapiens che, 20.000 anni

fa, dipingeva, con la passione che si percepisce e il ta­ lento che sappiamo, l'affresco raffigurante i miti d'ori­ gine che a lui spettava di far conoscere ai più giovani della sua società, mescola ai suoi colori un collante per far sì che durino più a lungo e magari istruiscano

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Storia dell'uomo e cambi di clima

diverse generazioni. E quando la scienza odierna ci di­ ce che il Sole va spegnendosi e che bisogna preoccu­ parsene, non fa altro che allungare ulteriormente il progetto, perché questa volta si tratta di una proiezio­ ne di cinque miliardi di anni. Questo progresso ha a che fare dunque con la tec­ nologia, come è naturale, ma anche con i diversi am­ biti del pensiero, che incontestabilmente si complica e si affina col tempo. Lo spessore di questo tempo del­ lo studioso della preistoria ha il grande vantaggio del­ la prospettiva. Uno sguardo a volo d'uccello su tre mi­ lioni di anni mette in evidenza questa ascesa e lascia intravvedere in prospettiva il suo avvenire nella mede­ sima direzione.

Vorrei comunicarvi un'altra osservazione. A Mel­ ka Kunturé, in Etiopia, dove ho lavorato sotto l ' au­ torevole guida di J ean Chavaillon, il succedersi del­ le culture, Olduvaiana, Acheuleana, Middle Stone Age, nonché dei loro artigiani

Homo habilis, Homo

erectus, Homo sapiens e dei loro habitat, ha messo in luce il seguente svolgimento: a una specie umana A

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Yves Coppens

corrisponde uno strumentario A, ma a un tipo uma­ no B corrisponde ancora uno strumentario A. Più tardi, il tipo umano è sempre B, ma anche l 'insieme di utensili evolve in B, e poi la specie umana diven­ ta C, ma l'insieme di utensili rimane ancora, per un certo tempo, B e finalmente diventa C e poi D e poi E e poi F, ecc . , mentre stavolta la specie umana ri­ mane C. L'interpretazione potrebbe essere questa: la cultura nasce un bel giorno mentre il suo autore è ancora molto dipendente dal mondo naturale da cui proviene. La sua evoluzione biologica continua a lungo sullo slancio iniziale, trascinando con sé le culture, che evolvono, certo, ma in modo discreto e sfasato; qui la natura va più veloce della cultura. Ma la cultura è insidiosa, progredisce nell' ombra, rag­ giunge la stessa velocità della natura e ben presto la supera. In questo caso preciso, che certo per il mo­ mento non può essere generalizzato , è attorno ai.

1 00.000 anni fa che si colloca quello che ho chiama­ to il «Reverse Point», il punto di inversione delle ve­ locità. Questa dimostrazione dell'incredibile cresci­ ta della cultura è evidentemente quella dell' aumen-

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Storia dell'uomo e cambi di clima

to delle nostre conoscenze e, in seguito, dello svi­ luppo della nostra libertà.

Così va avanti, e continua ad andare, l'umanità e la sua strana materia pensante, sempre più libera ma an­ che responsabile. Concluderò questo

excursus

illu­

strando un'ultima sfaccettatura della definizione del­ l'uomo, che noi chiamiamo responsabilità senza peral­ tro comprenderla sempre bene. Tre milioni di anni fa, il genere

Homo, il genere umano, mammifero di taglia

media, membro a pieno titolo dell'ecosistema tropica­ le africano, nasceva in seguito alla necessità di adattar­ si a una crisi climatica, una grande siccità, che era chiamato ad affrontare. Diecimila anni fa, il genere

Homo, il genere umano, messo di fronte a una nuova crisi climatica - aumento della temperatura, sciogli­ mento dei ghiacci, fioritura eccezionale di graminacee selvatiche -, approfitta delle circostanze e inventa l'economia di produzione. La libertà che ha acquisito ha fatto sì che questa volta l'uomo abbia agito invece di subire. Duecento anni fa l'uomo, libero e inventivo, in pieno successo demografico e tecnologico, inventa

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Yves Coppens

l'economia industriale. Ma poiché le sue conoscenze gli fanno prendere coscienza, all'inizio del

XXI

secolo,

della fragilità del suo pianeta d'origine e dell' impor­ tanza di governarla prima che sia in grado di cambiar­ lo o di spostarlo, uno dei capi di Stato del pianeta, presidente lungimirante,

responsabile

e pioniere,

prende l'iniziativa di far redigere una Carta, detta del­ l' ambiente, destinata al tempo stesso a incoraggiare la crescita economica dell'umanità, a sviluppare il be­ nessere delle sue società e a salvaguardare l'ambiente della Terra.

