Lettere 9788862275569, 9788862275583, 9788862275576

Il volume raccoglie integralmente le lettere pariniane finora note, databili dal 1752 al 1798. Si tratta di sessantasei

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Italian Pages 256 [250] Year 2013

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Table of contents :
SOMMARIO
INTRODUZIONE
TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI
NOTA AL TESTO
Il corpus: esclusioni e inclusioni
Fonti manoscritte
Fonti a stampa. Storia della fortuna e storia editoriale
La presente edizione
Criteri di trascrizione
Note
Distribuzione del lavoro
Ringraziamenti
LETTERE
INDICE CRONOLOGICO E INCIPITARIO DELLE LETTERE
INDICE DEI DESTINATARI
INDICE DEI NOMI
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Lettere
 9788862275569, 9788862275583, 9788862275576

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ED I Z I O N E NA Z I O NALE DEL L E O P E R E D I G I U S E P P E PARIN I Istituita dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (D. M. 2 giugno 1999)

d i retta da g io rg io ba roni

Co m m issione sc ie ntifica Giorgio Baroni, Presidente Franco Anelli (Rettore pro tempore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) Marco Ballarini · Paolo Bartesaghi · Anna Bellio Davide De Camilli · Andrea De Pasquale, Segretario tesoriere Marco Elefanti (Direttore amministrativo pro tempore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) Edoardo Esposito · Pietro Frassica · Bortolo Martinelli Silvia Morgana · Andrea Rondini · Giuseppe Savoca William Spaggiari · Corrado Viola

Ente che ha chiesto di istituire l ’ edizione

Istituzione conservatrice delle carte pariniane

S ede Biblioteca Nazionale Braidense Via Brera 28, i 20121 Milano, tel. 02/86460907, fax 02/72023910 MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

Con il contributo di

l e tt e r e G I US E P P E PA R I N I a c u r a d i co r r a d o v i o la con la co l la b o r a z i on e d i pao lo ba rt e s ag h i e g i ova n n i c ata la n i

P I SA · ROMA FA B R I ZI O SER R A ED I TORE MMXIII

Sono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione, l’adattamento, anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effettuati, compresi la copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronica, ecc., senza la preventiva autorizzazione scritta della Fabrizio Serra editore®, Pisa · Roma. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge. * Proprietà riservata · All rights reserved © Copyright 2013 by Fabrizio Serra editore®, Pisa · Roma. Fabrizio Serra editore incorporates the Imprints Accademia editoriale, Edizioni dell’Ateneo, Fabrizio Serra editore, Giardini editori e stampatori in Pisa, Gruppo editoriale internazionale and Istituti editoriali e poligrafici internazionali. * www.libraweb.net isbn 978-88-6227-556-9 isbn elettronico 978-88-6227-558-3 isbn (rilegato) 978-88-6227-557-6

S OM M AR IO Introduzione

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Tavola delle abbreviazioni

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Nota al testo Il corpus: esclusioni e inclusioni Fonti manoscritte Fonti a stampa. Storia della fortuna e storia editoriale La presente edizione Criteri di trascrizione Note Distribuzione del lavoro Ringraziamenti

41 41 46 48 59 60 68 69 70

Lett e re

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Indice cronologico e incipitario delle lettere

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Indice dei destinatari

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Indice dei nomi

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INTRODU ZIONE i. ar conto innanzitutto del titolo di questo volume, che prosegue la serie dell’Edizione Nazionale dopo pezzi significativi del Parini ‘maggiore’ e ‘minore’ – l’aggettivazione è ovviamente carducciana, e il riferimento va nello specifico al Ripano Eupilino (2011), agli Scritti polemici e alle Odi (entrambi 2012) –, equivale a mettere in chiaro già in limine, a scanso di eventuali equivoci, due aspetti essenziali dei testi che qui si pubblicano: la natura peculiare del corpus, e, in parallelo, l’attitudine di fondo del Parini epistolografo. Ma anche, di riflesso, le caratteristiche tecniche di questo lavoro editoriale. Lettere, dunque: e si prenda pure il sostantivo nel senso di una pluralità collettanea, di un assemblaggio editoriale (e non d’autore), di un accorpamento, se non di disiecta, certo di singularia; i quali si presentano accomunati sì dall’esteriore caratterizzazione epistolare, ma sono talora intimamente diversi l’uno dall’altro (per occasione, motivo, scopi, stile, struttura…), tanto da configurare una varietà tipologica che va dalla vera e propria familiaris alla supplica scritta in terza persona, dalla lettera ufficiale, anche redatta per incarico e a nome di tutto un corpo («in nome de’ Professori delle Scuole Palatine», nº 15), alla commendatizia, dall’accompagnatoria di altri testi fino al memoriale o a quella che oggi diremmo ‘autocertificazione’. Non illogico perciò, stante l’obiettiva inadeguatezza al caso specifico di apparenti sinonimi come Carteggio e Corrispondenza, che il più neutro sostantivo-titolo Lettere si sia subito imposto su di un concorrente come Epistolario: un termine, quest’ultimo, foriero di possibili travisamenti per la semantica di compiutezza e organicità che vi è sottesa, quanto meno sul piano connotativo. Perché epistolario può intendersi all’incirca come ‘libro di lettere’: e di ‘libro di lettere’, per la presente raccolta, non si può proprio parlare.

D

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introduzione ii.

Di Parini ci restano soltanto 66 lettere inviate a 391 destinatari fra il 1752 e il 1798: quasi sicuramente il più «magro»2 epistolario del nostro Settecento. La non foltissima letteratura critica che se n’è occupata specificamente sottolinea questo primato negativo attraverso un raffronto di per sé eloquente: quello con le quasi duecento di Carlo Gozzi e le cinquecento circa di Vittorio Alfieri, gli altri due epistolografi meno effusivi del nostro siècle epistolaire.3 Certo è che, nel caso di Parini, l’esiguità del corpus residuo consegue in primo luogo alla scarsa propensione del poeta al commercio epistolare. È lui stesso a ricordare come fatto noto la propria «poltroneria» al destinatario non identificato della nº 4 («Voi sapete, ch’io son poltrone»), la quale lo ha indotto a scrivere una sola responsiva anziché due: perché, sentenzia per celia, «uno dei primi assiomi della poltroneria si è di non multiplicar gli enti senza necessità». Scusandosi con lo stampatore Giuseppe Bernardoni di non aver risposto a una sua prima «graziosissima» lettera e «tardato di rispondere» a una seconda, eccolo accampare, scrive, «una invincibile mia pigrizia a scriver Lettere» (nº 63): e sì che si trattava di impartire all’editore delle Odi istruzioni precise e tempestive per la stampa. Ma anche oltre un quarto di secolo prima egli poteva giustificare il costante ritardo nel rispondere alle «carissime» di Pellegrino Salandri dichiarando di non aver «molta corrispondenza di lettere», e perciò di non incaricare «veruna persona» al prelievo della posta durante la villeggiatura «in campagna» (nº 6). Al trovarsi «in campagna», e a una «serie di combinazioni» correlate, è imputato un ritardo di un mese e mezzo nel rispondere a Giambattista Bodoni, che pure l’aveva «così di fresco favorito ed onorato» stampando una «bellissima Edizione» dei suoi «poveri

1 Ma di due lettere, i ni 4 e 19, il destinatario è affatto ignoto, e perciò il computo complessivo potrebbe diminuire di una o due unità, non potendo escludersi, a rigore, che una o entrambe siano indirizzate a un altro dei destinatari noti. Ma cfr. infra, in nota ai detti numeri. 2 L’aggettivo è in Foresti 1948, p. 149. 3 Il raffronto è ad es. in Spaggiari 2011, p. 163, che si raccomanda quale miglior lettura complessiva dell’epistolario pariniano. Per una ricognizione analitica della tradizione a stampa degli epistolari di Gozzi e Alfieri, cfr. Viola 2004, pp. 13-15 e 330, e Viola 2008, pp. 8 e 97.

introduzione 11 versi» (nº 56). Ancora, al Salandri: «Le pochissime corrispondenze che io ho ne’ paesi esteri, e la mia naturale indifferenza o piuttosto poltroneria sono il motivo per cui non soglio andar troppo frequentemente alla Posta; e questo fa che molte volte manco involontariamente a miei doveri» (nº 11). Di «condannevole dimenticanza», colpa «grande», «fallo», «dilazione», «trascuraggine», imperdonabile «eccesso d’inciviltà» si accusa e scusa rispondendo con ritardo ad Angelo Mazza nell’agosto 1774 (nº 22). Persino dalla «veneratissima» Silvia Curtoni Verza, alla quale pure indirizza parole da vero «Adoratore», si lascia «prevenir nello scrivere» (nº 52); e la colpa è ammessa, nell’attacco, con un’espressione – un «Dovrei vergognarmi» – che troveremo replicata tal quale, nella medesima sede, in altra lettera, quella posteriore di più di due anni e già ricordata al Bodoni (nº 56): una formularità che potrebbe leggersi, forse, come indizio espressivo di una coazione a ripetere.1 Ma se da un lato non bisogna travisare, assolutizzandolo, il giudizio affatto topico di ‘trivialità’ riferito alla prosa epistolare nella prima, già citata delle tre lettere ‘galanti’ alla Curtoni (nº 56), dall’altro va anche registrata una testimonianza che il Reina, primo editore delle Opere, ricavava da una missiva pariniana a Giovanni Paradisi oggi irreperibile: secondo la quale il poeta «astenevasi dal commercio epistolare, non amando che la purità delle sue Lettere fosse stuprata da qualche mascalzone».2 Né mancano testimonianze simili ab extra, in lettere di terzi. Così Saverio Bettinelli, il 10 giugno 1782, disingannava Clementino Vannetti, che fin dal giugno di due anni prima, su invito del Bettinelli stesso, aveva scritto a Parini per accompagnare l’invio di una sua Epistola in versi: «s’ella presente un carteggio con lui, oh vedrà un nuovo misantropo in Letteratura familiare, come lo è nel tardar tanti anni il fin dell’opera».3 E ancora il 23: «Se Parini le 1 Per un’altra «formula» replicata nella prosa epistolare pariniana cfr. Spaggiari 2011, pp. 167-168. 2 Reina 1801-1804, i, p. lxii. Il corsivo è del Reina, a segnalare le precise parole della lettera di Parini a Paradisi. Queste medesime parole tratte dalla Vita del Reina – «le parole di un classico» – citava Manzoni scrivendo al Grossi nell’aprile 1820, a sostegno del sospetto che «alla posta si aprono le lettere»: Grossi 2005, i, p. 208. 3 BCTRov, Ms. 6. 33, cc. 27-28 (edita in Vittori 1899, pp. 75-76). L’«opera» che Parini tarda a concludere è naturalmente il Giorno. Dell’accompagnatoria di Vannetti a Parini accennata a testo, databile tra il 2 e il 6 giugno 1780, sappiamo da due lettere del roveretano al Bettinelli appunto recanti quelle date: BCTRov, Ms. 6. 5, cc. 54-55.

12 introduzione scriverà, ciò ch’io non credo, n’avrei gran piacere».1 Perché l’autore del Giorno è, senza meno, «un pigraccio ipocondriaco per non dire altro».2 All’esilità del carteggio ‘attivo’ non può rimediare, neppure parzialmente, come invece accade in altri casi, quello ‘passivo’, di fatto pressoché inesistente per la dispersione postuma delle carte pariniane; le quali, scrive sconsolato il Reina a Diodata Saluzzo il 22 luglio 1801, «caddero sgraziatamente in barbare mani, per ingiuria de’ tempi», e «tutto il carteggio fu dato alle fiamme».3 Non è dunque possibile, oggi, ricostruire compiutamente la rete epistolare pariniana in tutta la sua consistenza reale. Se però si considera la riluttanza del poeta alla pratica del corrispondere, non sarà forse irragionevole presumere che alla rete residua non debbano mancare molte maglie, e poche o addirittura nessuna delle principali. Si aggiunga che, se ci fosse giunto, il carteggio passivo non ci avrebbe probabilmente consentito di registrare molti altri ‘corrispondenti’ – s’intenda qui la qualifica nel suo senso forte, con riferimento cioè ai titolari di uno scambio protratto nel tempo e ‘corrisposto’ dal destinatario –, ma semmai di stilare una lista di mittenti di una o poche lettere ciascuno: per lo più, è presumibile, accompagnatorie di lavori letterari in versi o in prosa inviati in lettura al poeta presto celebre e verosimilmente lasciate da lui senza risposta, o al più degnate di qualche parola di circostanza.4 1 Bettinelli a Vannetti, 23.vi.1782, BCTRov, Ms. 6. 33, c. 129. Il pronostico dovette peraltro rivelarsi inesatto, giacché il 3 agosto 1791 lo stesso Bettinelli, sempre scrivendo a Vannetti, citerà un passo di lettera perduta di Parini a Vannetti, che qui si riporta (il corsivo, del manoscritto, segnala appunto la citazione): «L’Ab. Parini ne dice a lei altrettante [scil. lodi] dicendo che le belle riflessioni di lei su le due lingue non solo istruiscono, ma aprono un vasto campo a nuove idee» (BCTRov, Ms. 6. 38, c. 160). 2 Bettinelli a Vannetti, 11.xi.1784, BCTRov, Ms. 6. 33, cc. 249-250. Ma anche a Ippolito Pindemonte il Parini era sembrato «infingardo assai»: così il veronese scriveva il 7 giugno 1783, sempre al Vannetti: «Parini […] mi disse che avea pensato di scrivervi una lunga lettera […], ma che per la solita sua infingardaggine si rimase di farlo. Di fatti egli è infingardo assai, e lentissimo nel comporre» (Cimmino 1963, ii, p. 46). 3 Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 751 (e, per le vicende dei manoscritti pariniani, ivi, pp. 760-765). Non par dubbio che per «carteggio» il Reina intenda quello ‘passivo’, cioè le lettere scritte al Parini dai corrispondenti (e al limite le minute pariniane, sempre che esistessero davvero: il che non risulta). 4 Di qualche lettera diretta al Parini si dà il testo qui infra, nella fascia di commento posta in calce ai ni 16 (Girolamo Ferri), 22 (Angelo Mazza), 43 (Francesco Griselini), 56 (Giambattista Bodoni), 59 ( Johann Joseph Wilczeck), 66 (Ruggero Ragaz-

introduzione

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iii. Tuttavia, pur nella loro esiguità quantitativa, i materiali che ci sono giunti non impediscono la delineazione di un quadro complessivo, o per lo meno il rilievo di alcuni nuclei d’interesse. Il primo e più cospicuo è senz’altro riferibile al ruolo pubblico del Parini intellettuale-funzionario, regio professore di «eloquenza superiore» e in stretto contatto con personaggi-chiave dell’amministrazione della Lombardia austriaca, come Gian Luca Pallavicini, Johann Joseph Wilczeck, Carlo Giuseppe Firmian, Gian Rinaldo Carli, Antonio Greppi. Naturalmente, della collaborazione di Parini con gli organi di Governo, di quello che lui stesso definisce «ardentissimo zelo di ben servire il suo Principe, e d’impiegarsi con tutte le forze a vantaggio della sua Patria» (nº 9), emergono qui i risvolti più legati alle vicende di una esistenza sempre precariamente dipendente, per le condizioni materiali, dalla benevolenza munifica del potere: ecco dunque l’agognata istituzione della cattedra milanese di eloquenza, la reiterata istanza di benefici ecclesiastici o di altri incrementi stipendiali, l’officiosa gratitudine per le attenzioni o i donativi ricevuti, la richiesta di «qualche stanza» in più a Brera o di un posticipo della data d’inizio per il suo insegnamento. Pur senza mai derogare a una sua garbata dignità di contegno, è un Parini tutt’altro che restio a «percoter / le dure illustri porte» dei potenti. Petitio e gratulatio le due dimensioni esclusive – anche a livello di tipologia epistolare, di organizzazione e coloritura retorica del testo – di queste lettere ai «Grandi» (nº 27). I più ampi processi storico-politici e di riforma amministrativa allora in corso, alla cui realizzazione Parini reca il suo conzi). A queste devono aggiungersene una (s. d. [1791]) del meratese ma cremonese d’adozione Cosimo Galeazzo Scotti (1759-1823), riportata in Bellò 1823, pp. 173-175, e un’altra (17.viii.1798) del ministro degli Affari Interni della Cisalpina Diego Guicciardi (1756-1837), trascritta in Gioja 1878, p. 26. Del pochissimo rimasto delle corrispondenze con Paradisi e Vannetti s’è già detto. Di altre lettere abbiamo soltanto notizia: due (23.xii.1790 e 29.ix.1791) del piacentino Giampaolo Maggi (1744-1823) sono sunteggiate in Peri 1911, p. 56n (ma cfr. anche Carini 1995, p. 135); ad altre, che il Parini avrebbe diretto non si sa in che anno al mortarese Luigi Travelli (1761-1836) per offrirgli una cattedra a Brera, fa cenno Trona 1838, p. 18. Infine, Valente 1914 pubblica come di Gasparo Gozzi al Parini una lettera del 29.ix.1764 che in realtà è indirizzata all’abate Giulio Perini da Giambattista Gozzi, figlio di Gasparo: cfr. Gozzi 1999, p. 1143.

14 introduzione tributo di fedele «servitore», come il riordinamento generale dell’istruzione superiore voluto da Maria Teresa, o, negli anni della Cisalpina, l’organizzazione dei teatri nazionali nell’ambito di un più vasto «piano di pubblica educazione», si profilano soltanto sullo sfondo, o si intuiscono nel dettaglio dei «servizi» prestati dal poeta e da lui esibiti in forma di memoriale come crediti per la riscossione di qualche vantaggio personale: e sono mansioni non prive di un certo rilievo, come la redazione del piano e delle leggi per l’Accademia di Belle Arti di Mantova e per quella di Agricoltura e Manifatture, la compilazione della «Gazzetta di Milano», la composizione dell’Ascanio in Alba per le nozze arciducali, il ruolo di esaminatore dei professori in provincia, la stesura di pareri e relazioni, la revisione formale di manoscritti e di atti governativi, la partecipazione alla Commissione per la riforma dei libri scolastici elementari e altro ancora. Sia pure nei limiti che si sono detti e in maniera meno diretta rispetto ai vari scritti per le riforme e l’organizzazione degli studi e delle accademie,1 anche questi documenti epistolari attestano, come è stato autorevolmente osservato, «da un lato un impegno civile e una volontà riformatrice non inferiori a quelli degli intellettuali illuministi inseriti nella gestione dello stato, e dall’altro il prestigio di cui godette sia come poeta sia come uomo di cultura».2 La deferenza dovuta allo status del destinatario si traduce in una prosa ben consapevole dei necessari ingredienti retorici ma in nessun caso corriva all’unzione servile o al vaniloquio cerimonioso; e talora affiorano persino toni meno formali, soprattutto quando la lettera non è occasionata da ragioni d’ufficio. Come nelle gratulatorie al Greppi (ni 27 e 35), il quale, con «un atto di cortesia spontanea ed opportuna», lo aveva omaggiato della china necessaria a guarire da un’ostinata «terzana» e successivamente risarcito ad abundantiam di un furto di biancheria con il «regalo di due pezze finissime di Tela d’Olanda»: a lui Parini sente di dover addurre l’«esuberanza» dei suoi «affetti» a scusante della «lunghezza dello scrivere» (nº 35). A Gian Rinaldo Carli, allora presidente del Regio Magistrato Camerale, che lo aveva generosamente ospitato nel suo palazzo durante i lavori di risistemazione delle scuole di Brera, indirizza nella primavera del 1780 (nº 41) alcune righe all’insegna di 1 Li si veda raccolti nella sez. iv di Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 273-398. 2 Così Gennaro Barbarisi introducendo Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 16-17.

introduzione 15 un’arguta e divertita autoironia: parole che davvero reclamano estesa citazione, sia per la loro freschezza e sapidità, sia come specimen di un registro tonale non così frequente, nelle lettere (il solo passo degno di confronto è l’«Ingrasso, ringiovanisco, divento bello, che è una meraviglia» della nº 21 al Paganini): mi pare d’esser diventato un gran Signore. L’altro giorno venne qualcuno a prendermi colla carrozza, per condurmi alla Società Patriotica. Io passai per un grande appartamento, scesi appoggiato al bastone per un magnifico scalone, montai in carrozza, e mi ci sdraiai con quella felicità, che conviene ad un Duca gottoso. Se io impazzisco, la colpa sarà di V. E., ma anche la pazzia ha i suoi piaceri, e di questi ancora sarò debitore a Lei. Invidio a V. E. il soggiorno della campagna; e invidio V. E. al soggiorno stesso. Qualche volta ci troveremo insieme V. E., la campagna, ed io.

Anche il Giovin Signore, recandosi al termine del Mattino al «pranzo» della «Dama» (vv. 1071-1074), scende le scale del palazzo avito e, aiutato non dal bastone ma dalle «braccia» di uno dei tanti servi, sale il «dorato / cocchio» e ci si «sdraia»: non però felice come un duca gottoso, ma «tacito, e severo / sur un canto», con il cruccio altezzoso che si conviene al suo rango e all’occasione solenne dell’uscita in pubblico. iv. Ma anche i «grandi personaggi» possono «mostrare un generoso interesse» alla poesia: e si sorprende allora il Parini impegnato nella promozione fuori di Lombardia del Mezzogiorno, «Poemetto consecutivo al Mattino», di cui il 17 agosto 1765 egli invia una copia fresca di stampa all’ex-governatore della Lombardia austriaca Gian Luca Pallavicini, da più di un decennio trasferitosi a Bologna (nº 2). Per il resto, la storia compositiva e redazionale del Giorno deposita nelle lettere qualche scarna ma non disprezzabile traccia. A cominciare, nell’ordine, dalle dichiarazioni solo apparentemente contraddittorie sulle effettive intenzioni di ultimare il poema che si leggono nella lettera del settembre 1766 all’editore veneziano Colombani, al quale dichiara sì di aver «quasi dimesso il pensiere» della Sera, ma intanto propone l’idea e le condizioni contrattuali di una futura «edizione elegante di tutte e tre i poemetti» (nº 3). Ha poi una certa rilevanza, da questo punto di vista, la lettera al Bodoni del novembre 1791 (nº 56): ne risulta che nell’inverno del-

16 introduzione l’anno successivo il poeta si riproponeva di ultimare le due restanti parti del Giorno e di compiere l’intera opera, ed era comprensibilmente tentato da un’edizione definitiva bodoniana, nella quale avrebbe innestato le aggiunte preparate al testo di Mattino e Mezzogiorno. Ma, com’è noto, neppure col Bodoni le trattative intavolate riuscirono concludenti. A un’edizione andata in porto, ma delle Odi, si riferiscono invece i «pochi cangiamenti» al testo di Alla Musa («que’ pochi senili miei versi»), preziosi per la filologia pariniana, comunicati a Febo d’Adda nel giugno 1795 (nº 62). Informazioni più dettagliate riguardano alcune prose critiche pariniane degli anni Sessanta: e sono anzi le lettere, in questo caso, a fornire testimonianze fondamentali e non attingibili ad altra fonte. Così, soltanto dalla lettera al Salandri del dicembre 1768 sappiamo di una progettata ma poi abortita edizione luganese del Femia di Pier Jacopo Martello, per la quale Parini aveva scritto la prefazione (nº 6); mentre la prima delle tre missive al Bettinelli contiene una preziosa assunzione di paternità dell’estratto del Tableau de l’histoire moderne del Méhégan, comparso anonimo in un giornale milanese nell’estate del 1767 (nº 7). v. Purtroppo, a differenza di quanto avviene per tanti altri epistolari settecenteschi, le missive pariniane non consentono di ricostruire che in minima parte le letture del poeta nell’arco dei trentacinque anni compresi dalla composizione del Mattino alla morte: i commenti sulle novità letterarie sono rari e pressoché tutti di circostanza, espressi come sono direttamente agli autori che a loro volta li hanno occasionati con l’invio dei propri libri o testi; e di regola, e comprensibilmente, la gratitudine per l’omaggio fa velo all’acume del giudice. Così, per quanto diffuso, resta sulle generali il plauso rivolto al Bettinelli per l’Entusiasmo («spiritoso e filosofico Libro […] pieno di cose nuove ed importanti, e di principj atti a rimetter sulla buona via gl’ingegni Italiani», nº 7: ma è nota, d’altronde, la scarsa stima del Parini per il letterato gesuita).1 Non diversamente, il giudizio sulle opere di Angelo Mazza si risolve in un generico apprezzamento del «merito» nelle «cose letterarie» del letterato parmense, noto a Parini «e per fama e per produzio1 Cfr. infra, in nota a questa stessa lettera.

introduzione 17 ni»; mentre il promesso invio da parte dello stesso Mazza del poemetto sul Bello armonico, «materia così poetica insieme e filosofica», desta in lui il ricordo di «alcuni versi abbastanza pregevoli» del torinese Gaetano Emanuele Bava di S. Paolo, che è poi uno dei due soli giudizi su opere di terzi che sia dato spigolare in tutto l’epistolario pariniano (l’altro è relativo alle Quattro parti del giorno di Ippolito Pindemonte; e tanto questo, di cui si dirà infra, quanto quel netto e svelto «abbastanza pregevoli» riferito al poemetto del Bava fanno davvero rimpiangere la rarità di simili giudizi, che anche da altre fonti sappiamo espressi «con somma libertà»).1 Un piccolo capolavoro di retorica è l’elogio dell’Uso, un poemetto di imitazione pariniana del bresciano Durante Duranti:2 rinviato a una prossima occasione l’impegno di «scendere a qualche particolare», l’emulo è invitato a cancellare la «meretricia Iscrizione» All’unico immortale Parini: «Potrebbe darsi che io fossi immortale: ma unico non sarò già più»; tale era sì nel suo «genere», ma fintantoché scendevano in lizza con lui soltanto dei «pigmei» (nº 33). Altre volte, alla riconoscenza per l’omaggio si aggiunge quella per gli elogi rivolti al suo nome nei lavori di cui viene omaggiato: è il caso di un sonetto del Bettinelli (nº 37) o di una biografia del medesimo Duranti composta dal Corniani (nº 44). Due soli giudizi spiccano sugli altri, da cui si differenziano per un certo impegno critico: il primo è quello inusualmente circostanziato sul «bel poemetto» del Rezzonico L’eccidio di Como, dove al rilievo di alcuni luoghi «ammirati» seguono puntuali osservazioni di carattere generale e particolare (nº 48); il secondo, altrettanto inusualmente privo di schermature retoriche, per lo meno in apparenza, è rivolto nel febbraio 1797, dal poeta ormai «vecchio», ai Versi di Diodata Saluzzo Roero, che gli appaiono «singolari», in rapporto alla «freschissima età» dell’autrice, sia per maturità di esiti sia per prolificità, e gli suggeriscono un confronto fra i «tanti e così felici componimenti» di una «Donzella» e i «pochi» da lui fatti «a grande stento e tanto mediocri» nel corso della sua carriera (nº 65); confronto che, a voler dar credito alla professione 1 «Parla poi con somma libertà delle cose stampate, stima pochissimi»: così Pindemonte scrive a Vannetti a proposito di Parini nella cit. lettera del 7 giugno 1783 (Cimmino 1963, ii, p. 47). 2 Sulle imitazioni del Giorno, ancora utile Agnelli 1888; e cfr. anche, per un quadro bibliografico, la sezione viii (Imitazioni) di Bustico 1929, pp. 40-44.

18 introduzione di schiettezza che segue subito dopo («io non asserisco mai se non ciò che a tutto rigore mi sembra vero, e […] non amplifico mai nè biasimando nè lodando per qualsivoglia motivo»), verrebbe fatto di giudicare umanissimo e in tutto sincero, se non fosse la trascrizione nella «triviale prosa di una lettera», per dirla col Parini della nº 52, di un complimentoso sonetto, il xl del Ripano, dettato quasi mezzo secolo prima in lode di un’altra giovane poetessa.1 Si aggiunga pure, su un piano più generale, il rilievo preoccupato sulle sorti della poesia, che nel 1768 Parini vede minacciata dell’imperversante ‘filosofismo’ («sono oggimai mancati quei pochi che qui facevan professione di seguitar le Muse […]. Tutto ci è divenuto politica, e filosofia: e mio danno s’io dico una bestemmia, credo, che non ci sia nè Muse, nè politica, nè filosofia»: nº 6). Ma se è troppo poco, in ogni caso, per tracciare un quadro attendibile dei gusti pariniani in fatto di letteratura contemporanea, i giudizi sopra riportati hanno il merito, tuttavia, di restituire una parte delle relazioni intrattenute da Parini con i letterati coevi. Per completare il dossier, alle già ricordate deve aggiungersi almeno la ferma lettera indirizzata ad Angelo Teodoro Villa nel gennaio del 1776, a chiarire i rapporti reciproci temporaneamente compromessi dalla rivalità amorosa per l’attrice Teresa Mussi, a seguito di un punzecchiante sonetto del ‘trasformato’ milanese (nº 28). Meri atti dovuti, significativi meno di rapporti personali con i singoli destinatari che di relazioni con i loro ruoli di rappresentanza accademica nonché di vicinanza a Parini da parte di precisi ambienti culturali, sono invece le gratulatorie al Salandri (nº 11) e al Pizzi (nº 31), per l’ascrizione rispettivamente all’Accademia Virgiliana di Mantova e all’Arcadia; e così pure l’accettazione dell’incarico, poi non eseguito, di redigere l’elogio della defunta Maria Teresa, accettazione che Parini partecipa al segretario della Patriotica nel gennaio 1781 (nº 43). vi. Una sezione a sé stante formano le tre già ricordate lettere ‘galanti’ alla Curtoni Verza, che a Carducci parvero «appassionate».2 Il Reina, pubblicando il quarto volume delle opere pariniane, dove le «leggiadre ed affettuose» lettere sono edite per la prima volta (e giudicate «uno de’ più vaghi ornamenti di questo elegante Volu1 Cfr. Albonico 2011, p. 110.

2 Carducci 1942, p. 331.

introduzione 19 me»), lo dedicava alla Curtoni, lusingandosi di non essere da lei biasimato per la divulgazione di queste epistole, in cui il «sommo Letterato Italiano de’ tempi nostri» le si rivolgeva parlando «il divino linguaggio dell’amore».1 Si tratta in effetti di un piccolo canzoniere epistolare, singolarmente compatto nel tono («questo mio tenore di scrivere tra il faceto e il galante») e nel tempo (meno di due mesi, tra il 22 gennaio e il 12 marzo del fatidico 1789). Il catalogo delle bellezze della dama ha però ben poco del petrarchismo, a cui pure sembra alludere, si direbbe, quasi con involontaria parodia: a cantare le «grazie dello spirito e della persona» della donna lontana è un «animo fieramente sensibile a quel bello che esce dall’ordinario corso della natura e della educazione», lo «zelo proporzionatamente esaltato» di chi si riconosce «l’uomo il più sensitivo della terra»; e il ritratto ha i colori, ben settecenteschi, di una vibrante sensiblerie individuale che si dispiega in una consolidata dimensione di sociabilité. Ci sono sì gli «occhi» e addirittura «la bella mano»: ma i primi, «vivacissimi», sono apprezzati come «validi interpreti della penetrazione e della energia del di Lei animo», e la seconda è riconosciuta tale non tanto «perchè bella», quanto perché «appartenente ad una persona fornita di tante grazie e di tanti meriti», e ammirata nell’atto di deporre «in carta» le «cose dettate» da una «mente sì bene ornata ed inspirata dalle Muse». E ci sono soprattutto, del tutto antipetrarchisticamente, «labbra […] efficacemente parlanti», di «poderosa muscolosità», dalle quali «viene con tanto impeto scagliata la persuasione». Si disegna insomma il profilo virile di una donna di carattere, avvezza alla discussione nei salotti dell’epoca (celebre, del resto, il suo salon veronese di palazzo Bra), incline, in letteratura, a certo gusto preromantico allora di moda (e il classicista Parini le rimprovera il suo scrivere «di morti di tombe o d’altre simili […] malinconie», inadatte «alla sua età, al suo sesso ed alla piacevole economia della vita»: giudizio in linea con l’altro, espresso poco più sotto e già richiamato, sui versi pindemontiani: «benchè non mi soddisfacciano del tutto per rispetto al tutto, contengono per altro delle cose belle»); una donna che in società sa imporsi, oltre che farsi ammirare, per doti di «spirito», «grazia» e «cultura» tanto «più singolari e prepotenti» in quanto «ravvivate da una lievissima tinta maschile». La mascolinità esteriore riverbera dunque una ‘virilità’ inte1 Reina 1801-1804, iv, p. [4].

20 introduzione riore; e si osserva indubbiamente, a livello di lessico galante, un rinnovamento del «galateo amoroso» in direzione di un «gusto sensuale nuovo»,1 ma anche – a monte, sul piano ideologico – una parallela conferma dei tratti ‘maschili’ convenzionalmente attribuiti all’intelligenza, alla cultura, all’abilità dialettica, soprattutto se queste doti, come in questo caso, siano riconosciute «singolari e prepotenti». D’altra parte, i soli servizi d’amore che il Parini sessantenne, attempato cicisbeo-poeta, può promettere alla fascinosa dama sono quelli di un «vecchierello immaginoso, che senza stancarla le sospiri qualche volta da vicino» (perché, quanto al «fare all’amore», penseranno i «bei giovani» ad accorrere a «tanto splendore»). Non sorprende allora che, nell’ultima, più composta lettera alla Curtoni (e nel frattempo il pronome allocutorio è passato dal Lei al voi), la prosa epistolare faccia luogo ad «alcuni pochi […] versi»: è il sonetto Silvia immortal, benchè dai lidi miei, offerto «in testimonio di ricordanza ossequiosa e perpetua» all’«Adorabile Silvia». Accolti e fissati una volta per tutte nelle forme definitive della poesia, i sospiri possono infine decantarsi e abbandonare la «triviale prosa di una lettera» (nº 52). vii. Un sentimento d’amore più inquieto e passionale, quello per la Mussi, sostanzia per larga parte, un quindicennio prima, le cinque lettere al medico Giuseppe Paganini, fidato intermediario nei rapporti segreti, anche epistolari, tra il poeta e l’amata. È questo il vero Parini intimo dell’epistolario: il Paganini, insieme con il destinatario ignoto della commendatizia per il Risi (nº 19), è, oltre all’allievo Zanoia (nº 32), l’unico corrispondente al quale il poeta si rivolga con la seconda persona singolare, un tu di affetto sincero, di calda amicizia e di piena confidenza (sono dunque queste le sole lettere di maniera «compagnesca», per seguire la classificazione formale del Baretti,2 dell’intero epistolario); l’unico al cui «cuore» e «fede» egli affidi «i segreti più grandi e più intimi dell’animo» suo 1 Ricaldone 2000, p. 190. 2 Nella Scelta di lettere familiari fatta per uso degli studiosi di lingua italiana (1779), Baretti distingue tre «maniere» epistolari sulla base degli allocutori caratteristici di ciascuna di esse: il Vostra Signoria della «signorile», il voi dell’«amichevole» e il tu della «compagnesca», in uso tra «quelli che sono legati […] d’un affetto cordiale»: Baretti 1912, pp. 3-6 (e cfr. Petrucci 2008, p. 123).

introduzione 21 (nº 25); il solo al quale non trascuri mai di scrivere per proprio «piacere» e «interesse» (nº 26), e di cui desideri la «dolcissima compagnia» (nº 23). E accanto al Paganini e alla moglie, la cui «amicizia» è «cresciuta a dismisura», ricorda grato Parini, «in occasione delle tante gentilezze, parzialità, ed assistenze usatemi nella mia malattia» (nº 23), s’intuisce la cerchia più ristretta degli amici milanesi, i cui nomi ricorrono insistentemente nei saluti: «D.n Alessandro», «l’Ab.e Bonsignori», «la Sig.ra Teresina», «la Tognina, il Bellati, il Pietrino, l’Avv.o Casali»; una picciola compagnia fidata e cordiale (vi si intravede lo «stuol d’amici numerato e casto» dell’ode Alla Musa, v. 25), che il desiderio del poeta, scrivendo a Milano da Cantù a proposito di una gita sulle colline di Montesolaro («Monsorè, uno de’ luoghi più deliziosi che io abbia mai visto»), non esita a proiettare nell’amena cornice della vita rustica: «Oh quanto ci staremmo noi bene con un numero d’amici, radunativi, non dalla vanità e dall’ambizione, ma dalla benevolenza e dall’amore!» (nº 23). Ma anche il tema pur così sentito ed evidente dell’idillio de amicitia, come, a maggior ragione, le informazioni circa la propria salute e un «affare» che pure doveva stare molto a cuore al corrispondente, quello per la carica di medico seniore al Santa Corona, è destinato a passare in second’ordine rispetto ai «vaneggiamenti» (nº 24) del Parini innamorato: ed ecco susseguirsi nelle lettere, espressi con un patetismo a tratti quasi febbrile, i timori, le ambasce, i dubbi, le esitazioni, i sospetti, i patemi di un «cuore» che è «nel maggior tumulto», «nello stato più penoso e violento» che «abbia provato mai» (nº 25). Tra le «fantasie di questa sua adultissima fanciullaggine» vien fatto allora di spigolare, di tanto in tanto, un autoritratto appena abbozzato, una breve confessione non priva di rilievo prosopografico, un frammento introspettivo con cui Parini sembra quasi voler giustificare la propria accusata «indiscrezione» (nº 26): «La natura mi ha disposto a dei sentimenti, che mi dovevan render perpetuamente infelice: ed io son così debole, che non ho mai saputo far uso della ragione per domarli, o almeno per moderarli» (nº 25); o ancora, ma con riferimento più specifico alla situazione contingente: «io sono come un uomo smarrito, che si lascia condurre dal caso, e dalla tristezza che lo lacera» (nº 26). È, insomma, la «malattia di spirito» autodiagnosticata come ormai cronica in una lettera al Mazza di qualche mese prima (ad essa, scrive, «per motivi segreti al mio cuore, sono frequentemente soggetto»: nº 22).

TAVO L A DEL L E ABBR EVI AZ I O NI i. Biblioteche e archivi ABSBMi = Archivio della Basilica di San Babila - Milano ACGu = Archivio Comunale - Gualtieri (Re) AGCRSRm = Archivio Generalizio dei Padri Somaschi - Roma ANVMn = Accademia Nazionale Virgiliana - Mantova AOMMi = Archivio dell’Ospedale Maggiore - Milano ASBo = Archivio di Stato - Bologna ASDCo = Archivio Storico della Diocesi - Como ASDMi = Archivio Storico Diocesano - Milano ASMi = Archivio di Stato - Milano ASNo = Archivio di Stato - Novara ASPv = Archivio di Stato - Pavia ASTs = Archivio di Stato - Trieste BAMi = Biblioteca Ambrosiana - Milano BARm = Biblioteca Angelica - Roma BAV = Biblioteca Apostolica Vaticana - Città del Vaticano BCASFo = Biblioteca Comunale Aurelio Saffi - Forlì BCCNNo = Biblioteca Civica Carlo Negroni - Novara BCLFDGLi = Biblioteca Comunale Labronica Francesco Domenico Guerrazzi - Livorno BCOme = Biblioteca Civica - Omegna (Vb) BCQBs = Biblioteca Civica Queriniana - Brescia BCTMn = Biblioteca Comunale Teresiana - Mantova BCTn = Biblioteca Comunale - Trento BCTRov = Biblioteca Civica Tartarotti - Rovereto (Tn) BEUMo = Biblioteca Estense Universitaria - Modena BLLondon = British Library - London BNBMi = Biblioteca Nazionale Braidense - Milano BNCFi = Biblioteca Nazionale Centrale - Firenze BNMVe = Biblioteca Nazionale Marciana - Venezia BNUTo = Biblioteca Nazionale Universitaria - Torino BPPr = Biblioteca Palatina - Parma BSCr = Biblioteca Statale - Cremona BSLu = Biblioteca Statale - Lucca BTMi = Biblioteca Trivulziana - Milano CBVGMon = Consorzio Brianteo Villa Greppi - Monticello Brianza (Lc) FRMMi = Fondazione Raffaele Mattioli per la storia del pensiero economico Milano HHSWien = Haus-, Hof- und Staatsarchiv - Wien HSPPhil = Historical Society of Pennsylvania - Philadelphia

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MCRRm = Museo Centrale del Risorgimento - Roma MMSMi = Museo Martinitt e Stelline - Milano PAK = Pokrajinski Arhiv - Koper PMLNY = Pierpont Morgan Library - New York RMLPhil = Rosenbach Museum & Library - Philadelphia SAAAW = Smithsonian’s Archives of American Art - Washington

ii. Opere1 Acerbi-Marcocchi 1988 = Ricerche sulla Chiesa di Milano nel Settecento, a cura di Antonio Acerbi e Massimo Marcocchi, Milano, Vita e Pensiero, 1988. Agnelli 1888 = Giuseppe Agnelli, Precursori e imitatori del «Giorno» di Giuseppe Parini, Bologna, Zanichelli, 1888. Albonico 2011 = Giuseppe Parini, Alcune poesie di Ripano Eupilino, a cura di Maria Cristina Albonico, presentazione di Giorgio Baroni, introduzione di Anna Bellio, Pisa-Roma, Fabrizio Serra, 2011 (Edizione Nazionale delle Opere di Giuseppe Parini, dir. Giorgio Baroni). Alfonzetti 2001 = Beatrice Alfonzetti, Congiure. Dal poeta della botte all’eloquente giacobino (1701-1801), Roma, Bulzoni, 2001. Allevi 1970 = Febo Allevi, Fortuna ed eredità del Parini, Firenze, Le Monnier, 1970. Amaduzzi-Gabrielli 1773 = Anecdota litteraria ex mss. codicibus eruta, cur. Giovanni Cristofano Amaduzzi - Cleofe Gabrielli, ii, Romae, apud Gregorium Settarium ad insigne Homeri, 1773. Andrés 2006 = Juan Andrés, Epistolario, a cura di Livia Brunori, Valencia, Generalitat Valenciana, 2006, 2 voll. Antolini 1832 = Lettere familiari di celebri Italiani antichi e moderni corredate di grammaticali e tipografiche annotazioni, e di copiosi paralleli per la retta pronunzia di moltissime voci, ad esercizio della studiosa gioventù da Francesco Antolini, Milano, Luigi di Giacomo Pirola, 18322 [18251]. [Antonini] 1996 = Angelo Maria Durini cardinale umanista nel secondo centenario della morte, 1796-1996, [a cura di Ezio Antonini], Atti del convegno, Lenno, 15 maggio 1996, Lenno, Biblioteca Comunale Vittorio Antonini, 1996. Aporti 1910 = Giuseppe Parini, Prose scelte … Trattato dei principî delle belle lettere. Discorsi e scritti letterarî, con prefazione e per cura di Pirro Aporti, Milano, Sonzogno, 1910. 1 La presente bibliografia registra le opere citate in ogni parte del volume, compresa l’Introduzione. Di regola le edizioni delle opere di un autore sono siglate con il nome dell’autore seguìto dall’anno di edizione: fanno eccezione le opere pariniane, qui indicate con il nome del curatore (ad es. Caretti 1951, anziché Parini 1951) per rendere immediatamente perspicuo il riferimento all’edizione, che altrimenti, se la sigla recasse il nome dell’autore, sarebbe lasciato all’indicazione del solo millesimo (salvo, però, per quelle edizioni, come la Parini 1936, di cui resti ignoto il nome del curatore).

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Arato 1987 = Franco Arato, Carlo Amoretti e il giornalismo scientifico nella Milano di fine Settecento, «Annali della Fondazione Einaudi», 21, 1987, pp. 175-220. Argentieri et alii 1999 = Anna Giulia Argentieri et alii, Finanza e politica nell’età di Maria Teresa: Antonio Greppi (1722-1799), «Archivio storico lombardo», s. xii, vol. v, 1998-1999, a. cxxiv-cxxv, pp. 203-401. Arnaldi - Pastore Stocchi 1985 = Storia della cultura veneta, a cura di Girolamo Arnaldi e Manlio Pastore Stocchi, Vicenza, Neri Pozza, 1985. Atti 1783 = Atti della Società Patriotica di Milano, Milano, Monastero di S. Ambrogio Maggiore, 1783. Auvray 1905 = Lucien Auvray, Inventaire de la Collection Custodi (autographes, pièces imprimées et autres documents biographiques) conservée à la Bibliothèque Nationale (Mss. Italiens 1545-1566), «Bulletin italien de la Faculté des lettres de Bordeaux», iii-v, 1903-1905. Bagatti Valsecchi et alii 1875-1885 = Famiglie notabili milanesi. Cenni storici e genealogici, raccolti dai signori Fausto Bagatti Valsecchi, Felice Calvi, Luigi Agostino Casati, Damiano Muoni, Leopoldo Pullè, Milano, Vallardi, 1875-1885, 4 voll. Balestrieri 2001 = Domenico Balestrieri, Rime Milanesi per l’Accademia dei Trasformati, a cura di Felice Milani, Milano-Parma, Fondazione Bembo - Guanda, 2001. Ballarini 2010 = Marco Ballarini, Lo Jefte di Antonio Mussi e lo stile tragico, in Ballarini-Bartesaghi 2000, pp. 97-133 Ballarini-Bartesaghi 2010 = Erudizione e letteratura all’Ambrosiana tra Sette e Ottocento, a cura di Marco Ballarini e Paolo Bartesaghi, «Studi ambrosiani di italianistica», 1, 2010. Baragetti 2012 = Stefania Baragetti, I poeti e l’Accademia. Le «Rime degli Arcadi» (1716-1781), Milano, led, 2012. Barbarisi 1998 = Gennaro Barbarisi, Giuseppe Parini, in Malato 1998, pp. 569-633. Barbarisi 1999 = Gennaro Barbarisi, Discorrendo Parini, in GhidettiTurchi 1999, pp. 225-232. Barbarisi et alii 2000 = L’amabil rito. Società e cultura nella Milano di Parini, a cura di Gennaro Barbarisi et alii, Bologna, Cisalpino, 2000, 2 voll. Barbarisi-Bartesaghi 2005 = Giuseppe Parini, Prose ii . Lettere e scritti vari, ed. critica a cura di Gennaro Barbarisi e Paolo Bartesaghi, Milano, led, 2005. Barbarisi-Esposito 1998 = Interpretazioni e letture del Giorno, Gargnano del Garda (2-4 ottobre 1997), a cura di Gennaro Barbarisi e Edoardo Esposito, Milano, Cisalpino, 1998. Barbieri-Baroni 1925 = Regina Barbieri-Baroni, I «Sermoni» di Giuseppe Zanoia, «Giornale storico della letteratura italiana», lxxxv, 1925, fasc. 255, pp. 308-328. Baretti 1912 = Giuseppe Baretti, La scelta delle lettere familiari, a cura di Luigi Piccioni, Bari, Laterza, 1912.

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Berlan 1865 = Francesco Berlan, Lettere inedite di illustri Italiani nelle scienze e nelle lettere cavate dalla raccolta di autografi del cav. Damiano Muoni pubblicate e commentate, Milano, Gareffi, 1865 (estr. da «L’Istruzione pubblica», i, 1865). Bernardoni 1848 = Giuseppe Bernardoni, Per Giuseppe Parini considerato specialmente come poeta morale e civile. Epistola in versi, Milano, Bernardoni, 1848. Bernuzzi 2001 = Marco Bernuzzi, Gli affetti del teologo pittore. Antonio Mussi, amico e corrispondente di Lorenzo Mascheroni, in Stella-Lavezzi 2001, pp. 347-395. Berra 2010 = La figura e l’opera di Francesco Saverio Quadrio, a cura di Claudia Berra, Ponte in Valtellina (So), Biblioteca Comunale, 2010. Bertana 1898 = Emilio Bertana, Sei lettere inedite del Parini, «Rassegna bibliografica della letteratura italiana», vi, 1898, 3-4, pp. 81-88. Bertarelli 1909 = Achille Bertarelli, Catalogo dell’opera incisa di Dom. Cagnoni (1754-1796), in appendice a Novati 1909. Bertazzoli 1993 = Michele Bertazzoli, Il difficile Ottocento, in Caprioli-Rimoldi-Vaccaro 1993, pp. 97-105. Bertoldi 1893 = Alfonso Bertoldi, Il Duranti e il Parini, «Nuova Antologia», s. iii, vol. xlviii, a. xxviii, 1893, 1, pp. 523-532. Bertoldi 1900 = Alfonso Bertoldi, Prose critiche di storia e d’arte, Firenze, Sansoni, 1900. Bertoldi-Spongano 1957 = Giuseppe Parini, Le Odi, a cura di Alfonso Bertoldi (1a ed. 1890), con nuova presentazione di Raffaele Spongano, Firenze, Sansoni, 1957. [Bertone-Negro-Occelli 1804] = [Luigi Bertone, Giovanni Negro, Giuseppe Giovanni Occelli], Précis historique sur le Lycée de Turin. Description de la fête et discours prononcés lors de son ouverture solemnelle le 6 frimaire an 13, Turin, chez Botta, Prato et Paravia, [1804]. Bettinelli 1769 = Saverio Bettinelli, Dell’Entusiasmo delle belle arti, Milano, Galeazzi, 1769. Bettinelli 1780-1782 = Saverio Bettinelli, Opere, Venezia, Zatta, 17801782, 8 tt. Bettinelli 1800-1801 = Saverio Bettinelli, Opere edite e inedite in prosa e in versi, Venezia, Cesare, 1800-1801, 24 voll. Bettoni 1832 = Giuseppe Parini, Opere, Milano, Nicolò Bettoni e comp., 1832, 4 voll. Biancardi 2002 = Giovanni Biancardi, Gli scherzi pariniani (Il Parafoco La Ventola - Il Ventaglio), «Acme», lv, 2002, 3, pp. 83-125. Bianchi 1938 = Giuseppe Parini, Pagine scelte, a cura di Dante Bianchi, Padova, cedam, 1938. Bianchi 1965 = Giuseppe Parini, Poesie e prose, [a cura di Enrico Bianchi], Firenze, Salani, 1965 (19271). Biglione di Viarigi 2001 = Luigi Amedeo Biglione di Viarigi, Poesia pariniana a Brescia, in Martinelli-Annoni-Langella 2001, pp. 141-165.

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Boghen Conigliani 1908 = Emma Boghen Conigliani, Giuseppe Parini. Letture scelte ed annotate ad uso delle R. Scuole Normali, Firenze, Bemporad, 1908. Bologna 1969 = Lettere autografe di grandi Italiani, [a cura di Giulia Bologna], Milano, Club degli Editori, 1969. Bologna et alii 1996 = Marco Bologna et alii, Finanza e politica nell’età di Maria Teresa: Antonio Greppi (1722-1799), «Archivio storico lombardo», s. xii, vol. iii, a. cxxii, 1996, pp. 139-399. Bonora 1951 = Letterati memorialisti e viaggiatori del Settecento, a cura di Ettore Bonora, Milano-Napoli, Ricciardi, 1951. Bonora 1969 = Giuseppe Parini, Opere, a cura di Ettore Bonora, Milano, Mursia, 19693 [19671]. Bonora 1982 = Ettore Bonora, Parini e altro Settecento, Milano, Feltrinelli, 1982. Bonora Previdi 2009 = Claudia Bonora Previdi, Mantova e le difese imperiali. Architettura e ingegneri militari durante gli anni della prima amministrazione asburgica (1707-1797), «Postumia», 20, 2009, 1-2, pp. 67-82. Bortolotti 1900 = Vincenzo Bortolotti, Giuseppe Parini. Vita, opere e tempi con documenti inediti e rari, Milano, Verri, 1900. Boselli 1914 = Antonio Boselli, Parini e Bodoni, «Fanfulla della Domenica», xlii, 13 dicembre 1914, pp. 1-2. Bosisio 1990 = Paolo Bosisio, Tra ribellione e utopia. L’esperienza teatrale nell’Italia delle repubbliche napoleoniche (1796-1805), Roma, Bulzoni, 1990. Bosisio 2000 = Paolo Bosisio, Parini e il teatro drammatico, in Barbarisi et alii 2000, ii, pp. 887-910. Brigidi 1855 = Adamo Brigidi, Lettere latine di Girolamo Ferri e d’altri letterati, pubblicate ora la prima volta, «Giornale arcadico di scienze, lettere ed arti», cxli, 1855, 421-423, pp. 276-281. Bruni 1981 = Giuseppe Parini, La Gazzetta di Milano, 1769, a cura di Arnaldo Bruni, Milano-Napoli, Ricciardi, 1981, 2 voll. Bustico 1929 = Guido Bustico, Bibliografia di Giuseppe Parini, Firenze, Olschki, 1929. Calcaterra 1950 = Carlo Calcaterra, Il Barocco in Arcadia e altri scritti sul Settecento, Bologna, Zanichelli, 1950. Calderari 2002 = Callisto Calderari, Bibliografia luganese del Settecento. Le edizioni Agnelli di Lugano. Fogli - Documenti - Cronologia, Bellinzona, Casagrande, 2002. Calderari 2005 = Callisto Calderari, Editoria e Illuminismo fra Lugano e Milano, prefazione di Mario Infelise, postfazione di Giovanni Pozzi, Milano, Sylvestre Bonnard, 2005. Candiani 1988 = Cronaca milanese in un epistolario del Settecento. Le lettere di Giuseppe De Necchi Aquila a Giovan Battista Corniani 1779-1782, a cura di Rosy Candiani, presentazione di Gennaro Barbarisi, Milano-Bari, CariploLaterza, 1988. Candiani 1989 = Rosy Candiani, L’intervento di G. Parini nella polemica coreutica tra Angiolini e Noverre, in Carnazzi et alii 1989, pp. 91-122.

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Candiani 2001 = Rosy Candiani, Tra Milano e Vienna, tra Parini e Metastasio, in Martinelli-Annoni-Langella 2001, pp. 179-197. Cane 1996 = Felice Giulio Cane, Giuseppe Zanoia: un manoscritto inedito, a cura di Lino Cerutti, con una nota introduttiva di Pier Benedetto Bertoli, Novara, Interlinea, 1996. Cantù 1863 = Cesare Cantù, Il Parini latinista e grecista, «Rivista Italiana di Scienze, Lettere ed Arti colle Effemeridi della Pubblica Istruzione», Torino, iv, 19 gennaio 1863, nº 122, pp. 41-42. Cantù 1892 = Cesare Cantù, L’abate Parini e la Lombardia nel secolo passato. Studj, Milano, Cooperativa Editoriale Libraria, 1892 (i ed.: Milano, Gnocchi, 1854). Cappelletti 2009 = Cristina Cappelletti, Ozio e virtù in fatto di belle lettere. Corrispondenza di Ippolito Pindemonte con Angelo Mazza e Smeraldo Benelli. 1778-1828, Verona, Fiorini, 2009. Capra 1987 = Carlo Capra, La Lombardia austriaca nell’età delle riforme (1706-1796), Torino, Utet, 1987. Capra 2002 = Carlo Capra, I progressi della ragione. Vita di Pietro Verri, Bologna, Il Mulino, 2002. Caprioli-Rimoldi-Vaccaro 1993 = Adriano Caprioli, Antonio Rimoldi, Luciano Vaccaro, Storia religiosa della Lombardia. Diocesi di Crema, Brescia, La Scuola, 1993. Carcano 1853-1854 = Raccolta dei poeti satirici italiani premessovi un discorso intorno alla satira ed all’ufficio morale di essa di Giulio Carcano, Torino, Società editrice della Biblioteca [dei Comuni italiani], 1853-1854, 4 voll. Carducci 1942 = Giosue Carducci, Studi su Giuseppe Parini. Il Parini minore, Bologna, Zanichelli, 1942 (Edizione Nazionale delle Opere di Giosue Carducci, xvi). Caretti 1951 = Giuseppe Parini, Poesie e prose, con appendice di poeti satirici e didascalici del Settecento, a cura di Lanfranco Caretti, MilanoNapoli, Ricciardi, 1951. Caretti 1969 = Giuseppe Parini, Il Giorno. Poesie e prose varie, a cura di Lanfranco Caretti, Firenze, Le Monnier, 1969. Carini 1995 = Simonetta Carini, Un patrimonio culturale disperso: i carteggi di Giampaolo Maggi (1747-1823), «Bollettino storico piacentino», xc, 1995, 1, pp. 131-136. Carnazzi et alii 1989 = Giulio Carnazzi et alii, Ricerche di lingua e letteratura italiana (1988), Milano, Cisalpino, 1989 (Quaderni di Acme, 10). Carrai 1999 = Giuseppe Parini, Odi: edizioni 1791 e 1802, a cura di Stefano Carrai, Trento, Editrice Università degli Studi di Trento, 1999. Caruso-Spaggiari 2008 = Filologia e storia letteraria. Studi per Roberto Tissoni, a cura di Carlo Caruso e William Spaggiari, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2008. Caspani Menghini 2011 = Franca Caspani Menghini, L’estro di Amarilli e la tenacia di Artinio. Poesie estemporanee di Teresa Bandettini raccolte dal concittadino Tommaso Trenta (1794-1799), Lucca, Accademia Lucchese di Scienze, Lettere e Arti, 2011.

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Castiglioni 1932 = Carlo Castiglioni, Il cardinale Giuseppe Pozzobonelli arcivescovo di Milano, prefazione di Giovanni Casati, Milano, La San Paolo, 1932. Castiglioni 1952 = Carlo Castiglioni, Giorgio Giulini e l’epigrafia milanese, «Archivio storico lombardo», lxxviii-lxxix, 1951-1952 [1952], p. 231. Catalani 2009 = Giovanni Catalani, La lumaca, la gallina e i figli del diavolo. Lettere di Gianrinaldo Carli a Saverio Bettinelli, Verona, QuiEdit, 2009. Catena 1832 = Bartolomeo Catena, Carmina selecta Oblatorum qui superiore saeculo floruerunt. Accedunt plura ex archetypo graeco et hebraico latine reddita, Mediolani, excudebat V. Ferrarius, 1832. Cavalcanti 1944 = Giovanni Cavalcanti, Istorie fiorentine, a cura di Guido Di Pino, Milano, Martello, 1944. Cavazzuti-Pasini 1912 = Carteggio fra Girolamo Tiraboschi e Clementino Vannetti (1776-1793), a cura di Giuseppe Cavazzuti e Ferdinando Pasini, Modena, Ferraguti e C., 1912. Cenedella 1993a = Cristina Cenedella, Dai carteggi di famiglia agli atti amministrativi: genesi e costituzione dell’archivio del Pio Albergo Trivulzio, in Cenedella 1993b, pp. 120-126. Cenedella 1993b = Dalla carità all’assistenza. Orfani, vecchi e poveri a Milano fra Settecento e Ottocento, Atti del Convegno del 20 e 21 ottobre 1992, Centro Congressi Cariplo, a cura di Cristina Cenedella, Milano, Electa, 1993. Cerutti-Cirio-Nay 2006 = Carmi e compasso. Giuseppe Zanoia abate, letterato e architetto (1752-1817), a cura di Lino Cerutti, Valerio Cirio e Laura Nay, introduzione di Marziano Guglielminetti, Novara, Interlinea, 2006. Cesarotti 1811-1813 = Melchiorre Cesarotti, Epistolario, in Idem, Opere, a cura di Giuseppe Barbieri, voll. xxxv-xl, Firenze-Pisa, Molini, Landi e C. - Capurro, 1811-1813, 6 tt. Chandler 1960 = S. B. Chandler, An Unpublished Letter of Parini, «Italica», xxxvii, 1960, 2, pp. 86-88. Chiaravalle - Johnson - La Guardia 1984 = La monetazione di Maria Teresa per Milano. Civiche raccolte numismatiche, introduzione di Ermanno A. Arslan; testi di Maila Chiaravalle, Cesare Johnson, Rina La Guardia, Comune di Milano, Ripartizione Cultura e Spettacolo, et, 1984. Ciavarella et alii 1990 = Bodoni. L’invenzione della semplicità, Parma, Guanda, 1990. CIL = Corpus Inscriptionum Latinarum, consilio et auctoritate Academiae litterarum regiae Borussicae editum, Berolini, apud Georgium Reimerum, 18631974. Cimmino 1963 = Nicola Francesco Cimmino, Ippolito Pindemonte e il suo tempo, Roma, Abete, 1963, 2 voll. Clerici 1998 = Luca Clerici, Bibliografia della critica e delle opere di Giuseppe Parini (1947-1997), in Barbarisi-Esposito 1998, pp. 621-672. Costa 1970 = Gustavo Costa, Una lettera inedita del Parini alla luce della corrispondenza Condorcet-Frisi, «Italica», xlvii, 1970, 1, pp. 37-49. Cremonese 1959 = Giuseppe Parini, Poesie e prose, Roma, Cremonese, 1959.

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[Crotti-Pizzamiglio] 2010 = Saverio Bettinelli: letteratura, teatro, poesia tra Sette e Ottocento, Convegno di Studi nel ii Centenario della morte, 14 novembre 2008, [a cura di Ilaria Crotti e Gilberto Pizzamiglio], «Atti e Memorie» dell’Accademia Nazionale Virgiliana di Scienze Lettere e Arti, n.s., lxxvi (2008), Mantova 2010, pp. 219-352. Crotti-Ricorda 1998 = Saverio Bettinelli. Un gesuita alla scuola del mondo, Atti del Convegno, Venezia, 5-6 febbraio 1997, a cura di Ilaria Crotti e Ricciarda Ricorda, Roma, Bulzoni, 1998. Curtoni Verza 1807 = Sivia Curtoni Verza, Ritratti d’alcuni illustri amici, Verona, Gambarini, 1807. Dalmistro 1793-1800 = «Anno poetico, ossia Raccolta annuale di poesie inedite di autori viventi», [a cura di Angelo Dalmistro], Venezia, Stella et alii, 1793-1800, voll. i-viii. DBI = Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana G. Treccani, 1960-… Degrada 2000 = Francesco Degrada, Le esperienze milanesi di Mozart. Una rivisitazione critica, in Barbarisi et alii 2000, pp. 731-750. De Maddalena - Rotelli - Barbarisi 1982 = Economia, istituzioni, cultura in Lombardia nell’età di Maria Teresa, a cura di Aldo De Maddalena, Ettore Rotelli, Gennaro Barbarisi, Bologna, Il Mulino, 1982. De Tipaldo 1834-1845 = Biografia degli Italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti…, a cura di Emilio De Tipaldo, Venezia, Alvisopoli, 1834-1845, 10 voll. Dionisotti 1998 = Carlo Dionisotti, Ricordi della scuola italiana, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1998. Di Ricco 1990 = Alessandra Di Ricco, L’inutile e maraviglioso mestiere. Poeti improvvisatori di fine Settecento, Milano, Angeli, 1990. Donati 1912 = Poeti minori del Settecento. Savioli, Pompei, Paradisi, Cerretti ed altri, a cura di Alessandro Donati, Bari, Laterza, 1912. Donato 2000 = Maria Pia Donato, Accademie romane. Una storia sociale, 1671-1824, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2000. Ebani 2010 = Giuseppe Parini, Le Odi, a cura di Nadia Ebani, Milano-Parma, Fondazione Pietro Bembo - Guanda, 2010. Fanfani 1855 = Lettere precettive di eccellenti scrittori, scelte ordinate e postillate da Pietro Fanfani, Firenze, Barbèra, Bianchi e Comp., 1855. Farina 1995 = Dizionario biografico delle donne lombarde (568-1968), a cura di Rachele Farina, Milano, Baldini & Castoldi, 1995. Ferri 1771 = Hieronymi Ferri Longianensis Pro linguae Latinae usu epistolae adversus Alambertium. Praecedit Commentarius de rebus gestis et scriptis Hadriani Cast. cardinalis quo in primis auctore Latinitas restituta. Ad Clementem xiv …, Faventiae, excudebat Josephus Antonius Archius, 1771. Foresti 1948 = Arnaldo Foresti, Un intermezzo umano nella vita del Parini, «Giornale storico della letteratura italiana», cxxv, 1948, fasc. 372, pp. 149172. Foscolo 1952 = Ugo Foscolo, Epistolario, vol. ii (Luglio 1804 - Dicembre 1808), a cura di Plinio Carli, Firenze, Le Monnier, 1952.

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Frisi 1995 = Paolo Frisi, Elogio di Maria Teresa imperatrice [1783], introduzione di Gennaro Barbarisi, Milano, Biblioteca Comunale. Ripartizione Cultura e Spettacolo, 1995 (I Quaderni di Palazzo Sormani, 4). Fumagalli 1899 = Giuseppe Fumagalli, Albo pariniano, ossia iconografia di Giuseppe Parini, Bergamo, Istituto italiano d’arti grafiche, 1899. Furlani 1982 = Silvio Furlani, Maria Teresa fondatrice di biblioteche, in De Maddalena - Rotelli - Barbarisi 1982, iii, pp. 1057-1076. Galbiati 1929a = Giovanni Galbiati, Il teatro della Scala dagli inizii al 1794, Milano, Biblioteca Ambrosiana, 1929 (nozze Borromeo Arese - Taverna). Galbiati 1929b = Giovanni Galbiati, Una lettera inedita del Parini, «Il Marzocco», 20, 19 maggio 1929. Gaspari 1980 = Viaggio a Parigi e Londra, 1766-1767. Carteggio di Pietro e Alessandro Verri, a cura di Gianmarco Gaspari, Milano Adelphi, 1980. Gasperoni 1965 = Gaetano Gasperoni, Pagine inedite sul Settecento mantovano, a cura di Ercolano Marani, «Atti e memorie dell’Accademia Virgiliana di Mantova», n.s., xxxv, 1965, pp. 151-222. GDLI = Salvatore Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana, dir. Giorgio Bárberi Squarotti, Torino, Utet, 1989 [19611]-2002, 21 voll. Geddo 2010 = Cristina Geddo, Il cardinale Angelo Maria Durini (1725-1796). Un mecenate lombardo nell’Europa dei Lumi fra arte, lettere e diplomazia, presentazione di Mauro Natale, Cinisello Balsamo, Silvana, 2010. Germano 1919 = Rosa Germano, Di alcuni scolari di Giuseppe Parini, Lucca, Baroni, 1919. Ghidetti-Turchi 1999 = Il filo della ragione. Studi e testimonianze per Sergio Romagnoli, a cura di Enrico Ghidetti e Roberta Turchi, Venezia, Marsilio, 1999. Gioja 1878 = Melchiorre Gioja, Memoria postuma … sull’organizzazione dei teatri nazionali comentata e pubblicata da Pietro Magistretti, Milano, Pirola, 1878. Giulini 1921 = Alessandro Giulini, Un curioso elenco di dame milanesi della fine del Settecento, «Archivio storico lombardo», s. v, xlviii, 1921, 1-2, pp. 248-255. Giulini 1928 = Alessandro Giulini, Un diario settecentesco inedito della Biblioteca Ambrosiana, «Archivio storico lombardo», s. vi, lv, 1928, 1-2, pp. 152-167. Giusti 18605 = Giuseppe Parini, Versi e prose, con un discorso di Giuseppe Giusti intorno alla vita e alle opere di lui, Firenze, Le Monnier, 18605. Gozzi 1999 = Gasparo Gozzi, Lettere, a cura di Fabio Soldini, Milano-Parma, Fondazione Pietro Bembo - Guanda, 1999. Greppi 1995 = Edoardo Greppi, Il conte Antonio Greppi (1722-1799). Imprenditore, finanziere, diplomatico nella Lombardia austriaca del Settecento, «Archivio storico lombardo», s. xii, cxxi, 1995, pp. 299-429. Grossi 2005 = Tommaso Grossi, Carteggio 1816-1853, a cura di Aurelio Sargenti, Milano, Centro Nazionale Studi Manzoniani - Insubria University Press, 2005, 2 tt.

