Robert King Merton 8860085713, 9788860085719

La compiuta vicenda del sociologo americano Robert King Merton - nome originale Meyer Robert Schkolnick, Philadelphia, P

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Italian Pages 466 Year 2019

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Robert King Merton
 8860085713, 9788860085719

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Guglielmo Rinzivillo

robert king merton Nuova edizione

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www.utetuniversita.it

Proprietà letteraria riservata © 2019 De Agostini Scuola SpA – Novara 1ª edizione: marzo 2019 Printed in Italy

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte del materiale protetto da questo copyright potrà essere riprodotta in alcuna forma senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni ad uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di pagine non superiore al 15% del presente volume/fascicolo, solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana­, 108 – 20122 Milano – [email protected]

Stampa: Stampatre – Torino

Ristampe: 0  1 2  3 4  5 6  7 8  9 Anno: 2019 2020 2021 2022 2023

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Indice

3 Capitolo primo – Scienza e valori (nella sociologia di Robert King Merton) 3 1.1 L’analisi sociologica della storia della scienza 39 1.2 Strategie e norme 1.2.1 I caratteri del rapporto scienza/norme, p. 45 – 1.2.2 Le disfunzioni dell’« ethos »,  p. 56 – 1.2.3 Crisi nella collaborazione e ruoli sociali, p. 80

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Capitolo secondo – Analisi funzionale e metodologica 2.1 Azione sociale e conseguenze 2.2 La mentalità empirica dell’analisi funzionale 2.3 Critica al funzionalismo sociologico e codificazione 2.4 Strutture e disfunzioni

2 17 Capitolo terzo – Il rapporto T-R 217 3.1 Teoria sociale e marginal conditions 237 3.2 Le disposizioni intermedie 262 3.3 Ricerca empirica e interdipendenze 3.3.1 Modelli esemplificativi di R → T, p. 269 – 3.3.2 I dati soggettivi, p. 279 –3.3.3 The Student-Physician, p. 300

3 09 Capitolo quarto – Storicità e contesti della serendipity 309 4.1 Esigenza sistematica e controversie 338 4.2 Idee work in progress 369 4.3 Spazi concettuali e sociologia della scienza 385 Capitolo quinto – Poscritto mertoniano 385 5.1 Fonti e artefatti nella conoscenza scientifica 400 5.2 Viaggi della tecnoscienza 4 13 415 429 437

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Appendice Bibliografia di Robert King Merton Scritti di Robert King Merton Bibliografia generale

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A Giovanna e Vincenzo, con affetto.

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1.1  L’analisi sociologica della storia della scienza La compiuta vicenda del sociologo americano Robert King Merton – nome originale Meyer Robert Schkolnick – (Philadelphia, Pennsylvania 4 luglio 1910 – New York, 23 febbraio 2003) costituisce l’esempio più eclatante della tendenza della sociologia nell’ultimo secolo a divenire una materia inserita nel quadro dello sviluppo della storia della scienza. Questa caratteristica non era nota prima e, comunque, la reattività degli studiosi nei confronti di questo tema-problema era abbastanza limitata. I contributi dell’autore americano a riguardo sono di una importanza straordinaria e rappresentano per la rinnovata storia della sociologia o, meglio, per la storia del pensiero sociologico scientifico, un’autentica accelerata in avanti. Proprio in questa direzione, va affermato che l’apporto di Merton non si ferma alla conclamata connessione « di periodo » tra teoria e ricerca empirica ma va ben oltre, al di là dell’affermazione di precisi confini epistemologici dei quali la scienza sociologica rivendica finalmente il possesso tra le scienze sociali. E, solamente in questo caso, la letteratura fino ad oggi disponibile rimanda alla avvenuta pubblicazione negli Stati Uniti del best-seller mertoniano Social Theory and Social Structure nel 1949, un testo che subisce poi ampliamenti e aggiustamenti nel prosieguo degli anni. La prima edizione di Social Theory and Social Structure. Toward the Codification of Theory and Research (STSS) del 1949 non è molto diffusa; il libro di 423 pagine fu ristampato almeno una volta, nel 1951, poi comparve l’edizione rivista nel 1957 che fu ripubblicata innumerevoli volte (prima edizione italiana 1959). Merton organizzò così quattordici dei saggi pubblicati nell’opera per mostrare l’interazione tra teoria sociale e ricerca sociale e, in secondo luogo, codificare sia la teoria sostantiva che le procedure di analisi sociologica, in particolare l’analisi qualitativa.1 La terza edizione arricchita e notevolmente ampliata comparve negli Stati Uniti nel 1968 con 75 pagine di nuovi materiali e una introduzione maggiorata rispetto all’edizione del 1957. STSS è stata una pubblicazione di assoluto riferimento per la sociologia come scienza. Tradotta in 20 lingue, è uno dei testi citati più frequentemente nelle scienze sociali, così come ha affermato in chiave commemorativa Piotr Sztompka nel 2003, anno della scomparsa di Merton. In effetti, il libro ha introdotto molti concetti divenuti importanti in sociologia, oltre che maneggiati da intere generazioni di studiosi e ricercatori, come le funzioni manifeste e latenti, le disfunzioni, l’« obliterazione per incorporazione », i « gruppi di riferimento », la « profezia che si autoavvera », le teorie di « media portata » e molti altri ancora. Va affermato che fin dalla sua prima uscita, STSS si è venuta affermando come un’opera capace di fornire il 1   Cfr. Robert King Merton, Social Theory and Social Structure. Toward the Codification of Theory and Research, New York, The Free Press, 1949, p. 3.