È questa Carta che ho avuto l'onore di re­

digere nel corso di un anno, insieme a 17 stretti colla­ boratori e dopo una larghissima consultazione, su ri­ chiesta del presidente Jacques Chirac e sotto l'autori­ tà del signor ministro Madame Roselyne Bachelot, e che è entrata a far parte della Costituzione francese il

28 febbraio 2005 .

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Signora) signori Ministrz� signor Amministratore) cari colleghz� . . . . szgnore e szgnorz) mzez carz amzcz) ecco dunque quello che) press'a poco) sappiamo del­ tuomo e della sua storia) o per lo meno quello che cre­

diamo di sapere. ) L uomo è legato in maniera semplice e continua al­ la bios/era) al suo pianeta e al suo universo. È cugino di tutti gli esseri viventi che esistono e che sono esisti­ ti. Evidentemente deriva più precisamente dal mondo animale. I parenti più prossimz� nella natura attuale) sono gli scimpanzé (bonobo inclusi). Della materia) 65

Yves Coppens

egli rappresenta lo stadio più complesso e meglio or­ ganizzato che si conosca, perché ha realizzato la rifles­ sione del proprio pensiero. L 'uomo è nato sotto i tro­ pici d'Africa circa tre milioni di anni fa, da un mode­ sto lavoro di adattamento a una temperatura canico­ lare. Dunque, tutti gli uomini della Terra hanno la stessa origine, la stessa popolazione ancestrale. A quel tempo l'umanità non contava più di un centinaio di migliaia di individui, di età non superiore ai vent'an­ ni. Da allora ve ne sono stati cento miliardi e l'uomo, ormai addomesticato, ha moltiplicato per tre o per quattro la speranza di vita. Da tre milioni di annz� co­ me un bambino a scuola, l'uomo ha fatto progressi in tutto ed è la crescita delle sue conoscenze che lo ha re­ so un uomo libero, sempre più libero, senza cessare di essere responsabile, anche della propria libertà. Sono certamente queste particolari caratteristiche che gli conferiscono la sua dignità. Queste acquisizioni non sono indzfferentz� e sarei triste se il Collège dimenti­ casse l'importanza, anzi la solennità, sia detto senza aver paura delle parole, di un insegnamento di queste discipline.

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Storia dell'uomo e cambi di clima

Non dimentichiamo neppure che Samburupithecus, Sahelanthropus) Orrorin) Australopithecus afarensis) Australopithecus bahrelghazali) thiopicus

Zinjanthropus

ae­

fra i preumanz� Homo georgicus) Homo

erectus mauritanicus) Homo erectus uxoris

fra gli

umanz� sono scoperte e creazioni firmate o cofirmate da studiosi di questa Istituzione) della quali faccio parte)· alcuni miei colleghz� scopritori e creatori insieme con me) Miche! Brunet) Martin Pick/ord) Brigitte Senut) so­ no peraltro presenti stasera. Non dimentichiamo che la preistoria deve molto alla Francia e non è un caso che le culture preistoriche chiamate Chelleano) Abbevilliano, Acheuleano) Musteriano) Levalloisiano) Castelperro­ niano) Aurignaziano) Solutreano) Perigordiano) Gra­ vettiano) Maddaleniano) fra molte altre) anche se talu­ ne tra queste nomenclature sono oggi abbandonate) debbano il loro nome a siti francesi. Le scuole francesi di paleoprimatologia) paleoantropologia)

anatomia

comparata e preistoria sono sempre molto attive e al­ l'avanguardia nella ricerca mondiale in un certo nume­ ) ro di campi. Sono anche poli d eccellenza che il Collège non può non ricordare.

