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Italian Pages 848 [843] Year 2000
ED PARISH SANDERS
PAOLO E IL GIUDAISMO PALESTINESE Studio comparativo su modelli di religione
PAIDEIA EDITRIC
ED PARISH SANDERS
PAOLO E IL GIUDAISMO PALESTINESE Studio comparativo su modelli di religione Edizione italiana a
cura
di MAURO PESCE
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PAIDEIA EDITRICE BRESCIA
Ti tolo originale dell'opera: E.P. Sanders Paul and Palestinian ]udaism. A Comparison o/ Patterns o/ Religion Traduzione italiana di Pier Cesare Bori Revisione di Mauro Pesce
© SCM Press London 1977, 21984 © Paidei a Editrice, Brescia 1986 ,
In memoria di Susan Phillips 2 lugl. 1 947 - 26 sett. 1 975
PREFAZIONE
Il presente lavoro è il risultato di un periodo piuttosto lungo di ricerca e di studio, durante il quale intervenne per lo meno un mutamento di primaria importanza quanto all'obbiettivo preciso della ricerca. Cominciai cercando di lavorare seria mente intorno a quello che allora consideravo lo sfondo giu daico del Nuovo Testamento nel r962-63, quando studiai e braico rabbinico e moderno a Oxford e a Gerusalemme. Pen sando che non era opportuno intraprendere studi compara tivi troppo presto e sotto la stretta di tempo di un program ma di dottorato, la mia tesi non consistette in uno studio com parativo, sebbene continuassi a prospettarmi dei lavori su va ri aspetti del giudaismo. Nel r966 mi diedi ad esaminare la teoria sul giudaismo di Goodenough: una piccola isola di giu daismo rabbinico in un vasto mare di giudaismo mistico, for temente ellenizzato. Lavorai sui materiali di Goodenough per due anni, poi, durante un congedo di un anno, tornai alle fon ti in lingua ebraica. In questo periodo non solo arrivai all'ov via conclusione che il giudaismo dev'esser studiato autono mamente, ma, via via che sempre più mi immergevo nello studio della religione rabbinica, cominciavo a mettere a fuoco un progetto alquanto differente da quello formulato prece dentemente: uno studio comparativo limitato al giudaismo palestinese e al più ovvio tra gli autori neotestamentari, Pao lo. Il presente lavoro è il risultato di quello studio. Quanto più studiavo le fonti giudaiche, tanto più diveniva evidente che sarebbe stato errato ed inutile scrivere come se non fossi anzitutto uno studioso del Nuovo Testamento. Gli studiosi del Nuovo Testamento che hanno scritto sul giudai smo hanno talvolta preteso di atteggiarsi a cultori di una neu-
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Prefazione
trale «storia delle religioni», in rapporto alla quale difettava loro prospettiva e preparazione culturale specifica: ho cercato di evitare quest'errore. D'altro canto ho cercato di evitare il tranello opposto, quello di limitare la descrizione del giudai smo a motivi particolari che appaiano direttamente paralleli a motivi di Paolo o direttamente rilevanti in ordine allo sfon do in cui egli si colloca. Ho cercato di paragonare il giudaismo, compreso nei suoi stessi termini, con Paolo, compreso nei suoi stessi termini. Spero che questo tentativo risulterà un utile contributo non solo alla comprensione di Paolo e della sua relazione con il giudaismo, ma allo studio del giudaismo in sé. Se non posso insegnare nulla a un talmudista sulla religio ne talmudica, spero almeno che risultino utili la discussione sulle strutture e il «funzionamento» di quella religione e l'im postazione del confronto con le altre forme di giudaismo. Il presente studio può mettere il lettore dinanzi al proble ma della foresta e degli alberi, e occorre dire subito una paro la in proposito. La «foresta» in questo caso è in realtà dupli ce; si tratta, a parte la metafora, di due comparazioni. Nella prima parte del libro .è istituito un confronto fra le varie f or me di giudaismo, ed è presentata un'ipotesi sulla natura del giudaismo palestinese. Nella seconda è istituito un confronto tra Paolo e il giudaismo palestinese, con la presentazione di un'ulteriore ipotesi. Via via vengono offerte trattazioni stori co-religiose piuttosto ampie, in relazione alle diverse lettera ture prese in considerazione. Concludo ogni capitolo difen dendo una precisa tesi: sostenendo cioè che la religione che si rifl,ette in questo o quel corpus di letteratura (la letteratu ra rabbinica primitiva, i manoscritti del Mar Morto, parecchie opere apocrife e pseudoepigrafe, le lettere di Paolo) deve es sere intesa, in ciascun caso, in un modo piuttosto che in un altro. Tutte queste discussioni sono importanti in ordine alle tesi più generali, e ho cercato che ogni capitolo e sezione fos sero degni di accurata considerazione in quanto trattazioni au tonome del materiale discusso. D'altra parte lo scopo com plessivo del lavoro è di portare a termine le due comparazio ni sopra indicate. Così, in merito alla faccenda della foresta e
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degli alberi, bisogna precisare. Il lettore interessato soprattut to alla comparazione dovrà aver chiaro che, per istituire para goni, occorrono entità ben definite, e dovrà aver la pazienza di leggere alcune centinaia di pagine di descrizione di quelle en tità prima che io ne intraprenda il confronto. Il lettore prima riamente attento agli aspetti storico-religiosi emergenti dal corpus letterario che più lo interessano dovrà aver chiari i li miti imposti dalla finalità comparativa del libro preso nel suo insieme. Con questi rilievi non intendo sottrarmi alla critica proveniente da questo o quel lato, ma solo in/ormare circa la relazione tra le parti e il tutto. Un altro modo di presentare il tema consiste nello spiega re che sto cercando di raggiungere almeno sei risultati. I prin cipali obiettivi sono in/atti: affrontare il problema metodologico della comparazione tra due (o più) religioni correlate ma diverse; distruggere la concezione del giudaismo rabbinico preva lente tra larga parte (forse la maggior parte) degli studiosi del Nuovo Testamento; a/fermare una diversa concezione del giudaismo rabbinico; offrire una trattazione complessiva di un tipo di giudaismo, quello palestinese (ovvero, del giudaismo come si riflette nel materiale di provenienza palestinese); proporre argomenti a favore di una certa interpretazione di Paolo; svolgere un confronto tra Paolo e il giudaismo palestinese. Questi diversi obiettivi non sono contraddittori ma com plementari e ritengo ragionevole cercare di raggiungerli tutti con un solo libro. Andrebbe notato che il quarto e il sesto co stituiscono lo scopo generale del libro, mentre spero di rag giungere gli altri lungo la strada. La discussione a favore o contro determinate posizioni rin via naturalmente in qualche misura al dibattito specialistico e il lettore ne verrà normalmente informato con l'introduzio ne e con i capp. secondo, terzo e quinto. Il cap. primo, che tratta della religione rabbinica, merita una menzione speciale, perché qui particolarmente spiccata è la critica alle posizioni
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di parecchie generazioni di studiosi di Nuovo Testamento. Il capitolo fu originariamente scritto in termini quasi comple tamente positivi: solo nella terza o quarta revisione fu intro dotta la discussione critica di una certa concezione della reli gione rabbinica. Spero che una attenta lettura della sezione prima del cap. primo indicherà perché ho ritenuto necessario introdurre un tono di aspro rifiuto: affermazioni più attenua te sono rimaste inascoltate e sono ora citate a favore di posi zioni cui in realtà si opponevano. Via via che leggevo libri in cui gli stessi testi continuavano ad esser fraintesi, appariva sempre più necessario affrontare l'equivoco con una certa am piezza, e questo implica non solo la critica dei fraintendimen ti, ma anche la piena citazione di numerosi passi cui spesso si fa riferimento solo in nota. Così il cap. primo è risultato non solo polemico, ma esteso. Raggiungere una corretta compren sione del giudaismo rabbinico, una religione così spesso frain tesa, è cosa abbastanza importante da giustificare una critica esplicita e dettagliata e un uso abbondante delle citazioni. No nostante tutta la negatività della critica, perseguo uno scopo positivo: l'affermazione di una miglior comprensione del rab binismo tra gli studiosi del Nuovo Testamento. Una volta sollevata la questione della polemica sul giudai smo rabbinico, il lettore forse si domanderà se non vi sia un problema di antisemitismo. Non è così. Uno studioso ebreo di mia conoscenza si dichiarò disposto ad indicarmi quali, tra gli studiosi della vecchia generazione le cui posizioni io criti co, fossero di fatto antisemiti, ma non accettai quest'offerta. Dal mio punto di vista, la concezione che qui viene attaccata è sostenuta perché si ritiene corrisponda ai dati documentari e io l'attacco perché non ritengo che vi corrisponda. La sto ria della relazione tra interpretazioni scientifiche del giudai smo e antisemitismo è assai complessa, ma il presente lavoro non è un contributo teso a chiarirla. L'accusa di fraintendi mento dev'essere intesa semplicemente come suona, null'altro. Ciascuna sezione del lavoro ha presentato le proprie dif ficoltà, ma forse solo una difficoltà connessa allo scrivere intor no a Paolo dev'essere menzionata qui. La letteratura seconda-
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ria su Paolo è vasta e non risultò possibile riassumere e discu tere tutte le posizioni su ogni punto. Vi sono alcune questioni di interesse perenne negli studi paolini che non ho neppur menzionato: la questione dell'identità degli avversari di Pao lo, ad esempio, è stata esclusa dalla discussione, e questa esclu sione ha comportato l'assenza di riferimento ad una vasta let teratura secondaria. La sezione su Paolo è stata scritta avendo dinanzi tre posizioni: R. Bultmann e la scuola bultmanniana, A. Schweitzer e W.D. Davies. I primi furono scelti perché pre sentano due tra i principali modi di intendere Paolo, tra loro più o meno radicalmente opposti, e il terzo per l'ovvio signifi cato della posizione di W.D. Davies per la questione di Paolo e il giudaismo. Altre posizioni scientifiche sono discusse su pun ti particolari ma ho sistematicamente cercato di esporre il mio punto di vista contro (e talvolta d'accordo con) le tre posizio ni indicate. 1 La ricerca in ordine a questo libro e la sua redazione sono state sostenute da generosi contributi e sono lieto di poter ri conoscere il mio debito e la mia gratitudine alle istituzioni e organizzazioni che mi hanno aiutato: la McMaster University per una serie di borse estive che hanno sostenuto la ricerca nelle sue prime fasi; il Canada Council per una borsa post dottorale che mi permise un anno di studio a Gerusalemme; l'American Council of Learned Societies; il Killam Program del Canada Council per una borsa per la ricerca avanzata che non solo mi ha concesso il tempo per completare lo studio, ma ha provveduto anche ai fondi per la segreteria e per l'assi stenza alla ricerca, ai viaggi per discutere gli abbozzi delle di verse sezioni con altri studiosi, alle visite ad altre biblioteche e a tutte le varie spese che si incontrano nella produzione di un manoscritto. Senza questi aiuti il manoscritto sarebbe ri masto un ammasso di note e di abbozzi. I. [Non traduciamo il paragrafo seguente (di r5 righe, p. XIV dell'originale inglese) in cui l'autore spiega il metodo seguito nella traslitterazione dei termini ebraici, dei nomi rabbinici e dei titoli delle opere ebraiche. Nella nostra traduzione ita· liana, discostandoci da Sanders, abbiamo invece adottato gli usuali criteri di tra· slitterazione della Paideia Editrice.]
