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Italian Pages 261 Year 2020
MANUEL OMAR TRISCARI Classe 1989, è stato archeologo nell’Università di Catania e nella Missione Archeologia Italiana di Atene; interprete nell’Ambasciata Cipriota in Roma; docente di discipline umanistiche nei licei. Attualmente vive e lavora in Torino. Opere maggiori: i saggi “Politica e propaganda nell’Atene periclea” (Aracne, Roma, 2019), “Dal testo all’immagine” (IperSegno, Pineto, 2020), e “Il tema della morte in Leopardi” (AltroMondo, Vicenza, 2020); le sillogi poetiche “Carnaio” (Robin, Torino, 2019), “Pelle di pantera” (Corpo11, Torino, 2020), “Odi a Muna” (Il Falò, Busto Arsizio, 2020), “Il catalogo delle donne” (Il Falò, Busto Arsizio, 2020), “Carne di donna” (PaperHill, Pineto, 2020), “El rey de la papaya” (Corpo11, Torino, 2020), e “Carnami” (Ensemble, Roma, 2020); le antologie “Congiunti” (Ensemble, Roma, 2020) e “Pioggia e lacrime” (SensoInVerso, Ravenna, 2020); e, infine, le prose cinematografiche raccolte in “Trame” (Corpo11, Torino, 2020). “Pulp” è la sua prima sceneggiatura.
€ 10.00
isbn 978-88-31200-09-7
Manuel Omar Triscari
L’investigatore privato Mickey Belane è ingaggiato per risolvere alcuni casi molto particolari: scoprire se Céline è morto; rintracciare il Passero Rosso; indagare sulla fedeltà di un’attraente bionda burrosa di nome Cindy Bass; e sbarazzarsi dell’aliena dello spazio Jennie Nitro. L’investigatore riuscirà a portare a termine gl’incarichi, ma con la soluzione troverà, pronta ad attenderlo, anche la Signora Morte, singolare figura di donna felliniana debordante, eccentrica, ed eccessiva. Riduzione cinematografica del romanzo “Pulp” di Charles Bukowski (edito nel 1994), il film rif lette l’evidenza che la morte arriva anche se non ci si pensa, mentre noi non possiamo fare altro che aspettare, e aspettando non facciamo altro che perdere tempo e sprecarlo in stupide cure e futili occupazioni, e sprecandolo ci ritroviamo alla fine con in mano solo un mucchio di aspettative disattese e speranze deluse.
PULP
PULP
STORIE
Manuel Omar Triscari
PULP HARD-BOILED FICTION
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STORIE
Manuel Omar Triscari
PULP HARD-BOILED FICTION
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© Corpo11, 2020 ISBN: 978-88-31200-09-7 [email protected] +39·329·42·57·212
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INDICE DEDICA ........................................... pag. 7 EPIGRAFE ......................................... pag. 9 SINÒPIA ......................................... pag. 11 METESSIA ................................... pag. 13 TRAMA ...................................... pag. 15 MIMOGRAFIA ...................................... pag. 43 PROLOGO .................................... pag. 45 L’AGENZIA IL
CASO
IL
BAR
IL
CASO
IL
BAR
IL
CASO
IL
BAR
IL
CASO
IL
BAR
INVESTIGATIVA
........... pag. 47
........................... pag. 61
................... pag. 95 ........................ pag. 99
....................... pag. 135 ..................... pag. 139
........................ pag. 177 .................... pag. 191
............................. pag. 245
EPILOGO ................................... pag. 251 EPIGRAFE FINALE ................................ pag. 255
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A Simone Capitini, Salvo Nicosia, e Filippo Triscari.
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“L’uomo nasce per morire. Che significato ha? Perdere tempo e aspettare. Aspettare il primo treno. Aspettare un paio di tettone in una notte d’agosto in una stanza d’albergo a Vegas. Aspettare il canto del topo. Aspettare che al serpente spuntino le ali. Perdere tempo.” Charles Bukowski PULP
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SINÒPIA
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METESSIA CONCETTO
Adattamento cinematografico del romanzo PULP di Charles Bukowski edito nel 1994 (curiosissimo caso questo: il 1994 è anche l’anno della più famosa e popolare narazione “pulp” di tutti i tempi, il celeberrimo film PULP FICTION di Quentin Tarantino, che dell’opera di Bukowski condivide non solo l’anno di pubblicazione dunque, ma anche, parzialmente, il titolo. Segno che, come si suol dire, qualcosa era nell’aria), il film vuole riflettere sull’evidenza che la morte arriva anche se non ci si pensa mentre noi siamo impegnati ad aspettare e aspettando non facciamo altro che perdere tempo e sprecarlo in stupide cure e futili occupazioni in attesa che il grande burattinaio ci sbatta fuori e sprecandolo ci ritroviamo alla fine con in mano solo un mucchio di aspettative disattese, come dice proprio Bukowski nell’opera: L’uomo nasce per morire. Che significato ha? Perdere tempo e aspettare. Aspettare il primo treno. Aspettare un paio di tettone in una notte d’agosto in una stanza d’albergo a Vegas. Aspettare il canto del topo. Aspettare che al serpente spuntino le ali. Perdere tempo. Ma, si sa, in fondo la vita è fatta solo di ricordi ossessivi; rimpianti vaghi; speranze ancora più vaghe. *** Qualche illusione, molti sogni, un raro lampo di felicità, poi la disillusione, un po’ di collera e molta sofferenza e poi la fine - la pace! Ecco il programma, e dovremo seguire questa tragicommedia fino alla fine. Bisogna rassegnarsi. [Joseph Conrad in una lettera a Marguerite Poradowska risalente al 15 Maggio 1890]. IDEA
L’investigatore privato Mickey Belane è ingaggiato da quattro bizzarri clienti per risolvere altrettanti casi, tutti piuttosto insoliti, inusuali, particolari e alquanto (ma grottescamente) pericolosi: scoprire se Céline è morto o è riuscito a eludere la morte tramite il proprio genio e sgambetta ancora libero scorrazzando indisturbato in città; rintracciare il Passero Rosso; indagare sulla fedeltà di un’attraente bionda burrosa di nome Cindy Bass 13
e far scomparire l’aliena dello spazio Jennie Nitro. Dopo molteplici peripezie e vicissitudini (legate ai suoi problemi di alcolismo, ludopatia, depressione), Belane riuscirà finalmente a risolvere tutti i casi ma con la soluzione troverà, ad attenderlo, anche la morte.
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TRAMA FABULA
Allorchè squilla il telefono, l’investigatore privato Mickey Belane è seduto alla scrivania del proprio ufficio, ignavo e indolente. Asfissiato dal caldo infernale della torrida estate californiana, assillato da una critica ed endemica ed esiziale penuria di lavoro e soldi, e pressato dall’imminenza dello sfratto incombente per morosità, rimugina svogliato e stanco sui molti problemi che lo affliggono, allorchè riceve una telefonata destinata a cambiare il corso della sua carriera, e della sua vita: all’altro capo del telefono una voce femminile, calida e suadente: è la signora Morte, pittoresca e tipica figura di donna felliniana, eccessiva, volgare, e debordante: le cuciture le scoppiano, porta tacchi alti come trampoli, cammina come una storpia ubriaca. La signora Morte ingaggia l’investigatore Mickey Belane per risolvere un caso alquanto insolito: scoprire se Céline è morto o è riuscito a eludere la morte tramite il proprio genio e sgambetta ancora libero scorrazzando indisturbato in città. Per il resto, la Signora Morte è avara d’informazioni: dice solo che il presunto Céline è solito frequentare e bazzicare la libreria di un certo Teodor Korzeniowski. Dalla libreria di Teo partiranno, dunque, le indagini del nostro picaresco eroe, atte a scoprire la vera identità del presunto Céline. Il tramite fra la Signora Morte e Belane è tale John Barton. Dopo aver raccomandato Belane alla Signora Morte, Barton affida all’investigatore un altro incarico, riponendo nell’investigatore una fiducia smodata, e nutrendo per Belane una stima incondizionata: rintracciare il Passero Rosso. In cambio, 100 dollari al mese per tutta la vita, nel caso in cui riesca a rintracciarlo e consegnare a Barton prove incontrovertibili della sua esistenza. Anche in questo caso il committente è avaro d’informazioni, e Belane non è nemmeno sicuro se il Passero Rosso sia solo un nome in codice che celi e adombri una tanto reale quanto fantomatica identità, o se si tratti, letteralmente, di un vero e proprio volatile.
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Belane decide d’iniziare dal caso Céline, ma non sa proprio che pesci pigliare e da dove partire: il suo committente è stato criptico ed ermetico come nessun altro, e lui brancola nel buio: tra l’altro, da una veloce ricerca nel webster, Belane viene a conoscenza che Céline, al secolo Ferdinand Louis Auguste Destouches, è nato nel 1981, sicchè è altamente improbabile che sia ancora vivo. Ma, determinato a risolvere il caso, scavare affondo nella verità, e rintracciare il vero Céline o smascherare il finto, si reca alla libreria di Teo per un primo sopralluogo. In libreria incontra fortuitamente un uomo, tra i 40 e i 45 anni, incredibilmente rassomigliante al celebre scrittore francese: Belane tenta un approccio, che naufraga concludendosi con un buco nell’acqua e risolvendosi in un nulla-di-fatto: Céline s’incammina con verso l’uscita, entra nella strada e nel traffico, chiama un taxi, e vi balza dentro. Il taxi riparte veloce verso Hollywood Boulevard. Belane urla per cercare di carpire l’attenzione di Céline, ma questo si limita a sporgere il braccio dal finestrino, e alzare il dito medio in segno di scherno e dileggio. Ritornato in ufficio, nel pomeriggio l’investigatore riceve un nuovo incarico: indagare sulla fedeltà di un’attraente bionda burrosa di nome Cindy Bass. Il caso Cindy Bass prende l’aire dalla richiesta d’intervento del marito Jack (un uomo sui cinquantacinque anni, elegante q.b., nervoso q.b., stupido q.b., in giacca e cravatta, due auto di lusso, due case di lusso, niente figli, piscina e spa, azionista di borsa, e dirigente della Aztec Petroleum Corporation) che si rivolge a Belane poichè convinto che la moglie lo tradisca, con un altro uomo o più, e vuole le prove del tradimento per togliersi l’insopportabile pungolo del dubbio e poter chiedere il divorzio senza pesi sullo stomaco né rimpianti e sensi di colpa. Cindy Bass, donna bellissima e molto più giovane di Jack (e molto giovane anche in termini assoluti: ha sui vent’anni), è una ex modella e comparsa cinematografica: i due coniugi si sono conosciuti al tavolo della roulette di Las Vegas e due giorni dopo si sono sposati, praticamente senza conoscersi. Ora Bass teme di essere stato ingannato e raggirato dalla donna di cui è 16
innamorato, che ha spostato e che ama. Belane accetta il caso, si fa consegnare un anticipo, e procede subito con le indagini: il mattino seguente è appostato davanti alla casa dei Bass. Alle 7,20 Jack esce con la propria macchina per recarsi alla propria poltrona dirigenziale alla Aztec Petroleum Corp. Belane rimane in agguato dentro la macchina e, nell’aspettanza, ripassa le informazioni raccolte sulla giovane donna e ordinate in un fascicolo intitolato CASO CINDY BASS dalla segretaria Marcela: Cindy Bass, Cindy Maybell da nubile, vincitrice del concorso minore di bellezza e incoronata Miss Red Hot Chili Pepper nel 1990, modella, diverse comparsate cinematografica, ama sciare, studia pianoforte, le piacciono baseball e pallanuoto, i pisolini pomeridiani posprandiali, i bambini, il jazz, Kant e Schopenhauer, spera di diventare avvocato. Alle 9,00 un’altra macchina percorre in uscita il vialetto: è Cindy. Belane decide di pedinarla: ne scaturisce un lungo inseguimento che, iniziatosi per le strade di Beverly Hills, procede sull’autostrada, e viene interrotto da una pattuglia di polizia in ricognizione che blocca e multa Belane per eccesso di velocità. Il giorno seguente, Belane ritorna al caso Céline e alla libreria di Teo. Dopo pochi minuti, giusto il tempo di un veloce scambio di battute con Teo, Céline fa ingresso nel negozio. Ma anche in questo caso, Belane non riesce a cavare un ragno dal buco: lo pseudo-Céline elegantemente si divincola dalla trappola preparatagli da Belane e abilmente si defila allontanandosi alla svelta. Belane lo segue con lo sguardo e lo vede salire s’una Fiat dell’89 parcheggiata a pochi metri dalla libreria: inforca il proprio maggiolino (per una strana coincidenza parcheggiato proprio dietro la Fiat di Céline), ingrana la prima, e parte all’inseguimento lungo le strade di Hollywood e fino a Beverly Hills: giunta alla casa di Jack Bass, la Fiat dell’89 di Céline rallenta, accosta, e arresta. Céline scende dalla macchina, attraversa la strada, si guarda intorno, si ferma, si guarda di nuovo in giro, poi percorre il vialetto che conduce alla porta d’ingresso, sale sulla veranda, si guarda ancora intorno, e bussa: la porta si apre, e Céline ingrede. Nel vialetto è parcheggiata la Mercedes rossa di Cindy. Belane agguanta 17
allora la propria video-camera, scende dalla vettura, forza la serratura dell’abitazione, in quarantacinque secondi è dentro, percorre il corridoio, sente delle voci provenienti da dietro una porta chiusa, fa irruzione nella camera e si catapulta con la video-camera accesa, trovando Cindy e Céline tranquillamente seduti a un tavolino, a chiacchierare e discutere: scappa, viene inseguito dal factotum di Jack Bass (un colosso mostruoso e gigantesco di nome Brewster) che cerca di acchiapparlo senza riuscirci, esce dalla villetta e si fionda in macchina, partendo di sgommata. Il giorno seguente Belane è di nuovo in ufficio: deluso dalla propria inconcludenza, frustrato dall’evoluzione delle vicende, e abbattuto dalla piega presa dalle indagini intorno ai casi Céline e Cindy Bass - si sente completamente inutile, ma poi ha un lampo di genio, e scatta in piedi: ¡Céline stava vendendo a Cindy un’assicurazione, un’assicurazione sulla vita, un’assicurazione sulla vita di Jack Bass!: insieme l’avrebbero eliminato per intascare il premio assicurativo. Belane si sente stranamente bene, vicino (come crede) alla soluzione del caso. Dopopranzo, decide così di ritornare sul luogo del delitto, e si reca alla casa dei Bass: trova la Mercedes di Cindy parcheggiata nel vialetto, e decide di fare nuovamente visita all’abitazione per cercare di rinvenire una prova forte e inconfutabile: scende furtivamente dall’auto con la video-camera in mano abbassando il cappello sull’occhio sinistro come solo un vero privato sa fare; si dirige verso la porta; forza la serratura; entra in casa; percorre il corridoio con le orecchie ben tese a captare ogni fiato e fruscio e sibilo proveniente dall’interno; sente le voci di un uomo e di una donna provenienti dal piano superiore; si ferma ai piedi della scala; decide di salire; sale; sale silenziosamente; porta una mano al petto, per controllare la fondina ascellare, e assicurarsi che la .45 sia al proprio posto: c’è; avvicinandosi, riconosce la voce di Cindy Bass gemere e sussurrare parole sconce in preda al furore sessuale; continua a camminare; si ferma dietro la porta da cui provengono le voci (chiaramente la porta da letto); la vicita ancora di più; sente Cindy ridere, tacere, gemere, e ansimare, al ritmo del rumore 18
cadenzato del sobbalzare delle molle del letto; accende la video-camera; sfonda la porta con un calcio; piomba nella camera da letto, dove Cindy Bass e il marito Jack sono uniti nell’amplesso amoroso: Belane incredulo e attonito arretra, si volta verso le scale, le imbocca, e scappa; Bass balza in piedi, lo insegue con una pistola in mano, spara più volte, lo manca; Belane zompa sul maggiolino, le gomme stridono contro il marciapiede, mentre Bass continua a sparargli a distanza, ma Belane riesce ad allontanarsi incolume e prendere la via. Poi si ferma in un McDonald, ordina una porzione grande di patatine, un caffè e un panino al pollo. Il giorno dopo, Belane riceve prima la telefonata e poi la visita di Hal Grovers, che affida a Belane l’incarico di far scomparire l’aliena dello spazio Jennie Nitro. Hal Grovers è un ometto insignificante, bassino, settanta chili, trent’otto anni, occhi grigi con un tic a quello sinistro, baffetti orrendi e gialli di sigaretta, capelli dello stesso colore diradanti in cima, testa perfettamente rotonda. L’uomo è perseguitato da un’aliena dello spazio (che dice di chiamarsi Jennie Nitro e, a detta di Grovers, controlla la sua mente) e vuole liberarsene: per questo contatta Belane. Mentre parlano la porta si spalanca ed entra proprio Jennie Nitro: una donna bellissima, sui trent’anni, incredibile, occhi così belli che sorridono, bocca leggermente imbronciata, labbra increspate come se stessero per esplodere in una risata, lunghi capelli che bruciano l’aria. La donna scivola nella stanza come una spogliarellista su pattini a rotelle, ordina a Grovers di seguirla fuori dall’ufficio di Belane, pietrifica Belane con i superpoteri, e se ne va portandosi dietro Grovers come una scimmia ammaestrata o un cagnolino ben addestrato. L’indomani in ufficio Belane è più confuso che persuaso: non sa più chi siano i propri clienti, non sa da dove iniziare, su che cosa concentrarsi, e su chi indagare, ma ha una geniale intuizione, capendo che in qualche modo Céline, Cindy, Grovers, e Passero sono tutti collegati, e così fa cuore e riprende fiducia in se stesso, ma durerà poco: riceve in casa la visita notturna di Jennie: l’aliena dello spazio lo redarguisce e minaccia di 19
ritorsioni se non abbandona il caso che la riguarda: alla ritrosia e al diniego di Belane Jennie oppone i propri poteri sovrannaturali replicando il numero già eseguito in precedenza e pietrificando con il solo sguardo l’investigatore, che rimane steso sul letto e incapace di muoversi per venti minuti buoni. Il giorno successivo la faccenda si complica ulteriormente: Céline minaccia Belane di morte con una pistola se non accetta l’incarico or di scoprire e rivelargli il nome e la vera identità della donna che vuole toglierlo di mezzo, e or di eliminarla definitivamente: Belane è costretto ad accettare. Il giorno successivo Belane si reca al negozio di onoranze funebri di Hal Grovers Porto Argenteo per un sopralluogo e rivela a Grovers la propria intuizione (che successivamente si rivelerà erronea): Jennie Nitro gli si è legata perchè vuole piazzare i propri alieni dello spazio nei cadaveri, e usare i corpi morti come guscio: gli alieni si nascondono nei corpi morti finchè questi vengono tumulati, per poi sgusciare fuori trovarne altri. Ma, dopo questa sconcertante intuizione-rivelazione, le cose si fanno ancora più ingarbugliate. A dire il vero, tutta la faccenda, tutti i casi, tutta la vita di Belane si presentano come una matassa massimamente avviluppata, intralciata, ingarbugliata e inestricabile: per cercare il bandolo e provare a dispiegarla e scioglierla, Belane tenta l’ultima disperata carta a disposizione nel mazzo: far incontrare Céline e la Signora Morte e lasciare che se la sbrighino da soli. L’incontro è fissato, e ha luogo, alle 14,30 nel ristorante di Musso: con un abile stratagemma (una banale scommessa), Belane riesce a carpire l’informazione essenziale per la risoluzione positiva del caso e, facendosi consegnare la patente del presunto Céline, può verificare l’identità di quest’ultimo: il presunto Céline è il vero Céline. La morte fa il resto. Risolto il primo caso, Belane si sente un vincente, e si getta a capofitto sul secondo, fermo di non perdere nemmeno un prezioso minuto di tempo. Ma l’entusiasmo e la gioia durano pochissimo anche in questo caso: Belane ricevere un ulteriore nefanda e infausta visita di Jennie 20
Nitro nel proprio ufficio. La donna gli comunica or di appartenere alla prima ondata d’avanguardia di un gruppo d’invasori dello spazio provenienti dal pianeta di Zaros, intenzionati a impadronirsi della terra per evacuare le frange in eccedenza del pianeta Zaros, sovraffollato e sovrappopolato; e or di aver deciso di arruolare lo stesso investigatore per la causa di Zaros, reputandolo perfetto, poi la sua creduloneria, faciloneria, egocentricità, e mancanza di personalità. Belane le chiede il motivo del legame con Hal Grovers: Jennie confessa che si tratta di un semplice innocente, demolendo così la tesi di Belane. La notizia è negativa per l’investigatore, che si ritrova un ulteriore grattacapo da risolvere; ma è positiva per Grovers, che non verrà più scocciato: Belane chiama l’impresario di pompe funebri per dichiarare chiuso il caso, e comunicargli l’esito delle indagini. A questo punto non gli rimane che da risolvere il caso di Cindy Bass e del Passero Rosso. Naturalmente adesso Jennie Nitro è un suo problema. Ma Céline e Grovers sono ormai storia storia passata, e possono ormai dirsi archiviati: Belane può adesso liberare tempo ed energie per il caso Cindy Bass e si reca di nuovo in ricognizione nei dintorni della villetta dei Bass. L’investigatore si apposta a trenta metri dalla casa: la Mercedes rossa di Cindy è nel vialetto. Più tardi Cindy esce da casa, mette in moto, accende i fari, esce in retromarcia dal vialetto, gira la macchina, rotta a nord, guida fino al motel Dune Mosse, entra nel parcheggio, si ferma davanti alla camera numero 9, scende dalla macchina, e bussa: un uomo giovane e di bell’aspetto le apre: lei entra; e la porta si richiude alle sue spalle. Belane affitta la camera numero 8, la occupa, origlia attraverso il muro, e quando è il momento irrompe nella camera 9 armato di video-camera, e becca i due nel bel mezzo di un amplesso amoroso. L’uomo, di nome Billy, è un alieno dello spazio, dotato degli stessi poteri di Jennie: insensibile alle pallottole e dotato di una forza invincibile, si avventa su Belane con l’intento di finirlo strozzandolo. Ma interviene Jennie a salvare l’investigatore, bloccando ed eliminando fisicamente Billy. E così anche il caso Cindy Bass è risolto. 21
Rimane l’ultimo incarico: rintracciare il Passero Rosso. Belane chiama disperato Barton per aver maggiori informazioni. Barton lo informa che la sua tipografia vuole usare l’immagine del Passero Rosso come logo della compagnia ma per farlo deve accertarsi di possedere i diritti effettivi di sfruttamento economico sul Passero Rosso: per questo Belane deve assevrare che il Passero Rosso di cui Barton ha sentito parlare sia l’unico passero rosso presente in circolazione. Nel mentre, Jennie Nitro comunica a Belane la decisione della legazione zaroniana di ritirarsi dalla terra, causa le brutture del pianeta e la malvagità e cattiveria e crudeltà degli uomini. I due si accommiatano durante uno struggente, lacerante addio davanti a un drink in pieno stile . E così rimane solo il Passero Rosso. Le ricerche riprendono con una fregatura: Belane riceve una dritta da un tale Amos che gli cede (in cambio di una somma pecuniaria) un cartiglio recante l’indirizzo di una certa Deja Fontanin assicurandogli che la donna lo porterà dritto al Passero. L’imbroccata si rivela ingannevole, e questo ennesimo tentativo si perde nel vuoto incanalandosi in un vico cieco. Depresso, insoddisfatto, deluso, e disilluso Belane se ne sta in ufficio indeciso, incerto, e dubitoso sulla mossa successiva; allorchè viene contattato da Harry Sanderson, che chiede e ottiene un abboccamento con l’investigatore privato più dritto in città, al fine offrirgli il Passero Rosso in cambio della considerevole cifra di 10·000 dollari, al 15% d’interesse mensile. Dopo lunghissime trattative, Belane accetta l’usura. Sanderson gli esibisce tutta la documentazione da firmare prima di procedere al prestito e alla consegna del Passero Rosso. Belane scorre l’incomprensibile gergo legale del contratto, firma per il prestito al 15% d’interesse, e riceve una gabbia, dentro cui è un uccello. L’uccello a una prima occhiata appare effettivamente rubrico, ma a una disamina più accurata si rivela essere un canarino giallo pittato di rosso: anche stavolta una fregatura, la quale però costa al povero Belane 600 dollari sonanti. Belane e Sanderson si accomiatano. L’indomani Belane riceve la visita di Johnny Stecchino 22
(detto così per la sua complessione: alta e magra), un rappresentante dell’Acme Executioners, l’azienda che ha erogato il prestito a Belane per il passero. Stecchino minaccia Belane di morte nel caso in cui non paghi regolarmente allo scadere del primo mese successivo alla data della stipula del contratto. Ed effettivamente alla scadenza del primo mese i legati della Acme Executioners irrompono nell’ufficio di Belane pronti a tutto pur di riscuotere il credito. Belane non ha i soldi. Gli uomini della Acme Executioners lo conducono allora in una zona isolata e fuori mano del Griffith Park, intenzionati a farlo fuori. Ma Belane riesce a divincolarsi dalla morsa mortale con un colpo di genio e fortuna, e uccide gli aguzzini. Poi vincente, tronfio, e soddisfatto s’incammina fuori dal parco; attraversando un tunnel sotterraneo; dove due ragazzi lo picchiano a morte per rapinarlo. Belane muore. * INTRECCIO
1) L’agenzia investigativa “M. Belane”. Quando squilla il telefono, l’investigatore privato Mickey Belane siede ignavo e indolente alla scrivania del proprio ufficio, al terzo piano dell’Ajax Building di Los Angeles. Sciatto e trascurato, abiti sdruciti, trippone enorme da birra e cravatta allentata, Mickey Belane, singolare figura d’investigatore privato tipica della vecchia Los Angeles “hard-boiled” come non ce ne sono più ormai, è un personaggio che non ci si meraviglierebbe d’incontrare seduto in un losco bar e fumoso a bere un drink in compagnia dell’ispettore Marlowe. Asfissiato dal caldo infernale della torrida estate californiana, assillato da una critica e insanabile ed esiziale penuria di lavoro, e pressato dall’imminenza dello sfratto incombente per morosità, rimugina svogliato e stanco sui molti problemi che lo affliggono, allorchè riceve una telefonata destinata a cambiare il corso della sua carriera, e della sua vita: all’altro capo del telefono una voce femminile, calida e suadente. È la signora Morte, pittoresca, iconica 23
e caratteristica figura di donna felliniana, eccessiva, volgare, e debordante: le cuciture le scoppiano, porta tacchi alti come trampoli, cammina come una storpia ubriaca. La signora Morte ingaggia l’investigatore Mickey Belane per risolvere un caso: scoprire se Céline è morto o è riuscito a eludere la morte tramite il proprio genio e sgambetta ancora libero scorrazzando indisturbato in città. Per il resto, la Signora Morte è avara d’informazioni: dice solo che il presunto Céline è solito frequentare e bazzicare la libreria di un certo Teo Korzeniowski. Dalla libreria di Teo partiranno pertanto le indagini del nostro eroe contrario, atte a scoprire la vera identità del presunto Céline. Il tramite fra la Signora Morte e Belane è tale John Barton. Dopo aver raccomandato Belane alla Signora Morte, Barton affida all’investigatore un altro incarico, riponendo in Belane una fiducia smodata, e nutrendo una stima incondizionata: rintracciare il Passero Rosso. In cambio, 100 dollari al mese per tutta la vita, nel caso in cui riesca a reperirlo. Anche in questo caso il committente è avaro d’informazioni: non rivela nemmeno se il fantomatico Passero Rosso sia solo un nome in codice che celi una reale identità o se si tratti, letteralmente, di un vero e proprio volatile. Intanto, l’investigatore riceve un nuovo incarico: indagare sulla fedeltà di un’attraente bionda burrosa di nome Cindy Bass. Il caso Cindy Bass prende l’aire dalla richiesta d’intervento del marito Jack Bass (un uomo sui cinquantacinque anni, elegante q.b., nervoso q.b., stupido q.b., in giacca e cravatta, due auto di lusso, due case di lusso, niente figli, piscina e spa, azionista di borsa e dirigente della Aztec Petroleum Corporation) che si rivolge a Belane poichè crede che la moglie Cindy lo tradisca, con un altro uomo o più, e vuole le prove del tradimento per togliersi l’insopportabile pungolo del dubbio e poter chiedere il divorzio senza pesi sullo stomaco né rimpianti o sensi di colpa. Cindy Bass, donna bellissima e molto più giovane di Jack (e molto giovane anche in termini assoluti: ha sui vent’anni), è una ex modella e comparsa cinematografica: i due coniugi si sono conosciuti al tavolo della roulette di Las Vegas e due giorni dopo si sono sposati, praticamente senza 24
conoscersi. Ora Bass teme di essere stato ingannato e raggirato dalla donna di cui è innamorato, che ha spostato e che ama. Belane accetta il caso, si fa consegnare un anticipo, e procede subito con le indagini. Successivamente, Belane riceve la telefonata di Hal Grovers, che affida a Belane l’incarico di far scomparire l’aliena dello spazio Jennie Nitro. L’uomo dice di essere perseguitato da un’aliena dello spazio (che, a detta di Grovers, controlla la sua mente) e vuole liberarsene: per questo contatta Belane. 2) Il caso “Céline”. Belane decide d’iniziare dal caso Céline, ma non sa proprio che pesci pigliare e da dove partire: il suo committente è stato criptico ed ermetico come nessun altro, e lui brancola nel buio, ma è determinato a risolvere il caso, e rintracciare il vero Céline o smascherare il finto, e così decide di recarsi alla libreria di Teo per un primo sopralluogo. In libreria incontra fortuitamente un uomo, tra i 40 e i 45 anni, incredibilmente rassomigliante al celebre scrittore francese: Belane tenta un approccio, che naufraga concludendosi con un buco nell’acqua e risolvendosi in un nulla-di-fatto: accortosi della presenza di Belane, Céline ripone il libro che sta sfogliando sullo scaffale, e si avvia verso l’uscita sbuffando, e sbruffa qualcosa incomprensibile in faccia a Teo che lo guata torvo e accigliato; Belane lo segue a distanza fermandosi alla soglia del negozio e scrutando da lontano il suo percorso: lo pseudo-Céline s’incammina nel viale e si ferma a un edicola all’angolo. Belane decide di avvicinarsi. Celine è ora intento a leggere una rivista; affiancatolo, Belane nota che si tratta del THE NEW YORKER; lo pseudo-Céline si avvede della presenza di Belane, ripone la rivista nella rastrelliera fissando Belane dritto negli occhi, poi ammicca un taxi, e vi balza dentro. Il taxi riparte veloce verso Hollywood Boulevard. Belane gli urla dietro per cercare di carpire l’attenzione di Céline, ma questo si limita a sporgere il braccio dal finestrino, e alzare il dito medio in segno di scherno e dileggio. 25
Ritornato in ufficio, l’investigatore ordina alla segretaria Marcela di effettuare una veloce ricerca nel alla ricerca del maggior numero d’informazioni su Céline: si scopre che Céline, al secolo Ferdinand Louis Auguste Destouches, è nato nel 1981, sicchè è impossibile che l’uomo della libreria, di non più di 50 anni, sia Céline. Caso chiuso! Belane chiama la signora Morte che non accetta l’esito delle indagini e lo sprona e peesuade ad andare avanti. Si verifica la prima delle innumerevoli visite sgradite e il primo degli indesiderati incontri e spiacevoli che scandiscono e frastagliano le indagini (peraltro già di per sé tutt’altro che lineari) del : il padrone dell’ufficio che ospita l’agenzia investigativa di Belane, Jimmy McKelvey, si presenta accompagnato da un orribile energumeno di nome Tommy per cacciare Belane dal locale. Ma Belane, sempre pronto e preparato all’azione, sfila la propria Luger dal cassetto della scrivania e la punta contro la mastodontica massa di Tommy, costringendo lui e McKelvey a desistere. L’indomani Belane rischia e torna in ufficio. Dietro la scrivania, e comodamente seduto in poltrona, McKelvey, il quale rivolge all’investigatore un dolce e finto sorriso. Belane si mette subito sulla difensiva, ma McKelvey lo rassicura, comunicandogli che un intero anno di affitto è stato pagato sull’unghia e in contanti da una benefattrice segreta che si nasconde dietro il nome in codice di Signora Morte, per il tramite di un curioso e stralunato personaggio in completo nero ed elegantissimo e bombetta. Belane ha guadagnato un anno e può ritornare ai propri affari. E come prima cosa chiama il proprio allibratore, Tony, per piazzare una puntata, che si rivelerà perdente: due emissari di Tony, Dante e Fante, si presentano a casa pronti a tutto pur riscuotere i soldi della nuova e delle vecchie scommesse per una somma totale di 500 dollari. Belane viene salvato dalla Signora Morte, che fa la propria miracolosa, magica e inaspettata comparsa proprio nel momento in cui i due bravi stanno per saltare addosso all’investigatore e malmenarlo. La Signora Morte con un malefico sortilegio li annienta e Dante e Fante si precipitano fuori dall’ufficio e dai piedi in preda a 26
spasmi lancinanti di dolore. Hanno un aspetto tremendamente malmesso e malsano. Belane li segue per assicurarsi che se ne siano andati. Poi rientra in ufficio. Ma la Signora Morte è già scomparsa e non c’è più: Belane cerca sotto la scrivania e in bagno e dietro il divano ma la donna è scomparsa. Belane decide di prendersi qualche ora di pausa, ignaro del fatto che i guai sono ben lungi dalla fine. Si avvia verso il parcheggio, sale in macchina, guida fino a un supermercato: parcheggia, scende dalla macchina, la chiude a chiave, entra nel supermercato e ne esce con alcune buste di roba che dispone nel bagagliaio della macchina per poi ripartire: ripercorre la strada nella direzione opposta e giunge a casa. Ma le sorprese non sono finite. A casa riceve infatti la visita del proprio vicino di casa Mike, che gli propone una società in un business, a patto che Belane si faccia interamente carico dell’investimento iniziale, che Mike s’impegna a rifondere subito immediatamente al momento dell’incasso. Belane sente puzza di bruciato e caccia Mike, che però reagisce male. Ne nasce una colluttazione, che si risolve a favore di Belane: Mike non ha nemmeno il tempo di rendersene conto che Belane lo ha già colpito con un pugno in pancia con il tirapugni. Mike cade in terra svenuto e privo di sensi. Belane si china a raccogliere alcuni pezzi di vetro rotto dal pavimento, li infila nella bocca di Mike, gli sfrega le guance e gli molla pure qualche schiaffo, finchè il sangue non inizia a sgorgargli dalle labbra. Poi torna al suo pollo con patate. Tempo dopo Mike ritorna in sensi: si sveglia, si riprende, si erge seduto, sputa qualche frammento di vetro mentre il sangue gli rivola dalla bocca sporcandogli la camicia e gli indumenti, poi comincia a strisciare verso l’uscita con un aspetto penoso e afflitto. Belane gli apre la porta e Mike striscia fuori in silenzio e a volto basso. Belane richiude la porta, si siede sul divano, accende una sigaretta e se la fuma finalmente in tranquillità. Da questo momento in poi, dovrà tuttavia tenerlo d’occhio e guardarsi costantemente le spalle. Belane si alza, si versa un drink, lo vuota d’un fiato e ne versa subito un altro. Poi, stanco,
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esausto, spossato, e provato dalla vita, si stende sul letto e si addormenta, distrutto e abbattuto. L’indomani i sinuosi e aguzzi raggi del sole battente contro le persiane s’insinuano fra le fessure delle imposte penetrando nella sala da letto e disegnando una svastica sul viso di Belane, il quale, pungolato dai sottili ma piccanti aghi solari, si ridesta madido e ansimoso. Preda dell’ansia e con espressione massimamente depressa in volto spalanca gli occhi, ansimando in un bagno di sudore. Poi si alza e si reca al bagno guardandosi allo specchio e ricevendone un’impressione di squallore, depressione e sconfitta: lo specchio mostra un uomo sconfitto e abbattuto, con grosse borse cascanti e scure sotto gli occhi, occhi da roditore in trappola, sopracciglia declinanti e arruffate e dementi, e aspetto generale orrendo e disgustoso. Poi si lava la faccia, si gira verso il cesso per pisciare, sbaglia mira e bagna la tavoletta e il pavimento. Cerca allora di tamponare tutto alla bell’e meglio con carta igienica e cotone idrofilo, getta tutto nella tazza e tira lo scarico. Poi si volge alla finestra, vede un gatto sul tetto dirimpetto, lo osserva e lo segue con lo sguardo finchè scompare; poi si volta al lavabo, prende lo spazzolino e il dentifricio, preme il tubetto della pasta dentifricia, la distribuisce uniformemente sulle spazzole dello spazzolino, lava i denti, sciacqua la bocca, ripone lo spazzolino ed esce dal bagno. Poi ritorna a letto e si rimette a fissare il soffitto con aria meditabonda. Sul soffitto si stagliano raccapriccianti e cupe e opprimenti immagini che, generate dal riverbero e dalla rifrazione dei raggi solari sul soffitto e attraverso le molteplici crepe e pieghe, gli passano e scorrono davanti agli occhi come in un film animato. Belane vede nitidamente un bufalo che si avventa su qualcosa, e un serpente con un elefante in bocca. Poi sente squillare il telefono ma lo lascia squillare e non si alza per andare a rispondere. Si riaddormenta. Si risveglia alle 12,25 e si reca all’ippodromo. Prende la macchina, mette in moto, e parte. Guida lungo Alameda street, Imperial, Western Avenue e Century. È una giornata calda e tranquilla. Guida fino all’ippodromo dell’Hollywood Park, entra nel parcheggio dell’ippodromo, 28
parcheggia e scende. Giunge alla fine della terza corsa. Prende il programma delle corse e si siede in tranquilla attesa. L’apre, la sfoglia, la esamina velocemente, la ripiega e l’adagia. Poi sente un rumore dietro di sé e si volta scorgendo Céline, il quale sorride mirando nella sua direzione. Céline gli punta una pistola contro e gl’intima di scoprire l’identità della Signora Morte. Céline minaccia Belane di morte con una pistola se non accetta l’incarico or di scoprire e rivelargli il nome e la vera identità della donna che vuole farlo fuori e toglierlo di mezzo (la Signora Morte), e or di eliminarla definitivamente: Belane è costretto ad accettare. Poi Céline si alza, esce dalla fila e scompare. Belane riprende il programma delle corse ed esamina la quinta corsa. Nessuna tregua. Tutta la faccenda ha preso una strana e pericolosa piega e si presenta ora come una matassa massimamente avviluppata, intralciata, ingarbugliata, intricata e inestricabile: per cercare il bandolo e provare e provare a dispiegarla Belane tenta una mossa disperata: far incontrare Céline e la Signora Morte e lasciare che se la sbrighino da soli. L’incontro è fissato, e ha luogo, alle 14,30 nel ristorante di Musso: con un abile stratagemma (una banale scommessa), Belane riesce a carpire l’informazione essenziale per la risoluzione positiva del caso e, facendosi consegnare la patente del presunto Céline, può verificare l’identità di quest’ultimo: il presunto Céline è il vero Céline. La morte fa il resto. L’indomani mattina, Belane siede in ufficio appoggiando i piedi sul tavolo e fumando un buon sigaro. Ma l’entusiasmo dura giusto poco: finchè l’investigatore non viene raggiunto fa una telefonata della Signora Morte che lo informa che presto si rivedranno: Belane ritorna a casa, stanco, esausto, rassegnato. Con espressione abbattuta in volto, si reca mogio, ramingo e tapino all’angolo bar e si versa un drink. Lo scola tutto d’un fiato e ne versa subito un altro bevendosi così il resto del pomeriggio e fumandosi la serata, che passa inutile e priva di scopo e d’intenti: zero azione, zero colpi-di-scena, zero novità: Belane si ubriaca e, quando ormai sul piano della scrivania si sono accumulate e affastellate svariate bottiglie vuote di alcol (vodka, gin, whiskey, rhum), si 29
addormenta sul divano, sopraffatto dalla sbronza e dai cattivi pensieri e soverchiato da una irresistibile spossatezza causata dall’alcol, dai farmaci, dal calo di adrenalina, dalle forti emozioni e dalla tensione accumulata nell’arco della giornata si abbandona al sonno. Nel sonno sogna e immagina di salire in macchina, guidare lungo l’Hollywood Boulevard e percorrere la Hollywood Freeway per poi imboccare l’autostrada San Diego fino al raccordo con la Harbor Freeway: qui immagina d’immettersi sulla 110a verso sud e proseguire incerto e indeciso sulla correttezza dell’itinerario: ritorna così sull’Harbor Freeway, la percorre fino alla fine e si trova in San Pedro: qui prende la Gaffey Road, svolta a sinistra sulla Settima, prosegue per un paio d’isolati, poi svolta a destra sulla Pacific e continua a guidare finchè non vede un bar, il Porco Assetato, e decide di fermarsi per un drink. Entra allora nel parcheggio, parcheggia, scende dalla macchina ed entra nel locale. 3) Il bar “Il Porco Assetato”. Una macchina entra in un ampio spiazzo semivuoto e semideserto. È il parcheggio del bar “Il Porco Assetato”, come si legge s’un’insegna recante il nome del bar in caratteri al neon mezzi fulminati e affissa al muro scalcinato del locale. La macchina avanza dentro il parcheggio e si ferma: ne scende un uomo grasso, sciatto e trascurato, con abiti sdruciti, trippone enorme da birra, cravatta allentata e barba di tre giorni: è l’investigatore privato Mickey Belane, un personaggio che potrebbe benissimo incontrarsi a bere un drink in compagnia dell’ispettore Marlowe in un losco bar e fumoso della vecchia Hollywood “hard-boiled”. Belane si dirige verso l’ingresso del bar, apre la porta d’ingresso ed entra. L’orologio segna le 23,00. Il bar è molto buio. Il barista sugli ottanta, canuto e candido. Oltre al barista, altri due vecchi, anche loro bianchi di gesso. Tutti immobili in una bianca staticità si muovono in un’atmosfera sfumata e onirica. due uomini con volto coperto e pistola in mano entrano nel bar: l’orologio segna le 02,00: sono passate quattro ore dall’ingresso di Belane nel locale. I due malviventi 30
rapinano clienti, bar, e barista. L’uno fugge. L’altro indugia e preso da un attacco d’ira ingiustificato punta la pistola contro il barista sparando tre colpi che per tre volte centrano il barista e per tre volte gli bucano il ventre: il barista sussulta tre volte e poi cade in terra senza vita. Poi punta la pistola contro il suo socio ma è troppo tardi: il primo rapinatore gli spara prima che possa rendersene conto: il proiettile gli attraversa il naso e gli esce dalla nuca uccidendolo sul colpo. Il primo rapinatore si guarda in giro nel locale ed esce di corsa dalla porta. Dopo pochi secondi anche Belane si precipita fuori dal bar barcollante per l’alcole e vacillante. In un attimo Belane è in macchina: apre, sale, accende, ingrana la prima, sgomma e vola via. In lontananza si sentono sfrecciare le sirene della polizia. Tranquillizzatosi, accende un sigaro e la radio, scanala le stazioni e si ferma a una che trasmette buona gradevole musica jazz. Belane percorre il tragitto a ritroso: uscito dal parcheggio del Porco Assetato e fatto un giro di ricognizione attorno all’isolato, prende la Pacific, la percorre finchè non svolta a sinistra sulla Settima, la percorre finchè non svolta a destra sulla Gaffey Road ed è di nuovo a San Pedro: da qui imbocca la 110a in direzione di Cadillac Avenue, esce sulla Settima, percorre il Cienega Boulevard, prosegue sul Wilshire Boulevard e continua a guidare fino a Beverly Hills. 4) Il caso “Cindy Bass”. In pieno doposbronza e in evidente stato di ebrezza, Belane guida fino a Beverly Hills, procedendo con cautela e circospezione lungo le strade e i viali del quartiere. In Rodeo Drive l’investigatore svolta, si ferma al numero 69, e si apposta davanti alla casa dei Bass. Parcheggiato rimane nella vettura. L’orologio segna le 06,50. In attesa in agguato nell’abitacolo dell’auto, Belane stende una mano verso il sedile posteriore, prende un fascicolo denominato CINDY BASS e comincia a sfogliarlo per ripassare le informazioni su Cindy. Intanto, fuori, il sole scioglie i nodi delle tenebre notturne e la chiaria del mattino scialba all’orto. Il fascicolo raccoglie una breve nota stilata dalla segretaria Marcela con penna e alcuni 31
ritagli di giornale che Belane legge ad alta voce: Cindy Bass, Maybell da nubile, vincitrice del concorso minore di bellezza e incoronata “Miss Red-Hot-Chili-Pepper” nel 1990, modella, comparsa cinematografica, ama sciare, studia pianoforte, le piacciono baseball e pallanuoto, i pisolini pomeridiani posprandiali, i bambini, il jazz, Kant e Schopenhauer, spera di diventare avvocato. Successivamente Belane nota una macchina uscire in retromarcia dal vialetto della dimora dei Bass e imboccare la via. Dentro la macchina Jack Bass, che esce per recarsi a lavoro. Belane controlla l’orologio: sono le 07,20. Rimane in attesa della mossa di Cindy. Dopo che alle 7,20 Jack è uscito con la propria macchina per recarsi alla propria poltrona dirigenziale alla Aztec Petroleum Corp., Belane rimane in attesa della mossa successiva di Cindy. Alle 9,00 un’altra macchina percorre in uscita il vialetto: è Cindy. La donna esce a bordo della propria Mercedes rossa, e s’immette in Rodeo Drive. Belane decide di pedinarla. La macchina di Cindy percorre Rodeo Drive e imbocca l’autostrada di San Diego procedendo ad alta velocità. Cindy aumenta ancora la velocità. Belane si tiene dietro a sole 4 macchine di distanza. Ne scaturisce un lungo inseguimento che, iniziatosi per le strade di Beverly Hills, procede sull’autostrada, e viene interrotto da una pattuglia di polizia in ricognizione che blocca e multa Belane per eccesso di velocità: una sirena interviene a interrompere l’inseguimento. L’investigatore porta l’auto nella corsia lenta, entra nella prima piazzola di sosta che incontra, ferma la macchina, e scende. Convinto del legame e della connessione tra i casi Céline e Bass, Belane ritorna al caso Céline e alla libreria di Teo. Allorchè Belane fa la propria comparsa nel suo negozio, Teo è intento a segnare i prezzi di alcuni libri rari. Dopo pochi minuti, giusto il tempo di un veloce scambio di battute con Teo, anche Céline fa ingresso nel negozio. Ma anche in questo caso, Belane non riesce a cavare un ragno dal buco: lo (pseudo-)Céline elegantemente si divincola e abilmente si defila allontanandosi alla svelta. Belane lo segue con lo sguardo e lo vede salire s’una Fiat dell’89 parcheggiata a pochi metri dalla 32
libreria, Belane inforca il proprio maggiolino (per una strana coincidenza parcheggiato proprio dietro la Fiat di Céline), e parte all’inseguimento lungo le strade di Hollywood e fino a Beverly Hills: Céline si dirige sull’Hollywood Boulevard, poi imbocca la Hollywood Freeway e dopo l’Harbor Freeway, poi la Santa Monica, la San Diego finchè non esce dall’autostrada per immettersi nelle tranquille strade di Beverly Hills. Giunta alla casa di Jack Bass, la Fiat dell’89 di Céline rallenta, accosta, e arresta. Céline, o pseudo-Céline, scende dalla macchina, attraversa la strada, si guarda intorno, si ferma, si guarda di nuovo in giro, poi percorre il vialetto che conduce alla porta d’ingresso, sale sulla veranda, si guarda ancora intorno, e bussa: la porta si apre, e Céline ingrede. Nel vialetto è parcheggiata la Mercedes rossa di Cindy. Belane agguanta allora la propria video-camera, scende dalla vettura, forza la serratura dell’abitazione, in quarantacinque secondi è dentro, percorre il corridoio, sente delle voci provenire da dietro una porta chiusa, fa irruzione nella camera e si catapulta con la video-camera accesa, trova Cindy e Céline tranquillamente seduti a un tavolino chiacchierando e discutendo, scappa, viene inseguito dal factotum di Jack Bass (un colosso mostruoso e gigantesco di nome Brewster) che cerca di acchiapparlo senza riuscirci, esce dalla villetta e si fionda in macchina, partendo di sgommata. Il giorno seguente Belane è di nuovo in ufficio: deluso dalla propria inconcludenza, frustrato dall’evoluzione delle vicende, e abbattuto dalla piega presa dalle indagini intorno ai casi Céline e Cindy Bass - si sente completamente inutile, ma poi ha un lampo di genio, e scatta in piedi: ¡Céline stava vendendo a Cindy un’assicurazione, un’assicurazione sulla vita, un’assicurazione sulla vita di Jack Bass!: insieme l’avrebbero eliminato per intascare il premio assicurativo. Belane si sente stranamente bene, vicino (come crede) alla soluzione del caso. Dopopranzo, decide così di ritornare sul luogo del delitto, e si reca alla casa dei Bass: trova la Mercedes di Cindy parcheggiata nel vialetto, e decide di fare nuovamente visita all’abitazione per cercare di rinvenire una prova forte e inconfutabile: scende furtivamente 33
dall’auto con la video-camera in mano; abbassa il cappello sull’occhio sinistro come solo un vero privato sa fare; si dirige verso la porta; forza la serratura; entra in casa; percorre il corridoio con le orecchie ben tese a captare ogni fiato e fruscio e sibilo proveniente dall’interno; sente le voci di un uomo e di una donna provenienti dal piano superiore; si ferma ai piedi della scala; decide di salire; sale; sale silenziosamente; porta una mano al petto, per controllare la fondina ascellare, e assicurarsi che la .45 sia al proprio posto: c’è; avvicinandosi, riconosce la voce di Cindy Bass gemere e sussurrare come in preda allo spasmo sessuale; continua a camminare; si ferma dietro la porta da cui provengono le voci (chiaramente la porta da letto); la vicita ancora di più; sente Cindy ridere, tacere, gemere, e ansimare, al ritmo del rumore cadenzato del sobbalzare delle molle del letto; accende la video-camera; sfonda la porta con un calcio; piomba nella camera da letto, dove Cindy Bass e il marito Jack sono uniti nell’amplesso amoroso: Belane incredulo e attonito arretra, si volta verso le scale, le imbocca, e scappa; Bass balza in piedi, lo insegue con una pistola in mano, spara più volte, lo manca; Belane zompa sul maggiolino, le gomme stridono contro il marciapiede, mentre Bass continua a sparargli a distanza, ma Belane riesce ad allontanarsi incolume e prendere la via. Poi si ferma in un McDonald, ordina una porzione grande di patatine, un caffè e un panino al pollo. Adesso ha tutti contro: Céline, Brewster, Cindy e Jack Bass, e la Signora Morte; non sa più chi sia o meno suo cliente; inoltre ha commesso una sfilza di reati per i quali potrebbe essere tranquillamente e a ragione arrestato. Belane fa sbollire le acque e l’indomani mattina, mentrecchè si trova in ufficio, chiama Jack Bass: dopo un reciproco scambio d’insulti, Belane ottiene il consenso per continuare con le indagini sul caso “Cindy Bass”. L’indomani Belane si sveglia molto tardi, intorno a mezzogiorno, con un’emicrania lancinante da pieno dopo-sbronza: In pieno dopo-sbronza va in bagno, in pieno dopo-sbronza si lava i denti, in pieno dopo-sbronza si fa la barba, rimuginando e rimuginando ancora. Poi va nella sala da 34
letto: si veste: in pieno dopo-sbronza. Poi si reca in cucina e in pieno dopo-sbronza mette a cuocere alcune uova, beve un bicchiere metà succo di pomodoro e metà birra, toglie le uova dall’acqua bollente e le mette sotto l’acqua fredda corrente per raffreddarle, infine le sguscia e le mangia. Poi si reca in soggiorno: si avvicina al telefono, alza il ricevitore e compone un numero. Belane chiama Jack Bass. Lo informa che il francesino (Céline) è stato fatto fuori ma che le indagini non sono ancora concluse poichè probabilmente sussistono altri uomini. La Mercedes rossa di Cindy è nel vialetto. Il maggiolino dell’investigatore parcheggiato a circa trenta metri dalla casa. Più tardi Cindy esce da casa, mette in moto, accende i fari, esce in retromarcia dal vialetto, gira la macchina, rotta a nord, guida fino al motel Dune Mosse, entra nel parcheggio, si ferma davanti alla camera numero 9, scende dalla macchina, e bussa: un uomo giovane e di bell’aspetto le apre: lei entra; e la porta si richiude alle sue spalle. Belane affitta la camera numero 8, entra, la occupa, origlia attraverso il muro, e quando è il momento irrompe nella camera 9 armato di video-camera, e becca i due nel bel mezzo di un amplesso amoroso. L’uomo, di nome Billy, è un alieno dello spazio, dotato degli stessi poteri di Jennie: insensibile alle pallottole e dotato di una forza invincibile, si avventa su Belane con l’intento di strozzarlo. Ma interviene magicamente e miracolosamente Jennie a salvare l’investigatore, bloccando ed eliminando fisicamente Billy. E così anche il caso Cindy Bass è risolto. Prima di scomparire così com’è comparsa, Jennie redarguisce Belane ricordandogli il proprio impegno di partecipazione alla causa zaroniana per la conquista e l’occupazione della terra. Belane risale in macchina e chiama con il telefono dell’auto Jack Bass per comunicargli che il caso è risolto e che Cindy non si darà più da fare. Ma non c’è molto di cui rallegrarsi: adesso ha tutti contro: Céline, Brewster, Cindy e Jack Bass, e la Signora Morte; non sa più chi sia o meno suo cliente; inoltre ha commesso una sfilza di reati per i quali potrebbe essere tranquillamente e a ragione arrestato. Decide comunque di sentirsi bene (anche solo per 35
un po’) e per festeggiare decide poi di fermarsi in un bar e bere qualcosa e, intanto, cercare di mettere insieme i pezzi e fare il punto della situazione. 5) Il bar “Senza Nome”. Nel bar, oltre all’investigatore, solo il barista, un uomo vecchio e magro come un chiodo che legge il NATIONAL ENQUIRER, le guance incavate e sottili come fogli di carta velina. Belane si accomoda s’uno sgabello, ordina un whiskey soda doppio e il barista glielo serve. L’orologio segna le 19,30. Nel bar entra un tale con occhietti annebbianti e vacui, e sembianza schifosa e dissoluta. L’uomo occupa lo sgabello alla sinistra di Belane. Si rivolge all’investigatore. Gli chiede se è ancora interessato al Passero Rosso. Dicendo di poterglielo consegnare subito. Perchè lo ha lì con lui. Belane accetta e l’uomo estrae dalla tasca un piccione morto. Belane afferra allora l’uomo per il bavero, lo spinge verso l’uscita, apre la porta d’ingresso del locale, lo scaraventa in strada. Poi richiude la porta, rientra nel locale, e si avvia a capo chino verso il bancone guardandosi le scarpe. Quando arriva al banco alza lo sguardo e nota che il barista si è spostato dalla sua postazione in fondo al banco e ha raggiunto la zona del banco da lui occupato. Poi fissa lo sguardo e concentra l’attenzione, notando le mani del barista stringere il piccione, la sua camicia sporca di sangue, la sua bocca piena di sangue e penne addentare e masticare il piccione. Il barista lo fissa, gli sorride e gli fa l’occhiolino. Belane è atterrito: i suoi occhi sono sbarrati e gocce di sudore gl’imperlano la fronte. Il barista divora il piccione, si pulisce il mento con la manica della camicia e passa la mano sul mento, poi gira intorno al bancone, si avvicina a Belane e gli dice di aver così tanta fame da poter mangiare un uomo: prostende le mani verso Belane, gliele serra attorno al collo, spalanca la bocca che si allarga e dilata a fagocitare. come fanno con le prede i serpenti, la testa dell’investigatore il quale cerca di liberarsi dalla presa ma non riesce: la morsa è esiziale. Poi, non solo la bocca del barista ma l’intero suo corpo si trasforma in un 36
gigantesco vortice-gurgite oscuro e tenebroso che si avventa su Belane e lo fagocita ingoiandolo tutto intero e vivo. Belane si risveglia d’improvviso, scosso dal vecchio barista, che gli dice che è giunta l’ora della chiusura: Belane paga e se ne va. Belane guarda l’orologio: sono le 19,30. Belane mette la mano in tasca per estrarre il portafogli ma sente qualcosa di strano: con espressione attonita tira fuori dalla tasca alcune piume di uccello. Piccione, per l’esattezza. Confuso e spaesato, esce. 6) Il caso “Jennie Nitro”. È pomeriggio. Belane è seduto alla propria scrivania con aria meditabonda pensando ad alta voce, allorchè riceve la visita di Hal Grovers, che affida a Belane l’incarico di far scomparire l’aliena dello spazio Jennie Nitro. Hal Grovers è un ometto insignificante, bassino, settanta chili bagnato, trent’otto anni, occhi grigi con un tic a quello sinistro, baffetti orrendi e gialli di sigaretta, capelli dello stesso colore diradanti in cima, testa perfettamente rotonda; l’uomo è perseguitato da un’aliena dello spazio; che si chiama Jennie Nitro e, a detta di Grovers, usa i propri superpoteri per controllare la sua mente; e vuole liberarsene. Mentre i due discutono, la porta si spalanca ed entra Jennie: una donna bellissima, sui trent’anni, incredibile, occhi così belli che sorridono, bocca leggermente imbronciata, labbra increspate come se stessero per esplodere in una risata, lunghi capelli che bruciano l’aria. La donna scivola nella stanza come una spogliarellista su pattini a rotelle, ordina a Grovers di seguirla fuori dall’ufficio di Belane, pietrifica Belane con i superpoteri, e se ne va portandosi dietro Grovers come una scimmia ammaestrata o un cagnolino ben addestrato. Belane rimane immobile per diverso tempo: solo dopo alcuni minuti inizia a riacquistare l’uso degli arti e a riuscire a muovere, prima le sopracciglia, poi la bocca, le dita e il collo e infine l’intero corpo. Quando riesce a muoversi del tutto e a camminare, si reca alla scrivania, apre un cassetto, estrae una bottiglia di vodka, svita il tappo, tracanna una bella sorsata, si getta esausto sulla poltrona, e si beve il resto del 37
giorno. Fuori scende la sera: Belane osserva fuori dalla finestra. Gli ultimi barbagli del sole abbarbicati agli sgoccioli del tramonto, stranamente viola, immenso e intenso. L’indomani mattina in ufficio Belane è più confuso che persuaso: non sa più chi siano i propri clienti, non sa da dove iniziare, su che cosa concentrarsi, e su chi indagare: chiama Grovers per ricevere maggiori informazioni sull’aliena dello spazio Jennie Nitro e capisce che in qualche modo Céline, Cindy, Grovers, e Passero sono tutti collegati. Questo gl’infonde coraggio e Belane riprende fiducia in se stesso. Nel pomeriggio si reca all’ippodromo per scommettere. Mentre sale le scale mobili subisce un tentativo di furto da un borseggiatore. Poi incontra il postino Mike che lo minaccia con un coltello estorcendogli 50 dollari. Poi torna a casa, si rilassa, beve per diverse ore, e si ubriaca. Alle 3,00 riceve la visita l’aliena dello spazio. Jennie lo redarguisce e minaccia di ritorsioni se non abbandona il caso che la riguarda: alla ritrosia e al diniego di Belane Jennie oppone i propri poteri sovrannaturali replicando il numero già eseguito in precedenza e pietrificando con il solo sguardo l’investigatore, che rimane steso sul letto e incapace di muoversi per venti minuti buoni. Il giorno successivo Belane si reca al negozio di onoranze funebri di Hal Grovers Porto Argenteo per un sopralluogo e rivela a Grovers la propria intuizione (che successivamente si rivelerà erronea): Jennie Nitro gli si è legata perchè vuole piazzare i propri alieni dello spazio nei cadaveri, e usare i corpi morti come guscio: gli alieni si nascondono nei corpi morti, finchè vengono tumulati, per poi trovarne altri. Ma, dopo questa sconcertante intuizione-rivelazione, le cose si fanno ancora più ingarbugliate. Nel pomeriggio si reca al ristorante di Musso. Sono le 14,10 allorchè Belane parcheggia e lascia la macchina per entrare nel locale. Ne uscirà più tardi, mentre ambulanze sfrecciano correndo per soccorrere un uomo che giace in terra esanime e senza vita, e una donna obesa con un grande cappello rosso alla guida di una vecchia Oldsmobile scende 38
dall’auto e urla impazzita. Il corpo è quello di Céline, che giace nel bel mezzo di Hollywood Boulevard. Céline è fermo immobile in terra, sull’asfalto. Belane si ferma a guardarlo un momento. Poi passa oltre, si reca alla macchina e parte. Risolto il primo caso, Belane si sente un vincente, e si getta a capofitto sul successivo, fermo di non perdere nemmeno un prezioso minuto di tempo. Ma l’entusiasmo e la gioia durano pochissimo anche in questo caso: Belane ricevere un ulteriore nefanda e infausta visita di Jennie Nitro nel proprio ufficio. La donna gli comunica or di appartenere alla prima ondata d’avanguardia di un gruppo d’invasori dello spazio provenienti dal pianeta di Zaros, intenzionati a impadronirsi della terra per evacuare le frange in eccedenza del pianeta Zaros sovraffollato e sovrappopolato; e or di aver deciso di arruolare lo stesso investigatore per la causa di Zaros, reputandolo perfetto, poi la sua creduloneria, faciloneria, egocentricità, e mancanza di personalità. Belane le chiede il motivo del legame con Hal Grovers: Jennie confessa che si tratta di un semplice innocente, demolendo così la tesi di Belane. La notizia è negativa per Belane, che si trova un ulteriore grattacapo da risolvere; ma è positiva per Grovers, che non verrà più scocciato: Belane chiama l’impresario di pompe funebri per dichiarare chiuso il caso, e comunicargli l’esito delle indagini. A questo punto non gli rimane che da risolvere il caso di Cindy Bass e del Passero Rosso. Naturalmente adesso Jennie Nitro è un suo problema. Ma Céline e Grovers sono ormai storia storia passata, e possono ormai dirsi archiviati: Belane può liberare tempo ed energie per il caso Cindy Bass e si reca di nuovo in ricognizione nei dintorni della villetta dei Bass. Ma prima passa a bere un goccio in un bar. Il locale è molto affollato. Belane trova uno sgabello libero lungo il bancone e si siede. Il bancone è sovrastato da un grande orologio che segna le 15,00 e da un grande specchio oblungo. Il barista ha aria solitaria, croci verdi dipinte sulle unghie, e occhi senza palpebre. Belane si sforza di guardarlo in faccia. Ordina scotch con acqua. Poi entra Jennie Nitro, bella più che mai. Jennie Nitro comunica a Belane la decisione della legazione zaroniana di ritirarsi 39
dalla terra, causa le brutture del pianeta e la malvagità e cattiveria e crudeltà degli uomini. I due si accommiatano durante uno struggente, lacerante addio in pieno stile , davanti a un drink. Poi Belane torna in ufficio, telefona a Grovers, e gli comunica l’esito finale del caso. Rimane solo il Passero: Belane chiama disperato a Barton per aver maggiori informazioni. Barton lo informa che la sua tipografia vuole usare l’immagine del Passero Rosso come logo della compagnia ma per farlo deve accertarsi di possedere i diritti effettivi di sfruttamento economico sull’unico passero rosso presente in circolazione: per questo Belane deve assevrare che il Passero Rosso di cui Barton ha sentito parlare sia l’unico passero rosso in circolazione. 7) Il bar “da Blinky”. Belane sale in macchina e guida per cinque miglia verso ovest. Giunto a un incrocio, viene improvvisamente abbagliato dai fari di una macchina lanciata a folle velocità nella sua direzione. Belane capisce che la macchina è fuori controllo e che non si fermerà allo stop. Sa che l’impatto è inevitabile: si allunga sul sedile per cercare di attutire il colpo. La macchina lo tampona violentemente sulla fiancata facendogli fare un testacoda. L'impatto gli getta addosso all'istante la portiera sinistra sfondata spezzandogli il braccio in due punti e fratturandogli qualche costola e procurandogli tagli alla testa e alla gamba. L’investigatore si trascina fuori dalla portiera del passeggero, abbandona la macchina in mezzo all’incrocio, e si allontana a piedi. La macchina che lo ha speronato è una Buick vecchia di dieci anni. Il cofano emette consistenti sbuffi di fumo mentre un liquido verdastro cola dal radiatore. Sul luogo dell'incidente nessuna impronta di pneumatici: il veicolo non ha fatto nessun tentativo di frenata. Belane zoppica fino al marciapiede, si siede intontito e rintronato sull'erba di un giardino e controlla le condizioni del braccio sanguinante: un osso spunta da sotto la pelle: brutto segno. Una donna in vestaglia intanto è uscita di casa urlando. Il sangue continua a colargli negli occhi e lui 40
cerca di tamponare. Due ragazzi di circa 14 anni, fratelli, di nome Vic e Vincent, lo guardano atterriti e pietrificati, immobili lì accanto, attoniti in piedi. Poi il più grande si avvicina e parla. Belane gli offre una somma di denaro in cambio della sua camicia, con la quale si annoda il braccio al collo. Poi se ne va. Zoppicando cammina fino a un bar ed entra. Belane cammina per due isolati tenendosi il braccio ferito con l’altra mano finchè non incontra un bar. L’insegna (fatiscente e sbieca e sghemba) ne reca il nome: L’ECLISSE. L’investigatore decide di entrare ed entra. Ha una scaramuccia con un avventore, secca il proprio drink, ed esce. Cammina senza meta cominciando a contare tutte le tette che passavano. Arrivato a 52 in cinque minuti, incontra un altro bar, e vi entra. Altro battibecco: paga, e se ne va. Belane cammina a lungo finchè incontra un altro bar e vi entra. Il braccio ferito lascia lungo il marciapiede una lunga scia di sangue. È il bar di Blinky. Belane riesce a litigare anche con quest’ultimo, il quale però lo uccide. 8) Il caso “Passero Rosso”. Rimane l’ultimo incarico: rintracciare il Passero Rosso. Le ricerche riprendono con una fregatura: Belane riceve una dritta da un tale Amos che gli cede (in cambio di una ragionevole ma altresì ragguardevole cifra pecuniaria) un cartiglio recante l’indirizzo di una certa Deja Fontanin assicurandogli che la donna lo porterà dritto al Passero. L’imbroccata si rivela erronea e ingannevole, e questo ennesimo tentativo si perde nel vuoto incanalandosi in un vico cieco. Depresso, insoddisfatto, deluso, e disilluso Belane se ne sta in ufficio indeciso, incerto, e dubitoso sulla mossa successiva; allorchè viene contattato da Harry Sanderson, che chiede e ottiene un abboccamento con l’investigatore privato più dritto in città, al fine offrirgli il Passero Rosso in cambio della considerevole cifra di 10·000 dollari, al 15% d’interesse mensile. Dopo lunghissime trattative, Belane accetta l’usura. Sanderson gli esibisce tutta la documentazione da firmare prima di procedere al prestito e alla consegna del Passero Rosso. Belane scorre l’incomprensibile gergo legale del contratto, firma per il prestito al 15% d’interesse, e riceve una 41
gabbia, dentro cui è un uccello. L’uccello a una prima occhiata appare effettivamente rubrico, ma a una disamina più accurata si rivela essere un canarino giallo pittato di rosso: anche stavolta una fregatura, la quale però costa al povero Belane 600 dollari sonanti. Belane e Sanderson si accomiatano. L’indomani Belane riceve la visita di Johnny Stecchino, un rappresentante dell’Acme Executioners, l’azienda che ha erogato il prestito a Belane per il passero. Stecchino minaccia Belane di morte nel caso in cui non paghi regolarmente allo scadere del primo mese successivo alla data della stipula del contratto. Ed effettivamente alla scadenza del primo mese i legati della Acme Executioners irrompono nell’ufficio di Belane pronti a tutto pur di riscuotere il credito. Belane non ha i soldi. Gli uomini della Acme Executioners lo conducono allora in una zona isolata e fuori mano del Griffith Park, intenzionati a farlo fuori. Ma Belane riesce a divincolarsi dalla morsa mortale con un colpo di genio e fortuna, e uccide gli aguzzini. Poi vincente, tronfio, e soddisfatto s’incammina verso l’uscita del parco. Attraversando un tunnel sotterraneo, s’imbatte nei due ragazzini Vic e Vincent, che lo picchiano a morte per rapinarlo. Belane muore.
