123 73 274MB
Italian Pages XVI,670 [658] Year 1989
INDICE
PREMESSA
...................................
een
Pag.
XI
» »
XV XV
» »
3 4
. .......................
»
7
...............................
»
7
INTRODUZIONE 0.1. 0.2.
Porta Soprana ‘perché’: le ragioni di una scelta . .........................,....... Porta Soprana ‘come’: i criteri e l’economia di una esegesi ..........,................
PARTE
PRIMA
L'IDENTITÀ 1.
1.1.
2.
IL MONUMENTO
Porta Soprana com’era: da una descrizione di Alfredo d’Antrade ...................... ia eee: dee RR > e SB ‘| TIPOLOGIA I (LA MORFOLOGIA)
2.1.
I suggerimenti della critica e l'avvio di una verifica relativa a. .
2.2.
..Le porte urbium et castrorum del mondo
2.3.
Una digressione sulle porte di ‘palazzo’ degli omayyadi
........................,...
»
15
2.4. 2.5. 2.6.
Delle porte urbane nell'area italica del primo XII secolo ........................... La ‘geografia dei genovesi’ per una ricognizione fra le terre d’«Occitania» ................. «Su e giù» per la Spagna medievale .......................................
» » »
17 19 41
2.7. 2.8.
Il giro d’orizzonte si chiude con una perlustrazione in «Terra Santa» d'epoca crociata .......... Da una ricerca al negativo a proiezioni in positivo ............................... NOTE2 ....................444.44 44044 hh ee eee eee
» » »
80 95 110
» »
129 131
»
158
3.
romano
TiPoLociA II (1 CONTENUTI)
3.1. 3.2.
Difesaesacralità . ................................................. Il problema aperto delle origini ..........,...,.........,.......,..,.,,,.,..
3.3.
Le 'rappresentazioni'
delle porte urbium et castrorum
nel Tardoantico,
la cristianizzazione
degli ingressi
urbani e le ‘porte-sante’ dell’Apocalisse . . .................................... 3.4.
«Apocalisse
3.5. 3.6.
interpretazione allegorica di Nicolas de Clairvaux ............................... Attestati nel mondo medievale d’Occidente a Roma e Milano ........................ Una ricerca al positivo L20202
» » »
187 194 195
NGUTES:..—
»
200
4.
e insecuritas»,
..—
la Gerusalemme
lll
celeste
dei
crociati
con
le sue
dodici
i.e.
À
porte
secondo
una
"À
LE MAESTRANZE
4.1.
Il quadro critico .......
»
213
4.2. 4.3.
Il significato storico della presenza antelamica in Genova e nell’Oltremare ................. Quesiti di decorazione scultorea .........................................
2e
ee sess
hom
ss
ses
» »
214 219
4.4.
Considerazioni conclusive per un piano di lavoro ................................ NOTE4 .......... eee eee ees shi s eee eee eee eee
» »
225 228
VII
5.
UN MODELLO
51. 5.2.
6.
Porta Soprana come ‘modello’: verifica nel mondo medievale d’Occidente ....... UO. ao Verifica nel mondo medievale d'Oriente . .................................... NCIS L'HABITAT
6.1. 6.2.
7.
231 243 + 258
La porta nel suo habitat: collocazione urbanà .................................. Tessuto umano ...... ee eese eR sh hh oho a o s sonos NOTE6 .......................................... PEN rn
261 263 266
L’ICONOGRAFIA
7.1. 7.2.
Immagini e parole della prima iconografia di porta Soprana di sant Andrea ................ Da dettaglio in vedute di repertorio a documento storico per l'archeologia fino all'immagine di consumo NORME
PARTE
269
» »
2
278
SECONDA
LA ‘STORIA’
8.
L’ANTEFATTO (... - 1155)
8.1.
La ‘prima’ cinta muraria: i suggerimenti delle fonti scritte e le informazioni dell’archeologia
8.2.
La città «nondum murata» ed il «nurus ruptus»: la questione del circuito bene
8.3.
Da porta «Superana» a porta Soprana disant’Andrea NOTE A.
9.
.......
assegnato al IX secolo
............................. FE EE
» »
281 283 284 288
L'occasioNE (1155)
AR UD 98.
Una sfida per «... tenere in rispetto la prepotenza del Barbarossa.» . . ...........,........ Cosi scrive Caffaro negli Annali LL... Le ‘nuove mura’ e la ristrutturazione urbana nel suo significato ....................... NOTE9 ....... eee
»
»
291 293 294 298
10. IL MITO (1155-1684) 10.1.
«sum munita viris. Muris circumdata miris...»: appunti sulla carta lapidea del 1155
10.2.
Le iscrizioni di porta Soprana del 1155 come atto di fondazione cristianizzata, come proclama della potenza
cittadina e come attestato d’identità 10.3.
............
301
. ..................................,.....
«lanua»: la configurazione dell'emblema e
l'origine del mito urbano con il suo avallo (1155-1312)
303 307
. . . .
10.4. — Il mito Januae e il suo degrado: dalle mura trecentesche a porta Pila (1320/27 - 1639) 10.4.1. Il perimetro del XIV secolo con i suoi valichi . ..........,...,..,.........,..,.. 10.4.2.
Il Castelletto, la Briglia con la Lanterna
....................
10.4.3. 10.4.4. 10.4.5. 10.5.
Il circuito del 1535 con gli ingressi monumentali «de mare» e di Levante ......... MO La cinta del 1626 con porta Lanterna e porta Pila e la dedicazione di Genova a Maria Santissima . L'erosione fisica di porta Soprana .............,.......................... Il mito è tramontato: il bombardamento francese del 1684 e l’alienazione di un habitat .. ........ NOTE 10 .. er re I I Tr er re c E v Tr c9 Tr Teer 57 $9 5$ 5$
313 316 318 328 344 345 354
ren
11. LA nESTITUZIONE (1700-1915) 11.1.1. 11.1.2.
Lo stato di porta sant'Andrea nel 1700 con gli interventi di emergenza del XVIII secolo ......... Il perimetro difensivo con i ‘forti’ edificati sulle colline e il destino degli ingressi monumentali della città in
11.1.3. 11.2.
Mentre si consuma la grandeur urbanistica, per porta Soprana sono gli anni del silenzio ......... La «Commissione municipale» e la Relazione di Porta Soprana di Sant'Andrea (1882) ...........
epocamoderna
VII
.........
llle
een
»
» » »
359 361 375 378
11.3. 11.4. 11.5. 11.6.
La «coscienza di restauro» e le finalità nell'orizzonte di un Medioevo restaurato a Genova (1882-1914) «La Commemorazione centenaria della scoperta dell'America nel 1892» a Genova e la chiusura del primo lotto di lavori su porta Soprana (1887-1892) ................................... «Le laboriose vicende» del ripristino (1881-1914) ................................ Le ultime battute della «restituzione» architettonica alle soglie della prima guerra mondiale (1907-1915) Ij Ongsgg "ILIA "e
385 387 393
424 432
12. LA SISTEMAZIONE (1919-1943) 12.1. 12.2. 12.3. 12.4. 12.5. 12.6.
1919-1929: un decennio interlocutorio ...................................... Il «suolo privilegiato» e «l'ambiente sacro»: un processo per il carisma dell'area di porta Soprana di sant’Andrea (1916-1934) LL Il piano regolatore della zona «A» nel quadro del mito della Dominante e le demolizioni di «S.E. il Piccone Risanatore» (1926-1937) ............................................,.. Il restauro-Grosso e la visita del duce alla Dominante (1937-1938) ...................... Il grattacielo Invernizzi come sigillo di un percorso (1939-1940) ....................... La conclusione della vicenda: dallo «storico discorso del Duce» alla «Genova martoriata»: porta Soprana di sant Andrea sopravvive, ma non fa più storia (1940-1943) ........................... RC M M n Cc en
EPILOGO
»
445
»
448 453 464 468 473 489 503
"CC
APPENDICI
. see...
OR um...
CEE
1. Numero,
misura e proporzione in un'opera medievale: il caso di Porta Soprana, a cura di FERDINANDO
.
511 513 541 569
BONORA
2. Le fonti documentarie, a cura di M. CECILIA PROFUMO ................................ 3. Panoramica iconografica di porte urbane nell’antichità, a cura di M. CARLA CıcoLinı e M. Rosa CROCE . . BIBLIOGRAFIA
CITATA
(a cura di ELENA
MANARA)
Inpici (a cura di Rıra CAVALLI e ELENA MANARA)
..
..
44e
eee
...................................
»
599
»
633
IX
PREMESSA
La cronistoria di questo volume parte circa dagli anni Settanta quando con gli allievi dei miei primi corsi universitari visitavamo i resti architettonici della città e quando, inesorabile, porta Soprana di sant’ Andrea rappresentava la tappa d'obbligo di ogni peregrinatio; ma rappresentava altresì un appuntamento disatteso giacchè la scheda sull'edificio non assolveva che parzialmente e in superficie gli interrogativi imposti de visu dalla fabbrica, la lettura della quale ne vedeva emergere di nuovi accrescendone, oltre al numero lo spessore. Decisi di ‘studiare’ il monumento. Dall'idea al progetto alla stesura alle revisioni e pubblicazione i tempi si dilatarono oltre il previsto e oltre le intenzioni di origine. In base a queste ultime il progetto a tavolino prevedeva l'edizione critica dell'edificio circoscritta alla sola filologia: fu nel divenire della ricerca che si fece perentorio il confronto con l'esegesi sui contenuti della porta di città e fu la proiezione entro un'area di studio del tutto inesplorata che impose di adeguare la griglia del volume facendo slittare i tempi d'indagine.
Quantificare gli anni delle «laboriose vicende» occorse nello spazio dell’elaborazione e stesure di queste pagine mi è relativamente facile — si tratta di oltre un decennio —; ma non lo è affatto entrare nello specifico delle scelte qualitative da riferire alla genesi di questo libro. Che è nato ed è nato così. La sua preistoria appartiene a un retroterra che risparmio al lettore. Non prima di ribadirgli che di «daboriose vicende» fu intessuta pur sempre, nella convinzione essere le medesime un corollario per questo tipo di ricerche e una costante entro il corpus di ricorsi-storici peculiari a porta sant'Andrea. Nel frontespizio di questo volume si legge la dedica al prof. André Grabar: è un omaggio sentito e
doveroso che assolve un debito di riconoscenza contratto a partire dagli anni Sessanta. Ad André Gra
bar, infatti, devo molto per quanto ha scritto per tutti e quanto ha fatto per me, iniziandomi a una tipologia di studio, seguendomi nelle ricerche di maggior impegno fino a sobbarcarsi il peso di leggere e postillare
questa mia ultima fatica che ponderosa, in effetti, &.
Al punto che — in riferimento a essa — impresa tanto ardua quanto imperativa mi risulta ringraziare tut-
ti coloro i quali sono stati prodighi di consiglio, critica, suggerimento, collaborazione, disponibilità c aiu-
to anche morale. Consapevole, quindi, di correre il ri schio di omissioni inevitabili ma pur sempre colpose, ringrazio: in Italia, nella mia città: Sid Accornero, Edi Bac-
cheschi, Giovanna Balbi Petti, Ida Maria Botto, Maria Carla Cigolini, Graziella Conti, Anna Daneri Pisano, Giorgio Doria, Luigina Giordano, Lidia e Lino Invernizzi, Giuliana Lanata, Gian Giacomo Musso (scomparso di recente), Laura Tagliaferro. Sempre a Genova: Archivio dell’Accademia Ligustica di Belle Arti;
Archivio Capitolare; Archivio della Curia Arcivescovile; Archivio della Ripartizione edilizia del Comune (P. Ferrando); Archivio di Stato(A. Agosto, R. Urbanij; Archivio Storico del Comune (L. Saginati, M. Parodi e V. Ferretti); Biblioteca Berio (R. Piatti, G. Calcagno); Biblioteca del Centro Culturale Galliera; Biblioteca della Facoltà di Lettere; Biblioteca Franzoniana; Biblioteca del Goethe Institut (I. Donhauser); Biblioteca del Seminario Arcivescovile Maggiore «Benedetto X V»; Biblioteca del Servizio Beni Culturali del Comune di Genova (M.T. Lagomarsino); Biblioteca della Società Ligure di Storia Patria; Biblioteca Universitaria (E. Bellezza, P. Bertagni) Biblioteche di tutti eli Istituti della Facoltà di Lettere; Cassa di Risparmio (G. Dagnino); Galleria di XI
Arte Moderna (G. Frabetti); Museo di Architettura e Scultura Ligure di S. Agostino; Museo Giannettino Lu
Auturt: Bibliothèque Municipale (C. Husson); Avila: Museu Provincial (M. Assensi Janez); xoro (G. Biavati); Museo Navale (L. Secchi); Museo di Barcellona: Museu d'Historia de la ciudad (F.P. Palazzo Rosso (G. Frabetti; Museo del Risorgimento e Verri); Istituto Mazziniano (B. Montale, L. Morabito); Bayonne: Bibliothéque Municipale (Mr. HourSoprintendenza Archeologica della Liguria, So- mat); Boston: Biblioteca dell'Istituto di Archeologia printendenza per i Beni Ambientali e Architettonici, Soprintendenza per i Beni artistici e Storici con i ri- della Harvard University; spettivi Soprintendenti e il personale tutto, intercorsi Burgos: Biblioteca Publica Provincial; in questi anni di ricerca; (II) Cairo: Coptic Museum; Deutsches KulturinUniversità degli Studi di Genova: rettori, presidi, stitut; Egyptian national Museum; Deir Abou Makar colleghi e personale non docente del decennio interes- e Deir esSouriäni a Quadinhatroun; Monastero di sato alla realizzazione di quest'opera. Santa Caterina al Sinai; A Firenze: Adriano Peroni; Biblioteca dell'IstiCarmona: Biblioteca Municipale; Museo della Necropoli Romana (A. Garcia Rodriguez); tuto Archeologico Germanico. A Milano: Gian Franco Ravasi; Biblioteca CoCarpentras: Musée Archéologique; munale Sormani; Museo Archeologico (E. Arslan, R. Colmar: Musée d'Unterlinden (E. Moench); La Fronte); Museo d'Arte Antica del Castello SforzeColumbus (Ohio) Ohio State University. Desco (C. Alberici, M. Franca Fiorio); Archivio fotogra- partment of history of Art; fico del Museo d'Arte Antica. Corte: Université de la Corse (J. Cancellieri); A Pisa: C. Baracchini; Biblioteca dell'Istituto di Die: Musée Municipale (H. Desaye); Storia dell'Arte; Museo Archeologico. Dinan: Musée Archéologique (V. Saudreau); A Roma: Angiola Maria Romanini, Giovanni Evreux: Bibliothèque Municipale (M. Degrave); Antonelli; Biblioteca del Deutsches Archäologischen Fréjus: Bibliothèque Municipale (A. Langlaude); Institut; Biblioteca Hertziana; Biblioteca dell'Istituto Gerona: Museu d'Art (N. Soler,Y. Masferrer); Biblico Orientale; Biblioteca dell'Istituto Nazionale di Gerusalemme: Museo Archeologico Rockfeller Archeologia e Storia dell'Arte; Biblioteca Nazionale con Biblioteca; Museo Islamico con Biblioteca; MuCentrale Vittorio Emanuele II; Biblioteca Universita- seo Nazionale d'Israele con Biblioteca; Museo del Paria Alessandrina; Biblioteca Vaticana; Istituto di Ar- triarcato; cheologia e Storia dell'Arte. Istanbul: Facoltà di Lettere dell'Università (S. A Torino: Silvana Casartelli. Novelli; Museo CiEyice); vico (R. Maggio Serra, S. Pettenati); Soprintendenza
Archeologica del Piemonte (L. Mercando); Soprin-
Langres: Bibliothèque Municipale (M. Gauthier); La Rochelle: Bibliothèque Municipale (Mr. Roumeau);
tendenza per i Beni Ambientali e Architettonici del Piemonte (C. Devoti Palmas). A Venezia: Biblioteca Nazionale Marciana. Léon: Museu Provincial; Londra: Biblioteca del British Museum; Biblioteca Fuori d'Italia, a del Warburg Institut (E. Gombrich e tutto il personale); Aix-en-Provence: Bibliothèque Méjanes (X. LaLugo: Museu Provincial; vagne); Madrid: Angela Franco Mata (Museo ArcheoloAlessandria d'Egitto: Museo Greco Romano; Amiens: Bibliothèque Municipale (M. de gico Nacional); Lemps); Musée des Antiquités Historiques de PicarMerida: Museo Nacional de Arte Romano (I. die (1.L. Massy); Alvarez Saenz de Buruaga); Angers: Service Départemental de l'ArchitectuMetz: Bibliothèque Mediathèque (G. Proch); re de Maine-et-Loire (J. Voizard); New York: Biblioteca dell'Istituto di ArchitettuAnkara: Biblioteca della Facoltà di Lettere ra della Columbia University; Municipal Libra dell'Università; Metropolitan Museum of Art; Peerpoint Morgan Arles: Bibliothèque Municipale (M.J. Perrat); brary; XII
Niebla: Ayuntamento de Niebla (E. Gonzalez Moreno):
Nimes: Musée d'Art et d'Histoire (V. Lassalle); Orange: Bibliothéque Municipale (C. Bladier); Paris: Michel Balard; Jacques Heers; Francoise Robin; Bibliothèque d'Art et d'Archéologie Fondation Jacques Doucet; Bibliothéque Byzantine; Bibliothèque du Collège de France; Bibliothèque du Muscé des Invalides; Bibliothéques de la Sorbonne; Princeton: Index of Christian Art; Princeton University Library (K. Weitzmann, M. Ragusa); Provins: Bibliothèque Municipale: Reims: Bibliothèque Municipale (R. Lassalle); Rennes: Musée de Bretagna (I. Y. Veillard); Ribeauvillé Archives Municipales (K. Kieindienst); Sagunto: Museu Arqueologico: Saintes: Musée Archéologique (A.M. Maillet): Saint-Malo: Musée Archéologique (P. Petout); Senlis: Bibliothèque Municipale (J. Hedouin); Soria: Deputacion Provincial; Tarragona: Museu Arqueologico; Toul: Bibliothèque Municipale (F. Raimond); Toulouse: Bibliothèque Municipale (A.M. Deffau); Musée des Augustines (D. Cazes); Musée Saint Raymond (I. Labriusse); Tours: Bibliothèque Municipale (F. Ragot): Valladolid: Museu Nacional de Escultura (E. Garcia de Wattenberg);
Verdun: Bibliothéque Municipale; Musée Municipale; Vichy: Bibliothèque Municipale (1. Corrocher); Vienne: Musée Archéologique (R. Lauxerois); Washington: Dumbarton Oaks Research Library and Collection; Zamora: Biblioteca Publica «Fernandez Duro» (C. Gonzales). Mi scuso con chi ho tralasciato di menzionare rinnovandogli pur sempre gratitudine che rivolgo, inoltre, ai collaboratori più vicini: Clario Di Fabio e Anna Dagnino per la stesura delle note, Rita Cavalli per la revisione dell'intero testo, delle bozze e dell'ap-
parato figurativo e per gli indici, Elena Manara per la ricerca bibliografica, per gli indici e per la Bibliografia citata — questa completamente a suo carico — nonché per la revisione degli apparati insieme con Francesca Bavassano. . La data in calce alla Conclusione segna la fine dei lavori di ricerca e stesura escludendo i tempi di revisione e di edizione; come tale, il 1983 rappresenta anche la soglia dell’ageiornamento bibliografico, ché mi sarebbe stato inattuabile ripercorrere in questi ultimi quattro anni l'itinerario delle biblioteche consultate, la mappa delle quali è estremamente articolata. Per la stessa ragione, qualche voce nelle note elo in Bibliografia permane carente di alcuni requisiti d'obbligo. Genova, ottobre 1987
XII
INTRODUZIONE
0.1. Porta Soprana "perché": le ragioni di una scelta
L'aver privilegiato porta Soprana di sant’ Andrea in Genova quale perno di uno studio più generale sul valico urbano nel Medioevo risponde a uno specifico “perché”: il monumento risulta essere la porta di città per antonomasia e nella fattispecie di una città che ha nome Janua, come si legge nell’epigrafe del 1155 affissa nel fornice Sud dell’edificio, con valore di vera e
Della porta castri a Sud della città, qual'era nel XII secolo, si hanno notizie scarse: alcuni riferimenti nelle fonti scritte ne testimoniano la sola esistenza, e alcuni tratti recuperati dalle ricerche archeologiche attestano la stratificazione edilizia peraltro ancora in fase di lettura da parte degli specialisti. La disamina potrebbe continuare, senza giova-
mento, poiché l’analisi delle porte e/o pusterle aperte nel circuito di mura detto «del Barbarossa», pur nupropria ‘carta di fondazione”. E una sorta di impositio merose, non farebbe progredire la ricerca. nominis che riconosce alla fabbrica un'identità pecuNon resta quindi che sottolineare la supremazia liare, differenziandola da tutti gli altri passaggi urbaassoluta di porta sant Andrea nel contesto delle porte ni aperti nel circuito di mura eretto alla metà del XII urbane di Genova nel Medioevo; primato che investe secolo per far fronte alla minaccia di «Federico impela qualità del progetto architettonico e della sua rearatore» incombente su quella città che essa pure — ri- lizzazione e il valore di immagine dell’edificio come emblema della città. Per tale carattere la porta si conbadisco — risponde al toponimo di «porta». Tale carattere emerge con evidenza particolare figura quale ‘forma simbolica”, nel pieno spessore dei dal raffronto con la diversa vicenda dell'ingresso ‘ melio', detto di santa Fede o dei Vacca, pressoché
coevo e situato al confine opposto della cinta mura-
ria, a Occidente. Questa seconda porta si colloca in ‘un nesso difforme con la trama dei percorsi circostan-
significati d'origine del valico urbano, ivi compresa la
valenza di ingresso ubicato a Oriente. In parallelo, ulteriori segni connotano il ruolo egemone dell'edificio: forse il nome iniziale di porta Superana, ma soprattutto la ‘storia’ che è «attestato» della vicenda di Ge-
un nucleo rionale che le graviti attorno, al contrario di quanto avviene per il borgo di sant’Andrea che proprio nel nome e nell'immagine del suo prestigioso
valico riconosce la propria identità. Tutto ciò nonostante la rispondenza morfologica dei due edifici, pur
nova, la «restituzione» archeologica come monumento, la fine del suo ciclo vitale nell'orizzonte della città martoriata dall'ultimo conflitto. L'esito dello studio teso a individuare l'immagine e la storia di porta Soprana di sant’ Andrea in Genova comporta d'obbligo il considerare la fabbrica una testimonianza paradigmatica della porta di città
con le varianti nelle strutture della porta dei Vacca.
nel Medioevo.
ti, rivolti verso lo sbocco al mare o l'immediato retroterra del porto, ed è rimasta quasi del tutto priva di
Ulteriori controprove del valore egemone di por-
ta Soprana abbiamo da un altro valico del XII secolo,
la «porta Aurea», monumento demolito,di notevole
rilevanza architettonica e visiva, eretto a Nord della città e che purtroppo non è più possibile recuperare in toto nei suoi lineamenti di origine. L'edificio, pur indicato con denominazione aulica, non risulta essere coinvolto nella. storia urbana con un peso analogo a quello di porta sant'Andrea.
0.2. Porta Soprana ‘come’: i criteri e l'economia di una esegesi Le stesse ragioni della scelta (porta Soprana 'perché) determinano i parametri della ricerca. Lo studio indaga la morfologia del monumento conseguendo riXV
1. IL MONUMENTO
1.1. Porta Soprana com'era: da una descrizione di Alfredo d'Andrade Scriveva Alfredo d'Andrade su porta Soprana di
sant'Andrea nei suoi Cenni Artistici del 1882: «La porta Soprana s'apre nella cinta dell'anno 1155, sulla di rezione della contrada del Prione e del Carobio diritto; le mura, tra le quali essa torreggia, costrutte in pietra da taglio, tolta pro babilmente da cave nella valle del Bisagno, laddove si è potuto misurarle vicino ad essa hanno sulla loro parte superiore uno spessore che varia frai m. 2,20 e i2,60. Quale fosse la loro altezza primitiva, non è ora facile i determinare; essendo riempiuti i fossi, colmato il terreno ovunque, per faivi giardini, cortili, ecostrurvi case. Crediamo però che non dovesse essere minore di m. 15: forse anche raggiungeva i m. 20. Lungo il corridoio della cortina Serge un parapetto dello spessore di cent. 50 e dell'altezza di cent. 90 circa, come si può constatare, malgrado i cambiamenti fa petto s'innalzavano i merli. Dei 1070 merli della cinta, alcuni se ne vedono tuttavia mediocremente conservati, o ristorati in quel tratto di muro che ora einge a levante il cortile d'accesso alle carceri dette di Sant’Andrea. Sono essi costrutti a corsi di pietra, e misurano da m. 1,40 a 1,50 di larghezza; hanno cent. 50 di spessore; lo spazio che s'interpone fra essi è di cent. 92 a 93. Alcuni dei merli hanno ancora traccie di feritoie inclinate Iringià, dell'altezza, a quanto pare, di cent. 90 dal lato esterno e di cent. 30 dall'interno: ma avendo essi perduta la parte superioTe, possiamo per induzione dire soltanto quale ne fosse la forma. -La Porta propriamente detta à larga, tra gli stipiti, di m. 5; e la maggiore sua altezza, tenendo conto dell'abbassamento attuale del suolo, è di m. 9,52. Si chiudeva mediante due imposte, che giravano su cardini di ferro, dei quali ne restano ancora due: ed avevano inoltre i montanti, o piantoni, raccomandati a due grosse pietre bucate, delle quali le superiori sono in perfetto stato di conservazione. L’arco impostato su modiglioni, il cui profilo è una scozia sormontata da fascetta, è voltato a sesto acuto, secondo i principii che si andavano allora introducendo nell Occidente. Anzi, questo della nostra Porta sarebbe proprio uno dei più antichi esempi dell'uso del sesto acuto fra noi. Esternamente l'arco è decoratoda una colonnetta sottile ottagona con capitello, la quale dà origine
ad un cordone formato con pezzi alternati di marmo e di pietra, esso pure ad otto angoli, che gira tutt’attorno all’arco medesimo. Il capitello è eseguito con una imitazione servile del corinzio. Lo squarcio della Porta è voltatodi tutto sesto... L'arco dello squarcio è sorretto da due colonne tonde c rastremate, con basi e capitelli di marmo: questi capitelli sono scolpiti con minore preoccupazione di imitazione servile dell'arte romana. Delle basi, rimane ancor visibile il frammento di una soltanto, nell'interno della bottega segnata col numero 2. Ma quelle che tuttavia si mirano sotto alle colonne della Porta dei Vacca, ci insegnano come dovevano essere; cioè grossolanamente ispirate alle membrature dellattico, alte soverchiamente e cogli unghioni agli angoli del plinto. Al disopra dell'apertura della Porta, messa orizzontalmente a mo’ di cornice, è una fascia di archetti alternati di pietra e di marmo bianco, la quale si estende lateralmente e gira all’esterno delle due torri. La forma dei modiglioni che li sorreggono è quella di un dado, colla parte inferiore arrotondata. Gli archetti sono a sesto acuto, ed ognuno è cavato da un pezzo: al disopra di essi corre una dentarella o sega. Il corpo centrale della Porta, che dal lato della città si sporge alcun poco dalla linea del rovescio delle torri, è pure decorato sur periormente d'una fascia d'archetti, minori, per dimensione, di quelli dell'esterno, ed impostati alquanto al disopra del livello dei primi. Sono però anch'essi alternatamente di pietra e di marmo. La Porta Soprana è munita di due torri, le quali, dal lato verso la città, hanno base rettangolare c sono sporgenti all'esterno dei muri di cinta di tutta la loro parte anteriore, su pianta semicircolare. Sono essc costrutte, come la Porta e le mura, in pietra da taglio lavorata nella maggior parte alla punta grossa e profilata negli spigoli collo scalpello; ed hanno in pianta le seguenti misure; sulla direzione nord-sud, m. 6,67 l'una (quella a nord) e m. 7,05 l’altra; e sopra di una linea, che passando rispettivamente sul centro di ogni torre sia parallela o quasi alla via che passa fra di esse, cioè dalla loro parte anteriore, o fronte, alla posteriore, m. 6,90 la prima e m. 7 la seconda. Le torri non sono messe l'una accanto all'altra su linee parallele, ma convergono l'una verso l'altra, essendo le minori distanze fra le loro parti rettangolari di m. 6,90 negli spigoli verso la città, e m. 6,45 sulla linea del filo esterno della muratura al disopra del la Porta. Il quale fatto procede dalla rientranza od angolo che fa la cinta, il cui vertice si trova precisamente laddove sta collocata la Porta: mostrandosi consentanei in ciò, i nostri architetti, alle 3
buone massime che già vedonsi adottate dai romani, particolar- della Porta, e da questo alla torre, ed alla cortina opposta. Questo mente nella cinta della loro metropoli, ove sono evidenti le rien- piano aveva tre feritoie, una delle quali destinata specialmente ad tranze, tutte le volte che la inta discende verso qualche valle, tra invigilare quanto si poteva tentare lungo l'esterno della cortina. Dal piano all'altezza del corridoio dei merli, per mezzo di mezzo a due elevazioni. ad un piano su Le nostre torri sono tra le più alte che siano state costrutte una scala in pietra murata a sbalzo,si ascendeva nell'età di mezzo a difesa degli ingressi, ed oltrepassano i m. 31 periore, formato da un pavimento in legno. A questo piano vi sodal livello del suolo del passaggio della Porta; mentrecché, ripen- no pure due feritoie ed una grande apertura a sesto acuto verso sando a quelle fra le più belle di cui si vantino oltr'lpi, troviamo l'interno dell città, ed una porta pure a sesto acuto, che si apre come la torre Narbonriaise in Carcassona non abbia che m. 24 superiormente al passaggio sopra l'arco della porta e che doveva d'altezza, quella tanto vantata di Laon a Coucy-les.Chäteau, m. servire per accedere a ballatoj da costrursi su travi, i cui incontri, 22, e quella di Ville Neuve-es-Avignons m. 20. Di più, in tutti co- o buchi, erano ancora visibili ne muri. Da questo piano seguitava testi esempi le torri non oltrepassano le mura che di m. 12: le no- la scala in pietra per salire ad un terzo, pure con pavimento in e stre invece le sopravanzano non meno di m. 18. gno, e forse aggiunto dopo, e quindi alla sommità della torre. L'interno delle torri della Porta Soprana & diviso nella sua Le torri che difendono la Porta sono ornate in alto da una altezza in due parti da massiocie volte asesto acuto, fatte al livel cornice di archetti sormontati da due ordini di seghe, e da un corJo del cammino dei merli. La parte inferiore, alla quale si accede- done liscio, sul quale si basano i merli. Gli archetti, alcuni dei va dall'interno della città per una grande apertura a sesto acuto, quali sono in marmo, si impostano su modiglioni fatti a capitello era divisa in due piani da un pavimento in legno, all'altezza del nascente, che nellinnalzarsi si allargano a mo’ di piramide tronca, rovesciata e sormontata da un toro, o bastone, e da una fascetta quale sono due feritoie. La Porta Soprana, colle sue torri, non solo vince în altezza 1I piano all'altezza del cammino dei merli ha pure una grande apertura a sesto acuto verso l'interno della citt; ed a questo si tutti i monumenti che già abbiamo accennati; ma al loro confronaccedeva per una porta della cortina: un'altra porta a sesto acuto, 10 apparsce anche superiore per a ricchezza e l'abbondanza delle come la prima, metteva al passaggio pure merlato sopra l'arco decorazioni» (qui fig. 1 e 2)
NOTE
1 II brano è stato trascritto da D'ANDRADE, 1882, passim.
1.
PORTA SOPRANA Dem n sur.
Fig. 1 - Porta Soprana, prospetto esterno, acquerello di A. d'Andrade.
e DER
EEE RER
EU IUE
e
pee
PORTA SOPRANA TER
un
DETTA DI SANT'ARDREAR GEROUA
Sn Li
Fig. 2 - Porta Soprana, prospe:to interno, acquerello di A. d’Andrade.
|
2. TIPOLOGIA I (LA MORFOLOGIA)
2.1. I suggerimenti della critica e l'avvio di una verifica relativa a...
La tipologia di porta Soprana è problema nodale
nell’esegesi dell’edificio e una delle molte questioni che
hanno sensibilizzato solo parzialmente la critica, rimanendo spesso accantonate. Sull'argomento sono stati suggeriti spunti vaghi e generici, legati segnatamente a raffronti meccanici, citazioni di luoghi e di nomi. Per identificare il problema nei suoi termini concreti, tali raffronti risultano tuttavia di un certo interesse, sicché ritengo opportuno richiamare l'attenzione su alcuni di essi onde effettuare un ideale percorso di verifica che, considerate le tappe di età romana, indaghi nel mondo medievale in relazione a una ‘geografia” peculiarmente genovese dalle terre d'Occitania a quelle d'Oltremare. 2.2. ..le porte urbium et castrorum del mondo romano
Fra gli spunti chiave consegnati dalla critica al fine di individuare il possibile archetipo della tipologia di porta sant Andrea, acquista uno specifico spessore l'ascendenza dalle porte di città e di castra permanenti in epoca romana. Questa filiazione è ritenuta scontata senza accerta-
menti ulteriori, soprattutto quando si riferisca al tipo di ingresso difeso da due torri laterali. Porta sant Andrea troverebbe le sue ascendenze tipologiche in questo retroterra poiché essa si colloca d'ufficio in tale categoria. La soluzione appare alquanto generica e ridutti-
va, al punto di consigliare un riesame globale della L'indagine parte dall'analisi dei monumenti già segnalati dalla critica, ma tende ad ampliare l'orizzonte dei riferimenti e l'elenco dei manufatti da inquisire integrandone l'esame con notizie ulteriori. Un ventaglio di riprove induce a conclusioni ben
questione.
articolate se si considerano alcune porte di città dell'area italica suggerite da Alfredo d’Andrade quali gli ingressi fortificati di Verona, Spello, Fano, Aosta, Torino, Roma e Susa, che la critica più recente colloca in un lasso di tempo fra il I sec. a.C. e il IM d.C. (per tutti questi monumenti si rimanda ai rilievi nell'appendice Cigolini-Croce). La PORTA DEI LEONI in VERONA, un grandioso rudere oggi esistente con superfettazioni gravose, non può essere annoverata fra gli immediati antefatti di porta sant Andrea in Genova. Nella sua fase più antica datata fra il 49 e il 42 a.C., l’edificio presenta una «disposizione gemina, a due fornici affiancati» con uno «sviluppo dell'elevato, che anticipa — secondo il Crema — quello della porta Palatina a Torino e di altre porte più tarde». Tali prerogative segnano nette le
distanze dal monumento di Genova, così come altre peculiarità del manufatto di Verona quale il suo inquadramento stilistico, ritenuto riferibile all'«architettura centro italica».
La PORTA VENERE a SPELLO, da ascriversi probabilmente al primo periodo augusteo, è difesa da due torri poligonali e si risolve in una complessità di pro-
getto che non ha nulla in comune con le strutture di
porta Soprana, forse anche più sofisticate benché più semplici in apparenza (v. appendice Bonora). Fra l'ARCO DI AUGUSTO' a Fano, datato ai primi decenni del I sec. d.C., e porta sant'Andrea le diffe renze sono evidenti: peculiarità che non trovano alcun riscontro nel monumento genovese sono il moltiplicarsi dei fornici, il prospetto elaborato in contrastate profilature, la modulazione degli aggetti e l'articolarsi della galleria superiore. La PORTA PRETORIA di AOSTA, dell'ultimo quarto del I secolo a.C., è fiancheggiata da due torri quadre, mentre la PALATINA di Torino è difesa da due alte
torri a sedici lati; quest'ultima, assegnata dal Crema all’età augustea e da altri archeologi all'epoca flavia, costituisce un termine di paragone ricorrente.
Se passiamo a considerare le PORTE NELLA CINTA AURELIANA di Roma (collocabili — come è noto — nel III sec. d.C. e ss) rinveniamo un testo ricco di spunti che offre terreno a piü considerazioni, alcune delle quali sono state suggerite a suo tempo da Alfredo d'Andrade. La PORTA DI SAN SEBASTIANO, quella di SAN GIOVANNI e quella di SAN PAOLO sono tra i monumenti forse più affini a porta sant'Andrea, ma non sono gli unici, perché in questa sede ho privilegiato soltanto alcuni dei numerosi ingressi del circuito urbano di Roma. Le porte di questo sono difese da torri di morfologia varia: si passa infatti da torri semicilindriche ad altre rettangolari oppure in origine semicircolari, ma manomesse e trasformate nei modi più diversi. In genere i prospetti di questi valichi non sono molto elaborati e spesso i passaggi sono a una sola corsia. Dato di fatto comune a queste fabbriche è Taver privilegiato le necessità di difesa, ovvero quelle più specificamente militari (in rapporto agli eventi bellici), a fronte delle esigenze di scenografia celebrativa e rituale, che per lo piü sono preponderanti nelle porte augustee e in quelle medio imperiali.
da romanità: quando, cioè, nuove urgenze di difesa, ben più impellenti che negli edifici della pax augutea, determinano strutture più efficaci sotto il profilo bellico.
Anche la PORTA 'SAVOIA' di Susa, tuttora esistente e assegnata al III sec. d.C. inoltrato, si riconnette al
minano l'impostazione difensiva di porta sant An-
tipo tardoantico e si potrebbe quindi collocare agevolmente nel retroterra di porta sant’Andrea!. A un esame più attento emergono però differenze sostan-
Non è un caso, inoltre, che sia le porte ‘aureliane’, sia la porta ‘segusina’ rappresentino un 'archetipo' di un certo credito per la tipologia dell’edificio genovese. Entrambe, infatti, riflettono i principi dell’architettura militare, così come questa era stata già am-
piamente collaudata nelle porte dei castra permanen-
ti nell'immediato retroterra del limes. Ne sono una ri-
prova le analogie reperibili a livello morfologico fra gli ingressi urbani del III sec. d.C. (e anche del IV), nell'area italicae quelli castrensi, ai confini dell Impero (v. appendice Cigolini-Croce) 2.
I principi teorici della difesa — che stanno alla base del progetto architettonico — non hanno subito alcun aggiornamento di fondo dopo la stagione roma-
na compresa fra Vitruvio, lo ‘pseudo-Igino’ e gli «scrittori militari» del Tardoantico (dal I sec. a.C. al
II d.C., al III-IV sec. d.C., v. oltre); questi dettami
tecnici sono grosso modo ancora gli stessi che deter-
drea.
Le analogie fra i manufatti di epoca tardo romana e quelli di età medievale sembrano quindi risalire
ziali, che risultano determinanti nel negare per lo me-
più all’attuarsi di un comune e circoscritto programma di tutela che non a una specifica dipendenza di
no una filiazione diretta fra l’edificio di epoca tardo romana del Piemonte e il monumento medievale di Genova. Diverse impostazioni di progetto, evidenti
reliane’ di Roma, non è però da escludere che un ulte-
nelle aperture degli invasi, nelle planimetrie delle torri, nello sviluppo dei raccordi, nelle invenzioni delle facciate, nell'importanza e nella gerarchia delle modanature, nei giochi di luci annidate nell'interturrio,
nell’articolazione dell'elevato e, infine, nel cavaedium un tempo esistente in corrispondenza spaziale con-il prospetto anteriore, riflettono criteri funzionali di strutture architettoniche che rinviano a itinerari di culture profondamente diversificate. Tuttavia le contraddizioni si integrano e si com-
pongono se sí risale a un comune denominatore: la funzione di difesa che sta alla base sia dell’edificio di
Susa come di altri coevi e tipologicamente affini, sia delle porte urbiche nel Medioevo.
Non è quindi un caso se porta Soprana trova al-
cune radici tipologiche non tanto nelle porte dei primi
secoli imperiali quanto e piuttosto in quelle della tar8
progetto. Nel caso della correlazione con le porte ‘au-
riore elemento abbia potuto giocare la sua parte. Ci si riferisce a una memoria ambientale che poteva esse-
re presente nel codice genetico di porta Soprana, con-
dizionato anche dal prestigio delle porte dell Urbs di tradizione atavica e dal rinnovato carisma impresso loro dai Mirabilia. Il ‘modello’ di porta urbana fortificata a disposi-
zione del Medioevo, e segnatamente in determinate aree, era ancora quello che per la sua efficienza e per la sua elementarità architettonica risultava il piü faci-
le per la realizzazione e il più sperimentato dal tempo e dall'uso: ossia la porta dei castra permanenti e delle città fortificate del mondo romano. In un celebre passo di Polibio si legge infatti dell'identico crite-
rio utilizzato per le fondazioni delle città e degli accampamenti stabili a uso dell'esercito romano3.
Come risaputo, un regolamento codificato presiedeva alle norme per fortificare i castra, ivi compre-
se le porte dei loro circuiti. Se ne ha puntuale testimonianza negli scrittori di cose militari, come ad esempio nel già citato autore della nota Castramentorum Metatio. Il riscontro archeologico di tale normativa attuato sul terreno assieme con la peculiarità ‘bellica’
del mondo tardoantico hanno indotto gli studiosi a scrivere dell’esistenza di una «Soldatenkunst», formatasi nell’ambito dell’accampamento medioroma-
no. Un vocabolo questo, teso a definire un prodotto
artistico rapportabile in specifico all'architettura di difesa e alle modalità di ristrutturazione dello spazio
nei castra. Una vera e propria ars militaris prende quota al puntodi assumere un'immagine che inciderà in profondo sul divenire di certa cultura del Medioe-
vo e con un peso il cui valore non è stato ancora chiarito appieno. E sufficiente ricordare il caso limite delJa 'villa' di Diocleziano a Spalato e del suo ruolo di ‘modello’ utilizzato fino all’Escoria/ presso Madrid, così come alcuni storici dell'Arte hanno suggerito.
Gli esempi di porte fortificate da due torri semi
cilindriche con passaggio semplice non mancan zio ora il riscontro archeologico attraverso un itinerario che prende l'avvio dalle ZONE NORDICHE, tenendo presente che queste regioni sono le meno pertinenti
Fig. 3 - Ratisbona, castrum, planimetria generale.
della decorazione architettonica, tutta giocata su tematiche ‘classiche’, negano la possibilità di accredita-
re una dipendenza diretta della porta sant'Andrea in
Genova da quella omonima in Gallia.
Per la porta romana di Die, fortificata durante il
Medioevo, per quella di LANGRES, a due fornici, e finalmente per la famosa porte d'Auguste a NIMES,
alla mia ricerca per la loro distanza fisica da Genova e, soprattutto, per le loro peculiarità culturali e per la
sa affermazione di cui sopra.
quella della Liguria. Ne fa fede il caso di Divrria (Deutz) sul limes fortificato presso Colonia, mentre la porta romana di RATI
in una porta monumentale denominata «de Mars», 0 le porte di ToLosa, delle quali oggi è stata ricostruita l'immagine in una maquette nel museo archeologico
loro stratigrafia storica, assolutamente estranea a
tanto vicina ad Autun e anche ad Aosta, vale la stesL'arco onorario di REIMS, trasformato col tempo
SBONA rappresenta un attestato meno lontano quanto a
morfologia per la sua pianta esemplare del tipo castrense (figg. 3 e 4) e per la semplificazione dei suoi valichi“.
Sul versante della Gallia mi limito a una menzione di monumenti celebri ricorrenti nelle citazioni degli studiosi quali le porte di AIXEN PROVENCE, con cortina a esedra, quelle di ARLES e di FREIUS, con uno schema tipologico estraneo a porta Soprana, che il Crema e, prima di lui, il Clerce nel 1921 il Costans
fanno risalire a «una delle svariate forme delle porte di Mantinea», assegnate al IV sec. a.C., quanto a «probabile prototipo». Gli ingressi monumentali di AUTUN sono un riferimento d'obbligo e, segnatamente, la porta SAINT ANDRE, resa celebre anche dagli interventi di ViolletLe-Duc. Un andamento longitudinale del prospetto con conseguente dilatazione degli spazi, il repertorio
S Maximilianstr.
1 Merate 22
Marnliansts28 À
NAN
Pr
Lg
«
Fig. 4 - Ratisbona, castrum, planimetria particolare.
dolo di notazioni risalenti, con tutta probabilità, ad ambiente ‘ellenistico’. L'esempio di Reims infine, che certifica — e non è episodio unico — la trasformazione dell’arco onorario in porta fortificata, induce a valutare i nessi morfologici e semantici fra le due tipologie in causa”. Se superiamo i PIRENEI, la situazione non cambia: non è consentito reperire un ‘archetipo’ nel senso più proprio del termine, neppure nell’area iberica, una zona, questa, tanto vitale da proporre ricchi spunti di discussione alla problematica dei valichi urbani di epoca romana e al loro rapporto con quelli medievali e nella quale è facile documentare il sovrapporsi e la stratigrafia delle due civiltà. Fig. 5- Nimes, porta di Augusto, prospetto esterro.
della città, scno testimonianze che non arricchiscono di contributi muovi l'indagine. Ritengo cpportuno invece spendere qualche parola per rilevare quanto numerosi siano gli spunti degni di nota che l'area gallo-romana offrirebbe a una ricerca circoscritta esclusivamente alle porte romene, ancora tutta da fare. Alcuri testi, come Autun e Nîmes (figg. 5-8), prossimi a quelli del versanze italico delle Alpi, testimoniano, fra l’altro, la coesione e l'unità di ana scena culturale in cui una catena montuosa non crea cesure irreversibili. Gli attestati di Frejus, Aix e Arles sono manufatti che art:coFig. 7 - Nîmes, porte de France, prospetto.
Fig. 6- Nîmes, porta di Augusto, interno. 10
Nel quadro dell'esemplificazione, interessano quindi più delle porte romane di AMPURIAS, in Catalogna (figg. 11 e 12), quelle di BARCELLONA (v. figg. 164-166) — i resti della porta Praetoria, a torri semicilindriche, sono oggi inglobati nelle strutture della plaza Nueva — e la porta «Ilemada de Sevilla» a CAR: MONA, in Andalusia. Ritenuto «un excelente ejemplar de puerta fortificada» di tipo preromano, l'edificio fu restaurato e riutilizzato dagli arabi, assieme con le altre porte e il circuito delle mura. Continuità di vita e di funzione attestano anche il tracciato romano — ricostruito in epoca medievale — e la porta romana denominata «Arco del Cristo» a Caceres, in Estremadura: un edificio racchiuso fra due torri quadre che presenta una stratigrafia multi
Ac. cigosivi (Da DUB») MCCIGOLINI (DA DvEY)
Fig. 9 - Muro gallico, ricostruzione grafica, disegno di M.C. — Fig. 10 - Oppidum gallico, ingresso, ricostruzione grafica, disegno Cigolini di MC. Cigolini
vitalitä dei documenti stessi e per il fertile portato del: la «Soldatenkunst» sul territorio Nella fascia compresa fra la Catalogna, l'Aragona e le Asturie — inclusi quindi anche i regni di Castiglia e di León — è di rilevante interesse valutare i modi e la misura dell'utilizzazione della plurimenzionata «Soldatenkunst» da parte della civiltà visigota, mozarabica e di quella della «Reconquista». Indicativi ed emblematici in tale direzione sembrerebbero gli attestati polari di León e Lugo da una parte e di Avila, con ad esempio la sua porta san Vicente, dall'altra. In chiusura non resta che porre in evidenza come non sia stato possibile scoprire per porta sant’An-
Fig. 11 - Ampurias, porta di età ellenistica, ruderi del prospetto esterno. pla. Sempre nella stessa regione non si possono tacere per la loro importanza le porte di CoRIA.
Corpova e la cordovana porta di Siviglia, nella facies già ritenuta visigota, non interessano l’analisi in corso. Preferisco ora soffermarmi su di un gruppo di documenti piuttosto omogeneo, quali le cinte murarie — e alcune con relativi ingressi monumentali — di GERONA, LEÓN, Luco assieme con quelle di SARAGOZZA e di TAR-
RAGONA. À mio avviso tali perimetri sono testimoni
zc da valutare con attenzione. La loro immagine di ci
uiti grandiosi con torrioni quasi sempre semicilindri
tribuiti con passo costante, a distanza ravvicinata e
pari all'altezza della cortina, si configura infatti come
agente di potenziale vasto. La codificazione architettonica di questi complessi rappresenta uno degli antefatti più illustri di alcuni maestosi circuiti di mura nel Medicevo della stessa penisola iberica (v. qui il 2.8.). Né va
scttovalutata la circostanza che molti di tali complessi scno stati riutilizzati più volte nel tempo per la difesa
drea l'eventuale prototipo di età romana inteso quale ‘modello’ da imitare, neppure in un territorio tanto ricco di documentazione specifica quanto lo & quello dell'area iberica 6. Dagli anni "70, Institut d'Archéologie Mediterranienne ha messo in atto un programma di ricerca che esamina il territorio del NorD AFRICA di epoca romana e bizantina. È questo un attestato della ripre-
sa d'interesse per la zona, una cura che ha dato già frutti e a cui si deve — in parte almeno — l'aggiornamento dell'informazione qui utilizzata. Pol Trousset, in un lavoro sul LIMES TRIPOLITANO del 74, compila un inventario di circa 140 voci, relative a reperti archeologici tuttora esistenti sul territorio esaminato. Un numero assai rilevante, che rende atto della vitalità, della consistenza e della diffusione in loco dell'impianto bellico dei romani anche per l'epoca immediatamente successiva. Le testimonianze dell'archeologia prese in esame e relative a costruzioni di tipo militare sono classificate dall'autore utilizzando una casistica che comprende il «castrum», il «castellum», i
dei centri urbani, con o senza rimaneggiamenti pesanti.
La porta romana a doppio passaggio di MERIDA, in Estremadura, denominata El Cimbron e riprodotta
‘anche nelle monete, è stata ricostruita — pare — in età visigcta, mentre i resti della porta Praetoria del celebre castrum di NUMANCIA (figg. 13 e 14) non han-
no goduto di un destino tanto favorevole.
Con la porta di SIVIGLIA e con quella a due torri semicircolari di TALMUDA chiudo questa sommaria
rassegna resa a evidenziare l'egemonia che l'area iberica ricopre nel quadro di una mappa delle porte di città nel mondo romano per numero, qualità, stimoli,
Fig. 12 - Ampurias, porta di età romana, resti del prospetto.
Fig. 13 - Numancia, ricostruzione grafica della fortezza, disegno della metà XVI secolo.
fortini del tipo «centenarium», le costruzioni del tipo «burgus» o «turris» e quelle del tipo «fossatum» e «clausura». Il campo militare di REMADA, assai noto e a cui sempre il Trousset dedica nel "75 una monografia con prefazione di Euzennat, & una testimonianza illustre.
Fig. 14 - Numancia, stato attuale delle rovine.
della «Soldatenkunst» in età adrianea. Le porte del recinto fortificato non presentano, tuttavia, alcun richiamo d'interesse per la tipologia del valico genove se; né gli ingressi di Remada, dove le porte orientale e. occidentale sono difese da torri rettangolari, e soltanto quelle settentrionale e meridionale da torri semirotonde; né i valichi del campo di RAs EL Ain, modellocampione che nelle planimetrie pubblicate dal Trousset nel 74 presenta porte con torri a sezione semicircolare. Nel primo caso, a Remada, nelle porte Nord e Sud le torri sono assai ravvicinate, lasciando libero un passaggio molto stretto; nel secondo — sempre a quanto si può giudicare da un rilievo, non essendo stato possibile il sopralluogo — sembrano valide le osservazioni già avanzate per gli accampamenti del /imes nel Nord Europa. Per l'impianto essenziale il limes tripolitano è opera degli ultimi Antonini e dei Severi, ma fasi importanti rappresentano anche le riorganizzazioni sotto Gallieno, la Tetrarchia e Costantino — per l'aggravarsi della pressione nomade —, fino al V secolo 13
avanzato, con una genesi protratta nel tempo e articolata nelle modalità delle strutture. L'avvenimento che tuttavia ha lasciato la traccia forse piü duratura sul suolo dell Africa settentrionale è la riconquista di Giustiniano nel VI secolo. L'importanza della dominazione bizantina è stata ampiamente messa in risalto dagli studiosi e in particolare dal Romanelli che già nel 1935 rilevava le peculiarità del programma giustinianeo registrando la svolta culturale impressa da quest'ultimo al territorio. Qui, infatti, si realizza un disegno di ristrutturazione militare tramite il recupero dei resti romani per fortificare numerosi centri che subiscono un processo di contrazione, utile ai fini di una difesa più efficiente. Il noto esempio di TuevESTE, oggi TEBESSA, è indicativo per tale assunto.
Proliferano in tutto il Nord Africa fortezze bizantine, anche più numerose di quelle di epoca romana: dall'ALGERIA all'odierno EGITTO le costruzioni pervenute sono rilevanti per numero e per importanza. Un elenco, pur lacunoso e di necessità risolto in una sequenza di nomi, rende tuttavia l'idea del peso di questa area nel quadro dell'architettura militare
rapporti proporzionali. AI più, e nei casi più fortuna-
ti, qualche affinità eventuale può essere giustificata dalle considerazioni già proposte per il limes europeo e delle quali s'è già scritto. In quest'ottica va valutato un ultimo esempio: l'ingresso monumentale della fortezza denominata di
Babilonia, tuttora esistente nel CAIRO VECCHIO, € restaurato da qualche anno. Anche a un'osservazione di superficie risulta chiaro quanto il monumento cer-
tifichi le distanze esistenti con porta sant'Andrea: le
attestano sia il progetto assai più grandioso dell'edifi-
cio nei pressi del Nilo, sia la sua particolarità delle
torri a pianta a semicerchio profondamente oltrepas-
sato, sia le connessioni all'interno delle strutture, sia
l'altezza delle torri assai minore se rapportata al prospetto, sia la presenza del cavaedium?. La dominazione romano-bizantina ha impresso una traccia importante anche sul territorio dell'Asia
MINORE prospiciente il Mediterraneo. Siamo informati sull’organizzazione bellica della SIRIA ROMANA, 0ggetto di studi recenti, ma anche di indagini più remote. Dei ruderi sopravvissuti sul terreno, alcuni hanno
del mondo antico.
goduto di una certa fortuna critica, da ascriversi pure
ALGERIA; la cinta della già menzionata TEBESSA; la
no rilevati minutamente nel quadro di ricognizioni per lo più di ordine militaresco e indirizzate più speci-
La cinta bizantina di BéE1A, con 22 torri perimetrali, o quella con 16 di BoUTRIA, in TUNISIA; i tre accampamenti con porte monumentali di LAMB£SE, in fortezza di TIMGAD; la piazzaforte di TIPASA con torri rettangolari; la cinta di TocRA con una trentina fra torri e bastioni; il castello di TOLMETTA con torri quadre, sono testimonianze tuttora esistenti nella zona compresa fra le odierne TUNISIA e Libia, e attestati che si collocano fra i resti di una civiltà in parte ancora da esplorare nei suoi lineamenti più specifici. Per porta Soprana, però, e per l'assunto che perseguo il riscontro non induce a progressi di rilievo. Si tratta, infatti, di testimonianze di una cultura, quella bizantina, che non sembra trovare uno spazio indicativo nel retroterra della tipologia dell’edificio genovese. Nei castra segnalati, e anche in altri qui non menzionati, sembra essere per lo più privilegiata la morfologia della porta difesa da torri rettangolari o quadre. Anche quando sono presenti costruzioni semicilindriche, le porte si differenziano decisamente dalle analoghe fabbriche del Medioevo sia per la distribuzione delle strutture, sia per l'interturrio, sia in
genere per la minore elevazione delle torri, sia per i
14
all’attenzione suscitata in alcuni ‘militari-archeologi’ dell’800. Talvolta i reperti sono stati sottratti all’anonimato da questi ‘viaggiatori’ d'eccezione che li hanficamente ai luoghi di Terra Santa. Assai conosciuta è la cinta greco-romana di APA.
MEA con ingresso ad arco onorario, quella altrettanto importante di LAODICEA (entrambe in Siria) e quella di Nicga (in Bitinia), rappresentata assieme con le sue porte in una moneta di Macriano, famosa anche per l'iscrizione che celebra la città: «APIETON ME-
Te@uw (v. fig. 153). Da tali esempi non è consentito peraltro ricavare alcun elemento utile all'indagine e neppure da un'esplorazione attenta agli irigressi monu-
mentali, frequenti nella zona, nei quali spesso si ravvisa ancora il gusto scenografico della maniera ellenistica. Procopio descrive, talvolta anche in dettaglio, al-
cune città della Microasia, fortificate a partire da
Giustiniano fino a Leone con un sistema che rivela il rispetto per l'antico. Ma anche nel suo elenco che comprende fra le altre e nell'ordine le città di NICEA, Marres, EDESSA, ANTIOCHIA, DIARBEKIR, DARA e
ANAZARBE, non si ravvisano informazioni pertinenti.
Fig. 15- Efeso, porta di san Giovanni, prospetto esterno.
E stato scritto che i bizantini «conservano e continuano l'impianto fortificatorio e quello urbico conseguente al castrum romano». Anche in questo caso, però, cosi come nell'ampia esemplificazione compilata dal Bettini nel '55, alla quale si rinvia, non sembı di poter reperire alcun elemento di importanza decisi va. Possono risultare attuali, al massimo, le osserv: zioni relative a un comune denominatore di difesa che più volte ho proposto e segnatamente in rapporto ai testi dell'area italica o del limes europeo8.
Giunti al termine di questa ricognizione necessariamente breve concludo che la romanità trova uno spazio suo, di tipo assolutamente peculiare, per i nessi
con porta sant'Andrea. Tale spazio è del tutto esiguo
quanto al rinvenimento di eventuali ‘modelli’ dell’edificio genovese, mentre si precisa con un ruolo di fondo su altra piattaforma. La conquista di Roma ha or-
ganizzato un progetto militare di disegno e latitudine
universali realizzandolo attraverso capisaldi di strutture belliche delle quali la mia rassegna ha fornito un attestato parziale. In questo mondo della guerra fatto anche dai castra presso il limes dell'Impero e nel quadro del suo divenire storico si è imposta la forma della porta fortificata nelle sue differenti versioni. Al tipo difeso da due torri semicilindriche fa capo la morfologia dello specifico valico di città nel Medioevo che è
analogo a porta sant'Andrea di Genova.
2.3. Una digressione sulle porte di ‘palazzo’ degli omayyadi E divenuta ormai una consuetudine nei dibattiti sui castelli dell'Occidente medievale interessarsi alla produzione architettonica che i califfi della dinastia omayyade promuovono a partire dalla fine del VII secolo su di un territorio oggi cancellato per la maggior parte dal deserto della Giordania. In questo giro di
orizzonte considero tale area di cultura, soffermandomi — seppur brevemente — sulle porte dei ‘palazzi’ o delle cosiddette ‘ville’ dei principi dell'Islam, per avvalermi del'attualità di un terreno critico particolar-
mente vitale e dedurne notizie utili all'esegesi di porta Soprana. Si esclude peraltro ogni possibilità di rapporto diretto fra i documenti del mondo omayyade e la porta sanv' Andrea sia per la distribuzione territoriale delle testimonianze archeologiche sia perché esse sono state solo in parte riportate in luce, e resta
problemazico quindi ricostruire gli anelli di trasmissione. La ‘geografia dei genovesi’ preclude d'altronde l'eventualità di una filiazione diretta di porta Soprana per l'assoluta impossibilità della conoscenza ‘fisica’ di tali mancfatti dell'Islam, i quali in pieno Medioevo
erano per la maggior parte fagocitati già dal deserto e
che solo fa moderna ricognizione sul campo ha permesso di -estituire come testimonianza archeologica.
15
In relazione a quest'ultima non interessa nella sede presente entrare nel vivo della polemica relativa alle radici culturali dei complessi omayyadi e dei loro precedenti discussi e assegnati sia all'eredità della conquista romana d'Orierite, sia alla persistenza di costanti di cultura säsänide, sia al contatto fondamentale con l'impero bizantino, sia al ruolo dell'immediato precedente della dinastia gasanide, sia, infine — e forse con maggior credibilità — agli esiti di una summa di istanze rapportabili alla stratificazione culturale del territorio e a una prassi topica della civilizzazione islamica. AI di tà di tale polemica voglio rilevare quanto affini a porta Soprana sembrino alcuni ingressi dei ‘palazzi’ omayyadi per strutture e tipologia. Due torri, per lo più semicilindriche, difendono infatti le porte sempre grandiose delle cinte 'palaziali con una morfologia e con una sintassi architettonica coincidente, almeno per la facciata, con l'edificio di Genova. Complessi monumentali che costituiscono un'esemplificazione non priva di stimoli sono la sede califfale di ANGAR, di scoperta recente, fatta costrui-
re da Walid I, il cui prospetto ricorda la facciata di Qusr ALHAYR AL Saroi; quest'ultimo famoso ‘palaz20°, assegnato al 728-29 e quello assai simile e altrettanto noto di QUjAYRAMRA, il maestoso QASR AL Hay ALGARBI, e il celeberrimo MSATTA. Nella mag-
gior parte degli ingressi di queste ‘ville’, tuttavia, i salienti di facciata non raggiungono l'elevazione di quelli di porta sant'Andrea, mentre un passaggio allungato in profondità e coperto a volta, spesso con corredo di un vano ulteriore — una specie di elaborato cavaedium —, articola il progetto della porta ‘palaziale’ con modalità ben differenziate dalle strutture dell’edificio genovese. La risultante della complessità architettonica approda nelle costruzioni omayyadi a un effetto d'imponenza che talvolta è resa ancor più eloquente da decorazioni scultoree, raffinate nel disegno e fastose nell'iconografia. Uno sfarzo assai lontano dal rigore decorativo e dall'essenzialità del disegno di porta sant Andrea. La monumentalità unita all'opulenza di alcuni ingressi omayyadi, tuttavia, non è fine a se stessa. È
stato dimostrato infatti che le residenze dei califfi — in zone oggi desertiche, ma un tempo fertili per gli effetti di opere di irrigazione antecedenti — si configurano come complessi di una architettura che visualizza la glorificazione del principe nel graduale divenire 16
della sua potenza. In tale programma di edilizia, le porte assumono un ruolo di primo piano. Oleg Grabar — fra gli altri studiosi — ha dedicato all’argomento lavori che sottolineano l'importanza degli edifici d'ingresso nel quadro della civiltà islamica, anche in funzione di un cerimoniale di ascendenza antica. E
in quest'ottica che la porta ‘palaziale’ degli omayyadi diventa una sorta di status-symbol che designa il potere dell'autorità”.