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Se sono grato per t'aiuto economico, tanto più lo sono agli studiosi che hanno letto e discusso il manoscritto con me. Per anni ho dato la caccia a chiunque trovassi capace di discutere su Paolo e il giudaismo: intendo così ringraziare tutti insieme i numerosi studiosi che hanno risposto alle mie domande e di scusso le mie teorie. Una menzione speciale farò di due miei colleghi, il dr. Ben Meyer e il dr. Al Baumgarten, e ancora del prof. C.F.D. Moule, del prof. ]ohn Knox e del dr. ].A. Zies ler: con tutti ho avuto conversazioni particolarmente detta gliate e fruttuose. Cinque studiosi hanno letto larghe parti del manoscritto in una prima redazione e con quattro di loro ho potuto anche discuterne. Il prof. Samuel Sandmel e il prof. Wayne Meeks lessero entrambi il cap. primo e il cap. quinto e discussero i due capitoli con me con una certa ampiezza. Il prof. W.D. Davies lesse l'introduzione, parte del cap. primo e tutto il cap. quinto. Gli sono grato tanto per il suo grande e continuo incoraggiamento che per la sua critica su parecchi punti. Il prof. B.Z. Wacholder lesse il cap. primo e le sue os servazioni mi hanno evitato parecchi errori. Il dr. Gerd Lii demann lesse la penultima stesura dell'intero manoscritto. Le sue osservazioni mi hanno permesso di correggere parecchi errori. Egli mi fece inoltre utili commenti in ordine al conte nuto. Sento un debito profondo verso questi studiosi che, tutti, mi hanno dedicato il loro tempo. Le loro osservazioni e suggerimenti hanno notevolmente migliorato il manoscritto e sono lieto di esprimere qui a loro il mio apprezzamento e la mia gratitudine. Oltre all'usuale (e perfettamente corretta) dichiarazione che coloro che così gentilmente mi hanno aiu tato non sono responsabili per gli errori che fossero rimasti, devo aggiungere che talvolta sono dovuto rimanere in disac cordo con alcuni di coloro che lessero il manoscritto. I motivi di disaccordo spesso fornirono temi di discussione tra i più fruttuosi e spero che, tradotti in iscritto, giungano ad interes sare un più vasto pubblico. Ho un debito di riconoscenza d'altro tipo per una persona non più vivente, il dr. Mordechai Kamrat. Il dr. Kamrat, me glio noto come «padre» del sistema Ulpan in Israele, era un
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impareggiabile maestro di ebraico. Per quanto il suo ambito accademico non fosse il talmudismo, aveva una conoscenza enciclopedica della letteratura rabbinica (come di molte altre cose). Sebbene gravato da numerose responsabilità, egli si fe ce carico privatamente del mio studio di ebraico moderno e rabbinico nel z963 e nel z968-69. Perché si abbia un'idea del tempo che dedicò alla mia formazione e del debito incal colabile che a lui mi lega dirò che leggemmo insieme la mag gior parte di tre dei quattro principali midraSim tannaitici, parecchi trattati della Misna e della Tosefta e brani dei mi drasim tannaitici minori. La lettura fu necessariamente rapi da, ma mi diede l'occasione di misurarmi con la letteratura tannaitica in un modo altrimenti impossibile. La morte pre matura del dr. Kamrat nel z970 privò il mondo d'un uomo di grande cultura e di prodigiose capacità, e d'un cuore e di uno spirito più grandi ancora. I miei assistenti nella ricerca alla McMaster University han no contribuito materialmente al lavoro. Il dr. Manfred Brauch ha preparato una rassegna della ricerca sull'espressione 01.xa1. ocruvri ilEov, che si trova come appendice al cap. quinto. Il dr. Phil Shuler ha verificato i riferimenti ai manoscritti del Mar Morto. Il dr. Benno Przybylski ha controllato i riferi menti alla letteratura rabbinica e mi ha fornito osservazioni che hanno chiarito alcuni punti. Ha anche speso ore e ore di fatica nel leggere le bozze. Phyllis Koetting ha fatto le ultime correzioni sul testo a stampa, battuto a macchina parecchie delle pagine riviste, preparato la bibliografia, e contribuito alla correzione delle bozze. A tutti sono riconoscente per il lavoro accurato. Il carico principale di lavoro nella preparazione del mano scritto per la stampa è stato di Susan Phillips. Tra il z969 e la fine del z975 ella contribuì a organizzare e a svolgere i miei doveri amministrativi in modo che io avessi tempo per la ri cerca e per scrivere, batté a macchina un'infinità di abbozzi delle diverse parti del manoscritto, uniformò le note a piè di pagina e il manoscritto alle esigenze della stampa, controllò le citazioni in inglese dei capp. primo e terzo e infine preparò,
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nei primi giorni def settembre z975 un manoscritto presso ché perfetto di circa I zoo pagine. Già solo per questi motivi le avrei espresso la mia più viva ammirazione, considerazio ne, gratitudine. Ma, quando morì, avevamo sperato in una lunga e felice vita comune. Questo libro è dedicato alla memo ria di lei, e di quella speranza.
ABBREVIAZIONI
AB AGJU ATANT BASOR BBB BWANT BZ BZAW CBQ DJD EvT Exp ExpT FRLANT HNT HTR HUCA ICC IDB IEJ JBL
JE JJS JQR JR JSJ JSS JTC
Analecta Biblica, Roma Arbeiten zur Geschichte des antiken Judentums und des Urchristentums, Leiden Abhandlungen zur Theologie des Alten und Neuen Te staments, Zi.irich Bulletin of the American Schools of Orientai Research, New Haven, Conn . Bonner Biblische Beitrage, Bonn Beitrage zur Wissenschaft vom Alten und Neuen Te stament, Stuttgart Biblische Zeitschrift, Paderborn Beiheft zur Zeitschrift fiir die alttestamentliche Wis senschaft, Berlin Catholic Biblica! Quarterly, Washington Discoveries in the Judaean Desert, Oxford Evangelische Theologie, Miinchen The Expositor, London Expository Times, Edinburgh Forschungen zur Religion und Literatur des Alten und Neuen Testaments, Gottlngen Handbuch zum Neuen Testament, Ti.ibingen Harvard Theological Review, Cambridge, Mass. Hebrew Union College Annua!, Cincinnati The International Criticai Commentary, Edinburgh lnterpreter's Dictionary of the Bible, New York lsrael Exploration Journal, Jerusalem Journal of Biblica! Literature, Philadelphia The Jewish Encyclopedia, New York and London Journal of Jewish Studies, London Jewish Quarterly Review, London Journal of Religion, Chicago Journal for the Study of Judaism, Leiden The Journal of Semitic Studies, Manchester Journal of Theology and the Church, New York and Tiibingen
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Abbreviazioni
Journal of Theological Studies, Oxford Kerygma und Dogma, Gottingen Novum Testamentum, Leiden New Testament Studies, Cambridge Proceedings of the American Academy of Jewish Re search, New York Revue Biblique, Paris Revue d'Histoire et de Philosophie Religieuses, Stras bourg Revue de l'Histoire des Religions, Paris Revue de Qumran, Paris Recherches de Science Religieuse, Paris Studien zum Alten und Neuen Testament, Miinchen Strack-Billerbeck, Kommentar Studies in Biblica! Theology, London Studia Judaica, Berlin Scottish Jou rnal of Theology, Edinburgh Supplements to Novum Testamentum, Leiden Studiorum Novi Testamenti Societas, Oxford Society for New Testament Studies Monograph Series, Cambridge Studia Post-Biblica, Leiden Studia Theologica, Lund Studies on the Texts of the Desert of Judah, Leiden Studien zur Umwelt des Neuen Testamcnts, GOttingen Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament, Stuttgart Theologische Literaturzeitung, Leipzig Texte und Untersuchungen, Berlin Theologische Zeitschrift, Basel Union Seminary Quarterly Review, New York Vetus Testamentum, Leiden Wissenschaftliche Monographien zum Alten und Neu en Testament, Neukirchen Yale Judaica Series, New Haven, Conn . Zeitschrift fiir die alttestamentliche Wissenschaft, Ber lin Zeitschrift fiir die neutestamentliche Wissenschaft und die Kunde des Urchristentums, Berlin Zeitschrift fiir Theologie und Kirche, Tiibingen
Le opere vengono in genere citate in forma abbreviata. Tutti i dati bi bliografici sono forniti nella bibliografia.
INTRODUZIONE
I.
PAOLO E IL GIUDAISMO NELLA RICERCA NEOTESTAMENTARIA
L'espressione «Paolo e il giudaismo» pone più problemi di quanti se ne possano trattare in un solo libro; lo stesso elencarli qui sarebbe forse troppo lungo. Persino la stessa formulazione è problematica: non sarebbe meglio dire «Paolo e il restante giu daismo» , dato che Paolo stesso era sicuramente un ebreo? Egli infatti si contrappone esplicitamente, insieme con Pietro, ai gen tili peccatori (Gal. 2 , 1 5 ) . Tu ttavia, qualunque fosse la sua perce zione della propria identità, la terminologia tradizionale sembra giustificata dal suo impegno in una missione che andò oltre i con fini del giudaismo. Egli stesso deve affrontare la discussione sul fatto che i Giudei non hanno accettato il suo evangelo e deve ri definire «Israele» in modo tale da spiegare che non tutti quanti ne discendono vi appartengono (Rom. 9 ,6-8) . In ogni caso, noi non dobbiamo trattare qui del problema della coscienza che Paolo ebbe della propria identità e continueremo a ritenere opportuna e ad usare l'espressione «Paolo e il giudaismo» . L'espressione solleva questioni assai più scottanti di quella se Paolo si debba chiamare ebreo o cristiano. C'è anzitutto la pole mica delle lettere paoline contro Giudei e giudaizzanti («Guarda tevi dai cani . . . , guardatevi da quelli che mutilano la carne», Phil. 3 ,2) . Quasi altrettanto virulente sono state le discussioni degli studiosi negli ultimi decenni sul rapporto (o non rapporto) tra Paolo e il giudaismo: va inteso anzitutto come apocalittico giudai co, come mistico ellenistico, come rabbi che accettava in Gesù il messia, come giudeo elleni st a? O come nulla di tutto questo, o co me una combinazione di questi elementi? Il rapporto di Paolo -
Introduzione
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con il mondo coevo è stato e rimane una delle tre o quattro que stioni fondamentali che preoccupano la ricerca neotestamentaria. Per mettere più direttamente a fuoco il presente lavoro, pur senza ancora definire la precisa questione che dovrà esser posta, occorre dire che tratteremo della relazione fondamentale tra la religione di Paolo e le varie forme di giudaismo palestinese qua li emergono dalla letteratura giudaica palestinese tra il 200 a.C. e il 200 d.C. Questa restrizione non suppone che il giudaismo pale stinese e quello ellenistico non abbiano nulla in comune e non pregiudica la questione se Paolo sia più vicino al giudaismo pale stinese, o a qualche sua forma, che al giudaismo ellenistico e al l'ellenismo stesso. Non intendiamo classificare e soppesare «pa rallelismi» e «influenze» per determinare quale parte del mondo antico abbia più influenzato Paolo e sotto quali profili.1 La limi tazione alla letteratura giudaica palestinese come punto di riferi mento è essenzialmente pratica. Non si può discutere tutto in una sola volta. Solleveremo tuttavia brevemente in conclusione il pro blema della relazione tra Paolo e il giudaismo ellenistico, come è conosciuto attraverso Filone. In ogni caso non è intenzione del presente studio di individuare fonti e influenze, che pur saranno talvolta discusse nel corso del lavoro, ma di confrontare la religio ne di Paolo e la sua concezione della religione con quelle che ri sultano dalla letteratura giudaica palestinese. Non sembra necessario presentare una rassegna esaustiva delle posizioni in merito al problema della relazione tra Paolo e il giu daismo palestinese. D'altra parte, il disaccordo tra gli studiosi a proposito di tale relazione è stato ampio. Senza addentrarsi in una esposizione dettagliata, è possibile discernere alcune tendenze fondamentali . Un punto di vista di gran lunga prevalente - può meritare la qualifica di «dominante» , per lo meno per certi perio di e certe scuole di ricerca neotestamentaria è rappresentato da The Relation of St Paul to Contemporary Jewish Thought cli H. -
I. V'è
una massa di letteratura secondaria che s i cimenta nel tentativo. V edi a d es. K.L. Sclunidt, Der Apostel Paulus und die antike Welt, in Das Paulusbild (ed. Rengstorf), 214-245. Schmidt intende anche descrivere l'atteggiamento di Paolo verso il «mondo antico�. Un esempio più recente è E. Brandenburger, Fleisch und Geist, 1968.