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MIMOGRAFIA
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PROLOGO. DIDASCALIA 1. PROLOGO. DIDASCALIA 2. Tratto dal romanzo omonimo di Charles Bukowski. DIDASCALIA 3. Nel 1994, pochi mesi dopo la scomparsa dell’autore, viene pubblicato postumo l’ultimo romanzo di Charles Bukowski, PULP. Nello stesso anno esce nelle sale il film simbolo di Quentin Tarantino, PULP FICTION. DIDASCALIA 4. Quando comincia a scriverlo, Charles Bukowski sa già di essere malato. E sa anche che non gli resta più molto tempo. Ci piace immaginare che, adesso, il nostro insostituibile Buddha-da-bar stia sorridendo di un sorriso bellissimo, seduto lì, come sempre, all’angolo, in fondo del bancone.
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L’AGENZIA INVESTIGATIVA “M. BELANE”. DIDASCALIA 1. L’AGENZIA INVESTIGATIVA “M. BELANE”. DIDASCALIA 2. Los Angeles, 1994. INTERNO, UFFICIO DI MICKEY BELANE, MATTINO. Rumori fuori campo di motori e traffico cittadino. Los Angeles. Colorado Boulevard. Ajax Building. Terzo piano. Porta 313: una targhetta reca la scritta “Agenzia Investigativa ‘M. Belane’”. La porta si apre s’un ufficio alquanto spoglio e sporco: oltre alla scrivania, enorme in legno nero, un divano, una scrivania più piccola e un angolo bar; il resto è solo muri scalcinati e muffa. Dietro la scrivania dell’ufficio, un uomo con abiti sdruciti, trippone enorme da birra e cravatta allentata, siede sciatto e trascurato: è Mickey Belane, singolare figura d’investigatore privato della vecchia Los Angeles “hard-boiled” come non ce ne sono più ormai, uno che non ci si meraviglierebbe d’incontrare seduto in un losco bar e fumoso a bere un drink in compagnia dell’ispettore Marlowe. BELANE: (in camera) Ed eccoci qua: mi presento: sono Mickey Belane, il diavolo dei furfanti di Los Angeles, l’investigatore più dritto in città. E questo è il mio ufficio. Il contratto d’affitto è scaduto da un pezzo e McKelvey ha già avviato le procedure per lo sfratto... lurido figlio di puttana rotto in culo di un ciccione... Fa un caldo infernale e il condizionatore è rotto. L’attenzione di Belane è distolta da una mosca che attraversa il piano della scrivania: l’investigatore la schiaccia con il palmo aperto della mano. BELANE: Lurida figlia di puttana... se vuoi succhiare qualcosa, succhiami il cazzo!
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Belane apre un cassetto, ne estrae un bottiglione di vodka, se ne versa un bicchiere, e ne tracanna d’un fiato la metà. Poi apre un altro cassetto ed estrae una confezione di farmaci in pillole: ne trae una manciata e le butta giù con la vodka rimasta nel bicchiere. BELANE: (in camera) Devo riprendermi. Devo lavorare. Sono Mickey Belane, (canticchiando al ritmo del jingle della sit-com WILLY, IL PRINCIPE DI BEL-AIR) il principe degli investigatori di Los Angeles e Bel Air. Squilla il telefono: Belane pulisce sui pantaloni la mano sporca della mosca schiacciata, e alza il ricevitore. BELANE: ¿sì? SIGNORA MORTE: (fuori campo, voce suadente e morbida e voluttuosa) ¿Leggi Céline? BELANE: Mh? SIGNORA MORTE: Céline, voglio Céline, devo averlo. Lo voglio. Sei in grado di darmelo? BELANE: Mmmhmmm... SIGNORA MORTE: Allora? BELANE: ¿Céline, eh? Mi dica qualcosa di più... mi parli... mi parli, Signora... continui a parlare... Parli ancora... Con la sua voce calda e avvolgente... SIGNORA MORTE: Chiudi la cerniera, imbecille. BELANE: (abbassando lo sguardo) ¿Come fa a saperlo? SIGNORA MORTE: Oh, so molte più cose: in confronto questo è niente. BELANE: Céline, dicevamo... scrittore francese, giusto? SIGNORA MORTE: Ah, però! Per essere un segaiolo sfigato sei sveglio. BELANE: Me la cavo, Signora...? SIGNORA MORTE: Bella domanda... Chiamami Signora... Morte! BELANE: Beh, Signora Morte: anche Céline è morto! SIGNORA MORTE: No, non lo è: è vivo e voglio che lo trovi... Tu lo troverai... BELANE: Forse potrei trovare le sue ossa, ammesso che la terra e i vermi non le abbiano completamente divorate e corrose. SIGNORA MORTE: NO, BRUTTO IDIOTA: CÉLINE È VIVO E IO VOGLIO CHE LO TROVI! BELANE: (con aria sarcastica) E dove si troverebbe?
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SIGNORA MORTE: Hollywood Est... Ho sentito dire che frequenta la libreria di Teo Korzeniowski. BELANE: Ma se sa già tutto perchè non se lo cerca lei direttamente? SIGNORA MORTE: Perchè ho molto altro lavoro da smaltire. Inoltre non sono assolutamente certa che sia lui e non voglio fare un buco nell’acqua sprecando tempo prezioso. BELANE: Anche il mio è tempo prezioso. SIGNORA MORTE: Non immagini quanto... BELANE: Ma perchè è venuta proprio da me? In città ci saranno almeno altri cento investigatori... SIGNORA MORTE: Barton ti ha raccomandato: ha detto che sei il migliore... Anche se comincio a dubitarne... BELANE: Va bene: accetto il caso. Ma prima ho bisogno di un anticipo... e di conoscerla di persona per avere maggiori informazioni su questo Céline e avere un quadro completo della situazione. SIGNORA MORTE: Sarò da te in un battito di ciglia. Belane riaggancia il ricevitore e abbassa lo sguardo e la testa per riabbottonare la cerniera dei pantaloni. Quando lo rialza, si trova davanti una donna debordante, volgare, eccentrica, ed eccessiva: tacchi alti come trampoli, rossetto rosso fuoco e cuciture che quasi scoppiano. Ha un sussulto: sbarra gli occhi dallo stupore. BELANE: (attonito) Oh, gloriosa vertigine di carne... SIGNORA MORTE: Prego? BELANE: (riprendendosi dallo stupore) È proprio vero che la Morte arriva sempre quando meno te lo aspetti... SIGNORA MORTE: Ne hai la prova davanti ai tuoi occhi. BELANE: Prego: si segga. È un piacere conoscerla. SIGNORA MORTE: E smettila di fissarmi, mi sembri un mezzo demente, non c’è nulla che tu non abbia già visto. BELANE: Su questo mi permetta di dissentire: lei è sleale, lei è una vertigine, una pura vertigine di carne. Lei mi fa schizzare gli occhi dalle orbite... SIGNORA MORTE: Ringrazia che ti faccia schizzare solo quello: non reggeresti molto con me. BELANE: Veniamo a noi. SIGNORA MORTE: Veniamo al punto. BELANE: Appunto: veniamo... SIGNORA MORTE : Eh, Belane? 49
BELANE : Lasci stare... nome? SIGNORA MORTE: Non le interessa. BELANE: Luogo di nascita? SIGNORA MORTE: Non importa. BELANE: Sposata? SIGNORA MORTE: Nubile. BELANE: Eh già: la morte non si sposa bene... SIGNORA MORTE: Eh già... BELANE: Data di nascita? SIGNORA MORTE: Non fare lo spiritoso, Belane. BELANE: Stavo solo cercando di fare il mio lavoro, di raccapezzolar-- (imbarazzatissimo) cioè raccapezzarmi... sa come si dice. SIGNORA MORTE: No, non so... come si dice? Belane non risponde e rimane imbambolato a fissare su per le gambe e le curve mozzafiato della donna. SIGNORA MORTE: Oh, sveglia! BELANE: Eh? SIGNORA MORTE: Cèline... La morte... Ti ricordi... Ti dice niente? BELANE: Oh sì: Céline... Certo... Céline... SIGNORA MORTE: Esatto: Céline... Belane apre una graffetta, e ne punta l’estremità verso la Signora. BELANE: Accetto l’incarico, ma mi serve un anticipo. SIGNORA MORTE: Sicuro: qual’è la tua tariffa? BELANE: 6 dollari l’ora. La Signora Morte estrae il borsello, prende una mazzetta di soldi, spulcia alcune banconote, e le getta sulla scrivania. Non so a quante ore corrispondano. Ma andranno bene. Belane incredulo conta il denaro BELANE: 350 dollari: vanno più che bene! SIGNORA MORTE: Costi meno di una puttana, Belane. BELANE: È la concorrenza, Signora, il libero mercato. SIGNORA MORTE: Voi commercianti e bottegai siete solo puttane. BELANE: Potrei offendermi adesso. SIGNORA MORTE: Non ti conviene... Non con me...
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BELANE: Mi è già convenuto: non vedo tutti ‘sti soldi dall’82... ma ora mi dica qualcosa di più su questo comesi-chiama-céline: parlava di una libreria giusto? SIGNORA MORTE: Esatto: la libreria di Teo Korzeniowski: mi hanno detto che è solito bazzicare in quei pressi... BELANE: Un tipo strano Teo: puoi spendere anche mille verdoni lì dentro ma se poi magari indugi qualche minuto in più allora lui urla e ti dice ‘oh amico: perchè non ti togli dalle palle?’... È fatto così Teo: è un bravo ragazzo, solo un po’ strambo... Mi hanno raccontato che in passato è stato un capitano della marina mercantile. SIGNORA MORTE: In un’altra vita... BELANE: Che bello aver vissuto più vite. La maggior parte degli uomini non ne ha a disposizione che una sola. E spesso la spreca pure. SIGNORA MORTE: È per questo che si leggono i libri: per vivere le molte vite che vorremmo quando non ne abbiamo a disposizione che una sola: la nostra. BELANE: Già... Triste ma vero. SIGNORA MORTE: Ma è già una bella conquista poter confessare di aver vissuto quella che ci è stata data. BELANE: Già... SIGNORA MORTE: Barton dice che sei in gamba: fai bene il tuo lavoro e non rimpiangerai di avermi conosciuta. BELANE: Io già lo rimpiango... SIGNORA MORTE: Fai male, trippone. BELANE: Mickey, prego. SIGNORA MORTE: Fai male, Mickey trippone: posso essere la tua unica salvezza... Tienilo bene a mente... E mi raccomando: deve essere il VERO Céline... Non una mezzasega qualsiasi che pretende di esserlo: di quelle ce ne sono già troppe in circolazione. BELANE: Ricevuto, bambola. SIGNORA MORTE: Signora, prego. BELANE: Eh già, perchè la morte è sempre una Signora... SIGNORA MORTE: Ma è anche impaziente. Ricordati: la morte non aspetta: smettila di cincischiare e datti una mossa: lo voglio... BELANE: Glielo darei subito... SIGNORA MORTE: Non provarci nemmeno: sei ridicolo. Mi fai pena. 51
La Signora Morte si alza e se ne va, sinuosa e seducente oscillando sui propri tacchi altissimi, mentre Belane rimane imbambolato a fissarle il culo per tutto il tragitto dalla scrivania alla porta finchè la donna scompare. BELANE: (fissando in camera) Non ho mai visto un culo simile in vita mia: al di là di ogni immaginazione, al di là di ogni fantasia, al di là di tutto... Adesso non scocciatemi: voglio pensarci un po’ su... E così dicendo sbottona nuovamente la cerniera dei pantaloni, reclina lo schienale della poltrona, si distende, e si masturba. Poi, ridestandosi dal sogno a occhi aperti, e dopo essersi masturbato, fissa di nuovo in camera monologando. BELANE: Che schifo... Mi sa proprio che cancellerò il discorso che dovrò tenere domani alla camera di commercio di Palm Springs... Piove, piove, piove: non fa altro, non smette di piovere, piovere, piovere. Il soffitto è rotto e perde, e la pioggia filtra dal soffitto: plip, plip, plip, un-plip, un-plip, plip, plip, plip, un-plip, plip, plip, un-plip, un-plip, un-plip, plip, plip, plip... Ahhh, che merda... Poi estraendo dal cassetto della scrivania un bottiglione di alcole. (continuando) Il rhum riscalda... Che cosa riscalda? Riscalda un cazzo: eccomi a cinquantacinque anni suonati e lavoro in un ufficio con il tetto che fa acqua da tutte le parti. Esattamente come la mia mente, del resto. E le mie indagini. Mio padre mi aveva messo in guardia, tanti anni fa: avrei dovuto ascoltarlo. Mi disse che sarei finito a spingere i carrelli della spesa; io gli dissi: ‘Perchè? Pensi che finirò a lavorare in un supermercato?’ e lui: ‘No, penso che finirai col diventare un barbone’. Potete capire che con un padre così non partivo avvantaggiato per niente, proprio per un cazzo. Ma abbasso la reminiscenza e su con la vita: pensare non serve a nulla: meglio buttarsi sul caso Céline: chi è questo Céline? È il vero Céline o è qualcun’altro? Ohhh, a volte non so nemmeno chi sono io. Sì, certo, sono Mickey Belane, ma riflettete: se domani qualcuno per strada mi urlasse dietro ‘Henry, hey, Chinaski’ potrei anche voltarmi e dire 52
‘Sì: che c’è?’. Quello che voglio dire è che a volte mi sento uno e nessuno e centomila: potrei essere nessuno come chiunque: che cosa è in fondo un nome? Ma sto divagando: torniamo a Céline... Certo però che la vita è strana: mi sceglievano sempre per ultimo nella squadra di baseball: sapevano che avrei spedito quella maledetta figlia di una lurida puttana sulla luna: bestioline gelose! Ero in gamba, sono in gamba: a volte mi guardo le mani e penso che sarei anche potuto essere un pianista o qualcosa del genere; ma in fondo che cos’hanno fatto queste mani? Solo grattato palle - toccato culi masturbato fighe - tirato sciacquoni - pulito merda menato il cazzo: ho sprecato le mie mani... E la mia mente... Scusate: sto divagando ancora... Dunque, dicevamo di Céline: chi è Céline? Squilla il telefono: Belane alza la cornetta, e risponde la voce di John Barton fuori campo al telefono. BELANE: Henry Chinaski, dica pure. BARTON: Prego? BELANE: Volevo dire: Mickey Belane, per servirla. BARTON: Sono John Barton. BELANE: Non è Henry Chinaski? BARTON: Non so chi sia questo Henry Chinaski: io sono John Barton. BELANE: Ne è sicuro? BARTON: Ma certo. BELANE: Ok: andiamo avanti. BARTON: È meglio. BELANE: Mi sta raccomandando in giro, signor Barton: la ringrazio. BARTON: Ti osservo da un po’: hai talento: è un po’ grezzo ma fa parte del fascino. BELANE: Musica per le mie orecchie: sono in bolletta: gli affari vanno male ultimamente e l’attività non rende più come una volta. BARTON: È l’era di internet, bello: ci sono i telefonini: gli investigatori privati servono a poco ormai... Che tu ci creda o no è questo il potere oggi. BELANE: Parole più vere devono ancora essere pronunciate... Bene, sig. Barton: che posso fare per lei?
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BARTON: Sto cercando il Passero Rosso: devi aiutarmi, Belane. BELANE: Il Passero Rosso? E che cosa è? BARTON: So che esiste, ne sono sicuro, è là fuori, devi trovarlo. BELANE: Qualche traccia da seguire? BARTON: No... Ma sono sicuro che il Passero Rosso esiste e che si trova là fuori da qualche parte... BELANE: E questo Passero Rosso ha un nome? BARTON: Che cosa intende? BELANE: Voglio dire un nome: come Neal Cassidy... o Henry Chinaski. BARTON: (spazientito) Di nuovo con questo Henry Chinaski! Ma chi è questo Henry Chinaski? E perchè lo nomina in continuazione? BELANE: Niente, mi scusi, lasci stare. BARTON: D’accordo. BELANE: Ha un nome questo Passero Rosso? BARTON: Mi sembri nato ieri, Belane... Che importa il nome, Belane? Che cosa è in fondo un nome? BELANE: Nemmeno Dobrowski, Conrad, Shakespeare oppure Bukowski... o forse Céline? BARTON: No: è solo il Passero Rosso. So che tu puoi trovarlo: ho fiducia in te: quel brutto figlio di puttana è qui nei paraggi. BELANE: C’è sempre un brutto-figlio-di-puttana nei paraggi. BARTON: Sei un uomo saggio, Belane... Ho fiducia in te. BELANE: La fiducia costa cara. BARTON: Se troverai il Passero Rosso ti darò cento dollari al mese finchè vivrai. BELANE: Uhm... Vediamo: ho 55 anni, dunque spero che vivrò fino a 70. Cioè per altri 15 anni. Il che fa... bisbiglia sottovoce astrusi e complicati calcoli matematici. BARTON: 180. BELANE: Come? BARTON: 180 mesi. Belane fa ancora di conto bisbigliando sotto-voce parole e sussurri incomprensibili. BARTON: Fidati. BELANE: Non mi fido per mestiere. BARTON: Così mi piace! 54
BELANE: Giusto: 180 mesi... Che per 100 fa 18·000 mila dollari. BARTON: (sarcastico) Sei sveglio! BELANE: Mi do da fare... Comunque mi accontento di 12·000 subito.... 12·000 subito e chiudiamo. BARTON: No, Belane. BELANE: Perchè no? BARTON: Lo sappiamo entrambi perchè: te li sputtaneresti tutti in puttane, corse e piste. BELANE: Bene, sig. Barton: mi lasci il suo numero di telefono: ci lavorerò sopra e la chiamerò non appena avrò una striscia... cioè (imbarazzato) pista. BARTON: Ho davvero fiducia in te Belane... Ripongo molta fiducia in te, Belane. BELANE: Bene, la ringrazio, sig. Barton. Belane riaggancia, cerca una sigaretta, la trova, la estrae dal pacchetto, l’accende, inspira, espira, inspira nuovamente e quasi soffoca per un colpo di tosse. BELANE: Bene, bene, bene: il lavoro comincia a ingranare. Ma il soffitto perde più che mai... E che cazzo: mai un po’ di tregua, mai. Belane mette il cappello, inserisce la segreteria telefonica, e si avvia verso l’uscita camminando lentamente e faticosamente. Ma sulla soglia si trova davanti McKelvey allorchè apre la porta per uscire il quale è un omone con torace enorme e spalle da orso. MCKELVEY: Il tuo culo è scaduto farabutto di un manigoldo: alza il culo e vattene o ti faccio il culo... Giuro che t’inchiodo il culo se non te ne vai! Ma Belane ha già scoccato un destro che si pianta dritto nel ventre di McKelvey il quale si piega in due andando con la faccia a colpire il ginocchio di Belane che proprio in quel momento si stava alzando e centratolo lo fa stramazzare al suolo rotolando s’un fianco. BELANE: McKelvey, hai merda molliccia al posto della pancia: quasi ci sprofondavo. McKelvey, sei uno spettacolo penoso. McKelvey piagnucola rimuginando qualcosa mentrecchè Belane gli rovista nei pantaloni estraendone il borsello al cui interno trova foto di bambini in pose pornografiche insieme con un centinaio di dollari e una carta di credito.
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L’investigatore sventola le foto con la sinistra, indicandole con la destra. BELANE: E queste che sono, sporco animale? Mi fai ribrezzo: dovrei farti fuori già solo per questo... Ma non lo farò. Sai invece che cosa farò? Tratterrò i tuoi luridi soldi e la tua carta oro della Visa in cambio del mio silenzio. McKelvey non ribatte e Belane gli molla un calcio nel culo costringendolo ad avanzare carponi e strisciare fino al pianerottolo. Poi chiude la porta, gira tre volte la chiave nella serratura, molla un altro calcio nel culo a McKelvey, ed esce. BELANE: Farò un salto alla libreria di Teo. Andrò a piedi: ultimamente quando uso la macchina riesco sempre a beccarmi una multa per divieto di sosta o eccesso di velocità. Sbirri di merda... Che andassero a lavorare... E i parcheggi costano più di quanto io possa permettermi... Sapete, inizio a sentirmi un po’ depresso... L’uomo nasce per morire... Che significato ha? Perdere tempo e aspettare: aspettare e perdere tempo, aspettare il primo treno, aspettare che un bel culo ci piombi addosso dal cielo, aspettare una perfetta e luminosa notte d’agosto, aspettare il canto del topo e il ghigno del serpente. Perdere tempo e aspettare... il tempo ci sfugge. Meglio sbrigarsi. INTERNO, UFFICIO DI BELANE, TARDO POMERIGGIO. Nel tardo pomeriggio Belane rientra in ufficio. La porta del bagno è sfondata e la scrivania capovolta giace riversa a poca distanza dal bagno. L’investigatore inizia a risistemare la scrivania ma subito s’interrompe: qualcuno bussa alla porta: sono cinque colpi rapidi, decisi, forti e insistenti. BELANE: (con aria titubante e dubitosa) Avanti. La porta si apre ed entra un uomo sui 55 anni che presenta ticchi nervosi sussultorî e ripetuti e si comporta in modo molto nervoso: è Jack Bass. BELANE: Prego: si accomodi sul divano: sto ristrutturando. Una rinfrescata alle pareti ogni tanto ci vuole. Rende l’ambiente più gradevole. BASS: (titubante, con un sorriso appena abbozzato) Buongiorno, mi chiamo Jack Bass e-BELANE: Lo so. 56
BASS: Che cosa sa? BELANE: Lei crede che sua moglie la tradisca con uno o più uomini. BASS: (contrariato) Solo uno. BELANE: Questo lo dice lei. Sul volto di Bass si disegna un’espressione grottescamente truculenta. BASS: Che intende dire? BELANE: Si sa come sono le donne. Quando assaggiano la carne, non la lasciano più. E vogliono provarla tutta quanta: bianca, nera, gialla, persino aliena! BASS: (indignato) Ma... BELANE: Ha sui vent’anni. BASS: 26. E voglio le prove che lo faccia davvero. Poi divorzierò. BELANE: Perchè tutto ‘sto cancan?: Divorzi subito. BASS: Voglio le prove certe. BELANE: E che se ne fa? Tanto sarà costretto a sborsare un fracco di soldi comunque. Viviamo in un’epoca nuova e confusa, Bass. BASS: Che cosa vuol dire? BELANE: Si chiama divorzio consensuale: non importa quello che uno fa o non fa. BASS: E perchè? BELANE: Svuota i tribunali e velocizza i tempi della giustizia. BASS: Ma questa non è giustizia. BELANE: Loro pensano di sì. Bass rimane pensoso e dubitoso. Poi rompe il silenzio. BASS: Voglio scoprirlo ugualmente. Voglio saperlo per me stesso. BELANE: Non sono a buon mercato. BASS: Quanto? BELANE: Sei dollari l’ora. BASS: Non mi sembra molto. BELANE: A me sì. Ha una foto di sua moglie? Jack Bass fruga nel portafoglio ed estrae una fotografia della moglie. BELANE: Porca troia! Ma è proprio così? BASS: (visibilmente contrariato) Sì. BELANE: Mi sta venendo duro solo a guardarla. 57
BASS: Non faccia il furbo. BELANE: Oh, mi scusi. Ok, dovrò tenere la foto: gliela restituirò appena il caso sarà chiuso. Adesso avrei bisogno di maggiori informazioni. Sua moglie abita con lei? Condividete lo stesso tetto? BASS: Sì. BELANE: E che lavoro svolge? BASS: Chi? Io o mia moglie? BELANE: Lei, Bass: lustrascarpe, facchino, portiere d’albergo, nano da giardino, guardone in film porno... Lei, signor Bass, che lavoro svolge LEI ovviamente? BASS: (con disappunto) Occupo un posto dirigenziale alla Aztec Petroleum Corporation. BELANE: (imbarazzato) Oh... BASS: (compiaciuto) Già... BELANE: (con tono assertivo-ottativo) E lei, Bass, ogni giorno va a lavorare... BASS: Sì. BELANE: (allusivo) Interessante... E che cosa le fa pensare che sua moglie... BASS: Indizi, telefonate, strani comportamenti, voci che mi frullano in testa... BELANE: Quella si chiama pazzia. BASS: Prego? BELANE: Lasci stare. Come si chiama invece sua moglie? BASS: Cindy. Maybell da nubile. BELANE: (spingendo un taccuino verso Bass) Mi scriva indirizzo e telefono di casa e di lavoro. Bass restituisce il taccuino. BELANE: Dunque vediamo... 69 Rodeo Drive, Beverly Hills 90210? BASS: Sì. BELANE: Bene, signor Bass. La inchioderò, le inchioderò il culo, la metterò a nudo, la spoglierò delle sue menzogne, glielo metterò nel culo! BASS: Come?? BELANE: Accetto il caso, Bass. La informerò non appena giungerò a godimento. BASS: Eh?? BELANE: Le farò sapere non appena avrò qualcosa di grosso in mano. Anche se già sento crescere qualcosa... 58
BASS: E che cosa? BELANE: Idee, ipotesi, tracce, piste, indizi, deduzioni... Una linea investigativa, insomma. BASS: Senta: ma sta bene? BELANE: Grazie dell’interesse. E lei? BASS: Oh, certamente: sto bene. BELANE: Allora non si preoccupi: sono il suo uomo: le inchioderò in culo! Bass si alza lentamente e con fare compunto e nervoso e con passo compassato si dirige verso l’uscita. BASS: L’ha raccomandata Barton. BELANE: Allora tutto a posto! Buon pomeriggio, signor Bass. La porta si chiude e Belane rimane solo. Prende la foto di Cindy e la rimira. BELANE: (fissando la foto) Brutta troia, brutta troia zoccola puttana. Brutta troia, t’inchioderò il culo! Non avrò pietà! Ti metterò contro il muro e ti bloccherò! Ti beccherò mentre lo fai! Ti beccherò, troia sfondata. Brutta puttana, brutta troia, brutta zoccola! (poi, fissando in camera) Per fortuna dei miei assistiti, sono il miglior investigatore di Los Angeles e Hollywood. Ho il pieno controllo della situazione: di qui a poco risolverò tutto! E il caro vecchio Barton lo sa. E come no!?! Belane riprende a sistemare la scrivania. Poi squilla il telefono. Belane ripone la foto e risponde. BELANE: Agenzia investigativa Belane. GROVERS: Mi chiamo Grovers, Hal Grovers. Ho bisogno del suo aiuto: la polizia mi ride dietro... BELANE: Di che si tratta, signor Grovers? GROVERS: Un aliena dello spazio mi perseguita. BELANE: Ah ah ah, signor Grovers, la prego. GROVERS: Vede? Mi ridete tutti dietro! BELANE: Mi scusi, signor Grovers, ma prima che vada avanti a parlare devo dirle la mia tariffa. GROVERS: Quanto chiede? BELANE: Sei dollari orari. GROVERS: Non mi sembra un problema. BELANE: E niente assegni scoperti o andrà in giro con le sue palle in una busta della spesa, chiaro?
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GROVERS: I soldi non sono un problema. Il problema è questa donna. BELANE: Quale donna, Grovers? GROVERS: Cavolo! Quella di cui stiamo parlando: l’aliena dello spazio. BELANE: E, se posso permettermi, ma come fa a sapere che si tratta di un’aliena dello spazio? GROVERS: Me l’ha detto lei. BELANE: E lei le crede? GROVERS: Certamente: l’ho vista fare certe cose... BELANE: Per esempio? GROVERS: Beh levitare fino al soffitto e cose del genere... BELANE: Lei beve, signor Grovers? GROVERS: Certo. Perchè? Lei no? BELANE: Non funzionerei senza. Ora ascolti, Grovers: sarebbe meglio che lei facesse un salto di persona qui da me: Ajax Building, terzo piano, porta 313. Ma bussi prima di entrare. GROVERS: In un modo convenuto? BELANE: (con espressione divertita) Sì, al ritmo di (canticchiando) “chinga-tu-madre-cabròn” e saprò che è lei. GROVERS: D’accordo, signor Belane. La telefonata finisce. Belane riattacca. BELANE: Povero demente. Nell’attesa, Belane rimette a posto la scrivania, gli ci vogliono una decina di minuti. Poi si siede con aria meditabonda.
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IL CASO “CÉLINE”. DIDASCALIA. IL CASO “CÉLINE”. ESTERNO, HOLLYWOOD, POMERIGGIO. Belane esce dall’ufficio, scende le scale ed esce fuori dall’ufficio e dal caseggiato entrando nella strada. BELANE: (aprendo il portone d’ingresso e fissando in camera) Come ho detto prima, adesso è il caso di fare un salto alla libreria di Teo. Andrò a piedi: ultimamente quando uso la macchina riesco sempre a beccarmi una multa per divieto di sosta o eccesso di velocità. Sbirri di merda... Che andassero a lavorare... E, poi, i parcheggi costano più di quanto io possa permettermi... Belane esce dal portone e s’immette nel viale incamminandosi verso la libreria di Teo Korzeniowski. BELANE: Inizio a sentirmi un po’ depresso... L’uomo nasce per morire... Che significato ha? Perdere tempo e aspettare: aspettare e perdere tempo, aspettare il primo treno, aspettare che un bel culo ci piombi addosso dal cielo, aspettare una perfetta e luminosa notte d’agosto, aspettare il canto del topo e il ghigno del serpente. Perdere tempo e aspettare... il tempo ci sfugge. Eccoci alla libreria di Teo... INTERNO, LIBRERIA DI TEO, GIORNO. Belane giunge alla libreria di Teo Korzeniowski e varca la soglia d’ingresso. TEO: Sei fortunato: ti sei perso per un pelo quell’ubriacone di Bukowski: era qui che si vantava della sua nuova bilancia delle poste marca Pelouze. BELANE: Lascia perdere quello... Hai per caso una copia autografata di MENTRE MORIVO di Faulkner? TEO: Certamente. BELANE: A quanto la metti? TEO: 2,800 dollari. BELANE: Ci penserò. TEO: (a Belane) Scusami un attimo. (a un tizio che sta sfogliando un libro in fondo al negozio) Forza: rimettilo subito a posto e levati dai coglioni! 61
L’uomo è un piccoletto leggermente curvo e dall’aspetto delicato, e indossa una specie d’impermeabile giallo; rimette al suo posto il libro sullo scaffale e si muove verso l’uscita con gli occhi velati di lacrime; Teo lo blocca alla soglia del negozio. TEO: Ancora due cose: uno: ha smesso di piovere e l’impermeabile è ormai inutile; due: un impermeabile giallo è da froci. Adesso sparisci. (a Belane) Ci credi se ti dico che qualcuno entra persino con i coni gelato in mano? BELANE: Oh, credo a cose ben peggiori, Teo. Mentrecchè proferisce queste parole Belane nota con la coda dell’occhio un uomo fortemente somigliante a Céline stante al fondo del negozio e gli si avvicina lentamente finchè non riesce a leggere il titolo del libro che lo tiene in mano: LA MONTAGNA INCANTATA di Thomas Mann. Lo pseudoCéline si accorge della presenza di Belane alle proprie spalle e si volta nella sua direzione. PSEUDO-CÉLINE: Questo tizio ha un problema. BELANE: E quale sarebbe? PSEUDO-CÉLINE: Considera la noia una forma d’arte. BELANE: Beh, in molti commettono questo errore... altri commettono altri errori. PSEUDO-CÉLINE: Quali altri errori? BELANE: Per esempio non approfondire quello che gli interessa... Non sincerarsi del reale stato dei fatti. PSEUDO-CÉLINE: (contrariato) Non capisco quello che vuoi dire, amico. BELANE: Beh tutti credono che tu sia morto, e invece adesso scopro che semplicemente non avevano controllato bene. PSEUDO-CÉLINE: È il problema delle masse... Non s’interessano e sono superficiali. La superficialità, bello. TEO: (dall’altra estremità del negozio) HEY TU: O COMPRI O VAI FUORI DAI PIEDI. BELANE: Siamo in due qui dentro: chi deve togliersi dai piedi? TEO: Quello che somiglia a Céline. Hai sentito, no? Togliti dalle palle, amico. PSEUDO-CÉLINE: E perchè? TEO: Capisco subito quando non avete intenzione di comprare. Lo pseudo-Céline ripone il libro; si avvia verso l’uscita sbuffando; e sbruffa qualcosa incomprensibile in faccia a 62
Teo, che lo guata torvo e accigliato. Belane lo segue a distanza fermandosi alla soglia del negozio e scrutando da lontano il suo percorso: lo pseudo-Céline s’incammina nel viale e si ferma a un edicola all’angolo. BELANE: (a Teo) Ci si becca in giro, bello. TEO: . BELANE: Beh, ci si vede. Teo annuisce con un grugnito. BELANE: (guardando in camera e ammiccando con la testa verso l’edicola) Vedete quell’edicola? Per quel che mi ricordo quell’edicola è lì da sempre. Ricordo che almeno venti o forse anche trent’anni fa mi trovavo lì davanti in compagnia di tre prostitute: un’asiatica, una negra e un’albanese; poi le portai tutte a casa mia e iniziai a scoparne una mentre la negra mi leccava il buco del culo e l’albanese si faceva leccare dal mio cane... era un cane bellissimo, si chiamava Todd... caro, vecchio Todd... Poi l’albanese prese il posto dell’asiatica e l’asiatica iniziò a farsi leccare dal cane mentre l’albanese continuava a pulirmi il culo con la lingua; infine la negra sostituì l’albanese e l’asiatica e l’albanese presero a leccarsi tra di loro mentre io scopavo la bocca della negra e Todd le leccava la figa; solo che ci andai giù pesante e la negra ebbe un conato di vomito che non riuscì a trattenere così corse fino in bagno sboccò di brutto, poi svenne per un mancamento e battè la testa contro il bordo del cesso: perse molto sangue e io allora la cacciai di casa; rimanemmo io l’asiatica e l’albanese. E il cane. Fu una bella baldoria: nel fiume torbido la pesca è più ricca... Belane sospira con aria profondamente malinconica e cupa. (continuando) Il tempo ci sfugge. Belane decide di avvicinarsi allo pseudo-Céline, fermo davanti l’edicola e intento a leggere una rivista; affiancatolo nota che si tratta del THE NEW YORKER; lo pseudoCéline si accorge della presenza di Belane e ripone la rivista nella rastrelliera fissando Belane dritto negli occhi. PSEUDO-CÉLINE: C’è anche un altro problema. BELANE: E cioè?
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PSEUDO-CÉLINE:
Non sanno proprio scrivere... nessuno di loro. Poi fa cenno a un taxi che rallenta facendolo salire e subito riparte. BELANE: Hey, voglio chiederti una cosa... Ma il vento e il rombo veloce del motore disseminano le parole nell’aria prima che giungano all’orecchio di Belane il quale però intuisce la risposta dal gesto dello pseudoCéline il quale sporgendo il braccio dal finestrino alza il dito medio in segno di dileggio, scherno e ludibrio. BELANE: (in camera, stupito) È il primo taxi che vedo da queste parti. Cioè, che vedo vuoto, passare in tutta calma e senz’alcuna fretta. Guardando il cielo Per fortuna ha smesso di piovere. Ma il dolore rimane permane e persiste. E adesso l’aria è anche fredda e odora di scoreggia bagnata. Ma ho la carta oro della Visa. E sono vivo. O almeno credo. Forse. L’inferno te lo costruisci da solo. E solo pochi sopravvivono: gli eroi e i vigliacchi. Meglio tornare in ufficio adesso. INTERNO, UFFICIO DI BELANE, POMERIGGIO. Belane apre la porta dell’ufficio e alla scrivania trova seduta Marcela, la sua segretaria. BELANE: (sarcastico) Oh, finalmente hai deciso di ricomparire... MARCELA: (divertita) Le ho già detto che sono stata in sindrome premestruale. BELANE: Ancora!? MARCELA: Perchè? Le conta? BELANE: È LA QUARTA VOLTA QUESTO MESE! Adesso siediti, fammi un pompino che sono nervoso e quando hai finito cerca informazioni s’un certo Céline. MARCELA: Chi??? BELANE: Te lo spiego dopo... intanto vieni qua. Marcela si alza dalla scrivania, s’inginocchia tra le gambe di Belane, apre la patta, tira fuori l’uccello, inizia a menarlo dolcemente, lo guarda come se fosse una caramella e poi lo prende in bocca e inizia a succhiare con passione e dedizione, impegno e voluttà. MARCELA: (interrompendosi) Ma tu parlami di questo Céline intanto. 64
BELANE: Ne so quanto te... Louis Ferdinand Auguste Destouches, in arte Céline, uno scrittore francese. La Morte lo sta cercando... MARCELA: Per quanto tu possa nasconderti, la morte ti scova sempre... BELANE: Già. MARCELA: Altre informazioni? Non so... sposato? moglie? figli? cani? amanti? suocere? età? carnagione? statura? colore dei capelli? BELANE: Brancoliamo nel buio... il committente aveva la bocca tappata. MARCELA: Come la mia... BELANE: (sornione) Ma io non ho intenzione di lasciarti a bocca asciutta! Poi gli spasmi dell’orgasmo lo raggiungono e investono facendolo gemere e mugolare come un cane ferito. MARCELA: (spaventata) Ma che succede? Belane emette un urlo belluino. MARCELA: Hey .. Tutto ok? Ma Belane non risponde e continua a ululare. MARCELA preoccupata: Hey, capo...? Belane emette un grido acutissimo. BELANE: Ahhh! Tutto ok bambola. Ma tu continua a succhiare.... AHHH AHHH AHHH ci siamo. Succhia, succhia forte. MARCELA: Ok. BELANE: AHHHH. Belane eiacula e si riprende dallo stordimento momentaneo del godimento mentrecchè Marcela si pulisce la bocca con il dorso della la mano. MARCELA: Credevo che stesse per prenderle un colpo. BELANE: Scusa: non godevo così da settimane. Mi è mancata la tua bocca. MARCELA: (lusingata) Hmh, com’è carino e gentile lei! Adesso tutto bene? Belane si accascia sul divano BELANE: Sì. Ma torniamo a lavoro: cerca quello che trovi su questo maledetto Céline. Io intanto mi faccio un drink. Tu vuoi qualcosa? MARCELA: (ammiccante) No grazie: io ho già bevuto!
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BELANE: E fino all’ultima goccia! E quello che ti è colato dalle labbra lo hai raccolto con la lingua! Non hai voluto proprio perderne nulla eh!? Brava: è così che si fa! MARCELA: Grazie, capo! BELANE: Ma ora devo rifocillarmi: mi hai prosciugato! Ho lasciato anche l’anima in quell’imbuto svuota-coglioni che hai al posto della bocca! Sei peggio dello scarico del cesso: risucchi proprio tutto! Marcela sogghigna maliziosa e provocante. Belane si reca all’angolo bar e si versa un drink mentre la segretaria si siede al computer. MARCELA: Dunque, vediamo... Louis Ferdinand Céline: nato nel 1891: oggi dovrebbe avere 102 anni: ci credo che la morte lo stia cercando. BELANE: 1891 eh? 102 anni: e quell’uomo in libreria ne avrà tra i 40 e i 45, sicuramente meno di 50: caso risolto: non può essere Céline. MARCELA: O può aver trovato un espediente per fregare il processo d’invecchiamento e così fottere la morte. Guardi i divi del cinema, i politici, Berlusconi, Briatore, Trump, Valentino, Versace, Ray Liotta, Steven Tyler: prendono la pelle del culo e se la fanno mettere in faccia. La pelle del culo è l’ultima a raggrinzirsi e così loro passano gli ultimi anni ad andarsene in giro con vere e proprie facce da culo. BELANE: Céline farebbe una cosa del genere? È troppo intelligente per voler vivere fino a 102 anni. No, Céline non farebbe mai una cosa del genere. È una pazzia. È tutta una pazzia. Il mondo è pazzo. Tu sei pazza. Io sono pazzo. MARCELA: Dice questo perchè non ha mai visto un pilota di linea. Quelli sono davvero pazzi. Folli. Patologici. Mai guardare il pilota quando si sale s’un aereo. Salga a bordo e ordini da bere. O ancora meglio arrivi già sbronzo. Ma non fatto: potrebbero lasciarla a terra. BELANE: Grazie del consiglio. Lo terrò presente. Ma ora è meglio chiamare la Signora Morte e avvertirla subito. MARCELA: Ok. E per me è ora di andare: sono già le 17 e ho finito il mio lavoro per oggi. BELANE: Sì. Buona giornata. E... Allusivo e malizioso, con un sorriso sardonico e sornione ...grazie di tutto, baby. MARCELA: Le grazie si rivolgono alle madonne e alle puttane. 66
BELANE: (sarcastico) Io sono un gentleman: ringrazio sempre. Nulla ci è dovuto. MARCELA: In tal caso, prego. È stato un piacere servirla, capo. Ma ora è proprio il caso che io vada: il mio ragazzo passa a prendermi per andare al cinema e a ques’ora sarà già sotto in strada ad attendermi. Non voglio farlo aspettare troppo. BELANE: Certo. Ciao. MARCELA: Arrivederci, signor Belane. Marcela lascia lo studio e Belane si reca al telefono e compone il numero della Signora Morte. SIGNORA MORTE: (fuori campo, al telefono) Pronto. BELANE: Mmmh... SIGNORA MORTE: Ma che cos--? Ah, sei tu, grassone di un Belane. Stai facendo progressi con il caso o sei a un punto... morto? Ah ah ah. BELANE: Di più: ho risolto il caso. Céline è nato nel 1891 sicchè il tizio che bazzica la libreria di Teo non può essere lui. SIGNORA MORTE: Conosco le date ufficiali, Belane. Senti, so che è vivo... da qualche parte... e quel tale in libreria potrebbe essere lui. Non posso permettere che scorazzi liberamente a piede libero prendendosi deliberatamente gioco di me. Voglio quell’uomo. Lo voglio assolutamente. BELANE: (bofonchiando) Ma... SIGNORA MORTE: Ascoltami, razza di cretino: voglio la prova provata che questo tizio sia o non sia Céline. Barton ti ha raccomandato, ha detto che sei uno dei migliori. BELANE: Oh, sì: in questo momento sto lavorando anche per lui. Mi ha incaricato di rintracciare il Passero Rosso. Lei sa qualcosa a riguardo? SIGNORA MORTE: Prima tu risolvi il caso Céline e poi io ti dirò dove si trova il Passero Rosso. BELANE: Oh, lo farà davvero, Signora? Oh, farei qualsiasi cosa se lei mi desse una mano. SIGNORA MORTE: Per esempio? BELANE: Beh, non so, così su due piedi: ucciderei il mio scarafaggio preferito, per lei; prenderei a cinghiate sulla schiena mia madre, per lei; mi inculerei un nano da giardino con la cataratta e l’unghio rotto, potrei--
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SIGNORA MORTE: Ma smettila di blaterare! Comincio a pensare che Barton mi abbia rifilato un bidone! Beh, meglio che cominci a darti una mossa. O sarò costretta a venire a prendere te... BELANE: Oh certo. improvvisamente esterrefatto Aspetti, signora, aspetti un attimo: in che senso sarà costretta a venire a prendere me...? Ma il telefono è già muto. Riposta la cornetta sulla forcella, l’investigatore si guarda intorno come alla ricerca di un appiglio. Belane è ancora impegnato nelle sue fantastiche e astruse elucubrazioni mentali allorchè la porta si spalanca e appare Jimmy McKelvey; accompagnato da un gigantesco ed enorme figuro di centosettanta chili, mentecatto e subnormale, di nome Tommy, che fissa il vuoto con occhi vacui e immobili. MCKELVEY: (con tono minaccioso) Ciao, Belane. Lui è Tommy. Poi emette un terribile ghigno. TOMMY: Piacere da carnescerla. MCKELVEY: Sentimi bene, Belane: Tommy è qui con il solo obbiettivo di ridurti letteralmente in polpette. Non è vero, Tommy? TOMMY: Uh, uh. Belane rivolge a Tommy un delicato sorriso gentile. BELANE: Ascoltami, Tommy: tu non mi conosci, giusto? TOMMY: Uh. BELANE: E allora perchè dovresti volermi fare del male? TOMMY: Perchè me lo ha ordinato il signor McKelvey. BELANE: Tommy, se il signor McKelvey ti ordina di bere la tua pipì, tu, la bevi? MCKELVEY: Hey, lurido sacco di merda: piantala di confondermi il ragazzo? BELANE: Tommy, mangeresti la pupù della tua mammina solo perchè il signor McKelvey ti dice di mangiare la pupù della tua mamma? TOMMY: Uh? MCKELVEY: (a Belane) Chiudi il becco, Belane: qui parlo solo io! (a Tommy) Tommy, ora voglio che fai a pezzi questo idiota: riducilo in brandelli e spargilo al vento, buttalo giù dal balcone, ma in modo che sembri un incidente, e consegna le sue membra precipiti al vento. Capito? 68
TOMMY: Capito, signor McKelvey. MCKELVEY: Bene, allora che cosa aspetti? Fallo! Tommy si avvicina a Belane il quale fa in tempo a sfilare da un cassetto della scrivania la propria Luger e puntarla contro la mastodontica massa di Tommy. BELANE: Fermo lì dove sei, Thomas, o sputerai più rosso tu di una figa mestruata. MCKELVEY: Hey, da dove salta fuori quel pezzo? BELANE: Un investigatore senza pistola è come un cazzo senza palle, come una bocca senza denti, come un orologio senza lancette. MCKELVEY: Belane, parli come un deficiente. BELANE: Questo me lo hanno già detto. L’ho già sentito. Quello che invece non ho ancora sentito è la tua voce del cazzo dire al ragazzo di farsi indietro se non vuole essere riempito di piombo. MCKELVEY: Tommy, da bravo, torna qui e mettiti di fronte a me. Pausa: McKelvey e Tommy rimangono affrontati l’uno all’altro senza far niente mentrecchè Belane li osserva meditabondo monologando. BELANE: (in camera) Devo escogitare un piano. Che faccio ora con questi due ammassi di letame? Non è facile. E io non sono un genio: non ho mai vinto una borsa di studio a Oxford e dormivo della grossa durante l’ora di biologia. Inoltre, sono sempre stato scarso in matematica. Fatto sta che sono riuscito a rimanere vivo fino a 55 anni e non mi farò rivoltare il culo da questi due minorati. Ho il coltello dalla parte del manico. Ma devo darmi una mossa e fare una mossa. Ora o mai più: Settembre è ormai alle porte, gli avvoltoi volteggiano in cerchio, il sole sanguina. E a me rimane poco tempo ormai. BELANE: D’accordo, Tommy: ora mettiti carponi. Tommy rivolge un’occhiata stranita a Belane il quale fa scattare la sicura della pistola e contraccambia l’occhiata spaesata di Tommy con un debole sorriso beffardo il quale intimorisce Tommy e lo induce a obbedire buttandosi subitamente in terra e facendo tremare la scrivania di Belane e cadere un quadro attaccato a un muro.
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BELANE: Adesso, Tommy, da bravo: tu farai l’elefante e McKelvey il cornac, ci siamo capiti? TOMMY: Uh? BELANE: (a McKelvey) Tu hai capito. Su, forza, sali. MCKELVEY: Belane, tu sei pazzo. BELANE: E chi può dirlo? La pazzia è un concetto così relativo... Voglio dire, chi stabilisce le regole? MCKELVEY: Non lo so. So solo che tu sei fuori di testa. BELANE: Poche ciance: sali e basta. MCKELVEY: Va bene, va bene. D’accordo. Ma prima, voglio che tu sappia che io penso che tu sei completamente suonato, andato, fuori di testa, pazzo furioso. MCKELVEY: Sali, stronzo. McKelvey si arrampica sulla schiena di Tommy. BELANE: Bene, Tommy, adesso tu fai l’elefante e ti porti McKelvey sulla groppa e giù per il corridoio fino all’ascensore! Tommy comincia a strisciare in silenzio. MCKELVEY: Belane, me la pagherai. Io te la farò pagare. Lo giuro. BELANE: Pestami ancora i piedi, Belane, e ti farò ingoiare cazzi di piombo! Poi si reca verso l’uscio e apre la porta: Tommy e McKelvey escono strisciando seguiti da Belane che li accompagna fino all’ascensore, preme il pulsante di chiamata, e si mette a fischiettare un allegro jazz in attesa dell’ascensore. BELANE: (monologando in camera) Vi ricordate di come trovarono morto Jimmy Foxx morto in una stanza d’albergo nei quartieri poveri? Morto tra gli scarafaggi. Arriva l’ascensore e Belane apre la porta rifilando un calcio nel culo a Tommy il quale procombe in avanti piombando dentro l’abitacolo dell’ascensore dove tre persone leggono il giornale e continuano a leggere come se niente fosse, rivolgendo solo una rapida e veloce e svogliata occhiata ai due uomini in terra. Poi Belane richiude la porta dell’ascensore e scende prendendo le scale e contando il numero dei gradini. BELANE: (in camera) Sono in sovrappeso di almeno 25 chili: può solo farmi bene.
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Al 70esimo si ferma: è giunto al piano terreno. Esce nella strada, si ferma in una tabaccheria, compra sigari, e continua risoluto avanzando nello smog. BELANE: Sono Mickey Belane: l’investigatore più dritto di L. A. INTERNO, UFFICIO DI BELANE, MATTINO. L’indomani Belane rischia e torna in ufficio. Dietro la scrivania e comodamente seduto in poltrona McKelvey il quale gli rivolge un dolce e finto sorriso allorchè Belane apre la porta ed entra nell’ufficio. MCKELVEY: Ciao, Belane! Non mi aspettavi, eh!? Come ti girano? BELANE: Che domande sono? Vuoi dare un’occhiata? MCKELVEY: No, grazie. McKelvey si alza dalla poltrona e gira intorno alla scrivania dirigendosi verso Belane. BELANE: Fai un altro passo e ti infilerò la testa su per il culo. MCKELVEY: Buono, stai calmo: vengo in pace. BELANE: Eh? MCKELVEY: Buone notizie per te, Belane. BELANE: Eh? MCKELVEY: Lo giuro sull’onore di mia madre. BELANE: Sull’onore di tua madre? Ma se nella sua vita ha visto più cazzi che tramonti quella donna! McKelvey fa per scagliarsi contro Belane il quale indietreggia. BELANE: Vacci piano, o ti trasformerò in un caso disperato. Ti ricordi di Antoine Rockamora? Mezzo samoano, mezzo negro, lo chiamavano Tony Rocky Horror... Quello grasso... Hai presente la fine che gli ha fatto fare Marcellus Wallace? Ecco, hai un’idea di come potresti finire se muovi anche solo un pelo pubico del tuo fottutissimo corpo di merda. MCKELVEY: (arrabbiato) Non mi piace che ci dai dentro con mia madre. Non mi piace che ci vai giù così pesante con lei. BELANE: E perchè no? L’ha già fatto metà degli uomini di questa lurida città. MCKELVEY: Adesso ti ammazzo con queste mani. 71
E livido di rabbia salta addosso a Belane ma una voce fuori campo interviene a evitare la rissa. UOMO CON BOMBETTA: (fuori campo, schiarendosi la voce) Uh, uhh. McKelvey e Belane si arrestano all’istante e Belane si gira per scoprire a chi appartiene la voce che ha parlato alle sue spalle: scorge un uomo in bombetta seduto sul divano alle sue spalle. L’uomo con la bombetta si alza. UOMO CON BOMBETTA: Buongiorno, signor Belane. Sono qui per conto della Morte. BELANE: Eh? UOMO CON BOMBETTA: Mi manda la Morte. BELANE: Eh? UOMO CON BOMBETTA: La Signora Morte. BELANE: Ah, in tal caso è il benvenuto. UOMO CON BOMBETTA: Grazie, si accomodi. BELANE: Di solito questo lo dico io. Almeno nel mio ufficio. UOMO CON BOMBETTA: La ruota gira, Belane ... Pausa. Belane si accomoda. UOMO CON BOMBETTA: Belane, la Signora Morte mi ha incaricato di pagare al signor McKelvey qui presente e per conto tuo, una cifra corrispondente all’importo di un intero anno di affitto. BELANE: (strabuzza gli occhi e bisbiglia) Che donna ... (a McKelvey) Hai sentito? Il mio affitto è pagato, adesso sgomma e togliti dal cazzo. MCKELVEY: Va bene, ma cerca di mantenere questo posto pulito e ordinato: niente feste, niente bische, niente puttane, niente schiamazzi, niente sparatorie, niente conoscenze carnali illegali, niente stronzate. BELANE: (all’uomo con la bombetta) E smamma anche tu: ho da fare, è ora di darsi da fare sul serio. Sono Mickey Belane, investigatore privato. Molti casi mi aspettano. I due ospiti escono e Belane alza il ricevitore del telefono. BELANE: Pronto Tony pizza d’asporto? TONY: (fuori campo al telefono) Al vostro servizio. BELANE: Qui il signor Morte Lenta. TONY: (arrabbiato) Belane, brutto bastardo figlio di puttana, mi devi 475 dollari, non posso accettare la tua giocata: prima devi azzerare il tuo debito. 72
BELANE: ho una puntata da 25 dollari: fammela fare e così sono 500 verdoni tondi tondi. Se perdo te li darò tutti e subito sull’unghia. Te lo giuro sull’onore di mia madre. TONY: (fuori di sé) Belane, tua madre mi deve 330 dollari! BELANE: Meglio 800 dollari che non riavrai mai o 500 tondi che riavrai subito? TONY: E va bene, Belane. BELANE: 25 dollari su Madama Butterfly vincente nella sesta corsa. TONY: Va bene, sei coperto. E buona fortuna. BELANE: Grazie. TONY: Ti servirà. (in tono minaccioso) Te ne servirà molta. (in tono vessatorio) Ne avrai molto bisogno. Belane riaggancia e guarda in camera. BELANE: (in camera) Porca puttana, un uomo nasce per lottare ad ogni centimetro di campo conquistato. Nato per lottare, duro a morire. Poi si siede alla poltrona, si distende sullo schienale e accende una sigaretta soffiando un anello perfetto di fumo. BELANE: Oh, che grande bellezza... Poco dopo qualcuno bussa alla porta. BELANE: Avanti, è aperto. Entrano due negri dall’aspetto duro, cattivo e risoluto. DANTE: Buongiorno, signor Belane. Lui è Fante. FANTE: Io sono Fante. DANTE: E io mi chiamo Dante. FANTE: Già: lui si chiama Dante. DANTE: Ci manda Tony. BELANE: Non conosco nessun Tony. Siete sicuri di essere nel posto giusto, signori? FANTE: Sì. DANTE: Madama Butterfly è stato eliminato. FANTE: Ha disarcionato il fantino alla partenza. BELANE: State scherzando... DANTE: Non stiamo scherzando per nulla. Noi non scherziamo mai. FANTE: Chiedi alla polvere... DANTE: Già... FANTE: O chiedi al crepuscolo...
