La tradizione paolina 8810402618, 9788810402610

Tra gli scritti del Nuovo Testamento le lettere poste a vario titolo sotto il nome di Paolo sono quattordici. A partire

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Italian Pages 293 [295] [295] Year 1995

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La tradizione paolina
 8810402618, 9788810402610

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Tra gli scritti del Nuovo Testamento le lettere poste a vario titolo sotto il nome di Paolo sono quattordici. A partire dalla fine del Set­ tecento le analisi di tipo stilistico e storico-contenutistico sulla com­ pattezza del corpus paolino si sono moltiplicate dando origine a un vivace filone di ricerche. Oggi si ritengono non autentiche dell'apo­ stolo ben sei lettere: la Seconda ai Tessalonicesi, quelle agli Efesini e Colossesi, le tre pastorali (a Tito, Prima e Seconda a Timoteo ) . Nei primi capitoli il volume fa il punto degli studi sul canone paolino e sulla «tradizione paolina». La ricostruzione, partendo da Paolo stesso, di persone luoghi e problemi di questa corrente cristiana - a cui si deve la redazione di oltre un terzo del Nuovo Testamento è importante preludio alla comprensione del ricorso alla pseudepigra­ fia (pratica peraltro assai diffusa nell'antichità) in un contesto che non inficia canonicità, ispirazione e apostolicità degli scritti cosid­ detti deuteropaolini. Questi vengono sottoposti nei capitoli centrali del volume a una serrata analisi linguistico-letteraria, storica e teolo­ gica che ne chiarisce le motivazioni. Essi rispondono all'esigenza di far ritrovare dopo la morte dell'apostolo le ragioni di una sicura identità cristiana e di rispondere, nella continuità con il suo metodo e il suo pensiero, alla sfida rappresentata dalle nuove situazioni sto­ riche e culturali delle comunità alle quali le lettere sono indirizzate. -

RINALDO FABRIS, nato nel 1936, laureato in teologia all'università Latera­ nense di Roma e in scienze bibliche al Pontificio istituto biblico di Roma, at­ tualmente insegna esegesi del NT pres�o la Scuola superiore di teologia del seminario di Udine-Trieste-Gorizia. E direttore di «Rivista biblica»; ha pubblicato numerosi commentari biblici, nonché diversi studi monografici di teologia e spiritualità biblica, caratterizzati dal pregio di unire alla serietà della ricerca la capacità di divulgarne i contenuti.

ISBN 88-1�40261-8

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788810 402610

collana LA BIBBIA NELLA STORIA diretta da Giuseppe Barbaglio

La collana si caratterizza per una lettura rigorosamente storica delle Scritture sacre, ebraiche e cristiane. A questo scopo, i libri biblici, oltre che come documenti di fede, saranno presentati come espressione di determinati ambienti storico-culturali, punti di arrivo di un lungo cammino di esperienze significative e di vive tradizioni, testi incessantemente riletti e re-interpretati da ebrei e da cristiani. Si presuppone che la religione biblica sia essenzialmente legata a una storia e che i suoi libri sacri ne siano, per definizione, le testimonianze scrit­ te. Più da vicino, ci sembra fecondo criterio interpretativo la comprensione, criticamente vagliata, della Bibbia intesa come frutto della storia di Israele e delle primissime comunità cristiane suscitate dalla fede in Gesù di Nazaret e, insieme, parola sempre di nuovo ascoltata e proclamata dalle generazioni cristiane ed ebraiche dei secoli post-biblici. Il direttore della collana, i collaboratori e la casa editrice si assumono il preciso impegno di offrire volumi capaci di abbinare alla serietà scientifica un dettato piano e accessibile a un vasto pubblico. Questi i titoli programmati: l. L'ambiente storico-culturale delle Scritture ebraiche (A. Bonora)

2. 3. 4. 5. 6,

Da Mosè a Esdra. I libri storici dell'antico Israele (E. Cortese: 1985) I profeti d'Israele: voce del Dio vivente (G. Savoca: 1985) I sapienti di Israele (G. Ravasi) I canti di Israele. Preghiera e vita di un popolo (G. Ravasi: 1986) La letteratura intertestamentaria (M. Cimosa: 1992) 7. L'ambiente storico-culturale delle origini cristiane. Una documentazione ragionata (R. Penna: 31991) 8. Le prime comunità cristiane (V. Fusco) 9. La teologia di Paolo (G. Barbaglio) 10. Evangelo e Vangeli. Quattro evangelisti, quattro Vangeli, quattro destinatari (G. Segalla: 1993) 11. Gesù di Nazaret (G. Barbaglio) 12. La tradizione paolina (R. Fabris: 1995) 13. Omelie e catechesi cristiane nel I secolo (a cura di G. Marconi: 1994) 14. L'apocalittica cristiana del I secolo (U. Vanni) 15. La Bibbia nell'antichità cristiana (a cura di E. Norelli) l. Da Gesù a Origene (1993) Il. Dagli scolari di Origene al V secolo 16. La Bibbia nel Medioevo (a cura di G. Cremascoli - C. Leonardi) 17. La Bibbia nell'epoca moderna e contemporanea

18.

(a cura di R. Fabris: 1992)

La lettura ebraica delle Scritture

(S.J. Sierra)

RINALDO FABRIS

LA TRADIZIONE PAOLINA

EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA

©

1995 Centro editoriale dehoniano Via Nosadella, 6 - 40123 Bologna

ISBN 88-10-40261-8 Stampa: Grafiche Dehoniane , Bologna 1995

Abbreviazioni

AnB ANRW ANTI ASE ATANT AzT BBB BET

Analecta Biblica (Roma) Aufstieg und Niedergang der Romischen Welt (W. Haase ­ H. Temporini, Berlin - New York) Arbeiten zur Neutestamentlichen Textforschung (Berlin) Annali di Storia dell'Esegesi (Bologna) Abhandlungen zur Theologie des Alten und Neuen Testa­ ments (Ziirich) Arbeiten zur Theologie

BNTC BS BTB BU BZ (NF)

Bonner Biblische Beitrage (Bonn) Beitrage zur biblischen Exegese und Theologie (Frankfurt a.M.) Bibliotheca Ephemeridum Theologicarum Lovaniensium (Leuven) Beitrage zur historischen Theologie (Tiibingen) Bibbia e Oriente (Milano - Genova - Bornato, Brescia) Bible Today (Collegeville, MN) Bible Translator (London, Aberdeen) The Bulletin of the John Rylands (University) Library (Manchester) Black's New Testament Commentaries (London) Bibliotheca Sacra (Dallas, TX) Biblical Theology Bulletin (Jamaica, NY) Biblische Untersuchungen (Regensburg) Biblische Zeitschrift, Neue Folge (Freiburg, Paderborn)

CBC CBQ CathThR ConcordTQ CNT CTNT CTJ CurThM

Cambridge Bible Commentary (Cambridge) Catholic Biblical Quarterly (Washington, DC) Catholic Theological Review (Clayton, Australia) Concordia Theological Quarterly (Fort Wayne) Commentaire du Nouveau Testament (Neuchàtel) Commentario Teologico del Nuovo Testamento (Brescia) Calvin Theological Journal (Grand Rapids) Currents Theology and Mission (St. Louis)

BETL BHTh BibOr BibToday BiTr BJRL

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DSBP

Dizionario di Spiritualità Biblica Patristica (Roma)

EB EKK

EspVi EThS EvO EvTh ExpTim

Etudes Bibliques (Paris) Evangelisch-Katholischer Kommentar zum Neuen Testa­ ment (Ziirich - Koln - Neukirchen -Vluyn) Enchiridion Biblicum: Documenti della Chiesa sulla Sacra Scrittura (Bologna) Esprit et Vie (Cambray) Erfurter Theologische Studien (Leipzig) Evangelica] Quarterly (London, Exeter) Evangelische Theologie (Miinchen) Expositor Times (Edinburgh)

FB.B

Facet Books - Biblica] Series (Philadelphia, PA)

FgNt FRLANT

Filologia Neotestamentaria (C6rdoba) Forschungen zur Religion und Literatur des Alten und Neuen Testaments (Gottingen)

GeSI GTB GraceThJ

Geistliche Schriftlesung (Diisseldorf) Giitersloher Taschenbiicher (Giitersloh) Grace Theological Journal (Winona Lake)

HarvTR HAW HervTSt HNT HThK

Harvard Theological Review (Cambridge, MA) Handbuch der Altertumswissenschaft (Miinchen) Hervode Teologiese Studies (Pretoria) Handbuch zum Neuen Testament (Tiibingen) Herders Theologischer Kommentar zum Neuen Testament (Freiburg i.Br.) Hermeneutische Untersuchungen zur Theologie (Tiibin­ gen)

EB

HUT

IKZ

International Criticai Commentary of the Holy Scripture of the Old and New Testament (Edinburgh) Interpretation. A Journal of Bible and Theology (Rich­ mond, VA) Internationale Zeitschrift fiir Theologie ( =Concilium)

JAC JETS

Jahrbuch fiir Antike und Christentum (Miinster) Journal of the Evangelica] Theological Society (Wheaton,

JSNT

Joumal for the Study of the New Testament (Sheffield, UK) Joumal of Theological Studies (Oxford) Journal of Theology for Southem Africa (Rondebosch)

ICC Interp

JTS JTSA

6

IL)

Kairos KEK

Kairos (Salzburg) Kritisch-exegetischer Kommentar iiber das Neue Testa­ ment (Gottingen)

LoB LTO

Leggere oggi la Bibbia (Brescia) Lexington Theological Ouarterly (Lexington)

MThSt

Marburger Theologische Studien (Marburg)

NCB NDTB

NTOA NTS NV

New Century Bible (Grand Rapids, MI) Nuovo Dizionario di Teologia Biblica (Cinisello Balsamo, MI) Die neue Echter Bibel (Wiirzburg) New Intemational Commentary on the New Testament (Grand Rapids, MI) New Intemational Greek Testament Commentary (Exeter) Das Neue Testament Deutsch (Gottingen) New Testament Message (Wilmington) Novum Testamentum et Orbis Antiquus (Freiburg i.Br.) New Testament Studies (Cambridge, UK) Nuovissima Versione della Bibbia (Roma)

PC PerspRelSt PG PL

Pelican Commentaries (London) Perspectives in Religious Studies (Danville, VA) Patrologia Graeca (Paris) Patrologia Latina (Paris)

OD

Ouaestiones Disputatae (Freiburg - Basel - Wien)

RB RCatTeol RestO RHR RivB RNT RStB RTh

Revue Biblique (Paris) Revista Catalana de Teologia (Barcelona, St. Pacià) Restoration Ouarterly (Abilene) Revue de l'Histoire des Religions (Paris) Rivista Biblica Italiana (Bologna) Regensburger Neues Testament (Regensburg) Ricerche Storico-Bibliche (Bologna) Revue Thomiste (Toulouse)

SANT SB SBL SBS SBT ScEs

Studien zum Alten und Neuen Testament (Miinchen) Studi Biblica (Brescia) Society Biblical Literature (Missoula, MT; Chico, CA) Stuttgarter Bibelstudien (Stuttgart) Studies in Biblical Theology (London) Science et Esprit. Revue de Théologie et Philosophie (Montréal)

NEB NIC NIGTIC NTD NTM

7

Semeia SKK SNTS.MS SNTU ST StUNT TLZ ThPh ThRv THNT TZ TNTC TThZ TU

TynB

Semeia. An Experimental Joumal for Biblical Criticism (Missoula, MT; Atlanta, GA). Stuttgarter Kleiner Kommentar (Stuttgart) Studiorum Novi Testamenti Societas. Monograph Series (Cambridge) Studien zum Neuen Testament und seiner Umwelt (Linz) Studia Theologica. Scandinavian Journal of Theology (Osio) Studien zur Umwelt des Neuen Testaments (Gottingen) Theologische Literaturzeitung (Leipzig) Theologie und Philosophie (Freiburg i. Br.) Theologische Revue (Miinster) Theologischer Handkommentar zum Neuen Testament (Berlin) Theologische Zeitschrift (Basel) Tyndale New Testament Commentaries (London) Trierer Theologische Zeitschrift (Trier) Texte und Untersuchungen zur Geschichte der Altchristli­ chen Literatur (Berlin) Tyndale Bulletin (Cambridge, UK)

United Bible Societies (New York) UBS UnSemQuartRev Union Seminary Quarterly Review (New York) VetChr VoxEv

Vetera Christianorum (Bari) Vox Evangelica (London)

WAMNT

Wissenschaftliche Monographien zum Alten und Neuen Testament (Neukirchen) Word Biblica! Commentary (Dallas) Wort und Dienst. Jahrbuch der theologischen Schule Betel (Bielefeld) Wege der Forschung (Darmstadt) Westminster Theological Journal (Philadelphia) Wissen und Weisheit (Miinchen, Gladbach) Wjssenschaftliche Untersuchungen zum Neuen Testament (Tiibingen)

WBC WD

WdF WestTJ WissWeih WUNT ZBK ZKT ZNW ZTK ZWTh

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Ziircher Bibel Kommentare (Ziirich) Zeitschrift fiir katholische Theologie (Innsbruck) Zeitschrift fiir neutestamentliche Wissenschaft und die Kun­ de des Urchristentums (und der alteren Kirche) (Giessen) Zeitschrift fiir Theologie und Kirche (Tiibingen) Zeitschrift fiir wissenschaftliche Theologie (Jena)

Prefazione

Perché scrivere un libro sugli «scritti della tradizione paolina»? A que­ sta domanda, si potrebbe rispondere con l'invito più o meno esplicito a leg­ gere il libro per rendersi conto che si tratta di cose interessanti o importanti. E con questo sarebbe anche esaurito lo scopo della prefazione. Ma il lettore si attende di avere in poche parole le informazioni che gli servono per orien­ tarsi nella lettura delle pagine che seguono. Per comodità didattica chiamo le sei lettere del NT prese in esame «Scritti della tradizione paolina». Negli ambienti di lingua tedesca e inglese si parla ancora di «scuola paolina» secondo il modello delle scuole del mon­ do greco e giudaico. È preferibile il termine «tradizione» che rispetta il lin­ guaggio degli scritti di Paolo e esprime anche la coscienza del rapporto che lega l'apostolo ai suoi collaboratori o discepoli e alle sue giovani comunità cristiane. Comunque sotto questa etichetta comune si collocano le due lettere del­ la prigionia indirizzate agli Efesini e ai Colossesi, le tre lettere pastorali e la seconda Lettera ai Tessalonicesi. Almeno cinque di questi scritti sono am­ bientati nella zona dell'Asia che ruota attorno alla metropoli di Efeso. Le due lettere agli Efesini e ai Colossesi sono imparentate per contenuto e im­ pianto letterario. Le tre lettere pastorali- indirizzate due a Timoteo e una a Tito- formano un gruppo a parte sia per lo stile, la struttura e l'imposta­ zione tematica. Resta fuori di questo ambito culturale efesino la seconda lettera indirizzata alla chiesa di Tessalonica. Essa affronta un problema che diventa acuto nella seconda e terza generazione cristiana: come vivere da cristiani il tempo che precede la parusia senza lasciarsi contagiare dalla feb­ bre apocalittica o cedere alla tentazione del disarmo di un quietismo sterile e rassegnato? Nei confronti di questo gruppo di scritti del corpus paolina negli ultimi dieci o quindici anni è andato crescendo l'interesse degli studiosi del NT. A partire almeno dagli anni ottanta si sono moltiplicati gli studi monografici e i commenti a queste sei lettere del canone cristiano. Quello che attira l'at­ tenzione per le due lettere affini, Efesini e Colossesi, è il desiderio di rico­ struire la situazione vitale che sta alla loro origine e spiega la loro rilettura originale del patrimonio teologico e spirituale di Paolo. Qual è il punto cru­ ciale della divisione tra i due gruppi di cristiani ai quali si rivolge lo scritto di Efesini? È la tensione tra cristiani di origine ebraica e pagana, ma in un nuo­ vo contesto ecclesiale? In che cosa consiste il cosiddetto «errore» dei Colos­ sesi? Vi si intrecciano gli influssi del sincretismo magico e misterico del­ l'Asia, le tendenze gnostiche, le pratiche ascetiche che accompagnano le esperienze esoteriche di visioni e rivelazioni di marca apocalittica? Qualche

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lettore sarebbe tentato di accostare questi problemi con quelli che nel con­ testo attuale sono connessi con le speculazioni e le esperienze sincretistiche che vanno sotto il nome della New Age. L'interesse per il gruppo delle lettere pastorali è dettato dal desiderio di conoscere meglio il momento critico del passaggio da un cristianesimo cari­ smatico a quello istituzionale. L'organizzazione delle comunità cristiane se­ condo il principio dell'autorità tradizionale che fa capo all'apostolo si svi­ lupppa sotto la spinta di elementi interni ed esterni intrecciati tra loro. La minaccia della dissidenza rappresentata dai «falsi maestri» costringe a fissa­ re i criteri di appartenenza sulla base della ortodossia dottrinale. Il confron­ to con l'ambiente esterno favorisce uno scambio fecondo che stimola la for­ mulazione di un progetto cristiano, dove si avverte l'eco di alcuni valori etici della filosofia popolare ellenistica. Questo esperimento di dialogo culturale offerto dalle lettere pastorali può essere uno stimolo a ripensare il rapporto attuale delle chiese con il loro ambiente vitale. Infine val la pena di richiamare l'attenzione su un problema che rappre­ senta un ostacolo per alcuni lettori cristiani abituati a identificare la loro fe­ de con un modello storico-culhuale fisso e immutabile. L'origine paolina di queste sei lettere oggi non è più il «problema» nel senso che siano esse scrit­ te o dettate direttamente da Paolo oppure stese da qualche suo discepolo a suo nome, questa ipotesi non incide nella valutazione teologica e nella lettu­ ra esegetica di questi scritti. Essi restano ispirati e canonici comunque si spieghi la loro origine letteraria e storica. Una volta che si sia superata la re­ sistenza psicologica e sia anche chiarito il pregiudizio moralistico di fronte a questo procedimento letterario, l'ipotesi dell'origine pseudepigrafica di queste lettere paoline non solo non si oppone alla loro stima e valorizzazio­ ne, ma aiuta a leggerle e interpretarle in modo più coerente e fruttuoso. Il procedimento della pseudepigrafia infatti si armonizza perfettamente con la categoria della tradizione paolina. In nome e con l'autorità di Paolo si ripre­ sentano quegli aspetti del suo pensiero che meglio rispondono alle nuove e mutate situazioni vitali delle comunità cristiane della seconda e terza gene­ razione. Una resistenza inconscia all'ipotesi della pseudepigrafia paolina di alcu­ ne lettere che fanno parte del canone cristiano deriva dal pregiudizio ideolo­ gico residuo della mentalità controversistica, quando si stabiliva una gra­ duatoria degli scritti ispirati in nome di un esame o test teologico: gli scritti di primo grado erano quelli che riproducevano la teologia di Paolo incentra­ ta sulla giustificazione per la fede; gli scritti di secondo grado erano quelli che indulgevano alle tendenze istituzionali e moraleggianti del protocattoli­ cesimo. Questi schemi ideologici si rivelano sempre più antistorici e riduttivi in quanto impediscono di leggere e valutare uno scritto cristiano per quello che è e dice nel suo contesto storico e culturale. In altre parole gli scritti del­ la tradizione paolina vanno letti senza pregiudizi. Essi sono una testimo­ nianza della fecondità del patrimonio teologico e spirituale dell'apostolo Paolo, ma nello stesso tempo sono un documento della capacità creativa dei suoi discepoli che rendono vivo e efficace il suo pensiero e il suo spirito in nuovo e diverso contesto storico e culturale. Udine, 16 maggio 1995 Rinaldo Fabris

lO

I La tradizione paolina

Tra gli scritti del Nuovo Testamento sono quattordici lettere che a vario titolo sono poste sotto il nome di Paolo. Tra queste la cosid­ detta «Lettera agli Ebrei» si richiama solo indirettamente a Paolo . Prima del saluto finale l'autore dice : «Sappiate che il nostro fratello Timoteo è stato rimesso in libertà» . Egli perciò spera di poter vede­ re i destinatari della lettera assieme a lui (Eb 13 ,23) . Tutte le altre tredici lettere hanno sempre come mittente esplicito «Paolo» accan­ to ad altri co-mittenti. Delle 158 volte in cui Paolo è nominato nel NT, se si escludono i 128 passi degli Atti degli apostoli , gli altri 29 te­ sti riguardano la sua presenza nella frase protocollare di intestazione delle lettere . Paolo si autopresenta anche nella formula di autentica­ zione finale di tre lettere ( 1 Cor 16,21 ; Col 4,18; 2Ts 3 , 17) . Le re­ stanti dieci menzioni del nome dell'apostolo sono distribuite all'in­ terno delle lettere con una netta preponderanza della prima Lettera ai Corinzi : sei volte . Di Paolo «fratello nostro» parla una volta an­ che l'autore della seconda Lettera di Pietro (2Pt , 3 , 15 ) . L'intero corpus dei tredici scritti , che vanno sotto i l nome di Paolo , costituisce un terzo dell'intero Nuovo Testamento: 2003 ver­ setti su un totale di 5621 del canone neotestamentario . La raccolta e la conservazione di una quantità relativamente notevole di testi pao­ lini sono già di per sé un indizio del ruolo autorevole attribuito al­ l'apostolo nelle prime generazioni cristiane . Basti pensare che sotto il nome di Pietro sono conservate solo due piccole lettere per un numero complessivo di 166 versetti ; a Giacomo e a Giuda, perso­ naggi eminenti nel NT, sono attribuite due lettere rispettivamente di 108 e 25 versetti . Solo i tre Vangeli sinottici sommati insieme pos­ sono essere comparati con l'ampiezza dell'epistolario paolino . Si può dunque legittimamente considerare la figura di Paolo come uno dei vettori propulsivi nel processo che ha portato alla formazione del Nuovo Testamento .

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l. «SCUOLA» O TRADIZIONE PAOLINA

A partire dalla metà del secolo scorso si sono sviluppati gli studi di carattere storico-critico attorno alla figura di Paolo sulla base del suo epistolario conservato negli antichi codici o manoscritti del NT. Spetta alla nuova scuola di Tubinga e in particolare al suo fondatore Ferdinand Christian Baur il merito di avere avviato lo studio siste­ matico degli scritti del NT inserendoli nel loro contesto storico . Egli parte dal presupposto che gli scritti neotestamentari riflettono l'am­ biente sociale e culturale , i problemi e i conflitti delle prime comuni­ tà cristiane . Perciò la ricostruzione sotto il profilo storico e sociolo­ gico di questo ambiente vitale degli scritti neotestamentari è indi­ spensabile per la loro comprensione . Non è casuale che il Baur nel suo primo lavoro su Paolo si impegni a ricostruire l'ambiente conflit­ tuale di Corinto per comprendere non solo la prima lettera ai Corin­ zi , ma anche il ruolo dell'apostolo Paolo nel contesto della chiesa primitiva. 1 A partire da questa immagine conflittuale del primo cristianesi­ mo il Baur sottopone a una revisione critica l'intero epistolario pao­ lino e gli altri scritti del NT. Sotto questo profilo critico egli conside­ ra le lettere pastorali come un prodotto dell'epoca postapostolica . Infatti secondo Baur in questi scritti si riflette il conflitto tra gli gno­ stici che si servono di Paolo e i giudaizzanti che lo attaccano sul ver­ sante opposto . 2 I dubbi sull'autenticità paolina della prima Lettera a Timoteo erano già stati sollevati da Friedrich Ernst Daniel Schleier­ macher nel 1807 , sulla base dell'analisi dello stile e tenendo presente la situazione storica presupposta dalla lettera.3 La linea critica di Schleiermacher viene ripresa e radicalizzata da Johann Gottfried Eichhorn nella sua introduzione al NT, dove sostiene che tutte e tre le lettere pastorali differiscono nel loro linguaggio religioso da quel­ lo di Paolo .4 Nella prima metà del XIX secolo i dubbi sull'autenticità

1 F. BAUR, «Die Christuspartei in der Korinthischen Gemeinde , der Gegensatz des petrinischen und paulinischen Christentums in der altesten Kirche , der Apostel Petrus im Rom>> , in Tiibinger Zeitschrift fiir Theologie 4(183 1 ) , 61-206. 2 F. C. BAUR, Die sogennanten Pastoralbriefe des Apostels Paulus aufs neue kri­ tisch untersucht, Stuttgart - Tiibingen 1835 . 3 F. ScHLEIERMACHER, «Uber den sogennanten ersten Brief des Paulus an den Timotheus. Ein kritisches Sendschreiben an J . C . Gass>>, in Siimtliche Werke, 1807 , l, 2; cf. H. PATSCH , , in ZThK 88(199 1 ) , 451 -477 . 4 J . G . EICHHORN , Einleitung in das Neue Testament, voli. 5 , Leipzig 1818, I, 1804-1827.

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paolina si estendono anche alla seconda Lettera ai Tessalonicesi e alla Lettera agli Efesini . 5 Queste prese di posizione circa l'autenticità o meno di alcuni scritti dell'epistolario paolino obbediscono a criteri di carattere stili­ stico o storico-teologico. Ma solo nell'opera di Baur essi si inserisco­ no in una visione complessiva della storia del primo cristianesimo . Secondo il fondatore della «Scuola di Tubinga» il movimento cristia­ no si sviluppa nella tensione conflittuale tra due partiti o fazioni che fanno capo rispettivamente a Paolo e a Pietro . Questo contrasto si prolunga oltre l'epoca apostolica ed esercita il suo influsso nella composizione degli scritti del canone cristiano . In questa ricostruzio­ ne della storia della prima chiesa Baur parla di «cristianesimo paoli­ no» e di «paolinismo» .6 E nell'ambito del paolinismo sorgono quegli scritti che , posti sotto il nome di Paolo, ne fanno rivivere la persona­ lità e il messaggio per rispondere ai nuovi problemi sollecitati dalle mutate situazioni vitali delle comunità cristiane . È in questo conte­ sto che si parla di «scuola di Paolo» .7 Ma un confronto con il model­ lo della «Scuola» nell'ambiente greco-ellenistico e in quello giudaico suggerisce di dare la preferenza al modello della «tradizione» per in­ terpretare il fenomeno del «paolinismo» nella storia della prima chiesa e della formazione del canone cristiano .

a) Le «scuole» nell'antichità Nell'ambiente greco-ellenistico è ben noto il fenomeno della «scuola>> come insieme di persone che si raccolgono attorno a un maestro , ne seguono e sviluppano l'insegnamento o il messaggio . Nella storia della cultura greca si affermano e sviluppano alcune «scuole» di indirizzo filosofico . Tra queste primeggia la scuola che va sotto il nome di «Accademia» di Platone , il cui scopo originario è

5 W.M. L . DE WETIE, Lehrbuch der historisch-kritisch Ein/eitung in die kanoni­ schen Bucher des Neuen Testaments , Berlin 21830; 51848 . 6 F.C. BAUR, Pau/us, der Aposte/ Jesu Christi. Sein Leben und Wirken, seine Briefe und seine Lehre. Ein Beitrag zu einer kritischen Geschichte der Urchristentums , Stutt.p art 1845. . H. CoNZELMANN, > si richiamano a un maestro fondatore o capo-scuola , del quale i membri si considerano «discepoli>> o «seguaci>> ; 2 ) in alcu­ ni casi al maestro fondatore succedono altri capi-scuola o «scolar­ chi» , chiamati prostàtai; 3) la «Scuola» si fa veicolo di un sistema di pensiero e qualche volta anche di uno stile di vita; 4) nell'ambito della scuola gli scritti o opere del maestro sono conservati e com­ mentati ; sotto il suo nome si producono altre opere pseudepigrafi­ che che ne prolungano il ruolo autorevole e ne attualizzano il mes­ saggio ; 5 ) nel corso del tempo la scuola si evolve e assume orienta­ menti di pensiero nuovi e diversi rispetto a quelli originari.

8 B. FIORE, The Funcion of Personal Exemple in the Socratic and Pastoral Epist­ les (AnBib 105) , Rome 1986.

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Anche nell'ambiente giudaico del primo secolo d . C . è presente il fenomeno della «Scuola» con caratteristiche proprie , anche se non si può escludere un influsso proveniente dalla cultura ellenistica . Le radici delle scuole dei maestri ebrei vanno ricercate nella tradizione biblica . Si parla di «scuola» nell'ambiente profetico , dove i «disce­ poli» del profeta ne conservano l'insegnamento e i credenti sono considerati «discepoli del Signore» (Is 8,16; 54, 1 3) .9 Ma il linguaggio e il modello di «scuola» sono presenti in modo esplicito e diretto nei testi sapienziali . Gesù ben Sira, figlio di Eleazaro di Gerusalemme , fa l'elogio dello «scriba» e presenta se stesso come un maestro di sa­ pienza che ha lavorato per diffonderla tra i suoi discepoli e le gene­ razioni future : «Vedete non ho lavorato solo per me , ma per quanti cercano la dottrina» (Sir 24 ,32 ; cf. 39 , 1 -1 1 ; 50,27) . Lo stesso modello si riscontra nella nota apposta dall'editore nell'epilogo del Qohelet : «Oltre a essere saggio , il Qohelet insegnò anche la scienza al popolo , ascoltò , indagò e compose un gran nu­ mero di massime. Qohelet cercò di trovare pregevoli detti e scrisse con esattezza parole di verità» (Qo 12,9-10) . Per esprimere il rap­ porto maestro-discepolo nella tradizione sapienziale si fa ricorso al linguaggio della relazione familiare o parentale padre-figlio . Secon­ do questo linguaggio , che si riscontra anche nel modello pedagogico delle scuole dell'ambiente ellenistico , il maestro tiene il posto del «padre)) o dei genitori (cf. Pr 1 ,8 ; 4, 1-3; 6,20) . Sullo sfondo della tradizione sapienziale biblica , dove si avverte in modo più diretto l'influsso dell'ambiente e della cultura ellenisti­ ca, si sviluppa l'esperienza della scuola degli «scribh) o maestri giu­ dei . Si può ammettere una certa continuità storica e culturale tra la matrice biblica e le scuole giudaiche , anche se non è trasferibile sul piano storico lo schema idealizzato proposto in apertura del trattato di Abòth della Mishnah : «Mosè ha ricevuto la legge dal Sinai e l'ha consegnata a Giosuè , e Giosuè agli anziani , e gli anziani ai profeti , e i profeti l'hanno consegnata agli uomini della grande sinagoga)) (A b . 1 , 1 ) . La tradizione giudaica per i l periodo che v a dal primo secolo a.C. al 70 d . C . ricorda dieci nomi di capi-scuola, abbinati in cinque copie , di cui i più noti sono il mite o moderato Hillel e il severo o rigoroso Shammai . In realtà si tratta di indirizzi giuridico-legali

9 A. LEMAIRE, Le scuole e la formazione della Bibbia nell'Israele antico (SB 57) , Brescia 1981 ; A. BoNORA , «Il discepolo neli'AT>> , in DSBP 4, Roma 1992 , 15-28.

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diversi , ma che fanno leva sugli stessi criteri applicati nell'interpre­ tazione della Torah . I «maestri» delle scuole giudaiche sono gli antichi sopherìm , «scribi» che hanno il loro modello autorevole in Mosè . Nel greco della tradizione evangelica sono chiamati grammatèis e anche nomo­ didàskaloi (Le 5 , 17) o nomikòi, «maestri della legge» (Mt 22,35 ; Le 7,30; 10,25 ; 1 1 ,45-46.52; 14,3) . Il Vangelo di Matteo fa allusione al titolo accademico rabbì, dato ai maestri che hanno completato il lo­ ro corso di formazione . Nel periodo mishnaico questi sono chiamati anche «sapienti», l].akamìm (Mt 23 ,8 . 10; cf. 1 1 ,25 ) . Nella documen­ tazione relativa all'ambiente giudaico successivo al 70 d . C . la figura del maestro è quella di un esperto interprete della Torah , che racco­ glie attorno a sé dei discepoli per prepararli al futuro ruolo di mae­ stri, giuristi o professionisti della legge . Il metodo di insegnamento­ apprendimento fa leva sull'ascolto, la ripetizione , il dialogo e la me­ morizzazione . Questo processo di trasmissione è favorito dal rap­ porto stabile tra maestro-discepoli , che comporta la vita comune e una frequentazione prolungata pet alcuni anni. 10

b) Paolo «maestro» o «padre»? Secondo la tradizione conservata dall'autore degli Atti degli apostoli Paolo avrebbe frequentato a Gerusalemme la scuola di Ga­ maliele I (At 22 ,3) . Lo stesso autore attribuisce a Paolo un ruolo de­ cisivo e autorevole nella repressione del movimento cristiano a Ge­ rusalemme e nella regione della Siria (At 8 , 1 . 3 ; 9 , 1-2; 22,4-5 ; 26 ,101 1 ) . Sulla base di queste testimonianze , Martin Hengel suppone che Paolo abbia studiato la Torah in una «casa di studio , presumibilmen­ te sul monte del tempio , coi migliori maestri del suo tempo» . 1 1 In questo ambiente egli avrebbe completata la sua formazione giudai­ co-greca per essere in grado di istruire a sua volta i numerosi giudei della diaspora grecofona che venivano a Gerusalemme . Paolo stesso nei brani autobiografici del suo epistolario parla della sua adesione all'indirizzo farisaico , del suo zelo nell'osservare la legge e del suo progresso nel sostenere le tradizioni dei padri (Gal 1 , 13-14; Fil 3 ,6;

10 E. SCHORER , «Gli studiosi della torà e la loro attività>> , in Storia del popolo giu­ daico al tempo di Gesù Cristo , Brescia 1987 , Il, 393-410; G. STEMBERGER, Il giudaismo classico. Cultura e storia del tempo rabbinico. Dal 70 al 1040, Roma 1991 , 141 -146. 11 M. HENGEL , Il Paolo precristiano (SB 100) , Brescia 1992 , 145 .

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1Cor 15 ,8-9) . L'Hengel deduce da tutto questo che Paolo avesse una «certa autorità» ed esercitasse «Una funzione di maestro in una (o più d'una) sinagoga di lingua greca a Gerusalemme» . 1 2 Anche se Paolo ha avuto una buona formazione per interpretare e insegnare la Torah secondo l'indirizzo farisaico al punto da conse­ guire una certa autorità tra i suoi connazionali , non credo che possa essere considerato un capo-scuola di tipo giudaico . Ma anche am­ messo questo ruolo di didàskalos, «maestro», la svolta intervenuta con l'esperienza di Damasco cambia radicalmente il suo modo di considerare i rapporti e soprattutto la fonte dell'autorità nella tra­ smissione dell'esperienza religiosa . Egli infatti considera come cose di nessun conto , anzi spregevoli , tutti i privilegi legati alla sua condi­ zione di ebreo osservante . L'unico Signore e maestro , al quale Paolo ormai ha legato per sempre la sua vita e impegno spirituale , è Gesù Cristo (Fil 3,7-9) . Una conferma di questa prospettiva paolina si ha dall'analisi del suo lessico relativo all'area semantica maestro-discepolo . Delle 59 ricorrenze del termine didàskalos nel NT solo 7 si trovano nell'epi­ stolario paolino. In Rm 2,20 il titolo è riferito al ruolo del giudeo , che si considera «maestro» degli inesperti perché possiede la legge (Rm 2,20) . In altri due casi esso designa il cristiano che ha il «Cari­ sma» di «maestro» ( 1 Cor 12 ,28.29 ; Ef 4 , 1 1 ) . Il verbo didàskein , «in­ segnare», si riscontra 15 volte nell'epistolario paolino , sulle 97 del NT. Di queste solo in cinque casi il verbo «insegnare» è associato con la trasmissione del vangelo e delle tradizioni cristiane (1Cor 4,17; Gal 1 , 12 ; cf. Ef 4,21 ; Col 1 ,28 ; 2,7; 2Ts 2, 15) . Nelle lettere pastorali ricorre con più frequenza questo lessico dell'insegnamento autorevole (1Tm 2,12; 4 , 1 1 ; 6,2; 2Tm 2,2) . Ma è notevole il fatto che Paolo solo in questo gruppo di lettere si auto­ presenta con tre titoli associati insieme : «banditore , apostolo e mae­ stro» ( 1Tm 2,7; 2Tm 1 , 1 1) . Nel caso di 1Tm 2,7, la qualifica di Paolo «maestro dei pagani nella fede e nella verità» , corrisponde a quella di Rm 1 1 , 1 3 , dove Paolo si autodesigna «apostolo dei pagani». L'ac­ centuazione del ruolo di «maestro» , attribuito a Paolo nel gruppo delle lettere pastorali , corrisponde alla preoccupazione di questi scritti per la «sana dottrina» , didaskalìa , minacciata dalla propagan­ da dei falsi «maestri» (2Tm 4,3) .

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HENGEL, Paolo precristiano, 159.

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Del tutto irrilevante invece è la terminologia del «discepolatO>> negli scritti di Paolo. Il sostantivo mathétes non ricorre mai nell'epi­ stolario paolino . Di scarsa rilevanza è anche il verbo manthànein , «imparare», e manthànesthai, «essere istruito» . Delle 15 ricorrenze paoline sulle 25 neotestamentarie , solo quattro si riferiscono al pro­ cesso di iniziazione o formazione cristiana ( Fil 4,9; Rm 16,17; Col 1 ,7; Ef 4,20-21 ) . Nel gruppo delle lettere pastorali solo la seconda Lettera a Timoteo fa ricorso a questo verbo per esprimere il rappor­ to di Paolo e Timoteo ( 2Tm 3 , 10. 14 ) . Più frequente è invece il ricorso al lessico parentale per esprime­ re i rapporti di Paolo con i cristiani delle sue comunità. Egli normal­ mente li chiama «fratelli» o «sorelle» ( Rm 16,1 ; lCor 7 , 1 5 ; 9,5 ; Fm 2 ) . L'appellativo «fratello» è dato ai suoi collaboratori ( lCor 1 , 1 ; 2Cor 1 , 1 ; 2 , 1 3 ; 6,18 .22 ; 9,3; 12,18 ) . Timoteo in modo particolare è presentato da Paolo come il «mio diletto figlio e fedele nel Signore» ( lCor 4,17; Fil 2,22-23 ) . Questo modo di esprimersi è corrente nelle lettere pastorali, dove Timoteo e Tito sono interpellati dal mittente Paolo con la frase: «mio vero figlio nella fede» ( lTm 1 ,2; 1 , 18; 2Tm l ,2; Tt l ,4 ) . Paolo ci tiene a considerarsi «padre» delle sue comunità e dei singoli cristiani , che egli ha generato mediante l'annuncio del vangelo ( 1 Cor 4 , 1 5 ; Gal 4,19; Fm 10) . Pur consapevole della sua au­ torità di «apostolo» egli mette in risalto il fatto che si comporta nei loro confronti con l'amore e la sollecitudine di una madre e di un pa­ dre verso i propri figli ( lTs 2,7. 1 1 ; 2Cor 12,14 ) . È degno di nota il fatto che nel contesto in cui Paolo si presenta come «padre» dei suoi cristiani , vi contrappone il ruolo del paidag6gòs: «potreste avere anche mille pedagoghi in Cristo , ma non certo molti padri , perché sono io che vi ho generati in Cristo Gesù , me­ diante il vangelo» ( lCor 4,15 ) . Egli perciò esorta i cristiani di Corin­ to, «come figli carissimi» , a farsi suoi imitatori ( lCor 4,16 ) . Più avanti nella stessa lettera egli giustifica questa esortazione, richia­ mando il motivo ultimo e fondante dell'imitazione : «Fatevi miei imi­ tatori , come io lo sono di Cristo» ( 1Cor 1 1 , 1 ) . Questo modello del­ l'imitazione si trova nella prima Lettera ai Tessalonicesi e viene ri­ preso anche nella seconda ( lTs 1 ,7 ; 2 , 14; 2Ts 3 ,7.9 ) . Ma in tutti que­ sti casi di «imitazione» Paolo fa leva sul suo ruolo di apostolo , pro­ clamatore del vangelo di Dio , e sul rapporto di fede che i credenti hanno con il Signore Gesù Cristo . In altri termini Paolo nei rapporti con i suoi collaboratori e con le comunità cristiane tende a sostituire al modello «maestro-disce­ polo», quello di «fratello» e «padre-figlio». A sua volta questo rap18

porto trova la sua ragione ultima nel suo ruolo di «apostolo di Gesù Cristo» , incaricato di proclamare il vangelo di Dio . Nel servizio allo stesso vangelo matura il legame reciproco dei vari collaboratori pao­ lini . E nell'accoglienza di questo annuncio di salvezza da parte dei credenti si radica la loro relazione con Paolo .

c) Il modello della «tradizione» in Paolo Paolo nell'intestazione delle sue lettere si presenta con il titolo di «apostolo» di Cristo Gesù . Delle 80 ricorrenze neotestamentarie del vocabolo apòstolos, 34 si trovano nell'epistolario paolino . Paolo si colloca nel gruppo degli «apostoli di Cristo» , come suo delegato e ambasciatore (lTs 2,7; 2Cor 5 ,20) . Questo gruppo è distinto sia dai «dodici» , riconosciuti come «apostoli» e che fanno capo a Cefa, sia dagli «apostoli», inviati delle chiese (Fil 2,25 ; 2Cor 8,23) . Egli riven­ dica a buon diritto il titolo e ruolo autorevole di «apostolo» perché è stato direttamente incaricato dal Signore come i dodici (lCor 9 , 1 .2; 2Cor 1 5 ,7-9 ; Gal l , l5-17; 2,7-9) . La stessa identità e ruolo traspaio­ no nelle altre autodesignazioni , in cui Paolo fa leva sul rapporto di radicale dipendenza , fiducia e impegno formulato con il lessico e il modello del «Servizio» : «servo , doùlos , di Cristo o di Dio» (Rm l , l ; Gal 1 , 10; Fil 1 , 1 ) , «servitore, diàkonos, di Cristo o di Dio>> (lCor 3,5 ; 2Cor 3,6; 6,4; 1 1 ,23) . Su questo rapporto singolare con Cristo per l'annuncio del vangelo si fonda il diritto o l'autorità, exousìa , di Paolo a vivere secondo lo statuto dell'apostolo e a guidare le sue co­ munità cristiane ( l Cor 9 ,4-6 . 12- 1 8 ; 2Cor 10,8; 13,10) . Sulla base di questo statuto autorevole di «apostolo» Paolo an­ nuncia il vangelo di Dio o di Cristo. Egli ha coscienza di essere stato scelto e chiamato come i profeti biblici dalla libera e gratuita iniziati­ va di Dio . Perciò quello che Paolo proclama come «lieto annuncio» , euaggèlion , è i l «vangelo d i Cristo» ( 1 1 volte) , «il vangelo d i Dio» (7 volte) . Ma egli lo può chiamare anche «il mio vangelo» (5 volte) , perché è stato incaricato di proclamarlo come potenza di Dio per salvezza di tutti quelli che credono senza distinzione tra ebrei e pa­ gani (Rm 1 , 16). È impressionante la frequenza e l'intensità del lessi­ co paolino relativo all'annuncio autorevole del «vangelo»: 60 volte il termine euaggèlion , su 76 del NT; 21 volte il verbo euaggelìzesthai su 54 del NT; 18 volte il verbo keryssein , «proclamare» , su 61 del NT; 7 volte il verbo kataggèllein , «annunciare» , su 18 del NT; 53 volte su 19

109 il verbo parakalèin , «esortare»; 8 volte su 76 il verbo martyrèin , «testimoniare» ; due volte su quattro del NT, il verbo paramythèin , «incoraggiare». Nel contesto dell'annuncio autorevole del vangelo Paolo fa ri­ corso alla terminologia e al modello della «tradizione» . Delle 15 ri­ correnze paoline del verbo paradidònai, «trasmettere», quattro ri­ guardano la trasmissione autorevole del vangelo , della dottrina o delle norme di vita cristiana (Rm 6 , 1 7 ; lCor 1 1 ,2.23 ; 15 ,3) . Nei testi di lCor 1 1 ,23 e 1 5 ,3 la coppia verbale paralambàneinlparadidònai, indica l'intero processo della «tradizione» nei suoi due aspetti del «ricevere/trasmettere» . È da rilevare il fatto che Paolo quando indi­ ca la fonte della «tradizione» non parla di un'autorità umana, ma del «Signore» (l Cor 1 1 ,23 ; 7, 10) . In l Cor 1 1 ,23 si tratta della «tradizio­ ne» liturgica della «Cena del Signore» ; in lCor 15 ,3 dell'annuncio evangelico , sul quale si fonda la fede salvifica della comunità di Co­ rinto . Ma Paolo designa come paràdosis , che deve essere «accolta» , anche l e disposizioni morali o l e norme disciplinari consegnate alla comunità assieme all'annuncio fondante del vangelo (lCor 1 1 ,2; Gal 1 ,9; Fil 4,9; lTs 2,13 ; 4, 1 ; cf. 2Ts 3 ,6) . Nel gruppo delle lettere pastorali si accentua il ruolo della «tra­ dizione» paolina . Il destinatario delle due lettere Timoteo è esortato a «custodire» il «deposito» , paratheké, che gli è stato affidato dal­ l'apostolo (lTm 6 ,20 ; 2Tm 1 , 12. 14) . A sua volta egli lo deve tra­ smettere a persone fidate , che a loro volta siano in grado di ammae­ strare anche gli altri (2Tm 2,2) . In questi ultimi testi Paolo è consi­ derato come l'unica fonte e il garante della «tradizione» sicura e au­ torevole. Questa insistenza sul «deposito» paolino da conservare e trasmettere si comprende sullo sfondo della crisi alla quale è esposta la «sana dottrina>> a causa dei falsi maestri della legge (lTm 1 ,7) . Con il termine didaskalìa, qualificata una volta dall'aggettivo kale , «buona dottrina» (lTm 4,6) e quattro volte da hygiàinousé, «sana dottrina» (lTm 1 , 10; 2Tm 4,3; Tt 1 ,9 ; 2 , 1 ) , si presenta nei tre scritti pastorali l'insegnamento tradizionale cristiano . La terminologia delle tre lettere pastorali conferma , se ce ne fos­ se bisogno, che il modello della «scuola» o dell'insegnamento. è �u­ bordinato a quello della «tradizione» , predominante nell'epistolario paolino . Pertanto non solo è legittimo , ma storicamente più corretto e appropriato parlare di «tradizione paolina» , piuttosto che di «scuola». 20

2. l COLLABORATORI DI PAOLO

Per avere un quadro più completo e preciso di quella che si chia­ ma la «tradizione di Paolo» è utile ricostruire , sulla base dell'episto­ lario dell'apostolo e degli Atti degli apostoli , la rete dei suoi collabo­ ratori diretti o indiretti. Sono complessivamente un'ottantina i nomi dei personaggi menzionati nelle lettere di Paolo ( 65) e negli Atti de­ gli apostoli (13) , i quali fanno parte del gruppo dei suoi collaboratori o si collocano nella cerchia della sua azione missionaria e pastorale . Di alcuni si conosce solo il nome . Qualche volta Paolo nelle sue let­ tere li chiama «fratelli» , oppure con un termine più specifico che mette in risalto il loro impegno missionario e pastorale : koinonòs , «compagno» ; synergòs , «collaboratore» ; syndoùlos , «conservo» nel Signore (Col 4,7) . Paolo fa ricorso anche ad alcuni termini che sotto­ lineano la condivisione delle prove e delle sofferenze affrontate per il vangelo : systrati6tes, «compagno di lotta» (Fil 2,25 ; Fm 2) ; sy­ naichmàlotos , «comprigioniero» (Rm 16,7; Col 4 , 10 ; Fm 23) . Uno dei primi collaboratori di Paolo è Barnaba, un levita origi­ nario di Cipro , che condivide il suo stile di vita e la sua metodologia missionaria, almeno fino alla controversia di Antiochia (1Cor 9,6; Gal 2 , 1 . 9 . 1 3 ; cf. Col 4,10) . Secondo l'autore degli Atti degli apostoli è Barnaba che a Gerusalemme presenta Paolo , appena «converti­ to» , al gruppo dei dodici apostoli e, dopo il suo ritiro nella Cilicia, lo va a cercare per lavorare insieme nella giovane comunità cristiana di Antiochia (At 9,27 ; 1 1 ,25) . Assieme a Giovanni Marco , noto nella tradizione paolina come suo cugino , Barnaba e Paolo costituiscono la prima équipe che parte in missione nelle città dell'isola di Cipro e nell'Anatolia meridionale (At 13 ,2-3 . 5 ) . La loro separazione , secon­ do l'autore degli Atti degli apostoli , avviene a causa della defezione di Marco , che lascia la comitiva missionaria dopo Cipro , a Perge stil­ la costa anatolica . Paolo contro il parere di Barnaba non vuole sa­ perne di prendere Marco come aiutante nella nuova missione dopo il concilio di Gerusalemme (At 1 3 , 1 3 ; 15 ,36-39) . Un altro collaboratore , con il quale Paolo ha dei problemi , è Apollo , «nativo di Alessandria» , secondo la testimonianza degli Atti degli apostoli , «uomo colto e versato nelle scritture» (At 18, 14) . Paolo ne parla nella prima Lettera ai Corinzi nel contesto della divi­ sione in gruppi che si richiamano ai vari predicatori, catechisti o au­ torità spirituali (1Cor 1 , 12; 3 ,4.5-6.22; 4,6; cf. 16,12) . Questo perso­ naggio viene menzionato assieme a un esperto di diritto , Zena, tra i collaboratori itineranti di Paolo anche nella lettera a Tito 3 , 1 3 . 21

Un posto particolare nella cerchia dei collaboratori paolini meri­ ta la coppia Aquila e Prisca (o Priscilla secondo il testo degli Atti de­ gli apostoli) . Paolo, a Corinto , trova lavoro e ospitalità presso que­ sta coppia cristiana . Aquila è un giudeo-cristiano originario delPon­ to, residente a Roma , che è costretto ad abbandonare la città assie­ me alla moglie in seguito all'editto di Claudio probabilmente verso il 49 d . C . (At 18,2) . Essi da Corinto accompagnano Paolo a Efeso , do­ ve si fermano e hanno occasione di incontrare Apollo (At 18,18.26) . Paolo nella prima Lettera ai Corinzi , scritta da Efeso, invia i saluti a nome della coppia cristiana e della comunità che essi accolgono nel­ la propria casa ( 1 Cor 16,19) . Con un elogio per il loro coraggio e im­ pegno missionario li ricorda nei saluti della Lettera ai Romani (Rm 16 ,3) . Anche la seconda Lettera a Timoteo presenta Prisca e Aquila tra le persone che l'apostolo manda a salutare (2Tm 4 , 19) . Nella lunga lista di saluti , che chiude l'attuale lettera ai Romani, sono menzionati 35 nomi di persone. Paolo dopo avere raccomanda­ ta la «sorella» Febe , diaconessa del porto di Cenere , manda a saluta­ re 29 persone , singoli, famiglie o gruppi , di cui 20 uomini e 9 donne (Rm 16,1-16) . Alla fine si presenta e invia i saluti anche l'équipe che soggiorna a Corinto assieme a Paolo nella casa di Gaio: in tutto altre otto persone (Rm 16,21-23) . In testa a quest'ultimo gruppo Paolo colloca Timoteo , che è menzionato complessivamente 18 volte nel­ l'epistolario paolino e 6 volte negli Atti degli apostoli. Paolo lo pre­ senta come il suo «figlio amato e fedele nel Signore» ( 1 Cor 4,17; Fil 2,19) ; come «fratello» e «servo di Cristo Gesù» (2Cor 1 , 1 . 19 ; Fil 1 , 1 ; 1Ts 3 ,2) ; come «collaboratore di Dio nel vangelo di Cristo», syner­ gòs (1Ts 3 ,2) ; come «mio collaboratore» (Rm 16,2 1 ) . Paolo gli vuole bene e lo stima per il suo schietto e generoso impegno nel servizio del vangelo (Fil 2, 19-22) . Quando lo invia a Corinto come suo dele­ gato si preoccupa che venga accolto con la cordialità e il rispetto do­ vuti a chi lavora per l'opera del Signore (1Cor 16,10- 1 1 ) . Questa immagine di Timoteo , «il fratello» (cristiano) , «il figlio genuino» o «amato» di Paolo , si prolunga nell'intestazione della Lettera ai Colossesi e nelle due lettere pastorali , indirizzate a questo discepolo e collaboratore paolino . La tradizione consegnata in que­ sti scritti integra le informazioni che sulla sua origine e formazione si ricavano dagli Atti degli apostoli . Timoteo è un cristiano molto sti­ mato della comunità di Listra , fondata da Paolo nel primo viaggio in Anatolia. Egli appartiene a una famiglia credente , anche se è figlio di un matrimonio misto. La mamma è di origine ebraica, mentre il padre proviene dal paganesimo (At 16, 1-3) . Dalla nonna Loide e 22

poi da sua madre Eunice egli ha ricevuto una formazione biblica e cristiana in casa fin da giovane (2Tm 1 , 5 ; 3 , 14-15) . Alla pari di Timoteo , ma con un altro temperamento e ruolo , è il «fratello» Tito , conosciuto solo attraverso l'epistolario paolino, do­ ve è menzionato 13 volte . Secondo la testimonianza della Lettera ai Galati egli, assieme a Paolo e Barnaba , fa parte del gruppo di mis­ sionari itineranti che si recano a Gerusalemme per discutere della metodologia da seguire nel caso dei pagani convertiti (Gal 2 , 1 ) . Pao­ lo ci tiene a dire che Tito , pur essendo di origine pagana, non è stato costretto a farsi circoncidere per entrare a pieno titolo nella comuni­ tà cristiana. Questo è una conferma della libertà e verità del vangelo che egli propone tra i pagani (Gal 2 ,3-5 ) . Tito svolge un ruolo decisi­ vo per risolvere la crisi nei rapporti tra Paolo e la comunità corinzia (2Cor 2 , 1 3 ; 7 ,6-14) . Egli inoltre è presentato da Paolo stesso come suo «compagno» e «collaboratore» , che ha la stima e la fiducia delle comunità dell'Acaia, incaricato di condurre a termine l'organizza­ zione della raccolta di fondi per le chiese povere della Giudea (2Cor 8,6. 16.23) . A Tito è indirizzata una delle tre lettere pastorali (Tt 1 , 1 ) . A questo discepolo , presentato come «mio vero figlio nella fe­ de comune>> , Paolo affida l'incarico di organizzare la chiesa nell'iso­ la di Creta (Tt 1 ,4-5) . Secondo la testimonianza della seconda Lette­ ra a Timoteo , che evoca la situazione di Paolo prima della sua con­ danna a morte , Tito è partito per la Dalmazia (2Tm 4 , 10) . Altri collaboratori di Paolo compaiono nel suo epistolario con o senza riscontro negli Atti degli apostoli . Tra questi va segnalato Sil­ vano, forma latinizzata del nome ebraico-aramaico Shaùl/Sila, che Paolo menziona assieme a Timoteo tra i missionari fondatori della comunità cristiana di Corinto (2Cor 1 , 19) . Egli compare ancora as­ sieme a Timoteo tra i co-mittenti della prima Lettera ai Tessalonice­ si (1Ts 1 , 1 ; cf. 2Ts 1 , 1 ) . Secondo la testimonianza degli Atti degli apostoli Sila è un «profeta>> e cristiano stimato della comunità di Ge­ rusalemme . Egli è inviato assieme a Giuda Barsabba ad Antiochia di Siria per consegnare e spiegare le decisioni del primo concilio ge­ rosolimitano circa lo statuto ecclesiale dei pagani convertiti al cri­ stianesimo (At 15 ,22.32) . Ad Antiochia Paolo , dopo il dissenso con Barnaba , lo sceglie come compagno nella missione che lo porta in Macedonia e Acaia. Èpafra è conosciuto solo tramite l'epistolario paolino . Paolo lo menziona come primo tra quelli che inviano saluti a Filemone , assie­ me a «Marco , Aristarco , Dema e Luca, miei collaboratori» e lo pre­ senta come «mio compagno di prigionia per Cristo Gesù», (Fm 23) . 23

Secondo la Lettera ai Colossesi Èpafra è l'evangelizzatore e respon­ sabile delle chiese della valle del Lico , a Colossi, Laodicea e Gera­ poli . L'autore della lettera, che scrive a nome di Paolo , lo chiama: «nostro caro compagno nel ministero» e «fedele ministro di Cristo>> ; «servo di Cristo Gesù» ( Col 1 ,7 ; 4, 12- 13 ) . Allo stesso ambiente ap­ partiene Tichico, che nella stessa Lettera ai Colossesi è presentato in modo elogiativo : «il caro fratello Tichico e ministro fedele , mio compagno nel servizio del Signore». Egli è inviato insieme a Onesi­ mo , «il fedele e caro fratello» ( Col 4,7.9) . Con accenti quasi uguali lo menziona l'autore della Lettera agli Efesini ( Ef 6,21 ) . Il suo nome ricorre anche nelle lettere pastorali tra i personaggi che gravitano nell'orbita di Paolo e negli Atti degli apostoli (2Tm 4,12; Tt 3 , 12; At 20,4 ) .

3. l CENTRI E AMBIENTI DELLA TRADIZIONE PAOLINA Per conoscere la «tradizione di Paolo», oltre a ricostruire la rete dei suoi discepoli , collaboratori e delegati, è opportuno tenere pre­ sente anche i centri e gli ambienti vitali, in cui si conserva la memo­ ria della sua personalità e viene mantenuto vivo il patrimonio spiri­ tuale dell'apostolo . La fonte per fare questa ricostruzione della geo­ grafia storica e spirituale di Paolo è costituita ancora dal suo episto­ lario , integrato con i dati forniti dagli Atti degli apostoli . Sulla base dell'origine e della destinazione delle lettere di Paolo si ha una mappa delle località in cui si concentra la «tradizione» pao­ lina : Corinto in Acaia, Efeso in Asia, Filippi e Tessalonica in Mace­ donia . Queste ultime due località rappresentano il punto di transi­ zione negli spostamenti di Paolo verso Corinto e Efeso , dove egli or­ ganizza la sua azione missionaria e invia le lettere alle diverse comu­ nità cristiane . Un quadro complessivo della comunicazione epistola­ re di Paolo , sulla base del corpus delle lettere conservate sotto il suo nome , conferma la concentrazione della sua attività nelle due città di Corinto ed Efeso , capoluoghi delle rispettive province dell'im­ pero romano conosciute come Acaia e Asia: Località di partenza

Corinto (Acaia) Efeso (Asia) Efeso (carcere) Efeso (carcere) 24

(l) (2) (3) (4)

Ordine cronologico

Destinazione-lettere

lTs 3,1.6 1Cor 16,5-7 Fil 1 ,7.13-14 Fm 23-25

Tessalonica (Ts 1 ,1) Corinto (1Cor 1 ,2) Filippi (Fil 1 , 1 ) Colossi (Fm 1-2)

Macedonia (Tess/Fil.) Macedonia > , in Harv TR 66 ( 1973 ) , 1-4 1 ; E. FERGUSON, «Canon Muratori . Date and Pro­ venance>> , in StPatristica 18 ( 1982 ) , 677-683 ; G . M . HAHNEMAN , The Muratorian Frag­ ments and the Development of the Canon, Oxford 1992 .

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le assemblee liturgiche. La sezione relativa alle lettere di Paolo , che segue immediatamente quella sugli Atti degli apostoli , dice così : «Passando poi alle lettere paoline , sono esse stesse che mostrano chiaramente , a chi vuole capire , il luogo da cui sono state inviate e il motivo per cui sono state scritte . Tra le lettere di una certa lunghez­ za, Paolo ha scritto prima di tutto ai Corinzi , vietando le divisioni in partiti , poi ai Galati, proibendo la circoncisione , e ancora più diffu­ samente ai Romani , per inculcare in loro l'unità e l'ordine delle Scritture , che hanno in Cristo il loro principio unitario . Su questi particolari non è necessario che ci dilunghiamo oltre , anche perché lo stesso beato Paolo , seguendo lo schema del suo predecessore Giovanni , scrive a sette chiese , ma solo nominalmente. Egli segue quest'ordine di composizione : la prima ai Corinzi , la seconda agli Efesini , la terza ai Filippesi, la quarta ai Colossesi , la quinta ai Gala­ ti, la sesta ai Tessalonicesi, la settima ai Romani. In verità, al fine di correggere , è stata scritta un'altra ai Corinzi e ai Tessalonicesi. Co­ munque al di là di questa varietà di nomi , si riconosce l'unica chiesa sparsa su tutta la terra ; anche Giovanni infatti nell'Apocalisse , pur scrivendo a sette chiese, intende parlare a tutti . Ci sono poi una let­ tera a Filemone , una a Tito e due a Timoteo , scritte per l'affetto e per l'amore , e tuttavia ispirate dall'onore della chiesa cattolica e dal­ l'ordinamento della disciplina ecclesiastica. Ci sono in circolazione anche una lettera ai Laodicesi e un'altra agli Alessandrini , scritte falsamente a nome di Paolo per sostenere l'eresia di Marcione , e molti altri scritti che non possono essere accolti nella chiesa cattoli­ ca: il miele infatti non deve essere mischiato con l'aceto» .2 Per l'autore del «frammento Muratori» , che riflette la posizione della chiesa di Roma, il corpus paolino alla fine del II secolo com­ prende 13 lettere : le nove lèttere (7+2) alle chiese , le tre lettere pa­ storali e la lettera a Filemone ; manca solo la Lettera agli Ebrei. È in­ teressante notare anche l'ordine di composizione : esso inizia con la prima Lettera ai Corinzi e finisce con la Lettera ai Romani . In que­ sto elenco dei libri «accolti nella chiesa cattolica» si avverte anche la preoccupazione di mettere in guardia contro gli scritti paolini «pseu­ depigrafici», sorti a sostegno dell'eresia marcionita. L'accenno a Marcione può essere un indizio per collocare il «canone muratoria­ no» nel contesto dello scontro della chiesa di Roma con il fondatore

2 Fragmentum muratorianum , in Enchiridion Biblicum. Documenti della Chiesa sulla sacra Scrittura , Bologna 1993 , 4-5 .

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del movimento dissidente , che si serve di un proprio canone cristia­ no , dove , accanto all'euaggélion ( Luca ) , sono elencate dieci lettere dell'apòstolos, con l'esclusione delle tre pastorali. È probabile che il canone di Marcione, che opera a Roma dal 139 al 144, abbia avuta la funzione di catalizzatore per la preparazione del «canone» cattolico della chiesa di Roma.

a) La raccolta delle lettere di Paolo Prima del «canone muratoriano» le lettere di Paolo sono cono­ sciute e citate dai primi scrittori cristiani sulla base di copie conser­ vate nelle diverse comunità cristiane locali . La prima menzione di un nucleo del corpus epistolare paolina si ha, all'inizio del II secolo , nella seconda Lettera di Pietro . L'autore rimanda all'autorità di Paolo e delle sue lettere , addotte e utilizzate da alcuni «dissidenti» di matrice gnostica per sostenere le proprie posizioni libertine . Nel contesto della «c:isi» , provocat:! dal ritardo della parousìa del Signore , l'autore della lettera invita i suoi lettori a conservare la tradizione del Signore trasmessa dagli «apostoli» (2Pt 3 , 1-2 ) . In questa prospettiva il ritardo del giorno del Signore è un'occasione offerta dalla sua «magnanimità» per favorire la conver­ sione e la salvezza dei credenti : «La magnanimità del Signore nostro giudicatela come salvezza, come anche il nostro carissimo fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data ; così egli fa in tutte le lettere , in cui tratta di queste cose . In esse ci sono alcune cose difficili da compren­ dere e gli ignoranti e gli instabili le travisano, al pari delle altre Scrit­ ture , per la loro propria rovina» (2Pt 3, 15-16 ) . L'autore , che scrive a nome e con l'autorità di Simon Pietro , «servo e apostolo di Gesù Cristo» , chiama Paolo «il nostro carissimo fratello» . Egli dunque condivide la stessa autorità apostolica di Pie­ tro . Inoltre in quello che Paolo scrive si riflette la «sapienza» , che è dono di Dio . In altre parole Paolo e i suoi scritti fanno parte della tradizione autorevole degli apostoli . Perciò le sue lettere non posso­ no essere stravolte per giustificare la linea dei dissidenti. Infatti le sue lettere , come le «altre Scritture» ispirate da Dio , non devono es­ sere interpretate in modo privato e arbitrario ( 2Pt 1 ,20-21 ) . Da questo testo della seconda Lettera di Pietro risulta che Paolo non solo gode dell'autorità apostolica , ma che le sue lettere fanno parte delle «scritture» riconosciute come veicolo della tradizione di fede . Questa immagine di Paolo «apostolo» e «scrittore» autorevole 34

ha le sue radici nello stesso epistolario paolino . Alcuni accenni pre­ senti nelle due lettere superstiti indirizzate alla chiesa di Corinto e dell' Acaia inducono a pensare che Paolo abbia inviato almeno altre due lettere , che sarebbero andate perdute ( l Cor 5 ,9 ; 2Cor 2,3-4 ; 7 ,8. 12) . Egli si richiama a queste lettere come a documenti norma­ tivi per i cristiani di quella chiesa. Una conferma dell'autorevolezza e del ruolo delle lettere di Paolo si ricava anche dall'invito conclu­ sivo della prima Lettera ai Tessalonicesi : «Che questa lettera si legga a tutti fratelli» (lTs 5 ,27b) . Nella Lettera ai Colossesi si racco­ manda lo scambio delle lettere dell'apostolo : i colossesi devono pas­ sare a quelli di Laodicea la loro lettera, mentre essi devono leggere quella inviata ai laodicesi (Col 4,16) . Nel caso della lettera ai laodi­ cesi si tratta di una delle lettere che circolano sotto il nome di Paolo nell'ambiente dell'Asia. Dunque è probabile che le lettere di Paolo , già a partire dal tempo della sua attività missionaria e pastorale , siano state conservate e fatte conoscere nella cerchia delle comunità paoline . A questo ruolo autorevole di Paolo «apostolo» e ((scrittore» nel corso del tempo si aggiunge l'immagine di «martire» per il vangelo . Paolo stesso nella lettera alla chiesa di Filippi fa conoscere il suo mo­ do di affrontare il rischio della morte violenta. Egli è convinto di es­ sere in catene per il vangelo o per Cristo , e interpreta la morte come ultima testimonianza resa al Signore e atto sacrificate a coronamen­ to della fede dei filippesi (Fil 1 ,7 . 13-14.20; 2,17; cf. 2Cor 4,7-12) . Nella Lettera ai Colossesi la figura ideale di Paolo è quella dell'apo­ stolo in catene che «lotta» per il servizio del vangelo (Col l ,2324.29 ; 2, 1 ; 4,3-4) . E nella Lettera agli Efesini l'immagine di Paolo «prigioniero di Cristo» è associata a quella dell'apostolo scelto da Dio per far conoscere il suo mistero . Egli prolunga questo ministero apostolico mediante la sua lettera (Ef 3 , 1-4) . Nell'ambiente delle lettere pastorali questo ruolo di Paolo apostolo-scrittore , che guida la «chiesa di Dio» mediante l'invio delle sue lettere , è saldamente ri­ conosciuto e accolto (lTm 3, 14-15) . Per l'autore della seconda Lettera ai Tessalonicesi l'autorità di Paolo apostolo e scrittore è ormai così consolidata e sicura che alcu­ ni si servono di lettere pseudopaoline per proporre e confermare la propria visione circa il tempo della venuta del giorno del Signore : «Ora vi preghiamo , fratelli . . . di non !asciarvi facilmente confondere e turbare né da pretese ispirazioni , né da parole , né da qualche lette­ ra fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia im­ minente» (2Ts 2,2) . Per confermare la legittimità del suo richiamo al 35

nome e all'autorità di Paolo il nostro autore riporta alla fine della lettera la formula paolina: «Questo saluto è di mia mano , di Paolo ; ciò serve come segno di autenticazione per ogni lettera; io scrivo co­ sì» ( lTs 3 , 17) . Questa frase della seconda Lettera ai Tessalonicesi è una combinazione delle espressioni paoline che si trovano in l Cor 16,21 e Gal 6 , 1 1 . Sulla base degli elementi desunti dall'epistolario paolino sono state fatte alcune ipotesi circa la formazione delle prime raccolte delle lettere dell'apostolo .3 Due sono gli ambienti che si contendono questo ruolo di «archivio epistolare« paolino: Corinto e Efeso . Se­ condo Edgar J. Goodspeed la raccolta e l'edizione delle lettere di Paolo sarebbe avvenuta a Efeso , verso la fine del I secolo (95). L'at­ tuale Lettera agli Efesini sarebbe stata pensata e composta da un di­ scepolo dell'apostolo come introduzione generale all'epistolario di Paolo .4 Invece W alter Schmithals propende per l'ambiente di Corin­ to , dove le sette lettere di Paolo , come sono elencate nel «canone muratoriano» , sarebbero state raccolte e sottoposte a un processo redazionale in funzione antignostica.5 Hans Martin Schenke pensa a un lavoro redazionale relativo alle lettere presenti nelle singole co­ munità paoline. Così nei due centri di Efeso e Corinto si sarebbe co­ stituita dapprima la raccolta delle sei lettere autentiche di Paolo : lCor, (2Cor) , Gal , Fil , lTs , Rm . Da questo primo corpus epistolare paolino dipenderebbe il gruppo delle lettere deuteropaoline: (Fm), Col , Ef, 2Ts, lPt, 1-2Tm , Tt . 6

3 D . TROBISCH , Die Entstehung der Paulusbriefsammlung (NT Orbis Antiquus 10) , Gottingen - Freiburg 1989, fa l'ipotesi che il nucleo del corpus epistolare paolino si sia costituito per iniziativa dello stesso Paolo. 4 E.J. GoooSPEEO, The Meaning of Ephesians, Chicago 1933 ; In. , The Key to Ephesians, Chicago 1 956; In. , «Ephesians and the First Edition of Pau!», in JBL 70 (195 1 ) , 285-291 ; Goodspeed ritiene che l'autore di Efesini, concepita come introdu­ zione redazionale all'epistolario paolino , sia Onèsimo, divenuto vescovo di Efeso (cf. EUSEB IO, HE III,36.5). s W. ScHMITHALS , «The Corpus paulinum and Gnosis», in A.H.B. l..oG A N A.J .M. WEonERBURN , a cura di, The New Testament and Gnosis. In honour of R. Mc. L. WilS'On, Edinburgh 1988, 107- 124; Io. , Zur Abfassung und iiltesten Sammlung der paulinischen Hauptbriefe. Paulus und die Gnostiker (ThF 35) , Hamburg - Bergstedt 1965 , 175-200; questa ipotesi di una raccolta di sette lettere paoline a Corinto , che ini­ zia con 1Cor e termina con la dossologia di Rm 16,25-27, è condivisa da A. VoN HAR­ NACK, Die Briefsammlung des Apostels Paulus und die anderen vorkostantinischen christlichen Briefsammlungen , Leipzig 1926. 6 H.M. ScHENKE, «Das Weiterwirken des Paulus und die Pflege seines Erbes durch die Paulusschule» , in Io. , Ein/eitung in die Schriften des Neuen Testaments , 233-246; cf. NTS 21(1975), 505-518; cf. K. ALANO , «Die Entstehung des Corpus Pau­ linum», in lo. , Neutestamentliche Entwilrfe, Miinchen 1979, 302-350.

