Lilith la Luna Nera

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«PSI C HE E

Collana di testi

e

C OS C IENZA»

documenti per lo studio della psicologia del profondo

LILITH LA LUNA NERA

di ROBERTO S!CUTERI

©

1980, Casa Editrice Astrolabio- Ubaldini Editore,. Roma.

«PSICHE COLLANA

DI

TESTI

DELLA

E E

COSCIENZA»

DOCUMENTI

PSICOLOGIA

DEL

PER

LO

STUDIO

PROFONDO

Roberto Sicuteri

LILITH LA LUNA NERA

ROMA

ASTROLABIO MCMLXXX

Al Lettore

In questo libro è raccontata la storia di Lilith, la prima biblica com­ pagna di Adamo, le cui tracce la coscienza collettiva ha smarrito distrat­ tamente nel tempo incommensurabile in cui si rappresenta la storia del­ l 'uomo . È la storia di un incubo, di un sogno, oppure è una delle più inquie­ tanti immagini scaturite dall'archetipo della Grande Madre. L'uomo di tutti i tempi interroga la Luna e persino è riuscito a toccarla con mano ; eppure, non svela a se stesso l'inconscio mistero racchiuso in figurazioni e miti che in certe epoche lo richiamano - dall'interno - con il loro fascino e un oscuro messaggio che parla sicuramente dell'anima e della carne, dell'amore e della morte . Poiché parla della donna. Lilith , la Luna Nera , è il cielo vuoto e tenebroso in cui si proiettano domande e possibili risposte di un dialogo che nulla vuole avere di razio­ nale e tanto meno di sistematico-clinico : il dialogo che l'uomo intreccia con la propria anima vissuta nella sua totalità o nella dolorosa scissione . Una fantasia, un lavoro di fervida immaginazione, che l'autore pre­ senta senza minimamente proporre moduli di lettura. Può capitare che una lunga analisi junghiana insegni, con sorprendente semplicità, a tra­ sformare una nevrosi tutta vissuta nelle dimensioni sulfuree della clas­ sificazione nosografica, in una 'malattia creativa' dove l'immaginazione si riprende il proprio spazio e instaura la sua festa. Così , una riflessione sul ' femminile' , sull'istintuale, sulle rimozioni e la scissione dell'archetipo dell'anima , può esser fatta per quella via che certamente non era prevedibile ed è ben lontana da quell'ars medica che vuole rinchiudere nuovamente l'immaginale in quella dimensione posi­ tivistica-razionale , angusta, da cui tanto è costato, in positivo, dover uscire . II testo ha solo la pretesa di narrare, di restituire immagini, di solle­ citare emozioni. Vuole testimoniare un viaggio fatto nell'inconscio per­ sonale e collettivo attraverso varie epoche. Nessuna risposta e nessun bisogno di verifiche. Evocata, Lilith è qui, nella sua realtà di Ombra . E interroga ciascuno di noi. R. S.

LILITH

Il mito di Lilith e le sue fonti ''Dall'inizio della sua creazione non è stato che un sogno". R. SIMON BEN LAQISH

1 Adamo, l'androgino

"La mancata soddisfazione fa sì che gli oggetti d'amore siano ai nostri oc­ chi come avvolti in un magico velo, ed abbiano quell'apparenza di pericolosità che costituisce il loro fascino". TH. REIK

Nel mattino del mondo Jahvé Dio pensò a creare l'uomo affinché potesse diventare la corona della Creazione. E Dio disse : " Facciamo l'uomo , che sia la nostra immagine, secondo la nostra somiglianza". Cosi, Egli stese la sua mano sulla superficie della Terra , forse là dove era il monte Moriah e, presa della polvere fine, l 'aveva mescolata ad altra terra delle quattro parti del mondo e irrorata con acqua d'ogni fiume e ogni mare esistente. Un impasto di epher, dam, marah ( polvere sangue e fiele ) che dette vita a Adamo, il primo uomo vivente. Jahvé Dio pose Adamo nel giardino dell'Eden affinché gli facesse onore . Qual era la natura del primo uomo ? Conobbe egli l'asprezza della solitudine e della propria singolarità ? Forse egli vedeva tanti animali fra loro simili - cavalli, capre , uccelli , rettili e pesci - e si stupiva di vedersi solo . Noi pensiamo alla prima struttura affettiva e sessuale di Adamo in termini antropologici, ma c 'è un mistero ancor più oscuro che dobbiamo affrontare, quando si parla della prima compagna dell 'uomo , la sua prima sposa. È la mitologia biblica che ci aiuta a immaginare Adamo - in senso psichico - un vero e proprio androgynos , cioè maschio e femmina. Nella Genesi I, 27 è detto : "Dio creò l'uomo a sua immagine , a immagine di Dio lo creò ; maschio e femmina li creò". È il passo più denso di mistero che introduce il concetto dell 'androginia nell'individuo secondo il supremo principio dell 'armonia totale dell'Uno che è fatto di Due ; ma anche concetto che consente di perpetuare sulla terra - me­ diante la moltiplicazione della specie nell 'unione del maschio con la femmina - l'immagine di Dio , in quanto l'uomo gli è somigliante . Adamo recava in sé, fusi, il print:ipio maschile e il principio femminile

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I l mito d i Lilith

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le

sue

fonti

e tali principi furono separati soltanto successivamente . È già implicita la risposta : Adamo ebbe due nature femminili, due compagne . Ma pro­ cediamo con ordine nell 'analizzare il mito della prima sposa dell'uomo . Molte sono le fonti che permettono di vedere , nelle apparenti contrad­ dizioni dei vari capitoli della Genesi , una creazione della donna che ri­ spondeva prima a motivazioni teologiche e dopo a giustificazioni antro­ pologiche . Adamo era in sé androgino . Nel Libro dello Splendore - lo Sepher Ha-Zohar - è citato questo passo : "Rabbi Abba disse : ' Il primo uomo era maschio e femmina insie­ me poiché la scrittura dice : - E Elohim disse : facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza (Gen. I, 2 6 ) . È precisamente per­ ché l'uomo rassomigliasse a Dio che fu creato maschio e femmina ' msteme . . . ,l. •

o

L'enigma sta nel versetto citato della Genesi ove è detto " . . . lo creo e subito dopo è detto invece "li creò". Adamo sarebbe stato dunque, per la Genesi I, 26-27, due in uno , l 'uomo e la donna . Ancora Rabbi Simeo­ ne nello Zohar parla così : " Sta scritto : - Li creò maschio e femmina - ( Gen. v , 2 ) . Questi due versetti dell 'inizio del quinto capitolo della Genesi rac­ chiudono dei grandi misteri . Nelle parole ' Li creò maschio e fem­ mina' è espresso il mistero supremo, che costituisce la gloria di Dio, che è inaccessibile all'intelligenza umana e che costituisce oggetto di Fede . È per questo mistero che l'Uomo è stato creato . Ricordate che l 'uomo è stato creato per il medesimo mistero col quale sono stati creati il cielo e la terra , poiché - per la creazione del cielo e della terra - la Scrittura si serve del termine 'ecco la Genesi del cielo e della terra ' , e per la creazione dell'uomo essa usa il termine simile : ' ecco il libro della Genesi dell'Uomo' ". Il Rabbi Simeone ben Jochai prosegue così il suo dire sempre sullo stesso tema : " . . . Inoltre , per la creazione del cielo e della terra , la scrittura si serve del termine 'behibaream ' ( = quando furono creati ) , e per la creazione dell'uomo la Scrittura si serve del termine analogo 'beyom hibaream' ( = nel giorno che essi furono creati ) . La Scrit­ tura dice : li creò maschio e femmina. Noi ne deduciamo che ogni figura, che non presenti in sé il maschio e la femmina, non rasso-

Adamo, l'androgino

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miglia alla figura celeste . Questo mistero è già stato spiegato . Ri­ cordato che il Santo . .. non elegge domicilio là dove il maschio e la femmina non sono uniti . Egli riempie delle sue benedizioni solo il luogo ove il maschio e la femmina sono uniti . È per questo che la Scrittura dice 'li benedisse e diede loro il nome di Adamo ' . " Quindi la Seri ttura non dice : lo benedì e gli diede i l nome di Adamo , poiché Dio non benedice che quando il maschio e la fem­ mina sono uniti. Il maschio e la femmina sono uniti . Il maschio solo non merita neanche il nome d'uomo , fintanto che non è unito alla femmina ; è per questo che la Scri ttura dice : 'E diede loro il nome di uomo ' " ( I , 55 b ) .2 È evidente qui l'accenno alla immagine delle nozze mistiche , la vera e profonda alchimia dei contrari , la coincidentia oppositorum dei principi antagonisti e complementari di Sol et Luna, che C. G. Jung ha analizzato nel commento al Rosarium Philosophorum. Nello Zohar, ancora Rabbi Abba ripete che , al momento della crea­ zione , Dio fece l'uomo a immagine del mondo dell'alto e di quello del basso ; egli era la sintesi del tutto, l'immagine del tutto ; in lui erano tutte le Sephiroth, cioè tutte le modalità cifrate delle manifestazioni di Dio nell'umano . La luce di Adamo si spandeva in ogni luogo della terra e aveva i due gradi composti di maschio e femmina. Per questo Adamo aveva due volti . Nella tradizione talmudica , nella Téìràh e nei Midrash, si trovano i più estesi commenti alla Genesi . Nel Midrash aramaico del Bere8it-Rab­ ba ( rabbi Oshajjah ) abbiamo trovato altre indicazioni, che non dovrebbe­ ro essere dimenticate da quegli studiosi, specie gli psicoanalisti (si pensi alla tesi di T. Reik, di cui parleremo pitl avanti ) , che troppo superficial­ mente superano la ipotesi più che seria di una forma androgina dell 'Ada­ mo biblico . Ebbene, il Bere81t-Rabba commenta, a proposito del versetto della Genesi I, 26, in modo che non lascia dubbi. Citiamo integralmente : " I . E Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglian­ za. ( Gen. I , 2 6 ) . R. Johanan esordì : Da tergo e di fronte tu mi stringi (Sl . , 139, 5). Disse R. Johanan : Se l 'uomo merita, gode di

due mondi. " . . . Disse R . Jirmejah b. Eleazar : Quando il Santo, Egli sia bene­ detto, creò l 'uomo , lo creò ermafrodita , come è detto : Maschio e femmina li creò e chiamò il loro nome " Adamo " . " Disse R . Shemuel b . Nahman : Quando il Santo , Egli sia bene­ detto creò l 'uomo , lo creò bifronte, lo segò e ne risultarono due schiene, una di qua e una di là " .3

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Il mito

di Litit h e le

sue

fonti

In un passo ulteriore dello stesso capitolo è commentato così : " 1 1 . Maschio e femmina li creò ( Gen. 1, 27 ). Questa è una delle cose che hanno cambiato per il re Tolomeo . Il maschio e i suoi orifizi creò " 4 .

Nella nota al testo è spiegato che il termine 'orifizi' è scritto in ebraico con le medesime lettere del termine 'femmina'. Non insistiamo nelle citazioni rabbiniche e passiamo a considerare che anche in Platone, nel Convivio ( 189 d a 1 90 d ) , è riferito chiaramente il mito del primitivo uomo ermafrodita. Per noi è interessante questa supposizione, perché nel nostro studio vogliamo vedere come si è scisso il femminile dal maschile . Fonti più vicine a noi , offrono uno studio dove si attribuiscono anche ai Babilonesi opinioni relative all'androginia del primo uomo .5 Filone d 'Alessandria ebbe analoga intuizione di un Adamo bifronte o ermafroditico con una struttura che richiama i " fratelli siamesi " . Anche Benz segue il mito dell 'androgino dagli gnostici sino ai mistici moderni . 6 Theodor Reik, nella sua Psicoanalisi della Bibbia cita altri autori che hanno seguito questa ipotesi : Abravanel Judah del 1 52 5 , poi il Miste­ rium Magnum di Jacob Bohme ( 1 630 ) , lo stesso Swedenborg, il russo Berdjaiev e il filosofo spagnolo Leone Ebreo nella sua opera Dialoghi d'Amore. Questa androginia di Adamo è il simbolico sembiante di Dio , ma l 'ermafroditismo, per quanto concerne l'organizzazione sessuale e af­ fettiva di Adamo , fa pensare ad una completa armonia dell'essere? Non c'era ancora nessuna possibile negazione? È oscura la cosa . Qui, dav­ verso, non si concilia il significato teologico rabbinico dell'androgino co­ me somiglianza della totalità del divino, con il fatto che il primo Adamo aveva, evidentemente, una sessualità del tutto indifferenziata. Proprio nella Genesi biblica si mette in evidenza un comportamento sessuale che parte da una perversione . Questo Adamo aveva i capelli simili a quelli di una donna, con folti ricci : uno splendido eroe simile a Enkidu , l'epico uomo del Poema di Gilgamesh . Com'era questo Adamo? Il Commento alla Genesi del Berdlt Rabbà risponde : " 1 1 . Maschio e femmina li creò . . . Gli diede quattro qualità dei celesti e quattro degli inferiori : mangia e beve come la bestia, espelle escrementi come la bestia , e muore come la bestia ; dei ce­ lesti ha una posizione eretta come gli angeli del servizio divino, parla come gli angeli del servizio divino, e vede come gli angeli del servizio divino . E la bestia non vede ? Ma egli vede anche di fianco . . . " 7 .

AdtU?IO, l'androgino

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Ancora una conferma della singolarità corporea Ji Adamo : " Disse R. Ahà : Io sono il Signore (ls. 42 , 8 ) e questo è il mio Nome con il quale mi chiamo Adamo . Tornò a fargli passare da­ vanti gli animali a coppie . Disse Adamo : Ciascuno ha il suo com­ pagno, ma io non ho compagni " . 8 Ma ecco la più interessante indicazione di una natura semi-animale del primo Adamo . La Genesi non è esplicita su questo particolare, ma la sa­ pienza rabbinica pone un problema evolutivo ben chiaro . A noi questo serve per dimostrare l'originaria armonia psicosessuale dell'uomo, in quanto Adamo esprimeva certamente una sessualità allo stato primario , accoppiandosi con gli animali che incontrava. Non è possibile che si tratti soltanto di fantasie inconsce rimosse germogliate dal folclore ebraico, perché le tracce di questi vissuti sessuali bestiali dei primi uo­ mini ci sono . Lo stesso Enkidu viveva con le gazzelle e si accoppiava con altri animali feroci presso le rive dei fiumi . Ed è possibile - come ha sostenuto Morris Jastrow - che in Enkidu fosse proiettata, dai Ba­ bilonesi, l'immagine del primo Adamo . Enkidu era certo irsuto , di proporzioni e forza eccezionali , e viveva con gli animali, ... mangiando le erbe con le gazzelle bevendo nei rigagnoli come i buoi giocando con le creature delle acque, e quando Enkidu incontra la compagna, la sua Eva, giace con lei per sette giorni e sette notti : . . . dopo che si fu saziato del suo fascino rivolse lo sguardo agli animali. Le gazzelle che riposavano videro Enkidu le bestie del campo si allontanarono da lui. Enkidu si abbatté, si sentì venir meno e le sue membra si irrigidirono non appena gli animali se ne andarono .9 È chiaro che l'Adamo-Enkidu - e ci pare giusta l'osservazione del Reik - si distaccò dalle pratiche sessuali indifferenziate quando riusd a riconoscere la donna. Del resto l'Adamo biblico chiede una compagna proprio perché insoddisfatto . La Genesi dice : " Non è bene che l 'uomo sia solo " (Gen. n, 1 8 ) . Per-

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Il mito di Ulith

e le sue

fonti

ciO questo stato di Adamo appare successivamente alla prima versione " E li creò maschio e femmina " (Gen. r, 27 ) . In questa fase , cioè quando proclama la sua solitudine , Adamo è ancora androgino forse in senso psichico, ma ignora l'alterità sessuale; è ancora animale . Nel Berdit-Rab­ ba, come abbiamo detto, c'è la rivelazione di questa natura animale . Riportiamo dal testo critico : " 10 . E l'uomo divenne un essere vivente. R. Jehudah disse : Ci insegna che gli fece la coda come un animale , poi gliela levò per il suo decoro . . . " .10 È senz 'altro certo che la narrazione rabbinica compie una traslazione quando dice che Adamo " lascerà il padre e la madre " per unirsi alla moglie. Qui è velato il distacco dall 'inferiorità animale per orientarsi su una compagna più degna di lui . Jahvé Dio non aveva dunque ancora trovato per Adamo " Un aiuto che fosse simile a lui " ( Gen. I I , 22 ). Come spiegarci altrimenti l'abitu­ dine dei primitivi a figurare dèi ed eroi con criteri teriomorfi o parti mostruose, ibride , se non con la ovvia dimestichezza naturale che il primo uomo aveva con la sessualità animale ? Sappiamo che i mandriani delle sperdute, desertiche terre del medio Oriente avevan sicuramente la pratica di unirsi agli animali per scaricare l'impeto arcaico del loro istinto sessuale . E la riprova di queste pratiche ci viene dalle ripetute prescrizioni repressive della Scrittura cabalistica e talmudica. Nel Deuteronomio, xxvii, 2 1 i Leviti, fra le altre, scaglia­ no anche questa maledizione : " Maledetto colui che giace con una qualsiasi bestia " . Nel cap . xv del Commento del Beresit Rabba, ancora , ci sono altre indi­ cazioni che non fanno dubitare in un equivoco semantico , dove " anima­ le " può essere inteso anche " vivente " , perché qui si parla di uomo e di animale : " Guarda come sta scritto :

Se una donna si accosta a un animale per accoppiarsi con esso, ucciderai la donna e l'animale (Lev. x x , 1 6 ) . Se l'uomo ha peccato,

quale peccato ha commesso l'animale ? Ciò è perché l'animale non passi per la strada e non dicano : Questo è l 'animale per causa del quale è stato lapidato I 'uomo ... " .11

Nel senso cronologico evolutivo è dunque possibile trarre la conclusio-

Adamo, l'androgino

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ne che dalla Genesi I, 1 -28 ci appare un Adamo androgino, composto in sé dei principi maschile e femminile , mentre nello spazio fra la Genesi 1 e la II, si può arguire che Adamo esprimesse la sessualità accoppiandosi con gli animali . È soltanto nella Genesi II che il primo uomo compare dotato di anima e capace di conoscere il bisogno della donna. Ricapito­ lando le varie fasi dposte nella Genesi nell'ordine cronologico : l - Genesi I, 26 : " Dio disse: facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza . . . " . 2 Genesi I, 27 : " Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò " . 3 Genesi I, 28 : " Dio li benedisse e Dio disse loro: crescete e moltiplicatevi " . -

-

Ecco dunque che in queste tre fasi noi vediamo apparire l 'uomo come soggetto composto di due parti . Il pronome che cambia dal singolare al plurale è rivelatore del concetto di ermafroditismo o androginia, oppure si deve senz'altro pensare che si trattava né più né meno della vera coppia distinta di Adamo e la " prima compagna . . . ", cioè Lilith . Tornere­ mo su questo più avanti . Vediamo ora le altre fasi dove la creazione di Adamo appare isolata, cioè senza caratteri femminili , e poi segue la creazione di Eva come la " seconda compagna " : l - Genesi II, 7-8 : " Allora Jahvé Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo, e soffiò nelle sue nari un alito di vita, cosl l 'uomo divenne un essere vivente . . . " . 2 Genesi n , 18 : " Poi Jahvé Dio disse : Non è bene che l 'uomo sia solo : gli voglio fare un aiuto a lui corrispondente " . 3 Genesi II, 20 : " . . . Così l 'uomo impose nomi a tutto i l be­ stiame, a tutti i volatili del cielo e a tutte le bestie selvatiche. Ma per l'uomo non trovò un aiuto che fosse simile a lui " . -

-

I n questo passo biblico è riconfermato che Adamo era solo e aveva no­ minato gli animali, cioè li aveva conosciuti nell'accoppiamento. Soltanto in tal modo aveva compreso la necessità della differenziazione. Il testo reca evidenti le oscure tracce di una rimozione della bestialità adamitica. È a questo punto esatto del mito che Adamo abbandona il carattere di identificazione col divino espresso dallà androginia e supera la sessualità animale come essere vivente . È il momento in cui viene richiesta a Dio la compagna femmina . Ma - si chiesero gli esegeti della Bibbia - perché Dio non dette su-

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Il

mito di Lilith e le sue fonti

bito una donna a Adamo, anziché decidersi dopo avergli fatto 'conoscere ' tutti gli animali, quasi che in questa enigmatica parata, dove la nomina­ zione implica il desiderio, Adamo potesse riconoscere una possibile com­ pagna? La risposta che ci offre il Rabbi Ahà nel Berdìt Rabbà, è in­ dicativa : " E per l'uomo non trovò un aiuto simile a lui. E perché non l 'ave­ va creato prima ? Il Santo, che egli sia benedetto, vide che Adamo si sarebbe lamentato di lei, perciò non la creò finché lui non la ebbe richiesta ; dal momento che la ebbe richiesta, subito: Fece cadere il Signore Dio un sonno profondo su Adamo, ecc . " 12 .

. .

e nacque la donna , per desiderio di Adamo, che aveva scoperto la pro­ pria solitudine, ma anche la propria anima.

2 Il mito di Lilith nelle versioni bibliche

Il mito di Lilith appartiene alla grande tradizione delle testimonianze orali che sono raccolte negli scritti della sapienza rabbinica definita la versione j ahvistica, che si affianca, precedendola di qualche secolo, alla versione biblica dei sacerdoti. Sappiamo che tali versioni della Genesi - e particolarmente il mito della nascita della donna - sono ricche di contraddizioni ed enigmi che si elidono . Noi riteniamo che la leggenda di Lilith, prima compagna di Adamo, sia andata perduta o rimossa du­ rante l 'epoca di trapasso dalla versione jahvistica a quella sacerdotale che ha poi subìto le modificazioni dei Padri della Chiesa . Nello Zohar, negli scritti sumerici e accadici, nelle testimonianze orali dei rabbini sulla Genesi , troviamo tesori preziosi e suggestioni di straor­ dinaria potenza per stimolare il nostro mondo immaginale . Chi apre per la prima volta il Libro dello Splendore, o quel grandioso affresco che è il Beresìt Rabba, si sente improvvisamente dominato da una violenta emozione e pervaso da inquietudine fascinosa : è come trovarsi davanti al testimone ignoto della verità e della sapienza , a quel colui che sa in­ teriore a ciascuno di noi , giacente nell'inconscio,. che si risveglia e ci parla attraverso il linguaggio arcaico e potente scandito nella parola ebraica. Questi grandi testimoni depositari della Torah ( l 'Insegnamento) e dei Midrash ( la Ricerca ) contenuti nella Misnach ( raccolta di Codici ) , sono certamente i Rabbi illuminati dal carisma e dalla fede, ma anche i testimoni di leggende, miti, saghe, allegorie e usanze folcloristiche po­ polari che essi usavano come vivente riflessione sull'analogia, per stabi­ lire la verità ermeneutica sulle origini del mondo e dell'Uomo. Noi sentiamo di poter dire, oggi , che la sapienza dei jahvisti e la lettura dei testi più lontani ci suscita maggiori energie e dispone alla riattivazione di archetipi e miti dell'inconscio collettivo, che non la testimonianza sa­ cerdotale. La Torah assiro-babilonese ed ebraica ci permette un più libero gioco nella interpretazione latente, ci restituisce mondi immaginali che più facilmente si sottraggono alla diffidenza dettata dallo scetticismo razio-

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fonti

naie prodotto dalla sapienza cristiana e cattolica in particolare. A noi non interessa qui, per esempio, tentare la soluzione o la sistemazione della secolare controversia fra le due versioni o criticare lo scempio e le alte­ razioni compiute sulle Sacre Scritture dai cristiani; ci guida un interesse non teologico, bensl solo psicologico per la riscoperta della leggenda di Lilith per aggregarla, come energia psichica formante il mito e l'archeti­ po, al nucleo concernente la storia del rapporto fra Anima e Animus e cogliere le origini endopsichiche della scissione fra 'istintuale' e 'pen­ siero' per chiarire, finalmente, il grande equivoco del primato maschile sulla donna sentita come inferiore. Tutta la storia psicologica del rap­ porto uomo-donna, come dice James Hillmann, è come una serie di note a piè di pagina alla storia di Adamo ed Eva.B Nulla si può dimostrare razionalmente: la verità sulla tradizione primitiva e arcaica germogliata nel mattino del mondo, non può trovarsi nei punti di vista divergenti delle due scuole o degli schieramenti; la verità è, per noi, al di là di essi, molto al di là, e su un piano del tutto diverso. "Dall'inizio della sua crea­ zione, non è stato che un sogno", disse una volta Rabbi Simon ben La­ qish: e il sogno, per l'uomo, è la possente voce del suo spirito e del suo profondo interiore. Nel sogno non c'è spazio per la verità o non verità, per la logica o la fantasia. Nel sogno c'è l'uomo tutto intero, con tutto quel che egli sa consciamente e con tutto quello che egli non sa e forse può non sapere mai. Se la creazione e l'uomo stesso non sono altro, da sempre, che un sogno, allora sono la verità, la sua indistruttibile verità. E tutto esiste, come esiste l'uomo. Perché esiste l'uomo che sogna. Ecco dunque perché i testi ebraici, sumeri e accadici hanno una chiave e un deterrente che privilegiamo: in essi c'è più sogno, c'è il raccon­ tare, c'è il vissuto, c'è l'immaginato. Tutto, qui, viene dalla bocca del rabbi o dai sogni dei discepoli ancor prima che dal pensiero e dal docu­ mento. E Lilith, per noi, nasce, chissà, forse dal sogno o dal racconto dei rabbi, nasce da un bisogno o una fantasia collettiva. Vediamo dalle Scritture dove si può rintracciare la presenza di Lilith come prima compagna. A quanto pare, molti studiosi ed esegeti della Genesi si sono accaniti a cercar le 'prove' e persino T. Reik, seguace di Freud, per giustificare il suo approccio a Lilith se la cavò con questa sbrigativa osservazione, a proposito delle due versioni bibliche: "Lo stesso folclore ha trovato un modo ingegnoso per portare le due versioni ad un accordo: se, in una versione, Dio creò l'uomo come maschio e femmina, e nell'altra, la donna fu formata dalla costola di Adamo, il nostro primissimo antenato deve essere stato un uomo vedovo o un divorziato, quando il Signore gli condusse