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BELANE: Certo che, per essere due rozzi, siete davvero poetici. DANTE: E tu come handicapper sei proprio handicappato. FANTE: Poche storie: Tony dice che ci devi 5 gambe. DANTE: Oh, sì Belane. Poche storie: sgancia subito la grana se non vuoi finire a nutrirti con una cannuccia per il resto della tua vita. BELANE: Oh, sì, non ricordavo. Ecco, li ho proprio qui... E così dicendo prostende la mano verso un cassetto della scrivania per prendere la propria pistola ma è anticipato da Dante che trae dai pantaloni una pistola e la punta contro Belane. DANTE: Lascia perdere, minchione. Fante trae un’altra pistola e la punta contro Belane. FANTE: Rimetti le mani sulla scrivania e non muoverle di lì. DANTE: Su, da bravo. Belane obbedisce e ripone le mani sulla scrivania. FANTE: Ora, capisci che non possiamo permetterti di scorrazzare liberamente quando devi a Tony 500 dollari? BELANE: Datemi 3 giorni. DANTE: Hai 3 minuti. BELANE: Come funziona? Voi ragazzi parlate a turno? Prima l’uno, poi l’altro, ad alternanza continua, senza spezzare mai il ritmo? FANTE: Siamo negri: abbiamo il ritmo nel sangue. DANTE: E in questo momento c’è solo una cosa che vorremmo spezzare. DANTE E FANTE: Le tue gambe. BELANE: Wow! Sapete anche duettare: meraviglioso! È proprio vero che voi negri avete la musica nel sangue! I due lo guardano torvi e risentiti. Dante prende una sigaretta e se la infila tra le labbra. Poi si fruga nelle tasche. DANTE: Mh, mi sa che ho perso l’accendino. O qualcuno me l’ha fatto. Esco sempre di casa con tre accendini e quanto ritorno non ne ho più uno. Vieni qua, stronzo, fammi accendere. BELANE: a Fante Dice a te. DANTE: a Belane No, dico a te: vieni qui, stronzo, e accendimi la sigaretta. 74
BELANE: Vai a farti fottere, negro di merda. DANTE: Ma fai sul serio? BELANE: Succhiami il cazzo, negro di merda. DANTE (a Fante) Qualcuno, oggi, vuole rimanere zoppo. FANTE: Uh, uh, uh. DANTE: Hai 3 secondi. BELANE: Uno, due, tre: su, sparami, frocio. Dante fa scattare la sicura della propria pistola. DANTE: Bambino cattivo! Hai mai letto la DIVINA COMEDIA? BELANE: No. Perchè? DANTE: Perchè adesso ti farò fare un viaggio di sola andata all’inferno. Preparati a partire. BELANE: Vai a fare in culo, negro di merda. DANTE: Va Bene. Ma proprio in quel momento si apre la porta d’ingresso dell’ufficio ed entra la Signora Morte, tutta imbellettata e seducente. SIGNORA MORTE: (a Belane) Belane! Chi sono questi buffoni? BELANE: Le presento Dante e Fante. SIGNORA MORTE: Questi brutti ceffi ignoranti, zotici e cafoni si chiamano Dante e Fante? BELANE: Già... SIGNORA MORTE: Quando si dice, l’ironia delle cose! Ho conosciuto i veri Dante e Fante: erano dei re, questi sono solo dei rei. Loro erano gattopardi, questi solo schifosi e infimi sciacalletti. Iene. Vermi. Topi. BELANE: Sono emissari di un certo Tony. SIGNORA MORTE: Cacciali via subito. BELANE: (a Dante e Fante) Bene, ragazzi, avete sentito: è ora di levare le tende. Dante e Fante ridono forte, con disprezzo e sarcasmo e scherno. Poi all’improvviso si zittiscono. FANTE: (a Dante) Questo tizio è proprio diverte. DANTE: (a Fante) Un vero spasso! SIGNORA MORTE: Me ne sbarazzerò io! Si alza, ammicca e vicita Dante e lo fissa negli occhi: Dante di colpo si piega in avanti e diventa pallido di un pallore cadaverico. DANTE: (a Fante) John, non mi sento tanto bene.... Mi sento male, decisamente male...
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FANTE: (a Dante) Al, non è niente: magari sono stati quei bastoncini di pesce che hai mangiato al cinese. DANTE: Cazzo, John, devo andarmene. Sto malissimo. Poi la Signora Morte si rivolge a Fante, e lo fissa negli occhi. FANTE: Cazzo, Al, ma che mi prende? Ho le vertigini... Ma che cosa ho? Lampi di luce.... Bagliore di razzi... Folgore di luci... Non ci vedo più... SIGNORA MORTE: Adesso uscite. Dante e Fante si dirigono verso l’uscio, aprono la porta, si fiondano fuori dall’ufficio. Hanno un aspetto tremendamente malmesso e malsano. Belane li segue per assicurarsi che se ne siano andati. Poi rientra in ufficio. BELANE: Grazie: mi hai salvato il culo. Ma la Signora Morte non c’è più: Belane cerca sotto la scrivania e in bagno e dietro il divano ma la donna è scomparsa. Belane rivolge un’occhiata alla porta d’ingresso. BELANE: Beh, grazie lo stesso. Ma avresti potuto salutarmi: inizio ad affezionarmi. Poi ritorna alla scrivania, si siede, alza la cornetta del telefono e compone un numero. TONY: (fuori campo al telefono) Pronto? BELANE: Tony Malandro? Sono il signor Morte Lenta. TONY: Come? Cosa? Ma riesci ancora a parlare? I miei ragazzi non ti hanno incasinato il modo di parlare? Ora come ora, non dovresti più essere capace di esprimerti molto chiaramente. BELANE: Oh, parlo benissimo invece, Tony. Non mi sono mai sentito meglio. TONY: non riesco a capire... BELANE: Tony, questa volta ci sono andato leggero con i tuoi ragazzi: mandali un’altra volta e non mi limiterò a questo. Si sente un respiro confuso, affannoso, ansioso e ansimoso nel ricevitore. Poi la linea si interrompe e il ricevitore diventa muto. BELANE: (in camera) Se pesti i piedi a Belane, sei nei guai. Chiaro e semplice. Chiaro e tondo. Dove eravamo rimasti? Devo trovare qualcosa da fare: un investigatore privato in gamba ha sempre cose da fare. L’avete visto nei film. 76
Decide di uscire: indossa la giacca e il cappello, apre la porta, la richiude alle proprie spalle, da un giro di chiave, prende l’ascensore ed esce dall’ufficio. ESTERNO, MERIGGIO. Belane si avvia verso il parcheggio, sale in macchina, guida fino a un supermercato: parcheggia, scende dalla macchina, la chiude a chiave, entra nel supermercato e ne esce con alcune buste di roba che dispone nel bagagliaio della macchina per poi ripartire: ripercorre la strada nella direzione opposta e giunge a casa. INTERNO, CASA DI BELANE, PRIMO POMERIGGIO. Giunto a casa Belane ripone la spesa negli appositi scaffali e nel frigorifero, poi si avventa sul pollo arrosto con patate che ha comprato. Al primo morso squilla il telefono: Belane poggia nel piatto la coscia di pollo che sta per addentare, si reca in soggiorno e risponde. BELANE: Chi è? TELEFONISTA 1: (fuori campo) Il signor Belane? BELANE: See. TELEFONISTA 1: Buongiorno, signor Belane! Lei ha appena vinto un viaggio gratuito alle Hawaii! Belane riaggancia, ritorna in cucina, si versa una vodka con acqua e un goccio di tabasco e ritorna a tavola. Ha il tempo di bere un sorso e subito bussano alla porta. BELANE: Prego: è aperto. Entra un vicino di casa di Belane, un uomo con le braccia che ciondolano penzoloni e lo sguardo perso nel vuoto a fissare un punto inesistente nello spazio. MIKE: Hey, Belane, mi offri qualcosa da bere? BELANE: Prenditelo da solo. Sai dov’è. Mike si reca in cucina fischiettando un pezzo jazz e torna ciondolando con un bicchiere in ciascuna mano e sedendo affrontato a Belane il quale lo guarda stupito allorchè vede che Mike trattiene entrambi i bicchieri per sé senza l’intenzione di offrire. MIKE: (sconsolato) Ho una paura patologica di rimanere senza... BELANE: E così, a occhio e croce, direi che non è l’unica cosa di patologico che hai... 77
MIKE: See, see... Lascia perdere per adesso... Piuttosto, senti, Belane: sono qui per farti un discorso chiaro. BELANE: Prima io: sai, devo informarti, è un dovere professionale che nutro nei confronti dei più deboli: (indicando con la mano i drink e ammiccando con la testa) quella roba la vendono in un sacco di posti. Puoi anche comprarla! MIKE: Senti, Belane: sono qui per percorrere insieme con te il facile cammino del successo. Poi scola il primo drink e scaglia il bicchiere contro il muro. MIKE: L’ho imparato da te. BELANE: Rompi anche l’altro e ti ritroverai con due buchi di culo. MIKE: Eh? BELANE: Pensaci su. Ma intanto che pensi, spara quello che volevi dirmi... MIKE: Come ti dicevo, sono qui per percorrere insieme con te il facile cammino del successo. BELANE: See. E come no!? Sentiamo... MIKE: Loco Mike. L’altro giorno ha corso. Veloce come la lingua di un lebbroso sulla tetta di una vergine. Ha corso il primo quarto di miglio in 21 netti ed è arrivato sul rettilineo come una furia con cinque lunghezze di vantaggio. L’hanno valutato ventimila dollari. È stato battuto solamente per una lunghezza e mezza. Adesso l’hanno declassato e gareggia con quelli da quindicimila dollari. Ronzini come quelli, a sei furlong. Gli avversari gli vedranno soltanto il buco del culo. Il giornale delle corse lo dà 15 a 1: un furto! Ti voglio dare una fetta della torta, amico! BELANE: E perchè proprio a me? Perchè non te la tieni tutta per te? Mike scola intanto il secondo drink, poggiando cautamente sul tavolo il bicchiere appena vuotato e intanto guardando con aria compiaciuta Belane in aspettanza di approvazione. MIKE: Hai altro da bere? BELANE: Lo sai bene. Portane uno anche a me. Mike esce dalla sala da pranzo per tornare in cucina a preparare gli altri drink. Poi ritorna nella sala da pranzo e porge a Belane un bicchiere. 78
BELANE: Altolà: prendo il tuo. MIKE: Perchè? BELANE: Perchè è più forte. Mike porge il proprio bicchiere a Belane e si siede. BELANE: Allora, sacco di merda, come dicevo, perchè spartire con me la vincita? MIKE: Bene, ah... BELANE: Sì: spiegami. MIKE: Sono a corto di verdoni, amico. Non ho soldi per la puntata. Ma dopo che avremo fatto centro potrò rifonderti della vincita. BELANE: Dunque: mi stai dicendo che tu, Mike, vuoi scommettere su Loco Mike. MIKE: Proprio così. BELANE: Già mi suona male. MIKE: E va bene, Belane: vuoto il sacco. Sono a corto di contante: mi servirebbe un po’ di grana. BELANE: Quanto? MIKE: 20 dollari. 20 miseri dollari. BELANE: Te ne posso dare 10. MIKE: Solo dieci miseri fottutissimi dollari?? BELANE: Va bene: 5. MIKE: Cosa? BELANE: 2. MIKE: Ma con due dollari non riesco nemmeno a comprarci le sigarette. BELANE: Allora ti consiglio di andare a dare il culo nei parcheggi e ne farai un mucchio, di soldi. E ora fuori dai coglioni! MIKE: Fuori dai coglioni, dici? BELANE: Hai sentito. MIKE: Io me ne vado quando cazzo voglio e quando cazzo sarò pronto e quando cazzo mi pare e piace! BELANE: L’alcol ti rende audace... Ma vedi di abbassare la cresta con me. Ricordati che il coraggioso è solo un uomo privo d’immaginazione, che non sa prevedere le conseguenze. Il coraggio è solo mancanza d’immaginazione. MIKE: E che cosa dovrei immaginare? Mike non ha nemmeno il tempo di rendersene conto che Belane lo ha già colpito con un pugno in pancia con il tirapugni. Mike cade in terra svenuto e privo di sensi. 79
BELANE: Questo, per esempio. Belane si china a raccogliere alcuni pezzi di vetro rotto dal pavimento, li infila nella bocca di Mike, gli sfrega le guance e gli molla pure qualche schiaffo, finchè il sangue non inizia a sgorgargli dalle labbra; infine torna su pollo e patate. Tempo dopo Mike ritorna in sensi: si sveglia, si riprende, si erge seduto, sputa qualche frammento di vetro mentre il sangue gli rivola dalla bocca sporcandogli la camicia e gli indumenti, poi comincia a strisciare verso l’uscita con un aspetto penoso e afflitto. Belane gli apre la porta e Mike striscia fuori in silenzio e a volto basso. Belane richiude la porta, si siede sul divano, accende una sigaretta e se la fuma finalmente in tranquillità. BELANE: (in camera) La vita consuma. Consuma fino all’osso. È sfiancante. È spossante. È rivoltante. È abominevole. Domani sarà un giorno migliore. See... Ma, quel che più importa, in fondo, è rimanere vivi. E io non sono ancora morto. Sono Mickey Belane, il superinvestigatore, il giusto dell’investigazione, il dritto dell’investigazione, il duro dell’investigazione! Si sa: i duri sono duri a morire, i cattivi muoiono vecchi, i buoni muoiono giovani. Ma i buoni e duri non muoiono mai. Pausa Sono solo in stato di rapido decadimento psico-fisico, ma chi non lo è? Siamo tutti sulla stessa barca bucherellata cercando di tenerci a galla per non annegare nella nostra stessa putrida merda. Poi si alza, si versa un drink, lo vuota d’un fiato e ne versa subito un altro. Infine, esausto, si stende sul letto e si addormenta. INTERNO, CASA DI BELANE, MATTINO. L’indomani i sinuosi e aguzzi raggi del sole battente contro le persiane s’insinuano fra le fessure delle imposte penetrando nella sala da letto e disegnando una svastica sul viso di Belane, il quale, pungolato dai sottili ma piccanti aghi solari, si ridesta madido e ansimoso. Preda dell’ansia e con espressione massimamente depressa in volto spalanca gli occhi, ansimante in un bagno di sudore.
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Poi si alza e si reca al bagno guardandosi allo specchio e ricevendone un’impressione di squallore, depressione e sconfitta: lo specchio mostra un uomo con grosse borse cascanti e scure sotto gli occhi, occhi da roditore in trappola, sopracciglia declinanti e arruffate e dementi, e aspetto generale orrendo e disgustoso. Poi si lava la faccia, si gira verso il cesso per pisciare, sbaglia mira e bagna la tavoletta e il pavimento. Cerca allora di tamponare tutto alla bell’e meglio con carta igienica e cotone idrofilo, getta tutto nella tazza e tira lo scarico. Poi si volge alla finestra, vede un gatto sul tetto dirimpetto, lo osserva e lo segue con lo sguardo finchè scompare; poi si volta al lavabo, prende lo spazzolino e il dentifricio, preme il tubetto della pasta dentifricia, la distribuisce uniformemente sulle spazzole dello spazzolino, lava i denti, sciacqua la bocca, ripone lo spazzolino ed esce dal bagno. Poi ritorna a letto e si rimette a fissare il soffitto con aria meditabonda. Sul soffitto si stagliano raccapriccianti e cupe e opprimenti immagini che, generate dal riverbero e dalla rifrazione dei raggi solari sul soffitto e attraverso le molteplici crepe e pieghe, gli passano e scorrono davanti agli occhi come in un film animato. Belane vede nitidamente un bufalo che si avventa su qualcosa, e un serpente con un elefante in bocca. Poi sente squillare il telefono ma lo lascia squillare e non si alza per andare a rispondere. BELANE: (fra sé) Finalmente solo con me stesso. Per quanto disgustoso io possa essere, è sempre meglio che essere con loro... Tutti quelli che tirano avanti con i loro penosi trucchetti da quattro soldi e salti mortali. Uomini piccoli piccoli con ambizioni da poco, sogni prefabbricati ed emozioni preconfezionate. Credo che dormirò fino a mezzogiorno. Magari a quell’ora metà della giornata sarà morta e forse affrontare il mondo costerà la metà dello sforzo. pausa Il problema è che non ho più entusiasmo. Zero brio. Sono un inerte pezzo di linoleum, una puntina da disegno spezzata, una biro senza ingrosso, un grosso cazzo senza più sperma.
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Si riaddormenta. Quando si risveglia, l’orologio segna le 12,25. BELANE: Perfetto! Inizia bene. L’investigatore si veste ed esce da casa. ESTERNO, AUTOMOBILE, MERIGGIO. Belane prende la macchina, mette in moto e parte. Guida lungo Alameda street, Imperial, Western Avenue e Century. Durante il tragitto parla da solo fra sé pensando a voce alta e farfugliando misteriosi sillogismi. È una giornata calda e tranquilla. Guida fino all’ippodromo dell’Hollywood Park, entra nel parcheggio dell’ippodromo, parcheggia e scende. BELANE: Ed eccoci di nuovo con un pugno di mosche in mano. Tutte le mie ricerche sono in stallo. Ma dovrò pur vedere uno spiraglio da qualche parte prima o poi. E che cazzo! INTERNO, IPPODROMO, MERIGGIO. Giunge all’interno dell’ippodromo dell’Hollywood Park alla fine della terza corsa. Prende il programma delle corse e si siede in tranquilla attesa. L’apre, la sfoglia, la esamina velocemente, la ripiega e l’adagia. Poi estrae dal taschino della giacca un cartiglio piegato in due, lo dispiega, e lo esamina attentamente. Sul foglietto è riportato il seguente elenco: 1) Scoprire se Céline è davvero Céline e informare la Signora Morte della scoperta. 2) Rintracciare il Passero Rosso. 3) Scoprire se Cindy cornifica Bass e inchiodarle il culo. 4) Eliminare l’aliena dello spazio. Poi ripiega il cartiglio e lo ripone nella tasca della giacca, e riprende il programma delle corse, mentrecchè in pista scendono i cavalli della quarta corsa. Poi sente un rumore dietro di sé e si volta: qualche fila più indietro, Céline sorride nella sua direzione. Poi si alza e si avvicina. CÉLINE: Bella giornata... BELANE: Ma che diavolo ci fai, tu, qui? CÉLINE: Ho pagato il biglietto d’ingresso. Non mi hanno fatto domande. BELANE: Mi stai pedinando, brutto figlio di puttana? 82
CÉLINE: Stavo per farti la stessa domanda. BELANE: Ci sono un sacco di cose che non capisco. CÉLINE: Anche io. Tutti, abbiamo un sacco di cose che non capiamo. Siamo puntini minuscoli in uno spazio pluridimensionale infinito: possiamo capire solo la parte che occupiamo, e solo in parte, poichè la comprensione del particolare è sempre legata a quella del generale e il tutto sempre ci sfugge, offrendoci solo una visione miope, parziale e distorta del nostro posto e del nostro significato. In questo mondo e nell’universo. Ma, a maggior ragione, fai bene attenzione a come interpreti il mondo, perchè il mondo è come tu lo interpreti. Céline scavalca la fila e siede accanto a Belane. CÉLINE: Parliamo un po’... BELANE: Certo. Prima di tutto, come ti chiami? Il tuo vero nome... Céline non risponde, fissa dritto negli occhi di Belane, forma con le labbra un ghigno sardonico, apre la giacca e mostra una fiammante rivoltella. BELANE: Sono io che faccio le domande, oggi. BELANE: Su, spara! CÉLINE: Dunque, iniziamo dall’inizio. Chi mi fa pedinare? BELANE: La Signora Morte. CÉLINE: (ridacchiando) La Signora Morte? (poi facendosi d’un tratto serio e minaccioso) Non sparare cazzate! Non ti conviene! BELANE: Non sparo cazzate. È così che si fa chiamare: Signora Morte. CÉLINE: Una pazza? BELANE: Può darsi. Ma paga bene. CÉLINE: E dove posso trovare questa puttana? BELANE: Non lo so. È lei che mi contatta. CÉLINE: E tu credi che me la beva? BELANE: Beh, questo è quanto offre la casa. CÉLINE: Che cosa vuole? BELANE: Vuole sapere se tu sei il vero Céline oppure no. CÉLINE: (sorpreso, stupito e meravigliato) Davvero? BELANE: Veramente. CÉLINE: Su chi punteresti in questa corsa? BELANE: Lord Jim.
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CÉLINE: (con sguardo iniettato di sangue, ringhiando) Lord Jim è la mia scelta... BELANE: Bene, sbrighiamoci o non potremo più scommettere. Belane fa per alzarsi; ma Céline pone la mano sulla giacca, all’altezza della pistola; vi tamburella sopra; e con la testa fa cenno all’investigatore di sedersi, commentando i fatti con le parole. CÉLINE: Siediti, prima che ti faccia saltare le palle. Belane obbedisce e si siede. CÉLINE: Dunque, voglio questa puttana fuori dai coglioni. Inoltre voglio anche sapere il suo vero nome. Questa storia della signora morte non me la bevo. E voglio che tu ti dia da fare da subito su questa faccenda. BELANE: Ma la mia cliente è lei. Come puoi essere mio cliente pure tu? CÉLINE: Risolvitela da solo questa, bello. BELANE: D’accordo. Ma se lavoro per te devo anche essere pagato, e non costo poco. CÉLINE: Quanto? BELANE: Sei dollari orari. Céline fruga nella giacca, estrae un rotolo di banconote, ne sfila alcune, e le consegna a Belane. CÉLINE: Ecco qui. Un mese di anticipo. Poi un boato della folla. Belane guarda con espressione smarrita e incredula verso la pista. BELANE: (a Céline, emozionato) Accidenti, guarda, Lord Jim conduce per tre lunghezze... Guarda, cazzo, guarda! (infervorato) Sta vincendo, sta vincendo, sta vincendo! Wow! (esaltato) HA VINTO, HA VINTO, HA VINTO! QUATTRO LUNGHEZZE, INCREDIBILE! (rassegnato) Accidenti, merda, mi hai fatto perdere una fortuna. Lord Jim ha stravinto. CÉLINE: Ma chiudi il becco! E dacci dentro con il mio caso. BELANE: (malizioso) Come tu ci dai dentro con Cindy?? Céline lo fissa torvo, cupo, e minaccioso. BELANE: Va bene, va bene. Dimmi dove posso contattarti. Céline gli porge un biglietto con un numero scritto sopra a penna. CÉLINE: Ecco il mio numero. Poi si alza, esce dalla fila e scompare. Belane riprende il programma delle corse ed esamina la quinta corsa.
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INTERNO, CASA DI BELANE, TARDO POMERIGGIO. Belane è in casa. Si prepara un Margarita, si reca al balco, si siede s’una sdraio, e si gode il tramonto pensando ad alta voce. BELANE: (in camera) La vita consuma. Consuma fino all’osso. È sfiancante. È spossante. È rivoltante. È abominevole. È avvilente. Per esempio, prendete il Natale. Sì, prendetelo e fatelo sparire. Il tizio che l’ha inventato è lo stesso che non ha mai dovuto portare un bagaglio extra. Il resto di noi deve gettare quasi tutte le proprie cianfrusaglie per scoprire dove si trova. O, piuttosto, dove NON si trova. Più roba getti, più riesci a vedere. Tutto funziona alla rovescia. Vai all’indietro e il Nirvana ti cadrà tra le braccia. E come no!? “Tu stai conoscendo l’orrore del mondo in tutta la sua crudezza”... Vivere significa perdere. La vita è una continua perdita, e saperlo porta alla saggezza, Ciascuno si perde in ciò che cerca e alla fine lo perde così come io sto perdendo la mia mente, la mia reputazione, il mio lavoro, i miei casi, i miei clienti. Dobbiamo imparare a rompere con ciò che amiamo. La vita è una serie di fratture o, meglio, una frattura continua. La rinuncia, amici, la rinuncia. Chi vuole imparare a vivere, deve allenarsi a rompere. Con il passato, con gli amori, con gli affetti, con gli oggetti. Dov’è andato a finire tutto ciò che abbiamo perduto? Gli oggetti smarriti o rubati, i detriti del corpo e le scorie dell’anima, gli amori macerati dal tempo, i sogni e le amicizie e le ambizioni? Ci avete mai pensato? Poi squilla il telefono: Belane si alza, si reca in soggiorno, solleva la cornetta e risponde. SIGNORA MORTE: (fuori campo, al telefono) Sei un filosofo da quattro soldi. BELANE: Dici? SIGNORA MORTE: Perchè, tu ti credi perfetto? BELANE: Beh, a modo mio... SIGNORA MORTE: E invece ti dico che sei solo un coglione. Un filosofo da strapazzo. La gente vive d’illusioni. È così. Ed è bello. Anche perchè non c’è alternativa. Un’altra opzione. Una seconda . L’alternativa è solo la fine. BELANE: La fine di che? 85
SIGNORA MORTE: La fine di tutto. Lo sciabordante impazzito. BELANE: Perchè no? Che cosa c’è di più vero? SIGNORA MORTE: Proverai presto questa esperienza se non mi porti qualcosa di nuovo su Céline, se non mi dimostri che stai facendo progressi con il caso. BELANE: È tutto risolto, bambola. SIGNORA MORTE: Signora, prego. BELANE: Signora. SIGNORA MORTE: Aggiornami, ciccio. BELANE: Voglio che c’incontriamo domani pomeriggio. SIGNORA MORTE: (eccitata) Dove?? BELANE: Da Musso alle 14,30. SIGNORA MORTE: D’accordo. Ma mi metterai qualcosa di interessante in mano? BELANE: Oh, beh, per quello possiamo anche rimediare subito. SIGNORA MORTE: Non farei tanto lo spiritoso se fossi in te. Ci vediamo domani alle 14,30 da Musso. Ma ti consiglio vivamente di venire con qualcosa di grosso in mano. L’avrai? BELANE: (ammiccante) Ce l’ho già! Ho un mazzo così... SIGNORA MORTE: Belane... BELANE: Un mazzi pieno di assi! SIGNORA MORTE: Farai meglio ad avere qualcosa in mano e darmelo domani. Ti conviene che domani io abbia qualcosa di grosso in mano o saranno guai per te. BELANE: Grossissimo... SIGNORA MORTE: Ci puoi scommettere. BELANE: Ci scommetto la vita. SIGNORA MORTE: L’hai appena fatto. E subito riaggancia senza lasciare a Belane il tempo di rispondere. Belane appoggia il ricevitore e rimane a fissarlo imbambolato. Poi si ridesta, prende un vecchio sigaro dal ceneraio, lo accende, inspira, espira, tossisce. Poi alza di nuovo il ricevitore e compone un numero. Risponde Céline. CÉLINE: (fuori campo, al telefono) Sì? BELANE: Signore, lei ha vinto una scatola di preservativi da un chilo e un viaggio a quel paese. 86
CÉLINE: Che cosa è da un chilo? La scatola di preservativi, o i preservativi stessi? BELANE: I preservativi. Della stessa dimensione della sua gran testa di cazzo. CÉLINE: Chiunque tu sia, non prendermi per il culo, dimmi quello che devi dirmi, e poi vattene a fanculo. BELANE: Sono Mickey Belane. CÉLINE: Bene, Belane. Allora vada per i preservativi. BELANE: Ci vediamo domani da Musso alle 14,30. CÉLINE: Offri tu? BELANE: Omaggio della casa. CÉLINE: Bene. Allora ci sarò. Adesso non ti rimane che andare a fanculo. E riaggancia senza lasciare a Belane il tempo di rispondere. BELANE: (guardando il ricevitore) Ormai non è più di moda salutare. Non su questa terra. Fanculo. Il gioco mi ha sfiancato. Ho perso la grinta. L’esistenza è assurda. È un duro lavoro. Pensate a quante volte nel corso della vita dovete infilarvi le mutande. È sciocco, è stolido, è stupido. È rivoltante. INTERNO, RISTORANTE “MUSSO”, POMERIGGIO. Belane occupa un tavolo da Musso, sorseggiando una vodka 7. Controlla l’orologio. Sono le 14,15. BELANE: (in camera) Bene: sono le 14,15 e Céline e la Signora Morte stanno per incontrarsi. Due miei clienti. Una situazione molto tarantiniana, devo ammetterlo. Chissà che piega prenderà. Un tizio seduto in un separé di fronte continua a fissarlo. L’uomo ha l’aspetto di un parcheggiatore abusivo. Con occhi da pesce lesso, un brutto paio di baffi e un finto sorriso. BELANE: (in camera, indicando con il pollice l’uomo che lo fissa) C’è gente che fissa come le mucche, avete presente. Non si rendono conto che lo fanno. Fissano con vacui occhi bovini, pieni di rovina e insoddisfazione. Poi beve un sorso di vodka, poggia il bicchiere sul piano e alza lo sguardo: l’uomo lo fissa ancora.
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BELANE: (in camera, ammiccando con la testa verso l’uomo che lo fissa) Gli do altri dieci secondi, e poi, se non la smette, gli spacco il muso. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7... A 7 l’uomo si alza e si dirige verso l’investigatore. Belane mette una mano alla fondina. BELANE: (fra sè, senza distogliere gli occhi dall’uomo, che continua ad avanzare verso di lui) Bene, tu ci sei sempre. Qui. Nascosta. Al calduccio. Come sempre. Tu non mi abbandoni mai. Brava piccola! Sei la migliore amica che un uomo possa avere. L’uomo si avvicina al tavolo di Belane. BELANE: Senti, amico, mi dispiace, ma non ho spiccioli. PARCHEGGIATORE: Non sono qui per i soldi. BELANE: Che problemi hai allora? La mamma ti ha sbattuto fuori di casa e cerchi un posto dove ripararti? Parcheggiatore: No. Per fortuna vivo ancora con lei. Con mia madre tutto ok. BELANE: Quanti anni hai? PARCHEGGIATORE: 46. BELANE: È rivoltante. PARCHEGGIATORE: No, è lei ad esserlo. Incontinenza. Pannoloni plastificati e compagnia bella. BELANE: È schifoso. PARCHEGGIATORE: A chi lo dici... BELANE: Beh, mi dispiace-PARCHEGGIATORE: --Anche a me-BELANE: --Ma non so che farci. PARCHEGGIATORE: Non puoi farci niente. Ma non sono qui per questo. Vorrei solo chiederti una cosa. BELANE: Spara, pistola. PARCHEGGIATORE: Tu non sei mica Henry Chinaski? BELANE: (con espressione incredula) Chi? PARCHEGGIATORE: Henry Chinaski. Combattevi nella zona di Detroit, peso massimo. Ti ho visto combattere contro Tiger Forster. Uno dei più grandi incontri che abbia mai visto. BELANE: Chi ha vinto? PARCHEGGIATORE: Tiger Forster. BELANE: Non sono io. Torna a sederti. PARCHEGGIATORE: Non mi prendi per il culo, vero? BELANE: Parole di boy scout che sono assolutamente sincero. PARCHEGGIATORE: E non lo sei mai stato? 88
BELANE: Che cosa? PARCHEGGIATORE: Henry Chinaski? BELANE: Mai stato. PARCHEGGIATORE: Beh, che mi prenda un colpo. Vi assomigliate incredibilmente. E, così detto, si volta e torna al suo separé. Belane controlla l’orologio: sono le 14,30 in punto. Fa cenno al cameriere di portargli un altro drink. Poco dopo entra Céline e si ferma all’ingresso guardandosi intorno. Belane gli sventola un tovagliolo appeso a una forchetta. Céline lo nota, si dirige al suo tavolo e si siede. Il cameriere sta arrivando con il secondo drink di Belane. CÉLINE: (perentorio, al cameriere) Scotch e soda. Sincronismo perfetto. I due rimangono in silenzio. Poco dopo arriva il drink di Céline e i due fanno tintinnare i bicchieri l’uno contro l’altro. BELANE: (sarcastico) Lunga vita. CÉLINE: (svogliatamente) Salute. E, così detto, tracannano trangugiando d’un fiato i propri rispettivi bicchieri. Poi ritornano in silenzio. Poi il finto parcheggiatore si riavvicina rivolgendosi a Céline. PARCHEGGIATORE: Hey, questo tizio che è qui con te, questo tizio, non è per caso Henry Chinaski? CÉLINE: Carissimo, se desidera che le sue palle mantengano la forma attuale, le consiglio vivamente di andarsene in fretta da qui! L’uomo si allontana in silenzio. CÉLINE: Veniamo a noi, Belane. Perchè mi hai convocato? BELANE: Sto cercando di metterti in contatto con la Signora Morte. CÉLINE: E così la morte sarebbe una signora, eh? BELANE: A volte... CÉLINE: E questa Signora Morte, dimmi un po’, riusciremo a incastrarla questa signora Morte? BELANE: Hai mai visto Henry Chinaski combattere? Céline: No. BELANE: Mi somigliava. CÉLINE: Non mi sembra un gran bel traguardo.
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Poi la Signora Morte compare come il sole all’improvviso. Bella da morire e vestita da uccidere. Entra, si reca al tavolo occupato da Belane e Céline e ordina un whiskey sour. BELANE: Non so davvero come presentarvi, perchè non sono certo di chi in realtà voi siate. CÉLINE: Ma che razza d’investigatore sei? BELANE: Il migliore di Los Angeles, cocco. Arriva il whiskey sour. La Signora Morte lo ammazza in un colpo solo e poi fissa negli occhi Céline. SIGNORA MORTE: Allora, inizia tu: presentati. Come ti chiami? CÉLINE: Henry Chinaski. SIGNORA MORTE: Henry Chinaski è morto. CÉLINE: E come fa a saperlo? SIGNORA MORTE: Non lo sa ancora nessuno. Ma è morto. CÉLINE: Ma come fa a saperlo?? SIGNORA MORTE: Lo so... per esperienza! Belane ammicca il cameriere e ordina altri tre drink: un’altra vodka 7 per se medesimo, un altro scotch con soda per Céline, e un altro whiskey sour per la Signora Morte. BELANE: Ora, è evidente che siamo a un punto morto. Per questo propongo una scommessa. Una piccola scommessa. Adesso io ho ordinato tre drink. Pagherà chi perde. Ci state? CÉLINE: Che tipo di scommessa? BELANE: Qualcosa di semplice, una cosa qualsiasi, tipo quanti numeri hanno le nostre rispettive patenti. Intendo i numeri scritti sulla patente. CÉLINE: Mi sembra una scommessa stupida. BELANE: Tanto per ammazzare il tempo. SIGNORA MORTE: (a Céline) Non fare il coniglio. CÉLINE: Beh, dovrò tirare a indovinare. BELANE: Buttala lì. SIGNORA MORTE: Fai del tuo meglio... CÉLINE: Va bene. Dico 8. SIGNORA MORTE: Per me 7. BELANE: Per me 5. Ora guardiamo le patenti. Diamo un’occhiata. I tre estraggono le proprie rispettive patenti. SIGNORA MORTE: La mia ne ha sette. BELANE: Anche la mia ne ha sette. Maledizione. CÉLINE: La mia, otto. 90
BELANE: Non può essere. Dammela, fammi vedere. Céline gli consegna la patente. Belane è attonito e stupido: comincia a tremare. CÉLINE: Tutto bene? BELANE: Sei davvero tu, dunque... CÉLINE: Come? BELANE: Sei davvero tu quello che offrirà il prossimo giro. Non posso crederci! Guarda, anche la tua ne ha sette. Hai contato anche la lettera che precede i numeri. Ecco che cos’hai fatto. Ecco, guarda... Vedi? E passa la patente alla Signora Morte, che concentrata la scruta molto attentamente con un’espressione estasiata in volto. La patente reca le informazioni anagrafiche che cercava: LOUIS FERDINAND AUGUSTE DESTOUCHES; COURBEVOIE, 27 MAGGIO 1894. CÉLINE: Restituiscimi la patente, per favore. SIGNORA MORTE: (porgendogliela) Certo. BELANE: A quanto pare, io e te abbiamo perso. Allora getteremo una moneta e decideremo chi offre i drink, va bene? CÉLINE: Va bene. Belane estrae una moneta e la lancia in aria. BELANE: Scegli! CÉLINE: Croce! La moneta volita in aria e atterra e cade adagiandosi sul lato della croce. Belane raccoglie la moneta e la rimette in tasca. BELANE: Non so perchè, ma ho l’impressione che oggi non sia la tua giornata. SIGNORA MORTE: Sarà la mia! Proprio in quel momento arrivano i tre drink. CÉLINE: (al cameriere) Mettili sul mio conto. I tre restano in silenzio con i propri drink: Céline ha un’aria delusa e abbattuta, Belane alquanto divertita e curiosa, la Signora Morte eccitata e sorpresa. CÉLINE: Non so perchè, ma ho l’impressione di essere stato imbrogliato. Adesso vado fuori dalle palle. SIGNORA MORTE: Suvvia. Non è la fine del mondo. Beviamo un altro drink. Offro io stavolta. La vita è breve! CÉLINE: (arrabbiato e nervoso) No, me ne vado fuori dai coglioni! 91
Céline getta venti dollari sul tavolo ed esce. SIGNORA MORTE: Se n’è andato... BELANE: Vuole che lo fermi? SIGNORA MORTE: Non ce n’è bisogno. Ci penserà qualcun’altro. BELANE: Un sicario? Ha già in mente qualcuno? SIGNORA MORTE: La Sorte... Poi dalla strada giunge uno stridore di freni seguito da un rumore di lamiere e da un forte colpo come di metallo che colpisce un ostacolo. Belane si alza di colpo ed esce di corsa a sincerarsi dell’accaduto. Fuori, nel bel mezzo di Hollywood Boulevard, giace il corpo ormai senza vita di Céline. Una donna obesa con un grande cappello rosso alla guida di una vecchia Oldsmobile scende dall’auto e urla impazzita. Céline è fermo immobile in terra, sull’asflato. Belane lo guarda un momento e subito rientra. Dentro, si risiede. Al tavolo tre bicchieri vuoti ma nessuna traccia della Signora Morte. Ordina un cuba libre e chiede il conto. Mentre aspetta il conto, pensa fra sé e sé. BELANE: (fra sé) I buoni muoiono vecchi... Il cameriere porta il cuba libre lasciando lo scontrino delle consumazioni sul tavolo. Belane secca il drink con un colpo solo, paga, esce, e se ne va. INTERNO, UFFICIO DI BELANE, MATTINO. Belane siede in ufficio appoggiando i piedi sul tavolo e accendendosi un buon sigaro. BELANE: (in camera) Eh già, lo so. Sono un vincente. Ho risolto un caso. Ho perso due clienti, ma ho risolto un caso. Ma la lista non è ancora finita. C’è da trovare il Passero. E indagare sulla passera infedele Cindy Bass. E Hal Grovers con l’aliena dello spazio. Ah, che bel lavoro il mio! Beh, sempre meglio che fare il cacciatore e aspettare appostati che gli uccelli si alzino in volo. Poi apre il cassetto in alto a destra della scrivania ed estrae una bottiglia di vodka riserva, e se ne versa un bicchiere. BELANE: (in camera) Un sorso per suggellare la vittoria. Poi beve un sorso. 92
BELANE: Come dice sempre il mio vecchio amico Hank, la gente vincente, quella che riesce nella vita, è solitamente quella dotata di molta tenacia. Altro sorso. (continando) Il talento è soltanto otto ore di lavoro al giorno. Condito con una buona dose di fortuna. Altro sorso. (continando) Ed è bello, quando i tuoi migliori sforzi sono baciati dalla grazia di un briciolo di fortuna. Vuol dire che hai camminato sulla strada giusta, e le tue mosse erano sotto l’occhio attento degli dei, che le hanno apprezzate e ti regalato quello che desideravi, che meritavi, quello che cui hai lottato e combattuto più di tutto. Altro sorso. (continando) Solo che la maggior parte delle persone non riesce ad aspettare la fortuna e rinuncia. Ma non io. Altro sorso. (continando) Non Mickey Belane. Non è un senza palle lui. Roba di prima scelta. Un ardito. Leggermente pigro, un tantino fannullone, forse. Ma furbo e astuto. Altro sorso. (continando) Il vincitore scrive le pagine della storia, circondato da settantadue adorabili vergini puttane... Altro sorso. Poi squilla il telefono. Belane alza il ricevitore. BELANE: Qui Belane. SIGNORA MORTE: Non pensare di esserti sbarazzato di me... BELANE: Senta, Signora, non possiamo accordarci in qualche modo? SIGNORA MORTE: Non è mai successo, Belane. BELANE: Dimentichiamo il passato. Proviamoci. SIGNORA MORTE: Niente da fare, ciccio. BELANE: Va bene, allora che ne dice di darmi almeno una data? SIGNORA MORTE: E che vantaggio ti darebbe? BELANE: Potrei prepararmi... SIGNORA BELANE: La morte è sempre in agguato. E ogni qual volta noi conversiamo del domani, lei intromette la sua parola. Tutti gli umani dovrebbero farlo, a prescindere.
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BELANE: Eppure non lo fanno. Lo rimuovono. O forse sono solo troppo stupidi per pensarci. SIGNORA MORTE: Non sono problemi miei, questi. Queste, sono cose di cui non mi occupo. BELANE: Capisco. SIGNORA MORTE: Sei stato bravo, Belane. Questa telefonata l’ho fatta solo per farti sapere che non mi sono dimenticata di te. Ma hai guadagnato tempo. Non deludermi. O dovrò venire a prenderti immediatamente. La tua ora è giunta. Il tuo tempo è scaduto. E lo dico con rammarico. Tu mi piaci, Belane. Mi sei sempre piaciuto. Dal primo momento che ti ho incontrato. E riaggancia senza aspettare la risposta di Belane. Belane, stanco ed esausto, con espressione stanca e abbattuta in volto, si reca mogio, ramingo e tapino all’angolo bar e si versa un drink. Lo scola tutto d’un fiato e ne versa subito un altro bevendosi così il resto del pomeriggio e fumandosi la serata, che passa inutile e priva di scopo e d’intenti: zero azione, zero colpi-discena, zero novità: Belane si ubriaca e, quando ormai sul piano della scrivania si sono accumulate e affastellate svariate bottiglie vuote di alcole (vodka, gin, whiskey, rhum), si addormenta sul divano, sopraffatto dalla sbronza e dai cattivi pensieri e soverchiato da una irresistibile spossatezza causata dall’alcole, dai farmaci, dal calo di adrenalina, dalle forti emozioni e dalla tensione accumulata nell’arco della giornata si abbandona al sonno. Nel sonno sogna e immagina di salire in macchina, guidare lungo l’Hollywood Boulevard e percorrere la Hollywood Freeway per poi imboccare l’autostrada San Diego fino al raccordo con la Harbor Freeway: qui immagina d’immettersi sulla 110a verso sud e proseguire incerto e indeciso sulla correttezza dell’itinerario: ritorna così sull’Harbor Freeway, la percorre fino alla fine e si trova in San Pedro: qui prende la Gaffey Road, svolta a sinistra sulla Settima, prosegue per un paio d’isolati, poi svolta a destra sulla Pacific e continua a guidare finchè non vede un bar, il Porco Assetato, e decide di fermarsi per un drink. Entra allora nel parcheggio, parcheggia, scende dalla macchina ed entra nel locale.
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IL BAR “IL PORCO ASSETATO”. DIDASCALIA. IL BAR “IL PORCO ASSETATO”. ESTERNO, PARCHEGGIO DEL BAR “IL PORCO ASSETATO”, SERA. Una macchina entra in un ampio spiazzo semivuoto e semideserto. È il parcheggio del bar Il Porco Assetato, come si legge s’un’insegna recante il nome del bar in caratteri al neon mezzi fulminati, affissa al muro scalcinato del locale. La macchina avanza dentro il parcheggio e si ferma: ne scende un uomo grasso, sciatto e trascurato, con abiti sdruciti, trippone enorme da birra, cravatta allentata e barba di tre giorni: è l’investigatore privato Mickey Belane, un personaggio che potrebbe benissimo incontrarsi a bere un drink in compagnia dell’ispettore Marlowe in un losco bar e fumoso della vecchia Hollywood “hard-boiled”. Belane si dirige verso l’ingresso del bar, apre la porta d’ingresso ed entra. L’orologio segna le 23,00. INTERNO, BAR “IL PORCO ASSETATO”, SERA. Il bar è molto buio. Il barista sugli ottanta, canuto e candido. Oltre al barista, altri due vecchi, anche loro bianchi di gesso. Tutti immobili in una bianca staticità si muovono in un’atmosfera sfumata e onirica. BARISTA 1: Mh. BELANE: Qualcuno di voi ha per caso visto Cindy, Céline o il Passero Rosso? Il barista e i due avventori si limitano sollevare la testa, voltarla nella direzione di Belane, e fissare gli occhi sull’investigatore fissi e mutacici. BELANE: Servite anche da bere in questo bar? BARISTA 1: Mh. BELANE: In tal caso, una vodka 7. Lascia pure perdere il lime. BARISTA1: Mh. BELANE: (in camera) A questo punto prendete cinque minuti e dateli alle ortiche: è il tempo che ha impiegato il barista a servirmi da bere. Il barista serve il drink. 95
BELANE: Grazie. Ora, per favore, già che ti sei messo in moto, preparamene subito un altro. BELANE: (in camera) Mh! Non male. Ha tanta pratica alle spalle. (ai due unici avventori del bar) Bella giornata: non è vero, ragazzi? I due vecchi non rispondono. BELANE: Sentite, ragazzi: qual’è l’ultima volta che uno di voi ha tirato giù le mutandine di una donna? VECCHIO: Eh eh eh eh. BELANE: Proprio ieri, non è vero? Od oggi stesso?? VECCHIO: Eh eh eh eh. BELANE: È stato bello??? VECCHIO: Eh eh eh eh. BELANE: (in camera) Comincio a sentirmi depresso. Avverto la loro morte inzupparmi le suole delle scarpe e l’orlo dei pantaloni. La mia vita non ha sbocchi. Ho bisogno di qualcosa: lampi di luce, glamour, qualsiasi cosa. Cazzo. E invece me ne sto qui a parlare con i morti. E poi, mi domando: ma non vanno seppelliti i defunti? Al sesto drink, due uomini con volto coperto e mano armata entrano pistole spianate nel bar: l’orologio segna le 02,00: sono passate quattro ore dall’ingresso di Belane nel locale. RAPINATORE 1: BENE, RAGAZZI! NIENTE STRONZATE ADESSO! PORTAFOGLI, ANELLI E OROLOGI SUL BANCO. ORA! Il secondo rapinatore scavalla il bancone scagliandosi contro il registratore di cassa a calci e pugni. RAPINATORE 2: (al barista) HEY, COME SI APRE ‘STO CAZZO DI COSO? HEY, NONNETTO: DICO A TE: COME SI APRE ‘STO CAZZO DI COSO? VIENI QUI E APRI ‘STO CAZZO DI COSO! Il barista non si muove: il secondo rapinatore gli punta la pistola contro: il barista apre la casa: il rapinatore inizia a saccheggiare la cassa arraffando l’incasso mentre il primo rapinatore è intento a mettere la refurtiva sottratta a Belane e agli altri due avventori in un sacco. RAPINATORE 1: (a rapinatore 2) PRENDI LA SCATOLA DEI SIGARI! SOTTO IL BANCO, SOTTO IL BANCO! Raccolto il bottino, il primo rapinatore fugge mentrecchè l’altro rimane fermo immobile in mezzo alla sala del bar con aria pensosa. Poco dopo, il primo rapinatore rientra nel bar. 96
1 (a rapinatore 2) Ma che stai facendo? 2 (a rapinatore 1) Mi sento un po’ pazzo! RAPINATORE 1: Lascia perdere: Squagliamocela piuttosto. RAPINATORE 2: MI SENTO PAZZO! E punta la pistola contro il barista sparando tre colpi che per tre volte centrano il barista e per tre volte gli bucano il ventre: il barista sussulta tre volte e poi cade in terra senza vita stramazzando al suolo e rimbalzando. Una sola volta. RAPINATORE 1: DEMENTE ROTTO IN CULO! PERCHÈ LO HAI FATTO? PERCHÈ FARE UNA COSA DEL GENERE? RAPINATORE 2: NON DARMI DEL DEMENTE! O AMMAZZO ANCHE TE! Poi punta la pistola contro il suo socio ma è troppo tardi: il primo rapinatore ha già mirato e gli spara prima che possa rendersene conto: il proiettile gli attraversa il naso e gli esce dalla nuca uccidendolo sul colpo. Il primo rapinatore si guarda in giro nel locale ed esce di corsa dalla porta. Dopo pochi secondi anche Belane si precipita fuori dal bar barcollante per l’alcole e vacillante. RAPINATORE RAPINATORE
ESTERNO, NOTTE. In un attimo è in macchina: apre, sale, accende, ingrana la prima, sgomma e vola via. In lontananza si sentono sfrecciare le sirene della polizia. Tranquillizzatosi, accende un sigaro e la radio, scanala le stazioni e si ferma a una che trasmette buona gradevole musica jazz. BELANE: (incredulo e stranito, in camera) L’ho scampata bella. È stato come un sogno. Beh, in fondo la vita è tutta un sogno. La vita è sogno... Eh già... La vita è sogno: sarebbe un titolo perfetto per un romanzo. (poi, fra sé, controllando l’orologio) Sono già le 5 e 30: meglio non perdere tempo e recarsi subito a casa Bass... Belane percorre il tragitto a ritroso: uscito dal parcheggio del Porco Assetato e fatto un giro di ricognizione attorno all’isolato, prende la Pacific, la percorre finchè non svolta a sinistra sulla Settima, la percorre finchè non svolta a destra sulla Gaffey Road ed è di nuovo a San Pedro: da qui imbocca la 110a in direzione di Cadillac Avenue, esce sulla Settima, percorre il Cienega Boulevard, prosegue sul Wilshire Boulevard e continua a guidare fino a Beverly Hills. 97
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IL CASO “CINDY BASS”. DIDASCALIA. IL CASO “CINDY BASS”. ESTERNO, BEVERLY HILLS, MATTINO. Belane è in pieno doposbronza: in evidente stato di ebrezza guida fino a Beverly Hills, procedendo con cautela e circospezione lungo le strade e i viali del quartiere. Allorchè un cartello stradale indica l’incominciamento di Rodeo Drive l’investigatore svolta e imbocca la via arrestando l’auto davanti al numero 69. Parcheggiato, rimane nella vettura. L’orologio segna le 06,50. In attesa nell’abitacolo dell’auto, Belane stende una mano verso il sedile posteriore, prende un fascicolo denominato CINDY BASS e comincia a sfogliarlo. Il fascicolo raccoglie una breve nota stilata con penna e alcuni ritagli di giornale che Belane legge ad alta voce. Intanto, fuori, il sole scioglie i nodi delle tenebre notturne e la chiaria del mattino alba all’orizzonte. BELANE leggendo ad alta voce: Dunque, vediamo un po’: vincitrice di un concorso minore di bellezza ed eletta Miss “Red Hot Chili Pepper” nell’anno 1990, modella, comparsate cinematografiche, ama sciare e studia pianoforte; le piace la pallanuoto; colore preferito il rosso; frutto preferito la banana; adora i bambini e il jazz; legge Kundera e Bukowski (guardando in camera ovviamente...); studia per diventare avvocato. Perfetto. Cindy, sei mia! T’inchioderò il culo! Ti spaccherò il culo! Te lo sfonderò proprio! Sei nelle mie mani adesso! Sei in mio dominio! Ti dominerò e tu obbedirai ai miei ordini, lurida puttana! Grazie Marcela! Successivamente Belane nota una macchina uscire in retromarcia dal vialetto della dimora dei Bass e imboccare la via. Dentro la macchina Jack Bass, che esce per recarsi a lavoro. Belane controlla l’orologio: sono le 07,20. BELANE: Adesso tocca a te, Cindy. A te la prima mossa, brutta troia. Scopriamo qual’è il tuo gioco, brutta troia rotta in culo! Belane estrae nuovamente la foto di Cindy e la osserva attentamente. 99
BELANE: (parlando alla fotografia) Sei bella, brutta puttana. Ma, in fondo, hai anche tu cerume nelle orecchie e merda negli intestini come chiunque altro. Sei solo una volgare, lurida puttana e vuoi scaricare Jack: tutto qua. (parlando allo specchietto retrovisore) Cazzo, che faccia che ho... Deve essere il dopo-sbronza: ancora non l’ho smaltita. Ma c’è una cosa positiva nell’essere un ubriacone: non si è mai stitici. Alle 09,00 un’altra macchina esce in retromarcia dal vialetto della casa di Bass. Belane aguzza la vista e riconosce il volto di Cindy: mette in moto e la segue. BELANE: Ci siamo! S’inizia a ballare! Adesso sì che ci si diverte! La macchina di Cindy percorre Rodeo Drive e imbocca l’autostrada “San Diego” procedendo ad alta velocità. BELANE: Sei in calore, eh, puttana!? Non resisti, eh, troia? Lo vuoi subito, eh, zoccola? Cindy aumenta ancora la velocità. Belane si tiene dietro a sole 4 macchine di distanza. BELANE: Sei in calore, troia, sei in calore! T’inchioderò il culo, t’inchioderò il culo come non ti è mai successo prima! È giunto il tuo momento! Inseguimento e consumazione, toccata e fuga, amale e lasciale! Sono Mickey Belane, il dritto dell’investigazione! Una sirena attira l’attenzione di Belane che guarda nello specchio retrovisore accorgendosi della lampeggiante rosso di una macchina della polizia che lo tampina e gli fa segno di accostare. BELANE: Merda! L’investigatore porta l’auto nella corsia lenta, entra nella prima piazzola di sosta che incontra, ferma la macchina e scende. Gli sbirri fermano la macchina a una decina di metri e scendono dirigendosi verso la macchina di Belane il quale fa la stessa cosa: apre lo sportello, scende e si dirige verso gli sbirri frugandosi in tasca. SBIRRO 1: Fermo, amico, e mani in alto! BELANE: Ma che cazzo vuoi fare? SBIRRO 1: AL-ZA LE MA-NI IN AL-TO! Belane alza allora le mani sulla testa mentre il secondo sbirro lo avvicina serrandogli i polsi dietro la schiena
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e lo spinge verso la sua vettura sbattendolo con forza sul cofano. SBIRRO 2: Brutta merda! Hai sentito? SBIRRO 1: Sai che cosa facciamo ai cazzoni come te? BELANE: Un’idea ce l’ho... SBIRRO 2: (a sbirro 1) Questo cazzone vuole fare il furbo! SBIRRO 1: (a sbirro 2) Vacci piano, Lou: potrebbe esserci una tele-camera in giro... SBIRRO 2: (a sbirro 1) Non posso farci niente, Bill: non sopporto questi furbastri. SBIRRO 1: (a sbirro 2) Lo inchioderemo, Lou. Più tardi gl’inchioderemo il culo. Gli faremo un culo così. BELANE: Dai, ragazzi: stiamo causando un ingorgo: le auto si fermano e gli stupidi rallentano per fissarci con le loro facce stupide. SBIRRO 1: E chi cazzo se ne frega, coglione? SBIRRO 2: Ci hai minacciati: ci sei venuto incontro con la mano sul cinturone. BELANE: (allibito) Ma stavo cercando il portafoglio: volevo mostrarvi i documenti. Sono un investigatore privato con regolare licenza della città di Los Angeles e stavo pedinando un sospetto. Il secondo sbirro allenta la presa sul braccio di Belane. SBIRRO 1: Tirati su. BELANE: Va bene. SBIRRO 2: Adesso, LEN-TA-MEN-TE, prendi il portafogli e mostraci la patente. BELANE: Bene. Belane esegue e porge al secondo sbirro un foglietto ripiegato. SBIRRO 2: Che cosa è questo? Il secondo sbirro restituisce a Belane il cartiglio. SBIRRO 2: Aprilo, poi ridammelo. BELANE: (aprendolo) È un foglio provvisorio: mi hanno ritirato la vecchia patente quando non ho passato l’esame scritto e questo documento mi permette di guidare finchè non rifarò l’esame, la settimana prossima. Pausa. Gli sbirri si scambiano un’occhiata d’intesa. BELANE: Ero alle calcagna di un’indiziata quando avete acceso il lampeggiante. Stavo quasi per prenderle il culo.
