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Italian Pages [371] Year 1998
Mezzi di • • c0Inun1caz1one e Inodernità
Una teoria sociale dei media
il Mulino Saggi
I lettori che desiderano informarsi sui libri e sull'insieme delle attività della Società editrice il Mulino possono consultare il sito Internet: http://www.mulino.it
JOHN B. THOMPSON
Mezzi di comunicazione e modernità Una teoria sociale dei media
IL MULINO
ISBN 88-15-06567-9 Edizione originale: The Media and Modernity. A Socia! Theory o/ the Media, Cambridge, Polity Press, 1995. Copyright © 1995 by John B. Thompson. Copyright © 1998 by Società editrice il Mulino, Bolo gna. Traduzione di Paola Palminiello. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettua ta, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.
Indice
Prefazione Introduzione
I.
Comunicazione e contesto sociale
p.
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1. Azione, potere e comunicazione. - 2. L'uso dei mezzi di comunicazione. - 3. Alcune caratteristiche della «comunicazione di massa». - 4. La riorganizza zione di spazio e tempo. - 5. Comunicazione, appro priazione e vita quotidiana.
II.
I media e lo sviluppo delle società moderne
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1. Alcune caratteristiche istituzionali delle società moderne. - 2. Comunicazione, mercificazione e la nascita della stampa. - 3. La nascita del commercio delle notizie. - 4. La teoria della sfera pubblica: una valutazione preliminare.'- 5. Lo sviluppo dell'indu stria dei media: uno sguardo d'insieme.
III.
La nascita dell'interazione mediata
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1. Tre tipi di interazione. - 2. L'organizzazione so ciale della quasi-interazione mediata. - 3. Azione a distanza I: agire per altri lontani. - 4. Azione a di stanza Il: azione di risposta in contesti lontani.
IV.
La trasformazione della visibilità
169
1. Pubblico e privato. - 2. Il pubblico senza luogo: la nascita della pubblicità mediata. - 3. Il controllo
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Indice della visibilità. - 4. I limiti del controllo: gaffe, scan dali e altre fonti di guai.
V.
VI.
La globalizzazione della comunicazione
p. 211
1. L'emergere di reti di comunicazione globali. - 2. La comunicazione globale oggi: una visione d'insie me. - 3. La teoria dell'imperialismo culturale: un riesame. - 4. Diffusione globale e appropriazione lo cale: verso una teoria della globalizzazione dei media.
Nuovi approdi della tradizione
253
1. La natura della tradizione. - 2. La tradizione e i media I: la tradizione distrutta? - 3. La tradizione e i media II: la tradizione dislocata. - 4. Popolazioni che emigrano e tradizioni nomadi: alcune fonti del conflitto culturale.
VII. Il sé e l'esperienza in un mondo mediato
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1. Il sé come progetto simbolico. - 2. Intimità non reciproca a distanza. - 3. Il dissequestro dell' espe rienza e la sua mediatizzazione. - 4. Nuove opportu nità, nuovi fardelli: vivere in un mondo mediato.
VIII. Reinventare la sfera pubblica 1. La sfera pubblica oltre lo stato. - 2. La visibilità oltre il locale. - 3. Verso una democrazia rinnovata. - 4. Verso un'etica della responsabilità globale.
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Prefazione
In questo libro, elaboro e preciso alcune delle idee ab bozzate per la prima volta nel mio Ideology and the Modern Culture. In quel testo sostenevo che, se vogliamo compren dere le trasformazioni culturali associate alla nascita delle società moderne, dobbiamo riconoscere un ruolo di centra le importanza allo sviluppo dei mezzi di comunicazione e al loro impatto. In questo volume, tento di precisare quella tesi, esaminando in modo approfondito la natura dei mezzi di comunicazione e le loro mutevoli forme, l'emergere del l'industria dei media, di cui sono inoltre analizzate alcune recenti tendenze, e, soprattutto, cerco di dimostrare che lo sviluppo dei mezzi di comunicazione è indissolubilmente intrecciato con le principali trasformazioni istituzionali che caratterizzano il mondo moderno. Mio primo interesse è esplorare queste interconnessioni, tracciarne i contorni e analizzarne le implicazioni e, mi auguro, gettare un po' di luce sul nostro mondo contemporaneo saturato di media, badando però a non concentrare l'attenzione esclusivamen te sul presente. Devo molto a diversi amici e colleghi. Merita un ringraziamen to particolare Lizbeth Goodman: mi ha dato molti utili suggeri menti, mi ha incoraggiato e sostenuto instancabilmente. Anthony Giddens e David Held mi hanno aiutato a dare forma agli interessi di questo libro; in seguito, ne hanno anche letto una prima versio ne, commentandola con osservazioni preziose. Peter Burke, James Lull, William Outhwaite e Annabelle Sreberny-Mohammadi mi hanno dedicato tempo e utili consigli; Michelle Stanworth, Henrietta Moore, Helga Geyer-Ryan e Peter e Karin Groombridge sono stati amici meravigliosi e consiglieri instancabili. Inoltre vorrei ringra ziare Avril Symonds e Ann Bone per il loro paziente lavoro di redazione del testo.
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Introduzione
Io ho detto che, quanto al mio pensier et creder, tutto era un caos, cioè terra, aere, acqua et foco insieme; et quel volume andan do così fece una massa, aponto come si fa il formazo nel latte, et in quel deventorno vermi, et quelli fumo li angeli; et la santissima maestà volse che fosse Dio et li angeli; et tra quel numero de angeli ve era ancho Dio creato anchora lui da quella massa in quel medesrno tempo, et fu fatto signor 1 •
Queste parole, pronunciate nel sedicesimo secolo da un mugnaio di Montereale, un piccolo villaggio del Friuli, ci colpiscono oggi come vestigia di un'epoca lontana. Non ci è facile considerare con serietà la visione del mondo che trasmettono, o capire perché chi le ha pronunciate - un certo Domenico Scandella, detto Menocchio - abbia dovu to pagare così a caro prezzo le sue bizzarre credenze. (Menocchio fu interrogato, imprigionato e alla fine condan nato a morte.) E tuttavia, nonostante la distanza che separa il mondo di oggi dal mondo del sedicesimo secolo del mu gnaio della storia, ci lega a lui una caratteristica sociale di fondamentale importanza. Infatti, diversamente da molti dei suoi compaesani, Menocchio sapeva leggere. Tra le altre cose, Menocchio aveva letto Il cavallier Zuanne de Mandavi/la, una traduzione del celebre libro di viaggi attribuito a John Mandeville. Scritto originariamente alla metà del quattordicesimo secolo, nel corso del sedicesimo
1 C. Ginzburg, Il formaggio e i vermi, Torino, Einaudi, 1976, p. 8. La mia analisi di questo esempio è basata sulla ricostruzione proposta da Ginzburg- una ricostruzione brillante e condotta con l'acume dell'inve stigatore - della vita e della concezione del mondo di Menocchio, un mugnaio processato per le sue credenze eretiche in due diverse circo stanze, e alla fine condannato al rogo per ordine del Sant'Uffizio.
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Introduzione
fu ristampato più volte e diffuso ampiamente in tutt'Euro pa. Menocchio vi aveva letto di terre lontane abitate da popolazioni i cui costumi, leggi e fedi differivano profonda mente dai suoi; di popoli che adoravano il sole, il fuoco o ancora effigi e idoli; di isole abitate da cannibali, pigmei e uomini dalla testa di cane. Queste descrizioni lo avevano profondamente turbato, e spinto a mettere in dubbio i fon damenti delle sue stesse credenze. Gli avevano aperto una finestra su un altro mondo, un mondo in cui egli era potuto temporaneamente entrare e dal quale aveva contemplato con quel genere di turbamento che spesso accompagna la scoperta di alternative - il mondo della sua vita quotidiana a Montereale. Che Menocchio fosse un uomo di immaginazione non comune è indubbio. La bizzarra cosmogonia che propone va era una sua creazione personale, e probabilmente i suoi compaesani consideravano le idee che esprimeva con un misto di cautela, sconcerto e soggezione. Nel corso dell'in terrogatorio che dovette sostenere, Menocchio rivendicò a più riprese la paternità di quelle idee ( «opinioni cavate del mio cervello»). E tuttavia questa non era che una parte della verità. Menocchio aveva letto, infatti, diversi libri, traendo ne molte idee. La sua viva immaginazione le aveva rielaborate, riempite di significato, e mischiate l'una all'altra e ad idee tratte dalle tradizioni orali della vita rurale. Le concezioni di Menocchio rappresentavano senza dubbio il prodotto di una mente unica e irrequieta, e tuttavia, ciò che le aveva rese possibili era una trasformazione sociale le cui origini si trovavano altrove e il cui influsso si sarebbe esteso ben al di là dei villaggi del Friuli. All'epoca in cui il processo a Menocchio ebbe inizio, nel 1584, le macchine tipografiche erano all'opera in tutt'Euro pa già da più di cent'anni. Producevano una valanga di materiali stampati, una valanga che crescendo sempre più di dimensioni avrebbe gradualmente trasformato le condi zioni di vita della maggioranza degli individui. All'inizio, il suo impatto si fece sentire principalmente nei grandi centri urbani, tra le élite colte che detenevano il potere. Ma poiché la quantità dei materiali stampati cresceva senza sosta, in 10
Introduzione
poco tempo riuscirono ad accedere ai mondi da essi dischiusi anche le persone comuni come Menocchio - un mugnaio autodidatta di umili origini. Per quanto strane ci possano oggi apparire le sue idee, Menocchio era il messaggero di un'epoca nuova, un'epoca in cui le forme simboliche si sarebbero diffuse ben al di là dei luoghi condivisi della vita quotidiana, e la circolazione delle idee avrebbe travolto i confini degli scambi verbali nelle interazioni faccia a faccia. L'obiettivo di questo libro è tracciare le linee generali delle trasformazioni - questa e le successive - di ciò che definirò l'organizzazione sociale del potere simbolico, ed · esplorare alcune delle loro conseguenze per il tipo di mon do in cui oggi viviamo. Cercherò di dimostrare che lo svi luppo dei mezzi di comunicazione - dalle prime forme di stampa alle varietà più recenti di comunicazione elettronica - ha avuto un ruolo di fondamentale importanza nella na scita delle società moderne. Esso si è intrecciato in modi complessi con un certo numero di altri processi di cambia mento che hanno condotto a ciò che oggi chiamiamo «mo dernità». Perciò, se vogliamo comprendere la natura di quest'ultima - ossia, le caratteristiche istituzionali delle so cietà moderne e le condizioni di vita da esse create - allora dobbiamo assegnare allo sviluppo dei mezzi di comunica zione e al loro impatto un ruolo di decisiva importanza. Può forse sorprendere che tra le opere dei sociologi che si sono occupati della nascita delle società moderne, solo poche abbiano analizzato i mezzi di comunicazione con la serietà che essi meritano. Un considerevole corpo di studi in storia della società e della cultura si è occupato dell'im patto della stampa nell'Europa della prima modernità ein altre regioni del mondo, e una letteratura piuttosto ampia affronta i più recenti sviluppi dell'industria mediale; ma negli scritti dei sociologi, l'interesse per i mezzi di comuni cazione si fa notare soprattutto per la sua assenza. Perché questa indifferenza? In parte, è senza dubbio dovuta a un certo atteggiamento di sospetto. Ai teorici interessati ai processi di cambiamento sociale a lungo termine, è proba bile che i mezzi di comunicazione appaiano come una realtà superficiale ed effimera, una realtà sulla quale poco o nulla 11
Introduzione