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Grossi Turchetti 1979 = Maria Luisa Grossi Turchetti, Brevi note sul fondo “Pertusati” della Braidense, «Accademie e Biblioteche d’Italia», xlvii, 1979, 5, pp. 370-376. Guagnini 1996 = Elvio Guagnini, Uno stile di famiglia. Sul rococò nella Parma borbonica del Settecento, «Problemi», 105, 1996, pp. 116-127. Guastalla 1913 = Giuseppe Parini, Il Giorno, Odi scelte, poesie e prose varie, commentate da Rosolino Guastalla, Livorno, Giusti, 1913 (19242). Guglielminetti-Trivero 1993 = Il Romanticismo in Piemonte: Diodata Saluzzo, a cura di Marziano Guglielminetti e Paola Trivero, Firenze, Olschki, 1993. Halm 1863 = Rhetores Latini minores…, emendabat Carolus [Felix] Halm, Lipsiae, in aedibus B. G. Teubneri, 1863. Infelise 1985 = Mario Infelise, L’editoria, in Arnaldi - Pastore Stocchi 1985, vol. 5/1, Dalla Controriforma alla fine della Repubblica, pp. 91-111. Infelise 1989 = Mario Infelise, L’editoria veneziana nel ’700, Milano, Angeli, 1989. Ioli 1983 = Atti del convegno “Piemonte e letteratura 1789-1870” [1981], a cura di Giovanna Ioli, Torino, Regione Piemonte - Assessorato alla Cultura, [1983], 2 voll. Isella 1975 = Giuseppe Parini, Odi, ed. critica a cura di Dante Isella, Milano-Napoli, Ricciardi, 1975. Isella 1985a = Dante Isella, Raccomandazioni illustri (lettere inedite di C. M. Maggi e G. Parini), «Filologia e critica», x, 1985, 2-3, pp. 462-464. Isella 1985b = Dante Isella, Le testimonianze autografe plurime, in Malato et alii 1985, pp. 45-65. Isella 1994 = Dante Isella, L’idillio di Meulan: da Manzoni a Sereni, Torino, Einaudi, 1994. Isella 1999a = Bibliografia delle opere a stampa della letteratura in lingua milanese, a cura di Dante Isella, Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, 1999. Isella 1999b = Dante Isella, Classicità e moralità: Parini tra ieri e oggi, in Mazzocca-Morandotti 1999, pp. 15-23. Isella 2006 = Giuseppe Parini, Alcune poesie di Ripano Eupilino: seguite dalle scelte d’autore per le Rime degli Arcadi e le Rime varie, a cura di Dante Isella, Parma, Guanda, 2006. Isella-Tizi 1996 = Giuseppe Parini, Il Giorno, ed. critica a cura di Dante Isella, commento di Marco Tizi, Milano-Parma, Fondazione Pietro Bembo - Guanda, 1996, 2 voll. Janelli 1978 = Giovanni Battista Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani illustri e benemeriti, Bologna, Forni, 1978 (rist. anast. dell’ed. Genova, Schenone, 1877). Lasagni 1999 = Roberto Lasagni, Dizionario biografico dei Parmigiani, Parma, P. P. S. editrice, 1999, 4 voll. Levati-Liva 2006 = Stefano Levati, Giovanni Liva, Viaggio di quasi tutta l’Europa colle viste del commercio dell’istruzione e della salute. Lettere di Paolo e Giacomo Greppi al padre (1777-1781), Milano, Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Milano - Silvana, 2006.

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Linati 1924 = Le più belle pagine di Giuseppe Parini, scelte da Carlo Linati, Milano, Treves, 1924 (Le più belle pagine degli scrittori italiani scelte da scrittori viventi, 20). LIZ 1993 = LIZ. Letteratura Italiana Zanichelli. cd-rom dei testi della letteratura italiana, Bologna, Zanichelli, 1993. Lombardi 1998 = Carmela Lombardi, Il ballo pantomimo. Lettere, saggi e libelli sulla danza (1773-1785), Torino, Paravia, 1998. Lombardi 2000 = Carmela Lombardi, Parini e il teatro di danza, in Baroni 2000, pp. 413-424. Longoni 2008 = Franco Longoni, Giuseppe Parini, A Silvia, in CarusoSpaggiari 2008, pp. 323-329. Magnani Campanacci 1994 = Ilaria Magnani Campagnacci, Un bolognese nella repubblica delle lettere: Pier Jacopo Martello, Modena, Mucchi, 1994. Maier 1959 = Lirici del Settecento, a cura di Bruno Maier, con la collaborazione di Mario Fubini, Dante Isella, Giorgio Piccitto, introduzione di Mario Fubini, Milano-Napoli, Ricciardi, 1959. Majer 1904 = Inventario dell’Antico Archivio Municipale di Capodistria, a cura di Francesco Majer, Capodistria, Cobol-Priora, 1904 (estr. da «Pagine istriane», 1904). Malato et alii 1985 = La critica del testo. Problemi di metodo ed esperienze di lavoro, Atti del Convegno di Lecce, 22-26 ottobre 1984, Roma, Salerno Editrice, 1985. Malvezzi 1924 = Aldobrandino Malvezzi, Il Risorgimento italiano in un carteggio di patrioti lombardi. 1820-1860, Milano, Hoepli, 1924. Manzoni 1986 = Alessandro Manzoni, Tutte le lettere, a cura di Cesare Arieti. Con un’aggiunta di lettere inedite o disperse a cura di Dante Isella, Milano, Adelphi, 1986, 3 tt. Marcelli 1955 = Umberto Marcelli, Carteggio Carli-Kaunitz (1765-1793), «Archivio storico italiano», cxiii, 1955, 3 e 4, pp. 389-407 e 552-581; cxiv, 1956, 1 e 4, pp. 118-135 e 771-788. Marchesi 1904 = Giovanni Battista Marchesi, Un mecenate del Settecento (il cardinale Angelo Maria Durini), «Archivio storico lombardo», xxxi, 1904, 3, pp. 51-142. Marchi-Viola 2005 = Vittorio Alfieri e Ippolito Pindemonte nella Verona del Settecento, a cura di Gian Paolo Marchi e Corrado Viola, Verona, Fiorini, 2005. Martinelli-Annoni-Langella 2001 = Le buone dottrine e le buone lettere. Brescia per il bicentenario della morte di Giuseppe Parini, 17-19 novembre 1999, a cura di Bortolo Martinelli, Carlo Annoni, Giuseppe Langella, Milano, Vita e Pensiero, 2001. Mattii 1869 = Scelta di lettere famigliari edite ed inedite dei secoli xvii, xviii e xix dedicate alla gioventù, raccolte e annotate da Vincenzo Mattii, pt. ii, Lettere inedite, Siena, Ignazio Gati, 1869. Mazza 1816-1819 = Angelo Mazza, Opere, Parma, Paganino, 1816-1819, 5 voll.

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Mazzocca-Morandotti 1999 = La Milano del Giovin Signore. Le arti nel Settecento di Parini, a cura di Fernando Mazzocca e Alessandro Morandotti, Milano, Museo del Risorgimento - Skira, 1999. Mazzoleni 1970 = Jole Mazzoleni, Paleografia e diplomatica e scienze ausiliarie, Napoli, Libreria Scientifica Editrice, 1970. Mazzoni 1925 = Giuseppe Parini, Tutte le opere edite e inedite, raccolte da Guido Mazzoni, Firenze, Barbèra, 1925. Mazzoni 1967 = Giuseppe Parini, Poesie e prose, [a cura di Guido Mazzoni], Firenze, Barbèra, 1967. Memorie 1878 = Memorie e documenti per la storia dell’Università di Pavia e degli uomini più illustri che v’insegnarono, Pavia, Bizzoni, 1877-1878, 3 voll. Michaud 1854 = Biographie universelle ancienne et moderne, vi, éd. LouisGabriel Michaud, Paris, Desplaces, 1854. Micheli 1905 = Giuseppe Micheli, Lettere di Parini, Foscolo, Giordani, Metastasio ad Angelo Mazza, Parma, Zerbini, 1905 (nozze Bergonzi-Pacetti). Modelli 1830 = Modelli d’ogni genere di lettere in prosa opportuni specialmente alla gioventù studiosa e raccolti dall’illustri scrittori italiani per cura di R… C…, Milano, Placido Maria Visaj, 1830, 4 voll. Montanari 1851 = Bennassù Montanari, Vita di Silvia Curtoni Verza veronese, Verona, Dionigi Ramanzini, 1851. Morazzoni 1948 = Giuseppe Morazzoni, Le maioliche di Milano, Milano, Gorlich, 1948. Morgana 2010 = Silvia Morgana, Carlo Amoretti bibliotecario e divulgatore scientifico, «Studi ambrosiani di italianistica», 1, 2010, pp. 135-150 (poi, col titolo La divulgazione scientifica di Carlo Amoretti, in Morgana 2011, pp. 99114). Morgana 2011 = Silvia Morgana, Mosaico italiano. Studi di storia linguistica, Firenze, Cesati, 2011. Morgana-Bartesaghi 2012 = Giuseppe Parini, Prose. Scritti polemici (1756-1760), a cura di Silvia Morgana e Paolo Bartesaghi, Pisa-Roma, Serra, 2012 (Edizione Nazionale delle Opere di Giuseppe Parini, dir. Giorgio Baroni). Nacinovich 2003 = Annalisa Nacinovich, «Il sogno incantatore della filosofia». L’Arcadia di Gioacchino Pizzi, 1772-1790, Firenze, Olschki, 2003. Nardi 1710 = Isidoro Nardi, Il segretario principiante ed istruito, Roma, Placho, 1710. Nardini 1810 = Scelta di lettere familiari degli autori più celebri con note ed accenti che indicano la pronuncia ad uso dei licei del Regno, [a cura di Leonardo Nardini], Milano, Stamperia Reale, 1810. Navoni et alii 2000 = Gian Andrea Irico. Un erudito nell’Europa dei Lumi, Trino, Tridinum, 2000. Nicora 2000 = Laura Nicora, L’attività di Giuseppe Parini dal Teatro Ducale alla Scala, in Barbarisi et alii 2000, ii, pp. 911-931. Novati 1909 = Francesco Novati, Un libro milanese del Settecento illustrato, «Il libro e la stampa», n.s., iii, 1909, 4-6, pp. 107-126.

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Occelli 1771 = Joseph Joannes Occelli Taurinensis, ut j. u. prodoctor renuntiaretur, in Regia Scientiarum Academia die 27. Junii hora 5. pomeridiana anno a partu Virginis 1771, Taurini, per Josephum Davico, 1771. Occelli 1772 = Prolyta Joseph Joannes Occelli Taurinensis j. u. laureae candidatus in Regia Scientiarum Academia anno a partu Virginis 1772. die 13. Junii hora 7. pomeridiana, Augustae Taurinorum, excudebat haeredes Avondo, 1772. Occelli 1807 = Essai pathologique et thérapeutique sur le cancer … pour être reçu docteur en chirurgie, Turin, imprimerie de la Cour d’Appel, 1807. Ostoja 1951 = Andrea Ostoja, L’archivio Pallavicini nell’Archivio di Stato di Bologna, «Notizie degli Archivi di Stato», xii, 1951, pp. 75-81. Ostoja 1956 = Andrea Ostoja, Un autografo inedito del Parini diretto al maresciallo conte Gian Luca Pallavicini a Bologna, «Strenna storica bolognese», vi, 1956, pp. 103-106. Ostoja 1959 = Andrea Ostoja, Un cittadino ferrarese di elezione: il maresciallo Gian Luigi Pallavicini, statista e riformatore del Settecento, «Ferrara viva», i, 1959, pp. 110-115. Pace 1970 = Antonio Pace, An Addendum to the Correspondence of Parini, «Italica», xlvii, 1970, 1, pp. 296-300. Paglia 1881 = Enrico Paglia, Una lettera inedita del poeta Giuseppe Parini. Nota letteraria letta nella tornata del giorno 11 luglio 1880 all’Accademia Virgiliana in Mantova, Mantova, Stab. Tipografico Mondovì, 1881, pp. 159-167 (estr. da «Atti e Memorie della R. Accademia Virgiliana», 1879-1880). Pagliero 1991 = Giovanni Pagliero, L’Accademia Fossanese, in Venturi et alii 1991, ii, pp. 605-612. Paladini 1861 = Lettere di ottimi autori sopra cose familiari, raccolte da Luisa Amalia Paladini ad uso specialmente delle giovinette italiane, Firenze, Felice Le Monnier, 1861. Panizza 1956 = Mario Panizza, L’Austria e gli studi superiori ecclesiastici nella Diocesi di Milano durante l’ultimo trentennio del sec. xviii , «Memorie storiche della Diocesi di Milano», iii, 1956, pp. 167-221. Parini 1791 = Odi dell’abbate Giuseppe Parini già divolgate, Piacenza, Niccolò Orcesi, 1791. Parini 1814 = Giuseppe Parini, Poesie scelte, Milano, Bernardoni, 1814. Parini 1936 = Giuseppe Parini, Poesie e Prose, Sancasciano Val di Pesa (Fi), Società Editrice Toscana, [1936]. Pasini 1905a = Ferdinando Pasini, Il Parini e Gian Rinaldo Carli, «Rivista d’Italia», febbraio 1905, pp. 245-255. Pasini 1905b = Ferdinando Pasini, La prolusione del Parini alle Scuole Palatine, «Rassegna bibliografica della letteratura italiana», xiii, 1905, pp. 229234. Pecchiai 1917 = Pio Pecchiai, La «Società Patriottica» istituita in Milano dall’imperatrice Maria Teresa. Cenni storici, «Archivio storico lombardo», s. v, 1917, 1, pp. 25-152. Peri 1911 = Severo Peri, Isotta Pindemonte Landi e Ippolito Pindemonte a Piacenza, Pisa, Spoerri, 1911.

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Petronio 1957 = Giuseppe Parini, Opere, a cura di Giuseppe Petronio, Milano, Rizzoli, 1957. Petrucci 2008 = Armando Petrucci, Scrivere lettere. Una storia plurimillenaria, Roma-Bari, Laterza, 2008. Pindemonte 1788 = Ippolito Pindemonte, Saggio di poesie campestri, Parma, Stamperia Reale, 1788. Pizzigoni 1864 = Carlo Pizzigoni, Fiori di stile epistolario italiano. Caro Sassetti - Tasso - Galilei - Redi - Lastesio - Gozzi - Baretti - Parini - Monti - Giodani - Foscolo - Perticari - Pellico - Leopardi - Giusti - Gherardini, Milano, Carrara, 1864. Pizzo 2007 = L’Archivio del Museo Centrale del Risorgimento. Guida ai fondi documentari, a cura di Marco Pizzo, Roma, Gangemi, 2007. Raccolta 1830 = Raccolta di prose e lettere scritte nel secolo xviii , vol. iii, Lettere familiari, t. ii, Milano, Società tipog. de’ Classici Italiani, 1830. Regolamento 2004 = Riproduzione anastatica del Regolamento capitolarmente stabilito pel buon governo del Pio Albergo Trivulzi. In occasione della mostra “Trivulzio, Martinitt e Stelline: due secoli dedicati ai poveri”, Milano, Fondazione Pini, 18 novembre 2004 - 18 gennaio 2005, Milano, Azienda di Servizi alla Persona Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio [Lampi di Stampa], [2004]. Reina 1801-18041 = Giuseppe Parini, Opere … pubblicate e illustrate da Francesco Reina, Milano, Genio Tipografico, 1801-1804, 6 voll. Rezzonico 1815-1830 = Carlo Castone Della Torre di Rezzonico, Opere, Como, Ostinelli, 1815-1830, 10 voll. Rezzonico 1977 = Carlo Castone Della Torre di Rezzonico, Opere poetiche, a cura di Elvio Guagnini, Ravenna, Longo, 1977. Ricaldone 2000 = Maria Luisa Ricaldone, Le donne in Parini, in Barbarisi et alii 2000, pp. 187-203. Riva 1901 = Giuseppe Riva, Le visite del cardinal Durini alle case del Parini e del Balestrieri, «Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Rendiconti», xxxiv, 1901, pp. 773-792. Rosini 2000 = Sara Rosini, Pietro Verri e il balletto, «Studi settecenteschi», 20, 2000, pp. 257-314. Rosmini 1887 = Lettera inedita di Giuseppe Parini, «Il Rosmini», i, 6 aprile 1887, 8, p. 528. Rota 1987 = Daniele Rota, Pietro Custodi, i, La figura e l’opera. Scritti memorialistici, Lecco, Cattaneo, 1987. Rubbi 1782 = Andrea Rubbi, Elogj degli uomini illustri italiani scritti da italiani moderni autori, Venezia, Marcuzzi, [1782], 12 voll. Rubbi 1789 = «Giornale poetico o sia Poesie inedite d’Italiani viventi», [a cura di Andrea Rubbi], ii, Venezia, Pietro Marcuzzi, 1789. 1 Si mantiene il 1801 indicato nel frontespizio del primo volume, benché l’edizione Reina abbia preso «avvio soltanto negli ultimi giorni del 1802» (Spaggiari 2000, pp. 138-139 e 163-166) e sia uscita «dai torchi del Genio Tipografico nel gennaio del 1803» (Isella 1999a, p. 21).

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Rubbi 1795 = «L’Epistolario ossia scelta di lettere inedite famigliari curiose erudite storiche galanti ec. ec. di donne e d’uomini celebri morti o viventi nel secolo xviii o nel mdcc», [a cura di Andrea Rubbi], Venezia, Graziosi, a. i, 1795. Rubbi 1796 = «L’Epistolario ossia scelta di lettere inedite famigliari curiose erudite storiche galanti ec. ec. di donne e d’uomini celebri morti o viventi nel secolo xviii o nel mdcc», [a cura di Andrea Rubbi], Venezia, Graziosi, a. ii, 1796. Saluzzo Roero 1796 = Versi di Diodata Saluzzo fra gli Arcadi Glaucilla Erotea, Torino, Soffietti, 1796. Saluzzo Roero 1797 = Diodata Saluzzo Roero, Versi … Nuova edizione con aggiunte dell’autrice, Torino, Morano, 1797, 2 voll. Saluzzo Roero 1843 = Diodata Saluzzo Roero, Poesie postume … Aggiunte alcune lettere d’illustri scrittori a lei dirette, [a cura di Coriolano di Bagnolo], Torino, Chirio e Mina, 1843. Salveraglio 1881 = Giuseppe Parini, Le Odi … riscontrate su manoscritti e stampe, a cura di Filippo Salveraglio, Bologna, Zanichelli, 1881. Sanesi 1922 = Ireneo Sanesi, Una lettera e un sonetto di Giuseppe Parini, «Athenaeum», x, 1922, 2, pp. 77-88. Savarese 1968 = Giuseppe Parini, Il Giorno e altre opere scelte, introduzione scelte e commento di Gennaro Savarese, Firenze, La Nuova Italia, 1968. Scherillo 1900 = Michele Scherillo, Studi di letteratura italiana, Napoli, Giannini, 1900, 2 voll. Serena 1898 = Augusto Serena, A proposito di una Raccolta. Noterelle pariniane, Treviso, prem. stab. tip. Ist. Turazza, 1898 (estr. da «Coltura e Lavoro», Treviso, xxxviii, 1898, 12) (poi in Serena 1900, pp. 127-138). Serena 1900 = Augusto Serena, Pagine letterarie, Roma, Forzani e C., 1900. Siboni 2004 = Giorgio Federico Siboni, Una vita per gli archivi: Ilario Corte (1723-1786) e il suo contributo alle riforme teresiane, «Acme», 57, 2004, 2, pp. 163-186. Silvestri 1821 = Giuseppe Parini, Opere … Prose, Milano, Giovanni Silvestri, 1821 (Biblioteca scelta di opere italiane antiche e moderne, 104). Spaggiari 2000 = William Spaggiari, L’eremita degli Appennini. Leopardi e altri studi di primo Ottocento, Milano, Unicopli, 2000. Spaggiari 2004 = William Spaggiari, 1782. Studi di italianistica, Reggio Emilia, Diabasis, 2004. Spaggiari 2011 = William Spaggiari, «Seguitar le Muse». Sul Parini epistolografo, in Viola 2011b, pp. 161-171. Spini 1984 = Ugo Spini, L’attività incisoria di D. Cagnoni per edizioni bresciane (1756-1775), «Commentari dell’Ateneo di Brescia», Brescia, Geroldi, 1984, pp. 62-115. Stara-Tedde 1906 = Giorgio Stara-Tedde, Dall’Archivio d’Arcadia. Il Parini e l’Arcadia, «Giornale arcadico di scienze, lettere ed arti», s. vi, i, 1906, 3, pp. 176-177. Stella-Lavezzi 2001 = Esortazioni alle storie, Atti del convegno «… parlano un suon che attenta Europa ascolta»: poeti scienziati cittadini nell’Ateneo pavese

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tra riforme e rivoluzione, Università di Pavia, 13-15 dicembre 2000, a cura di Angelo Stella e Gianfranca Lavezzi, Milano, Cisalpino, 2001. Tissoni 1983 = Roberto Tissoni, Considerazioni su Diodata Saluzzo (con un’appendice di lettere inedite ad Alessandro Manzoni), in Ioli 1983, i, pp. 145199. Tissot 1761 = Samuel-Auguste-André-David Tissot, Avis au peuple sur sa santé, Lausanne, de l’imprimerie de J. Zimmerli aux dépens de François Grasset, 1761. Tongiorgi 1997 = Duccio Tongiorgi, L’eloquenza in cattedra. La cultura letteraria nell’Università di Pavia dalle riforme teresiane alla Repubblica Italiana (1769-1805), Milano, Cisalpino, 1997. Trampus 1992 = Antonio Trampus, Riforme politiche e «pubblica felicità» negli scritti di Carli sulla pubblica educazione, «Quaderni istriani», 5-6, 19911992 (ma 1992), pp. 13-40. Trampus 2004 = Gianrinaldo Carli nella cultura europea del suo tempo, a cura di Antonio Trampus, «Quaderni giuliani di storia», xxv, 2004, 1. Trona 1838 = Edoardo Trona, Elogio storico del professore e canonico d. Luigi Travelli letto in latino nel 1837 nella solenne inaugurazione degli studj … traduzione del professore G. G. stampata per l’inaugurazione del monumento alla memoria dell’ill.re defunto eretto in Mortara il 24 febb.o 1838 coll’aggiunta di alcune poesie dello stesso Travelli, Mortara, Luigi Capriolo, 1838. Vaccaro 1988 = Luciano Vaccaro, I «veri cristiani». Esperienze di apostolato laicale a Milano tra Settecento e Ottocento, in Acerbi-Marcocchi 1988, pp. 253-304. Valente 1914 = Lettere inedite di Gasparo Gozzi e Apostolo Zeno pubblicate ed annotate da Umberto Valente, «Rivista di Roma», 10 marzo 1914, pp. 297-301. Venturi 1952 = Lionello Venturi, La peinture italienne du Caravage à Modigliani, Genève, Skira, 1952. Venturi 1958 = Illuministi italiani. Riformatori lombardi, piemontesi e toscani, a cura di Franco Venturi, Milano-Napoli, Ricciardi, 1958. Venturi 1969 = Franco Venturi, Settecento riformatore, i, Da Muratori a Beccaria, Torino, Einaudi, 1969. Venturi 1987 = Franco Venturi, Settecento riformatore, v/i, Torino, Einaudi, 1987. Venturi et alii 1991 = Dal trono all’albero della libertà. Trasformazioni e continuità istituzionali nei territori del Regno di Sardegna dall’antico regime all’età rivoluzionaria, Atti del convegno, Torino, 11-13 settembre 1989, Roma, Ministero dei Beni Culturali e Ambientali. Ufficio centrale per i beni archivistici, 1991, 2 tt. Verri 1910-1942 = Carteggio di Pietro e di Alessandro Verri, dal 1766 al 1797, 13 voll.; vol. i, pt. i-ii, a cura di Emanuele Greppi e Alessandro Giulini, Milano, Cogliati, 1923, voll. ii e iii, a cura di Francesco Novati e Emanuele Greppi, Milano, Cogliati, 1910-1911; vol. iv, a cura di Francesco Novati, Emanuele Greppi e Alessandro Giulini, Milano, Cogliati, 1919; voll. v-vii, a cura di Emanuele Greppi e Alessandro Giulini, Milano, Cogliati, 1926-1931; vol. viii, a cura di Alessandro Giulini e Giovanni Seregni, Mila-

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no, Milesi & figli, 1934; vol. ix, a cura di Giovanni Seregni, Milano, Milesi & figli, 1937; voll. x-xii, a cura di Giovanni Seregni, Milano, Giuffré, 19391942. Verri 1999 = Pietro Verri, Cronaca di Cola de li Picirilli, Milano, Palazzo Sormani, 1999 (I Quaderni di Palazzo Sormani, 22). Verri 2003 = Pietro Verri, Scritti di argomento familiare e autobiografico, a cura di Gennaro Barbarisi, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003. Verri 2004 = Pietro Verri, I «Discorsi» e altri scritti degli anni Settanta, a cura di Giorgio Panizza, con la collaborazione di Silvia Contarini, Gianni Francioni, Sara Rosini, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2004. Vetro 2010 = Gaspare Nello Vetro, Lucrezia Agujari, la Bastardella, Parma, Conservatorio di Musica Arrigo Boito, 20102. Vianello 1933 = Carlo Antonio Vianello, La giovinezza di Parini, Verri e Beccaria, Milano, Baldini e Castoldi, 1933. Vianello 1935 = Carlo Antonio Vianello, Pagine di vita settecentesca, Milano, Baldini e Castoldi, 1935. Vicinelli 1963 = Augusto Vicinelli, Il Parini e Brera. L’inventario e la pianta delle sue stanze. La sua azione nella scuola e nella cultura milanese nel secondo Settecento, Milano, Ceschina, 1963. Viola 2004 = Corrado Viola, Epistolari italiani del Settecento. Repertorio bibliografico, Verona, Fiorini, 2004 (C.R.E.S., Edizioni e Strumenti, 1). Viola 2008 = Corrado Viola, Epistolari italiani del Settecento. Repertorio bibliografico. Primo supplemento, Verona, Fiorini, 2008 (C.R.E.S., Edizioni e Strumenti, 4). Viola 2011a = Corrado Viola, La Repubblica delle Lettere e l’epistolografia, in Battistini-Griggio-Rabboni 2011, pp. 27-42. Viola 2011b = Le carte vive. Epistolari e carteggi nel Settecento, Atti del primo Convegno internazionale di studi del Centro di Ricerca sugli Epistolari del Settecento, Verona, 4-6 dicembre 2008, a cura di Corrado Viola, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2011. Vita Nuova 1876 = Una lettera inedita di Giuseppe Parini, «La Vita Nuova», i, 16 maggio 1876, 10, p. 160. Vittore 1863 = Gaio Giulio Vittore, Ars rhetorica, in Halm 1863. Vittori 1899 = Vittorio Vittori, Clementino Vannetti. Studio del secolo passato, Firenze, Elzeviriana, 1899 Zanoia 1823 = Giuseppe Zanoia, Due sermoni, Forlì, Moretti e Bardandini, 1823 (nozze Albicini - Albergati Capacelli). Ziccardi 1935 = Giovanni Ziccardi, Forme di vita e d’arte nel Settecento, Firenze, Le Monnier, 1935. Zorzoli 1980 = Maria Carla Zorzoli, Le tesi legali all’Università di Pavia nell’età delle riforme: 1772-1776, Milano, Cisalpino, 1980. Zuradelli 1961 = Giuseppe Parini, Opere scelte, a cura di Gianna Maria Zuradelli, Torino, Utet, 1961.

NOTA AL TES TO Il corpus : esclusioni e inclusioni

C

ome si è anticipato nell’Introduzione, le lettere che qui si pubblicano sono 66. Dal novero sono stati esclusi alcuni testi pariniani che, anche se pensati, scritti e prodotti per un preciso ‘destinatario’, sono però di mera cornice epistolare, avendo natura, scopi, forma radicalmente diversi da quelli che la tradizione riconosce alla lettera come suoi propri.1 È il caso, ad esempio, delle lettere al Branda e di quella al Soresi sui Pregiudizj delle Umane Lettere del Bandiera, che altro volume di questa Edizione Nazionale opportunamente inserisce tra gli Scritti polemici,2 ma anche delle tre Lettere del Conte N. N. a una falsa divota, che al Reina, invece, parve bene includere nella sezione epistolare delle opere, mentre si tratta, com’è noto, di un manifesto polemico contro l’ipocrisia religiosa.3 Non diversamente sono stati esclusi, anche perché a firma non del solo Parini, i due pareri dell’estate 1798 sulle dissertazioni partecipanti al concorso per l’organizzazione dei teatri nazionali,4 come pure l’altro rivolto nell’agosto 1791 alla R. I. Conferenza governativa per consigliare una modifica del programma d’insegnamento.5 Né è stata inclusa la relazione sulla sua cattedra compilata nel 1786 su istanza della Commissione Ecclesiastica e degli Studi.6 A fortiori, non hanno luogo in questa edizione gli ‘atti’ sottoscritti dal Parini, nessuno dei quali, del resto, presenta for1 Cfr. Petrucci 2008. 2 Morgana-Bartesaghi 2012, rispettivamente pp. 107-197 e 61-93. 3 Cfr. Reina 1801-1804, iv, pp. 198-222. Per un’edizione moderna delle tre Lettere si veda Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 163-174, che correttamente le inserisce tra le Prose letterarie e accademiche. 4 Indirizzati al «Cittadino Ministro», il primo parere (7 termidoro a. vi [= 25.vii.1798]) è sottoscritto da «Parini, Longo, Mascheroni», il secondo (11 fruttidoro a. vi [= 28.viii.1798]) da «Parini, Longo»: li si legga entrambi in Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 370-372, dove figurano nella sezione di Contributi alle riforme e all’organizzazione degli studi e delle accademie (1767-1796). 5 In Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 360-363, è intitolato Parere sull’insegnamento all’Accademia e inserito nella cit. sezione di Contributi alle riforme… 6 In Barbarisi-Bartesaghi 2005 è anch’essa tra i Contributi alle riforme…, p. 359, sotto il titolo editoriale di Princìpi seguiti in 17 anni di insegnamento.

42 nota al testo ma epistolare.1 Non è epistolare neppure il biglietto autografo che si conserva all’Ambrosiana, interfoliato in una raccolta epigrafica manoscritta assemblata dal patrizio milanese Giorgio Giulini tra il 1751 e il 1760, nel quale un giovane Parini trascrisse il testo di due epigrafi esistenti in chiese di Longone.2 La più recente edizione critica dell’epistolario pariniano riporta come prima lettera questo breve documento conservato all’ASMi, privo di data e di sottoscrizione: «L’Abate Parini sendo per far l’edizione di un suo Poemetto nominato il Mattino, dimanda la privativa dell’edizione per tre anni, colla proibizione all’intro1 In dettaglio: la dichiarazione relativa all’eredità Caspani datata 21.ix.1767; il promemoria sulla relazione trasmessa alla R. Giunta Economale dal vicario della Martesana il 26.vii.1771 (una sorta di ricorso sempre relativo all’eredità Caspani); una dichiarazione attestante la frequenza alle sue lezioni da parte di un Giosuè Bianconi, datata 29.ii.1784; un’altra analoga dichiarazione a favore di un G. G. Appiani del 9.xii.1787; una sorta di dichiarazione dei redditi del 7.iii.1798; un ricorso all’Amministrazione dei Beni Nazionali per il mancato versamento di un «livello annuo di lire ventisei» del 31.xii.1798; il testamento del 15.x.1798. Nell’ed. Barbarisi-Bartesaghi 2005, questi documenti sono raccolti in un’apposita sezione, la ix, intitolata Atti personali e d’ufficio (1767-1798), pp. 705-720. Per una definizione di ‘atto’ come «testimonianza scritta di un fatto di natura giuridica, compilata con l’osservanza di determinate forme», e in ciò costitutivamente diverso dalla ‘lettera’, si veda Mazzoleni 1970, p. 215. Ci sono pervenute, infine, anche due ricevute rilasciate dalla Tesoreria della Pubblica Istruzione: la prima, del 14.x.1784, per la somma di lire 500, è conservata nell’Autografoteca Bastogi della BCLFDGLi; la seconda, del 1.xii.1794, per lire 333, alla BEUmo, Autografoteca Campori, Parini Giuseppe; e si tratta in entrambi i casi di moduli prestampati e compilati di propria mano dal Parini negli spazi bianchi. Una terza ricevuta, datata 4.ix.1797, è descritta nel catalogo dell’asta Christie’s nº 2387 di Libri autografi e stampe, tenutasi a Roma il 12.xii.2000. 2 BAMi, Q 39 inf. (1), Monumenta ad agrum Mediolanensem spectantia collecta opera et studio Comitis Georgii Giulini Patritii Mediolanensis mdccli , f. 174r-v. Al f. 176r, sub titulo «Longone. i», il Giulini riporta il testo della seconda epigrafe (romana, l’altra essendo moderna: cfr. CIL, v, 5645) e così registra: «Lapis parieti insertus in fronte Ecclesiae S. Mariae huius vici in Plebe Incini. Apographus huius inscriptionis debemus diligentiae eruditissimi iuvenis ac lepidissimi Poetae Abbatis Parini». Longone (oggi Longone al Segrino) non è distante da Bosisio, il paese natale del Parini, e come Bosisio apparteneva al medesimo plebato di Incino. La qualifica di ‘abate’ non riporta a una data posteriore al 1754, essendo essa conferita anche ai semplici chierici, prima dell’ordinazione sacerdotale. Per una sommaria descrizione del codice giuliniano, cfr. Castiglioni 1952. Il Giulini (1714-1780) collaborò col Parini e con Pietro Verri alla redazione della Borlanda impiasticciata, a stampa nel 1751, e successivamente alla traduzione della Colombiade della Du Boccage (1758); tra i rifondatori dei Trasformati, ne fu poi segretario (1762) e conservatore perpetuo, ospitandone le riunioni accademiche nel proprio palazzo: in una di queste frequenti occasioni di collaborazione e d’incontro il Parini potrebbe aver consegnato il suo biglietto brevi manu al destinatario. Cfr. DBI, 57, 2001, pp. 4-9.

nota al testo 43 durlo, e venderlo stampato fuori di Paese».1 Non si tratta però, com’è parso agli editori, di un’istanza in terza persona vergata dal Parini stesso: l’autografia è senza dubbio da escludere, anche volendo pensare a un «autografo calligrafico».2 Il testo è scritto nella metà destra del foglio, a partire dall’alto, mentre nella parte sinistra, iniziando più o meno laddove finisce il testo, trovano spazio la successiva registrazione dell’esito – favorevole, nella fattispecie – della pratica e la sua parte dispositiva («21 Luglio| S. A. S. accorda la|privativa, e si dia|Decreto al Reg.º|Cap.no di Giusti.ia|fatto|come da minuta»). Inoltre, nella medesima cartella dell’ASMi, accanto al documento in questione, si conserva, indirizzata al «Regio Cap.no di Gius.a» in data 21 luglio 1765, la notifica della concessione da parte di «S. A. S.» dell’esclusiva a favore dello «stampatore e librajo Giuseppe Galeazzi»: firmata da Remigio Fuentes, membro della Segreteria di Governo e uomo di fiducia del plenipotenziario conte Firmian, vi si comunica che al tipografo milanese è stata accordata la «privativa» per la stampa e la vendita, e «l’introduzione e vendita» di eventuali «edizioni forastiere», del «nuovo Poemetto intitolato il Mezzo giorno», e si dà perciò mandato al Capitano di Giustizia di «notificare alli Stampatori e librai di questo stato la succennata difesa e proibizione di ristampare il d.o Poemetto». Poiché la data di questa comunicazione del Fuentes coincide con quella riportata nel dispositivo del documento e considerato che l’imprimatur del Mezzogiorno è del 24 luglio 1765 (mentre quello del Mattino è del 24 marzo: del 1763, ovviamente), ne consegue che l’estensore del documento abbia equivocato sul titolo (Mattino in luogo di Mezzogiorno): imprecisione non certo imputabile al Parini.3 Piuttosto che a una supplica pariniana, bisognerà dunque pensare a una sorta di registrazione d’ufficio redatta da un segretario. Durante le ricerche sono infine emerse due missive che recano entrambe la firma «Parini» e sono attribuite al poeta di Bosisio nei 1 Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 599; ma qui si trascrive dall’originale: ASMi, Autografi Monti-Parini, cart. 178. 2 Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 658. Per alcuni esempi di usi grafici difformi e sicuramente non pariniani, si vedano la a maiuscola e minuscola, la z, la e, la p maiuscola (per una descrizione sommaria della grafia pariniana cfr. qui infra, al § Criteri di trascrizione). 3 A queste stesse conclusioni giunse il Vicinelli, che per primo segnalò il documento: cfr. Vicinelli 1963, p. 16n.

44 nota al testo cataloghi delle biblioteche in cui si conservano (l’Estense di Modena e il Museo Centrale del Risorgimento di Roma): tuttavia si può affermare con certezza che nessuna delle due è pariniana.1 Quanto alle inclusioni, il corpus propriamente epistolare accoglie, accanto a vere e proprie lettere private o ‘familiari’, un numero non esiguo – non esiguo, beninteso, relativamente all’esiguità stessa del corpus – di suppliche redatte in terza persona (ni 9, 45, 46, 47, 57, 58, 61). Il loro inserimento, che potrebbe apparire in controtendenza rispetto al criterio sopra dichiarato per le esclusioni e va dunque giustificato, ci è parso imporsi, nel caso specifico, per almeno due ordini di motivi. In primo luogo si tratta di documenti tutt’altro che estranei, e anzi ben interni, a una delle due dimensioni esclusive delle lettere pariniane ai «grandi personaggi» (destinazione, questa, che individua una delle tipologie più rappresentate nel corpus), quella cioè della petitio.2 Secondariamente, in Parini queste suppliche presentano sovente, a dispetto della terza persona, forme ibride tra il «familiare» e il «negoziale»3 (e così riproducono, fra l’altro, anche a livello del singolo pezzo, il generale ibridismo dell’‘epistolario’ pariniano): nell’esporre l’oggetto della propria istanza, infatti, l’estensore è solito richiamare le proprie condizioni di vita, come pure i suoi rapporti non solo con l’autorità che il destinatario rappresenta, ma con la persona stessa del destinatario; tanto che questi docu1 Per quella della BEUMo, da attribuirsi a un omonimo incisore parmense, si veda qui infra, in nota alla nº 31. Qualche osservazione più particolare reclama l’altra (MCRRm, Lettere autografe, 917/20). Essa è datata «Torino addì 19 Agosto 1772» (e non «marzo», come nella scheda archivistica acclusa al documento), e non risulta che il Parini si recasse mai a Torino, o per lo meno che vi fosse nell’estate di quell’anno. Il destinatario, in effetti, è un amico del Parini, l’abate di origini monregalesi ma milanese di adozione Pier Domenico Soresi (1711-1778), accademico Trasformato e precettore in casa Serbelloni prima dello stesso Parini (e diverse lettere inviate al Soresi sono nei fascc. 18-22 del Fondo Airoldi, con il quale il documento in questione entrò al MCRRm: cfr. Pizzo 2007, p. 32); ma l’estensore della lettera gli si rivolge con un deferente «V. S. Ill.ma», mentre fin dal 1756, indirizzando proprio al Soresi la Lettera sui Pregiudizi delle umane lettere del Bandiera, il Parini faceva uso, con lui, di un ben più comitale «voi». L’autografia del corpo della missiva, poi, va esclusa nel modo più assoluto, e non è pariniana neppure la firma «parini» (sempre che non debba leggersi «perini»). 2 Per questo aspetto si rinvia supra, al § iii dell’Introduzione. 3 Per la distinzione, già antica e frequente nella trattatistica de arte epistolandi, cfr. almeno Vittore 1863, p. 447 (per la retorica latina) e Cavalcanti 1944, p. 384 (per il Quattrocento volgare).

nota al testo 45 menti, per il loro valore autobiografico, contribuiscono a pieno titolo alla delineazione di quel profilo prosopografico del mittente che è uno degli obiettivi tradizionalmente perseguiti dallo studio dei testi epistolari. A queste ragioni si aggiunge, da un lato, il conforto della trattatistica epistolare, dal Cinquecento fino a tutto il Settecento e oltre, nella quale è ricorrente la classificazione della supplica come una delle varie forme della lettera;1 dall’altro quello della tradizione editoriale più autorevole e recente, che non ha esitato a inserire queste suppliche fra le lettere.2 Simmetricamente, esistono missive come la nº 8 o la nº 30, entrambe dirette al Wilczeck, il cui fine è sempre quello di chiedere al destinatario un intervento politico auspicato dal mittente come vantaggioso per la sua vita privata: esse, però, pur avendone la sostanza, non sono formalmente suppliche, e infatti evitano la terza persona a favore della prima (e si può osservare, in aggiunta, come in questi casi il richiamo alla benevolenza privata del destinatario nei confronti del mittente preceda, anziché seguire, come invece nelle suppliche in terza persona, l’esposizione delle benemerenze pubbliche del secondo verso l’autorità rappresentata dal primo). Breve discorso a parte reclamano le due missive scritte a nome del «corpo» dei professori delle Scuole Palatine (ni 12 al Kaunitz e 15 a Maria Teresa), il cui inserimento sembra confliggere con l’espunzione, sopra dichiarata, dei due pareri a firma plurima del 1798 sulle dissertazioni partecipanti al concorso per i teatri nazionali. Si tratta in realtà di casi radicalmente diversi: nelle due missive, che hanno identica struttura, Parini parla in terza persona plurale per tutto il corpo della lettera («Rimasero […] i Professori vivamente commossi […]. Ammirarono […]. Deliberarono […]»: nº 12; «i Professori […] provarono […] una consolazione tutta loro propria»: nº 15), ma si dichiara estensore in proprio del testo nell’ultimo capoverso, introdotto in entrambi i casi da un perentorio pronome di prima persona singolare («Io, ch’ebbi l’onore d’essere deputato dal Corpo de’ Professori ad eseguire questo atto […], non ho creduto […]»: nº 12; «Io […], che hò la segnalatissima gloria d’essere a ciò formalmente deputato in nome de Professori 1 Per un solo esempio tratto da uno dei manuali epistolari più in voga nell’Italia del Settecento, si veda Nardi 1710, p. 17. 2 Cfr. su tutte l’ed. Barbarisi-Bartesaghi 2005.

46 nota al testo delle scuole Palatine […] espongo […]»: nº 15), ed è lui solo a sottoscrivere, sia pure aggiungendo alla firma il titolo di «Professore delle Belle Lettere», quasi a giustificare il suo ruolo di membro e portavoce autorizzato del corpo docente. L’assunzione di paternità per quanto attiene alla stesura del testo è confermata dalla nº 13 a Giuseppe Croce, in cui il Parini usa direttamente la prima persona per accompagnare e inoltrare per via gerarchica la «compiegata» nº 12 al Kaunitz. Fonti manoscritte Di 11 lettere (ni 1, 5, 13, 15, 22, 27, 35, 41, 44, 48, 50) è purtroppo risultato irreperibile l’autografo (ma per una di queste, la nº 41, disponiamo del microfilm, e per un’altra, la nº 34, di un’edizione facsimilare), mentre i ni 12, 15, 60 e 62 ci sono tramandati da apografi o idiografi. In caso di irreperibilità del manoscritto, ci si è naturalmente attenuti alle fonti a stampa di più sicura affidabilità filologica (e, salvo ove diversamente indicato, si tratta quasi sempre dell’ed. Barbarisi-Bartesaghi 2005, dalla quale si sono tratti i ni 5, 13, 22, 27, 35, 48). Per le restanti 54 lettere disponiamo degli originali autografi, per lo più in stato di buona conservazione e in condizioni di agevole leggibilità. Come risulta dal prospetto che segue, è Milano il luogo dove essi si conservano in numero più consistente, con i due ricchi giacimenti dell’Ambrosiana (18 lettere) e dell’Archivio di Stato (13), cui si affiancano quelli decisamente minoritari della Braidense (2) e dell’Archivio dell’Ospedale Maggiore (1); il resto si distribuisce tra Mantova (5 in tutto), Forlì (3), Modena (2), mentre singoli esemplari si conservano non solo in Italia (Venezia, Bologna, Brescia, Trieste, Como), ma anche all’estero (Londra, Vienna) e addirittura oltreoceano (New York, Philadelphia). Lasciando a parte il Fondo Reina, donato all’Ambrosiana da Cristoforo Bellotti nel 1910 e poi riordinato dal Mazzoni in vista della sua edizione del 1925, fondo che anche per le lettere come per il resto della produzione pariniana si conferma come la «base fondamentale» per ogni lavoro di edizione,1 gli autografi accessibili sono tuttora depositati per due terzi nei luoghi di conservazione del carteggio passivo dei destinatari, mentre il restante terzo, disse1 Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 15.

nota al testo 47 minato a singoli pezzi in varie collezioni epistolari e autografoteche di biblioteche pubbliche, proviene dai canali del collezionismo privato. Ne risulta il seguente quadro sinottico: Bologna – ASBo: 2 Brescia – BCQBs: 33 Como – ASDCo: 55 Forlì – BCASFo: 16, 40, 64 London (UK) – BLLondon: 49 Mantova – ANVMn: 6, 11 – BCTMn: 7, 36, 37 Milano – AOMMi: 38 – ASMi: 9, 12, 29, 39, 45, 46, 47, 57, 58, 59, 60, 61, 66 – BAMi: 8, 17, 20, 21, 23, 24, 25, 26, 28, 30, 43, 51, 52, 53, 54, 62, 63, 65 – BNBMi: 18, 42 Modena – BEUMo: 31, 56 New York (U.S.A.) – PMLNY: 19 Philadelphia (Pennsylvania, U.S.A.) – HSPPhil: 14 Trieste – ASTs: 41 Venezia – BNMVe: 3 Wien (Österreich) – HHSWien: 10

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nota al testo Fonti a stampa. Storia della fortuna e storia editoriale

Una sola lettera pariniana vede la luce vivente l’autore, quella al Corniani del 1781, pubblicata nella seconda e ultima annata (1796) di un curioso periodico di esclusivo contenuto epistolare, l’«Epistolario» del Rubbi, tappa significativa della fortuna del genere nell’Italia di fine Settecento. A pochi anni di distanza segue, attesissima, l’edizione Reina, che in coda alle opere inserisce una sezione epistolare di 16 lettere (comprese le tre fittizie a una falsa divota). Ma nei confronti dell’edizione, come osserva il contemporaneo Pietro Custodi, è subito «generale la doglianza» per la «nissuna scelta» e la «scarsa critica»: e proprio le «lettere insignificanti» sono, sempre secondo il Custodi, tra i motivi di insoddisfazione per la «faragine» di testi di disparato valore messa insieme dal Reina.1 Di lì a poco anche l’edizione Silvestri delle Prose, uscita dapprima nel 1821 e poi ripubblicata nel 1830 e nel 1836, dichiara come inevitabile l’omissione delle 16 lettere fino ad allora note, «perché in esse nulla v’ha che possa accrescere la fama dell’Autore».2 A monte di questi giudizi agisce evidentemente una concezione che può dirsi ‘bellettristica’, ben salda fino alla metà dell’Ottocento,3 per la quale anche un’edizione completa di un autore deve 1 Le parole del Custodi, tratte da una nota intitolata Parini e Reina, si leggono ora nell’Appendice Ultima ii a di Rota 1987, pp. 1235-1236, che ristampa integralmente Auvray 1905, dove per la prima volta esse furono pubblicate. Il biasimo per l’operazione editoriale del Reina dovette davvero essere «generale»: anche il Foscolo, nel 1807, disse il Reina giustamente «lapidato» per l’edizione pariniana, al pari degli editori delle opere alfieriane: Foscolo 1952, p. 186; e per analoghi giudizi del Pindemonte e di Isabella Teotochi Albrizzi, anche se riferiti al solo terzo volume del Reina, cfr. Cimmino 1963, ii, pp. 371-373. 2 Silvestri 1821, p. 8. Pure, all’inizio dell’Avviso preliminare (riproposto tal quale ancora nel 1830 e nel 1836), l’editore caldeggiava che anche le prose fossero altrettanto «avidamente studiate ed imitate» quanto le poesie, poiché «non la cedono alle Poesie in originalità, forza, nobiltà, leggiadria, ed in quella facilità e naturalezza che spesso si desiderano nei nostri Prosatori» (p. 5): ma si riferiva, evidentemente, ai Principi delle belle lettere, ai discorsi, ai programmi per opere di pittura e di scultura, ai pareri e giudizi letterari, non certo alle lettere. 3 E anche oltre, se ancora il Bertana, scrivendo in una importante testata della cosiddetta Scuola storica, poteva pronosticare che una raccolta completa di tutte le lettere allora note «rare od inedite del Parini […] non sarebbe riuscito un florilegio di buona prosa epistolare (chè certo le lettere e, in generale, tutte le prose pariniane

nota al testo 49 limitarsi ai soli scritti provvisti di dignità letteraria, con esclusione di quei testi che, come le lettere, per la loro costitutiva compromissione con la sfera del privato e del quotidiano, appaiono, o possono apparire, assai meno ‘monumenti’ che ‘documenti’.1 D’altra parte la netta e «generale» censura per l’operazione editoriale del Reina va comprensibilmente correlata con il profilo specifico di un epistolario come quello pariniano, occasionale, eterogeneo, frammentario, legato, come s’è visto, a situazioni contingenti e a fini pratici, e in quanto tale ritenuto assai poco confacente, con le sue petitorie e gratulatorie ai potenti, all’immagine romantica, allora in via di consacrazione, dell’uomo eticamente superiore in lotta con la sua epoca corrotta. Un ventennio dopo, lo stesso Reina, che aveva contribuito a innescare questo processo di trasfigurazione del Parini con la Vita premessa alle Opere, provvede a condensare la sua precedente edizione in due volumi per i Classici Italiani, sacrificando ovviamente, con qualcos’altro di minore, quasi tutte le lettere, e sapientemente trascegliendo e dislocando le due residue.2 Sta di fatto che la prima edizione Reina rimane per circa un secolo l’unica disponibile per il Parini epistolare. Poche persino le antologie ottocentesche di modelli epistolari che accolgono, e non richiamano punto alla mente le squisitezze stilistiche e la potente originalità del poeta)» (Bertana 1898, p. 81). Ancora un decennio dopo il curatore di un’antologia di Prose scelte del Parini dichiarava di tralasciare le «due brevi lettere a Diodata Saluzzo ed al conte Wilnech [sic]», cioè le sole a lui note in quanto tràdite dalla sua edizione di riferimento, la Reina 1825 (cfr. qui infra), «perchè di carattere privato»; parimenti istruttiva l’elencazione dei «concetti di opportunità» che gli avevano suggerito l’esclusione di altre prose: «Le avvertenze pel segretario d’un’accademia di belle arti, perchè di tipo regolamentare; Il programma della cattedra biennale di belle lettere, perchè già contenuto in sostanza nel Trattato […], e quanto alla forma troppo didattico; I pareri intorno a varie pubblicazioni del tempo, perchè, al tempo nostro, di mediocre interesse; […] i soggetti di belle arti e la bella descrizione delle feste per le nozze di Ferdinando d’Austria con Beatrice d’Este, perchè lavori occasionali di cronaca cittadina», ecc. (Aporti 1910, pp. 8-9). 1 Non è casuale, del resto, la relativa esiguità di edizioni epistolari in Italia nel corso del Settecento: cfr. Viola 2011a. 2 Cfr. Reina 1825, ii (Prose scelte), che espunge anche le tre polemico-trattatistiche a una falsa divota. Le due sole scampate al deciso sfoltimento sono la lettera alla Saluzzo Roero (pp. 262-263) e quella al Wilczeck dell’autunno 1769 (pp. 391-396): il loro mantenimento si giustifica rispettivamente tramite la collocazione della prima tra i Pareri e giudizj letterarj (pp. 262-263) e in ragione del rilevante contenuto della seconda (il Parini vi illustra estesamente la sua idea di «Eloquenza superiore» in relazione all’istituenda cattedra milanese).

50 nota al testo non senza parsimonia, lettere pariniane (Nardini 1810, Modelli 1830, Raccolta 1830, Antolini 1832, Fanfani 1855, Paladini 1861, Pizzigoni 1864, Mattii 1869). Ancor meno numerose, certo per la rarità della merce disponibile, le edizioni di inediti in opuscoli per nozze, che invece formano in larga parte la tradizione a stampa di altri autori del nostro Settecento (se ne conta una soltanto, Micheli 1905). Qualche raro pezzo singolo esce intanto in prima edizione negli opera omnia dei corrispondenti del Parini (Rezzonico 1815-1830, Saluzzo Roero 1843) o nelle edizioni del loro carteggio (Brigidi 1855), oltre che per opera di strenui cultori di cose lombarde «di ambiente manzoniano» (Cantù 1854).1 Per assistere a una più decisa e capillare ripresa degli scavi, bisogna attendere la fine dell’Ottocento, quando, con le ricerche documentarie della Scuola storica, si apre quella che tuttora appare come la stagione più florida degli studi pariniani (tra 1881 e 1891 escono gli egregi commenti al Giorno di Borgognoni e alle Odi di Salveraglio, di D’Ancona, di Bertoldi).2 Anche Carducci, i cui studi sul Parini precedono di poco e accompagnano quelli della Scuola storica, pensa a un’edizione congiunta di Rime scelte e Lettere («una raccolta ragionata, con indicazione delle fonti»), che propone insistentemente, tra 1881 e 1891, all’allievo Salveraglio, bibliotecario all’Ambrosiana, il quale trascriverà alcune lettere negli apparati della sua ricordata edizione delle Odi (Salveraglio 1881): ma il progetto sfuma per il trasferimento di questi alla Nazionale di Catania.3 Intanto la pubblicazione di singole lettere prosegue in contributi di taglio e impegno diversi: saggi specifici (Paglia 1881, Bertana 1898, Sanesi 1922), lavori di erudizione biografica volti a sondare la rete relazionale del Parini (Bertoldi 1893, Marchesi 1904, Pasini 1905a), inventari di fondi manoscritti (Majer 1904; e, prima, di collezioni di autografi: Berlan 1865), ricostruzioni storico-ambientali (Bortolotti 1900, Pasini 1905b, Pecchiai 1917; Vianello 1933; un genere, questo, saldamente presente nella bibliografia pariniana, come provano fra gli altri i lavori di Valmaggi, Vicinelli e altri). Ma ad ampliare significativamente il corpus, raccogliendo pressoché tutte le lettere pariniane allora note, sono soprattutto le 1 La definizione è in Allevi 1970, p. 45. 2 Sul Parini e la Scuola storica si veda l’omonimo saggio poi raccolto in Spaggiari 2004, pp. 168-195. 3 Lo documenta Spaggiari 2004, pp. 174-175.

nota al testo 51 benemerite edizioni critiche di Egidio Bellorini (1913-1915) e di Guido Mazzoni (1925). Nel frattempo le carte pariniane erano state conferite dagli eredi Bellotti alla Biblioteca Ambrosiana (1910). Archiviata definitivamente la vecchia idea di edizioni-‘monumento’, selettive del meglio a tutela e conferma dell’immagine canonizzata dell’autore, è ora vivamente avvertita l’esigenza di disporre di edizioni quanto più possibile complete, che consentano uno studio rinnovato e integrale dell’uomo Parini, da condursi sulla base di un più largo e solido fondamento. Un’esigenza condivisa e dichiarata, negli stessi anni, anche al di fuori dell’ambito filologico, come prova una notevole antologia ‘d’autore’: quella firmata nel 1924 da Carlo Linati per «Le più belle pagine degli scrittori italiani scelte da scrittori viventi» della Treves. Alle raccolte di Bellorini e soprattutto di Mazzoni, via via incrementate, fino a tempi recenti, da nuove ma pur sempre numerate trouvailles di singoli pezzi (Bembo 1953, Ostoja 1956, Chandler 1960, Costa 1970, Pace 1970, Isella 1985a, Barbarisi 1999, Nicora 2000, Bartesaghi 2009), guardano inevitabilmente alcune importanti edizioni antologiche delle opere pariniane pubblicate nel corso degli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento da competenti specialisti per alcune delle maggiori case editrici italiane (Caretti 1951, Petronio 1957, Zuradelli 1961, Savarese 1968, Bonora 1969). Restano, tuttavia, eccezioni, per quanto rimarchevoli; perché più numerose sono da sempre le raccolte che, pur estendendosi alle prose e non alle sole poesie, escludono le lettere,1 e queste sono a loro volta incomparabilmente minoritarie rispetto alle antologie del solo Parini in versi. A segnare un ultimo, cospicuo tournant nella storia editoriale delle lettere pariniane dopo Reina, Bellorini e Mazzoni, è infine il secondo dei due volumi di Prose uscito per le cure congiunte di Gennaro Barbarisi e Paolo Bartesaghi nel 2005, che si pone fino ad oggi come l’edizione di riferimento sia per il profilo filologico, sia per l’aspetto del commento dei testi.

1 A titolo d’esempio: Silvestri 1821; Bettoni 1832; Giusti 18605; Boghen Conigliani 1908 (erronea l’indicazione di Bustico 1929, p. 87, nº 405, che pone questa antologia scolastica fra le edizioni di lettere pariniane, trascrivendone il titolo come Lettere scelte anziché come Letture scelte); Aporti 1910; Guastalla 1913; Guastalla 1924; Parini 1936; Bianchi 1938; Cremonese 1959; Bianchi 1965 (19271); Mazzoni 1967; Caretti 1969; LIZ 1993, ecc.

52

nota al testo Il quadro crono-bibliografico che segue ricostruisce analiticamente la storia editoriale delle lettere pariniane: esso elenca innanzitutto le prime edizioni, di cui, se necessario, si dà in calce una breve descrizione; non esclude però le principali riedizioni, le quali, se sono prive di significato sul piano più strettamente filologico, si rivelano di utilità tutt’altro che secondaria per chi voglia delineare un quadro compiuto della fortuna dell’epistolario pariniano. I numeri si riferiscono ovviamente all’ordinamento di questo volume, e sono in tondo nel caso di prime pubblicazioni, in corsivo per le riedizioni, preceduti da asterisco a indicare una riproduzione fotografica o facsimilare del manoscritto: Rubbi 1796 44 Reina 1801-1804 8, 17, 24, 34, 43, 44, 51, 52, 53, 54, 62, 63, 65 Le lettere – 16 in tutto per l’inclusione delle tre fittizie alla «falsa divota» – sono nel iv dei 6 voll., dedicato a Silvia Curtoni Verza e comprensivo di due elogi, quattro discorsi, il dialogo sulla nobiltà, una novella e pensieri vari. Cfr. supra. Le due lettere al Paganini (ni 17 e 24), prive di anno, sono attribuite al 1781.

Nardini 1810 52, 53 Rezzonico 1815-1830 48 Reina 1825 8, 65 Sono i voll. 107 e 108 dell’«Edizione delle opere classiche italiane del secolo xviii»: il primo di Poesie, il secondo di Prose. Riproduce il testo di Reina 1801-1804. Cfr. supra.

Modelli 1830 8, 34, 44, 48, 51, 65 I ni 8, 48, 65 sono nel t. iv e ultimo, pp. 51-52 e 153-158; i ni 34, 44, 51 nel t. iii, pp. 29-30 e 100-102. L’anonimo curatore, il comasco R. C., si propone di «presentare a’ giovani studiosi in poca mole il più bel fiore delle italiane lettere» su cui «modellar» lo «stile» (p. 8).

Raccolta 1830 17, 52, 53

nota al testo

53

Antolini 1832 8 Saluzzo Roero 1843 65 Cantù 1854 3, 48 La nº 48 è riportata alla nota 39 di p. 65, senza indicazione della fonte, come «non inserita nella raccolta del Reina». Mazzoni 1925 osserva che il Cantù «talvolta credè inedito l’edito» (p. lxvii).

Brigidi 1855 16 Fanfani 1855 8 Paladini 1861 17, 34, 51 Pizzigoni 1864 17, 34, 65 Antologia epistolare destinata a «Giovinetti» e «Fanciulle», con lettere di vari autori dal Cinquecento (Caro) all’Ottocento (Gherardini). Le 3 lettere pariniane – nell’ordine: 34, 17, 65 (la 17, al Paganini, è priva di data) – sono a pp. 74-76.

Berlan 1865 18, 42 Raccoglie Lettere inedite di illustri Italiani provenienti dall’autografoteca di Damiano Muoni, poi dispersa.

Mattii 1869 48 È una delle tante antologie epistolari destinate «alla gioventù». La lettera pariniana, già edita, viene inclusa tra le «inedite» della parte ii, a pp. 47-48, e qualificata come lettera «erudita».

Bagatti Valsecchi et alii 1875-1885 55 La lettera è riportata al vol. i (1875), nel supplemento alla iii e ultima tavola dedicata alla famiglia Durini, in pp. non num.

54

nota al testo

Vita Nuova 1876 64 Paglia 1881 6 Salveraglio 1881 42, 43, 55, 66 Alle pp. xxxviiin-xxxix e 235-236 sono riportati anche brani dei ni 18 e 24.

Rosmini 1887 28 L’articolo, anonimo e privo di alcun commento, si limita a trascrivere abbastanza fedelmente il testo della lettera (ma il millesimo indicato nella data, per refuso, è «1716» pro «1776»), solo dichiarando in nota che l’«originale è posseduto dal Prof. Stoppani».

Bertoldi 1893 33 Ripresa anche in Bertoldi 1900, pp. 85-86.

Bertana 1898 7, 13, 31, 36, 37, 56 Le sei lettere, che l’editore con obiettività giudica non «di grande importanza», salvo, «forse», la nº 56 al Bodoni, sono le sole che gli sia riuscito di raccogliere in vista di un progettato ma abortito volume contenente «quante più lettere rare od inedite del Parini fosse stato possibile». Interessante anche quest’altra confessione introduttiva: «Ricerche ne ho fatte, ma il successo fu di troppo inferiore alle più modeste speranze; sicché la pubblicazione di questo scarso manipolo di lettere pariniane vorrebbe anzitutto servire di sprone a chi con migliori aiuti, con più sagacia e fortuna di ricercatore potesse accingersi all’impresa, ch’io quasi abbandono per disperata» (p. 81).

Fumagalli 1899 *11, *66 Come in testa al frontespizio, l’Albo pariniano esce «Per il primo centenario della morte di Giuseppe Parini - xv agosto mdccclxxxxviii Omaggio della Biblioteca Nazionale di Brera», per cura del bibliotecario braidense Giuseppe Fumagalli e con le fotografie di Carlo Vismara. Il facsimile della nº 66 si trova nella sez. ii, La vita del Parini. Luoghi, persone, documenti biografici, p. 63, fig. 70; quello della nº 11 nella sez. iii, Gli scritti del Parini. Autografi, edizioni, illustrazioni, p. 69, fig. 79.

nota al testo

55

Bortolotti 1900 12, 18, 31, 55, 57, 58, 60, 61, 66 Pubblica 5 nuove lettere, tre delle quali (ni 12, 57, 61) nell’appendice di Documenti inediti e rari che si pubblicano separatamente (pp. 229-258). La 55, data per inedita, era già stata pubblicata nel 1875 da Felice Calvi in Bagatti Valsecchi et alii 1875-1885. Anche della 66, data per inedita, aveva pubblicato un facsimile l’anno precedente Fumagalli 1899, p. 63.

Marchesi 1904 55 La lettera, già edita in Bagatti Valsecchi et alii 1875-1885 e in Bortolotti 1900, p. 142, è qui ritrascritta dall’autografo (p. 100) secondo criteri rigorosamente conservativi.

Pasini 1905a 41 Pasini 1905b 10 Lamentando in limine che, nel caso del Parini, ancora «si desideri il sussidio più utile a chi studi i grandi uomini, vale a dire l’epistolario», il Pasini pubblica, oltre alla lettera del Parini al Kaunitz, anche la responsiva del secondo al primo del 28.xii.1769.

Micheli 1905 22 Bellorini 1913-1915 3, 6, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 17, 18, 21, 23, 24, 25, 26, 28, 29, 30, 31, 34, 36, 37, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 60, 61, 62, 63, 65, 66 I due volumi raccolgono le sole Prose pariniane e sono rispettivamente il 53 e il 71 della collana crociano-laterziana degli «Scrittori d’Italia». Le Lettere sono nel vol. ii, dove formano la sez. xiv, penultima dell’edizione (l’ultima è di Scritti vari e frammenti): in numero di 45, 11 di esse sono pubblicate per la prima volta. Non è avanzata alcuna proposta di datazione per le 6 lettere al Paganini (ni 17, 21, 23, 24, 25, 26), tutte prive di millesimo, che sono conseguentemente confinate dopo le lettere datate o sicuramente databili, e numerate da xl a xlv.

56

nota al testo

Pecchiai 1917 38, 42 La 38 è riprodotta in fac-simile in tav. fuori testo, posta tra le pp. 88 e 89; la 42 è trascritta a pp. 88n-89n.

Sanesi 1922 4 Linati 1924 3, 8, 18, 25, 30, 41, 53, 65 Antologia ‘d’autore’, inserita come nº 20 nella collana «Le più belle pagine degli scrittori italiani scelte da scrittori viventi» dell’editore Treves. È firmata dallo scrittore comasco, ma milanese di adozione, Carlo Linati (1878-1949), cultore di letteratura e storia lombarde (Manzoni, De Marchi, Grossi, Dossi…) e anello importante della linea espressionistica lombarda tra gli scapigliati e Gadda (cfr. Isella 1994, pp. 139-145). L’inserimento delle 8 lettere si inquadra nell’intento, esplicitamente dichiarato dall’antologista, di far emergere dalla produzione di Parini non solo il fustigatore del degrado morale aristocratico, ma il poeta intero in tutta la sua complessa umanità.