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1: Bene, bene, bene. Dovremmo sbatterti dentro... Ma non lo faremo, perchè siamo comprensivi. Ti daremo solo una multa perchè andavi a 150. BELANE: Ma se non toccavo nemmeno i 120. SBIRRO 2: La multa viene 430 dollari. SBIRRO 1: Oppure la metà se paghi subito... BELANE: Come?? SBIRRO 2: Hai sentito... BELANE: Cosa?? SBIRRO 1: Il sospetto si mostra ostile, Lou. Hai sentito? SBIRRO 2: Ho sentito, Bill. SBIRRO 1: Non ho mai visto una scena del genere... Tu hai mai visto una scena del genere, Lou? SBIRRO 2: No, mai, Bill. SBIRRO 1: Hai mai vissuto una situazione del genere, Lou? SBIRRO 2: No, mai, Bill. SBIRRO 1: Hai mai visto un elemento simile, Lou? SBIRRO 2: Proprio mai, Bill. BELANE: Io, invece, ho già visto una scena identica... SBIRRO 1: Sei proprio sicuro? BELANE: Sì: si chiama estorsione. SBIRRO 2: i(minaccioso, a Belane) Come hai detto? BELANE: (sbuffando) Ho detto: grazie per la comprensione. pausa Ma andate a farvi fottere e fatemi la multa. SBIRRO 1: (intimidatorio mettendo la mano sulla pistola) Bene, bene. Il secondo sbirro compila la multa, la stacca dal blocchetto e la consegna a Belane. SBIRRO 2: Firma. Belane firma. SBIRRO 1: Hai dieci giorni di tempo per pagarla o per presentarti in tribunale se ti dichiari non colpevole come indicato. Belane annuisce grugnendo. SBIRRO 2: E guida con prudenza. BELANE: Anche tu, amico. SBIRRO 1: Che cosa? BELANE: Ho detto: io ti benedico. Gli sbirri e Belane ritornano alle proprie rispettive vetture e ripartono. Una volta in macchina, Belane estrae la foto di Cindy e la guata torvo mentre guida. SBIRRO
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BELANE: Cindy, mi sei costata cara e me la pagherai cara! Ti inchioderò il culo come mai ti è successo prima d’ora! INTERNO, LIBRERIA DI TEO KORZENIOWSKI, POMERIGGIO. Teo è intento a segnare i prezzi di alcuni libri rari allorchè Belane fa la propria comparsa nel negozio. TEO: E se andassimo da Musso per un boccone? BELANE: Non posso, Teo: mi sembra di mangiare in continuazione. Guardami... Belane scosta la giacca per mostrare l’addome straripante dai pantaloni e dalla camicia, da cui è anche saltato un bottone. TEO: Potresti farti aspirare il grasso. Aspirano il grasso tramite una cannula. Lo puoi anche conservare in un vasetto e guardarlo: ti ricorderà di stare lontano da ciambelle e birra. BELANE: Senti, cambiamo argomento: conosci quel tizio che assomiglia a Céline? TEO: Oh, quello... BELANE: Proprio quello. Si è fatto vivo ultimamente? TEO: Non da quando vi siete trovati insieme qua dentro: quella è stata l’ultima volta che l’ho visto. Dai la caccia al passerotto? BELANE: (stranito) Beh, diciamo di sì. Poi proprio in quel momento entra Céline: varca la soglia del negozio, saluta con un cenno della testa Teo, rivolge un’occhiata a Belane seguita da un sorriso sardonico, supera i due amici, si reca in fondo al corridoio e afferra un libro. Belane lo ammicca e vicita: Céline ha in mano una copia autografata di MENTRE MORIVO di Faulkner. La rimette al suo posto quando nota Belane avvicinarsi. BELANE: Abiti in questa zona? CÉLINE: Può darsi. E tu? BELANE: Un tempo avevi l’accento francese... CÉLINE: Può darsi... BELANE: Senti, ma non ti hanno mai detto che assomigli a qualcun altro? CÉLINE: Tutti, chi più chi meno, somigliano a qualcun altro. Senti, hai una sigaretta? Belane fruga nelle tasche BELANE: Certo. Ecco. Tieni. 103
CÉLINE: Perfetto. Ora, per favore, prendila, accendila e fumatela: ti terrà occupato. Detto questo Cèline si allontana. ESTERNO, HOLLYWOOD, POMERIGGIO. Céline esce dal negozio e Belane lo segue: annuisce un accennato saluto a Teo ed esce in strada appena in tempo per vederlo salire s’una macchina parcheggiata proprio davanti la propria, salta alla guida e si getta all’inseguimento. BELANE: (monologando) Che botta di culo! Altro che fornicare con le probabilità e la statistica: è la prima volta da mesi che ho trovato parcheggio vicino al marciapiede! Come mi sento bene oggi! Sono ancora giovane, e ho tutta la vita davanti! Beh, abbiamo sempre tutta la vita davanti: il problema è la quantità di morte alle nostre spalle che ci perseguita... A proposito: Signora Morte, guardami, sto lavorando per te! Céline si dirige sull’Hollywood Boulevard, poi imbocca la Hollywood Freeway e dopo l’Harbor Freeway, poi la Santa Monica, la San Diego finchè non esce dall’autostrada per immettersi nelle tranquille strade di un quartiere poco affollato e familiare a Belane: è Beverly Hills. Céline rallenta, accosta e si ferma al numero 69 di Rodeo Drive, proprio davanti casa Bass, scende dalla macchina e percorre il vialetto che tragitta alla porta d’ingresso dell’elegante villetta. Dopo qualche minuto anche Belane scende dalla macchina e segue lo stesso percorso che tramite il vialetto porta all’ingresso dell’abitazione, notando subito il veicolo di Cindy parcheggiato nel vialetto. BELANE: (in camera, camminando) Quando eravamo giovani la maestra ci chiedeva sempre che cosa avremmo voluto fare da grandi e tutti i maschi rispondevano sempre la stessa cosa, il pompiere. Nessuno diceva ‘voglio fare l’investigatore privato’. E adesso sono uno di loro. Pausa Ah, quando era il mio turno e toccava a me io dicevo sempre ‘non lo so’. Giunto davanti l’abitazione, estrae dalla tasca una videocamera, forza la serratura della villetta e fa irruzione in casa di Bass. 104
INTERNO, CASA DI BASS, POMERIGGIO. Una volta dentro, l’investigatore percorre il corridoio finchè non percepisce voci e rumori provenienti dalla porta chiusa di una stanza situata in fondo al corridoio. CÉLINE: (fuori campo) Ne hai bisogno. Lo so. So che lo vuoi. E lo sai anche tu... CINDY: (fuori capo) Io... non sono sicura... T’immagini che sarebbe capace di fare Jack se lo venisse a scoprire? CÉLINE: Non lo verrà mai a sapere. CINDY: Jack sa essere un uomo violento... CÉLINE: Non lo verrà mai a sapere. È solo per il tuo bene. CINDY: (ridacchiando) Solo per il mio bene, dici? E a te non viene niente in mano... CÉLINE: Naturalmente, anche io ho la mia parte di godimenti in questa faccenda. Ecco, guarda, ce l’ho in mano... Prendilo e-Belane spalanca la porta con un calcio e si catapulta dentro la camera con in mano la video-camera accesa ma i due sono seduti a un tavolino mentrecchè Cindy stava per firmare alcune carte, penna in mano e minigonna a dolcevita. BELANE: (abbassando la tele-camera) Oh, cazzo! CÉLINE: Ma che diavolo succede, Cindy? Conosci questo tizio? CINDY: Mai visto prima d’ora in vita mia. CÉLINE: Io sì: bazzica una certa libreria che soglio frequentare e mi fa domande stupide. CINDY: Adesso chiamo la polizia. BELANE: Calma, posso spiegare tutto. CINDY: Ti conviene che sia una spiegazione valida. CÉLINE: Meglio che lo sia. Ma Belane rimane impalato senza proferire parola. CINDY: Chiamo subito la polizia. Adesso! BELANE: Ferma. Tuo marito, Jack Bass, mi ha ingaggiato per inchiodarti il culo. CINDY: In che senso? CÉLINE: Parla cristiano, per giove! BELANE: Purtroppo, solo in senso metaforico. Investigativo, più precisamente. Sono un investigatore privato della contea di Los Angeles con regolare licenza. 105
CINDY: E con questo? BELANE: Lui vuole che t’inchiodi il culo. CINDY: Inchiodarmi il culo? Ma come parli? Sei forse un pervertito? Un maniaco sessuale? CÉLINE: Stavamo solo discutendo la stipula di un’assicurazione sulla vita... BELANE: Mi spiace, è stato uno sbaglio. Si è trattato di un errore, uno stupido equivoco, uno sciocco malinteso. CÉLINE: Ma come cazzo fai a rimediare a una cosa simile? BELANE: In questo momento non ne ho la più pallida idea. Sono davvero dispiaciuto e mortificato. Escogiterò qualcosa per migliorare la situazione. Dico sul serio. CINDY: Questo tizio mi sembra proprio una specie di deficiente. E parla come un matto. È da rinchiudere. BELANE: Mi dispiace, ma adesso devo proprio andare. Vi contatterò io per tutto. CINDY: Adesso ti denunciamo alla polizia. BELANE: Devo proprio andare. Un impegno improvviso di lavoro. Scusate se non mi trattengo: devo scappare davvero. CINDY: Eh, no! Non te ne vai proprio da nessuna parte. E fa scattare un allarme: giunto all’ingresso Belane si trova davanti un gigantesco omaccione mostruoso che gli sbarra il passaggio: è Brewster. BELANE: Hey, ragazzo, ti piacciono le caramelle? BREWSTER: Farabutto, sei tu la mia caramella! BELANE: E che ne diresti invece di qualche giocattolo? Che giocattoli ti piacciono, bello? BREWSTER: (a Cindy) Vuoi che lo uccida? CINDY: No, Brewster: sistemalo in modo che non riesca ad andare in giro per un po’. BREWSTER: Ok. Brewster si avvicina minacciosamente a Belane. BELANE: Hey, Brewster, chi hai votato come presidente? BREWSTER: Eh? A questa domanda Brewster si blocca e Belane ne approfitta per scagliargli la video-camera nella zona genitale: Brewster si piega in due dal dolore e Belane approfitta per colpirlo nuovamente, stavolta con una ginocchiata in faccia: Brewster cade in terra e Belane ha campo libero
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per fuggire e darsela a gambe. Ma prima di uscire si volta verso Cindy. BELANE: (puntando il dito) Quanto a te, non è finita: t’inchioderò il culo! CINDY: QUEST’UOMO E’ PAZZO! CÉLINE: Credo che tu abbia ragione. BELANE: (fra sé) Un altro giorno da buttare nel cesso. INTERNO, UFFICIO DI BELANE, MATTINO. Belane è seduto alla scrivania e si trastulla e sollazza giocherellando con una penna. BELANE: (in camera) Dunque, facciamo il punto della situazione... Tutto sembra arrivato a un punto morto. Serve un goccetto. Si versa da bere. BELANE: Ahh. È stata una notte tremenda. Mi sento completamente inutile. Sono inutile. Sotto tutti i punti di vista. Ci sono miliardi di donne là fuori e nessuna che venga al mio indirizzo. Perchè?, chiedete? Perchè sono un perdente. Sono un investigatore che non riesce a risolvere un bel niente. Una mosca zampetta sulla scrivania e Belane la schiaccia con il palmo aperto della mano. Poi, d’improvviso, i suoi occhi si illuminano. BELANE: (in camera) Cazzo! Céline stava vendendo a Cindy un’assicurazione, un’assicurazione sulla vita di Jack Bass. Vogliono toglierlo di mezzo! Facendo passare il tutto come morte naturale! Sono insieme in questa cosa! Li tengo per le palle! Cioè, tengo Céline per le palle... Quanto a Cindy, a lei inchioderò il culo! Jack Bass è nei guai. E la Signora Morte vuole Céline. E del Passero Rosso nemmeno l’ombra. Aspettate, mi sto incasinando, scusate. Dunque, mi sto avvicinando a qualcosa, qualcosa di grosso. Poi alza il ricevitore del telefono e subito lo abbassa. BELANE: (in camera) A chi cazzo credo di chiamare? É tempo di agire! Bass è in pericolo di vita. O di morte! Insomma, avete capito, è nella merda, nella merda fino al collo! Anzi, fino ai capelli! Sta affogando nella merda! Si risiede in poltrona. BELANE: (in camera) Devo riflettere. Cercare di pensare. Mi sento come se fossi estraneo alla mia vita e a me stesso. 107
Prova a schiacciare un’altra mosca usando un giornale arrotolato e mancandola. BELANE: (in camera) Vedete? Ora, voi potreste dire, ‘beh, capita di sbagliare, di non essere in giornata’. Il problema è che non è mai la mia giornata, la mia settimana, il mio mese, il mio anno, la mia vita, CAZZO! Mi sento come se stessi partecipando al mio funerale, nato per morire, come una volpe in Inghilterra, o un toro in Spagna. Dov’è finito il divertimento, le risate, le urla, le puttane? Dov’è finito tutto? La porta si spalanca e compare Céline. BELANE: Tu? Ancora tu... Ma non dovevamo vederci più? CÉLINE: Lascia stare: conosco la canzone... BELANE: Non bussi mai? CÉLINE: Ti spiace se mi siedo? BELANE: Sì. Ma fai pure. Céline si siede con fare nervoso, fruga nella scatola dei sigari, ne prende uno, lo scarta, sputa l’estremità con un morso, prende l’accendino, accende, inspira ed espira sbuffando un magnifico cerchio di fumo quasi perfetto. BELANE: Devo confessarti una cosa: quelli li vendono. CÉLINE: Che cosa non venderebbero? L’amore, la felicità, il sesso, un’abbuffata, un’emozione, un sentimento: si vende tutto. Soprattutto, quello che non si coprerebbe mai. BELANE: Pagando si può avere tutto. CÉLINE: E questo è molto triste. Ma bando alle ciance, amico. Basta cazzate. Devo farti un discorso. Soffia uno sbuffo di fumo nervoso. BELANE: Va bene, va bene. Sentiamo, sentiamo... Céline sistema e poggia i piedi sulla scrivania. BELANE: Che bel paio di scarpe: francesi? CÉLINE: Francia, Schmantz. Chi se ne frega? Soffia un altro sbuffo di fumo. BELANE: Perchè sei qui, dunque? CÉLINE: Bella domanda. È esplosa attraverso i secoli e ancora tuona e rimbomba ed echeggia in questa sala... Sbuffo di fumo. CELINE: Giochiamo a carte scoperte... Sbuffo di fumo.
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CÉLINE: Sei nella merda fino al collo. Anzi fino ai capelli. Anzi, fin sopra i capelli: scasso e violazione di domicilio, percosse, violenza privata, e lesioni. Sbuffo di fumo. BELANE: Che cosa?? CÉLINE: Brewster è ridotto a un eunuco. Gli hai frantumato le palle con la video-camera. Adesso sembrano due fichi secchi. Può cantare da soprano. Registro altissimo! Sbuffo di fumo. BELANE: E quindi? CÉLINE: Sappiamo bene dove bazzica il colpevole reo morale e materiale di aver distrutto la virilità di un altro uomo suo simile e altre vigliaccherie... BELANE: E quindi? CÉLINE: È possibile che la polizia venga informata. Sbuffo di fumo. BELANE: Avete prove concrete? CÉLINE: Tre testimoni. BELANE: (sarcastico) Cavolo, un mucchio. Sbuffo di fumo. Céline spegna nervosamente il sigaro nel ceneraio, abbassa i piedi e si piega in avanti fissando Belane dritto negli occhi. CÉLINE: Belane, mi serve un prestito di 10 teste. BELANE: (eccitato) Ahh, un ricatto! (sardonico) La cosa si fa interessante... CÉLINE: (risentito) Non è nessun un ricatto: ti sto solo chiedendo un prestito. BELANE: Garanzie? CÉLINE: Cazzo, nessuna. BELANE: Allora torna da dove sei venuto. O vai dritto per March Avenue, poi svolta a destra per Sunset Boulevard, continua dritto sulla Santa Monica, e una volta lì prosegui dritto E VAI AFFANCULO! CÉLINE: Dunque la metti così? BELANE: Non è un mio modo di metterla. È così e basta. CÉLINE: BREW, ORA! La porta si spalanca una seconda volta ed entra ciondolante Brewster che parla in falsetto continuo pronunciando ogni singola sillaba con voce acutissima da soprano. 109
BREWSTER: Salve, signor Belane! BELANE: Brew, mi dispiace per l’incidente. Ma guarda il lato positivo: l’incidente non ti ha reso più piccolo. Forse più effemminato, ma non più piccolo. Sei il più grande figlio di puttana che abbia mai visto. Belane ritorna prontamente dietro la scrivania ed estrae la propria .45 puntandola contro Brewster. BELANE: (a Brewster) Sai, ragazzo, se fossi un album jazz, adesso ti chiameresti Dick’s Brew. Brewster ringhia verso Belane. BELANE: Senti, giovane, questo arnese può fermare un treno: io mi accontenterei di averci rimesso solo le palle e non già anche la pelle. O vuoi far finta di essere un trenino? Eh? Dai, forza, fai ciuf-ciuf! Segui il binario che ti porta dritto alla morte! Fai ciuf-ciuf. Vieni, ciuf-ciuf! Forza! gridando inferocito FAI CIUF-CIUF HO DETTO, BRUTTO FIGLIO DI PUTTANA O TI ALLARGO IL BUCO DEL CULO! BREWSTER: Questo gioco non mi piace. BELANE: HO DETTO DI FARE CIUF-CIUF LURIDO COGLIONE SENZA PALLE! FAI CIUF-CIUF, FAI CIUF-CIUF, FAI CIUF-CIUF! BREWSTER: Ciuf-ciuf... BELANE: Ancora. BREWSTER: Ciuf-ciuf... BELANE: Di nuovo. BREWSTER: Ciuf-ciuf... BELANE: Di nuovo. Ma stavolta mettici la passione. E fa scattare la sicura della pistola mirando al ventre di Brewster. BREWSTER: Ciuf-ciuuuuf, ciuf-ciufff... Ciuf-ciuuuuf, ciufciufff... Ciuf-ciuuuuf, ciuf-ciufff... BELANE: Così, bravo! Adesso vedi quella porta? BREWSTER: Sì. BELANE: (tremendamente arrabbiato) UN VERO TRENO DICE SOLO CIUF. IO NON HO MAI VISTO UN TRENO DIRE SÌ. TU LO HAI MAI VISTO UN TRENO DIRE SÌ, BREWSTER? E TU, CÉLINE? HAI MAI VISTO UN TRENO DIRE SÌ? IO NON HO MAI VISTO NESSUN CAZZO DI TRENO PARLARE E DIRE SÌ. VOI AVETE MAI VISTO UN TRENO DIRE SÌ? I due tacciono spaventati e atterriti e preoccupati dalla pistola che Belane brandisce pericolosamente in aria.
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BELANE: AHHH! NESSUNO MI HA MAI FATTO INCAZZARE IN QUESTO MODO, NESSUNO È MAI STATO SGARBATO CON ME COME LO SIETE STATI VOI OGGI, CHIARO? MAI NESSUNO, FOTTUTI BASTARDI, STRONZI, STRONZI. E spara un colpo. BELANE: (ancora imbestialito) BRUTTI VERMI SCHIFOSI, PENSAVATE DAVVERO CHE NON AVREI REAGITO A UNA COSA DEL GENERE? (pausa) Ma calmiamoci, amici. Non c’è bisogno di farsi saltare qualche arteria per due stronzi come voi. Vedete quella porte dunque? Pausa. Silenzio prolungato. I due non osano muovere un solo muscolo. BELANE: (a Brewster, puntandogli contro la pistola) Su, coraggio, ragazzo, rispondi tu. BREWSTER: (incerto e indeciso) Ciuf? BELANE: AHHHH AH AH AH AH AH! BRAVO, UN CIUF SÌ, DUE CIUF NO!!! AH AH AH AH AH AH AH. UN CIUF PER DIRE SÌ, DUE CIUF PER DIRE NO!!! AH AH AH AH AH AH AH. Vediamo se hai capito, bello. ancora rivolto a Brewster, puntandogli la pistola Tu madre è puttana? BREWSTER: Ciuf ciuf... BELANE: Risposta legittima. Hai capito. (pausa) Dunque, parlavamo di una porta. Quella è la porta del bagno. Entraci e siediti sul vasino. Non me ne fotte un cazzo se tiri giù i pantaloni o no. Ma voglio che entri là dentro e che vai a sederti sul vasino fino a quando non ti dirò di uscire. Hai capito? BREWSTER: Ciuf. Brewster si avvia verso il bagno, apre la porta, entra e richiude. BELANE: (a Céline) Tu. CÉLINE: Stai mandando tutto a puttane, Belane... BELANE: Deve essere la mia specialità. Adesso tocca a te: entra là dentro con il tuo bambino. Dai, avanti, adesso, MUOVITI! Céline si sposta lentamente verso la porta del cesso, apre, entra e richiude. Belane chiude a chiave. Poi comincia a spingere con sforzi e stenti sovrumani la scrivania (la quale è pesantissima e necessita molto tempo e forza per essere spostata) per addossare questa alla
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porta del bagno e così bloccare la porta del bagno e impedire ai vinti la fuga. CÉLINE: (fuori campo) Belane, senti, lasciaci andare adesso e saremo pari. Non ho più bisogno del prestito né andrò dagli sbirri e Brewster non ti torcerà un capello. E mi occuperò io di Cindy... BELANE: Quella puttana! Le inchioderò il culo! Belane addossa la scrivania alla porta del bagno e, quando ha finito, esce dall’ufficio chiudendo a chiave. ESTERNO, BEVERLY HILLS, POMERIGGIO. Belane è parcheggiato davanti la casa dei Bass. BELANE: Bene, bene, bene: la macchina di Cindy è ferma nel vialetto: probabilmente la troia aspetta che Céline e Brewster tornino. Aspetterò anche io. Accende la radio, per ingannare il tempo aspettando. SIGNORA MORTE: (fuori campo, dalla radio) Brutto scemo, non stai facendo progressi! BELANE: Dici a me? SIGNORA MORTE: Ci sei solo tu lì seduto. Belane si guarda intorno. Poi rimane in silenzio. SIGNORA MORTE: Belane? BELANE: Sì? SIGNORA MORTE: MUOVI IL CULO E RISOLVI IL MIO CASO. BELANE: Senta, signora, sto lavorando al suo caso proprio adesso. Tengo d’occhio qualcuno. SIGNORA MORTE: E chi stai tenendo d’occhio? BELANE: Una conoscente di Céline. I due sono legati. SIGNORA MORTE: See, come il tuo cervello. E Céline? BELANE: È chiuso dentro il cesso del mio ufficio insieme con un eunuco di 180 chili. SIGNORA MORTE: E che cosa ci fa chiuso lì dentro? BELANE: Si sta scaricando. SIGNORA MORTE: In senso fisico o metaforico? BELANE: In senso per metà fisico e per metà metaforico. Diciamo in senso meta-meta/fisico. SIGNORA MORTE: Ma come parli? BELANE: Signora, non dubiti di me: evacuerò il suo caso in men che non si dica! SIGNORA MORTE: Eh?
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BELANE: Il caso è quasi risolto. Inchioderò il culo del povero Céline. SIGNORA MORTE: Non voglio che si faccia del male. BELANE: Non gli farò del male, parola d’onore! La sua sarà una... dolce morte ah ah ah. Sono Belane, nome in codice Signor Morte Lenta, l’investigatore più dritto di L. A.! Il pericolo è il mio mestiere. Mi fa fischiare le orecchie e stringere il buco del culo. Si vive una volta sola. Giusto? Giusto! Si monta sulla giostra una sola volta: la vita è degli audaci. SIGNORA MORTE: Belane, a volte penso che tu sia una specie di strano essere subnormale. BELANE: Passo e chiudo, capo! I sospetti sono caldi: devo chiudere! Belane spegne la radio, scende furtivamente dall’auto con la video-camera in una mano e una ventiquattrore nell’altra per non dare nell’occhio, abbassa il cappello sull’occhio sinistro con atteggiamento , si avvicina alla casa, e riesce a forzare la serratura al primo colpo. INTERNO, CASA DI BASS, POMERIGGIO. BELANE: (schiacciando l’occhio alla tele-camera) Come l’altra volta, zero problemi: quarantasette secondi e sono dentro. (poi, guardandosi intorno con circospezione) Il mio sesto senso mi dice che qualcosa di grosso sta crescendo qui dentro. Lo sento, aumenta, aumenta, esploderà! Si odono delle voci provenienti dal piano superiore: Belane rivolge lo sguardo alle scale interne e sale camminando silenziosamente con passo felpato. Avvicinandosi, Belane riconosce una delle voci: appartiene a Cindy. Continua a salire. Giunto al piano sopra si dirige verso la porta da cui provengono le voci fermandovisi dietro in modo da poter sentire quello che si dicevano. CINDY: Che cosa credi di fare con quell’arnese?... Vuoi cavalcarmi, eh? Vuoi montarmi, vuoi ingropparmi, vuoi domarmi... Dammelo tutto... Lo voglio dappertutto: nelle orecchie, in bocca, tra i capelli, in culo. Dai scopami... Scopami, sfondami, spaccami! Poi rumori di molle, sospiri, gemiti e ansiti cadenzati. 113
BELANE: (sottovoce, fra sé) Bene, cara Cindy, stavolta ti ho inchiodato il culo! Spalanca la porta con un calcio e piomba nella camera. BELANE: Eccoti, lurida puttana! Finalmente ti ho inchiodato il culo! Cindy emette un urlo di terrore. JACK BASS: (incredulo) Che cosa?? MA CHE CAZZO SUCCEDE? BELANE: Merda! Belane scappa e Jack Bass lo insegue con una pistola in mano esplodendo pallottole a ripetizione. Una di queste colpisce e rotea il cappello di Belane lanciato in una folle corsa e indiavolata lungo il marciapiede in direzione della macchina, ma durante la corsa qualcosa gl’intralcia la via: che sia un vecchio in bicicletta se ne accorge solo quando lo ha ormai travolto e scaraventato in terra lasciandolo sottosopra sul selciato con le ruote della bicicletta che girano a vuoto stagliate contro il cielo plumbeo e proseguendo imperterrito il cammino fino alla macchina. Arrivato alla vettura si fionda dentro, e in un lampo le gomme sgommano strisciando e sbandando sull’asfalto mentrecchè Bass continua a far fuoco fermandosi per prendere la mira e sparando instancabile: una pallottola centra l’“arbre magique” attaccato allo specchietto retrovisore, un’altra buca il finestrino posteriore destro, e un’altra e terza trapassa da dietro il sedile del passeggero colpendo il vano del cruscotto e facendo un buco perfetto e fumante. Infine, Belane riesca ad allontanarsi e può rilassarsi. INTERNO, UFFICIO DI BELANE, MATTINO. L’indomani mattina Belane alza il ricevitore e compone il numero di Jack Bass. BASS: (fuori campo, al telefono) Pronto? BELANE: Bass, qui Belane. BASS: Maledetto figlio-di-puttana! BELANE: Vacci piano, Bass: so che ho sbagliato, ma ricorda che sono cintura nera. BASS: Cintura nera di castità, vorrai dire! BELANE: Vacci piano, Bass... sono cintura nera.
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BASS: Ti servirà, la prossima volta che farai ingiustificatamente irruzione nel bel mezzo di un mio amplesso amoroso all’interno del dolce calore del mio talamo nuziale. BELANE: Jack, ti chiedo scusa, ma io vedevo solamente un culo che faceva su e giù: non ho capito che fossi tu fino al momento in cui ti sei voltato. BASS: E chi altro pensavi che potesse essere? Credi che lei sarebbe tanto stupida da portarsi uno qualsiasi in casa mia e farsi sbattere nel mio letto? BELANE: È già successo un sacco di volte, Bass. BASS: Che cosa? BELANE: Non intendevo in casa tua, Jack. BASS: E dove allora? BELANE: Lascia perdere. BASS: In che senso lascia perdere? BELANE: Nel senso che non c’entra con il tuo caso. Dimmelo fuori dai denti. BASS: Che cosa? BELANE: Vuoi che mi occupi ancora di questo caso o no? BASS: Finora non hai combinato niente. Non STAI combinando niente. BELANE: Che intendi dire? BASS: Che per adesso hai solo video-registrato il mio culo mentre m’ingroppavo mia moglie: non mi sembra un gran risultato per l’investigatore privato più dritto di Los Angeles. BELANE: Al contrario, Bass: sono proprio dentro al tuo caso, Jack. BASS: Cioè? BELANE: Ho scoperto un legame. BASS: Eh? BELANE: C’è una connessione. BASS: Eh?? BELANE: Un contatto. BASS: Eh?? BELANE: Una relazione. BASS: Legami... Connessioni... Ma di che diavolo stai parlando? BELANE: È in contatto con un tizio, lo conosco: un tipo infido e pericoloso. Stanno tramando qualcosa di losco alle nostre spalle, Bass. Jack. 115
BASS: Li hai beccati insieme, Belane? BELANE: Non ancora. BASS: E come mai? BELANE: Gli sto apparecchiando una trappola, un’imboscata, un tranello: cadranno nel sacco con i loro stessi piedi, si daranno la zappa sui piedi con le loro stessi mani, si tromberanno a vicenda. BASS: In senso fisico o metaforico? BELANE: Metà fisico e metà forico, Bass. BASS: Eh!? BELANE: Metà dentro e metà fuori, Jack. BASS: Belane, forse dovresti lasciar stare le metafore. (minatorio) Vacci cauto. BELANE: Ci vado cauto, Bass. Lascerò che si fottano da soli e poi l’inculerò una volta che si saranno fottuti con le proprie mani. BASS: Non puoi inchiodarli subito? BELANE: Come ti ho detto, aspetto che lui dia fiato alle trombe. Poi l’inchioderò. BASS: Che cosa?? BELANE: Devo beccarli mentre suonano. Mentre danno fiato alle trombe e ai tromboni. BASS: Secondo me tu non sai che cosa stai dicendo. Ancora meno che stai facendo. BELANE: Prego? BASS: Dubito che tu sappia che cosa stai dicendo. Figurati se credo che tu sappia che cosa stai facendo. BELANE: So perfettamente che cosa sto facendo. Inchioderò lui appena darà fiato alle trombe e inchioderò lei non appena suonerà il piffero. BASS: Gradirei che ti esprimessi diversamente. In fondo, è sempre mia moglie... BELANE: Una puttana non appartiene a nessuno. BASS: (minaccioso) Belane... Vacci piano. BELANE: Non sto qui a pettinare le bambole, Bass. Mica sto qui a smacchiare i giaguari. Non sono pagato per sciogliere i nodi di un rastafariano. Il mio compito è inchiodarle il culo. E lo farò, non appena daranno fiato alle trombe. Ma prima, devo penetrare affondo nel caso. Poi la inchioderò. La inforcherò. La impalerò. BASS: Penetrare il caso? 116
BELANE: Voglio inchiodarle il culo come mai le è accaduto prima. Tu non vuoi che io le inchiodi il culo? BASS: Mi basta che tu mi fornisca qualche prova. BELANE: Certo. Ma per farlo devo prima coglierla con le mani nella crema... BASS: Ma sai che cosa stai facendo? O almeno che cosa stai dicendo?? Belane: Bass, il tempo ci sfugge: devo fare chiarezza e smuovere le acque. E queste sono molto torbide. BASS: Ma stai arrivando a qualche conclusione? BELANE: Non ancora. Ma riesco a fiutarla, ad annusarla, ne sento l’odore, ci sono sopra, quasi dentro. D’altronde nelle acque torbide la pesca è più ricca. E tua moglie ha agganciato all’amo un grosso pesce. BASS: (desolato) Oddio... BELANE: È un francese. E tu sai come sono i francesi. No? BASS: No: non so come sono i francesi. Dimmelo tu: come sono i francesi? BELANE: Se non lo sai, Bass, non posso stare qui a spiegartelo. Non ho tutto il giorno a disposizione. Allora, vuoi che vada avanti col caso o no? BASS: Dici che ormai li tieni in pugno? BELANE: Ci sono sopra, Bass. Ci sono dentro. Sto penetrando il caso. BASS: Che cosa? BELANE: Allora, Bass: sì o no? Conterò fino a sette e mezzo. Uno, due, tre, quattro-BASS: --Va bene, va bene, Belane: prosegui. BELANE: Benone, Jack. Ora, un piccolo dettaglio... BASS: Che cosa vuoi ancora? BELANE: Un mese anticipato. BASS: Un mese?? Pensavo che avessi concluso. BELANE: Questo è il momento clou, Jack. Siamo al culmine, siamo all’apice, siamo in cima, in groppa, siamo a cavallo! Stiamo cavalcando la tigre, Bass! Devo organizzare la trappola. Devo prepararla bene. Devo essere sicuro che il pesce abboccherà all’amo di tua moglie. BASS: Basta, basta! Ne ho abbastanza dei tuoi sproloqui! Ti mando subito l’assegno e facciamola finita! BELANE: In un mese al massimo ti consegnerò la preda. BASS: Affare fatto. 117
BELANE: Hai fatto un affare, amico! Ma il telefono era già muto. Belane aggancia il ricevitore. BELANE: Dunque, vediamo: sto facendo progressi. Ho risolto anche il caso “Jennie Nitro”. Ora mi rimane solo da sbrigare la faccenda del “Passero Rosso” e inchiodare il culo di Cindy. Naturalmente adesso Jennie Nitro è un mio problema: sono cliente di me stesso! Un caso in meno, ma un problema in più: un classico per Mickey Belane. Ma, almeno, Céline e Grovers sono storia chiusa. In un certo senso devo confessare che comincio a sentirmi molto professionale. (pausa) Cristo, però! Sei alieni dello spazio a caccia sulla terra e mi hanno arruolato per la loro causa. (sarcastico) La loro causa! Credevo fosse passato il tempo di queste cose. Manca solo Superman, i russi e la guerra fredda e siamo al completo! Devo inventarmi qualcosa. O forse dovrei semplicemente far decantare la cosa. Svita il tappo della vodka e beve un piccolo sorso. BELANE: E rimangono ancora aperte le faccende del Passero Rosso e di Cindy Bass... Poi estrae una moneta dal portafoglio e la lancia nell’aria e contro il fato. BELANE: Testa: Passero Rosso, croce: Cindy Bass. Esce croce: Belane si appoggia alla spalliera della poltrona e guarda in alto fissando il soffitto con espressione compiaciuta in volto e sogghignando. BELANE: Te lo inchioderò, maledetta puttana! T’inchioderò il culo! INTERNO, CASA DI BELANE, MERIGGIO. Belane si sveglia molto tardi, intorno a mezzogiorno, con un’emicrania lancinante da sbronza. In pieno dopo-sbronza va in bagno: si lava i denti, si fa la barba, rimuginando e rimuginando ancora. Poi va nella sala da letto: si veste. Poi si reca in cucina: mette a cuocere alcune uova; beve un bicchiere metà succo di pomodoro e metà birra; toglie le uova dall’acqua bollente e le mette sotto l’acqua fredda corrente per raffreddarle; infine le sguscia e le mangia. 118
Poi si reca in soggiorno: si avvicina al telefono, alza il ricevitore e compone un numero. INTERNO, UFFICIO DI BELANE, MERIGGIO. BELANE: Jack, ti ricordi di quel francese di cui ti ho parlato? JACK BASS: Sì. Che gli è successo? BELANE: L’ho tolto di mezzo, Jack. JACK BASS: Come? BELANE: È morto, Jack. JACK BASS: Bene. Era lui il nostro uomo? BELANE: (allusivo-elusivo) Beh, era in contatto con lei... JACK BASS: Contatto? Che diavolo intendi dire? BELANE: Non voglio farti male... JACK BASS: Mettimi alla prova. BELANE: Senti, sto cercando di inchiodarle il culo. Ecco perchè mi hai assunto, giusto? JACK BASS: Non so nemmeno io perchè ti ho assunto. Credo che sia stato un terribile errore. BELANE: Jack, il francese l’ho beccato con le mani nella marmellata. Adesso è morto. JACK BASS: E questo che significa? BELANE: Non può più sbattersela. JACK BASS: E lo faceva? BELANE: Jack... JACK BASS: E tu, con tutte queste stronzate tipo “voglio inchiodarle il culo”, sei forse un pervertito? BELANE: Senti, Jack, ormai sono proprio sul suo culo. Abbiamo bisogno di una prova forte. JACK BASS: Ecco che ci risiamo... BELANE: Stiamo per venire a godiment-- cioè, a compimento, Jack. Stiamo per concludere, Jack, non ci vorrà ancora molto. Fidati di me. JACK BASS: Allora c’era di più del francese... BELANE: Credo di sì... JACK BASS: Credi di sì? CREDI DI SÌ?? Cazzo, ti pago in dollari sonanti e tutto quello che sai dirmi è “c’è un francese morto” e “credo di sì”? SONO SETTIMANE ORMAI, E QUESTO È TUTTO QUELLO CHE RIESCI A DIRMI?? APRI LA BOCCA PER FAR PRENDERE ARIA AI DENTI, BELANE??? Voglio un po’ d’azione! Prove
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inconfutabili! Voglio che tutta la faccenda venga allo scoperto! BELANE: Tempo sette giorni e avrai tutto quello che vuoi, Jack. JACK BASS: E smettila di ripetere il mio nome in continuazione. BELANE: Perchè? (sarcastico) Ti chiamo come il fante di cuori: credevo che ti facesse piacere... JACK BASS: Te ne do sei, Belane. BELANE: Sei giorni, Jack. Silenzio. JACK BASS: E va bene, Belane. Fra un’ora sarò in aeroporto: andrò sulla costa orientale per lavoro. Tornerò fra sei giorni. BELANE: Entro sei giorni sarà tutto risolto, bello! JACK BASS: E non chiamarmi nemmeno “bello”! NON CHIAMARMI “BELLO” E NON CHIAMARMI NEMMENO “JACK”! CHE STRONZATA È ‘STO “BELLO”?? BELANE: Era solo un modo di dire... JACK BASS: Anzi, non chiamarmi proprio! CHIAMAMI SOLO QUANDO AVRAI IN MANO QUALCOSA DI CONCRETO! E RIMETTI ORDINE IN QUESTO BORDELLO O TI RIVEDRÒ ALL’INFERNO, BRUTTO BASTARDO! BELANE (fingendo un’interferenza nella trasmissione telefonica) Non ti sento bene Jack, la linea è disturbata... Jack, Jack... Jack... Imita con la bocca rumori di disturbo trasmettitivo e riattacca subito il ricevitore. ESTERNO, BEVERLY HILLS, SERA. La Mercedes rossa di Cindy è nel vialetto di casa di Jack Bass. Il maggiolino di Belane è parcheggiato a circa 30 metri di distanza dall’abitazione. Belane, a bordo, aspetta fumando un sigaro. BELANE: (guardando nello specchietto retrovisore) Ma vi rendete conto che Jennie Nitro e i suoi cinque compari alieni vogliono reclutarmi, usarmi come cavallo di Troia, e costringermi a fare l’Efialte della situazione? Ma Mickey Belane non è in svendita! Devo sgominare la banda. Deve pur esserci un modo. Se solo riuscissi a stanare il Passero Rosso: lui mi cinguetterebbe la risposta. (pausa) Sono forse matto? Sta succedendo tutto davvero? Ad ogni 120
modo, qui c’è puzza di bruciato. Il mio sesto senso mi dice che qualcosa sta per succedere; la situazione sta quagliando; ci siamo; tutta la faccenda sta per giungere a conclusione. Ma probabilmente Cindy è là dentro a guardare qualche stupidaggine alla tv, con le gambe calde, vogliose, e accavallate a ridere per sciocchezze e ovvietà. Spegne il sigaro, prende il telefono dell’auto e compone un numero. TELEFONISTA 2: Qui l’ippodromo di Oak Tree, prego, dica. BELANE: Buonasera, vorrei conoscere i risultati dell’ultima corsa. TELEFONISTA 2: Bene, dunque, vediamo... Primo Cacao con due lunghezze di vantaggio, secondo Palla-Di-Sego, terzo MobyDick. Pussycat-Dolls ha disarcionato. BELANE: Cazzo di cane! TELEFONISTA 2: No, Pussycat-Dolls. BELANE: Merda! Belane riattacca, getta la sigaretta che sta fumando, ne accende una sigaretta, e compone un nuovo numero. BELANE: (fra sé) Ho perso un’altra volta. Certo che come handicapper sono proprio handicappato. La vita è sfiancante. Mi sento inutile. Mi fanno male i piedi. BARTON: Pronto? BELANE: Belane. Senti, John, ho problemi a chiudere il caso “Passero Rosso”. Forse faresti meglio a cercare un altro investigatore. BARTON: No, Belane. Ho fiducia in te, ci riuscirai. BELANE: Lo pensi davvero? BARTON: Non ho dubbi. BELANE: Bene, allora continuerò ad occuparmene e concentrerò ogni mio sforzo sul Passero Rosso. BARTON: Sono certo che lo farai. BELANE: Benissimo. Ti contatterò se arrivo a capo di qualcosa. BARTON: Quando! BELANE: Senz’altro. Buonanotte. BARTON: A te, Belane. Riaggancia, getta la cicca ormai consumata, ed estrae un sigaro. BELANE: (fra sé, estraendo il sigaro) Bravo ragazzo! 121
Cindy Bass esce da casa, va alla macchina, sale e mette in moto. BELANE: (fra sé) Portami alla soluzione, piccola. Cindy accende i fari. Esce in retro-marcia. Ingrana la prima. E parte. Dapprima si dirige verso nord. Poi imbocca la Pacific Coast Highway verso sud. A un incrocio passa con il giallo: Belane accelera per riuscire a evitare il rosso: ci riesce al pelo. Infine svolta in un vialetto che conduce a un motel: il Motel Dune Mosse. Cindy entra nel parcheggio del motel. Belane la segue con il guardo e la scruta da una distanza pari a 50 metri. La vede scendere, lasciare la macchina, camminare fino alla camera 9, e bussare: apre un uomo appena maturo, diciamo sui 35 anni. Dalla propria postazione Belane può vederlo bene: un bell’uomo: faccia vuota e liscia, sopracciglia sottili e ben curate, una folta chioma castana. I due si abbracciano sulla soglia scambiandosi anche una specie di bacio. Poi entrano e chiudono la porta alle spalle. A questo punto Belane parcheggia. Scende. Si reca all’accoglienza. Entra. INTERNO, MOTEL , SERA. Dentro l’ufficio per l’accoglienza nessuno. S’una piccola scrivania in legno un campanello: Belane lo suona. Il campanello squilla ma nessuno compare. Belane suona sei volte: finalmente compare qualcuno: un uomo scalzo, con addosso una camiciona da notte e un berretto di lana. BELANE: Buonasera, signore: vorrei una stanza. OSTE: È un pappone? BELANE: Oh, no, signore. OSTE: Vende droga? BELANE: No di certo. OSTE: Peccato. Mi sarebbe servita una sveglia per domani. Ho le batterie scariche. BELANE: (fintamente scandalizzato) Vendo bibbie, signore. OSTE: È disgustoso. BELANE: Cerchiamo solo di diffondere il verbo. OSTE: Purchè non diffondi quelle cazzate quando sono nei paraggi. BELANE: Come vuole, signore. 122
OSTE: Puoi dirlo forte, cazzo! BELANE: Comunque, signore, mi servirebbe una stanza per la notte. OSTE: Scegli: la 3 o la 8. BELANE: Prenderò la 8. OSTE: 35 dollari. In contanti... Belane srotola le banconote e le porge all’oste che le prende consegnando le chiavi. BELANE: Non mi da una ricevuta? OSTE: Una che-cosa? BELANE: Una ricevuta. OSTE: Mi faccia la sillabazione. BELANE: Non la so fare. OSTE: Allora niente ricevuta. Belane prende la chiave. Esce. Si reca alla porta numero 8. Apre. Entra. Chiude. Poi si reca in cucina. Prende un bicchiere. Lo appoggia alla parete divisoria tra la camera 8 e la 9. E aderisce l’orecchio al bicchiere per sentire. CINDY: (fuori campo) Senti, Billy, non facciamo le cose di corsa. Prima voglio parlare un po’. BILLY: (fuori campo) Non riesco: il sangue mi si è concentrato tutto in un posto... CINDY: Prima voglio fare la doccia, Billy. BILLY: D’accordo, ma sbrigati, non so quanto ancora possa resistere. Sento che sto per esplodere. Belane sorride. BELANE: T’inchiodo il culo, brutta troia! Continuando a tenere appoggiato il bicchiere contro la parete e a origliare, sente lo scrosciare dell’acqua della doccia. BELANE: Povero Bass: non si sbagliava. È tutto così sciatto: scopa, scopa, scopa. Beh, la gente si lega. Una volta tagliato il cordone ombelicale, si lega ad altre cose. Panorami, suoni, odori, persone, sesso, miraggi, soldi, masturbazione, omicidi, palestra e sport. Belane adagia il bicchiere, fruga nell’impermeabile, estrae la video-camera e una fiaschetta di rhum, prende un piccolo sorso, e si sofferma a pensare. BELANE: (fra sé) Eccomi in procinto di fare irruzione in una proprietà privata, commettendo vari reati, e non provo 123
alcun gusto. Voglio dire, c’è tutto: scasso, violazione di proprietà privata, violenza e lesioni, adrenalina, rischio, eccitazione. O, almeno, ci dovrebbe essere. E io invece non provo niente. Ormai è un lavoro come un altro, solo un lavoro, per pagarmi l’affitto, l’alcol, le troie, in attesa dell’ultimo giorno. O dell’ultima notte. Perchè è questo che facciamo: ce ne andiamo in giro come idioti a riempire e svuotare i polmoni d’aria, in attesa della morte: in fondo non facciamo altro, in fondo la vita è tutta qua. Forse dovrei pensare d’iniziare ad operare in altri campi. Potrei per esempio scrivere un libro e spiegare al mondo quanto è stupido andarsene in giro come vacche al pascolo in cerca di un lavoro migliore, di una donna più bella, di una macchina più potente, di un televisore più grande, di un praticello ricco d’erba più ampio ed esteso dove brucare i nostri fili d’erba finchè i polmoni collassano e noi muoriamo. Ma, io, potrei essere qualcun’altro? No: io sono Mickey Belane, l’investigatore più dritto di L.A! Beve un altro sorso di rhum. (continuando) Dannazione, mi sta prendendo la malinconia. BILLY: (fuori campo) Accidenti, sei equipaggiata di tutto punto! Guarda che culo! E che gambe, che seno, che bocca... Sei come il porco: non si butta via niente! CINDY: (fuori campo) Oh, Billy, lo pensi davvero? BILLY: Te l’ho appena detto. CINDY: Oh, Billy, dici sempre le cose più dolci e carine! BILLY: Voglio dire, ma guarda che seno ENORME che hai! Dovresti cade faccia a terra in avanti se non fosse per quel gran culo che contro-bilancia e te lo impedisce! CINDY: Oh, ma io non ho un culo grande... BILLY: Ma io non ho detto che tu hai un culo grande, ma un grande culo, proprio un grande culo, come quando si dice ‘hey, bambola, ma lo sai che hai proprio un gran bel culo’... che è tutta un’altra faccenda! E poi quello non è manco un culo, ma una torta di panna e marmellata! CINDY: Mah, Billy, che cosa pensi di me? Di quello che ho dentro? BILLY: Quando sarò dentro di te, lo scoprirò e te lo dirò! Belane stacca l’orecchio dal bicchiere e questo dalla parete, controlla la video-camera, poi con passo felpato 124
esce dalla porta della propria stanza, e si avvicina alla numero 9: la serratura è un gioco da ragazzi: l’apre facendo scorrere una scheda lungo l’intaglio della porta, e in un attimo è dentro, sente le molle del letto chiedere pietà, accende la video-camera, controlla che questa registri, inizia a riprendere, si dirige nella sala da letto, piomba dentro, e inquadra il letto, dove Billy e Cindy sono nudi e stretti in un ardente amplesso amoroso. Billy se ne accorge, in un attimo rotola fuori dal letto, la bocca spalancata, l’espressione arrabbiatissima e sorpresa. BILLY: E tu chi sei? Cindy resta sdraiata cercando di coprire le vergogne. CINDY: È un investigatore privato, Billy, ma è fuori di testa. È matto come un cavallo. Qualche giorno fa, ha fatto irruzione in casa mentre io e Jack ci davamo dento e ci ha video-registrati. È un pazzo con la patente. BELANE: Zitta, puttana. Per te è finita: finalmente ti ho inchiodato il culo! Billy si avvicina a Belane con atteggiamento minaccioso. BILLY: Va bene, amico: non crederai che ti lascerò uscire vivo da questa stanza? BELANE: Oh sì, Billy bello, invece credo proprio che lo farai. Credo proprio che non avrò alcun problema ad andarmene. Quando vorrò. BILLY: Ne sei proprio sicuro? BELANE: Assolutamente sì. BILLY: E chi lo dice? Belane estrae la pistola dalla fondina ascellare BELANE: La mia amichetta qui sotto... BILLY: La tua pistola ad acqua non mi fermerà. BELANE: Mettimi alla prova. Billy si avvicina ancora di più. BELANE: Ho ucciso tre uomini nella mia vita, Billy bello. Se arrivo a quattro non cadrà certo il mondo. Tanto all’inferno ci sono già. BILLY: (minaccioso) L’inferno te lo stai costruendo tu con le tue mani. L’inferno te lo costruisci da solo... BELANE: Ancora un passo, e per te è finita. Billy fa il passo: Belane fa il fuoco. Chiude gli occhi. 125
Quando li riapre, Billy è ancora in piedi: porta la mano al ventre ed estrae la pallottola. Non c’è sangue. BILLY: Le pallottole non mi fanno nulla. Poi strappa la pistola dal pugno di Belane e la getta per terra. BILLY: Adesso siamo soli. Soli io e te. Belane ride malvagio con un ghigno malefico. BELANE: Senti amico, parliamone: puoi tenerti la videocamera, abbandono la professione, lascio la città, cambio stato, mi trasferisco s’un isolotto isolato della Grecia, non mi vedrai mai più. BILLY: Lo so che non ti rivedrò mai più, perchè sto per ucciderti. CINDY: Sì! Uccidi questo lurido bastardo! BELANE: (a Cindy) Tu stanne fuori, puttana: questa faccenda riguarda solo lui e me. (a Billy) Giusto, Billy? BILLY: (a Belane) Giusto. (a Cindy) Sta’ zitta, troia. CINDY: (nervosa): Mah, Billy... Billy mette le mani addosso a Belane, lo solleva, e lo lancia in aria contro la parete. Belane si schianta contro la parete e cade in terra. BELANE: Billy, Billy bello, non lasciamo che una puttana qualsiasi causi maretta tra noi! CINDY: (arrabbiata) Chi è una puttana qualunque? Brutto grassone del cazzo. BILLY: (a Belane) Hey, solo io posso darle della puttana. A Cindy Giusto, Cindy? CINDY: (a Belane) Giusto, sporco grassone? BELANE: (a Billy) Giusto. BILLY: Brava, puttana. Adesso mettiti a cuccia e stai zitta e muta. Devi solo stare quieta. Billy ride con ghigno malvagio e avanza verso Belane. BELANE: Adesso ho capito: tu sei amico di Jennie. CINDY: (sorpresa-arrabbiata): Jennie? Chi è questa Jennie, Billy? BELANE: Ti ho smascherato, Billy! BILLY: Sì? Dai, spara! Sentiamo la stronzata... BELANE: Sei un alieno dello spazio! CINDY: Ti avevo detto che questo tizio è matto! BELANE: (a Cindy) Cindy, brutta stupida, ascoltami: questo tizio non è altro che una specie di serpente ricoperto di 126
pelo con un grande occhio in mezzo. Si nasconde in un involucro simile a un corpo umano, ma è un miraggio. CINDY: (a Billy) Vedi, Billy? È pazzo completo. Uno scemo. BELANE: (a Cindy, fissando Billy) Bambola, dove hai incontrato questo tizio? CINDY: (a Belane) In un bar. Ma non credo alle tue stronzate. BILLY: (a Belane) Come potrebbe dare retta a un folle come te? BELANE: (a Billy) Sei un alieno dello spazio. Ecco perchè la pallottola non ti ha neanche scalfito. Ho già visto questo numero. BILLY: (a Cindy, fissando Belane): Bambola, dove hai conosciuto questo tizio? CINDY: (a Billy) È solo un mentecatto, Billy. Su, dai, finiscilo. BILLY: Ok, bambola. Billy riprende ad avvicinarsi verso Belane ma piomba nella camera un bagliore di lampo e una luce scarlatta si effonde da cui emerge Jennie Nitro. Jennie prostende il braccio verso Billy con il palmo della mano e lo tiene in questa posizione per tutta la durata del dialogo. BILLY: (a Jenny) No, Jenny, amore mio, no. No, amore mio, io-JENNIE NITRO: (a Billy) Chiudi il becco, brutto bastardo! (a Belane, ma fissando Billy) Ciao, bue grasso! Belane la guarda ammaliato. CINDY: (rivestendosi) Ma che diavolo sta succedendo qua? JENNIE NITRO: (a Cindy) Chiudi il becco anche tu, brutta puttana, e sta’ zitta! Zitta e quieta! Sta’ zitta e quieta, brutta puttana! (a Billy) Brutto bastardo, ti avevo detto che non si doveva fraternizzare con gli umani, brutta palla di merda. CINDY: Che cazzo succede? CHE CAZZO STA SUCCEDENDO QUI? CHE CAZZO SUCCEDE? JENNIE NITRO: (a Billy) LA PUTTANA STIA QUIETA. DI’: ‘PUTTANA STA QUIETA’. BILLY: (a Cindy, ma guardando Jennie) Stai quieta, puttana. CINDY: CHE CAZZO SUCCEDE? JENNIE NITRO: (a Billy) DI’: ‘PUTTANA STA QUIETA’.
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BILLY: (a Cindy, ma guardando Jennie) Puttana, stai quieta e buona. CINDY: CHE CAZZO SUCCEDE? JENNIE NITRO: (a Billy) DI’ A QUELLA PUTTANA DI MERDA DI TACERE. BILLY: (a Cindy, ma guardando Jennie) TACI, PUTTANA DI MERDA! CINDY: CHE CAZZO STA SUCCEDENDO? JENNIE NITRO: (a Billy) DI’ A QUELLA PUTTANA DI MERDA DI CALMARSI. BILLY: (a Cindy, ma guardando Jennie) PUTTANA DI MERDA, CALMATI! CINDY: CHE CAZZO SUCCEDE? JENNIE NITRO: (a Billy) DI’ A QUELLA PUTTANA DI MERDA DI CHIUDERE LA BOCCA! BILLY: (a Cindy, ma guardando Jennie) CHIUDI QUELLA BOCCA DI MERDA, PUTTANA! Cindy ammuta. Silenzio. Pausa. JENNIE NITRO: (a Billy) Bene. Ora dille che andrà tutto a posto. BILLY: (a Cindy, ma guardando Jennie) Andrà tutto bene. JENNIE NITRO: (a Billy) Devi dire: ‘puttana, andrà tutto a posto’. BILLY: (a Cindy, ma guardando Jennie) Puttana, andrà tutto bene. JENNIE NITRO: (a Billy) Lurida puttana. BILLY: (a Cindy, ma guardando Jennie) Lurida puttana. JENNIE NITRO: (a Billy) Lurida puttana, andrà tutto a posto. BILLY: (a Cindy, ma guardando Jennie) Andrà tutto a posto, lurida puttana. JENNIE NITRO: (a Billy) Promettilo. BILLY: Lo prometto. JENNIE NITRO: (a Billy) Te lo prometto, lurida puttana. BILLY: (a Cindy, ma guardando Jennie) Te lo prometto, lurida puttana. JENNIE NITRO: (a Billy) Ora dimmi come si chiama. BILLY: Cindy. JENNIE NITRO: (a Cindy, ma fissando Billy) Bene, Cindy: non ti metterai a fare la stupida, vero? Se ce ne stiamo quieti nessuno si farà male. Saremo tutti come tre piccoli Fonzie noi qui. Com’è Fonzie? Lo sai? 128
Cindy non risponde. JENNIE NITRO: (a Cindy, ma fissando Billy) Avanti, Cindy: tu lo sai com’è Fonzie. Dimmelo. Com’è Fonzie? CINDY: (a Jennie) Quieto? JENNIE NITRO: (a Cindy, ma fissando Billy) Brava, hai vinto un cazzo di gomma. Quieto. Fonzie è quieto. Ed è esattamente quello che saremo. Noi saremo quieti. Quieti; calmi, e buoni. (a Billy) Ora, Billy, tu mi darai una spiegazione convincente, o ti ammazzo. Cindy riprende a urlare. JENNIE NITRO: (a Cindy, ma fissando Billy) Credevo che saresti stata quieta. E invece tu urli, e mi rendi nervosa. E quando divento nervosa, io mi spavento. E quando mi spavento, capita che le puttane come te muoiano. Ma tu non vuoi morire vero? Cindy continua a urlare. JENNIE NITRO: (a Cindy, ma continuando a fissare Billy) E poi io questo non lo voglio. Non voglio ucciderti. E scommetto che neanche tu lo vuoi. E nemmeno questo lurido figlio di puttana lo vuole, Billy il cazzone, qua. Cindy continua a urlare. JENNIE NITRO: (a Billy) LA PUTTANA STIA QUIETA. DI’: ‘PUTTANA STA QUIETA’. BILLY: (a Cindy) Stai quieta, puttana. Cindy continua a urlare. JENNIE NITRO: (a Billy) DI’: ‘PUTTANA STA QUIETA’. BILLY: (a Cindy) Puttana, stai quieta e buona. Cindy continua a urlare. JENNIE NITRO: (a Billy) DI’ A QUELLA PUTTANA DI MERDA DI TACERE. BILLY: (a Cindy) TACI, PUTTANA DI MERDA! Cindy continua a urlare. JENNIE NITRO: (a Billy) DI’ A QUELLA PUTTANA DI MERDA DI CALMARSI. BILLY: (a Cindy) PUTTANA DI MERDA, CALMATI! Cindy continua a urlare. JENNIE NITRO: (a Billy) DI’ A QUELLA PUTTANA DI MERDA DI CHIUDERE LA BOCCA! BILLY: (a Cindy) CHIUDI QUELLA BOCCA DI MERDA, PUTTANA! Cindy ammuta. Silenzio. Pausa.
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JENNIE NITRO: (a Billy) Bene. Ora dille che andrà tutto a posto. BILLY: (a Cindy) Andrà tutto bene. JENNIE NITRO: (a Billy) Devi dire: ‘puttana, andrà tutto a posto’. BILLY: (a Cindy) Puttana, andrà tutto bene. JENNIE NITRO: (a Billy) Lurida puttana. BILLY: (a Cindy) Lurida puttana. JENNIE NITRO: (a Billy) Lurida puttana, andrà tutto a posto. BILLY: (a Cindy) Andrà tutto a posto, lurida puttana. JENNIE NITRO: Promettilo. BILLY: Lo prometto. JENNIE NITRO: Te lo prometto, lurida puttana. BILLY: Te lo prometto, lurida puttana. JENNIE NITRO: Ora dimmi come si chiama. BILLY: Cindy. JENNIE NITRO: Cindy! (a Cindy, ma non distogliendo mai occhi e braccio da Billy) Bene, Cindy: non ti metterai a fare la stupida, vero? Se ce ne stiamo quieti nessuno si farà male. Saremo tutti come tre piccoli Fonzie noi qui. Com’è Fonzie lo sai? Cindy non risponde. JENNIE NITRO: Avanti, Cindy: lo sai com’è Fonzie? Come? CINDY: Quieto. JENNIE NITRO: Brava, hai vinto un mappamondo. Ed è esattamente quello che saremo. Noi saremo quieti, calmi, e buoni. Ora, Billy cazzone, ti conviene darmi una spiegazione convincente, o ti ammazzo. BILLY: Piccola, non sono riuscito a trattenermi, mi dispiace, ma sai che sono sempre in calore! Una sera ero seduto in un bar e mi è entrata questa sventola... JENNIE NITRO: Gli ordini prevedevano niente sesso con i terresti. BILLY: Jennie, tu sai bene di essere l’unica per me. L’unica che conta, almeno. È solo che sei stata così occupata e tutto il resto... JENNIE NITRO: Eloquente. Ma non convincente. Te la sei voluta, Billy. BILLY: No, Jennie, amore mio, no! Dal palmo aperto della mano di Jennie scaturisce un lampo di luce scarlatta, che colpisce Billy. Billy si trasforma 130
immediatamente in un serpente peloso con un occhio umido al centro. Poi Jennie ripete il gesto, e un altro lampo di luce scarlatta, seguito da un boato, disintegra Billy: l’alieno dello spazio svanisce scomparendo nel nulla. CINDY: Non riesco a credere ai miei occhi. JENNIE NITRO: (a Belane) Ricorda bene quanto è accaduto in questa stanza: è quello che ti avverrà se non rispetterai i patti. Sei stato arruolato per la causa di Zaros. BELANE: E come faccio a dimenticarlo!? JENNIE NITRO: Bene. È deciso. Non hai scelta. Ciao, bue grasso! Un terzo e ultimo lampo di luce scarlatta. Un terzo e ultimo lampo di luce scarlatta inghiotte Jennie Nitro. Un terzo e ultimo lampo di luce scarlatta, e Jennie scompare sprofondando nel nulla pauroso. Nella stanza rimangono solo Belane e Cindy. Pausa. Silenzio. Suspensura. CINDY: Non posso credere a quello che ho visto in questa stanza. BELANE: Piccola, Jack mi ha assunto per spazzare via i tuoi casini, scopare via il tuo piccolo bordello clandestino, e inchiodarti il culo, ed è quello che ho fatto. Dunque non dimenticarti di quello che ho registrato in questa video-camera. Riga dritto o consegnerò tutto a Jack. CINDY: Va bene, hai vinto. Farò come dici tu. BELANE: Sono l’investigatore privato più dritto di L.A: ormai dovresti averlo capito. E, se posso permettermi, avresti dovuto capirlo già tempo fa... CINDY: (maliziosa e ammiccante) Così vorresti inchiodarmelo... Beh, potremmo fare uno scambio... Sai a che mi riferisco... BELANE: No, Cindy, mi dispiace: non puoi comprarmi. È bello però che tu l’abbia pensato. Ma non posso. CINDY: Allora vaffanculo, grassone. Cindy si volta, e si dirige verso la porta, Belane la osserva e osserva i suoi meravigliosi fianchi ondeggiare per la stanza e nell’aria dell’estate al ritmo del vento. BELANE: Cindy, aspetta un attimo! CINDY: Sì? BELANE: Non fa niente. Va’ pure...