Se si vogliono adottare parametri di lettura ai
loghi, la corrispondenza fra la morfologia degli gressi monumentali dell'Islam e il manufatto di Genova può indurre a qualche rilievo ulteriore. Non sul
piano puramente formale, bensì su quello semantico,
entrambi i valichi trovano terreno d'intesa nel qualificarsi come altrettante espressioni di un’«architettura
di potenza». Se si accetta — inoltre tout court e senza entrare
nel merito della querelle — quanto Vincenzo Strika
afferma circa i rapporti fra i praetoria romani — se-
gnatamente quelli sul limes siriaco — e i ‘palazzi’ dei
califfi, si giunge a conclusioni di stimolo ulteriore per i supporti che l’autore offre alla sua ipotesi sfruttando
e ribadendo contributi diversi. La valenza celebrativa dell’architettura della dinastia omayyade, che promuove un'«arte imponente e sfarzosa», «suscitata»
dalla «maggior coscienza della propria forza» e dagli
«enormi mezzi a disposizione», trova nel «forte romano» il suo retroterra più immediato sotto questo
profilo: e precisamente laddove — come è noto e come a mia volta ribadisco — «si venne a formare un
complesso glorificante per il culto dell'imperatore».
In questa evenienza l’attenzione viene ricondot-
ta per l'ennesima volta alla porta-castrorum, con tutte le implicazioni del caso. Alla luce della presente digressione sulle porte di ‘palazzo’ degli omayyadi, il
ruolo della porta-praetoria si precisa sempre più come “prototipo” non esclusivamente formale, ma diventa
‘addirittura ‘forma simbolica’ e in questa accezione ricollegabile al monumento di Genova.
DO notizie sul valore di questa tipologia in un paragrafo del prossimo capitolo, mentre concludo queste pagine con una serie di interrogativi generalmente trascurati dagli studi, nell'intentodi sottolineare l'importanza del mondo omayyade nel quadro dellinformazione più generale sugli ingressi di città. Esclusa — come s'è visto — la filiazione diretta a livello morfologico di porta Soprana dalle porte dei
‘palazzi’ omayyadi, ma nel contempo confermata una unità di significato ascrivibile alla tipologia in comu-
ne, qual'è l'incidenza che si può accreditare alle porte
islamiche nel trasmettere forme e valenze di architettura a civiltà coeve o immediatamente a venire? In quali termini si ricollegano o meno gli ingressi delle ‘ville’ dei califfi a certe sontuose porte di città
‘arabe’, intese quest'ultime come agglomerati urbani,
distribuiti da Oriente a Occidente, in tutta l’estensione territoriale di una specifica civiltà in una determi-
nata stagione di storia?
Esiste o no un ruolo di mediazione da ascriversi in campo tipologico alle porte delle ‘residenze’ degli omayyadi, qualora vengano considerati canali di trasmissione sul territorio dalla cultura romana ovvero da quella säsänide all'architettura fortificata dell'Islam?
E, infine, e sempre sul piano militare, come si
colloca nella fattispecie l'architettura crociata in Terra Santa? Ossia, è debitrice in qualche modo alle strutture omayyadi, non solo attraverso la mediazione uniformante dell'architettura fortificata dell'Islam, ma anche in base a un'ascendenza più
specifica, a un'eredità seppur remota, indiretta è vincolata a un fatto esclusivo di ‘cultura territoriale”?
2.4. Delle porte urbane nell'area italica del primo
XII secolo La continuità di percorso ideale alla ricerca di un archetipo per porta Soprana induce ora ad abbandonare l'antico per scoprire motivazioni e stimoli nel contesto del Medioevo. Per adeguarmi a un ordine di informazioni fin qui sperimentato, avrei voluto continuare a seguire la serie dei riferimenti segnalati dagli studiosi, onde verificarne l'attualità estendendo in contemporanea il campo all'individuazione di caposaldi architettonici. L'insufficienza e la lacunosità delle notizie sulfargomento, pero, rendono difficile persistere in questo schema. Località e nomi forniti su tale soggetto dallo stesso d'Andrade — guida ideale al presente itinerario — non risultano della consueta efficacia. Nell'area italica del Medioevo lo studioso non ricerca tanto modelli di progetti da riferirsi a porta sant An-
drea, quanto e piuttosto analogie
di peculiarità archi-
tettoniche da rapportare all'edificio di Genova. Questa attenzione al dettaglio è giustificata dal fatto che tali riferimenti sono finalizzati comunque al «ripristino» del monumento, condotto secondo una prassi che usufruisce di un retroterra specifico di filologia e di iconografia Quanto poi all'archetipo — cui peraltro il Maestro non sembra attribuire, e a ragione, molta impor-
tanza — era già stato da lui individuato, come s'é vi-
sto, nei prodotti della cultura romana e segnatamente
nelle porte monumentali di città fra il tempo dell Impero e il Tardoantico. E forse sull'autorità delle conquiste critiche del d'Andrade, ma senza la verifica delle sue motivazioni
di cultura, che il problema dei nessi fra porta sant'An-
drea e le porte coeve sembra esser stato abbandonato dagli studiosi sì che l'indagine deve ora dissodare un terreno vergine. Una ricerca condotta sul filo di un'esemplificazione di ordine topografico, con particolare approfondimento delle situazioni ‘regionali’, risponderebbe di per sé ai requisiti connotanti il Romanico quali sono stati
ribaditi
dalla
critica odierna.
Mi
riferisco
al
«grandioso regionalismo» dell'epoca, riprendendo una felice definizione di Pietro Toesca confermata di recente per l'area genovese in specifico, anche se in riferimento ad altra classe di manufatti Un'indagine pur motivata correttamente sulla
carta trova di fatto difficoltà di rilievo. Non si riscontrano studi peculiari di un certo peso sull'argomento, né una attenzione doverosa alle porte urbane nel quadro di un interesse rinnovato per la città medievale e per la sua genesi. Con la dovuta cautela intraprendo quindi una perlustrazione carica d'incognite di alcune aree campione, scelte non solo per la loro utilità concreta, ma anche perché alcune sono state segnalate dagli studiosi. Fra learee di cültura comprese nella nostra penisola, quelle che all'alba del XII secolo si rapportano in modo più incisivo alla vicenda artistica di Genova sono la Lombardia e — prima o forse contemporaneamente, ma in misura minore — la Toscana. Privilegio quest'ultima per la priorità dei rapporti con Genova e inizio la ricognizione da Pisa, città legata costantemente al capoluogo ligure con un nesso proverbiale di amore-odio. Nelle mura medievali di 17
Pisa, che secondo Maragone furono innalzate a parti re dal 1157 (due anni dopo il circuito ‘romanico’ di Genova), le porte urbane presentavano un'immagine e una struttura spaziale ben differenziate dall'edificio genovese, almeno per quanto oggi è dato sapere dei valichi pisani. Eppure tali ingressi sono da collocare assieme con la cinta in temperie analoghe, relative più o meno agli stessi eventi în cui si svolge la storia di porta sant'Andrea. L'assenza di immagine è forse dovuta al fatto che, almeno per il poco che ne sappia. mo, le porte della città toscana sembrano contraddi.
stinte da un anonimato insolito? O forse e più semplicemente, alla carenza di un'indagine specifica, giustificata dalla situazione archeologica del sito? Sono interrogativi cui è prematuro rispondere. Sempre nell’area toscana, la situazione di Lucca presenta connotati diversi: alcuni rapporti di morfologia
con quanto resta delle porte del circuito ‘romanico’ —
peraltro già segnalati a suo tempo dal d’Andrade — so-
no interessanti, ma preferisco valutarli nelle pagine a venire e sotto altri profili per la peculiarità della loro problematica, legata segnatamente a fatti di maestranze. Qui basti sgombrare il campo ribadendo la data tardiva della porta dei santi Gervasio e Protasio, ricordata dal d'Andrade come «porta di san Giorgio», la più simile a porta Soprana, assegnata all'inizio del XIII secolo. La precocità del monumento di Genova rende infruttuoso protrarre l'indagine sul territorio toscano, che offre per lo più testimonianze similari, non convincenti e di cronologia assai più tarda (v. porta san Frediano a Firenze, assegnata al XIV secolo e con una torre sola) ‘ A risultati analoghi conduce l'ispezione nella TERRA LOMBARDA © nella PADANIA: la seconda area di cultura che — come s'è scritto — può avanzare qual: che credito nei riguardi della parabola artistica genovese. Adduco a controprova l'esempio di PIACENZA, una città che, pur vantando un circuito di età comunale (1139 - 1158) anteriore a quello di Genova, non è in grado di fornire alcun indizio utile per la morfologia delle porte urbane. Allo stesso modo non offre elementi validi di giudizio l'informazione che faticosamente si riesce a raccogliere su Lopt (cinta urbica del 1160), su BERGAMo (perimetro difensivo dopo il 1167), su BRESCIA (circuito urbano del 1174), per elencare alcuni dei centri più vitali del territorio in questione Sul capoluogo lombardo e sulle sue porte ‘roma18
niche’ si hanno dati più ricchi, si che all'esempio di Miano, cosi come a quello di ROMA, dedicherò più avanti una attenzione maggiore.
Il caso di Milano, rapportato all'esiguità dei risultati conseguiti in relazione all'esame delle aree
considerate, sconsiglia dal perseverare in un'analisi
meramente morfologica delle cinte urbane dell’Italia
settentrionale. Un bilancio di tal guisa, infatti, pone
sotto accusa la validità stessa di un modo di procedere e mette in luce l'inadeguatezza di un’inchiesta condotta in esclusiva sulla morfologia dei monumenti, pur tenendo presente la carenza dell'informazione nel
campo. 1 perimetri urbani delle città comunali nascono
spesso sull'onda di necessità di difesa impellenti, c sono edificati per lo più per proteggere un’indipendenza di recente conquista. Come tali, le mura implicano, oltre a una funzione concreta, un valore di testimo-
nianza reale e ideale a un tempo, relativa alla nascerite identità urbana. Il loro circuito definisce, spesso
anche a livello normativo, una topografia che sigilla una immagine precisa della città.
In tale contesto le porte urbane, salvo forse qualche eccezione isolata, acquistano valore certificante, in modo più o meno esplicito e addirittura vistoso. In
esse confluiscono, infatti, gli esiti di un'identità unica e irrepetibile: quella della città stessa che rappresenta-
no. Come «ogni città è un caso a sè» — per riprendere un'affermazione ben accreditata — così ogni porta urbana ha valore di esclusività. Essa visualizza l'urbe.
e ne diviene uno degli emblemi più autorevoli
In quest'ordine di idee, la morfologia architetto-
nica della porta urbana, che evidenzia una connotazione specifica, acquista anch’essa una precisa specifi-
cità. Ogni analogia tipologica, ogni rapporto di filia-
zione da un ‘prototipo’ non devono essere considerati
quindi al di fuori di un simile contesto. Il quale, a sua
volta, sia pur con segni di evidenza modesta — che
sono poi i segni dell'identità propria al monumento
— condiziona la realizzazione del progetto, anche nel caso che quest'ultimo dipenda direttamente da un
modello di origine esterna.
In questo senso risulta vano ricercare nel settore
delle porte di città il modello standard, almeno in determinate aree del primo XII secolo e l'indagine deve
orîentarsi a rintracciare più che nessi determinati di dipendenza, i dettagli di un patrimonio genetico in
comune 10,
2.5. La ‘geografia dei genovesi” per una ricognizione fra le terre d'«Occitania» Se gli esiti dell'indagine nell’area italica del XII secolo mettono in crisi di nuovo sia l'evenienza che la validità di reperire il ‘modello’ di porta Soprana, lo stesso bilancio dissuade dal continuare il giro delle
perlustrazioni, le quali assumono invece un senso purché le loro finalità vengano rettificate. Oggetto
della ricerca nel mondo del Medioevo non è più il ‘modello’ da ‘imitare’ bensì l'individuazione di testi‘monianze atte a coordinare il quadro di una memoria
ambientale cui si possa aver attinto per l'edificazione
di porta sant'Andrea. La peculiarità della stessa cultura dell'età di mezzo e segnatamente di quella dei
Comuni lo richiedont
Delimito i confini
territoriali di tale ‘memoria’
con quella che ho definito essere la ‘geografia dei ge-
novesi’, con particolare riferimento alla cultura della committenza e alla ubicazione fisica di porta Sopra-
na. Comprendo in tale formula — da valutarsi entro i limiti di cui dirò — le nozioni geografiche che i citta-
dini del capoluogo ligure, all’alba del XII secolo, pote-
vano accreditare di massima al loro patrimonio di notizie. Intendo la loro esperienza diretta di luoghi, di
di predominio politico...
si tratta piü semplicemente
di un impegno costante diretto a porre tutta la Francia meridionale sotto la tutela economica genovese». Una simile strategia, cosi concretamente dimostrata, impone — è ovvio — una conoscenza fisica da
parte dei genovesi di tale territorio; è da quest'ultimo che prende l'avvio la presente ricerca quando supera le frontiere dell’area italica.
Fra i luoghi che ricorrono più di frequente nelle fonti scritte del primo XII secolo relative alla zona occitanica, o fra quelli che per loro propria importanza emergono, cito i nomi di Antibes, di Frejus e di Marsiglia. Il riscontro archeologico sul terreno non approda però a nulla di concreto. Quanto ad ANTIBES, le scarne informazioni relative alle porte del suo circuito medievale non consentono di formulare giudizi, benché quella de la Tourraque denominata pure porte de l'Orme (fig. 16) risulti simile per morfologia a porta sant Andrea di Genova. Delle porte di FREIUS s'è già scritto, ma in questa sede ribadisco che nel Medioevo l'abitato si era cospicuamente contratto a seguito della sua vicenda del V
paesi, di monumenti, tutto un complessodi conoscenZe dalle quali possano aver desunto suggestioni di cultura e acquisizioni visive, nel quadro di un orizzonte di territori in cui possano aver avuto anche opportunità d’incontri e di scambi con maestranze e cantieri, e i loro modi di costruire. I parametri per individuare tale ‘geografia’, non
convalidano l'integralità della ricerca, ma ne assicurano la concretezza, giacché in questa sede si sfruttano i risultati di un'esplorazione delle fonti scritte dei
genovesi pervenute dalla fine dell'XI alla prima metà del XII È quanto coce e
secolo e pubblicate 11. ormai appurato, a livello di ricerca storica, l'interesse di Genova per l'Occitania sia prestrettamente connesso nonché integrato a
quello per le terre d'Oltremare. Geo Pistarino ha chiarito che «l'episodio dell'alleanza di Genova con i conti di Tolosa del 1108/1109 segna l'inizio dell’aper-
to intervento genovese nei problemi occitanici», «aspirando» la città a «raccogliere il monopolio delle relazioni tra Oriente e Occidente ed assumere la rap-
presentanza di quest'ultimo nei riguardi dell'Islam e del Levante cristiano». «Ció non significa tuttavia» — puntualizza lo storico — «una precisa intenzione
Fig. 16 - Antibes, porte de la Tourraque, prospetto interno. 19
Portes des “Cordeliers.
Fig. I8- Aigues Mortes, mura. 20
secolo e che quindi con tutta probabilità mura e porte romane rimasero inutilizzate nel corso delletà di
mezzo.
Le più recenti scoperte dell'archeologia a MARSI
GLIA, hanno posto in luce sinora soltanto la facies romana delle porte cittadine senza particolari riferimenti a quella medievale. Se si insiste nell’escussione delle fonti scritte si viene a sapere che MONTPELLIER assieme con ToLosa sono città frequentate dalle delegazioni dei genovesi; che a NARBONNE «crocevia dei traffici per il tolosano
e per la Spagna» viene stilato il famoso patto com-
merciale con Genova del 1132; che infine a Sr. Gi. LES (sul Rodano e località che apriva le vie fluviali verso l’entroterra e il Nord) Innocenzo II consacra
vescovo di Genova Siro II.
La verifica archeologica dei siti, tuttavia, non &
altrettanto ricca di indizi né colma la lacuna dell'in-
formazione. Adduco a riconferma quanto già scritto
a proposito delle porte romane di Tolosa o le esigue notizie relative alle porte di Narbonne (v. la nota 5).
In particolare però per Tolosa interessa il recupero
medievale della cinta antica, nonché il castello ‘narbonnese' elevato a fronte del circuito gallo-romano e inglobato nel perimetro medievale prima del XII se-
colo.
Fig. 19 - Aigues Mortes, porte de le Reine, prcspetto esterno.
Gli esiti dell'indagine non cambiano se si consi-
derano gli edifici tuttora esistenti sul territorio. Delle porte di epoca romana non si è in grado di controllare l'entità del loro recupero nel Medioevo.
Quanto poi al Medioevo stesso, il fenomeno più
vistoso a livello archeologico nell’area della PROVEN.
ZA e della LINGUADOCA rimane pur sempre quella sequenza di imponenti circuiti del XII e XIII secolo con
le porte relative — i perimetri di difesa comunque si moltiplicano già a partire dall'XI — che rappresentano il gruppo più cospicuo delle emergenze monumentali restituite dall'età di mezzo in queste zone specifi-
che, per questa tipologia specifica.
Nel XIII secolo, a fronte della diminuzione delle
cinte murarie attorno a nuclei antichi e in genere delle fortezze di committenza non regale, si registra la crescita a dismisura delle città nuove, dovuta alla politica di antagonismo fra il Norde il Sud della Francia
calla lotta tra la Francia stessa e l'Inghilterra, soprat-
tutto a partire dal 1250 circa. In tale contesto le fortificazioni nascono con le città; fra gli esempi più celebri del caso privilegio quello di AıGues MORTES (XIII
sec. e ss., figg. 17-24), per il Mini, e quellodi Bressur-
F8. 20- Aigues-Mortes, porte de la Marine prospetto esterno. 21
AG Mages — Pfeil Mimpi
Fig. 22 - Aigues Mortes, porte de la Marine, planimetria, disegno di A. d'Andrade.
= Fig. 21 - Aigues Mortes, porte de la Marine, prospettc esterno,
particolare.
RE per il Nor (XII sec.), senza tralasciare la menzione del perimetro difensivo di Corprs (XIII sec.) o del circuito urbano di Coucy con i suoi valichi (figg. 25 e 26), oppure di quello di Domme (figg. 27 e 28), essi pure documenti degni di nota, nonché piuttosto omoge‘nei essendo promossi da un programma politico e cul-
turale di sostanza analoga !2.
Fig. 23 - Argues-Mor:es, porte de la Gardette, prospetto esterno. 22
L'esempio più illustre del gruppo e più indicativo ai fini di questa indagine è quello di CARCASSONNE. Una copiosa letteratura dell'Ottocento, rinverdita in occasione del celebre restauro di Viollet, fa di Carcassonne con le-due cinte e con la cittadella uno dei riferimenti d'obbligo nell'ambito dell'architettura militare. Le prime mura, le più interne, sono di impianto romano, presentando a tutt'oggi consistenti resti della facies d'origine; mentre la loro riedizione nel Medioevo, già ritenuta globalmente di epoca visigota, è stata rivendicata al XIII sec. dagli studi più recenti. Tale rettifica inquadra l'immagine del perimetro (fig. 46) in un contesto più idoneo alla cultura architettonica del suo territorio, della quale rappresenta una delle testimonianze più emblematiche. La seconda cinta, più esterna e coeva alla precedente, documenta assieme con la prima lo spessore dell'occasione politico-culturale cui i complessi fortificati di Carcassonne devono la loro nascita. Entrambi i circuiti furono fatti erigere da Luigi IX e dal figlio Filippo l’Ardito e il secondo era ancora in pieno sviluppo nel 1282 per le rifiniture delle opere di difesa. In un tale panorama, né porte d'Aude a Ovest (fig. 47) o porte.de-Bourg a Est (fig. 48) nella prima cinta, né porte-St. Nazaire (del 1285 circa) o la cele berrima porte-Narbonnaise (fig. 49) nella seconda, so no documenti utili per un riferimento a porta sant’Andrea di Genova. Da quest'ultima i primi due edifici si differenziano per la particolarità difensiva del portello dalla luce assai ridotta, posto fra torri molto distanziate e a sezione di semicerchio oltrepas-
Fig. 24 - Aigues-Mortes, porte St. Ancoine, prospetto esterno.
sato; per la presenza di avancorpi e per un più genera-
Fig. 25 - Coucy, modello di ricostruzione.
Fig. 26 - Coucy, porte de Laon, prospetto esterno.
Fig. 27 - Domme, porta, prospetto esterno.
Fig. 28 - Domme, porta, prospetto estero, particolare.
Fig. 30 - Provins, porte St. Jean versc il 1920 tv. qui note 12,
Fig. 32 - Provins, porte de Troyes, litografia di Monthelier {v. qui nota 12)
Fig. 33 - Provins, tour César, litografia di Petit (v. qui nota 12).
Fig. 35 - Boulogne-sur-mer, porte de Calais nel 1937 (v. qui nota 12)
Fig. 37 - Boulognesurmer, porte de Dunes, prospetto interno (v. qui nota 12).
Fig. 38 - Carpentras, porta d'Orange, prospetto esterno (v. qui mota 12).
Fig. 40 - Pernes-les-Fontaines, porte Notre Dame, ponte di acces. so (v. qui nota 12).
Fig. 39 - Carpentras, porta d'Orange, prospetto interno, disegno (v. qui nota 12)
Fig. 41 - Pernes-les-Fontaines, porte Notre Dame, prospetto esterno in corso di restauro (v. qui nota 12).
Fig. 42 - Pernes les-Fontaines, porte Notre Dame, prospetto interno (v. qui nota 12). 32
Fig. 43 - Pernesdes-Fontaines, porte de Villeneuve, prospetto esterno (v. qui nota 12)
io (s. qui dota 12) 33
S Y i
Fig. 45 - Verdun, porte Châtel, prospetto esterno (v. qui nota 12)
34
Fig. 47 - Carcassonne, porte d'Aude e castello comitale.
Fig. 48 Carcassonne, porte de Bourg, pianta, discgno di MC. Cigolini
DD Vi Side Enc
ego
EA V Seda — Ouvrages resins EI XI Sigla
Me. CIGOLINI le impianto che si rifà a un codice di monumentalità
di tipo alternativo rispetto a quello di porta Soprana. La seconda serie di valichi si distingue dal monumen-
to genovese anche per-un prospetto più elaborato € profondamente diverso nelle sue motivazioni di cultura, oltre che per la cronologia più tardiva che mette ‘automaticamente fuori discussione tali fabbriche as-
sieme con quelle del circuito più internò. A tale gruppo di maestosi ingressi non si può tuttavia negare un’ascendenza uniforme, un retroterra di memorie collettive che coinvolge anche la porta di Genova; anzi è forse a questo patrimonio che si deve il riferimento introdotto per alcuni dettagli da Alfre-
do d'Andrade fra porta sant Andrea e questi imponenti valichi dell'Occitania. Si può forse ascrivere tale patrimonio al nuovo codice di architettura fortificata che si sviluppa con l'apporto della Terra Santa dei crociati: non a caso è stato fatto il nome di Crac-des-Chevaliers (v. figg. 159 e 160) per il circuito duplice di Carcassonne (figg. 50
e 51). Per porta Soprana però il riferimento alla nouvelle architecture’è di marca e di spessore difformi:
rinvio sembra configurarsi da una parte come generica memoria d'ambiente e dall'altra come adeguamento all'attualità di una scena architettonica di cui non viene sfruttata l'inventiva militare.
Da Carcassonne, piuttosto, si possono trarre in-
Fig. 50-
icassonne, circuito di mara.
duzioni di maggior consistenza come quelle offerte dall'ingresso alla cittadella o castello comitale (figg.
netico, formato da suggestioni composite, la porta di
Cercassonne ha assimilato e sviluppato segnatamente 52-55. i cui valico fortificato è attribuito oggi al XIII quei dispos:tivi di sicurezza che rispondono alla sua secolc assieme con la riedizione della fortezza. Il capiù specifica connctazione di ingresso fortemente stello costituisce l'ultimo baluardo di un centro urbamunito, cos come a suo tempo e con il ben noto acır no che deve il suo prestigio all'importanze militare e me aveva rilevato Viollet-Le-Duc. Tale dinamica % una tr:s:e notorietà alle lotte con gli albigesi. Nella forze vivificanti rendono l'immagine della porta ‘c> morfclozia cella porta della cittadella sembrano ravmitale' di Carcassonne emblematica sotto un aspetto visabil spunti che affondano le radici in un’area conb.valente, ell'interao delle sue molteplici proiezioni tinentele pur & integrata da quella più propriamente culturali. Sa di ur. versante restimonia il ‘recuperò’ mediterranza. Nella fattispecie ci si riferisce ad ascendel Tardoentico presente nel proprio territorio, denze dal territorio normanno, laddove — come è risull'altro certifica l'innesto di una cultura di guerra saputo — nel quadro dell’erchitettura fertificata gunta dal Nord: due componenti fra quelle essenziali ‘prendono can dal primo XI secolo torrion: possennella metamorfosi del valico fortificato dal Tardoan. ti e in specifizc quelli che vanno sotto il nome di don- tizo al Medioevo. Ma due ca-atteri che si ritrovano $ons. Accanto, si fanno luce tematiche di estrazione ancae in perta Soprana, ovviamente rielaborati con Ixcale, connesse a mio avviso a ‘memorie tardoantiTrodalità diverse e individuali. E in questi termini che che’, che hanno mediato in situ la continuità c'immala porta di Carcassonne si colloca come riscontro de: gine radicate nel mondo romano. Da questo asse ge- valizo di Genova: nel senso cioè di visualizzare tr
Fig. 51 - Carcassonne, torre e cinta «visigotica», disegno di A. d'Andrade.
Fig. 53- Carzessonne, ingresso al castello eomitzie.
Fig. 54 - Carcassonne, ingresso al castello comitale, prospetto esterno.
te poste all'interno degli agglomerati urbani medesimi. Tale corrispondenza per il Vicino Oriente antico, ad esempio, e anche per l'Europa medievale, raggiun-
ge spesso un quoziente d'identità. Se tuttavia e con tale premessa si perlustra anche su questo versante e sempre a campionatura la regione dell'Occitania ‘francese’ o dell'area continentale in genere si raccolgono informazioni di importan-
za esigua.
Gli esempi offerti dai celebri castelli della Francia medievale non consentono che di rilevare elemen-
ti utili a un quadro informativo sulla categoria mor-
fologica delle porte fortificate da torrioni semicircola-
ri, senza riferimento alcuno in specifico per porta Soprana. Riferimento questo, che nel caso si verificasse, Sarebbe arduo giustificare in sede storica, almeno per alcune zone assai lontane o del tutto estranee all'oriz-
zonte geografico e cronologico dei genovesi. Con tali
pesanti riserve, cito quasi a titolo di cronaca il famoso castello riedificato da Luigi I a ANGERS (sec. XIV e
ss., figg. 56-58), quello di ARQUES (sec. XIV e ss., fig.
59), di CHATEAUDUN (dal sec. XII al XVI e oltre), di CHÂTEAU-GAILLARD (sec. XII e ss), di MONTARGIS (sec. XII e ss), il forte-St. André (sec. XIV, fig. 60) di
VILLENEUVE ES AVIGNON, tanto per ricorrere ad alcuni fra i testi piü noti. Per una stessa difficoltà di ordine storico mi
Fig.55 Carcassonne, ingresso al castello comitale, prosper tc in terno.
astengo dal considerare in questa sede tutta una serie di edifici monumentali, pur estremamente interessanti a vari livelli, come le molte e maestose porte delle città dell'Europa del Nord, fra le quali ricordo come
attestati particolarmente emblematici da un lato le
processo morfologico abbastanza analogo al quale far risalire l'aspetto vagamente simile dei due monumenti. Questo fenomeno non può prescindere dalla cronologia più tarda del valico ‘francese’ né tantomeno
dalla sua committenza regale: connotazioni che con
un neo salto di qualità fanno del complesso di Carcassone un caposaldo dell'architettura militare, anche pe- la realizzazione di un progetto di alta st-ategia territoriale. In un'ottica siffatta, mettere in luze le differenze riscontrabili fra l'ingresso alla fortezza e porta sant Andrea non ha ormai senso alcuno 13 Non si può negare un nesso di morfologia fra i valichi delle città e quelli dei castelli feudali distribuiti in un empio arco geografico, né può essere misconosciuta l'affinità con gli ingressi alle cittadelle fortifiza-
40
porte urbane di Brisrot (fig. 61) e dall'altro il com-
plesso fortificato della Torre di LONDRA (fig. 62) con il suo valico monumentale !4.
Se, ritornando all'itinerario delle terre dell'Occitania ‘francese’, si vuole dedurre un bilancio d'indagine, ancora una Volta questo risulta di segno negativi La ricerca non più del ‘prototipo’, ma di suggestioni da ascriversi a una sorta di banca dati non approda a esiti consistenti, anche per la carenza dell'informazione sul campo, deficit che va comunque tenuto presente. Con la cautela imposta da tale lacuna ritengo, quindi, che la terra ‘francese’ d'Occitania presenti nei riguardi di porta sant Andrea episodi per lo più autonomi, in cui eventuali analogie risultino citazioni quasi sempre casuali.
Ciò che invece non va sottovalutato è un comi
ne patrimonio genetico che offre spunto a due quesi basilari. Su di un versante, tale ereditä affonda le radici nelle esperienze romane, attestate con evidenza particolare sul territorio esaminato, ma reperibili anche sulla terra italica, fra le diverse aree dell'Impero. Sulfaltro, alcune emergenze architettoniche da assegnarsi al pieno Medioevo danno luogo a 'recuperi del retroterra romano tanto fecondi ed emblematici quanto il complesso di Carcassonne può certificare a oltranza. Il panorama dell’architettura fortificata del territorio comprende altresì la presenza di imponenti manufatti seriali, assegnabili in qualche modo alla nuova ‘lingua franca” che introduce l'Oltremare così come le fonti scritte fra XI e XII secolo, considerate in apertura, avevano già ampiamente attestato
sul piano politico e storico.
2.6. «Su e giù» per la Spagna medievale E risaputo che il toponimo ‘medievale’ di Occitania non corrispondeva a un’area geografica circostanziata e tanto meno indicava esclusivamente la zona dell'odierna Francia del Midi. Così come suggeri sce la sua stessa etimologia e senza ulteriori precisazioni regionali, il termine veniva riferito più in generico all'Occidente e nell'uso peculiare delle fonti genovesi indicava soprattutto il Ponente del Mediterraneo, grosso modo fino all'area del litorale compreso entro Barcellona. Se in questa sede ho voluto riservare uno spazio esclusivo per il territorio della Spagna che di per sé è dunque parzialmente compreso nel termine di Occitania, è soltanto perché lo specifico e la frequenza delle
VUE AXONOMETRIQUE
DU CHATEAU D'ANGERS
viti ctim pae a ca visits vor ACCIPI
Fig. 56 Angers, veduta assonometrica del castello. 4l
Fig. 51 Angers, castel
proposte monumentali offerte da questa terra in tutta. la sua estensione richiedono uno studio in proprio. Per verificarle, si segue lo schema fin qui sperimentato, iniziando la ricognizione dagli spunti suggeriti dalle fonti scritte genovesi del primo XII secolo.
Apro la rassegna con ALMERIA, una città legata
al capoluogo ligure da rapporti stretti di politica e di commercio. Caffaro la ricorda negli Annali dal 1137, ma la località è probabilmente già da tempo frequentata dai genovesi, essendo una delle più conosciute della loro geografia e una delle più menzionate dalle loro fonti scritte. Gli avvenimenti celebri del 1146-47 sono noti a tutti e persino immortalati da opere letterarie nonché dalle parole della lapide affissa nel 1155 sul fornice a Nord di porta sant’ Andrea. 1I perimetro fortificato di Almeria, — città portuale di origine romana, famosa nel Medioevo e de4
scritta da Idrisi — è
costruito fra il 1012 ed il 1028 su un precedente circuito del 955756; quattro porte
maggiori e una minore ne segnavano i valichi, ma le strutture
di tali ingressi
maestosi,
ricordati di fre-
quente nelle carte scritte anche del XII e del XIV secolo, sono ormai irrimediabilmente perdute. Esiste tuttora, invece, l'alcazaba, fortezza eretta
nell VIII secolo sulla collina a difesa del porto e ingrandita nei secoli successivi (fig. 63). II complesso monumentale si presenta oggi riedificato nell'edizione di un recente restauro ed è difeso da alcuni torrioni semicilindrici e da altri quadrangolari come quelli del perimetro murario della città, nonché da un ingresso ben munito e morfologicamente distante da
porta Soprana. E stato detto della cinta urbica che
«la tecnica d'impianto del poligono» è tipologicamente di estrazione ancora tardoantica e quanto alla cittadella sono state viste affinità con le fortezze
bizantino-arabe della Siria, riutilizzate, ripristinandole, dai crociati. Si è rilevato, inoltre, uno stretto rapporto di cultura architettonica con Cordova e si è scritto addirittura di artefici cordovani attivi ad Almeria. Nonostante la vitalità della storia edilizia cittadina, non sono in essa individuabili spunti di elaborazioni utili all'indagine su porta sant’ Andrea. Fatto questo anche più singolare, se si valuta l'alto indice di cultura delle città egemoni sulla costa iberica — e anche nell'entroterra — e se si considera l'area di fluenza della Spagna islamizzata che — fra l’altro — raggiunge la sponda del Tirreno, incidendo sulla parabola artistica di alcune zone italiche, così come studi recenti hanno voluto dimostrare per il territorio di Amalfi, rivendicando l'autonomia dell’«arabismo campano», ritenuto di «marca spagnola». Già a partire dalla fine del 1126 o dall'inizio del 1127 — ricorro di nuovo al lavoro di Geo Pistarino — un’ambasceria di genovesi, capeggiata da Lanfranco advocatus si trovava a BARCELLONA per gli accordi di una convenzione che doveva diventare definitiva
Fig. 59 - Arques, ricostruzione.
Fig. 58 - Angers, ingresso al castello.
nello stesso 1127. I rapporti con la città iberica dovevano essere avviati già da tempo e l'atto del concordato ne è una ratifica. Se ne deduce che i genovesi frequentassero Barcellona con una certa assiduità e che avessero modo di conoscerla anche nella sua facies architettonica. Quest'ultima si innestava in un quadro urbano che, fra le numerose emergenze edilizie, comprendeva pure il circuito di mura con i suoi in43
Éà
*
a
E
E
gressi monumentali. Da quanto è stato scritto su questi edifici (v. qui il 2.2.) è ipotizzabile che le porte di città viste dai genovesi a Barcellona fossero quelle di epoca romana riutilizzate nel corso del Medioevo, così come è attestato dalla già ricordata porta Praeto ria in plaza Nueva. L'entità però del ripristino medievale ai primi del XII secolo, l'aspetto che l'edificio poteva offrire allora, il suo rapporto d'integrazione con le mura o più globalmente con il tessuto della citt
non sono oggi recuperabili. Né si è in grado di appı
rare quanto l'immagine di una porta Praetoria — e questa come qualche altro fra i rtumerosi ingressi al circuito urbano — possa aver inciso sulla ‘memoria ambientale’ dei genovesi. Va comunque rilevato che, — a
quanto è consentito affermare oggi, nonostante
le superfettazioni dell’edificio — la porta di plaza Nueva doveva essere del tipo più prossimo alla morTologia di porta Soprana per elementarità di strutture, trattandosi di un valico forse semplice, difeso da due torri semicilindriche. Non certo il ‘prototipo’, né l"archetipo' di porta sant Andrea può essere ascritto agli ingressi monumentali di Barcellona, ma non può es-
Fig. 61 - Bristol, planimetria del 1581.
sere esclusa una loro incidenza a livello figurativo, nel quadro di quel complesso meccanismo di ricordi
che sono legati a un patrimonio di memorie visive. TORTOSA, sempre in Catalogna, già ricordata negli Annali genovesi dal 1093, è la località che con Almeria costituisce un binomio ricorrente nelle citazioni delle nostre fonti scritte, entrambe le città essendo state coinvolte in un'unica e definitiva parabola di storia. Gli avvenimenti decisivi sono ancora quelli ben noti del 1146-1148 (v. qui passim). Le fortificazioni di Tortosa, fondata alle foci dell'Ebro, sono già celebri nel Medioevo, tanto che Caffaro stesso vi dedica la sua attenzione. Il maestoso castello di sant Joan & tuttora esistente (figg. 64-66), ma nel quadro
del suo ripristino attuale è stato smembrato in un or-
ganismo a uso turistico e in massicci ruderi di mura scampate alle demolizioni del XIX secolo. VALENCIA, nella regione omonima — citata nel Liber Jurium soltanto nel 1150, ma conosciuta sicu-
ramente dai genovesi assai per tempo e in occasione,
ad esempio, della fallita impresa assieme con i pisani a sostegno di Alfonso VI di Castiglia nel 1092 — presenta oggi in tutta la loro imponenza alcune delle sue porte di città. Le più indicative fra queste sono piuttosto vicine per morfologia a porta sant Andrea, ma la puerta de Serranos (figg. 67 e 68),fra le più antiche di
Fig. 63 - Almeria, l'alcazaba. 45
Fig. 64 - Tortosa, castello di sant Joan.
Fig. 65 - Tortosa, ingresso principale al castello 46
quelle pervenute e opera di P. Balaguer, è assegnata al pieno XIV secolo, mentre la puerta de Cuarte (figg. 69 e 70) fu costruita da P. Bofill tra il 1441 ed il 1460. Lo stesso circuito di mura dotato di 120 torri e 8 porte e parzialmente ancora visibile, fu iniziato a partire dal 1356. Quanto poi al castillo de Olocau, con il suo perimetro di tracciato irregolare e il duplice recinto,
è di collocazione cronologica difficile essendo stata da poco messa in dubbio la sua appartenenza all'XI secolo. Dalla sua morfologia, comunque, non si ricavano indicazioni utili per questo lavoro. Il portal de Sobre Porte in GERONA conclude l'ispezione della Catalogna. L'imponente valico di città è uno dei più grandiosi del Medioevo in Spagna essendo fiancheggiato da torrioni massicci a semicilindro eccedente, con interturrio ridotto di altezza pari ai salienti e ingresso di piccole dimensioni (figg. 71 e 72). La palese eredità dal Tardoantico nel territorio iberico (v. le mura romane con torri di Leòn e di Sara-
Fig. 67 - Valencia, puerta de Serranos, prospetto esterno. 47
Fig. 68 - Valencia, puerta de Serranos, prospetto interno.
Fig. 69 - Valencia, puerta de Cuarte, prospetto esterno.
gozza, per le quali v. qui la nota 6), è fuori discussio-
ne, ma nell'edificio di Gerona tale ascendenza è rea-
lizzata su di una scala di monumentalità tanto esaspe-
rata da oscurare quasi le sue origini romane. L'evidenza architettonica delle proporZioni, inoltre, trasfe-
risce la porta in oggetto su di un piano tipologico differente da quello della fabbrica di Genova 15.
Esaurita l'analisi pilotata dalle scarne notizie, reperite nelle fonti scritte dei genovesi e controllate sul terreno, insisto nella perlustrazione delle città iberiche, ritornando all'ANDALUSIA che visito in un itinerario unico assieme con la regione finitima di Gra. NADA. L'esito deludente di tale viaggio rende opportuna la sola menzione di NiEBLA per l'imponenza del suo celebre perimetro di mura e per la varietà morfologica delle sue porte. Di recente ripristinato, tale circuito non compete questa ricerca, pur rappresentan-
do uno dei complessi fortificati di maggior rilievo di tutta l'Andalusia. La sua immagine risale a un'area di cultura estranea a quella della porta di Genova cosi come può testimoniare la presenza di torri rettangolari lungo il circuito; in uniformità peraltro a numerose cinte murarie del Sud della Spagna (figg. 73 e 74) 16. Se, abbandonata l'Andalusia, si risale all ARAGONA, fra le città alle quali si deve una menzione emerge SARAGOZZA per il valore dei suoi attestati monumentali. Si sa di un perimetro della città romana a torrioni semicilindrici in parte sopravvissutoe con quattro por48
Fig. 70 - Valencia, puerta de Cuarte, fianco.
te maggiori ora distrutte, nonché di uno smantellamento parziale delle mura e della riedificazione di una cinta araba. Al caso nostro importerebbe segnatamente l'ingresso dell’Aljaferia (figa. 82-84), «un prezioso esempio di residenza fortificata dell'XI sec», se le «rovinose manomissioni» di questo secolo e di quello precedente consentissero di leggere il testo architettonico d'origine. Non resta invece che prender atto dell'odierna riedizione «arabeggiante», della quale non si è in grado di valutare la legittimità e che si trova al momento in fase di ripristino integrale. Il senso di questa perlustrazione della Spagna
raggiunge il suo obiettivo solo quando si approda alla terra della CASTIGLIA e in particolare di quella deno-
minata NUOVA laddove torreggia AVILA.
La fama della sua cinta urbica risponde effetti
vamente a realtà perché la possanza e la suggestione delle mura rappresentano ancora oggi l'attestato di una delle espressioni monumentali più imponenti (fig. 85), almeno del Medioevo nella Spagna centrosettentrionale. La città, di origine romana, fu conquistata dagli arabi all’inizio dell’VIII secolo e quindi dai cristiani alla fine dell'XI, epoca in cui Raimondo di
Borgogna, genero di Alfonso VI di Leon e Castiglia,
la cinse del famoso perimetro tra il 1090 ed il 1099. I
progetti del circuito cittadino — come riferisce il
Fig. 72 - Gerona, porta, prospetto interno.
Tuulse — si devono già dal 1088 al «Rómer» Cassandro e. al «Franzosen» Florian de Ponthieu e il peri-
HIEBLA
Fig. 73 - Niebla, p animetria. 50
Fig. 74 - Niebla, veduta aerea.
Fi
Fig. 76 - Malaga, ingresso all'alcazaba (v. qui nota 16)
Fig. 77 - Sagunto, le mura (v. qui nota 16)
Fig. 78 - Sagunto, porta, prospetto esterno (v. qui nota 16)
Fig. 79 - Sagunto, porta, prospetto interno (v. qui nota 16) 53
Fig. 81 - Sepulveda, arco dellEcce Homo, prospetto interno (v. qui nota 16).
Fig. 80 - Sepulveda, arco dell'Ecce Homo, prospetto esterno (v. — qui nota 16)
Fig, 82 - Saragozza, Aljajeria.
Fig. 83 - Saragozza, ingresso all'Alaferia.
55
Fig. 84 - Saragozza, ingresso all’Aljaferia, particolare della porta.
Fig. 85 - Avila, le mura.
Fig. 86 - Avila, planimetria
Fig. 87 - Avila, puerta san Vicente, prospetto esterno.
metro fu edificato, con il recupero del materiale romano, visigoto e arabo, «von zweiundzwanzig burgundischen Steinmetzen und zwölf «Meistern der Geometrie», welche die spanischen Arbeiter kontrollierten, ausgeführt».
La perimetrazione della città misura, a seconda dei vari calcoli, fra i 3 km e i 2,500, comprende 88 o 86 torri ed è aperta da 10 0 9 porte maggiori più numero-
se pusterle (fig. 86). Nel quadro di tale contesto risul-
L'esito della grande impresa denuncia istanze culturali di origine multipla che tuttavia e segnatamente affondano le radici iti un humus in cui.la romanizza-
tano di evidenza per il fine della ricerca soprattutto la puerta san Vicente (figg. 87 e 88) o la quasi gemella puerta de l'Alcazar (fig. 89), che denunciano ampi restauri condotti nel rispetto dell'originale. Entrambe le
primo piano. E insostenibile infatti che il maestoso circuito della città, cadenzato da torrioni semicilindrici, merlati e di poco eccedenti il livello delle mura,
lindro e tipologicamente affini a molti dei restanti ingressi della città (figg. 90 e 91), si distanziano da quella di sant Andrea di Genova in specifico per la singo-
no del suo territorio e senza l'eredità delle grandi imprese del tardo Impero sul tipo di Astorga, León e Saragozza e forse anche senza le incidenze delle realizzazioni colossali eppure differenti di Sagunto (v. fig. 77), ovvero di altri centri oggi meno noti, cosi come si è osservato da alcuni studiosi. La risultante nel caso di Avila e sempre secondo il Tuulse è un «Anachronismus», che trova i suoi paralleli solo nella Francia, leggi le cinte di Carcassonne, di Aigues- Mortes, ecc.
configurato come un ponte fra il culmine dei maestosi salienti. L’interturrio vero e proprio compare sol-
zione dell’Iberia e di Avila stessa gioca un ruolo di possa essere stato concepito senza il retroterra roma:
porte, dotate ciascuna di due slanciate torri a semici-
lare presenza dell'ampio arcone merlato in facciata,
tanto su di un piano arretrato, una parete che in tal modo viene a definire un vano a cielo aperto sempre
circoscritto dai torrioni. Al centro della tessitura di raccordo si apre il portello d’ingresso, di luce assai
modesta probabilmente per ragioni di sicurezza.
Nell'insieme, dunque, un progetto assai elaborato che
Fig. 88 - Avila, puerta san Vicente, fianco. 59
3 E È EL] 2
è
Fig. 90 - Avila, porta santa Teresa.
Fig. 91 - Avila, puerta del Puente.
neppure per dettagli morfologici sembra trovare un suo spazio nell'eventuale spettro di ‘ricordi d’ambiente’ fruibili per porta sant’ Andrea, anche ammesso che i genovesi possano aver avuto occasione di conoscere la città castigliana con la sua famosa cinta e i suoi valichi.
93) — appartenente come sembra al XIII secolo ma forse con resti del XII — a offrire analogie seppure deboli con porta sant'Andrea e affinità che non raggiungono la consistenza necessaria e il livello di prove utili alla ricerca in atto. Una vaga assonanza infatti si può
ravvisare nell'interturrio, ma si tratta di un rapporto in
superficie sul piano dell'esclusiva immagine visiva. Ad Nella zona della CASTIGLIA VECCHIA uno spunto di Almazan tale struttura si presenta diversa da quella delqualche interesse presentano le porte della città di AL. la porta genovese perché i due archi acuti sovrapposti e MAZAN. Più che la centrale puerta de Herreros (fig. 94), scalari sono aperti in due pareti affiancate in parallelo, è soprattutto quella posta a Sud dell'abitato (figg. 92 e l'interspazio delle quali serve all'innesto della saracine-
Fig. 92 - Almazan, porta della città, prospetto esterno. 62
sca di chiusura. Anche le proporzioni delle torri snelle e a pianta di semicerchio oltrepassato non sono poi così distanti da quelle di porta sant Andrea. Sono tuttavia proprio queste torri a segnare le divergenze più vistose giacché quelle spagnole non raggiungono l'altezza di quelle genovesi e perché le prime non eccedono il circuito delle mura rispondendo a una propria tradizione territoriale. Accanto a esse, il retro dell’edificio che risulta a monoblocco con parete piana non ha nulla a che vedere con il monumento di Genova e si mostra affine invece ad altri manufatti dello stesso tipo, come la facciata interna delle porte
di Aigues-Mortes (v. fig. 22) o quella della Condamine a Tarascona (v. fig. 282). A questi edifici si raccorda con maggior evidenza anche il modello dell'interturrio, assai più prossimo alle porte del territorio provenzale che non a quella del capoluogo ligure. L’analisi di questo monumento castigliano si è protratta
piü del consueto per sottolineare l'interesse delle
HAE M Pi E Fig. 94 - Almazan, puerta de Herreros, prospetto interno.
istanze culturali di alcuni manufatti, spesso trascurati dagli studiosi. Sempre nell’area della Castiglia vecchia, si ricordano per notorietà e importanza le mura e gli ingressi monumentali di Burcos, caposaldo della difesa contro gli arabi fino al 1492 (fig. 95). Ci si limita a una semplice menzione perché la cronologia tarda degli edifici esula dai limiti cronologici imposti da questa disamina. Non è consentito però tacere della porta san Martin del XIV secolo che insiste su di una precedente del XII (figg. 96 e 97) per la morfologia chiaramente connessa al suo retroterra locale di epoca tar-
doromana.
Concludo
l'itinerario nella Spagna
medievale
con un ultimo sguardo alla regione del LEON. Già si è Fig. 93 - Almazan, porta delia città, prospetto interno.
scritto delle mura romane della città omonima, tuttora esistenti, ma resta da individuarne l'utilizzazione ‘medievale, che sembra certa considerando la strati63
Fig. 95 - Burgos, le mura.
Fig. 96 - Burgos, puerta san Mertin, prospetto esterno.
grafie edilizia delle mura e la ‘or
diacronia attestata
dalle vestigia pervenute (fig. 98). L'indagine archeologi-
ca è però carente in questa specifica direzione e i restauri moderni non permettono che di denunciare il problema. Va comunque ribadito che la diversità di morfolo-
gia con porta Soprana non fa ritenere i manufatti difensivi cella città pertinenti all'ogzetto della mia ricerca.
Di ZAMORA, città ancora nella regione del Leòn, è degna di nota la cinta medievale in parte assegnata al XII secolo ma manomessa da pesanti restauri (fig,
95) = soprattutto l'arco di dora Urraca (figg. 160-102), nonché le porte di Ofivares (figg. 103 e 104) e dî santa Ana. Di particolare stimolo il tipo della pri-
ma porta urbana, difesa da torrioni maestosi (v. figg.
1C0 e 101) che non sopravanzano il livello delle mura € che per iconografia denunciano ascendenze dal Tardoromano, benché il passaggio centrale assai ridotto sembra rifarsi piuttosto a miscre di sicurezza di codi-
ce meno antico. Anche questa volta, però, gravosi ripristini e il vuoto dell’edizione critica relativa all'archeologia degli edifici consentono solo una segnalazione tesa a sollecitare l'interesse degli studiosi 17.
Fig. 97 - Burgos, puerta san Martin, prospetto interno. 64
‘n breve cenno alle porte di alcuni ‘CASTELLI del territorio spagnolo sembra fornire spunti degni di nota piu e meglio degli ingressi urbani.
Fig. 99 - Zamora, cinta medievale.
CP
sE rpm
Ld
Fig. 101 - Zamora, arco di dofla Urraca, prospetto esterno, particolare.
Fig. 102 - Zamora, arco di dofla Urraca, prospetto interno.
Fig. 103 - Zamora, puerza de Olivares prospetto esterno.
Fig. IC4 - Zamora, puerta de Ciivares, prospezto interno.
Fig. 108 - Coca, mura e porta, prospetto esterno (v. qui nota 17).
Fig. 106 - Toledo, puerta del Sol (v. qui nota 17). Fig. 107 - Calatayud, puerta del Terrer (v. qui nota 17)
mu
Fig. 109 - Coca, porta, prospetto interno (v. qui nota 17)
Fig. 110 - Deroca, puerta Baja, prospetto interno (v. qui nota 17)
Fig. 111 - Daroca, puerta Baja, prospetto esterno (v. qui nota 17. 69
Ci si riferisce non tanto alle fortezze arabe dell Andalusia sul tipo del celebre castello di TARIFA (figg. 119, 120 e 121) presso Cadice, per citare un esempio noto ma anche lontano per morfologia da porta santAndrea di Genova, quanto piuttosto ai monumenti reperibili nella REGIONE SETTENTRIONALE DELLA SPAGNA, Il famoso castello di LoARRE (figg. 122-126) in ARAGONA è particolarmente indicativo per la prese: te indagine. Il complesso architettonico, isolato e stante da Huesca circa 30 km, ritenuto il «castello romanico piü importante della Spagna», presenta una duplice cinta con torri nel perimetro esterno semicilindriche e cave e alcune quadrangolari in quello interno: due porte risultano di un certo interesse e la. più esterna merita attenzione. Si tratta di un ingresso difeso da due torrioni cavi e a sezione semicircolare oltrepassata, più alti dellinterturrio e piuttosto ravvicinati, con un portello al centro della parete di raccordo con arco quasi acuto (v. figg. 125 e 126). Nessuna precisa affinità collega questa porta con quella di sant’AnFig. 112 - Huesca, mura (v. qui nota 17).
70
drea; numerose sono anzi le differenze che separano i due edifici, nei quali tuttavia sembra di ravvisare un continuum in comune, un filo rosso che unisce due sintesi interpretative a livello di cifra architettonica,
risalenti a un bagaglio genetico comune. Questo patrimonio riporta da un lato ad antefatti tardoromani,
dall'altro a esperienze attive nella Terra Santa d'epo-
ca crociata, che tuttavia non è ancora consentito sta-
bilire in che modo si rapportino al castello aragonese. Si può ascrivere l'immagine della porta fortificata di Loarre alla ‘memoria ambientale’ dei genovesi?
Non sono in grado di rispondere, bensì e soltanto di evidenziare le difficoltà di una soluzione troppo semplicistica, diffidando da giudizi affrettati.
Le stesse osservazioni possono valere anche per
il celebre castello di PENAFIEL (figg. 127 e 128) o me-
glio ancora per quello di PERARANDA DE DUERO (figg. 129-131 e 132), entrambi non lontani da Valladolid.
Del primo, compiutamente restaurato in anni recenti e cronologicamente più tardivo, almeno nell'edizione attuale, le affinità con porta Soprana sono da ricondursi solo a una comune origine di itinerari culturali ben diversificati nel loro divenire e quindi con risultanze assai ineguali. Per il secondo, il suo aspetto di
rudere con portale a passaggio semplice difeso da due torri snelle a sezione di semicerchio eccedente e con
arco centrale di luce esigua aperto in uno stretto in-
terturrio, sembra proporre larvate analogie che tuttavia non superano i limiti dell’osservazione condotta
soltanto sulle apparenze esteriori.
1 più recenti attestati offerti dal territorio della CasriGLIA per questa classe di edifici sono di un numero così elevato e di una disposizione territoriale tanto estesa che non è possibile prenderli in esame. Ci si limita a qualche menzione sporadica tesa a documentare l'estraneità di queste fabbriche per la presente indagine. B Più indicativo del celebre EL REAL DE MANZANA. res «EL Nuevo» (fig. 133), castello della fine del Quattrocento, di quello altrettanto noto di SAJAZAR RA, pressoché coevo, ritengo essere il non meno famoso castello di SIGUENZA (figg. 134 e 135). L'analogia con porta Soprana è relativa alla sola dimensione svettante dei salienti e in parte anche dell'interturrio, che tuttavia a Sigüenza tramite l'importante caditoia richiama piuttosto, e da vicino, i dettami dell'architettura militare del proprio tempo 18.
Fig. 114- Lerma, porta della città, particolare del prospetto ester. no (v. qui nota 17) A epilogo della perlustrazione sul territorio iberi-
co, mi è consentito evidenziare che nella Spagna set-
tentrionale si ravvisano gli spunti più ricchi di fermento per la genesi del tipo di porta urbica qui analizzato, considerando pure che tale morfologia è utilizzata per gli accessi fortificati ai ‘castelli’ della medesima area
territoriale. Si configurano quali istanze, degne di studi ‘approfonditi esclusi dalla presente ricerca, una serie di indicazioni che mi limito a segnalare: il riferimento
diretto e la dipendenza a volte anche fisica dalla porta
di città di epoca romana, che sembra essere quasi sempre del tipo castrorum; l'aggiornamento edilizio
tramite addizioni o ripristini e senza stesura di un
nuovo progetto laddove l’edificio antico venga riutilizzato nei secoli successivi (v. il caso di Barcellona); il “recupero” cosciente e l'elaborazione, invece, di tema71
ig. 115 - Lugo, pueria dei Carmen iv. qui nota
Fig. 116 - Lugo, le mura (v. qui nota 17)
puerta Almocabar (v.
E
2
3
è Fig. 118 - Rondi
Fig. 119 - Tarifa, castello.
Fig. 120 - Tarifa, porta dell
7
cit à.
Fig. 121 - Tarifa, porta della città, particolare della lapide.
Fig. 123 - Loarre, castello, esterno. 75
Fig. 124 - Loarre, castello, interno.
Fig. 125 - Loarre, ingresso al castello, prospetto esterno.
Fig. 126 - Loarre, ingressoal castello, prospetto interno.
RESET Fig. 127 - Pe5afiel castello.
Fig. 129 - Peñaranda de Duero, castello.
Fig. 130 - Pefaranda de Duero, ingresso al castello, prospect esterno.
Fig. 131 - Peñarandade Duero, ingresso al castello, prospetto interno.
y
ue
porq
i
SR
Fig. 132 - Pefiaranda de Duero, una porta del borgo a valle.
Fig. 133 - El Real de Manzanares, veduta generale del castello. tiche antiche che si verifica talora nei monumenti di
2.7. Il giro d'orizzonte si chiude con una perlustrazione in «Terra Santa» d'epoca crociata
le fortezze dei crociati in Terra Santa (le doppie cinte
Concludo il percorso iniziato dalla verifica relatiya alle porte urbium et castrorum del mondo tardoant:co, con la ricognizione di un territorio d’Oltremare: la «Terra Santa» di epoca crociata, che in questa sede considero in senso geograficamente più ampio, estendendo l'esame all’aree siriaca e a quella inclusa nel raggio d'influenza costantinopolitano. Gros50 modo questa regione verrebte a corrispondere alla provircia del Regno latino e al territorio delle odierne Turchia, Siria, Libano, Israele e Giordania. Si tocca, così, cuello che si configura come un polo di controparte, a fronte della produziore di età romana, nel quadro dei riferimenti avanzati dalla letteratura c
età medievale (si legga il circuito di Avila); la connessione con la "lingua franca” attraverso i rapporti con in particolare nei ‘castelli); le anticipazioni o comun-
que i nessi con il territorio della Francia litoranea e con le sue grandiose mura urbane, nonché con l’area
più continentale per particolarità difensive e dettagli architettonici.
Nella Spagna del Sud e segnatamente nell'Andalusia e nella regione di Granada, il panorama sembra ‘mutare per proporre una sua immagine da rapportar-
si a una specifica stratificazione culturale che, attraverso l'apporto ‘arabo’ determinante e forse e con modalità sotterranee anche delle crociate, privilegia gli esiti dell’architettura militare bizantina accanto ai ri-
cordi tardoromani. Ne è un indice eloquente, fra le molte prove, la frequenza delle torri quadrangolari. 80
ca su sorta sant'Andrea.
Nella sua fase d'inizio l'indagine muove dagli
spunti rilevati dalle fonti scritte dei genovesi, che risultano essere piuttosto ricche di testimonianze in
quanto strettamente connesse al grande fenomeno delle crociate, intese come «l'espressione naturale, sociale, ideologica di [una] mobilità che stabilisce relazioni costanti e necessarie tra paesi d'Occidente e Oriente» 19,
In tale corso storico l’area della Palestina viene
strutturata secondo due linee di fondo lungo le quali sono documentate le più cospicue emergenze architettoniche: «da cortina delle città lungo la costa e la barriera delle difese dell'entroterra che ebbe pressapoco come limite naturale il decli vo occidentale della fossa siriaca». Considero dapprima i centri urbani, che sono quelli più frequentemente ricorrenti nelle fonti scritte
consultate e inoltre i più attinenti alla indagine in corso, tenendo presente che le prime città invase dai franchi erano già state difese per la maggior parte e per tempo da mura e da caposaldi a opera della co-
delle città e segnatamente dei loro baluardi siano state enfatizzate dalle cronache che le hanno descritte, con una risonanza riconducibile, su piani diversi, all'apologia dell'encomio, alla piaggeria, e non ultimo, al significato simbolico insito da sempre nell’azione di abbattere le mura del centro urbano espugnato. La scarsità di manufatti sul terreno e la loro fatiscenza può essere ancora attribuita al sistema di ricavare dalle rovine materiale di costruzione, nonché all'incuria assoluta in cui sono stati abbandonati gli edifici a chiusura della loro parabola storica. Nel caso
poi che tali rovine siano state restaurate — così come
si sta verificando sul territorio di Israele almeno fino al 1982 — non si è spesso in grado di valutare la legittimità filologica di alcuni interventi di ripristino integrale.
lonizzazione bizantina. In un simile contesto si verifi-
ca una svolta nell'architettura militare sul territorio,
perché il sistema delle difese medievali rinuncia talora alla vastità delle cinte antiche (tipo quelle di Edessa o di Antiochia) per contrarre il circuito urbano,
rendendolo più efficiente anche con il supporto del recupero del castrum, rafforzato quindi come cittadella al fine di proteggere la stessa città di cui fa parte. In quest'ultimo caso la fortezza è situata al culmi-
ne dell'agglomerato urbano (v. Gerusalemme, Laodi-
cea in Siria, ecc.), ma talora essa è costruita ex novo e sulla riva del mare, come ad esempio avviene a Tortosa (già di Siria), a Cesarea ecc. Delle cinte ricostruite o ripristinate dai crociati
sono pervenuti ruderi assai modesti; le ragioni di tale
carenza sono variamente motivate. C'é chi, come il Rey, la giustificava con il fatto che in alcuni casi i latini sembrano aver accordato a livello difensivo un'importanza secondaria alle mura delle loro città, i
baluardi delle quali risultavano quindi talvolta piü deboli soprattutto se messi a confronto con l'efficienza
di quelli delle fortezze isolate sul territorio. Altri studiosi puntano l'accento sul programma politico dello smantellamento delle difese a seguito delle conquiste: distruzioni che però, alla luce della realtà, risultano essere in genere soltanto parziali, come viene attestato dalla periodica riutilizzazione degli stessi ruderi attraverso il loro ripristino. Su di un altro versante, si
deve inoltre considerare quanto spesso le demolizioni
Fig. 134 - Sigüenza, ingresso al castello prima del restauro. 8
E
i E
N
3
È
Fig. I 36 - Berlanga, veduta generale del castello (v. qui nota 18)
La rivisitazione dei dati proposti dalle fonti scritte dei genovesi con conferme archeologiche sul terreno non è quindi cosa da poco; spesso non si ha nulla. da riferire circa eventuali nominativi di località più o meno note menzionate nei documenti, e soltanto ‘combinazioni più favorevoli consentono di verificare l’entità di alcune testimonianze. La città di AcRI (figg. 137 e 138) (la famosa san Giovanni d'Acri, ovvero la moderna Akkon, oggi in Israele) sembrerebbe fruire di una tale sorte grazie a recenti studi che hanno individuato, almeno in parte e a livello di fonti scritte, la stratigrafia della sua urbanistica nel corso del Medioevo. Quanto alla facies originaria dei monumenti, poco é pervenuto di questa città portuale della costa Nord della Palestina, che fu
centro egemone già nell'antichità e fu ristrutturata dalla conquista degli arabi per essere ricostruita a più riprese dai cristiani a partire dall'inizio del XII secolo.