Mazzoni 1925 3, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 16, 17, 18, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 33, 34, 35, 36, 37, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63, 65, 66 A pp. 981-1030, dopo una nota Sul testo indicante le fonti di ciascun pezzo (pp. 976-980), raccoglie 69 Lettere e documenti autobiografici; delle 54 lettere (la nº 20 è fuori sezione, a p. 265n), 5 sono pubblicate per la prima volta. L’editore dichiara criteri «scrupolosamente» conservativi quanto alla «lezione» delle fonti, «ma non così alla loro grafia nè alla loro interpunzione» (p. xc). Come già in Bellorini 1913-1915, le 6 lettere al Paganini (ni 17, 21, 23, 24, 25, 26), tutte prive di millesimo, sono lasciate senza data precisa, collocate prima dei «documenti», in coda alle lettere datate o databili, e numerate da 50 a 55.

Galbiati 1929a *34 Galbiati 1929b 34 La dà erroneamente per inedita.

nota al testo

57

Vianello 1933 1 Caretti 1951 3, 6, 7, 8, 17, 18, 21, 23, 24, 25, 26, 28, 30, 33, 46, 48, 52, 53, 54, 56, 63, 65 Quella delle Lettere è l’ultima sezione (pp. 625-665) dedicata al Parini nelle Poesie e prose Ricciardi: vi sono 23 pezzi, di cui l’ultimo è il testamento. Anche Caretti, come già Bellorini e Mazzoni, colloca fuori ordine, numerandole da xvii a xxii e ponendole in coda alle lettere datate, prima del testamento, le 6 lettere prive di millesimo al Paganini, che pure a p. 653n, sulla base di Foresti 1948, dice databili «con buone ragioni» la prima al 1773 e le altre cinque al 1774.

Bembo 1953 32 Cfr. qui infra, in nota alla lettera.

Ostoja 1956 *2 Al testo del breve articolo (pp. 103-104) segue la riproduzione fotografica dell’autografo (pp. 105-106).

Petronio 1957 3, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 17, 18, 21, 22, 23, 24, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 33, 35, 36, 37, 42, 43, 44, 45, 48, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 59, 60, 62, 63, 65, 66 «Classici Rizzoli». Riprende la titolazione mazzoniana di Lettere e documenti autobiografici (pp. 1111-1212), riunendovi 50 pezzi, di cui propriamente 44 lettere.

Chandler 1960 49 Zuradelli 1961 3, 6, 7, 8, 17, 18, 21, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 36, 52, 53, 54, 56, 62, 63, 65 Opere scelte dei «Classici italiani» Utet. Riprendendo la struttura di Caretti 1951, la sezione epistolare, anche qui posta in coda al volume e intitolata Dalle lettere e documenti autobiografici (pp. 1027-1076), comprende 22 pezzi, di cui 21 lettere e il testamento.

Savarese 1968 7, 30, 46 Il volume, della collana «Scrittori italiani», è organizzato in quattro sezioni: Il Giorno, Odi, Poesie minori, Prose. Queste ultime (pp. 273-331)

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nota al testo comprendono testi tratti dalla lettera contro il Branda, dal Discorso sopra la poesia, dai Principi delle belle lettere, dallo scritto Sul decadimento delle belle lettere, dal Dialogo sopra la nobiltà, dai Soggetti di pitture decorative e, in ultimo, dalle Lettere (pp. 326-331), che l’editore, a p. xxii, dichiara di trascrivere da Caretti 1951. Ciascuna lettera è preceduta da un breve cappello introduttivo e annotata a piè pagina.

Bonora 1969 3, 6, 7, 8, 9, 10, 17, 18, 21, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 30, 31, 41, 42, 44, 48, 52, 53, 54, 56, 57, 58, 63, 65, 66 Pubblica in coda al volume, anch’essa riprendendo l’etichetta di Mazzoni 1925, 32 tra Lettere e documenti autobiografici (ultimo dei quali, anche qui, il testamento).

Bologna 1969 *59 Costa 1970 49 Pace 1970 14 Isella 1985a 19 Barbarisi 1999 15 Nicora 2000 39 Barbarisi-Bartesaghi 2005 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63, 65, 66 Edizione critica in due volumi delle prose pariniane: il vol. i, Prose i , a cura di Silvia Morgana e Paolo Bartesaghi (2003), comprende le Lezioni e gli Elementi di retorica; le Prose ii contengono Lettere e scritti vari. I pezzi sopra elencati sono 60, ma l’edizione ne conta 61 per l’inserimento, come prima lettera, del documento dell’ASMi di cui s’è discusso supra, al § Il corpus: esclusioni e inclusioni. Le lettere sono nella sez. viii (Epistolario [1763-1798]), pp. 597-704 (a pp. 599-657 i testi; a pp. 658-704 una ricca Nota ai testi filologico-esegetica per ciascuna lettera), scorporate dagli Atti personali e d’ufficio [1767-1798] (sez. ix, pp. 705-720).

nota al testo

59

I Criteri editoriali di p. 23 dichiarano, come sole deroghe alla trascrizione conservativa, l’abbassamento delle maiuscole non retoriche e la normalizzazione dell’interpunzione.

Bartesaghi 2009 40, 64 La nº 64 è data come inedita, ma fu pubblicata per la prima volta in Vita Nuova 1876.

La presente edizione Questo volume raccoglie esclusivamente e integralmente le lettere pariniane finora note (1752-1798). Rispetto all’ultima edizione completa, la Barbarisi-Bartesaghi 2005, il corpus qui raccolto presenta sei pezzi in più, i ni 1, 4, 20, 32, 40 e 64: i primi due, di cui resta irreperibile l’autografo, recuperati rispettivamente da Vianello 1933 e da Sanesi 1922; il terzo da Mazzoni 1925; il quarto da Bembo 1953; il quinto pubblicato nel frattempo da Bartesaghi 2009; il sesto già a stampa da oltre un secolo (Vita Nuova 1876), ma riscoperto autonomamente ancora da Bartesaghi 2009. Quanto alla nº 16, poi, il rinvenimento dell’autografo ne ha consentito una più sicura trascrizione. I testi sono stati sistematicamente ricollazionati sugli originali, ciò che ha permesso di correggere sviste ed errori delle stampe anche più recenti.1 1 Questi, ad es., alcuni degli emendamenti rispetto all’ed. Barbarisi-Bartesaghi 2005 (le cui lezioni si riportano qui di seguito in prima sede, a sinistra dei rispettivi emendamenti): nº 2: «Becelli» → «Occelli»; «Giuseppe» → «Giusep[p]e»; nº 3: «non ne posso» → «non me ne posso»; «non ne posso aspettare» → «non me ne posso aspettare»; «io non piglierò mai» → «io non mi piglierò mai»; nº 6: «settimana» → «settimana passata»; «Femia, e con esso» → «Femia; e la condotta de’ suoi emuli per rispetto ad esso. Deliberai adunque di far ristampare il Femia, e con esso»; nº 9: «che si presentasse» → «che gli si presentasse»; nº 12: «in eterna beatitudine» → «in eterna benedizione»; nº 16: «equidem» → «ecquidem»; «si quid me» → «si quid in me»; nº 19: «Tu non potevi farmi» → «Tu non potevi mai farmi»; «possibile, che possono» → «possibile, e che possono»; nº 31: «che sopravanzano» → «che mi sopravanzano»; «Mi ristringo» → «Mi restringo»; «prego lei specialmente» → «prego Lei spezialmente»; nº 36: «gentilissima sua lettera» → «gentilissima Lettera»; «prezzo in che tengo» → «pregio in cui tengo»; nº 37: «coll’occasione» → «all’occasione»; nº 38: «potesse far» → «potesse far meglio»; «finito al termine» → «finito nel termine»; nº 39: «Piadina» → «Piadena»; nº 41: «fra i quali io mi pregerò» → «frà i quali io mi pregierò»; nº 44: «Le dirà bensì» → «Le dirò bensì»; nº 46: «cagionevole di salute» → «cagionevolissimo di salute»; nº 47: «sperando qualche elemento riguarda all’anzianità» → «sperando qualche clemente riguardo all’anzianità»; nº 51: «Egli

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nota al testo Criteri di trascrizione

La grafia del Parini è sufficientemente nitida, chiara, ordinata, per lo più priva di correzioni, e dunque di agevole decifrazione. Il ductus, uniformemente regolare, si presenta lievemente inclinato a destra. Fra i tratti caratteristici della grafia pariniana si osservano: la scarsa elevazione, all’uso settecentesco, del tratto verticale di l, t, b ed f; il deciso allungamento sotto il rigo, invece, della p e della g (non però della f ); la forma tondeggiante della e, vergata con doppio tratto, che la rende spesso simile alla a; la chiusura a ricciolo (talora quasi un minuscolo cerchiolino) del gambo nelle vocali a, e, i in fine di parola; lo scendere sotto il rigo della e maiuscola. Come prescrivono le norme di questa Edizione Nazionale, la trascrizione segue criteri rigorosamente conservativi, non solo per l’ortografia (A), ma anche per la mise en page del testo (B). A) Quanto all’ortografia, non si sono alterati rispetto agli originali: – il sistema maiuscole/minuscole, benché non sempre uniforme, talora nella stessa lettera; nella nº 14, ad es., si riscontra un’oscillazione come «copia»/«Copia», e nella nº 30 «governo» (semel) / «Governo» (quater), «canzone»/«Canzone», «Suoi»/ «suo», e vi compare «mantova», nonché un’inconsueta minuscola iniziale in titoli come «sig.r conte»; – le oscillazioni grafiche («megliorare»/«migliore») e, a fortiori, sintattiche (sebbene usato tanto con l’indicativo quanto con il congiuntivo: «sebbene gli si fecero» vs «sebbene si persuada», entrambi nella nº 9);1 i grafemi oggi caduti in desuetudine, come la j italiana (intervocalica: «librajo»; iniziale: «jeri»; e più spesso desinenziale: «maj», «augurj», «indizj», «encomj», «sussidj», «vizj», «uficj», «varj»)2 e, a fortiori, latina («judicare», «Jan[nuariis]»); gli usi arcaici o difformi di scempie («afflige», debb’esser» → «Egli vi debb’esser»; nº 55: «dirò quasi impetuosamente» → «dirò quasi, tanto impetuosamente»; nº 57: «senza ingiuria di verun altro» → «senza ingiuria nè scomodo di verun altro»; nº 60: «dev.mo obbl.mo serv.re» → «dev.mo obb.mo servo»; nº 61: «R. Imperial C. di Governo» → «R. I. Conferenza di Governo». 1 Sempre il congiuntivo, invece, con benché: «benchè non mi soddisfacciano». Si osserva anche un caso di indicativo in dipendenza da verbum dolendi: «Mi spiace che […] si è aggiunta una cateratta» (nº 65). 2 Ma naturalmente vi sono anche uscite in -i: «librai» (nº 3).

nota al testo 61 «difidenza», «diferii») e geminate («deffinitivamente», «Collonello» [ter nella nº 6], «esaggerate»); le forme analitiche di avverbi («in oltre»;1 contra, «perora» in luogo di «per ora») e di preposizioni articolate («su gli», «su le», «a i»; ma per queste ultime la forma sintetica è decisamente prevalente: «sulla», «sulle», «degli», «agli», «ai» ecc.); le brachilogie alfanumeriche indicanti i mesi («7.bre», «9.bre»,2 «x.bre»); le sviste («tutte e tre i poemetti», nº 3), tanto più se di non sicura emendabilità («dei bel Sonetto da Lei scritti», nº 34: ci è noto un solo sonetto di Bettinelli in lode di Parini, ma a rigore non si può escludere, nella imponente e mal censita produzione poetica bettinelliana, l’esistenza di un altro sonetto gemello oggi disperso). Giova qui avvisare che è degli originali il numero plurale di «qualche» pro «alcune» («qualche offerte»; «qualche mesi»; «qualche note»), del resto tutt’altro che estraneo agli usi coevi (per un altro esempio pariniano, si veda, nella prima lettera al Branda, un «qualche civili Signore» al femminile plurale3); – l’interpunzione, anche nel caso di usi non più vigenti, come i punti che seguono immediatamente le cifre, sia nelle date che nel corpo della lettera. Più in particolare, non sono state espunte le virgole fra soggetto e predicato, che a volte sembrano causate dalla mancata delimitazione di un inciso appositivo («L’Abate Buchetti persona colta e gentile, deve andare»), né quelle che precedono tanto la congiunzione copulativa (beninteso, in dittologie aggettivali e nominali: «utili, e nobili»; «la munificenza, e la magnificenza»), quanto la congiunzione subordinante dichiarativa («sente, che sia per conchiudersi», «credo, che non ci sia») e il pronome relativo non appositivo («quello, che»; «un beneficio, che corona gli infiniti altri»). Né si sono inserite virgole a separare i singoli elementi di una serie («Lo scrissi lo consegnai»; «l’età la salute e i mezzi», «di morti di tombe», «corretti variati in qualche parte ed accresciuti», «giovane buono savio e studioso»: e sono probabilmente asindeti intenzionali). Neppure è stato integrato il punto esclamativo al termine di frasi che lo reclamerebbero, come quelle aperte da un «Oh» (e hanno invece il punto fermo: «Oh quantum diducet os, 1 Due «in oltre» anche nella Lettera al Branda: cfr. Morgana-Bartesaghi 2012, p. 115. 2 Ma «Novembre», per esteso, nella nº 51. 3 Morgana-Bartesaghi 2012, p. 115.

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nota al testo et cachinnabit tui, meique amicissimus Rosa, si id unquam monstri, per tuas litteras, rescierit.», nº 18), o introdotte dai deprecativi «Ah» e «Deh», in cui altrove l’esclamativo è presente («Ah se ciò fosse, non saprei darmene pace per tutti i motivi» contra «Ah se Ella si fosse qui trovata questo inverno […] quanto il mio cuore sarebbe stato lontano dalla noia!»; «Deh, in nome dell’amicizia che hai per me e della perfetta conoscenza, che io ne ho, ti scongiuro di fare il possibile per sincerarmi su questo affare» contra «Deh perchè le vostre circostanze e le mie mi fanno disperare di rivedervi mai più!»). Analogamente, non è stato integrato l’interrogativo al termine di un periodo come il seguente: «Com’è possibile, che la vecchia, che dianzi era tutta mia, voglia perseguitar l’amico a mio riguardo, ora che sono assente, come è possibile ciò, se non fosse accaduto qualche sinistro.» (un «com’è possibile, che», regolarmente seguìto dall’interrogativo, è invece nella prima lettera al Branda1). Ma queste ultime inavvertenze nell’uso dell’interpunzione si trovano nella nº 25, una lettera che lo stesso Parini dice dettata in uno stato di «agitazione» di «spirito»: e il mantenimento della punteggiatura originaria ha qui il vantaggio di confermare la dichiarazione dell’autore. È parimenti degli originali la presenza o l’assenza del punto o della virgola dopo l’allocutivo-vocativo iniziale, nell’intestazione della lettera; – gli accenti e gli apostrofi. I primi, che a volte il Parini dimentica di apporre, perché evidentemente li aggiungeva, secondo l’uso del tempo, ex post, a fine riga, se non in fase di rilettura («Citta» pro «Città», nº 24; «sopra di se» pro «sopra di sé», nº 37; «piu» pro «più», nº 66), sono sempre stati trascritti come gravi, e conservati anche se difformi e del tutto minoritari rispetto all’uso pariniano (è il caso della preposizione «fra», che nelle lettere figura accentata una sola volta, contro altre 16 occorrenze prive di accento). Quanto agli apostrofi, sono grafie senza dubbio intenzionali «ognaltro» e «ognaltra», del resto analogiche rispetto al tipo ognuno: se ne trovano infatti esempi anche nel Giorno (MZ, v. 850; NT, vv. 259 e 521); va infine registrato un solo caso (contro 60) di elisione non segnalata dall’apostrofo della -i nella preposizione articolata dei (nº 12), altri trovandosene in un apografo assai corrivo nell’uso dei segni diacritici (nº 15). 1 Cfr. Morgana-Bartesaghi 2012, p. 122.

nota al testo 63 Al criterio dell’assoluta conformità agli originali si è derogato in misura minima: – normalizzando il segno =, equivalente delle virgolette o dei due punti seguiti da virgolette, non solo perché oggi non più in uso, ma anche perché suscettibile di fraintendimento; – rendendo con il corsivo il sottolineato del manoscritto (ma il corsivo non è stato esteso a titoli di opere che negli originali non siano sottolineati, come «Femia», quater nella nº 6; «la mia Sera», ter nella nº 3; «il mio Mezzodì», sempre nella nº 3, ecc.); – trascrivendo con «etc.» e con «per» i relativi simboli tachigrafici, altrimenti irriproducibili; – integrando fra quadre i grafemi omessi dallo scrivente per svista (tre soli casi: «Giusep[p]e», nº 2; «isceglie[re]», nº 8; «Profes[s]ori», nº 28) o per brevità («Ron[n]a», nº 51: e qui, caso unico nelle lettere, è il titulus a segnalare l’omissione nell’autografo), o ancora caduti a causa di guasti meccanici del manoscritto («Segre[t.º]», nº 30); – eliminando il segno di contrazione ~ e portando ad apice la desinenza delle parole abbreviate nei rari casi in cui quest’ultima già non vi si trovi ma sia al rigo. Per quest’ultimo aspetto, si ritiene utile fornire qui di seguito, anche per evitare un eccesso di fastidiosi scioglimenti ad loca, l’elenco completo delle abbreviazioni presenti nelle lettere pariniane e in altri documenti citati nella fascia di commento, non tutte, oggi, di immediata perspicuità: 7.bre = settembre 8.bre = ottobre 9.bre, 9.mbre = novembre A., Ab., Ab.e, Abb.e = abate/abbate A. = anno A. C. = amico carissimo A. V. = Altezza Vostra Accad.a = accademia affez.mo, affez.o = affezionatissimo Ant.o = Antonio Ap.le = aprile Apost.a = apostolica Avv.o = avvocato B. V. = Beata Vergine C. A. = Carissimo amico Cam.li = camerali

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nota al testo

Can. = canonico Cap.no, Cap. = capitano Card. = cardinale Ces. = cesareo, -a C.o = chierico Co., C.te, Con., C. = conte Col.mo = colendissimo Conserv.e, Cons.e, Cons.i = conservatore, -i Cons.e, Consig.re, Cons.i = consigliere, -i consideraz.e, consid.e = considerazione cor. = corrente D., D.n = don d.a, d.o = detta, -o D.na = donna d.r = dottor degni.mo = degnissimo Deleg.to = delegato Dev.o, Dev.mo, Devot.ma = devotissimo, -a Distintiss.o = distintissimo Div.mo = Divotissimo E. V. = Eccellenza Vostra Ecc.mo = Eccellentissimo Em.mo = Eminentissimo etc. = eccetera Es. = Esecutivo Fabb.e = fabbriche Feb.o = febbraio formalm.te = formalmente F.co = Francesco G.le = Generale g.o, g.no = giorno Genn.o, Gen.o = gennaio Gius.a, Giusti.ia = Giustizia Gius.e = Giuseppe gloriosam.te = gloriosamente H. = Hieronymus Id. = Idibus Ill., Ill.mo = illustre, illustrissimo infrasc.o = infrascritto Jan. = Januariis lett.a, lett.e = lettera, -e M. S. = Maestà Sua M.s. = manoscritta M. V. = Maestà Vostra Mag.o = maggio

nota al testo March., M.se = marchese Mil.o = Milano Obb.mo, obbligati.ma = obbligatissimo, -a Ornatiss.a, Ornatiss.o = ornatissima, -o p. p. = prossimo passato P.re = padre P. S. = Post Scriptum, Post Scritta1 P.ve = pieve pet.e = petente Pres. = presentato, -a P.ron, P.rone Pd.one = Padron, -one R.2 = Repubblicano R., Reg., R.a, Reg.a, Reg.o = Regio, -a R. A. V. = Regia Altezza Vostra R. I. = Regia, -o Imperiale Riv.ma, Riv.mo = riveritissima, -o S. A. = Sua Altezza S. A. R. = Sua Altezza Reale S. A. S. = Sua Altezza Serenissima S. C. R. A. M. V. = Sacra Cesarea Reale Apostolica Maestà Vostra S. E. = Sua Eccellenza S. M. = Sua Maestà S. P. D. = salutem plurimam dicit S.ta = Santa Segr.o, Segret.o = segretario Ser.mo = Serenissimo Ser.re, Serv.re = servitore Sig.r, S.r = signor Sopraint.za = Sopraintendenza Sottoscriz. = sottoscrizione Stimat.mo, Stimatiss.o = stimatissimo sud.o = suddetto Sup.e = superiore Um.mo, Umil.mo, U.mo, U.me = umilissimo, -e V. E. = Vostra Eccellenza V. M. = Vostra Maestà V.o = Vostro V. R. = Vostra Reverenza V. S. = Vostra Signoria V. S. Ill.ma = Vostra Signoria illustrissima vivam.te = vivamente X.bre = dicembre 1 Il femminile è nella nº 25.

2 Soltanto nella data della nº 66.

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nota al testo

B) Quanto all’impaginazione: – all’edizione del documento è sempre premesso, in cifra araba, il numero progressivo d’ordine della lettera, cui seguono, fra quadre in quanto indicazione editoriale, il nome del destinatario e, ove non sia già presente nel documento, la data ricostruita dall’editore; – il vocativo iniziale, negli originali, è collocato sempre in testa al foglio, talora al centro, talaltra a sinistra. Ricorrono i seguenti tipi: «C. A.», anche invertito in «A. C.», nelle lettere più confidenziali, al cui destinatario Parini si rivolge con il voi o con il tu; «Ill.mo Sig.re Sig.r P.ron Col.mo» o l’analogo «Sig.r e P.ron Riv.mo» in quelle più formali, in cui l’allocutorio è il «V. S. Ill.ma»; e, salendo di grado: «Eccellenza», in genere seguito da un punto fermo (da virgola soltanto nella nº 29: ma, beninteso dopo l’ampio spazio bianco di prassi, il corpo della lettera inizia in ogni caso con la maiuscola); «Altezza» (nº 12 al principe Kaunitz); «Eminenza» (nº 55 al card. Durini) o «Em.mo Principe» (nº 1 all’arcivescovo Pozzobonelli); «Sacra Cesarea Reale Apostolica Maestà» (nº 15 all’imperatrice Maria Teresa). Si registrano anche alcuni casi di intestazione ‘personalizzata’, con richiamo del nome, cognome o titolo del destinatario: «Sig.r D. Ant.o stimatiss.o» (nº 5, tràdita però da stampe); «Ornatiss.o Sig.r Bodoni» (nº 56); «Ill.mo Sig.re Prof. Col.mo» (nº 22 al Mazza, anch’essa però trascritta da stampe); nonché un «Ornatiss.a Sig.ra Contessa» (nº 52 alla Curtoni), che, attraverso l’«Ornatiss.a Dama» della nº 53, si converte poi in un più confidenziale e audace «Adorabile Silvia» (nº 54). Perfettamente conforme alle prescrizioni classiche la salutatio che apre l’unica lettera latina (nº 16): «Iosephus Parinius Hieronymo Ferrio / S. P. D.». Costituisce un caso a sé la nº 66, che, secondo l’uso repubblicano, premette in capo al foglio il binomio rivoluzionario di «Libertà» e «Eguaglianza» alla data e al vocativo «Cittadino Ministro»; – la data compare tanto in alto a sinistra, tra il vocativo iniziale e il corpo, quanto, più frequentemente, in calce alla lettera, tra il corpo e la sottoscrizione, a fianco o talora appena sotto il genitivo («Di V. E.», «di V. S. Riv.ma», «di V. S. Ill.ma» ecc.) che precede la sottoscrizione. Non sempre essa figura in forma completa. Quanto all’elemento topico, poco meno della metà circa delle 66 lettere reca l’indicazione di Milano, sia per esteso (la nº 18,

nota al testo 67 in latino, ha ovviamente il locativo «Mediolani»), sia nella più frequente forma abbreviata «Mil.º» (sono 31 per la precisione, incluse due datate «Di casa» e una «Da Brera», e dunque anch’esse inviate da Milano). Si può verosimilmente affermare, però, che tutte le lettere, anche quelle prive di indicazione di luogo, siano spedite dalla città lombarda. Cinque sole le eccezioni, datate dai luoghi di villeggiatura di Rovagnate (nº 21), Cantù (nº 23) e Vaprio (d’Adda, ma naturalmente il determinante, estraneo all’uso e certo superfluo sia per il mittente che per il destinatario, non è esplicitato: ni 60, 62, 63; in quest’ultimo caso si ha «Vavero», formato sul dialettale Vàver). Quanto alle date croniche, l’arco cronologico in cui si dispone il corpus comprende ben quarantasei anni, tra il 1752 e il 1798. Sicuramente non varca i termini indicati nessuna delle 35 lettere prive di data, di cui 16 mancanti del solo millesimo (integrato fra quadre) e le rimanenti anche di giorno e mese (ma la nº 5, stando al Mazzoni, che la pubblicò sulla base di un autografo ora irreperibile, ha una data appuntata a tergo): esse si possono tutte situare cronologicamente con buona approssimazione sulla base di elementi interni o di dati esterni storici o biografici. Fanno eccezione, e la loro collocazione nella sequenza cronologica è di necessità convenzionale, la nº 40, collocabile nel decennio 1770-1780, e la nº 64, priva dell’anno ma databile tra 1792 e 1796, per le quali rinviamo alle note ad locum. Nella sola nº 66, ultima della raccolta, la data è indicata secondo il calendario repubblicano («14. Messidoro a. vi. R.», corrispondente al 2 luglio 1798); – il corpo della lettera può presentare una suddivisione in paragrafi, che sembra in rapporto piuttosto con l’intenzione dello scrivente di individuare all’interno del testo aree omogenee per argomento che non con l’estensione del testo stesso: vi sono infatti lunghe lettere del tutto prive di accapo (ni 30, 52, 53) e altre più brevi scandite in più capoversi (48, 50, 51, 57, 60); – ai già ricordati genitivi, posti subito in calce al corpo, sulla sinistra, fa seguito, oltre alla data (quando questa, se presente, non sia posta in apertura), la sottoscrizione, quasi sempre composta di due elementi. Precede una formula di ossequio, consistente in aggettivi, per lo più di grado superlativo, seguìti da sostantivi più o meno deferenti, a seconda dei casi, in coerenza con la qualifica dell’intestazione: dagli officiosi «Umilissimo e Fedelissimo Suddito» (nº 15 a Maria Teresa d’Austria), «Umilissimo Ser-

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nota al testo vidore» (nº 9 a «Vostra Altezza» il Kaunitz), «Um.mo Div.mo e Obb.mo Serv.re» (in lettere intestate «Eccellenza», «Sig.r e P.ron Riv.mo» ecc.) fino ai comitali «Vostro Affez.mo Amico e Serv.re» (nº 4) o, nel registro galante, «Vostro vero e riverente Adoratore» (nº 54, all’«Adorabile Silvia»). Segue, subito sotto, la firma, la quale reca nome e cognome per esteso nelle lettere più formali, o, in quelle più intime rivolte a un tu, il solo cognome, anche abbreviato all’iniziale e di regola preceduto da un possessivo d’affetto: «Il tuo amico. P.» (nº 17), «Il tuo Parini» (nº 19), «Tutto tuo. Il Parini» (nº 21), «Il tuo P.» (nº 24), tutti dopo un confidenziale «Addio». Il solo cognome, secondo il più spiccio stile repubblicano, compare anche nella nº 66, dopo il laconico congedo «Salute e Rispetto». A volte, la firma è seguìta dal titolo professionale, come nelle lettere scritte a nome del «corpo» docente delle Palatine («Prof.e di belle Lettere»: nº 12; «Professore delle belle lettere»: nº 15) o nella nº 62 («Prof.e di Lett.e e di Arti, e Sopraintendente etc.»). Due casi particolari in cui l’assenza di sottoscrizione appare motivata da una stesura cursoria della lettera sono rappresentati dai ni 25 e 26, redatte da un Parini agitato dalle evidenti ambasce d’amore per la Mussi; – in quattro soli casi compare in calce un poscritto: nella nº 23 è posto fra un «Addio» e la sottoscrizione («Il tuo Parini»), e non è esplicitato da «P. S.» (così anche nella nº 26); nella nº 21, come nella più formale nº 38, viceversa, segue la sottoscrizione ed è introdotto dalla sigla. In difetto degli autografi, i criteri enunciati valgono anche per la trascrizione degli apografi e delle prime stampe (caso limite la nº 12, trascritta da un apografo che si segnala per singolari difformità d’uso nell’interpunzione e nel rapporto maiuscole/minuscole). Note Le note editoriali sono di tre tipi (gli ultimi due solo eventualmente presenti): A) In calce al testo di ogni lettera è collocata una fascia di commento, a sua volta suddivisa in tre aree, nelle quali si danno, rispettivamente e nell’ordine, le seguenti informazioni: – collocazione e descrizione (natura e caratteristiche materiali ed esterne) della fonte manoscritta da cui si trascrive (o, in difetto di questa, dichiarazione d’irreperibilità o inaccessibilità);

nota al testo 69 – fonti a stampa (limitatamente alla più recente ed. BarbarisiBartesaghi 2005, alla prima stampa e alle due più autorevoli e diffuse edizioni precedenti, Bellorini 1913-1915 e Mazzoni 1925; a ricostruire nella sua interezza la storia editoriale di ciascuna lettera provvede l’elenco inserito qui supra, lungo il § Fonti a stampa) – commento, teso al chiarimento del testo della lettera e del suo contesto di immediato riferimento (eventuale ripresa delle lettere di proposta o di risposta del corrispondente, o delle missive di terzi variamente attinenti; essenziali notizie – biografiche, bibliografiche, storiche, storico-letterarie… – su fatti, personaggi o testi citati, ecc.). B) A piè di pagina, invece, in conformità alle norme di questa Edizione Nazionale, sono poste essenziali note esplicative, numerate con cifra araba, utili al chiarimento di espressioni che possono riuscire, oggi, non immediatamente perspicue a un pubblico non specialistico (per le ragioni che hanno consigliato questa scelta editoriale, inusuale per un’edizione critica, si veda la Presentazione premessa da Giorgio Baroni ad Albonico 2011, pp. 10-11). C) Alcune lettere, per lo più trascritte da minute, sono corredate anche di un apparato critico-filologico, posto sempre a piè di pagina ma numerato alfabeticamente, che dà conto di correzioni d’autore, inserimenti, varianti, eventuali interventi estranei presenti nel manoscritto e delle scelte operate dall’editore. Distribuzione del lavoro Oltre alla revisione finale della trascrizione, che ha comportato un’ulteriore collazione sugli originali, nonché alla sua uniformazione redazionale, al curatore si deve la stesura dell’Introduzione, della Nota al testo e delle note filologiche e linguistiche a piè pagina, nonché la messa a punto definitiva del commento. Della trascrizione e della compilazione degli Indici (dei destinatari, dei nomi e Incipitario delle lettere) si è invece fatto carico Giovanni Catalani, che ha altresì prestato al curatore il suo prezioso aiuto nello svolgimento di ulteriori ricerche utili alla redazione definitiva del commento. Il commento ai testi è per larga parte di Paolo Bartesaghi, che ha generosamente messo a disposizione del curatore i materiali dell’ed. Barbarisi-Bartesaghi 2005 da lui integrati con gli esiti

70 nota al testo di ulteriori ricerche: irrinunciabile punto di riferimento nello svolgimento del presente lavoro. Ringraziamenti Il curatore e i collaboratori sentono infine il dovere di ringraziare quanti a vario titolo hanno contribuito alla realizzazione di questo volume. Innanzitutto: Giorgio Baroni, direttore della presente Edizione Nazionale, per il costante sostegno e gli utilissimi stimoli all’esecuzione del lavoro; i colleghi del Comitato scientifico dell’Edizione, per i loro preziosi suggerimenti; gli amici del Centro di Ricerca sugli Epistolari del Settecento (c. r. e. s.) del Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Verona, per le feconde discussioni di metodologia ecdotica. Informazioni e aiuti di vario genere hanno prodigato nel corso delle ricerche Gian Paolo Ansaloni, Francesca Barbieri, Lorenzo Bassi, Giovanni Biancardi, Alfredo Buonopane, Cristina Cappelletti, Roberta Carpani, Fabio Forner, Bruno Grazioli, Edoardo Greppi, Stefano Locatelli, Raffaella Occelli, Paola Patrucchi, Sara Rosini, William Spaggiari, Romano Ugolini. Infine, la ricerca e la consultazione delle fonti manoscritte conservate in Italia e all’estero sono state agevolate da un folto stuolo di bibliotecari, archivisti, conservatori, membri di istituzioni culturali, che si elencano qui di seguito con riconoscenza: Fabrizio Alberti (MCRRm), Elisabetta Arioti (ASBo), Marco Ballarini e Stefano Serventi (BAMi), Raffaella Barbierato (BSCr), Marianna Belvedere e Cristina Cenedella (MMSMi), Carla Bertona (BCCNNo), Andrea Bolognesi (BTMi), Zdenka Bonin (PAK), Orsola Braides, Orfea Granzotto e Alessandro Moro (BNMVe), Maurizio Brioli (AGCRSRm), Marco Buonocore (BAV), Claudia Cravini e Cristina Luschi (BCLFDGLi), Andrea De Pasquale e Caterina Silva (BPPr), Pasquale Di Viesti (BCTMn), Dana Dorman e Alessandra Merrill (HSPPhil), Ennio Ferraglio (BCQBs), Mirella Fidomanzo (BARm), Rinaldo Filosi (BCTRov), Gerda Hekermann e Thomas Just (HHSWien), Antonella Imolesi (BCASFo), Fabrizio Pagani (ASDMi), Marco Paoli (BSLu), Viviana Rebonato (ANVMn), Anna Rossi (ASDCo), Marina Valori e Maria Pia Bortolotti (ASMi), Miriam Saini (CBVGMon), Maria Emanuela Salvione (ASPv), Karen Schoenewaldt (RMLPhil), Eva Soos (PMLNY), Simona Spanò (BCOme), Grazia Tatò (ASTs), Maria Marcella Vallascas (ASNo), Margaret Zoller (SAAAW).

L e tte re

1 [A Giuseppe Pozzobonelli, arcivescovo di Milano] Em.mo Principe.

Essendo chiamato ed eletto alla celebrazione delle Messe lasciate dalla fu Anna Parina e delle altre di jus della veneranda scuola del S. S.mo Sacramento di Bosisio, Pieve di Incino, il C.o Giuseppe Parini di d.o luogo, ricercasi da codesta Cancelleria per l’approvazione di esso la visita dei rispettivi beni; ma non potendo il detto chierico, d’assai onorevole in umile stato caduto, e carico di genitori ottuagenarii soggiacere alle gravi spese che si richiedono per quella e potendosi altrove agevolmente comprendere la rendita di questi, egli nelle pietosissime braccia dell’E. V. si getta umilmente scongiurandola che si degni di alleviare la necessità di lui, ordinando alla Cancelleria l’approvazione di dette messe senza la visita di detti beni. Che della grazia etc. 1752 - 31 agosto

del Chierico Giuseppe Parini

Autografo non rintracciato. Già Salveraglio 1881, p. xxxiv, segnalò la supplica come conservata genericamente all’«Archivio della Curia arcivescovile», datandola imprecisamente al 1754 e riportandone altresì, ma con qualche approssimazione, un breve brano, da «d’assai notevole» a «gravi spese». Qui si trascrive da Vianello 1933, pp. 48-49, nota 10, che per primo ne pubblicò integralmente il testo, previo emendamento, nel vocativo iniziale, dell’improbabile qualifica di «Ecc.mo» in «Em.mo» e sostituzione di «etc.» ai tre puntini editoriali indicanti omissis dopo «grazia». In calce alla trascrizione del documento, il Vianello così ne indica la segnatura: «Arch. Arciv. Ordinazioni 1752». Da ricerche effettuate tra i fascicoli dell’ASDMi contenenti le ordinazioni degli anni 1752-1754, in particolare nell’attuale filza y 2675, dove ora dovrebbe trovarsi, quello relativo al Parini risulta purtroppo irreperibile. In una nota, Mazzoni 1925, p. 1033, avvertiva che Vincenzo Bortolotti stava allora «lavorando a un nuovo libro sul Parini, dove […] pubblicherà

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due lettere del P. medesimo all’Arcivescovo di Milano, in data del 1752 e del 1754». È probabile che la prima di queste due lettere vada identificata nella supplica presente, riscoperta dunque autonomamente dal Vianello qualche anno dopo. D’altra parte non si ha notizia di alcun altro volume pariniano del Bortolotti oltre a Bortolotti 1900. Con atti datati 11 giugno e 26 novembre 1752, il Parini era stato nominato titolare, «a priore et Scholaribus V. Scholae S. S. loci Bosisii» (Vianello 1933, p. 48, nota 8), del «beneficio istituito nel 1609 da Gennaro de’ Nobili per due messe settimanali da celebrarsi in Bosisio, cui era annesso l’assegno di L. 104, essendosi il canonico Agudio [scil. Giuseppe Candido (1698-1773), primo mecenate e amico del Parini] reso garante della celebrazione di quelle, ove il Parini non le dicesse o facesse dire» (ivi, p. 41). Al conferimento del beneficio ecclesiastico bastavano gli ordini minori, che il Parini aveva ricevuto fra i 16 e i 18 anni (giugno 1745: tonsura; primavera del 1747: esorcistato e accolitato; riceverà suddiaconato, diaconato e sacerdozio solo tra il maggio e il 14 giugno 1754). Ma la «curia ritenne idonei tali titoli solo il 27 maggio 1754», dopo che il poeta ebbe presentato questa istanza di «dispensa dall’onere della visita vicariale ai suoi beni in Bosisio, il che gli fu concesso, previe informazioni assunte» (ibid.). Il card. Giuseppe Pozzobonelli (1696-1783), di famiglia marchionale milanese, fu arcivescovo di Milano dal 1743, succedendo a Carlo Gaetano Stampa; già accademico Filodosso e poi Trasformato, è ricordato con affetto («nost Arziveschev Posbonell») da Domenico Balestrieri nelle Sestinn in lod de Cavallasca rezitæ in l’Accademia di Trasformæ (Balestrieri 2001, p. 17). Su di lui cfr. Castiglioni 1932. Del «beneficio con obbligo di messa» istituito da Anna Maria Parini Latuada (m. 1741) a favore del pronipote, esiste un Prospetto riepilogativo redatto dallo stesso Parini in data del 16 brumaio a. vi repubblicano (6.xi.1797) e pubblicato da Scherillo 1900, i, p. 1 (cfr. anche BarbarisiBartesaghi 2005, p. 718).

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2 [A Gian Luca Pallavicini] Eccellenza.

Il D.r Occelli al suo ritorno da Bologna ha lusingato fortemente l’amor proprio dell’autor del Mattino coll’annunciargli, che un Personaggio illustre di cui la miglior parte di Milano si rammenta ancora con piacere, e con sentimenti di gratitudine e d’ammirazione la giustizia, l’umanità, la munificenza, e la magnificenza, ha fatto qualche conto della sua Operetta, ed ha mostrato di desiderarne il seguito. Io non ho potuto resistere a un così potente solletico della gloria letteraria: e coll’occasione del pubblicarsi il Mezzogiorno, Poemetto consecutivo al Mattino, ho voluto procurarmi l’onore di presentarmi rispettosamente a V. E. in qualità d’Autore dell’una, e dell’altra operetta; e di esporre al suo dilicato giudizio quest’ultima, sperando che V. E. voglia avere per lo Mezzogiorno quella generosa condiscendenza che mi vien detto aver Lei dimostrato per lo Mattino. Niuna cosa è più atta ad empir di consolazione e di coraggio l’animo degli Scrittori, quanto il vedere al nostro tempo Grandi personaggi mostrare un generoso interesse anche per gli talenti più mediocri. V. E. si distingue fra gli altri; perchè, sebbene la finezza del suo gusto mi debba collocare in un mezzano posto tra i Poeti d’Italia, nondimeno la sua magnanimità le fa avere tanta cura di me, quanta si potrebbe sperare da quelli che mi sono di gran lunga superiori. Quindi è ch’io serberò eternamente nel mio cuore que’ vivissimi affetti di compiacimento, e di riconoscenza, co’ quali ora ho l’onore di protestarmi col più umile ossequio. Di V. E. Mil.o 17. Agosto 1763. Um.mo Div.mo e Obb.mo Serv.re Giusep[p]e Parini. ASBo, Archivio Pallavicini, busta 280, Serie iiia. Autografo; bifoglio di mm 210 × 340, scritto solo alla c. 1r-v; sulla c. 1r figura in alto, centrale: «Eccellenza.», seguito da ampio spazio bianco; il corpo della lettera co-

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mincia a metà pagina, con incipit sporgente a sinistra e incolonnamento del testo con breve margine di rientro; anche sulla c. 1v la scrittura occupa la medesima parte della pagina, lasciando bianca la metà superiore; la firma del Parini si trova in basso a destra nella c. 1v; in alto a destra della c. 2v compaiono data, luogo, mittente e indirizzo: «1763. de’ 17. Agosto / Milano / Ab. Parini / Rj a’ 22. d.o». Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 599. Edita per la prima volta da Ostoja 1956: «forse l’unica lettera di Giuseppe Parini indirizzata a Bologna, ove all’inizio della sua gloria letteraria risulta così aver avuto i primi lettori ed ammiratori» (p. 103). Gian Luca Pallavicini (1697-1773), conte genovese, ambasciatore a Vienna, fu nominato da Maria Teresa vicegovernatore di Mantova e, nel 1745, ministro plenipotenziario della Lombardia, dove curò l’espletamento del censimento e il riordino delle finanze. Dal 1750 al 1753 fu governatore della Lombardia austriaca, succedendo al rivale Ferdinand Bonaventura von Harrach; in questo periodo ebbe come valido collaboratore Gabriele Verri. Nel 1753, sostituito da Beltrame Cristiani, si trasferì a Bologna, lasciando definitivamente Milano. Cfr. Ostoja 1951; Ostoja 1959; Venturi 1969, pp. 423-424; Capra 1987, passim; Capra 2002, pp. 50-52. Difficile l’identificazione dell’Occelli. Da informazioni avute dagli attuali eredi della famiglia piemontese, si ha notizia di un Fabrizio (fl. 1723), medico operativo presso varie corti italiane ed europee, e di un Lamberto (fl. 1734), dottore in scienze naturali e membro di numerose accademie. La BNUTo conserva invece due stampe relative ad altrettante sedute dell’Accademia delle Scienze di Torino in cui intervenne un Giuseppe Giovanni, che nel 1772 era candidato alla laurea in utroque e «prolyta», cioè studente al quinto anno di una facoltà giuridica (cfr. Occelli 1771 e Occelli 1772), e nel novembre del 1804 figurava tra gli oratori all’«ouverture solemnelle» del Liceo di Torino (cfr. [Bertone-NegroOccelli 1804]). Infine un Francesco Gioioso Occelli, di Carrù, si laureava in chirurgia nel 1807 presso l’Università di Torino stampando un Essai pathologique et thérapeutique sur le cancer (cfr. Occelli 1807).

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3 [A Paolo Colombani] Sig.r e P.ron Riv.mo Mil.o 10. 7.bre 1766.

Fu per errore che esibii a V. S. Riv.ma il mio Mezzodì. II Sig.r Graziosi m’avea scritto, raccomandandomisi per esso. Come1 io tardai molto a rispondergli, mi dimenticai del cognome, e scambiai Graziosi in Colombani. Tuttavia non mi dolgo di questo equivoco, avendo io la medesima stima per lei, che ho per il Sig.r Graziosi. Quanto alla mia Sera, io ne ho quasi dimesso il pensiere; non che non mi piaccia di compiere i tre Poemetti da me annunciati; ma perchè sono stomacato dell’avidità, e della cabala2 degli stampatori. Non solo essi mi hanno ristampato in mille luoghi gli altri due; ma lo hanno fatto senza veruna participazion meco, senza mandarmene una copia, senza lasciarmi luogo a correggervi pure un errore. Questa Sera è appena cominciata; ed io non mi son dato veruna briga di andare avanti; veduto, che non me ne posso aspettare il menomo vantaggio; e probabilmente non proseguirò, se non avrò stimoli a farlo. Aggradisco le proposizioni3 di lei; e su questo proposito le rispondo che sarebbe mia intenzione di fare un’edizione elegante di tutte e tre i poemetti qualora l’opera fosse compiuta. Se Ella adunque si risente di farla io mi esibisco4 di darle la Sera terminata per il principio della ventura Primavera; e insieme gli altri due Poemetti corretti in molti luoghi, e migliorati. Il prezzo che io ne pretendo senza speranza di dibatterne5 uno zero è di cento cinquanta zecchini da pagarsi un terzo alla conchiusione del contratto, e il restante al consegnarsi del manoscritto.a a Il passo da Il prezzo a manoscritto è segnato a fianco con tratto di evidenziazione. 1 Con valore causale. 3 proposizioni: proposte. 5 dibatterne: detrarne, defalcarne.

2 cabala: intrighi, imbrogli. 4 mi esibisco: mi offro, mi impegno.

78 giuseppe parini Se Ella non è di ciò contenta non s’incomodi a scrivermi più oltre. Io mi sono indotto a risponderle in grazia della pulitezza1 con cui ella mi scrive. Così non ho fatto con molti altri librai, e fra questi, con due o tre Veneziani i quali hanno ardito di farmi le esibizioni2 che fannosi a’ compositori d’almanacchi,3 alle lett.e vigliacche de’ quali io non mi piglierò mai il disagio di rispondere. Farò il possibile per promulgar l’esito4 del suo Giornale. E con tutta la stima mi protesto, Di V. S. Riv.ma Div.mo e Obb.mo Serv.re Giuseppe Parini BNMVe, mss. It. classe x, codice 19 (6525), Lettere autografe d’illustri Italiani, miscellanea in cui la lettera del Parini, imbraghettata a supporto cartaceo, è stata recentemente numerata a matita 148 e 149. Autografo; bifoglio di mm 182 × 251, scritto a piena pagina solo sulla c. 1r-v; sulla c. 2v l’indirizzo: «Al Riv.mo Sig.r Sig.r P.ron Col.mo|Il Sig.r Paolo Colombani| Librajo in Venezia», con tracce di ceralacca. La data è apposta in alto a destra sulla c. 1r, con ampio spazio bianco fra intestazione e testo. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 600. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 153-154, nº i; Mazzoni 1925, p. 981, nº i. Il Parini utilizza qui il termine Mezzodì per indicare il Mezzogiorno, pubblicato a Venezia nel 1765 dal Colombani stesso. Paolo Colombani (1722-1800), libraio ed editore veneziano, pubblicò diversi opuscoli e periodici. Il «Giornale» che il Parini s’impegna a diffondere è assai probabilmente il «Giornale della Generale Letteratura d’Europa», costituito da annunci librari e recensioni dei più importanti scritti dei philosophes francesi, che Francesco Griselini (1717-1787) diresse presso il Colombani proprio negli anni 1766-1767 (sul Griselini, cfr. DBI, 59, 2002, pp. 691-696). Contrasti tra il Griselini e il Parini si verificarono alla costituzione della Società Patriotica, quando alla carica di segretario, cui aspirava il Parini, venne scelto il Griselini (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 390). Antonio Graziosi (1741-1818), altro libraio ed editore veneziano, accolse tra le sue edizioni, nel 1764, la traduzione del Saggio sopra l’uomo di 1 pulitezza: urbanità (cfr. il fr. politesse). 2 esibizioni: offerte. 3 compositori d’almanacchi: gazzettieri. 4 promulgar l’esito: promuovere la vendita.

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Alexander Pope ad opera di Zaccaria Seriman, ripubblicò il Mezzogiorno nel 1766 e si distinse anch’egli per l’intensa attività pubblicistica. Si fece promotore della diffusione del «Corrier letterario» di Francesco Griselini (1765-1768). Fra il 1763 e il 1765 a Venezia furono effettuate ristampe del Mattino e del Mezzogiorno anche ad opera degli editori Giambattista Pasquali (con indicazione di Milano, 20 gennaio 1764 per il Mattino e 20 agosto 1765 per il Mezzogiorno) e Bortolo Baronchelli. Su Colombani, Graziosi e l’editoria veneta del secondo Settecento, cfr. Infelise 1985, passim; Infelise 1989, pp. 158-162 (per Graziosi) e 191192 (per Colombani).

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4 [A destinatario ignoto] Mil.º 30. Marzo 1767 C. A.

Voi sapete, ch’io son poltrone: non vi maravigliate adunque se non ho finora risposto alla vostra. Uno de’ primi assiomi della poltroneria si è di non multiplicar gli enti senza necessità. Voi vedrete, che non era necessario di scrivervi due Lett.e quando con una sola mostro d’aver ricevuti gli ordini vostri, e allo stesso tempo d’avervi ubbidito. Io non ho ricevuto, come voi mi accennate, verun comando dal Sig. D.r Agnelli: e sebbene io sia in ogni tempo disposto a servirlo, godo, che l’accidente forse non mi obblighi a divider fra due un piccolissimo uficio che diventerebbe più piccolo della metà. Resta a vedere se il sonetto che qui incluso vi trasmetto vaglia qualcosa: voi ne giudicherete. Io ho, egli è vero un’altissima venerazione per il Padre Salabue; ma voi sapete che in un momento d’aridezza poetica (e io son soggetto assaissimo a di questi momenti) tutti i colpi per grandi che sieno non fanno la menoma impressione. Ad ogni modo sarò perfettamente contento se lo considererete non per un compenso, ma per un segno della mia perpetua riconoscenza per i piaceri che con tanta generosità m’avete fatti. I miei rispetti a vostra moglie e al D.r Agnelli; e resto col desiderio di rivedervi presto a Milano. Vostro Affez.mo Amico e Serv.re Giuseppe Parini. Fama della virtù, del duro e acerbo Viver va innanzi al Precursor di Cristo; E sul Giordan prepara il popol misto Mentr’egli affretta ad annunciare il Verbo. Ei giugne alfine; e pien di foco e nerbo, Studia, parlando, far dell’alme acquisto: Commovonsi al suo dire il buono e il tristo, Il molle Grande e il Fariseo superbo.

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Ma il popol duro sol di plauso inane Empie le valli, Elia gridando; e il vento Seco della Missione il frutto porta. Non imitar, Lugan, le turbe insane; Ma i raccolti nel cor semi trasporta Nella tua casa, e cova il pentimento. Autografo non rintracciato. Si trascrive dalla prima edizione, Sanesi 1922, p. 88. Il Sanesi vide l’originale («disteso e racchiuso fra due lastre di vetro che lo preservano dall’umidità e dalla polvere») in casa del valtellinese Eugenio Morelli (1881-1960), illustre tisiatra, docente di patologia speciale medica all’Università di Pavia e senatore del Regno. Dalla descrizione del Sanesi (p. 80n) si ricava trattarsi di un bifoglio, recante il testo della lettera alla c. 1r e il sonetto alla 2r. Ricerche effettuate presso gli eredi del Morelli non hanno dato esito. Alla collettanea di versi per il predicatore Maurizio Salabue (fl. 1762-1780), intitolata Applausi poetici al merito esimio del Reverendissimo P. Abbate Don Maurizio Salabue Canonico Regolare Lateranense il quale predica in Lugano l’egregio suo Quaresimale nel 1767, Lugano, per gli Agnelli e Comp., [1767], contribuirono 25 autori, in prevalenza luganesi e religiosi (per lo più correligionari del festeggiato o somaschi). Il sonetto del Parini si trova a p. viii (con un errore tipografico al v. 8 – Grandee, il : Grande, e il – e queste varianti: v. 2 inanzi : innanzi; v. 5 nerbo : nerbo,; v. 14 : Casa : casa; cfr. ora Mazzoni 1925, p. lxxxii). Mancano purtroppo, nell’opuscolo, avvisi utili a chiarirne la genesi o a suggerire l’identità del curatore, che resta dunque ignoto, come già notarono Sanesi 1922 e il pur dettagliatissimo Calderari 2002, nº 34, pp. 52-53 (e cfr. anche Calderari 2005, nº 24, pp. 179-181). Difficile, conseguentemente, identificare il destinatario della lettera. Certo il vocativo iniziale di confidenza e l’allocutivo voi fanno pensare a un amico del Parini. Se poi dovesse trattarsi di uno dei contributori degli Applausi, i saluti rivolti alla moglie impongono di pensare a un laico: il che restringerebbe a sette i nomi possibili: Jacopo Alessandro Calvi, Pietro Corbellini e altri cinque del tutto anonimi o designati con le sole iniziali, come i luganesi «G. A.», «P. J. V.», «D. G. R.». Nessun ulteriore chiarimento si ricava da una lunga lettera che il somasco luganese Giambattista Riva scrisse sulla raccolta al marchese bolognese Filippo Hercolani il 16 maggio 1767, da Roma, dove era generale del suo ordine (AGCRSRm, Auctores, R. G. P. 38).

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Il «D.r Agnelli» è il sacerdote Giovanni Battista (1706-1788), proprietario di una tipografia in Milano e, dal 1746, di un’altra a Lugano, la prima del Canton Ticino, da cui fra l’altro uscì il Ripano Eupilino (cfr. Albonico 2011, pp. 25-26). Su di lui cfr. i citt. Calderari 2002 e Calderari 2005. Anche l’anno prima (secondo Bustico 1929, p. 65, nº 304) o nel 1761 (secondo Mazzoni 1925, p. 368) il Parini aveva partecipato con un altro sonetto (Oh crudi affetti, che dintorno al core) a un’analoga iniziativa editoriale in onore di un quaresimalista, gli Annali poetici alla profonda dottrina e singolare eloquenza del nostro reverendo padre Antonio Maria Negri…, Firenze, Bonducci, s. d. Quanto all’accusato «momento d’aridezza poetica», va ricordato che proprio nel 1767 il Parini iniziava la collaborazione con il neoistituito Supremo Consiglio di Economia.

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5 [Ad Antonio Greppi] [13 settembre 1768] Sig.r D. Ant.o stimatiss.o

Ella ascriva alla troppa gentilezza delle sue offerte e alle circostanze della mia fortuna la mia impertinenza nell’incomodarla. Oggi deve partire per Vienna il Piano degli Studj. Non vi è dunque tempo da perdere perchè io possa profittare de’ Suoi graziosi uficj. La supplico adunque di volere stamattina adoperarsi a mio favore presso la nota persona, sperando io che, qualora ancora non sia nominato il soggetto1 per la Cattedra d’Eloquenza in Pavia, non sia impossibile di stabilirla in Milano, come io desidero. È superfluo l’aggiungere molte parole per istimolare il suo cuore già naturalmente così benefico, massime a mio riguardo. Sono col massimo ossequio di V. S. Ill.ma dev.mo obb.mo serv.re Giuseppe Parini. Autografo non rintracciato. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 601. Lettera pubblicata per la prima volta da Mazzoni 1925 (p. 982, lettera ii), sulla base dell’autografo allora giacente nell’Archivio Greppi di Casate, Raccolta d’autografi, segnalando la scritta a tergo: «Per V. S. Ill.ma = Sig.r D. Antonio Greppi - Sig.r Sig. P.on Col.mo SS. MM. Milano, Ab.te Parini, 1768. 13 sett.re». La ricerca di detta  Raccolta d’autografi presso la Villa Greppi di Monticello Brianza (CBVGMon), l’ASMi, l’ASDMi e l’ACGu non ha dato alcun esito. Non ha avuto riscontro la segnalazione di un fondo Greppi all’Archivio Segreto Vaticano, dove fosse eventualmente confluita la Raccolta d’autografi. Il Piano generale di riforma delle scuole, voluto dal Kaunitz, doveva pervenire a Vienna in tempo per essere approvato prima dell’inizio dell’an1 soggetto: titolare.

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no scolastico 1768-1769. Il Parini aveva il compito di illustrarvi la parte relativa alla Cattedra di Eloquenza delle Scuole Palatine; il Beccaria invece era responsabile della Cattedra di Economia e Commercio. In questa fase si parlava ancora di Cattedra di Eloquenza e non di Belle Lettere. Il Parini chiese appoggio per la cattedra di Milano al Greppi, perché intervenisse presso il Firmian, ma la questione dell’organizzazione universitaria restò insoluta fino al 1769, quando, il 23 settembre, Firmian scrisse al Kaunitz: «Per la cattedra di eloquenza e di storia avevo in vista l’abate Parini e l’abate Villa. […] Se due devono essere queste cattedre, avrei proposto il primo per Milano ed il secondo per Pavia. Si tratta di due uomini di talento, conosciuti ambedue per qualche saggio dato al pubblico del loro sapere e pressati dal bisogno di un impiego» (ASMi, Studi, Parte Antica, Università di Pavia, cart. 376; anche Vicinelli 1963, p. 35). Il conte Antonio Greppi (1722-1799), a cui il Parini era stato presentato da Teresa Fogliazzi (cfr. Vianello 1933, p. 138), divenne suo grande protettore: a lui il Parini dovette il rapporto di fiducia con il conte Firmian e i numerosi incarichi pubblici che ne seguirono. Sul Greppi cfr. Greppi 1995; Bologna et alii 1996; Argentieri et alii 1999; DBI, 59, 2002, pp. 312316; Levati-Liva 2006. Per la rete epistolare del Greppi (Baretti, Verri, ecc.), cfr. Viola 2004 e Viola 2008, ad Ind. Il Parini fece pervenire al Greppi una copia del discorso di apertura della Cattedra di Belle Lettere con la seguente lettera di accompagnamento di Teresa, datata 16 dicembre 1769 (la lettera, edita anche da Nicora 2000, p. 928, giace autografa in ASMi, Fondo Greppi, cart. 401, da cui qui si trascrive): Sig. Compare ed amico Stimat.mo Il nostro abate Parini, mi da precisa comissione di trasmetterle la qui inchiusa Prolusione, pensi il mio caro Sig.r Compare con quanto piacere io l’addempio sapendo la Stima, e l’attaccamento ch’egli ha per lei, e l’amicizia ch’ella ha per questo Stimabile letterato. Con questa occasione poi godo anche il piacere di ramemor[ar]le la mia Sincera, e se vuole tenera amicizia. Spiacemi che gli affarj lo trattenghino lontano per ora, pensi a rendersi a suoi amici il più presto possibile e mi creda fra questi coi Sentimenti della più perfetta stima, e sincero attaccamento. Di Lei Sig. Compare Stimati.mo Milano 16 xbre 1769 Devoti.ma et obbligati.ma Serva Angiolini Fogliazzi

Su Francesco Fogliazzi (Borgo San Donnino 1725 - Milano 1802) cfr. Janelli 1978, p. 170; DBI, 48, 1997, pp. 488-491; Lasagni 1999, ii, pp. 775-777. Su Teresa Fogliazzi (1733-1792) cfr. Farina 1995, p. 463; DBI, 48, 1997, pp. 491-492; Lasagni 1999, ii, pp. 777-779. Su Gaspare Angiolini, cfr. la nota alla lettera 24.

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6 [A Pellegrino Salandri, segretario della R. Accademia di Scienze e Belle Lettere di Mantova] C. A. Mil.o 12. x.bre 1768.

È una fatalità, ch’io debba sempre risponder tardi alle carissime vostre. Siccome io non ho molta corrispondenza di lettere; e perciò quando sono in campagna non incarico veruna persona, che le levi per me dalla Posta; così io non ho trovato la vostra se non al mio ritorno in città, ch’è seguito questa settimana passata. Ho adunque il dispiacere di commettere un doppio mancamento a vostro riguardo: l’uno di risponder tardi; e l’altro di non poter servire nè il Sig. Collonello di Baschiera nè voi per ciò che desiderate. Il Femia del Martelli non fu altrimenti stampato a Lugano come voi supponete, e come io aveva veramente intenzione di fare già è parecchi anni. Voi sapete meglio di me, che la prima edizione del Femia fu fatta in Milano per mezzo dello Argelati al tempo che il Martelli viveva. Ne furono poi per prepotenza del Maffei fatte sopprimere il più che si potè le copie, talmente che sono divenute rarissime. Erami capitata una Lettera inedita del Martelli assai lunga, nella quale si raccontavano le vicende del suo Femia; e la condotta de’ suoi emuli per rispetto ad esso. Deliberai adunque di far ristampare il Femia, e con esso alcune note che vi servivano di chiave, fattevi già dall’Abate Quadrio manoscritte sopra una copia stampata, ch’egli possedeva. A questo unendo la lunga Lettera inedita del Martelli, io faceva conto, che mi dovesse riuscire un volumetto di una mole convenevole. Il Capitano Fe, che voi avete conosciuto, s’incaricò di farne fare la stampa a Lugano; ma dopo aver da me ricevuto il manoscritto, tirò tanto in lungo la cosa, che io me ne stancai. Dopo qualche tempo mi propose egli, se io gli voleva vendere il manoscritto quale si stava: e io, che come sapete ho sempre più avuto bisogno di vendere che di comprare, gliel vendetti. Questo Capitan Fe non istà più a Milano già da più anni; e per quel ch’io so, non ha più pensato a pubblicare sì fatto mano-

86 giuseppe parini scritto. Vo facendo pratiche per trovarvene una copia o stampata o M.s. di esso Femia: ma sono oggimai mancati que’ pochi che qui facevan professione di seguitar le Muse; e non c’è più chi goda di conservar simili opere. Tutto ci è divenuto politica, e filosofia: e mio danno s’io dico una bestemmia, credo, che non ci sia nè Muse, nè politica, nè filosofia. Una copia M.s. ne aveva l’Abate Villa, che ora è a Firenze col Nuncio: un’altra stampata il Can. Irico, che sta in Trino sua patria. Non lascerò di far diligenza per averne una copia in qualche modo, premendomi infinitamente di servir voi e il Sig.r Collonello, ad amendue i quali io professo già da tanto tempo inalterabile servitù e divozione. Onoratemi d’altri vostri comandamenti che mi compensino di quello che ora m’avete fatto inutilmente. Presentate i miei umili ossequj al Sig.r Collonello; e consideratemi qual sono colla più sincera stima Di voi C. A. Div.mo e Obb.mo Serv.re Giuseppe Parini. ANVMn, Archivio, busta 11, Lettere di Accademici e altri. Autografo; bifoglio di mm 200 × 300, scritto a piena pagina sulle cc. 1r-v e 2r; in alto, sulla c. 1r, compare la data; manca l’indicazione del destinatario. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 601-602. Pubblicata per la prima volta da Paglia 1881. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 160-161, lettera iv; Mazzoni 1925, p. 991, lettera v (segue Bellorini). In questa lettera il Parini spiega le ragioni per cui non era stata realizzata l’edizione di Lugano del Femia nel 1761, per la quale aveva scritto la prefazione (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 229-231 e 264-265). Essendo il 12 dicembre del 1768 un lunedì, il ritorno in città del Parini va collocato tra il 5 e il 10 dello stesso mese. Merita di essere ricordata la lettera del 6 agosto 1809 con cui Alessandro Manzoni ringraziò Francesco Reina dell’invio di una copia del Femia, che gli era servita per chiarire qualche dubbio sull’originalità del Giorno pariniano rispetto allo stesso Femia (cfr. Manzoni 1986, i, pp. 93-94, nº 62). La vicenda di questa lettera del Parini è ricostruita con attenzione dal suo primo editore, Enrico Paglia, che ne diede comunicazione all’ANVMn nella seduta dell’11 luglio 1880: cfr. Paglia 1881. Scrive Francesco Reina nella sua Vita del Parini: «Il Femia di Pier-Jacopo Martelli, Dramma Satirico, in cui sotto il nome di Femia si censurò Scipione Maffei; composizione scritta in eccellenti Versi Sciolti, per mo-

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strare a Maffei, che Martelli sapeva farne da non invidiare que’ della Merope, fu l’unica opera che desse a Parini, per propria confessione, alcuna norma del suo verseggiare. Ingenuo com’egli era, amava di ristampare il Femia con una Lettera inedita di Martelli, ed un suo proprio ragionamento, che lo riguardava, ma trovò fatalmente smarrita ogni cosa» (Reina 1801-1804, i, pp. xiv-xv). Sulla possibile ispirazione martelliana di alcuni passi del Giorno cfr. Isella-Tizi 1996, ii, pp. xxvi e 492. Su Pier Jacopo Martello (1665-1727), cfr. Magnani Campanacci 1994. Su Francesco Saverio Quadrio (1695-1756), l’erudito valtellinese autore del Della storia e ragione d’ogni poesia (1739-1752), cfr. Berra 2010. Pellegrino Salandri (Reggio Emilia 1723-1771) visse a Modena e a Milano, membro dell’Accademia dei Trasformati (l’insegna dei Trasformati appare sul frontespizio della corona degli ottantun sonetti da lui dedicati alle Lodi di Maria). Si ritirò poi a Mantova dove divenne segretario perpetuo dell’Accademia di Scienze e Lettere. Compose poesie e sonetti di toni affini al Parini. Il Salandri viene ricordato nella Lettera di Giuseppe Parini Milanese in proposito d’un’altra scritta contro di lui dal padre d. Paolo Onofrio Branda Milanese come fonte, insieme con il Soresi, della notizia della presunta morte del padre Bandiera: cfr. Morgana-Bartesaghi 2012, p. 179 e n. Sul Salandri, cfr. Donati 1912, pp. 312-315; Maier 1959, pp. 1171-1172; Gasperoni 1965, pp. 161-186; cfr. la nota in Beccaria 1984, pp. 618-619; Venturi 1987, pp. 637-640. Su Giovanni Andrea Irico (1704-1782), accademico Trasformato, dottore dell’Ambrosiana dal 1748 al 1764 e poi parroco a Trino, storico della liturgia e avversario del Branda tra 1756 e 1757, cfr. Navoni et alii 2000 e Bartesaghi 2010. Il colonnello romano Nicolò Baschiera (?-1780), ingegnere, ufficiale del genio militare, fu uno dei maggiori protagonisti del dibattito idraulico settecentesco; suoi interventi e progetti in ASMi, Acque, Parte Antica, cart. 386 e Commercio, p. a., cart. 16. Su di lui, cfr. Bonora Previdi 2009. Nominato, nel 1768, direttore degli ingegneri militari per le fortificazioni in Italia, si trasferì da Mantova a Milano nell’estate del 1769. Non è stato possibile precisare in che cosa avrebbe dovuto essergli utile il Parini: le lettere del Salandri al Baschiera conservate presso l’ANVMn (Archivio Storico, Serie Segreteria, busta 5, fasc. 3) datano tutte tra il 1770 e il 1771. L’abate Villa è, ovviamente, Angelo Teodoro (cfr., qui, la lettera 28).