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b) La recezwne delle lettere di Paolo nel II secolo Secondo Adolf von Harnack la fortuna che hanno avuto gli scrit­ ti di Paolo negli ambienti gnostici e marcioniti avrebbe provocato la diffidenza della «grande chiesa>> del secondo secolo nei confronti dell'apostolo . 7 Questa tesi va corretta tenendo conto dell'uso che fanno delle lettere paoline i primi scrittori cristiani . Alla fine del I secolo la Lettera alla chiesa di Corinto di Clemente romano attesta il prestigio di Paolo come «apostolo e martire>> . Egli lo presenta assie­ me a Pietro come figura esemplare di coraggiosa e salda perseveran­ za nelle prove : «Per invidia e per gelosia lottarono le più grandi e giuste colon­ ne, furono perseguitate e lottarono fino alla morte . Prendiamo i buoni apostoli . . . Di fronte all'invidia e alla discordia Paolo mostrò il premio della costanza . Per sette volte portando le catene , esiliato , lapidato , fattosi araldo nell'oriente e nell'occidente, ebbe la nobile fama della fede. Dopo aver predicato la giustizia a tutto il mondo , gi unto al confine dell'occidente e resa testimonianza davanti alle au­ torità, lasciò il mondo e raggiunse il luogo santo , divenendo il più grande modello di costanza» (l Cor. V, 1-7 ) . Alcuni termini ed espressioni di questo ritratto di Paolo - «co­ lonne» , «araldo» , «premio della costanza» - rimandano a testi delle sue lettere . L'autore richiama in modo esplicito il testo di 1Cor 1 , 1012 ( 3,4) contro il rischio delle divisioni nella chiesa (J Cor. 47 , 1 -4 ) . In termini più generali Paolo è annoverato tra gli «apostoli» , predi­ catori del vangelo e garanti della tradizione autorevole nell'organiz­ zazione della chiesa (J Cor. 42, 1 -15 ) . Sotto questo profilo l'immagi­ ne di Paolo è affine a quella che emerge dalle lettere pastorali . Ma si possono individuare nella prima lettera di Clemente ai corinzi altre allusioni e riferimenti all'intero corpus paolino . In particolare si ri­ scontrano concordanze letterarie e tematiche con le lettere autenti­ che di Paolo , soprattutto con la prima Lettera ai Corinzi e con la

7 A. VoN HARNACK , Marcion. Das Evangelium vom fremden Gott. Eine Mono­ graphie zur Geschichte der Grundlegungs der Katholischen Kirche (TU 54 ) , Leipzig 1924 ; W. BAUER, Rechtgliiubigkeit und Ketzerer im iiltesten Christentum , Tiibingen 1934 ; U . B . MOLLER , Zur fruhchristlichen Theologiegeschichte. Judenchristentum und Paulinismus in Kleinasien an der Wande der ersten zum zweiten Jahrhundert n. Chr. , Giitersloh 1976; A. LINDEMANN , Paulus im iiltesten Christentum. Das Bi/d des Apo­ stels und die Rezeption der paulinischen Theologie in der Fruhchristlichen Literatur bis Marcion (BHTh 58) , Tiibingen 1979; E. DASSMANN, Der Stachel im Fleisch. Paulus im der fruhchristlichen Literatur bis Ireniius, Miinster 1979.

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Lettera ai Romani . Si può concludere che alla fine del primo secolo nelle chiese di Corinto e di Roma il ruolo autorevole di Paolo apo­ stolo , attestato dalle sue lettere, è ben conosciuto e accolto . Una seconda testimonianza di rilievo a favore della figura e del ruolo di Paolo si trova nell'epistolario di Ignazio di Antiochia della prima decade del II secolo . Risalta in modo vistoso ancora l'immagi­ ne tradizionale di Paolo «apostolo e martire». Scrivendo agli efesini Ignazio dice che di essi l'apostolo si ricorda in un'intera lettera : essi sono «gli iniziati di Paolo che si è santificato , ha reso testimonianza ed è degno di essere chiamato beato , axiomakàristos» ( Eph. 12,1-2) . L'autore , che è condotto al martirio, chiede di poter seguire le orme di Paolo . Questa immagine idealizzata dell'apostolo ricorre anche nella lettera di Ignazio ai romani, dove Paolo è associato a Pietro nella dignità apostolica ( Rom. 4,3 ) . Ignazio conosce l'esistenza di un corpus di lettere di Paolo . Anche se non fa citazioni esplicite dall'e­ pistolario paolino , ne utilizza termini ed espressioni , conosce alcune tematiche e le rilegge nella sua prospettiva teocentrica . Contatti più diretti si rilevano con la prima e seconda Lettera ai Corinzi , con la Lettera ai Romani e agli Efesini . Nella stessa linea dell'epistolario ignaziano si colloca la seconda lettera di Policarpo di Smirne ai filippesi . Il «beato e glorioso Paolo» è conosciuto come il maestro autorevole , dotato di sapienza, fonda­ tore della comunità di Filippi, alla quale egli scrisse lettere , ègrapsen epistolàs, efficaci ancora per la crescita della fede (2Phil. 3 , 1 -2; cf. 2Phil. 1 1 ,3 ) . Paolo è associato agli apostoli , proposti come modelli di costanza , che hanno conseguita la meta della loro corsa e condivi­ so la passione di Cristo ( Phil. 9, 1-2 ) . Policarpo fa anche una citazio­ ne esplicita di 1Cor 6 ,2 e utilizza espressioni uguali o simili a quelle che si trovano nell'epistolario paolino . In ogni caso egli mostra di conoscere l'esistenza di una raccolta degli scritti di Paolo, che va dal­ le due lettere ai Corinzi , a quelle indirizzate ai Galati , agli Efesini e alle lettere pastorali . Lo stesso discorso vale per gli altri scritti del II secolo , che riflet­ tono la tradizione relativa a Paolo negli ambienti della chiesa del­ l' Asia e dell'Egitto . Nella Epistula Apostolorum , del II secolo , Paolo è riconosciuto come «apostolo» dei pagani , «strumento elet­ to» da Dio per il suo disegno di salvezza. Queste espressioni , come l'immagine di Paolo «discepolo degli apostoli>> , dipendono dalla tra­ dizione degli Atti degli apostoli . Anche la Lettera a Diogneto cita una volta esplicitamente il testo di 1Cor 8 , 1 , come parola autorevole dell' «apostolo» ( 12,5 ) . La lettera nel suo insieme assume l'antro­ pologia e la soteriologia paoline. 38

Anche negli scritti degli apologisti cristiani del II secolo - Ari­ stide , Giustino - si riscontrano , accanto a qualche rara citazione esplicita di testi paolini , solo delle allusioni o risonanze lessicali e te­ matiche delle lettere di Paolo . Si devono registrare anche alcune contestazioni dell'epistolario paolino . Esse si inseriscono nel clima conflittuale provocato da Marcione e dallo gnosticismo . Girolamo nel prologo del suo commento alla Lettera a Tito , dice che Taziano per le sue tendenze encratite avrebbe ripudiato alcune lettere di Paolo . 8 È ancora Girolamo che , nella lettera ad Algasia , alla sesta questione , formulata così : «Chi sarebbe quel fattore iniquo elogiato dalla bocca del Signore?» (Le 16, 1-6) , risponde riportando l'inter­ pretazione di Teofilo, vescovo di Antiochia nella seconda metà del II secolo . Nel suo commento ai Vangeli unificati Teofilo identifica quel fattore o amministratore con Paolo e vede nel racconto parabo­ lico , riletto in chiave allegorica, il passaggio di Paolo da persecutore ad apostolo di Cristo secondo la tradizione degli Atti degli apostoli .9 Del resto Teofilo nella sua unica opera superstite Tre libri ad Auto/i­ co , rimanda implicitamente ad alcuni testi delle lettere di Paolo . Ma accanto a questa presenza della «tradizione di Paolo» negli scrittori e testi del II secolo , va segnalato anche il «silenzio» di altri autori e documenti. Ignorano Paolo : la Didaché, la Lettera di Barna­ ba, il Pastore di Erma , Papia vescovo di Gerapoli , Egesippo . Alcune espressioni affini ai testi di Paolo nella Didaché e nel Pastore di Er­ ma si spiegano mediante la tradizione comune , alla quale attingono gli autori di questi scritti. Si tratta di testi e scrittori che si collocano nell'area della Siria (Anti0chia) , dell'Asia o di Roma. Come spie­ gare questo «silenzio» su Paolo? Non lo conoscono? Lo ignorano per ragioni polemiche? Riguardo a questo «silenzio>� sulla figura di Paolo e dei suoi scritti si possono fare queste ipotesi: a) in ulcuni casi si tratta di filo-giudeocristiani che rifiutano la tradizione paolina; b) sono autori che hanno delle riserve sulle lettere di Paolo , dato l'uso che ne fanno i gruppi di tendenze marcionite o gnostiche . La conferma di queste ipotesi è data da alcune informazioni for­ nite da Eusebio di Cesarea. Egli riporta la posizione di alcuni giu­ deocristiani estremisti, conosciuti come «Ebioniti» in questi termini : «Pensavano che si dovesse totalmente rifiutare le lettere di Paolo , che chiamavano traditore della legge , e si servivano solamente del

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GIROLAMO, In Epistulam ad Titum , Pro/. , PL XXV, 556. GIROLAMO, Epist. ad Algasiam, quaest. 1; Lettere, Roma 1963 , IV, 146-148. 39

vangelo detto "secondo gli Ebrei" , tenendo poco conto degli altri» (HE III ,24,4) . Analogamente degli «Encratiti» o «Severiani» , di cui sarebbe capo Taziano, Eusebio dice : «Costoro fanno uso della leg­ ge , dei profeti e dei Vangeli , pur interpretando in un modo loro par­ ticolare il senso delle sacre Scritture . Bestemmiano l'apostolo Pao­ lo , di cui respingono le lettere , e non accolgono neppure gli Atti de­ gli apostoli» (HE, IV,29,5) . Al termine di questa rassegna delle testimonianze dei primi scrit­ tori cristiani si ha questo quadro complessivo circa la recezione di Paolo alla fine del II secolo: a) la figura di Paolo , apostolo e martire e il corpus delle sue let­ tere sono riconosciuti e accolti bene nell'occidente latino (Roma) e nell'ambiente greco (Corinto , Efeso) ; b) scarsa o sporadica è la conoscenza di Paolo in Egitto (Ale�­ sandria) e in Siria (Antiochia) ; c) in alcuni casi si riscontra il silenzio o la censura relativamente a Paolo e ai suoi scritti .

c) Il canone paolina nel III e W secolo Tertulliano nella sua opera contro Marcione , della prima decade del III secolo , dà a Paolo l'appellativo di haereticorum apostolus , per l'uso e l'abuso che ne fanno i dissidenti (A dv. Mare. III ,5,4) . In­ fatti Paolo , secondo la testimonianza di Ireneo, è considerato da Marcione come l'unica fonte della verità, perché a lui è stato rivela­ to· il mistero di Dio (Adv. Haer. III , 1 3 , 1 ) . Marcione dunque fonda sulle lettere di Paolo la sua visione antitetica di Dio e della storia: al Dio malvagio dell'AT si contrappone il Padre benigno e misericor­ dioso del NT. Egli però esclude dal suo canone paolina le tre lettere pastorali , perché, secondo Tertulliano , suonano come condanna delle sue tendenze ereticali (A dv. Mare. V ,21) . Ancora prima della polemica antimarcionita di Tertulliano , Ire­ neo di Lione sottrae Paolo all'uso strumentale che ne fanno gli ereti­ ci e lo restituisce alla tradizione della chiesa . Nella sua opera Ad­ versus Haereses egli dimostra che Paolo è in perfetta sintonia non so­ lo con i profeti dell'A T, ma anche con la testimonianza dei Vangeli e degli altri apostoli . Così il vescovo di Lione fa superare le incertezze nei confronti dell'epistolario paolina da parte della grande chiesa e 40

con il principio dell'«apostolicità» dà avvio a quel processo che sfo­ cia nel riconoscimento concorde della canonicità concorde delle let­ tere di Paolo . 1 0 In questo processo si inserisce Clemente di Alessandria che con­ sidera Paolo divinamente ispirato , in quanto nell'apostolo «parla lo Spirito» . Egli è perciò un testimone infallibile e le sue lettere riflet­ tono un insegnamento in «sommo grado mistico e santo» . Nella chiesa di Alessandria si consolida la tradizione circa la «canonicità)) delle lettere di Paolo sul modello dei quattro Vangeli che sono «ca­ nonici)) per eccellenza. Origene colloca le 13 lettere di Paolo , assie­ me ai quattro Vangeli, nella prima classe dei «libri riconosciuti)) , di­ stinti da quelli «discussi») e da quelli chiamati falsi o ereticali. 1 1 Euse­ bio di Cesarea accoglie questa distinzione origeniana degli scritti in tre livelli e include , come Clemente Alessandrino , anche la «Lettera agli Ebreh) tra le lettere di Paolo . Quello che è interessante nella presentazione del canone paolino da parte di Eusebio di Cesarea, è il tentativo di definire i criteri di «Canonicità». Egli presenta un quadro complessivo degli scritti con­ cordemente riconosciuti e accolti dagli antichi presbiteri e scrittori . Dopo aver parlato degli scritti di Pietro , aggiunge : «Proprio di Paolo sono invece , in modo evidente e chiaro, le quattordici lettere . Non sarebbe però giusto ignorare che alcuni respingono quella agli Ebrei , dicendo che è contestata dalla chiesa di Roma, in quanto non scritta da Paolo)) (HE, III ,3,5) . Nel riepilogo degli scritti del Nuovo Testamento, dopo i quattro Vangeli e gli Atti degli apostoli , cita «le lettere di Paolo)) , assieme alla lettera di Giovanni e a quella di Pie­ tro , e conclude : «I suddetti vanno tra i libri riconosciuti autentici , homolegoùmena (HE III ,25 ,2-3) . Egli presenta anche la lista dei li­ bri «discussi)) , noti alla maggior parte degli autori ecclesiastici , ma separandoli dalle «scritture che secondo la tradizione ecclesiastica sono vere , autentiche e indiscusse)) , E conclude : «Avremo così mo­ do di distinguere questi stessi testi da quelli che sono presentati dagli eretici con il nome degli apostoli . . . che nessuno di coloro che si suc­ cedettero nell'ortodossia considerò mai degni di menzione in alcuna delle loro opere)> . A questo punto , oltre al criterio esterno della te-

10 P. NAUTIN , «lrenée et la canonicité des Épitres pauliniennes» , in RHR 182 (1972� , 1 1 3-130. 1 F. CoccHINI , Il Paolo di Origene. Contributo alla storia della recezione delle epistole paoline nel III secolo (Verba Seniorum N . S . 1 1 ) , Roma 1992.

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stimonianza concorde della tradizione della chiesa, Eusebio introdu­ ce altri due criteri di carattere interno : «Anche lo stile della frase differisce molto da quello caratteristico degli apostoli e il pensiero e la dottrina enunciativi sono in netto contrasto con la vera ortodos­ sia, dimostrando così chiaramente di essere falsificazioni di eretici». Questi ultimi dunque non possono essere catalogati tra i libri «spu­ ri» , ma devono essere semplicemente «respinti in quanto completa­ mente assurdi ed empi» (HE 111 ,25 ,6-7) . L'applicazione di questi criteri interni di «canonicità» , relativi al­ lo stile e al contenuto dottrinale , è fatta da Eusebio stesso nel caso della Lettera agli Ebrei . Egli riporta a questo proposito la posizione di Clemente Alessandrino : Paolo ha scritto la Lettera agli Ebrei nel­ la loro lingua e Luca l'ha tradotta per diffonderla tra i greci (HE VI , l4,2) . Sullo stesso argomento riferisce anche l'opinione di Grige­ ne : lo stile greco dello scritto differisce da quello di Paolo, ma «i pensieri della lettera sono mirabili e per niente inferiori a quelli de­ gli scritti apostolici indiscussi>> (HE VI ,25 , 1 1-12) . Però subito dopo Eusebio registra la perplessità di Origene circa l'autenticità paolina della lettera, ma nello stesso tempo riporta la sua testimonianza re­ lativa al fatto che qualche chiesa la considera paolina e gli antichi l'hanno tramandata come uno scritto di Paolo . In questo caso Euse­ bio fa confluire i tre criteri che contribuiscono a formare il giudizio su uno scritto testamentario : la testimonianza degli antichi scrittori e della chiesa ; lo stile o linguaggio del testo ; il contenuto dottrinale dello scritto in sintonia con la tradizione apostolica. Sulla base di questi criteri le lettere di Paolo sono incluse nella lista definitiva dei 27 libri «canonici» del NT, riportata nel canone 60 del concilio di Laodicea del 360, nella lettera pasquale 39 di Antanasio del 367 , ri­ presa nel concilio plenario dell'Africa a Ippona nel 393 e nel concilio di Cartagine del 397 . 1 2 2. IL CANONE PAOLINO NELL'EPOCA MODERNA

Il canone delle lettere di Paolo , come parte integrante del Nuovo Testamento , rimane indiscusso fino all'epoca moderna.B 12

Il concilio di Laodicea riporta, dopo i quattro Vangeli, gli Atti degli apostoli e le sette lettere cattoliche , le 14 lettere di Paolo in quest'ordine : Rm, 1-2Cor, Gal , Ef, Fil , Col , 1-2Ts , Eb, 1-2Tm , Tt , Fm (EB 13) ; lo stesso ordine è seguito nella Lettera di Atanasio (EB 14) ; nel canone 36 del concilio di Ippona si dichiarano canoniche le 13 lettere di Paolo e la Lettera agli Ebrei viene attribuita a Paolo (EB 17) . 1 3 Nella bolla Cantate Domino del concilio di Firenze 1442 sono elencati tra i li­ bri santi e ispirati le 14 lettere di Paolo (EB 47) .

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Nel contesto culturale dell'umanesimo e del rinascimento si propone la lettura dei libri della Bibbia su base filologica e grammaticale . Ma questo metodo esegetico non tocca il problema della loro ispirazione e canonicità. Tuttavia esso fa leva sul principio ermeneutico che dà avvio all'esegesi critica moderna: il testo sacro per essere ben com­ preso deve essere collocato nel suo contesto storico e culturale. A partire da questa prospettiva Ugo Grozio ritiene che la «Se­ conda Lettera ai Tessalonicesi» non solo preceda l'attuale prima let­ tera alla comunità di Tessalonica , ma sia la prima delle lettere di Paolo a noi pervenute. Per formulare questa ipotesi egli si basa sulla chiusura della lettera, dove Paolo indica il segno di autenticazione dello scritto : «Non si vede quindi perché avrebbe indicato tale segno di riconoscimento se già prima avesse mandato un'altra lettera a Tessalonica» . Dunque l'attuale seconda Lettera ai Tessalonicesi sa­ rebbe una lettera indirizzata da Paolo a un gruppo di giudeocristiani emigrati a Tessalonica al tempo della persecuzione di Stefano . La lettera sarebbe stata scritta nel secondo anno dell'impero di Gaio Caligola, identificato con l' «uomo dell'iniquità e il figlio della perdi­ zione» , di cui si parla in 2Ts 2,3. Essa però venne fatta circolare solo all'epoca di Vespasiano , quando mutò la politica imperiale verso gli ebrei. Questo fatto renderebbe ragione della sua attuale collocazio­ ne tra le ultime lettere di Paolo . 1 4 Nel clima del «deismo» inglese viene ripreso il principio erme­ neutico della contestualizzazione storica degli scritti del Nuovo Te­ stamento. John Tolland (1670-1722) , riprendendo gli orientamenti di J . Locke , distingue nella storia del primo cristianesimo un indiriz­ zo giudeo-cristiano , che si attiene alla Legge , e uno etnico-cristiano , estraneo alla Legge , che fa capo a Paolo . Questa antitesi viene svi­ luppata da Thomas Morgan (1680-1743): il gruppo dei giudeo-cri­ stiani si riferisce a Pietro , mentre Paolo è il rappresentante degli et­ nico-cristiani . Questa visione polarizzata della storia del primo cri­ stianesimo è assunta dal fondatore della ricerca storica di lingua te­ desca Johanan Salorno Semler ( 1721-1791). Egli ripropone la pro­ spettiva delle due tendenze presenti nella chiesa primitiva come cri­ terio per interpretare gli scritti del NT. Anche la costituzione del ca-

14 HuGo GRonus, Annotationum in Novum Testamentum pars tertia ac ultima , Parigi 1650, II, 672-673 ; W . G . KOMMEL, Il Nuovo Testamento , 41-43; l'ipotesi della precedenza della 2Ts rispetto alla 1Ts è ripresa recentemente in una breve annotazio­ ne da P. NERI , «2Ts, ovverosia, prima ai Tessalonicesi>> , in BibOr 32( 1990) , 230.246.

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none neotestamentario è il risultato di queste tendenze nella storia della chiesa . Perciò è la libera ricerca su queste circostanze storiche che consente di riconoscere l'appartenenza di un testo al canone , congiunta con la valutazione della sua verità e utilità permanente . Alla questione dei criteri di canonicità dà un contributo notevole Johann David Michaelis (1717-1791) e con la sua Introduzione agli scritti sacri del Nuovo Testamento . Egli parte dal criterio di apostoli­ cità/ispirazione , che coincide con quello di canonicità: solo gli scritti apostolici sono ispirati e quindi canonici . A sua volta l'origine «apo­ stolica» o l'autenticità degli scritti del NT dipende dalla ricerca stori­ ca. Così riguardo alla Lettera agli Ebrei, Michaelis afferma che se «essa non è di Paolo , né di un altro apostolo , non vi è motivo che noi l'accettiamo come canonica». 15 Questa impostazione «storiografica» del problema del canone del NT ha un precursore nella lnstitutio interpretis Novi Testamenti di Johann August Ernesti (1707- 1781). Egli però non ha dubbi sul­ l'origine apostolica e quindi sulla «canonicità» degli scritti del NT: «che i libri del Nuovo Testamento siano stati scritti da coloro dei quali portano il nome , è a nostro avviso - per quanto riguarda la maggioranza (dei libri) - talmente sicuro , data l'autorità concorde di cui godono sin dai tempi antichi , da potersi ben dire che per nes­ sun autore di qualsiasi libro antico si riscontra qualche cosa di altret­ tanto certo . Tali libri , poi , non offrono alcun pretesto perché si pos­ sa affermare che essi siano stati scritti in un'epoca diversa da quella che si ritiene , né da altri autori o da persone non ispirate» . 1 6 Il primo a mettere in dubbio l'origine paolina di una lettera «Ca­ nonica» è Friedrich Schleiermacher (1768-1834) . Sulla base dell'ana­ lisi dello stile e soprattutto della situazione storica in cui si colloca la prima Lettera a Timoteo , egli conclude che essa non è di Paolo. Questa conclusione pone il problema della sua canonicità e quello relativo alla «pseudepigrafia» all'interno degli scritti del NT. Lo Schleiermacher risolve la prima questione dicendo che quello che conta è il «contenuto» della lettera, non chi l'ha scritta . E riguardo al caso di pseudepigrafia neotestamentaria afferma che questo pro­ cedimento era comune nella letteratura greca . Quindi non c'è nessu­ na meraviglia che qualcuno , convinto di essere in accordo con l'inse-

15 J . D . MICHAELIS , Einleitung in die gottlichen Schriften des Neues Bundes, Got­ tingen 1750; 21788 . 16 J . E . E RNESTI, lnstitutio interpretis Novi Testamenti, Leipzig 1761 , 1 1 -15.87.

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gnamento degli apostoli , «considerasse una finzione lecita il far pas­ sare un proprio scritto sotto il nome di un apostolo» . 1 7 Il processo di erosione dell'autenticità dell'epistolario paolino , inaugurato da F. Schleiermacher, si estende progressivamente . Jo­ hann Gottfried Eichhorn nella sua Introduzione al Nuovo Testamen­ to mette in risalto l'omogeneità del gruppo delle pastorali e le sot­ trae alla paternità paolina. 1 8 Un paio di decenni dopo Wilhelm Mar­ tin Lebrecht De Wette solleva dei dubbi sull'origine paolina della «Seconda Lettera ai Tessalonicesi» e della «Lettera agli Efesini» . 1 9 La questione dell'autenticità «apostolica» di alcune lettere del cor­ pus paolino ripropone quella della loro autorità canonica. Gli autori summenzionati per stabilire la canonicità di questi scritti e il loro va­ lore fondante per la fede oscillano tra il criterio del contenuto e quello della loro origine apostolica. Nel capitolo precedente è già stata in parte presentata la posizio­ ne di Ferdinand Christian Baur (1792-1860) circa l'autenticità delle lettere paoline e il loro ruolo nella storia conflittuale della prima chiesa. Alla fine della sua parabola evolutiva egli considera intera­ mente autentiche solo quattro lettere di Paolo : la Lettera ai Roma­ ni , la Prima e Seconda Lettera ai Corinzi e la Lettera ai Galati . Le altre lettere , attribuite tradizionalmente a Paolo , assieme agli Atti degli apostoli , appartengono all'epoca di conciliazione , nella quale si tenta di comporre il contrasto fra cristianesimo giudaico e quello pagano .20 Eduard Reuss (1804-1891) critica e corregge parzialmente il quadro storico del primo cristianesimo elaborato da Baur secondo i criteri della dialettica hegeliana. Reuss ritiene che una corrente di giudeocristianesimo moderato sia presente e parallela alle altre due tendenze estreme . Alcuni scritti del NT, comprese le lettere minori di Paolo , sarebbero il riflesso di questa situazione storica della prima chiesa .2 1 Questa linea storiografica è fatta propria e sviluppata da C. 1 7 F. ScHLEIERMACHER, Einleitung ins Neue Testament. Aus Schleiermachers handschriftlichen Nachlasse und nachgeschriebenen yorlesungen , in G . WALOE, a cu­ ra di, Siimtliche Werke, I, 8, 1845 , 87-121 . 194; lo . , Uber den sogennanten ersten Brief des Paulus an den Timotheos. Ein kritisches Sendschreiben an J. C. Gass, Berlin 1807 , in Siimtliche Werke, l, 2, 1845 , 221 -224.318. 18 J.G. EICHHORN , Einleitung in das Neue Testament, 5 voli . , Leipzig 1804-1827 ; 1812, III, l , 315-316. 1 9 W.M.L. DE WETIE, Lehrbuch der historisch-kritischen Ein/eitung in die kano­ nischen Bucher des Neuen Testaments, Berlin 21830, 23 1 .262 ; 51848 . 20 F.C. BAUR, Paulus, der Apostel Jesu Christi. Sein Leben und Wirken, sein Briefe und seine Lehre. Ein Beitrag zur einer kritischen Geschichte des Urchri­ stenthums, Stuttgart 1845 . 21 E. REuss , Die Geschichte der heiligen Schriften des Neuen Testaments, Halle 1843 .

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Weizsacker (1822-1899) . Egli tuttavia considera di origine tardiva e quindi non paoline non solo le lettere pastorali, ma anche la Secon­ da Lettera ai Tessalonicesi , la Lettera ai Colossesi e quella agli Efesini. 22 Un correttivo alla visione del canone paolino sostenuta dai lavo­ ri di Semler e Baur, è introdotto dalla Storia del canone del Nuovo Testamento di Theodor Zahn (1838-1933) . Le origini del canone neotestamentario , accolto nella chiesa del II secolo , vanno ricercate nella tradizione del I secolo ; «le lettere di Paolo dal tempo della loro redazione , sono state sempre lette a scopo di edificazione e di inse­ gnamento nelle comunità a cui erano state indirizzate e che oltretut­ to cominciarono a scambiarsele fra loro . Marcione deve aver avuto presenti , come raccolta completa, tredici lettere , allorché negò com­ pletamente l'autenticità di alcune di esse e di altre abbreviò ar­ bitrariamente il testo e lo modificò in altro modo» . 23

3. IL DIBATIITO ATIUALE SULLE LETIERE DEUTEROPAOLINE Prima di affrontare lo status quaestionis delle lettere considerate deuteropaoline , è opportuno richiamare l'attenzione su alcuni pro­ blemi di carattere teologico di fondo : i criteri di canonicità , ispira­ zione e apostolicità in rapporto con l'origine letteraria e storica degli scritti paolini .

a) Nuovi orientamenti generali La questione dell'autenticità delle lettere del corpus paolino nel dibattito attuale reca i segni della sua matrice illuminista e razionali­ sta. Infatti l'enciclica biblica Providentissimus Deus di Leone XIII (1893) denuncia i «razionalisti» come avversari della genuina fede cattolica. Tra le altre contestazioni essi negano l'autenticità degli scritti ispirati : «i Vangeli e gli scritti apostolici sono certamente, di­ cono , da attribuirsi ad altri autori» . 24 Nella stessa linea si collocano i

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1886.

C. WEIZSACKER, Das Apostolischer Zeitalter der christlichen Kirche, Freiburg

23 TH . ZAHN, Geschichte des neutestamentlichen Kanons , 2 voli . , Erlangen Leipzig 1888-1 892. 24 EB 100.

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«modernisti>> , la cui posizione viene riassunta nell'enciclica Pascendi dominici gregis di Pio X (1907) , in questi termini : in forza della criti­ ca letteraria e storica , che porta a disgregare e disseminare i testi sa­ cri nel corso della storia, «ne consegue che i Libri sacri non possano di fatto attribuirsi agli autori dei quali portano il nome» . 25 Infine contro la tendenza di alcuni critici , che negano l'unità letteraria, l'autenticità paolina e la canonicità delle lettere pastorali, prende posizione nel 1913 la Pontificia Commissione Biblica. 26 Verso la metà degli anni cinquanta il segretario della stessa Pon­ tificia commissione biblica precisa che il significato e il valore delle prese di posizione di quei primi anni del 1900 devono essere inter­ pretati nel clima apologetico e del confronto con l'ambiente del ra­ zionalismo e del modernismo Y Con il venir meno dei presupposti ideologici , che hanno condizionato la critica biblica di quel periodo , le questioni sull'autenticità dell'epistolario paolina sono affrontate anche nell'ambiente cattolico con gli strumenti della critica lettera­ ria e storica , In altre parole è il testo epistolare stesso con le sue ca­ ratteristiche lessicali , stilistiche e letterarie che fonda o meno l'ipo­ tesi circa l'origine delle singole lettere. Gli elementi storiografici e il tenore teologico del testo delle lettere costituiscono la base dell'ar­ gomentazione per la loro attribuzione o meno a Paolo . Nello stesso tempo questi problemi si decantano dei loro aspetti controversistici , perché vengono in parte chiariti e precisati i criteri di canonicità e di ispirazione . In primo luogo si afferma che la cano­ nicità e l'ispirazione di un testo biblico , in questo caso di una lettera del NT, non dipendono dalla sua origine letteraria e storica . In altre parole il testo di una lettera è accolto come sacro e canonico tra i li­ bri del Nuovo Testamento a prescindere dalla sua origine paolina . Nel concilio Vaticano II si afferma che il criterio di canonicità e di ispirazione , già riconosciuto nel concilio di Trento , è la tradizione apostolica. Infatti è questa tradizione che «fa conoscere alla chiesa il canone integrale dei libri sacri , e in essa fa più profondamente com­ prendere e rende ininterrottamente operante le stesse sacre lettere» (DV 8) .

25 EB 263 . 26 EB 407-410. 27 Gli interventi di A. Miller e A . Kleinhaus, rispettivamente segretario e sotto­ segretario della Pontificia commissione biblica , sono pubblicati in Benediktinische Monatschrift 3 1 ( 1955), 49-50; Antonianum 30(1955), 23-29 .

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Anche la nozione di «apostolicità» merita di essere approfondita e precisata nelle sue diverse accezioni . Riferita al NT l'apostolicità designa in primo luogo gli scritti dell'epoca apostolica . Inoltre sotto il profilo teologico l'«apostolicità>> non indica solo l'arco di tempo delle prime generazioni cristiane , ma anche l'autorità e il contenuto degli scritti che ne sono la testimonianza. L'apostolicità infatti fa parte di quella divina disposizione per cui quanto Dio aveva rivelato per la salvezza di tutte le genti «rimanesse sempre integro e venisse trasmesso a tutte le generazioni» . Infatti Gesù Cristo , che porta a compimento tutta la rivelazione di Dio , istituisce e abilita gli «apo­ stoli» perché il vangelo di salvezza sia annunciato a tutti . Questo compito apostolico viene attuato sia per mezzo dei disce­ poli storici di Gesù , chiamati in modo esclusivo da Luca «apostoli» , sia «da uomini della loro cerchia, viri apostolici, i quali sotto l'ispira­ zione dello Spirito santo , misero per iscritto l'annunzio della salvez­ za» (DV 7) . In altri termini l'«apostolicità» cessa di essere una cate­ goria puramente storica o giuridica per caricarsi di una valenza teo­ logica. Perciò un testo del NT gode della garanzia dell'apostolicità non perché è scritto da un apostolo , ma perché esprime e testimonia la «predicazione apostolica» (DV 8) . Queste precisazioni e chiari­ menti di carattere teologico applicati all'epistolario paolino rinviano alla ricerca critica o scientifica le questioni relative all'origine lette­ raria e storica delle singole lettere .

b) La seconda Lettera ai Tessalonicesi I primi dubbi circa l'origine paolina della seconda Lettera ai Tes­ salonicesi sono formulati da Johann Ernst Christian Schmidt, il qua­ le fin dal 1798 rileva che gli avvertimenti sulla parousia e le specula­ zioni sull'anticristo di 2Ts 2, 1-12 sono in contrasto con quanto Paolo scrive nella prima lettera alla comunità di Tessalonica nella sezione 1Ts 4,1>-5 , 1 1 . Lo Schmidt prosegue questa analisi critica negli scrit­ ti pubblicati agli inizi del 1800 e arriva alla conclusione che la secon­ da Lettera ai Tessalonicesi non è uno scritto paolino .28 Questa posi­ zione viene ripresa con alcune incertezze e oscillazioni da Wilhelm Martin Lebrecht De Wette nel 1826. Ma è soprattutto F.H. Kern che , a partire dal 1 839, sviluppa e approfondisce l'ipotesi della di-

28 J . E . C . ScHMIDT, ..__vermutungen iiber die beiden Briefe an die Thessaloni­ cher� . in Bibliothek fur Kritik und Exegese des NT, I I , 3(1801), 380-386; Io. , Histo­ risch-kritisch Einleitung ins NT, Giessen 1804; 21818, I I , 255-256.

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pendenza della seconda Lettera ai Tessalonicesi dalla prima e indivi­ dua nell'espressione di 2Ts 3 , 1 7 la conferma del suo carattere pseu­ depigrafico . 29 Il fondatore della Scuola di Tubinga, Ferdinand Chri­ stian Baur, dimostra il carattere pseudepigrafico della seconda Tes­ salonicesi seguendo un'altra direzione. Secondo Baur l'escatologia di questa lettera contraddice quella delle lettere paoline e la sua im­ magine dell'anticristo rimanda alle visioni tipiche dell'Apocalisse .30 Nella seconda metà del XIX secolo i negatori dell'autenticità paolina della seconda Lettera ai Tessalonicesi riprendono e svilup­ pano questi diversi argomenti . 3 1 Un contributo ampio e decisivo a sostegno della pseudepigrafia della nostra lettera viene dallo studio di William Wrede del 1903 . Esso fa leva sulla dipendenza letteraria della seconda Tessalonicesi dalla prima. L'autore della nostra lette­ ra, mediante uno scritto posto sotto il nome e l'autorità di Paolo , tenta di contrastare la visione escatologica di lTs, che alimenta l'at­ tesa della venuta imminente del «giorno del Signore». 32 La posizione di Wrede si sviluppa nel corso del XX secolo , quando gli studiosi sottolineano le diversità lessicali , stilistiche e teologiche tra le due lettere ai Tessalonicesi .33

29 F. H . KERN, , in Tubinger Zeitschrift jUr Theo/ogie 2(1839) , 145-214. 30 F. C. BAUR, Paulus, der Apostel Jesu Christi, Stuttgart 1845 , 485-487 ; Io. , , in Jahrbucher 14(1855) , 141-168. 3 1 W. BAHNSEN , , in Jahrbucher fur protestantische Theologie 6(1880) , 681-705 ; C. WEIZSACKER, Das Apostolische Zeitalter der christlicher Kirche, Freiburg i . Br. 1886, 258-261 ; H.J. HoLTZMANN , Lehrbuch der historisch-kritisch Ein­ leitung in das Neuen Testament, Tiibingen 31892 ; lo. , «Zum zweiten Thessalonicher­ brief>> , in ZNW 2(1901 ) , 97-108. 32 W. WREDE, Die Echtheit des 2 Thessalonicherbriefs untersucht (TU, NT 9,2) , Leipzig 1903 . 33 H. BRAUN , , in ZNW 44(1952-1953) , 152-156; lo. , Gesamme/te Studien zum Neuen Testa­ ment und seiner Umwelt, Tiibingen 1962, 205-209; K.G. EcKART, «Der zweiten echte Briefe des Apostel Paulus und die Thessalonicher» , in ZThK 58(1 961 ) , 30-44; A. LINDEMANN , , in ZNW 68(1977) , 35-47 ; A . BAILEY, , in NTS 25(1978- 1979) , 131-145 ; W. TRILLING Untersuchung zum 2. Thessalonicherbrief (Erfurter Theologi­ sche Studien 27) , Leipzig 1972; Io . , > , in ZNW 43( 1950-195 1 ) , 178-194. 43 G. Barbaglio, R. Fabris, J. Gnilka , R. Hoppe , P. Pokomy, M. Wolter. 44 F.F. Bruce , G . E . Cannon, C.A. Evans, R. Yates, R.P. Martin, P.T. O'Brien, E. Percy , N.T. Wright. Non mancano sostenitori dell'autenticità paolina di Colossesi nell'area di lingua tedesca sia nell'ambito protestante sia cattolico: M. Dibelius, K. Staab, O. Kuss. Nell'ambito di lingua francese sono a favore dell'autenticità di Colossesi: E. Cothenet, E. Delebeque, H. Hudegé ; tra gli italiani : E. Ghini , F. Guer­ ra, E. Peretto.

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lettere deuteropaoline , è associata a quella di Colossesi . Infatti no­ nostante alcune incertezze della tradizione manoscritta circa la men­ zione dei destinatari «ai santi che sono in Efeso» (Ef l , l ) , la nostra lettera da sempre è collocata nel corpus delle lettere di Paolo e citata dagli autori e scrittori dei primi secoli come lettera paolina.45 Solo Teodoro di Mopsuestia tra gli antichi commentatori delle lettere di Paolo riconosce il carattere impersonale dello scritto e conclude che «Paolo lo avrebbe composto prima della sua visita a Efeso».46 Si deve attendere l'epoca moderna per avere le prime osserva­ zioni di critica letteraria che pongono in termini nuovi il rapporto della Lettera agli Efesini con la tradizione paolina. Erasmo di Rot­ terdam rileva che lo stile di Efesini «è totalmente dissonante rispetto alle altre lettere di Paolo , al punto che si potrebbe attribuire a un al­ tro autore , se il pensiero di fondo di carattere paolino non depones­ se a suo favore».47 Nello stesso periodo Teodoro Beza avanza l'ipo­ tesi che nel caso di Efesini si tratti di una «lettera comunitaria» o en­ ciclica inviata alle comunità dell'Asia. La prima ipotesi argomentata e sistematica circa l'origine pseu­ depigrafica di Efesini è quella di Edward Evanson, che nel 1792 pubblica a lpswich il suo lavoro monografico dal titolo : The Disso­ nance of the Four generally Received Evangelits and the Evidence of their respective Authenticity examined. Sulla base delle contraddizio­ ni che egli avverte tra l'indirizzo e il contenuto della lettera conclude che si tratta di uno scritto pseudepigrafico . Questi argomenti dell'E­ vanson sono ripresi e sviluppati dallo studio di Wilhelm Martin Le­ brecht De Wette nel 1826. Egli nega l'origine paolina di Efesini non solo per l'incertezza del suo indirizzo, ma soprattutto sulla base del­ l'analisi dello stile e della sua relazione con la Lettera ai Colossesi .48

45 La frase «in Efeso» compare nei codici maiuscoli dei secoli IV-V, Vaticano, Sinaitico, Alessandrino , Claromontano ; essa non si trova nel papiro 46 (Chester Beatty) del III secolo ; Marcione cita la nostra lettera come «Lettera ai Laodicesi» ; cf. Col 4,16 (TERTULLIANO, Adv. Mare. 5 , 1 7 ) . 46 H . B . SwETE , a cura di, TEODORO, In epistulas beati Pauli commentarii, Cam­ bridge 1880, l, 1 12-1 1 3 . 47 E RASMO , In Novum Testamentum Annotationes , Base! 1 5 1 9 , 413. 48 W.M.L. DE WETIE, Lehrbuch der historisch-kritischen Einleitung in die kano­ nischen Bilcher des Neuen Testaments, Berlin 1826; egli riprende e approfondisce non solo i lavori di Evanson , ma anche quelli di A. L. Usteri , sullo sviluppo della dottrina di Paolo (1824) . Invece ad altri contrastanti esiti approdano le ricerche sul rapporto tra la Lettera agli Efesini e quella ai Colossesi negli studi summenzionati di E.Th . Mayerhoff e H.J. Holtzmann: per il primo la Lettera di Efesini sarebbe la fonte di Colossesi ; per il secondo Efesini è uno scritto pseudepigrafico costruito sulla base di Colossesi.

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F.C. Baur e i seguaci della scuola di Tubinga spostano la compo­ sizione della nostra lettera al II secolo , perché essa veicolerebbe le tipiche concezioni gnostiche e «protocattoliche» di questo periodo . Nonostante le prese di posizione della critica letteraria e storica , fino agli anni cinquanta e sessanta del nostro secolo l'autenticità paolina di Efesini trova ancora molti sostenitori . Tra questi si segna­ lano diversi autori di commentari ad Efesini e di studi monografici paolini .49 Ma altrettanto folta è la schiera di quelli che negano l'au­ tenticità paolina di Efesini e sostengono l'ipotesi della pseudepi­ grafia.50 Sono rappresentativi delle due diverse posizioni alcuni studi monografici sulla Lettera agli Efesini nel nostro secolo . Originale è l'ipotesi già menzionata di E . J . Goodspeed (1933) . Egli attribuisce la composizione di Efesini a Onesimo , discepolo di Paolo , di cui si parla nella Lettera a Filemone . Onesimo avrebbe curata la raccolta delle lettere paoline premettendovi come introduzione lo scritto agli Efesini. Uno studio analitico sugli aspetti stilistici e letterari di Efe­ sini e sul suo rapporto con Colossesi è quello di E. Percy (1946) . Egli conclude che l'ipotesi dell'autenticità paolina della nostra lettera è quella che solleva meno problemi . Invece un convinto sostenitore dell'autenticità paolina di Efesini è A . Van Roon, che vi dedica uno studio monografico (1974) .5 1 Due contributi tematici recenti , quello di J . C . Kirby sul carattere liturgico dei primi tre capitoli di Efesini (1968) , e quello di H. Merklein sui ministeri (1973) , si inseriscono nell'ipotesi della sua pseudepigrafia. 52

e) Le tre lettere pastorali Le tre lettere pastorali fino al XIX secolo sono state attribuite senza esitazioni a Paolo . Il canone Muratori le menziona nell'elenco

49 T.K. Abbott (1897) ; C.E. Arnold (1989) ; M. Barth ( 1 947) ; J. Cambier (1966) ; E. Gaugler (1966) ; J. Huby ( 1947) ; E. Percy (1946) ; J . A . Robinson (1922) ; H. Schlier (1957) ; l. Schmid (1928) ; E.F. Scott (1930) ; A. Van Roon (1969 ; 1974) ; B.F. Westcott ( 1 906) ; M. Zerwick (1962) . 50 H. Conzelmann ( 1 963 ; 1976) ; M. Dibelius - H. Greeven (1913; 1953) ; J . Ernst (1974) ; R. Fabris ( 1 980; 21990) ; K.M. Fischer ( 1 973) ; F. Foulkes (1963) ; J. Gnilka (197 1 ) ; P . N . Harrison (1964) ; J . C . Kirby ( 1 968) ; A. T. Lincoln (1990) ; A. Lindemann (1975 . 1 976. 1985) ; Ch. Masson ( 1 953) ; H. Merklein ( 1973) ; C.L. Mitton ( 1 95 1 ) ; R. Penna (1988) ; P. Pokorny (1965) ; R. Schnackenburg ( 1 982) ; E. Schweizer (1956) . 51 A. VAN RooN , The Authenticity of Ephesians, Leiden 1974. 52 J . C . KIRBY, Ephesians, Baptism and Pentecost. An Inquiry into the Structure and Purpose of the Epistle to the Ephesians, Montreal-London 1968; H. MERKLEIN , Das kirchliche Amt nach dem Epheserbrief (SANT 33) , Miinchen 1973 .

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delle tredici lettere paoline . Ireneo di Lione nella prefazione del­ I'Adversus Haereses dice espressamente che l'apostolo (Paolo) è l'autore della prima Lettera a Timoteo , di cui cita il versetto l ,4. Af­ fermazioni analoghe sull'origine paolina delle lettere pastorali si tro­ vano in Origene , Clemente Alessandrino ed Eusebio di Cesarea. Solo Marcione , secondo la testimonianza di Tertulliano , non le menziona nel suo Apostolicon , elenco degli scritti apostolici . Ma questa omissione , al dire di Tertulliano, sarebbe da ascriversi a un pregiudizio di Marcio ne (A dv. Mare. V ,21 ) . La stessa valutazione viene ripresa da Girolamo nella sua prefazione al commento della Lettera a Tito , dove a proposito del rifiuto di alcune lettere paoline da parte di Basilide e Marcione , dice che Taziano «patriarca degli encratiti» , l'attribuisce all'apostolo Paolo .53 I primi dubbi sull'autenticità paolina della prima Lettera a Timo­ teo si riscontrano nella Einleitung in das Neue Testament di Johann Ernst Christian Schmidt del 1804/5 . Essi sono ri eresi in modo siste­ matico nel lavoro di Friedrich Schleiermacher: Uber den sogennan­ ten ersten Brief des Paulos an den Timotheos .54 Anche per Johann Gottfried Eichhorn le tre lettere sono opera di un discepolo di Pao­ lo , in quanto il loro linguaggio religioso è dissonante con quello del­ le restanti lettere paoline .55 Nel 1835 Ferdinand Christian Baur pub­ blica a Stuttgart la sua ricerca monografica sulle lettere pastorali , Die sogennanten Pastoralbriefe des Apostels Paulus aufs neue kri­ tisch untersucht. Egli attribuisce la composizione delle lettere pasto­ rali ai discepoli di Paolo a Roma, per contrastare il duplice fronte , quello gnostico che fa ricorso agli scritti dell'apostolo e quello dei giudaizzanti antipaolini . Ma secondo Ceslas Spicq «l'attacco più se-

53 GIROLAMO, Comm. in Ep. ad Titum, pro/. , PL 26, 555-556; cf. CLEMENTE ALESSANDRINO , Strom. , XI ,52,6; 0RIGENE, In Matth. II1,8 ( 1 17) ; EusEBIO , HE IV , 14,7; secondo W. BAUER, Rechtgliiubigkeit und Ketzerei im iiltesten Christentum , Tubingen 1934, le lettere pastorali non sono citate da Marcione perché la collezione delle lettere di Paolo verso il 100 non le comprendeva ancora ; la loro o �ine sarebbe da collocarsi dopo il 150 d.C. Il fatto che il papiro di Chester Beatty (p ) del III non riporti le lettere pastorali viene preso come una conferma dell'origine tardiva di que­ sti scritti. L'assenza delle pastorali nel suddetto papiro si potrebbe invece spiegare in un altro modo: o i fogli relativi sono andati perduti , oppure il papiro riproduce un ti­ po testuale alessandrino che non ha le nostre lettere. 54 In questo studio, apparso in Sendschreiben an J. C. Gess , Berlin 1807 , F. Schleiermacher mette in discussione l'autenticità paolina della prima Timoteo su basi filologiche e storiche: il linguaggio della lettera non è paolino e le informazioni bio­ grafiche non concordano con quelli delle lettere autentiche . 55 J . G . EICHHORN, Einleitung in das Neue Testament lll/1 , Leipzig 1812.

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rio del secolo XIX contro l'autenticità delle pastorali è quello di Heinrich Julius Holtzmann , che nel 1880, pubblica a Leipzig l'ope­ ra: Die Pastoralbriefe, kritisch und exegetisch behandelt. 56 Sulla scia di queste prime ipotesi sulla pseudepigrafia delle pa­ storali si collocano gli studi e i commenti della fine del XIX e prima metà del secolo XX: H. von Soden e1893) , J . Moffat (1901 ; 191 1) M. Dibelius ( 1913) ; H . Loewe (1929) ; A . von Harnack ( 1926) ; M. Goguel (1926) ; R . Bultmann (1930) ; E. Fascher (193 1 ) ; R . Falconer (1937) ; E.J. Goodspeed (1937) ; B . S . Easton (1947) ; H . Von Cam­ penhausen (195 1 . 1963) ; H. Conzelmann (1956) . Nello stesso arco di tempo numerosi commentatori e diversi studi monografici prendono posizione a favore dell'autenticità paolina delle pastorali : P. Bordier (1872) ; E. Bertrand (1887) ; A. Plummer (1888) ; F.J. Hort (1894) ; J . H . Bernard (1899) ; B . Weiss (1902) ; Th . Zahn (1906) ; W . M . Ramsay (1909) ; J . Parry (1920) ; E . Kiihn (1921) ; G . Wohlenberg (1923) ; W. Lock (1924) ; W. Michaelis (1929 ; 1946) ; O . Roller (1933) ; A. De Zwaan (1941/42) ; R . C . H . Lenski (1946) ; P. De Am­ broggi (1953 ) . Nell'ultimo trentennio i commentari e gli studi sulle lettere pa­ storali privilegiano l'ipotesi della pseudepigrafia, anche se non man­ cano i sostenitori dell'autenticità paolina: S. De Lestapis (1976) ; R.J. Karris ( 1979) ; T.C. Oden (1984) ; G . D . Fee (1989) ; E . E . Ellis (1990) . Gli autori che affermano l'origine paolina delle pastorali lo fanno con una certa cautela, coscienti del dibattito in corso . C. Spicq nel suo monumentale commento alle lettere pastorali introduce la discussione degli argomenti a favore della loro autenticità in questi termini: «Nel caso dei nostri scritti non solo alcun argomento impo­ ne una negazione decisa ( della loro autenticità paolina ) , ma c'è più difficoltà a negare la paternità paolina che non a conservarla» . 57 Di fronte alla difficoltà di arrivare a una soluzione precisa sùlla base delle ragioni desunte dall'analisi lessicale , stilistica e letteraria alcuni autori preferiscono ripiegare sulla «autenticità paolina media-

56 C. SPICQ, Les Épitres Pastorales (EB ) , 2 voli . , Paris 1 947 ; 41969, I, 18. Oscil­ lante è invece la posizione di W.M.L. De Wette , che nella prima edizione della sua Lehrbuch der historisch-kritisch. Einleitung in die kanonischen Bucher des Neuen Te­ staments, Berlin 1826, mette in dubbio l'autenticità paolina delle tre pastorali per ra­ gioni storico-critiche , ma egli le considera ugualmente «autentiche» perché non pos­ sono essere tolte dal canone ; nelle edizioni successive invece (51848) ritiene che le tre pastorali non siano , autentiche . 57 SPICQ, Les Epitres Pastorales , 150.

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ta» facendo ricorso all'ipotesi del segretario, identificato da alcuni con Luca. 58 Altri infine sono fortemente impressionati dalla presen­ za nelle tre lettere , ma soprattutto nella seconda Timoteo , di varie informazioni autobiografiche paoline. Pensano di valorizzare questi dati «autentici» ripiegando sull'ipotesi «frammentaria»: un autore della tradizione paolina avrebbe messo insieme brani di lettere au­ tentiche dell'apostolo. 59

4. LA TRADIZIONE PAOLINA E LA PSEUDEPIGRAFIA60 Nella precedente rassegna del dibattito contemporaneo e attuale sulle lettere della tradizione paolina più volte si è fatto riferimento

58 J. Jeremias ( 1961 ) ; J . H . Kelly (1963) ; P. Dornier ( 1 969) ; G. Holtz (1965) ; A. Strobel ( 1968/69) ; fanno l'ipotesi dell'origine lucana : G . S . Wilson ( 1 979) ; A. Feuillet ( 1 988) ; J. Sanchez-Bosch (1987) ; H.F. Von Campenhausen (195 1 . 1963) considera Policarpo come possibile autore delle pastorali. 59 W. Hartke (1917) ; A . Von Harnack ( 1 926) ; O. Michel ( 1948) ; P.N. Harrison (1955/56) ; W. Schmithals (1961 ) ; A.T. Hanson (1966; 1968) ; C.K. Barrett ( 1 963 . 1973/4) . 60 J . ALANo, «Das Problem der Anonymlit und Pseudonymit�.t in der christli­ chen Literatur der ersten beiden Jahrhunderte», in Io. , Studien zur Uberlieferung des Neuen Testaments und seines Textes (ANTT Il) , Berlin 1967 , 26-34; Io. , «Falsche Verfasserangabe?», in ThRv 75(1979) , 1-10; Io. , «Noch einmal: Das Problem der Anonymitlit und Pseudonymitat in der christlichen Literatur der ersten beiden Jahr­ hunderte>>, in E. DASSMANN, a cura di , Pietas. Fs. B. Kotting (JAC 8) , Munster i. W. 1980, 121-139; H . R . BALZ, «Anonymitlit und Pseudepigraphie im Urchristentum. Uberlegungen zum literarischen und theologischen Problem der urchristlichen und gemeinantiken Pseudoepigraphie», in ZThK 66(1 969) , 403-436; N. BRox , Falsche Verfasserangabe. Zur Erkliirung der fruhchristlichen Pseudepigraphie (SB 79) , Stutt­ gart 1975 ; Io. , Pseudepigraphie in der heidnischen und judisch-christlichen Antike (WdF 484) , Darmstadt 1977; lo. , «Methodenfragen der Pseudepigraphie-For­ schung» , in ThRv 75( 1 979) , 275-278 ; Io. , «Zum Problemstand in der Erforschung der altchristlichen Pseudepigraphie», in Kairos 15( 1973) , 10-23 ; J . S . CANDLISH, «On the Mora) Character of Pseudonimous Books», in The Expositor, SerA, vol. IV(1 981), 91- 107.262-279; W.J. DALTON, «Pseudepigraphy in the Ne� Testament>>, in Cath ThR 5( 1983) , 29-35 ; K . M . FISCHER, «Anmerkungen zur Pseudepigraphie im Neuen Testa­ ment>>, in NTS 23( 1976) , 76-81 ; M. HENGEL, «Anonymitlit, Pseudepigraphie und "li­ terarische Falschung" in der judisch-hellenistischen Literatur» , in K. voN FRITZ, a cu­ ra di , Pseudepigrapha I (Fondation Hardt. Entretiens sur l'antiquité classique, t. 18) , Genève 1971 , 229-308; F. LAUB, «Falsche Verfasserangabe i n neutestamentalichen Schriften. Aspekte der gegenwlirtigen.Diskussion um die neutestamentliche Pseude­ pigraphie», in TrThZ 89(1980) , 228-242 ; E. C. MALONEY, «Biblica) authorship and the Pastoral letters inspired and anonymous», in BToday 24( 1 986) , 1 19-123 ; D . G . MEA­ DE, Pseudonymity and Canon. An lnvestigation into the Relationship of A uthorship and A uthority in Jewish and Earliest Christian Tradition (WUNT 39) , Tubingen 1986; Grand Rapids 1987 ; B . M . METZGER, «Literary Forgeries and Canonica) Pseudepi­ grapha» , in JBL 9 1 ( 1972) , 3-24; K.J. NEUMANN , The Authenticity ofthe pauline Epist­ les in the Light of Stylstatistical Analysis (SBL Diss. Ser. 120) , Atlanta 1990; R. PEN-

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alla pseudepigrafia. Le sei lettere deuteropaoline sarebbero state scritte da un autore diverso da Paolo che si autopresenta come il lo­ ro mittente originario. A un lettore dell'epoca moderna e contem­ poranea, dove i diritti di autore o di proprietà di un prodotto lettera­ rio sono non solo riconosciuti , ma tutelati a rigor di legge , un tale procedimento può apparire a dir poco scorretto e abusivo della buo­ na fede dei destinatari . D'altra parte la pseudepigrafia è praticata e diffusa nell'antichità in vari ambienti e con diversi scopi ed esiti . Co­ me valutare il ricorso alla pseudepigrafia nel gruppo delle lettere deuteropaoline? Qual è la funzione e lo scopo perseguito dall'autore o dagli autori che utilizzano un tale procedimento nella stesura di queste lettere? Ma in primo luogo : che cosa si deve intendere con il termine «pseudepigrafia»?

a) Anonimia, pseudonimia e pseudepigrafia Il termine composito «pseudepigrafia» , trascritto dal greco pseu­ depigraphìa , significa letteralmente «falsa-scrittura» di un testo , con riferimento specifico alla sua origine o redazione letteraria. Girola­ mo , citando un versetto del libro della Sapienza dice che comune­ mente esso viene attribuito a Salomone , «quae Salomonis inscribi­ tur» (se c'è qualcuno che vuole accoglierlo come libro ispirato) . Cas­ siodoro nella sue «Istituzioni delle sacre Scritture» a questo proposi­ to parla di «pseudographum» , perché usurpa il nome diverso dal ve­ ro autore che potrebbe essere Filone alessandrino .61 Quindi la pseu-

NA, «Anonimia e pscudepigrafia 11el Nuovo Testamento: comparatismo e ragioni di una prassi letteraria», in RivB 33(1985) , 3 19-344; M. RlsT, «Pseudepigraphy and Ear­ ly Chrislians>> , in D . E . AUNE, a cura di, Studies in the New Testament and Early Chri­ stian Literature, in Honour of A. P. Wikgren (NTS 33), Leiden 1972 , 75-91 ; M. SMIHT, «Pseudepigraphy in the israelite Literary Tradition» , in Pseudepigrapha I, 189215.216-227; W. SPEYER , ((Religiose Pseudepigraphie und Literarische Falschung im Altertum>> , in JA C 8-9(1965- 1966) , 88-125 ; In. , Die /iterarische Fa/schung im heid­ nischen und christlichen Altertum. Ein Versuch ihrer Deutung (HAW I ,2) , Miinchen 1971 ; J . A . SINT, Pseudonymitat im Altertum. Ihre Formen und ihre Grunde, Inns­ bruck 1960; F. ToRM , ((Die Psychologie der Pseudonymitat im Hinlick auf die Pseu­ depigraphie als ethisch-psychologisches Problem», in ZNW 35(1936) , 262-279; M. WoLTER, ((Die anonyme Schriften des Neuen Testaments. Annaherungsversuch an ein Literarisches Phlinomen>> , in ZNW 79(1988) , 1-16; J . ZMUEWSKI, ((Apostolische Paradosis und Pseudepigraphie>> , in BZ 23( 1979) , 161-17 1 ; Io. , «Die Pastoralbriefe als pseudepigraphische Schriften» , in SNTU A-4(1979), 97- 1 18; cf. In. , Das Neue Te­ stament. Quelle christlicher Theologie und Glaubenspraxis zum NT und seiner Ausle­ gung, Stuttgart 1986, 185-196 . 1 97-220. 61 GIROLAMO, In Zach. 12,9 (PL 25 ,1513) ; CAssronoRo , De Instit. divinarum litte­ rarum , V (PL 70, 1 1 17) .

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depigrafia in primo luogo indica l'attribuzione di un'opera a un au­ tore diverso da quello vero. In questo caso pseudografo o pseudepi­ grafico si oppone ad autentico, come la pseudepigrafia si contrappo­ ne ad autenticità. Infatti i vocaboli «autentico/autenticità» derivano dal latino «authenticus>> , corrispondente al greco authentikòs , che a sua volta rimanda ad authèntes, «colui che opera da sé>> , «autore>> . Nell'ambito della letteratura si dice «autentica>> un'opera che appar­ tiene veramente all'autore al quale viene attribuita. Dunque nell'uso di questa terminologia nella sua valenza antite­ tica negativa o positiva - «pseudepigrafialautenticità>> - si fa riferi­ mento a un duplice fatto riguardante l'origine di un'opera scritta. Da una parte si indica il riconoscimento/attribuzione o meno di uno scritto al vero o falso autore . Questa si potrebbe chiamare «pseude­ pigrafia o autenticità passiva>> o «successiva>> . Dall'altra si rimanda al processo di produzione di un'opera da parte di un autore che scrive a proprio nome ( autenticità ) , oppure da parte di uno scrittore che redige l'opera per convenzione o artificio letterario sotto un altro nome ( pseudepigrafia ) . In quest'ultimo caso si potrebbe par­ lare di «pseudepigrafia attiva>> o più correttamente di «pseudoni­ mia>> di uno scritto e di un testo «pseudonimo>> . Ancora diverso è il caso di uno scritto o opera letteraria, il cui vero autore non è men­ zionato per nulla o che comunque rimane sconosciuto . In questo caso si parla di scritto «anonimo>> e di «anonimia>> . Gran parte dei libri biblici , compresi i quattro Vangeli e gli Atti degli apostoli , sono scritti anonimi .

b) La pseudepigrafia nelle lettere neo testamentarie Diversa invece è la situazione delle lettere neotestamentarie che si presentano come scritti inviati alle comunità cristiane o a singoli sotto il nome esplicito di qualche personaggio più o meno noto del Nuovo Testamento : Paolo , Pietro , Giacomo e Giuda, il profeta Giovanni ( Ap ) . Le lettere del corpus paolino si presentano come scritti inviati dall'apostolo Paolo , da solo o assieme a qualcuno dei suoi collaboratori . In questo caso è utile tenere presente la distinzio­ ne menzionata sopra circa la diversa applicazione del termine «pseu­ depigrafia>> . L'autore che scrive sotto «falso nome>> - autore fittizio o «pseudonimo>> - sa chi è il «vero>> autore del testo . Nel caso di una lettera le cose si complicano perché l'artificio della «pseudepi­ grafia>> riguard a anche il genere epistolare e i destinatari che posso­ no essere altrettanto «fittizi» . Invece nel processo successivo di rico59

noscimento e attribuzione dell'opera a un altro autore queste infor­ mazioni sul «Vero>> autore non esistono o non sono più accessibili ai lettori o possessori del testo . Queste precisazioni circa la «pseudepigrafia» non possono dissi­ pare d'incanto le difficoltà che un lettore attuale avverte di fronte a questo fenomeno , soprattutto nel caso della cosiddetta «pseudepi­ grafia attiva» . Non si tratta di una falsificazione letteraria incompati­ bile con il carattere sacro o ispirato degli scritti biblici? E che cosa pensare del caso più specifico di una lettera scritta non da un colla­ boratore di Paolo su incarico dell'apostolo , ma da un suo discepolo , che utilizza il nome dell'apostolo per dare autorità a uno scritto da lui prodotto in modo autonomo , facendo anche ricorso al pensiero e alla fraseologia dell'apostolo? A parte il poco buon gusto di scrivere una lettera a nome di una persona morta , si pongono alcuni proble­ mi circa la correttezza di questo procedimento che dà l'impressione di essere un «falso» letterario e teologico nello stesso tempo . Effettivamente il ricorso alla pseudepigrafia può dare adito a ogni sorta di abuso da parte di chi sotto il nome di un personaggio autorevole della tradizione cristiana primitiva, vuole far passare le sue innovazioni dottrinali o pratiche . Perciò l'autore della seconda Lettera ai Tessalonicesi mette in guardia i lettori di fronte al rischio che qualcuno tenti di far accogliere la prospettiva della venuta immi­ nente del giorno del Signore facendo leva su pretese ispirazioni , pa­ role o qualche lettera fatta passare come paolina (2Ts 2,2) . Questo modo di accreditare e trasmettere nuovi orientamenti circa la parou­ sìa del Signore , viene qualificato dal nostro autore come «inganno». D'altra parte lo stesso autore che scrive a nome di Paolo esorta i let­ tori a «mantenere le tradizioni» che essi hanno appreso «così dalla nostra parola come dalla nostra lettera» (2Ts 2 , 15 ) . Non è casuale che proprio a conclusione della lettera l'autore senta il bisogno di esplicitare il ruolo di autenticazione che ha il saluto autografo : «Questo saluto è di mia mano , di Paolo ; ciò serve come segno di au­ tenticazione per ogni lettera ; io scrivo così» (2Ts 3 , 17). La stessa preoccupazione di raccomandare l'autorevolezza di uno scritto , rinviando a un altro già conosciuto nella tradizione , si avverte nella seconda Lettera di Pietro : «Questa, carissimi , è già la seconda lettera che vi scrivo , e in tutte due cerco di ridestare con ammonimenti la vostra intelligenza, perché teniate a mente le paro­ le già dette dai santi profeti , e il precetto del Signore e salvatore , tra­ smessovi dagli apostoli» (2Pt 3 , 1-2) . L'autore non si sente per nulla imbarazzato , né avverte la contraddizione di autopresentarsi nell'in60

testazione come «Simon Pietro , servo e apostolo di Gesù Cristo» e nello stesso tempo di rivolgersi ai destinatari perché ricordino le pa­ role trasmesse dagli «apostoli» . Una tale situazione , che può appari­ re a prima vista contraddittoria, si può capire all'interno di una pro­ spettiva , dove la pseudepigrafia è funzionale alla convalida della tra­ dizione autorevole che fa capo agli apostoli .

c) La pseudepigrafia nell'ambiente ellenistico Una prima risposta alle difficoltà di carattere «psicologico» e «teologico-morale» che solleva l'uso della pseudepigrafia negli scrit­ ti del NT e in particolare nelle lettere della tradizione paolina, può venire dalla costatazione che il ricorso a questo procedimento è co­ mune e diffuso nell'antichità. Esso si riscontra anche nei testi biblici dell' AT, soprattutto nei Salmi e negli scritti sapienziali e profetici . Nell'ambito della letteratura apocalittica si può parlare di una «tra­ dizione pseudepigrafica» , perché gli scritti apocalittici sono general­ mente posti sotto il nome di qualche personaggio autorevole del pas­ sato : Enoch , Mosè , Baruc, Esdra, Daniele . Ma per capire le ragioni e la funzione della pseudepigrafia nel corpus delle lettere paoline può essere utile il confronto con un fe­ nomeno analogo che si riscontra nell'ambiente greco-ellenistico . Nel contesto delle scuole filosofiche non è visto con sospetto , anzi viene lodato e apprezzato il fatto che i discepoli scrivono sotto il nome del loro maestro o caposcuola. Il filosofo platonico Giamblico del III sec. d.C. nella sua Vita di Pitagora , a proposito dei pitagorici , scrive : «È nobile cosa che essi attribuissero tutto a Pitagora e assai di rado si procacciassero una gloria personale per le loro scoperte : onde so­ no assai pochi coloro dei quali si conoscono gli scritti propri».62 In­ fatti sotto il nome di Pitagora , vissuto nel VI-V secolo a.C. , è posto un numero notevole di scritti filosofici . Anche a Ippocrate , medico dell'isola di Coo , contemporaneo di Socrate , sono attribuiti in epoca ellenistica diversi scritti dei suoi discepoli e di altri medici , raccolti nel Corpus Hippocraticum . Tra questi scritti figurano anche alcune Epistolài. Per quanto riguarda in particolare il genere epistolografico van­ no segnalate le raccolte di lettere poste sotto il nome di personaggi

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GJAMBLICO, Vit. Pyth. ' 158; cf. 198.