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profilo più sistematico dei fondamenti teorici della sociologia funzionale, nel momento in cui Talcott Parsons e i suoi studenti fondarono quella che divenne nota come una teoria della modernizzazione in cui la società statunitense fungeva da modello da celebrare ed emulare nel resto del mondo.2 Accanto e parallelamente a questa tradizione di grandi teorizzazioni sorse una potente tradizione di ricerca empirica, legata allo sviluppo della ricerca di indagine e dei metodi statistici, rivolta soprattutto a rafforzare la pretesa della sociologia nei confronti della scienza. Cercando di unire i due aspetti in quella che lui chiamava « teoria del medio raggio », Robert King Merton scrisse i brillanti saggi contenuti nel libro. L’impatto e la duratura influenza di questa raccolta possono essere misurati con l’osservazione di un redattore del diario teorico dell’« American Society Association » che definisce l’opera come « vicina ad una bibbia » che si utilizza comunque quando si esaminano le teorie sociali (si v. Rob Stones, Obituary, « The London Independent » del 22 marzo 2003). Non per nulla, già a partire dal 1998 la « International Sociological Association » ha potuto dichiarare il libro uno dei più importanti contributi alla sociologia del XX secolo.3 « Nelle teorie del medio raggio (Capitolo secondo del libro) » scrisse Merton, « forse la sociologia non è ancora pronta per il suo Einstein perché non ha ancora trovato il suo Keplero »; ma mentre il campo di Merton « è ancora in attesa del suo Einstein, potrebbe aver avuto il privilegio di sperimentare il suo Keplero » (Gerald Holton, Memoria biografica, Atti dell’« American Philosophical Society », vol. 148, No. 4, dicembre 2004, pp. 516-517). Merton, come è stato scritto, era « uno di quelli che ha percepito il divario tra i suoi ideali metodologici e i modi in cui gli scienziati sociali procedono davvero quando spiegano qualcosa, coniando la nozione di teorie intermedie. Questi concetti erano legittimati dal riferimento all’ideale deduttivo-nomologico, ma consentivano spiegazioni contestuali non correlate alle leggi. Questa era la principale convinzione metodologica in tutti i rami delle scienze sociali orientate alle variabili, che dominava la ricerca occidentale nel periodo postbellico » (Lars Mjøset, Understanding of Theory in the Social Sciences, ARENA Working Papers, WP 1999/33). Possiamo dire senz’altro che a quest’opera di diffusione della scienza sociologica ha contribuito il testo in esame che, nella seconda edizione americana del 1957, conteneva una prefazione dell’autore la quale avvertiva il lettore degli avanzamenti e delle aggiunte di capitoli rispetto all’edizione originaria del 1949. Nel 1957 il testo contava, infatti, quattro capitoli aggiuntivi (capp. V, VIII, IX e X) e due poscritti bibliografici che riguardavano, invece, l’analisi funzionale e il ruolo del puritanesimo nell’incremento della/nella scienza in Occidente. Va ricordato che la terza edizione americana di STSS è stata tradotta in italiano nel 1971; precedentemente era stata pubblicata una edizione nel 1966 che utilizziamo nel testo. A questa edizione ne sono seguite altre, tra le quali quella del 1983 cui faremo spesso riferimento, l’ottava edizione del 1992 e quella del 2000 in tre volumi (pure citata nel testo). Nella prefazione originale dell’edizione ampliata del 1968 Merton scriveva: « This new printing is not a newly revised edition, only an enlarged one. The revised edition of 1957 remains intact except that its short introduction has been greatly expandend to appear here as Chapter I and II. The only other changes are technical and minor ones: the correction of typographical errors and amended indexes of subjects and names. At their first writing, the pa2   Cfr. Robert King Merton, Remembering the Young Talcott Parsons in « The American Sociologist », 15, 1980, pp. 68-77. 3   Cfr. www.isa-sociology.org/en/about-isa/history-of-isa/books-of-the-xx-century/.

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pers which make up this book were not intended as consecutive chapters of a single volume. It would be idle to suggest, therefore, that the papers as now arranged exhibit a natural progression, leading with stern inevitability from one to the next. Yet I am reluctant to believe that the books lacks altogheter the graces of coherence, unity and emphasis ».4

In realtà, la continuità ricercata dall’autore è quella dello sviluppo di una teoria sociologica che possa essere in grado di fornire una logica del procedimento scientifico, in stretto rapporto con la natura della disciplina che si viene formando. A riguardo, la premessa di Merton può ricondursi benissimo a quella dell’edizione del 1949 e del 1951, utilizzando il testo originale. Rispetto all’edizione del 1957 che, come detto, vedeva l’introduzione di materiale aggiuntivo in quattro nuovi capitoli, la ristampa del 1968 riporta una sorta di ampliamento commisurato ai temi trattati del rapporto tra la teoria sociologica e la ricerca empirica e si sofferma sulle conseguenze più immediate per lo sviluppo della/nella disciplina. Scrive a proposito Merton riferendosi, ad esempio, al Capitolo V: « Only those who merely read about empirical research rather than engage in it can continue to believe that the exclusive or even primary function of research is to test preestablished hypotheses. This represents an essential but narrow and far from exclusive function of research, which plays a much more active role in the development of theory than is implied by this passive one of confirmation. As the chapter states in detail, empirical research also initiates, reformulates, refocuses and clarifies sociological theory. And in the measure that empirical inquiry thus fructifies theory, it is evident that the theoretical sociologist who is remote from all research, who learns of it only by hearsay as it were, runs the risk of being insulated from the very experience most likely to turn his attention to new and fruitful directions. His mind has not been prepared by experience. He is removed from the often noted experience of serendipity, the discovery throught chance by a prepared mind of new findings that were not looked for. In noting this, I take serendipity as a fact, not as a philosophy, of empirical investigation ».5

Più dettagliatamente, va riferito che il primo Capitolo di STSS verte « Sulla storia e sistematica della teoria sociologica » e analizza le funzioni distintive delle storie della teoria sociologica e delle formulazioni della teoria utilizzata; Merton mostra qui come i requisiti intellettuali per una storia del pensiero sociologico richiedano molto più di sinossi di dottrina sociologica ordinate cronologicamente. Il secondo capitolo, « Sulle teorie sociologiche del medio raggio », analizza, come già anticipato, il carattere e il funzionamento di questo tipo di teorizzazione alla luce degli usi e delle critiche che si sono sviluppati negli ultimi decenni che hanno preceduto la comparsa di Social Theory and Social Structure (STSS), anche in rapporto alla derivazione dell’analisi funzionale e al corrispettivo confronto tra teoria e ricerca empirica (rapporto T-R) e alla sociologia della conoscenza (capp. XIV e XV). Vanno notati anche gli studi di sociologia della scienza, con i saggi contenuti nel capitolo XX della Parte III e nel Capitolo XXI del libro. In particolare, e rispetto agli interessi dell’analisi funzionale, ci sono nel testo dei capitoli dedicati all’analisi della struttura burocratica (cap. VIII) e al ruolo di questa nello sviluppo della personalità (cap. IX), il saggio Contributions to the Theory of Reference Group Behavior scritto 4   Robert King Merton, Preface, in Social Theory and Social Structure, Enlarged Edition New York, The Free Press, 1968, p. vii; trad. it. Teoria e struttura sociale, Bologna, Il Mulino, 1966 (1983, 2000 3 voll.). L’edizione italiana del 1983 si riferisce alla terza edizione americana del testo. 5   Robert King Merton, Preface, in Social Theory and Social Structure, Enlarged Edition, Op. cit.,p. ix.