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Belane rientra nella camera, si reca in bagno, masturba, si svuota, si ricompone, esce dalla camera.
si
INTERNO/ESTERNO, VEICOLO DI BELANE, SERA. Belane va alla macchina, apre lo sportello, lo richiude, e abbassa il finestrino. BELANE (attraverso il finestrino, in camera) Un altro caso risolto! Non rimane che avvertire Bass: lo chiamerò subito. E così detto compone il numero di Jack Bass. BELANE: Jack, scusa l’orario, sei sempre deciso a divorziare da Cindy? JACK BASS: Beh, questo dovresti dirmelo tu... BELANE: Mettiamola così: i due signori con i quali intratteneva rapporti adesso sono morti. JACK BASS: Rapporti... Che intendi dire con “rapporti”? BELANE: Jack, ti prego: ormai quei due tizi sono morti... JACK BASS: Ammazzi la gente, Belane? BELANE: Jack, questi due tizi ormai non ci sono più e non potranno più nuocere alla tua reputazione e al tuo portafoglio. Inoltre, ti prometto che Cindy non si darà più da fare. Adesso ti puoi rilassare. JACK BASS: E come faccio ad essere sicuro che non si darà più da fare? BELANE: Ho un asso nella manica. Non lo farà più. JACK BASS: Hai video-registrato qualcosa che lei non vuole che io veda? È così? BELANE: Diciamo che, con quello che ho, posso inchiodarle il culo se combina qualcos’altro. JACK BASS: Ma io voglio che lei stia con me per me, non per via di un ricatto. BELANE: Ricatto, coartazione, coercizione, cooptazione, circonvenzione, comunque sia, Jack, non ci darà più dentro con gli stalloni. JACK BASS: Vuoi dirmi che si scopava anche qualche specie di animale, oltre che darla a francesi e alieni dello spazio? Si scopava i cavalli, eh? BELANE: Jack, cavalli e animali non c’entrano. Ma, al di là di tutto, quello che più conta è che non si sfilerà più le mutandine: che vuoi di più? Magari fra un po’ tornerai anche a piacerle. Dalle l’opportunità di cambiare. È 132
giovane. È solo giovane. Aveva bisogno di qualche storiella. E che cazzo! JACK BASS: Con un alieno dello spazio? BELANE: Devi esserne contento. Nessuno saprà mai chi era e ch’è successo: è come se non fosse mai accaduto. JACK BASS: C’è qualcosa in tutta questa storia che non mi fa stare tranquillo. BELANE: Jack, quei due tizi sono morti e lei non si darà mai più da fare. Dimentica tutto. In un paio di giorni riceverai la parcella per posta. Pausa: silenzio. JACK BASS: E se invece lo facesse? BELANE: Che cosa? JACK BASS: Se si desse da fare nuovamente? BELANE: Non lo farà perchè sa che le inchioderei il culo. JACK BASS: Ecco che ricomincia... Non è che te la sei scopata, vero? BELANE: Jack, Jack, Jack: ti prego! Sono un professionista. JACK BASS: E quei due tizi sono due cadaveri. Come faccio a esserne sicuro? BELANE: Jack, te ne accorgerai dal suo comportamento. Adesso piantala di preoccuparti. Hai qualche altro caso per me? Sono l’investigatore privato più dritto di L.A. JACK BASS: In questo momento non ho niente. Ma la prossima settimana tieniti libero: potrei avere bisogno di te nella mia azienda. BELANE: Uhm, musica per le mie orecchie. Di che si tratta? JACK BASS: (sarcastico) Spionaggio industriale. Roba grossa. Materiale altamente scottante. Tutto top secret. Non posso sbottonarmi, non posso rivelarti di più... BELANE: Va bene, capo, mi tenga aggiornato! JACK BASS: Come no... come no... I due riagganciano. Belane mette in moto e riparte. BELANE: (fra sè) Aspetta un attimo: Bass ha detto “alieni dello spazio”. Sì, ha detto proprio così: “Vuoi dirmi che si scopava anche animali, oltre che francesi e alieni dello spazio?”. Ma io non ho nominato alcun alieno dello spazio: l’ha detto lui. Com’è possibile questo? Se fossimo in un film, questo sarebbe un buco extradiegetico, una falla narrativa, un difetto nella trama del tessuto. Eh già, sarebbe proprio così: oro, per i cinefili! C’è 133
qualcosa in tutte queste strane coincidenze che non mi fa stare tranquillo... Ad ogni modo, le cose stanno funzionando: un altro caso risolto: adesso mi resta solo da rinvenire il Passero Rosso. E devo smetterla di essere troppo coinvolto con questi alieni dello spazio. O con la Signora Morte. Beve un altro sorso. (continuando) Tutto sta andando per il verso giusto. Potrei anche sentirmi bene dopo mesi, anni... Anche se solo per un po’, è già una bella conquista. Per festeggiare decide di fermarsi in un bar per bere qualcosa; e cercare di mettere insieme i pezzi, e fare il punto della situazione.
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IL BAR “SENZA NOME”. DIDASCALIA. IL BAR “SENZA NOME”. INTERNO, BAR “SENZA NOME”, TRAMONTO. Belane entra nel bar. È l’unico cliente: oltre all’investigatore solo il barista, un uomo vecchio e magro come un chiodo che legge il NATIONAL ENQUIRER, le guance incavate e sottili come fogli di carta velina. Belane si accomoda s’uno sgabello, ordina un whiskey soda doppio e il barista glielo serve. L’orologio segna le 19,30. BELANE: (in camera) Devo fare il punto della situazione: Céline e Brewster a quest’ora saranno evasi. Adesso ho tutti contro: Céline e Brewster, Cindy, Jack Bass, la Signora Morte. Forse anche Barton. Non so più chi sia o meno mio cliente. Potrei essere arrestato da un momento all’altro per una sfilza di reati. E non sono nemmeno certo che Céline sia Céline. E non ho trovato il Passero Rosso. Tutto fermo. L’ufficio è un posto troppo pericoloso per rimanerci. Controlla la fondina (continuando) Per fortuna la mia .45 non mi abbandona mai: lei è sempre dalla mia parte: brava bimba! No: non riusciranno a scacciarmi dal mio ufficio! Un investigatore senza ufficio è come un cazzo senza figa. Nel bar entra un tale con occhietti annebbianti e vacui e sembianza schifosa e dissoluta. L’uomo occupa lo sgabello alla sinistra di Belane. AVVENTORE 1: Scusa, ti dispiace? BELANE: Preferisco una bella figa, ma ok. AVVENTORE 1: Mh, grazie. BELANE: Sai che dovresti raderti... AVVENTORE 1: Mh? BELANE: Sai, tagliarti la barba e i capelli... Fare il bagno... AVVENTORE 1: Mh. BARISTA 2: Sono affamato. Ho così tanta fame che mangerei un cavallo.
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BELANE: Quanto mi piacerebbe che ne mangiassi uno di quelli su cui ho scommesso e perso. Pausa Senti, finisco di bere e poi ti faccio chiudere la baracca. BARISTA 2: Grazie, sei gentile, ma devo tenere aperto il locale. Andrà tutto bene: escogiterò qualcosa. AVVENTORE 1: (a Belane) Psst. BELANE: Scollati di dosso, amico. AVVENTORE 1: Ma...? BELANE: Levati. AVVENTORE 1: Hey! BELANE: E mollami, accidenti. Che vuoi? AVVENTORE 1: Ho delle informazioni per te. BELANE: Leggo già i giornali. AVVENTORE 1: Sono informazioni che non troverai sui giornali... BELANE: Del tipo? AVVENTORE 1: Il Passero Rosso. BELANE: (al barista) Hey, amico: porta da bere a questo gentiluomo. AVVENTORE 1: (al barista) Un Cuba Libre, grazie. Il barista si allontana per preparare i drink. Un ghigno gli increspa il volto. AVVENTORE 1: (a Belane) Abiti in Redondo Beach? Belane schiocca la lingua in segno di negazione. BELANE: Hollywood Est. AVVENTORE 1: Sai che c’è un tizio che è tale e quale a te che abita in Redondo Beach? BELANE: Tutti, chi più chi meno, somigliamo a qualcun altro. Senti, hai una sigaretta? AVVENTORE 1: frugando nelle tasche Certo. Estraendola dal pacchetto Ecco. BELANE: Perfetto. Ora, per favore, accenditela e fumatela: ti terrà occupato. Intanto pensa a qualcosa da dirmi che possa interessarmi. E quando l’avrai partorita, chiamami. AVVENTORE 1: Era tanto per parlare... BELANE: La bocca aperta si riempie di mosche. Non te lo hanno insegnato? Il barista serve i drink e l’uomo lo scola tutto d’un fiato. AVVENTORE 1: Sai, avevo un fratello. Abitava a Glendale. Si è suicidato. 136
BELANE: E lui ti somigliava? AVVENTORE 1: Sì... BELANE: Ecco perchè lo ha fatto. AVVENTORE 1: Ho anche una sorella. Lei abita in Burbank, mia sorella. La madre invece non ce l’ho più. E nemmeno il padre. Non l’ho mai conosciuto, mio padre. BELANE: Basta stronzate. Voglio sapere del Passero Rosso. AVVENTORE 1: Certo, ti metto subito in contatto. Ma prima vorrei bere ancora: ho la gola secca.... BELANE: (seccato) Barista, per favore, un altro Cuba per il signore. I due aspettano in silenzio che il drink arrivi. Quando arriva, l’uomo lo scola tutto d’un fiato. Poi si volta verso Belane e sogghigna. BELANE: Dunque? AVVENTORE 1: Ho il Passero qui con me! BELANE: (trasalendo) Che cosa?? AVVENTORE 1: (tronfio) Ebbene sì! BELANE: Benissimo! Fammi vedere! L’uomo fruga nervosamente e ansiosamente nella tasca. AVVENTORE 1: Accidenti, non riesco a trovarlo... BELANE: Brutta testa di cazzo! Me l’hai fatta! Adesso ti rompo il culo! AVVENTORE 1: Aspetta. È qui da qualche parte. So di averlo. So di averlo qui. BELANE: Ti svito le rotelle, scemo! AVVENTORE 1: Aspetta, Aspetta... c’è qualcosa... era nell’altra tasca... cercavo nella tasca sbagliata... guarda qui, eccolo... il Passero Rosso! Estrae e mette sul banco un piccione morto. Belane senza parlare si alza, afferra l’uomo per il bavero, lo spinge verso l’uscita, apre la porta d’ingresso del locale, lo scaraventa in strada. BELANE: Coglione. Poi richiude la porta, rientra nel locale e si avvia a capo chino verso il bancone guardandosi le scarpe. Quando arriva al banco alza lo sguardo e nota che il barista si è spostato dalla sua postazione in fondo al banco e ha raggiunto la zona del banco da lui occupata. Poi mette a fuoco e nota le mani del barista stringere il piccione, la sua camicia sporca di sangue, la sua bocca piena di 137
sangue e penne addentare e masticare il piccione. Il barista lo fissa, gli sorride e gli fa l’occhiolino. Belane è atterrito: i suoi occhi sono sbarrati e gocce di sudore gl’imperlano la fronte. Il barista divora il piccione, si pulisce il mento con la manica della camicia e passa la mano sul mento, poi gira intorno al bancone, si avvicina a Belane. BARISTA 2: Ho una fame nera che mangerei anche un uomo. Belane sgrana e sbarra gli occhi. BARISTA 2: E adesso mangerò te. Il barista prostende le mani verso Belane, gliele serra attorno al collo, e spalanca la bocca, che si allarga e dilata a fagocitare come fanno con le prede i serpenti la testa dell’investigatore. Belane cerca di liberarsi dalla presa ma la morsa è esiziale. La bocca del barista si trasforma in un gigantesco vortice-gurgite oscuro e tenebroso che si avventa su Belane e lo fagocita ingoiandolo tutto intero e vivo. Belane si risveglia d’improvviso, scosso dal vecchio barista. BARISTA 2: Hey, amico, hey, tutto bene? BELANE (spaesato e confuso) Che è successo? BARISTA 2: Ti sei addormentato... Mi ero dimenticato della tua presenza. Me ne sono accorto solo quando hai iniziato a urlare in sogno. BELANE: Scusa: sono molto stanco: mi sento mille secoli addosso. BARISTA 2: Posso capirti. Ma dobbiamo chiudere. BELANE: Che ore sono? BARISTA 2: Le 19,30. BELANE: A che ora chiudete? BARISTA 2: Adesso. Chiudiamo adesso. BELANE: Adesso non è un orario. A che ora chiudete? BARISTA 2: Chiudiamo alle 19,30. Cioè adesso. Chiudiamo alle 19,30. BELANE: Ok. Certo. Capisco. Quanto ti devo? BARISTA 2: 12 dollari. Belane mette la mano in tasca per estrarre il portafogli ma sente qualcosa di strano: con espressione attonita tira fuori dalla tasca alcune piume di uccello. Piccione, per l’esattezza. Confuso e spaesato, esce. 138
IL CASO “JENNIE NITRO”. DIDASCALIA. IL CASO “JENNIE NITRO”. INTERNO, UFFICIO DI BELANE, TARDO POMERIGGIO. Belane è seduto alla propria scrivania con aria meditabonda e pensa a voce alta. BELANE: (in camera) Ahhh, dannazione, la morte è ovunque: uomo, uccello, bestia, rettile, roditore, insetto, pesce. Non abbiamo scampo: tutti destinati a morire, tutti nati per morire. Qualcuno bussa alla porta al ritmo di ”chinga-tu-madrecabròn”. BELANE: (fra sé) ahhh, dannazione, la morte è ovunque: uomo, uccello, bestia, rettile, roditore, insetto, pesce. Non c’è scampo, non abbiamo scampo: tutti destinati a morire, tutti nati per morire. Poi, nella direzione della porta venga avanti, entri pure, signor Grovers. Grovers entra e siede: un tipetto piccolo (quasi nano) e insignificante, un metro e quaranta scarso, settanta chili bagnato, circa quarant’anni ma ne dimostra cinquanta, occhi bigi, ticchio all’occhio sinistro, baffetti orrendi e gialli, capelli dello stesso colore diradanti in cima alla testa troppo tonda. I due rimangono a guardarsi per cinque minuti senza dire niente. BELANE: Grovers, perchè non parla? GROVERS: Aspettavo che parlasse lei per primo. BELANE: E perchè?. GROVERS: Non lo so. Belane rimane in silenzio per altri cinque minuti durante i quali distende il capo sullo schienale della poltrona e i piedi sulla scrivania, accende un sigaro, inspira, espira e sbuffa un anello di fumo quasi perfetto. BELANE: Bene, Grovers: dicevamo di questa questa donna, quest’aliena dello spazio: mi racconti qualcosa di lei... GROVERS: Dice di chiamarsi Jennie Nitro. O almeno si fa chiamare così. I due rimangono in silenzio a scrutarsi per altri cinque minuti. BELANE: Insomma: mi dica di più, Grovers. 139
GROVERS: Non riderà di me come ha fatto la polizia? BELANE: Nessuno ride come la polizia, signor Grovers... GROVERS: Beh... È una sventola che viene dallo spazio... BELANE: Ed è anche una sventola spaziale!? GROVERS: lei beve molto, signor Belane? BELANE: E perchè vorrebbe liberarsi della sventola spaziale? GROVERS: Ho paura di lei: controlla la mia mente. BELANE: Per esempio? GROVERS: Per esempio: sono costretto a fare tutto quello che lei mi ordina. BELANE: E se questa Jennie Nitro le ordinasse di bere la sua pipì allora lei la berrebbe, signor Grovers? GROVERS: Beh credo di sì. BELANE: E mangerebbe la pupù della sua mammina solo perchè Jennie Nitro le dice di mangiare la pupù della sua mamma? GROVERS: Sì. BELANE: Signor Grovers, lei è solo figa-dipendente: tutto qui. Molti uomini lo sono. GROVERS: No: è per via dei trucchetti che usa: mi fanno paura. BELANE: Li ho visti tutti i trucchetti, Grovers, e poi alcune fanno una cosa con-GROVERS: Con tutto il rispetto, signor Belane, ma lei non l’ha mai vista apparire dal nulla né svanire nel muro. BELANE: Grovers, lei mi sta scocciando: queste sono un mucchio di cazzate. GROVERS: no, gnornò, signor Belane. BELANE: ”Gnornò”?, Ma come cazzo parla, Grovers? Viene giù dai bricchi? GROVERS: E lei non ha l’aspetto di un investigatore privato. BELANE: Eh? Come? E che cosa sembro? GROVERS: Dunque, vediamo, mi lasci pensare.... BELANE: Pensi pure, ma si sbrighi: quest’assurda storia le sta costando sei dollari! GROVERS: Bene: ho trovato: lei assomiglia più a un idraulico. BELANE: Un idraulico?? Un idraulico d’accordo! Che faremmo se non esistesse l’idraulico? Riesce a pensare a qualcuno più importante di un idraulico? GROVERS: Il presidente. 140
BELANE: Il presidente? Sbagliato. Sbagliato di nuovo! Tutte le volte che lei apre la bocca, dice una cosa sbagliata. GROVERS: Non mi sbaglio. BELANE: Ecco, vede? L’ha rifatto! Belane spegne il sigaro e accende una sigaretta. BELANE: (in camera) Questo tizio è un povero pezzo di merda. È già uno sporco lavoro solo restare qui a guardarlo. Ma è un cliente. E io ho bisogno di soldi. (a Grovers) Bene, che cosa suole che faccia, con quest’aliena dello spazio, questa Jennie Nitro? GROVERS: La faccia sparire. BELANE: Non sono un sicario, Grovers. GROVERS: La faccia uscire per sempre dalla mia vita, in un modo o nell’altro. BELANE: Ha già fatto sesso? GROVERS: Intende oggi? BELANE: Intendo con lei. GROVERS: No. BELANE: Ha idea di dove abiti la ragazza; numero di telefono, lavoro, tatuaggi, passatempi preferiti, scheletri nell’armadio, abitudini strane, segni particolari, voglie sul corpo? GROVERS: Conosco solo le abitudini strane.... BELANE: Per esempio? GROVERS: Levita fino al soffitto, sposta gli oggetti col pensiero e compagnia bella. BELANE: Grovers, lei è pazzo: lei non ha bisogno di me, ma di uno strizzacervelli! GROVERS: Sono già stato alla neuro. BELANE: E che cosa le hanno detto?. GROVERS: Niente. Ma mi chiedono più di sei dollari l’ora. BELANE: E quanto le chiedono? GROVERS: Sessanta, dollari l’ora. BELANE: Questo prova che lei è pazzo. GROVERS: E perchè? BELANE: Chiunque paghi una cifra simile deve essere pazzo. Grovers non risponde e la conversazione cade: i due rimangono così a fissarsi per cinque minuti. Poi la porta si spalanca ed entra una donna bella da morire e vestita da uccidere, una donna incredibile, indimenticabile, speciale; una di quelle che quando la vedi non puoi 141
credere ai tuoi occhi: bella come una notte luminosa, vivace e vivida come il mercurio, sinuosa come un serpe, occhi sogghignanti, bocca un po’ imbronciata, labbra che sembrano che stiano per esplodere in una risata fragorosa per la tua impotenza. La donna scivola nella stanza come se camminasse s’una nuvola, a tanto così dal suolo, come una spogliarellista su pattini a rotelle. Grovers si alza in piedi, quasi si mette sull’attenti. GROVERS: (tremante di paura) Jennie! JENNIE NITRO: Hal, che cosa ci fai qua con questo investigatore da strapazzo? BELANE: Hey vacci piano, troia. GROVERS: Jennie, vedi, ho avuto un problemino e ho pensato di cercare aiuto. JENNIE: Aiuto? E da chi? Da un simile pallone gonfiato, ma non lo vedi? Hal, fintanto che ci sarò io, tu non avrai nessun problema: so fare molto meglio di questo investigatore da strapazzo. Belane si alza, anche qualcosa alzato lo ha già e si vede... BELANE: (toccandosi il cavallo) Ah è così?, beh, vediamo come te la cavi con questo, brutta troia. JENNIE: Porco sessista! BELANE: Ah ah ah! Belane ridacchia. Jennie lo guarda torvamente, poi si avvicina a Grovers, fa una giravolta e lo fissa negli occhi. JENNIE: Vieni qui, cane! Vieni da me strisciando sul pavimento! Subito! BELANE: (a Grovers) Non farlo, Hal! Ma Grovers sta già strisciando sul pavimento verso Jennie fermandosi ai suoi piedi. JENNIE: Adesso baciami i piedi e leccami la punta delle scarpe finchè non ti ordino di smettere! Grovers esegue e, mentre Grovers continua a leccarle e baciarle le scarpe, Jennie rivolge una smorfia tronfia e compiaciuta a Belane. BELANE: brutta puttana del cazzo! BRUTTA PUTTANA DEL CAZZO! STO PER FRUSTARTI IL CULO! TE LO INCHIODERÒ! TE LO RIVOLTERÒ, BRUTTA PUTTANA DEL CAZZO!
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Belane balza in piedi inferocito, si slaccia la cintura, la sfila dai pantaloni, gira attorno alla scrivania brandendo la cintura piegata in due e cercando di colpire Jennie. JENNIE: Butta a terra la cintura, coglione! Jennie schiocca le dita e contemporaneamente allo schiocco delle dita si sente il rumore della cintura che cadendo batte in terra e produce un tonfo sordo. Nello stesso momento Belane si blocca immobilizzato e paralizzato, pietrificato come se avesse incrociato lo sguardo di Medusa. JENNIE: (a Grovers) Su, sciocchino, alzati. Ce ne andiamo da questo stupido posto. GROVERS: Sì. JENNIE: Sì e...? GROVERS: Sì, mia padrona. JENNIE: Così ci siamo. Bravo, cane. GROVERS: Sì, mia padrona. JENNIE: Andiamo. Prima che sia notte. I due escono e Belane rimane pietrificato per diverso tempo: solo dopo alcuni minuti inizia a riacquistare l’uso degli arti e a riuscire a muovere, prima le sopracciglia, poi la bocca, le dita e il collo e infine l’intero corpo. Quando riesce a muoversi del tutto e a camminare, si reca alla scrivania, apre un cassetto, estrae una bottiglia di vodka, svita il tappo, tracanna una bella sorsata, si getta esausto sulla poltrona, e si beve il resto del giorno. Fuori scende la sera: Belane osserva fuori dalla finestra. Gli ultimi barbagli del sole abbarbicati agli sgoccioli del tramonto. INTERNO, UFFICIO DI BELANE, MATTINO. Belane è al telefono. BASS: (fuori campo, al telefono) Affare fatto. BELANE: Hai fatto un affare, amico! Ma il telefono è già muto. Belane aggancia il ricevitore, lo rialza e compone un nuovo numero. GROVERS: (fuori campo, al telefono): Pompe funebri “Porto Argenteo”, in cosa posso esserle utile? BELANE: Cristo. GROVERS: Scusi? 143
BELANE: Grovers, te la fai con i cadaveri... Questo non me lo aspettavo. Sei un necrofilo, o cosa? GROVERS: Scusi? BELANE: Cadaveri, cadaveri. Ah, Cristo! Sono Mickey Belane. GROVERS: Che vuole, signor Belane? BELANE: A quanto le metti le puttane surgelate? GROVERS: Prego? BELANE: A quanto me la passi una puttana surgelata? GROVERS: Come? BELANE: Quanto le fai le puttane surgelate? GROVERS: Eh? BELANE: Lascia stare, idiota. Sto lavorando al caso dell’aliena dello spazio, caro Grovers. GROVERS: Sì, mi ricordo. BELANE: Dimmi, Hal: perchè lo fai? GROVERS: A che si riferisce? BELANE: Te la fai con i morti. Perchè, Grovers? Perchè con i morti? Perchè? GROVERS: Ma è la mia professione. Un uomo deve pur vivere... BELANE: D’accordo. Ma farsela con i cadaveri...! È da matti. È disgustoso. È ripugnante. È rivoltante. È orripilante. E dreni anche il sangue? E poi che te ne fai del sangue, una volta drenato? GROVERS: Ho un operaio che si occupa di questo: Billy French. BELANE: (fra sé) Uh, un altro francese. A Grovers: Mai fidarsi dei francesi, Hal. GROVERS: Eh? BELANE: Lascia perdere. Passami questo Billy, piuttosto. GROVERS: Non posso: è fuori a pranzo. BELANE: Mi stai dicendo che riesce anche a mangiare, dopo aver drenato il sangue? GROVERS: Sì. Belane fa una pausa: inspira, espira, sospira, implora. Poi parla. BELANE: Senti, Grove, vuoi che vada avanti con il tuo caso? GROVERS: Si riferisce a Jenny Nitro? BELANE: Perchè? Hai altre pupe dello spazio alle calcagna? GROVERS: No. BELANE: Perfetto. Allora mi riferisco a Jennie Nitro: vuoi che te la tolga dalle palle? 144
GROVERS: Certamente. Ma pensa di riuscirci? L’ultima volta non mi sembra che abbia ottenuto grandi risultati... BELANE: Anche a John Holmes qualche volta capitava di fare cilecca. Anche a Ted Williams ogni tanto toccava di andare a vuoto. Anche a Miles Davis è capitato di steccare. Non è importante perdere qualche battaglia, se alla fine si vince la guerra. L’importante, Grove, è vincere la guerra. Ma ti prometto che sbatterò quella stramaledetta puttana così lontano che non riuscirai più a vederla. GROVERS: Io non me la sentirei di definirla una puttana, Belane. È donna, che vuole farci? Tutte le donne sono un po’ puttane. Dunque è come se nessuna lo fosse. BELANE: (sarcastico) Punto di vista interessante. Ma riduttivo, Hal. Non ti smentisci mai: ogni volta che apri bocca, stai per dire una puttanata. È come dire che nessun prete è pedofilo poichè tutti lo sono. A me suona male. Funziona così, Hal: tutti i preti sono pedofili dunque vanno bruciati, tutte le donne sono troie dunque vanno inchiodate con le mani nella crema. GROVERS: (risentito) Sarà. Ma a me non piace chiamarla puttana. BELANE: È solo un modo di dire, Grove, vacca-troia-diquella-gran-puttana, porca-troia. Non volevo offendere in alcun modo la ragazza. GROVERS: Crede di riuscire a combinare qualcosa riguardo la ragazza? BELANE: Anche mentre parliamo, Grovers, sto studiando un legame, una connessione, un collegamento. GROVERS: E cioè? BELANE: Non posso dirti troppo. Ma il fatto che tu te le faccia con i cadaveri e Jennie sia un’aliena dello spazio costituisce un legame, una connessione, un collegamento. GROVERS: Si spieghi meglio, signor Belane. BELANE: Non posso sbottonarmi troppo. Ma ho consultato uno specialista nel campo: mi ha chiesto maggiori informazioni su di te. GROVERS: D’accordo, sono qua: che cosa vuole sapere? BELANE: Calma, amico: prima che dedichi altro tempo a questo merdosissimo caso ho bisogno di un altro assegno: due settimane di anticipo. GROVERS: Pensa di poter arrivare a qualcosa? 145
BELANE: Maledizione, Grovers! Te l’ho appena detto: sto lavorando su questo caso a tempo pieno! GROVERS: D’accordo, signor Belane: le spedirò l’assegno oggi stesso. Due settimane d’anticipo? BELANE: È il minimo... GROVERS: Affare fatto. BELANE: Hai fatto un affare, amico! Grovers sospira. BELANE: Sei un uomo saggio, signor Grovers. Grovers: Oh, signor Belane: Billy French è appena tornato dalla pausa pranzo: vuole parlargli? BELANE: No. Ma chiedigli che ha mangiato. GROVERS: Un attimo, prego... (pausa) Ha detto di aver mangiato roastbeef e purea di patate. BELANE: È disgustoso. Grovers: Che cosa, è disgustoso? BELANE: Adesso devo andare, Grovers. GROVERS: Ma aveva detto che le servivano più informazioni sul mio conto. BELANE: Ti spedirò un questionario. Belane riaggancia e appoggia i piedi sulla scrivania fissando il soffitto con aria meditabonda. BELANE: (fra sé) Dunque, bene, bene, bene: i tasselli stanno lentamente combaciando. Ci sono quasi. Lo sento. Sono Mickey Belane, investigatore privato! Anche se mi resta sempre da risolvere la faccenda del Passero Rosso. E adesso c’è pure una puttana tra i coglioni. Beh, di solito le puttane stanno sempre tra i coglioni...! Pausa. Del resto, come dovrei chiamarla? Una puttana è una puttana, indipendentemente dal nome. In fondo che cos’è un nome? Ciò che chiami puttana, anche con un altro nome continuerebbe a puzzare della sborra di quattrocento uomini. (pausa) E poi ci sono ancora la Signora Morte e Céline. Beh, la signora morte c’è sempre. Ma la morte è sempre una signora...? Uhm... Ma di che cazzo vado farneticando!? Devo riflettere. Devo riflettere bene. Devo riflettere su tutto. Analizzare ogni dettaglio. Esaminare ogni possibile indizio. Vagliare ogni minima traccia. Sono Mickey Belane, investigatore privato! In qualche modo è tutto collegato: Passero e passere, cadaveri e morte. . E Céline. Ma non riesco ancora a 146
ricomporre precisamente il mosaico. Non ancora... Ah, le tempie mi scoppiano... Un goccio potrebbe forse schiarirmi le idee. Belane si versa alcuni drink e si appisola sulla poltrona. Nel sonno sogna di essere a letto con la Signora Morte, Cindy e Jennie Nitro, tutte insieme, tutte in una volta: Cindy gli fa un pompino mentre Jennie lo bacia le palle e la Signora Morte lo bacia sulla bocca. Quando si sveglia prende il cappello ed esce. INTERNO, IPPODROMO, POMERIGGIO. Belane si reca all’ippodromo. Prende la scala mobile per salire al piano superiore. Un uomo cerca di derubarlo del portafoglio fingendo di urtarlo accidentalmente da dietro. BORSEGGIATORE: Oh scusi, mi dispiace, mi scusi. Ma Belane lo ha già afferrato per il collo e prende a schiaffeggiarlo ripetutamente. BELANE: (al borseggiatore, schiaffeggiandolo) IO, PORTO IL PORTAFOGLIO SEMPRE NELLA TASCA ANTERIORE SINISTRA DEI PANTALONI! L’investigatore lo colpisce ancora con due sonori ceffoni e un calcio nel ventre che lo fa capitombolare ai piedi della scala. Poi si gira e aspetta di arrivare in cima. BELANE: (in camera) Si impara, si impara! Ci vuole un po’, ma s’impara. Oh, è tutto così senza senso, tutto così privo di senso. Un gioco debilitante. Solo infilarsi le scarpe al mattino, o alzarsi dal letto, è già una vittoria. Giunto in cima alle scale, Belane scorge poi il postino Mike, con il volto sformato e gonfio, seduto al banco del bar sorseggiando un caffè; e gli si avvicina con aria boriosa e scontrosa di sfida. BELANE: Ma chi ti ha fatto entrare? Adesso accettano anche quelli come te? Non era vietato ai cani e ai pezzenti, qui, una volta? Eh, è proprio vero che i tempi sono cambiati. La città non è più quella di una volta. L’ippodromo non è più quello di una volta. Il mondo si è capovolto: adesso le mosche mangiano cioccolata, e i mandriani camminano in Cadillac. Eh, tempi duri: proprio vero. MIKE: Che vuoi dire? 147
BELANE: Che in altri tempi tu saresti stato nelle stalle, non al bar. MIKE: Belane, ti ucciderò. Ti farò fuori: hai i giorni contati. BELANE: Chi t’ispira nella prima corsa? MIKE: Cavallo Pazzo. BELANE: (porgendogli una banconota da 5 dollari) Prendi, misero pezzente, e buona fortuna. MIKE: Hey, grazie, Belane. BELANE: (a Mike) Figurati. (in camera, sospirando) Eh sì: un uomo è sempre perseguitato da qualcosa. Mai tregua. Mai pace. Mai. L’investigatore gli volta le spalle e si siede a qualche sgabello di distanza dal postino. Una barista africa, molto avvenente e formosa, lo ammicca. Belane ordina una tazza di caffè grande. BARISTA 3: Ciao, coglione. BELANE: Ciao, troione. BARISTA 3: Su chi punteresti nella prima, Belane? BELANE: Non posso dirtelo: tu in bocca riesci a tenere soltanto i cazzi: tutto il resto vola via. Faresti calare a picco le quote se te lo dicessi. BARISTA 3: Fanculo, coglione. BELANE: Succhiami il cazzo, puttanone negro. Belane prende il proprio caffè, paga, e si allontana: si reca alla zona comfort, si siede s’una delle poltroncine in pelle della hall e apre il giornale delle corse aspettando che inizino le gare. MIKE: (fuori campo) Non te la caverai solo con cinque miseri fottuti dollari, Belane. BELANE: E che vuoi farmi, ammazzarmi per qualche dollaro in più, cowboy? MIKE: Ti rompo il culo, Belane. BELANE: Vacci piano, bifolco: ho una Luger .45 nel cruscotto della macchina: potrei traforarti il culo. Belane si alza e si volta. Quando i due sono affrontati a pochi centrimetri l’uno dall’altro, Mike gli ha già puntato un coltello contro la pancia e glielo spinge contro il ventre con forza. MIKE: Qui ci sono quindici centrimetri, tutti per te... BELANE: Dio non è stato affatto generoso con te... 148
MIKE: Non fare lo spiritoso. BELANE: Non fare il cowboy. Non ti si addice. MIKE: Chiudi il becco! Sto cercando di decidere se ucciderti o no. BELANE: Senti, possiamo trovare un accordo. Ho qui 15 dollari, sono tutti tuoi... MIKE: Quanti? BELANE: Venti dollari. MIKE: Quanti? Mike spinge ancora di più la punta della lama del coltello. BELANE: Cinquanta. MIKE: Bene, prendi il portafoglio, sfila il cinquantone e mettimelo nella tasca della camicia. Belane obbedisce: sfila il portafoglio dalla tasca anteriore sinistra dei pantaloni, estrae la banconota da cinquanta e la inserisce nel taschino della camicia di Mike. MIKE: Bene, ora, dato che ci sei, prendi anche il biglietto da 20 e quello da 10 che hai e fai la stessa cosa. Belane obbedisce: Mike ritrae il coltello. MIKE: Adesso siediti lì, prendi il programma delle corse e dagli un’occhiata. Ti è andata bene per oggi. BELANE: E domani? MIKE: (canticchiando) Domani, beh, domani... Que serà, serà... Whatever will be, will be... The future’s non purs, to see... Que serà, serà! Poi sogghigna in modo malvagio. BELANE: Sporco, brutto e cattivo... Mike digrigna il volto in un volto acceso di rabbia e indignazione, e punta il coltello sulla nuca di Belane. MIKE: Non provarci. Non ne vale la pena di morire per un pugno di dollari... Belane rimane seduto a leggere il giornale delle corse e finire il caffè. Poi si alza e sale sulla scala mobile, scende dalla scala mobile ed esce dall’ippodromo. ESTERNO, IPPODROMO, POMERIGGIO. Belane si dirige al parcheggio, individua con qualche difficoltà la macchina, finalmente la trova, sale, e parte. BELANE: (in camera, sospirando) Eh... Certi giorni non c’è proprio verso di raddrizzarli... L’investigatore guida fino a casa ed entra. 149
INTERNO, CASA DI BELANE, SERA. In casa, Belane si ubriaca per diverse ore (birra, vino, rhum, whiskey, vodka) e, ormai esausto, si mette a letto e prova a dormire ma non riesce: rimane supino a fissare il soffitto e rimuginare. BELANE (in camera): “Anche oggi non ho risolto niente: tutti i miei casi sono in letargo. Mio padre mi aveva avvertito che sarei stato un fallito. Anche lui era un fallito. Seme cattivo...”. Alle 03,00 si alza, va in soggiorno, siede sul divano e accende il televisore. Dallo schermo la giovane e avvenente e provocante ragazza di una lo invita a chiamare promettendo ottima compagnia virtuale a buon prezzo. Belane prende il telecomando per cambiare canale ma il telecomando non funziona: con espressione d’insofferenza e frustrazione in volto, si costringe a trovare le forze per alzarsi e cambiare canale manualmente. Quando è vicino al televisore sente la voce di Jennie Nitro pronunciare il suo nome. JENNIE: (fuori campo, divertita) “Belane, hey, Belane...”. Belane si gira ma non vede nessuno: fa spallucce e prostende il braccio verso il televisore per cambiare canale. Ma di nuovo la stessa voce. JENNIE: (fuori campo, leggermente infastidita) Belane, hey, Belane... Di nuovo l’investigatore si gira ma non vede nessuno: si rigira nuovamente e continua ad allungare il braccio in direzione del pulsante per cambiare canale. Ma ancora la stessa voce. JENNIE: (fuori campo, spazientita) Belane, hey, Belane... Di nuovo Belane si guarda alle spalle ma non vede nessuno: si rigira nuovamente e prostende il braccio in direzione del pulsante per cambiare canale. Quando il suo indice sta per premere il pulsante per cambiare canale, ode di nuovo e ancora la stessa voce. JENNIE: (rassegnata) Hey, grassone. Guarda giù. Sono qui... Belane rivolge allora un’occhiata verso lo schermo. JENNIE: Ce l’hai fatta, coglione... Sono io. Mi riconosci? L’investigatore apre e tende le orecchie, strizza gli occhi e aguzza la vista non credendo ai propri occhi né 150
alle proprie orecchie. Poi strabuzza e sbarra gli occhi come se quel volto e quel corpo gli fossero familiari. BELANE: Jennie Nitro... JENNIE: (sarcastica e sardonica) Bravo, hai vinto un mappamondo! BELANE: Che cosa vuoi? JENNIE: Che la smetti di ficcare il naso nelle mie faccende personali. BELANE: Come? JENNIE: Che la smetti di ficcare il naso nelle mie faccende personali. Belane è incredulo e attonito. BELANE: Devo aver bevuto troppo. Meglio andare a dormire per oggi. E, così detto, preme il pulsante per spegnere il televisore ma, nello stesso attimo in cui preme il pulsante per lo spegnimento, il televisore scoppia ed esplode, e un lampo di luce scarlatta ne scaturisce, accompagnato da un ronzio fortissimo come di un nugolo di api disturbate nell’alveare: viene fuori Jennie, materializzandosi dal nulla. Belane è sbigottito e atterrito. JENNIE: Ti ho messo paura, Belane? BELANE: Ma figurati. Serve ben altro per spaventare un investigatore privato come me. JENNIE: Lascia perdere. Per essere un investigatore ti mancano tre qualità. BELANE: E quali? JENNIE: Grinta, strategia, e fiuto. (sarcastica, guardandosi intorno e sguardando la stanza) E, a giudicare dal lerciume di questo lurido postribolo per topi, anche una donna di servizio... Questo posto fa schifo, è sozzo, schifoso. Una vera topaia. BELANE: T’inchioderò il culo, Jennie. JENNIE: Anche per quello ti mancano tre cose. BELANE: E cioè? JENNIE: Fisico, palle ed erezione. BELANE: Ah sì? Beh, ho capito a che gioco stai giocando, pupa. JENNIE: (sarcastica) Ma davvero!?
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BELANE: Ti sei incollata a Grovers perchè se la fa con i morti e tu hai bisogno dei cadaveri per infilarci i tuoi amichetti dello spazio. Jennie si siede s’una sedia, prende una sigaretta dal pacchetto di Belane, l’accende e reclina la testa indietro con una gran risata strafottente. JENNIE: Ti sembra che io sia dentro un cadavere, Belane? BELANE (smarrito): Beh... Non direi... JENNIE: Possiamo crearceli da soli i corpi. Guarda! Un nuovo lampo di luce scarlatta accompagnato da un assordante ronzio, e in un angolo della stanza appare un’altra Jennie in piedi di fianco a un vaso di piante che orna l’interno dell’abitazione di Belane. JENNIE 2: Ciao Belane. JENNIE 1: Ciao Belane. Belane osserva attonito e sbalordito. BELANE: È sbalorditivo. JENNIE 2: Ma dormi in mutande?? JENNIE 1: È disgustoso. SEI, disgustoso. Un ulteriore lampo di luce scarlatta accompagnato da un assordante ronzio e la seconda Jennie scompare. BELANE: Senti, Grovers mi ha incaricato di levarti dalle palle ed è quello che farò. Ti toglierò dalle palle. JENNIE: Fai grandi discorsi per essere uno zero, uno zero al quoto di un bel niente, anzi meno di zero, un sottozero. BELANE: Non farmi incazzare, Jennie, o io-JENNIE: --O io che cosa? BELANE: Io-Il fiato gli si ferma in gola, e le parole nello stomaco: Belane improvvisamente si ritrova pietrificato e immobilizzato sul divano dov’era seduto. JENNIE: Sei merce di scarto, Belane. Non giocare con me. E adesso ci sto ancora andando piano. Ti è ancora andata bene. BELANE: (fuori campo, pensando in mente) “Ti è andata bene”: è la seconda volta che me lo dicono, oggi. Forse faccio il mestiere sbagliato. Ma ormai è troppo tardi per i ripensamenti. Poi il solito lampo ronzante e Jennie svanisce nel nulla, così come si era palesata. 152
Belane rimane immobile, incapace di muoversi per una decina di minuti. Poi inizia a riprendere sensibilità e riprende a muoversi. Quando è in grado di muoversi normalmente, s’incammina verso la camera da letto e si corica, e finalmente riesce a prendere sonno e si addormenta. INTERNO, POMPE FUNEBRI DI HAL GROVERS, POMERIGGIO. Belane si trova davanti all’ufficio di onoranze funebri di Hal Grovers. L’insegna recita POMPE FUNEBRI PORTO ARGENTEO. L’investigatore entra. L’ufficio è confortevole, pulito e silenzioso. Tappeti spessi, leggermente sporchi. Dentro, nessuno. BELANE: (in camera, sornione) Campo maledettamente buono a cui dedicarsi. Niente periodi morti! Belane si guarda intorno e, non vedendo nessuno, varca la soglia che conduce a una sala contigua e molto ampia. Nella sala molteplici bare; di tutte le dimensioni; grandi, piccole, spesse, sottili. Intorno, nessuno. Belane è pervaso da una irresistibile curiosità, alza il coperchio di una bara e timoroso guarda all’interno, con paura e circospezione. Dentro, una giovane donna nuda, bellissima e defunta. Belane urla, e lascia cadere il coperchio, che sbatte sulla bara e cade in terra. Hal Grovers entra correndo. Tra i due intercorre un dialogo grottesco ai limiti dell’assurdo. GROVERS: BELANE! CHE COSA STA COMBINANDO?? BELANE: Combinando? “ COMBINANDO ” DICI? CHE INTENDI DIRE? MA DOVE DIAVOLO ERI FINITO?? GROVERS: AL BAGNO. MA PERCHÈ URLARE TANTO? BELANE: ANCHE TU STAI URLANDO! GROVERS: E ALLORA SMETTIAMOLA ENTRAMBI! BELANE: D’ACCORDO. GROVERS: BENE. AL MIO TRE LA SMETTIAMO DI URLARE. BELANE: AL TUO 3, MALEDETTO FIGLIO DI PUTTANA. GROVERS: UNO, DUE, TRE! Belane e Grovers si zittiscono. Rimangono mutacici mirandosi a vicenda. Ispirando ed espirando, asmando, ansando e ansimando affannosamente. BELANE: (indicando la bara che aveva precedentemente scoperchiato) GROVERS, C’È UN CADAVERE IN QUELLA BARA! UNA 153
SVENTOLA CON DUE TETTE DA MOZZARE IL FIATO IN GOLA E GELARE IL SANGUE NELLE VENE! GROVERS: AVEVAMO DETTO DI NON URLARE PIÙ. BELANE: (ricomponendosi e assumendo un atteggiamento sobrio) Ah, giusto. Grovers si avvicina alla bara in questione e solleva il coperchio. GROVERS: Belane, non c’è alcuna corpo qui. BELANE: Che cosa?? Belane vicita e sbircia la bara, che risulta effettivamente vacante. Si volta vero Grovers, lo afferra per il bavero e lo strattona. BELANE: Non prendermi per il culo, bello! L’ho vista! C’era un cadavere qui dentro! Una giovane sventola stecchita! Mi prendi per il culo? Tu, e quel Billy French, il vampiro succhia-sangue. Con me non si scherza, Grovers! GROVERS: Nessuno qui vuole scherzare con lei, Belane. Ha le allucinazioni? BELANE: (allentando la presa) Scusa, dovevo aspettarmelo. GROVERS: (ricomponendosi) Aspettarsi che cosa? BELANE: È Jennie Nitro. Sta giocando con la mia mente. Sa bene che ci sto dando dentro col tuo caso. GROVERS: Non l’ho più vista ultimamente. Magari se n’è andata. BELANE: Non escludo il ritorno. Anzi, ne sono sicuro. Tornerà. Tornano sempre. Quando capiscono che in fondo eri l’uomo migliore che potesse capitar loro. Tornano. E quando lo fanno, tornano piene di rimorsi e rimpianti. E tu ti ritrovi tra i piedi delle cagnoline ammaestrate pronte a leccarti i piedi e baciarti il culo. paura Non se n’è andata, Hal. Sta solo aspettando. GROVERS: Aspettando che cosa? BELANE: Lei aspetta. Giù come un animale e aspetta. Pronta ad addentarti la giugulare appena ti chinerai per allacciarti le scarpe. GROVERS: Mi sta dicendo che non dovrei più allacciarmi le scarpe? BELANE: (con aria grottescamente grave, pesante e ridicolmente seria) Per ora non lo so. Ma meglio non rischiare. Poi compie un giro su se stesso e si guarda intorno.
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BELANE: Presto, Grovers! Quanti cadaveri hai qui in questo momento? GROVERS: Ne abbiamo appena preparati due. Sono nella “sala del sonno”. BELANE: Devo vederli! GROVERS: Che cosa? BELANE: Vuoi che risolva il tuo caso o no? GROVERS: Non lo so... BELANE: (con espressione e atteggiamento di preoccupatissima e immotivata apprensione come per imminente catastrofe) Grovers, è questione di vita o di morte ah ah ah! (pausa) Ad ogni modo, devo vedere quei cadaveri! GROVERS: Perchè? BELANE: Se te lo dicessi, non ci crederesti. GROVERS: Ci provi. BELANE: Lascia perdere. Sei ancora troppo giovane per certe cose. Piuttosto, non c’è tempo. Devo vedere quei due cadaveri, Grove! GROVERS: È molto irregolare... BELANE: Lascia perdere e fammi dare un’occhiata. GROVERS: E va bene. Mi segua... I due entrano nella “sala del sonno”. Buio, candele accese, e tre bare. BELANE: Bene, vediamo un po’... GROVERS: Potrei sapere il motivo, per favore? BELANE: Jennie Nitro vuole piazzare i suoi alieni dello spazio in questi corpi morti. Dare loro un guscio, un posto dove nascondersi. Un guscio, hai presente, come quello delle tartarughe. La signorina Nitro ti sta intorno per arrivare a questi corpi, Grovers. Qui c’è qualcosa di grosso sotto. GROVERS: Ma questi sono cadaveri, sono morti, sono in stato di decomposizione. Inoltre li sotterreremo. Come potrebbero utilizzarli? BELANE: Gli alieni si nascondono nei corpi morti finchè vengono tumulati, poi ne trovano altri. GROVERS: Ma se vogliono nascondersi, perchè usare corpi senza vita? Perchè non nascondersi dentro a serbatoi, caverne, antri, grotte, spelonche e posti simili? Perchè, poi, non utilizzare corpi viventi?
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BELANE: Che idiota che sei! I corpi vivi reagirebbero alla loro presenza. Apri queste bare, Hal! Penso che siano lì dentro adesso! GROVERS: Belane, io credo che lei sia pazzo. BELANE: Ah, e così io sarei il pazzo? Grovers, chi è venuto nel mio ufficio gridando all’invasione aliena? Chi ha leccato le scarpe di una puttana dello spazio solo perchè lei gliel’ordinava? E SAREI IO IL PAZZO? Silenzio. BELANE: ASPETTO UNA RISPOSTA! GROVERS: Io... BELANE: E chi ti ha dato ascolto pensando che fossi solo un coglione ma non un pazzo? Silenzio. BELANE: ALLORA!? ESIGO UNA RISPOSTA, BRUTTO COGLIONE! GROVERS: Lei... BELANE: APRI QUESTE CAZZO DI BARE, FINOCCHIO DI UN FROCIO! Silenzio. Grovers apre la prima bara. Dentro un uomo sui 40 anni. Belane scruta il cadavere. Poi si gira verso Grovers e gli si rivolge parlando sottovoce, bisbigliando come comunicando un segreto pericoloso e incofessabile. BELANE: Uno di loro è dentro di lui in questo momento... GROVERS: Come fa a saperlo? BELANE: (con gli occhi di fuori per l’esaltazione) L’ho appena visto muoversi! Belane si abbassa, afferra il cadavere per il collo, e lo crolla percuotendolo con forza. BELANE: Avanti, avanti! Vieni fuori di lì! Lo so che sei lì dentro! Mentre Belane lo crolla ripetutamente, il cadavere spalanca la bocca sputando un batuffolo bianco. Belane emette un grido e si ritrae con un balzo indietro. Grovers si limita a fare spallucce alzando le braccia e lasciandole ricadere mollemente lungo i fianchi in segno di rassegnazione, ed emettendo un flebile gemito profondo. BELANE: AHHH! CHE COS’È?? GROVERS: Belane, ho lavorato almeno un’ora per imbottirgli le guance. È solo cotone. Per farlo apparire florido e in salute. Ma adesso si è afflosciato di nuovo. Ora dovrò rifare tutto da capo.
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BELANE: Meglio che ti sbrighi. Il nostro amico ha assunto le sembianze di un cazzo moscio. È disgustoso, è terribile, è orribile, è orripilante. Grovers sospira di nuovo. BELANE: Scusa, non me n’ero reso conto. Ma credo che ci siamo. Scoperchia un’altra bara. Grovers lo sguarda torvo e corrusco in tralice aggrottando le sopracciglia. BELANE: Per favore. GROVERS: L’apra da solo. È tutto così ripugnante. È stolido, è insensato, è malato. Non capisco perchè sto permettendo tutto questo. Devo essere impazzito. Belane si avvicina alla seconda bara e la scoperchia. BELANE: È uno scherzo, Grovers? Perchè se è uno scherzo non è divertente, Hal. Non si scherza su queste cose, Grove. Non è per niente divertente. GROVERS: (smarrito) Ehm? BELANE: La persona adagiata nella bara sono io. Guarda pure tu. Sto sorridendo. Di un bellissimo sorriso di cera. Sembro un Buddha. E indosso un abito marrone scuro e stropicciato. Io non indosso mai abiti marroni. Che diavolo sta succedendo qui, bello? GROVERS: Ma quello è il signor Andrew Douglas, è morto improvvisamente per un arresto cardiaco. Per decenni è stato una figura eminente della comunità. BELANE: Stronzate, Grovers. Quello lì dentro sono io! GROVERS: È sicuro di sentirsi bene? BELANE: No che non mi sento bene. Non mi sento bene per nulla. Non mi sento bene manco per il cazzo. C’è il mio corpo dentro una bara e mi chiedi se mi sento bene? Sei forse impazzito? Ti sei ammattito o cosa? GROVERS: (avvicinandosi alla bara) Sciocchezze, è il signor Douglas. Guardi lei stesso. Belane si avvicina e scruta nella bara. Nell’intro un vecchio candido, canuto e canescente, sui settanta, forse ottanta. BELANE: (arrabbiato) A CHE GIOCO STIAMO GIOCANDO, GROVERS? GROVERS: Non so che dirle... BELANE: (calmandosi) Forse non è colpa tua. Forse sei solo un coglione. Dev’essere Jennie Nitro. Ci sta fottendo alla grande. 157
GROVERS: Io penso che lei sia un uomo molto confuso, Belane. BELANE: Taci e stai zitto. Devo riflettere. Pausa. Silenzio. GROVERS: Signor Belane... Signor Belane... BELANE: Sì? GROVERS: È interessato a vedere l’interno della terza bara, sebbene sia vuota? C’è un signore che l’ha scelta anticipatamente. BELANE: Ma lui è lì dentro?? GROVERS: No, certo che no. Il signore è vivente e in perfetta salute. L’ha scelta in anticipo. Applichiamo uno sconto del 10% sugli acquisti anticipati. BELANE: Ok, Grovers. Adesso ho un appuntamento. Devo andare. Ti contatterò io. Belane si volta e si avvia verso l’uscita. Ma sulla soglia del negozio è raggiunto dalla voce di Grovers che lo chiama. Belane si volta. GROVERS: C’è qui Billy French. È appena tornato dal pranzo. Vuole parlargli di persona? BELANE: È disgustoso, è schifoso. GROVERS: Mh? BELANE: Non ce la faccio. Non reggerei. Sboccherei vedendolo. GROVERS: Mh?? BELANE: Chiedigli che cosa ha mangiato. Grovers si reca nella sala dove si trova Billy French ritornando poco dopo. GROVERS: Antipasto di lingua salmistrata in salsa tonnata, carpaccio all’albese e salsiccia di Bra. Secondo di bistecca al sangue in salsa rossa e trippa con contorno d’insalata di pomodori. BELANE: È stomachevole, è vomitevole! GROVERS: Mh??? BELANE: Che pomodori? Grovers si reca di nuovo nella sala dove si trova Billy French ritornando poco dopo. GROVERS: Crede che fossero cuori di bue. BELANE: È rivoltante, è ributtante! GROVERS: Mh???? BELANE: (a Grovers) Adesso devo andare. Ti contatterò io. (in camera) Tutti i figli di puttana che si scelgono la 158
bara in anticipo sono gli stessi figli di puttana che si sparano seghe sei su sette, e vanno a puttane il sabato sera. Ma non io, non Mickey Belane. Non io. ESTERNO, MACCHINA, POMERIGGIO. Belane si reca al maggiolino, sale, mette in moto, e parte, sgusciando nel traffico. Comincia a piovere e Belane alza il finestrino buono della portiera desta. Poi accende la radio, fermandosi a una stazione che trasmette jazz figo. INTERNO, UFFICIO, POMERIGGIO. Garner Building. Belane entra e prende l’ascensore. Sale fino al sesto piano. Percorre il corridoio fino alla porta 604, su cui è affissa la targhetta . L’investigatore apre la porta. La sala è gremita. Belane percorre con lo sguardo quella folla variopinta. Uno in particolare colpisce la sua attenzione. Un uomo che legge il giornale tenendolo al contrario. Tutti gli altri siedono in silenzio quasi senza respirare. Nella sala aleggia una sensazione greve e cupa che si disegna sui visi degli astanti. Belane si reca all’accettazione e si registra. La segretaria è un’orrende vecchia piena di rughe e pustole schifose. Registratosi volta le spalle alla scrivania dell’accettazione, si avvia verso le poltroncine della sala d’attesa, e prende posto accanto a un uomo che indossa una scarpa nera e una marrone. UOMO BICOLORE: Hey, amico. BELANE: Sì? UOMO BICOLORE: Hai da cambiare un centesimo. BELANE: E tu hai da moltiplicare un milione? UOMO BICOLORE: Forse domani? BELANE: Forse domani. UOMO BICOLORE: E se domani non riuscissi a trovarti? BELANE: Spezzerai il tuo centesimo e diverranno tre. UOMO BICOLORE: Uh.