Paolo e il giudaismo nella ricerca neotestamentaria
2I
St John Thackeray pubblicato nel 1900 . La prospettiva può esse re in breve così sintetizzata: la teologia di Paolo è fondamental mente antitetica al giudaismo, ma molti elementi particolari del suo pensiero sono radicati nel giudaismo. Thackeray argomentava, ad esempio, a proposito della «giusti ficazione per fede o mediante le opere», che la questione rivela «l'indipendenza di pensiero dell'Apostolo e la sua completa rot tura con il giudaismo» (p. 80). Thackeray descriveva in breve «la concezione giudaica della giustizia e i mezzi per raggiungerla al tempo di san Paolo» basando la sua argomentazione sulla teologia sistematica del giudaismo rabbinico di F. Weber. Di questa si par lerà nel prossimo capitolo. Basti dire qui che la prospettiva giu daica, secondo F. Weber, era che la giustizia si merita con le ope re, mentre quella di Paolo è che la giustizia è dono di Dio, ricevu to per fede (pp. 80-87). Ciononostante, malgrado l'antitesi, i va ri elementi che compongono la concezione paolina hanno le loro «radici in più antiche idee giudaiche» (p. 87) . Non è nostra in tenzione di usare un vecchio libro, che (a diffe renza dal lavoro di Thackeray sui Settanta e su Giuseppe) non eb be molta influenza sugli studiosi successivi, al fine di evidenziare per contrasto il presente studio. Vi sono tuttavia, a proposito del libro di Thackeray, due punti interessanti e istruttivi. Anzitutto egli stesso dichiarava che la sua conoscenza della letteratura rab binica era del tutto secondaria (p. 25) . Citava parecchi autori, ma utilizzava soprattutto F. Weber Inoltre non considerava come una parte originale del suo lavoro quella che abbozzava il contra sto tra Paolo e il giudaismo: egli sottolineava l'antitesi, in parte per proteggersi dall'accusa di aver eliminato l'originalità di Paolo e di averlo fatto troppo giudaico (dr. pp. 4-6 , 80, 97) . Ciò che egli considerava originale era il tentativo di individuare fonti giu daiche per taluni elementi del pensiero p aoli no in un «lavoro coe rente che affrontasse l'intera materia» (p. 6 ) . È istruttivo, a pro posito di questi due punti presi insieme, che il quadro che Thacke ray presentava del giudaismo - specialmente di quello rabbinico, sebbene la distinzione non sia tracciata nettamente insieme con la sua trattazione del pensiero di Paolo come antitetico al giudai smo fossero opinioni l argamente diffuse a quell'epoca. In nessuno .
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Introduzione
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dei due punti Thackeray si considera originale: egli semplicemen te ripete quanto considera di comune dominio tra gli studiosi op pure per sé evidente. I due elementi di cui si compone la concezione di Thackeray nel complesso Paolo rappresenta lantitesi del giudaismo, mentre ne dipende sotto profili particolari sono parimenti alla base del la visione di molti altri studiosi. Nel prossimo capitolo mostrere mo come la visione weberiana del giudaismo (rabbinico) sia so pravvissuta nella critica neotestamentaria. Dovunque essa affiora, l'antitesi tra questo e Paolo è o esplicita o implicita. Una volta de scritto il giudaismo come religione legalistica della giustificazione mediante le opere, il contrasto è ovvio, esattamente come lo con cepiva Thackeray, specialmente se si vede il cuore della religione di Paolo nella giustificazione per fede.2 Così le opere di cui si trat terà nel prossimo capitolo serviranno anche da esempio della vi sione (sia pur solo implicita) secondo cui Paolo e il giudaismo, o qualche sua forma, sono antitetici . Offriremo qui solo due esem pi che mostreranno quanto fosse prevalente l'atteggiamento ri flesso nell'opera di Thackeray. Non si tratta di dimostrare come Thackeray fosse responsabile dell'affermarsi di questo punto di vi sta, che era invece comune tra gli studiosi del Nuovo Testamento. Discutendo il termine «giustizia», Rudolf Bultmann affermava che «v'è completo accordo» tra Paolo e il giudaismo «per quanto riguarda il significato formale di oLxa.LocruVT): si tratta di un tenni ne forense-escatologico» .' Tuttavia proprio qui v 'è un contrasto diretto tra Paolo e il giudaismo: -
Il contrasto tra Paolo e il giudaismo non consiste semplicemente nella sua affermazione della realtà presente della giustizia, ma anche in una tesi molto più decisiva, quella che concerne la condizione cui è legata 2. Cfr. W D. Davies,
Paul and ]udaism , in The Bible and Modern Scholarship (ed. P. Hyatt), 184 s. Secondo Davies, che A. Schweitzer abbia relegato la giusti ficazione per fede ad un ruolo secondario nel pensiero di Paolo apre la via a ve dere in lui un compimento, più che un'opposizione, del giudaismo. Ammette tut tavia che probabilmente la maggioranza degli studiosi di Nuovo Testamento «rav visano ancora l'essenza del paolinismo nella giustificazione per fede» (p . 185). La questione è trattata per esteso nel cap. quinto del presente lavoro. 3. R. Bultmann, Theologie, 269 . Abbiamo tolto le sottolineature.
Paolo e il giudaismo nella ricerca ;:cotesta111c11ti1ri,:
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la decisione di assoluzione da parte di Dio. L'ebreo dà per scontato che questa condizione è l'osservanza della legge, il compimento di «opere» prescritte dalla legge. In diretto contrasto con questa concezione la te si di Paolo suona (anzitutto da un punto di vista negativo): «senza le opere della legge» .. . All'asserto negativo se ne accosta uno positivo: «per fede» ."
In modo s im ile Schrenk, nel suo a rticolo OLXa.L6w nel Theologi sches Worterbuch zum Neuen Testament di Kittel, scriveva : «il detto rabbinico secondo cui : 'l'anima del defunto ottiene l'espia zione (mediante la morte)' e l'affermazione paolina per cui 'chi muore viene così dichiarato libero dal peccato' sono del tutto iden tiche nella sostanza . Paolo perciò fa uso qui di un teologumeno rab binico».5 Così Schrenk individua precisi punti di contatto tra Pao lo e il giudaismo. Sulla questione fondamentale del modo di ot tenere la giustizia tuttavia Schrenk è d'accordo con Thackeray, Bultmann e innumerevoli altri : Paolo è l'antitesi del giudaismo.6 È evidente che il contrasto antitetico «non mediante le opere, ma mediante la fede» è proprio di Paolo. Gli studiosi del Nuovo Testamento che accettano la contrapposizione tuttavia non riten gono di stare semplicemente accettando come corretta la descri zione polemica che Paolo fa del giudaismo. Essi trovano invece quella descrizione confermata ed ulteriormente elaborata in lavo ri specialistici sul giudaismo.7 Thackeray, come abbiamo visto, u sava Weber; Bultmann, come vedremo nel prossimo capitolo, u sava Bousset, e la descrizione del giudaismo di Schrenk riposa su numerose citazioni e riferimenti alla letteratura rabbinica tratti 275 s. La posizione di Bultmann, nei punti di accordo e in quelli di op posizione, viene ripresa tal quale da H. Conzelmann, Grundriss der Theologie, 240; trad. ital., Teologia, 273. 5. TWNT II, 222 s. Non vedo l'identità tra le concezioni (cfr. Conclusione n. 8), ma la questione qui riguarda solo un certo modo di usare il materiale rabbinico. 6. lbid. 7. Si può ben sostenere che il giudaismo attaccato da Paolo dovette esistere, visto che Paolo lo attaccava, anche se non può essere ricostruito come realtà a sé stan te dalle fonti giudaiche. Gli studiosi che ritengono che l'attacco di Paolo rifletta adeguatamente la realtà hanno però pensato che il giudaismo criticato si possa rinvenire nella letteratura rabbinica. Sono d'accordo (come si vedrà nel cap. pri mo) , con Montefiore, Moore e altri (v. subito sotto) nel negarlo. La spiegazione della polemica di Paolo contro la legge sarà discussa nel cap. quinto, sez. 4. 4. lbid.
I 11troduzione
da Billerbeck.8 Nonostante questo tentativo di basare il quadro del giudaismo, posto in antitesi a Paolo, su una indagine della let teratura giudaica, non si può evitare il sospetto che, in realtà, sia la polemica personale di Paolo contro il giudaismo ad offrire la ba se per definire il giudaismo che poi viene posto in contrasto con il pensiero di Paolo. È curioso che C.G. Montefiore, nel tentativo di deviare la critica del giudaismo implicita nell'antitesi tra Paolo e giudaismo, abbia egli stesso accettato le enunciazioni negative di Paolo come se fossero una rappresentazione accurata del giudaismo che Paolo conosceva.9 Montefìore sosteneva tuttavia che il giudaismo cono sciuto da Paolo non costituiva la principale corrente del giudai smo rabbinico, ma una sua forma più povera, da lui definita come ellenistica (pp. 92-1 1 2) . Inoltre Montefiore affermava (seguendo la religionsgeschichtliche Schule tedesca) che Paolo era fortemen te influenzato dal sincretismo ellenistico (pp. u 2- 1 29). Il metodo di Montefiore consisteva nell'offrire nella forma del «saggio» (i riferimenti alle fonti sono pressoché inesistenti) una descrizione del giudaismo rabbinico datato a suo parere tra il 300 e il 500 d. C. (p. l 5). Lasciava agli specialisti di decidere se il giudaismo de gli anni 50 d.C. fosse identico (p. 1 7), ma chiaramente supponeva che il giudaismo palestinese non fosse notevolmente modificato tra il 50 e il 500 d.C. (pp. 87-9 1 ) . Poiché la sua sintesi della prin cipale corrente della religione rabbinica nel 3 00 o nel 500 non ri vela quel tipo di giustizia legalistica basata sulle opere che Paolo respingeva e poiché non aveva ragione di ritenere che la religione rabbinica più antica fosse profondamente inferiore a quella più tarda, concludeva che Paolo non aveva conosciuto il giudaismo palestinese (rabbinico) (p. 1 26). Montefiore non si soffermava su specifici motivi comuni al giu daismo rabbinico e a Paolo e si applicava piuttosto a quegli impor tanti aspetti in cui la descrizione paolina del giudaismo non può essere fondata su fonti rabbiniche (nella concezione di Montefìo8. Si veda, ad esempio, TWNT II, 187-189, 198 s. su 8lx11�0� e o�x11�ocrUVI') nella «sinagoga». 9. Montefiore, Judaism and St Paul, cfr. ad es. 21 s.
Paolo e il giudaismo nella ricerca neotestamentaria
25
re, anche se non in quella di F. Weber, W. Bousset, P. Billerbeck e altri) . Ad esempio egli poneva in contrasto il pessimismo di Pao lo con la convinzione del giudaismo rabbinico secondo cui il mon do è buono (pp. 69-70 ) . Il punto di contrasto più significativo concerne tuttavia il modo della salvezza. In opposizione all'im magine paolina del giudaismo, per il giudaismo rabbinico, come per Gesù, «Dio era cosi buono e vicino e misericordioso, e l'uo mo, mediante la legge e il pentimento, aveva possibilità tanto co stanti, facili, efficaci di accedere a lui, che non v'era bisogno al cuno di quel tremendo evento, cosmico e divino, costituito dal l'incarnazione e dalla crocifissione» (p. 74) . Egli mette allora a fuoco il punto principale: Anche dal peccato e dalla sofferenza c'era una via d'uscita. Essa era co stituita dalla misericordia di Dio e dal pentimento dell'uomo. Il suo simbolo esterno era costituito dal giorno dell'Espiazione. Ciò che, se condo Paolo, né Dio né la legge potevano fare, se non mediante l'in carnazione del Figlio, veniva invece compiuto, secondo il giudaismo rabbinico, costantemente, ora per ora, anno per anno. Non v'è niente di più caratteristico nelle grandi epistole della quasi completa omissio ne dei due concetti rabbinici del pentimento e della misericordia {p. 75; cfr. pp. 60, 66 e 127).
Montefiore sosteneva che Paolo «non avrebbe potuto ignorare la nota dominante» del giudaismo palestinese (o rabbinico) se l'a vesse conosciuta (p. 7 6 ; cfr. p. 66) : perciò egli dovette conoscere un qualche altro tipo di giudaismo. Fu, quello di Montefiore, un serio tentativo di risolvere un pro blema reale. Nessun problema avevano quegli studiosi che trova vano nella descrizione weberiana del giudaismo rabbinico (spesso identificato semplicemente con il giudaismo) un ritratto convin cente del giudaismo che Paolo probabilmente dovette conoscere: il giudaismo che Paolo attaccava è lo stesso che emerge dallo stu dio di Weber.10 Ma i più avvertiti tra gli studiosi del giudaismo rabbinico, ebrei e cristiani, percepivano un'incongruenza tra ciò che Paolo criticava e il giudaismo che essi conoscevano. Cinque rn. Si noti la critica di Montefiore al fatto di appoggiarsi, nella polemica, a chi condivide le proprie inclinazioni, ai fini della conoscenza della posizione avversa;
ibid. 7"9·
In1rod11i.ione
anni prima di Montefiore, Schechter poneva il problema in que sti termini : O la teologia dei rabbi dovette essere errata, degradante la sua imma gine di Dio, materialistici e grossolani i suoi motivi dominanti, privi d'entusiasmo e di spiritualità i suoi maestri, oppure l'Apostolo delle genti è del tutto incomprensibile.11
Schechter naturalmente era della seconda opinione : la critica pao lina al giudaismo non era pertinente, perciò Paolo era incompren sibile. Nel 19 3 6 Parkes si poneva in certo modo sulla stessa linea : Dobbiamo inoltre ammettere, puramente in base all'onestà intellettua le, che la nostra conoscenza dei Farisei e del giudaismo rabbinico della sua [ di Paolo] epoca, è sufficiente a costringerci a riconoscere che, se è proprio il giudaismo rabbinico l'oggetto dei suoi attacchi, allora le sue accuse contro la legge sono in gran parte ingiustificate. Il giudai smo può essere attaccato da vari punti di vista e molto in esso può es ser criticato, ma se Paolo attaccava realmente il «giudaismo rabbini co», allora gran parte della sua argomentazione non è rilevante, i suoi insulti sono immeritati e l'immagine dell'oggetto dei suoi attacchi è inesatta.12
Come Montefiore, Parkes trovava la soluzione nel fatto che Pao lo era imbevuto di spirito ellenistico (p. r 2 3). Paolo non attacca va il giudaismo rabbinico, ma il giudaismo della diaspora (p. r 24) . Il problema fu trattato con maggior acutezza da Georg Foot Moore. Con Montefi.ore, egli lo poneva nei termini seguenti : dal punto di vista giudaico appare inesplicabile che un ebreo con i pre cedenti di Paolo potesse ignorare e implicitamente negare il grande in segnamento profetico del pentimento che, individualizzato e interioriz zato, costituiva un elemento cardinale della dottrina giudaica: e cioè che Dio, a motivo del suo amore, liberamente perdona il peccatore sin ceramente pentito e gli restituisce il suo favore.''