Il mito di Lilith nelle versioni bibliche

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Eva. Oppure Adamo ebbe contemporaneamente due mogli . Que­ sto potrebbe armonizzare le due versioni bibliche " !4 Nella Genesi I Adamo fu maschio e femmina, come già sappiamo; s1 e visto che nei commenti rabbinici è velato il segreto rimosso che Adamo vivesse sessualmente promiscuo con animali . Nella Genesi II appare la femmina, Eva . Ora, noi pensiamo di trarre le testimonianze della esi­ stenza di Lilith proprio dai sottili passaggi, i sottintesi e le allusioni analogiche che secondo noi esistono nelle pagine del Bere5ìt Rabha. Lilith, indubbiamente ha a che fare con la Genesi I. Se escludiamo l'androginia come archetipo celeste riflesso nell'Adamo terrestre , dob­ biamo necessariamente accettare che ci fosse Adamo con una compagna femminile . E Dio li benedisse, ricordiamolo. Senza dubbio, nella versio­ ne jahvistica il primo uomo e la prima donna erano allo stato animale, la loro sessualità era indifferenziata, non c'era disparità fra i due sessi. Essi erano informi : " Lo creò come una massa informe " .15 Andiamo avanti. Nella Genesi I, 24 cioè ancor prima del versetto 26 riferito all'uomo, è detto : " Produca la terra esseri viventi secondo le loro specie : bestiame , rettili , ecc . . . . Nel commento di Rabbi Eleazar è invece detto : "

" Produce la terra anime viventi ( Gen. Adamo " /6

I,

24 ). Questa è l'anima di

ed è riferito a tutto quel che vive nella dimensione del naturale, ani­ ma-animale . Nella Genesi II, 2 1 c'è finalmente la descrizione della creazione della donna. Anche qui la versione biblica sacerdotale è molto succinta . Dice : " Allora Jahvé Dio fece cadere un sonno profondo sull'uomo che si addormentò ; gli tolse una delle coste e rinchiuse della carne al suo posto " , e qui c'è u n commento del Rabbi Shemuel molto oscuro, che dobbiamo tentare di interpretare per analogie ed è ancora riferibile all'esistenza della coppia. Dice il rabbi : "Un osso fra le due costole. Al posto di lui non é scntto,

posto di lo ro " ; 17

ma:

al

questo non è riferibile in modo manifesto all'osso né alle costole, per

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Il mito di Lilith

e le sue fonti

quanto sia simbolico . Al posto di lui è riferibile invece ad Adamo come singolo e la correzione del rabbino è al plurale, appare il loro. Quindi fu presa la parte che doveva essere la risultante dei due , cioè " due in una carne sola " . La costola ( o l 'osso ) qui è il simbolo della nuova entità che nasce da loro, cioè la coppia. È evidente che questo vuoi dire che la coppia esi­ s teva già prima della ' nascita' di Eva ! La riprova è implicita nella Gene­ .si v, 2 che - se necessario - complica ancor più l 'enigma : " Nel giorno in cui Dio creò Adamo lo fece a somiglianza di Dio ; maschio e femmina li creò, li benedisse e li chiamò uomini nel giorno in cui li creò " . Ed eccoci al chiarimento, seguendo passo passo il dettato biblico :

" Jahvé Dio costruì la costa che aveva tolta all'uomo formandone una donna , e la condusse all'uomo . Allora l 'uomo disse : - Questa volta è osso delle mie ossa e carne della mia carne ! " ( Genesi n, 22-2 5). Come non avvertire lo stupore e la gioia di Adamo , quasi si fosse final­ mente rinfrancato e riconciliato con Dio perché " questa volta " il dono di una femmina è giusto e bello! C'è in questa esclamazione la conferma di una " prima volta " , quindi è riferito ad una donna precedente . Oppure indica che " questa volta " si tratta di una femmina umana e non di un animale femmina che Adamo aveva già ripudiato? In ogni caso soltanto il Commento del Beresit Rabba ci aiuta a capi re : " R. Jehudah in nome di Rabbi disse : Da principio l a creò , ma quando l 'uomo la vide piena di saliva e di sangue se ne allontanò, tornò a crearla una seconda volta , come sta scritto : 'Questa volta. Questa e quella della prima volta' ".'8 E dunque, chi era questa donna della prima volta descritta in modo da provocare il disgusto di Adamo ? Chi era questa prima opera di Dio , piena di saliva e sangue ? Noi pensiamo a Lilith . La prima compagna fu Lilith, piena di sangue e saliva. Soffermiamoci su questo momento particolare perché è fondamentale . Dio la creò da principio, cioè all'inizio della creazione ; ma com 'era questa femmina ? Tale, da provocare in Adamo una sensazione sgradevo­ le o angosciosa . Cosa significa questo sangue ? cosa significa questa sa­ liva ? Se associamo lasciando libera l 'immaginazione , noi pensiamo al

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sangue mestruale, qui , forse, usato come traslazione allegorica, per fare intendere il carattere carnale, fisiologico, vitale, istintivo della donna. " . . . la vide piena di sangue " : si può pensare all'esperienza sessuale libera da tabù e proibizioni ( si pensi alla regressione del desiderio ses­ suale e quindi dell'amplesso durante il ciclo mestruale che vige come tabù ancora ai nostri giorni ) oppure qui è adombrata la visione della donna ' lasciva' . . . ? E la saliva che riempiva o copriva questa femmina, è un simbolo an­ cora più indicativo. L'associazione con un equivalente magico della libido è evidentissima. La saliva è una componente chiaramente sessuale forse riconducibile , per via psicoanalitica , allo sputo erotico o al travaso ma­ gico della saliva nel bacio profondo. Sangue e saliva appartengono alla donna della prima volta. Adamo si allontana disgustato, cioè impaurito - come vedremo più avanti - dalla realtà della prima compagna. Tanto che Dio dovette farla una seconda volta e questa fu Eva. Vero è che le interpretazioni qui abbondano . Alcuni dicono che la don­ na della prima volta sia quella che Adamo ha sognato eroticamente, men­ tre Eva è la materializzazione del sogno . Ma la parola " volta " significa anche turbamento, " paam " in ebraico . Allora si può anche arguire che la prima donna era capace di indurre in Adamo un insostenibile turba­ mento . Altre fonti danno con più chiarezza la creazione di Lilith e altre compagne prima di Eva. I commenti cabalistici sul Pentateuco raccolti da R. Reuben ben Hoshke Cohen , riportano una chiara leggenda della nascita di Lilith. Noi qui trascriviamo il riassunto che ne dà il Graves nel suo testo : " Dio allora formò Lilith , la prima donna, così come aveva formato Adamo, ma usando sedimenti e sudiciume invece di polvere pura " . 19 L'affermazione che Lilith fosse formata con polvere nera ed escrementi ci fa riflettere . Sappiamo che nell 'ebraico , il verbo per " formare " è simi­ le al verbo per " meditare " , quindi è da supporre che J ahvé Dio avesse nel pensiero la creazione della donna come una creatura predestinata ad essere inferiore all'uomo . Sicuramente qui è intervenuta l'aggressività

maschile insita nella società ebraica strutturata rigidamente in senso pa­ triarcale con accentuazione delle valenze patrilineari. Nella costruzione

di Lilith è implicita la perdita dell 'unità magico-religiosa dei due sessi nella sola persona dell' ' uomo ' . La donna , evidentemente, per quanto repressa e compressa sotto l'autorità del maschio, tentava di riconquista­ re, invano, la parità. Lilith nacque dalle mani di Jahvé Dio, impura , umana : un Adamo, dunque.

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Il mito di Lilith e le sue fonti

Ma quando nacque Lilith ? e con quale natura ? La fonte di Yalqut Reubeni dice testualmente: " . . . Dalla unione di Adamo con questa demone ( cioè Lilith ) e con un'altra chiamata Naamah sorella di Tubai Caio, nacquero Asmo­ deo e innumerevoli demoni che ancora piagano l'umanità " .20 Lilith è già data non come donna, bensì come demone sino dall'inizio del rapporto con Adamo . E perché mai ? C'è una chiara spiegazione, a nostro avviso, che scaturisce dal computo del calendario ebraico che venne te­ nuto presente dalla tradizione jahvistica quando si trattò di fissare i sette giorni della creazione. È in relazione ai giorni della Genesi che noi dob­ biamo indagare sulla ' nascita' di Lilith ; ed è in questo lapsus della Scrit­ tura che si cela la rimozione patriarcale della natura di Lilith, prima donna.' In un certo senso Lilith è il simbolico prodotto di una distra­ zione formidabile del Dio ebraico? Per questo - ci chiediamo - fu condannata in partenza ? Ecco la risposta , nel Berdìt Rabba : " 5 . . . E fece Dio le bestie selvagge della terra ( Gen. I , 25 ) . . . Disse R. Hamah b. Oshajjh. Di esseri viventi ne nomina quattro, ma da quando sono creati sono tre : Animali domestici secondo la loro specie ; bestie selvagge secondo la loro specie e tutti i rettili della terra secondo la loro specie. Rabbi disse : Il quarto ( essere ) si rife­ risce ai demoni, di cui il Santo, Egli sia benedetto, creò l 'anima, ma quando stava per creare il corpo , stava per entrare il Sabato, e quindi non lo creò, per insegnarti le buone usanze dei demo­ ni [ . ] Colui che ha parlato, ed è esistito il mondo, si occupava della creazione dell'universo , creò le anime dei demoni , ma quan­ do venne per creare i loro corpi , venne il sabato e non li creò " .21 ..

Quindi Lilith nacque con Adamo, subito dopo Adamo : rettili, demoni e Lilith furono le ultime creazioni di Dio nel sesto giorno , proprio nelle ore del venerdì sera , al sopravanzare delle tenebre, poco prima che en­ trasse il sabato, giorno sacro agli ebrei . La creazione si ferma qui, secondo la Genesi 1. I due protagonisti sono sulla scena del mondo : Adamo e Lilith , colei che per prima espri­ meva al suo uomo qualcosa di importante, di fondamentale per ciò che riguardava il loro rapporto di creature viventi ; di Uomo e Donna . Ma che cosa avviene in quelle ore ultime del sesto giorno ? Cosa ac­ cade fra l'uomo e la donna ? Tutto accade fra il sesto e settimo giorno; se è vero che fu scritto, a proposito di Adamo :

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" All'uscita del sabato gli fu tolto i l suo splendore e fu cacciato via dal giardino dell'Eden . . . " ,22 e la luce divina durò soltanto nelle poche ore del sesto giorno e tutto il sabato . Al termine del giorno in cui Dio si riposò, Adamo aveva già con­ sumato il suo rapporto con Lilith, e dunque aveva conosciUJ:o nelle tene­ bre una tremenda verità. Forse la tentazione, forse una trasgressione ? O ha sen tito tutta la potenza del demone esprimersi nelle sembianze di Lilith ? A questo punto diciamo che il mito di Lilith rappresenta certa· mente l'archetipo d�l rapporto uomo-donna al livello più originario in senso evoluzionistico . Lilith è un mito arcaico sicuramente anteriore, nella redazione Jahvi­ stica della Bibbia, al mito di Eva : per questo si può dire che Lilith è stata la prima compagna di Adamo. È chiaro che il contenuto del mite, di Lilith ha forti parallelismi col mito di Eva . Però ci sembra utile rile· vare un particolare : Lilith entra nel mito già come demone, una fìgura di saliva e sangue, un vero spirito lasciato allo stato informe da Dio ; è una compagna che reca forti tratti di fatalità. È interessante domandarsi perché nella Genesi non appare mai alcuna informazione relativa alla creazione dei demoni ! Nei Bere8it Rabbà, si è visto che essi sono apparsi con Adamo e t serpenti . Anche Lilith dunque, come demone , doveva essere ricordata . Perché questa rimozione ? Occorre insistere su questa domanda : nella risposta di R. Hamah b. Oshajjh sopracitata sembra implicita una identi· ficazione fra serpente-demone-donna ( Eva ) . Lilith sta dunque - nelld versione Jahvistica - più vicino al prototipo naturale della femmina cnt= non Eva. Ma questo , proprio questo, è quanto veniva rifiutato dalla co· sdenza ebraica che operava costantemente una repressione. Varie fontl psicoanalitiche vedono nel mito di Adamo ed Eva il trauma di un incesto possibile fra la Madre dei Viventi e Adamo, in un ribaltamento dei ruoli maschile e femminile ( Freud , Rank ) , oppure, nella Caduta, la rappre­ sentazione simbolica di un rapporto sessuale proibito ( Levy), sicuramente l 'accoppiamento bestiale , capa(:e di far perdere la " ragione " . Potrebbe trattarsi della prima esperienza dell'orgasmo sessuale al livello naturale che ha scatenato un'insopportabile angoscia nell 'uomo , in quanto la pas­ sione sessuale lo faceva allontanare dalla divinità con una minaccia re­ gressiva di cui ancora aveva memoria evolutiva . Altri suppongono , nel dissidio di Adamo con Eva e il peccato di costei , una introiezione della divinità attraverso l'albero totemico ( Reik ). La rimozione o il lapsus aleggiano fra le righe della Genesi : c'è lo sfor­ zo di far vedere che " tutto era buono " . Ma torniamo alla nostra coppia. che neppure per qualche tempo fu capace di rimanere nella luce divina

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e

le jue

fonti

del giardino dell'Eden . Che si tratti di Lilith o di Eva, è pur sempre una

tragedia di eros e sesso che si consuma nella Genesi . È la totalità libidi­ nale di sé che l'uomo ha giocato per la prima volta, in un preciso momen­ to filogenetico : e ciò, divenne tabù.

Come era Lilith ? Qui siamo nel mistero assoluto, perché nei testi della Torah abbiamo la descrizione della prima donna che, sottintesa nella Ge­ nesi, dovrebbe essere Eva . Ma c'è quel passo del Bere8it Rabbà ove si parla di un'altra donna, quella piena di saliva e sangue, che turba Adamo ; di Eva invece si descrivono le bellezze e gli ornamenti. Siamo dell'opinio­ ne che la scoperta di Lilith, con la reazione che conosciamo, di rifiuto, e la seconda esclamazione ( '' Questa volta è ossa delle mie ossa " , ecc. ) sia

una sola esperienza psicologica di approccio, dove potremmo vederci una condensazione di due esperienze: la prima - la conoscenza carna­

le - cade sotto la censura e viene rimossa - la seconda invece espri­ me l'accettazione dell'immagine 'buona' , esterna, della compagna, quella che è più gradita al Padre e alla Legge , ma che sarà, anche questa, ine­ sorabilmente fonte di peccato . Si tratterebbe dunque di una esperienza

libidica profonda distinta in due fasi, con un principio implicito di am­ bivalenza.

Pertanto noi tentiamo di interpretare la figura di Lilith rispettando la condensazione: il vissuto con Lilith è anche il vissuto con Eva . Nella similarità dei due miti c'è da scoprire la contraddizione dei comportamen­ ti di Adamo ma anche la complessità delle reazioni emotive e sessuali da­ vanti alla donna in rapporto al Dio padre . Forse la censura sulla femmi­ nilità erotica " coperta di sangue e saliva " trova il suo vantaggio per mezzo della femminilità che fa esclamare : " questa volta " ? In definitiva, abbiamo la somma di due immagini, perché Rabbi Jehudah commenta : " Questa e quella della prima volta, perché è quella che suonerà per me come un campanello . . " ,23 .

sembra proprio si tratti di due fasi : questa e quella della prima volta. Lilith è coperta di sangue e saliva , simbolo del desiderio : " Dal mo­ mento che è stata creata la donna è stato creato anche il Satan con lei " .24 Questo demone è anche donna . Quella che ha turba to tutta la notte il sonno di Adamo . Dice la Scrittura : " egli ne è tutto turbato " , ed il sogno erotico emerge dall 'inconscio, presenta ad Adamo tutta la potenza del­ l'energia vitale . È Lilith che gli produce il sogno . " Chiesero a Rabbi Simon b. Laqish : - perché nessun sogno affatica ? Rispose : - Dall 'inizio della sua creazione non è stato che un sogno " .25 Ecco dunque il primo tormento : il sogno erotico, il desiderio di Lilith . Era creata bella come un sogno, la prima del suo sesso, la tanto desi-

Il mito di Lilith nelle versioni bibliche

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derata . Gli appare nel giardino dell 'Eden all 'ombra di un carrubo o un sicomoro, ornata di preziosi monili, tanti come quelli citati in Isaia . .Jahvé Dio l'aveva creata " non dalla testa perché non si insuperbisse ; non dall'occhio perché non fosse ansiosa di vedere ; non dall'orecchio perché non fosse curiosa di sentire ; non dalla bocca perché non fosse chiacche­ rona; non dal cuore perché non fosse gelosa ; non dalla mano perché non toccasse quanto fosse a portata di mano- ; né dal piede perché non fosse girellona : ma dal posto che nell 'uomo è nascosto, e quando l'uomo è nudo , quel luogo è ancora coperto " .26 Lilith si unisce all'uomo ; nessuna creatura si è accoppiata prima di Adamo, ma l'Uomo conosce e fa conoscere per la prima volta il rapporto sessuale sentito come tale. Come lo possiamo immaginare l'amore fra queste due creature ? Forse totale e intenso come noi sentiamo l'eros che pervade il Cantico dei Cantici ( I , 15- 17 ) : " Come sei bella amica mia, come sei bella ! I tuoi occhi sono come colombe . Come sei bello, mio diletto, come set soave . Nostro letto è l 'erba , pareti della nostra casa i cedri , soffitto per noi i cipressi " . Lilith è certamente la sedu ttrice , colei che più tardi , nelle epoche a veni­ re , come Eva Madre dei Viventi e donna, sarà considerata l'instrumentum diaboli. Lilith è colei che sussurra e geme ( Cant. I, 5 ) : " perché piagata d'amore io sono " , ed· è l a donna che offre all 'uomo il frutto soave; e lui è turbato , è travolto . Un offuscamento che ci farà ricordare Eros e Thanatos ; " Mettimi come sigillo sul tuo cuore , come sigillo sul tuo braccio , perché potente come la morte è l 'amore " (Cant. VII I , 6 ) . Come s i amano i l primo uomo e l a prima donna ? È stato insegnato : "Tutti gli esseri compiono l'atto sessuale con la faccia di uno rivolta verso la schiena dell'altro, all'infuori di due che si congiungono schiena a schiena : cammello e cane , e all'infuori di tre , che si congiungono faccia

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Il mito di Lilith e le sue fonti

a faccia, perché la Presenza divina parlò loro , e sono l'uomo, il serpente

ed il pesce " .27

" I suoi impeti sono un incendio le sue sono fiamme divine . Acque copiose non sanno spengere l'amore né fiumane travolgerlo " ( Can t. v m, 6-7 ) . Possiamo immaginare ancora l'intensità d i questo amore nella dimensione divina, dove tutto questo era assai buono , aiutandoci con lo splendore dei versi del Cantico dei Cantici, ancora, o di altri testi biblici che fanno comprendere come la tradizione ebraica non avesse preclusioni particola­ ri verso la sessualità . L'Adamo del paradiso terrestre, canta le bellezze della sua donna : " Come sei bella, am1ca m1a come sei bella. I tuoi occhi sono come colombe dietro il tuo velo; la tua è chioma d'un gregge di capre che scende dal monte di Galaad. I tuoi denti sono come pecore da tosare , quando salgono dal lavacro : vanno tutti appaiati e nessuno è senza compagno . Come nastro di porpora le tue labbra la tua bocca è un invito; spicchio di melograno sono le tue gote dietro il tuo velo . Il tuo collo è come torre di David costruita per dominare la valle : mille scudi vi sono appesi , tutte armature di prodi . I tuoi seni sono come due caprioli due gemelli di gazzella , che pascolano fra gli anemoni. Quando spirerà il giorno e si diffonderanno le ombre, andrò ancora al monte della mirra e al colle dell'incenso . " ( Cant. IV, 1, 6) .

.

tutto questo indica la grande intimità affettiva fra l'uomo e il suo Crea-

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tore ; la donna è la personificazione del sentimento che lega l'uomo dell'antica tradizione al suo Dio . La tradizione, particolarmente nelle due versioni aramaica ed ebraica dell'Alpha Beta 28 racconta che l 'amore fra i due comincia a essere turbato quasi subito . Da questo momento in avanti noi pensiamo che si stabilisca una stretta analogia fra il simbolismo del mito di Lilith e quello di Eva , per cui tenteremo d i intersecare l e modalità dei vissuti e l e valenze sim­ boliche cosl come le rileviamo dai commentatori della Genesi . Ma ecco il mito di Lilith. L'amore di Adamo per Lilith , dunque, è presto turbato ; non c'era pace fra i due perché quando essi si congiungevano nella carne, evidentemente nella più naturale posizione - la donna sotto e l'uomo sopra - Lilith mostrava insofferenza . Così domandava ad Adamo : " - Perché mai devo stendermi sotto di te ? perché devo aprirmi sotto il suo corpo ? " . Forse qui c'era una risposta fatta di silenzio o perplessità da parte del compa­ gno . Ma Lilith insiste : " - Perché essere soverchiata da te ? Eppure an­ che io sono stata fatta di polvere e quindi sono tua eguale ". Ella chiede cioè di invertire le posizioni sessuali per stabilire una parità, un'armonia che deve significare l'uguaglianza fra i due corpi e le due anime. Malgra­ do questa richiesta ancora intrisa di calore supplice , Adamo risponde con un rifiuto netto : Lilith è a lui assoggettata , ella deve stare simbolica­ mente sotto di lui, subìre il suo corpo . Dunque : c'è un imperativo , un ordine che non è lecito trasgredire . La donna non accetta questa impo­ sizione e si ribella ad Adamo . È la rottura dell'equilibrio . Qual è l'or­ dine e la regola dell'equilibrio ? Sta scritto : " L'uomo è obbligato alla ri­ produzione, non la donna " . R . Johanan b . Beroqah disse : " Sia l'uomo, sia la donna . . . È detto : l'uomo obbliga la donna a non uscire, perché ogni donna che esce, alla fine cade. E questa è la supremazia dell'uomo sulla donna ! " . Ancora, noi troviamo domande e risposte di R. Jehoshua : " Perché l'uomo chiede la donna e la donna non chiede l'uomo ? " . Ebbene, questa è la clamorosa risposta del rabbi a tale domanda : " La cosa è simile ad uno che abbia qualcosa, egli ricerca ciò che ha perso, ma ciò che ha perso non lo ricerca " .29 Quanto dire che la donna è qualcosa di inanimato o di irre­ sponsabile o infedele per principio ; un oggetto addirittura ! Ma sentiamo altre domande che troviamo nel Beresit Rabbà : " Perché nei funerali le donne vanno avanti al morto ? Rispose : Perché hanno portato la morte nel mondo, esse precedono il fe­ retro . . . . Perché è stato dato alla donna il precetto riguardante la mestruazione ? Risposte : Perché ha versato il sangue di Adamo . . .

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Lilith

e le sue fonti

. . . Perché le è stato dato il precetto del lume del sabato ? Perché ha spento l'anima di Adamo " .30 Ce n'è abbastanza per capire in quale conto fosse tenuta la donna nella cultura rabbinica e patriarcale ! Legittima , sul piano psicologico, la ri­ vendicazione di Lilith. Al rifiuto di Adamo di concedere l'inversione delle posizioni nel coito, quindi rifiuto di concedere la parità significativa alla compagna , Lilith pronuncia irritata il nome di Dio e, accusando Ada­ mo, si allontana. Mentre accade questo, Adamo è colto da una sensazione angosciosa di abbandono. È l'ora in cui tramonta il sole e stanno scendendo le prime tenebre della sera del sabato . Lilith si è allontanata. L'uomo ha opposto un 'no' alla sua donna . E vengono le tenebre ; per la seconda sera viene il buio , lo stesso buio del venerdì in cui Jahvé Dio crea i demoni. È il momento del sonno profondo , ancora una volta . Il sonno è il principio della caduta. " Nessuno vide, nessuno seppe , nessuno si risvegliò" (Sam. I, XXV I , 1 2 ) . Che tipo di sonno era quello ? quale sopore invade Adamo che s i ostina nel rifiuto, nel non vedere Lili th ? è il sopore della profezia, o il sopore della pazzia ? Dice R . Nezirah : "Trentasei ore servì quella luce, 1 2 della vigilia del sabato, 12 della notte del sabato e 12 del sabato . Quando tramontò il sole all 'usci ta del sabato, l'oscurità cominciò ad au­ mentare" .31 Adamo ha paura , sente che l'oscurità lo schiaccia. Sente che le cose , tutte le cose buone , si guastano . Si sveglia, certamente si guarda intorno e non trova Lilith nel giaciglio . Adamo pensa che la compagna trasgredi­ sce ancora una volta il suo comandamento . Si rivolge a Jahvé Dio, come figlio che si affida all'esperienza e all'autorità paterna. " Ho cercato nel mio letto, la notte, colei che è l'amore della mia anima ; l'ho cercata e non l 'ho trovata" ( Can t. m, l ). Ora c'è la disperazione, l'amarezza per aver perduto Lilith . Domanda al Padre e il Padre vuole sapere la causa del litigio e comprende che la donna ha sfidato l'uomo e quindi il divino . " Non l'ho creata dalla testa, ma essa si è insuperbita . . . Né dal­ l'occhio, ma essa è ansiosa di vedere . Né dall'orecchio, ma essa è ansiosa di sentire . Né dalla bocca , ma essa è ciarliera . Né dal cuore, ma essa è invidiosa . Né dalla mano , ma essa tocca tutto . Né dal piede , ma essa è girellona ... " .32

Il mito di Lilith nelle versioni

bibliche

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Oramai Lilith è volata via lontana , verso le sponde del Mar Rosso , dopo aver profanato il nome di Dio padre . Nel momento cruciale, cosa è accaduto ? Lilith - è stato detto - è un demone . Ora sappiamo dalle Scritture che anche il serpente è un demone ; quindi il simbolo sussume il veicolo del peccato , della tra· sgressione . . Il serpente-demone o il demoniaco stesso che è in Lilith, spinge la donna a 'fare qualcosa' che l'uomo non concede: in Lilith c'è la richiesta della inversione delle posizioni sessuali equivalenti dei ruoli, mentre in Eva c'è l'atto di trasgressione dell 'albero , in obbedienza al serpente . Il serpente , nel mito di Lilith , può essere equivalente alla manifestazione dell'istintuale codificato dalla domanda : " Perché mai devo stendermi sotto di te ? Anch 'io sono stata fatta di polvere e quindi sono tua egua­ le " . I nvece Adamo allontana da sé la minaccia. Come è detto nello Zohar : " La mia anima ti desidera " . Ma anima è detta ' nephesch' , cioè l'anima nel sonno , quando il sonno costituisce un pericolo , il principio della caduta. Nephesch è il grado inferiore, è la base del corpo che nutre ; non può esistere che unito al corpo e questi esiste soltanto in virtù di nephesch . Al disopra di questa anima c'è ruach, ossia lo spirito . Essi devono essere sovrapposti per raggiungere la totalità che è espressa dal Neshama , l'ordine divino . Ecco, Io Zohar continua così : " Nephesch è un piedistallo che serve a Ruah e ruah serve a sua volta da piedistallo a Neshama . . . Ricordate che nephesch è il gradino inferiore del corpo, come la parte inferiore della fiamma di una candela , dove il colore è cupo, resta sempre attaccata allo stoppino e non può esistere che unita a questo . Quando questa fiamma cupa si è attaccata allo stoppino , essa diventa piedistallo per la parte superiore della fiamma che è di color bianco e quando queste due parti di fiamma si sono unite insieme, esse danno luogo alla fiamma superiore e impercettibile che riposa sulla fiamma bianca " .33 Dunque, possiamo vedere Lilith come nephesch e Adamo come ruah: la loro unione alchemica, oltre che coniunctio oppositorum, è neshama. Lilith è la parte inferiore della fiamma di una candela, quella che resta attaccata allo stoppino ( la parte che più è radicata alla terra ) , men­ tre Adamo è la parte bianca della fiamma . Così tutta insieme essa emana luce . Questa è una meditazione che definisce l'ordine verticale dei gradini dell'espressione vitale . Esiste un commento di R . Jehudah b. Shimon che può farci capire la motivazione posta alla base della protesta di Lilith e della sua compe­ titività attivata dall 'autoconservazione :

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Il mito di Lilith e le sue fonti

" Colui che fu creato in ordine di tempo dopo il suo compagno, domina il suo compagno : il cielo nel primo giorno e il firmamento nel secondo, e questo non porta sopra di sé quello ! Il firmamento nel secondo e le verdure nel terzo, quello somministra a queste le acque ! Le verdure nel terzo ed i luminari nel quarto : non sono questi che fanno maturare i frutti di quelle ? I luminari nel quarto e gli uccelli nel quinto [ . . ] L'uomo è stato creato per ultimo per dominare tutti. Affrettatevi a mangiare prima che ( Dio ) crei altri mondi ed essi domineranno sopra di voi , come sta scritto : E osser­ vò la donna che era buono [ . . ] Restò persuasa delle parole del serpente " .34 .

