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Italian Pages 112 [98] Year 2023
E d mu n d Hu s s e r l L ’ o r i g i n e d e l l ag e o me t r i a Ac u r ad i Ni c c o l òAr g e n t i e r i
C A S T E LV E C C H I
«In che modo l'idealità geometrica passa dalla sua prima origine intrapersonale, nella quale si presenta come figura nello spazio coscienziale dell'anima del primo inventore, alla sua oggettività ideale? Ciò avviene per mezzo del linguaggio, nel quale essa acquista, per così dire, il proprio corpo linguistico.»
La notorietà dell’Origine della geometria di Edmund Husserl – pubblicata come appendice a La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale (1936) – è fortemente in debito con la lettura che ne ha dato Jacques Derrida nel 1962. In questo modo il testo ha trovato la via per svolgere un ruolo esemplare nel preservare un approccio propriamente filosofico alla riflessione sulla matematica. D’altra parte, proprio il successo del saggio di Derrida rischia di impedire il contatto immediato con lo scritto di Husserl. Questa nuova traduzione a cura di Niccolò Argentieri, contestualizzata grazie all’affiancamento dei primi paragrafi di La crisi e corredata da un rigoroso saggio critico, propone una lingua più aderente alla sintassi husserliana, evitando riformulazioni rischiose sul piano interpretativo, nel tentativo di rilanciare la complessità dell’opera.
EDMUND HUSSERL (1859-1938) Filosofo e matematico, è considerato il fondatore della moderna fenomenologia. Allievo di Franz Brentano e maestro, tra gli altri, di Martin Heidegger, i suoi studi hanno profondamente influenzato il pensiero del Novecento, da Emmanuel Lévinas a Jean-Paul Sartre, da Paul Ricoeur a Jacques Derrida. Tra le sue opere Ricerche logiche (1900-1901), Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica (1913), Logica formale e logica trascendentale (1929), Meditazioni cartesiane (1931), La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale (1936).
Progetto grafico di collana & cover layout: Bruno Apostoli
Le Navi l
Edmund Husserl
L'ORIGINE DELLA GEOMETRIA
Traduzione dal tedesco di Niccolò Argentieri
© 2023 Castelvecchi
I.: originario rimane un'ipotesi, la cui unica base di veri fica è la ricezione. H. BLUMENBERG, Jl futuro del mito
C'era una volta Talete. Origine della geometria e genealogia della Krisù di Niccolò Argentieri
Premessa La notorietà dello scritto di Husserl conosciuto come I.:origine del la geometria (d'ora in poi OG) , pubblicato in forma di terza appendi ce al testo principale La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale1, è fortemente in debito con il lavoro diJacques Derri da, che ne ha curato, nel 1962, una traduzione autonoma, introdotta da un saggio importante e complesso2 - un saggio per molti versi più celebre, se non più frequentato , dello stesso testo husserliano . Derrida considera OG un passaggio decisivo per la definizione del pensiero di Husserl, un vero e proprio manifesto programmatico che annuncia un ultimo, estremo rilancio teorico del percorso fenome nologico. Si tratta, spiega Derrida, di «mettere in luce , da un lato , un nuovo tipo o una nuova profondità della storicità, e determinare dall'altro , correlativamente, gli strumenti nuovi e la direzione origina le della riflessione storica»3• La scelta di proporre una nuova traduzio-
l Edmund Husserl, Der Ursprung der Geometrie, in Id . , Die Krisis der Europiliscben Wissenscba/ten und die transzendentale Pbiinomenologie, 1935- 1936 (Husserliana, VI; a cura di Walter Biemel, 1954, pp. 3 65 - 3 86 ) ; trad . it. La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, a cura di Enrico Filippini, il Saggiatore, 1997 , pp.
3 80-405 . 2 Edmund Husserl, L'origine de la géométrie, a cura di Jacques Derrida, PUF, 1962; il testo di Derrida è disponibile in italiano: Introduzione a ''L'origine della geometria" di Husserl, a cura di Carmine Di Martino, J aca Book, 2008. 3 lvi, p . 4; trad. it. p. 72.
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ne italiana di OG risponde, in primo luogo, alla convinzione che una tale importanza sia impossibile da disconoscere e debba, anzi, essere estesa oltre il tema interno del nuovo imp ulso all'impresa fenome nologica rilevato da Derrida. In effetti, come vedremo, la questione d'origine rapp resenta uno strumento d'indagine che, pur presentando degli innegabili rischi nella gestione metodologica, sembra in grado di garantire a OG un ruolo esemplare nel tentativo di preservare un approccio propriamente filosofico alla riflessione sulla matematica: un approccio che potremmo definire obliquo, indiretto, dunque non spe cialistico, secondo il quale la filosofia, nell'accostarsi alla matematica, non è chiamata a definirsi come epistemologia di una particolare disci plina-oggetto, rinnegando in questo modo il proprio canone testuale e concett uale per adeguarsi alle particolari questioni sollevate dalla matematica. Al contrario, la filosofia, anche mentre volge lo sguardo alla matematica , persegue il proprio originario e fondante impegno di comprensione, trovando nella matematica un 'esibizione particolar mente cogente del lavoro della ragione. Il tentativo di form ulare con maggiore chiarezza un tale ruolo metodologico di OG occuperà la seconda parte di questa introduzione. Un ulteriore impulso per questa nuova traduzione viene invece dal sospetto , o dal rischio , che proprio il s uccesso dell'introduzione di Derrida possa impedire un contatto immediato con lo scritto di Hus serl, assoggettandolo a una forma di inavvertita colonizzazione teore tica4. Si vorrebbe, quindi, provare a ricostituire la gerarchia logica tra testo e commento, senza ovviamente disconoscere l'importanza della lettura di Derrida. Un obiettivo per il quale una nuova traduzione chiamata a emendare qualche svista del prezioso lavoro di Filippini e a proporre una lingua più aderente alla sintassi husserliana, evitando riformulazioni e migliorie a volte rischiose sul piano interpretativo può rivelarsi uno strumento efficace, quasi una strategia di strania mento in grado di affinare percezione e attenzione analitica. Per meglio contestualizzare l'ambito di problemi che il testo di Husserl solleva si è scelto di affiancare a quella di OG la traduzione 4 Sospetto alimentato anche dalla trad uzione italiana del lavoro di Derrida, che sce glie di assegnare all'introduzione il ruolo di testo principale, relegando OG alla fun zione di occasione per l'impresa teorica di Derrida - quasi a ribadirne e consolidarne il destino di appendice.
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dei primi paragrafi della Krisis - in particolare i paragrafi 8, 9 e 9a: è rispetto a quest'ultimo che OG assume formalmente il ruolo di appen dice - dedicati alla genealogia della scienza galileiana e al suo rappor to con la tradizione della geometria euclidea. Ovviamente , persegui re con rigore un tale processo di contestualizzazione significherebbe chiamare in causa ben più di quelle poche pagine, fino a coinvolgere l'intero impianto della Krisis e ampi tratti della riflessione husserlia na: operazione ovviamente priva di ragionevolezza per gli obiettivi di questo scritto. Limiteremo quindi l'attenzione , nella prima parte di questa introduzione , ai paragrafi citati, consacrati appunto all'indagi ne sulla costituzione e sull'auto-comprensione della scienza galileiana, perché è esattamente da questi temi che OG prende spunto. Infine , la terza e ultima parte di queste pagine introduttive sarà de dicata a una breve ricognizione critica, quasi un programma di ricerca in effetti, di un aspetto del testo di Derrida, vale a dire il confronto tra la filosofia critica e la fenomenologia in riferimento alla nozione stessa di origine della geometria.
La scienza galileiana e la genealogia della Krisis La strategia espositiva di Husserl prevede spesso una pars de struens dell'argomentazione, l'individuazione di un passo falso della ragione filosofica il cui superamento possa rappresentare un momento essenziale per il dispiegarsi del progetto fenomenologico. È questo , ad esempio, il ruolo svolto dalla critica allo psicologismo nei Prolegomeni, dalla sospensione delle certezze e delle discipline connesse alla tesi dell 'atteggiamento naturale nella prima parte delle Idee, dalla denuncia dell'errore metodologico che impedisce al dub bio cartesiano di percorrere fino in fondo la strada della fenome nologia trascendentale, che pure Cartesio lascia intravedere, nelle Meditazioni cartesiane. D'altra parte, è lo stesso principio dell'epochè che esige questo passaggio dialettico , al fine di tradurlo in una tap pa del percorso che porta alla fenomenologia pienamente realizzata: l'oggetto propriamente fenomenologico diventa disponibile soltanto come effetto del superamento di un corto circuito che pregiudica il lavoro descrittivo.
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Nella Crisi, l'esercizio preparatorio allo svolgimento del vero e proprio progetto fenomenologico è affidato all'analisi critica del co stituirsi della scienza moderna , la scienza della natura matematizzata , alla cui origine Husserl pone idealmente la figura esemplare di Gali leo, «il genio che scopre e insieme occulta»5• Si tratta di ripercorrere le tappe che hanno portato alle «enigmatiche e a prima vista inestricabili oscurità delle scienze moderne, persino di quelle matematiche» e al manifestarsi di «un enigma del mondo di un genere che era comple tamente estraneo alle epoche passate»6• Queste oscurità rimandano, a loro volta, a quello che Husserl definisce l'enigma della soggettività, dunque «all'enigma della tematica e del metodo della psicologia»7• Le difficoltà che la psicologia incontra nella definizione dei propri prin cipi metodologici sono connesse al progressivo venir meno della con sapevolezza del carattere correlativo dell'esperienza quale inevitabile conseguenza dell'adesione al modello ingenuamente oggettivista pro posto dal positivismo . L'indebolirsi della concezione correlativa della conoscenza - concezione che rappresenta, come è noto , il contenuto filosofico fondamentale della rielaborazione fenomenologica della te oria dell'intenzionalità - porta con sé un'inevitabile polarizzazione tra la componente soggettiva e quella oggettiva, dunque una loro consi derazione specu l are e simmetrica. Tale polarizzazione, a sua volta, im plica la trasformazione in oggetto della stessa soggettività e, dunque, la comprensione della psicologia come " psicofisica " , come scienza og gettiva caratterizzata da un particolare contenuto (vale a dire, appun to, l'oggetto " soggetto" ) : «L ] se la natura scientificamente razionale diventa un mondo di corpi essente in sé, il mondo in-sé diventa un mondo scisso in un senso che prima era ignoto, scisso cioè in una na tura in-sé e in un modo d'essere che se ne differenzia: la sfera psichi.
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5 Edmund Husserl, Crisi, cit., p. 8 1 : «Galilei, der Entdecker - oder,
um seinen Vorar beitern Gerechtigkeit angedeihen zu lassen: der vollendende Entdecker - der Physik bzw. der pbyszkaliscb en Natur ist zugleich entdeckender und verdeckender Genius».
In italiano, come si vede, va in parte perd uto l'interessante artificio linguistico usato da Husserl. Tradurre con 'genio che scopre e ricopre' sarebbe stato probabilmente preferibile - e forse avrebbe reso meno percorribili alcune interpretazioni parziali o ideologiche della Crisi, prima fra tutte quella che vi legge la prova di una svolta antiscientista di Husserl. 6 lvi, p. 3 5 . 7 Ibidem (corsivo n el testo ) .
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ca>}. Proprio in questa polarizzazione , in questa rigida separazione tra una realtà esterna al soggetto e un processo conoscitivo tutto interno alla coscienza che esperisce quella realtà, Husserl individua l'essenza metafisica della scienza galileiana e l'origine dell 'involuzione oggetti vistica della psicologia e della filosofia, vale a dire l'idea che il senso delle cose sia indipendente dall' operatività intenzionale del soggetto. L'indagine genealogica - come avverte il titolo della seconda parte della Crisi: Chiarimento circa l'origine della contrapposizione 11zoderna tra obiettivismo fisicalistico e soggettivismo trascendentale9 - deve dun que riattivare la consapevolezza della natura non originaria di questa separazione, mostrando le tappe che ne scandiscono il percorso di costituzione e il progressivo occultarsi di questo percorso nello spes sore della sedimentazione concettuale che Galileo e le generazioni a lui successive hanno ricevuto come tradizione e come ormai implicito orizzonte della significazione. I passaggi decisivi di questo percorso genealogico sono tre: l'idealizzazione platonico-euclidea della geome tria, la matematizzazione galileiana della natura, la formalizzazione e la conseguente " tecnicizzazione" della matematica. Vediamone, rapi damente, i tratti fondamentali. L'inizio - l'episodio nella storia fenomenologica della ragione che pone le condizioni per il successivo imporsi dell'oggettivismo impli cito nella concezione galileiana della conoscenza naturale - coinci de con l'origine greca della geometria come scienza di oggetti ideali . Husserl descrive la costituzione della geometria elementare , in quanto scienza oggettiva , nei termini di un processo idealizzante che porta dalla vaghezza delle «forme colte astrattamente dei corpi intuiti in modo empirico»10 alla esattezza delle forme geometriche - da pensare come limite ideale, svincolato dalla effettiva realizzabilità, di una pras si tecnica di perfezionamento . La lavorazione manuale, che si sforza di dare all'oggetto la forma che più gli è propria (la circolarità del piatto , la sfericità dell 'anfora . . . ) apre la strada alla possibilità di pensare un ideale telos di compimento di tali forme, delle «/orme-limite verso le quali tende , come a un polo invariante e sempre irraggiungibile , qual-
8 lvi, p. 90. 9 Cfr. infra, p. 6 1 . 10 Cfr. in/ra , p. 65 .
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siasi serie di perfezionamenti»u. Il passaggio dal livello dell'intuizione sensibile e prescientifica a quello delle forme esatte della geometria si compie dunque tra continuità e discontinuità. La continuità è legata al radicamento dei concetti geometrici nella nozione concreta di prassi di lavorazione: è l'intervento pratico , manuale, sui dati dell'intuizione sensibile che si offre come ponte verso la costituzione e la trattazio ne scientifica delle forme pure. Tuttavia, l'idea del perfezionamento indefinito non deve far dimenticare la soluzione di contin uità che, di fatto, interviene lungo questo processo nel momento del passaggio dal possibile al solamente pensabile e nella conseguente costituzione del piano delle pure idealità: Al posto della prassi reale - sia quella dell'agire, sia quella che esamina le possibilità empiriche , che hanno a che fare con corpi empirici effettivi e realmente possibili -, abbiamo adesso una pms si ideale di un " pensiero puro " , che si mantiene esclusivamente nel
regno delle pure /orme-limite12• In questa difficile convivenza di contin uità e discontinuità rischia di andare perduto il senso d'origine della geometria - che è, in primo luogo, quello di una praxù concettuale, di una specializzazione del linguaggio finalizzata alla classificazione e all'ordinamento della per cezione delle forme dei corpi sensibili, alla restituzione intelligibile dell'esperienza e alla soluzione di problemi pratici. In altri termini , ciò che si verifica con la ridefinizione platonico-euclidea della geo metria è la trasformazione in oggetti, oggetti ideali, come tali separati e autonomi rispetto all'attività produttrice della coscienza, di alcune modalità strumentali della praxis percettiva e conoscitiva. La forma triangolare di un corpo non è tanto la presa d'atto di una qualità formale del conten uto percettivo, quanto uno strumento linguisti co-conoscitivo (come tale costitutivo del mondo e della coscienza che lo abita ) che si sviluppa come risposta all'esigenza di decifrare e rendere in qualche modo conoscibile l'esperienza. L'idealizzazione spezza questo legame esperienziale per isolare l' in-.'ìé della forma, il triangolo, quale oggetto di una disciplina che ne individua le caratte1 1 Cfr. ibidem. 12 Cfr. in/ra, p. 66 (corsivo nel testo ) .
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ristiche pertinenti facendone il contenuto di una definizione rigorosa, univoca e condivisa . Ovviamente, questa trasformazione in oggetti ideali degli strumen ti formali dell'esperienza percettiva non è, come tale, un evento che si sarebbe potuto o dovuto evitare. Leggere in questi termini l'ana lisi husserliana significherebbe tradirne il senso e gli obiettivi. L'ide alizzazione è un passaggio necessario per la matematica (così come per la fenomenologia, d'altra parte), la condizione del suo costituirsi come disciplina e del s uo straordinario sviluppo. L'idealizzazione è inevitabile, se la matematica deve esistere. Ma l'obiettivo dell'indagine genealogica, così come quello della filosofia , non è, e non p uò essere, la determinazione dei principi teorici e metodologici alla base del fun zionamento di una disciplina scientifica in sé chiusa. In gioco è la com prensione dell'esperienza come luogo di costituzione della ma temati ca, non la matematica quale oggetto di una riflessione epistemologica. Ciò che importa è dunque riattivare la consapevolezza dell'origi ne non oggettiva degli oggetti ideali; la consapevolezza, dunque, di quel processo costitutivo che li ha trasformati da fibre del tessuto correlativo dell'esperienza in idealità formali e antologicamente au tonome. Perdere questa consapevolezza significa ignorare i gesti e le metamorfosi concettuali alla base del sorgere della geometria pura e smarrire, di conseguenza, il senso stesso dell' ar.� geometrico-matema tica. Significa, in altre parole, accogliere come già da sempre avvenuta la svolta euclidea che ha fatto della geometria una scienza di oggetti ideali, sottraendola così al divenire e alla relatività dell'esperienza e proponendola come modello e termine di riferimento per ogni cono scenza ngorosa. Il secondo, decisivo snodo individuato dall'indagine genealogica husserliana coinvolge direttamente il pensiero e il ruolo di Galileo. Si tratta senza dubbio della sezione più importante e celebre della prima parte della Crisi - oltre che, ovviamente, della più controversa - per ché, chiamando esplicitamente in causa un protagonista così imponen te della storia della scienza, il testo di Husserl viola i confini discipli nari della filosofia teoretica, esponendosi inevitabilmente al giudizio e all'interesse di prospettive differenti. Galileo è, al contempo , una figu ra chiave nella storia della filosofia naturale - in questo senso l'analisi di Husserl può e deve essere valutata anche con i criteri della storia
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della scienza - e un momento esemplare della teleologia fenomenolo gica, da comprendere soprattutto alla luce dei motivi e delle finalità profonde della riflessione husserliana. Ora , se p ure è certamente vero che il primo aspetto non può essere escluso dai criteri di interpretazio ne del discorso di Husserl - perché questo ne impedirebbe una lettu ra pienamente consapevole - è comunque molto importante , proprio ai fini di una comprensione effettiva del progetto husserliano, tenere conto dell'orientamento strettamente teoretico del testo : la storia che Husserl racconta è una storia filosofica, una storia di senso finalizzata a un progetto analitico di (ri) -fondazione. Ciò significa, in altri termi ni, che l'esposizione husserliana non ha e non può avere il tono o le esigenze di una ricostruzione storica rigorosa13• La storia non conosce fratture o svolte improvvise, né, probabilmente, figure solitarie che , nello spazio di una vita, riescano a imporre agli eventi una direzione radicalmente diversa dalla precedente. L'opera di Galileo , nonostante la sua importanza e il suo ruolo epocale, impossibili da negare, non è 1 3 Il problema di valutare la ricostruzione husserliana alla luce di criteri storico-scien ti..Gci più rigorosi è affrontato nel bel libro di François De Gandt, Husserl et Galilée. Sur la crise des sciences européennes, Vrin, 2004, in particolare nel terzo capitolo. È sostenibile, dalla prospettiva della storia della scienza, l'immagine di Galileo tracciata da Husserl? La risposta non può ovviamente essere univoca, proprio per il carattere funzionale ed esemplare che la figura di Galileo ass ume nella trattazione husserliana. Dalla puntuale analisi di De Gandt risulta, da una parte, che Husserl ha ragione nell'attribuire a Galileo l' avvio di un irreversibile movimento di matematizzazione: un processo che ha portato la fisica a modificare progressivamente il proprio statuto allontanandosi sempre più da un contenuto intuitivo per afGdarsi a principi astrat ti valutabili soltanto sulla base delle conseguenze che da essi è possibile ricavare. !:errore di Husserl sta forse nell'aver attribuito in toto a Galileo il gesto iniziale di questo movimento di matematizzazione della scienza naturale: la storia è in questo caso davvero più complessa e meno lineare, e risale a epoche più lontane, all'origine e al costituirsi di scienze meno "nobili " della fisica e dell'astronomia galileiane quali la prospettiva, la meccanica, l'ottica (ivi, pp. 1 12- 125 ) . Il rapporto tra il pensiero di Husserl e la storia della scienza in senso stretto è comunque di non semplice decifra zione o soluzione, come conferma lo stesso De Gandt sottolineando l'inJJusso della riilessione husserliana sulle ricerche storiche di Koyré: «Cependant la Krisis n 'est pas
seulement un lieu de sédimentation pour une image reçue de Galilée. De /ait !es ana lyses de Husserl ont été une guide et un stimulant pour la lecture et l'interpretation des textes de Galilée, sous un certain éclairage. La compréhension husserlienne des enjeux et des décisions créatrices a été/éconde pour l'histoire des sciences, une /écondité qui est mani/este, nous semble-t-il, dans la figure et l'ceuvre d'Alexandre Koyré» (ivi, p. 99).
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l'intuizione inaudita di Lm genio isolato che cambia la storia della co noscenza , ma il compimento metafisica di un processo culturale pro fondo e multiforme che ha radici nelle grandi trasformazioni materiali dei secoli precedenti (formazione della classe mercantile, ridefinizione del mondo conosciuto mediante le esplorazioni geografiche, diffusio ne della stampa, sviluppo del sapere tecnologico) 14• Il Galileo di Husserl, più che Lilla figura storica vera e propria, è la personificazione - certamente una semplificazione, quindi, giustificata soprattutto da ragioni di efficacia espositiva - di un concetto o di un pLIDto di svolta della ricostruzione genealogica. Il punto in cui, come abbiamo detto , la geometria, trasformata dalla svolta platonico-eucli dea in scienza di oggetti ideali, è accolta come un sapere incondizionato (non, dLIDque , come l'esito di una progressiva metamorfosi, avvenuta al livello metaoperativo , di una pratica esperienziale e conoscitiva, ma come una formazione già da sempre compiuta) e come insostituibile strumento per una conoscenza oggettiva e universale della nat ura: Galileo era lontanissimo dall' immaginare che per la geometria in quanto ramo di una conoscenza universale dell'essente (in quan to ramo della filosofia) potesse essere importante, anzi essenziale, fare dell'evidenza geometrica , del " come " della sua origine , un problema15•
14 Proprio le ricerche di Koyré testimoniano mirabilmente la complessità dell'opera di Galileo e i molteplici livelli di lettura che in essa si intrecciano: «Le opere di Gali leo, il Dialogo come Il Saggiatore, sono, prima di tutto, opere copernicane e la fìsica di Galileo è una fìsica copernicana, fìsica che deve difendere l'opera del grande astro nomo - il movimento della terra - contro le vecchie obiezioni e i nuovi attacchi. Ora, questa nuova fisica, e questo Galileo lo vede meglio di chiunque, dev'essere toto coelo differente dall ' antica; così, per costruire questa, bisogna demolire quella, ovverosia demolirne le basi stesse, i fondamenti filosofici che la sostengono; quanto alla nuova fìsica, matematica, archimedea, Galileo capisce bene che per costruirla è necessario cambiare tutti i suoi concetti e dare loro nuovi fondamenti; e capisce bene che gli è necessario ancorarla, quanto più saldamente è possibile, a una filosofia. Da ciò il sottile miscuglio, nell'opera galileiana, di " scienza" e " filosofia" e l'impossibilità, per lo storico - a meno di rinunciare a capire - di separare i due elementi integranti del suo pensiero» (Alexandre Koyré, É tudes galiléennes, Hermann, 1966; trad. it. Studi galileiani, a cura di Maurizio Torrini, Einaudi, 1976, pp. 2 1 4-2 15 ) . 1 5 Edmund Husserl, Crisi, cit. , pp. 5 8-59.
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Proprio l'idea di geometria che Galileo accoglie come ovvietà traman data da una tradizione indiscussa - l'idea per la quale la geometria è compresa come scienza di idealità liberate dall'opaca mutevolezza delle sensazioni soggettive - rende possibile pensare a una nat ura sta bile e conoscibile che si dispiega oltre le apparenze dei sensi e la varia bilità imprevedibile del comportamento dei fenomeni: Q ui ci limitiamo a osservare come la geometria, assunta nell'inge nuità di quell'evidenza a priori che continua a m uovere qualsiasi lavoro geometrico, determini il pensiero di Galileo e lo guidi verso un'idea della fisica che per la prima volta si delinea appunto nell'o pera a cui egli dedicò la sua vita16•
Soltanto supponendo che il mondo, nella sua totalità e nei suoi detta gli, sia un mondo geometrico-matematico, soltanto alla luce di questa ipotesi metafisica, diventa concepibile e realizzabile, per la scienza ga lileiana, una conoscenza profonda dei meccanismi della realtà. Interviene qui la fondamentale questione della matematizzazione dei plena, vale a dire della trasformazione delle qualità secondarie in oggetti suscettibili di trattazione formale. Per passare dalla geometria alla scien za della natura non è sufficiente matematizzare le forme: occorre anche, e soprattutto, giungere a una resa matematica della materia del mondo17 • L'oggettività e l'universalità della conoscenza possono essere garantite soltanto da una matematizzazione totale, senza residui. Bisogna salvare anche i colori o i profumi, altrimenti perderemmo qualcosa del reale, abbandoneremmo delle parti intere dell'esperienza all'oscillazione sog gettiva delle impressioni. Si tratterà, naturalmente, di una matematizza zione indiretta, di una matematizzazione per associazione, della ridu zione delle qualità secondarie alle leggi della meccanica. Questo è, per Husserl, il contributo fondamentale dell'opera di Galileo , il vero senso del suo " platonismo " che consegna alla tradizione una nuova ovvietà: Ciò che noi esperiamo nelle cose stesse, nella vita prescienti.fìca, i colori, i suoni, il calore, il peso , ciò che noi esperiamo causalmente, 16 lvi, p. 59. 17 Cfr. Thomas Régis, Mathématisation indirecte et monde de la vie. Un commentaire de la section 9c de la Krisis, in «Kairos», n. 22, 2003 , pp. 2 1 3 -2 3 4.