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7 [A Saverio Bettinelli] Sig.re e P.ron Col.mo

Le lodi, che V. R. s’è degnata di pubblicamente compartirmi nella sua bell’Opera sull’Entusiasmo, sono tanto più lusinghiere per me, quanto che mi sono giunte improvvise per parte d’un lodator dilicato,1 e d’un uomo di merito conosciuto. Io non ebbi mai l’onore di conoscere V. R. altrimenti che per fama; onde non è da dubitare, che l’amicizia, l’interesse o altra simile prevenzione l’abbia sedotta a mio favore. Posso adunque confortarmi con questa deliziosa bevanda senza che verun tacito rimorso me la venga ad amareggiare. Bisogna, che ci sia qualche occulta armonia fra le anime nostre, dappoichè Ella mi ha lodato col titolo di Saggio anche senza intenzione di lodar me. Il mio amor proprio non può a meno di non farmi correre incontro ad un encomio così segnalato, palesandomele per autore dell’Estratto dell’Opera di Mehegan:a e qualora la predetta armonia sussistesse veramente, ciò sarebbe per me un nuovo motivo di compiacenza e di gloria. Io non mi stenderò a farle tutti gli elogj che vorrei del suo spiritoso e filosofico Libro, perchè qualche maligno non ci accusasse d’una clandestina collusione:2 soltanto le dirò all’orecchio, che sebbene io non abbia finora potuto fare altro che trascorrerlo di fuga,3 m’è parso tuttavia pieno di cose nuove ed importanti, e di principj atti a rimetter sulla buona via gl’ingegni Italiani, che anche in materia di Arti, o giacciono oppressi da una fanatica Superstizione, o nuotano incerti fra un ozioso Scetticismo. Seguiti Ella pure a illuminare, ed illustrar l’Italia colle sue nobili produzioni; e mi

a pag. 349 aggiunto in interlinea. 1 dilicato: dotato di buon gusto. 2 clandestina collusione: segreta intesa. 3 trascorrerlo di fuga: scorrerlo rapidamente.

lettere 89 faccia l’onore di considerarmi d’ora innanzi quale mi glorierò d’essere immancabilmente Di V. R. Milano. 10. Maggio 1769. U.mo Div.mo e Obb.mo Serv.e Giuseppe Parini BCTMn, Carteggio Bettinelli, busta 11, fasc. 365, lett. 1. Autografo; bifoglio di mm 170 × 215, scritto a piena pagina sulle cc. 1r-v e 2r; manca l’indicazione del destinatario; dopo l’intestazione, segue un ampio spazio bianco. La presente lettera e le lettere 34-35, indirizzate anch’esse al Bettinelli, sono state acquisite dalla Biblioteca tramite l’editore-scrittore mantovano Viviano Guastalla (1836-1912) il 9 marzo 1868. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 603. Resa nota da Bertana 1898, pp. 8687. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 162-163, lettera v; Mazzoni 1925, p. 992, lettera vi. Saverio Bettinelli (1718-1808), al termine di un lungo parallelo tra Grecia e Italia, sin dalla prima edizione del suo trattato Dell’Entusiasmo delle belle arti (Milano, Galeazzi, 1769), introdusse questa nota a proposito del modo di scrivere storia: «Non pretendesi d’aver compiuto il confronto, ma sol di suscitare la curiosità degl’ingenui amatori della storia italiana, che oggi coltivasi felicemente. Quanto a noi ci giustifichi il detto d’un saggio: L’opere di questo genere [scil. di argomento generale] dove più che la diligenza ne’ dettagli si considera la massa delle cose conducenti alla riflessione, nè possono, nè debbono esser così scrupolosamente esaminate» (p. 349, nota i). Senza conoscerne l’identità, il Bettinelli utilizzava l’anonimo recensore del Quadro della istoria moderna del Méhégan, da cui aveva tratto la citazione. Con la presente lettera il Parini rivelò di essere l’autore dell’estratto. Il Parini veniva lodato in un altro passo Dell’Entusiasmo, questa volta esplicitamente: «È curioso il cercare perchè a Milano siano più rari i poeti, come sembra ad alcuno, ed amino que’ poeti il comico stile più che altro, come osservossi di Ceva, di Maggi, di Lemene e d’alcuni viventi; nè alcuno a certa eccellenza è arrivato, fuorchè l’Ab. Parini, mentre per altra parte riescono nelle scienze, e sono ingegni sottili ed acuti comunemente. I pensatori filosofi, i grandi giurisprudenti, i profondi teologi quivi abbondano» (Bettinelli 1769, pp. 360-361, nota b). In una successiva ristampa, gli elogi del Bettinelli al Parini divennero più espliciti: «Chi non si sdegna a vederle [scil. le poesie inglesi e tedesche] encomiate in tanti giornali, e con sì poca intelligenza, fino a lodar le poco felici del P. Bertola a fronte delle sì vaghe e sobrie del P. Soave, e

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degli Abati Belli e Parini? Il Milanese Parini scosse l’Italia col suo Mattino e Mezzogiorno veramente originali, ma sin ora egli è il sol creatore, cui tosto copiarono altri servilmente» (Bettinelli 1780-1782, ii, p. 328). La prima edizione dell’opera di Bettinelli, con dedica al Firmian, venne pubblicata a Milano da Galeazzi nel 1769, per interessamento di Pietro Verri: cfr. Bonora 1982, pp. 180-194, con la riproduzione delle lettere di Verri a Bettinelli conservate presso la BCTMn. Le lettere di Bettinelli a Verri si trovano alla FRMMi, Archivio Verri, cart. 268. Il giudizio genericamente positivo sull’Entusiasmo va riscontrato con la testimonianza contenuta in una lettera di Ippolito Pindemonte, che il 7 giugno 1783 così riferiva di un colloquio avuto con Parini: «stima pochissimi: il nostro Bettinelli, ciò sia tra noi, nulla affatto» (Cimmino 1963, ii, p. 47). Su Bettinelli, cfr. da ultimo [Crotti-Pizzamiglio] 2010 e Catalani 2011.

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8 [Al conte Johann Joseph Wilczeck] [settembre-ottobre 1769]

L’occhio di parzialità con cui V. S. Ill.ma si è sempre degnata di riguardarmi; le umanissime promessea ch’Ella graziosamente mi fece poche ore prima della sua partenza per la campagna; le varieb novelle che sic spargono per la città,d tutto ciò mi fa coraggio ad incomodarla con questa mia Lett.a. Fino da quando io fui invitato a Parma per esservi impiegato nella Lettura d’Eloquenza e di Logica, come a V. S. Ill.ma è ben noto, Ella ebbe la degnazione di farmi nascere in cuore delle speranze d’essere adoperato in patria, qualora fosse seguita la riforma degli studj che fin d’allora si prometteva. Si compiacque d’insinuarmi1 più volte ch’io non partissi di Milano, interponendo qualche volta alle proprie insinuazioni anche il nome di S. E.2 e assicurandomi in oltre, che io non mi sarei trovato malcontento dell’essermi trattenutoe in Patria. Guardimi il cielo, che io pretendaf col rammemorarle queste cose, di farle credere, che io abbia lasciato di accettar la proposizione di Parma in grazia di esse; e così constituire in Leig quasi un’obbligazione a mio favore. No, io non ebbi la generosità di rimanermi in patria unicamente per questi motivi;h sebbene io dovessi confidare assaissimo sopra le graziose espressioni ch’Ella in quel tempo si compiacque di farmi. V. S. Ill.ma conosce troppo bene il mio carattere, e mi usa la giustizia di non credermi capace di sorprendere per queste vie basse ed indirette un patrocinio chei sempre è venuto all’incontro del a b d e f h

le umanissime promesse è preceduto da il discorso che ebbe, cassato. c varie aggiunto in interlinea. che si aggiunto in interlinea. Cassato e poco leggibile, forse Scritti o… dell’essermi trattenuto è corretto in interlinea su di trattenermi. g Cassato e poco leggibile, forse così. Cassato un obbligo. Cassato e. i Cassato spontaneamente.

1 insinuarmi: consigliarmi, suggerirmi. 2 Il conte Carlo di Firmian.

92 giuseppe parini mio tenue merito così spontaneamente, e con tanta magnanimità. Ciò dico soltanto per farle sovvenire la per me graziosa epoca in cui cominciai a sentire le testimonianze della sua favorevole prevenzione1 a riguardo mio. Nell’inverno di questo anno passato poi il Sig.r Consigliere Pecis si compiacque d’accrescere le già da me concepute speranze col propormi, coll’intelligenza, cred’io, anche di S. E.,2 una cattedra d’Eloquenza Sup.e, in caso che questa cattedra fosse di quelle che si destinavano per Milano. V. S. Ill.ma può immaginarsi se io abbracciai con tutto l’ardore una proposizione che tanto mi onora, non altro desiderando io più vivamente, che d’impiegare i miei quali si sieno talenti in servigio del mio Principe, e della mia Patria, e di ottenere un carattere3 pubblico che mi dia qualche distinzione nel mio paese. Non ho tralasciato di poi di coltivare questa felice disposizione nel Sig.r Consigliere Pecis, e per mezzo di lui, secondo che io credo, anche nell’animo di S. E. e di qualche altro ministro della Deputazione. Ma ora è sparsa voce, che questa cattedra d’Eloquenza Sup.e in Milanoa non si fondi altrimenti: e quando ciò si verificasse, tutte le mie speranze se ne sarebbero andate al vento. Quando sia vero che il superiore discernimento della Reg.a Deputazione nonb abbia giudicato necessaria questa cattedra, sarò io pure del medesimo parere, gloriandomi io d’assoggettare il mio particolar sentimento alle ponderate decisioni d’un Corpo4 così illuminato. Ma, quando ciò non sia, e che all’opposto sia stata giudicata o necessaria, od utile almeno, sarò glorioso di vedere un così rispettabile giudizio accordarsi colla mia privata e spontanea opinione. L’Eloquenzac Sup.e appartiene alla Filosofia, ed approfitta massimamente della Logica, della metafisica, e della morale. Non si occupa ella soltanto materialmente de’ vocaboli, de’ tropi, dello stile, delle parti, e de’ vari generi dell’orazione, ec., cose proprie di quella Retorica, che ordinariamente si abbandona alle scuole inferiori per avvezzare i giovani a tesser soffribilmente un discora in Milano aggiunto in interlinea. b non aggiunto in interlinea. c L’Eloquenza è preceduto dal cassato Una cattedra di. 1 prevenzione: disposizione d’animo, inclinazione. 2 coll’intelligenza … di S. E.: di concerto … con il Firmian. 3 carattere: ruolo, carica. 4 Corpo: consesso.

lettere 93 so. Quest’Eloquenza Sup.e si stende sopra1 i confini delle idee accoppiate a’ vocaboli, e conseguentemente sopra laa proprietà di questi, sopra il loro valor reale, e sopra quello d’opinione, cose tutte che contribuiscono alla chiarezza, alla forza, alla nobiltà del discorso. Passa inoltre alla composizione de’ vocaboli nelle frasi, nelle perifrasi, ec., fissa i limiti della loro accettazione secondo la diversità degli stili, secondo la natura dell’idioma e secondo le regole inalterabili del buon gusto. Richiama la composizione de’ membri, e de’ periodi al giudizio dell’orecchio, e ne tempera i modi, fra la natura della lingua, fra il gusto vegliante,2 e le meccaniche impressioni del suono. Quest’è la menoma parte, ma però necessaria dell’Eloquenza Sup.e. Si vale poi della Logica, scegliendo, o rigettandob la varietà delle pruove, vestendole, colorendole, distribuendole secondo la varietà delle circostanze, e delle convenienze: e questo scegliere, vestire, colorire, distribuire secondo la varietà delle circostanze e delle convenienze, suppone una profonda conoscenza della morale per isceglie[re], le maniere, gli stili, i colori dell’argomentazione, che meglio rivolgano a nostro favore le diverse passioni de’ diversi uomini sempre a seconda degl’immutabili principj del retto, e dell’onesto. Qui è dove subentrano la dilicatezza,3 lo spirito, la vivacità, il calore, l’entusiasmo, e tutti quelli altri accompagnamenti dell’argomentazione, chec prevenendo, agitando e soggiogando gli animi v’introducono la persuasione e la deliberazione.d Tutto questo è suggetto dell’Eloquenza Sup.e. Ma non lo insegna già essa per la sola via de’ nudi e freddi precetti. Essa vi accoppia costantemente gli esempi più illustrie presi da tutte le lingue e da tutte le età, e da tutti gli scrittori: anzi prende occasione da questi esempj di fissare pochi e chiari precetti ripetuti immediatamente dalla natura e dal cuore dell’uomo confermandone di tanto in tantof l’autenticità, colla decisione de’ maestrih più classici d’ogni nazione. Nè questa Eloquenza a Cassato loro. c b Cassato secondo le varie circostanze. Cassato agitando. d Cassato Nè quest’Eloquenza, se si trattiene solamente sopra ciò che si chiama Oratoria. e Cassato di buona Eloquenza. f di tanto in tanto aggiunto in interlinea. h maestri è corretto in interlinea su Autori. 1 si stende sopra: tratta, concerne. 2 vegliante: in corso, vigente. 3 dilicatezza: raffinatezza (cfr. il fr. délicatesse).

94 giuseppe parini Sup.e si trattiene solamente sopra ciò che si chiama Oratoria. Spazia pur anco sopra la Poesia, e su tutte le altre opere, che si chiamano di Gusto, e d’Immaginazione, e quivi richiama le menti a fini più utili, e nobili, le conduce su le vie del buon gusto; seconda, e coltiva i genj nascenti;a raddrizza le menti ne corregge l’intemperanza o la vanità, sempreb coi grandi esempj, de’ classici, de’ giudiziosi, e degli onesti scrittori, d’ogni tempo, e d’ogni paese. Così si spargono in una città, la dilicatezza, il buongusto, la coltura cose tutte, che V. S. Ill.ma ben sa quanto influiscano ai costumi d’un popolo. Questa è l’idea che io ho d’una Cattedra d’Eloquenza Sup.e e se questa idea nonc è falsa, una simile cattedra non può a meno di non esser riconosciuta per utile infinitamente. E tanto più utile dee riputarsi in Milano dove ad onta di tante recenti cure di Sua M. non si può negare che regni ancora di molta barbarie. Senza far torto a quegl’individui che per lo solo impeto del loro talento si aprono una strada fra le tenebre, V. S. Ill.ma ben vede quanto sì le pubbliche come le private scritture manchino per lo piùd d’ordine, di precisione, di chiarezza, di dignità. Gli Avvocati, generalmente parlando non hanno idea del buon scrivere, non dico io già di quello che si riferisce semplicemente alla grammatica od allo stile, che è pure molto importante, ma di quello che ha rapporto alle convenienze degli affari, e delle persone, cosa che dovrebb’esser tutta propriae di loro. I Predicatori, non parlo io de’ frati, a’ quali non s’appartienef naturalmente nè fondamentalmente la predicazione della Chiesa cattolica; e che oltre di ciò non si può sperar di correggere, i Predicatori, dissi, per lasciar da parte tutto il resto di cui mancano, sono generalmente privi della prima facoltà: cioè di farsi sentir con piacere; e ciò più per difetto d’abilità in loro, che di pietà ne’ cittadini. Che dirò io a V. S. Ill.ma di tanti giovani sonettanti1 che infestano il nostro paese, persuasi d’esser qualcosa d’importante, a Cassato rettifica. b Cassato con gli esem. c se questa idea non è corretto in interlinea su non ne ho una falsa idea. d per lo più è corretto in interlinea su d’ordinario. e tutta propria è corretto su pro. f ai quali non s’appartiene è corretto in interlinea su che non sono. 1 sonettanti: dediti alla composizione di sonetti di scarso valore.

lettere 95 che dietro a questa vanità estremamente nociva alle famiglie, ed allo Stato, perdono i talenti che dovrebbero esser meglio impiegati. Non vi ha pur uno fra questi che sappia cantar degnamente le lodi della virtù o del suo Principe; pur uno che sia capace di contribuir1 una Comedia od una Tragedia al Teatro, pur uno che faccia unaa cosa degna della delicatezza e dell’eleganza del nostro secolo. Se fra le città d’uno Stato ve ne ha unab ove si debba meglio coltivar la delicatezza, e il buon gusto, certamente è quella dove risiede una Corte, dove s’aduna un corpo maggiore di nobiltà, che è la sede de’ magistrati supremi, e che per queste ragioni invita maggior copia di forestieri, etc.c BAMi, S. P. 6/5, xi. 1. Minuta autografa priva di indirizzo; bifoglio di mm 198 × 300; scritto d’altra mano in alto sulla c. 1r: «Al Firmian». Sulla c. 2v in basso, cassato, scritto a rovescio rispetto al testo della lettera, l’incipit di altra brutta copia di lettera, «La degnazione con cui V. A. S.|ha». Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 604-607, 664-665. Reina 1801-1804, iv, pp. 161-168 (con avvertenza: «Fu scritta prima del 1770»); Bellorini 19131915, ii, pp. 154-158 (con data 1768), lettera ii; Mazzoni 1925, pp. 982-984, lettera iii. La critica è unanime nell’indicare nel Wilczeck il destinatario, come si ricava dall’accenno allo stesso Wilczeck nella successiva lettera al Firmian (cfr. lettera 9). La datazione va assegnata al periodo immediatamente precedente l’11 novembre 1769, quando il Kaunitz propose ufficialmente la sostituzione del nome della Cattedra di Eloquenza in Cattedra di Belle Lettere, come più confacente al programma elaborato dal Parini e unito al Piano Generale presentato a Vienna. Il Firmian, in una lettera al Kaunitz del 17 ottobre 1769, ricordò esplicitamente che la parte riguardante la Cattedra di Eloquenza era stata predisposta dall’abate Parini: potrebbe con ogni probabilità riconoscersi nel testo iv.5 di Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 304-316 (ASMi, Studi, Parte Antica, Università di Pavia, Provvidenze generali, Nuovo piano, cart. 376; cfr. Bortolotti 1900, pp. 59-60). a faccia una è corretto in interlinea su sia atto a far. b Cassato che merit. c Qui termina il manoscritto BAMi, S. P. 6/5 xi.1; al margine superiore della pagina è scritto e cancellato Ami. 1 contribuir: offrire, donare.

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Per affinità di materia con il contenuto della lettera, Mazzoni 1925 (pp. 982-990) unì alla lettera al Wilczeck quattro frammenti di documenti che trasse da BAMi, S. P. 6/5 vii. 7 e chiamò: iii bis, ter, quater, quinquies. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 223-232, aveva invece creato una sezione specifica che escludeva la lettera al Wilczeck e comprendeva soltanto i quattro frammenti, sotto il titolo Frammenti di un programma didattico. Bonora 1967, p. 1100, seguì Mazzoni. Per i quattro frammenti cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 381-382. Anche Vicinelli 1963 (p. 36, n. 20 e p. 73, n. 74) si oppose alla confluenza dei frammenti fra le lettere e alla datazione unitaria 1768-69, che Mazzoni 1925 (p. 990) aveva proposto per lettera e frammenti. Su Johann Joseph Wilczeck (1738-1819), dal 1766 membro del Consiglio Superiore di economia e dal 1782 successore del Firmian come ministro plenipotenziario, cfr. Capra 2002, passim. Il rifiuto della «proposizione di Parma» si riferisce alla proposta di Guillaume Du Tillot, ministro del Duca di Parma, che nel 1767 aveva invitato il Parini a insegnare Eloquenza e Logica all’Università di Parma. Il consigliere Giuseppe Pecis (1716-1799), di piccola nobiltà bergamasca, visse a Milano dal 1761. Fu autore di varie opere in prosa e in poesia. Il poema epico L’Austriade (1764) gli guadagnò la stima della corte viennese. Ricoprì numerose cariche e fu membro del Consiglio Superiore di Economia, della Giunta per l’istruzione voluta da Maria Teresa e di una Giunta per i confini, acqua e strade creata il 6 ottobre 1768. Nel 1786 gli venne affidato il dipartimento competente su confini, araldica, naturalizzazioni, feudi, archivi all’interno del Consiglio di Governo voluto da Giuseppe ii. Cfr. Capra 1987, passim. Sull’Università di Pavia, cfr. Memorie 1878; Tongiorgi 1997; StellaLavezzi 2001.

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9 [Al conte Carlo Firmian] [novembre-dicembre 1769] Eccellenza

Poichè l’U.mo Serv.re dell’E. V. il P.re Giuseppe Parini fu in istato di conoscere i proprj doveri, e di far qualche fondamento sopra gli studj da esso fatti, altro più non desiderò, che d’avere occasione d’adoperare i suoi tenui talenti in servigio di S. M. e della Patria: e sebbene gli si fecero qualche offerte d’impiego sotto altri dominj, non giudicò di accettarle, sempre sperando, che gli si presentasse in patria una così favorevole circostanza. V. E. ebbe la degnazione d’alimentare in lui una simile fiducia colle umanissime espressioni delle quali più volte l’onorò: e il Sig. Consiglier Pecis fino dall’anno passato si compiacque di proporgli, forse anche col benigno consentimento di V. E., una Cattedra d’Eloquenza Sup.e, in caso che questa fosse nel numero delle Cattedre che si destinavano per Milano. Non potè essere accettata dal Parini, che col sentimento della più grande soddisfazione e riconoscenza una proposizione1 che tanto l’onorava; e perciò contento attendeva, che il caso si verificasse per indirizzar poi a V. E. le sue U.me Suppliche. Nè tralasciò egli di pregare il Sig. Consigliere Pecis, che ne volesse prevenire V. E., come anche si raccomandò poi caldamente al Sig. Consigliere Conte di Willecek, perchè si compiacesse di far con essa il medesimo uficio in qualche momento d’ozio che le venisse concesso dalla presente villeggiatura. Ora sente, che sia per conchiudersi l’affare degli Studj: e sebbene si persuada quanto sia utile, che la maggior parte delle Cattedre resti a Pavia, pure si lusinga, che questa che di sua natura più influisce sopra la coltura, e sopra il gusto universale, possa esser destinata per la Città dove risiede la Corte, il Governo, i Magistrati supremi, il maggior corpo della Nobiltà, e il più gran numero di 1 proposizione: proposta.

98 giuseppe parini cittadini: e che in tal guisa si concilj la più comune utilità colla fortuna di lui, e colle diverse relazioni che gli rendono il vivere assai meno incomodo e dispendioso in Milano. In tale supposizione il Parini ardisce di supplicare umilmente V. E. che, qualora non lo stimi affatto indegno d’un tanto onore, si degni di proporlo a S. M. per la d.a Cattedra d’Eloquenza Sup.e, assicurandola, che tutt’altro potrà in lui mancare, fuorchè un ardentissimo zelo di ben servire il suo Principe, e d’impiegarsi con tutte le forze a vantaggio della sua Patria. ASMi, Autografi Monti-Parini, cart. 178. Autografo calligrafico; bifoglio di mm 210 × 290, scritto sulla c. 1r-v (bianco il primo quarto superiore di ciascuna carta); senza indicazione relativa a luogo, destinatario né data. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 608. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 158-160 (la colloca prima dell’ottobre 1769); Mazzoni 1925, p. 990, lettera iv (la assegna al periodo 1768-69). Trattandosi di richiesta, con ogni probabilità rivolta al conte di Firmian per ottenere la Cattedra di Eloquenza a Milano nel momento del riordino delle cattedre universitarie tra Milano e Pavia, è verosimile la datazione settembre-ottobre 1769. Per le offerte di impiego «sotto altri dominj», cfr. la nota alla lettera precedente. Già l’anno precedente – 1768 – si era parlato di nomine. Si conosce la corrispondenza ufficiale e privata relativa alle Scienze Commerciali per il Beccaria: Cfr. BAMi, Z 248-249 sup.; Beccaria 1984, pp. 883-684, lettera di Paolo Frisi dell’8 novembre 1768. Per il Parini manca la documentazione. Carlo Giuseppe Gottardo conte di Firmian (Trento 1718 - Milano 1782), ambasciatore austriaco a Napoli dal 1752 al 1758, dopo la morte di Beltrame Cristiani (3 luglio 1758) divenne ministro plenipotenziario a Milano; alla morte gli subentrò il Wilczeck (cfr. la nota alla lettera precedente). Sul Firmian, cfr. DBI, 48, 1997, pp. 224-231. Sul Pecis, cfr. la nota alla lettera precedente. «Willecek» è ovviamente il Wilczeck.

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10 [Al principe Wenzel-Anton von Kaunitz-Rietberg]

La squisitezza del gusto, con cui l’Altezza Vostra sente e giudica il Bello delle Lettere e delle Arti; e la dichiarata e pubblica protezione, che a queste accorda per gloria del Principe e sua, esigono da me il tributo de’ pochi sentimenti, che mi ha permesso d’esporre sopra questa materia la strettezza del tempo conceduto alla dettatura ed alla recita della mia Prolusione alla Cattedra delle Belle Lettere, a cui la Clemenza di Sua Maestà si è degnata di destinarmi. Tanto più son debitore di questo tributo all’Altezza Vostra, quanto che Ella si è degnata di sollevarmi dalla mia oscurità, di mettermi in vista al Sovrano, d’assistermi nelle strettezze della mia fortuna, e quello, che più mi consola, di pormi in grado di servire al mio Principe ed alla Patria, cosa, che ho sempre desiderato vivamente, e per cui non ho accettate onorevoli proposizioni fattemi altronde,1 già sono molti anni, come è ben noto a questo Governo. Vostra Altezza non solo si fa gloria di proteggere i grandi talenti; ma si degna puranco d’animare i mediocri, affine di render tutti gl’individui, per quanto si può, vantaggiosi allo Stato. Voglia il Cielo, che questo breve Discorso, che ardisco di presentarle, sia tale da poter reggere innanzi alla delicatezza del suo gusto, ed alla solidità del suo giudizio. Niuna cosa potrebbe meglio servire ad animare il mio zelo, ed a rendermi glorioso, che il favore d’un Voto così rispettabile. Sono, con profondissima venerazione Di Vostra Altezza Milano. 16. dicembre. 1769. Umilissimo Servidore Giuseppe Parini HHSWien, AT-OeStA Große Korrespondenz 405, Konv. A, fol. 64. Autografo calligrafico; monofoglio, di mm 220 × 330, scritto in c. 1r, con ampio 1 proposizioni fattemi altronde: proposte fattemi da altre sedi.

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spazio bianco al margine superiore. Non figura nei microfilm dell’ASMi che riproducono la Lombardei Korrespondenz. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 609. Pubblicata per la prima volta da Pasini 1905b, pp. 231-232. Bellorini 1913-1915, ii, p. 163, lettera vi; Mazzoni 1925, pp. 992-993, lettera vii. La distribuzione delle cattedre universitarie tra Pavia e Milano e il conferimento degli incarichi d’insegnamento lasciarono pochissimo tempo al Parini per preparare la prolusione. Dopo aver letto il discorso del Parini, Kaunitz (ASMi, Studi, Parte Antica, cart. 258) scrisse al Firmian (Pasini 1905b, pp. 231-232, ricava la lettera dalla tuttora inedita Vita e Reggimento del Conte Carlo di Firmian del funzionario absburgico trentino, bibliofilo ed erudito Antonio Mazzetti (1784-1841), conservata alla BCTn, mss. 1405-1407; cfr. Bortolotti 1900, p. 67; passi della lettera anche in Cantù 1892, p. 336): corrisponde pienamente alla mia aspettazione il discorso dell’Abate Parini, pronunziato nell’aprimento della nuova sua Cattedra di Belle Lettere, del quale V. E. si è compiaciuta di rimettermi alcuni esemplari con una sua d’offizio de’ 16 corrente … Traspira da questo saggio il buon gusto ed il calore, da cui è animato l’Autore; ed ho motivo, non solo di compiacermi della scelta da lui fatta, sembrandomi collocato nella vera sua nicchia, ma anche di ripromettermi il vantaggio di chi vorrà mettere a profitto i lumi del Professore. In questi sentimenti scrivo all’abate Parini in risposta alla di lui lettera. Ciò nonostante potrà l’E. V. medesima assicurarlo della mia soddisfazione, per così vieppiù animarlo a distinguersi in questa per lei onorifica destinazione.

Kaunitz, il 28 dicembre 1769, scrisse direttamente al Parini (Pasini 1905b, p. 233): Illustrissimo Signore. Non appartiene che all’uomo d’ingegno elevato e d’anima delicata il sentir con calore il Bello, e il communicarne con forza agli altri le scosse e l’agitazione che v’imprime. Di tal carattere essendo marcato il Discorso pronunziato da V. S. Ill.ma nell’apertura della Cattedra di Belle Lettere affidate da Sua Maestà in codeste Scuole Palatine, e trasmessomi con sua lettera de’ 16 corrente, nulla può aggiungersi per far l’elogio e della produzione e dell’Autore. Questo nuovo saggio corrisponde intieramente alla mia aspettazione, ed alle mire, che per il bene del nuovo Sistema Letterario mi ero prefisso, nel proporre a Sua Maestà, nostra Signora, la di Lei persona per una destinazione nuova e luminosa. L’importanza e l’amenità dell’oggetto, l’influenza nelle più belle parti dell’Enciclopedia, la gloria di esser il primo onorato di tale incarico, e l’illuminata beneficenza di una Sovrana che sveglia e protegge gl’ingegni, devono essere a V. S. Ill.ma continui stimoli di fervore e motivi di soddisfazione. Sono con sincera e distinta stima […]

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La lettera del 16 dicembre, di cui parla Kaunitz, è da identificare con la presente, che quasi sicuramente pervenne a Vienna, tramite il Firmian, insieme con alcune copie del Discorso (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 379-380). Il Parini allude genericamente alle proposte del Du Tillot (cfr. la nota alla lettera 8).

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11 [A Pellegrino Salandri, segretario della R. Accademia di Scienze e Belle Lettere di Mantova] Ill:mo Sig.re Sig.r P.ron Col.mo

Le pochissime corrispondenze che io ho ne’ paesi esteri, e la mia naturale indifferenza o piuttosto poltroneria sono il motivo per cui non soglio andar troppo frequentemente alla Posta; e questo fa che molte volte manco involontariamente a miei doveri. Il mancamento presente nondimeno è di tale gravezza, che mi renderà più cauto nell’avvenire. Frattanto priego V. S. Ill.ma di perdonarmi la tardanza di cui mi conosco reo innanzi ad un Corpo1 rispettabile, che mi ha onorato così distintamente, e innanzi ad una persona alla quale professo così alta stima, e tante antiche e recenti obbligazioni. La priego pure istantemente d’intercedere perchè mi sia perdonato questo fallo dall’Illustre Adunanza alla quale abbiamo l’onore d’appartenere amendue; e nello stesso tempo di farle a mio nome sinceri e vivissimi ringraziamenti del fregio2 singolare di cui mi ha novamente condecorato,3 oltre ogni mio merito nè assoluto nè ad essa4 relativo. Io non potrei facilmente spiegarle quale sia stato il tenero sentimento e la vera riconoscenza del mio animo nel vedermi impensatamente sollevato dalla mia oscurità, ed aggiunto ad un Concilio d’uomini così segnalati nella Repubblica delle Lettere, senza che io avessi neppure ardito di chiedere una simile grazia. Forse non m’inganno credendo che questo nobile tradimento mi venga da V. S. Ill.ma. Ella adunque ne porti la pena coll’assumersi l’obbligo di ben comprendere l’ampiezza e la verità de’ miei sentimenti, e di esporli con quell’eloquenza che loro si conviene all’Accademia: e si assicuri che, per quanto sia grande la felicità del suo ingegno, e celebre la sua 1 2 3 4

Corpo: consesso (con riferimento all’Accademia mantovana). fregio: onore. novamente condecorato: recentemente insignito. Scil. adunanza.

lettere 103 eloquenza per fecondità d’immagini e per energia d’espressione, non potrà però mai adeguare la grandezza della soddisfazione, che ho provata, e della gratitudine che conservo, e conserverò eternamente verso l’Accademia e verso di Lei. Per quanto mi permetteranno le occupazioni del nuovo impiego di cui Sua Maestà s’è degnata di onorarmi, procurerò in avvenire di consagrare i miei piccoli talenti al servigio dell’Accademia medesima, e di significarle, anche coll’opera, il pregio in cui tengo la grazia, che mi è stata così generosamente compartita. Intanto ho l’onore di dichiararmi col maggiore ossequio Di V. S. Ill.ma Milano 2 Genn.o 1770. Div.mo Obb.mo Serv.re Giuseppe Parini ANVMn, Archivio, busta 11, Lettere di Accademici e altri. Autografo; bifoglio di mm 230 × 380, scritto a piena pagina solo sulla c. 1r; dopo l’intestazione un ampio spazio bianco; manca l’indicazione del destinatario. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 610. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 164-165, lettera vii; Mazzoni 1925, p. 933, lettera viii (segue Fumagalli 1889, dove è riprodotta in fac-simile al nº 79, p. 69). Il Parini ringrazia della nomina a membro della Reale Accademia di Scienze e Belle Lettere di Mantova, che, nata nel 1768, assunse nel 1797 il nome di Virgiliana per volontà di Napoleone Bonaparte (cfr. Benedini 1987) e la qualifica di Nazionale nel 1983. L’Archivio Storico della stessa ANVMn (Serie Segreteria, busta 5, fasc. 3) conserva copia della lettera, datata 18 dicembre 1769, con cui Pellegrino Salandri informava il Parini del conferimento: Al S.r Ab. Gius.e Parini Pubblico Profess.e d’Eloquenza, Milano Ill.mo Sig.r Sig.re P.n Col.mo Era questa Reale Accademia di Scienze, e belle Lettere fino dall’anno scorso desiderosa di dare a V. S. Ill.ma un attestato della giusta estimazione, in cui è il degno suo nome fra Noi, ma la legge imposta da S. M. di non aggregare che in pubblica Convocazione ed il ritardo, che ha sofferto l’apertura del Teatro Scientifico han portato la dilazione all’Accademia di questa sua vera, e pienissima soddisfazione. D’ordine della medesima le rimetto la Patente di Socio, e vi unisco l’Elenco dell’Anno Accademico. Ella ha saputo farsi utile all’universale coi due Divini Poemetti del mattino, e del mezzo giorno, che Le danno il carattere di originale, ed alla lingua

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italiana la gloria di avere fra suoi Scrittori finalmente onde non invidiare ai latini in questo genere di scrivere libero ed utile sopra ogni altra maniera. Si compiacerà la Nostra Accademia, che le nuove Edizioni, che se ne faranno, e che anch’essa la sera, che sospira di non essere defraudata, vada col nome in fronte d’un nostro Collega. Sa che la giustizia renduta dal Mecenate de’ Nostri tempi al sapere di V. S. Ill.ma l’occuperà più seriamente, e diuturnamente; ma quindi prende ancora speranza l’Accademia, che vorrà soccorrerla con quelle perle d’Eloquenza che di mano in mano usciranno dalla sua penna maestra per assisterci nella penuria, in cui siamo di domestici provvedimenti, e richezze. La Nostra Accademia fù creata da S. M., andrà crescendo di mano in mano, se tutti concorreremo con la nostra quota a renderla degna dell’Instituzione. Ella può farlo più di ogni altro per il sublime Suo ingegno, ed avrà cuore di farlo pèl carattere di onestà, di Letteratura, e di buon Suddito, di cui si è sempre pregiata. Io per me confido moltissimo n[ella] nostra antica amicizia, e nel nuovo titolo di Confra[…] che acquisto in quest’incontro, e portandole i Complimenti, e le Congratulazioni di tutta la Società per l’eloquenza, la di cui gloria è assicurata coll’affidarla a così degno soggetto, passo a dirmi col più cordiale rispettoso attaccamento Di V. S. Ill.ma

Per Salandri, cfr. anche la lettera 6.

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12 [Al principe Wenzel-Anton von Kaunitz-Rietberg] Altezza.

Pervenute a’ Professori delle Scuole Palatine le Medaglie coniate per eternar la memoria d’un’epoca così fausta, qual è quella della presente restaurazione de’ pubblici Studj, ne ringraziarono essi tostamente S. E. il Sig.r Ministro Plenipotenziario, alcuni in particolare, e il Corpo tutto per mezzo del Reg. Delegato D. Giuseppe Croce. Nel dì quattro poi dell’andante Aprile fu comunicata al Corpo de’ Professori congregati Lettera di Governo in data 30 Marzo, nella qual venivano eccitati a diriger formalm.te i Loro ringraziamenti per Le medaglie Stesse all’A. V., e al medesimo tempo, perchè Le grazie fosser più colme, fu loro comunicato il Reale Dispaccio riguardante i Pubblici Studii, dato il dieciotto Febrajo del presente anno Rimasero per tanto i Professori vivam.te commossi dalla singolar degnazione, con cui all’A. V. piacque di riguardarli distinguendoli con sì onorifico dono: e deputarono me a renderle in nome del Corpo1 cumulatissime grazie; e ad assicurarla, che sarà questo dono riconosciuto da essi non tanto per un onore, quanto per un Segno rammemorativo2 dell’obbligo che hanno di verificare dal Canto Loro ciò, che con si nobile monumento viene autenticato alla posterità Ammirarono poi altamente nel Reale Dispaccio La instancabile provvidenza, e munificenza, con cui S. M. degnasi di beneficare ogni giorno per tutte Le vie, e a tutti gli oggetti possibili questa fortunatissima Provincia: e provarono estrema contentezza nel veder colle nuove Clementissime disposizioni, felicitato sempre più quello, che dopo il loro Principe, hanno di più sacro, e di più caro, cioè La pubblica educazione della Lor Patria, e il comodo, e la perfezione degli Studj Loro. 1 Corpo: consesso (dei professori). 2 Segno rammemorativo: pro memoria.

106 giuseppe parini Deliberarono perciò di volgersi con questa occasione all’A. V. La quale sa così gloriosam.te secondare Le santissime intenzioni d’una tanta Sovrana, supplicandola, che si degni di presentare a nome loro umilissimamente davanti al Trono della M. S. Le significazioni della loro intima, e profondissima riconoscenza; e renderla certa, che si studieranno maj sempre di concorrere con tutte le loro forze, affinchè tanti ottimi Stabilimenti1 ottengano il loro pienissimo effetto, e il nome della M. S. sia, anche per questo Capo, in consolazione della presente età, e in eterna benedizione delle future. Io, ch’ebbi l’onore d’essere deputato dal Corpo de Professori ad eseguire questo atto verso L’A. V. non ho creduto di poterlo con più efficacia adempire, che nudamente esponendole i comuni Rispettosissimi Sentimenti: Supplico adunque, e confido a nome dello stesso Corpo, che l’A. V. si degni di considerarli, e promoverli secondo la Loro ingenuità ed intenzione, troppo facile ad essere sentita dal suo nobilissimo animo, caratterizzato singolarmente per li rari pregj d’incomparabile delicatezza, e generosità. Sono con profondissimo rispetto Di V. A. Milano 7 aprile 1771. Sottoscriz. = Umilissimo Servidore Giuseppe Parini Prof.e di belle Lettere ASMi, Studi, Parte Antica, Università di Pavia, Provv. Gen., Nuovo piano, cart. 377. Apografo; bifoglio di mm 220 × 330, scritto nella c. 2r-v. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 611-612. Riprodotta per la prima volta da Bortolotti 1900, documento 4, pp. 235-236, che la giudica copia di una precedente copia «allegata alla minuta accompagnatoria del conte Firmian al principe Kaunitz» (p. 235). Bortolotti (p. 69) ritiene la lettera effettivamente inviata al Firmian, che l’avrebbe mandata al Kaunitz dopo averne tratta copia (cfr. però la nota alla lettera 14). Bellorini 19131915, ii, pp. 166-167, lettera ix; Mazzoni 1925, pp. 994-995, lettera x (a p. 977 annota che «l’originale di tale lettera è nell’archivio privato del sig. Vambianchi di Milano»). 1 Stabilimenti: deliberazioni, disposizioni.

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La lettera del 30 marzo 1771 del Firmian a don Giuseppe Croce, che il Parini indica all’inizio del secondo paragrafo, è riprodotta da Bertana 1898, p. 81, nota 2, e parzialmente da Bortolotti 1900, pp. 68-69. In essa, Firmian scrisse di «trovar bene […] che dall’Università si rendano le grazie a S. A. il sig. Principe di Kaunitz per il dono fatto a professori delle medaglie coniate in memoria della ristorazione della medesima», aggiungendo: «Potrà Ella [scil. il Croce] adunque unire questi professori, i quali faranno la formale Deputazione nell’Abate Parini, qual professore d’Eloquenza, a presentare in una lettera al sig. Principe li riconoscenti sentimenti del Corpo delle Scuole Palatine». La lettera del Parini venne «cambiata» dal Croce, e quindi non fu inviata (cfr. la nota alla lettera 14). Il Parini fa riferimento al «Reale Dispaccio» del 18 febbraio 1771, nel quale, tra l’altro, Maria Teresa («una tanta Sovrana»), con le «nuove clementissime disposizioni», confermava di destinare alla città di Milano la biblioteca Pertusati, acquistata dalla Congregazione dello Stato con deliberazione del 4 maggio 1763, con l’intento di farne dono all’arciduca Ferdinando. Sulle vicende dell’acquisizione, che costituì il nucleo iniziale della Biblioteca Braidense, cfr. i documenti dell’ASMi, Biblioteche. Biblioteca di Brera, cartt. 25-27. Una versione diversa si legge in Verri 1999, pp. 13-15 e p. 29, n. 15. Sulla biblioteca di Brera, cfr. Grossi Turchetti 1979; Furlani 1982; Beltramo Ceppi Zevi 1991.

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13 [A don Giuseppe Croce] Eccellenza,

In adempimento degli ordini di V. E. e della Deputazione in me fatta1 dal Corpo dei Professori sottometto umilmente alla superiore ispezione dell’E. V. la compiegata2 lettera; e supplico a nome dei Professori medesimi che V. E. si degni di inoltrarla ov’è destinata. Sono con profondissimo rispetto di V. E. Umilis.mo Serv.re Mil.o, 8 aprile 1771. Autografo non rintracciato. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 612. Pubblicata per la prima volta da Bertana 1898, sulla base dell’autografo posseduto dal collezionista milanese Carlo Vambianchi. Bellorini 1913-1915, ii, p. 165, lettera viii; Mazzoni 1925, pp. 993-994, lettera ix. La lettera accompagna lo scritto ufficiale di ringraziamento al Kaunitz (cfr. lettera 12). Di antica famiglia patrizia milanese, Giuseppe Croce insegnò istituzioni civili dal 1753 presso le Scuole Palatine, di cui divenne delegato interinale nel 1766 per incarico del Firmian. Vicario di provvisione nel 1763 e nel 1770, nel 1771 venne nominato senatore e nel 1786 passò dal Senato al Supremo Tribunale di Giustizia eretto da Giuseppe ii, dove rimase fino al 1791. Morì nel 1806. Su di lui cfr. Beccaria 1996, ad Ind. 1 Deputazione in me fatta: incarico a me affidato. 2 compiegata: acclusa.

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14 [A don Giuseppe Croce] Ill.mo Sig.re Sig.r P.ron Col.mo Sottopongo al giudizio ed alla direzione di V. S. Ill.ma la brutta copia della seconda Lett.a, perchè Ella levi, aggiunga, cambj, comunichi come meglio le parrà. Desidero, che V. S. Ill.ma me la rimetta dentro d’oggi per farne la bella Copia; e mi avvisi, se le è possibile, prima del pranzo quando Ella abbia qualche cosa, che sia necessario di comunicar meco. Sono col maggior rispetto Di V. S. Ill.ma Di Casa. 11. Ap.le 1771. U.mo Div.mo e Obb.mo Serv.re Giuseppe Parini. HSPPhil, Simon Gratz Collection, 250A. Autografo; monofoglio di mm 200 × 280, piegato in tre. Sul retro il sigillo in ceralacca e, al centro, l’indirizzo, preceduto, in alto, da «Parini»: All’Ill.mo Sig.e Sig.e Col.mo Il Sig.r Don Giuseppe Croce Special Delegato delle R. Scuole Palatine

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 612-613. Pubblicata per la prima volta da Pace 1970. Il Croce, nello spazio tra la data e la firma a piè di pagina, annotò: La lettera diretta al Sig.r Principe di Kaunitz è stata cambiata, dallo stesso Abb.e Parini per insinuazione del segret.o Corti dopo essere stata da me presentata a S. E. il Sig.r Co. di Firmian accompagnata non da questa dell’Abb.e Parini, ma da una mia come Speciale Deleg.to, ed oggi g.o 20. Aprile hò mandato alle mani del Segr.o sud.o la lettera cambiata per il Sig.r Principe sud.o

La lettera ufficiale inviata al Kaunitz il 20 aprile, quindi, non fu quella scritta dal Parini il 7 dello stesso mese (la lettera 12), ma una seconda, che il Parini trasmise in brutta copia al Croce e che non è pervenuta né nella forma preparatoria né in quella definitiva. Sul «Corti» (Ilario Corte), cfr. la nota alla lettera 21.

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15 [A Maria Teresa d’Asburgo] Sacra Cesareaa Reale Apostolica Maestà

L’annunzio della preziosa concessione, che la S. C. R. A. M. V. è per fare del Real Figliuolo Ferdinando Arciduca a questa fortunata Provincia, per quì stabilmente trattenerlo con degne elettissime Nozze riempiè d’inesprimibile consolazione i Professori delle Scuole Palatine, quando venne loro formalmente recato per lettera del g.o 2. del cadente Luglio. Il sentimento del loro cuore eguagliò la grandezza delle idee, che in sì fausta circostanza occuparono la mente loro: quella cioè della perfezionata felicita d’una intera nazione: quella della maravigliosa liberalita d’un Augusta Genitrice, che stacca dalle sue braccia una così adorabile porzione della Regia Prole, consegnandola allo amore, ed al destino delle soggette popolazioni: quella finalmente della vicina stabile presenza d’una vivissima imagine di Colei, che tutti adorano come Gran Madre, e come Servatrice de Popoli. Ma i Professori, per clemenza della S. C. R. A. M. V. elevati al nobilissimo impiego di formare il giovane popolo nella cognizione, e nell’amore della verita, e della giustizia, su cui riposa la mole della pubblica felicità, provarono ancora una consolazione tutta loro propria nell’annunciato faustissimo avvenimento. Rifletterono essi alla santissima disciplina, nella quale hà la M. V. educato la mente sublime, e il docilissimo cuore del Real Figliuolo; e si assicurarono di veder crescere infinitamente a vantaggio comune il peso, e l’autorità delle loro instituzioni, accoppiandosi a quelle l’esempio luminoso d’un Giovane Principe celebre fin d’ora per la profonda, ed estesa cognizione del vero, e per l’abituale esercizio d’un esimia virtù. Commossi però1 altamente dal conoscere la sublimita, e la importanza d’un beneficio, che corona gli infiniti altri da V. M. coma Cesarea è scritto dopo il cassato Reale. 1 però: perciò.

lettere 111 partiti alla Patria loro, non poterono resistere all’impeto dell’intima loro riconoscenza, e delegarono chi a nome di tutti umilissimamente la significasse alla M. V. Io adunque, che hò la segnalatissima gloria d’essere a ciò formalmente deputato in nome de Professori delle scuole Palatine ai piedi della S. C. R. A. M. V. espongo con profonda venerazione i sinceri loro vivissimi ringraziamenti. E intanto essi rapiti da tanta beneficenza, da tanta contentezza, da tanta gratitudine accenderanno sempre più nel loro cuore i voti per la perpetuità del vostro felicissimo imperio. Benediranno instancabilmente nelle private, e nelle solenni concioni l’adorato vostro nome: e ne loro scritti gareggeranno colla riconoscente tradizione del popolo per commendare la gloriosa memoria de’ vostri fasti, delle vostre virtù, della incomparabile clemenza vostra alla più remota posterità Milano 23. Lugl. 1771. Della Sacra Ces. Reale Apost.a M. V. Umilissimo e Fedelissimo Suddito Giuseppe Parini Professore delle belle lettere. BAV, Autogr. Patetta, 1328, cart. 17, f. 1r-v. Apografo; monofoglio di mm 295 × 200. Sono del manoscritto le vistose oscillazioni nell’uso di apostrofi e accenti. La cartella 17 contiene anche la trascrizione del documento fatta dal Patetta e altri documenti di interesse pariniano. Pubblicata per la prima volta da Barbarisi 1999, pp. 229-230, dal quale trascrive Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 613-614. Barbarisi 1999 descrive il documento come «originale apografo calligrafico» (p. 228), dicendolo «rinvenuto anni fa nei fondi non schedati della Vaticana da una mia conoscente» (p. 225). I documenti dell’ASMi, Potenze Sovrane, Parte Antica, cart. 75, permettono di collocare il testo del Parini all’interno di un iter procedurale complesso. Il 2 luglio 1771, Giuseppe Croce e Francesco Sartirana, rispettivamente responsabili delle Scuole Palatine e dell’Università di Pavia, furono informati ufficialmente da Gian Rinaldo Carli, a nome della Deputazione agli Studi (nominata il 24 novembre 1765 e composta da Pecci, Daverio, Pecis e Cicognini), che l’arciduca Ferdinando (1754-1806), quartogenito di Maria Teresa e Francesco Stefano di Lorena, avrebbe sposato

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Maria Beatrice d’Este, figlia di Ercole iii Rinaldo, e che, dopo le nozze, si sarebbe insediato stabilmente in Milano; il 23 luglio, a nome dei professori delle Palatine, il Parini inviò al Croce la lettera ufficiale di felicitazioni e di ringraziamento, da lui predisposta; il 3 agosto il Croce la trasmise al Carli: Ho l’onore di presentare a V. S. la qui compiegata lettera statami oggi consegnata dall’Abbate don Giuseppe Parini professore delle Belle Lettere, che fu dal corpo de’ lettori Palatini delegato a compiere in nome comune li atti della dovuta umilissima riconoscenza e ringraziamento per la fausta notizia, comunicata dall’E. V. qual vicario della Giunta degli Studj colla pregiatissima sua del 2 luglio prossimo scorso, della venuta a Milano di S. A. S. l’Arciduca Ferdinando, perché si degni inoltrarlo alla Corte, e con rispettosissimo ossequio mi professo […].

Il 10 agosto il Carli la fece pervenire al Firmian; il 22 il Kaunitz ricevette la lettera e il 29 rispose al Firmian con preghiera di riferire ai professori la «plenaria» soddisfazione della Corte, così aggiungendo: Benchè quest’atto di dovuta attenzione abbia sembrato alquanto ritardato, dopo che gli altri Tribunali, Dicasteri, e Corpi pubblici della Lombardia Austriaca hanno già soddisfatto da qualche tempo a’ loro doveri; tuttavia non ho voluto defraudare detti Professori della fiducia da loro concepita, che sarebbero accolti con eguale gradimento i rispettosi loro sentimenti.

L’iter si concluse il 2 settembre, quando il Firmian assicurò il Carli che i Sovrani si erano «compiaciuti» dell’atto compiuto dai professori dei due studi (Milano e Pavia). La lettera «coimpiegata», di cui parla Croce nella lettera al Carli, non è stata reperita. Per le precedenti qui citate, cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 669. Sul matrimonio dell’arciduca, celebrato il 15 ottobre, cfr. BarbarisiBartesaghi 2005, p. 433 e la nota alla lettera 29. Su Gian Rinaldo Carli, cfr. la lettera 40 e la relativa nota; sulla Deputazione agli Studi, cfr. Capra 1987, pp. 226-227.

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16 [A Girolamo Ferri] Iosephus Parinius Hieronymo Ferrio S. P. D.

Basinii

Parmensis Epistolam ex Bibliothecae huiusce nostrae codicibus descriptam mitto, minus ecquidem diligenter, quam et tua in me benevolentia, et meum erga te studium videbantur exposcere. Quod ab humanitate, comitateque tua postulo ne mihi potius quam tempori tribuas. Si vero eam ipsam Epistolam ne integram quidem habes, illos argue qui Bibliothecae praefecti sunt. Nefas est iis aliquid ex reconditis codicibus absolutissimum edere; ne scilicet adimatur inane raritatis pretium, si toti in communem utilitatem proferantur. Quae sive lex sive consuetudo an aliquid barbari sentiat, ipse videris. Ego quidem non ausim judicare propter patriae, ac civium meorum dignitatem. Ceterum, si quid in me unquam perspicies vel facultatis, vel gratiae, utere tanquam tua: tunc etenim mihi videor beatissimus, cum in viros probe litteratos, ac tui similes officia confero. Tibi vero cur non omnia debeam, qui meum tam eximia cum laude nomen volueris evulgari ea litteratorum lingua, quam et optime calles, et strenue vindicasti. Sed in hoc ipso tum memoris animi, tum voluntatis erga te meae argumentum habes, quod tibi ut gratificarer maximum facinus feci; ut nimirum latine scriberem, immo ad te scriberem. Plane ego nihil tale sum ausus ex quo illas grammaticorum scholas puer deserui. Oh quantum diducet os, et cachinnabit tui, meique amicissimus Rosa, si id unquam monstri, per tuas litteras, rescierit. Vale. Mediolani. Data. Id. Jan. A. mdcclxxiii.

BCASFo, Raccolta Piancastelli, sez. Carte Romagna, busta 171/235. Autografo; bifoglio di mm 195 × 290, scritto sulla c. 1r-v. La risposta del Ferri è trascritta più avanti, sulla c. 2r, in calce alla lettera pariniana. Trattandosi di minuta, essa è priva della data e della indicazione del destinatario; talvolta di difficile lettura, non presenta però cancellature o ripensamenti.

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Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 616. Pubblicata per la prima volta da Brigidi 1855, pp. 278-279, e poi da Cantù 1863, il quale però non identificò il destinatario, nominandolo come Giuseppe anziché come Girolamo, ma si corresse poi in Cantù 1892, pp. 416-422, senza peraltro indicazioni di fonti. Segue il Cantù Mazzoni 1925, p. 996, lettera xii, che riporta anche le lettere del Ferri al Parini (pp. 1034-1035). Girolamo Ferri (Longiano, Parma, 1713-1786) aveva celebrato l’opera del Parini in una lettera a Nicola Pecci (Ferri 1771, xlv, pp. 203-204): Nihil dico de Poesi, in qua plurimos habuimus et nonnullos habemus adhuc excellentes; quos inter Parinium vestrum habui semper excellentissimum: qui sicuti Nobilium, ita Litteratorum mores, optandum, ut novo illo neque Hetruscis, neque Latinis, neque Graecis antea, quod sciam, cognito (nisi forte Socraticum velis dicere) magnificae dissimulationis genere, toto suo, risu cum gravitate coniuncto, sale multo perfricaret; quando Litteratores, ranarum instar aestivae pluviae beneficio turmatim exsilientium, erumpunt undique ad eorum imaginem facti; quibus similes esse malint, quam aliquid inter suos et cum suis.

Interessato all’umanista Basinio da Parma, il Ferri, già nel 1773, mentre era professore di eloquenza nell’Università di Ferrara (vi ebbe scolaro Vincenzo Monti), aveva pubblicato in Amaduzzi-Gabrielli 1773, ii, due lettere di Basinio, una a Roberto Osio da Rimini (ivi, p. 300) e una seconda a Sigismondo Malatesta (ivi, pp. 400-416): nel commento anticipava il progetto di un’edizione dell’Astronomicon di Basinio ed era alla ricerca di inediti basiniani. Egli aveva chiesto dunque al Parini di ricercare all’Ambrosiana di Milano e di trascrivergli la lettera di Basinio a Teodoro Gaza, Epistola exametro carmine ad Theodorum Gazam conscripta: H. Ferrius Iosepho Parinio

Mediolanum. Vide quid mihi sumpserim. Istam in bibliotheca ambrosiana epistolam nondum editam ad Gazam Basinii parmensis, qui floruit saeculo xv adhuc stante, asservari certo scio. Ego, qui de poetae operibus aliquid cogito, in eam spem veni facili negotio futurum, ut per te descriptam habeam; idque quamprimum. Qua de re ne defrauder, erit humanitatis tuae curare; observantiae vero in te meae, quam in Alambertianis publice testatum volui, illud efficere, ut apud hominem memorem et gratum beneficium intelligas posuisse. Ferrariae, nonis dec. mdcclxxii .

La lettera sopra riportata è trascritta sulla base di Mazzoni 1925 (che segue Cantù 1863), di cui si corregge il millesimo (1773). La lettera autografa del Parini reca incontrovertibilmente la data del 1773: e del resto risponde alla citata del Ferri «nonis dec.», cioè 5 dicembre 1772.

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La risposta del Parini al Ferri avrebbe dovuto contenere anche il testo integrale della lettera di Basinio a Gaza, ma per l’opposizione di Baldassare Oltrocchi, l’allora prefetto dell’Ambrosiana (dal 1767 al 1797) – così almeno sostiene il Parini –, dovette limitarsi a una descrizione sommaria, a una riproduzione «mancam et mutilam». Il Ferri allora così gli scrisse (BCASFo, Raccolta Piancastelli, sez. Carte Romagna, busta 171/235), spronandolo, tra l’altro, a ultimare la tanto attesa «Poematis parte vespertina»: Ferrium amem necesse est. Ut enim caetera praetermittam, ea mihi necessitudine est conjunctus, qua nemo alius. Quod si non esset, qui praeclarum facinus non amarem, quo litteras latinas a Parinio importunissimus hominum extorsit? A Parinio, inquam, qui rebus omnibus ornatus, quae elegantem scriptorem et politum faciunt ut amemus et probemus, facultatem eam callidissimus celari volebat, qua litterati a vulgo in primis secernuntur. Ita factum, ut Latinitati propugnatorem additum gloriemur, quem nostris et alienis nequicquam contra nitentibus objiciamus. At quas litteras! quae hominem cum Latinis quotidie versatum ostendant. Serio. Gratias tibi ago habeoque magnas, qui et epistolam Basinianam, etsi mancam et mutilam,a roganti miseris, et ea lingua rescribendum putaveris, quam qui oppugnant, quod facinus faciant, non sentiunt miseri; nisi forte illud tacite fateri volunt, quod vulpecula in Aesopiis. Praefectos istos vestros quos appellem, nescio. Invidosne, an malevolos? Blattarum certe et tinearum amatores egregios, quibus ne quid demensi pereat, tantopere timent.b Atqui illud ego quaerebam, cuius esset Andreas ille Contrarius. Numquid ad familiam nobilissimam pertineret, quae Ferrariae secundum Atestios principatum tenuit, desiitque esse cum Hercule, Alphonso ii . imperante. Sed heus tu! Quid de Poematisc parte vespertina? Visne sine pedibus opus plane singulare, quemadmodum sine corpore Basiniana isthaec nostra? Cave id flagitii admiseris, mi Parini, Musis reclamantibus, Gratiis, et Apolline. Manum iterum ad tabulam: quam tam bene incohatam et institutam, tamquam Venerem alteram, nisi ipse perfeceris, qui praestet, quod reliquum est, frustra expectamus. Noli nos diutius desiderio tabescere. Hoc hominis, nationis, poesis ipsius dignitas postulat. Hoc Rosa amantissimus; qui te Latinum factum, mihi crede, non mirabitur, si te bene noverit; hoc rogat denique Quidquid est hominum venustiorum. Vale; remque naviter aggressus, expedi quam celerrime.

Alla lettera sopra citata del Ferri a Nicola Pecci, seguiva immediatamente quella a Michele Rosa, indicato come «amantissimus» sia del Pecci che del Parini. Plausi del Rosa per il Parini in Cavazzuti-Pasini 1912, p. 34.

a Cassato ad me.

b In interlinea cavent.

c

Cassato tui.

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Nicola Pecci, senese, di umili origini, auditore di rota nella sua città, nel 1763 venne a Milano, dove fu scelto come membro della Deputazione agli Studi, con nomina del 24 novembre 1765 (ASMi, Uffici regi, Parte Antica, cart. 221); direttore del Collegio fiscale e consultore del governo dal 1771, fu delegato dal Firmian alla riforma delle scuole nel milanese, insieme con mons. Michele Daverio, con cui lavorò nella Commissione del 1774 per la riforma dei libri elementari scolastici (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 382-383). Divenne consultore di governo (1777), segretario di stato (1784) e poi vicepresidente del Consiglio di Governo (1786). Morì nel 1788. Michele Rosa (1731-1812), riminese, autore del Saggio d’osservazioni cliniche (1766), uno dei cattedratici più illustri della facoltà di medicina dell’ateneo pavese dal 1767 al 1772 (quando passò all’Università di Modena), fu tenuto in grande considerazione dal Firmian, che lo consultò in vista della riforma dell’Università, negli anni 1769-1771. Sul Rosa, cfr. la voce a lui dedicata in De Tipaldo 1834-1845,vi, 1838, pp. 471-487; Memorie 1878, pp. 210-212; Stella-Lavezzi 2001, p. 274. Su Girolamo Ferri, Basinio da Parma e Teodoro Gaza, cfr. rispettivamente DBI, 47, 1997, pp. 154-156; 7, 1965, pp. 89-99; 52, 1999, pp. 737-746.

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17 [A Giuseppe Paganini] 13. Luglio. [1773]

Io mi trovo in un’aria felicissima, in un paese amenissimo, sopra una collina, donde domino un interminabile orizzonte di pianure e di montagne, in una compagnia piena di amicizia e di cordialità: e nondimeno io sono il più infelice di tutti gli uomini. Tu ne indovini la cagione. Ah per carità fammi il piacere di consegnar subito l’inchiusa,1 per sollevare in parte il mio dolore lusingandomi la fantasia. Salutami tua moglie, e D.na Paola. Scrivimi: e conta sopra tutta la mia riconoscenza. Addio Il tuo amico. P. BAMi, S. P. 6/5 xi. 4. Autografo; bifoglio di mm 173 × 220, scritto solo sulla c. 1r, fino a metà pagina circa; senza indicazione del destinatario e dell’anno, come tutte le lettere al Paganini. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 615. Reina 1801-1804, v, p. 176; Bellorini 1913-1915, ii, p. 200, lettera xl; Mazzoni 1925, p. 1016, lettera l. Le lettere al dr. Paganini sono state da Bellorini e da Mazzoni accorpate a parte, alla fine dell’epistolario, senza indicazione dell’anno, subito dopo la lettera alla contessa Diodata Saluzzo Roero (che è del 1797). Ziccardi 1935, pp. 206-207, avanzò l’ipotesi che si alludesse a Francesca Castelbarco Simonetta. Foresti 1948, pp. 149-172, ha dimostrato invece che si tratta di Teresa Mussi, amata dal Parini negli anni 1773-1774. La prima lettera al Paganini è del 1773, mentre le altre quattro, successive, sono del 1774 (8, 12, 25 settembre e 1 ottobre). Giuseppe Paganini, nato nel 1728, medico dell’ospedale Santa Corona di Milano, fu confidente del Parini nella vicenda con la Mussi, fungendo anche da tramite nello scambio di lettere fra i due. All’ASMi alcune lettere del Paganini riguardano un suo ricorso del 22 dicembre 1774 per ottenere una promozione alla carica di medico seniore dell’ospeda-

1 l’inchiusa: la lettera acclusa.

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le S. Corona, per la quale avrebbe invano presentato ricorso il 22 dicembre 1774 (cfr. Foresti 1948, pp. 155-156). Fu collocato a riposo nel 1798. Parla di lui il Baretti, che lo ebbe come medico curante a Milano nel 17611762 (cfr. Baretti 1936, lettera lxxiv del 4 agosto 1762; altri brevi cenni alle pp. 155, 201, 223, 265). Nella lettera del Parini dell’8 settembre da Cantù (nº 23), si fa riferimento a Tommaso Bonsignori, nel 1774 segretario della Commissione per la riforma dei libri scolastici (cfr. la testimonianza del Parini sull’attività svolta dal Bonsignori in seno alla commissione in Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 382-385): i saluti al Bonsignori e l’accenno alla causa per la promozione al S. Corona sono gli indizi sui quali il Foresti ha fondato la datazione di questo gruppo di lettere e l’identificazione della protagonista femminile (l’«amico», cui le successive lettere al Paganini fanno insistentemente cenno, è da intendersi come «amica») in Teresa Mussi, attrice probabilmente lombarda, della famiglia di Antonio Mussi, professore dell’Università di Pavia (cfr. la nota alla nº 51), celebrata in Milano come fine dicitrice di versi e conosciuta dal Parini in occasione delle recite che il conte Carlo Pertusati organizzava nel proprio palazzo. A lei il Parini dedicò il frammento di epistola poetica La Bellezza del creato e da lei sarebbero stati ispirati gli Scherzi, gli sciolti Viva cui piace in fra i tumulti assorto (Mazzoni 1925, pp. 507-508, nº cci), alcune canzonette e, probabilmente, i sonetti Che spettacol gentil, che vago oggetto e Più non invidio chi vedralla ignuda? (Mazzoni 1925, p. 436, civ, e p. 437, cv). Ha segnalato la genesi «sentimentale» degli Scherzi per primo il Reina, secondo il quale essi sarebbero stati composti «ad istanza di Teresa Mussi amica tenera dell’autore, e donna di cor patetico e gentile, e di forme leggiadre» (Reina 1801-1804, ii, p. 229). Cfr. ora Biancardi 2002. Soprannominata «l’antica forbice di Parigi» in un curioso elenco di dame milanesi intervenute a una festa di ballo del 1791 (Giulini 1921, p. 255), Teresa Mussi si sposò solo in età matura (cfr. Farina 1995, p. 783). Su di lei, e su altre amiche del Parini, cfr. Ricaldone 2000. Giuseppe De Necchi Aquila (Pavia 1745 - Milano 1800), trasferitosi giovanissimo a Milano, ottenne l’incarico di poeta al Regio Teatro Ducale; ai tempi della Repubblica Cisalpina ricoprì importanti mansioni a Pavia. Protetto da personaggi influenti come la duchessa Serbelloni, il conte di Castelbarco, Pietro Verri, il card. Durini e il Parini, fu autore di drammi in musica, poemetti, orazioni e prose di vario genere. Tradusse le Odi di Orazio; fondò e diresse il «Giornale letterario di Milano» (1786). In una lettera a Giovan Battista Corniani del 12 giugno 1781, ai tempi della vicenda del mancato elogio di Maria Teresa, riferì la testimonianza di un non meglio precisato «dr. Paganino», «amicissimo di Parini»: verosimilmente il Paganini di questa e altre lettere pariniane, come suppone anche Candiani 1988, p. 102. Sul De Necchi, cfr. Stella-Lavezzi 2001, pp. 407-414.

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Donna Paola è la Castiglioni (1751-1846), nata Litta Visconti Arese e sposa del marchese Giuseppe Castiglioni dal 1769. Per lei il Parini compose La recita dei versi, Il dono, O la tua stirpe egregia (ode incompiuta, in Mazzoni 1925, p. 503) e i due sonetti Quand’io sto innanzi a que’ due lumi bei e Le fresche ombre tranquille, i colli ameni (Mazzoni 1925, p. 375, xxxv e p. 458, cxl). Cfr. Farina 1995, p. 633.