Moore tuttavia non trovava la risposta supponendo che Paolo at taccasse qualche altra forma di giudaismo. Egli ammetteva piut tosto che la posizione di Paolo, dal punto di vista del giudaismo, 11 . S. Schechter, Aspects of Rabbinic Theology, 18. Montefiore cercava di trova re un'alternativa alle due possibilità formulate da Schechter, cfr. Judaism and St Paul, 1 1 s. 12. J. Parkes, Paul and the Jews, 120. 13. G.F. Moore, Judaism III, 151.
Paolo e il giudaismo nella ricerca neotestamentaria
era effettivamente inesplicabile : la posizione di Paolo si può spie gare solo sulla base della sua convinzione che la salvezza viene so lo attraverso Cristo. Il giudaismo perciò non poteva offrire la sal vezza, sia con le opere sia mediante il perdono. Paolo, secondo Moore, non si rivolgeva agli Ebrei per confutarli nei loro stessi termini , ma a convertiti dal paganesimo, per impedir loro di es ser persuasi da propagandisti ebrei che l 'osservanza della legge fosse necessaria insieme con la fedeltà a Cristo.'4 Sebbene la convinzione che Paolo vada compreso anzitutto sulla base del giudaismo ellenistico, piuttosto che palestinese, abbia tro vato recentemente sostenitori come Sandmel1' e Goodenough,16 l'impostazione data al problema da Montefiore, Moore e dagli al tri non ha sostanzialmente influenzato la ricerca successiva . La loro impostazione è che la descrizione del giudaismo implicita negli attacchi paolini alle «opere della legge» , è errata su questio ni essenziali al giudaismo rabbinico (come le modalità della sal vezza) . Tale concezione è ben lungi dal prevalere nella ricerca neo testamentaria, dove la critica di Paolo al giudaismo, come abbia mo visto dalle opere di Bultmann e di Schrenk, è spesso assunta come accurata e pertinente. In altre parole, ci sono, nell'ambito della ricerca neotestamentaria, gruppi consistenti e influenti di studiosi che non hanno colto, in un modo o nell'altro, l'imposta zione data alla questione da Montefiore e da Moore. L'argomentazione di Montefiore fu ripresa sotto certi profili da W.D. Davies in un'opera che segna uno spartiacque nella storia della ricerca su Paolo e il giudaismo: Paul and Rabbinic Juda ism. 17 Davies si opponeva alla posizione di Montefiore sotto due aspetti. Anzitutto negava la divisione in compartimenti stagni tra giudaismo ellenistico e giudaismo palestinese, con riferimento al la compenetrazione reciproca di ellenismo e giudaismo (pp. 1-16) . Ibid. 15. S . Sandmel, The Genius of Paul, dr., ad es., 59. 16. Paul and the Hellenization of Christianity, in Religions in Antiquity (ed. Neusner), 23·68, articolo completato da A.T. Kraabel. 17. Cfr . Whitely , The Theology of St Paul, 4. Il libro cli Davies è uno dei miglio ri libri su Paolo. Nella breve storia della ricerca paolina cli Conzelmann, Davies non è però citato (Conzelmann, Grundriss der Theologie, 175-181; trad. ital., Teologia, 200-206. 14.
Introduzione
Inoltre sosteneva che ·molti dei motivi paolini che erano stati con siderati decisamente ellenistici in realtà possono trovare paralle lismo e derivazione dal giudaismo palestinese come viene riflesso e conservato nella letteratura rabbinica. Tra gli elementi del pen siero di Paolo che Montefìore non riusciva a ricondurre alla let teratura rabbinica, Davies menziona, come possibilmente esisten ti nel giudaismo palestinese, i seguenti: «insoddisfazione nei con fronti della legge, trascendentalismo, pessimismo e 'misticismo'» (pp. 1 5 s .) . Davies tuttavia non trattava dell'elemento essenziale che Montefìore individuava nella letteratura rabbinica e di cui non si teneva conto nella critica paolina al giudaismo : la dottrina del pentimento e del perdono. L'opera di Davies chiaramente segna una svolta. Da allora po co è apparso di significativo su Paolo e le religioni misteriche o su Paolo e l'ellenismo in generale.18 Se non è universalmente conces so che lo sfondo più appropriato in ordine alla comprensione di Paolo sia il giudaismo, questa posizione è almeno chiaramente prevalente.19 Essa si è rafforzata con l'opera di Schoeps, Paul: The Theology of the Apostle in the Light of ]ewish Religious His tory. L'argomento fondamentale di Schoeps, applicato ad esem pio alle questioni cruciali dell'escatologia20 e della soteriologia,21 è che Paolo trasformò le concezioni giudaiche in parte in forza del suo genio, in parte con l'aiuto di categorie ellenistiche. L'insisten za maggiore è tuttavia sul fatto che l'origine del pensiero di Paolo su vari punti va individuata nel giudaismo, quale soprattutto e merge dalla letteratura rabbinica.22 Sebbene Munck non abbia trattato esplicitamente della que stione del rapporto tra Paolo e il giudaismo, il suo presupposto, secondo cui tutta l'attività di Paolo era dominata dalla prospetti18. Un'eccezione è G. Wagner, Das Religionsgescbicbtlicbe Problem von Romer 6,1-II. Wagner nota (282 n. 44) l'assenza di recenti studi di ampio respiro. 19. Cfr. J. Munck, Pauline Researcb since Scbweitzer, in Tbe Bible in Modern Scbolarsbip (ed. Hyatt), 174. 20. Schoeps, Paul, 88, u2. 21. Ibid., 126, 180. 22. D'altro canto Schoeps, come Montefiore, si appella al fatto che Paolo è un ebreo ellenista per spiegare che non conosce il pentimento (Schoeps, 196), il suo fraintendimento della legge (p. 200) e il fatto che non comprende la relazione tra patto e legge (pp. 213-218 , 260) .
Paolo e il giudaismo nella ricerca neotestamentaria
va escatologica, contribui a rendere acquisita la convinzione che Paolo va compreso sulla base dello sfondo giudaico - e in parti colare palestinese.23 Egli seguiva in questo, in qualche modo, le orme di Schweitzer che vedeva nell'apocalittica l'influsso domi nante su Paolo, come su Gesù.24 Neanche A. Schweitzer tuttavia aveva cercato di trattare compiutamente la questione del rappor to della teologia paolina con quella giudaica. L'apocalittica giu daica gli serviva piuttosto come punto di partenza per la descri zione del pensiero di Paolo. L'approccio di Davies ha trovato molti seguaci. Il metodo fon damentale consiste nel prendere un tema dalle lettere di Paolo, preferibilmente un tema centrale, e nell'esaminare la letteratura giudaica per stabilire se quel tema può essere derivato dal giudai smo oppure no. Si possono citare ad esempio lo studio di Dahl sull'espiazione, basato su Rom. 8,32, e lo studio di Scroggs su The Last Adam.2' La scoperta dei manoscritti del Mar Morto aprl un vasto campo a quella che possiamo chiamare ricerca dei motivi. Si è pensato che i temi centrali di Paolo, la «giustificazione per fe de» e la «giustizia di Dio», vadano messi in parallelo con la comu nità essena, e forse derivati da questa.26 Si assume in questi studi (e in molti altri) che vi sia una sorta di rapporto positivo tra Pao lo e il giudaismo, soprattutto palestinese. Rimarrebbe solo da in dicare quali siano le idee particolari che Paolo ha derivato da par ticolari correnti del giudaismo e in qual modo Paolo si distanzi dalle sue fonti. Sulla base del confronto tra motivi centrali di Paolo ed enun ciati rabbinici, Davies pervenne ad una conclusione fondamenta le: il pensiero di Paolo può essere compreso come pensiero di un rabbi che credeva che il Messia fosse venuto,27 convinzione questa Munck, Paul and tbe Salvation of Mankind, 19,9· A. Schweitzer, Tbc Mysticism of Paul tbc Apostle, cfr. spec. cap. secondo . 2, . N.A. Dahl, Tbe Atonement - An Adequate Reward /or tbe Akedab? (Ro. 8, 32) , in Neo/estamentica e/ Semitica (ed. Ellis e Wilcox), 1,-29 . 26. Cfr. ad es. S. Schulz, Zur Recbtfertigung aus Gnaden in Qumran und bei Pau lus: ZTK '6 ( 1 959) 1 5 5-185. Mentre particolari temi paolini sono stati ricondot ti a Qumran, nessuno ha mai sostenuto che Paolo fosse un esseno che credeva che il Mes s i n fosse ve n u t o . 27. Paul and Rabbinic Judaism, 16. 23.
24.
Introduzione
30
con cui si possono spiegare tutte le divergenze tra Paolo e il giu daismo rabbinico. Concludendo, Davies ricorre a questa formula zione: La stretta relazione che lega Paolo (tanto la sua vita quanto il suo pen siero) al giudaismo rabbinico ci è divenuta chiara e non potremo insi stere abbastanza sul fatto che per lui l'accettazione dell'evangelo non costituiva tanto il rifiuto dell'antico giudaismo e la scoperta di una nuova religione totalmente antitetica (come la sua polemica ci potreb be talvolta indurre a credere non senza qualche motivo), quanto il ri conoscimento dell'avvento della forma vera e finale di giudaismo, in altre parole, dell'avvento dell'era messianica attesa dagli ebrei . In que sta luce dobbiamo comprendere la conversione di Paolo.28
È i stru ttivo paragonare la posizione di Davies con quella che ritengo prevalente tra gli studiosi del Nuovo Testamento e che ab biamo sopra illustrato con le citazioni di Thackeray, Bultmann e Schrenk, secondo cui, n onos tante i parallelismi nei dettagli, esi ste un'antitesi fondamentale tra Paolo e il giudaismo , specialmen te rabbinico. Davies sosteneva piu ttosto che, a causa dei numero si e fondamentali parallelismi , una tal antitesi non esiste. Ciò che manca all'opera di Davies è l'elemento che più nettamente carat terizza la concezione, ad esempio, di R. Bultmann : una descrizio ne dell'essenza del paolinismo e pari menti una descrizione dell'es senza del giudaismo che possano esser messe in reciproco contra sto. Ciò si deve in parte al fatto che Davies , a differenza della mag gior parte degli studiosi del Nuovo Testamento, non pone al cen t ro della t eologia paolina la giustificazione per fede, s icché scom pare la possibilità di stabilire un agevole contrasto tra giustifica zione mediante le opere e mediante la fede.29 Davies considera centrale in Paolo «il significato di Gesù di Nazaret come Messia» piuttosto che la dottrina della gius tificazione per fede30 e indivi dua il concetto soteriologico centrale nell'idea di essere «in Cri sto» .31 Quest'ultima, pur opponendosi all'essere «in Israele» ,32 secondo Davies non si pone in antitesi con il giudaismo. Paolo pensava piuttosto ad un nuovo esodo che fondava un nuovo Israe le (di cui divenire membri) e una nuova torà : il cristianesimo era 28. Ibid , 3 24. 30. Ibid , 352. .
.
29. Cfr. sopra, n. 2. Paul and Rabbinic Judaism, 222. 31. Ibid., I I7, 86-no. 32 . Davies , Invitation to the N.T. , 349 .