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l'irradiazione calorica di un corpo che riscalda i corpi circostanti , e simili , è naturalmente costituito , da un punto di vista " fìsicalistico " , d a vibrazioni sonore , d a vibrazioni caloriche, cioè d a p uri eventi del mondo delle forme. Q uesta asserzione universale viene assunta oggi come un'ovvietà indiscutibile. Ma per Galileo, per il creatore di quella concezione che rese possibile la fisica, non poteva esse re ovvio ciò che sarebbe diventato ovvio soltanto attraverso la sua opera. Ovvia per l ui era soltanto la matematica p ura e il modo usua le in cui veniva applicata. Ma se ci atteniamo strettamente alla mo tivazione galileiana , alla motivazione che di fatto fu originariamente fondante per la nuova idea della fisica, dobbiamo renderei conto della novità costituita dal suo pensiero nella situazione di allora18•
Qui risuona con grande nettezza il motivo fondamentale dell'indagine genealogica: trasformare in novità ciò che la tradizione ci consegna come ovvio e acquisito. L'efficacia e il senso della scienza galileiana della natura si fondano sulla possibilità di applicare allo studio del molteplice fenomenico i concetti e gli strumenti della geometria - me glio ancora: sulla possibilità di trasformare gli oggetti e gli eventi reali in modo da renderli compatibili con una descrizione geometrica. È questo il gesto che rende l'opera di Galileo così fondamentale per la genealogia dell' oggettivismo che Husserl ci invita a ripercorrere; un gesto che rende possibile leggere il pensiero galileiano come una forma di fatale radicalizzazione del platonismo : Per il platonismo il reale aveva una metessi più o meno perfetta all'ideale, che rendeva possibile alla geometria antica una rudi mentale applicazione alla realtà. Nella matematizzazione galileiana della natura è allora questa medesima realtà ad essere idealizzata secondo la nuova matematica , in parole moderne diventa essa stes sa una molteplicità matematica19•
La natura non si limita più semplicemente a partecipare dell'ideale, ma è in tutto e per tutto idealità. Si assiste , in altri termini, a una
18 Edmund Husserl, Crisi, cit. , p. 66. 19 Cfr. in/ra , p. 63 .
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sostituzione di oggetto che porta alla creazione, sul modello della geo metria pura, di una fisica mai pienamente giustificata dall 'esperienza: Ma ora è estremamente importante rilevare come già con Gali leo fosse avvenuta una sostituzione [Unterschiebung] del mondo matematicamente sustruito delle idealità all 'unico mondo reale, al mondo che si dà realmente nella percezione, al mondo esperito ed esperibile - al nostro mondo-della-vita quotidiano. Questa so stituzione è stata ereditata dai successori, dai fisici di tutti i secoli successivi20•
Deve essere chiara la natura ambivalente , nella prospettiva genealogi ca, della matematizzazione galileiana21• La negazione di qualsiasi pri-
20 Edmund Husserl, Crisi, ci t., pp. 7ì -78. La traduzione è stata leggermente modifi cata perché Filippini sceglie di rendere il termine husserliano Unterschiebung con 'so vrapposizione', una soluzione che non appare condivisibile. A proposito della scelta terminologica di Husserl, mi sembra interessante l'osservazione di De Gandt, il quale fa notare che, per descrivere l'operazione galileiana, nella Crisi Husserl sostituisce il verbo unterlegen, utilizzato nelle Idee e nella Logica, con il verbo unterschieben, chiaramente più connotato in termini valutativi (cfr. François De Gand t, Husserl et Galilée, cit. , p. 70 ) . 2 1 Il senso di questo processo è naturalmente molto complesso e richiederebbe un'at tenta decifrazione dei contenuti che si intrecciano nei testi galileiani. D'altra par te, il tema della matematizzazione è il perno attorno al quale ruota, di fatto, l'intera costruzione retorica del Dialogo: ammettere l'uso della matematica nello studio dei fenomeni naturali significa cancellare definitivamente il confine che separa " cielo " e " terra " , quel confine già simbolicamente violato dal cannocchiale galileiano puntato verso le sfere celesti. La scienza pregalileiana, infatti, non escludeva la possibilità di una formulazione matematica della conoscenza, ma limitava tale formulazione alla descrizione dei moti dei corpi celesti, governati dalla regolarità perfetta e immutabile delle leggi divine: in questo contesto, la legittimità dell'uso della matematica e la ve rità dei risultati ottenuti discendevano direttamente dalla natura divina dei fenome ni esaminati. Estendere l'intervento della matematica al di fuori della sfera dei moti celesti era, prima ancora che illegittimo, del tutto impensabile: i fenomeni terrestri, oggetto di un'esperienza sensibile inevitabilmente imperfetta ed effimera, vanno in contro a processi di generazione e corruzione che sono assolutamente incompatibili con la perfetta a-temporalità del calcolo matematico. La matematizzazione galileiana, dunque, "divinizza" la natura elevandola a una conoscibilità a priori che prima le era negata, e trasformandola così nel grande libro in cui la Creazione si dispiega di fronte alla scienza dell ' uomo . Per un esame più ampio di questo tema, con particolare
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orità logico-conoscitiva delle forme semplici e massimamente regolari nei confronti delle forme effettive dei corpi - l'idea, in altre parole, che la matematizzazione non sia un atto che impone le forme geome triche (troppo perfette, troppo regolari) a un mondo ben altrimenti complesso, ma lo strumento che permette di astrarre, dalle molteplici qualità dei corpi, quelle più adatte a una formulazione oggettiva e sta bile - è coerente, in linea di principio, con l'origine strumentale e pra tica dell'ars geometrica di cui abbiamo parlato in precedenza. Ma per Galileo , come abbiamo detto, quell'origine è ormai irrimediabilmente perduta, confusa nella sedimentazione di senso che egli riceve come tradizione. Una tradizione che quasi costringe Galileo a pensare come proprietà degli oggetti dell'esperienza le forme descritte e studiate dalla matematica - a non pensarle, dunque , come strumenti della co stituzione e della strutturazione dell'esperienza, ma come oggetti a loro volta, referenti ideali dei concetti della geometria risultante dalla svolta euclidea . Di conseguenza, la matematizzazione galileiana è un processo conoscitivo estremamente complesso, non puramente tecni co dunque22, il cui primo passo richiede l'individuazione, nel mondo che l'esperienza mette a disposizione, di un in sé strutturale, assoluto e invariante, identificabile con un molteplice oggettuale di tipo geo metrico. n problema non è quindi il processo di trasformazione che l'idea di matematizzazione attraversa in virtù dell'opera di Galileo, bensì la comp rensione filosofica di questo processo di trasformazione e, quindi, la risposta che si intende dare alla domanda sulle condizioni che rendono possibile la descrizione matematica del reale empirico. riferimento ad alcuni passaggi della seconda giornata del Dialogo, mi permetto di rimandare al mio Ci sono elettroni nel mondo della vita? , Bonanno, 2009, pp. 50-5 4 . 2 2 Un'interessante descrizione dell'orizzonte metafisico che dà senso all'idea gali leiana di matematizzazione, soprattutto nella prospettiva di un'indagine genetica, è contenuta nel saggio di Valentina Cappelletti, Dall'ordine alle cose. Saggio su Werner Heisenberg, Jaca Book, 200 1 , pp. 1 8- 3 3 . «La lettura di Galileo dovrà mostrarci che oggettività e universalità, come le intendono oggi la scienza e il senso comune, sono il frutto di un'operazione precisa: la matematizzazione del reale. La matematizzabilità infatti è, in termini rigorosi, un 'ipotesi, ma poi si trasforma in un fatto, con un' ope razione che è tipicamente metafisica, in quanto non è altro che l'introduzione di un criterio di verità e anche di realtà. La matematizzazione, cioè, costruisce una nuova ontologia nel duplice senso che stabilisce cosa sia il reale e pone i criteri per decidere quale sia il discorso adeguato alla " cosa" che il reale è» (p. 24).
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Agli occhi di Husserl, la filosofia, nella sua comp rensione della scienza moderna, e la scienza stessa, nell'interpretazione genealogica del prop rio sviluppo, hanno progressivamente rimosso il carattere co struttivo e processuale della matematizzazione, finendo con l'aderire acriticamente alla soluzione metafisica (platonica e, piLt radicalmente, galileiana) : il mondo è già scritto in termini matematici e questa è la migliore garanzia dell'applicabilità della geometria alla descrizione della natura. Cade così ogni distinzione tra «questi corpi di cui faccia mo effettiva esperienza, provvisti del contenuto che è l'effettivo conte nuto dell' esperienza»23 e le forme ideali della geometria, tra lo spazio dell'esperienza ordinaria (che non è un oggetto , ma una struttura fon damentale della correlazione esperienziale) e lo spazio della geometria (l'esito oggettivo di un complesso processo costit utivo) . Si dimentica , in altre parole, che il mondo descritto dalla scienza in termini mate matici non è il dato di un'esperienza immediata , ma il risultato di una costruzione teorica complessa e stratificata: il senso profondo delle formule e dei concetti sui quali la scienza fonda il carattere predittivo delle teorie p uò essere compreso soltanto richiamando alla coscienza la prassi di idealizzazione che porta dal mondo dell'esperienza or di naria o prescientifica alle oggettualità ideali prese in esame dalla ge ometria e dalla scienza. Altrimenti il potere formativo dei segni che compaiono nelle formule rischia di irretirci in un gioco puramente meccanico, mettendo sullo stesso piano segni che hanno un contenuto intuitivo molto differente . Proprio a questa capacità dei segni di sostituire a un procedimen to intuitivo e radicato nell'esperienza sensibile lo sviluppo quasi au tomatico di deduzioni simboliche si lega il terzo e finale momento della genealogia husserliana. Dopo la trasformazione degli strumenti formali della geometria in oggetti ideali di un mondo immutabile, e dunque conoscibile , e dopo l'indebita, perché non più consapevole , sostituzione di questo mondo alla realtà multiforme della percezione sensibile, l'ultimo atto del processo che ha trasformato il mondo in un oggetto coincide con quella che Husserl definisce la tecnicizzazione della matematica:
23 Cfr. in/ra , p. 64 .
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Tutte le scoperte, della vecchia come della nuova fìsica, sono sco perte che rientrano in quel mondo delle formule che si aggiunge , per così dire, alla natura. Il senso delle loro formule sta nelle ide alità , mentre tutto il faticoso processo di ricerca che porta ad esse ha soltanto il carattere di un mezzo verso un fìne. E qui va con siderato l'influsso della tecnicizzazione, che già abbiamo caratte rizzato , del pensiero matematico-formale; la trasformazione di un pensiero talora geniale, volto a elaborare teorie utili all'esperienza, alla scoperta, alla costruzione, in un pensiero che adotta concetti trasformati nel loro senso , concetti " simbolici"24•
Grazie a una notazione sempre più efficace, la matematica e la sua applicazione alla natura conoscono una libertà quasi assoluta, una li bertà pagata però al prezzo carissimo dello svuotamento di senso delle procedure :
È facile vedere che già nella vita umana, e innanzi tutto in ogni vita singola dall'infanzia alla maturità, la vita originariamente intuitiva, che crea le proprie formazioni originariamente evidenti mediante attività basate sull'esperienza sensibile , si abbandoni molto rapi damente, e in una misura crescente, alla seduzione della lingua. Si abbandona, per tratti sempre più estesi, a un dire e un leggere dominati esclusivamente dalle associazioni - trovandosi in seguito molto spesso delusa, per quanto riguarda la validità di quanto così acquisito , dall'esperienza successiva25•
Anche in questo caso è importante ribadire che l'obiettivo dell'analisi husserliana non è una valutazione negativa del processo di tecnicizza zione in quanto tale. Egli sa bene , molto meglio di alcuni suoi lettori, che la notazione e la trasformazione algebrica dei contenuti intuitivi della matematica hanno rappresentato un momento essenziale per lo sviluppo della disciplina . Riconoscere al linguaggio, e al segno scritto in particolare, il ruolo di condizione per il costituirsi di una pratica concettuale, è un tratto essenziale dei testi che stiamo chiamando in
24 Edmund Husserl, Crisi, cit. , p. 7 7 . 2 5 Cfr. in/ra , p . 7 8 .
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causa, di OG in primo luogo. Il punto, ancora una volta, è un altro, e cioè la comprensione filosofica di una pratica , la capacità riflessiva di tenere vivo , e continuamente re-interrogare , il senso degli effetti di snodi teorici che la tradizione ci consegna come già da sempre avvenu ti. Se, infatti, la coscienza dimentica il senso d'origine delle costruzio ni geometriche , vale a dire il percorso idealizzante che conduce dalle forme vaghe dell'intuizione alle forme esatte della geometria e poi ai simboli dell 'algebra, pretendendo di procedere confidando soltanto nel potere di sedimentazione dei segni linguistici e nella capacità della deduzione logica di accompagnare il pensiero di giudizio in giudizio, allora la strada della Krisis è tracciata e destinata a essere percorsa: La deduzione procede seguendo l'evidenza logica formale; ma sen za la facoltà, effettivamente esercitata, di riattivazione delle attività originarie racchiuse nei concetti fondamentali , e quindi anche del che e del come dei suoi materiali prescientifici, la geometria sa rebbe una tradizione svuotata di senso , della quale, se noi stessi fossimo privi di questa facoltà , ci sarebbe impossibile sapere se essa abbia e abbia avuto un senso autentico , effettivamente rec u perabile. Ma è questa, purtroppo , la nostra situazione, nostra e di tutta l'epoca moderna26•
Il puro calcolo è cieco, nel senso che conduce a risultati corretti muo vendosi in un vuoto di consapevolezza , senza una giustificazione pro fonda delle procedure e senza memoria dell'origine pratico-intuitiva degli oggetti ideali che danno conten uto ai segni. La pratica matema tica, in questo suo esito formale , lontano dal sostegno dei contenu ti intuitivi, diventa una pura arte (Kunst) di manipolazione segnica . Questo saper-fare tecnico, quest'arte algoritmica puramente predit tiva, non è più, dal punto di vista fenomenologico , una conoscenza , perché non è più sostenuta da una filosofia che ne eviti il ripiegamento tecnico su se stessa e l'isolamento formalistico27• 26 Cfr. in/ra , p. 8 3 . 27 La formalizzazione tecnica della matematica, connessa a una lìducia puramente operativa nel potere predittivo di calcoli resi indipendenti dal proprio contenuto in tuitivo, è un problema esposto da Husserl già nel progetto del secondo volume della Filosofia dell'aritmetica e si lega al dibattito sul senso da attribuire all'introduzione
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Il percorso genealogico ha così rivelato come l'evoluzione della matematica e il suo progressivo potenziamento tecnico abbiano finito col marginalizzare il senso originario della pratica geometrica , il suo senso fenomenologico, potremmo dire. Come se la matematica si fos se spinta a colonizzare luoghi inesplorati dell\miverso, dimenticando la collocazione, e forse anche l'esistenza , del pianeta in cui la civiltà ha preso forma. Ora, da una parte, è innegabile la scarsa rilevanza del racconto di fondazione di fronte all'efficacia e alla complessità rag giunte, proprio grazie alla formalizzazione tecnica e alla rescissione del patto con un dato intuitivo limitante e ormai estraneo alle costru zioni postsettecentesche , dal linguaggio matematico . Da questo punto di vista , l'oblio dell'origine si configura, per la matematica, come un tratto costitutivo del s uo metodo , come il luogo della sua straordina ria forza costruttiva e della sua capacità di dar voce a fenomeni altri menti indecifrabili. La comprensione delle procedure tecniche della matematica , il significato operativo delle nozioni introdotte, il senso dei processi astrattivi: queste sono esigenze interne alla matematica, non richieste supplementari o pignolerie da lasciare ai dibattiti oziosi della filosofia. D'altra parte, il recupero di questo nucleo d'origine è indispensabile per la comp rensione fenomenologica della scienza mo derna: questa è la posizione di Husserl, con poco margine per letture dei sistemi numerici superiori, dei numeri complessi in particolare. A sua volta, il velo di idealità che nasconde lo spazio dell'esperienza percettiva è un'immagine che proviene dagli studi sull'evoluzione della geometria nella seconda metà dell'Otto cento, studi che avevano impegnato Husserl almeno per un decennio (il cosiddetto " decennio prefenomenologico" che precede la pubblicazione delle Ricercbe logicbe) in vista della realizzazione, mai compiuta, di un'organica e sistematica Glosofìa dello spazio (si veda, per questo tema e per la bibliografìa relativa: Paul Natorp, Forma e materia dello spazio. Dialogo con Edmund Husserl, Bibliopolis, 2008 ) . La questione del nesso e del rapporto di fondazione fra lo spazio ideale della geometria e lo spazio dell'esperienza prescientilìca - più volte ripensata e ridefinita nelle opere successive, ma mai del tutto abbandonata - contiene, in nuce, quella costellazione di concetti e problemi che porteranno alla nozione di mondo della vita e alla stessa delìnizione della fenomenologia come scienza della coscienza costituente. Emerge così raffor zata una visione continuista e progressiva della riflessione husserliana, i cui cambi di direzione, a volte vistosi e repentini, sono in realtà la manifestazione esteriore di un pensiero che procede per successivi ripensamenti e approfondimenti - recuperando, da prospettive sempre nuove e con nuovi strumenti concettuali, temi che sembravano dimenticati o abbandonati.
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militanti, passatiste o antiscientifiche del suo pensiero . Tornare a que sto nucleo fondante della pratica geometrico-matematica , ritrovare il pianeta d'origine, è il programma che Husserl affida a OG e all'im pianto metodologico della fenomenologia genetica28•
I:origine della
geometria e la Riickfrage
La prima difficoltà che una tale decostruzione (o ricostituzione) genealogica deve affrontare riguarda il senso da attribuire alla nozione di origine quale obiettivo di un 'indagine filosofica. Identificare l'origi ne con un puntuale accadimento storico - una soluzione che il testo di Husserl, se letto in modo frammentario , parrebbe rendere possibile (basti pensare all'importanza attribuita alla fondazione euclidea della matematica greca) - significherebbe infatti comprendere la fenome nologia genetica come una particolare forma di storia culturale, igno rando il sottile intreccio di archeologia e teleologia che la definisce: Forse, per degli animi romantici, il mitico-magico può essere par ticolarmente attraente nella storia e nella preistoria della matema tica; ma abbandonarsi a questo aspetto storico meramente fattuale della matematica significa app unto perdersi in una romanticheria e mancare il problema autentico , il problema intrinsecamente sto rico, il problema gnoseologico29•
28 L'ambiguità e le difficoltà di tutta l'impresa husserliana rispetto al progetto fon dativo sono note e ampiamente discusse. Per un punto di vista molto interessante, mediato dalle opere del primo Derrida (con particolare attenzione al testo apparen temente più critico nei confronti della fascinazione metafisica che l'idea di Glosofìa prima esercita sulla fenomenologia) , si veda Vincenzo Costa, La generazione della /orma. La fenomenologia e il problema della genesi in H usserl e in Derrida , J aca Book, 1 996: «Il testo di Derrida non si pone dunque affatto come una semplice decostruzio ne della Glosofìa di Husserl, e tuttavia non può neanche essere inteso come una sua prosecuzione. Esso si installa invece in quello iato tra il programma husserliano di una .filosofia prima e di una fondazione ultima del sapere e le concrete analisi fenomenolo giche che non cessano di contraddire questa direzione, spingendo verso una nozione di fenomenologia trascendentale liberata dall'istanza fondazionale» (p. 21 ) . Vedremo come una simile ambiguità investa in pieno il testo sull'origine della geometria. 29 Cfr. in/ra , p. 96. .
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Si tratta, come è evidente , di un tema di grande complessità. Tenere distinta la ricostruzione storica, lineare , della progressiva costit uzione di una formazione culturale o concett uale dalla strategia genealogi ca che Husserl intende perseguire è questione già del tutto filosofica, dunque impossibile da trattare esaurientemente in sede preliminare, come un preventivo chiarimento che metta fuori causa, una volta per tutte, la possibilità di una lettura impropria o non ben centrata delle analisi husserliane. Come è sempre opportuno nel caso della filosofia di Husserl, bisogna fare (o rifare) il lavoro della fenomenologia, se guire e, eventualmente, integrare le pagine in cui l'analisi si dispiega, senza anticiparne il senso e gli obiettivi, ma cercando piuttosto di far emergere senso e obiettivi dalla dialettica tra la riformulazione inces sante del metodo e i ris ultati del lavoro analitico. Come detto , il fine del movimento genealogico è quello di restitui re alla comprensione filosofica il margine di libertà negato dal proces so di rimozione che accompagna la trasmissione storica dei concetti. Una rimozione certo necessaria per garantire leggerezza al passo del progresso tecnico , ma pericolosa e soffocante per la chiarezza filoso fica. Recuperando l'istante che segna l'inabissamento di un fenomeno o di una nozione nell'inconscio della storia culturale, la genealogia libera spazio per la riflessione, rendendo enigmatico ciò che appare acquisito o filosoficamente marginale. L'origine si rivela così non l'ac cadere puntuale di un singolo evento, un in izio storico e contingen te, la concreta e fattuale intuizione inaugurale di un primo scienziato che avrebbe dato avvio alla storia moderna della matematica o della fisica30, ma un complesso intreccio di facoltà, processi e strutture che rappresentano l'interna condizione di senso della conoscenza scien tifica, il contenuto trascendentale di una pratica teorica che a questo contenuto affida l'intelligibilità e l' unità del proprio sviluppo: non un lontano, mitico gesto inaugurale, ma un orizzonte sempre contempo raneo alle trasformazioni che una disciplina attraversa. Nel rimandare al paragrafo conclusivo di questa introduzione il tentativo di rilanciare la complessità della questione d'origine , voglia mo ora rivolgere l'attenzione a un altro aspetto di OG, provando a
30 Vedremo tuttavia, nella parte conclusiva di questo saggio introduttivo, come una tale lettura non sia facilmente aggirabile, nel caso del testo husserliano.
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leggerlo come un testo - un testo programmatico più che analitico, ovviamente - capace di delineare una concezione filosofica della ma tematica caratterizzata da metodi e obiettivi molto diversi da quelli delle filosofie specialistiche e, proprio per questo, particolarmente in teressante . Interessante perché la geometria e la matem atica non sono l'oggetto del discorso di OG, ma l'occasione esemplare , in un senso che proveremo a chiarire fra poco, per ribadire il ruolo costitutivo, in senso fenomenologico, delle strutture fondanti dell'esperienza. Prima e principale tra queste strutture fondanti è la temporali tà storica, chiamata quasi paradossalmente a fondare la possibilità dell'antologia e della logica matematica, dominii considerati estranei, o indifferenti, alle dinamiche del tempo: «Portare la geometria all'e videnza, dunque, che se ne sia o meno consapevoli, è lo svelamento della sua tradizione storica»H . Com'è evidente, Husserl non parla, qui come nel caso di Galileo, di una mera storia di fatti, ma del risultato di un 'indagine che è storica in un senso del tutto nuovo, inaudito: «Le nostre ricerche, come risulterà qui fin dal principio evidente in base a un esempio, sono infatti storiche in un senso inusuale, vale a dire sto riche secondo una direzione tematica che apre problemi fondamentali del tutto estranei alla storiografia ordinaria»32• Accanto a questa particolare storicità, Husserl ribadisce il ruolo costitutivo del linguaggio - veicolo trascendentale della comunicabi lità intersoggettiva e mezzo attraverso il quale l'idealità geometrica acquista la propria materialità (ancora un paradosso ) :
[ ] i n che modo l'idealità geometrica (come quella d i qualsiasi scienza) passa dalla sua prima origine intrapersonale, nella quale si presenta come figura nello spazio coscienziale dell' anima del pri mo inventore, alla sua oggettività ideale? Subito vediamo che ciò avviene per mezzo del linguaggio, nel quale essa acquista, per così .
.
.
dire, il proprio corpo linguistico33.
In particolare, è grazie al segno scritto e al suo potere di sedimentazio ne che gli oggetti ideali acquistano un'esistenza permanente, «anche 3 1 Cfr. in/ra, p. 88. 32 Cfr. infra, p. 70. 33 Cfr. in/ra , p. 74.