si può dire di sostanziale. Ma vi sono anche altre ragioni che aiutano a spiegare questa trascuratezza, ragioni radicate più in profondità sia sotto il profilo storico sia dal punto di vista teorico. Quando i sociologi oggi riflettono sui tratti generali dello sviluppo della modernità, in genere procedono lungo linee profondamente plasmate dal lascito del pensiero so ciale classico. Mutuano i loro punti di riferimento dall'ope ra di autori che, poiché scrivevano tra il diciannovesimo secolo e l'inizio del ventesimo, cercavano di dare un senso alle società industriali che vedevano prendere forma intor no a loro. Nella maggioranza dei casi, i sociologi classici non hanno attribuito un ruolo di grande importanza allo sviluppo dei mezzi di comunicazione. A loro avviso, la dina mica culturale fondamentale legata alla nascita delle società moderne stava altrove: consisteva, innanzitutto, nei proces si di razionalizzazione e secolarizzazione attraverso i quali le società moderne si sarebbero gradualmente sbarazzate, si pensava, dei gravami del passato. Era una nobile immagine, una narrazione grandiosa nella tradizione del racconto epi co, che dipingeva le forze progressive dalla ragione e dei lumi in lotta contro le oscure fortificazioni del mito e della superstizione. Ed è un'idea che anche oggi avvince l'imma ginazione teoretica, dividendo gli studiosi contemporanei negli opposti fronti di chi vuole difendere e affinare quella narrazione, e chi invece è propenso a respingerla come un ennesimo mito. La ricostruzione che suggerirò qui ha poco in comune con il nobile dramma di questa grandiosa narrazione. In luogo della piuttosto eterea battaglia tra le forze della ragione e quelle dèl mito, mi occuperò di una serie di sviluppi documentabili con ragionevole precisione e dotati di chiari fondamenti istituzionali, dalle piccole macchine tipografiche della fine del quindicesimo secolo agli smisurati conglomerati della comunicazione di oggi. Esaminerò la graduale espan sione delle reti di comunicazione e informazione, reti che, a partire dalla metà del diciannovesimo secolo, hanno pro gressivamente esteso la loro ampiezza fino a diventare glo bali. Analizzerò i modi in cui tali reti si sono intrecciate con 12
Introduzione
altre forme di potere - economico, politico e militare -, esaminando inoltre come attori, sia individuali sia collettivi, le abbiano utilizzate per perseguire i loro scopi. Ma mi preoccuperò anche di dimostrare che, nonostante il loro carattere terreno, tali processi hanno generato conseguenze di vasta portata. Una tesi centrale di questo libro è che possiamo com prendere l'impatto sociale dello sviluppo di nuove reti di comunicazione e informazione solo se mettiamo da parte l'idea intuitivamente plausibile secondo cui i mezzi di co municazione servirebbero a trasmettere informazioni e con tenuti simbolici, ma lasciando le relazioni tra individui fon damentalmente immutate. Dobbiamo riconoscere, inve-ce, che l'uso dei mezzi di comunicazione implica la creazione I di nuove forme di azione e interazione nel mondo sociale, di nuovi tipi di relazioni, e di nuovi modi di rapportarsi agli· altri e a se stessi. Utilizzando i mezzi di comunicazione, le persone entrano in forme d'interazione che differiscono dal· modello di relazione facda a faccia che caratterizza la mag gior parte degli incontri della vita quotidiana sotto aspetti importanti. Sono in grado di agire per persone fisicamente assenti, o in risposta ad altre che si trovano in luoghi lonta-. ni. L'uso dei mezzi di comunicazione trasforma radicalmen- · te l'organizzazione spazio-temporale della vita sociale, ere-' ando nuove forme di azione e interazione e nuovi modi di esercitare il potere, forme e modi per la prima volta indi pendenti dalla condivisione di un medesimo ambiente. Richiamare l'attenzione su questa trasformazione in ge nerale è assai facile. Più difficile è analizzarla in modo rigo roso e seguirne le implicazioni per la vita sociale e politica. Molti dei capitoli che seguono sono un tentativo - certa mente parziale e talvolta senza dubbio incerto - di analizza re tale trasformazione e di esplorarne le implicazioni più rilevanti. I due primi capitoli preparano la strada, sia dal punto di vista teorico sia sotto il profilo storico. Nel primo, analizzo la natura dei mezzi di comunicazione alla luce di una teoria sociale più ampia; tale capitolo getta le basi per una teoria sociale dei media analizzando i contesti sociali strutturati all'interno dei quali tutte le comunicazioni - non 13
Introduzione
escluse quelle mediate - hanno luogo, e rispetto ai quali vanno tutte comprese. Il secondo capitolo sposta l'analisi sul piano storico. Basandomi sulla struttura teorica elabora ta nel primo, propongo una reinterpretazione generale del le principali trasformazioni associate alla nascita delle so cietà moderne, sottolineando in particolare lo sviluppo del le istituzioni mediali e l'emergere di nuove reti di comuni cazione e informazione. Nel terzo capitolo, sviluppo la tesi secondo cui l'uso dei mezzi di comunicazione ha introdotto nel mondo moderno nuove forme di azione e interazione, e cerco di analizzare tali forme il più rigorosamente e precisamente possibile. Questa tesi è ulteriormente sviluppata nel quarto capitolo, dove analizzo l'impatto dei mezzi di comunicazione sulla relazione tra pubblico e privato, e sul legame - un legame in mutamento - tra visibilità e potere. Cerco di dimostrare che alcuni fenomeni che sono oggi caratteristiche pervasive e inquietanti dell'arena politica - come il frequente divampa- re di scandali di vario tipo - sono radicati in una serie di importanti trasformazioni riguardanti la visibilità mediat. del potere. Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione non solo ha reso visibile il potere in modi nuovi, ma lo ha fatto su una scala senza precedenti: la visibilità assicurata dai media è oggi effettivamente globale. Questa circostanza è il risultato di un complesso processo di globalizzazione le cui origini possono essere fatte risalire almeno alla metà del dicianno vesimo secolo. Le sue caratteristiche e conseguenze sono il tema del quinto capitolo. Cerco di dimostrare che la globa lizzazione della comunicazione si è intrecciata con altri pro cessi di sviluppo costitutivi delle società moderne; e sosten go che, se vogliamo comprendere le conseguenze di tali sviluppi, dobbiamo tener conto dei particolari contesti al l'interno dei quali i prodotti dei media globalizzati sono ricevuti e interpretati. I capitoli sesto e settimo analizzano alcuni dei modi in cui lo sviluppo dei mezzi di comunicazione ha influito sulla vita quotidiana degli individui. Nel sesto capitolo, concen tro l'attenzione sulla natura della tradizione e il mutare del 14
In traduzione
suo ruolo: la crescente diffusione dei prodotti dei media ha contribuito a minare i modi di vita tradizionali, come molti osservatori hanno assunto? O si può invece sostenere che i mezzi di comunicazione hanno infuso nelle tradizioni nuo va vita, sradicandole dal loro contesto d'origine, inserendo le in diaspore culturali e fornendo agli individui fonti d'iden tità non più legate a luoghi particolari? Il settimo capitolo concentra l'attenzione sul sé e sui modi in cui il processo di autoformazione è influenzato dall'abbondanza dei materia li mediati. Cosa significa vivere in un mondo in cui la pos sibilità di sperimentare eventi non è più determinata dal1' eventualità di imbattersi in essi lungo i sentieri spazio temporali della vita quotidiana? Il capitolo conclusivo solleva questioni di tipo normativo riguardanti il ruolo che le istituzioni mediali possono, e dovrebbero, giocare quali condizioni di possibilità di un modello di vita autonomo e responsabile. Sostengo che molti dei nostri tradizionali modi di pensare a questioni sociali e politiche sono plasmati da un modello di vita pub- i blica che trae origine dàl mondo antico, dall'agorà della Grecia classica, un modello che prevede che gli individui possano riunirsi in uno stesso spazio e discutere temi di comune interesse. Ma questo modello tradizionale di sfera pubblica come compresenza assomiglia poco alla realtà con creta del mondo della fine del ventesimo secolo. È necessa rio inventare una nuova idea di sfera pubblica, un'idea che sappia riflettere le complesse interdipendenze del mondo moderno e riconoscere la crescente importanza delle forme di comunicazione e interazione non faccia a faccia. La trattazione è basata su una ricca e varia letteratura di storia della cultura e delle comunicazioni, e di teoria (e ricerca) della comunicazione, della cultura e dei media. E tuttavia, questo volume intende essere in primo luogo uno studio di teoria sociale, non un contributo a una letteratura specialistica nel campo delle comunicazioni. Ho cercato di porre rimedio all'indifferenza nei confronti dei mezzi di comunicazione mostrata dalla sociologia, e di dimostrare che, se prendiamo i media seriamente, scopriamo quanto importanti siano le loro implicazioni per alcuni degli inte15
Introduzione
ressi centrali del pensiero sociale e politico. Al tempo stes so, tuttavia, ho anche cercato di evitare che la mia attenzio ne per i mezzi di comunicazione diventasse tanto unilatera le quanto lo è stata l'indifferenza fin qui mostrata: non è possibile studiare lo sviluppo dei media prescindendo da processi storici e sociali più ampi. La teoria sociale ha tanto da offrire alla ricerca sulle comunicazioni quanto ha da guadagnarne; e una teoria sociale dei media può aiutare a riportarne l'analisi nel campo di studio cui a mio avviso appartiene: tra l'insieme delle teorie che si occupano del1'emergere, dello sviluppo e delle caratteristiche strutturali delle società moderne, nonché dei loro destini. Nello sviluppare le mie tesi mi sono liberamente basa to anche sulla letteratura contemporanea di sociologia e teoria della cultura. Sono tre le tradizioni di pensiero di particolare rilievo per i temi qui in discussione e che mi hanno aiutato a modellare l'orientamento generale della mia trattazione. Una è la tradizione della teoria critica elaborata dalla Scuola di Francoforte2• Dubito che ci sia molto da salvare negli scritti dei fondatori di tale scuola, nelle opere, per esempio, di Horkheimer, Adorno e Marcuse; le loro critiche a quella che hanno chiamato «industria culturale» erano eccessivamente negative e radicate in una concezione discutibile delle società mo derne e delle loro tendenze di sviluppo3 • Ma la prima spiegazione di Habermas dell'emergere e mutare della sfe-, ra pubblica è un lavoro che merita ancora un'attenta con-
2 Si vedano M. Horkheimer e T. W. Adorno, Dialektik der Au/klà'rung, Philosophische Fragmente, Amsterdam, Querido, 1947, trad. it. Dialetti ca del!' illuminismo, Torino, Einaudi, 1966, e in particolare il saggio L'industria culturale. Illuminismo come mistificazione di massa, pp. 130180; e di T.W. Adorno la raccolta di saggi The Culture Industry: Selected Essays on Mass Culture, a cura di J.M. Bernstein, London, Routledge,
1991. 3 Per una valutazione del contributo allo studio dei media dei fondatori della teoria critica, si vedano D. Kellner, Critica! Theory, Marxism and Modernity, Cambridge, Polity Press, 1989, capp. V e VI; eJ.B. Thompson,
Ideology and Modern Culture: Critica! Socia! Theory in the Era o/ Mass Communication, Cambridge, Polity Press, 1990, cap. Il.
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Introduzione
siderazione4 • Punto di forza di tale opera è la tesi che elegge lo sviluppo dei mezzi di comunicazione a elemento costitutivo della formazione delle società moderne. Habermas sostiene che i materiali stampati che circolava no nell'Europa della prima modernità hanno giocato un ruolo di decisiva importanza nella transizione dall'asso lutismo alla democrazia liberale, e che, grazie ai media, l'opinione pubblica si sarebbe articolata in forme critiche. Come vedremo, l'argomentazione di Habermas è da diver si punti di vista poco convincente; ed è chiaro, a mio avviso, che essa non può essere riproposta oggi nella sua forma originaria. Ma la prospettiva che sta alla base della . trattazione di Habermas continua a ragione a meritare il nostro rispetto. La seconda tradizione su cui liberamente mi baserò è quella che trae origine dai lavori dei cosiddetti teorici dei media. Il più noto di tali autori è, naturalmente, Marshall McLuhan; ma il più originale e acuto è stato probabilmente il connazionale e maestrq di McLuhan, Harold Innis. Scri vendo tra il 1940 e i primi anni del decennio successivo, Innis è stato il primo ad esplorare in modo sistematico le relazioni tra i mezzi di comunicazione da un lato, e l'orga nizzazione spazio-temporale del potere dall'altro5 • La sua teoria delle «tendenze» della comunicazione- detto in modo semplice, che mezzi differenti favoriscono modi diversi di organizzare il potere politico: centralizzato, decentralizzato, esteso nel tempo o nello spazio, e così via - è senza dubbio troppo schematica per spiegare i molti aspetti che le rela zioni tra comunicazione e potere hanno assunto nel corso 4 Si veda J. Habermas, Strukturwandel der Oe//enlichkeit, Neuwied, Hermann Luchterhand, 1962, trad. it. Storia e critica del!'opinione pub blica, Bari, Laterza, 1971. 5 Si vedano H.A. lnnis, Empire and Communication, Oxford, Oxford University Press, 1950, e The Bias o/Communications, Toronto, University of Toronto Press, 1951, trad. it. Le tendenze della comunicazione, Mila no, SugarCo, 1982. Per una valutazione positiva del contributo di Innis, si veda J.W. Carey, Space, Time and Communications: A Tribute to Harold Innis, in Communication as Culture: Essays on Media and Society, Boston, Unwin Hyman, 1989, pp. 142-172.