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Yves Coppens

Non dimentichiamo il fatto che todierna rapidità di sviluppo di certe tecnologie) e la minore velocità di sviluppo delle società che le praticano) hanno creato inquietudini presso certi settori del pubblico che non hanno più) a rassicurarli) le idee tradizionali in grado di spiegare chi siano) da dove vengano e dove vadano. Dal giorno in cui tuomo è cosciente) si è certo posto questi interrogativi e non per nulla tutti i miti dJorigi­ ne) per placare rangoscia dell'esistenza) hanno fatto il possibile per rispondervi. Ora) di fronte all1indeboli­ mento di questi mitz� è talora agli scienziati) e in par­ ticolare agli studiosi della preistoria) che si rivolgono questi pubblici inquieti. Se i film-documentario Odys­ sée de l' espèce

e Homo sapiens hanno ambedue supe­

rato in Francia gli otto milioni di telespettatori quan­ do sono stati programmati in prima serata) è certo gra­ zie all'eccezionale qualità di queste pellicole) ma è an­ che a motivo della ricerca di un discorso scientifico sulle origini che esse proponevano. Per non parlare ) dell anfiteatro di questa sera) né delle sale di conferen­ ze stracolme in occasione di corsz� colloqui e congressi che trattano di questi temi. Dal15301 una delle mis-

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Storia dell'uomo e cambi di clima

sioni del Collège è quella di insegnare ciò che si sa es­ sere il meglio a chiunque voglia venire ad ascoltare. E ritengo che una delle missioni attuali del Collège sia quella di assumere questa funzione di informazione, spiegazione e diffusione dei risultati delle ricerche che si sforzano di rispondere alle questioni inerenti alla natura umana, tanto più che tali ricerche sono degne di particolare considerazione nel nostro Paese.

È in ogni modo ciò che ho cercato di/are dal1983 a oggz.

Mi rimane l'essenziale: ringraziare. Ringraziare le tre grandi Istituzioni che hanno ac­ compagnato il mio percorso e hanno permesso spedizio­ n� riflessione e insegnamento: il Centre national de la recherche scientifique, il Muséum national d'Histoire naturelle, il Collège de France. Del Collège rivolgo an­ zitutto doverosamente il mio saluto agli amministratori Yves Laporte, André Mique� Gilbert Dagron e ]acques Glowinski il costruttore, e alla memoria di alcuni altri emeriti che ho conosciuto: Étienne Wol/i con cui ho

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·

Yves Coppens

chiacchierato parecchio, e Alain Horeau, che un giorno mi ha detto: «Vedrà, non entrerà mai nella sala delle conferenze senza una piccola stretta al cuore». Ebbene, la stretta al cuore Fho avuta, e talvolta neanche piccola, ma, grazie al collega, ho trovato che fosse normale, o quasi. Un momento fa, per esempio, arrivando in que­ sto stupendo anfiteatro, un po' agitato di fronte al mio strano stato d'animo, mi dicevo: «Non è niente, è sol­ tanto la stretta di Alain Horeau». Il mio saluto va poi ai colleghz� numerosi e diversz� ed è proprio il fascino, ma non tunico, e Finteresse del Collège quello di far incontrare i talenti e le discipline. Essendomi capitato di traslocare tre volte per insediar­ mi due volte in questo edificio Chalgrin, una volta nel­ l'ala destra e un'altra nell'ala sinistra, ogni volta su pla­ ce Marcelin-Berthelot, e due volte in rue d'Ulm, una volta al primo piano e taltra al secondo, ho potuto in­ contrare grandi ambasciatori di discipline e campi mol­ to diversz� più letterari a Palazzo Chalgrin, più scientifi­ ci in rue d'Ulm. Saluto i direttorz� che si chiamavano capo gabinetto e segretario generale quando sono entrato al Collège,

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Storia dell'uomo e cambi di clima