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nei periodi in cui l'inventore e i suoi successori non sono desti in que sta connessione, o non sono più in vita»34: La funzione essenziale dell'espressione linguistica scritta e docu mentabile è quella di rendere possibile la comunicazione senza referenti personali immediati o mediati: si tratta , per così dire, di una comunicazione divenuta virtuale. In questo modo, anche l'essere-comunità dell'umanità è innalzato a un nuovo livello. I segni scritti , considerati nella loro p ura corporeità , sono esperi bili in modo semplicemente sensibile, e si trovano costantemente nella possibilità di essere esperibili intersoggettivamente in una comunità35•
Soltanto incarnandosi nella materia sensibile del segno l'idealità mate matica ha la possibilità di essere trasmessa, rendendosi così autonoma dal singolo gesto creativo . Il potere del segno scritto sta , agli occhi di Husserl, nella s ua capacità di farsi carico di una progressiva sedi mentazione di senso e, conseguentemente, nel permettere la ricezione di una tradizione senza che sia necessario ripercorrerne ogni volta le singole tappe36• Si tratta, come abbiamo visto , di un ruolo ambivalente perché, proprio come Galileo, il segno scritto libera la possibilità della 34 Cfr. in/ra, p. 77 . 35 Cfr. ibidem. 36 Da questo punto di vista, l'essenza del segno è logica, astratta, e il ruolo che esso ass ume nella matematica non è diverso da quello di cui è investito nella trasmissione di qualsiasi altra costruzione ideale ({ìloso.Ga, letteratura, scienze ) . Tuttavia, c'è un aspetto del segno scritto che non è spesso ricordato e che, al contrario, lo defini sce nella sua specificità rispetto alla generica valenza logica del linguaggio: il segno scritto si vede. E la possibilità di guardare, oggettivando così i concetti in una forma di percezione sensibile, è, per la matematica, una condizione essenziale. Il pensiero matematico è in primo luogo pensiero visivo: la lavagna e il foglio di carta sono stru menti indispensabili per la sua attività costruttiva. In questo modo, la pura idealità dell'oggetto matematico e la materialità del segno graiìco - non semplicemente il suo potere simbolico, quindi, ma il suo proporsi, appunto, come contenuto di una anomala percezione sensibile - si saldano in un intreccio che può assumere notevole rilevanza per una fenomenologia della matematica ( oltretutto, la centralità dell'atto visivo connette il tema dell'origine della matematica al passo che, per molti versi, fon da l'epistemologia occidentale, vale a dire il privilegio accordato da Platone alla opsis come organo di conoscenza) .
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tradizione concettuale aprendo , al tempo stesso, le porte al rischio della tecnicizzazione, dunque all 'oblio del senso d'origine. Infine, OG restituisce alla soggettività - quale originaria apparte nenza a un orizzonte di com unicazione e di esperienza - il potere, e il compito, della riattivazione intenzionale del senso: Così, anche l'intera scienza deduttiva pre-data, il sistema totale del le proposizioni nell'unità della loro validità, è inizialmente una pre tesa che p uò essere legittimata soltanto grazie alla effettiva facoltà della riattivazione come espressione del preteso senso di verità37 •
Una riattivazione che dovrebbe precedere e condizionare idealmente qualsiasi operazione empirica o logica - almeno di diritto, visto la ir realizzabilità di fatto della riattivazione del senso originario nel caso della tradizione geometrica a causa della «ovvia finitezza della capaci tà individuale e comunitaria di trasformare effettivamente la secolare catena logica in catene di evidenze autenticamente originarie nell' uni tà di una singola esecuzione»38• Husserl sembra dunque affidare alla filosofia il compito di definire e perseguire un'indagine fenomenologico-genetica della matematica - non un' antologia, né un 'analisi descrittiva o metalinguistica, né sem plicemente un 'epistemologia speciale, quindi - che si sforzi, in linea con l'obiettivo costante di tutta l'evoluzione del percorso fenomeno logico, di portare lo sguardo sulle cose prima della loro organizzazio ne naturalistica in poli chiaramente contrapposti (soggetto-oggetto, espressione-significato, forma-materia) . Ciò permette, almeno in linea di principio, di cogliere le costruzioni della matematica nel loro costi tuirsi idealmente originario e di risalire alle condizioni di possibilità di questo evento mai attingibile nella sua fattualità: « [ . . ] possiamo mostrare, nel nostro proprio mondo-ambiente, in qualche passaggio, sia pure a titolo esemplificativo, ciò che andrebbe considerato più dettagliatamente a proposito del problema della fondazione primaria idealizzante della formazione di senso " Geometria "»39• .
37 Cfr. in/ra, p. 85 . 38 Cfr. infra, p. 82. 39 Cfr. in/ra , p. 96.
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Come sottolinea con chiarezza Derrida, il progetto husserliano in OG ribadisce il rapporto profondo, antico, che lega matematica e fe nomenologia: L'oggetto matematico sembra essere l'esempio privilegiato e il fìlo conduttore più permanente della riflessione husserliana. n fatto è che l'oggetto matematico è ideale. Il suo essere svanisce e traspare da parte a parte nella sua fenomenicità. Assolutamente oggettivo , vale a dire totalmente sottratto alla soggettività empirica, esso non è tuttavia altro da ciò che appare. È dunque sempre già ridotto al suo senso fenomenico e il suo essere è da subito un essere-oggetto per una coscienza pura�0• Tuttavia, al di sotto di una tale continuità tematica, la frattura crea ta da OG resta visibile e, forse, filosoficamente più rilevante , perché l'impianto metodologico che abbiamo delineato è nuovo anche per l'indagine fenomenologica sulla matematica e per il pensiero di Hus serl, il cui percorso è stato evidentemente influenzato dalle concezioni via via dominanti e dal dibattito sui fondamenti41 • Ciò che è nuovo, in 40 Jacques Derrida, Introduzione a "L'origine della geometria " di Husserl, cit., p. l . Come è noto, il rapporto tra la fenomenologia husserliana e la matematica ha un chia ro fondamento biografìco. Alla fìlosofìa Husserl giunse, infatti, dopo aver concluso gli studi universitari sotto la guida di Karl Weierstrass, protagonista centrale di un ripensamento dei fondamenti dell'analisi matematica, con una tesi dedicata al calcolo delle variazioni. E la fenomenologia nasce anche, se non in primo luogo, dal tentativo di individuare una strada percorribile - al sicuro dalle insidie dello psicologismo e del logicismo - per la chiarifìcazione e la fondazione fùosofìca dell'aritmetica elementare. 4 l I: insegnamento di Weierstrass - soprattutto, il conseguente contatto prolungato e quotidiano con il lavoro di riscrittura rigorosa dei concetti fondamentali dell'analisi - ha inscritto gli obiettivi e le aspettative di Husserl in una tendenza fondazionalista della quale, in un certo senso, egli sembra essersi liberato soltanto con lo scarto meto dologico della fenomenologia genetica. Le critiche di Frege all'impostazione psicolo gistica e intuizionistica della Filosofia dell'aritmetica; la prolungata riflessione, spesso critica, sulle motivazioni fìlosofìche attribuite all'opera di Riemann e sulla teoria delle molteplicità (Mannig{altigkeiten) - che Husserl utilizzerà nei Prolegomeni, dandone un'interpretazione non del tutto convincente, come modello per le ontologie regio nali e per la costruzione di una logica intesa come "teoria generale di tutte le /orme di teorie possibili" ; e, soprattutto, l'adesione alla descrizione delle teorie matematiche proposta dall'assiomatica formalistica sostenuta da Hilbert porteranno Husserl «à
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particolare , è il venir meno della fiducia nel ruolo gnoseologico e nella capacità esplicativa di una descrizione formale e assiomatica della co noscenza matematica in relazione alle esigenze di un 'indagine filosofi ca. Nei Prolegomeni, e almeno fino alle Idee, probabilmente anche in conseguenza di una reazione eccessivamente preoccup ata alle critiche di Frege in seguito alla pubblicazione della Filo.wfia dell'aritmetica42, Husserl identifica la " scientificità " delle scienze nomologiche - delle quali l'aritmetica generale, o algebra, rappresenta il modello insupe rato - con la loro chiusura e completezza logica, con la " definitezza " (Definitheit) che gli assiomi garantiscono all'antologia e ai risultati ot tenibili nella teoria43• Tuttavia, se pure questa concezione un po' rigida e parziale della matematica resisterà ancora a lungo - anche, proba bilmente, nell'ambito delle indagini di segno genetico, e dunque già aperte ai temi di OG , di Logica formale e trascendentale e di Esperienza e giudizio, oltre che nello stesso testo che stiamo esaminando - la co struzione e il progressivo ampliamento dell'ambito d'indagine finirà per coinvolgere, nella Crisi e nella nostra appendice, gli obiettivi e gli strumenti della riflessione sulla matematica e sulla sua costituzione:
privilégier une conception abstraite et structurale, résolument moderne, de la matbé matique, tout à la fois fortement algébrique, et rapidement [. .] marquée par l'idéal d'un savoir de type axiomatique» (Jocelyn Benoist, Husserl et la fascination du "/or mel", in Pierre Wagner (a cura di), Les philosopbes et la science, Gallimard, 2002, pp. .
679-7 1 1 l. In ogni caso, pur riconoscendo i limiti metodologici dell'impostazione del problema nella Filosofia dell'aritmetica, è interessante che OG, quasi l'ultimo testo di Husserl, si colleghi ideaLnente a quel lontano inizio - come se il matematico/Glosofo avesse già allora la consapevolezza, ma non ancora gli strumenti e il giusto punto di vista, per dispiegare completamente la complessità fenomenologica del senso delle operazioni della matematica. 42 Per un'esposizione critica di questo problema si veda, ad esempio, Rudolf Bernet, Iso Kern, Eduard Marbach, Edmund Husserl. Un 'introduzione alla fenomenologia, il Mulino, 1 992 , pp. 3 3 - 36. 43 Cfr. Edmund Husserl, Ideen zu einer reinen Phanomenologie und einer phiino
menologiscben Philosophie. Erstes Buch: Allgemeine Einfhiirung in die reine Phii nomenologie (Husserliana III- l e 111-2 , a cura di Karl Schuhmann, 1976) ; Zweites Buc!J: Pbiinomenologische Untersuchungen zur Konstitution (Husserliana IV, a cura di Walter Biemel, 1952 ) ; Drittes Buch. Die Phanomenologie und die Fundamente der Wissensc!Jaften (Husserliana V, a cura di Walter Biemel, 195 3 ) ; trad . it. di ldee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica (l-II-III), 2 voll. , a cura di Vincenzo Costa, Einaudi, 2002 , § 72 .
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Se si riflette sulle nostre considerazioni (certo ancora rudimentali e che in seguito ci condurranno necessariamente più in profondità) , esse rendono appunto evidente che il nostro sapere - la forma cultu rale, presentemente vivente, "geometria" è una tradizione e al tem po stesso qualcosa che istituisce una tradizione - non è un sapere riguardante una causalità esterna che determinerebbe la successione delle configurazioni storiche ( una specie di sapere basato sull'indu zione, che sarebbe davvero assurdo presupporre qui ) , ma che com prendere la geometria e un fatto culturale dato in generale significa già essere coscienti della sua storicità, sia pure " implicitamente"44•
L a matematica resta insomma l'esempio p i ù puro e adeguato di scien za formale45 , ma la completezza delle teorie, la loro chiusura formale, la loro Definitheit, non è più riconoscibile né sostenibile, perché nes suna teoria , nessuna scienza - per quanto, o forse quanto più, aspi ri a una sistemazione formale e assiomatica - può esaurire in sé le condizioni della propria sensatezza e della propria identità. E proprio all'emergere di questa incompletezza costitutiva si lega il problema dell'origine. Le teorie scientifiche e matematiche - come il linguag gio stesso nella sua fattualità - sono costitutivamente e radicalmente incomplete, perché rimandano a una condizione che le rende com prensibili, vale a dire comunicabili, e che non può essere accolta come conoscenza o enunciato linguistico al loro interno. Soprattutto , tale incompletezza, se e in quanto è costitutiva, non p uò fare riferimento a un ambito del sapere ancora precluso alla teoria , una conoscenza da delegare a una teoria in qualche modo più potente, opp ure a una super o metateoria, come aspirano a essere quelle create dalle scuole fondazionaliste . L'incompletezza costituisce e definisce le teorie pro prio perché permette loro di creare , trasmettere e ampliare un sapere; proprio perché è condizione del sapere delle teorie e, dunque, non un sapere a sua volta. (La messa in scena di questa inaccessibilità tecnica, interna, del senso di una teoria formale è, a ben guardare , l'effettivo contenuto filosofico del teorema di Godel) .
44 Cfr. in/ra, p. 87 . 45 Edmund Husserl, Idee I, cit. , p. 1 7 3 .
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L'indagine genetica di Husserl, finalizzata al recupero di ciò che la tradizione ha rimosso , rende evidenti i limiti filosofici di una trat tazione scientifica metalinguistica, oggettivante della matematica . La matematica non è un corpu_c; di conoscenze , o un'antologia, non in pri mo luogo almeno, né un insieme eterogeneo di teorie assiomatizzate o di verità ottenute per semplice deduzione, ma una pratica costrutti va tesa a comprendere, interpretare e ridefinire la propria tradizione. Questa attività porta alla creazione e alla definizione di nuovi ambiti di senso: qualcosa che prima non esisteva, o che esisteva in forme e contesti differenti, è portato al linguaggio e diventa visibile. Non tanto nuovi oggetti quindi - l'espressione, senza alcune precauzioni, rischia di essere fuorviante nel caso della matematica, come ha dimostrato la ricognizione della svolta euclidea - ma nuovi spazi linguistici, nuove possibilità di significazione. Ciò a cui la matematica assegna un nome e una definizione è già sempre apertura a nuove contestualizzazioni, interna tensione di qualcosa che è dato verso un'ulteriore e non preve dibile rete di relazioni destinata a modificare, più o meno radicalmen te , il significato e il referente oggettivo del nome. Tuttavia, gli aspetti che emergono per effetto della creazione del nuovo non si sostituisco no semplicemente alle vecchie descrizioni e interpretazioni; piuttosto, le inglobano, ridefinendole, in una sedimentazione progressiva che si occulta nella nuova struttura e che è percorribile - anzi, che deve esse re percorsa - soltanto nella sua interna necessità , come ideale storia di senso, a posteriori, e non come cronaca lineare di eventi . Le definizioni, i manuali e le riscritture assiomatiche di una teoria sono soltanto la momentanea cristallizzazione di una storia passata e futura che si sedimenta in segni destinati a essere riassorbiti dal mo vimento della tradizione, l'obiettivo di un percorso di esplorazione in grado di significare soltanto sullo sfondo della condizione di senso e di comunicabilità di un 'esperienza che non è mai completamente esplicitabile o formalizzabile. Solo all 'interno dell 'orizzonte che defi nisce questa esperienza proposizioni e concetti diventano elementi di un sapere: non esistono aspetti della matematica che possano essere oggettivati ed effettivamente isolati dalla rete di connessioni in cui la loro storia di senso li ha calati. Al contrario, le proposizioni della ma tematica, proprio perché non separabili dalle condizioni che le rendo no formulabili, sono sempre contestuali e storicamente determinate.
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Di fatto , la geometria e l' aritmetica elementari, in quanto testimonian ze di un sapere originario e fondante, sono ormai per noi inaccessibili, perché il loro senso è sempre a venire, sempre informato da un ineli minabile nucleo temporale, sempre teleologicamente differito46• Al cuore di questo progetto genealogico, come sorgente del cam po di forze che OG intende dispiegare e simbolo che incarna la stra tegia difensiva nei confronti della crisi, sta la Ruckfrage, la ' domanda di ritorno ' : n nostro interesse mira, piuttosto, a una
domanda di ritorno ri
volta al senso originario secondo il quale la geometria una volta è
nata e, da allora , perdura come tradizione millenaria e ancora resta per noi e si mantiene in una vivente elaborazione; interroghiamo il senso secondo il quale essa per la prima volta è comparsa nella storia - deve essere comparsa, anche se nulla sappiamo dei suoi creatori , né su questo indaghiamo. A partire da ciò che sappiamo, a partire dalla nostra geometria , più esattamente dalle più antiche forme trasmesse dalla tradizione (come la geometria euclidea) , si dà una domanda di ritorno rivolta agli inizi originari e sepolti del la geometria, così come essi , in quanto "primi istituenti " , devono essersi prodotti47•
La domanda di ritorno è la domanda sul senso, la domanda della filo sofia, la possibilità di «interrogare di nuovo e in ritorno l'intenzione originaria e finale di ciò che mi è stato consegnato dalla tradizione»48• 46 Soltanto ìl lavoro di Riemann nel XIX secolo, ad esempio, ha permesso di ridefini re e, in quest'ottica, comprendere ìl senso della geometria euclidea, la natura relativa e contestuale dei suoi risultati; soltanto grazie alla teoria degli ideali di Kummer e ad alcuni teoremi di Gauss è stato possibile scrivere e comprendere lo svolgimento precedente e successivo della storia della teoria dei numeri. Il senso della geometria elementare e dei numeri naturali è, già da sempre, un senso matematico: «Si nous
voulons comprendre ce que nous entendons par là, soi par l'activité de numération [. . ], soit le début de la géométrie élémentaire, nous sommes obligés en réalité de dévelop per toutes !es mathématiques» (Jean Cavaillès, Oeuvres complètes de philosophie des sciences, Hennann, 1994 , p. 604 ) . 47 Cfr. in/ra, p. 70. 48 .Jacques Derrida, Introduzione a ''I.;origine della geometria '' di Husserl, ci t., p . 2 1 . In .
termini giuridici - ìl linguaggio giuridico è uno dei contesti in cui la parola assume un
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Questa è la prima accezione del movimento introdotto dal prefisso Riick: una ' contro-domanda' , una domanda fatta a partire da, e a proposito di, qualcosa che ci viene consegnato (è celebre la metafo ra postale usata da Derrida) . Ma il termine dice anche di percorrere un cammino che è opposto, sia pure non semplicemente simmetrico perché ha caratteristiche e andatura diverse, a quello che le teorie, le scienze e i linguaggi percorrono nel loro funzionamento quotidiano e ordinario per costruire significati e concetti: il cammino della genea logia, che risale i significati e i concetti per interrogare la possibilità, e le modalità, della loro genesi. La Riickfrage non è quindi la domanda che spalanca le porte del senso e dell'origine: senso e origine non sono il contenuto di una ri sposta, per quanto complessa e consapevole possa essere la domanda . La Riick/rage è la domanda sul senso, ma solo in quanto si identifica con la consapevolezza della necessità di riconoscere e decostruire il pregiudizio oggettivista , il culto metafisica dei fatti e gli elementi na turalistici presenti, inevitabilmente, in ogni fase dell'analisi descritti va e costitutiva. Il cammino inverso aperto dalla Riick/rage non deve creare l'immagine di una marcia decisa e vincente verso la conquista definitiva dell'assolutamente originario. L'originario è sempre da con quistare, è il residuo che, di volta in volta, la riduzione deve presup porre. Certo, è vero, l'indagine genetica ci ha ricondotto «ai materiali primari delle prime formazioni di senso, alle prime premesse che giac ciono nel mondo culturale prescientifico» , ma il compito non è certo esa urito, perché, «questo stesso mondo culturale ha certamente, a sua volta, le proprie questioni d'origine , le quali restano in prima istanza non interrogate»49• Alla domanda di ritorno, in quanto via d'accesso a una conside razione filosofica dell 'attività matematica, in quanto domanda rivolta alla matematica, spetta dunque tematizzare ciò che all 'interno dell' at tività matematica non può essere tematizzato : il senso di questa attivi tà, le sue condizioni di possibilità. Questo senso e queste condizioni rimandano a una forma di temporalità originaria, a una costante tensignifìcato tecnico - la Riick/rage è la ultcrior quacstio a disposizione del giudice che può così chiedere di rilanciare la discussione su un fatto apparentemente acquisito, un fatto su cui le informazioni a disposizione sono , apparentemente, complete. 49 Cfr. in/ra , p. 86.
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sione tra immaginazione e concetti, tra la percezione e sua trasfigura zione formale, non a possibili oggetti di una metateoria . La filosofia della matematica, nell'accezione che sembra possibile ricavare da OG , dovrebbe essere il tentativo di risalire a queste condizioni di senso per ribadire la connessione della matematica con il soggetto della cono scenza e, in generale, con la soggettività fenomenologica. Si tratta di gestire un lavoro di descrizione e di riflessione che deve svolgersi lungo due direzioni per comprendere, in primo luogo , che la costituzione delle idealità geometrico-matematiche rimanda alle stes se facoltà, alle stesse strutture che formano il processo conoscitivo nella sua generalità (tempo, storia, linguaggio, scrittura, come abbia mo visto)50 • Lo sguardo genealogico sulla matematica prende dunque le mosse da un primo gesto di riduzione che sospende, o mette fuo ri circuito, la matematica nella sua specificità, considerandola come esempio possibile di un ambito di costituzione di oggettualità ideali . L'idealità geometrica e la s ua particolare storicità diventano quindi, in OG, il filo conduttore per delineare le linee portanti di una dot trina della tradizione e dell'indagine sulle condizioni trascendentali di possibilità della storia in generale. Non è il senso della matematica in quanto matematica che questo atto di riduzione e questa indagi ne dischiudono, ma il senso della matematica in quanto tradizione e scienza di idealità. E questo senso rimanda, appunto, al senso e alla possibilità della storia come orizzonte universale. Si tratta, come è ovvio, di temi e risultati di grande importanza . Tut tavia, se ci fermassimo a queste considerazioni, i progressi compiuti in vista di una comprensione filosofica della matematica potrebbero ap parire, comprensibilmente, parziali e deludenti: le condizioni ultime di possibilità della matematica sono quelle di qualunque tradizione e
50 La matematica è una faticosa attività costruttiva, non il resoconto di un contatto privilegiato con la verità: la sua storia è anche una storia di costruzioni parziali, di errori, di percezioni incomplete. È la reazione della com unità matematica che de cide dell'importanza di un'opera e della sua correttezza, la dialettica che la parole del creatore stabilisce con la langue in vigore, non la riproducibilità meccanica delle dimostrazioni che contiene. È importante liberarsi dalla fascinazione esercitata dalla efficacia e dalla purezza dei linguaggi che la matematica periodicamente si è data, per riconoscere la costitutiva storicità che struttura dall'interno ogni teoria, ogni gesto creativo e ogni risultato.
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di qualunque esperienza - un approdo significativo , vista la tenden za a credere nella completa autonomia del pensiero matematico, ma anche piuttosto generico. Non irrimediabilmente generico, tuttavia. Il passo da compiere consiste nel capire se la scelta della geometria e dei suoi oggetti come filo conduttore per queste analisi di caratte re storico - sia pure di una storicità inus uale e ancora da indagare - sia una scelta contingente, legata per esempio al tema della scienza galileiana , o se abbia, invece, un carattere di necessità teoretica che deve essere riconosciuto e compreso. Il problema dell'oggettività e della trasmissione della geometria - problema che chiama in causa il ruolo costitutivo di linguaggio e parola scritta - è semplicemente un'occasione per far emergere i temi centrali per la fenomenologia degli anni Trenta oppure c'è qualcosa di più, qualcosa che chiede di essere pensato ? Rispondere significa prendere posizione rispetto al significato da attribuire a questo brano, che Husserl pone all'inizio del testo che stiamo esaminando : Necessariamente , le nostre considerazioni condurranno a profon dissimi problemi di senso , problemi della scienza e della storia del la scienza in generale e anche , in ultimo , di una storia universale in genere; così che i nostri problemi e le nostre considerazioni circa la geometria galileiana assumeranno un significato esemplare'1•
In che senso, dunque , queste ricerche hanno carattere esemplare ? Da una parte , è chiaro che di fronte a una ricerca che ha di mira temi di così ampia generalità, l'identità specifica della matematica sfuma e viene attraversata da un 'indagine che ha altri obiettivi. Tuttavia, il fatto stesso che questi obiettivi siano inquadrati e riconosciuti, con particolare efficacia e nettezza , proprio a partire dal problema della genesi delle oggettualità geometriche è un punto decisivo per la let tura di OG come testo che può assumere grande importanza anche per una fenomenologia della matematica. Gli universali individuati da Husserl condizionano qualsiasi esperienza e la costituzione di qualsi asi oggettualità ideale, ma la specificità della matematica sta proprio nel legame particolarmente profondo che la possibilità dell'esperienza
5 1 Cfr. in/ra , p. 69.
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matematica stabilisce con questi universali. L'esemplarità di cui parla Husserl deve quindi essere interpretata in senso forte: la forma che le strutture trascendentali descritte in OG assumono nella effettività della creazione e del progresso della geometria, e il modo in cui esse vi si manifestano rappresentano una via d'accesso privilegiata alla loro descrizione e comprensione52• Questo ci porta al secondo atto di riduzione, che sospende l'iden tificazione tra la matematica e i linguaggi, o le concezioni, che ne han no caratterizzato l'evoluzione storica . Ciò non significa, ovviamente, dichiarare inessenziale il ruolo del linguaggio per il pensiero mate matico, quasi il linguaggio fosse uno strumento imperfetto , anche se indispensabile, per la comunicazione delle verità che il matematico trova soltanto nell'interiorità della propria coscienza individuale: un app rodo di questo genere sarebbe in aperta contraddizione con i ri sultati raggiunti fino a questo momento e con i contenuti stessi del testo husserliano, che al ruolo costitutivo e trascendentale del lin guaggio dedica pagine decisive. L'obiettivo della riduzione è opposto: la sospensione riguarda non il linguaggio in generale e il suo ruolo nella aggettivazione, ma le forme storiche che il linguaggio nella sua contingenza ha progressivamente assunto - la vocazione geometrico/ intuitiva della lingua matematica dei greci, l'origine fisico/ applicativa dell 'analisi newtoniana e del calcolo infinitesimale, la dominante nota algebrica della scuola francese del secondo Novecento , la fede nell'as siomatica e nel formalismo dei primi anni del XX secolo, e così via. Riconoscere la contingenza di questi momenti, vere e proprie fasi sti listiche della storia, riconoscerne l'identità di manifestazioni empiri che di una condizione trascendentale della costituzione delle strutture matematiche - il linguaggio , appunto - cancella il rischio di estenderle fino a cogliere qualche caratteristica profonda della matematica e, ciò che più conta per la filosofia della matematica ann unciata in OG , ri badisce la possibilità di comprendere l'origine della geometria, e della matematica , come una complessa dialettica fra due livelli del processo conoscitivo. 52 Che questa sia anche la convinzione di Husserl in OG non è questione risolvibile rimanendo entro i confini del testo in esame. È comunque certo, come già detto, che la riilessione sulla matematica attraversa tutto il percorso della fenomenologia e ne condiziona risultati , obiettivi e strumenti, per analogia o per opposizione.