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18 [Al conte Carlo Firmian] Eccellenza

Ardisco di scrivere con mano incerta all’E. V. dal letto, in cui mi trovo novamente malato di febbre terzana. La mia presente situazione, oltre l’ordinaria cagionevolezza della mia salute, mi fa ora sentir maggiormente il peso della mia ristretta fortuna; e ciò mi dà occasione di pensare con maggior cautela all’età più avanzata. Io ho sempre riconosciuto in V. E. l’autore spontaneo della mia, qualunque sia, sorte presente:a e se io non la godo migliore, non è certo dipenduto dal cuore troppo magnanimo dell’E. V., ma da un certo mio stoicismo, e dalla conoscenza del poco mio merito, che mi ha renduto o modesto, o meno attivo di quel che sarebbe convenuto al mio bisogno. Che sarebbe di me quando mai il giro delle cose umane portasse che V. E. dovesse felicitar colla sua presenza altri paesi? Io mancherei di sostegno in quel tempo appunto che più mi bisognerebbe, cioè nella mia vecchiezza. Stimo adunque prudenza di ricorrere ad un Padre, che finora per moto proprio mi ha soccorso ed anche onorato,b rappresentandogli il mio stato, acciocchè quando se ne dia l’occasione, si degni d’averne quel riguardo, che dalla grandezza del suo animo gli verrà suggerito. Io non ho altri beni in questo mondo, che lo stipendio di Professore; e il piccolo Beneficio, che per la protezione di V. E. ottenni l’anno passato.c Ma questo, contro l’intenzione di V. E. e contro l’aspettazione mia, è riuscito così picciola cosa, che quasi mi vergogno di dirle, che non rende più di cento sessanta lire, l’anno. Dall’altra parte presentemente è caro ogni cosa: ho le prime necessità, a cui supplire: ho quelle che porta la mia poca salute; e quelle finalmente in cui mi pone la mia comunque umilissima condizione. Io non oserò suggerire a V. E. i mezzi con cui meglioa Il passo da Io ho sempre a presente è evidenziato da un tratto verticale a margine sinistro. b Stimo adunque … onorato è evidenziato da un tratto verticale a margine sinistro. c Io non ho … passato è evidenziato da un tratto verticale a margine sinistro.

lettere 121 rare la mia fortuna. Troppo bene Le verranno indicati dalla penetrazione della sua mente, renduta anche più perspicace dal suo connaturale amore della beneficenza. Io ho l’onore d’esser conosciuto dall’E. V.: ed Ella vedrà come ciò si possa meglio conseguire, o con un impiego migliore, o con un accrescimento d’impieghi, o con qualche Beneficio o pensione ecclesiastica. Guardimi il cielo che io avessi intenzione con quanto ardisco d’esporre a V. E. d’importunarla oltre il rispetto, che le si deve. Io non desidero altro perora, se non che questo foglio serva d’una memoria presente all’E. V. in caso che Le si offerisse luogo di farmi sentire ulteriormente l’influenza della sua protezione. L’umanità, che V. E. si è sempre degnata di dimostrarmi,a e quella massimamente, che mi dimostrò pochi giorni sono, quando ebbi l’onore di presentarmele, sono il motivo, che oltre l’esposte mie circostanze, m’hanno indotto alla temerità d’importunarla scrivendo; e a pregarla in oltre di ritenere nel solo suo discretissimo cuore questi miei sentimenti. Chieggo all’E. V. umilmente perdono di quanto ho ardito di fare: e sono con profondo rispetto Di V. E. Mil.o 5. Dicembre 1773. Umiliss.mo Serv.re Giuseppe Parini BNBMi, Aut. B vi 23/1. Autografo; bifoglio di mm 195 × 288, scritto sulle cc. 1-2r-v solo sulla metà inferiore. Sulla c. 1r, in alto: «Eccellenza»; nell’angolo a sinistra la scritta autografa «Abate Parini». La cartella Aut. B vi 23 contiene anche una seconda lettera manoscritta del Parini al Firmian, la nº 42: una nota archivistica segnala che i due autografi furono acquistati nel 1907 da Luigi Battistelli; entrambi recano il timbro del collezionista Damiano Muoni. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 614-616. Pubblicata per la prima volta da Berlan 1865, p. 7. Bortolotti 1900, pp. 81-83; Bellorini 1913-1915, ii, pp. 167-169, lettera x; Mazzoni 1925, pp. 995-996, lettera xi. Bortolotti, che la riprodusse dal Berlan, annotò (p. 83): «Questa lettera fu copiata dagli autografi già posseduti dal fu Damiano Muoni, ufficiale all’Archivio di Stato [scil. di Milano], e pubblicata nel 1866 [recte 1865] dal prof. Francesco Berlan. Anche questa lettera dovrebbe far parte dell’Archivio di Stato», ma all’ASMi non è reperibile, e Mazzoni, che la a L’umanità … dimostrarmi è evidenziato da un tratto verticale a margine sinistro.

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ricopiò dal Berlan, avvertì che nemmeno alla BAMi la lettera «né fu mai né vi è» (p. 977). Il beneficio a cui allude Parini era quello di San Colombano e Paolo in Vaprio d’Adda, per ottenere il quale si era interessato il Firmian, che aveva scritto al card. Pozzobonelli, arcivescovo di Milano, la seguente lettera di raccomandazione: Il Sacerdote Giuseppe Parini, Lettore di Belle Lettere in queste Scuole Canobbiane, credendo valevole la mia interposizione di V. Em.za per riportare qualche benefizio semplice di quegli lasciati dal defunto Canonico Sormani, m’ha pregato di presentarle questa di lui supplica. Benchè sappia di non aver io tanto merito per riportare grazie da V. Em.za, ad ogni modo facendo tutto il fondamento sopra l’animo generoso dell’Em.za V., e per trattarsi di persona di cui ne fo molto conto, m’avvanzo a pregarla di esaudirlo, che unirò questa nuova obbligazione alle moltissime che le professo per comprovarmi in tutte le occasioni quali col maggior rispetto, ed ossequio mi protesto […].

La lettera del Firmian è datata 18 febbraio 1772 (ASMi, Autografi MontiParini, cart. 178, copia non autografa. In ASMi, Culto, Parte Antica, cart. 533 si trova invece la minuta, con numerose correzioni); non reperita la supplica del Parini, che, comunque, ebbe buon esito: il beneficio venne accordato con il decreto arcivescovile del 25 febbraio, seguito da placito governativo del 17 luglio 1772. Il godimento effettivo del beneficio decorse dal 22 ottobre 1772. Secondo l’inventario redatto alla morte del poeta (cfr. Vicinelli 1963, pp. 268-269), il beneficio avrebbe dovuto rendere 240 lire, metà a Pasqua e metà a San Martino; in realtà, in questa supplica al Firmian il Parini lamentava che non rendesse più di 160 lire complessive. Per altri benefici, cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 717-719.

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19 [A destinatario ignoto] A. C. Mil.º 30. Gen.º [1774]

Tu non potevi mai farmi un favore più grande, nè più sensibile, che quello d’avermi donata e mantenuta per tanti anni la tua amicizia. Vuoi tu farmene ora un altro non meno grande, nè meno importante? Assisti con tutte le tue forze, e con tutte le tue aderenze, e in tutti i modi che ti è possibile, e che possono più giovare il Sig. Giovanni Risi, che viene costì per farsi laureare. Fa tuo conto, che io tanto troverò grande il favore della tua amicizia, quanto sarà grande l’assistenza, che presterai al mio raccomandato. Questi è una delle persone che io più stimo ed amo per le qualità del suo cuore, e per le obbligazioni, che gli ho. Poche sono le persone che io conosca del suo carattere; e pochissime volte perciò mi accade di raccomandare con tanto calore quanto fo adesso. Non aggiungo di più; e lascio fare al tuo buon animo, e all’amor che mi porti. A rivederci presto. Addio. Il tuo Parini.

PMLNY, Dept. of Literary and Historical Manuscripts, Misc. Italian, Id. 125374, MA 1346-216. Autografo; monofoglio di mm 225 × 338. Provenienza: dalla collezione del pittore e bibliofilo londinese Charles Fairfax Murray (1849-1919). Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 617. Pubblicata per la prima volta da Isella 1985a. La lettera viene datata al 1774, perché Giovanni Risi conseguì la laurea in legge all’Università di Pavia il 9 febbraio di quell’anno (cfr. Zorzoli 1980, pp. 79 e 449). Giovanni era fratello dell’avvocato fiscale Paolo Risi, citato dal Parini nel celebre capitolo al canonico Candido Agudio, Canonico, voi siete il padre mio (v. 58; Mazzoni 1925, pp. 442-444), e autore delle Animadversiones ad criminalem iurisprudentiam pertinentes; presso di lui il

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Parini abitò per circa un decennio. Paolo Risi viene nominato anche nella postilla autografa posta dal Parini alla fine dello stesso capitolo (BAMi, S. P. ii. 3, p. 67): «Canonico carissimo, non lasciate di farmi oggi questa grazia per amor di Dio perchè sono senza un quattrino, e ho mille cose da pagare. Verso le 23 e mezzo io anderò a casa Riso [scil. Risi], e spero che m’avrete consolato. Non mostrate a nessuno la mia miseria descritta in questo foglio. Il vostro Parini, che vi è debitore di quanto ha». Per Paolo Risi, cfr. anche la lettera che egli indirizzò al Beccaria l’11 giugno 1769 (Beccaria 1984, pp. 61-62). In ASMi, Studi, Parte Antica, Università di Pavia, cart. 376, alcuni documenti riguardano Paolo Risi e la bocciatura, da parte del Kaunitz, della proposta di affidargli l’insegnamento del Diritto a Pavia. Per Giovanni Risi, cfr. la lettera del Parini trasmessa al Greppi tramite Teresa Angiolini (lettera 39 e relativa nota). Padre dei due è Girolamo, che, in qualità di notaio, prestò assistenza al Parini nella vertenza per entrare in possesso dell’eredità dello zio (cfr. il promemoria del Parini trasmesso alla Giunta Economale il 26 luglio 1771 dal vicario della Martesana: Barbarisi-Bartesaghi 2005, ix.2, pp. 707-711 e 716-717).

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20 [Al principe Sigismondo Chigi] [gennaio-febbraio 1774]

Io non ho ritenuto veruna copia di quei versi, che feci pochi giorni sono di commissione di V. S. Ill.ma e desiderando io di pure averne una per la singolarità del fatto: così priego la V. S. Ill.ma di restituirmi quella che io le mandai scritta di mia mano. Spero che V. S. Ill.ma non mi negherà questo favore: e sono col maggior ossequio BAMi, S. P. 6/1 ii. 3, p. 27. Minuta autografa priva di data, intestazione, firma e indicazione del destinatario; due bifogli sciolti di mm. 200 × 290, inseriti l’uno nell’altro e numerati 23-30. Sulla p. 23 in alto a destra l’annotazione «dell’ab. Parini scritte di suo carattere». Pubblicata per la prima e unica volta da Mazzoni 1925, p. 265, nota 4 (in calce al testo della Cantata, pp. 265-267). Oltre alla lettera, i due bifogli contengono due trascrizioni della medesima Cantata pariniana (inc. «Qual prodigio fia mai?»): la prima, in pulito, alle pp. 23-24; la seconda in scrittura più corsiva e con correzioni; bianche le pp. 28-30. La Cantata è datata 1773 nell’apografo ambrosiano iii 8, pp. 41-42 (di mano di Agostino Gambarelli), mentre Reina 1801-1804, iii, pp. 247-249, la assegna al 1774, valendosi delle informazioni ricevute dal segretario della Società Patriotica, Carlo Amoretti, nella lettera di accompagnamento dell’autografo: Di Casa 3 Maggio 1801. V.I. Amoretti saluta il C. Avv.º Reina, e quì compiegata gli manda la Cantata originale composta da Parini a richiesta del fu Principe Chigi pel gran Ballo che diede in Casa Imbonati a S. Fedele nel Carnevale del 1774. coll’intervento de’ RR. Arciduchi ai quali la Cantata allude. Non fu messa in musica, perché il Maestro di Cappella Sig. Colla, marito della così detta Bastardina, che dovea cantarla, pretendea che il poeta cangiasse le arie, per la qualità, e quantità de’ versi, e le collocasse ove a Lui piacea; e Parini non era poeta da servire ai capricci d’un maestro di cappella.

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Riguardo all’elogio di Dadda, Amoretti l’ha chiesto al Segret.º Alfieri, che gli rispose di non sapere d’averlo, ma che l’avrebbe cercato. Sinora non gli ha dato riscontro. È probabile che trovisi nell’Archivio della Società Patriotica; e se, quando il Cav. Reina avrà il permesso d’andarvi, vorrà un compagno che l’aiuti a cercarlo, lo scrivente s’offre ad esser seco.

La lettera dell’Amoretti si trova in BAMi, S. P. 6/5 xii. 4, p. 18, vergata su bifoglio di mm 142 × 200 scritto solo sulla prima facciata e numerato 18 sul primo recto, dove appunto è il testo della lettera. Su Sigismondo Chigi (Roma 1736 - Padova 1793), principe di Campagnano, letterato e mecenate, dedicatario dei famosi sciolti di Vincenzo Monti (1783), giudicato a ragione «persona interessante per le sue singolarità» da Alessandro Verri (lettera al fratello Pietro del 2.ii.1774: Verri 1910-1942, vi, nº cci, p. 177), cfr. DBI, 24, 1980, pp. 755-758. Rimasto vedovo di Flaminia Odescalchi nel 1771, il Chigi si era portato a Milano, dove ebbe presto modo di consolarsi dei lutti familiari in avventure galanti. Il ballo si tenne la sera del 13 febbraio 1774 nel palazzo Imbonati a S. Fedele, già sede dell’Accademia dei Trasformati. Della festa, «riuscita veramente magnifica» (pare che il Chigi vi spendesse circa «sei mila zecchini»), dà una dettagliata «relazione» Pietro Verri in lettera al fratello Alessandro del 16 febbraio 1774: vi si legge fra l’altro, a conferma delle notizie dell’Amoretti, che vi intervennero, per «fare una sorpresa, che già era nota, l’Arciduca, l’Arciduchessa», cioè i coniugi (dal 1771) Ferdinando d’Austria e Maria Beatrice, «il duca di Modena, il duca e la duchessa di Cumberland ecc.», e che «al partire della cena si ritrovò nella sala del ballo la Aguiari, detta la Bastardina, che è la prima donna del Teatro, da cui fu cantata la poesia» (Verri 1910-1942, vi, nº ccviii, pp. 182-184: 183). Quest’ultima è l’acclamata virtuosa Lucrezia Aguiari (Ferrara 1747? - Parma 1783), celebrata anche da Mozart per l’eccezionale estensione e agilità della voce, la quale, dopo il suo rientro definitivo da Londra (1780), divenne moglie del cembalista e compositore Giuseppe Colla, nelle cui opere aveva cantato come primadonna fin dal Vologeso re dei Parti (1770). Sul Colla (Parma 1731 [ma 1739 secondo Vetro 2010, p. 64] - 1806), già a servizio del duca di Parma dal 1766, cfr. DBI, 26, 1982, pp. 766-768, donde risulta che già il 31 dicembre 1762 il Regio Ducal Teatro di Milano ne aveva dato l’Adriano in Siria; un altro dramma musicale del Colla, Il Tolomeo, fu rappresentato al Regio Ducal Teatro a ridosso del ballo del Chigi, il 26 dicembre 1773, giorno d’apertura della stagione di carnevale 1774 (cfr. Vetro 2010, p. 102). Sulla Aguiari, meglio che la voce del DBI, cfr. Vetro 2010, che tace dell’esibizione in casa Imbonati, ma a p. 103 ricorda come la cantante, a Milano, interpretasse nel gennaio del 1774 anche l’Andromeda di Giovanni Paisiello e si distinguesse nell’eseguire una cantata del Colla in una sontuosa accademia tenutasi nel palazzo del conte Tommaso Marini. Per la Aguiari, che aveva udita a Pavia nel 1776, scrisse versi an-

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che il card. Angelo Maria Durini, il mecenate e corrispondente del Parini (cfr. ivi, pp. 115-118 e 143-144). La destinazione della cantata pariniana al ballo del Chigi e il fatto che il Parini, nella lettera, ne parli come di «versi» da lui composti «pochi giorni sono» impongono di pensare, per la missiva in questione, a una data anteriore al 13 febbraio 1774. Quanto al terminus a quo, va considerato il largo anticipo con cui si procedette ai preparativi della festa, iniziati grosso modo all’inizio della seconda decade di gennaio, dacché Pietro Verri, scrivendo il 9 febbraio al fratello Alessandro, dice il «divertimento» «preveduto un mese prima» (Verri 1910-1942, vi, nº cciv, p. 180).

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21 [A Giuseppe Paganini] A. C.

9. Agosto. [1774] Rovagnate.

Saluto te e tua moglie. Desidero che stiate bene come sto anch’io. Se saluterai in mio nome anche la Tognina, il Bellati, il Pietrino, l’Avv.o Casali etc., mi farai grande piacere. Saprai a quest’ora che sono senza servitore; fa il possibile di trovarmene uno. Tu sai il mio gusto e i miei bisogni. Se fosse maritato, nè vecchio, nè brutto, tanto meglio. Nondimeno comunque, purchè sia buono. Qualor ti capiti, fissalo anche subito, se ciò bisogna. In somma fa tu. Io resto qui sino al principio del mese venturo. Ingrasso, ringiovanisco, divento bello, che è una meraviglia. Addio. Tutto tuo. Il Parini. P. S. In caso che tu mi scriva, fa avere le lettere in casa del Segret.o Corti, donde mi saranno spedite. BAMi, S. P. 6/5 xi. 11. Autografo; bifoglio di mm 178 × 250, scritto solo sulla c. 1r. La c. 2v, mutila, conserva un segno di ceralacca e la sola parte sinistra dell’indirizzo: All’Ill.mo Sign. Il Sig.r D.r Gius Nella Contrada Milano.

Manca indicazione dell’anno (1774, secondo Foresti 1948, p. 156). Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 617; Bellorini 1913-1915, ii, pp. 200201, lettera xli, che la pubblicò per la prima volta; Mazzoni 1925, pp. 1016-1017, lettera li. Del «segretario Corti», ossia Ilario Corte (1723-1786), uomo di fiducia del Parini, proprietario di un «casino» a Rovagnate, parla anche don Giusep-

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pe Croce nella postilla inserita nella lettera dell’11 aprile 1771 (cfr. lettera 14 e relativa nota). Il Corte, archivista e poi segretario del Senato, intimo amico, fino al 1770, di Pietro Verri, cui fornì i materiali per le Considerazioni sul commercio dello Stato di Milano, fu chiamato a Vienna nel 1767 per riordinare l’archivio del Dipartimento d’Italia. Nel 1769, tornato a Milano, divenne segretario della Deputazione agli Studi. Su di lui cfr. Gaspari 1980, pp. 729-732; e cfr. altresì la nota alle pp. 462-463 di Beccaria 1984, e Siboni 2004. Francesco Bellati (1749/50-1819) pubblicò nel 1773 la traduzione in milanese del primo canto dell’Orlando Furioso. Nel 1790 tradusse in dialetto milanese l’ode pariniana A Silvia, per invito diretto dell’arciduca Ferdinando. Fu segretario della regia Camera dei Conti e poi direttore del Censo a Milano. Su di lui, cfr. Isella 1999a, pp. 120-121. Problematica l’identificazione delle altre persone citate.

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22 [Ad Angelo Mazza] Ill.mo Sig.re Prof. Col.mo.

Io sono reo presso di V. S. Ill.ma d’un tale eccesso d’inciviltà, che non potrò mai farmene bastevoli rimproveri, e così grande mi sembra la mia colpa che non so addurre scusa che mi vaglia. Tuttavia mi chiamerei fortunatissimo se Ella volesse usar meco tanto della sua bontà da attribuire parte del mio fallo a due malattie fisiche, le quali ho notoriamente avuto questo inverno, e ad una malattia di spirito, a cui, per motivi segreti al mio cuore, sono frequentemente soggetto. Io conosceva già e per fama e per produzioni sue il merito di V. S. Ill.ma nelle cose letterarie, ma la bontà ch’Ella ha avuto di farmi il prezioso regalo delle sue opere, e d’indirizzarsi a me per consiglio, mi ha fatto pienamente conoscere la straordinaria gentilezza e modestia insieme dell’animo suo. Dopo una così condannevole dimenticanza, non meriterò fede presso di Lei, se Le dirò che uno de’ motivi della mia dilazione è stato il disegno che avevo di ragionar seco a lungo di cose poetiche, in occasione degli scritti ch’Ella s’è compiaciuta di mandarmi. Ma che importa se avendo anche un motivo di più, io non ne ho poi fatto nulla, e non ho che aggravato la mia colpa? Questa mia ingenua ed ampla confessione spero che, se non altro, potrà meritarmi qualche perdono presso di Lei: e la mia maggior diligenza e buona creanza in avvenire spero che in parte mi giustificherà sopra la mia passata accidentale condotta. Ella mi faccia pur l’onore di mandarmi il suo Poema sopra il Bello, che con quella occasione sfogherò ben volentieri le mie qualunque siano idee poetiche con una mente come la sua, fatta singolarmente per ben giudicare. Un cavalier Torinese, di cui non mi ricordo il cognome, e il quale venne a trovarmi due anni sono, mi fece sentire alcuni versi abbastanza pregevoli di una sua composizione sopra lo stesso argomento. Godrò di vedere due begl’ingegni italiani gareggiare sopra una materia così poetica insieme e filosofica. Per amor di Dio, m’assicuri Ella d’avermi perdonato la quasi mia villania, coll’onorarmi della sua confidenza; e si persuada

lettere 131 ch’Ella troverà in me, se non un giudice abbastanza illuminato, almeno un amico sincero e zelante; il quale sarà sollecito di cancellar dall’animo di Lei la cattiva impressione che vi potesse aver fatto la passata sua trascuraggine. Continui ad onorare l’Italia colle sue nobili produzioni; e creda questi miei sentimenti dettati da quella stessa sincerità, colla quale ho l’onore di protestarmi di V. S. Ill.ma dev.mo obb.mo serv.re Giuseppe Parini. Milano, 14 agosto 1774.

Autografo non rintracciato. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 618-619. Pubblicata per la prima volta da Micheli 1905, pp. 5-6. L’autografo non è reperibile nel Fondo Micheli-Mariotti della BPPr (già esaminato scrupolosamente da William Spaggiari e ora riesaminato dai curatori), dove è conservata la collezione di lettere indirizzate ad Angelo Mazza dai vari corrispondenti. Mazzoni 1925, pp. 996-997, lettera xiii, segue Micheli 1905. L’accenno del Parini a «una malattia dello spirito» riconduce alla vicenda sentimentale con Teresa Mussi (cfr. nota alla lettera 17, e le lettere 25, 26, 28). Il poema sopra il bello, di cui il Parini gradisce l’invio, indica il Poemetto sul bello armonico, cominciato nel 1773, rimasto interrotto e inedito fino alla pubblicazione in Mazza 1816-1819, iii, p. 165. Potrebbe essere indirizzata al Parini la seguente lettera del Mazza, conservata in ASMi, Studi, Parte Antica, cart. 105, e recante in alto a sinistra l’indicazione: «1793. 28 agosto. Parma»: Dall’Ill.ma Amarilli mi era stato prenunciato l’atto cortese che V. S. Ill.ma voleva meco usare presentandomi le sue Odi, e a Lei palesai quanto io avessi prezioso questo dono. Ora colla gentilissima sua de’ 23 cor. Ella si è compiaciuta d’inviarmele, e non differisco ad attestare la mia viva riconoscenza e renderle le più distinte grazie. Io assaporirò con tutto il piacere le bellezze di questa sua Poesia, e sono sicuro che vi ravviserò quel merito sublime nell’autore che la sua modestia non gli lascia conoscere. La prego di favorirmi le cagioni di comprovarle coi fatti li sentimenti della chiara stima e confidenza con cui mi pregio di protestarmi […].

Si tratterebbe delle Odi dell’abate G. P. già divolgate a cura del discepolo Agostino Gambarelli, stampate nel 1791 presso G. Marelli. La Bandettini (per la quale cfr. lettera 59 e relativa nota) proveniva da Milano, dove aveva appena conosciuto il Parini; a lei il Mazza dedicò un’ode in quello stes-

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so 1793: Alla signora Teresa Bandettini che invitò l’autore a comporre per la nascita del secondogenito del Marchese Lanfranco Cortesi l’anno 1793. Su Angelo Mazza (1741-1817), oltre alla voce del DBI, 72, 2009, pp. 476480, cfr. Cappelletti 2009. Il cavaliere torinese incontrato dal Parini nel 1772 è Gaetano Emanuele Bava, conte di S. Paolo (Fossano, Cuneo, 1737-1829), che compì un viaggio di studio in varie città d’Italia dal 1772 al 1776. Amico di Gian Francesco Galeani Napione, Carlo Denina e Vittorio Alfieri, fondò l’Accademia Fossanese e fu autore di componimenti poetici, tra cui Il bello e il bello visibile (pubblicato in Poemetti italiani, Torino, Pane e Barberis, 1797), cui fa riferimento il Parini. Su di lui, cfr. Pagliero 1991, ii, pp. 605-612. L’identificazione si basa sulla lettera di Angelo Mazza del 12 maggio 1772 a Melchiorre Cesarotti, in cui gli annuncia: «Il Conte di San Paolo Cavaliere Torinese […] si recherà a Venezia e a Padova […]. Esso è impaziente di conoscervi di persona, come vi onora altamente per fama» (in Cesarotti 1811-1813, xxxv, p. 226; ivi, xl, in data 17 maggio 1772, la risposta del Cesarotti).

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23 [A Giuseppe Paganini] C. A. Cantù. 8. 7.bre [1774]

Nell’atto che io era per iscriverti con un’occasione, che parte dimani, ricevo la graziosissima tua; e mi riesce graditissimo anche l’essere stato prevenuto. Veggo da ciò quanta sia la sollecitudine della tua amicizia; e te ne sono obbligato col più vivo del cuore. La mia salute non è peranco ristabilita punto: e benchè non mi sia tornata la febbre, io soffro però cotidianamente gl’incomodi che soffrivo a Milano con flati quasi continovi,1 che non mi lasciano risvegliar l’appetito, che mi producono un ingombramento nojoso di capo; e mi rendono bene spesso gravoso a me medesimo. Io passeggio; io vo spesso a cavallo; io non mangio altri frutti che una sola pesca al pranzo; io piglio interrottamente la china; io mastico ogni mattina delle bacche di ginepro, suggeritemi dalla lettura che qui ho fatta delle Opere di Tissot; ma tutto questo finora non mi produce nessun sensibile vantaggio. Le forze per altro mi pare che vadano acquistando qualche cosa, benchè assai lentamente. Spero nel tempo, nell’aria, e nella tranquillità dello spirito, che procuro ad ogni costo di guadagnarmi. Cantù è un bel paese, ma incomodissimo per passeggiare e per cavalcare. Le donne sono il diavolo: e se fossi anche sano vigoroso e di buon umore, non ci sarebbe pericolo che io facessi la menoma infedeltà alla Sig.ra Teresina; della qual cosa ella sarà contentissima. Fui l’altro giorno a Monsorè, uno de’ luoghi più deliziosi che io abbia mai visto. Credimi che io ho desiderato la tua dolcissima compagnia massimamente quel giorno. Oh quanto ci staremmo noi bene con un numero d’amici, radunativi, non dalla vanità e dall’ambizione, ma dalla benevolenza e dall’amore! Perchè non ho io la mente libera per descriverlo proporzionatamente alla sensazione che mi ha fatto? Ho ricevuto colla tua lettera anche l’acclusa. Non so esprimerti quanto io sia obbligato a chi l’ha scritta. Bisognerebbe essere il 1 flati quasi continovi: flatulenze gastriche quasi continue.

134 giuseppe parini più caparbio, anzi il più ribaldo degli uomini a non credere che l’espressioni in essa contenute non provengano da un cuore sincerissimo e sensibilissimo. Ti priego efficacemente di farne i miei ringraziamenti a chi si deve col massimo calore della tua eloquenza, per così esprimere almeno in parte la forza della mia soddisfazione, e della mia riconoscenza. Gli farai scusa se per ora non gli scrivo, perchè la sua lett.a mi ha messo il cuore e la mente troppo in tumulto; e dall’altra parte non mi resta tempo di scriver come vorrei per la presente occasione. Gli consegnerai nondimeno l’acclusa, la quale non consiste, che in puri complimenti ostensibili. Stanotte mi sognai che il soggetto1 di cui parlo era morto, e che io lo vedeva in questo stato. A tal proposito raccomando con tutto l’animo a te e a lui la sua salute. Gli dirai che la mia lontananza era necessaria per esso e per me; e che questa non pregiudicherà punto nell’animo mio a quella veemenza di affetti che ho, e che debba avere per lui. Tosto che mi si presenterà altro mezzo, gli confermerò io stesso per lettera questi sentimenti: ma frattanto raccomando di nuovo a te e a lui la sua salute; e ti priego di darmene nuova sinceramente. La persona, che ti recherà questa mia si fermerà a Mil.o per qualche giorni; onde se ti piacerà; e se non ti sarà di grave incomodo potrai scrivermi per mezzo suo. L’amicizia che io avevo per te e per tua moglie, sebbene non consistesse che in sterili sentimenti dell’animo era però a un grado singolare. Ma ora è essa cresciuta a dismisura in occasione delle tante gentilezze, parzialità, ed assistenze usatemi nella mia malattia; e che la presente divisione mi suggerisce e rappresenta più al vivo di quel che facesse la consuetudine del vivere insieme. Caro amico, assicurati, che io non dimenticherò mai quanto io sia debitore a te e a tua moglie. Voglio star lontano da Mil.o; e non ostante vorrei esserci anche per tuo riguardo. Salutami caramente la Sig.ra Teresina, D.n Alessandro, e Bonsignori. Addio. Il mio gentilissimo albergatore ti ricambia cordialmente i saluti. Se tu vedi l’Ab.e Passeroni fagli i miei più cordiali saluti, ringraziamenti etc. etc. e digli che quanto prima gli scriverò. Il tuo Parini.

1 il soggetto: la donna.

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BAMi, S. P. 6/5 xi. 13. Autografo; bifoglio di mm 184 × 250, scritto sulle cc. 1r-v e 2r. Manca l’indicazione del destinatario e dell’anno; secondo Foresti 1948, p. 156, è del 1774. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 676-677. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 201-203, lettera xlii, che la pubblica per la prima volta; Mazzoni 1925, pp. 1017-1018, lettera lii. Foresti 1848, p. 157n, riporta il passo dell’Avis di Tissot, individuato come fonte della terapia cui il Parini si sottoponeva per curare i disturbi di cui soffriva: «Dans les endroits où la nature de l’air rend ces fievres frequentes, l’on doit bruler souvent, dans les chambres, surtout dans celles où l’on couche, quelques herbes ou quelques bois aromatiques; mâcher tous les jours de grains de genievre, & employer, pour boisson, une infusion fermentée de cette même graine» (Tissot 1761, § 242, p. 296). Samuel-Auguste-André-David Tissot (Grancy, Vaud, 1728 - Losanna 1797) fu il primo a introdurre nella sua regione d’origine l’inoculazione antivaiolosa; amico di Rousseau e medico privato del Firmian, insegnò Medicina Pratica all’Università di Pavia dal 1781 al 1783 e compose anche un trattato sulla salute degli uomini di lettere. Dei suoi disturbi digestivi il Parini parla anche nella lettera ad Angelo Mazza del 14 agosto 1774, e nella lettera al Greppi del 17 agosto 1775 elogia l’«ottima china» che gli aveva mandata (cfr. lettere 26 e 27). Il Parini intendeva celebrare i benefici della china in un’ode, rimasta però incompiuta: Oh corteccia possente (Mazzoni 1925, p. 505). Sul Tissot, cfr. Memorie 1878, pp. 223-227; Stella-Lavezzi 2001, pp. 280-286. Gian Carlo Passeroni (Condomine, Nizza, 1713 - Milano 1803), accademico Trasformato, trascorse quasi tutta la sua lunga vita a Milano. Autore del Cicerone, satira di costume edita tra il 1755 e il 1774, compose sette volumi di favole esopiane, pubblicate fra il 1779 e il 1788. A lui il Parini rivolse i versi sciolti O meco infin da gli anni miei più verdi (Mazzoni 1925, p. 514, componimento ccviii, incompiuto) e gli dedicò i vv. 43-48 di La recita dei versi. Cfr. Caretti 1951, pp. 763-782, che colloca il Passeroni tra i poeti satirici; Maier 1959, pp. 380-389. Monsoré (Montesolaro) è un paesino collinare nei pressi di Cantù. Ne parla anche Gian Rinaldo Carli nella lettera del 3 settembre 1767 al Kaunitz: cfr. Marcelli 1955-1956, p. 571. Il «numero d’amici» alieni «dalla vanità e dall’ambizione» rivivrà in poesia nello «stuol d’amici numerato e casto» che «lieto deride» la «splendida turba» e il «vano fasto» (Alla Musa, vv. 25-28; a sua volta «antitetico allo stuol de’ clienti della Caduta, 54»: Ebani 2010, p. 280n).

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24 [A Giuseppe Paganini] C. A.

12. 7.bre [1774]

Fra poco tempo non avrò più il piacere nè meno di trattenermi teco per lett.e, perchè tu sarai così lontano che io non saprò come diriggertele. Però frattanto che tu sei in città non voglio perder l’occasione di scriverti, nè di meritarmi tue risposte, le quali mi serviranno di qualche sollievo nella più critica circostanza, in cui mi sia mai trovato. Un uomo, che o per sua colpa o senza, sia involto in qualche calamità, non si può dir pienamente infelice finchè gli resta un amico, con cui liberamente sfogare il suo dolore; un amico, che venga egli medesimo a raccogliere la ridondanza del nostro affanno; un amico, che compatisce ciò che è proprio dell’uomo e di certi caratteri; un amico che non ha la sciocca crudeltà di rimproverarci, e di darci delle lezioni morali giusto in mezzo all’alterazionea maggiore del nostro spirito. Un tale amico sei tu caro Paganini; ed io trovo pure il conforto di potermi a te mostrare qual sono nella mia fiera situazione. Crederesti tu che nè la lontananza, nè gli oggetti della campagna, che soglion farmi tanta impressione, non mi posson punto distrarre dal pensier tormentoso, che ho meco portato dalla Cittab? Crederesti tu che mille volte mi sento violentato a ritornare; e che mille volte violento me medesimo a non lo fare? Ma parliamo d’altro. M’immagino che tu ora comincerai a dar le tue disposizioni per la villeggiatura. Felice te, se tu vi potrai andare scompagnato dalle idee, che mi ci hanno accompagnato me! A buon conto io ti auguro ogni sorta di divertimento, e modo di procurarteli; e chi sa che il mio animo non si disponesse di venirti a trovare almeno per pochi giorni? Per altro non assicuro niente, perchè io non so quel ch’io mi voglia, quel ch’io mi faccia, nè quel che debba esser di me. Desidererei di sapere, se tu hai ulteriori nuove del tuo affare di Vienna, che mi possano esser grate. A questo proposito ti priego anche d’un piacere, cioè di vedere alla Posta grande, se maic ci fosser lett.e per a Cassato morale.

b Sic nel ms.

c

Cassato non.

lettere 137 me e trasmettermele, perchè io ne aspetto da Angiolini. Ti priego ancora, se tu hai nuove di quelle che tu credi che mi possano interessare, di farmene cenno. Io cerco tutti i mezzi di potermi distrarre, e ogni cosa può esser buona a farmi guadagnar qualche momento. Sono due o tre giorni che la mia salute va meglio; onde vo sperando di potermi col beneficio di quest’aria ristabilire, quando io ottenga dia mettere un po’ più in calma il mio spirito. Ma per ottener questo bisognerebbe o non ricevere o non leggere le carte, che mi vengono per mezzo tuo. Questo però non è possibile perchè, se non altro, il dovere e la gratitudine mi obbligano ed a ricevere ed a rispondere. Qui troverai una acchiusab, che ti priego di consegnare occultamente al noto soggetto.1 In tanto io mi valgo di te, perchè la necessità a ciò mi obbliga, oltre la tua amichevole esibizione. Per altro, ti avvertisco sinceramente, che se mai, per qualsivoglia delicatezza, quest’opera ti rincrescesse, io sospenderò di più oltre incomodarti a tal riguardo. Tu mi farai un piacer sensibile se mi darai nuove della salute del soggetto medesimo; e se mi dirai sinceramente quale ti sembri per rapporto a me.2 Già il mio male non può esser più grave di quel che è: e una verità saputa potrebbe forse animarmi a profittar delle circostanze per iscuotere il giogo. So quanto sei delicato, e quanto mi ami. Però non dubito, che fossi mai per iscrivermi cosa o ingiustamente lusinghevole per me, o ingiustamente d’aggravio all’altra persona. Solo ti avviso, per tutta l’amicizia, che hai per me, di non toccarmi nemmeno per ombra nulla, che riguardi il vicino esito di questo maladetto affare. Scusa, ti priego con quella conoscenza del mondoc e con quella umanità, che tu hai i vaneggiamenti d’un tuo amico. Salutami di tutto cuore la Sig.ra Teresina; e fa i miei complimenti a D.n Alessandro, ed all’Ab.e Bonsignori. Procura di star sano; ed amami come fai. Addio. Il tuo P. BAMi, S. P. 6/5 xi. 3. Autografo; bifoglio di mm 183 × 248, scritto fino a metà della c. 2v.

a Cassato poter. 1 soggetto: la donna amata.

b Corretto su acclusa.

c

Cassato che tu hai.

2 per rapporto a me: nei miei confronti.

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Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 621-622. Reina 1801-1804, iv, pp. 172175; Bellorini 1913-1915, ii, pp. 203-205, lettera xliii; Mazzoni 1925, pp. 1918-1019, lettera liii. Per l’«affare» di cui Paganini aspettava notizie da Vienna, e anche per Bonsignori, cfr. la nota alla lettera 17. Gaspare Angiolini (Firenze 1731 - Milano 1803), danzatore e interprete di balli da lui stesso allestiti, ottenne l’apprezzamento del Metastasio per Le départ d’Enée ou Didon abandonnée. Compose il Don Jouan ou Le festin de pierre e collaborò con Gluck e Calzabigi alla riforma dell’opera in musica. Nel 1774 fu a Vienna per un breve periodo, dopo la chiusura della stagione del Real Ducal Teatro di Milano. I cenni all’Angiolini in questa lettera confermano la datazione del 1774 proposta da Foresti 1948, p. 156. Nella disputa intercorsa tra Angiolini e Noverre sul ballo pantomimo, il Parini parteggiò per l’Angiolini: sull’argomento, cfr. Candiani 1989, pp. 91-122; Lombardi 1998; Lombardi 2000; Rosini 2000, pp. 257-314; Verri 2004, pp. 595-664. Su Teresa Angiolini Fogliazzi cfr. la nota alla lettera 5.

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25 [A Giuseppe Paganini] 25 7.bre [1774] C. A.

Con tutta la cordialità ringrazio te e tua moglie della graziosa premura in cui vivete della mia salute. Non ho replicato alla tua del 18 perchè le cose, che in essa mi scrivesti dell’amico, mi posero in tal sospetto e turbamento, che mi tolsero e la voglia e la libertà del pensare; e mi fecero risolvere d’aspettare altre lett.e o tue o dell’amico stesso, colle quali speravo d’essere schiarito. Ma con mia sorpresa l’ultima tua del 22 mi conferma anzi ne’ medesimi sospetti, ed accresce l’agitazione del mio spirito. Perdonami se in questa mia parlerò più delle relazioni che ho con altri, che di quelle che ho teco. Non potrei fare altrimenti nello stato in cui mi trovo: e dall’altra parte credo che sia un coltivare la nostra amicizia il depositar, come fo, nel tuo solo cuore e nella sola tua fede i segreti più grandi e più intimi dell’animo mio. Io non so quel ch’io mi pensi dell’estrema malinconia, di cui mi parli nella tua del 18: come parimenti della rigorosa custodia, in cui vive l’amico. La novità di questo, e la circostanza che tu rilevi nella P. S., cioè che quando tu gli consegnasti l’ultima mia, non ti parve che vi fosser tanti torbidi, mi fa dubitar con tutto il fondamento che non gli sia stata sorpresa la mia lett.a, oppure qualche risposta, ch’egli mi preparasse. Questo è quello che mi ha tenuto e mi tiene tuttavia nella più grande agitazione, ch’io possa esprimerti. Vedo dalla premura, che ti sei fatto di rilevar nella P. S. l’accennata circostanza, vedo, io dico, che tu avevi qualche notizia, o che almeno avevi lo stesso sospetto che io. Temo che l’amico non abbia fatta qualche imprudenza e che si sia vergognato di comunicarla a te. Dubito anche che te l’abbia comunicata; e che tu ti guardi dal parlarmene per non affliggermi maggiormente. Talvolta, non ostante le forti e replicate dimostrazioni dell’amico, sono costretto a fargli il torto d’immaginarmi qualche suo sutterfugio. In somma il mio spirito e il mio cuore sono stati finora, e sono nel maggior tumulto, e nello stato più penoso e violento, che io abbia provato mai. Deh,

140 giuseppe parini in nome dell’amicizia che hai per me e della perfetta conoscenza, che io ne ho, ti scongiuro di fare il possibile per sincerarmi su questo affare. Qualunque sia la cosa, levami in ogni modo dall’orribile incertezza, in cui vivo. La natura mi ha disposto a dei sentimenti, che mi dovevan render perpetuamente infelice: ed io son così debole, che non ho mai saputo far uso della ragione per domarli, o almeno per moderarli. Sa il cielo quali sforzi ho fatto per allontanarmi questo poco tempo: e la mia fatalità vuole che anche nel mio ritiro venga il diavolo a perseguitarmi. Com’è possibile, che la vecchia, che dianzi era tutta mia,1 voglia perseguitar l’amico a mio riguardo, ora che sono assente, come è possibile ciò, se non fosse accaduto qualche sinistro. Ciò che mi fa più pena si è, che temo non ne sia consapevole il vecchio o qualche altra persona che più importi. Ah se ciò fosse, non saprei darmene pace per tutti i motivi. Qualunque fosse per esser l’esito vicino di questo mio sventurato affare, io l’aveva portato fin qui salvando i miei riguardi. Ma tutto sarebbe ora rovinato, se io indovinassi ciò che temo. Fa il possibile, ti replico, fa il possibile di sincerarmi su quest’oggetto. So che non mi farai il torto di credere che io abbia azzardato delle cose, che non mi convengano; ma tu sai come sono le lett.e d’un certo genere, e come s’interpretano dai materiali.2 Ti posso anzi dire, che io raccomandavo caldamente all’amico d’esser cauto nello scrivere. Ma usciamo da questi oggetti tristi: e scusa l’indiscrezione con cui ti aggravo d’incomodi. La mia salute va piuttosto bene; ma non posso dire, che sia peranco in istato di consistenza. Non fo abuso di nulla; eppure abbondo ancora di flati e bullicamenti3 al ventre, il quale però mi serve discretamente. Mi si va svegliando l’appetito; ma se io mangio secondo la voglia, non dormo bene, e mi desto col palato rigido, o imbrattato. Alla sera non mangio che una minestra. Di giorno passeggio abitualmente, e vo frequentemente a cavallo. Se ti suggerisce niente, che faccia al proposito, fammi il piacere di prescrivermelo. Vorrei anche che mi avvisassi se posso far nulla per ingrassare; e se mai il latte, che qui è buono, potesse esser utile diluendolo. Sebbene mi par di presentire, che la mia salute non 1 era tutta mia: era tutta dalla mia parte. 2 dai materiali: dalle persone grossolane. 3 flati e bullicamenti: flatulenze e fermentazioni.

lettere 141 debba più tornar nemmeno nello stato, in cui era prima ch’io mi malassi. Mi rallegro con tutto il cuore delle buone speranze che mi dai circa il tuo affare, e massime della prestezza con cui si ha da risolvere. Io farò il possibile per venirti a trovare in campagna; ma non so bene se ci riuscirò. Per quest’anno odio troppo invincibilmente quelle tue vicinanze. Nondimeno sarò di certo a Mil.º sulla fine d’ottobre per venir teco a Canzo. Potrebbe anche darsi, che io vi facessi una sfuggita anche prima d’allora, perchè la vicinanza m’invita a fare una scorsa di pochi giorni nel Piano d’Erba. Ciò però s’intende per il mese venturo, e se potrò rimetter lo spirito in qualche maggior tranquillità. Salutami l’amico; e se lo credi di buona fede, fagli scusa se è costretto a soffrir delle pene per me. Io non voglio sapere in chea situazione egli sia presentemente, o sia per essere: ma dalle tue lettere parmi di rilevare, che le cose vadano peranco in lungo; il che pure mi spiace per molte ragioni. Non vorrei al mio ritorno trovarlo ancor nello stato in cui lo lasciai. Questa mia ti sarà recata dal mio servitore. Egli si fermerà a Mil.o per pochi giorni; e tu potrai consegnare a lui le tue lettere, se come spero, avrai comodità di scrivermi. Ti auguro felicissima la villeggiatura, la quale in tutt’altra occasione farei assai più volentieri teco, che con qualunque altro. Se avrò tempo di farti aver lettere in città dopo il ritorno del mio servitore, lo farò: altrimenti ci rivedremo alla fine del venturo. M’immagino che tu pure mi scriverai per l’ultima volta per ora; onde ti priego che tu abbi la pazienza di soddisfarmi quanto ti è possibile in ciò che puoi immaginarti esser di mio desiderio. Salutami carissimamente tua moglie; e ringraziala della bontà che ha per me. I miei complimenti a D.n Alessandro. Dirai a Bonsignori, che ho ricevuta la sua; e che procuri di non ammalarsi per la troppa sollecitudine nel noto affare. Scusami scusami ti priego delle mie perpetue importunità: e sta sano. Io non iscrivo niente all’amico, perchè nè so, nè voglio avventurarmi a nulla nello stato d’incertezza, in cui mi trovo. a Cassato stato.

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giuseppe parini

BAMi, S. P. 6/5 xi. 12. Autografo; due bifogli di mm 184 × 240, inseriti l’uno nell’altro, il secondo scritto solo fino a metà della c. 1v. Sulla c. 2v, d’altra mano (a matita): «Lettera di Parini». Senza indirizzo né firma. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 623, 678. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 205-208, lettera xliv (prima edizione); Mazzoni 1925, pp. 1019-1021, lettera liv. Per «l’affare» di Paganini, cfr. la nota alla lettera 17; e anche qui Parini evoca il mal d’amore per la Mussi (cfr. ancora la nota alla lettera 17, e le lettere 22, 26 e 28).

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26 [A Giuseppe Paganini] C. A.

1. 8.bre [1774]

Non voglio trascurare anche questa volta l’occasione di scriverti per mio piacere e per mio interesse. Sarò breve per accomodarmi all’imminente partenza di chi ti recherà questa mia. Sempre più ti sono obbligato della frequenza e sollecitudine, con cui ti sei compiaciuto dì scrivermi; ed assai più della bontà con cui hai secondato le fantasie di questa mia adultissima fanciullaggine. La lett.a dell’Amico, che tu m’hai mandata, l’ho trovata piena di desolazione. Io non la credo esaggerata non ostante l’invincibile pregiudizio, che l’amico stesso s’è fatto nel mio spirito colla passata condotta. Non posso dunque a meno di non averne tutto quel sentimento, che merita. Ma non posso attestarglielo in iscritto come vorrei, perchè non mi par prudente di avventurare altre lett.e per mani ignote, come al presente converrebbe fare. Se mai tu avessi occasione di parlargli, o di scrivergli confidentemente ti priego con tutto il cuore di fargli scusa, e di assicurarlo, che, non demeritandolo lui, io sarò sempre pertinacemente lo stesso per amore, per ragione, e per gratitudine. Sebbene al mio partire ti avessi pregato di non scrivermi nulla intorno al termine del di lui affare; ora però l’incertezza mi riesce gravemente penosa; distribuendomi sopra molti giorni la riflessione d’un solo. In caso adunque che tu abbi libertà e voglia di scrivermi un’altra volta prima della tua partenza, mi farai grande piacere a dirmi quel che sai senza riserva delle circostanze di questo affare. Il mio maggior timore si è che non si prolunghi questa cosa anche dopo il mio ritorno in città. Desidererei ancora che tu mi dicessi schiettamente quel che ti sia parsoa della sua disposizione: e come abbia dato luogo d’esser soddisfatti a te e a tua moglie colla sua presente condotta a vostro riguardo. In somma vorrei, se fosse possibile, mille cose; e fra l’altre che tu mi perdonassi la mia indiscrezione. a Cassato e poi riscritto.

144 giuseppe parini Assicurati che farò il possibile di risolvermi a venirti a trovare per qualche giorni. Se andrò a Canzo non ti avrò per dimenticato. Fammi un millione di complimenti a tua moglie: e tu divertiti allegramente. La mia salute va meglio. Ti ringrazio de’ tuoi suggerimenti, e ne profitterò. Mi fermerò qui per pochi altri giorni; e non so poi quale direzione io sia per pigliare. Ti giuro che io sono come un uomo smarrito, che si lascia condurre dal caso, e dalla tristezza che lo lacera. Addio. Scrivimi un’altra volta se puoi. BAMi, S. P., 6/5 xi. 14. Autografo; bifoglio di mm 184 × 250, scritto sulla c. 1r-v; senza indirizzo né firma. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 626-627. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 209-210, lettera xlv (prima edizione); Mazzoni 1925, pp. 1021-1022, lettera lv. L’«amico» cui allude Parini è, evidentemente, Teresa Mussi (cfr. la nota alla lettera 17 e le lettere 22, 25, 28).

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27 [Ad Antonio Greppi] [Milano, 17 agosto 1775] Ill.mo Sig.re Sig.re e P.on Col.mo,

Perchè V. S. Ill.ma s’interessa tanto per la salute d’un piccolo uomo come io sono, non posso esimermi dal darle parte d’essermi per ora liberato dalla mia terzana, in cui ero ricaduto, e nello stesso tempo del ringraziarla dell’ottima china di cui Ella mi ha favorito così gentilmente e alla cui forza debbo l’immediata sospensione d’una febbre ostinata. Creda V. S. Ill.ma che io ho un’anima non punto vile nè ottusa;1 ma tale che sa riconoscere anche nei piccoli tratti tutta l’indole delicata e generosa del di Lei cuore. Un atto di cortesia spontanea ed opportuna, accompagnato da espressioni affatto degne di Lei e così lusinghiere per me, io lo valuto tanto quanto i più grandi beneficj ch’Ella mi ha fatto o che sapesse mai farmi. Aggiugnerò anche questa alle antiche mie obbligazioni, e prego Dio mi ponga in istato di mostrarLe col fatto la ricordanza che ho de’ miei doveri e i vivi sentimenti di gratitudine che conservo verso di Lei. Finora ho dovuto comparirLe ingiusto e sconoscente perchè, non sapendomi io avvilire fino a importunare e pianger continuamente davanti ai Grandi e ai Ministri di qui o della Corte, la mia condizione non s’è potuta migliorare. Spero nondimeno che una volta o l’altra i miei superiori conosceranno che anche le persone meno presuntuose e meno assistite non sono le più insufficienti. Frattanto, pieno di giustissima ammirazione delle Sue virtù e di sincerissima compiacenza della bontà con cui Le piace di distinguermi, ho l’onore di dichiararmi con tutto il rispetto di V. S. Ill.ma Dev.mo e Obbl.mo Ser.re Autografo non rintracciato. 1 vile … ottusa: meschina … insensibile.

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giuseppe parini

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 627. Pubblicata per la prima volta da Mazzoni 1925, p. 997, lettera xiv, che la trasse dall’autografo allora conservato nell’Archivio Greppi di Casate, Raccolta d’autografi, segnalando la scritta a tergo: «Milano, ab. Parini, 1775, 17 agosto».

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28 [Ad Angelo Teodoro Villa] A. C. 16. Genn.o 1776.

Ho ricevuta e fatta comunicare la vostra al Sig.r Prevosto Bossi: e ne attendo e vi parteciperò la risposta. A me intanto pare che avreste dovuto fissar più precisamente il termine in cui intendete di trasmettere i vostri scritti, perchè gli altri nostri colleghi hanno premura di far presto il debito1 loro. Rispetto al foglio a parte della vostra lettera, mi guarderò bene dall’andare in collera con voi per le puerilità, che contiene. Soltanto vi assicuro, che nè in questa nè in altre occasioni io non vi ho fatto mai nè il torto nè l’onore d’esser geloso di voi. Tutt’altre sono le ragioni, per cui io tratterò o non tratterò la nota persona. Se non concedeste tanto a cotesto vostro piccolo amor proprio, non dareste corpo a certe sciocchezze, che non meritano di solleticarlo. Voi sapete, che io mi son talvolta doluto di voi con voi, che non mostraste tutto l’interesse nel sostener la causa de’ vostri amici. Se sapete distinguere i sentimenti, vedrete che questo è tutt’altra cosa che gelosia. Del resto io conosco voi e me: e voi dovete esser persuaso da tante pruove, che io ho un’anima, che si eleva mille miglia al disopra di queste coglionerie. Guardatevi adunque un’altra volta dal prestar fede a simili o sogni o imposture, che non debbono occupare il commercio letterario2 di due Regj Profes[s]ori. Altrimenti io dirò, che voi avete gusto d’accarezzare e nodrir nel vostro animo delle fantasie puerili solamente perchè vi fanno supporre d’avere o eguale o maggior merito del mio; il che sarebbe una delle infinitesimamente piccole vanità del mondo. Comunque sia però io non intendo che nè i vostri sogni, nè le mie riflessioni sopra di essi abbiano ad interromper punto la nostra solida e leale amicizia di tanti anni. Addio. Vostro Affez.º Amico e Serv.e Giuseppe Parini. 1 debito: dovere.

2 commercio letterario: rapporti professionali.

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BAMi, Fondo Casati, cart. 5, fasc. 12. Autografo; bifoglio, mm 200 × 290, scritto nella 1r; in 2v tracce di sigillo e indirizzo: «All’Ill.mo Sig.re Sig.r P.ron Col.mo|Il Sig.r Ab.e D.r Ang. Teodoro Villa|R. Professore di Storia ed Eloquenza|nella R.a Università di|Pavia». Sul fascicolo che la contiene c’è un’annotazione a matita, con parole poco leggibili, tra cui: «Carducci, sua Monografia» (con probabile riferimento a Carducci 1942, p. 323). Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 628. Pubblicata per la prima volta in Rosmini 1887, donde la trasse Bellorini 1913-1915, ii, pp. 169-170, lettera xi, valendosi anche di correzioni a penna, di mano d’ignoto, su un esemplare del periodico; Mazzoni 1925, p. 998, lettera xv, s’avvale invece dell’autografo, che allora (p. 977) si trovava presso l’Archivio Greppi di Casate. La «nota persona» è Teresa Mussi (cfr. la nota alla lettera 17, e le lettere 22, 25, 26). In Foresti 1948, p. 170, è riprodotto il sonetto Gustai gli atti soavi, e i cari accenti, che Angelo Teodoro Villa avrebbe composto in occasione della visita a Pavia della «bella dama» senza il «suo sposo»: Gustai gli atti soavi, e i cari accenti, E tutta io vidi a’ moti suoi pietosi L’anima grande entro a que’ rai vezzosi. Bella cagion de’ miei sospiri ardenti. Dov’era il mio Rival, che più clementi Ebbe gli astri per sè? Che a lui nascosi Non avrei del mio cor gl’invidiosi Sensi già un tempo, or placidi, e contenti. Detto gli avrei: cresca per voi sul vago Volto in Lei la bellezza, e in voi l’affetto, Ch’io l’alma adoro, e del mio amor son pago. Sian pur le membra esca, e diletto Ad amator più illustre, anch’io m’appago D’un ben, che all’amor mio non è disdetto.

Il Parini rispose al sonetto del Villa con questa lettera risentita. Gli scritti, di cui si parla in apertura, si riferiscono alla Grammatica greca che il Villa doveva compilare per la Commissione dei libri elementari scolastici del 1774: cfr. il Piano per la riforma dei libri elementari scolastici, dell’ottobre di quell’anno, in Barbarisi-Bartesaghi 2005, iv.5.1, pp. 325-347: 335-340. L’oblato e prevosto Gianmaria Bossi, professore nelle Scuole Palatine e docente di teologia nel Ginnasio di Brera, ebbe una parte importante nella riforma degli studi. Angelo Teodoro Villa (Binasco 1723 - Pavia 1794), segretario del governatore Gian Luca Pallavicini, precettore di greco di Girolamo Trivulzio,

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segretario di mons. Archinto, fu membro dell’Accademia dei Trasformati, diventandone più volte conservatore, e insegnò Eloquenza e Storia nell’Università di Pavia dal 1769 al 1786, quando gli fu lasciata la sola cattedra di Eloquenza. Tradusse dai classici latini e greci, e compose numerose orazioni in italiano e in latino. Le sue Lezioni d’eloquenza (Pavia, Monastero di San Salvatore, 1780) ebbero notevole successo: in età napoleonica furono prescritte come testo obbligatorio per le università e le scuole superiori. Collaborò con il Parini ai lavori della Commissione per la riforma dei libri scolastici elementari e fu sempre in ottimi rapporti con lui, se si escludono alcuni momenti nel 1774, come traspare dalla presente lettera. Cenni al Villa sono anche nella lettera del Parini a Salandri (cfr. lettera 6). Nella biblioteca del Parini figurava il De Studiis Litterariis (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, x.2.4, p. 747, nº 269 dell’inventario). Su di lui, cfr. Stella-Lavezzi 2001, pp. 197-199.

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29 [Al conte Carlo Firmian] Eccellenza,

Mi sono più volte presentato all’anticamera di V. E.; ma, non avendole le sue multiplici occupazioni permesso di ricevere, non ho potuto aver l’onore di rappresentarle in persona le mie occorrenze. Prevalendomi adunque della degnazione, che l’E. V. ha avuto, d’accordarmi che io le faccia anche in iscritto, ardisco di umiliarle il memoriale qui contenuto. Non aggiungo alla presente importunità anche quella d’esporle le mie critiche circostanze, avendolo io fatto altre volte che mi presi la libertà di scrivere; e dall’altra parte son certo che V. E. le sa da se medesima misurare con quella penetrazione che è tutta propria della magnanimità del suo cuore. Molto meno mi stendo a supplicar l’E. V. con molte parole. Il tempo è preziosissimo per essa; la sua beneficenza è famosa per tutta l’Europa: io ne ho delle pruove luminose a mio riguardo: e perciò supplicandola di condonare la mia temerità, ho l’onore d’esser, con profondo rispetto, di V. E. Dev.mo e Obb.mo Serv.re 21 Luglio 1776. ASMi, Atti di Governo, Parte Antica, Benefici Occorrenze particolari. N. 19, cart. 533. Autografo; foglio di mm 210 × 300, scritto a piena pagina. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 629. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 170171, lettera xii (prima edizione); Mazzoni 1925, pp. 998-999, lettera xvi. Il memoriale di cui si parla potrebbe essere il testo della lettera 30, trasmesso per via gerarchica, tramite il Wilczeck.

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30 [Al conte Johann Joseph Wilczeck] [Milano, 1776] Ill.mo Sig.re Sig.r P.ron Col.mo

La perfetta conoscenza che io ho del carattere di V. S. Ill.ma; e la fondata persuasione in cui sono della parzialità, con cui ella mi riguarda, mi hanno fatto condannare la freddezza con cui le raccomandai la mia persona prima della sua partenza di qui. Le mie circostanze mi hanno condotto a rifletter meglio; ed a prendermi la libertà di supplir per lettera a ciò che io non feci nell’abboccarmi seco. Spero nella sua bontà ch’ella non sarà per disapprovare la mia risoluzione; nèa conseguentemente per rigettare dal canto suo alcuni pensieri, che mi si presentano risguardanti il miglioramento della mia fortuna. Dirò con sincerità quel che sento, salvo sempre, ch’ella ne faccia quell’uso, che a lei sembrerà convenevole e prudente: essendo io pienamenteb convinto che non resterà da lei, che io non ottenga l’effetto desiderato. Scrissi sulla fine del passato anno una lettera al Sig.r Barone de Sperges parlandogli fra l’altre cosec did più occasioni in cui questo governo si degnò di valersi dell’opera mia nella serie di otto o dieci anni: ee citai in conferma di quanto io diceva, i mezzi e le persone, per le quali passarono le cose ordinatemi. N’ebbi una graziosissima risposta tutta propria a rinvigorire le mie speranze, benchè egli mi avvertisse che la Cortef nulla o ben poco sapeva di quanto io gli avevo esposto. Stimo adunque necessariog d’indicar brevemente anche a V. S. Ill.ma varie delle dette cose esposte, per l’occasioneh che se Le presentasse di valersene a mio favore. Fino da otto o nove anni fa a Segue per rigettare, cassato. b Corretto in interlinea su intimamente. c parlandogli fra l’altre cose corretto in interlinea su esponendogli varie cose che mi riguardavano e fra queste più gli prestai. d Il di è ripetuto. f e Aggiunta in interlinea la e. Cassato non. g Segue, cassato, di rammemorare. h per l’occasione corretto in interlinea su quando.

152 giuseppe parini ci fu pensiero di stabilire in Milano un’Accademia di Belle Arti, che poi è stato ultimamente eseguito. Allora fui comandato per parte del Segret.o Castelli di scrivere un piano per un’Accad.a simile, e massime per ciò che risguarda la incumbenza del Segretario. Lo scrissi lo consegnai allo stesso Segret.o Castelli; e di lì a qualch’anno, ritornato lo stesso pensiere, ne diedi, a ricerca del Segret.o Trogher un’altra Copia. In seguito per mezzoa dello stesso Trogher, fui comandato di compilar le Leggi per l’Accad.a di Belle Arti di mantova:b e lo feci. Venne parimenti pensiere di formare un’Accad.a d’Agricoltura e Manifattura; e per il canale1 del Segre[t.o]c Castelli fu a ciò delegato il M.se Beccaria: ed io fui assunto con esso all’estensione del Piano e delle Leggi, le quali, trattone alcune cose, si sono ritenute letteralmente nella presente erezione della detta Accad.a Determinò la Corte di fare scriver meglio la Gazzetta di Milano; e mi fu ordinato dal Governo di scriverla. La scrissi per un anno intero sinchè io fui fatto Professore, per un miserabile premio2 datomi dallo Stampatore Ricchini, che ne ha la privativa. Nelle nozze di S. A. R. volle il Governo un Dramma allusivo da recitarsi alternando con quello dell’ab.e Metastasio:d ed io lo composi, ed assistetti all’esecuzione. Nella stessa occorrenza mi si comandò di faree una descrizione elegante delle Feste Nuziali; ed io la feci; e la consegnai al Segret.o Trogher. Di queste due cose io non ebbi veruna rimunerazione nè dalla Corte, nè dagli Arciduchi; benchè S. E. il sig.r conte di Firmian mi facesse un regalo del proprio, e in proprio nome. Tre anni fa il Governo mi fece l’onore di farmi tornare a mie spese dalla vacanza a Milano, per essere uno degli Esaminatori de’ Professori da mandarsi nelle Città provinciali. In questo decorso di tempo poi sono stato più volte comandato massime per mezzo del fu ab.e Salvadori, ora ad esaminare manoscritti, ora af dare il mio parere sopra libri Scolastici, ora ad assistere alla correzione di cose da stamparsi per ordine del Governo, e simili. Finalmente già da due anni sono uno de’ membri della Commissione delegata alla nuova compilazione de’ Libri Scolastici. Da queste ed altre cose, che per brevità a Segue, cassato, del Segret. c Strappo sul margine. e Cassato scrivere.

b Sic nel ms. d Cassato e io […]. f Cassato darne.

1 per il canale: per mezzo.

2 premio: compenso.

lettere 153 tralascio, V. S. Ill.ma vedrà, che la Corte ed il Governo mi hanno fatto e mi fanno l’onore di considerarmi abile in qualche materia, senza che nondimeno me ne sia venuto BAMi, S. P. 6/5, xi. 15. Minuta autografa; foglio di mm 184 × 250, scritto a tutta pagina sia sul recto sia sul verso; mutila in fine, la minuta non reca data né indirizzo. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 629-631. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 170-171, lettera xiii (prima edizione); Mazzoni 1925, pp. 998-999, lettera xvii. Dal contenuto, si deduce che si tratti di un memoriale rivolto al Wilczeck. Parini, elencando i servizi prestati al Governo negli ultimi 8-10 anni (la redazione del piano e delle leggi per l’Accademia di Belle Arti di Mantova e per quella di Agricoltura e Manifatture, la compilazione della «Gazzetta di Milano», la composizione dell’Ascanio in Alba per le nozze arciducali e la descrizione delle relative feste, il ruolo di esaminatore dei professori in provincia, la stesura di pareri e relazioni, la revisione formale di manoscritti e di atti governativi, la partecipazione alla Commissione per la riforma dei libri scolastici elementari e altro ancora), parla della recente apertura dell’Accademia di Brera (1776); inoltre dichiara di essere membro da due anni della Commissione per la riforma dei libri scolastici elementari, insediata nel 1774. Il documento è quindi assegnabile al 1776 e si collega alla precedente lettera al Firmian. Analogo promemoria nella lettera 46. Il nuziale «Dramma allusivo» è l’Ascanio in Alba, «in cui Parini, per evitare l’assurdo di sentir uomini cantare fuori della natura, scelse la sua favola da’ tempi eroici, e v’introdusse Dei, e Semidei, de’ quali non conoscendosi l’indole soprannaturale può fingersi proprio il canto, ed ogni altra straordinaria maniera del Dramma Lirico, inteso al diletto nascente dal maraviglioso. Se Metastasio fu osservabile per la dolcezza del suo dire e per la inimitabile sua facilità, Parini meritò assai dal lato della nobile e semplice locuzione, e della convenienza e condotta della favola» (cfr. Reina 1801-1805, i, p. xx). L’Ascanio fu rappresentato al Teatro Regio Ducale di Milano il 17 ottobre 1771, musicato da un giovanissimo Mozart, e alternato al Ruggiero di Metastasio, che invece si avvaleva della musica di Johann Adolph Hasse (cfr. Degrada 2000, pp. 741-743; Nicora 2000; Candiani 2001; per il testo della Descrizione delle feste arciducali, cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, vi.1, pp. 411-432: 419-420 sull’Ascanio in Alba).