Quasi completamente perdute sembrano le emergenze rapportabili all'età della prima conquista latina e a
quell'impresa del 1104, puntualmente registrata dal Caffaro «uom di attenta memoria», anche a causa della partecipazione dei genovesi, risolutiva ai fini del celebre assedio. Per questo loro intervento, essi furono ricompensati congruamente con l'assegnazione di un quartiere che rappresentava circa un terzo dell'agglomerato urbano totale e che era senz'altro il maggiore ed il più importante di tutti i rioni, anche se non usufruiva di uno sbocco privato sul mare. Il borgo doveva essere munito secondo le fonti scritte da mura «alte», da torri e da porte, cosi come gli altri quartieri confinanti o meno, in conformità a . una morfologia ben accreditata dell'urbanistica «islamica» e ormai pienamente riconosciuta dagli studiosi come una peculiarità degli abitati arabi. Nel centro storico dell'Akkon moderna le articolazioni e le strutture dello spartito sono per la maggior parte ancora leggibili (fig. 139), almeno in determinate zone e nelle loro Ii nee di fondo; e tale recuperosi deve anche agli esiti di nuovi interventi che talvolta hanno ricostruito com-
Fig. 137 - Acri, planimetria di M. Sanuto, del XIV secolo. 83
Fig. 138 - Acri, planime tria.
pletamente o solo ripristinato i ruderi pervenuti. Dall'osservazione in loco, tuttavia, non si ricavano
elementi di sostegno anche se la perlustrazione è attenta soprattutto a quello che fu il quartiere dei geno-
vesi nell'area Sud della città ed è coadiuvata dal sup-
porto critico dovuto al lavoro dello Jacoby, che propone una ricostruzione sulla base di documenti scritti del tessuto urbano di Acri attorno al XIII-XIV seco-
lo. Si sa di porte ben munite, fiancheggiate da due
«impressive» torri che, nel sec. XIII, si aprivano nelle «thick» mura di cinta dei singoli quartieri, ma non si è in grado di controllare né la loro morfologia reale,
né se questa potesse in qualche modo rapportarsi alle strutture delle porte anteriori, quelle cioè dell'inizio
84
XII secolo e forse anche antecedenti. E indicativo per tutti il caso della «New Gate», un edificio pare ubicato lontano dal rione dei genovesi, di cui oggi non è pervenuto più nulla. Di quanto, infine, resta oggi sul terreno di Akkon né la porta ‘della torre’ a Est, né quella ‘del Mare’ a Sud o l'ingresso che introduce al "quartiere dei genovesi”, hanno nulla a che vedere con porta Soprana di Genova (fig. 140)20. ANTIOCHIA (figg. 141 e 142), sull'Oronte nella odierna Siria, dovrebbe essere un centro anch'esso deputato a fornire indicazioni valide, almeno se si considerano la sua fama nell’antichità, la veemenza del suo incontro-scontro con Genova nel Medioevo (do-
Fig. 139 - Acri le mura.
cumentato giä dal 1097) e se si valuta infine pure la. continuità di rapporti e scambi con il capoluogo ligure, ininterrotti per tutto il XII secolo e oltre. Al celebre assedio della città (espugnata il primo gennaio 1098), descritto con dovizia di particolari oltre che da numerose fonti crociate anche dal Caffaro, intervennero se non lo stesso annalista certamente i suoi con-
cittadini, «viriliter p(rae)fuerunt in adquis(i)tione»,
così come tramandava ai posteri la nota lapide del 26 maggio 1105, affissa, secondo la tradizione, presso il santo Sepolcro di Gerusalemme. I genovesi conoscevano dunque direttamente la città, che, per disposi-
zione topografica e soprattutto per le sue fortificazio-
ni, doveva offrire un'immagine stratificata, ancora oggi in parte recuperabile almeno a grandi linee sulla base di descrizioni letterarie. Le difese urbane, infatti,
sono registrate con puntualità (tra le numerose fonti
di cui sé detto) anche dalle parole di Guglielmo di Tiro che narrano, fra l'altro, della persistenza delle mura bizantine, riutilizzate in parte nel circuito difensi-
Fig. 140 - Acri, porta del Mare, prospetto interno. 85
vo dei latini. Della cinta del V-VI secolo d.C., riferi sce inoltre in dettaglio un passo di Procopio, in cui si legge di lavori per aggiornare il perimetro urbico fatti condurre da Giustiniano, modificando un tracciato precedente. La monumentalità e la potenza delle mura e dellinsieme delle difese dovevano colpire comunque il visitatore se — per scegliere fra le citazioni più ricorrenti — un Roberto il Monaco serba memorià di Antiochia con «excelsis turribusque in altum porrectis», e un Guglielmo di Malmesbury scrive: «civitas est maximo mura circumdata». In relazione poi alla efficienza concreta di tale apparato difensivo, si rinvia a tutta la vicenda delfassedio e all'epopea che si sviluppa dal nucleo di una effettiva inespugnabilità. Rappresenta infine ulteriore conferma dell'imponenza di queste mura la loro stessa iconografia assieme con quella della fortezza, consegnate entrambe dalle vignette nei ‘codici medievali, e, nei tempi moderni, dai disegni sui taccuini dei ‘viaggiatori’. Un esemplare fra i più noti e diffusi di questi ultimi è quello con incisioni di Louis Francois Cassas, della fi ne XVIII secolo. Antiochia, fondata dal colonialismo dei Seleucidi in base ai canoni della loro pianificazione, mantenne intatta dopo vicende alterne la sua egemonia nel corso del Regno latino grazie anche alla validità di un si stema difensivo che aveva lasciato un segno tangibile sul terreno. La cinta urbana doveva infatti presentarsi nelle sue superfetazioni a partire dall'età ellenistica, poi bizantina, con interventi sporadici a opera dei
Fig. 141 - Antiochia, planimetria 86
musulmani e infine con il recupero, la contrazione parziale e le modifiche di mano crociata delle quali s'è già scritto. L'informazione su tale stratigrafia non è
dettagliata, ma consente di recuperare qualche indizio che colmi la lacuna dovuta alla perdita quasi totale dei manufatti dopo le demolizioni e l'abbandono,
avvenuti a partire dal 1825 in poi e a seguito della contrazione dell'abitato moderno. Si sa, ad esempio, che al culmine della terza collina compresa nella cinta urbica si ergeva la cittadella, costruita probabil-
mente dagli arabi nel X secolo e, come s'è visto, sul luogo dell'antica acropoli. La fortezza, con torri in genere quadrangolari, in pietra con corsi di mattoni —
e dunque con murature di ascendenza tipologica bizantina — era difesa soprattutto «de sa position sur un rocher presque inaccessible» riutilizzata senza grossi mutamenti in età franca. In un simile contesto non si giunge a raccogliere peraltro indizio alcuno utile a ricomporre il puzz/e dei ricordi d'ambiente qui in fase di composizione, anche perché delle porte urbane ben poco si sa pur nell’apparente dovizia dei dati. Guglielmo di Tiro e altre
fonti coeve ne nominano alcune: porta del Cane, porta del Duca, porta del Ponte, porta san Paolo, porta san Giorgio ecc.; ma la morfologia dettagliata dei monumenti permane tuttora pressoché ignota. Dalla loro documentazione iconografica e dalla stessa porta del Ponte ubicata a Nord della città e ancora esisten-
te nel XIX secolo, è consentito però dedurre che gli edifici monumentali dei valichi urbani erano di tipo
piuttosto articolato e complesso (fig. 143), affiancati da torri quadrangolari e quindi iconografica» mente difformi rispetto alla morfologia di porta Soprana?!,
Ben altro peso e incidenza per la ricerca in corso avrebbe dovuto avere la città di ASCALONA (fig. 144), odierna. Askalon, le cui rovine sono visibili tuttora nelle vicinanze dell'abitato moderno. Il Caffaro ricorda Ascalona già nel 1099 e nel 1101 e quindi i genovesi conoscevano da tempo la città, anche se questa fu in definitiva conquistata dai franchi soltanto il 12 agosto 1153 con l'ingresso trionfaledi Baldovino III a conclusione di quasi un anno di assedio, tramandato con ricchezza di dettagli da diverse fonti crociate e
nt Antiochia, ricostruzione delle mura.
87
Fig. 143 - Antiochia, porta di Medina, cisegno di M.J. Yanosky. anche dali Annali dello stesso Caffaro. La vicenda di Ascalona vede la strat-icazione di culture differen-
ti, dalla mesopotamica all'egizia, dall'ellenistica alla romena, dalla bizantina allislarrica fino all'avvento
del Regno latino. La sue cinta urbana, in parte perduta e in parte ancora esistente sul terreno, documenta la sua storia fino all'ebtandono pressoché totale, a
partire dalla fine del XIII secclo. Diverse campagne di scavo effettuate a riprese intermittenti e soprattutto quelle degli anni Venti-Trente e alcune del secondo dopoguerra hanno restituito rovine maestose, ma non aanro interessato ir particolare il circuito mura-
rio e le porte della città. Di entrambi si hanno invece notizie det-agliate dalle fonti scritte di epoca medievale, dalle quali si sa che la cnta — probabilmente tardo-romana e poi bizantina — fu riutilizzata dai franchi; che fu poi smantellata con tutta probabilità solo parz a mente nel co-so delle lotte fra musulmani
e crociat; e infine che fu ricostruita a partire dal
1187 da Riccardo cuor-i-leone. Nell Jtinerario Regis Ricardi s: cà ampio spazio a tale riedificazione, avvenuta «cu» summo laber=», che, secondo un sistema comune a numerosi altri eircu:ti di mura quasi coevi (Acri, Arsuf, Cesarea ecc.), riutilizzava materiale pre88
cedente e in particolare colonne antiche «engagés
iransversalement dans l'épaisseurde la muraille». La stratificazione edilizia è oggi ancora leggibile nelle ro"rine pervenute. Le mura, distribuite su due colline, formevano un semicerchio chiuso dal mare, erano alte quasi 10 metri, spesse all'incirca 2, intervallate da torri semicilindriche ogni 100 passi e aperte da quattro porte maggiori. Fra queste la più importante perché rceglio fortificata doveva essere la porta di Gerusalemme, posta ad Est, difesa da due torri e da avancorpi anch’essi ben muniti. In occasione dell'assedio del 1153 Guglielmo di Tiro scrive:
«La premiére porte qui siet devers oriant a non Porte Major de rusceem, parce que par iluec vet l'en à la seinte cité. Tuec a deus tors de cà et de l grosses et hautes si que. c'est la greindre forteresce de a ville. En la Darbacane devant a trois issues qui meinnent en divers leus».
Nel 1184 il monumento assieme con le mura urbane doveva mantenere intatto il suo prestigio, se Idrisi ne parla diffusamente e con la stessa precisione ammirata di Guglielmo. Oggi sul terreno sono visibili alcuni resti (fra cui i ruderi dell'articolato «barbacane») ma Tedifizio di ingresso vero e proprio è perduto, anche se la costruzione deve aver resistito allo smantellamento definitivo delle fortificazioni di Ascalona, ope-
Fig. 144 - Ascalona, planimetria.
rato dai musulmani nel 1270. Il Rey nel 1871, infatti, ne riferiva in questi termini:
«La porte proprement ditea disparu. Bien que fort endommagés, les restes de l'ouvrage avancé qui la précédait sont encore trés reconnaissables»; immediatamente dopo notava la forma «trés irrégulière» del barbacane ed infine rilevava che «une tourelleA, dont on ne voit plus que les fondements, flanquait une des trois entrées qui s'ouvraient dans les autres faces de cet ouvrage». Gli elementi descritti dal Rey — e riportati su di una preziosa planimetria qui riprodotta (fig. 145) — oltre a corrispondere con esattezza alle parole di Guglielmo, definiscono l’immagine di un insieme fortificato che sembra in effetti rapportarsi alla tradizione dell’architettura militare bizantina, così come l'auto-
re stesso giustamente rilevava.
Fig. 145 - Ascalona, planimetria particolare. 89
Fig. 146 - Costantinopoli, planimetria del XVI secolo (v. qui nota 23)
Della porta Sud verso Gaza non sembra essere. gior importanza venute alla ribalta con i crociati; che pervenuto nulla e dalla sola planimetria del Rey si è menzionata numerose volte dalle fonti genovesi; puó desumere si trattasse di un valico angolato a che i genovesi stessi devono averla conosciuta fisica squadra, mentre della porta Nord, verso Giaffa, sem- ‘mente attraverso la loro presenza operativa; che la ‘sua cinta con alcune porte si possono, pur a fatica, ripre dalla stessa fonte riporto: «L'emplacement de la porte de Joppé se reconnait encore, et elle
était dominée à l'est par une grosse tour ronde dont les fonde-
ments étaient encore en place quandje visitai ces lieux. C'est une
de celles que signale Guillaume de Tyr comme défendant chacune des portes de la ville» 2,
costruire tramite un’informazione diretta e indiretta; che, infine, questo centro urbano è menzionato fra i suggerimenti avanzati per porta Soprana dal d’Andrade. Nel quadro di un simile contesto, dunque, l'impossibilità di reperire elementi d'interesse per la disamina in corso assume titolo di particolare
Il bilancio della presente ricognizione su Ascalona non può essere che di segno negativo per la man- evidenza#3. canza di analogie con porta sant’Andrea a livello di strutture morfologiche, ma la particolare attenzione La ricerca su GERUSALEMME, il centro in assoluportata a questo centro si giustifica in quanto la città to più prestigioso della Terra Santa, non porta si colloca come un esempio limite. Si consideri infatti anch'essa a esiti di concreto vantaggio nonostante la che il suo nome compare fra quelli delle città di mag- dovizia delle fonti genovesi relative alla città, di quel90
le crociate in genere, degli studi archeologici e l'attua le esistenza di un centro storico con mura e porte, peraltro completamente rimaneggiato (fig. 149) 4.
A maggior ragione tralascio altri esempi di città che, anche se di rilievo, non appaiono indicativi al fine della ricerca 2$ Circa il gruppo delle maestose CAPITALI ELLENI-
STICHE, onnipresenti nella storiografia crociata e delle quali si conservano testimonianze monumentali sul territorio delle odierne Siria e Turchia, è da eviden-
ziare una costante piuttosto tipica relativa alle loro fortificazioni. Si tratta di una stratigrafia grossomodo standard, relativa alle cinte urbane e alle cittadelle, che vede il sovrapporsi di fasi edilizie in una se-
quenza diacronica omogenea a partire dall'età elleni:
di dipendenza con le porte islamiche della città e segnatamente con Bäb al-Nasr e con Bab Zuwayla non-
ché, in misura minore, con quelle di epoca romana
della già ricordata fortezza di Babilonia nel Cairo vec-
chio; sembra inoltre proporre larvate analogie anche
con qualche realizzazione monumentale della Casti-
glia (porte urbane di Lerma, di tipologia tardo medie-
vale) ovvero con alcuni esempi del Medioevo in Marocco. La porta della cittadella del Cairo, infatti, è un
valico possente e monumentale, affiancato da due torrioni aggettanti di parecchio, a sezione di semicerchio oltrepassato e non eccedenti in altezza la parete di raccordo, che quindi risulta raggiungere lo stesso li
vello delle due torri. Poiché, tuttavia, si ignora la legittimità del restauro nonché del suo supporto filolo-
gico, mi astengo da qualsiasi commento al di là della semplice segnalazione del manufatto.
stica a quella ellenistico-romana, alla bizantina, all'islamica e infine al recupero definitivo del Regno latino. Nell'ambito dell'esemplificazione è il caso di
LAODICEA di Siria (v. ante), il cui assedio del 1099 è ri-
cordato anche dal Caffaro, e quello di SELEUCIA, citata dall'annalista nel 1097. I reperti archeologici che
entrambe le città offrono non risultano tuttavia pertinenti alla tipologia in analisi, così come si è già detto
per Antiochia; un centro urbano, quest’ultimo, su cui
volutamente ho attardato l'esame per individuare quella tipicità a cui sia Laodicea che Seleucia, come tanti altri centri, si rapportano 5.
L'esempio del Cairo si configura invece come un caso a parte, che considero in questa sede esclusivamente nel quadro dei centri urbani con cui i genovesi possono aver avuto rapporti più o meno intensi in epoca latina. Tl commercio fra questi ultimi e la città egizia è
documentato dalle fonti scritte dei genovesi già a par-
tire dal primo XI secolo, quindi nessun dubbio che i liguri conoscessero fisicamente l'agglomerato urbano sulle rive del Nilo. La sua cittadella è arroccata sulla collina ed è ritenuta da Sidney Toy «The Saracens
bulit their own works largely on Byzantine models». L'ingresso monumentale (fig. 154), integralmente ricostruito e già ultimato nel giugno 1981, sembra recuperi l'immagine — non si sa quanto fedele — del monumento nella riedizione del XVI secolo. Questa
sua morfologia di epoca moderna, però, attesta nessi
Fig. 147 - Costantinopoli, le mura (v. qui nota 23)
Fig. 148 - Costantinopoli. porta (v. qui nota 23).
ig. 149 - Gerusalemme, planimetria del XVI secolo.
pepe au tiun
Fig. 151 - Tortosa di Siria, planimetria (v. qui nota 24)
Fig. 150 - Gibelletto, planimetria (v. qui nota 24).
Una cautela analoga è consigliata nel trattare dei prestigiosi valichi che l'Islam ha edificato nella cinta ‘araba’ del Cairo in attesa degli studi specifici in corso e rinviando di conseguenza per ora alla fondamentale opera del Creswell. Gli ingressi numerosi e per lo più oggi restaurati pesantemente presentano morfologie
non
del
tutto
uniformi
attestando
un'architettura
duttile per inventiva pur nel rispetto quasi costante del tipo di porta difesa da due torri a lato. Fra i valichi, Bab Zuwayla e Bab al-Nasr (figg. 155-158) sembrano le porte più prossime a quella di sant'Andrea. sia per le torri a semicilindro oltrepassato ma soprat-
Fig. 152 - Tortosa di Siria, castello nell'isola di Ruad incisione di F. Heath tv. qui nota 24).
tutto per l'imponenza e l'elevazione dei salienti. Un divario di base non consente però di considerare simili gli edifici del Cairo e quello di Genova in quanto certificano esiti di culture profondamente diversificate. Nel contempo si riscontrano però assonanze di immagine che, a mio giudizio, possono risalire a un comune riferimento alla tradizione tardoromana 27
Fig. 153 - Nicea, moneta di Macriano (v. qui nota 26)
L'adempimento dell'itinerario condotto in «Terra Santa» richiederebbe ora l'esame dei CASTELLI che i latini costruirono ex novo o riedificarono sul territorio, ma l'esito ancora una volta negativo di tale indagine sconsiglia dal render conto di tale analisi. Riteng0 opportuno invece mettere in evidenza l'apporto di fondo che l'architettura militare in situ documenta nei riguardi delle nuove e complesse morfologie dei valichi fortificati e nel contempo porre in risalto quanto tali ‘invenzioni’ siano del tutto estranee alla morfologia della porta sul tipo di quella di sant Andrea. Il retroterra di ascendenza romana non sembra qui né comparire né dare i propri frutti 25.
Fig. 154 - Cairo, ingresso alla cittadella. 94
italica centro-settentrionale, della Gallia, dell’Iberia e ha esplorato alcuni ingressi monumentali del Nord Africa e dell'Asia Minore prospicienti il Mediterra-
neo.
Preso atto che l'esame di tali edifici non ha fornito esiti positivi si è imposto il ricorso all'utilizzazione di una sorta di ‘memoria d'ambiente” rapportabile alla “geografia dei genovesi’ per sciogliere il nodo relativo alla scoperta del ‘modello’ morfologico di porta sant'Andrea. Una seconda perlustrazione condotta nel quadro del Medioevo segue grosso modo il percorso della precedente, raccogliendo via via nei territori esaminati i diversi spunti, innescati in /oco dalla dominazione romana. Tali spunti si riferiscono in specifico all'eredità dell’architettura militare in epoca tardoimperiale. Entrambi gli itinerari hanno fatto perno sul bacino del Mediterraneo e sono stati controllati — nei li-
Fig. 155 - Cairo, porta islamica, Bab Zuwayla, disegno.
2,8. Da una ricerca al negativo a proiezioni in positivo Una ricerca al negativo — s'è scritto — e tale risulta l'indagine a un bilancio globale della ricognizione fra Occidente e Oriente. Dopo aver introdotto la disamina della tipologia I con il riscontro critico degli edifici segnalati dal d’Andrade per le affinità di morfologia con porta Soprana, ho vagliato le proposte suggerite dal Maestro
concernenti le porte del mondo romano.
L'esito di questa revisione ha indotto ad ampliare il campo dell'indagine per reperire indizi più sicuri
e aggiornati, utili al proseguimento dell'analisi.
Ho iniziato quindi una ricognizione delle terre dell'Impero, collocata cronologicamente fra il I sec. a.C. e il IV d.C. e anche oltre. L'itinerario a campionatura ha considerato alcune porte romane dell’area
Fig. 156 - Cairo, porta islamica, Bab Zuwayla, particolare. 95
Fig. 157 - Cairo, porta islamica, Bab al-Nasr, disegno.
miti del possibile — da sopralluoghi di cui si dà conto nelle note relative. Le indicazioni emerse dal complesso di tali indasini sono di una esiguità che sconcerta. Non & stato reperito infatti *modello' alcuno a cui ascrivere globalmente la morfologia di porta sant'Andrea e i monumenti che presentano qualche affinità con la fabbrica di Genova non raggiungono mai un'identità di “forma architettonica’ tale da costituirsi come “prototipi. È il caso degli ingressi di Roma. Se in qualche modo essi hanno influito sulla forma di porta Soprana, tale suggestione si deve non tanto a reali analogie architettoniche fra i monumenti delle due città quanto alla circostanza che le numerose porte dell Urbs sono deputate in proprio a fornire il retroterra ‘antico’ dal quale trae spunto la morfologia di porta sant'Andrea. La porte de la Tourraque ad Antibes presenta un aspetto che richiama l'ingresso di Genova, ma la logica di alcune affinità non può essere chiarita per la lacuna di notizie sul valico della Costa Azzurra. Circa la porta Praetoria di Barcellona non resta Fig. 158 - Cairo, porta islami , Bab al-Nasr, particolare. 96
che ribadire l'interesse del monumento nel quadro
della ricerca, assieme con le difficoltà che diminuisco-
SEIN) AN
E.
valers, planimetria.
t IL puni
1277
er une == MC init Hilli 177,
A I T EN VI
Fig. 161 - Saona, le mura (v. qui nota 28)
no l'efficacia di analogie non ancora legittimate da analisi archeologiche e progettuali (figg. 164-166). Gli ingressi di Loarre e di Peflaranda de Duero sono tanto suggestivi per spunti quanto lontani dal poter fornire indizi concreti relativi a dipendenze formali con il valico di Genova. Mentre le porte di Acri assegnabili all XI-XII secolo sono perdute irrimediabilmente. Sul piano dell'archeologia, inoltre, l'approccio più credibile e controllato per una verifica certificante rimarrebbe pur sempre un accertamento sul campo assieme con uno studio progettuale di troppo vaste dimensioni degli edifici presi in esame. Nel quadro del panorama sinora delineato un
Fig. 162 - Saona, pusterla (v. qui nota 28). 98
presupposto di fondo mantiene il suo valore: la dipendenza della porta di città medievale da quella urbica di epoca romana. Dall'analisi in corso si fanno luce alcune istanze che inducono a riconsiderare in termini inediti un problema a suo tempo denunciato da Alfredo d'Andrade.
Anzitutto il nesso Romanità-Medioevo è documentato nell'epoca di mezzo per le sole porte difese da due torri ai lati, ché non si è in grado di estendere tale relazione ad altri tipi di valichi urbani, in assenza di studi specifici sul tema. Eppure degli ingressi urbici nel Medioevo esiste una nutrita campionatura, connotata da morfologie differenti tra loro così come ad esempio certificano le porte a ‘monotorre’ assai diffuse in vaste aree geografiche del Bassomedioevo (v. la citata porta di san Frediano in Firenze). In secondo luogo l’analisi dei numerosi valichi qui considerati attesta che il rapporto tra edificio medievale e ‘prototipo’ romano non si realizza in modo uniforme, bensì si attua in termini spesso differenziati a seconda dei singoli manufatti e del Joro inquadramento nelle proprie culture territoriali. Avila (v. fig.
Fig. -66 - Barcellona, porta Praetoria.
Fig. 165 - Barcellona, porta Praetoria, fianco. 100
87) e Gerona (v. fig. 71) sono testimonianze polari di questa affe-mazione. Sempre sfruttando i documenti qui riprodotti emergono alcuni tipi fondamentali di rapporto morfologico tra il valico antico e quello del Medioevo. Il primo si pad deinire ‘fisico’ e si verifica quando la stessa porta di età romana viene ripresa in epoca medievale, rescaurara e aggiornata tramite l'addizione di marchingezni bellici tali da consentirle una rinnovata efficienza difensiva. E questo il caso forse più frequente, almenc in alcune aree come ad esempio l'odierna Franca, ed è fenomeno assai diffuso nonché attestato da casi molteplici (v. qui il 2.3. Talora avv:ene che l’edificio antico ripristinato a uso di ingresso urbano non sia una porta bensì un monumento di a tro genere. A Reims un arco oriora-
Fig. 167 - Hierapolis, porta bizantina.
rio è recuperato e inglobato nella fabbrica che è la porta urbana denominata de Mars (v. qui il 2.3). Nella seconda evenienza del nesso fra Romanità e Medioevo il collegamento si configura con modalità più articolate perché il ‘prototipo’ romano è oggetto di un vero e proprio ‘recupero’ nell'ideazione di una fabbrica nuova, di età e di connotazione medievale. Il prodotto di tale progetto assume una identità propria, diversa da quella del monumento che si era configurato come ‘modello’. Per porta Soprana si tratta di una terza circostanza, strettamente collegata tuttavia alla precede:
te. Si è acquisito infatti che la fabbrica non ‘recupera
un 'edificio-prototipo' desunto dal mondo romano,
bensì ‘rivisita’ un contesto di cultura tardoantica con le sue proiezioni, nelle quali affonda le radici della propria morfologia.
All'interno di questo retroterra comprensivo dell'universo romano la porta urbica si è venuta codificando nel tempo con una propria immagine formale în continuo divenire. Nell'ambito di tale genesi ci si chiede come si collochi e in che termini si configuri un'eventuale incidenza morfologica della celeberrima porta triumphalis di Roma. Questa nella sua facies di epoca domizianea si presentava come una struttura prestigiosa, priva di torri e con quattro archi in risposta di una strategia topografica fissata dalla sua funzione ‘liturgica’. L'esaustivo saggio del Coarelli sul monumento rappresenta
un
contributo
sostanziale
per avviare
quell'indagine tesa a ricostruire la vicenda della porta urbica in epoca romana, di cui si avverte tuttora l'esi genza. Non è comunque la «storia di un'immagine» che 101
qui si vuole ripercorrere; interessa rilevare invece determinati spunti emersi dallo svolgimento della mia ricerca. Anzitutto è venuta in luce l'esistenza di una co-
spicua pluralità di morfologie relative alle porte urba-
ne difese da due torri: questa molteplicità sembra doversi ascrivere non tanto e non solo al contesto cro-
nologico dei monumenti quanto e piuttosto al loro
rapporto con la propria cultura di territorio. Si vedano da una parte alcuni monumenti del Nord Italia co-
me le porte di Fano (v. appendice Cigolini-Croce, fig.
4) o di Torino (v. ibidem, figg. 6a-b-c) e dall'altra il gruppo abbastanza omogeneo delle porte provenzali
che fa capoa quelle di Frejus (v. ibidem, figg. 33-350). Allo stesso modo alcuni valichi grandiosi dell'Asia
Minore (Hierapolis, fig. 167) sono del tutto estranei a quelli più tardivi dell'Iberia romana (v. Barcellona ecc., e fig. 164), come del resto può risultare ovvio. All'interno della pluralità di immagine architettonica connessa alle diverse culture di territorio, si verifica una circolazione vitale di idee i canali di trasmissione delle quali, in alcuni casi, sono stati individuati: quanto si è scritto delle porte di Apamea e delle loro
teso nel suo sviluppo storico-morfologico. Sempre nello stesso territorio, accanto a immagini fastose coesistono ingressi più modesti per lo più utilizzati quali valichi urbani a passaggio semplice con torri a lato e quindi di esplicita funzione di tutela. In altre regioni si ritrovano invece serie di porte di epoca romana
dall'aspetto
monumentale
come
avviene
ad
esempio in Licia, una zona dove valichi del genere sono molteplici e indicativi al pari del cosiddetto ‘arco’ di Patara. In un orizzonte dotato di stimoli tanto vari come quello della cosiddetta Asia Minore, del quale è stato possibile presentare soltanto appunti sporadi la conquista bizantina a partire dal V-VI sec. d.C. ha spesso trasformato l'immagine imposta dalla dominazione romana alla porta di città. L'intervento del V-VI sec. circa si attua o aggiornando gli edifici anteriori oppure e più di frequente costruendone di nuovi, di grandiosità pari a quelli precedenti (v. le due porte di Hierapolis). In quest'ultima evenienza gli ingressi sono quasi sempre affiancati da torri rettangolari, co
me può testimoniare la prestigiosa e manomessa porta Aurea di Costantinopoli o quelle di Apamea o molte altre (v. qui il 2.7). Si pensa che l'uso di questi saproiezioni sul ‘gruppo-Frejus’ lo attesta a oltranza. lienti possa risalire alla ripresa di una struttura impieUna forma di osmosi si verifica anche tra monugata ad abundantiam nelle fortificazioni dall'epoca menti costruiti in regioni più contigue come è docudei Seleucidi in poi: i ruderi delle porte urbane di Priementato dalle porte esistenti in territori compresi nelne o quelle di Xantos — esempi scelti fra i molti — le Gallie a cavaliere delle Alpi (v. Aosta, appendice sembrano certificare tale osservazione. Cigolini-Croce, figg. Sa-b). Quanto tuttavia preme qui mettere in risalto & E ovvio che lo sviluppo e il relativo rinnovamenl'evidenza e l'uniformità quasi costante dell'uso di to di tipologia della porta urbana si innesti nella genetorri rettangolari a lato degli ingressi urbici bizantisi culturale della propria zona geografica. ni. Si configura in tal modo un ‘modello’ che sembra Un solo esempio tengo a porre in evidenza: i ‘rivisitare’ alcune delle porte attinenti al retroterra ‘elmaestosi ingressi restituiti dalla cosiddetta Asia Milenistico' e in specifico quelle che privilegiavano le penore, regione in cui la porta monumentale è docu- culiarità della difesa rispetto agli altri accessi connomentata a oltranza (v. qui la nota 8) nel quadro della tati dalla ben nota grandiosità e scenografia. dialettica di cronologia fra stagione ‘ellenistica’ e riLe porte bizantine del tipo ora descritto si diffonpresa di età romana. È costume frequente e priviledono a tal punto da raggiungere la penisola iberica, giato in molte zone connotare gli edifici di maggior dopo aver interessato determinate aree dell'Africa prestigio urbano con porte grandiose, che si configusettentrionale, nelle quali hanno probabilmente subirano con una tale ricchezza e duttilità di strutture da to metamorfosi ulteriori per l'apporto delle varie rieimporre un'analisi in proprio. Mi limito a citazioni laborazioni locali. Di questo mondo soggiogato al dod'obbligo quali Efeso con la porta di Mazeo e Mitri- minio bizantino nelle sue proiezioni più dilatate semdate (4-3 a.C.), scelta fra le altre pervenute in ragione
dei suoi «bastioni sui fianchi», e Mileto con la porta dell'agorà (II-II sec. a.C.), poi trasformata in ingresso urbano nel 538 d.C. Si tratta di testi architettonici elaborati e complessi anche per le loro ascendenze di cultura fra le quali emerge l'eredità del propyleon in102
bra aver tenuto conto anche
l'architettura militare
che l'Islam impiantò in Spagna soprattutto per le difese dell'Andalusia o di altri regni della sua conquista. Nel riprendere le testimonianze della molteplici tà formale della porta urbica nel mondo romano, un ruolo primario si deve agli ingressi di Verona. Tanto
la porta dei Leoni (v. appendice Cigolini-Croce, fig. 2) quanto quella dei Borsari (v. ibidem, fig. 1) sono considerate conferme della presenza della cultura Nordi-
teressano soltanto quelli fortificati del Tardoantico.
Sull'altro lato sono posti in risalto gli ingressi castren-
Gli edifici veronesi si configurano come esempi fondamentali per i monumenti del tipodi epoca successiva.
si e soprattutto la porta praetoria, la cui immagine richiama quella urbica tardoromana, talora associandosi a essa come nell'esempio di Barcellona. Tale equivalenza si impone come dato di fatto, ma non si è in grado né di ripercorrere l’iter che conduce alla con-
no — di cui peraltro si ignora il percorso — conflui-
gioni della loro affinità se non riconducendole a un
talica in rapporto all’origine di un determinato tipo di valichi e della genesi di quelli urbani piü in generale. L'esito dell'iter morfologico dell'ingresso cittadi-
sce nell'immagine della porta fortificata del Tardoimpero sul tipo di quella di Susa (figg. 168 e 169) o di altre analoghe (fig. 170). In tali edifici sono preponde-
ranti le misure di difesa relative alle temperie storiche, risultando in essi di maggior risalto l’applicazione sul piano architettonico di una normativa tecnica ampiamente collaudata. In ragione della quale le torri
a lato sono munite di accorgimenti bellici di varia natura e affiancate con angolazioni prestabilite, rap-
presentando il fulcro della cosiddetta «difesa di fian-
cheggiamento» o «poliorcetica» secondo una tecnica
di guerra di tradizione atavica. Più o meno negli stessi anni i cosiddetti «scrittori militari» redigevano i loro trattati. AI retroterra romano con le sue proiezioni, alle
quali si riferisce la morfologia di porta sant Andrea, appartiene d'obbligo la presenza dei castra permanen-
ti, distribuiti lungo il limes dell'Impero. In relazione agli accampamenti militari deve essere chiarito il nes-
so morfologico della porta praetoria (quella più prestigiosa) o della decumana o delle altre due con i valichi delle città fra III e IV sec. d.C. Non si è in grado di
fornire lumi sulla questione e non resta che sottoli-
neare ancora una volta il valore della plurimenzionata «Soldatenkunst», formatasi, appunto all'interno dell'accampamento medioromano (v. qui il 2.2). In parallelo, si ricorre di nuovo a quella frase di Polibio ove si legge dell'identità di strutture fra castrum e centro urbico ivi comprese le relative porte. Per concludere, infine, si rinvia in generale all'apparato figu-
rativo del volume nonché in specifico alla sezione con i rilievi dedicati al tema delle porte romane per la lettura di eventuali analogie di immagine visiva tra manufatti cittadini e quelli
castrensi
(v. appendice
Cigolini-Croce). À un primo bilancio dell'esame compiuto emergo-
no alcuni rilievi di fondo. Su di un versante ho messo in luce la pluralità formale delle porte urbiche e alcuni
problemi ancora insoluti che concernono la categoria degli ingressi urbani, dei quali nella presente sede in-
vergenza delle due morfologie né di giustificare le racomune denominatore di difesa. Ritengo che il pro-
blema sia più complesso di quanto non appaia, coinvolgendo la questione dell'origine e della genesi della
città romana in rapporto a quelle dei castra.
La cultura sottesa alla morfologia di porta sant’Andrea induce ora a considerare il potenziale che l'ars militaris ha innescato nelle terre della conquista romana.
Di tale spinta un caso limite (v. qui il 2.3.) è rappresentato dalla morfologia delle porte ‘palaziali’ degli omayyadi, debitrici in parte a quelle dei castra romani in Siria così come affermano alcuni studiosi. La misura di tale prestito — che in realtà sembra esistere — può essere valutata nel suo spessore se si tiene conto della genesi della civiltà omayyade e della sua incidenza sul territorio delP'Islam. In tale territorio infatti il tema delle porte usufruisce di un privilegio dichiarato e di una elaborazione specifica: il numero e la duttilità morfologica dei monumenti del tipo li attestano. Una pluralità di forme però che denuncia pure un nucleo d'origine unitario e in comune. Degli esempi che un quadro geografico assai dilatato offre, sono degne di nota le porte urbane d'epoca islamica del Cairo nella loro sintesi creativa di culture architettoniche complesse e diversificate (v. figg. 155-158) e quelle dell Aljaferia a Saragozza (v. figg. 83 e 84) di li vello creativo minore, almeno a una apparenza tanto manomessa. È inoltre opportuno ribadire le affinità d'immagine fra le porte 'palaziali e talora urbiche dell'Islam e porta Soprana. La genesi delle coincidenze va probabilmente ricercata da una parte in una collettiva preistoria di ‘ambito castrense' e dall'altra nell'identità di valore acquisito dalle porte monumentali in quanto ‘forma simbolica” nel panorama di due civiltà distinte. Fra le proiezioni della «Soldatenkunst» venute in luce nel procedere di questa campionatura è la Spagna a emergere quale territorio più fecondo e originale nell’elaborare la lezione dell’architettura fortificata 103
Fig. 168 - Susa, porta Savoia, prospetto esterno. 104
Fig. 169 - Susa, porta Savoia, prospetto interne. 105
Fig. 171 - Ullastret, veduta dei resti archeologici.
della Romanità. Nei centri urbani e nei borghi dell'Iberia è leggibile tuttora la presenza delle cinte di
epoca romana attraverso i ruderi pervenuti. Questi da una parte certificano un progetto di difesa a vasto
raggio, dall'altro una volontà di potenza attestata dal-
la grandiosità delle proporzioni. Tali caratteristiche
connotano in modo costante i ruderi delle zone comprese fra Saragozza e Lugo — per rimanere entro i confini suggeriti dalle regioni qui considerate: v. qui il 2.2 e il 2.6 — e denunciano nella loro uniformità co-
me la cultura architettonica di Roma si sia radicata in ‘modo profondo sunto una sua supporre che in pure nelle altre,
in questo terreno e vi abbia altresì asimmagine peculiare. Sembra lecito questa regione dell'Iberia — se non ché lo si ignora — l’architettura mili-
tare dei romani abbia raggiunto una propria identità
territoriale da riferirsi almeno a questa regione speci-
fica.
Nel quadro di una simile genesi, ci si chiede quale incidenza hanno avuto gli oppida preromani tanto
‘numerosi e distribuiti in aree dilatate, sul tipo di Nu‘mancia ante-Scipiones o di Bilbilis oggi in fase di re-
cupero archeologico o meglio ancora di Ullastret, do-
ve sono visibili tuttora quelle torri semicircolari, non eccedenti l'altezza delle mura, distribuite a cadenza costante all’interno del perimetro difensivo (figg. 171 e 172) (v. nota 6). Ossia la globalità di quelle strutture peculiari che rendono tipiche e uniformi le cinte ro-
mane menzionate e soprattutto ne delineano l'omoge-
neità di immagine. Altri interrogativi si impongono: quanta parte si deve all'humus della regione e alla sua vicenda storica prima di Roma nel quadro dello svilupparsi di un'architettura di difesa prima e dopo la conquista? Le fonti antiche esaltano l'orgoglio, l'amore per l'indipendenza e l'eroismo del popolo dell'Iberia così come fra i molti scrivono Floro, Posidonio, Valerio Massimo ecc., una terra nella quale il suicidio collettivo degli uomini di Numancia o l'epica difesa di quelli di Sagunto hanno conseguito la forma del to-
pos.
Su questa scena ancora contrastata in cui emerge l'identità territoriale della cultura romana, si verifica un ‘recupero’ creato dal Medioevo fra i più complessi ed emblematici del panorama architettonico
della Iberia centro-settentrionale.
Avila, con la sua cinta cadenzata da torri semicircolari non eccedenti e con la particolarità invece delle sue porte elaborate, è l'immagine forse irrepetibile di una summa di istanze. Sul versante di base viene rivi-
Fig. 172 - Ullastret, mure Ovest.
sitata l'eredità romena, su di un altro di acquisizione recente sono raccolti suggerimenti di difesa pervenuti dal Nord (l'esiguità degli ingressi e forse l'elevazione delle torri) e su di un terzo si scatena la fantasia bellica dell'Islam (la corona di merli, ecc). L'immagine per emblematica di Avila non risolve come è ovvio il quadro dell'architettura militare in Spagna, in merito zl quale sacrifico osservazioni anche di fondo. Come tali, fra le molte, si configurano: la mancata collocazione culturale del prestigioso fenomeno di Niebla tv. fig. 74, e nota 6); il non poter giustificare la modestia dell'incidenza visigota emersa in relazione ai monumenti qui considerati; il penalizzare l'apporto ben più consistente dei musulmani all'architettura fortificata. È questo, forse, il contri107
buto piü creativo nel campo delle porte di difesa e co-
munque sempre innovatore in molte delle sue manifestazioni in Spagna.
Dall'immagine di Avila alla Reconquistae all'ar-
chitettura promossa di necessità dal nuovo corso degli eventi il passo è breve. Su di un’area che man mano dilata i suoi confini attraverso vittorie sull"infede-
le, si rinnova anche il modello delle strutture promosse e convalidate da questa avanzata. Apporti dal
Nord, già innescati in Avila stessa, aggiornano la efficienza offensiva e difensiva di un'architettura militare che si va codificando in una sua facies di stampo
ormai medievale, senza rinnegare le proprie ascendenze dal mondo romano. Il fenomeno è stato verificato per la fascia della Spagna del Nord, in un terri rio definito per eccellenza «guerriero», in cui lo sviluppo di una storia in proprio ha imposto il prolifera-
re di castelli dislocati in aree strategiche e a volte distanziate fra loro.
Sono appunto questi complessi edilizi a innesca-
re le spinte più efficaci per il rinnovamento dell’archi-
tettura militare e a rappresentarne assieme l'aspetto più innovatore nonché più ricco di prospettive, almeno per gli inizi. Costruiti à volte su fortezze anteriori,
essi recuperano spesso l'eredità relativa alle difese che risale talora a una lezione araba precedente. In parallelo, il progetto delle nuove fabbriche trae profitto
dall'apporto di accorgimenti bellici più aggiornati. I quali si devono agli esiti di proiezioni remote, debitamente mediate in tempi e luoghi diversi, di una cultura di guerra che aveva trovato il suo terreno di sviluppo nell’area d’influenza della lontana Normandia e
più in generale nelle lande del Settentrione. Soprattutto la presenza del mastio accanto a numerosi dettagli di difesa, sembra doversi riferire a questo mondo
del Nord. L'ubicazione di tale massiccio e una rete razionale di corpi edilizi all'interno delle cinte murarie, spesso duplici, sono gli elementi che definiscono la
struttura di base del castello. Del quale viene proposta un'immagine architettonica tanto elaborata e ricca di spunti di cultura da giustificare l'affermazione
di cui sopra.
All'interno di tali complessi edilizi il mondo tar-
doromano non sembra trovare il suo spazio se non forse quale antecedente — e ben remoto — dei circui-
ti murari intervallati da torrioni semicilindrici. Laddove invece l'eredità del Tardoantico é presente e in-
contestabile con il portato di tutta la sua proiezione
culturale é nella morfologia del valico a questi stessi 108
castelli, nei quali si configura secondo i moduli ormai ben conosciuti. E in questa chiave e valutando quanto fin qui si è scritto che vanno considerate le già riferite analogie degli ingressi ai castelli con porta Sopra-
na di Genova (v. qui il 2.6).
L'immagine dell’architettura militare che sto perseguendo nel suo divenire, superando i confini del Mediterraneo, introduce le sponde della Terra Santa. Gli itinerari fisici dei collegamenti sono di dominio comune: le strade percorse da e per Compostella che coinvolgono Roma e Gerusalemme. Nella fattispecie, percorsi marginali ma antichi toccano i porti della Liguria come nuove acquisizioni in campo storico han-
no documentato 29.
L'approdo alle terre dell'Oltremare e l'incontro di due mondi é denso di portato. Quella «lingua franca» che la critica considera tra i frutti più maturi della civiltà a cavallo delle crociate potrebbe leggersi sul piano dell'architettura militare in Loarre (v. figg. 122
e ss.) da una parte e in Crac des Chevaliers (v. figg. 159 e 160) dall'altra. Mentre nel cuore della Linguadoca — ma anche in territori coinvolti in esperienze analoghe di politica — l'architettura bellica è al servi-
zio spesso della repressione e nel contempo della grandeur della committenza regale: Carcassonne e Aigues-Mortes ne sono testimonianze di riconosciuto
prestigio. Per Carcassonne inoltre la lezione non si esaurisce in termini unilaterali ché anzi la piazzaforte si pone fra i testi più indicativi in assoluto dell’architettura militare nonché fra quelli chiamati in causa
per porta Soprana. A un rimando analogo sono già ricorsa nel caso di Avila pur con modalità diverse. La città fortificata alle pendici dei Pirenei è evidenza esemplare della metamorfosi delle strutture belliche dal Tardoantico al Medioevo, attestando il portato della base tardoromana, l'incidenza dei suggerimenti dal Nord, il confluire di tali istanze nel linguaggio architettonico di più recente estrazione. L'ingresso al castello comitale (v. figg. 53-55) si colloca a pieno titolo quale immagine di un simile ed elaborato conte-
sto.
Nella mia sintesi necessariamente lacunosa dell’architettura fortificata, la porta di città del tipo in
esame mantiene inalterato nel Medioevo il suo riferi-
mento morfologico al mondo romano, pur con le mo-
difiche e le addizioni che le culture militari delle varie province apportano alle sue forme, come è inevitabile. Tale processo si verifica per il solo mondo dell'Occidente; per l'Oriente, salvo alcune eccezioni, il feno-
meno si configura con modalità differenziate ed estranee all'economia di questo lavoro. Restano ora alcune considerazioni ultime. Anzitutto non stupisce il non aver reperito il
‘modello’ di epoca romana da cui porta sant Andrea
possa aver ‘copiato’ la sua morfologia: poiché nel monumento genovese viene attuato un ‘recupero’ il problema non sussiste. In secondo luogo la considerazione che porta Soprana si configuri come un unicum trova il suo avallo non solo nell'originalità del suo progetto (v. appendi-
ce Bonora) ma anche nelle modalità con le quali la sua figura architettonica si rapporta a un retroterra romano con le sue proiezioni. In terza istanza, se si valuta che il monumento si
colloca nel cuore della civiltà del Comune, diventa assiomatico che porta sant'Andrea assuma l'identità di un simbolo, visualizzando la città cui appartiene. E nel contempo la sua morfologia assurge allo spessore di una ‘forma simbolica”. Tale ‘forma simbolica’ ha avuto un'origine e una sua collocazione nel tempo: è la ricerca di tale ‘storia’ che mi accingo ad affrontare nelle prossime pagine.
109
NOTE 2.
1 Per le analogie di costruzione con le porte romane, cioè per la collocazione delle torri, divergenti dalle porte della città, cfr. D'ANDRADE, 1882, p. 49. Sull'argomento cîr. anche FORMENTINI, 1942, p. 291. Per le porte di età romana in Italia, citate nel testo, cîr. KAHLER, 1942; CREMA, 1959. In particolare, poi, per Roma, cîr. qui la nota 74, al 3.5. Per Susa, cfr. CROSETTO-DONZELLI WATAGHIN, 1981, p. 394, con bibliografia; CAVALIERI MANASSE-MASSARI-ROSSIGNANI, 1982,pp. 357c ss. e cfr. p. 64 (porta Savoia), p. 63 (porta del Castello, di schema analogo); NEGRO PONZI, 1981. Su Torino, cr. ibidem, pp. 48 e ss. e, prima, AA.VV, 1981 (cir. soprattutto MERCANDO, 1981, pp. 85-105, con bibliografia). Su Verona, cfr. DA LISCA, 1915-1916; KAHLER, 1935; BESCHI, 1960; FonLATI TAMARO, 1965; MARCAINI, 1974; DAL FoRNO, 1977; AA.VV., 1979 (in particolare MARCHI); BESCHI, 1982, con bibliografia (lo schema di porta dei Borsari, secondo l'autore, si radica «nella tradizione tardorepubblicana centroitalica ed ha grande sviluppo negli impianti augustei e protoimperiali del Nord Italia e della Galli», p. 68); CAVALIERI MANASSE, 1982, p. 72, per la porta dei Leoni. Su Spello, cfr. in particolare RICHMOND, 1932. Su Ravenna, cfr. MANSUELLI, 1967, pp. 191-217; MAZZOTTI, 1970, pp. 285292. Fra i numerosissimi problemi relativi alle porte urbiche romane, in questa sede interessa particolarmente il loro rapporto con gli archi onorari. In proposito, cfr. le opinioni divergenti di CHoIsY, 1899, e CREMA, 1959, e, sempre in quest'ambito, fr. le tes di HAMANN MCLEAN, 1959, sul rapporto fra portale della chiesa e tali archi. Per l'elenco delle porte urbiche di età romana in Italia si rimanda ai test citati. Non si mantiene per tutti i paragrafi di questo capitolo un criterio unitario di menzioni che non avrebbe rispettato le esigenze della ricerca. Per l'Italia, quindi, l'ordine segue le indicazioni del d’ Andrade; per la Germania, la Galli, la Spagna, il Nordafrica, la Siria, si rispetta un ordine alfabetico all'interno delle zone considerate in senso rotatorio antiorario (cosi come per l'epoca medie vale]; per il territorio omayyade non si fornisce alcun elenco; per l'Italia medievale l'ordine è topografico, e le citazioni concernono solo le aree pertinenti e quelle culturalmente più prossime o collegate con Genova; per l'Occitania l'ordine è alfabetico per città; per la Spa: "gna l'ordine è alfabetico per regioni, e, all'interno di ognuna, per centri urbani, a causa della vastità delle esemplificazioni necessarie e per le singole specificità culturali; per la Terra Santa, l'ordine è ancora alfabetico per città.
Per considerazioni generali sui castra, cfr: VERBRUGGEN, 1950; BETTINI, 1955, p. 235; TUULSE, 1958, pp. 12 e ss; Cassi RA MeLLI, 1964, pp. 50:59; STRIKA, 1967, p.239; Fino, 1972 (sui castra permanent); sui castel, ce: FINELLI, 1968, pp. 373-374; PERO GALLI, 1971, p. 19. La bibliografiasul limes romano nelle varie regioni dell'Impero è sterminata; si preferisce qui uno specimen bibliografico la cui unica pretesa è quella di fornire un quadro generaledi riferimento: STADE, 1937 (per la Germania); SticOTTI, 1937 (per le alpi Giulie); Doptas, 1938 (per l'area cecoslovacca); PAULOVICS, 1938 (per l'Ungheria); RICHMOND, 1938; ScHOBER, 1938 (per l'Au stria); VOLLGRAFF, 1938 (per i Paesi Bassi; VULIC, 1938 (per la Jugoslavia]: NASHWILLIAMS, 1954 (per la Britannia); SCHLEIERMA CHER, 1961, CONDURACHI, 1974, pp. 167-178 (per la Romania); SWoBODA, 1976, CONDURACHI, 1974 (per la Romania}; BAATZ, 1973; ROMANELLI, 1976, e MANSUELLI, 1976 (per la Renania}; BENES, 1979 (ulla Mesia. Cfr. inoltre PODEBARD, 1938 (per la Siri); ROMA NELLI 1938 (per l'Afica)ecfr. qui la nota 7. Più in generale cfr. CASSt RAMELLI, 1964, pp. 72:79, che tratta anche degli «scrittori mili tari» dall'età repubblicana ad età crociata. In particolare su Vegezio e sullanonimo del De rebus bellicis cfr. PASCHOUD, 1967, pp. 110132 e cfr. qui oltre, nota $ al 3.1 3 L'eelementarità» di esiti della porta Soprana, che è in realtà piena congruenza tra forma e funzione, non contraddice affatto la
sua complessità progettuale, come ha dimostrato Bonora nellelaborato qui in appendice. Circa il passo citato cfr. PoLIBIO, VI, 31-10, per cui cfr. GARCIA Y BELLIDO, 1965, pp. 153 e ss; cfr. pseudo-IGINO, De munitionibus castrorum, su cui cfr. la recensione di MAGGlULLI, 1981,e, in generale, anche sulla tradizione gromatica, BETTINI, 1955, p. 326; CHEVALIER, 1973, e il recente BoLENS, 1981, con importanti note sul rapporto tra fattori militari ed agronomici (p. 115) e con un'analisi approfondita della inea maestra della tradizione geoponica da G.I. Hyginus e L. I.M. Columella ( sec. d.C) (pp. 46, 295 e passim) e Viridonius Anatolius, di Berytos (Beyrüth, V sec. d.C.), al ms. bizantino di Dioscoride- Venezia e Cassianus Bassus (VI sec. d.C.) (pp. 1 e passim), fino allo hiatus occidentale fra Il e VIII
secolo ed all rinascita del X secolo, coadiuvata calla cristianità orientale bizantina e dai musulmani. Sulla vlla dioclezianea di Spalato, cfr. TUULSE, 1958, p. 18; edizione critica del monumento in MARASOVIC, 1970.