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famosi . Quelle di carattere filosofico sono spesso prodotte per esporre e diffondere le idee di una scuola. A questo scopo diverse raccolte di lettere sono poste sotto il nome del fondatore di una scuola filosofica o di altre personalità di rilievo . Al principe scita Anacarsi del VI a.C. sono attribuite alcune lettere prodotte in età ellenistica per diffondere le idee della scuola cinica . Parimenti sotto il nome del tiranno di Agrigento Falaride del VI a.C. sono poste ben 148 lettere scritte da un sofista del II secolo d.C. Delle nove lettere tramandate sotto il nome del retore ateniese Isocrate del V secolo almeno tre (III .VI . IX) sono sospette . Sotto il nome di Aristotele so­ no pubblicate da Artemone nel II secolo a.C. sei lettere . Sono men­ zionate dagli scrittori antichi anche raccolte di lettere attribuite ai fi­ losofi Teofrasto , discepolo di Aristotele , Epicuro e Arcesilao del IV-III secolo . Più noto e discusso è il caso delle 13 lettere di Platone , conside­ rate autentiche, nonostante alcuni dubbi e incertezze nell'antichità romana , fino all'epoca moderna. Sulla base dello studio della loro composizione , dello stile , dei fatti storici menzionati e del loro pen­ siero filosofico attualmente si conclude che solo un paio - la VII e l'VIII delle tredici lettere che formano il corpus platonico - sono autentiche , mentre le altre sarebbero buone imitazioni di un esperto conoscitore dello stile e del pensiero di Platone .63 Anche attorno al nome di Socrate si forma una raccolta di oltre trenta lettere , delle quali solo una , la XXVIII , è attribuita al filosofo ateniese Speusip­ po , successore di Platone a capo dell'Accademia. Le prime sette so­ no poste sotto il nome di Socrate , mentre le altre sono riferite alla cerchia di amici e discepoli del filosofo . Il corpus delle lettere socra­ tiche , scritte tra il II sec. a.C. e il I secolo d . C . , sono state prodotte nei circoli del cinismo moderato per conservarne e trasmetterne la tradizione filosofica. La lettera sostituisce l'incontro e il dialogo filo­ sofico con il maestro .64

d) La pseudepigrafia al servizio della tradizione paolina Questo ruolo delle lettere «filosofiche» nel contesto di una scuo­ la di pensiero potrebbe in qualche modo aiutare a capire lo scopo e la funzione della pseudepigrafia delle lettere deuteropaoline . Ma la 63

J. SoUHILÈ, Platon. Cku�·res complètes. Lettres, XIII , l , Paris 41977. B. FIORE, The Function of personal Example in the socratic and pastoral epist­ les, Rome 1986, 101-163 . 64

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finalità e il ruolo della pseudepigrafia delle lettere deuteropaoline vanno collocati e precisati nell'ambito della tradizione come è stata definita più sopra. Non è casuale infatti che il gruppo delle sei lette­ re si presenti sotto il nome di Paolo. Si tratta infatti di quel perso­ naggio della prima generazione conosciuto nelle lettere autentiche e negli Atti degli apostoli come il fondatore e organizzatore delle co­ munità cristiane fuori dell'area palestinese . Nell'intestazione di cin­ que di queste lettere Paolo è qualificato dal titolo autorevole : «apo­ stolo di Cristo Gesù» . Questo titolo manca nell'intestazione della se­ conda Lettera ai Tessalonicesi , che lo omette perché essa riproduce quella della prima lettera, alla quale rimanda come documento della tradizione «apostolica» (2Ts 2 , 1 5 ) . Per la stessa ragione nell'indiriz­ zo della seconda Tessalonicesi il nome di Paolo è associato a quello di Silvano e Timoteo , mentre nelle altre , esclusa Colossesi , egli è l'unico mittente . Anzi nelle tre lettere pastorali Paolo è l'unica auto­ rità apostolica che garantisce l'autenticità dell'annuncio , l'ortodos­ sia dottrinale e la stabilità della prassi tradizionale . Da questo fatto si potrebbe concludere che la pseudepigrafia nel contesto della tradizione paolina ha lo scopo di assicurare la conti­ nuità del ruolo fondante e normativo dell'apostolo Paolo anche do­ po la sua morte . Questo ruolo varia secondo i diversi contesti cultu­ rali e le cangianti situazioni dei destinatari , di cui si hanno i riflessi nelle rispettive lettere deuteropaoline . Ma c'è un duplice intento co­ mune che sta alla base della pseudepigrafia paolina. Da una parte si cerca di ritrovare le ragioni o radici della propria identità in un nuo­ vo e mutato contesto culturale ed ecclesiale . Dall'altra si avverte la necessità di appellarsi a un'autorità comune per far fronte al rischio della dissidenza o conflittualità che dall'interno minaccia la consi­ stenza della comunità cristiana. Quest'ultimo aspetto si coglie in modo più esplicito nella seconda Lettera ai Tessalonicesi , nella Let­ tera ai Colossesi e nel gruppo delle pastorali . Esso è attenuato nella Lettera agli Efesini , che si presenta con connotazioni epistolari più sfumate rispetto alle altre lettere deuteropaoline. In conclusione si può dire che nelle sei lettere deuteropaoline il ricorso al procedimento letterario della pseudepigrafia - in questo caso si dovrebbe parlare di «pseudepistolografia» - si colloca nel­ l'orizzonte più ampio della tradizione paolina. In realtà questi scritti formano tre gruppi distinti: la seconda Lettera ai Tessalonicesi , le due lettere affini ai Colossesi e agli Efesini , le tre lettere pastorali . Tuttavia esse costituiscono un corpus epistolare unitario in forza di 63

questo uso della pseudepigrafia paolina. Dunque le sei lettere deuteropaoline grazie alla pseudepigrafia rendono attuale ed effi­ cace il ruolo autorevole dell'apostolo Paolo per far ritrovare le ragioni di una sicura identità cristiana e rispondere , nella continuità con il metodo e pensiero dell'apostolo , alla sfida rappresentata dalle diverse nuove situazioni storiche e culturali delle comunità , alle quali esse sono indirizzate.

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III La seconda Lettera ai Tessalonicesi

Questo breve scritto in forma epistolare di appena tre capitoli , comprendenti complessivamente 823 parole greche , incluso tradi­ zionalmente nel corpus paolino, è divenuto oggetto di interesse e di­ battito nell'epoca moderna e attuale per diverse ragioni . In primo luogo per la presenza nel secondo capitolo di una sezione apocalit­ tica , che per il suo linguaggio e stile attira l'attenzione dei lettori . Da questo fatto , alla fine del XVIII secolo , prendono lo spunto i primi dubbi circa l'origine paolina della nostra lettera. Alla questione della pseudepigrafia si aggiunge nel nostro secolo quella dei «destinatari» della lettera. La seconda Lettera ai Tessalo­ nicesi in realtà sarebbe stata indirizzata originariamente solo alla co­ munità tessalonicese e non ai suoi capi; oppure al gruppo giudeo­ cristiano distinto dalla maggioranza etnico-cristiana della comunità; oppure alla comunità cristiana macedone di Filippi o di Berea. 1 Am­ bedue le questioni sono intrecciate con il problema del rapporto let­ terario e storico della seconda Lettera ai Tessalonicesi con la prima. Quest'ultimo problema apre il dibattito circa la datazione e l'inver­ sione cronologica delle due lettere . 2

1 A. VoN HARNACK, «Das problem des zweiten Thessalonicherbriefs», in Sit­ zungsberichten der Kgl. Preuss. Akkademie der Wiss., phil. hist. Kl. , Berlin 1910, 560-578, sulla base di alcuni indizi nelle due lettere ai Tessalonicesi sostiene che la comunità cristiana locale è divisa tra un gruppo giudeo-cristiano e uno etnico­ cristiano; la nostra lettera sarebbe indirizzata al gruppo giudeo-cristiano ; M. DIBE­ uus, An die Thessalonicher I. l/. An die Philipper, Tubingen 21937, 57-58, ritiene the la 1Ts è indirizzata solo ai capi della comunità ; la 2Ts all'intera comunità; E. ScHWEIZER, «Der zweite Thessalonicherbrief ein Philipperbrief?» , in TZ 1 ( 1945), 90-105, sulla base della lettera di Policarpo ai Filippesi ( Phil. 3,2) , dove parla al plu­ rale di , in Beitrage z. Ford. christl. Theol. 24, 3-4, Giitersloh 1919, 1 1 6-127; H.O. BRISTOL, «Paul's Thessalonian Correspondance>> , in Exp Tim 55(1944) , 223 ; T. W. MANSON , «St. Paul in Greece: the Letters to the Thessalonians>> , in BJRL 35 (1952-1953) , 428-447; C.A. WANAMAKER, The Epistles to the Thessalonians , Grand Rapids 1990. 3 B. RIGAUX, Les épitres aux Thessaloniciens , 80-85 , fa uno studio comparato tra il vocabolario della lTs e quello della 2Ts e arriva alla conclusione che 146 vocaboli sono comuni alle due lettere: la 2Ts ha 104 vocaboli propri ; dei 250 vocaboli diversi rispetto alla 1Ts (complessivamente 466 nelle due lettere) 35 non si trovano nelle quattro lettere maggiori di Paolo; 17 ricorrono nelle lettere della prigionia ; 3 nelle pa­ storali ; 7 in Ef e Col (Fil) ; dei 104 vocaboli propri della 2Ts circa una decina si trova­ no solo nell'epistolario paolino.

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ai Tessalonicesi è imparentato con quello dei LXX e con il greco del­ la koinè, lingua corrente con alcune affinità letterarie che si riscon­ trano negli scrittori greci del primo e secondo secolo d. C. ; così per esempio il termine àtopos di 2Ts 3 ,2, ricorre nel NT solo nell'opera di Luca tre volte e nei testi della poesia ellenistica. Alcuni vocaboli ed espressioni greche della nostra lettera riflet­ tono la terminologia specialistica dell'esperienza cristiana. Sono no­ tevoli alcune concentrazioni semantiche nei tre brevi capitoli dello scritto epistolare . Nella preghiera di apertura si trova la costellazio­ ne semantica costituita da tre vocaboli tipici della tradizione paoli­ na: pìstis, agàpe, hypomon� (2Ts 1 ,3-4) . Il termine pìstis , ricorre in 2Ts complessivamente 5 volte (come in Fil e Col} ; agàpe , 3 volte (come in Gal e Fm) , una volta con il genitivo toù Theoù (2Ts 3,5b) ; hypomon�, due volte , associata a pìstis (2Ts l ,4} e ad agàpe (2Ts 3 ,5b) ; quest'ultima connessione semantica non si riscontra nell'epi­ stolario paolino , dove hypomon� è il più delle volte associato a elpìs (lTs 1 ,3; Rm 5 ,3.4; 15 ,4) . L'espressione stereotipa, che per due volte introduce la preghie­ ra di ringraziamento , eucharistèin ophèilomen , «dobbiamo rendere grazie» (2Ts 1 ,3 ; 2 , 13) , non si trova nell'epistolario paolino , dove il verbo ophèilein ricorre 1 1 volte nel senso di «dovere» etico e consue­ tudine , ma non è mai associato alla preghiera di ringraziamento . Anche la formula kathòs axiòn èstin è inconsueta in un contesto di preghiera paolina (2Ts l ,3; cf. Fil l , 7) . Per il resto il lessico della preghiera di apertura è ricalcato su quello della l Ts , escluso il verbo hyperauxànei, «crescere rigogliosamente>> , che non ha riscontri al­ trove nel NT (2Ts 1 ,3). Merita di essere segnalata, subito dopo la preghiera iniziale , una seconda costellazione semantica che ruota attorno ai termini dìkaios (due volte) , dìke, ekdìkesis (2Ts 1 ,5-9) . Essa è contornata da due ha­ paxlegòmena neotestamentari : èndeigma e dìken tinèin (2Ts 1 ,5 . 9) . Nel nostro contesto dìkaios è associato a krìsis , «giudizio» di Dio . Nelle lettere di Paolo ai Romani e ai Galati , dove ricorre 8 volte , questo termine non è connesso direttamente al «giudizio di Dio» anche se in Rm 2,5 ricorre l'hapaxlegòmon neotestamentario dikaio­ krisìa di Dio - ma al processo di «giustificazione» per mezzo della fede o all'agire etico . Nello stesso contesto si ha un'altra concentra­ zione semantica che gravita attorno al verbo thlibèin e al sostantivo thlìpsis, che ricorrono rispettivamente due volte sulle 31 (24+7) complessive dell'epistolario paolino (2Ts 1 ,4.6-7) . 67

Nel secondo capitolo della lettera è già stata rilevata la peculia­ rità semantica della sezione «apocalittica» (2Ts 2, 1-12). Gli hapax­ legòmena paolini sono : episynagogè (2 ,lb) ; salèuesthai (2,2) ; throèisthai (2 ,2) ; apostasìa (2 ,3) ; sèbasma (2,4) ; anairèin (2,8) . Sono rare e inconsuete per l'epistolario paolino anche le espressioni àn­ thropos tes anomìas, hyiòs tes apolèias (2,3) , mystèrion tes anomìas (2,7) . Assieme ai vocaboli epiphàneia e parousìa queste espressioni nelle ricorrenze neotestamentarie gravitano nell'area apocalittica o della «rivelazione)) . Il termine epiphàneia, oltre al nostro testo di 2Ts 2,8, si trova cinque volte nelle lettere pastorali , dove però non è mai associato a parousìa . Quest'ultimo vocabolo ricorre 24 volte nel NT, di cui almeno la metà nel contesto dell'attesa escatologica . Ma quello che impressiona è la sua concentrazione nel nostro testo 2Ts 2 , 1 .8.9 - e la connessione in 2Ts 2,8 con la figura di «Satana)) . Nel terzo capitolo , di carattere esortativo pratico , v a segnalata la costellazione semantica costruita attorno al verbo ergàzesthai, che nella sezione di 2Ts 3 ,6-1 5 ricorre quattro volte . Esso riflette la ter­ minologia paolina di lTs 2,9; 4 , 19. Ma nel nostro testo è singolare la paranomasia con il composto periergàzesthai (2Ts 3 , 14) , che non ha paralleli nel NT (cf. periergòs in At 19,19; lTm 5 , 13) . L'area seman­ tica opposta al «lavorare)) è definita dai vocaboli della devianza e «disordine)) àtopos (3 ,2a) ; atàktos (3 ,6. 1 1 ) ; ataktèin (3,7) . Il primo è un hapaxlegòmenon paolino ; gli altri due non si trovano altrove nel NT. La peculiarità lessicale di questa sezione , fortemente imparen­ tata con la prima Lettera ai Tessalonicesi, è la ricorrenza di altri due verbi unici nel NT: kalopoiùn (3 ,13) ; semeioùsthai (3,14) . Anche l'invito a «imitare)) l'esempio di Paolo è espresso con un verbo raro memèisthai (3 ,7 .9) , che non ha corrispondenti nel resto dell'episto­ lario paolino , dove invece ricorre 6 volte il sostantivo mimetès (l Ts 1 ,6; 2, 14) . Infine va segnalata la terminologia cristologica della nostra lette­ ra a confronto con quella paolina. Il titolo Kyrios compare 22 volte , di cui 10 volte in forma assoluta, 9 volte nella formula di tenore litur­ gico Kyrios (hemon) Iesoùs Christòs ; tre volte in quella più breve Kyrios (hemon) Jesoùs. Questa terminologia cristologica solenne prevale nettamente su quella più umile o semplice : non si riscontra mai il nome Jesoùs da solo; una sola volta ricorre il titolo Christòs in forma assoluta (2Ts 3 ,5) ; neppure compare la tipica formula paolina Iesoùs Christòs ( Christòs Iesoùs) introdotta dalle particelle ènlèis . 68

Nella nostra lettera la suddetta formula cristologica è sempre am­ pliata con l'aggiunta di Kyrios. Per cogliere questa peculiarità della nostra lettera nell'uso della terminologia cristologica basti osservare che nella l Ts l'uso assoluto di Christòs si ha tre volte su un totale di dieci ricorrenze delle formule cristologiche . La netta prevalenza del titolo Kyrios in 2Ts risulta immediata­ mente dal confronto con le lettere paoline più vicine per ampiezza alla nostra lettera: in Fil il titolo Kyrios si trova 15 volte (8 in forma assoluta) , in Gal 6 volte (tre in forma assoluta) . Una frequenza ana­ loga di Kyrios si riscontra nella Lettera agli Efesini (26 volte) , Co­ lossesi (16 volte) e 2Timoteo (16 volte). La formula Iesoùs Christòs nell'epistolario paolino è cosl distribuita: ricorre 29 nelle lettere au­ tentiche e solo quattro nelle deuteropaoline ; la formula Christòs lé­ soùs si trova 42 nelle protopaoline e 36 nelle deuteropaolirie com­ presa la lTs, dove ricorre due volte (lTs 2,14; 5 , 18) .

b) Le caratteristiche letterarie e stilistiche di 2 Ts4 Lo stile della seconda Lettera ai Tessalonicesi è caratterizzato da una certa ridondanza che risulta dall'ampiezza delle frasi accostate o subordinate e dalla iterazione dei concetti disposti in forma seriale . I tre brevi capitoli della lettera sono costituiti complessivamente da 28 proposizioni principali . Ma il primo capitolo , formato da 12 versetti e 235 parole consta di 3 sole proposizioni principali . Dopo quella ini­ ziale (2Ts 1 , 1-2) , che fa da intestazione della lettera - mittenti , de­ stinatari e saluto - segue per otto versetti una lunga frase composta da 1 1 proposizioni subordinate introdotte da hòti, hoste (1 ,4) , sulle quali si innestano altre brevi frasi relative o participiali (2Ts 1 ,3-10) . Questa tessitura ridondante e intrecciata del testo non risulta nella traduzione italiana della CEI che spezza il lungo periodare del testo originale greco in quattro frasi principali distinte . Il primo capitolo si chiude con un terzo ampio periodo , il cui andamento ondulare è conservato anche nella traduzione italiana (2Ts 1 , 1 1- 12) . La proposizione principale viene introdotta dall'e­ spressione èis hò kài proseuchòmetha. Questa è la terza ricorrenza della particella èis, che nella frase precedente introduce una delle

4 D.D. ScHMIDT, «The syntactical style of 2Thessalonians ; how Pauline is it?>>, in F. R. CoLLINS , a cura di, The Thessalonian Correspondence (BETL 98) , Leuven 1 990, 383-393 .

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proposizioni infinitive subordinate : èis tò . . . (1 ,5b) . Le due propo­ sizioni subordinate dell'ultima frase del capitolo sono introdotte ri­ spettivamente da hìna e hòpos, che reggono tre verbi al congiuntivo : axiòse-i, plerbse-i ( 1 , 1 lb} , endoxasthe-i ( 1 , 12) . Il secondo capitolo , composto da 314 parole e 17 versetti , a pri­ ma vista appare più articolato , in quanto consta di 9 frasi . In realtà i primi quattro versetti comprendono due sole proposizioni relativa­ mente ampie (2Ts 2, 1-4) . Dopo un intermezzo di stile epistolare (2,5-6) , segue un breve annuncio (2,7) , commentato da una frase che si sviluppa per tre versetti (2Ts 2,8-10) . Essa è completata da un'altra proposizione principale , sulla quale si innestano due subor­ dinate (2Ts 2, 1 1-12) . La prima è una proposizione infinitiva intro­ dotta dalla formula tipica , che ricorre complessivamente quattro volte nel secondo capitolo della nostra lettera: èis tò . . (2Ts 2,2a.6a. lOc. l lb} . L'ultima parte del capitolo di stile parenetico è composta da tre proposizioni : due più ampie , che fanno da cornice a una frase più breve (2Ts 2, 13-14. 15. 16- 17) . Il terzo capitolo , formato da 273 vocaboli e 18 versetti, rispetto ai precedenti dà l'impressione di essere più composito e vario . Si apre con una frase , formata da una proposizione principale e da due subordinate , rette da hìna (2Ts 3 , 1-2a) . Seguono altre quattro più brevi di stile epistolare . La parte più ampia del capitolo , prima delle rapidissime formule di benedizione e saluto finali (3 , 16-18} , è costi­ tuita da una serie di esortazioni e inviti , in cui una proposizione prin­ cipale è seguita da una o più subordinate (2Ts 3 ,6-15) . La frase più ampia è quella centrale , dove la proposizione principale si snoda in altre otto subordinate spesso coordinate tra loro (2Ts 3 ,7-9) . Tra queste l'ultima proposizione infinitiva è introdotta dall'espressione : èis tò (3 ,9c) . Un'analisi più minuta del materiale di costruzione delle singole frasi e proposizioni rivela le peculiarità stilistiche del nostro scritto e conferma l'impressione di ridondanza particolarmente rilevante in alcune sezioni . Sono già state segnalate nell'analisi lessicale alcune concentrazioni semantiche e giochi di assonanza verbale o parano­ masie . In questo contesto si possono richiamare quelle dell'ampio periodo del primo capitolo: alla menzione di tes dòxes , fa riscontro il verbo endoxasthènai (1 ,9c. 10a ; cf. 1 , 12a: endoxasthe-i) ; al participio èn pàsin pistèusasin, fa eco il verbo epistèusthe ( 1 , 10bc; cf. 1 , 1 1c: pìsteos) . Un tratto distintivo dello stile della seconda Lettera ai Tessaloni­ cesi è il ricorso frequente in alcune sezioni al genitivo con funzione aggettivale come nella lingua ebraica. In alcuni casi si tratta di evi.

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denti prestiti o allusioni a fraseologie bibliche secondo la versione dei Settanta, com'è il caso delle espressioni èn pyrì pflogòs , «in fuo­ co ardente» (2Ts 1 ,8a; cf. 1 ,9c) . Risentono di questo influsso biblico le formule della «sezione apocalittica» : hò ànthropos tes anomìas; hò hyiòs apolèias (2,3c) . A queste si possono accostare le espressioni affini che ricorrono nella sezione successiva: mystèrion. . . tes ano­ mìas; tei epiphanèia-i tes parousìas; èn tèrasin psèudous; èn . . . apàte-i adikìas; ten agàpen tes alethèias; energèian tes plànes (2,7-1 1 ) . Anche nel contesto parenetico riaffiora questo uso del genitivo con funzio­ ne aggettivale : èn hagiasmo-i pnèumatos kài pìste-i alethèias (2 ,13c) . Un altro aspetto tipico dello stile di questa lettera è la tendenza ad accostare due o più termini in una concatenazione seriate o anti­ tetica. È il caso della messa in guardia in apertura del capitolo se­ condo : «Ora vi preghiamo . . . di non lasciarvi così facilmente confon­ dere e turbare , né da parte di pretese ispirazioni , né da parole , né da qualche lettera fatta passare come nostra» (2Ts 2, 1-2) . Nel testo gre­ co è più forte l'effetto di iterazione con la sequenza di cinque parti­ celle negative : me . . . medè. . . mete. . . mete. . . mete; e di quattro dià. È notevole anche l'accumulazione di tre termini che però corrispondo­ no alla fraseologia biblica: èn pase-i dynàme-i kài semèiois kài tèrasin (2Ts 2,9b) . Anche la ripresa nel capitolo terzo delle espressioni della prima Tessalonicesi per raccomandare l'esempio di Paolo ne accen­ tua l'aspetto iterativo : «abbiamo lavorato con fatica e sforzo , notte e giorno» (2Ts 3 ,8b) .

c) La struttura letteraria della 2 Ts5 Le proposte relative alla struttura della seconda Lettera ai Tes­ salonicesi si diversificano sulla base dei criteri adottati . Tuttavia le varie ipotesi convergono su almeno due punti : a) la cornice epistola­ re del nostro scritto (2Ts 1 , 1-2 ; 3 , 16-18) ; b) l'articolazione del testo in tre sezioni , diversamente suddivise e connesse tra loro . I criteri dell'analisi retorica applicati alla nostra lettera ne confermano l'uni­ tà e integrità .6 Sulla base di questi criteri F.W. Hughes propone la seguente ipotesi di struttura :

5 M.J .J. MENKEN , , in F. R. CoLLINS, a cura di , The Thessalonian Correspondence (BETL 98) , Leuven 1990 , 373-382. 6 Rimane isolata l'ipotesi di W. ScHMITHALS, , in E. DINKLER , a cura di, Zeit und Geschichte, Fs. R. Bultmann , Tubingen 1964, 295-31 5 , che considera l'attuale seconda Lettera ai Tessalonicesi composta da due distinte lettere originali: A. 2Ts 1 , 1 -2+3 ,6-16; B . 2Ts 2,13-14+2,112+ 2,15-3 ,5+ 3, 17-18.

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A 1 , 1-12: exordium , ringraziamento e preghiera per gli ascol­ tatori; B 2 , 1-2 : partitio , presentazione delle due prove o argomenta­ zioni : a) 2,3-12: probatio , la parousìa non è ancora imminente ; b) 2 , 13-1 5 : probatio , ragioni per conservare la tradizione ricevuta ; B ' 2 , 16-17: peroratio , riassume l'argomentazione precedente ; C 3 , 1-15: exhortatio , conclusiva . 3, 16-18: postscritto epistolare. 7 Le divergenze d i R. Jewett circa l a strutturazione «retorica» del­ la 2Ts riguardano la parte centrale probatio (B) , che egli estende fi­ no a 2Ts 3 , 5 . La terza parte (3,6-15) viene considerata come ex­ hortatio e la conclusione epistolare (3, 16-18) come peroratio .8 Un ulteriore elemento utile per ricostruire la struttura di 2Ts è quello rilevato da J .L. Sumney: vi sono delle evidenti corrisponden­ ze o riprese lessicali in una diversa prospettiva tra le diverse parti della lettera : 2Ts 1 ,3//2 , 1 3 ; 1 ,4.8. 10. 1 1//2,14; 1 ,5-8//2 , 15-17; 1 , 101 11/3 , 1 ; 1 , 1 11/3 ,3; 1 , 12//3 ,5. Sulla base di questi dati egli riscontra anche nella nostra lettera lo schema paolina in tre parti ABA ' , cosi articolate : A . 2Ts 1 ,3-12; B . 2Ts 2,1-12; A' . 2Ts 2 , 1 3-3 ,5. La sezio­ ne finale (3,6-15) sarebbe l'applicazione pratica del discorso prece­ dente alla situazione di crisi della comunità tessalonicese . 9 In queste ipotesi di struttura della 2Ts rimane incerta e discutibile il punto di sutura o passaggio dalla seconda alla terza parte (2Ts 2 , 13-3,5). 1 0 Per valutare le diverse ipotesi di struttura è opportuno tenere presenti alcuni dati del testo . In primo luogo vanno segnalate le for­ mule ed espressioni della comunicazione epistolare . Oltre alla cor­ nice (2Ts 1 , 1-2; 3 , 16-18) , il corpo della lettera è scandito da altri ri­ chiami al lessico e stile epistolare. Nel primo capitolo , dopo l'inte-

7 F. W. HUGHES , Early christ«ln Rhetoric and 2Thessa/onians (JSNT Suppl. Ser. 30) , Sheffield 1989. 8 J. JEWETI, The Thessalonians Correspondence: Pauline Rhetoric and Millena­ rian Piety (Foundations and Facets) , Philadelphia 1986. 9 J . L. SuMNEY, «The Bearing of a Pauline Rhetoric Pattern on the Integrity of . 2Thessalonians», in ZNW 81(1990) , 192-204. 10 RIGAUX, Les Épltres aux Thessa/oniciens , 40, include 2Ts 2 , 1 3-3 ,5 nella secon­ da sezione della seconda parte , come esortazione pratica dopo l'istruzione sulla pa­ rousìa; la stessa suddivisione si trova in W.G. Kiimmel , J . M . Cambier, E. Ghini, G . Barbaglio .

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stazione , dove sono indicati i mittenti , i destinatari e il saluto , con la formula: «dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi , fratelli , come è ben giusto» , si introduce un'ampia preghiera di ringrazia­ mento con un'implicita funzione parenetica (2Ts 1 ,3-10) . Una se­ conda formula di «preghiera di invocazione» - «anche per questo preghiamo sempre per voi» - prepara la conclusiva di carattere dossologico (2Ts 1 , 1 1-12) . È evidente il parallelismo stilistico nella introduzione delle due «preghiere» - eucharistèin . . . pàntote perì hymon/lproseuchòmetha pàntote peri hymon (2Ts 1 ,3a. l la) . Vi sono inoltre alcuni nessi lessi­ cali che indicano le scansioni tematiche . La prima parte della pre­ ghiera di ringraziamento si fonda sulla condizione spirituale dei «fra­ telli», richiamata da tre verbi e dai rispettivi sostantivi : hyperauxànei hè pìstis (1 ,3b) ; pleonàzei hè agàpe (1 ,3c) ; egkauchàsthai. . . hypèr tes hypom6nes kài pìsteos ( 1 ,4) . Il tema della hypomonè, «costanza» , è associato a quello delle «persecuzioni e tribolazioni», thlìpsis, che fa da ponte alla sequenza del «giusto giudizio» di Dio (2Ts l ,5- 1 1 ) . Es­ so è presentato con il linguaggio «apocalittico» di matrice biblica e lo schema dualistico della retribuzione . Protagonista del «giudizio di Dio» è il «Signore Gesù», che verrà in «quel giorno» per essere glo­ rificato , endoxasthènai, in tutti i suoi santi ed «essere riconosciuto in tutti quelli che hanno creduto , perché è stata creduta, tòis pistèusa­ sin, hòti epistèuthe, la nostra testimonianza in mezzo a voi» (2Ts 1 ,810) . Il tema del «credere/fede», pistèueinlpìstis ha una risonanza nella preghiera conclusiva del capitolo primo, in cui si chiede: che «il no­ stro Dio vi renda degnh> , axiòse-i, della sua chiamata e porti a com­ pimento . . . l'opera della vostra fede , èrgon tes pìsteos ; perché sia glo­ rificato , endoxasthe-i, il nome del Signore nostro Gesù in voi» (2Ts l , l lc-12a) . I richiami tematici sono favoriti dalle corrispondenze lessicali , che si intrecciano in questo primo capitolo . La prima ri­ chiesta della preghiera, che fa leva .sul verbo axioùsthai, rimanda al­ la sequenza del giusto giudizio di Dio che «proclamerà degni , èis tò kataxioùsthai, del regno di Dio» quelli che «soffrono per esso» (2Ts 1 ,5). È notevole anche la concatenazione lessicale che si sviluppa at­ torno al tema della «gloria», dòxa, mediante il duplice ricorso del verbo endòxasthai (2Ts 1 ,9c. l0a . l2a) . Con questa prospettiva della «gloria» di Gesù nostro Signore e dei credenti in lui , «secondo la grazia del nostro Dio» , si chiude il primo capitolo . L'apertura della nuova sezione è segnalata da un nuovo verbo della comunicazione epistolare , erotomen , e dall'appel73

lativo adelphòi, che viene ripreso ancora due volte nel seguito del capitolo secondo ( 2Ts 2,1a. 13a. l4a ) . In tutte e tre i casi si tratta di una ripresa del dialogo epistolare , in cui si alternano i pronomi «noi» «VOi». Un piccolo intermezzo di stile epistolare è rappresenta­ to dai due versetti che dividono la «sezione apocalittica>> : «Non vi ri­ cordate che , quando ero tra voi, venivo dicendo queste cose? E ora sapete . . . » ( 2Ts 2,5-6a ) . Questo dialogo viene ripreso nella preghiera di ringraziamento , introdotta con una formula quasi identica a quella di apertura della lettera : «Noi però dobbiamo sempre rendere grazie , ophèilomen eu­ charistèin . . . pàntote, a Dio per voi , fratelli amati dal Signore» ( 2Ts 2,13 ) . Esso continua nella serie di imperativi che accompagnano l'appellativo adelphòi: «Perciò , fratelli , state saldi e mantenete le tradizioni . . . Per il resto, fratelli, pregate per noi . . . » (2Ts 2 , 15 ; 3 , 1 a ) . Quest'ultimo invito sfocia in una dichiarazione di fiducia che me­ diante il verbo paraggèllein , «ordinare», fa da ponte all'ultima sezio­ ne di carattere prescrittivo : «Vi ordiniamo pertanto fratelli . . . vi or­ dinammo . . . a questi tali ordiniamo» ( 2Ts 3 ,4. 6. 10. 12 ) . Sulla base di questi rilevamenti circa lo stile epistolare si devono includere nella seconda parte centrale non solo gli ultimi cinque ver­ setti del capitolo secondo , ma anche i primi cinque versetti del terzo , dove si ha un esplicito richiamo lessicale e tematico. Infatti l'esorta­ zione a mantenere le tradizioni «apprese sia dalla nostra parola sia dalla nostra lettera» corrisponde alla chiamata di Dio mediante il «nostro vangelo» ( 2Ts 2 , 14. 15 ) . A questa esortazione corrisponde l'invito alla preghiera «perché la parola del Signore si diffonda e sia glorificata come lo è anche tra voi» (2Ts 3 , 1 ) . Similmente la dichia­ razione di fiducia, che chiude il capitolo secondo : «E lo stesso Signo­ re nostro Gesù Cristo . . . conforti i vostri cuori e li confermi , sterìxai, in ogni opera e parola di bene», ha un'eco in quelle che chiudono la duplice esortazione dei primi versi del capitolo terzo : «Ma il Signore è fedele ; egli vi confermerà , sterìxei . . . Il Signore diriga i vostri cuori nell'amore di Dio e nella pazienza di Cristo» ( 2Ts 3 ,3a.5 ) . I versetti conclusivi del capitolo secondo a loro volta si innestano con un gioco di contrappunto sugli ultimi due versetti della cosiddet­ ta «sezione apocalittica» , che occupa la parte centrale dello stesso capitolo ( 2Ts 2, 1-12) . È facilmente rilevabile l'antitesi tematica tra il destino di quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l'a­ more alla verità, tèn agàpen tes alethèias , per essere salvati , èis tò so­ thenai» , e quelli che Dio ha scelto come primizia per la salvezza, èis soterìan , attraverso l'opera santificatrice dello Spirito e la fede nella verità , pìstei alethèias» (2Ts 2 , 10 . 13 ) . 74

Una corrispondenza lessicale e tematica fa da cornice al quadro apocalittico centrale . Infatti la messa in guardia iniziale che annun­ cia il tema del secondo capitolo - «riguardo alla parousìa del Signo­ re nostro Gesù Cristo e alla nostra episynagog't! con lui» - avverte i destinatari a non lasciarsi confondere e turbare «né da pretese ispi­ razioni , né da parole , dià lògou, né da qualche lettera fatta passare come nostra, dià episto/es hos dfhemon , quasi che il giorno del Si­ gnore sia imminente» ( 2Ts 2, 1-2 ) . Il riferimento alle false e allar­ manti informazioni trova un'eco antitetica nell'esortazione positiva finale : «Perciò , fratelli , state saldi e mantenete le tradizioni che ave­ te apprese da noi sia dalla nostra parola , dià lògou , sia dalla nostra lettera, dfepisto/es hemon» ( 2Ts 2,15 ) . Un breve appello al discernimento critico apre la sezione di ca­ rattere «apocalittico»: «Nessuno vi inganni , exepatese-i, in alcun mo­ do !» ( 2Ts 2,3a ) . L'inganno, apàte, è il destino di quelli che vanno in rovina (2Ts 2 , 10a ) . Sono quindi indicate le due condizioni previe della parousìa : la venuta dell'apostasia e la rivelazione dell'uomo iniquo, hò ànthropos tes anomìas, il figlio della perdizione. Quest'ul­ timo viene ulteriormente identificato mediante una coppia di parti­ cipi , esplicitati da tre espressioni concatenate di matrice biblica: «colui che si contrappone , hò antikèimenos, e si innalza, kài hyperairòmenos , sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto , fino a sedere nel tempio di Dio , additando se stesso come Dio» ( 2Ts 2,4 ) . Questo quadro «apocalittico» è ripreso e sviluppato dopo il bre­ ve dialogo epistolare circa le informazioni già avute e conosciute dai destinatari . Essi infatti ora sanno «ciò che impedisce , to katèchon , la sua manifestazione che avverrà nella sua ora» (2Ts 2,5-6) . Il verbo «rivelarsi» , apokalypsesthai, è il filo conduttore della nostra sezione (2Ts 2,3b.6.8a ) . Nella stessa area apocalittica rientra anche il termi­ ne «mistero» , myst't!rion (2Ts 2,7 ) . L'omogeneità tematica del brano è sottolineata dalla ripetizione e risonanza dei termini : «Il mistero dell'iniquità, tes anomìas, è già in atto , energèitai, ma è necessario che sia tolto di mezzo ciò che finora lo trattiene , hò ka­ tèchon . Solo allora sarà rivelato , apokalyphthèsetai, l'empio , hò ànomos, e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà all'apparire della sua venuta, epiphanèia tes parou­ sìas ; la cui venuta , parousìa , avverrà nella potenza , kat'enèrgeian , di satana, con ogni specie di portenti , di segni e di prodigi menzogneri e con ogni sorta di empio inganno , èn pàse-i apàte-i adikìas . . » ( 2Ts 2,7-10a ) . .

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Qui si innesta la presentazione della sorte di quelli che sono vitti­ me dell'empio inganno dell'iniquo che opera con la potenza di sata­ na per la loro perdizione . Si tratta di quelli che vanno in rovina , ­ tòis apollymènois , un richiamo al «figlio della perdizione, apoleìas di 2,3c - perché non hanno accolto l'amore alla verità» . Questo è il motivo per cui «Dio invia loro una potenza , enèrgeian , di inganno , perché essi credano alla menzogna e così siano condannati con tutti quelli che non hanno creduto alla verità , hòi m� pistèusantes te-i a/e­ thèiai, ma hanno acconsentito all'iniquità , te-i adikìa-i» (2Ts 2 , 1 112) . In questa presentazione del quadro dei «perduti» è intenzionale il contrasto con quello dei «salvati» . Quest'ultimi sono quelli che Dio ha scelto per la salvezza attraverso lo Spirito di santificazione e la «fede nella verità» , pìstei a/ethèias (2Ts 2, 13b) . La terza parte della lettera di carattere prescrittivo è anticipata in alcune dichiarazioni che concludono la parenesi della sezione apoca­ littica . Tra queste vi è l'accenno agli «uomini perversi e malvagi» , dai quali si chiede di essere liberati. Si tratta di quelli che sono estranei alla «fede» , dono di Dio (2Ts 3 ,2) . L'autore esprime la sua ferma fi­ ducia che il Signore è in grado di custodire i credenti dal «maligno», apò toù poneroù, e nello stesso tempo è convinto che essi già mettono in pratica quello che egli «ordina» , ha paraggèllomen (2Ts 3 ,4) . Con questo verbo è chiaramente annunciata la sezione finale . L'autore in modo autorevole - «nel nome del Signore nostro Gesù Cristo» - dispone , paraggèllomen , che si tengano lontani da ogni fratello indisciplinato , atàkt6s, che non si comporta secondo la tradizione ricevuta (2Ts 3 ,6) . Segue un'ampia motivazione di questa norma tradizionale con il richiamo all'esempio dell'autore che i de­ stinatari della lettera devono imitare , mimèisthai. Esso è condensato in una sentenza o regola: «chi non vuoi lavorare neppure mangi» (2Ts 3 ,7- 10) . Seguono un'ulteriore precisazione del caso di quelli che «vivono disordinatamente , atàktos, senza far nulla e in continua agitazione» e la relativa disposizione ed esortazione autorevole «nel Signore Gesù Cristo» : «mangiare il proprio pane lavorando in pace» (2Ts 3 , 1 1-12) . L'invito positivo ai fedeli - fate il bene senza scoraggiarvi - in­ troduce la disciplina comunitaria da praticare nei confronti di chi non obbedisce alle disposizioni dell'autore messe per iscritto (2Ts 3 , 13-15) . Con altri termini si riprende alla fine la norma già indicata in apertura della sezione , dove si dice di tenersi lontani dal fratello indisciplinato : segnalare chi si ribella, non unirsi a lui perché si rav­ veda; non trattarlo da «nemico» , ma ammonirlo come un «fratello» . 76

In tal modo risulta la struttura concentrica di quest'ultima sezione , dove le parti estreme ruotano attorno a quella centrale , dominata dall'esempio da imitare rypon èis tò mimèsthai e condensata nella re­ gola del «lavorare», ergàzesthai (2Ts 3 , 10) . Gli ultimi versetti del capitolo terzo chiudono la lettera con alcu­ ne varianti rispetto allo schema protocollare . La più vistosa è la di­ chiarata ed esplicita autenticazione della lettera mediante il saluto autografo di Paolo (2Ts 3 , 17) . Essa è contornata da una invocazione della pace da parte del «Signore della pace» e dal saluto finale : «La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti voi» (2Ts 3, 16a. l8) . Quest'ultima formula riprende quella che accompagna l'invocazione della pace: «> che rievoca termini ed espressioni dell'a­ pocalisse dei Vangeli sinottici ( 2Ts 2 ,2- 12//Mc 13; Mt 24-25 ; Le 17; 21 ) . Non c'è bisogno di dire che ancora più evidenti sono le somi­ glianze con alcuni testi dell'Apocalisse giovannea . La venuta del­ l'iniquo «nella potenza di satana, con ogni specie di portenti , di se­ gni e prodigi menzogneri» rimanda al testo dell'Apocalisse , dove si descrive l'azione seduttrice della seconda bestia che sale dalla terra e sta al servizio della bestia che viene dal mare ( Ap 1 3 , 1 1-13; cf. Mt 24 ,24 ) . Anche l'azione vittoriosa del Signore Gesù , che distrugge 80

l'empio con il soffio della sua bocca , richiama la scena del giudizio di Ap 19,15. Infine possono essere segnalate alcune somiglianze lessicali e te­ matiche di 2Ts con la prima Lettera di Pietro . Queste riguardano sia il tema delle tribolazioni dei credenti sia quello del giudizio di Dio che si manifesta come condanna di quelli che non obbediscono al vangelo di Dio o del Signore (2Ts 1 ,8//1Pt 4 , 17) . Del resto questo schema «dualistico» , che fa leva sul principio di retribuzione , rientra nel modello culturale più ampio della tradizione apocalittica (cf. Ap 18,6-7) . Sulla base di queste affinità è difficile pensare a una dipendenza diretta della nostra lettera dai testi del NT, esclusi forse quelli della tradizione paolina. In alcuni casi si tratta di un contatto solo indiret­ to , grazie alla comune tradizione biblica, in particolare apocalittica . Questo vale per la presentazione della «crish> finale che precede la parusia. Il testo di 2Ts 2,3b-4 sull'apostasia e la rivelazione dell'uo­ mo iniquo si ispira a Dn 1 1 ,36, dal quale dipendono anche l'apoca­ lisse giovannea e quella sinottica.

c) Confronto tra la prima e seconda Lettera ai Tessalonicesi Nell'analisi precedente circa i rapporti della 2Ts con i testi neo­ testamentari sono state omesse le sue affinità o convergenze lessicali e stilistiche , letterarie e tematiche con la prima Lettera ai Tessaloni­ cesi . Le somiglianze tra i due testi sono tali da richiedere un esame a parte . B . Rigaux calcola che tra le due lettere , formate rispettiva­ mente da 1475 (Morgenthaler: 1472) e 823 vocaboli , vi siano circa 146 termini comuni . 1 1 Nel confronto sinottico tra le due lettere lo stesso autore elenca 25 casi di somiglianze lessicali e stilistiche. 12 Le convergenze più impressionanti riguardano la cornice epistolare e le altre espressioni che introducono o fanno da raccordo tra le varie se­ zioni . Siccome questo fatto dell'affinità tra le due lettere è l'argo­ mento più sfruttato da chi contesta l'autenticità paolina di 2Ts, è be­ ne esaminarlo più da vicino per valutarne il peso nel dibattito circa la sua origine letteraria e storica. 1 1 RIGAUX, Les Épitres aux Thessaloniciens , 80; in realtà se si tiene conto anche dei termini con le stesse radicali si arriva a circa 166 vocaboli comuni tra le due lettere ai Tessalonicesi . 1 2 RIGAUX , Les Épitres aux Thessaloniciens , 133- 134.

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Il confronto tra i due testi presenta questa situazione : 2 Ts

J Ts

1 , 1-2 Paolo, Silvano e Timoteo, alla chiesa dei Tessalonicesi che in Dio Padre nostro e nel Signore Gesù Cristo; grazia a voi e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo.

1,1 Paolo, Silvano e Timoteo alla chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo; grazia a voi e pace.

1 ,3-4 Dobbiamo sempre ringraziare Dio per voi, fratelli . . . la vostra fede cresce e abbonda la vostra carità vicendevole ; cosl noi pos­ siamo gloriarci di voi nelle chie­ se di Dio , per la vostra costanza e la vostra fede in tutte le perse­ cuzioni e tribolazioni che sop­ portate.

1 ,2-3 .6 (2 , 14) Ringraziamo sempre Dio per tutti voi . . . continuamente me­ mori del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nel­ la carità e della vostra costante speranza nel Signore Gesù Cri­ sto .

1 ,5 . 1 1 vi proclamerà degni del regno di Dio . . . vi renda degni della sua chiamata

2 , 12 in maniera degna di quel Dio che vi chiama al suo regno

1 ,7-10 nella rivelazione del Signore Gesù Cristo dal cielo con gli an­ geli della sua potenza . . . a far vendetta di quanti non conosco­ no Dio . . . quando egli verrà per essere glorificato nei suoi santi . . .

3 , 1 3 ; 4,5-6. 16 per rendere saldi i vostri cuori . . . nella venuta del Signore nostro Gesù Cristo con tutti i santi . . . come i pagani che non conosco­ no Dio . . il Signore è vindice di tutte queste cose . . . il Signore stesso . . . discenderà dal cielo . . .

1,11 Anche per questo preghiamo sempre . . . perché porti a compimento . . . l'opera della fede . . .

1 ,3 memori della vostra opera di fede . . .

82

.

2,1.2 Ora v i preghiamo, fratelli, ri­ guardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo . . . quasi che il giorno del Signore sia imminente . . .

5 , 12; 1 ,3; 5 ,2 Vi preghiamo poi fratelli . . . della vostra costante speranza nel Si­ gnore nostro Gesù Cristo . . . co­ me un ladro di notte così verrà il giorno del Signore . . .

2,5 Non ricordate che quando anco­ ra ero tra voi, venivo dicendo queste cose . . .

3 ,4; 2,9 Già quando eravamo tra voi vi preannunziavamo . . . vi ricordate infatti , fratelli . . .

2,8-9 Il Signore Gesù lo distruggerà all'apparire della sua venuta . . . la cui venuta avverrà nella po­ tenza · di satana . . .

2,19; 2,18 Davanti al Signore nostro Gesù nel momento della sua venuta . . . ma satana ce lo ha impedito . . .

2 , 1 3-17 Noi però dobbiamo rendere sempre grazie a Dio per voi fra­ telli, amati dal Signore , perché Dio vi ha scelti . . . per la salvezza nella santificazione dello Spi­ rito . . . chiamandovi a questo con il no­ stro vangelo, per il possesso del­ la gloria del Signore nostro Ge­ sù Cristo. Perciò , fratelli , state saldi e mantenete le tradizioni . . . E lo stesso Signore nostro Gesù . . . conforti i vostri cuori e li confer­ mi in ogni opera buona . . .

1 ,4 ; 2,12. 1 3 ; 3 ,2 . 1 3 Proprio per questo anche noi ringraziamo Dio . . . Noi ben sappiamo fratelli amati da Dio , che siete eletti . . . Dio ci ha chiamati . . . alla santificazio­ ne. . . Poiché Dio ci ha destinati . . . al possesso della salvezza . . . Il Signore . . . per rendere saldi . . . i vostri cuori . . . Voglia Dio stesso . . . per confermarvi e confortarvi nella vostra fede . . .

3 , 1 .3-4 Per il resto fratelli pregate per noi, perché la parola del Signo­ re . . . Ma il Signore è fedele ; egli vi confermerà e vi custodirà . . .

4 , 1 . 10 ; 5 ,24.25 Per il resto fratelli vi preghiamo e supplichiamo . . . pregate anche per noi . . . Colui che vi chiama è fedele e farà tutto questo . . . 83

Abbiamo questa fiducia nel Si­ gnore che quanto vi ordiniamo già lo facciate e continuiate a farlo . . .

e questo voi lo fate . . ma vi esor­ tiamo ancora . . .

3 ,6 Vi ordiniamo pertanto fratelli nel nome del Signore nostro Gesù Cristo di tenervi lontani da ogni fratello che si comporta in maniera indisciplinata e non secondo la tradizione che avete ricevuto da noi .

4,1-2 Per il resto, fratelli, vi preghia­ mo e supplichiamo: per il Signo­ re Gesù : avete appreso da noi come comportarvi . . . e già vi comportate. . . E voi conoscete quali ordini abbiamo dato da parte del Signore Gesù . . .

3 ,7-9 Sapete infatti come dovete imi­ tarci . . . abbiamo lavorato con fa­ tica e sforzo notte e giorno per non essere di peso ad alcuno . . . Ma per darvi noi stessi come modello da imitare . . .

1 ,6-7 ; 2,9 E voi siete diventati nostri imi­ tatori . . . così da diventare mo­ dello a tutti i credenti . . . Voi ricordate infatti fratelli la nostra fatica e il nostro sforzo la­ vorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno . . .

3 , 10-12,15 E infatti quando eravamo tra voi vi abbiamo ordinato : chi non vuol lavorare neppure mangi . . . Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono in modo indisciplina­ to senza far nulla . . . A questi tali ordiniamo esortan­ doli nel Signore Gesù Cristo di mangiare il proprio pane lavo­ rando in pace . . . Non trattate/o però come nemico , ma correg­ getelo come un fratello.

4 , 1 1 ; 5 , 14 a vivere in pace . . . a lavorare con le proprie mani. còme vi abbia­ mo ordinato . . . Vi esortiamo fratelli: correggete gli indisciplinati . . . Trattate/i con molto rispetto . . .

3 , 16. 18 Il Signore della pace vi dia egli stesso la pace . . . La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti voi.

5 ,23.28 Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione . . . La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con voj .

84

.

Da questo quadro sinottico risulta che la massima concentrazio­ ne delle convergenze tra le due lettere si ha, oltre che nella cornice epistolare, nel capitolo primo , alla fine del secondo e nel terzo capi­ tolo . Risultano invece minori e irrilevanti le somiglianze nella «Se­ zione apocalittica» (2Ts 2,3-12) . Anzi si deve dire che il lessico «apo­ calittico>> , presente con un certo spessore nella seconda lettera - tre volte il verbo apokalypsesthai, e una volta il sostantivo apokàlypsis (2Ts 1 ,7; 2,3.6.8) - è del tutto assente nella prima lettera. Sono im­ pressionanti le altre affinità lessicali e stilistiche , soprattutto le for­ mule ed espressioni dello stile epistolare e della parenesi . Ma quello che colpisce è la disparità di collocazione contestuale degli stessi vocaboli , espressioni o formule . In altre parole lo stesso materiale serve per costruire un diverso tessuto argomentativo . Le affinità tematiche più rilevanti riguardano le qualità spirituali della comunità: «Opera di fede» , «Carità>> , «costanza» nelle tribolazioni ; il «giudizio» di Dio e il «giorno del Signore» e la «parusia» ; le esorta­ zioni e disposizioni per la condotta di vita coerente , perseverante e ordinata dei credenti e della comunità. Ma le stesse esortazioni , for­ mulate anche con gli stessi termini ed espressioni , assumono spesso nei due scritti un contenuto o tono diverso . Quello che caratterizza la 2Ts è un tono impersonale e astratto . Infatti non vi si ritrovano le sezioni più personalizzate della prima lettera . Eccetto le due formu­ le generiche - «quando ero tra voi» 2Ts 2,5 ; 3 , 10 ' l'intenso e ap­ passionante dialogo epistolare di l Ts non ha riscontro nella 2Ts. Ma da un confronto critico tra le due lettere risulta una situazio­ ne paradossale di convergenza e divergenza . Essa risalta ancora di più se tiene conto della diversa struttura letteraria e tematica dei due scritti e della concezione di fondo . La visione del «giudizio» di Dio con il suo carattere retributivo «dualistico» , tipico della seconda let­ tera, non ha riscontri diretti nella prima. Inoltre la «sezione» apoca­ littica di 2Ts 2 ,3-12 con l'accentuazione della crisi e l'elencazione dei segni premonitori della parusia vittoriosa del Signore , non ha corri­ spondenti nella prima lettera, dove pure è presente il tema dell'atte­ sa della «parusia» del Signore in uno scenario apocalittico (lTs 4,135,11). Che cosa concludere d a questa situazione di affinità e disparità tra le due lettere? Una relazione indiretta tra i due scritti grazie alla comune tradizione biblica e paolina non rende ragione della loro puntuale convergenza lessicale , stilistica e letteraria. Inoltre si deve rilevare che il materiale comune assume un tono più ridondante e impersonale nella 2Ts, accentuato dalle ricorrenti formule cristolo85

giche . Allora si potrebbe ammettere la priorità di 1Ts e riconoscere che la 2Ts riprende da essa alcuni temi e soprattutto utilizza il suo formulario epistolare, il lessico e le espressioni parenetiche. Data la diversa impostazione di fondo delle due lettere va detto che la 2Ts , anche se dipende dalla prima, non ne è una fotocopia. Essa è uno scritto a modo suo «originale» che risponde a una nuova e diversa si­ tuazione storica e spirituale dei destinatari . L'ipotesi della pseudepi­ grafia paolina potrebbe rendere ragione di questo insieme di dati . Ma restano aperti alcuni problemi : perché è indirizzata alla chiesa dei tessalonicesi? Per quali ragioni l'autore della tradizione paolina ha utilizzato nel modo suindicato il testo della prima lettera alla co­ munità di Tessalonica?

3. L'ORIGINE STORICA DELLA 2Ts Chi ha scritto la seconda Lettera ai Tessalonicesi? Chi sono i suoi destinatari? Più precisamente : qual è la loro situazione vitale , il loro contesto sociale, culturale e religioso? Quali sono infine le ra­ gioni, lo scopo o l'occasione che stanno all'origine del nostro scritto in forma di lettera con questo indirizzo : «Paolo , Silvano e Timoteo alla chiesa dei tessalonicesi»? Questi sono alcuni problemi che ri­ guardano l'origine storica di 2Ts.

a) La situazione vitale dei destinatari La risposta agli interrogativi che sollecitano una ricerca sull'ori­ gine storica di 2Ts deve essere cercata in primo luogo sulla base dei dati o delle informazioni forniti dalla lettera stessa. In particolare la situazione vitale dei destinatari è quella presupposta dall'autore che ha elaborato il testo . Gli altri elementi desunti dai documenti con­ temporanei o paralleli vanno posti a confronto e verificati con quelli della nostra lettera. Un primo dato riguarda la situazione di «crisi» dei destinatari che sono i cristiani identificati con la chiesa dei tessalonicesi . Essi so­ no quelli che hanno creduto al vangelo o alla testimonianza di Paolo (2Ts 1 , 10; 2,14 ) . Si presuppone che abbiano ricevuto e accolto le sue tradizioni e prescrizioni pratiche trasmesse sia «con la parola sia per lettera>> (2Ts 2 , 1 5 ; 3,4.14 ) . La «crisi>> è connessa con una situazione esterna e interna alla comunità. Sul versante esterno i credenti subi­ scono o sopportano «persecuzioni e tribolazioni» da parte di quelli 86

che non conoscono Dio e non obbediscono al vangelo del Signore Gesù (2Ts 1 ,4-5 .6-8) . Sono gli stessi che «non hanno accolto l'amore alla verità o non hanno creduto alla verità». Essi sono perciò desti­ nati alla perdizione o «rovina eterna» (2Ts l , 9; 2,10- 1 1 ) . In questa schematizzazione non è facile discernere quello che corrisponde alla reale situazione della comunità e quello che dipende da una visione dualistica di matrice apocalittica. La comunità al suo interno è attraversata da una crisi che si ali­ menta ancora del clima apocalittico. Si parla di «confusione e tur­ bamento» provocati da un certo allarmismo circa la venuta del Si­ gnore e la riunione finale dei credenti con lui . Alcuni per mezzo di presunte ispirazioni con la parola o con qualche lettera attribuita al­ l'autorità di Paolo sostengono che il «giorno del Signore», quello del giudizio , è imminente (2Ts 2,1-2) . Oltre a questo clima di impazien­ te attesa apocalittica, favorito da una propaganda che si appella al nome di Paolo , l'autore denuncia come pericoloso e contrario alla tradizione paolina il fatto che alcuni vivono in «modo disordinato» , «in continua agitazione , senza far nulla» e pretendono di «mangia­ re» a spese degli altri senza lavorare (2Ts 3 ,6-15) . Di fronte a questi dati si fanno diverse ipotesi circa la situazione vitale dei destinatari della nostra lettera. Ci si chiede se il gruppo dei «disordinati» sia costituito dagli stessi propagandisti della cosiddetta «escatologia realizzata» o da altri che vi prendono lo spunto per giu­ stificare il proprio comportamento ozioso e parassitario?13 Si tratta di cristiani poveri - artigiani , schiavi e liberti - che sfruttano la so­ lidarietà comunitaria assimilata al «patronato» dell'ambiente greco­ romano?14 oppure di tendenze «apocalittiche» di carattere millenari­ stico , in cui si sogna la restaurazione paradisiaca?15 Vi è l'influsso di correnti «gnosticheggianti» che contestano le istituzioni sociali e l'ordine della creazione? Sono alcune delle ipotesi che tentano di in­ tegrare i dati ricavati dal testo della lettera con altre informazioni desunte dai documenti del primo cristianesimo . Non si può esclu-

13 R. JEWEIT, The Thessalonian Correspondence: Pauline Rhetoric and Millena­ rism Piety, Philadelphia 1986; l.L. SuMNEY, «The Bearing of a Pauline Rhetoric Pat­ tern and the Integrity of 2 Thessalonians>> , in ZNW 81(1990) , 192-204. 14 R. RussEL, «The ldle in 2Thess 3 ,6-12. An Eschatological or Social Pro­ blem?>> , in NTS 34( 1988) , 105- 1 1 9 . 15 M.J.J. MENKEN, «Paradise Regained o r Stili Last? Eschatology and Disorder­ ly Behaviour in 2Thessalonians>> , in NTS 38( 1992) , 171 -289.

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dere che ragioni di carattere religioso - escatologia realizzata si combinino con il contesto socio-culturale , in cui vive la comunità cristiana destinataria della 2Ts . 16

b) Occasione e scopo della lettera La ricerca sull'occasione e scopo della nostra lettera è intrecciata con quella precedente relativa alla situazione della comunità e al profilo dei destinatari . Anche in questo caso sono determinanti le informazioni della lettera. Esse hanno un duplice orientamento . Il primo riguarda le puntualizzazioni sulla parusia o la venuta del Signore (2Ts 2,3b-4 . 6-9) . In questo ambito rientrano anche le preci­ sazioni sul «giusto giudizio di Dio» , connesso con la «rivelazione del Signore Gesù>> . Esso ha un duplice esito : sollievo per i credenti che ora sono tribolati ; afflizione e rovina eterna per gli increduli che hanno acconsentito all'iniquità (2Ts 1 ,5-9; 2,10- 1 1 ) . I l discorso sul «giudizio>> e i l diverso destino dei credenti «scelti per la salvezza>> e gli increduli «che vanno in rovina» , ha una funzio­ ne parenetica. La preoccupazione di incoraggiare ed esortare sot­ tende tutto lo scritto e riaffiora continuamente (2Ts 2 , 13-17; 3 ,3-5) . Anche l'ultima sezione di carattere disciplinare circa il modo di trat­ tare il fratello o quelli che vivono in modo disordinato rientra in questa prospettiva parenetica (2Ts 3 , 12. 13) . Un ulteriore elemento che può servire per precisare l'occasione e scopo della seconda Lettera ai Tessalonicesi è l'insistenza sul ruolo fondante e autorevole attribuito a Paolo . Si parla del suo vangelo e della sua testimonianza che stanno alla base della chiamata dei cre­ denti «per la salvezza e il possesso della gloria» (2Ts 1 , 10; 2, 14) . Un valore importante è assegnato alla «parola» di Paolo , alle sue tradi­ zioni che devono essere conservate , alle sue disposizioni da esegui­ re , al suo esempio da imitare (2Ts 2 , 1 5 ; 3 , 1 .4.6-10) . In tale contesto si fa riferimento alla sua comunicazione autorevole «per mezzo di lettera» , dià epistoles (2Ts 2,15; 3 , 14) . L'autore si premura anche di mettere in guardia i destinatari contro la pseudepigrafia, cioè il ri­ corso a qualche lettera attribuita a Paolo per sostenere la propria concezione escatologica (2Ts 2,2) . Alla fine Paolo indica nel saluto autografo il «segno di autenticazione per ogni lettera» (2Ts 3 , 17) . ·

16 K . DoNFRIED , «The Cults of Thessalonica and the Thessalonian Correspon­ dence>> , in NTS 3 1 ( 1985), 336-356.

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Quest'ultimo elemento , che rivela una tendenza apertamente apologetica , sarebbe l'indizio più sicuro del carattere pseudepigrafi­ co della nostra lettera . Essa addirittura sarebbe stata scritta con l'in­ tento di sostituire la prima Lettera ai Tessalonicesi per combatterne la visione escatologica. In tale ottica la 2Ts si presenterebbe come l'unica vera e autentica lettera di Paolo ai tessalonicesi . In essa la lTs sarebbe considerata e presentata come uno scritto pseudopaoli­ no per sostenere una pericolosa concezione escatologica in cui si at­ tende la parusia come imminente . 17 Questa ipotesi della «polemica» diretta della 2Ts contro la lTs spiegherebbe il rapporto lessicale e letterario tra le due lettere . Ma essa non rende ragione del contenu­ to specifico della nostra lettera che è connesso con la duplice crisi esterna e interna dei destinatari . Soprattutto non tiene conto del suo carattere parenetico che sta sullo sfondo anche delle precisazioni sulla parusia del Signore e il giudizio di Dio . Più rispondente alla si­ tuazione di crisi della comunità è l'ipotesi che la lettera presenti la «teologia della sofferenza» nel contesto del giusto giudizio di Dio . 18

c) A utore, ambiente e tempo di origine di 2 Ts19 Nell'ipotesi della pseudepigrafia non c'è molto da dire circa l'ambiente , il luogo e il tempo di composizione della nostra lettera. Questa ipotesi può essere precisata e sviluppata con ulteriori speci­ ficazioni . L'autore della 2Ts sarebbe un discepolo di Paolo , della cerchia dei suoi collaboratori menzionati nell'indirizzo (Timoteo o Silvano ) , oppure un anonimo discepolo di Paolo della fine del primo secolo , di tendenze apocalittiche moderate , vicino alle posizioni lucane. La collocazione dell'autore nell'ambito della tradizione 11 A. LINDEMANN , «Zum Abfassungszweck des zweiten Thessalonikerbriefes» , in ZNW 68( 1977), 35-47 ; la tesi di Lindemann era stata proposta alla fine del secolo scorso da A. HILGENFELD , «Die beiden Briefe an die Thessalonicher>>, in ZWTh 5(1862) , 225-264 ; e all'inizio di questo secolo da H.J. HoLTZMANN , «Zum zweiten Thessalonicherbrief>> , in ZNW 2(1901 ) , 97-108; la funzione «polemica>> di 2Ts , contro l'escatologia realizzata e l'interpretazione di Paolo , è proposta anche da: F. W. Hu­ GHES , Early Christian Rhetoric and 2 Thessalonians, Sheffield 1989. 18 J . M . BASSLER, , in CBQ 46(1984) , 496-510. 19 J .A. BAILEY , «Who wrote II Thessalonians?», in NTS 25(1978/1979) , 131-145 ; G.S. HoLLAND, «"A letter supposedly from us" ; a contribution to the discussion about the authorship of 2Thessalonians», in CoLLINS , a cura di , The Thessalonians co"espondence, 394-402; F. LAUB, «Paulinische Autoritat in nachpaulinischer Zeit (2Thes)>> , lbid. , 403-417.

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paolina si fonda sul fatto che più volte nel nostro scritto si fa riferi­ mento all'autorità di Paolo , al suo vangelo , alle tradizioni e norme che egli ha insegnato e prescritto , al suo esempio autorevole e in modo esplicito alla sua comunicazione «epistolare» . A sostegno di questa ipotesi pseudepigrafica si possono richia­ mare alcuni degli argomenti di maggior peso , in particolare lo stret­ to rapporto della nostra lettera con la prima indirizzata alla chiesa dei tessai onicesi . La 2Ts per la cornice epistolare dipende letteraria­ mente dalla l Ts. Invece per il corpo della lettera si tratta di una di­ pendenza eclettica , in quanto l'autore della 2Ts reimpiega in un di­ verso orizzonte teologico e spirituale vocaboli , espressioni e catego­ rie della prima Lettera ai Tessalonicesi . Questo nuovo contesto teo­ logico riguarda in particolare la cristologia , la soteriologia e l'escato­ logia . Quest'ultima connotazione , nel clima apocalittico che impre­ gna i primi due capitoli della lettera, diventa preponderante . Per definire l'ambiente di origine della seconda Lettera ai Tessa­ lonicesi nell'ipotesi pseudepigrafica resta solo il suo legame con la prima. La scelta della comunità di Tessalonica come destinataria della nostra lettera risponde all'esigenza di porre lo scritto sotto l'autorità di Paolo per rispondere a una nuova situazione che pre­ senta degli agganci con quella che si riflette nella prima lettera alla chiesa di Tessalonica : la parusia del Signore , i tempi e momenti del­ la venuta del giorno del Signore , le tendenze a sfruttare la comunità e il disordine per motivi religiosi e sociali . Questi elementi offrono lo spunto per affrontare la nuova situazione di crisi di una comunità cristiana connessa con le «tribolazioni» , l'allarmismo apocalittico e le tendenze al parassitismo . Non vi sono nel nostro scritto altri ele­ menti precisi che consentano di collegarla con la situazione sociale , religiosa e culturale dell'ambiente di Tessalonica. 20 Per quanto riguarda il tempo di composizione della nostra lette­ ra il limite più basso sarebbe rappresentato dalla Lettera ai Filippesi di Policarpo , morto verso la metà del II, se si ammette che il vescovo di Smirne citi o alluda alla nostra lettera (Phil. 111 ,2 ; Xl ,3) . Nell'ipo­ tesi della pseudepigrafia la stesura della 2Ts va collocata nella secon-

20 K.P. DoNFRIED , , Ibid. , 441-458.

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(2Ts 2, 10) , soterìa , «salvezza» (2Ts 2, 13) ; «possesso della gloria» (2Ts 2, 14) ; «consolazione eterna» (2Ts 2, 15) . A questo quadro esca­ tologico positivo si oppone quello negativo, in cui si colloca il desti­ no di rovina e perdizione riservato agli increduli : «afflizione» (2Ts 1 ,6) , «condanna/castigo» e «rovina eterna» (2Ts 1 ,8 . 9) «perdersi» ed «essere condannati» (2Ts 2 , 10. 12) . Questo discorso «escatologico» ha una funzione «parenetica», cioè confortare e sostenere l'impegno dei fedeli destinatari della let­ tera. Esso si colloca in uno scenario di matrice apocalittica come ri­ sulta dal massiccio ricorso alla terminologia corrispondente : apoka­ lypsesthai, «rivelarsi» (2Ts 2 ,3 . 6 . 8) ; apokàlypsis , «rivelazione)) (2Ts 1 ,7) , che non ha corrispondenti nella lTs. Si può aggiungere anche l'utilizzazione della fraseologia biblica del «giudizio di Dio)) (2Ts l ,8-9) . Ma quello che attira l'attenzione dei lettori è la «piccola apo­ calisse)) del capitolo secondo, dedicato a precisare tempi , modi e se­ gni del «giorno del Signore», della venuta del Signore Gesù Cristo e della conseguente riunione dei fedeli con lui (2Ts 2 , 1 -2.3-5 . 6-10) . Lo scenario apocalittico evocato dal nostro autore è una sintesi di quello che si trova nella tradizione biblica , nelle apocalissi giudai­ che, nelle brevi apocalissi sinottiche e in quella più ampia e sviluppa­ ta, posta sotto il nome di Giovanni . La crisi , che precede la venuta del giorno del Signore e la parusia vittoriosa del Signore Gesù, è chiamata apostasìa . Questa «apostasia)) etico-religiosa è l'effetto della seduzione che l'uomo iniquo opera con la potenza di satana (2Ts 2, 10- 1 1 ) . Essa infatti è connessa con la rivelazione dell'uomo iniquo , il figlio della perdizione , presentato come l' «avversario)) ' che si innalza contro il mondo divino e si insedia nel suo tempio pre­ sentandosi come Dio (2Ts 2,3b-4) . C'è qualcosa o qualcuno - tò ka­ tèchon , «ciò che trattiene)) (neutro) o hò katèchon , «colui che trat­ tiene)) (maschile) - che impedisce la piena manifestazione del «mi­ stero di iniquità))' mystèrion tés anomìas, e dell'iniquo , hò ànomos (2Ts 2,6b-8a) . Quest'ultimo corrisponde all' «uomo dell'iniquità)), ànthropos tés anomìas, chiamato anche «figlio della perdizione)) , cioè destinato alla rovina (2Ts 2,3b) . Il quadro apocalittico raggiunge l'apice nello scontro tra la paru­ sia del Signore Gesù e quella dell'iniquo che opera «nella potenza di satana, con ogni specie di portenti, segni e prodigi menzogneri e con ogni sorte di empio inganno» (2Ts 2,9) . Il centro della miniapocalis­ se di 2Ts è costituito dall'annuncio del pieno e totale superamento delle forze del fronte negativo : «Il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà con la manifestazione della sua venuta)) (2Ts 2,8bc; cf. 1 ,8-9) . 92

La storia dell'esegesi si è sbizzarrita nell'identificazione delle fi­ gure simboliche utilizzate dal nostro autore . 22 Ma il suo ricorso espli­ cito alla fraseologia biblica, al linguaggio e alle categorie della tradi­ zione apocalittica invita alla sobrietà teologica e spirituale . Lo sche­ matismo «dualistico» del quadro apocalittico di 2Ts 2,3- 1 1 serve a esaltare il trionfo della potenza e signoria di Dio sulle forze del ma­ le . Esso, come in gran parte delle apocalissi giudaiche e cristiane , ha la funzione di incoraggiare e sostenere l'impegno positivo e la perse­ veranza operativa dei credenti .

b) La parenesi e il progetto di vita cristiana L'orientamento pratico esortativo della seconda Lettera ai Tes­ salonicesi si ricava da un rilevamento lessicale . Il verbo parakalèin , «esortare» , «confortare)) , ricorre due volte (2Ts 2,17; 3 , 12) ; una vol­ ta il sostantivo paràklesis , «consolazione)) (2Ts 2, 16) . Questo voca­ bolario è associato a quello che descrive la costante fermezza nel­ l'impegno spirituale e pratico : sterìzein , «confermare)) (2Ts 2,17; 3,3) ; stèkein , «stare saldh) (2Ts 2 , 1 5) ; kratèin , «mantenere)> (2Ts 2,15). Il contenuto di queste esortazioni è definito dalle «tradizioni» autorevoli ricevute sia a voce sia per lettera (2Ts 2, 15) o dalle dispo­ sizioni pratiche da accogliere ed eseguire (2Ts 3 ,4. 12) . La pare n esi assume forme diverse . Essa va dall'esortazione diretta in forma im­ perativa (2Ts 2 , 1 5 ; 3 , 14) , alla preghiera rivolta a Dio per i fedeli perché li confermi nel loro impegno di fede e porti a compimento il suo progetto di salvezza (2Ts 1 , 1 1-12; 2, 13-14. 16-17) . È. interessante tentare di ricostruire il «progetto di vita» che il nostro autore presenta nella sua parenesi ai cristiani destinatari della lettera. L'esistenza cristiana è definita in primo luogo dall'adesione al vangelo o parola del Signore , proclamata dal testimone autorevo­ le e confermata dalla sua lettera. La terminologia del «Credere» e della «fede» è predominante nella nostra piccola lettera: pistèuein (2Ts 1 , 10. 10, positivo ; 2Ts 2, 1 1 . 12, negativo) , pìstis (2Ts 1 ,3.4. 1 1 ; 2,13; 3,2) . I l contenuto della parola del Signore o del vangelo è defi­ nito in termini di «verità», che deve essere accolta con amore per la salvezza (2Ts 2 , 10. 12. 13). 22 L'«avversario/anticristo>> (empio) è stato identificato con una figura individua­ le (Simon Mago, Caligola, Nerone redivivo , Tito) o collettiva (eretici , empi , persecu­ tori ; insurrezioni politiche ; il papato) ; l' «ostacolo>> («ciò/colui che trattiene») sarebbe lo Spirito santo o il decreto di Dio ; l'annuncio del vangelo o la testimonianza cristia­ na; oppure l'impero romano (imperatore) o l'istituzione politica in generale .