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giuseppe parini

Quanto alle persone nominate dal Parini, il barone Joseph von Sperges (?-1791) era Consigliere di Corte a Vienna e referendario del Dipartimento d’Italia dal 1766. L’abate Giuliano Castelli, livornese, era segretario alla Deputazione agli Studi; don Leopold Trogher era Segretario del Governo assegnato al Ministro plenipotenziario Firmian (su entrambi, cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 374). «Ricchini», cioè Giuseppe Richino Malatesta (1694-1793), era lo stampatore regio camerale che pagò privatamente il Parini per tutto il 1769 (cfr. Bruni 1981). L’abate Angelo Salvadori (Salvatori), membro della Giunta Economale e segretario del Firmian, era vivo ancora nel 1775: cfr. ASMi, Culto, Parte Antica, cart. 1347, sub datam 3 ottobre 1775. Sugli incarichi dichiarati dal Parini nella lettera, cfr. Bortolotti 1900, pp. 85-86.

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31 [A Gioachino Pizzi, custode generale d’Arcadia] Ill.mo Sig.re Sig.re P.rone Col.mo

L’onor singolare, che cotesto illustre Corpo dell’Arcadia s’è degnato di farmi: e l’espressioni di gentilezza e di bontà, con cui V. S. Ill.ma me ne porge la notizia, formeranno sempre una dolce compiacenza per il mio animo, atta a rendermi più cari i giorni della vita, che mi sopravanzano. Egli è vero che io mi sento uno interno rimorso, che nasce dalla coscienza ch’io ho di non meritare una sì nobile dimostrazione a mio riguardo: e di doverla anzi alla graziosa prevenzione1 d’alcuno, che per troppa amicizia, mi ha rappresentato2 all’Arcadia per un soggetto troppo più degno di quel, che io non sento di essere. Ma io non amo di discutere questa cosa con V. S. Ill.ma; sì per non meritarmi la taccia di poco rispettoso, o di poco riconoscente verso quelli, che hanno contribuito a decorarmi3 così altamente; come anche per non essere accusato di affettata modestia, nel mentre che non intendo di fare altro che esprimere gl’ingenui4 sentimenti del mio animo. Mi restringo adunque a ringraziar quanto so e posso tanto V. S. Ill.ma, quanto il Sig.re Abate Goudar, e gli altri, che si sono adoperati a mio favore: e prego Lei spezialmente di rappresentare in mio nome all’illustre Ceto,5 a cui ora appartengo la grandezza della mia soddisfazione, della mia riconoscenza, e del mio rispetto. Sono colla più distinta stima, e col più sincero ossequio Di V. S. Ill.ma Milano. 17. Maggio 1777. Dev.mo e Obb.mo Serv.re Giuseppe Parini.

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graziosa prevenzione: benevola disposizione. rappresentato: descritto, presentato. decorarmi: distinguermi, farmi onore. ingenui: sinceri. 5 Ceto: consesso.

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BEUMo, Autografoteca Campori, Parini Giuseppe. Autografo; foglio di mm 180 × 250, scritto sulla c. 1r-v a piena pagina; manca l’indicazione del destinario. Dopo l’intestazione è lasciato uno spazio bianco più ridotto del consueto. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 631-632. Pubblicata per la prima volta in Bertana 1898, pp. 84-85. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 173-174, lettera xiv; Mazzoni 1925, p. 1000, lettera xviii. Manca l’indicazione del destinario, ma, in base al contesto, Bertana (p. 81) l’ha sicuramente identificato in Gioachino Pizzi (in Arcadia Nivildo Amarinzio), custode generale dell’Arcadia romana, al quale il Parini rivolge il ringraziamento per l’elezione a membro dell’accademia (col nome di Darisbo Elidonio). Del Pizzi è infatti la seguente lettera, cui evidentemente risponde quella del Parini: Un poeta della sua sfera, che ha saputo essere originale nella nostra lingua, e introdurre nel Parnaso Toscano un nuovo genere di poesia ingagliardito dalla filosofia e dalla cognizione del cuore umano, e dei costumi, gode meritamente i suffraggi de’ veri letterati d’Italia, e di quei pur d’Oltramonte. L’Accademia adunque degli Arcadi ha indritto di annoverarla tra i suoi Pastori, e di ascrivere il nome di V. S. Ill.ma fra tanti illustri Poeti e scienziati che la compongono. Il Sig. Ab. Godard, vero suo estimatore, ha procurato all’Arcadia sì bell’onore: mi ha di più assicurato che la sua gentilezza si compiacerà di mandarmi delle Rime per inserirle nel xiii tomo delle Poesie degli Arcadi. Ella si accerti che il suo nome andrà in compagnia de’ più celebri Rimatori Italiani che si son degnati spedirmi le loro produzioni. Io non ho altro oggetto che di stampare un volume il quale non contenga solamente canore bagattelle, ma che sia degno dell’età in cui viviamo, e del gusto filosofico che si è saputo insinuare nei parti dell’immaginazione. Le invio il diploma della sua annoverazione alla nostra accademia, e sia questo un picciolissimo omaggio alla tanta sua dottrina e al suo nome, a cui l’Arcadia ha corrisposto co’ plausi universali di gradimento nel giorno in cui l’annunziai. Da i due Poemetti già impressi io aveva appreso ad ammirarla altamente, come autore originale, e che si scarta dal vulgo poetico. Mi attesta il Sig. Ab. Godard che il terzo suo Poema, vicino ad uscire in luce, sia un vero capo d’opera pieno di bellezze inimitabili, tratte dalla sorgente della buona Filosofia, e seco Lei me ne congratulo quanto più posso. Accetti il tributo che offre ai suoi talenti l’Arcadia e il Custode, e mi creda con la più sincera stima e rispetto, ecc.

La lettera, conservata in copia alla BARm, Fondo Moderno, Arcadia, Archivio storico, fra altre del Pizzi a celebri letterati italiani e stranieri, è trascritta senza indicazioni di data da Stara-Tedde 1906, da cui qui si cita.

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Gioachino Pizzi (1716-1790) riorganizzò l’Arcadia attraverso la rete delle colonie, a cui impresse un carattere unitario. Promosse il ruolo intellettuale delle donne (nel 1758 pubblicò Il trionfo delle donne forti) e coronò in Campidoglio Corilla Olimpica. Imitatore del Frugoni, scrisse vari componimenti occasionali, oltre a due drammi, Il grande Cidde e Creso re di Lidia. Fu il quinto custode generale d’Arcadia (succedendo a Michele Giuseppe Morei, alias Mireo Rofeatico), dal 1772 fino alla morte. Cfr. Donato 2000; Nacinovich 2003; Baragetti 2012, pp. 108-143 (sui rapporti con Parini le pp. 123-124). L’abate Luigi Godard (1740-1824), in Arcadia Cimante Micenio, insegnò prima a Malta, poi a Roma; fu prima vice-custode e poi, dal novembre 1790, custode dell’Arcadia di Roma. Su di lui cfr. Dionisotti 1998, pp. 55-79; DBI, 57, 2001, pp. 500-503; Baragetti 2012, ad Ind. Oltre alla lettera al Pizzi, il fascicolo della Biblioteca Estense di Modena contiene altri tre testi pariniani autografi: la lettera a Giambattista Bodoni (cfr. più oltre la lettera 56), i versi Il Parafoco (inc. «Stava un giorno Citerea»; testimone da aggiungere a quelli presenti in BAMi), il sonetto Un Prete vecchio, brutto, puzzolente, la ‘ricevuta’ dello stipendio del mese di ottobre 1794, autografa solo nella firma e nella qualifica: «PPP. e Sopraintendente». Un’altra lettera datata 14 luglio 1750, scritta da Parma e indirizzata all’abate Lodovico Preti di Bologna, che reca indubbiamente la firma «Giuseppe Parini», non è certamente del Parini, per contenuto, grafia, struttura formale, stile, lingua, uso di carta filigranata diversa da quella abituale, ma va attribuita all’omonimo incisore parmense Giuseppe Parini (fl. metà Settecento), del quale la BNCFi, Vari 445, 150, conserva un’altra missiva allo stesso Preti, inviata da Parma il 14 aprile del medesimo 1750 (su di lui cfr. Venturi 1952, ad Ind.). La vicenda della collaborazione del Parini al volume tredicesimo delle Rime degli Arcadi, stampato nel 1780 presso l’editore Paolo Giunchi a Roma, è nota nei suoi vari aspetti. Come membro della Colonia Insubre, il Parini accolse l’invito inviando quindici componimenti: quattordici sonetti, di cui dieci, tolti con lievi modifiche dalle Alcune poesie di Ripano Eupilino (sono i sonetti xv, xviii-xx, xxiv, xxvii, xxix, xxx, xli, più il sonetto xxxv, costituito da ottonari, alle pp. 139-145) e l’ode Perchè turbarmi l’anima, che nell’indice ha come titolo Su la libertà campestre, risalente al 1758, trasmessa a Roma in una stesura di sole undici strofe, alle pp. 146-149 (Gambarelli nel 1791 la propone col titolo La vita rustica, nella stesura di 14 strofe, e con le varianti introdotte dal Parini dopo l’edizione del 1780). Cfr. Isella 2006, pp. xiii e xvii-xviii e Albonico 2011, pp. 39-40. Per l’edizione delle Odi secondo Gambarelli e Reina, cfr. la ristampa anastatica Carrai 1999 (dove, per svista, alla p. xiv, si indicano in nove invece che in undici le strofe dell’ode nell’edizione degli Arcadi e del Reina).

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32 [A Giuseppe Zanoia] Caro Zanoia,

Ebbi il tuo invito di venire alla tua Omegna e l’accetterei se gli acciacchi non mi vietassero di muovermi da Milano e posso dire anche di casa. E a non venire, come è mio antico desiderio, faccio davvero un sacrifizio. Mi è anche grave adesso lo scrivere per causa della vista che si fa sempre più tenue. Pazienza anche per questo! Ti saluto con affetto tuo Giuseppe Parini 18 ottobre 1777. Autografo non rintracciato. Pubblicata per la prima e unica volta, con il corredo di un vacuo commento e purtroppo senz’alcuna indicazione relativa al luogo di conservazione della lettera, da Bembo 1953, p. 50, da cui qui si trascrive (pur con qualche sospetto per la curiosa parsimonia di segni interpuntivi e per l’insolita frequenza degli accapo). Il contributo della Bembo, comparso in una rivista locale di scarsa diffusione, è sfuggito alle bibliografie pariniane (anche alla ricca e precisa rassegna di Clerici 1998), sicché la lettera manca a tutte le edizioni successive al 1953. Il prete Giuseppe Antonio Zanoia nacque a Genova l’11 gennaio 1752 da famiglia di origini omegnesi. Architetto, pittore e poeta, si formò e operò a lungo a Milano, dove fu canonico ambrosiano e dal 1805 tenne la cattedra di architettura civile nell’Accademia di belle arti di Brera, della quale fu anche segretario: fu dunque collega del Parini, del quale era stato discepolo (cfr. Germano 1919). Suo un fortunato sermone Sulle pie disposizioni testamentarie (1802), che il Reina credette pariniano e inserì nella sua edizione (cfr. Reina 1801-1804, iii, pp. 151-158), ma che fu poi stampato con altri due – uno dei quali, A Davo, satireggia la pratica dell’evirazione, come l’ode famosa del Parini – nell’edizione dei suoi Sermoni procurata dall’amico Giuseppe Bossi (Milano, Luigi Mussi, 1809). Oltre

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alla poesia satirica, nella quale cercò di conciliare la maniera dei latini (Orazio e Giovenale, ma soprattutto Persio) con quella pariniana (cfr. Barbieri-Baroni 1925), scrisse commedie di imitazione goldoniana (La capricciosa pentita, Il ravvedimento, I matrimonii ragionevoli), e fu anche acclamato oratore sacro e profano. Significativo che, nell’Ottocento, prima un nuptiale (Zanoia 1823) e poi una raccolta di satirici italiani (Carcano 1853-1854, iv, pp. 70-76) gli attribuissero un sermone, La visione di Parini, diretto A Sofronio (Giampiero Arese, altro discepolo del Parini e amico del Manzoni), che è invece di Giovanni Torti. Lo Zanoia trascorse «tutta la sua vita operosa, serena e tranquilla […] tra Omegna e Milano» (Barbieri-Baroni 1925, p. 309); e a Omegna, sulla riva sinistra del lago d’Orta, morì il 7 ottobre 1817. Su di lui si vedano ora Cane 1996 e Cerutti-Cirio-Nay 2006.

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33 [A Durante Duranti] Ill.mo Sig.re Sig.r P.ron Col.mo

Appena potei scorrere, come ho fatto avidamente, e con grandissimo piacere, il Poemetto di V. S. Ill.ma, che esso mi fu rapito dalle mani da questo Sig.r Presidente Conte Carli: e quindi, come suole accader delle cose belle, è andato in giro per tutta la città, raccogliendo tuttavia sull’ali la soavissima rugiada de’ comuni applausi. Finora non mi è peranco tornato: e questa è la ragione, per cui ho tardato a scrivere a V. S. Ill.ma; e mi sono innocentemente1 guadagnato qualche colpo della sua piacevolissima sferza. Parevami pure, che fosse obbligo mio di scendere a qualche particolare scrivendole su questa Operetta, affine di mostrar più sensibilmente il piacere ch’essa mi ha fatto; o sfogar, come conveniva, il dolore e la stizza in me nata, per l’offesa da lei fatta al mio amor proprio spezialmente coll’eccellenza d’alcuni passi. Cancelli ella quella meretricia2 Iscrizione: All’unico immortale Parini. Potrebbe darsi che io fossi immortale: ma unico non sarò già più. Io lo era stato finora nel mio genere: io mi credeva un cavaliere fatato.3 Tristo me! ora mi avveggo che finora non erano scesi a combatter meco fuor che de’ pigmei; o almeno che non ci è mago, le cui fatucchierie non possano essere sciolte da un mago altrettanto indiavolato. Riceva ella frattanto queste espressioni come intimi sentimenti dell’animo, quali sono: e si aspetti poi di vederli confermati in modo più circostanziato, quando il Poemetto mi sia restituito. Frattanto mi consolo col pensare, che congiuntamente co’ versi di lei volano per l’Italia anche gli elogi, ch’Ella si è degnata di farmi: e tanto più quanto che tali versi danno grandissima autorità al grazioso giudice, che pronuncia a mio favore. Il buon gusto poi, con cui ella sa scegliere la forma del lodare, sfuggendo le prolisse ed ampollose declamazioni de’ cattivi panegiristi del nostro secolo, lusinga assai meglio la mia 1 innocentemente: senza colpa. 2 meretricia: adulatoria. 3 fatato: protetto da un incantesimo, e perciò imbattibile.

lettere 161 vanità, ed accresce il peso del giudizio, che mi risguarda. Sarò d’ora innanzi debitore a lei d’una quantità di sensazioni piacevoli, che sono entrate a tessere la tela del resto della mia vita. Del che e di tante altre cose ringraziandola senza fine, sono col maggior rispetto Di V. S. Ill.ma Milano 17. Ap.le 1778. Dev.mo ed Obb.mo Serv.re Giuseppe Parini. BCQBs, Autografi, cart. 9, fasc. 1. Autografo; bifoglio scritto sulle cc. 1r-v e 2r, di mm 170 × 220; senza indicazione del destinatario. La lettera è inserita in una cartelletta che indica come sia pervenuta alla BCQBs il 25 gennaio 1831, in seguito a donazione da parte del figlio del destinatario, conte Carlo Duranti. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 632-633. Pubblicata per la prima volta da Bertoldi 1893, pp. 530-531. Mazzoni 1925, pp. 1000-1001, lettera xix. Durante Duranti (Brescia, 6 ottobre 1718 - Palazzolo, 14 novembre 1780), allievo del Bettinelli, collaborò con il Mazzuchelli alla compilazione degli Scrittori d’Italia; oltre che dei Trasformati, fu socio di numerose accademie d’Italia e presidente di quella di Scienze e Arti di Brescia. Inviò al Parini, con dedica, le prime due parti del poemetto L’uso (Bergamo, Locatelli, 1778, e Venezia, Savioni, 1778; la terza, intitolata Il Vedovo, uscì a Brescia nel 1780, per i tipi del Berlendis). In occasione della sua morte, Giovan Battista Corniani (cfr. la nota alla lettera 44) ne stese l’elogio funebre. Cfr. Vianello 1933, pp. 288-289; DBI, 42, 1993, pp. 126-130; Biglione di Viarigi 2001, che legge L’uso del Duranti in parallelo al Giorno (pp. 142-149) e trascrive la lettera del Parini al bresciano dall’autografo (pp. 149-150), sia pure con qualche lieve imprecisione; sul Duranti tragediografo, cfr. Alfonzetti 2001, pp. 145-159. Sulla scorta della lettera pariniana, Alfonso Bertoldi dubita «di ciò che il Cantù, senza prova di nessuna specie, afferma, e moltissimi dopo di lui han ripetuto; che, cioè, il Parini, “a proposito del Durando autore dell’Uso”, uscisse fuori un bel giorno a dire: Pur troppo so d’aver fatto de’ cattivi scolari» (Bertoldi 1893, p. 531). Nel 1778, Gian Rinaldo Carli era «presidente» del Regio Ducal Magistrato Camerale, che del precedente Supremo Consiglio di Economia aveva ereditato struttura e competenze in campo di censo e di commercio (cfr. la nota alla lettera 40).

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34 [A Giovan Battista d’Adda] Ill.mo Sig.re e P.ron Col.mo

L’illustre consesso, di cui V. S. Ill.ma è così degno individuo, dopo avermi singolarmente distinto coll’onore de’ suoi comandamenti, aggiugne anche il nobile regalo, che mi si presenta in questo punto. Io sono sinceramente persuaso di non meritarlo a verun titolo: ma il rispetto e la riconoscenza mi obbligano di non pensare ad altro che a riceverlo. Ben lungi nondimeno dallo averlo in conto d’un premio, che non mi è dovuto, lo riconosco anzi come un atto di quella munificenza, con cui l’illustre Consesso è portato a proteggere e stimolare i cittadini, che hanno il generoso desiderio di concorrer seco ad accrescer lo splendore della patria comune, in quel modo, che vien permesso ai loro talenti. Supplico pertanto V. S. Ill.ma di rappresentare a’ suoi rispettabili Colleghi questi miei veri sentimenti; e di render loro vivissime grazie per me, così dell’uno, come dell’altro atto di benignità con cui si sono degnati di distinguermi ed onorarmi. Ardisco nel medesimo tempo di supplicarla che si degni di continuarmi quella parzialissima protezione alla quale mi riconosco spezialmente debitore così di questa come di altre per me fortunate circostanze. Sono col maggior rispetto Di V. S. Ill.ma 6 Giugno 1778 Dev.mo ed Obb.mo Serv.re Giuseppe Parini.

L’autografo, dato come esistente nell’Archivio Borromeo Arese di Milano, è riprodotto in facsimile in Galbiati 1929a, tav. xiii: da qui proviene la trascrizione. Una copia calligrafica di questa lettera (foglio di mm 200 × 250, scritto sulla c. 1r, a tutta pagina) si trova in BAMi, S. P. 6/5 viii. 9, p. 11. L’incipit di questa lettera, cancellato, è anche sul verso di BAMi, S. P. 6/5 viii. 13, p. 56, dopo i Soggetti per le quattro piccole medaglie della stanza del Giove (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 573).

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Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 633. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 174-175, lettera xv (prima edizione); Mazzoni 1925, p. 1001, lettera xx. Galbiati 1929b la pubblicò ritenendola inedita e segnalandola presso l’Archivio Borromeo in Milano, con busta recante l’indirizzo: «All’Ill.mo Signore Sig. Padrone Colendissimo il Sig. Marchese Don Giambattista d’Adda». In questa lettera il Parini ringrazia il d’Adda e i membri del comitato del Nuovo Teatro alla Scala per il dono della tabacchiera d’oro del valore di 728,25 lire, acquistata utilizzando il fondo di 50 gigliati (equivalenti a 750 lire milanesi). Nell’inventario dei beni, redatto alla morte del poeta, la tabacchiera però non compare (cfr. Bortolotti 1900, p. 91 e Vicinelli 1963, p. 274, n. 11). In BAMi, S. P. 6/5 viii. 9, c. 5, questo biglietto: Il Garbagnati si fa un piacere di rassegnare allo Stimatissimo Cittadino Reina la Copia del Soggetto eseguito sul Telone del Teatro grande alla Scala dalli Fratelli Ricardi, e composto dal Celebre Abate Parini e vi ha unito anche la Copia della lettera ch’egli ha scritto in ringraziamento della ricognizione1 datagli di 50. Zecchini ossia d’una Tabachiera d’oro di detto valore. Si protesta con Stima, e consid.e Da Casa 4. Giugno 1801.

Per questo biglietto e per le vicende relative al soggetto del telone per il Teatro alla Scala, cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 561.

1 ricognizione: riconoscimento, premio.

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35 [Ad Antonio Greppi] [Milano, 17 giugno 1778] Ill.mo Sig.re e Pr.on Col.mo,

Al solo sentirmi annunciare il cameriere di V. S. Ill.ma ho indovinato l’atto di generosità ch’Ella si è degnata d’usare a mio riguardo. Tutto il mondo, ed io il primo, per tante pruove che ne ho, conosce e predica1 la singolare delicatezza del di Lei animo; onde non mi è costato molto l’indovinare, anzi di Lei sola avrei indovinato una simile cosa. Il cameriere Le potrà essere testimonio che io ho ricevuto il di Lei regalo con lagrime di consolazione su gli occhi, non già per vedermi così abbondantemente compensato delle piccole perdite da me fatte, ma per aver avuto un nuovo motivo di ammirare un carattere così raro nella presente società qual è il suo. Io conosco tanto la industriosa delicatezza del di Lei cuore che son persuaso che Ella conosca intimamente anche me medesimo e che sia portato a rendermi tutta quella giustizia, che mi lusingo di meritare. Io non posso adunque fare altro che ringraziarla con tutti i più vivi sentimenti del mio cuore del momento felicissimo ch’Ella mi ha fatto gustare, mostrandomi con un nuovo e così abbondante e così pronto e così avvertito beneficio il più bel carattere e le più eccellenti qualità di cui possa vantarsi un animo umano. Le giuro che le mie espressioni provengono dal cuore e da un cuore spogliato d’ogni interesse. Possa Ella vivere lungamente per esemplo straordinario nella carriera della fortuna e nel magnanimo e sagace uso di questa. Tali sono i miei sincerissimi augurj e quelli di tutte le persone, che al par di me sanno misurare l’estensione e la finezza del di Lei cuore. Perdoni all’esuberanza dei miei affetti la lunghezza dello scrivere e frattanto che mi riserbo a manifestarglieli in persona mi creda quale mi glorierò sempre di essere di V. S. Ill.ma Dev.mo ed Obb.mo Ser.re 1 predica: proclama.

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Autografo non rintracciato. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 634. Pubblicata per la prima volta da Mazzoni 1925, p. 1002, lettera xxi, sulla base dell’autografo allora giacente presso l’Archivio Greppi di Casate, Raccolta d’autografi, segnalando la scritta a tergo: «Milano, ab.te Parini, 1778, 17 giugno». Questa lettera trae origine dal furto di biancheria subito dal Parini, di cui troviamo una conferma nelle cronache settimanali di Paolo Emilio Guarnieri: «I ladri perseguitano il S. Abbate Parini. Fu per la seconda volta rubato, e per consimil modo, di tutta la biancheria. Ciò però ha dato motivo ad una nobil azione del suddetto E. Co. Greppi. Il quale accompagnò con graziosissimo biglietto un regalo di due pezze finissime di Tela d’Olanda al medesimo Abbate» (Paolo Emilio Guarnieri, «Gazzetta di Milano» [1778] «dai 24 Giugno al primo Luglio», pp. 2-3 del ms. inedito, BAMi, S. C. v. ii. 7). La «Gazzetta di Milano» è costituita dai dispacci settimanali inviati dal Guarnieri al conte Giacomo Pier Francesco Durazzo, ambasciatore cesareo a Venezia, attenti soprattutto a quello che avveniva all’interno della Società Patriotica. Giulini 1928, senza conoscerne l’autore, ne ha resi noti pochi passi, in forma talora approssimativa. Vianello 1935, pp. 151-152, ha identificato il Guarnieri. Il «graziosissimo biglietto» del Greppi è andato smarrito.

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36 [A Saverio Bettinelli] Ill.mo Sig.re e P.ron Col.mo

Un ostinato dolor di testa che da più giorni mi afflige, mi lascia appena questo momento di sollievo, per render come posso infinite grazie a V. S. Ill.ma della gentilissima Lettera, e dei bel Sonetto da Lei scritti in onor mio. Nell’ordinario venturo1 studierò di significarle meglio i sentimenti, ch’ella ha suscitati in me con un atto così straordinario di bontà; e di trattenermi seco più a lungo. Frattanto accetti queste corte espressioni, come indizj della più grande riconoscenza; e del pregio in cui tengo gli encomja che mi provengono da una persona del suo merito e della sua riputazione. Sono col maggiore ossequio Di V. S. Ill.ma Mil.o 24. Feb.o 1779. Dev.mo ed Obb.mo Serv.re Giuseppe Parini. BCTMn, Carteggio Bettinelli, busta 11, fasc. 365, lett. 2. Autografo; bifoglio di mm 170 × 210, scritto solo sulla c. 1r; segno di ceralacca sulla c. 2v, dove figura l’indirizzo: «All’Ill.mo Sig.re Sig.r P.ron Col.mo|Il Sig.r Ab.e Saverio Bettinelli|Mantova». Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 635. Pubblicata per la prima volta da Bertana 1898, p. 87. Bellorini 1913-1915, ii, p. 175, lettera xvi; Mazzoni 1925, pp. 1002-1003, lettera xxiii. Il Parini ringrazia Bettinelli per gli elogi espressi nel seguente sonetto (si cita da Bettinelli 1800-1801, xviii, p. 172, sonetto lii, nota a):

a Aggiunto in interlinea gli encomj. 1 Nell’ordinario venturo: con il prossimo corriere, nel successivo invio di corrispondenza.

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E chi è costui che al suon de l’aurea cetra, Qual tu Arno e Tebro oggi più omai non senti Dall’Adda altero oltre le vie de’ venti Levasi al par coi regnator dell’etra? E non di Giove al fulmine s’arretra, Non di Giunone alle pupille ardenti, Ch’anzi dai numi al divin canto intenti Grazia non pur ma maraviglia impetra? Tu se’, Parini; ah tu novello Orfeo Nato a placar le deità tremende L’estro rinnova, ed il portento Acheo; Passa l’Alpi nevose, e a Marte crudo, Che di Germania in sen tal fiamma accende, Fà con l’arpa depor l’asta e lo scudo.

Il riferimento degli ultimi versi alla guerra di Boemia del 1778 induce a datare il sonetto del Bettinelli a quello stesso anno. Bertana 1898, pp. 83-84, seguìto da Bellorini 1913-1915, ii, p. 175, individuò nel sonetto del Parini Ardono, il credi, al tuo divino aspetto, volto a celebrare l’arciduchessa Maria Beatrice, il testo che avrebbe occasionato gli elogi del Bettinelli (cfr. Mazzoni 1925, p. 379). La prima volta il sonetto del Parini uscì anonimo, e la sua paternità fu rivendicata dieci anni dopo in Rubbi 1789, ii, p. 143 (il componimento, intitolato Nozze e col v. 1 Ardono, tel giuro al tuo divino aspetto, è ivi, p. 53; cfr., per il testo, Isella 1985b, soprattutto pp. 49-52 e 61, e, per una lettura, Carducci 1942, pp. 331-333, che lo giudica «veramente notevole» e «del più bello stile tra i latini e il secolo decimosesto»; sulla collaborazione del Parini al «Giornale poetico» del Rubbi è specifico Serena 1898). Non ci è pervenuta la lettera di accompagnamento del sonetto. I rapporti tra Parini e Bettinelli, al momento cordiali, si raffreddarono in seguito, come risulta dall’epistolario tra Gianrinaldo Carli e Bettinelli (cfr. Vianello 1935, p. 121; Catalani 2009, pp. xviii, 31-46). Cfr. anche la lettera 7 e la relativa nota.

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37 [A Saverio Bettinelli] Ill.mo Sig.re e P.ron Col.mo. Agli antichi debiti, che ho verso V. S. Ill.ma per lo splendore, ch’ella s’è compiaciuta di dare al mio nome ne’ suoi nobilissimi scritti, si aggiungono anche le recenti obbligazioni. L’attribuire a me singolarmente un componimento tanto lodato da lei; l’accompagnar questo giudizio con un Sonetto, e con una lettera di quel pregio, che oggi da pochissimi si può aspettare in Italia; il pigliarsi cura di divulgare il Sonetto medesimo per farmi onor maggiore, cotesto è un accumulare in una volta e in una sola persona tutti gl’irritamenti della vanità letteraria. Qualunque sia il componimento, ch’ella mi attribuisce, io non sono in libertà di non creder pregevole una cosa lodata da lei, persona così illustre per tante eccellenti produzioni dello stesso genere. Chiunque poi ne sia l’autore sarà egli ben contento, vedendo, nel suo silenzio, cader sopra di se uno de’ più invidiabili elogi, e per la natura dell’elogio stesso, e molto più per la qualità dello scrittore donde parte. Godo che l’abituale prevenzione di V. S. Ill.ma a mio favore le faccia credere che quel componimento sia mio; giacchè all’occasione di quello, provo la influenza dell’amicizia e della stima, ch’ella mi ha sempre fatto l’onor d’accordarmi. Sono anzi tentato di desiderare che potenti motivi obblighino l’autore a resistere alla fune delle lodi; acciocchè si dubiti sempre che quel componimento mi appartenga; e per conseguenza io goda sempre dell’onor singolare, ch’ella mi ha fatto. Questo sentimento potrebbe esser tacciato di viltà: ma, avuto riguardo all’eccellenza del fine, ardirei di chiamar questa una magnanima viltà. D’altra parte chi se ne dicesse autore non sarebbe creduto, non potendo mai sembrar probabile, che una persona della intelligenza e del tatto di lei in questo genere di cose abbia potuto ingannarsi attribuendomelo. Lieto adunque della gloria, che, comunque sia, mi proviene da’ suoi encomj, ammirerò sempre la facilità e la generosità, con cui ella, portata dalla superiorità del suo genio, vola spontaneamente a cinger gli altri di quelli allori,a ch’ella a Una breve parola cassata (che?).

lettere 169 sola ha oggi diritto di ottenere. Sono co’ più vivi sentimenti di riconoscenza, d’ossequio, e d’amicizia Di V. S. Ill.ma Mil.o 27 Feb.o 1779. Dev.mo e Obb.mo Serv.re Giuseppe Parini. BCTMn, Carteggio Bettinelli, busta 11, fasc. 365. lett. 3. Autografo; bifoglio di carta azzurrina, di mm 185 × 240, scritto sulle cc. 1r-v; l’indirizzo, «All’Ill.mo Sig.re Sig.r P.ron Col.mo|Il Sig.r Ab.e Saverio Bettinelli|Mantova», compare sulla c. 2v, come nella lettera precedente, con segno di ceralacca. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 635-636. Pubblicata per la prima volta da Bertana 1898, pp. 87-88. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 176-177, lettera xvii; Mazzoni 1925, p.1003, lettera xxiv. L’involuta, artificiosa retorica del complimento di cui il Parini sembra voler dar prova nella lettera – non senza sornioni ammicchi, si direbbe – ha indotto a giudicare «non […] chiari» (Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 683) i motivi per cui egli esiti ad «assumere apertamente la paternità del sonetto che al Bettinelli era tanto piaciuto» (Bertana 1898, p. 84). In effetti, nella lettera il poeta argomenta, con divertita arguzia, nel modo seguente: attribuendogli il lodato sonetto, il Bettinelli riconosce o meglio costituisce «pregevole» il componimento e insieme dimostra «amicizia» e «stima» nei suoi riguardi; meglio, perciò, lasciare che «si dubiti sempre» dell’attribuzione, di modo che egli possa continuare a godere di quel duplice onore che un’esplicita ammissione diminuirebbe; tanto più che l’attribuzione è irrefutabile, provenendo da chi non può ingannarsi «in questo genere di cose». Per la non facile identificazione del sonetto attribuito al Parini dal Bettinelli, si vedano le considerazioni di Mazzoni 1925 in nota al sonetto ccxxxvi. Sul Bettinelli, cfr. la lettera precedente e la lettera 7, con relative note.

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38 [A Pietro Secco Comneno] [giugno in. 1779]

Il Tedesco della Zecca, che come più abile ho scelto per fare il Sigillo pretende non meno di quindici zecchini per farlo. Io gliene ho esibiti1 dodici: ma egli non è contento. Non ho ardito di strignere2 il contratto senza consultar V. S. Ill.ma. Ella mi dica che debba fare, perchè mi sono impegnato di dar risposta decisiva3 per dimani. Si tratta d’un lavoro piuttosto grande, e d’una composizione di due figure etc. D’altra parte il Cagnoni più intelligente di me in questa materia non crede il prezzo esorbitante, tanto più che in Milano non si conosce chi potesse far meglio. Attendo il di lei grazioso riscontro: ed ho l’onore di protestarmi Dev.mo ed Obb.mo Serv.re Giuseppe Parini. P. S. L’Artista darà il lavoro finito nel termine di sei settimane. Il Cagnoni poi ha oramai terminato il Rame4 della Patente. AOMMi, Autografi di letterati, tit. vii, 156. Autografo; bifoglio di mm 187 × 230, senza indicazione di destinatario né data, scritto solo sulla c. 1r, con tracce di ceralacca sulla 2v. Il breve margine lasciato alla sinistra è occupato dal poscritto, vergato perpendicolarmente al corpo della lettera. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 636-637. Edita per la prima volta in facsimile da Pecchiai 1917, che la ritiene sicuramente indirizzata al conte Pietro Secco Comneno. Nella tornata dell’8 giugno 1779 della Società Patriotica, il Parini presentò il disegno della patente da rilasciarsi ai soci e informò di aver commissionato l’esecuzione del sigillo all’artefice della Zecca.

1 esibiti: offerti, proposti. 3 decisiva: definitiva, risolutiva.

2 strignere: concludere. 4 Rame: lastra incisa.

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Questa lettera è di poco precedente alla riunione sopra indicata ed è dunque databile ai primi di giugno di quell’anno. Le incisioni sono opera di Domenico Cagnoni (Verona, ? - 8 gennaio 1797), incisore regio dal 5 ottobre 1770, per decreto promulgato da Francesco iii, duca di Modena, in nome dell’imperatrice Maria Teresa. Per la scelta dell’emblema della Società Patriotica, il 26 febbraio 1778 era stata costituita una Commissione composta dal Parini e dal Verri. Nella seduta del 30 aprile, il Parini osservò: «La voce Patriotica, che qualifica la Società, non è latina, nè per anco adottata dagli italiani. La medaglia potendo aver la leggenda in una delle due lingue, resta adunque il farne la scelta» (Pecchiai 1917, p. 87). Per l’emblema propose, in alternativa: due cornucopie col caduceo, una figura con al piede gli attrezzi agricoli, un cittadino incoronato dall’Onore. L’emblema effettivamente realizzato rappresentò l’Agricoltura incoronata da Mercurio (Paolo Emilio Guarnieri nella ricordata «Gazzetta di Milano», per gli avvenimenti della settimana dal 17 al 24 marzo, a p. 36 del ms. sopra cit., annota: «La medaglia di questa società ha da un lato la Sovrana, e dall’altro l’Agricoltura coronata da Mercurio»). Il 20 aprile 1779 il Parini riferì sull’incarico ricevuto dal Secco Comneno di stendere le istruzioni per i soci corrispondenti (cfr. il testo elaborato dal Parini in Barbarisi-Bartesaghi 2005, iv.7, pp. 355-358). Il 27 giugno 1780 il poeta venne proposto come membro della Commissione incaricata di pubblicare il primo volume degli Atti della Società Patriotica, ma vi rinunciò e l’incarico passò a Paolo Frisi, che si dimise a sua volta: ad assolvere il compito fu poi padre Ermenegildo Pini (1739-1825), professore di matematica (1765-1771) e di scienze naturali (1771-1812) alle scuole di S. Alessandro. Le riunioni successive della Patriotica furono condizionate dalle vicende relative alla morte di Maria Teresa e dal problema dell’elogio (cfr. la lettera 40). Secco Comneno tenne una prima commemorazione il 23 dicembre e propose di affidare ufficialmente al Parini la stesura dell’elogio solenne a nome della Società. Su tutta la vicenda, cfr. Frisi 1995, particolarmente le pp. vii-lxix dell’introduzione di G. Barbarisi. Il conte Pietro Francesco Secco Comneno (1734-1816), nobile lombardo, collaborò al «Caffè», fu eletto nel 1769 nella Giunta dei Banchi, divenne regio amministratore delle Finanze nel 1771, poi subito consigliere del Magistrato Camerale; nel 1780 passò alla Camera dei Conti, di cui, per quattro anni, fu anche presidente. Seguì con zelo e competenza gli affari concernenti la costruzione del teatro della Scala e della Cannobbiana, dopo l’incendio del Teatro Ducale del 1776. Spesso critico nei suoi confronti era stato Pietro Verri nelle lettere al fratello Alessandro (cfr., in Verri 1910-1942, le lettere del 10 gennaio 1768, 28 dicembre 1768, 11 febbraio 1769 e 16 maggio 1770). Per volontà del Kaunitz partecipò all’organizzazione della Società Patriotica, di cui fu consigliere e, nel 1780, con-

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servatore anziano. Su di lui, cfr. Pecchiai 1917, pp. 37-52 (la ricostruzione di Pio Pecchiai, direttore dell’AOMMi, qui seguita anche per quanto riguarda la cronologia e i temi delle varie sedute della Società Patriottica nel 1778-1779, si basa su documenti del Fondo Secco Comneno, da lui consultati presso l’AOMMi, andato distrutto nel primo dopoguerra). Maestro della Zecca di Milano, allora da poco rinnovata, era Michele Leitner, nominato in pianta stabile secondo il prospetto dell’organico del personale della nuova Zecca allegato al dispaccio imperiale del 18 ottobre 1779 (cfr. la trascrizione del documento in Chiaravalle-JohnsonLa Guardia 1984, p. 118). Domenico Cagnoni per la Società Patriotica predispose il rame della patente con l’emblema (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 685) ed eseguì alcune vignette per il volume degli Atti. Cfr. Bertarelli 1909; DBI, 16, 1973, pp. 338-342; Spini 1984.

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39 [Ad Antonio Greppi] [Milano, gennaio 1780]

Il dottore Giovanni Risi, fratello del fiscale, stato in questo ultimo triennio Regio Podestà di Piadena, e liberato con lode dal suo Sindacato, desidera d’esser raccomandato a S. E. il Sig.r Conte di Firmian per ottenere la conferma nella stessa Pretura per il triennio venturo, affine di risparmiare le spese gravi di trasporto della sua numerosa famiglia: oppurea per essere trasportato a Pretura migliore. ASMi, Fondo Greppi, cart. 401, Residui (miscellanea), n. 173. Autografo; foglio di mm 187 × 230, scritto solo sulla metà superiore della c. 1r; senza data, destinatario né firma. La ‘raccomandazione’ del Parini è «annessa» alla seguente lettera di Teresa Angiolini: Conoscendo la stima che il mio degni.mo Sig.r Conte e Compare ha per le persone di merito e particolarmente per il Sig. Abate Parini, ho accetato con piacere la comissione che questo mi ha dato di suplicare V. S. Ill.ma di anche proteggere il Dottore Risi nel modo espresso nella qui annessa Carta; non permetendoli la di lui indisposizione di venire a fare quest’uficio in persona. Nel servire un amico stimabile godo nel poter assicurare V. S. Ill.ma di que sentimenti di gratitudine di rispetto con cui sarò sempre del mio Rispettabile Sig.r Conte e Compare. di Casa Gen.o 1780

Devot.ma obb.ma serva e comare Teresa Angiolini

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 637. Le due lettere sono state pubblicate in appendice a Nicora 2000, p. 931 (il fondo archivistico è esattamente il 401, e non il 410). Del dr. Risi si parla nella lettera 19. a Scritto a sostituzione del cassato o almeno di essere promosso.

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40 [A Gian Rinaldo Carli] [1770-1780]

Co’ Signori che mi onorano de’ loro riguardi, divento alle volte temerario; ma lo divento soltanto quando si tratta di far bene a qualcuno. Ora è il caso. Il presentatore di questo ha bisogno d’una protezione per ciò che espone nel suo Memoriale. Io non so trovarne una migliore in questo affare di V. S. Ill.ma e per questo uso seco della mia temerità. Non ardirei di raccomandare altro che persona onesta, massimamente a Lei. Dimando perdono se non vengo in persona perchè è l’ora della scuola. Sono col maggior rispetto Di V. S. Ill.ma V.o Dev.mo e Obbl.mo Ser.re Giuseppe Parini. BCASFo, Raccolta Piancastelli, Sez. Aut. xix sec., busta 147, ad vocem Parini Giuseppe. Autografo; bifoglio di mm 170 × 215, scritto nella 1r. Nella 2v ceralacca e indirizzo: «Per V. S. Ill.ma|Sig.r Conte Carli|Sig.r e P.ron Col.mo». Pubblicata per la prima volta in Bartesaghi 2009. Il conte Carli non può che essere Gian Rinaldo Carli, con il quale il Parini entra in contatto ‘professionale’ dopo la costituzione del Consiglio Superiore di Economia (1765), di cui il Carli è presidente, con competenze anche per le riforme culturali nel milanese. La presente lettera va collocata tra gli anni 1770-1780: qui non si ravvisa ancora il tono confidenziale che contraddistingue la lettera al Carli del 22 aprile 1780. Per un inquadramento generale di questo testo, cfr. Bartesaghi 2009. Sui rapporti con il Carli, cfr. la lettera successiva.

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41 [A Gian Rinaldo Carli] Mil.o 22. Ap.le 1780.

E dal S.r Conte Fiscale fratello, e dal S.r Conte Melleri ho ricevuto felici nuove della salute di V. E. Il vivo desiderio che io aveva di vederla ristabilita per molti anni non poteva crescere per li nuovi benefici ch’Ella si è degnata di farmi: ma questo desiderio è ora accompagnato da un sentimento di riconoscenza, che me lo rende assai più caro, e grazioso. Ho una dolce fiducia che i miei voti saranno esauditi e ch’Ella riceverà per lungo tempo i miei ingenui1 ringraziamenti. Frattanto io godo della delizia dei palazzi che V. E. si è degnata di aprirmi. Le sensazioni che io ci pruovo sono tanto più piacevoli quanto che sono sempre accompagnate dalle idee della generosa amicizia, di cui Ella s’è degnata onorarmi. Dall’altra parte mi pare d’esser diventato un gran Signore. L’altro giorno venne qualcuno a prendermi colla carrozza, per condurmi alla Società Patriotica. Io passai per un grande appartamento, scesi appoggiato al bastone per un magnifico scalone, montai in carrozza, e mi ci sdraiai con quella felicità, che conviene ad un Duca gottoso. Se io impazzisco, la colpa sarà di V. E., ma anche la pazzia ha i suoi piaceri, e di questi ancora sarò debitore a Lei. Invidio a V. E. il soggiorno della campagna; e invidio V. E. al soggiorno stesso. Qualche volta ci troveremo insieme V. E., la campagna, ed io. Intanto Ella ne profitti con quella cautela, che meglio possa conservarla a Lei, ed a suoi servidori, frà i quali io mi pregierò sempre d’esser annoverato. Sono col maggior rispetto. ASTs, Manoscritti della famiglia Carli, microfilm 1398, fotogramma 139, corrispondente alla filza 1470 dell’Inventario redatto da Majer 1904, pp. 141-142. In tale fondo è conservata gran parte delle lettere dei corrispondenti del Carli, tra cui Isidoro Bianchi, Alessandro Verri e il Parini. La lettera del Parini reca l’indicazione: «p. 724» e «p. 725», dovuta ai curatori della trasposizione in microfilm. Il riscontro del testo su supporto ma1 ingenui: sinceri.

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gnetico non consente di fornire altre notazioni codicologiche. I manoscritti inventariati dal Majer all’Antico Archivio Municipale di Capodistria furono asportati nel 1944 dalla Sopraintendenza bibliografica di Venezia e sono oggi alla BNMVe. Nel 2006, Livia Brunori, nel pubblicare le lettere al Carli dell’ex gesuita spagnolo Juan Andrés, informava che il materiale d’origine era costituito da «dos grandes volúmenes manuscritos que reúnen 101 cartas de Carli y muchas centenas de misivas dirigidas a él, de los años 1737-1793», aggiungendo che i manoscritti del “Fondo Carli” si conservano alla BNMVe, «pero son inaccessibles» (Andrés 2006, ii, p. 720). Inaccessibilità che, purtroppo, perdura tuttora. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 637-638. Edita per la prima volta da Pasini 1905a. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 177-178, lettera xviii; Mazzoni 1925, p. 1004, lettera xxv. Sull’ospitalità al Parini in occasione dei lavori di risistemazione della «fabbrica delle scuole» in Brera, affidata al Piermarini, Gian Rinaldo Carli ritornò in una lettera del 28 giugno al marchese Girolamo Gravisi, suo cugino: «In questa casa ho dato un quartierino all’abate Parini, il quale presto pubblicherà la Sera e la Notte unitamente al Mattino e al Mezzogiorno riveduti e corretti» (Vianello 1935, p. 139). I rapporti tra Carli e Parini si raffreddarono ai tempi della Rivoluzione francese. In una lettera al Greppi del 1 gennaio 1793 (riprodotta parzialmente da Vianello 1935, p. 120, da cui si cita; in ASMi, Fondo Greppi, cart. 401, Miscellanea, nel gruppo delle lettere del Carli al Greppi non è compresa quella citata dal Vianello), Carli scrisse: «Io sono così pieno d’orrore per l’eccesso d’iniquità succeduto in Parigi che non posso pensarci senza fremere. Eppure, crederebbe Ella? In Milano nella Bottega di Speranza [scil. il libraio Domenico Speranza, in Corsia dei Servi, frequentato quasi quotidianamente dal Parini, secondo la testimonianza del Reina], al Camino del Ridotto in Teatro e altrove si difende e si loda il fatto!». La scarna annotazione del Carli, utilizzata per individuare il momento in cui Parini pensò di articolare la Sera in due parti distinte, trova conferma e ulteriori precisazioni nella «Gazzetta di Milano» del già ricordato Paolo Emilio Guarnieri ([1780], pp. 114-115, «dai 12 ai 19 agosto»), di poco posteriore, sfuggita agli studiosi: Pare che il tanto celebrato Parini finalmente sia poco lontano dal momento di dar fuori la sua tanto aspettata Sera. Viene animato a questo da Passeroni ed altri, ma siccome quest’ultima parte della sua poesia venne a diventar più lunga assai dell’altre a causa dell’ampiezza dell’argomento, così verrà divisa in due porzioni: una si dirà Sera, l’altra Notte! Per altro se Parini non corrisponde alla lusinga comune, anzi se in lui va illanguidendosi la vena, come al pubblico è paruto di rilevare dal Mattino al Mezzogiorno, l’epoca vuol essere molto decisiva alla sua gloria massime dopo i già comparsi poemetti del

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Bo[n]di e del Duranti, che hanno tutti incontrato, i quali devon esser tutti superati, tanto più che per colmo dello staio Parini sopra di essi non ha mai pronunziato una favorevole sententia, quantunque forse per lettera scrivendone agli autori si sarà contenuto, come è ragionevole, nei limiti della civiltà e del giudizio. Non è dunque tutto timor panico quello di Parini, e non è inutile la di lui insaziabilità di limare e riforbire i suoi versi.

Gian Rinaldo Carli (Capodistria 1720 - Cusano Milanino 1795), di nobile famiglia istriana, trasferitosi a Milano, fu presidente del Supremo Consiglio di Economia dal 1765 al 1771, poi del Regio Magistrato Camerale dal 1771 al 1780. Si interessò di storia, economia, finanza. Collaborò al «Caffè» con l’articolo Della patria degli Italiani. Su di lui, cfr. DBI, 20, 1977, pp. 161167; Trampus 1992. Sui suoi difficili rapporti con Pietro Verri seguiti a una stretta amicizia, cfr. Verri 2003, p. 106; Trampus 2004. Sul deteriorarsi di quelli col Parini, cfr. Pasini 1905a e, più recentemente, Catalani 2009, pp. xviii, 31-46. Come già indicò Pasini 1905a (pp. 246-247), il «Conte Fiscale» è Girolamo Carli (1728-1790). Chiamato a Milano dal fratello Gian Rinaldo, lasciò Venezia, dove esercitava l’avvocatura. Fu nominato sindaco fiscale nel 1768 e avvocato fiscale l’anno seguente; nel 1786 divenne Presidente del Tribunale Criminale di prima istanza e direttore dell’Ufficio di Polizia. Lasciò un trattato sulle Leggi matrimoniali e sugli impedimenti dirimenti. Giovanni Battista Mellerio, zio del più famoso Giacomo e conte dal 1776, fu responsabile della riscossione delle imposte dal 1750/1751 al 1770, insieme con il Greppi. Allo scioglimento della Ferma, entrò con Pietro Verri e Placido Velluti a far parte del Dipartimento delle Finanze (operante all’interno del Magistrato Camerale, di cui era presidente il Carli), dove restò fino al dicembre del 1778, curando il settore del dazio della mercanzia. Cfr. Capra 2002, ad Ind. Il passo finale della lettera, di tono scherzoso, presenta «una situazione speculare a quella che di lì a poco avrebbe aperto l’ode La caduta» (Spaggiari 2011, p. 170); per un paragone con l’epilogo del Mattino, vv. 1071-1074, cfr. qui supra l’Introduzione, p. 15.

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42 [Al conte Carlo Firmian] Eccellenza.

La Società Patriotica mi ha dato l’onorevolissimo incarico di tessere un Elogio alla defunta Sovrana sua gloriosa Institutrice. Ma quanto l’incumbenza è sommamente consentanea a i sentimenti del mio cuore; altrettanto è sproporzionata alle facoltà della mia mente. In tale circostanza da niun altro potrei sperare più benigni più grandi e più efficaci sussidj, che da V. E. Ardisco dunque di supplicare la singolare umanità dell’E. V. che voglia aver la degnazione di farmi comunicare quelle cose più straordinarie intorno alle virtù di una tanta Sovrana, che V. E. giudicherà più opportune, e le quali le debbono spezialmente esser note in grazia delle ben meritate gloriose relazioni in cui Essa è collocata. Chiedo umilmente perdono della temerità mia: e sono con profondo rispetto Di V. E. 26. Dicembre 1780. Umil.mo Serv.re Giuseppe Parini. BNBMi, Aut. B vi 23/2. Autografo; bifoglio di mm 250 × 330, scritto solo sulla metà inferiore della c. 1r; in alto l’indicazione: «Eccellenza». La cartelletta che la contiene (cfr. la lettera 18) indica nel Firmian il destinatario. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 638. Pubblicata per la prima volta da Berlan 1865, p. 7. Bellorini 1913-1915, ii, p. 178, lettera xix; Mazzoni 1925, pp. 1004-1005, lettera xxvi, segnala erroneamente che l’autografo «non si trova nella Braidense nè nell’Archivio di Stato di Milano» (p. 978). Entrambi seguono Berlan e accolgono la sua persuasiva proposta di identificare il destinatario nel Firmian. Pecchiai 1917, p. 88n, riteneva probabile invece l’identificazione in Gian Rinaldo Carli. Sulle vicende dell’elogio in morte di Maria Teresa, cfr. qui la lettera 43.

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43 [A Francesco Griselini, segretario della Società Patriotica] Ill.mo Sig.re e P.ron Col.mo

Mi sono sempre gloriato d’ubbidire alla Società Patriotica in tutto ciò, che si è compiaciuta d’ordinarmi. Assai più me ne glorio presentemente che l’Incarico offertomi è per tanti titoli onorevole e prezioso. Accetto adunque l’incumbenza di tesser l’Elogio alla defunta Sovrana, accingendomi ad eseguirla in quel miglior modo che i miei deboli talenti mi permetteranno di fare. Priego V. S. Ill.ma di render nota alla Società questa mia disposizione; e di ringraziarla vivamente in mio nome dell’onor singolare che s’è degnata di compartirmi. Sono con perfetto ossequio Di V. S. Ill.ma 2. Gen.o 1781. Dev.mo Obb.mo Serv.re Giuseppe Parini. BAMi, S. P. 6/5 xi. 2. Autografo; bifoglio di mm 215 × 330, scritto solo sulla c. 1r. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 639, che indica però il destinatario in Carlo Amoretti. Pubblicata per la prima volta da Reina 1801-1804, iv, p. 171. Bellorini 1913-1915, ii, p. 179, lettera xx; Mazzoni 1925, pp. 10041005, lettera xxvii. Né Reina né Bellorini né Mazzoni identificano il segretario della Patriotica cui è destinata la lettera. È la lettera con cui il Parini accettò l’incarico di tesser l’elogio funebre di Maria Teresa, affidatogli nell’adunanza del 23 dicembre 1780 dalla Società Patriotica a seguito dell’auspicio formulato dal presidente, conte Pietro Secco Comneno, e comunicatogli dalla seguente lettera del segretario, Francesco Griselini (la si cita dai verbali delle sedute della Patriotica, conservati in copia unica in BNMi, A. F. xi. 33, Appuntamenti della Società Patriotica dalla sua istituzione sino all’anno 1783 incluso, p. 133, donde trascrive, con minime imprecisioni, Salveraglio 1881, p. xxi):

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La Società Patriotica nella sessione, che tenne ai 23. del mese p. p., relativamente al suggerimento del Sig. Con. Secchi, ha determinato, che in una solenne ragunanza si reciti un Elogio alla memoria immortale dell’Augusta difonta Sovrana, e tutti i Socj sono concorsi nel sentimento di appoggiarne l’incarico ai lumi superiori di V. S. Ill.ma. In sequela di ciò mi è stato ordinato di ricercarle se Ella sia, come si desidera, per assumersi tale impegno, e di riferire prontamente la sua risposta al prefatto [sic] Sig. Conte. In attenzione della medesima io son e sarò sempre con i sentimenti del maggior ossequio. Di V. S. Ill.ma Casa 2. Gennajo 1781. Umiliss. Dev. Obblig. Servitore F.co Griselini. Segr.

La presenza della firma in calce a questa lettera sembra fugare ogni dubbio circa l’identificazione del destinatario della responsiva pariniana, il cui autografo manca d’indirizzo. È vero che Pecchiai 1917, p. 110, data all’11 dicembre 1780 il decreto giubilativo che rimosse dal segretariato della Patriotica Francesco Griselini, cui subentrò l’abate Carlo Amoretti; ma si può supporre che l’avvicendamento, avvenuto tra l’altro in coincidenza con le festività di fine anno, divenisse effettivo solo il 3 febbraio 1781, quando il Griselini fu nominato segretario emerito e socio corrispondente (cfr. Atti 1783, p. 27), e che pertanto, nelle more, la corrispondenza ufficiale della Società continuasse a essere firmata dal Griselini. Nella riunione del successivo 30 gennaio, il Parini accettò di recitare l’elogio nella tornata solenne del 10 maggio e di lasciarlo inserire in apertura del primo volume degli Atti della Società, dopo il proemio, secondo la proposta formulata dal curatore, prof. Ermenegildo Pini. Il 22 marzo si concordarono poi, presente il Parini, le modalità della recita del 10 maggio. Ma il 15 di questo mese Cesare Beccaria, conservatore anziano della Patriotica, comunicava ai soci che la pubblica adunanza del 10 non si era potuta tenere per «la malattia» del poeta (è la «lunga malattia di capo» da cui il 15 giugno scrive a Giovan Battista Corniani di cominciare «appena […] a riaversi»: cfr. qui infra la lettera 44), aggiungendo però che questi «credeasi in istato di recitarlo [scil. l’elogio] avanti la fine del mese» e fissando a quel tempo la tornata solenne. Il segretario così ne scrisse al Parini (Salveraglio 1881, p. xxiv): Il sig. Marchese conservatore ha significato alla Società i suoi incomodi e il desiderio suo di protrarre per quindici giorni ancora la pubblica sessione. La Società ben sensibile al di Lei male ha non solo a ciò volontieri acconsentito ma essendo fra quindici giorni il dì dell’Ascensione l’ha protratta sino ai 31 del corrente.

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Sennonché cinque giorni dopo, nella seduta straordinaria del 20 maggio 1781, il Beccaria ebbe a comunicare ufficialmente la rinuncia del poeta rendendone pubblica la lettera con cui la formalizzava (Appuntamenti della Società Patriotica dalla sua istituzione sino all’anno 1783 incluso, BNBMi, A. F. xi. 33, vol. i, pp. 143-144, col. 1; il verbale è a firma del segretario Carlo Amoretti): Il Sig. March. Conserv.eAnziano espose alla Società i motivi d’averla convocata straordinariamente, giacchè altra sessione erasi tenuta pochi dì prima. La cagione principale fu per una lettera ricevuta dal Sig. Abbate Parini, in cui questi pregava la Società a scioglierlo dal datogli, ed accettato incarico di recitare nella già fissata pubblica adunanza l’Elogio dell’Augusta Fondatrice. Scriveva in tal lettera, che mal ferma era la sua salute quando la Società gli fece l’onore di volgersi a lui per tal Elogio; ma che ciò non ostante egli l’accettò sperando di presto ristabilirsi. Non lasciò d’occuparsene, malgrado la poca salute e un pressochè continuo mal di capo, e si lusingò di potervi dare compimento in breve. Essendo vicino il prefisso tempo se ne occupò piucchè mai, cosicchè il soverchio studio indebolì vieppiù la sua mente: sperò trovar sollievo e forza nell’aria più pura della campagna; ma ivi il male crebbe a segno che disperando di poter servire alle viste della Società credè necessario di ritirarsi dall’impegno, per non protrarre più lungamente l’aspettazione dell’Elogio, tanto più che non aveva alcuna speranza di pronto ristabilimento. Avendo ciò esposto il Sig. March. propose di protrarre la pubblica Sessione in Settembre, tempo a cui per insinuazione della Reg. Corte s’è già fissata per gli anni avvenire, e in essa, omettendo l’elogio funebre, che sarebbe fuor di tempo, recitare delle dissertazioni intorno alla Società, delle quali sarebbesi in altra sessione parlato.

Pochi giorni dopo, il Beccaria, non senza imbarazzo, annunciò a Vienna ufficialmente la soppressione della solenne celebrazione (lettera del 24 maggio 1781 a Ferdinando d’Asburgo-Lorena, in Copia-Lettere della Società Patriotica, 1781-1784, BNBMi, A. F. xi. 37, vol. i, p. 4, edita in Beccaria 1996, pp. 580-581): Mi do l’onore di presentare a Vostra Altezza Reale le solite coppie delle due sessioni della Società Patriotica de’ 5 Aprile e de’ 15 Maggio, che venner approvati [sic] nella sessione ultima de’ 20 del corrente. S’uniscono ad esse alcune copie del programma de’ premi dati e de’ quesiti proposti dalla Società e che pubblicar si doveano nell’adunanza solenne. Questa è restata sospesa come meglio rileverà dagli Appuntamenti de’ 20 Maggio per la malattia del R. Prof. Sig. Ab. Parini, che dovea in essa recitare l’Elogio della defunta Imperatrice d’immortal memoria, e si terrà in Settembre per seguire così le insinuazioni della R. Corte, giacchè mancando l’Elogio, mancava la ragion principale di anticiparla.

Nella col. 2 dei citati Appuntamenti della Società Patriotica, p. 144, si legge la seguente annotazione: «La lettera [scil. della rinuncia del Parini] è presso il Sig. M.se Beccaria» (il documento risulta oggi smarrito).

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Reina 1801-1804, i, p. xxi, senza indicarne la fonte e senza renderlo pubblico integralmente, riporta un passo di uno scritto del Parini a Gianrinaldo Carli che offre una spiegazione diversa della rinuncia: «io non trovo […] veruna idea soddisfacente, su cui tessere l’elogio della Imperadrice: ella non fu che generosa: donare l’altrui non è virtù» (il corsivo, del Reina, segnala le precise parole del Parini); spiegazione che non convince Salveraglio 1881, pp. xxvi-xxx (il quale ricorda la dedica dell’edizione Reina a Napoleone), e che Bortolotti 1900, p. 105 (il quale però legge «ella non fu generosa», senza il che), suppone «inventata di sana pianta, contrastando solennemente con le opinioni del poeta intorno a Maria Teresa». Su tutte queste vicende, cfr. l’introduzione di Gennaro Barbarisi a Frisi 1995, particolarmente le pp. xv e l-li, dove è riprodotto il verbale della seduta della Patriotica; e cfr. anche Berlan 1865, pp. 6-7, e Salveraglio 1881, pp. xx-xxx. Sul Griselini cfr. qui supra, in nota alla lettera 3. Sul poligrafo Carlo Amoretti (Oneglia 1741 - Milano 1816), agostiniano e poi prete secolare, dottore dell’Ambrosiana, storico dell’arte ma soprattutto cultore di scienze agrarie ed economiche, cfr. Arato 1987 e Morgana 2010.

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44 [A Giovan Battista Corniani]

Una lunga malattia di capo, che m’ha influito sopra la mente, e mi ha cagionato anche dei dispiaceri dell’animo, e dalla quale appena comincio a riavermi, m’impedisce tuttora di applicare; e i medici mi comandano di non farlo. Non pertanto il bello Elogio da V. S. Ill.ma regalatomi, e le lodi, ch’Ella vi ha sparse delle cose mie, mi obbligano a farle un cenno della gratitudine che io pruovo. Non mi torna conto di esaminare quanto l’amicizia, di cui Ella mi onora, abbia potuto farle illusione a mio riguardo. Le dirò bensì ingenuamente,1 che le pubbliche lodi datemi da una persona del merito di Lei non potevan giugner più opportune per una certa mia fatale circostanza, della quale rimetto altre volte a parlarle. Sebbene adunque io non sia mai stato gran cosa avido di lodi, questa volta nondimeno son contento d’averle ottenute, e massimamente da Lei. Non mi stendo a farle complimenti sul suo Elogio per la difficoltà, che ho tuttavia allo scrivere. Mi basta di dirle con tutta verità, che questo è l’Elogio non meno del Conte Duranti, che dell’ingegno e del giudizio e del cuore di Lei medesima. Ella interpreti queste poche parole per quel molto, che le vorrei dire, e sia certa, che queste non provengono dalla riconoscenza, ma dalla giustizia. Continovi a farsi onore nella Letteratura Ella che il può far così bene: e si degni di considerar sempre me fra il numero de’ suoi veri estimatori. Sono col maggior ossequio Milano 15 Giugno 1781. Autografo non rintracciato. Per la maggior conformità del testo con l’usus pariniano, si trascrive qui da Reina 1801-1804, iv, pp. 177-178, accogliendo da Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 639-640, che peraltro non dichiara la propria fonte, la reintegrazione del consueto «Ill.ma» in luogo di «Illustr.» e la collocazione in calce della data (ma non l’erronea lettura «dirà» pro «dirò», né la paragra1 ingenuamente: schiettamente.

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fatura, né l’aggiunta della formula «Dev.mo e Obbl.mo Serv.re», non fatta precedere dal genitivo «Di V. S. Ill.ma»). Degne di nota due pur minime varianti della prima edizione, Rubbi 1796, pp. 45-46, che qui non si segue essendo nota la prassi manipolatoria di quella raccolta: «di non lo fare» pro «di non farlo»; «il può così bene» pro «il può far così bene» (si aggiunga il refuso «illuzioni» pro «illusioni» e lo scioglimento «Illustriss.» di «Ill.ma»). Dal Reina sembrano dipendere Bellorini 1913-1915, ii, pp. 179180, lettera xxi e Mazzoni 1925, p. 1005, lettera xxviii, nei quali le differenze riguardano solo punteggiatura, maiuscole e resa delle abbreviazioni. Il Parini ringrazia il Corniani per le lodi da lui espresse nell’elogio del Duranti (cfr. la lettera 33; Rubbi 1782, viii, pp. 26-27): Quì egli [scil. Durante Duranti] un sommo diletto prendea nel riandare le opere de’ poeti, e singolarmente si compiacea nella lettura del mattino, e del mezzogiorno poemetti di lavoro eccellente dell’immortale Parini, e già troppo celebri per aver d’uopo de’ nostri encomj. Avendo egli frequentemente alle mani quest’opera, ed esaminandola in ogni sua parte, vide, che forse si poteva alquanto più estendere la critica al costume presente. E in fatti l’abate Parini essendo limitato a sferzare soltanto i ridicoli del mondo nobile, lasciava ad altro prode campione aperto un campo vastissimo, ove poter egli smascherare, e conquidere i vizj coperti d’oro, e le colpe intatte de’ grandi, e de’ potenti. Il conte Durante si accinse all’opera, e scrisse il poema dell’uso. Le meschine occupazioni, e le facende degli odierni illustri zerbini si rassomigliano quasi tutte in quasi tutte le ore del giorno; ma la fantasia fecondissima del sovra-lodato Parini le ha variate, e distinte con sempre nuove figure, e le ha insieme legate con un’artificio inimitabile. Il conte Durante presenta egli ancora nell’accennato poema molti quadri coloriti con forza, molti altri con leggiadria, e risplende per molti lampi d’immaginazione che rallegrano, e temperano la uniformità dell’amara ironìa, ch’egli pure maestrevolmente maneggia, così che non lascia luogo ad equivoci. Ciò non ostante l’opera pariniana riesce più dilettevole a leggersi, e ciò forse procede dalla diversità dell’assunto, poichè Parini, come abbiamo di sopra osservato prende di mira il ridicolo, e il ridicolo si manifesta sempre in aria gioconda, e festevole, dove il conte Durante si propone di scardassare il vizio, e il vizio sotto qualunque aspetto si mostri, desta sempre una qualche idea di dolore.

Fu il Corniani stesso a trasmettere l’autografo pariniano al Rubbi perché lo inserisse nel suo «Epistolario». Scriveva infatti il conte bresciano al tipografo veneziano Antonio Graziosi il 7 novembre 1795 (Rubbi 1795, xlix, nº 508, pp. 391-392): Mi vennero giorni sono casualmente alle mani alcuni fogli dell’Epistolario. Mi piacquero, benchè letti di sfuggita. M’invogliai d’associarmi e ne invogliai altri ancora. […] M’è venuto quindi il pensiero di contribuire a questa intrapresa, quanto per me si può. […] La mia inerzia per dire il vero non mi ha

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permesso di essere molto accurato nel tener conto delle lettere degli uomini illustri, che mi hanno onorato della loro corrispondenza. Ma pure jeri l’altro frugando in certi miei scartafacci ne ho ritrovato alcune, di cui unisco alla presente gli originali. Sono di celebri nomi: ab. Parini, co: Durante Duranti, co: Rezzonico ec. […] Mi basta darle la prova dell’applauso mio per la sua ben concepita idea, e di quella candida stima, ed amicizia, che le professo […]

Su Giovan Battista Corniani (Orzinuovi, 18 febbraio 1742 - Brescia, 13 novembre 1813) cfr. DBI, 29, 1983, pp. 267-271. Del Corniani figura, tra i libri posseduti dal Parini, la prima edizione dell’opera I primi quattro secoli della letteratura italiana dopo il suo Risorgimento, Bassano, Remondini, 1796 (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 746, nº 237 dell’inventario).