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Una possibile lettura dei testi husserliani porterebbe a interpretare il rapporto tra questi due livelli come una forma di contrapposizione tra la vaghezza di un molteplice che viene anticipato in una compren sione informale e l'esattezza, la certezza di una conoscenza finalmente conquistata e affidata per sempre a un nuovo apparato simbolico. Così potrebbe essere descritto , in termini ancora approssimativi e incerti, il processo di idealizzazione che Husserl pone all'origine della tradi zione geometrica. Un processo che porta dalla vaghezza delle forme intuite nella percezione sensibile all 'esattezza delle idealità alle quali le definizioni formali e il linguaggio garantiscono esistenza oggettiva. Inoltre, i due livelli appaiono connessi da un rapporto temporale uni direzionale, per cui la conoscenza scorre sempre dal vago all'esatto, dalla nebbia delle intuizioni alla nettezza dei concetti. Questa visione un po' rigida dell'idealizzazione appare migliorabile , soprattutto alla luce della radicalizzazione teorica proposta da OG. L'obiettivo della matematica non è quello di tradurre in una descrizione formale o as siomatica qualcosa che le è estraneo, come, ad esempio , il molteplice del mondo prescientifico. Q uesta visione delle cose, questa contrap posizione netta tra una realtà esperita senza alcuna mediazione dei concetti matematici e un ambito puramente formale dove la matema tica crea strutture in totale autonomia appare fenomenologicamente fragile, ingenua. Il matematico è già da sempre immerso in un mondo di forme e di concetti. Ciò che è dato alla sua percezione è la tra di zione della sua disciplina : una sedimentazione di senso in cui conflui scono dati percettivi, teorie formalizzate e problemi aperti. Su questo livello egli esercita la propria intuizione - che è, in un certo senso, un'intuizione anche sensibile, perché si affida necessariamente anche alla materialità dei segni scritti, come abbiamo visto. In questa fase informale , il pensiero riconosce analogie, somiglianze tra teorie appa rentemente distanti e inconciliabili che lasciano intravedere un nucleo comune e un diverso punto di vista, più generale, che modificherà ra dicalmente l'aspetto e il senso delle teorie in esame. Si tratta di trasfor mare questo materiale intuitivo e analogico in matematica; dunque, di tradurre questo punto di vista in un concetto che sia formulabile linguisticamente. Questo nuovo concetto è già subito un dato, qual cosa che modificherà il senso e il contenuto della tradizione su cui il pensiero dovrà ora esercitare l'int uizione e costruire nuove analogie,
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in vista di una nuova comprensione, attivando un gioco dinamico che va dall'intuizione alle formalizzazioni e torna all'int uizione modifican dola . L'idealizzazione è quindi davvero l'origine della geometria. Non perché la preceda - come Lill evento verificatosi una volta per tutte e in seguito al quale si è costituito un dominio di oggettualità su cui la geo metria continua a esercitare la propria attività di comprensione. L'ide alizzazione è l'origine della geometria perché della geometria, e della matematica , rappresenta il senso profondo - come tensione dialettica tra due livelli che si modificano contin uamente nei loro contenuti, ma non nel loro principio unitario . Evidentemente , una tale interpretazione delle intenzioni husser liane non è priva di difficoltà. Identificare l'origine, in quanto tema e obiettivo di un 'indagine fenomenologica, con il processo di idea lizzazione , in quanto _c; enso profondo della pratica matematica, è un passaggio rischioso sul piano strettamente testuale , un passaggio che rischia di attrib uire troppo, o troppo poco, ai propositi di Husserl e alle potenzialità di OG. Sarà bene, quindi, portare in primo piano le criticità concettuali e la tensione a cui il tema dell'origine costringe il linguaggio filosofico, prima e indipendentemente dal suo possibile uso in una riflessione s ulla matematica. In particolare, serve chiamare in causa un aspetto particolarmente delicato, e filosoficamente urgen te, del testo husserliano: la problematica e paradossale irruzione della storia (sotto la forma, app unto, della questione d'origine) nell'indagi ne fenomenologica - un'indagine che, in linea di principio , dovrebbe mantenersi al riparo, grazie al meccanismo delle riduzioni, dal conta t to con il livello più empirico e contingente dell'esperienza (dunque, per esempio , app unto , dalla storia) . Sarà questa anche l'occasione per un confronto diretto, e doveroso , con il lavoro di Derrida - sia pure limitato , date l'ampiezza e la complessità della sua celebre introduzio ne, alle prime pagine del saggio.
Cera una volta Talete: il .c;enso dell'origine Allo scopo di garantire il rilievo appropriato alla novità rappresen tata dal saggio husserliano, Derrida fonda il proprio discorso anche su un confronto tra il progetto di Husserl e alcuni brani della prima
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Critica kantiana - apparentemente omologhi, per forma e contenuto, alla proposta di OG . Si tratta, come è noto , di una strategia piuttosto diffusa nella letteratura fenomenologica, favorita ovviamente dallo stesso Husserl, che più volte illustra la novità rappresentata dalla fe nomenologia contrapponendola, in alcuni s uoi aspetti, alla filosofia trascendentale kantiana. Nel caso che qui ci interessa, il confronto riguarda app unto la nozione di origine (origine della geometria e, più in generale, degli oggetti ideali) , rispetto alla quale Derrida oppone distintamente la figura del prato-geometra, tipicamente husserliana, a quella del primo geometra, più chiaramente riconducibile al contesto e all'orizzonte di senso del criticismo di Kant. Prima di esaminare le pagine di Derrida, credo sia importante spie gare il ruolo che al loro contenuto si intende attrib uire nella conclu sione di questo saggio introduttivo. Certamente, non è obiettivo primario discutere filologicamente il testo derridiano. Non si tratta di valutare, in altre parole, se e quanto le posizioni che Derrida attribuisce a Husserl e Kant siano adeguate e conformi alla filosofia e ai testi dei due pensatori. Almeno , non in primo luogo. Né, d'altra parte, l'intento è semplicemente quello di ri chiamare un 'analisi, peraltro ben nota, al fine di rilanciare ancora una volta il problema del confronto tra Kant e Husserl, sia pure su un tema specifico e meno dibattuto di altri. Questo confronto, se preso come tale, sarebbe oltretutto male impostato e, in un certo senso , illegitti mo. Non esistono, infatti, due testi, uno di Kant e uno di Husserl, che espongano tesi distinte sul tema dell'origine della geometria e che sia dunque possibile mettere a confronto sulla base delle risposte che essi propongono a una domanda in qualche modo condivisa e, soprattutto, autonoma rispetto ai testi che se ne fanno carico. Una tale simmetria speculativa, rispetto a un problema concepito come preliminare e au tonomo rispetto alle parole dei due filosofi, non ha corso né è, forse, ammissibile. Kant e Husserl si richiamano all'idea di un inizio della geometria , ma lo fanno con finalità del tutto disuguali : come esempio storico e modello metodologico nella prefazione kantiana alla prima Critica, come vero e proprio contenuto tematico nell'appendice hus serliana. In ogni caso , anche prescindendo dalla legittimità di un tale confronto , la questione Kant-Husserl non è il tema principale di queste note introduttive - né, sembra di poter dire, delle pagine di Derrida.
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Ciò che il testo di Derrida mette a disposizione è , piuttosto , l'illu strazione della nozione di origine in quanto inserita e compresa nel contesto delle due prospettive chiamate in causa: quella critico-tra scendentale e quella fenomenologica. In quest'ottica, le posizioni dei due pensatori sono ass unte come elementi di una strategia descrittiva che si rivela di grande efficacia , perché mostra come, all'interno del medesimo paradigma, il paradigma trascendentale app unto, la conce zione dell'origine e del suo ruolo possano assumere tonalità differenti e forse, da un certo punto di vista, inconciliabili . Ovviamente, una simile lettura presuppone una specifica concezio ne di quello che ho definito il paradigma trascendentale e della posi zione che , nei confronti di tale paradigma, va attrib uita al pensiero di Husserl. L'aspetto essenziale di questa concezione è l'idea che Hus serl e la fenomenologia siano da considerare come momenti interni a quel paradigma, come una sua riformulazione e radicalizzazione (più o meno coerente , più o meno legittima ) e non come una sua nega zione o un suo superamento. D'altra parte, la possibilità di incl udere un pensiero così profondo e complesso come quello husserliano in un paradigma che lo precede e lo trascende si lega all 'idea, che qui vorrei far valere, di una disponibilità del paradigma trascendentale a storicizzarsi, a sopportare piccole o grandi variazioni dalle quali non può essere separato , pena la sua riduzione a un 'ortodossia definitiva e problematica. In questo senso, il primo geometra kantiano e il pra to-geometra husserliano, piuttosto che due concezioni contrapposte del medesimo tema, rappresentano due figure esemplari nella storia del metodo trascendentale, due momenti decisivi nel processo di co struzione di una domanda che può e deve essere formulata soltanto nell'orizzonte aperto dalla filosofia kantiana. Il tema centrale del saggio di Husserl, come abbiamo visto , riguar da la storicità degli oggetti ideali, dunque il nesso, a prima vista para dossale, che lega la temporalità sovrastorica delle idealità geometriche a quella storico-empirica dell'origine e della tradizione. L'azzardo di Husserl, da valutare appunto nella sua legittimità , consiste prop rio nel portare l'indagine storica, sostenuta ovviamente da opportune pre cauzioni metodologiche affidate alla complessa gerarchia delle ridu zioni, nel nucleo costitutivo dell'oggetto sovrastorico per eccellenza, l'oggetto matematico.
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In quanto connessa a un momento del progetto fenomenologico , e dunque estranea a qualunque interesse disciplinare regionale, si trat terà ovviamente di una storicità che «obbedisce a delle regole insolite, che non sono né quelle del concatenamento fattuale della storia em pirica, né quelle di un arricchimento ideale e antistorico»53 • Piuttosto, «la nascita e il divenire della scienza devono [ . . ] essere accessibili a una intuizione storica di uno stile inaudito, dove la riattivazione inten zionale del senso dovrebbe precedere e condizionare - di diritto - la determinazione empirica del fatto>>54• In gioco non è infatti un'im provvisa apertura di interesse di Husserl nei confronti di un problema specifico e regionale, diciamo il tema della storia della scienza geome trica, ma lo spingersi dell'indagine costitutiva verso «profondissimi problemi di senso», come lo stesso Husserl li definisce, che inevitabil mente chiameranno in causa l'apparato concettuale e metodologico della fenomenologia: Scrive Derrida: .
A proposito della storia intenzionale di una scienza eidetica par ticolare, una presa di coscienza delle sue condizioni di possibilità ci rivelerà esemplarmente le condizioni e il senso della storicità in generale, poi della storicità universale come orizzonte ultimo di qualsiasi senso e qualsiasi oggettività in generale55•
Sulla novità che OG rappresenta per lo stesso percorso husserliano, sul carattere " inaudito" e quasi sorprendente dei problemi che il testo pone e persegue - novità sulla quale abbiamo già avuto modo di insi stere - Derrida torna più volte. Anzi, potremmo dire che, prima della sponda kantiana, la strategia retorica di Der rida fa ricorso a un'altra definizione per contrasto , esasperando il confronto con lo Husserl precedente la Krisis e sottolineando ripetutamente l'impossibilità di interpretare l'interesse per il fattore storico come analogo alle indagi ni genetiche e genealogiche delle altre opere. In OG , spiega Derrida, non si tratta più di ribadire semplicemente il carattere costituito e fenomenologicamente secondo delle oggettualità logico-scientifiche, vale a dire di smascherare la gerarchia di fondazione che il progressivo 5 3 Jacques Derrida, Introduzione a "L'origine della geometria " di Husserl, cit. , p. 4 . 54 lvi, p . 5 . 5 5 lvi, p. 14.
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sedimentarsi della tradizione tende a occultare, ma di pensare fino in fondo cosa significhi e cosa implichi, per un'indagine sul .�enso e sulle condizioni dell'ideale (dunque dell'esperienza) , l'apertura al problema della storia - che, come tale, non era già incluso nell'approccio mera mente genealogico: Già nella Filosofia dell'aritmetica Husserl si proponeva di rende re conto al tempo stesso dell'idealità normativa del numero - che non è mai un fatto empirico accessibile a una storia dello stesso genere - e della sua fondazione nel e da parte dell'atto vissuto di una produzione. Dopo cinquanta anni di meditazione, L'origine della geometria ripete lo stesso progetto sotto la forma di una sto ria fenomenologica. Una tale fedeltà è degna di nota , tanto più che il cammino percorso è immenso. Esso passa innanzitutto per la riduzione di qualsiasi genesi storica o psicologica. Poi, quando la dimensione genetica della fenomenologia è scoperta, la genesi non è ancora la storia. Mediante il passaggio, annunciato in Idee I, dalla costituzione statica alla costituzione genetica , Husserl non aveva ancora impegnato la descrizione fenomenologica nei problemi del la storicità56•
La lotta contro lo storicismo e lo psicologismo aveva trovato nella riduzione e nell' epochè le chiavi metodologiche per l'apertura del ter ritorio propriamente fenomenologico, giungendo dunque a escludere dall'orizzonte dell'indagine, quali possibili criteri e fattori di spiega zione, la storia e la genesi empirico-psicologica. E queste riduzioni contin uavano a essere operanti anche quando , a partire dal periodo successivo alle Idee, l'interesse genetico della fenomenologia comin ciava a fa rsi pressante. Né, ovviamente, è possibile semplicemente rinnegare o trascurare quelle riduzioni per aprire la strada a un ulte riore, differente passaggio speculativo. La questione si pone allora con grande chiarezza: cos 'è, cosa comporta, questo recupero della storia dopo che le riduzioni l'hanno privata della cittadinanza fenomenologi ca? Cos'è questo ricorso all'origine - evento contingente, mondano e p untuale ritrovato dopo che la fenomenologia ci ha insegnato a rico-
56 lvi, p. 7 .
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nascere come legittimi soltanto nuclei essenziali di vissuti di una sog gettività trascendentale e costituente? Cos'è, insomma, questa storia della storia? Possiamo riform LÙare queste domande, questi dubbi, in termini più rigorosi. Una caratterizzazione minimale del paradigma trascendentale che ne colga sì un aspetto essenziale , lasciando però libero lo spazio per quella storicizzazione che abbiamo invocato in precedenza - po trebbe far riferimento, in sostanziale consonanza con l'idea kantiana della rivoluzione copernicana, al riconoscimento, alla tematizzazione e alla presa in carico della rilevanza, vale a dire della non neutralità , del punto di vista scelto per l'analisi. Si tratta , in altri termini, dell'at tiva consapevolezza del fatto che ogni discorso filosofico comporta alcune fondamentali assunzioni metodologiche e che esso coincide dunque con l'istituzione di un ordine di senso, di un orizzonte con testuale che fonda il senso stesso dell'analisi. La consapevolezza, in somma, che ogni discorso viene pron unciato sulla base di presupposti metodologici che ne definiscono il punto d'osservazione. I livelli della descrizione ne risultano così moltiplicati. Si perde, potremmo dire , la fiducia nella possibilità di uno sguardo neutro e universale e di un lin guaggio perfettamente trasparente , ma si guadagna il rigore connesso alla esplicitazione dei presupposti e delle strategie di analisi. Husserl quasi esaspera questa consapevolezza, istituendo , con il complesso meccanismo delle riduzioni, molteplici e sempre nuovi ordini di senso . Ordini di senso che, in linea di principio , sono fra loro eterogenei e, dunque, chiamano in causa il problema della loro connessione recip roca , la possibilità che fra di essi si stabilisca un contatto o un'intersezione - a livello linguistico e, soprattutto , se mantico -oggettuale . La questione sollevata dal rec upero della storia all'indagine feno menologica è dunque sufficientemente chiara : a quale livello si colloca il discorso sull 'origine ? Se l'ordine di senso regionale della storia dei fatti e degli eventi non è più praticabile, perché l' epochè e le riduzioni ci impongono di sospenderne la validità ai fini della descrizione co stitutiva, come deve essere pensato questo recupero del fatto storico, quale fondamento di legittimità può essere attribuito a una tale forma di redenzione fenomenologica dell 'elemento storico-empirico ?
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Husserl, sottolinea Derrida, pone molta attenzione nell'evitare che l'apertura alla storia possa essere interpretata come una deviazione o un regresso rispetto alla messa fuori gioco dell'intramondano e del fattuale: Se è necessario tornare al senso fondatore dei primi atti, non si tratta assolutamente di determinare quali furono di /atto i primi atti, le prime esperienze, i primi geometri che furono responsabi li di /atto dell'avvento della geometria. La priorità giuridica della questione d'origine fenomenologica è assoluta57 •
E tuttavia : se, come abbiamo detto, di storia e non di genealogia tra scendentale deve trattarsi, questa cautela metodologica non risolve la questione. In qualche modo, l'empirico, l'effettivo, deve essere ritro vato ; in qualche modo, deve essere possibile recuperare l'individualità del gesto di Talete istituendo un ordine di senso - dunque una nuova riduzione - che si collochi all'interno, e non al fianco , di quelli fon dati dalle riduzioni che la precedono, in senso logico e cronologico. Bisogna, o bisognerebbe, sottoporre il trascendentale a una torsione (forse) inaudita, incarnandolo nella contingenza di un evento storico , dunque puntuale e irripetibile , colto però all'interno di una prospetti va eidetica fenomenologicamente fondata. Gli aspetti essenziali delle cautele metodologiche a cui Husserl si affida per prevenire fraintendimenti del suo progetto sembrano ri mandare, in prima istanza, alla necessità di procedere a partire dal /atto della scienza costituita - e alla conseguente consapevolezza che l'interrogazione sul senso originario della geometria non può che as sumere la forma di un risalimento verso delle origini non immediata mente empiriche, perché la riduzione lo impedisce, che sono al tempo stesso condizioni di possibilità . D'altra parte, nota Derrida , questi «sono, lo sappiamo , gli imperativi di qualsiasi filosofia trascendenta le di fronte a qualcosa come la storia della matematica»58. È proprio da questo livello condiviso, da questa conferma dell 'appartenenza di Husserl alla storia del metodo trascendentale, che Derrida prende le
57 lvi, p. 19. 5 8 lvi, p . 20.
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mosse per rib adire la diversità e la spericolatezza del tentativo hus serliano, perché «tra l'intenzione kantiana e quella di Husserl risiede una differenza fondamentale, meno facilmente afferrabile, forse, di quanto non si immagini inizialmente»59• Valutare questa differenza, deciderne la fondatezza e la consistenza: questo sembra il compito affidato all'interpretazione del progetto husserliano , soprattutto nella riformLÙazione che ne propone Derrida. Rifacciamoci dunque alle occorrenze originali del misterioso geo metra. Prima Kant: Al primo uomo, che dimostrò le proprietà del triangolo isoscele (non importa che si sia chiamato Talete o in qualsiasi altro modo ) , si presentò una luce; egli trovò , infatti , che non doveva seguire le tracce di ciò che vedeva nella figura, o anche del semplice concetto di questa , apprendendo per così dire da ciò le sue proprietà, ma doveva trar fuori ciò che egli stesso, secondo concetti, vi aveva pensato e presentato a priori (per costruzione) . Egli scoprì che, per sapere sic uramente qualcosa a priori, non doveva attrib uire alla cosa alcunché, all'infuori di quanto seguiva necessariamente da ciò che egli stesso, conformemente al s uo concetto, aveva posto in essa6°.
Poi , Husserl: Il nostro interesse mira, piuttosto, a una domanda di ritorno rivolta al senso originario secondo il quale la geometria una volta è nata e, da allora , perdura come tradizione millenaria e ancora resta per noi e si mantiene in una vivente elaborazione; interroghiamo il sen so secondo il quale essa per la prima volta è comparsa nella storia - deve essere comparsa, anche se nulla sappiamo dei suoi creatori, né su questo indaghiamo61 •
5 9 lvi, pp. 19-20. 60 lmmanuel Kant, Kritik der reinen Vernun/t, Felix Meiner, 1998, p. 18; trad . it. Critica della ragion pura, a cura di Giorgio Colli, Adelphi, 1976, p. 20. 61 Cfr. in/ra , p . 70.
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La comune , dichiarata indifferenza nei confronti dell'identità e dell'o pera del fondatore nasconde, in effetti, una difformità sottile ma de cisiva, che rende il disinteresse di Kant, nelle parole di Derrida, più immediatamente legittimo di quello di Husserl, in quanto «la m uta zione inaugurale che interessa Kant libera la geometria pi uttosto che crearla; essa libera, per consegnarcela , una possibilità che è tutt'altro che storica. Q uesta " rivoluzione" non è inizialmente che una " rivela zione per" il primo-geometra. Essa non è prodotta da lui»62• La distanza fra le due posizioni si lega prop rio al ruolo trascen dentale della storia, alla possibilità di elevare l'evento storico che fonda la tradizione geometrica a una considerazione filosofico-tra scendentale (la redenzione fenomenologica di cui abbiamo parlato) . Nel caso di Kant, questa redenzione, questo recupero dell 'effetti vità all'interno del territorio istituito dalla prospettiva trascenden tale , non sembra proponibile . Ogni storia è, come tale , inchiodata all 'empirico, alla contingenza di un evento: «Se c'è una nascita della geometria, essa sembra essere per Kant soltanto la circostanza estrin seca dell'apparizione di una verità sempre già costituita per questa o quella coscienza fattuale»63• Il gesto del Talete kantiano non è dun que un gesto istitutivo e fondatore , ma l'attualizzazione di una possi bilità già implicita nella natura a priori dello spazio. Potremmo quasi definire quella rivoluzione come la messa in scena dell'esposizione trascendentale del concetto di spazio , l'atto che immette nel flusso storico il necessario , e già possibile , legame trascendentale tra lo spa zio e la geometria. Dietro la rivoluzione, o rivelazione, del primo-geometra c'è dunque una storia già da sempre trascorsa e inaccessibile: La riduzione eidetica spontanea che libera l'essenza geometrica da ogni realtà empirica - quella della figurazione sensibile così come quella del vissuto psicologico del geometra - è per Kant sempre già effettuata [ ] , sempre già resa possibile e necessaria dalla natura dello spazio e dell'oggetto geometrico64• .
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62 Jacques Derrida, Introduzione a "L'origine della geometria " di Husserl, cit. , p. 20. 63 lvi, p . 24. 64 Ibidem.
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È una storia più profonda, una prato-storia, che l'Estetica tra.rcenden tale e la teoria dell'idealità a priori dello spazio sembrano al tempo stesso evocare, contro qualsiasi concezione innatista degli a priori, e reprimere , dichiarandola inaccessibile e, in definitiva, estranea all'in dagine trascendentale. Ebbene, afferma Derrida, questa prato-storia, della quale tutta la filosofia kantiana sembra rendere contraddittoria la nozione nel momento stesso in cui la richiama, diventa il tema di Husserl [ . ]: ci si interroga ora sul senso della produzione dei concetti geometrici prima e al di qua della " rivelazione " kantiana: prima e al di qua della costituzione dell'idealità di uno spazio e di un tempo puri e esatti65• .
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Il Talete husserliano, dunque, arriva , o dovrebbe arrivare , prima (non è semplice, ovviamente , decidere se si tratti di un ordine logico o sto rico) di quello kantiano, perché la storia che egli istit uisce è la storia che consegna al suo successore lo spazio come condizione a priori di una geometria liberata dalla contingenza dell'empirico. Questa genesi dell'a priori è il vertiginoso obiettivo di Husserl in OG . Vertiginoso perché, abbandonando qualsiasi cautela critica, spinge l'analisi fino ai limiti del dicibile, fino all' opacità forse impenetrabile del venire alla storia di una tradizione . Si tratta, in effetti, di dar conto dell'essere stesso del /atto della geometria come scienza di oggetti ideali e come tradizione, non semplicemente di fondarne la validità e l'esigenza di necessità che la definisce: a questo livello dell'analisi, verità e senso, fatto e diritto, diventano indissociabili. Il Talete husserliano , in prima istanza ancora più anonimo e inin fluente di quello kantiano («nulla sappiamo dei suoi creatori, né su questo indaghiamo» dice Husserl nel brano che abbiamo riportato) , è in effetti il portatore di un gesto istitutivo e non semplicemente attualizzante . Un atto fondativo e, potremmo dire, mitopoietico. Per ché ciò che viene fondato, la geometria e la storia della sua attualizza zione, istituendosi, respinge dietro di sé la propria condizione di senso nella forma di un a priori che la precede - sia pure soltanto nella tem-
65 lvi, p. 25 .