Paolo e il giudaismo nella ricerca neotestamentaria
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così il compimento piuttosto che l'antitesi del giudaismo.33 Af frontando questo, come altri punti, Davies ha lavorato per indu zione: la concezione di Paolo e quella dei rabbi vanno d'accordo punto per punto, v'è perciò un accordo concettuale, e l'unica dif ferenza è nella questione se Gesù sia il Messia.34 Il procedimento più comune tra gli studiosi neotestamentari è di cominciare con un contrasto nella sostanza, come essi lo percepiscono (fede con tro opere) , ammettendo o stabilendo parallelismi nei dettagli sol tanto successivamente. A paragone con il libro di Montefiore, quello di Davies non cer ca di offrire una descrizione di ciò che è essenziale al giudaismo rabbinico. Così egli non si chiede (come non se lo sono chiesti la maggior parte di quanti lo hanno seguito nella «ricerca sui moti vi») perché Paolo non faccia riferimento (come diceva Moore, i gnori e neghi implicitamente) a quel che è essenziale al giudaismo rabbinico. Così Davies nega validità alla tradizionale contrappo sizione di essenza ad essenza, ma non risponde pienamente alla -iuestione sollevata da Montefiore e Moore, il confronto di ele menti essenziali con elementi essenziali. Sarebbe ingiusto accu sare Davies di aver scelto, per la sua indagine, punti di minor ri lievo : ciò non è vero. Ma egli non sviluppò un confronto impar ziale, non trattando di quanto è essenziale al giudaismo rabbinico secondo i termini a questo propri. Di conseguenza non si interro gò sull'assenza di questi elementi essenziali in Paolo. La prospet tiva di Davies sembra dapprima implicare una comparazione po sitiva che conduce alla conclusione che la concezione religiosa di Paolo è strutturalmente simile a quella giudaica: l'ingresso nel nuovo patto comporta il ricevere una nuova torà, cui si deve ob bedienza.3' Ma, nonostante questa implicita comparazione, il non aver reso conto dell'essenza in Paolo di elementi chiave del giu daismo mostra che la comparazione non è stata eseguita in manie ra eguale da entrambi i lati.36 Va immediatamente notato che Davies non intendeva stabilire 33. Paul and Rabbinic Judaism , 323. 34. Ibid., 323 s . 35. V. sotto, cap . quinto, sez . 5 . 3 6 . Confronta l'osservazione di S. Sandmel (Philo's Piace in Judaism, 1 9 s . ) , sui confronti che si occupano delle somiglianze ma non delle differenze.
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Introduzione
un confronto tra Paolo e il giudaismo. Come praticamente tutti gli altri studiosi del Nuovo Testamento che hanno affrontato il problema, Davies intendeva individuare lo sfondo di Paolo, non confrontare due religioni.37 L'unico confronto tra religioni effet tivamente svolto era quello - inadeguato - basato su brevi descri zioni di essenze e compendiato nella formula «fede contro ope re» . Monte6.ore e Moore avevano sollevato uno spunto interes sante che avrebbe potuto condurre ad una autentica comparazione religiosa - perché quanto è essenziale al giudaismo rabbinico man ca in Paolo e non è preso in considerazione da Paolo? - ma lo spunto era rimasto inutilizzato. Gli studiosi si accontentavano in vece di ricercare tra i materiali giudaici elementi paralleli, prefe ribilmente primitivi, ai vari motivi presenti nel pensiero di Pao lo. Ci siamo concentrati, a questo proposito, sul libro di Davies per il suo ruolo di «spartiacque» , ma lo stesso si può correttamen te dire della ricerca successiva, da H.J . Schoeps ad oggi. La ricerca storica centrata sui «motivi» non ha tuttavia un si gnificato puramente antiquario : come abbiamo visto per Davies, essa conduce anzi a determinate conclusioni sulla natura fonda mentale della religione di Paolo. I paralleli sui dettagli conduco no alla conclusione che esiste un accordo sostanziale. S. Sandmel ha attaccato duramente la tendenza a trarre ampie conclusioni a partire da motivi paralleli. Val la pena di citare la sua opinione in merito ai risultati di Davies :
Il libro di Davies è degno di ammirazione, è anzi un gran libro: ed è un libro da cui dissento quasi al cento per cento. Ciò che sin dall'ini zio mi sembrò errato in Davies era servirsi di Montefiore (Judaism and St Paul) come bersaglio fittizio, cercando di abbatterlo, e la tendenza, anzi quasi il presupposto, ad affermare la somiglianza tra il giudaismo della diaspora e quello palestinese, un'ipotesi che il mio lavoro su Fi lone mi dimostrava sbagliata. Nella sua parte positiva, la tesi di Davies mi pareva arrivasse al massimo a mostrare che le affinità tra Paolo e i rabbi erano limitate ad alcuni filoni secondari e poco definiti, e che Davies, invece che provare, aveva smentito i suoi assunti.38 37. Ciò vale anche per Montefiore, che intendeva scoprire il giudaismo noto a Pao lo prima della sua conversione, non paragonare il pensiero paolino con quello giudaico; cfr. ]udaism and St Paul, 13-16. 38. Sandmel, The Genius o/ Paul, 223 ; cfr. Parallelomania: JBL 8 1 ( 1 962) 4: an-
Paolo e il giudaismo nella ricerca neotestamentaria
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S. Sandmel, che attribuisce a Paolo un ambiente giudaico-elleni stico, ritiene che «il cristianesimo di Paolo e il giudaismo rabbi nico abbiano in comune poco più del punto di partenza, la Bib bia» .39 Egli si riferisce qui soprattutto alle concezioni relative al peccato e al rimedio contro di esso. Il mio giudizio personale sui risultati ottenuti da Davies è no tevolmente più positivo di quello di Sandmel. Ritengo acquisito che Davies e i molti altri che hanno lavorato in questo campo ab biano dimostrato che numerosi e importanti termini e concetti del le lettere paoline possono essere ricondotti al giudaismo palesti nese o che per lo meno trovano dei paralleli nella letteratura giu daica palestinese, anche se una certa sua parte è posteriore a Pao lo. Inoltre ritengo che il ricostruire lo sfondo storico dei termini e dei concetti di Paolo costituisca un lavoro importante e prezio so. I parallelismi spesso sono effettivamente illuminanti, fin quan do non si comincia a saltare da «paralleli» a «influenze» a «iden tità di pensiero» . In terzo luogo, provo molto più simpatia per la conclusione di Davies, che Paolo e il giudaismo non sono antiteti ci, che per quella opposta, che si forma affrettatamente sulla base di un ingannevole e inadeguato confronto tra «essenze» . Nonostante questi motivi d'accordo e d i apprezzamento posi tivo, v'è tuttavia qualcosa di insoddisfacente nelle conclusioni di Davies. Mi sembra che prima di concludere che Paolo era un e breo rabbinico che si distingueva dal resto del giudaismo rabbini co solo perché riteneva che il Messia era venuto (un dato che in fluisce su molti altri elementi) sarebbe stato opportuno sviluppa re la comparazione assai più di quanto Davies abbia fatto, tenen do conto sia delle discordanze che delle concordanze, sia degli a spetti importanti del giudaismo che non si scorgono in Paolo che degli elementi importanti del pensiero di Paolo, in breve, tenen do conto del tutto e delle parti, visti da entrambi i lati. Non solo le conclusioni di Davies, ma l'intero stato della que stione lasciano insoddisfatti. Ci sono sostanzialmente tre posizioche 259 parallelismi (è la cifra ipotetica di Sandmel) non basterebbero a mostra re che Paolo e il giudaismo rabbinico concordavano. Sandmel non trova nessun «nesso genetico,. tra Paolo e la letteratura rabbinica. 39. The Genius of Paul, 59.
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I ntrodui.ione
ni sulla questione del rapporto di fondo tra Paolo e il giudaismo palestinese : o Paolo, in base a numerose e importanti concordan ze nel dettaglio, va considerato essenzialmente come un rabbi che credeva che il Messia era venuto (Davies) ; oppure, in base ad al cune concordanze sui dettagli, la religione di Paolo è fondamen talmente antitetica a quella del giudaismo palestinese (probabil mente il punto di vista prevalente) ; oppure Paolo, in ogni caso, ebbe scarse relazioni con il giudaismo palestinese (Sandmel) . Con riferimento alle affermazioni polemiche di Paolo sul giudaismo, vi sono parimenti tre posizioni : o esse non rappresentano il suo pun to di vista fondamentale e vanno date per scontate come polemica del momento (Davies) ; oppure sono pertinenti ed esprimono l'an titesi fondamentale tra Paolo e il giudaismo (la maggioranza) ; op pure ancora non toccano realmente il giudaismo quale si conosce mediante le fonti rabbiniche e debbono perciò spiegarsi come ri ferite a qualche altra forma di giudaismo o nascenti da una imme diata esigenza apologetica (Montefiore, Moore) . L'insoddisfazione in rapporto allo stato della questione dipen de dal fatto che ciascuno di questi punti di vista dispone di ele menti a suo favore . La ricerca è divisa tra la constatazione delle concordanze tra Paolo e il giudaismo palestinese e la percezione delle evidenti differenze (si tratti delle differenze in merito all'op posizione fede-opere o alla non considerazione paolina della con cezione giudaica dell'espiazione e del perdono) . Leggendo Schech ter e Montefiore, ci si chiede che cosa Paolo potesse trovare di attaccabile nel giudaismo : eppure lo attaccò . Leggendo Davies, si vedono tali concordanze tra Paolo e il giudaismo che ci si chiede in che modo si possa tener conto delle dichiarazioni paoline di dissenso nei confronti del giudaismo, non in merito alla venuta del Messia, ma al modo di acquistare la giustizia . C'è bisogno di una comparazione che tenga conto e delle numerose concordan ze e delle discordanze : non solo di quelle dichiarate a modo suo da Paolo, ma di quelle parimenti evidenti dal punto di vista giu daico (la discrepanza tra l'immagine paolina del giudaismo e il giudaismo quale si riflette nelle fonti giudaiche) . In altre parole , mentre non serve una comparazione tra «essenze» semplificate o tra temi separati , c'è bisogno di un confronto tra religioni prese
La comparazione olistica dei modelli religiosi
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nella loro interezza . È il compito che intendiamo qui intraprendere e che deve ora esser descritto nella sua metodologia . 2.
L A COMPARAZIONE OLIS TICA DEI MODELLI RELIGIOS I 1
Cercherò di evitare una descrizione troppo astratta del metodo che andrà qui seguito, giacché il metodo verrà immediatamente applicato e sarà verificato nell'applicazione. Sono tuttavia del pa rere che la storia della comparazione tra Paolo e il giudaismo sia un esempio particolarmente chiaro del generale bisogno di pro gresso metodologico nello studio comparativo della religione .2 La difficoltà sta nel mettere a fuoco ciò che va comparato. Abbiamo già visto che il più delle volte la comparazione viene stabilita tra essenze riduttive (fede opposta ad opere , ovvero libertà contro legge, religione spirituale contro religione materialistica e merci ficata e così via) o tra temi singoli. Né quelle né questi sono cate gorie adeguate in ordine alla comparazione. Non è necessario dir molto circa la comparazione di «essenze» . È evidentemente dubbio che una religione possa essere corretta mente sintetizzata in una frase o in una riga : la rapida .fissazione di una «essenza» non potrà mai far giustizia di una intera religio ne. Inoltre, quando il giudaismo e il cristianesimo sono stati con frontati in questo modo da studiosi cristiani, l'elemento centrale del confronto era tendenzialmente polemico : si trattava in gene re di dimostrare come Paolo (o Gesù o il cristianesimo in genera le) fosse superiore al giudaismo. Questa contrapposizione può ap parire anche laddove non v'è reale intenzione di denigrare il giu daismo, ma solo il desiderio di scolpire nettamente ciò che sembra caratteristico di Paolo (o di Gesù o del cristianesimo) . In ogni ca so tuttavia è evidente che l'uso di «essenze» riduttive come ele mento di confronto è insufficiente , se si intende seriamente stabi lire una comparazione tra due religioni . 1 . Cfr. la mia rassegna, Patterns of Religion in Paul and Rabbinic Judaism: A Holistic Method of Comparison : HTR 66 (1973) 455-478. 2. Non v'è qui intenzione di discutere opere teoretiche in materia di studio com
parato delle religioni, intendo solo affrontare il problema quale risulta dalla storia ciel confronto di Paolo con il giudaismo.