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45 [All’arciduca Ferdinando d’Austria] [1783] Altezza Reale.

Nella

imminente Provvista de’ Benefici semplici vacanti, l’Umil.mo Serv.re dell’A. V. R. il Sacerdote Giuseppe Parini Profess.e di Belle Lett.e nelle Scuole Palatine, sperando qualche benigna contemplazione1 alle sue circostanze di fortuna di salute e di servigio Umilmente supplica la R. A. V. che si degni di nominarlo ad alcuno de’ mentovati Beneficii. Che etc.

ASMi, Culto, Parte Antica, Benefici vari, 1779-1783, cart. 545, fasc. 6 (1783, concorrenti a Benefizj), n. 72. Autografo calligrafico; bifoglio di mm 220 × 330, scritto sulla c. 1r; in alto, centrale: «Altezza Reale», seguito da ampio spazio bianco; a sinistra, d’altra mano: «Parini Prete Gius.e R.º Profess.e pet.e Beneficio»; sulla c. 2v: «Altezza Reale dal Sacerdote Giuseppe Parini». Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 640. Bellorini 1913-1915, ii, p. 181, lettera xxiii; Mazzoni 1925, p. 1006, lettera xxx. Sull’arciduca Ferdinando d’Austria, cfr. Capra 1987, ad Ind. 1 contemplazione: considerazione, riguardo.

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46 [Al conte Johann Joseph Wilczeck] [1783]

Nella imminente Provvista de’ Benefici Semplici vacanti il Sacerdote Giuseppe Parini si prende la libertà di umilmente ricordar la sua persona all’E. V. Ciò non fa egli per sollecitare inopportunamente le beneficenze superiori; ma soltanto per non aversi a rimproverare di non essersi presentato a qualche benigna disposizione che possa essere nel Reale Governo a favore di lui. A questa occasione permetta V. E. che il Parini, necessitato dalla qualità di supplicante ed affidato alle antiche e recenti dimostrazioni di bontà dategli dall’E. V., esponga per la prima volta le sue circostanze senza pusillanimità e senza iattanza. Sono già da1 quattordici anni ch’ei copre la Cattedra di Belle Lett.e nelle Scuole Palatine: non ha mai mancato d’Uditori: ed ha procurato sempre d’assisterli con esattezza e con zelo. In tal decorso di tempo, quando d’immediata quando di mediata commissione del Governo, è stato applicato ad altre operazioni straordinarie: come a formare un Piano d’istituzione d’un’Accademia di Belle Arti, copia del quale esiste presso di lui: a cooperare ad un Piano d’istituzione della Società Patriotica in compagnia de’ Cons.i M.se Beccaria e C.te Secchi. Sì nell’uno che nell’altro caso gli furon date ragionevoli speranze dell’Impiego di Segretario nelle dette Istituzioni: ma ciò non ebbe poi luogo. Creatasi dal Governo con approvazion della Corte una Commissione Letteraria per la formazione de’ Libri Elementari scolastici, la quale, indipendentemente dagli Individui della Commissione, non fu condotta a termine in tale incumbenza, dopo avere il Parini compilato sulle memorie de’ suoi Colleghi e sulle proprie il Piano da tenersi nella formazione de’ mentovati libri, cooperò all’eseguimento per lo spazio di tre anni, come apparisce dai Saggi presentati al Governo, e dalle memorie esistenti presso di lui. 1 da: circa.

188 giuseppe parini Nelle Nozze di S. A. R. compose e mise in scena per superior commissione un Dramma che fu rappresentato a vicenda con uno dell’Ab.e Metastasio. Per queste e simili cose non ebbe il Parini nè ricercò mai nè gratificazione nè aumento al suo soldo primitivo di lire duemila. Altronde, lasciando di parlare de’ suoi studj privati, si è egli abitualmente prestato giusta la sua tenue capacità, a qualunque gli ha fatto l’onore di ricercarlo della sua opera o direzione in materia di Letteratura o di Belle Arti, come per l’una parte è notorio, e per l’altra ne possono render conto a V. E. spezialmente lo Scultore Franchi, e il Pittore Martini. Il Parini rispettosamente sottopone le accennate cose alla benigna riflessione di V. E. stimolato dalla sua presente condizione fisica ed economica. Egli è privo di patrimonio, innoltrato nell’età, infermo delle gambe, cagionevolissimo di salute: e, sebbene contento della mediocrità, teme d’andare incontro ad una vecchiezza più d’ognaltra incomoda e male assistita. Questi ultimi motivi spera egli che possano interessare l’umanità di V. E. ad assisterlo, quanto sia permesso dal miglior ordine, o nella presente occasione di Provvista o in altra simile.

ASMi, Culto, Parte Antica, cart. 545, fasc. 6, n. 72. Autografo calligrafico; bifoglio grande, di mm 220 × 330. Scritto sulle cc. 1r-v con ampio margine a sinistra. In alto a sinistra, d’altra mano: «Parini Regio Professore|petente|Beneficio»; sulla c. 2v, in posizione centrale: «Per vostra Eccellenza Promemoria di Giuseppe Parini». Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 640-641. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 182-183 (indica il destinatario nel conte Wilczeck in forma dubitativa), lettera xxiv; Mazzoni 1925, pp. 1006-1007, lettera xxxi. Nonostante le cautele di Bellorini, non sembrano esserci dubbi sull’identificazione del destinatario. La lettera va assegnata al 1783, per il computo dei quattordici anni di insegnamento nelle Scuole Palatine, dal 1769; queste ultime, anche a Brera, mantennero tale denominazione fino al 1786. Nel 1783 il conte Wilczeck era subentrato al Firmian, deceduto l’anno prima, nella carica di ministro plenipotenziario. Analogo promemoria del Parini al Wilczeck nella lettera 30, nella quale si fa appunto riferimento al dramma di Parini, l’Ascanio in Alba (cfr. la lettera 30 e relativa nota).

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Il pittore Martini è il tirolese Martin Knoller (Steinach 1725 - Milano 1804), che, insieme con lo scultore Giuseppe Franchi (Carrara 1731 - Milano 1806), lavorò al Palazzo di Corte. Notizie bio-bibliografiche su entrambi in Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 567-568.

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47 [All’arciduca Ferdinando d’Austria] [17 settembre 1783] Lentate Nella presente vacanza del Beneficio Semplice eretto sotto il titolo della Invocazione e nella Chiesa della B. V. del luogo di Lentate, l’Um.o Serv.re di V. A. R. il Professore Sacerdote Giuseppe Parini, sperando qualche clemente riguardo all’anzianità ed esattezza del suo servigio, alla tenuità della sua fortuna, e spezialmente alle abituali e crescenti incomodità della sua salute, Umilmente supplica la Medesima R. A. V. che si degni di nominarlo al detto Beneficio. Che etc. ASMi, Culto, Studi, Parte antica, cart. 273. Autografo; monofoglio di mm 215 × 300, scritto nella c. 1r; dopo «Lentate» segue ampio spazio. Nella c. 1v: «Beneficio Semplice in S. Maria Assunta di Lentate P.ve di Seveso.» Oltre a questa, sempre in ASMi (Culto, Parte antica, cart. 533 e Autografi Monti-Parini, cart. 178), esistono altre 5 versioni, di cui 4 autografe e 1 copia, della supplica di Parini, alcune delle quali riportano, a parte, l’annotazione del millesimo, «1783», e differiscono solo per minime varianti. Ad esempio: Altezza Reale. Nella vacanza del Beneficio Semplice eretto sotto il Titolo e nell’Oratorio di S.ta Maria Assunta di Lentate Pieve di Seveso, l’Umil.mo Serv.re di V. A. R. il Sacerdote Professore Giuseppe Parini, osando rammemorare le sue circostanze di Pubblico servigio, di salute, d’età e di fortuna, Umilmente supplica l’A. V. R. che si degni di nominarlo al detto Beneficio. Che etc.

Nella 1v, colonna destra del foglio, in basso, sempre di pugno del Parini: Altezza Reale. del Sacerdote Profess.e Giuseppe Parini, che supplica d’esser nominato al Beneficio Semplice eretto sotto il Titolo di S.ta Maria Assunta di Lentate Pieve di Seveso.

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Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 642, dal quale si desume la data. Bortolotti 1900, p. 240, documento 8; Bellorini 1913-1915, ii, pp. 183-184, lettera xxv; Mazzoni 1925, p. 1007, lettera xxxii. La supplica del Parini non ebbe buon esito: il beneficio venne accordato all’abate conte Carlo Melzi nell’ottobre del 1784 (cfr. Bortolotti 1900, p. 117). Lentate (oggi Lentate sul Seveso) è sulla destra del fiume Seveso, a 26 km a nord-ovest di Milano.

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48 [A Carlo Castone Della Torre di Rezzonico] [1783] Ill.mo Sig. e P.ron Col.mo

Non posso che commendare l’eleganza la copia e l’evidenza del bel poemetto che V. S. Ill.ma si è compiaciuto di comunicarmi. Ho ammirato poi spezialmente la bella descrizione dell’assalto dato alle mura di Como, la bella similitudine del torrente, l’apparizione di Plinio, etc. Tuttavia, per servirmi della libertà, ch’ella generosamente mi concede, ardisco di suggerire alla osservazione di lei che forse non sia per piacer così generalmente un poemetto di genere presso che lirico, il quale abbia bisogno di molte note per ottenere l’effetto poetico. Forse ancora certe espressioni troppo artificiose tolte dall’antica erudizione poetica potrebbero non convenire del tutto ad un componimento in cui domina un vero patetico etc. Parmi che la introduzione di Plinio, se è considerato come una visione, non abbia bisogno d’essere nè vaporoso nè assottigliato etc. Chè se Plinio o l’apparenza di lui non si suppone sogno, ma realtà, forse non converrebbe farne Morfeo architettore etc. A buon intenditore credo che ciò basti. Del resto rinnovando le mie sincere significazioni di stima per li talenti singolari di V. S. Ill.ma, sono col maggiore ossequio Di V. S. Ill.ma Dev.mo Obb.mo Serv.re Parini. Autografo non rintracciato. Pubblicata per la prima volta, ma senza data, in Rezzonico 1815-1830, x, pp. 299-300, dal quale qui si trascrive, previi ritocchi minimi alle formule in protocollo ed escatocollo. La data presunta del 1783 è in Barbarisi-

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Bartesaghi 2005, pp. 642-643, 691, che a sua volta la desume da Mazzoni 1925, lettera xxix, pp. 1005-1006. Si tratta di un ringraziamento per l’invio del poemetto L’eccidio di Como, conosciuto dal Parini prima della pubblicazione. Carlo Castone Della Torre di Rezzonico (1742-1796), nativo di Como, uomo di vasti interessi, visse a lungo a Parma, dove frequentò il Frugoni. Segretario dell’Accademia di Belle Arti di Parma attorno agli anni Settanta, contribuì alla diffusione delle idee di Winckelmann; fu autore di un Giornale di viaggio d’Inghilterra e di poemetti didattici. Nell’inventario della biblioteca del Parini figura il suo Volgarizzamento dell’Arte Poetica di Orazio Flacco (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 747, nº 250), ma non l’Eccidio di Como che, nonostante indicazioni bibliografiche, peraltro piuttosto vaghe, provenienti da più parti (Bonora 1951, p. 998; Maier 1959, p. 517, che lo segnalano come edito a Parma nel 1784), risulta pubblicato per la prima volta solo in Rezzonico 1815-1830, ii, pp. 135-179, dopo esser stato letto dall’autore in Arcadia, a Roma, nel 1790 (cfr. ivi, i, p. lxxxix; ii, p. 135). In quel poemetto si trovano i versi criticati dal Parini: «Entro di Plinio vi rosseggia il mesto / Simulacro. In vapori assottigliato» (vv. 323-324); «Al capo suo sta sopra / Di stranie larve architettor Morfeo» (vv. 310-311: cfr. ivi, p. 152). Cfr. Calcaterra 1950, pp. 343-371; Bonora 1951, con profilo biografico (pp. 995-1000) e parte antologica (pp. 1001-1020); Caretti 1951, pp. 899-909; Maier 1959, pp. 517-531; Rezzonico 1977; Guagnini 1996, pp. 116-127.

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49 [A Paolo Frisi (?)] Sig.re e P.ron Col.mo

L’Abate Buchetti persona colta e gentile, deve andare a Parigi in compagnia del Marchesino Trotti: e desidera da V. S. Ill.ma una commendatizia presso il Signore di Condorçet. Egli mi crede valevole ad ottenergliela dalla di lei gentilezza; e questa sua credenza lusinga il mio amor proprio. Perciò la supplico e per lui e per me di volergli far questa grazia, la quale sarà tanto maggiore quanto più sollecita, dovendo egli partire verso la fine della corrente settimana. Dovea dir prima che questa premura non è tanto mia quanto anche della Sig.ra Duchessa Serbelloni, la quale mi ha pure comandato di pregarla di ciò medesimo in suo nome. Quando Ella si compiaccia di fare all’una ed all’altro questo favore, la priego di farmi tener la Lettera in casa mia, oppure alla Sig.ra Duchessa medesima. Sento che avrei dovuto venire io da Lei; ma spero che serviranno di scusa presso la sua bontà le incomodità mie e della stagione. E domandando perdono della temerità usata, sono col più distinto ossequio di V. S. Ill.ma Dev.mo Obb.mo Ser.re Giuseppe Parini. 13 aprile [1784] BLLondon, Egerton ms. 24, f. 93. Autografo; foglio senza filigrana, di mm 190 × 250, incollato sul lato sinistro a una striscia di carta del Codice Egerton. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 643. Lettera pubblicata per la prima volta da Chandler 1960, pp. 87-88, e poi, più correttamente, da Costa 1970, pp. 37-38. Per quanto riguarda datazione e destinatario, Chandler propone una datazione oscillante tra il 1769 e il 1775 e indica come possibile destinatario il brillante matematico e astronomo barnabita Paolo Frisi (Melegnano

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1728 - Milano 1784), dal 1764 docente alle Scuole Palatine. Questi, durante il viaggio a Parigi compiuto con Alessandro Verri nel 1766, aveva conosciuto direttamente, oltre a d’Alembert e agli altri philosophes, anche Condorcet, rimanendo in corrispondenza con lui e dedicandogli l’Elogio di Maria Teresa imperatrice (Pisa 1783), di cui lo stesso Condorcet avrebbe firmato la prefazione alla traduzione francese (Amsterdam-Paris 1785). Sul Frisi, oltre a DBI, 50, 1998, pp. 558-568, ancora utile Venturi 1958, pp. 289-304. Costa, esaminando, insieme con questa del Parini, alcune lettere della corrispondenza fra Condorcet (morto nel 1794) e Frisi (morto il 22 novembre 1784, ma in buone condizioni di salute ancora nel mese di aprile), indica senza esitazione la data del 1784, anno nel quale Lorenzo Galeazzo Trotti iniziò i suoi viaggi per l’Europa, e identifica con sicurezza nel Frisi il destinatario sulla base di una testimonianza di Aldobrandino Malvezzi, che, avvalendosi di un diario manoscritto del Trotti (cfr. qui infra), affermò: «desideroso di vedere paesi stranieri, dopo aver percorso tutta l’Italia, partì [scil. il Trotti] da Milano il 20 aprile 1784 per un viaggio di diporto e d’istruzione attraverso l’Europa, tornò in Patria il 31 dicembre 1797 e ne ripartì quasi subito per altri dieci anni» (Malvezzi 1924, pp. xv-xvi). La data della lettera (13 aprile) e il giorno della partenza da Milano (il 20 dello stesso mese) giustificano la sollecitazione del Parini a ottenere la risposta in tempi brevi, in quanto la partenza era prevista «verso la fine della corrente settimana» del 1784. Più di recente, Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 692, ha invece ritenuto, senza meglio specificare, che, «per i riferimenti alla contessa Serbelloni e per il tono usato, il destinatario della lettera potrebbe essere Pietro Verri». Il marchese Lorenzo Galeazzo Trotti Bentivoglio, figlio di Lodovico (1729-1809) e di Costanza Castelbarco Visconti, nacque a Milano il 19 marzo 1759 e si laureò a Roma nel 1778. Dopo qualche anno trascorso a Milano iniziò nel 1784 le sue peregrinazioni, recandosi nel 1784 a Parigi, poi (1786-1787) a Londra e nel 1788 in Spagna e Portogallo, per tornare a Parigi nel 1789, dove «assiste all’apertura degli stati generali e alla presa della Bastiglia» (Bagatti Valsecchi et alii 1875-1885, i, pp. non num.). Nel 1791 è di nuovo in Inghilterra, e nei quattro anni successivi in Austria, Germania, Polonia, Danimarca, Svezia e Russia. Nel 1795, a Vienna, dove vive per oltre tre lustri, si sposa con la contessa Antonietta Schaffgotsch. Tornato a Milano verso il 1827, vi muore il 6 giugno 1840. Tra i suoi figli è Costanza (1800-1871), poi maritata Arconati Visconti, della quale restano famosi i cenacoli liberali di Gaesbeck, in Belgio, e di Torino. L’abate Luigi Maria Buchetti (o Bucchetti) (Milano 1747-1804), gesuita dal 1762, insegnò al Collegio dei Nobili di Milano e, dopo la soppressione della Compagnia, divenne precettore di giovani d’illustri famiglie, accompagnandoli in viaggi d’istruzione in Italia, Inghilterra, Germania, Olanda e Francia. Era ancora a Parigi nel 1793, quando, non potendo dissimulare l’indignazione per gli avvenimenti sanguinosi di cui era testi-

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mone, resosi sospetto, si sottrasse a un mandato d’arresto fuggendo a Venezia (cfr. Michaud 1854, pp. 94-95). Erudito poliglotta, tradusse e annotò gli Idilli di Mosco, Bione e Teocrito recati in versi latini dal conte Bernardo Zamagna, Milano, Imperial Monistero di S. Ambrogio Maggiore, 1784, di cui il Parini possedeva un esemplare (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 743, nº 139); scrisse anche versi dialettali (una sua Canzon milanes per la guarigione dell’arcivescovo Pozzobonelli «da on mal de pett», databile ante 1783, si conserva in BAMi, Fondo Bossi, S. P. 6/13, vi. 12, cc. 471r-472v, inc. «Vorè ingegnass de dì»). Le lettere familiari e gli appunti di viaggio del Trotti, rimasti irreperibili a Costa 1970, che invano li cercò alla BAMi (p. 46, nota 8), e ancora a Barbarisi-Bartesaghi 2005 (pp. 691-692), si conservano nel Fondo Malvezzi della BTMi («1778-1795. Nº 25 diari di Lorenzo Trotti con sue note di viaggi in Francia, Inghilterra, Spagna, Portogallo, Austria, Germania, Danimarca, Boermia, Svezia, Russia»). Vi si descrivono minutamente molte circostanze della pluridecennale permanenza del Trotti fuori d’Italia, dall’arrivo a Parigi il 28 agosto 1784 fino agli anni viennesi. Quanto ai nomi che si leggono nella lettera del Parini, nel materiale manoscritto del Trotti l’abate Buchetti è citato più di una volta tra i suoi compagni di viaggio, di cui fanno anche parte, per breve tempo, un «don Giulio Dugnani», milanese, e, nel periodo londinese del 1787, anche il «generale de Paoli» (Pasquale, il celebre politico còrso, allora esiliato in Inghilterra, donde teneva contatti con la Francia). Non vi sono, però, riferimenti né all’interessamento del Parini e della Serbelloni, né a una commendatizia del Frisi (se, come parrebbe, è davvero questi l’ignoto destinatario della lettera) o di altri da presentare al Segretario perpetuo della Reale Accademia delle Scienze di Parigi. Di fatto, Jean-Antoine-Nicolas de Caritat, marchese di Condorcet (1743-1794), è nominato solo in un foglio singolo degli appunti di viaggio (BTMi, Fondo Malvezzi, cart. 7, sub datam «Mars-Avril 1785»), in cui il Trotti annota di aver presenziato, il 6 aprile 1785, a una seduta dell’Accademia, durante la quale il Condorcet stesso aveva letto alcuni elogi. L’unico riferimento di interesse pariniano che sia dato spigolare dalle lettere per gran parte inedite del Trotti (poco di esse è pubblicato in Malvezzi 1924) è in una missiva scritta il 26 dicembre 1785, da Londra, alla sorella, contessa Paola Trotti Taverna, in cui ricorda certe letture pariniane fatte in compagnia dell’allievo del Parini, anch’egli in Inghilterra, Agostino Gambarelli (1750-1792), di lì a poco editore delle Odi: «Mr. Gambarelli à la bonté de me tenir quelques fois compagnie à diner. Apres le diner, il me fait gouter quelques excellents pieces du vaillant Parini» (BTMi, Fondo Malvezzi, 5/iv, nº 11, c. 1v).

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50 [A Giacomo Rezia] Amico carissimo,

La graziosa amicizia, di cui mi avete sempre onorato, mi toglie il ribrezzo di venirvi ad annojare con una mia raccomandazione. Lorenzo Finatti, studente in codesta università, cerca di essere licenziato in chirurgia. Desidero pertanto e vi priego che voi gli prestiate tutta l’assistenza per il buono ed onorevole esito della sua posizione, quanto comporta la giustizia ed il dovere del vostro ufizio. Desidero ancora che voi lo raccomandiate, anche in nome mio, a quelli de’ vostri colleghi che voi giudicherete più opportuni allo stesso fine. Mi riprometto dalla gentilezza e bontà vostra ogni sollecitudine nel favorirmi, e, pregandovi d’ora innanzi dal cielo tutte le consolazioni, che merita la non comune ingenuità e delicatezza del vostro carattere, ho l’onore di dichiararmi, con sincerissimo ossequio, di voi, caro amico Milano, 20 marzo 1788 Autografo non rintracciato. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 644, da cui si trascrive. Pubblicata per la prima volta da Bellorini 1913-1915, ii, p. 184, lettera xxvi, con la precisazione: «Autografo presso la nobile famiglia Rezia a San Giovanni di Bellagio. Me ne favorì gentilmente copia donna Eugenia Rezia» (ivi, p. 307); Mazzoni 1925, p. 1008, lettera xxxv. Giacomo Rezia (Menaggio 1745 - Bellagio 1815), dopo aver studiato presso i Gesuiti a Como, si laureò in medicina a Pavia, dove ebbe come insegnante Pietro Moscati, che lo introdusse presso il Firmian. Dal 1771, appena ventisettenne, ricoprì la cattedra a Pavia di Anatomia e Istituzioni Chirurgiche; dal 1783 passò a quella di Fisiologia e Patologia Generale, e nell’anno scolastico 1784-85 divenne rettore dello stesso Ateneo, di cui ampliò la biblioteca. Fondò il Museo Anatomico e lasciò diversi scritti scientifici. Fu amico di Samuel Tissot (cfr. lettera 23 e relativa nota), Alessandro Volta e Lazzaro Spallanzani. Su di lui cfr. Stella-Lavezzi 2001, pp. 247-254.

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La raccomandazione del Parini dovette sortire qualche effetto. Il milanese Lorenzo Finatti (o Finati), immatricolatosi il 6 novembre 1786 all’Università pavese per il corso di Chirurgia (ASPv, Antico Archivio dell’Università, Reg. 810, Matricola generale degli studenti (1772-1803)), fu licenziato in Chirurgia il 18 aprile 1788 (ivi, Reg. 610, Registro di Medicina - Licenze e lauree in chirurgia - Rubrica (1767-1864)), previo superamento del solo esame in tale materia, sostenuto il giorno prima, essendo stato dispensato, per gli «studi fatti nell’Ospedale maggiore di Milano», tanto «dalle Terziarie», ossia dalla frequenza di ciascuno dei tre periodi in cui era suddiviso l’anno accademico (cfr. GDLI, xx, p. 967, s.v. terzería3), quanto «dagli esami di Fisica» (ASPv, Antico Archivio dell’Università, Cart. 358, Facoltà di Medicina - Esami di Chirurgia (1786-1789)).

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51 [Ad Antonio Mussi] A. C. Mil.o 10. Novembre. [1788]

L’Ab.e Ron[n]a, il quale trovasi in cotesto Seminario, mi è sempre paruto un giovane buono savio e studioso: e spero che fin da quest’ora si sarà dato a conoscere anche a voi. Egli vi debb’esser dunque abbastanza raccomandato per sè stesso. Ma egli è in oltre mio speciale amico. Però come tale io lo raccomando agli ulteriori ufici della vostra amicizia per me; confidando che ben presto egli la saprà guadagnare anche per sè medesimo. Lusingomi che il Sig.r Rettore, che mi ha date molte pruove di graziosa propensione in Milano, non mi avrà dimenticato costì: e perciò raccomando anche alla bontà di lui l’amico mio: e priego voi di comunicargli questa mia premura. Non soggiungo di più, sapendo quanto l’uno e l’altro siate disposti a giovare massimamente a i buoni, ed agli amici degli amici vostri. Con questa occasione vi ringrazio assaissimo della memoria che avete avuto di mandarmi le Regole del Seminario, le quali avendo io cominciato a leggere, mi sembrano molto bene esposte nell’una e nell’altra lingua. Presentate le significazioni del mio rispetto al Sig.r Rettore: e voi amatemi e valetevi di me. Di voi C. A. Dev.mo Obbl.mo Ser.re ed Amico Giuseppe Parini. BAMi, S. P. 6/5 xi. 5. Autografo; bifoglio di carta azzurrina, di mm 184 × 250, scritto solo sulla c. 1r. Manca l’indirizzo. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 644-645. Pubblicato per la prima volta da Bellorini 1913-1915, ii, p. 185, lettera xxvii; Mazzoni 1925, p. 1008, lettera xxxvi. Il giovane che il Parini raccomanda è Tommaso Ronna (2 marzo 1767 - 23 aprile 1828), segnalato per la prima volta come parroco e canonico di San

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Babila il 10 aprile 1797. Nel Concistoro del 18 settembre 1807 fu proclamato vescovo di Crema, dove si trasferì dal 1808; ai tempi della Cisalpina fu consigliere di Stato per gli affari ecclesiastici. Al Ronna il Parini indirizzò l’epigramma in dialetto milanese Si te savisset / Car el me Ronna (Mazzoni 1925, p. 495). Documentazione sul Ronna in ABSBMi, Capitolo, Nomina dei Canonici, cart. 6, Processi verbali delle Adunanze capitolari, fasc. 9. Cfr. Benvenuti 1888, pp. 239-240; Bertazzoli 1993 (alla p. 98 Ronna viene indicato come «prevosto» di San Babila). Antonio Mussi (Arona 1750-1810), sacerdote, di ingegno versatile, si occupò di belle lettere, disegno e teologia. Fu in corrispondenza con S. Bettinelli, M. Cesarotti e I. Pindemonte; amico di Aurelio de’ Giorgi Bertola e coetaneo di Lorenzo Mascheroni, gli subentrò nell’anno accademico 1794-95 nel rettorato dell’Università di Pavia. Per interessamento del card. Angelo Maria Durini fu affiliato all’Accademia degli Affidati di Pavia il 15 aprile del 1788 (il Parini vi era stato ammesso il 15 giugno 1786). Pare che il Parini «avrebbe amato di averlo per successore» come insegnante a Brera; nel 1800 fu eletto dottore della Biblioteca Ambrosiana e si dedicò all’insegnamento delle Lingue Orientali in Seminario, fino alla morte. Fu prefetto agli studi nel Seminario Generale della Lombardia Austriaca, aperto a Pavia nel 1786. Collaborò con l’oblato Francesco Farina a redigere le costituzioni del Seminario, in italiano e latino, modellandole su quelle dettate da san Carlo per i seminari milanesi (da qui il riferimento alle Regole generali, nella parte finale della lettera del Parini). Le Regole del Seminario generale per la Lombardia Austriaca furono edite a Pavia, Monastero di San Salvatore, 1787. L’anonimo Elogio storico di Antonio M.a Mussi (ms. in BAMi, S. P. ii. 269, n. 99) le attribuisce al Mussi, che compose anche la tragedia Jefte e le Ricerche sulla morale delle tragedie. Il Parini possedeva le Poesie pittoriche e le Lezioni d’eloquenza (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 746 e 748, ni 242 e 285). Cfr. anche Bernuzzi 2001. Sul Mussi tragediografo cfr. Ballarini 2000. Il Parini intendeva salutare il Rettore del Seminario, l’oblato Francesco Farina (su cui cfr. ASMi, Studi, Parte Antica, cart. 344, contenente la promozione del Farina dal Seminario di Milano a quello erigendo in Pavia in data 2 giugno 1786). Sull’istituzione del Seminario Generale della Lombardia in Pavia, cfr. Panizza 1956. In Catena 1832, sono raccolti numerosi testi poetici del Mussi; la prefazione accenna ai rapporti fra Mussi e Parini e ricorda come il Mussi gli inviasse in dono un libro con la seguente dedica: «Fucatas inter Veneres, latio hospita cultu / Judice te, fidit graeca, Parine, Venus» (p. vii).

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52 [A Silvia Curtoni Verza] Ornatiss.a Sig.ra Contessa.

Dovrei vergognarmi d’essermi lasciato prevenir nello scrivere, e quel che è più prevenire da Lei veneratissima Dama. Nondimeno è forza che io lo confessi. Anzi che vergognarmi, esulto e vo glorioso del mio mancamento. Questo mi ha dato luogo a comprendere quanto sia grande la benignità dell’animo suo; e con quanta generosità sappia disprezzare i minuti puntigli della condizione, del sesso e della naturale vanità. Ma ciò che più lusinga ed appaga il mio cuore si è che il mio peccato mi ha procurata una più valida testimonianza della parzialità, con cui Ella si degna di riguardarmi. Niuna cosa, dacchè ebbi l’onore di vederla e di ammirarne in breve tempo tante amabili e stimabili qualità, niuna cosa lo giuro poteva più contribuire alla felicità della mia vita ulteriore che una tale testimonianza. Forse il mio amor proprio e il mio vivo desiderio me ne amplifica di troppo il valore. Comunque sia anche la illusione mi è troppo grata nel presente caso: ed è certo per altra parte che io non amplifico l’espressione oltre la realtà del mio sentimento. Tornando poi alla mia mancanza spero ch’Ella vorrà credermi che non è volontaria; anzi che nasce da troppa sollecitudine di non mancare: e che io ci ho merito piuttosto che colpa. Se io le dicessi gentilissima Dama che da quel momento che a Lei piacque privare la mia patria e me della sua presenza non è scorso un giorno neppure un giorno senza che io mi sovvenissi di Lei, e senza che io mi dilettassi come tuttora fo di ricorrere e di contemplare coll’imaginazione tutti gl’interni e gli esterni pregi che l’adornano: se io le dicessi che io ho sempre presenti le sue sembianze per lo appunto come se Ella mi avesse fatto la grazia di regalarmi un suo ritratto; che mi par di sentire il tono della sua voce, di vederne la vivacità degli occhi, l’energia dell’espressione, e quelle grazie dello spirito e della persona tutte sue, che ravvivate da una lievissima tintaa maschile sono tanto più singolari e prepotenti: se io le a Cassato di dopo tinta.

202 giuseppe parini dicessi queste e mille altre cose simili, io non farei altro che giustificare il titolo da lei cortesemente attribuitomi di grande pittore di verità. Ora con tali disposizioni come sarebbe stato possibile che io trascurassi o dimenticassi di scriverle sollecitamente? Ma l’alta stima da me conceputa di Lei, le impressioni da Lei lasciate nel mio animo fieramente sensibile a quel bello che esce dall’ordinario corso della natura e della educazione, il mio zelo proporzionatamente esaltato mi fecero pensare a scriverle in modo più nobile e solenne che non è la triviale prosa di una lettera. Lo avrei fatto, ed avea di già cominciato a farlo, se la infelicità della mia fisica costituzione, degl’incomodi di salute, la tristissima invernata, le seccaggini del mio impiego, ed altre necessarie distrazioni non mi avessero mio malgrado rallentatoa nel cammino tanto che finalmente sono stato prevenuto dalla graziosità di Lei. Ma quel ch’è fatto è fatto. Spero anzi tengo per certo che le mie circostanze mi permetteranno di comprovarle coll’opera anche la verità di queste asserzioni. Frattanto le rendo infinite grazie della bontà che ha avuto di rendermi cara la vita coll’obbligantissima sua lettera e desidero vivamente ed istantemente la supplico ch’Ella si valga frequentemente di qualche momento di ozio per continovare a bearmi. Fortunato me se cotesto ozio potesse a mio riguardo divenire una occupazione. Io non esagero giammai. Le perdonerei se la sua modestia la facesse dubitare delle mie parole: ma non saprei perdonarle se cotesto dubbio nascesse da una difidenza del mio carattere. Ella non meriterebbe di conoscere nè di stimare l’uomo il più sensitivo della terra. Ho l’onore di confermarmi quale mi sono dichiarato di sopra Parini. Mil.o 22. Gen.o 1789. BAMi, S. P. 6/5 xi. 6. Autografo; bifoglio di mm 184 × 250 di carta azzurrina, scritto solo sulla c. 1r-v. La lettera conserva ancora, sulla c. 2v, il suggello di ceralacca e l’indirizzo: «A Sua Eccellenza|La Sig.ra Contessa|Silvia Curtoni Verza.|Verona». Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 645-646. Edita per la prima volta da Reina 1801-1804, iv, pp. 181-184; Bellorini 1913-1915, ii, pp. 186-187, lettera xxviii; Mazzoni 1925, pp. 1008-1009, lettera xxxvii. a Aggiunto in interlinea rallentato.

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Silvia Curtoni (1751-1835), di Verona, sposata a Francesco Verza Guastaverza, è ricordata come poetessa e salonnière. Fu amica di Bettinelli, Bertola, Pindemonte e Monti. L’abate Bartolomeo Lorenzi le dedicò la terza edizione della Coltivazione dei monti (su cui ci resta una prosa critica pariniana del 1778 c.a: cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, iii.7, pp. 260-261). Conobbe il Parini a Milano il 24 settembre 1788 e si legò d’amicizia con lui; coerentemente con la promessa qui formulata («Spero […] che le mie circostanze mi permetteranno di comprovarle con l’opera […]»), a lei il Parini indirizzò il sonetto Silvia immortal, benchè dai lidi miei, unito alla lettera del 12 marzo 1789 (lettera 54). Risulta invece infondata l’ipotesi che fosse la destinataria dell’ode A Silvia (Sul vestire alla ghigliottina). Cfr. Montanari 1851; DBI, 31, 1985, pp. 490-494. Su di lei, e su altre amiche del Parini, cfr. Ricaldone 2000. La «lievissima tinta maschile» che ravviverebbe le «grazie» della Curtoni trova riscontro in un analogo rilievo del Foscolo, il quale, scrivendo da Verona a Isabella Teotochi Albrizzi nel giugno del 1806, osservava: «La Verza m’ha del maschile»; e aggiungeva di preferire, tra i salotti veronesi, quello della «malaticcia» Strozzi, benché «affettata» e «civetta», alle «sentenze dell’Amazzone» (Foscolo 1952, p. 115); espressione, quest’ultima, che sembra anch’essa confermare un altro rilievo pariniano sulla Verza: quello, contenuto nella lettera successiva, a proposito della «persuasione» «scagliata» «con tanto impeto» dalle “muscolose” «labbra» di Silvia.

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53 [A Silvia Curtoni Verza] Ornatiss.a Dama.

Temo che se io ho fatto male lasciandole desiderare la mia prima lettera, farò forse peggio spontaneamente importunandola colla seconda. Nondimeno io non posso resistere alla voglia di dimostrarle ch’Ella non può esser dimenticata da chi una volta ha avuto l’onore di vederla e d’udirla, e, quel che è più, di vederla e d’udirla con un animo ed un cuore simile al mio. Negherà Ella di credermi che da gran tempo i miei pensieri non vengano più volte al giorno a Verona? Se Ella nol credesse farebbe non meno torto a me che a sè medesima. Tuttavia questi pensieri, qualora per necessità sono richiamati a Milano, non mi portano veruna novella nè della salute nè degli studj nè de’ piaceri di lei: ed io oggimai non desidero di sapere più altra cosa che questa. È dunque forza che io a Lei scriva pregandola che si pigli il disagio di rendermene qualchea conto. Che fanno cotesti occhi vivacissimi così validi interpreti della penetrazione e della energia del di Lei animo? E coteste labbra dalla cui poderosa muscolosità viene con tanto impeto scagliata la persuasione? A quale de’ più gentili e più colti cavalieri Veronesi od estranei si volgono essi o parlano più di sovente? Sopra tutto quali cose dettate dalla mente sì bene ornata ed inspirata dalle Muse, quali cose sta deponendo in carta quella bella mano, che tre o quattro volte da me veduta ha stampato nella mia memoria così profonda immagine di sè, non tanto perchè bella quanto perchè appartenente ad una persona fornita di tante grazie e di tanti meriti? Non credo io già che questa si occupi mai sempre scrivendo di morti di tombe o d’altre simili benchè da lei rendute bellissime, malinconie. Altre cose si convengono alla sua età al suo sesso ed alla piacevole economia della vita. Di grazia Ella mi parli di tutto ciò. Ho tanta brama di esserne informato, che volentieri m’arrischio anche a sentire alcuna cosa, che contenga qualche poco di amaretto per me. Sa il cielo quanto a Cassato cosa.

lettere 205 avrei caro che non pochi giorni di conoscenza, ma una lunga consuetudine avesse fatto nascere in lei quella confidente libertà, di cui si nodrisce l’amicizia. Quanto guadagnerei io di felicità? Quanto sopra l’idea grande, che già ne ho, crescerebbe smisuratamente in faccia mia la bellezza dello spirito, del cuore e di tutta la persona di Lei! Ma a che servono questi miei voti, quando la realtà è così lontana? Perchè non ho io una libera fortuna che mi basti in ogni paese? Ella può troppo bene immaginarsi dove sceglierei d’abitare. E neppure questo mi è possibile. Or dunque che fare? Venga Ella a Milano, dove ha fatto sperarea che sarebbe presto tornata, dove fra le dame si è acquistata in pochi giorni tante ammiratrici del suo spirito della sua grazia e della sua cultura. Il nostro Carnevale non meritava ch’Ella si pigliasse l’incomodo di qui venire. Ma nel mese d’aprile è troppo piacevole e salubre il fare un corto viaggio. Altronde Ella ben sa che noi dobbiamo avere in quel mese e giochi e spettacoli e nozze solenni: e l’augusta amica, ch’Ella co’ radi suoi pregi si è saputa ben tosto conciliare, ben merita, e forse spera ch’Ella le dia questa prova della sua affettuosa osservanza in occasione così fausta per lei. Venga, e si trattenga di poi qualche mesi. Vorrà Ella scriver de’ versi? Ella ci troverà ed ozio1 ed ammiratori. Vorrà Ella conversare? Quanti dell’un sesso e dell’altro penderanno da coteste labbra così efficacemente parlanti! Che se le piacerà di fare all’amore, non le mancheranno bei giovani, che a tanto splendore accorreranno. E se per distrazione soffrirà che altri soltanto gliene parli, ci sarà fino a qualche vecchierello immaginoso, che senza stancarla le sospiri qualche volta da vicino. Ah se Ella si fosse qui trovata questo inverno quanto sarei stato meglio di salute, quanto avrei usato del poco mio ingegno stato finora sommerso nel torpore e nella stupidità, quanto il mio cuore sarebbe stato lontano dalla noia! Pochi momenti io ho provati veramente e vivacemente piacevoli in tutto il corso di questa ria stagione. Quali sono stati essi? La priego ch’Ella non mi faccia l’ingiuria di non mi credere. Essi sono stati quelli, sì soltanto quelli, in cui le due stimabili amiche Cusani e Castiglioni, forse senza avvedersene, mi hanno renduto lieto e beato, parlandomi di Lei. Sovviemmi ora d’un altro. Ciò fu a Aggiunto in interlinea sperare. 1 ozio: tempo da dedicare alla poesia.

206 giuseppe parini quando io lessi i versi recentemente pubblicati dal cavalier Pindemonti. Tali versi, benchè non mi soddisfacciano del tutto per rispetto al tutto, contengono per altro delle cose belle. Ma quale fu il momento in cui più mi piacquero? Voglio lasciarlo indovinare alla rispettabilissima Silvia. Quanto sarei io felice di vedere ora quel sorriso che le scherza sulle labbra, nell’atto dello indovinare! Ciò s’intende quando Ella sorrida della cosa, non già se per mia sventura sorride di me. Ma il foglio è vicino ad esser pieno; ed io non torrei mai la penna dalla carta. Affrettiamoci come il viandante a cui sopravviene la sera. In fine dopo tante ciarle che mi resta egli ora per consolarmi? Non la presenza dell’oggetto per cui solo io sento di sentire la vita; non una immagine davanti agli occhi, che me ne rappresenti almeno le forme; non copia ed effusione del suo spirito e delle sue grazie in lettere. Altro non mi resta che ciò che ne ho profondamente stampato, dove…? nella mente. Ma ciò è molto per eccitare il desiderio, poco per soddisfarlo. Ma non è però mai poco ciò che tiene l’anima in attività. So bene ornatissima Dama ch’Ella si maraviglierà di questo mio tenore di scrivere tra il faceto e il galante; nè vorrei ch’Ella mi credesse manco rispettoso per ciò. Che sarebbe se io coprissi sotto il velo di questo stile qualche sentimento più solido e più vivo, che non osassi peranco di mostrarle, non essendo meglio affidato a farlo? Con ciò significherei tanto più i riguardi d’ossequio e di venerazione che le debbo e le professerò in eterno. Mil.º 25 Feb.º 1789 Dev.mo Obbl.mo Ser.re Parini.

BAMi, S. P. 6/5 xi. 7. Autografo; bifoglio di mm 193 × 235, scritto tutto a piena pagina su carta azzurrina. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 647-649. Prima edizione in Reina 18011804, iv, pp. 185-190; Bellorini 1913-1915, ii, pp. 188-190, lettera xxix; Mazzoni 1925, pp. 1010-1011, lettera xxxviii. I «versi recentemente pubblicati dal cavalier Pindemonti» sono le ottave del poemetto Le quattro parti del giorno (cfr. Pindemonte 1788, pp. 47-88), in cui, a p. 58 (ott. xviii, vv. 5-8), si legge questo omaggio poetico alla Curtoni:

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Forse giunge il mio canto in parte alcuna, Bench’io voglia tra lochi ermi celarmi: Che non giungano, o Silvia, a te sue note, Benchè romito, non bramar chi puote?

Nella nota riferita a questi versi (ivi, p. 61), il Pindemonte giustifica l’omissione del cognome della «bella e colta Dama», dicendola «abbastanza nota a tutta l’Italia», soprattutto «dopo l’ultimo suo viaggio». Proprio nella tappa romana di questo tour per l’Italia (giunse a Roma per la via delle Romagne alla metà del gennaio 1787, e proseguì poi per Napoli e Palermo, tornando a Verona via Firenze: cfr. Montanari 1851, pp. 6263), Silvia compose due sonetti, l’uno in morte del marito (Ben nell’aspetto del divin Fattore), l’altro alla propria tomba (La tomba, che mie membra accoglier deve), destinati a essere da lei recitati in Arcadia (il che, sembra, non avvenne perché, per l’emozione, «le mancò la voce»: DBI, 31, 1985, p. 491): a questi versi, verosimilmente, allude il Parini laddove dice la nobildonna occupata «sempre scrivendo di morti di tombe o d’altre simili […] malinconie». Stando a una testimonianza dello stesso Pindemonte di pochi anni prima, anche il giudizio pariniano su altri «due poemetti» del letterato veronese, identificabili con tutta probabilità in Gibilterra salvata e La Fata Morgana, entrambi a stampa nel 1782, era stato positivo con riserva: «Mi parve che a Parini», scrive Pindemonte a Vannetti il 30 giugno 1783, «non dispiacessero i miei due poemetti, malgrado alcune cosette notate in contrario, ed a me, che nel pregai, comunicate» (Cimmino 1963, ii, p. 49). Del Pindemonte, il Parini possedeva il Saggio di Poesie campestri, il poemetto La Francia e una non meglio precisata Epistola (cfr. BarbarisiBartesaghi 2005, pp. 744-745, ni 205, 177 e 175 dell’inventario della biblioteca). Sul letterato veronese vedi Marchi-Viola 2005. A donna Paola Litta Castiglioni (cfr. nota alla lettera 17) la Curtoni dedicò uno dei suoi ‘ritratti’ (cfr. Curtoni Verza 1807). Come qui della Curtoni, così anche della Castiglioni il Parini rievoca le doti di brillante conversatrice in società: cfr. Il dono, vv. 25-36. La marchesa Placida Cusani Litta è la protagonista dell’epigramma di dubbia attribuzione Signor, poco dappoi (Mazzoni 1925, pp. 525-526). La «poderosa muscolosità» delle labbra di Silvia può far riscontro con i nuovamente sorridenti e non più esangui «muscoli del labro» del risanato Carlo Imbonati nell’Educazione, v. 10; ma cfr. anche il «vago labro, / e di rara facondia / e d’altre insidie fabro» di Cecilia Tron, cantato dall’ormai canuto poeta nel Pericolo, vv. 61-63, o ancora i «labbri» da cui «cade» l’«eletto e nitido / parlar» della Castelbarco, l’«inclita Nice» del Messaggio, vv. 61-65. Per il tema del «vecchierello immaginoso» e innamorato, oltre al ricordato Pericolo (l’«invecchiato nocchier» assalito nel porto

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dalla «contumace Venere», vv. 1-30), può vedersi, in chiave di lieve scherzo anacreontico, l’attacco della cxliv delle Poesie varie. Le nozze solenni cui il Parini allude sono quelle di Maria Teresa, figlia dell’arciduca Ferdinando e di Maria Beatrice d’Este, con Vittorio Emanuele di Savoia, figlio di Vittorio Amedeo iii. «L’augusta amica» è l’arciduchessa Maria Beatrice. Per notizie bio-bibliografiche sulla Curtoni Verza, cfr. la nota alla lettera precedente.

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54 [A Silvia Curtoni Verza] Adorabile Silvia

Viene costì il Cavalier Guarini gentiluomo di Romagna molto savio ed istruito. Colgo questa occasione di volo per indirizzarvi questo foglio con alcuni pochi miei versi. Vi priego di gradirli come un verace testimone dell’ossequiosa ricordanza con cui mi glorio e glorierò di vivere perpetuamente. Deh perchè le vostre circostanze e le mie mi fanno disperare di rivedervi mai più! Siate sicura che il desiderio di contemplarvi e d’ammirarvi un’altra volta da vicino è una delle più frequenti e principali occupazioni dell’animo mio. Ma io non finirei più: e il tempo per ora mi affretta. Milano. 12. Marzo. [1789]

Vostro vero e riverente Adoratore Giuseppe Parini.

All’ornatissima Silvia. Sonetto. Silvia immortal, benchè dai lidi miei Lontana il patrio fiume illustri e coli; E benchè dentro ai gorghi atri letei Ogni dolce memoria il tempo involi: Pur con lo ingegno onde tant’alto voli E con le vaghe forme e i lumi bei, Dopo sì lungo variar di soli, Viva e presente nel mio cor tu sei. E spesso in me la fantasia si desta, Tal che al dì chiaro e ne la notte bruna Te veggio; e il guardo a contemplar s’arresta. Nè ben credendo ancor tanta fortuna,

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giuseppe parini Palpito e dico: o l’alma Silvia è questa, O de le Grazie o de le Muse alcuna.a In testimonio di ricordanza ossequiosa e perpetua L’A. Parini.

BAMi, S. P. 6/5 xi. 8. Autografo; due bifogli di mm 170 × 225, inseriti l’uno nell’altro, entrambi scritti solo sulla c. 1r; il primo bifoglio, in alto al centro, reca la scritta: «Adorabile Silvia»; dopo un piccolo spazio bianco segue il testo della lettera. Il secondo bifoglio reca il testo del sonetto. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 649-650. Prima edizione in Reina 1801-1804, iv, p. 191 (non ripubblica il sonetto, già stampato nel vol. ii); Bellorini 1913-1915, ii, pp. 191-192, lettera xxx; Mazzoni 1925, pp. 10111012, lettera xxxix. Per la Curtoni Verza, cfr. le due lettere precedenti. Il cav. Guarini non è stato identificato. De Gubernatis 1913, p. 119n, ipotizzò la data del 1799, osservando che «il sì lungo variar di soli del sonetto non avrebbe forse alcun senso, se lettera e sonetto fossero stati scritti poco dopo la partenza da Milano della Contessa Silvia, che avvenne sul fine del 1788». Ma il De Gubernatis leggeva la lettera nel Reina, dove la data del 12 marzo 1789 appare in forma completa, senza nulla che segnali l’assenza del millesimo nell’autografo, e fu perciò indotto a supporre un’erronea lettura da parte dell’editore (1789 pro 1799), laddove si tratta invece di datazione congetturale: «Nella breve letterina che accompagna il sonetto, è indicata la data 12 marzo 1789, ma forse è da leggersi 1799». Anche a voler dar credito all’osservazione relativa al «lungo variar di soli», non vi sono dunque ragioni di pensare proprio al 1799 anziché a qualcuno degli anni precedenti (nulla di preciso indica di per sé l’aggettivo «lungo»). Qui, tuttavia, si è ritenuta più plausibile la datazione del Reina, accolta da tutti gli editori successivi, sia perché non è improbabile che risalga a una comunicazione della stessa Curtoni, corrispondente del Reina e dedicataria del vol. iv della sua edizione (quello che contiene appunto le lettere pariniane), sia perché il sostantivo «soli» al v. 7 del sonetto pare possa meglio leggersi nell’accezione, altrettanto ben attestata, di ‘giorni’ che non in quella di ‘anni’(cfr. GDLI, xix, p. 311, Sóle7, con esempi da Dante a Bacchelli).

a alcuna è cassato e riscritto nello spazio sottostante.

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55 [Al card. Angelo Maria Durini] [Milano, 1791] Eminenza.

Io scrivo momentaneamente fra l’agitazione del sentimento, che V. E. ha destato nel mio animo col ricordarsi della mia così piccola persona nel modo, ch’Ella si degna di farlo. Io non ho bisognia nella mia mediocrità: ma come potrei essere così ingrato di non accettare quello che proviene dall’E. V. tanto ingenuamente e dirò quasi, tanto impetuosamente benefica? Ma come significarle la mia riconoscenza ed ammirazione? Non posso altro fare che citare in testimonio il presente stato del mio cuore. V. E. si contenti per ora di queste tumultuose espressioni. E col più profondo rispetto ho l’onore di protestarmi Di V. E. Um.o Serv.re Giuseppe Parini. ASDCo, Famiglia Durini, tit. ii, cart. 12, fasc. 47 (l’archivio storico della famiglia Durini è stato depositato dalla contessa Carlangela Durini nel settembre 2001 e dal gennaio 2004 è consultabile al Centro studi “Nicolò Rusca” del Seminario Vescovile di Como; la cart. 13 dello stesso fondo, con missive al card. Durini da parte di corrispondenti vari, ancora in parte non inventariata, non contiene documenti o lettere del Parini). Autografo; bifoglio di mm 187 × 250, scritto solo sulla c. 1r, a piena pagina; senza data né destinatario; in alto, centrale, la scritta «Eminenza.», seguita da circa un terzo di pagina bianca; alcune macchie d’inchiostro non impediscono la lettura del testo. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 650. Pubblicata per la prima volta da Bagatti Valsecchi et alii 1875-1885, i, suppl. alla tav. iii, pp. non num. (e non da Bortolotti 1900, p. 142, né da Marchesi 1904, p. 100, come in Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 695). Bellorini 1913-1915, ii, p. 192, lettera xxxi; Mazzoni 1925, p. 1012, lettera xl. a La -i è corretta sulla -a.

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Mentre la critica è concorde nell’assegnare la lettera all’anno 1791, contemporanea all’ode La gratitudine, permangono dubbi se collocarla nella fase immediatamente precedente all’ode o nel periodo successivo. Filippo Salveraglio (cfr. Salveraglio 1881, p. 256), nel commento all’ode in questione, ricorda, dicendo di rifarsi a «una nota rimasta inedita tra le carte lasciate dal Reina», che il Durini volle nobilmente «presentare» il poeta dopo aver ricevuto l’ode. Il Parini si sarebbe allora recato in visita dal Durini; ma il cardinale era già partito e aveva lasciato per lui, nella portineria, questi versi latini: Divino Parinio Italiae, Parine, decus, quas dicere grates, Quasve referre parem? Grates persolvere dignas Non opis est nostrae… Di, Tibi, si qua pios respectant Numina, si quid Usquam justitia est, et mens sibi conscia recti, Proemia digna ferant. Virgilio. Ex Balbiano, senectutis nostrae nidulo. Virtutum Parinianarum perpetuus admirator Ang. Card. Durini».

È verisimile che il Parini abbia scritto la lettera dopo questa visita al Durini, andata a vuoto, per ringraziarlo del presente. Angelo Maria Durini (1716-1796), dopo i primi studi a Milano (uscì dalle Arcimbolde nel 1741, l’anno appena successivo all’ingresso in esse del Parini), si recò a Roma per studiare teologia e diritto canonico. Accompagnò lo zio nunzio a Parigi nel 1759 e, dopo essere stato inquisitore pontificio a Malta, divenne nel 1767 nunzio in Polonia. Nel 1774 venne richiamato a Roma e fu nominato primo presidente della città di Avignone. Divenne cardinale nel 1776: da allora si trasferì a Milano e visse nelle ville di sua proprietà nel parco di Monza (Mirabello e Mirabellino). Coltivò la poesia latina e gli studi letterari. Mecenate e protettore delle arti, fu amico del Balestrieri e del Parini. Prima della morte, arricchì dei suoi libri la neonata biblioteca di Brera. Sul Durini, si veda in generale Geddo 2010, che, discutendo dei rapporti col Parini alle pp. 201-205, segnala, e parzialmente trascrive alle pp. 343-344, un’«inedita raccolta poetica», l’Otium Larianum et Mirabellianum, dedicata dal cardinale al poeta; cfr. anche Riva 1901 e Benvenuti 1996, in particolare p. 51 (la lettera del Parini vi viene considerata precedente all’ode, ed è rifiutata l’ipotesi di datazione avanzata dal Salveraglio). Per La gratitudine, ancor utile l’introduzione di Alfonso Bertoldi, in Bertoldi-Spongano 1957, soprattutto pp. 146-148.

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56 [A Giambattista Bodoni] Ornatiss.o Sig.r Bodoni. Milano. 18. 9.bre [1791]

Dovrei vergognarmi di non aver finora risposto alla graziosiss.ma sua del 4. 8.bre, se non isperassi che mi potesse giustificare presso di Lei una serie di combinazioni che mi fece tardare indipendentemente dalla mia volontà. Io era in campagna quando la sua Lett.a giunse a Milano; e per trascuraggine altrui mi fu spedita tardi. Trovai in essa accusato1 il volume, di cui Ella mi faceva grazioso dono; e, non vedendolo congiunto alla Lettera, dubitai che non si fosse smarrito; e volendo pur ringraziarla e della Lett.a e del Volume stesso, scrissi a Milano per farne ricerca in casa mia e alla Posta e altrove; ma non ne potei saper nulla. Quindi è che sperando pure che di giorno in giorno mi pervenisse, diferii di giorno in giorno anche a scriverle. Finalmente non so da qual parte mi arrivò: ma essendo imminente il mio ritorno in città, stimai opportuno di aspettare a scriverle di qui, acciocchè nessun altro sinistro non impedisse che la mia Lett.a non fosse consegnata sicuramente alla Posta. L’avrò annoiata con sì lunga diceria; ma mi pareva pur necessario di giustificarmi presso di Lei che merita tanto riguardo dagli amatori delle Lettere, e specialmente da me così di fresco favorito ed onorato colla sua bellissima Edizione de’ miei poveri versi. Io non so come significarle bastevolmente la mia compiacenza e la mia gratitudine così per la spontanea singolare gentilezza ch’Ella ha usata meco appena a Lei noto, come per la nobiltà e la eleganza della Edizione e del Volumetto, di cui, per riguardo alla sua opera, mi ha fatto un prezioso dono. Se mai Ella è informata del mio carattere, Ella saprà che io sento più assai il merito e la generosità altrui di quel che io non sia capace di spiegar con parole. La priego adunque di misurare dal mio animo anzi che dalla mia 1 accusato: annunciato.

214 giuseppe parini penna quanto io l’ammiri, e quanto io me le professi obbligato: e più non dico intorno a ciò. Nella primavera ventura spero e quasi tengo per certo d’avere in pronto due Poemetti per seguito e per termine di quelli altri antichi due, che hanno avuto la fortuna di non dispiacere. Se mai Ella mi facesse l’onore di meditar nulla anche intorno all’Edizione di essi, Ella si compiaccia di farmene cenno. I due primi uscirebbero corretti variati in qualche parte ed accresciuti. Così tutti e quattro verrebbero ad esser nuovi, e ridotti in una solo Poema, che avrebbe per titolo il Giorno. Finisco sperando ch’Ella, onorandomi d’altra sua, mi darà luogo di rinnovarle gli attestati della mia costante gratitudine, e di gloriarmi della sua pregiabilissima amicizia. Sono col maggiore ossequio Dev.mo Obb.mo Servitore Giuseppe Parini. BEUMo, Autografoteca Campori. Parini Giuseppe. Autografo; bifoglio di mm 180 × 250, scritto fittamente a piena pagina sulla c. 1r-v; con tracce di sigillo di ceralacca e indirizzo scritto sulla c. 2v: «All’Ill. Sig.re Sig.r P.ron Col.mo Il Sig.r Gio. Batta Bodoni Tipografo di S. M. Cattolica. Parma.»; breve spazio bianco tra intestazione e testo. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 651-652. Lettera pubblicata per la prima volta da Bertana 1898, pp. 85-86: «fu scritta, senza fallo, nel 1791» (p. 82). Bellorini 1913-1915, ii, pp. 193-194, lettera xxxii e Mazzoni 1925, pp. 1012-1013, lettera xli. Entrambi seguono Bertana. Giambattista Bodoni (1740-1813) aveva ripubblicato a Parma l’edizione delle Odi da poco uscite a Milano presso l’editore Marelli, per cura di Agostino Gambarelli. Il Parini ringrazia il Bodoni per l’invio della ristampa e propone un’edizione del Giorno, rivisto e completato. Sul Bodoni basti il rinvio a DBI, 11, 1969, pp. 107-115 e a Ciavarella et alii 1990. Alla BPPr, presso il Museo Bodoniano, nel Fondo Bodoni (busta 48, fasc. 33), esistono due minute dello stampatore dirette a Parini, che riproduciamo qui di seguito, benché già in Boselli 1914; la prima dovrebbe essere la «graziosiss.ma sua del 4. 8.bre» citata sopra: a Aggiunto in interlinea un.

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Parma 4 8.bre 1791 Dacchè io ebbi la fortuna di conoscerla personalmente quando feci una veloce gita a codesta Insubre Metropoli splendidissima, ho sempre avuto in pensiero di dargli qualche, sebbene lieve, testimonianza della giusta venerazione che io ho sempre professato al raro di lei poetico valore. Mi mancò sempre la propizia opportunità di mandare ad effetto il mio divisamento; ed ora mi si è offerta spontaneamente. Un male impresso libercolo delle di lei Odi uscito da’ torchi Piacentini mi è giunto alle mani nello scorso mese. Io ho voluto riprodurlo con un pocolino di venustà, ed esattezza maggiore. Il primo esemplare l’offro all’immortale ed incomparabile autore de’ ben torniti, robusti carmi, che tutti gl’imparziali estimatori del bello Poetico riguardano come il Principe de’ viventi coltivatori delle mansuete Muse; ed io pure di buon grado mi unisco a tale univoco sentimento, e se ’l soffrano in pace i verseggiatori della Dora e del Taro; del picciol Reno e dell’Arno; del Tebro, dell’Adria, e più oltre del picciol Sebeto. Me fortunato se avrò saputo meritare il cortese di lei compatimento! Mi accordi la sua benevolenza, e mi creda pieno della più ingenua Osservanza, e di attaccamento insuperabile Suo div.mo ob.mo Serv.re

Il «male impresso libercolo» sarebbe l’edizione piacentina di Orcesi (Parini 1791). Il secondo autografo, senza data, ma presumibilmente successivo, del 1791 o al più dei primi del 1792 – Bodoni vi accenna anche a una prossima edizione del Giorno: probabilmente quella, poi non eseguita, cui allude il Parini nella lettera a testo – è la minuta di una commendatizia a favore dell’incisore parmense Pietro Martini (Parma, 1738-1797), il quale, residente a Parigi «da cinque lustri» (vi era giunto nella primavera del 1768, ed era a Parigi tra il 1789 e il 1791: cfr. Bédarida 1928, passim) ma di passaggio a Parma, intende recarsi anche a Milano per conoscere Parini e visitare la città: Apportatore di questo mio ossequioso foglio si è l’egregio Sig.r Pietro Martini, Parmigiano, e valentissimo incisore in rame. Domiciliato già da cinque lustri in Parigi, egli è venuto a rivedere i patrii lari, e gli antichi amici, fra quali io mi pregio di essere del bel numero uno. Pria di ritornare alle romorose sponde della sconvolta Senna, egli desidera osservare i pregevoli monumenti delle belle arti che esistono in codesta Insubre Metropoli splendidissima. Io volea dargli Commendatizia per l’autorevolissimo Plenipotenziario Ministro; ma egli ch’è d’indole veramente aurea, e di franche ed ingenue maniere, mi rispose che preferiva di conoscera l’inimitabil autor del matino a qualunque più elevato Soggetto. Io dunque ho voluto spontaneamente offerirgli il mezzo onde appagare l’erudito suo desiderio, che avrà comune con tanti altri illustri viaggiatori, a Cassato personalmente.

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che giungendo a Milano, si recano a fausta ventura di poterla anche per brevi momenti vedere, qualora non venga lor dato d’udirlo nelle sue colte lezioni, e di ammirarla nelle sue eruditissime conversazioni. Imploro dunque dal di lei animo ben fatto e cortese di accoglier con lieta fronte il mio raccomandato, ch’Ella troveràa pure istruito nella italiana ed estera letteratura più di quello che si possa aspettare da qualunque abilissimo Artefice; e con tanta maggiore alacrità ho colto questo favorevole incontro d’indirizzarglielo, quanto che questo mio onesto, soavissimo amico desidera di sentire se l’incomparabile Sig.r Abate Parini sia prossimo a far godere alla dotta Europa il tanto suo applaudito, ed atteso Poema che avrà per titolo il Giorno; di cui gli ho supposta vicina l’impressione. Al ritorno del s.r Martini mi lusingo di sentire ottime novelle sulla sua preziosa salute che gli desidero ferma ed atletica. Mi conservi la sua pregevol grazia, mi comandib e mi credac qualed coi più veraci sensi di ossequio e di insuperabile attaccamento ho l’onore di soscrivermi Laus Deo Laus Laus

Alla morte del Martini, lo stesso Parini gli dedicherà l’Epigramma commemorativo intitolato Il ritratto dell’incisore Pietro Martini (cfr. Reina 1801-1804, iii, p. 243). Sul Martini, in difetto di una voce nel DBI, la fonte più diffusa è il sito http://www.comune.trecasali.pr.it/allegato.asp?ID= 565376 (ultimo accesso: 15.x.2012). a Cassato non mediocremente. b Cassato si rivalga di me in qualunque opportunità che gli possa qui occorrere. c Cassato mi scrivo. d Cassato colla.

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57 [Al conte Johann Joseph Wilczeck] [Milano, marzo-aprile in. 1792] Eccellenza.

L’U.mo Serv.re di V. E. il Prof.e Parini trovasi già da più d’un mese obbligato continuamente a letto per incomodo di podagra. In tale situazione sente più che mai la necessità d’avere qualche Stanza al di più delle quattro, che ora gode, massime per tenere presso di sè il Domestico, che lo assista. Altronde si risovviene con sentimento di riconoscenza dell’umanissima disposizione mostratagli da V. E. per fargli assegnare questo comodo ulteriore. Quindi ardisce di supplicare la medesima E. V. che si degni di commettere1 al Sig. Conte Pertusati che visiti e concerti ciò che sarà opportuno affine di accrescere qualche Stanza al Parini senza ingiuria nè scomodo2 di verun altro, che abiti legalmente in Brera. ASMi, Studi, Parte Antica, cart. 178. Autografo; bifoglio di mm 190 × 285, scritto solo sulla c. 1r, sulla colonna di destra. In basso a sinistra, d’altra mano: «1579/858. Pres. 2 Ap.le 92.» (scritta quindi nei giorni immediatamente precedenti). La stessa cart. 178 ha anche una copia apografa, con varianti «assiste» pro «assista», «alcun altro» pro «verun altro». Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 652. Pubblicata dapprima da Bortolotti 1900, p. 143; Bellorini 1913-1915, ii, pp. 194-195, lettera xxxiii; Mazzoni 1925, p. 1013, lettera xlii (segue Bortolotti). Il Wilczeck trasmise la domanda del Parini per l’ampliamento dell’alloggio in Brera al Magistrato Politico Camerale (9 aprile), ma poiché non si giungeva ad alcuna concreta determinazione, il Parini sollecitò nuovamente un provvedimento a suo favore. Cfr. la lettera successiva al Pertusati. La relativa documentazione ufficiale è in ASMi, Studi, Parte Antica, cart. 276 e in Vicinelli 1963, pp. 120-127. 1 commettere: dar incarico.

2 ingiuria … scomodo: danno … incomodo.