]ean-Pierre de Morant, Robert Pfau, ]ean-François Ri­ goni e Florence Terrasse-Riou, che hanno saputo, con eleganza ed efficacia, garantire in ogni circostanza il collegamento fra amministrazione e docenti. Saluto i miei collaborator� francesi e stranieri, fede­ li di tutte le stagioni, sul campo, in laboratorio o nelle aule di lezione, e tutti i nostri studenti. Saluto tutto il personale, sempre deferente e genero­ so. Non lo dico per compiacenza, è una constatazione. Per me, che avevo già diretto importanti équipes del CNRS

su terreni lontani e dz/ficilz� dei laboratori e un

museo, quando sono arrivato al Collège è stato sorpren­ dente il fatto che mi si facesse trovare tutto pronto. Un caro saluto alle mie fedeli assistentz� AnaiS Bes­ nard-Statian che mi ha sopportato dodici annz� e Chris­ tine Delangle che ha iniziato a farlo. E anche a Moni­ que Tersis, che mi aveva assistito per molti anni al Mu­ sée de l'Homme e che ha il coraggio di continuare. Il mio saluto anche a tutti gli uditorz� alcuni dei qua­ li incredibilmente fedeli da più di vent'anni. Saluto infine i preziosi uscierz� sempre puntuali e fi­ datz� rimpiangendo il tempo in cui mi precedevano nel-

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Yves Coppens

le aule per annunciarmi e /armi entrare tra gli applausi! Termino con il giudizio con cui uno dei più anziani tra loro, ormai vicino alla pensione, mi aveva sistemato do­ po la mia seconda lezione, nel gennaio 1 984: «Mica ma­ le, non bene come Miche! Foucault, ma almeno quanto Georges Duby». Sentii che ce l'avevo fatta: la lezione inaugurale non era bastata, c'era veramente bisogno della sanzione del pubblico e della battuta critica, più che del giudizio, del capo degli uscieri al momento del­ la vera e propria prima lezione. Signora, signori Ministrz� signor Amministratore, ca­ ri colleghz� signore e signorz� miei cari amic� spero, dal 1 984 a ogg� di avere onestamente mantenuto all'altez­ za richiesta le mie lezioni e i miei seminari. Grazie. YVES COPPENS

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Dal catalogo Jaca Book

E. ANATI, Gli elementifondamen­

tali della cultura, 1983 , Ult. Rist. 1 985 G. MINELLI, Dai pesci agli albori

dell'umanità, 1 984 Y. COPPENS, La scimmia, l'Africa

e l'Uomo, 1 985 , Ult. Rist. 1 996 H. DE LUMLEY ( a

cura

di), Ori-

gine ed evoluzione dell'uomo, 1 985 G . G IACOBINI, F. D'ERlUCO, I

cacciatori neandertaliani, 1 986 A. LEROI-GOURH A N , Meccani-

ca vivente, 1 986 A. LEROI-GOURH A N , Le radici

del mondo, 1986 A. BREUIL, A. LEROI-GO U R­ HAN, Y. COPPENS, Le grandi

tappe della preistoria, 1 987

A. BROGLIO, J.K. KOZLOW­ SKY, Il Paleolitico, 1987 J . RENAU L T - M I S KOVSKY, L 'ambiente nella p reistoria , 1987

C. CHAGAS ( a

èura

di) , Ricerche

recenti sull'evoluzione dei Pri­ mati, 1 987 E. ANATI, Origine dell'arte e della concettualità, 1988 Y. COPPENS, Ominoidz� omini­ di e Uomini, 1 988, Ult. Rist. 1 993

G. GIACOBINI ( a cura di), Homi­ nidae, 1989 G. GIACOBINI ( a cura di) , L'evo­ luzione degli ominidi, 1 989 G. GIACOBINI ( a cura di) , L'evo­ luzione del genere Homo, 1 990 Y. COPPENS, Pre-amboli. I primi passi dell'uomo, 1990 F. FACCHINI, M. GIMBUTAS,

J.K. KOZLOWSKY, B . VAN­ DERMEERSCH, La religiosità

nella preistoria, 1991 C. PERETTO (a cura di) , I primi

abitanti della Valle Padana: Monte Poggiolo, 1992 E. ANATI, Le radici della cultura, 1992 A. LEROI-GOURHAN, Evoluzio­

ne e tecniche, vol.

I,

L'uomo e la

materia, 1993 A. LEROI-GOURHAN, Evoluzio­

ne e tecniche, vol.