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con Alice S. Rossi (cap. X) e, nella Parte III, gli studi sulla radio e la propaganda scritti con Paul Felix Lazarsfeld (cap. XVI). L’edizione del 1957 di Social Theory and Social Structure (STSS) conteneva quindi due saggi precedentemente pubblicati altrove e due saggi non ancora pubblicati al momento dell’uscita del libro. I saggi inediti si occupavano delle analisi empiriche e teoriche delle fonti e delle conseguenze di quella rottura delle norme sociali che veniva descritta come « anomia », riproponendola anche in un ambito specificamente sociologico e distintamente dalle implicazioni socio-psicologiche, fino alla trattazione delle indagini più attuali sul comportamento dei cosiddetti « gruppi di riferimento ». Il sociologo americano ha studiato nel libro in questione le cause dell’anomia (cap. VI), o della normalità, trovandola più presente nelle persone a cui manca un mezzo accettabile per raggiungere i propri obiettivi personali. Gli obiettivi possono diventare così importanti che se i mezzi istituzionalizzati, cioè quelli che sono accettabili secondo gli standard della società, fossero destinati al fallimento, si finirebbe per ricorrere a mezzi illegittimi. Una maggiore enfasi sui fini piuttosto che sui mezzi crea uno stress che porta a una rottura della struttura normativa, cioè all’anomia, come è chiaro anche a determinanti più moderne.6 Se, ad esempio, una società spingesse oggi i suoi membri ad acquisire ricchezza ma offrisse loro mezzi inadeguati, la tensione provocherebbe in molte persone la violazione delle norme. Le uniche agenzie regolatrici sarebbero il desiderio di un possibile vantaggio personale e la paura della punizione. Il comportamento sociale diventerebbe quindi imprevedibile. Merton definiva così un continuum di risposte all’anomia che, come è noto, andava dalla « conformità » all’« innovazione » sociale, dal « ritualismo », alla « rinuncia » e, infine, alla « ribellione ». Delinquenza, crimine e suicidio venivano intesi molto spesso come delle vere e proprie reazioni all’anomia. Come già sostenuto in precedenza, la metodologia dell’« analisi funzionale » praticata da Merton era sostanzialmente interessata non tanto alla presentazione quantitativa dei dati di ricerca quanto al consolidamento della teoria sociale e della ricerca sociale, e anche alla codificazione della teoria sostanziale e delle procedure di analisi qualitativa in sociologia. L’autore sviluppò, sempre su questa linea di indagine, una teoria del comportamento deviante basata su diversi tipi di adattamento sociale, e arrivò a definire meglio l’interrelazione tra teoria sociale e ricerca empirica, avanzando un approccio strutturale-funzionale allo studio della società e creando i concetti di funzione « manifesta » e « latente ». La funzione « latente », come è noto, estendeva l’attenzione dell’osservatore al di là della questione se il comportamento raggiunga o meno il suo scopo dichiarato. Ignorando temporaneamente questi scopi espliciti, essa dirigeva l’attenzione su un’altra serie di conseguenze: quelle che riguardavano, per esempio, le singole personalità di indiani Hopi coinvolte nella famosa cerimonia della pioggia e la persistenza e continuità del gruppo più ampio. Si trattava semplicemente di dire che la cerimonia non faceva un uso particolare del tempo atmosferico e non aveva alcuna implicazione sul piano della previsione, e che lo scopo della cerimonia e le sue conseguenze effettive non potevano coincidere. Ma con il concetto di funzione « latente » si potevano realmente esaminare le conseguenze della cerimonia non per gli dei della pioggia o per i fenomeni meteorologici, ma per i gruppi umani e sociali che avrebbero condotto il rituale. E qui si può trovare, come molti osservatori hanno certamente indicato, che il cerimoniale aveva effettivamente delle « funzioni »; ma 6   Si v. Schmolk Dennis, Integration Durch Anomie: Robert King Mertons Devianz-Modell in Anwendung auf das Milieu Jüdischer US-Immigranten zu Beginn des 20. Jahrhunderts, Grin Publishing, 2012.