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Introduzione
della storia. Ma Innis mette giustamente in evidenza il fatto che i mezzi di comunicazione sono importanti per l' organiz zazione del potere in quanto tali, a prescindere dai messaggi che trasmettono. Il suo approccio è stato ripreso e sviluppa to da altri - da McLuhan, certamente, ma anche da alcuni autori più recenti, come Joshua Meyrowitz, che combina in modo ingegnoso un'analisi dei mezzi elettronici ispirata a McLuhan con una spiegazione dell'interazione sociale trat ta da Goffman6 • Senonché, quando si occupa dell'organiz zazione sociale dell'industria dei media, dei modi in cui questi si intrecciano alla distribuzione diseguale del potere e delle risorse, e di come gli individui diano un senso ai prodotti mediali e li incorporino nella loro vita, questa tradizione si rivela molto meno feconda. La terza scuola cui la mia trattazione si ispira è quella ermeneutica, una tradizione che, detto in termini generali, si occupa dell'interpretazione contestualizzata delle forme sim boliche. Tra i contributi di tale tradizione ricordo le opere di Gadamer e di Ricoeur, ma anche i lavori di orientamento antropologico di Clifford Geertz7 . Ciò su cui l'ermeneutica insiste è che la ricezione delle forme simboliche - prodotti mediali compresi - presuppone sempre un processo di inter pretazione contestualizzato e creativo, in cui gli individui danno un senso ai messaggi ricevuti utilizzando le risorse a 6 Si veda J. Meyrowitz, No Sense o/ Place: The Impact o/ Electronic Media on Socia! Behavior, New York, Oxford University Press, 1985, trad. it. Oltre il senso del luogo. L'impatto dei media elettronici sul comportamento sociale, Bologna, Baskerville, 1993. 7 Si vedano in particolare H.G. Gadamer, Wahrheit und Methode, Tiibingen,J.C.B. Mohr, 1960, trad. it. Verità e metodo, Milano, Bompiani, 1983; di P. Ricoeur la raccolta di saggi ( originariamente pubblicati tra il 1970 e il 1979) Hermeneutics and the Human Sciences: Essays on Language, Action and Interpretation, a cura diJ.B. Thompson, Cambridge, Cambridge University Press, 1981; C. Geertz, The Interpretation o/ Cultures, New York, Basic Books, 1973, trad. it. Interpretazione di culture, Bologna, Il Mulino, 1987. Sull'importanza di tale tradizione per lo studio dei media, si veda P. Dahlgren, The Modes o/ Reception: Far a Hermeneutic o/ TV News, in P. Drummond e R. Patterson (a cura di), Television in Transition, London, British Film lnstitute, 1985, pp. 235-249; Thompson, Ideology and Modern Culture, cit., cap. VI.
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Introduzione
loro disposizione. Essa richiama inoltre la nostra attenzione sul fatto che l'attività di «appropriazione» fa parte di un processo di autoformazione protratto nel tempo, attraverso il quale gli individui sviluppano il loro senso di sé e degli altri, della loro storia, del posto che occupano nel mondo e dei gruppi sociali cui appartengono. Sottolineando la natura creativa, costruttiva e sociale dell'interpretazione, l'ermeneutica si avvicina alla ricerca antropologica più recen te sulla ricezione dei prodotti dei media, arricchendola tutta via al tempo stesso delle risorse di una tradizione incentrata sul legame tra interpretazione e autoformazione. Forse alcuni lettori troveranno sorprendente che un libro sulla teoria sociale e sui media utilizzi così poco quella lette ratura indicata in genere (senza dubbio in modo piuttosto crudo) con l'etichetta di «post-strutturalismo» o «post modernismo». Non è questo il luogo per spiegare nei dettagli le ragioni della mia insoddisfazione per gran parte di questa letteratura; alcune di esse emergeranno nelle prossime pagi ne. Qui si può osservare che, per quanto riguarda il post modernismo o la post-modernità, abbiamo davvero pochi indizi per sostenere che gli abitanti del mondo del ventesimo secolo siano da poco entrati in una nuova era, e che le porte aperte dall'avvento delle società moderne si siano richiuse alle loro spalle. Se i dibattiti scatenati dal post-modernismo ci hanno insegnato qualcosa, non si tratta della tesi secondo cui i processi di sviluppo caratteristici delle società moderne ci avrebbero spinti verso una nuova e non ancora definita era, ma piuttosto che le cornici teoriche tradizionali per comprendere quei processi sono, da molti punti di vista, tristemente inadeguate. Oggi non abbiamo bisogno di una teoria di una nuova era, ma piuttosto di una nuova teoria di un'epoca i cui tratti generali hanno preso forma diverso tem po fa, ma le cui conseguenze ci restano in parte ancora igno te. Se mettiamo da parte la retorica alla moda e concentriamo l'attenzione sulle profonde trasformazioni sociali che model lano le nostre vite, possiamo scoprire che condividiamo con i nostri antenati - forse persino con lo sfortunato mugnaio di Montereale - molto più di quanto gli autori contemporanei vorrebbero darci ad intendere. 19
CAPITOLO PRIMO
Comunicazione e contesto sociale
Gli esseri umani si sono sempre impegnati nella produ� zione e nello scambio di informazioni e contenuti simbolici, in tutte le società. Dalle prime forme di gestualità e linguag gio fino agli sviluppi più recenti della tecnologia informati ca, la produzione, l'immagazzinamento e la circolazione di informazioni e contenuti simbolici hanno sempre rappre sentato aspetti centrali della vita sociale. EJl}!J�_yi_� i __c;griJc:> svUup,,po di alcune particolari istituzioni della comunicazio ne - uno sviluppo avviatosi alla fine del quindicesimo seco lo - i processi di produzione, stoccaggio e circolazione si sono trasformati in certi modi particolari: sono stati coin volti in una serie di trasformazioni istituzionali, le trasfor mazioni che definiscono l'era moderna. In virtù di tali svi luppi, le forme simboliche sono state prodotte e riprodotte su una scala sempre più ampia; sono state trasformate in. merci che si vendono e acquistano sul mercato; e rese acces sibili ad individui tra loro lontani nello spazio e nel tempo. Lo sviluppo dei media nel mondo moderno ha trasformato la natura della produzione e dello scambio simbolico in modo profondo e irreversibile. In questo capitolo, comincerò ad esaminare l�_ nnee generali di tale trasformazione considerando alcune deffe caratteristiche della comunicazione mediata. Svilupperò un approccio ai media che è fondamentalmente «culturale», vale a dire un approccio che si occupa sia del contenuto di significato delle forme simboliche sia della loro contestua lizzazione sociale 1 • Da un lato, è importante sottolineare
1 Per un approfondimento della nozione di analisi culturale, si veda J.B. Thompson, Ideology and Modern Culture: Critica! Socia! Theory in the Era o/Mass Communication, Cambridge, Polity Press, 1990, cap. III.
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Comunicazione e conteJto wciale
che i mezzi di comunicazione hanno una dimensione sim bolica irriducibile: riguardano la produzione, l'immagazzi namento e la circolazione di materiali che gli individui con siderano dotati di significato. È facile perdere di vista questa dimensione simbolica e occuparsi esclusivamente delle ca ratteristiche tecniche dei mezzi di comunicazione. Come vedremo, tali caratteristiche sono indubbiamente impor tanti; e tuttavia, non dovremmo consentire che la loro rilevanza oscuri ciò in cui lo sviluppo dei mezzi di comuni cazione fondamentalmente consiste: esso è una rielaborazione del carattere simbolico della vita sociale, una riorganizzazione dei modi in cui le informazioni e i contenuti simbolici sono prodotti e scambiati nel mondo sociale, e una ristrutturazione dei modi in cui gli individui si rapportano l'uno all'altro e a se stessi. Se «l'uomo è sospeso su una rete di significati che lui stesso ha tessuto», come Geertz ha una volta osservato2 , allora i mezzi di comunicazione sono i filatoi del mondo moderno, e utilizzandoli gli esseri umani tessono reti di significato per loro stessi. Dall'altro, è importante anche sottolineare che la comu nicazione mediata è sempre un fenomeno sociale conte stualizzato: è immerso in contesti sociali strutturati in vari modi, contesti che a loro volta esercitano un effetto struttu rante sulla comunicazione che in essi ha luogo. Di nuovo, è facile perdere di vista questo aspetto. Poiché la comunica zione mediata è in genere «fissata» su un sostrato materiale di qualche tipo - parole scritte su un foglio, per esempio, o immagini impresse su una pellicola - è facile concentra.re l'attenzione sul contenuto simbolico dei messaggi dei media e ignorare il complesso insieme di condizioni sociali che sono alla base della produzione e della circolazione di que sti messaggi. È una tendenza che cercherò risolutamente di contrastare. Pur senza trascurare il contenuto simbolico dei messaggi dei media, svilupperò un approccio che sottolinea come la comunicazione mediata sia una componente inte2 C. Geertz, The Interpretation o/ Cultures, New York, Basic Books, 1973, trad. it. Interpretazione di culture, Bologna, Il Mulino, 1987.
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Comunicazione e contesto sociale
grante dei - e non possa essere intesa separatamente dai più ampi contesti della vita sociale. Nel primo paragrafo di questo capitolo, descriverò a" grandi linee alcuni aspetti dei contesti sociali all'interno dei quali dovremmo collocare la comunicazione in generale e la comunicazione mediata in particolare. Su questo sfondo, analizzerò successivamente alcune caratteristiche dei mezzi tecnici di comunicazione (paragrafo 2), e alcune peculiarità di quella che in genere viene definita «comunicazione di massa» (paragrafo 3 ). Il quarto paragrafo si occuperà dei modi in cui i mezzi di comunicazione riordinano le relazioni di spazio e tempo e modificano la nostra esperienza di entrambi. Nel paragrafo conclusivo del capitolo, esploro, infine, in forma introduttiva, la relazione tra la comunica zione mediata e i concreti contesti sociali all'interno dei quali tale comunicazione è ricevuta e compresa. 1. Azione} potere e comunicazione L'idea che la comunicazione sia una forma di azione è diventata un luogo comune. Da quando Austin ha osservato che pronunciare una frase significa svolgere un'azione, e non semplicemente riferire o descrivere qualche stato di cose3 , siamo tutti consapevoli del fatto che il parlare è un'at tività sociale attraverso cui gli individui stabiliscono e mo dificano le loro relazioni. Ma se la comunicazione è una forma di azione, allora l'analisi della prima deve essere basata almeno in parte su un'analisi della seconda e su una spiegazione della sua natura socialmente contestualizzata. Austin e la maggioranza dei successivi teorici dell'atto lin guistico non hanno sviluppato la loro tesi in questa direzio ne, e di conseguenza le loro spiegazioni degli atti linguistici tendono ad apparire piuttosto formali e astratte, separate
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Si veda J.L. Austin, How to Do Things with Words, a cura di M. Sbisà e J.O. Urmson, Oxford, Oxford University Press, 19742 , trad. it. Quando dire è /are, Torino, Marietti, 1974.
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dalle circostanze effettive in · cui gli individui utilizzano il linguaggio nel corso della loro vita quotidiana. Oggi possia mo far nostra l'osservazione di Austin solo abbandonando il suo approccio, e sviluppando una teoria sociale sostantiva dell'azione e dei tipi di potere, risorse e istituzioni su cui essa si basa. La spiegazione che svilupperò qui si fonda sull'assun .: zione secondo cui i fenomeni sociali possono essere consi derati come azioni intenzionali eseguite in contesti sociali strutturati4 • La vita sociale è costituita da individui che perseguono scopi e obiettivi di vario tipo. Nel far questo, essi agiscono sempre all'interno di insiemi di circostanze date, circostanze che dotano individui differenti di inclina zioni e opportunità diverse. Questi insiemi di circostanze possono essere definiti «campi d'interazione», per usare un termine fecondamente sviluppato da Pierre Bourdieu5 • Al l'interno di questi campi, gli individui occupano differenti posizioni, a seconda del tipo e quantità di risorse a loro disposizione. In alcuni casi, tali posizioni acquistano una certa stabilità in virtù di un processo di istituzionalizzazione - vengono inglobate in un complesso di regole, risorse e relazioni sociali relativamente saldo. Possiamo intendere le istituzioni come insiemi determinati di regole, risorse e re lazioni dotati di un qualche grado di resistenza nel tempo e di estensione nello spazio - regole, risorse e relazioni che vengono sistematizzate allo scopo di perseguire alcuni obiet tivi generali. Le istituzioni danno una forma definita ai campi di interazione preesistenti, e al tempo stesso creano al loro interno nuove posizioni e nuovi percorsi di vita per gli individui che le occupano.
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Una spiegazione sviluppata più dettagliatamente inJ.B. Thompson, Critica! Hermeneutics: A Study in the Thought o/ Paul Ricoeur and Jurgen Habermas, Cambridge, Cambridge University Press, 1981, cap. IV; e Ideology and Modern Culture, cit., cap. III. 5 Sul concetto di campo si vedano P. Bourdieu, La distinction: critique sociale du jugement, Paris, Minuit, 1979, trad. it. La distinzione. Critica sociale del gusto, Bologna, Il Mulino, 1983; Le sens pratique, Paris, Minuit, 1984; e Questions de sociologie, Paris, Minuit, 1980.