4 Nell'esemplificazione ho seguito l'ordine cronologico richiesto dall'economia della stesura soltanto per l'area italica; quanto alle altre zone ho ritenuto più facile per la consultazione il convenzionale ordine alfabetico. Cfr. inoltre qui la nota 1 110
Per il limes romano in Germania, cfr. STADE, 1937, che precisa le varie fasi della sua costruzione, la sua natura in rapporto alla politica militare dei vari imperatori e i caratteri specifici delle opere fortificate e dell'organizzazione del retroterra. Cfr. poi SCHLEIERMACHER, 1961; BAATZ, 1973. Quanto alla documentazione architettonica, per gli esempi della porta di Deutz-Divitia, presso Colonia, cfr. STEHKAMPER, 1970, pp. 158-159 e per la porta Paphia di Colonia cfr. CREMA, 1959, p. 224, che la data in età claudiana, al 50 d.C., e figg. 238 e 239, rispettivamente planimetria e ricostruzione dell'elevato; cfr. poi MAINZER; 1973; MANSUELLI, 1976, p. 154 (con considerazioni sulla città di Colonia), e fr. infine, qui oltre. Sul forte Schierenhof (ossia Strassdorf) cfr. KıEss, 1965. Su Ratisbona romana (fies. 3 e 4) cfr. SCHULTZE, 1910, tav. XVIII, pp. 33 e ss, e, quindi, STROBEL, 1965; KREUZER, 1972, (autore nota come numerose strade dell'accampamento romano rimangano inserite nella rete viaria medievale. Cfr. anche p. 27 per la Lagetore e la porta Praetoria, riscoperta nel 1885, abbastanza simili alla porta Nigra di Treviri; p. 26 per la Peterstor, che nel Medioevo sostitui la porta decumana di
epoca romana; p. 49 bibliografia). Clr. ancora PrENDL, 1974, per la storia dello sviluppo urbano. Per l’area germanica, che non concerne direttamente i problemi legati alla porta Soprana di Genova si forniscono indicazioni sommarie; fra queste si veda: per Altrip, BERsu, 1930; BETTINI, 1955, p. 328; per Camutum: GRUNEWALD, 1981; per Magonza, KoE?P, 1926; per Vienna, NAUMANN, 1955; per Xanten, LEHNER, 1930. Per la regione elvetica, cfr. inoltre DEGEN, 1976. Tralascio la zona dei Balcani perché ancora poco esplorata e ricordo alcuni esempi di porte della Mesia e della Tracia: Nicopolis (Mesia Inferiore, Bulgaria, di età traianea, per eui cfr. DONALDSON, 1859 (ma 1965), p. 312, n. 82); Trajanopolls Maesa (su cui cfr. ibi dere, pp. 318-319, n. 85); Bizia (Tracia, per cui cfr. ibidem, pp. 314-317, nn. 83:84; SCHULTZE, 1910, pp. 337-338 e figg. 9-10); Anchia lus (Tracia, su cui cfr. DONALDSON, 1859 (ma 1965), pp. 310-311, n. 81). In generale, sulle porte e le fortificazioni romane, si veda: QUERCIOLI, 1982; BIERNACKA-LUBANSKA, 1982; JOHNSON, 1983; LE ROUX, 1983; VASI-BIANCHINI, 1983. 5 Perle fonti letterarie antiche sulla Gallia cfr. il repertorio di DUVAL, 1971, soprattuttot. 1, pp. 101 ess. par. D, con notizie e bi
bliografia fondamental relative all’archeologia gallo romana, ivi comprese le fortificazioni (p. 104). Sulla storia, i caratteri, organizza: zione del limes franco germanico, sulle cinte romane nella Galla dell'Alto e Basso Impero, cfr. BLANCHET, 1906-1907 (cui si deve fare costante rimando); GRENIER, 1931; IDEM, 1937; IDEM, 1946 (con elenchi esaustivi; ROBLIN, 1951, che puntualizza come l'importanza delle città nel Basso Impero sia correlata non a fattori demografici, ma a necessità militar e strategiche, analizzando poi anche il rap porto fra cinta bassoimperiale, città e cittadella medievale; BUTLER, 1958; IDEM, 1959; IDEM, 1961; CHEVALIER, 1973, pp. 162-179; Fino, 1977, fondamentale anche per il Medioevo. L'autore precisa, a p. 31, che durante la pace augustea le difese hanno solo e soprat tutto carattere onorifico; pp. 56 e ss. per le fortificazioni ‘barbare, in legno rinforzato da terrazzamenti: quelle più evolute — com'è noto — sono di due tipi, cioè di campagna e permanenti; per la morfologia generale delle porte fortificate, cfr. pp.67-68, con riferimento a VEGEZIO, IV, 4; sulle cinte più ampie di Bassa Epoca in Francia (Poitiers, Sens, Bordeaux ecc) cfr. p. 42. Per un'informazione generaJe aggiornata e approfondita, attenta a una corretta impostazione dei problemi si veda il volume Histoire de la France Urbaine (biblio grafia pp. 581 e ss), ein particolare i contributidi DUBY, 1980 (maestà e funzione simbolica delle porte, p. 15; funzione giudiziaria,religiosa e militare della cità, p. 20; singolarità della storia urbana francese, p. 33); GOUDINEAU, 1980 (ricerche archeologiche, p. 58}; GOUDINBAU-FEVRIER-FIXOT, 1980 (città ai tempi di Cesare, pp. 86 e s. fig. 41; oppida secondo Pliniò, pp. 91e ss, fig. 45; città da Augusto al VI secolo, pp. 10T'e ss); GOUDINEAU-KRUTA, 1980 (sulle cinte, o sulla oro assenza, nelle città della pace romana, pp. 244 e s . sulle mura, pp. 246 e ss; sulle porte, pp. 250 e ss); FEVRIER, 1980 (sulle città dal IT al VI secolo, pp. 393 e ss. sulle mura, pp. 399 e 56. sulle città scomparse, pp. 115 e s; sulle capitali, pp. 117 e 5; sulle mura del Midi, pp. 155 ess. sulla funzione non solo fisica ma anche simbolica delle fortificazioni, p. 161; sulle fortezze celtiche della Gallia interna dal VI secolo, cfr. pp. 196 e s. e fig. 126; sul murus gallicus (v. qui fig. 9), pp. 210 e ss. sugli oppida celtici (v. qui fig. 10) e la loro funzione di mercato tribale e di santuario centrale, pp. 203 e ss; sull'«orientation», p. 264; sulle differenze di significato fra «cité» e «civitas», p. 568; sui termini «oppidum» e «castrum», ctr. s pp. 572, 567) Sulla vita quotidiana in Gallia nel corso della pace romana cfr. DUVAL, 1981, in particolare pp. 56 e ss. 230 e ss, 235 e ss. (bibliografi). Si tenga poi presente che una maquette del murus gallicus e di alcuni appida sono conservati nel museo di St. Gerniain-en Laye, presso Parigi. Si fornisce a questo punto una bibliografia di massima sulle località ricordate nel testo: per Aix-en-Provence (Aquae Sextiae), cfr. le opere generali citate e POURRIERE, 1958. Per Arles (Arelate) cfr. CONSTANS, 1921, pp. 220-224; FLANDREYSY, sd. pp. 274-281. Per Fréjus (Forum Juli), cfr. DONNADIEU, 1929 (approfondito poi in successivi lavori sulle porte del decumano e quella «des Gaules); FEVRIER, 1977 (con bibliografia) Si ricordi inoltre la pianta delle rovine di Fréjus alla fine del X VI secolo, tracciata da Ascanio Vitozzi (Torino, Archivio di Stato). La città romana possedeva quattro porte: cfr. qui, appendice Cigolini-Croce) a Nord, la porta de l'Agadron, scomparsa; a Sud la porte Dorée, di cui restano scarse tracce; a Est la porte de Rome, di cui è conservata una torre diroccata; a Ovest la porte des Gaules, di cui restano le fondamenta. Per Autun (Augustodunum), cfr. FONTENAY, 1881; SCHULTZE, 1910, tav. XIV (con elevato e planimetria delle due porte, d'Arroux e di St. André; CREMA, 1959, p. 220 e fig, 232; DUVALQUONIAM, 1963 (trattazione di tutte e quattro le porte: le due già citate e quelle di St. Andoche e di Roma). Per Die (Dea Augusta), cfr. PETRI, 1933 (in generale); ESPERANDIEU, I, 1907 (sui reimpieghil; disegno e interpretazione poco sicure in FORMIGE, 1909; SAUTEL, 1957; TURCAN, 1972. Si veda quindi RITTER, 1974, p. 15. La porta conservata di St. Marcel è un arco municipale del IL secoiu
lo, da cui sono stati asportati le volte, i fregi e altri elementi per essere inseriti nella cinta del Basso Impero, e utilizzati in particolare nella porta Est. Per Langres (Andormatunum), cfr. DE PRANGEY, 1862; TILLET, 1928. Cinta di origine gallo-romana, costruita rapida: mente con reimpieghi, come quella di Digione e di Perigueux, conserva una sola porta, quella Ovest (cîr. appendice Cigolini Croce), a tre arcate. La porta Nord (Longe-Porte) fu ricostruita dal Genio civile; prima se ne vedevano scarsi resti: un pilastro e due archivolti; la porta Ovest (du Marché) distrutta nel 1814, fu ricostruita nel 1854; la porta Est, di Enrico IV, reca nel timpano la data 1604;la porta Sud (des Moulins}, commissionata da Francesco I, quindi demolita, sostituita nel VII X secolo, e molto rimaneggiata nel 1647. Per Ni mes (Nemausus), ctr. SCHULTZE, 1910; JULLIAN, 1920; NAUMANN, 1927; VARENE, 1963 (bibliografia pp. 651 c ss). Sulla cinta romana è in preparazione uno studio specifico, a cura di P. Varéne e P.N. Duval. Sono conservate due porte, de France e d' Augusto; un cer to numero di altre è restituito ipoteticamente. La prima è stata rilevata a livello delle fondazioni; per la seconda sono in corso lavori di rilievo dal 1963. Su Reims, cfr. PICARD, 1975; LEFEVRE, 1979, ambedue con ampia bibliografia. Resta la porta di Marte, un arco onorario dell'inizio del INI secolo, sulla strada per Bavay.e Boulogne sur-mer. Menzionato per la prima volta nel VI secolo nella vita di San Sisto, profondamente modificato nel XII secolo e inglobato nelle mura. Nel 1595, demolita la fortezza feudale, rimase racchiuso nella cinta urbana. Parte superiore spianata c attico completamente distrutto. All'estremità opposta della città, sullo stesso asse, è la porte Bazée, anch'essa in origine un arco simile e coevo a quello di Marte, sulla via Cesarea verso l'Italia. Trasformata alla fine del III secolo. in porta di città. Il nome originario «Porta Basilica» fu poi mutato. Restauri nel 1804, 1831, 1844 durante i quali venne ricostruito il lato destro. Salvata dalla distruzione nel 1854 a opera dell'intervento di Dunquelle. Su Tolosa, cfr. LABROUSSE, 1962 (bibliografia nota 1, sulla porta Pinta, pp. 918 e ss, di cui non resta quasi nulla), IDEM, 1968; IDEM, 1974 (sulle tre porte principali soprattutto pel ritrovamento della porte Narbonnaise, distrutta nel XVI secolo, situata a Sud del cardo; di quella di St. Etienne, alla estremità Est del decumanu; di quella detta «La Porterie», sita a Nord del cardo, che sostituisce una porta romana con corte circolare simile alla soluzione della porta Est di Avesnes, sulle porte di questo tipo cfr. pp. 256-261 con bibliografia in nota). Per quantificare l'entità di cinte e porte in età romana nell'area della Gallia corrispondente all'attuale Francia, oltre al rimando obbligato al BLANCHET, 1906-1907 e all'altra bibliografia citata, ritengo opportuno redigere un breve elenco delle località oggetto di un personale sopralluogo con ulteriore bibliografia, quando è stata reperita: Amiens: per la cinta romana, 111 secolo, da paragonarsi a quella di Bavay, Boulogne e Vernand, cîr. WILL, 1961, pp. 79-100; sul castrum, DESBORDES-MASSY, 1975; sulla città fortificata cfr. Massy, 1977, cap. VII, p. 327 (porta claustri) e passim; pp. 338 e ss. (porta Clipiana, claustri; FOUCART-BORVILLE, 1977. Angers: Fl NO, 1977, pp. 328e ss. (cinta con torri cilindriche, scavate di recente; valore militare; assegnata al 275 circa}; PROVOST, 1978 (sulla cit tà gallo-romana). Avignone: per i resti romani, cfr. GOUDINEAU, 1980, p. 60 fig. 20. Bavay: WILL, 1961, pp. 79-100. Bayonne: porta romana, cfr. DE BLAY DE CAISE, 1899. Beauvais: FINO, 1977, p. 63. Béziers: CLAVEL, 1970. Bordeaux: cfr. FINO, 1977, p. 63 (cinta rettangolare, tarda epoca, una delle maggiori). Boulogne-sur.mer: HELIOT, 1936; WILL, 1961; FINO, 1977, p. 517 (cinta romana simile a Vernard, Bavay e Amiens; assegnata al 287-293, centro urbano con doppio quartiere, città altae bassa, attorno al porto. Queste ulti me mura distrutte nel IX secolo; quelle della città alta'sussistono; resti romani presso porta di Calais, porte des Dunes e porte de la Gayolle, per cui cfr. qui nota 12 al 2.5. Il resto della cinta, turrita, con quattro porte e materiale di reimpiego, fu distrutta da Philippe Huregel nel XIII secolo). Bourges: FINO, 1977, p. 63 (cinta ovale). Carcassonne: BRUAND, 1973 (cinta non visigota ma gallo-romana, databile fine IIL'inizio IV secolo. Analogie con cinta di Tolosa e di St. Lizier. Intatta ed efficiente fino al primo XIII secolo c tuttora ben consérvata a Nord a Est); FINO, 1977, p. 355. Chalons-sur-Saone, Dax, Digione: Fino, 1977 (cinta quadra ad angoli arrotondati), p. 63; GOUDINEAU-FEVRIER-FIXOT, 1980, p. 108 fig. 58. Evreux: FINO, 1977, p. 63. Glanum: SALVIAT, 1977, pp. 29-30. Le Mans: Bu. TLER, 1958; Vassas, 1961 (cinta con torrioni del Basso Impero, della fine del III secolo, con contrazione della città in epoca altomedievale. Porte non conservate, solo una pusterla). Marsiglia: soprattutto scavi della zona della Bourse: GOUDINEAU, 1980, passim. Metz: scarse vestigia delle mura, nessuna delle porte antiche, delle quali notizie nell'alto Medioevo, in particolare di quella Serpenoise o Scar. ponensis, nell'anno 898,e la porta Meridiana, verso il 1050. Notizie medievali anche sulla porta Lavandière e sulla porta Moselle (demolita nel 1277 perché non più funzionale a causa della costruzione della nuova cinta); cfr. THIRIOT, 1970 (bibliografia pp. 79 e ss. Narbonne: Fino, 1977, p. 112, con citazione del passo di Sidonio Apollinare (Oeuvres complètes, carmen XX, vv. 51-52) che dice la città essere priva di fossati e di terrazzamenti con palizzate. Orleans: FINO, 1977, p. 63 (cinta quadrata). Parigi: DUVAL, 1972 (città «doppie», estremamente rare nell'antichità; fonti antiche pp. 55 e ss. bibliografia pp. 93 e ss}; FINO, 1977, p. 63. Perigueux (Vesone]: RITTER, 1974 (castrum ovale come a Senlis). Poitiers: FINO, 1977, p. 42 (cinta tardoantica). Rennes, Saint-Bertrand-de Comminges: Li Zo», 1931. Senlis: Fino, 1977, p. 62 (ruderi inglobati nella cinta urbana utilizzati come bastione), Sens: ibidem, p. 62 (cinta tardoantica). Soissons: ibidem, p. 63. Strasburgo: ibidem, p. 63 (antico castrum militare con remparts di terra poi sostituitida muraglie in muratura). Tours: BoUSsARD, 1960; Fino, 1977, p. 62. Vernand: WiLL, 1961. Vichy: CORROCHER, di prossima pubblicazione. Vienne: non conserva resti di porte antiche; due cinte romane successive: una del I e una del IV secolo. Una menzione a parte per gli archi monumentali di Glanum (St. Rémy), Orange, Saintes, per cui cfr., in particolare, MAURIN, 1978. 6 Fonte essenziale sul sistema di castramentatio anche in terra di Spagna è Polibio, per cui cfr. Historia de España, 1940 (II, 1955). Cfr. poi MELIDA, 1925, pp. 37-56. Sulle città romane e le opere fortificate, ibidem; CARO BAROJA, 1957; BaLIL, 1973. Sulla viabilità,cfr. (TORRES BaLtas, 1937. Compilo qui di seguito un elenco comprensivo delle città menzionate nel testoe di quelle visitate. Su Ampu112
rias: MELIDA, 1929, p. 276; ALMAGRO, 1964; RIPOLL-PERELLO, 1982 (pp. 25 e ss. per la città greca, Neapolis; p. 65 e ss. sulla città romana, fondata da Cesare su un precedente nucleo ‘iberico’ — Indika — dei secoli Ile 1a.C.; p. 70 sulla porta Sud, coperta da un arco a tutto sesto, in calcestruzzo armato, per cui cfr. qui appendice Cigolini-Croce; pp. 71 e ss. sulla porta Ovest, non ancora scavata; p. 77 bibliografia). Su Astorga (Augustobrige), a 2 km. da Agreda e a 51 da Soria, con mura augustee, cfr. TARACENA-TUDELA, 1979, pp. 235 e ss. Su Barcellona: MELIDA, 1929, p. 276; DURAN Y SAMPERE, 1943 (sui resti romani, tra cui la puerta Praetoria, con torri semicilin riche); Historia de España, 1940 (I, 1955), pp. 57 e ss. Su Bilbiis cfr. AA. VV., 1975, pp. 26 e ss, con bibliografia pp. 205 e ss; centro ricordato da numerose fonti, antiche e cristiane, conserva delle costruzioni ibero-romane, resti di mura; sono in corso scavi anche per il riconoscimento delle porte urbane. Su Carmona: MELIDA, 1925, p. 44 (che assimila la porta di questa città a quella di Stabia e Pompei), e IDEM, 1929; JIMENEZ MAR: TIN, inedito, presso l'archivio dell Ayuntamento de Carmona. Su Cáceres: MELIDA, 1925, p. 45; TORRES BALBAS, 1937 (di grande interesse la porta detta ‘arco del Cristo”, fra due torri quadre); MUROZ DE SAN PEDRO, 1980. Su Coria (Course): MELIDA, 1925, p. 45 (cfr. la puerta de San Pedro, con due torri. Su Cordova: Historia de España, 1940 (II, 1955), pp. 463-464; SALCEDO HIERRO, 1980. Su Gerona: CARO BAROJA, 1957, figg. 225, 452, NOLLA BRUFAU, 1978 (con bibliografia, pp. 53 e ss). Su León: MELIDA, 1925; IDEM, 1929, pp. 175-178 (notizie storiche sullo sviluppo urbano, la cinta e le porte; pp. 448-449 (sul castill). Per una planimetria della cinta romana cfr. anche GUTKIND, 1964-72, p. 217. Su Lugo (Lucus August): cerchia di mura del III secolo con torri semicircolari a catena e quattro porte di cui una superstite, la puerta del Carmen (chr. fig. 115); all'interno probabili resti della cinta del I secolo, cfr. MELIDA, 1925, p. 45; IDEM, 1929, p. 276; Histo ria de España, 1940 (II, 1955), fig. 144; CARO BAROJA, 1957, fig. 191, p. 351; ARIAS VILAS, 1972 (con bibliografia); de ABEL VICELA, Sd. (post 1975) Su Medinaceli, cr. TARACENA-TUDELA, 1979, pp. 227 e ss. (mura urbane post II secolo d.C.; a Sud-Est il celebre arco romano, anteriore alle mura, assegnato dal GOMEZ MORENO, 1927, al IIII secolo d.C). Per le mura romane di Niebla, fr. nota alla porta medievale. Su Numancia, cfr. MELIDA, 1929, pp. 274-275; GUTKIND, 1964-72,p. 217; ORTEGOY FIAS, s.d. (post 1975), pp. 18 ess: mura di varie fasi, dal castrum celtico datato dal V al IV secolo a.C.; ricostruzione augustea della cit à senza mura; pp. 36 e ss. gli accampamenti romani; p. 38: gli accampamenti di Scipione; pp. 63-64: sul celebre suicidio collettivo del 133 a.C. (ricordato, tra gli altr, da Valerio Massimo e Floro); per un compendio aggiornato, cfr. TARACENA-TUDELA, 1979. Sülle mora romane di Sagunto, riprese nell'edizione medievale, che talora utilizza blocchi romani (cfr. lato Ovest, sopra il teatro), cfr. SIMO SANTONIA, 1974. Su Saragozza (Caesaraugusta), per buona divulgazione, cfr. CASAMAJOR CASALES, 1980; le porte romane sono state demolite; es stono ruderi delle mura con tre torrioni semicilindrici cavi, presso il mercato, abbastanza rimaneggiat (cfr. anche nota sulla città medicvale) Sulle città romane della provincia di Sora, cfr. TARACENA-TUDELA, 1979, pp. 28 e ss. Su Tarragona: MELIDA, 1925, p. 42; IDEM, 1929, p. 276; CARO BAROJA, 1957, p. 351, figg. 192-193; cfr. Fixter Museos, sd. ta e porte non preromane ma romane, di due fasi, delle quali la seconda all'inizio del Il secolo a.C.; tutta la base del circuito in blocchi megalitici. La porta più nota è quella presso la torre di Minerva. Le porte del circuito ‘megalitico’ sono cinque: quella citata è l'unica in tatta. Il porta! de Rojer aperto nel secolo XVITI. Il portal de Sant'Antoine fu sostituito dall'odierno nel 1757); cfr. poi RECANSES Co. MES, 1981 (volume di una collana di seria divulgazione promossa dal Ministerio de Informacion y Turismo); HAUSCHILD, 1983, pp. Des. Su Mérida: MELIDA, 1925, p. 53; IDEM, 1929, p. 278; DONALDSON, 1859 (ma 1965), pp. 320-322 (per figura della porta, n. 82, su medaglia bronzea); TORRES BALBAS, 1957, p. 38 e passim (ull'Alcazaba musulmana, IX secolo). Su Siviglia cfr. qui oltre. Su Talmuda: Historia de España, 1940 (I, 1955), fig. 102, p. 194; GARCIA Y BELLIDO, 1965, p. 193 (porte con due torri semicircolari, fine III secolo) Su Tiermes, per una panoramica aggiornata, cfr. TARACENA-TUDELA, 1979, pp. 192-196; ORTEGO Y FRIAS, sa. (post 19807), con fonti scritte (pp. 13 e ss); pp. 26 e ss. sulle due porte scoperte nel recinto, a Sud c a Sud-Est, questa denominata «Puerta del Sol»; pp. 28 ess; sui resti ella città imperiale c i resti delle torri semicilindriche, assegnate al I secolo d.C. con interventi posteriori; p. 31 e s sul castrum; p. 53: bibliografia. Cir. qui inoltre, la nota 2 all'8.1. 7 In generale, sulla storia della dominazione romana e sulle fortificazioni in Africa settentrionale, cfr. DELAIR, 1875, pp. 108 e ss; CAGNAT, 1913; ROMANELLI, 1935; BARADEZ, 1949; ROMANELLI, 1970; EUZENNAT, 1972; IDEM, 1973; TROUSSET, 1974 (con bi bliografia pp. 165-166); FINO, 1977, p. 22; LEPELLEY, 1979; DECRET-FANTAR, 1981, con bibliografia fondamentale e fonti, p. 355373; DUVAL, 1983, pp. 149-204 (in particolare pp. 185 e ss, sulle cinte urbane, e p. 200, bibliografia) Si ricorda, infine, la collezione 13
Etude d'Antiquités africaines, che segue le Antiquités du Centre de recherches sur l'Afrique méditerranéenne, divenuta, nel 1970, Institut d'Archéologie méditerranéenne (LA.M.) Sull'Algeria, cfr. FEVRIER, 1968 (per ricerca archeologica); IDEM, 1971 (aspetti artistici) Su Cherchel e Tipasa cfr. DUVAL, 1946. Su Lambese cfr. una breve nota in FINO. 1977. o. 58. Su Tipasa, cfr. CABOT BRIGOS, 1963 (ricerche archeologiche). Sulle regioni storiche dell'attuale Libia, Cirenaica e Tripolitania, cr. per la prima, ABITINO, 1979 (ampia bibliografia, e soprattutto pp. 65 e ss, 79e ss, 92.95). Ctr. inoltre GOODCHILD, 1953 (sul limes); LAURENZI, 1966, pp. 251-274 (sui complessi architettonici: STUCCHI, 1975 (sullarchitettura); ABITINO, 1979, p. 32 (su Cirene e il suo porto, Apollonia, su Berenice, per cui cfr. p.89. con citazione delle fonti antiche;su Derna, con fonti bizantine, pp. 39 e ss. sull'imponente forte di Gasr Martish,pp. 94-95; sulla Pentapoli pp. 28:29 e passim); cfr. anche GooDCHILD, 1962; TROUSSET, 1974, pp. 114-118 (su Remada) Su Tolemaide cfr. ancora ABITINO, 1979, pp. 31 e ss. e nota 78 e p. 93 sulla grande porta monumentale, tuttora superstite. Sulla Cirenaica, ampia bibliografia, ibidem, pp. 116-122. Per la Tripolitania,cfr. DE VITA, 1964 (sul limes); GOODCHILD, 1966, pp. 225-250 (sulle fortificazioni e palazzi di età bizantina]: Taousser, 1974 (con importante bibliografia, pp: 65-66); REBUFFAT, 1977; DECRET-FANTAR, 1981, pp. 188 c ss. Sul Marocco, cfr. EUZENNAT, 1957, IDEM, 1960 (ricerche archeologiche fra 1955 e 1960) Sulla Tunisia, cfr. MANIOUBI, s.d. (ma 1969), sulle città romane; EUZENNAT, 1972 (ricerche archeologiche), Su Sousse, cfr. LEZINE, 1971, ma, sulla cinta giustinianea, ricostruita nell'59, cfr. anche MARCAIS, 1926, p. 46. Su Tunisi, cfr. Zeiss, 1978. Sull'Egitto romano, cfr. PARIBENI, 1935. Sul limes, cfr. ROMANELLI, 1939. Per il Cairo Vecchio, in particolare, cfr. la planimetria in Tov, 1955, p. 55 (con porta della fortezza di Babilonia d'Egitto, su cui cfr. Casst RAMELLI, 1964, p. 106 fig. 62, p. 128, che ne sottolinea l'alto interesse strategico): GUIDONI, 1978,pp. 59-64 (in particolare sulle fonti islamiche: at-Fust&t, Ibn Dukmák, al-Färäbi, teorico dello Stato- città islamico, 870 c-950, Ahmad al RAZI. ante 887.955) # Per notizie storiche sulla Siria romana dal | secolo a.C. al Il .C..cfr. COQUAIS, 1978 (pp. 67-71 su armate, strade e porti militari) Per il limes, osservazioni e problematiche generali (la concezione romanadi limes: ad esempio. per cui cr. pp. 7-9 la periodizzazione del tracciato e l'organizzazione del limes pp. 1420): PorDEBARD, 1937: fr. lievi in REY. 1871. Sempre fondamentale BRUNNOW DOMASZEWSKI, 1904-1909, voll. III: DUSSAUD, 1928: POIDEBARD. 1934: IDEM. 1941: JONES. 1971. Sulla cinta greco-romana di Apamea e la sua porta 0 arco onorario, cfr. BALTY, 1975. Su Laodicea e la sua cinta fortificata con arco monumentale e porte, cr. SAUVAGET, 1954, pp. 122 e ss GIULIANO, 1966, p. 154 con bibliografia. Sulla porta di Lefke a Nicea, con due tor semicircolari, cfr. Tov, 1955,p. 53 (planimetria)e p. 54; GIULIANO, 1978, fig. 1 p. 11 (moneta di Macriano con veduta della città e delle porte, di grande monumentalità, di gusto scenografico ancora ellenistico; ma sulle rappresentazioni architettoniche nella numismatica è fondamentale DONALDSON, 1859). Si tenga presente che le città di Nicca, Maires, Edessa, Antiochia, Diarbekir, Dara, Anazarbe vennero fortificate da Giustiniano, Costanzo; Anastasio e Leone con il sistema descritto da PROCOPIO in De Aedifcîs, Il, cap. IIl (tr. REY, 1871, p. 179). Di qualche interesse sono anche le porte llenitiche, romane bizantine dell'attuale Turchia. Di esse non si fa cenno nel testo perché difficilmente la loro cultura può essere collegata a quella di porta Soprana, sebbene risultino documenti di notevole importanza per la vicenda storica delle porte urbane in generale. Privilegio in questa sede la menzione dei monumenti oggetto di un personale sopral luogo. Su tutti cfr. AKURGAL, 1978, passim (elenco delle porte pp. 371-372). Cfr. in particolare la porta Nord Est di Afrodisia, con iscrizione del IV-V secolo che ne testimonia il restauro a opera del governatore Flavius Constantius. Resti di mura e di una porta nella città bassa antica di Alicarnasso (cfr. ampia bibliografia in AKURGAL, 1978, p. 362). Sulla porta di Adrianoad Antalya, ctr. ibidem, pp. 35, 324 e fig. 160. Cfr. soprattutto l'ingresso Sud di Aspendos, su cui si veda ibidemp. 334. Su Assos, cfr. WINTER, 1958 (sulle fortificazioni) e GIULIANO, 1966,p. 144; cfr. poi METZGER, 1975. figg. 104-105 Su Cnido, cfr. BLAKE-EDMONDS, 1978, pp. 79:80 (delle tre porte, quella a Est era la più importante). Su Efeso, cfr. GIULIANO, 1978, pp. 26-29 (porta di Mazeo e di Mitridate, che richiama «quelle augustee in Italia e in Occidente», ma con spunti ellenitici: porta Ovest dell Agord; porta sul! Arcadiane}; brevi cenni in AKURGAL. 1978, pp. 144-145, 162, bibliografia pp. 362, 388-389. Sulla porta della «Persécution» denominata anche «di S. Giovanni», a Selcuk tv. qui fig. 15), cfr. BLAKFEDMONDS, 1978, pp. 111 ess. Su Filadelfia, cfr. ibidem. pp. 129 e ss. (mura bizantine, con due porte, distrutte, di una delle quali resta ur piedritto con iscrizione). Su Hierapolis,cfr. GIULIANO, 1978, pp. 57 e ss, con bibliografia (porta Nord. della fine del 1 secolo, con torrioni circolari e dedica latina e greca a Domiziano, cfr. p. 60; porta bizantina,p. 60. che ingloba un ninfeo probabilmente del Il secolol; BLAKE-EDMONDS, 1978,p. 101. Cfr. poi qui appendice Cigolini Croce. 114
Su Patära, BLAKE-EDMONDS, 1978, p. 77; BAYBURTLUOGLU, s.d., pp. 61 e ss. (porta a forma di arco onorario con tre fornici co-
struita circa nel 100 d.C dal prefetto Metlus Modestus, come attesta l'iscrizione). Cr. qui appendice Cigolini-Croce. Su Pergamo si ri manda all'stesa bibliografia di AKURGAL, 1978 pp. 365, 393 (scarsi resti di alcune porte, vuoi nella città alta vuoi in quella bassa). Cr. poi BLAKE-EDMONDS, 1978, pp: 121 e s . e bibliografia pp. 155 e ss. e, ovviamente, GIULIANO, 1966, pp. 139-144; IDEM, 1978, pp. 4049. Su Perg? (porta dell cinta ellenistica inserita nelle mura romane, ancora esistente, a Nord del circuito) cfr. GIULIANO, 1966, pp 170-172; bibliografia in AKURGAL, 1978, p. 393. Su Sardi, fr. Foss, 1976; BLAKE-EDMONDS, 1978, pp. 126 e ss. (fortificazioni pervenute con interventi bizantini fra VI e VII secolo dC. e probabilmente anche dell'XI secolo. Non sono visibili resti di porte di cità) si rimanda anche all'ampia bibliografia in AkuRGAL, 1978, pp. 365, 394-395. Su Tarso, cfr. BLAKE-EDMONDS, 1978, pp. 57 e ss. (resti di antica porta urbica di età romana detta porta di san Paolo o Kaucik Kaphy Su Xanthos, cfr. AKURGAL, 1978, pp. 258 € s ., bibliografia a p. 396; BAYBURTLUOÓLU, s.d. pp. 64 e ss. (mura di varie epoche e re-
sti di una porta ellenistica presso l'acropoli romana). Su Sid, con porta presso il teatro, cfr. GIULIANO, 1966, pp. 172-173; bibliografia in AKURGAL, 1978, pp. 365, 395. I castra. bizantinosiriaci sono citáti in BETTINI, 1955, p. 327, utile anche per notizie sul limes di Traiano in Transgiordania (p. 329). Sui nessi tra Roma e Bisanzio nel campo delle fortificazioni e dell'urbanistica dî impianto militare, cfr. CASS! RAMELLI, 1964, p. 74. Sulla tecnica militare, per i rapporti di continuità Roma-Bisanzio, cfr. HARMAND, 1981, pp. 147-148, che cita l'esempio di Resafa (su cui cfr. KARNAPP, 1966, pp. 146-151). Lo stesso autore sottolinea la negatività dello spirito greco in materia di fortificazioni (Platone, Senofonte), il mutamento di questa attitudine soltanto nel IV secolo, sotto la spinta di un nuovo materiale poliorcetio (Eurialo di Siracusa, Pergè, Selinunte o Side, fortificazioni nella stessa Sparta). Per queste ragioni non ho ritenuto opportuno prendere in esame in questa sede il mondo greco, ma solo quello bizantino. L'area ellenistica verrà invece considerata e solo parzialmente per ciò che concerne più in specifico i contenuti. Queste tesi sono sostenute anche da FINO, 1977, p. 22. 9 Per la grafia araba rimando, anche per i capitoli successi i a quella stabilita in Enciclopedia Universale dell'Arte, laddove le grafie dei nomi sono presenti. Sulla formazione dell'arte islamica è fondamentale GRABAR, 1981. In generale, sui palazzi omayyadi e per note sulfarchitettura del periodo, cfr. STERN, 1946, che fornisce una sistemazione tipologica di questo gruppo di edifici in rapporto con influenze säsänidi e caratterizzati, tuttavia, da un mélange culturale (affermazioni come quella che le torri semicircolari siano sconosciute alle fortificazioni romane e bizantine sono discusse tuttora); cfr. inoltre SCHLUMBERGER, 1939; SAUVAGET 1938, ripreso da BETTINI, 1955; BOTTARI, 1950, e IDEM, 1951. Ancora in generale, cfr. LORANDI, 1973, p. 21. Cfr. poi CASSI RAMELLI, 1964, p. 107 (esempio di come i palazzi omayyadi ricorrano anche nella letteratura crítica sull'architettura militare). Per l'epoca partica c säsänide possono servire come elementi di confronto l'ingresso al campo fortificato di Seh-Kuhe e la porta al complesso di Kolci-Zal (per cui cfr. GULLINI, 1964) Per Resafa-Sergiopolis, in epoca säsänide, cfr. tra l'altro, SAUVAGET, 1938, (pp. 147 e ss. per la sala di udienza; pp. 155 e ss. per le opere giustinianee di difesa; sulla sua natura di centro di pellegrinaggio, fuori delle vie di comunicazione, pp. 160 ess), e OTTO DORN, 1957 (anche per epoche successive). Su Qasr Qaranah è fondamentale STRIKA, 1967 (cfr. anche per il concetto di «architettura di potenza» su cui cr. però le tesi del De FRANCOVICH, 1970, contrarie a quelle del DIGGVE); cfr. anche VAN BERCHEM, 1909, pp. 406-408, e CRESWELL, 1966, pp. 283284. Cfr. ancora VAN BERCHEM, 1909 per l'esame di vari castelli preislamic . Per gli edifici citati nel testo: su Anfar, fr. STRIKA, 1967, p. 249; su Qagr al-Hayr al-Sargl, cr. GABRIEL, 1927; GRABAR, 1966; CRESWELL, 1966, pp. 34-36; STRIKA, 1967, p. 254; LORANDI, 1973, p. 9 (importante anche per il rapporto fra castra, castelli omayyadi € torri cilindriche, p. 20; su Qasr al-Hayr al-Garbi, cfr. SEYRIG, 1931; GABRIEL, 1932; SCHLUMBERGER, 1939; ABDULHAK, 1966: Sr XA, 1967, p. 24 e nota 93 (con bibliografia precedente); ORANDI, 1973, pp. 12 e ss su Qugayr ‘Amra cfr. YAUSSEN-SAVIGNAC, 1922; STRIKA, 1967, p. 251 e bibliografía alla nota 81; sul celeberrimo Mdattà esiste un'amplissima bibliografia da cui stralceró lavori più interessanti ai miei fini Cfr. fra l'altro BETTINI, 1955; GRABAR, 1959; STRIKA, 1967, p. 259, con bibliografia anteriore; LORANDI, 1973, pp. 13 c ss e, fondamentale per il mio assunto, GRABAR, 1980 (ma 1978), pp. 103-115 e ss. e pp. 136-157. Sulle fortificazioni di Bafdad e Ragga, cfr. CRESWELL, 1966, p. 357. Per Djebel Seis, cfr. SAUVAGET, 1939 e TUULSE, 1958, p. 17. Per la planimetria di Küfa, cîr. GUIDONI, 1978, fig. 59 e p. 55. Su Qagr al Kastal, cfr. LORANDI, 1973, p. 19 fig. 14 (che rimanda a STERN, 1946); e cfr. anche BorrARI, 1950, fig. a p. XXVI. E necessario poi il rimando alla città santa di Kairouan (su cui cfr. CRESWELL, 1966, pp. 283-284, con bibliografia), che i genovesi potrebbero aver conosciuto in occasione dell'impresa di Mehdia (DE NEGRI, 1965, pp. 211-212) e del patto di esenzione dai dazi nei porti del Maghreb. Sulle fortificazioni della Spagna omayyade, nelle quali frequenti sono le porte fra due torri a corridoio dritto, cfr. qui note 15-18 e, 115
in generale, TERRASSE, 1932; MARCAIS, 1959 (per le porte di Mérida Cori barbacane,e quelle di Tarif,con torri, p. 156);e, per un aggiornamento sui casteli, BAZZANA-GUICHARD, 1981 Per la architettura araba in Sicilia, cfr. RYOLO, 1960; Bresc, 1981 (con riferimenti alla bibliografia precedente). Dal punto di vista del contenuto celebrativo degli ingressi monumentali di quest'area culturale, GRABAR, 1980 ritiene fondamentale la premessa di Ctesi fonte (per cui cfr. GHIRSHMAN, 1961,p. 32)e il documento, fondamentale anche se più tardo, dell Alhambra. A proposito dell van, secondo il GHIRSHMAN, 1961, esso deriverebbe dalla tenda, documentando che l'architettura partica resta sempre in relazione con l' chitettura dei nomadi. 10 Neppure la disamina dei prodotti di età comunale nell'Italia del Sud può essere d'aiuto alla mia notazione. La frase «ogni città
è un caso a sé» & tratta da FASOLI, 1981, p. 11. Di rilievo la menzione delle murae delle porte negli Annalidi Maragone (cr. RR.ILSS.,, XI, pp. 2ess, passim), e, in particolare, all'anno 1157, la «portam Calcisanamore, (p. 17) la porta presso san Zenone; p. 17, anno 1159: «muraverünt civitatem»; p. 18, anno 1159, «porta Spira», «porta Parasci», «porta S. Maria»; p. 23, anno 1162: «quatuor portas vol verunt et compleverunt». Sulla seconda cerchia di mura, cr. BARTALINI, 1937; MASETTI, 1964; JACOROSSI, 1967; DEL GUERRA, 1967; VIOLANTE, 1980. Sulla porta del Leone, presso la cattedrale, cfr. TOLAINI, 1967, passim, anche per le altre porte e torri. Si veda inoltre, sulle mura e la vicenda storico culturale della città, LOPEZ, 1969, pp. 169 ess. In particolare, per l'equivalenza della simbologia del duomo di Pisa e di porta Soprana, cf. le iscrizioni che ricordano le vittorie pisane sui saraceni, per cui cfr. ibidem, p. 168 e soprattutto p. 191, nelle quali la cattedrale è considerata edificio simbolo di una intera città. Sulle remote indicazioni dei documenti sul e mura tardoromane e altomedievali, cfr. VIOLANTE, 1974, e per recenti studi sulla topografia e l'urbanistica della città, cfr. GUIDONI, 1970, pp. 49 ess. e passim; BELLI BARSALI, 1977. Sulle fortificazioni medievali di Lucca, cr. la produzione di REDI e il contributo di Rich BONO, in corso di pubblicazione sugli Atti del Convegno di Cuneo del 1982. Sulle numerose cinte murarie e le porte urbiche di Firenze, cfr. FANELLI, 1980 (mura tra 1173 e 1175, p. 14 e passim), Su Piacenza, cfr. AMBROGIO, 1952, fig. 461 (porta Gariventa); p. 317 (rimaneggiamenti della cinta); p. 345 (porte cittadine fortificate) Su Lodi, cfr. CARETTA-SAMARATI, 1958 (cenni anche alla porta romana); prime pietre della porta Cremonese nel 1160; completamento mura e costruzione della torre di san Giovanni, ora porta Milano, del 1211. Su Bergamo, cfr. ANGELINI, 1952, IDEM, 1959, IDEM, 1962, p. 1 (rafforzamenti mura romane e altomedievali nel 1167 da parte dei primi consoli: difesa ancora insicura), con bibliografia precedente. Su Brescia, cfr. PANAZZA, 1963, pp. 241 e ss, 741 e ss. (l'architettura romanica). Ma cfr, anche IDEM, 1942, p. 191 (mura e porte del XII secolo); p. 192 primo completamento delle mura nel 1174-1186, secondo ampliamento nel 1236. Per Milano, cfr. qui, nota 75 al 3.5. Su Aosta cfr. Archeologia in valle d'Aosta, 1981, fig. 11. Su Ascoli, in particolare relativa: mente al rapporto con Aosta, PAsQUINUCCI, 1975, pp. 27-29 e la pianta delle mura alla fig. 13. Si fornisce qui di seguito un elenco sommario, compilato soprattutto sulla base delle notizie desunte dai volumi della collana Le città nella storia d talia, edita da Laterza, tutti con bibliografia. Per Bologna, fr. FABBRI, 1955; PINI, 1977, (ricorda la porta Ravignana); Rıccı, 1980, passim; PINI, negli atti del convegno di Pistoia del 1981 (in fase di stampa) e IDEM, in AA.VV. (in fase di stampa); per Cagliari, cfr. PRINCIPE, 1981 (per le torri e la famosa porta-torre detta ‘dell'Elefante’, costruita nel 1307, cfr. MANDOLESI, 1958); per Crema, cfr. VERGA, 1939, EDALLO, 1959, TERNI DE GREGORY, 1960, MERISIO, 1977; per Cremona: ROBOLOTTI, 1911 e GUALAZZI NI, 1954; per Mantova, cfr. PACCHIONI, 1930, BORIANI, 1969, con bibliografia ulteriore; per Messina, cfr. IoLI GIGANTE, 1980; per Modena, cfr. CHIERICHETTI, s.d.; AA.VV.. 1969 e s. (Storia di Modena) e bibliografia nella produzionedi QUINTAVALLE; per Nova: ra, cîr. VERZONE, 1935-1936, AA.VV., 1962 (Novara e il suo territorio), CAPRA, 1962; per Padova, cfr. GALIMBERTI, 1931, VALERI, 1967, PUPPL-UNIVERSO, 1982; per (La) Spezia, cfr. FAVA, 1983; per Trento, cfr. BOCCHI-ORADINI, 1983. Sull’Italia Meridionale, cfr. la riedizione della monumentale opera del BERTAUX, 1904, curata da PRANDI. Dell'area italica sono citate dal d'Andrade, in particolare, la porta pisana di Tarcione (1300 circa), e porte di Lucca, di Monselice d'Este, di Pisa, di Roma, di Siena. Da tener presente che le porte urbane del Medioevo, a partire soprattutto dal XII secolo presentano una tipologia assai varia, e non solo quella risalente alla morfologia tardoantica. Esistono, infatti, valichi monumentali a torrione unico — quasi sempre rettangolare —, ingressi ‘en chicane — spesso utilizzati in castel del Regno latino, ma presenti anche in Occidente — strutture complesse per Tadóizione di piazze d'armi, di barbacani, ecc. Il materiale morfologico e semantico delle porte urbane del Medioevo è tanto ricco e ancora inesplorato da richiedere in proprio uno studio monografico. Sulle porte di città nel Medioevo in Itala si rimanda ancora al contributo di ROBIN, in corso di stampa, e su quelle dell'area mediterranea cfr. il corso specializzato Urbanisme et structures sociales dans les villes du monde mediterranen: forti cations et portes de ville, diretto da HEERS presso la Sorbonne (Paris IV), cui risultati stanno per essere pubblicati. Sempre ibidem cfr. inoltre, il contributodi HEERS, sulla porta Aurea in Genova. Per le porte urbiche del Medioevo in Liguria di Levante cr. la tesidi per fezionamento di BOZZO in fase di elaborazione e per quelle del Ponente ligstico fr. il mio corso monografico presso la scuola di Perfezionamento in Storia dell'Arte presso l'Università di Genova, a.a. 1983-1984, con seminari relativi alla schedatura dei manufatt del tipo tutt'ora esistenti sul territorio in esame. 116
1 ° Sono perfettamente conscia della difficoltà, anzi ell'mmpossibilit di ricostruire un panorama di questo tipo valido a livello glo bale sotto il profil scientifico, ma sono altresì convinta che, se circoscritto entro determinate convenzioni, rappresenti, invece, una garanzia tutt'altro che trascurabile di aderenza dei confronti proposti alla realtà storica. Sempre tenendo conto della posizione del LE GorF, 1981,p. 54 (l'orizzonte del Medioevo è un orizzonte spirituale, quello della cristianità), e di ARNALDI, 1973,e di GUENÉ, 1980. In ottica genovese, cfr. BACH, 1955. Una traccia fornisce anche lo spoglio del Liber Jurium, dei notai pubblicati delle opere del Caffaro (cr. Annali genovesi, I, 1890). Si forniscono qui i risultati di un primo spoglio orientativodi questo materiale, con i luoghi ordinati per aree geografiche,e in ordine alfabetico: ACCON (Tolemaide): L.,I, d. VITI, 16, 1104,d. IX, 17, 1105; CAFFARO, Liberatio, p. 116, w. 12, 13, 1101. ACHARON,cfr. citazione in lapide 1105, CAFFARO, Annali, p. 14,v. 1, 1102;p. 121,v. 15, 1104, p. 122, v. 2, 1105. AGRI, ibidem, pp. 120-122, 1104 (cfr. CDRG, nn. 14/15, pp. 19/20), L.J., d. CXCVIIL, c. 173, 1154. ACOTUM (7, CAFFARO, Liberatio, p. 116,v. 14, 1101,p. 117, v.4, 1101. ANTIOCHIA, ibidem, p. 101,v. 17, 1097,p. 102,v. 15, 1097, p. 103, vv. 19, 23, 1097 (cita portam. Antiochiae), p. 104, passim, 1097-1098. ARSUF (AZOT), CAFFARO, Annali, p. 9, v. 19, 1101 e cfr. lapide del 1105. ASCALONA, CAFFA: RO, Liberatio,p. 116, v. 15, 1101. ASSUR, CAFFARO, Annali, p. 13,v. 3, 1101 (cfr. CDRG,n. 11, p. 15), LI, I, dd. VIILIX, 16-17, 1104-1105 (per questo cfr. CDRG,I, n. 15, p. 20). BEIRUT, CAFFARO, Liberatio, p. 116, vv. 10, 11, 1101, CAFFARO, Annali, p. 15,v. 6, 1110-1113 (ctr. CDRG, n. 25, p. 33). BETLEMME, CAFFARO, Liberatio, p. 100, v. 5, 1095. CAIPHAS, ibidem, p. 116, v. 13, 1101.CE SAREA, ibidem,pp. 116-118, passim, 1101, CAFFARO, Annali, p. 9, v. 20, 1101, CDRG, I, n. 15, p. 20, 1104, cfr. citazionein lapidedel 1105. CoRFU, CAFFARO, Liberatio,p. 118, vv. 10, 14, 17, 1101. COSTANTINOPOLI, CAFFARO, Annali, p. 42,v. 4, 1155, p. 67, v. 24, 1162, p. 68, v. 5, 1162; CAFFARO, Liberatio, p. 111, v. 13, 1099-1100,p. 112,v. 8, 1100-1101; SCRIBA, I, 219, 117, 1157; 1,248, 134, 1157; L 254, 137, 1157; 1,438, 233, 1158; 1, 468, 249, 1158;I, 545, 293, 1159; 1,615, 334, 1160;L 666, 359, 1160; 1,676, 365, 1160; I, 752, 404, 1160; I, 895, 44, 1161; I, 899, 46, 1161; II, 1257, 22, 1164: I, 1016, 207, 1162. DERIA, LI, I, d. CLXVII, c. 152, 1150. GERUSALEMME, CAFFARO, Liberatio, p. 9, v. 15, 1083, p. 100, v. 7, 1095, p. 110, v. 10, 1099, p. 116, v. 16, 1101; CAFFARO, Annali, pp. 5-7,v. 26, 1099, LI, dd. VIILIX, 16-17, 1104-1105;cfr. citazione in lapide del 26 maggio 1105. IoPPE (GIAFFA), CAFFARO, Annli p. 7, nn. 8, 19, 24, 1100,p. 9,v. 18, 1101; CAFFARO, Liberatio, p. 111, vv. 7, 15, 1100, p. 116,v. 15, 1101. GIBELLETTO (Biblo, ora Gubayl o Öebey]), ibidem, p. 116, v. 9, 1101, pp. 120-121, nn. 4,6, 25, 1101, 1104; CAFFARO, Annali, p. 14,v. 1, 1102; LI, d. XI, c. 18, 1109 (cfr. CDRG,n. 23, p. 31, n. 24,p. 32),d. CXCVII, 1154. Forse citata come «Gibellino» nellalapide del 1105. GIBELLO (Gabala,ora Geble), CAFFARO, Liberatio, p. 115,v. 1, 1101; L.J, d. IX,c. 17, 1105 (cfr. CDRG, n. 17,p. 23); CAFFARO, Annali, p. 14, v. 12, 1109. LAODICEA, ibidem, p. 5, v. 10, 1099, p. 7,v. 5, 1099 (per cui cfr. anche CDRG, n. 10,p. 14); CAFFARO, Liberatlo,p. 112, v. 16, 1101, p. 114, vv. 112ess, 1101; L.J, I, d. IX, c. 17, 1105, d. XX, c. 30, 1127. Cfr. anche citazione in lapide del 1105. LEZHIA (7, L.J, 1, d. CXCVII, c. 173, 1154. MALMISTRA, CDRG, n. 25,p. 33, 11101113. MARACHIA (o MARACLEA, ora MERAKIEH), CAFFARO, Liberatio,p. 115,v. 5, 1101. RAGAS, CAFFARO, Annali, p. 5, v. 17, 1099. SIDONE, CAFFARO, Liberatio, p. 116, v. 11, 1101; LJ, I, d. X, c. 17, 1105. PORTO SUDINO (SUDA?, SIDONE?),LI, I, d. XX, c. 30, 1127. SOLINO (SUDINUM, SELEUCIA, ora SOUEIDIEM), CAFFA ho, Liberatio, p. 102, vv. 12, 18, 1097; CAFFARO, Annali, p. 13, v. 3, 1101: citazione in lapide del 1105. TABARIA, CAFFARO, Annali, p. 5,v. I7, 1099. Timo, CAFFARO, Liberatio, p. 116, v. 12, 1101. TORTOSA di SIRIA (ANTIARADO ora ANTARTOUS), ibidem,p. 115, v. 2, 1101,p. 118, v. 26, 1101,p. 119, v. 7, 1101 (sono citate le porte dell citt; CAFFARO, Annali, p. 14, vv. 3-4, 1102 (cfr. CDRG, v. 13,p. 18; citazione in lapide del 1105). TRIPOLI, CAFFARO, Liberati, p. 116, v. 9, 1101, p. 119, vv. 11 e5s., 1101-1103, p. 123,wv. 5e ss., 1109; CAFFARO, Annali. 14,v. 11, 1109 (ctr. CDRG, n. 17, p. 24) L.J, d. XI,c. 18, 1109. VANANEA (BANIAS-VALENIA 0 BALANIA), CAFFARO, Liberatio, p. 115, v. 5, 1101. Per le cità italiane, un lavoro del genere non sarebbe proponibile, in questa sede, vista l'enorme quantità di citazioni e la continui tà dei rapporti, fra cui tengo a segnalare, tuttavia, come punti di riferimento: Pisa, Piacenza, Milano, Como, Palermo, Arborea (Cagliasi. Per ciò che concerne l'Occitania, cfr. in particolare i seguenti riferimenti: ANTIBES: 1140: Manfredo Grimaldi, genovese, & vesco vo di Antibes (TISSERAND, 1876,p. 103 e cfr. PISTARINO, 1966,p. 66); 1138: convenzione Genova-Antibes (ibidem, p. 35, e documento in CDRG,n. 85,p. 105e in L.J. I, d. XLIV, c. 56). Fos: 1138: convenzione con Genova (PISTARINO, 1966, pp. 85, 101). FREJUS: sui genovesi a Frejus all'inizio del XII secolo cfr. PISTARINO, 1966, p. 65 e cfr. BELGRANO, 1862, I1, 2, p. 10; 1138: convenzione Genova-Frejus (cr: PISTARINO, 1966, p. 85). HYERES, 1138: trattatocon Genova (cr. CDRG, n. 82,p. 1101). MARSIGLIA, 1138: al Jeanza con Genova (L.J, I, d. XLV, c. 6; cfr. PISTARINO, 1966, p. 85; peri rapporti con Genova. 1 secolo, cfr. ibidem, p. 66) MONTPELLIER, CAFFARO, Annali, p.31, vv. 19-20, 1143; L.J I, d. LXXXII, c. 87, 1143;d. LXXXIII, c. 87, 1143;d. LXXXIV, c. 89, 1143; d. CCXI,c. 182, 1153 (cfr. CDRG,n. 124,p. 146e n. 125,p. 148 e PISTARINO, 1966,pp. 87 e ss). NARBONA, L.J. I, d. XXXI, c. 39, 1132 (cfr. PiSTARINO, 1966, p. 82 c, in appendice, KOHLER, 1903). Sr. GiLLES: CDRG,n. 22, p. 28, 1108; L.J, I, d. XII,c. 19, 1109; d. LXXX, c. 82, 1143; d. LXXXI,c. 86, 1143; nel 1130 papa Innocenzo II consacra in St. Gilles Siro Il vescovo di Genova (CAF. FARO, Annali, p. 25). Sui rapporti con Genova ai primi del XII secolo, cfr. PISTARINO, 1966,p. 66, con fonti ulteriori. ST. RAPHAEL: genovesi a St. Raphael ai primi del XII secolo (cfr. BELGRANO, 1862, II, 2, p. 10 e PISTARINO, 1966,p. 65). TOLOSA: trattato del 1108 1109 (ctr. PISTARINO, 1966, p. 65). In area spagnola: ALMERIA: LI, d. CXXV, c. 122, 1146: d. CXXXV, c. 131, 1147 (cfr. CDRG, n. 182,p. 228); d. CXXXVI,c. 17
132, 1147 (cfr. CDRG, n. 183, p. 229); CAFFARO, Annali, p. 29, v. 4, 1137; p. 33,v. 16, 1146; CAFFARO, Historia, pp. 79-89, passim, 1147-1148; CDRG, n. 166, p. 204, 1146;n. 167, p. 206, 1146;n. 168, p. 210, 1146. BAEZA, CAFFARO, Historia, p. 81, v. 3, 1147. BAR. CELLONA, ibidem,p. 84, v. 24, 1147; p. 85, v. 11, 1148; sull'ambasceria del 1126 o 1127 e sul trattato di quest'ultimo anno, cfr. PISTA. di COMPOSTELA, 1113 1120: aiuto dei genovesi e rino, 1966, pp. 79:80. Minorca, CAFFARO, Annali, p. 33,v. 16, 1146. SANTIAGO contro i saraceni (cfr. PISTARINO, 1966, p. 75). TORTOSA, CAFFARO, Annali, p. 13 (CDRG, n. 5,p. 10); L.J. d. dei pisani ai galiziani d. CXXVI, c. 123, 1146; d. CXXVII, c. 125, 1146; d. CXLV, c. 138, 1149; d. CLXII, c. 150, 1150; d. CLXIII, CXXIV,c. 118, 1146; c. 150, 1150: d. CLXIV, c. 151, 1150; d. CLXV, c. 151, 1150;d. CLXVI, c. 152, 1150; CAFFARO, Annali, p. 36, v. 2, 1148; CAFFARO, Historia, pp. 78-79, passim, 1147-1148; CDRG, n. 190,p. 236, 1148; nn. 243-244, 1153 (cr. PISTARINO, 1966,pp. 94-95). VALENCIA, alle carCDRG, n. 195, 1149 (ctr. PISTARINO, 1966, p. 93); L.I.I, d. CLXVII, c. 152, 1150. Mi sarebbe piaciuto estendere l'attenzione e conferme, ma te inedite o a quelle degli archivi di altre città, segnatamente di Pisa e di Lucca, sempre assai prodighi di suggerimenti l'economia del presente lavoro, connotato sui parametri di una campionatura di massima, ne sconsiglia la realizzazione.
2 Sui rapporti fra Genova e l'Occitania, cfr. PISTARINO, 1966 (con bibliografia e fonti. Sullo sviluppo urbano in quest'area, for nisco, oltre ai testi citati nel corso del volume, solo uno specimen bibliografico: GANSHOF, 1943; CROZET, 1949; FEUCHERE, 1949; Lor, 1946; FEVRIER, 1964; LAYEDAN-HUGUENEY, 1974; AA. VV. 1980 (con ampia bibliografia). Sull'architettura militare, cfr. per i lineamenti generali e i principi fondamentali, CHATELAIN, 1970; RITTER, 1974 (e, in particolare, sulle cinte «toutes françaises» di Filippo Augusto, pp. 57 e ss; sulle torri tonde e quadrate, p. 95); HUBERT, in FINO, 1977 (con la storia degli studi sull'argomento); fonda: mentali sono FINO, 1977 (con ampia bibliografia alle pp. 510 e ss); Dictionnaire, 1979, e MESQUI, 1979 (che, a p. 160, sottolinea lo stretto rapporto fra castelli e cinte urbane; pp. 143-144 sull'impiego sistematico delle due torri d'ingresso sotto Filippo Augusto; pp. 132 e ss, tavole di esemplificazione); DUBY, 1980 (con bibliografia). Sulle cinte circolari d'origine medievale in Normandia di particolare interesse DE BOUARD, 1964. Sul persistere delle tradizioni romane, e sulla sua influenza determinante per le fortificazioni medievali. cfr. tra gli altri, GIBELIN, 1962 (in particolare il I capitolo); LassaLe, 1970; RITTER, 1974 (soprattutto pp. 6 ess); FINO, 1977, p. 60 e passim. Fornisco la bibliografia essenziale sulle cinte urbane citate nel testo, oltre la precitata bibliografia generale. Per Antibes, cr. CLERGUES, 1971. Per Frejus e Marsiglia, cir. nota $ al 2.2. Per Tolosa, fr. nota 5 al 2.2. LABROUSSE, 1962, € IDEM, 1974 (bibliografia sulla cinta medievale alla nota 6 p. 901). Per Narbonne, fr. nota 5 al 2. Su Aigues-Mortes, cfr. ALBARIC, 1982 (bibliografia pp. 103 e ss). Su Provins (figg. 29-34), cfr. MESQUI, 1979 (edizione critica, con amplissima bibliografia, tra cui ROGERON, 1902). 1 sopralluoghi compiuti, di cui qui di seguito dò conto, unendo una bibliografia di massima e di valore diseguale, attestano Funicità dei risultati morfologici dell'esempio genovese. Per Amiens, cfr. nota 5 al 2.2. (cinta del XII secolo). Per Angers (ultima cinta dell 1239), cfr. D'ESPINAY, 1875; MALLET, 1965. Per Arles (cinta del XIII secolo), cfr. LoT, 1946, I, pp. 269 e ss; LAVEDAN, 1974; ME. saut, 1979 (bibliografia generale alla nota 1, p. 152). Per Aubigny (cinta del XII secolo), cfr. GANDILHON, 1955. Per Avignone, cfr. La. BANDE, 1909: LAVEDAN, 1974 (cinta del 1355-1377). Per Beaucaire (castrum con cinta del XII secolo), cr. LAVEDAN, 1974; MESQUI, 1979 (bibliografia p. 152, nota 1). Per Bordeaux (cinta del XII secolo), cfr. ibidem (si tenga presente, sebbene differente per tipologia, la porte de la Grosse Cloche, XV secolo, con stemmi della città. Per Boulogne sur mer (cinta del 1231 su precedente romana, con quattro porte, de Calais (figg. 35 e 36) rimaneggiata nel 1632 e nel 1895; Gayolle di Sud Est, la più integra; des Dunes (fig. 37), di Sud Ovest, rimaneggiata nel 1856 e ora ripristinata; de Dugrés, restaurata alla metà del XVI secolo e nel 1895), cfr. SIMS, 1920; HELIOT, 1936. Per Bourges (cinta gallo-romana, castelloe cinta medieval), cfr. qui supra la bibliografia generale. Per Caen (castrum con cinta urbana dell ITI secolo), cfr. LAVEDAN, 1974; MESQUI, 1979 (bibliografía alla nota 1, p. 152). Per Calais (mura e castello del 1230 circa), cfr. HELIOT, 1936, pp. 352 e ss. Per Cambrai (cinta urbana del 1051-1075), cfr. LAVEDAN, 1974; MESQUI, 1979, e in particolare sulle porte Lucas, 1897. Per Carpentras (mura del 1357-1395 per maggior parte distrutta la cinta nel XIX secolo. Sopravvivela porta d'Orange (v. qui fgg. 38 e 39) monumento a torre unica del 1392, interessante anche se rimaneggiata), cfr. CHOBAUT, 1922; BRUN, 1975. Per Clermont (cinta XI secolo], efr. LAVEDAN-HUGUENEY, 1974; Mesqui, 1979. Per Coucy (cinta coeva al castello, 1225-1242), ctr. LEPEVRE-PONTALIS, sd. Per Crecy-en-Brie (cinta del 1230 circa), ibidem. Per Dinan (mura di epoche varie, con porte de Brest di strutta nel 1879) cfr. CORNON, 1949. Per Domme (cinta del XIII secolo), importante come Aigues-Mortes, fr. LAVERGNE, 1927. Per Fougères (mura ricostruite nel XI-XV secolo), si veda nella bibliografia qui in apertura. Per Gisors (cinta urbana voluta dà Enrico II, cfr. PEPIN, 1963. Per Grenoble (cinta del XII secolo), cfr. LAVEDAN-HUGUENEY, 1974; Mesqui, 1979 (bibliografia p. 152 nota 1). Per la Ferté Milon (cinta del XII secolo) fr. Mesqui, 1979. Per Langres (cinta gallo romana modificata e ampliata durante la guerra dei cent'anni con nuovi interventi alla porte des Moulins nel 1647), cfr. TILLET, 1928. Per Laon (cinta in parte del XII secolo, bastioni e porta d'Ardon del XII secolo), ctr. MARTINET, 1971. Per La Rochelle (mura del XIII secolo con la porta de la Grasse Horloge trasformata nel 1478 e nel 1746), cfr. MuSSET, 1912; COUNEAU, 1929. Per Limoges (civitas con cinta dell'XI secolo), cfr. LAVEDAN-HUGUENEY, 1974; MESQUI, 1979. Per Metz (cinta e porta degli Allemands della metà del XIII secolo), cfr. THIRIOT, 1970 (bibliografía pp. 79 e ss). Per Montluçon (castrum con cinta XI-XII secolo), cr. LAVEDAN-HUGUENEY, 1974; MESQUI, 1979. Per Nimes cfr. nota Sl 22. e si veda ante. Per Nizza (castrum con cinta XI-XII secolo) 118
cir. LAVEDAN-HUGUENEY, 1974; MEsQUI, 1979. Per Noves (cinta trecentesca con quattro porte torre unica) e per Parigi (castello an1e XII secolo impiantato sul pretorio gallo-romano; cinta del XII secolo), cfr. ante. Per Pernes (cinta tardomedicvale con porte a torrioni semicilindrici, figg. 40-44), cfr. ante. Per Poitiers (cinta costruita da Enrico ID, cfr. Lor, 1950,II figg. 578e ss. Per Reims, cfr. GRAND, 1951; nota 5 al 2.2. Per Ribeauvillé (cinta XIII secolo; porte des Bouchers, rimaneggiata numerose volte, a una torre), cfr. Neueste Nachrichten von Ribeauvillé (Gazette de Ribeauvillé), 27 novembre 1926; FALLER, 1935 (con bibliografia). Per Sancerre (castrum con cinta dell’XI-XII secolo), cfr. LAVEDAN-HUGUENEY, 1974; MESQUI, 1979 (p. 159,n. 1). Per Saint Malo (con la Grande Porte, del XV secoloe 1582-1583) cfr. PETOU, 1982 (sulla porta); in generale, cfr. TuLouP, 1970; IDEM, 1975, con bibliografia anteriore e GAIGNARD, 1973. Per Tarascona (con la porte de la Condamine), cfr. RITTER, 1974,p. 169. Per Tours (castello ante XII secolo e cinta), cfr. MOLINIE, 1977; cfr. poi i volumi della collezione Recherches sur Tours, 1 © 2. Per Vannes (mura secc. XIIL-XVII e porte Prison del XV secolo, con due torrioni, ricavata nelle mura), cfr. ante. Per Verdun (mura medievali, con porte Chaussée, XIV secolo, fra due torrioni semicilindrici merlati, porte St. Paul e porte Chatel (fig. 45) ctr. CLOUET, 1867-1870; GABRIEL, 1888; PIONNIER, 1901. Per Vichy (cinta medievale), cfr. CARROCHER,di prossima pubblicazione. Per Villefranche-de -Conflent (cinta del XIII-XIV secolo, ritoccata da Vauban nel 1655), cfr. ante. Per Vitré (cinta in parte del XII secolo, ma porte del XIV-XV secolo) cfr. ante. Per Vouvant (borgo fortificato, secolo XII, con po. derosa torre Mélusine, secolo XII) cfr. ante. Per Yère-le-Chatel (cinta XII secolo), cfr. ante. "3 Per ampie notizie su Carcassonne, sotto il profilo storico e archeologico, cfr., tra l'altro, (anche per bibliografia precedente): VIOLLET-LE-Duc, 1858; Poux, 1931-1938 (bibliografia da p. XIIIa p. XXIII; GIROU, 1948, pp. 16 e ss.; RITTER, 1953, pp. 67e ss.; Tov, 1955, pp. 143-144; ENAUD, 1958; Cassı RAMELLI, 1964. p. 100; HELIOT, 1966; BRUAND, 1973; FINO, 1977, p. 518 (con biblio grafia). Per notizie sulle porte più interessanti del primo circuito, la porte d'Aude e la portedu Bourg, cfr. opere citate ante. Per quelle del secondo circuito di St. Nazaire e Narbonnals cfr. anche il disegno di d'Andrade (in MCTF d'A. cart 34, t. 38, 5432 LT, datato 10/V1/1880), FINELLI, 1968,p. 374,e, per i rapporticol Crac des Chevaliers,cir. DESCHAMPS, 1932,p. 385; per una sintesisul castello, inoltre, cfr. RoccHI, 1908,pp. 186, 198 e ss.; TUULSE, 1958, p. 93e ss. Una recente disamina in MECKSEPER, 1970, riprende i temi del la cosiddetta «cinta visigota» (ma cfr. BRUAND, 1973). Sugli interventi di restaurodi Viollet-Le Duc, cfr. i recenti cataloghi delle mostre: AA.VV. 1980, IDEM, 1981, con amplissimi rimandi bibliografici agli scritti del grande erudito e alle opere critiche sulla sua figura e la sua opera di restauratore di architetto, (c cfr. anche oltre nota 25 all'1.3). Sui donjons, cfr. la prossima nota.