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poralità fuori tempo dell'indagine trascendentale - occultando così, grazie anche all'opera di progressiva sedimentazione del linguaggio e degli sviluppi successivi, il proprio stesso ruolo fondativo. La storia precede dunque la riflessione trascendentale e la costituzione fenome nologica, perché ciò che queste ultime devono permettere di portare alla luce - le condizioni di senso, gli a priori, il carattere " mitico" di alcune nozioni - è l'effetto di un evento storicamente determinato . L'avvicinamento a questo punto irriducibile e irreversibile si profila davvero come un ribaltamento di alcuni assunti metodologici dell'in dagine statica - ribaltamento non attribuibile invece all'apertura della prospettiva genealogica. Quando, per esempio nella Fenomenologia come scienza rigorosa o nelle Idee, si trattava di mettere fuori causa lo storicismo e lo psicologismo, il rigore metodologico doveva negare potere fondativo a qualsiasi figura sensibile del mondo reale , a qualsi asi esperienza psicologica, a qualsiasi contenuto fattuale: Ci sono scienze puramente eidetiche, come la logica pura, la mate matica p ura , le teorie pure del tempo , dello spazio, del moto , ecc. Esse, in tutti i loro passaggi , sono libere da qualunque posizione di dati di fatto; ovvero , che è lo stesso , in esse nessuna esperienza in quanto esperienza, cioè in quanto coscienza che afferra e quindi pone una realtà, un'esistenza, può avere una funzione fondamen tale. Se in esse l'esperienza ha una qualche funzione, essa non in terviene in quanto esperienza. Il geometra, per esempio, quando disegna le sue figure sulla lavagna, produce delle linee esistenti di fatto sulla lavagna pure esistente di fatto. Ma tanto il tracciare fisi camente delle figure quanto l'esperienza delle figure disegnate non costituiscono in nessun modo il fondamento della sua intuizione e del suo pensiero relativo alle essenze geometriche. È di conseguen za indifferente che egli sia o no preda di un' allucinazione e che , invece di disegnarle realmente, immagini le linee e le costruzioni in un mondo immaginario66•
Come si vede, a quel livello dell'indagine fenomenologica, l'elemento determinante dell' etdos geometrico era dato dalla sua indifferenza nei
66 Edmund Husserl, Idee I, cit. , pp. 2 3 -24 .
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confronti del carattere, finzionale o reale, del gesto a cui si lega: l' og getto eidetico , già da sempre ridotto , non distingue tra sogno e veglia, tra percezione e immaginazione o allucinazione. Al contrario, il nesso che lega l' eidos in generale alla variazione immaginativa porta a dire che «la " finzione " costituisce l'elemento vitale della fenomenologia»67 • Tuttavia, l'autonomia dell' ezdos rispetto a qualsiasi individuale ed empirico atto soggettivo non può significare preesistenza in un dominio metafisica atemporale. Soltanto a questo livello è consenti ta a Husserl la medesima indifferenza esibita da Kant nei confronti dell'individualità storica del primo geometra e della sua opera - una individualità storica che, come tale, sarebbe irrimediabilmente empi rica ed estranea all'indagine fenomenologica . Quando però l'obietti vo non sarà più la descrizione sincronica dei rapporti di fondazione che costituiscono concetti e significati già dati, né il risalimento ci-co stitutivo degli strati geologici della genealogia intenzionale, ma l'isti tuirsi stesso della genealogia e del processo di costituzione, allora il problema della determinazione storica e dell'origine andrà affrontato secondo nuovi criteri: «Per passare al fondamento e alla costituzione originaria della verità bisogna tornare a un 'esperienza creatrice a par tire dal mondo reale»68• L'esigenza che motiva l'apertura di Husserl nei confronti della sto ria, l'obiettivo di questo ulteriore rilancio dell'indagine fenomenolo gica , sembra dunque essere così formulabile: si tratta di riconoscere e individuare, tra gli elementi costitutivi degli oggetti ideali, una loro storicità profonda e ineliminabile (non semplicemente la temporali tà del processo di idealizzazione , dunque , ma un storicità in senso proprio) ; di portare alla luce , come nucleo più originario del senso di qualsiasi disciplina che la tradizione ci consegna , il suo legame con la fattualità irriducibile di un evento storico , con il fatto della sua isti tuzione: «Invece di ripetere il senso costituito di un oggetto ideale, si dovrà risvegliare la dipendenza del senso da un atto inaugurale e fondatore, dissimulato sotto le passività seconde e le sedimentazioni infinite; atto originario che ha creato l'oggetto il cui eidos è determi nato dalla riduzione iterativa»69• 67 lvi, p. 170. 68 Jacques Derrida, Introduzione a ''l:origine della geometria '' di Husserl, dr., p. 29. 69 lvi, p. 32.
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Volendo nuovamente far ricorso al sostegno retorico delle due fi gure dell'origine, potremmo dire che in Kant - o meglio : nella figura dell'origine che , seguendo Derrida , stiamo associando a Kant - il ca rattere della necenità compete alla forma spaziale, all'a priori in quan to condizione di possibilità dell'istituirsi della geometria come scienza di verità atemporali. Che questa istituzione abbia effettivamente avuto luogo in un preciso momento storico è importante - perché altrimenti la possibilità definita da quella necessità sarebbe rimasta irrealizzata - ma non necessario, perché la possibilità di quella realizzazione non sarebbe comunque venuta meno e, inoltre, perché l'appartenenza sto rica non è un elemento costitutivo dell' ezdos "geometria " . Viceversa, nella versione husserliana dell'origine, la necessità è dal la parte del gesto istit utivo del proto-geometra - ricordiamo il brano di Husserl citato: «Interroghiamo il senso secondo il quale essa per la prima volta è comparsa nella storia, deve essere comparsa [au/getreten sein muPte] » - perché, come abbiamo detto, è questo stesso gesto che, in un rilancio paradossale del rapporto tra contingenza e necessità, fonda il proprio a priori e dunque la propria condizione di possibilità: Quali che siano state le prime idealità geometriche prodotte o scoperte di fatto, è necessario a priori che esse siano succedute a una non-geometria, che esse siano sorte su un terreno d'esperienza pre-geometrico di cui la fenomenologia è possibile grazie a una riduzione e a una de-sedimentazione appropriata70•
Lo spostamento dal primo geometra (figura conforme anche, come abbiamo visto , alla fenomenologia delle Idee) al p roto-geometra è dunque riformulabile come lo spostamento dalla possibilità dell' ef fettivo all'effettività del possibile. Evidentemente, le difficoltà, e il rischio di antinomie metodologiche, che caratterizzano questo pas saggio dell'indagine husserliana sono il riflesso del fatto che l' ordi ne di senso che questa rzduzione storica dovrebbe istituire non può evitare il conflitto , o almeno l'attrito, con gli ordini di senso connessi alle riduzioni precedenti. Il corto circuito tra contingenza e necessità, tra effettività e possibilità - una questione, comunque, non del tutto
70 lvi, p. 35.
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estranea al Kant critico - sembra inaccessibile a un linguaggio che, in quanto tale, deve necessariamente legare la propria sensatezza ed efficacia al rigoroso radicamento in un univoco ordine di senso me todologicamente fondato. Dovrebbe trattarsi, infatti, come abbiamo detto, di un linguaggio connesso a quell 'ordine di senso, già evocato, che riabilita la natura empirica della storia fattuale all'interno , e non al fianco , dell'ambito trascendentale. È disponibile questo linguaggio , in grado di rendere pensabile l'esigenza di sovrapporre l'ordine storico della verità a quello trascendentale del senso? Su questo punto sem bra giocarsi gran parte della legittimità del passo che Husserl compie in OG . La domanda s ull'origine, nella versione radicale che Derrida attribuisce all'intenzione husserliana, coincide infatti, come abbiamo detto, con la domanda s ulla verità del senso, sulla necessità che il sen so, considerato quale condizione di possibilità del dispiegarsi di una tradizione, accada e si radichi nella contingenza di un evento storica mente determinato . In qualche modo, sembra un passo inevitabile per l'evoluzione della fenomenologia, perché si tratta di provare finalmente a liberare il linguaggio dalla tutela metodologica delle riduzioni e dal carattere finzionale, in quanto costruito , degli ambiti che queste fondano per spingere l'indagine fenomenologica a dar conto dell'esserci stesso di qualcosa. Un ultimo passo verso le cose .'itesse per riconquistare un 'as soluta adeguatezza del linguaggio, un perfetto omomorfismo tra la descrizione costitutiva e il reale . Tuttavia, prima ancora di interrogare la possibilità che una simile ambizione possa essere soddisfatta , dob biamo essere certi che si tratti effettivamente di un'ambizione nuova, impronunciabile nell'ordine della riduzione trascendentale. Dobbia mo essere certi, in altri termini, che il proto-geometra sia il portatore di quella radicalizzazione inaudita che Derrida individua come conte nuto più significativo del testo husserliano . E tale certezza non sembra essere del tutto a portata di mano. L'idea dell'attualizzazione storica come verità del senso consente, almeno, due interpretazioni. Possiamo pensare a questa attualizzazione come alla conquista di un'ulteriore determinazione essenziale della nozione di senso. In que sto caso, tuttavia, il discorso si manterrebbe saldamente all'interno dell'ordine trascendentale , perché l'obiettivo dell'indagine restereb -
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be, app unto , l'individuazione e la comprensione - certamente più sot tile e precisa - delle condizioni di senso del sapere e dell'esperienza. Avremmo, forse, dato una risposta diversa, più ambiziosa e problema tica al tempo stesso, a Lilla domanda formulata in un ambito preceden temente istituito . La verità verrebbe nuovamente assorbita nell'ordine del semo. Oppure , possiamo dare credito all'insistenza di Derrida e seguire l'idea per cui la determinazione storica crea nell'ordine del trascen dentale un 'increspatura, un sottordine nel quale, come abbiamo det to, senso e verità si confondono in una nuova figura fenomenologica. Il problema diventa allora l'effettiva accessibilità di questo sottordine, la possibilità che la prato-storia del trascendentale sia effettivamente enunciata e percorsa. Non basta infatti evocarla o dichiararne il ruolo fondante: come abbiamo detto, anche il primo geometra chiama im plicitamente in causa la questione di una genesi dell'a priori - ma lo fa riconoscendone al tempo stesso l'estraneità rispetto ai confini della filosofia critica. Per Husserl, ci ha detto Derrida , quella proto-storia deve invece diventare tematica. La geometria , spiega Husserl, ha avuto luogo «un giorno» (dereimt) , «per la prima volta» (erstmalig ) , a partire da una «p rima acquisizione» (aus einem ersten Erwerben) . Sembra quasi che il linguaggio, sollecitato da quell'ambizione così radicale , debba ricor rere ad alcuni elementi tipici della narrazione, come se la fatica di af ferrare quei livelli così profondi del reale lo costringesse ad allentare la vigilanza metodologica . O, forse, a sentire con più forza il richiamo di un'antica, potremmo dire originaria, vocazione narrativa, e non sem plicemente temporale o storica, del pensiero . Come se il sottordine " verità storica " richiedesse, per essere portato alla presa dell'evidenza intuitiva, il dispiegamento temporale di un vero e proprio racconto fenomenologico. L'origine della geometria: c'era una volta Talete. Tuttavia, il criterio primario di ricezione di un discorso narrativo non è la verità, bensì la sua capacità di disegnare una totalità coerente e un nuovo ambito di senso71• Come prima, il potere fondativo del 7 1 Pur non potendo essere semplicemente contrapposto al costitutivo, inaggira bile rapporto con la verità che caratterizza i testi scientifici - e, sia pure in modo meno diretto, quelli lìlosoiìci - è certo che il testo narrativo si muove in un territorio difficilmente assimilabile a quello della verità storica, anche nel caso in cui la verità,
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senso sembra quindi rendere marginale, secondario e inafferrabile quell'ordine della verità che si vorrebbe invece conquistare come l'o rigine stessa del senso. Sono infatti la coerenza e l'efficacia esplicativa a dare legittimità alla narrazione dell 'origine: narrazioni non palese mente assurde potranno avere , dunque, lo stesso valore. La prato-sto ria torna a nascondersi nel mito. Sembra di muoversi lungo il confine che circoscrive la possibilità di una restituzione razionale del reale. Il linguaggio è in affanno, la distinzione tra verità e senso rischia di essere fuori portata, indicibile. Come l'origine, forse72• nella forma della cronaca, della storia o della biogralìa, ne rappresenti un elemento costitutivo . Nelle limpide parole di Emilio Garroni: «Il testo letterario non è determi nato dalla veridicità del discorso filosofico, né dalla verità del discorso scientifico, né infine, al pari dei discorsi di cui ci sfugge o trascuriamo con ragione la condizionalità, è semplicemente il luogo del passaggio, dello slittamento, della sovrapposizione della verità rispetto alla falsità, della veridicità rispetto alla falsidicità, e viceversa. È indi stinzione, cioè neutralizzazione di verità e falsità, di veridicità e falsidicità. Non è che sia un po' veridico/vero e un po' falsidico/falso. Non è condizionalmente né l'una, né l'altra cosa. È condizionalmente quella neutralizzazione, che la comprensione [il testo fùosofico, N dR] stessa, pur negandola, non può non accogliere di fatto e che, pur tal volta dichiarandola come propria, esclude sempre da sé» (Emilio Garroni, Narrazione e filosofia , in Tullio De Mauro, Pietro Pedace, Annio Gioacchino Stasi [a cura di] , Teoria e pratica della scrittura creativa. Scrittura e lettura , Controluce, 1996, p. 14 3 ) . 7 2 Quasi negli stessi anni della stesura de L'origine della geometria , anche Freud , in un estremo rilancio del proprio impegno speculativo, sembra interrogarsi sulle aspet tative di verità del lavoro di scavo che lo aveva impegnato per tutta la vita: « [ . . . ] quali garanzie abbiamo, mentre lavoriamo alle costruzioni, di non andare fuori strada e di non mettere a repentaglio l'esito del trattamento facendoci interpreti di una costru zione inesatta? Abbiamo la sensazione che tale interrogativo non consenta comunque una risposta universahn.ente valida; tuttavia, ancor prima di discutere questo punto, vogliamo prestare ascolto a una confortante informazione che ci è fornita dall'espe rienza analitica». (Il testo di Freud è del l93 7 , pressoché coevo alla stesura di OG: Sigmund Freud , Konstruktionen in der Analyse, GW XVI, pp. 4 1 -56; trad . it. Analisi terminabile e interminabile, Costruzioni nell'analisi, a cura di Renata Colorni, Bollati Boringhieri, 1 977 , p. 7 7 ) . Forse allora non tutte le costruzioni sensate hanno lo stesso valore. In qualche modo, malgrado l'inaccessibilità dell'origine che esse cercano di riportare alla luce, deve essere possibile giudicare della loro verità. In qualche modo, deve essere possibile distinguere una sensatezza puramente formale da una sensatezza capace di connettersi a qualcosa che merita il nome di verità. Il fatto è che il lavoro analitico non è l'opera solitaria di una voce monologante: «Se una volta ci siamo sba gliati e abbiamo presentato al paziente come probabile verità storica una costruzione inesatta, [ . . .] il paziente rimane come impassibile, e non reagisce né con un " sì" né
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Niccolò Argentieri è insegnante di Matematica e Fisica e collaboratore del dottorato in Filosofia dell'Università di Roma Tor Vergata. I suoi interessi rig uardano principalmente la fenomenologia husserliana e la scuola neokan tiana di Marburgo, con particolare attenzione al rapporto tra indagine filo sofica e pensiero scientifico. Per Castelvecchi ha curato La fredda
bellezza di
André Weil (20 14 ) e Il numero di Piero Martinetti (2015 ) .
con u n " no" alla costruzione prospettatagli. [ . . ] L a falsa costruzione viene in tal modo a cadere come se non fosse mai stata fatta» (ibidem ) . D'altro canto , l'assenso a una costruzione sentita come corretta non è altrettanto limpido. A volte si dà ad dirittura il caso che questo assenso venga concesso in mancanza di qualsiasi criterio di confenna: «Ci capita abbastanza frequentemente di non riuscire a suscitare nel paziente il ricordo del rimosso. In sua vece, grazie a un corretto svolgimento dell'a nalisi, otteniamo in lui un sicuro convincimento circa l'esattezza della costruzione e tale convincimento, sotto il profilo terapeutico, svolge la stessa funzione di un ricor do recuperato. In quali circostanze ciò accada, e come sia possibile che un sostituto all'apparenza incompleto agisca ciò nondimeno con piena efficacia sono argomenti che sollecitano ulteriori ricerche» (ivi, p. 83 ) . Ancora una volta, l'origine e la sua ve rità storica sembrano all ontanarsi come il bersaglio della freccia di Zenone. Il criterio dell'eflìcacia esplicativa, e l'opacità di una narrazione ipotetica accolta come vera in virtù del suo ruolo nel processo di comprensione sembrerebbero confermare l'inevi tabile convergenza di verità e senso. .
Nota alla trad uzione
Gli originali dei testi di 1--Iu sserl sono in Edmund 1--Iu sserl, Die Kri sis der Europàischen Wissenscha/ten und die transzendentale Phà"n ome nologie, 1 93 5 - 1 93 6 (1--I usserliana, VI, a cura di Walter Biemel, 1 954 ) . In particolare:
- Der Ursprung der neuen Idee der Universalz"tà"t der Wissenschaft in der Umgestaltung der Mathematik, pp. 1 8-20; - Galileis Mathematisierung der Natur, pp . 20-2 1 ; - "Reine Geometrie", pp . 2 1 -26; - Der Ursprung der Geometrie, pp. 3 65 -3 86. La traduzione dei primi tre testi è a cura di Gianna Gigliotti . La traduzione de L:origine della geometria è a cura di Niccolò Argentieri. La revisione e il controllo dell 'uniformità stilistica e terminologica sono frutto di un lavoro comune. Le difficoltà incontrate nel lavoro di traduzione rimandano essen zialmente a due ordini di problemi. In primo luogo, quello della resa stilistica di una prosa complessa qual è quella husserliana. Questo vale in particolare per il testo sull'o rigine della geometria, a causa della sua natura informale, quasi si trat tasse di una bozza preliminare per un lavoro più compiuto. Abbiamo scelto di rispettare tale imperfezione stilistica , evitando riformulazio ni, migliorie linguistiche o correzioni sintattiche troppo marcate. La seconda difficoltà è di ordine terminologico . Per quanto riguar da i termini più strettamente tecnici , già stabiliti nella letteratura hus serliana , ci siamo ovviamente attenuti alle scelte acquisite.
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In OG compare però anche un celebre conio lessicale di Husserl, vale a dire l'uso filosofico del termine Riick/ragel. Per la resa italiana sembravano disponibili tre strade. La prima, quella scelta da Filippi ni, consiste nell'aggirare il termine mediante parafrasi, sostituendo al vocabolo la sua presunta definizione, o almeno l'interp retazione del suo significato. Il difetto principale di tale soluzione sta proprio nella rinuncia al sostegno sintattico ga rantito da un sostantivo , in grado di assumere il ruolo di soggetto o di oggetto nel testo e di essere esplicita mente tematizzato in fase di commento . Semplicemente, la Riickfrage sparisce, sostituita da indicazioni metodologiche che rischiano di pas sare inosservate. La seconda possibilità sarebbe stata quella di rinunciare alla tra duzione, lasciando nel testo il vocabolo originale. Una scelta che, p ur ponendo rimedio ai difetti della caduta del sostantivo , non sembrava facilmente giustificabile nell'ambito del progetto di una nuova tradu zione del testo . Abbiamo quindi optato per il rischioso tentativo di individuare un equivalente italiano del termine. La scelta fatta ( " domanda di ri torno " ) , evidentemente in debito con la soluzione di Derrida (que stion en retour) , è apparsa la più adeguata, perché, proprio come nel caso francese, riesce a tenere insieme i due elementi essenziali del senso teoretico e metodologico del termine originale : il movimento retrogrado della domanda e il suo rapporto costitutivo con un dato primario già acquisito , da risalire e, app unto , " contro-interrogare " .
l Si vedano le pp. 3 3 - 34 del saggio introduttivo.
TESTI
Chiarimento circa l'origine della contrapposizione moderna tra oggettivismo fisicalistico e soggettivismo trascendentale
§ 8. L'origine dell'idea moderna dell'universalità della scienza nella trasformazione della matematica
[ 1 8] Occorre anzitutto comprendere l'essenziale mutamento dell 'idea, del compito , della filosofia universale, compiutosi all 'inizio dell'epoca moderna nel raccogliere l'idea antica. Da Descartes in poi, l'idea moderna domina l'intero sviluppo delle correnti filosofiche e diviene il motivo profondo che ne determina le diverse direzioni. La trasformazione investe per prima cosa le scienze maggiormente influenzate dal patrimonio antico: la geometria euclidea e tutta la ma tematica greca , e in seguito la scienza naturale greca. Per noi rappre sentano gli inizi delle scienze come le abbiamo sviluppate. Al riguar do non si può allora non vedere il poderoso cambiamento di senso con il quale si assegnano anzitutto alla matematica (come geometria e come dottrina formale astratta dei numeri e delle grandezze) compiti universali per principio nuovi, estranei al mondo antico. Guidati dalla dottrina platonica delle idee, gli antichi avevano certo già idealizzato i numeri e le unità di misura empirici, le figure spaziali empiriche, i punti, le linee, le superfici, i corpi, trasformando così i teoremi e le dimostrazioni della geometria in teoremi e dimostrazioni geometri co-ideali. Di più: con la geometria euclidea era sorta l'idea grandiosa di una teoria dall'ideale ambiziosissimo, una teoria unitaria sistemati co-deduttiva, poggiantesi su proposizioni e concetti fondamentali " as siomatici " [ 1 9] , procedente attraverso conclusioni apodittiche - l'idea di un tutto puramente razionale, afferrabile nella sua incondizionata
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verità, l'insieme di verità incondizionate , immediatamente o mediata mente evidenti. Ma la geometria euclidea e, in generale, la matematica antica conoscono soltanto compiti finiti, un a priori finito e chiuso. È così anche per l'a priori della sillogistica aristotelica: un a priori al quale tutti gli altri sono subordinati. A questo p unto è giunto il mon do antico , mai però sino al punto di cogliere la possibilità del compito infinito che per noi è naturalmente connessa al concetto di spazio geo metrico e al concetto di geometria quale scienza di questo spazio. Allo spazio ideale spetta per noi un a priori universale sistematicamente unitario , una teoria sistematicamente unitaria, infinita e tuttavia in sé conchiusa, la quale, muovendo da concetti e proposizioni assiomatici , permette di costruire in modo deduttivo e univoco qualsiasi forma si possa pensare di tracciare nello spazio. Tutto ciò che " esiste" idealiter nello spazio geometrico è già predefinito in tutte le sue determinazio ni. Il nostro pensiero apodittico , che all'infinito procede per tappe, " scopre " soltanto, attraverso concetti, proposizioni, conclusioni, di mostrazioni, ciò che è già in sé e preliminarmente vero. Concepire quest'idea di una totalità dell'essere razionale e infinita dominata sistematicamente da una scienza razionale è la novità inaudi ta . Un mondo infinito, questo mondo di idealità, non è concepito come un mondo i cui oggetti sono accessibili alla nostra conoscenza sin golarmente, in modo imperfetto e casuale; invece, un unico metodo razionale , sistematico e unitario, coglie definitivamente, procedendo all'infinito , ogni oggetto nella pienezza del suo essere-in-sé. Ma ciò non vale soltanto per quanto riguarda lo spazio ideale. An cora molto più lontana dagli antichi era la concezione di un'idea simi le, ma (in quanto sorta da un'astrazione formalizzante ) , più generale, l'idea di una matematica formale. Solamente agli inizi dell'epoca mo derna comincia la vera conquista e la scoperta degli infiniti orizzonti [20] della matematica. Nascono gli inizi dell'algebra, della matema tica del continuo, della geometria analitica. Di qui, con l'audacia e l'originalità proprie della nuova umanità, è anticipato molto presto il grande ideale di una scienza razionale e totalizzante in questo nuovo senso, l'idea cioè che la totalità infinita di ciò che è in generale sia in sé una totalità razionale, che , correlativamente, può essere dominata senza residui da una scienza universale. Molto prima che questa idea giungesse a maturazione era già decisiva , come presentimento oscuro
CHIARIMENTO CIRCA L ' ORIGINE
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o semioscuro, per lo sviluppo futuro. In ogni caso la cosa non riguar derà soltanto la nuova matematica. Ben presto il suo razionalismo si estende alla scienza della natura e le fornisce l'idea completamen te nuova della scienza matematica della natura: la scienza galileiana, come a ragione è stata a lungo chiamata. Non appena questa scienza trova una felice realizzazione, muta l'idea stessa della filosofia (quale scienza della totalità del mondo, di tutto ciò che è ) .