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58 [Al conte Francesco Pertusati] Ill.mo Sig.re e P.ron Col.mo

Il Parini U.mo Serv.re di V. S. Ill.ma ha presentito che dal Magistrato siasi fatta consulta alla Conferenza Governativa sul noto affare della ulteriore abitazione da esso domandata. Egli si prende perciò la libertà di supplicar V. S. Ill.ma a dare opera, per quanto da Lei dipende, affinchè la detta Conferenza Governativa si degni di sollecitamente e deffinitivamente risolvere1 intorno a ciò. La giornale2 necessità, che ha il Parini di maggiore abitazione; l’utilità della stagione per l’adattamento di essa; e la imminente vacanza delle Scuole, che porterebbe l’assenza di quelli che hanno relazione nei cambiamenti, che possono occorrere, rendono importuno e forse presuntuoso il Parini medesimo, il quale nell’atto che chiede perdono, ha l’onore di dichiarare a V. S. Ill.ma il suo distintiss.o ossequio. Di casa. 9. Agosto. [1792] ASMi, Autografi, cart. 178, numero di protocollo 3712/443. Autografo; monofoglio di mm 170 × 250, scritto sulla colonna destra della c. 1r; in basso nel margine sinistro, la data: manca l’indicazione dell’anno e del destinatario. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 653. Pubblicata per la prima volta da Bortolotti 1900, p. 144. Bellorini 1913-1915, ii, p. 195, lettera xxxiv; Mazzoni 1925, pp. 1013-1014, lettera xliii. Il destinatario va identificato con sicurezza nel conte Francesco Pertusati (Milano, 1741-1823), soprintendente alla Fabbriche Camerali in Milano (cfr. Bortolotti 1900, p. 144), sul quale cfr. la lettera 64, in nota. Questa volta (cfr. la nota alla lettera precedente) la domanda del Parini venne accolta con decreto del 28 agosto 1792, nº 3408: il millesimo della lettera è 1 risolvere: deliberare.

2 giornale: quotidiana (cfr. lat. diurnalis).

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dunque il 1792. Il Pertusati informò il Magistrato Politico Camerale che Parini avrebbe potuto da allora disporre delle due stanze lasciate libere «senza alcuna spesa e carico del R. Erario» (ASMi, Studi, Parte Antica, cart. 270; cfr. anche Bortolotti 1900, p. 145).

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59 [Al conte Johann Joseph Wilczeck] [Milano, 23-31 maggio 1793] Eccellenza.

Mi viene spedito da Bologna l’annesso Foglio con commissione di offerirlo a V. E. in nome della Sig.a Bandettini. Dovrei venire in persona a presentarlo: ma ho troppe pruove della benignità con cui V. E. rende giustizia alle mie fisiche circostanze. Oso adunque dispensarmene: e professandomi perpetuo veneratore dell’ottimo animo di V. E., ho l’onore di essere Di V. E. Umil.mo Serv.re Giuseppe Parini. ASMi, Autografi, cart. 159 bis (Miscellanea). Autografo; monofoglio di mm 180 × 230, scritto nella c. 1r, con ampio spazio dopo l’intestazione. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 653. Pubblicata per la prima volta da Mazzoni 1925, p. 1014, lettera xliv, ricavandola da un fondo non più presente all’ASMi (perché probabilmente andato distrutto a seguito dei bombardamenti dell’agosto 1943), Nuovi acquisti per la restituzione carte viennesi. Riprodotta in fac-simile da Bologna 1969, documento 18, che la ritenne erroneamente inedita e non identificò il destinatario, dichiarando di ricavarla dall’ASMi, Fondo Autografi, cart. 178. Sempre in ASMi, Autografi, cart. 159 bis (Miscellanea), si conserva anche il biglietto di Teresa Bandettini, qui sotto riprodotto, datato 23 maggio 1793, con cui la celebre improvvisatrice chiede al Wilczeck (qui però non nominato) di predisporle una sala con tutto l’occorrente per una sua esibizione da tenersi il 31 di quel mese. Teresa Bandettini (Lucca 1763-1837) cominciò la sua carriera artistica come ballerina e si formò contemporaneamente una cultura letteraria, che le permise di essere accolta, nel 1789, nell’alta società di Bologna, tramite i buoni uffici del conte Ludovico Savioli. Lasciata la danza, si dedicò all’improvvisazione, per la quale ricevette gli elogi anche dell’Alfieri. Ammessa in Arcadia con il nome di Amarilli Etrusca, continuò nell’arte

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dell’improvvisazione fino alla morte. «Nella primavera del 1793 venne a Milano, diede diversi trattenimenti nelle più colte adunanze della città, in casa del conte Wilzeck, ed una solenne, la sera di venerdì 31 maggio, nel salone della Società Patriotica in Brera» (Bortolotti 1900, p. 147). Una aggiunta apografa in BAMi, S. P. 6/2 iii. 6, p. 19 indica nell’11 aprile (1793) la data della festa in casa Wilczeck con la Bandettini. La lettera del Parini, che introduce il bigliettino della Bandettini per la festa del 31 maggio, è quindi databile tra il 23 e il 31 maggio. Ecco il testo della lettera della Bandettini: Eccellenza Io sono al maggior segno persuasa, che l’E. V. data si sarà la pena di cercar conto di quella sala, per la quale osai supplicarla, ma nell’incertezza della riuscita, in cui mi vivo, mi è duopo essere seco importuna onde rilevare l’esito della sua domanda. Lontana di diffidare un momento dalla di lei propensione a favorirmi, se la necessità non mi stringesse, avrei atteso, che V. E. da sè stessa m’avvisasse del risultato, ma io abbisogno veramente di tal notizia, per fare apparecchiare la sala, disporla ad Accademia, con le opportune sedie, e lumiere. In qualunque modo però, vedo, che pel giorno 25. possibile non è il darla; meglio dunque saria fissare la detta Accademia pel giorno 31 (quando piaccia all’E. V.). Ecco l’Ode al Principe Coburgo, da me corretta diligentemente; mi sono mossa a ciò fare ad oggetto di renderla meno indegna di un tanto Leggitore; questa istessa sarà stampata ed io mi farò un dovere d’umiliare un numero di copie all’E. V. acciò passando per le sue mani, nel distribuirle a suoi affezionati e famigliari acquistino quel merito che esse non avriano partendo d’altra persona. Piena di profondo ossequio priegando l’E. V. di patrocinio passo all’onore di dirmi di V. E. Da casa Umili.ma Devot.ma Obblig.ma Serva Teresa Bandettini

Il Wilczeck era grande ammiratore della Bandettini: per sua sollecitazione il Parini compose il sonetto Poi che tu riedi a vagheggiar dell’etra (Mazzoni 1925, p. 397, sonetto lxx) e lo inviò al Wilczeck, che così gli rispose, il 9 dicembre 1793 (ASM, Autografi Monti-Parini, cart. 178; bifoglio di mm 185 × 220; nella colonna di sinistra della c. 1r: «1793. 9. x.bre», e più sotto «Sig.r Ab.e Parini»; a metà colonna, di altra mano, «Cap. Appiani»; il testo della lettera è nella colonna destra): Ill.mo Sig.r e […] Col.mo Ho ricevuto il Sonetto in lode della Sig.a Bandettini che V. S. Ill.ma mi ha accompagnato col suo foglio. Io ne La ringrazio moltissimo anche per il modo con cui ha eseguita questa commissione, perche non poteva farmi cosa più grata che di combinarla, co’ riguardi ch’Ella deve alla sua salute per la quale

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m’interesso sommamen.e. Le confermo i sentimenti di vera stima e distinta consideraz.e con cui mi protesto […]

Sul retro, alla c. 1v, la seguente annotazione archivistica: «Lettera di Giuseppe Parini ad un Eccellenza con umile invio un foglio per commissione della Bandettini»; più sotto: «passata alla I. R. Direzione g.le degli Archivj li 20 xbre 1830 pel N.º[?] 1017. Da spedire a Vienna alla Biblioteca di S. M.». A presentare la Bandettini al Parini, a Milano, fu il tipografo-editore Giuseppe Bernardoni, che registrò le parole d’ammirazione del poeta al loro primo incontro: «Signora Teresa, io credeva, dopo aver udito il duca Molo, che, non che superarlo, nessuno lo potesse uguagliare nell’improvvisare; dopo udita lei, mi ricredo in tutto» (Bernardoni 1848, p. 78; cfr. nota alla lettera 63). Sulla Bandettini, cfr. Di Ricco 1990, e ora Caspani Menghini 2011 (alle pp. 15n e 50n sui rapporti con Parini). Sull’improvvisatore Gaspare Mollo, cfr. ancora Di Ricco 1990, in particolare p. 67n.

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60 [Al consigliere Pompeo Signorini] Ill.mo Signore

Per il corso d’anni venticinque, io sonoa sempre stato presente al momento dell’apertura delle scuole, ma inutilmente; ma inutilmente perchè la costumanza del nostro paese non somministra scolari massimamente alle scuole superiori fuorchè verso il giorno di S.ta Caterina. Questa esperienza mi dà coraggio di supplicar vostra S. Ill.ma che voglia interporsi affinchè mi sia concesso di rimanermi in villa sino al detto giorno, pronto sempre a rendermi in città al minimo cenno. Spero dalla gentilezza di V. S. Ill.ma un tale ufficio, e dalla benignità superiore questa grazia, mentre che con distinto ossequio ho l’onore di confermarmi Di V. S. Ill.ma Vaprio 8 9.mbre [1793] dev.mo obb.mo servo Giuseppe Parini. ASMi, Autografi Monti-Parini, cart. 178. Idiografo; bifoglio di mm 145 × 240, scritto a tutta pagina sulla c. 1r. In basso, d’altra mano: «All’Ill. Sig. Consigliere D. Pompeo Signorini». Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 654, che però lo considera «autografo calligrafico» (ivi, p. 698). Bortolotti 1900, p. 146 (prima edizione); Bellorini 1913-1915, ii, p. 196, lettera xxxv; Mazzoni 1925, p. 1015, lettera xlv. Sia Bellorini che Mazzoni computano 25 anni di servizio a partire dal 1769 e quindi datano la lettera al 1794. Si tratta invece del 1793: la Commissione pronunciò il proprio parere favorevole a posticipare il rientro all’Accademia al giorno di S. Caterina (d’Alessandria: 25 novembre) l’8 novembre del ’93; il giorno dopo Pompeo Signorini partecipò la decisione al Parini. Anche il Magistrato Camerale fu informato dell’accoglia io sono è ripetuto senza cassatura.

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mento della richiesta di esonero dalla cerimonia d’apertura: «La Conferenza governativa, avendo esaudito l’istanza del ricorrente rende inteso il Magistrato Camerale per di lui norma e direzione. 9 novembre 1793. Signorini» (ASMi, Studi, Parte Antica, cart. 276; cfr. Vicinelli 1963, p. 116, nota 132). Il prete toscano Pompeo Signorini (Mulazzo, 1743 - Milano 1812), già alto magistrato a Siena e a Firenze, fu nominato il 1 febbraio 1792 Consigliere generale sugli affari ecclesiastici e sugli studi presso l’Imperial Conferenza di Milano, dove giunse il 3 maggio 1792, iniziando la sua collaborazione con il Governo come relatore della Conferenza Governativa. Favorevole alla richiesta del Parini, egli stabilì che, «attesa non meno l’esperienza allegata dal ricorrente, che la qualità della cattedra sostenuta dal Parini, la quale non avendo circoscritto un corso di lezioni, che potesse restare interrotto dall’assenza di alcune giornate, fosse da secondarsi la domanda» (ASMi, Studi, Parte Antica, cart. 276; e cfr. anche Bortolotti 1900, p. 146).

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61 [Al conte Francesco Pertusati] [Milano, 31 maggio - 15 giugno 1795]

Il Prof.e e Sopraintendente delle R. Scuole di Brera Giuseppe Parini ottenne l’abitazione in Brera da S. A. R. il Serenissimo Arciduca a contemplazione delle sue notorie incomodità di salute. Questa gli fu poi accresciuta, per il medesimo titolo, fino allo stato in cui presentemente ne gode dalla R. I. Conferenza di Governo. Egli non ha altri Rescritti fuor che quelli, che saranno registrati fra i Decreti del R. I. Governo, ai quali si rimette, come pure al tranquillo possesso, in cui ne è stato mantenuto da circa diciotto anni a questa parte. In fede di ciò egli si dà l’onore di sottoscriversi Giuseppe Parini Prof.e di Lett.e e di Arti, e Sopraintendente etc.

ASMi, Studi, Parte Antica, cart. 273. Autografo; bifoglio di mm 250 × 350, scritto solo sulla c. 1r. Nella colonna di sinistra il testo del Parini; nella colonna di destra la «Nota», diretta a Parini e contrassegnata da un «N.º 9», con cui il conte Pertusati chiedeva, a lui come a tutti gli occupanti di locali in Brera, legittimi o meno, di presentare una dichiarazione sul proprio stato: Nota N.º 9. È della Superiore intenzione, che il R.o Professore di Lettere, ed Arti, e Prefetto delle RR. Scuole Abate Parini indichi all’infrasc.o Cons.e, e Soprintendente li Rescritti, che legitimino l’abitazione, ch’Esso gode di sei Stanze, ed un Gabinetto al Piano terreno, non che di una cucina con un piccolo Vestibolo nel R.o Ginnasio di Brera: Lo stesso Cons.e, e Sopraintend.te comunica quindi la sullodata Superiore volontà al surriferito R.o Professore, affinchè per il g.no 15. del venturo Mese voglia compiacersi di somministrare la mentovata indicazione, e così essere abilitato a dar compimento alla Superiore commissione. Dalla R.a Sopraint.za alle Fabb.e Cam.li Milano 31. Mag.o 1795. Pertusati Consig.re Soprintendente

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Al R.o Profess.e di Lettere ed Arti, e Prefetto delle RR. Scuole Abate Parini.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 654. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 196-197, lettera xxxvi (prima edizione); Mazzoni 1925, lettera xlvi, pp. 1014-1015. La risposta del Parini è da collocare tra il 31 maggio e il 15 giugno, termine entro il quale doveva pervenire la dichiarazione richiesta (cfr. Vicinelli 1963, p. 127n). Sul Pertusati, cfr. la nota alla lettera 64.

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62 [Al marchese Febo d’Adda]

Se la bontà, con la quale V. S. Ill.ma ha accettati que’ pochi senili miei versi, è troppo superiore al loro merito, mi è però dovuta la giustizia ch’Ella rende ai sentimenti da cui mi sono stati dettati. V. S. Ill.ma può farne quel che le pare, avendo io tutta la ragione di commettermi al gusto ed al giudizio di Lei, massimamente dopo aver letto il componimento, che ha avuto la gentilezza di mandarmi. Qualora V. S. Ill.ma persista nel pensiero di stampare i detti miei versi, mi piacerebbe ch’Ella vedesse se giovasse di farvi i pochi cangiamenti, che seguono. «E novo entro al tuo cor sorgere affetto Giuno che i preghi de le incinte ascolta E vergin io de la Memoria prole»

Sarà la più grande pruova della parzialità di V. S. Ill.ma per me, se Ella senza più oltre interrogarmi sopra di ciò userà meco liberamente, ritenendo, sostituendo, o cangiando la lezione come Le parrà; e così parimenti per l’ortografia in ogni parte. Ho l’onore di professarmi, con distintissimo ossequio e con sincerissimi augurii d’ogni felicità di V. S. Ill.ma Vaprio 23 giugno [1795] Dev.mo Ob. S. BAMi, S. P. 6/5 xi. 16. Apografo; monofoglio di mm 166 × 215, scritto solo sulla c. 1r. In testa, della stessa mano: «Lettera dell’Ab. Gius.e Parini al March. D’Adda». Nella data, il millesimo è aggiunto fra tonde accanto al mese: «(’95)». Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 655, che però lo giudica «autografo calligrafico» (ivi, p. 700). Reina 1801-1804, iv, pp. 192-193; Bellorini 19131915, ii, p. 197, lettera xxxvii; Mazzoni 1925, p. 1015, lettera xlvii. L’ode Alla Musa («pochi senili miei versi») fu composta nel giugno del 1795 e pubblicata subito in Milano presso l’editore Bianchi. Per l’accoglimento delle varianti (vv. 82, 94 e 95), cfr. Isella 1975, pp. 180-181.

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Febo d’Adda (1772-1836) fu uno dei sessanta Decurioni e Ciambellano di S. M. Imperiale; durante il Regno Italico, fu nominato Consigliere di Stato e Cavaliere della Corona ferrea; al ritorno degli Austriaci, divenne Consigliere di Governo, Vice-presidente del Governo di Lombardia e Cavaliere dell’ordine di Leopoldo. Discepolo (negli anni scolastici 17781782) e amico del Parini, compose odi e sonetti. Aveva sposato la contessa Leopoldina Kevenhüller. Mentre il card. Durini ne celebrò il matrimonio in un’ode alcaica, il Parini ne cantò la maternità in Alla Musa, e Febo d’Adda rispose con un’altra ode intitolata L’Amicizia. Alla morte del Parini, l’amico scrisse un sonetto In morte dell’abate Parini sommo poeta, stampato in un foglio volante, e La rimembranza (cfr. Salveraglio 1881, p. 271).

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63 [A Giuseppe Bernardoni] Stimatiss.o Sig.re, Vavero, 11. 9.bre [1795] Una invincibile mia pigrizia a scriver Lettere ha fatto che io non ho risposto alla sua graziosissima prima, e tardato di rispondere alla seconda. Gliene chiedo perdono; e supplisco come posso al presente. La ringrazio cordialmente della premura ch’Ella si è presa di farmi trascrivere la Carta da lei mandatami; e ciò soltanto per soddisfare una mia vana curiosità. Ho letta la canzone all’Inclita Nice; e l’ho trovata ottimamente corretta, salvo che nel verso: «Vale passando» etc. dove in vece di leve, vorrebbe scriversi lieve. Quanto al resto dell’Edizione, conoscendo io il carattere e l’abilità di Lei, veggo che non posso essere in migliori mani. Solamente la priego, che qualora le paia di dovervi apporre qualche note, queste siano modestissime e semplicissime, senza rimprovero nè diretto nè indiretto di cosa o di persona veruna. Circa il verso: «Noia le facezie» etc. Ella potrà dire che nelle altre Edizioni dopo la prima di Milano vi si sono fatti de’ cangiamenti per non essersi dagli editori avvertito alla pronunciazione toscana ed agli esempi de’ buoni scrittori di versi nell’uso delle parole che hanno dittongo o trittongo, come accade della parola Noia etc. Ella potrà ciò dire e più brevemente e meglio che ora non ho fatto io. Del che le lascio ogni libertà. La Canzone all’Inclita Nice non amo che abbia nota veruna indicante la persona a cui è supposta diretta. Le fo i più sinceri ringraziamenti per le tante pene, ch’Ella si prende per me: e le offerisco tutta la mia amicizia e servitù, dichiarandomi tutto suo Giuseppe Parini. BAMi, S. P. 6/5 xi. 9. Autografo; bifoglio azzurrino di mm 188 × 240, scritto solo sulla c. 1r-v; senza indirizzo.

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Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 655-656. Reina 1801-1804, iv, p. 194-195; Bellorini 1913-1915, ii, 198-199, lettera xxxviii; Mazzoni 1925, pp. 10151016, lettera xlviii. Il tipografo milanese Bolzani, tra il novembre del 1795 e i primi mesi del 1796, ripropose l’edizione delle Odi curata da Agostino Gambarelli nel 1791, con l’aggiunta, in coda, delle tre composte dopo il 1791: All’inclita Nice (1793), A Silvia (1795), Alla Musa (1795). Al v. 120 dell’ode a Nice il Bolzani accolse la correzione indicata dal Parini in questa lettera e ne rispettò il desiderio di non dichiarare l’identità della donna, diversamente da quanto si era verificato in Dalmistro 1793-1800, iii (1795), pp. 217-224, dove figurava il titolo Alla signora contessa Castelbarco. Anche Reina 18011804 (ii, p. 186) pubblicò l’ode con il titolo Il Messaggio e la seguente nota: «Per l’inclita Nice, ossia Maria di Castelbarco». Per il v. 60 della Caduta, «Noia le facezie», cfr. Isella 1975, p. 111. Sulle varianti testuali dell’ode anche in rapporto con la lettera al Bernardoni, cfr. Longoni 2008. Maria Litta Arese (1761-1815), figlia del marchese Giulio Pompeo e della contessa Elisabetta Borromeo Visconti (in seconde nozze), sorella di Paola Castiglioni, sposò ancora molto giovane, il 1º maggio 1777, il conte Carlo Ercole Castelbarco. Il Parini godeva dell’ospitalità dei Castelbarco a Vavero (Vaprio d’Adda), dove aveva alcuni benefici (cfr. BarbarisiBartesaghi 2005, ix.6, pp. 712-713 e 719). Giuseppe Bernardoni (1771-1852), editore, pubblicista e poeta, fu allievo del Parini; all’arrivo dei Francesi, si mostrò sostenitore delle idee rivoluzionarie e contribuì alla fondazione del Teatro Patriottico. Durante l’occupazione austro-russa trovò riparo in Francia, da dove tornò nel 1802. Fece carriera sotto il governo austriaco e si ritirò a vita privata nel 1838. Oltre a editare un’antologia delle poesie pariniane, Parini 1814, il Bernardoni dettò un’epistola in versi Per Giuseppe Parini (Bernardoni 1848), nella cui seconda parte, pp. 37-91, sono inserite le già citate Testimonianze concernenti Giuseppe Parini, ordinate alfabeticamente. Su Bernardoni editore delle poesie pariniane e sulle vicende editoriali dell’ode citata nella lettera, cfr. Isella 1975, p. lvii; Carrai 1999, particolarmente pp. x-xii e xvi-xvii. Sul Bernardoni collaboratore della prima Società dei Classici Italiani, cfr. Berengo 1980, ad Ind. Sulla sua produzione in dialetto milanese, cfr. Isella 1999a, pp. 137-139 (voce di F. Milani). Sulla «pigrizia» del Parini nello scrivere lettere, cfr. supra, lungo l’Introduzione, § ii.

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64 [A Francesco Pertusati, deputato del Pio Albergo Trivulzio] Ill.mo Sig.re e P.ron Col.mo La bontà e la cortesia, che unite a tant’altre virtù morali e cristiane rendono V. S. Ill.ma così distinta fra’ suoi pari, spero che non le faranno sembrare impertinenza due libertà che io ardisco di pigliarmi con Lei. La prima si è di valermi della perversa stagione, e delle mie note indisposizioni di salute per giustificarmi dello addirizzarle questa mia, in vece di venire io in persona, come per ogni conto dovrei. La seconda si è d’abusarmi della parzialità, con cui a più segnali mi è paruto che V. S. Ill.ma si degni di risguardarmi, non dubitando di porgerle una Supplica, e questa col maggior calore, di cui io mi senta capace. V. S. Ill.ma sa meglio d’ognaltro che non si vorrebbe mai perdere occasione di giovare altrui: e che ci sono delle circostanze, in cui non si può senza crudeltà dispensarsene. Mi sia dunque permesso di supplicare istantemente V. S. Ill.ma, perché, come uno de’ Deputati del Luogo Pio Trivulzi, si degni d’impiegar la sua carità, anzi d’assumersi d’inspirarla anche ne’ suoi Colleghi, affinchè vi sia collocato un povero vecchio settagenario di costumi e maniere gentili, vissuto sempre onestamente del suo mestiere, finchè l’età la salute e i mezzi gliel permisero. Questi è Baldassare Facchetti Milanese stato già venditore di vecchi mobili, e spezialmente di quadri, e che potrebbe per avventura esser noto anche a Lei. Quanto sarebbe grande il compenso della mia presente licenza, se mai il Cielo si valesse di questa per render felice un misero vecchio negli ultimi suoi anni di questa vita passeggiera; e per accrescere il cumulo di que’ tanti meriti, che V. S. Ill.ma si prepara per la vita immortale. Non aggiungo di più per non esserle troppo lungamente importuno, e per non diminuire in me il dolce sentimento della fiducia, che ho di già conceputa. Perciò, supplicandola di perdono, passo a dichiararmi quale ho l’onore con distintissimo ossequio Di V. S. Ill.ma Da Brera. 6. Feb.o Dev.mo ed Obb.mo Servidore Giuseppe Parini.

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BCASFo, Raccolta Piancastelli, Sez. Aut. xix sec., busta 147, ad vocem Parini Giuseppe. Autografo; monofoglio di mm 195 × 255, con testo disposto in 1r-v. Manca l’indirizzo. Pubblicata per la prima volta in Vita Nuova 1876: l’autore anonimo dell’articolo premette alla trascrizione un brevissimo cappello introduttivo in cui dichiara di dovere la lettera «alla cortesia di don Vittorio Melzi che la trovò tra le carte dell’avolo conte Francesco Pertusati, ciambellano dell’I. R. M. (1772), al quale Parini la diresse». La pagina di Vita Nuova 1876 si trova tra i documenti pariniani raccolti da Filippo Salveraglio (BAMi, S. P. 6/11), ma sfuggì al Mazzoni, che pure quei materiali conobbe e riordinò per la sua edizione. Ripubblicata come inedita e senza indicazione del destinatario in Bartesaghi 2009. Non registrano alcun Baldassare Facchetti gli elenchi dei «poveri» ricoverati al Pio Albergo Trivulzio, come pure quello dei «ricorrenti» al ricovero (improponibile la lettura di «Lanzetti» pro «Facchetti» di Vita Nuova 1876, e in ogni caso nei detti elenchi non compare neppure un Lanzetti): il filantropismo del Parini non dovette aver esito. All’ASMi, Fondo Trivulzio, Nuovo Archivio (TNA), busta 29, è conservato l’elenco dei poveri aggiornato fino al 30 aprile 1774. Gli elenchi dei «ricorrenti» dal 1771 al 1778 e quello dei ricoverati (uomini e donne) dal 1771 al 1810 e dal 1774 al 1829, già conservati presso l’Azienda di Servizi alla Persona Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio di Via Marostica 8, sono ora all’MMSMi di Corso Magenta 59 (sull’archivio del Pio Albergo Trivulzio, cfr. Cenedella 1993a). Un Giacomo Facchetti, residente in Contrada de’ Spadari 3237, «ripulitore di quadri» e decoratore di porcellane attivo dal 1756 in società con un Giuseppe Sormani, è menzionato in Morazzoni 1948, p. 30. Porta lo stesso cognome, ma ha nome Francesco, anche l’«inserviente» di casa che Parini lascia erede testamentario dei propri beni mobili (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 713-715). La qualifica di «Deputato» non è indicazione generica, ma titolo specifico dei responsabili del funzionamento del Pio Albergo Trivulzio. I 12 deputati, la cui nomina fu stabilita nel maggio 1791, sono registrati sia nel primo (1791) Regolamento capitolarmente stabilito pel buon governo del Pio Albergo Trivulzi (ora riprodotto in anastatica: cfr. Regolamento 2004), sia in un Elenco dei Sig.ri Deputati del Luogo Pio Trivulzi conservato ms. all’ASMi, Fondo Trivulzio, Nuovo Archivio, cart. 14, insieme con la lettera del plenipotenziario Wilczeck all’arcivescovo di Milano del 7 maggio 1791 e la risposta di questi del 22 dello stesso mese. Essi sono: il conte don Gioachimo Gambarana; don Luigi Sopransi, segretario del Supremo Tribunale di Giustizia; il conte don Carlo Archinto; don Giuseppe Ordogno de Rosales; il sindaco don Pietro Vedani; il marchese don Gior-

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gio Teodoro Trivulzi; il conte abate don Cesare Taverna; don Carlo Giuseppe Sala; don Apollonio Casati; il marchese don Francesco Piantanida; Giuseppe Mauro; il conte don Francesco Pertusati. Di questi, sette sono i «superstiti Deputati» dell’«Ospitale de’ Vechj» (o «Vecchi»), allora incamerato dal Luogo Pio Trivulzio, mentre i restanti sono di nuova nomina. Poiché il Pertusati è fra questi ultimi, ne consegue che la lettera pariniana, che interpella il Pertusati «come uno de’ Deputati del Luogo Pio Trivulzi», è successiva al maggio 1791; la lettera, dunque, può esser stata scritta in un 6 febbraio di ciascuno degli anni fra il 1792 e il 1796 (non oltre, perché con l’avvento della Cisalpina, nel maggio del 1796, decadrà anche la giunta dei Deputati del Trivulzio). Sul Pertusati (1741-1823) cfr. Vaccaro 1988, pp. 262-283.

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65 [A Diodata Saluzzo Roero] Eccellenza. Mil.o 12 Feb.o 1797.

Disposizioni naturali, educazione, studio, fantasia, sensitività, ingenuità, delicatezza, nobiltà d’animo, novità conseguente di concetti e d’immagini, tutto ciò che non si acquista se non con lungo tempo ed assidua contemplazione de’ grandi esemplari, cioè facoltà e dominio di locuzione, di stile, di verso, di metro etc. etc. sono doti singolari, che tutte insieme ho riconosciute nella copiosa raccolta di Poesie composte da V. E. e di cui Ella si è compiaciuta di farmi preziosissimo regalo. Quanto mi vergogno io mai veggendo una Donzella nella sua freschissima età produrre tanti e così felici componimenti; mentre io già vecchio non ne ho fatti che pochi a grande stento e tanto mediocri! Io non so se qualcuno mi avrà mai creduto soggetto così interessante da parlarle di me, e da farle cenno del mio carattere. Se ciò per avventura fosse accaduto, le sarà stato detto che io non asserisco mai se non ciò, che a tutto rigore mi sembra vero; e che io non amplifico mai nè biasimando nè lodando per qualsivoglia motivo. Ho tardato fino a quest’ora ad adempiere il mio debito, ed a significarle i miei sentimenti, perchè io sperava e vivamente desiderava di far ciò in modo più solenne; ma troppe infelici circostanze mi tengono abbattuto l’animo e la mente. Così la Provvidenza mi conceda vita salute e tranquillità, come io profitterò de’ primi momenti per render sempre più manifesta l’ammirazione che hanno destata in me l’elevatezza del suo animo e la singolarità de’ suoi talenti. Frattanto mi glorio di protestarmi col maggiore ossequio. Di V. E.

Dev.mo Obbl.mo Servo

Giuseppe Parini.

BAMi, S. P. 6/5 xi. 10. Autografo; bifoglio di mm 184 × 250, scritto solo sulla c. 1r-v; senza indirizzo; in alto, al centro della c. 1r e seguita da ampio

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spazio bianco, la dicitura «Eccellenza». Sulla c. 2v, da altra mano, è stata aggiunta la seguente postilla: «Ad Adeodata Saluzzo, ora ex-contessa Revello». Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 656-657. Reina 1801-1804, iv, pp. 196197; Bellorini 1913-1915, ii, pp. 199-200, lettera xxxix; Mazzoni 1925, p. 1016, lettera xlix. La lettera del Parini è pubblicata anche in Saluzzo Roero 1843, pp. 407-408. Nello stesso volume, pp. 516-518, fra le lettere indirizzate alla poetessa da vari ammiratori e corrispondenti, si trovano anche le due che le indirizzò il Reina: la prima (29.v.1801) per chiederle la restituzione della lettera del Parini; la seconda (22.vii.1801) in cui le racconta la perdita dei manoscritti pariniani (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, x.3.1-2, pp. 751-752). Due le edizioni torinesi di versi pubblicate da Diodata Saluzzo Roero (1774-1840), vivente Parini: Soffietti 1796 e Morano 1797 (cfr. Saluzzo Roero 1796 e Saluzzo Roero 1797). Alla prima delle quali il Parini fa qui riferimento (cfr. l’inventario della sua biblioteca in Barbarisi-Bartesaghi 2005, x.2.4, p. 748, nº 279). Sulla poetessa piemontese cfr. Maier 1959, pp. 1105-1113; Tissoni 1983; Guglielminetti-Trivero 1993. Le lodi di prolificità e di maturità artistica rivolte dal Parini alla Saluzzo ricordano molto da vicino quelle già indirizzate ad altra giovane poetessa nel sonetto xl di Ripano Eupilino: cfr. Albonico 2011, p. 110.

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66 [A Ruggero Ragazzi, ministro degli Affari Interni] Libertà.

Eguaglianza. Milano. 14. Messidoro, a. vi. R. [2 luglio 1798] Cittadino Ministro.

Ho ricevute le Carte, che dal Direttorio Es. mi sono per mezzo vostro spedite da esaminare. Mi spiace che alle altre infermità della mia costituzione e dell’età mia si è aggiunta una cateratta, che m’ha recentemente privato dell’uso d’un occhio, e minacciami anche l’altro. Dico ciò per giustificarmi se mi bisognerà per l’esecuzione qualche giorno piu che altrimenti non occorrerebbe, non potendo io al meno per ora insistere al leggere o scrivere continuato senza incomodarmi o nocermi gravemente. Vorrei in persona dirvi quanto vi scrivo: ma le mie gambe non mi permettono che brevissimo e lentissimo cammino; e mi rendono impossibile il salire le scale. Del resto sarò sempre pronto ad impiegare in vantaggio della Patria fino alle ultime reliquie1 de’ miei sensi e della mia mente. Salute e Rispetto. Parini. ASMi, Autografi Monti-Parini, cart. 178 (dove si conserva anche una copia, anch’essa datata 14 messidoro). Autografo; bifoglio scritto sulla metà superiore della c. 1r, di mm 240 × 350; a tergo, sulla c. 2v: «Al Cittadino|Ministro degli affari interni». Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 657. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 267268, documento 1; Mazzoni 1925, p. 1027, documento lxiv. Riprodotta in fac-simile da Fumagalli 1899, p. 63. Bortolotti 1900, p. 208, segnala che la risposta del Parini è dello stesso giorno della comunicazione del Rasori, che però è dell’11 messidoro (29 1 reliquie: resti.

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giugno; cfr. infra, in questa stessa nota). La lettera venne protocollata il 16 messidoro (4 luglio), col «N.º 4744./490. Sez. v.» (c. 2v). La Commissione per la organizzazione dei teatri nazionali, presieduta dal Parini, operò dal 9 ventoso anno vi (27 febbraio 1798) al 1º fiorile anno vii (20 aprile 1799). Il programma (ASMi, Spettacoli pubblici, Parte Antica, Teatri, Provvidenze generali, cart. 14; da questa fonte si ricavano tutti i documenti qui di seguito citati), firmato da Ruggero Ragazzi, ministro dell’Interno, venne approvato l’8 annebbiatore anno vi (29 ottobre 1797): Nel tempo che le autorità superiori si occupano con ardore a formare un piano di pubblica educazione, che imprima a grandi caratteri nelle menti della gioventù i sacri principi della Libertà e della Uguaglianza e nei loro cuori l’amore della Virtù e della Patria, il Ministero dell’Interno ha rivolta la sua attenzione ai teatri. Questa salutare istituzione, la quale istruì già le nazioni nella morale e nella grand’arte di eccitare e correggere le passioni, senza temere gli abusi del fanatismo, era presso noi divenuta la scuola dell’errore, dell’adulazione, e del vizio. Il dispotismo, a cui torna meglio l’avere cittadini più corrotti che virtuosi, più ignoranti che illuminati, più stolidi che ragionevoli, abbandonava volentieri questa scuola del sentimento alla sola speculazione di un avido negoziante, il quale regolando il suo traffico sulla frivolezza e sulla corruzione del popolo e null’altro presentando al suo sguardo che il superbo spettacolo della grandezza dei despoti, rendeva domestica e cara la servitù e potentissimo l’impero della tirannide. Volendo dunque il Direttorio esecutivo richiamare alla sua prima dignità questa nobilissima instituzione, e sull’esempio de’ Francesi e de’ Greci, veri e sommi maestri di Libertà, accendere negli animi de’ Cisalpini il fuoco e la gara delle grandi e utili passioni repubblicane, mi ha autorizzato a proporre il premio di quaranta zecchini a chi nel termine perentorio di due mesi dalla data del presente avrà esibito al Ministro dell’interno il miglior progetto per l’organizzazione dei teatri nazionali. Cittadini! Ognuno di voi è debitore alla Patria dei suoi talenti. Il vero patriottismo è inseparabile dal desiderio di soccorrerla co’ suoi lumi, e consacrare tutte alla pubblica felicità le sue cognizioni. Occupatevi dunque di questo onorevole pensiero, secondate i disegni di un Governo che vi vuol tutti educati virtuosi e felici, e l’amor della Patria più d’assai che la speranza del premio guidi le vostre meditazioni sul proposto argomento.

Vennero nominati, come membri della commissione esaminatrice, Sertori, Zingarelli e il Parini. Il 9 ventoso (27 febbraio) il ministro confermò il Parini, ma gli affiancò Alfonso Longo e Lorenzo Mascheroni. Ne diede quindi comunicazione al Parini (cfr. Bortolotti 1900, pp. 205-206): Conoscendo il Direttorio Esecutivo quanta sia l’influenza de’ pubblici spettacoli su i costumi d’una nazione; ed a qual grado di corrutela sieno giunti presso di noi; premuroso di riparare il danno che ne verrebbe alla repubblica, se più oltre ne fosse diferito il rimedio, ha fatto invitare i cittadini con pub-

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blico Programma a proporre dei progetti per la organizzazione de’ Teatri Nazionali con un premio di 40 zecchini a chi ne avesse presentato il migliore. Essendone stati inoltrati varj entro il termine stabilito, e dovendosi ora passare ad esaminarli; il Direttorio medesimo confidando giustamente ne’ vostri lumi anche su questa materia, vi ha destinato per uno de’ tre giudici cui riportarsi per l’assegnamento del premio; dandovi per compagni i cittadini Longo e Mascheroni, co’ quali potrete concertarvi. Tutti i progetti che sono in numero di 14, io li rimetto quest’istesso giorno al cittadino rappresentante Longo. Salute e fratellanza.

Nessuno dei lavori concorrenti fu giudicato soddisfacente, e il primo concorso si concluse con un nulla di fatto. Il 20 marzo 1798 fu quindi bandito un secondo concorso, di cui il Parini ricevette comunicazione l’11 messidoro anno vi (29 giugno) tramite la seguente lettera (Bortolotti 1900, p. 208): Dopo il secondo programma, col quale fu riproposto il premio di 40 zecchini a chi fra’ concorrenti avesse presentato fra lo spazio di sei decade il progetto migliore per la organizzazione de’ teatri nazionali, otto di questi sono concorsi al paragone. Il Direttorio Esecutivo conscio del vostro patriotismo e de’ vostri lumi, vi delega nuovamente per questo secondo esame, perchè unitamente ai cittadini Longo e Mascheroni giudichiate, se alcuno de’ progetti, e quali di essi meriti il premio proposto. Gli otto progetti numerizzati si trasmettano a voi, perchè successivamente si partecipino agli altri. Salute e fratellanza. Pel Ministro dell’Interno Il Segretario Centrale Rasori.

Alla missiva di Giovanni Rasori il Parini rispose con la nº 66, adducendo i propri malanni, in particolare la cateratta, a giustificazione della lentezza con cui procedeva il lavoro. Sollecito per le condizioni fisiche del poeta, il Rasori, il 19 messidoro (7 luglio), così gli scrisse (Bortolotti 1900, p. 210): «Mi rincresce di sentire che la vostra salute diventi sempre più cagionevole. Cercate di conservarla al meglio che sapete, essendo i momenti della vostra vita troppo preziosi alla repubblica delle lettere. Valetevi perciò di tutto il tempo che vi è necessario per l’esecuzione dell’esame che vi è stato affidato». La commissione, comunque, si mise al lavoro e, in data 7 termidoro anno vi (25 luglio 1798), stese la relazione conclusiva (la si veda riprodotta in Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 370-371) e, un mese dopo circa, il giudizio sulla dissertazione di Melchiorre Gioia (cfr. ivi, p. 372). Sul teatro drammatico in età giacobina, cfr. Bosisio 1990, soprattutto il cap. iii; Bosisio 2000, in particolare pp. 901-910.

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I N DIC E C RONOLOGI CO E I N CI PITAR IO DEL L E L E T T E RE 1752 1. A Giuseppe Pozzobonelli, arcivescovo di Milano – Essendo chiamato ed eletto alla celebrazione – 31 agosto 1763 2. A Gian Luca Pallavicini – Il D.r Occelli al suo ritorno da Bologna – 17 agosto 1766 3. A Paolo Colombani – Fu per errore che esibii a V. S. Riv.ma il mio Mezzodì – 10 settembre 1767 4. A destinatario ignoto – Voi sapete, ch’io son poltrone: non vi maravigliate – 30 marzo 1768 5. Ad Antonio Greppi – Ella ascriva alla troppa gentilezza delle sue offerte – 13 settembre 6. A Pellegrino Salandri, segretario della R. Accademia di Scienze e Belle Lettere di Mantova – È una fatalità, ch’io debba sempre risponder tardi – 12 dicembre 1769 17. A Saverio Bettinelli – Le lodi, che V. R. s’è degnata di pubblicamente compartirmi – 10 maggio 18. Al conte Johann Joseph Wilczeck – L’occhio di parzialità con cui V. S. Ill.ma si è sempre degnata – settembre-ottobre 19. Al conte Carlo Firmian – Poichè l’U.mo Serv.re dell’E. V. il P.re Giuseppe Parini – novembre-dicembre 10. Al principe Wenzel-Anton von Kaunitz-Rietberg – La squisitezza del gusto, con cui l’Altezza Vostra sente – 16 dicembre

240 indice cronologico e incipitario delle lettere 1770 11. A Pellegrino Salandri, segretario della R. Accademia di Scienze e Belle Lettere di Mantova – Le pochissime corrispondenze che io ho – 2 gennaio 1771 12. Al principe Wenzel-Anton von Kaunitz-Rietberg – Pervenute a’ Professori delle Scuole Palatine le Medaglie – 7 aprile 13. A don Giuseppe Croce – In adempimento degli ordini di V. E. e della Deputazione – 8 aprile 14. A don Giuseppe Croce – Sottopongo al giudizio ed alla direzione di V. S. Ill.ma – 11 aprile 15. A Maria Teresa d’Asburgo – L’annunzio della preziosa concessione, che la S. C. R. A. M. V. – 23 luglio 1773 16. A Girolamo Ferri – Basinii Parmensis Epistolam ex Bibliothecae huiusce – Id. Jan. [13 gennaio] 17. A Giuseppe Paganini – Io mi trovo in un’aria felicissima, in un paese amenissimo – 13 luglio 18. Al conte Carlo Firmian – Ardisco di scrivere con mano incerta all’E. V. – 5 dicembre 1774 19. A destinatario ignoto – Tu non potevi mai farmi un favore più grande – 30 gennaio 20. Al principe Sigismondo Chigi – Io non ho ritenuto veruna copia di quei versi – [gennaio-febbraio] 21. A Giuseppe Paganini – Saluto te e tua moglie. Desidero che stiate bene – 9 agosto 22. Ad Angelo Mazza – Io sono reo presso di V. S. Ill.ma d’un tale eccesso – 14 agosto 23. A Giuseppe Paganini – Nell’atto che io era per iscriverti con un’occasione – 8 settembre 24. A Giuseppe Paganini – Fra poco tempo non avrò più il piacere nè meno – 12 settembre 25. A Giuseppe Paganini – Con tutta la cordialità ringrazio te e tua moglie – 25 settembre 26. A Giuseppe Paganini – Non voglio trascurare anche questa volta l’occasione – 1 ottobre

indice cronologico e incipitario delle lettere 241 1775 27. Ad Antonio Greppi – Perchè V. S. Ill.ma s’interessa tanto per la salute – 17 agosto 1776 28. Ad Angelo Teodoro Villa – Ho ricevuta e fatta comunicare la vostra al Sig.r Prevosto – 16 gennaio 29. Al conte Carlo Firmian – Mi sono più volte presentato all’anticamera di V. E. – 21 luglio 30. Al conte Johann Joseph Wilczeck – La perfetta conoscenza che io ho del carattere di V. S. Ill.ma – [1776] 1777 31. A Gioachino Pizzi, custode generale d’Arcadia – L’onor singolare, che cotesto illustre Corpo dell’Arcadia – 17 maggio 32. A Giuseppe Zanoia – Ebbi il tuo invito di venire alla tua Omegna – 18 ottobre 1778 33. A Durante Duranti – Appena potei scorrere, come ho fatto avidamente – 17 aprile 34. A Giovan Battista d’Adda – L’illustre consesso, di cui V. S. Ill.ma è così degno – 6 giugno 35. Ad Antonio Greppi – Al solo sentirmi annunciare il cameriere di V. S. Ill.ma – 17 giugno 1779 36. A Saverio Bettinelli – Un ostinato dolor di testa che da più giorni mi afflige – 24 febbraio 37. A Saverio Bettinelli – Agli antichi debiti, che ho verso V. S. Ill.ma – 27 febbraio 38. A Pietro Secco Comneno – Il Tedesco della Zecca, che come più abile ho scelto – [giugno in.] 1780 39. Ad Antonio Greppi – Il dottore Giovanni Risi, fratello del fiscale – [gennaio] 40. A Gian Rinaldo Carli – Co’ Signori che mi onorano de’ loro riguardi – [1770-1780]

242 indice cronologico e incipitario delle lettere 41. A Gian Rinaldo Carli – E dal S.r Conte Fiscale fratello, e dal S.r Conte Melleri – 22 aprile 42. Al conte Carlo Firmian – La Società Patriotica mi ha dato l’onorevolissimo incarico – 26 dicembre 1781 43. A Francesco Griselini, segretario della Società Patriotica – Mi sono sempre gloriato d’ubbidire alla Società Patriotica – 2 gennaio 44. A Giovan Battista Corniani – Una lunga malattia di capo, che m’ha influito sopra la mente – 15 giugno 1783 45. All’arciduca Ferdinando d’Austria – Nella imminente Provvista de’ Benefici semplici vacanti – [1783] 46. Al conte Johann Joseph Wilczeck – Nella imminente Provvista de’ Benefici Semplici vacanti – [1783] 47. All’arciduca Ferdinando d’Austria – Nella presente vacanza del Beneficio Semplice eretto – 17 settembre 48. A Carlo Castone Della Torre di Rezzonico – Non posso che commendare l’eleganza la copia e l’evidenza – [1783] 1784 49. A Paolo Frisi (?) – L’Abate Buchetti persona colta e gentile, deve andare – 13 aprile 1788 50. A Giacomo Rezia – La graziosa amicizia, di cui mi avete sempre onorato – 20 marzo 51. Ad Antonio Mussi – L’Ab.e Ron[n]a, il quale trovasi in cotesto Seminario – 10 novembre 1789 52. A Silvia Curtoni Verza – Dovrei vergognarmi d’essermi lasciato prevenir – 22 gennaio 53. A Silvia Curtoni Verza – Temo che se io ho fatto male lasciandole desiderare – 25 febbraio 54. A Silvia Curtoni Verza – Viene costì il Cavalier Guarini gentiluomo di Romagna – 12 marzo 1791 55. Al card. Angelo Maria Durini – Io scrivo momentaneamente fra l’agitazione del sentimento – [1791]

indice cronologico e incipitario delle lettere 243 56. A Giambattista Bodoni – Dovrei vergognarmi di non aver finora risposto – 18 novembre 1792 57. Al conte Johann Joseph Wilczeck – L’U.mo Serv.re di V. E. il Prof.e Parini trovasi già – marzo-aprile in. 1792 58. Al conte Francesco Pertusati – Il Parini U.mo Serv.re di V. S. Ill.ma ha presentito – 9 agosto 1793 59. Al conte Johann Joseph Wilczeck – Mi viene spedito da Bologna l’annesso Foglio – 23-31 maggio 60. Al consigliere Pompeo Signorini – Per il corso d’anni venticinque, io sono sempre stato – 8 novembre 1795 61. Al conte Francesco Pertusati – Il Prof.e e Sopraintendente delle R. Scuole di Brera – 31 maggio - 15 giugno 62. Al marchese Febo d’Adda – Se la bontà, con la quale V. S. Ill.ma ha accettati que’ pochi – 23 giugno 63. A Giuseppe Bernardoni – Una invincibile mia pigrizia a scriver Lettere ha fatto che – 11 novembre 64. A Francesco Pertusati, deputato del Pio Albergo Trivulzio – La bontà e la cortesia, che unite a tant’altre virtù morali – 6 febbraio [1792-1796] 1797 65. A Diodata Saluzzo Roero – Disposizioni naturali, educazione, studio, fantasia – 12 febbraio 1798 66. A Ruggero Ragazzi, ministro degli Affari Interni – Ho ricevute le Carte, che dal Direttorio Es. mi sono – 2 luglio

I NDIC E DEI DES TI NATARI *

Bernardoni, Giuseppe 63 Bettinelli, Saverio 7, 36, 37 Bodoni, Giambattista 56

Carli, Gian Rinaldo 40, 41 Chigi, Sigismondo 20 Colombani, Paolo 3 Corniani, Giovan Battista 44 Croce, Giuseppe 13, 14 Curtoni Verza, Silvia 52, 53, 54 D’Adda, Febo 62 D’Adda, Giovan Battista 34 Della Torre di Rezzonico, Carlo Castone 48 Duranti, Durante 33 Durini, Angelo Maria 55

Ferdinando d’Austria 45, 47 Ferri, Girolamo 16 Firmian, Carlo 9, 18, 29, 42 Frisi, Paolo 49

Greppi, Antonio 5, 27, 35, 39 Griselini, Francesco 43

Kaunitz-Rietberg, Wenzel Anton von 10, 12

Maria Teresa d’Asburgo 15 Mazza, Angelo 22 Mussi, Antonio 51 N. N. 4, 19 Paganini, Giuseppe 17, 21, 23, 24, 25, 26 Pallavicini, Gian Luca 2 Pertusati, Francesco 58, 61, 64 Pizzi, Gioachino 31 Pozzobonelli, Giuseppe 1

Ragazzi, Ruggiero 66 Rezia, Giacomo 50

Salandri, Pellegrino 6, 11 Saluzzo Roero, Diodata 65 Secco Comneno, Pietro 38 Signorini, Pompeo 60

Villa, Angelo Teodoro 28 Wilczeck, Johann Joseph 8, 30, 46, 57, 59

Zanoia, Giuseppe 32

* Il numero indica la lettera.

I NDIC E DEI NOM I *

A gnelli,

Giovanni Battista 80, 82 Agudio, Giuseppe Candido 74, 123 Aguiari, Lucrezia 126 Alessandro, don, 21, 134, 137, 141 Alfieri, segretario, 126 Alfieri, Vittorio 10, 132, 220 Alfonso («Alphonsus») ii d’Este 115 Alighieri, Dante 210 Amoretti, Carlo 125-126, 179-182 Andrés, Juan 176 Angiolini, Gaspare 84, 137-138 Angiolini, Teresa, vedi Fogliazzi Appiani, capitano, 221 Appiani, G. G. 42 Archinto, Carlo 232 Archinto, Giovanni 149 Arese, Giampietro (Sofronio) 159

Bacchelli, Riccardo 210 Balestrieri, Domenico 74, 212 Bandettini, Teresa (Amarilli Etrusca) 131, 220-222 Bandiera, Alessandro 41, 44, 87 Barbarisi, Gennaro 14, 51, 171, 182 Baretti, Giuseppe 20, 84, 118 Baronchelli, Bortolo 79 Baroni, Giorgio 69 Bartesaghi, Paolo 51, 58, 69 Baschiera, Nicolò 85, 87 Basinio («Basinius») da Parma 113-116 Battistelli, Luigi 121

Bava di S. Paolo, Gaetano Emanuele 17, 132 Beccaria, Cesare 84, 98, 124, 152, 180-181, 187 Bellati, Francesco 21, 128-129 Belli, Giuseppe Gioachino 90 Bellorini, Egidio 51, 57, 86, 117, 179, 188, 223 Bellotti, Cristoforo 46, 51 Bembo, Amelia 158 Berlan, Francesco 121-122, 178 Berlendis, tipografo, 161 Bernardoni, Giuseppe 10, 222, 230 Bertana, Emilio 48, 156, 214 Bertola de’ Giorgi, Aurelio 89, 200, 203 Bertoldi, Alfonso 50, 161, 212 Bettinelli, Saverio 11-12, 16-17, 61, 89-90, 161, 166-167, 169, 200, 203 Bianchi, tipografo, 227 Bianchi, Isidoro 175 Bianconi, Giosuè 42 Boccage, La Page Fiquet AnneMarie, madame du, 42 Bodoni, Giambattista 10-12, 1516, 54, 66, 157, 213-215 Bolzani, tipografo, 230 Bondi, Clemente Donnino Luigi 177 Bonsignori, Tommaso 21, 118, 134, 137-138, 141 Borgognoni, Adolfo 50 Borromeo Visconti, Elisabetta 230

* Il presente Indice registra tutti i nomi (eccettuato quello del Parini) citati in ogni parte del volume, compresa l’Introduzione e la Nota al testo (non però il § Ringraziamenti), con rinvio alla pagina. Il maiuscoletto segnala i nomi occorrenti nelle lettere pariniane. I corrispondenti non sono registrati per le lettere a loro destinate (per questi si rinvia all’Indice dei destinatari).

246

indice dei nomi

Bortolotti, Vincenzo 73-74, 106, 121, 217 Bossi, Gianmaria 147-148 Bossi, Giuseppe 158 Branda, Onofrio 41, 58, 61-62, 87 Brunori, Lidia 176 Buchetti, Luigi Maria 61, 194196

C agnoni, Domenico 170-172 Calvi, Felice 55 Calvi, Jacopo Alessandro 81 Calzabigi, Ranieri 138 Carducci, Giosue 18, 50, 148 Caretti, Lanfranco 57 Carli, Gian Rinaldo 13-14, 111112, 135, 160-161, 167, 174-178, 182 Carli, Girolamo 175, 177 Casali, avvocato, 21, 128 Casati, Apollonio 233 Caspani, Carlo Francesco 42 Castelbarco, Carlo Ercole 118, 230 Castelbarco, Maria di, vedi Litta Arese Castelbarco Visconti Castelbarco Simonetta, Francesca 117 Castelbarco Visconti, Costanza 195 Castelli, Giuliano 152, 154 Castiglioni, Giuseppe 119 Castiglioni, Paola, vedi Litta Castiglioni Catalani, Giovanni 69 Cesarotti, Melchiorre 132, 200 Ceva, Tommaso 89 Chandler, Simon Bernard 194 Chigi, Sigismondo 125-127 Cicognini, Giuseppe 111 Coburgo, principe, 221 Colla, Giuseppe 125-126 Colombani, Paolo 15, 77-79 Condorcet («Condorçet») Jean-Antoine-Nicolas de Caritat, marquis de, 194-196

Contrario («Contrarius»), Andrea 115 Corbellini, Pietro 81 Corilla Olimpica, vedi Morelli Fernandez Corniani, Giovanni Battista 17, 48, 118, 161, 180, 184-185 Corte («Corti»), Ilario 109, 128-129 Costa, Gustavo 195 Cristiani, Beltrame 76, 98 Croce, Giuseppe 46, 105, 107-109, 111-112, 129 Curtoni Verza Guastaverza, Silvia 11, 18-20, 52, 66, 68, 202203, 206-210 Cusani Litta, Placida 205, 207 Custodi, Pietro 48

D’Adda, Febo 16, 227-228 D’Adda, Giovan Battista 163 D’Ancona, Alessandro 50 Daverio, Michele 111, 116 De Gubernatis, Angelo 210 Della Torre di Rezzonico, Carlo Castone 17, 185, 193 De Marchi, Emilio 56 De Necchi Aquila, Giuseppe 118 Denina, Carlo 132 Dossi, Carlo 56 Du Boccage, vedi Boccage Duca di Parma, vedi Ferdinando di Borbone Dugnani, Giulio 196 Duranti, Carlo 161 Duranti, Durante 17, 161, 177, 183-185 Durazzo, Giacomo Pier Francesco 165 Durini, famiglia, 53, 211 Durini, Angelo Maria 66, 118, 127, 200, 211-212, 228 Durini, Carlangela 211 Du Tillot, vedi Tillot

indice dei nomi

Ercole («Hercules») d’Este 115 Ercole iii Rinaldo d’Este, duca di Modena e Reggio, 112, 246 Esopo («Aesopus») 115

Facchetti,

Baldassarre 231232 Facchetti, Francesco 232 Facchetti, Giacomo 232 Fairfax Murray, Charles 123 Farina, Francesco 200 Fe, capitano, 85 Ferdinando d’Austria, arciduca, 49, 107, 110-112, 126, 129, 181, 186, 208, 225 Ferdinando di Borbone, duca di Parma e Piacenza, 96, 126 Ferri («Ferrius»), Girolamo 12, 66, 113-116 Finatti, Lorenzo 197-198 Firmian, Carlo Giuseppe Gottardo 13, 43, 84, 90-92, 95-96, 98, 100-101, 106-109, 112, 116, 121122, 135, 152-154, 173, 178, 188, 197 Fogliazzi, Francesco 84 Fogliazzi Angiolini, Teresa 84, 124, 138, 173 Foresti, Arnaldo 118 Foscolo, Ugo 48, 203 Francesco iii d’Este, duca di Modena e Reggio, 126, 171 Francesco Stefano di Lorena, imperatore, 111 Franchi, Giuseppe 188-189 Frisi, Paolo 98, 171, 194-196 Frugoni, Carlo Innocenzo 157, 193 Fuentes, Remigio 43 Fumagalli, Giuseppe 54

Gadda, Carlo Emilio 56 Galeani Napione, Gian Francesco 132 Galeazzi, Giuseppe 43, 90

247

Gambarana, Gioachimo 232 Gambarelli, Agostino 125, 131, 157, 196, 214, 230 Garbagnati, Gaetano 163 Gaza, Teodoro 114-116 Gioia, Melchiorre 238 Giovenale 159 Giulini, Giorgio 42 Giunchi, Paolo 157 Giuseppe ii, imperatore, 96, 108 Gluck, Christoph Willibald von 138 Godard («Goudar»), Luigi (Cimante Nicenio) 155-157 Gozzi, Carlo 10 Gozzi, Gasparo 13 Gozzi, Giambattista 13 Gravisi, Girolamo 176 Graziosi, Antonio 77-79, 184 Greppi, Antonio 13-14, 83-84, 124, 135, 165, 176-177 Griselini, Francesco 12, 78-79, 179180, 182 Grossi, Tommaso 11, 56 Guarini, cavaliere, 209-210 Guarnieri, Paolo Emilio 165, 171, 176 Guastalla, Viviano 89 Guicciardi, Diego 13

Harrach, Ferdinand Bonaventura von 76 Hasse, Johann Adolph 153 Hercolani, Filippo 81

Imbonati, Carlo 207 Irico, Giovanni Andrea 86-87

Kaunitz-Rietberg,

Wenzel-Anton von 45-46, 55, 66, 68, 83-84, 95, 100-101, 106-109, 112, 124, 135, 171 Kevenhüller, Leopoldina 228 Knoller, Martin 188-189

248

indice dei nomi

Lemene, Francesco de 89 Linati, Carlo 51, 56 Longo, Alfonso 41, 237-238 Litta Arese, Giulio Pompeo 230 Litta Arese Castelbarco Visconti, Maria 207, 230 Litta Castiglioni, Paola 119, 205, 207, 230 Longo, Alfonso 41, 237-238 Lorenzi, Bartolomeo 203

M affei, Scipione 85-87 Maggi, Carlo Maria 89 Maggi, Giampaolo 13 Majer, Francesco 176 Malatesta, Sigismondo 114 Malvezzi, Aldobrandino 195 Manzoni, Alessandro 11, 56, 86, 159 Marelli Giuseppe, tipografo, 131, 214 Maria Beatrice d’Este, duchessa di Modena e Massa, 112, 126, 167, 208 Maria Teresa, arciduchessa, 208 Maria Teresa d’Austria, imperatrice, 14, 18, 45, 66-67, 76, 96, 107, 99-100, 103, 106-107, 110-111, 118, 171, 178-182 Marini, Tommaso 126 Martello («Martelli»), Pier Jacopo 16, 85-87 Martini, vedi Knoller Martini, Pietro 215, 216 Mascheroni, Lorenzo 41, 200, 237238 Mauro, Giuseppe 233 Mazza, Angelo 11-12, 16-17, 21, 66, 131-132, 135 Mazzetti, Antonio 100 Mazzoni, Guido 46, 51, 57, 67, 96, 117, 121, 179, 223, 232 Méhégan, Guillaime-Alexandre de 16, 88-89

Mellerio, Giacomo 177 Mellerio («Melleri»), Giovanni Battista 177 Melzi, Carlo 191 Melzi, Vittorio 232 Metastasio, Pietro 138, 152-153, 188 Mollo («Molo»), Gaspare 222 Monti, Vincenzo 114, 126, 203 Morei, Michele Giuseppe 157 Morelli, Eugenio 81 Morelli Fernandez, Maria Maddalena (Corilla Olimpica) 157 Morgana, Silvia 58 Mozart, Wolfgang Amadeus 126, 153 Muoni, Damiano 53, 121 Mussi, Antonio 118, 200 Mussi, Teresa 18, 20, 68, 117-118, 131, 139-144, 147-148

Napoleone i Bonaparte, imperatore dei Francesi, 103, 182 Noverre, Jean-Georges 138

Occelli, dottore, 75-76 Occelli, Fabrizio 76 Occelli, Francesco Gioioso 76 Occelli, Giuseppe Giovanni 76 Occelli, Lamberto 76 Odescalchi Chigi, Flaminia 126 Oltrocchi, Baldassarre 115 Orazio 118, 159 Orcesi, tipografo, 215 Ordogno de Rosales, Giuseppe 232 Osio, Roberto 114

Paganini,

Giuseppe 15, 20-21, 52-53, 55-57, 117-118, 136, 138, 142 Paganini, moglie di, 21, 117, 128, 134, 139, 144 Paisiello, Giovanni 126 Pallavicini, Gian Luca 13, 15, 76, 148 Paoli, Pasquale 196

indice dei nomi Paradisi, Giovanni 11, 13 Parini, Giuseppe, incisore, 44, 157 Parini («Parina») Latuada, Anna Maria 73 Pasini, Ferdinando 55 Passeroni, Gian Carlo 134-135, 176 Patetta, Federico 111 Pecchiai, Pio 172 Pecci, Nicola 111, 114-116 Pecis, Giuseppe 92, 96-98, 111 Perini, Giulio 13 Persio 159 Pertusati, Carlo 118 Pertusati, Francesco 217-219, 225-226, 232-233 Piantanida, Francesco 233 Piermarini, Giuseppe 176 Pietrino 21, 128 Pindemonte («Pindemonti»), Ippolito 12, 17, 48, 90, 200, 203, 206-207 Pini, Ermenegildo 171, 180 Pizzi, Gioachino (Nivildo Amarinzio) 18, 156-157 Plinio 192-193 Pozzobonelli, Giuseppe 66, 74, 122, 196 Preti, Ludovico 157

Quadrio, Francesco Saverio 85, 87

Ragazzi, Ruggero 237 Rasori, Giovanni 236, 238 Reina, Francesco 11-12, 18, 37, 41, 48-49, 51, 53, 86, 118, 125-126, 157158, 163, 176, 179, 182, 184, 210, 212, 235 Rezia, Eugenia 197 Rezia, Giacomo 197 Rezzonico, vedi Della Torre Riccardi («Ricardi»), fratelli, 163

249

Richino («Ricchini») Malatesta, Giuseppe 152, 154 Risi, Giovanni 20, 123-124, 173 Risi, Girolamo 124 Risi, Paolo 124 Riva, Giambattista 81 Ronna, Tommaso 199-200 Rosa, Michele 62, 113, 115-116 Rousseau, Jean-Jacques 135 Rubbi, Andrea 48, 167, 184

S ala, Giuseppe 233 Salabue, Maurizio 80-81 Salandri, Pellegrino 10-11, 16, 18, 87, 103-104, 149 Saluzzo Roero, Diodata 12, 17, 49, 117, 235 Salvadori, Angelo 152, 154 Salveraglio, Filippo 50, 212, 232 Sanesi, Ireneo 81 Sartirana, Francesco 111 Savioli Fontana, Ludovico 220 Schaffgotsch, Antonietta 195 Scotti, Cosimo Galeazzo 13 Secco («Secchi») Comneno, Pietro 170-171, 179-180, 187 Serbelloni Ottoboni, Maria Vittoria, duchessa, 118, 194-196 Sertori, commissario, 237 Signorini, Pompeo 223-224 Silvestri, tipografo, 48 Soave, Francesco 89 Sopransi, Luigi 232 Sormani, canonico, 122 Sormani, Giuseppe 232 Spaggiari, William 131 Spallanzani, Lazzaro 197 Speranza, Domenico 176 Sperges, Joseph von 151, 154 Stampa, Carlo Gaetano 74 Stoppani, professore, 54 Strozzi, Camilla 203

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indice dei nomi

Taverna, Cesare 233 Teotochi Albrizzi, Isabella 48, 203 Teresina 21, 133-134, 137 Tillot, Guillaime du 96, 101 Tissot, Samuel-AugusteAndré-David 133, 135, 197 Tognina 21, 128 Torti, Giovanni 159 Travelli, Luigi 13 Trivulzi, Giorgio Teodoro 233 Trivulzio, Girolamo 148 Trogher, Leopold 152, 154 Tron, Cecilia 207 Trotti Bentivoglio, Lorenzo Galeazzo 194-196 Trotti Bentivoglio, Ludovico 195 Trotti Taverna, Paola 196 Valmaggi, Luigi 50 Vambianchi, Carlo 106, 108 Vannetti, Clementino 11-13, 17, 207 Vedani, Pietro 232 Velluti, Placido 177

Verri, Alessandro 126, 175, 195 Verri, Gabriele 76 Verri, Pietro 42, 84, 90, 118, 126-127, 129, 171, 177, 195 Verza Guastaverza, Francesco 203 Vianello, Carlo Antonio 73-74, 176 Vicinelli, Augusto 43, 50 Villa, Angelo Teodoro 18, 84, 86-87, 148-149 Vismara, Carlo 54 Vittorio Amedeo iii, re di Sardegna, 208 Vittorio Emanuele i, re di Sardegna, 208 Volta, Alessandro 197

Wilczeck («Willececk»), Johann Joseph 45, 49, 95-98, 150, 153, 188, 217, 220-221, 232 Winckelmann, Johann Joachim 193

Zanoia, Giuseppe 20, 158-159 Zingarelli, Nicola 237

comp osto i n c a r att e re da n t e m on otype da lla fabr iz i o se rr a e d i to re, p i sa · ro m a . sta m pato e ri l e gato n e l la t i p o g r a f i a d i agna n o, ag na n o p i sa no (pisa ).

* Aprile 2013 (cz 2 · fg 21)

ED I Z I O N E NA Z I O NALE DEL L E O P E R E D I G I U S E P P E PARIN I Istituita dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (D. M. 2 giugno 1999)

d i retta da g io rg io ba roni Giuseppe Parini, Alcune poesie di Ripano Eupilino, a cura di Maria Cristina Albonico, introduzione di Anna Bellio, 2011, pp. 280. Giuseppe Parini, Prose. Scritti polemici (1756-1760), a cura di Silvia Morgana e Paolo Bartesaghi, introduzione di Silvia Morgana e Paolo Bartesaghi, 2012, pp. 420. Giuseppe Parini, Lettere, a cura di Corrado Viola, con la collaborazione di Paolo Bartesaghi e Giovanni Catalani, 2013, pp. 256. Giuseppe Parini, Le Odi, a cura di Mirella D’Ettorre, in preparazione. Giuseppe Parini, Il Giorno. Il Mattino (1763); Il Mezzogiorno (1765), a cura di Giovanni Biancardi, introduzione di Edoardo Esposito, commento di Stefano Ballerio, in preparazione.