Introduzione
La cosa non è più cosi evidente per ciò che riguarda il confron to di motivi particolari. L'idea che una religione sia composta dal la somma delle sue parti non è assurda, e perciò il confronto tra diversi elementi non è così ovviamente inadeguato come il con fronto tra «essenze» riduttive. Lo è pur tuttavia, in ordine ad una corretta comparazione religiosa, e questo per due ragioni. Anzi tutto sono generalmente i motivi di una delle due religioni che vengono confrontati con elementi della seconda religione per in dividuarne l'origine. Le due religioni non sono trattate nello stes so modo . La storia del confronto tra Paolo e il giudaismo lo mo stra chiaramente. Si parte da motivi paolini e se ne cerca l'origine nel giudaismo, ma i diversi elementi del giudaismo non sono con siderati in se stessi. Ne consegue che non si dà vera comparazione tra le due religioni. In secondo luogo, la ricerca tematica spesso trascura il contesto e il significato di un determinato motivo in una (o talvolta in due) delle religioni. È possibile che lo stesso motivo compaia in due differenti religioni conservando tuttavia significati differenti. Si consideri l'analogia di due edifici : mattoni identici in forma, colore e peso possono essere usati per costruire due edi fici differenti, totalmente dissimili tra loro. È possibile abbattere un edificio e costruirne un altro, diverso dal primo, con gli stessi mattoni. Nella ricerca tematica, bisogna considerare la funzione e il contesto prima di giungere ad una conclusione generale in fat to di somiglianza o dissomiglianza. Cosi ad esempio nel confron tare la giustizia in Paolo e nel giudaismo si deve considerare la funzione e il significato di «giustizia» nello schema generale dei due contesti, il che significa che vi deve essere uno schema gene rale sia in Paolo che nel giudaismo e che entrambi gli schemi van no considerati come un tutto. La ricerca tematica è cosi comune nella ricerca neotestamenta ria e il supporre che un'identità di motivi indichi identità o somi glianza di prospettive è talmente frequente che dovremo fermar ci un momento per offrire due esempi di come si possano facil mente trarre conclusioni false sulla base di somiglianze tematiche. Sebbene G.W. Buchanan nel suo libro The Consequences of the Covenant non sollevi esplicitamente la questione del rappor to tra Paolo e il giudaismo, i suoi riferimenti a Paolo sono tali da
La comparazione
olistica dei modelli religiosi
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far risaltare chiaramente la posizione di Buchanan in merito. La sua prospettiva generale si scorge nella conclusione : nonostante le differenze esistenti tra l'epoca di Mosè e quella di Bar Kokhba, le alterazioni introdotte dal tempo
non modificano la struttura e la teologia al punto da escludere che le conseguenze del patto introdotto dagli Israeliti antichi non potessero essere fedelmente intese e praticate da sette posteriori dell'ambito giu daico e cristiano. Proprio a causa del patto le pratiche e le credenze ri masero stabili sopravvivendo in un mondo che cambiava (pp. 3 1 4 s.) . Così Buchanan sottopone i differenti tipi di giudaismo e di cristia nesimo al comun denominatore della teologia del patto . Si può esser d'accordo con il libro di Buchanan sotto molti a spetti. Egli ha visto che il concetto di patto domina il pensiero giudaico, ha inoltre percepito la sequenza : elezione in ordine al patto-trasgressione-espiazione-riconciliazione che caratterizza mol ta letteratura giudaica, anche se non l'ha elaborata con quella pre cisione (cfr. ad es . pp . 1 9 2 s.) che useremo qui. La debolezza del libro sta nella sua superficialità, che balza agli occhi quando deter minati temi sono documentati con citazioni scelte chiaramente a caso dall'Antico Testamento, dalla letteratura apocrifa e pseudo epigrafa, dagli scritti rabbinici, dal Nuovo Testamento e dai pri mi padri della chiesa.3 Il presupposto evidente è che l'esistenza di motivi simili in tutti questi complessi letterari prova che tutti condividono la stessa fondamentale prospettiva religiosa , quella della teologia del patto. La debolezza del metodo diviene eviden te quando Buchanan afferma che Paolo si situa senz'altro nello schema del patto, data la presenza di certi motivi comuni a lui e alla letteratura giudaica. Così ad esempio egli inserisce semplice mente le discussioni di Paolo sul battesimo, in rapporto ad una serie di riferimenti ai lavacri purificatori, tratti da una vasta lette ratura giudaica e cristiana, nella sezione «Disposizioni del patto in ordine al perdono e alla riconciliazione» (pp. 206 s . ) , senza in dagare se il battesimo abbia effettivamente nel pensiero di Paolo la stessa funzione dei lavacri rituali nel giudaismo. A parte la que3. Va tuttavia notato che Buchanan concepl il libro come una presentazione sin tetica della propria prospettiva e che egli si propone, con le pubblicazioni succes sive, di fondare la sua tesi nel dettaglio.
Introduzione
stione della possibile maggior prossimità della terminologia pao lina ai culti misterici ellenistici (piuttosto che al giudaismo) e pur ammesso che alcuni dei termini usati da Paolo nella discussione sul battesimo derivino dal giudaismo , non ne consegue che il si gnificato e l'interpretazione del battesimo in Paolo siano gli stes si dei lavacri rituali nel giudaismo .4 Di fatto, tendo a sostenere che il battesimo ha, nel modello religioso paolino, una collocazio ne affatto differente da quella che riceve nel giudaismo . Se cambia la funzione del battesimo all'interno dell'intera struttura, anche la comprensione e il significato devono cambiare. Con molta maggior consapevolezza metodologica, David Flus ser ha intrapreso la comparazione della religione di Qumran con il cristianesimo prepaolino .' Egli manifestava l'intenzione di non trattare di «tutti i temi teologici di questo presunto strato del cri stianesimo» , ma solo di quelli comuni al cristianesimo prepaolino e a Qumran ( p . 2 1 7 ) . Afiermava esplicitamente che «il significa to di questi elementi nel nuovo contesto cristiano» non sarebbe stato oggetto di considerazione : al contrario, «i singoli theologou mena sarebbero stati definiti in relazione alla loro funzione strut turale nella teologia di Qumran, non in relazione al loro contesto nel pensiero cristiano» ( p . 2 1 7) . L'articolo di Flusser è interessante non solo per la sensibilità in ordine al metodo che veniva impiegando, ma anche perché tale metodo era l'opposto di quello usualmente impiegato nel confron to tra giudaismo e cristianesimo. Il procedimento di Flusser con sisteva nel partire da motivi presi nel loro contesto giudaico ( qumranico) , trovandone quindi i paralleli qui e là nel cristiane simo . La conclusione era che «l'intero complesso di idee» che egli aveva discusso, ivi comprese molte dottrine centrali del cristiane simo , «poteva esser giunto al cristianesimo solo dalla setta di Qumran» (p. 265) . Ogni studioso del Nuovo Testamento leggen4. Il parallelo tra pensiero paolino sul battesimo e concezioni giudaiche in mate ria di purificazione è facilitato dall 'uso di Col. come paolina, dr. Buchanan, 207. 5. D. Flusser, The Dead Sea Sect and Pre-Pauline Christianity, in Scripta Hiero solymitana IV (ed. Rabin e Yadin), 2 1 5-266 ; dr. anche The ]ewish Origin o/ Christianity, in Yitzhak F. Baer ]ubilee Volume (ed. S.W. Baron e a.), 1960, 7598 ; riassunto inglese, X s. Nel testo si rinvia al primo saggio.
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do l'articolo sarà stato colpito dalla stranezza di un cristianesi mo i cui elementi costitutivi sono visti alla luce della loro collo cazione nel modello religioso della setta del Mar Morto. Va ricor dato che Flusser tratta del cristianesimo allo stesso modo in cui la maggior parte degli studiosi del Nuovo Testamento trattano del giudaismo, salvo il fatto che egli è consapevole delle differenze nella struttura complessiva, anche se non tratta delle strutture come tali. La debolezza del metodo si può scorgere nel più sorprendente parallelo tra Paolo e i manoscritti del Mar Morto : 6 quello che Flusser chiama «elezione per grazia» (pp. 2 2 2-22 7 ) . Vi sono, in un certo modo, alcuni sorprendenti paralleli (cfr. p. 2 2 6 ) , ma Flus ser deve combinare le affermazioni sulla salvezza per fede e per grazia al fine di stabilire un reale parallelismo. La comparsa delle affermazioni del primo tipo è un fenomeno interessante in Paolo, ma si può dubitare che le occasionali affermazioni predestinazio nistiche di Paolo siano connesse organicamente nel suo pensiero con le sue affermazioni sulla salvezza per grazia; la connessione organica è invece chiara nei manoscritti del Mar Morto, dove la grazia di Dio consiste nel fatto che egli predestina. Cosl la grazia ha nello schema complessivo di Qumran un posto differente da quello che riceve nel pensiero di Paolo. Quando Flusser afferma (p. 2 2 7 ) che la convinzione che le opere sono inutili è «una possi bile conseguenza» della concezione della grazia che Paolo deriva - egli ritiene - da Qumran, conseguenza tratta da Paolo ma non dagli autori dei manoscritti del Mar Morto, egli mostra allora il fraintendimento di fondo in cui cade e la sua debolezza metodo logica . Per Paolo la grazia e l'inutilità delle opere sono essenzial mente connesse: data la sua concezione della grazia, la sua con clusione non era «possibile», ma inevitabile. Per la setta la con cezione della grazia è del pari essenzialmente connessa all'esigen za di adempiere la legge. I membri della setta sono stati esplicita mente predestinati ad adempiere la legge e questa predestinazioNonostante l'intenzione di parlare del cristianesimo prepaolino, l'articolo trat spesso di temi caratteristici di una parte del Nuovo Testamento e che possono non essere prepaolini. In questo caso, Flusser sostiene che l'idea di elezione per grazia vmne a Paolo da Qumran mediante il cristianesimo prepaolino (pp. 266 s.). 6. ta
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Introduzione
ne costituisce la grazia di Dio. È difficile comprendere come Pao lo potrebbe aver· tratto da Qumran un elemento, la grazia, rove sciandone completamente significato e valore. Si dovrebbe insistere sul fatto che Flusser riconosceva che «la dottrina dei membri dell'alleanza di Qumran non conservò la sua funzione originaria quando fu assimilata dal cristianesimo» (p. 265 ) . Egli sosteneva piuttosto che «la struttura teologica della setta fu isolata e le pietre furono riusate dai primi pensatori cri stiani per costruire una casa nuova e differente» (pp. 265 s.) . Ma questa intuizione non gli impediva di enunciare un'ambigua equa zione tra la concezione della grazia in Paolo e quella di Qumran. Si deve dunque cercare di confrontare una religione presa nel la sua interezza, nelle sue parti e nel suo insieme, con un'altra re ligione, parti e insieme; per usare l'analogia dell'edificio, di con frontare due edifici, non senza prendere in considerazione i singo li mattoni. Il problema è ora quello di come individuare due tota lità, prese in considerazione e definite nel loro autonomo valore e significato, che possano essere messe a confronto tra loro. Cre do che il concetto di «modello di religione» [ pattern of religion ] renda possibile quest'operazione. Cercheremo anzitutto di eviden ziare ciò che non è un «modello di religione» .7 1 . Con «modello di religione» non intendo designare un'inte ra religione storica - l'intera realtà del cristianesimo, del giudai smo, dell'islamismo, del buddhismo, ecc. - ma solo una determi nata entità, più o meno omogenea. Ai nostri fini il «paolinismo» è una religione. Una religione, in questo senso, non si riduce ne cessariamente all'esperienza di una persona, ma può abbracciare milioni di persone in centinaia di anni, nella misura in cui soprav vive la stessa concezione della religione e della vita religiosa. Si potrebbe probabilmente descrivere il luteranismo come «religio ne» in questo senso. In una entità di tali dimensioni, si dovrebbe 7. Altri
hanno messo in luce la necessità di considerare i paralleli nel loro con testo. Si veda ad es. Cross, The Ancient Library of Qumran, 206; Sjoberg, Gott und die Sunder, xx, 2. Quest'ultimo osserva che è necessario stabilire la compa razione sulla base di una Gesamtstruktur (p. xx). La Gesamtstruktur di SjOberg, per il giudaismo rabbinico, consiste tuttavia nella tensione tra giustizia e misericor dia (pp. 6-r r ), non in un modello di religione quale viene qui definito.