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Ma la chiamata alla fede risale all'iniziativa libera e gratuita di Dio (2Ts 1 , 1 1 ; 2,13-14; 3,4) . L'adesione iniziale di fede deve tradur­ si in un impegno pratico, «opera della fede)) (2Ts 1 , 1 1) . Del resto tutta l'esistenza cristiana è caratterizzata dalla «volontà di bene)) e dall'impegno a «fare bene)) (2Ts 1 , 1 1 ; 2 , 17; 3 , 14) . Nel contesto della crisi per le persecuzioni e tribolazioni la fede diventa «costanza)) , hypomone, che ha la sua fonte e il suo modello in Cristo (2Ts 1 ,4; 3,5) . In concreto il bene da attuare è definito dall ' agàpe, amore vi­ cendevole (2Ts 1 ,3) . Nel contesto della crisi provocata dall'allarmismo apocalittico , che favorisce il parassitismo di alcuni entusiasti , il nostro autore avverte l'urgenza di richiamare l'esempio e la tradizione autorevole di Paolo sull'obbligo del lavoro per vivere in pace e in modo ordi­ nato (2Ts 3,7-9) . La prescrizione e la relativa esortazione sono date facendo appello all'autorità del «Signore Gesù Cristo)) (2Ts 3 , 12) . L'intera comunità deve impegnarsi a far osservare le disposizioni pratiche sul lavoro per una condotta di vita ordinata, ricorrendo anche alla separazione dal «fratello)) indisciplinato o ribelle (2Ts 3 , 14-15) .

c) Teologia, cristologia ed ecclesiologia Il discorso su Dio , Gesù Cristo e lo Spirito nella seconda Lettera ai Tessalonicesi è molto discreto , totalmente subordinato agli inte­ ressi vitali che ruotano attorno all'escatologia e alla parenesi . Il no­ me di «Dio)) , Theòs , ricorre complessivamente 18 volte , di cui 1 1 con l'articolo h ò Theòs; tre volte è qualificato dall'appellativo h ò pa­ ter (2Ts 1 , 1 . 2 ; 2, 16) . A Dio è rivolta la preghiera di ringraziamento e di invocazione (2Ts 1 ,3. 1 1 ; 2 , 13); a lui appartengono l'iniziativa del­ la chiamata dei credenti alla fede e l'intervento decisivo nel giudizio finale (2Ts 1 ,5-6 ; 2,13. 16) . Strettamente associato al nome di Dio è il titolo divino Kyrios , che compare 9 volte , di cui 7 con l'articolo . Il più delle volte nella formula Kyrios (hemon) Iesoùs Christòs (2Ts 1 ,2. 12; 2 , 1 ; 2,16; 3,6. 12. 18) ; in quella più breve Kyrios (hemon) Jesoùs (2Ts 1 ,7 . 8 . 12) ; in forma assoluta h ò Kyrios (2Ts 1 ,9 ; 2 ,2. 8 . 13 ; 3 , 1 .3.4.5. 16) . In alcuni casi il titolo Kyrios è un calco di espressioni bibliche rilette in chiave cristologica (2Ts 1 ,9 ; 2,2: «giorno del Signore)) ; 2Ts 3 , 1 : «pa­ rola del Signore))). Gesù , il «Signore)) , è il protagonista della parou­ sìa finale ; egli con la sua «manifestazione)) smaschera e annienta quella dell'antagonista divino , l'uomo iniquo , che opera con l'ener94

gia di satana (2Ts 2,3b-4 .6-9) . La cristologia del nostro scritto non va oltre questo ruolo escatologico . Il più delle volte si limita a ripro­ durre le formule cristologiche della tradizione associando il «Signore nostro Gesù Cristo» all'iniziativa e al ruolo di Dio (2Ts 1 , 1b-2. 12; 2, 16) . Altrettanto sobria è la pneumatologia della nostra lettera. Delle tre ricorrenze di pnèuma , la prima si riferisce al fenomeno dell'ispi­ razione profetica degli apocalittici , considerata con sospetto dal no­ stro autore (2Ts 2,2) ; la seconda è posta in relazione con il ruolo di Gesù nel contesto della sua manifestazione e parusia escatologica : «il Signore Gesù lo distruggerà con lo spirito della sua bocca» (2Ts 2,8; cf. Is 1 1 ,4) ; la terza è inserita nel contesto dell'iniziativa sal­ vifica di Dio che ha scelto i credenti come «primizia per la salvezza attraverso l'opera santificatrice dello Spirito» (2Ts 2 , 1 3) . Quest'ulti­ ma menzione dello Spirito ha una valenza teologica implicitamente trinitaria perché lo Spirito è posto in relazione con Dio e il Signore Gesù Cristo (2Ts 2, 13-14) . Anche l'ecclesiologia della seconda Lettera ai Tessalonicesi .si ri­ duce al formulario dell'indirizzo , ricalcato su quello della prima let­ tera (2Ts 1 , 1 ) e all'espressione «le chiese di Dio)) , che è ancora una ripresa dalla stessa tradizione (2Ts 1 ,4; 1Ts 2 , 14) . Come il formula­ rio teologico e cristologico tradizionale , così anche queste espressio­ ni fanno da cornice al discorso escatologico e parenetico in cui si concentrano gli interessi vitali del nostro autore . A uno sguardo complessivo si ha l'impressione che anche il qua­ dro escatologico di tinte apocalittiche in realtà sia subordinato alle preoccupazioni di carattere pratico ed esortativo . L'autore della se­ conda Lettera ai Tessalonicesi , che si richiama in modo esplicito alla tradizione autorevole ed epistolare di Paolo , ai cristiani turbati per le tribolazioni e confusi per il clima di allarmismo e di disordine pro­ vocato da alcuni ispirati , propone un impegno di vita ordinata come attuazione della chiamata di Dio «per il possesso della gloria del Si­ gnore nostro Gesù Cristo)) (2Ts 2 , 14) .

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IV La Lettera ai Colossesi

UNA LEITERA DI PAOLO «PRIGIONIERO» PER IL VANGELO Lo scritto posto sotto il nome dell'apostolo Paolo e inviato ai cri­ stiani di Colossi fa parte del gruppo delle «lettere della prigionia». Rientrano in questa categoria, oltre alla nostra lettera e quella affine indirizzata ai cristiani di Efeso , la Lettera ai Filippesi , il biglietto a Filemone e infine la seconda Lettera a Timoteo. In queste lettere Paolo si presenta come «il prigioniero di Cristo» o del Signore, lega­ to o in catene per il vangelo . Il testo che fa da guida in questa tradi­ zione della «prigionia» di Paolo è la Lettera ai Filippesi , dove più volte l'apostolo dichiara di essere in «catene» , èn desmòis , per il vangelo (Fil l ,7. 1 3 . 14. 17) . Questa condizione di prigioniero egli la chiama anche «lotta» , ag6n , o «tribolazione» , thlipsis , apostolica. Una terminologia analoga si riscontra nella piccola Lettera a File­ mone , dove Paolo si autopresenta come «prigioniero per Cristo Ge­ sù» , dèsmios Christoù Iesoù, in catene per il vangelo» ; «nelle cate­ ne» ha generato alla fede lo schiavo Onesimo (Fm 1 .9 . 10. 13) . Nella conclusione della stessa lettera Paolo manda i saluti a nome di Épa­ fra , «mio compagno di prigionia in Cristo Gesù», hò synaichmàlotos (Fm 23) . Nella Lettera ai Colossesi, dove Paolo assieme a Timoteo è il mittente , egli invita i colossesi a pregare «perché Dio ci apra la porta della predicazione e possiamo annunziare il mistero di Cristo , per il quale mi trovo in catene , dfhò kài dèdomai» (Col 4,3c) . E nell'ulti­ ma raccomandazione , dopo il saluto finale autografo , l'apostolo di­ ce : «Ricordatevi delle mie catene» (Col 4, 18b) . Un'allusione alla sua prigionia si coglie anche nella presentazione che lo scrivente fa di Aristarco «mio compagno di carcere» , hò synaichmàlotos (Col 4, 10a) . Oltre a questi tre riferimenti si possono collegare con lo stato di detenzione dell'apostolo anche i testi in cui si parla in termini ge­ nerali delle sue «sofferenze» a favore della chiesa e della «lotta» , ag6n/ag6nìzein , che egli deve sostenere per i cristiani di Colossi e 97

Laodicea (Col l ,24 .29 ; 2 , 1 ) . La somiglianza con la Lettera ai Filip­ pesi , dove in un contesto di prigionia Paolo parla di «lotta» che ora egli sostiene , accredita l'ipotesi che anche in Colossesi vi sia un'allu­ sione alla condizione dell'apostolo «prigioniero» . Una conferma di questa immagine di Paolo «prigioniero» del Signore o per il vangelo si ha nella Lettera agli Efesini e nella seconda Lettera a Timoteo. Nello scritto indirizzato ai «santi che sono in Efeso» , Paolo si autopresenta come «prigioniero di Cristo , hò dèsmios toù Christoù» , per i pagani e «il prigioniero del Signore , hò dèsmios èn Kyrìo-i» (Ef 3 , 1 ; 4 , 1 ) . Alla fine l'apostolo esorta i destinatari della lettera e pregare anche per lui , «perché quando apro la bocca mi sia data una parola franca per far conoscere il mistero del vangelo , del quale sono ambasciatore in catene , èn haly­ sei» (Ef 6, 19-20) . Nella seconda Lettera a Timoteo l'immagine di Paolo «prigio­ niero» per il vangelo o per Cristo fa da cornice al discorso testamen­ tario dell'apostolo alla vigilia della sua morte . Egli invita il discepolo a non vergognarsi della testimonianza da rendere al Signore nostro «né di me che sono in catene per lui, tòn dèsmion autoù» (2Tm l ,8) . Fa perciò l'elogio di Onesìforo che lo ha confortato e non si è vergo­ gnato delle sue catene, t�n hàlysin moù (2Tm 1 , 16) . Esorta ancora Timoteo a ricordarsi che Gesù Cristo è risuscitato dai morti «Secon­ do il mio vangelo a causa del quale io soffro fino a portare le catene come un malfattore» (2Tm 2,8-9) . Un'ulteriore conferma dell'immagine tradizionale di Paolo «pri­ gioniero» si ricava dagli Atti degli apostoli, dove il lessico della «pri­ gionia» è riservato al caso di Paolo. Delle 16 ricorrenze del termine dèsmios «prigioniero» nel NT, 1 1 sono complessivamente connesse con la condizione dell'apostolo Paolo. Di queste ultime sei si trova­ no negli Atti degli apostoli (At 16,25 . 26; 23 ,28; 25 , 14.27; 28 , 17). Analogamente delle cinque ricorrenze del vocabolo dèsmos, «cate­ na/legame» , negli Atti degli apostoli - 18 volte nel NT - quattro sono in rapporto con lo stato di detenzione di Paolo. Anche il verbo dèsthai, «essere legato» in quattro casi si riferisce a Paolo in stato di arresto o prigioniero (At 21 , 1 1 . 13.33 ; 22 ,29 ; 24.27) . Lo stesso vale per il sostantivo hàlysis «catena» , che in due casi su quattro è riferito alla condizione di Paolo prigioniero (At 21 ,33 ; 28 ,20) . 1 1 È assente nel gruppo delle «lettere della prigionia» il termine che invece ricor­ re nell'elenco delle peripezie di Paolo nella seconda Lettera ai Corinzi : «nelle prigio­ nie», èn phylakàis (2Cor 6,5; 1 1 ,23); cf. At 16,23.24.27.37.40.

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In breve si può dire che la Lettera ai Colossesi si inserisce nella tradizione cristiana ormai consolidata che presenta Paolo non solo come l'apostolo incaricato da Dio per mezzo di Gesù Cristo Signore di proclamare il vangelo ai popoli , ma come il «prigioniero» che af­ fronta il carcere per restare fedele al suo compito di apostolo , pro­ clamatore del vangelo di Gesù Cristo . In questa prospettiva rientra­ no anche le sue sofferenze e la sua lotta per portare a compimento la sua missione di apostolo , prototipo di fedeltà coraggiosa e perseve­ rante per le singole comunità e per tutti i cristiani . L'autore della Lettera ai Colossesi rimanda a questa immagine autorevole di Paolo «apostolo)) e «prigioniero)) per il vangelo allo scopo di riproporre ai destinatari la solida e sicura tradizione della fede in Gesù Cristo . l . L'ANALISI LINGUISTICA DELLA LEITERA2

Un dato importante anche se non unico e decisivo per definire l'autenticità paolina o meno della Lettera ai Colossesi è costituito dalle sue caratteristiche lessicali , stilistiche e letterarie . Ma anche a prescindere dal problema relativo all'origine storica della nostra let­ tera, che rimane in ogni caso un'ipotesi , l'analisi del testo della let­ tera sotto il profilo linguistico è importante per la sua esegesi e ai fini di un'interpretazione corretta del suo messaggio teologico e spiri­ tuale.

a) Le caratteristiche lessicali In via preliminare si può dire che la Lettera ai Colossesi rispetto all'epistolario paolino e agli scritti del Nuovo Testamento ha una identità ben marcata. Essa infatti si distingue per il numero relativa­ mente alto - 34 - di hapaxlegòmena neotestamentari , cioè con­ tiene 34 vocaboli che non ricorrono altrove nel NT. Essi sono così distribuiti: 7 nel primo capitolo ; 17 nel secondo ; 8 nel terzo ; 2 nel quarto . Va subito segnalato che il secondo capitolo è quello che

2 «Lingua e stile della lettera ai Colossesi» , in E. LoHSE, Le lettere ai Colossesi e a Filemone, 168- 179; «La lingua e lo stile» , in E. GHJNI , Lettera ai Colossesi, 217-224; W. BuJARD, Stilanalytische Untersuchungen zum Kolosserbrief als Beitrag zur Metho­ dik von Sprachevergleichen (StUNT 1 1 ) , Gottingen - Ziirich 1973 ; la dipendenza let­ teraria di Colossesi da Filippesi e Filemone è sostenuta da M. KlLEY, Colossians as Pseudepigraphy , Sheffield 1986.

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anche sotto l'aspetto lessicale definisce la specificità della nostra let­ tera . Se ne ha una conferma dal rilevamento dei 28 hapaxlegòmena paolini , cioè dei termini che ricorrono solo nella nostra lettera e non nel resto dell'epistolario paolino , escluse le lettere pastorali e la se­ conda Lettera ai Tessalonicesi . La loro distribuzione nei quattro ca­ pitoli è la seguente: 6 nel primo ; 1 1 nel secondo ; 5 nel terzo ; 6 nel quarto . A fronte di questa caratteristica lessicale · «non-paolina)) di Colossesi va menzionata la presenza di 1 1 termini che essa ha in co­ mune con il gruppo delle lettere autentiche di Paolo , senza riscontro negli altri scritti del NT. Infine merita di essere evidenziata la singo­ lare affinità terminologica della nostra lettera con quella agli Efesi­ ni: 10 vocaboli di Colossesi hanno un corrispondente solo in Efesini ; invece 14 termini di Colossesi in comune con Efesini non si trovano nell'epistolario autentico paolino , ma solo negli altri scritti del NT. Riassumendo : la situazione lessicale della Lettera ai Colossesi , posta a confronto con le altre lettere dell'epistolario paolino e con gli scritti del NT, presenta questo quadro: -

hapaxlegòmena rispetto al NT hapaxlegòmena rispetto all'epistolario paolino lessico di Col//Ef in comune con il NT, escluso Paolo lessico di Col in comune con l'epistolario paolino lessico di Col in comune con Efesini

34 28 14 11 10

Accanto a questa presenza di un lessico peculiare nella Lettera ai Colossesi è notevole l'assenza dei vocaboli che definiscono alcune aree semantiche tipiche dell'epistolario paolino autentico . Tra que­ ste assenze di rilievo va segnalata quella dei termini del campo se­ mantico della «giustizia» , dikaioùsthai, «essere giustificato» (27 vol­ te in Paolo , su 39 ricorrenze nel NT ) ; dikaiosyne (57 volte in Paolo soprattutto in Gal e Rm , su 91 nel NT ) ; dikài6ma (5 volte in Rm , su 10 nel NT) ; dikàiosis (2 volte solo in Rm ) ; si ha una sola ricorrenza dell'espressione to dìkaion in Col 4,1a. Parimenti manca in Colasse­ si il lessico della «libertà» , eleutherìa (7 volte in Paolo , su 1 1 nel NT) ; eleutheroùn (5 volte in Paolo su 7 del NT) ; quello del campo semantico del «vantarsi/vanto» : kàuchesthai (35 volte in Paolo , su 37 nel NT) ; i due sostantivi kàuchema e kàuchesis (con 10 ricorrenze in Paolo , su 1 1 nel NT) . Ma l'assenza più singolare è quella relativa al termine nòmos , che ricorre 1 19 volte nell'epistolario paolino su 191 ricorrenze com100

plessive nel NT, compresa la Lettera agli Efesini (Ef 2 , 15). Lo stesso discorso vale per il verbo pistèuein , «credere» , che non si trova mai nella nostra lettera , contro le 54 ricorrenze nell'epistolario paolino autentico sulle 241 complessive nel NT. Nella Lettera ai Colossesi come in Efesini si trova invece il sostantivo pìstis, «fede» (Col 5 vol­ te ; Ef 8 volte) . Merita una segnalazione a parte l'uso del vocabolo hamartìa , «peccato» , che nell'epistolario paolino ricorre quasi sem­ pre al singolare he hamartìa (64 volte in Paolo , di cui 57 volte al sin­ golare ; 7 al plurale) . Nella nostra lettera compare una sola volta al plurale in una formula di carattere tradizionale , Col 1 , 14. È singolare anche l'uso dell'appellativo adelphòs «fratello» , rife­ rito ai membri della comunità cristiana. La nostra lettera conosce e adopera cinque volte questa qualifica che si trova con frequenza nel­ l'epistolario paolino : 1 1 3 volte nelle lettere paoline autentiche e una ventina nelle altre su 343 ricorrenze complessive del NT. In oltre la metà delle ricorrenze Paolo si rivolge con l'appellativo adelphòi (moù) ai destinatari della lettera. Nella Lettera ai Colossesi , come del resto in Efesini e nelle pastorali , si evita questo modo di interpel­ lare i destinatari come «fratelli» . Infine attira l'attenzione un tratto distintivo che la Lettera ai Colossesi ha in comune con l'epistolario paolino: la preferenza per i verbi e vocaboli composti . Va segnalata la duplice ricorrenza dei verbi bicomposti : apokatallàssein , «riconciliare», Col 1 ,20.22 ; e analogamente del verbo apekdyesthai, «spogliarsi» , Col 2,15 ; 3,9; antanapleroùn , «dare pieno compimento», Col 1 ,24; del sostantivo antapòdosis , «ricompensa» , Col 3 ,24. A questi vanno aggiunti i verbi e i sostantivi composti con la particella greca syn : syn-egèi­ resthai, «con-risorgere» (Col 2,12; 3 , 1 ) ; syn-zoopoioùn , «con-vivifi­ care» (Col 2, 13) ; syn-doùlos, «con-servo» (Col 4,7) ; syn-aichmà/6tos , «con-prigioniero)) . La preferenza per i termini composti contri­ buisce a creare una certa ridondanza che caratterizza lo stile della nostra lettera . Un ulteriore dato lessicale che contraddistingue la Lettera ai Co­ lossesi è l'assenza di alcune congiunzioni tipiche del dettato paolino nelle lettere autentiche . Tra queste vanno segnalate : la forma com­ parativa o di contrapposizione (pollo-i) màllon , «(molto di) più», «piuttosto)) ; où mònon . . . a/là kài, «non solo . . . ma anche)); la nega­ zione rafforzata, oudè/oùte/oukètilmekèti, «non/né/non più/non an­ cora)) ; sono assenti anche le particelle che formano il tessuto connet­ tivo del discorso paolino: diòldiòtilàra oùn , «perciò , poiché , dun­ que)) ; quelle che introducono le proposizioni condizionali: èiper, 101

«Se»; èi tìs, «Se qualcuno» ; èipos , «Se in qualche modo». La presenza o assenza di queste congiunzioni e particelle nello scritto di Colasse­ si attiene al suo profilo stilistico .

b) Stile e caratteristiche letterarie di Colossesi Il primo contatto con il testo della Lettera ai Colossesi dà l'im­ pressione di una certa ridondanza stilistica. Questa ampollosità stili­ stica si costata soprattutto nel primo e secondo capitolo della lettera, mentre essa si stempera negli altri due capitoli. Una tale impressio­ ne si può verificare calcolando l'ampiezza delle proposizioni e la struttura delle frasi . Il primo capitolo , se si esclude la frase dell'inte­ stazione , è costituito da solo quattro grandi periodi : 1 ,3-8 ; 1 ,9-20 ; 1 ,21-23 ; 1 ,24-29. Invece nel secondo capitolo le proposizioni com­ plessivamente sono otto ; nel terzo 10 e nel quarto 1 3 , pur essendo quest'ultimo formato da solo 18 versetti , contro i 23 versetti del se­ condo e i 25 del terzo . L'articolazione del testo in grandi frasi è ottenuta mediante una serie di proposizioni giustapposte o subordinate a cascata . A una proposizione principale si agganciano quelle subordinate introdotte il più delle volte da un pronome relativo, da un participio o dalla proposizione hìna , «affinché» ( 13 volte ) . In almeno cinque casi la proposizione subordinata è costituita da un'infinitiva con una valen­ za finale o consecutiva: «Perciò anche noi . . . non cessiamo di pregare per voi . . . affinché ( hìna ) abbiate una conoscenza piena della sua vo­ lontà . . . (perché possiate ) comportarvi in maniera degna del Signo­ re , peripatésai axìos toù Kyrìou» ( 1 ,9-10; cf. 1 ,22. 25 ; 4,3.6 ) . Sotto questo profilo è notevole la composizione dei primi due capitoli rispetto agli altri due. Nel primo capitolo le proposizioni su­ bordinate relative sono complessivamente 1 1 ; nel secondo 7; nel ter­ zo 5 e nel quarto 6. Quello che attira l'attenzione del lettore di Co­ lossesi è la frequenza di un'espressione stereotipa introdotta dal pro­ nome relativo neutro singolare o plurale , hò/hà estìn , ( 1 ,24c.27c; 2, 17a.22a.23a ; 3, 14b ) , con funzione esplicativa analoga alla pro­ posizione relativa, hòslhètis estin ( 1 ,7b ; 2, 10b ; 3 ,5c; 4,9b . l lb ) . In questo contesto merita di essere segnalato il duplice ricorso a questa costruzione stereotipa nel brano ionico del capitolo primo ( Col 1 , 15a. 18b ) . La microstruttura delle frasi e delle proposizioni è caratterizzata dall'accumulo dei sostantivi sinonimi o affini, disposti in forma se­ riate oppure connessi con alcune particelle , tra le quali predominano 102

èn , «in», (87 volte contro le 64 della Lettera ai Filippesi di uguale ampiezza) e katà , «Secondo» (13 volte contro le 1 1 di Filippesi) . È frequente anche il ricorso al genitivo subordinato , esso pure dispo­ sto in serie o a cascata. L'effetto di ridondanza di queste costruzioni è accentuato in alcuni casi dalle affinità fonetiche dei vocaboli con effetto di paranomasia. Un esempio preso dalla preghiera iniziale conferma queste particolarità stilistiche della nostra lettera: «Noi rendiamo continuamente grazie a Dio . . . nelle nostre preghiere per voi . . . in vista della speranza . . . (della quale) voi avete già udito l'an­ nunzio dalla parola di verità del vangelo , che è giunto fino a voi co­ me pure in tutto il mondo fruttifica e si sviluppa, en Lògo-i tes ale­ thèias toù euaggelìou toù paròntos èis hymàs . . . karpophoroùmenon kài auxàmenon» ( 1 ,5-6a) . Lo stile della preghiera viene ripreso , dopo qualche versetto di carattere epistolare , in questo modo : «Perciò anche noi. . . non ces­ siamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate una conoscenza piena della sua volontà con ogni sapienza e intelligenza spirituale . . . portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio, rafforzandovi con ogni energia . . . per poter essere forti e pa­ zienti in tutto , proseuchòmenoi kài aitoùmenoi . . . èn pàse-i sophìa-i kài synèsei pneumatike-i. . . en pànti èrgo-i agatho-i karpophoroùntes kài auxàmenoi . . . èn pase-i dynàmei dynamoùmenoi katà tò kràtos tes dòxes . . . èis pàsan hypomenèn kài makrothymìan» (1 ,9- 1 1 ) . Nel testo citato colpisce l a concentrazione dell'aggettivo pàslpantòs , «tutto», che nelle sue diverse forme grammaticali ricorre complessivamente 39 volte nella Lettera ai Colossesi. Esso con­ tribuisce assieme agli altri elementi rilevati sopra all'effetto di ampli­ ficazione ridondante non solo nei testi di preghiera, ma anche in quelli di carattere espositivo e parenetico : «la parola di Cristo dimo­ ri tra voi abbondantemente ; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza , èn pàse-i sophìa-i didaskòntes kài nouthetoùntes, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi , inni e cantici spirituali . E tut­ to quello che , pàn hò eàn , fate in parole e opere , tutto , pànta , si compia nel nome del Signore Gesù Cristo , rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre» (Col 3, 16-17) . Forse è proprio in questo con­ testo orante di carattere liturgico che si deve cercare la matrice dello stile solenne e ieratico tipico di alcune sezioni della Lettera ai Colossesi. A un'analisi del nostro testo sotto il profilo letterario si scopre che l'impianto epistolare si sposa con elementi di altro genere . Rien­ trano nella cornice epistolare - mittente , destinatari e saluto 103

i primi due versetti ( 1 , 1-2) . Anche il versetto conclusivo del capitolo quarto si inserisce in questo schema protocollare delle lettere (4 , 1 8) . Al genere epistolare appartengono i versetti della seconda parte del capitolo quarto , dove si trasmettono le informazioni relative all'apo­ stolo mittente e si scambiano i saluti (4,7-17) . In questo contesto di dialogo epistolare si presentano i collaboratori dell'apostolo e si fan­ no alcune esortazioni o inviti di carattere pratico-pastorale ( 4, 1213. 17) . Un altro tratto del genere epistolare della tradizione paolina è rappresentato dalla preghiera di ringraziamento , che fa seguito al­ l'intestazione e sfocia nella preghiera di invocazione (1 ,3-1 1 ) . A sua volta quest'ultima riprende i l tema iniziale del «ringrazia­ mento» per introdurre un brano di prosa ritmica che risente del ge­ nere ionico ( 1 , 12) . Sulla base delle sue peculiarità stilistiche la com­ posizione di Col l , 15-20 è assimilabile ai salmi biblici o ai brani poe­ tici in cui si tesse l'elogio della sapienza ( Pr 8,22-31 ; Sir 24, 1 -22 ; Sap 7,22-8, l). Essa rivela una certa affinità anche con «salmi» o «inni» , hodayòt, trovati nelle grotte di Qumran . Il brano ionico è connesso con il contesto precedente di preghiera mediante due versetti poetici di transizione ( 1 , 13-14) . Esso si prolunga nella sezione successiva , dove nello stile del dialogo epistolare se ne fa l'applicazione ai desti­ natari in forma di istruzione ed esortazione pratica (1 ,21-23). Lo stile epistolare fa da cornice all'autopresentazione dell'apo­ stolo, «ministro del vangelo», che lotta per portare a compimento la sua missione a favore dei destinatari (1 ,24-2,5). In questa sezione le espressioni di stile cherigmatico e catechistico si alternano a quelle di carattere parenetico . La stessa alternanza è presente anche nella sezione successiva. Gli inviti e le esortazioni , con i verbi all'impera­ tivo sono intervallati da formule di fede cristologica e da amplia­ menti catechistici sull'esperienza battesimale ed ecclesiale segnalate dalle forme verbali all'indicativo (2 ,6-23) . Ben diverso è il tono del capitolo terzo, dove prevalgono i verbi all'imperativo . Il contenuto dellà parenesi è dato da elenchi di «vizi» da evitare e «virtù» da praticare . Il catalogo negativo segnala due se­ rie di 5/6 vizi (3 ,5.8). Quello positivo raccomanda sei qualità da per­ seguire con un comportamento corrispondente (3,12. 14) . Dello stes­ so stile di «elencazione» seriale risente anche il quadro della vita co­ munitaria proposto come ideale in Col 3, 16-17. In questo contesto fa la sua comparsa un esempio di quello che si è soliti chiamare «tavola dei doveri» o «codice familiare» . Si tratta di un elenco dei doveri dei componenti della famiglia, disposti in forma abbinata secondo i rispettivi ruoli-relazioni : mogli-mariti ; figli-geni104

tori ; servi-padroni (3 ,18-4 , 1 ) . La breve esortazione con il verbo al­ l'imperativo è seguita da alcune espressioni all'indicativo che la am­ plificano o ne danno la motivazione . Lo stile parenetico si riscontra anche nei primi versi del capitolo quarto , dove le forme verbali im­ perativo-indicativo si alternano come nella sezione precedente . A questo punto si innesta l'ultima parte che riprende più esplicita­ mente il dialogo epistolare . In breve si ha l'impressione che nella Lettera ai Colossesi il ge­ nere epistolare si impasti con altri elementi di carattere parenetico o esortativo, con intermezzi di stile cherigmatico e catechistico .

c) La struttura letteraria e tematica di ColossesP L'analisi precedente relativa allo stile e al genere letterario della nostra lettera ha messo in risalto alcuni elementi utili per cogliere la strutturazione del testo . Diversi infatti sono i criteri sui quali si fon­ dano le ipotesi di struttura della nostra lettera. Alcuni autori privile­ giano quelli formali o letterari , altri fanno leva sul contenuto e lo sviluppo tematico della lettera, altri ancora fondono insieme i due ti­ pi di criteri . In ogni caso tutti concordano nel riconoscere la cornice epistolare del nostro scritto . Essa corrisponde materialmente al mo­ dello delle lettere paoline ( 1 , 1-2 ; 4,7-18) . Per il resto si propone una divisione della lettera in due parti : a) esposizione dottrinale , capitoli I-II ; b) sezione parenetica o esortati­ va, capitoli III-IV. Altri fanno iniziare al capitolo secondo una nuo­ va sezione , ottenendo così una divisione in tre parti. Ma anche al­ l'interno del capitolo primo e secondo della nostra lettera si possono ravvisare delle cesure che suggeriscono un'ulteriore articolazione del testo , Col 1 ,21-23 ; 1 ,24-29 ; 2, 1-5 ; 2,6-15; 2,16-23 . Inoltre alcuni includono nella sezione parenetica i primi versi del capitolo terzo , altri invece fanno iniziare la sezione pratica o applicativa al versetto cinque dello stesso capitolo . Anche l'ultimo capitolo della lettera dedicato in massima parte alle informazioni e ai saluti è variamente suddiviso : per alcuni l'intero capitolo rappresenta la conclusione della lettera, Col 4,2-18; per altri la cornice epistolare comprende la sezione di Col 4,7-18 o solo i versetti 4, 10-18.

3 P. LAMARCHE, «Structure d e l'épitre a ux Colossiens», i n Bib 56(1975) , 453-463; L. RAMOROSON , «Structure de Col 1 ,5-3 ,4», in ScEs 29(1977) , 3 13-3 19.

105

Recentemente accanto ai criteri stilistici e letterari per ricostrui­ re la composizione del testo della Lettera ai Colossesi si fa riferi­ mento all'analisi retorica che tenta di individuare nel nostro testo al­ cuni elementi del «discorso» deliberativo classico : l'annuncio tema­ tico (partitio) , l'argomentazione ( argumentatio) o dimostrazione (probatio) , l'appello attuativo (peroratio) o esortazione pratica (ex­ hortatio) . Ecco due esempi di struttura del testo di Colossesi in cui si fa ricorso al modello retorico:4 JEAN-Noh ALEm

MICHEL WOLTER

Prescritto Proemium Autopresentazione (autore)

1, 1-2 1,3-23 1,24-2,5

Saluto iniziale Exordium Partitio (l ,21-23) Probatio

1, 1 -2 1,3-23 1,24-4, 1

Lotta di Paolo (l ,24--2 ,5) Fedeltà al vangelo (2 ,6-23) 2, 6-4, 6 Corpo della lettera Partitio (2 ,6-8) Argumentatio (2,9-23) Probatio (2 ,9-15) Refutatio (2, 16-23) Peroratio (3 , 1 -4) Exhortatio (3,5-4,6) Conclusione epistolare

4, 7-18

Subperoratio (2 ,20-23) Santità dei credenti (3 , 1-4 , 1 ) Peroratio Cornice epistolare

4,2-6 4, 7 1 8 -

La differenza più vistosa tra le due ipotesi di struttura riguarda la parte centrale della lettera. E questa a sua volta dipende dalla diver­ sa individuazione della partitio , dove l'autore , secondo il modello del discorso retorico , annuncia brevemente i temi o le parti che in­ tende provare in seguito (probatio) . Per J . -N . Aletti l'annuncio te­ matico si trova a conclusione dell'esordio nei versetti 1 ,21-23 , che ne

4 M. WaLTER, Der Brief an die Kolosser. Der Brief an Philemon (GTB 519) , Gii­ tersloh - Wiirzburg 1993 , 1 14- 1 15 ; J . -N. ALETII , Saint Pau! Épftre aux Calassiens ( É B , NS 20) , Paris 1993 , 39; tr. it . , Lettera ai Calassesi (Scritti delle Origini cristiane 12) , Bologna 1994.

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riprendono e riassumono alcuni motivi . Esso si articola in tre temi , che nel seguito del testo sono svolti in ordine inverso : a) l'opera di Cristo per la santità dei credenti (1 ,21-22//3 , 1-4 , 1 ) ; b) la fedeltà al vangelo ( 1 ,23a//2,6-23) ; c) il vangelo annunciato da Paolo ( 1 ,23b/11 ,24-2 ,5) . Per W. Wolter invece la partitio si ha nel breve sommario di Col 2,6-8, dove gli imperativi anticipano lo sviluppo in ordine rovesciato delle due fasi dell'argomentazione nel seguito della lettera: l) «cam­ minate dunque nel Signore Gesù Cristo» (2,6a//3 ,5-4,6) ; 2) «badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati : a) alla tradizione umana secondo gli elementi del mondo» (2,16-23) ; b ) «e non secondo Cristo» (2,8//2,9-15) . La parte centrale e decisiva del discorso , la argumentatio della retorica classica, si compone di due momenti : presentazione della posizione dell'autore , probatio (2 ,9-15) ; confutazione degli argomenti della controparte , refutatio (2,16-23) . A questa sezione argomentativa fa seguito quella pratica applicativa che nel modello retorico corrisponde alla exhortatio (3 ,5-4 ,6) . I primi versetti del capitolo terzo invece svolgono la fun­ zione della peroratio , che riassume il discorso precedente in vista di una decisione coerente con esso (3, 1-4) . Il ricorso al modello retorico offre una chiave utile per ricostrui­ re la struttura della nostra lettera a partire dal secondo capitolo . In­ vece il primo capitolo , considerato nelle due ipotesi succitate rispet­ tivamente come proemium o exordium , non risulta ben integrato con l'insieme . Inoltre non si capisce qual è la funzione di quella par­ te che Wolter chiama «autopresentazione dell'autore» e che Aletti considera invece come primo argomento della probatio : «la lotta di Paolo per il vangelo» (1 ,24-2,5). Per cogliere la struttura del nostro testo, che si presenta come una «lettera>> , è bene tenere presente ol­ tre al modello retorico anche quello epistolare . Esso nella tradizione paolina assume una forma peculiare che si riflette nella Lettera ai Colossesi posta sotto il nome di Paolo e del suo discepolo Timoteo . In via preliminare sono da chiarire la funzione e l'articolazione dell' «esordio>> o «proemio» rispetto alla parte centrale o corpo della lettera (1 ,3-23 ) . Questi versetti , che fanno da ponte tra l'intestazio­ ne della lettera e l'autopresentazione di Paolo , contengono elementi che si ispirano sia al dialogo epistolare sia al genere cherigmatico e parenetico . A un'analisi più dettagliata il brano di apertura di Col l ,3-23 si presenta con questa articolazione : a) primo ringraziamento per la condizione spirituale dei destina­ tari , che hanno ricevuto con frutto l'annuncio del vangelo , 1 ,3-8 ; 107

b) preghiera per la loro crescita nella conoscenza della volontà di Dio , 1 ,9- 1 1 ; c) secondo ringraziamento per l'azione di Dio Padre che ha tra­ sferito i credenti dal potere delle tenebre nel regno del suo Figlio amato , 1 , 12-14; d) inno celebrativo del ruolo primaziale del Figlio nella creazio­ ne e nella riconciliazione , l , 15-20 ; e) la riconciliazione dei destinatari implica che essi restino saldi nella fede e fermi nella speranza del vangelo , del quale Paolo è co­ stituito ministro , l ,21-23 . L'unità e l'articolazione di questa sezione sono suggerite dalla ri­ correnza e ripresa di alcuni verbi e sostantivi che segnalano le sue aree semantiche . Due verbi scandiscono il ritmo della preghiera : eu­ charistèin , «ringraziare», (l ,3a. l2a) ; prosèuchesthai, «pregare» (1 ,3c.9b) . Nel secondo caso il verbo «pregare» è raddoppiato con il sinonimo aitèsthai (1 ,9b) . Il motivo del primo ringraziamento è la condizione attuale dei destinatari, che hanno ascoltato l'annuncio evangelico e vivono la triplice dimensione dell'esistenza cristiana : la fede in Cristo Gesù, l'amore verso tutti i santi in attesa della speran­ za «che è riposta per voi nei cieli». Si tratta di quella speranza che è stata ascoltata mediante «l'annuncio della parola di verità del vange­ lo» (1 ,3-5) . Qui si innesta l'area semantica che riguarda il processo di comu­ nicazione del «vangelo» e tra i cristiani. Essa è definita dal verbo akoùein e dal suo composto pro-akoùein , che ricorrono cinque volte solo in questa sezione di Colossesi (1 ,4a.5b.6b . 9a.23). Lo stesso vale per il termine euaggèlion (1 ,5c.23b) . In questo campo semantico rientrano i verbi manthànein , «imparare» (1 ,7a) , epignoskein , «CO­ noscere>> ( 1 ,6) e i sostantivi al�theia , «verità» ( 1 ,5c . 6c) , epìgnosis (1 ,9b. 10c) . Solo quest'ultimo vocabolo ricorre ancora due volte nel­ la nostra lettera (2 ,2b ; 3 , 10b) . Al servizio del processo di annuncio o trasmissione del vangelo stanno due personaggi , menzionati con i ri­ spettivi nomi . Èpafra e Paolo, e seguiti dalla qualifica di diàkonos ( 1 ,7b.23c; cf. 1 ,25 ; 4,7) . La seconda area semantica si riferisce all'oggetto della preghiera dei mittenti : «Perciò anche noi , da quando abbiamo saputo questo , non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate una piena conoscenza della sua volontà con ogni sapienza e intelligenza spiri­ tuale» (1 ,9) . Su questa prima proposizione finale si innesta un'infini­ tiva, che si dilata in una serie di espressioni introdotte dalle particel108

le ènlèis. L'effetto di amplificazione è suggerito dall'accostamento abbinato dei sinonimi e dalla frequenza dell'aggettivo pàs, che ricor­ re quattro volte in due versetti ( 1 , 10-1 1 ) . È da segnalare anche la ri­ presa in questo contesto dei due participi karpophoroùntes kài auxà­ menoi, «portando frutto e crescendo» , già utilizzati nel primo rin­ graziamento per indicare l'azione efficace dell'evangelo (1 ,6a. 10b) . Il secondo ringraziamento ha come oggetto l'azione del Padre a favore dei credenti abilitati a prendere parte all'eredità dei santi nel­ la luce . Esso si prolunga in una breve confessione di fede in cui si presenta l'opera del Padre come liberazione dei credenti dal «potere delle tenebre» e trasferimento nel «regno del Figlio» del suo amore . Questo passaggio viene esplicitato come «redenzione e remissione dei peccati» ( 1 , 12-14) . Il brano ruota attorno all'area semantica del processo di «liberazione/redenzione» , richiamato dal verbo rhyest­ hai, «liberare», dai sostantivi apolytr6sislàphesis, «redenzione», «re­ missione» . È evidente anche il contrasto tra il «potere delle tenebre» e i «peccati» da una parte e l'eredità dei santi nella «luce» e il «regno del Figlio del suo amore» dall'altra. Sulla figura e il ruolo del «Figlio» si innesta la composizione inni­ ca in due strofe , introdotte dal relativo hòs estìn ( 1 , 15a. l8b) . La di­ sposizione binaria del testo è confermata dalla duplice motivazione che introduce , dopo la frase iniziale, i rispettivi sviluppi tematici : il ruolo primaziale del Figlio in tutta la creazione (1 , 15-18a) ; il ruolo primaziale del Figlio nel processo di riconciliazione universale ( 1 , 18b-20) . La prima strofa risulta un po' appesantita dalla ripresa tematica negli ultimi versi introdotti dal duplice kài autòs estìn (l , 1718a) . Essi potrebbero essere considerati come una sintesi dei prece­ denti in funzione di raccordo con la seconda strofa. 5 La struttura del­ l'inno dunque può essere ricostruita in questo modo :6

5 F. F. BRUCE, > di Cristo . Negli ultimi due versetti si annuncia la se­ zione seguente. L'invito conclusivo di Paolo ai destinatari: «Dico questo perché nessuno vi inganni con argomenti seducenth> , prepara l'appello successivo : «Badate che nessuno vi inganni con la sua filo­ sofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo>> (2,4.8) . La sua dichiara­ zione finale di compiacimento per la loro «condotta ordinata e la sal­ dezza della fede in Cristo>> prelude all'esortazione programmatica che segue immediatamente : «Come dunque avete ricevuto il Cristo Gesù Signore , in lui camminate , ben radicati e fondati in lui , saldi nella fede come vi è stato insegnato , abbondando nell'azione di gra­ zie>> (2,5 .6-7) . La particella oùn , «dunque>> , del versetto 2,6 segnala l'inizio di una nuova sezione , dove le esortazioni e gli appelli si alter­ nano alle motivazioni e sviluppi tematici relativi al ruolo di Cristo . In un quadro sintetico questa è la struttura del nostro brano : A. B.

Esortazione i n forma positiva e negativa, 2 ,6-8 ; Motivazione: al ruolo di Cristo «capo>> e trionfatore sui «princi­ pati e le potenze>> i credenti partecipano mediante l'immersio­ ne battesimale, 2,9- 1 5 ; A ' . Esortazione che fa leva sulla partecipazione dei credenti alla morte e risurrezione di Cristo , 2, 16-3 ,4.

La simmetria tra le due esortazioni , che fanno da cornice allo sviluppo tematico centrale, è posta in risalto da alcune corrispon­ denze lessicali . L'espressione idiomatica tà stoichèia toù kòsmou , 111

ricorre solo in queste due sottosezioni della nostra lettera (2,8c. 20a) . In ambedue i casi essa indica un ambito contrapposto alla rela­ zione con Cristo. Il rischio della seduzione deviante nel primo caso è chiamato «philosophìa» e vuoti raggiri ispirati alla tradizione degli uomini , paràdosis ton anthropon (2,8a) ; nel secondo caso si dice che i vari divieti ascetici sono «prescrizioni e insegnamenti di uomini , tà entàlmata kài didaskalìai ton anthrop6n» (2,22b) . A sua volta la coe­ renza tematica della seconda esortazione è data dal richiamo alla du­ plice serie di divieti che vengono squalificati in relazione all'unico ruolo salvifico di Cristo (2, 16-17.20-21) . Inoltre le pratiche alternati­ ve alla relazione vitale con Cristo in ambedue i casi sono presentate con una terminologia analoga : tapeinophrosyne, «umiltà» , e (ethelo) threskèia «(affettata) religiosità» (2 ,18.23). Ma la tonalità semantica dell'intera sezione è data dalla presen­ tazione del ruolo di Cristo e della relazione vitale dei credenti uniti a lui mediante l'immersione battesimale . In apertura della nostra sot­ tosezione si riprende e precisa un'espressione della seconda strofa dell'inno cristologico : «in lui (Cristo) abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, èn auto-i katoikèi pàn tò plèroma tes theòte­ tos» , (2,9) . Anche l'immagine di «capo», kephalè , riferita al ruolo di Cristo rispetto a ogni principato e potestà, rimanda al linguaggio dell'inno (2, 10b ; 1 , 16c. 18a) . La stessa immagine del «capo» , con­ nessa con il «corpo» di Cristo , ritorna nella seconda sottosezione esortativa: dal Cristo , capo , «tutto il corpo riceve sostentamento e coesione per mezzo di giunture e legami , realizzando così la crescita secondo il volere di Dio» (2,17c. 19) . Quello che attira l'attenzione in questa parte della Lettera ai Co­ lossesi è la forte accentuazione del rapporto vitale dei credenti bat­ tezzati con Cristo ; rapporto espresso mediante le particelle greche ènlèislsyn , associate ai verbi composti syntaphèin , «con-seppellire» (2, 12a) ; synegèiresthai, «con-risuscitare>> (2, 12; 3 , 1a) ; synzoopoièin , «con-vivificare» (2 , 13b ) . Questi verbi esprimono l'efficacia salvifica della morte e risurrezione di Cristo a favore dei battezzati . Dio ha perdonato tutti i loro peccati , «annullando il documento scritto del loro debito . . . egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce» (2 , 13-14) . Anche questa esplicita menzione della «croce» , stauròs , rimanda a un'espressione dell'inno cristologico relativa all'efficacia redentrice della morte di Cristo ( 1 ,20) . Il polo alternativo a Cristo è rappresentato dai «principati e po­ tenze , archài kài exousìai» - menzionate due volte (2, 10b. 15a) - e dal culto degli «angeli» . Con questo ambito sono connesse le osser1 12

vanze e i divieti considerati precetti e insegnamenti di uomini, «che hanno la parvenza di sapienza, con la loro affettata religiosità, umil­ tà e austerità riguardo al corpo , ma in realtà non servono che per soddisfare la carne>> (2 ,23) . Tra le pratiche poste sotto accusa rientra anche la «circoncisione» , che consiste nella «spoliazione del corpo di carne» , contrapposta alla «circoncisione di Cristo», «non fatta da mano di uomo» (2, 1 1 ) . I n questo quadro antitetico si comprendono gli accenti polemici che nella nostra sezione assumono non solo le esortazioni pratiche , ma anche gli sviluppi e le motivazioni cristologiche . A questo duplice orientamento si ispira anche l'inizio del capitolo terzo che fa da raccordo tra la sezione cristologica e quella successiva di carattere decisamente parenetico (3 , 1-4) . I due verbi all'indicativo synergèrthetelapethànete, «siete risorti con/siete morti» con Cristo , rimandano all'evento fondante dell'esperienza cristiana rievocata nel centro della sezione . La coppia di imperativi , zetèite/phronèite , «cercate/pensate», ne traggono le conseguenze sul piano esisten­ ziale e anticipano la serie di esortazioni pratiche della sezione suc­ cessiva (3 ,1-3) . In questo contesto risulta nuova la coppia verbale krypteinlphaneroùsthai, che richiama il lessico del «mistero» di Cri­ sto (3 ,4) . Una nuova sezione è introdotta dall'invito iniziale : «Mortificate dunque le. membra che sono sulla terra» (3,5) . Il verbo nekroùn e l'immagine delle «membra sulla terra» rimandano al lessico e al qua­ dro simbolico precedente : «pensate alle cose di lassù e non a quelle della terra ; voi infatti siete morti . . . » (3 ,2-3a) . Ma il testo si sviluppa sul versante parenetico come lascia capire la serie di imperativi : «Ora invece deponete , nynì dè apòthesthe . . . » ; «non mentitevi , mè psèudesthe . . . » ; «rivestitevi dunque , endysasthe oùn . . . » (3,8a. 9a. 12a) . Questi inviti si prolungano nell'elenco dei doveri familiari , pure scanditi da una serie di imperativi : «Voi mogli , state sottomes­ se , hypotàssesthe . . . » ; «voi mariti , amate , agapàte . . » ; «voi figli , ob­ bedite , hypakoùete . . . »; «voi servi, obbedite , hypakoùete . . » ; «voi padri , non esasperate , mè erethìzete . . . » ; «voi padroni , date ai vostri servi, parèchesthe . . » (3 , 18a. 19a.20a.21a.22a; 4, 1a) . La sezione parenetica va oltre la «tavola dei doveri familiari» , ben definita nella sua unità e articolazione . Due imperativi di carat­ tere generale riprendono la serie interrotta dal codice familiare : «Perseverate nella preghiera, proskarterèite . . . » ; «comportatevi sag­ giamente , peripatèite . . . » ( 4,2a) . L'invito alla preghiera offre lo spun­ to per riproporre in modo essenziale il ruolo di Paolo proclamatore .

.

.

113

del «mistero di Cristo» , per il quale si trova in catene (4,3-4) . Que­ sto accenno autobiografico sul finire della sezione parenetica, antici­ pa il tema della sezione successiva, riservata alle informazioni e ai saluti . Infatti l'ultima sezione si apre con tre versetti dedicati alla comu­ nicazione epistolare: presentazione dei collaboratori inviati e incari­ cati di trasmettere le informazioni sul mittente . Il brano si apre e chiude con il verbo gnorìzein , «far conoscere» (4 ,7-9) . Le altre sot­ tosezioni sono scandite dal verbo aspàzesthai, «salutare» , all'indica­ tivo o imperativo (4,10a . 12a. 14a . 15a) . Non mancano alcune brevi esortazioni o inviti suggeriti dal ruolo o compito dei personaggi menzionati nella lista dei saluti (4, 12. 14. 16-17) . Al termine di questa analisi degli elementi lessicali , semantici, stilistici e letterari che definiscono la trama minuta del nostro testo , si può proporre in forma riassuntiva la sua struttura: Cornice epistolare: mittenti , destinatari , saluto Preghiera di apertura e annuncio tematico l. Il ruolo di Paolo nell'annuncio del «mistero» Il . L'unione battesimale a Cristo morto e risorto al­ ternativa alle osservanze e pratiche connesse con il culto degli angeli III . Programma di vita spirituale e doveri familiari Cornice epistolare: informazioni e saluti

1 , 1-2 1 ,3-23 1 ,24-2,5 2,6--3 ,4 3,5-4,6 4�7-18

2. L'oRIGINE LEITERARIA DI CoLossESI

Per ricostruire sotto il profilo letterario la genesi del breve scrit­ to indirizzato ai cristiani di Colossi, è opportuno esaminare la sua collocazione all'interno del canone biblico, cioè il suo rapporto con gli altri scritti sia dell'Antico sia del Nuovo Testamento . In questa analisi comparata un ruolo decisivo ha il confronto tra la nostra let­ tera e quella degli Efesini, data la singolare affinità letteraria tra i due testi.

a) Colossesi e gli scritti del canone biblico1 È un fatto che merita di essere segnalato : nella Lettera ai Colos­ sesi non si trova nessuna citazione esplicita dell'Antico Testamento . 7

114

E.P. SANDERS , «Literary Dependence in Colossians>> , in JBL 85(1966) , 28-45 .

Vi si riscontrano invece almeno nove allusioni a testi dell'AT, me­ diante la ripresa di espressioni uguali o affini a uno o più testi biblici . Ecco l'elenco di queste allusioni ai testi dell'AT nella Lettera ai Co­ lossesi : Colossesi

Antico Testamento

1 , 15 1 , 17 2,3 2,22 3,1 3 , 10 3 , 18 3 ,25 4,1

Gen 1 ,26-27 Pr 8,23-27 Is 45 ,3 ; Pr 2,3-4 ; Sir l ,24 Is 29 ,13 Sal 1 10 , 1 Gen 1 ,26-27 Gen 3 , 16 Dt 10,17; 2Cr 19,17 Lv 25 ,43.53; Qo 5,7

Da questo confronto si intuisce l'importanza che ha per il nostro scritto il testo di Gen 1 ,26-27, dove , nel contesto della creazione , ri­ corrono l'espressione e la categoria dell'immagine , eikon , di Dio , ri­ prese nell'inno cristologico e nella parenesi battesimale ( 1 , 15 ; 3 , 10) . Al contesto sapienziale biblico rimandano due testi di Colossesi : uno riguarda il ruolo del «Figlio» nella creazione ( 1 , 17//Pr 8,23-27) , l'altro si riferisce al «mistero di Dio , che è Cristo , nel quale sono na­ scosti tutti i tesori della sapienza e della scienza» (Col 2 ,3//Pr 2,3-4 ; Sir 1 ,24; cf. Is 45 ,3) . Anche il testo di Col 3 , 1 , che richiama il Sal 1 10 , 1 in relazione all'esaltazione di Cristo alla «destra di Dio» , si in­ serisce nella tradizione dei testi veterotestamentari riletti in chiave cristologica . Gli· altri quattro rimandi o allusioni ai testi biblici del­ l' AT si trovano nella sezione parenetica. Più frequenti e diretti sono i contatti della nostra lettera con gli scritti del Nuovo Testamento in particolare con quelli che costitui­ scono l'epistolario paolino . In questo caso è opportuno articolare il confronto a tre livelli : l) lettere autentiche di Paolo (protopaoline) ; 2) lettere della tradizione paolina , compresa la Lettera agli Ebrei (deuteropaoline); 3) altri scritti del NT: Vangeli , Atti degli apostoli , lettere cattoliche e Apocalisse . L'analisi comparata di Colossesi con gli scritti neotestamentari dà questi risultati circa il numero di testi in Colossesi , dove si riconoscono dei possibili contatti o parentele : protopaoline 42

deuteropaoline 16 (esclusa Ef)

altri scritti del NT 35 115

È innegabile la parentela della Lettera ai Colossesi con le altre lettere del corpus paolino. In primo luogo va rilevato che lo schema e il frasario della «cornice epistolare» di Colossesi sono un calco di quelli presenti nelle altre lettere di Paolo : Col 1 , 11/lCor 1 , 1 ; Col 1 ,2//Rm 1 ,7; Col 4, 18//1Cor 16,2 1 . 23a. Ma quello che attira l'atten­ zione è la singolare parentela di Colossesi con la Lettera ai Romani . Infatti si possono rilevare almeno 18 punti di contatto tra i due scrit­ ti , di cui sei nel capitolo secondo e terzo di Colossesi . Segue la prima Lettera ai Corinzi con la quale la nostra lettera ha nove testi affini . Ma in termini di proporzionalità è più rilevante il confronto tra Co­ lossesi e la Lettera ai Filippesi di uguale ampiezza: le allusioni al te­ sto di Filippesi sono complessivamente sette , di cui tre nel capitolo primo: Col l ,9-10//Fil l ,27 ; Col l ,29//Fil 4,13; Col 3 ,4//Fil l ,21 ; 3 ,21 . Va segnalata infine l'impressionante corrispondenza tra il testo di Colossesi e la piccola Lettera a Filemone soprattutto nella sezione dei saluti finali . E. Lohse rileva che quasi tutti i nomi che compaiono nella Lettera ai Colossesi nella sezione finale sono presenti nella Lettera a Filemone :8 Colossesi 1,1: 1,1: 4,7: 4,9: 4, 10: 4,10: 4, 1 1 : 4,12: 4. 14: 4,14: 4,15: 4,17:

Filemone

l Paolo, «apostolo di Cristo Gesù» Timoteo , «il fratello» l Tichico , «il caro fratello e ministro fedele mio compagno nel servizio del Signore» 10- 1 1 Onèsimo : «il fedele e caro fratello» Marco , «il cugino di Barnaba» 24 Aristarco , «mio compagno di carcere» 24 23 (Cristo) Gesù (?) Gesù , «chiamato Giusto» 23 Èpafra ( 1 ,7) , «Servo di Cristo Gesù» Luca , «il caro medico» 24 24 Dema Ninfa Archippo : «considera il ministero che hai ricevuto nel Signore . . . » 2

Esclusi due nomi , Tichico e Ninfa, tutti gli altri 1 0 di Colossesi sono presenti nella Lettera a Filemone . La massima concentrazione 8

in

Io. ,

1 16

E. LoHSE , «La lista dei saluti nella lettera a Filemone e in quella ai Colossesi>> , Le lettere ai Colossesi e a Filemone, 314-317.

delle corrispondenze si verifica nell'elenco delle persone che «in­ viano» i loro saluti assieme a Paolo (Col 4, 10-14//Fm 23-24) . La no­ vità nella lista di Colossesi è costituita dai titoli o qualifiche che ac­ compagnano la menzione dei vari nomi . Questo fatto , secondo E . Lohse , sarebbe u n indizio della composizione successiva di Colasse­ si rispetto allo scritto di Paolo a Filemone . Non è facile valutare il significato di queste affinità tra il testo di Colossesi e quello delle altre lettere paoline , perché il confronto si colloca a diversi livelli . In alcuni casi si tratta solo della ricorrenza dello stesso vocabolo greco , oppure di un'espressione caratteristica . In altri casi tra i due testi posti a confronto , oltre al lessico comune , vi è una corrispondenza nello sviluppo tematico . Sotto questo pro­ filo sono individuati cinque testi di Colossesi che risulterebbero dalla combinazione - «conflazione» - di più testi dell'epistolario paolino : Colossesi

testi paolini

1 , 15-16 1 ,20-22a 1 ,26-27 2, 12-13 3,5-11

Rm 1 ,20; 1 1 ,36; 1Cor 8 ,5-6 ; 2Cor 4,4 Rm 5 , 10; 1Cor 8,5; 2Cor 5 , 18 Rm 9 ,23-24; 16,25-26; 1 Cor 2,7 Rm 4,24; 6,4. 1 1 ; 8,32; Gal 1 , 1 Rm 6,6; 13, 12-14; 1 Cor 5 , 1 1 ; 12,13; 15 ,28 ; Gal 3 ,27-28 ; 5 , 19; 1Ts 4,5.

Tenendo conto dei diversi elementi lessicali , stilistici e tematici si rilevano altre corrispondenze tra il testo di Colossesi e quelli del­ l'epistolario paolino: Colossesi

testi paolini

1 ,9-1 1 1 , 10 2,5 2,8.20 2,10 2,16 3 ,2 3,15 3 ,24b 4,2a 4,18

Fil 1 ,9- 1 1 1Ts 2,12 1Cor 5 ,3-4 Gal 4,3.9 1Cor 15 ,24 Rm 14 , 1 . 3 . 17 Fil 3 , 19 Fil 4,7 Rm 12, 1 1b Rm 12,12 1Cor 16,21 . 1 17

Volendo fare un bilancio del confronto tra la Lettera ai Colosse­ si e le altre lettere paoline si può dire che la corrispondenza lessicale e tematica presuppone la conoscenza del corpus paolino , anche se non è possibile provare nei singoli casi che vi sia una dipendenza let­ teraria diretta . Ma non si può negare che esista una connessione an­ che sotto il profilo letterario tra la Lettera ai Colossesi da una parte e la Lettera ai Romani e Filippesi dall'altra . Lo stesso vale per il rap­ porto tra la nostra lettera e quella indirizzata a Filemone . Ma per spiegare l'affinità dei Colossesi con i testi del canone cristiano e in particolare con l'epistolario paolino si deve tener conto del ruolo che ha avuto la tradizione cristiana comune , dalla quale derivano al­ cune formule di fede ed espressioni dei brani dossologici e delle se­ zioni catechistiche e parenetiche.

b) Il confronto tra Colossesi e la Lettera agli Efesini9 Una più precisa corrispondenza a diversi livelli - lessicale , stili­ stico , letterario e tematico - si riscontra tra la Lettera ai Colossesi e quella agli Efesini. Nelle due lettere , a differenza delle altre del cor­ pus paolino , si trovano non solo gli stessi termini rari, ma anche al­ cune espressioni e frasi identiche . Nell'analisi linguistica della nostra lettera è già stata rilevata la presenza di 10 vocaboli che ricorrono solo nei nostri due scritti : Colossesi

Efesini

apokatalàssesthai 1 ,20.22 apallotrioùsthai l ,21 rhizoùsthai 2,7 synegèirein 2 , 12; 3 , 1 synzoopoièin 2 , 13 haph� 2,19 àuxesis 2 , 19 hymnos 23 , 1 6 ophthalmodoulìa 3 ,22 anthropàreskos 3 ,22

2,16 «riconciliarsi» 2,12; 4,18 «essere estraneo» 3 , 1 7 «essere radicato» 2,6 «con-risuscitare» 2,5 «con-vivificare» 4,16 «giuntura» 4,16 «crescita» 5 , 1 9 «inno» 6,6 «servizio a vista» 6,6 «compiacente agli uomini».

9 E. PERCY, Die Probleme der Kolosser- und Epheserbriefe, Lund 1946; J. Courrs, «The Relationship of Ephesians and Colossians» , in NTS 3(1957- 1958) , 201207 ; H . MERKLEIN, Paulinische Theologie in der Rezeption des Kolosser- und Ephe­ serbriefes , in K. KERTELGE, a cura di, Paulus in den neutestamentlichen Spiitschriften , 25-69; H. MERKLEIN , «Eph 4, 1-5 ,20 als Rezeption von Kol 3 , 1 -17>> , in P.G. MOLLER ­ W. STENGER, a cura di, Kontinuitat und Einheit. Fs. F. Mussner, Freiburg 198 1 , 194210.

1 18

L'aspetto che merita di essere rilevato in questa affinità lessicale tra i due scritti paolini è la ricorrenza di vocaboli rari paralleli in con­ testi simili: la «riconciliazione» universale per mezzo di Gesù Cristo ; la «partecipazione» al destino pasquale di Cristo risorto ; la crescita dei credenti nell'unico «corpo» di Cristo ; la proposta dei «doveri fa­ miliari» in forma di codice o catalogo . A questa corrispondenza del lessico si deve aggiungere quella di carattere tematico che contraddi­ stingue le due lettere nell'insieme dell'epistolario paolina : Colossesi

Efesini

a) «mistero , mystèrion , di Dio/di Cristo» 1 ,26 .27 ; 2,2; 4,3

1 ,9 ; 3,3.4.9; 5 ,32 ; 6,19

b) Cristo «capo , kephalè, della chiesa» 1 , 18; 2 , 19

1 ,22 ; 4,15; 5 ,23

c) chiesa «COrpO, soma, di Cristo» 1 , 18.24; 2,19

1 ,23 ; 4,12.16; 5 ,23-30

d) la «pienezza» , plèroma 1 ,1 9 ; 2,9

1 , 10.23 ; 4,13

e) esaltazione celeste di Cristo 3,1

1 ,20

f) «conoscenza» e «sapienza» 1 ,9. 10.27 ; 2,8; 3, 10. 16a g) invito alla preghiera 1 , 12; 2,7; 3 , 1 5 . 16; 4,2-4

1 ,8-9. 17-18; 3 , 18-19; 4, 1415 .23 ; 5 , 1 7 5 , 19-20; 6, 18-20.

A queste affinità lessicali e tematiche tra le due lettere si deve aggiungere anche il parallelismo letterario di alcune sezioni. Partico­ larmente rilevanti sono le corrispondenze tra la sezione di Col 1 , 1523 e quella di Ef 2 , 1 1 -22 . Anche l'elenco dei doveri familiari ha la stessa struttura di fondo nei due testi : Col 3, 18-4, 1//Ef 5 ,22-6 ,9. Uno schema simile sta alla base dell'antitesi temporale - «un tem119

po>>l«ora>> - riferita alla condizione spirituale dei destinatari : Col 1 ,21-22; Coi 3 ,7-8//Ef 2, 1-3 ; Ef 2 , 1 1-13. È da rilevare anche la pre­ senza nei due scritti di composizioni di carattere innico o di brani in prosa ritmica : Col 1 , 15-20 ; Col 2, 13b- 15//Ef 1 ,3-14; Ef 2,14-18; Ef 3 , 14-21 . Ma proprio il confronto tra questa serie di testi affini o pa­ ralleli pone in risalto la diversa accentuazione e sviluppo che gli stes­ si temi assumono nelle due lettere. In genere nella Lettera agli Efe­ sini le tematiche comuni con lo scritto di Colossesi sono accorpate e spesso ampliate . Da qui l'ipotesi che il testo di Efesini rappresenti uno stadio successivo rispetto a quello di Colossesi .

c) Colossesi e i testi extracanonici Il lessico specialistico presente in alcune sezioni di Colossesi e soprattutto il riferimento al culto degli angeli , associato alle prescri­ zioni e pratiche ascetiche hanno stimolato la ricerca dei paralleli let­ terari e tematici sia nell'ambiente giudaico , palestinese ed ellenisti­ co , sia in quello di cultura greca. Alcuni vocaboli ed espressioni del­ l'inno cristologico di Col 1 , 15-20 - eikon, protòtokos, kephalè tou sòmatos, pleroma - sono poste in relazione con le formule e le rela­ tive concezioni presenti nei testi della filosofia platonica e stoica . Nell'Inno orfico, riportato da Eusebio nella Praeparatio evangelica 111 ,9,2, si celebra Zeus, primogenito , testa e centro di tutta la realtà cosmica , unico corpo regale , luminoso e immenso. La stessa conce­ zione del capo di tutte le cose , che formano il corpo cosmico, è rife­ rita da Filone al lògos (Quaest. in Ex. 2 , 1 17; Somn. 1 , 128; Praem. 125) . Ma già Platone dice che il mondo visibile , che abbraccia il tut­ to , è «immagine>> , eikon , del Dio intelligibile ( Timeo 92c) . Questa concezione si riscontra nei testi successivi del Corpus Hermeticum . Analogamente il termine pleroma richiama le concezioni cosmologi­ che della filosofia stoica. Esso avrà un ruolo determinante nelle suc­ cessive speculazioni gnostiche . Il ruolo assegnato alle potenze celesti e il culto degli angeli , che l'autore di Colossesi attribuisce alla propaganda dei fautori della «fi­ losofia» e della «tradizione umana, secondo gli elementi del mon­ do>> , sono posti in relazione con i testi della letteratura apocalittica (l Enoch ; Giubilei; 4Esdra ; 2Baruch) e gli altri testi apocrifi giudaici ( Test. Lev. ; Ioseph Aseneth) . Un confronto più diretto viene stabili­ to tra la Lettera ai Colossesi e i testi di Qumràn , dove si riscontra la tematica degli angeli , quella dell'osservanza dei calendari e delle 120

pratiche ascetiche . Anche lo stile ridondante di alcune sezioni di Co­ lossesi richiama quello che si riscontra in alcune composizioni inni­ che dei testi trovati a Qumran . 1 0

3. L'oRIGINE STORICA DI CoLOSSESI L'analisi linguistica e letteraria del testo della Lettera ai Colosse­ si offre già alcuni elementi per rispondere agli interrogativi circa la situazione dei destinatari , lo scopo e l'occasione dell'invio della let­ tera. Una ricerca ulteriore sul testo può ampliare e integrare i dati utili per formulare un'ipotesi circa l'origine storica della lettera, il suo «autore» , l'ambiente e luogo di origine e infine il tempo di com­ posizione .

a) Colossi e i colossesi La lettera è indirizzata «ai santi e fedeli fratelli in Cristo (che so­ no) in Colossi» ( 1 ,2) . La città di Colossi, più volte menzionata dagli scrittori dell'antichità greco-romana , si trova nella regione della Fri­ gia sud-orientale , inserita amministrativamente nella provincia ro­ mana dell'Asia minore. U Il trasferimento di circa duemila famiglie giudaiche dalla Mesopotamia nella regione della Frigia per iniziativa di Antioco III (223-187 a.C.) fa supporre una presenza di giudei an­ che nel territorio di Colossi. 1 2 La regione della Frigia nel 60/61 d.C.

10 E. LOHSE , , in Io . , L e lettere a i Colos­ sesi e a Filemone, 173, nota 1 5 ; 323 , nota 1 1 ; S. ZEDDA, «Il carattere gnostico e giu­ daico dell'errore colossese nella luce dei manoscritti del Mar Morto>> , in RivB 5(1957) , 31-56; E . M . YAMAUCHI , «Secretarian Paralleles: Qumran and Colosse>> , in BS 121(1964) , 141-152; H. BRAUN, Qumran und das Neue Testament, Tubingen, I , 225-233 ; E. W. SAUNDERS , «The Colossian Heresy and Qumran Theology>>, in B . L . DANIEL - M.J. SuGGS, a cura d i , Studies in the History and Text of the New Testament, Salt Lake City 1 967, 133-145 ; N. KEHL, «Emiedrigung und Erhohung in Qumran und Kolossii» , in ZKT 91(1969) , 364-394. 11 SENOFONTE, Anab. 1 ,2-6 (inizio del IV secolo a.C.) ne parla come di una gros­ sa e florida città abitata da greci ; ERoDoTo, Hist. 7 ,30 , 1 dice che è una «grande città della Frigia>> ; PuNto, Nat. Hist. V , 145 , la menziona tra le «città più famose>> della re­ gione Frigia assieme a Laodicea e Gerapoli ; questa sembra una rievocazione del pas­ sato perché Io stesso autore non la ricorda nella descrizione della valle del Lico (Nat. Hist. 5 , 105 ) ; STRADONE, Geogr. 12,8 , 1 3 , chiama Colossi pòlisma, «una cittadina>>. 12 GIUSEPPE FLAvto, Ant. XII ,8,16, §§ 147-153; la presenza di comunità giudai­ che nella regione è confermata dall'episodio di Fiacco , amministratore della provin­ cia romana di Asia, il quale nel 61160 a.C. confisca 20 libbre d'oro provenienti dalla raccolta della tassa annuale dei giudei di Laodicea per il tempio di Gerusalemme (CI­ CERONE, Pro Fiacco , 28,68) .