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« funzioni » che non erano affatto intenzionali. Infatti, attraverso l’analisi delle funzioni « manifeste » e « latenti » la sociologia si poneva come una scienza del comportamento sociale, così come Robert King Merton poteva dimostrare nell’intero suo libro grazie a molti altri argomenti riportati al suo interno (che ci accingiamo a trattare nel corso del nostro lavoro). Va ribadito che la vicenda mertoniana è legata saldamente alla produzione scientifica statunitense e ai suoi connotati più nazionali che esteri, per non dire « locali », anche perché la ricezione dei suoi studi principali è avvenuta non proprio a tempo debito sia nel contesto europeo che, come già visto, in quello italiano in particolare. Un decennio o più di ritardo non nega ovviamente la rilevante funzione del ruolo svolto da quegli studiosi europei capaci di leggere lo sviluppo del funzionalismo degli anni ’40 e ’50 del secolo appena trascorso, fino alla affermazione di una linea di sviluppo progressivo degli/negli studi sistematici condotti sulla sociologia scientifica. Negli anni ’60 del XX secolo si ha già chiara una marcata aspettativa che lo svolgersi delle ricerche del sociologo di Philadelphia esercita sulla disciplina, a volte in lieve contrasto con l’imperante fervore della affollata scuola funzionalistica nelle accademie americane, anche perché va sempre ricordato che la fortuna di Robert King Merton è legata al mondo universitario del Paese nel quale opera e al prevalere di certe tendenze tra studiosi di varie generazioni che si susseguono con in mente un certo modello di spiegazione delle strutture sociali e delle loro relazioni con la riflessione teorica condotta sul comportamento. Ciò, naturalmente, non significa che lo svolgersi della sociologia in Europa e i suoi principali intendimenti non possano avere esercitato un iniziale interesse sul nostro autore, mostrandosi non solo attraverso lo studio originario dell’analisi funzionale ma anche in quello, appena successivo, del comportamento anomico.7 In Italia la letteratura scientifica che riguarda Merton concerne in modo abbastanza graduale la fondazione della sociologia della scienza (v. Luciano Gallino, Dizionario di Sociologia, Torino, UTET, ediz. 1988, alla voce Sociologia della scienza, p. 577 e sg. e anche i volumi curati da Gianni Statera per la Liguori Editore di Napoli tempo prima) soprattutto negli anni dell’avvenuto assorbimento e della critica verso la teoria struttural-funzionalistica, rispetto sia alla manualistica di importazione (saggi metodologici, paper, collettanei etc.) che ai lavori e articoli apparsi sulle riviste specialistiche, oltre che in rapporto alle nuove edizioni italiane di Teoria e Struttura Sociale (STSS), con importanti saggi introduttivi di Filippo Barbano in un ventennio che va dal 1970 agli anni ’90 inoltrati, articoli sulla « storicità » della/nella scienza sociologica e la diffusione di un punto di vista nostrano sulla differenza tra la « ricezione » e la « recezione » dell’opera del grande sociologo americano; più di recente, invece, oltre alla solita propedeutica dei manuali di sociologia per il mondo universitario e a qualche monografia di interesse qualitativo,8 sono comparse alcune interviste9 all’autore, poscritti e articoli 7   Cfr. Robert King Merton, Recent French Sociology in « Social Forces », 12, 1934, pp. 537-545; e Social Structure and Anomie in « American Sociological Review » 3, 1938, p. 672 e sg, ripubblicato nel 1968 in Social Theory and Social Structure, Enlarged edition, Op. cit., pp. 185-214. 8   Cfr. Angela Maria Zocchi Del Trecco, Tra storia e narrazione. L’intenzione interpretativa in Robert K. Merton, Milano, Franco Angeli, 1998; Robert K. Merton: un conservatore?, Milano, Franco Angeli, 2016. Della stessa autrice v. Scienza e società: la rivincita di Robert K. Merton in « Studi di Sociologia », XLII, 2, 2004. 9   Si v. Anna De Lellio, Le aspettative sociali di durata. Intervista a Robert K. Merton in « Rassegna italiana di sociologia » N. 1, 1985, pp. 3-26; Massimiano Bucchi, Intervista a Robert King Merton in « Rassegna italiana di sociologia », vol. 42, 2001, N. 4, pp. 655-659.

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presentati, infine, come note di commiato10 per la sua scomparsa. Va registrato che ad un certo momento le teorie elaborate da Merton sono finite in un complicato processo di invecchiamento-svecchiamento dovuto alla crisi di un certo paradigma sentenziata in Europa e alla ricerca di nuove frontiere della/nella sociologia della conoscenza scientifica, compresi gli interessi dell’attuale tecnoscienza. Parlare di Merton oggi e studiare le sue teorie significherebbe, più che altro, affermare che « there is nothing new under the sun », proprio mentre i critici di quel tipo di sociologia, avanzano dubbi sulla validità delle formulazioni precedenti e si avviano a spiegare lo sviluppo della scienza facendo a meno della sociologia come scienza, almeno di quella sociologia che Merton stesso ha fatto conoscere nei suoi lavori a intere generazioni di studiosi sparsi un po’ in tutti i Paesi. Soprattutto in Italia al processo di invecchiamento-svecchiamento delle idee sostenute da Merton ha corrisposto e corrisponde un disorientamento sociologico senza precedenti, nel senso della mancanza di appigli teorici generali e di proposte metodologiche che possano, in un modo o nell’altro, essere fatte risalire alla sociologia dell’epoca mertoniana, cioè ad un prolifico inizio di trattazione sistematica della disciplina nell’ambito della storia della scienza. Ciò che sembra mancare al giorno d’oggi è proprio il rafforzamento di questo punto di vista anche in senso storico-sociologico progressivo, l’incremento di una classe di idee di riferimento per gli studiosi di materie che proprio dopo Robert King Merton sono state legittimate a far parte di una compagine di discipline altamente specialistiche nel campo delle scienze sociali e a essere insegnate nelle università di tutto il mondo. La sociologia della scienza è, ovviamente, una di queste prospettive, forse la più illuminante e la più dimenticata; l’abbandono progressivo di questo filone di indagine in ambito accademico segna così una grossa perdita per i ricercatori e gli scienziati sociali, mancando una discontinuità nel sapere scientifico che si riversa sulla sociologia dei nostri giorni. Per tornare al contesto americano va detto che, differentemente da ciò che accade in Italia, vanno fatte alcune considerazioni in rapporto al lungo periodo di tempo in cui le imprese editoriali di successo esaltavano negli Stati Uniti le scienze sociali che venivano mostrate al meglio delle loro possibilità, come riportano dei resoconti anche giornalieri pubblicati tra gli anni ’80 e ’90 del XX secolo a Philadelphia in Pennsylvania.11 In particolare, le molte opere di Merton, già accreditate, venivano registrate negli anni più critici, cioè gli anni ’70 del ’900, partendo dalla loro possibile diffusione e riproduzione nel mondo accademico, con esiti che volgevano di solito ad una riconsiderazione abbastanza realistica dell’impatto registrato tra i ricercatori di scienze sociali e di sociologia negli Stati Uniti, più che al di fuori dei confini americani; in tutti i casi, molti avanzamenti erano avvenuti dai tempi in cui si attivavano dei corsi di sociologia, e cioè i tempi in cui facevano ingresso nelle università americane le prime attitudini sociologiche, da Franklin H. Giddins della Columbia University, ad Albion W. Small (fondatore e direttore per molti anni dell’« American Journal of Sociology ») a Chicago e Frank W. Blackmar all’università del Kansas. Ma notiamo che anche fuori dal contesto di appartenenza i lavori di Merton si dif10   Cfr. Enzo Campelli, Elogio di Robert King Merton in « Sociologia », 37, 2003, N. 1, p. 3; v. di Massimiano Bucchi Ricordo di Robert King Merton in « Rassegna italiana di sociologia », vol. 44, N. 2, 2003, pp. 302-308. 11   Cfr. Eugene Garfield, Robert K. Merton – Author and Editor Extraordinaire, Part 1, September 1983, pp. 312-318; e Part 2, October, pp. 319-320, in « Essays of an Information Scientist », vol. 6, 1983. V. di David L. Sills e Robert King Merton (a cura di), The Macmillan Book of Social Science Quotations (also published as vol. 19 of the International Encylopedia of the Social Sciences) New York, Macmillan, 1991, p. 1609. V. Eugene Garfield, dell’« Institute for Scientific Information of Philadelphia » in Current Comments, N. 43, 26 October 1992, su Social Science Quotations di David L. Sills e Robert King Merton, pp. 166 e sg.