La comparazione olistica dei modelli religiosi
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tener conto di differenze su singoli punti e anche, occasionalmen te, di divergenze di maggior rilievo, ma presumibilmente (non so no uno studioso del luteranismo) vi è abbastanza accordo sull'es senziale e sufficiente coerenza da poter ritenere il luteranismo una «religione» nel senso qui usato. 2 . Un «modello di religione» non include ogni proposizione teologica od ogni concetto teologico interno ad una determinata religione. Il termine «modello» si riferisce al modo con cui ci si muove dal punto di partenza logico alla conclusione logica della religione. Sono escluse dal modello questioni speculative come quella concernente le modalità della creazione; il momento della fine; la natura della vita nell'aldilà; l'identità del Messia e cosl via. Una gran parte della ricerca che si è volta ad indagare sulle relazioni tra Paolo e il giudaismo e tra le varie parti del giudai smo si è appuntata precisamente su tali questioni. La mia ipotesi è che il «modello di religione» , il percorso che va dal punto di partenza alla conclusione, non varia necessariamente a seconda delle risposte date alle questioni speculative di quella sorta. Ciò non vuol dire che una questione speculativa non potrebbe modifi care il model lo . L'assenza della concezione per la quale la storia ha un inizio e una fine probabilmente rende impossibili i tipi di religione più comuni all'interno del giudaismo e del cristianesi mo: e tuttavia ciò che accade all'inizio e alla fine della storia non è di necessità decisiva per rapporto al modello di religione. Un «modello di religione» , definito positivamente, è la descri zione di come coloro che vi aderiscono ne percepiscono il funzio namento. 8 «Percepire il funzionamento» non si riferisce a ciò che 8. Per l'insistenza sulla comprensione delle parti nella loro funzione rispetto a un tutto, la cui struttura deve essere in sé colta, si possono vedere parecchi degli stu di di C. Uvi-Strauss, ad es. L'analisi strutturale in linguistica e in antropologia e Il concetto di struttura in etnologia, in Antropologia strutturale, Milano 21967, 45-69, 30!)-356, rispettivamente. Mentre la comparazione può essere istruttiva in s-5 per coloro che hanno interesse per la metodologia, non v'è qui alcun tentativo di applicare sistematicamente il metodo dell'antropologia strutturale alle questio ni di Paolo e il giudaismo. Alcuni degli aspetti metodologici sono identici - la relazione tra il rutto e le parti e l'esigenza di limitare la «Struttura» (qui chiama ta «modello» [ pattern ] ) ad una entità significativa in cui le parti sono effettiva mente interrelate. La metodologia usata in questo studio è però fondamentalmente ad hoc, ed è stata individuata per affrontare i problemi specifici che sono sorti
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Introduzione
chi aderisce compie giorno per giorno, ma a come sono intesi l'en trarvi e il permanere. Si intende come «funzionamento» di una religione il modo in cui si concepisce il fatto che essa ammette e conserva i suoi membri. Il che può includere attività quotidiane come preghiere, lavacri e cosl via. Il nostro interesse, tuttavia, non va ai dettagli di queste attività, bensl al loro ruolo e signifi cato nel «modello» : su quali principi si basano, che cosa accade se non sono eseguite e cosl via. Un modello ha cosl molto in co mune con i temi che la teologia sistematica classifica come «sote riologici» , tuttavia il termine «modello» è più soddisfacente di «soteriologia» in rapporto a quanto ci proponiamo di descrive re. Da un certo punto di vista, è più comprensivo, includendo tanto il punto di partenza logico della vita religiosa quanto la sua conclusione, come parimenti i passi intermedi. Da un altro punto di vista, la parola «soteriologia» ha determinate connotazioni che possono non essere del tutto appropriate. Può comportare una certa preoccupazione per una trascendenza oltremondana, oppu re che tutti hanno bisogno di una salvezza di cui non sono in pos sesso, con ulteriore implicazione di un concetto di peccato origi nale. Poiché gran parte del giudaismo non è oltremondano e poi ché il concetto di peccato originale o almeno universale manca al la maggior parte delle forme di giudaismo, queste connotazioni sarebbero inopportune. Potrebbe occasionalmente esser opportu no e utile usare il termine «soteriologia» , tenendo però presenti le limitazioni sopraddette . Il miglior termine descrittivo è «mo dello di religione» . Una religione in qualche modo funzionerà pur anche se il suo scopo non è la salvezza dalla perdizione. Lo vedre mo con particolare chiarezza nel caso di Ben Sirac. Un modello di religione, pur non essendo la stessa cosa della teologia sistematica, e pur non avendo a che fare con molte delle questioni speculative della teologia, ha a che fare con il pensiero, con la concezione che sta sotto il comportamento religioso, e non solo con i suoi elementi esteriori. Cosl dalla pratica cultuale si può dedurre che il culto di una determinata religione era percepito nei tentativi di paragonare Paolo e il giudaismo. Sullo strutturalismo come tecni ca di analisi letteraria, cfr. Spivey, Structuralism and Biblical Studies: Interpre tation 28 ( 1 974) 133-145 e altri saggi nello stesso fascicolo.
La cum parui.ione olistica dei modelli religiosi
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dai suoi aderenti come dotato di una certa funzione nella loro vita religi osa. È l a percezione del significato del culto da parte degli aderenti ciò che conta, cosl come il fatto che il culto sia praticato. Ciò non significa, di nuovo, che gli aderenti stessi abbiano elabo rato in maniera articolata una teologia sistematica in cui il culto trova la sua logica collocazione. Anche senza questo, il culto può essere percepito in relazione coerente con altri elementi della re l igione in modo tale che possa essere individuato u n modello compl e to , consistente di elementi in reciproca relazione. Il punto di comparazione sarà perciò costituito da modelli di religione . Un modello non consiste in motivi separati. La nostra maggior preoccupazione sta nel colloca re i motivi nel contesto ap propriato di ciascuna religione, piuttosto che nel comparare un certo motivo appartenente in qualche modo al giudaismo con un motivo simile in Paolo . Una volta emersi chiaramente nella loro interezza i modelli, la comparazione potrà aver luogo, non prima. Non si presuppone che vi si a , nel giudaismo palestinese, un so lo modello di religione. La discussione del metodo, consistente nel confrontare tra loro modelli di religione, non presuppone che al la fine della ricerca ci troveremo esattamente con due modelli : in dica solo appunto il metodo. Nella letteratura giudaica palestine se potrebbero riflettersi numerosi modelli di religione. Il model lo di Paolo potrebbe accordarsi con uno o con nessuno di questi . Anzi , potrebbe persino manifestarsi nel pensiero di Paolo una in coerenza di t al i proporzioni da denotare in lui l'assenza di un qual siasi chiaro modello di religione. Sono tutte questioni riservate alla di scu ss io n e successiva .
Scopo dello studio Non è mia i n tenzi one offrire nella parte prima una storia della rel igion e giud aica , anche se verrà analizzata la gran massa del ma teriale pale s t i nes e pervenutoci compreso tra il 200 a.C. e il 200 d .C . , sicché sarà possibile nella conclusione della parte prima trarre alcune conclusioni sul giudaismo in Palestina nel primo se colo e su alcune sue caratteristiche al tempo di Paolo. Si dovreb be tenere pre s e n te tuttavia che una storia, nel senso formale e
·H
Introduzione
compt·cnsivo del termine, non è l'obbiettivo dello studio. Né co stituisce la sua intenzione primaria la scoperta delle fonti delle idee di Paolo, anche se, come dicevo prima, il tema può occasio nalmente emergere. Inoltre non è mio primario interesse discu tere semplicemente se Paolo fosse, o no, d'accordo con determi nate concezioni e con la terminologia giudaica e se comprendesse o fraintendesse il giudaismo. L'intenzione è piuttosto di rispon dere alla questione delle relazioni fondamentali tra la religione di Paolo e le forme di religione riflesse nella letteratura giudaica pa lestinese. Dobbiamo andar oltre la terminologia per decidere se Paolo e i rabbi (ad esempio) avessero lo stesso tipo di religione. Nei termini di Davies: la religione di Paolo è quella di un rabbi (o di qualche altro ebreo palestinese) che pensava che il Messia fosse venuto? Riteniamo che l'analisi delle relazioni di Paolo con il giudaismo palestinese in termini di modello, o modelli, di reli gione possa essere illuminante, sia per Paolo che per il giudaismo palestinese, nella misura in cui lo può essere ogni tipo di compara zione: impariamo percependo somiglianze e differenze. L'intento è di contribuire sia alla comprensione di Paolo che a quella del giudaismo palestinese, e parimenti di mettere in luce come si at teggiano l'uno dinanzi all'altro. Come si vedrà nelle discussioni di ciascuna sezione e nelle conclusioni, la presente indagine ha con dotto a precise e forse polemiche ipotesi circa i vari tipi di giudai smo palestinese a noi noti, circa Paolo, e circa le relazioni reci proche tra questi due termini. Naturalmente spero che tutte que ste ipotesi siano convincenti. Comunque, anche se non lo sono, confido che il tentativo di stabilire un confronto integrale nel mo do descritto si rivelerà utile.
Difficoltà nella comparazione Incontreremo due principali difficoltà, riassumibili nei termini cli squilibrio e imposizione. Confrontare un individuo con grandi sezioni cli letteratura giudaica palestinese crea ovvie difficoltà di equilibrio. Sembra tuttavia che non vi sia scelta. Discuteremo la cosa più ampiamente nella sezione seconda del capitolo sulla let teratura tannaitica. Qui possiamo brevemente dichiarare che la
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natura della letteratura giudaica palestinese induce a considerar ne contemporaneamente ampie sezioni, mentre rende pressoché impossibile isolare il pensiero di individui paragonabili a Paolo.' D ' al tra parte il cristianesimo si evolveva così rapidamente che non è ragionevolmente possibile assumere come oggetto «il mo dello della religione neotestamentaria» . Si sarebbe altrimenti co sì assorbiti dal compito di distinguere i differenti tipi e modelli di religione nel Nuovo Testamento da perdere la speranza di giun gere a conclusioni significative. Abbiamo ricevuto dalla mano (o dalla bocca di Paolo, se dettava) un particolare corpus letterario, ed è meglio non confondere la materia prendendo in considera zione allo stesso tempo Giacomo, la epistola agli Ebrei e il van
gelo di Giovanni. Si potrebbe per ipotesi obiettare che la letteratura tannaitica, ad esempio, può contenere una ricchezza e varietà di prospettive pari a quella del Nuovo Testamento, sicché il tentativo di deriva re un solo modello di religione dalla letteratura tannaitica signi fica imporle una armonia artificiale non corrispondente alla realtà. Non credo sia questo il caso: è invece possibile scorgere, diffusa nella letteratura tannaitica, una precisa concezione della natura della religione e della vita religiosa. È questa tuttavia una ipotesi che può esser valutata solo dopo un esame dettagliato. Basti qui dire che il problema suddetto (la possibile imposizione di un mo dello artificiale sui materiali letterari oggetto d 'i ndagine) dovrà es sere tenuto presente man mano che lo studio procede.
Addendum: modelli e traiettorie Sebbene non si tratti di discussione strettamente necessaria per comprendere la metodologia del presente studio, molti troveran no utile sapere perché non ho adottato la proposta di James Ro binson, secondo cui il cristianesimo, soprattutto quando viene confrontato con altri movimenti religiosi del mondo greco-roma no, andrebbe studiato in termini di « traiettorie» .1° Nel proprio 9. Cfr. Sandmel, 10. Cfr.
Pbilo's Piace in Judaism, :; , sul confronto tra Paolo e i rabbi. Introduction. Tbc Dis111a11tling a11d Reasse111bli11g o/ the Categories o/
Introduzione
saggio programmatico Robinson osserva esattamente, nella sezio ne intitolata «La crisi delle categorie» (pp. 4-8) , che il program ma delle ricerche neotestamentarie, sin dagli inizi dell'indagine storico-critica, è dipeso da quelle che sono sovrapposizioni suc cessive («la patina») al testo del Nuovo Testamento. Cosl, ad e sempio, gli studiosi hanno scritto senza fine sull'autore del van gelo di Giovanni, non perché il vangelo originale ponga il proble ma dell'autore, ma perché la tradizione cristiana lo attribuiva a Giovanni. Per giungere al testo, si doveva passare attraverso la crosta della tradizione. Questa situazione, nel giudizio di Robin son, ha portato ad una crisi della ricerca, giacché le categorie di indagine espresse dalla necessità di penetrare la «patina» non so no utili ai fini dell'effettivo studio della cristianità primitiva . Ro binson critica quindi, con ancor maggior precisione, gli studiosi del Nuovo Testamento in quanto affrontano in termini statici le religioni non cristiane. Come egli riconosce, questo modo di pro cedere era causato dalla mancanza di documentazione e di inda gine: «lo stato frammentario della documentazione non permet teva di individuare, passo per passo, una serie di sviluppi, ma in duceva ad amalgamare dati sparsi su più di mezzo millennio in un quadro coerente ed armonico» (pp. 1 2 s . ) . Quando le scoperte a Qumran e a Nag Hammadi rivelarono pienamente quanto fosse inadeguato un simile modo di procedere, i ricercatori si trovaro no incapaci di pervenire ad una nuova sintesi, e divennero preda di una «cautela positivistica con effetti disintegranti : piuttosto che generalizzare, ascrivendo una determinata idea al giudaismo, allo gnosticismo o all'ellenismo, ci si limita a registrare la sua pre senza in un determinato documento in un dato posto». L'elenca zione di «esempi non correlati di un certo termine» non costitui sce tuttavia la storia (p. 1 3 ) . Il dilemma della ricerca e la soluzione proposta vengono enun ciati come segue: Lo sfondo o l'ambiente circostante giudaico, greco o gnostico
non
può
New Teslament Scholarship, in J.M. Robinson e H. Koester, Tra;ectories through Early Christianily, 1-19. Parlo della prospettiva di Robinson, perché non è chiaro che Koester sia precisamente sulla stessa posizione, anche se alcuni suoi saggi appaiono nel volume in collaborazione.