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Passa mezz’ora e Belane perde la pazienza e si alza in piedi. BELANE: (innervosito, alla segretaria) Ma lo strizza-cervelli non sa che una delle cose che fa ammattire la gente è l’attesa? La gente aspetta tutta la vita. Aspetta di vivere, aspetta di morire. Aspetta in coda per comprare la carta igienica. Aspetta in coda per i soldi. E se non ha i quattrini, aspetta ancora di più in code ancora più lunghe. Si aspetta di andare a letto la sera e di risvegliarsi al mattino. Si aspetta di sposarsi e si aspetta di divorziare. Si aspetta l’inverno e poi si aspetta l’estate e il caldo. Si aspetta la poggia e poi si aspetta il bel tempo. Si aspetta di cenare e poi si aspetta di cenare. SI ASPETTA NELLO STUDIO DELLO STRIZZACERVELLI CON UNA MANICA DI PSICOPATICI E CI SI CHIEDE SE NON SI È UNO DI LORO! Nessuno lo degna di una risposta né di una risposta, e Belane si risiede e si mette buono buono in attesa. Poi si appisola e in fine viene svegliato dalla segretaria. SEGRETARIA: Signor Belane, signore Belane. Tocca a lei. BELANE: Sono pronto, dolcezza! SEGRETARIA: Mi segua. Il dottore la sta aspettando nel suo ufficio. I due attraversano l’ufficio e il corridoio. Poi la segretaria apre la porta di una sala e invita Belane ad entrare. Belane ingrede precedendola. Dietro la scrivania un tizio dall’aria molto soddisfatta, camicia verde scuro, maglione informe arancione e sbottonato, lenti da vista scure, fumando una sigaretta e tirando il fumo con l’ancia. DOTTORE: (indicando una sedia) Prego. Si accomodi. La segretaria chiude la porta alle spalle di Belane e se ne va. Il dottore scarabocchia un foglietto di carta con la sua penna stilografica. DOTTORE: Le costerà 160 dollari l’ora. BELANE: Ma vaffanculo. DOTTORE: (divertito e stupito) Ah, questa mi è piaciuta! BELANE: No, dico sul serio. Il dottore ridacchia. DOTTORE: Bene, veniamo a noi. Perchè è qua? BELANE: Non so proprio da dove cominciare. 160
DOTTORE: Cominci contando all’indietro partendo da dieci! BELANE: Fottiti tua madre, coglione! DOTTORE: Ah, interessante. Lei ha mai avuto rapporti con la sua? E con la mano sinistra forma un cerchio unendo il pollice e l’anulare e poi infilandoci l’indice della mano destra facendolo passare avanti e indietro. DOTTORE: Così... Mhm...! BELANE: La pago 160 dollari orari per farmi prendere in giro? DOTTORE: Inizi lei a non prendersi gioco di me. BELANE: (alzandosi e piegandosi sulla scrivania) Ti va di lusso, amico, che ti sto solo prendendo in giro! DOTTORE: Addirittura... BELANE: Già. Non giocare con me, bello, non sono responsabile delle mie azioni. DOTTORE: Via, via, signor Belane, mi dica che vuole da me e facciamola finita. BELANE: (sbattendo un pugno contro il piano della scrivania) LEI CHE NE DICE? MALEDIZIONE, HO BISOGNO DI AIUTO! DOTTORE: È naturale, signor Belane. Ma come mi ha trovato? BELANE: Pagine gialle. DOTTORE: Pagine gialle? Ma io non sono sulle Pagine gialle. BELANE: E invece sì. Seymour Dundee, psichiatra, Garner Building, ufficio 604. DOTTORE: Ma questo è il 605. Sono Samuel Dillon, avvocato. Il signor Dundee è nell’ufficio qui accanto. Temo che lei abbia commesso un errore. BELANE: (alzandosi e sorridendo) Allora è vero che lei vuole prendermi in giro, Dundee. Mi sta prendendo in giro, Dundee. Se crede di potermi manipolare e giocare con la mia mente, sta sbagliando di grosso. Sono qui per cercare di scoprire se le faccende di Céline, del Passero Rosso, della Signora Morte, degli alieni dello spazio, di Cindy Bass siano reali o se invece ho problemi mentali. Voglio dire, niente di tutto ciò ha senso. Credo di essere impazzito. Secondo lei sono impazzito? Sono pazzo? Me lo dica, secondo lei sono pazzo? Dove mi porterà tutto questo. Perchè? Che senso ha? Il dottore preme un pulsante sulla scrivania e subito appare la segretaria. 161
DOTTORE: Molly, per favore, accompagna questo signore nello studio del dottor Dundee qui a fianco. Grazie. Belane la segue a ritroso lungo tragitto prima compiuto per arrivare allo studio di Dillon e lungo il corridoio che collegava lo studio dell’avvocato alla sala di ricevimento. La segretaria apre la porta e indica la porta corretta a Belane. SEGRETARIA: E vedi di rigare dritto, segaiolo... Belane entra nella sala d’aspetto dello studio del vero Dundee. Anche questa gremita. La prima cosa che nota è l’uomo con le scarpe bicolori che prima chiedeva a Belane se questo avesse da cambiare un centesimo. Belane si dirige verso di lui e gli si siede accanto. UOMO BICOLORE: (in tono confidenziale) È capitato anche a lei? Belane lo guarda e non risponde. UOMO BICOLORE: (con atteggiamento canzonatorio) Eh eh... Ha sbagliato porta... Eh eh... Ha sbagliato porta! Belane si alza, varca la porta d’ingresso, ed esce. Chiama l’ascensore, sale, scende al piano terreno. Poi attraversa l’atrio dell’ingresso e raggiunge l’uscita. ESTERNO, MACCHINA, TRAMONTO. Uscito raggiunge la macchina, l’apre, vi sale, mette in moto, aspetta che si scaldi, parte. Guida ad andatura controllata. A un semaforo si ferma e accende una sigaretta nell’attesa. Quando scatta il verde, riparte. Intanto, lungo il percorso, pensa a voce alta. BELANE: Nell’ultimo sogno che ho fatto ero sdraiato sotto un elefante, non potevo muovermi, e lui stava sganciando uno dei più grossi stronzi mai visti. Racconta questo sogno allo strizzacervelli e lui s’inventerà qualcosa di tremendo. Dato che lo paghi una cifra spropositata, farà di tutto per farti sentire malissimo. Ti dirà che lo stronzo è un pene e che tu ne sei terrorizzato, o che lo desideri intensamente e ardentemente, o cazzate degeneri di questo genere. E invece io dico che è solo un grosso stronzo e basta. Punto e basta. Non serve ricamarci troppo sopra. A volte le cose sono proprio come appaiono, senza 162
doverci ricamare troppo sopra. O, molto più semplicemente, lo stronzo di elefante è la rappresentazione simbolica del telefono: sapete, tutta quella merda che capita di dover ascoltare. Perchè un telefono è sempre un telefono, ma tutto ciò che gli passa attraverso è un’altra storia. (Pausa. Poi, guardando in camera) Ad ogni modo, il miglior interprete dei sogni è il sognatore. Tieniti i soldi in tasca, o puntali s’un bel cavallo, o dalli a una puttana. Pagaci un sicario, compraci dei sigari scadenti, compraci del pessimo rhum che sa di cherosene, compraci dei cazzi di gomma. Tutto, ma non gettarli in strizzacervelli e psicanalisi. (Pausa) Eppure ci sono troppe cose che non quadrano. Per esempio, nello studio dell’avvocato, perchè quel tale leggeva il giornale al contrario? Avrebbe dovuto stare nello studio dello strizzacervelli. O forse solo la pagina esterna del giornale era capovolta e lui leggeva l’interno per il verso giusto? E poi: dove si è cacciato il Passero Rosso? E ancora: Dio esiste? Ci sono troppi enigmi da risolvere e troppi indizi e fatti che non quadrano. Già solo scendere dal letto è come calarsi nell’infinito muro vuoto dell’universo. Forse farei meglio a scappare a Cuba con i pochi soldi che mi sono rimasti, scialacquarli in puttane mulatte minorenni, e scordarmi definitivamente di tutto. Ma problemi e sofferenze mantengono un uomo in vita anche quando sembra di non farcela. O è forse il cercare di evitare e risolvere problemi e sofferenze quello che permette di stare sul pezzo. (sospirando) Ah, è un lavoro a tempo pieno. E spesso capita che non ci si riesca a riposare nemmeno durante il sonno. Fanculo. Sono Mickey Belane, il superinvestigatore. ESTERNO, RISTORANTE DI MUSSO, MERIGGIO. Belane è in macchina. Guida fino al ristorante di Musso. L’orologio segna le 14,10 allorchè parcheggia e lascia la macchina per entrare nel locale. Ne uscirà più tardi, mentre ambulanze sfrecciano correndo per soccorrere un uomo che giace in terra esanime e senza vita, e una donna obesa con un grande cappello rosso alla guida di una vecchia Oldsmobile scende dall’auto e urla impazzita.
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Il corpo è quello di Céline, che giace nel bel mezzo di Hollywood Boulevard. Céline è fermo immobile in terra, sull’asfalto. Belane si ferma a guardarlo un momento. Poi passa oltre, si reca alla macchina e parte. INTERNO, UFFICIO DI BELANE, POMERIGGIO. Belane infila la chiave nella serratura dell’ufficio, spalanca la porta e sobbalza dallo spavento: dietro la scrivania, seduta sulla poltrona, Jennie Nitro, le gambe accavallate come Sharon Stone in BASIC INSTINCT, il corpo da sballo, un aspetto splendido. BELANE: Pare che alla gente piaccia sedersi dietro la mia scrivania e sulla mia poltrona. Ma prego, accomodati pure. JENNIE NITRO: Belane, brutto ubriacone sciagurato, versami qualcosa da bere. Ho la gola secca. Belane si avvicina all’angolo bar e versa un drink per sé e uno per Jennie Nitro. BELANE: (versando da bere) Capisco bene perchè Grovers si trova nei guai. Che importanza ha anche se sei un aliena dello spazio? Con quel corpo, ne vorrei avere molte di più intorno. Ma Grovers è mio cliente: devo eliminarti, finirti, spedirti all’altro mondo, fuori scena, su Marte magari. È il mio destino: mai pace, mai tregua, mai, sempre in pista per qualcuno. Poi si rivolge alla scrivania, porge il bicchiere a Jennie Nitro, poi ritorna sui propri passi, si dirige verso il divano, si lascia cadere sul divano e si accende un sigaro, mentrecchè Jennie si è alzata dalla poltrona e siede ora sulla scrivania dondolando le gambe in modo estremamente sensuale. JENNIE NITRO: Grazie. (pausa) Sono venuta per stringere un accordo con te, Belane. BELANE: Piuttosto preferirei sorbirmi un intero concerto di Madonna. JENNIE NITRO: Da quanto tempo non vai con una donna, Belane? BELANE: E chi se ne frega? JENNIE NITRO: Dovrebbe fregare a te. BELANE: E se non me ne fregasse? JENNIE NITRO: E se te ne fregasse? BELANE: Mi stai offrendo il tuo corpo? 164
A questo punto Jennie Nitro balza giù dalla scrivania con un portentoso scatto d’anca e cammina su e giù lungo la stanza. È bellissima. Nitroglicerina pura. JENNIE NITRO: Il corpo fa parte dell’accordo. BELANE: Spiegati meglio. JENNIE NITRO: Belane, io faccio parte della prima ondata di un gruppo d’invasori che viene dallo spazio per impadronirsi della terra. BELANE: Perchè? JENNIE NITRO: Vengo dal pianeta Zaros. Siamo sovrappopolati. Abbiamo bisogno della terra per trasferire gli abitanti in eccedenza. BELANE: E perchè diavolo non venite qui e basta? Sembrate proprio degli umani. Non lo verrebbe mai a sapere nessuno. Jennie smette di camminare e rivolge un’occhiata penetrante a Belane, che sussulta. JENNIE NITRO: Belane, questo non è il nostro vero aspetto. Quello che vedi è solo un miraggio, un sogno, un’allucinazione. BELANE: Non lo è forse la vita stessa? JENNIE: (sorridendo) Belane, noi siamo completamente diversi da qualsiasi idea tu possa figurarti in mente. BELANE: E qual’è il tuo vero aspetto? A questo punto un lampo di luce scarlatta, da cui appare un essere simile a un grosso serpe ricoperto di pelo ispido e dotato al centro della testa di una protuberanza umida e rotonda contenente un occhio. Davvero ripugnante. Belane ha l’istinto di prendere un oggetto e lanciarglielo contro ma lo manca. Il serpe scompare avvolto da un lampo di luce scarlatta da cui riappare Jennie. JENNIE NITRO: Brutto idiota, hai cercato di uccidermi. Non farmi incazzare o ti distruggo. I suoi occhi lampeggiano. BELANE: Va bene, piccola, va bene, scusami. Mi sono solo confuso. Confuso e spaventato. Tutto qua. JENNIE NITRO: D’accordo, lasciamo perdere. Vedi, noi costituiamo il nucleo primario di un avamposto della futura occupazione e dominazione zaroniana sulla terra mandato in ricognizione per perlustrare il territorio e ricavarne dati utili per la successiva fase di evacuazione e trasferimento degli zaroniani in eccesso. Riteniamo che 165
sarebbe utile reclutare alcuni di voi umani, per la causa. Qualcuno come te. BELANE: E perchè io? JENNIE NITRO: Perchè tu sei il tipo perfetto: credulone egocentrico, narcisista e privo di personalità. BELANE: E Grovers? Che c’entra lui? Ha a che fare con i cadaveri? JENNIE: (ridendo) Nessuno. Siamo semplicemente capitati là. Siamo atterrati là per puro caso. Io mi sono, se possiamo dire così, affezionata a lui. Un flirt innocente, un passatempo... Poi si muove verso Belane. L’investigatore è ipnotizzato. I corpi si baciano e le bocche aderiscono, premendo l’una contro l’altra. Un lungo bacio appassionato. Con molta lingua. E moltissima saliva. Poi, d’un tratto, Belane l’allontana e la spinge via. BELANE: No, non posso. Mi spiace. JENNIE NITRO: (sguardandolo confusa) Che succede, Belane? Sei troppo vecchio per queste cose? BELANE: Non è quello, piccola... JENNIE NITRO: E allora? BELANE: Non voglio farti rimanere male... JENNIE NITRO: Dimmi, paparino. BELANE: Beh, potresti trasformarti di nuovo in quell’orribile... Cosa... Quel serpente orrendo, con quella protuberanza schifosa al centro... JENNIE NITRO: Che ti credi, brutto grassone di un bue? Noi zaroniani siamo bellissimi. BELANE: Sapevo che non avresti capito... Poi gira dietro la scrivania, si siede, apre il cassetto, estrae la bottiglia di vodka dal solito cassetto in alto a destra della scrivania, svita il tappo e ne ingolla una lunga sorsata. BELANE: Vuoi? Jennie rifiuta con un cenno della mano. BELANE: Come siete atterrati? JENNIE NITRO: Con una metropolitana spaziale. BELANE: Una metropolitana spaziale, eh? E in quanti siete? JENNIE NITRO: Sei. BELANE: Non so se posso aiutarti, piccola mia... JENNIE NITRO: Oh, mi aiuterai eccome, bue grasso. 166
BELANE: E se non lo faccio? JENNIE NITRO: Sei morto. BELANE: Cristo! Prima la Signora; poi Mike; Tony, Dante e Fante; Bass; Céline e Brewster; Adesso tu: perchè c’è sempre qualcuno che vuole vedermi morto? JENNIE NITRO: Forse, in qualche modo, te le attiri... BELANE: Beh, forse ho qualcosa da dire anche io sulla faccenda... E così dicendo estrae la Luger dal cassetto, impugnandola e puntandola contro Jennie. BELANE: Con un colpo ti rispedisco a Zaros, puttana! JENNIE NITRO: Dai, avanti, premi il grilletto, schifoso grassone di un bue! BELANE: (stupito) Che cosa? JENNIE NITRO: Ho detto: premi il grilletto, bastardo! BELANE: NON PROVOCARMI, PUTTANA! JENNIE NITRO: Su, cazzone: spara! AVANTI! BELANE: (sudando e tremando, visibilmente scosso) Credi che non ne sia capace? Jennie si limita stavolta a sorridere di un sorriso beffardo. BELANE: EH? JENNIE NITRO: (con sicurezza, tranquillità e serenità) Premi quel dannato grilletto, Belane... BELANE: (grondando sudore) TI PREGO, TORNATENE A CASA, TESORO! JENNIE NITRO: Mai! Belane preme il grilletto e chiude gli occhi: subito un reboante schianto fragoroso, e il rinculo della pistola. Quando riapre gli occhi, Jennie è in piedi davanti a lui, tranquilla e sorridente. Belane nota qualcosa nella sua bocca e strizza gli occhi per mettere a fuoco e vedere meglio: è la pallottola esplosa dalla pistola. Incredibile: Jennie nitro ha fermato la pallottola con i denti. Poi Jennie procede alla scrivania e sputa la pallottola sul piano. BELANE: Piccola, possiamo fare un sacco di soldi con questo numero! Possiamo diventare un duo! Possiamo diventare ricchi! Pensa! Sarebbe magnifico!
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JENNIE NITRO: Niente da fare Belane. Sarebbe un impiego scorretto dei miei poteri. BELANE: Allora ho un problema serio. E ingurgita un’altra sorsata di vodka. JENNIE NITRO: Ora, Belane, io ti arruolo ufficialmente per la causa di Zaros, che tu lo voglia o meno. Tu sei il prescelto. Stiamo ancora elaborando il piano per l’invasione e successiva occupazione della terra. Sarai informato e contattato non appena ci saranno nuovi sviluppi. Per ora è tutto. BELANE: Ascolta, Jennie, non puoi trovare qualcun altro per questo compito? JENNIE NITRO: (sorridendo) Sei TU il prescelto! Un lampo di luce scarlatta e Jennie Nitro scompare così com’era giunta. Belane appoggia i piedi sulla scrivania e con aria meditabonda riflette pensando ad alta voce. BELANE: (fra sé) Dunque, vediamo: sto facendo progressi. Ora mi rimane solo da sbrigare la faccenda del “Passero Rosso” e inchiodare il culo di Cindy. Un caso in meno, ma un problema in più: naturalmente adesso Jennie Nitro è un mio problema; sono cliente di me stesso! Ma, almeno, Céline e Grovers sono storia chiusa. In un certo senso devo confessare che comincio a sentirmi molto professionale. Il telefono squilla, Belane alza il ricevitore e risponde: è la Signora Morte. SIGNORA MORTE: Sono ancora io, Belane. Sono ancora qui. BELANE: È un piacere sentire una vera Signora ogni tanto. Ma perchè non si prende una bella vacanza ogni tanto? SIGNORA MORTE: Non riesco, non posso, non ci riesco proprio: il mio lavoro mi diverte da morire! BELANE: Senta, posso farle una domanda? SIGNORA MORTE: Certo. BELANE: Opera solo sulla Terra? SIGNORA MORTE: Che cosa intendi? BELANE: (titubante) Beh, voglio dire... Quello che voglio dire è se nel suo lavoro sono compresi, ehm, per esempio... anche gli alieni dello spazio! SIGNORA MORTE: Naturalmente. Alieni dello spazio, vermi, cani, pulci, leoni, elefanti, ragni, topi, politici,
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poeti, cantanti, attori, domestiche, meccanici, presidenti: quello che vuoi. BELANE: Buono a sapersi. SIGNORA MORTE: Che cosa è buono a sapersi? BELANE: Il fatto che lei tratti anche alieni dello spazio e compagnia bella. SIGNORA MORTE: Mi stai stufando, Belane. BELANE: Normalmente una frase del genere mi ferirebbe. Stavolta, però, ne sono stranamente contento. SIGNORA MORTE: Adesso devo andare. Ho una commissione da sbrigare. Un lavoretto. Un servizietto, diciamo. BELANE: Prima risponda a una domanda. SIGNORA MORTE: Qual’è? BELANE: Come fai a uccidere un alieno dello spazio? SIGNORA MORTE: Con facilità. BELANE: Le pallottole non funzionano. Che cosa usa lei? SIGNORA MORTE: Il mio potere, che è più forte di qualsiasi arma. BELANE: Dunque è lei l’arma. L’arma e la condanna. Lo strumento e il sicario. SIGNORA MORTE: Inizi a capire... Ne riparleremo: adesso devo proprio lasciarti: il lavoro mi chiama. E riaggancia. Belane ripone la cornetta e riappoggia i piedi sulla scrivania. BELANE: (fra sé) Cristo! Sei alieni dello spazio a caccia sulla terra e mi hanno arruolato per la loro causa. (sarcastico) La loro causa! Credevo fosse passato il tempo di queste cose. Manca solo Superman, i russi e la guerra fredda e siamo al completo! Devo inventarmi qualcosa. O forse dovrei semplicemente far decantare la cosa. Svita il tappo della vodka e beve un piccolo sorso. BELANE: E rimangono ancora aperte le faccende del Passero Rosso e di Cindy Bass. Estrae una moneta dalla tasca. BELANE: testa: Passero Rosso, croce: Cindy Bass. Lancia. Esce croce. Sorride. Si appoggia alla spalliera della poltrona e guarda in alto fissando il soffitto con espressione compiaciuta in volto. BELANE: Te lo inchioderò, maledetta puttana! (pausa) Ma da dove cominciare? Ci sono: comincerò dal bar più vicino. E così esce dall’ufficio e si reca al bar più vicino. 169
INTERNO, BAR, POMERIGGIO. Il locale è molto affollato. Belane trova uno sgabello libero lungo il bancone e si siede. Il bancone è sovrastato da un grande orologio che segna le 15,00, e da un grande specchio oblungo. Il barista ha aria solitaria, croci verdi dipinte sulle unghie, e occhi senza palpebre. Belane si sforza di guardarlo in faccia. BELANE: Scotch con acqua. BARISTA 4: Oh. Il barista trotta via. Belane guarda in camera. BELANE: (in camera, monologando) Un altro matto. Non si riesce proprio ad evitarli. Sono quasi tutti pazzi a questo mondo. E quelli che non sono pazzi sono arrabbiati. E quelli che non sono pazzi né arrabbiati, sono semplicemente stupidi idioti. Non c’è scampo. Non c’è via di fuga. Non c’è scelta. Devi solo resistere e aspettare. È un lavoraccio. È il più duro lavoro che si possa immaginare. E pensare che-Ma il suo monologo è interrotto (e la sua attenzione distolta) dall’arrivo di una donna che gli si siede accanto, sullo sgabello alla sua destra. SIGNORA MORTE: Ciao, coglione. Offrimi da bere. BELANE: Certamente. (Al barista) Hey, ragazzo, preparane due! BARISTA 4: Eh? BELANE: Preparane due, di scotch con acqua. BARISTA 4: Ah. SIGNORA MORTE: Che combini, grassone? BELANE: Risolvo casi, come da mia abitudine. SIGNORA MORTE: Cioè li lasci irrisolti o aspetti che si risolvano da soli. BELANE: No, Signora, mi permetta di dissentire. Si ricordi che io sono Mickey Belane, l’investigatore privato più spietato di Los Angeles. SIGNORA MORTE: Questo non è mica un vanto... BELANE: Sempre meglio che scoparsi una bambola di gomma. SIGNORA MORTE: Non essere sfacciato. Comportati bene, o ti spengo come una lampadina.
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BELANE: Scusi, Signora, ho i nervi a pezzi. Magari un altro bicchiere sarà quello che mi risolleverà l’umore. Il barista arriva con i due drink. SIGNORA MORTE (al barista) Che fine hanno fatto le tue palpebre? BARISTA 4: L’impianto a gas di casa è esploso questa mattina. SIGNORA MORTE: E come farai, stanotte, per dormire? BARISTA 4: Mi arrotolerò un asciugamano sulla testa. BELANE: Perchè non lo fai anche adesso? SIGNORA MORTE: Belane... Comportati bene... BELANE: (al barista) Scusa. Mi dispiace per le tue palpebre. Magari ricresceranno. Alza il bicchiere e brinda con la Signora Morte. SIGNORA MORTE: Lunga vita! BELANE: Già... Lunga vita... I due fanno tintinnare i bicchieri e bevono. Belane chiama subito e ordina un altro giro. Al terzo giro e dopo circa mezz’ora di chiacchiere e bevute, nel bar entra una donna che si siede sullo sgabello alla sinistra di Belane. È Jennie Nitro. Con aria trista, mesta e sconsolata. Belane ammicca al barista e ordina un altro scotch con acqua. JENNIE NITRO: (a Belane) Mickey, ti devo parlare. (pausa) Ma chi è questa troia seduta vicino a te? BELANE: Non lo indovineresti mai... SIGNORA MORTE: (a Belane) Hey, Belane: chi è questa troia? BELANE: Non lo indovinerebbe mai! Il barista reca il drink a Jennie, che lo trangugia. BELANE: Dunque, credo che sia giunto il momento di fare le presentazioni... (alla Signora Morte) Questa splendida ragazza è Jennie Nitro. (a Jennie Nitro) E questa elegante e affascinantissima signora, è la Signora... Signora... SIGNORA MORTE: (a Jennie Nitro) Signora Sorte! Le due donne si squadrano per bene. Belane fa cenno al barista di portare un altro giro. BELANE: (in camera) E adesso la faccenda si fa interessante! Dunque, vediamo: in pratica mi trovo seduto fra Spazio e Morte. E, quel ch’è peggio, sotto forma di Donna. Due donne. Due donne stratosferiche! Che via di scampo posso 171
mai avere? Due donne significano il doppio delle grane rispetto a una. Adesso ho grane da tutte e due le parti. Sono chiuso in una morsa. Fottuto. Intanto, mi resta da dare la caccia al Passero Rosso, che magari neppure esiste e che comunque non so che faccia abbia. Ammesso che non si tratti davvero di un uccello, di un pennuto, un volatile, un cazzo di uccello del cazzo! Mi sento davvero molto confuso: non immaginavo proprio che mi sarei impelagato fino a questo punto. Non ne capisco la ragione. Ma che posso fare ormai? (pausa) Calma e gesso, fesso! Arrivano i nuovi drink. BELANE: Bene, Signore, alla nostra! I bicchieri tintinnano per l’ennesima volta e i tre sorbiscono i propri rispettivi drink. BELANE: (fra sé) Ah, perchè non posso essere un tizio qualunque, seduto a guardare una partita di baseball e tutto preso solo ed unicamente dal risultato? Perchè non posso essere un cuoco di terz’ordine che strapazza uova con aria distaccata? Perchè non posso essere un tafano che zampetta profondamente rapito sul culo di una vacca indiana? Perchè non posso essere un gallo che becca mangime in un pollaio? Perchè devo essere proprio me stesso? Belane viene interrotto nelle sue elucubrazioni commiseratorie da Jennie, che gli da un colpo con il gomito attraendo la sua attenzione. JENNIE NITRO: Belane devo parlarti... BELANE: (a Jennie Nitro) Aspetta solo un attimo. (alla Signora Morte) Spero che la cosa non la faccia incazzare, ma... SIGNORA MORTE: Lo so, ciccio, devi parlare da solo con la signorina. Perchè la cosa dovrebbe farmi incazzare? Non sono mica innamorata di te. BELANE: Ma sembra che lei mi stia sempre addosso, Signora. SIGNORA MORTE: Sto addosso a tutti, Mickey. Solo che tu avverti di più la mia presenza... BELANE: Eh sì... SIGNORA MORTE: Adesso ti lascio solo con la tua signorina per un po’. Ma solo per un po’. Noi due abbiamo un conto in sospeso. Quindi mi rivedrai...
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BELANE: Signora Sorte, non ho dubbi al riguardo. E grazie per la comprensione... La Signora Morte finisce il proprio drink e si alza dallo sgabello voltandosi e dirigendosi verso l’uscita con una bellezza mirabile e carica di cattivo presagio. Belane l’accompagna con lo sguardo. La Signora Morte, sinuosa ed elegante quale serpe, si alza dallo sgabello; si volta, e volta il suo corpo, aggraziato eppur poderoso; si dirige verso l’uscita ed esce; svaniendo nella sua tenebrosa e mirifica bellezza carica di cattivo presagio e oscuro. BARISTA: Hey, amico, scusa se te lo chiedo, ma chi era quella? Ho sentito un brivido lungo la schiena e dentro le ossa, quando è passata... BELANE: Non indovineresti mai. E se te lo dicessi, non mi crederesti. BARISTA 4: Va bene, ma dimmi ancora una cosa. BELANE: Spara. BARISTA 4: Come fa un brutto grassone come te ad avere tutto questo movimento? BELANE: È per come le guardo. Il modo in cui le faccio sentire a loro agio. Pausa: Belane sorride sornione e superbo come il Buddha, fatto savio e beffardo da mille esperienze e molti anni di vita. BELANE: Adesso, se non ti dispiace, devo parlare con questa signora: alza i tacchi finchè ci riesci e lasciami un po’ di spazio. Il barista si allontana e raggiunge il fondo del banco. Belane si gira lentamente verso Jennie Nitro. BELANE: Scusa, piccola, ma sembra che io incappi sempre in questi battibecchi inutili con quasi tutti i baristi che incontro. JENNIE NITRO: Non c’è problema. Ma forse sei tu stesso che te le tiri... BELANE: Inizio a sospettarlo anche io... JENNIE NITRO (con aria contristata) Belane, devo andarmene. BELANE: Oh: facciamoci quello della staffa almeno. JENNIE NITRO: No: quello che voglio dire è che devo andarmene, anche quelli che sono venuti con me se ne devono andare... dalla terra. Non so perchè, ma cominciavi a piacermi sul serio. 173
BELANE: Questo è più che comprensibile. Sono Mickey Belane, l’investigatore più figo che c’è! Ma perchè tu e la tua ganga avete deciso di lasciare la terra così all’improvviso? JENNIE NITRO: Non lo abbiamo deciso: siamo costretti. (sospirando) Ci abbiamo pensato tanto, è tremendo. Non vogliamo colonizzare la vostra terra. BELANE: Che cosa c’è di tremendo, Jennie? JENNIE NITRO: La terra, Belane. Tutto. Tutto sulla terra non va. O se va, va male. Inquinamento, cattiveria, omicidi, veleno, veleno nel cibo e nell’aria e nell’acqua e nell’anima, incendi, catastrofi, fame, avarizia, odio, mancanza di amore, disperazione, depressione, solitudine, ignoranza, abbandono. La sola cosa bella sono gli animali e i bambini. Ma i primi li uccidete, e i bambini li rovinate facendone dei mostri. State uccidendo tutti gli animali, tranne quelli che vi servono da mangiare. E i cavalli da corsa. Li altri li bruciate, li uccidete, li avvelenate, li torturate, li usate fino allo sfinimento e poi li gettate giù da un burrone o gli sparate un colpo in testa quando gli va bene, se sono fortunati. Quando non vi servono più li gettate, come se fossero oggetti. Ben presto saranno tutti estinti. Tutti. Tranne cavalli da corsa, vacche da macello, e topi. È tutto così triste. Adesso capisco perchè bevi così tanto. BELANE: È vero, Jennie. E non dimenticarti delle scorte di bombe atomiche. JENNIE NITRO: Già. Sembra proprio che vi siate fregati con le vostre stesse mani. BELANE: Il punto è che non sappiamo che cosa ci riservi il futuro: potremmo sparire tutti domani o durare per altre migliaia di anni. E così la maggior parte della gente se ne frega di tutto. JENNIE NITRO: Mi mancherai tanto, grassone. Tu e gli animali... BELANE: Fai bene ad andartene, Jennie. Negli occhi di Jennie Nitro si formano lacrime che scendono rigando le gote e bagnando le labbra. BELANE: Ti prego, Jennie: non piangere, accidenti... Jennie Nitro pende il proprio bicchiere e lo scola guardando commossa e fissando negli occhi l’investigatore. 174
BELANE: Nessuna mi ha mai guardato così... JENNIE NITRO: Così come, Belane? BELANE: Con questi occhi. Occhi che non ho mai visto da nessun’altra parte. E che forse mai rivedrò... JENNIE NITRO: Addio, bue grasso. BELANE: Ciao, bambola. Jennie Nitro sorride e sparisce in un lampo di luce scarlatta. Belane paga il conto ed esce in fretta dal bar. INTERNO, UFFICIO DI BELANE, POMERIGGIO. Belane entra in ufficio. Senza nemmeno dismettere il cappello si fionda sul telefono, alza la cornetta, e chiama Grovers. BELANE: Come va il lavoro, Grovers? GROVERS: Stabile. Niente recessione in questo campo. Per fortuna, la morte non va mai in vacanza. BELANE: Il caso “Jennie Nitro” è chiuso. Non ti darà mai più fastidio. Ti spedirò il conto delle spese conclusive. GROVERS: Spese conclusive? Sta cercando d’imbrogliarmi? BELANE: Grovers, ti ho tolto dalle palle la pupattola dello spazio: adesso devi pagare. GROVERS: Va bene, va bene. Ma come c’è riuscito? BELANE: Segreto della casa, bello. GROVERS: Va bene, d’accordo. Immagino che ora dovrei esserle riconoscente... BELANE: Non immaginarlo: devi esserlo e basta. E paga il conto, a meno che tu non preferisca usare una delle tue casse di pino. O la preferisci di noce? GROVERS: Dunque, vediamo: il pino è più leggero e chiaro, la noce robusta e calda... Dunque... Belane sospira e riaggancia. ESTERNO, HOLLYWOOD, POMERIGGIO. Belane esce in strada parlando fra sé. BELANE: (fra sé) Bene: e un altro caso è risolto. Adesso andiamo avanti. Ma da dove cominciare? (pausa) Ci sono: come prima cosa, festeggerò con un drink in un posto pulito e rispettabile. Blinky mi sembra perfetto: non ci sono mai entrato ma ci sono sempre passato davanti e, a una prima occhiata, mi è sembrato un posto accettabile per un drink: molti sgabelli di cuoio - molti scemi; molta noia - molto 175
sospetto; molto buio - molto losco; molto fumo - molto ambiguo. Uno di quei posti fumosi e sospetti da vecchia Hollywood hard-boiled, in cui potresti trovarti a sorseggiare un drink a fianco dell’ispettore Marlowe, trincando in compagnia di Bukowski e delle sue puttane.
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IL BAR “DA
BLINKY”.
DIDASCALIA. IL BAR “DA BLINKY”. ESTERNO, HOLLYWOOD, POMERIGGIO. Belane sale in macchina e guida per cinque miglia verso ovest. Giunto a un incrocio, viene improvvisamente abbagliato dai fari di una macchina lanciata a folle velocità nella sua direzione. Belane capisce che la macchina è fuori controllo e che non si fermerà allo stop. Sa che l’impatto è inevitabile: si allunga sul sedile per cercare di attutire il colpo. La macchina lo tampona violentemente sulla fiancata facendogli fare un testa-coda. L'impatto gli getta addosso all'istante la portiera sinistra sfondata spezzandogli il braccio in due punti e fratturandogli qualche costola e procurandogli tagli alla testa e alla gamba. L’investigatore si trascina fuori dalla portiera del passeggero, abbandona la macchina in mezzo all’incrocio, e si allontana a piedi. La macchina che lo ha speronato è una Buick vecchia di dieci anni. Il cofano emette consistenti sbuffi di fumo mentre un liquido verdastro cola dal radiatore. Sul luogo dell'incidente nessuna impronta di pneumatici: il veicolo non ha fatto nessun tentativo di frenata. Belane zoppica fino al marciapiede, si siede intontito e rintronato sull'erba di un giardino e controlla le condizioni del braccio sanguinante: un osso spunta da sotto la pelle: brutto segno. Una donna in vestaglia intanto è uscita di casa urlando. Il sangue continua a colargli negli occhi e lui cerca di tamponare. Due ragazzi di circa 14 anni, fratelli, di nome Vic e Vincent, lo guardano atterriti e pietrificati, immobili lì accanto, attoniti in piedi. Poi il più grande si avvicina e parla. VIC: Come va, signore, si sente bene? BELANE: Si. Sto bene. Lasciatemi solo stare seduto qui un attimo. 177
VINCENT: Sta arrivando l'ambulanza. È andato a chiamarla quel signore laggiù. BELANE: Va bene. Grazie. VINCENT: È sicuro di stare bene, signore? Belane li guarda confuso. BELANE: Quanto vuoi per quella camicia? I ragazzini si guardano. VINCENT: Quale camicia? BELANE: Una qualunque, cazzo. Quanto? Stende la gamba, si ficca una mano in tasca ed estrae il portafoglio. BELANE: Mi serve qualcosa per fasciarmi la testa e devo legarmi il braccio al collo. Il primo ragazzino comincia allora a sbottonarsi la camicia. VINCENT: Ma scusi, che cavolo, perché non l'ha detto subito? Gliela regalo, la camicia. Belane prende la camicia, la stringe fra i denti e la strappa in due lungo la parte schienale. Se l'avvolge intorno alla testa come una bandana, attorciglia l'altra metà e la usa come sostegno per mettersi il braccio al collo. BELANE (a Vincent): Annodamela, disse. I ragazzini si sguardano. BELANE: Avanti, annodamela. II ragazzino senza camicia fa un passo avanti e annoda la fascia. VIC: Questo braccio non lo vedo bene, disse. Belane sfila una banconota, rimette in tasca il portafoglio, prende la banconota, si alza in piedi e la porge al ragazzino senza camicia. VINCENT: Ma no, che cavolo. Non mi dispiace dare una mano alle persone. Questi sono un sacco di soldi. BELANE: Prendili. Prendili, e dimenticati come sono fatto. Capito? Vincent prende il denaro. Belane si allontana e i due lo guardano allontanarsi lungo il marciapiede, tenendosi la bandana con una mano e zoppicando leggermente. VIC: Una parte di quei soldi è mia, Vincent. VINCENT: Col cazzo, tu ce l'hai ancora la camicia. VIC: Non te li ha dati per quello. 178
VINCENT: Può anche darsi, ma intanto io ho una camicia in meno. VIC: Allora facciamo due parti tu, e una io. VINCENT: Tre io e una tu. VIC: Andata, bastardo. VINCENT: Hey, ricordati che siamo fratelli: se sono bastardo io, lo risulti di conseguenza anche tu. VIC: Siamo due bastardi allora. Due bastardi senza gloria. Due fottuti cani bastardi. Due fottuti cani da rapina. I due amici si avviano verso il centro della strada, dove sono le due macchine fumanti. In lontananza, si odono già le sirene della polizia e dell’ambulanza. VINCENT: Hey, Vic: vedi anche tu quello che vedo io? VIC: Oh merda. VINCENT: Prendila. Avanti. VIC: Perché io? VINCENT: Perché io non posso nasconderla sotto la camicia. Dai. Sbrigati. ESTERNO, HOLLYWOOD, POMERIGGIO. Belane cammina per due isolati tenendosi il braccio ferito con l’altra mano finchè non incontra un bar. L’insegna (fatiscente, sbieca e sghemba) ne reca il nome: “L’Eclisse”. L’investigatore decide di entrare, ed entra. INTERNO, BAR “L’ECLISSE”, SERA. Il locale è quasi completamente vuoto: dentro solo lui, il barista, e un uomo seduto in disparte in fondo al bancone che prende a fissarlo non appena Belane ingrede nel locale e non gli stacca gli occhi da dosso neanche per un attimo. Belane si siede s’uno sgabello alto e ordina un “whiskey sour” con una birra a parte. L’uomo in fondo al banco continua a fissarlo. BELANE: (fra sé) Sono dentro qualcosa di grosso. E mortalmente pericoloso. Devo pensare, devo riflettere, devo escogitare un piano, devo trovare una soluzione. E non so da dove iniziare. Ma, in realtà, ho solo voglia di coricarmi e dormire per un paio di settimane. C’è sempre qualcuno pronto a rovinarti la giornata, se non l’intera esistenza. Il gioco mi sta sfiancando. Un tempo c’era
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entusiasmo, eccitazione e adrenalina. Magari non tantissima, ma un po’ c’era. Poi, troppe cose andate storte. Sposato 3 volte e 3 volte divorziato. Nato e pronto per morire. Niente da fare se non cercare di risolvere casi irrisolvibili che un altro non prenderebbe nemmeno in considerazione. Almeno, non per il compenso che chiedo io. Ma forse non avete voglia di ascoltarmi. L’uomo in fondo al banco non smette di fissarlo. Belane finisce il primo drink e ne ordina subito un altro. BELANE: Un altro. BARISTA 5: Lo stesso? BELANE: Solo più forte. BARISTA 5: Per lo stesso prezzo? BELANE: Fai quello che puoi. BARISTA 5: Che cosa vuol dire? BELANE: Non lo sai, barista? BARISTA 5: No. BELANE: Beh, non ti rimane che pensarci su mentre lo prepari. Il barista si allontana e l’uomo in fondo al banco attira la sua attenzione con un cenno della mano. AVVENTORE 2: Come ti butta, Henry? BELANE: Non sono Henry. AVVENTORE 2: Assomigli proprio a Henry. BELANE: Henry chi? AVVENTORE 2: Henry Chinaski. BELANE: Non me ne frega un cazzo se assomiglio a Henry o a Eddie. AVVENTORE 2: Sei in cerca di guai per caso? BELANE: (sarcastico) E me li porteresti tu? Il barista intanto ritorna con il drink, lo serve e prende i soldi che Belane ha poggiato sul banco. BARISTA 5: Non penso che lei sia un uomo gentile. BELANE: Ah, e così pensi anche! BARISTA 5: Non sono obbligato a servirla. AVVENTORE 2: Non servirlo più! BELANE: (all’avventore) Pronuncia un’altra parola e ti rifilerò schiaffi a due mani finchè non diventeranno dispari.
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L’avventore si limita a sorridere senza convinzione. Il barista rimane stante piantato sui piedi fermo impalato e imbambolato. BELANE: Senti, barista, sono venuto qua solo per godermi un drink in santa pace e voi cominciate subito a riempirmi di stronzate. Comunque... Avete notato qualcosa di particolare negli ultimi tempi da queste parti? BARISTA 5: Sarebbe a dire? BELANE: Incursioni aliene, sventole dello spazio, passeri rossi, morte in agguato, sprazzi di felicità, luci, colori, amore, un sogno per domani... BARISTA 5: No. AVVENTORE 2: No. BELANE: Bene. Adesso andatevene affanculo. L’investigatore secca il drink ed esce. ESTERNO, HOLLYWOOD, SERA. Cammina senza meta cominciando a contare tutte le tette che passano. Arrivato a 52 in cinque minuti, incontra un altro bar e vi entra. INTERNO, BAR, SERA. Entrato siede s’uno sgabello alto. Il barista (di nome Henry) si avvicina. HENRY: Ciao, Henry. BELANE: Non sono Henry. HENRY: Sono io Henry. BELANE: Non fare il furbo con me. HENRY: Sei tu che lo fai... BELANE: Senti, barista, io sono un uomo pacifico. Piuttosto normale. Sono un alcolizzato, ma non indosso biancheria femminile, non picchio animali e non inculo bambini. Eppure, dovunque io vada, c’è sempre qualcuno che mi stuzzica, che non mi dà pace. Perchè? HENRY: Perchè in qualche modo attiri questo genere di reazioni. BELANE: Senti, Henry, invece di stare lì a pensare, perchè non provi a vedere se riesci a prepararmi una vodka tonic doppia, con una spruzzata di lime? HENRY: Niente lime qui. BELANE: Ma sì che ce l’avete. Lo vedo da qui. 181
HENRY: Quel lime non è per te. BELANE: Henry, caro ragazzo, se vuoi tornare a casa sano e salvo e con i tuoi piedi, ti consiglio di mettere quel lime nel mio drink e anche alla svelta. Subito! HENRY: Altrimenti che cosa mi succederà? Che mi farai? BELANE: Di’ ancora una parola, ragazzo, e avrai problemi respiratori. Il barista rimane fermo fissando l’investigatore, come indeciso se scoprire le carte di Belane oppure no. Alla fine sbatte le palpebre, si allontana e comincia a preparare da bere. BELANE: Ti guardo. Niente trucchi. Quando il barista Henry ha ultimato la preparazione ritorna con il bicchiere e lo serve a Belane. HENRY: Stavo scherzando, capo. Non si può nemmeno scherzare? BELANE: Certo che si può. Dipende solo da come viene fatto. Poi alza il bicchiere e lo tracanna tutto d’un fiato. Poi estrae una banconota da dieci, prende il lime, lo schiaccia sulla banconota, avvolge la banconota intorno al lime e lo rotola lungo il banco. HENRY: (arrabbiato) Ma che cazzo fai? BELANE: Stavo scherzando. Non si può neanche più scherzare adesso? Il barista Henry ringhia contro Belane. Belane lo fissa con aria torva e provocatoria finchè Henry non abbassa lo sguardo, poi si alza lentamente, muove leggermente il collo di lato, si volta ed esce. Camminando fischietta un pezzo jazz. BELANE: Devo tornare a lavoro. Devo tornare in ufficio. Ho del lavoro da sbrigare. È quasi fatta: mi rimane un ultimo caso: rintracciare il Passero Rosso. (Pausa) Se qualcosa cederà, non sarò certo io. Si dirige verso sud fino al Sunset Boulevard: qui prosegue senza meta continuando a camminare fino a un bar che non definiremmo proprio di classe ed entra. Occupa un separé. La cameriera arriva subito. Baldanzosa, indossa minigonna, tacchi alti, reggiseno imbottito e camicetta corta trasparente che lascia scoperta la pancia; un piercing sull’ombo; i tratti del volto duri come
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l’acciaio che quando sorride fa male, taglia e ferisce. Continua a sorridere, di un sorriso falso. CAMERIERA: Ciao, tesoro! Che ti porto? BELANE: Vodka tonic con lime, tesoro. CAMERIERA: Certo, tesoro. E si allontana saltellando cercando di sculettare in modo attraente senza riuscirci. In attesa Belane pensa ad alta voce. BELANE: (fra sé) Non c’è scampo. Alla fine della fiera, rimaniamo tutti fregati. Non ci sono vincitori. Solo vincitori apparenti. Siamo tutti indaffarati a dare la caccia a un mare di niente al quoto di uno zero. Giorno dopo giorno. Anno dopo anno. La sopravvivenza sembra l’unico scopo. Senza comprendere che la morte è sempre in attesa. Anche se noi lo dimentichiamo. O facciamo finta di non pensarci illudendoci di eluderla con il gettarci a capofitto in stupide cure e versandoci in futili occupazioni. La morte è sempre in agguato. Come un vecchio lupo bastardo e famelico... Pausa “Tu stai conoscendo l’orrore del mondo in tutta la sua crudezza”... Pausa Ah, l’orrore, l’orrore... Non pensarci, Belane, non pensarci... Pausa Non c’è scampo. La cameriera ritorna con il drink. Belane mette sul tavolo una banconota. La cameriera la prende. CAMERIERA: Grazie, tesoro! BELANE: Calma, tesoro. Portami il resto. CAMERIERA: Non c’è resto... BELANE: Allora considera la tua mancia inclusa. La cameriera strabuzza gli occhi. Vuoti come un buco nero. CAMERIERA: Ma chi sei, un dannato cowboy? BELANE: Che cos’è un cowboy? CAMERIERA: Non sai che cosa sia un dannano cowboy? BELANE: Spiegami meglio. CAMERIERA: È uno che vuole farsi una cavalcata gratis. BELANE: Wow, sorprendente: l’hai pensata tutta da sola? CAMERIERA: No. Noi ragazze li chiamiamo così. BELANE: Voi chi? Le cowgirls? CAMERIERA: Hey capo, ti rode il culo o cosa? BELANE: Cosa. CAMERIERA: Dico: ti rode il culo o cosa? BELANE: Cosa. 183
CAMERIERA: Ma sei scemo? BELANE: No. Dicevo che credo che sia più che altro “cosa”. Ma non te la prendere: stiamo solo scambiando quattro chiacchiere. Non si può manco più scherzare al giorno d’oggi? (pausa) Dunque, se ho ben capito i cowboy sono i vaccari, quelli che vogliono farsi una cavalcata gratis. Fino a qua ci siamo, giusto? CAMERIERA: Giusto. BELANE: Sicchè voi, a rigor di logica, siete le vacche... Poi una vociona tuonante, rombante, tonitruante proveniente dal banco. È la voce del barista, Andy. ANDY: (fuori campo) Mary Lou, Quello stronzo ti sta dando fastidio? Belane si gira: la voce appartiene al barista, un ometto dalle sopracciglia cespugliose. CAMERIERA: Non preoccuparti, Andy: la sistemo con le mie mani questa testa di cazzo. BELANE: Sì, Mary Lou: credo che tu sia molto brava con le mani: Chissà quante teste di cazzo ti sono passate tra le mani... CAMERIERA: SEI UN POVERO CIUCCIACAZZI! BELANE: Mh, molto originale! Poi il barista Andy salta oltre il bancone, con un numero notevole per uno di quella statura. Belane ammazza il drink e si alza per affrontarlo. Porta la mano alla fondina per estrarre la pistola ma non la trova. BELANE: Cazzo, la macchina. Con questo braccio non posso farcela. Cazzo. Devo trovare una soluzione. Il barista continua ad avanzare. Quando è a poco meno di un metro da Belane, l’investigatore scarta e si sposta di lato schivandolo e con uno sgambetto lo fa inciampare: il barista cade rotolando. Belane gli sferra un possente calcio in faccia, e lo lascia tramortito e privo di sensi riverso in terra. BELANE: (alla cameriera) La mia fortuna nei bar va di male in peggio. Ciao, bambola. CAMERIERA: Ciao, tesoro... Poi esce sul Sunset Boulevard.
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ESTERNO, HOLLYWOOD, NOTTE. Belane cammina a lungo finchè incontra un altro bar e vi entra. Il braccio ferito lascia lungo il marciapiede una lunga scia di sangue. INTERNO, BAR “DA BLINKY”, NOTTE. Belane entra nel locale. A una prima occhiata sembra un posto decoroso e accettabile: sgabelli in cuoio, fumo, noia, idioti, e fannulloni a volontà. Belane si dirige a un separé e l’occupa. Una cameriera con un abbigliamento assurdo si presenta: indossa una tuta rosa con un’imbottitura che le alza i seni. La cameriera sorride, di un sorriso orribile, mostrando un dente aureo, e il vuoto negli occhi vacui e bovini. Si chiama Betty. BETTY: (con voce troppo stridula e troppo acuta) Che cosa prendi, tesoro? BELANE: Due bottiglie di birra senza bicchiere, per favore. BETTY: Due bottiglie, tesoro? BELANE: See. BETTY: D’accordo. Una marca in particolare? BELANE: Qualcosa di cinese che costi poco. BETTY: Cinese, dici, tesoro? BELANE: Esatto. Hai forse un tappo di cerume nelle orecchie che t’impedisce l’udito? BETTY: No: il mio ragazzo mi stura anche quelle! BELANE: E allora che problemi hai? BETTY: Nessuno. Vorrei solo chiederti una curiositàBELANE: Sentiamo. BETTY: Berrai tutte e due le birre? BELANE: Lo spero vivamente. BETTY: Allora perchè non bevi la prima, e poi ordini la seconda così rimane fredda? BELANE: Beh, avrò un motivo, immagino. BETTY: Beh, se lo scopri dimmelo, tesoro. BELANE: E perchè dovrei? Magari voglio tenermelo per me. BETTY: Signore, lo sa che non siamo obbligati a servirla? Ci riserviamo il diritto di rifiutare di servirla. BELANE: Vuoi dirmi che non mi servi perchè non sono così incline e propenso a farmi rompere il cazzo da te?!? BETTY: Le sto solo dicendo di moderare i toni. 185
BELANE: Allora, senti, ti dirò la verità, vuoterò il sacco, ti dirò tutto: le due birre non sono tutte per me. E non sono tutte da bere. La prima la stapperò e la berrò, la seconda invece è per infilartela nel culo e vedere se riesci a prenderla tutta in quella caverna che hai al posto del culo, GRANDISSIMA TROIA SFONDATA! BETTY: (indignata) Tesoro, ti serve uno strizza-cervelli. BELANE: Già. Ma intanto che lo cerco, MI PUOI PORTARE LE DUE FOTTUTE BOTTIGLIE DI BIRRA CINESE? SENZA BICCHIERE, CAZZO! Si avvicina un ragazzo enorme con un grembiule bianco e sucido: alto almeno due metri, pesante non meno di 140 kg. BLINKY: Qual’è il problema, Betty? BETTY: Nessun problema, Blinky. È solo che questo tizio vuole due bottiglie di birra. Insieme. BLINKY: Betty, probabilmente sta aspettando un amico. BETTY: Non ha amici, Blinky. Blinky scruta Belane con curiosità. BLINKY: Davvero non hai un amico? BELANE: L’umanità mi fa schifo. Questo è il mio motto. Da sempre. BLINKY: E allora perchè vuoi due bottiglie di birra insieme tutte in una volta? BELANE: L’ho già spiegato alla tua cameriera: una è da bere, una per infilargliela nel culo. Si dice in giro che le piace farsi infilare bottiglie di birra su per il culo. BLINKY: È vero quello che dice quest’uomo, Betty? BETTY: Ma stai scherzando, vero, Blinky? BLINKY: Non lo so: il signore qua sta scherzando? BETTY: Non lo so. Che ne so io? BLINKY: Hey, bello, stavi scherzando, non è così? BELANE: Ovviamente sì. BLINKY: E allora perchè vuoi due birre insieme? BELANE: Per bermele. BLINKY: Ma perchè non ne ordini una, la bevi, e poi ne ordini un’altra così questa si mantiene fredda? BELANE: Preferisco fare a modo mio. BETTY: (a Blinky) Non so che fare. BLINKY: (scrutando Belane) Nemmeno io, piccola, nemmeno io. Blinky e Betty rimangono stanti, eretti, e imbambolati a scambiarsi occhiate indecise e dubitose. Belane esausto non resiste più e non riesce più a sopportare e soffrire 186
la tensione aleggiante nello aere: estrae la pistola, punta in alto, fa fuoco tre volte, poi punta l’arma verso Blinky. BELANE: (a Blinky) Adesso tu ti siedi qui di fronte a me. Non mi rivolgi più la parola, non fai niente, non dici niente, niente di niente che possa infastidirmi. O ti faccio saltare la bocca da quella faccia di cazzo che ti ritrovi!(a Betty) E tu, puttanella, adesso mi porti TRE birre. Cinesi. Senza bicchiere. Poi ti siedi accanto al tuo dongiovanni. Blinky rimane impietrito, comecchè in procinto di avere un movimento intestinale. Anche Betty rimane di sasso: resta ferma a guardare il vuoto per un minuto, poi si ridesta dal torpore. BETTY: (a Blinky) Che cosa devo fare, Blinky? BLINKY: (a Betty) Fa come dice, e nessuno si farà male. È meglio per tutti. Betty si allontana, recandosi a prendere le tre bottiglie di birra. Blinky s’infila a fatica nel separé. BELANE: (a Blinky) Veniamo a te, adesso. Mettiti a sedere lì, di fronte a me. Voglio che stai a guardare mentre mi bevo le tre birre cinesi. BLINKY: Certo. Blinky suda, gli trema il lardo in faccia, entra a fatica nel separé, e rimane in silenzio. Intanto Betty ritorna con le 3 birre senza bicchiere. Belane abbassa l’arma, se la poggia sulla gamba, non smettendo d’impugnarla, e puntandola in direzione di Blinky la rivolge all’altezza del ventre del barista. BELANE: (a Betty) Adesso siediti. Sai che hai proprio un bel culo? Betty non risponde. BELANE: (a Blinky) Sai che la tua ragazza ha proprio un bel culo? BLINKY: Non è la mia ragazza: è solo la mia cameriera. BELANE: Ci credo: brutto e grasso come sei non puoi avere una donna. Sei ripugnante, disgustoso, fai schifo. BELANE: (a Betty) Puttanella, sai che hai un bel culo? BETTY: (ridendo stupida) Ah ah ah grazie ah ah ah. Pausa: silenzio prolungato: Belane beve le tre birre d’un fiato, una dopo l’altra. 187
BELANE: (a Blinky) Adesso me ne vado, Blinky coglione: tu non provare a chiamare la polizia o Betty dovrà smacchiare il tuo sangue dagli sgabelli per una settimana intera. Blinky non fiata. Belane lo squadra e fissa. BELANE: Allora d’accordo. Poi fa per alzarsi, punta le mani sul tavolo, inizia ad erigersi, ma ritorna in posizione assisa. BELANE: Ah, dimenticavo: ancora una cosa: hai mai visto o avuto notizie del Passero Rosso? BLINKY: Il Passero Rosso? BELANE: Sei forse sordo? BLINKY: No. BELANE: Allora perchè ripeti le cose come un pappagallo? BLINKY: Come? BELANE: DA CHE PAESE VIENI? BLINKY: (affannoso) Come? BELANE: “COME” È UN PAESE CHE NON CONOSCO. BLINKY: Come? BELANE: “COME” È UN PAESE CHE NON HO MAI SENTITO NOMINARE: LÌ PARLANO LA MIA LINGUA? BLINKY: Come? BELANE: LA MIA LINGUA, BRUTTO FIGLIO DI PUTTANA, TU LA SAI PARLARE? BLINKY: Sì... BELANE: ALLORA CAPISCI QUELLO CHE DICO? BLINKY: Come? BELANE: DI’ “COME” UN’ALTRA VOLTA, DI’ “COSA” UN’ALTRA VOLTA, TI SFIDO, DUE VOLTE, TI SFIDO, FIGLIO DI PUTTANA, DI’ “COME” UN’ALTRA MALEDETTISSIMA VOLTA E TI SPARO NEL CULO, ANZI NO, NEL CAZZO COME IN PULP FICTION, COGLIONE. BLINKY: Come? BELANE: È la tua ultima possibilità: di’ “come” un’altra volta e ti faccio saltare le palle. BLINKY: Come? Belane abbassa le palpebre, strizza gli occhi, digrigna la fronte e gli occhi, spara, e fa fuoco: l’esplosione provoca un forte boato reboante che si spande per il locale accompagnato da un fulmine-filamento di luce blu coagulata. Belane riapre gli occhi, nel volto gli si disegna una espressione di dolore lancinante, emette un urlo
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terrificante: ha mirato male, sbagliando e colpendo il proprio ginocchio. Blinky coglie l’occasione per correre dietro il bancone: ne ritorna con una pala, che abbatte sul volto di Belane tramortendolo.
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IL CASO “PASSERO DIDASCALIA. IL CASO “PASSERO
ROSSO”.
ROSSO”.
INTERNO, UFFICIO, BELANE Belane giace sdraiato e dormiente sulla poltrona del proprio ufficio. Sussulta, sobbalza, e singulta; tremido, trepido, convulso, e scosso: si sveglia madido di sudore per il recente incubo, si stropiccia il viso, apre il cassetto della scrivania, estrae la bottiglia di vodka dal cassetto in alto a sinistra, distende i piedi sulla scrivania, beve un sorso, e pensa ad alta voce. BELANE: (tra sé) Le cose stanno funzionando. Adesso mi resta solo da rinvenire il Passero Rosso. E devo smetterla di essere troppo coinvolto con questi alieni dello spazio. O con la Signora Morte. (Beve un altro sorso). Tutto sta andando per il verso giusto. Potrei anche sentirmi bene dopo mesi, anni... Anche solo per un po’ è già una bella conquista. Poi compone il numero di John Barton. BELANE: Qui Belane, Barton. BARTON: È bello sentirti, Mickey. Come vanno le indagini? BELANE: Un po’ a rilento, John. Al rallentatore, in realtà. Mi servono più informazioni. BARTON: Beh, vogliamo utilizzare il Passero Rosso come logo della nostra compagnia. Renderlo davvero famoso. Ma ho sentito dire in giro ch’esiste un VERO Passero Rosso da qualche parte. E se c’è, dobbiamo trovarlo. BELANE: E questo è tutto quello su cui vi basate? BARTON: Beh, anche s’una... sensazione. BELANE: Hai mai visto questo Passero? BARTON: No. Ma ho sentito che è stato avvistato. BELANE: Hai sentito? E hai sentito dove? BARTON: Fonti riservate: non posso dire troppo. BELANE: Supponiamo che trovi questo uccello. Che cosa devo fare? Ingabbiarlo forse? BARTON: No, portarmi solo delle prove inconfutabili della sua esistenza. Per soddisfare la mia curiosità. BELANE: E se non riuscissi a trovarlo? 191
BARTON: Se esiste lo troverai. Ho fiducia in te. BELANE: Questo è realmente il caso più cazzoso che mi sia mai capitato! BARTON: Ho sempre detto a tutti che sei un investigatore in gamba. E lo hai dimostrato. Troverai il Passero Rosso. S’esiste davvero, tu lo troverai. Ne sono certo! BELANE: Va bene, John. Mi darò da fare. Ma non sono più un bambino. Mi sveglio stanco. Mi sa che ho perso lo smalto. BARTON: Sei ancora nel fiore degli anni. Ma non indugiare: il tempo ci sfugge... BELANE: Va bene, John. Ci proverò. BARTON: Bene! I due riattaccano. BELANE: (fra sé) Bene, mi rimane un ultimo incarico: rintracciare il Passero Rosso. Per il resto, nessuno bussa alla mia porta con nuovi casi da risolvere. Ma va bene così. Tempo di bilanci. È tempo di fare i conti con me stesso e con la vita. Tutto sommato, è stato un bel viaggio, un bel trip: ho fatto, nella vita, più o meno tutto quello ch avrei voluto fare. Ho fatto più mosse giuste che sbagliate. Di sera non dormo per strada. Naturalmente, ci sono un sacco di persone buone e giuste che dormono per strada. E non si tratta di scemi: semplicemente non rientrano nell’ingranaggio del mondo e del momento. E quell’ingranaggio cambia continuamente. È uno scenario sinistro: se la sera ti trovi a dormire nel tuo letto è già una bella vittoria. Sono insomma stato fortunato, anche se alcune mosse non le ho decise a cuor leggero. Ma alla fin fine è un mondo piuttosto orribile e spesso mi sento triste, per me e per la gente che è condannata con me e come me all’infelicità perpetua. Beh, che vadano tutti a farsi fottere. Prende la vodka e butta giù un sorso. Poi continua a monologare pensando ad alta voce. (continuando) Spesso i momenti migliori sono quando non fai un bel niente, e te ne stai a rimuginare, a meditare. Voglio dire, ammettiamo che capiate che sia tutto privo di senso, in questo caso non può essere totalmente privo di senso perchè tu sei cosciente di questa profonda inutilità e questa coscienza dell’inutilità alla fine
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restituisce un senso a tutto. Capite che cosa voglio dire? Un ottimistico pessimismo. Le pindariche elucubrazioni di Belane vengono interrotte d’alcuni colpi alla porta. Belane toglie i piedi dalla scrivania, si ricompone, e invita ad entrare. BELANE: Avanti. La porta si apre ed entra un uomo vestito da poveraccio, con due piccole fessure per occhi e un leggero ticchio alla testa, il quale entra, avanza verso Belane con andatura obliqua, e si ferma a un centimetro dalla scrivania, chinandosi in avanti. AMOS: Il Signor Belane? BELANE: Può darsi... AMOS: Mi chiamo Amos, Amos Redsdale. L’ho qui per te... BELANE: Bene, desso prendilo e mettitelo nel culo! AMOS: Calma, Belane: mi è arrivata la soffiata. BELANE: Quale soffiata? AMOS: Sul Passero Rosso. BELANE: Dimmi di più! AMOS: Ah, allora t’interessa! Beh, noi sappiamo che lo stai cercando... BELANE: “Noi”, eh? E chi sarebbe “noi”? AMOS: Informazione riservata. Non posso dire troppo. Belane si alza, gira intorno alla scrivania, afferra Amos per il bavero della camicia sdrucita, e lo strattona. BELANE: Mettiamo il caso che te lo faccia sputare? AMOS: Non puoi. Non lo so. BELANE: (scrutandolo con sguardo interrogativo, dubbioso e dubitoso) Uhm, non so come, ma ho deciso che voglio crederti, farabutto. L’investigatore molla la presa e Amos quasi cade in terra per il contraccolpo mentre Belane ritorna a sedersi dietro la scrivania. AMOS: Posso condurti sulla via del Passero Rosso se solo collaborassi. BELANE: Di che cosa si tratta? AMOS: Ho un indirizzo. È di una donna che ha delle informazioni sul Passero Rosso. BELANE: Ho capito: quando vuoi? AMOS: 75 dollari.