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La posizione di un individuo all'interno di un campo o i _Hin1zione è strettamente legata al potere che possiede. Nell'accezione più generale, i}p_QJ�!�_indica la c.apacità di agire in vista dei propri obiettivi e interessi, la çapachà di intervenire sul corso degli eventi e di influire sui loro esiti. Nell'esercitare ilpotere,_gli individui impiegano le risorse a loro disposizione; queste ultime costituiscono, infatti, gli strumenti che consentono alle persone di perseguire in modo efficace gli obiettivi e gli interessi che le muovono. Perciò, accumulando risorse di vari tipi, gli individui possono au mentare il loro potere - per esempio, accumulare risparmi per acquistare una proprietà. Per quanto sia possibile rac coglierle anche privatamente, le risorse sono spesso accu mulate all'interno di cornici istituzionali - le istituzioni sono, in effetti, basi di grandissima importanza per l'eserci� zio del potere. Gli individui che occupano posizioni domi nanti all'interno di grandi istituzioni dispongono spesso di molte risorse, e ciò consente loro di prendere decisioni e perseguire obiettivi le cui conseguenze sono di grande por.: tata. Inteso in questo modo generale, H poter� è un fenome no sociale pervasivo, caratteristico di dtversi' tipi di azioni e in_C()J1td, dalle iniziative apertamente politiche dei funzio nàri pubblici agli incontri quotidiani degli individui sulla strada. Se oggi tendiamo ad associare il potere alla sfera politica, ossia alle azioni di individui che agiscono nell'inte resse dello stato, ciò accade perché nel mondo moderno gli stati sono diventati luoghi di accentramento del potere par ticolarmente rilevanti. Ma l'importanza delle istituzioni sta tali non dovrebbe impedirci di vedere che quella aperta mente politica è solo una forma piuttosto particolare di potere, e che gli individui ne esercitano comunemente altre forme in molti contesti che poco o nulla hanno a che fare con lo stato. Nel far questo, essi sia esprimono, sia contri buiscono a stabilire relazioni o reti relativamente salde di potere e dominio, tra individui (o gruppi di individui) che nei campi d'interazione occupano posizioni differenti. È utile distinguere diverse forme di potere. Seguendo Michael Mann e altri, nè individuerò quattro tipi principali, 25
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che chiamerò rispettivamente potere «economico», «politi-, co», «coercitivo» e «simbolico»6 • Queste distinzioni sono
6 Si veda in particolare M. Mann, The Sources o/ Socia! Power, voi. I: A History o/ Power /rom the Beginning to A.D. 1760, Cambridge, Cambridge University Press, 1986. Si vedano inoltre E. Gellner, Plough, Sword and Book: The Structure o/Human History, London, Collins Harvill, 1988, trad. it. L'aratro, la spada, il libro. La struttura della storia umana, Milano, Feltrinelli, 1994; A. Giddens, The Nation-State and Violence: Volume Two of a Contemporary Critique o/ Historical Materialism, Cambridge, Polity Press, 1985. Sia Mann sia Giddens distinguono quat tro principali forme di potere. Il punto in cui la mia trattazione diverge maggiormente dalle loro è quello relativo all'analisi di ciò che, seguendo Bourdieu, chiamo «potere simbolico». Rispetto alla nozione di Mann di «potere ideologico» e al concetto di Giddens (mutuato da Foucault) di «sorveglianza», la nozione di potere simbolico si presta meglio, nella sua accezione più larga, a catturare alcuni aspetti generali dell'attività sim bolica. Il principale limite della nozione di potere ideologico proposta da Mann è che dilata eccessivamente il significato di «ideologia», per dendo in tal modo il legame tra questa, il dominio e la critica. A mio avviso, è preferibile utilizzare il termine ideologia in un'accezione più stretta (si veda il mio Ideology and Modern Culture, cit., cap. I), e servirsi invece del concetto più generale di potere simbolico per cogliere i modi in cui le forme simboliche vengono utilizzate per influenzare e dare forma al corso degli eventi. Il principale inconveniente della nozione di sorveglianza proposta da Giddens è che insiste solo su un insieme piuttosto limitato dei possibili usi delle forme simboliche - gli usi che ne fanno lo stato e altre organizzazioni: raccogliere le informazioni e utilizzarle per controllare i cittadini. Questa nozione accentua eccessivamente le attività di sorveglianza dello stato, e nel contempo non è ampia abbastanza per cogliere i molti altri possibili usi dell'informazione e della comunicazio ne. È bene, inoltre, osservare che autori come Mann e Giddens hanno raramente studiato la natura e l'impatto dei mezzi di comunicazione sul mondo moderno in modo diretto e rigoroso. Il primo volume della storia del potere di Mann si sofferma sulla stampa solo di sfuggita (pp. 442443 ), non ne analizza lo sviluppo né esplora le implicazioni, anche se nel 1760 (la data limite del primo volume di Mann) la stampa esisteva già da trecento anni e i materiali stampati circolavano in tutta Europa e altrove. Nel secondo volume, relativo al periodo tra il 1760 e il 1914, Mann attribuisce un ruolo maggiore alla diffusione dei materiali stampati e allo sviluppo di quanto egli chiama «alfabetizzazione discorsiva». E tuttavia, la sua analisi dei mezzi di comunicazione è plasmata e limitata dal suo interesse teorico principale: spiegare l'emergere delle classi e degli stati nazione ed esaminare le loro interconnessioni. (Si veda M. Mann, The Sources o/ Socia[ Power, voi. Il: The Rise o/ Classes and Nation-States, 1760-1914, Cambridge, Cambridge University Press, 1993.) Osservazio-
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essenzialmente analitiche. Riflettono le diverse specie di attività che in genere gli esseri umani intraprendono, e i diversi tipi di risorse cui ricorrono nell'esercitare il potere. Ma nella realtà, queste diverse forme si sovrappongono di solito in modi complessi e mutevoli. Una particolare istitu zione o tipo di istituzioni può fornire la struttura necessaria all'accumulazione intensiva di un certo genere di risorsa, e rappresentare perciò una base privilegiata per l'esercizio di una particolare forma di potere - per esempio, le imprese commerciali di oggi favoriscono l'accumulazione intensiva di risorse materiali, e rappresentano perciò una base parti colarmente propizia per l'esercizio del potere economico. Definirò le istituzioni che forniscono le basi più favorevoli per l'esercizio di una particolare forma di potere «istituzio ni paradigmatiche». Ma anche queste istituzioni coinvolgo no in genere un mix complesso di differenti attività, risorse e poteri, per quanto siano destinate principalmente all'ac cumulazione di un certo genere di risorsa e l'esercizio di un certo tipo di potere. Il potere economico deriva dall'attività produttiva, ossia dall'attività che si preoccupa di procurare agli esseri umani i mezzi di sussistenza, estraendo materie prime e trasfor mandole in beni o immediatamente consumabili o scambiabili sul mercato. Essa comporta l'uso e la creazione di diversi tipi di risorse materiali e finanziarie, tra le quali le materie prime, i mezzi di produzione (strumenti, macchinari, terra, edifici, ecc.), i prodotti consumabili, e il capitale finanziario (denaro, titoli e azioni, forme di credito, ecc.). Possono accumulare tali risorse nell'intento di espandere le proprie attività produttive individui e organizzazioni; e, nel far que sto, si mettono in condizione di aumentare il loro potere economico. In passato, l'attività produttiva era prevalente mente agricola, e le istituzioni paradigmatiche del potere economico consistevano in genere in organizzazioni di pie-
ni piuttosto simili valgono, a mio avviso, anche per Giddens, Bourdieu, Foucault e la maggioranza degli altri sociologi, ricercatori sociali e sociologi storici, anche se qui non approfondirò le mie critiche.
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cole dimensioni dedite all'agricoltura di sussistenza o alla produzione di piccoli surplus per il commercio. Con lo sviluppo delle società moderne, le istituzioni paradigmatiche del potere economico hanno aumentato le loro dimensioni, ampliato la sfera d'azione e diversificato le attività: la pro duzione manifatturiera e successivamente industriale ha in tal modo assunto una grandissima importanza. Possiamo distinguere il potere economico dal jpotere politico, che deriva dall'attività di coordinazione degli indi vidui e dalla regolamentazione dei modelli di interazione. Tutte le organizzazioni comportano qualche grado di coor dinazione e regolamentazione, e perciò di potere politico in questo senso. E tuttavia, possiamo identificare un insieme di istituzioni per le quali occuparsi di tali attività rappresen ta la funzione essenziale, una funzione che esse svolgono in modo relativamente centralizzato all'interno di un territo rio più o meno ben delimitato. Queste istituzioni costitui scono ciò che in genere viene chiamato stato - l'istituzione paradigmatica del potere politico. Nella storia si sono avvicendate molte diverse forme di stato, dagli stati impe riali tradizionali e le città-stato classiche, alla forma moder na di stato-nazione. Tutti gli stati - o tutte le istituzioni che svolgono la loro funzione - sono essenzialmente sistemi di autorità. Comportano un complesso insieme di regole e procedure il cui scopo è autorizzare certi individui ad agire in certi modi. In alcuni casi, tali regole e procedure sono esplicitamente codificate in leggi che, approvate dai corpi sovrani, sono amministrate dal sistema giudiziario. Senonché, come Max Weber ha, insieme ad altri, osser vato, la capacità di uno stato di disporre di autorità dipende in genere dalla sua capacità di esercitare altre due forme di potere tra loro legate e tuttavia distinte, che chiamerò ri spettivamente potere coercitivo e potere simbolico. Nei casi estremi, per difendere l'esercizio del potere politico o da conquiste e minacce esterne o da conflitti e dissensi interni, lo stato può ricorrere a diverse forme di coercizione (ossia, alla minaccia o all'uso effettivo della forza fisica). E tutta via, è possibile sostenere l'autorità dello stato anche diffon dendo forme simboliche create per suscitare e rafforzare la 28
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fiducia nella legittimità del potere politico. Ma fino a che punto tali particolari forme simboliche riescono effettiva mente a creare e a mantenere viva l'idea della legittimità dello stato? Fino a che punto tale idea è effettivamente condivisa dai vari gruppi e membri della popolazione sog getta, e in che misura la condivisione di tale credenza è necessaria alla stabilità e all'effettivo esercizio del potere politico? Non vi sono risposte semplici e nette a tali doman de, ed è proprio questa incertezza (tra le altre cose) a rende re l'uso politico del potere simbolico una faccenda assai rischiosa e problematica. Per quanto sul piano storico ed empirico potere politico e potere coercitivo siano strettamente legati l'uno all'altro, dal punto di vista analitico la distinzione è ragionevole. Il potere coercititJo consiste nell'uso (o nella minaccia) della forza fisica per sottomettere o conquistare un avversario. Ci si può servire della forza in molti modi, variando sia il grado di violenza sia l'esito raggiunto. E tuttavia, tra coercizione e ferite o morte c'è un legame stretto e fondamentale: il ricor so alla forza fisica comporta il rischio di mutilare o annien tare l'avversario. Per forza fisica non si intende semplice mente la violenza bruta esercitata dagli uomini. La si può aumentare ricorrendo ad armi ed equipaggiamenti, adde strandosi, elaborando tattiche, mettendo a frutto la propria intelligenza, pianificando l'azione, ecc. Dal punto di vista storico, le istituzioni più importanti per l'accumulazione di questo tipo di risorse sono quelle militari, e la forma più rilevante di potere coercitivo è il potere militare. È evidente che questo tipo di potere ha giocato un ruolo straordinaria mente importante nel dar forma ai processi sociali e storici -lo ha fatto in passato e lo fa nel presente. Non c'è forma di stato che non abbia riservato una parte significativa delle proprie energie alla creazione di potere militare e al reperimento - attraverso la conquista e il saccheggio, o il ricorso a diversi tipi di imposizione fiscale - delle risorse materiali necessarie a sostenerlo. Tradizionalmente, il pote re militare è stato utilizzato sia nella lotta di difesa o di conquista di nemici esterni, sia nella pacificazione e con trollo interni. Caratterizza invece le società moderne una 29
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differenziazione assai più marcata tra le istituzioni militari, il cui compito principale è proteggere (o espandere) i con fini territoriali degli stati-nazione, e le diverse organizzazio ni paramilitari (come la polizia) e le istituzioni a queste legate (come quelle carcerarie), incaricate di controllare e pacificare la vita interna. E tuttavia, tale differenziazione istituzionale è tutt'altro che netta: è accaduto più volte, nella storia recente, che il potere militare sia stato utilizzato anche per reprimere conflitti interni. \ Il quarto tipo di potere è il potere culturale o simbolico. Deriva dall'attività che consiste nel produrre, trasmettere e ricevere forme simboliche dotate di significato. L'attività simbolica è un aspetto fondamentale della vita sociale, al pari dell'attività produttiva, della coordinazione degli indi vidui e della coercizione. Le persone vi si impegnano co stantemente: esprimono se stesse in forme simboliche, e interpretano le altrui espressioni; comunicano incessante mente l'una con l'altra, scambiandosi informazioni e conte nuti simbolici. Nel far questo, si basano su diversi tipi di risorse, che indicherò con la definizione larga di «strumenti per l'informazione e la comunicazione». Queste risorse com prendono i mezzi tecnici per fissare e trasmettere le infor mazioni; le capacità, le competenze e le forme di conoscen za utilizzate nella produzione, trasmissione e ricezione delle informazioni e dei contenuti simbolici (quello che Bourdieu chiama «capitale culturale»7 ); e il prestigio, il riconosci mento e il rispetto accumulato da, e accordato a, certi pro duttori o istituzioni (il «capitale simbolico»). Nel produrre forme simboliche, gli individui si basano su queste e altre risorse, e in tal modo compiono azioni in grado di interve nire sul corso degli eventi e di generare conseguenze di vario tipo. Le azioni simboliche possono sollecitare reazio ni, indurre gli altri ad agire o a rispondere in certi modi, a
7 Si vedano P. Bourdieu, The Forms o/ Capitai, inJ.G. Richardson (a cura di), Handbook o/Theory and Research /or the Sociology o/ Education, Westport, Conn., Greenwood Press, 1986, pp. 241-258; e La distinzione, cit., pp. 120 ss.