.

Sembra dunque una legge naturale che si tenti di prevaricare per non sottostare al dominio dell'uomo. Lilith domanda di essere considerata pari, Eva pensa che non c'è morte ad assumere la sapienza interdetta. Lilith disobbedisce alla supremazia di Adamo, Eva disobbedisce al divie­ to. Entrambe si assumono un rischio , mediante un atto. Dopo, tutto è diverso . Ma torniamo a Lilith. Nel momento cruciale in cui Adamo le ha negato il desiderio, essa è fuggita verso il Mar Rosso, oramai invisa al suo sposo . Javhé Dio le profferisce il suo ordine : " Il desiderio della donna è verso il marito. Torna a lui " . Lilith non risponde con l'obbedienza bensì col rifiuto : " Io non voglio più avere a che fare con mio marito " . Jahvé Dio insiste : " Torna al tuo desiderio, torna a desiderare tuo mari t o " .35 Ma la natura di Lilith è mutata dal momento che bestemmia Iddio e non c'è più obbedienza . Allora Jahvé Dio manda verso il Mar Rosso una schiera di Angeli . Essi raggiungono Lilith : la trovano laggiù nelle deserte lande del mare arabico, dove la popolare tradizione ebraica dice che le acque richiama­ vano, attirandoli come calamita, tutti i demoni e gli spiriti malvagi. Lilith è trasformata : non è più la compagna di Adamo. È il demoniaco mani­ festo, è attorniata da tutte le creature perverse uscite dalle tenebre . Sta in un luogo maledetto, dove si producono spine e triboli ( Gen. III, 1 8 ) ; zanzare, pulci, mosche maligne infettano gli esseri ; ortiche e cardi ledono il piede, tane di sciacalli si confondono nelle pietre, cani selvatici si incontrano con jene e i satiri si chiamano l 'un l 'altro in lascive orgiastiche seduzioni ( Isaia, XXXIV, 1 3- 1 5 ) . Gli angeli con la fiamma e l a spada folgorante gridano a Lilith l 'in­ giunzione di tornare presso Adamo altrimenti sarà annegata. Ma Lilith in fondo è amara come l'assenzio, acuta come la spada a doppio taglio ( Prov. v, 4 ) e risponde : " Come posso tornare presso il mio uomo e vivere

Il mito di Ulith nelle versioni bibliche

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come una moglie, dopo questo mio gesto e questo vivere qui ? " .36 Ma non c'è luogo per il dubbio e l 'esitazione : gli angeli proclamano ancora : " Se disobbedisci e non ritorni, sarebbe la morte per te " . È fortissima la tensione drammatica in questo evento . I l confronto è totale, le forze del cielo si misurano con le forze della terra e delle te­ nebre . Una sospensione dove da un lato incombe l 'autorità celeste, desti­ no sovrastante ; dall'altro lato si dischiude il fiore velenoso della irri­ sione e dell'affronto . Lilith si pone nel conflitto consapevole del proprio ruolo : " E come potrei morire, se Dio stesso mi ha incaricato di occu­ parmi di tutti i bambini nati maschi sino all'ottavo giorno di vita, la data della loro circoncisione, e delle femmine fino ai loro vent'anni ? " .37 Dal racconto della tradizione, a quanto pare, emerge una discordanza fra il messaggio degli angeli e la volontà divina. Lilith ha già il suo compito demoniaco per volere di Jahvé Dio e quindi deve rimanere nei luoghi del Mar Rosso . Perché gli angeli propongono un'altra soluzione ? Una risposta è nella identità rivelata da Lilith : una identificazione col proprio lato demoniaco. È già la simbologia del serpente che fa dire queste parole. È Dio stesso che ha dato a lei il compito di fare ai neonati ciò che diremo più tardi . Un compito, un destino ingrato, quello di Lilith : la sua natura è dunque astuta, come il serpente ( Gen. m, 1 -2 ) , la sua sapienza di demone è grande, ma perciò grande è anche la sua soffe­ renza . Aggiungendo conoscenza, Lilith aggiunge sofferenza, che peraltro accetta . Lilith rifiuta di seguire i tre angeli e dice loro : " Se vedrò i vostri tre nomi o le sembianze sopra un neonato come un talismano, pro­ metto di risparmiarlo " . Gli angeli, in un certo senso fanno buon viso a cattiva sorte e accet­ tano almeno la parziale concessione di Lilith . Essi tornano all'Eden, ma Jahvé Dio ha già stabilito di punire Lilith sterminando i suoi figli . Chi erano essi ? Sempre nell'Alpha Beta di b. Shira noi leggiamo che Lilith, accoppiandosi con i diavoli generava cento demoni al giorno, i quali erano chiamati Lillim , un nome vicino a Lilith, che deriva dal su­ merico Lil e nelle sue varie definizioni accadiche significa " folle " oppure " stolto " . Questi piccoli diavoli erano noti anche nella redazione biblica sacerdotale perché nel Targum Jerushalmi, la benedizione sacerdotale di Numeri V I , 26 ha questa versione : " Il Signore ti benedica in ogni tuo atto e ti guardi dai Lillim ! " . I piccoli demoni vengono uccisi dalla mano implacabile di Jahvé Dio . A questo cruento sterminio, vera guerra fra il Creatore e le sue creature, si oppone una vendetta di Lilith : essa stessa infierisce sui propri figli oppure, aiutata da un altro demone femminile, va in giro per ogni con­ trada a strangolare nottetempo i piccoli bambini nelle case, o sorprende nel sonno gli uomini inducendoli in mortali amplessi .

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e

le

sue

fonti

Così è esposta nella tradizione ebraica la storia di Lilith . Non ha una conclusione : Lilith rimane nella propria libertà, indemoniata, forse regi­ na del palazzo del Demonio, come suo spirito femminile. Dal momento che dichiara guerra al Padre, e il Padre la inchioda al ruolo, scatena la sua forza distruttiva e da quel giorno non c'è più pace per l'uomo .

3 . Lilith nella tradizione sumerica-accadica

Sul nome di Lilith scarse sono le fonti. È certa la radice sumera LIL che compare nella formazione del nome di varie divinità assiro-babilo­ nesi e di spiriti cattivi, per esempio Enlil, Ninlil, Mullil, Anlil. Nella tradizione sumero-accadica si conosce un dio Lillu che letteral­ mente significa " sciocco " , fratello di Egime, la " principessa dei me " , del quale si hanno poche notizie .38 Nella liturgia accadica e mesopotamica compaiono - come citeremo in avanti - preghiere e scongiuri recanti i nomi di Lilitu, Lih1, quali figure maligne di demoni e potenze magiche . Nel 2000 a.C. pare che il nome si trasformasse in Lillake ; in proposito il Graves cita una tavoletta sumera di Ur che racconta la storia di " Gilgamesh e il salice " . Qui , Lillake sarebbe anch'essa una figura femminile demoniaca che abita dentro il tronco di un salice, il quale era religiosamente custodito dalla dea Inanna , la Signora del Cielo , equivalente alla nostra Venere, dea dell'amore e della guerra , simile a I shtar. C'è una etimologia vulgata ebraica che farebbe derivare il nome della biblica Lilith da " Layl " o anche " Laylah " , cioè " notte " nel significato di spirito della notte. Ma gli autori moderni tendono a riconnetterlo alla su merica " Lulu " che significa " libertinaggio " . Lilith sarebbe dunque un vero demone not­ turno che eccita la voluttà. 39 Come vedremo, il nome subisce profonde trasformazioni, ma passa concettualmente nel mondo greco mediato dalle Lamie, le Erinni, Ecate o Enpusa, cioè sempre come nome di demoni femminili o entità ma­ lefiche. Già nel pantheon assiro-babilonese delle innumerevoli divinità infe­ riori , come in precedenza nell'epoca sumero-accadica , Lilith era vista co­ me demone femminile, un genio del male . Lilith - Lilitu - Lulu è la variabile del demoniaco nell'area ebraica medio-orientale, espressione cioè della passione torbida della sessualità sfrenata che può insidiare e sottomettere l'uomo .

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le sue fonti

Quel che allontanava dalla Tòriih era quasi sempre espressione del demonio. Lilith appare già all'epoca sumera rappresentata in un bassorilievo ( vedi figura a pag. 8 ) che troviamo riprodotto nel testo di E . Neu­ mann .40 Si tratta di una figura ibrida disposta in piedi, frontalmente, tie­ ne le braccia aperte, flessi i gomiti verso i fianchi , in atto orante, le mani aperte, dita unite . Il volto ha un'evidente conformazione rotonda, ben delineati occhi grandi e naso regolare . La bocca è atteggiata ad un vago sorriso, con un fremito imperativo, di sfida sensuale ; tutta l 'espressione fa presagire la modalità plastica greca arcaica : impenetrabile , severa, potente e inef­ fabile . L'acconciatura dei capelli è impressionante, secondo lo schema meso­ potamico o protoassiro : dalla nuca partono quattro serpenti sovrapposti a formare un cono, ove le teste drizzate con evidente posizione fallica, convergono a mo' di scriminatura . La simbolica ricorda Kundalini emergente nella realizzazione totale, nonché le figure gorgonidi . Dalle spalle di Lilith scendono, schiuse e di­ varicate, due ali nettamente scolpite . L'energia umana sembra concen­ trata proprio nelle spalle e nel petto, dove i seni si protendono ampi e molto rotondi con evidente, fosca funzione seduttiva . Assieme al volto, sono questi i tratti che conferiscono alla figura una notevole qualità lunare. Il corpo è robusto, molto femminile sino all'ampio bacino e al pube . Le gambe, a mano a mano che si assottigliano verso i ginocchi perdono la plasticità femminile e si fanno animalesche, potenti ; anziché piedi, ci sono orrendi poderosi artigli di avvoltoio con unghioni che spuntano dal­ le spaventose dita rugose . I malleoli tozzi e legnosi fanno pensare alle terminazioni rugose della cute di elefanti e rinoceronti ! La disposizione degli artigli è simmetrica, spiovente, con un accento di dominio ; tutta l'energia possente sembra affluire e scaricarsi sulle bestiali zampe che posano sul corpo di una belva bicefala, pare una leonessa, accovacciata. Nelle mani, Lilith tiene due pentacoli che ricordano vagamente i due segni geroglifici della Bilancia, scettri di potenza , iniziazione e giustizia. Ai lati , in basso, un poco sovrastanti la belva a due teste, sono disposti due orribili volatili, scol­ piti alla maniera protoassira , la cui testa ricorda l'aquila o la civetta o i felini egizi ; sono in posizione frontale, immobili , le zampe unite, rigide, in tutto simili a quelle di Lilith. Sono bestie vigilanti che conchiudono la rappresentazione . La scultura è inscritta in un triangolo equilatero, i cui vertici inferiori sono la testa delle due belve e il vertice superiore è nella testa di Lilith ;

Lilith nella tradizione sumerica-accadica

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la scansione geometrica si fonde con quella numerica, dove abbiamo i numeri - a iniziare dalla base verso l'alto - 4 , 2 , 3 , l , espressi dalla composizione dei corpi e delle teste ; Lilith rappresenta l'Uno assoluto che domina su 2 belve grandi e 2 piccole, e per due volte si forma il 3 . Pensiamo che non sia casuale, questo ordine, ma bensì esprima un significato cabalistico . Tutta la figurazione del bassorilievo è carica di energia aggressiva concentrata e vibrante nella staticità veramente agghiacciante . L'espres­ sione di Lilith sostenuta da quella dei musi bestiali, è demoniaca, infera. Questa scultura dunque è già una allegorizzazione , una scrittura fanta­ stica del mito di Lilith : nella coscienza popolare, la prima compagna di Adamo non è più una creatura di cui fidarsi. Quando leggiamo che il demone Lilith fuggì sul Mar Rosso in mezzo a frotte di diavoli, dobbiamo pensare che il centro di origine del mondo , il mito del giardino dell'Eden, il cielo di Jahvé Dio, si trovasse nella re­ gione mesopotamica-babilonese con il Tigri e l 'Eufrate ; zona compresa fra la Palestina e il golfo persico . Il mar Rosso era sicuramente fuori d'ogni centro di civiltà, oltre il terrificante deserto d'Arabia, a occidente di Babilonia. Lilith, secondo l'immaginazione umana, fuggita dall'Eden, era riuscita a superare le infernali piaghe desertiche disabitate, ed è lì che inizia il regno di tutti i Diavoli . Il tempo che Lilith trascorre in quei luoghi può corrispondere al com­ mento alla Genesi : " Durante l'intero periodo di centotrenta anni nel quale Adamo visse lontano da Eva, gli spiriti maschi si innamorarono di Eva ed essa ebbe figli da loro, e gli spiriti femmina si innamorarono di Adamo ed ebbero figli da lui " . Oppure : " Durante tutti gli anni che fu sotto il bando, Adamo generò spiriti, demoni e diavoli della notte . . . " . I demoni hanno un'origine molto contrastata. Le versioni sulla loro creazione sono varie e qui ne diamo alcune in sintesi . . La prima versione, che abbiamo già descritta, vuole i demoni creati da Dio nella sera del sesto giorno . La seconda versione considera i demo­ ni come anime malvagie mutate da Dio in spiriti maligni. La terza, vuole i demoni propagatisi in seguito a rapporti sessuali fra uno spirito malva· gio e la prima coppia umana ( l'incesto ? ). La quarta versione, evoluzioni· stica, citata da A . Cohen, dice : .

.

" La jena maschio dopo sette anni divenne un pipistrello ; il pipi strello dopo sette anni divenne un vampiro ; il vampiro dopo sette anni divenne un'ortica ; l 'ortica dopo sette anni divenne un pruno ; il pruno dopo sette anni divenne un demone " Y

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Il mito di Lilith e le sue

fonti

Si può spiegare il mutamento corporeo di Lilith, una volta cangiata in demone, con questa credenza sui demoni : " Possiedono la facoltà di mu­ tare il loro aspetto e possono vedere mentre sono essi stessi invisibili " . Tutta la realtà era impregnata di spiriti maligni e se l'occhio umano avesse la facoltà di vederli, nessun uomo potrebbe vivere a causa degli spiriti maligni. Forse, anche per Lilith, già terribile, c'era un mezzo per scoprirla e vederla. Il Bere8it Rabba cita questo espedien te : " Chi desidera vedere le sue orme, prenda della cenere stacciata e la sparga intorno al proprio letto. AI mattino vi vedrà qualcosa di simile a le orme di un gallo . Chi desidera vederla, deve pren­ dere la placenta di una gatta nera figlia di una gatta nera . . . la arrostisca al fuoco, la polverizzi, se ne riempia gli occhi e vedrà " . Ricordiamo la scultura sumera di Lilith : le sue zampe possono ben farci ricordare le orme di un gallo , considerato animale delle tenebre . Diavoli, lillim, Lilith compresa, abitano, come si è visto, nei luoghi oscuri, sporchi e pericolosi ; fra le pietre, nel deserto, fra le rovine ; ma particolarmente amano l'acqua. Nel Talmud, i luoghi di ricetta dei demoni sono i fiumi, i laghi , i mari , le case in completa rovina , le fonti nascoste o le sorgenti celate nei boschi ; i bagni, i forni e persino le latrine , i sordidi orinatoi . Perciò, le persone 42 quando entrano in quest 'ultimo luogo o vanno a - cita il Cohen prendere un secchio d'acqua alla fon te , dicono " Permesso " , oppure : " Permesso, benedetto " e nel caso entrino in una latrina, fanno precedere questa frase da una implorazione al divino . Ma nelle rovine c'è il pericolo maggiore di trovarci spiriti perversi, e se è un demone femminile, il caso è ancor più pericoloso . L'acqua è il rifugio elettivo . Un Rabbi raccontava che uno spirito gli aveva suggerito la presenza di un demonio presso la fonte del paese . Per .vincerlo, tutti gli abitanti, all'alba, dovevano colpire con pale e zappe la superficie della fonte dicendo " la vittoria è nostra " . Dopo di che, appariva sulla superficie un orribile coagulo di sangue. Il Talmud esorta alla cura dei liquidi tenuti esposti nelle case : Lilith poteva in­ quinarli . -

" Uno spirito maligno scende sugli alimenti e sulle bevande che vengono tenuti sotto il letto, anche se si trovano in recipienti di ferro " . Un altro monito ci riconduce al clima che si instaurava in quelle epoche :

Litit h nella tradizione sumerica-accadica

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" Non bisogna versare sulla pubblica strada l'acqua rimasta esposta di notte, né innaffiarvi il pavimento di una casa, né usarla per farvi della calcina, né darla a bere al proprio bestiame, né lavarsi in essa le mani e i piedi " .43 Ancor più crudo qeesto consiglio : " Nessuno deve bere acqua la notte del mercoledì o del sabato ; se la beve, il suo sangue ricadrà sulla sua testa per il pericolo. Quale pericolo ? Uno spirito maligno " . Un avvertimento particolare valeva per certe categorie di persone sog­ gette agli attacchi di Lilith : gli uomini, i Bambini, gli invalidi, gli sposi novelli. Di Lilith, una certa tradizione pensa che avesse capelli lunghi e fluenti ; evidentemente un'immagine di femmina sensuale e pericolosa . Di lei la tradizione dice : ·

" Nessun uomo può dormire solo in una casa ; chiunque dorme solo in una casa, sarà preso da Lilith " (Shab. 1 5 1 6 cit. Cohen ) . -

Nel tardo folclore ebraico, secondo R . C . Thompson, Lilith diventa per i semiti una figura terrifica, pericolosa per le puerpere e i bambini, in quanto li rapisce . L'immaginazione popolare del tempo babilonese era colpita dalla virulenza di Lilith. Si diceva che essa non stava mai ferma in un luogo ; mai in riposo , né di giorno né di notte, sempre intenta a sfogare la sua furia opposta a Dio e agli uomini. Forse circondata dai lillim e altri spiriti, piombava nel silenzio della notte ai crocevia degli abitati e tutt'intorno , chiunque ne avvertiva la presenza . Raccontano, i testi, di tali demoni capeggiati da Lilith : ·

" . . . essi vanno di casa in casa - perché la porta non li arresta , la sbarra non li respinge ; ma essi strisciano come un serpente sotto la porta ; essi s 'insinuano come l'aria fra le commessure dei battenti. Essi strappano la sposa dalle braccia dello sposo ; essi tolgono il bambino dal petto del padre, essi cacciano l'uomo dalla casa della sua famiglia " . 44 Per non generare confusione fra le varie figure della demonologia in cui rientra ormai anche Lilith, diamo una descrizione approssimativa della gerarchia demoniaca del tempo babilonese-sumero . ·

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Il mito di Lilith e le sue fonti

È da tenere presente che i diavoli interagivano e avevano precise mansioni, loro assegnate dalla letteratura ieratica caldea . I demoni, intanto, non erano stati concepiti tutti con lo stesso grado di malvagità . I demoni più infimi della cultura accadica, come vedremo nei testi delle preghiere, erano gli utukku o utuk ; questi si dividevano in vari gruppi, fra i quali gli alu o alal, diavoli assai distruttivi . Poi c'erano gli ekimmu o gigim - gikim , mentre diavoli guerrieri e pugnaci erano i rabisu, che tendevano imboscate agli esseri umani . Ma­ schili e femminili, erano teriomorfi, dotati di tutti gli attributi umani ; i loro tratti, come s'è visto per Lilith in particolare , esprimevano fedel­ mente il loro carattere perverso e feroce . Più frequente era la personi­ ficazione mostruosa oltre ogni immaginazione : si conservano al Louvre , al British Museum, al Museo di Berlino bassorilievi, cilindri, statuette e altre opere dove possiamo avere la impressionante testimonianza della demonologia sumero-accadica e babilonese-assira . I diavoli erano visti come draghi smisurati con le fauci spalancate , corpi ibridi composti più sovente di membra umane e parti di leoni, tigri, pantere, iene, tori, becchi, aquile, serpenti, scorpioni , cani, pesci, belve, con rostri e artigli ; spesso, anche capri alati e coperti di orrende squame rugose . Quasi tutti questi diavoli eran raffigurati in atto di assalire, di mor­ dere, tendere tranelli, catturare . Talvolta i demoni compaiono armati di lance, pugnali o scettri magici . Si dice di un demone mostruoso, il più mostruoso di tutti, veramente ributtante, chiamato demone " del Vento di sud-ovest " , che aveva corpo di cane, zampe di rapace, braccia umane con artigli di leone, coda di scorpione, testa spaventosa di uno scheletro con lembi di carne e ancora gli occhi sporgenti dalle profonde orbite, sormontata da corna di capro­ ne; infine quattro grandi ali schiuse . Le orrende e laide figure erano talvolta così insostenibili a vedersi che si facevan paura anche tra loro ! Da notare che in certi casi i nomi dei diavoli - come ekimmu, gallu, anunna, - valevano anche per gli spiriti buoni . In certi testi viene descritta Lilith come il principale demone fem­ minile con un corpo prorompente di sensualità, occhi sfolgoranti, braccia bianche desideranti ; la bocca e la vagina vibravano come ventose molli emanando vertiginosi profumi di piacere. Qualcuno usa " Lilith " con lo stesso significato di " spirito del ven­ to " ; in tal caso ella era identificata, specie dalle popolazioni nomadi, con lo spietato vento del sud-ovest che spira, caldo e sconvolgente, dai profondi deserti dell'Arabia e sale verso nord e oriente, sulle contrade del bacino dell 'Eufrate e del Tigri con una azione rovinosa specie nel clima della Caldea, dove era addirittura capace di fiaccare la vita umana .

Lilitb nella tradizione sumerica-accadica

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Lilith era trasportata o avvolta i n questo furore elementale . Nei crocevia sostava per orientarsi e decidere verso quale casa irrompere, attraverso porte o finestre ; comunque laddove poteva trovarsi un uomo solo, o bambini poco sorvegliati, donne sole . Memore della maledizione di Jahvé Dio e della sua minaccia Lilith agiva di sorpresa anche attraverso l'inganno . Per tutti, essa era " Lil " , cioè l'incubo e la vittima diventava " Lilit " , cioè il succubo, così come succuba fu l a donna nei confronti di Adamo . L'incubo, al suo apparire in prossimità delle case, dei pozzi, del­ le stalle, generava sgomento e improvvisi risvegli dal greve e madido sonno . Si dice che certi uomini si ritrovassero d'improvviso, nottetempo, oppressi dall'angosciosa figura che li copriva col proprio caldo corpo e li abbracciava in un tale furioso amplesso che nessuno di loro faceva in tempo a liberarsene perché Lilith li faceva precipitare dentro la frenesia della erezione e di un orgasmo travolgente . Ma certe tradizioni orali dicevano che questi uomini morivano o si ammalavano di cupa malinconia . Altri venivano quasi svenati e dissan­ guati dalla bocca di Lilith . Per sfuggire alla vista del demone che incombeva, la vittima chiudeva gli occhi, urlando, ma la terrificante Lilith con la sua forza sessuale e psichica , continuava a far sentire la sua presenza . Se invece la vittima volge lo sguardo per non vedere la tremenda femmina con i suoi rutilanti seni , le squame, il ventre, le cosce incom­ henti nel demoniaco connubio , allora è avvolta dal respiro gelido e dal mormorio ghignante sino a essere costretta a voltar di nuovo gli occhi così da trovarsi faccia a faccia con il volto di Lilith, i cui occhi terrificanti fissano la vittima con luce inumana . Talvolta gli uomini erano sorpresi nudi nel sonno, col sesso in erezione e di colpo l 'incubo della mostruosa donna accosciata sul loro petto , muta, immobile e malvagia, li costringeva alla bruciante penetrazione , ma l 'insopportabile peso toglieva il respiro . In ogni caso c'è, in questi attacchi di Lilith, il ricordo di un senso d 'oppressione toracica orribile, un senso d'impotenza assoluto, dove gli individui non si sentivano l iberi , anzi, avvertivano subito l'incombere d'un incantesimo. La vittima era soggiogata dal demone che poteva farne qualsiasi cosa. Il risveglio di queste vittime succubi, era sempre penoso : un grido , il panico ancora persistente nel gesticolare scomposto, le mani che cercano di strappare via ciò che opprime il petto o la gola ; la mano è più volte passata sul volto o sulla bocca quasi a voler nettare un invisibile senso di schifo e viscida impronta. C'è un sudore freddo per tutto il corpo che si contrae in spasmi e clonismi di ripugnanza per aver subito l'amplesso atroce ;

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Il mito di Lilith e le sue fonti

la palpitazione cardiaca è parossistica, sibili agli orecchi che vorrebbero cancellare il sussurro dell'orrenda voce di Lilith , suadente e perversa . All'indomani gli uomini toccati da Lilith nel sonno , avevano un cupo malessere, senso di pesantezza , depressione profonda, sfiducia e pianto improvviso con dolori di testa e mollezza alle gambe . È dunque rilevabile, in queste descrizioni, l'esperienza deli'Angst , che è la combinazione di paurosa oppressione, terror panico, ansia, spavento, che tutti insieme formano l'emozione dell'incubo A Lilith viene indub­ biamente attribuita anche la qualità di vampiro. Di questa notizia abbia­ mo una sola fonte : Ernest Jones , che dice testualmente : .