§ 9 . La matematizzazione della natura operata da Galileo. Galileo e
la matematizzazione della natura Per il platonismo il reale aveva una metessi più o meno perfetta all'ideale, che rendeva possibile alla geometria antica una rudimentale applicazione alla realtà. Nella matematizzazione galileiana della natura è allora questa medesima realtà a essere idealizzata secondo la nuova matematica , in parole moderne diventa essa stessa una molteplicità matematica . Qual è il senso di questa matematizzazione della natura, come rico struiamo il processo di pensiero che l'ha motivata? Nell'esperienza sensibile quotidiana, soggettiva e relativa, il mon do è dato in modo prescientifico. I fenomeni che si danno a ciascu no di noi valgono per ognuno come ciò che effettivamente è. Ci sia mo sempre accorti che tra noi si dava questa discrepanza tra ciò a cui attribuiamo validità di essere. Ma non per questo pensiamo che si diano molti mondi. C rediamo necessariamente che si dia un solo mondo costituito dalle stesse cose [2 1 ] , solo che ci si manifestano in modo diverso . Non abbiamo altro che la vuota idea necessaria di cose che sono oggettivamente in sé? Non c'è forse, nelle apparenze, un conten uto che dobbiamo attrib uire alla vera natura? La quale però descrivo senza prendere posizione !'" ovvietà" che motiva il pensiero di Galileo - comprende tutto ciò che, nell'evidenza della assoluta uni versalità , la geometria pura e in generale la matematica della pura for ma spazio-temporale insegnano circa le forme pure che in essa sono idealmente costruibili. Quanto era contenuto in questa " ovvietà " di Galileo e nelle altre ovvietà che secondo lui venivano ad aggiungersi, l'idea di motivare
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una conoscenza matem atica della natura nel s uo nuovo senso, deve essere interpretato con cura . Teniamo presente che Galileo, il filosofo naturale e il "precursore " della fisica , non era ancora un fisico nel pieno senso odierno; che il suo pensiero non si muoveva ancora, come quello dei nostri matematici e fisici matematici, in una simbologia lon tana dall'intuizione; e che non dobbiamo attribuirgli le " ovvietà " che si sono venute formando per noi grazie a lui e al successivo sviluppo storico.
a) La "geometria pura" Consideriamo per prima cosa la " geometria pura " , la matematica pura delle forme spazio-temporali in genere, che Galileo riceve più elaborate e sviluppate dalla tradizione antica. Consideriamole cioè se condo la forma generale che esse hanno ancora per noi, come scienza di "pure idealità " , peraltro costantemente applicata al mondo dell'e sperienza sensibile . Siamo così quotidianamente abituati a scambiare teoria a priori ed empiria, che normalmente tendiamo a non distin guere lo spazio e le forme spaziali di cui parla la geometria dallo spa zio e dalle forme spaziali della realtà di cui facciamo esperienza, come se fossero la stessa cosa. Ma se la geometria dev'essere intesa come il fondamento di senso della fisica esatta, su questo punto , e più in ge nerale, dobbiamo essere molto precisi . Per rendere chiaro il processo di pensiero di Galileo, non dovremo ricostruire perciò soltanto le mo tivazioni di cui era consapevole. Sarà invece molto istruttivo portare alla luce [22] anche quanto racchiuso implicitamente nel modello di matematica che lo guidava, per quanto, vista la direzione dei suoi inte ressi, gli sia rimasto nascosto: quale nascosta pres upposizione di senso non poteva naturalmente non penetrare anch 'essa nella sua fisica . Nel mondo-ambiente dato alla nostra intuizione, quando , rivolti all'astrazione, guardiamo alle sole forme spazio-temporali , facciamo esperienza di " corpi " , - non di corpi geometrico-ideali, bensì proprio di questi corpi di cui facciamo effettiva esperienza , provvisti del conte nuto che è l'effettivo contenuto dell 'esperienza. Possiamo certo pen sarli diversamente come vogliamo nella fantasia: le libere possibilità, in un certo senso " ideali " , che otteniamo in questo modo non sono af fatto possibilità geometrico-ideali, non sono forme geometricamente
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" p ure " inscrivibili nello spazio ideale, - i corpi " p uri " , le rette " pure " , i piani " p uri " , e altre figure " pure " , come pure i moti e le deform a zioni che si producono in figure " pure " . Lo spazio geometrico non è dunque come uno spazio di fantasia, e più in generale: spazio di un qualche mondo che ci si può sempre inventare con la fantasia. La fan tasia può trasformare le forme sensibili solo in altre forme sensibili. E queste forme, nella realtà come nella fantasia, sono pensabili soltanto in una gradualità: del più o meno retto, più o meno piano, più o meno circolare, e così via. Le cose del mondo circostante che intuiamo sono, in generale e in tutte le loro proprietà, variazioni di una mera tipicità; la loro identità, la loro medesimezza, la loro momentanea uguaglianza, è puramente app rossimativa, proprio come il loro essere eguali ad altre. E lo stesso succede in tutte le variazioni e nelle loro possibili eguaglianze e varia zioni. E, corrispondentemente , anche per le forme colte astrattamente dei corpi intuiti in modo empirico e per le relazioni tra loro. Questa gradualità si caratterizza come una maggiore o minore perfezione. An che qui come in altri casi in pratica parliamo di perfezione semplice mente nel senso che lo specifico interesse pratico risulta pienamente soddisfatto. Ma nel mutare degli interessi , ciò che per uno di questi è pienamente soddisfacente non lo è più per un altro, il che pone un limite alla possibilità della normale capacità tecnica di raggiungere la perfezione, alla capacità, per esempio, che una retta sia ancora più ret ta, un piano ancora più piano . Con il genere un1ano [23 ] progredisce la tecnica, come pure l'interesse per renderla più raffinata ; e l'ideale della perfezione si sposta sempre più avanti. Così possiamo sempre configurare davanti a noi un orizzonte aperto , un miglioramento sem pre da perseguire. Senza scendere più in profondità nelle connessioni essenziali (cosa mai fatta sistematicamente e niente affatto facile) , si comprenderà già che, a partire dalla prassi del sempre più perfetto , nel libero inoltrar si negli orizzonti del perfezionamento che possiamo immaginare nel " sempre di nuovo " , si disegnano sempre forme-limite verso le quali tende , come a un polo invariante e sempre irraggiungibile, qualsiasi serie di perfezionamenti. Interessati a queste forme ideali e impegnati di conseguenza a definirle e a costruirne di nuove in base a quelle già costruite , ecco che siamo "geometri" . Ed egualmente, nella sfera
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ulteriore che contempla anche la dimensione del tempo , siamo ma tematici delle forme " pure " , la cui forma universale è la forma spa zio-temporale idealizzata a sua volta. Al posto della prassi reale - sia quella dell'agire sia quella che esamina le possibilità empiriche, che hanno a che fare con corpi empirici effettivi e realmente possibili -, abbiamo adesso una prassi ideale di un " pensiero puro " , che si man tiene esclusivamente nel regno delle pure /orme-limite. Il metodo della idealizzazione e della costruzione, storicamente da tempo elaborato e messo in pratica e socializzato nell'esercizio intersoggettivo , ha reso queste forme una acquisizione abituale e a portata di mano, grazie alla quale è sempre possibile acquisire qualcosa di nuovo: il campo di lavoro di un mondo di oggettualità ideali infinito e però in sé conchiu so. Come tutte le conquiste nate dal lavoro umano queste oggettualità restano a disposizione, conoscibili oggettivamente senza che il modo in cui hanno acquistato senso debba venire nuovamente esplicitato; prendendo corpo materialmente, per esempio nel linguaggio e nella scrittura, sono immediatamente colte, percepite e messe in pratica. In modo analogo fungono i " modelli " sensibili, ai quali appartengono, in particolare, i continui disegni schizzati sulla carta durante il lavoro, o i disegni stampati nei manuali di apprendimento, e così via. Accade qualcosa di analogo con altri oggetti cult urali (tenaglie, trapani, ecc.) [24] dei quali si comprende, si "vede " immediatamente che hanno specifiche qualità culturali senza bisogno di avere di nuovo presente in virtù di che cosa abbiano acquistato il loro senso proprio. In que sta forma di acquisizioni con un significato ormai fissato funzionano nella prassi metodica dei matematici i significati sedimentati, per così dire incarnati. E così rendono possibile maneggiare spiritualmente le oggettualità ideali del mondo geometrico. (La geometria rappresenta qui per noi tutta la matematica dello spazio-tempo). Ma questa prassi matematica ci permette di raggiungere quanto ci è negato nella prassi empirica: l"' esattezza " ; per le forme ideali è infatti data la possibilità di determinarle in un 'assoluta identità, di riconoscerle quali substrati di proprietà assolutamente identiche e determinabili metodicamente in modo univoco. E non soltanto per i casi singoli, e secondo un metodo sempre uguale , il quale, applicato a forme intuibili ai sensi scelte a piacere , sia in grado di attuare ovun que l'idealizzazione e di determinare in modo oggettivo e univoco le
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pure idealità che a esse corrispondono. Da questo punto di vista si distinguono /orme particolari, come i segmenti , i triangoli, le circon ferenze. È allora possibile - ed è questa la scoperta da cui è nata la geometria - grazie a quelle forme elementari che si caratterizzano per essere sempre disponibili, e secondo le operazioni che esse rendono sempre effettuabili, - è possibile non soltanto costruire sempre altre forme, che grazie al metodo che le genera sono definite in modo inter soggettivamente univoco. Si aprì finalmente la possibilità di generare e costruire univocamente tutte le forme ideali in generale pensabili con un metodo a priori sistematico e onnicomprensivo. Il metodo geometrico consistente nel definire in modo operativo prima alcune, poi tutte le forme ideali a partire da forme base qua li elementari mezzi di definizione, mostra, all'indietro, il metodo per calcolare le dimensioni e in generale per misurare, prima in modo rudi mentale e poi a regola d'arte, operante già nel mondo ambiente datoci prescientificamente nell'intuizione. Lo scopo di questo metodo ha la s ua origine illuminante [25 ] nella forma essenziale di questo mon do-ambiente. Le forme che in questo mondo si possono cogliere sen sibilmente, che si possono immaginare con un'intuizione sensibile, e i tipi che si possono immaginare in ogni grado di generalità, tramutano fra loro continuamente. In questa continuità occupano completamen te la spazio-temporalità Gntuitivo-sensibile) che è la loro forma. Ogni forma di questa infinità aperta, anche se data nella realtà come un /at to intuibile, non ha però oggettività, non è cioè definibile intersogget tivamente, partecipabile nelle sue caratteristiche, per chiunque - per chiunque altro che non la veda effettivamente. Per questo, evidente mente, c'è bisogno della " misurazione " , la quale prevede diversi mo menti, di cui il misurare vero e proprio è solo l'ultimo. Da una parte per le forme fisiche di fiumi, monti, costruzioni, che di solito mancano necessariamente di concetti e di nomi che li definiscano, si tratta di creare questi concetti; anzitutto per le loro " forme " (entro la somi glianza delle immagini) , e poi nelle loro grandezze e rapporti di gran dezza ; e poi ancora per determinarne la posizione attraverso la misura degli angoli e delle distanze riferita a luoghi e direzioni che si presup pongono noti e fissi. La misurazione scopre nella pratica la possibilità di scegliere come misura certe forme empiriche di base concretamente fissate su corpi rigidi empiricamente e generalmente dati, e, mediante
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i rapporti che sussistono (che cioè devono essere scoperti), tra queste misure e le altre forme corporee, la possibilità di definire queste altre forme in modo intersoggettivo e nella prassi univoco . In un primo momento in ambiti circoscritti (per esempio nell'agrimensura), poi in nuove sfere formali . Si comprende allora come, in seguito all'aspira zione ormai viva a una conoscenza " filosofica" che definisse l'essere " vero " , l'essere oggettivo del mondo, l'arte empirica della mimrazione e la sua funzione oggettivante empirico-pratica, trasformando l'inte resse pratico in un interesse p uramente teoretico , venne idealizzata e trapassò così nel processo di pensiero puramente geometrico. L'arte della misurazione aprì così definitivamente la strada alla geometria univer sale e al suo " mondo " di pure forme-limite.
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(L'origine della geometria)
[365] L'interesse che muove questo scritto rende necessario adden trarci, all'inizio , in riflessioni che erano certamente del tutto estranee a Galileo . Dobbiamo rivolgere lo sguardo non soltanto alla geome tria compiutamente tramandata, e al modo d'essere del suo senso nel pensiero di Galileo - nel suo come in quello di tutti i successivi eredi dell'antica sapienza geometrica, sia quando erano al lavoro come geo metri puri, sia quando della geometria facevano applicazioni pratiche. Si tratta anche, o meglio: si tratta in primo luogo di contro-interrogare il senso originario della geometria tramandata e ancora valida secondo quello stesso senso - ancora valida e al tempo stesso in continuo svi luppo e, in tutte le nuove forme, sempre la geometria. Necessariamen te, le nostre considerazioni condurranno a profondissimi problemi di senso, problemi della scienza e della storia della scienza in generale e anche, in ultimo, di una storia universale in genere; così che i nostri problemi e le nostre considerazioni circa la geometria galileiana assu meranno un significato esemplare. In primo luogo, bisogna richiamare l'attenzione sul fatto che, nelle nostre meditazioni storiche sulla filosofia moderna, qui, con Galileo - con la messa in luce dei profondi problemi riguardanti l'origine del senso della geometria e della nuova fisica su questa fondata - una luce chiarificatrice illumina improvvisamente , per la prima volta, tutta la nostra impresa, vale a dire l'intento di realizzare, sotto forma di me ditazioni storiche, delle prese di coscienza della nostra presente situa zione filosofica, nella speranza di potere , mediante ciò , impossessarci del senso , del metodo e dell'inizio della filosofia, dell'unica filosofia
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alla quale la nostra vita vuole e deve rivolgersi. Le nostre ricerche, come risulterà qui fin dal principio evidente in base a un esempio , sono infatti storiche in un senso inusuale, vale a dire storiche secon do una direzione tematica che apre problemi fondamentali del tutto estranei alla storiografia ordinaria - problemi che, a loro modo, sono anche, senza dubbio , problemi storici . Dove conduca una indagine rigorosa e coerente di questi problemi fondamentali è ovviamente im possibile anticiparlo all'inizio. La domanda sull'origine della geometria (titolo sotto il quale rac cogliamo, per ragioni di brevità, tutte le discipline che si occupano delle forme esistenti [3 66] matematicamente nella pura spazio-tem poralità) non deve essere, qui, la domanda filologico-storica, dunque non un'indagine rivolta ai primi geometri che abbiano effettivamente formulato teoremi, dimostrazioni e teorie di geometria pura , o ai par ticolari teoremi che possano aver scoperto, o cose del genere. Il nostro interesse mira, piuttosto, a una domanda di ritorno rivolta al senso ori ginario secondo il quale la geometria una volta è nata e, da allora , per dura come tradizione millenaria e ancora resta per noi e si mantiene in una vivente elaborazione1 ; interroghiamo il senso secondo il quale essa per la prima volta è comparsa nella storia - deve essere comparsa , anche se nulla sappiamo dei suoi creatori, né su questo indaghiamo. A partire da ciò che sappiamo, a partire dalla nostra geometria, più esattamente dalle più antiche forme trasmesse dalla tradizione (come la geometria euclidea) , si dà una domanda di ritorno rivolta agli inizi originari e sepolti della geometria, così come essi, in quanto "primi istituenti" , devono essersi prodotti. Tale domanda di ritorno resta ine vitabilmente al livello di generalità , ma, come subito vedremo, si tratta di generalità che è possibile interpretare in termini molto ampi, ge neralità in grado di guadagnare, come risposte, possibilità, problemi specifici e conclusioni evidenti. La geometria compiuta, per così dire , da cui la domanda di ritorno prende le mosse, è una tradizione, e tra innumerevoli tradizioni si muove la nostra esistenza umana. L'intero mondo della cultura, in tutte le sue forme, è dato a partire da una tradizione. Come tali, queste forme non sono soltanto causalmente di-
l Lo stesso anche per Galileo e per tutta l'epoca successiva, a partire dal Rinascimen to: in una continua, vivente ricerca e, parimenti, in una tradizione.
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ven ute: noi siamo sempre già consapevoli che la tradizione è, appun to, tradizione, sviluppatasi nello spazio della nostra umanità, a partire da un'attività umana, dunque divenuta spiritualmente - anche se, in generale, nulla o quasi nulla sappiamo della provenienza determinata e della effettiva spiritualità realizzatrice, in questo caso. E tuttavia, in questo non-sapere sta, ovunque ed essenzialmente , un sapere implici to, dunque da esplicitare, un sapere la cui evidenza è incontestabile. Questo sapere inizia con ovvietà superficiali, come il fatto che tutto ciò che pertiene alla tradizione è nato da attività umane; che sono esi stiti nel passato uomini, esistenze umane , tra le quali i primi scop ritori che, a partire dai materiali disponibili , materiali grezzi o già plasmati spiritualmente, hanno dato forma al nuovo ; e così via . Dalla superfi cie si è però condotti nelle profondità. La tradizione si lascia sempre interrogare in queste generalità, e mantenendo coerentemente questa direzione problematica , si dischiudono infinite domande , le quali, in base al loro senso, conducono a risposte determinate. La natura gene rale della loro forma - anzi, come vedremo, l'incondizionata validità generale della loro forma - permette naturalmente un'applicazione a casi singoli individualmente determinati, sia pure soltanto relativa mente a ciò che è afferrabile per sussunzione. Iniziamo quindi, per quanto riguarda la geometria, con le più im mediate ovvietà, già formulate qui sopra nel tentativo di delineare il senso della nostra domanda di ritorno. Comprendiamo la nostra ge ometria , la geometria che abbiamo presente a partire da una [3 67 ] tradizione (l'abbiamo appresa , e lo stesso ha fatto il nostro maestro) , come un ris ultato complessivo di operazioni spirituali, le quali si estendono ulteriormente mediante nuovi risultati, ottenuti grazie a nuove operazioni spirituali. Sappiamo , dalle s ue forme precedenti che la tradizione ci ha consegnato , dalle quali essa si è generata , e che a loro volta ripropongono il rimando a forme precedenti - sappiamo che, evidentemente, la geometria deve essere nata da un primo risulta to, da alcune prime attività creatrici. Possiamo comprenderne il modo d'essere permanente: non solo un processo dinamico di risultato in ri sultato, ma una sintesi continua, nella quale tutte le acquisizioni man tengono la propria validità e formano una totalità, in modo tale che in ciascun presente la totalità dei risultati diventi una totalità-premessa, per così dire , per i risultati del nuovo livello. La geometria si trova
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necessariamente presa in questo movimento, avendo come orizzonte un futuro geometrico esattamente dello stesso stile; questo è il suo senso per qualunque studioso di geometria che abbia la coscienza (la conoscenza permanente e implicita) di essere, fintanto che opera all'interno di tale orizzonte, in uno sviluppo progressivo inteso come progresso della conoscenza. Lo stesso vale per ogni scienza: ciascuna fa riferimento a una catena aperta di generazioni che lavorano fianco a fianco, l' una per l'altra, studiosi noti e ignoti che formano la sogget tività produttrice della scienza vivente nel suo complesso. La scienza, in particolare la geometria, caratterizzata da un tale senso d'essere, deve avere un inizio storico, e questo stesso senso deve avere un'ori gine in un operare: in primo luogo come progetto, poi come effettiva realizzazione. Evidentemente, ciò vale per qualsiasi scoperta. Ogni attività che giunga a realizzazione a partire da un primo progetto è presente, per la prima volta , nell'evidenza di un effettivo risultato. Tuttavia , se si tiene conto del fatto che la matematica ha il modo d'essere di un mo vimento progressivo che procede da risultati assunti come premesse a nuovi risultati, il cui senso d'essere include quello delle premesse (e così via ) , è chiaro allora che il senso complessivo della geometria (come scienza dispiegata; lo stesso per ogni altra scienza) non po teva esistere già dall'inizio come progetto e, successivamente, come processo dinamico di riempimento. Necessariamente, doveva esser ci stata una più antica formazione di senso , come stadio precedente, comparsa certamente per la prima volta nell'evidenza di una realizza zione ri uscita. Tuttavia , questo modo di esprimersi è, propriamente, eccessivo. L'evidenza non significa altro che cogliere un essente nella coscienza del suo originale essere-là. Per il soggetto attivo , la realizza zione riuscita di un progetto è evidenza; nell'evidenza , ciò che è stato otten uto è presente originaliter, in quanto se stesso. A questo riguardo nascono ora alcuni problemi. Il progetto e le realizzazioni riuscite hanno luogo esclusivamente nella soggettività dell'inventore, ed è esclusivamente nel suo spazio spirituale, per così dire, che si trova il senso esistente originaliter e la totalità del suo con tenuto . Ma l'esistenza geometrica non è psichica, non è l'esistenza di un che di personale nella sfera personale della coscienza; è l'esistenza di un essente oggettivo per " chiunque " (per il geometra reale o possi-
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bile e per chi unque comprenda la geometria) . Di più: [3 68] a partire dalla sua fondazione originaria, la geometria ha un'esistenza specifì camente sovratemporale, accessibile, in tutte le sue forme particolari, come sappiamo con certezza, per tutti gli uomini, in primo luogo per i matematici reali e possibili di tutti i popoli e di tutte le epoche. E tutte le nuove forme , prodotte da un qualcuno sulla base delle forme già date , acquistano immediatamente lo stesso tipo di oggettività . Si tratta, come notiamo, di una oggettività "ideale " . Essa caratterizza un'intera classe di prodotti spirituali del mondo c ulturale : una classe alla quale appartengono tutte le costruzioni scientifiche , le scienze stesse e anche, per esempio , le creazioni letterarie'!. Le opere appartenenti a questa classe - al contrario degli strumenti da lavoro (martelli, tenaglie) , delle opere architettoniche e simili - non ammettono la riproducibilità in molteplici esemplari tra loro simili. Il teorema di Pitagora, come l'in tera geometria, esiste una volta sola, non importa quanto spesso , e in quante lingue , possa essere riformulato. La geometria è identicamente la stessa nella "lingua originale" di Euclide e in tutte le " traduzioni " ; è di nuovo, ogni volta, la stessa in ogni lingua, per quante volte le sia stata data forma sensibile, dall'espressione e dalla stesura originali fino alle innumerevoli espressioni orali o scritte o ad altre documentazioni . Le espressioni sensibili hanno una individuazione spazio-temporale nel mondo , come tutti gli eventi corporei, cioè come tutto ciò che viene incorporato come tale nei corpi; ma non è così per la forma spirituale stessa, chiamata " oggettività ideale " . Tuttavia, in qualche modo , queste oggettività sono enti oggettivi nel mondo, ma soltanto grazie a queste ripetizioni doppiamente stratificate: in ultima analisi, grazie alle incorporazioni sensibili. Perché il linguaggio stesso, in tutte le sue specificazioni (parole, frasi, discorsi) , è costituito per intero, come è facile vedere nell'approccio grammaticale, da oggettività idea li . La parola "Lowe" , per esempio, ha luogo una volta sola nella lingua 2 Ma il concetto più ampio di letteratura le include tutte, nel senso che il loro essere proprio consiste nell'essere espresse e, sempre di nuovo, esprimibili in un linguaggio; o, più esattamente, che esse acquistano la propria oggettività, il loro essere-là per chiunque, soltanto come significato, come senso di un discorso. Questo è vero in modo particolare per le scienze oggettive, perché in questo caso la differenza tra la lingua originale dell'opera e la sua traduzione in altre lingue non ne elimina l'accessi bilità identica, rendendola solo indiretta, non autentica.