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perseguire un corso d'azione invece di un altro, a prestar fede o a non credere, ad affermare il loro sostegno per uno stato di cose o a sollevarsi in una rivolta collettiva. Utilizze rò il termine «potere simbolico» per riferirmi a questa capa cità di intervenire sul corso degli eventi, di influenzare le azioni degli altri e, in effetti, di creare avvenimenti produ cendo e trasmettendo forme simboliche8 • Per quanto l'attività simbolica sia un aspetto pervaden te della vita sociale, vi è tuttavia un insieme di istituzioni che, nel corso della storia, hanno assunto un ruolo di parti colare rilievo nell'accumulazione degli strumenti per l'in formazione e la comunicazione. Esse includono le istituzio ni religiose, che si occupano principalmente della produ zione e diffusione di forme simboliche riguardanti la salvez za, i valori spirituali e la fede nel soprannaturale; le istitu zioni educative, il cui compito consiste nella trasmissione dei contenuti simbolici acquisiti (o conoscenze) e nell'inse gnamento di capacità e competenze; e le istituzioni della comunicazione, la cui funzione è la produzione su larga scala e la diffusione generalizzata nello spazio e tempo di forme simboliche. Queste ed altre istituzioni culturali han no fornito basi importanti per l'accumulazione sia degli strumenti per l'informazione e la comunicazione, sia delle necessarie risorse materiali e finanziarie, dando forma ai modi in cui le informazioni e i contenuti simbolici sono prodotti e fatti circolare nel mondo sociale.
8 L'espressione «potere simbolico» è mutuata da Bourdieu; si veda, in particolare, il suo Ce que parler veut dir. L'économie des échanges linguistiques, Paris, Librairie Arthème Fayard, 1982, trad. it. La parola e il potere, Napoli, Guida, 1988. Tuttavia, utilizzo tale espressione in un'accezione piuttosto diversa da quella proposta da Bourdieu. Innanzitutto, diversamente da Bourdieu, non desidero assumere che l'esercizio del potere simbolico presupponga necessariamente una forma di «disconoscimento» (méconnaissance) da parte di chi lo subisce. L'eser cizio del potere simbolico presuppone spesso la condivisione di creden ze e un'attiva complicità, e se è vero che le credenze condivise possono in certi casi rivelarsi erronee o radicate in un'insufficiente comprensione delle basi sociali del potere, che sia così è una possibilità contingente, non un presupposto necessario.
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TAB. 1.
Le forme di potere
Risorse
Istituzioni paradigmatiche
Potere economico
Risorse materiali e finan ziane
Istituzioni economiche (p.e. imprese commer ciali)
Potere politico
Autorità
Istituzioni politiche (p.e. lo stato)
Potere coercitivo
Forza fisica e armi
Istituzioni coercitive (in primo luogo l'esercito, ma anche la polizia, le istituzioni carcerarie, ecc.)
Potere simbolico
Strumenti per l'informa zione e la comunicazione
Istituzioni culturali (p.e. la chiesa, le scuole e l'università, l'industria dei media, ecc.)
Forme di potere
La tabella 1 riassume le quattro forme di potere in relazione alle risorse da cui in genere dipendono e alle istituzioni paradigmatiche che solitamente le accumulano. Essa non pretende di proporre una classificazione esaustiva delle forme di potere e dei tipi di istituzioni. Inoltre, come ho ricordato più sopra, molte azioni presuppongono in realtà l'uso di risorse di diversi tipi, e molte istituzioni_ forniscono le basi per l'esercizio di diverse forme di potere: nell'oscura realtà della vita sociale, le distinzioni sono rara mente nette. E tuttavia, la tipologia suggerita fornisce un'utile intelaiatura per l'analisi sia dell'organizzazione sociale sia del cambiamento, e, come mi accingo a dimostrare nel pros simo capitolo, può essere fecondamente utilizzata anche per la ricostruzione delle trasformazioni istituzionali asso ciate alla nascita delle società moderne. 2. L'uso dei mezzi di comunicazione Ho presentato la comunicazione come un genere partico lare di attività sociale che comporta la produzione, la tra32
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smissione e la ricezione di forme simboliche, e presuppone l'utilizzo di risorse di vario tipo. Desidero ora esaminare alcune di tali risorse più nei dettagli. Comincerò conside rando la natura dei mezzi di comunicazione e alcuni usi ai qt1ali si prestano, mentre successivamente analizzerò alcune delle capacità, competenze e conoscenze che l'uso dei mez zi di comunicazione presuppone. Nel produrre forme simboliche e nel trasmetterle ad altri, gli individui impiegano in genere un mezzo tec,ùèò: Si tratta del sostrato materiale delle forme simbqliche: gli ele menti fisici con cui e per mezzo dei quali l'informazione o il contenuto simbolico viene fissato e trasmesso dal produtto re al ricevente. Tutti i processi di scambio simbolico com portano un mezzo tecnico di qualche tipo. Anche gli scambi di espressioni verbali nelle interazioni faccia a faccia pre suppongono alcuni elementi materiali - la laringe e le corde vocali, le onde sonore, le orecchie, il timpano, ecc. - grazie ai quali suoni dotati di significato sono prodotti e ricevuti. Ma la natura del mezzo tecnico varia ampiamente da un tipo di produzione e scambio simbolico a un altro, e le proprietà di differenti mezzi tecnici sia facilitano sia delimi tano i tipi di produzione e scambio simbolico che sono possibili. Possiamo proseguire nell'esame di tali questioni distin guendo diversi aspetti generali, o attributi, dei mezzi tecni ci. In primo luogo, il mezzo tecnico consente comunemente un certo grado di fissazione delle forme simboliche: permet te, cioè, che siano1ìssateo conservate su mezzi caratterizza ti da diversi gradi di resistenza nel tempo. Nel caso della conversazione - sia essa faccia a faccia o trasmessa da mezzi tecnici come gli altoparlanti o il telefono - il grado di fissa zione può essere molto modesto o persino nullo; se vi è fissazione, è possibile che dipenda più dalla memoria che da proprietà particolari del mezzo tecnico in quanto tale. Ma in altri casi, come scrivere su una pergamena o un foglio, intagliare il legno, scolpire una pietra, incidere, dipingere, stampare, filmare, registrare, ecc., il grado di fissazione può essere relativamente elevato. Esso dipende, infatti, dal par ticolare mezzo utilizzato - un messaggio scolpito nella pre33
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tra, per esempio, durerà più a lungo di quello scritto sulla pergamena o sulla carta. E proprio come differenti mezzi consentono gradi diversi di fissazione, così decidono in che misura il messaggio fissato sia modificabile o rivedibile. Una comunicazione scritta a matita è più facilmente modi ficabile dei messaggi scritti o stampati a inchiostro, e un'espressione verbale registrata su nastro è più difficil mente sconfessabile delle parole scambiate nel flusso delle interazioni quotidiane. Grazie a questa capacità di fissare informazioni e conte nuti simbolici, i mezzi tecnici svolgono anche una funzione di immagazzinamento. Li si può perciò considerare come tipi diversi di «meccanismi di stoccaggio delle informazio ni», capaci, in misure differenti, di conservare le informa zioni e i contenuti simbolici e di renderli disponibili ad usi successivi. Ne segue anche che, insieme alle informazioni e ai contenuti simbolici in essi immagazzinati, rappresentano risorse per l'esercizio di differenti forme di potere. A quan to pare, le prime forme di scrittura - quelle inventate dai Sumeri e dagli antichi Egizi intorno al 3000 a.C. - sono state principalmente utilizzate per registrare dati importanti per la proprietà e il commercio9 • Ma è dipesa dalla disponibilità di analoghi mezzi di annotazione e conservazione anche la vita economica delle epoche successive. La registrazione e conservazione delle informazioni sulla produzione e lo scam bio di beni ha, per esempio, giocato un ruolo di cruciale importanza nello sviluppo dell'Europa del tardo medioevo e della prima modernità. Anche l'esercizio del potere da parte delle autorità politiche e religiose è sempre stato stret tamente legato alla raccolta e al controllo dell'informazione
9 Si veda I.J. Gelb, A Study o/ Writing: The Foundations o/ Grammatology, London, Routledge and Kegan Paul, 1952, trad. it. Teo ria generale e storia della scrittura. Fondamenti della grammatologia, Milano, Egea, 1993; D. Diringer, Writing, London, Thames and Hudson, 1962, trad. it. L'alfabeto nella storia della civiltà, Firenze, Giunti Barbera, 1992; J. Goody, The Domestication o/ the Savage Mind, Cambridge, Cambridge University Press, 1977, trad. it. L'addomesticamento del pen siero selvaggio, Milano, Franco Angeli, 1990.
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e della comunicazione, come dimostra il ruolo svolto dai copisti nei secoli andati, e quello giocato nelle nostre socie tà contemporanee da diversi organismi - dagli istituti di statistica alle agenzie di pubbliche relazioni. Un secondo attributo dei mezzi tecnici è che consento no un certo grado di riproduzione. Per «riproduzione» in tendo la capacità di un mezzo tecnico di consentire la pro duzione di più copie di una forma simbolica. In alcuni casi, in quello delle iscrizioni su pietra, per esempio, il grado di riproducibilità è assai modesto: richiederebbe un grandissi mo sforzo produrre, nella pietra, diverse copie della forma simbolica scolpita. Lo sviluppo dei sistemi di scrittura e di mezzi tecnici come la pergamena e la carta ha notevolmente aumentato la riproducibilità delle forme simboliche. Nel medioevo, la riproduzione di testi religiosi, letterari e filo sofici era affidata a un notevole numero di amanuensi. Ma lo sviluppo decisivo, da questo punto di vista, è rappresen tato dall'invenzione della stampa, che ha consentito di ri produrre i messaggi scritti su una scala e a una velocità prima sconosciute. Allo stesso modo, l'invenzione della li tografia, della fotografia, del grammofono e del registratore è stata importante non solo perché ha consentito di fissare su un mezzo resistente fenomeni visivi e acustici, ma anche perché ha fissato quei fenomeni su mezzi che ne rendono possibile la riproduzione. La riproducibilità delle forme simboliche è una delle caratteristiche chiave alla base dello sfruttamento commer ciale dei mezzi tecnici di comunicazione. Le forme simboli che possono essere «mercificate», ossia trasformate in mer ci da vendere e acquistare sul mercato; e una condizione essenziale per la mercificazione delle forme simboliche è escogitare un modo per aumentare e controllare la capacità di riproduzione. Molte delle principali innovazioni dell'in dustria dei media - come l'introduzione nel 1814 della macchina piano-cilindrica di Koenig, o, nel 1848, della rotativa - hanno avuto l'esplicito obiettivo di aumentare la capacità riproduttiva a fini commerciali. E tuttavia, la pos sibilità di fare affari dipende anche dalla capacità delle organizzazioni dei media di esercitare sulla riproducibilità 35
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di un'opera un qualche tipo di controllo. Perciò, la prote zione del «diritto d'autore», o del diritto di riprodurre, autorizzare e distribuire un'opera, ha un'importanza fonda mentale per l'industria dei media. Dal punto di vista delle sue origini e dei suoi principali beneficiari, lo sviluppo del copyright ha meno a che fare con la difesa dei diritti degli autori di quanto ne abbia con la protezione degli interessi di stampatori e librai, che infatti avevano molto da perdere dalla riproduzione non autorizzata di libri o altro materiale stampato 10 • Per quanto vada a vantaggio dello sfruttamento commer ciale, la capacità riproduttiva dei mezzi tecnici ha implica-
10 In Inghilterra, la protezione del diritto d'autore non si è tradotta in legge prima dell'inizio del diciottesimo secolo, ma il diritto di stampa era formalmente tutelato già dagli inizi del sedicesimo. Gli ordinamenti a protezione di tale diritto avevano tratto origine da due fonti principali: l'interesse della Corona a impedire la pubblicazione di materiali sedizio si o eretici; e l'interesse di stampatori e librai a riservarsi il diritto esclusivo di stampare certi lavori. Nel corso della prima metà del sedicesimo secolo, la Corona rivendicò diritti di prerogativa su alcuni tipi di libri e assicurò il privilegio di stamparli a suoi concessionari. Dalla metà del sedicesimo secolo, il compito di regolare le attività di stampatori e librai passò gradualmente nelle mani della Compagnia dei librai, istituita con un decreto del Tribunale speciale della Corona nel 1556 ed eretta in ente giuridico l'anno successivo. La Compagnia era composta da novantasette persone autorizzate a stampare libri. Essa teneva un regi stro degli stampatori che acquistavano il diritto a riprodurre libri e altri materiali; la stampa non autorizzata di un tipografo pirata poteva essere bloccata dalla Compagnia, che aveva il potere di confiscare e distruggere i libri e di individuare e chiudere le tipografie. Il «copyright» (un termi ne in genere non utilizzato in quegli anni) della Compagnia era in effetti un meccanismo per regolare il commercio dei libri nell'interesse di certi stampatori e librai, in collaborazione con la Corona; era un modo per proteggere il diritto delle imprese commerciali di stampare e vendere le copie di un'opera senza paura di pubblicazioni abusive. L'idea moderna di copyright come diritto dell'autore non si è sviluppata prima del diciottesimo secolo, in seguito alla conversione in legge dello Statuto della regina Anna nel 1709. Per altri particolari, si vedano T .E. Scrutton, The Laws o/Copyright, London,John Murray, 1883, cap. V; L.R. Patterson, Copyright in Historical Perspective, Nashville, Tenn., Vanderbilt University Press, 1968: F. Mackinnon, Notes on the History o/ English Copyright, in M. Drabble (a cura di), The Oxford Companion to English Literature, Oxford, Oxford University Press, 19855 , pp. 1113-1125.