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è stata colpita da un terremoto che ha distrutto la città di Laodicea, in seguito ricostruita dalla tenacia dei suoi abitanti . È probabile che anche Colossi abbia subito le conseguenze del sisma, ma questo non esclude la possibilità di una sua ricostruzione , come pare documen­ tato da alcune iscrizioni gratulatorie dedicate agli imperatori e dalle monete dei primi decenni del II secolo d.CY I destinatari della lettera sono cristiani , che hanno ascoltato e ri­ cevuto già da qualche tempo l'annuncio del vangelo . Infatti l'autore rende grazie a Dio per la loro fede in Gesù Cristo, la loro carità che abbraccia tutti i «santi» . Essi vivono nell'attesa della speranza che è stata loro annunciata mediante la parola di verità del vangelo . L'e­ vangelizzatore dei colossesi è È pafra , presentato dal mittente della lettera come . «Egli - dice Paolo - ci supplisce come un fedele ministro , diàkonos , di Cristo» . Èpa­ fra non solo sostituisce Paolo , ma fa da mediatore tra l'apostolo e la comunità dei cristiani destinatari della lettera (1 ,3-8) . Nella lista dei saluti finali della lettera la figura e il ruolo di È pa­ fra sono ripresentati con accenti elogiativi . Egli è il «servo di Cristo Gesù» , che lotta nelle preghiere per i cristiani della comunità di Co­ lossi , di cui fa parte . La sua azione evangelizzatrice e il suo ruolo di responsabile si estendono anche ai cristiani presenti nelle altre due città della regione : Laodicea e Gerapoli (4, 12-13) . Infatti la cerchia dei destinatari della lettera indirizzata ai colossesi , grazie alla media­ zione dei collaboratori di Paolo , si dilata fino ad abbracciare tutti quelli che lo hanno conosciuto personalmente . Tra questi una men­ zione particolare è riservata ai cristiani di Laodicea (2 , 1 ) . Essi sono così strettamente associati a quelli di Colossi al punto che l'autore li invita a scambiarsi reciprocamente le rispettive lettere (4, 16) . Sulla base di alcuni indizi desunti dalla Lettera ai Colossesi si può precisare l'identità di questi cristiani residenti nelle città della valle del Lico . Con tutta probabilità sono cristiani che , nella stra-

13 TACITO, A nn. 14,27 , 1 ; 0ROSIO, Hist. 7,7,12 . Dell'antica città di Colossi oggi resta una collina nella località turca di Kiiriiksu , a 25/30 km a sud-est della città di De­ nizli. Distante circa 150/200 km da Efeso nella valle del Lico , affluente del Meandro, Colossi era situata sulla strada che collegava la città sull'Egeo ad Antiochia di Siria e Apamea. Nella stessa valle , a 15 km più a nord di Colossi , sorgeva la città di Laodi­ cea . Fondata da Antioco II nel III sec. a.C. Laodicea diventa in epoca romana un vi­ vace centro commerciale e bancario e sede del distretto giudiziario. Qui si trova una delle sette chiese menzionate nell'Apocalisse , Ap 1 , 1 1 ; 3 , 1 4-22. A pochi km a est di Laodicea sorgeva la città di Gerapoli , città natale di Epitteto , famosa per le sue acque termali, dove risiede il vescovo Papia nei primi decenni del II sec. d.C.

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grande maggioranza, provengono dal paganesimo . In alcuni passi si fa riferimento in modo generico , mediante un frasario stereotipo , al loro passaggio dal «potere delle tenebre» al regno del Figlio di Dio , dalla condizione di «stranieri e nemici» alla riconciliazione con Dio per mezzo della morte del Figlio suo ( 1 , 13-14.2 1-22 ; cf. 3 ,7-10) . Questa svolta è avvenuta grazie all'annuncio del vangelo , di cui Paolo è costituito «ministro» . Nel ruolo di proclamatore del vangelo universale - «annunziato a ogni creatura sotto il cielo» - egli af­ fronta nella sua «Carne» le tribolazioni per la costituzione del «corpo di Cristo , che è la chiesa» . Egli si presenta quindi come «ministro>> della chiesa secondo la missione che gli è stata affidata da Dio a fa­ vore dei destinatari : «presso di voi». Essa consiste in questo : «realiz­ zare la sua parola, cioè il mistero nascosto da secoli e da generazio­ ni , ma ora manifestato ai suoi santi , ai quali Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo ai pagani, cioè Cri­ sto in voi , speranza della gloria» ( 1 ,25-27) . Per portare a compimen­ to questa missione di «ministro» del vangelo e della chiesa Paolo si affatica e sostiene una dura lotta «per voi, per quelli di Laodicea e per tutti coloro che non mi hanno visto di persona>> (1 ,29 ; 2 , 1 ) . L'origine o provenienza «etnica» dei cristiani di Colossi e delle città vicine è confermata dall'interpretazione che nella nostra lettera viene data del battesimo cristiano come la «vera circoncisione di Cri­ sto», contrapposta alla pratica giudaica che consiste nella «spoliazio­ ne del corpo di carne» (2, 1 1 ) . Infatti i credenti battezzati sono passa­ ti dalla loro condizione spirituale di «incirconcisi» , cioè morti per i peccati , a quella di perdonati e redenti grazie alla loro partecipazio­ ne sacramentale all'evento della morte e risurrezione di Gesù Cristo (2 , 13-14) . L'espressione «incirconcisione» , akrobystìa , nell'epistola­ rio paolino si riferisce ai pagani contrapposti a quelli della «circonci­ sione» , peritomè, che sono i giudei ( Col 3 , 1 1 ; Rm 2 ,25-27 ; 3 ,30 ; 1Cor 7 , 18- 1 9 ; Gal 2,7; 5 ,6; 6,15). Ma vi sono alcuni dati della nostra lettera che potrebbero far pensare perlomeno a una influenza dell'ambiente giudaico nella co­ munità cristiana di Colossi . La suddetta antitesi tra «circoncisione» e «incirconcisione» in rapporto al cambiamento dei colossesi fa sup­ porre almeno un certo interesse per il mondo ebraico . Inoltre quan­ do l'autore mette in guardia i colossesi nei confronti dei fautori di quella che egli chiama la «filosofia» ispirata alla «tradizione umana, secondo gli elementi del mondo», elenca una serie di divieti o pre­ scrizioni che potrebbero richiamare l'ambiente giudaico : «Nessuno dunque vi condanni più in fatto di cibo o di bevande o riguardo a 123

feste , noviluni e a sabati : tutte cose che sono ombra delle future ; ma la realtà invece è Cristo !» (2 , 1 6-17) . La menzione dell'osservanza dei «sabati» potrebbe alludere a una componente ebraica della «filo­ sofia» che minaccia i colossesi . Ma in questo caso si tratta di chiarire se il fronte dei propagandisti che si ispirano agli «elementi del mon­ do>> , sia del tutto esterno o abbia delle connivenze all'interno della comunità cristiana. Questo problema a sua volta è connesso con la definizione del profilo religioso e culturale di quello che viene chia­ mato l' «errore di Colossi» .

b) L'errore di Colossi e l'occasione e scopo della lettera Ricostruire sulla base dei pochi dati frammentari della Lettera ai Colossesi l'identità dei propagandisti della cosiddetta «filosofia» , nonché il contenuto delle loro proposte è una sfida , alla quale esege­ ti dei testi paolini e storici del primo cristianesimo non sanno sottrar­ si . Quanto più sono scarsi e enigmatici i dati del testo, tanto più si moltiplicano e si articolano le ipotesi circa la natura e la matrice sto­ rica e culturale dell'errore di Colossi . Anche in questo caso è oppor­ tuno richiamare i dati del testo che in modo diretto e indiretto si rife­ riscono all'ipotetico errore colossese. Va precisato che si tratta di in­ formazioni che l'autore lascia trasparire nel corso della sua argo­ mentazione volta a provare la sua tesi (probatio) o a demolire quelle dei supposti avversari (refutatio) . Egli si rivolge alla comunità per metterla in guardia di fronte al rischio della devianza, ma non entra in un confronto diretto con i rappresentanti dell'errore . Più volte nella prima parte della lettera l'autore di Colossesi esorta i cristiani a restare saldi nella fede fondata sull'annuncio del vangelo per conseguire la salvezza promessa. Essi sono stati riconci­ liati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo per presentarsi al suo cospetto santi , immacolati e irreprensibili «purché - continua l'autore - restiate fondati e fermi nella fede e non vi lasciate allon­ tanare dalla speranza promessa nel vangelo che avete ascoltato» (1 ,23) . La stessa esortazione viene ripresa al termine della sezione dedicata al «mistero di Dio o di Cristo , nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza» : «Dico questo perché nessuno vi inganni con argomenti seducenti» (2,4) . Alla fine però l'apostolo è sicuro di poter contare sulla condotta ordinata e sulla «saldezza della fede in Cristo» dei destinatari della lettera (2 ,5) . Questo appello alla vigile perseveranza viene ampliato e precisa­ to nell'invito programmatico della sezione centrale della lettera: 124

«Camminate dunque nel Signore Gesù Cristo , come l'avete ricevu­ to , ben radicati e fondati in lui , saldi nella fede come vi è stato inse­ gnato» (2,6-?ab ) . A questo punto l'autore mette in guardia i destina­ tari della lettera nei confronti del rischio di essere ingannati da quel­ la che egli chiama, philosophìa , «filosofia» e che fa leva su argomen­ ti di una tradizione umana. 14 In seguito questo avvertimento viene ripreso e in parte esplicitato come appare da questo quadro sinot­ tico: Col 2,8

2,16-17

«Badate che nessuno vi inganni

«Nessun dunque vi condanni più

con la sua filosofia e con vuoti raggiri, ispirati

in fatto di cibi o di bevanda,

alla tradizione uma­ na , secondo gli ele­ menti del mondo e non secondo Cristo» .

o riguardo a feste a noviluni e sabati ; tutte cose che sono ombra delle future

ma la realtà è Cristo» .

2,20-22 «Se pertanto siete morti con Cristo agli elementi del mondo , perché !asciarvi im­ porre come se vive­ ste ancora nel mon­ do dei precetti quali : "Non prendere , non gustare , non tocca­ re" ? Tutte cose destinate a scomparire con l'u­ so : . sono infatti pre­ scrizioni e insegna­ menti di uomini» .

Il secondo avvertimento viene ampliato con l'ulteriore messa in guardia che introduce due nuovi elementi : la «venerazione degli an­ geli» e la ricerca di visioni particolari . Ancora una volta si dissuado­ no i destinatari della lettera dal seguire queste pratiche o esperienze 14 Il termine philosophìa, «filosofia>> , indica nei documenti contemporanei un movimento anche di carattere religioso , al punto che il giudaismo e i diversi indirizzi al suo interno sono designati come «filosofia>> (4Mac 5 , 1 1 .22; FILONE, Somn. 2, 127; Vit. Mos. 2,216; Leg. Gai. 156.245 ; GIUSEPPE FLAVIO, Ap. 1 ,54; 2,47 ; Bell. 2,1 19) . La ricerca di Dio e della sapienza come via per conseguire la salvezza anche nelle forme esoteriche è che si ispira alla «tradizione degli uomini» . 1 5 A sua volta 15 L'espressione greca tà stoichèia toù kòsmou ricorre due volte nella Lettera ai Galati (4,3.9) con una valenza religiosa per indicare la condizione di «Sottomissione» e dipendenza in cui erano i galati prima della loro conversione; e nella quale rischiano di ricadere con le osservanze di giorni, mesi, stagioni e anni imposte dai propagandisti giudaizzanti (Gal 4,1-10) . Nell'ambiente greco-ellenistico gli «elementi del mondo>> hanno quattro valenze : a) cosmologica , in quanto rimandano ai principi primordiali costitutivi del mondo ; b) antropologica, perché anche il corpo umano è composto di elementi che si separano con la morte ; c) astrale, in relazione all'influsso degli astri sul destino umano ; d) angelologica, in quanto gli angeli presiedono ai fenomeni co­ smici e sono associati agli astri .

126

quest'ultima è in seguito identificata con una serie di norme e divie­ ti , che sono appunto «prescrizioni e insegnamenti di uomini» . Quelli che mediante la loro appartenenza vitale a Cristo sono «morti agli elementi del mondo>> sono sottratti a tali prescrizioni mondane . In quest'ottica l'umiltà e la «Venerazione degli angeli» , fondate su pre­ tese visioni , sono forme di vano orgoglio da parte di una «mente car­ nale» (2 , 18 ) . Questa valutazione negativa viene ripresa alla fine con espres­ sioni identiche o affini : «Queste cose hanno una parvenza di sapien­ za, con la loro affettata religiosità e umiltà e austerità riguardo al corpo , ma in realtà non servono che per soddisfare la carne>) (2,23 ) . L'espressione «austerità riguardo al corpo» richiama i divieti ali­ mentari e di astinenza ; la ethelothréskìa , associata alla tapeinophro­ syné, rimanda alla «venerazione degli angeli» ; parimenti il riferi­ mento al «Soddisfacimento della carne» è un'eco della precedente squalifica delle pretese visioni come prodotto di una «mente car­ nale» . Questo intreccio lessicale e tematico del testo solleva alcuni in­ terrogativi : quale legame esiste tra la serie di divieti e prescrizioni e la «venerazione degli angeli))? Queste pratiche hanno un rapporto con gli «elementi del mondo)) e con i «principati e potestà)), di cui Cristo è il capo e trionfatore , avendoli privati della loro forza? (2 , 10. 14b-15 ) . Anche se non esiste una risposta soddisfacente a que­ sti problemi, è possibile formulare un'ipotesi riguardo all'errore di Colossi: si tratta di una serie di prescrizioni di carattere ascetico , la cui osservanza è proposta come un percorso alternativo o integrati­ vo dell'esperienza cristiana fondata sulla fede e adesione vitale a Gesù Cristo . I propagandisti di questa via soteriologica , chiamata «filosofia» , si appellano all'esperienza di visioni poste in rapporto con la venerazione degli angeli . Più precarie e discutibili sono le ipotesi che tentano di integrare questa immagine dell'errore di Colossi facendo ricorso alla sua pos­ sibile matrice religiosa culturale . Qui la ridda delle ipotesi spazia su tutto lo spettro delle possibilità che vanno dal «sincretismo)) fino allo gnosticismo , passando attraverso l'ambiente greco-ellenistico dei culti misterici e quello giudaico esseno-qumranico o ascetico-mistico dell'apocalittica . In realtà i due ambienti , quello giudaico e quello greco-ellenistico , nella diaspora giudeo-ellenistica si toccano e inter­ secano . Il sincretismo della fine del primo secolo più che un ambiente o matrice culturale precisa è un orizzonte o clima generale che favori127

sce lo scambio e l'interazione tra i diversi ambienti e i vari elementi che vi circolano . Restano dunque in campo le altre ipotesi che colle­ gano l'errore di Colossi con le esperienze di iniziazione e le pratiche ascetiche presenti nell'ambiente pagano greco-ellenistico o in quello giudaico. 16 L'ipotesi della «gnosi» come ambiente di origine della «filosofia» di Colossesi potrebbe trovare un appoggio nel lessico della lettera. In essa infatti ricorre una volta il termine gn6sis (2 ,3) , quattro volte epign6sis ( 1 ,9 . 10; 2,2; 3 , 10) , associato due volte a synesis e sophìa ( 1 ,9; 2,2.3) ; quest'ultimo vocabolo si trova ancora quattro volte (l ,28 ; 2,23 ; 3 , 16; 4,5 ) ; una volta ricorre anche il verbo epignòskein (l ,6) . Questa terminologia della «conoscenza» e «sapienza» viene utilizzata per presentare il progetto cristiano come progressiva ma­ turazione spirituale associata a una prassi di vita coerente . Tuttavia non si può escludere che l'autore vi faccia ricorso proprio in concor­ renza con l'uso che ne fanno i propagandisti dell'errore di Colossi . Però si deve rilevare che solo in un caso il termine «sapienza» è ado­ perato nel contesto della denuncia della «pseudo-religiosità» dei fautori delle pratiche ascetiche (2,23). Lo stesso discorso vale per il termine p l'èroma , che ricorre due volte nella nostra lettera ( 1 , 1 9 ; 2,9) . In ambedue i testi questo voca­ bolo è associato al ruolo di Gesù Cristo . La funzione unica ed effi­ cace della morte di Gesù nel processo di riconciliazione e reden­ zione è radicalmente alternativo a ogni possibile ruolo mediatore attribuito ai principati e potestà ( 1 ,19-20; 2 ,9- 15) . Questo riferi­ mento alla mediazione delle «potenze celesti» potrebbe rinviare alle speculazioni che si riscontrano nella gnosi. Ma la difficoltà ad accet­ tare l'ipotesi gnostica come matrice dell'errore di Colossi deriva dalle troppe incognite circa la genesi storica e culturale della «gnosi» stessa. D'altra parte appellarsi a un «protognosticismo» vuol dire riconoscere l'impossibilità di stabilire un nesso storico culturale

1 6 Per spiegare l'errore di Colossi fanno ricorso al sincretismo ellenistico: H. CONZELMANN, Der Briefan die Kolosser, Gottingen 1976; J . LAHNEMANN , Der Kolos­ serbrief, Giitersloh 1971 ; E . LoHSE , Die Brief an die Kolosser und an Philemon , Got­ tingen 1968 ; in parte anche W. CA RR Angels and Principalities. The Background, Meaning and Development of the Pauline Phrase «hai archai kai hai exousiai» , Cam­ bridge 1981 , 47-85 , si richiama al «Sincretismo» tipico dell'Asia; R.A. ARGALL, «The Source of a Religious Error in Colossae>> , in CTJ 22(1987), 6-20; H.W. HousE, , in WD NF 16(198 1 ) , 1 1 1-134; P. PoKORNY, Der Brief des Pau­ lus an die Kolosser, Berlin 1987 , 95-100; E.M. YAMAUCHI , Pre-Christian Gnosticism , Grand Rapids 21983 ; A. Movo, «The Colossians Heresy in the Light of Some Gnostic Documents from Nag Hammadi>> , in JTSA 48(1984) , 30-44; T.H. OLBRIGHT, del vangelo univer­ sale e della chiesa, che è il corpo di Cristo . L'apostolo Paolo soffre e lotta per realizzare la missione ricevuta da Dio e si trova in catene per il «mistero di Cristo». In questo caso la Lettera ai Colossesi non è opera· di un «segretario» che scrive a nome o su incarico di Paolo . Essa invece è scritta da un vero e proprio autore , che appartiene alla cerchia dei discepoli di Paolo e si serve del nome e autorità dell'apo­ stolo per riproporne il meSsaggio in un nuovo contesto culturale e in una diversa situazione storica. L'ipotesi della pseudepigrafia paolina spiegherebbe le caratteristiche lessicali e stilistiche , ma soprattutto la peculiarità tematica e teologica della Lettera ai Colossesi rispetto al gruppo delle lettere protopaoline . Nel quadro dell'ipotesi pseudepigrafica è difficile identificare con una certa attendibilità l'ambiente o luogo di origine della Lette­ ra ai Colossesi. Il suo rapporto più diretto con la Lettera a Filemo­ ne , dalla quale deriva gran parte dei nomi dei collaboratori di Paolo menzionati nella lista dei saluti , rende plausibile l'ipotesi dell'origi­ ne efesina o comunque nell'ambiente dell'Asia, dove è presente la tradizione paolina. Questo viene conferm!lto dallo stretto legame che esiste tra la nostra lettera e quella che in alcuni codici si presenta come indirizzata «ai santi che sono in Efeso» (Ef l , l). In ogni caso si tratta di un ambiente caratterizzato dal vivo interesse per la missio­ ne evangelizzatrice ai pagani , di cui Paolo è il prototipo . Altrettanto problematico è il tempo di origine o composizione della nostra lettera. Lo scritto indirizzato ai colossesi è riconosciuto esplicitamente come lettera di Paolo da Ireneo, vescovo di Lione al­ la fine del II secolo (Adv. Haer. I ,27 ,2) . Ma già alcune espressioni dell'inno cristologico di Colossesi sono conosciute nel primo decen­ nio del II secolo da Ignazio di Antiochia ( Tra/l. 5 ,2 ; Rom. 5 ,3 ; Smyrn. 6,1 ; cf. Eph. 9 , 1 ; Polyc. 5 , 1 ) . Per una datazione alta di Co­ lossesi , prima del 60/61 d.C. , alcuni autori fanno leva sul fatto che la città sarebbe stata distrutta dal terremoto , di cui parla Tacito a pro­ posito di Laodicea. Quindi una lettera realmente indirizzata ai cri­ stiani di Colossi deve essere scritta prima di quella data . A meno che anche i destinatari siano del tutto fittizi come l'attribuzione della let­ tera all'apostolo Paolo . 22 Ma questo r àgionam � nto poggia su due ·

22

WoLTER, Der Brief an die Kolosser. Der Brief an Philemon, 33-36.

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presupposti non dimostrati : realmente Colossi, a 15 km da Laodi­ cea , subì la stessa sorte di Laodicea nel sisma del 60/61 ; a differenza di Laodicea la città di Colossi non sarebbe stata ricostruita. La Lettera ai Colossesi è stata pensata e redatta come uno scritto paolina da far circolare anche tra i cristiani delle altre due città della valle del Lico , Laodicea e Gerapoli. Si tratta di comunità cristiane che hanno ricevuto da tempo l'annuncio del vangelo tramite i colla­ boratori di Paolo e vivono una fase di crisi di fronte all'influsso del­ l'ambiente sincretistico dell'Asia . Quindi la composizione della let­ tera può essere collocata in un arco di tempo che va dalle ultime de­ cadi del primo secolo (80/90) all'inizio del secondo secolo . È questo anche il periodo in cui si forma la raccolta delle lettere di Paolo , che l'autore di Colossesi mostra di conoscere e in parte utilizza.

3. IL MESSAGGIO TEOLOGICO E SPIRITUALE DI COLOSSESI L'orientamento della Lettera ai Colossesi è fondamentalmente di carattere pratico e propositivo . Anche se l'autore si preoccupa di mettere in guardia «i fedeli fratelli in Cristo» nei confronti del ri­ schio di inganno della «filosofia» , ispirata alla «tradizione degli uo­ mini secondo gli elementi del mondo» , il suo obiettivo è quello di ri­ proporre a essi il cammino «nel Signore Gesù Cristo» secondo l'inse­ gnamento ricevuto . Fin dalla preghiera di apertura l'autore enuncia questo programma: «non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate una conoscenza piena della sua (di Dio ) volontà con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore per piacergli in tutto , portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio» ( 1 ,9-10) . Per fondare questa identità e stile di vita cristiani sono ripresi e ripensati i temi della tradizione paolina: il ruolo di Gesù Cristo Si­ gnore ( cristologia ) ; la sua funzione redentrice universale ( soteriolo­ gia ) ; l'unione vitale dei credenti con Cristo e tra loro ( ecclesiologia ) ; la prassi cristiana coerente in tutti gli ambiti (etica ) . Da questo pro­ getto cristiano deriva anche una spiritualità, dove l'intelligenza sa­ pienziale del disegno di Dio rivelato e attuato in Cristo ha un ruolo di primo piano. Essa matura in un clima di contemplazione , che a sua volta sfocia nella preghiera di invocazione e di ringraziamento .

a) Gesù Cristo, immagine di Dio, primogenito di tutta la _ creazwne La prima impressione che si ha nella lettura dello scritto indiriz­ zato a nome di Paolo ai Colossesi è quella di una forte concentrazio132

ne «cristologica>> . Questa impressione è confermata dal rilevamento dei termini e dei titoli cristologici : 20 volte ricorre l'appellativo Chri­ stòs e 1 1 volte il titolo Kyrios ; tre volte si ha la formula paolina Chri­ stòs Iesoùs ( l , la .4a; 4, 12b) ; ricorrono invece una sola volta le for­ mule tradizionali : Jesoùs Christòs ( 1 ,3b) ; Kyrios Jesoùs (3 , 17b) ; Ky­ rios Christòs (3 ,24b) ; Christòs Iesoùs hò Kyrios (2,6a) ; hò Kyrios he­ mon Jesoùs Christòs ( 1 ,3a) . Una sola volta ricorre la qualifica hò Hyiòs, «il Figlio» ( 1 , 13b) . In questo lessico cristologico e nelle formule relative , Gesù Cri­ sto è posto in relazione con Dio . Questo è evidente nella formula ri­ ferita a Gesù Cristo : «il Figlio del suo amore» . È infatti esplicito il ri­ ferimento a «Dio Padre», chiamato così in due testi di Colossesi (1 ,2c; 3 , 17b) ; mentre l'appellativo assoluto hò Patèr, «il Padre», ri­ corre una sola volta ( 1 , 12a) . Il sostantivo hò Theòs, senza altre spe­ cificazioni , si trova nella nostra lettera non meno di 18 volte . In real­ tà anche il titolo hò Kyrios , «il Signore», in alcuni contesti può esse­ re riferito a Dio , quando non è esplicito il suo rapporto con Gesù Cristo ( 1 , 10) . Comunque è innegabile la prevalenza dell'interesse cristologico della nostra lettera , anche se si tratta - come avviene negli scritti neotestamentari - di una cristologia in prospettiva teo­ centrica. Dunque al centro dell'argomentazione di Colossesi sta la cristo­ logia. Il testo programmatico di tale prospettiva è l'inno o encomio cristologico di apertura , Col 1 , 1 5-20. In questa composizione sono concentrate le qualifiche che definiscono il ruolo di Gesù Cristo , «Figlio» di Dio nell'ambito dell'intera creazione e nel processo di ri­ conciliazione e pacificazione universale Y In rapporto all'invisibile Dio , Gesù Figlio , è hè eikon , «immagine». Egli infatti è «protòto­ kos , primogenito di tutta la creazione», in quanto in lui e in vista di lui tutte le cose sono state create e tutte in lui trovano la loro consi­ stenza e coesione . Questo ruolo universale del Figlio di Dio nell'am­ bito della creazione è accentuato dall'elenco binario degli esseri : «visibili e invisibili» ; «troni e dominazioni» ; «principati e potestà» . Alla fine la funzione primaziale e la signoria assoluta 'del Figlio si condensano in una nuova qualifica: «Egli è il capo, kephalè, del cor­ po della chiesa» ( 1 , 18a) .

23 J.N. ALETTI , Colossiens 1, 15-20. Genre et exégèse du texte, fonction de la thé­ matique sapientielle (AnBib 91), Rome 1981 ; C. MARCHESELLI CASALE, «La comunità cristiana di Colossi esprime la sua fede in Gesù Cristo», in RivB 3 1 (1983), 273-291 ; T.E. PoLLARD, «Colossians 1 , 12-20>> , in NTS 27(1981), 572-575 ; N .T. WRIGHT, , in NTS 36( 1990) , 444-468.

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Con questa specificazione del «corpo» in chiave ecclesiale si sta­ bilisce un raccordo tra il ruolo di Gesù Cristo , Figlio di Dio , nell'am­ bito del cosmo creato e quello che gli spetta nel processo di riconci­ liazione e di pace universali. Infatti la seconda strofa della composi­ zione si apre con una nuova qualifica, simmetrica a quella dell'im­ magine : «Egli è arch�, principio , protòtokos, primogenito di coloro che risuscitano dai morti per ottenere il primato , protèuon , su tutte le cose» ( 1 , 1 8bc) . L'esplicitazione di questa intitolazione program­ matica si ha in una seconda ampia frase , in cui il soggetto inespresso rimanda all'agire sovrano di Dio: «Poiché in lui si compiacque di prendere dimora tutta la pienezza , pàn tò pl�roma , e per mezzo di lui e in vista di lui riconciliare tutte le cose , facendo pace per mezzo del sangue della sua croce» ( 1 , 10-20ab) . L'ampliamento cosmico del processo redentivo è dato dall'ultima espressione binaria: «sia le co­ se sulla terra , sia quelle nei cieli» , che fa eco a quella della prima parte dell'encomio cristologico (l , 16a) . La formula enigmatica «in lui si compiacque di prendere dimora tutta la pienezza» viene ripresa e in parte esplicitata nel contesto dell'argomentazione contro la pseudo-filosofia per confermare i fe­ deli nel loro impegno a camminare secondo la fede che hanno rice­ vuto , cioè secondo Cristo o in Cristo Gesù Signore ( 1 ,6.8) . In lui in­ fatti «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» e in lui i credenti ne sono ripieni , perché egli è il «capo di ogni principato e potestà» (2 ,9-10) . La piena e universale signoria di Gesù Cristo si esprime e attua nel suo ruolo di redentore vittorioso per mezzo della sua morte di croce (2 , 14-15) . Dunque la pienezza dei beni salvifici comunicati da Dio sono presenti e accessibili in modo sicuro e defi­ nitivo nell'umanità di Gesù Cristo . Questo esclude ogni altra media­ zione proposta dai propagandisti della filosofia ispirata alla tradizio­ ne umana e secondo gli «elementi del mondo» . La stessa centralità e unicità di Gesù Cristo nel disegno salvifico di Dio sono espresse facendo ricorso alla terminologia «misterica» della tradizione sapienziale e apocalittica. Infatti il «mistero nasco­ sto da secoli e generazioni» ora è manifestato ai credenti , ai quali «Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero» , che consiste nella presenza di Cristo nei fedeli , sicura garanzia della loro gloria futura ( 1 ,26-27) . Perciò l'impegno dei credenti , che han­ no ricevuto l' annuncio della parola di Dio o del vangelo , nel quale viene proclamato il «mistero di Cristo» , è quello di arrivare «alla ric­ chezza della piena intelligenza e alla conoscenza del mistero di Dio , cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e del­ la scienza» (2,2-3 ; 4,3) . 134

In breve si può dire che la cristologia della Lettera ai Colossesi ha una duplice connotazione: è universale e cosmica. Gesù Cristo , il Figlio di Dio e il Signore , si colloca al centro e al vertice di tutta la realtà creata. Egli esercita la sua signoria su tutti gli esseri terrestri e celesti , visibili e invisibili . Egli rappresenta perciò l'unico spazio sto­ rico e cosmico in cui Dio si rende presente e accessibile a tutti gli es­ seri umani. Questo si realizza concretamente nell'umanità di Gesù Cristo, nel «suo corpo di carne>> per mezzo della morte di croce , fon­ te della pacificazione universale .

b) Riconciliazione e pacificazione per mezzo di Gesù Cristo Al centro della cristologia di Colossesi sta la «soteriologia» come attuazione del primato universale di Gesù Cristo . Questo viene af­ fermato nella seconda parte dell'inno cristologico e ripreso e amplia­ to nella sezione centrale della lettera. Per divina disposizione tutta la «pienezza» prende dimora in Gesù Cristo , Figlio di Dio , in quanto «per mezzo di lui e in vista di lui sono riconciliate tutte le cose e per mezzo di lui con il sangue della sua croce sono pacificate le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli» (1 , 19-20ab) . I primi destinatari di questo processo di riconciliazione sono quelli che hanno ascoltato e accolto il vangelo di Gesù Cristo. Essi infatti sono «riconciliati» per mezzo della morte del suo corpo di carne» e perciò possono pre­ sentarsi a Dio «santi, immacolati e irreprensibili» ( 1 ,22) . Nel centro della lettera, dove l'autore presenta il ruolo salvifico di Gesù Cristo Signore , viene esplicitato il processo di riconciliazio­ ne nel quale sono coinvolti i battezzati . Essi partecipano in modo completo alla «pienezza» di Cristo , capo di ogni principato e poten­ za, perché mediante l'esperienza battesimale sono inseriti nell'even­ to della sua morte e risurrezione dai morti . Infatti nella immersione battesimale avviene la «vera circoncisione di Cristo» , che consiste nel perdono di tutti i peccati (2,9- 13) . A sua volta l'efficacia salvifica del passaggio battesimale , dalla condizione di morte per i peccati al­ la vita, dipende dall'evento della croce, che viene evocato mediante un linguaggio simbolico allusivo: il documento del debito con le clausole relative, che era contro di noi , è stato annullato inchiodan­ dolo alla croce ; i principati e le potestà sono stati presentati nel cor­ teo trionfale (2 , 14-15) .24 Il soggetto di queste azioni è sempre e solo 24 R. YATES , «Colossians 2,14: Metaphor of Forgivness» , in Bib 71( 1990) , 248259; Io. , «Colossians 2 . 1 5 : Christ Triumphant» , in NTS 37( 199 1 ) , 573-591 .

135

Dio che con la sua potenza ha risuscitato Gesù Cristo dai morti , ha dato vita ai battezzati inseriti vitalmente in lui e ha perdonato tutti i loro peccati. Dunque l'iniziativa salvifica gratuita ed efficace risale a Dio , il Padre, che ha abilitato i credenti a partecipare alla sorte dei santi nella luce . Nella sezione di apertura, con una breve professione di fede , si dice : «Egli (Dio Padre) infatti ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto , per opera del quale abbiamo la redenzione , la remissione dei peccati» ( 1 , 1314) . Ma tutto questo avviene nel «Figlio del suo amore» o «in Cri­ sto» . Mediante il ricorso alle formule èn Christo-i, syn Christo-i, èis Christòn e l'uso dei verbi composti con le stesse particelle greche , l'autore di Colossesi sottolinea la profonda e vitale partecipazione dei cristiani all'evento salvifico di Gesù Cristo.

c) La chiesa «corpo di Cristo» Il vocabolo ekklesìa ricorre quattro volte nella Lettera ai Colos­ sesi ( 1 , 18.24; 4,15. 16) . Nei primi due casi esso è associato al «corpo di Cristo>> , tò soma toù Christoù , negli ultimi due si riferisce all'as­ semblea dei fedeli in una casa o città. La dimensione peculiare del­ l'ecclesiologia di Colossesi è determinata dall'espressione >, 5 , 15 etoimasìa, «prontezza>>, 6,15 eutrapelìa, «trivialità», 5 ,4 eunòia, «buon animo», 6,7 henòtes, «unità» , 4,3 . 13 katartismòs, «preparazione» , 4,12 katbteros, «sottostante», 4,9 klydonìzesthai, «essere sballottati», 4,14 kosmokràtor, «dominatore del mondo» , 6,12 kleroùsthai, «essere eletto», 1 , 1 1 142

kryphé-i, «di nascosto», 5 , 12 kybèia, «inganno» , 4,14 makrochrònios, «longevo», 6,3 mègethos, «grandezza» , 1 , 19 mesòtoichon , «interposto» , 2,14 methodèia, «macchinazione» ,6, 1 1 morologìa , «discorso stolto», 5,4 pàle, «lotta» , 6,12 parorgismòs, «ira», 4,26 polypòikilos, «multiforme», 3 , 10 proelpìzein , «sperare prima», 1 ,12 proskartèresis, «perseveranza», 6,18 rhytìs, «ruga», 5 ,27 symmètochos, «compartecipe» 3 ,6; 5,7 sympolìtes, «concittadino» , 2,19 synarmologèisthai, «essere articolato insieme» , 2,21 ; 4,16 synoikodomèsthai, «essere costruito insieme», 2,22 syssomos, «concorporeo», 3,6 thyreos, «scudo», 6,16.

Gli hapaxlegòmena neotestamentari di Efesini sono concentrati negli ultimi tre capitoli , che si distinguono anche per il profilo tema­ tico . Vi sono infatti 3 ricorrenze di hapaxlegòmena nel primo capito­ lo ; 4 nel secondo e nel terzo ; 1 1 nel quarto ; 9 nel quinto ; 10 nel se­ sto . Meritano di essere segnalati alcuni termini composti mediante la particella syn: syn-armologèisthai, syn-oikodomèisthai; sym-mèto­ chos; sym-polìtes; sys-somos . Questa terminologia rivela l'insistenza del nostro scritto sul tema della «compartecipazione». Un gruppo di termini nuovi è associato al tema della «lotta» con il relativo equi­ paggiamento (6 ,1 1-16) . È notevole anche la costellazione semantica che gravita attorno ai vocaboli che designano la prassi etica sconve­ niente (5 ,4. 15). È da rilevare che l'aggettivo composito makrochrò­ nios, «longevo» in Ef 6,3 fa parte di una citazione della Bibbia se­ condo la versione greca dei LXX (Es 20 ,12; Dt 5 , 16) . Anche il verbo raro epiphàuskein , «illuminare», è inserito in un brano riportato co­ me una citazione (5 , 14) . Per valutare il peso di questo lessico specialistico di Efesini si può fare un confronto con quello della lettera di Paolo ai galati . Quest'ultimo scritto , formato da sei capitoli , 149 versetti e 2220 vo­ caboli , può essere accostato per ampiezza alla nostra lettera che nel­ l'edizioni a stampa viene suddivisa parimenti in sei capitoli, 154 ver­ setti , comprendenti 2425 vocaboli . Il maggior numero di vocaboli nel testo di Efesini è dato dalla frequenza delle particelle e preposi­ zioni che ne caratterizzano la struttura minuta. Nella Lettera ai Ga­ lati gli hapaxlegòmena neotestamentari assommano a 32 con 33 ri­ correnze , di cui due citazioni dell'AT greco . Anche nello scritto di Galati alcuni termini nuovi sono connessi con il tema specifico della lettera: ioudaismòs (due volte) , ioudaìzein, ioudaikòs (Gal 1 , 13-14; 2,14) . Dunque si potrebbe ritenere che lo scritto di Efesini non rap­ presenta un'eccezione , anche se mostra una certa preferenza per la originalità lessicale . Una conferma di questo orientamento può venire dal confronto con gli altri scritti del corpus paolino . Sono stati rilevati circa una cinquantina di hapaxlegòmena paolini , cioè di vocaboli che ricorro­ no solo in Efesini e non nelle altre lettere di Paolo , escluso il gruppo delle pastorali. Tra questi meritano di essere segnalati i seguenti : il termine politèia , «cittadinanza>> (2,12; cf. At 22 ,28) , mentre in Fil 1 ,27 si ha polìteuma; pàroikos, «ospite>> (2 , 1 9 ; cf. At 1 3 , 1 7 ; 1Pt 1 , 17) ; akrogonàios , «angolare>> (2,20 ; cf. 1Pt 2,6) ; diàbolos (4 ,27 ; 143

6 , 1 1) che ricorre 37 nel NT, ma non negli scritti del corpus paolino , escluse le pastorali (sei volte) ; s6tèrion (6, 17) che ricorre solo nell'o­ pera lucana (Le 2,30; At 28 ,28) . Ma il rapporto lessi cale di Efesini con l'epistolario paolino è complicato dal fatto che nel nostro scritto ricorrono oltre una trenti­ na di termini che non hanno riscontro negli altri scritti del NT: Lessico paolino di

Ef

altre lettere

aischròs, «vergognoso»

5 , 12

alethèuein , «dire la verità anakephalaioùsthai, «ricapitolarsi» anexichnìastos , «ininvestigabile» * ) anthr6pàreskos, «riguardo umano» * ) aphè, «legame» aphtharsìa, «incorruzione»

4,15 1 , 10

lCor 1 1 ,6; 14,35 ; Tt 1 , 1 1 Gal 4,16 Rm 1 3 ,9

3 ,8

Rm 1 1 ,33

6,6

Col 3,22

4,16 6 ,24 2,16

Col 2,19 Rm 2,7; lCor 15 ,42.50.53 .54; 2Tm 1 , 10 Col 1 ,20. 22

2,12; 4,18

Col 1 ,2 1

exagoràzein, «riscattare»

1 , 14 4,16 1 , 19; 3,7; 4,16 5 , 16

epichoregìa, «elargizione» eu6dìa , «soave odore» thalpèin , «riscaldare» loùtron , «bagno» mnèia, «ricordo»

4,16 5 ,2 5 ,29 5 ,26 1 , 16

nouthesìa , «ammonizione» * ) ophthalmodoulìa , «servilismo))

6,4 6,6

2Cor 1 ,22 ; 5 ,5 Col 2 , 1 9 Fil 3 ,2 ; Col l ,29 ; 2,12; 2Tm 2,9. 1 1 Gal 3,15; 4,5 ; Col 4,5 Fil l ,19 2Cor 2 , 1 5 ; Fil 4,18 lTs 2,7 Tt 3,5 Rm 1 ,9 ; Fil 1 ,3 ; lTs 1 ,2 ; 3 ,6; Fm 4 ; 2Tm 1 ,3 l Cor 1 0, 1 1 ; Tt 3 , 10 Col 3 ,22

* ) apokatallàssesthai, «essere riconciliati» * ) apallotrioùsthai, «estraniarsi» arrabon , «caparra» * ) àuxesis , «Crescita» enèrgeia , «forza»

144

parorgìzesthai, «esasperarsi» pepòithesis, «fiducia»

6,4 3 , 12

perikephalàia , «elmo» pleonekt�s , «cupido» pòiema, «creatura» presbèuein , «fungere da ambasciatore» prosagog�, «accesso» protìthesthai, «proporsi» proetoimàzein , «predisporre» * ) rhizoùsthai, «radicarsi» * ) synegèirein , «con-risuscitare» * ) syzoopoièin , «con-vivificare» hyiothesìa , «adozione»

6,17 5 ,5 2,10 6,20

Rm 10,19 2Cor 1 , 15 ; 3,4; 8 ,22 ; 10,2; Fil 3 ,4 lTs 5 ,8 lCor 5 , 10. 1 1 ; 6 , 10 Rm 1 ,20 2Cor 5 ,20

2 , 1 8 ; 3 , 12 1 ,9 2,10 3 , 17 2 ,6

Rm Rm Rm Col Col

2,5

Col 2,13

1 ,5

* ) hymnos , «inno» hyperbàllein , «trascendere»

5 , 19 1 , 1 9 ; 2,7; 3,19 3 ,20

Rm 8 , 1 5 .23 ; 9,4; Gal 4,5 Col 3 , 16 2Cor 3 , 10 ; 9 , 14

hyperekperissoù , «sovrabbondantemente»

5 ,2 1 , 1 3 ; 3 ,25 9 ,23 2,7 2,12; 3 , 1

l Ts 3 , 10 ; 5 , 13 .

Di questi 36 vocaboli «paolini» della Lettera agli Efesini 10 indicati con l'asterisco * ) - si trovano solo nel nostro scritto e nella Lettera ai Colossesi . Sullo sfondo di questa affinità con gli scritti del corpus paolina risalta la diversità lessicale di Efesini rispetto all'uni­ verso linguistico delle lettere attribuite come autentiche a Paolo . Anche se nel nostro scritto ricorrono il sostantivo dikaiosyne, «giu­ stizia» (4,24; 5 ,9 ; 6 , 14) , e l'aggettivo dìkaios, «giusto» (6, 1 ) , manca del tutto il verbo tipico paolina dikaoiùsthai, «essere giustificati» . È singolare anche il fatto che come già è stato rilevato per la Lettera ai Colossesi gli interlocutori o destinatari non sono mai interpellati di­ rettamente con l'appellativo consueto nelle lettere paoline adelphòi, «fratelli» , anche se questa terminologia ecclesiale è conosciuta (6,21 .23) . Questo accentua il tono impersonale della nostra lettera. Essa dunque sotto il profilo lessicale si inserisce nell'alveo dell'epi­ stolario paolina , ma nello stesso tempo se ne distacca per seguire un proprio percorso che trova conferma nel modo di costruire e connet­ tere i diversi elementi delle proposizioni .

-

145

b) Le caratteristiche di stile Nella Lettera agli Efesini ricorrono forme grammaticali e sintat­ tiche inusitate o forzate , quali si riscontrano nel greco della versione biblica dei «Settanta» . In Ef 1 ,22 il verbo greco didònai regge due accusativi : «lo ha costituito capo su tutte le cose . . . »; in Ef 5 ,5 l'impe­ rativo ìste , «sappiate» , seguito dal participio ginl>skontes , corrispon­ de a una costruzione semitizzante presente nel greco dei LXX. 1 È notevole anche la frequenza - almeno in 15 casi - delle forme genitivali in serie , dove un nome regge un genitivo e questo a sua volta un altro . Questo fenomeno grammaticale può essere fatto risa­ lire all'influsso del greco biblico che traduce l'ebraico , dove si sup­ plisce alla mancanza dell'aggettivo con un genitivo . In particolare alcune espressioni come «figli della ribellione>> (4 ,2c) , «figli d'ira>> (2 ,3c) , «nella santità della verità>> ( 4,24c) , «sacrificio di buon odore» (5 ,2c) , risentono della traduzione dall'ebraico . Anche la forma comparativa del superlativo elachistòteros in Ef 3,8, è una forzatura delle regole grammaticali . Proprio questo esem­ pio è una conferma macroscopica della ricerca espressiva del nostro autore . All'inizio del capitolo terzo si ha un periodo non concluso: «Per questo , io Paolo , prigioniero di Cristo per voi gentili . . . penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me af­ fidato a vostro beneficio» (3 , 1 -2) .2 Ma al di là di questi aspetti grammaticali e sintattici quello che attira l'attenzione nella Lettera agli Efesini è l'aspetto ridondante , solenne e prolisso del suo periodare . Più che l'assenza di articolazio­ ne dei periodi è la loro concatenazione a perdifiato che scoraggia sia il traduttore sia il lettore . Si ha l'impressione che l'autore non voglia mai concludere il discorso , aggiungendo sempre nuovi anelli alla sua costruzione . Cosl alla proposizione principale si agganciano a casca­ ta le subordinate diversamente connesse tra loro : finali introdotte da hìna , «affinché»; relative ; infinitive ; e soprattutto participali . La be­ nedizione iniziale , che occupa 12 versetti , è costruita come un solo grande periodo che salda insieme circa 17 proposizioni subordinate

1 S.E. PoRTER, «lste gnoskl>ntes in Ephesians 5,5. Does chiasm Solve a Pro­ blem?>> , in ZNW 8 1 ( 1 990) , 270-276, propone di superare la forzatura grammaticale collocando il nostro versetto nella struttura chiastica dei versi di Ef 5 ,3-5 , leggendo iste come indicativo e interpretando gnoskbntes in funzione avverbiale: «perché voi conoscete ciò (che si è detto sopra, Ef 5,3-4), sapendo inoltre che . » . 2 R. PENNA, Lettera agli Efesini, 25-26. . .

146

per un totale di 200 vocaboli ( l ,3-14) . In questo brano , come in tutto il capitolo primo e secondo , predomina la particella èn che , assieme a èis e katà introduce le nuove proposizioni e salda tra loro i diversi elementi della frase . 3 In tal modo il primo capitolo consta di soli tre grandi periodi ( 1 , 1-2.3-14 . 15-23) . Il secondo capitolo è un po' più articolato anche se esso si apre con una lunga frase (2 , 1-7) . Il capitolo terzo è ancora molto compatto , in quanto consta di tre grandi costruzioni e di una quarta più breve (3 , 1-7.8-12. 14-19.20-21) . Il discorso si fa relativa­ mente più articolato negli altri tre capitoli con l'eccezione del quarto che al suo interno racchiude ancora una grande frase (4, 1 1- 16) . An­ cora una volta nell'ultimo capitolo si ritorna allo stile solenne e ri­ dondante con una ampia composizione (6, 14-20) . La microstruttura delle proposizioni è costituita dal frequente ri­ corso di alcuni fenomeni linguistici che confermano la ricerca di una scrittura ampollosa e ridondante . Si nota la frequenza di vocaboli si­ nonimi , ripetuti in serie : «secondo il beneplacito della sua volontà; e questo a lode e gloria della sua grazia . . . secondo la ricchezza della sua grazia. . . ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà» ( 1 ,6.7c.9a) ; «che il Padre della gloria , vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. . . qual è la straordinaria grandezza della sua potenza . . . secondo l'efficacia della sua forza» ( 1 , 1 8 . 19) . È impressionante l'accumulazione dei sinonimi composti con la particella syn concentrati in alcuni contesti dei capitoli secondo e terzo: «Ma Dio . . . ci ha fatti rivivere con Cristo . . . con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli in Cristo, syn-ezoopòiesen, syn-ègeiren kài syn-ekàthisen» (2,5-6) ; «siete concittadini , sym-polìtai . . . in lui ogni costruzione cresce ben ordinata, syn-armologoumène . . in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati, synoikodomèisthe» (2 , 19b.21-22) , «i gentili sono chiamati, in Cristo Ge­ sù , a partecipare alla stessa eredità, syn-kleronòma , a formare lo stesso corpo e a essere partecipi , sys-s6ma kài sym-mètoc:ha , della promessa per mezzo del vangelo» (3 ,6) . Lo stesso procedimento di intensificazione si nota all'inizio del capitolo quarto , dove oltre all'accumulo dei sinonimi si fa ricorso .

3 Complessivamente sono circa 1 1 7 le ricorrenze della particella èn nella nostra lettera rispetto alle 41 della Lettera ai Galati ; segue la particella èis con 38 ricorrenze ; katà, con 24 ; dià , con 2 1 .

147

all'effetto di risonanza tra verbo e il sostantivo della stessa radice : «Vi esorto dunque . . . a comportarvi in maniera degna della vocazio­ ne con cui siete stati chiamati , tes kl-eseos hes ekl-ethete, . . . con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza . . . un solo corpo , un solo spirito , come una sola è la speranza alla quale siete chiamati , quella della vostra vocazione , eklèthete èn mìa-i elpìdi tes klèse6s hym6n» (4 , 1 .2.4) . Anche in altri contesti della lettera si h a questa ricerca dell'effet­ to «eco» grazie alla corrispondenza tra verbo reggente e sostantivo . Questo si verifica nella «benedizione» e nella «preghiera>> di apertu­ ra : «Benedetto , eulogetòs, sia Dio . . . che ci ha benedetti con ogni be­ nedizione , eulogèsas hemàs èn pàse-i eulogìa-i» ( 1 ,3) ; «a lode e glo­ ria della sua grazia che ci ha dato nel suo Figlio diletto , tes chàritos autoù hes echarìt6sen hemàs» (1 ,6) ; «secondo l'efficacia della sua forza che egli manifestò in Cristo , katà tèn enèrgeian . . . hèn enèrge­ sen» (1 ,19-20a) . Ma lo stesso fenomeno si riscontra anche nei conte­ sti di carattere espositivo e parenetico : «ma Dio . . . per il grande amore con il quale ci ha amati , dià tèn pollèn agàpen autoù hèn egà­ pesen hemàs» (2,4) . L'accostamento dei sinonimi in molti casi segue un ritmo bina­ rio , in modo da ottenere l'effetto del parallelismo . Un esempio di parallelismo antitetico costruito con i sinonimi si ha a conclusione del capitolo secondo : «Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti , ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio» (2,19) . Ma non è infrequente il ricorso alla disposizione ternaria dei sinonimi come in Ef 5 ,4: «lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini , trivia­ lità» . Gli ultimi due sinonimi accostati , kài morologìa e eutrapelìa , hanno una certa omofonia con il termine contrapposto : «Si rendano invece azioni di grazie , a/là màllon eucharistìa» . Questo insieme di elementi che caratterizzano lo scritto agli Efe­ sini giustificano la qualifica del suo «stile» come ampolloso e ridon­ dante con un'evidente tendenza pleroforica. Questa impressione è confermata dalla frequenza delle formule generalizzanti introdotte dall'aggettivo pàs , «tutto» , che nelle varie combinazioni grammati­ cali ricorre in 50 casi contro i 15 della Lettera ai Galati. Tale intensi­ tà è paragonabile solo alle 39 ricorrenze dello stesso aggettivo nella Lettera ai Colossesi . È tipico invece del nostro scritto il ricorso alle espressioni iperboliche : «la straordinaria grandezza, tò hyperbàllon mègethos , della sua potenza» ( 1 , 19) ; «la straordinaria ricchezza , tò hyperbàllon ploùtos, della sua grazia» (2 ,7) ; «conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza , t-en hyperbàllousan tes gnòseos agàpen . . . » (3 , 19) . 148

Per trovare una collocazione omogenea con questo impianto sti­ listico della Lettera agli Efesini sulla base dei modelli retorici antichi si fa riferimento allo «stile asiano» caratterizzato appunto dalla ten­ denza all'ampollosità e ridondanza. Si tratta di quello stile ellenisti­ co fiorito che si sviluppa nelle zone orientali dell'impero e che ha il suo punto di riferimento nei centri ellenistici dell'Asia. Ma anche l'ambiente liturgico , che ama lo stile solenne e il ritmo ripetitivo della composizione , potrebbe offrire il contesto vitale adatto per spiegare le caratteristiche del nostro testo . D'altra parte è facile riscontrare nello scritto di Efesini non solo alcuni elementi del linguaggio liturgico , ma anche alcuni brani di prosa ritmica che ri­ sentono del contesto cultuale (1 ,3-12.20-23 ; 2, 14-18; 4,5-6) . Tra questi spicca il testo riportato come citazione da una fonte autore­ vole : «Per questo sta scritto ( lett . «Si dice» ) : «Svegliati , o tu che dormi , destati dai morti , e Cristo ti illuminerà» (5 ,14) . Inoltre le osservazioni precedenti circa l'influsso del greco biblico e la presenza di espressioni semitizzanti orientano verso l'ambiente della letteratura biblica e giudaica sia sapienziale sia pro­ fetica e apocalittica . In particolare la tendenza al parallelismo anti­ tetico non solo delle frasi, ma anche dello sviluppo tematico , con­ ferma questa affinità con il suddetto ambiente . I brani di prosa rit­ mica summenzionati rivelano una certa affinità con lo stile poetico dei salmi biblici . Del resto il contatto con i testi della Bibbia è con­ fermato non solo dalle citazioni esplicite , ma anche dall'evidente ripresa di formule ed espressioni dai libri profetici e dai Salmi (2, 17; 4,8; 6, 14-17) .

c) Il genere letterario di Efesini L'analisi stilistica della Lettera agli Efesini pone il problema del­ la definizione del suo «genere letterario» . Infatti gli elementi episto­ lari espliciti si riducono alla cornice: mittente, destinatari e saluti ini­ ziali (1 , 1-2) ; saluti e benedizione finali (4,23-24) . Rientrano nel ge­ nere epistolare le brevi informazioni e istruzioni che il mittente co­ munica tramite Tichico prima del congedo (6,21-22) . Esse sono anti­ cipate dall'invito a pregare per il mittente , che si trova in catene co­ me ambasciatore del vangelo , perché egli possa annunciarlo con franchezza (6, 19-20) . 149

Per il resto il dialogo epistolare compare nell'introduzione della preghiera iniziale : «Perciò anch'io avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù . . . non cesso di rendere grazie per voi , ricor­ dandovi nelle mie preghiere» ( 1 , 15-16a) . Esso viene ripreso all'ini­ zio del capitolo terzo : «Per questo , io Paolo , prigioniero di Cristo per voi gentili . . . penso che abbiate sentito parlare del ministero del­ la grazia di Dio , a me affidato a vostro beneficio: come per rivelazio­ ne mi è stato fatto conoscere il mistero di cui sopra vi ho scritto bre­ vemente . Dalla lettura di ciò che ho scritto potete ben capire la mia comprensione del mistero di Cristo» (3 , 1-4) . Gli fa eco la conclusio­ ne : «Vi prego quindi di non perdervi d'animo per le mie tribolazioni per voi ; sono gloria vostra» (3 , 1 3) . Essa fa da raccordo all'introdu­ zione della preghiera che conclude questo capitolo : «Per questo, di­ co , io piego le ginocchia davanti al Padre . . . perché vi conceda . . . » (3 , 14a. 15a) . Infine lo stile dialogico rispunta in apertura del capitolo quarto : «Vi esorto dunque io , il prigioniero del Signore , a compor­ tarvi in maniera degna . . . » (4 , 1 a) , con la ripresa successiva: «Vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore . . . » (4, 17) . Dentro questa intelaiatura , che si ispira al genere epistolare , si trovano ampi brani di prosa ritmica sullo stile dei Salmi , come la «benedizione» iniziale ( 1 ,3-14)4 e l'inno a Cristo «pacificatore» (2, 14-18)5 e quello più breve a Cristo «illuminatore>> (5 , 14) ; una pre­ ghiera con dossologia conclusiva (3 , 16-19.20-21) ; brevi professioni di fede ( 1 ,20 ; 4 ,5-6 ; 5 ,2b .25b) ; un codice dei doveri familiari (5 ,216 ,9) , intercalato da una catechesi su Cristo e la chiesa (5 ,25b-32) ; al­ cuni elenchi di vizi (4,3 1 ; 5 ,3-5) e virtù (4,24b.32; 5 ,9) . Una menzio­ ne a parte merita la descrizione conclusiva dell'«armatura di Dio», ispirata ai modelli biblici ( 6, 14-17) . 6 Una conferma dell'interesse della Lettera agli Efesini per la tra­ dizione liturgica e catechistica viene dall'esplicito riferimento che

4 L'aspetto «ionico» responsoriale di Ef 1 ,3·14 come testo autonomo adattato al contesto della lettera è sostenuto da P. GRELOT, «La structure d'Ephésiens 1 ,3-14», in RB 96(1989) , 193-209; cf. C.J. RoBBINS, «The Composition of Ephesians 1 ,�-14» , in JBL 105(1986) . 677-687 ; J.H. BARKHUIZEN , «The strophic structure of tke eucology of Ephesians 1 ,3-14>> , in HerTSt 46( 1990) , 390-413. G. WILHEL M I , «Der Versohner-Hymnus in Eph 2,14ff>> , in ZNW 78(1987) , 145- 152, tenta una ricostruzione dell'inno primitivo sulla base del ritmo e paralleli­ smo delle frasi ; Ef 2 , 17·18 sarebbe un'amplificazione ispirata a Is 57,19. 6 Per il significato e il ruolo di Ef 6, 10-20, cf. R.A. WILD , , in CBQ 46( 1984) , 284-298; M. BARrn, «Traditions in Ephesians» , in NTS 30(1984) , 3-25 .

150

l'autore fa a queste esperienze della comunità cristiana in almeno due testi . Nel contesto dell'esortazione , che fa leva sull'evento bat­ tesimale , l'autore dice : «Ma voi non così avete imparato a conoscere Cristo , se proprio gli avete dato ascolto e in lui siete stati istruiti , se­ condo la verità che è in Gesù» (4,20-21). E conclude il suo invito a ricercare la volontà di Dio con queste parole : «siate ricolmi dello Spirito , intrattenendovi a vicenda con salmi , inni , cantici spirituali , cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore , renden­ do continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre , nel nome del Si­ gnore nostro Gesù Cristo)) (5 , 1 8c-20) . La presenza di elementi derivati dalla tradizione sia liturgica sia catechistica non giustificano le ipotesi che tendono a identificare il genere letterario di Efesini con modelli diversi da quello epistolare : - una grande preghiera (M. Barth) ; - un testo liturgico per la feste di Pentecoste ( J . C. Kirby) ; - un'omelia (P. Pokorny) ispirata alla liturgia battesimale (G . Schille ; A.T. Lincoln) ; - un discorso sulla «sapienza del mistero)) (H. Schlier) ; - un trattato iniziatico , «cristagogico)) (K. Usami) ; - un trattato teologico o didattico (E. Kasemann) . In queste ipotesi la forma epistolare sarebbe un semplice rivesti­ mento esterno o un espediente per la stesura del testo . L'argomento più solido a sostegno del genere epistolare dello scritto agli Efesini è l'esplicito riferimento al modello epistolare pao­ lina. Anche se nell'insieme dello scritto il dialogo epistolare è molto ridotto , non si può negare che esso sia presente non solo nelle frasi introduttive summenzionate , ma anche nelle sezioni nelle quali il mittente si rivolge ai destinatari «voi» a nome di un gruppo «noi)) ( 1 , 1 1 . 13 ; 2. 1 . 1 1 . 17-18.22) . D'altra parte nel genere letterario «ome­ lia)) inviata come la lettera non si fa riferimento alla lettura del testo scritto come in Ef 3 ,3-4, ma all'ascolto della parola (cf. Eb 8 , 1 ; Gc 2,5). È dunque preferibile mantenere il nostro testo nel genere epi­ stolare , dove c'è la possibilità di integrare tutti gli elementi stilistici e letterari che la contraddistinguono , in particolare la dimensione cul­ tuale o liturgica e quella dottrinale . Si potrebbe pensare a una lette­ ra di carattere ufficiale inviata in nome e con l'autorità di Paolo a un gruppo di chiese legate alla tradizione dell'apostolo .

d) La struttura della Lettera agli Efesini La scelta del genere letterario «epistolare>> non pregiudica la struttura del testo della nostra lettera. A parte la cornice epistolare , 151

che interessa i due versetti di apertura e quelli di chiusura della lette­ ra , restano da individuare i criteri che presiedono all'articolazione delle diverse sezioni . Una prima serie di elementi strutturanti è suggerita dalle formu­ le che fanno da raccordo tra le grandi frasi di cui si compone il testo . Al termine della grande «benedizione» di apertura, la nuova sezione è introdotta dall'espressione : «Perciò , dià toùto , anch'io, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore . . . » ( 1 , 15a) . Questa for­ mula fa da transizione alla preghiera di stile epistolare che sfocia in una nuova composizione di carattere celebrativo . Infatti il dialogo «epistolare» viene ripreso solo all'inizio del capitolo secondo che giuoca sull'alternanza «VOi>> e «noi>> , già anticipata nel capitolo pnmo . noi: 1 ,3-12. voi: 1 , 13-14.

15-18.

2,3-7. 19; 2 , 1 -2

(8b-9) . 10. 18. 8a. l l-13 . 17 . 19.22

Le sezioni , in cui viene sospeso questo «dialogo>> , assumono il tono della professione di fede o della celebrazione ionica : Ef 1 ,2023 ; 2,8b-9. 14-17a .20-21 . Le formule connettive sono più esplicite nel capitolo terzo. Esso si apre con l'espressione : «Per questo , toùtou chàrin , io Paolo , il pri­ gioniero di Cristo per voi gentili . . . >> , ripresa all'inizio della preghie­ ra : «Per questo , toùtou chàrin , io piego le ginocchia davanti al Pa­ dre . . . » (3 , 1-14) . In questo contesto il dialogo si instaura tra «io» (Paolo) e «voi» pagani, salvo un breve intermezzo in cui ricompare il collettivo «noi» (3 , 12) . Anche in questo brano la sospensione del dialogo lascia spazio alla riflessione di fede e alla dossologia (3 ,5-6 ; 3,20-21). L'attacco del quarto capitolo è caratterizzato dal frasario tipico del discorso parenetico : «Vi esorto dunque , paraka/6 oùn hymàs, io , il prigioniero del Signore . . . » ( 4 , 1 ) . Esso risuona ancora nella ripresa delle formule parenetiche passando sopra alla sezione interposta di carattere celebrativo ed espositivo: «Vi dico dunque , toùto oùn lègo , e vi scongiuro nel Signore . . . » (4 , 17a) . Questo tono esortativo si estende per tutti e due i capitoli successivi, dove si susseguono le for­ me verbali all'imperativo , oppure le corrispettive costruzioni infini­ tive o participiali (4 ,25-6,20) . Anche in questa ampia sezione si al­ ternano nel dialogo i due gruppi : il «noi», che prende il posto della prima persona «io , il prigioniero del Signore» , e il gruppo «VOi» de­ stinatari delle esortazioni . La sospensione del «dialogo» o la com152

parsa del gruppo «noi>> segnala le sezioni di carattere celebrativo o catechistico (4,5-6.7-16; 5 , 13-14.25b-32 ; 6, 12) . Una seconda serie di elementi utili per cogliere la struttura del testo della nostra lettera è data dalla frequenza di alcuni termini­ chiave , che creano i diversi campi semantici . Essi non solo danno la colorazione tematica all'insieme dello scritto di Efesini , ma consen­ tono di cogliere il profilo delle singole sezioni in cui esso si articola. La prima area semantica è quella che ruota attorno ai t ; sys-soma , «con-corporei» ; sym-mètocha , «com-partecipi» (3 ,6) . Af­ fine a quest'area della «com-partecipazione» è quella dell'unità e «pacificazione», richiamata dal lessico della «pace» , eirlme (2 , 14. 15. 17) , e dell'unità: èis/mìa/hèn (2 ,14. 15. 16. 18; 4 ,4-7. 16) ; enò­ tes (4,3. 13) . Tenendo conto di questi elementi che segnalano le articolazioni del testo e la sua configurazione semantica si può proporre questa struttura generale della Lettera agli Efesini : Cornice epistolare o prescritto : sono indicati il mittente (Paolo) e i destinatari e viene inviato un breve saluto , Ef 1,1-2. Prima parte: si espone in forma celebrativa il «mistero di Dio» rive­ lato e attuato in Cristo Gesù , al cui servizio sta Paolo , Ef l ,33,21 : a) benedizione iniziale , 1 ,3-14; b) preghiera per i destinatari ; essa sfocia nella celebrazione dell'azione di Dio che . ha risuscitato e glorificato Cristo , 1 , 15-23 ; c) celebrazione dell'opera salvifica di Dio a favore dei destina­ tari pagani associati al destino glorioso di Gesù Cristo , che con la sua morte di croce è diventato pacificatore e unificato­ re dei due gruppi contrapposti , 2, 1-22; d) presentazione del ruolo di Paolo nella rivelazione e attuazio­ ne del «mistero di Cristo» per l'iniziativa di Dio e preghiera dell'apostolo per i destinatari, 3 , 1-2 1 . Seconda parte: s i traccia un programma d i vita per i destinatari della lettera sulla base della professione di fede battesimale , Ef 4, 16,20: a) esortazione a vivere secondo la «chiamata» di Dio nell'unità della fede e nella diversità dei doni ricevuti per la edificazio­ ne e crescita del «corpo di Cristo» nell'amore , 4 , 1-16; b) richiamo della parenesi battesimale che consiste nel «rivesti­ re l'uomo nuovo» in una trama di rapporti leali e costruttivi , 4, 17-32 ; c) invito a vivere nell'amore come «figli della luce», lasciandosi guidare dallo Spirito , 5 , 1-20; 154

d) codice dei doveri familiari con le relative motivazioni che fanno leva sul rapporto di Cristo con la chiesa, 5 ,21-6 , 1 ; e ) esortazione al combattimento spirituale che implica la pre­ ghiera perseverante per tutti i fedeli e anche per l'apostolo «ambasciatore» del vangelo in catene , 6, 10-20. Cornice epistolare: si danno alcune informazioni e si inviano il saluto e la benedizione finale , Ef 6,21-24. Benedizione e preghiera

La lettera , dopo l'intestazione o prescritto , si apre con un'ampia composizione , che dalla terminologia «eulogica» d'apertura - par­ ticipio passivo eulogetòs , verbo eulogèin , e sostantivo eulogìa - può essere chiamata «benedizione» (1 ,3-14) . Non esiste un consenso sul­ la sua estensione e struttura «poetica» .7 Un'articolazione del testo in tre unità è suggerita dal ritornello ripetuto tre volte : «a lode della sua gloria (e gloria della sua grazia)>> ( 1 ,6c. l2a. l4c) . Una conferma della struttura ternaria viene dall'espressione « Èn hoi kài, in lui/nel quale anche . . . », ripetuta tre volte all'inizio dei versetti Ef 1 ,7. 1 1 . 13 . Anche l'azione divina espressa dai tre verbi i n forma participiale se­ gue questo ritmo triadico: «ci ha benedetti» (l ,3) ; «ci ha predestina­ ti» (1 ,5) ; «ci ha fatto conoscere» ( 1 ,9) . Oltre a questo criterio formale e stilistico può essere utile tener presente lo sviluppo drammatico del testo. Il protagonista principale è Dio , il Padre del Signore nostro Gesù Cristo , al quale si rivolge la «benedizione» e dal quale provengono le azioni benefiche o salvifi­ che che esplicitano e sviluppano il motivo della preghiera di «bene­ dizione» : «ci ha scelti» (1 ,4) ; «ci ha dato la grazia» ( 1 ,6b) ; «l'ha ri­ versata abbondantemente» ( 1 ,8) ; «ci ha fatto conoscere» (1 ,9) . L'a­ zione principale di Dio espressa dall'unico verbo all'indicativo «ci ha scelti» esplicita il tema iniziale : «ci ha benedetti» . L'iniziativa di Dio si dirama in due direzioni : quella della «predestinazione», corri­ spondente alla sua «grazia» e quella della «conoscenza» del mistero che consiste nel ricapitolare in Cristo tutte le cose . Essa si attua a un duplice livello : quello del «potere» (redenzione e remissione dei

7 H. ScHLIER , La lettera agli Efesini, 21976, suddivide il brano poetico in due fasi , quello della progettazione del piano salvifico ( Ef 1 ,4-5), e quello della sua attuazione storica ( Ef 1 ,6-10) ; egli considera gli ultimi versi ( Ef 1 , 1 1 - 14) estranei alla composi­ zione innica .