" Come gli Incubi succhiano i fluidi vitali, portando la v1tt1ma alla consunzione, così i vampiri spesso poggiano sul petto della vittima, soffocandola . La Lilith ebraica , che Iohannes Wejer chiamò principessa dei Succubi , discendeva dal babilonese Lilitu, noto vampiro " . 45 Il Jones , che peraltro vede nel vampiro il simbolo di desideri sessuali incestuosi rimossi, dice anche che il nome Lilitu discende da " Lulti " che significa lascivia, e non dalla parola ebraica Laylah che vuoi dire notte. Si è trovata una parentela di Lilith con Alp e Mara, due spiriti malvagi che succhiano il sangue con rituali sessuali . Era assolutamente importante evitare il contatto corporeo e per que­ sto non sempre bastava la personale astuzia della vittima - che rara­ mente poteva salvarsi - ma accorrevano complicati rituali di scongiuri, formule apotropaiche, preghiere e invocazioni. La liturgia sumero-acca­ dica e anche quella babilonese-assira , accoglie molte preghiere e rituali dove l 'importanza di Lilith quale demone malvagio è sempre sottolineata . Nei testi che ci sono pervenuti ritroviamo sempre citato il suo nome fra i principali spiriti del male dai quali occorreva difendersi . C 'è una sui/la sumerica, cioè una cosiddetta preghiera a ' mano alzata ' , rivolta al dio Marduk , uno dei più importanti dèi solari dalla sapienza infal­ libile, astro sorto dall'abisso delle acque per illuminare il mondo e recare agli uomini i decreti della saggezza eterna. Marduk aveva in particolare il sommo potere di tenere lontani i demoni dagli uomini e di guarir con ogni mezzo le loro infermità ; le in vocazioni tenevano sempre presenti i pericoli che provenivano dalle minacce notturne di Lilith. Riportiamo il testo integrale della preghiera che ha struttura di inno , perché nella sua completezza è possibile farsi un'idea della potenza di Marduk nello scontro con i demoni :

Lilith nella tradizione

sumerica-accadica

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Preghiera a " mano alzata " a Marduk. ( Scongiuro Gran Signore ) del paese, re di tutte le regioni, ( Figlio primogenito di Ea ) , che primeggi in cielo e in terra. ( Marduk ), Gran Signore del paese, re di tutte le regioni , . . . dio degli dèi. ( Primo ) in cielo e in terra, che non ha rivali, che governa le decisioni di Ane e di Enlil. Il più misericordioso tra gli dèi, misericordioso, che si compiace di dar vita al morto, Marduk, re del cielo e della terra ; Re di Babel, re dell 'Esagila , re dell'Ezida, re dell'Emathila . Il cielo e la terra ti appartengono, le piaghe tutte del cielo ti appartengono . Lo scongiuro che ( garantisce ) la vita ti appartiene , la saliva di vita ti appartiene , la formula magica dell' Apsu ti appartiene . I viventi, la turba dei capi neri , gli animali , quanti se ne conoscono per nome e vivono sulla terra, le quattro regioni tutte intere, gli Igigi dell'universo celeste e terrestre quanti sono, tendono l'orecchio a te. Tu sei il loro dio, tu sei il loro genio protettore , tu sei che li sostieni in vita , tu sei il loro benefattore . Misericordioso fra tutti gli dèi , misericordioso, che si compiace di dar vita al morto . Ho invocato il tuo nome , dichiarato la tua grandezza, e vanterò l'invocazione del tuo nome ( tra quella ) degli dèi, celebrerò la tua lode . Quanto al malato, il suo male se ne esca ! Namtar, Asakku , Samana, Spirito cattivo, Alu cattivo, spettro cattivo , Gallu cattivo, dio cattivo , Rabisu cattivo , Lamastu Labasu Abbazu , Lilu , Lilitu, serva di Lilitu , Namtar cattivo, Asakku maligno, malattia maligna, fatture cattive, sporcizia, affezione della pelle ; ( . . . ) febbre , itterizia, faccia cattiva, lingua cattiva , dalla sua casa ne escano.46

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Il

mito di Lilith

e

le sue fonti

Nei versi 3 1 - 36 sono elencati tutti i più grossi spiriti maligni - gli utukku limnutu - fra i quali Lilu e Lilitu, che senza dubbio è rife­ ribile a Lilith . La dizione " serva di Lilitu " , secondo il nostro parere, voleva probabilmente indicare l a prostituta, la meretrice, o generica­ mente la donna che potesse in qualche modo essere in odore di mal­ vagità demoniaca . Le serve di Lilith erano sicuramente adoratrici di Anath , " madre di tutte le cose " emanazione femminile di Ame ; era anche la sovrana delle tenebre, cioè propriamente dell'oltretomba . I rituali erano imperniati sulla valorizzazione delle cose carnali e terrene, opposte al cielo . Molte donne di Caanan erano dedite al mere­ trieio nel segno del demone femminile, ma i loro guadagni venivano offerti al tempio . La pratica fu poi bandita : " Tra le figlie d'Israele non ci sarà alcuna prostituta sacra . . . "

( Deuter. XXI I I , 1 8 ) .

Lilitu compare fra certi demoni che himno precise funzioni e cariche distruttive. Vediamone il significato, seguendoli nell'ordine, per capire come la loro opera si intrecciava a quella di Lilu e Lilitu . Namtar, il primo spirito citato nella preghiera, era un utukku della categoria alU, cioè un distruttore . Il Namtar minacciava la vita con la peste e a lui erano affidate le anime dannate . Queste anime prese da Namtar non hanno più nulla di umano, e molto di bestia : teste di leoni, corpi di sciacalli, artigli d'aquile e code di pesce . Tale demone era in connubio con Nergal, il dio " distrut­ tore " . Di questi o di Namtar si conserva nella collezione Le Clerq a Parigi una tavoletta bassorilievo, forse assira ov 'è scolpito questo spa­ ventoso demone . Così lo descrive il Bassi : " . . . Un mostro a quattro ali : due , le maggiori , abbassate . Le altre due, distese . Il mostro dal corpo svelto di cui la testa ne è il glande , si drizza sulle zampe posteriori , che sono di uccello di rapina e posa le zampe anteriori feline su l'orlo della tayoletta . La sua testa, della quale non si vede naturalmente che l a parte di dietro, sovrasta all'orlo stesso e sporge dall'aftro lato . Voltando la tavoletta ci si presenta per prima cosa il muso del mostro pure di carattere felino ; le fauci spalancate , come a mandare un cupo ruggito ; gli occhi prominenti e minacciosi ; dall'insieme spira una ferocia che incute spavento . . . " .47 Il secondo demone nomina t o nella " suilla " è Asakku , parallelo, nella

Lilith nella tradizione sumerica-accadica

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gerarchia, a Namtar per la custodia dell'Aralu, l 'oltretomba. Asakku provocava la ' febbre della testa' , cioè la pazzia. Insieme alla peste, la follia generava il più grande spavento e richiedeva molte formule di scongiuro . Talvolta, dice la tradizione di incerta fonte, poteva accadere che un uomo fosse per notti ridotto a succubo di Lilith e, dopo una serie di incubi, la vittima veniva colta da follia, - certo le comuni sindromi psicotiche - e allora la si considerava dominata da Asakku , con la " febbre, malattia maligna " . Samana è un demone di incerta significazione, forse è inserito nel gruppo alU , come è specificato nel verso 3 2 . I l Gallu è i l gruppo dei demoni guerrieri che, insieme a l Rabisu, si scatenavano in aperta campagna, sulle strade, nelle gole oscure delle montagne tendendo imboscate a chi passava per i sentieri . Il primo genere di demone, Galh1, produceva orribili piaghe o mutilazioni alle mani ; Il rabisu invece ( a cui appartiene anche una variante di Namtar ) era il gruppo di demoni che nelle loro incursioni ustionavano o strap­ pavano la pelle o la infettavano con atroci pestilenze. Lamastu, più che un demone, va considerato un fantasma, insieme a Labasu , Io spettro maligno . Evidentemente essi agivano con la stessa dinamica degli Incubi. Vengono infine citati nella preghiera, nell 'ordine consueto in tutti �li inni, Liliì, Lilitu e serva di Lilitu dei quali si è già detto . Non è escluso pensare che i demoni, nella suggestione e nello psichismo popo­ lare, agissero associati. Un alu poteva presentarsi nelle sembianze di Lamastu, quindi assu­ mere la parte di incubo come Lilitu o una prostituta qualsiasi ; il con· nubio con la vittima poteva provocare , agendo Asakku e Namtar, ferite e deliri psichi ci, quindi la sifilide o altra " affezione della pelle " come d ice la preghiera . Se la vittima moriva, era consegnata a Namtar per an­ dare all'inferno . Ancora una preghiera a " mano alzata " a " Samas contro male causato da sortilegi " , reca lo scongiuro contro Lilith nella formula pressoché uguale . La riportiamo nel brano centrale, dal verso 27 : .. [ . . . ] La causa dell'oppresso e della derelitta tu giudichi , risolvi le loro questioni. Io N . N. figlio di N. N., stanco, mi prostro, perché per l'ira di dio e di dea un sortilegio mi ha legato : I'Utukku , il Rabisu, l'Etemmu, Liliì paralisi convulsioni, raggrinzirsi della carne vertigine, artrite, insania, mi hanno pesato e tu t ti i giorni mi provocano convulsioni " . 48

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Il mito di Lilith e le sue fonti

Qui, l 'elenco delle infermità e delle somatizzazioni si fa pm ampio e particolareggiato ; Lilith provoca fenomeni nervosi di origine chiara­ mente isterica. In alcuni testi cuneiformi sumeri i cui originali sono al British Museum, si trova nominata Lilith fra gli ' spettri di famiglia' . Essa, con altri spettri, poteva attaccare uno o più componenti della famiglia . La preghiera, intitolata proprio " Agli spettri della propria famiglia " , contiene uno scongiuro che mirava a d allontanare l o spettro dall'indi­ viduo a cui si era attaccato, offrendogli " offe " di cibo e bevande, ciuffi di capelli e brandelli di vestito dell 'individuo, oltre ad un feticcio sostitutivo per ingannare lo spettro. Gilgamesh, Samas, Anunnaki concorrono a tener lotani gli etemmu , gli spettri : " Scongiuro te, spettro, che non hai nessuno per seppellirti, curarsi di te ; di cui nessuno conosce il nome, ma lo conosce Samas che governa, sia maschio, che come maschio, sia femmina, che come maschio ( si comport a ) . Davanti a Samas, gli Anunnaki , allo spettro di mia famiglia, hai ricevuto un dono, sei stato favorito con un regalo . . . Ora ascolta ciò che t i dico ! Sia uno spirito cattivo , o un cattivo Alu, o uno spettro cattivo, sia Lamastu , o Labasu , Ahhazu, Lilu, Lilitu la serva di Lilu ; o ' Qualsiasi maligno' , che non ha nome, che s'è impossessato ( di me, mi travaglia ) è legato al mio corpo, alle mie carni alle mie fibre, non se ne stacca . . " .49 .

Probabilmente in questo esempio si può immaginare che Lilith rappre­ sentasse simbolicamente una situazione affettiva disdicevole in una famiglia , oppure veniva colpita l'abitudine di un congiunto di frequen· tare le prostitute. Nel caso che un uomo avesse una amante, si pensava subito ad un colpo di Lili th come " spettro di famiglia ".. È interessante, ancora , vedere che Lilith veniva considerata un de­ mone maligno capace di generare malattie. Nella concezione mesopo­ tamica , infatti, le malattie erano spesso accettate come effetto di infe­ stazione di spiriti maligni che sciamavano su ordine di qualche divinità offesa con azioni volontarie o casuali , oppure per intrighi di maghi e stregoni . Per guarire, si doveva riconciliare il dio offeso, oppure sciogliere

Lilith nella tradizione sumerica-accadica

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le ' malie' e i sortilegi . Nella preghiera a un dio solare Nusku protettore, lo scongiuratore operava con ingredienti rituali composti di sale, olio, ltlcali, recitando la preghiera di cui citiamo una parte : " Scongiuro . Nusku , re della notte che rischiari le tenebre, ti fai avanti nella notte e scruti gli uomini ; senza di te non s'apparecchia la mensa nell'Ekur. Il Sedu, lo ' Spione' , Rete captante il Demone cattivo, il Galhl, il Rabisu, dio cattivo, lo Spettro ( Utukku ) , il Lihl ; la Lilitu si nascondano in luogo segreto. Davanti alla tua luce fa che esca il ' portatore di sfortuna' , scaccia l o spettro, raggiungi i l male, Sulak, che s'aggira nella notte, il cui tocco è morte " ; 50 qui la fantasia si è sbrigliata a elencare tutti i demoni e l'intento è quello di sloggiare al più presto il portatore di sfortuna, mentre è auspi­ rato che il demone femminile si nasconda alla vista. Possiamo immaginare che l'azione dei demoni fosse improvvisa, mas­ sicci a e opprimente ; Lilith, in combutta con gli altri, assale un uomo c lo ghermisce. Ecco uno scongiuro dove ci rendiamo conto della pene­ t razione di un demone in un corpo . Questa preghiera è forse una delle piì1 appariscenti e drammatiche, ma ne riportiamo soltanto i versi signi­ ficativi, rimandando il lettore al testo . Qui la femmina pericolosa è nominata nella consueta triade. Ha colpito un uomo e : .. [ . ] Ha preso il cuore , il capo, il collo, la faccia , ha preso i miei occhi, che ci vedevano , ha preso i miei piedi, che marciavano, ha preso le mie ginocchia , che si muovevano , ha preso le mie braccia, che erano attive . [ . ] A un morto mi hanno consegnato, mi hanno fatto vedere ( tempi ) difficili . L'Utukku cattivo, l'Alti cattivo , o l'Etemmu cattivo, il Gallu cattivo o il dio cattivo , o il Rabisu cattivo; Lamastu o Lamasu , o l 'Ahhazu Lilu, o Lilitu o la serva di Lilu ; ovvero la febbre montana, malcaduco , genia di Sulpacea, oppure anta - sub - ba, 'dio cattivo' oppure ' mano di dio', ' mano di dea' .

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Il mito di Lilith e le sue fonti

ovvero ' mano di spettro', 'mano di Utukku', ovvero 'mano di uomo' ovvero Lamastu [. ] o qualsiasi male che non ha nome o qualsiasi stregoneria di uomini che mi ha preso, notte e giorno mi travaglia , distrugge l e mie carni, tutto il giorno m i stringe, tutta la notte non mi lascia " 5 1 . .

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In un altro documento troviamo una grande preghiera a Ishtar, dove sono elencati molti mali, particolarmente psichici , e ove Lilith appare citata in una versione insolita : " In questo giorno ho sacrificato una capretta, ne ho estratto la pelle, ogni male, ogni cosa non buona : Lih1 , Lilitu , la serva di Lilu, stregonerie, sputo ( magico ), sporcizia, maneggi cattivi, s 'allontani dal tuo cospetto, si faccia lungi . Lui possa vivere, al suo corpo, procura salute " .52 Per quante variazioni compaiano, il tema di fondo rimane inalterato : la malattia, il maL:>cchio, la sporcizia, il dolore e il bisogno di allonta­ nare i demoni maligni da se stessi o la propria casa. Siamo intorno al 630 a.C. e il rituale cambia di poco, rispetto alle formule anticoaccadiche e protosumere. Per concludere questa ricogni­ zione, soffermiamoci un momento sul rituale assiro Bit-Rimki che com­ prende il ciclo di preghiere di Ki-utu-Kam, dedicate al benefico dio Samas con l 'intenzione di ottenere scongiuri per malattia o altri incon­ venienti che potevano colpire in particolare il re o i dignitari . Queste preghiere furono certo redatte in Ninive durante il regno di Assurba­ nipal . Il rito era praticato soltanto in occasione di gravi pericoli e le preghiere Ki-utu-Kam erano recitate dall'officiante con la stessa gestua­ lità della " mano alzata " . Il re stesso la recitava passando attraverso una serie di case e compiendo abluzioni varie con azioni di magia bianca su determinate figurine di terracotta per operare il transfert . Nei versi che riportiamo, ancora una volta è possibile ritrovare tutta la tensione drammatica dello scongiuro e l'impegno psichico dell'officiante . Le fìgu· razioni dei malanni sono così plastiche, da com mentarsi da sé ; e anche qui Lilith, nella redazione Lilu , è vista come un demone che sceglie, colpisce e paralizza l 'uomo, in violenta alleanza con gli altri diavoli del repertorio . Notiamo che in questa preghiera non sono nominate

Lilith nella tradizione sumerica-accadica

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malattie, bensì vengono citate le azioni fisiche dei demoni sui corpi dei malcapitati ed è impressionante perché sembra di assistere ad una vera lotta libera, al corpo a corpo. Ma tutto è reso con estrema plasticità e immediatezza perché probabilmente si doveva - per scopi liturgici far sentire come erano pericolosi gli attacchi e le possessioni dei demoni . Citiamo la parte �entrale della preghiera : « [ ] Samas, esperto, eccelso, consigliere di te stesso, tu sei ; Samas, capitano eccelso, giudice del cielo e della terra, tu sei . Quanto è nel cuore e la gente non dice, te lo comunica lo ' spirito' di tutti gli uomini. Il maligno tu fai presto ad abbatterlo discernendo diritto e giustizia; Chi ha sofferto ingiustizia, chi ha subito violenza, chi inconsciamente ha bestemmiato, chi alla cieca ha fatto opposizione ; l'uomo che Namtar ha afferrato, l 'uomo che un Asakku ha ac[ ciuffato l 'uomo contro il quale un Atakku cattivo s 'è scagliato, l 'uomo che un Alu cattivo nel suo letto ha sopraffatto, l 'uomo che un Etemmu cattivo nella notte ha gettato a terra, l'uomo che un Gallu grande · ha ammazzato l 'uomo a cui un dio cattivo ha piegato le membra, l'uomo a cui un Rabisu cattivo ha fatto drizzare i capelli, l 'uomo che il Lamastu ha afferrato, l 'uomo che il Labasu ha rovesciato a terra , l 'uomo che l 'Ahhazu ha colpito di febbre, l'uomo che la serva di Lilu ha scelto come vittima, il giovane che la serva di Lilu ha inceppato, l'uomo che un sogno cattivo ha legato, l 'uomo che un incantesimo ha incatenato, l'uomo contro cui una bocca cattiva ha imprecato, l 'uomo che una lingua cattiva ha maledetto, l'uomo che un occhio cattivo ha guardato con ira, l'uomo che incantesimo ha immobilizzato, l'uomo che uno stregone ha buttato per terra . . . Samas, l a vita d i tutti costoro è i n tua mano ! Le loro querele tu le riduci all'unico senso [ . . ] " .s3 •••

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Più o meno per tutto il decorso della civiltà neo-assira cqn Assurba­ nipal, la caduta di Ninive nel 6 1 2 a.C. eppoi nella fase dell'impero

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Il mito di Lilith e le sue fonti

neo-babilonese con Nabucodonosor u , fino alla dominazione persiana, rimangono ancor vive tracce dei rituali sumerici e accadici, dove si conservano alcune usanze e formule riguardanti gli scongiuri verso Lilith. Dopo questa fase, probabilmente l 'archetipo del femminile ribelle subisce una ulteriore elaborazione passando nel folclore e nel ritualismo egiziano e greco, perdendo in parte il carattere di irrazionale figura­ zione di un terrore magico, animico, pervaso di cariche apotropaiche che ne facevano un'espressione ctonia naturale . Più tardi invece, Lilith si struttura come archetipo e simbolo dei divieti posti sul desiderio e su di esso vanno ad aggregarsi tutte le influenze cultuali religiose e psicologiche trasformandola in vero tabù. Riteniamo che questo passaggio, sul piano della rappresentazione sim­ bolica, veda la trasformazione di Lilith da demone terrestre a figura­ zione astrale incentrata nella luna . Nel concetto di Grande Madre entra anche Lilith . La proiezione del mitologema avviene questa volta nel cielo ed è nella Luna che il femminile trova, d'ora in avanti, il contesto psicologico di una cosmogonia interna-esterna dove il sincronismo del­ l 'astrolatria eppoi dell 'astrologia, ha la sua funzione preminente . Lilith in un certo senso, subisce una scissione : da un lato permane come spirito maligno terrestre evolvendo nel simbolo della strega, dall'altro lato di­ venta una divinità astrale legata alla Luna, dando così corpo all'imma­ gine .della Luna Nera. Seguiamo quindi la storia d i Lilith nei due versanti parallelamente, ma teniamo presente il processo evolu tivo . Le più lontane popolazioni non avevano la minima percezione del mondo interiore soggettivo e psi­ cologico ; l 'uomo dell'epoca di Ur, per fare un esempio storico, aveva soltanto nozione della realtà concreta ben divisa dal mondo infero, il regno degli spiriti. La vita soggettiva era ancora del tutto inconscia. Il mito aveva incorporato Lilith, sicuramente dandole una forma cristal­ lizzata in ben precise immagini antropomorfizzate ( si pensi alla " serva di Lilu " che era certo la prostituta, per antonomasia ) . I diavoli veni­ vano vissuti come esseri viventi ed erano rivestiti di attributi umani e anche erano le concretizzazioni di cose che accadevano agli esseri viventi . Sappiamo ora che queste attribuzioni , le figurazioni, le personifica­ zioni erano solo un termine della corrispondenza psicologica che si rea­ lizzava fra soggetto e oggetto internalizzato. Così, i miti che crescono intorno ad un fenomeno naturale, rappresentano la percezione di una verità esclusivamente soggettiva che viene proiettata nell'ambiente ester­ no oppure addirittura percepita come esistente nell'ambiente stesso . Gli antichi non sapevano questo né conoscevano i meccanismi della proie­ zione psicologica : si limitavano a vivere quanto sentivano e vedevano, ma nella corrispondenza, nel rapporto fra uomo e demone , fra uomo

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e dei tà, fra uomo e d evento, s i realizzava sempre u n transfert grazie a l processo di simbolizzazione prevalentemente concretizzato . Così nel graonde passaggio dalla concezione della Luna come dio ma­ schile a quella dove la Luna diventa finalmente l'archetipo e l ' 'oggetto' del principio femminile e della Grande Madre, si verifica anche tutto uno spostamento del mitologema legato a Lilith . Seguendo attentamente l 'evoluzione dei miti lunari, noi ci ritroviamo ancora in presenza di una androginia che si divide. Il lunare Sin, che noi abbiamo visto invocare negli scongiuri contro i demoni nella liturgia babilonese, viene a poco a poco soppiantato da Ishtar, la grande dea lunare, femmina, descritta volta a volta come Madre o Figlia della Luna. Sarà la corrispondente della I side egiziana . Poi sorgeranno Shamas e Ra, gli dèi solari maschili, per completare la netta separazione. Quan­ do la Luna diventa oggetto della proiezione collettiva dell'immagina­ zione inconscia del femminile , allora Lilith esce dalla demonologia per assumere caratteri ierofanici . La Lilith egiziana e greca viene proiettata nella Luna.