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zioni di grande portata anche per la nozione di opera «ori ginale» o «autentica»11 • Il fatto che un'opera sia originale o mtentica e non una riproduzione diventa una caratteristica di sempre maggiore importanza; e quanto più la riproduzio ne delle forme simboliche si diffonde, tanto più l'originalità dell'opera aumenta il suo valore sul mercato dei beni sim bolici. Naturalmente, con lo sviluppo delle tecniche della stampa e della fotografia, diventa possibile produrre molte copie o riproduzioni. Ma proprio perché sono riproduzio ni, esse non contano quanto l'originale, e di conseguenza hanno, sul mercato dei beni simbolici, molto meno valore. E tuttavia, molte forme simboliche riprodotte non sono affatto riproduzioni di un lavoro originale. L'opera consiste piuttosto nelle copie o riproduzioni prodotte. Quanto più la riproduzione controllata diventa centrale al processo di produzione, tanto più l'originalità e autenticità vengono apprezzate separatamente dall'unicità. Così, nel caso, per esempio, dei libri, diventano pezzi da collezione non i testi unici, ma piuttosto le prime edizioni, ossia tutte le copie prodotte nella prima stampa di un'opera. Allo stesso modo, i film e i dischi sono sempre prodotti in molte copie, tutte più o meno dello stesso valore (purché di buona qualità o ad «alta fedeltà»). Così, mentre la valorizzazione delle ope re d'arte è in genere basata sull'unicità del pezzo (e sulla difesa di tale unicità dalle pretese di falsari e impostori), lo sfruttamento commerciale di libri, dischi, ecc. è basato sulla capacità di produrre l'opera in molte copie e di controllare tale processo di riproduzione in modo redditizio. Un terzo �spetto dei mezzi tecnici è che consentono un qualche grado di distanziazione spazio-temporale. Ogni pro cesso di scambio simbolico comporta la separazione della forma simbolica dal contesto della sua produzione: viene 11 L'impatto dell'aumentata riproducibilità sullo status delle opere d'arte tradizionali è stato esaminato da Walter Benjamin nel suo celebre saggio Das Kunstwerk im Zez'talter seiner technischen Reproduzierbarkeit, in Schrt/ten, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1955, trad. it. L'opera d'arte nel!' epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino, Einaudi, 1966, pp. 1756.
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separata da tale contesto spazialmente e temporalmente, e riimmessa in nuovi ambienti situati anche in tempi e luoghi diversi. Utilizzerò l'espressione «distanziazione spazio-tem porale» per indicare tale processo di allontanamento 12 • Tut te le forme di comunicazione presuppongono qualche gra do di distanziazione spazio-temporale - qualche movimen to nello spazio e nel tempo. E tuttavia, l'estensione della distanziazione varia ampiamente, a seconda delle circostan ze della comunicazione e del tipo di mezzo tecnico impiegato. Nel caso della conversazione faccia a faccia, la distan ziazione spazio-temporale è relativamente modesta. La co municazione ha luogo in un contesto di compresenza: i partecipanti alla conversazione sono fisicamente vicini l'uno all'altro e condividono un insieme simile (o insiemi molto simili) di punti di riferimento spazio-temporali. Le parole scambiate nella conversazione sono udibili in genere solo
12 Il termine «distanziazione» è tratto da Paul Ricoeur; si veda in particolare La /onction herméneutique de la distanciation (1975), ristam pato in Hermeneutics and the Human Science: EHays on Language, Action and Interpretation, a cura di J.B. Thompson, Cambridge, Cambridge University Press, 1981. Tuttavia, il significato che attribuisco a questo termine non coincide con quello di Ricoeur. Per Ricoeur, la nozione di «distanziazione» indica il processo attraverso il quale i discorsi scritti (o testi) si separano dai loro contesti di produzione originali, una separa zione che Ricoeur considera un tratto distintivo dei discorsi scritti ri spetto a quelli parlati. Dubito, tuttavia, che sia di qualche aiuto tracciare tale distinzione generale tra discorso scritto e parlato, e quindi utilizzare la nozione di distanziazione esclusivamente in riferimento al primo. Come dovremmo affrontare, in base a questa presentazione, le forme non scritte di discorso mediato, per esempio quelle trasmesse dalla televisione? A mio avviso, è più utile assumere che comportino un qual che grado di distanziazione nel tempo e nello spazio tutti i tipi di produzio ne e scambio di forme simboliche. Tutti i p.rocessi di produzione e scambio simbolico - come del resto anche altri tipi di azione - implicano qualche grado, non importa quanto piccolo, di movimento nel tempo e nello spazio. Questa nozione più generale di distanziazione spazio-tempo rale è stata approfonditamente elaborata da Anthony Giddens; si vedano in particolare il suo A Contemporary Critique o/ Historical Materialism, voi. I: Power, Property and the State, London, Macmillan, 1981; The Constitution o/Society: Outline o/the Theory o/Structuration, Cambridge, Polity Press, 1984, trad. it. La costituzione della società, Milano, Edizioni di Comunità, 1990; e The Nation-State and Violence, cit.
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agli interlocutori o agli individui collocati nelle immediate vicinanze, né durano oltre il fugace momento del loro scam bio o lo sbiadirsi della memoria. L'integrazione della parola con mezzi tecnici di vario tipo può dotarla di un'accessibilità estesa nello spazio, nel tempo o in entrambi. Amplificando la voce, l'altoparlante porta le espressioni verbali ad individui che si trovano al di là della portata della conversazione ordinaria: le parole ac quistano un'accessibilità estesa nello spazio, per quanto la loro resistenza nel tempo resti limitata al momento del loro scambio. Utilizzando altri mezzi tecnici, come i registratori o diverse forme di iscrizione, si può dare alle espressioni verbali un'accessibilità estesa nel tempo. Un messaggio re gistrato o iscritto può essere conservato per occasioni suc cessive; possono ascoltarlo o leggerlo individui collocati in contesti lontani dall'ambiente di produzione originario sia nel tempo sia nello spazio. Modificando le condizioni spaziali e temporali della comunicazione, l'uso dei mezzi tecnici cambia anche le cir costanze spazio-temporali in cui gli individui esercitano il potere di cui dispongono 13 . Gli esseri umani sono in grado di comunicare attraverso lo spazio e il tempo, e perciò di agire e interagire a distanza. E loro possibile intervenire e influenzare il corso di eventi che accadono in luoghi spazialmente e temporalmente lontani. L'uso dei mezzi tec nici assicura agli individui nuovi modi di organizzare e controllare lo spazio e il tempo e di utilizzarli per i loro scopi. Lo sviluppo di mezzi nuovi può avere un forte impat to anche sui modi in cui essi sperimentano le dimensioni spazio-temporali della vita sociale. Analizzerò dettaglia tamente tali implicazioni più avanti. 13 Harold lnnis è stato tra i primi a richiamare l'attenzione sui modi in cui i mezzi tecnici di comunicazione mettono le persone nella condi zione di esercitare il loro potere attraverso il tempo e lo spazio; si vedano i suoi Empire and Communications, Oxford, Oxford University Press, 1950, e The Bias o/ Communication, Toronto, University of Toronto Press, 1951, trad. it. Le tendenze della comunicazione, Milano, SugarCo, 1982.
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Infine, consentitemi di considerare brevemente i tipi di capacità, competenze e forme di conoscenza coinvolte nel l'uso dei mezzi tecnici. Tale uso presuppone in genere un processo di codificazione; ossia, comporta l'utilizzazione di una serie di regole e procedure per codificare e decodificare le informazioni o i contenuti simbolici. Gli individui che impiegano un mezzo devono padroneggiare, almeno in par te, le regole e le procedure rilevanti. Conoscerle a fondo non significa necessariamente essere in grado di formularle in modo chiaro ed esplicito; significa piuttosto saperle usa re nella pratica, sapere come andare avanti - come direbbe Wittgenstein. È raro che ci venga chiesto di formulare tali regole e procedure in modo chiaro, ma tutte le volte in cui impieghiamo un mezzo tecnico di comunicazione, dobbia mo necessariamente utilizzarle. Nel considerare i tipi di capacità e competenze coinvolte nell'uso di un mezzo tecnico, è importante distinguere tra quelle necessarie a codificare le informazioni o i contenuti simbolici, e quelle indispensabili a decodificare il messaggio. Nella realtà, questi due tipi di capacità e competenze sonò spesso strettamente legati l'uno all'altro o persino in buona misura coincidenti (per esempio, chi sa scrivere in una parti colare lingua riesce in genere anche a leggerla). Ma non sono la stessa cosa e in alcune occasioni possono anche divergere profondamente. La maggioranza degli individui che guarda un programma televisivo, per esempio, è in grado di dare un senso a ciò che vede, per quanto possa sapere relativamente poco del modo in cui la trasmissione è prodotta. Quando codificano e decodificano messaggi, gli indi vidui impiegano non solo le capacità e competenze richie ste dal mezzo tecnico, ma anche diverse forme di cono scenza e assunzioni di base che comprendono parte delle risorse culturali che essi applicano nel processo di scam bio simbolico. Queste forme di conoscenza e assunzioni di sfondo plasmano i modi in cui essi interpretano i messag gi, si rapportano ad essi e li integrano nella loro vita. Il processo di interpretazione è sempre un'interazione tra messaggi codificati e interpreti situati, e in questo proces so questi ultimi utilizzano necessariamente una serie di 40
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risorse culturali. Di nuovo, tornerò su questo tema più avanti. 3. Alcune caratteristiche della «comunicazione di massa» Fin qui ho considerato alcune delle proprietà dei mezzi tecnici di comunicazione e certi usi ai quali si prestano. Ho utilizzato l'espressione «mezzo tecnico di comunicazione» in un'accezione generale, per indicare gli elementi materiali per mezzo dei quali le informazioni e i contenuti simbolici vengono fissati e trasmessi. Ma quando usiamo il termine «mezzi di comunicazione» pensiamo spesso a un insieme più specifico di istituzioni e prodotti: pensiamo ai libri, ai giornali, ai programmi televisivi e radiofonici, ai film, ai nastri, ai compact disc, e così via. Ossia, pensiamo a un insieme di istituzioni e prodotti che in genere. viene fatto ricadere sotto l'etichetta di «comunicazione di massa». Ma cos'è la «comunicazione di massa»? Possiamo dare un si gnificato chiaro e coerente a tali parole? Che l'espressione «comunicazione di massa» sia infelice lo si è detto spesso. È in particolare il termine «massa» ad apparire fuorviante. Ci induce ad immaginare un pubblico vasto, composto di molte migliaia e persino milioni di indivi dui. È possibile che tale immagine si riveli calzante, nel caso di alcuni particolari prodotti, come i giornali più popolari, i film e i programmi televisivi; ma non descrive certo in modo accurato la situazione della maggioranza dei prodotti dei media, passati e presenti. Al tempo dei primi sviluppi della stampa periodica e in alcuni settori dell'industria della comu nicazione di oggi (per esempio, case editrici di libri e riviste), il pubblico era e resta relativamente circoscritto e specializ zato. Perciò, se davvero vogliamo utilizzare il termine «mas sa», quanto meno non dovremmo interpretarlo in termini angustamente quantitativi. La cosa importante a proposito della comunicazione di massa non è che riceva i prodotti un certo numero di individui (o una proporzione specificabile della popolazione), ma piuttosto che quei prodotti siano accessibili in linea di principio a una pluralità di destinatari. 41
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C'è un secondo aspetto per cui il termine «massa» può risultare ingannevole. Lascia pensare che i riceventi dei prodotti dei mezzi di comunicazione costituiscano un mare vasto e indifferenziato di individui passivi. È un'immagine associata ad alcune vecchie critiche della «cultura» e «so cietà di massa», critiche che in genere assumevano che lo sviluppo della comunicazione di massa avesse avuto un effetto in gran parte negativo sulla vita sociale moderna, e creato un genere di cultura insulsa e piatta capace di intrat tenere gli individui senza sfidarli, di assorbire la loro atten zione senza impegnare le loro facoltà critiche, di fornire una gratificazione immediata senza mettere in questione i suoi fondamenti. Non si tratta di una linea critica priva di inte resse; ha sollevato alcune importanti questioni che anche oggi meriterebbero di essere poste, per quanto in forma diversa. Ma essa è anche impregnata di una serie di assunzioni insostenibili che ostacolano la comprensione sia dei media, sia del loro impatto sul mondo moderno. Dobbiamo abban donare la tesi secondo cui i destinatari dei prodotti mediali sono spettatori passivi i cui sensi sono stati definitivamente battuti a duello dalla continua ricezione di messaggi. Così come dobbiamo respingere l'assunzione per cui lo stesso processo di ricezione sarebbe non problematico, un proces so acritico attraverso il quale gli individui assorbirebbero i prodotti come una spugna si gonfia di acqua. Le assunzioni di questo tipo hanno poco a che fare con la vera natura delle attività di ricezione e i modi complessi in cui i prodotti dei mezzi di comunicazione sono accolti dagli individui, inter pretati e incorporati nella loro esistenza. Se il termine «massa» è per certi aspetti ingannevole, quello di «comunicazione» lo è altrettanto. I tipi di trasmis sione in gioco nella comunicazione di massa sono infatti assai differenti da quelli della conversazione ordinaria. Ne gli scambi comunicativi che hanno luogo nelle interazioni faccia a faccia, il flusso della comunicazione è in genere a due direzioni: una persona parla, un'altra risponde, e così via. In altre parole, gli scambi comunicativi delle interazioni faccia a faccia sono fondamentalmente dialogici. Viceversa, nel caso della maggioranza delle forme di comunicazione di 42