155

peccati) e quello della «comunicazione» («sapienza e intelligenza») del disegno salvifico che assume una dimensione cosmica. 8 Nella seconda parte al posto della serie di verbi attivi principali , subentrano due verbi al passivo che alludono ancora all'iniziativa benigna di Dio attuata per mezzo del Figlio : «in lui siamo stati fatti eredi» ( l , 1 1 ) ; «in lui . . . avete ricevuto il sigillo dello Spirito santo» ( 1 , 13c) . Gesù Cristo dunque è il secondo protagonista strettamente associato al Padre come il Figlio «amato», nel quale sono scelti e amati i figli di adozione (1 ,4-5 ) . Nel seguito della composizione en­ trano in scena i destinatari dell' azione di Dio Padre rivelata e attuata «in Gesù Cristo>> . Nei versetti finali si presentano i destinatari che si dividono in due gruppi contraddistinti rispettivamente dal pronome «nOi» ( 1 , 1 1-12) e «VOi» ( 1 , 13-14) . Tenendo conto di questi diversi elementi si può suddividere il te­ sto della «benedizione» in questo modo :

l . Introduzione tematica (l ,3) ;

2. Sviluppo progressivo dell'azione salvifica di Dio Padre per mez­ zo di Gesù Cristo (1 ,4-14) : a) elezione alla santità nell'amore ( 1 ,4) ; b) predestinazione a essere figli nella grazia dell'amato (1 ,5-6) ; c) redenzione e remissione dei peccati (1 ,7-8) ; d) comunicazione del «mistero» salvifico (1 ,9- 10) ; e) eredità dei predestinati ( 1 , 1 1-12) ; f) redenzione finale garantita dal dono dello Spirito santo ( 1 , 13-14) . La «benedizione» iniziale ha una funzione programmatica nei confronti di tutta la lettera soprattutto con l'annuncio tematico del «mistero» , connesso con l' «oikonomìa della pienezza dei tempi», che consiste nel «ricapitolare tutte le cose in Cristo» . La preghiera d i stile epistolare prolunga la benedizione di aper­ tura riprendendo il tema della «comunicazione e conoscenza» ( 1 , 1519) . Essa infatti si rivolge al «Dio del Signore nostro Gesù Cristo , Padre della gloria» e chiede per i destinatari il dono dello «spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui» .

8

156

M. BoumER, L' Épftre de Saint Pau/ aux Ephésiens , 58.

La «illuminazione» interiore dei fedeli riguarda la comprensione della «speranza della sua chiamata» e «la ricchezza della gloria della sua eredità tra i santi». Alla fine la preghiera si trasforma in una celebrazione o profes­ sione di fede nella «straordinaria grandezza della potenza» di Dio a favore dei credenti . Essa infatti si è manifestata e attuata come azio­ ne forte ed efficace nella risurrezione di Cristo dai morti , nella sua intronizzazione trascendente che sta all'origine della sua signoria co­ smica e universale ( 1 ,20-23) . Negli ultimi versi di questa composizione di carattere celebrativo si avverte l'eco del tema annunciato nella benedizione . Questo risul­ ta anche da una certa corrispondenza lessicale tra le due sezioni :9 Ef 1, 9-10

Ef 1,20c-23

«Poiché egli ci ha fatto co­ noscere il mistero della sua volontà, secondo quanto nella sua benevo­ lenza aveva in lui prestabi­ lito per realizzarlo nella pienezza dei tempi , èis oi­ konomìan toù plerbmatos ton kairon , il disegno cioè di ricapitolare , anakepha­ lai6sasthai, in Cristo , èn to-i Christo-i, tutte le cose , tà pànta , quelle del cielo e quelle della terra» .

«e lo fece sedere alla sua destra nei cieli , al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e domina­ zione e di ogni altro nome che si pos­ sa nominare non solo nel secolo pre­ sente , ma anche in quello futuro . Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della chiesa, kephalen hypèr pànta te-i ekklesìa-i, la qual è il suo corpo , la pienezza, tò pler6ma , di co­ lui che si realizza pienamente in tutte le cose , toù tà pànta èn pàsin plerou­ mènou» .

L' azione salvifica di Dio in Gesù Cristo

Nella prima parte del capitolo secondo nella forma del dialogo catechistico si fa un'esposizione dell'azione salvifica, gratuita ed effi-

9 P.S. CAMERON , «The Structure of Ephesians» , in FgNT 3(1990) , 3-17, ricostrui­ sce la struttura di Efesini sulla base delle corrispondenze tra le varie sezioni, suddivise in otto pannelli simmetrici , inquadrati dalla cornice epistolare : 1 ,3-14/11 , 15-23 ; 2,110//2 , 1 1 -22 ; 3 , 1 -7//3 ,8-13; 3,14-4,6//4,7-16; 4,25-321/5 , 1 -20; 5 ,21 -24//5 ,25-33 (6,13//6,4; 6,5-8//6,9) ; 6, 10-12//6,13-17.

157

cace di Dio che ha rovesciato la situazione storica dei destinatari «voi/noi» . Essa fa leva sul dittico contrapposto : Un tempo (Ef 2 , 1 -3 . 5a)

- morti per le colpe/peccati ; - vivendo alla maniera di questo mondo ; - «figli ribelli . . . » ; - seguendo i desideri della carne ; - per natura «figli d'ira»;

Ora (Ef 2,4.5b-7) - Dio misericordioso , per amore . ci ha vivificati con Cristo ; (salvati per grazia) - ci ha con-risuscitati ; - ci ha fatti sedere nei cieli in Cristo Gesù .

Quest'azione salvifica di Dio ha come risultato la rivelazione universale e definitiva della straordinaria ricchezza della sua chàris che sta alla base dell'attuale statuto dei credenti «salvati» e fonda la loro prassi (2,8-10) . Lo scopo del quadro autentico è quello di porre in risalto l'amore misericordioso di Dio che sta all'origine del pro­ cesso salvifico rivelato e attuato in Cristo Gesù . La frase «siete sal­ vati per grazia>> , ripetuta come un ritornello , dà la tonalità alla pic­ cola sezione (2,5c. 8a) . Nella seconda parte viene ripreso e ampliato il quadro antitetico che fa leva sulla contrapposizione temporale - «Un tempo»/«ora» - e su quella spaziale : «vicini»/«lontani». Questi ultimi sono identi­ ficati dal punto di vista etnico-religioso con i pagani o gli «incirconci­ si» . L'antitesi si articola in due fasi , separate da un intermezzo in cui si celebra in forma ionica il ruolo pacificatore , riconciliatore e unifi­ cante di Cristo Gesù . Egli rovescia la· situazione e rende possibile l'incontro dei separati tra loro e con Dio. La disposizione simmetrica e concentrica del testo pone in risal­ to la funzione di asse portante del piccolo inno soteriologico : a) ricordate la situazione «di un tempo», Ef 2 , 1 1-12 - voi pagani , «incirconcisi» ; - senza Cristo ; - esclusi dalla cittadinanza di Israele ; - estranei ai patti della promessa; - senza speranza ; - . senza Dio in questo mondo . 158

b) primo annuncio del cambiamento: Ef 2 , 1 3 «Ora invece , i n Cristo Gesù , voi che u n tempo eravate lonta­ ni siete diventati vicini grazie al sangue di Cristo». c) celebrazione del ruolo di Cristo , Ef 2, 14-17 «egli è la nostra pace»: - facendo dei due uno solo ; - abbattendo il muro divisorio , l'inimicizia nella sua carne ; - annullando la legge fatta di prescrizioni e decreti ; «per creare in se stesso , dei due un solo uomo nuovo» ; - facendo la pace ; «per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo per mezzo della croce»; - distruggendo in se stesso l'inimicizia ; - venendo ad annunciare l'evangelo di pace ai vicini e ai lontani ; b ' ) secondo annuncio del cambiamento, Ef 2 , 1 8 «per mezzo d i lui possiamo presentarci gli uni e gli altri al Padre in un solo Spirito». · a ' ) conclusione: rovesciamento della situazione precedente , Ef . 2,19-22 ma concittadini dei santi ; - voi non siete più stranieri , ma familiari di Dio . - né ospiti , L'immagine della costruzione/casa/tempio, fondata sugli aposto­ li e profeti e avendo come pietra angolare Cristo Gesù completa in chiave ecclesiale questo quadro della riunificazione dei due gruppi diversi e divisi . Il ruolo di Paolo nella rivelazione del «mistero di Cristo»

Il capitolo terzo riprende in modo diretto il dialogo epistolare . Questo offre lo spunto per l'autopresentazione di Paolo: «il prigio­ niero del Signore per voi pagani» (3 , 1 ) . Quest'ultimo appellativo dei destinatari stabilisce un accordo con la sezione che precede imme­ diatamente . Invece la seconda frase «l'economia della grazia di Dio a me affidata» rimanda alla tematica della «benedizione» iniziale. Ad essa l'autore fa un esplicito riferimento : «dalla lettura di ciò che vi ho scritto potete ben capire la mia comprensione del mistero di Cristo». Essa ora viene sviluppata ed esplicitata nella presentazione 159

del ruolo di Paolo , prototipo dei cristiani destinatari della «grazia» di Dio . L'argomentazione della prima parte del capitolo si svolge in forma concentrica in tre momenti: a) annuncio del ruolo di Paolo nella rivelazione e conoscenza del «mistero di Cristo» , 3 , 1-4; b) rivelazione e attuazione del «mistero» che consiste nella par­ tecipazione dei pagani «alla promessa del vangelo in Cristo Gesù», 3 ,5-6; a') annuncio del ruolo di Paolo diàkonos del vangelo «per il do­ no della grazia di Dio», 3 , 7. Sull'ultima frase , che pone in risalto l' «efficacia della potenza» di Dio , si innesta un nuovo sviluppo del ruolo di Paolo nella pro­ clamazione dell'evangelo ai pagani e nella manifestazione dell'eco­ nomia del mistero nascosto da secoli in Dio (3 ,8-12) . L'elemento nuovo è l'orizzonte cosmico e trascendente in cui avviene la rivela­ zione del mistero per mezzo della chiesa: «ora viene manifestata nei cieli ai principati e alle potenze la multiforme sapienza di Dio secondo il disegno eterno che ha attuato in Cristo Gesù nostro Si­ gnore» (3 , 10- 1 1 ) . La conclusione di questo brano di stile celebrati­ vo riprende quella dell'inno soteriologico del capitolo precedente : «il quale ci dà il coraggio di avvicinarci in piena fiducia a Dio per la fede in lui» (3 , 12) . Nei due testi infatti ricorre lo stesso vocabolo li­ turgico prosag6ge. Esso nell'attuale contesto viene accostato ai ter­ mini che esprimono il rapporto libero e fiducioso con Dio : parr­ hesìa kài pepòithesis. Una frase di transizione riprende il dialogo epistolare e introdu­ ce la seconda parte del capitolo interamente dedicata alla preghiera di Paolo per i destinatari immediati della rivelazione del mistero (3 , 13-14) . Si intuisce lo sviluppo della preghiera scandita dal triplice hìna che introduce frasi sempre più brevi : a) che il «Padre>> creatore universale conceda che essi siano raf­ forzati dal suo «Spirito» nell'uomo interiore , cioè che «Cri­ sto» abiti per mezzo della fede nei loro cuori e siano radicati e fondati nell'amore , 3 , 16-17; b) che siano resi capaci di comprendere con tutti i santi l'intera estensione dell'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscen­ za, 3 , 18-19b ; c) che siano ricolmi di tutta la pienezza di Dio , 3,19c. 160

La conclusione dossologica chiude non solo questa preghiera e il capitolo terzo , ma tutta la prima parte , di cui richiama alcuni termi­ ni-chiave : la «potenza» , la «gloria» di Dio che si rivela nella «Chiesa» e in Cristo Gesù , 3 ,20-21 . Il progetto di vita cristiana

L'inizio del quarto capitolo segna uno stacco rispetto alla prima parte della lettera . Esso però si raccorda con il capitolo precedente , di cui riprende l'espressione d'apertura riferita al mittente : «Vi esor­ to dunque , io , il prigioniero del Signore» (4,1a; cf. 3 , 1 a ) . Il passag­ gio all'esortazione che riguarda la prassi , peripatèin , avviene pro­ gressivamente . Infatti la prima sezione del nostro capitolo ripropone il tema dell'unità, enòtés, già anticipato nei capitoli precedenti . L'u­ nità ora assume una dimensione ecclesiale, in quanto si manifesta e realizza in «un solo corpo e un solo spirito» come risposta alla chia­ mata di Dio all'unica speranza. Questa unità corrisponde alla pro­ fessione di fede battesimale , anche se le sue radici vanno ricercate nell'azione unificante di Dio «Padre di tutti , che è al di sopra di tutti , agisce in tutti ed è presente in tutti» ( 4, 1-6 ) . La seconda sezione sviluppa il tema dell'enòtés , che deriva dal­ l'attivazione convergente e armonica di tutti i doni fatti a ciascuno da Dio per mezzo di Cristo . L'argomentazione di carattere esposi­ tivo si svolge in tre momenti : a) annuncio della donazione della «grazia» per mezzo di Cristo , 4,7; b ) motivazione biblica ( Sal 68 , 19 ) del ruolo di Cristo asceso al di sopra di tutti i cieli per riempire ogni cosa , 4,8-10; c) donazione costitutiva dei compiti che servono per attivare la diakonìa di tutti i credenti per l'edificazione e la crescita ar­ monica del corpo di Cristo , 4 , 1 1-16. Il terzo momento è il più sviluppato . Per mezzo di una serie di frasi subordinate si pone in risalto lo scopo della donazione divina fatta a ciascuno per mezzo di Cristo: «edificare il corpo di Cristo» e «arrivare all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio» . Questa meta coincide con l'ideale dell'uomo «perfetto», che corri­ sponde alla misura definita dalla «pienezza» di Cristo (4, 12-13 ) . Do­ po un intermezzo , che fa leva sul contrasto tra l'«uomo maturo» e i «fanciulli» instabili , si riprende il tema della «crescita» del corpo , di 161

cui Cristo è il capo unificante e dinamico (4, 14-16) . Il termine che fa da guida e dà unità all'insieme dell'argomentazione con intenti pare­ netici è l'agàpe. Esso sta all'inizio e alla conclusione dell'ultima fra­ se , in cui si presentano e raccomandano la crescita di tutto il corpo e l'edificazione di ciascuno (4, 15. 16) . L'ultima parte del capitolo quarto di carattere più decisamente parenetico traccia il programma di vita pratica. La parenesi fa leva sull'antitesi che in parte riecheggia quella del capitolo secondo . Allo stile di vita di un tempo , caratteristico dei pagani , «estranei alla vita di Dio>> , si oppone ora lo stile di vita proprio di chi ha «imparato Cri­ sto>> (4, 17-19 .20-21). Il progetto di vita viene presentato per mezzo di tre espressioni , che giocano ancora sull'effetto del contrasto : «de­ porre l'uomo vecchio>> , «rinnovarsi nello spirito>> e «rivestire l'uomo nuovo>> ( 4,22-24) . Questo invito a «deporre>> la vecchia esistenza , che si corrompe correndo dietro alle passioni ingannatrici , si concre­ tizza in una serie di indicazioni pratiche che riguardano i rapporti in­ terpersonali e comunitari (4,25-32) . La parenesi continua nel capitolo quinto, dove il progetto di vita dei «figli>> amati che devono imitare Dio , viene condensato in una formula programmatica: «camminate nell'agàpb> (5 ,2a) . Esso ha la sua motivazione nell'amore di Cristo che «ha dato se stesso per noi» (5 ,2b) . La stessa motivazione si trova all'interno della catechesi sul rapporto tra Cristo e la chiesa , che viene presentato come fonte e modello delle relazioni sponsali (5 ,25b) . Questo consente di riunire in un solo quadro programmatico le diverse sezioni dell'ampia pare­ nesi che abbraccia tutti gli ambiti della vita personale , familiare e co­ munitaria. Nella prima parte del capitolo quinto si sfrutta ancora l'effetto dell'antitesi già nota dal capitolo secondo . La prassi viziosa dei pa­ gani «idolatri» non solo li esclude dal regno di Cristo e di Dio , ma at­ tira il giudizio di Dio sui «figli ribelli» (5 ,3-6) . Da tale situazione di «tenebre» sono emersi i credenti come «figli della luce» illuminati da Cristo . Su questo fatto fa leva l'invito a rompere ogni legame con il mondo dell'oscurità (5 ,7-14) . Alle opere infruttuose delle tenebre si contrappone il «frutto della luce che consiste in ogni bontà , giustizia e verità». L'antitesi «luce/tenebre» si prolunga in quella di «sapien­ za/stoltezza>> . La sapienza consiste nella ricerca della volontà del Si­ gnore e nell'esperienza dello Spirito , che si esprime nell'intensità della comunicazione e della preghiera ecclesiale (5 , 15-20) . L'ultima parte del capitolo quinto e i primi nove versetti del se­ sto riportano il «codice dei doveri familiari» (5,21--6,9). Esso viene 162

introdotto da un invito programmatico che si appoggia sul participio hypotassòmenoi: «siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cri­ sto» (5 ,21 ) . Segue la proposta dei «doveri» per i diversi membri del­ la famiglia interpellati nei rispettivi ruoli e reciproci rapporti . Ogni invito è motivato in modo più o meno ampio con il rimando a Cristo o al Signore . Ecco un quadro complessivo del «codice dei doveri» fa­ miliari: a) dovere delle mogli in rapporto ai mariti , 5 ,22a ; - motivazione , 5 ,22c-24; b ) dovere dei mariti in rapporto alle mogli , 5 ,25a; - motivazione , 5 ,25b-32 ; - conclusione dei doveri sponsali , 5 ,33 ; c) dovere dei figli in rapporto ai genitori , 6 , 1 a ; - motivazione , 6, 1b-3 ; d ) dovere dei genitori in rapporto ai figli , 6,4ab ; - motivazione implicita, 6,4c ; e ) dovere degli schiavi in rapporto ai padroni , 6 ,5ab ; - motivazione , 6,5c-8 ; f) dovere dei padroni in rapporto agli schiavi, 6 ,9a ; - motivazione , 6,9b. In questo schema risalta l'ampio spazio dato alla motivazione ri­ spetto alla proposta del «dovere». La motivazione del dovere dei mariti assume la forma di una catechesi sull'amore di Cristo per la chiesa . Essa in parte è anticipata da quella relativa al dovere delle mogli , dove Cristo è presentato come «capo» della chiesa suo «cor­ po>> . Ma nel caso dei mariti la presentazione dell'amore di Cristo per la chiesa si sviluppa in una serie di proposizioni introdotte dalla par­ ticella hìna ripetuta tre volte (5 ,26a.27ab ) . Alla fine risuona l'invito in forma applicativa: «Così i mariti hanno il dovere di amare le mo­ gli come il proprio corpo , perché chi ama la moglie ama se stesso» ( 5 ,28 ) . Quindi prosegue la riflessione sul tema del «corpo», ma so­ stituendovi il termine «carne>> , sàrx , che prepara il rimando al testo biblico di Gen 2 ,24: «per questo l'uomo lascerà suo padre e sua ma­ dre e i due saranno una carne sola , èis sàrka mìan» ( 5 ,31 ) . Nel breve commento applicativo il mysi�rion , chiamato «grande» , è riferito al rapporto di Cristo con la chiesa ( 5 ,32 ) . Esso consente di fondere in­ sieme i tre segmenti di questo brano : quello sponsale , cristologico ed ecclesiale . Essi convergono nel tema dell'unico corpo . La formula di stile parenetico «del resto, toù loipoù» , introduce la sezione del «combattimento spirituale» (6 , 10-20 ) . Essa è caratte163

rizzata da una serie di imperativi che ne scandiscono lo sviluppo . Il primo è programmatico : «attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza» (6,10) . Il secondo introduce il tema vero e pro­ prio : «Rivestitevi dell'armatura di Dio» (6,1 1a) . Una breve motiva­ zione fa leva sullo scopo e la qualità della lotta (6, 1 1 b-12) . Questa interruzione costringe a riprendere con un nuovo imperativo e la re­ lativa motivazione : «Prendete perciò l'armatura di Dio» (6 , 13). Infi­ ne il quarto imperativo - «state dunque ben fermi» - offre lo spunto per presentare in dettaglio l'equipaggiamento militare : corazza, cal­ zatura, scudo , elmo . L'invito a impugnare la «spada dello Spirito , che è la parola di Dio», chiude la presentazione della panoplìa di Dio , ispirata al modello biblico (6, 14-17) . La serie di participi con valore imperativo si prolunga nell'invito alla preghiera vigilante e perseverante per tutti i «santi» e anche per Paolo , l'ambasciatore del vangelo in catene , perché possa annunziarlo con franchezza e auda­ cia (6,18-20) . 2. L'ORIGINE LETTERARIA DI EFESINI

La Lettera agli Efesini nel canone neotestamentario fa parte del gruppo delle lettere paoline . Perciò il confronto con l'epistolario paolino è indispensabile per ricostruire la storia letteraria di Efesini . M a questo rapporto con l a tradizione paolina non esaurisce l'albero genealogico della nostra lettera. Essa ha dei legami anche con gli al­ tri scritti del canone cristiano , in particolare con l'opera lucana e la Lettera agli Ebrei . Inoltre la nostra lettera è debitrice a livello lessi­ cale , stilistico e tematico alla tradizione biblica nelle sue diverse espressioni . La ricerca sulla storia letteraria di Efesini prenderà av­ vio dal confronto con gli scritti dell' AT per concludersi con quelli dell'ambito paolino e in particolare con la Lettera ai Colossesi .

a) Il rapporto di Efesini con l'A T1° Per l'autore della Lettera agli Efesini il «mistero di Cristo» non è stato fatto conoscere agli uomini delle precedenti generazioni . Tut­ tavia per parlare di questo evento egli fa ricorso a termini , espressio-

10

A .T. LINCOLN , «The Use of OT in Ephesians», in JSNT 14(1982) , 16-57 ; BARTH , «Traditions in Ephesians>>.

164

ni e categorie desunti dalla Bibbia, per lo più nella versione greca dei «Settanta» . In una decina di casi è riportato un versetto intero o una frase della Bibbia. Solo in Ef 4,8 il testo del Sal 68 , 19 (67 , 1 9: LXX) è introdotto dalla formula : «Perciò dice , diò lègei» . Con la stessa formula in Ef 5 , 14 è citato un frammento poetico che , nono­ stante le affinità con diversi testi in Isaia, non può essere considerato una citazione biblica (cf. Is 26, 1 9 ; 5 1 , 17 ; 52, 1 ; 60, 1 ) . Tutti gli altri testi biblici sono inseriti nel testo della lettera senza formule di cita­ zione . Perciò non è sempre facile distinguere le «citazioni» dirette , da quelle indirette o allusioni che spesso si riducono all'uso del fra­ sario biblico . In ogni caso una prima serie di testi biblici utilizzati dal nostro autore riguardano l'intronizzazione celeste e la signoria di Gesù ri­ sorto . Oltre al Sal 68, 19 in Ef 4,8, si fa riferimento al Sal 8,7 in Ef 1 ,22, dove si dice : « Tutto ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costitui­ to su tutte le cose a capo della chiesa». Un'allusione al Sal 109/1 10,1 si può intravedere sullo sfondo dell'espressione : «lo fece sedere alla sua destra nei cieli» ( 1 ,20c) . La lettura di questi salmi si inserisce in una tradizione ermeneutica cristiana che li rilegge in chiave cristolo­ gica. Questo forse spiega la citazione del Sal 67/68, 19 che nella for­ ma di Ef 4,8 non corrisponde né al testo originale ebraico , né alla versione dei Settanta. Infatti la citazione del salmo è seguita da un breve commento che lo rilegge in rapporto alla «ascesa» e «discesa» di Cristo (4,9-10) . Un secondo gruppo di testi biblici è connesso con il ruolo di Cri­ sto pacificatore universale che «è venuto ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini» (2 , 17) . Quest'ul­ tima frase combina insieme alcuni termini ed espressioni che si tro­ vano in Is 52 ,7; 57 , 19 e Zc 9 , 10. La dichiarazione iniziale dell'inno : «Egli è la nostra pace», può richiamare i testi di Is 9 ,6 e Mi 5 ,4 sul re-messia portatore di pace . Anche l'immagine della «pietra angola­ re» riferita a Cristo Gesù potrebbe alludere al testo di Is 28,16, che assume una valenza messianica nella lettura cristiana (1Pt 2,6) . I rimandi più frequenti ai testi del primo testamento si trovano nella parte parenetica della lettera . Due testi, uno dai Profeti e uno dai Salmi , sono introdotti nell'esemplificazione dello stile di vita del­ l'«uomo nuovo» . Il testo di Gen 2,24, sulla coppia primordiale , con­ clude la catechesi sul rapporto di Cristo con la chiesa. Altri due testi dal Pentateuco, Toràh , giustificano il dovere di obbedienza dei figli verso i genitori . Infine un montaggio di frasi desunte dai testi sapien­ ziali e profetici , soprattutto da Isaia, viene utilizzato per presentare l'armatura di Dio. Ecco in quadro riassuntivo l'uso della Bibbia 165

nella sezione parentica di Efesini , escluso il testo già riferito di Ef 4,8: Antico Testamento

Efesini 4,25: 4,26: 5,3 1 : 6,2-3: 6, 14: 6,15: 6,17:

«Dite ciascuno la verità al proprio prossimo»; «Nell'ira non peccate» ; «Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due formeranno una carne sola» ; «Onora tuo padre e tua madre» ; «Perché sia felice e goda di una vita lunga sopra la terra»; «Cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia»; «ai piedi lo zelo per annunziare il vangelo»; «I'elmo della salvezza e la spada dello Spirito che è la parola di Dio».

Zc

8,16(LXX)

Sal 4,5(LXX) Gen 2,24 Es 20,12; Dt 5,16 Is 1 1 ,5; 59, 17; Sap 5 , 18 Is 52,7; Na 2,1 Is 1 1 ,4; 49,2; 59,17; Os 6,5.

Più diffuse , ma anche più incerte , sono le reminiscenze del frasa­ rio biblico . Sono circa una dozzina i testi in cui ricorrono espressioni che hanno il loro corrispondente nella Bibbia dei «Settanta» : «spiri­ to di sapienza» (Ef 1 , 17//Is 1 1 ,2; Sap 7,7) ; «Dio che ha creato tutto» (Ef 3 ,9//3Mac 2 ,3) ; «sballottati dalle onde , agitati da ogni vento» (Ef 4,14//ls 57,20) ; «in sacrificio di soave odore» (Ef 5 ,2//Sal 39 ,7; Es 29,18) ; «i giorni sono cattivi» (Ef 5 , 16//Am 5 , 13) ; «non ubriacatevi di vino» (Ef 5 , 18//Pr 23 ,31). Altri testi di Efesini rimandano a temi e categorie bibliche non sempre connesse con citazioni precise . A questi prestiti si devono aggiungere quelli di carattere lessicale e sti­ listico già rilevati nell'analisi linguistica della nostra lettera. L'insieme di questo quadro sul rapporto tra il testo di Efesini e il canone biblico dell'AT dà l'impressione che l'autore non solo vi at­ tinge abbondantemente, ma egli si innesta sulla tradizione biblica per fondarvi alcuni dei temi portanti della sua esposizione. Anche se normalmente i testi biblici non sono introdotti dalle formule usuali di citazione e manca del tutto quella di «compimento» non si può di­ re che in Efesini sia assente l'idea di promessa e un'implicita teolo­ gia del compimento . 1 1 La ricorrenza del termine epaggelìa , «promes11

M . BouTTIER, L ' Épftre de Saint Pau/ aux Ephésiens, 36, dice che in Efesini le «citazioni o allusioni non servono molto a una teologia della promessa e del compi-

166

sa» , associato allo «Spirito santo» (l ,13), ai «patti di Israele» (2 , 12) o all'annuncio del vangelo di Cristo (3 ,6) , è rivelatrice della tensione dinamica del processo salvifico o di quella che l'autore chiama la oi­ konomìa predisposta da Dio per essere pienamente rivelata e attua­ ta in Cristo Gesù .

b) Il rapporto di Efesini con il NT L'interpretazione cristologica dei Sal 8,7 ; 67/68 , 19 e 109/110,1 nella Lettera agli Efesini si inserisce nell'alveo della tradizione neo­ testamentaria, in particolare dell'opera lucana, della Lettera agli Ebrei e dell'epistolario paolino in genere . Ma un'analisi più accurata delle affinità non solo lessicali e stilistiche , ma soprattutto temati­ che , fa capire che il nostro scritto si colloca a un incrocio di correnti che vanno dai Vangeli fino alle lettere pastorali e cattoliche . La Lettera agli Efesini e il quarto Vangelo .

. Non si riscontrano palesi contatti tra lo scritto di Efesini e gli at­ tuali Vangeli sinottici di Matteo e Marco , se non nella condivisione del patrimonio di fede comune che caratterizza gli scritti raccolti nel canone cristiano . Invece si possono trovare dei riscontri della Lette­ ra agli Efesini nel quarto Vangelo sia a livello lessicale e stilistico, sia sotto il profilo tematico . In un quadro sinottico si possono accostare questi testi dei due scritti: Efesini 1 ,4: 2,2: 2,8: 3 , 17:

Quarto Vangelo «ci ha scelti prima della creazione del · mondo» ; «secondo questo mondo , secondo il principe delle potenze del­ l'aria» ; «è dono di Dio» ; «che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori» ;

13,18; 1 5 , 16; 17 ,24 12,31 4,10 14 ,23

mento come presso Paolo o Matteo». Questo è vero solo nel confronto con i due sud­ detti autori del NT, ma ciò non esclude che Efesini utilizzi i testi dell'A T nel contesto della «sua teologia» della promessa che è diversa da quella di Paolo e Matteo.

167

4,5 : 4,7: 4 , 10: 5 ,8:

5,11:

5 , 13 :

5 ,20: 5 ,26: 6,12:

«Un solo Signore , una sola fede» ; «secondo la misura del dono di Cristo» ; «Colui che discese è l o stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli»; «Se un tempo eravate tenebre , ora siete luce nel Signore ; Comportatevi come figli della lu­ ce» ; «Non partecipate alle opere in­ fruttuose delle tenebre , ma piuttosto condannatele apertamen­ te» ; «Tutte queste cose che vengono apertamente condannate sono rivelate dalla luce , perché tutto quello che si manifesta è luce»; «Nel nome del Signore Gesù» ; «Purificandola per mezzo del lavacro accompagnato dalla parola» ; «La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di carne e sangue , ma contro i principati e le potestà , contro i dominatori di questo mondo di tenebra» .

10,16 3,34 3 , 1 3 ; 6 ,62 12 ,35-36 ( l Gv 1 ,5-7) 3,20-21

3 ,20-21

16 ,23-24 13 , 1 1 ; 15 ,3 14 ,30

Da questo confronto si intravede una certa convergenza dei due testi su alcuni temi attenenti la cristologia e soteriologia . In partico­ lare il prologo giovanneo (Gv 1 , 1-18) e la preghiera che chiude il «discorso di addio>> (Gv 17,1-26) sono i testi più vicini per stile e te­ mi ad alcune sezioni di carattere celebrativo della nostra lettera (l ,314.20-23). Non è casuale che solo nel prologo giovanneo ricorrano i termini plèr6ma e chàris in rapporto al lògos, nel quale si contempla la gloria dell'unigenito dal Padre pieno di grazia e verità, la cui pie­ nezza si riversa sui credenti come grazia traboccante (Gv 1 , 14. 16) . Anche il tema giovanneo dell'unità dei credenti associato a quello dell'amore è intrecciato al ruolo e alla figura del Figlio amato e glo­ rificato dal Padre , dal quale ha ricevuto potere su ogni essere umano (Gv 17,1-5 . 1 1b.20-26) . 168

Anche il ruolo di Cristo pacificatore e unificatore per mezzo del­ la sua carne o della croce celebrato in Ef 2, 14-18 può essere accosta­ to a quello del Cristo giovanneo che con la sua morte unisce i divisi (Gv 10,16) , raccoglie i dispersi (Gv 1 1 ,45) e innalzato da terra attira tutti a sé (Gv 12,32) . Nella stessa prospettiva si colloca l'antitesi «lu­ ce/tenebre» che in Ef 5 ,8-14, come nel quarto Vangelo , si intreccia con la dimensione cristologica e soteriologica , ma ha anche risvolti etici e parenetici (Gv 3,20-21 ; 8,12; 12,35-36) . Ma nonostante queste affinità e possibili convergenze tra i testi del quarto Vangelo e la Lettera agli Efesini si devono rilevare le di­ versità e dissonanze . La tematica caratteristica di Efesini, connessa con il myst�rion , il «corpo di Cristo» e l'ekklesìa , non ha corrispon­ denti nel quarto Vangelo . Ma è soprattutto l'impostazione di fondo che diversifica i due scritti, in rapporto con la diversa situazione vita­ le dei destinatari: più cristologica teologale quella di Giovanni , più ecclesiologica e parenetica quella di Efesini . Perciò anche le loro convergenze lessicali e tematiche non possono essere sopravvaluta­ te . Senza pensare a un rapporto letterario diretto esse si possono spiegare sulla base della comune tradizione e grazie a un processo di osmosi tra le diverse correnti della primitiva teologia cristiana. La Lettera agli Efesini e l'opera lucana

Tra le ipotesi relative all'autore di Efesini vi è anche quella di chi considera Luca come possibile candidato. Le ragioni non mancano . Tra la Lettera agli Efesini e i due libri - Vangelo e Atti degli apostoli - che costituiscono l'opera lucana si rilevano delle analogie lessicali e di stile . Almeno una decina di termini si trovano nel NT solo nel testo di Efesini e negli scritti di Luca; 26 su 30 vocaboli di Efesini as­ senti nelle lettere autentiche di Paolo compaiono nell'opera lucana. Alcune espressioni , anche se non sempre materialmente identiche , ricorrono nelle due serie di testi : Le

Ef 1 , 13: 1 , 17: 1 , 18: 2,5a:

«la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza» ; «il Padre della gloria» ; «l'eredità tra i santi»; «da morti che eravamo . . . ci ha fatto rivivere con Cristo» ;

At 13 ,26

15 ,24.32

7,2 20,32

169

Ef 2,5c.8: 2,17: 4,24: 4,2: 5 ,8: 6,9: 6 , 14: 6,18: 6,19:

«salvati per grazia» ; «a voi che eravate lontani» ; «nella santità e giustizia» ; «con ogni umiltà» ; «figli della luce» ; «non c'è preferenza di perso­ ne presso di lui (il Signore)» ; «cinti i fianchi. . . » ; «per propagare i l vangelo di pace»; «pregate incessantemente . . . »; «vigilando a questo scopo» ; «mi sia data una parola fran­ ca . . . possa annunciarlo con franchezza» .

Le 1 ,7512 16,8 12 ,35 2,14 18,1 21 ,36

At 15 , 1 1 2,39 20, 19 10,34 10,36

2,29 ; 4,29

Alcune di queste consonanze dipendono dalla comune matrice biblica . Altre invece riflettono una convergenza tematica che tocca la visione della storia di salvezza e la costituzione della chiesa . In questa prospettiva per l'autore del terzo Vangelo e degli Atti degli apostoli hanno un ruolo importante l'annuncio del vangelo ai popo­ li , l'azione e presenza dello Spirito santo , la testimonianza degli apo­ stoli, il ministero dei pastori ed evangelisti . Questi interessi lucani per certi aspetti incrociano quelli della Lettera agli Efesini . A questo elenco si può aggiungere anche il tema dell' «ascensione» e «introniz­ zazione» celeste di Gesù Cristo , connesso con la comunicazione dei doni spirituali per la vita della chiesa (Ef 1 ,21-23 ; 4,7-13//At 2 , 1 -47 ; 20,28) . 13 Ma anche in questo caso , nonostante l'innegabile affinità lessicale e tematica , si deve sottolineare la diversa prospettiva sia della salvezza sia della nascita e crescita della chiesa: storica e geo­ grafica nell'opera di Luca , trascendente e interiore in Efesini . Efesini e la prima Lettera di Pietro

L'affinità di Efesini con la prima lettera posta sotto il nome e l'autorità dell'apostolo Pietro si può costatare a un duplice livello : 1 2 La stessa espressione ricorre nel libro della Sapienza 9,3; cf. Tt 2, 12. 13 Nell'interpretazione targumica il Sal 67/68, 19 è associato alla festa ebraica di Pentecoste, in cui si commemora il dono della legge al Sinai . Questo fatto facilitereb­ be la rilettura cristologica di Ef 4,8-10 che allude allo stesso evento (F. MoNTAGNINI , Lettera agli Efesini, 259-261).

170

lessicale e tematico . Sono circa undici i termini di Efesini senza ri­ scontro nell'epistolario paolino , e che invece si trovano nella prima Lettera di Pietro . Altrettanto impressionante è il parallelismo del frasario e delle relative concezioni nei due scritti : Prima Pietro

Efesini 1 ,3 : 1 ,4: 1 , 14: 1 ,20b-21 :

2,18: 2,20.22:

3 ,5-6:

4, 17-18: 5 ,8 : 5 ,22: 5 ,25 : 5 ,3 1 : 6 , 12:

«Benedetto sia Dio , Padre del Signore nostro Gesù Cristo . . . » ; «p.r ima della creazione del mondo»; «in attesa della completa reden­ zione di coloro che Dio si è ac­ quistato . . . » ; «lo fece sedere alla sua destra nei cieli , al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione» ; «Per mezzo di lui possiamo pre­ sentarci . . . » ; «avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù . . . in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare di­ mora di Dio . . . » ; «Questo mistero non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come al presente è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mez­ zo dello Spirito» ; «Non comportatevi più come i pagani . . . a causa dell'ignoranza che è in loro» ; «Se un tempo eravate tenebre , ora siete luce nel Signore» ; «Le mogli siano sottomesse ai mariti. . . » ; «Perciò bando alla menzo­ gna . . . » ; «Scompaia . . . ogni sorta d i mali­ gnità» ; «La nostra battaglia . . . è contro gli spiriti del male».

1 ,3 1 ,20 1 ,4 3 ,22

3 , 1 8b 2,4-6

1 , 10-12

1 , 14-18; 4,2-3 2,9b 3,1 2,1 2,1 5 ,8-9 171

La singolare affinità tra Efesini e la prima Lettera di Pietro va in­ scritta nell'orizzonte della primitiva catechesi e parenesi battesima­ le . Su questo terreno comune si sviluppa l'esortazione dialettica che giuoca sull'antitesi tra un «passato» di corruzione e la «presente» condizione di vita postbattesimale . Ma nella catechesi e parenesi della prima Lettera di Pietro mancano proprio gli elementi distintivi del discorso di Efesini: la rivelazione e attuazione del mistero in Ge­ sù Cristo , l'unificazione dei pagani nel corpo ecclesiale , di cui Cristo è il capo . Sintomatica a questo riguardo è la diversa valenza del ter­ mine pàroikoi: in Ef 2 , 19 i pagani non sono più «Stranieri e ospiti» ; in 1Pt 2 , 1 1 invece i battezzati sono interpellati come «stranieri e pel­ legrini» rispetto al loro contesto storico e sociale .

c) Efesini e l'epistolario paolina La Lettera agli Efesini da sempre è inserita nel corpus degli scrit­ ti posti sotto il nome di Paolo . Questa appartenenza non dipende so­ lo da un fatto estrinseco - Paolo si autopresenta nel prescritto e al­ tre due volte nel seguito della lettera - ma si radica nella sua stretta affinità lessicale e tematica con l'insieme dell'epistolario paolino . I 36 hapaxlegòmena paolini della nostra lettera sono una carta di identità di Efesini che può rivendicare a pieno titolo il diritto di cit­ tadinanza nella tradizione paolina. In questa indagine prenderò in considerazione dapprima il rapporto di Efesini con il gruppo delle lettere protopaoline , e poi quello con le cosiddette «deuteropaoli­ ne» , compresa la Lettera agli Ebrei . Efesini e le lettere protopaoline

Un primo confronto tra la Lettera agli Efesini e le sette lettere paoline considerate autentiche o dette anche «protopaoline» prende in considerazione i rispettivi passi paralleli . Spesso si tratta di corri­ spondenze lessicali o di espressioni simili , che non sempre implicano la piena consonanza tematica . In ogni caso tenendo presenti i riman­ di fatti ai passi paralleli - al margine o in calce - nelle edizioni criti­ che del NT si hanno questi risultati: 14

14 I numeri della prima riga si riferiscono al Greek New Testament della United Bible Societies, 4" edizione ; la seconda riga riporta il calcolo dei passi paralleli citati in margine al NESTLE-ALAND, Novum Testamentum graece, 27" edizione .

172

Rm

J Cor

2Cor

J Ts

Gal

Fm

Fil

23 (54)

15 (32)

9 (18)

7 (14)

6 (19)

5

2 (10)

Nonostante la differenza di passi paralleli , derivante dalla diver­ sità dei criteri adottati , risulta evidente la netta preminenza della Lettera ai Romani , seguita dalla prima Lettera ai Corinzi . La massi­ ma concentrazione dei passi paralleli si ha nei capitoli secondo , quarto e quinto di Efesini . Meritano di essere segnalate alcune delle convergenze lessicali e tematiche tra il testo di Efesini e le protopaoline : Efesini

Rm

l ,9: il mistero 1 , 10 : la pienezza dei tempi 1 , 14: Spirito Santo «caparra»

16 ,25

1 ,23 : corpo di Cristo 2,5 : morti e vivificati in Cristo 2,8: salvati per grazia o per fede 2,9: non dalle opere nessuno si vanti 2,12: promesse e alleanze dell'AT 2 , 1 5 : creazione di un uomo nuovo 2 , 1 8 : accesso al Padre 2,21 : tempio di Dio o del Signore 3 ,8 : grazia data a Paolo 3 , 8 : vangelo ai pagani 3 , 9 : mistero rivelato 3 , 10: sapienza di Dio 3 , 12: fiducia in Dio 4,4: un solo corpo 4,5 : un solo Signore 4,6: un solo Padre

12,5

J Cor

2Cor

Gal 4,4

12,27

1 ,22 ; 5,5

6,13 2,16 3 ,28

1 ,29

9 ,4 5,17

5 ,2

6,16 3,16 15 ,9-10 16,25 1 1 ,33 5 ,20 12,5

1 , 16

8,6 12,6 1 73

Efesini 4,7: 4,11: 4 , 14: 4,17: 4 ,22: 4,23: 5 ,2 : 5 ,2: 5,5: 5 ,6: 5 , 10: 5,11: 5 , 14: 5 , 17: 5 ,23 : 5 ,27 : 5 ,30: 6,8: 6,11 : 6,20:

doni spirituali ministeri non più bambini peccato dei pagani uomo vecchio rinnovarsi nella mente camminare nell'amore Cristo ci ha amato e ha dato se stesso elenco d i vizi ira di Dio ciò che è gradito a Dio non partecipate Cristo ti illuminerà la volontà di Dio marito capo della moglie chiesa sposa membra del corpo di Cristo giudizio di Dio armatura di Dio ambasciatore del vangelo

Rm

J Cor

12,3.6

12, 1 1 12 ,28 14,20

1 ,21 6,6 12,2 14,15

2Cor

Gal

2,20

6,9-10 1 , 18 12,2 16,17 13 , 1 1 12,2

12,5 13 , 12

1 1 ,3

1 1 ,2

6 , 1 5 ; 12,27 5 , 10 10,4 5 ,20

Da questo quadro risulta che alcune espressioni e concezioni ti­ piche di Efesini sono presenti nelle lettere protopaoline : la rivelazio­ ne del «mistero» in Cristo ; il «Corpo di Cristo» riferito alla chiesa ; la costruzione della chiesa tempio di Dio ; il ruolo di Paolo , per grazia di Dio, di essere evangelizzatore dei pagani ; i doni spirituali e i mini­ steri; l'antitesi uomo vecchio e nuovo ; la dialettica della parenesi battesimale ; la ricerca della volontà di Dio concentrata nell'amore. Va però subito precisato che il tema parallelo della «rivelazione del mistero» nella Lettera ai Romani si trova nella dossologia finale , Rm 16,25 , la cui appartenenza al testo originario della lettera è in­ certa. 1 5 Gli altri temi paolini paralleli o corrispondenti a quelli della Lettera agli Efesini assumono nel contesto di Efesini una diversa

15

174

B . M . METZGER , A Textual Commentary on the Greek NT, 540.

accentuazione . Il termine pl'èr6ma , che ricorre sei volte nelle proto­ paoline , quattro volte in Efesini e due in Colossesi , solo in Ef l ,23 ha una connotazione ecclesiologica . Anche il termine soma , «cor­ po» , con valenza ecclesiologica, ha i suoi precedenti nell'epistolario autentico di Paolo . Ma rispetto alle lettere protopaoline, dove l'e­ spressione «corpo di Cristo» è connessa con l'esperienza battesima­ le , eucaristica e dei doni spirituali , in Efesini essa designa una realtà ecclesiale astratta con dimensioni universali e cosmiche . Questo viene confermato dall'uso di ekklesìa : nove volte in Efe­ sini , contro le cinque di Romani e le tre di Galati . La «chiesa» nelle lettere storiche di Paolo indica la comunità formata dai credenti di una località . Anche l'espressione «chiesa/e di Dio» è riferita alle co­ munità di Gerusalemme o della Giudea o all'insieme delle comunità storiche. Nel nostro testo la «chiesa» , concepita come realtà unica e universale , diventa l'ambito in cui si manifesta e realizza la signoria universale di Gesù Cristo . Essa infatti rientra nell'economia della ri­ velazione del mistero fatto ai santi «apostoli e profeti». Questo gruppo idealizzato , diventa assieme a Cristo , «pietra angolare» , il fondamento sul quale si edifica la comunità dei credenti (2,20; 3 ,5) . Anche la cristologia e soteriologia di Efesini , che si radicano nel­ l'epistolario storico di Paolo , assumono nuovi accenti . Il cuore della cristologia efesina è costituito dalla risurrezione e intronizzazione celeste di Gesù Cristo . Egli è il Signore universale che in alcuni casi prende il posto di Dio . La costituzione dei ministeri fondativi della chiesa che in lCor 12,28 risalgono a Dio , in Ef 4, 1 1 sono attribuiti alla dispensazione del Cristo risorto e asceso al cielo . Egli infatti è il «capo» della chiesa e ne garantisce l'unità e vitalità. In funzione di questa prospettiva ecclesiologica è ripensata anche la soteriologia come opera di pacificazione e unificazione dei due gruppi umani ostili e separati (2, 14-16) . Per sottolineare l'efficacia di quest'azione salvifica di Cristo si tende a far coincidere l'evento storico fondante - morte e risurrezio­ ne di Cristo - con l'esperienza ecclesiale . Il rischio è che quest'ulti­ ma risucchi la prospettiva escatologica . Non è casuale che nella Let­ tera agli Efesini non si parli della parousìa o venuta finale di Cristo . Quella che era la tensione escatologica nelle prime lettere di Paolo ora viene trascritta in una divaricazione spaziale tra «cielo» e «ter­ ra» . I credenti sono già benedetti nei cieli in Cristo . Dunque la nostra lettera si innesta sul tessuto lessicale e temati­ co dell'epistolario storico paolina , ma lo ripensa in funzione del nuovo contesto . È sintomatico a questo riguardo l'uso dei termini paolini dikaiosyné, «giustizia» , dìkaios, che nelle lettere storiche 175

sono generalmente associati all' azione salvifica di Dio o di Cristo . Questi vocaboli nelle quattro ricorrenze di Efesini designano un comportamento «giusto» , virtuoso , corrispondente alla volontà di Dio (4,24; 5,9; 6 , 1 . 14) . Anche la terminologia della «legge» assume una connotazione «neutra» : essa contraddistingue , come la circonci­ sione , l'Israele storico (2 , 1 1 . 15 ) . Parimenti le «opere» , sottratte al regime della legge , diventano le «opere buone)) predisposte da Dio per essere praticate dai credenti che sono «creatura)) di Dio (2,8-10) . Efesini e le lettere deuteropaoline

Anche per questo raffronto prendo lo spunto dal rilevamento dei passi paralleli segnalati nelle edizioni critiche del testo greco del NT. Il confronto della Lettera agli Efesini con il gruppo delle deute­ ropaoline dà questi risultati: Col

2 Ts

l Tm

2 Tm

Tt

Eb

81 (86)

3 (7)

1

2

5 (6)

14 (16)

Lo scarto tra le due serie di passi paralleli è minimo . Quello che invece salta immediatamente agli occhi è la posizione straordinaria della Lettera ai Colossesi . Si può dire che quasi per ogni versetto di Efesini c'è il corrispondente di Colossesi. 16 Un rilievo a parte va fat­ to anche per la Lettera agli Ebrei , che si distacca sia dal gruppo delle pastorali , sia dalla seconda Lettera ai Tessalonicesi. Efesini e Colossesi

Le due lettere sono convergenti sotto tre aspetti: lessicale , stili­ stico-letterario e tematico . Si calcola che Efesini ha il 26,5% dei ter­ mini in comune con Colossesi. Nell'analisi linguistica si è costatato che 10 vocaboli di Efesini sono hapaxlegòmena che si trovano solo in Colossesi , senza corrispondenti negli altri scritti del NT. Ma un'ana­ lisi dei testi paralleli tra le due lettere rivela una situazione diversifi­ cata e complessa. 16 Un raffronto comparativo dei diversi computi dei passi paralleli rilevati nelle diverse edizioni e commentari delle due lettere ai Colossesi ed Efesini , è riportato da MoNTAGNINI, Lettera agli Efesini, 23 , nota 62; cf. A.T. LINCOLN , Ephesians (WBC 42), Dallas 1990, XLVIII.

176

Si può costatare che in almeno due casi vi è quasi una perfetta corrispondenza lessicale e tematica · tra i due testi: Ef 5 , 19-20 «intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore, renden­ do continuamente grazie per ogni cosa a Dio e Padre, nel no­ me del Signore nostro Gesù Cri­ sto».

Col 3, 16b-17 «ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza , cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali. E tutto quello che fate in parole ed opere , tutto si compia nel no­ me del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Pa­ dre» .

Ef 6,21 -22 «Desidero che anche voi sappia­ te quanto mi riguarda e ciò che faccio ; di tutto vi informerà Tì­ chico, fratello carissimo e fedele ministro nel Signore, che io man­ do a voi proprio perché cono­ sciate le nostre condizioni perché rechi conforto ai vostri cuori» .

Col 4,7-8 «Di tutto quanto mi riguarda vi informerà Tìchico, il caro fratel­ lo e ministro fedele, mio compa­ gno nel servizio del Signore, che io mando a voi proprio perché conosciate le nostre condizioni, perché rechi conforto ai vostri cuori» .

In questi due testi «sinottici» vi sono alcune differenze di conte­ nuto che risaltano in modo più evidente sullo sfondo della coinci­ denza lessicale e tematica (testo corsivo ) . Ma questi due testi non hanno un peso rilevante nel definire la fisionomia teologica delle due lettere. In altri casi tra i testi paralleli vi è consonanza nella terminolo­ gia, ma non nello sviluppo tematico ; in altri ancora la terminologia è simile e il pensiero è divergente . Nella «benedizione» iniziale di Efe­ sini la terminologia e la tematica sono affini a un testo di carattere «ionico» che si trova in apertura della Lettera ai Colossesi : Ef 1 ,7 «nel quale abbiamo la redenzio­ ne per mezzo del suo sangue la remissione dei peccati (parapto­ mata) .

Col 1 , 14 «nel quale abbiamo la redenzio­ ne dei peccati (hamartìai)» .

177

L'espressione di Ef 1 ,7: «per mezzo del suo sangue» , si trova in Col 1 ,20, a conclusione dell'inno cristologico , dove si parla della ri­ conciliazione e pacificazione universale di Cristo «per mezzo del sangue della sua croce». Ma alcune formule di quest'ultimo testo so­ no riprese nella stessa «benedizione» di Efesini , nel contesto della conoscenza del «mistero» , che consiste nella «ricapitolazione» uni­ versale in Cristo: Ef 1 , 10 «per la realizzazione della pie­ nezza dei tempi , ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle sui cie­ li e quelle sulla terra in lui».

Col 1 ,20 «per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce , cioè per mezzo di lui , sia quelle sulla terra , sia quelle nei cieli».

Il tema della «pacificazione» e «riconciliazione» , riferito però ai due gruppi divisi , ebrei e pagani , viene ripreso nella celebrazione del ruolo di Cristo «nostra pace» : Ef 2,16 «per riconciliare ambedue con Dio in un solo corpo per mezzo della croce distruggendo in se stesso l'inimicizia» .

Col 1 ,20 «per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose , rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui>> .

Questo procedimento , chiamato d i «Conflazione» d i testi, s i ri­ scontra in Ef l , 15-16, nella preghiera di ringraziamento per la «fe­ de» e la «carità» dei fedeli . In essa confluiscono alcuni termini ed espressioni che ricorrono in due momenti della preghiera iniziale di Col 1 ,4.9. In questo caso resta la consonanza tematica e anche quel­ la contestuale . Invece in altri casi i termini e le espressioni corri­ spondenti sono associati a contesti tematici differenti : Ef 1 , 19b-20a «secondo la potenza della sua forza che egli manifestò in Cri­ sto , quando lo risuscitò dai morti» .

Col 2, 12b «per la fede nella potenza di Dio , che lo risuscitò dai morti» .

Il testo di Efesini inserisce la professione di fede in Cristo risusci­ tato dalla potenza di Dio nella breve celebrazione della «potenza» di 178

Dio , che fa seguito alla preghiera iniziale . La stessa professione nel testo di Colossesi fa parte della catechesi battesimale , in cui si esalta l'efficacia dell'evento salvifico di Cristo . Lo stesso fenomeno si ri­ scontra nella «parenesi» battesimale di Efesini , dove la corruzione dei pagani viene evocata con alcune espressioni presenti in un testo di Colossesi che parla della condizione prebattesimale dei credenti : Ef 4,18 «accecati nella loro mente, estra­ nei alla vita di Dio a causa del­ l'ignoranza che è in loro , e per la durezza del loro cuore» .

Col 1 ,21 «E anche voi , che un tempo era­ vate estranei e nemici con la mente intenta alle opere catti­ ve» .

Invece la contestualizzazione è sostanzialmente omogenea, pur nella diversa prospettiva delle due lettere , nel caso dei due passi pa­ ralleli che fanno leva sul contrasto «morti/vivificath> e sulla condivi­ sione del destino di Cristo : Ef 2 ,5ab «da morti che eravamo per i pec­ cati ci ha fatti rivivere con Cri­ sto . . . » .

Col 2, 13a «Con lui Dio ha fatto rivivere an­ che voi , che eravate morti per i vostri peccati . . . » .

Lo stesso si può dire della corrispondenza tra alcuni vocaboli che ricorrono nella preghiera implicitamente parenetica di Ef 3 , 17 e ' quelli della breve esortazione di Col 2,6-7 :

Ef 3 , 17 «Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e cosi radicati e fondati nella carità . . . » .

Col 2,6a.7a «Camminate dunque nel Signore Gesù Cristo . . . radicati e fondati in lui, saldi nella fede» .

Anche la parenesi battesimale d i E f 4,22-24, che giuoca sull'anti­ tesi «deporre l'uomo vecchio/rivestire l'uomo nuovo» , ha il corri­ spondente in Col 3 ,9b-10, ma con una variazione nell'uso intrecciato dei termini «nuovo» e «rinnovarsi» . Una convergenza notevole a tutti i livelli si riscontra in due testi che toccano un tema caratteristico delle nostre lettere : la crescita ar­ monica di tutto il corpo ecclesiale grazie all'azione unificante e dina­ mica di Cristo che è il capo : 179

Ef 4, 15b-16 «Cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui , che è il capo , Cristo , dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, per mezzo del sostenta­ mento di ogni giuntura , secondo l'e­ nergia propria di ogni membro , riceve forza per realizzare la crescita per edi­ ficare se stesso nella carità».

Col 2,19 «senza essere stretto inve­ ce al capo, dal quale tutto il corpo riceve sostentamento e coesione per mezzo di giunture e legami , realiz­ zando così la crescita se­ condo il volere di Dio» .

Il participio symbibazòmenon , «ben compaginato» di Ef 4, 16a, riferito al corpo in Col 2,19, si trova anche in Col 2,2: «perché i loro cuori vengano consolati e così, compaginati , symbibasthèntes, nell'a­ more . . . giungano a penetrare il mistero di Dio , cioè Cristo» . Infine merita d i essere preso i n considerazione i l parallelismo complesso tra le due sezioni di Ef 3 , 1-13 e Col 1 ,24-29 , dove si pre­ senta il ruolo di Paolo nell'oikonomìa , «amministrazione» del miste­ ro di Cristo , nascosto un tempo e ora rivelato e fatto conoscere : Ef 3 , 1-13 «Per questo io Paolo , prigioniero di Cristo per voi gentili . . .

Penso che abbiate sentito parlare del­ l' amministrazione della grazia di Dio a me affidata per voi, come per rivela­ zione mi è stato fatto conoscere il mi­ stero . . . Questo ( mistero ) non è stato manifestato agli uomini delle prece­ denti generazioni come ora è stato ri­ velato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito, che i pagani cioè sono chiamati, in Cristo Gesù , a partecipare alla stessa eredità. . . per mezzo del vangelo del quale sono di­ ventato ministro . . . A me . . . è stata affi180

Col 1 ,24-29 «Perciò sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che man­ ca alle tribolazioni di Cri­ sto , a favore del suo corpo che è la chiesa . Di essa sono diventato mi­ nistro secondo l'ammini­ strazione affidatami da Dio per voi di realizzare la sua parola , cioè il mistero na­ scosto da secoli e da gene­ razioni, ma ora manifesta­ to ai suoi santi, ai quali Dio volle far conoscere la glo­ riosa ricchezza di questo mistero in mezzo ai pagani, cioè Cristo in voi, speranza della gloria» .

data questa grazia di annunziare ai pa­ gani la imperscrutabile ricchezza di Cristo e di far risplendere agli occhi di tutti qual è l'amministrazione del mi­ stero nascosto da secoli nella mente di Dio . . . perché sia manifestata ora nel cielo . . . la multiforme sapienza di Dio . . . Vi prego di non perdervi d'ani­ mo per le mie tribolazioni per voi; so­ no gloria per voi».

«È lui infatti che noi an­ nunziamo , ammonendo e istruendo ogni uomo con ogni sapienza . . . Per questo mi affatico e lotto con la forza che viene da lui e agi­ sce in me con potenza» .

Da questo raffronto ci si rende conto dell'intreccio di connessio­ ni che esistono tra i due testi . Gli stessi termini ed espressioni si rin­ corrono come in una specie di canone musicale per comporre un di­ segno nello stesso tempo simile e diversificato. Anche il parallelismo nel «codice dei doveri familiari» (Ef 5 ,21-6,9//Col 3 , 18-4,1) segue un percorso dove si alternano le corrispondenze e le dissonanze . Ma in questo caso si può pensare a un modello letterario comune che fa da sfondo alla composizione dei due testi . Volendo fare una valutazione conclusiva del rapporto tra Efe­ sini e Colossesi si deve tener conto del quadro sinottico comples­ sivo dei passi paralleli . Da esso risulta che oltre una settantina di versetti - altri calcoli indicano solo una cinquantina - di Efesini non ha corrispondenti precisi in Colossesi . Ecco un quadro riassun­ tivo dei dati : a) c. 1 : a prescindere dalla intestazione epistolare , 16 passi paralleli con Colossesi, esclusi Ef 1 ,5 . 8-9 . 1 1-12. 14; b) c. II : 11 paralleli , esclusi Ef 2,4.7-10. 1 1 . 17-19.20.22; c) c. III: 12, esclusi Ef 3 , 1 .4-6.8. 10-12. 14-15 .21 ; d) c. IV: 16, esclusi Ef 4,4-7 .9-12. 14. 17.20-21 .23.26-28 .30; e) c. V: 16, esclusi Ef 5 , 1 .7 .9-15 . 18.21 .23 .28 .32-33 ; f) c. VI : 9 , esclusi Ef 6,2-3 . 10-16. 19.23-24. Il quadro comparativo della serie di testi sinottici mostra che di­ versi passi di Efesini non hanno paralleli in Colossesi ; in alcurii casi l'ordine di successione déi versetti paralleli nelle due lettere cambia o il contesto è differente . In altre parole si ha l'impressione che in al181

cuni casi il testo di Efesini proceda in modo autonomo oppure riprenda con una certa libertà il materiale che si trova anche in Colossesi. Tuttavia dal confronto tra i due testi si deve riconoscere che di fatto esiste una reale consonanza su alcune tematiche di fondo : il ruolo di Cristo «capo» rispetto al corpo ecclesiale ; la sua funzione di pacificatore ; la parenesi battesimale sull'uomo nuovo . Ma nello stesso tempo si rilevano alcune significative novità tematiche : la pneumatologia di Efesini , è praticamente assente in Colossesi ; le ci­ tazioni dei testi dell'AT, mancano nella Lettera ai Colossesi ; e so­ prattutto manca l'ecclesiologia che definisce il profilo della Lettera agli Efesini. Infine si deve rilevare la diversa accentuazione che gli stessi temi hanno nelle due lettere: il «corpo» ha una dimensione più ecclesiale in Efesini rispetto a quella «cosmica)) di Colossesi ; lo stes­ so vale per le categorie di pl�roma e myst�rion, che in Efesini hanno un'accentuazione più ecclesiologica, rispetto a quelle cristologiche o soteriologiche di Colossesi. Sulla base di questi dati è comprensibile la ridda di ipotesi che sono state elaborate per spiegare il rapporto tra la Lettera agli Efesi­ ni e quella ai Colossesi : a) le due lettere sono autonome, ma utiliz:z;ano il materiale di una fonte comune (N .A. Dahl) ; b) le due lettere sono simultanee, ma quella inviata agli Efesini sarebbe stata ritoccata in chiave polemica per i Colossesi (M . Go­ guel) ; c) analoga a questa ipotesi è la posizione di chi sostiene la prio­ rità di Efesini che sarebbe servita come modello p�r la stesura di Co­ lossesi (F. C. Synge) ; d) la Lettera ai Colossesi precede quella agli Efesini, ma que­ st'ultima sarebbe stata utilizzata per la revisione di Colossesi (H. J . Holtzmann ; Ch . Masson) ; e) questa proposta è affine a quella di chi afferma che la Lettera agli Efesini dipende letterariamente da quella ai Colossesi (A. Lin­ demann) . Quest'ultima ipotesi può essere accolta con questa riserva: l'au­ tore di Efesini utilizza con una certa libertà in funzione di un nuovo contesto ecclesiale il testo precedente di Colossesi . Questo modo di procedere può rendere ragione delle convergenze e divergenze tra le 182

due lettere e soprattutto della ripresa e sviluppo in senso ecclesiale nello scritto agli Efesini di alcune tematiche della Lettera ai Co­ lossesi . Efesini e la Lettera agli EbreP7

Questo confronto è giustificato dal fatto che vi sono almeno 14 passi di Efesini che hanno un corrispondente nella Lettera agli Ebrei . Sul piano lessicale sono 15 le affinità riscontrate . Una decina quelle di carattere tematico , distribuite metà e metà nelle sezioni teologiche e parenetiche della Lettera agli Ebrei. In alcuni casi si tratta di formule stereotipe : «dalla fondazione del mondo» (Ef 1 ,4//Eb 4,3; 9 ,26) ; di espressioni tradizionali come quella di «illumi­ nati» riferita ai battezzati (Ef 1 , 18//Eb 6,4; 10,32) ; di immagini co­ muni come quella della «spada dello Spirito», applicata alla parola di Dio (Ef 6,17//Eb 4 , 12) . In altri invece si deve riconoscere che l'in­ contro avviene a livello di lessico specialistico come nel caso di Ef 2 , 1 5 , dove si parla della «legge dei precetti» , da confrontarsi con Eb 7 , 16: «legge di un precetto» (carnale) . D i maggior peso è la consonanza tematica che tocca alcuni punti cruciali sia di Efesini come della Lettera agli Ebrei: la cristologia e la soteriologia. La glorificazione del Cristo risorto viene posta in risal­ to facendo ricorso a due salmi 8,7; 1 10 , 1 che non si trovano altrove nel NT così associati come testimonia cristologici (Ef 1 ,20-22//Eb 1 ,2-4 ; 2,5-9) . La morte di Cristo in croce rende possibile ai credenti il libero e fiducioso «accesso», prosagoge, a Dio (Ef 2,18; 3,12//Eb 4, 16; 10, 19) . L'azione redentrice di Cristo si prolunga nella purifica­ zione della chiesa mediante il «bagno» battesimale (Ef 5 ,26//Eb 10,22) . È singolare anche la convergenza dei due scritti attorno al te­ ma della dimensione «celeste» dello statuto o vocazione dei cristiani (Ef 1 , 18; 2,5-6 . 19.211/Eb 3 , 1 .6. 14; 12,22) . Efesini e le Lettere Pastorali

Meno intenso , ma non trascurabile, è l'accordo della Lettera agli Efesini con il gruppo delle pastorali . Innanzitutto il lessico soteriolo­ gico è consonante nella Lettera agli Efesini e nel gruppo delle pasto­ rali : il titolo soter riferito a Gesù Cristo (Ef 5 ,23//Tt 1 ,4; 2Tm 1 , 10) ; 1 7 A. VANHOYE, , in Bib 59 (1978) , 198-230.

183

il verbo sòzein applicato all'evento storico della salvezza (Ef 2,5 .8//lTm 1 , 15 ) . Alcune espressioni simili tipiche sono presenti nel­ la duplice serie di scritti : il vangelo della salvezza è la «parola della verità» (Ef 1 , 13//2Tm 2, 15) ; l'aggettivo «grande» applicato a myst�­ rion si trova solo in Ef 5 ,32 e 1Tm 3 , 16. È da segnalare anche l'ana­ logia tematica tra Ef 2,3-5 .8 e Tt 3 ,3-7 sulla gratuità della salvezza fatta risalire all'amore di Dio . Nello stesso testo di Tt 3 ,5 si parla del «bagno» di rinnovamento , che richiama i testi di Ef 4,23 ; 5 ,26. Conclusioni

Questa rete di rapporti , che sotto il profilo lessicale , stilistico­ letterario e tematico lega la Lettera agli Efesini all'epistolario paoli­ no , depone a favore delle ipotesi che tentano di spiegare la sua origi­ ne letteraria all'interno degli scritti neotestamentari . Escluso forse il rapporto con la Lettera ai Colossesi non è il caso di pensare a una di­ pendenza letteraria. Lo scritto di Efesini , che si colloca nella tradi­ zione paolina , si avvale della conoscenza di un lessico e di espressio­ ni tipiche della professione di fede e della catechesi cristiana connes­ se sia con la prassi battesimale sia con l'esperienza liturgica. Ma al­ l'interno di questo ambiente l'autore di Efesini conserva la sua auto­ nomia e capacità di ripensare e riformulare il patrimonio tradiziona­ le in rapporto al contesto culturale e alla specifica situazione vitale dei destinatari .

3. L'ORIGINE STORICA DELLA LETIERA AGLI EFESINI L'opzione per l'ipotesi della pseudepigrafia fa passare in secon­ do piano il problema dell'autore e del tempo di composizione della nostra lettera . Invece rivestono un certo interesse e utilità ai fini del­ la lettura e interpretazione del testo le questioni relative ai destina­ tari , all'occasione e scopo della stesura di questo scritto posto sotto il nome e l'autorità dell'apostolo Paolo . Altrettanto opportuna è la ricerca volta a determinare l'ambiente religioso e culturale in cui si colloca il dialogo epistolare di Efesini come integrazione di quanto è stato detto sopra circa la sua origine letteraria.

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a) I destinatari di Efesinfl'd Per rispondere alla questione : a chi è indirizzata la lettera che nel canone neotestamentario reca il titolo : «Lettera agli Efesini» , si deve affrontare la critica testuale di Ef l ,2. Il testo lungo : «ai santi che sono in Efeso, credenti in Cristo Gesù», si legge in gran parte dei codici, padri , scrittori e versioni antichi. L'attribuzione efesina della nostra lettera è documentata fin dal II secolo nel codice Muratori , da Ireneo di Lione e da Clemente Alessandrino . Invece il testo bre­ ve , senza la indicazione della località «(ai santi) che sono in Efeso» è attestato dal papiro del III secolo P46, dai due codici maiuscoli Vati­ cano (B) e Sinaitico (S) , da Origene e da alcuni manoscritti menzio­ nati da Basilio . Qual è il testo originario? A favore del testo lungo si adducono queste ragioni : lo stile ri­ dondante di tutta la lettera ; nonostante una certa forzatura gramma­ ticale il testo greco è corretto e verosimile ; come spiegare l'aggiunta se mancava oppure come spiegare l'omissione se era presente nel te­ sto originale? Le risposte a queste ultime domande dipendono dal rapporto di Paolo con gli efesini . L'aggiunta sarebbe stata fatta per avere una lettera di Paolo ai cristiani di Efeso , dove, secondo la te­ stimonianza degli Atti degli apostoli e dell'epistolario , egli aveva svolto un'intensa attività missionaria e pastorale . L'omissione inve­ ce si spiegherebbe con il fatto che nel seguito della lettera poco o nulla si dice dei rapporti di Paolo con la comunità efesina. Invece a sostegno del testo breve , oltre all'argomento del silenzio sui legami di Paolo con i cristiani di Efeso e del carattere generico del nostro scritto , sta l'autorità e antichità dei manoscritti . A questi si aggiunge quella di Marcione che , secondo quanto scrive Tertulliano , avrebbe conosciuto la nostra lettera con l'indirizzo ad Laodicenos, «ai cristia­ ni di Laodicea» . 1 9 Dalla lettura del testo originale breve - «ai santi che sono anche fedeli in Cristo Gesù» - prendono avvio le varie ipotesi che seguono questi orientamenti : a) interpretazione del testo attuale ; b) letture alternative ; c) altri destinatari ; d) lettera circolare senza destinatari .

18 A. LINDEMANN , «Bemerkungen zu den Adressaten und Anlass des Epheser­ briefes>> , in ZNW 67( 1976) , 235-251 ; N . A . DAHL, «Gentiles , Christians and Israelites in the Epistle to the Ephesians>> , in HarvThR 79(1986) , 31-39; E. BEST, «Recipients and Title of the Letter to the Ephesians. Why and When the Designation "Ephe­ sians" ?>> , in ANRW 11 ,25/4(1 987) , 3247-3279. 19 TERTULLIANO, Adv. Marc. , 5 , 1 1 . 17.