14 Per una bibliografia sui donjons, la oro genesi e la loro diffusione, ef, tra l'altro: CHOISY, 1899, XVII, p. 589; Tov, 1955,pp. 62e ss, 74 e ss (anche per note sull'evoluzione dei sistemi difensivi nel XII secolo pp. 114 e s .; per caratteri delle porte fortificate dei castelli inglesi, p. 120. Sull'argomento cfr. anche MAINZER, 1973, p. 191, che nota il rapporto direttodi ali ingressi con la tipologia del le porte urbiche); cfr. anche Cassı RAMELLI, 1964, p. 110; FOURNIER, 1978. Oltre alle opere citate c, naturalmente, alle opere di VioLLET-LE-Duc, cfr. sui castelli RITTER, 1953; ENAUD, 1958, GIRELIN, 1962; DE BOUARD, 1964; GARDELLES, 1972; Find, 1977; AA.VV. (Dictionnaire) 1978; AA.VV. (Chateaux et guerriers}, 1980. In particolare, sulla protezione simbolica dei castelli fortificati in Alsazia, con importanti rimandi ad altre zone e impostazione del problema, fr. SALCH, 1975. Per i castelli citati nl testo: su Angers, cfr. ENAUD, 1958,p. 131; FINO 1977,p. 515. Su Arques,cfr. TUULSE, 1958,p. 89. Su Chäteau-Gaillard, cfr. RITTER, 1974, pp. 53 ess. (castello edificato nel 1196-98 da Riccardo cuor-di-leone); Fin, 1977, p. 358, con bibliografia pp. 518-519 e, soprattutto, HELIOT, 1965. Per Montargis, cr. TUULSE, 1958, pp. 90-91. Per Villeneuve-Rs-Avignon,cfr. BENOIT, 1930; ENAUD, 1958, pp. 131 e ss; BON NEL, 1963; FiNO, 1977, con bibliografia, p. 529. Come già in precedenza, si citano, a questo punto, gli altri castelli oggetto di sopralluogo, per alcuni dei quali fornisco una bibliografia di massima. Per tutti rimando anche a quella citata qui sopra: Albi (palazzo della Berbie, oggi museo Toulouse-Lautrec); Bayon: ne (Château Vieux, presso la cattedrale, inglobato da Vauban nei bastioni cittadini; Bressuire (castello); Chäteaudun (eretto fra il XII € il XV secolo); Chambéry (castello dei Savoia, dei secoli XII e ss); Collioure (castello dei Templar, sec. XII; Coucy (castello del XII secolo, su cui cfr. FINO, 1977, con bibliografia: ENAUD, 1978; cfr. inoltre qui la nota 2 al 5.1); Dourdan (circa del 1220, costruito per ordine di Filippo Augusto, cfr. FINO, 1977, pp. 377 es, bibliografia p. 520); Époisses (castel del sec. XII, ma rifatto in seguito); Foix (torri del XII sec. e ss); Fougères (cfr. BESNARD, 1912; ENAUD, 1958, pp. 76 e ss); Hyères (cfr. ENAUD, 1958,p. 189); Les Baux (cfr Benorr, 1928, ENAUD, 1958, p. 186); Lillebonne (resti del castello, XII secoloJ; Montrésor (duplice cinta medievale e palazzetto del XVI secolo); Mont Saint Michel soprattutto si veda la porte de Avancée, aperta nei bastioni quattrocenteschi, mura del XIILXV sec; cfr. BAZIN, 1933; RITTER, 1953, p. 139; FINO, 1977,p. 524, con bibliografia); Nantes cfr. ENAUD, 1958, p. 91); Niort (donjondel XIIXV secolo]; Plessis Macè (XI-XV secolo ess); Ribeauvillé (XIII-XIV secolo per il castello comitale); Salon de Provance (castello del secolo XIII e ss; Senlis (castello ante XII secolo poi inglobato nella cinta urbana); Tarascona (fine XIV secolo e ss. su cui PRESSOUYRE, 1963 e Ipem, 1982; FIND, 1977, pp. 463 e ss, con bibliografia; ROBIN, 1983); Troyes (castello ante XII secolo inglobato in cinte urba ne); Uzès (secoli XIII e ss, con torrione del XII secolo); Villandraut (cfr. ENAUD, 1958, p. 101); Vitr (castello fine XI secoloe s. fr. ENAUD, 1958, p. 78). Sugli esempi inglesi citati nel testo: Bristol: cfr. GUIDONI, 1978, pp. 162-163 e ss. e figg. 225-227, con bibliografia; Beaumaris e 119
Harlech, cfr. TUULSE, 1958, pp. 120-121, figg. 126-127. In Inghilterra esistono alcuni esempi di porte di città o di castelli che in qualche modo possono ricordare la tipologia di porta Soprana, cfr. GUTKIND, 1971, VI, passim (Black Gate di New Castle, fig. 172; porta del castello di Durham, fig. 178; Boothman Bar di York, fig. 183; la porta di Bristol, fig. 410). Sui rapporti fra Inghilterra e Occitania, cfr. Toy, 1955, (per le porte Est e Ovest di Caernarvon, nel Galles, del X V secolo, p. 178, fig. a p. 180; per quelle di Conway, del XV secolo, p. 178 efig. a p. 179; perla torre di Londra, (Inner Gate}, p. 78 e fig. 77; per il castello di Pembroke p. 202 fig. a p. 202). Per il castello di Porchester e la sua porta medievale forse di origine romana, cfr. BUTLER, 1955 Per confronti d'ambito germanico, oltre alla già menzionata e notissima porta Paphia di Colonia, cfr. TROST, 1959 (rapporti della. Holstentir di Lubecca, del 1466-1478 con la porta Nigra di Treviri e GUTKIND, 1971, fi. 320 (per la porta di Braunfels). 15 Per Almeria medievale cfr. MAGGIOROTTI, 1933, pp. 579 e ss.; TORRES BALBAS, 1957 (fig. 72 p. 216, planimetria;
fig. 78 eleva-
to delle mura; fig. 79 alcazaba dopo il restauro); Historia de España, 1940, fig. 32, p. 45 (torri semicilindriche della alcazaba); GUT. KIND, 1964-1972, pp. 446 e ss. (sullà costruzione delle mura e porte nel 995 e descrizione della città di Iris; Seco DE LUCENA PAREDES, 1965 (datazione della prima cerchia: X secolo; completamento nel 1028-1038; esistenza di quattro porte più una minore); essenziale è TORRES BALBAS, 1957, con ampia analisi delle fonti in relazione alle fortificazioni (p. 420: nell'889-890 la città ne è sprovvista; p. 422: riutilizzo del porto romano; p. 425: importanza marittima della città dalla prima metà del X secolo, sancita nel 955-956 dalla costruzione delle fortificazioni a opera di ‘Abd-al-Rahman III, pp. 428e ss: notizie archeologichee storiche sulla cerchia muraria islamica, sulle torri quadrate e le porte, tutte scomparse, delle quali si ignora la struttura. Due di esse, la puerta del Puerto e la Bäb al Fayyatih sone citate in documenti del XII secolo). Sull'acazaba, cfr. TUULSE, 1958, p. 116 (note sui rapporti con fortezze bizantino arabe della Sir ). Sullo sviluppo urbanistico cfr. TORRES ALBAS, 1972, I, pp. 65-66 e GUIDONI, 1978, pp. 73 e ss. Sullinflusso arabo nel Sud Italia, cfr. PENTA, 1961, p. 182. Su Barcellona, cfr. qui il 2.8 e nota 6 al 2 2; cfr. inoltre GUTKIND, 1964-1972, p. 218 fig. 192 (le mura) e fig. 193; GUIDONI, 1978, p. 51, fig. 49. Nelle città di Baeza, Minorca e Santiago citate dalle fonti (fr. qui nota 11 al 2.5), non sono state individuate tracce di fortificazioni di questa epoca. Su Tortosa, cfr. MAGGIOROTTI, 1933, pp. 581 e ss; BAYERRI, 1954; MIRAVALL, 1983, con la vicenda storica della città (per le scarne notizie relative all’epoca più antica, il passaggio alla dominazione, forse, greca e la ricostruzione da parte di Scipione l'Africano, pp. 22e ss). L'autore (p:31) sostieneche il passaggio dei visigoti non lasciò tracce profonde. Con la dominazione araba, dal 717 in poi, la città muta in Tortosa il suo nome latino di Dertosa, l'antica acropoliibero ellenico romana fu trasformata allora in fortezza (la Suda, 0 Castell de sant Joan, nell'area in cui attualmente sorge il Parador, complesso turistico che ne utilizza alcuni ruderi), vennero rico. struite e migliorate le difese, considerata la grande importanza strategica del centro. Da notare che al tempo del califfo di Cordova, “Abd-al-Rahmän III, si costruirono le mura secondo il tracciato romano. Nel 1210 un'ala del castello passa ai Templari; nel 1360 diventa in parte residenza reale; subisce trasformazioni moderne per esigenze militari con nuove fortificazioni del tipo Vauban. Due fortezze su due colline prospicienti furono collegate dalle mura del XIV secolo, poi trasformate in età moderna. Rimangono la porta de Vimpegol. con fossato e ponte levatoio; a Sud il famoso portal de l'Assoc; tra le numerose porte, si citano ancora il portal del Romen, al termine dell'antico decumano, e il portal del Port de Barques distrutto nel giugno del 1892. Nessuno di questi edifici, comunque, presenta af finità con porta Soprana; le mura hanno in genere torri o rettangolari o pentagonali Su Valencia, attaccata da una flotta genovese pisana alleata di Alfonso VI di Castiglia nel 1092 (cir. LoPEZ, 1969, pp. 168-169), cfr. Torres BaLBas, 1957, fig. 91 p. 225 efig. 92 p. 226; GUTKIND, 1964-1972, pp. 431 e ss. (mura iniziate nel 1356). Le porte sono tarde: la puerta de Serranos è opera di P. Balaguer (secolo XIV) e quella de Cuarte (o de Cuart fu costruita da P. Bofill (1441-1460); ambedue sono monumenti nazionali. Sul castillo de Olocau di incerta datazione (XI secolo, almoravide o almohade?), cfr. PAVON MALDoNADO, 1977. Per una buona divulgazione, cfr. ALMELA Y VIVES, 1980. La puerta de Serranos è oggi sede del museo Maritimo de Valencia «Joaquin Saludes». Nei pressi ella porta, il ponte de Serranos è invece del XVI secolo. Fra le porte di Gerona sono soprattutto notevoli la puerta de Sobre Porte, medievale, la puerta de san Cristobal, anch'essa medievale; la puerta Rufina, romana e medievale. 16 Su alcuni aspetti geo-economici della regione andalusa cfr. BOLENS, 1981, p. 15 (con ulteriori indicazioni bibliografiche). In ge nerale, sulle città, cfr. GUIDONI, 1978, pp. 64 e ss. Sulla struttura urbana, cfr. TORRES BALBAS, 1932, pp. 149 ess. (soprattutto per Cordova e Granada). Sui problemi artistici di età almoravide (e soprattutto sulla sopravvivenza di tipologie romane nelle porte medievali di Granada e Malaga), si veda TORRES BALPAS, 1954. Sulle porte della città di AI Andalus, ibidem. Per Cordova cfr. LEVI PROVENCAL; 1932; ALCOLEA, 1963; TERRASSE, 1969 (sulla scultura monumentale nel IX secolo). Sulle porte della Medina, cfr: OCANA JIMENEZ, 1935. Per le porte, cfr. TORRES BALBAS, 1957 (planimetria storica della città, p. 232 fig. 99; immagini delle porte, fornite, pare, di torri rettangolari, pp. 235 e s. e figg. 101-105; l'autore riporta notizie anche sulle porte del X secolo, tra le quali la puerta de Sevilla, con due fornici e torri semicircolari. Incerta è la cronologia della puerta de Izmayer, assegnata dal Torres Balbas al X secolo mentre nella Historia de España, 1940, p. 464, viene riferita a età visigota, al VI secolo. Per Granada, cfr. TORRES BALBAS, 1954 (sulle comunità mozarabiche e giudaiche; sul barrio’ giudeo, separato dal resto della cit 120
tà da mura con porte ad arco); ALCOLEA, 1960; BosQUE MAUREL, 1962 (sulla geografia urbana e sulle porte, in generale); GUTKIND, 1964-1972, p. 459 (sull'importanza dei fattori topografici nella formazione della città); GUIPONI, 1978, pp. 74 e ss (anche sulle opere di fortificazione, iniziate prima del 1038 e terminate nel 1038-1075); SECO DE LUCENA PAREDES, sd. (post 1981). Sulle porte, in particolare, cfr. TORRES BALBAS, 1935 e IDEM, 1957 (per le mura di cinta e per Talcazaba); LEVI PROVENCAL, 1941 (sulle porte di Hernan Roman e di Elvira, assegnate al 1016-1038, fig. 6 pp. 440-441). Sulle porte dell Alhambra (in particolare sulla puerta de los Siete Suelos), cfr. GRABAR, 1978 e IDEM, 1980, pp. 41 e ss. Per la puerta Nueva la puerta Monaite, cfr. TORRES BALBAS, 1952, pp. 419 e 421, fgg. 27-28. Sulla porta della cinta mudejar, anteriore al 1302, detta Madrigal de las altas torres, GUIDONI, 1978. Su Malaga, cfr. GUTKIND, 1964-1972, p. 472 (cenni generali sulle fortificazioni, sulle grandi porte arabe posteriori al 711 e sulla puerta del Mar); GUIDONI, 1978, pp. 69, 72-73 (per la porta de Fontanella con torri semicilindriche, e per quella dell'alcazaba) (v. qui figg. 75 e 76) sulle porte cfr. anche TORRES BALBAS, 1957 (planimetrie, fig. 72 p. 212; immagini delle porte, p. 213 fig. 73, p. 215 fig 75, p. 475 fig. 349). Importanti sono le note del TORRES BALBAS, 1960, sul rapporto fra porte del transetto della cattedrale,del XVII secolo, ele porte dell'alcazaba, dell XI secolo. Cfr. poi le torri semicircolari delle mura di Archidona (Malaga), del X secolo, per cui cfr. Torres BALBAS, 1957, fig. 83, p. 220. Su Niebla, cfr. TERRASSE, 1932; in particolare, si veda il recentissimo GUARNER GONZALES, 1983, sul restauro delle mura, inizia to nel 1979 e concluso nel 1983. Il recinto, di 2 Km. di perimetro, ha torri rettangolari, sàlvo le due agli angoli del fronte di Levante. ot tagonali. Del'alcazaba musulmana nulla resta; il castello, con torri semicircolari,è della fine del 1400 o dei primi del 1500. Il circuito aveva sette porte, cinque delle quali conservate, e a esse si devono aggiungere altre due pusterle. Le porte (del Socorro, del Buey Vian. del Ague, del Embarcadero, de Sevilla) avevano l'ingresso en recodo, una con arco a ferro di cavallo in pietra Per Sagunto islamica e le sue mura con torri merlate quadre e semicircolari (v. qui figg. 77-79), cfr. PAVON MALDONADO. 1978. Sulla muraglia di Sepulveda (v. qui figg. 80 e 81), cfr. HUESO ROLLAND, 1954. Su Siviglia, cfr. TORRES BALBAS, 1945; IDEM, 1957, fige. 56-57, pp. 201-202; GUTKIND, 1964-1972, p. 498 e fig, 516: GLIDONI 1978, pp. 68 e ss. (planimetria p. 69; bibliografia, nota 38 p. 169. L'autore riporta notizie storiche sulla cinta di "Abd-alRabmán I . 822.852, distrutta nel 913 e ricostruita nell'XI secolo); sulla puerta de Cordova, l'unica conservata, sebbene tarda (1221-1222. epoca almohade), cfr. TERRASSE, 1932: GUERRERO LOVILLO, 1953. 17 Per Saragozza, in Aragona, cir. TORRES BALBAS, 1957, fig. 98, p. 230; GUIDONI, 1978, pp. 80 e ss, € CASAMAYOR CASALES, 1980, per una buona panoramica divulgativa. La città era cinta da mura romane con torri semicilindriche disposte a intervalli piutto sto ravvicinati, delle quali esistono resti tuttora visibili presso il mercato e non distanti dalla celebre santa Maria del Pilar. Il brano di mura romane con tre torrioni e senza porte è molto restaurato. La porta del Sanchoè stata distrutta recentemente (1976-1978?) per la risistemazione dell'area urbana così pure la porta del Portillo, ancora esistente nel 1976, prossima al palazzo dell Aliafería, nel quale è ambientata l’azione del Trovatore. Ancora esistente è invece un lacerto della puerta del Carmen, non medievale, un rudere al centro di un'aiuola spartitraffico. Nella Castiglia Nuova, Avila, su cui cfr. MAGGIOROTTI, 1939, II, pp. 9 ess; ALCOLEA, 1952; KIEWERT, 1958, pp. 5-8; TUULSE, 1958, pp. 110 e ss; Cassı RAMELLI, 1964, p. 275; GUTKIND, 1964-1972, pp. 374 e ss; DOTOR Y MUNICIO, s.d.; RITTER, 1974, pp. 41 e s . (sostiene che circuito e porte non devono nulla alle crociate; che gli elementi decorativi sono soltanto «arabi», mentre quelli archi. tettonici si devono all'Occidente; se una filiazione esiste questa è soltanto romana; si cfr. infatti Lugo, Saragozza e León. A proposito della porta san Vicente, sul fronte orientale, lo studioso sottolinea che la particolarità dell'arco creneléè utile per la difesa, vuoi dallinterno vuoi dall'esterno. Lo stesso vale per la porta dell'Alcazar, posta a Ovest); FINO, 1977, pp. 234-235 (sostiene anch'egli che l'arco creneléè utile per la difesa. Un accorgimento analogo — l'arco sormontato da un parapetto crenelé o da una galleria aperta — si trova anche sulla porta St. Jean a Provins); cfr. poi schede e bibliografia a pp. 343 e ss. Per una buona divulgazione, cfr. HERNANDEZ MAR. TIN, 1983. Interessante anche il lavoro sulla porta decumana orientalis del recinto romano di Avila, di RODRIGUEZ-ALMEIDA, 1974 e la monografia, di IDEM, 1981. Per le mura e le porte di Avila, cfr. qui figg. 85-91. Sempre sulla Castiglia Nuova, per Toledo, si veda, perle mura, CARRERO DE Dios, 1981. Sulla puerta antigua de Bisagra (v. qui fig. 105), cfr. AMADOR DE Los Rios, 1877; sulla puerta de Alcantara, con due torri rettangolari, del X secolo, cf. TORRES BALBAS, 1957, fg. 435, p. 634 e fig. 635; più in generale, sui problemi teorico-urbanistici, cfr. GUIDONI, 1978, pp. 75e ss. Sulle opere di epoca mudeiar cfr. MARCAIS, 1959, pp. 368-369; in particolare ri sulta interessante la puerta del Sol (v. qui fig. 106) con una torre quadra c una semicircolare (cfr. GUTKIND, 1964-1972, pp. 415 e s . e fig. 406-409) Nella Castiglia Vecchia, per Almazan, cfr. TARACENA TUDELA, 1979, p. 198 (vicende della piazzaforte araba), p. 199 (aumento della importanza militare e politica nel XII secolo, fino al 1375, quando fu firmato qui il trattatodi pace fra Aragona e Castiglia), p. 202 (la puerta de la Villa e quella della Plaza Major}; (quote e misure della cinta del XIII secolo e citazione di numerosi edifici della stessa epoca, pp. 207 e ss). Le date documentarie sulla costruzione delle mura relative al 1088-1129 e al 1312 non coincidono con l'aspetto dei resti conservati. Delle antiche sette porte, ne restano soltanto due, già citate. La puerta de Herreros, a Sud, presenta torri semicilindriche e nelle murature esistono ancora i marchi di cantiere. Sulle porte in particolare, cfr. il dattloscritto conservato nella Deputacion Provincial, Servicio de investigaciones arquelogicas de Soria, pp. 100-103 (puerta de Mercado, a Ovest, con torri rettango121
lari: la più antica e fortificata secondo Taracena y Tudela; puerta de la Villa, a Est, la principale, con torrioni semicircolari all'esterno, piani all'interno e, al centro, una torre con orologio che porta la data del 1886, verso la città; puerta de Herreros, s veda testo e cfr. fig. 94; puerta de Berlanga è stata demolita nel 1880 per regolare il traffico, come risulta dal Libro de Actos de 1875 a 1881, Sécion de 16 de mayo 1880, conservato nell'Archivo Municipal de Almazan. Nella Castiglia vecchia, per Burgos, cfr. ABASOLO, 1974; FUENTE, 1980, p. 4 ( difficile provare l'esistenza della città prima dell884, anno in cui compare la prima notizia citata negli Annales Compostelanos e nel Cronicon Burgense; il centro urbano si sviluppa in ambiente militare e cessa questa sua funzione solo in età moderna); pp. 15 e ss. (le mura sorsero dopo il castello e Alfonso X il Saggio, in una lettera conservata negli archivi municipali, si felicita con il Consiglio nel 1276 per i lavori realizzati nelle mura, finanziati dalle imposte sulla conservazione del vino). Delle otto porte, restano la porta santo Stefano, in stile mudejar, con arco a ferro di cavallo; l'arco di St. Gil, denominato «la Bastiglia di Burgos», con blasone della città e statua del patrono; la porta di san Juan, di cui resta della facies primitiva solo Parco, la facciata è deteriorata da interventi posteriori; la celebre porta-torrione di santa Maria, la più integra, benché trasformata verso il 1536-1549 da Francesco de Colonia e Juan de ValJeyo in onore di Carlo V; la porta san Martin, ingresso vero e proprio alla città, costruita in pietra e mattoni nel XIV secolo, ma sulle strutture della precedente, del 1100. Per la cinta di León, nella regione omonima, con torri semicircolari, molto ravvicinate, restaurate in età medievale (fr. il brano conservato presso sant'lsidoro, qui, fig. 98) cr. RITTER, 1974, pp. 41 ess. (le torri sono piene fino al culmine delle cortine) e soprattutto ViNAYO, 1974 (mura, pp. 4 e ss) Per Zamora, con mura dell XI-XIII secolo, con torri semicircolari, 'arco di dofia Urraca (così denominato dalla filia di Alfonso VI, vissuta all'inizio del XII secolo), fra due bassi torrioni a pianta semicircolare, e le porte di santa Ana e di Olivares, quest'ultima denominata anche puerta Optima o puerta del Obispo, cfr. RAMOS de CASTRO, 1971, pp. 60-62 (con bibliografia pp. 533-548), per la puerta del Pescado e la puerta Nueva, sacrificate per la ristrutturazione urbana, la puerta del Mercadillo distrutta nel.1925, la puerta de santa Columba, con torre à difesa della cattedrale, cfr. ibidem.
Secondo la prassi fin qui seguita, fornisco a questo punto l'elenco delle cit à non menzionate nel testo, dotate di cinta e porte urbiche medievali, oggetto di personale sopralluogo. Agreda, per cui cfr. TARACENA-TUDELA, 1979, pp. 235 ess, fig. p. 238 della puerta Califal; p. 239: le porte «de arco de gran dovelaje» e le piccole «ventanas» denotano la tradizione dell'alta Castiglia; pp. 241 e ss. storia della città, con menzione delle prime mura; p. 242: nessun resto visigoto, costruzione delle mura con due porte ad arco oltrepassato in. epoca califfale (X - XII sec). Quella d'Oriente è la puerta de Barrio, un'altra, seminascosta, è presso la fortificazione ‘araba’ della Muea. Le notizie certe sulla città ‘araba’ risalgono al 915. Restauri alle mura nei secoli XII - XIIL. Astorga: alcuni resti delle imponenti mura romane, ripristinate nel Medioevo e soprattutto nel XIII secolo, sul tipo di quelle di León e Lugo, sono visibili presso la cattedrale e il palazzo episcopale (cfr. qui nota 6). Berlanga, per cui cfr. TARACENA-TUDELA, 1979, pp. 209 e ss. (p. 210: vicissitudini della dominazione araba e della riconquista da parte di Alfonso I di Aragona; rapida ascesa nel XII secolo; p. 212 e ss: la cinta muraria, con la puerta de Aguilera e le rovine del ca stell, ricostruito nel XV secolo su uno più antico). Burgo de Osma, per cui cr. ibidem, pp. 152 ess. (pp. 158 e s : vicenda storica dalle origini romane; p. 184: la puerta del Rio c la puerta de san Miguel, ad arco semplice e impostato su un piano arretrato rispetto a una torre angolare a semicerchio; edificio assai manomesso). Calatayud, cfr. AA.VV, 1975: notizie storiche dalla seconda metà del IX secolo, relative anche alla ricostruzione della fortezza e del primo recinto difensivo; mura riedificate e ampliate dopo la Reconquista. ll circuito attuale risale al 1253, corrispondendo più o meno alla città attuale; è integro solo a Nord; pp. 37 e s. disamina delle varie tesi sul complesso difensivo. Conosciuta la puerta del Terre, assieme alle altre porte che nel 1852 furono rovinate e quindi pesantemente restaurate. La puerta del Terrer (v. qui fig. 107) era prima detta «puerta del Matador» e fu ristrutturata nel 1580, come si può notare dai blasoni, uno dei quali porta le armi della città e uno lo stemma delle Asturie; era sormontata dall'immagine dell «angelo della città», scomparsa nella seconda metà del 1800. D'altra porta conservata è quella di Saragozza, ricostruita nel 1818. Bibliografia alle pp. 205 e ss. Per Carmona e l'aggiornamento dell'edificio medievale, cf. qui nota 6 al 2.2. Coca: porta medievale a torre, con lapide dei restauri del 1933 (v. qui fige. 108 e 109). Per Daroca, cfr. CORRAL LAFUENTE, 1983, con vicenda storica della cità fino al 1982 (pp. 15 e toriografia; pp. 21-30: bibliografia; p. 31: fonti. Fra il 1242 e il 1330 la città cambia volto; pp. 100 e ss: centralità della funzione militare; pp. 102 es. il circuito murario, con puerta Baja, del secolo XV, cfr. qui figg. 110 e 111; nel settore inferiore la porta Alta, del XV - XVIII scc). Su Huesca, cfr. DURAN GUDIOL, 1968, p. 25: mura medievali, ritenute romaniche (v. qui fig. 112). Sulla cinta e le porte di Lerma (v. qui figg. 113 e 114), cfr. GUIDONI, 1978, p. 98 (quattro porte nelle mura). Su Lugo, cfr. nota 6l 2.2. e si veda CUN. QUERO, 1968 (pp, 24 c ss, sulla città medievale e l'impiego della cinta durante il Medioevo; p. 24, dieci porte che non sembrano contemporanee alle mura: la iù antica del circuito medievale è quella Mina, attraverso la quale passavano i pellegrini diretti a Compostella; la puerta Nueva fu ricostruita nel 1759, quella di san Pedro, verso Astorga e León, altre sono ancora più recenti (v. qui figg. 115 116) Tutte sono state rimaneggiate nel corso degli ultim tre secoli. Su Medinaceli cfr. nota 6 e TARACENA-TUDELA, 1979, p. 231: notizie sulla città nel X secolo e sul governatore della piazzaforte araba. Nel 1002 esistéva già il palazzo califfale con doppia cinta di mura e torri semicircolari; un circuito di mura, inoltre, documentato nel 944 e nel 948; nel 1129 ne fu costruito un secondo; oggi, resti più significativi sono le rovine di un castello, la porta occidentale della città (v. qui fi. 117), con arco califfalee i resti di un’altra porta sim 122
le collocata a Sud. Sulla piazzaforte di La Muela di Agreda cfr. ibidem, pp. 30 e ss: sull'epoca califfale e le due porte coeve. Palazuelos, città presso Sigüenza, murata, è denominata la «Avila Alcorrena». Per Rello cfr. ibidem, pp. 218 e ss a p. 219 le due uniche porte fortificate, monumenti più notevolidel borgo, sono sovrastate da due scudi araldici. Ronda: puerta Almocabar (v. qui fig. 118), aperta nel circuito del XIII secolo, è cadenzata da torrioni semicilindrici assai simili a quelli di Avila e della stessa altezza delle mura. Interessante evidenziare Panalogia della porta citata con alcune di Avila e precisamente con quella a due torri denominata puerta del Puente, diver sa dalle porte di san Vicente e dell Alcazar. Per Sagunto cfr. nota 6 e cfr. PAVON MALDONADO, 1978, p. 192: Sagunto islamica, mura con torri quadrate e semicircolari e sei o sette porte di difficile localizzazione. A Sepulveda restano vestigia del castello e delle mura con torri rettangolari; interessante una porta del borgo del tipo a gomito. Per Soria, fr. TARACENA-AGUIRRE, 1941. Su Tarifa, cfr. FER. NANDEZ BARDERA, 1982, pp. 53 e ss pp. 65 € ss porte urbane, ossia puerta del Retiro, de Xerez e del Mar, da non confondere con gli ingressi al castello; p . 71 e ss: appendice documentaria. Per Villalparido, cfr. GAMONEDA, 1983, pp. 122 e ss; a p. 123 figura della puerta san Andris la più celebre del perimetro murario, con le armi della città e del Condestable Velasco. !* Considerata l'enorme quantità dei castelli in Spagna e inoltre la presenza di Corpora specifici, di valore scientifico, relativi a numerose regioni iberiche, in questa sede opto per considerare esclusivamente le fortezze citate nel testo, premettendo una bibliografia generale di massima, peraltro assai nota. Clr. TERRASSE, 1958; WEISSMULLER, 1958; SARTHOU CARRERES, 1963: TORRES BALBAS, 1973, fra i Corpora, privilegio quello sui castelli catalani, AA.VV., 1967-1976, e quello sui castelli medievali della Castiglia, ESPINOSA DE LOS MONTEROS SARACHO, 1974. Utile infine la pubblicazione trimestrale Castillos de España, 1969 e ss. Sul castello di Tarifa, del 960, cfr. TORRES BALBAS, 1957, fig. 133 p. 325; fige. 231-232, pp. 342-343; fig. 448, p. 649; figg. 449-450, p. 650; e JESUS DE LAS CUEVAS, 1964. Sul castello di Loarre, cfr. Gi, 1905 IDEM, 1913; DEL Arco, 1915 e IDEM, 1917; FIGUERA LEZCANO, 1919 e IDEM, 1924; ‘WatreHILL, 1928; Lamas, 1943; Historia de España, 1940 (XV 1964), fige. 399 e 401 p. 357, figg. 420-421 pp. 374-375, fig. 426 p. 379; DURAN GUDIOL, 1968; NIGUEZ ALMECH, 1970; MANZUTTO, 1973; RITTER; 1974, p. 44; DURAN GUDIOL, 1981; CARLET, sd. Si tratta di un castello monastero che occupa l'area di una fortezza araba conquistata nel 1070 dal re d’Aragona Sancho Ramirez. Fu costruito nel XII secolo e dotato di una grandiosa cappella; vi si stabilirono — cfr. bolla di Alessandro III — i canonici agostiniani. La porta citata nel testo è quella di Levante, ma l'ingresso principale si trova a Sud, sotto una torre rettangolare. Il tutto denuncia modi prettamente occidentali (cr. RITTER, 1974, p. 44). Si devono notare l'intervento di restauroe Findubbia analogia — pur senza filazione diretta — con porta Soprana, sebbene a Genova la scala architettonica del valico sia di dimensioni maggiori. Sulla stessa lineaè anche il castello di Peñaranda de Duero, che per tipologia appare molto simile a Pefiaie, del quale tuttavia iù antico. I castello di Ber langa de Duero (v. qui fig. 136), nella provincia di Soria, ricorda la cinta di Avila. Sul castello del Real de Manzanares cîr. LAMPEREZ, 1916; BorDEIE", 1934. LAYNC, 1935. Sul castello di Sigüenza cfr. MARTINEZ GOMEZ-GORDO, 1983. 79 La frase si deve a Roberto Sabatino Lopez, le cui opere si confrontino anche per la problematica generale relativa al fenomeno crociato come espressione materiale, sociale, ideologica di quella mobilità che stabilisce relazioni costanti e necessarie tra paesi d'Occidente e d'Oriente (cfr. LOPEZ, 1969, pp. 20 e passim). Sulle crociate cfr. inoltre CARDINI, 1971; IDEM, 1972; IDEM, 1981. Sul complesso delle fonti cfr. repertorio e panorama generale di CAHEN, 1940 (per le fonti ‘arabe’ cfr. specificatamente GABRIELI, 1969). Sui caratteri delle città crociate cfr. LANGE”, 1966, p. 22 (con ampia bibliografía, pp. 191-199) e si rinvia anche a REY, 1871, pp. 179-181. Sull'intervento genovese alla prima crociata, cfr. IMPERIALE di S. ANGELO, 1935; HEERS, 1964, pp. 89 c ss. Sull'entità dell'operato dei genovesi in Terra Santa e sulle affermazioni in merito di MAGGIOROTTI, 1933,è necessaria un'attenta verifica, considerata l'impostazione «imperialistico coloniale» dell'opera. Per una visualizzazione delle conoscenze geografiche di Caffaro, cfr. la ‘cartina’ relativa al Mediterraneo, inserita fra le pp. 182-183 dell'edizione tradotta di Caffaro (Annali, ed. 1923). Per una verifica di al cune date imprecise dell'annalista genovese, cfr. ANSALDO, 1858; PISTARINO, 1966e la produzione di Giovanna Balbi (segnatamente BALAI, 1982). Sulla questione degli scambi architettonici fra Oriente e Occidente in relazione alle crociate cfr. Goss, 1981; in campo ar. tistico, un bilancio della situazione degli studi è svolto da SOUCEK, 1981 (lavori tutti con bibliografia). Cfr. poi gli Atri del XXIV Congresso Internazionale del CIHA, del 1979, dedicato, fra l'altro, ai rapporti tra Medio Oriente e Occidente nella produzione artistica del XIII secolo (AA.VV., 1982), con ampi aggiornamenti. Per l'analisi della architettura militare crociata è ancora fondamentale REY, 1871, pp. 69-178 (su Tortosa, Château Pélerin, Saona, Gibelletto, Laodicea). Si ricorda che al Musée des Monuments Français esisto: no le maquettes e le fotografie di Laon, del Crac des Chevaliers, di Château Margat, del castello di Tripoli, della cintadi Montréal,del la cinta di Gibelletto. 20 Per le fonti su Acri (Akon), cfr. la nota sulla «geografia dei genovesi», cioè la 11 al 2.5. Su Acri cfr. RAVASI, 1979, pp. 82-83: JacoBv, 1979, per la topografia delle città crociate; la bibliografia critica (p. 2 note 1-3) e notizie sulle porte (la porte Ferrée, la porta Nova, la porta Domini Nostri, la porta Hospitali) Il quartiere genovese, nella zona Sud-Est della città, oggi via del mercato, è antico, perché risalente al 1104, in un primo momento non fu difeso da torri. Vi fu eretta una chiesa dedicata a san Lorenzo, inserita in un tessuto urbano sostanzialmente arato, in cui spicca l'assenza di un centro civico. Da rilevare (JACOBY, 1979, p. 45) la segnalazione delle enormi torri fiancheggianti le porte fortificate del 1200, della torre genovese nella cinta anteriore al 1195 e di quella pisana del 123
1222-1250 circa, delle quali danno notizia anche i viaggiatori medievali come ad esempio LUDOLF de SUDHEIM nel 1335 (citato da DE SCHAMPS, 1932, pp. 386:387). Altre notizie su Acri in REY, 1871, in LANGE, 1965 e in MULLER WIENER, 1966, p. 74 (con note sui vari assedi descritti anche dalle fonti arabe, perle quali cr. GABRIELI, 1969, p. 174, e IDEM, 1973 p. 197); fr. anche Tov, 1955, pp. 159161 (cita Goffredo di Vinsauf). Dal punto di vista tipologico, segnalo la porta Nova,di cui rimahgono scarsi resti (cfr. planimetria in MULLER WIENER, 1966, p. 75), costituita probabilmente da due torri cilindriche inserite in un corpo aggettante rispetto alle mura. Sottolineo infine che, di quanto resta oggiad Akko, né la porta della Torre, a Sud, né la porta che introduce al «quartiere dei genovesi» hanno a che fare con porta Soprana. 21 Per date e fonti sulla penetrazione genovese ad Antiochia, cfr. nota 11 al 2.5. e cfr. poi POLEGGI-CEVINI, 1981, p. 31. Sulle modalità dell'assedio crociato del 1097-1098, cfr. REY, 1871, pp. 183, 195 e ss; Tov, 1955, pp. 157-158; Cassı RAMELLI, 1964, p. 152; LANGE, 1965, p. 223. Per l'iconografia urbana, cfr. REY, 1871, pp. 186-204, fig. a p. 195; DUSSAUD-DESCHAMPS SEYRIO, 1931, pp. 66, 68; DESCHAMPS, 1934, pl. IX. Per considerazioni critiche sull situazione urbanistica di Antiochia, cfr. GIULIANO, 1966, p. 225. In chiusura, voglio sottolineare alcune osservazioni, riprendendo il più volte citato REY (1871, pp. 185 e ss), che offre le notizie più complete sulla cinta (prima ellenistica poi bizantina, quindi musulmana e crociata). Da rilevare la coincidenza dei ruderi con la de serizione di Procopio di Cesarea; la grande estensione del circuito urbano come causa di debolezza; la presenza di pusterle e di torri de molite attorno al 1840 circa; l'esistenza di un castello sul sito della antica acropoli, giudicato inespugnabile dai cronisti medievali; la muraglia in cremagliera sulla scarpata orientale del torrente, opera di ingegneri occidentali del XII secolo; le tre porte medievali lungo TOronte (porta del Ponte, porta le Duc, porta del Cane, per le quali cfr. GUGLIELMO DI Tiro, IV, 13); e ancora la specifica importanza del principato di Antiochia, la città più prestigiosa della forza crociata dopo Gerusalemme. Da segnalare infine la porta Sud, di san Giorgio, fiancheggiata da due torri e la torre pentagonale che il Rey giudica simile a quelle delle phrourai bizantine (REY, 1871, p. 180) 22 Per le fonti genovesi sulla città di Arsuf, cfr. qui la nota 11 al 2.5. Per un quadro storico, cfr. anche Cambridge, IV, p. 794. Per
le opere di difesa, cfr. LANGE, 1965, p. 185, che lamenta un caos tale nelle rovine da renderle pressoché illegibili. Delle mura di Arsuf, nonché della sua cittadella fortificata e rivolta verso il litorale, rimangono oggi sul terreno miseri resti nelle vicinanze di Giaffa (Tel Aviv), forse da assegnarsi a una cinta ricostruita dai cavalieri su di una precedente nel XIII secolo e comunque oggi occultati da franee in parte erosi dal mare. Eppure, secondo quanto scrive Ibn al-Athir, la citt era un prospero centro conquistato dai franchi con la colla orazione dei genovesi e a notizia è ribadita sia dal Caffaro nei suoi Annali all'anno 1101 (n cui il centro viene menzionato con il nome di Azot) sia dalla già citata lapide del 1105. Su Ascalona, per le fonti genovesi, cfr. nota 11 al 2.5., cuisi devono aggiungere le notizie di Guglielmo di Tiro (per cui cfr. oltre. nota 28). Sulla valenza simbolica del luogo, cfr. GiosuE (XIII, 3) e SorHONIA (II, 4: «Gaza destructa erit et Ascalon in desertum». Cfr. poi le considerazioni di GUERIN, 1857, pp. 85-86 (che precisa anche l'impiego di colonne antiche, disposte trasversalmente a rinforzo della muratura e la collocazione della «Porta Major», una delle quattro segnalate da Guglielmodi Tir, difesa da due torri e da al tre fortificazioni). Ancora sulle mura cfr. REY, 1871, pp. 180, 206-207. Per notizie storico-archeologiche generali, cfr. GUERIN, 1857, p. 91; REY, 1871, pp. 205-211; GARSTANG, 1921, pp. 12, 14, 75 (mura forse di origine bizantina riparate dai musulmani e dai crociati: planimetria con torri semicilindriche oltrepassate; cinta impostata su colline artificiali; IDEM, 1922, pp. 112-117 (sui ritrovamenti a partire dall'età flistea), IDEM, 1924 (sulla città elenistico-romana e tardo romana); ILIFFE, 1936 (su alcuni ritrovamenti archeologici; LANGE, 1965, pp. 65-78 (p. 78 notizie storiche e bibliografia). Ancora dibattuti dalla critica sono i problemi relativi alle origini di Ascaona, probabilmente già piazzaforte fenicia un tempo ubicata in riva al mare, una delle cinque città dei filistei menzionate da Giosuè e oggetto della catastrofica profezia di Sophon (cr. citazione ante). Cfr. in particolare, PHYTIAN-ADAMS, 1921 (pe la storia di Ascalona dal 1370 a.C. al 1270 d.C). In specifico, sulle porte anteriori al 1153, cfr. la descrizione di Guglielmo di Tiro (XVII, 22) (riportata anche da GUERIN, 1857, p. 89; REY, 1871, pp. 207-208; LANGE, 1965 p. 67); dela porta Est («Quarum prima quae ad orientem respicit, dicitur Porta Major, cognomento Hierosolymitana, eo quod Urbem sanctam respiciat habens circa se duas turres altssimas, quae quasi robur et praesidium subjectae videntur praeesse civitati: haec ante se tres aut quatuor in antemuralibus portas habet minores, quibus ad eam per quosdam amfractus pervenitur) e delle altre te, la porta del Mare, la porta di Gaza, la porta di Giaffa, in occasione dell'assedio posto alla città da Baldovino. Cfr. poi DESCHAMPS, 1932, pp. 386-387, che segnala, davanti a questi ingressi, la presenza dei barbacani. Altri particolari su tali valichisi trovano nella descrizione di Idrisi del 1184, riportata anche da PHYTIAN-ADAMS, 1921, pp. 87-89, che evidenzia la situazione della città dopo l'assedio del Saladino (1192), con le case distrutte dal fuoco, le torri bruciate, le mura e le tori delle due cinte distrutte, la torre degli Ospitlieri rasa al suolo. Per l'assedio di Saladino, cfr. la cronaca di Ibn-al-Athir (su cui cfr. REY, 1871, p. 209). Si veda poi, in particolar, ltinerarium Regis Ricardi sulla situazione della città dopo l'assedio, tanto distrutta «ut vix cum summo labore per portarum introitus ingredi potuissent, super congeries lapidum» (t. V, c. IIl, p. 312); e perciò «visum est igitur in commune muros Ascaloniae reparare, et civitatem reaedificare.. (L V. c. VI, p. 315]; «. . unius itaque portae majoris altius fundamenta confodiendo perquirentes, usque ad ipsius maceriei soliditatem dejecerunt dirutam lapidum congeriem» (ibidem, 124
p.316); «et expeditius surgit altitudo murorum». Viene precisato inoltre che le mura erano dotate di numerose torri, cinque delle quali portavano il nome dei fondatori, e che il restauro generale c la riedificazione terminarono entro la Pasqua, ovvero il 5 aprile 1192.
23 Segnalo, in nota, alcuni altri centri di prestigio menzionati dalle fonti scritte dei genovesi. Ho privilegiato tale collocazione per snellre il testo e mettere in grado di seguire più agevolmente lo sviluppo dell'analisi critica. E opportuno comunque ricordare: Cesarea, sulla costa settentrionale dell'odierna Israele, con un imponente circuito di mura, fatto edificare nel XIII secolo da San Luigi e per monumentalità non inferiore a quello di Aigues-Mortes. Oggi tale perimetro è quasi completamente ricostruito e presenta un ingresso principale a torrione, piuttosto elaborato che nulla ha in comune con porta Soprana. Non va tuttavia omesso che da Cesarea la tr Zione fa pervenire la celebre «scutela» o «vas viridissimum, ossia il cosiddetto «sacro catino di smeraldo», rinvenuto qui dai genovesi, trasportato nella madrepatria e tuttora custodito nel ‘tesoro’ della cattedrale di san Lorenzo (cfr. in proposito la tesi di laurea di PA. SQUALETTI, Università di Genova, Facoltà di Lettere e Filosofia, aa. 1974-75). Su Cesarea sono fondamentali gli scavi di A. Frova, per cui cfr. le sue edizioni critiche. Cr. poi LANGE", 1965, pp. 71 e s . (p. 181 bibliografia e scheda storica), sulle mura erodiane, la conquista araba del 739 c quella genovese del 1101. Sulle fortificazioni precrociate le notizie sono scarsissime; dal 1192 in poi cfr. lo storico ‘Imäd ad-din-al-Isfahani (in Jtinerarium peregrinationis, 1864). Nel 1218 Jean de Brienne inizia nuove difese, poi distrutte e ricostruite nel 1252 da Luigi IX, fino alla presa araba del 1265 (cfr. Ibn al-Athir. p. 219). Cir. anche BALARD, 1978, pp. 18-19, sull scarsa attendibilità delle notizie date da Caffaro. Per un quadro storico generale. cfr. MuLLER-WIENER, 1966, p. 76. Per alcune precisazioni, cfr. REY, 1871, pp. 180-181; RAVASI, 1979, pp. 55-57. Si tenga presente che nelle mura di Cesarea, come in quelle di Ascalona, erano inserite trasversalmente colonne, allo scopo di rafforzare la tessitura muraria (fr. GUERIN, 1857, p. 80) Altro caso tipico è Costantinopoli, la capitale del Regno latino, centro urbano che ai crociati offriva quel suo decantato perimetro di mura di edizione bizantina (IV-VI secolo d.C), ricostruito con ampliamenti vari nel tempo, con torri quadrangolari e a semicerchio, in parte ancora esistente (v. qui figg. 146-148}, i cui ingressi monumentali però non sembrano fornire spunti all'elaborazione. almeno per ciò che è dato saperne (sulle mura, cfr. DIRIMTEKIN, 1965, pp. 211-224). Sui contatti con Costantinopoli prima del 1155. cfr. Ba LARD, 1978, Tengo a precisare che le mura bizantine della città non possono essere state per i genovesi un esempio propulsivo. date le loro diverse morfologia e struttura muraria. La direzione privilegiata dei traffic genovesi nel primo XII secolo, comunque. non è la ca pitale d'Oriente, ma la Siria, come documenta BALARD, 1978, p. 15, nota 20 (con bibliografia), p. 675. Da segnalare, comunque. a Costantinopoli, la cinta e la porta Aurea inserita nel cestello delle Sette Torri. Su Beyrät, cfr. DU MESNIL DU BuissoN, 1921, pp. 235-257, 317; MAGGIOROTTI, 1933, p. 74. 24 Sulla topografia di Gerusalemme, cfr. DE SANDOLI, 1974 (su sigilli; VINCENT-ABEL, 1926; MICEK, 1960 (sulla planimetria a mosaico di Madaba, della fine VI inizio VII secolo); cfr. poi Cambridge, IV, pp. 722, 725 e, in particolare, LANGE, 1965, pp. 35 ess. e BREDERO, 1966, pp. 260-262. Sull'assedio del 1099, cfr. la descrizione di Guglielmo di Tiro, riportata anche in Tov, 1955, pp. 158-159; Ja lapide del 26 maggio 1 105; la descrizione di RAOUL de CAEN (in REY, 1871, p. 686). Sulla riconquista ad opera del Saladino, il 2 ottobre 1187,cr. Ion al-Athir (XI, 361-366,in GABRIELI, 1969, pp. 139-144) e'Imàd ad-din al-Isfahani (47-69, ibidem, pp. 144 ess, il quaJe cita anche le mura di Gerusalemme costruite da al-Malik al-Afdal Nur ad-din “All, figlio di Saladino, e i fossati da ui fatti scavare (ibidem, p. 169), tre porte dell città, delle quali una era presso la moschea di al-Aksa, una presso la chiesa di san Giovanni, detta pora della Tribù, e la porta della Resurrezione. Sulla porta di Damasco, cfr. HENNESSY, 1967; IDEM, 1970; sulle porte mamelucche, cr. BURGOYNE, 1971. Costantemente citata dalle fonti è anche la torre di David. Si tenga presente, comunque, che non sono documentati valichi tipologicamente similia porta Soprana, né nelle fonti archeologiche, né in quelle letterarie. Sugli scavi archeologici, cfr. il numero unico di Bible et Terre Sainte, AA. VV... 1975. Ancora sulle scoperte archeologiche a Gerusalemme e in Israele cfr. AA. VV. 1982. 35 Brevi cenni riservo adaltre città, che, sebbene importanti a molti effetti, non consentono un avanzamento dei lavori. Fra que. ste, non più di una citazione merita Giaffa, l'odierno centro storico di Tel Aviv, le cui mura sono oggi in parte ricostruite, ma non offrono indicazioni relative agli ingressi monumentali di quella stessa cità, che in epoca latina era difesa da «muro insuperabili, antemuralibus et vallo, turribusque quoque munitssimum» (sic) e che fu espugnata nel 1099 con il contributo risolutivo dei genovesi, sotto la guida di Guglielmo Embriaco. _ Lo stesso vale per Gubaÿl (o Gebeyl), Gibelletto (v. qui fig. 150), costruita sulle rovine dell'antica Biblo, non lontana dallodierna. Beyrüt, testa di ponte e presidio fortificato del capoluogo ligure. La sua cittadella, in corso di rifacimento nell'ambito di un restauro dei nostri anni Sessanta, ma di cui si ignora l'attuale destino dopo l'operazione «pace in Galilea», è ricordata da numerose fonti crociate e fra queste da Guglielmo di Tiro nonché e a più riprese dal Caffaro stesso. A Tortosa di Siria (v. qui figg. 151 e 152), oggi in Libano, è opportuno invece riservare un breve spazio. L'ambiente culturaleè quello di sempre, ma la cinté urbana, con le torri rettangolari e con quella spazialità ampia e tipicamente bizantina, è tracciata ex novo ed è costruita dai franchi, i quali a Loro volta riproducono anche la morfologia dei loro castelli ella Siria stessa e della madrepatria. L'analogia d'immagine, inoltre, è soprattutto evidente nella fortezza, edificata dai Templari a partire dal 1183, a Nord-Ovest della cit tà, sulla riva del mare, con il tipico sdoppiamento del circuito di mura. I genovesi parteciparono alla conquista della città, come attesta 125
il Caffaro per gli anni 1101-1102 e forse contribuirono all'edificazione delle sue difese (fr. qui testo al 4.2). Due soltanto le porte mag: giori che si aprivano nel vasto perimetro di mura: una a Sud verso Tripoli, di cui lla fine dellOtocento il Rey recupera tracce esigue, e una a Nord, presso la cittadella, che nel 1871 era ancora intatta. Quest'ultimo ingresso monumentale, difeso da due torrioni a sezione quadra e da altri accorgimenti bellici all'avanguardia dell'architettura militare, viene considerato dal Rey «Peut-tre le prototype» del. la «porte Saint-Lazare d'Avignon. elevée vers le milieu du XVI siècle». AI di là di tale spunto offerto dall'osservazione dello studioso — di per sé assai stimolante e da vagliare in altra sedee su più ampia scala — non sembra opportuno procedere, e in relazionea porta Soprana non resta che notificare l'assenza totale di indizi proficui. Per le fonti relative a tutte le località citate, cfr. nota 11 al 2.5. Su Tortosa (la romana Antaradus, di cui i crociati parlano anche come Antarjony e Antartous), cfr. oltre alla già citata nota 11 al 2.5. notizie molto dettagliate in REY, 1871, pp. 70 ess. 180, 211-214. Ha un castello e una cinta fortificata. Restavano, nel 1871, tracce della porta Sud, mentre la-porta Nord era quasi intatta. Dotata di ponte di legno, protetta ai lati da due grandi aggetti con feritoia, presentava analogie con la porta di s. Lazaire d'Avignon (metà XIV secolo), della quale il REY, 1871, p. 213, la giudica prototipo. Verso il mare, l'angolo della città era dotato di una grossa torre quadra, come ad Ascalona. Sul castello dei Templari, cfr. ENLART, 1925, che lo ritiene del XII secolo. Su Giaffa, cfr. MAGGIOROTTI, 1933, p.75 (ruderi nel porto di cui non si conoscono le origini). genovesi la espugnano mentre è à corso l'assedio di Gerusalemme (cfr. anche DE NEGRI, 1965, pp. 223-224, per il quadro storico, e Cambridge, IV, p. 152). Cfr. poi LAN. GE, 1965, p. 84 (bibliografia e nota storica a p. 183), con alcune brevi considerazioni sulle fortificazioni erette da Goffredo di Buglione. Su di esse e sulla conquista musulmana, cfr. ancora la cronaca di Ibn al-Athir in GABRIELI, 1969, pp. 226-227, che ricorda la cittadella e le mura erette dai franchi a difesa della città. Su Gibelletto, cfr. REY, 1871, p. 217; MAGGIOROTTI, 1933. p. 75; HAZARD, 1977, pp. 144, 338; BALARD, 1978, p. 355 (sulistitu zione della figura del «vicecomes» genovese). Sulle porte, quella Nord, sull strada di Tripoli, quella Est, difesa dal castello (fine XII secolo), sulla topografia e sui caratteri delle opere difensive (con salienti quadrati) cfr. ancora REY, 1871, p. 218; DESCHAMPS, 1932, p. 368; MULLER WIENER, 1966, p. 65. Foto antiche della cinta sono esposte nel Muse des Monuments Frangais, a Parigi. Su Gibello, della cui cinta franca non restano tracce, fr. REY, 1871, pp. 180, 215-216 (anche per il teatro romano trasformato dai crociati in castello e dotato di massicce torri quadre) Per le fonti storiche su Tiberiade (il cui castello è stato ricostruito), cfr. Bahà' ad-din Ibn Shaddäd, in GABRIELI, 1969, p. 130; su Tiro, fr. la nota 11 al 2.5. (per fonti storiche]; MaGGIOROTTI, 1933, p. 68 (ul castello in riva al mare, a pianta quadra con torri angolari e mastio centrale. Si ricordi che nel 1157 ai genovesi è affidata la manovra delle catene del porto e che nel 1197 i genovesi, che avevano partecipato alla difesa di Tiro, hanno la facoltà di erigere una torre presso la chiesa di san Marco); Cassı RAMELLI, 1964, p. 155 Gull'assedio del 1124, risolto da un ingegnere militare armeno di Antiochia, costruttore di peiriepe e balestre). 26 Per il fenomeno del riutilizzo dell stratificazioni, e della loro sequenza, fr. altri esempi tipici, come Apamea di Siri, (pela cui cinta islamica cfr. BALTY, 1975; per le porte romane, cfr. qui testo al 2.2), Assos (cfr. HANFMANN, 1975), Efeso (dove merita grande attenzione il caso della porta di san Giovanni), Lindos presso Rodi, Pergamo (esempio di notevole valore), Resafa (cir. DUSSAUDDESCHAMPS-SEYRIG, 1931, pl. 77). Su tutte, cfr. poi GIULIANO, 1966. Un caso particolare in questo quadroè rappresentato da Rodi. Per Laodicea, cfr. qui testo al 2.2. (porte romane) e note relative e REY, 1871, pp. 177-178 e fig. 46 p. 177 (sull fortificazioni crociate); per Nicea, cfr. CASSI RAMELLI, 1964, p. 150 (sulla mura turrite di impianto bizantino); GIULIANO, 1978, fig. 1 p. 11 (monete di Macriano con veduta della città di Nicea, v. qui fig. 153); Tov, 1955, p. 155 (descrizione del'assedio del 1097 a opera di Anna Commena e Guglielmo di Tiro}; sulle porte romane, fr. le notizie di Procopio (cfr. qui testo al 2.2.) Per e fonti locali che certificano la presenza genovese in questi due centri e in Seleucia (Solino, Sudinum), cfr. la nota 11 al 2.5. Per le porte romane di Anazarbe, Apamea, Dara, Diarbekir, Edessa, Maires, cfr. le notizie di Procopio, e qui testo al 2.2. 2? Offro qui di seguito una breve documentazione supplementare e a campione, nel rispetto della griglia seguita finora. Di Aleppo considero non tanto la grandiosa cittadella — tuttora esistente e in parte leggibile nella sua stratigrafia, così come risulta dalla documentazione fotografica — quantoe piuttosto le porte urbane, delle quali non si è peraltro in grado di fornire informazioni dirette. In assenza di una ricognizione de visu mi attengo ai ben noti e accreditati lavori di Jean Sauvaget, che negli anni 1940-1950 interessano le fortificazioni della città siriaca. Questa vede il succedersi di dominazioni dall'età dei seleucidi a quella dei mamelucchi e le sue difese, soggette a numerose ricostruzioni, conservano il segno della sua vicenda storica. Per gli ingressi urbani, sempre dal Sauvaget si può ricavare la morfologia di porte affiancate da torrioni o quadrangolari o poligonali e con salienti pentagonali, nonché con valichi «en chi cane» ossia del tipo «sceo» per la porta di Antiochia (Bab Anfakiyyd) la quale, aperta a Ovest sulla direttrice verso la città da cui viene denominata, esisteva già prima della ricostruzione delle mura condotta da Nür al-din dal 1158 in poi, impresa questa tramandata con precisione di particolari dal cronista Bahà” ad-din. «On sait pertinnement, grâce à la présence d'une Inscription fatimide (.. qu'elle occupait déjà cet emplacement avant les travaux de Nur al-Din», prosegue Jean Sauvaget, ma la morfologia del monumento oggi pervenuto appartiene addirittura alla sua grandiosa edizione del XVI secolo, che sembra aggiornare -- senza prescindere da essa — una cultura locale di estrazione bizantineggiante. Tale sua facies risulterebbe în contrasto con quanto sembra di intravvedere in alcune plani126
metrieriproposte da studi contemporanei e peraltro desunte dallo stesso Sauvaget, che potrebbero far pensare a una porta urbana af. fiancata da torri semicircolari anziché poligonali. In realtà la porta di Antiochia presenta salienti pentagonali, e 'inesattezza delle pla nimetrie del 1941 non può certo incrinare Pindiscussa autorità di uno studioso la cui opera fa testo ancor og i, in assenza di indagini aggiornate sul terreno. La peculiarità delle torri pentagonali, assieme con i numerosi accorgimenti di difesa dell'edificio, lo mettono automaticamente fuori campo circa le eventuali relazioni con la morfologia di porta Soprana. Su Aleppo: per planimetrie cr. GUIDO. NI, 1978, fig. 56, p. 55; GRABAR, 1980, fig. 68, p. 109. Sulla città antica cfr. GIULIANO, 1966, pp. 157-158. Fondamentali, sulla topografia e l'urbanistica della città, SAUVAGET, 1941, e IDEM, 1954, I (con notizie riguardanti la cinta urbana e le otto porte della cinta, di origine bizantina, alcune delle quali restaurate nel 1256, pp. 70 e ss; la cinta del XIII secolo, i restauri e lo stato attuale, pp. 75 e ss; con planimetria della mura e delle porte — II, III — dotate di torri poligonali o rettangolari con ingresso laterale. Per le porte di Antiochia, quella della Vittoria e quella di Oinnasrin, costruite secondo i principi più aggiornati della tecnica bellica in epoca ayyübita, of. IDEM, 1941, pp. 140 e ss. e pl. LV-LVIIL. Cfr. inoltre DUSSAUD-DESCHAMPS-SEYRIG, 1931. Per Damasco sono in grado di usufruire oltre che di studi ad ampio raggio fra i 1930 e i 1946, di una personale ricognizione degli anni Settanta, che non lasciava adito a dubbi. Mi è consentito affermare, quindi, che tanto le porte della città quanto gli ingressi alla cittadella escludono ogni nesso con porta sant'Andrea, trattandosi di monumenti non solo di morfologia ben lontana dalla fabbrica genovese, ma anche di ssegnabili dal XIII secolo in poi, almeno nella loro facies attuale. Del resto l'edizione critica del complesso, che Io HERZFELD pubblicava nel 1946, mantiene ancor oggi intatto il suo valore e a essa si rimanda per ogni informazione. Sulla città antica cfr. GIULIANO, 1966, pp. 162165. Per le fonti musulmane cfr. GABRIELI, 1973, pp. 191 e s. Sull'architettura musulmana,cfr. HERZFELD, 1943 (presso Damasco sono alcuni forti con torri rotonde, datati al Le V secolo d.C.), IDEM, 1946; GRABAR, 1973. Sulla città crociata DUSSAUD-DESCHAMPS. SeyRIG, 1931,pl. 90-91 Sul Cairo: per le fonti sulla conquista francese di Damiata, cfr. GABRIELI, 1969, pp. 252-255 (IBN AL ATHIR, XII, 210-216). Per le fonti genovesi sul Cairo, cfr. AIRALDI, 1981, pp. 29, 43 ss. bibliografia). Fra il 1085 e il 1091 il Toy (1955, pp. 122 e ss data le porte Bab al-Futüh, Bab al-Nasr, Bab Zuwayla difese da due torri semicilindriche oltrepassate. Per il Burg Ez Zefer di Saladino (11701182), scientificamente pensato secondo i più aggiornati sistemi difensivi, cfr. ibidem, pp. 123-125. Sulla cittadella del Cairo, costruzione saracena su modello bizantino, ma attualmente ricostruita, cfr. ibidem, pp. 92-93. Fondamentale è ancora CRESWELL, 1940, e IDEM, 1973 (in particolare sulle porte islamiche del Cairo). Nell’Africa medievale, ed in particolare in Marocco e in Tunisia, sotto gli almoravidi (XII secolo) grande sontuosità mostra l'architettura delle porte. In generale, cfr. TERRASSE, 1932. In particolare: sulla fortezza di Amergo, senza le due.torr a fianco della porta, comuni all'architettura ispano moresca del XII secolo, cfr. TERRASSE, 1953, MARCAIS, 1959, p. 218. Sulla porta di Chella, presso Rabat (XII secolo, con pusterle fra due torri ottagonali ctr. ibidem, p. 567, fig. 301 (con bibliografia). Su al-Mahdlya (Mahidia), in Tunisia, conquistata da pisani e genovesi uniti nel 1087, con un'impresa fra le più emblematiche della riscossa occidentale nellXI secolo, cfr. MARCAIS, 1959, pp. 89 c s ., che per le mura e le porte propone mode mesopotamici. Queste hanno forma rettangolare all'interno e semicircolare all'esterno, con corridoio molto allungato verso la parte interna. Su Marrakech, in Marocco, cfr. TERRASSE, 1932, pp. 223 e ss. e fig. p. 213 (porta con due torri poligonali); MARCAIS, 1959, p. 218. Ctr. poi il forte di Rabat e Ribät di Tit (Marocco), per cui efr. ibidem, pp. 218 e ss; la cinta con torri poligonali di Sfax (Tunisia), del XII secolo (per cui cfr. ibidem, p. 36 e IDEM, 1926, fig. 22); Sousse, con fortificazioni bizantine rimaneggiate nel IX secolo; la porta con due torri di Tlemcen, per cui cfr. MARCAIS, 1959, pp. 29, 35, 218, fig. p. 167. 28 Notizie di prima mano sulla situazione dell'incastellamento dell'area nordorientale interessata dal fenomeno crociato sono tra mandate, come è ovvio, dagli storici, ad esempio Guglielmo di Tiro (RHC, Occ. I, p. 697) e Roberto il Monaco (ibidem pp. 733, 793 teressanti anche per la constatazione delle diffuse testimonianze di riutilizzo di strutture precedenti. Per la situazione della critica, dopoi fondamentali REY, 1871, e DESCHAMPS, 1934-1939, si rimanda a Tov, 1955; MULLER WIENER, 1966; su aggiornamenti metodo logici, nuove problematiche e prospettive di ricerca, cr. gli tti del convegno Castell. Soria e archeologia (AA.VV., 1981). Per ulteriore bibliografia complementare si rimanda ai più volte citati TUULSE, 1958; Cassı RAMELLI, 1964; LANGE, 1965; BASE, 1967. Per al tre indicazioni i lettura cir. HAZARD, 1977 (con bibliografia aggiornata e disamina di alcuni problemi di fondo), pp. 141-144 e ss; ancora Cassi RAMELLI, 1964 (pp. 101 e ss. sulla tradizione bizantina in Medio Oriente; pp. 121 ess, sull'aspetto bellico delle crociate; p. 137, sul riutilizzo turco dei casteli bizantini; e TUULSE, 1958, p. 65 (sui rapport fra costruzioni arabe e bizantine); FINELLI, 1968, p. 374 (su problemi di tipologia); MECKSEPER, 1970 (sulle influenze nordiche). Per notazioni tipologiche anche relative alla problematica degli ingressi fortificati, all'interno delle fondamentali distinzioni morfologiche fra fortezza di confine e castelli residenziali o manieri della fascia costierae dei pressi di Gerusalemme, cfr. DESCHAMPS, 1932. Dalle esempliticazioni dello studioso si può dedurre che le porte fortificate dei castelli crociati interessano solo parzialmente lo studio di porta Soprana viste le esigenze di sicurezza — accorgimenti di difesa attiva e passiva — in esse preminenti rispetto a quelle di rappresentanza; cfr. inoltre CASSI RAMELLI, 1964, p. 137. Sulle innovazioni strutturali delle quali sono esempio emblematico le porte «scee» di Troia, cfr. COPPA, 1968; TERRANOVA, 1970, p. 285; Bir: TEL, 1977, pp. 137-138 ess (e cîr., naturalmente, TUULSE, 1958, p. 10). Sulla presenza delle torri semicircolari ellarchitettura milita127
re crociata, cfr. BETTINI, 1955 (sulle origini della tipologia); TUULSE, 1958, p. 18 (che nota la «non bizantinità» della tipologia delle tor. ri semicircolari e circolari; CASSI RAMELLI, 1964, p. 136; PEROGALLI, 1969; PETRIGNANI, 1974, p. 386 (sulla funzione e l'importanza difensiva delle torri nel Medioevo). Si noti, poi, che i dongioni sembrano in relazione a un tipo specifico di porta di città, quella a torre singola con passaggio. Per le interrelazioni fra Est e Ovest in questo periodo è importante considerare la funzione della Spagna musulmana del X secolo (nella quale si nota un'ampia presenza di fortezze con torri semicilindriche; per gli esempi cfr. TORRES BALBAS, 1957, p. 229, fig. 96). Si noti, infine, che nei primitivi castelli crociati non èfrequente l'impiego delle torri sporgenti e che le porte pervemute del XIII secolo sono molto più sofisticate di quella genovese per gli accorgimenti difensivi. Nessuno di questi esempi, dunque, è utile a puntualizzare il caso di porta Soprana. Sul castello di Beaufort, oltre alle opere generali già citate, cfr. in particolare: MÜLLER WIENER, 1966, p. 65 (datato 1139e 1187-1190); per la Blanche Garde, cfr. GUGLIELMO DI Tiro, XIV, cap. 25; su Château Pélerin, cfr. REY, 1871, pp. 93 e ss. (XIII secolo) Il famosissimo Crac des Chevaliers, la più grandiosa fra le opere fortificate ei latini, ancorché rimaneggiata in epoca ‘araba’ e fortemente restaurata, ha un fosso e due cinte murarie: quella esterna ovale-poligonale con torri semicilindriche, con varie gallerie di ife sa; torri più ravvicinate coprono un ingresso secondario; quella interna ha tre enormi torri semicircolari che escono dalla cortina muraria in pietra da taglio (v. qui figg. 159 e 160). Nel 1031 l'emiro di Homs vi impianta una colonia militare curda; nel 1099 i crociati, sulla via di Gerusalemme, lo assediano; lo occupa definitivamente Tancredi di Antiochia; nel 1112 passa al conte di Tripoli, che lo cede nel 1142 agli Ospitaler di san Giovanni. Dal 1157 si ha la prima fase della nuova costruzione; una seconda in zia nel 1169-1170 e una ter za nel 1201-1202. Sul Crac fr. REY, 1871; IDEM, 1883; poi i fondamentali studi del DESCHAMPS, 1932, IDEM, 1934; e poi ctr. TUULSE, 1952; CASSI RAMELLI, 1964, passim; LANGE, 1965 (con bibliografía e scheda storica); MOLLER WIENER, 1966, p. 61. Sul Kerak, cfr. MULLER WIENER, 1966, pp. 49-50 (il sigillo di Rinaldo di Chatillon, 1176-1187, rappresenta probabilmente solo un'immagine stereotipa del castello); DE SANDOLI, 1974, p. 253. Su Margat, cfr. DESCHAMPS, 1964, pp. 138-151 (presenza di torri tonde, come nel Crac). Su Montréal ei primi castelli crociati fr. Cassi RAMELLI, 1964, pp. 138-139. Sul castello di Saona, cfr. REY, 1871, pp. 105-113; DESCHAMPS, 1930; DUSSAUD-DESCHAMPS-SEYRIG, 1931, pl. 120-127; DE: SCHAMPS, 1935; Tov, 1955, pp. 95:96; BOASE, 1967; HAZARD, 1977, pp. 144-145 (sui modelli bizantini possibili. Boase precisa l'mportanza della collocazione del castello sulla via di Aleppo e si oppone alle tesi precedenti circa le tracce rimaste delle preesistenze bi zantine, ravvisabili non nel castello, ma solo nelle parti inferiori delle mura (v. quifig. 161). Saona fu bizantina fino al 1108 e franca no alla conquista di Saladino (1188). Il castello venne eretto pressoché in una sola campagna dall'inizio dell'occupazione latina. Note: vole l’entrata Sud, di tipo ricurvo (su più precisi confronti e rimandi intorno al problema degli ingegneri dei castelli crociati, cfr. DE SCHAMPS, 1932, pp. 369e ss). Importante l'ingresso in faccia al ponte, una piccola pusterla larga m. 1,50 e alta m. 2,50 (v. qui fig. 162) Due torricelle semicircolari la fiancheggiano ed essa sta in rapporto con un donjon. Si tratta di una delle bertesche franche costruite su bito dopo il 1108. Rilevante la porta ad arco acuto, che rafforza il rimando tipologico a porta Soprana, sebbene i castello di Saona non venga mai citato da Caffaro. Per Subeibe, cír. DESCHAMPS, 1930; MÜLLER WIENER, 1966, pp. 47-48 (la critica pone la costruzione delle opere di difesa agli ini 2i del secolo XII) Per le fortificazioni di Rodi, restaurate dagli italiani a partire dal 1912 come parte di un programma generale di restauro a sfondo propagandistico, cfr. fra l'altro HAZARD, 1977, pp. 229 e ss. Interessante è la tipologia delle porte urbichee in particolare di porta santa Caterina (v. qui fig. 163), simile a quella dell'ingresso dl forte St. André di Villeneuve: es-Avignon, nonché a quella delle porte urbane di Noves (cfr. nota 12 al 2.5). A conclusione di questa panoramica, è necessario sottolineare la eccezionale innovazione rappresentata dai castelli crociati nel quadro dellarchitettura fortificata fra XII e XIII secolo. Fra le novità, particolarmente perspicua quella delle solu zioni delle porte, strutturalmente assai complesse e varie (poliformità già notata del resto dal DESCHAMPS, 1930) che nessun legame presentano con la tradizione romana. Estraneità che costituisce il motivo per cui — nell'economia del lavoro — tali esempi non vengono affrontati e discussi nel testo. Momenti-cardine di questo discorso si possono considerare il Crac des Chevaliers, per importanza assoluta, Saona c Subeibe, per i monumenti più antichi (contesti, però, del tutto estranei a porta Soprana). Gli unici vaghi raffronti possibili sono costituiti da una pusterla del complesso fortificato di Saona (1108 circa), architettonicamente differente ma con qualche assonanza d'immagine rispetto all'esempio genovese, e da una del Crac, che è tuttavia assai più tarda (XIII secolo). Per le porte urbiche della Spagna musulmana e segnatamente per quelle del Marocco, cfr. la relazione tenuta da TERRASSE al corso dell'Università di Paris-Sorbonne, (IV), in fase di stampa. 2 Cr. quanto ha dimostrato recentemente COSTA RESTAGNO, 1982.