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massa, il flusso della comunicazione è prevaléntemente unidirezionale. I messaggi sono prodotti da un insieme di individui, e quindi trasmessi ad altri collocati in genere in ambienti spazialmente e temporalmente lontani dal conte sto di produzione originario. Di conseguenza, i destinatari dei messaggi dei mezzi di comunicazione non sono tanto partner alla pari in una relazione di reciproco scambio, quanto piuttosto parti coinvolte in un processo strutturato di trasmissione simbolica. In riferimento ai messaggi dei media, parlerò perciò di «trasmissione» o «diffusione» in generale, invece che di «comunicazione» in senso stretto. E tuttavia, anche nelle circostanze strutturate della comunica zione di massa, i riceventi mantengono una certa capacità di intervenire e contribuire al corso e al contenuto del proces so comunicativo. Possono scrivere al direttore, per esem pio, o telefonare alle compagnie televisive ed esprimere le loro opinioni, o ancora rifiutarsi semplicemente di acqui stare o ricevere i prodotti relativi. Perciò, per quanto il processo comunicativo sia sostanzialmente asimmetrico, non è un monologo interamente unidirezionale. Ma l'espressione «comunicazione di massa» può oggi apparire piuttosto inappropriata anche per un'altra ragio ne. In genere, associamo tale espressione a certi tipi di trasmissione mediale - per esempio, alla diffusione dei gior nali a grande tiratura, alla messa in onda di programmi televisivi e radiofonici, ecc. E tuttavia, a quanto pare, la natura della comunicazione mediata sta oggi cambiando sotto i nostri occhi in modo radicale. Il passaggio dai siste mi analogici di codificazione delle informazioni a quelli digitali sta creando, insieme allo sviluppo di nuovi metodi di trasmissione (per esempio, dei satelliti ad alta potenza o dei cavi ad alta capacità), un nuovo scenario tecnico il cui primo vantaggio è di consentire usi dell'informazione e della comunicazione ben più flessibili. Considereremo i dettagli di alcuni di tali sviluppi più avanti. Qui desidero semplicemente osservare che se l'espressione «comunica zione di massa» è ingannevole come definizione delle forme più tradizionali di trasmissione mediale, allora lo è a mag gior ragione rispetto alle nuove reti informative e comuni43
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cative che vediamo diventare di giorno in giorno più co muni. L'espressione «comunicazione di massa» dovrebbe dun que essere utilizzata con molta circospezione, per tutte le ragioni indicate. In genere, ricorrerò ad altre locuzioni meno cariche di assunzioni ingannevoli, come «comunicazione mediata» o più semplicemente «media». E tuttavia, non dovremmo permettere che queste difficoltà concettuali oscu rino il fatto che, attraverso una serie di sviluppi storici ben documentabili, è emerso davvero un nuovo insieme di feno meni comunicativi. Se mai utilizzerò l'espressione «comu nicazione di massa», lo farò per indicare questo insieme di sviluppi storici e di fenomeni comunicativi tra loro legati. Ciò che oggi definiamo, in modo piuttosto vago, come «co municazione di massa» consiste in una serie di fenomeni emersi nel corso della storia, grazie allo sviluppo di istitu zioni che hanno cercato di sfruttare nuove opportunità per raccogliere e registrare informazioni, per produrre e ripro durre forme simboliche, e per trasmettere informazioni e forme simboliche a una pluralità di destinatari in cambio di un qualche tipo di compenso finanziario. Consentitemi di essere più preciso: utilizzerò l'espressione «comunicazione di massa» per indicare la produzione istitu zionalizzata e la diffusione generalizzata di merci simboliche attraverso la fissazione e la trasmissione di informazioni e contenuti simbolici. Svilupperò questa tesi analizzando cinque caratteristiche della cosiddetta comunicazione di massa: i mezzi tecnici e istituzionali di produzione e_ diffusione; _la mercificazione delle forme simboliche; la separazione struttu rale tra produzione e ricezione; l'estesa accessibilità dei prodotti dei media nel tempo e nello spazio; e la circolaziope pubblica di forme simboliche mediate. Non tutte queste caratteristiche sono esclusive della realtà che indicheremmo con l'espressione «comunicazione di massa». Ma insieme illuminano una serie di proprietà che rappresentano aspetti tipici e importanti di quel genere di fenomeni comunicativi che abbiamo finito coll'indicare con questa espressione. La prima caratteristica della comunicazione di massa è che comporta certi mezzi tecnici e istituzionali di produzio44
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ne e diffusione. È l'aspetto su cui ha più insistito la lettera tura specialistica. E infatti, che lo sviluppo dei mezzi di comunicazione - dalle prime forme di stampa alle invenzio ni più recenti nel campo delle telecomunicazioni - si sia basato su una serie di innovazioni tecniche sfruttabili a fini commerciali è indubbio. E altrettanto chiaro è che l'utiliz zazione di tali innovazioni ha avuto luogo all'interno di una serie di istituzioni e cornici istituzionali, e che tali istituzio ni danno forma anche oggi ai modi in cui i media funziona no. Lo sviluppo della comunicazione di massa è, in altre parole, inseparabile_ -dalla _nascita dell'industria mediale ossia, della serie di organizzazioni che, dal tardo medioevo ad oggi, si sono occupate dello sfruttamento commerciale delle innovazioni tecniche che consentivano e consentono di produrre forme simboliche e di diffonderle in modo generalizzato. Nel prossimo capitolo esaminerò alcuni degli aspetti tecnici e istituzionali dei media, a cominciare dallo sfruttamento commerciale della stampa avviato nella secon da metà del quindicesimo secolo. Ma diversamente da molti studiosi specialisti, cercherò di legare lo sviluppo dei mezzi tecnici ai più ampi aspetti istituzionali della nascita delle società moderne. Il fatto che la comunicazione di massa presupponga in genere l'utilizzazione delle innovazioni tecniche a fini com merciali è portato chiaramente alla luce dalla seconda carat teristica - quella che ho chiamato mercificazione delle for me simboliche. Ho brevemente analizzato questa caratteri stica nel paragrafo precedente, in relazione alla capacità riproduttiva dei mezzi tecnici; qui la presenterò in una forma più generale. Considero la mercificazione come un tipo particolare di «valorizzazione», ossia come uno dei modi in cui è possibile assegnare agli oggetti un qualche valore. Le forme simboliche possono essere oggetto di due tipi principali di valorizzazione 14 • La «valorizzazione sim bolica» è il processo attraverso il quale le forme simboliche 14
Per un'analisi più approfondita di questo punto, si veda Thompson, Ideology and Modern Culture, cit., pp. 154-162.
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si vedono attribuito «valore simbolico». È il valore che esse posseggono in quanto tenute in considerazione, in modi e misure diverse, dagli uomini, ossia in quanto glorificate o denigrate, adorate o disprezzate. La «valorizzazione econo mica» è il processo attraverso il quale le forme simboliche ricevono «valore economico», un valore grazie al quale pos sono essere scambiate sul mercato. In virtù della valoriz zazione economica, le forme simboliche si trasformano in merci; diventano oggetti che è possibile vendere e acquista re sul mercato a un certo prezzo. Chiamerò le forme simbo liche mercificate «merci o beni simbolici». La comunicazione di massa comporta la mercificazione delle forme simboliche nel senso che gli oggetti prodotti dalle istituzioni mediali sono forme simboliche soggette, in un modo o nell'altro, al processo di valorizzazione econo mica. I meccanismi di valorizzazione variano ampiamente, a seconda dei mezzi tecnici e delle cornici istituzionali attra verso le quali la valorizzazione può avvenire. La merci ficazione di alcuni materiali stampati, come i libri e gli opuscoli, si basa in larga misura sulla capacità di produrre e vendere molte copie dell'opera. Nel caso di materiali diversi (dei giornali, per esempio), questo modo di valoriz zazione si combina con altri, per esempio con la possibilità di vendere spazi pubblicitari. Nel caso di radio e televisio ne, la vendita di spazi pubblicitari ha giocato un ruolo importante, come strumento di valorizzazione economica, in alcuni contesti nazionali. In altri, si è invece scelto di far pagare la ricezione agli spettatori e ascoltatori, o in modo diretto (attraverso un canone di abbonamento) o indiretto (imponendo una tassa). I recenti sviluppi tecnologici asso ciati alla trasmissione via cavo e via satellite hanno creato nuove opportunità di valorizzazione economica, come il pagamento di abbonamenti o l'uso di carte magnetiche che consentono agli spettatori di decodificare i messaggi criptati. Naturalmente, la mercificazione delle forme simboliche non è una caratteristica esclusiva della comunicazione di massa. Anche altre forme simboliche vanno normalmente soggette al processo di valorizzazione economica, tra cui i quadri e altre opere d'arte. Lo sviluppo di un mercato di tali 46
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beni - delle gallerie e case d'asta, per esempio - può essere considerato come lo sviluppo di un insieme di istituzioni che presiedono alla valorizzazione economica delle opere d'arte, e all'interno delle quali tali opere possono essere acquistate e vendute come merci. Quanto è maggiore il valore simbolico attribuito a questi lavori (e ai loro autori), ossia quanto più sono considerati «grandi opere» (e «grandi artisti»), tanto più è alto, in senso lato, il prezzo al quale cambiano di mano sul mercato. Così l'industria dei media' non rappresenta la sola istituzione coinvolta nella valoriz zazione economica delle forme simboliche. Ma nel mondo moderno è certamente la più importante, e quella che molto probabilmente influisce maggiormente sulla vita quotidiana della gran parte degli individui. La terza caratteristica della comunicazione di massa è che istituisce una separazione strutturale tra la produzione delle forme simboliche e la loro ricezione. In tutti i tipi di comunicazione di massa, il contesto di produzione è in genere separato dal contesto o contesti di ricezione. I beni simbolici vengono prodotti in un ambiente o insieme di ambienti (ossia, le istituzioni che costituiscono l'industria mediale) e trasmessi a destinatari situati in contesti lontani e vari (le diverse abitazioni private, per esempio). Inoltre, diversamente da molti altri casi di comunicazione caratte rizzati dalla separazione dei contesti, nella comunicazione di massa il flusso dei messaggi è, come ho osservato più sopra, prevalentemente unilaterale. Il contesto di produzio ne non è anche (o non nella stessa misura) contesto di ricezione, né gli ambienti di ricezione sono (o non nella stessa misura) ambienti di produzione. Perciò, il flusso dei messaggi è un flusso strutturato in cui la capacità dei rice venti di intervenire o di contribuire al processo di produ zione è strettamente limitato. Questa caratteristica della comunicazione di massa ha. implicazioni importanti per i processi di produzione e rice zione. Dal lato della produzione, significa che i lavoratori impegnati nella creazione e trasmissione dei messaggi dei media sono in genere privati delle forme di reazione dirette e continue tipiche delle interazioni faccia a faccia. I processi
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di produzione e trasmissione sono caratterizzati in sostanza da un tipo particolare di indeterminazione: procedono en trambi senza i suggerimenti dei riceventi. (Si pensi alla differenza tra il discorso consegnato a una telecamera e il discorso pronunciato di fronte a un pubblico riunito in assemblea, un pubblico che può manifestare approvazione o disapprovazione, ridendo, applaudendo o restando in silenzio.) Naturalmente, i lavoratori dei media hanno svi luppato diverse tecniche per superare tale indeterminatez za, dall'uso di formule sperimentate e di prevedibile succes so (come le serie televisive o gli sceneggiati a puntate) alle ricerche di mercato e il regolare monitoraggio della dimen sione e della risposta del pubblico 15 • Dal lato della ricezione, la separazione strutturale dalla produzione implica che i riceventi dei messaggi dei media sono, per così dire, abbandonati alle loro bizzarrie. Il pub blico può fare di un certo messaggio più o meno ciò che vuole: il produttore non è lì a rivedere o correggere i possi bili fraintendimenti. Ma implica anche che i destinatari occupano una posizione essenzialmente squilibrata nel pro cesso comunicativo. Per la stessa natura della comunicazio ne di massa, essi sono parti in svantaggio nello scambio simbolico. Rispetto agli individui coinvolti nel processo di produzione e trasmissione, i riceventi dispongono di relati vamente poco potere per determinare l'argomento e il con tenuto della comunicazione. E tuttavia, ciò non significa che essi siano del tutto impotenti, né che siano gli spettatori passivi di uno spettacolo su cui non hanno che poco o alcun controllo. Una quarta caratteristica della comunicazione di massa è che estende l'accessibilità delle forme simboliche nello
15 Si veda D. McQuail, Uncertainty about the Audience and the Organization o/ Mass Communication, in P. Halmos (a cura di), The Sociology o/ Mass-Media Communicators, numero monografico della
«Sociologica! Review», 13 (1969), pp. 75-84. Per un'analisi più ampia dei modi in cui le società televisive controllano l'audience, si veda Ien Ang, Desperately Seeking the Audience, London, Routledge, 1991.