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fusero e divennero un punto di riferimento per generazioni di studiosi che non avevano nemmeno visto la guerra e che sarebbero con il tempo maturati all’interno del mondo universitario, mentre Merton era già un professore anziano per onori e merito. La sua storia è stata sempre dipinta come un tentativo di forzare il probabile, un evento alle soglie dell’inverosimile,12 così come notano le biografie che sono state scritte anche in Europa. Merton sembrava andare sempre contro la « crisi », più che controcorrente. I suoi interessi scientifici si moltiplicavano al di là dei successi ottenuti nei meeting o nei tanti convegni dell’istituzione accademica: Merton inseguiva sempre una risposta ad una situazione nuova. Così, già negli anni ’70 del XX secolo si stilavano bibliografie dei suoi articoli e libri13 e si studiavano le ristampe dei suoi lavori, così come risulta dalla bibliografia di D. Edi-Ale e Mary Wilson Miles (che Merton ringrazia nella sua Prefazione del 1968 assieme alla « National Science Foundation ») che utilizziamo nel testo. Tutto ciò a mostrare la sua fama di autore prolifico e soprattutto di accademico di riferimento e rispettoso dei colleghi. Lo stesso standard di citazioni dei lavori di Merton è abbastanza significativo, soprattutto se commisurato ad un certo contesto storico-concreto e a settori disciplinari di importanza strategica, come ad esempio quello delle scienze naturali. Vogliamo dire che anche nel campo delle scienze naturali, le citazioni dei suoi lavori superano di ben quattro volte il numero medio delle citazioni di cui godeva uno scienziato naturale (in particolare nel periodo 1970-1977) con 203 citazioni contro 56,4. Ciò può significare che Robert King Merton è stato citato dagli scienziati naturali un numero di volte che rappresenta il 400% delle citazioni di cui mediamente godeva uno scienziato di quel settore, pur essendo egli essenzialmente uno scienziato sociale. La percentuale raggiungeva addirittura l’8000% nel campo delle scienze sociali. Sempre considerando il periodo 1970-1977, si scopre che il sociologo americano è stato menzionato in 365 articoli pubblicati in riviste di scienze naturali. Ben 147 articoli sono comparsi in riviste di medicina e 123 in riviste di psichiatria. Al quarto posto compaiono gli articoli di informatica (49) e al quinto quelli di fisica (21).14 A riguardo, va ricordato subito che nella realtà nordamericana del primo trentennio del ’900 i vari contributi della escalation delle scienze psicologiche del comportamento e della psicologia sociale15 si intrecciano con la trattazione teorica e sociologica dell’integrazione, sospinta dai pressanti problemi razziali e territoriali e anche dallo studio normativo dell’ordine sociale e culturale dopo la crisi economica del 1929. La versione più attendibile della ricezione degli sviluppi della psicologia sociale e del comportamento nell’impostazione mertoniana « di periodo » rimanda quindi alla costituzione di un sapere scientifico che si basa soprattutto sulla sperimentazione e che estende questa caratteristica a eventi non ripetibili. Una delle peculiarità che conducono alla diversificazione del funzionalismo mertoniano da quello dell’« inguaribile teorico » Talcott Parsons è proprio 12   Cfr. Ruth W. Schultz, The Improbable Adventures of an American Scholar: Robert K. Merton, The American Sociologist, 26, 1, Fall 1995, pp. 68-77, at 69 (reprinted from « Temple Review », 47, 1, Spring 1995). 13   La registrazione delle ristampe dei lavori di Merton è stata compilata da Mary Wilson Miles come parte di The Writings of Robert K. Merton, in Lewis A. Coser (a cura di), The Idea of Social Structure: Papers in Honor of Robert K Merton, New York, Harcourt Brace Jovanovich, 1975, pp. 500-501. 14   Questi dati sono riportati dal saggio di Eugene Garfield, Citation Measures of the Influence of Robert K. Merton, in Thomas F. Gieryn (a cura di), Science and Social Structure: A Festschrift for Robert K. Merton, Transactions of the New York Academy of Sciences, Ser. 2, vol. 39, New York, 1980, pp. 61-74. 15  Cfr. The Enciclopedia Americana, International edition, Grolier Incorporated, Danbury, Connecticut, 1984, Systematizing Social Psicology di Floyd H. Allport, vol. 25, p. 129 e sg. Si v. anche Muzafer Sherif e W. Carolyn, Social Psychology, Harper College Books, 1969, Ia edizione.