4 Lilith nella tradizione egiziana e greco-romana

La formazione del mito della Luna Nera associata a Lilith, ha la radice tipica e specifica nel ciclo della Luna, con le sue fasi. Luna sorgente e Luna piena corrispondono alla Grande Madre. Con la luna risplen­ dente in cielo, analogicamente era vissuta la pienezza della fertilità e dell'influsso benefico nella natura tutta, specie sulla psiche femminile. Quando la Luna, conclusa l 'ultima fase, scompare, si realizza analogi­ camente la drammatica Luna Nera, l' " assente " : il demone dell'oscurità. L'uomo dell'età egizia e greca, assume un atteggiamento conseguente dinanzi a tale sincronico evento astrale. Con il crescere della Luna, l 'uomo proietta in essa l 'immagine buona dell'eroe lunare, del re muni­ fico e sapiente. Quando invece la luna scompare, si vive drammatica­ mente la sconfitta del re. Il demone femminile, il drago delle tenebre ingoia l 'uomo e isterilisce la terra . La storia tipica di base è dunque l'esperienza della fasicità lunare. Con la proiezione del tema interno nella luna, Lilith assume un carattere numinoso e religioso, così da manifestare il lato feroce delle deità femminili. E ciò avviene - si suppone - con una energia ancor più potente, perché - come ha detto Jung - gli dèi sono principi o nuclei energetici che funzionano a prescindere da ogni volontà e difesa conscia e in definitiva l'uomo deve sempre inchinarsi davanti al dio, al suo mana, alla sua emanazione psichica . Teniamo presente che gli adora­ tori degli dèi dell'area precristiana vedevano nel dio la duplicità nell'uni­ tà, per cui bene e male si fondevano nella stessa deità. Cosa inconcepi­ bile per noi cristiani, che abbiamo la grande scissione fra Dio come Bene e Diavolo come Male . Com 'era questa dea Lunare ? Aveva una duplice natura che : " Nella fase sovramondana, corrispondente alla luna piena, è buona, compiacente, benevola. Nell'altra fase, corrispondente al tempo in cui la luna è oscura, è crudele, distruttiva e maligna. Non è che queste dee siano indifferenziate o inattendibili . Infatti come

Lilith

nella tradizione egiziana e greco-romana

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dal primo giorno in cui appare nel cielo la sottile falce di luna si può aver fiducia che crescerà in grandezza e splendore, notte dopo notte, fino alla luna piena, e quindi che decrescerà fino a che la brillantezza della luna non ' sarà stata inghiottita' dalla luna oscura, così la dea present a agli uomini prima il suo aspetto benefico e quindi il suo aspetto irato " .54 Per essere chiari stabiliamo dunque l'ordine di comparizione - nella scena della mitologia lunare - della dea luna . La prima è ISHTAR, la famosa madre di Tammuz, adorat a in Babi­ lonia 3000 a .C . La seconda dea lunare è ASTARTE ( o anche Ashtart ), adorata da Ebrei. Fenici e Cananei già oltre la liturgia accadica . Il suo culto è citato già nel 1 4 7 8 a.C. - Poi c'è la grande ISIDE di Egitto, pre­ sente nell'area cultuale mediterranea dal 1 700 a.C. Nell'ultimo secolo a .C . , nella Frigia , c'è infine CIBELE. La dea lunare celtica è invece ANU (o Annis ), il cui culto giunge sino in Europa. Cibele fu poi identificata con le dee greche REA , GEA , DEMETRA e con le equivalenti romane Tellus, Cerere e Maja . Ci sono poi sot tordini di figurazioni in ogni religione, ma n o n è qui luogo per citarle tutte . E dinanzi a questa dea Luna, l'uomo sl'n te di rivivere la storia arcaica di Adamo . Un lato di questa divinità, d i q uesta ' femmina sacra ' non è buono , non si palesa ; anzi, si rifiuta u l l a vista, fugge dal cielo, si nasconde o - peggio - si ribella . Ebbene, l 'uomo che guardava la luna nel gran cielo arabico o egiziano, che la v i veva nel proprio sguardo, e nel cuore attraverso il culto, come reagiva quando l 'ultima falce di luna esigua andava a celarsi oltre l'orizzonte per non riapparire più se non dopo giorni e notti illuni? Reagiva con spavento e persino panico. Probabilmente è lo stesso tipo di reazione avuta dal primo Adamo dinanzi alla scomparsa di Lilith : una crisi di abbandono vera e propria, una angoscia di distacco incolmabile. Come Lilith è fuggita dall'Eden lasciando un messaggio di rancore e odio cosl la dea Luna 'fugge' dal cielo e si fa NERA, cioè vendicativa e irritata. E l'uomo, dalla terra dove si sente confinato e dominato, tenta di dimi­ n u i re la pressione dell'angoscia esorcizzando la luna assente. Ciò che non si vede non costituisce problema . Sì, ma anche : ciò che non si vede ugisce subdolamente. Ora, proprio nella religione greca troviamo l'esem­ pio più calzante di mutamento da un aspet to all'altro della Luna. Ma prima di inoltrarci nella vasta mitologia delle deità greche simbolizzanti uspetti di Lilith, torniamo a considerare la natura doppia - bianca e nera - della dea lunare nelle più primitive figurazioni egizie e dell'area mediorientale. Dai documenti - preghiere, inni che sono oggi accessi­ bili - noi sappiamo che la dea Luna era esaltata nelle sue bt,�one qualità, ma anche temuta nella sua ira; cel;'te. prt;ghiere c invocazioni che si tene-

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mito di Lilith e le sue fonti

vano nei riti notturni avevano per scopo la propiziazione della dea . È il potere malefico che più turba, ma anche la luna bianca non era esente da arroganza . Se leggiamo, per esempio, una preghiera del periodo elle­ nistico, dove Ishtar si presenta, vediamo che la dea parla di sé in prima persona e vanta le proprie prerogative con un tono quasi spavaldo, di virago, dove gli attributi maschili ancora ibridano fortemente il femmi­ nile. Si rileva anche, dai versi del testo ritrovato dal Reisner, l'aspetto primitivo della dea, che segnerà d'ora in avanti il lato oscuro lunare, nucleo del mitologema di Lilith. Ne segnaliamo le parti più indicative : 3 " Io sono dìvina, la signora del cielo, io esercito la signoria ; piccoli e grandi io strappo via, da loro stabilità. Quando sto nei cieli la sera io ( come ) luce del cielo sto alta nel cielo . 5 [ ... ] Quando sto nel folto della mischia io sono il cuore dello scontro, io sono il braccio dell 'eroismo . 1 5 Quando marcio nelle retrovie, io sono la distruzione che assalta maligna. 21 [ . ] Quando entro in una rissa io son donna che sa l'insulto . 25 [ . ] Quando mi siedo alla porta della taverna io sono la cortigiana che conosce l'amore ( variante : sono una ladra ) . [ ] io sono una piccola rete , io sono la migliore persona, con in seno un pugnale affilato. Quando la sera sto nei cieli, io sono la signora che riempie i confini del cielo . Il mio aspetto nei cieli ispira soggezione, al mio bagliore divino si conturbano i pesci nell'abisso " .55 . .

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I shtar veniva caldamente implorata con preghiere di forte intensità emo­ tiva e partecipazione supplice . Evidentemente, la dea era munifica e benigna, ma anche capace di 'voltare la faccia' e quindi mostrarsi irri­ tata e punitiva col nascondersi. Ecco una supplica di· cui riportiamo la seconda parte . Tutta la composizione, che ha la struttura della ' suilla' accadica, si stacca dalle altre consimili per il notevole livello artistico .

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Il supplicante, qui, tenta di placare la dea e implora la restituzione dei favori : " Io ti invoco, stanco e sfinito, dolorante, tuo schiavo ; guardami, signora, accogli la mia preghiera, considerami benigna, odi la mia supplica . ' Pietà ! ' pronuncia per me, il tuo animo si sciolga ; Pietà ! per il mio corpo ( tutto un ) gemito, smarrito e confuso ; Pietà ! per il mio cuore malato, pieno di lacrime e sospiri; Pietà ! per i miei presagi tormentati, imbrogliati e confusi ; Pietà ! per la mia casa in apprensione, che geme in pianto ; Pietà ! per il mio animo in continue lacrime e sospiri . Ishtar, leone furioso, il tuo cuore si plachi ; toro furente, il tuo animo si calmi . I tuoi occhi benigni si posino su di me, con il tuo volto ridente guardami benigna, scaccia le malie cattive dal mio corpo ed io veda la chiara tua luce . [ ... ] Mi agito come l'onda che un vento ingrossa maligno ; vola e svolazza il mio cuore come l'uccello nell'aria ; gemo come colomba notte e giorno. Mi arrovello in pianto amaro, tra ahimè ! e ahi ! si strugge il mio spirito . Che mai ho fatto, mio dio e mia dea, io ? Perché, come non temessi il mio dio e la mia dea mi si tratta ? Mi gravano addosso male, emicrania distruzione e rovina; m 'è piombato addosso imbroglio, voltafaccia di dio e ira rabbiosa ; Ho visto, signora, giorni bui, mesi tristi e anni d 'affanno, ho visto, signora, catastrofe, scompiglio e violenza ; m'abbranca la morte e la stretta . In desolato silenzio è la mia cappella , in desolato silenzio è il mio santuario, sulla mia casa, quartiere e campagna s'è rovesciato silenzio di morte . Il mio dio in altra parte tiene avversa i ·: faccia, la mia parentela è dispersa , il mio ripu; " è in pezzi . Io spero nella mia signora , 8 te sono tesi i miei orecchi, te io prego, deh ! sciogli il m.-, legame , sciogli il mio peccato, la mia colpa, la mia trasgressione e il mio fallo. Dimentica la mia trasgressione, accogli la mia supplica, allenta le mie catene, rendimi libero,

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tieni dritti i miei passi e sorridente , da signore, tra i vivi possa andare per via . Comanda, e al tuo ordine, il dio irato si riconcilii, la dea, che era con me corrucciata, ritorni. Del mio braciere, fatto nero e fumoso, la fiamma di nuovo si ravvivi, la mia fiaccola spenta risfavilli ; la parentela dispersa di nuovo s 'aduni , si dilati l 'ovile, s'allarghi lo stazzo . Gradisci la mia prostrazione, ascolta la mia preghiera, guardami benigna, accogli la mia supplica . Fino a quando, signora, sarai corrucciata e avverso il tuo volto ? Fino a quando durerà la tua ira, il tuo animo sarà indignato ? Drizza il tuo collo che hai rivoltato da me, atteggia il volto a parola graziosa ; come acqua mi libera il fiume l'animo tuo si calmi " .56 Come abbiamo detto, c'è il continuo riferimento alla dea che nasconde il volto irato. La Luna Nera, era interpretata simbolicamente con il piegare il volto : la dea rifiutava di manifestarsi . Anche in una preghiera del re Assurnasirpal 1, ricorre l'immagine della dea lunare I shtar che volge la testa : " lshtar, la cui natura è di guarire , insonnie quante ne soffro, porto davanti a te : alle mie parole stanche inclina i tuoi orecchi, al mio parlare afflit to il tuo animo si plachi. Guardami, signora, perché al tuo star voltata il cuore del tuo servo si rattrista [ . ] " . 51 ..

Nel culto babilonese, la luna ha dunque attributi molto benigni; siamo ancora lontani dalla demonizzazione della dea lunare greca . Ishtar è cor­ rucciata, in alcune situazioni è irritata , ma non distruttiva . La dea, in questi esempi, è più che altro chiamata a intercedere presso altri dèi irati. Analogo valore aveva Iside, la grande sposa di Osiride. Peraltro , essa ha poi assunto più rapidamente la valenza di imago mater. Iside, più di altre deità mostrava tutta la complessità del femminile. La rete di Iside, il velo di Iside, sono simboli della fascinazione che sapeva eser­ citare nelle fasi, anche quando era nascosta ( analogica al viaggio agli inferi per ritrovare Osiride) . Considerata il Logos, la sophia, Iside era capace di rigenerare la vita e restituire amore all'uomo, ma anch'essa

Lilith nella tradizione egiziana e greco-romana

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uveva il " lato nero " . Si conoscono statue dove I side è rappresentata nera . La Harding opina che alcune Vergini Nere di certi santuari siano evo­ luzioni delle statue erette a Iside Nera.58 Forse Iside vestita di nero per il lutto di Osiride , fa presumere l'attribuzione di Luna Nera? Plutarco fa un parallelo fra luna calante e I side Nera . Il concetto quindi si è rafforzato anche nella cultura greca nei primi secoli d.C. C'è da conside­ ra re che nei culti egiziani prevaleva il teriomorfismo poiché ancora per­ Nisteva l 'identificazione con gli archetipi. Gli attributi matriarcali della luna simbolizzati da Iside, si affiancavano agli attributi dell'istintualità più indifferenziata, per cui era comprensibile che le immagini non corri­ spondessero più alle concettualizzazioni consce ma fossero investite di possibilità rappresentative subumane, prenatali , arcaiche. Gli esseri ' di­ v i ni' egiziani erano in parte umani e in parte animali. Come dice Jung , il modo come si presentavano queste figure dipendeva dall'atteggiamento della coscienza . È intuitivo che un atteggiamento negativo, di colpa, ira r malvagità faceva presentare - alla deità - il lato animal e ; nell'altro r n s o , davanti al positivo, si presentava il lato umano . Tanto più terrifico i l primo quanto più voleva punirsi il supplice . Così vediamo che nel sincretismo ellenistico - Echidna - una per­ sonificazione di Lilith di cui diremo più avanti , era considerata proprio 1 1 11 11 derivazione della madre Iside . Nel Libro dei Morti degli Antichi / :'J!.iziani, compaiono aspetti della dea lunare rispondenti alla esperienza della morte. Nelle preghiere ritroviamo demoni femminili verosimil­ mente corrispondenti alle figure demoniache già viste nell'epoca sume­ rica . Il demone è metà donna e metà serpente nella parte superiore . Ecco un testo : " O tu dea dalla testa di Serpente, guarda ! Io sono la fiamma che rischiara i milioni di anni a venire ! Ecco la divisa del mio stendardo : ' L'avvenire fiorisce al mio incontro' . Poiché i o sono l a dea dalla testa d i Lince " .59 l ) n 'altra invocazione, citata nella stessa opera, si rivolge ancora a un demone serpente-donna con l 'intento di sbarrarle il cammino e l'opera funesta : " Arrestati Rerek , indietreggia demone dalla testa di Serpente ! Guarda : ecco Shu e Keb che ti sbarrano il cammino. Non muoverti ! rimani dove sei ! " .

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Il simbolo della Luna e Mezzaluna Nera appare spesso nelle figùrazioni e statliette del culto egiziano . A parte le numerose rappresentazioni dove compare la Luna Nera nel suo quarto calante, troviamo nell'arte decora­ tiva egiziana la raffigurazione di Iside nel simbolo nero della Luna. Molto interessante ci sembra una pittura che rappresenta il dio S IN quale Signore del cielo, dominatore del mondo luminoso e del regno tenebroso . S IN è ,raffigurato in piedi paludato del ricco abbigliamentq regale ; tiene nella mano sinistra il trifoglio. La persona sacra è racchiusa nel cerchio della Luna, al cui interno, disposta in basso sotto il Re, come una barca, c'è la grande mezza Luna Nera . Chiaramente è dominata dal principio attivo . Naturalmente Ja luna è talvolta sostituita dalla figura di Iside. Note sono anche le monete mesopotamiche di Megara, dove la Luna Nera - Lilith , già imparentata a Ecate triforme - è rappresentata da tre mezze Lune Nere che ruotano attorno ad un centro, quasi annun­ ciando il motivo della svastica . Iside polimastica in una statuetta arcaica ha sulla testa la mezza-luna nera. Ancora nel Libro dei Morti degli Antichi Egiziani, troviamo incan­ tesimi e scongiuri in forma di inno che servivano a respingere gli Spiriti dalla testa di coccodrillo , molto malefici e distruttivi . Non escludiamo che tali creature teriomorfe esprimessero il lato oscuro del femminile . Jung cita il simbolo del coccodrillo quale mostro nero degli inferi come trasposizione della Kore fanciulla demetrica o nell'aspetto di Ecate : sia­ mo in presenza , ancora , di Lilith . Attraverso il Mediterraneo e la Palestina, molte figure divine dei culti religiosi ebraici ed egiziani approdarono alla Grecia. Subito vedia­ mo nel mondo ellenico instaurarsi l 'idea base della connessione fra Luna e Donna . È infatti nella psicologia dei Greci che troviamo espressa al massimo grado tutta la potenza e la portata del mito di Lilith - Luna Nera . La luna domina , fin dalle fasi culturali primitive, tutta la vita religiosa, ma non è più vissuta come oggetto esterno sovramondano e sovrumano investito di poteri magici e attributi che necessariamente permettano il dominio sull'uomo. Una identificazione esisteva, al mas­ simo, fra i luminari e il Re o i grandi sacerdoti . In Grecia avviene invece una presa di coscienza più vasta del mondo psicologico umano e le deità sono considerate come creature vive in cui si poteva ben cre­ dere, operando via via proiezioni e identificazioni . Come dice Kerényi,60 le divinità greche si possono comprendere come eterne figure, come grandi realtà del mondo e la loro potenza espressiva è dovuta alle verità che in esse erano contenute. Diciamo senz'altro che queste divinità portavano archetipi e simboli in misura eccezionale, costitutivi dell'in­ conscio collettivo greco. La verità di questi dèi, è sempre una realtà che si affaccia all'anima.

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Le figure greche divine - dice Kerényi - " si potrebbe paragonarle a quelle formule che esprimono con chiarezza e precisione l'equilibrio di immani forze cosmiche, formule che colgono il mondo in ogni suo aspetto, come in una situazione-limite, presentandolo allo spirito in modo da far pensare che il minimo spostamento di quell'equilibrio possa pro­ vocare il crollo dell'universo " . Le divinità greche sono idee, o simili alle idee . Si affacciano allo spirito umano come aspetti del mondo e del cosmo . Come tali, dunque, sussu­ rnono, e con estrema violenza, gli aspetti più contrastanti; tali contra-' �ti sono racchiusi in un incredibile equilibrio-limite, che costituisce la 11iù appariscente caratteristica della psicologia religiosa greca. Peraltro, la divinità e la figura greca non è statica e immutabile nel tempo come in altri culti . C'è nella struttura del dio ellenico, una realtà psichica che diviene nel tempo, si modifica con una intensità pari alle modificazioni psicologiche e comportamentali degli uomini . Ora, quello che Kerényi l'hiama l'equilibrio scaturente dalla situazione-limite nella dea greca ( pro­ totipo : Artemide ), si coagula intorno ad una zona limina/e dove i con­ t rnri sono compenetrati come un bocciolo di fiore . Gli opposti estremi � ono coinvolti, come si può immaginare siano correlati, intrecciati fra luro, nell'unità, i nuclei antagonisti di un 'unica idea. Quindi la figura divina greca porta in sé l'idea come esperienza spirituale. L'idea parados­ NIIIc del Kerényi ci sembra ricca di verità : è l'idea mitologica da cui si possono prevedere tutti gli sviluppi possibili . In tal modo, ecco moti­ VIl l a la apparizione di dèi e dee che esprimono con enorme varietà tutta l11 �amma dei sentimenti e nel positivo si mescola il negativo, nell'orro­ ,.� del male si fonde l'armonia del bene e così di seguito . Questa introduzione era necessaria per far comprendere come nelle d i v i n i tà elleniche vi sia espresso l'abisso del mondo individuale. La l . u n a Nera non è più un totem , diciamo, significativo di una relazione pri maria dove la soggettività non è ancora nozione conscia. In Grecia, I'NNII diviene creatura/e. Il demone si affaccia all'anima dell'uomo greco r 11 l i fa conoscere tutto l'orrore , senza limite alcuno, della catastrofe v i NHuta dalla coppia biblica, si accende nella coscienza greca come un '" 'Moscioso trauma da re-integrare . Quel che nella donna era stato veduto 1 1 1 tnc proibizione, trasgressione, imposizione dogmatica, diventa, con l '11pparire di Ecate, consapevolezza del male implicito nella umana natura. Prr ovvie ragioni non affrontiamo estesamente l'argomento della Kore r di t u t ta la trama delle amplificazioni del mitologema lunare. Lo ac­ ' rnniamo soltanto in sintesi per poi affrontare direttamente le iconografie d i v i ne che personificano la Lilith-Luna Nera. Lo luna greca preellenica ispira un terrore superstizioso proprio per la •htMolarità, inspiegabile per la mentalità arcaica, della sua vicenda perio-

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dica . Ben presto le tre fasi lunari , Luna crescente ( primo quarto ), luna piena ( totale ) , luna calante ( ultimo quarto ) , rispecchiano le tre fasi della vita secondo la triade riferita alla vita della donna . Vergine = primo quarto ; Ninfa = luna totale ; Vecchia = ultimo quarto . Succes­ sivamente la dea fu identificata al variare delle stagioni . Si giunge quindi al concetto donna-luna . Poi la luna come Madre Terra ; evidente connes­ sione con la fertilità e la produzione vegetale stagionale . Infine c'è la triade ieratica : la Vergine dell'aria, la Ninfa della terra e la Vecchia del mondo sotterraneo . Esse sono personificate rispettivamente da Selene, Afrodite ed Ecate come figure fondamentali che si richiamano all'arche­ tipo della Kore. Per conoscere nei particolari le attribuzioni e le nume­ rose traslazioni dei nomi , suggeriamo allo studioso la consultazione di opere specifiche sull'argomento .6 1 Teniamoci al disegno essenziale . Que­ ste tre dee costituivano nel contempo una persona sola e trina. A sua volta la trinità-base si ripeteva sul multiplo sino al numero 9 , i n quanto ogni dea-fase era ' trina e d una' i n una sola dea. D a questa struttura derivò poi il calendario del tempo ; anno, mese e settimana . La figura fondamentale è la Kore come prototipo della dea fanciulla centrata sull'archetipo lunare. Essa è una matrice mitologemica ed espri­ me - nel suo nome - l'idea mitologica primordiale dalla quale si di­ partono successivamente tutte le germinazioni di dee fanciulle, ninfe, vergini ecc. Si deve sostenere l'idea che la Kore , per la prima volta espri­ messe, per i greci , l 'ANIMA. Nelle fasi successive la Kore diviene Madre e Figlia , ma il nucleo conserva le sue componenti di Maschile e Femminile insieme : sarà A the­ na Parthenos la dea derivata, immune da passioni, mentre Artemide sarà la dea che esprime tutte le passioni . La Kore in senso assoluto sarà però PERSEFONE, figlia di Demetra , ed è quella che per noi regge il fondamento mitologemico di Lilith e della Luna Nera, in quanto si di­ stingue dalle caratteristiche di Athena e Artemide che stanno fuori da ogni riferimento femminile ( cioè il tenere il rapporto con l 'uomo e la madre) , mentre Persefone esprime - come sostiene Kerényi - " questi riferimenti come due forme di esistenza al loro limite estremo : in un equilibrio in cui una di queste forme di esistenza ( la fanciulla presso la madre ) appare come vita, l 'altra ( la fanciulla presso l 'uomo) come morte " .62 Questa Kore nell'allegoresi greca , è simbolizzata dalla Luna Bianca e l a Luna Oscura : l'equilibrio è nel mutare; esserci e perdersi; venire e andare. Kore Persefone conosce il limite oltre il quale si spro­ fonda nelle tenebre dell'Ade . Si distanzierà sempre più, nel rituale, dalle caratteristiche di Athena, Artemide, Demetra stessa, per identificarsi totalmente con la Kore-Ecate irrevocabilmente sposa del dio infernale Ade, regina del Tartaro, la guardiana del mondo sotterraneo .

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Cosa avviene dunque in questa nuova, complessa personificazione di Lilith? Si è detto che la Kore è la dea fanciulla ancora integra, come un bocciolo di fiore, quindi è l'Anima nella sua totalità ma non ancora sperimentata in senso fenomenologico. Kore è ancora davanti al destino ignoto senza conoscenza del possibile accadere . Corrisponde dunque al concetto, alla nozione di LUNA ; la luna non ancora distinta e conosciuta nelle sue fasi. Persefone invece è la rottura dell'equilibrio ; non più la Virgo intacta, Luna, bensì l'ultimo quarto della fase lunare. Kore-Perse­ fone che è nel giardino si prepara a fronteggiare il proprio destino ; nella situazione - ove il mito racconta che sta cogliendo i fiori e non si avve­ de del dio che si appresta a rapida - Persefone rappresenta l 'ultima fase lunare, quella sottile striscia dell'astro che ancora è nel cielo in una estrema tensione del significato, dell'equilibrio ; è vicina all'orizzonte, può sparire e ancora non lo fa, ma è l'evento che si prepara . La perma­ nenza nel limite c'è stata e poi già non c'è più : l'ultimo filo di luna spa­ risce - diventa così la Luna Assente, la Luna Nera, la notte immersa nella tenebra assoluta ; morte, pericolo e caduta . Diventa Lilith che riceve il no di Adamo e così vola via, si fa assente dall'Eden . L 'estremo limite è superato, la tensione dell'equilibrio è infranta : Kore-Persefone v iene avvinta dalle braccia poderose di Ade, trascinata via dalla sua d i mora e dal sodalizio con la madre. Qui si realizza la discesa agl'inferi dove Persefone perde memoria dei fiori che teneva in mano e conosce le tenebre più profonde ove regna la morte. È Lilith sul Mar Rosso, Mposa del diavolo. La totalità è perduta e in suo luogo c'è la dualità che Mi divarica : Kore-Demetra tende alla luce, mentre Persefone tende alle tenebre. Usando la terminologia junghiana, diciamo che la personalità Nopraordinata qui deve misurarsi con le componenti antagoniste e com­ Jllcmentari. Ma Persefone è ancora la parte che la psiche conscia non l'lcsce ad accettare, a riconoscere come il risultato di una rimozione che N i perpetua nel tempo e viene vissuta come ' male' e ' morte', proiettata ucl folclore. Ma Persefone è anche ' terra madre' secondo Jung, perciò u carattere ctonio ; e la terra, nel processo strutturale del mito, è corre­ I u ta alla luna perché concerne i cicli della natura vegetale. Non sembri paradossale questa serie di trasformazioni compiute dalla Kore rispetto alla idea base ! Dalla figura archetipica si diramano i vari IINpetti che trovano tutti una spiegazione . Anche le nozze di Persefone mn Ade costellano la morte ; ' morte' ad una vita per un'altra vita ; per­ d l t n di uno stato per trovarne uno diverso . Conosciamo i complessi IIMJX:tti del mito di Demetra relativi alla fecondità, la pazzia e la morte ( l u t to di Demetra, suo dolore folle per la perdi t a della figlia e carestia

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per il rifiuto della dea di far germogliare il grano ) ; essi sono strettamente connessi al rituale lunare. La luna nera simbolizza la morte e la sterilità. È interessante , ci pare, aver insistito sulla figura di Persefone, perché, nelle variazioni sul tema mitologico, essa s 'imparenta strettamente con Ecate. In Grecia, Ecate, diventa forse la figura più rappresentativa del mito di Lilith. Dopo di lei, sarà la medioevale Strega a ereditarne tutte le connotazioni. Lasciamo dunque il nome di Persefone per assumere quello più ri­ spondente al disegno che ci siamo fatti di Lilith, cioè di Ecate, dea degli inferi. Già Persefone reca un nome che fa rabbrividire : da pherophonos , colei che porta la distruzione. A Roma diventerà Proserpina, la temibile. Tuttavia è Ecate colei che accentra le cariche immaginali più distruttive e terrorizzanti . Kerényi definisce Ecate la dea greca più strettamente rapportata alla Luna . Altri autori sostengono l'analogia di Ecate con Selene e in Teocrito esiste un frammento della Fattura, dove essa è così cantata : " . . . o fulgente regina immortale, divina Selene, Mene dalle corna taurine, errabonda pellegrina del cielo, o luminosa che ami i cavalli. . . " ; in questo brano orfico sincretistico, la dea è chiamata anche Mene e troviamo le risonanze simboliche del cavallo, · tipico simbolo, in certi contesti, di demone notturno ; qui è già adombrato il simbolo di Ecate­ Lilith.63 Grande figura è questa dea al suo apparire nella mitologia preolimpi­ ca, se nel primo momento riceve una forte proiezione popolare e il culto si diffonde, seppure non nella religione ufficiale, almeno nell'anima col­ lettiva . Ecate non è sentita subito come parte oscura e simbolo del proibito. Anzi , è lodata, tanto che Esiodo la esalta nella sua Teogonia : " Qui Ecate generò, cui più d 'ogni altro tenne in pregio il Saturnia e illustri doni le largì, parte della terra e parte dello sterile mare : e in sommo onore tenuta è pure dai beati in cielo E dagli uomini . . . " .64 Nell' Inno a Demetra sappiamo che Ecate è la testimone del ratto im­ provviso della fanciulla vergine da parte di Ade (o Plutone ) che appare dalla voragine terrestre su un cocchio di cavalli neri. Il culto di Ecate fa la sua comparsa come figura trimorfa, in Tessaglia, poi nelle isole di