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tedesca, è identicamente la stessa in tutte le innumerevoli occorrenze, per qualsiasi persona. Ma le idealità delle parole e delle proposizioni geometriche, le idealità delle teorie - considerate come pure costru zioni linguistiche - non sono le idealità corrispondenti a ciò che viene espresso e fatto valere come verità nella geometria, cioè gli oggetti e i fatti geometrici ideali, e così via. In qualunque asserzione, si distingue ciò che è tematico, ciò che viene detto (il suo senso) , dall'espressione, la quale, nel corso dell'asserzione, non è, né può essere, il tema. E qui il tema sono proprio le oggettività ideali, oggettività del tutto diffe renti da quelle comprese sotto il concetto di linguaggio. Il nostro pro blema riguarda ora , appunto, le oggettività ideali che sono tematiche nella geometria [369] : in che modo l'idealità geometrica (come quella di qualsiasi scienza) passa dalla sua prima origine intrapersonale, nella quale si presenta come figura nello spazio coscienziale dell'anima del primo inventore , alla s ua oggettività ideale? Subito vediamo che ciò avviene per mezzo del linguaggio, nel quale essa acquista, per così dire, il proprio corpo linguistico. Ma come riesce questa incorporazio ne linguistica a trasformare la semplice costruzione intrasoggettiva in una oggettiva - la quale, ad esempio come concetto o fatto geometri co , risulta comprensibile a chiunque, ed è valida per sempre, nel suo senso geometrico ideale, già nell'espressione linguistica come discorso geometrico , come proposizione geometrica? Ovviamente, non ci addentreremo nel problema generale, che qui si presenta, dell'origine del linguaggio nella sua esistenza nel mondo reale , esistenza ideale e basata sull'espressione, sulla documentazione; dobbiamo però spendere qualche parola a proposito del rapporto tra il linguaggio, come funzione dell'uomo nell'umanità, e il mondo quale orizzonte dell'esistenza umana. Vivendo desti nel mondo , siamo costantemente coscienti del mon do, anche se non gli prestiamo attenzione, come orizzonte della nostra vita , come orizzonte delle " cose " (oggetti reali) , dei nostri interessi e delle nostre occupazioni, reali e possibili. Su questo orizzonte-mondo si staglia sempre l'orizzonte degli altri uomini che vivono con noi , si ano o meno effettivamente presenti. Prima ancora di prestarvi atten zione, siamo coscienti dell 'orizzonte aperto della nostra co-umanità, assieme al nucleo più ristretto dei nostri vicini, in generale di coloro che conosciamo. Coscienti con noi sono dunque gli uomini dd nostro
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orizzonte esterno, ogni volta in quanto " altri " ; ogni volta nella " mia" coscienza come " miei " altri, come coloro con i quali posso entrare in connessione empatica attuale e potenziale, immediata e mediata; pos siamo reciprocamente comprenderci e, sulla base di tale connessione, posso frequentarli, entrare con loro in specifici modi di comunità e sapere abit ualmente di questo essere in relazioni di comunità. Come me, ogni uomo ha la propria co-umanità - così è compreso da me e da chiunque altro - e, contando sempre anche se stesso , l'umanità in generale, nella quale si sa vivente. Il linguaggio generale appartiene appunto a questo orizzonte dell'u manità. L' umanità è innanzitutto cosciente come comunità linguistica immediata e mediata. Evidentemente, soltanto con il linguaggio e le s ue ampie documentazioni, come possibili comunicazioni, l'orizzon te dell'umanità può essere un orizzonte infinitamente aperto , come è sempre per gli uomini. In termini di coscienza , l'umanità adulta e normale (escludendo dunque i casi anomali e il mondo dei bambini) è privilegiata come orizzonte dell' umanità e come com unità linguisti ca. In questo senso, l' umanità è per ciascun uomo, per il quale essa rappresenta il suo orizzonte-del-noi, una comunità di coloro che pos sono reciprocamente esprimersi, normalmente , in un modo del tutto comprensibile; e, in questa comunità, ognuno p uò parlare di ciò che è nell'ambiente della propria umanità come qualcosa di oggettivamente [370] essente. Tutto ha il proprio nome, o meglio tutto è nominabile in senso ampio , vale a dire esprimibile linguisticamente. Il mondo og gettivo è, fin dall'inizio , il mondo per tutti, il mondo che " ognuno" ha come mondo-orizzonte . Il s uo essere oggettivo presuppone gli uomini in quanto uomini del suo linguaggio generale. Il linguaggio , a sua vol ta, è una funzione e una facoltà esercitata , in riferimento correlativo al mondo, all' universo degli oggetti linguisticamente esprimibile nel s uo essere e nel suo essere-così. Così, gli esseri umani in quanto esseri umani , la co-umanità, il mondo - il mondo del quale gli esseri umani parlano, del quale noi parliamo e possiamo parlare - e, dall'altra par te, il linguaggio sono indissolubilmente connessi e sempre già certi della loro inscindibile unità relazionale, sia pure usualmente solo in modo implicito , nel modo dell'orizzonte. Date queste premesse, è ovvio che anche il geometra prato-fon datore può dare espressione alla propria costruzione interiore. Tor-
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na però a proporsi la domanda: come può tale costruzione, nella sua " idealità " , diventare oggettiva mediante l'espressione? Certamente, lo psichico comprensibile e condivisibile, in quanto psichico di questo essere umano, è eo ipso oggettivo, esattamente come egli, in quan to essere umano concreto, è esperibile e denominabile da chiunque come una cosa reale nel mondo delle cose in generale. A proposito di questo mondo è possibile intendersi, proporre affermazioni verifica bili e condivise s ulla base di esperienze condivise, e così via. Ma come avviene che la costruzione intrapsichica giunga a un essere propria mente intersoggettivo, come oggettività ideale che, appunto in quan to " geometrica " , è tutto tranne che qualcosa di psichicamente reale, malgrado la sua origine psichica? Riflettiamo. L'esistenza propria ori ginale, nell'att ualità della prima produzione, dunque nella " evidenza " originaria , non risulta i n generale i n alcun risultato permanente che possa avere una esistenza oggettiva. L'evidenza viva passa, perché l'a t tività trascorre immediatamente nella passività della coscienza, sem pre più ten ue, di ciò-che-è-appena-stato. Infine, questa " ritenzione" svanisce , ma questo trascorso e trascorrere " svanito " non è divenuto un nulla per il soggetto in questione : può essere ancora ridestato. Alla passività di ciò che è inizialmente ridestato in modo oscuro e di ciò che, eventualmente, emerge con chiarezza sempre maggiore appar tiene la possibile attività di w1a nuova rammemorazione, nella quale la trascorsa esperienza è vissuta in modo quasi nuovo e attivo . Ora, se ciò che viene rinnovato (rammemorato) è la produzione origina riamente evidente , in quanto puro riempimento della s ua intenzione, allora necessariamente ha luogo una simultanea attività di effettiva produzione , che accompagna il recupero attivo di ciò che è trascor so, e dunque nasce , in un " ricoprimento " originario , l'evidenza dell'i dentità: ciò che ora è realizzato in modo originario coincide con ciò che una volta era stato evidente. Al tempo stesso, è fondata la facoltà di ripetere indefinitamente la costruzione, nell'evidenza dell 'identità (ricoprimento dell'identità) , attraverso la catena delle ripetizioni. Tut tavia, anche così, non abbiamo ancora oltrepassato il soggetto e le sue facoltà soggettive evidenti, dunque non abbiamo ancora dato alcuna " oggettività " . Essa nasce, però - a un [37 1 ] livello preliminare - in modo comprensibile, appena prendiamo in considerazione la funzio ne dell'empatia e della co-umanità in quanto comunità empatica e lin-
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guistica. Nella connessione della reciproca comprensione linguistica, la produzione originaria e i prodotti di un singolo soggetto possono essere attivamente compresi. Come nel caso della rammemorazione, anche in questa piena comprensione di ciò che è stato prodotto da altri ha luogo necessariamente una con-necuzione propria dell'attività resa presente; ma, al tempo stesso, anche la consapevolezza evidente dell'identità della costruzione spirituale nella produzione del riceven te e dell'emittente della comunicazione, e viceversa. Le produzioni possono trasmettersi nella loro identità da persona e persona e, nella concatenazione comprendente di queste ripetizioni, ciò che è eviden te si presenta come il medesimo nella coscienza dell'altro. Nell 'unità della comunità com unicativa di più persone, la formazione ripetuta mente prodotta come la stessa non è più avvertita come la stessa, ma come la formazione comune a tutti. Ora bisogna tenere conto del fatto che l'oggettività della costruzio ne ideale non è ancora del tutto costituita tramite una simile trasmis sione effettiva di ciò che è stato originariamente prodotto in uno a un altro che lo riproduce originariamente. Ciò che manca è l'esistenza permanente degli " oggetti ideali " , anche nei periodi in cui l'inventore e i suoi successori non sono desti in questa connessione, o non sono più in vita . Manca loro un essere che persista anche quando nessuno li ha realizzati nell'evidenza. La funzione essenziale dell'espressione linguistica scritta e docu mentabile è quella di rendere possibile la comunicazione senza re ferenti personali immediati o mediati: si tratta , per così dire, di una com unicazione diven uta virtuale. In questo modo, anche l'essere-co munità dell'umanità è innalzato a un nuovo livello. I segni scritti, con siderati nella loro pura corporeità, sono esperibili in modo semplice mente sensibile, e si trovano costantemente nella possibilità di essere esperibili intersoggettivamente in una com unità. Ma, in quanto segni linguistici, essi risvegliano, così come fanno i suoni linguistici, il loro significato familiare. Questo risveglio è una passività, il significato ri svegliato è dunque dato passivamente, in modo analogo a come qual siasi altra attività che sia sprofondata nell'oscurità, una volta risveglia ta associativamente, emerge all'inizio pa.uivamente, come un ricordo più o meno chiaro . N ella passività qui in questione, come nel caso del ricordo , ciò che è risvegliato passivamente può essere, per così dire,
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ritrasformato3 nella corrispondente attività: è la facoltà di riattivazio ne, originariamente propria di qualsiasi essere umano, in quanto es sere parlante. Così, la registrazione scritta porta a una trasformazione del modo d'essere originario della formazione di senso: nell'ambito geometrico, una modifica dell'evidenza della costruzione geometrica giunta all'espressione. Essa si sedimenta, per così dire. Ma il lettore può renderla [372] di nuovo evidente , può riattivare l'evidenza4 • La comprensione passiva dell'espressione si distingue dunque dall 'atto che la rende evidente riattivandone il suo senso. Esistono però anche possibilità di un modo di attività , di un pensiero di passivi tà accolte in modo meramente ricettivo , un pensiero che ha a che fare soltanto con significati compresi e assunti passivamente, senza alcuna evidenza dell'attività originaria. La passività in generale è il regno dei legami e delle fusioni associative, nel quale tutti i sensi in via di costi tuzione sono composizioni passive. Così, spesso , si costituisce un sen so apparentemente possibile come unitario, vale a dire un senso che può essere reso evidente mediante una possibile riattivazione, mentre il tentativo della riattivazione effettiva può riattivare soltanto i singoli componenti della connessione, laddove l'intenzione di unificarli in un tutto, invece di compiersi , si annienta - nel senso che la validità d'es sere è distrutta nella coscienza originaria della nulli tà. È facile vedere che già nella vita umana, e innanzitutto in ogni vita singola dall'infanzia alla maturità, la vita originariamente intuitiva, che crea le proprie formazioni originariamente evidenti mediante attività basate sull ' esperienza sensibile, si abbandoni molto rapidamente, e in mis ura crescente, alla seduzione della lingua. Si abbandona, per tratti sempre più estesi, a un dire e un leggere dominati esclusivamente dalle associazioni - trovandosi in seguito molto spesso delusa, per quanto riguarda la validità di quanto così acquisito , dall'esperienza successiva. Si dirà ora che, nell'ambito che qui ci interessa, quello della scien za, l'ambito di un pensiero diretto a raggiungere verità ed evitare 3 Si tratta di una trasformazione della quale, in se stessa, si ha coscienza come di una forma ottenuta successivamente (Nachgestaltl. 4 Ma questo non è assolutamente necessario, anzi, di fatto, non rappresenta la nor malità. Il lettore può comunque comprendere, può ass umere " senz'altro " ciò che ha compreso in una co-validità, anche senza una vera e propria attività. In questo caso, egli si comporta in modo puramente passivo-ricettivo.
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falsità, si porrà evidentemente grande attenzione, fin dall'inizio, nel porre un limite al libero gioco delle costruzioni associative. Con l'i nevitabile sedimentazione di prodotti spirituali, sotto forma di acqui sizioni linguistiche permanenti che possono essere subito assunte e riprese da chiunque in modo puramente passivo , queste costruzioni restano un pericolo costante . Il pericolo è evitato non convincendosi semplicemente, a cose fatte, dell'effettiva possibilità di riattivazione, ma assicurandosi fin dall 'inizio , dopo l'istit uzione originaria evidente, la facoltà della sua riattivazione e del suo mantenimento permanente. Questo avviene quando si ha cura di rendere univoca l'espressione linguistica e di garantire - mediante la più scrupolosa coniatura delle parole rilevanti, delle proposizioni e dei complessi di proposizioni considerati - ris ultati esprimibili in modo univoco. Ciò è quanto ogni scienziato dovrebbe fare, non soltanto l'innovatore, ma ogni singolo scienziato, come membro della comunità scientifica, dopo aver pre so in consegna dagli altri ciò che andava preso in consegna . Si trat ta di qualcosa che riguarda la specificità della tradizione scientifica [3 7 3 ] all'interno della corrispondente comunità di scienziati in quan to comunità di conoscenza che vive nell'unità di una responsabilità comune. Secondo l'essenza della scienza, quindi, ai suoi funziona ri pertiene la costante esigenza, o meglio la personale certezza, per cui tutto ciò che è stato da loro portato all 'enunciazione scientifica è detto " una volta per tutte " , è " stabilito " , indefinitamente riprodotto nella sua identità, utilizzabile nell'evidenza per ulteriori fini pratici o teoretici, in quanto sicuramente riattivabile nell'identità del senso che gli è proprio5 • Restano tuttavia ancora due aspetti importanti. Primo: non abbia mo ancora preso in considerazione il fatto che il pensiero scientifico acquisisce nuovi ris ultati sulla base di quelli già acquisiti, che i nuovi serviranno da fondamento per altri ris ultati, e così via , nell'unità di processo riproduttivo di trasmissione del senso. 5 All'inizio, si tratta naturalmente di una salda direzione della volontà, che lo scien ziato fonda in sé per garantire la capacità della riattivazione. Se l'ob iettivo della riatti vabilità può essere realizzato solo relativamente, allora anche la pretesa di un risultato da parte della coscienza ha una sua relatività, che diventa riconoscibile e persiste. In definitiva, la conoscenza oggettiva e assolutamente permanente della verità è un'idea infinita.
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Che ne è della dell'esigenza e della facoltà della riattivabilità nel caso di una scienza come la geometria e del suo prodigioso accresci mento? Se ogni ricercatore lavora alla propria parte dell'edificio, cosa succede nelle interruzioni del lavoro e nelle pause per dormire , che qui non possiamo trascurare? Quando egli torna all'effettiva prose cuzione del lavoro , deve prima ripercorrere l'intera, abnorme catena delle fondazioni fino alla premessa originaria e riattivarla effettivamen te nella sua totalità? Una scienza come la nostra moderna geometria sarebbe ovviamente del tutto impossibile. E tuttavia, nell'essenza dei risultati di ciascuno stadio sta il fatto che il suo senso d'essere ideale non è soltanto un senso di fatto, retrospettivo , ma che, poiché il senso è fondato sul senso, il senso precedente dà qualcosa della propria vali dità a quello successivo, in qualche modo diventa parte di esso. Dun que , nessun elemento della costruzione spirituale è autosufficiente, e ness uno, quindi, può essere immediatamente riattivato . Ciò vale in particolare per quelle scienze che, come la geometria, hanno il proprio dominio tematico in prodotti ideali, in idealità a par tire dalle quali sono prodotte, sempre di nuovo, idealità di livello supe riore. Del tutto diversamente va per le cosiddette scienze descrittive, nelle quali l'interesse teoretico , classificare e descrivere, si mantiene nell'ambito dell'intuizione sensibile, che in questo caso rappresenta l'evidenza. Ciò fa sì che, almeno in generale, ogni nuova proposizione possa essere per se stessa convertita in evidenza. Com 'è invece possibile una scienza come la geometria? Come può la geometria in quanto sistematica struttura stratificata di idealità, struttura che si accresce indefinitamente - conservare la propria originaria condizione di senso in una riattivabilità vivente, se il suo pensiero conoscente [3 7 4 ] deve produrre qualcosa di nuovo senza poter riattivare i precedenti livelli di conoscenza, fino a quello posto più in basso? Se pure questo poteva riuscire in una fase primitiva della geometria, alla fine questa capacità deve essersi esaurita nello sforzo di procurare evidenza , fallendo così nel caso della produttività di livello più alto. Qui dobbiamo prendere in considerazione quella particolare atti vità "logica " connessa specificamente al linguaggio, assieme alle for mazioni conoscitive ideali che sorgono specificamente nel linguaggio. A qualsiasi formazione proposizionale che emerga in una compren-
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sione meramente passiva inerisce per essenza un'attività caratteristica, descrivibile al meglio con la parola " spiegazione " . Una proposizio ne che emerga passivamente (eventualmente nel ricordo) , o che sia passivamente compresa mediante l' udito , è dapprima semplicemente accolta in Lma passiva partecipazione dell'io , assunta come valida e, in questa forma, diventa già una nostra opinione. Da ciò distinguia mo la particolare e importante attività della spiegazione della nostra opinione. Mentre nella prima forma si trattava di un senso assunto in modo indistinto e unitario, immediatamente valido (più concretamen te: un'affermazione immediatamente valida) , adesso questo contenuto vago e indistinto sarà attivamente spiegato . Consideriamo, ad esem pio, il modo in cui comprendiamo quando leggiamo superficialmen te il giornale e semplicemente recepiamo le " notizie " : qui abbiamo un'assunzione passiva della validità d'essere, mediante la quale ciò che abbiamo letto diventa anzitutto una nostra opinione . Altra cosa, come abbiamo detto, è l'intenzione della spiegazione, l'attività che articola ciò che è stato letto (o un'affermazione interes sante in ciò che è stato letto) , traendone uno dopo l'altro gli elementi di senso, liberandoli da quanto è stato recepito in modo vago e passi vamente come unità, e porta in modo nuovo la validità complessiva a un'attiva realizzazione sulla base delle validità individuali. Così, una figura passiva di senso si è trasformata in una produzione attiva e au to-costituita. Tale attività, dunque, è un particolare modo di evidenza; la formazione che ne risulta è nel modo della produzione originaria. Inoltre, in connessione con tale evidenza, si dà una comunitarizzazio ne. Il giudizio esplicitato e reso distinto diviene un'oggettività ideale tramandabile: a questa oggettività esclusivamente si riferisce la logica quando parla di proposizioni o giudizi. In questo modo , si definisce universalmente il dominio della logica e la sfera d'essere alla quale si riferisce la logica in quanto teoria formale della proposizione . Mediante questa attività diventano ora possibili ulteriori attività, costruzioni evidenti di nuovi giudizi sulla base di quelli già validi per noi. Questa è la particolarità del pensiero logico e delle sue evidenze puramente logiche. Tutto ciò resta invariato anche nella trasformazio ne del giudizio in assunzioni, nelle quali noi, piuttosto che giudicare ed esprimerci direttamente, ci immedesimiamo in un giudicare e in un fare affermazioni.
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Qui restiamo alle proposizioni linguistiche giunte a noi e recepite soltanto passivamente. A questo proposito, bisogna anche notare che le proposizioni si offrono esse stesse alla coscienza come trasforma zioni riproduttive di un senso originario, prodotto di un'attività origi naria effettiva [3 7 5 ] , e che , dunque , esse rimandano in se stesse a una tale genesi. Nella sfera dell'evidenza logica, la deduzione, l'inferenza sotto forma di conseguenza , svolge un ruolo costante ed essenziale. D'altra parte, si deve tenere conto anche delle attività costruttive che operano con idealità geometriche che sono state " spiegate " , ma non ricondotte all'evidenza originaria. (L'evidenza originaria non deve es sere confusa con l'evidenza degli " assiomi " , poiché gli assiomi sono già, in linea di principio , il risultato di una formazione di senso origi naria che sempre resta dietro di essi) . Ora, che ne è della possibilità della riattivazione completa e au tentica, fino alla piena originarietà , mediante un ritorno alle evidenze primarie, nel caso delle grandi costruzioni conoscitive della geometria e delle scienze cosiddette " deduttive " - cosiddette malgrado esse non si limitino assolutamente alla deduzione? Qui vale, con evidenza in condizionatamente generale, una legge fondamentale: se le premesse devono essere effettivamente riattivate fino alla più originaria eviden za, lo stesso vale per le loro conseguenze evidenti. Sembra, quindi, che l'autenticità originaria debba propagarsi, a partire dalle evidenze primarie, percorrendo la catena delle inferenze logiche, per quanto lunga sia. Tuttavia , se pensiamo all'ovvia finitezza della capacità indi viduale e comunitaria di trasformare effettivamente la secolare catena logica in catene di evidenze autenticamente originarie nell' unità di una singola esecuzione, notiamo che quella legge nasconde un'ide alizzazione , vale a dire l'eliminazione dei limiti e, in un certo senso, l'infinitizzazione della nostra capacità. Della specifica evidenza di una tale idealizzazione torneremo a occuparci. Queste sono, dunque, le generali intuizioni essenziali che chiari scono l'intero sviluppo metodico delle scienze " deduttive " e, con ciò, il loro modo d'essere essenziale. Queste scienze non sono un lascito già pronto sotto forma di pro posizioni documentate; si offrono piuttosto in una formazione di sen so vivente, produttivamente progressiva, che ha sempre a disposizione ciò che è documentato, come sedimento della precedente produzione,
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in quanto lo amministra logicamente. Ma un'amministrazione logi ca, a partire da proposizioni con significati sedimentati, crea soltanto ulteriori proposizioni della stessa natura. Che ogni nuova acquisizio ne produca un'effettiva verità geometrica , questo è certo a priori, a condizione che le fondamenta dell'edificio deduttivo siano state ef fettivamente prodotte e oggettivate in evidenza originaria, vale a dire siano diventate un prodotto universalmente accessibile . Deve essersi costituita una continuità da persona a persona, da un tempo a un al tro. È chiaro che il metodo della produzione delle idealità originarie a partire dalle datità prescientifiche del mondo della cultura deve essere stato trascritto e fissato in proposizioni stabili prima dell'esistenza del la geometria e che, inoltre , la capacità di portare queste proposizioni da una vaga comprensione linguistica alla chiarezza della riattivazione del loro senso evidente deve essere stata [376] , nel suo modo specifi co, tramandata e costantemente tramandabile. Soltanto finché questa condizione era soddisfatta, o soltanto quan do era garantita la possibilità di soddisfarla comunque nel futuro, la geometria ha potuto preservare il suo autentico senso d'origine, in quanto scienza deduttiva, nel progressivo sviluppo delle costruzioni logiche. In altre parole, solo a queste condizioni ciascun geometra era in grado di giungere all'evidenza mediata di ciò che ogni proposizione porta in sé, non solo come senso proposizionale (logico) sedimentato, ma come proprio senso effettivo, come proprio senso di verità. E così per tutta la geometria . La deduzione procede seguendo l'evidenza logico-formale ; ma senza la facoltà, effettivamente esercitata, di riattivazione delle attività originarie racchiuse nei concetti fondamentali, e quindi anche del che e del come dei suoi materiali prescientifici , la geometria sarebbe una tradizione svuotata di senso, della quale, se noi stessi fossimo privi di tale facoltà, ci sarebbe impossibile sapere se essa abbia e abbia avuto un senso autentico , effettivamente recuperabile. Ma è questa, purtroppo, la nostra situazione, nostra e di tutta l'e poca moderna. Di fatto , il " presupposto" dato qui sopra non si è mai realizza to. In che modo si compia effettivamente la tradizione vivente della formazione di senso dei concetti elementari lo vediamo nell'insegna mento elementare della geometria e nei suoi manuali: ciò che davvero
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impariamo è a muoverei, secondo un metodo rigoroso , tra concetti e figure già pronti. L'illustrazione sensibile dei concetti mediante le figure prende il posto dell 'effettiva produzione delle idealità primarie. Il resto è fatto dal successo - non il successo di una comprensione effettiva, che s uperi l'evidenza propria del metodo logico , ma il s uc cesso pratico della geometria applicata , la sua enorme, anche se non compresa, utilità pratica. A ciò si aggiungono poi, come vedremo, nell'indagine sulla matematica storica, i pericoli di una vita scientifica completamente consegnata alle attività logiche - pericoli che si anni dano in certe progressive modificazioni di senso6, verso le quali porta un simile tipo di scientificità. Esibendo i presupposti essenziali sui quali riposa la possibilità sto rica di una tradizione autenticamente originaria di scienze come la ge ometria, diventa comprensibile come simili scienze possano conosce re un vivo sviluppo attraverso i secoli p ur restando inautentiche. La trasmissione ereditaria dei teoremi, e del metodo per costruire logica mente sempre nuovi teoremi e nuove idealità, può appunto proseguire senza interruzioni nel tempo, anche se non si trasmette la facoltà della riattivazione degli inizi originari, dunque delle fonti del senso per ciò che viene dopo. Ciò che manca è esattamente ciò che ha dato e deve dare a tutti i teoremi e a tutte le teorie [3 77] un senso conforme alla fon te primaria, un senso che bisogna sempre di nuovo rendere evidente. Le proposizioni e le costruzioni proposizionali dotate di unità grammaticale, com unque siano sorte e abbiano acquisito validità fosse anche mediante una semplice associazione - hanno in ogni caso certamente il loro proprio senso logico, vale a dire il senso che deve essere reso evidente mediante una spiegazione e che, dunque, deve es sere sempre di nuovo identificato come la stessa proposizione , sia essa logicamente coerente o contraddittoria , in quest' ultimo caso irrealiz zabile nell' unità di un giudizio att uale. Nelle proposizioni connesse all'interno di un medesimo ambito , e nei sistemi deduttivi che se ne possono ricavare, abbiamo un regno di identità ideali, per le quali si danno possibilità pienamente comprensibili di una trasmissione du revole. Ora, però, si presentano come tradizione delle proposizioni e 6 Modifìcazioni certamente vantaggiose per il metodo logico, le quali allontanano però sempre di più dall'origine e rendono insensibili al problema dell'origine e, dun que, all ' autentico senso d'essere e di verità di tutte le scienze.
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delle formazioni culturali come tali ; esse avanzano la pretesa, per così dire, di essere sedimentazioni di un senso di verità che deve essere reso originariamente evidente, laddove, come per esempio nel caso di falsificazioni nate per associazione, non è assolutamente necessario che un tale senso si dia. Così, anche l'intera scienza deduttiva pre-da ta, il sistema totale delle proposizioni nell'unità della loro validità, è inizialmente una pretesa che può essere legittimata soltanto grazie alla effettiva facoltà della riattivazione come espressione del preteso senso di verità. È a partire da questa circostanza che bisogna comprendere la ragione profonda dell'esigenza, sempre più diffusa nell'era moderna e certamente accolta universalmente, di una cosiddetta "fondazione gno seologica " delle scienze, mentre non si è mai giunti a chiarezza7 a pro posito di ciò che propriamente fa difetto alle tanto ammirate scienze. Per quanto riguarda ora più da vicino la rottura di una tradizio ne originariamente autentica , vale a dire caratterizzata da un inizio effettivamente primo con evidenza originaria, si possono mostrare ragioni possibili e del tutto comprensibili. Nelle prime collaborazio ni orali dei geometri degli inizi non si avvertiva, comprensibilmente, il bisogno di una registrazione esatta delle descrizioni del materiale prescientifìco primario e dei modi in cui a questo materiale si rap portavano le idealità geometriche e, per esse, sorgevano le prime pro posizioni " assiomatiche " . Inoltre , le formazioni logiche superiori non erano ancora così elevate da rendere impossibile ritornare, ogni volta, al senso originario. D'altra parte, la possibilità di un'applicazione pra tica delle leggi derivate, effettivamente ovvia per gli sviluppi originari, portò nella pratica, in modo comprensibilmente rapido, a un metodo riconosciuto per ottenere, se necessario , risultati utili con la matemati ca. Questo metodo poteva naturalmente essere ereditato anche senza la capacità dell'evidenza originaria. Così, la matematica, svuotata del proprio senso, ha potuto svilupparsi in ulteriori costruzioni logiche [378] , così come il metodo delle applicazioni tecniche . L'ecceziona le , vasta utilità pratica diventò in se stessa un motivo principale del progresso e dell'apprezzamento di queste scienze. Si comprende così
7 Cos 'altro fa Hume se non sforzarsi di contro-interrogare le impressioni primarie delle idee costituite e delle idee scientifiche in generrue?