II,

Ambiente e

tecniche, 1 994 F . FA CCHINI, Il cammino del­

l'evoluzione umana, 1 985 , N uo­ va Ediz. 1 994

J. PIVETEA U , La comparsa dof­ f'Uomo, 1 994 A.G. DRUS J N I , R01pa Nr.t.i. J . 'ulti

ma terra, 1 994 A . G . DRU S I N l , D . lt S W I N I )

LER, Paleontologia umana. Evo­

luzione, adattamento, cultura, 1 996

J. CAUVIN, Nascita delle divinità e nascita dell'agricoltura. La rivo­ luzione dei simboli nel Neoliti­ co, 1 997 J. CHAVAILLON, L'età dell'oro dell'umanità. Cronache del Pa­ leolitico, 1998 F. FACCHINI, P. MAGNANI ( a cura

di) , Miti e riti della preisto­

ria. Un secolo di studi sull'origi­ ne del senso del sacro, 2000 F. FACCHINI, Origini dell'uomo

ed evoluzione culturale, 2002 G . MARTELET, Evoluzio n e e

creazione. Dall'origine del cosmo all'origine dell'uomo, 2 003 Y. COPPENS, Storia dell'uomo e

cambi di clima, 2007

Finito di stampare nel mese di dicembre 2006 da lngraf srl, Milano

STORIA DELL'UOMO E CAMBI DI CLIMA «Come un grande compositore che con poche note riesce a dare forma a una sonata, Yves Coppens nella sua lezione conclusiva al Collège de France delinea con tratti essenziali e rara ele­ ganza la storia dell'uomo sulla Terra. È una storia che fa parte della grande epopea della vita a partire dalle forme elementari di 4 miliardi di anni fa. Da quelle origini il mondo vivente si è sviluppato quasi per una legge universale in una 'complicazione crescente e in un'organizzazione ogni volta migliore della materia (parole che evo­ cano 'la complessità crescente' di Teilhard de Chardin), dove l'uomo appare culminante in una delle tante branche dell'albero dei viventi dopo essere stato preceduto da un corteo di forme preumane» (Fiorenzo Facchini). Sullo sfondo sono i cambiamenti ambientali, specialmente climatici, fra i quali la grande siccità di 3 milioni di anni fa, a cui il genere Homo diede una risposta soprattutto intellettuale in forza del suo sistema nervoso divenuto più complesso rispetto agli altri Ominidi. Jaca Book aveva già pubblicato nel 1987 la lezione inaugurale di Coppens al Collège de France ne Le grandi tappe della Preistoria e della Paleoantropologia. Là Coppens, già co-scopritore di Lucy, spiegava la nascita e la ragion d'essere di una disciplina che studiava le origini dell'uomo, e che ormai era un'arborescenza scientifica a pieno diritto e non più semplice ramificazione della pa­ leontologia. In un momento in cui l'ambiente e il clima sono all'ordine del giorno di attuali e gravi preoccupa­ zioni ecologico-sociali, in questa lezione conclusiva della sua permanenza al Collège de France Coppens ci ricorda che l'uomo fu il primo essere capace di adattarsi come nessun altro ai cambia­ menti di ambiente e di clima. Coppens ripercorre così la nostra preistoria e la legge come appassio­ nante awentura. Ciò non toglie che l'uomo oggi abbia fatto violenza a quell'ambiente terrestre che lo ha ospitato per quasi tre milioni di anni e che ci invita a essere responsabili del suo non deterioramento. YVE5 COPPENS, nato a Vannes nel l 934, già docente di Antropologia al Musée national d'Histoire na­ turelle e direttore del Musée de l'Homme, ha tenuto la cattedra di Paleoantropologia e Preistoria al Collège de France dal 1983 al 2005 ed è membro dell'Académie des Sciences. Ha partecipato di persona alla scoperta di un gran numero degli antenati che descrive, avendo diretto per oltre trent'anni spedi­ zioni e scavi in Africa, in particolare nel Ciad e in Etiopia, e in Estremo Oriente, in particolare in

La scimmia, l'Africa e l'uomo Le grandi tappe della preistoria e della paleoantropologia. Lezioni inaugurali al Collège de France (1988, con H. Breuil e A. Leroi-Gourhan); Ominoidi, ominidi e uomini (1988, 1 99Y); Pre-amboli. I primi passi dell'uomo (1990).

Indonesia e nelle Filippine. Di Coppens Jaca Book ha già pubblicato: (1 985, 1 99e);

ISBN 978-88-16-4076

€ 10,00

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