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Samotracia e Lemno, per propagarsi poi lentamente verso l 'Attica e l 'isola di Egina . Omero non menziona mai la dea stigia e, all'inizio del culto, sicuramente era confusa con Artemide . Ecate diventa 'infernale' nell'epoca storica e solo allora riceverà il titolo di Kyon melaina, cioè ' cagna nera' . La trasformazione della dea rimane oscura, ma dobbiamo 11rguire che essa sia da rintracciare nel rapporto madre-figlia, come già si è detto . La discesa agli inferi della madre che va in cerca di Persefone, può essere il momento mitologemico dove la Kore si trasforma in entità ctonia . Kerényi sostiene nettamente che Ecate e Demetra erano una figura sola. � interessante vedere la rappresentazione di Ecate nell'arte e nella let teratura folclorica ellenica . Innanzi tutto è una figura triforme e già lJUesto crea analogia simbolica con le tre fasi lunari espresse in una, che è la · Luna Nera . Certo non è da escludere che il numero 3 qui volesse ri ferirsi all'interpretazione cosmica esiodea : Ecate come signora del cie­ lo, del mare e della terra. Un orientamento triregno piuttosto rigido fissato all'armonia cosmica . C'è invece un periodo in cui Ecate si espri­ m e in un vero polimorfismo, in quanto - come ritiene Kerényi - nella l'Oncezione perfetta, i Greci lasciavano posto anche ad una quarta di­ mensione, che è sfera caotica rappresentata dal mondo degli inferi. Quando il Dio o la Dea ' muoiono'· non si vedono, non si sentono più ; d i vengono, come deità, " morte " sulla terra . La non-presenza è morte, è o l t retomba. La deità penetra allora nel segreto del regno dei morti ( le notti buie, grevi di angosce, simili, nell'immaginazione, al buio I'CMnO tartareo) e n si trasforma : Ecate-Kore, diviene Ecate degli Inferi . l Jue aspetti si antagonizzano . L'immaginazione dei Greci fissa un modello preciso di questa nuova f it�ura di Lilith. Il nome Ecate può risalire a Hekation, che vuole dire 'rcnto'. Pare che cento fossero i mesi lunari durante i quali il frumento l'l'csceva e veniva raccolto con rituali dedicati a Ecate . Non ha ancora l11 figura tipica degli Incubi e dei Demoni sinora descritti ; questa Ecate1 .una Nera è anzi di gran bellezza, forse dobbiamo immaginarla come l11 omerica Circe. Bacchilide, il lirico greco di Ceo ( 520-450 a.C . ) che si definl " usignolo di Ceo dalla lingua di miele " , in un epinicio cita la dea chiamandola " portatrice di torcia , figlia della Notte dal nero seno " . E 'il più grande l ' i ndaro tratteggia l'immagine di Ecate chiamandola : " leggiadra fanciulla dai piedi purpurei " . l l n o splendido cratere a calice attico a figure rosse, attribuito al 440 a .C . ,

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conservato al Metropolitan Museum di New York, mostra l'Anados dell'incantevole Persefone, che balza fuori dalla terra , reduce dall'Aver­ no ed estenuata , tremante, protetta da Ermes, torna dalla madre Deme­ tra. La precede, nell'itinerario rappresentato con struggente enfasi, la centrale figura di Ecate . La dea è disegnata con graffito di gran levità, flesso il corpo e mentre il passo è deciso in avanti, si piegano all'indie­ tro le spalle e la testa : Ecate guarda Persefone con grande intensità, quasi a trascinarla imperiosamente fuori dalle grevi paure infernali ; e in entrambe le mani tiene due torce, le fiaccole inestinguibili che le fecero attribuire l'epiteto di 'Hekate Phosphoros' . Nella figura è con­ centrata grande energia e si percepisce pienamente la funzione di guida degli inferni. Ecate appare, volitiva e più aggressiva, nella scena dell' 'Apollo cita­ redo alle nozze di Teti' dove è tratteggiata di profilo, classica capiglia­ tura legata, stringendo nei pugni , da un lato la fiaccola, dall'altro la spada. La scena è dipinta su un cratere attico anch'esso a figure rosse, che si trova nel Museo di Spina a Ferrara . Un'altra figurazione di Ecate, forse la più impressionante , la vediamo nell'Altare di Pergamo, che fu eretto sull'acropoli di quella città da Eumene n , 1 80 a.C. Oggi molti frammenti di quest'opera imponente si trovano al Museo di Berlino Est. Nelle scene della gigantomachia è rappresentata proprio Ecate che appare come un'ardita figura tricipite che, spalleggiata dai cani infernali , fa nello stesso tempo attacco e difesa con le sue tre paia di braccia. Tutta l'opera è molto viva ed esprime il cozzo delle energie liberate. Conosciamo, sempre nel Museo berlinese; un'anfora marmorea sostenuta da Ecate vista qui nel suo passaggio da Artemide a Ecate infernale. Si ripete il motivo delle tre figure lunari disposte ai vertici, di spalle ; ben eretta e fiera la figura che assume caratteri quasi guerrieri . Ciascuna tiene in mano le fiaccole, la brocca , le chiavi. C'è il particolare del cane, accovacciato vicino alla figura che tiene la brocca, a rilevare anco­ ra una volta il nesso fra luna-donna-cane-madre . Qui i tratti sono sempre umani e si mantengono echi della Kore . Ma non sfugge, alla testimo­ nianza artistica, la versione polimorfa folclorica di Ecate. In un fram­ mento di Sofocle, del dramma Rhizotomoi, pressoché perduto, si legge che la dea presiede ai ' sacri trivi' delle città greche ed è incoronata di fronde di quercia e ha serpi in luogo di capelli . L'Inno orfico già preannuncia la trasformazione del mitologema di Ecate-Luna Nera. Ecate perde i tratti di pura e totale luce fondendoli con i tratti tenebrosi . Infatti l'inno unisce gli attributi di Esiodo 'cele­ ste, terrestre e marina' a quelli di ' trivia , sepolcrale e notturna'. Ma della figura enigmatica s'impossessa pienamente l'anima popolare e ne segue

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i tumultuosi passaggi e sbalzi . Forse per questo noi vediamo in Ecate una figurazione mitica di una proiezione scarsamente elaborata sul piano oggettivo e religioso ; attiva nell'inconscio e nella fantasia con tutte le cariche affettive ed emozionali che sapeva sprigionare da sé - chiara testimonianza del dinamismo erotico precluso - una formidabile sugge­ stione che si imparenta con le esperienze sumero-accadiche-egiziane. A Roma, nel Museo del Palazzo dei Conservatori, c'è una statuetta raffi­ gurante Ecate . Essa è composta di tre donne aderenti fra loro col dorso e disposte ai vertici esatti di un triangolo . Ogni figura è vestita col peplo e porta la corona. In mano le tre figure hanno fruste, corde, fiaccole, spade, serpenti . Tutto sprigiona forza aggressiva . Successivamente Ecate perde i caratteri antropomorfi e diventa teriomorfa o ibrida . Gli Elleni finirono ben presto per dare la preminenza alla forza distruttiva di Ecate, a scapito della forza creatrice. Ed è a questo punto che si identifica alla Lilith ebraica compagna dei diavoli. È orribile ; attira sulla propria im­ magine le emozioni più violente , scatena i sentimenti di panico più terri­ ficanti . Ora è una femmina con tre teste : una di cane ringhioso, una di vacca e una di leone. Apollonia Rodio la chiama regina delle streghe e anche Ovidio ( Metamorfosi, XIV, 405 ) la descrive con caratteri terri­ fici . Il suo nome è già impronunciabile, al pari delle Erinni che venivano chiamate Eumenidi, e Ade stesso si preferiva chiamarlo Plutone : ciò procurava meno paura . La figura così descritta richiama l 'ipotesi che l 'amore già significasse morte, proprio perché strettamente legato al­ l'eros e al demoniaco . La tricefala diviene sempre più ributtante per le caratteristiche che assume. La sua statua era spesso nera ; veniva abi­ tualmente situata all'incrocio di tre vie ( trivium ) e riceveva il culto in loco . Ecate campeggiava dunque nelle strade e il suo potere aumen­ tava e si palesava pienamente dopo il tramonto, quando le tenebre scen­ devano sull'abitato e le strade rimanevan deserte . Alla fine di ogni mese, forse al termine del ciclo lunare, le venivano offerti sacrifici animali , pecore nere, spesso cani . Certe fonti - Jung stesso, parlando della dea ctonia - menzionano anche sacrifici di sangue e di bambini . Torna cioè il mito arcaico che vuole i bambini le vittime preferite di Lilith. Ecate era vorace , insaziabile . Il riferimento all'oralità sessualizzata è evidente . Nel succedersi delle fasi cultuali, si incrementa il carattere magico e superstizioso della dea infernale . Tut to di lei si circonfonde di mistero, angoscia , odor di morte, tremore, ebbrezze pato­ logiche che sconfinano nel piacere isterico. Alle statue di Ecate si por­ tavano - come rito propiziatorio - cibi rozzi a base di uova, cipolle e pesci . Erano contenuti in piatti o cesti che venivano depositati ai piedi della dea . È curioso notare che tali cibi, naturalmente facili ad avariarsi pre�to per l'esposizione, venivano nottetempo consumati dai cani randagi

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o dai poveri pezzenti in promiscuità, fors'anche insieme a prostitute o ladri ; tutte le figure emarginate, insomma, che costituivano già allora il mondo di notte delle larve umane che subivano la fascinazione-prote­ zione della Signora della Notte. Quello era il famoso 'Hekates déipnon' , il pasto di Beate e da questa usanza nacque la frase popolare Hekataia Katesthiein, cioè : mangiare i cibi offerti a Ecate. Il rito era dunque nato con una componente non culturale e il carattere notturno deriva certo dalla pratica di compiere questi furti sacrileghi ! Queste offerte avevano la scopo di placare Ecate, distoglierla dalle cattive intenzioni e sviare il male che suscitava nelle sue tremende apparizioni . Per il trigesimo della morte di un essere umano, c'era l'uso di offrirle con gran timore, i sacrifici già detti : venivano sgozzati agnelli neri e cani cuccioli. Altre fonti parlano di offerte di latte, miele, menta e rosma­ rino. I riti si concentravano in gran numero nei giorni di luna nuova. Tuttavia, malgrado queste cerimonie cupe ai crocicchi e la disseminazio­ ne di statue ekateion, il culto non prese mai vesti ufficiali e rimase piut­ tosto di spettanza del privato.65 A seconda delle regioni che interessava, tale forma di culto sconfinava molto spesso nella superstizione più sco­ perta. La fantasia popolare veniva molto eccitata in questa direzione e nei simboli di Ecate si coagulavano evidentemente una serie di sugge­ stioni e fantasie autopunitive . Intanto, Ecate non sempre veniva perce­ pita come la dea degli inferni avida di morti e dolore, bensl anche come strega, come femmina perversa e lasciva , che ammalia le sue vittime. Il sopraggiungere di Ecate era repentino e imprevedibile. Pare che nel fondo della notte la dea comparisse sulla terra fermandosi proprio nei trivi ( da qui ce�to è derivato il termine " triviale " ) : era preceduta dai cani dello Stige, l'odiato fiume infernale ; forse anche da Cerbero, la spaventosa bestia tricefala che obbedisce a Ecate latrando per suscitare orrore nei succubi e avvertire i moribondi. Si dice anche di mute di cani randagi, frotte di fantasmi, spettri e in particolare demoni femminili che costituivano la corte diabolica di Ecate . Una presenza che veniva avvertita anche nei luoghi ben protetti, ma particolarmente rimanevano vittime i miseri viandanti, che ai crocicchi erano colpiti da lei e, confusi, perdevano l'orientamento e la via giusta. La fantasia adombra eventi possibili : o la esperienza sessuale orgiastica con prostitute e figure immonde, oppure reazioni di panico dinanzi alle tremende ombre con fughe o cadute rovinose. In certe figurazioni Ecate ha la testa di cavallo ; tale simbolo ci ricorda, come dice Jung, la libido fissata alla Madre e il cavallo è sovente associato alle streghe, al femmi­ nile perverso. È nota l 'esperienza angosciante di un rumore di zoccoli che si approssima nel silenzio della notte . Sicuramente c'erano le torce che rischiaravano il trivio e questo aumentava ancor più il panico. La

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Harding così descrive Ecate : " È la Dea Triforme del Crocicchio che porta i viandanti fuori strada, e come Regina dei Fantasmi, viaggia nella notte seguita dal suo orribile codazzo di spiriti che cercano dappertutto e di cani latranti ( anche nel Medioevo si ' vedevano' le streghe volare per il cielo notturno guidate da Ecate stessa ). È la Dea delle tempeste, delle distruzioni, dei terrori della notte. 'Difatti - come dice Plutarco - la luna crescente è di buon intento, ma la luna ca­ lante porta malattia e morte' " .66 Teniamo presente che è l 'epoca in cui Sofocle ci racconta il mito di Edipo. Il dramma del rapporto tra maschile e femminile dunque, si di­ lata nell'orribile tragedia del laccio edipico . In Grecia si potenzia la Madre negativa in quanto percepita come ostacolo alla integrazione del virile. Il greco consegnava tutte le pulsioni istintuali all'immagine di Ecate : le oscurità dell'inconscio vagamente percepito, erano identificate con la dissoluzione e la morte. E il piacere era la morte stessa, l'incono­ scibile. Ecate diventa maga, strega, demone notturno, megera, che pro­ voca malattia e morte. Nell'Attica, il mitologema esplode come massima manifestazione, a nostro avviso, del conflitto tra tendenze incestuose edipiche rimosse e spinta alla separazione dalla madre. Ma la psicologia ci dice oggi che il rimosso torna alla carica attraverso il rafforzamento della distruttività e il sintomo, proprio per estremizzarne il conflitto o l'evitamento . Quindi Ecate appare nel folclore non solo come aspetto diabolico della Madre impositiva, ma anche come tentazione irascibile, concupiscenza infrenabile dell'eros. Ne deriva la connessione thanato­ gena e patogena : nella notte, colui che percepiva il lontano ululare dei cani alla luna calante, o lo scalpitare strisciante degli zoccoli , i gemiti del vento, delle creature perdute nel buio davanti alle strade deserte, si svegliava - uomo o bambino che fosse - in preda allo sgomento e al panico, l'occhio smarrito ancor trattenuto dalle immagini orrende di piacere e morte, quasi a volerle cacciare , ma indicando che sono ancora lì sul torace, oppressive, tremende, a comprimere cuore e polmoni. Il panico che scatenava non era facilmente controllabile. Tutti gli uomini cercavano di propiziarsi la dea . Si è detto già del rito più consueto del­ l'offerta di cibi. Ma altre usanze vengono ricordate. Jung cita il famoso palo della tortura che in Grecia si chiamava appunto 'hekàte' e ad esso venivano legati i condannati o appesi i giustiziati. L'attribuzione del nome della dea a questo strumento di tortqra è associabile al concetto della ' Madre di Morte' e agli assassinii che si consumavano nelle notti prive di Luna.67 Il palo era preferibilmente disposto nei trivi. La perso-

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nificazione della dea lunare negativa si ampliava, dopo il VI sec. a .C . : comparivano le figure delle Empuse, le Erinni , l a feroce Echidna, le Furie . I passaggi e le interpolazioni mitologemiche non sono reperibili su basi storiche. Si conoscono mttavia precisi rituali che furono chiamati ' Misteri di Ecate ', che hanno lasciato poche tracce letterarie . Si ricorda che Diocleziano istituì il culto ad Antiochia , dove in una grotta sotter­ ranea - alla quale si accedeva scendendo 365 scalini ( il ciclo solare annuo ) - si celebravano i misteri di Ecate . A Roma ci fu una certa diffusione dei misteri di Ecate nel IV sec. a . C . circa. In tali cerimonie v i era l 'usanza di spezzare una verga chiamata leukophyllos, pianta Clalle bianche foglie . Tale verga proteggeva le ver­ gini , in onore alle origini di Ecate che fu una Kore . Sembra che la stessa verga avesse il potere di rendere folle chiunque la toccasse .68 A questo proposito va detto che il demone femminile - fosse Ecate o Empusa o altre - godeva anche del triste privilegio di provocare la pazzia. Questo è importante saperlo, perché chiaramente la superstizione ha ori­ gine nella supposizione che la luna provoca le crisi nevrasteniche, gli accessi di epilessia e i deliri . Del resto era noto da sempre che certe bellissime meretrici o donne di piacere riuscivano a togliere il senno agli uomini che incappavano in loro . Nelle versioni positive invece , la Dea lunare poteva provocare visioni, allucinazioni e fantasie mistiche . Le visioni notturne, d'altra parte, rientravano nella psicopatologia de li 'i nCLI­ bo e dei deliri provocati da at tacchi d'angoscia. Ecate ha il suo regno nel Tartaro , il cui ingresso è in un bosco di pioppi bianchi sempre mossi da una struggente brezza . Ella si pone nel­ l 'intrico dei fiumi maledetti che la nostra memoria ben ricorda : lo Stige, l 'Acheronte, l'Averno , il Lete . Ancora Dante l i nomina quando parla dei regni infernali. Oltre tale confine si trova la prateria degli asfodeli e il palazzo di Ade, che vi abita con Persefone . Ecate le fa compagnia, lei che ha il potere di concedere ai mortali qualsiasi cosa da loro desiderata. Qualche fonte più tarda ha confuso Ecate con Cerbero considerando che la Dea aveva anche le mansioni di guida o guardiana. La dimora di Ecate era circondata di pioppi neri e cipressi. Ma Ecate tornava sulla terra assai più di frequente che non Ade o Persefone : appunto ogni ventotto giorni. Dunque, nelle sue apparizioni, questa Lilith greca , semina lo sgomento : è colei che colpisce da lontano , a suo piacimento . Se non è la sua presenza a infuriare, allora sono le Empuse o le Furie a sbizzarrirsi quando compaiono durante la nott� . Tali numerose figlie erano chiamate le serve di Ecate ; oppure 'cagne nere'. Questa figura­ zione della mitologia è forse la più terribile creazione dell'immagina­ zione greca . Le Empuse, che letteralmente vuoi dire : 'coloro che s 'in­ troducono a forza', sono i demoni femminili obbedienti alla Signora

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Nera della Notte . Del tutto simili , in senso mitologemico, alla Lilith ebraica, ne differiscono per l 'aspetto corporeo . L'Empusa è una femmina con testa e torace umano , anziché capelli, ha serpi attorciglianti e sibilanti, mentre le braccia sono animalesche . La caratteristica più ripugnante in lei è la presenza delle natiche di asina, grigie e ruvide ; le gambe sono una di asina e l 'altra di bronzo pesante . I piedi, uno umano e l 'altro un artiglio d'aquila o zoccolo equino . Questa accentuazione dei tratti equini è dovuta alla simbologia dell'asino, che indica questo animale come emblema dell'oscurità, delle tendenze sata­ niche, e talvolta indica lussuria e sfrenatezza sessuale . È un simbolo di Saturno , nell'accezione triplice di lussuria, avarizia e morte . L'Empusa, secondo le fonti classiche - da Aristofane a Filostrato -, calza una pianella d 'oro , giusto come Ecate, che portava sandali d'oro , prerogativa di Afrodite, per distinguere l 'origine olimpica di Kore . Secondo certe versioni tramandatesi nel tempo, l 'Empusa compariva improvvisamente ai quadrivi e trivi degli abitati portata da un cocchio di cani latranti e tutta avvolta in una vescica gonfia di sangue e di materia fetida, con un sorriso sprezzante e di seduzione irresistibile . L'Empusa rappresenta l 'attacco delle fantasie e dei desideri che invano vengono censurati . La sua irruzione - anch 'essa notturna - nella coscienza del dormiente o del viandante, è sempre una violenta smania lugubre di sedurre gli uomini . Anche se nel sincretismo simbolico v iene confusa con Ecate stessa, l 'Empusa risulta, nella sfera immaginale , qualcosa di più vivido e implacabile, perché ha una vibrazione più demoniaca ed è capace di far esplodere terrori più arcaici e incontrollabili . L'apparizione del demone di cui stiamo raccontando , aveva sempre a che fare con situa­ zioni sessuali , trasgressioni della morale matrimoniale o segrete perver­ sioni . La sua attività è tutta racchiusa nel nome : entra di forza nelle case , assale da luoghi tenebrosi i fanciulli e le donne , atterrisce gli uomi­ ni. Il Graves 69 riferisce che è costume dell 'Empusa aggredire improvvi­ samente ma è possibile scacciarla urlando verso di lei e il suo osceno seguito improperi, scongiuri e sanguinose bestemmie magiche . L'Empusa, in tale frangente si sottrae con alte strida . Spesso, tuttavia , il demone ha trasformazioni estremamente complicate a seconda delle manipolazioni introdotte dalla superstizione popolare e le pressioni psicologiche deri­ vanti dal costume locale. Così vediamo le Empuse assumere l 'aspetto di cagne, di vacche, ma anche di fanciulle sensuali bellissime e proterve , ch'erano capaci di sedurre a distanza . Ci viene di immaginarle proprio come la donna de ' I l peccato' , la bianca e nuda creatura sinistra, dipinta da Franz Stuck ( Museo di Monaco di Baviera ), capace di turbare nel suo erotismo carnale avvolto dal nero manto di pitone. Se le Empuse

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si presentano come donne, allora penetrano nella camera dove dorme un uomo .e gli si schiacciano contro, sul corpo, succhiandogli tutte le forze vitali . Poi l'estenuano in tremendi amplessi ai quali la vittima non riesce a sottrarsi. Qui è da vedere la qualità lunare dell'Empusa, perché soltanto in virtù di essa le è possibile assumere sembianze di bellezza umana sia pure di seduttrice. Naturalmente non perdiamo di vista il fatto che Ecate è una dea che partecipa a tutte le decisioni dell'Olimpo, ha potere in cielo e terra ed è tenuta in gran conto da Giove. Ora che abbiamo conosciuto un'altra figura demoniaca, passiamo a considerare le altre ' sorelle' o ' serve' di Ecate, anche esse provenienti da trasformazioni medio-mediterranee della Lilith. Parliamo delle La­ mie, delle Furie, di Echidna. In tal modo si completa l'eccezionale qua­ dro di manifestazioni della Dea oscura. Lamia è la bellissima figlia di Belo ; nel mito è considerata dea go­ vernatrice della Libia. Si racconta che Zeus, per confermare i suoi me­ riti, le concesse il singolare potere di levarsi gli occhi dalle orbite e rimetterseli, a piacere. Ce ne danno notizie Diodoro Siculo, Plutarco e Strabone. Lamia generò a Zeus alcuni figli, tra i quali Scilla, terribile creatura distruttiva. Ma la grande Era fu presa da gelosia profonda per questa preferita e per vendicarsi le strangolò tutti i figli a eccezione di Scilla. La reazione di Lamia - dice il mito - fu tremenda e improvvisa : prese a uccidere tutti i figli degli altri e nel suo furore cieco perse i connotati della propria bellezza sino al punto che il volto le si trasfor­ mò in una maschera di incubo. Da allora, Lamia si trascina dovunque ci siano bambini, perfida e spietata ; li rapisce, li nasconde, li uccide , insaziabile. Per questo, aiuta degnamente Ecate e si può considerare il demone femminile più diffuso e pericoloso . Per Graves/0 Lamia doveva corrispondere alla dea libica Neith domi­ natrice dell'amore e delle guerre, perché in tal senso Platone aveva iden­ tificato Atena . In Grecia aveva assunto i tratti bellicosi, ma il culto ne era talmente decaduto da rimanere soltanto una figura-spauracchio, agi­ tata dalle donne e le balie per castigare i bambini inquieti. Il nome di Lamia può derivare da Lamyros, Laimos, cioè " gola " . Il senso da in­ tendere è certo quello di ingorda, avida, lussuriosa o viziosa . Jung ag­ giunge la possibile versione 'caverna' 'abisso' ' voragine' portandosi verso il motivo della Lamia come Madre divorante o del gran pesce vorace ricordato da Frobenius. Com'è immaginata Lamia? Essa ha un aspetto orrido e terrifico se non, talvolta, addirittura ributtante. Le fonti riportano con buona con­ cordanza la caratteristica della Lamia di avere una maschera profilattica

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della Gorgone. Questa, com'è noto, era una dea che spaventava alquanto i naviganti ( ce lo ricorda Omero nell' Odisseo , XI, 633-35 ). Gli occhi della maschera sono fiammeggianti e fissi in una espressione aggressiva tale da suscitare panico. Dalla bocca esce una turgida lingua deformata superando la chiostra dei denti lunghissimi. Lo scopo di que­ sta maschera era quello di far retrocedere qualsiasi persona da un luogo, mentre le Lamie s 'imponevano questa maschera durante i Misteri ove si consumavano sacrifici di bambini . È interessante citare la supposi­ zione di Aristofane che la Lamia avesse caratteri ermafroditi perché recava anche un phallos. Secondo Kerényi il poter parlare al plurale - e quindi Lamie - è giustificato dal fatto che essa poteva trasfor­ marsi in più di una figura nel contempo . Persino, le era concesso di assumere le sembianze di Ecate stessa o mutarsi in mula, giovenca, più spesso cagna o anche una donna bellissima. 7 1 Anche le Lamie accorrevano nei trivi e durante la notte si univano alle Empuse per consumare le stesse imprese nefande. Preferivano giacersi con i giovani in amplessi divoranti, oppure succhiavano loro il sangue. Il particolare del vampirismo delle Lamie può vedersi come la riattiva­ zione nella psiche dei Greci, di fantasie cannibaliche o idee di rapporto sadomasochistico ( Incubus-Succubus ). H. Freimark, citato da Jones, cosi scrive : " Le Lamie greche e romane sono contemporaneamente demoni lascivi e vampiri . Essi cercano di fare innamorare giovani belli e forti, e di sposarli. E dopo li uccidono, succhiandogli il sangue " .72 La leggenda delle Lamie s 'intreccia con quella di Empusa, e in comune hanno il vam­ pirismo che conduce a morte le vittime. 73 Certo, dobbiamo prendere questo elemento del folclore come un dato simbolico : nel rapporto psi­ chico che il soggetto aveva con la Lamia, si produceva uno sconvolgi­ mento sessuale anche in senso autoerotico. È nota nella tradizione la credenza che la masturbazione o l'eccesso sessuale ammalassero il corpo, " distruggessero la carne " , ecc. La stessa 'concupiscentia' era vissuta come fonte di perdita della vitalità. La tematica delle Lamie è simile a quella di Lilith : cioè la libertà e la parità nel rapporto amoroso con il ma­ schio . Ciò che è stato rifiutato alla Lilith ebraica, infatti, viene ripreso e imposto - quasi per una legge del contrappasso - dalle Lamie . Negli amplessi sessuali le Lamie sottomettono l'uomo , il quale sta sotto e il demone lo cavalca. Esistono bassorilievi attici ove sono raffigurate Lamie a cavalcioni di viandanti addormentati. La posizione era a doppio senso : una, per il coito vero e proprio, la Lamia si accucciava con la vagina sul membro eretto dell'uomo. Nell'altra, lo schiacciava con le ginocchia pun­ tate sul torace, opprimendolo nel sonno con eccitazioni oniriche e pollu­ zioni, con la violenza della Mormolyceia. Da Apuleio sappiamo che nella civiltà di quelle contrade, la donna

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poteva essere considerata come meretrice e pertanto, in spregio al si­ gnificato naturale dell'amore, le veniva sempre attribuita, nel coito , la posizione ' sopra' , che nella tradizione era stata rifiutata a Lilith . Nella scultura ellenica abbiamo alcune rappresentazioni di Lamia. Nel­ la Licia, con popolazione non greca e di civiltà ionica nel rv-v sec. a.C. fu eretto a Xantos il famoso monumento delle Arpie . In questa prege­ vole opera, di cui frammenti sono oggi al British Museum, i rilievi pre­ sentano scene funerarie dove i morti sono · eroi . I rilievi si estendono in alto come un fregio intorno alla camera funeraria del pilastro ; in essi sono rappresentati uomini e donne sedute, gli antenati eroizzati che rice­ vono offerte dai vivi . Ai lati vi sono demoni , appunto le Lamie, che, tutte protese nella corsa, alate e con orribili arti di volatili , portano via, stretto nelle braccia , un bambino, vittima della loro ingordigia . La figu­ ra del demone incute sgomento : distese le ali , i capelli fermati con un teschio, il corpo tozzo, sembra quasi una enorme cavalletta. L 'incedere suggerisce un evento subdolo e sciagurato .74 Un'altra figurazione di demone femminile emerge dall'immaginazione greca : Echidna . Essa è nata dalla Terra ed è sorella delle Gorgoni . Il suo nome può significare ' vipera ' . Nella mitologia è considerata la sposa di Tifone, l'irriducibile nemico di Zeus. Dal connubio, Echidna ha ge­ nerato orrendi figli : Cerbero , il cane infernale a tre teste ; l 'Idra , il ser­ pente marino dalle cento teste che viveva a Lerna ; e Ortro, altro cane infernale . Altre fonti qui creano una certa confusione. Pare che Ortro si giacesse con la madre di Echidna generando la Chimera e la Sfinge . Echidna viene così descritta da Esiodo : " E nacque un altro indomabile mostro, che né d'uomo né di nume immortale aveva forma ; Dentro cava spelonca, la divina feroce Echidna : per metà somiglia ad una leggiadra vergine fanciulla, e metà , screziato, orrido serpe . Striscia, ingordo di sangue, pei remoti abissi della terra, ed è la vasta sua spelonca nel cavo di una rupe, dove lungi dagli uomini e dai numi i celesti le dettero a abitare superbe sedi " .75 La descrivono Omero ( Iliade n, 783 ) e ancora Apollodoro . Tutti l 'ap­ parentano a Ecate e sicuramente Echidna è il demone più manifesto nell'incubo . Essa, più che vampiro , mostra il lato cannibalico e : " il desiderio terrestre e carnale vanitosamente esaltato contro i valori dello spirito [ . ] l'esaltazione sentimentale che combatte lo spirito; la nervosità . . . " .76 . .