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anche come l'originario senso di verità perduto abbia reso così poco rilevante il bisogno che la corrispondente domanda di ritorno fosse in primo luogo risvegliata e, più ancora, che il s uo vero senso fosse in primo luogo scoperto . I nostri risultati di principio hanno una generalità che si estende a tutte le cosiddette scienze deduttive e, di più, preannunciano proble mi e indagini analoghi per tutte le scienze. Tutte possiedono certo la mobilità di tradizioni sedimentate, sulle quali lavora, sempre di nuo vo , un'attività che le tramanda e produce nuove formazioni di senso. In questa modalità d'essere , esse estendono la loro durata attraverso le epoche, in quanto tutti i nuovi ris ultati si sedimentano ulteriormente e ulteriormente diventano materiale di lavoro. I problemi, le indagini chiarificatrici, le intuizioni di principio hanno ovunque carattere sto rico. Noi siamo nell'orizzonte dell'umanità, quella umanità nella quale noi stessi ora viviamo. Di questo orizzonte abbiamo coscienza viva e continua , specificamente come orizzonte temporale implicito nel no stro attuale orizzonte del presente. Alla singola umanità corrisponde in modo essenziale il singolo mondo culturale in quanto mondo-am biente della vita con il suo modo d'essere, il quale, per ogni umanità e per ogni epoca, è quel particolare modo d'essere e, appunto, tradizio ne. Stiamo quindi nell'orizzonte storico, nel quale tutto è storico, per quanto poco ne sappiamo di determinato . Esso possiede comunque la sua struttura essenziale, rivelabile grazie a un'indagine metodica, mediante la quale sono prescritte le questioni particolari in generale possibili: per le scienze, le Riick/ragen rivolte all'origine che sono loro proprie in base al loro modo d'essere storico. Q ui siamo ricondot ti, per così dire, ai materiali primari delle prime formazioni di senso, alle prime premesse che giacciono nel mondo culturale prescientifico. Questo stesso mondo culturale ha certamente , a sua volta , le proprie questioni d'origine , le quali restano in prima istanza non interrogate. Naturalmente, problemi di questo nostro genere particolare risve gliano immediatamente il problema complessivo della storicità univer sale del modo d'essere correlativo dell'umanità e del mondo culturale, e la struttura a priori che giace in questa storicità. Tuttavia, domande come quelle riguardanti la chiarificazione dell 'origine della geometria possono essere circoscritte , per cui non è necessario indagare al di là di questi materiali prescientifici.
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Aggiungiamo dei chiarimenti integrativi a proposito di due obie zioni strettamente connesse alla nostra situazione filosofico-storica. Innanzitutto: cos'è questa strana ostinazione di voler riportare la domanda sull'origine della geometria a qualche introvabile, e forse ne anche leggendario , Talete? La geometria si dà nei suoi teoremi, nelle sue teorie. Naturalmente, noi dobbiamo e possiamo garantire in evidenza ogni dettaglio di questa costruzione logica. Arriviamo certamente ai pri mi assiomi [3 79] , che rendono possibili i concetti fondamentali e, a par tire da questi assiomi, all'evidenza originaria. Cos'è questa se non w1a " teoria della conoscenza " , in particolare una teoria della conoscenza geometrica? A nessuno verrà in mente di ricondurre il problema della teoria della conoscenza a questo ipotizzato T alete, perché sarebbe in effetti del tutto superfluo. Negli stessi concetti e proposizioni, così come ci si offrono nel presente, sta il loro senso, dapprima come un 'intenzione non evidente, e tuttavia come una proposizione vera, portatrice di una verità intenzionata, ma ancora nascosta, che può essere, ovviamente, portata alla luce rendendo evidenti quegli stessi concetti. La nostra risposta è la seguente: è certo che a nessuno è mai ve nuto in mente un simile retro-riferimento storico; ed è certo che la teoria della conoscenza non è mai stata considerata come un compito propriamente storico. Ma è proprio questo che noi rimproveriamo al passato . Il dogma dominante della separazione di principio tra il chia rimento gnoseologico e la spiegazione storica, o anche la spiegazione psicologica e tipica delle scienze dello spirito, tra origine gnoseologi ca e origine genetica, è radicalmente errato - a meno di non limitare in modo inaccettabile, come avviene , i concetti di " storia " , di " spie gazione storica " e di " genesi " . O, piuttosto, radicalmente errata è la limitazione mediante la quale sono appunto concepiti i problemi più profondi e autentici della storia. Se si riflette sulle nostre considerazio ni (certo ancora rudimentali e che in seguito ci condurranno necessa riamente più in profondità) , esse rendono appunto evidente che il no stro sapere - la forma culturale, presentemente vivente, " geometria " , è una tradizione e al tempo stesso qualcosa che istituisce una tradizione - non è un sapere riguardante una causalità esterna che determinereb be la successione delle configurazioni storiche (una specie di sapere basato sull'induzione, che sarebbe davvero assurdo presupporre qui), ma che comprendere la geometria e un fatto culturale dato in generale
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significa già essere coscienti della sua storicità, sia pure "implicitamen te " . Non si tratta di una vuota espressione, perché è vero in modo del tutto generale per ogni stato di cose dato sotto il titolo di " cultura " , che si tratti della cultura inferiore delle esigenze pratiche o della cultu ra superiore (scienza, Stato, Chiesa, organizzazione economica, ecc . ) , è vero che già nella semplice comprensione di questo stato di cose come fatto dell 'esperienza vi è la " coscienza condivisa" che si tratti di una formazione prodotta da un 'attività formatrice umana. Per quanto nascosto, per quanto solo " implicitamente" co-intenzionato sia questo senso, a esso inerisce la possibilità evidente della esplicazione, della " spiegazione " e del chiarimento. Ogni esplicazione e ogni transizione dallo spiegare al rendere evidente (fosse anche interrotta prematura mente) non sono nient'altro che un disvelamento storico ; la transizio ne stessa è in sé, essenzialmente, un che di storico e, come tale, porta in sé, per necessità essenziale, l'orizzonte della propria storia. Natu ralmente, questo significa anche dire che l'intero presente culturale, compreso come totalità, "implica " l'intero passato cult urale in una generalità indeterminata, ma strutturalmente determinata. In termini più precisi, esso [3 80] implica una continuità di passati che si impli cano reciprocamente, ognuno dei quali è in sé un presente culturale passato. E questa intera continuità è un'unità del costituirsi di una tra dizione fino al presente il presente che è il nostro e che, in quanto a sua volta in un processo vitale permanentemente fluente, è un rendere tradizione. Si tratta, come detto, di una generalità indeterminata , dota ta però in linea di principio di una struttura che , a partire da quanto è stato accennato, può essere esplicitata in modo molto più ampio, una struttura che inoltre fonda, " implica" le possibilità di qualsiasi ricerca e determinazione di stati di cose fattuali -concreti. Portare la geometria all'evidenza, dunque, che ne sia o meno con sapevoli, è lo svelamento della s ua traduzione storica. Solo che questa conoscenza , se non deve restare un discorso vuoto o una generalità indifferenziata, richiede una produzione metodica, condotta come ri cerca a partire dal presente e nel presente , di evidenze differenziate del genere messo precedentemente in risalto (in indagini frammenta rie di ciò che le appartiene superficialmente, per così dire) . Condotte in modo sistematico, esse portano nient'altro e niente di meno che all'a priori universale della storia nei suoi ricchissimi elementi . -
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Possiamo anche affermare, ora, che la storia è fin dall 'inizio nient'altro che il movimento vivente della com unanza e della recipro ca implicazione dell'originaria formazione e sedimentazione di senso. Tutto ciò che viene dimostrato come fatto storico mediante l'espe rienza presente, o dallo storico come fatto del passato, ha necessaria mente una propria .'ì truttura di .'ì en.w interna; ma ciò che viene posto in risalto come com unemente compreso riguardo alle connessioni moti vazionali possiede implicazioni profonde, di una portata sempre più vasta , che devono essere interrogate e disvelate. Ogni storia di fatti resta inintelligibile perché, traendo sempre conclusioni ingenuamente e direttamente dai fatti, non tematizza mai il generale fondamento di senso s ul quale poggiano complessivamente queste conclusioni, né ha mai indagato l'immenso a priori strutturale che gli è proprio. Soltanto il disvelamento di quella generale struttura essenziale8 che giace , in quanto tale, nel nostro presente, e quindi in qualsiasi presente storico passato o futuro, e soltanto il disvelamento complessivo del tempo concreto, storico, nel quale viviamo, nel quale vive la nostra umanità tutta, rispetto alla sua complessiva, generale struttura essenziale - sol tanto questo disvelamento può rendere possibile u n a storia che sia veramente in grado di comprendere, una storia intelligibile e propria mente scientifica. Si tratta dell'a priori storico concreto, che compren de tutto l'essente nel divenire e nell'esser-divenuto storico, o nel suo senso essenziale come tradizione e fattore di tradizione. Quanto detto si riferiva alla forma complessiva " presente storico in genere " , tempo storico in genere. Ma le configurazioni particolari della cultura , alli neate nel loro essere storico unitario [3 8 1 ] come tradizione e vivente tramandarsi, hanno, in questa totalità, solo un essere relativamente autonomo nella tradizionalità , sono soltanto componenti non autono me. Ora, correlativamente, è necessario prendere ancora in conside razione i soggetti della storicità, le persone che creano le formazioni culturali, fungenti nella totalità: l' umanità personale operante9• 8 La struttura superficiale degli uomini esteriormente già costituiti nella struttura so ciale-storica ed essenziale dell' umanità, ma anche quelle più profonde, che disvelano le storicità interne delle persone in questione. 9 Ind ubbiamente, il mondo storico è dato da subito come mondo storico-sociale. Ma è storico soltanto mediante la storicità interna di ogni singolo individ uo , e come indi viduo nella sua interna storicità, assieme a quella degli altri individui nella comunità.
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Per quanto riguarda la geometria , dopo aver chiamato in causa il nascondersi dei concetti fondamentali, divenuti inaccessibili, e dopo averli resi comprensibili come tali nei loro aspetti fondamentali, si ri conosce ora che soltanto l'obiettivo consapevole dell'origine storica della geometria (all'interno del problema complessivo dell'a priori storico in genere) può fornire il metodo di una geometria al tempo stesso autenticamente aderente alle proprie origini e da intendere in termini universali-storici ; e lo stesso vale per tutte le scienze, e per la filosofia. In linea di principio, dunque, una storia della filosofia, una storia delle scienze particolari nello stile dell'ordinaria storia di fatti, non è in grado di rendere nulla del s uo oggetto effettivamente comprensibile. Perché un'a utentica storia della filosofia, un'autentica storia delle scienze particolari non è nient'altro che il ricondurre le formazioni di senso storiche date nel presente, in particolare le loro evidenze - lungo la catena documentata dei rimandi storici - fino alla dimensione nascosta delle evidenze primarie che sono a loro fonda mentd0• Già il problema specifico qui può essere reso comprensibile soltanto mediante il ricorso all'a priori storico in quanto sorgente uni versale di tutti i problemi di comprensione concepibili. Il problema dell'autentica spiegazione storica coincide, nel caso delle scienze, con la fondazione o la chiarificazione " gnoseologica " . Dobbiamo aspettarci ancora una seconda obiezione, molto grave. Dallo storicismo ampiamente dominante, nelle sue diverse forme, posso attendermi scarsa apertura nei confronti di un 'indagine che vada al di là dell'ordinaria storia di fatti, come è l'indagine delineata in questo lavoro, soprattutto perché, come indica chiaramente l' espres sione "a priori " , essa aspira a un'evidenza assolutamente incondizio nata ed effettivamente apodittica , che si estende al di là di qualsiasi fatticità storica. Si obietterà: che ingen uità, voler esporre, e affermare di aver esposto, un a priori storico, una validità assoluta e sovratemRicordiamo quanto è stato detto, in poche argomentazioni iniziali, a proposito dei ricordi e della storicità costante che essi includono. lO Ma ciò che vale come evidenza primaria per le scienze è stabilito da un erudito o da una sfera di eruditi che pongono nuove domande, nuove domande storiche: domande riguardanti la storicità estema nel mondo sociale-storico, e domande riguardanti la dimensione storica interna, profonda.
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porale [3 82 ] , dopo aver ottenuto una testimonianza così ampia della relatività di tutto ciò che è storico , di tutte le appercezioni del mondo di origine storica, fino a quelle delle tribù " primitive " . Ogni popolo , ogni popolazione, ha il proprio mondo, nel quale, per quel popolo , tutto sta bene insieme, in termini mitico-magici o europeo-razionali, e si lascia spiegare perfettamente. Ogni popolo ha la propria " logica " e, quindi, se questa logica è resa esplicita tramite proposizioni, il " pro prio " a priori. Consideriamo, tuttavia, il metodo per stabilire fatti storici in ge nerale, che dunque include anche i fatti chiamati a sostenere l' obie zione ; in particolare, riflettiamo su ciò che essa presuppone. Non c'è già nella scelta del compito di una scienza dello spirito come scienza di " come era realmente" una presupposizione considerata ovvia, un fondamento di validità mai osservato, mai reso tematico, di una evidenza rigorosamente non afferrabile , senza la quale un'indagine storica sarebbe un'impresa priva di senso? Ogni domandare e ogni esposizione storica, in senso usuale, presuppongono la storia come orizzonte universale del domandare, non esplicitamente, ma comun que come un orizzonte di certezza implicita che, nelle vaghe indeter minatezze dello sfondo, rappresenta il presupposto di qualsiasi deter minabilità, vale a dire di qualsiasi intenzione di voler cercare e stabilire dei fatti determinati. Ciò che è storicamente primo in sé è il nostro presente. Sappiamo, già da sempre, del nostro mondo presente e che in esso viviamo , sem pre circondati da un infinito orizzonte aperto di realtà ignote. Un tale sapere, in quanto certezza d'orizzonte, non è qualcosa che abbiamo appreso, non è un sapere che è stato una volta attuale e che è sem plicemente retrocesso sullo sfondo; la certezza d'orizzonte doveva già essere per poter essere dispiegata in modo tematico: è già presuppo sta nell'intenzione di conoscere ciò che ancora non conosciamo. Ogni non-sapere riguarda il mondo sconosciuto, che è comunque dapprima per noi come mondo, come orizzonte di tutte le domande del presente e quindi anche di tutte le domande specificamente storiche. Si tratta delle domande che riguardano gli uomini in quanto coloro che agisco no e creano nella loro coesistenza comunitaria nel mondo e trasforma no continuamente il volto culturale stabile del mondo . Non sappiamo inoltre - abbiamo già parlato di questo - che questo presente storico ha
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dietro di sé i propri passati storici, che è divenuto a partire da essi, che il passato storico è una continuità di passati che provengono uno dall'al tro, e ognuno dei quali, in quanto presente passato , è una tradizione e Lill generatore di tradizione a partire da se stesso ? Non sappiamo che il presente e il tempo storico complessivo in esso implicito è quello di un'umanità storicamente unica e unitaria, unitaria grazie al profondo legame generativo e al costante accom unamento nel coltivare a partire da ciò che è già stato coltivato , sia nel lavoro comune, sia nella reciproca considerazione, ecc.? Non annuncia tutto ciò un "sapere" universale dell'orizzonte, un sapere implicito, che deve essere sistematicamente reso esplicito nella sua struttura essenziale? Non è l'orizzonte il grande problema che abbiamo di fronte, l'orizzonte all'interno del quale tutte le domande acquistano valore e che è dunque [383] presupposto da ogni domanda? Conseguentemente, non è necessario entrare subito in una qualche sorta di discussione critica dei fatti proposti dallo storici smo; è già sufficiente che l'affermazione della loro fattualità presuppon ga l'a priori storico, se tale affermazione deve avere un senso. Eppure , un dubbio rimane. L'interpretazione dell'orizzonte alla quale abbiamo fatto ricorso non deve restare bloccata in una retorica vaga e superficiale, ma deve essa stessa giungere a una tipo di scien tificità. Le proposizioni nelle quali è espressa devono essere stabili e devono sempre, ogni volta, poter essere rese evidenti. Con quale metodo otteniamo un a priori universale, dunque stabile e sempre au tenticamente originario, del mondo storico? Non appena riflettiamo, ci scopriamo nell'evidenza della facoltà di poter riflettere, di rivolgerei all'orizzonte e di penetrarlo per renderlo esplicito. Ma abbiamo an che, e sappiamo di averla, la facoltà di riplasmare in modo completa mente libero, nel pensiero e nella fantasia, la nostra umana esistenza storica e ciò che in essa si rivela come suo mondo della vita . E proprio in questa attività di libera variazione e attraversamento delle possibili tà concepibili per il mondo della vita emerge, con evidenza apodittica, un qualcosa di generale ed essenziale che attraversa tutte le variazioni - come possiamo convincerci, in effetti con certezza apodittica. In questo modo abbiamo rimosso ogni legame con il mondo storico nella sua validità fattuale, e lo abbiamo preso in considerazione come una delle possibilità concettuali. Questa libertà , e questo volgere lo sguar do all'invariante apodittico, rivela sempre di nuovo - nell'evidenza
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di poter ripetere a piacimento la costruzione invariante - ciò che è identico , ciò che p uò essere reso evidente origina/iter, in qualsiasi mo mento , che può essere fissato in un linguaggio univoco, come l'essenza stabile implicita nel flusso dell'orizzonte vivente. Grazie a questo metodo possiamo anche, andando oltre le gene ralità formali precedentemente esposte, rendere tematico quell'ele mento apodittico di cui il primo instauratore della geometria poteva disporre nel mondo prescientifico, l'elemento che deve essergli servito come materiale per le idealizzazioni. La geometria e le scienze a essa più strettamente apparentate han no a che fare con la spazio-temporalità e con le forme , le figure e i loro movimenti, le trasformazioni e le deformazioni in essa possibili, ecc. , segnatamente in quanto grandezze mis urabili. Ora , è chiaro che, anche se conosciamo così poco del mondo-ambiente storico dei primi geometri, è tuttavia certo, come elemento essenziale invariante, che si trattava di un mondo di " cose " (includendo gli uomini stessi come soggetti di questo mondo ) ; che le cose tutte dovevano avere necessa riamente una corporeità, anche se non tutte le cose potevano essere semplici corpi, in quanto gli esseri umani necessariamente co-esistenti non sono pensabili come meri corpi e, così come gli oggetti cultura li che a essi si legano in modo strutturale [384] , non si esauriscono nell'essere corporeo. È anche chiaro , e deve essere garantito, almeno nei suoi nuclei essenziali, mediante un'attenta esplicazione a priori, che questi puri corpi avevano delle forme spazio-temporali e, in rife rimento a queste forme, delle qualità " materiali " (colore, calore, peso , durezza e così via) . È chiaro, inoltre, che , per esigenze pratiche del la vita, si imponevano forme particolari e che una prassi tecnica era sempre già all'opera per produrre particolari forme privilegiate e per migliorarle secondo certe direzioni di gradualità. Le prime a essere selezionate, tra le figure-cose, sono le superfici : superfici più o meno " lisce " , più o meno perfette; gli spigoli, più o meno grezzi o, a loro modo, " regolari " ; in altri termini, linee e angoli più o meno puri, punti più o meno perfetti. Poi, tra le linee, sono privilegiate, per esempio , le rette, e, tra le superfici, le superfici piane, spesso per ragioni pratiche; si preferiscono le tavole limitate da s uper fici piane, rette e punti, mentre le superfici totalmente o parzialmente curve sono poco apprezzate per molti tipi di scopi pratici. Così, la
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produzione di superfici piane e il loro perfezionamento Oevigatura) hanno sempre un ruolo nella prassi . Lo stesso quando si tratta dell'in tenzione di ottenere divisioni eque . In questo caso, la stima ap p rossi mata delle grandezze si trasforma nella mis ura delle grandezze ottenu ta contando le parti uguali. (Anche qui, una forma essenziale diventa riconoscibile mediante un metodo di variazione a partire dalla fattua lità) . La misurazione esiste in ogni cultura, anche se a livelli diversi, da quello primitivo alla più elevata perfezione. Una qualche tecnica di misura, più o meno avanzata , in quanto essenzialmente possibile e, qui, come fatto storico, garantisce il perfezionamento della cultura; dovremmo quindi sempre presupporre anche l'arte della progettazio ne degli edifici, la misurazione dei campi, dei sentieri, ecc. ; una tale tecnica si presenta sempre come già disponibile, già abbondantemen te sviluppata, al filosofo che non conosceva ancora la geometria, ma che deve essere pensabile come il suo inventore. In quanto filosofo che passa dalla finitezza del mondo-ambiente pratico (le stanze, la cit tà , il paesaggio , ecc ., e, per il tempo , i processi periodici: giorno, mese, ecc. ) alla visione teoretica e alla conoscenza del mondo, egli ha gli spazi e i tempi conosciuti o sconosciuti in modo finito come finitezze nell'orizzonte di un'infinità aperta. Ma con ciò egli non ha ancora lo spazio geometrico, il tempo matematico e tutto ciò che deve diventare un prodotto spirituale di nuovo genere a partire dal materiale rappre sentato da quelle finitezze; né, con le sue molteplici forme finite nella loro spazio-temporalità, egli ha ancora a disposizione le forme geome triche , foronomiche: quelle forme si sono costit uite nella prassi e sono pensate per essere perfezionate , dunque costituiscono soltanto la base per una prassi di nuovo genere, dalla quale deriveranno formazioni di nuovo genere, sia pure con nomi analoghi. In primo luogo, è evidente che questo nuovo tipo di formazione sarà un prodotto derivante da un fare spirituale e idealizzante , da un pensare [3 85] " puro " , che ha il proprio materiale nelle già citate pre-datità generali di questa umanità fattuale e di questo mondo-am biente umano , e che da questo materiale crea " oggettività ideali " . Il problema sarebbe ora quello di scoprire, mediante il ricorso a ciò
che è e.uenziale nella storia, il senso storico originario che necessaria mente era in grado di dare, e doveva dare, all'intero divenire della geo metria il .1uo permanente senso di verità.
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A questo punto , è di particolare importanza acquisire e rendere stabile quanto segue: soltanto nella misura in cui il contenuto apodit ticamente generale, invariante in tutte le variazioni concepibili, del la sfera spazio-temporale delle forme viene preso in considerazione nell'idealizzazione, può sorgere una costruzione ideale che possa es sere compresa nelle epoche e dalle generazioni a venire, e così essere trasmissibile e riproducibile con il suo identico senso intersoggettivo. Questa condizione vale ben al di là della geometria, per ogni costru zione spirituale che debba essere trasmissibile in una generalità incon dizionata. Se l'attività concettuale di uno scienziato facesse entrare nel pensiero qualcosa di "vincolato all'epoca " , vale a dire vincolato alla p ura fattualità del suo presente, oppure qualcosa che abbia valore per lui come tradizione p uramente fattuale, allora anche la s ua costruzio ne avrebbe un senso d'essere meramente vincolato all'epoca; tale sen so sarebbe comprensibile soltanto per quegli uomini che condividono gli stessi presupposti puramente fattuali della comprensione. È convinzione comune che la geometria, con tutte le sue verità, sia incondizionatamente e universalmente valida per tutti gli uomini, in tutte le epoche, per tutti i popoli, non soltanto per quelli che esistono di fatto nella storia, ma anche per tutti quelli concepibili. I presup posti di principio di questa convinzione non sono mai stati presi in esame, perché non sono mai stati seriamente problematizzati. Ma noi abbiamo chiarito che per stabilire un fatto storico che aspiri a una og gettività incondizionata bisogna presupporre appunto questo a priori invariante o assoluto. Solo il disvelamento di tale a priori rende possibile una scienza a priori che vada al di là di qualsiasi fattualità storica , di qualsiasi mon do-ambiente, popolo, epoca, un1anità ; solo così p uò costituirsi una scienza come " aeterna veritas" . Solo su questo fondamento si basa la possibilità garantita di contro-interrogare le evidenze primarie a par tire da un'evidenza temporaneamente vuota di una scienza. Non ci troviamo qui di fronte al grande e profondo problema-o rizzonte della ragione, di quella ragione che funziona in ogni uomo, l"'animal rationale " , non importa quanto primitivo? Non è questo il luogo per addentrarsi in tali profondità. A partire da tutto ciò , bisogna comunque riconoscere che uno storicismo che intenda chiarire l'essenza storica , o gnoseologica , del-
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la matematica a partire dalle condizioni magiche o altre modalità di [3 86] appercezione di un' umanità temporalmente vincolata, è del tut to errato per ragioni di principio . Forse, per degli animi romantici, il mitico-magico può essere particolarmente attraente nella storia e nella preistoria della matematica ; ma abbandonarsi a questo aspetto storico meramente fatt uale della matematica significa app unto per dersi in una romanticheria e mancare il problema autentico, il pro blema intrinsecamente storico, il problema gnoseologico . Ovviamen te, in questo modo sarebbe impossibile liberare lo sguardo in modo da riconoscere che le fattualità di ogni tipo, incluse quelle coinvolte nell'obiezione, sono radicate nella struttura essenziale di ciò che è ge neralmente umano, nel quale si annuncia una ragione teleologica che percorre tutta la storicità. Con ciò, si rivela una particolare problema tica riguardante la totalità della storia e il senso complessivo che, in definitiva, le conferisce unità. Se l'ordinaria storia di fatti in generale, e in particolare la sto rio grafia che, negli ultimi tempi, tende decisamente a un'effettiva esten sione universale all'intera umanità, ha un senso, tale senso p uò basarsi soltanto su ciò che qui possiamo chiamare storia interna , e quindi sul fondamento dell 'a priori storico universale. Ciò ci spinge necessaria mente più avanti, verso il già citato e altissimo problema di una teleo logia universale della ragione. Se, dopo questi sviluppi, che hanno messo in luce problemi-oriz zonte molto generali e complessi, poniamo come del tutto certo il fatto che il mondo-ambiente umano è essenzialmente lo stesso oggi e sempre, e dunque anche rispetto a ciò che è in questione nella fon dazione originaria e nella tradizione permanente, allora possiamo mo strare, nel nostro proprio mondo-ambiente, in qualche passaggio, sia pure solo a titolo esemplificativo, ciò che andrebbe considerato più dettagliatamente a proposito del problema della fondazione primaria idealizzante della formazione di senso "Geometria " .
Indice
C ' era una volta Talete. Origine della geometria e genealogia della Krisis
di Niccolò Argentieri
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Nota alla traduzione
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TESTI
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Chiarimento circa l'origine della contrapposizione moderna tra oggettivismo fìsicalistico e soggettivismo trascendentale
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§ 8 . L'origine dell'idea moderna dell'universalità della scienza nella trasformazione della matematica § 9 . La matematizzazione della natura operata da Galileo . Galileo e la matematizzazione della natura § 9a. La " geometria pura " Appendice III (al paragrafo 9a) : L'origine della geometria
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