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questa. L’analisi delle dinamiche delle relazioni avrà molta influenza sulla sociologia di Merton, il quale prenderà a modello il rapporto tra individui e la situazione concreta, vantando così il ricorso delle/nelle realtà di tipo empirico sull’azione individuale e sociale. Dal punto di vista della storia della scienza, il predominio del comportamentismo16 in America ricorda poi l’avvento dello struttural-funzionalismo (poi funzionalismo dagli anni ’60 del XX secolo) nelle università, con affinità di vedute rispetto alla citata sperimentazione e con la scoperta dei legami esistenti tra l’apprendimento sociale e la formazione della personalità. Va chiarito che l’influsso della teoria comportamentistica nella visione unilaterale della sociologia struttural-funzionalistica americana tiene ben conto del fatto che, ad esempio, il sistema di John B. Watson approfondisce meno di quanto sarebbe stato auspicabile i problemi specifici della logica e della teoria scientifica. Nel tentativo di fondare una psicologia oggettiva, Watson mostrò a volte una scarsa attenzione per la coerenza logica, cosa che in Merton è, invece, molto presente. Forse, se avesse lavorato più a lungo intorno ai problemi teorici (dopo il 1920 smise di scrivere per dedicarsi esclusivamente alla psicologia applicata) avrebbe potuto inserire nel suo sistema anche alcuni di questi problemi. È più probabile tuttavia che l’ansia di liberare la psicologia dal soggettivismo e dall’innatismo fosse incompatibile con una laboriosa compiutezza teorica. In tutti i modi, ciò influenza senz’altro la ricezione su un particolare territorio del profilo di scienze come la sociologia e rende plausibile il ricorso ad una versione scientifica diretta alla scoperta della/nella realtà empirica, la quale implica praticamente relazioni tra variabili estese al comportamento umano. Il dominio negli Stati Uniti di momenti di transizione del sapere scientifico investe molti campi e descrive una parabola nello sviluppo dei saperi che comprenda i suoi più diretti protagonisti costituendo un riferimento obbligato per un certo tipo di letteratura scientifica, così come capita a Talcott Parsons (che comunque studia in Europa) e a Robert King Merton, ma anche a Kurt Lewin e molti altri. Infatti, tutto questo vale anche per autori come Thomas Samuel Kuhn, il quale si fa portatore di un modello epistemologico di sapere per molto tempo dominante (come il funzionalismo) oltreoceano, pressappoco fino all’avvento europeo della sociologia della conoscenza scientifica o sociologia del modello « forte », la quale contesta il predominio dei due modi di affrontare le questioni rilevanti nel panorama delle materie scientifiche. Questa altra peculiarità degli studi condotti da Merton, come di quelli condotti dallo storico della scienza Thomas Samuel Kuhn, rimanda sempre alla collocazione geografica e al destino accademico dei due personaggi, stante quell’abitudine all’autocelebrazione che in America accompagna per decenni gli studi prevalenti di questo particolare settore del sapere17. Alla fine, tutto si svolge negli Stati Uniti, come se questi potessero rappresentare un modello di storiografia scientifica accreditata, valida sempre ed esportabile altrove, come già avvenuto per la nota « Big Theory », con tutte le conseguenze che un tipo di ragionamento del genere avrebbe comportato in vari campi della riflessione sociologica scientifica. Anche la formazione intellettuale del nostro è sostanzialmente autoctona, a partire dalla borsa di studio ottenuta presso la Temple University, dove Merton si laurea in lettere mettendo a frutto tutto il suo interesse per la sociologia e lo studio del comportamento umano a seguito delle lezioni introduttive tenute da George Eaton Simpson (l’autore di The Negro in the Philadelphia Press, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 16   Cfr. Robert King Merton, The Mosaic of the Behavioral Sciences, Washington (DC), Voice of America, 1960. 17   Cfr. il testo curato da Lewis A. Coser, The Idea of Social Structure (v. nota 20), Op. cit.

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1936) che stimolano la sua curiosità.18 Nel 1936 l’autore riceve il dottorato di ricerca alla Harvard University (essendo uno dei laureati di Talcott Parsons),19 dove aveva ottenuto una borsa di studio postuniversitaria, divenendo così un docente interno, per approdare prima alla Tulane University di New Orleans (1939-1941) e poi alla Columbia University (1941) dove diviene professore ordinario nel 1947; nominato poi Giddins Professor in Sociologia nel 1963, lavora come vicedirettore al Bureau of Applied Social Research (19421971) collaborando per molti anni con il grande metodologo Paul Felix Lazarsfeld, fino alla sua scomparsa avvenuta nel 1976.20 Nel corso di questi anni egli intraprende molte collaborazioni con docenti ed esponenti di primo piano della ricerca scientifica internazionale, traendo vantaggio dalla loro conoscenza diretta; ad esempio, quando lo statistico italiano Corrado Gini era visiting professor ad Harvard (1936) Merton lo affiancava, in una stretta relazione sepolta nel tempo ma riportata recentemente alla luce.21 Va indicato, inoltre, che Merton ha ricevuto nella sua carriera, a partire dal 1956, più di trenta titoli accademici honoris causa (risale al 3 aprile 2001 la laurea honoris causa in sociologia conferita dall’università « La Sapienza » di Roma dove era presente anche l’autore di questo libro). Per giunta, egli è stato il primo sociologo ad essere insignito dal Presidente degli Stati Uniti della massima onorificenza scientifica, cioè della « National Medal of Science » riservata, appunto, alle personalità di spicco della vita universitaria statunitense. Ma è il periodo di apertura della/nella parabola ascendente della presenza del sociologo americano nella storia della disciplina, che va sicuramente dal 1936 al 1970, che rappresenta un momento di fervente attività iniziale e di messa a punto di categorie che torneranno sicuramente utili nella prospettiva finale di una rilettura critica e sempre più moderna del contributo scientifico del nostro. A riguardo, nel testo, faremo sempre riferimento ad una bibliografia analitica dettagliata venuta in nostro possesso e fornita direttamente dalle segretarie del prof. Robert King Merton alla Columbia University negli anni ’70 del XX secolo, D. Die-Lae e Mary Wilson Miles, le quali hanno raccolto i materiali in una inedita sistemazione della sempre più nota produzione scientifica; peraltro, il nostro lavorìo su fonti « di periodo » non si avvale perlopiù della più diffusa e accessibile manualistica che circola oramai da decenni (a seguire) anche in Europa, e che disegna un quadro descrittivo e generale dell’insegnamento della sociologia, preferendo dei riferimenti più 18   Cfr. Morton M. Hunt, How Does It Come To Be So? Profile of Robert K. Merton in « The New Yorker », 36, Jan. 28, 1961, pp. 39-63. 19   La commissione che esamina l’elaborato di Robert King Merton è composta da Pitirim A. Sorokin, Carle C. Zimmerman, George Sarton e Talcott Parsons. Si v. I. Bernard Cohen, Some Documentary Reflections on the Dissemination and Reception of the « Merton Thesis » in John Clark, Celia Modgil, Sohan Modgil, Robert King Merton. Consensus and Controversity, London-New York-Philadelphia, Taylor & Francis Group, The Falmer Press, 1990, pp. 307-348. V. di recente Lawrence T. Nichols, Merton as Harvard Sociologist: Engagement, Thematic Continuities, and Institutional Linkages in « The History of Behavioral Sciences », vol. 46, Issue 1, Winter 2010, pp. 72-95. 20   Cfr. Robert King Merton, Remembering Paul Lazarsfeld in Robert King Merton, James Samuel Coleman, Peter Henry Rossi (a cura di), Qualitative and Quantitative Social Research: Papers in Honor of Paul Lazarsfeld, New York, The Free Press 1979, p. 21 e sg. Si v. anche Paul Felix Lazarsfeld, Working with Merton in Lewis A. Coser, The Idea of Social Structure, Op. cit., pp. 35-66 e Robert King Merton, Working with Lazarsfeld: Notes and Contexts in Jacques Lautman, Bernarde-Pierre Lécuyer (a cura di), Paul Lazarsfeld (1901-1976). La sociologie de Vienne à New York, Paris, L’Harmattan,1998, pp. 163-211. V. anche Allen H. Barton, Paul Lazarsfeld and Applied Social Research: Invention of the University Applied Social Research Institute in « Social Science History », vol. 3, 1979, N. 3-4, pp. 4-44. 21   Cfr. Marco Santoro, The Gini-Merton Connection. An Episode in the History of Sociology and Its International Circulation in « Sociologica », Fascicolo 3, settembre-dicembre 2017, pp. 1-32.