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esser padroneggiato riducendolo ad una massa disorganizzata di paral
leli al Nuovo Testamento; deve essere ricontestualizzato in termini di
movimenti, «traiettorie» attraverso il mondo ellenistico (p. 1 3 ).
Le mie difficoltà cominciano con il punto e virgola della frase sopra citata. Ammesso che le descrizioni statiche e indifferenzia te non sono auspicabili e si dovrebbero evitare nella misura in cui la documentazione lo permette; ammesso che una «massa di sorganizzata di paralleli» non costituisce una conoscenza reale dei movimenti religiosi, perché mai sarebbe necessario comincia re a pensare in termini di traiettorie? Robinson riconosce che il termine stesso può «suggerire un eccesso di controllo e di deter minazione quanto al punto di partenza» e s'affretta ad affermare la libertà individuale di «ridefinire ciascuno la propria traietto ria» (p. 14). Ma il termine traiettoria, ciononostante, implica uno sviluppo consequenziale ed un fine implicito e, nonostante le pro teste predette, Robinson ha chiaramente presenti le due cose. Co sì egli menziona le due correnti del paolinismo «di cui una va, mediante Efesini, verso 1 Pietro, Luca/ Atti, Pastorali e quindi nella direzione dell'ortodossia, l'altra, mediante Colossesi, va ver so Valentino, Basilide, Marciane e quindi verso l'eresia» e si ri ferisce a queste correnti come a «sequenze evolutive» (p. 1 0) . È certamente vero che Paolo visse nel sec. I e che le «eresie» gno stiche furono contrastate nel sec. I I da qualcuno che si riteneva «ortodosso» (i termini sono anacronistici), e persino che vi sono talune connessioni di pensiero tra Marcione e il vero e proprio gnosticismo; è inoltre vero che gli Atti e le Pastorali possono es sere compresi soprattutto come tentativi di addomesticare Paolo mettendolo in accordo con l'ortodossia che prendeva piede;11 questi sviluppi storici sono noti da tempo; ma come possiamo es ser certi dell'esistenza di un nesso consequenziale, causale tra la scuola paolina rappresentata da Colossesi e la meta o l'esito ere tico finale? Sembra che Marcione consapevolmente intendesse basare alcuni aspetti del suo pensiero sulle principali lettere pao1 1 . Anche se non si accetta la precisa datazione di Atti e delle Lettere pastorali proposta da J. Knox ( Marcion and tbc New Testament, 73-76, n4-139), la sua
raratterizzazione dcl modo con cui Atti e Pastorali «salvano» Paolo dall'essere rntturato dagli «eretici» sembra ancora convincente.
Introduzione
line, soprattutto .Galati e Romani.12 Fu realmente il suo pensiero influenzato da una corrente paolina che passava attraverso Colos sesi? Robinson non si limita ad asserire che, poiché sia l'ortodos sia che l'eresia vengono dopo Paolo, il pensiero di Paolo deve in qualche modo aver condotto ad esse. Egli si spinge anche a stabi lire quale evento precedente sia causa di un determinato evento seguente. Ma qui entra in gioco l'imponderabile, poiché non ab biamo a disposizione tutti gli eventi precedenti (e neppure tutti quelli successivi} .13 Forse che Valentino fu influenzato non da Co lossesi ma da pensatori cristiani di Alessandria sinora ignoti? Il problema è: si possono dimostrare effettivamente esistenti i nes si storici asseriti? Forse Robinson cerca di rispondere a questo tipo di problema quando scrive che i nessi cui si riferisce nei sag gi di Trajectories through Early Christianity non sono del solito tipo causa-effetto, in cui ogni autore dipende necessariamente dal precedente. Piuttosto - egli continua - i nessi vengono esplorati per mostrare come il movimento della traiettoria venga successi vamente ad esprimersi man mano che se ne segue l'arco dal punto di partenza in avanti (p. 1 7) . Questo non significa che egli ritrat ti la sua fede in uno sviluppo continuo e consequenziale; egli sem plicemente afferma che lo sviluppo delle sequenze dovrà continua re anche laddove non si può dimostrarne con precisione la causa e l'effetto. Il pensiero procede. In tal caso il problema sarà : si può dimostrare che Marcione e le eresie successive rappresentano lo sviluppo del tipo di paolinismo che appare in Colossesi, e di nessun altro? (Anche se nel presente caso Robinson dice «me diante», indicando una concreta connessione) . Possiamo citare due altri esempi della fiducia di Robinson nel lo sviluppo di sequenze che terminano in un esito o punto finale. Nel suo saggio Logoi sophon: On the Gattung o/ Q ,14 egli soste neva che il genere letterario della raccolta di detti ha una «ten denza gnosticizzante» . La tendenza del genere letterario verso lo gnosticismo fu arrestata da Matteo e Luca, che lo incanalarono 12. Cfr. E.C. Blackman, Marcion and bis Influences, 103-124; Knox, Marcion, 14-1 8, 45 s. 1 3 . Cfr. Sanclmel, The First Christian Century, 8 . 1 4 . Trajectories, 1971, 71-1 13. Una versione precedente apparve nel 1964 i n Zeit und Geschichte: Dankesgabe an Rudolf Bultmann.
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«nella forma del vangelo di Marco» ; 1' ciò nonostante esso diede luogo ad una sequenza evolutiva che sfociò nello gnosticismo.'6 Altrove, egli sostenne che la somiglianza formale tra Marco e Gio vanni si può spiegare col fatto che essi si collocano all'incirca al lo stesso punto di una traiettoria di sviluppo all'interno del cri stianesimo primitivo. Più tardi, nella concatenazione evolutiva che va dall'aretalogia, attraverso il vangelo del tipo di Marco sino allo stadio finale (l'elaborazione del vangelo ortodosso, consisten te in una conflazione della forma di Q e di quella di Marco) , Mat teo e Luca indipendentemente e spontaneamente fecero lo stesso tipo di revisioni nella forma-vangelo, giacché era stato raggiunto il punto «in cui era questa la cosa da farsi» .17 Ciò che è errato in tutto ciò è che la storia non sempre è costi tuita di sviluppi di sequenze che sfociano in punti terminali.'8 Ciò non vuol dire che non vi siano sviluppi di sequenze nella sto ria del pensiero e delle istituzioni. Certo ve ne sono, e certo val la pena di descriverli, nella misura in cui ciò è possibile. Tuttavia molte cose non si muovono secondo traiettorie e il paradigma del la traiettoria può indurre qualcuno a tentare di imporre erronea mente uno sviluppo di sequenze dove non esiste. Possiamo fare un esempio. Credo che sia possibile scrivere una storia abbastan za completa degli atteggiamenti nei confronti della sofferenza nel giudaismo palestinese. Questa storia credo rivelerebbe che gene ralmente la sofferenza umana era considerata una punizione divina per le trasgressioni, salvo i periodi di persecuzione. Possiamo scor gere delle eccezioni alla regola generale nel periodo dei Maccabei e al tempo della persecuzione di Adriano, quantunque tra questi periodi e dopo il 1 5 0 prevalesse la connessione generale della sofferenza con il castigo divino.19 Supponendo che questa sia una descrizione accurata, si vede subito che siamo dinanzi ad una sto1 5 . Robinson,
The Problem o/ History in Mark, Reconsidered: USQR 20 ( 1965) 16. Tra;ectories, 104. 1 7 . The Johannine Tra;ectory, in Tra;ectories, 235, 266-268, cfr. prima The Pro blem of History in Mark, Reconsidered, 137. i8. Cfr. SandmCl, The First Christian Century, 24. 1 9 . V. sotto, cap. primo, sez. settima; Rabbi Akiba's View of Suffering: JQR 63 ( 1973) 332-35 1 . Nessuna delle due trattazioni fornisce una storia completa, ma vi r 35;
cfr. 137.
si possono cogliere molti dei punti salienti.
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Introduzione
ria (o al sommario di una storia) ma non dinanzi ad una sequenza evolutiva. La storia rivela una prospettiva costante e persistente, interrotta solo occasionalmente da eventi esterni . Non oserei nemmeno descrivere il consolidarsi del giudaismo rabbinico a Jamnia e in seguito a Usa come il punto finale di una traiettoria (che comincia dove? con Esdra? con i l;asidim? con gli scribi? ) , anche se è possibile tracciare un quadro abbastanza soddisfacen te degli eventi storici che condussero a quel consolidarsi. Il giu daismo rabbinico non è necessariamente il punto terminale dello sviluppo di una sequenza (anche se retrospettivamente potrebbe sembrarlo) ; è il risultato di fatto di concreti eventi storici, ivi in cluse, tra le altre cose, due guerre chiaramente distruttive. Si può comprendere storicamente come il giudaismo rabbinico si formò senza ricorrere alla teoria dello sviluppo di sequenze, e il termi ne traiettoria può certo essere usato, ma nulla aggiunge alla rico struzione storica, mentre può offuscarla introducendo la nozione di sviluppo costante in una sequenza tanto logica che cronologica . Nel corso della sua critica delle categorie usate dagli studiosi, Robinson si oppone alle categorie «palestinese» ed «ellenistico» , che presupporrebbero «una corrispondenza, in realtà inesistente, tra confini geografici e confini culturali» .20 È incerto che cosa egli intenda con «inesistente» . Una certa corrispondenza di certo esi steva. Vivere ad Atene era, da un punto di vista culturale, la stes sa cosa che vivere a Gerusalemme? È da presumere che egli voglia dire «semplicistico» , ma l'aggettivo «inesistente» semplifica e gualmente troppo la materia, esattamente come una netta e rigi da distinzione tra «palestinese» ed «ellenistico» .21 Non avendo accettato la proposta di Robinson di studiare la storia religiosa in termini di traiettorie (pur rimanendo, io spero, aperto alla dimensione storica ed evolutiva) , devo ora riaffermaTrajectories, 8. Sandrnel ha spesso notato la tendenza ad ignorare ovvie differenze tra il mon do ellenistico e il giudaismo palestinese, nello sforzo di correggere l'immagine semplicistica di una distinzione netta e salda. V. specialmente le osservazioni in Tbe First Christian Century, 46 n. 26 ( «Ulla ellenizzazione ristrettai.). Cfr. inoltre il mio The Covenant as a Soteriological Category and the Nature of Salvation in Palestinian and Hellenistic Judaism, in Jews, Greeks and Christians, ed . Hamer ton-Kelly e Scroggs, 1976, 1 1-44. 20.
21.
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Fonti
re, contro Robinson, la convinzione che vi siano elementi di vali dità nella discussione di caratteristiche generali, in materia reli giosa, prevalenti in un determinato ambito geografico e culturale. Penso che sia in certo modo corretto, ad esempio, parlare di «pla tonismo» con riferimento alla concezione, diffusa nel mondo el lenistico, secondo cui il vero va identificato con l'immutabile. Ro binson potrebbe obiettare che si tratta di una categoria troppo es senzialistica e insufficientemente dinamica," ed è possibile che qualcuno possa produrre una storia di questa concezione, ma la categoria del platonismo, definita come sopra, denota a mio pa rere qualcosa di reale nel mondo antico. (Si tratta, per inciso, di una concezione la cui assenza spicca nella maggior parte del giu daismo antico) . In altri termini, è importante considerare non so lo la possibilità di movimenti verticali nel diagramma storico, ma anche il contesto orizzontale del pensiero religioso. È il contesto orizzontale che cerco di scoprire ponendomi alla ricerca del mo dello di una determinata religione in un dato ambito geografico e culturale. Il termine «modello» può denotare quella visione sta tica che Robinson deplora: non è nelle mie intenzioni. Il lavoro di Robinson è utile perché ci invita a non ricostruire il pensiero religioso mettendo tutti gli ingredienti disponibili in quello che Morton Smith da qualche parte ha chiamato «stufato atempora le» e cercherò in ogni sezione di non chiudere gli occhi dinanzi ai mutamenti storici. Ma non dubito che i vari tipi di giudaismo che verranno qui presi in considerazione sono abbastanza stabili ed omogenei (non immobili) da consentire di prendersi la responsa bilità di una indagine sul contesto religioso generale in termini