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BELANE: Vai a farti fottere, Amos, tu e tutti i tre moschettieri! AMOS: Va bene, non t’interessa. Devo schizzare: voglio arrivare in tempo per la prima corsa. Ho un’imbeccata sull’accoppiata in ordine. BELANE: Te ne do 50. AMOS: 60. BELANE: Va bene, dammi ‘sto cazzo d’indirizzo. Belane estrae il portafoglio dalla tasca e tre biglietti da venti dal portafoglio: Amos gli porge un foglietto con un indirizzo: Deja Fontanin, 3234 Rudson Drive, W. L. A., app. 9. BELANE: Senti, cazzone, qui sopra potresti aver scritto la prima cazzata che ti sia passata per la testa. Come faccio a sapere che sia un’informazione buona? AMOS: Vacci, Belane: è buona. Vedrai. BELANE: Sarà meglio, se non vuoi che t’impallini il culo. AMOS: Vedrai. Adesso devo andare: voglio arrivare per la prima. E così dicendo si volta, si dirige verso la porta, ed esce. BELANE: (fra sé) Sessanta dollari per un pezzo di carta. Che gran bell’affare! Complimenti, Belane! ESTERNO, 3234 RUDSON DRIVE - W. L. A., SERA. Belane è nel proprio veicolo: beve un sorso di vodka dalla fiaschetta, poi guarda in camera, e parla. BELANE: (in camera) Proprio un bel quartiere. Definizione di bel quartiere: un posto in cui non puoi permetterti di vivere! Beve un altro sorso di vodka, sguscia dal sedile, chiude a chiave la macchina, e si avvicina al palazzo. Preme il pulsante del citofono recante il nome di Deja Fontanin. Risponde una voce dolce ma un po’ nervosa. DEJA FONTANIN: (fuori campo) Sì? BELANE: Belane. Per il Passero Rosso. Mi manda Amos Redsdale. DEJA FONTANIN: Signore, non capisco di che diavolo parla. BELANE: Merda. DEJA FONTANIN: Che succede? BELANE: Niente, me l’hanno fatta... 194
DEJA FONTANIN: Ah ah ah: la stavo solo prendendo un po’ in giro. Salga, signor Belane. Si ode il rumore dell’apriporta, Belane spinge il portone, il portone si apre, Belane cammina lungo una suntuosa passatoia fino all’appartamento 9, suona il campanello, si odono passi, la porta si apre, appare una sventola formidabile: abito rosso, occhi verdi, capelli lunghi e castani, giovane, di classe, culo perfetto, profumo muschiato, labbra sorridenti e ammiccanti, orecchie maliziose. INTERNO, 3234 RUDSON DRIVE - W. L. A., SERA. DEJA FONTANIN: Prego, signor Belane, si accomodi pure. Belane la segue, poi sente un oggetto contundente contro la schiena: un uomo lo perquisisce, che s’intuisce dall’aspetto imponente. BERNIE: Fermo, figlio di boddana. Solo le braccia: alzale! Vediamo se riesci a toccare il soffitto, figlio di boddana! BELANE: Tu negro, amigo? BERNIE: Che cosa? BELANE: Solo i negri dicono “figlio di boddana”. Bernie trova il ferro, e lo requisisce. BERNIE: Bene, adesso ti puoi girare, signor Belane. Belane si gira. BELANE: Ma sei bianco. BERNIE: Anche tu. BELANE: Allora anche io farò il figlio di boddana. Ed estrae da un nascondiglio segreto un’altra pistola, la punta contro Bernie, il quale indietreggia risolutamente, ma poi l’abbassa e la consegna. BELANE: Attento, con questi arnesi non si scherza: potresti farti la bua. BERNIE: Grazie, signor Belane. BELANE: Bravo bimbo! Poi i due riprendono a camminare. E Belane continua a seguire Deja. Giungono fino a un salone vacuo, amplioso, freddolento, olente periglio e morte. Deja si adagia sul divano. Estrae un piccolo sigaro. Lo scarta. Lo lecca rapidamente. Ne stacca l’estremità con un piccolo morso.
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L’accende. Butta fuori uno sbuffo di fumo azzurro molto sexy, fissando Belane con i propri bellissimi occhi verdi. DEJA FONTANIN: Mi è stato detto che sta cercando il Passero Rosso. BELANE: Esatto. Per un cliente. DEJA FONTANIN: E chi sarebbe? BELANE: Informazione riservata: non posso dire troppo. DEJA FONTANIN: Ho la sensazione che potremmo diventare buoni amici, signor Belane, molto buoni. BELANE: Io invece ho una brutta sensazione. DEJA FONTANIN: Che brutta sensazione? BELANE: Tipo che presto verrò fottuto di brutto. DEJA FONTANIN: Posso darti del , signor Belane? BELANE: Ok. DEJA FONTANIN: Sei un uomo affascinante, a modo tuo, signor Belane. Ma questo già lo saprai. Hai un’aria così vissuta. Ti dona molto. Ti rende così... BELANE: (sarcastico) Affascinante?? DEJA FONTANIN: Eh già... BELANE: La maggior parte degli uomini non vive affatto, si consuma e basta. DEJA FONTANIN: Puoi chiamarmi Deja. BELANE: Deja. DEJA FONTANIN: Perchè non vieni a sederti qui vicino a me? Belane si avvicina. Si lascia cadere accanto a lei sul divano. Sorridendo. DEJA FONTANIN: Ti va un drink? BELANE: Certo. Scotch con soda se ci sono gli ingredienti. DEJA FONTANIN: Bernie, hai sentito. Passano alcuni istanti. Bernie ritorna con un vassoio. Lo appoggia sul tavolino davanti al divano dove sono seduti Belane e Deja Fontanin. DEJA FONTANIN: Grazie, Bernie. Bernie si allontana e sparisce. Belane si occupa dello scotch: espressione compiaciuta in volto. BELANE: Non male. DEJA FONTANIN: Signor Belane, adesso devi ascoltare: mi è stato riferito di dirti che devi dimenticare il caso del Passero Rosso.
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BELANE: Non lascio mai un caso a metà, a meno che non sia il mio cliente a chiedermelo. DEJA FONTANIN: Questo lo abbandonerai comunque. E gli ficca il sigaro in bocca: Belane fa un bel tiro, inspira, espira, e lo restituisce a Deja. Poi Deja lo bacia in bocca: in un istante la stanza si fa luminosa, le pareti cominciano a girare, il tappeto spicca il volo, e un lampo di luce azzurra appare nell’aria. Poi lei si ritrae, e si mette a ridere. DEJA FONTANIN: Da quanto tempo non vai con una donna, Belane? BELANE: (sconsolato) Non lo ricordo più... Deja scoppia di nuovo a ridere. Poi la sua bocca è di nuovo sulla bocca di Belane: le lingue saettano nelle altrue bocche come serpi impazziti. Poi alcuni passi, rapidamente seguiti da una voce tremante. BERNIE: FERMI! Belane si volta: dietro di lui Bernie, con in una mano la propria pistola con la quale aveva inizialmente accolto l’investigatore, e nell’altra mano la pistola di Belane. Bernie respira affannosamente, squadrando Deja con sguardo annebbiato e offuscato dalla rabbia. BERNIE: (a Deja) Deja, sai che ti amo. Io lo uccido. Lo uccido. Ti uccido. E poi mi uccido. Ma Belane (in posizione perfettamente perpendicolare a Bernie) può agevolmente alzare una gamba, colpirlo al cavallo, e crollarlo fin a crodarlo: Bernie urla, e cade in terra, portandosi una mano ai genitali. Belane raccoglie le due pistole, infila la propria nella fondina, impugna l’altra con la destra, solleva Bernie, lo siede s’uno sgabello, gli tira i capelli affinchè apra la bocca, poi gli ficca la canna della pistola in bocca. BELANE: Ciucciati questa, ragazzino! Bernie immobile deglutisce rumorosamente. DEJA: Non ucciderlo! Ti prego: non ucciderlo! BELANE: (a Deja) Che cosa mi dici sul Passero Rosso, boddana industriale che non sei altro? Non risponde. BELANE: (a Bernie) E tu, Bernie? Figlio di boddana? Non risponde.
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BELANE: (imitando l’accento di Bernie) Dico a·ttia, capisti? Bernie continua a non rispondere, e allora Belane gli spinge la canna in gola, con il risultato che Bernie spara una fortissima e fetida scoreggia: Belane lo sbatte con la faccia al suolo. BELANE: (a Bernie) Non fare mai più una cosa del genere! Che cosa disgustosa... Che schifo! (poi, a Deja, guardando Bernie dritto negli occhi) Ha una stanza tutta sua? DEJA: Sì. BELANE: (a Bernie) Adesso andiamo nella tua cameretta e tu ci rimarrai finchè non ti dirò di uscire. Bernie annuisce con la testa. BELANE: Avanti, muoviti, palla di lardo. Bernie si mette in piedi, barcolla, gira l’angolo, vacilla, apre la porta della propria camera, entra, scompare. BELANE: (a Deja) Torniamo a noi, piccola. Riprendiamo da dove eravamo partiti. DEJA: Non voglio. BELANE: Non mi sembra che tu abbia molta scelta... DEJA: Mi fai paura: sei un tipo troppo violento. Belane l’afferra per i capelli spingendole la testa verso il proprio basso ventre. BELANE: Adesso fammi un pompino, troia! Deja prova ad opporre resistenza ma non vi riesce, e Belane ha la meglio, costringendo la donna a un rapporto orale forzato, al termine del quale Deja sputa in terra lo sperma da Belane eiaculatole in bocca. Dopo, Belane alza la lampo dei pantaloni, si ricompone, e da una carezza a Deja che scontrosa si volta nella direzione opposta. BELANE: Ho dovuto farlo. Diceva che ti avrebbe ammazzata, l’hai sentito pure tu. DEJA: Probabilmente non diceva sul serio... BELANE: Non ti basi sui “probabilmente” quando ci sono in gioco amore, malattie veneree, e pallottole! Deja piange e singhiozza. BELANE: Che c’è? DEJA: Sono preoccupata per Bernie. Se ne sta chiuso nella sua stanza tutto solo...
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BELANE: Non ha la televisione? Parole crociale? Un libro di fumetti? Una copia di Playboy? DEJA: Ti prego, Belane, adesso vattene. BELANE: Proprio adesso? DEJA: Sì, Belane. BELANE: Proprio adesso che comincio a divertirmi? Proprio adesso che non ti è riuscito d’incularmi? Quando volevi incularmi ci tenevi affinchè io restassi... DEJA: Non stasera, non stasera... BELANE: E quando? DEJA: Domani sera. Stessa ora. BELANE: Spedisci Barnie al cinema, o dove preferisci. Voglio entrare nel caso. Voglio penetrare in questa storia. Voglio arrivare al fondo di questa faccenda... DEJA: D’accordo. Ma ora vai, ti prego... BELANE: E perchè dovrei? DEJA: Domani, ti prego. BELANE: Fammi prima vedere il culo... Deja, con espressione stanca e frustrata, alza la gonna mostrando un bellissimo culo. BELANE: Uhm, promette bene! D’accordo: accetto: a domani. E nel dire questo le infila un pollice su per il culo: Deja sobbalza e arrossisce, scomparendo in preda alle lacrime nei meandri della casa. Belane si piega con calma sul tavolino, tolle il proprio bicchiere, lo solleva, finisce il proprio drink, si avvia all’uscio, esce, chiude la porta alle spalle, attraversa l’atrio, esce, torna alla macchina, sale e mette in moto. ESTERNO, 3234 RUDSON DRIVE - W. L. A., SERA DEL GIORNO SUCCESSIVO. La sera del giorno successivo Belane si presenta puntuale all’appuntamento: è tutto in tiro, in ghingheri, e vestito di tutto punto: con scarpe lucide, completo scuro e cappello. Mentre si dirige dalla macchina al condominio pensa ad alta voce. BELANE: (fra sé) Ah, cazzo: mi sento sfinito, nella mente e nel corpo. Voglio uscire dal gioco. Vorrei ritirarmi. Andare da qualche parte, Vegas magari, gironzolare tra i tavoli da gioco, con l’aria saggia, guardare gli sciocchi mandare fortune a ramengo. Questo è il mio concetto di 199
divertimento: rilassarmi sotto le luci della ribalta mentre si percorre il viale del tramonto. Ma, cazzo, non ho il becco di un quattrino. E devo rintracciare il Passero Rosso: prima il dovere e poi il piacere! Il cielo spande nell’aire una pioggia leggera, eterea e piuttosto sinistra. Belane suona il campanello dell’appartamento 9 e aspetta. Ma niente: suona ancora: ancora niente, riprova: e ancora niente. BELANE: (fra sé): Oh, cazzo. Oh cazzo, cazzo, cazzo! Se la sono svignata. Deja e il figlio di boddana. Li avrei dovuto torchiare la notte precedente. Me li ero fatti sfuggire... Belane torna in macchina, apre il bagagliaio, fruga, trae qualcosa, richiude il baule. Poi accende un sigaro, si dirige verso il portone d’ingresso del condominio, e lo forza usando un piede di porco. INTERNO, 3234 RUDSON DRIVE - W. L. A., SERA. La porta dell’atrio si apre come se niente fosse, e Belane sale fino all’appartamento 9°. Giunto all’appartamento, appoggia l’orecchio alla porta, ma non sente nulla, nemmeno il fruscio di un topo. BELANE: (fra sé) Oh, cavolo. Maledizione. Forza la porta ed entra, andando dritto nella sala del talamo: armadio vuoto, vestiti spariti, tutto vacuo, nient’altro che ometti solitari appesi e ciondolanti dalla trave dell’armadio. BELANE: (sarcastico) Complimenti, il mio primo abboccamento con il Passero Rosso si è tramutato in 33 ometti vuoti come gli anni di Cristo. Ho perso tutto. Come investigatore sono proprio un fesso. Forse dovrei togliermi di mezzo, suicidarmi proprio. Solo così potrei dire di aver fatto qualcosa di realmente buono e utile per l’umanità. Belane si volta, esce dall’appartamento, ritorna nell’atrio e si ferma davanti alla porta dell’amministratore: la targa sulla porta recita “M. O. Turin, Amministratore”. L’investigatore bussa. Risponde una voce che sembra appartenere a un omone grand’e grosso. BELANE: Toc toc, toc toc. TURIN: Sì? 200
BELANE: Fiori, signor Turin, fiori per il signor Turin! TURIN: Come hai fatto ad entrare, ragazzo? BELANE: La porta d’ingresso era aperta, signor Turin. TURIN: Impossibile! BELANE: Signor Turin, una signora stava uscendo e io sono entrato mentre lei passava. TURIN: Non si dovrebbe fare una cosa del genere. BELANE: Non lo sapevo. E che cosa avrei dovuto fare? TURIN: Avrebbe dovuto suonare il campanello del citofono esterno e dirmi chi era e che voleva. BELANE: E va bene, signor Turin: ritornerò fuori e le parlerò attraverso il citofono per dirle che devo consegnarle dei fiori. Andrà bene in questo modo? TURIN: Lascia stare, ragazzo. Ecco... La porta si apre: Belane salta dentro con furia belvigna, richiude la porta con un calcio, afferra Turin per la cintura, prova a strattonarlo, ma l’uomo è molto robusto. TURIN: Ma che cazzo stai facendo? E dove sono i fiori? E togli quelle tue dannate manacce dalla mia cintura! BELANE: Calma, Turin: sono un investigatore, privato, della città di L. A., dotato di regolare licenza. Voglio sapere dove è andata a finire Deja Fontanin, appartamento 9. TURIN: Baciami il culo, amico. E togliti dai coglioni! Belane indietreggia, incerto sul da farsi. BELANE: Calma, signor Turin: mi serve solo questa piccola informazione, poi me ne andrò subito. TURIN: L’informazione è riservata. E te ne andrai via senza. E adesso ti sbatto fuori io. Anzi, ti sbatto fuori subito. E con le mie mani. BELANE: Sono cintura nera, Turin: sono un’arma letale. Non forzarmi a usarla. Mi stai costringendo ad usarla. Non ti conviene. TURIN: Ah ah ah. BELANE: C’è un limite, Turin, c’è un limite preciso alle offese che posso accettare. In questo momento sono una macchina da corsa e tu mi stai spingendo al massimo. Ti sto soltanto dicendo che è pericolosissimo spingere al massimo una macchina da corsa. Potrei esplodere... Sto per esplodere! TURIN: Ah ah ah.
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BELANE: C’è un limite a tutto, Turin. C’è un limite agli attacchi che un uomo possa sopportare. E tu lo stai superando. Eh già, lo stai superando clamorosamente... Sono dinamite, e tu hai acceso la miccia. Sappi che è dannatamente pericoloso giocare col fuoco accanto alla dinamite: potrei esplodere, potresti esplodere, potremmo esplodere! BEH, PREPARATI A SOFFIARE: SONO UN MALEDETTO FIGLIO DI PUTTANA CHE SBUFFA NUVOLE DI FUMO E FUNGHI DI VELENO! OGNI VOLTA CHE LE TUE MINACCE RAGGIUNGONO IL MIO CERVELLO, IO MI CARICO COME IL CERVELLO DI CHARLES MANSON. ATTENTO: IO SONO LEE VAN CLEEF E CHARLES BRONSON, SONO PEPEPA E CLINT EASTWOOD, SONO I CANNONI DI NAVARONE, LE BOMBE D’HIROSHIMA E NAGASAKI, SONO UN MALEDETTO FUNGO ATOMICO STERMINATORE FIGLIO-DI-PUTTANA, BRUTTO FIGLIO-DI-PUTTANA! TURIN: Ah ah ah. Turin continua ad avanzare. BELANE: FERMO LÌ! ALTOLÀ! Turin si ferma, sogguardando con ghigno maligno. BELANE: Turin, devo rintracciare il Passero Rosso, e Deja Fontanin è collegata con la soluzione. Devo sapere dove sono finiti lei e il suo amichetto Bernie. TURIN: Non hanno lasciato nessun indirizzo. Adesso sparisci dalla mia vista, se non vuoi che t’incasini il modo di parlare. Belane estrae la propria pistola .32, e la punta al ventre di Turin. BELANE: DOV’È DEJA FONTANIN? TURIN: Fottiti! E avanza verso Belane. BELANE: FERMO LÌ DOVE SEI, TURIN! Ma Turin continua d avanzare imperterrito verso Belane: Belane va nel pallone e preme il grilletto, chiude gli occhi, strizza le palpebre, digrigna la fronte e le labbre. Quando riapre gli occhi Turin è ancora vivo e vegeto, ed eretto e ghignante: la pistola si è inceppata. Turin stende le mani su Belane e gliele serra attorno alla gola. Mani grandissime, con dita enormi, insulse, forti, implacabili: Belane non riesce più a respirare e soffoca: prova
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a reagire colpendo Turin ma nulla: Turin sembra invincibile e inscalfibile. BELANE: (fuori campo) Devo montare una nuova gomma posteriore destra... Stupido, stupido, stupido: sono spacciato, finito, e penso agli pneumatici!? Ma che razza di uomo sono? Ma quest’uomo è un mostro. Sento la morte nell’aria. Sono inerme. Poi all’improvviso le mani allentano la presa sul collo di Belane: l’investigatore barcolla, aspirando affannosamente ossigeno. Turin non ha invece per niente un bell’aspetto: con gli occhi guarda Belane ma è come se non vedesse niente, ha il guardo perso nel vuoto, si stringeva il braccio sinistro con la mano destra, una brutta espressione di dolore gli attraversa il volto, ansima, alza il guardo, e stramazza al suolo. Belane si riprende, si avvicina a Turin, si china, tasta il polso: niente, zero, piatto: Turin è morto. Belane si rierge, si allontana, si siede s’una sedia, vede la Signora Morte: seduta sul divano, di fronte, bellissima, mai stata così bella, una vera bambola; vestita in nero. BELANE: È lei, Signora Sorte! SIGNORA MORTE: Già!, sono io, Belane... BELANE: Lei, sì ch’è una vera Signora: non mi lascia mai nei guai: meglio dell’oro! La Signora Morte accenna un sorriso, e subito si ricompone. SIGNORA MORTE: Come ti butta, Belane? BELANE: Non posso lamentarmi... SIGNORA MORTE: Farai meglio a controllare la linea, però: mangi troppe patatine fritte e ciambelle con la crema, e sei sempre attaccato alla bottiglia. BELANE: Che cosa è un investigatore senza ciambelle? SIGNORA MORTE: Adesso devo andare: ho altro lavoro da sbrigare qui vicino. BELANE: Qualcuno che conosco? SIGNORA MORTE: Conosci un certo Charles Bukowski? Al secolo, Heinrich Karl Bukowski, 1920-1944, scrittore. BELANE: Certo... Come no!? SIGNORA MORTE: Beh, dimenticatene.
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BELANE: No, ti prego, non prendere lui: prendi qualcun’altro di quei noiosi, boriosi e impettiti che popolano e affollano gli scaffali: prenditi Forster, o qualcuno di quegli indiani-inglesi. O prenditi quello nano sborone e sciancato di Spike Lee. Ma non prenderti Bukowski, o, domani, saremo tutti più soli. Ha alleggerito le mie pene. A volte, i suoi romanzi sono stati per me l’unica ragione per continuare a vivere. Sai, vedi un coglione combinato peggio di te, e in qualche modo ti rallegri della tua condizione, dici ‘beh, non è poi tanto male’, e così rinunci all’idea del suicidio. SIGNORA MORTE: Meglio per te, meglio così: rallegrati: Bukowski ha già dato tutto quello che poteva dare: è ora che tiri le cuoia! Se muore adesso, non morirà mai. Se muore adesso, vivrà per sempre! Se lo fa adesso, diventerà immortale! Non lo capisci? SOLO CHI FA, BEN FA: NON LO CAPISCI?? Detto così, la Signora Morte scompare, di colpo. Belane si avvicina a Turin, fruga nelle tasche cercando il portafoglio, lo trova: dentro, un biglietto da 50, due da 20, uno da 5 e un dollaro. Belane se l’infila in tasca, rimette il portafoglio al suo posto, va verso la porta, apre-esce-chiude di soppiatto, raggiunge l’atrio, esce dal condominio e dalla palazzina, inspira, espira, va alla macchina, le gira intorno e controlla la ruota posteriore destra. BELANE: E infatti è liscia... Fuori piove ancora. INTERNO, CASA DI BELANE, NOTTE. Belane se ne sta in casa, seduto sulla poltrona, in mutande, con una bottiglia di scotch in mano e il telecomando nell’altra. Fuori, la pioggia leggera si è tramutata in un acquazzone che ferisce violenti colpi sul tetto. L’investigatore accende il televisore: sullo schermo passano alcune immagini di un politico. BELANE: (fra sé, in camera) Ecco perchè non guardo mai la televisione: quando si è giù di corda questa maledetta figlia di puttana fa sentire ancora peggio: facce insignificanti, una dopo l’altra, all’infinito, una processione infinita d’idioti, alcuni dei quali famosi, e 204
i comici non sono divertenti, e i film drammatici da quarta elementare: meglio bere e ubriacarsi. Siamo piccoli esseri stupidi che annaspano cercando di non annegare. Cercando di sopravvivere nell’attesa di morire. Mi sento insoddisfatto e, francamente, piuttosto scazzato su tutto. Non sto combinando niente, e così il resto del mondo. Cerchiamo solo di sopravvivere nell’attesa di morire e intanto facciamo piccole cose stupide per occupare il tempo. Alcuni neanche quelle. Siamo come vegetali. Anche io sono uno di loro. Anche se non so che tipo di vegetale io sia. Mi piacerebbe essere un avocado, duro e burroso al tempo stesso. O un limone, aspro e duro, dolce e mite, a seconda delle circostanze. Anche se, con questa pancia dilatata, mi sento più una melanzana, o una rapa. Pausa: silenzio. (continuando) Non avrei mai dovuto farmi sfuggire quei cazzoni. E sapevo che non avrei mai ritrovato il mio informatore iniziale. Di nuovo punto e d’accapo. Il Passero Rosso è svanito nella mia stupida presa. Eccomi qui, a 55 anni suonati, a brancolare di nuovo nel buio. Ma per quanto tempo ancora posso far parte del gioco? Gli inetti meritano soltanto un colpo in testa. Pausa: silenzio. (continuando) Il mio vecchio mi aveva detto: ‘Entra in un giro dove prima ti sganciano i soldi e poi sperano di riaverli. Intendo banche e assicurazioni. Restituisci un foglio di carta in cambio di soldi sonanti. Usa i loro soldi: continueranno ad arrivare. Due cose li tengono in vita: cupidigia e paura. Solo una tiene in vita te: l’opportunità.’. E sembrava un buon consiglio. A parte il fatto che mio padre è morto senza un soldo e squattrinato. Pausa: silenzio. (continuando) Cazzo, ho fallito anche con le donne. Tre mogli. In realtà, niente che fosse andato veramente male, tutte e tre le volte. Era andato tutto in frantumi per colpa di stupidi screzi. Litigavamo per niente. C’incazzavamo per niente e per tutto. Giorno dopo giorno, anno dopo anno. Era opprimente. Invece di darci una mano a vicenda ci distruggevamo a poco a poco, ci rimproveravamo questo o quell’altro. Punzecchiature. Punzecchiature quotidiane. Infinite punzecchiature. Una 205
sfida meschina. E una volta cominciata, diventava un’abitudine. Sembrava quasi impossibile uscirne. Quasi non volevi più uscirne. E poi finalmente ne uscivi. Del tutto. Quindi, ora, eccomi qui. Seduto ad ascoltare la pioggia. Se morissi in questo istante, in tutto il mondo non verrebbe versata una sola lacrima. Non che lo desideri. È che è strano rendersi conto di quanto ci si possa sentire soli, a volte. Ma immagino che il mondo sia pieno di vecchi scorreggioni come me, seduti ad ascoltare la pioggia, a chiedersi dove sia finito tutto. È in momenti come questo che capisci di essere diventato vecchio: quando te ne stai seduto a chiederti dove sia finito tutto. Beh, non finisce da nessuna parte, almeno non dove dovrebbe. Semplicemente svanisce. ANNUNCIATRICE-TV: (fuori campo) Ti senti solo? Depresso? Su con la vita! Chiama una delle nostre bellissime ragazze: non vedono l’ora di parlare con te! Addebita tutto su carta di credito Mastercard o Visa senza altri costi aggiuntivi. Chiama l’899·345·345·34 e parla subito con Kitty, Francy, Bianca, Mary o Terry. Il televisore mostra giovani e avvenenti ragazze, e trasmette le immagini dei loro volti: Terry è la più bella. Belane prende il telefono e compone il numero. TELEFONISTA 3: Si? BELANE: Terry, per favore. TELEFONISTA 3: Hai 18 anni o più? BELANE: Più. TELEFONISTA 3: Mastercard o Visa? BELANE: Visa. TELEFONISTA 3: Bene. Mi dia numero di carta, data di scadenza, indirizzo di casa, numero di telefono, codice di previdenza sociale, e numero della patente. BELANE: E come faccio a sapere che non userete tutte queste informazioni per il vostro interesse? Voglio dire, tipo mettermela nel culo per trarne qualche vantaggio? TELEFONISTA 3: Hey, amico, vuoi parlare con Terry o no? BELANE: Penso di sì... TELEFONISTA 3: Mandiamo la nostra roba in televisione, siamo nel giro da due anni: puoi fidarti... BELANE: Mai fidarsi di chi ti dice “puoi fidarti”. TELEFONISTA 3: E te lo insegnano a scuola? 206
BELANE: Già: la scuola della strada, bello. La strada maestra di vita. TELEFONISTA 3: Senti, se tu non vuoi noi, noi non vogliamo te. Bello, chiaro e tondo. BELANE: Va bene, va bene, aspetta un attimo. Lasciami il tempo di recuperare tutte le cose qui dentro al portafogli. TELEFONISTA 3: Certo, bello. BELANE: Che cosa mi racconterà Terry? TELEFONISTA 3: Ti piacerà. BELANE: E come fai a saperlo? TELEFONISTA 3: Senti, amico... BELANE: Ecco, ci sono! Segna! Belane gli fornisce e detta tutte le informazioni richieste, poi aspetta il tempo necessario affinchè l’addetto controlli il credito, poi sente una voce female all’altro capo del telefono. TERRY: Ciao, tesoro, sono Terry! BELANE: Ciao, tesoro, sono Mickey! TERRY: Oh, che voce terribilmente sexy! Sto cominciando ad eccitarmi! BELANE: No, Terry, non ho la voce sexy. TERRY: Oh, non fare il modesto. BELANE: No, Terry, non faccio il modesto. È solo che non ho la voce sexy. TERRY: Chissà che gran bel cazzone avrai lì sotto... BELANE: Niente di spettacolare, soprattutto quando esco dall’acqua... TERRY: Sai, Mickey, mi sento molto vicina a te in questo momento! Mi sento come se fossi rannicchiata sul tuo grembo... Adesso ti sto guardando con i miei grandi occhioni dal basso. Ho occhi grandi e azzurri. Tu afferri la mia testa e la spingi... BELANE: Che stronzate, Terry, io sono qua per i fatti miei, solo, a bermi uno scotch, e ad ascoltare la pioggia, e tu nella tua cabina, a fare le parole crociate, o passarti lo smalto sulle unghie... TERRY: Senti, Mickey, ci vuole un briciolo d’immaginazione. Lasciati andare e sarai sorpreso di quello che posso farti fare.... Non ti piace la mia voce? Non la trovi sexy?
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BELANE: Un po’ sì, ma non troppo: sembri raffreddata: hai il raffreddore? TERRY: Mickey, tesoro, sono troppo calda per avere il raffreddore! BELANE: Beh, sembra che tu lo sia. Forse fumi troppe sigarette... TERRY: Fumo solo una cosa, Mickey! BELANE: E che cosa, Terry? TERRY: Non riesci a indovinare, Mickey? BELANE: No. TERRY: Ti piace giocare, eh, monello? Ok, giochiamo... Guardati lì in basso, Mickey: che cosa vedi? BELANE: Un bicchiere, il telefono, il portafoglio, un giornale... TERRY: E nient’altro, Mickey? BELANE: Le scarpe. TERRY: Mickey, che cosa è quella cosa grossa e spessa che sporge lì sotto, mentre mi stai parlando? BELANE: Ah, quella! Quella è la pancia! TERRY: Continua a parlarmi, Mickey, parlami, continua ad ascoltare la mia voce mentre ti dico che lo voglio, lo voglio, dammelo, pensa a me con la testa appoggiata sul tuo ventre, il vestito che scivola e mette in evidenza le mie cosce carezzate dai miei lunghissimi capelli biondi. Sfiorami, dai, leccami. Prendi il mio corpo. Voglio che m’infili la lingua nel culo... BELANE: Non male... TERRY: Dimmi, adesso: che vedi lì sotto? BELANE: Le stesse cose: chiavi di casa, telefono, scarpe, bicchiere, pancia... anzi trippone... trippone da birra! TERRY: Mickey, sei un bimbo disobbediente! Su, concentrati, o verrò lì a sculacciarti! O magari lascio che sia tu a sculacciarmi... BELANE: Che cosa? TERRY: Ahh, ahh, ahhh! BELANE: Terry, Terry... TERRY: AHH AHH AHHH! BELANE: Terry, Terry... TERRY: AHH AHH AHHH! BELANE: Terry, Terry...
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TERRY: Dimmi, maiale, porco psicopatico, lurido puttaniere, dimmi... BELANE: Terry, mi scusi un attimo? Devo andare in bagno... TERRY: Oh, Mickey: non c’è bisogno di andare in bagno per farlo, fallo al telefono, mentre parli con me! Anzi, fallo sulle mie cosce, poi spruzzamelo tutto addosso... Voglio sentire il tuo seme caldo sul mio corpo arroventato! Abbrustoliscimi il culo, Mickey! BELANE: Non posso, Terry: devo pisciare... TERRY: Ahhh ahhh ahhh... Pisciami addosso! BELANE: Ma no! Devo solo andare a pisciare! TERRY: Mickey, puoi considerare esaurita la nostra conversazione! BELANE: No, aspetta: tu comunque stai guadagnando, no? TERRY: (titubante) Sì... BELANE: Allora assecondami e parliamo ma di qualcosa di sensato. TERRY: Ok. BELANE: Dammi solo il tempo di andare in bagno a pisciare TERRY: Non metterci molto: il tempo corre, Mickey. Il tempo ci sfugge... e la morte corre lungo il filo del tempo. BELANE: Sapevo che sei una ragazza intelligente. Arrivo subito. Belane si alza e ritorna poco dopo. BELANE: Eccomi qui... TERRY: Sì. Che lavoro fai, Mickey? BELANE: Sono un investigatore, privato, con libera e regolare licenza, della citta di Los Angeles. Tu, invece, vivi solo di questo, Terry? TERRY: No: quando sono fortunata acchiappo qualche depravato e lo prendo per il culo. Così sono i soldi più facili. BELANE: E che cosa ci fai? TERRY: Dipende. In giro c'è di tutto. La gente pagherebbe per qualunque cosa, lo sai meglio di me: sei un investigatore. Sono tutti disturbati. BELANE: Sì, lo so bene. Ma che cosa fai in particolare? TERRY: Telefonate, chat... BELANE: Umiliazione, masturbazione, fetish...? In webcam o dal vivo? Da sola o in compagnia? Tipo coppie...
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TERRY: Umiliazione solo... A volte fetish dipende, niente di estremo comunque. Niente webcam. Da sola. BELANE: Fammi qualche esempio. TERRY: Che vuol dire esempio? Ti stai arrapando? BELANE: Sì, mi è diventato duro. Adesso dimmi le cose che fai... TERRY: Ti vuoi arrapare? BELANE: Te l’ho già detto... TERRY: Anche calci nei coglioni... BELANE: Cazzo, che male. TERRY: (sarcastica) Che donnina... BELANE: Ma fa male... TERRY: È questo il punto... Non faccio niente di che comunque. Prima stavo con un'agenzia, diciamo, e lavoravo per loro. Erano solo chat e le persone chiedevano qualunque cosa. Alcuni parlavano solo e basta. (pausa) Ma avevo degli orari troppo ristretti e temevo che il mio ragazzo mi scoprisse, quindi ho dovuto lasciare, ma un paio di contatti ce li ho. (pausa) Ho comprato un'altra SIM per fare ste cose, ma ora non ho più tempo e voglia. Mi fa troppo schifo, anche se ci faccio un mucchio di soldi. Solo sentire la voce di quei luridi schifosi mi fa vomitare. BELANE: Vorrei farti svolgere il ruolo del cane. TERRY: Non siamo in SALÒ... BELANE: Con collare e guinzaglio. Mai fatto? TERRY: No. BELANE: Pisciarti addosso, farti leccare la sborra da terra, e farmi baciare il culo. TERRY: Che schifo. Siete tutti uguali. Fate schifo. BELANE: Dai, raccontami qualcosa. TERRY: Beh, una volta sono stata pagata da una coppia per farmi legare, bendare e scopare in ogni posto possibile. Erano un un uomo e una donna. Il mio fidanzato non le sa tutte queste cose. BELANE: Ti hanno fatto male? TERRY: Molto: a un certo punto non capivo più niente. Doppia penetrazione. Una delle migliori scopate della mia vita. Ma poi non ci siamo più visti. E d’altronde non ci sono tante persone che fanno ‘ste cose. Ed è estremamente difficile trovarle. 210
Belane ansima. TERRY: Ma che cazzo, dai... Mi stavo aprendo con te... BELANE: Sto per sborrare. TERRY: Ok, dai. In fondo mi hai chiamata per questo. Ti piacerebbe prendermi a schiaffi? BELANE: Adoro prendere a schiaffi le donne. Soprattutto le puttane. Anche se non c’è molta differenza: sietetutte troie ed è quello che vi meritate. Anzi, penso che dovreste ricevere una dose giornaliera di schiaffi. TERRY: Vorresti frustarmi mentre me lo sbatti nel culo? Tirarmi i capelli, venirmi in faccia, sulle tette e poi vedermi che lo lecco e intanto darmi della troia, puttana, zoccola, bocchinara? BELANE: Ahh ahh ahhh. TERRY: Dai, Mickey, sbattimelo fino in fondo, fammi male, spaccami, sfondami, rompimi il culo! BELANE: AHH AHH AHHH. TERRY: Dai, scopami il culo come una cagna. Sborrami dentro: voglio sentire il tuo fiume caldo dentro di me.. BELANE: AHH AHH AHHH. TERRY: Sono una lurida puttana Puniscimi. Fammi male. BELANE: Sono venuto. Grazie. Bella sborrata. TERRY: Che patetico cazzo. Anche se pure io mi sono un pochino arrapata... BELANE: Adesso devo andare, Terry. Considera terminata la nostra conversazione! TERRY: Che bastardo! Ma questa sborrata ti sarà costata un capitale. Chiamami in privato, se vuoi risparmiare la prossima volta... BELANE: Detta il numero. Terry recita il proprio numero personale mentrecchè Belane lo trascrive. Poi i due si salutano e riagganciano. Belane si reca al bagno per pisciare. In sottofondo il silenzio, solo interrotto dallo scroscio della pioggia, che si mesce alla pioggia dello scroto. Tira lo sciacquone, si lava le mani, fissa dentro lo specchio, e si strizza l’occhiolino. Infine, ritorna al proprio divano e al proprio drink.
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INTERNO, UFFICIO DI BELANE, MATTINO. Belane fuma un sigaro con la faccia di chi la sa lunga, inspirando ed espirando stancamente e mollemente, allorchè squilla il telefono. BELANE: Sì? TELEFONISTA 4: Signor Belane, lei è stato estratto come uno dei nostri vincitori. Il suo premio può essere un televisore, un viaggio in Somalia, 5·000 dollari, o un ombrellone pieghevole. Le offriamo un pernottamento gratuito, con prima colazione inclusa. L’unica cosa che deve fare è partecipare a uno dei nostri seminari in cui le offriremo proprietà immobiliari di valore inestimabile a prezzi... BELANE: Hey, amico. TELEFONISTA 4: Sì, signore? BELANE: Scopati tua madre! L’investigatore riaggancia, e fissa indignato il telefono. BELANE: (rivolto al telefono) Dannato aggeggio foriero di morte. Ma servi per chiamare il 911: non si sa mai... BELANE: (fra sé) Ho bisogno di una vacanza. Ho bisogno di cinque donne diverse. Ho bisogno di pulirmi il cerume dalle orecchie. La mia auto ha bisogno di un cambio di olio. Non ho presentato la maledetta denuncia dei redditi. Una stanghetta degli occhiali da lettura si è rotta ed è ora staccata. Il mio appartamento è infestato dagli scarafaggi e ci sono pure le formiche. Ho bisogno di una pulizia dei denti. Le mie scarpe sono sfondate. Soffro d’insonnia. L’assicurazione della mia macchina è scaduta. Ogni volta che mi rado mi taglio. Non rido da 6 anni. Ho la tendenza a preoccuparmi e crearmi paranoie anche quando non c’è niente per cui preoccuparsi. E quando c’è qualcosa di cui preoccuparmi, io mi ubriaco. Il telefono squilla di nuovo. Belane alza il ricevitore, e risponde. SANDERSON: (fuori campo, al telefono) Belane? BELANE: Può darsi. SANDERSON: Può darsi un paio di palle. I casi sono due: o sei Belane, o non sei Belane e in tal caso sei qualcun’altro. BELANE: Va bene, mi hai beccato: sono Belane. Ora dimmi che vuoi e poi non scocciarmi più.
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SANDERSON: Bene, Belane. Solo per informarti che c’è giunta voce che stai cercando il Passero Rosso... BELANE: AH sì. E qual’è la tua fonte? SANDERSON: Fonte privata. Non posso dire troppo. Non posso sbottonarmi. BELANE: Privata come le tue parti intime. Esponile. Tira fuori il cazzo. Sputa l’osso. SANDERSON: D’accordo: 10·000 dollari e ti serviamo il Passero Rosso s’un vassoio d’argento! BELANE: Cioè morto? Sanderson: Va bene se dico in una gabbia dorata? BELANE: Già suona meglio. Comunque non ho i 10·000. SANDERSON: Possiamo metterti in contatto con chi li ha. BELANE: (sarcastico) Wow! Organizzatissimi. Sembra proprio un’organizzazione... a delinquere! SANDERSON: Non scherziamo: solo il 15% d’interesse mensile e le 10 teste sono tue. BELANE: Ma non posso fornire nessuna garanzia. SANDERSON: Certo che puoi. BELANE: E quale? SANDERSON: La vita. La TUA, vita. BELANE: Tutto qua? Parliamone...! SANDERSON: Certo: saremo nel tuo ufficio fra 15 minuti. BELANE: Ok. Ma come farò a sapere che siete voi? SANDERSON: Te lo diremo... La telefonata si conclude. Belane si accende alcune sigarette nei 15 minuti di aspettanza. Esattamente un quarto d’ora dopo, si odono forti colpi alla porta, e la porta sbatacchiare e tremare tutta. Belane controlla la Luger nel cassetto, poi invita ad entrare. BELANE: Avanti, Cristo, è aperto, cazzo! La porta si spalanca ed entrano tre negri: il primo un gorilla con un abito rosa pallido e un sigaro in bocca; gli altri due più piccoli e vestiti in stile “pulp fiction”: con completo nero, cravatta sottile, e occhiali neri. Belane indica la sedia e il divano: i tre si accomodano: il più grosso sulla sedia affrontata alla scrivania riempiendola completamente (le gambe della poltrona cedono leggermente), i due più piccoli sul divano.
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Poi il gorilla più grande si piega in avanti sulla scrivania e parla. SANDERSON: Io sono Sanderson, Harry Sanderson. Piacere. E questi sono i miei ragazzi. E tu... Tu hai bisogno di noi. BELANE: Così è se vi pare. SANDERSON: Così è. Il Passero Rosso. BELANE: Siete in contatto con quella puttana e il suo cane bastardo che se la sono filata dal proprio appartamento la scorsa notte? SANDERSON: Non sono legato a nessuna puttana. Il mio motto è “amale e lasciale”. BELANE: Veniamo a noi: parliamo del Passero Rosso. SANDERSON: Diecimila dollari. BELANE: Come ho già detto, non li ho. SANDERSON: E come ho già detto io, troveremo un usuraio che te li presti, a condizioni ragionevoli. BELANE: Cioè? SANDERSON: 15% d’interesse mensile, come già detto. Devi svegliarti un po’, Belane. BELANE: Ok. Trovatemi lo strozzino e ne riparleremo. SANDERSON: L’hai davanti. BELANE: Voi? SANDERSON: Esatto. BELANE: (sarcastico) La verticalizzazione del processo produttivo in una sola frase e in una sola persona! SANDERSON: Noi te li diamo, poi tu ce li restituisci subito. Poi ci dai il 15% dei dieci testoni tutti i mesi, fino a quando il prestito non sarà saldato interamente. Devi solo firmare questo foglio. Non c’è un vero e proprio scambio di denaro: il denaro ce lo teniamo direttamente così non devi neanche sbatterti per restituircelo. BELANE: E fatto questo, voi mi metterete in mano l’uccello. SANDERSON: Le tue mani sarebbero troppo piccole per questi uccelloni: ti servirebbe una cariola! Non è vero ragazzi? I cuccioli di gorilla fanno delle risatine. BELANE: Credete che sia divertente? Beh, non lo è. Pausa: silenzio. BELANE: Piuttosto, come farò ad avere il Passero Rosso? SANDERSON: Devi fidarti di noi. BELANE: Uhm, immaginavo, che avresti detto così. SANDERSON: Devi fidarti di noi, Belane. 214
BELANE: Come no!? SANDERSON: Non ti fidi di noi, Belane? BELANE: Certo, ma prima è meglio che vi fidiate di me voi: mettetemi in mano il Passero prima e poi vi darò i soldi. SANDERSON: Che cosa? Ma per chi ci hai preso? Per un branco di venditori di polli o per fantocci rimbambiti pronti a tutto pur di racimolare un centone? BELANE: Non me ne frega un cazzo di quello che vi sembra. Questo è quello che è. SANDERSON: Non fare il furbo, Belane. Se vuoi avere tra le mani il passero Rosso, devi fidarti di noi. Non hai altre possibilità. Pensaci. Hai ventiquattr’ore di tempo per rifletterci. BELANE: Mi bastano 24 secondi. E da sotto la scrivania estrae la propria pistola. BELANE: (a Sanderson) Vedete? Voi fate i gradassi, ma siete degli sprovveduti. Potrei farmi secchi in una frazione di secondo con questa. Tutti e tre. Ma non lo farò. Mi avete incontrato in un momento di transizione, e non voglio più uccidere nessuno. Adesso andatevene. SANDERSON: Non fare pazzie, non compiere atti insulsi o gesti inconsulti, Belane. Se vuoi avere tra le mani il Passero Rosso devi fidarti di noi. Non hai altre possibilità. Pensaci. Pensaci, Belane. Pensaci per bene e facci sapere. Hai ventiquattr’ore di tempo: poi, l’affare sarà sfumato. Per sempre. E il Passero Rosso non cinguetterà più per te. BELANE: Fuori! Sanderson si volta e si avvia verso l’uscita: uno dei suoi scimmioni scatta in avanti per aprirgli la porta, mentrecchè l’altro rimane seduto a fissare Belane con aria torva e cattiva. Poi escono tutti i tre, in fila indiana, l’uno dopo l’altro. E scompaiono nella sera silenziosa e ottusa. Belane recupera la propria bottiglia di vodka, la tracanna, poi si alza, si stende sul divano, e si addormenta profondamente. INTERNO, UFFICIO DI BELANE, SERA. Quando si sveglia è buio: si alza, s’infila l’impermeabile e il cappello, ed esce. 215
ESTERNO, AJAX BUILDING, SERA. Sale in macchina. Guida per cinque miglia, verso ovest, tanto per. Poi parcheggia, scende dalla macchina, si guarda intorno, nota un bar, ed entra. “Ade” recita l’insegna. INTERNO, UFFICIO DI BELANE, MATTINO. L’indomani, alla stessa ora: le pareti dell’ufficio tremano; gli assi del pavimento squassano; la porta si spalanca; il gorilla Harry Sanderson appare, accompagnato dai suoi due scimmioni, vestito con un completo viola chiaro. BELANE: (a Sanderson) Sai, una volta conoscevo una femmina come te in fatto di scelta dei colori da indossare. Per esempio, si usciva a mangiare qualcosa in un ristorante e nel locale tutti si giravano a guardarla. Il problema era che non c’era nulla da guardare: anche in pieno doposbronza e con la barba di tre giorni ero più bello io di lei! Comunque, tornando al Passero... SANDERSON: Farabutto, le ventiquattr’ore sono scadute: sei ancora lì che ti meni il pistolino o ti sei deciso? BELANE: Ancora qui che mi meno il pistolino. SANDERSON: Lo vuoi ‘sto Passero Rosso o no? BELANE: Lo voglio. Ma voi altri mi ricordate tanto quei tizi che lavoravano in casa di mia zia giù nell’Illinois. SANDERSON: Tua zia? E che c’entra tua zia adesso? BELANE: Aveva il tetto che perdeva. SANDERSON: Ma davvero? Belane: Già. E questi tizi arrivano e dicono a mia zia che possono aggiustarle il tetto, che hanno un supersigillante. Le fanno firmare un foglio, si fanno consegnare l’assegno, e vanno su. SANDERSON: Su dove, farabutto? BELANE: Su, sul tetto, bifolco. Una volta sopra spargono olio di motore usato dappertutto. Poi spariscono. Quando poi è piovuto, è finito tutto in casa, pioggia e olio di motore, rovinando tutto quello che c’era all’interno della casa. SANDERSON: Ma davvero!? Hai colpito il mio cuore dannato con questa storia! Adesso dimmi: lo vuoi il Passero o vuoi che ce ne andiamo? 216
BELANE: Così mi prestereste le dieci teste, che io non vedrò mai, e per questo mi obbligherete a pagare il 15% d’interesse mensile. Voglio dire, mettetevi nei miei panni: se foste in me prendereste in considerazione un accordo simile? SANDERSON: (sogghignando) Belane, una delle poche cose che mi rende grato questo mondo è che io NON sono come te! Entrambi gli scimmioni ridono a questa battuta. Belane inspira, espira, sbuffa, freme. BELANE: Allora, Sanderson, dici che puoi consegnarmi il Passero? SANDERSON: Senza alcun dubbio. BELANE: Beh, allora va’ a farti fottere. SANDERSON: Che cosa? Come?? BELANE: Ho detto, va’ a farti fottere, Sanderson. SANDERSON: Belane, ho voglia di gonfiarti di botte fino a ridurti a meno di una scoreggia in una chiesa vuota. I due scimmioni ghignano di nuovo alla battuta. BELANE: Sanderson, l’unica cosa che puoi farmi, è una sega a due mani, lurida troia che non sei altro. SANDERSON: D’accordo, facciamo così: ma sarà la tua ultima possibilità, farabutto. BELANE: Che cosa? E quale sarebbe? SANDERSON: Ho deciso che ti lascerò prendere l’uccello per cinque teste. BELANE: Tre. SANDERSON: Quattro. BELANE: Dove cazzo sono quei fogli del cazzo? SANDERSON: Ecco! BELANE: Affare fatto! SANDERSON: Hai fatto un affare, compare! BELANE: Questo l’avevo già capito. E non solo questo... Però su questo foglio c’è ancora scritto 10·000... SANDERSON: A questo rimediamo subito! Prende il contratto, tira una riga sulla cifra originaria, scrive 4·000, e sigla apponendo firma. SANDERSON: Ecco: adesso può firmare. Belane prende la penna, e firma. Sanderson raccoglie i fogli, e li ripone con cura. SANDERSON: Grazie mille, signor Belane. Buona giornata.
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Sanderson si alza dalla sedia, si volta, e si reca all’uscio. Uno dei suoi scimmioni lo anticipa per aprirgli la porta. BELANE: E il Passero? Sanderson si ferma e si volta verso Belane. SANDERSON: Oh. BELANE: Già: “oh”. SANDERSON: Eccolo, il Passero Rosso. Sanderson gli si appropinqua, e lo colpisce con un sonoro ceffone in volto. Belane cade per lo stordimento. SANDERSON: Li vedi i lampi incandescenti che ti fiammeggiano nel cervello? Ecco il tuo Passero Rosso. BELANE: Avevo la vaga sensazione di aver preso una solenne inculata... SANDERSON: Beh, adesso sai che non è una sensazione, ma è proprio il tuo culo che brucia. Ed è stata la tua ostinazione a mettertela in culo. Avresti dovuto agire prima, capire che l’ostinazione è l’unica forza del debole, e mettergliela in culo tu per primo. E salvarti il culo. Ma hai preferito dare il culo per la dignità. Pessimo affare, Belane. BELANE: Ma perchè tutto questo girarci intorno allora? SANDERSON: Noi siamo gente che gli piace giocare. Siamo giocherelloni. Scherziamo, siamo scherzosi. Era tanto per ridere. BELANE: Scherzare, ridere, giocare... Quando la pianterete di bighellonare e trastullarvi con la vostra tipica incompetenza da negri? Quando il discorso si farà serio? SANDERSON: Ormai hai firmato: devi pagare, Belane. BELANE: Altrimenti? SANDERSON: Altrimenti vorrebbe dir morte. E gli reca un ulteriore schiaffo a mano aperta: Belane barcolla e croda in terra come un sacco. BELANE: Ma non mi avete consegnato il Passero Rosso. SANDERSON: Oh... BELANE: Già: “oh”. Sanderson convoca a consulto i propri scimmioni, e si chiude in misteriosi e macchinosi confabulamenti con loro: Belane li sente bisbigliare e sussurrare con voce bassa. Poi i tre sciolgono la consultazione: uno dei due scimmioni apre la porta, e scompare; l’altro rimane a fare 218
da spalla a Sanderson; e Sanderson ritorna dal concilio, e rivolge a Belane un sorriso abbagliante ed eccessivo, manifestamente ambiguo e palesemente ipocrita. SANDERSON: Beh, a questo rimedieremo subito! Proprio in questo momento, il mio assistente, il sig. Lee Van Clever, si è recato a ritirare il Passero Rosso, che le serviremo s’un vassoio d’argento, nel caso in cui lo voglia morto, o, altrimenti, in una gabbia dorata, nel caso in cui lo preferisca ancora vivo e cinguettante! BELANE: Mi chiedo quanto voi mi stiate fregando... SANDERSON: (con bieco ghigno) Si fidi di noi, caro signor. Belane. Si deve fidare, signor Belane. Non può fare altro, Belane. Non hai altra scelta. Dobbiamo solo aspettare qualche minuto, prego. Sanderson offre a Belane una sigaretta: Belane accetta, Sanderson gli porge la fiamma del fuoco: ma Belane rifiuta. BELANE: No, grazie, faccio io. (risentito) Da noi, le sigarette si accendono solo alle donne e ai froci. SANDERSON: Strane abitudini le vostre. BELANE: (estraendo la pistola, e puntandola a Sanderson) Hey, negro, non farmi incazzare o potresti ritrovarti con due buchi di culo al posto di uno. Te lo ripeto solo una volta: alla terza ti sparo: “da noi” è il posto, voi siete solo ospiti; e va bene che noi siamo, a nostra volta, ospiti dei pellerossa, ma voi, ricordatevi, siete comunque ospiti di noi bianchi. Qui si fa come facciamo noi, negro: si mangia, si scopa, ci si veste come facciamo noi. Allora, negro, vuoi andare in giro con due orifizi anali e perdere la cagarella in giro per strada oppure vuoi capire questo concetto basilare e rimanere integro? EH, VUOI CHE IN GIRO TI CHIAMINO HARRY-DUE-CULI? O PREFERISCI HARRY-ROTTO-IN-CULO? EH? RISPONDIMI, MUSO NEGRO. Sanderson non ribatte: si limita a finire la sua sigaretta. Belane ripone la pistola, e si distende. Poi Lee Van Clever ritorna tenendo in mano un oggetto rotondo e piatto somigliante un vassoio e coperto da un manto rosso. BELANE: Che cosa c’è dentro la gabbia? SANDERSON: Oh, ma questo non è una gabbia: questo è un vassoio. 219
BELANE: E che dovrei farci con un vassoio secondo te? SANDERSON: Adesso vedrai. Ti piacerà! Lee Van Clever solleva e tolle il vello rubicondo ammantante la forma che tiene in mano: si tratta di un vassoio in argento: adagiatovi sopra, un uccellino rosso imbalsamato, del tutto simile a quello descritto più avanti nel capitolo intitolato IL BAR “ADE”. Belane lo scambia inizialmente per un vero animale morto, ma poi si avvede del trucco. BELANE: E che cos’è questo? SANDERSON: L’esca, Belane. BELANE: E a che ti serve l’esca, Sanderson? SANDERSON: A nulla: come ti dicevo, noi siamo scherzosi, siamo gente che gli piace giocare, sorridere, e divertirsi, noi. BELANE: Sono contento per voi. Ma dov’è la gabbia? SANDERSON: La tua gabbia, la vera gabbia, è sul sedile posteriore della tua macchina. BELANE: Che significa? SANDERSON: Che abbiamo lasciato la gabbia dentro l’abitacolo della tua macchina, sul sedile posteriore. BELANE: Lato destro o sinistro? Sanderson rimane perplesso, diventa improvvisamente serio, e si rivolge e consulta con Mario; dopo un minuto di orologio di consultazioni, Sanderson si volta verso Belane. LEE VAN CLEVER: (serissimo) Tua macchina, sedile posteriore, lato passeggero. BELANE: Bravo sghiavo. Adesso andare casa. Andare vostre boddane. Sanderson ringhia con rabbia uno sbruffo. Belane lo guarda vacuo e indolente in dispregio. BELANE: Ma, prima che ve ne andiate, vorrei sapere una cosa: Perchè hai detto che mi sarebbe piaciuta? SANDERSON: Piaciuta? Che cosa? BELANE: Quel vassoio che hai portato. Hai detto che mi sarebbe piaciuto e i tuoi due leccapiedi la pensavano uguale... Un attimo fa... SANDERSON: Scherzavo, Belane, come cazzo devo dirtelo? BELANE: Sto cominciando a innervosirmi, Sanderson... SANDERSON: Beh, tienitela: ci rivediamo fra 30 giorni. 220
E così i tre bravi se ne vanno. Belane li segue a distanza di poco, esce dall’appartamento, si dirige verso il parcheggio, poi alla la macchina, apre lo sportello: è lì. La gabbia. Chiude e sigilla ermeticamente tutti i finestrini, fa un respiro profondo, e tolle lo straccio dalla gabbia: dentro è un uccello, un uccellino, rosso, un canarino, un canarino tinto di rosso: Belane, iroso in volto ed alterato, mette in moto, esce dal parcheggio, entra nella strada e nel traffico, nel traffico lotta con i semafori e le altre vetture, raggiunge l’autostrada; deciso e fermo di liberare il canarino in campagna, lontano dalla confusione della città. Guidando sull’autostrada, sente un suono impercettibile fruscio giungergli all’orecchio: il suo volto cangia in esterrefatto, allorchè capisce che il suono proveniva dallo sportellino della gabbia che si è aperto liberando l’animale che ora svolazza selvaggiamente per tutta la macchina: il Canarino Rosso. Un uomo al volante di una macchina marciante nell’altra corsia osserva tutta la scenetta ridendo a crepapelle: Belane gli mostra il dito medio: l’uomo cambia volto da divertito in torvo e trucido, abbassa il capo in cerca di qualcosa, abbassa il finestrino, estrae una pistola, la punta contro Belane, spara, ma manca il bersaglio: dei proiettili, uno colpisce il cruscotto, uno entra dal finestrino del guidatore ed esce dal finestrino del passeggero, il terzo sfreccia a pochi centimetri dal viso di Belane e gli spazza il cappello (come nei film western). L’uccello continua a volare impazzito nell’abitacolo dell’auto. Belane preme il pedale dell’acceleratore, lo preme fino in fondo, finchè non raggiunge lo sbocco dell’autostrada; poi guarda indietro: del pistolero nessuna traccia: Belane può calmarsi, e rallenta; giunto in uno spiazzo, si ferma, acchiappa il passero, lo tiene nel pugno, e lo fissa: la tintura si è leggermente dileguata e diradata, e screzia a chiazze e sprazzi il giallo naturale del piumaggio. BELANE: Oggi non è stata una bella giornata. Non è stata per niente una bella giornata. Per nessuno dei due. E poi, avrebbero almeno potuto prendersi la briga di trovare un 221
passero, invece di rosso! Negri Belane ripone gabbia, ingrana
di prendere un canarino come te e tingerlo approssimativi e incompetenti. nuovamente e infila il canarino nella la prima, e riparte.