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precisi. Di norma quindi, non si troveranno nel libro quadri sintetici e riferimenti alla sola lettura di manuali già diffusi nelle tante università di tutto il mondo, tranne che in pochissimi casi. La bibliografia di D. Die-Lae e Mary Wilson Miles rappresenta, comunque, un documento quanto mai originale, soprattutto se rapportato al grande lavorìo svolto da Merton nell’università, con analisi di ricerche condotte sul campo, analisi statistiche e lettura di dati, studi sistematici sui ruoli, studi sulla comunicazione interpersonale etc. Soprattutto quegli anni, infatti rappresentano il momento della maturazione e del primo incremento dello/nello statuto scientifico della sociologia in rapporto ad altre aree di analisi e anche alla luce di indagini condotte sulla struttura burocratica e sulla personalità, sulla capacità della disciplina di organizzarsi in modo autonomo partendo dalla teoria generale e con ricadute immediate sul piano della ricerca empirica, con la definizione di variabili standard utili agli studiosi in ogni momento (formulazione dei concetti, teoria, formulazione delle ipotesi, raccolta dei dati, elaborazione etc.). Inoltre che, possiamo dire che gli anni ’70 del ’900 segnano, in un certo senso, anche la crisi dell’egemonia del paradigma mertoniano soprattutto in Europa e la messa in discussione della scienza come istituzione capace di rispondere a qualsiasi questione, con l’esigenza di presentare nuove immagini della ricerca scientifica, là dove quest’ultima si mostra sia come fenomeno storico che come una pratica sociale. Fatto sta che fino agli anni ’70 la produzione scientifica di Merton registra un ciclo completo di formazione, trasformazione e realizzazione, fungendo da spartiacque di una crisi per certi versi annunciata. Anche gli anni ’50 del secolo in questione sono utili alla raccolta di materiali che implicano una spiccata risonanza sul piano teorico-pratico.22 Il complesso rapporto tra sociologia qualitativa e quantitativa conosce nel lasso di tempo indicato una radicale evoluzione, almeno rispetto all’impostazione prevalente nel mondo accademico, di cui Merton è un rappresentante di spicco, in grado di rilanciare sul piano metodologico assunti di rilievo validi ad ampio spettro per le discipline sociali. Lo statuto metodologico della sociologia tende così a perfezionarsi gradualmente fino alla fine degli anni ’70 del XX secolo, almeno nelle intenzioni dei principali sociologi del Bureau, che chiude i battenti proprio nel decennio che precede gli anni ’80 e che lascia comunque una solida traccia della/nella spiccata tendenza degli studi sociologici a occuparsi della comunicazione politica, dell’analisi di strutture cognitive presenti nella ricerca fino agli studi sul comportamento dei gruppi e sulla devianza e alla messa in opera di veri e propri « metodi » per la ricerca sociale. Gli anni ’80 conducono attraverso la scoperta di interessi di storia delle idee, connessi alla sociologia lungo la ridefinizione della sua struttura teoretica. In questi momenti Merton perfeziona, per così dire, la sua visione della conoscenza sociologica, fornendo anche una rilettura dei suoi primi interessi di sociologia della scienza e portando a compimento la sua idea di investigazione del mondo empirico.23 Sembra proprio che un preciso riferimento temporale degli interessi mertoniani di studiare lo svolgimento della ricerca sociologica empirica in rapporto alle strutture avanzi in stretto contatto con lo statuto teoretico della sociologia, rispetto ad in22   Cfr. per una produzione « di periodo »: Robert King Merton, Leonard Broom, Leonard S. Cottrell jr., Sociology Today. Problems and Prospects, New York, Evanston, Harper & Row, 1959, 2 voll., con saggi di Talcott Parsons, Paul Felix Lazarsfeld, William J. Goode, Seymour Martin Lipset, Robert F. Bales, Alex Inkeles, Alvin Gouldner, Charles H. Page, C. Arnold Anderson, Theodore M. Newcomb etc. 23   Cfr. Robert King Merton, The Sociology of Science. Theoretical and Empirical Investigation, Introduzione di Norman W. I, Paradigm for the Sociology of Knowledge, Chicago, University of Chicago Press, 1973; XIV, Priorities in Scientific Discovery, Chicago, University of Chicago Press, 1979. Storer, Chicago, University of Chicago Press, 1979.