128
3. TIPOLOGIA Il (I CONTENUTI)
Nel 1975 Alessandro Gerschenkron scriveva:
comanda Vitruvio — si avanzino all'esterno, di guisa che allassalto il nemico pretendendo impetuosamente avvicinarsi, dalle torri a fianchi scoperti sia colpito con le frecce a destra e a sinistra»
Queste due testimonianze — e quante ancora sa-
Vegezio, infine, nel suo celebre trattato militare scritto probabilmente nell'ultimo ventennio del IV secolo d.C. considera le torri il fulcro della difesa e si dilunga sul loro uso anche a livello di marchingegni
3.1. Difesa e sacralità
«la cinta muraria oltreché essere pietra e calcina era anche fatto spirituale» e qualche anno prima Paolo Sica aveva affermato: «de mura e le esigenze di difesa riportano l'idea di città al concettodi un microcosmo originario inattaccabile...» | rebbe consentito portarne — inducono a due ordini di considerazioni di base: che i valori dominanti insiti nelle cortine murarie richiedono d’autorità una lettu-
ra del manufatto architettonico molteplice e svolta a più livelli; che la storia ha investito le cinte urbane di una carica di contenuti simbolici, oggi forse difficili da decodificare. Del resto la stessa
«forma architettonica ... è considerata rappresentativa di concetti e di valori ‘universali espressi per mezzo di simboli e di allegorie» 2, All'interno di questo quadro le porte urbane diventa-
no una precisa immagine istituzionalizzata, da decifrare in quei contenuti che tali fabbriche trasmettono
€ di cui sono «rappresentazione simbolica».
mobili 5. A lui si rifanno pure gli specialisti moderni: «Vedere il nemico da più punti; evitare, in conseguenza, salienti di difficile fiancheggiamento; porre sempre l'aggressore tra due fuochi convergenti; rendere meno sensibile l'azione distruttiva delle macchine; impedire che la perdita di una parte del recinto obblighi ad abbandonare immediatamente le altre parti; collegare, secondo occorra, o separare le opere; tali sono i principi dellarchitettura militare di ogni tempo», nel cui ambito le torri — e soprattutto quelle fiancheggianti gli ingressi urbani — svolgono da sempre
un ruolo primario. Sul permanente «carattere politico» delle torri esiste una letteratura abbastanza ampia, mentre poco © nulla è stato scritto sulla loro funzionalità intesa co-
me “servizio” collettivo; ma non è questa la sede per
aprire un tema peraltro ancora tutto da definire,
Nel ventaglio di questi contenuti spetta al con-
cetto di DIFESA — già considerato «immanente» — un ruolo prioritario: la morfologia della portä fortificata con a fianco due torri — quella che qui compete — è essa stessa definita da esigenze di sicurezza. Le torri ai lati dei varchi, infatti,
I contenuti simbolici delle cinte murarie e di conseguenza delle porte urbiche sono numerosi e tanto
creando un dispositivo che rinforza il punto più critico di tutta la cinta: l'ingresso. Tanto critico questo
«à tanto convinto che i significati ci siano che non si preoccupa
«. . con la loro sporgenza danno luogo ad una specie di rientrante che avviluppa l'assalitore..,
varco che Filone di Bisanzio — ed è questa una cita-
zione d'obbligo — suggeriva di erigere davanti a esso dei recinti di ausilio, dei cosiddetti ndono al concetto di mas ima delle fortificazioni antiche di scaglionare gli ostacoli» 2. «Le torri poi — rac:
strettamente amalgamati fra di loro che è difficile
seinderli anche al solo scopo di presentarli. Probabil-
mente perché «il medievale» — come osserva Umberto Eco — e l'uomo delle origini o del Vicino Oriente antico — come integra chi scrive —
che siano molteplici» $.
Le immagini pure — e in particolare quelle della città — sono per loro struttura polivalenti, ma ciò che im-
porta «c'est la manifestation de Dieu... qui assure aux jeux des chrétiens la validité des images et des symboles. 129
E per i tempi precristiani (v. qui il: 3.2.) «l'importanza rituale della soglia» e la VALIDAZIONE SACRALE della
sua immagine è fuori discussione, così come sembra ormai appurato che «le mura di città prima di essere opera militare sono una difesa magica», e come tali connotate variamente di sacro. Tra i «fondamenti dell’azione bellica il fatto religioso [fu] componente essenziale della guerra antica» anche se «... di raro ne fu il movente», assumendo l'inserimento «del Divino nella guerra... un aspetto passivo» di «protezioni» e di «interdizioni» ?. I contenuti simbolici delle porte sono strettamente connessi alla «struttura mitica dello spazio» e quindi al valore della soglia intesa come limite che se-
para e contemporaneamente mette in comunicazione due mondi: il ‘dentro’ e il fuori" l'ordine' e il ‘caos’, e — se si vuole — il ‘sacro’ e il ‘profano’ 10. Non si tratta di spazio fenomenico bensì «di uno
spazio esistenziale e sacro, con una struttura completamente diversa, suscettibile di un'infinità di rotture, quindi di comunicazioni con il trascendente». Comu-
nicazioni che si attuano appunto attraverso la frattu-
ra di livelli verso il supra e verso il prius. Questa rottura di livello «realizza una (generica) forma di trascendenza» — scrive Ugo Bianchi — «cioè una impostazione religiosa della visione del mondo, e coincide
con la trascendenza del sacro nei confronti del profano»!l,
Tale connotazione o «garanzia sacrale» concerne dunque il concetto di ‘limite’, che con quello di
‘centro’, si pone come uno degli elementi costitutivi
dell’aggiomerato urbano: «è la delimitazione che fa emergere la specifica identità della città»! «L'idea di limite della territorialità di un insediamento» — le pa: role sono ancora di Paolo Sica — «è probabilmente anche ante
riore agli insediamenti fisici..., ma è nel rapporto con il suolo che questa idea si cristallizza. Sul filo della cinta muraria si ha l'inversione del segno nella polarità di opposti stabilita dalle concezioni cosmologiche (montagna-pianura, terra-acqua, continenti-mare,
città-caos) Ogni città ha i carattere di uno spazio sacro. e... significato delle mura, è stato detto, è sacro prima che difensivo. L'affermazione andrebbe completata aggiungendo che il loro po-
tere deterrente è in diretto rapporto con il carattere di sacralità, Nel divenire della storia la carica simbolica di cui era investita in foto la città si specifica anche nei suoi monumenti, sicché gli stessi caratteri urbani «vengono proiettati sull'edificio che funziona in tal modo come pars pro toto». L'opera architettonica con il quale la stessa tipologia è talvolta in relazione» 13.
130
vieme quindi ad assumere la funzione dellemiblema Avviene non di rado che una delle fabbriche deputate a rappresentare la città — il ‘monumento’ per
eccellenza — sia la porta urbana, che, come nel caso di alcuni Comuni del Medioevo in Italia, assurge a immagine di quello stesso centro che nel contempo celebra e commemora con la sua monumentalità. Valore esemplare assumono infatti porta Romana in Milano o le porte del circuito di Marco Aurelio, e meglio, della cinta ‘leonina’ in Roma. Queste porte — quasi tutte fortificate da due torrioni e quindi della morfologia che qui interessa — difendono la ‘loro’ città, quella che definiscono nei limiti territoriali, quella a cui danno l'accesso, quella che — e in modo più vi-
stoso nell'esempio di Milano — rappresentano e celebrano con lo spessore simbolico della loro monumentalità, ribadita spesso dal valore certificante delle iscrizioni elo delle immagini scolpite. La verticalità evoca di per sé la trascendenza, è stato scritto, e per analogia tale assioma può essere applicato anche alle porte urbiche!S. In particolare per la porta Paphia di Colonia (v. appendice CigoliniCroce) il Mainzer dimostra quanto il connotato di sa-
cralità costituisca un fattore determinante di individuazione connesso alla topografia del monumento e a un rituale che sancisce l'integrarsi dell’edificio con la città e con il territorio, un rituale, in ultima analisi, teso a certificare la proiezione politica del centro urbano. La memoria storica, infine, ha investito la porta di un prestigio mitico che lintelligente analisi dell'autore ha ripreso nella totalità dei rapporti 16. L'accentuato carattere
sacrale
e commemorati-
vo delle porte urbane fin qui emerso risulta essere una costante di significato e introduce, attestandolo, il loro VALORE COSMOLOGICO. Quest'ultimo è connesso a una dimensione arcaica, ma ha assunto un ruolo ‘storico’ nel quadro della contrapposizione delle società «tradizionali» e cosiddette «sacre» a quelle «moderne». Il ruolo ‘storico’ di tale processo cosmologico è documentato, con caratteri particolarmente emblematici e ritualizzati, dai portali delle chiese, le 'portesante’ per antonomasia, nelle quali il programma figurale illustra la logica che presiede questa esperienza del sacro’ 7. La ‘porta-santa’, la Janua-coeli però non è soltanto l'ingresso della chiesa perché è anche l’accesso alla città (sia celeste che terrestre). Porta Soprana a
Genova rappresenta in questo caso una testimonianza del ‘senso’ di un luogo di grado semantico elevato. Il valore cosmologico delle porte urbane si connota ulteriormente attraverso la rappresentatività del
potere, con un sistema di stratificazioni di ascendenza più che millenaria. Tale rappresentatività si enu clea e si manifesta a due livelli: sul piano fisico come luogo deputato all'esercizio del potere stesso — ad esempio quello giudiziario !8 —; sul piano concettua-
le come ‘monumento’ che è segno commemorativo e
immagine forte della potenza di quella stessa città.
rifugio e territorio fra spazio umanizzato e universo selvaggio cioè in termini di integrazione spazio temporale come collocazione e come movimento... Immobilità-movimento, benessere conquista, rifugio territorio sono i valori costanti [su cui] 'evoluzione accumula sistemi di simboli sempre più complessi che però conservano la stessa origine... 21 Dal Paleolitico Superiore
«à fenomeni di inserimento spazio temporali» — così come ha confermato anche l'esplorazione archeologica — si assimilano. al sistema di simboli di cui i linguaggio è lo strumento principal essi corrispondono ad una vera e propria presa di possesso del tempoe dello spazio … tempoe spazio sono la scena su cui Tuomo domina la natura... eil legame tra spazio e tempo umanizzato è subito sentito» 22.
In sintesi è consentito affermare che la porta ur-
bana attinge una identità piena e compiuta solo quando si riconosce nella complessità e nella globalità delle sue funzioni. Accanto al suo compito difensivo emerge con un salto di livello il suo valore di limite
sacro, dalla valenza cosmologica intesa insieme come
espressione del potere. La porta urbana si configura dunque come un'immagine dove è possibile leggere la collocazione cosmica e storica della città 9. Per comprendere il senso del suo stratificarsi storico — che è ricostruire un processo d'identità — necessario ricercare i modelli culturali laddove si sono enucleati in una progressione di sviluppo e quindi nel quadro delle culture arcaiche o di quelle illetterate e addirittura di quelle primordiali. Concludo quindi nella prospettiva della ricerca di legami primari, nell'intento di risalire alle ‘origini’ dei contenuti 3.2. Il problema aperto delle origini E comunemente noto quanto l'idea del rifugio sia connessa alle radici dell'esistenza, tanto che si è affermato di recente la difesa configurarsi quale «problema esistenziale» 2, Sono dunque le origini dell'uomo che si devono esplorare per l'indagine in corso. André Leroi-Gourhan osserva che nell'uomo dei primordi «... alla base del benessere fisico sta la percezione assolutamente animale del perimetro di sicurezza, del rifugio chiuso o dei
Si è completamente sprovvisti di notizie sui pri-
mi tentativi di organizzazione di questo spazio appe-
na umanizzato, mentre pare che le opere di difesa più arcaiche risalgano al Neolitico (v. la nota 20). Si è in‘vece un poco più informati sul pensiero «mitico», che
non distingue fra l'elemento animato e quello inanimato, che «non distingue altresì i diversi piani della realtà», che identifica il simbolo con il suo significato e che «attribuisce una valutazione e differenziazione qualitativa allo spazio» 23. I dati simbolici che si riferiscono allo spazio ac-
quistano valore preponderante a partire dalla nascita
dell'agglomerato urbano, esordio connesso allo svi-
luppo della civiltà storica che per il mondo mediterraneo — questo sembra un fatto chiarito — «ha le sue origini e i suoi fondamenti nel Vicino Oriente antico»#, Di conseguenza l'insorgere del fenomeno urbano già di per sé problema di centro, è un punto
nodale per la ricerca in atto: l'origine della città nel suo divenire è rapportabile, per assioma e con le sue eccezioni ‘storiche’ (v. oltre Catal Hóyük), a quella della sua cinta e a quella delle sue porte.
L'avvio alla scena urbana è stato riferito al Neolitico e, per la zona che interessa, l'agglomerato-tipo è stato scoperto con buona garanzia nel villaggio costituito da famiglie patriarcali nel quadro di un mondo
in fase evolutiva verso l'agricoltura. I valori religiosi sono da considerare come
«conseguenza dell'agricoltura articolati a poco a poco nel contesto culturale generale...
Il passaggio dal primo agglomerato-tipo a una vera e propria fase urbanizzata, tuttavia, è ancora problema aperto e di lontana soluzione per la sua complessità; esso inoltre preclude ogni evenienza di sia il termine principale della rappresentazione spazio-tempo e precisare luoghi, tempi, modalità di origine delle porche la forma del rifugio corrisponda nello stesso tempo alle neces te urbane con i loro significati ©. ritmi sacralizzanti.. La percezione spazio-temporale esiste fin dall'inizio... [e]... il fatto umano per eccellenza forse non è tanto la creazione dell'utensile quanto l'addomesticamento del tempo e dello spazio, vale a dire la creazione di un tempo e di uno spazio umani». E ancora: «... è normale che il rapporto rifugio-territorio
sità materiali di protezione e dell'economia e alla connessione fra
La situazione si fa ancora più difficile quando ci
131
si cala nella realtà dell'archeologia alla ricerca di stimoli e/o verifiche. Una indagine su questo piano presenta ovvia-
perché quelli a sezione di semicerchio o rotondi sembrano quasi del tutto estranei ai primi esordi dei valichi monumentali della cittä, almeno in Oriente. I
status quo con fatti concreti. Premetto che tali spunti di ricerca sono tratti da
renziano dal significato del confine o dall'ingresso in-
mentaria, spesso occasionale e fortemente condizionata dalla scarsità se non dalla mancanza assoluta di
La problematicità della situazione trova conferma inoppugnabile nelle testimonianze reperibili sul territorio PALESTINESE, nella cui area il centro urbano di Gerico gode di una precocità cronologica tale da giustificare la sua menzione in apertura di rassegna. La fase protourbana di Gerico preceramico A, sebbene di datazione ancora controversa, si aggirerebbe, secondo Paolo Matthiae, attorno all'8000 a.C. La morfologia della città, che si trova a circa 35 Km a Nord-Est di Gerusalemme, benché considerata
mente incognite numerose; ritengo utile tuttavia evidenziare alcuni dati al solo scopo di esemplificare lo ‘una campionatura di massima necessariamente fram-
studi sull'argomento. Le zone privilegiate sono le più ricche di documenti relativi a significati e a morfologia riconducibili, sebbene in modo lato, a porta sant'Andrea. Per la forma architettonica l’attenzione
è stata circoscritta al solo tipo di porta a due salienti, che, nella fattispecie, risultano essere quadrangolari,
contenuti privilegiati sono quelli relativi alle porte più propriamente urbane, anche se essi non si diffeteso nel senso più ampio e generale.
«strutturalmente straordinaria», non risolve il «pro-
blema delle origini» per cause molteplici La principale fra queste viene addebitata alla sequenza di circa diciassette distruzioni subite dalla città, che ancora è impossibile individuare nella loro stratigrafia più completa e nel loro nesso relativo alla presenza o meno di mura con porte. Sembra che un sistema-di difesa sia documentabile soltanto dopo la terza ricostruzione, l'insediamento del preceramico B. risultando circondato da mura in grossi blocchi di pietra (fig. 173). Di recente, nel 1981, Leonhard Rost conferma che «die alteste Stadtmauer der Welt», la. cinta muraria più antica del mondo, è posta a circa 250 m sotto il livello del mare e può essere assegnata al VI o addirittura al VII millennio a.C. Sulle porte monumentali, però, le notizie sono ancora incerte e non rimane che attendere ulteriori indagini sul campo. Indagini vieppiü necessarie se si valuta quanto si complichi l'intera questione quando intervengono i riferimenti biblici e i loro presunti, o meno, rapporti con l'archeologia sul territorio. Secondo Gianfranco Ravasi, «la pagina più celebre» della Bibbia in relazione alla città «è senz'altro quella di Giosuè 6 che descrive in stile epico la conquista di Gerico: al giro processionale delle mura per sette giorni, al
suono delle trombe liturgiche Gerico crolla come in un'esplosione».
Fig. 173 - Gerico, le mura. 132
Peraltro, a livello archeologico la città non ha lasciato traccia di vita per almeno mille anni e proprio «tra il 1600 e il 600 a.C.»: fra le molte ipotesi avanzate per
Fig. 174 - Hazor, planimetria.
risolvere questa discrepanza sembra ottenere maggiori consensi di critica quella del tedesco M. Noth. Egli propone un'esegesi del brano «legata alla qualità letteraria del testo di Giosuè, definita ‘eziologia teologi-
ca». «La conquista di Gerico» & narrata «in maniera religiosa e quasi liturgica, come i risultato di una preghiera, di una processione e di un rito» € Va intesa nel quadro di una tipologia liturgica ap-
punto per la struttura cultica della descrizione. Il pro-
blema non interessa da vicino tanto l'archeologia, ‘quanto e invece una ricerca sui significati della città,
delle mura e delle porte nei tempi biblici. Ricerca che purtroppo non è ancora stata compiuta, ma che sottolinea la connotazione sacra delle strutture urbane nella specifica area semito-occidentale. I termini precisi della questione restano peraltro ancora sfuggenti. Sempre per il territorio palestinese nel quadro
€ appartengono quindi alla tipologia fin qui considerata, già a HAZOR, nella città bassa, nel terzo strato e a differenza di quello anteriore, si trovano le cosiddette porte «a tenaglia», presenti anche nella città alta e
assegnabili grosso modo al periodo salomonico (fig. 174). Alla stessa epoca sono datate anche le porte famose di Mecippo (figg. 175 e 176) dalla morfologia che varia a seconda della loro stratificazione, ma che
in sostanza rimane fedele al tipo «a tenaglia» piü spe-
cificamente cananeo. Cosi come le porte di GEZER ricollegate sia a queste di Megiddo siaa quelle di Hazor
e anch'esse assegnabili all'età salomonica. In tutta Tarea cananea si viene, quindi, enucleando una individualità morfologica assai originale e stimolante, ma che induce ad accantonare se non a escludere questo territorio nel quadro di un’analisi circoscritta
a un tipo di porta diverso, anche se con nessi eviden-
dalla cultura cananea, un elemento ulteriore di diso-
ti di parentela 28.
rientamento è costituito dalla morfologia delle porte
Se, ritornando al Neolitico, l'indagine si sposta a un’altra area di cultura, i termini del «problema delle origini» non sembrano acquisire chiarimenti ulteriori. Valga per tutti il caso di CATAL HOYUK: la cit-
urbane, così peculiare e tipica di questa zona. Se all’inizio del III millennio a TELL EL FAR^AH torri
quadrate aggettanti difendono un passaggio semplice,
133
Laddove poi, e sempre nell'area anatolica, una specie di baluardo difensivo sembra esistere come a HaciLAR (5700-4750 circa a.C.), non è chiaro in che modo gli eventuali ingressi si rapportino a un singolare pseudo-circuito 8.
jo. NN pMAMMMNMME Fig. 175 - Megiddo, planimetria delle porte.
tà dell’ANATOLIA a una cinquantina di chilometri a
La «più antica città fortificata del Vicino Oriente sembra essere stata AL"UBAYD» (circa 4000-3500 a.C.), almeno per quanto viene ribadito di recente da Elvira Finelli. Anche spostandosi così.verso il TERRI TORIO MESOPOTAMICO dell'odierno Iran, dove appunto al"Ubayd è tornata alla luce, le notizie sono scarse e non consentono illazioni ulteriori 9. Il «problema delle origini», dunque, non può essere chiarito neppure per il territorio della mezzaluna fertile, per lo meno nella sua accezione relativa a localizzare e a definire cronologicamente e con certezza la nascita della porta urbana e dei suoi significati. Nel proseguire a ripercorrere per sommi capi la storia dei contenuti relativi agli ingressi monumentali della città, si approda a URUK, un centro che sembra rispondere a tutti i requisiti del modello urbano. L'esplorazione sul terreno di R.C. Adams ha dimostrato ampiamente l'importanza e la vitalità dei primi aggregati su quel territorio già nella seconda metà del IV millennio, mentre le ricerche di altri studiosi — e fra questi va ricordato V. Childe — vertono sull'annoso problema del passaggio dalla struttura dei villaggi di "Ubayd al fiorire urbano di Uruk, città che — come osserva il Matthiae — «deve aver assunto una funzione di stimoloe di modello» 30, In questa sede interessa rilevare soprattutto che le maestose e possenti mura di Uruk — in buona parte restituite dall'archeologia e assegnate al 2700 a.C. circa — sono state erette, secondo la tradizione, dall'eroe della città, Gilgames. Nella tavola prima del poema omonimo così si legge: «Ho fatto fare il muro di Uruk dai recinti
Sud Est di Konya, di cui si sono portati alla luce circa
al santo Eanna del santuario puro: ‘guarda il suo muro, che è fatto come di bronzo,
una dozzina e più di livelli, dal 6800 al 5700 circa a.C. e forse anche anteriori. Come è agevole verificare dalle ricostruzioni (figg. 180 e 181) l'ingresso alle
tocca la sua soglia, che è là da tempi antichissimi, avvicinati ad Eanna, la sede d'IStar, che nessun re posteriore, nessun uomo ne farà una eguale,
case, «l'elemento di progettazione che più colpisce [è] posto costantemente a livello delle coperture e impone l'assenza di percorsi ur bani». Mancano quindi le cinte murarie e per deduzione i loro valichi??, 134
‘osserva i suoi rilievi, cui nessun (lavoro) eguaglia,
sali sopra il muro che gira attorno ad Uruk, E al termine della sua epopea, GilgameX stesso mostra con orgoglio gli spalti della sua città «al marinaio Ursanabi» dicendo: ‘esamina la (sua) base, i (suoi) mattoni osserva!»
«Sali, Urlanabi, sopra il muro che gira attorno ad Uruk
Fig. 176 - Megiddo, x mura.
Fig. 177 - Sagqära, complesso funerario di Dcset, mura e porta (v. cui nota 26) 135
Fig. 178 - Parigi, sarcofago del Louvre (v. qui nota 26). esamina la (sua) base, i (suoi) mattoni osserva, se i suoi mattoni [non sono mattoni cotti,
© le sue fondamenta non sono gettate in sette strati».
Le mura, dunque, sono descritte nella loro realtà fisica e sono partecipi di una connotazione cultica anche se indiretta, perché edificate dall'eroe e perché rapportabili al «santo Eanna», il «famoso tempio maggiore della città». Il santuario, rinvenuto sul terreno e assegnato a un «periodo preistorico», fu dimora della «triade del pantheon di Uruk» e quindi sede anche di Rtar, «la dea dell'amore e della guerra presso i Babilonesi e gli Assiri», «ma anche divinità della fecondità». Gli ingressi urbani non sono invece particolarmente menzionati nel poema di Gilgamed, mentre la porta strictu sensu è ritenuta talora un essere animato, così come risulta dal dialogo fra Enkidu, il compagno e amico di GilgameS, e la «porta della selva», nella tavola quarta: «Enkidu levò i suoi occhi... colla porta discorre come un uomo...» 31.
Fig. 179 - Karnak, geroglifico (v. qui nota 26). 136
Dalla seconda metà del III millennio, l'integrità delle mura è comunque simbolo d'indipendenza poli-
Fig. 180 - Catal Hôyük, planimetria.
Fig. 181 - Catal Höyük, assonometria delle coperture
del livello 137
tica ed è il loro abbattimento «che definisce nella realtà la degradazione della funzione cittadina». Le parole con le quali la tradizione ha consegnato il drammatico crollo della città di Ur, nel paese di Sumer a chiusura del Bronzo Medio (1600 a.C. circa), non sono prive di eloquenza: «. . Squarciate furono le sue mura; il popolo gemeva. Nelle sue porte maestose, dove si usava passeggiare, giacevano
[dappertutto cadaveri Nei suoi viali, dove si celebravano le feste, essi giacevano Sparsi. La cinta fortificata della città protodinastica «sembra aver costituito il segno visibile ed esplicito della conformazione urbana nel suo maturo sviluppo» le formule relative alle cronologie dei sovrani ricordano di frequente la data in cui furono costruite le mura 32,
Dal Il millennio a.C. le porte di città si definiscono in maniera sempre piü puntuale anche a livello di morfologia e acquistano una monumentalità fastosa che sigla in definitiva loro significati 2. Significati di ascendenza arcaica che ormai si affermano in una prospettiva dilatata, che sono eletti a simbolo di determinati valori e di determinate situazioni e che, in ultima analisi, si identificano in toto con una città ormai cifrata con moduli uniformi. All'interno di questa città che si colloca stabilmente come centro del mondo e quindi come ombelico del cosmo, all’interno della città-stato la cui fissità è «in qualche modo una garanzia del ruotare del cielo attorno ad essa», le porte fruiscono della medesima valenza cosmica del'agglomerato urbano e tale peculiarità è connessa di solito all'ubicazione coincidente con i punti cardinali Riesce agevole capire allora come le cosmogonie — cioè «le metafisiche che si configurano come scienza 'vera'» — siano apparse in concomitanza con «l'erezione dei bastoni, 'architetura monumentale, la scrittura, le norme penali il prestito a garanzia» 9.
Come il concetto di onfalo, così pure quello di «confine», che è il secondo concetto di base relativo alla cit à, è anch'esso inscindibile dalle porte. Nella sua duplice accezione di
«confine più immediato e più pesantemente materializzato» (legiil perimetro murario) e di «confine estremo del mondo che è dato dal'orizzonte»
il concetto è implicito e immanente nella sacralità della soglia. Questa, inscindibile nella sua unità di contenuti, separa il mondo interno, ordinato, conosciuto della città, dal mondo esterno, caotico, ignorato, ex138
traurbano. I luoghi, dunque, vengono dotati di una pregnañza di alto grado semantico e tendono «ad assicurare una corrispondenza sostanziale tra microco-
smo e macrocosmo» 5.
Il simbolismo cosmico delle porte emerge in tutta la sua evidenza grandiosa dalla considerazione del
ruolo che esse svolgono nella ZIQQURAT sia sul piano
dei contenuti che su quello del rituale nonché su quello della morfologia. La torre templare mesopotamica, che prende il nome da zagaru (essere isolato), è attestata come fabbrica architettonica già dalla fine del IN millennio.
Mattoni inscritti provenienti dalla ziggurar di
A-ZEMBIL — costruzione elamita i cui ruderi si
elevano ancora oggi per una altezza di circa 25 metri presso i monti Zagros, ai confini della pianura iranica — attestano ché il tempio superiore è la casa del dio. La porta, costruita con una grandiosità che mantiene tuttora la sua suggestione imponente, almeno nei ruderi pervenuti a partire dal piano di calpestio, si configura come un varco ad ambiente celeste. Presso una porta della ziqqurat, quella del tempio inferiore, si svolgevano — come è risaputo — ri tuali di offerte e di libagioni, protagonista la coppia reale: di tali cerimonie è data notizia precisa in tavo-
lette pervenute dal santuario di URUK.
La costruzione della famosa zigqurat di UrNammu, il re della III dinastia di Ur (XXII-XXI secolo a.C.) (figg. 182 e 183), fu un avvenimento che
meritò di essere immortalato da un racconto in parte
con figure e in parte con iscrizioni in un testo litico di cui rimangono alcune scene. La ziqqurat della città di
Uruk, inoltre, propone fra le sue strutture una serie di ingressi monumentali, articolati con tale duttilità
che non possono non essere collegabili a rituali specifici e più in generale all'indubbia funzione sacra del
monumento 3.
E significativo inoltre che la morfologia di tutte.
queste porte sia pressoché costante e sia di massima
interdipendente rispetto a quelle delle porte urbane e a quelle dei palazzi fortificati. Tali strutture sono i fatti realtà di ordine simbolico e a volte anche co e rappresentano i nodi strategici di una maglia ur-
bana fortemente unitaria nei contenuti. L'intrinseca
unità di questi segnali & soprattutto evidente se si pensa alla regalità intesa come istituzione essenziale del corretto funzionamento dell'universo, all'ufficio cultuale del re-vicario del dio, alla cerimonia dell’investitura del trono svolta all'inizio dell'anno e conce-
Fig. 182 - Uruk, zigqurat di Ur-Nammu, stato attuale.
pita come un «rito di passaggio» e segnatamente al fatto che non € possibile «separer d'une maniére nette et claire un pouvoir séculier et un pouvoir spirituel». Che il tempio a sua volta, nel suo successivo sviluppo «assuma funzioni di centro di vita politica ed
economica» è un fatto chiarito: all'interno delle sue strutturei locali per i magazzini di derrate alimentari sono una delle testimonianze archeologiche incontrovertibili. Se, infine, si considera che la città si riconosce in
30 — 42
©
— €
Fig. 183 - Uruk, ziaqurat di Ur-Nammu, ricostruzione. 139
quel significato cosmico che è stato fin qui perseguito, che essa è stata a suo tempo definita la «citétemple» e quindi anche la «città-stato», non sembra rischioso proporre che l’analogia architettonica fra le porte degli edifici di rappresentanza sia l'indice di una loro analogia semantica #7.
A ISTSALÎ — una città del II millennio a.C. posta sulle rive del fiume Diyala presso il Tigri nell'odierno Iraq — un unico modello iconografico di porta & ripetuto con una sistematicità che non può essere attribuita al caso. a A KHonsAbAD — l'antica Dar Sarrukin, la capitale a Nord di Ninive che Sargon II, «il vero re», si costruì fra il 713 e il 707 a.C. — le sette porte della città, quelle della cittadella (figg. 184-186) e quelle del palazzo reale sono costruite secondo uno stesso.modello. Ciascuna delle porte momimentali era fiancheggiata verso l'esternoda due torri, che a loro volta erano protette da un toro alato androcefalo, simbolo dei demoni benigni (lamassü). La costruzione più grandiosa restava comunque il palazzo reale, quello che una epigrafe celebre di Sargon definisce con orgoglio «palazzo senza pari». Tutta l'iscrizione risulta un proclama del valore della morfologia e dell'apparato figurativo delle porte: «. .
battenti di cipresso e d'acero rivestiti di lamine di bronzo lu-
cente . installai sulle porte» — vi i recita — «un portico progettato sul tipo del palazzo ittta .. eressi davanti alle loro porte. Otto leonia coppia del pesodi 4610 talenti, di bronzo lucente, lavorati secondo l'arte di Ninagal, colmi di splendore e quattro colonne di cedro eccezionalmente alte, ciascuna spessa un gar, di legno dell'Amano, che posi sopra ai leoni come pilastri a reggere l'architravature delle porte. Montoni elle alture, possenti divinità tutelari, con perizia trasi da immensi blocchi di pietra di monte e dii, con essi adorna le entrate...» 59 A livello di significati l’importanza e la funzione di tutela sacra e apotropaica delle porte emerge senza ombra di dubbio 49. Il testo di Sargon qui trascritto ricorda il «... palazzo hittita che nella lingua dell'Occidenteè chiama-
to bit hilani...; la menzione torna utile per cogliere
l'opportunità di introdurre retrospettivamente un riferimento architettonico di cronologia anteriore ma
opportuno in questa sede: quello relativo alle porte
urbane, dei templi e dei palazzi dell'AREA ANATOLICA, e al loro significato a partire dal II millennio a.C.. Va infatti ribadito che la prerogativa di tutela celeste denunciata dalle parole di Sargon II è il valore emergen-
te in assoluto e più accessibile che le porte hittite tra-
smettono accanto a una funzione difensiva curata
con avvertenza particolare e a un significato magico più scoperto.
Fig. 184 - Khorsabad, mura, ricostruzione. 140
L'esemplificazione storica promossa dalla città di HATTUSA, della quale restano le rovine presso l'odierna Bogazkoy, è assai indicativa in questa direzione. Fra i Regni indipendenti dell’area hittita, nel XVII secolo a.C. sale alla ribalta quello di Hattusa, «...dotato di originali tradizioni culturali e di ambiziosi progetti politici...»
La città omonima, capitale del Regno fino alla sua distruzione avvenuta attorno al 1200 a.C., si era dilatata verso il XIV secolo a.C. in direzione Sud-Ovest della cittadella fortemente munita e nucleo originario dell'insediamento (figg. 187-189). Nel suo ampliarsi l’agglomerato sfruttava i livelli accidentati del terreno e dava così origine a un tipo urbano nuovo, ossia a una cit à dalla dimensione spaziale insolita per la sua misura su scala territoriale che eccede criteri e quote fisiche comuni alle altre superfici cittadine. Si è inoltre osservato che gli hittiti erano
«legati alla pietra, ai siti montuosi e rocciosi per profonde cre. denze religiose» e che di conseguenza realizzavano «..un'archi
Bee
s,
Fig. 185 - Khorsabad, porte della cittadella. tettura veramente eccezionale dove si avverte un fortissimo legame quasi magico con la pietra e la roccia...»
All'interno di questo quadro le porte si collocano come 'passaggi carichi di pregnanza sacra, difensiva
Fig. 186 - Khorsabad, tempio, ricostruzione del portale Z, disegno di M.C. Cigolini
ne Cien 141
€ apotropaica visualizzata sul piano monumentale dalle figurazioni litiche. Leoni in calcare dalle fauci spalancate con ferocia sono le protomi-guardiano della porta occidentale della cinta superiore (figg. 190 e 191); mentre sfingi in pietra proteggono e difendono l'ingresso Sud, da esse denominato Yerkapi.
«Le sculture non sono né indipendenti né incorporate alle porte, ma sono o integrante delfarchitettura, in quanto sono state scolpite in possenti piedritti che fiancheggiano il passaggio... «. Se l'ispirazione può essere egizia o mesopotamica — è stato inoltre ribadito — la realizzazione si sviluppa con notevole autonomia, come dimostrano in specie i musi accurati ed espressivi, di un realismo tutto proprio».
ta stessa e coloro che la varcano». Dal 1968 il rilievo è conservato nel museo archeologico di Ankara, es-
sendo stato sostituito da una copia tuttora in loco a
Bofazkóy. La porta con il suo rilievo è stata attribuita al 1300-1200 a.C. e il litostrato è stato ritenuto l'emblema dell'autonomia dello
«stile anatolico, caratterizzato da una plastica del tutto inusuale nel rilievo del Vicino Oriente antico e che nei caratteri somatici presenta una tipica impronta locale». La connotazione simbolica delle porte hittite, re-
sa evidente con tanta puntualità dal loro apparato
iconico, si configura come una tradizione costante che a Hattusa resiste oltre la caduta del grande Impero. Ne è una prova certa il famoso complesso scultoreò con dea e due musicanti, oggi nel museo archeologico di Ankara (fig. 195), assegnato dal Bittel al tar-
do VII secolo o al primo VI a.C. Il gruppo faceva par-
te di un ingresso monumentale di Büyükkale (l'agglomerato a mezza costa della città di Hattusa), un edificio ricostruito in periodo frigio, ed era posto esatta
mente dove fu rinvenuto, in una nicchia «nel primo cortile della porta a sud est». II suo significato più ‘ampio si ricollega al culto della fertilità e in senso più stretto a quello di Cibele, divinità che nella Cappadocia Nord-occidentale, nel territorio colonizzato dai frigi, era venerata con una devozione diffusamente estesa. La dea stessa, comunque, doveva essere una protettrice della città,
«contribuendo— come afferma Kurt Bittel — ...da parte sua effettivamente alla protezione della porta e anche delle mura e delle torri. Sempre in ambiente hittita, inoltre, sia i miti che i rituali confermano la simbologia delle porte fin qui
illustrata dai documenti figurativi. Già nella tradizione hatti il racconto della luna che cade dal cielo, legFig. 187 - Hattuka, rilievo. Di particolare interesse è la terza porta del circuito superiore, quella orientale, denominata un tem-
po e in modo erroneo «porta del re» (fig . 192-194) In effetti, gli ultimi aggiornamenti critici sostengono
che il «... mirabile rilievo scolpito su di una faccia interna dei grandi stipiti centinati..», raffigurante un’immagine maschile con «una piccola accetta» e «una corta spada», non rappresenti l'effigie di un re,
bensì quella di «un dio incaricato di proteggere la por142
germente diverso nella versione hittita, contempla una divinità che dal firmamento precipita sul probabile edificio di una porta; nel mito di Y/luyanka, il dio
della tempesta, nel corso delle sue ricerche per rintracciare suo figlio Tellipinu rompe con un martello i chiodi sulla porta della città. Benché non sia in grado di seguire in parallelo la logica di queste leggende,
sembra lecito tuttavia affermare che nell'azione sacra le porte conservano un loro spazio preciso, anche se forse non é consentito finora di cogliere tutto lo spessore del loro significato.
Di interesse più stimolante ancora è l'ampia documentazione pervenuta circa i rituali, riferiti per la ‘maggior parte agli ingressi.
Fig. 188 - Hattuka, mura e porte, ricostruzione.
y, a
ae “
Fig. 189 - Hattusa, cinta muraria, ricostruzione. 143
Ana
Fig. 191 - Battufa, porta dei leoni, ricostruzione.
E
Fig. 192 - Hattuëa, porta cosiddetta del Re, pianta.
193 - Hattuka, porta cosiddetta del Re,
145
Fig. 194 - Battuda, porta cosiddetta del Re, stato odierno (1982).
«Nel mondo anatolico del II millennio — osserva Gian Franco Dalmonte in un suo articolo del 1973 — c'era la concezione dell'uomo, partecipe ed influenzato da due dimensioni opposte, una pura, celeste, ed una impura, sotterranea». Fra le due dimensioni si possono aprire dei valichi
«attraverso i quali le essenze sotterranee passano alla dimensione superioreed inficiano l'esistenza dell'individuo». E perciò impor. tante il problema, attestato nei rituali, «che queste essenze trovino vie di passaggio e che esista la possibilità di ricacciarle nella oro sede». Le «aperture furono spesso concepite come porte che, come le porte umane, potevano essere aperte o chiuse... Di qui la cura che in molti rituali è posta nel ‘chiudere’ con operazioni ma: giche le porte». «La porta è... la rappresentazione più immediata di quella apertura attraverso la quale due mondi fra sé incon bili possono venire a contatto... e... rti di protezione agli ingressi sono frequenti nelle cerimonie per la costruzioneo ricostruzione di edifici» 41
Fra le testimonianze pervenute merita una cita-
zione di spicco un rituale di Bofazkóy (KUB II 2, III 48 e ss.) da eseguirsi «all'atto della posa del chiavistel146
lo alla porta del palazzo»; in esso si legge uno scongiuro (CTH 725) di un'importanza per noi tanto spe-
cifica da dover essere ricordato più volte nel corso
delle prossime pagine. La formula in questione, reci-
ta: atti il re, prese gli utensili, i prese su e li mise sul legno del chi vistello: lasci entrare il bene, non lasci entrare il male: Sulinkat il re, è dentrob.
«Il male non entri, un uomo malvagio non entri nella casa! SulinUna ultima considerazione intende chiudere questo breve excursus sulla civiltà hittita. Ancora
una coppia di protomi di sfinge in ardesite, assegnate
non univocamente al XIV secolo a.C., sigla la famosa porta delle sfingi di ALACA-HOYUK (figg. 196 e 197), città che dista solo 25 km dalla capitale Hattusa. La porta venne alla luce nel corso degli scavi di Theodor Macridi-Bey che nel 1908 ne pubblicò un'edizione critica. Anche qui il rituale deve svolgere un ruolo
preponderante se si considera che «. . non si tratta di una porta di cinta esterna» della città, bensì di
«... accesso monumentale ad uno spazio il cui centro geometrico era occupato da un santuario dedicato fra gl dio della tem pesta del cielo e il corteo di una processione sacrificale sembra in suo onore», Al di là di una esegesi più approfondita, colpisce nella
porta delle sfingi di Alaca la morfologia che in sostanza si articola analogamente a quella delle porte della città stessa (fig. 198), nonché le sue strutture tipologicamente assai simili ai valichi urbani monumentali della Mesopotamia e dell'Anatolia in genere. Per concludere, il significato colto nel suo assieme conferma — se ancora fosse stato necessario — l'attualità religiosa della soglia e il valore iconico di certe immagini archetipe #2.
di BALAWAT. I rilievi delle famose porte di re Salmanassar III — rinvenuti in un palazzo di campagna presso la città assira di Nimrud e assegnati dall'858 all’848 a.C. — celebrano le vittoriose campagne militari del re (figg. 199 e 200). Le città dei nemici sottomessi sono tutte indicate con le mura e le porte urbane (figg. 201-203) e soltanto alcuni accorgimenti grafici specificano un particolare interesse per l'ubicazione nei riguardi delle montagne, delle colline e del mare 43. Nel contesto di questa panoramica, tesa a un inventario di massima dei significati storici degli ingressi urbani, si deve una menzione al riconoscimen-
to della porta quale luogo deputato all'esercizio della
legge e della giustizia. L'esemplificazione nella fattispecie è di dominio comune e non resta che sottoli-
Ho già accennato alla metonimia fra l'ingresso e la città, ossia a come la rappresentazione della porta possa sostituire l'immagine del centro urbano, ma documenti ulteriori in proposito aiutano a penetrare più a fondo nella specificità e nello spessore di questo procedimento mentale. Sul piano letterario è opportuno
ricorrere alla
documentazione biblica, che per tale sineddoche è assai cospicua e della quale ricordo il brano neotestamentario di Giovanni, 10, per l'esemplarità del concetto. Sul piano figurativo, invece, è opportuno rifarsi alle immagini di città così frequenti nel Vicino Oriente antico, in rilievi in cui tali effigi sono in specifico connotate di sacro per il valore della loro collocazione. Il rilievo parietale di Assurbanipal da NinIve, di periodo neoassiro e oggi custodito nel British Museum rappresenta il saccheggio della città nemica; questa vi è ritratta nei suoi elementi caratterizzanti, le mura e la porta urbana. Sempre nel periodo neoassiro, i rilievi di Sargon Il a KHORSABAD, tramandati da P.E. Botta, ripropongono la stessa convenzione figurativa che una volta di più specifica il contenuto emblematico delle porte urbane. Contenuto per cui le parole dello stesso re suonano quale aulico commento: «Grandi lastre di calcare, su cui scolpii le città nemiche che le mie mani avevano conquistato, disposi come rivestimento delle mura. interne; ne feci oggetto di ammirazione. Rilievi con le città delle terre nemiche che avevo conquistato con la potenza di Assur, mio signore, dall'inizio alla fine, usai come decorazione di questi
palazzi, grazie all'arte dello scultore...».
Infine l'esempio più éclatant rimane forse quello
Fig. 195 - Ankara, museo, statua di dea. 147
Fig. 197 - Alaca-Hoyük, porta delle sfingi, pianta. 148
neare la componente ‘sacra’ dell'effetto giuridico nel
mondo
arcaico
nonché
la costante
economico-
amministrativa del caso. Testimonianza preziosa per l’area della Palestina sono i ben noti passi biblici della Genesi 23, 10; di Rut 4, 1; del Salmo 127, 5, per citare alcuni fra i brani piü celebri. Per il territorio meso-
potamico, invece, rimändo al Parrot che ha ricostruito puntualmente il vissuto delle porte di Khorsabad e di Babilonia con una restituzione filologica altamente
istruttiva 4.
La menzione casuale di BABILONIA induce questo excursus al suo apice conclusivo, ché nella città — summa di tutti i significati, esempio limite che si. configura come storia esemplare — si può riconosce» re un episodio egemone per eccellenza. Passaggio obbligato di ogni itinerario di cultura, caposaldo per restituire la suggestione dell'immagine e della rosa dei
contenuti coinvolti in specifico in un repertorio monumentale, Babilonia riassume l'ampiezza tutta di un'epoca e acquista una evidenza storica di prospettiva più che millenaria. L'attualità permanente del suo nome Bab-ilu ossia «porta del dio» la consacra ‘archetipo” di un patrimonio genetico integrale e la legittima depositaria di quella forza evocativa che viene trasmessa nella continuità della sua immagine di città ‘sacra’. La fama di Babilonia, delle sue mura possenti, delle porte maestose, dei palazzi, dei templi e dei giardini, è investita nella storia di un ruolo specifico, di un peso culturale che si espleta da Erodoto a Giuseppe Flavio, dagli esegeti biblici ai pellegrini del Medioevo e oltre. «Grande capitale situata nel cuore della Mesopotamia sulle rive dell'Eufrate», la sua vita prospera nell'arco di circa 1800 anni (dal 2300 circa al 539
Fig. 198 - Alaca-Höyük, porta urbana. 149
Fig. 199 - Bronzi di Balawat, la città di Ninive.
a.C.) e il suo impianto urbanistico
«sviluppa alle estreme conseguenze quello di Ur» del IV millen nio a.C. La sua struttura «pianificata, che distende gli assi magiori ortogonali sulle direttrici delle porte urbiche» è stata ritenuta un «modello strutturalmente perfetto». «Con esso nasce non solo la città, ma la cità-capitae, la metropoli: clementi di questa. struttura spaziale si troveranno consciamente 0 inconsciamente recepiti anche a distanza di millenni, in varie capitali». «Tutta la città traduce la concezione cosmologica babilonese» e la sua struttura è pianificata entro la doppia cinta di mura colossali — delle quali l'edizione pervenuta è
per ampia parte del VII secolo a.C. — sulla direttrice delle otto grandi porte monumentali. Di queste, quattro 150
sono state recuperate dall’archeologia che ha inoltre chiarito come la porta sia sempre nella zona della città dovesi trova il tempio relativo alla stessa divinità a cui'é consacrata la porta. Quella Nord, della dea Istar, è la più famosa in assoluto per la monumentali: tà possente, la complessità dell apparato difensivo e soprattutto per il valore della ubicazione che va ben oltre il ruolo funzionale. Si tratta di una porta doppia (figg. 204-206) in quanto attraversava le mura, fiancheggiata da due torri avanzate e da vani che si aprivano all'inferno delle mura stesse e che servivano da corpo di guardia; la porta principale era fian-
A Tr
Bun
i |]
tue
= B.
Em
LOL T rc
queen ji
m
ile
n
j|
I!
EN
nu Han p Fig. 201 - Bronzi di Balawät, diversi tipi di porte.
D ^ mer
Fig. 202 - Bronzi di Balawät, rilievo con port. cheggiata da due porte minori che servivano da porte secondarie... Sotto la porta di [Star — di cui rimangono in situ resti imponenti (figg. 207 e 208) e di cui si conserva una ricostruzione nello Staatlische Museum di Berlino (fig.
209) — passava la strada processionale Ai-iburSabü che conduceva al famoso tempio bit akitu, eretto fuori le mura. La porta veniva cosi a far parte di un complesso architettonico che trovava la sua coesione nella liturgia della festa più importante del mondo mesopotamico: l'akitu, cioè il capodanno babilonese, che
ogni primavera veniva commemorato per dodici giorni. Centoventi leoni fiancheggiavano quella che è stata definita «la prima strada monumentale della sto-
ria» e centosettantacinque draghi e tori e leoni —
Fig. 203 - Bronzi di Balawat, porta di Karkemis. 152
simboli rispettivamente di Marduk, di Adad, dio dell'uragano e di IStar — codificano l'investitura sacrale della porta, che nella ricorrenza di ogni anno si configurava come uno spazio sacro in cui si svolgevano cerimonie di sontuose ierofanie. Questo rito — che come tutti espletava una forte coesione sociale — rinnovava gli eventi cosmici, e la «dimensione mitica in cui era proiettato l’inizio dell’anno nuovo era assi-
|
Fig. 204 - Babilonia, porta di Itar, ricostruzione.
Fig. 205 - Babilonia, porta di Istar, ricostruzione.
curata dalla lettura effettuata da un sacerdote dell’ Entma eli»(ossia quando sopra), poema così denominato dal suo incipit. «L'epos era inteso per essere recitato» e la sua figura di centro era Marduk, il dio di Babilonia, consacrata città santa perché sede del suo culto. Marduk, dopo la vittoria sul caos primordiale impersonato da Tiamat, si dedica all'organizzazione interna del territorio e dopo aver elaborato un calendario e svolto altre importanti opere «...su due versanti del cielo, dove il sole spunta al mattino e dove si allontana la sera... costruisce porte, sprangandole con possenti catenacci..».
In questo gesto del ciclo creativo afferente al cosmo
la carica sacrale delle porte viene suggellata ab aeterno e si espleta in una immagine dalla vivida rappresentatività. Tutte le istanze dei contenuti delle porte si riconoscono dunque in modo macroscopico a Babilonia,
città che diventa a ragione un riferimento d'obbligo e immagine esplicativa di tutti i segni commemoranti la «città-stato-ieratica».
Che i contenuti delle strutture architettoniche di
Babilonia — potente fattore d'individuazione e siste-
154
ma di simboli e di rappresentazioni — siano stati recepiti nel tempo si può documentare su due piani. In relazione alle morfologie l'attualità di Babilonia non conosce ombre e, per passare a tempi più prossimi a noi, è attestata dalle descrizioni dei pellegrini — e segnatamente-di quelli medievali — che percorrevano la Mesopotamia alla ricerca della biblica torre di Babele: quella del rabbino del XII secolo Beniamino di Tudela è una testimonianza ormai canonica, ma anche in seguito sono da ricordare Rauwolf, John Eldred, Pietro della Valle e molti altri Sul versante più in specifico dei significati, la città mantiene integra la forma evocativa della sua carica sacrale quando, nei testi biblici e soprattutto nelle loro esegesi, viene utilizzata quale insegna araldica, spesso di valore negativo. All'interno della patristica Babilonia è sempre presente nella polarità degli opposti e nella contrapposizione a un'altra ‘città santa’ per antonomasia:
Gerusalemme #5.
Al termine della ricerca tesa a individuare tempi, luoghi e ambienti nei quali i significati delle porte di città si sono fatti ‘storia’, è consentito affermare che i
contenuti delle porte urbane hanno origini remote, connesse alla loro accezione di limen, all'idea primordiale del rifugio e alla conquista umana dello spazio. Nel Vicino Oriente antico tali significati si calano in forme monumentali che diventano paradigmatiche e si codificano in immagine topica nell'ambiente della città-stato-ieratica, di cui Babilonia è l'espressione più
alta e compiuta.
Permangono tuttavia come inferenze suggerite ma non ancora sistematizzate alcuni quesiti, quali ad esempio: l'anno zero, le modalità dei processi creativi, i canali di trasmissione dei ‘modelli’ gli agenti dinamici e le peculiarità specifiche delle loro metamorfosi, i loro punti di concentrazione e le spinte genetiche che tracciano la ‘storia’ dell*archetipo' con il suo per-
corso. È questa la ragione per cui considero aperto il
Fig. 206 - Babilonia, porta di Istar, prospetto e pianta. 155
Fig. 203 - Babilonia, resti di mura presso la perta di Istar.
Fig. 209 - Berlino, porta di Istar ricostruita nel museo.
«problema delle origini», anche se ritengo che l'informazione qui trasmessa sia sufficiente per cogliere a suo tempo e nel suo divenire lo spessore dei contenuti peculiari di porta Soprana di sant Andrea.
dal cerimoniale dell’incoronazione che, per quanto
scarno e severo in questo specifico caso possa essere stato, celebra di per sé il potere dell’imperatore e
quindi la sua connotazione sacra.
In un simile contesto, illustrato anche da un'im-
3.3. Le rappresentazioni’ delle porte urbium et castro-
rum nel Tardoantico, la cristianizzazione degli ingressi urbani e le ‘porte sante’ dell'Apocalisse
Individuati gli estremi del problema delle origini, avvio ora una indagine successiva, determinata dal proseguire dell'analisi.