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Ancora, per Jung, Echidna ha un valore basilare in quanto madre della Sfinge, che costella tutto il problema della libido fissata alla Madre e ali 'incesto . Più diffusamente, noi troviamo in Echidna il modello della prostituzione apocalittica della corporeità. Per questo sarà il prototipo più marcato della Strega medioevale, connessa col drago. 77 Il drago , infatti , assumerà nel medioevo un valore ctonio , infernale, quale espressione di Satana e delle Streghe, ma anche sarà il simbolo della Madre cattiva , insieme all'orco delle fiabe . Nella immagine arcaica c'è una donna assisa su un drago : Jung ci vede proprio Echidna, avva­ lendosi del ricordo di un esemplare degli Evangeli del XIV sec . che si trova a Bruges , dove nella miniatura, la donna bella come la madre di Dio sta con la metà inferiore del corpo in un drago . A ques to punto ci rimangono ancora da menzionare anche le Erinni, più comunemente chiamate Furie , per completare la rappresentazione del femminile nero. Le Erinni sono tre : Aletto , Tisifone e Megera . Ma, come negli altri casi , sono riunite nella figura unica della dea . Nacquero dalla Madre Terra nella tremenda circostanza dell'evirazione di Urano , il grande Cielo che divorava i propri figli per non perdere il trono . La dea Terra sua sposa, convinto il figlio Crono , lo aveva armato di una falce per colpire il padre . Così racconta Esiodo l 'evento, nella Teogonia : " ' O madre io posso offrirmi per fare questa opera , dacché non mi preoccupo affatto del padre nostro infame ; egli infatti per pri­ mo ha meditato scellerate opere'. Tali cose egli disse ; e ne gioì grandemente nell 'animo la Terra sconfinata ; ella lo nascose , in agguato, e gli pose nelle mani la falce affilata e gli rivelò tutto il piano . Giunse il grande Cielo , portando con sé la notte, ed attor­ no alla terra , avido d'amore , si avvolse spandendosi dappertutto ; allora il figlio suo uscendo dall 'agguato stese la mano sinistra, mentre con la destra afferrava la falce immane, larga , dai denti affilati, ed in un attimo solo falciò i genitali del padre suo , quindi li scagliò lontano, gettandoli dietro di lui . E non invano essi cad­ dero dalla sua mano, ché quanti schizzi di sangue si erano sparsi , tutti li accolse la Terra : quindi col passare degli anni ella generò le Erinni possenti . . . " .78 ·

Nate dal primo grande parricidio per difesa , nell 'eterno dramma com­ petitivo che prelude all'Edipo, le Erinni si rivelano subito come Furie . Si discostano dalle caratteristiche fondamentali degli altri demoni femmi­ nili ; il loro compito particolare era quello di punire gli spergiuri e tutti coloro che recavano offesa alla Dea Madre con azioni o promesse non

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mantenute. Infatti, ancora Esiodo chiarisce queste attribuzioni in un passo delle Opere e i giorni, dove indica gli opportuni comportamenti per evitare guai : " Cerca di evitare ogni quinto giorno, perché è triste e nefasto ; nel quinto dicono infatti che le Erinni assisterono alla nascita del Giu­ ramento, che la Contesa generò come punizione per gli sper­ giuri " ?9 Come per le altre figure femminili, anche le Erinni si trasformavano in figure equivalenti nell'area cultuale ateniese. Gli aggettivi che ricorre­ vano erano : l'oscura, la nera, la omicida. Le Erinni vivono nell'Erebo, antiche più di Zeus. Instancabili, puniscono i trasgressori dei costumi familiari ; colpiscono coloro che peccano di ambiguità e doppiezza. La loro punizione è pesante, infallibile : di regione in regione, acri e furi­ bonde. Sono vecchie orribili, generalmente con testa di cane e il corpo nero, fuligginoso ; sul dorso, grandi ali di pipistrello . Gli occhi sono iniettati di sangue, fissi ed indagatori . Le Erinni hanno gesti impazienti e decisi. Stringono nelle mani i temibili pungoli con acuminate punte di bronzo. Se le vittime vengono colpite, muoiono tra atroci tormenti. Tan­ to terrore producono le Erinni, che era costume non nominarle mai, op­ pure eran chiamate Eumenidi . Eschilo, nelle Eumenidi, presenta le Erinni : nel primo episodio c'è Apollo che esce dal tempio e con l 'arco teso minaccia appunto le Furie che gli si parano dinanzi e ingiunge loro di fuggire da quel luogo ; il dio le fa conoscere in tutto il loro crudo realismo : " Fuori di qui , obbedite! Fuori di queste case, presto. Sgombrate il tempio se non volete che io vi colpisca con un mio alato bian­ co serpe, vibrato dall 'aurea corda dell 'arco ; se non volete nel dolore vomitare a grumi, a fiotti di nera schiuma , il sangue che avete succhiato agli uomini uccisi. A voi non è lecito avvicinare questa dimora . Là dove tagliano teste, dove strappano occhi, dove sgozzano , là dove seme di fecondità distruggono e fiore di giovi­ nezza avvizzisce ; là dove si vedono mutilazioni e lapidazioni, dove si odono mugghi e gemiti di gente trafitta per la schiena e confitta in terra da pali, là è la vostra sede . " Mi udite ? Queste sono le orge che vi deliziano, tutta la vo­ stra figura lo dice ; per questo gli dèi vi maledicono . Antri di leo­ ni insaziati di strage voi dovete abitare , e non spargere su altri , in questo tempio fatidico, la vostra sozzura . . " .80 .

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Ma nel teatro greco, ci sono altre espressioni della terrifica immagine . Se Apollo fa intendere quale è, nella tragedia eschilea, il luogo ove hanno da stare le Erinni, in un'altra tragedia - l'Oreste di Euripide - sono descritte le tremende inquietudini allucinatorie e la paura di colui che nel delirio psichico e nel sonno tormentato, sente e vede agitarsi, d'in­ torno, i fantasmi e gli incubi che lo opprimono. Oreste, ammalato, è in preda ai tormenti. Lo assiste Elettra che tenta di confortarlo, ma il mo­ mento di lucidità che pervade l'eroe, viene vinto dalla angoscia : ed ecco le Erinni approssimarsi ad Oreste che si dibatte per difendersene :

" Elettra: - Ohimè fratello, ohimè il tuo occhio è stravolto. Ra­ gionavi, e da savio che eri , in un istante diventi folle ! Oreste : - Oh madre, ti supplico, ti supplico, non mi avventare contro le vergini dal capo irto di serpi e dall'occhio che sanguina ! Eccole, eccole ! , sono qui che si lanciano le ho addosso ! Elettra : - O mio povero caro, non ti muovere rimani nel tuo letto, datti pace ! Non vedi nulla di quello che a te sembra esser certo e che ti fa credere di sapere. È una parvenza. Oreste : - Febo, mi uccideranno le terribili dee di sottoterra, le sacerdotesse degli inferi, dagli occhi di Gorgone e dal volto di cagna. Elettra : - Io non ti lascio, mi aggrapperò a te, ti stringerò tra le mie braccia, impedirò che tu nei tuoi sussulti possa farti male. Oreste : - No, lasciami! Sei una delle Erinni , le mie Erinni, e mi tieni alla vita per gettarmi nel Tartaro " .81 Parvenze, dunque , sono i demoni femminili , nulla è vero di quel che sembra certo, ma l 'immaginazione fa soffrire l'uomo . Le donne puni­ tive abbondano nella mitografia ellenica . Con le Erinni venivano spesso confuse le Arpie, le figlie di Atamante. Anche loro creature terrifiche, dotate di ali e piedi di animali ; volano, simili a uccelli che lanciano alte strida e ghermiscono le vittime per consegnarle alle Erinni. È nota la pratica cultuale di voler placare le Erinni insaziabili. Era difficile sfug­ gire loro e tantomeno ridurne la violenza. La tradizione narra che queste Furie accettavano solo offerte di narcisi : il loro profumo inebriante le rendeva inoffensive . C'è analogia tra il fiore e Narciso, la mitica infelice creatura presa d 'amore di sé nel riflesso di Eco ; ma noi vo­ gliamo ricordare che di questo delicato fiore erano intrecciate le ghir­ lande di Demetra e Persefone ; si chiamava anche leirion o fiordaliso . Era sacro alla triplice dea lunare e alle Erinni veniva offerto in ghirlande . È interessante ricordare la minaccia delle Erinni - che non volevano assolvere il matricidio di Oreste - di versare sangue sull'Attica sgor-

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gante dal loro cuore . Nel mito , suppone il Graves , è celato un eufemismo per cui s'intende sangue mestruale . Questo è un mito arcaico di strego­ neria dove si voleva che per maledire una casa o un campo , le streghe mestruate dovessero correre nude più volte intorno alla zona da colpire col sortilegio, nella direzione opposta a quella del sole, per nove volte . Questa maledizione era considerata pericolosissima per i bambini, il be­ stiame e il raccolto , se il rito avveniva durante una eclissi di luna , o nella assenza di luna. Addirittura catastrofica , se fatta da una strega ver­ gine mestruata. Ma torniamo al narciso, per ricordarci che è il fiore raccolto da Per­ sefone. Esso fiorisce nel tardo autunno , profumato ; ci offre un olio me­ dicamentoso e narcotico , secondo un'antica leggenda . Oreste infatti, tor­ mentato dai rimorsi, giace fra ghirlande di narcisi e fiordalisi presso una fonte dove sperava di purificarsi dopo avere assassinato la madre . Sono utili indicazioni , queste , che ci consentono di ipotizzare una analogia fra il sonno indotto dal narciso - sonno considerato come caduta, oblio , principio di colpa o ceci tà - e la furia del demoniaco femminile che viene placata dall 'offerta dei fiori . Il sonno equivale alla notte, alle te­ nebre . I demoni - lo ricordiamo - furono creati dopo il tramonto , sul venire della notte, cioè durante il sonno dell'uomo . Altre compo­ nenti confermano la struttura di queste figure patologiche : il ' sangue' femminile, le streghe , il profumo narcotico , il sonno . Tutta la simbologia utile alla formazione inconscia dell 'incubo . Il fatto che la triplice dea lunare potesse identificarsi in più figure , addirittura di significato opposto, ci spiega il senso interno del mitolo­ gema : una sola idea base, cioè la Luna, dalla fase " piena " alla luna " nera " ; la donna, dal suo atteggiamento benevolo a quello vendicativo , castrante e minaccioso . Forse proprio le Erinni-Arpie presentano la ' inti­ mazione materna ' moralistica , l'aspetto della governante acida o l 'occhio della coscienza che vieta l 'atto di libertà ; le tre Furie mantengono l' o r­ dine nel mondo e puniscono ogni prevaricazione . Con queste immagini si completa il quadro mi tologico della Lilith in Grecia. Si è veduto, in sostanza , emergere l 'archetipo e il suo frammentarsi . A mano a mano che si sviluppano la scissione e la rimozione, l'archetipo riemerge in una molteplicità di aspetti e sempre più va a condensarsi sulla Grande Madre non vivibile nella sua totalità. Fra Luna piena e Luna Nera non c'è sal­ datura : Lilith rimane in esilio, ma per l'anima greca la potenza del­ l 'istintuale negato si manifesta in tutta evidenza nella scissione e arriva a sopraffare l'Io. La coscienza disorientata di fronte all'archetipo che si ripresenta in forma sempre nuova - ora come energia ctonia, ora come demone, ora come angelo dell'amore o tremendo giustiziere - viene a cadere nel gioco di ambivalenze, di sollecitazioni , attuazioni e rifiuti.

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Per questo i poli si estremizzano e tendono a divaricare sempre più , perdendo memoria dell 'unità androgina originaria. Il pensiero teologico e la visione globale, filosofica e morale oltre che antropologica dell 'area occidentale esprimono una tragica spaccatura . La civiltà spirituale europea è sorta dalla fusione della componente biblico­ giudaica e dalla speculazione greca sorretta dai fondamenti giuridici romani . Ma tale incontro ha mantenuto la scissione dell'archetipo del­ l'Unità. È veramente motivo di raccapriccio, sentire che l'uomo occi­ dentale non ha occhi per vedere e orecchi per sentire . La mediazione fra Bibbia e Grecia non ha avuto altro effetto che approfondire l'equi­ voco e davvero la perdita dell 'anima totale. Filone di Alessandria è in un certo senso il testimone di questo grande momento culturale , lui vis­ suto nel 1 secolo dell'Era cristiana. Operò la saldatura tra pensiero mosai­ co e pensiero ellenico, ma anch 'egli, nella sua esposizione ribadisce la concezione patriarcale e il compito di trascendere il ' terrestre ' e l' ' uma­ no' immanente per realizzare l'agostiniano in te ipsum redi come con­ dizione per identificarsi a Dio . Ancora una volta, al Padre . Anziché concederci commenti o interpretazioni, affidiamo al lettore questo brano di Filone di Alessandria, tratto dalla sua opera La Crea­ zione del Mondo. Forse proprio nella pagina di questo pensatore ebreo alessandrino, non è difficile recepire il ' fantasma ' , il 'misfatto' biblico, il tragico messaggio della prima rimozione, dove è stata perduta quella parte compagna, quell'assolutamente ' altro ' che ancora è vissuta come esperienza di perdi t a : " Ma poiché nulla è stabile fra le cose che sono soggette a l dive· nire e ciò che è mortale necessariamente subisce cambiamenti e mutazioni , bisognava che anche il primo uomo fosse soggetto a qualcosa di cattivo . E la donna è stata per lui l'inizio della sua vita macchiata da colpa . Finché egli era solo, infatti, assomigliava per la sua unicità al mondo e a Dio e aveva impressi nell'anima i caratteri dell 'una e dell'altra realtà, non tutti, ma quanti è possi­ bile che ne contenga una costituzione mortale. Quando anche la donna fu plasmata, l'uomo vide con meraviglia un'immagine so­ rella e una figura a lui congenere, esultò a tale vista e andandole incontro l'accolse affettuosamente . " La donna, allora , non vedendo altro vivente che le somigliasse più di quello , si rallegrò e con timidezza gli rivolse a sua volta la parola. E sopraggiunto l 'amore, quasi mettendo insieme due parti staccate di un unico essere vivente, li riunì in uno solo, dopo aver posto in ciascuno di essi la brama di unirsi con l'altro per la ge­ nerazione di un loro simile.

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" Questa brama, però, fece nascere anche il piacere dei corpi, che è fonte di tutte le ingiustizie e di tutto ciò che non è lecito, perché per esso gli uomini scambiavano la vita mortale e infelice per una vita immortale e felice " .82 In questo messaggio è celato il dramma di Lilith. Il 'piacere dei corpi'

negato è la testimonianza di una arcaica offesa recata alla natura del­

l 'uomo ed è la prima violenza fatta alla donna. Lilith, che si era ' rallegra­ ta' andando incontro all'uomo con timidezza e amore, guardandolo fi­ duciosa nel profondo degli occhi, riceve in risposta una rigida proiezione difensiva, un disprezzo carico di angoscia, un diniego che produrrà rab­ bia e cecità verso colei che ha soltanto la 'colpa' d'aver fatto conoscere Amore, di essersi presentata all'uomo come sua pari e simile, divina an­ che lei . L'uomo dunque non ha riconosciuto per propria la gioia di aver corpo e sesso, spirito ed anima fusi in una sola entità. Lilith, corpo e anima, fu ritenuta 'fonte di ogni ingiustizia' e messaggera dell'illecito. La tragedia è in questa falsificazione del reale psichico . La vita im­ mortale col Dio Padre ha voluto un prezzo : lo spostamento del male su Lilith, la traslazione del Dolore e del Grande Dubbio sulla Femmina . Così il sorriso si è spento sulle labbra di Lilith e la sua gioia d'amore si è per sempre tramutata in rabbia ed odio per l'Adamo 'padrone' . Sinora abbiamo considerato l e singole deità femminili assurte a figu­ razioni infernali, tutte derivate dalla trasformazione o identificazione con la Dea Lunare arcaica . I demoni femminili hanno avuto personifi­ cazioni singole ben distinte, come abbiamo veduto, ma tutte come espressione di una energia vitale negata. Il femminile identificato con il diavolo o la Morte. Il piacere dei sensi percepito come minaccia prove­ niente dalla animalità terrena o dalle potenze degli inferi . Lilith, in un certo senso, cacciata dalla porta del paradiso, rientra dalla finestra not­ tetempo o si ferma ai crocevia per architettare vendette o uccisioni . Do­ mandiamoci ora : Lilith , costretta a " fare da sé " , a dover sopravvivere in opposizione al maschio e alla legge dei padri , come ha reagito dopo la prima sfida con i celesti ? Come ha reagito in rapporto con l'uomo dopo la ' disobbedienza' all'autorità maschile ? Una risposta potrebbe essere la realizzazione di una totale competizione con l 'uomo o una elaborazione interiore del tema di rapporto. Un esempio lo troviamo nel mito delle Amazzoni. Esse, in certo qual modo, costituiscono l'espressione arcaica di quello che oggi viene chiamato in maniera abbastanza impropria fem­

minismo. Abbiamo notizia delle Amazzoni come sacerdotesse della Luna. La parola originaria " a-mazon " significa 'senza seno' ma non è da escludere il più convincente significato di 'donna-luna ' .

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La figura del mito è Artemide, poiché le Amazzoni esprimono tratti bellicosi . Ci teniamo alle notizie date da fonti note ma è sicuro che nes­ suno ancora ha potuto chiarire completamente, con veridici documenti, l'esistenza o la leggenda di questa tribù che in Grecia ha perpetuato una esperienza matriarcale considerata a livello barbarico dagli stessi elleni. Considerate anche come figlie di Danao, le Amazzoni sono creature di Ares e di Artemide ( che corrispondono alla coppia romana Marte e Dia: na cacciatrice). Forse queste figure sono sorte dall'immaginazione o an­ che nelle zone prossime al Mar Nero . La tradizione le fa presenti lungo il Termodonte e nei pressi di Trebisonda. Il dubbio su una loro esi­ stenza storica è avvalorato dalla mancanza assoluta di testimonianze ar­ tistiche che ne abbiano lasciato documento scultoreo. Queste Amazzoni vivevano in gruppi dove non era assolutamente am­ messa la presenza degli uomini . Le loro regole di vita erano un vero concentrato di autonomia identificata ai comportamenti virili. Erano femmine bellissime, audaci e forti. La fantasia popolare vuole che ogni Amazzone fosse mutilata di una mammella per essere più libera di usare l'arco ; ma non ci sono documenti che lo attestino. Qui, semmai, è pos­ sibile immaginare una fantasia di rimozione dei caratteri sessuali ri­ fiutati . Erano allevate all'uso delle armi - la lancia e il tiro con l 'arco in particolare - e non manifestavano certo teneri sentimenti. Per perpe­ tuare la razza, si recavano una volta l 'anno presso la popolazione dei Gargarei, eppoi tornavano alle loro città : quando i figli nascevano, trat­ tenevano le femmine mentre i maschi venivano uccisi oppure inviati pres­ so i Gargarei ! In questo rito crudele possiamo facilmente vedere ana­ logia con la tendenza di Lilith, di Lamia o Empusa e gli altri demoni femminili a rapire bambini o ucciderli . Le bambine erano ben presto educate a usare le armi . In un commento di Servio a Virgilio (Enei­ de xr , 659 ) e in Plutarco,83 si dice che le Amazzoni vivevano sul fiume Amazzonia poi detto Tanai, dal nome del figlio della amazzone Lisippa. Costei offese Afrodite col rifiuto del matrimonio e il forte amore, in­ vece, per le armi e la guerra. Allora Afrodite scatenò la sua vendetta : fece sl che Tanai si innamorasse della madre . Tanai, piuttosto che sog­ giacere a questa relazione incestuosa, si gettò nel fiume annegando . Li­ sippa, tormentata dalla sua ombra , inv ano lo cercò sino all'estuario del fiume nel Mar Nero e colà fece erigere un tempio . Lisippa � secondo fonti citate da Graves - 84 aveva stabilito che gli uomini fossero sot­ toposti ad accudire alle faccende domestiche, mentre le femmine combat­ tevano. Si dice che ai bambini maschi venivano fratturate gambe e braccia per invalidarli. Gli Sciti considerarono ' anormali' queste donne guerriere ( Eorpata )

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che non avevano alcun senso della giustizia né del pudore. È, questa del pudore, una caratteristica che ricorrerà sempre quando si parla di Lilith, dei demoni femminili eppoi delle streghe su su fino alla psicopatologia della nevrosi isterica . Il pudore - come è considerato nella cultura mo­ rale patriarcale - viene infranto come rito liberatorio e d� protesta ma anche come accentuazione di una voluta disinibizione dall 'originario tabù biblico . Dunque, l'assenza del pudore nelle Amazzoni e la lascivia delle streghe non è altro che la testimonianza di ciò che il maschio , istintual­ mente si nega . Le guerriere - secondo le descrizioni di Virgilio e Pindaro - por­ tavano archi di bronzo pesanti e piccoli scudi a forma di mezzaluna. Elmi, vesti e cinture erano fatti con pelli di animali feroci . La fantasia dei pittori , dal Rinascimento al Neoclassico, si è sbizzarrita nel raffigu­ rare, in pitture e affreschi, tante Diane cacciatrici , che è impossibile dar­ ne qui cenno . Elemento fondamentale della psicologia amazzonica : il rifiuto del­

l'uomo e intolleranza assoluta all'amore e al matrimonio.

85 le « femmine assassine dell'uomo " che Sono - come dice Diel si sostituiscono all 'uomo e se ne fanno rivali anziché allearvisi , per­ dendo così il valore dell'anima e le vibrazioni di sposa e madre . Kerényi dice che le Amazzoni erano cinquanta, come le Nereidi e come cinquanta erano le lune di un ciclo festivo di quattro anni, la metà del 'grande anno ' . La seconda metà di esso aveva invece quarantanove lune, come tali rimasero le figlie di Danao , le Danaidi . Così in cielo le lune che si susseguivano, trionfarono sulle notti oscure .86 Meglio che in altre fonti mitologiche, si comprende l'amazzone nel­ l 'opera di Eschilo Le Supplici; in questa tragedia classica , ove esse fug­ gono i tenebrosi figli di Egitto e, imbarcatesi per sottrarsi ai violenti uomini , giungono in Argo , il « paese chiaro " , Eschilo fa vedere disposti gli abitanti di Argo a proteggere le Danaidi dai persecutori, nonché a salvare anche il loro padre Danao . Sono le vergini che riluttano al ma­ trimonio . Costrette alle nozze ( così lo svolgimento del mito nella trilogia eschilea incompiuta ) , le Danaidi uccidevano i rispettivi mariti a ecce­ zione di una , Ipermestra, che salva Linceo accettando il suo amore . Le altre sorelle, invece venivano punite con nozze obbligate . Chiaro il sen­ so della tragedia : le amazzoni che vengono punite dall'imperturbabile Giove per aver trasgredito l'ordinamento cosmico ; dunque, vere Lilith , questa volta costrette a ubbidire e ancora inascoltate nelle loro invoca­ zioni di libertà ! Invano Afrodite, la grande maestra dell'amore andava predicando che : -

« La terra pretende di penetrare con l'amore nel puro cielo . . .