INTERNO, UFFICIO DI BELANE, POMERIGGIO. BELANE: (fra sé) Forse dovrei alzare i tacchi e sparire dalla città prima dello scadere dei venticinque giorni... No, non riusciranno a smuovermi da Hollywood: io SONO Hollywood, o quel poco che ne rimane. Qualcuno bussa alla porta, con tocco molto gentile. BELANE: Avanti, è aperto, prego. La porta si apre. Compare un uomo altissimo, magrissimo, vestito in nero: completo nero, scarpe nere, camicia nera, calze nere, cravatta nera. Accompagnato da un gigante negro: grosso come un gorilla, ma dotato di meno cervello di un gorilla. STECCHINO: Sono Johnny, Johnny Stecchino. E il qui presente è Luke, il mio assistente. BELANE: Luke, eh? E, mi dica, signor Stecchino, che cosa sa fare di bello Luke? STECCHINO: Non le piace forse Luke, signor Belane? BELANE: Deve per forza? A questo punto, Luke fa un breve passo in avanti: la faccia gli si contorce come se stesse per esplodere in un pianto a dirotto e inconsolabile. LUKE: Io no piace a te, zignor Belane? BELANE: Tu non impiacciarti, Luke. STECCHINO: Già, non impicciarti. LUKE: Io no piacere a·ttia, Johnny? STECCHINO: Mah sì: naturalmente, naturalmente! Adesso, Luke bello, va vicino alla porta e non fare entrare o uscire nessuno. LUKE: Anche te? STECCHINO: Che cosa intendi, Luke? LUKE: Io no lascio te, anche te dentro o fuori, zignor Stegghino? STECCHINO: No, Luke, a me mi lasci entrare e uscire quando voglio. Ma soltanto me: nessun altro: gli altri devono rimanere fuori se sono fuori, o dentro se sono dentro. Tutto chiaro? 222
LUKE: Ogghei, zignor Stegghino. Luke si sposta, e si piazza davanti alla porta. Stecchino prende una sedia e si accomoda. STECCHINO: Sono qui per conto della Acme Executioners. Sono qui per darle istruzioni. Il nostro rappresentante, il signor Harold Sanderson-BELANE: Rappresentante? E lei ha il coraggio di chiamare quell’energumeno rappresentante?? STECCHINO: Uno dei migliori che abbiamo. BELANE: Non immagino gli altri... STECCHINO: Sanderson sarebbe in grado di vendere la pelle scuoiata di un cadavere. BELANE: E probabilmente l’ha già fatto. STECCHINO: Può darsi. BELANE: Dopo averla scuoiata con le sue stesse mane e aver piazzato gli organi sul mercato nero. STECCHINO: (con tono solenne, grevoso, serioso, severo e seduloso) Ma non è per le speciali, innegabili e inconfutabili qualità venditorie di Sanderson che siamo noi oggi qui riuniti a questa scrivania. Siamo qui per darle breve istruzioni sul pagamento della rata mensile d’interesse. BELANE: Ma come parla? Sappia che non siamo in un film dei fratelli Coen! Vada avanti, sia breve, e soprattutto parli latino! STECCHINO: Non è divertente, signor Belane. Le abbiamo prestato 4·000 dollari al 15% d’interesse mensile: cioè 600 dollari totali. Vogliamo essere sicuri, prima di procedere alla riscossione, che lei abbia capito bene. BELANE: Tagliamo corto: mettiamo che non li abbia. STECCHINO: Noi riscuotiamo sempre, signor Belane. In un modo o nell’altro. BELANE: Come? Gambizzate la gente, le rompete le ossa, spezzate braccia e sfregiate volti? STECCHINO: I nostri metodi variano. BELANE: E ammettiamo che questi modi falliscano: uccidereste? Stecchino infila la mano sinistra nella tasca sinistra dei pantaloni, ed estrae un pacchetto di sigarette; infila la mano destra nella tasca destra e preleva l’accenditore; cava una sigaretta dal pacchetto usando la mano destra, la porta 223
alla bocca, e con la stessa mano l’accende usando l’accenditore; ripone l’accenditore nel pacchetto e il pacchetto nella tasca abbassando lo sguardo, solleva lo sguardo e aspira il fumo inspirando ed espirando lentamente. STECCHINO: Lei mi annoia, Belane. BELANE: Non immagina quanto mi annoiate voi altri, con i vostri modi da duri e spietati. STECCHINO: Luke. LUKE: Zi, Gionni? STECCHINO: Luke, vedi quell’uccellino rosso nella gabbia? LUKE: Zi, zignore. STECCHINO: Luke, voglio che tu vada là, tiri fuori l’uccellino dalla gabbia, e lo mangi vivo. LUKE: Ok, gabo. Luke si dirige verso la gabbia. BELANE: LO FERMI, CRISTO, LO FERMI! LO FERMI, HO DETTO! STECCHINO: Luke, ho cambiato idea: non voglio che mangi quell’uccello vivo. LUKE: Prima Luke uggidere? Prima Luke uggide? Prima io uggido? STECCHINO: No, no: lascialo stare. Ritorna fuori e blocca la porta. Grazie. STECCHINO: (a Belane) Vede, Belane, noi riscuotiamo sempre, in un modo o nell’altro. E se un metodo non funziona, passiamo a un altro. Dobbiamo rimanere nel giro e difendere la nostra reputazione. Tutti in città ci conoscono. Non possiamo permettere a niente e nessuno di offuscare il nostro nome. Voglio che lei lo capisca. BELANE: L’ho capito perfettamente. E non solo questo... STECCHINO: Bene. La sua prima scadenza sarà tra venticinque giorni. Lei è stato avvisato. Stecchino sorride e si alza. STECCHINO: Buona giornata, signor Belane. Stecchino si volta e si dirige verso la porta. STECCHINO: Tutto bene, Luke: apri la porta. Ce ne andiamo. La porta si apre: Stecchino si volta verso Belane, gli lancia un’ultima occhiata, poi esce, e scompare. Anche Belane esce: indossa impermeabile e cappello, afferra la gabbia con il canarino, apre la porta, l’attraversa, e la richiude alle proprie spalle.
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INTERNO, MACCHINA DI BELANE, TRAMONTO. Belane sale in macchina, mette in moto, riscalda il motore, accende una sigaretta, ingrana la marcia, e parte, riflettendo ad alta voce. BELANE: (scorato) Questo caso mi sta uccidendo: mi sento in un vicolo cieco. Forse dovrei andarmene dal mio attuale appartamento: abito lì ormai da cinque anni, sono in troppi a sapere dove abito. (pausa) All’inizio era come se avessi voluto preparare un nido, solo che nessuno è venuto a deporre le uova, e io non ho covato un bel niente. Che ho fatto della mia vita? E poi io mi sarei anche accontentato di poco. Io mi accontento di poco. È il resto del mondo il problema. (pausa) E poi sono in troppi a sapere dove abito. (pausa) No, non riusciranno mai a schiodarmi il culo dalla mia poltrona, non riusciranno a scollarmi dal mio ufficio, non riusciranno a cacciarmi da casa mia, non riusciranno a scalzarmi dalla mia città: sono ancora Mickey Belane, sono ancora l’investigatore più dritto che c’è; io sono Hollywood. O quel poco che ne rimane. Giunto nel quartiere di casa, Belane parcheggia, e scende. INTERNO, CONDOMINIO DI BELANE, SERA. Belane apre il portone del condominio, tragitta l’atrio, sale le scale, inserisce la chiave nella serratura, spinge, ma la porta è bloccata da un corpo morto che la ostacola e non le permette di aprirsi: l’investigatore spinge allora più forte per vincere la resistenza, e riesce a introdursi in casa. INTERNO, CASA DI BELANE, POMERIGGIO. Dietro la porta una bambola-giocattolo per il sesso, in gomma, a grandezza naturale: Belane la solleva, e l’adagia sul divano; poi nota un cartello appeso al collo. CARTELLO: “Belane, molla il Passero Rosso o sarai ridotto peggio di questo puttanone in gomma”. BELANE: (fra sé) Bene, bene, bene: interessante: ho avuto visite, qualcuno che vuole che abbandoni il caso del Passero Rosso. Bene, bene: questo significa che il Passero esiste, altrimenti non avrebbero agito in quel modo. Devo solo trovare la pista giusta: deve pur essercene una. C’è 225
troppa grana in ballo. Forse ho tra le mani qualcosa di grosso. Forse di rilevanza internazionale, forse mondiale, forse addirittura extraterrestre! Il Passero Rosso... Maledetto figlio di puttana, tu rendi le cose interessanti. Belane si reca in cucina, si versa un bicchiere stracolmo, e si siede sul divano sorbendolo al fianco della bambola. Squilla il telefono: Belane alza il ricevitore e risponde. BELANE: Sì, pronto? PENNY: Che stai facendo, teschio? Belane trasalisce: un brivido lo percuote. BELANE: Mi spiace, deve aver sbagliato numero, signora. PENNY: Riconosco la tua voce, teschio. Come stai? BELANE: Va di merda. Ma questa non è una novità. PENNY: Vuoi compagnia? BELANE: No. PENNY: Non hai mai saputo quello di cui avevi bisogno, teschio. BELANE: Forse hai ragione: ma so quello di cui non ho bisogno. PENNY: Ma non è mai troppo tardi, teschio. BELANE: Ma a volte non è ancora l’ora. PENNY: Tu hai bisogno di compagnia. BELANE: No. PENNY: Non ti sono mancata in questi anni? BELANE: Non ci sentiamo da cinque anni, Penny: le ultime notizie che ho avuto di te risalgono a cinque anni fa, quando dopo il divorzio sei sparita non so dove con quel tizio che truffava i tavoli di Vegas. Sammy Davis, giusto? PENNY: Corretto. BELANE: E adesso ti ripresenti dal nulla dopo cinque anni: ti ha scaricata? PENNY: Senti: fammi salire: sono sotto: ti sto chiamando dal telefono dell’atrio d’ingresso. BELANE: No. PENNY: Sei con qualcuno? BELANE: No. PENNY: Salgo. BELANE: Dov’è Sammy? PENNY: Oh quello... Lascia stare... BELANE: No, non lascio stare. Sei solo una troia. E ho paura delle malattie. 226
PENNY: Sei uno stronzo. Bastardo! BELANE: Sì. PENNY: Senti: fanculo Sammy. Ci siamo solo io e te. BELANE: Ah ah ah. PENNY: Sto per salire. BELANE: Ok. L’investigatore riaggancia, scola il drink, se ne versa un altro, e va alla porta per accogliere Penny: la donna si presenta con un sorriso bruttissimo, disfatta dalle droghe e dall’alcole, e sovrappeso. PENNY: Sei contento di rivedermi? BELANE: No. PENNY: Posso? BELANE: Dai, su, entra. PENNY: Preparami qualcosa da bere, teschio. BELANE: Ok. PENNY: Hey, ma che cos’è quell’affare? BELANE: Che cosa? PENNY: Quella cosa, quell’affare di gomma. BELANE: (con finto orgoglio scherzosamente piccato) Quell’affare di gomma, è una donna! PENNY: Ma è una bambola gonfiabile. BELANE: Già. PENNY: La usi? BELANE: Non ancora. PENNY: E allora che ci fa qui? BELANE: Potrei chiederti lo stesso. PENNY: Mi sei mancato, teschio. BELANE: E che cosa ti è mancato? PENNY: Oh, le piccole cose. BELANE: Fammi un esempio. PENNY: Adesso non me ne vengono in mente. IL tuo odore. BELANE: Insomma sei stata scaricata. Penny non risponde. Belane gli porge il bicchiere. Penny spinge in terra la bambola. Si siede sul divano. BELANE: Tieni: eccoti da bere. PENNY: Grazie. Penny prende il drink, lo ingolla, asciuga le labbre con il dorso della mano, poi guarda Belane, e sorride. Di un sorriso bruttissimo. Orrendo. 227
PENNY: Mi servono un po’ di soldi, teschio: Sammy ha tagliato la corda con tutto quello che avevo. BELANE: Sono al verde, Penny. C’è un tizio che m’inchioderà il culo se non pago gl’interessi s’un prestito. PENNY: Solo qualcosina, teschio. Se vuoi ti faccio un pompino. Ricordi com’ero brava a fare i pompini? BELANE: Dunque è così che ti sei guadagnata da vivere fino ad oggi? PENNY: E ingoio sempre tutto. Se non vuoi che me lo sputi addosso, o me lo spalmi sule labbra con la lingua. BELANE: Proposta allettante, ma sono dal culo, cazzo! PENNY: Ti do anche quello, se proprio ci tieni. Faccio tutto quello che vuoi: sarò la tua puttana per stasera: puoi farmi di tutto, tutto quello che vuoi. Sai quanto sono troia! BELANE: E va bene: inizia a succhiare. PENNY: Sì, paparino. Grazie. BELANE: Risparmia il fiato, troia. Pensa a succhiare. Penny china la testa tra le gambe di Belane e inizia il proprio lavoro: Belane reclina il capo e si abbandona al piacere. Quando Penny finisce di succhiare, Belane si tira su, estrae il portafoglio, cava 20 dollari, li porge a Penny, che prende delusa i soldi. PENNY: Tutto qua? Allora è proprio vero che sei povero. BELANE: È per via del dente scheggiato: non potrei darti di più, a causa di quel dente scheggiato. PENNY: Ma sono andata fino in fondo: ci sono andata eccome. Eccome se c’ho dato dentro: ci sono andata giù pesante, c’ho dato dentro, con tutta me stessa, fino alla gola. BELANE: Beh, è così che fanno le puttane. PENNY: Dai, solo altri dieci e siamo apposto. BELANE: No. Sono così: a volte do, a volte no. Dovresti saperlo. Penny abbassa lo sguardo delusa. Penny: Abbiamo passato bei momenti insieme. BELANE: Solo agli inizi. PENNY: Non so che cosa è successo poi. È iniziata la depressione... BELANE: Non ce la facevamo più. Capita. È così che funziona. PENNY: Non ti scopi quella cosa vero? BELANE: No. 228
PENNY: Vuoi fottermi? Solo 50 dollari. BELANE: No, grazie: sono apposto. Ma grazie: come se avessi accettato. PENNY: Posso rimanere qui per un po’? BELANE: Va bene. PENNY: Grazie, teschio. ESTERNO, CASA DI BELANE, NOTTE. Belane carica Penny s’un taxi, paga la corsa direttamente al tassista, infila altri 20 dollari nel reggiseno della donna, chiude lo sportello, si volta, e si dirige verso l’ingresso del condominio. Il taxi parte e si allontana. INTERNO, CASA DI BELANE, NOTTE. Risalito in casa, Belane si versa un drink, accende una sigaretta, si siede sul divano, meditabondo e insofferente. BELANE: Perchè ci siamo lasciati... Perchè ci siamo lasciati... Ma l’avete vista? È solo una gran troia. Vedete, ci vuole fortuna con le donne, perchè si incontrano quasi accidentalmente. Se giri a destra a quell’angolo incontri questa, se giri a sinistra incontri quest’altra. L’amore è una specie di incidente. La gente si scontra e in questo modo si conosce. Puoi dire di amare una certa donna, ma c’è una donna che non incontrerai mai che avresti potuto amare da morire. Ecco perchè dico che bisogna essere fortunati. Se incontri qualcuna che si avvicina al top, sei fortunato. Se non la incontri, beh, hai girato a destra anzichè a sinistra, o non hai cercato abbastanza a lungo, o sei un tipo scialbo, o sei fottutamente sfortunato. INTERNO, UFFICIO DI BELANE, GIORNO. Belane è seduto in poltrona parlando al telefono, e nel mentre si trastulla giocherellando con una matita. BELANE: Ok, a tra poco. (in camera) Voi non avete idea di come passino veloci 25 giorni quando non vuoi che lo facciano. Bussano alla porta: è Johnny Stecchino, accompagnato da Sanderson e dai suoi tirapiedi. STECCHINO: Acme Executioners, per riscuotere. 229
BELANE: Non li ho, Johnny. STECCHINO: Non hai 600 dollari? BELANE: Non ne ho 60, Stecchino. Stecchino sospira profondamente. STECCHINO: Bene, preparati: ti faremo diventare un esempio per tutti. Preparati a diventare un martire! BELANE: Volete uccidermi per 600 sporchi dollari? Non ti credo. STECCHINO: Non me ne fraga un cazzo di quello che credi o meno. BELANE: Adesso calma un attimo: stai dicendo che volete farmi la pelle per 600 fottutissimi dollari d’interesse s’un prestito che ho subito, non ho neanche mai visto, e che per giunta mi è stato truffato con l’inganno? E che cosa fate a quelli che vi devono un sacco di soldi? Perchè non fate fuori loro? Perchè proprio me? STECCHINO: Funziona così: noi facciamo fuori te perchè ci devi una miseria, la voce si sparge, e mette una fottuta paura addosso a quelli che ce ne devono un mucchio, perchè penseranno che se facciamo una cosa del genere a te per due spicci, che cazzo faremo a loro? Fila il discorso? BELANE: Da un punto di vista meramente logico fila alla grande. Ma stiamo parlando della mia vita qua, lo capisci? Sembra che a te non importi questo, ma per me è un punto cruciale. STECCHINO: E infatti è così: nulla di personale, si tratta solo di lavoro. E quando si tratta di lavoro si tratta di profitto. E quando si parla di profitto si parla di profitto e basta. BELANE: Sono senza parola. Siete terribili. Non mi sembra possibile che siate così freddi e insensibili. Belane allunga la mano a un cassetto della scrivania. Uno dei due guardaspalle estrae repentino una pistola, e la punta contro l’investigatore che subito si blocca. LEE VAN CLEVER: Altolà! Poi, sempre tenendo la pistola puntata contro Belane, gira attorno alla scrivania, stende una mano al cassetto, sfila la .32 di Belane dal cassetto, e la ritiene. LEE VAN CLEVER: Questa la prendo io! BELANE: Mi hai beccato: bravo, sceriffo dei miei coglioni!
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STECCHINO: Va bene, Belane: adesso andremo a farci un giretto. BELANE: Ma è pieno giorno! STECCHINO: Meglio: così ci vedranno tutti bene. Avanti, andiamo: è giunta la tua ora. Forza, alzati. Belane si alza dalla scrivania, seguito dai due guardaspalle di Stecchino, preceduto da Sanderson, e affiancato da Stecchino, che lo sguarda torvo, di sbieco, in tralice. I 5 uomini escono dall’ufficio, si dirigono all’ascensore, lo prenotano, e salgono rimanendo voltati di spalle mentrecchè le porte dell’ascensore si richiudono. ESTERNO, HOLLYWOOD, GIORNO. Belane, Stecchino, Sanderso, e i due tirapiedi escono dall’ascensore, tragittano l’atrio del palazzo, varcano la soglia dell’ingresso, escono dall’Ajax Building, ed entrano nella strada. Fuori è una giornata bellissima. Nella strada molto traffico, gente, confusione. Belane ha il volto contrito dalla paura. Presto giungono all’auto di Stecchino e compagni: Stecchino si mette alla guida, Sanderson siede sul sedile passeggero anteriore, i due cagnotti salgono dietro mettendosi Belane al centro. La tensione è altissima: si vede dai volti. Tutti sono in assoluto silenzio. BELANE: (disperato) Dove mi state portando? Nessuno risponde. Stecchino lo sguarda distrattamente dallo specchio retrovisore. BELANE: Dove stiamo andando? Dove mi portate, cazzo? Nessuna risposta. BELANE: Tutto questo è un sogno privo di senso. Dopo qualche minuto, Belane ritorna all’attacco. BELANE: Dove mi portate? STECCHINO: Al Griffith Park, Belane: facciamo un pic-nic. Un piccolo pic-nic in uno di quei sentieri isolati e appartati... BELANE: Cazzo, ma come fate a rimanere così freddi? STECCHINO: Semplice: siamo nati così. BELANE: Non è possibile: anche voi siete stati ragazzi, bambini, anche voi avete avuto una madre, che vi ha tenuto in braccio, abbracciato, coccolato, e trasmesso affetto. STECCHINO: Forse ce ne siamo scordati... 231
BELANE: È uno scherzo vero? Non succederà niente, all’ultimo momento mi lascerete andare, è tutto uno scherzo, non è vero? Volete solo darmi una lezione. L’ho imparata: ho imparato la lezione. Potete accostarmi e lasciarmi scendere qua? Va bene così, ho capito la lezione. Potete stare tranquilli che non la dimenticherò mai più. L’auto si arresta: i 5 sono arrivati a destinazione. STECCHINO: Bene, ragazzi: tiratelo giù: andiamo a fare una passeggiata. ESTERNO, GRIFFITH PARK - HOLLYWOOD, GIORNO. Uno dei due bravi lo tira fuori dalla macchina. Insieme i due lo prendono sotto-braccio, e lo conducono lungo un sentiero isolato, disusato e coperto di cespugli e rami d’albero che bloccavano il sole. BELANE: Sentite, ragazzi, basta così. Ditemi che tutta questa storia è un brutto scherzo, io vi perdono, e ce ne andiamo tutti a bere. Nessuna risposta. BELANE: Seicento dollari: non posso crederci, non posso credere che il mondo giri così. STECCHINO: (a Sanderson) Questo mi sembra il posto giusto. Bellissimo film, tra l’altro! Sicuramente, il migliore di Sorrentino. Sanderson annuisce. STECCHINO: (agli scagnozzi) Fatelo inginocchiare. BELANE: E così è finita davvero, dunque.. STECCHINO: Che ragazzo intelligente, brillante, e perspicace. BELANE: Non avete diritto di farmi del male, solo perchè non posso pagare. Io non li ho i soldi. E una volta morto, che farete? Non lo sapete che ai morti non si chiede nulla? Ai morti non si chiede nulla, e non si deve nulla. STECCHINO: Sono le regole. BELANE: Ma noi possiamo cambiarle, possiamo decidere di non seguirle, se le reputiamo ingiuste e inique. STECCHINO: Non credo proprio. BELANE: Siete dei bastardi senza Dio. STECCHINO: Parole dure. Ma quello che è fatto non si può disfare. Credo che tu lo capisca. Hai accettato le 232
condizioni, sapevi incontro a che cosa stavi andando incontro accettando la nostra offerta, e incontro a che cosa saresti potuto andare se non avessi pagato. Altrimenti adesso non saremmo qui. BELANE: Ma davvero mi volete ammazzare? STECCHINO: Mi dispiace. Belane volge lo sguardo al cielo e al sole, lambiente le cime delle fronde degli arbori di pioppo: il verde nuovo degli alberi che si china e si raddrizza nel vento. BELANE: Non so cosa ho fatto per meritarmelo. Non lo so proprio. STECCHINO: C'è una ragione per tutto. BELANE: Quante volte ho detto queste stesse parole. Ma ora capisco quanto siano insensate e finte e ipocrite. STECCHINO: C'è qualcos'altro che vorresti dire? BELANE: A te, a voi, io non ho niente da dire. STECCHINO: Andrà tutto bene. Cerca di non preoccuparti. BELANE: E come dovrei fare? STECCHINO: Lo vedo come mi guardi: non importa che tipo di persona sono, non dovresti avere più paura di morire solo perché pensi che io sia cattivo. Lo so che è difficile d’accettare. Ma voi non riuscite proprio a farvene una ragione: sempre gli stessi sguardi, sempre le stesse espressioni pietose, sempre le stesse invocazioni, dite sempre la stessa cosa. BELANE: Che cosa diciamo? STECCHINO: Dicono: Non sei obbligato a farlo. BELANE: Infatti, non sei obbligato. Ma questo non è di grande aiuto, vero? STECCHINO: E allora perché lo dite? Perchè non trattenete il fiato così da conservare, almeno, la dignità? BELANE: Forse è meglio cosi. Ma ciò non toglie che non sei obbligato. Non sei obbligato. Ti prego... STECCHINO: E va bene. Questo è il massimo che posso fare. Stecchino infila una mano in tasca, cava alcune monetine, ne prende una, la solleva in alto per mostrarla a tutti, la rigira, l’afferra e stringe fra il pollice e l'indice, e la soppesa. STECCHINO: Testa o croce? Belane lo guarda smarrito. BELANE: Che cosa? 233
STECCHINO: Testa o croce, pezzo di merda. BELANE: Non lo dico. SANDERSON: Sì che lo dici, figlio di puttana. Avanti, testa o croce. Devi provare a salvarti la vita, merda umana. Testa o croce? È la tua ultima . STECCHINO: SCEGLI, HO DETTO. SCEGLI, MOZZARELLA. BELANE: Tu fai sembrare che sia colpa della moneta. Ma la moneta non ha colpe. La moneta non pensa. La colpa è solo tua. Tu puoi scegliere. La moneta non può decidere. Tu sì. Sanderson spazientito estrae una pistola, la punta contro Belane, e tira indietro il cane. BELANE: TESTA! Stecchino lancia in aria la moneta. Approfittando del fatto che in quel momento tutti hanno le teste in aria e sono distratti dal lancio della monetina, Belane fa un passo indietro, estrae la .45 che serba nella fondina ascellare, esplode 4 colpi ferendone due alle gambe di uno dei due scagnozzi e un altro alla spalla del secondo, e infine punta la pistola contro Sanderson. SANDERSON: Hey, che ti succede, amico: stai andando fuori di testa? BELANE: L’hai detto, bello. Proprio così. Già... Già... (pausa) Adesso togliti la camicia e lega il nostro Johnny Stecchino affinchè il nostro amico non sia più capace di muoversi. Sanderson obbedisce con riluttanza e odio negli occhi, iniettati da sangue e rabbia. BELANE: Su, legalo stretto. Coraggio, usa quei muscoli che quella troia di tua madre ti ha dato. Sanderson lo guarda torvo, furioso sbruffa con il naso, come un toro in catene. BELANE: Su, negro, datti da fare. Sanderson lega Johnny, con la cravatta, come ordinato da Belane. BELANE: (a Sanderson) Adesso allontanati. Da quella parte. (pausa) Sarete di monito per tutti. Diranno: ‘se fa questo a chi gli è creditore per 600 miseri dollari, che cosa farà a noi che ne avanziamo 6000? Meglio lasciar perdere e avere salva la vita.’: ecco che cosa diranno. Sarete d’esempio per tutti i fottuti bastardi della vostra stessa risma, fottuti animali di merda. 234
Sanderson si mette in disparte e resta ritto fissando l’investigatore negli occhi con livore: i due si scambiano truci occhiate. Poi Belane gli ordina di stendersi in terra. Sanderson esegue. Belane gli si porta alle spalle, gli punta la pistola contro, tira il cane: Sanderson strizza gli occhi, gocce di sudore gli rivolano dalla fronte, gli rigano il viso, madido di paura. Belane spara due colpi che bucano le ginocchia di Sanderson il quale emette un grido disperato e bestiale. Poi Belane gli si pianta con le ginocchia sulla schiena in modo da bloccarne ogni residua possibilità di movimento, gli schiaccia la faccia a terra, gli punta la pistola alla tempia e fa fuoco, esplodendo gli ultimi 5 colpi rimasti nel caricatore: i proiettili non intaccano il cranio né scalfiscono minimante la cute e la testa, e si configgono nel suolo, ma Sanderson si porta le mani alla testa, urlando poi il dolore. SANDERSON: NON SENTO PIÙ, NON SENTO PIÙ... AIUTO, AIUTO... AIUTATEMI, AIUTATEMI... Poi Belane si rivolge a Johnny Stecchino. BELANE: A te ho riservato un trattamento speciale, Stecchino. Ho una cura medievale per il tuo culo, lurido figlio di puttana. Belane apre a forza la bocca di Johnny Stecchino, gli estrae la lingua afferrandola e artigliandola con indice e pollice, e gliela taglia; poi gli cava gli occhi. BELANE: (a tutti) Credevate davvero che mi sarei inginocchiato a voi, negri di merda? Credevate che davvero avrei supplicato un negro? Siete solo stupide, approssimative, incompetenti teste-di-cazzo: avete sequestrato la pistola che avete trovato nel cassetto, e non vi è passato in mente che avrei potuto averne almeno un’altra? Cioè, cazzo, guardatemi: sono un investigatore, non un agente assicurativo. Negri di merda. L’investigatore sostituisce il caricatore esaurito; si avvicina a ciascuno dei quattro sgherri, e a turno li uccide con un colpo di pistola in volto; poi se ne va, abbandonando i cadaveri degli osti esangui ed esamini sul prato cristallino del parco, e tronfio e impettito
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ripercorre il cammino a ritroso, fischiettando un noto pezzo di standard Jazz. ESTERNO, TUNNEL SOTTERRANEO DEL PARCO, GIORNO. Ad una delle due estremità di un tunnel sotterraneo interno al parco, due ragazzi stazionano fermi e immobili, incappucciati, avvolti in felpe scure, sgualcite, e lise; parlando tra loro. VIC: Il prossimo che passa ce lo facciamo. VINCENT: Ok. VIC: Uomo o donna che sia. VINCENT: Ok. VIC: Dobbiamo svuotarlo di tutto quello che ha: orologio, portafoglio, chiavi della macchina e macchina, anelli, bracciali, orecchini, vestiti se di valore, qualsiasi cosa di pregio. E se è donna, magari ci divertiamo anche un po’! VINCENT: E se ci capita una vecchia? VIC: Beh, quella la rapiniamo e basta! Solo carne fresca, ricorda: solo carne fresca! VINCENT: E se si oppone? Se prova a resistere? VIC: Gli spariamo. Poi ci prendiamo tutto e con i soldi ce ne voliamo ad Amsterdam! Hai la pistola? VINCENT: Sì. Certo. Pausa. VINCENT: Ho sempre sognato di andare ad Amsterdam! Lo zio Quentin ne parla sempre. Deve essere un posto da sballo: alcol, droga e puttane dovunque, a qualsiasi ora. E l’erba legale poi... WOW! VIC: Vacci piano, fratello: l’hashish non è proprio legale... VINCENT: Spiegati bene. VIC: Che cosa vuoi sapere? VINCENT: Bene, l'hashish è legale lì, giusto? VIC: Sì, è legale, ma non è legale al cento per cento. Questo significa che non puoi entrare in un ristorante, rollarti una canna e fumartela in mezzo alla sala. Ma puoi tranquillamente fumare in casa tua o in certi luoghi designati. VINCENT: I coffee shop, giusto? Gli hashish bar?
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VIC: Sì. In buona sostanza funziona in questo modo: è legale comprarlo, lo è anche possederlo e, se sei il proprietario di un hashish bar, è legale venderlo. È legale portarlo addosso, il che non ha molta importanza perchè, vedi, se la polizia ti ferma, è illegale per loro perquisirti! Perquisirti è un diritto che i poliziotti ad Amsterdam non hanno! VINCENT: Ohhh, io ci vado subito! Non ci sono santi, cazzo! Cazzo se ci vado! VIC: Calma, frena. Non ho ancora finito! Sai qual’è il lato più divertente di Amsterdam? VINCENT: No. Che cosa? VIC: Sono le piccole differenze. Un sacco (molto) della stessa merda che abbiamo noi, loro ce l’hanno uguale, ma lì sono leggermente diversi. VINCENT: Fammi un esempio. VIC: Ebbene, ad Amsterdam, puoi comprare la birra in un qualsiasi cinema o teatro. E non sto parlando di un fottuto bicchiere di plastica o di una lattina, intendo proprio un bel boccale, come in un bar. Ad Amsterdam puoi comprare la birra in un qualsiasi fottuto MacDonald's. E sai come chiamano ad Amsterdam? VINCENT: Non . VIC: Hanno il sistema metrico-decimale lì, non sanno che cazzo sia un quarto di libbra. VINCENT: E come lo chiamavano? VIC: Lo chiamano . VINCENT: ! Wow! E come lo chiamano il Big Mac? VIC: Beh, il Big Mac è il Big Mac. Lo chiamano . E sai che cosa mettono sulle patatine fritte in Olanda invece del ketchup? VINCENT: Non il ketchup. VIC: La maionese! VINCENT: Cazzo! Un ticchettio ritmico di scarpe interrompe le loro fantasticherie: un uomo ha appena imboccato l’altra estremità del tunnel e si dirige ora verso di loro. VIC: Bene, ci siamo. Ci sei? VINCENT: Ci sono. 237
VIC: Bene. Lasciamo che si avvicini, e quando è giunto alla nostra altezza, lo accoppiamo e lo ripuliamo di tutto. Siamo d’accordo? Vincent annuisce. L’uomo è Belane. Quando l’investigatore è alla loro altezza, i due sbucano fuori dal buio. I tre non si riconoscono. VIC: Bella serata, nonnetto! Lo spingono, lo crollano, lo strattonano, lo scagliano in terra facendolo crodare prono in terra, e atterrato prendono a colpirlo ripetutamente in testa, in viso, e in pancia con calci e pugni; poi lo derubano; infine scappano. Mentrecchè i due rapinatori corrono, Belane riesce a voltarsi in posizione supina e parlare. BELANE: VAFFANCULO! Vincent si arresta immediatamente come se abbia riconosciuto la voce (l’altro continua a correre), trasalisce, si volta, torna indietro, si sporge sull’uomo riverso in terra ansimante ed esangue. I due incrociano gli sguardi e si riconoscono: sobbalzano, hanno un sussulto, rimangono attoniti e basiti. BELANE: Tu, ragazzino. Mi hai venduto la tua camicia... VINCENT: (freddo e distaccato) Già. (pausa) In realtà volevo regalartela. Ma tu hai insistito. Mi hai insegnato la prima lezione. BELANE: E cioè? VINCENT: Niente per niente. BELANE: E, a quanto pare, adesso stai per apprendere la seconda. VINCENT: E cioè? BELANE: Nessuna pietà, mai. Se non mi finisci e io dovessi rimettermi in sesto, ti cercherò, ti troverò, e ti ammazzerò. Non puoi rischiare: devi farmi fuori: se io venissi in qualche modo fuori da questo casino, tornerei fuori, e, una volta fuori, ti farei fuori. Non puoi rischiare di farti incasinare la capacità di deambulare: le tue gambe sono troppo preziose. E sono quelle che ti spezzerei per primo. VINCENT: Stai delirando, vecchio. Ci penserà il destino. Deciderà lui che farne di te. BELANE: Il destino non esiste. L’inferno te lo costruisci da solo. 238
VINCENT: Chiamalo caso, allora, o fato. Ma, fossi in te, non sprecherei fiato in futili quisquilie e questioni di lana caprina. Dovresti concentrarti sulla questione principale. BELANE: E qual’è, la questione principale? VINCENT: Che stai morendo. Sei ai titoli di coda. BELANE: Perchè lo hai fatto? Perchè? VINCENT: Semplicemente non ti avevo riconosciuto. Tutto qua. BELANE: Non può essere vero. Sto sognando: non è così che deve succedere. No, non è così che deve succedere. Sto sognando... VINCENT: A volte non lo scegli: viene e basta. E tu non puoi fare altro che accettarlo. BELANE: Non può finire così. Non è così che deve finire. VINCENT: Sembra che sia andata proprio così invece. (pausa) È come sembra. (pausa) È come è. Il ragazzo si toglie la felpa, l’arrotola, e la depone e adagia sotto la testa di Belane. VINCENT: Buona fortuna: sembra proprio che tu ne abbia un bisogno disperato. Poi scappa correndo, e si perde nel parco. Belane perde moltissimo sangue: il sangue rapidamente inzuppa completamente la felpa sotto la sua testa, rivolandogli dalla bocca e dalla testa, per raccogliersi in una pozza scura che gli bagna l’intero fianco destro. Perde conoscenza. Poi rinviene. Un’apparizione straordinaria gli si staglia davanti agli occhi allorchè rinviene, che lo folgora e riempie di stupore. Volitando e aleggiando, si libra, grazioso e aggraziato, un passero. Gigantesco. Scintillante. Bellissimo. Grandissimo. Reale. Vero. Splendido. Rosso. Poi Belane sente un fruscio, proveniente da sinistra, e seguito un rumore di passi: si gira, e vede la Signora Morte, bella come non era stata mai, avanzare verso di lui. Belane rabbrividisce e batte i denti. BELANE: Oh, Signora Sorte! SIGNORA MORTE: Ciao, Belane. BELANE: Non può essere vero. Me lo dica lei che sto sognando: non è così che deve succedere. No, non è così
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che deve succedere. Non può finire così. Mi dica che sto sognando, la prego. SIGNORA MORTE: Belane, l’intera vita non è altro che un sogno a occhi aperti. Come un notturno ballo in maschera in pieno giorno. BELANE: Non posso parlare molto, Signora: il tempo scade, la vita sta fuggendo... Mi racconti tutta la faccenda. SIGNORA MORTE: Sei stato risucchiato in un brutto affare, Belane. Quel tuo John Barton è un uomo molto perspicace: sentiva che il Passero Rosso esisteva, che era reale, in qualche forma, da qualche parte. E sapeva che tu l’avresti trovato. E l’hai appena fatto. Quasi tutti gli altri loschi figuri implicati in questa faccenda (e parlo di Deja Fontanin, Sanderson, Jhonny Stecchino) erano truffatori patentati e volgari ingannatori, banali e bugiardi, e cercavano solo d’imbrogliarti e rovinarti: poichè tu e Musso siete gli ultimi rimasti della vecchia Hollywood, gli ultimi superstiti della vera Hollywood, gli unici sopravvissuti, pensavano che fossi pieno di soldi. Ne erano convinti a tal punto da giungere ad ammazzarti. Ma gli eroi della vecchia Hollywood non muoiono mai. Belane sorride. BELANE: E che mi dice di quella bambola gonfiabile nel mio appartamento? SIGNORA MORTE: Oh, quella.... Opera del postino: aveva sentito dire che ti occupavi del caso del Passero Rosso e voleva vendicarsi ancora una volta per quelle botte. Ha forzato la tua porta e ha lasciato lì quella cosa. BELANE: (sospirando) Ah. Beh, è andata così. La vita mi sta sfuggendo... SIGNORA MORTE: La vita ci sfugge ogni giorno. BELANE: Eh già: ho 55 anni e mi sembra ieri che aprivo il cancello della giovinezza e delle meravigliose illusioni per poi richiuderlo un momento dopo e ritrovarmi qua. SIGNORA MORTE: Addio, Belane. È stato bello. E divertente. È stato proprio un bel trip! BELANE: Aspetta: perchè non sei intervenuta anche stavolta? Perchè non mi hai salvato il culo anche stavolta? Lo hai già fatto in precedenza, e per ben due volte: prima con Dante e Fante, e poi con Turin. Perchè adesso no? Che cosa è cambiato? 240
SIGNORA MORTE: Perchè la tua ora è giunta: hai concluso la tua missione, hai portato a compimento il tuo lavoro, hai trovato il Passero Rosso, hai provato tutto, tutto ti è accaduto: bellezza e terrore, amore e cattiveria, dolcezza e perdono: non hai altro da fare su questa terra. (pausa) Lo so che avrei potuto dirti da subito come sarebbe andata a finire tutta questa storia, ma ho pensato che non c'era niente di male nel concederti un ultimo briciolo di azione e adrenalina prima che calasse il sipario, il buio. Capisci? Quando sono entrata nella tua vita, la tua vita era già finita. Ha avuto un inizio, uno svolgimento e una fine. Questa è la fine. Puoi dire che le cose sarebbero potute andare in un altro modo. Che avrebbero potuto essere diverse. E forse hai ragione. Ma questo che significa? Non sono diverse. Sono così come stanno. Lo capisci? BELANE: Capisco. SIGNORA MORTE: Mi dispiace sinceramente, Belane. Ma il mio lavoro m’impone il segreto professionale: le mie informazioni sono assolutamente segrete. Non posso sbottonarmi. Non posso dire troppo. Ma consolati: sei stato ucciso da quello che amavi: non c’è morte più bella di questa, morte più dolce. BELANE: E adesso che succede? Che succederà adesso, Signora? Che mi succederà? SIGNORA MORTE: Ti lascio con il Passero Rosso. Sei in buone mani. Ti porterà in un posto niente male! Fidati di me. BELANE: (ironico) Speriamo solo che ci sia un bar decente... Ho una gran sete! SIGNORA MORTE: Non aver paura: ci sarà anche quello. (pausa) Ci sarà tutto quello che non hai voluto. (pausa) Dopotutto, è stata una bella vita, la tua vita. Non puoi lamentarti: hai avuto più di quello che avresti meritato, hai vinto tutto, hai preso tutto, hai perso tutto. Per quanto è stato in te, hai portato la vita fino alla risata perfetta: non hai nulla da rimpiangere, nulla di che recriminare. Non c’è nulla da rimpiangere. E se trovi qualcosa che ti rode dentro, sappi che c’è sempre qualcuno o qualcosa di più grande che ti tortura e t’insegue: qualcosa di più forte, di più intelligente, di più cattivo, di più gentile, di più futile, di più necessario, 241
di più durevole, qualcosa di più grande, qualcosa di migliore, qualcosa di peggiore, qualcosa con occhi da tigre e fauci da squalo, qualcosa di più folle della follia, di più sensato della ragione, di più profondo del senso, di più terribile della vita. BELANE: E che cosa è? SIGNORA MORTE: La morte, mio caro Belane. La morte ti aspetta, sempre: mentre t’infili le scarpe o mentre dormi, mentre svuoti il bidone della spazzatura o svuoti i coglioni, mentre accarezzi il gatto o ti accarezzi il cazzo, mentre ti lavi i denti o festeggi il compleanno. La morte ti scruta, Belane, ti osserva. La morte vede ma non ha occhi. La morte sa, ma non ha mente. (pausa) Dal momento in cui veniamo al mondo, ogni volta che conversiamo del domani, la morte intromette la sua parola a sproposito. (pausa) Ma non esiste vita che non sia stata immortale, almeno per un attimo: in quell’attimo, la morte è in ritardo all’infinito. A nessuno può sottrarre il tempo raggiunto. (pausa) Alla fine quello che rimane è l’identità del giorno e della notte, il vittimismo del tempo e dello spazio, l’assassinio della luna, la procreazione di mille splendidi soli. (pausa) Perdere per cause di forza maggiore non vuol dire essere sconfitti. Tu, hai giocato una buona partita, Belane, hai giocato bene le tue carte, non potevi fare di meglio. Ma la morte ha sempre una mossa in più: tu, ormai nessuna. Tutto qua: nulla di più, nulla di meno. BELANE: E pensare ch’ero riuscito a cavarmela grazie a una monetina: come un caso fortuito è riuscito a salvarmi il culo, così un caso altrettanto fortuito me lo ha inchiodato. SIGNORA MORTE: Ricorda, Belane: Le cose che arrivano alla stessa destinazione hanno seguito la stessa strada. Non sempre è facile da vedere. Ma è cosi. BELANE: Tutto è sempre andato diversamente da come immaginavo. Non avrei saputo prevedere neanche la minima parte della mia vita. Né questo, né tutto il resto. SIGNORA MORTE: Ogni momento della tua vita rappresenta una svolta e una scelta. A un certo punto hai compiuto una scelta. E tutto è andato di conseguenza. La contabilità è precisa. La forma è tracciata. I conti tornano. Devono 242
tornare. Per forza. Nessuna linea può essere cancellata. La strada di una persona nel mondo cambia raramente, e ancora più raramente cambia all'improvviso. E la direzione delle nostre strade si vede fin dall'inizio. BELANE: Mi fa molto male... SIGNORA MORTE: Il dolore può generare bellezza o morte: dipende tutto da te. BELANE: Tutto sommato è stato bello. Ha ragione lei: non posso lamentarmi. Arrivederci, Signora... Sorte! Grazie del bel viaggio: è stato tutto merito tuo: non potevi farmi regalo più bello che affidarmi questo caso: tu mi hai regalato il bel viaggio. Altro non potevi darmi. (poi, in tono affettuoso, sorridendo) Brutta figlia-di-puttana, non hai proprio idea di quanto la galoppata sia stata selvaggia e piacevole anche per me. È stato il miracolo dei miracoli. SIGNORA MORTE: Hai imparato la lezione: si vive una volta sola, Belane. BELANE: Già. SIGNORA MORTE: Ciao, Mickey. La Signora Morte scompare. L’attenzione di Belane è ora captata dalla sagoma del Passero Rosso che svolazza alacre e spensierato nell’aire. Il Passero apre lentamente il becco, e cinguetta. Poi il becco si spalanca, e la testa del Passero Rosso comincia a dilatarsi sempre di più, fino a trasformarsi in un enorme vortice tenebroso che si avvicina sempre più a Belane, e infine lo avvolge e inghiotte in un gorgo oscuro come una notte buia.
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IL BAR “ADE”. DIDASCALIA. IL BAR “ADE”. ESTERNO, BAR “ADE”, SERA. Una macchina entra in un parcheggio, e si ferma. Ne scende Belane, che si guarda intorno, nota un bar, e vi entra. Il bar si chiama “Ade”, come recita l’insegna. INTERNO, BAR “ADE”, SERA. Dentro cinque persone: il barista; una sventola; e tre ragazzini, magri e stupidi. I ragazzi sembrano avere lucido per scarpe nero spalmato sui capelli. Fumano lunghe sigarette strette. Guardano Belane e ogni cosa attorno con aria beffarda e superba e boriosa. La sventola, in fondo al banco. Il barista, al centro. Belane attira l’attenzione del barista, raccogliendo un ceneraio, sollevandolo, e lasciandolo ricadere sul banco. Il barista si desta; sbatte gli occhi; e si dirige a Belane, barcollando vacillante. BELANE: (al barista) Scotch e acqua, grazie. BARISTA 6: Vuoi l’acqua nello scotch? BELANE: Ho detto “acqua e scotch”. BARISTA 6: Eh? BELANE: Scotch e acqua a parte, grazie. I tre ragazzini lo fissano: quello nel mezzo parla. RAGAZZO 1: Hey, vecchio, vuoi un po’ di dolore per caso? Belane si limita a guardarlo e sorridere. RAGAZZO 2: Forniamo dolore gratis, noi. I ragazzi continuano a guardarlo con aria beffarda e provocatoria. RAGAZZO 3: Mi sa che adesso vengo lì a berti il drink. BELANE: Tocca il mio bicchiere e ti spezzo in due come una merda secca. RAGAZZO 1: Oh, che paura, che paura, che paura...! Ah ah ah. RAGAZZO 2: Oh, che paura! Ah ah ah. RAGAZZO 3: Oh, che paura! Ah ah ah. 245
RAGAZZO 1: Il vecchio si crede un duro, ragazzi. RAGAZZO 2: Magari dobbiamo provare quanto sia duro. RAGAZZO 3: Mi sa proprio di sì. Dici bene, fratello. BELANE: Dio, quanto siete noiosi. Quasi quanto tutti gli altri. Niente di nuovo, niente di fresco, ormai. Tutto morto, piatto. Morte e desolazione ovunque. (al barista) Un altro, per favore. BARISTA: Sempre scotch e acqua? BELANE: Esatto. RAGAZZO 1: A me quel vecchio non mi appare un granchè. BELANE: Non mi pare. RAGAZZO 2: Allora sei d’accordo con noi? BELANE: Vi sto solo correggendo. E spero che sia l’ultima correzione che debba fare per stasera. Il barista arriva recando il drink, e si allontana nuovamente. RAGAZZO 3: Forse possiamo correggerti il culo. Belane ignora il commento. RAGAZZO 1: Magari t’infiliamo la testa su per il culo e poi ti cuciamo il culo con le budella. RAGAZZO 2: O magari sei un finocchio, e vuoi ciucciare il nostro pisello? RAGAZZO 3: Un ricchione ciuccia-cazzi. RAGAZZO 1: Un culattone succhia-banana. RAGAZZO 2: Magari vorrebbe succhiarci tutti e tre insieme. Ridono tutti, sguaiatamente, insieme. Belane non reagisce, non dice nulla. Scola il proprio drink, beve l’acqua, si alza, ammicca ai tre ragazzi, e si reca nel retro del bar. RAGAZZO 3: Oh, ma guarda: vuole che lo seguiamo nel retro. RAGAZZO 1: Magari vuole farsi sbattere sul retro. RAGAZZO 2: Come le puttane da bar. Ah ah ah. RAGAZZO 3: Andiamo a vedere. ESTERNO, RETRO DEL BAR “ADE”, SERA. Belane s’incammina verso il retro. Sente i loro passi dietro di lui, poi lo scatto di un coltello a serramanico: si gira, con un calcio colpisce il coltello, il coltello rotola vita, Belane si volta di scatto, e d’improvviso colpisce di taglio dietro l’orecchio il ragazzo che
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brandiva il coltello, lo atterra, gli rifila un calcio in faccia, gli calpesta la mano con il tacco delle scarpe. Gli altri due abbandonano l’amico e scappano, attraversando il bar di corsa e uscendo dall’ingresso principale. Belane li lascia andare e si concentra sul ragazzo in terra: lo denuda; ne getta i vestiti nella spazzatura, ma trattiene il portafoglio e il coltello, che s’infila in tasca; lo carica in spalla; lo adagia sulla panchina di una fermata della tranvia, ancora svenuto; gli trasferisce, assesta, e rifila un pugno che gli spezza il naso; gli spacca una bottiglia in testa; gl’infila alcuni frammenti di vetro rotti in bocca; e infine inizia a schiaffeggiarlo con potenti schiaffi sonori in volto finchè non vede il sangue colare dalla bocca; inveiendogli e urlandogli contro. BELANE: NESSUNO... Schiaffo. (continuando) MI HA MAI FATTO... Schiaffo. (continuando) INCAZZARE... Schiaffo. (continuando) IN QUESTO... Schiaffo. (continuando) MODO! Schiaffo. Pausa: Silenzio: Belane ansima e riprende fiato. (continuando) NESSUNO... Schiaffo. (continuando) È MAI STATO... Schiaffo. (continuando) SGARBATO... Schiaffo. (continuando) CON ME... Schiaffo. (continuando) COME LO SIETE STATI... Schiaffo. (continuando) VOI... Schiaffo. (continuando) OGGI... Schiaffo. (continuando) CHIARO? 247
Schiaffo. Pausa: silenzio: Belane ansima e riprende fiato. (continuando) MAI NESSUNO... Schiaffo. (continuando) FOTTUTI BASTARDI... Schiaffo. (continuando) STRONZI! Schiaffo. (continuando) STRONZI FOTTUTI! Schiaffo. Pausa. Silenzio. Belane ansima e riprende fiato. Poi torna dentro. INTERNO, BAR “ADE”, SERA. Belane ritorna al proprio sgabello, e ordina un altro drink. La sventola tossisce, che fino a quel momento non aveva emesso un fiato. TRACHEA: Signore, mi sei piaciuto. Mi piacciono gli uomini veri. Belane ignora il commento e fa come se nulla fosse. La sventola da bar si alza, e trasferisce il proprio drink e il proprio culo accanto all’investigatore. Da vicino si notano l’eccessiva quantità di rossetto (i cui strati sarebbero bastati almeno per una settimana), e di adipe (è in sovrappeso di almeno 10 kg) che straripa e straborda e sciaborda dal vestito rosso troppo stretto, le unghie sporche, la generale trasandatezza della figura e dell’abbigliamento. TRACHEA: Mi chiamo Trachea. Potremmo conoscerci meglio... BELANE: Non porterebbe a niente. Sarebbe solo una gran perdita di tempo. TRACHEA: Che cosa ti fa pensare una cosa simile, signore? BELANE: L’esperienza. TRACHEA: Forse perchè hai incrociato il tuo percorso con quello di donne sbagliate. Ma io potrei essere quella giusta. BELANE: E come no!? TRACHEA: Offrimi da bere. BELANE: (al barista) Un drink per la signora. TRACHEA: (al barista) Un gin-tonic, Bobby... 248
TRACHEA: (con tono strascicato, in modo bleso) Non ricordo come ti chiami... BELANE: Forse perchè non me lo hai ancora chiesto e non te l’ho ancora detto. TRACHEA: Te lo chiedo adesso. BELANE: Franz, Franz Thunder. TRACHEA: Che bel nome da romanzo russo. O polacco. BELANE: Già. Trachea spinge il fianco contro il fianco di Belane, e gli appoggia il seno sul braccio. TRACHEA: Sei carino. Io ti piaccio? BELANE: Non proprio. TRACHEA: Invece dovrei: ci so fare. BELANE: In che cosa? TRACHEA: Lo sai... BELANE: Sei una illusionista? Forse un mago? O una prestigiatrice? TRACHEA: Qualcosa del genere: so trasformare le cose corte in cose lunghe... BELANE: Come i palloncini? TRACHEA: Ah ah, sei divertente. BELANE: Me l’hanno detto. Il barista ferisce il bicchiere a Trachea che lo trangugia in un sorso. TRACHEA: Maledizione! Il mio accendino! E apre la borsa, rovistandovi all’interno alla ricerca dell’accendino; ed estraendone il contenuto, e deponendolo sul piano del banco: tre rossetti di diverse tonalità, cicche di sigaretta spente, un cazzo di gomma rosa, un fischietto, preservativi, e un affare rosso. TRACHEA: Eccolo! Trovato. Accende una sigaretta. BELANE: Che cosa è quel coso che hai lì? TRACHEA: Lì dove? BELANE: (indicando) Lì, sul banco, quel coso roso. TRACHEA: Oh, quello è il mio passero. BELANE: è vivo? Era vivo? Lo è mai stato? TRACHEA: Ma no, sciocco: è imbalsamato. L’ho comprato oggi, in un negozio di animali, per la mia micia. Sarà il suo passero di erba gatta. Ne va matta!
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BELANE: Oh, cazzo. Questo coso mi sta facendo diventare matto! TRACHEA: Come, scusa? BELANE: Niente... Lasciamo perdere. TRACHEA: Per un attimo ti sei scaldato tutto. Forse che ti piacciono gli uccelli? BELANE: Soltanto il Passero Rosso. TRACHEA: Se vuoi, a casa ho una bella passera: puoi giocarci quanto vuoi... BELANE: No, va bene così. TRACHEA: Come vuoi, Franz. Per essere un tuono, sei un po’ rintronato: non sai che ti perdi. BELANE: Devo andarmene. Si alza, raggiunge la fine del banco, paga il conto, esce. Sale in macchina, fa manovra, esce dal parcheggio, e s’immette nel traffico.
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EPILOGO. DIDASCALIA. EPILOGO. INTERNO, CASA DI BELANE, MATTINO. Belane si sveglia nel proprio letto: apre, sgrana, strizza e digrigna gli occhi; controlla l’orologio; si alza, si veste con indumenti in stile che non gli appartengono, e infine si reca in cucina dove un uomo molto anziano (sugli ottanta) fa colazione. L’uomo lo invita a sedere con un cenno della mano. PADRE: Ciao, figliolo. Il caffè è ancora caldo. In frigo è rimasta della torta. Pure buona. BELANE: Grazie, papà. Come hai dormito? PADRE: Oh, bene, grazie. Anche oggi mi sono svegliato e sono vivo: per me questo è già un miracolo. E come miracolo lo vivo. Il miracolo della vita. E tu? Come hai dormito, tu? BELANE: Non male nemmeno io. Da qualche tempo faccio un sogno che si presenta ricorrente nella sua struttura. Sogno di essere un investigatore e di entrare in un bar dove-PIÙ TARDI. PADRE: Un bel sogno. BELANE: Eh già, ah ah ah! PADRE: Eh eh eh! Pausa. BELANE: Mi sento vecchio, papà. (pausa) Io non sono bravo a vivere... PADRE: Però scrivi bene-BELANE: Scrivo bene, d’accordo, ma è diverso, perchè lì posso manipolare trame e personaggi-PADRE: sì, crei il tuo universo. Ed è bello, è migliore, del mondo che abbiamo-BELANE: Io... io... non funziono nel mondo che abbiamo. Io... io sono un fallimento in questa vita. (pausa) Accidenti, sembra tutto così banale e semplice, ma io proprio non riesco a viverlo questo mondo imperfetto. Ho sempre preferito vedere un film o leggere una storia 251
piuttosto che vivere: nella vita non c’è trama. Io voglio solo essere felice, accidenti. Ma non ci riesco. È una vita che peso su me stesso e gravo su di te, con le mie storture, le mie nevrosi, e le mie paranoie. Ah, a volte mi sembra di esistere solo in un sogno. A volte, mi pare proprio che la vita vera, la vita autentica, sia nel sogno. La realtà mi delude. PADRE: La realtà è sempre deludente. Ma è l’unica opzione che abbiamo. L’altra sono i sogni, che sfortunatamente non sono reali. O la morte, e io ci sono vicino, dunque fidati di me: essere vivi è essere felici. Il Padre schiaccia l’occhio in segno d’intesa. BELANE: Forse hai ragione... PADRE: Siamo tutti felici se solo lo sapessimo. BELANE: Oh, avrei voluto essere diverso nella vita. Avrei voluto donarti ben altre soddisfazioni. Avrei voluto essere più presente con te, con la mamma, con i miei fratelli, con i miei amici, con i miei cugini più piccoli. Ah, maledetta fretta! Ho sempre voluto arrivare oltre, oltre il confine, oltre tutto, essere di più. Ogni volta ho lanciato il cuore oltre l’ostacolo e poi ho dovuto andare a recuperarlo. E ora? Ora mi sento vecchio, sento che è troppo tardi, che ho sprecato la maggiore e miglior parte dei miei anni. Qualunque risultato abbia raggiunto, non è mai stato abbastanza per me. È sempre una delusione. Ogni orizzonte al quale arrivo mi mostra sempre un altro orizzonte che desidero. (pausa) Ah, se solo sapessimo gustarci il percorso. Essere qui e ora, passeggiare nel sentiero, sentire gli odori e fermarci a prendere una fogliolina viva fra le dita. Come quando da piccolo coglievi una foglia di alloro e la spezzavi per farmela annusare. Compiere passi lenti, ascoltare le cicale, certe volte fermarmi, voltare le spalle al sole e fare qualche passo indietro per annusare un fiore che mi ero perduto, per abbracciare la corteccia di un albero e sentirla ruvida sotto le dita, per vedere se riesco ad adocchiare qualche ranocchia prima che si tuffi nel lago o una lucertola prima che scompaia piena di paura tra l’erba. PADRE: Oh, figlio! Dici bene: la vita che qui dissipiamo in tutti i tempi, in tutti i luoghi, in tutte le terre, in tutti i mari noi l’abbiamo già persa. Quanto a me, tu 252
mi hai donato il viaggio, e la vita. Il viaggio della paternità e con esso una nuova vita che si è sommata alla mia precedente: la vita di padre, che è seguita a quello di figlio! Tu mi hai donato il viaggio più bello che un uomo possa percorrere: quello in me stesso. Mi hai mostrato che cosa di me non va e come avrei potuto, dovuto, migliorare. Tu sei stato il viaggio più bello, perchè sei stato il viaggio possibile nel cammino di chi non si muove. Non potevo aspettarmi altro da te: non potevo aspettarmi risposte a interrogativi cosmici né soluzioni. Tu mi hai donato il bel viaggio. Dunque non mi hai illuso, né deluso. E adesso, fatto savio da così tante esperienze vissute insieme e da un viaggio di così tanti anni che mi paiono secoli, ho capito che cosa un figlio voglia dire. Un figlio è un viaggio. E quello che tu mi hai regalato è stato proprio un bel trip ah ah ah! (pausa) La verità è che nella vita non bisogna dare troppo peso a niente, né al bene né al male che uno riceve. Ricerca una vita a media andatura: sembra poca cosa, ma ti assicuro che non tutti ne sono capaci. Non c’è altro per cui valga la pena impegnarsi. (pausa) Fai pace con i tuoi demoni, e tutto ti apparirà più bello. E la tua vita sarà allora meravigliosa. Ricorda: la vita è oggi, il domani non esiste. Belane rasserenato sorride. PADRE: Ma tu aspetta, e fai piano. Deponi gli orpelli e i giochi insensati del giorno, lascia scolare nelle fogne la miseria, concentra la tua mente: sii uomo per un attimo. Muovi il tuo piede, qui, su questa terra, entra, accogli la dimora, fissa la scena: in questo spazio invasato dalla notte troverai i passaggi, le fughe; esci, esci se puoi dalla maledizione della colpa. Senti: il rantolo tremendo si snoda dal corpo in prospettiva. L’uomo scagliato dalla finestra cade precipite su cuspidi di cristallo. Sfiora il tuo ventre, dallo sterno alle gambe: senti la stimma del tuo cuore. E qui, dove le fughe? In squilibri e dissonanze e distorsioni negati alla carcassa. Sei la razza degli angeli. Ricorda quello che diceva il nostro caro amico Rilke: “Sospinto dal tuo intendere, va’ fino al limite del tuo anelare. 253
Dietro alle cose come incendio, fatti grande, sicché le loro ombre, diffuse, ci coprano completamente. Lascia che tutto ti accada: bellezza e terrore. Si deve sempre andare: nessun sentire è mai troppo lontano. Vicina è la terra, che Vita è chiamata. La riconoscerai dalla sua solennità.” Pausa. PADRE: (in camera) E se non puoi la vita come la vuoi, cerca questo almeno, per quanto sta in te: non sciuparla sperequandola nel quotidiano commercio con la gente e i suoi umori, non sprecarla nel flusso schizofrenico di troppe parole e nel flusso insensato e frenetico degli eventi, non consumarla portandola in giro in balìa del quotidiano gioco balordo degli incontri e degli inviti, fino a farne una stucchevole estranea. Il padre schiaccia l’occhio alla camera, e sorride.
Tratta dal romanzo omonimo di Charles Bukowski
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L’uomo non è fatto per la sconfitta. Hernest Hemingway IL VECCHIO E IL MARE
Distrutto sì, ma mai sconfitto. Pedro Juan Gutiérrez TRILOGIA SPORCA DELL’AVANA SAPORE DI ME I CANNIBALI
Amo le cicatrici, non le ferite. Pedro Juan Gutiérrez TRILOGIA SPORCA DELL’AVANA SENZA NIENTE DA FARE COSE CHE DURANO PER SEMPRE
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