Nell'ambito della trasmissione dei contenuti dei valichi urbani una tappa di preciso valore è rappresentata dai castra permanenti di epoca romana 4. Più prossima nel tempo e più affine per cultura, tale svolta si era già imposta anche sul piano dell'esame morfologico quando aveva messo in risalto la figura dell'ingresso fortificato (v. qui il 2.2. e il 2.8., pas sim) #7. Portavoce di una vicenda critica in fase conclusiva, Vincenzo Strika ha ribadito:
«. è probabilmente nel forte romano che si viene a formare il "complesso glorificante dellImperatore..». E una totalità di valori che gli esperti hanno eviden-
ziato in direzioni diverse e in modo definitivo: dallo Schramm all'Alfóldi, dal Van der Meer al Grabar, dal Easchaud, al Christe, per citare studiosi noti e illu-
magine inequivocabile, è agevole intendere quanto la porta-castrorum nel suo aspetto di ingresso fortificato, condiviso dalla porta-urbium (v. qui il 2.8.), si con-
noti di quella polivalenza di significati fra i quali emergono la difesa e la sacralità-glorificante che si ritrovano nelle sue ‘filiazioni’ più o meno dirette o mediate del Medioevo. In parallelo all'iter qui tracciato, di necessità re-
so schematico, segnalo d'obbligo la scena ‘cultuale’ di Roma, città che da sempre si & dimostrata sensibile al «significato religioso del passaggio». Fra le devozioni, quella per Giano risulta ovviamente emblematica; fra i monumenti architettonici riemerge la già citata porta-triumphalis, fulcro della pompa e assieme glorificazione dell Urbs-caput mundi nonché della perso-
na dell'imperatore9. Qual'è e come si configura l'incidenza di questi stessi valori nella genesi del significato della porta ur-
bana in generale? Non si & in grado di vagliare tale
contributo, espletato peraltro in una morfologia di
porta del tutto estranea a quella con torri a lato, qui
in analisi o. N A proposito di quest'ultima rilevo che l'entità dei
stri#,
contenuti può essere valutata appieno attraverso le sue ‘raffigurazioni’. Si tenga anzitutto presente quan-
interpretare, oltre che come strumento di esclusiva
to la ‘rappresentazione’ sia per sé carica di valenze sacralizzanti e quanto all’interno di un mondo tardoan-
Secondo numerosi autori il limes romano è da
difesa, anche come «fatto intimidatorio» e in ultima ‘analisi immagine della conquista. Ne consegue che la porta-castrorum condivide un analogo carattere glorificante, appartenendo a questo mondo della guerra. La celebre medaglia coniata in ricordo dell’apoteosi di Claudio in un campo pretorio nel 41 d.C., così come raccontano Svetonio e Cassio Dione, è un esempio comunemente noto e fortemente indicativo
(fig. 210a). La rappresentazione del campo pretorio e delle sue porte — peraltro di morfologia non ben leg-
gibile — vuole indicare il luogo fisico dove avvenne la cerimonia, ma si configura anche come indice di un
luogo memoria, di un luogo commemorato, in una parola come immagine di un luogo-emblema dell'investitura imperiale. E ciò a dispetto dell'imperatore
stesso, tanto avverso come si sa agli onori — Claudio
non volle essere ritenuto dio — ma tuttavia vincolato 158
tico, inteso come prefigurazione di quello medievale,
la messa in immagini assurgaa un indice-limite di emblematicità. Ricard Krautheimer ha dimostrato già
da tempo e in modo esemplare la meccanica della «rappresentazione» iconografica nel Medioevo, che si espleta in una singolare forma di mimesis, in una
‘copia’ connotata dai dati salienti del prototipo architettonico, organizzati in una logica che ne privilegia il significato simbolico. Un «selective-transfer» presiede alla strategia del rappresentare la pars pro toto, di-
sintegrando il modello nei suoi singoli elementi più ‘rappresentativi’ e più ‘rappresentabili’ 50, La porta è uno di questi elementi e fra i più comunemente ‘co-
piati' nel quadro di una logica metonimica, di cui già si è dato cenno (v. qui il 3.2.). La sua valenza attinge allora a un grado semantico particolarmente intenso, che polarizza tutti i suoi contenuti.
OW. b) medaglia di Magonza
Fig. 210 - Medaglie con porta castrorum 159
Se poi si considera quanto la porta fortificata sia
privilegiata nelle figurazioni sulle monete, che con le medaglie «commemorano sempre qualcosa» — come da un'acuta osservazione di T.L. Donaldson — il valore simbolico della porta-urbium et castrorum emerge in tutta la sua evidenza e in tutto il suo spessore51. La numismatica tetrarchica è particolarmente preziosa su questo registro: la concentrazione degli esempi fra Diocleziano e Massimiano (294-313 d.C.), evidente nella raccolta dello Sutherland, indica che è
questo il periodo in cui la porta fortificata viene ampiamente privilegiata e connessa all'encomio delle virtù militari come viene attestato inoltre dalle diver-
se legendae (fig. 211a).
Per l'età immediatamente successiva — cioè quella costantiniana — il catalogo del Bruun docu-
menta quanto l'ingresso monumentale al campo fortificato sia ancora in auge, pur configurandosi in modo piü complesso per alcune particolaritä iconografiche quali le cupolette sulle torri e la stella al centro
sopra il varco, dettagli che lo Smith ricollega alla più specifica celebrazione dell'imperatore nonché al simbolismo celeste della porta di città (fig. 211b). Con Valentiniano e Teodosio pare concludersi
questa stagione numismatica della porta-urbium et castrorum: soltanto due sono le monete del tipo in esame documentate dal Pearce, una dalla zecca di Treviri e una da quella di Salonicco (figg. 211c-d).
La porta del campo fortificato sembra appannaggio della numismatica occidentale: meno frequen-
te nella monetazione bizantina — come si può dedurre dalla raccolta Morrison — è invece recuperata nella monetazione carolingia come il corpus MorrisonGrunthal attesta con dovizia di esempi (fig. 211e). Un'ultima prova si desume dal fatto che ancora nella monetazione dei capetingi e fino a Luigi XII si rinviene traccia della porta fortificata e che questa immagine sembra stare alla radice della successiva trasformazione iconografica in castello, nella forma in cui questo predomina nelle monete dall’età feudale in poi (v. qui il 10.3.) (fig. 2119©.
In conclusione, gli esempi fin qui addotti confermano che il tipo della porta fortificata è quello che
gode di una diffusione più capillare perché l'immagine di tale edificio è privilegiata dalla numismatica tardo-antica, che lo ritrae connotato dalle due torri laterali e dal bugnato delle murature. Da parte sua,
inoltre, è questo il tipo che visualizza i contenuti delle porte con il più alto tasso di emblematicità. Le legen160
dae di questa monetazione illustrano il valore delle virtù militari insito nella porta fortificata, ma evidenziano anche l'immagine della città nella cui zecca le
monete sono state coniate; le iscrizioni segnano inol-
tre l'encomio dell'imperatore e della sua potenza53. Se le monete sono tanto indicative per l’analisi in
corso, lo sono in maniera ancor più vistosa le meda-
glie commemorative. È pur vero che accanto alla
porta-castrorum le medaglie privilegiano le porte più
propriamente cittadine o l'immagine di altri monu-
menti urbani particolarmente rappresentativi quali il tempio, il tabernacolo, l’altare, la tomba,la colonna votiva, l’arco votivo, trionfale e commemorativo, il ponte, il foro, la basilica, il macello, il ninfeo, le terme, lo stadio, il teatro, l'anfiteatro, il porto, il faro,
per seguire l'ordine dell'inventario del Donaldson.
Ma è altrettanto vero che la medaglia commemorati-
va comporta un sistema di rappresentazioni di spessore simbolico peculiare. La presenza della portacastrorum in un elenco che pur comprende altri momumenti é già per se stessa prova sufficiente per
quanto intendo dimostrare 54.
Un altro esempio assai noto e vistoso è tratto di
proposito dal mondo tetrarchico. È una medaglia, conservata nel Cabinet des Medailles alla Bibliothéque Nationale di Parigi, che esalta la maestà dell'im-
peratore attraverso la città di Magonza — campo militare — insistentemente connotata dall'iscrizione, dal ponte e dal fiume Reno, dalla cinta fortificata, dalle porte turrite dell'ingresso al castrum (fig. 210b). André Grabar ha dimostrato come si sia voluto esal-
tare «le thème de l'Empereur, protecteur des barbaTes» ed é quindi eloquente in tale contesto il ruolo visivo-semantico della porta fortificata.
Un secondo e ultimo esempio conclude questa
rassegna dimostrativa. Con un salto cronologico fino
all'età carolingia — che è di molto peso, come s'è visto, anche per la monetazione — ci si rapporta a una bolla plumbea degli anni 800/814, essa pure custodita nel Cabinet des Medailles. Sul recto della medaglia è rappresentato il ritratto di Carlo Magno, che una corona a banda liscia indica essere stato investito già
della carica imperiale; sul verso compare una porta di
ascendenza castrense (si vedano, oltre la morfologia specifica, le torri concluse dalle cupolette, nonché il
bugnato delle murature) qualificata come «Roma»
dalla scritta sottostante e dall'iscrizione «Renovatio
Roman. imp.» che si può sciogliere in «rinnovamento
dell'Impero romano» (fig. 2100) 55. Che la città sia
a) monete di età tetrarchica
©) moneta della zecca di Treviri
1) moneta di Luigi XII
Fig. 211 - Monete con porta castrorum. 161
identificata con una sua generica e pur emblematica
porta & di facile lettura; che Roma glorifichi l'imperatore in quanto la città é sede fisica della sua incorona-
zione & visualizzato dal rapporto con il recto della medaglia; che, infine; questa sede sia stata scelta per la carica carismatica della Roma imperiale è di dominio
comune; e che nel nostro caso si tratti appunto della Roma che raccoglie e cristallizza i suoi contenuti di
caput mundi è implicito nella legenda. Il recupero delle connotazioni, l'iter delle quali ho inseguito già a partire da Claudio in poi, totale e comprensivo del dato morfologico, ma un segno iconografico inedito arricchisce di un nuovo tratto semantico questa rivisitazione. Mi riferisco alla presenza della croce che si erge al culmine della porta, chiaramente allusiva alla cristianizzazione dell'Impero, alla sua codifica di «sa-
cro romano Impero».
Attraverso questa immagine commemorativa è
stesso non solo visualizzando il suo concetto di “porta-baluardo di santità”, ma anche evidenziando il recupero dell'arte trionfale romana e tardoromana, costante tipica dell'impronta aulica promossa da Ambrogio (figg. 212 e 213). Una peculiarità ulteriore connota il sarcofago che, per la complessità e la logica dei contenuti, per la qualità dello stile e per la unicità di una invenzione irrepetibile, si configura come la punta di diamante dei sarcofagi di epoca teodosiana: quella apocalittica, già a suo tempo ravvisata dal Gerke e da poco ribadita dal Christe 0. È innegabile che l'iconografia apocalittica si configuri come una tappa d'obbligo nel processo di cristianizzazione delle porte urbane, nel visualizzare i loro contenuti cristianizzati e nell'arricchirli di connotazioni sacrali inedite. L'Apocalisse o Rivelazione, un testo oggi di piena attualità: se il suo messaggio «fosse conosciuto nel mondo tanto quanto il foot-ball — è stato scritto
T Apocalisse raccoglierebbe enormi successi di vent ta». Tanta fortuna si riflette anche nel mondo degli do particolarmente esaustivo a due livelli: urbanistico studi e il rinnovato interesse è documentabile dall'ave figurativo. vicendarsi di lavori recenti e recentissimi. Fra i proOperazione principe sul versante topografico è blemi inediti o rivisitati in questo clima tralascio volu. quella compiuta da Ambrogio a Milano nell'ultimo tamente i pur stimolanti quesiti sull'età e composiziotrentennio circa del IV secolo d.C., quando, eletto vene del testo, sul suo autore e i rapporti con il Vangelo scovo, consacra «baluardo di santità» il circuito di di Giovanni o con gli altri Vangeli canonici, per sofmaturato il tema della cristianizzazione delle porte di
città. Tale fenomeno può essere documentato in mo-
mura milanesi e lo sigla con la costruzione delle quat-
tro basiliche presso i quattro ingressi urbani più monumentali e prestigiosi, in direzione delle direttrici
viarie di maggiore importanza connesse ai quattro
punti cardinali. La cristianizzazione del connotato cosmico delle porte urbane è evidente assieme con il
«proiettarsi di una nuova struttura simbolica nello spazio ideal. mente percepito della nuova città.»
Il portato di questa novità è già stato chiarito da Mi-
chelangelo Cagiano de Azevedo, e tale innovazione si configura come un precedente in ordine di tempo alla cristianizzazione delle porte che il codice giustinianeo
statuiva quale realtà istituzionale. Dopo Milano gli attestati a livello di monumento non mancano e fra essi privilegio le porte di Le Mans e di Fulda per la lo.
fermarmi segnatamente su spunti utili allo sviluppo
futuro della ricerca. Il rapporto con l'apocalittica anteriore & uno fra questi. Sottolineo con il Peron quanto il simbolismo apocalittico sia «caratterizzato dal reimpiego massiccio di immagini tradizionali»; rilevo — sempre con lo stesso autore — come alla base di certe immagini di Giovanni siano testi di Daniele e segnalo che
«gli avvenimenti futuri sono descritti
in un linguaggio modellato
sulla tradizione biblica»,
tributario di Geremia, Isaia, Ezechiele e Daniele fra gli altri. Con Eugenio Corsini voglio ricordare che «dei molti testi del profetismo apocalittico giudaico... solo il libro di Daniele viene incluso nel canone dei libri sacri...»
città”, oggi nel sant’ Ambrogio di Milano, si colloca in-
e, ancora con lui, giustifico l'importanza e la diffusione della profezia di Daniele con il fatto che questa risulta più specifica e circostanziata di altre. Vetro fra non molto all’utilizzazione di tali dati e sempre in questa prospettiva raccolgo il settore della recente ermeneutica corsiniana che tende a una lettura unitaria del testo apocalittico, dopo averne docu-
fatti a sigillo dell'intervento urbanistico di Ambrogio
mentato
ro esemplarità.
Sul versante figurativo è ancora all'ambiente
‘ambrosiano che è necessario riferirsi non tanto per una priorità cronologica discussa quanto per un rilievo culturale specifico. Il famoso sarcofago ‘a porte di
162
la lucida
struttura
settenaria
intessuta
di
Fig. 212 - Milano, sarcofago cosiddetto di Ambrogio (calco) richiami e di rispondenze interne 5”. È appunto nel quadro di una tale struttura che voglio verificare quali sono le città che fruiscono di uno specifico credito nell'ambito delle citazioni apocalittiche. Le prime città menzionate sono incluse nel settenario iniziale, quello delle lettere alle rispettive chiese che, nell'ordine, sono: Efeso, Smirne, Pergamo, Tiati-
ra, Sardi, Filadelfia, Laodicea. Accanto a queste città, Babilonia è nominata con una certa insistenza fino all’avvento della sua distruzione e, indirettamente, anche dopo; Roma non compare mai in esplicito e se-
AI di là di tali caratteri, interessa piuttosto il si-
gnificato che i riferimenti acquistano nel testo e come si collocano le porte delle singole città nominate
all'interno di questi contenuti. Le città destinatarie delle lettere sono chiara-
mente allusive alla Chiesa dell'Asia Minore, ma —
sull’autorità del Corsini — non simboleggiano questa
sola, bensì la Chiesa tutta, intesa quale realtà prefigurata, secondo anche quell’«interpretazione profetica» che tanto favore godè in età patristica (Ticonio inse-
condo una lettura recente non viene neppure adom-
gni), nel corso del Medioevo e ancora durante la Controriforma.
brata in alcun simbolo, mentre Gerusalemme detiene in assoluto il primato in fatto di frequenza e importanza di menzioni 88.
gita. Nella VI lettera, quella a Filadelfia, i valichi sono nominati espressamente anche se fugacementee il
Nel testo le porte sono menzionate solo di sfug-
163
loro assimilarsi a una più generale prefigurazione della Gerusalemme celeste li fa intendere carichi di quello stesso significato simbolico che apparirà ‘rivelato' nella Gerusalemme Nuova. Sempre nella VI lettera, «la concentrazione delle immagini indicanti edificio, costruzione, ‘chiave, porta, colonna del tempio, città di Dio e Gerusalemme celeste» è stata considerata un «richiamo addirittura letterale alla descrizione della Nuova Gerusalemme dell'ultima sezione»,
con cui i nessi sono numerosi ed espliciti. Si tratta di un procedimento riconosciuto come tipico dall'esege-
tica più acuta, correlato a una struttura fortemente
unitaria in cui è doveroso leggere le citazioni che interessano. Cosi, ancora, «il compimento delle minacce delle lettere» si trova «nella distruzione di Babilonia» in
omaggio a quel contrappunto di significati e di evocazioni che sono propri al testo apocalittico 59. Babilonia è
“da grande meretrice», è «la città grande» che «viene distrutta dal terremoto della VII coppaed è la stessa la cui distruzione è celebrata nella VII tromba»,
cioè — sempre secondo l'interpretazione corsiniana Gerusalemme. Nella polivalenza dei suoi significati Babilonia si configura comunque come simbolo di segno negativo al di là di ogni sua reale o presunta identificazione con una qualsiasi città fisica©, Sulle porte nessun cenno.
Il colpo d'ala è invece Gerusalemme: nella sua duplice immagine della Gerusalemme terrena scomparsa e sostituita da quella celeste è il punto focale di tutta l'Apocalisse:
Fig. 213 - Milano, sarcofago cosiddetto di Ambrogio (calco) 164
«la tesi centrale di Gioranni, sviluppata in quattro cii settenari delle lettere, de sigilli, delle trombe e delle coppe che si conzludono accennand= ad una interruzione, a una fine»,
La Gerusalemme Nuova «non è costituita dall'uomo, scende perfetta dal cielo, proviene da Dio»; la Gerusalemme Nuova è «'aliegoria degli effetti della redenzione» e ques; effet-i vengono «descritti con elemnti tratti dalla t-adizione biblica giudaica». La Gerusalemme Nuove è la Gerusalemme celeste in cui l'umanità è integraza nella sua condizione originaria. Questa Gerusalemme, in tuttc lo spessore dei suoi cortenuti, si porge in una immagine rutilante che è forse la creazione poetica pin vivica in assoluto di tutta la Rivelazione. Più efficece, ccmunque, di qualsiasi ccmmento è la trascrizione del brano: «21 10
E mi portò rel o Spir-o sopra un monte grande e alto, © mi mostrò la citta sea, Gerusalemme, che scendeva dal cic o, [provenientz] da Dio,
in possesso cela gloria di Dio: il suo splencoreè simile. a pietra prez osissirra, simile a pietra di dizsoro cristalli mo. È cinta di mura messicce e alte, e ha docici porte. So-
pra queste porte, dod ci angeli e nomi scrittE i nomi delJe dodici tribù dei figli d'Israele.
Tre porte [d=nno] a oriente, tre porte a settentrione, re porte a mezzogiorno. tre porte a occidente. n Le mura della città anno dodici fondamenta. Su di ss se, dodEi nem i noni dei dodici apostoli dell AgneLo. 15 Colui cre ıri parlava aveva uno strumento di misura, una carina Coro, per misurare la città, le sue porte e le sue mura. La città è c forma di quadrato. La sua lunghezze è uguale alla larghezza. Egli misuròla città con la canza per dod cinia stadi fa sua lunghezza, le sua larghezza, Ja sua eltezza sono uguali
E misurò anche le sue mura: centoquarantaquattro braccia, une misure d'uomo, cioè d'angelo 165
18. 19
20
21 22 23 24 25 26 27 2
1 2
3 4. 5.
Le sue mura sono fabbricate con diaspri, la città di oro puro, simile a cristallo puro, le fondamenta delle mura della città, adorne di pietre preziose d'ogni specie: il primo fondamento è di dia: spro, il secondo di zaffiro, i terzo di calcedonio, il quar to di smeraldo, il quinto di sardonice, il sesto di sardio, il settimo di cri sölito, l'ottavo di berilloil nono di topazio, il decimo di crisopazio, l'undicesimo di giacinto, il dodicesimo d'ameiista. Le dodici porte, dodici perle; e ciascuna porta era for mata da un'unica perla. La piazza della città, di oro puro, simile a vetro trasparente. Tempio non vidi in essa, poiché il Si tore Dio onnipotente e l'Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno del sole né della luna a illuminarla, perché la gloria di Dio già l'inondò di luce, e la sua lampada è l'Agnello. Nella sua luce cammineranno le genti, e i re della terra recano a lei la loro magnificenza. Le sue porte non si chiuderanno di giorno, perché là non ci sarà più notte. A lei recheranno la gloria e l'onore delle genti. Nonentrerà in essa niente d'impuro, nessun profanatore, nessun mentitore, soltanto coloro che sono iscritti nel libro della vita dell’Agnello. E mi mostrò un fiume d'acqua di vita, limpido come cristallo, che sgorga dal trono di Dio e dell'Agnello. 1n mezzo alla piazzae sulle due rive del fiume, l'albero della vita, che fruttifica dodici volte, in quanto produce ogni mese il suo frutto; e le foglie dell'albero [servono] per curare le genti Non vi sarà più maledizione. Il trono di Dio e dell'Agnello sarà in essa c i suoi servi lo adoreranno; vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. Non ci sarà più notte, non hanno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio
splenderà su di loro © regneranno per i secoli dei secoli»
In quest'immagine della città, in cui l'uso del numero 12 coinvolge chiare implicanze di ordine cosmo-
logico, le porte si riconoscono in un loro spazio specifico e sono annotate accuratamente nei particolari.
codificano quali ‘porte sante’ della Gerusalemme celeste! A
chiusura di queste brevi annotazioni, mi è
consentito a buon diritto affermare che nell’Apocalis-
se la simbolica cristiana della città assurge a valore carismatico e che la città di Gerusalemme, nella sua versione celeste e terrena, polarizza la globalità dei contenuti. Questo almeno a livello di testo scritto.
Nel mio programma è verificare ora come gli
stessi contenuti siano visualizzati e si calino in un'im-
magine figurata.
Le difficoltà di stabilire e documentare il rapporto fra testo e illustrazione sono di pubblico dominio, ma nel caso in esame risultano accresciute dall'assenza di
studi specifici sull'argomento, e, per contro, dall'esistenza dei commentari apocalittici già in auge tra fine IV einizio V secolo e dalla possibilità di una loro even-
tuale incidenza, probabile anche se non ancora documentata puntualmente. Il problema è stato segnalato di recente da Yves Christe che rileva inoltre una
«tarda e sincrona introduzione della materia apocalittica nelle arti figurative nella letteratura ed una unità di linguaggio tra i due generi espressivi». Come è noto non esiste infatti una iconografia compiutamente apocalittica prima del IV secolo e «solo verso il 385 Ticonio dedica un commentario all'Apo-
calisse», quello stesso commento che tanta fortuna godrà per tutto il Medioevo2,
È stato correttamente osservato, inoltre, che nei
primi monumenti cristiani E «Tout ce qui touche au domaine de la Parousie est discrètement exprimé plutót que clairement révélé» ed è in quest'ottica che vanno intese quelle prime citazioni di repertorio tratte dalla Rivelazione (le lettere apocalittiche a e o, le processioni di agnelli, ecc), ‘spesso contaminate con interferenze desunte da altri
testi sacri, così come è possibile documentare attraverso le catacombe romane, per proporre alcuni fra i numerosi esempi esistenti.
Quale testimonianza del caso valga per tutte la celebre teoria di agnelli del cubicolo di Leone a Commodilla, assegnato alla seconda metà del IV secolo. In questa scena è evidente che l’agnello non si colloca come trasposizione visiva puntuale dell'analoga i magine apocalittica, di quell'Agnello cicè che «doi na» tutta la Rivelazione e che
Nello sfavillio delle loro gemme le 12 porte fruiscono della complessa simbologia urbana, recuperano quel- «è il simbolo della morte di Gesù Cristo derivato dalla tradizione la dimensione cosmica di cui ho esplorato le origini, si biblica e culturale del giudaismo antico». ergono a difesa della città di cui sono limite sacro e si
166
Se tali connotazioni simboliche esistono nell'affresco,
esse non sono di certo esplicite e l'immagine dipinta non sembra assurgere allo stesso grado semantico
dell'archetipo testuale. La prima sembra piuttosto da
intendere come un'anticipazione — forse anche per cronologia ritardataria e quindi epigona di un modello precedente — di quelle rappresentazioni allegoriche che trovano pieno spazio nelle grandi absidi romane e che sono pervenute nelle edizioni a partire dalla fine IV - inizio V secolo in poi. In omaggio, dunque, a un costume già ravvisato nelle grandi composizioni catacombali del tipo santi Pietro e Marcellino, ritenute debitrici dei programmi musivi subdivo 63. Le considerazioni relative agli spunti apocalittici nelle catacombe appaiono valide anche per le analo-
ghe figure nei sarcofagi, tra i quali va enucleato un gruppo omogeneo di epoca teodosiana: i cosiddetti
sarcofagi ‘a porte di città’. In questi i richiami apocalittici sono evidenti nelle processioni degli agnelli, e
nella maggior parte dei casi nello sfondo delle scene
principali, definito appunto da quelle porte di città dalle quali trae nome la serie. Si tratta ancora di sporadici richiami apocalittici inseriti in immagini teofaniche «ricalcate sul modello del cerimoniale imperia-
le» e dotate di un significato genericamente sotericoecclesiale.
All'interno di questo gruppo si possono però
conoscere gli esiti finali del passaggio dalla citazione isolata alla pienezza rappresentativa di quelle stesse teofanie apocalittiche, che forse sono già state suggellate nei programmi absidali. Ne è testimonianza preziosa il citato sarcofago di Milano, che emerge su tutta la serie per il livello qualitativo e semantico. Nelle due fronti sono realizzati spunti teofanici in due scene rapportabili, forse indirettamente (?), al messaggio più globale della Rivelazione. Per la prima volta, nel quadro di una logica serrata, tesa a una celebrazione ecclesiale e con probabilità segnatamente milanese, la connotazione apocalittica (peraltro chissà se frammista con analoghi spunti del Vangelo leggibili in Matteo, XIX) assurge a cifra allegorica e diventa chiave interpretativa. All'interno di questa logica, l'Agnus Dei sulle due fronti, e, su quella anteriore, anche la
processione dei dodici agnelli-apostoli uscenti da porte di città dall'immagine abbreviata, sono da ascriver-
si a quel «complemento dogmatico» di chiara ascendenza romana, già ravvisato nella produzione artigianale dell'Urbs. Così come le porte, connotate dalle torri, dal bugnato e dai merli quali portae castrorum,
si rifanno a quel mondo imperiale e alle immagini del-
la sua potenza.
Le rappresentazioni della Gerusalemme celeste e terrestre più compiute e più antiche sembrano quindi cristianizzare una forma simbolica già stabilmente enucleata in chiave di celebrazione imperiale: quella della porta fortificata del tipo in uso anche per gli ingressi urbani (v. qui il 2., passim). Si è già scritto che il sarcofago di Milano è un caso unico e irrepetibile 6. È opportuno infatti ritornare a Roma per porre in rilievo alcuni programmi musivi modulati sulla Maiestas Domini con citazioni apocalittiche puntuali, rappresentati nelle absidi delle sue chiese più prestigiose, programmi che forse raccolgono e sviluppano la lezione della prima abside petrina. In questo quadro la Gerusalemme celeste trova la sua investitura di immagine-modello. Tralascio così di proposito il pur eloquente antefatto di santa
Pudenziana e approdo agli esempi più indicativi del
pieno V secolo, cioè a santa Maria Maggiore (Sisto III, 432-460) più ancora che a santa Sabina (422-432). Nella decorazione musiva della navata mediana e dell'arco efesino (figg. 215-222) la città viene visualizzata secondo le convenzioni proprie alle miniature cosiddette «ellenistiche», tesaurizzate nei codici che sono pervenuti. Un caso per tutti, gli esempi nella celeberrima Genesi di Vienna. La città si presenta come un blocco monumentale
definito dal circuito mura-
rio, contenente edifici desunti dal repertorio ‘classico’: templi, rotonde, vie colonnate ecc., alcuni dei quali sembrano riflettere in specifico una volontà cristiana. L'ingresso urbano è monumentale, quasi sempre con porta fortificata fra due torri a cuspide e rifinito spesso con il convenzionale bugnato. Gerico, Sotine, Gerusalemme e Betlemme, fra le città esistenti nei registri musivi, sono tutte rappresentate con tale modulo che risulta costante. Lo stesso modulo viene impreziosito da uno sfavillio di gemme quando è rapportato ai centri urbani con connotazioni apocalittiche, e cioè nelle versioni di Gerusalemme e Betlemme ai piedritti dell’arco. Le due città, molto probabilmente autonome dal programma efesino, erano invece integrate in origine in una perduta scena absidale, scena da ricollegarsi con tutta probabilità alla Rivelazione.
Si configura
così nella città-gemmata l'immagine della Gerusalemme celeste, della Gerusalemme Nuova «circondata e intrisa di luce, simbolo della rivelazione piena e per167
fetta», che trova una precisa rispondenza concettuale nell’Apocalisse (v. ante) $5. In simmetria con Gerusalemme compare anche un’altra città: Betlemme, identificata dall'iscrizione. Betlemme non ha titolo apocalittico, è vero, tuttavia
d'ora in poi comparirà sempre con una polarità co-
stante. È stato detto che le raffigurazioni delle due
città sono da ascriversi a una contaminatio, tipica del repertorio cristiano; esse simboleggiano la Chiesa e pertanto anche l'immagine figurata mantiene questo significato66.
Accanto a tale divergenza fra immagine e testo, altre se ne possono ravvisare: la Gerusalemme Nuova non è un quadrato, non presenta dodici porte, non è illuminata dall’Agnello, tanto per porre in evidenza alcuni dati salienti. Vien fatto di pensare allora che l'immagine della città ‘santa’ — sia essa Gerusalemme che Betlemme, la città ha sempre significato ecclesiale e quindi ‘santo’ — viva quasi una vicenda autonoma, definita nella sua codificazione figurativa, vi-
sualizzata nella sua sacralità dalle gemme, e assurga
più a simbolo a sé stante che a vera e propria illustra-
zione apocalittica. Questa sua sacralità, però, non
può prescindere dal suo esordio che è comunque connesso alla Rivelazione. All'interno di questo processo, le porte che da principio erano uno dei segni significanti di individuazione giovannea vengono inglobate alla città e assimilate alla sua immagine monumen-
tale pur rimanendo quale preciso riferimento visivo. Si approda così a una formula iconografica con connotazioni inedite, la ‘città-porta”, che è gemmata e quindi sacra ed è la città santa dell’Apocalisse e nel
contempo, per recuperare un testo paoliniano, è T'«arx coelestis». La città-fortezza, infatti, era entrata
nel repertorio della poesia cristiana ufficiale tra fine IV e inizio V secolo:
«les Damase, les Prudence, les Paulin évoqualent des forteresses étherigues, des residences astrales éclairèes par les lumières de l'Apocalypse» ST. Questa fortuna del tema anche sul piano letterario
non impedisce tuttavia che la Gerusalemme celeste nell'edizione visiva non attinga a quella globalità e a quella polarità semantica che le è propria nella versione testuale. Non è infatti la Gerusalemme Nuova la
protagonista dei programmi musivi, nei quali si colloca piuttosto come quinta complementare. Perché la Chiesa trionfante si glorifica e si riconosce nell'imma-
gine ben più accreditata della Maiestas Domini, anche se tale immagine è di significato analogo a quella meno vistosa della Gerusalemme celeste.
Nella decorazione absidale dei santi Cosma e
Damiano a Roma, commissionata da Felice IV (526530) (figg. 223 e 224) e ritenuta caposaldo della prima illustrazione apocalittica per la puntualità dei suoi riferimenti, l'immagine della Gerusalemme celeste ri-
flette tutte le istanze considerate. Né vi si oppone il fatto che la città corrispondente, Betlemme, non sia
gemmata come quella a cui è polare.
Nel san Lorenzo pelagiano (anni 579-590) (figg. 225 e 226) l'edizione della città santa è più sontuosa,
articolata e rutilante, ma risponde agli stessi requisiti;
così come lo è negli esempi del san Vitale (anno 537
circa) o del sant'Apollinare Nuovo (anno 579) in Ravenna, o della versione più tardiva e rimaneggiata del
san Venanzio lateranense, che è stata riferita al tempo di papa Teodoro (anni 642.648).
La ripresa carolingia del tema va valutata nel
Fig. 215 - Roma, santa Maria Maggiore, mosaici della navata; particolare. 168
quadro della renovatio programmatica dei modelli paleocristiani e nel suo configurarsi quale ‘iconogra-
fia politica’. La Gerusalemme e la Betlemme restano
Fig. 216 - Roma, santa Maria Mag: giore, mosaici della navata, partico. "are, disegno di M.C. Cigolini
Fig. 217 - Roma, santa Ma|
ria Maggiore, mosaici della navata, particolare, disegno di MC. Cigolini.
Fig. 218 - Roma, santa Maria Maggiore, mosaici della navata, particolare, disegno di M.C. Cigolini. 169
Fig. 219 - Roma, santa Maria Maggiore, mosaici dell'arco, particolare, disegno di MC. Cigolini
Fig. 220 - Roma, santa Maria Maggiore, mosaici dell'arco, particolare, disegno di . MC. Cigolini
Fig. 221, 222 - Roma, santa Maria Maggiore, mosaici dell'arco. 170
Fig. 223 - Roma, santi Cosma e Damiano, mosaico, particolare: Gerusalemme
codificate nella loro formula visiva e continuano a essere inserite in un contesto divenuto ormai paradigmatico. Nell'abside di santa Prassede (Pasquale I, anni 817-824) (fig. 227) la città è una riedizione esplicita del prototipo nei santi Cosma e Damiano, mentre nell’arco trionfale della stessa chiesa (figg. 228 e 229) Gerusalemme si presenta in una formula diversa, arricchita dalla Deesis e impreziosita dal giardino celeste.
Nell'abside di santa Cecilia in Trastevere (anni 817-824) (fig. 230) l'immagine, «secondo una formulazione estetica dei Libri Carolini, conseguenza di una teoría iconoelasta», non vuole ritrarre una realtà «ma solo suggerirla ad una comprensione intellettiva». Ma anche in questa ottica la città celeste resta fissa nel suo canone sia a livello morfologico che semantico.
Gli esempi si potrebbero moltiplicare dall'età carolingia vera e propria alle sue proiezioni: segnalo quindi il san Marco (anni 827-844) (figg. 231 e 232), il testo interpolato e dubbio di santa Maria in Trastevere (forse anni 1159-1181) (figg. 233 e 234) e quello ‘ben più complesso del san Clemente (metà del XII secolo) (figg. 235-238), che in un recupero tipico delle sue temperie culturali conclude un processo siglandolo di riferimenti visivi desunti da scritture di Ezechiele e di Elia ®, Si rientra comunque nel pieno della stagione ca-
rolina per ribadire un passazgio fondamentale per la cristianizzazione delle porte e per il loro visualizzarsi. I codici miniati rappresentano infatti il nuovo cardine
di una storia figurativa che appartiene
«au domaine de l'art monumenta? avant de former une épisode. dans celui de l'enlemure» e perché «i cicli illustrativi dell'Apocalisse di Giovanni non trovano estesa elaborazione prima dell'epoca carolingia». 171
Le effigi della Gerusalemme celeste non si riferi scono soltanto alla illustrazione del testo giovanneo tout-court, ma risentono talvolta della mediazione dei commentari apocalittici e talaltra si rifanno direttamente ad altre scritture bibliche. Dei commentari Marie-Thérese Gousset, che si è occupata di recente del problema, fornisce un elenco esaustivo, da cui voglio estrapolare il trattato del Beato di Liebana. Dei testi biblici, invece, ricordo gli inni e i salmi; fra le innumerevoli rappresentazioni che illustrano questi ultimi scelgo il foglio 25 nel salterio cosiddetto di Utrecht (anni 790-800) (ig. 239), che si configura come esempio assai noto e di particolare rilevanza. Il modello iconografico, come è risaputo, è da ricercarsi in quel mondo degli esordi che ho indagato e non stupisce ritrovare la Gerusalemme celeste rappresentata con una porta difesa da torri laterali, con murature a bugnato che richiama da vicino la morfologia della
«Roma» nella medaglia di Carlo Magno già presa in esame (v. fig. 2100). L'Apocalisse rimane comunque il testo dalle suggestioni tematiche più impegnative e alle sue illustrazioni, mediate o meno dai commentari, è doveroso rifarsi. Gli spunti più ricchi di stimoli sono rintraceiabiJi nelle immagini relative al cap. 2 (le lettere alle sette chiese), al cap. 17 e 18 (la descrizione e la distruzione di Babilonia), e al cap. 21 e ss. (la descrizione della Gerusalemme Nuova; v. ante). Premesso che la mancanza di un'indagine specifica sull'argomento rende difficoltoso fornire un'informazione più puntuale, si può genericamente dire che per illustrare il testo delle sette lettere si utilizzano di solito immagini di edifici che si potrebbero definire ‘neutri’ di edifici colonnati con porte, oppure di fughe di archi su colonne 0, invece, di monumenti inequivocabilmente ecclesiastici. Tali immagini sono
È, —_ Fig. 224 - Roma, santi Cosma e Damiano, mosaico, particolare: Betlemme. 172
3
Fig. 25 - Roma, san Lerenzo, mosaico
Gerusalemme.
Fig. 227 - Roma, santa Prassede, mosaico dell'abside, disegno.
Fig. 228 - Roma, santa Prassede, mosaico dell'arco, disegno.
175
Fig. 230 - Roma, santa Cecilia, mosaico dellabside, disegno. 176
Fig, 233 - Roma, santa Maria in Trastevere, mosaico dell'abside, disegno.
Mecıgornı Fig. 234 - Roma, santa Maria in Trastevere, mosaico dell'abside, particolare, disegno di M.C. Cigolini.
178
Fig. 235 - Roma, san Clemente, mosaico dell'arco, particolare: Gerusalemme.
valide per indicare sia la città destina-aria della lette-
ra, che è sovente denominata anche dall'iscrizione, sia la chiesa intesa come edificio architettonico. A volte ancora, nell'ambito dello stesso zodize, immagini identiche ricorrono in vignette di brani testuali connessi per struttura e significato al paregrafo d'inizio (v. oltre). Si desume allora che a livello semantico l’immagine risulta per lo meno bivalente perché il suo significato oscilla tra quello di città e quel'o di chiesa. Se si riprende l'ermeneutica corsiniana del brano in questione, si constata che significati di ci-tà, di Chie5a dell'Asia Minore, e di Chiesa universale sono inscindibili nel testo, e si può concludere che la polivalenza dell'immagine, almeno in questo caso, è strettamente correlata con perfetta adesione all'originale da illustrare. Il quale, inoltre, nei diversi commentari — e mi riferisco a Ticonio e al Beato d. Liebana come
ai più indicativi nel caso in esame — è concordemente interpretato in termini analoghi. Il fol. 31 v. del Beatus di san Severo (fig. 240) relativo appunto alle sette lettere, va spiegato con tale prospettiva e in questa sede lo ripropongo quale esempio pienamente esaustivo, su cui avrò occasione di ritornare. Babilonia, «la prostituta quella grande» viene rappresentata come tale laddove la vignetta è in rapporto all’Apocalisse 17, 3-5. La puntualità del riferimento visivo nel fol. 209 dal Beatus di Gerona (fig. 241) si può documentare attraverso la trascrizione del testo giovanneo, riportato qui di seguito: «17
3
Emiportò in Spirito nel deserto: vidi una donna seduta
sopra una bestia scarlatta, coperta di nomi blasfemi, con sette teste e dieci corna. 4 La donna era ammantata di porpora e di scarlatto tutta ornata d'oro, di pietre preziosee di perle; teneva in ma179
180
AASSETS
ob M pini Fig. 238 - Roma, san Clemente, mosaico dell'abside, disegno.
fuissem ? MIA FIQUARECONTUR
viu
psAlayus
UDICAMCOSET
DISCERNICAUSAMMEAM —
BASME S PERAINDOQMADHUC
CONFTEBORILLISALU
TAREUULTUSMELTDSMS;
axuıo
t
CEMITTELUCEMTUAMETUERI
TATEMIUAM:IPSAMEDIDU
CONFITEBORTIBIINGI
THAKADSDSMEUSTE:
; DICENTINONSCA ABHOMI XERUNIFTADDUXIRIN > QUARETRISTISSANIMA NIMIQUOHDOLOSOIRU — MONTEMSCMIUÙ TIN NATQUARICOM Tp
"ME
_
UIATUESDS FORTITUDO EA QUAREMEREPPULIS
FX TIFIQUARETAISTISINCEDO
, DUMADÉLLCITMEINIMIGUS,
TABERNACULATUA >
BASME:
— ADDMQUILAETIFICAT
96 €
_IUUENTUTEMMEAM 4
CONFITEBORILLI “SAU
S; TAREULTUSMELTDIM E:
Fig. 239 - Salterio di Utrecht, miniatura con porte di città
182
Lili
CTINTAOISOADALTARIDI” S PIRAINDOQNMADHUE
no un calice d'oro, pieno di abominazioni, c le opere impure della sua prostituzione; 5 sulla sua fronte era scritto, un nome: Mistero, cioè Babilonia, la grande, la madre delle prostitute e delle abo. minazioni della terra».
Quando invece la vignetta si riferisce alla distruzione della città (cap. 18), l'immagine è in genere
quella convenzionale canonica, anche se talora vi si
vogliono indicare visivamente le connotazioni negative, come, ad esempio, nella Bibbia di Oxford — la città pullula di demoni — o come nel Beatus di san Severo, dove la città è incorniciata dalle spire di un serpente (fig. 242). Nei manoscritti carolingi la Gerusalemme celeste segue in genere le numerose convenzioni figurative di repertorio; richiama spesso anche a livello di immagine la vignetta relativa alle sette lettere, è raramente gemmata e talvolta, come ad esempio nella Bibbia di Cambrai (fig. 243) — in cui peraltro si è insi-
stito sulle dodici porte-torri — denuncia un’origine da ascriversi al repertorio ‘classico’, come la già citata
Genesi di Vienna. Non è mai polare a Betlemme, cit-
tà che ovviamente non compare non essendo menzio-
nata dal testo giovanneo, mentre in alcuni gruppi di codici è descritta in termini cosi aderenti all’Apocalisse 21 e ss. (v. ante) che si configura in un'immagine pressoché inedita e del tutto estranea a quella musiva. In questi esempi, fra cui scelgo quello dall’Apocalisse di Valenciennes (fig. 244), la città è proiettata in una sorta di planimetria, nella fattispecie a cerchi concentrici, attenta alle dodici porte, qui segnate da semplici archi, e soprattutto all'Agnello che si colloca sempre quale fulcro della composizione a croce. Il significato di tutte queste figure è palese e acquisisce le stesse accezioni semantiche del testo. Benché manchino anche in questo caso indagini specifiche, non penso di essere lontana dal vero affermando che nei codici miniati l'immagine della Gerusalemme celeste si configura in modo più complesso e articolato di quanto non avvenga a livello musivo. Lillustrazione è spesso tanto puntuale nei riguardi del testo che l'immagine ne risulta precisa visualizzazione e si carica dei contenuti diversificati che slittano globalmente dalla scrittura alla miniatura. E forse
questa la causa per cui non si approda alla codifica zione della città-santa in una formula fissa a 'reliquiario', quasi a sé stante cosi come avviene nei mosaici, e
la Gerusalemme celeste € interpretata a livello visivo con modalità che spesso mutano da codice a codice, da scrittorio a scrittorio, anche se la gamma delle varianti non è poi molto ampia. Quanto all'incidenza dei commentari su tali varianti e il ruolo ad esempio di un Ticonio e di un Beato, non sono in grado di valutarli; debbo quindi limitarmi a registrare l'esistenza di concordanze e di divergenze in base a quanto è stato affermato di recente senza entrare più oltre nel merito.
Con le illustrazioni dell’Apocalisse del Beato di lingia, giacché il commentario inizia a essere miniato nelle sue plurime versioni a partire dal primo X secolo. Al di là dei problemi che tali illustrazioni comportano, qui interessa sottolineare che l'incidenza del commentario sulle immagini è facilmente rintracci Liebana si superano i limiti cronologici dell'età caro
bile perché queste risultano particolarmente aderenti
al testo scritto. L'influenza dell'esegesi di estrazione ticoniana è assai evidente, ad esempio, nei tituli delle vignette così come il Christe ha recentemente rilevato.
L'illustrazione della Gerusalemme Nuova nel
Beatus di Facondo (fig. 245) è singolarmente indica! va su questo piano. La città è quadrata con dodici porte, l'Agnello sta al centro e le Jegendae corredano
l'immagine. Da rilevare la morfologia delle porte ur-
bane di chiara origine classica e vicina alle portae-
castrorum commista a elementi di estrazione ‘musulmana’ come l'arco a ferro di cavallo. Queste interferenze esotiche sono invece del tutto assenti nel Beatus di san Severo, un codice di chia-
ra fama e di affermato peso culturale, che riveste uno specifico interesse per la disamina in atto. Del mano-
scritto sono già state menzionate le vignette con le
sette chiese e con Babilonia (v. figg. 240 e 242): il raffronto ora con la miniatura relativa alla chiesa di Efeso (fig. 246) e ancor più con quella della Gerusalem-
me Nuova (fig. 247) induce a osservazioni di rilievo. L’aderenza al testo apocalittico e al suo commento è
fuori discussione in tutte le vignette e segnatamente
nella Gerusalemme Nuova. Ivi la forma quadrata della città, le 12 porte, l'Agnello al centro, le iscrizioni rapportabili oltre che all’Apocalisse 21 e ss. anche al commento del Beato, le affinità con il fol. 31 v. (le
sette chiese, v. fig. 240) con il fol. 58 (la chiesa di Efeso, v. fig. 246) per il tipo di porta di evidenti ricordi
‘classici’, la morfologia della porta stessa, costante in
quelle miniature che nel testo scritto sono per struttu-
183
nerbof.
bumsen uf féauful: Da
uy
wlan Sd.
quen js Re
Fig. 24C - Beatus di san Severo, le sette chiese.
ferma
Fig. 241 - Beatus di ©
in I
3
d. 2
È
m m
rouen nea made :
mi
pae [uel eroi=
| 242 - Beatus di san Severo, città circondata dal serpente.
ra correlate a questo brano finale, si configurano come elementi-chiave della mia tesi. All'interno di tale vicenda figurativa, infine, che
le porte del tipo castrorum si pongano quale segno di
‘pregnante evidenza è attestato in modo supplementare dalla miniatura del fol. 239 v., — sempre dello stesso codice (figg. 248 e 249) — che illustra il testo di Daniele VIII, 348, e il relativo commento dello pseudo-Gerolamo. Accanto ai quattro mostri desunti dall'astrologia mesopotamica e prototipi della successione dei quattro Imperi del mondo biblico, una porta del tipo fortificato da due torri sta a simbolo «Suse civitas». Al centro e al culmine una figura nimbata di angelo, relativa alla visione del profeta, la consacra in
una accezione cristiana quale città celeste 70.
Voglio allora concludere con un’immagine esaustiva della cristianizzazione di tutti i contenuti fin qui ricercati: l'immagine di una porta urbana, emblema di città, polivalente e interscambiabile, che si carica di contenuti cristiani all’interno di quelle sacre scritture profetiche delle quali Giovanni o Daniele sono espo-
nenti canonici; l'immagine che visualizza dunque le “porte sante’ dell’ Apocalisse.
Fig. 243 - Bibbia di Cambrai, Gerusalemm Nuova.
3.4. «Apocalisse e insecuritas», la Gerusalemme ce- «da condizione di oppressione politica e sociel> viene strappata leste dei crociati con le sue dodici porte secondo gal rega dela storia raspota su quel simbolico delicato una interpretazione allegorica di Nicolas de gia». Senza entrare nel merito del quesito se na esegesi del Clairvaux testo giovanneo in pura chiave escatolcgica vada in «Apocalisse e insecuritas» è il titolo di un conve- realtà contro alla sua sostanza più reale (così come gno promosso nel 1954 da Enrico Castelli, teso a in- vuole Enrico Corsini) e senza inte-veni-e sul fatto che dividuare i vari aspetti dell'insecuritas, che mai van- le tradizioni apocalittiche inneschino un «dinamico no disgiunti dal senso più profondo della Rivelazione. mito sociale» (così come vuole Normann Cohn) inIl «tema dell'insecuritas è centrale, sia nella più recente indagine filosofica, sia in quella teologica [e] tutto l'arco dell'esperienza umana si tende sotto l'impulso della forza unitaria generata dal paradosso delle due componenti: Apocalisse e insecuritas». Paradosso che in sede cristiana si compone nella
«certezza trionfale dell'Apocalisse... [e nell]... sostituzione della insecuritas con la revelatio»,
tendo invece ritornare, al seguito di Umberto Eco, su di un'altra peculiarità: la rinverdita Icrtuna di un best-seller di altra epoca, come l’Apocatisse di Beato
con il suo commentario, va integrata in riferimento alla specifica temperie culturale dell'XI secolo, che promuove inoltre cicli illustrativi del esto. A conferma di cui sopra non rimane che ribadire
secondo la conclusione a cui giunge il colloquio al termine delle giornate di studio. quanto le miniature del Beatus siano s:ate congeniali Se dal registro più propriamente speculativo e all’epoca che le ha prodotte, un'età insecuritatis, ricca ontologico si passa a quello storico, è consentito af-
tuttavia di fermenti e di suggesticni che, in questa se-
fermare che i periodi maggiormente critici della vi- de, consentito soltanto di richiemare parzialmente. cenda umana promuovono una tensione più acuta per Tl millenarismo, ad esempio. che T'Apocalisse € per i suoi commenti, assieme con altri «si fonda sull’'Apocalisse, 20 c ss., ma ha radice ael giudaismo e corpi di scritti profetici, in rapporto alla costante che nelle sue concezioni apocalittiche». 187
Fig. 24 - Apocatisse di Valenciennes, Gerusalemme.
Fig. 245 - Beatus di Facondo, Gerusalemme Nuova.
Fig. 246 - Beatus di san Severo, chiesa di Efeso.
Fig. 247 - Beacus di san Severo, Gerusalemme Nuova.
fra le quali il sogno di Daniele (Daniele, VIII) ricopre un ruolo di primaria importanza, quello stesso su cui Si torna a ridiscutere nei nostri anni Ottanta. In paral-
lelo la «nuova forza delle profezie sibilline», la proliferazione dei gruppi «salvazionistici», il «grande fermento escatologico operante alla base della storia dei
cui si compie l'immagine dela città apocalittica so-
vrapponendosi a quella della città fisica, in una osmosi di elementi disparzti. Poco importa se di Gerusalemme non fa cennc UrbanoII nelle sue parole così come sono state trasmesse dei testi più attendibili; poCo importa se le intenzioni stesse del para non sem-
pauperes», sono tutte istanze che confluiscono nella
brano in realtà rivolte alla liberazione del Sepolcro, perché Ge-usalemmz viene considerata «l'ombelico
delle crociate ?!.
un paradiso di delizie» nella redazicne postfactum del celebre discorso, nell'ediz-one popolare che si deve
mistica esaltazione di un mondo in crisi e che si configurano tra i prolegomena al fenomeno conclusivo
«Deus le volt», la tradizione postuma dice aver acclamato l'assemblea di Clermont, «Dio lo vuole»: vuole la guerra-santa per liberare il Sepolcro di Cristo, vuole riappropriarsi di quella Gerusalemme in
del mondo, la terra feconda sopra ogn. altra, simile ad
al monaco Roberto.
La tradizione apocalittica conserva uno spazio in oroprio anche agli esordi delle crociate. Dopo quanto è stato convincentemente scr.tto da Bernard 191
Mc. Guin non é piü il casodi riprendere il tema; meritano invece una particolare attenzione le seguenti parole di Maurice Halbwachs: «fra i cristiani in Europa. quando si parlavadi Gerusalemme,ci si rappresentava tutt'altra cosa: una città soprannaturale, dalla qua: le non doveva mai cessaredi irradiare la maestà del Figlio di Dio; una città eterna dove doveva conservarsi miracolosamente ciò che era stato la cornice ed il supporto degli avvenimenti racconta ti nai Vangeli. Non dubitarono un istante sembra, che la città sì presentasse ad essi come era in passato. una volta sbarazzata da gli infedeli, una volta cancellate le tracce della loro empia occupazione». Ecco dunque la Gerusalemme celeste, la città del corpo biblico dai Vangeli all’Apocalisse, calarsi nella storia reale della città ‘liberata’ e riconoscersi come "luogo santo’ secondo la meccanica legata alla memoria collettiva di gruppo che lo stesso Halbwachs ha illustrato esemplarmente nella sua opera. Nel localizzarsi quale "luogo santo’ recuperando così una connotazione giudaica di origine remota, Gerusalemme, centro della fede giudeo-cristiana da sempre, riacquista una stabilità di immagine che diventa rapportabile alla sua fisicità monumentale, intesa quest'ultima nel quadro di una geografia o meglio di una topografia ‘religiosa’. La ‘città-santa”, quella calata dal cielo, almeno in parte è la città di pietra con le sue porte e i suoi monumenti, commemorati dalla de-
vozione costante e imperitura dei pellegrini 72. Questa città di pietra si carica, allora, di quei simboli di ascendenza arcaica — Gerusalemme è «l'ombelico del mondo», lo si ricordi — la cui cristianizzazione si è voluto in questa sede ripercorrere per sommi capi attraverso la lettura della ‘storia’ di una immagine figurata. All'interno di questa logica, che le porte di Gerusalemme siano coinvolte e associate in un processo analogo e siano recepite quale simbolo celeste è facil mente intuibile. Le testimonianze più emblematiche, tuttavia, non vanno ricercate tanto nel valore delle emergenze monumentali
in situ, quanto e piuttosto
nel quadro di quella «théologie de la croisade, dont Jérusalem devient le centre» e di cui è illustre esponente ad esempio Guiberto di Nogent.
È comunque alla spiritualità monastica dell'Oc-
cidente che si deve l'interpretazione allegorica più esaustiva delle porte urbane della ‘città-santa”. Il Sermo de duodecim portes Jerusalem dello pseudoBernardo è una citazione di routine, mentre ci si deve rapportare a Nicolas di Clairvaux per una elaborazione più complessa, al limite della raffinatezza.
ig. 249 - Beatus di san Seve-o, Suse civitas
«Dans son sermon sur les douze portes ce ia Jerusalem céleste, dont parle Apocalypse (XXI, 13) — con'erma Adriaan H. Bre dero — cet auteur explique ces quatre groupes de trois portes, de l'Orient, du Nord, du Midi, et de l'Occidert, comme les symboles de quatre vertus chrétiennes et morales. A Orient on entre par l'innocence, au Nord par la Miséricorde, au Midi par a Justiceet à l'Occident — interprétation significative pour mesurer l'nfluence des pèlerinages sur cette spiritualité morastigue — on entre par la Pénitence» Da parte mia, dopo aver sottolineato l'alto tasso di cristianizzazione della componeate cosmologica documentato dal ruolo acquisito dai quattro punti cardinali e non trascurando di segnalare che a Genova la spiritualità cistercense si afferma e si sviluppa soprattutto in seguito al soggiorao in città di Bernardo di Chiaravalle nel marzo 1133 ste Jacopo da Va-
ragine «giustamente esalta», voglio concludere con
l'intento di leggere il processo di santificazione delle porte urbane anche a livello di monumento. A questo 193
scopo tornerò all'Occidente per riconoscere questo tratto semantico degli ingressi alla città in una dimenione più vicina e più pertinente all'oggetto della mia
3.5. Attestati nel mondo medievale d'Occidente a Roma e Milano Fra le molteplici testimonianze monumentali reperibili in Occidente privilegio una campionatura ridotta, che appare tuttavia utile a illustrare la mia tesi. In questo senso, a interessarmi non é tanto il pur vistoso esempio di Colonia medievale che prende a modello Gerusalemme con le sue dodici porte, né la.
Spalentor di Basilea (per ricordare un monumento di chiara fama europea) quanto e piuttosto gli attestati
relativi alla nostra penisola, e in particolare i due esempi-chiave di Roma e di Milano, entrambi emblematici di tessuti culturali diversificati nell'arco del Medioevo italico. A Roma la carica carismatica di caput mundi si configura come un continuum leggibile nella suggestione maestosa di esperienze monumentali. Dall'an-
tichità, come è noto, numerose sono le voci che attra-
verso leggende, fasti, annali e storia proclamano il
prestigio mitico degli ingressi dell’Urbs, a cui A. Nib-
by, uno fra i molti eruditi cultori della materia, dedicava nel 1820 una ricostruzione filologica accurata e ‘una restituzione grafica nitida. In tale quadro la cinta aureliana con le sue maestose porte fortificate è l’epi-
sodio clamoroso dall’attualità permanente che tutti
riconosciamo, benché del complesso monumentale ‘manchi tuttora un'esegesi in chiave simbolica. Prefe-
risco di conseguenza raccogliere le suggestioni più pertinenti alla Roma cristiana e rapportarmi a quella
prestigiosa fonte che è il Liber Pontificalis Da questo, stralcio per la sua indicatività un episodio relativo alla città ‘leonina”: la ‘straordinaria’ cerimonia per la dedica delle mura consacrate il 27 luglio dell'852 da papa Leone IV (anni 847-855). Il ri-
tuale, descritto in dettaglio, si configura come una fonte di grosso valore per l'esemplarità evidente. Le
tre orazioni «super portam», recitate dal papa nel
corso della cerimonia nell'ordine sono:
«Deus... hanc civitatem . facab ia tua in perpetuum manere se cura, etde ostibus … novos ac multiplices aberetriumphos... la prima; «... ab omnibus inimicorum insidiis securam semper atque inperterritam manere permitte.. la seconda; la terza, infine: « 194
iube eam ut semper inlesa maneat ac secura, apud clementiam
maiestatis tue iugiter exorare». La cristianizzazione del limes urbano ridà nuova sostanza simbolica al monumento, di cui purtroppo sono pervenute vestigia tanto compromesse e manipolate da precludere una verifica archeologica completa.
Sempre in chiave simbolica un'altra testimonianza risulta densa di indicazioni in molti sensi: mi riferisco ai noti itineraria «ad uso dei pellegrini cristiani in visita ai luoghi santi dei primi
martiri», che — come ha osservato Paolo Sica — «designano attraverso la città antica che si degrada nell’abbandono, una forma ‚d’edera tentacolare che lega tra di loro i punti significativi del percorso. Attraverso un angolo visivo rinnovato, la città si trasforma, per selezione, in un sistema di /oci, nuovi principia individua tionis dello spazio».
Accanto ai loci — soprattutto a partire dal XII secolo, ma più sporadicamente anche prima — le porte urbane acquistano dignità di cittadinanza; esse si collocano come precisi punti di riferimento articolati in corrispondenze spaziali e si configurano come uno dei fattori costitutivi della nuova mappa sacra. Così in numero di dodici nei Mirabilia — ma già dodici erano i valichi urbani di Roma nell’/tinerario di Einsiedeln — le porte raccolgono l'investitura ufficiale del numero simbolico sancito e cristianizzato con la dedica al Santo, desunta dall'edificio ecclesiastico delle immediate vicinanze. E così ancora nell tinerario di Guglielmo di Malmesbury, con il suo «nuovo modo di vedere e di descrivere la città» e con il suo inedito interesse per le rovine di Roma, le porte della città restano un episodio urbano che mantiene un valore certificante di «santità», anche se risultano essere in numero di quattordici "^.
Nel passare alla verifica dei significati delle porte sul piano della loro espressione come monumento i casi di maggior evidenza e profondità si rintracciano nel clima della nascente «coscienza cittadina» dell'età dei Comuni. Fra questi privilegio Milano quale ambiente vitale e rappresentativo: la Milano che, travolta dal flusso degli eventi, e poi risorta, si confronta. con il Barbarossa; che in una forma di rigenerazione morale attesta una consapevolezza precisa della sua esistenza e della sua individualità; che contrassegna la sua storia esemplare e la sigla con la costruzione della sua porta Romana (fig. 250). Edificata nel 1171 e distrutta nel 1793, la porta Romana «fu esemplata sulla più antica cinta massimianea», come osserva Wart Arslan, e manteneva
«un'eloquenza di sapore classico», come conferma Angiola Maria Romanini. Forte immagine-memoria del suo tempo, al di là delle discussioni sulla forma originaria o sulla stratificazione edilizia o ancora sulla revisione archeologica, la porta é una struttura spaziale che materializza ed esprime un nuovo ordine di
idee, la crescita naturale di una città divenuta consa-
pevole del suo ruolo storico.