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Origene interpreta il testo breve in questo modo : «ai santi che so­ no» , cioè a quelli che partecipano dell'essere stesso di Dio. Altri omettono il participio greco tòis oùsin , «che sono» e uniscono i due aggettivi : «ai santi fedeli in Cristo Gesù». Le letture alternative con una leggera modifica del testo vi intravedono i destinatari : tòis iòsin , «agli Ioni)) ; tes Asìas , «(ai santi) dell'Asia)) ( = Efeso) . L'indirizzo sostitutivo «ai Laodicesi)) è quello di Marcione , ri­ preso da A. von Harnack : «ai santi che sono in Laodicea)) . La sosti­ tuzione con «in Efeso)) sarebbe dovuta a una specie di censura , dam­ natio memoriae, dopo quello che scrive l'autore dell'Apocalisse sulla chiesa di Laodicea (Ap 3 , 14. 16) . L'ipotesi di una lettera paolina in­ viata ai laodicesi si fonda su Col 4J6, dove se ne fa menzione . Que­ sto testo potrebbe stare all'origine dell'indirizzo conosciuto da Mar­ cione , ma non spiega la sua cancellazione o la sostituzione con «in Efeso)) . Il motivo della censura in base ad Ap 2,4-5 si potrebbe ad­ durre anche per Efeso . In conclusione uno scritto indirizzato a una comunità dell'Asia in alternativa a Efeso , Laodicea o Colossi , non risolve l'enigma dei destinatari della nostra lettera . Il suo innegabile rapporto con Colossesi può giustificare la ricerca in questa direzio­ ne, ma senza ulteriori elementi non approda a risultati apprezzabili. Resta l'ipotesi che si tratti di una lettera circolare o generale che nel corso della tradizione manoscritta è stata integrata con l'aggiun­ ta dei destinatari «ai santi che sono in Efeso» , dato il ruolo premi­ nente che aveva questa località nella strategia missionaria di Paolo e nella tradizione della chiesa subapostolica: Ignazio di Antiochia al­ l'inizio del II secolo scrive una lettera indirizzata agli efesini . È com­ prensibile che nell'edizione del corpus paolino alla fine del primo se­ colo o inizio del secondo siano stati definiti anche i destinatari della lettera posta sotto il nome dell'apostolo . La sua affinità con la lette­ ra indirizzata ai colossesi e la menzione di lìchico in Ef 6,21 ha favo­ rito la scelta di «Efeso)) rispetto ad altre località. Del resto l'ambien­ te efesino si adatta molto bene al clima generale del nostro scritto . La ricerca sui «destinatarh> di Efesini a partire dal testo dell'indi­ rizzo non arriva se non a una soluzione ipotetica . Un'altra via per­ corribile è quella offerta dall'intera lettera che consente di ricostrui­ re l'identità dei «lettori impliciti)> . L'autore che la scrive intende chiarire o approfondire alcune questioni di fede e sollecitare l'impe­ gno pratico dei suoi lettori . Egli li indica il più delle volte con l'ap­ pellativo i «santi» , hàgioi, che ricorre anche nell'indirizzo accanto a «fedeli in Cristo Gesù)) . Egli conosce e apprezza la loro «fede nel Signore Gesù)> e la carità che hanno verso tutti i «santi» ( 1 , 15) . Alla 186

fine li invita a pregare per tutti i santi come per lui che si trova in car­ cere (6,18) . Egli stesso prega perché siano in grado di comprendere con tutti i santi l'amore di Cristo (3 , 18) . Paolo , il prigioniero di Cri­ sto , si considera l'infimo tra «tutti i santi» ; tra questi però egli collo­ ca anche il gruppo prestigioso dei «profeti e apostoli» (3,5.8). Anche gli altri compiti ecclesiali stabiliti dal Cristo risorto sono orientati al­ l'abilitazione dei «santi>> per edificare il corpo di Cristo . L'appellativo i «Santi» è da collegarsi con lo statuto di redenzio­ ne e radicale appartenenza a Dio che risale alla sua libera ed efficace iniziativa (1 ,4) . Infatti i «santi» sono candidati all'eredità celeste e associati alla città e famiglia di Dio ( 1 , 18; 2, 19) . Ma questa immagi­ ne idealizzata dei «santi» non impedisce al nostro autore di affronta­ re alcuni problemi concreti : l'origine e l'appartenenza ecclesiale dei credenti ; l'integrità della loro fede ; il loro impegno battesimale . Egli si rivolge ai lettori distinguendo un gruppo di primi credenti , «noi che per primi abbiamo sperato in Cristo» e un secondo gruppo che è entrato a far parte della comunità dei santi per mezzo dell'ascolto della «parola della verità, il vangelo di salvezza» ( 1 , 12 . 13) . Pare che egli si interessi soprattutto del secondo gruppo , anche se non trascu­ ra di coinvolgere , soprattutto nella professione di fede e nell'impe­ gno pratico , il gruppo dei primi credenti. L'identità dei destinatari è definita da una doppia relazione: con il loro passato di pagani peccatori e con il fronte esterno di quelli che ancora vivono in quella condizione . La condizione originaria di pa­ gani, contrapposta a quella degli ebrei , è ricordata solo per dire che ormai essi sono accolti nell'unità dell'uomo nuovo creato in Cristo . Come è stato eliminato il loro passato di peccatori , così è stata supe­ rata anche la separazione ostile creata dalla legge ebraica . Anzi i pa­ gani sono i destinatari della rivelazione del mistero di Dio che consi­ ste nella loro partecipazione all'unica eredità per formare un unico corpo in Cristo. È su questa unità inaugurata dalla fede battesimale che si innesta la parenesi . Essa fa leva sulla seconda linea di demarcazione : il con­ fronto con la vecchia condizione di vita , quella viziosa dei pagani , con i quali i credenti battezzati come «figli della luce» non devono avere nessun rapporto (4,17-18; 5 ,7-12) . Su questo sfondo va riletto l'invito a non essere come «fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina secondo l'inganno degli uomi­ ni con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore» (4,14) . Que­ sto avvertimento prelude alla sezione finale dedicata alla presenta­ zione dell'armatura di Dio, perché , si precisa, la nostra lotta non è 187

contro forze umane , ma con le potenze spirituali. Di fatto l'equipag­ giamento proposto è quello che si richiede per vivere nella perseve­ ranza attiva della fede cristiana. I destinatari presupposti dall'insieme della lettera sono dunque pagani convertiti che formano la maggioranza della comunità assie­ me al gruppo dei primi credenti provenienti dall'ambiente ebraico . Il loro problema è quello di riconoscere e vivere la loro piena parte­ cipazione all'unico corpo di Cristo senza nostalgie o ricadute nella condizione di vita del loro ambiente di origine .

b) Ambiente culturale e situazione vitale di Efesini Nel lessico e nel tessuto della Lettera agli Efesini si possono leggere come in trasparenza alcuni elementi che gettano luce sul­ l'ambiente culturale che fa da sfondo al dialogo epistolare . In primo piano sta il giudaismo nelle sue varie forme e diramazioni , dal movimento essenico alle tendenze apocalittiche . Il rapporto con il mondo giudaico in Efesini conserva appena l'eco del dibat­ tito storico tra Paolo e l'ala intransigente dei giudeocristiani . Il nome di Israele , come in Rm 9,4-5 , è associato , sullo sfondo della tradizione biblica , alla speranza messianica , alle promesse e alle alleanze di Dio. I termini «circoncisione» e «incirconcisione)) ser­ vono ancora a designare rispettivamente i «giudei» e i «pagani)), ma sono privi di connotazioni polemiche (2 , 1 1-12) . La tensione tra ebrei e pagani sta ormai sullo sfondo. Infatti l'ostilità, che prende spunto dalla particolarità etnico-religiosa ebraica, fondata sulle osservanze della legge , è stata disinnescata e definitivamente elimi­ nata dalla morte in croce di Cristo , che ha creato dei due gruppi uno solo , una nuova umanità (2, 14-16) . A partire da questa riconciliazione con Israele è comprensibile non solo l'utilizzazione dei testi biblici , come del resto avviene nelle lettere protopaoline, ma anche di alcune categorie e formule espres­ sive della religiosità giudaica. La benedizione iniziale con il seguito di preghiere e brani dossologici ha suggerito un accostamento allo schema della liturgia sinagogale . Più puntuali , ma perciò anche più discutibili , sono i rimandi ai modelli celebrativi delle festività ebrai­ che . 20 L'antitesi tra i «figli della luce)) e il mondo delle tenebre evoca 20 Secondo J . C . KIRBY, Ephesians, Baptism and Pentecost. An Inquiry into the Structure and Purpose of the Epistle to the Ephesians , London 1968, la Lettera agli Efesini rifletterebbe nella sua struttura la liturgia ebraica di Pentecoste per il rinnova­ mento del patto praticata a Qumran.

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alcune espressioni dei testi di Qumràn (J QS I ,9- 10; III ,20-21 ; e in generale il «Rotolo della guerra» , J QM) . Ma questo linguaggio è diffuso in molti testi apocrifi giudaici , soprattutto in quelli che si col­ locano nell'area apocalittica . In sintonia con questo ambiente sono il lessico e le categorie di «mistero» , «rivelazione» e «conoscenza» che nella nostra lettera sono riletti in chiave cristologica ed ecclesiologi­ ca. Qui si innesta l'apertura ecumenica di Efesini che vede nell'acco­ glienza dei pagani nell'unico corpo di Cristo la realizzazione del «mi­ sterO>> . La terminologia gn6sislepìgn6sis , plèromalpleroùsthai, alcune formule di sapore dualistico e in particolare il riferimento alle «po­ tenze» delle regioni celesti , che dominano questo mondo (2,2; 6,12) , potrebbero suggerire un'affinità di Efesini con quell'ambiente reli­ gioso e culturale che con un'etichetta generica si chiama «gnostici­ smo» . 2 1 Nella stessa direzione orienterebbero la fraseologia relativa all'uomo > (1 ,22-23) . Quello che si intui­ sce in questa costruzione intricata è il movimento generale del pen­ siero : per iniziativa di Dio la «pienezza>> dei beni salvifici , presente in Cristo, tramite la chiesa, suo corpo , di cui egli è capo , riempie tut­ ta la realtà ( cf. 4, 10) .30 A livello antropologico il ruolo di Cristo è presentato come paci­ ficazione , riconciliazione e unificazione dei due gruppi umani divisi e ostili: pagani ed ebrei. Per mezzo della sua morte di croce Cristo ha eliminato il muro di ostilità che divideva i due , in quanto egli ha preso su di sé l'inimicizia e l'ha radicalmente eliminata. Sotto il pro­ filo positivo egli «ha fatto dei due un'unità>> , «ha creato in se stesso un solo uomo nuovo>> , facendo la pace , e infine «li ha riconciliati tut­ ti e due con Dio in un solo corpo» (2, 14- 16) . L'espressione un solo «uomo nuovo» , kainòs ànthropos , sottolinea il ruolo antropologico universale dell'evento pacificatore di Cristo . Invece la formula «un solo corpo» , hèn soma, riflette l'aspetto ecclesiale della riconcilia­ zione degli esseri umani con Dio . La dimensione ecclesiale della cristologia di Efesini viene svilup­ pata di seguito con una formula di sapore liturgico , in cui si avverte l'eco della fede trinitaria: «Per mezzo di lui ( Cristo ) possiamo pre­ sentarci, gli uni gli altri , al Padre in un solo Spirito» (2, 18) . La stessa prospettiva viene ripresa nella conclusione di carattere decisamente ecclesiale . La costruzione della chiesa, formata da ebrei e pagani , i vicini e i lontani che hanno ricevuto l'evangelo della pace, ha come pietra angolare Cristo Gesù e in lui cresce come «tempio santo nel

30 PENNA, Lettera agli Efesini, 120-124; BournER , L ' Épitre de saint Paul aux Ephésiens, 307, dove offre un quadro prospettico di tutte le costruzioni e interpreta­ zioni possibili di Ef l ,23 .

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Signore>> (2,20-21) . Anche i pagani, diventati «concittadini dei santi e familiari di Dio» , assieme agli altri credenti sono «edificati per di­ ventare dimora di Dio nello Spirito santo» (2 ,22) . La relazione del Cristo con la chiesa è riproposta e ampliata nel capitolo quarto e quinto , dove la parenesi si alterna con le motiva­ zioni di carattere cristologico . Il ruolo di Cristo rispetto alla chiesa viene espresso mediante l'immagine del «capo» rispetto al «corpo» . Come Signore risorto egli distribuisce i doni e stabilisce i ministeri . Cosi tutti sono in grado di prestare il servizio allo scopo di «edificare il corpo di Cristo», avendo come meta comune l'unità della fede e la conoscenza del Figlio di Dio (4, 1 1-13) . Di questo corpo , che tende alla maturità definita da Cristo stesso , egli è il capo che assicura non solo l'unità , ma la partecipazione e la crescita di tutti i membri nella carità (4, 15-16) . Nel contesto del codice familiare il ruolo di Cristo capo rispetto alla chiesa si intreccia con quello soteriologico: egli è il capo della chiesa in quanto è il suo «salvatore» (5 ,23.25b) . Più discreta, rispetto alla cristologia, è a prima vista la riflessione sullo «Spirito santo» nello scritto di Efesini .31 Delle 14 ricorrenze del termine pnèuma solo 1 1 si riferiscono alla presenza e azione dello «Spirito santo». Questa formulazione tradizionale si trova due sole volte nella nostra lettera . Nel contesto della parenesi battesimale si esortano i fedeli a non rattristare «lo Spirito santo di Dio , col quale foste segnati per il giorno della redenzione» (4 ,30) . Il genitivo «di Dio» indica la fonte di questo dono . La frase relativa definisce il ruolo dello Spirito santo che «sigilla» l'identità dei fedeli come can­ didati alla salvezza escatologica o definitiva. L'immagine del «sigillo» , riferita nell'epistolario paolino , assie­ me a quella di «caparra» , allo Spirito santo, è utilizzata nella parte conclusiva della «benedizione» iniziale . Il processo salvifico , che sul piano storico prende avvio con l'ascolto del vangelo , arriva al suo compimento solo con la redenzione completa dei credenti. Essi in­ fatti hanno ricevuto il «sigillo dello Spirito santo» promesso da Dio , che è «caparra» della eredità futura ( 1 , 13-14) . La connotazione «escatologica» del dono dello Spirito è confermata dalla preghiera iniziale , in cui si chiede a Dio Padre per i fedeli uno «Spirito di sa­ pienza e di rivelazione» per comprendere la speranza della loro chia-

3 1 J. ADAI, Der Heilige Geist als Gegenwart Gottes in den einzeln Christen, in der Kirche und in der Welt. Studien zur Pneumatologie des Epheserbriefes (RSTh 3 1 ) , Frankfurt 1985 .

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mata alla gloria , che consiste nell'eredità fra i santi (1 , 17-18) . Que­ sto ruolo escatologico dello Spirito corrisponde a quello che egli ha nel processo di rivelazione del mistero di Cristo , manifestato «ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito» (3,5) . Nelle altre ricorrenze il ruolo dello Spirito santo è intrecciato con quello di Gesù Cristo nell'azione di unire i fedeli per la costru­ zione della chiesa . Infatti la formula èn Pnèumati, «nello Spirito» , che ricorre cinque volte i n Efesini , richiama quella analoga «in Cri­ sto». «>, interpreta: «unità che è stata data e viene data dallo Spirito santo>> ; PENNA, Lettera agli Efesini, 179-183, sostiene l'interpretazione di «spiritO>> in senso etico-ecclesiale come impegno interiore , comune e convinto a formare l'unità e la pa­ ce della chiesa; nello stesso senso interpreta anche Ef 2,18, ma aggiunge : «In ogni ca­ so, e questo va detto con forza, lo "spirito" di Ef 4,3.4 non è senza connessione con lo Spirito di Dio» (p. 183) ; MoNTAGNINI, Lettera agli Efesini, 247 , vede nei due testi il ri­ ferimento allo Spirito di Dio. Il possibile rimando di Ef 4,4 a 1 Cor 12,13, conferme­ rebbe questa interpretazione «teologale» del nostro testo.

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b) L 'ecclesiologia di Efesini È innegabile l'interesse della Lettera agli Efesini per il tema ec­ clesiologico . Le nove ricorrenze del termine ekklesia sono un pale­ se indizio di questo orientamento del nostro scritto , soprattutto se posto a confronto con la Lettera ai Galati , dove vi sono solo tre presenze dello stesso vocabolo . Va però subito precisato che sei di queste menzioni della «chiesa» sono concentrate nella digressione «catechistica» inserita nel codice dei doveri familiari (5 ,2324.25b-32) . Rientrano nell'area semantica dell'ecclesiologia la me­ tafora del «corpo» , con nove ricorrenze , e l'immagine dell'oikodo­ m�, «costruzione», associata in almeno cinque testi ai verbi compo­ sti synoikodomèisthai, epoikodomèisthai per indicare il processo di formazione della comunità dei credenti , considerata «tempio di Dio» e sua «dimora» (2 ,20-22 ; cf. 4,12. 16) . Si potrebbe aggiungere anche il simbolo sponsale che si intreccia con quello del «corpo» . Ambedue sono utilizzati per esprimere i l rapporto d i Cristo con la chiesa (5 ,26-27 .29 .32) . Questo rapporto infatti è l'aspetto qualificante dell'ecclesiolo­ gia efesina. Il discorso sulla chiesa è inseparabile dalla riflessione sul ruolo di Gesù Cristo . L'espressione più efficace di questo lega­ me vitale tra Gesù Cristo e la chiesa è data dalla duplice metafora del «capo» e del «corpo». La prima ricorrenza del vocabolo ek­ klesìa in Efesini è connessa con questo linguaggio metaforico riferi­ to a Cristo e alla chiesa. Alla fine del capitolo primo si dice che la straordinaria grandezza della potenza di Dio a favore dei credenti si manifesta nella risurrezione ed esaltazione celeste di Gesù al di sopra di tutte le potenze. Ma la signoria universale di Cristo , costi­ tuito da Dio capo su tutte le cose , si esercita èn ekklesìai, «nella chiesa». Questa infatti è «il suo corpo» attraverso il quale la «pie­ nezza» del Cristo risorto si realizza interamente in tutte le cose ( 1 ,22-23). Da questa relazione dinamica della chiesa con Cristo de­ rivano le sue dimensioni caratteristiche: l'unità, l'universalità e la crescita. In primo luogo la chiesa è lo spazio dove si manifesta la forza unificante di Cristo nei confronti dei due gruppi rappresentanti del­ l'umanità divisa. Essi sono riconciliati con Dio in un solo corpo per mezzo della croce di Cristo e pacificati tra loro possono presentarsi insieme a Dio Padre per mezzo di Cristo in un solo Spirito (2 , 16. 18) . L'evento storico della pacificazione , dell'unificazione e della ricon­ ciliazione di ebrei e pagani si realizza nella chiesa, dove i pagani 200

sono accolti come «concittadini dei santi e familiari di Dio» (2, 19) . 33 L'annuncio del vangelo di pace da parte del Cristo si prolunga in quello che raggiunge i nuovi ascoltatori della parola di verità, il van­ gelo della salvezza ( 1 , 1 3) . Perciò il gruppo degli «apostoli e profeti» come proclamatori del vangelo e della parola di verità, diventa il fondamento della costruzione della chiesa, che nello stesso tempo poggia su Gesù Cristo come pietra angolare (2,20) . Questa sovrap­ posizione di immagini non crea una concorrenza né una sostituzione tra Gesù Cristo e il gruppo fondante della chiesa , ma sottolinea la loro continuità nella storia di salvezza. La stessa dialettica è sottesa al processo di rivelazione e attuazio­ ne del «mistero di Cristo», che consiste in questo : «i pagani sono chiamati in Cristo Gesù a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo e a essere partecipi della promessa» (3 ,6-7) . Questo avviene mediante l'annuncio del vangelo in due fasi storiche che nel­ la prospettiva ecclesiale di Efesini tendono a sovrapporsi . Paolo , co­ stituito per grazia di Dio diàkonos del vangelo , proclama ai pagani le imperscrutabili ricchezze di Cristo e così manifesta davanti a tutti qual è l'oikonomìa del mistero di Dio un tempo nascosto e ora rive­ lato e attuato in Gesù Cristo . Ma la stessa rivelazione avviene trami­ te i «santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito» (3 ,5) . In tal mo­ do l'autore può affermare che ora per mezzo della chiesa la manife­ stazione della multiforme sapienza di Dio creatore di tutto raggiun­ ge anche i principati e le potestà negli spazi celesti . Questa sovrap­ posizione di orizzonti - azione di Dio in Cristo e ruolo della chiesa - consente di esprimere la dimensione trascendente della realtà ec­ clesiale . Nelle sezioni parenetiche la prospettiva diventa intraecclesiale . L'unità dei credenti è il punto di partenza e la meta finale del pro­ cesso di crescita del corpo ecclesiale . L'esortazione a conservare «l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace» è la trascri­ zione in chiave di parenesi intraecclesiale del processo di unificazio­ ne e pacificazione realizzata dall'evento della croce di Cristo (4,3) . La motivazione di questo invito parte dall'esperienza dell'unità ecclesiale , che si fonda ed esprime nella professione di fede battesi-

33 A. T. LINCOLN , «The Church and Israel in Ephesians», in CBQ 49(1987), 605624: l'unità di cui si interessa Efesini è quella che avviene nella chiesa tra giudeo­ cristiani ed etnico-cristiani ; C.J. RoETZEL, «Jewish-Christian-Gentile : Christian Rela­ tions. A Discussion of Ephesians 2,15a», in ZNW 74( 1983), 81-89; K. USAMI , Somatic Comprehension of Unity: The Church in Ephesians (AnBib 101 ) , Rome 1983 .

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male , e risale fino a Dio Padre , fonte ultima del processo di unifi­ cazione : a) «un solo corpo , un solo spirito come una sola è la spe­ ranza . . . » ; b) «Un solo Signore , una sola fede , un solo battesimo» ; c) «Un solo Dio Padre di tutti . . . » (4,4-6) . Questa tensione tra uno «solo/tutti» offre lo spunto per introdur­ re il tema della crescita grazie all'apporto di tutti i membri del corpo ecclesiale reso possibile dai doni del Cristo risorto . Tra questi doni si distinguono quelli costitutivi della diakonìa di tutti i fedeli per l'edi­ ficazione del corpo di Cristo . Sono enumerati cinque figure ministe­ riali , tra le quali spiccano al primo posto gli «apostoli e profeti», alla fine la coppia «pastori e maestri», al centro stanno gli evangelisti (4, 1 1 ) . La fisionomia d i questi ministeri è data dalla loro finalità eccle­ siale, a sua volta precisata in questi termini : «finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio , allo stato di uomo perfetto , alla misura di maturità corrispondente alla pienezza di Cristo»» (4, 1 3 ) . In questo caso l'unità della fede è il punto di arrivo del processo di edificazione del corpo di Cristo . Infatti questa unità è esplicitata in termini cristologici come conoscenza del Figlio di Dio e piena maturità spirituale che ha nella pienezza di Cristo la sua fon­ te e il modello . La breve applicazione parenetica del tema della ma­ turità ecclesiale sfocia in quello della crescita, facendo ricorso alle metafore del capo e del corpo: «cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui , che è il capo, Cristo , dal quale tutto il corpo . . . riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità»» (4, 15b-16) . La crescita del corpo ecclesiale nel dinamismo dell'agàpe , rap­ presenta il filo conduttore della parenesi che include anche il codice dei doveri familiari . In tale contesto viene ripreso il tema del rappor­ to di Cristo con la chiesa facendo ancora ricorso al linguaggio simbo­ lico del capo e del corpo . In particolare l'invito rivolto ai mariti di amare le proprie mogli viene motivato con il rimando al modello ar­ chetipo di Cristo «che ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei»» . L'evento redentivo viene esplicitato e ampliato con un rimando al bagno battesimale . Il soggetto è sempre il Cristo che come lo sposo sceglie e si prepara la sposa «tutta gloriosa, senza macchia e senza ruga e alcunché di simile , ma santa e immacolata»» (5 ,26-27) . Sullo 202

sfondo di questo linguaggio allusivo vi sono le immagini bibliche del­ l'alleanza (Ez 16,9) . Ancora con termini mutuati dal rapporto sponsale si dice che Cristo si prende cura e nutre la chiesa. Un'allusione all'eucaristia? Quello che interessa all'autore di questa riflessione è il significato globale del rapporto di Cristo con la chiesa. Esso si iscrive nel dise­ gno salvifico di Dio un tempo nascosto e ora svelato . Tutto questo nel linguaggio di Efesini si chiama il «mistero». L'autore vede un momento importante e decisivo della rivelazione e attuazione di questo mistero proprio nel rapporto di Cristo e della chiesa: «Que­ sto mistero è grande ; lo dico in riferimento a Cristo e alla chiesa» (5 ,32) . Questa intuizione deriva da una rilettura del testo di Gen 2 ,24, dove in riferimento agli sposi si parla dell'unità dei due in una carne sola. È proprio quello che ha compiuto Cristo nella sua morte di croce e che ora si prolunga e realizza nell'esperienza ecclesiale , prototipo di quella degli sposi . 34

c) Antropologia, etica e spiritualità di Efesini Per esprimere l'effetto dell'azione pacificatrice e unificante di Gesù Cristo la Lettera agli Efesini conia una formula originale : Cri­ sto ha creato in se stesso dei due «Un solo uomo nuovo , kainòs àn­ thropos» (2, 15b) . La stessa espressione ricorre nel contesto della pa­ renesi battesimale , dove si richiama l'impegno assunto dai neofiti . Esso ha un risvolto negativo e uno positivo : «deporre l'uomo vec­ chio . . . rivestire l'uomo nuovo» (4 ,22.24) . A queste formulazioni dell'antropologia efesina possono essere accostate quelle relative al­ l'«uomo interiore» (3, 16) e all'«uomo perfetto , an�r tèleios» (4, 13) . Tenendo presente questo quadro espressivo con il relativo con­ testo si possono enucleare alcune caratteristiche dell'antropologia di Efesini . In primo luogo la novità dell'essere umano deriva dalla sua relazione con Gesù Cristo , che è il prototipo dell'uomo nuovo e per­ fetto . L'aspetto radicale e definitivo di questa novità è espresso me­ diante la categoria della «creazione», che rimanda all'èspressione di Paolo «nuova creatura/creazione» (Gal 6 , 1 5 ; 2Cor 5 , 17) . L'unità e

34 S . F. MILETIC, «One Flesh»: Eph 5,22-24; 5,31 . Marriage and the New Creation (AnBib 1 15), Rome 1988.

203

l'universalità sono gli altri due tratti distintivi del progetto di essere umano realizzato da Gesù Cristo e anticipato dai credenti che ne condividono il destino . Su questa piattaforma antropologica si sviluppa il progetto etico della Lettera agli Efesini. Esso ha nello stesso tempo una connota­ zione cristologica ed ecclesiale , che si esprime e attua nell'agàpe. Questo termine ricorre dieci volte in Efesini e altrettante il verbo agapàn . La massima concentrazione del lessico dell'amore si ha nel capitolo quarto e quinto riservati alla parenesi . Ma già fin dalla be­ nedizione iniziale viene tracciato il progetto di vita etica sullo sfondo dell'azione gratuita di Dio per la salvezza. Egli infatti ha scelto i cre­ denti in Gesù Cristo «per essere santi e immacolati al suo cospetto en agàpe-i nell'amore» ( 1 ,4b ) . L'amore verso tutti i credenti , assie­ me alla fede nel Signore Gesù , caratterizza la vita dei cristiani ( 1 , 15 ) . Queste due strutture dell'esistenza cristiana definiscono il profi­ lo dell'uomo interiore che può contare sulla forza dello Spirito e sul­ la presenza del Cristo che abita nei cuori per mezzo della fede . Tutto questo è frutto dell'azione di Dio Padre invocato nella preghiera e che ha come ultimo obiettivo la piena espansione dell'amore . L'agà­ pe infatti è la radice , il fondamento e la meta finale del processo di maturità cristiana che nell'amore fa esperienza della «pienezza di Dio» ( 3 , 17-19 ) . Data questa impostazione teologale dell'esistenza cristiana è na­ turale che il progetto etico si concentri nell'amore . Questo diventa il filo conduttore della parenesi di Efesini . L'esortazione a vivere con­ forme alla vocazione cristiana si traduce nella proposta di relazioni connotate da tre attitudini : umiltà , mansuetudine e pazienza. Ma es­ se convergono verso l'agàpe che rende possibile l'accoglienza reci­ proca e sta alla base dell'unità ecclesiale (4,2-3 ) . Con una formula felice l'autore di Efesini riassume l'impegno per arrivare alla maturi­ tà di Cristo: «vivere la verità nell'amore , alethèuontes èn agàpb> (4 , 15a ) . Anche la crescita ed edificazione del corpo di Cristo grazie alla partecipazione attiva di ogni membro può avvenire solo «èn agà­ pe-i» ( 4, 16c) . In questo orizzonte l'invito a «vivere nell'amore» non è solo una bella formula. Esso fa da intestazione a un progetto di vita che ha come fonte e modello l'amore di Dio reso visibile e comunicato ai credenti da Gesù Cristo che «ci ha amato e ha dato se stesso per noi» ( 5 ,2 ) . L'articolazione di questo progetto è data dall'elenco delle atti­ tudini che caratterizzano l'uomo nuovo «creato secondo Dio nella 204

giustizia e santità vera» (4,24) . Sul piano concreto si tratta di vivere relazioni positive e costruttive che non solo escludono i vizi tipici del mondo pagano delle tenebre , ma si innestano su una prassi che esprime la nuova condizione dei «figli della luce>> (4,25-32 ; 5 ,3-9) . Il codice dei doveri familiari non fa altro che dare attuazione a questo progetto di nuove relazioni definite dall'amore che ha la sua fonte e il modello nel dono che Gesù ha fatto di sé per la chiesa (5,21-33) . Dalla stessa radice che alimenta il progetto etico di Efesini ger­ moglia e cresce in forma vigorosa uno stile di vita spirituale equili­ brato e dinamico . Lo spazio dato al ruolo dello «Spirito» fa intrave­ dere l'interesse della nostra lettera per questa dimensione della vita cristiana . Essa si articola in due ambiti privilegiati , quello della pre­ ghiera e dell'esperienza liturgica . L'invito alla preghiera incessante , insistente e per tutti segue lo schema tradizionale paolino (6 , 18) . Ma l'autore di Efesini offre anche diversi esempi di preghiera , dalla «be­ nedizione» contemplativa e invocazione adorante , alla dossologia ed espressione innica ( 1 ,3-13 . 15-18; 3 , 14-19.20-21 ; 5 , 14) . Queste com­ posizioni , assieme alle acclamazioni e formule di fede distribuite nel corso della lettera, danno un saggio dei «salmi, inni , cantici spiritua­ li» che esprimono l'atteggiamento orante dei singoli e della comuni­ tà sotto l'impulso dello Spirito (5 , 1 8b-20) . Mi piace concludere questa ricostruzione del messaggio teologi­ co e spirituale di Efesini con il ritratto del cristiano che realizza l'i­ deale dell'uomo nuovo e perfetto . Esso riflette lo spirito militante dell'autore che propone ai credenti battezzati una scelta radicale senza nostalgie e compromessi . L'allegoria biblica dell'armatura di Dio gli offre lo spunto per presentare l'equipaggiamento spirituale del cristiano maturo : la cintura della verità , la corazza della giusti­ zia , i calzari dello zelo , lo scudo della fede , l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito . In questo profilo del cristiano maturo , che sa re­ sistere a tutte le prove, merita di essere segnalato l'aspetto dinamico di due qualità: lo zelo per propagare il vangelo della pace e la spada dello Spirito che è la parola di Dio . Anche se in sordina, affiora la tensione missionaria ed evangelizzatrice di Efesini , che ha in Paolo , il diàkonos e ambasciatore del vangelo, il suo prototipo .35

35 R. A. WILD , , 2Tm 3,3; an-òsios , «empio>> , lTm 1 ,9; 2Tm 3 ,2; an-hypòtaktos , «ribelle» , lTm 1 ,9 ; Tt 1 ,6 ; 1 , 10; a-pàideutos , «indisciplinato» , 2Tm 2,23 ; a-pèrantos , «interminabile» , l Tm l ,4; a-pròsitos , «inaccessibile», lTm 6,16; à-spondos, «sleale» , 2Tm 3 , 3 ; a-stochèin , «deviare» , lTm 1 ,6; 6,21 ; 2Tm 2,18; a-philàgathos , «non amante del bene» , 2Tm 3,3; a-pseud�s. «non mentitore» , Tt 1 ,2 . U n altro gruppo d i hapaxlegòmena è costituito d a termini com­ posti con phìlos/philèin : philàgathos, «amante del bene», Tt 1 ,8 ; philandros, «amante del marito» , Tt 2,4; philargyrìa , «amante del denaro» , lTm 6,10; philautos, «amante di sé» , 2Tm 3,2; phil�donos , «amante del piacere» , 2Tm 3,4; philòtheos , «amante di Dio», 2Tm 3 ,4; philòteknos , «amante dei figli» , Tt 2,4. Per valutare la specificità lessicale delle tre lettere pastorali oltre agli hapaxlegòmena succitati, è utile segnalare i termini rari che han­ no il loro corrispondente nell'epistolario paolino , con l'opera luca­ na, Vangelo e Atti degli Apostoli , oppure con la Lettera agli Ebrei : Pastorali aischrokerd�s lTm 3,8; Tt 1 ,7 alazon 2Tm 3,2 anakàinosis, Tt 3,5 anhypòtaktos, 1Tm 1 ,9; Tt 1 ,6. 10

Paolo

Lc-At

Eb

altri 1Pt 5 ,2

Rm 1 ,30 Rm 12,2 2,8 209

Pastorali anophelès, Tt 3,9 apeithès, 2Tm 3,2; Tt 1 , 16; 3 ,3 apòlausis, 1Tm 6,17 apolèipein, 2Tm 4,13.20; Tt 1 ,5 apotòmos Tt 1 , 13 arsenokòites 1Tm 1 , 10 àstorgos, 2Tm 3,3 authàdes, Tt 1 ,7 autàrkeia, 1Tm 6,6 aphilàrgyros 1Tm 3 ,3 bèbelos, 1Tm 1 ,9; 4,7; 6,20; 2Tm 2,16 bradynein, 1Tm 3,15 bythìzein, 1Tm 6,9 gnesios, 1Tm 1 ,2; Tt 1 ,4 gymnàzein 1Tm 4,7 dròmos, 2Tm 4,7 dynàstes, 1Tm 6,15 210

Paolo

Le-A t

Eb

altri

7,18 Rm 1 ,30

1 , 17; At 26,19

Le

11 ,25 4,6.9; 10,26

Gd 6

2Cor 13,10 1Cor 6,9 Rm 1 ,31 2Pt 2,10 2Cor 9,8 13,5 12,16 2Pt 3 ,9 Le

5,7

2Cor 8,8; Fil 4,3 5,14; 12, 11 2Pt 2,14 At 13,25 ; 20,24 Le 1 ,52; At 8,27

Pastorali ekkathàirein 2Tm 2,21 ektrèpesthai, 1Tm 1 ,6 endymamoùn, 1Tm 1 , 12; 2Tm 2,1 ; 4,17; 5,15; 2Tm 4,4 enoikèin, 2Tm 1 ,5 ; 1 , 14 exartìzein, 2Tm 3,17 epimelèisthai, 1Tm 3,5 epitagè, 1Tm 1 , 1 ; Tt 1 ,3 ; 2,5 èris, 1Tm 6,4; Tt 3 ,9

euergesìa, 1Tm 6,2 eusebèin, 1Tm 5,4 èuchrestos, 2Tm 2,21 ; 4,11 z6grèin, 2Tm 2,26 zoogonèin, lTm 6,13

Paolo

Lc-At

Eb

altri

1Cor 5,7 12,13 Rm 4,20; At 9,22 Fil 4,13; Ef 6,10 Rm 8, 1 1 ; 2Cor 6,16; Col 3,16

At 21 ,5 Le

10,34.35 Rm 16,26; 1Cor 7,6; 2Cor 8,8 Rm 1 ,29 ; 13,13; 1Cor 1 , 1 1 ; 3,3; 2Cor 12,20; Gal 5,2; Fil 1 , 15 At 4,9 At 17 ,23 Fm 11 Le

5,10

17,33; At 7,19 Le

211

Pastorali

Paolo

kakoùrgos, 2Tm 2,9 kèrdos, Tt 1 , 1 1 kosmikòs, Tt 2,12 loùtron, Tt 3,5 meletàn, 1Tm 4,15 mesìtes, 1Tm 2,5 mòrphosis, 2Tm 3,5 nauagèin, 1Tm 1 , 19 nosphìzesthai Tt 2,10 nouthesìa, Tt 3,10

Lc-At

Eb

altri

Le

23 ,32.33.39 Fil 1 ,21 ; 3,7 9, 1 Ef 5,26 At 4,25 Gal 3,19; 3,20

8,6; 9,15; 12,24

Rm 2,20 2Cor 1 1 ,25 At 5,2.3 1Cor 10, 1 1 ; Ef 6,4

odyne, 1Tm 6,10 Rm 9,2 orègesthai, 1Tm 3 , 1 ; 6,10 1 1 , 16 ostràkinos, 2Tm 2,20 2Cor 4,7 paidèia, 2Tm 3,16 Ef 6,4 12,5.7.8. 1 1 paidèuein, 1Tm 1 ,20; 2Tm 2,25; 1Cor Le 23,16; 12,6.7. 10 Ap 3,19 Tt 2,12 1 1 ,32 ; At 7,22; 2Cor 6,9 22,3 paracheimàzein, Tt 3,12 1Cor 16,6 At 27, 12; 28, 1 1 212

Pastorali

Paolo

peitharchèin, Tt 3,1

Le 17,33 ; At 20,28 Rm 9,20 Le 22,66; At 22,5

7,14

Le 6, 16;

At 7,52 Fil 1 , 12; 1 ,25

propetes, 2Tm 3,4 pyknòs, 1Tm 5 ,23 stratèia, 1Tm 1 , 18 symbasilèuein, 2Tm 2,12 sorèuein, 2Tm 3,6 sophrosyne, 1Tm 2,9; 2,15; 5,25 hybrist�s, 1Tm 1, 13 hyperoch�, 1Tm 2,2

altri

At 19,19

pròdelos, 1Tm 5,24; prodòtes, 2Tm 3,4 prokope, 1Tm 4,15

Eb

At 5,29.32; 27 ,2

perìergos, 1Tm 5 , 13 peripoièisthai, 1Tm 3,13 plàssein, . 1Tm 2,13 presbytèrion, 1Tm 4,14

Lc-At

At 19,36

Le 5,33 ;

At 24,26

2Cor 10,4 1Cor 4,8 Rm 12,20

(LXX)

At 26,25 Rm 1 ,30 1Cor 2,1 213

Pastorali

Paolo

Lc-At

Eb

altri

Eb 14

altri 6

hypotithènai, Rm 16,4 1Tm 4,6 philanthropìa, At 28,2 Tt 3,4 philàrgyros, Le 16,4 2Tm 3,2 semnòs, 1Tm 3,8; 3 , 1 1 ; Tt 2,2 Fil 4,8 chréstòtés, Rm 2,4; Tt 3,4 3,12; 11 ,22; 2Cor 6,6; Gal 5,22; Ef 2,7; Col 3,12 Pastorali 71

Paolo 35

Lc-At 26

Da questo quadro complessivo risulta che le tre lettere pastorali hanno una duplice relazione con l'epistolario paolino . Da una parte utilizzano un numero considerevole di hapaxlegòmena paolini , cioè di termini che non hanno un corrispondente nelle altre lettere del corpus paolino : 35 su 71 dei termini succitati. Di questi termini rari , 5 si trovano solo nel Vangelo di Luca; 13 solo negli Atti degli apo­ stoli; 8 in Le e in At ; 14 nella Lettera agli Ebrei ; 6 negli altri scritti del NT. Nello stesso tempo si deve rilevare la presenza di vocaboli «paolini» nel senso che ricorrono solo nelle tre pastorali e nelle let­ tere protopaoline e deuteropaoline, esclusa la Lettera agli Ebrei: 29 nelle protopaoline e 2 nelle deuteropaoline e 4 simultaneamente nelle due serie del corpus paolino. 2 Un secondo livello di indagine riguarda il lessico «teologico» del corpus pastorale . Esso in alcuni casi coincide con gli hapaxlegòmena succitati , ma comprende anche altri termini che ricorrono con una certa frequenza rispetto al corpus paolino e hanno un ruolo portante nella teologia delle nostre lettere : 2 La somma complessiva delle ricorrenze dei 71 termini rari è 79, perché in 8 casi essi compaiono in due serie diverse di testi .

214

agathòs alètheia didaskalìa epìgnosis epiphàneia eusèbeia katharòs pìstis pistòs sotèr sophronèin sophròn

NT

Past

104 109 21 20 6 15 26 243 67 24 6 4

lO 14 15 4 5 10 7 33 17 10 l 4

.

Pro t. P/.

Deut. Pl. (Ef/Col/2 Ts)

30 22 2 4

7 11 2 6 l

l 91 9 l 2

18 7 l

Alcuni di questi vocaboli entrano a far parte di espressioni ste­ reotipe che ricorrono con una certa frequenza nelle tre lettere pasto­ rali. Il vocabolo alètheia è associato a epìgnosis , «conoscenza della verità» ( lTm 2,4; 2 ,25 ; 3,7; Tt 1 , 1 ) ; la didaskalìa , «dottrina» , è defi­ nita dal participio hygiàinousè , «sana» ( lTm 1 , 10; 2Tm 4,3 ; Tt 1 ,9 ; 2 , 1 ) , oppure dall'aggettivo kalè, «bella/buona» ( lTm 4,6 ) . Anche èrgonlèrga , «opera/operè» sono qualificate come «belle/buone>> ( lTm 2 , 10; 3 , 1 ; 5 , 10.25 ; 6,18; 2Tm 2,21 ; 3 , 1 7 ; Tt 1 , 16; 2,7. 14; 3 , 1 .8. 14) . Invece l'aggettivo katharòs accompagna il sostantivo kar­ dìa , «cuore» ( lTm 1 ,5 ; 2Tm 2 ,22 ) o synèidésis, «coscienza» ( lTm 3 ;9 ; 2Tm 1 ,3 ) ; quest'ultimo vocabolo è associato anche all'aggettivo «buono» ( lTm 1 ,5 . 19 ) . Altrettanto notevole è la combinazione di «parola» e «fedele» nella fraseologia pistòs hò lògos ( l Tm 1 , 1 5 ; 3 , 1 ; 4,9; 2Tm 2 , 1 1 ; Tt 3 ,8; cf. 1 ,9 ) . Infine va segnalato il fenomeno vistoso dell'assenza di alcune particelle , avverbi e aggettivi che si riscontrano con frequenza nelle altre lettere di Paolo soprattutto nelle protopaoline : NT àn àra diò diòti èite èkastos èti hòsper hòste

166 49 53 24 65 81 92 36 84

Past.

Pro t. Pl. 22 25 22 10 53 35 14 14 37

Deut. P/. 2 5 lO 7 l 2 215

NT nynì oukèti oùte pàlin syn tè

Past.

18 48 91 139 127 201

Prot. Pl.

Deut. Pl.

13 14 33 28 28 22

2

l

9

l

Nel contempo va rilevata la preferenza data nelle tre lettere pa­ storali ad altre particelle che si riscontrano nell'epistolario paolino , ma non con la stessa intensità. Per coglierne la peculiarità i tre scritti pastorali sono considerati come un corpus unitario , che può essere posto a confronto con la seconda Lettera ai Corinzi simile per esten­ sione , oppure con le tre lettere deuteropaoline ( Ef, Col, 2Ts) : dè èita enbpion katà màlista metà medè m�te oudè perì hosàutos

Past.

NT

2Cor

Prot. Pl.

Deut. Pl.

62 2 8 21 5 19 5 2 3 10 6

2771 13 93 471 12 467 57 34 139 331 17

73

535 3 9 129 3 41 12

36

4 26 7

l l

2

31 32 2

42 14 6 3

l

10

Anche quest'ultimo confronto conferma la peculiarità lessicale delle tre lettere pastorali non solo nei confronti delle lettere proto­ paoline , ma anche in rapporto al gruppo delle altre tre lettere deute­ ropaoline. Ovviamente questo fatto è connesso sia con l'orientamen­ to tematico dei tre scritti , sia con il loro profilo stilistico e letterario .

b) Caratteristiche di stile e letterarie Le tre lettere inviate a nome di Paolo ai suoi due discepoli Timo­ teo e Tito a ragione sono collocate in un unico corpus perché le loro caratteristiche di stile e il loro impianto letterario sono affini , pur nella diversa ampiezza e organizzazione del materiale nei tre scritti . I tratti distintivi dello stile risaltano dall'analisi della microstruttura del testo . 216

Nelle tre lettere pastorali si coglie la sovrapposizione di almeno tre «modi» di organizzare il testo che si inserivano nella cornice generale della «lettera» . Il primo è quello degli «insegnamenti» o esposizioni dottrinali , che fanno da sfondo alla serie di «disposizioni» pratiche , in forma di esortazioni e norme . Le une e le altre sono intervallate da piccole frasi o da brani di prosa ritmica che riportano frammenti dos­ sologici , professioni di fede e inni . Nei brani di carattere espositivo , nelle professioni di fede e nei testi dossologici le forme verbali preferi­ te sono all'indicativo . La forma verbale che caratterizza le sezioni «parenetiche» e «disciplinari» è quella dell'imperativo . È facile rilevare la concentrazione di queste forme verbali «im­ perative>> in alcune sezioni degli ultimi tre capitoli della prima Let­ tera a Timoteo : lTm 4,1 1-16: dieci imperativi ; lTm 5 ,3-4.7.9. 1 1 . 19-20.22-23 : quattordici imperativi ; lTm 6,1-2. 1 1-12. 17.20: undici imperativi . Lo stesso fenomeno si riscontra anche nella seconda Lettera a Ti­ moteo , dove gli «imperativi» sono concentrati nel capitolo secondo e quarto: 2Tm 2,1-2 . 8. 14-16.22-23 : dodici imperativi ; 2Tm 4,2. 5 . 9 . 13. 1 5 .21 : quindici imperativi. Nella piccola Lettera a Tito le forme dei verbi all'imperativo sono distribuite negli ultimi due capitoli , secondo e terzo : Tt 2 , 1 .6. 1 5 : sei imperativi ; Tt 3 , 1 .9-10.12. 14-15: sei imperativi . Generalmente queste sezioni «imperative» sono costituite da frasi brevi e rapide : il verbo all'imperativo è seguito dal contenuto della disposizione o invito . In alcuni casi si ha una cascata di verbi imperativi in forma seriale: > , diatrib � . dei filosofi stoici del' l'ambiente romano (Seneca) . 6 In particolare sotto certi aspetti la seconda Lettera a Timoteo può essere ac­ costata ad alcuni brani dei Testamenti dei XII Patriarchi, tramandati in greco e altre versioni di un originale ebraico o aramaico, di cui alcuni frammenti sono stati trovati a Qumran . In questi discorsi di addio pronunciati dai singoli patriarchi biblici prima di morire sono proposti gli insegnamenti di carattere etico e le esortazioni corrispon­ denti. 7 J . D . QuiNN, «Paraenesis and the Pastoral Epistles. Lexical Observations Bea­ ring on the Nature of the Sub-genre and Sounding on its Role in Socialization and Li­ turgies» , in Semeia 50(1990) , 189-210.

223

In un primo ambito si possono collocare le istruzioni e le norme relative al buon ordinamento della comunità o chiesa. In questo am­ bito rientrano le sezioni delle tre lettere in cui sono elencate le quali­ tà e le condizioni richieste per il vescovo , i presbiteri e i diaconi , as­ sieme ai compiti del responsabile di comunità e i suoi doveri verso le varie categorie di persone : giovani e anziani , uomini e donne , fedeli e dissidenti. A. Ordinamento ecclesiale

J Timoteo 2,1-2.8-15 3, 1-13. 15b 5 , 1 -2.3-16. 17-25 6, 1-2. 17-19.20a

2 Timoteo

Tito 1 ,5-9 2,2-10 3 , 1 -2

Una seconda serie di testi può essere raccolta attorno al tema della polemica contro i «falsi maestri». Al responsabile della comu­ nità, rappresentato dal discepolo di Paolo , viene richiamato con una certa insistenza il dovere di denunciare l'insegnamento deviante e la prassi riprovevole dei fautori delle speculazioni sui «miti» e le ge­ nealogie . Più che aprire un dibattito con questi tali , il «pastore» de­ ve rifiutarli ed evitarli mettendo al riparo la comunità dal loro influs­ so deleterio . Lo stile profetico di stampo apocalittico di questi qua­ dri di denuncia polemica è un indizio della «crisi» che minaccia la co­ munità dei credenti. B. Polemica contro i «falsi maestri»

J Timoteo 1 ,3c-4. 6-7 .9b-10. 19b-20a 4, 1-5.7a 6,3-5 . 9-10. 20b-21 ab

2 Timoteo 2, 14. 16-18.23. 25-26 3,2-9 . 13 4,3-4 . 1 5

Tito 1 , 10-16 3,9- 1 1

Attorno a u n terzo filone tematico si coagulano i testi che pre­ sentano il modello del «pastore» . Esso è rappresentato dai due di­ scepoli di Paolo , ai quali sono indirizzate le rispettive lettere . A sua volta il «pastore» deve presentarsi davanti alla comunità come il ga­ rante della sana dottrina e dell'impegno coerente con la fede profes­ sata. Sullo sfondo di questo ritratto ideale del «pastore» , prototipo 224

dei fedeli , sta la figura dell'apostolo Paolo , fonte autorevole della tradizione e maestro sicuro della verità. C . Modello del «pastore»

l Timoteo 1 , 18-19a 4,6.7b . 8-16 6,6-8 . 1 1-13a. l4a

2Timoteo 1 ,6-8. 13-14 2,1-7 . 15.22.24 3, 10-12. 14-17 4,1-2.5

Tito 2 , 1 . 15 3,8

In un quarto ambito rientrano quei brani delle tre lettere in cui si danno le motivazioni delle varie istruzioni , norme ed esortazioni pastorali . Si tratta per lo più di brevi professioni di fede e formule cherigmatiche, oppure di esposizioni dottrinali e catechistiche che risentono dello stile celebrativo o liturgico . In tali testi si presenta l'iniziativa gratuita ed efficace di Dio salvatore che si manifesta e attua in Gesù Cristo o nel vangelo proclamato da Paolo. Pertanto in questo ambito della «motivazione» teologica rientra anche l'au­ topresentazione della figura ideale e del ruolo esemplare di Paolo , l'apostolo che soffre e lotta per la proclamazione del vangelo fino al martirio . D . Motivazione teologica

l Timoteo l ,8-9a. l l-16. 17 2 ,3-7 3 , 15c-16 6, 13b. 14b- 16

2Timoteo 1 ,9-12 2,8-13 . 19-21 3 , 1 1b 4,6-8. 16-18

Tito l , lb-3 2,1 1-14 3 ,3-7

Questi quattro filoni tematici si articolano e si intrecciano in modo diversificato nelle singole lettere pastorali. È la diversa com­ binazione e accentuazione dei temi che dà la fisionomia a ognuna delle tre lettere . Infine oltre alla comune cornice epistolare si deve tener conto anche della diversa distribuzione nei tre scritti delle no­ tizie autobiografiche dell'apostolo. La massima concentrazione di tali sezioni si ha nella seconda Lettera a Timoteo . Questo fatto conferma il carattere peculiare di questo scritto nel gruppo delle pastorali . 225

E . Cornice epistolare e notizie autobiografiche

J Timoteo

2 Timoteo

Tito

Cornice epistolare 1 , 1-2

1 ,2

1 , 1a.4

1 ,3-5 . 15-18 3 , 1 lb 4,6-8. 9-16.20

1 ,5a 3 , 12-14

4 , 19.21

3 , 1 5ab

4,22

3 , 15c

Notizie autobiografiche 1 ,3ab.20b 3 , 14a- 15a Saluti finali Congedo 6,21c

Da questo confronto sinottico delle tre lettere pastorali risulta la diversa caratterizzazione dei singoli scritti. La prima Lettera a Timoteo si distingue per lo spazio relativa­ mente ampio riservato alle istruzioni e norme in forma di «manuale�� per l'ordinamento della vita di comunità . Questo inizia al capitolo secondo con alcune disposizioni sulla preghiera e il relativo compor­ tamento degli uomini e delle donne . Il verbo di apertura: «Ti racco­ mando dunque . . . » , viene ripreso dopo l'intermezzo della motivazio­ ne teologica , con il verbo boùlomai, «voglio>� , e dall'avverbio tipico degli elenchi : h6sàut6s , «similmente» ( 1Tm 2,1a.8a.9a) . Le istruzio­ ni relative alle donne , al di là dell'ambito liturgico , tracciano un pro­ gramma che riguarda sia la vita della donna nella comunità sia so­ prattutto il suo rapporto con il marito. In tale contesto il riferimento alla storia di Adamo/Eva serve a motivare l'esortazione conclusiva circa il ruolo materno della donna ( 1Tm 2,9-15 ) . In questo ambito rientra anche il duplice elenco di qualità e con­ dizioni richieste rispettivamente per chi aspira all'episkopè, e per i diaconi sia uomini , sia donne ( 1Tm 3 , 1-13 ) . Quasi l'intero capitolo quinto, dopo la proposta del modello del «pastore» nel capitolo pre­ cedente, si presenta come un «manuale» per il pastore . Le brevi istruzioni sul modo di comportarsi con le varie categorie di persone nella famiglia , prepara l'ampia serie di istruzioni e norme sul modo di assistere le «vedove» e dei criteri per iscriverle nell' «elenco» della comunità ( 1Tm 5 , 1-2.3-16) . Seguono le disposizioni sul trattamento dei presbiteri , prendendo in considerazione i diversi casi : l'onorario distinto per quelli che presiedono e insegnano , le accuse e relativo 226

giudizio contro i presbiteri colpevoli , i criteri per la scelta dei candi­ dati al presbiterato ( 1Tm 5 , 17-23 .25) . Questa specie di manuale in­ clude anche alcuni versetti del capitolo successivo , dove si passano in rassegna i doveri degli schiavi cristiani e si danno alcune istruzioni sul modo di consigliare i ricchi (1Tm 6,1-2ab. 17-19) . Tra i brani che svolgono il ruolo di motivazione teologica, due meritano di essere segnalati per il loro contenuto e struttura: la pro­ fessione di fede in un «solo Dio» e in un «solo mediatore l'uomo Cri­ sto Gesù». Quest'ultima viene ampliata con una frase che pone in ri­ salto l'efficacia salvifica universale della morte di Gesù (1Tm 2 ,4-6) . Altrettanto densa è la piccola composizione innica in cui si celebra il grande «mistero della pietà» (1Tm 3 , 16) . Essa si articola in tre strofe disposte tra loro in parallelismo progressivo, mentre i due stichi giuocano sull'antitesi dei vocaboli : «Carne/spirito» , «angeli/popoli» , «mondo/gloria» . L a dossologia finale del capitolo sesto , che celebra la signoria trascendente dell'unico Dio , fa eco a quella più breve del capitolo primo ( 1Tm 1 , 17//6, 15-16) . La seconda Lettera a Timoteo , oltre che per la prevalenza delle sezioni «autobiografiche», si distingue per la presentazione di Paolo come prototipo del proclamatore coraggioso del vangelo. Questo ruolo idealizzato di Paolo , assieme all'ampio spazio dato al modello del «pastore» , prende il posto dell'ordinamento ecclesiale tipico del­ la prima Timoteo . Fin dalla preghiera di apertura si mette in eviden­ za il legame affettivo tra l'apostolo e il suo discepolo (2Tm 1 ,3-4) . Tale rapporto è confermato dal gesto di Paolo che ha trasmesso a Ti­ moteo il chàrisma per mezzo dell'imposizione delle sue mani (2Tm 1 ,6) . Timoteo infatti è il discepolo che ha seguito personalmente l'a­ postolo e ne ha condiviso le prove dell'impegno missionario e pasto­ rale (2Tm 3 , 10- 12) . Perciò egli può contare oltre che sulle sue radici familiari anche su questo tirocinio «apostolico» per essere un valido esempio per tutti i credenti (2Tm 3.14-17) . È pertanto comprensibi­ le che l'apostolo alla vigilia della sua morte si rivolga a Timoteo per consegnargli il suo testamento spirituale e organizzare la rete dei va­ ri collaboratori utili per l'efficace proclamazione del vangelo (2Tm 4,6-8.9-15) . In tale prospettiva si collocano anche le motivazioni teologiche . L'invito a condividere le sofferenze dell'apostolo per il vangelo si fonda sull'iniziativa salvifica di Dio e sulla fedeltà di Gesù Cristo. Esse giustificano sia la fiducia coraggiosa sia l'impegno fedele e per­ severante dei credenti (2Tm 1 ,9-10; 2,8-13) . Nel clima dell'addio fi­ nale e della separazione definitiva dell'apostolo «martire» la presen­ tazione dei «falsi maestri» assume accenti fortemente negativi e mi227

nacciose tinte apocalittiche (2Tm 2, 16-18; 3 , 1-9; 4,3-4) . Ma su que­ sto sfondo quello che prevale è il ritratto del vero pastore, garanzia di sicurezza per gli altri fedeli (2Tm 2,1-7. 14-15.22; 4,2.5). La Lettera a Tito ha una struttura più semplice e lineare rispetto alle altre due . Le sezioni dell'ordinamento ecclesiale , sono seguite da due ampie motivazioni teologiche , che fanno leva rispettivamen­ te sulla manifestazione della chàris, «grazia» , e sulla philanthropìa , «amore per gli uomini» , di Dio «salvatore» per mezzo di Gesù Cri­ sto (Tt 2,1 1-14; 3 ,4-7) . L'elenco delle qualità e condizioni richieste per i presbiteri e il vescovo corrisponde sostanzialmente a quello della prima Lettera a Timoteo (Tt 1 ,6-9) . Anche il manuale pastorale relativo alle diverse categorie di persone - uomini e donne , giovani e anziani, e gli schiavi - è più articolato e puntuale rispetto a quello della prima Timoteo (Tt 2,110; 3,1-2) . In ogni caso è sempre presente la prospettiva della buo­ na testimonianza da dare alla «parola» o «dottrina» di Dio (Tt 2,5c. 10c) . Anche le disposizioni di carattere disciplinare sul modo di regolarsi con il dissidente incorreggibile sono più precise (Tt 3 ,91 1 ) . Originale e peculiare sotto un certo aspetto è anche la presen­ tazione che si fa dei «falsi maestri» nella Lettera a Tito , associan­ doli da una parte all'ambiente giudaico e dall'altra all'ambiente culturale di Creta (Tt 1 , 10- 16; 3 ,9) . Dunque l'analisi della struttura tematica delle tre lettere mostra sia la loro omogeneità di fondo sia i tratti peculiari di ogni lettera che giustificano la loro trasmissione come scritti distinti .

2. L'ORIGINE LETIERARIA DELLE PASTORALI

Dal momento che le tre lettere pastorali fanno parte degli scritti canonici e sono associate nel NT al corpus paolino , è giusto ricercare le loro radici religiose e culturali nell'ambìto di questi scritti. Infatti le nostre lettere non solo citano o utilizzano in modo implicito i testi del canone ebraico , ma giustificano questa scelta riconoscendo aper­ tamente l'origine divina e ispirata di tutta la sacra Scrittura (2Tm 3 , 16) . Ma alla pari fanno ricorso alla tradizione di sentenze e inse­ gnamenti attestati anche dagli attuali Vangeli sinottici e dal quarto Vangelo . Un rapporto privilegiato esiste tra il gruppo delle pastorali e l'insieme dell'epistolario paolino . Non solo i nomi dei collaborato­ ri di Paolo, ma anche alcune concezioni e formule sono riprese dalle 228

lettere autentiche e dalle altre deuteropaoline per riproporre la figu­ ra autorevole dell'apostolo e il suo messaggio in un mutato contesto storico e culturale .

a) Le pastorali e gli scritti dell'Antico Testamento Le citazioni esplicite dell'Antico Testamento nelle tre lettere pa­ storali sono due : una nella prima Lettera a Timoteo 5 , 18a e una nel­ la seconda Timoteo 2, 19b. In ambedue le citazioni bibliche si segue la versione greca dei LXX. Il testo biblico nel primo caso è introdot­ to dalla formula di citazione : lègei gàr hè graphè , «dice infatti la Scrittura» .8 La prescrizione di Dt 25 ,4: «non metterai la museruola al bue che trebbia» , viene adattata per confermare il dovere di rimu­ nerare i presbiteri che si affaticano nella predicazione e nell'insegna­ mento . Lo stesso testo è citato da Paolo nella prima Lettera ai Co­ rinzi per fondare biblicamente il «diritto)) degli apostoli che lavora­ no per il vangelo a vivere del proprio lavoro (lCor 9,9) . Nello stesso contesto Paolo riporta come una parola del Signore il principio che «quelli che annunziano il vangelo vivano del vangelo)) (lCor 9, 14) . Anche nella prima Lettera a Timoteo alla citazione del testo biblico è affiancata immediatamente come «parola della Scrittura)) il lògion evangelico : «il lavoratore ha diritto al suo salario)) ( 1Tm 5 , 18c) . Nella seconda Lettera a Timoteo il testo biblico è introdotto in modo inconsueto con una frase che equivale a una formula di cita­ zione : «Tuttavia il fondamento gettato da Dio sta saldo e porta que­ sto sigillo : "Il Signore conosce i suoi" , e ancora: "Si allontani dal­ l'iniquità chiunque invoca il nome del Signore")) (2Tm 2, 19) . Il con­ testo parla della chiesa come costruzione solida e comunità santa co­ stituita dai credenti genuini . Il testo citato è ripreso dal libro dei Nu­ meri , dove di fronte alla ribellione di Core , Datan e Abiram , Mosè dice a tutta la comunità: «Il Signore farà conoscere chi è suo e chi è santo e se lo farà avvicinare)) (Nm 16,5) . La seconda frase , accostata come testo biblico alla prima, risulta dal montaggio di un invito che può riferirsi allo stesso contesto , dove Mosè , davanti a Datan e Ahi­ ram , dice rivolto alla comunità degli israeliti : «Allontanatevi dalle 8 Questa formula di citazione ricorre quattro volte nella Lettera ai Romani (Rm 4,3 ; 9,17; 10, 1 1 , 1 1 ,2) ; una volta in Galatì 4,30 (cf. 3 ,8) ; in altri casi il soggetto del verbo espresso o sottinteso è Dio o l'autore biblico: Mosè , Davide , Isaia, Osea (Rm 4,7; 9,25 ; 10,19.20; 1 1 ,9 ; 1 5 , 12) ; R. FABRIS, «La Scrittura in Paolo e nelle comunità paoline>>, in E. NoRELLI , a cura di , La Bibbia nell'antichità cristiana. l. Da Gesù a Origene, Bologna 1993 , 87- 103 .

229

tende di questi uomini empi e non toccate nulla di ciò che è loro» (Dt 16,26) . Invece l'espressione : «chiunque invoca il nome del Si­ gnore» riproduce una formula biblica che designa i credenti (Is 26, 13c) . In altri cinque casi si può parlare di «citazioni implicite» , perché si fa il riferimento al testo biblico senza un'esplicita formula di cita­ zione . È il caso di 1Tm 5 , 19, che , nel contesto del trattamento dei presbiteri , rimanda al principio giuridico biblico : «Non accettare ac­ cuse contro un presbitero senza la deposizione di "due o tre testimo­ ni"» (Dt 17,6; 19,15). Nella stessa lettera si rimanda al racconto bi­ blico della creazione e del peccato di Adamo ed Eva con gli stessi verbi greci della versione dei LXX: «prima è stato formato , plàssein , Adamo e poi Eva ; e non fu Adamo a essere ingannato , apatàn , ma fu la donna che , ingannata, si rese colpevole di trasgressione» (1Tm 2,13-14; Geo 2,7; 3 , 13) . Negli altri tre casi si tratta del ricorso a espressioni e titoli riferiti a Dio o al Signore , che evocano analoghe formulazioni bibliche (1Tm 6 , 15b//Dt 10,17; 2Tm 4 , 14b//2Sam 3 ,38 ; Sal 28 ,4; 62 , 1 2 ; Pr 24,12; 2Tm 4 , 17c//Sal 22,21 ; Dn 6 ,21 ; Tt 2 , 14bc//Sal 130,8; Es 19,5; Dt 4,20 ; 7,6; 14 ,2) . Sono complessivamente circa trenta gli altri passi delle pastorali in cui si adopera un termine o un'espressione che ha il suo corrispon­ dente in uno o più testi del primo testamento . Merita di essere se­ gnalata la singolare affinità lessicale delle nostre tre lettere con il se­ condo libro dei Maccabei e con il Siracide . Dei termini hapax­ legòmena delle tre pastorali almeno 9 sui 36 hapaxlegòmena paolini e 5 sui 137 neotestamentari hanno un riscontro nel secondo libro dei Maccabei .9 Per quanto riguarda il rapporto delle pastorali con il Siracide al­ meno quattro hapaxlegòmena neotestamentari e un paio di hapax­ legòmena paolini sono comuni . A questa corrispondenza lessicale si devono aggiungere i titoli di dynastès e s6tèr attribuiti a Dio e le espressioni greche : biòn diàgein , «condurre la vita» ( lTm 2,2) ; diò­ kein dikaiosynen , «perseguire la giustizia)) (1Tm 6 , 1 1 ) . C . Spicq rile­ va inoltre un'affinità tematica e spirituale tra le pastorali e il Siraci­ de : la presentazione della donna in rapporto al marito , la valutazio­ ne e uso della ricchezza, l'invito a evitare le vane discussioni con i falsi maestri . 10 Ma si può dire che i tre scritti pastorali hanno in gene-

9 C. SPICQ , Les Épftres Pastorales , l , 218-219. 10 C. SP!CQ, Les Epftres Pastorales , l , 221 -223.

230

re una consonanza tematica con i libri del canone sapienziale biblico e con i Salmi.

b) Le pastorali e gli scritti extrapaolini del Nuovo Testamento In questa prima analisi si prende in considerazione il rapporto delle tre lettere pastorali con gli altri scritti del canone cristiano , esclusi quelli del corpus paolino . Questo è il quadro complessivo delle affinità lessicali e tematiche tra le lettere pastorali e gli scritti neotestamentari: Vangeli sinottici 29

Gv 12

At 37

Lettere 'catt. 28

Eb 13

Ap 2

Nell'analisi linguistica è già stata rilevata la particolare affinità lessicale tra il gruppo delle pastorali e gli scritti dell'opera lucana, Vangelo e Atti degli apostoli : su 71 vocaboli rari delle pastorali la percentuale più alta dopo gli scritti paolini , - 26 su 7 1 - si trova negli scritti lucani. Per il rapporto delle pastorali con gli altri due Vangeli sinottici si segnalano 34 vocaboli comuni con il Vangelo di Matteo e 32 con il Vangelo di Marco . Un'attenzione particolare merita il pa­ rallelismo tra il lògion di Mc 10,45//Mt 20,28 e la formula di fede so­ teriologica di 2Tm 2,6: «egli ( Cristo Gesù ) ha dato se stesso in riscat­ to per tutti» . Il principio giuridico di matrice biblica, relativo alla te­ stimonianza di «due o tre testimoni» , è ricordato in lTm 5 , 19 e in Mt 18,16 nel contesto della disciplina ecclesiale. È notevole anche la simmetria lessicale e tematica tra il frammento ionico di lTm 3,16 e alcuni versetti della finale canonica del Vangelo di Marco 16,12 . 1 5 .19, che riporta l'ascensione celeste di Gesù risorto e il suo mandato missionario ai discepoli. Con il Vangelo di Luca oltre la corrispondenza lessicale è note­ vole la consonanza tematica. L'appellativo nomodidàskaloi, dato ai «falsi maestri» in l Tm l , 7, si trova solo in Le 5 , 17 e A t 5 ,34, riferito ai maestri o scribi giudei . Anche la qualifica di philàrgyroi, attribuita ai farisei in Le 16, 14, fa parte dell'elenco dei vizi che caratterizzano i dissidenti e gli uomini perversi degli ultimi tempi (2Tm 3,2 ) . Il lò gion evangelico «l'operaio è degno della sua mercede», citato in lTm 5 , 18, corrisponde , sotto il profilo lessicale , più all'edizione lu­ cana che non a quella di Mt 10, 10. Lo stesso vale per la sentenza di Gesù : «chi mi rinnegherà davanti agli uomini , sarà rinnegato davan­

23 1

ti a Dio» (Le 10,9b//2Tm 2, 12b) . Il verbo greco arnefsthai , «rinnega­ re» , ricorre nei due testi e non in quello parallelo di Mc 8,38; (cf. Mt 10,33b) . Infine va rilevato che alcune tematiche proprie del Vangelo di Luca trovano una corrispondenza nei tre scritti pastorali : la re­ sponsabilità dell'oikònomos preposto alla comunità (Le 12,42//Tt 1 ,7) ; la valutazione e l'uso dei beni materiali (Le 8 , 14; 12,16-21 ; 18,22-23//lTm 6,9-10. 18-19) ; la missione di Gesù Cristo venuto per salvare i peccatori (Le 5 ,32 ; 19,10//lTm 1 , 15) . 11 Altrettanto significativa è la parentela lessicale e tematica delle lettere pastorali con alcuni testi degli Atti degli apostoli . Oltre alle informazioni biografiche su Paolo , il suo discepolo Timoteo e gli al­ tri collaboratori , disseminate in particolare nella seconda Lettera a Timoteo , merita di essere segnalata la simmetria di termini e della situazione vitale delle pastorali con il discorso di addio tenuto da Paolo a Mileto davanti ai presbiteri di Efeso (At 20,24.28//2Tm 4,7; Tt 1 ,7) . Il riferimento al rito dell'imposizione delle mani per con­ ferire un compito ecclesiale è menzionato in At 6,6 e lTm 4,14; 2Tm 1 ,6. Altrettanto rilevante è il rapporto dei tre scritti pastorali sotto il profilo lessicale e tematico con la Lettera agli Ebrei . Molti hapax­ legòmena paolini o alcuni termini rari delle pastorali hanno il loro corrispondente solo in questo scritto neotestamentario associato nella tradizione al corpus paolina . L'appellativo mesìtes, dato a Ge­ sù , si riscontra solo in l Tm 2,5b e in Eb 8,6; 9 , 1 5 ; 12 ,24. Il termine aphilàrgyros, «non amante del denaro» di Eb 13,5 indica una delle qualità richieste al candidato all'episkop� ( lTm 3 ,3) . L'autarkèia , «autosufficienza» , come attitudine spirituale nell'uso dei beni mate­ riali, è proposta ai cristiani in Eb 13,5 e in l Tm 6,6. Va rilevato che la parenesi delle pastorali su quest'ultimo tema incrocia quella della Lettera di Giacomo . Il confronto delle nostre lettere con il gruppo delle lettere cattoliche mette in risalto alcune affinità terminologiche e tematiche. Nel duplice elenco dei vizi che secondo lTm 3,8 e Tt 1 ,7 devono essere esclusi dal candidato alla diaconia e all'episcopato con il termine raro , aischrokerdes , si indica

11 C. SPICQ, Les Épltres Pastora/es , l , 233-239 , sulla base di questa singolare affi­ nità tra le pastorali e il Vangelo di Luca fa l'ipotesi che l'espressione di lTm 3 , 1 6: «tutta la scrittura ispirata» , si riferisca non solo ai libri del canone ebraico, ma includa anche gli scritti di Luca (lbid. , 239) .