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spazio e nel tempo. Questa caratteristica è strettamente legata alla precedente: poiché i media istituiscono una sepa razione tra i contesti di produzione e di ricezione, ne segue che i messaggi mediati sono accessibili in ambienti lontani da quelli in cui sono stati originariamente prodotti. Posso no essere ricevuti ( e in genere lo sono) da individui che, rispetto a quelli che li hanno prodotti, si trovano lontano nello spazio e forse anche nel tempo. L'ampia accessibilità dei messaggi mediati è una caratteristica che ha conseguen ze di grande portata; le analizzerò dettagliatamente più avanti. Di nuovo, non si tratta di una caratteristica esclusiva della comunicazione di massa. Poiché sono scambiate tra individui che non occupano le stesse posizioni nello spazio e nel tempo, comportano un qualche grado di distanziazione spazio-temporale tutte le forme simboliche. Ma con lo svi luppo delle istituzioni finalizzate alla produzione su larga scala e alla diffusione generalizzata dei beni simboli ci, l' am pia accessibilità diventa un fenomeno sociale molto più rilevante e pervasivo. Le informazioni e i contenuti simbo lici sono resi accessibili a più individui, attraverso distanze maggiori, e a più alte velocità. Per quanto continui ad au mentare, l'ampia accessibilità delle forme simboliche di venta via via più normale: la si dà sempre più per scontata come un aspetto abituale della vita sociale. Questa osservazione ci conduce alla quinta caratteristi ca della comunicazione di massa: essa implica la circolazio ne pubblica delle forme simboliche. I beni dell'industria dei media sono accessibili in linea di principio a una plura lità di riceventi. Sono prodotti in molte copie e trasmessi a una molteplicità di destinatari, tanto che, in teoria, sono disponibili a chiunque possegga i mezzi tecnici e le capacità e le risorse necessarie a utilizzarli. Da questo punto di vista, la comunicazione di massa è diversa dalle forme di comuni cazione che utilizzano gli stessi mezzi tecnici di fissazione e trasmissione della prima, e tuttavia sono destinati a un sin golo ricevente o a un gruppo di persone alquanto ristretto come accade nelle conversazioni telefoniche, nelle telecon ferenze, o nell'uso di videoregistratori personali di vari tipi. La linea che qui dobbiamo tracciare non è netta, ed è anche 49
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possibile che lo sviluppo di nuove tecnologie della comuni cazione, tecnologie che consentiranno probabilmente servi zi sempre più personalizzati, la oscuri ulteriormente, nel corso dei prossimi decenni. E tuttavia, per come si è svilup pata fin qui, il fatto che i suoi prodotti siano accessibili in linea di principio a una pluralità di riceventi è una caratte ristica distintiva della comunicazione di massa - per quanto tali prodotti possano in realtà circolare, per una serie di ragioni, all'interno di un settore relativamente piccolo di popolazione. L'accessibilità dei prodotti della comunicazione di mas sa ha conseguenze importanti per il modo di intendere la distinzione tra sfera pubblica e sfera privata. Il fatto che siano accessibili in linea di principio a una pluralità di destinatari trasforma i prodotti dei media in beni intrinse camente pubblici, nel senso di beni «aperti» o «disponibili al pubblico». Ma di conseguenza, è trasformato in pubblico il contenuto stesso dei messaggi dei media: esso è reso visibile e osservabile, cioè, a una molteplicità di individui che possono essere, e in genere sono, disseminati in molti diversi contesti. L'impatto dei mezzi di comunicazione sulla natura della «sfera pubblica» e la relazione tra questa e gli ambiti privati è un tema che nei prossimi capitoli analizzerò dettagliatamente. 4. La riorganizzazione di spazio e tempo Più sopra, abbiamo osservato come l'uso dei mezzi tec nici di comunicazione possa modificare le dimensioni spa .. zio-temporali della vita sociale. Mettendo gli individui in condizione di comunicare attraverso lunghe distanze nello spazio e nel tempo, esso consente loro di superare i limiti spaziali e temporali dell'interazione faccia a faccia, e nello stesso tempo di riordinare le caratteristiche spazio-tempo rali dell'organizzazione sociale, e quindi di utilizzarle come strumenti per perseguire i loro obiettivi. Per quanto tutti i mezzi tecnici esercitino una qualche influenza sugli aspetti spazio-temporali della vita sociale, 50
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particolarmente significativo, da questo punto di vista, è stato lo sviluppo della tecnologia delle telecomunicazioni avviatosi nella seconda metà del diciannovesimo secolo. Prima dell'avvento delle telecomunicazioni, per estendere nello spazio l'accessibilità delle forme simboliche era neces sario trasportarle fisicamente: a parte poche importanti ec cezioni (il semaforo, per esempio), la distanziazione spaziale poteva essere prodotta solo trasportando da un luogo all'al tro le forme simboliche. Ma dopo lo sviluppo delle prime forme di telecomunicazione, come il telegrafo e il telefono, la distanziazione spaziale anche notevole non ha più richie sto lo spostamento fisico delle forme simboliche, né perciò le dilazioni temporali che questo comporta. L'avvento delle telecomunicazioni ha così prodotto lo sganciamento di spa zio e tempo, nel senso che la distanziazione spaziale non ha più comportato la distanziazione temporale. Era possibile trasmettere informazioni e contenuti simbolici su lunghe distanze con una dilazione relativamente piccola; una volta installati i cavi di trasmissione, si potevano inviare i messag gi in un tempo di poco superiore a quello necessario alla codifica e decodifica dell'informazione. Si era aumentata grandemente la distanziazione spaziale e quasi eliminata la dilazione temporale. Lo sganciamento di spazio e tempo ha aperto la strada a un'altra trasformazione, anch'essa strettamente legata allo sviluppo delle telecomunicazioni: la scoperta della simulta neità despazializzata 16 • Nei precedenti periodi storici, l'espe rienza della simultaneità - ossia, del verificarsi «nello stesso istante>> di due o più avvenimenti - presupponeva un luogo specifico al cui interno gli individui potessero sperimentare la contemporaneità degli accadimenti. La simultaneità pre supponeva il luogo; «lo stesso tempo» richiedeva «lo stesso posto». Ma con lo sganciamento di spazio e tempo prodotto
16 Si veda H. Nowotny, Eigenzeit. Entstehung und Strukturierung eines Zeitge/uhls, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1988, trad. it. Tempo privato. Origine e struttura del concetto di tempo, Bologna, Il Mulino,
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dalle telecomunicazioni, l'esperienza della contemporaneità si è separata dalla condizione spaziale di un ambiente co mune. È diventato possibile sperimentare come simultanei eventi che pure accadano in luoghi spazialmente lontani. In contrasto con la concretezza del qui e ora, è emerso un senso del «momento presente» non più legato ad alcun luogo particolare. La simultaneità si è estesa nello spazio fino a diventare globale. Le trasformazioni del tempo e dello spazio, prodotte in parte dallo sviluppo delle nuove tecnologie della comunica zione e in parte dall'invenzione di mezzi di trasporto più veloci, ha sollevato problemi sempre più acuti di coordina mento spazio-temporale, problemi che alla fine furono ri solti attraverso una serie di convenzioni per l'unificazione dei sistemi per il calcolo del tempo 17 • Fino alla metà del diciannovesimo secolo, ciascuna città, borgo o villaggio aveva un suo particolare tempo locale, non coordinato con gli altri. E tuttavia, con lo sviluppo dei servizi di diligenze postali avviatosi alla fine del diciottesimo secolo e la costru zione delle ferrovie nei primi decenni di quello successivo, le pressioni per l'unificazione della misura del tempo su base non locale aumentarono. L'introduzione di un orario ferroviario standardizzato, basato sul tempo medio del me ridiano di Greenwich, ha portato gradualmente all' adozio ne dello stesso sistema come tempo medio uniforme per l'intera Gran Bretagna. L'obiettivo di standardizzare il cal colo del tempo su una scala territoriale più ampia sollevò nuovi problemi. Li si risolse con l'introduzione di fusi orari uniformi. Tra gli anni settanta e i primi anni ottanta del secolo diciannovesimo, adottò per primo tale soluzione il Nord America, ma nel 1884 venne convocata a Washington la conferenza internazionale sui meridiani, con lo scopo di stabilire un sistema di standardizzazione del tempo per l'intero pianeta. Si stabilì che il mondo venisse diviso in ventiquattro fosi orari e che la linea del passaggio di data 17
Si veda E. Zerubavel, The Standardization o/ Time: A Sociologica! Perspective, in «American Journal of Sociology», 88 (1982), pp. 1-23.
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Comunicazione e contesto sociale
internazionale fosse fissata al centottantesimo meridiano alla stessa distanza a est e ovest di Greenwich; i viaggiatori che lo attraversano spostandosi verso levante guadagnano un giorno, e quelli che si muovono nella direzione opposta lo perdono. Da allora, il sistema standardizzato del tempo universale ha fornito una cornice per la coordinazione dei tempi locali e l'organizzazione delle reti di comunicazione e trasporto. Lo sviluppo di nuovi mezzi di comunicazione e di loco mozione ha influito anche sui modi in cui gli individui sperimentano le caratteristiche spazio-temporali della vita sociale. L'introduzione del tempo universale è stata accom pagnata da un crescente interesse per l'esperienza persona le del tempo e dello spazio, della velocità e della simultanei tà, e dello sganciamento di spazio e tempo, un interesse che ha trovato espressione nell'arte e nella letteratura della fine del diciannovesimo secolo e dei primi decenni del ventesi mo, da Proust e Baudelaire a James Joyce, dal cubismo e futurismo al surrealismo. L'impatto di questi sviluppi sulla letteratura e l'arte è stato acutamente analizzato da Stephen Kern, Marshall Berman e altri 18 • Qui desidero considerare in termini più generali alcuni dei modi in cui lo sviluppo dei mezzi di comunicazione ha influito sul senso dello spazio e del tempo degli individui comuni. Prima dello sviluppo dell'industria dei media, il senso del passato e dei luoghi lontani era plasmato, per la maggio ranza delle persone, principalmente dal contenuto simboli co scambiato nelle interazioni faccia a faccia. Giocava, in particolare, un ruolo centrale il racconto di storie. Per la maggioranza delle persone, il senso del passato, dei luoghi lontani e delle comunità di appartenenza - comunità limita te spazialmente ma che si prolungano nel tempo - era mo18
Si vedano S. Kern, The Culture o/ Time and Space 1880-1918,
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