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teressi epistemologici emergenti, i quali si qualificano meglio oltre gli anni ’90 del XX secolo, quando l’autore definisce il rapporto della scienza sociale con la formazione di strutture teoretiche particolari. Giungiamo così agli studi semantici della serendipity nel 2000 e al perfezionamento degli interessi di storia delle idee, così come mettono in luce alcuni saggi recenti raccolti da Craig Calhoun in un volume stampato qualche anno fa per la Columbia University Press, nel quale sono racchiusi contributi abbastanza illuminanti di Harriet Zuckerman (moglie e collaboratrice di Merton)24 e Charles Camic.25 Il volume è il frutto di una conferenza organizzata alla Columbia University nel 2007 e raccoglie i contributi di Craig Calhoun, Alehandro Portes, Charles Tilly, Robert Sampson, Cynthia Fuchs Epstein, Viviana Zelizer, Thomas Gieryn, Aaron Panofsky, Alan Sica, Ragnvald, Kallebert e Peter Simonson. L’interesse di Merton per la storia delle idee matura consequenzialmente alla sua posizione iniziale, quella tenuta in apertura del suo Social Theory and Social Structure (STSS), e ribadita in merito alla formulazione della cosiddetta « sistematica delle teorie sociologiche » quando egli fornisce una spiegazione del fatto che la storiografia scientifica « ufficiale », e cioè accademica, non sceglie spesso temi che sarebbero orientati alla ricerca empirica, costituendo invece dei veri e propri quadri sinottici di teorie sociologiche. La visione della storia delle idee è quindi non cumulativa, così come intenderebbero sequenze di teorie sociologiche interpretate, almeno fino ad un certo momento, dagli storici della sociologia. Ma le osservazioni più recenti di Zuckerman e Camic conducono invece alla scoperta di un legame molto più stretto che possiamo rintracciare ex post tra la concezione più tarda della storia delle idee e quella primordiale di sociologia della scienza. Quest’ultima si presenta definibile all’inizio della trattazione monografica mertoniana, che risale ufficialmente al 1938 e comunque alla discussione della tesi di dottorato sulla storia e l’economia inglese del XVII secolo, nel conclamato rapporto tra condizioni culturali e sviluppo della scienza come istituzione, quando Robert King Merton indicava che tra le variabili culturali che influenzano il suo sviluppo vanno posti valori e sentimenti dominanti che, nel caso da lui preso in esame, riguardavano l’etica protestant.26 Questo pacato interesse « di periodo » per l’etica ascetica si era già mostrato in un articolo del 1936 apparso su « Sociological Review », dove l’autore discuteva un saggio del 1920 di Alfred Weber sul puritanesimo stampato sull’« Archiv für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik », nei termini seguenti: « It is the thesis of this study that the Puritan ethic, a san ideal-typical expression of the valueattitudes basic to ascetic Protestantism generally, so canalized the interests of seventeenthcentury Englishement as to constitute one important element in the enhanced cultivation of 24   Tra il 1939 e il 1941 Merton lavora alla Tulane University (v. p. 11) e sposa Suzanne Carhart da cui avrà tre figli, uno dei quali, Robert C. Merton, è stato insignito nel 1997 del Nobel per l’Economia. Nel 1968 arriva la separazione dalla prima moglie e inizia una lunga relazione con la sociologa Harriet Zuckerman, che tuttavia sposerà soltanto nel 1993. 25   Cfr. Craig Calhoun, Robert King Merton: Sociology of Science and Sociology as Science, New York, Columbia University Press, 2010, capp. XI (p. 253 e sg.) e XII (p. 273 e sg.). 26   Cfr. Robert King Merton, Science, Technology and Society in Seventeenth-Century England, Bruges, Saint Catherine Press, 1938 (nuova edizione, New York, Harper Torchbooks, Harper & Row, 1970); trad. it. Scienza, tecnologia e società nell’Inghilterra del XVII secolo, a cura di Alberto Izzo, Introduzione di Filippo Barbano, trad. di Pasquale Di Gaetano,Milano, Franco Angeli, 1975. Il libro vide la luce come volume IV, Parte II di Osiris: Studies on the History and Philosophy of Science, and on the History of Learning and Culture, a cura di George Sarton, pp. 362-632. Per uno specifico riferimento al testo si v. con il titolo Lo stimolo puritano allo sviluppo scientifico in Norman W. Storer (a cura di) La sociologia della scienza, Milano, Franco Angeli, 1981, pp. 305 e sg. (edizione originale The Sociology of Science: Theoretical and Empirical Investigations, Op. cit.).

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science ».27 Tale argomento costituirà il tema di una corrispondenza tenuta tra il nostro e Pitirim Aleksandrovič Sorokin addirittura tra il 1933 e il 1934 e poi relazionata su riviste di storia delle idee sociologiche e di filosofia della scienza durante l’ultimo ventennio del XX secolo e il primo decennio del XXI.28

In realtà, soprattutto la messa in campo del rapporto tra il pietismo in Germania e lo sviluppo scientifico in Europa potrà subire delle sicure critiche, in relazione all’esclusività dell’analisi delle fonti esaminate a suo tempo da Merton nella formulazione delle principali ipotesi sul protestantesimo, con una prospettiva di indagine di certo più ampia dovuta più che altro al variare del profilo scientifico degli stessi studi sociologici; una questione che trova nello stesso Merton i suoi limiti di partenza e le sue contraddizioni primordiali.29 Di questi limiti trattano anche certe analisi che lo stesso sociologo conduce sul rapporto tra sviluppo economico e progressi della scienza, quando discute sul determinismo e sull’azione utilitaria degli individui rispetto ad una considerazione collettiva del sapere.30 Lo sviluppo della scienza nel territorio inglese del XVII secolo offre comunque lo spunto per tutta una serie di articoli di un certo interesse che discutono la originaria tesi mertoniana ponendo in luce i legami che questa tesi comporta nella costruzione di una disciplina dello studio sociologico scientifico dei rapporti economici stabiliti nel campo di interessi più generali che attengono all’etica del protestantesimo.31 Tali studi si protrarranno durante l’arco di vari decenni, interessando negli anni numerosi storici della scienza e studiosi come A. Rupert Hall e Charles Webster, Charles C. Gillispie, Joseph Needam, Richard Foster Jones, George Rosen, Isidor Thorner, Stephen F. Mason, Theodore K. Rabb, Barbara J. Shapiro, I. Bernard Cohen, Gary A. Abraham, Joseph Ben-David, George Norman Clark, John Morgan, Douglas S. Kemsley, Harriet Zuckerman, Everett Mendelsohn e moltissimi altri; la collaborazione di alcuni di questi autori darà luogo al volume Puritanism and the Rise of Modern Science: The Merton Thesis curato da Ierome Bernard Cohen, K.E. Duffin e Stuart Strickland, New Brunswick, NJ, Rutgers University Press,1990.32 Il testo completa, in un certo senso, la serie di articoli che si susseguono sul tema preso in esame, il quale è riproposto tra i titoli di libri usciti di recente negli Stati Uniti e anche in Italia, così come riporta il testo Scienza, religione e politica stampato nel 2011 presso Il 27   Robert King Merton, Puritanism, Pietism and Science in « Sociological Review », vol. 28, I, January 1936, p. 1. Si v. http://onlinelibrary.wiley.com/, 2011. 28   Si v. in « Science in Context », vol. III, Issue 1, aprile 1989, versione rivista delle osservazioni conclusive al Seminario Internazionale su « Cinquanta anni di Tesi di Merton » tenutosi a Tel Aviv e Gerusalemme dal 16 al 19 maggio 1988. V. http://journals.sagepub.com/, 2011. 29   Cfr. George Becker, Pietism and Science: A Critique of Robert K. Merton’s Hypothesis in « American Journal of Sociology », vol. 89, N. 5, Mar. 1984, pp. 1065-1090. V anche nello stesso numero il saggio di Robert King Merton dove si accenna alle posizioni di Becker: The Fallacy of the Latest Word: The Case of « Pietism and Science », p. 1091 e sg. Per una ripresa della discussione v. George Becker, The Fallacy of the Received Word: A Reexamination of Merton’s Pietism-Science Thesis in « American Journal o