232

il «guadagno vergognoso>> come nella prima Lettera di Pietro (lPt 5 ,2) . È notevole anche la sintonia lessicale delle pastorali con la se­ conda Lettera di Pietro per gli hapaxlegòmena neotestamentari e i termini rari : authàdes , «superbo>> (Tt 1 ,7//2Pt 2 , 10) ; bradynein , «tar­ dare>> (lTm 3 , 15//2Pt 3 ,9) . Anche il rapportò delle lettere pastorali con gli scritti della tradi­ zione giovannea si caratterizza per alcune similarità lessicali e tema­ tiche . Il termine kategorìa , «accusa>> , che ricorre in l Tm 5 , 19 e Tt 1 ,6 , ha il suo corrispondente neotestamentario solo in Gv 18,29 . Ugualmente il vocabolo nome, «pascolo» , si riscontra in 2Tm 2 , 17 e in Gv 10,9. Ma al di là di queste coincidenze lessicali vi sono alcune consonanze tematiche che meritano di essere sottolineate : la pro­ spettiva «epifanica» della cristologia e della salvezza, che fa leva sul lessico e le metafore della «luce» e della «illuminazione» (lTm 6 , 14; 2Tm 1 , 10//Gv 1 ,9) ; il titolo cristologico sotèr (2Tm 1 , 10; Tt 2 , 13//Gv 4,42) ; gli attributi «invisibile» e «re dei re e Signore dei signori» rife­ riti rispettivamente a Dio e a Cristo (1Tm 1 , 17//Gv 1 , 18; lTm 6 , 15//Ap 17, 14) ; la rinascita battesimale e il dono dello Spirito (Tt 3 ,5//Gv 3,5.8) _ 12

c) Il rapporto delle pastorali con l'epistolario paolino1 3 Per valutare il rapporto delle tre lettere pastorali con gli altri scritti che formano il corpus paolino vanno tenuti presenti i dati emersi dall'analisi linguistica: 35 termini rari delle pastorali sui com­ plessivi 71 hanno un riscontro nell'epistolario paolino . 1 4 Ma al di là di questo nesso lessicale , devono essere registrate le affinità più am­ pie e articolate che si possono rilevare sotto il profilo tematico, spes­ so intrecciate con la consonanza terminologica . Questo è il quadro dei rimandi ai passi dell'epistolario paolino : 15

C. SPICQ, Les Épitres Pastorales , I, 239-242. R. FABRIS , «Il paolinismo delle pastorali» , in RivB 34(1986) , 451 -470. 1 4 C. SPICQ, Les Epitres Pastorales , I , 196: «Sui 612 vocaboli che le pastorali avrebbero in comune con quelle lettere , la cui autenticità è certa , se ne contano 38 che sono propri di Paolo e non si trovano altrove nel Nuovo TestamentO>>. 15 Il numero complessivo dei passi «paralleli>> dell'epistolario paolina in relazio­ ne a quelli delle tre lettere pastorali è calcolato sulla base dei rimandi dell'edizione Nestle-Aiand, Novum Testamentum Graece, 27" edizione . 12

13

233

Rm

J Cor 2Cor Gal

Fil

Fm

J Ts

Col

Ef

2 Ts

l

4

l

l

7 4

4

l

3 4 6

5

12

13

6

l Tm 18 2 Tm 14 Tt 12

14 14 5

4 3

l

2

8 8 3

totale 54

33

8

14

19

11

2 3

l l

Da questo prospetto risulta che il rapporto delle tre pastorali con la Lettera ai Romani è nettamente dominante rispetto a quello con l'intero gruppo delle protopaoline . Seguono quelli con la prima Let­ tera ai Corinzi e le due lettere più brevi ai Galati e Filippesi . I riman­ di relativamente frequenti della seconda Lettera a Timoteo sia al piccolo scritto indirizzato a Filemone sia alla Lettera ai Colossesi so­ no in relazione con i brani «autobiografici», dove sono menzionati i collaboratori di Paolo . Degli otto nomi riportati in 2Tm 4, 10-14, quattro sono comuni a Col 4,7-8. 10. 14 e tre comuni a Fm 24 (cf. Ef 6,21-22) . Anche la presentazione che in alcuni testi della stessa lette­ ra si fa di Paolo prigioniero per il vangelo nella prospettiva del suo «martirio», rimanda ai passi paralleli delle lettere in cui l'apostolo parla della sua «prigionia» o delle sofferenze apostoliche a favore dei credenti (2Tm 2,9; 4,4-6//Fil 1 ,7 ; 1 , 12-14 ; 2,17; Ef 3,1 ; 2Tm 2,10//Col 1 ,24) . Un'analisi più minuta del rapporto tra il gruppo delle pastorali e le lettere protopaoline o deuteropaoline mette in risalto da una par­ te la continuità e dall'altra la discontinuità a tre livelli : lessicale , stili­ stico e tematico . Per quanto riguarda i primi due livelli sono già stati riferiti alcuni dati nel paragrafo dell'analisi linguistica . A questi si possono aggiungere le osservazioni fatte da quanti sostengono la «continuità» stilistica delle nostre lettere rispetto alle altre lettere paoline . 16 Sotto questo profilo terminologico e stilistico è evidente la «continuità» con il modello epistolare paolina , rilevabile sia nell'in­ testazione sia nell'epilogo delle tre lettere. Ma nello stesso tempo si può costatare la «discontinuità» , per cui gli stessi termini o espres­ sioni e lo stesso modello letterario sono organizzati in una composi­ zione che assume un'altra tonalità. È questo il caso dell'inizio della seconda lettera a Timoteo posto a confronto con quello della Lette­ ra ai Romani:

16 C. SPtCQ , Les Épitres Pastorales ,

234

l,

196.207-208 .

2 Tm 1 , 1 .3 «Paolo apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio . . . Ringrazio Dio, che servo con coscienza pura, ho-i latrèuo èn katharà-i syneid�sei . . » .

Rm 1 , 1 . 8-9. 15 «Paolo ( servo ) di Cristo Gesù apostolo per vocazione . . . Anzitutto rendo grazie al mio Dio , al quale rendo culto nel mio spirito ho-i latrèuo èn to-i pnèumati moù . . » . .

.

R m 1 , 15 2 Tm 1 ,8 «Non vergognarti , «Io infatti non mi vergogno del vangelo, epaischyntheis . . . epaischynomai tò euaggèlion , ma soffri anche tu insieme poiché è potenza di Dio per la salvezza, con me per il vangelo , dynamis gàr toù Theoù . . ». aiutato dalla forza di Dio, to-i euaggelìo-i katà d'ynamin Theoù . . . » . La sostituzione nella Lettera a Timoteo del termine «spirito» con quello di «Coscienza pura» , in una frase che sembra ricalcata su quella della Lettera ai Romani , è un indizio del nuovo orientamento della lettera pastorale, dove questa espressione ha un ruolo determi­ nante . È da notare negli altri due brani posti a confronto da una par­ te la coincidenza di quattro termini e dall'altra la diversa tonalità che essi assumono nel rispettivo contesto. Questo spostamento dell'accento tematico mediante ritocchi les­ sicali e stilistici si coglie in altri testi delle lettere pastorali posti a confronto con i paralleli delle lettere protopaoline. La formula di fe­ de di 1Tm 2,5-6 richiama quella di 1 Cor 8,6, ma con una diversa pro­ spettiva: .

J Tm 2,5-6 «Uno solo infatti è Dio e uno solo è il mediatore . . . l'uomo Cristo Gesù , che ha dato se stesso in riscatto per tutti».

J Cor 8,6 «Per noi c'è un solo Dio , il Padre e un solo Signore Gesù Cristo , in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui» .

La formula di 2Tm «ha dato se stesso . . . per tutti» , riferita al ruo­ lo mediatore di Cristo Gesù , risente del linguaggio tradizionale , che anche Paolo adopera per esprimere l'efficacia salvifica della morte di Gesù Cristo : «didònai heautòn hypèr, dare se stesso per . . . » ( Gal 1 ,4; 2,20) . La stessa espressione ricorre anche nella Lettera a Tito , 235

come esplicitazione del titolo di sotèr attribuito a Gesù Cristo (Tt 2 , 14a) . Un fenomeno analogo di continuità e discontinuità lessicale e te­ matica si verifica anche nella conclusione del brano celebrativo di 2Tm 1 ,9-10, posto a confronto con 1Cor 15,26.53. In ambedue i testi ricorrono il verbo katargèin , «annientare», riferito all'eliminazione della «morte» , e il termine aphtharsìa , «immortalità» come effetto dell'azione vittoriosa di Cristo a favore dei credenti . 2Tm 1 , 10 «(Gesù Cristo) ha annien­ tato la morte e ha fatto risplen­ dere la vita e l'immortalità per mezzo del vangelo>> .

J Cor 15 ,26.53 «L'ultimo nemico a essere annientato sarà la morte . . . È necessario che questo corpo mortale si vesta di immortalità» .

L'affinità terminologica tra i due testi mette in risalto il diverso orizzonte in cui si collocano le rispettive affermazioni . Nella prima Lettera ai Corinzi l'efficacia redentiva della risurrezione di Gesù è espressa facendo ricorso allo scenario apocalittico . Nella seconda Lettera a Timoteo l'iniziativa gratuita e salvifica di Dio si rende pre­ sente mediante l' «epifania» di Gesù Cristo e l'annuncio del vangelo . Una situazione analoga si verifica in un altro testo della seconda Lettera a Timoteo , dove si richiama una formula di fede cristologica tradizionale . Il confronto con un testo parallelo della Lettera ai Ro­ mani consente di riconoscere la consonanza lessicale e tematica combinata con una diversa prospettiva cristologica. 2 Tm 2,8 «Ricordati di Gesù Cristo risuscitato dai morti , dalla stirpe di Davide , secondo il mio vangelo . . . » .

R m 1 , 1-4 «Paolo . . : scelto per annunziare il van­ gelo di Dio . . . riguardo al Figlio suo , nato dalla stirpe di Davide secondo la carne , costituito Figlio di Dio con potenza . . . mediante la risurrezione dai morti , Gesù Cristo . . . » .

È evidente nella riformulazione del testo d i 2Tm i l risalto dato all'espressione «risuscitato dai morti» , anticipata rispetto allo 236

schema tradizionale del «credo» , dove si proclama Gesù Cristo come discendente davidico e Figlio di Dio . Nel contesto della lettera pastorale la professione di fede in Gesù Cristo risorto serve a fon­ dare l'esortazione alla fiducia e perseveranza nelle prove dei cre­ denti partecipi del suo destino di Messia morto e risorto (2Tm 2 , 1 1 ) . Questa condivisione è formulata nella prospettiva dialettica di Rm 6,8, facendo ricorso ai verbi composti tipici della tradizione paolina (cf. Ef 2,5-6) . Anche attorno al tema ecclesiologico si verifica nelle lettere pa­ storali uno spostamento di accenti . La chiesa è presentata con una formula di matrice biblica, ma ricorrente nelle lettere di Paolo , «chiesa di Dio», con l'immagine della «famiglia di Dio» e l'espres­ sione solenne : «colonna e sostegno della verità» (1Tm 3 , 15) . Questo linguaggio rimanda alla metafora del «tempio di Dio» riferita nell'e­ pistolario paolino sia alla comunità cristiana sia al singolo credente , in cui Dio abita mediante lo Spirito (1Cor 3 , 16-17; 6 , 19; cf. Col 2,22) . Ma il ruolo della chiesa nelle pastorali è definito in rapporto alla verità del vangelo , la cui conoscenza è condizione di salvezza (1Tm 2,4) . In questo senso si afferma che la comunità dei credenti è il solido «fondamento» , themèlios, posto da Dio (2Tm 2,19) . È illu­ minante il confronto con quello che scrive Paolo nella prima Lettera ai Corinzi , dove afferma che il «fondamento» , sul quale si costruisce la chiesa, è Gesù Cristo (1Cor 3 , 1 1 . 12) . Da questi confronti tra le pastorali e le altre lettere del corpus paolino risulta che gli stessi termini , espressioni o immagini sono ri­ letti in una nuova prospettiva. Il rapporto dei tre scritti con i testi delle altre lettere protopaoline e deuteropaoline oscilla tra continui­ tà e discontinuità. Questo fatto da una parte giustifica la collocazio­ ne dei tre scritti pastorali nell'alveo della tradizione di Paolo , dall'al­ tra ne definisce la fisionomia specifica come gruppo distinto e omo­ geneo sotto il profilo letterario e tematico . L'inserimento delle pa­ storali nella «tradizione» paolina lascia aperto il problema di come configurare il rapporto con le protopaoline se come dipendenza let­ teraria o mediata dalla tradizione . 1 7 Questo dipende anche dalla ipo-

17 G. LoHFINK, «Die Vermittlung des Paulinismus zu den Pastoralbriefen>> , in BZ 32(1 988) , 169- 188, sostiene che se anche l'autore delle pastorali conosce alcune lettere protopaoline , non le utilizza direttamente , ma attraverso il filtro della tradi­ zione ecclesiale e la griglia dei propri interessi .

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tesi circa l'origine storica del gruppo delle pastorali collocate all'in­ terno del processo che ha portato alla raccolta delle lettere di Paolo e alla loro «canonizzazione» .

3. L'ORIGINE STORICA DELLE PASTORALI Il fatto che le tre lettere siano indirizzate rispettivamente a Ti­ moteo e a Tito , personaggi della cerchia di Paolo , noti dalle altre fonti neotestamentarie , lascia impregiudicato il problema dei «desti­ natari» , che stanno sullo sfondo o sono impliciti nel dialogo epistola­ re . Lo stesso vale per la situazione vitale presupposta dalle tre lette­ re rispetto a quella che viene esplicitamente evocata nel dialogo di Paolo con i suoi collaboratori . Come si colloca questa situazione vi­ tale della comunità in rapporto con l'ambiente sociale , culturale e religioso in cui sono radicati e vivono i suoi membri? Chi sono i «fal­ si maestri>)? Qual è l'occasione e quale lo scopo che possono spiega­ re lo stile , il genere letterario e il contenuto delle pastorali? Infine qual è il volto reale dell'autore che si appella alla figura di Paolo apostolo , araldo del vangelo e maestro dei pagani? È un suo disce­ polo diretto o un funzionario della chiesa della terza generazione? Si può dare un nome a questo autore e collocarlo in un tempo e luogo determinati?

a) Destinatari, situazione vitale, occasione e scopo Sulla base di alcuni dati offerti dalle tre lettere pastorali si può ri­ costruire sia l'identità dei «destinatari)) impliciti sia la «situazione)) presupposta dal tenore del testo . Esiste dunque un primo piano del dialogo epistolare che giuoca sul rapporto fittizio tra il mittente Pao­ lo e i suoi discepoli . Oltre e attraverso questo dialogo di carattere letterario epistolare si intravede quello effettivo implicito . Lo stesso vale per l'occasione e lo scopo delle tre lettere . C'è uno scopo di­ chiarato nel dialogo epistolare esplicito , dentro il quale si può rico­ struire quello reale implicito. In apertura della prima Lettera a Timoteo e di quella a Tito si di­ ce espressamente che Paolo partendo per la Macedonia ha racco­ mandato a Timoteo di rimanere a Efeso e ha lasciato Tito a Creta per provvedere all'ordinamento e alla guida delle rispettive chiese locali (lTm 1 ,3 ; Tt 1 ,5). La Lettera a Timoteo è scritta per supplire all'assenza dell'apostolo perché il suo discepolo sappia come «com­ portarsi nella casa di Dio , che è la chiesa del Dio vivente)) (1Tm 238

3 , 15) . Tito alla fine viene invitato a raggiungere quanto prima l'apo­ stolo che sta per recarsi a Nicopoli nell'Epiro , dove intende passare l'inverno (Tt 3 , 12) . Nella seconda Lettera a Timoteo la situazione è diversa: Paolo si trova in carcere a Roma, dove ha l'impressione di essere stato abbandonato da tutti, eccettuati alcuni amici fedeli ; è in attesa di giudizio con la prospettiva del «martirio» imminente ; prega il discepolo di raggiungerlo presto con altri fidati collaboratori (2Tm 1 , 15-17; 4,6-8 .9-16) . Questa situazione letteraria fa da sfondo al dialogo epistolare . Al suo interno è possibile individuare i destinatari reali e la situazio­ ne implicita con il relativo scopo e occasione delle tre lettere . Il di­ scepolo di Paolo , presentato come persona che gode della piena fi­ ducia dell'apostolo , ha il compito di organizzare e presiedere al buon ordinamento della comunità e promuovere lo stile di vita cri­ stiana delle varie categorie di persone che la compongono. In altri termini deve stabilire presbiteri nelle singole comunità secondo al­ cuni criteri dettati dall'apostolo, insegnare con autorità, esortare , prendere decisioni anche disciplinari e presentarsi a tutti come dele­ gato dell'apostolo Paolo. 1 8 Dunque destinatari reali delle lettere so­ no i cristiani delle comunità che si richiamano alla tradizione paoli­ na. Essi , pur innestandosi sulla tradizione biblica ebraica , provengo­ no in massima parte dal mondo greco pagano (Tt 3 ,3) . Paolo, apo­ stolo , araldo del vangelo e maestro dei pagani , è il prototipo dei pec­ catori chiamati gratuitamente dall'iniziativa salvifica di Dio (l Tm 1 , 13-16; 2,7) . Uno dei compiti essenziali del «discepolo» e delegato di Paolo nella comunità delle pastorali è quello di smascherare e combattere senza compromessi l'insegnamento e l'influsso nefasto dei «falsi maestri». Questo non è altro che il risvolto negativo del suo ruolo di essere custode del «deposito» ricevuto , e maestro della verità o «sa­ na dottrina» . Chi sono quelli che pretendono di essere «maestri del­ la legge» , ricercati da quanti non sopportano la sana dottrina (lTm 1 ,7 ; 2Tm 4,3)? I dati allusivi e frammentari delle lettere pastorali non consentono di tracciare un profilo chiaro di questi «avversari» che sono presentati come un pericolo per la verità del vangelo e l'in­ tegrità della vita comunitaria .

18

M. WoLTER, Die Pastoralbriefe als Paulustradition (FRLANT 146) , Gottin­ gen 1988.

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Si possono distinguere semplificando due livelli : uno teorico dot­ trinale e uno pratico morale . Questi due aspetti spesso si intrecciano in modo inestricabile e i tratti distintivi dei «dissidenti» o erranti ap­ paiono contraddittori al punto da sollevare il sospetto circa la loro «reale» consistenza come persone singole o gruppi distinti dalla mi­ naccia che essi rappresentano . Ma il fatto che in almeno due casi si facciano dei nomi , accredita !'ipotesi che si tratti di persone reali . Si dice che tra quelli che hanno ripudiato la fede e la buona coscienza vi sono alcuni che hanno fatto naufragio nella fede ; «tra essi Imenèo e Alessandro» (lTm 1 , 19) . Uno di questi nomi ritorna nella seconda Lettera a Timoteo, ab­ binato a un certo Filèto . Questi tali , si dice , «hanno deviato dalla ve­ rità sostenendo che la risurrezione è già avvenuta e cosi sconvolgono la fede di alcuni» (2Tm 2, 17.:18) . Questa informazione solleva il velo sull'insegnamento dei falsi maestri . Essa può essere accostata a quanto si dice nella prima Lettera a Timoteo in forma di «profezia» di stile apocalittico : «negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dal­ la fede dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche» . Quindi si precisa: «costoro vieteranno i l matrimonio , imporranno di astenersi da alcuni cibi» che sono dono di Dio creatore per il benefi­ cio di quanti ne usano con senso religioso ( lTm 4 , 1 .3) . A questi due dati circa l'insegnamento o «dottrina» dei falsi maestri si può aggiungere quanto si dice in termini generali e stereo­ tipi : insegnano «dottrine diverse» (l Tm l ,3c; 6,3) ; aderiscono a «mi­ ti» e «genealogie interminabili» , che provocano solo discussioni , ca­ villi , questioni inutili, sterili verbosità (lTm 1 ,4.6, 6,4a ; 2Tm 2, 14b; 4,3-4) ; queste sono chiamate anche «miti profani e da vecchierelle» (lTm 4,7) ; si tratta di «chiacchiere profane», di «obiezioni della pseudoscienza» , gnosis (1Tm 6,20; 2Tm 2,16a) . Questi falsi maestri sono assimilati ai due maghi egiziani oppositori di Mosè, identificati nella tradizione giudaica con lannes e lambres (2Tm 3,8) . Nella Lettera a Tito si precisa che fra quelli che danno retta a «miti giudaici e a precetti di uomini» allontanandosi dalla verità vi sono molti «soprattutto quelli che provengono dalla circoncisione» (Tt 1 , 10. 14) . L'autore riporta anche il detto di un «loro profeta» cre­ tese , che di fatto coincide con quello di Epimenide di Cnosso , uno dei sette saggi della Grecia antica (Tt 1 , 12-13) . Ma il tratto distintivo di questi propagandisti è presentato ancora una volta come un insie­ me di «discussioni sciocche, di genealogie , di dissensi e contese at­ torno alla legge» (Tt 3,9) . Più generica e ancora più stereotipa è la presentazione dei «dissi­ denti» sotto il profilo etico . La loro corruzione morale è una conse240

guenza dei loro errori . Oltre agli elenchi dei vizi che sono applicati a questi devianti, quello che smentisce i falsi maestri è il fatto che sono tutti «avidi di denaro)) (1Tm 1 ,9b- 10; 6,4-5 ; 2Tm 3 ,2-4 ; Tt 1 , 1 1 ) . Inoltre essi «mettono i n scompiglio intere famiglie)) entrano nelle ' case attirando con il loro insegnamento soprattutto le donne (Tt 1 , 1 1 ; 2Tm 3 ,6-7) . Per l'autore della Lettera a Tito sono «spiriti insu­ bordinati , chiacchieroni e ingannatori della gente)) (Tt 10) . Essi di­ chiarano di «conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti, abominevo­ li come sono , ribelli e incapaci di qualsiasi opera buona)) (Tt 1 , 16) . Questo ritratto negativo degli erranti tende a squalificarli agli occhi di eventuali simpatizzanti . Esso ha anche una funzione deterrente per mettere in guardia i fedeli . Infatti si dice più volte che questi tali vanno di male in peggio e la loro rovina è inevitabile (2Tm 2 , 14. 16; 3,9 . 13 ; Tt 3 , 1 1 ) . Mettendo insieme questi dati e tenendo presente il carattere «re­ torico)) della presentazione dei dissidenti che ha lo scopo di «persua­ dere)) più che argomentare , si può ricostruire un quadro ipotetico così caratterizzato : - i «falsi maestri)) propongono una «dottrina)) alternativa al vangelo ; - essa fa leva sulle speculazioni e discussioni attorno al destino degli esseri umani distinti secondo le «genealogie)) o discendenze ; - tra i contenuti specifici di questo insegnamento vi è quello re­ lativo all'escatologia attuale o anticipata: la risurrezione è già av­ venuta ; - si propongono anche alcune osservanze di carattere ascetico ispirate a un certo dualismo : rifiuto del matrimonio e divieti alimen­ tari; - sia le speculazioni sulle genealogie come le osservanze fanno riferimento alla «legge)> giudaica, interpretata e applicata in modo distorto e unilaterale . In questo quadro non si lascia integrare la corruzione o il lassi­ smo morale che sembra caratterizzare i falsi maestri e i loro aderen­ ti . Esso contrasta con la linea di ascetismo radicale o encratita pro­ posta dai «maestri della legge)). Quello che l'autore delle pastorali richiama con insistenza ossessiva è la minaccia che questo movimen­ to rappresenta con la sua propaganda soprattutto per le discussioni , dissensi , divisioni che provoca . I maestri alternativi hanno un certo seguito non solo tra le vecchiette , ma anche tra le giovani maritate o 241

giovani vedove che non vogliono risposarsi (1Tm 5 , 1 1-15) . Il compi­ to del delegato o rappresentante dell'apostolo Paolo è quello di sma­ scherare e neutralizzare questa pericolosa propaganda dottrinale e le relative proposte pratiche . In breve la situazione vitale presuppo­ sta dai tre scritti pastorali è quella di una «crisi» interna alla comuni­ tà cristiana, in cui è in giuoco l'interpretazione e la pratica del van­ gelo che fa capo alla figura autorevole di Paolo .

b) L 'ambiente socio-culturale e religioso delle pastorali Sullo sfondo della situazione ecclesiale riflessa nelle tre lettere pastorali si intravede anche il contesto socio-culturale in cui si orga­ nizza la comunità cristiana e vivono i singoli credenti . Sotto questo profilo una struttura , alla quale fanno continuamente riferimento i nostri tre testi , è quella familiare. Sia nel presentare il ritratto ideale del «vescovo» o «presbitero» sia nell'elenco dei compiti pastorali del responsabile di comunità si propone un modello di relazioni familia­ ri di tipo patriarcale . Il marito e padre è l'autorità indiscussa della famiglia. Uno sposo fedele a una sola donna e un padre che sa edu­ care i propri figli e quindi capace di dirigere la propria famiglia , è in grado di avere cura della «chiesa di Dio» (1Tm 3 ,2. 5 . 12 ; cf. Tt 1 ,6) . In questo quadro di una famiglia ordinata secondo il modello pa­ triarcale rientra anche il ruolo della donna che deve essere una buo­ na sposa sottomessa al marito e una madre dedita ai figli ( 1Tm 2, 1 1 . 15 ; Tt 2,3-4) . La donna , che è rimasta vedova, può o deve po­ ter contare sulla solidarietà e assistenza della sua famiglia (1Tm 5 ,34.8) . Se si tratta di famiglie benestanti , dove vi sono schiavi , questi devono essere sottomessi ai loro padroni , siano essi cristiani o paga­ ni ( 1Tm 6,1-2 ; Tt 2,9-10) . Un ruolo importante in questa struttura sociale , che fa capo alla famiglia, è quello di alcuni cristiani ricchi o benestanti . Essi hanno la funzione dei «patroni» dell'ambiente greco-romano . I ricchi cristiani con i loro beni e status sociale sono un punto di riferimento per l'in­ tera comunità (1Tm 6 , 17-19) . 1 9 In tale contesto le donne cristiane benestanti sono invitate a distinguersi per le «opere buone» (lTm 2,9- 10) . Un ruolo particolare nell'ambito della comunità cristiana è riconosciuto alla donna rimasta vedova che si dedica alle opere buo-

19 D.C. VERNER, The Household of God: The Social World of the Pastoral Epist­ /es (SBL-DS 7 1 ) , Chicago 1983.

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ne di accoglienza e assistenza degli altri cristiani ( lTm 5 ,9-10) . Alcu­ ne signore benestanti sono in grado di prendersi cura delle donne vedove ( lTm 5 , 16) . In ogni caso i cristiani devono distinguersi nel­ l'accoglienza e ospitalità (Tt 3 , 14) . La comunità cristiana e i singoli credenti sono inseriti nel tessuto economico e sociale del loro ambiente . Essi ci tengono a essere sti­ mati da «quelli di fuori» ( lTm 3,7; 6, 1 ; Tt 2,5c. 10c) . Il buon ordine nella comunità e lo stile di vita dei singoli , coerente con la loro la fe­ de , sono una buona testimonianza resa al messaggio evangelico . Perciò si raccomandano al responsabile della comunità, modello di tutti i credenti , quelle attitudini di equilibrio , saggezza e dignità umana e spirituale che sono molto apprezzate nell'ambiente cultura­ le e religioso in cui essi vivono ( 1Tm 3 ,2-3 ; 6,1 1 ; 2Tm 2,15.22.24; Tt 1 ,6-9) . La comunità cristiana inoltre si sente solidale e responsabile della vita sociale e pubblica. Pertanto si prega non solo per tutti gli uomini , ma in particolare per le autorità costituite perché «Si possa condurre una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità» (l Tm 2 , 1 -2) . I cristiani sono anche invitati a «stare sottomessi ai magistrati e alle autorità>> , disponibili e «pronti per ogni opera buona>> (Tt 3 , 1 ) . S e questo modello socio-culturale si possa chiamare «borghese» o tipico delle «classi medie» risponde al bisogno di etichettarlo se­ condo schemi moderni e attuali , più che a una reale comprensione dei suoi elementi caratteristici . 2° Comunque esso riflette quel clima di osmosi culturale che si verifica nelle grandi metropoli greco­ romane del primo secolo , dove si incrociano i valori etici universali della filosofia popolare cinica e stoica con gli stimoli e le proposte delle diverse correnti religiose . 2 1 Tra queste ultime un ruolo deter­ minante per il contesto culturale , in cui vivono le comunità cristiane delle lettere pastorali , è il giudaismo ellenistico della diaspora. Non è casuale che il lessico e alcune categorie tipiche delle pastorali siano comuni con quelli dello scrittore giudeo Filone di Alessandria. 22

w A.J. MALHERBE, Social Aspects of Early Christianity , Philadelphia 1983 ; R.M. Kmo , Wea/th and Beneficence in the Pastoral Epistles. A « Bourgeois» Form of Early Christianity (SBL-DS 122) , Chicago 1990; M. REISER, «B\irgerliches Christentum in den Pastoralbriefen?» , in Bib 74( 1993) , 27-44. 21 L.R. DONELSON , Pseudepigraphy and ethical Argument in the Pastoral Letters (HUT 22) , Tubingen 1986 ; A.J. MALHERBE, Pau/ and the Popular Philosophers, Min­ neapolis 1898 ; B . FIORE, The Function of Personal Exemple in the Socratic and Pasto­ ral Egistles (AnBib 105), Rome 1986. Le lettere pastorali hanno in comune con Filone alessandrino oltre alla fraseo­ logia , 165 termini non-paolini (P. N. HARRISON , Paulines and Pastorales , London 1 964 , 20. 1 35) .

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Ma la polemica delle pastorali contro i «maestri della legge» , che provocano discussioni e dissensi con le loro speculazioni sulle genea­ logie , richiama l'ambiente culturale e religioso di alcune correnti giudaiche attestate dalla letteratura apocrifa. In particolare l'assimi­ lazione dei propagandisti della falsa dottrina ai due maghi oppositori di Mosè , Iannes e Iambres, è un invito a cercarne la matrice in que­ sto ambiente sincretistico di frontiera, dove si intrecciano specula­ zioni mitologiche con pratiche ascetiche ( 2Tm 3 ,8) . 23 I testi apocrifi giudaici e i manoscritti di Qumran confermano questo impasto di ra­ dicalismo ascetico e attese apocalittiche. Negli stessi testi si rico­ struisce la storia umana secondo lo schema delle «genealogie» di matrice biblica. 24 In che misura tali tendenze siano imparentate con quel fenome­ no complesso che nel II e III secolo si chiamerà «gnosticismo)) non è determinabile sulla base degli elementi forniti dalle pastorali . 25 A parte la qualifica di «pseudo-gnosis)) attribuita alle speculazioni e ' discussioni dei maestri , troppo vaghe e stereotipe sono le informa­ zioni desunte dal testo delle pastorali sulla loro «dottrina)> per met­ terla in relazione con il sistema gnostico ( 1Tm 6,20 ) . Le speculazioni sulle «genealogie» possono essere assimilate alla «conoscenza)> eso­ terica di Dio ( Tt 1 , 1 6) . A essa si contrappone la genuina epìgn6sis , «conoscenza della verità)> , che si ha nel vangelo interpretato dai di­ scepoli di Paolo ( 1Tm 2,4; 2Tm 2,25-26; 3 ,7; Tt 1 , 1 ) . Anche le ten­ denze dualistiche e il conseguente ascetismo congiunto con un certo lassismo etico , possono essere considerati elementi che anticipano o

23 I due maghi egiziani , che secondo Es 7 , 1 1 si oppongono a Mosè e Aronne, so­ no suscitati da Belial ; essi sono fratelli e uno di essi si chiama J ah aneh ( CD V, 18-19} ; nelle parafrasi aramaiche , targumim , di Es 7 , 1 1 e Nm 22 ,2, i due fratelli maghi sono due «figli/discepoli» di Balaam, il profeta chiamato a maledire Israele ; nei midrashim i loro nomi sono Janne e Mambre o Jambre ; PLINIO, Hist. Nat. , 30, 1 , 1 1 considera J an n es fondatore della magia giudaica . 24 Una rilettura della storia biblica dalla creazione del mondo fino al dono della legge fatto a Mosè secondo lo schema delle «genealogie» si ha nell'apocrifo libro dei Giubilei (l secolo a . C . ) ; nella Regola della Comunità di Qumran la sezione che parla dei «figli della luce» e > , in RB 93(1991), 403-413: sostiene che la 2Tm non è omogenea con le altre due ; non è paolina, ma non deriva dallo stesso autore delle altre due pastorali . 28 L'ipotesi del «segretario» è proposta da O. Roller (1933) , J . Jeremias (1961 ) , J . N . D . Kelly (1963) , C . F . D . Moule (1964) , G. Holtz (1965) , C. Spicq (1969) .

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costruisce un'immagine idealizzata di Paolo , il quale parla e pensa in modo diverso da quello che ha scritto o dettato le lettere autentiche . Dunque l'ipotesi del segretario portata alle estreme conseguenze non fa altro che confermare la plausibilità dell'origine pseudepigra­ fica delle pastorali . Una volta accettata questa ipotesi restano aperte tutte le possibilità per dare un volto a questo discepolo o ammirato­ re di Paolo . Tra i candidati un nome che ritorna con una certa insi­ stenza è quello di Luca, data l'affinità linguistica e in parte tematica dell'opera di Luca con le nostre lettere . 29 I dati offerti dalle lettere sono molto precari per poter dare un'identità precisa e attendibile al loro autore paolino .30 La stessa incertezza riguarda la determinazione del luogo e del tempo di composizione delle tre lettere pastorali. Le informazioni , sia pure fittizie , relative all'attività missionaria di Paolo , dei discepo­ li - Timoteo e Tito - degli altri collaboratori orientano verso la zona di Efeso, la metropoli della provincia dell'Asia (1Tm 1 ,3 ; 2Tm 1 , 18; 4,12) . A questo centro della missione paolina fanno riferimento le località di Tròade, Mileto e la stessa isola di Creta , dove si trova Ti­ to . Il fatto che il fronte degli avversari con caratteristiche simili sia presente nelle tre lettere giustifica la ricerca di un unico ambiente di origine anche per la seconda Lettera a Timoteo che presuppone la situazione di Paolo in carcere a Roma . Infatti anche in questo scritto l'interesse è rivolto ai cristiani dell'Asia e di Efeso (2Tm 1 , 15. 18) . Del resto è nell'ambiente efesino che si conserva e sviluppa la tradizione paolina, come attestano le due lettere della prigionia ai Colossesi e agli Efesini. E nello stesso ambiente si riscontrano i sin­ tomi di una crisi di matrice «gnosticheggiante» , come lasciano intui­ re le «lettere alle sette» chiese incluse nell'Apocalisse (Ap 2,24) . È dunque attendibile l'ipotesi che colloca l'origine di tutte e tre le let­ tere nell'ambiente efesino, dove si costituisce anche il primo nucleo dell'epistolario paolino. L'autore delle pastorali , che si richiama esplicitamente al nome e autorità di Paolo , intende non solo raffor­ zarne l'autorità in un momento di crisi delle chiese paoline , ma ren-

29 L'ipotesi dell'origine lucana delle pastorali è stata proposta la prima volta da H . A . Schott ( 1 830) , ripresa da C.F.D. Moule (1962 ; 1964) , G . S . Wilson (1976 ; 1979) ; A. STROBEL, «Schreiben des Lukas? Zum sprachlichen Problem der Pastoral­ briefe», in NTS 15(1968/69) , 191-210; J. SANCHEz-Boscu , «L'autor de les Cartes Pa­ storales» , in RCatTeol 12(1987) , 55-95 . 30 H.F. voN CAMPENHAUSEN , «Polykarp von Smyrna und die Pastoralbriefe>> , in SAH (195 1 ) , 5-5 1 ; lo . , A us der Friihzeit des Christentums , Tiibingen 1963 , 197-252.

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dere attuale ed efficace il messaggio dell'apostolo in nuovo e mutato contesto religioso e culturale . In quest'ottica il ricorso alla pseudepigrafia paolina ha una fun­ zione «pastorale)) , Si spiega così anche la produzione di tre testi in forma di lettera in parte simili per contenuto . Essi documentano la testimonianza autorevole , concorde e universale di Paolo. Egli in­ fatti comunica le istruzioni e dà le disposizioni pastorali a due dei suoi discepoli più fidati e stimati: Timoteo e Tito . Il raggio della sua missione , che fa perno a Efeso, si estende fino a Creta e all'Illiria ( Nicopoli ) . Il duplicato della Lettera a Timoteo si spiega con il desi­ derio di ricostruire il «testamento)) di Paolo , la sua eredità spirituale consegnata al discepolo prima della sua morte . Pertanto l'ordine lo­ gico delle tre lettere è il seguente : l Tm, Tt, 2Tm . Per la determinazione della data di produzione delle pastorali si può tener conto di due limiti estremi: il termine ante quem , è costi­ tuito dalla Lettera di Policarpo di Smirne ai Filippesi, scritta verso la prima metà del II secolo , dove mostra di conoscere le pastorali ; il termine post quem è desumibile dalle notizie biografiche o persona­ lia, dalla «crisi» e dalla struttura dei ministeri ecclesiali presenti nel­ le tre lettere pastorali. 31 Questo insieme di dati fa pensare alle ulti­ me decadi del primo secolo , tra l'SO e il lOO dell'era cristiana. Que­ sto è anche il periodo della terza generazione cristiana, in cui si fa ri­ corso alla pseudepigrafia apostolica .

4 . IL MESSAGGIO TEOLOGICO E SPIRITUALE DELLE PASTORALI32 Nell'epoca moderna si è affermata la tendenza a discreditare la teologia e spiritualità delle lettere pastorali, perché non sarebbero né originali né dinamiche e feconde . Quella delle pastorali , si dice , non è una teologia di prima mano , ma il prodotto di un montaggio o

31 Le notizie autobiografiche di Paolo riportate nelle pastorali , più che da una fonte scritta come sono le altre lettere o gli Atti degli apostoli , pare che derivino dalla tradizione paolina dell'ambiente dell'Asia ; la struttura dei ministeri ecclesiali delle pastorali riflette una situazione precedente a quella attestata dalle lettere di Ignazio di Antiochia all'inizio del II secolo. 32 PH.H. TowNER, The Goal of our lnstruction. The Structure of Theology and Ethics in the Pastoral Epistles (JSNTS MS 34) , Sheffield 1989 ; F. YouNG , The Theolo­ gy of the Pastoral Letters (New Testament Theology) , Cambridge 1994 .

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il coacervo di materiale eterogeneo male assimilato . La figura e il pensiero di Paolo in questi scritti , che si collocano nella tradizione dell'apostolo, sarebbero stati addomesticati e canonizzati in funzio­ ne di una linea conservatrice o di restaurazione. Inoltre , dato il ruo­ lo attribuito all'autorità della «tradizione» e in genere alle istituzioni della chiesa , alcuni storici del primo cristianesimo , a proposito delle nostre pastorali , parlano di «protocattolicesimo>> . Anche il progetto cristiano delle pastorali , in cui si raccomandano le virtù e le qualità umane apprezzate nell'ambiente ellenistico , viene definito «cristia­ nesimo borghese» . È giustificata questa linea interpretativa che ten­ de a svalutare la teologia delle pastorali ponendola a confronto con quella delle lettere protopaoline elevata a unico metro di valutazio­ ne? Una lettura dei testi senza pregiudizi , valutandoli per quello che dicono o esprimono , offre l'opportunità di cogliere un messaggio teologico e spirituale del primo cristianesimo che ha una sua dignità ed è in grado di interessare anche i cristiani del nostro tempo .

a) Teologia, cristologia e pneumatologia delle pastorali La sintesi più alta della teologia delle lettere pastorali è il brano di stile celebrativo riportato nella Lettera a Tito , dove si traccia il percorso dell'iniziativa libera e gratuita di Dio salvatore che effonde il dono dello Spirito santo sui credenti per mezzo di Gesù Cristo (Tt 3,4-7) . Questo è il tratto distintivo dell'immagine di Dio nelle pasto­ rali sottolineato mediante alcuni titoli e qualifiche ricorrenti . Delle complessive 48 ricorrenze di Theòs , «Dio» , solo in tre egli è chiama­ to «padre» e precisamente nelle formule stereotipe dell'intestazione epistolare (1Tm 1 ,2; 2Tm 1 ,2; Tt 1 ,4) . Se ne rimarca invece la «tra­ scendenza»: Dio è «il re dei secoli , incorruttibile , invisibile e unico» (1Tm 1 ,7; 2,5) ; egli è il «beato e unico sovrano , re dei re e signore dei signori , il solo che possiede l'immortalità, che abita in una luce inaccessibile ; che nessuno fra gli uomini ha visto né può vedere» (1Tm 6, 15-16) . Perciò a Dio è dato , oltre all'appellativo ellenistico «beato» , anche quello di «grande» , megàlos (1Tm 1 , 1 1 ; Tt 2 , 13). La trascendenza di Dio sta alla base della sua azione efficace e universale a favore del mondo e degli esseri umani . Dio infatti è il «vivente» e colui «che dà la vita a tutte le cose» ( 1Tm 6,13; 3 , 1 5 ; 4 , 10) . È i l creatore d i tutto . Perciò ogni cosa è buona e «pura» quan­ do si accoglie come dono di Dio (1Tm 4,3-5 ; Tt 1 , 15). Ma è soprat­ tutto nella sua azione salvifica che si manifesta l'amore benigno e gratuito di Dio , la sua «bontà e amore per gli uomini» , makrothy252

mìa, chàris, chrestòtes kài philanthropìa , ( 1Tm 1 , 16; Tt 2,1 1 ; 3,4) . Questa iniziativa dell'amore di Dio , che si manifesta e realizza nella storia umana per mezzo di Gesù Cristo , si condensa nell'attributo divino tipico delle pastorali: «salvatore>> , sotèr ( 1Tm 1 , 1 ; 2,3; Tt 1 ,3 ; 2. 10; 3,4; sotèrios , Tt 2, 1 1 ) . I l riferimento a Dio rappresenta l'orizzonte delle istruzioni e del­ le esortazioni delle pastorali che sono fatte «davanti a Dio>>, enòpion toù Theoù (1Tm 5 ,4.21 ; 6,13; 2Tm 2 ,24 ; 4 , 1 1 ) . Il richiamo alla ini­ ziativa salvifica e alla relazione vitale con Dio è presente nelle espressioni che caratterizzano il lessico teologico delle pastorali : «parola di Dio>> (1Tm 4,5 ; 2Tm 2,9; Tt 2,5) ; «carisma di Dio>> (2Tm 1 ,6) ; «chiesa/casa di Dio>> (1Tm 3 , 5 . 15) ; «uomo di Dio>> (1Tm 6, 1 1 ; 2Tm 3 , 17) ; «economia/economo di Dio» (1Tm 1 ,4; Tt 1 ,7) . Infine va messa in rilievo la dimensione escatologica dell'azione di Dio nel senso che essa abbraccia anche l'ultima fase e il compi­ mento del processo salvifico , in quanto egli è il «giudice giusto» . Egli d à l a «corona d i giustizia» a i fedeli che s i affidano a lui (2Tm 4,8. 18) . In questo caso l'appellativo biblico «Signore», Kyrios , lascia aperta la possibilità di includervi un riferimento a Gesù Cristo, il Si­ gnore risorto , protagonista del giudizio ultimo (lTm 4 , 1 ) . In ogni caso l'azione salvifica di Dio è inseparabile dal ruolo di Gesù Cristo , che partecipa dello stesso titolo di «salvatore» . Questo appare chia­ ramente nella professione di fede di 1Tm 2 ,4-5 , dove si combinano insieme la fede monoteistica della tradizione biblica e quella cristo­ logica della prima chiesa: «Uno solo , infatti , è Dio e uno solo il me­ diatore tra Dio e gli uomini , l'uomo Cristo Gesù , che ha dato se stes­ so in riscatto per tutti». La dimensione soteriologica qualifica la cristologia delle pasto­ rali . Quattro volte il titolo sotèr è riferito a Gesù Cristo (1Tm 1 , 10; Tt 1 ,4; 2,13; 3 ,6) . Come si vede questa scelta cristologica è privile­ giata nella Lettera a Tito , mentre è del tutto assente nella seconda Timoteo.33 Nella prima Lettera a Timoteo , oltre all'unica ricorrenza di «salvatore», si ha la qualifica eccezionale di mesìtes , «mediatore» , riferita all'uomo Gesù , in quanto «ha dato se stesso in riscatto , antì­ lytron , per tutti» (1Tm 2,5b-6) . Si potrebbe pensare che nella Lette­ ra a Tito l'appellativo sotèr sostituisca quello di Kyrios nell'espres-

33 Il verbo sbzein ricorre complessivamente 7 volte nel gruppo delle pastorali ; 10 volte il titolo sot�r; due volte il sostantivo soterìa ; a essi vanno aggiunti i verbi rhyest­ hai, «liberare>> , in 2Tm 3 , 1 1 ; 4 , 1 7 . 1 8 ; e lytroùsthai in Tt 2,14.

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sione ricorrente : «Gesù Cristo nostro salvatore» . Infatti nelle altre due lettere ricorre la formula tradizionale paolina: «il Signore nostro Gesù Cristo» (1Tm 1 ,2. 12; 6,3 . 14; 2Tm 1 ,2) . Risente ancora del for­ mulario cristologico paolino la preferenza per la combinazione «Cri­ sto Gesù» - 22 volte nelle tre lettere - rispetto a «Gesù Cristo» , che ricorre solo cinque volte . Anche la formula «in Cristo Gesù>> , che si riscontra in tutto nove volte , con una netta prevalenza della seconda Timoteo , si colloca nella corrente cristologica paolina. Ma il tratto più caratteristico della cristologia delle lettere pasto­ rali è la cornice «epifanica>> . 34 Il vocabolo epiphàneia , «manifestazio­ ne» , vi ricorre complessivamente cinque volte e due volte il verbo epihàinesthai, «manifestarsi» (Tt 2 , 1 1 ; 3 ,4) . Il ruolo salvifico di Gesù Cristo è trascritto anche con questa categoria che nell'ambiente elle­ nistico è associata al culto imperiale ( 1Tm 6,14; 2Tm 1 , 10; 4,1 .8; Tt 2, 13) . Si distinguono due «manifestazioni» di Gesù Cristo salvatore : una prima nel passato , che coincide con l'evento storico della reden­ zione di Gesù Cristo e una seconda escatologica attesa per il futuro . Ma c'è un aspetto presenziale e permanente della prima «manifesta­ zione» di Gesù Cristo in quanto essa si realizza ora mediante la pro­ clamazione del vangelo . Per giustificare l'invito rivolto al discepolo di Paolo a partecipare alle sofferenze dell'apostolo per il «vangelo» , con un linguaggio che risente della dialettica apocalittica del «mistero» , si dice : «Egli (Dio) infatti ci ha salvati e chiamati con una vocazione santa , non già in base alle nostre opere , ma secondo il suo proposito e la sua grazia ; grazia che ci è stata data in Cristo Gesù , m a è stata rivelata solo ora con la manifestazione , epiphàneia , del .s alvatore nostro Cristo Gesù , che ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'immortalità per mezzo del vangelo, del quale io sono stato costituito araldo , apostolo e maestro» (2Tm 1 ,9-1 1 ) . La prospettiva escatologica della cristologia epifanica prevale negli altri testi . Nella parte conclusiva della prima Lettera a Timo­ teo, l'apostolo esorta il discepolo a conservare senza macchia e irre­ prensibile il «comandamento fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo» (1Tm 6, 14) . Ma questo invito alla fedeltà viene

34 D.L. 0BERLINNER, «Die "Epiphaneia" des Heilswillens Gottes in Christus Je­ sus», in ZNW 7 1 ( 1980) , 192-213; I.H. MARSHALL, > è data a Timoteo , proposto come modello dei pastori nella chiesa (lTm 4,6) . E la sua attività tipica, come del resto quella dell'apostolo , è presentata come diakonìa ( 1Tm 1 , 12; 2Tm 4,5 . 1 1 ) . Dal momento che si parla di «diaconi» e di «diaconia» solo nella prima e seconda Lettera a Timoteo si pensa che questa forma di ministero sia propria di alcuni centri ecclesiali più importanti con strutture più articolate . Un discorso a parte merita il ruolo ministeriale delle donne nelle lettere pastorali . Nel contesto dell'ordinamento ecclesiale , dove si parla dei «diaconi» , si menzionano anche le donne come candidate alla «diaconia» ( lTm 3 , 1 1 ) . Questo fatto sembra contrastare con quanto si prescrive nella stessa lettera nel contesto dell'ordinamento liturgico : «la donna impari in silenzio , con tutta sottomissione . Non

37 ONASANDRO, Strategikòs (De imperatoris officio) , l; R. ScHWARZ, Biirgerli­ ches Christentum im Neuen Testament? Eine Studie zu Ethik, Amt und Recht in den Pastoralbriefen (OSB 54) , Klosterneuburg 1983 .

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concedo a nessuna donna di insegnare, né dettare legge all'uomo ; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo» (1Tm 2,1 1-12) . Se ne dà il motivo rileggendo la storia di Genesi sul peccato di Adamo e Eva, dove si sottolinea la particolare responsabilità della donna e si conclude dicendo che la donna «potrà essere salvata partorendo figli a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santifica­ zione , con modestia» (1Tm 2, 13-15) . Questa tensione tra i due modelli femminili si può comprendere tenendo presente il contesto culturale e la situazione critica della chiesa riflessa nei tre scritti pastorali. Nel tracciare l'ordinamento della chiesa si tende a proiettarvi il modello della struttura familiare , dove le donne come gli schiavi e i bambini sono subordinate al ruolo del responsabile maschile . Un ulteriore motivo per sottolineare que­ sto ruolo subalterno e «ordinato» della donna sposa e madre è la propaganda dei «falsi maestri» che condannano il matrimonio e met­ tono «in scompiglio intere famiglie» (1Tm 4,3; Tt 1 , 1 1 ) . Le donne corrono il rischio di diventare «discepole» di questi maestri che pe­ netrano nelle case con la loro propaganda disgregatrice (2Tm 3 ,6) .38 In tale contesto si comprende la disposizione del «regolamento» per le vedove : «le più giovani si risposino e abbiano figli e governino la loro casa» , per non incrementare il gruppo delle donne che «gira­ no qua e là per le case e sono non soltanto oziose , ma pettegole e

38 Negli ultimi anni vari contributi sotto diversi punti di vista hanno tentato di chiarire il ruolo della donna nelle lettere pastorali in rapporto anche al «ministero»: A. PADGETI, «Wealth Women at Ephesus. 1Timothy 2,8-15 in Social Context» , in In­ terp 41( 1987) , 19-3 1 ; K.A. VAN DER JAGT, «Women are Saved through Bearing Chil­ dren ( lTimothy 2 , 1 1-15)», in Bib T 39( 1988) , 201-208 ; lo. , «Women are Saved through Bearing Children: A Sociological Approach to the Interpretation of 1Ti­ mothy 2 . 15», in PH .C. SnNE, a cura di , Jssues in Bible Translation ( UBS Mon. 93) , London-New York-Stuttgart 1988 , 287-295 ; C.C. KROEGER, «Women i n the Church : A Classistic's View of lTim 2 , 1 1 - 1 5>> , in Journal of Biblica[ Equality 1 ( 1989) , 3-3 1 ; R.C. KROEGER-C .C. KROEGER, I Suffer not a woman: Rethinking / Timoty 2:11-15 in light of Ancient Evidence, Grand Rapids 1 992 ; P.W. BARNETI, «Wives and Women's Ministry ( 1Timothy 2 , 1 1 - 1 5)>> , in EvQ 6 1 ( 1989) , 225-228 ; T. J . HARRIS, «Why Pau! mention Eve's Deception? A Critique of P. W. Barnett's lnterpretation of 1Timothy 2», in EvQ 62( 1990) , 335-352; B. BARRON , «Putting Women in their Piace . lTimothy 2 and Evangelica! Views for Women in Church Leadership>> , in JETS 33( 1990) , 45 1 459; S. H . Garrz , Pau[, Women Teachers, and the Mother Goddess at Ephesians. A Study of J Timothy 2,3-15 in Light of the Religious and Cultura[ Milieu of the First Century, Lanham-New York-London 1991 ; A.L. BowMAN , «Women in Ministry : An Exegetical Study of 1Timothy 2,1 1-15>> , in B S 149( 1992) , 193-2 1 3 ; A.C. PERRIMAN , «What Eve Did. What Women Shouldn't Do: The Meaning of authentè6 in lTimothy 2, 12>> , in TyndBu/1 44( 1993), 1 29-142; S . E . PORTER, «What Does it Mean to be "Sa­ ved by Childrenbirth" (lTm 2,15)?>> , in JSNT 49( 1993) , 87- 102 .

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curiose , parlando di ciò che non conviene» (1Tm 5 , 13- 14) . Solo nel­ l'ambito familiare la donna può svolgere anche un ruolo di insegna­ mento secondo il modello tipico della società greco-romana. Questo vale per le donne anziane che devono «insegnare il bene per formare le più giovani all'amore del marito e dei figli» , a essere «prudenti , caste , dedite alla famiglia, buone , sottomesse ai propri mariti perché la parola di Dio non debba diventare oggetto di biasimo» (Tt 2,3b-5) . Quest'ultima motivazione di carattere «apologetico» si tro­ va più volte a chiusura dei cataloghi dei doveri (Tt 2,8. 10; 1Tm 3,7b ; 5 , 14b ; 6 , 1b) . In sottofondo si avverte la preoccupazione di eliminare in radice ogni motivo di prevenzione e sospetto da parte dell'am­ biente esterno nei confronti della chiesa e di offrire invece di essa un'immagine positiva.

c) Il progetto cristiano nelle pastorali39 L'attenzione delle lettere pastorali per l'ambiente esterno e la conseguente assunzione di alcuni valori etico-religiosi molto apprez­ zati nella società e cultura greco-romana hanno indotto alcuni autori a etichettare il loro progetto cristiano come «cristianesimo borghe­ se» . L'integrazione del cristianesimo nella società pagana sarebbe avvenuta a spese della sua radicalità evangelica e della tensione escatologica. Anche la motivazione teologica dell'impegno etico sa­ rebbe più formale ed esterna che non intrinseca e profonda . In altre parole il progetto cristiano sarebbe giustapposto al quadro teologico e cristologico più che non fatto derivare come conseguenza diretta dalla riflessione sull'esperienza di fede . Questa impressione genera­ le può essere in parte vera se il termine di paragone è il progetto cri­ stiano che si ricava dalle lettere protopaoline . Ma così non si coglie l'apporto specifico dei tre scritti pastorali , che, pur ispirandosi alla tradizione paolina, la rileggono e attualizzano in nuovo contesto so­ ciale e culturale . L'autore delle pastorali ha coscienza del fatto che i suoi destina­ tari cristiani devono fare i conti con una condizione di marginalità se non proprio di ostilità e rifiuto da parte dell'ambiente . Più volte ,

39 G . I� . In questa ottica la fede , la speranza e l'amore , che nelle lettere protopaoline danno il profilo dell'essere cristiano , tendono ad assu­ mere una valenza prevalentemente etica. La «fede » ha due risvolti: uno dottrinale e uno etico . Infatti la pìstis da una parte è associata alla conoscenza della «verità» e alla fe­ deltà nella «sana dottrina» (1Tm 2,7; 4,6; Tt 1 , 1 ) ; dall'altra è con­ nessa con il «cuore puro» e la «Coscienza pura» o «buona» ( 1Tm 1 ,5 . 19) . La «speranza» non ha un grande rilievo nel progetto cristiano delle lettere pastorali. Delle quattro ricorrenze del termine elpìs, se si escludono quelle che fanno parte del formulario dell'intestazione 261

di 1Tm 1 , 1 e Tt 1 ,2, restano i due casi di Tt 2 , 1 3 e 3,7: «nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio . . . » ; «perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi , secondo la speranza, della vita eterna». In ambedue i casi si tende a identificare la «speranza» con la realtà sperata. È sintoma­ tico il fatto che , a eccezione della prima Lettera a Timoteo , il verbo «sperare» non compaia mai nelle altre due lettere pastorali. Delle quattro ricorrenze del verbo elpìzein nella prima Lettera a Timoteo , solo un paio hanno una valenza «teologale» in quanto la speranza è posta in relazione con Dio : «Noi ci affatichiamo e combattiamo per­ ché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente» ( 1Tm 4 , 10; cf. 5 ,5 ) . Anche l' «amore» ha un ruolo ridotto e un significato stereotipo nel gruppo delle pastorali : dieci volte ricorre il vocabolo agàpe e una sola il verbo agapàn ( 2Tm 4,8 ) . Esclusi due casi in cui si parla dell'a­ more «che è in Cristo Gesù>> ( 1Tm 1 ,4; 2Tm 1 , 13 ) , negli altri testi delle pastorali l'agàpe fa parte della serie di virtù o qualità racco­ mandate o richieste al «pastore>> come prototipo dei cristiani : «Sii di esempio ai fedeli nelle parole , nel comportamento , nell'agàpe, nella fede, nella purezza» ( 1Tm 4,12 ) ; «tendi alla giustizia , alla pietà , alla fede , all'agàpe, alla pazienza , alla mitezza» ( 1Tm 6 , 1 1b ; cf. 2Tm 2,22; 3 , 10) . Alla donna cristiana sposa e madre si dice che «potrà salvarsi partorendo figli , a condizione di perseverare nella fede , nel­ l'amore e nella santificazione , con modestia» ( 1Tm 2 , 1 5 ) . Ai cristia­ ni si raccomanda che «siano sobri , dignitosi , assennati , saldi nella fe­ de , nell'amore e nella pazienza» ( Tt 2,2 ) . Da questi elenchi delle «Virtù» e soprattutto dal catalogo delle qualità richieste per i candidati al ministero nella chiesa emerge il profilo del cristiano proposto nelle lettere pastorali . Esso è caratte­ rizzato da un'etica delle relazioni giuste , buone ed equilibrate a tutti i livelli , dall'ambito privato a quello sociale , passando attraverso quello familiare che rappresenta il metro di valutazione . Si richiede che il candidato al ruolo di guida e rappresentante della comunità sia «irreprensibile , non sposato che una sola volta, sobrio , prudente, di­ gnitoso , ospitale , capace di insegnare , non dedito al vino , non vio­ lento , ma benevolo , non litigioso , non attaccato al denaro . Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni di­ gnità» ( 1Tm 3 ,2-4 ; cf. 1Tm 3,8. 1 1 ; Tt 1 ,6-8 ) . Questo ritratto ideale del pastore , che deve essere di esempio alle varie categorie di perso­ ne nella comunità, corrisponde , come si è detto sopra , sia pure nei tratti essenziali , al modello etico proposto dai retori e filosofi del­ l'ambiente ellenistico. 262

Oltre a questa sintonia con l'etica «laica>> il progetto cristiano delle pastorali è caratterizzato da una preoccupazione spiccata per la prassi. Tutti i cristiani e le singole categorie di persone nell'ambito familiare e comunitario devono distinguersi per l'impegno nelle «opere buone» : le donne , le vedove , i presbiteri ( lTm 2,10; 5 , 10.25 ) . Il «pastore» deve presentarsi come esempio , typos , di «opere buone» (Tt 2 ,7) . La comunità dei credenti , riscattati da ogni iniquità grazie all'evento redentivo di Gesù Cristo , è un popolo puro , che gli appartiene , «zelante nelle opere buone» (Tt 2, 14) . Anche se si ha coscienza che l'azione salvifica di Dio non dipende dalle «opere di giustizia» compiute dai credenti , tuttavia si insiste nel dire che essi devono essere pronti per «ogni opera buona» ed «essere i primi nelle opere buone» (Tt 3 , 1 .8; cf. Tt 3 , 14) . Tale insistenza si comprende sullo sfondo della polemica contro i falsi maestri che si abbandonano alle affabulazioni mitologiche, pretendono di «conoscere Dio» , ma si autosconfessano con i fatti perché si dimostrano «incapaci di qual­ siasi opera buona» (Tt 1 , 16) . La sintesi più rappresentativa del progetto cristiano delle pasto­ rali è la catechesi celebrativa della Lettera a Tito , dove si afferma che la «manifestazione della chàris di Dio , apportatrice di salvezza per tutti gli uomini», ha una funzione «pedagogica» nei confronti dei credenti , in quanto li impegna a «rinnegare l'empietà e i desi­ deri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo , nell'attesa della beata speranza e della manifestazione del­ la gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo ; il quale ha dato se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro , zelante nelle opere buone» (Tt 2,1 1- 14) . Il progetto cristiano si costruisce lungo tre direttrici . Affonda le sue radici nel­ l'azione salvifica di Dio culminante nell'autodonazione di Gesù Cristo . È proiettato verso il suo futuro compimento escatologico . Si realizza in questo mondo, ma con uno stile di vita corrisponden­ te alla manifestazione dell'amore gratuito e liberante di Dio .

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La prima Lettera a Timoteo

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0BERLINNER



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La seconda Lettera a Timoteo

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La Lettera a Tito

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QUINN

290

Indice

ABBREVIAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

pag.

5

PREFAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

»

9

l.

LA TRADIZIONE PAOLINA . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

»

11

l.

« S CUOLA » O TRADIZIONE PAOLINA . . . . . . . . . . . . . . . . . .

» » » » » » »

12 13 16 19 21 24 27

»

31

» »

32 34 37 40 42

a ) Le «scuole» nell'antichità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . b) Paolo «maestro» o «padre»? . . . . . . . . . . . . . . . . . c ) Il modello della «tradizione» in Paolo . . . . . . . . 2. l COLLABORATORI DI PAOLO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. l CENTRI E AMBIENTI DELLA TRADIZIONE PAOLINA . . . 4. L E SITUAZIONI VITALI DELLA «TRADIZIONE PAOLINA » Il . LE LETIERE DEUTEROPAOLINE







l

l











. . . . .



l . LA FORMAZIONE DEL CANONE PAOLINO . . . . . . . . . . . . . a) La raccolta delle lettere di Paolo . . . . . . . . . . . . .

b) c) 2. I L 3. I L

La recezione delle lettere di Paolo nel II secolo Il canone paolino nel III e IV secolo . . . . . . . . .

CANONE PAOLINO NELL'EPOCA MODERNA . . . . . . . . . . DIBATTITO ATTUALE SULLE LETTERE DEUTEROPAOLINE . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

a) b) c) d) e) 4. LA a) b)

Nuovi orientamenti generali . . . . . . . La seconda Lettera ai Tessalonicesi La Lettera ai Colossesi . . . . . . . . . . . La Lettera agli Efesini . . . . . . . . . . . . Le tre lettere pastorali . . . . . . . . . . . .

. . . . .

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)) )) )) )) )) ))

TRADIZIONE PAOLINA E LA PSEUDEPIGRAFIA . . . . . .

))

Anonimia, pseudonimia e pseudepigrafia . . . . . . . La pseudepigrafia nelle lettere neotestamentarie

)) ))

46 46 48 50 52 54 57 58 59 291

c) La pseudepigrafia nell'ambiente ellenistico . . . . . d) La pseudepigrafia al servizio della tradizione paolina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III . LA SECONDA LETIERA AI TESSALONICESI l.

»

61

»

62

»

65

))

66 66 69 71 78 78 80

L'ANALISI LINGUISTICA DELLA LETIERA . . . . . . . . . . . . .

a) Le caratteristiche lessicali di 2Ts . . . . . . . . . . . . . . b) Le caratteristiche letterarie e stilistiche di 2Ts . . c) La struttura letteraria della 2Ts . . . . . . . . . . . . . . . 2. L'ORIGINE LETIERARIA DELLA 2Ts . . . . . . . . . . . . . . . . . a) Il rapporto di 2Ts con gli scritti dell'AT . . . . . . . b) Il rapporto della 2Ts con i testi del NT . . . . . . . c) Confronto tra la prima e seconda Lettera ai Tessalonicesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 . L'ORIGINE STORICA DELLA 2TS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . a) La situazione vitale dei destinatari . . . . . . . . . . . . b) Occasione e scopo della lettera . . . . . . . . . . . . . . . c) Autore , ambiente e tempo di origine di 2Ts . . . 4. IL MESSAGGIO TEOLOGICO E SPIRITUALE DELLA 2Ts . . . a) L'escatologia della 2Ts . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . b) La pare n esi e il progetto di vita cristiana . . . . . . c) Teologia, cristologia ed ecclesiologia . . . . . . . . . .

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LA LETIERA AI COLOSSESI . . . . . . . . . . . . . . .

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UNA LETIERA DI PAOLO «PRIGIONIERO » PER IL VANGELO . l . L'ANALISI LINGUISTICA DELLA LETIERA . . . . . . . . . . . . .

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IV.

a) Le caratteristiche lessicali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . b) Stile e caratteristiche letterarie di Colossesi . . . . c) La struttura letteraria e tematica di Colossesi . . 2. L'oRIGINE LETIERARIA DI CoLossEsi . . . . . . . . . . . . . . . a) Colossesi e gli scritti del canone biblico . . . . . . . b) Il confronto tra Colossesi e la Lettera agli Efesini c) Colossesi e i testi extracanonici . . . . . . . . . . . . . . . 3 . L'oRIGINE STORICA DI CowssESI . . . . . . . . . . . . . . . . . . a) Colossi e i colossesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . b) L'errore di Colossi e l'occasione e scopo della lettera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . c) Autore , ambiente e tempo di composizione di Colossesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 292

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3 . IL MESSAGGIO TEOLOGICO E SPIRITUALE DI COLOSSESI . a) Gesù Cristo , immagine di Dio , primogenito di tutta la creazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . b) Riconciliazione e pacificazione per mezzo di Gesù Cristo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . c) La chiesa «Corpo di Cristo» . . . . . . . . . . . . . . . . . d) Avete rivestito l'uomo nuovo . . . . . . . . . . . . . . . .

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V. LA LEITERA AGLI EFESINI . . . . . . . . . . . . . . .

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L'ANALISI LINGUISTICA DI EFESINI

a) b) c) d)

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Le caratteristiche lessicali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Le caratteristiche di stile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il genere letterario di Efesini . . . . . . . . . . . . . . . . La struttura della Lettera agli Efesini . . . . . . . . Benedizione e preghiera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L'azione salvifica di Dio in Gesù Cristo . . . . Il ruolo di Paolo nella rivelazione del «mistero di Cristo» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il progetto di vita cristiana . . . . . . . . . . . . . . . . .

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2. L'ORIGINE LETTERARIA DI EFESINI . . . . . . . . . . . . . . . . . a) Il rapporto di Efesini con l'AT . . . . . . . . . . . . . . b) Il rapporto di Efesini con il NT . . . . . . . . . . . . . La Lettera agli Efesini e il quarto Vangelo . . La Lettera agli Efesini e l'opera lucana . . . . Efesini e la prima Lettera di Pietro . . . . . . . . c) Efesini e l'epistolario paolino . . . . . . . . . . . . . . . . Efesini e le lettere protopaoline . . . . . . . . . . . . Efesini e le lettere deuteropaoline . . . . . . . . . . . Efesini e Colossesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Efesini e la Lettera agli Ebrei . . . . . . . . . . . . . . Efesini e le Lettere Pastorali . . . . . . . . . . . . . . Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 . L'ORIGINE STORICA DELLA LETTERA AGLI EFESINI . . . . a) I destinatari di Efesini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . b) Ambiente culturale e situazione vitale di Efesini c) Occasione e scopo della lettera . . . . . . . . . . . . . . . d) Autore , luogo e tempo di composizione . . . . . . 4. IL MESSAGGIO TEOLOGICO E SPIRITUALE DI EFESINI . . a) Teologia, cristologia e pneumatologia di Efesini b) L'ecclesiologia di Efesini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . c) Antropologia, etica e spiritualità di Efesini . . . .

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VI . LE LETTERE PASTORALI . . . . . . . . . . . . . . . . .

l.

ANALISI LINGUISTICA DELLE PASTORALI . . . . . . . . . . . .

a) b) c) d)

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Le caratteristiche lessicali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Caratteristiche di stile e letterarie . . . . . . . . . . . . Genere letterario delle Lettere Pastorali . . . . . . Struttura delle Lettere Pastorali . . . . . . . . . . . . . . A. Ordinamento ecclesiale . . . . . . . . . . . . . . . . . B . Polemica contro i «falsi maestri» . . . . . . . C. Modello del «pastore» . . . . . . . . . . . . . . . . . D. Motivazione teologica . . . . . . . . . . . . . . . . . E. Cornice epistolare e notizie autobiografiche .

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2. L 'ORIGINE LETTERARIA DELLE PASTORALI a) Le pastorali e gli scritti dell'Antico Testamento b) Le pastorali e gli scritti extrapaolini del Nuovo Testamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . c) Il rapporto delle pastorali con l'epistolario paolina 3. L'ORIGINE STORICA DELLE PASTORALI a) Destinatari , situazione vitale , occasione e scopo b) L'ambiente socio-culturale e religioso delle pastorali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . c) Autore , luogo e tempo di composizione . . . . . . 4. IL MESSAGGIO TEOLOGICO E SPIRITUALE .

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DELLE PASTORALI

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a) Teologia, cristologia e pneumatologia delle pasto- . rali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . b) L'ecclesiologia delle Lettere Pastorali . . . . . . . . . c) Il progetto cristiano nelle pastorali . . . . . . . . . . . BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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