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. . . i l desiderio d'amore prende la terra ; la pioggia del cielo la ren­ de fertile ed essa allora dà vita alle piante e agli animali dei quali 87 si nutrono gli uomini " . Le Danaidi animose non i ntendono questo messaggio d'amore e così protestano i rose : " Non ci abbiano mai violente mani di maschi. Fuggiremo le nozze 88 maligne sotto il cielo e le stelle . . . " . Al silenzio di Zeus invocato, le supplici ancora invocano, travolte dal terrore delle imminenti nozze : " O monti o terra giusta e venerata, che patiremo ? dove in questa terra di Apis fuggiremo, dove è un cammino buio ? Fossimo fumo nero confuse tra le nubi di Zeus, polvere che senza ali si dissolve . " L'anima è un brivido, batte il mio cuore nero . La vista delle navi mi ha rubata, di paura sono smarrita. Vorrei il cappio, la fune della morte, prima che uno degli uomini maledetti sfiorasse la mia pelle : l'Ade prima mi sia padrone . " Non c'è per noi un seggio nei cieli dove l'umida nube si fa neve : o una liscia roccia sospesa che l 'occhio non afferra, solita­ ria, raggiunta da capre e avvoltoi, e di lassù precipitare perduta­ mente, per testimoniare, prima delle nozze che violentano il cuore e che dilaniano ? " Cibo ai cani e agli uccelli di questa terra, noi lo accettiamo . Per­ ché la morte libera dal dolore che urla : venga la morte prima del talamo nuziale . Non ci apriremo la via alla fuga, alla libe­ 89 razione ? " . Ma vogliamo ricordare ancora il mito di lppolita, regina Amazzone ; la vera guerra dei sessi qui si fa palese, ma interessanti ci appaiono le sfu­ mature della sua condotta, attanagliata dal conflitto . Il mito, secondo una versione prescelta fra le varie pervenuteci, rac­ conta della nona fatica di Heracle : egli doveva portare alla figlia di Euristeo, Admeta, la cintura d'oro di lppolita, avuta in dono da Ares . Heracle, insieme a Teseo , Telamone ed altri eroi, raggiunse le Amazzoni sul fiume Termodonte, nella città di Temiscira. lppolita, attratta dalla vigoria fisica del gigantesco Heracle, fu disposta a cedergli la cintura , forse perché invaghitasi di lui . Un dipinto vascolare rappresenta l 'eroe seduto, calmo e deciso, l'Amazzone in calzoni, all'usanza Sciita, che por­ ge la preziosa cintura . Ma tra le Amazzoni, travestita, vagava Era che

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sobillò le virago gettando sospetti malevoli sugli uomini. Al che, le Amazzoni infuriate, temendo il rapimento della regina , balzarono all'as­ salto della nave e degli eroi . Così fu la guerra fra gli uomini e le pugnaci femmine . Queste ebbero decisamente la peggio : sospettato di tradimento, Heracle uccise Ippo­ lita, le sottrasse cintura , armi e ascia. Quindi furono uccise, a una a una, tutte le Amazzoni che assediavano la nave e messe in fuga le altre . Cosl fu superata la nona fatica di Heracle, ma venne riconfermata la discordia fra i due sessi . Secondo l 'occultista Lanoe Villene,90 le Amazzoni sarebbero, nell 'ordi­ ne metafisica, un simbolo delle forze cosmiche psichiche che ruotano intorno alla " sfera " del Paradiso per vigilarne le frontiere . In tale pro­ spettiva, la loro famosa cintura non sarebbe altro che il cerchio magico di energia costruito dalle Amazzoni attorno al Paradiso che Heracle ha minacciato con la sua protervia . Sono le guardiane della vita e della morte . Certo è che furono in ori­ gine, cioè alle fonti mitologiche, sacerdotesse del mistero lunare e fem­ minile ; la loro leggenda è scaturita forse dalle figure di donne armate scolpite in epoca classica sul piedistallo del Trono di Zeus in Olimpia, nonché le raffigurazioni dello scudo di Atena nel Tempio di Teseo . Non è escluso che anche a Efeso fossero presenti sacerdotesse armate, in relazione alle tre tribù sacerdotali matriarcali . Una grande figura femminile che possiamo mettere sullo stesso piano delle Amazzoni - per concludere la serie dei miti greci inerenti alle dee lunari - è senza dubbio Circe. Come le Danaidi sono temibili per la loro passione delle armi, così la maga Circe è temibile perché , !ungi dall'avere aspetto e attributi demoniaci o infernali, presenta tratti fem­ minili sensuali, seducenti e divoranti. Anche Circe, al pari di Lilith esprime il rifiuto della ' signoria' maschile e anzi domina ogni uomo sog­ giogandolo con i propri incantesimi . Circe è nella leggenda e nel mito l'Assoluto Femminino che trascina alla perdizione l'uomo che incauta­ mente le obbedisce. Prototipo della strega medioevale , Circe ha in sé tutti i poteri dell'anima più profonda che si manifesta in un totale, inso­ stenibile eros . Essa, prima lusinga e attrae irresistibilmente eppoi, una volta ottenuto il dominio dell'uomo, lo riduce in totale soggezione e plagio, rendendolo schiavo aòbrutito . Con Circe non abbiamo la figu­ razione inconscia della libido sessuale che si carica di formazioni fobiche come nel caso di Ecate ed Empusa, bensì vi è, semmai, l'oggetto d'amo­ re più invitante e convincente, tale che nessuna diffidenza e difesa è possibile . Ma l'inganno, che si rivela troppo tardi, vuole significare il pericolo e la distruttività che si celano dietro la bellezza e la seduzione . Circe non si presenta come incubo, bensì come ideale possibilità di ap-

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pagamento assoluto ; può dare l'estasi erotica ma a prezzo della perdita di ogni libertà. Omero in particolare ci dice chi è Circe, ma essa ha altri complessi appellativi, come del resto si conveniva alle dee lunari . Le fonti la citano ora come Circe ora come Pasifae . L'appellativo di maga ci fa capire che Circe si dedicava alla magia, ma in senso psicolo­ gico dobbiamo considerarla come l 'espressione lunare di Grande Madre che attira - regressivamente - nei silenziosi regni della struggente dolcezza incestuosa, offrendosi come magica libertà e pienezza, libera­ zione e lenimento. La magia di Circe è soltanto l'incantesimo c:lei sensi e l'eterna seduzione della parte giovane e avventurosa ( non a caso Circe si esprime nel confronto mitico con Ulisse, colui che vuole vivere e dive­ nire , a dispetto della paura e degli agguati delle Madri ) . La dea ame­ rica è trasformata in persecutrice , come una Lamia, perché frena lo svi­ luppo e il ' viaggio' degli ulissidi . Si tratta sempre di una valenza del­ l 'anima , è chiaro, ma questa volta si presenta con una componente ignota ai maschi, i quali peral tro se ne sentono affascinati perché è la lusinga dell'otium , della rinuncia, per scegliere le più dolci sicurezze . Forse Circe è la figura femminile più sognata dall 'immaginazione dell'antico greco : Circe, alta bella , fiera e la sua incantevole isola lambita da caldi mari . Circe è il mistero del non-ritorno . L'appagamento e la perdizione . L'omerico Odisseo ( colui che chiamiamo più comunemente Ulisse ) , ci porta con la sua vicenda, a ritrovare Circe . Scampato alla furia dei Lestrigoni, Odisseo fa prendere il largo alla sua nave , " E all'isola Eea venimmo ; qui stava Circe riccioli belli, terribile dea della parola umana , sorella germana d 'Eéta dal cuore crudele ; entrambi son nati dal Sole, che illumina gli uomini, e madre fu Perse, 1�. figlia d 'Oceano . Qui con la nave ci avvicinammo alla punta, in silenzio, fin dentro il porto riposo di navi ; un dio ci guidava . Poi , sbarcati, due giorni e due notti giacemmo, mangiandoci il cuore di stanchezza e di pena " . Odisseo con i suoi eroi , va a esplorare l'isola e fa la scoperta fatale : " . . . e mi apparve del fumo su dalla terra ampie strade in casa di Circe , tra i folti querceti e la ma.:: ::hia " . Decidono chi per primo dovrà andare in ricognizione verso l a misteriosa casa . Tocca in sorte a Euriloco . S'incammina con la scorta di ventidue compagni e finalmente si presenta loro la fatale abitazione :

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" Trovarono in un Nallone la casa di Circe, fatta di pietre lisce, in posizione scoperta . E intorno c'erano lupi montani e leoni , che lei stregò, dando farmachi tristi [. .] Si fermarono nell'atrio della dea trecce belle, e Circe dentro cantare con bella voce sentivano tela tessendo grande e mortale, come sono lavqri delle dee , sottili e splendenti e graziosi " . .

L a presentazione del poeta non poteva essere più invitante : ancora una volta c'è l 'immagine della donna soave piena di grazia , ma anche l 'archetipo della casa, il rifugio , l'approdo. Qui si ruota attorno al tema della regressione come paradossale risoluzione di tutti i conflitti. Ma Circe nasconde l'inganno, che non sfugge alla sensibilità di Euriloco . Il dramma scatta nel momento che gli uomini esultanti si lasciano sedurre da ciò che vedono e sentono e cercano : " O cari , qui dentro una che tesse gran tela soave canta, e tutto il paese ne suona ; O donna o dea . Su , presto, chiamiamo ! " ed ecco allora l'apparizione di Circe : " Subito lei, uscita fuori, aperse le porte splendenti e li invitava ; e tutti stoltamente le tennero dietro. Ma Euriloco restò fuori, ché temeva un inganno . Li condusse a sedere sopra troni e divani e per loro del cacio , della farina d'orzo e del miele nel vino di Pramno mischiò : ma univa nel vaso farmachi tristi, perché del tutto scordassero la terra paterna. E appena ne diede loro e ne bevvero , ecco che subito, con la bacchetta battendoli nei porcili li chiuse . Essi di porci avevano testa, e setole e voce e corpo : solo la mente era quella di prima . Cosi quelli piangenti furono chiusi ; e a loro Circe ghiande di leccio e di quercia gettava e corniole a mangiare come mangiano i porci che a terra si voltolano " .91 Questo è il primo sortilegio di magia che conosciamo operato con straordinaria efficacia psicologica ! Il bel sogno si trasforma subito in al-

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lucinazioni con tratti di incubo . La simbologia di questo femminile ma­ gico e regressivo è tanto ricca che proveremo ad accentuarla soltanto,

lasciando il campo all'immaginazione. Circe vive in un'isola e il mare la cinge : simbolo del Sé, l'isola di Eea , ma anche simbolo di un ritorno alla conoscenza del lato di ombra dell'Anima e dell'istintuale. Approdare all'isola di Circe significa conoscere tutta la dimensione del proprio istintuale ( gli uomini trasformati in porci ), il centro del tema ; l'isola è separata dalla terraferma e quindi è un simbolo di qualcosa completa­ mente separato dalla vita conscia . I compagni di Odisseo dunque, sono gli aspetti interiori di lui stesso che si privano del legame con l'Io per precipitare nel baratro dell'Anima oscura . Egli vincerà, infatti, le malìe di Circe evitando di subire la fascinazione ma traendo invece la maga verso una parziale integrazione. Infatti, Ermes , cioè l'intelligente dio Mercurio, aiuta Odisseo informandolo della vera natura di Circe, men­ tre l'eroe sta recandosi da lei : " Allora mi venne incontro Ermete verga d'oro, mentre arrivavo alla casa , simile a un giovane eroe, cui fiorisce la prima peluria , bellissima è la sua giovinezza. Mi prese per mano e parlava parola , diceva : ' Dove, o infelice , per questi colli vai solo, ignaro del luogo ? I tuoi compagni in casa di Circe son chiusi , come maiali , abitando solide stalle . E tu per liberarli qui vieni ? Io ti dico che neanche tu tornerai , ma resterai là con gli altri ' " . Così , Ermes, principio della conoscenza razionale, offre a Odisseo un'er­ ba segreta capace di dissolvere gli incantesimi e i filtri. L'eroe, con l 'erba dalla radice nera e il fiore più bianco del latte, il cui nome è " molu " , affronta l'avventura con Circe . Davanti al potere della maga, l 'eroe omerico oppone l'aiuto di Mercurio : è sempre un sostegno del 'divino ' contro la ' pericolosità' della seduzione femminile. " . . . e io alla casa di Circe andavo ; e molto il mio cuore batteva . Mi fermai sulla porta della dea belle trecce, e là fermo gridai ; la dea sentì la mia voce . Subito, uscita fuori , aperse le porte splendenti, e m'invitava : e io la seguii sconvolto nel cuore. Ma come me l'ebbe dato e bevvi - e non poté farmi incantesimo con la bacchetta colpendomi parlava parola, diceva : 'Va' ora al porcile, stenditi con gli altri compagni ' " .

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Ma Odisseo non subisce il veleno, ne è immunizzato dal suo principiO attivo mercuriale e dall 'alchimia sappiamo che il mercurio è il metallo della trasformazione . Perché Circe compie un atto magico ? Circe espri­ me i poteri naturali ; Ermes invece esprime quella che viene detta la 'gelosia' degli dèi . È il conflitto : la maga segna il debordare degli istinti naturali che minacciano l 'ordine perenne delle cose . Mercurio entra in gioco proprio per tamponare questo squilibrio. La intimatio del divino , dd superiore , si ripete qui ai danni dell 'inferiore , del terrestre . Una volta ancora Adamo-Odisseo si ' allea ' al principio paterno-divino , per sbarrare la strada all 'ordine naturale che si manifesta in Lilith-Circe . È lo scontro fra le forze assolute e il pensiero-coscienza . Circe vuole infran· gere la barriera difensiva del pensiero razionale in Odisseo . Ancora W. Otto dice acutamente : " Tutte le vere magie presuppongono da un lato la coscienza umana e la concentrazione del pensiero , dall 'altro l'esistenza di un ordine naturale rigido , ma non meccanico . L'atto veramente ma­ gico è solo possibile in uno stato di ecci tazione particolare . Co­ desto eccitamento però suben tra , allorquando l'animo ha la sen­ sazione che le venerande regole della natura abbiano subito uno sfregio " . 92 Circe esprime la maledizione per l 'offesa fatta alla natura : le impreca­ zioni, 'Arai ' , che da Lilith in poi si levano verso chi ha offeso il 'desi­ derio' naturale . Il 'no' di Adamo viene ancora pagato dai compagni di Odisseo trasformati in maiali ! Odisseo sta un in tero anno con Ci rce e i mitografi attribuiscono a questa relazione d 'amore due nasci te o una certa : Telegono o Engammone . Circe è la Lilith che si vede e si sente accettata : qui la mediazione di Ermes-Mercurio spezza il magico e offre la possibilità della verità alle due parti . Il patto viene rispettato : la maga è amata per quello che è, e Odisseo , solo amandola la induce ad uscire dalla magia : gli uomini infatti riprenderanno le sembianze umane senza serbare memoria d'esser stati porci ! In un certo senso è Circe che vede rispettate le " venerande " regole della natura ed è per questo che ama interamente l'eroe e più tardi lo aiuta con suggerimenti pieni di saggezza e passione . La tradizione asse­ gna varie versioni al mito di Circe . La si vuole in un'isola presso l'Attica , mentre i coloni greci in I talia identificarono la sua strana e maliosa di­ mora nel Mar Tirreno . Chi oggi va al Monte Circeo, così greve di ema­ nazioni , ritrova quelle tracce della dimora di Circe ' trecce belle ' figlia del Sole, sulla sommità del monte che si leva scuro nei tramonti. I sacri ontani, pioppi e cipressi , ornavano i giardini arcani dove amore e morte

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s 'intrecciavano con la tela e i canti soavi di Circe e delle sue ancelle . Teofrasto e Virgilio assicurano che il culto fu proprio li al Circeo . Apol­ lonia Rodio racconta di un bosco-cimitero di salici - il quinto della sequenza sacra di alberi - che fu nella Colchide, per il culto di Circe . Altre fonti pongono l 'isola di Eea , la ' gemente' , nell 'Adriatico presso la foce del Po . E anche qui vi sarebbero stati gli ontani, alberi derivati dalla trasformazione magica delle sorelle di Fetonte . Ricordiamo che Ecate prediligeva i pioppi neri . Tutta la' simbologia dell'episodio ome­ rico sarebbe da analizzare poiché tutto si richiama al magico, all'eros, alla morte ed ogni elemento può sostenere una interpretazione psicolo­ gica . La tela che Circe lavora è ancora una volta la trama del destino individuale e Circe come dea della Morte, tesse instancabilmente . La trasformazione in porci degli ulissidi ha anche un significato de­ cisamente religioso. Ricordiamo che il porco era sacro a certe deità greche e il Frazer 93 ricorda che nel folclore europeo il maiale è un'in­ carnazione comune dello spirito del grano , perciò questa bestia è inti­ mamente legata a Demetra . E ci si chiede se la grande dea lunare origi­ nariamente non avesse lei stessa forma di maiale . Frazer ammette una Demetra sempre accompagnata da un maiale e a lei venivano offerti nei riti , i porci sacralizzati . I riti delle Tesmoforie attiche erano una festa autunnale celebrata da sole donne in ottobre e pare che rappresentassero , con riti funebri , la discesa di Persefone ( o Demetra stessa ) nel mondo sotterraneo . Uno dei riti consisteva nel gettare maiali , pane e rami di pino nella " caverna di Persefone " custodita da serpenti . La stessa Per­ sefone in origine era teriomorfa , forse un maiale . Nelle Tesmoforie !e donne mangiavano carne suina, che rappresentava - citiamo Frazer un sacramento o comunione solenne, nel quale i fedeli mangiavano un corpo divino . Dunque dovremmo pensare , in opposizione a tutte le in­ terpretazioni moralistiche ed estetiche, che il gesto di Circe nel mutare gli uomini in maiali era tutt 'altro che una magia bestiale : forse rappre­ senta la 'consacrazione ' degli istinti maschili al principio divino lunare ? I compagni di Odisseo , in questo caso , rappresentano il ritorno al prin ­ cipio femminile . Circe equivale alla Demetra Nera di Figalia ; di conse­ guenza il ' maschile ' riprende la parte animale censurata . Il cibo dato alle vittime mutate in porci è costituito da rosse corniole di Crono, una pianta che cresce spesso, ancora , nei nostri luoghi sacri . Perplessità sul filtro dato da Ermes-Mercurio a Odisseo : il " moli " ( altri traducono " molu " ) . Alcuni dicono si tratti del ciclamino selvatico dal bianco fiore raro , il bulbo scuro e resistente, profumato intensamente . Invece certi classici chiamano ' moli' o ' molu ' un tipo di aglio dal fiore giallo . Può esserci del vero , in questa analogia, poiché ne è noto il signi­ ficato apotropaico e di scongiuro nel vampirismo e nella stregoneria.94

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Pare che questo aglio crescesse proprio quando la luna è al suo ultimo quarto , quindi una conferma che l'aglio proteggeva dall'approssimarsi

della Luna Nera e addirittura era un talismano contro Ecate e le sue pe­ ricolose manifestazioni . Trecce di aglio , del resto, vengono appe-se fuori dalla casa per tenere lontani i demoni lascivi e le streghe . Il filtro di Ermete può essere un simbolo di scongiuro - l'aglio appunto - verso la Circe regina degli incantesimi malefici . Qualche fon te suppone si trattasse di ruta selvatica , anche se non cor­ rispondono i dati botanici nel poema . Ma l'analogia regge meno . La ruta è emmenagoga, cioè favorisce il flusso mestruale e ha azione antal­ gica e vescicante : come simbolo ha pochi riferimenti all'uso che ne fa Ermes . Sui filtri di Circe poco si sa ; Omero parla soltanto di veleni fu­ nesti , ' farmachi tristi ' . Certamente c'è da pensare ad allucinogeni . Raffi­ gurazioni di Circe esistono : l'arte ha sempre sentito questo mito di don­ na-maga . Al museo archeologico di Napoli c'è una pittura murale ove la dea è raffigurata con intensi caratteri . Al museo di Oxford esiste un cratere greco con l 'immagine di Circe . Più vicina a noi , forse, è la Circe famosa dipinta da D. Dossi : nello splendido quadro del tardo cinque­ cento , la maga appare potente , domina trice e bella , immessa in un con­ testo di simboli forse eccessivi ma capaci di turbare . Così , con Odisseo che riparte da Eea per tornare alla sua I taca sognando Penelope , volge l'avventura dell 'anima verso altre mete . Ancora incontriamo mitiche fi­ gure all'estremo limite del mondo ellenico : . le Sirene , che da sempre sono il simbolo della seduzione erotica irresistibile . La Sirena è l 'imma­ gine più inconscia e temibile di Lilith, remota e occultata alla vista , che riunisce in sé tutti i caratteri distruttivi . È la stessa Circe , del resto, a descrivere le temi bili ondine a Odisseo : " Alle Sirene prima verrai, che gli uomini stregano tutti, chi le avvicina . Chi ignaro approda e ascolta la voce delle Sirene mai più la sposa e i piccoli figli, tornato a casa, festosi l 'attorniano , ma le Sirene col canto armonioso lo stregano, sedute sul prato : pullula in giro la riva di scheletri umani marcenti ; sull'ossa le carni si disfano . Ma fuggi e tura gli orecchi ai compagni " .95 E passiamo a vedere come si articola il mitologema di Lilith nell'area culturale di Roma e l'Impero . Praticamente, a Roma continuano i culti dovuti alle divinità greche pur latinizzate e con finalità diverse. Gli dèi rimasero come simboli efficaci anche presso il realistico mondo romano.

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Cambiano i nomi e certi attributi, ma l'idea base della Kore , per esempio, non viene modificata. La Persefone ellenica diventa, nel culto romano, la temuta e tenebrosa Proserpina regina e guida degli inferni. Tuttavia il suo culto non è mai stato rilevante . Demetra, come dea lunare della fertilità, diventa Cibele e il culto rimane simile . La divina Artemide , che caratterizza i tratti ·amazzonici , sarà a Roma la Diana cacciatrice e verrà spesso accompagnata a Marte , il dio pugnace ed aggressivo . Proprio a Roma invece le figure guerriere di donne si manifestano con tratti più animosi. Ecate è presente con tutta la sua sinistra espressività, forse con un rinforzo dei caratteri ma­ gici, perché è già considerata, con Medea, la sacerdotessa delle streghe . Il culto lunare è sempre attivo e non diminuisce, nell 'animo popolare, il rispetto per certo folclore che vuole manifestazioni cicliche . Anche per i romani la notte e la luna hanno un potere indiscusso e talvolta del tutto magico . Soltanto, qui vediamo la deità lunare assumere tratti più magici e relegati nella superstizione . Per Orazio, infatti, Diana e Proserpina si distanziano dal mitologema per diventare patrone della magia e già si parla del mondo magico e dei rituali nel Liber carminum , cioè il " libro degli incantesimi " . Alcune fonti - da assumere con cautela - ricorda­ no certi rituali dove si ' tira giù la luna dal cielo' .9Ò A Temesa, una cittadina della Calabria italica , si percuotevano dei bronzi affinché la luna scendesse dal cielo per manifestarsi fra gli uomi­ ni. Questa fantasia era assolutamente magico-superstiziosa, ma fa capire come il mitologema della Luna-Anima svegliasse nuovi timori di altro ordine . I Romani , gente pratica e dotata di buon senso , erano alieni da pratiche misteriose e feticismi arcaici per cui non sen tivano le ' presenze ' "di demoni con la stessa intensità di altre popolazioni . Erano tuttavia molto superstiziosi. Si può dire che proprio a Roma si apre quella in­ credibile storia della Stregoneria e delle Streghe dove la donna subirà - sino alla culminante carneficina voluta dalla Chiesa - tutta la vio­ lenza della più devastante repressione sessuale che l'uomo abbia rea­ lizzato . Svetonio, nelle Vite, fa sentire come la superstizione domina la storia degli uomini. Anche nelle opere di Plinio il Vecchio e Plinio il Giovane abbiamo evidenti cenni alla Magia . E sono due celebri maghi dell'epoca , Simon Mago e sua moglie Selene , ad aprire le pratiche occulte imper­ niate sul demoniaco , la sessualità, la femmina e l 'esorcismo . Apollonia di Tiana sarà poi il mago dei prodigi indescrivibili .97 La superstizione implica qualcosa che non è visibile e non avvertito soggettivamente come endogeno. Si può dire che i Romani evitavano la personificazione del divino e perciò mancavano quasi del tutto le immagini di culto . Anche le figure femminili non facevano eccezione a

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questo orientamento ; il romano nutriva una certa avversione per il pen­ sare attraverso le immagini , come invece faceva il greco . Da qui deriva un certo disprezzo per la mitologia nel dominio del sacro , almeno nella prima romanità. Né i Romani conoscevano gli dèi come astrazioni filo­ sofiche, come concetti teologici . Il pensiero non lasciava posto a tali co­ se ; il divino non aveva cittadinanza in senso filosofico-speculativo ; sem­ mai il divino fu azione .98 Anziché il deus, era più vivo il numen , cioè si sentiva meno la 'persona' e più il 'potere ' . I l culto, d i conseguenza , divenne puro rito , dove s i attuava l 'evocare e l 'indigitare ( il nominare ) in una stretta visione immanente. Il rap­ porto fra gli dèi e lo Stato era molto obiettivo . Chiaro che questo creava largo spazio alla superstizione e la magia, peraltro molto perseguitate dalle leggi romane . Più dominio conscio , ma quel che sfuggiva al razio­ nale diventava subito incontrollabile manifestazione superstiziosa. Perciò nella tradizione romana, come già abbiamo detto, non si tro­ vano modificazioni e il rapporto con la figura femminile va tutto a orientarsi - sul piano di ombra - verso la stregoneria . Ovidio parla dei filtri magici , ma in particolare Orazio, nel v e xvn epodo si rivolge ad una famosa strega Canidia, dove ritroviamo in teramente l'immagine demoniaca simile alla Gorgone . Così , nel XVI I epodo , parla la strega : " E allora io ti verrò a cavalcioni sulle spalle odiose e tutto il mondo s 'inchinerà al mio strapotere . Forse io, che posso animare le immagini di cera , come tu stesso osservasti nella tua curiosità e svellere dal cielo con i miei incanti la luna , e risuscitare i morti ridotti in cenere e preperare i filtri per ridestare la libidine " .99 . . .

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epodo era citata proprio la strega con le sue terribili sembianze : " avvinta i capel li di minute vipere e rabbu ffato il capo , ordina . . . " .

Forte del suo 'virile' inflazionato, il romano lascia aperto il varco all'immaginazione perversa che fa della donna, spesso, la " striga Sulla donna romana come sulla donna che vedremo dopo l'avvento della Chiesa romana, si proiettano ancora , instancabilmente, le ombre di Ecate, di Medea e Diana. Proprio Medea, sacerdotessa di Ecate , la tragica amante di Giasone che , punirà , vendicativa , l'amato ucciden­ dogli i figli, lei , nella tragedia euripidea sarà costretta a dire : " .

" Di quanti esseri al mondo hanno anima e mente , noi donne siamo le creature più infelici . Dobbiamo anzitutto, con dispendio

Lilitb nell