Una lapide marmorea, un tempo murata sugli stipiti (fig. 251) segna due date fatidiche a pari titolo: il 1167, anno in cui i milanesi «intraverunt civitatem» e il 1171, anno in cui «opus turrium et portarum habuit initium»; di seguito, come d'uso, lo scarno elenco con i nomi dei magistrati addetti ai lavori e. dello scultore «Girardo de Mastegnianega». Più eloquenti ancora i rilievi, opera di «girardus pollice docto» e di «anselmus dedalus ale», corredati di legendae che ribadiscono l'occasione per la nas ta del monumento con un fregio di radici culturali tardoantiche. Il tema è quello del ritorno dei milanesi in città, condotto dal vescovo «Ambrosius» e svilug
pato all'insegna del «sanctus Ambrosius», modello di comportamento canonico, che dal lontano IV secolo si erge a labaro contro gli «Arriani» e ritrova la sua
attualità e la sua tensione in un ciclo di ricorsi sotterranei. Nel fregio le città di «Mediolanum», di «Bergm» (Bergamo), di «Brixia» (Brescia) e infine di «Cremona», le più prestigiose della Lega Lombarda, sono tutte rappresentate come porte urbane a due
Fig, 250 - Milano, porta Romana, ricostruzione.
fornici, turrite e con merli (figg. 252-254). Se nella fi gura di Milano è forse da ravvisare una volontà veriStica, preme soprattutto porre in evidenza quanto
3.6. Une ricerca al positivo un'immagine ormai familiare, quella della porta di città, diventi una volta di più esplicativa e si carichi di Peso ora al bilancio teso a definire le coordinate tutte quelle implicanze simboliche che fin qui ho in- eniro le quali porta sant'Andrea può riconoscere la dagato. L'orgoglio cittadino che sfida il Barbarossa, propria -dentità. infatti, riceve la sua investitura religiosa oltreché Si è dimostrato che un'esegesi a livello simbolico dall'avallo del vescovo milanese, da Cristo stesso, nel è pienamente legittima se non esclusiva per una ‘forcui nome avviene il rientro — «christum laudantes ma sinctolica’ come è la porta urbana e che difesa e patrias remeamus in edes» — e alla cui tutela è affisacralità rel loro intrinseco dinamismo sono i termini data la città ricostruita — «ecce tibi nostra deus urbe di norma del suo ciclo di vita. recepta» —. Il concetto di limite connesso al rituale della soNella forza evocatrice della sua immagine dalla. glia è garanzia e validazione sacra dell'immagine arduplice accezione architettonica e figurata, la porta chitettonica; all'interno di un simile contesto le porte Romana, dunque, può a giusto titolo riepilogare i ter- si ricomoscono nella loro identità, configurandosi mini della questione che qui esploro e per il suo peso inoltre come riferimento cosmico costante. culturale questo monumento-campione assume caPer leggere in termini di intensità e di concretezrattere specifico di esemplarità /5. zai sigarficati della porta di Genova conviene risalire 195
to alla nostra cultura — e pertanto rapportabile al
le l'attualità religiosa e quindi ciclica della soglia nonché il valore iconico della sua immagine. I significati delle porte si sono fatti ‘architettura’ e seguono itinerari propri nel quadro di civiltà talora estranee all'orizzonte della ricerca. Nella direzione che qui compete è nei castra dei romani, proliferati nel mondo della guerra, che il valico monumentale aggiorna le proprie connotazioni simboliche di sempre nel rispetto di una civiltà meno arcaica e dai caratteri più accessibili. La porta monumentale si immette nella dinamica dell'apoteosi di Roma e del suo Impero, codificandosi in contemporanea quale porta fortificata urbium et castrorum, del tipo analogo per morfologia ad alcuni ingressi urbici del Medioevo e non lontano da porta sant’Andrea. Tale immagine viene diffusa e siglata nella sua ‘sacralità’ dalla numismatica e dalla sfragistica del Tardoantico d'Occidente. La cristianizzazione di questo valico è l’appuntamento che si verifica con regolarità e assicura alla “forma simbolica della porta urbana il possesso di significati nuovi. L'iter costitutivo di questi ultimi può essere seguito con chiarezza attraverso la documentazione dell'immagine figurata. La vicenda iconografica nel suo divenire attesta che l'Apocalisse immette nel valico urbano un corpus semantico di spessore inedito attraverso i contenuti delle ‘porte-sante’ della Gerusalemme Nuova. La connotazione sacrale di cristianità è visualizzata in modo quasi altrettanto emblematico in una vignetta relativa ad un passo di Daniele nel Beatus di san Severo (v. fig. 249). Le analogie morfologiche ma pure semantiche fra porta sant'Andrea e la porta «Suse civitatis» raffigurata nel codice non sembrano pura coincidenza dopo quanto si è scritto qui sul riferimento territoriale dell'‘hinterland’ architettonico di porta Soprana nonché sulla sua specificità di ‘forma simbolica’. Tale analogia si riferisce però a una vicenda diacronica di cui è doveroso tenere conto e che te
cino Oriente antico"6 — & la fase successiva strategi-
stimonia per le due immagini
dì
XN
È SRI
ERDIENVLÜLSN
SRIVS MARGELLINVSI
“TESIMATOPYSIDELAGI 5 UIERIFECERVITI
Fig. 251 - Milano, cinta muraria, lapide.
alle ‘radici’ assolute dei suoi valori, e quindi riconoscerne la ‘storia’. Nel delineare le cadenze dei tempi è agevole stache il concetto di difesa è il concetto primordiale, collegato alla conquista umana dello spazio. La nascita della città storica nel senso di antefat-
camente primaria per l'organizzazione di un 'progresso’ compiuto tramite un denso avvicendamento di scelte. Di queste ho suggerito massima fino al caso-limite di pone quale 'archetipo' in cui il se spinte, codifica l'imponenza
una campionatura di Babilonia. La città si rituale, fra le numerodella porta difesa da
due torri e la dovizia del suo apparato di figure; prero-
gative che a loro volta certificano in modo irreversibi-
196
percorsi semantici in
parallelo risalenti a una comune assonanza di forme con il mondo tardoromano.
«Apocalisse e insecuritas» riassume con una
formula
aderente
i connotati
di un'epoca
nodale
per la trasmissione dei valori delle porte e per il loro
calarsi nella ‘storia’ con i suoi eventi. Dei quali nel corso dell'XI secolo si verifica. una concentrazione pregnante quando fra millenarismo e pauperes e
Fig. 254 - Milano, porta Romana, rilievo.
gruppi salvazionistici si rinverdiscono la fortuna e le sorti illustrative dell'Apocalisse per confluire nei prolegomena alle crociate con l'inevitabile riferimento all'area comprensiva di Compostella, Pirenei e Clermont.
E nel contesto del fenomeno dei crociati, appunto, che tramite la localizzazione dei ‘luoghi santi’ in Gerusalemme, le “porte-sante’ dell'Apocalisse acquistano la stabilità visiva di un'immagine-ricordo e la materietà di un monumento fisico entro una città di pietra, anche se proprio a Gerusalemme, paradossalmente, la veste architettonica degli ingressi urbani non sembra fornire spunti degni di nota in relazione alla semantica delle porte cristiane, almeno per quanto oggi sia consentito accertare.
vo Nicolas de Clairvaux. Nella sua teorica la cristianizzazione a oltranza dell'aspetto cosmico delle porte si deve anche alle necessità di ambiente, ma soprat-
tutto a quelle temperie di cultura alle quali porta Soprana fa capo.
Gli attestati nel mondo medievale dell'Occidente illustrano questa dinamica. L'analisi dell'area-
campione di Roma è indicativa del continuum cari-
smatico della città eterna e autorizza a leggervi la
stessa fenomenologia dei ‘luoghi santi’ ma in versione
occidentale. L'esempio di Milano chiude quale sintesi inter-
pretativa questa ricerca.
Tn sincronia, l'indagine tesa a chiarire le origini
remote della semantica delle porte urbane e a perseguirne a sommi capi la storicizzazione è approdata ai
Una teologia delle crociate si sviluppa in questi stessi orizzonti e nel quadro della spiritualità monasti- giorni del ‘bios’ del valico di Genova. Il bilancio che ca dell'Occidente linterpretazione allegorica delle se ne desume si ritiene di conseguenza al positivo € porte di Gerusalemme, condizionata dagli effetti dei per completare l'esegesi in corso postula a sua volta la pellegrinaggi, trova il suo acre nell'esegetica promos- ricognizione della ‘storia’ di porta Soprana di sa dai cenobi e rappresentata ad esempio da un tardi- sant’ Andrea. 198
Fig. 256 - Capua, porta, ricostruzione del prospetto esterno (v qui nota 75)
Fig. 255 - Capua, porta, pianta e ricostruzione (v. qui nota 75).
199
NOTE 3.
} Nell'ordine: GERSCHENKRON, 1975, pp. 123-124; Sica, 1970 , pp. 15, 82. A questo proposito, cfr. FRUGONI, 1983, passim. Ci tazioni ormai classiche relative alla sacralità della città e delle mura sono quelle da Erodoto, Tucidide, Aristotele, Pausania, Ovidio — fra i molti — che è sufficiente ricordare. Sulla cit à antica, sempre attuale è FUSTELDE COULANGES, 1924 (rist. 1972) ? La frase di ARGAN, 1958, p. 763, può ben essere utilizzata per avallare il mio assunto.
3 Tuttee citazioni sono tratte da ROCCHI, 1908, pp. 27-34, 185 e s. (che ricorda anche Filone di Bisanzio. Per un orientamento di massima, cfr. DE MARCHI, 1810: MAGGIOROTTI, 1933; Toy, 1955; Cassı RAMELLI, 1964, pp. 268-269; FINELLI, 1968, s.v; fonda-
mentale inoltre la disamina di FINO, 1977, pp. 19 e ss. Per problemi particolari, cfr. HARMAND, 1981, passim.
4 Vmuvi,, De Architectura libri, 1,1, X: «Item turres sunt proiciendae in exteriorem partem, uti, cum ad muros hostis impetu velt adpropinquare a turribus dextra ac sinistra lateribus apertis tells vulnerentur». Ancora: «Turres itaque rotundae aut polygonae sunt faciendae; quadratas enim machinae celerius dissipant, quod angulos arietes tundendo frangunt, in rotundationibus autem uti cumeos ad centrum radigendo laedere non possunt». Sulla letteratura militare di epoca romana da Sallustio a Cesare, Tacito, Ammiano Marcellino, Vegezio, Frontino, Modesto, pseudo-Igino gromatico, cfr. Fino, 1977, pp. 16 e ss 5 Vegezio (379-395 secondo alcuni; inizio V secolo, 364-455, secondo altri, De re militari ed. Lang, IV, 11. Su di lui, cr. PaScHoUD, 1967, pp. 110-118; MARCONE, 1981. Sulla diffusione di Vegezio nel Medioevo, sul cap. XXII del suo IV libro, cap. 77 della Bibliotheca Mundi di VINCENT DE BEAUVAIS, cfr. FINO, 1977,p. 18.Si tenga presente, inoltre, che nel X secolo l'imperatore Costantino Porfirogenito aveva fatto riunire gli elementi di una vera enciclopedia militare. Sul problema dell'influsso di questa tradizione nel Medioevo, cfr. RITTER, 1974, p. 44. 6 La citazione è da ROCCHI, 1908, p. 25. Sui concetti generali dell'arte difensiva, cfr. anche CHOISY, 1909, pp. 567 e ss.; PEROGALLI, 1964, pp. 12:21; PETRIGNANI, 1974, pp. 379-391. 7 Si forniscono quidi seguito soltanto alcune indicazioni particolarmente suggestive: ROCCHI, 1908, pp. 1-3, 35; DURY, 1971,p. 215; PAGANO, 1976, p. 216 (ma cfr. anche pp. 197-199 e 201). Sul concetto di «servizio», cfr. AYMONINO, 1976,pp. 25 e ss. c anche gli spunti distribuiti negli interventi al mio citato contributo al Cours parigino, di prossima pubblicazione (Paris-Sorbonne, IV). 8 Eco, 1980, p. 67. 9 Le citazioni sono da ELIADE, 1952, pp. 17, 212; IDEM, 1973, p. 36; Inem, 1975, p. 382, ma sono concetti ampiamente noti in tutta l'opera dell'autore (cfr. qui nota 11 al 10.3). Per un esame ampio del significato c delle istanze culturali e antropologiche del termine, non ristrettoal puro concetto fisico (fortificazioni, ecc), cfr. ROWLANDS, 1972, passim (che cita anche, a p. 448, alcune interessanti osservazioni di Wheatley sul significato simbolico religioso della cinta muraria); HARMAND, 1981, pp. 43 e ss., 53-54 e passim.
10 Ancora ELIADE, 1975, si è occupato dell'argomento, che rientra nell'ambito della sua problematica sull'eterno ritorno». In particolare, cfr. perd ELIADE, 1973, pp. 21-22, 116 e ss. Sulle porte come «luogo d'incontro tra due mondi», urbano e rurale, interno ed esterno, cfr. MUMFORD, 1977, II, p. 385. Storicizzando, cfr. anche PETTI BALBI, 1978, p. 71, e FRUGONI, 1983, pp. 9 e s . e passim. Sulla struttura mitica dello spazio, ovvio il rimando al Cassirer €, più specificamente, a BECKER, 1950; HAMBURG, 1956; BACHELARD, 1957: GURVITCH, 1966. In generale, su questi aspetti di natura simbolica, cf. la posizione di REINLE, 1976, p. 255, e figg. 312317. 11 Sulla consistenza di questi concetti, cfr. BIANCHI, 1958, pp. 132 e ss. Per la frase citata cfr. ELIADF, 1973, p. 41. Sullo spazio sacro, cfr. LyNCH, 1972, p. 156; VAN DER LEEUW, 1975. Sulla scuola di Marburgo e su Rudolf Otto e il suo concetto di «sacro», cr. BIANCHI, 1970, anche per la «scuola di Cambridge» (Eliade, Van der Leeuw), oltre alla disamina di PETTAZZONI, 1957 (cfr. poi Sica, 1970, pp. 4-19) strettamente connessi li studi sul simbolismo architettonico, moltiplicati dopo il 1935. 12 Sica, 1970, p. 26 (per il concetto di «elemento costitutivo», fr. p.28). Cfr. poi RYKWERT, 1981, per gli aspetti simbolici, magii e psichici del problema, documentatissimo. Sulla «connotazione o garanzia sacrale», cfr. BIANCHI, 1970, p. 44. 200
13 Sica, 1970, pp. 3031. 14 Sica, 1970, p. 29 (importante la considerazione della polarità di rapporti fra tempio, dimora divina e dimora regale, da una parte, e limite perimetrale, dall'altra). 15 Sul rapporto verticalità-trascendenza, cfr. ELIADE, 1973, p. 83; MUMFORD, 1977, pp. 57, 59-60. 16 Sulla porta Paphia di Colonia, cfr. anche nota 4 al 2.2. Fondamentali sono MAINZER, 1973 e IDEM, 1976. "7 Sui programmi figurali dei portali delle chiese cfr. tra l’altro, CHRISTE, 1969. Molte altre indicazioni in SMITH, 1956 (cfr. poi SEDLMAYR, 1948; Han, 1962; COOMARASWAMY, 1977). Una lettura «simbolica» applicata al portale della cattedrale di Genova è stata tentata, nei termini della cosiddetta «cultura tradizionale», dal TERENZONI, 1980, ma con risultati opinabili
18 Cfr. qui oltre nota 44. Molto interessanti, sul rapporto fra porte ed esercizio del potere giuridico, il contributo di OTTO, 1921, sulla «Porta delle Udienze», luogo privilegiato delle apparizioni pubbliche del re. Il saggioè ricco di rimandi biblici (Il Sam. 19,9; 18,24; TRe 22,10; Ruth 4,1; Genesi 19, 1; Sam. 1,9; 4,13 18) e istituisce un rapporto con la «finestra delle udienze», in uso in Egitto ancora durante il periodo tolemaico. 19 Sul nesso fra porta di città e concetto del potere inteso come regalità, cfr. le tesi di SMITH, 1956, talora contestate, ma che almeno per la zona mesopotamica sembrano fondarsi su basi documentarie (interessanti le considerazioni sull'identità morfologica e semantica fra le porte del palazzo reale, quelle del tempio e quell di città. Cfr. poi, sul rapporto fra «potere» e «sacro», anche AA.VV.. 1962. Si vuole precisare qui, una volta per tutte, il valore che si attribuisce al termine «archetipo», anche in riferimento al pitolo precedente (2, tipologia I, la morfologia, in cui si è dimostrato che non esiste un vero e proprio archetipo per la morfologia della porca medievale. Per ciò che concerne i contenuti, l'archetipo è quello celeste, ed esiste solo in quanto tale. Si vedrà infatti che i conte muti delle porte urbiche, calati nei monumenti che li visualizzano, pur rifacendosi allarchetipo celeste, uno e immobile, acquistano identità e completezza solo nel loro divenire. 20 Su questi aspetti del problema difensivo, cfr. NAUMANN, 1955, pp. 222 e ss; MARTIN, 1963 (in particolare pp. 435-436); TRIG GER, 1972, pp. 589-590. 21 Dell'ampia letteratura sull'argomento ho preferito utilizzare il LEROI-GOURHAN (per le frasi citate, cfr. 1977, pp. 366-367, 389, 393) per la chiarezza di esposizione e per la facilità del reperimento di sue opere tradotte in italiano. 22 Cfr. LEROI-GOURHAN, 1977. 23 Quest'ultima citazioneè da LIVERANI, 1976, p. 440 (ma in merito cfr. le pp. 439 e ss). Cfr. poi FRANKFORT-JACOBSEN, 1963,
pp. 26:38, 156 ess. (per la prima citazionefr. p. 179), anche sul rapporto fra organizzazione dello spazio, stato e nozione dell'universo € del suo ordinamento.
24 La citazione è da MOSCATI, 1976; p. 1 (cfr. in particolare pp. 15-17 per bibliografia). Su questi problemi è ancora fondamentale LEROI-GOURHAN, 1977, pp. 382 e ss, quando puntualizza che «l'evoluzione tecno-economica fa si che sorgano insieme le arti del fuoco (metallurgia, vetreria, ceramica), della scrittura, dell'architettura monumentale, della gerarchia sociale a gradini molto ampi» (ibi dem, p. 382)
25 Per quanto concerne le valenze magico religiose della scoperta dell'agricoltura, cfr. in particolare ELIADE, 1975, pp. 49-56, 80, che sottolinea (p. 54) la nascita di valori religiosi come conseguenza dell'introduzione dell'agricoltura e (p. 56) la concezione dell'bita zione come «imago mundi», in un simbolismo che l'autore pensa si sia sviluppato tra i neolitici del Vicino Oriente, visto lo sviluppo del simbolisino architettonico in quella regione. Cr. poi DOUGLAS, 1972; HARLAN, 1972. Sui problemi delle origini dell'urbanizzazione, fr. il volume AA.VV., 1972, (e, in particolare, i contributi di PIGGOTT, WHEATLEY, TRIGGER, LAYTON, SMITH, REYNOLDS, TRIN GHAM, BLOUET, ROUSE, GROVE, JOHNSON), che affronta i problemi della storicizzazione della cultura urbanistica. Cfr. poi le tes di HAMMOND, 1971. Per un ulteriore allargamento, cfr. le tesi di COPPA, 1968, revisionate dal TERRANOVA, 1970; MATTHIAE, 1976; si veda inoltre LEROI-GOURHAN, 1977, pp. 210 e s . Assai utile, infine, il rimando a MULLER-KARFE, 1976 (in particolare pp. 253 e ss; con bibliografia pp. 445 e ss. e a SMITH, 1974, pp. 3-70 (per problemi di geografia storica). Interessanti, da un punto di vita architetto. nico, poi, i casi del nuraghe di Palmavera, presso Alghero, con ingresso fra due torrioni semiclindrici oltrepassati con interturrio e piccola porta, e di Terralba e Santu Antine, cilindrici, circa del 1500 a.C. (cfr. CoNTU, 1969, figa. 45, 47). 25 In quest'ottica viene escluso per sua natura il territorio dell'Egitto, «paese singolare sino al paradosso», e di per sé assai prodigo di spunti e di temi relativi alle porte, ma anche riconosciuto all'unanimità appartenente a un mondo autonomo. Benché studi odierni tendano a individuare rapporti tra l'Egitto, mondo mediterraneo e mezzaluna fertile, che in effetti stanno prendendo consistenza, alla luce delle nuove indagini, la cultura faraonica, soprattutto di età dinastica, dal’ Antico al Nuovo Regno, si presenta, però, enucleata entro coordinate proprie. Dalla filologia comparata semitica, inoltre, è stato scientificamente ammesso che l'ambito linguistico camito201
semitico presenta una sua individualità assoluta. Se infine, ci s ricollega allo specifico significato delle porte, questa indipendenza cul turale del mondo egizio viene ribadita cosi come Jan Bialostovcki, fra i molti studiosi, osserva in celebri pagine relative alla «falsa» por ta della mastaba. Il varco della tomba, infatti, non si riferisce al concetto classico di barriera fra questo e l'altro mondo, bensi risulta es sere l'uscita simbolica, «a symbolic exit», dello spirito: 'azenigmatic Ka». Va inoltre posto in evidenza che nel corso della mia analisi penalizzo volutamente il settore funerario al completo, perché dotato di una specificità tanto evidente da farne un caso a sé e tale da differenziarlo a volte e spesso dai binari del mio panoramadi studio. Mi limitero a segnalare come le porte del tempiodi Sagqära (v. qui fig. 177) siano del tutto simili a quelle rappresentate nel sarcofago della fig. 178, conservato al museo del Louvre, e come infine il gero glifico significante il concetto di fortezza si possa leggere come la proiezione grafica della pianta di una cinta muraria e delle porte anmesse. Cfr. in particolare, MULLER-KARPE, 1976,p. 453 e le tavv. 11, 15, che riproducono un frammento di paleta ritualein pietra raffigurante la distruzione di una città: dl resto lo stesso geroglifico si trova in alcuni rilievi del tempio di Amon, a Karnak (v. qui fg 179). Per la particolare autonomiae per il diverso itinerario culturale hotralasciato anche le vicende dei propili. gico che da questo tipo di ingresso giunge fino alla tipologia di alcune porte monumentali dell'Asia Minore cfr. qui al 2.8. Sul mondoelJenico e soprattutto sul ruolo culturale e la decorazione scultorea delle porte sacre, con specifico riferimento alle mura di Taso, fr. Pi CARD, 1962. In generale sulla storia d'Israele, comprensiva anche della vicenda di Gerico, cfr. FOHRER, 1977 (ma 1980); per le fonti bibliche cfr. MCKENZIE, 1981, &v. p. 387; sulla vicenda storica della città e sulla sua cultura cfr. MURPHY-O' CONNOR, 1982, pp. 252-255. Su Megiddo, ibidem, pp. 293-297: in particolare lo studiosi sofferma sul ruolodi città gi solidamente fortificata nel 3.000 a.C., e sul suo nome che appare per la prima volta sul muro del tempio di Karnak, dove Tutmosis III fece inscrivere la descrizione dettagliata della battaglia di Megiddo, avvenuta nel maggio del 1468 a.C.. Di particolare interesse morfologico e semantico sono le sue porte urbiche, dalla complessa stratificazione diacronica risalente, per la fase più antica, al X VIII secolo a.C. (p. 294). Particolarmente importanteè la loro morfologia, cosiddetta a ‘tenaglia’, che costituisce il ipo più diffuso di porta ‘cananea’. E opportuno menzionare, nello stesso ambito territoriale di Megiddo, ambito così ricco di ‘testi’ fortificati, le porte dî Lakish, Gezer e di Tell el Nasbeh, fra le altre (cfr. MURPHY-O" CONNOR, 1982, pp. 232-237, 273-276 e MCKENZIE, 1981, pp. 750.751). 27 Su Catal Höyük cfr. fra l'altro, MATTHIAE, 1976, p. 35; e le contrastanti vedutedi Coppa, 1968 e TERRANOVA, 1970, pp. 284 ss; Sica, 1970, p. 56; BOHADIR ALKIM, 1975,p. 50. Sull'espansione e lo sviluppo di insediamenti neolitici nella zona di Konya (Turchia centro-Sud), cfr. FRENCH, 1972; per l’Anatolia, cfr. MELLAART, 1972 e, per le origini dell'architettura in quell'area, DANISMAN, 1972. 28 Su Hacilar (5700-4750 circa a.C.) cfr. BITTEL, 1977, pp. 27-28, con bibliografia generale. 2 Cfr. FINELLI, 1968, p. 372. Sui contrasti dell'urbanizzazione della Mesopotamia e i passaggi città-tempio-urbanizzazione in Mesopotamia,cfr. SICA, 1970, pp. 123 e ss, anche sul Neolitico in Mesopotamia e il V-IV millennio come premessa fondamentale per la vita della città. Su questo problema ctr. poi ibidem, pp. 140 e ss. si veda inoltre Mc ADAMS, 1972; OATES, 1972; POSTGATE, 1972 (sull'importanza del tempio nella vita associata: rapporto tempioleittà, tempio/Impero, tempioleconomia); CUYLER JOUNG jr., 1972; Gorr, 1963 (sul significato e la funzione dei simboli nella Mesopotamia preistorica, soprattutto nei periodi "Ubayd e Uruk), Ham. MOND, 1971, cap. Il, V; WHITEHOUSE, 1977, (traduzione italiana, 1981). Anche nell'Occidente sono stati portati alla luce nuclei abitativi a carattere urbano o paraurbano di età neolitica. Si tratta di un campo in corso di studio, che potrà dare risultati di grande rilievo anche in una lettura comparata con i documenti orientali
0 Sulle mura urbane di Uruk (3000-2300 a.C.) è fondamentale NISSEN, 1972, che precisa l'esistenza di tori dapprima rettangolari e poi rotonde, e di almeno due porte e delinea il quadro storico della loro erezione (pp. 795-796). Sulla città cr. poi MATTHIAE, 1976, pp. 54-55, che sottolinea, della fioritura urbana di Uruk, la «potenzialità a porsi come modello», rilevando l'importanza dei grandi edifici del complesso di Eanna (sulla cui natura e funzione, cfr. ibidem, pp. 52 e ss. e, prima, LENZEN, 1968). Dell stesso studioso cfr. l'aggiornamento dell EUA, pp. 32 e ss, che ricorda le indagini fondamentali di Mc Adams sulle modalità di sviluppo dei primi ag gregati urbani nella regione di Uruk. Sulle caratteristiche bellico difensive delle fortificazioni dellorganizzazione militare mesopota mica, cîr. HARMAND, 1981,pp. 17, 29:30, 153, 164-165. 31 Su Gilgame$ cfr.,tra l'altro, JACOBSEN, 1963, pp. 244e ss; MATTHIAE, 1976,p. 122. Sul mito cfr. KIRK, 1969, pp. 100, 134, 147 ess. (fissa gli inizi del processodi composizione intorno al 2000 a.C}; cfr. poi ELIADE, 1975, pp. 92-94 (notevole la precisazione, a 1. 96, che l'epopeadi Gilgame$ presenti le sofferenze fisiche e mentali di un innocente che € stato paragonato a Giobbe. Di grande rile: voal mio assunta in particolar: recuperata la salute, il giusto rende grazie a Marduk attraversando ritualmente le dodici porte del suo ia); OFFNER, 1960; AMIET, 1960. Sul rapportotra il mito di Gilgames e la tradizione sumerica, cfr. PARROT, 1960 e 32 Le citazioni del testo sono da MATTHIAE, 1976, pp. 87, 70, 72. Importante ribadire, con l'autore, come il seminomadismo 202
dell'età del Bronzo Medio (ctr. anche le bibliche peregrinazioni dei Patriarchi) abbia costituito un incentivo alla fortificazione, intesa come ostacolo fisico ai colpi di mano di tali popolazioni. Per alcune indicazioni sui problemi specifici, si rimanda a: OPPENHEIM, 1964; Uno, 1981 (sulla civiltà sumerica); Cassın, 1968 (sulla «mentalità mesopotamica»); RINALDI, 1968 (sulle letterature artistiche del Vicino Oriente); BILLERBECK, 1900 (sull'aspetto architettonico delle strutture difensive di quest'area). 33 Cfr. NAUMANN, 1955; MATTHIAE, 1976, pp. 13-131. Le porte urbiche sono caratterizzatein Oriente dallo sviluppo longitudi
male, da due o tre varchi a battenti o saracinesche e, talora, da corpi di difesa avanzati cfr. per l'area palestinese, Gereza e Sichem; per quella siriana Ebla, Qatua, Alalah). Una tipologia «paleosiriana» che subisce sviluppi locali (Sichem, Megiddo) e alterazioni proporzionali (area hittita, HattuSa, con formulazioni monumentali, anche per l'importanza dell'interpretazione figurativa del tema della tutela
della porta espressa nelle splendide sfingi di Yenkagi a Bodazköy). Le tipologie bittite imperiali sembrano porsi all'origine delle grandi porte urbiche dei centri neoassiri (porte e cinta di Ninive). # Clr. LEROI GOURHAN, 1977, pp. 384-385. Sull'importanza e la funzione della città-stato mesopotamica, cfr. FRANKFORT,
1954, p. 22; cfr. poi LIVERANI, 1976, pp. 450-451; MATTHIAE, 1976, pp. 102 e ss. Sulla tipologia delle città, MOSCATI, 1976, p. 227. Cir. poi la guida «storica e critica» di AMPOLO, 1980 (raccolta di saggi fondamental collegati da introduzione critica). Da un punto di vista antropologico è fondamentale sull’cidea di città», RIKWERT, 1981 (in particolare pp. 158 e ss, 162 e ss). 35 Sul simbolismo cosmico è fondamentale LIVERANI, 1976, pp. 443-448; 450-456. In particolare, per quello della cittä-tempio su-
mera, cr. FRANKFORT, 1950 e FALKENSTEIN, 1954.
36 Sul problema della ziggurat, cfr. tra l’altro, WooLLEY, 1923-1939; CASTELLINO, 1977, con bibliografia; LLovD, 1972,pp. 2022; Tucci, 1975, pp. 69 e ss; MOSCATI, 1976, pp. 242-243; IDEM, 1978, p. 33. In particolare, sulla torre di Babele, la sua tipologia e il suo significato di «Porta di Dio» o «Porta degli Dei», PARROT, (1978, p. 105), precisa che si trattava «di una scala; il tempio che essa. sorreggeva era in definitiva una porta» e rimanda alla Genesi (episodio della scala di Giacobbe, alla «porta dei cieli», XX VIII, 11-19, e. alla «porta di Dio», XI, 9). Cfr. poi le considerazione generali di ELIADE, 1975, p. 190; IDEM, 1978, p. 145 (dove la definisce come una «montagna cosmica»). Più puntualmente, cfr. DOMBART, 1919; IDEM, 1920; IDEM, 1930; IDEM, 1932; MINKowsKY, 1960; PARROT, 1978.
37 Sulle strutture palatine cfr. MATTHIAE, 1976, pp. 123 e s ( più antichi esempi di età protodinastica attestano, soprattutto nel paese di Akkad, l'affermaisi di un'autonomia del palazzo, inizialmente accanto ma successivamente in contrastocol tempio, come sede dî un nuovo potere politico); LIVERANI, 1976, pp. 309 e ss; e cfr. inoltre EDZARD, 1974, pp. 141 e ss (sulla similitudine fra porte di pa lazzi e di città); MARGUERON, 1974 (il palazzo non ha caratteri morfologici propri; rapporto fra porte di città, dei palazzi, dei santuari; e ancora Coppa, 1968; TERRANOVA, 1970, p. 285. Sul tempio, cr. in particolare MOSCATI, 1976, p. 239; sulla città tempio, cfr. FAL. KENSTEIN, 1954. 38 Su Hai (1728-1686 a.C.2), cfr. PARROT, 1960, p. 349. Sul tempiodi Bar, cfr. Livon, 1972, p. 25 e fig. p. 24.
9 Su Khorsabad, costruita da Sargon II d’Assiria (721-705 a.C), cfr. LouD, 1936-1938; PARROT, 1960, p. 342; LLOYD, 1972, p. 40; MATTHIAE, 1976, pp. 113 e ss; FRONZAROLI, 1976. Perle porte, cfr. tra l'altro: PARROT, 1946, pp. 70 ss. rilievo fig. 18); FRANK. FORT, 1954; PARROT, 1960, p.98 fig. 107; MOSCATI, 1976, p. 253 (ui tori androcefali presso le porte). Dal puntodi vista urbanistico, cir. GIULIANO, 1966, pp. 101-103; Cora, 1968, pp. 510-511; da quello militare-tecnico-difensivo, cr. HARMAND, 1981, pp. 104, 145, cui si aggiunga, in specifico, sulfarmata e l'organizzazione marziale assira, MALBRAN-LABAT, 1982 (pp. 13 e ss. sulle fortezze e gli tinerari; pp. 113 e ss. sulle funzioni e la gerarchia militare; p. 165: immagini feroci dei guerrieri assri attestate dai bassorilievi e perpetuate dalla tradizione biblica non collimano con la loro fisionomia quale si ricava dalle lettere dei sargonidi ritrovate a Ninive; pp. 339 ess ampia e accurata bibliografia). Sullattività bellica di re Sargon II, fr. Lis, 1929; TADMOR, 1958. 0 Sulla funzione della religione in Mesopotamia, il rapporto che la lega al potere politico; sulla magia e la «magia di stato»; sull'organicità del quadro religioso sumerico, sul rapporto tra la città e il suo Dio; sugli aspetti magici dei rituali è fondamentale GARBI NI, 1976, pp. 318 e ss. Cfr. poi WINCKLER, 1982, soprattutto pp. 42 e ss. Peril significato magico degli stipiti, cfr. HAAG e alti, 1960, pp. 781-782. Su questi problemi, cfr. NAUMANN, 1955, pp. 298-302; HARMAND, 1981, p. 148.
1. Per a bibliografía sugli hittti si rimanda alle recenti opere di alta divulgazione tradotte in lingua italiana da Feltrinelli (collana i mondo della figura), Nagel (collana Archeologiae mund), Garzanti, Einaudi ecc. Segnalo, in particolare, per una panoramica storico culturale e per una cronologia comparata, BOHADIR ALKIM, 1975; una panoramica precisa in LEHMANN, 1977. Per l'origine e Jo sviluppo delle fortificazioni in Anatolia, GARSTANG, 1953; NAUMANN, 1955; per aspetti di cultura militare, cfr. HARMAND, 1981, pp. 28, 44, 144 e ss. Su Hattuta-Bogazkoy, della basilare produzione del BITTEL, segnalo soltanto, oltre ai resoconti delle campagne di scavo (AA.VV, 1935; 1938; 1957; 1969; 1975), le opere del 1970; 1977, pp. 103-116. Per una panoramica, cfr. inoltre Copa, 1968, pp. 333 e ss. e, naturalmente, MATTHIAE, 1976, pp. 78, 108. Sui templi, fra cui, in particolare, «grande tempio» di Hattula, cfr. NE. VE, 1966. Sui palazzi hitii cfr. l'indagine linguistica, con specifico riferimento alle porte, di GUTTERBOCK, 1974. Sulle porte urbi 203
che di Bofazköy, cfr. MATTHAE, 1976, p. 253; BITTEL, 1977, pp. 118 e ss con particolari riferimenti a quelle di Büyükkale, cittadella di HattuSa. Di queste, sulla cosiddetta «porta del Re», collocata a Est (1300-1200 a.C), cfr. Moscati, 1976, p. 261, ma, soprattutto,
BrrreL, 1977, pp. 260-261; su quella Sud, «delle fingi» e su quella Ovest, «dei leoni» (1300-1200 a.C.), cr. BrrrtL, 1957, pp. 25 ess; IpEM, 1977, p. 223. Cfr. inoltre NEVE, 1966. Sulla porta di epoca frigia, sulla fortezza e sulla statua della dea, fr. BITTEL, 1958, p. 65; IDEM, 1970, p. 161. Su Alaca Höyük (oltre alla porta d'ingresso, da rilevare la porta urbana collocata a Ovest, con due torri rettangolari, passaggio centrale sotterraneo e pseudo volta) si rimanda a BOHADIR ALKIM, 1975, pp. 121 e ss, da consultare anche per Aliar, assieme a BrrrEL, 1977. Non è possibile non menzionare le celebri e multiple cinte fortificate di Zincinli di tipo ‘classico’, più tarde (X-VIII secolo) e con torri semicilindriche, per cui cfr. NAUMANN, 1955; TUULSE, 1958, p. 9; YADIN, 1967. E doverosa, infine, fra le fortificazioni di quest'area, la citazione di Troia, per cui si rimanda a BOHADIR ALKIM, 1975, pp. 96 e ss, 126 e ss. Per una panoramica degli aspetti magico-rituali della cultura hittita, cfr. LEHMANN, 1977. Su aspetti rituali legati alle porte e ai iti di passaggio, cfr. DEL MONTE, 1973 (ne sottolinea la funzione protettiva, purifcatrice, medico magica, profilttica, apotropaica), e CAPRETTINI, 1975 (per l'aspetto semiotico). Utile ancora GOETZE, 1957, pp. 157e ss. Per rimandi testuali, cfr. CASTELLINO, 1977, soprattutto pp. 209e ss. (inno al tempio di Eengurra di Enki in Eridu, vv. 18-70, che mette in luce l'alto simbolismo della costruzione templare; cfr. poi pp. 242243; 283 e ss, 391, Inno a Samas; pp. 571 e s., preghiere e scongiuri per l'inaugurazione della casa; cfr. pure pp. 648 e 651, sul rituale; pp. 710 e 730 sulla porta del cielo; pp. 716 e ss. sul rituale della casa «magicamente cintata») #2 Per la citazione cfr. MACRIDY-BEY, 1908; su Alaca-Höyük, però, sono fondamentali anche ipiù recenti MATTHIAE, 1976, p. 61 (anche per bibliografia); BITTEL, 1977, pp. 105 e ss. (sul quadro storico dello sviluppo urbano), pp. 122, 187, 195, 201 (sulla porta delle sfingi, di cronologia discussa, prima datata intorno al 1400-1300 a.C., per cui si veda fig. 209. Si tratta, perd, non della porta di una cinta urbana, ma dell'ingresso a uno spazio il cui centro era occupato da un santuario del dio della tempesta, interessata da una percorribilità rituale a sfondo sacrificale e processionalej; cfr. poi la tarda morfologia delle porte di città in NAUMANN, 1955, le relati ve considerazioni dell'autore. Sempre in area anatolica è da segnalare, inoltre, la porta tripla di Zincrli. #3 Sulle porte di Balawät, ora in parte al British Museum di Londra e in parte al Louvre, cr. LLOYD, 1972, pp. 46 ess. e fig. 84 (rilievi bronzei, con esempi di fortificazioni sul tipo di porta Soprana, narrano le imprese di Salmanassar II); cfr. inoltre LENORMANT, 1878; PARROT, 1946, p. 100 fig. 24 e NAUMANN, 1955. Interessanti anche gli spunti offerti dalla città di Kishesim nella Media, la cui porta è raffigurata in un bassorilievo assiro dell VIII secolo a.C. (cfr. in GHIRSHMAN, 1955, fig. 110 p. 85); da un rilievo parietale di Sargon II da Khorsabad, del periodo neoassiro (conservato a Parigi, Louvre, AO 19889, Inv. Nap. 2893, LP 3511, su cui cfr. POTTIER, 1924, n. 43; AA.VV., XIV, 1975, fig. 223; MATTHIAE, 1976, fig. p. 386, c per una esegesi dei rilievi, p. 115); da una dell'epoca di Assurbanipal (669-626 a.C), con lecittà di Ninive e di Mandaktu (?) nell Elam raffigurata con precisione notevole di dettagli, per la quale cfr. BARNETT, 1975 e, prima, GIULIANO, 1966, tav. 39 e pp. 211, 281. Quest'ultimo lavoro è utile anche per la bibliografia intorno alle rappresentazioni di città assire, con intenti piuttosto celebrativi delle gesta dei sovrani che descrittivi. Sull'argomento, cfr. anche ‘AMIET, 1975, e, per la connotazione politico-religiosa GARELLI, 1963. Su rilievi di Ninive, si vedano inoltre l'interpretazione, le consi derazioni e la bibliografia di HARMAND, 1981, p. 100 e note 3, 4, p.9, e per una tesi differente CAMPBELLTHOMPSON, 1937. Sulle pri me rappresentazioni di città in Grecia e nel mondo romano in probabile dipendenza da illustrazioni geografiche, cfr. ancora GIULIANO, 1966, pp. 212-218, 237 (con bibliografia specifica anche sul problema delle rappresentazioni di città e sui rilievi lici, come quelli di Pinara); MANSUELLI, 1972, pp. 239-244 (età tardoromana e bizantina) ^^ Sulle zone antistanti o retrostanti le porte come luoghi deputati agli affari politici, commerciali e, soprattutto, giudiziari, cfr. Hang, 1960, p. 783, che cita le testimonianze di ERODOTUS, Historia, I, 179 e cfr. Isaia, 45,2, sulla natura delle porte di Babilonia e le fonti bibliche sull'argomento: Genesi, 23,18; Ruth, 4, 1-11; Salmi 127, 5. Oltre a queste, cr. quelle citate da Rosr, 1981, note 27-29 e pp. 133, 134, 137 (Amos, 137 e Samuele, 15, 1-6). Notizie ampliate e ribadite con citazioni ulteriori da BURROWS, 1957, p. 355, che ri corda la funzione «civica» delle porte (Samuele, I, 18-19), e che l'ingresso urbano «era il centro delle notizie: Davide dovette apparire Ji alle truppe c ai suoi sostenitori, per sostenere il morale...». Segnala poi — elemento fondamentale al nostro assunto — l'espressione biblica «con le tue porte», a significare «con le tue città» (cfr. RSV: Deuteronomio, 12:12,15,17, 21 ecc). Sulla funzione di mercato, egli rimanda a 27 Re, 7:1,18; per quella giudiziaria a Deuteronomio 21:19; 22:15 e a Isaia, 29:21 (oitre ai precedenti); per la porta come sinonimo della corte o del luogo del giudizio cfr. Amos 5:12,15. Per le porte del tempio di Gerusalemme cfr. in specifico Ezechiele 4847; su quelle del Tabernacolo, Esodo, 27:16; 35:17 ecc.. Sull'argomento delle porte nella Bibbia, considerate sotto profili diversi, cfr. PARROT, 1946 e REINLE, 1976, ma è importante pure MCKENZIE, 1981, pp. 750-751. Sulla citazione di Ruth e le porte come corrispondenti ai nostri Municipi, cfr. RAVASI, 1979 e IDEM, 1981, da consultare anche per l'esegesi dei Salmi. 45 Sul nome ‘Babilonia = porta di Dio', cfr. per tutti ELIADE, 1975, p. 97; IpEM, 1978, p. 143; in PARROT, 1946, p. 67 e a nota 3 si veda la situazione degli studi sull'argomento; e in SALONEN, 1961, in specifico, il settore relativo alla glottologia. Sul resoconto di Erodoto, cfr. RAVN, 1942; GARCIA Y BELLIDO, 1965, pp. 17-26; GIULIANO, 1966, pp. 100, 187; LLovD, 1972, pp. 59 e ss. (in particola re sulla descrizione della porta di Istar, si rimanda inoltre a COLDEWEY, 1925; IDEM, 1930; ANDRAE, 1932; Tov, 1955, fig. p. 14). Sui 204
giardini, cfr. PARROT, 1956, pp. 38e ss; GRIMAL, 1974, p. 13. Sui fattori ambientali, in generale, cfr. MOSCATI, 1976, pp. 237-239. Per tutte le fonti bibliche sulla città e per un consuntivo della sua storia e della sua "religione" cir. MCKENZIE, 1981, pp. 117-119. Per le citazioni qui nel testo cfr, nell'ordine: PARROT, 1956, p. 343; EE, sv. memoria, p. 1075; MATTHIAE, 1976, pp. 116-118; (con biblio grafia ulteriore e rimando a una concezione cosmologica che vede la terra come una piramide a sette terrazze, circondata dall'occano, sulla quale gravano tre cieli e di cui Babilonia, situata sulla terrazza superiore, è il centroe il vertice); ROCCHI, 1908, p. 33; Cassı RA MELI, 1964, pp. 35 e ss; FINELLI, 1968, p. 372. Babilonia presentava una struttura urbana pianificata sulle direttrici delle otto grandi porte (MATTHIAE, 1976), delle quali quattro recuperate (PARROT, 1946, p. 180) e in collegamento con il tempio della divinità (UNGER, 1970). Uno degli ingressi più famosi è quellodi Itar (cfr. GARBINI, 1976) della cui struttura rimangono ampi resti in loco (v. qui figg. 207 e 208) mentre le sue parti decorate sono inserite nella ricostruzione dell'edificio conservata a Berlino (cfr. qui fig. 209 e PARROT, 1946, pp. 178 c ss). Sui problemi relativi alla porta cfr. anche FRANKFORT, 1963, pp. 40-41. Sulle cerimonie, cfr. JACORSEN. FRANKFORT, 1963, pp. 200 e ss; GARBINI, 1976, p. 404. Sulle pietre votive con la registrazione dei confini e maledizioni per chi li vio lasse cfr. DILKE, 1971, p. 19. Sul concetto di Babilonia come «città santa», oltre a UNGER, 1970, cfr. MATTHIAE, 1976, I, p. 80; ma, prima, CAMPBELL, 1962, pp. 150. s.. Peri significati simbolici delle strutture della cità, cfr. FALKENSTEIN, 1954; TUULSE, 1958, p. 8; Coppa, 1968; TERRANOVA, 1970, p. 285, e, più in generale, OPPENHEIM, 1980. Sui viaggiatori citati nel testo, cfr. in particolare su Beniamino di Tudela, CAMEN, 1940. In generale, sul problema cfr. GARCIN, 1983. Cfr. anche PARROT, 1956, p. 78 e BALBI, 1978; in par ticolare si veda il catalogo della mostra «La riscoperta dell'Egitto nel secolo XIX: i primi fotografi», Torino, 1981, e il catalogo della mostra «L'Oriente in questione», Marsiglia, 1975, con appendice sui viaggiatori. Sul rapporto fra Antico Testamento e la cultura e la tradizione di questi popoli, cfr. GORDON, 1959. Per notizie, cronologia e problemi connessi al! Entma ef, si vedano, fra l'altro, La. BAT, 1935; AA.VV., 1959; e, in particolare, FURLANI, 1958, pp. 3 s ; KIRK, 1969, pp. 29, 99, 101, 104, 133, 136 (con ulteriori riman. di bibliografici ai fondamentali Kramer e Jacobsen); ELIADE, 1975. Sulla festa del capodanno babilonese,.cfr.: ancora KIRK, 1969, p. 268; ELIADE, 1975, pp. 87-88, 268; per un ampio e stimolante quadro, Le GOFF, 1977, pp. 501-534 (con bibliografia) cfr. inoltre BER. GER, 1970, p. 155. Sulla città di Babilonia come simbolo del male (titolo poi passato a Roma in opposizione a Gerusalemme), cfr. fra l'altro, RINGPOM, 1951, pp. 435 e ss; DE LuBAC, 1959; TUVENSON, 1964; BREDERO, 1966, p. 261; Eco, 1973, passim. Sulla connota zione apocalittica di questi rimandi simbolici ritornerò diffusamente più oltre. Per problemi urbanistico miliari, relativi a Babilonia, cfr. infine HARMAND, 1981, p. 145. 45 E ovvio che in questa sede non intendo seguire la dinamica di trasmissione dei contenuti. Faccio pertanto riferimento esplicito all'autorità di SMrru, 1956, per la documentazione circa le connessioni dirette fra età romana, ellenistica e mondo mesopotamico.
^7 Anche sul piano dei significati non considero le porte urbiche romane nella loro globalità perché per la mia disamina sono più indicative quelle dei castra, simili a uelle urbiche fortificate del Tardo Antico (e perci più facilmente recepibili e divulgate attraverso monete, ecc.) che si possono considerare uno fra gli antecedenti a quelle medievali. #8 La citazione è da STRIKA, 1967, p. 239. Su questi problemi cfr. ALFOLDI, 1934 (sulle insegne imperiali) e IDEM, 1935 (sugli svi uppi del cerimoniale), VAN DER MEER, 1938, e, naturalmente, GRABAR, 1936, p. 126, passim. Interessanti le ulteriori indagini del Christe, Sui problemi connessi ala tipologia, cr. qui, il 2 tipologia. Sul'incidenzadel castrum romanosui complessi medievali e, in particolare, sulla «questione federiciana», cfr. WILLEMSEN, 1974, p. 399. Un ultimo attestato del valore fondamentale del castrum in FixtLU, 1968, p. 373, e, per un quadro d'assieme, BETTINI, 1955, p. 326. 49 Sulla autonoma sensibilità di Roma al culto delle porte si veda l'importanza dei riti di passaggio, del culto di Giano (per cui, cfr. qui il 10.3. e il 1044. Si veda inoltre BoSSERT, 1959), cosi ampiamente valorizzato dagli studi di DUMEZIL, 1977, e del concetto della «Porta Triumphalis», su cui cfr. COARELLI, 1968, pp. 58 e ss. (con bibliografia). Sul culto di Roma aeterna, cfr. LUGLI, 1949, oltre — ovviamente — al già ricordato PASCHOUD.
50 Su questi problemi cfr. KRAUTHEIMER, 1942 (che rimanda a GOLDSCHMIDT, 1923; Frev, 1929; ROSEMAN, 1934), opera fondamentale. Per la rappresentazione della città nel Medioevo cfr. LAVEDAN, 1954, fra i molti studiosi del campo. 51 DoNALDSON, 1859 (ma 1965) è opera fondamentale sulla funzione commemorativa di medaglie e monete, sul rapporto tra le figurazioni architettoniche riscontrabili in esse e l'architettura, ovvero sul valore documentario di questi reperti. Cfr. però gli aggiorna: menti di PRICE TRELI, 1977, soprattutto sull'importanza delle monete come fonti vere e proprie per la storia dell'architettura antica e sul concetto di «rappresentazione enfatizzata» dei monumenti nella documentazione di questo tipo. Cfr. inoltre, per problemi più specificamente legati alle porte di città: in ambito spagnolo, in generale EHRENBERGER KATZ, 1969. Per aggiornamenti, cfr. poi gli atti del convegno La Zecca di Milano, tenuto a Milano nel 1983 (in corso di pubblicazione. Cfr. in ispecie gli interventi di KING, BASTIEN, BeLLONI, DOXEN, GORINI, DEPEYROT, GRIERSON, VIOLANTE-BRUHL, LOPEZ). 52 Cfr. SUTHERLAND, 1967; per un orientamento generale, cfr. anche IDEM, 1974. Per la moneta di Costantino, cfr. BRUN, 1966, VII, e, in particolare, le tavv. 2,n. 231 (Lione); 3, n. 1 (Treviri; 6, n.n. 314, 321, 326(Arles); 8, n. 171 e9 n. 393 (Romal; 18, n. 8 205
(Costantinopoli). Da notare che, secondo SMITH, 1956, dopo la riforma monetaria di Diocleziano si affermano quattro tipi di portali
nelle monete, tutt rappresentaticon cupole; delle porte di città sottolinca il simbolismo celeste, notando inoltre che le torri con cupola
hanno un significato connesso con l'ideologia imperiale. Per la monetazione di Valentiniano c Teodosio, cfr. PARLE, 1951, soprattutto le tavv, ILI, n. 7 (Treviri) e IX, n. 18 (Tessalonica); egli nota la rarità del motivo delle porte nell'iconografia monetaria di questo periodo. Non diffuso pare anche in età bizantina, stando agli esemplari raccolti da MORRISON, 1970. Per la monetazione carolingia, cfr. MORRISON-GRUNTHAL, 1967, in cui cfr. i n.n. 198 e p. 106 (tav. VII, 768-814); 116 (tav. V e p. 93, 768-814); 324 (tav. XI, 814-840); 368 (tav. XII, 814-840); 375 (ibidem); 417 (tav. XIV, 814-840); 435 (tav. XV, 814-840); 446 (tav. XVI, 814-840); 452 (tav. Vlle p. 146, 814, 840); 944 (tav. XXX, 843-877). Cfr. inoltre il Corpus nummorum italicorum, tav. XXXIX (Pavia, moneta di Ludovico il Pio re d'Italia) 6a, 7a, 8/4; tav. XXII (Treviso, stessa epoca). Cfr. fig. 21 le. Sulla fortuna del motivo con i capetingi fino a Luigi XII, cfr. LAFAURIE, 1951, n.n. 130 (tav. V, p. 14, 1108, 1137) 154 (tav. V, p. 17); per la confusione col tipo del castello cfr. i n.n. 198p. 23; 201 a,b
(tav. VIE, p. 24) ecc.
53 Cfr. la documentazione in proposito in DONALDSON, 1859 (ma 1965). Per aspetti di studio semiologico del problema, cfr. an-
che REINLE, 1976.
5* DoNALDSON 1859 (ma 1965), pp. 304 e ss., n.n. 81-87. Per bibliografia ulteriore cfr. inoltre le note precedenti 55 Sulla medaglia di Magonza,cfr. tra l'altro GRABAR, 1966, p. 110; IDEM, 1968, pp. 145, 149; CHRISTE, 1973. Sul sigillo di Carlo Magno (800-814) del Cabinet des Médailles della Bibliothèque Nationale di Parigi, cfr., tra l'altro, SCHRAMM, 1928, II, figg. 7 a -d. cfr. poi, anche per un quadro generale gli atti del convegno su Roma e l'età carolingia, AA. V V., 1978. Sulla simbologia del potere caroli tio, cr. SCHRAMM FILLITZ, 1978e prima, SCHRAMM MUTHERICH, 1962, Per considerazioni particolari, cr. TULLE, 1958, p.28. Si pesi cfr. FORIEN DE ROCHESNARDLUGAN, 1976.
56 Chi scrive, sulla scia degli studi di Cagiano de Azevedo, ha portato ulteriori aggiornamenti ai problemi della cultura artistica ambrosiana,sia in occasione di corsi universitari tenuti negli anni 1973/74; 1982/83 (Università di Genova), 1980/81 (Università di MiJano), sia in due contributi, di cui uno su L'architettura ecclesiastica promossa da Ambrogio alle radici del Romanico di Milano (comunicazione alla giornata commemorativa in onore di Wart Arslan, Venezia, 1983, 26 marzo, in corso di stampa)ed uno su La porta di città come testo semiotico, anch'esso in fase di pubblicazione (relazione al Cours Paris-Sorbonne, IV). Una frase di Sica, 1970, p. 82 sulta di particolare rilievo al mio assunto: «Niente si presenta così interessante dal nostro punto di vista come la sostituzione e la contaminazione della mitologia pagana preesistente con quella cristiana e il proiettarsi della nuova struttura simbolica nello spazio idealmente percepito dalla nuova cità. Il fenomeno si attua a doppio livello, a livello letterario della filosofia, storiografia e agiografia e al livello della immaginazione popolare». Sulfarte cristiana come prolungamento di quella ufficiale romana, cfr. in particolare GRABAR, 1979, p. 127. Sulle chiese costruite intorno alla città di Le Mans «Pro defensione civitatis vel salubritate populi» e di Fulda (oltre ai cori di Bamberg ed Utrecht), cfr. HERZOG, 1956 e SicA, 1970, pp. 88-89. Sulla topografia urbana di Milano fino all'età tardoantica, cr. lin telligente lettura di ARSLAN, 1982. Per le basiliche ambrosiane come premessa al Romanico milanese, cfr. il mio articolo, in fase di stampa, primo annuncio di una ricerca in atto. Sul problema della rappresentazione dei contenuti del potere, cfr. GRABAR, 1936 (ol rimando ad Alfoldi e Rodenwaldt ec .; CHRISTE, 1971. E necessario tener presente per la questione anche i sarcofagi a porte di ci tà. L'ultimo contributo in merito è di BRANDENBURG, 1983; cfr. poi negli atti del simposio pisano, del 1982, a relazione del medesimo. studioso. Per i rapporti con la Rivelazione di Giovanni, cfr. CHRISTE, 1968; IDEM, 1969. Sulla simbologia del sarcofago di Ambrogio e i suoi riferimenti all'Apocalisse o a Matteo, XIX. 28, cfr. CHRISTE, 1973, p. 99 e, naturalmente, GRABAR, 1979, contro le opinioni di Ihm, Deichmann, cc. che riferiscono la presenza degli apostoli seduti ai dodici troni menzionati in Matteo, XIX. 28. I primi studiosi propongono invece un rimando più diretto al Apocalisse I e XX. Sui problemi della rappresentazione artistica della Parousia, cfr. cora CHRISTE, 1971; ENGEMANN, 1979; CHRISTE, 1979. Si deve poi ricordare la tesi del GERKE, 1935, che afferma che l'ilustrazione apocalittica nasce a Milano proprio col sarcofago cosiddetto di Ambrogio. Chi scrive segue invece la tesi che le prime raffigurazioni rapportabili a spunti apocalitici siano sorte a Roma attorno al IV secolo (cfr. qui nel testo, passim e soprattutto l'abside costantiniana di san Pietro) per svilupparsi, affermarsi diffondersi d'obbligo nell Urbs, con i suoi grandiosi manifesti absidali nelle basiliche, alla fr ne IV secolo in poi, tesi lla glorificazione della Chiesa, illustrata da ioonografie spesso d’ascendenza trionfalitico imperiale. Sono atte stati dello stesso clima pure i cosiddetti «sarcofagi della Passione» nonché quelli già ricordati «a porte di città». In parallelo va soprattutto messo in evidenza che lata ‘polisemia’ della rappresentazione apocalittica (fr. i lavori di CASARTELLI NOVELLI, in fase di stampa, ci mici corsi universitari presso le Università di Genova e Milano) priva di ogni consistenza il quesito della specificazione relativa al nesso della scena figurata piuttosto con il Vangelo di Matteo che non con la Rivelazione di Giovanni, giacché entrambe le matrici connesse al "libro sacro! possono coesistere (sull'argomento, cfr. anche, qui oltre le note 62, 63 e 64). Da sottolineare che nella cornice del Sacro Volto di Genova (per cui cfr. DUFOUR Bozzo, 1974) la cità di Edessa è rappresentata dalla sua porta, in cui è appunto miniata, secondo la leggenda, la sacra Effigie. Il valore apotropaico denunciato dalla sua presenza è ovviamente assimilato alla funzione difensiva della porta stessa. 206
57 Sullattualità dell'Apocalisse, cfr. ALTHEIM, 1954, pp. 77 e passim; BOCKEL, 1963, p. 11. Per l'interesse critico, cfr. DALMAIS, 1978, p. 63; BISCONTI, 1980. Per nuove interpretazioni, cfr. CORSINI, 1980 (con prefazione di ROSSANO), opera caratterizzata da un notevole rigore storico-filologico. I problemi di fondo che qui più interessano sono: 1) epoca; 2) autore; 3) rapporto coi Vangeli 4) rap. porto con l'apocalittica precedente, quella non giudaica e quelle canoniche di Isaia e di Daniele; 5) nuove interpretazioni e struttura unitaria. Cfr. in proposito ALTHEIM, 1954; CASTELLI, 1954; Beco, 1963; FENASSE, 1963; PERON, 1963; CoRN, 1976; Prrocco, 1977; StEGwaLT, 1978; Du Burr, 1978, DELCOR, 1978; CORSINI, 1980. In particolare, sulla questione strutturale, CORSINI, 1980, p. 84 e ss, che vede l'Apocalisse imperniata su quattro blocchi (lettere; sigilli trombe; coppe) a struttura settenaria; preceduti da un prologo e seguiti da un epilogo. Quest'elemento è particolarmente importante per comprendere il significato della città e del preannuncio della Gerusalemme celeste. 58 Si precisa qui quali siano le città dell'Apocalisse, intese a diversi livelli: le sette chiese delle città di Efeso (2, 1); Smirne (2,8); Pergamo (2, 12); Tiatira (2, 18); Sardi (3, 1; Filadelfia (3, 7); Laodicea (3, 14). Babilonia (17, 1 e ss). Gerusalemme (21, 1 e s ): «aveva. grandi e alte mura con dodici porte, e alle porte dodici angeli...; «e le dodici porte sono dodici perle»; «e le sue porte non saran chiuse di giorno, perché non ci sarà notte colà»; (22, 14 e ss.) «beati coloro che entreranno nelle porte delle città». Sulle città apocalittiche, dal punto di vista archeologico, cfr. RAMSAY, 1906. In riferimento al significato negativo di Babilonia, cfr. qui le note 44 e 60. 9 Sulle sette lettere alle sette città apocalittiche, cfr. tra l'altro RAMSAY, 1906; PRIGENT, 1978; come prefigurazione della Chiesa, si veda CoRSINI, 1980, che considera «verosimile ma non certa» (p. 150) l'ipotesi secondo cui Giovanni scelse le sette città perché colle gate da una strada imperiale dotata di un servizio postale e ne legge il contenuto (pp. 150-151) in senso realistico pastorale. Notevole nella VI lettera, a Filadelfia, il concentrarsi di immagini indicanti «edificio», «costruzione», «chiave», «porta», «colonnadel tempio», «città di Dio», «Gerusalemme celeste», con probabile allusione (ibidem, p. 156) al periodo di ritorno dall'esilioe alla ricostruzione di Gerusalemme e del tempio. © Sulla città di Babilonia nell’Apocaliss, oltre qui alle note 44, 45, 58, cfr. in particolare CORSINI, 1980, passim. Sulla sua distru zione e quella di Gerusalemme, la prostituta, simbolo del giudaismo distrutto per le sue colpe; sull'antagonismo fra bestia e prostituta, realtà ostili e nemiche, e sulla loro lotta come profezia della distruzione di Roma; sulla polemica fra le varie interpretazioni della «prostituta», sin dal III secolo individuata, ma erroneamente, con Roma; su Gerusalemme che, con il deicidio, ultima profanazione del tempio e della città santa, non è più «Sodoma ed Egitto», ma diventa «Babilonia», il peggior nemico del popolo eletto; sulla distruzione di Babilonia non solo come simbolo di Gerusalemme, ma, più in generale dellinflusso di Satana sulla storia; su Roma come incarnazione di Satana, cfr. in particolare ibidem, pp. 440-463. Sulla simbologia delle 7 teste della bestia come adombramento di 7 re, ovvero 7 demoni, secondo l'interpretazione di Ippolito da Roma, del II secolo; sulla possibilità di un rimando alla «settimana cosmica»; sulla simbologia del dragone e della bestia, ovvero Satana, con 7 teste e 10 corna, in derivazione dalla profezia di Daniele (9, 24 e ss.) e sulle 70 settimane che precedono l'avvento del Messia, cfr. le pp. 445-450. Per le identificazioni medievali fra Roma e Babilonia, fra Chiesa e prostituta apocalittica, fra Papa e Anticristo, nell'ambito della cultura millenaristica, degli spirituali francescani, dei Fratelli del Libero Spirito, dei Taboriti di Boemia, in riferimento a Gioacchino da Fiore, cfr. COHN, 1976, p. 41 (anche per l'associazione fra ebrei e Anticristo, p. 93); Prrocco, 1977; CHERY, 1978; e ancora CORSINI, 1980, p. 519; sulla Gerusalemme Nuova, opposta a Roma, cfr., in specifico, Prrocoo, 1977, pp. 352-354. 51 La descrizione della Gerusalemme celeste sta in Apocalisse, XXI-XXII (1-5), seguita dalla prefigurazione del nuovo ordine (XXII, 6:20). Sul suo simbolismo cosmologico, implicato dall'uso ripetuto del numero «12», cifra della totalità e della pienezza biblica (12 porte; 12 fondamenta; 144 braccia di altezza delle mura; 12.000 stadi la misura complessiva della città), cfr. CORSINI, 1980, p. 532. Sulla coscienza di Giovanni nella speculazione sui simboli numerali, cfr. p. 64. Sulla sua connotazione non-storica, ovvero ‘post storica’, cfr. p. 41; per i rimandi simbolici, cfr. pp. 518-519; per la Gerusalemme celeste come realizzazione perfetta c integrale delle profezie sull’avvento del regno messianico, cfr. pp. 522, 534-535. Sulla Donna come suo annuncio (c come Chiesa, Vergine Maria), cf. FEUILLET, 1978, pp. 25 e ss. Sul rapporto con realizzazioni architettoniche, cfr. TERRANOVA, 1970, p. 290. Su problemi collegati, cfr. anche Du Burr, 1978, pp. 18 e ss. e ELIADE, 1978, p. 144. Per un quadro ampio e articolato della tradizione escatologica, cfr. LE Gor, 1981, passim e, in particolare, p. 729.
? Sulle difficoltà del rapporto fra testo apocalittico e illustrazione, immagine, rappresentazione, cfr. CHRISTE, 1979 (e recensione BISCONTI, 1980, p. 212). Su alcuni aspetti simbolici parziali si può rimandare a BOLENS, 1981, pp. 59 ess, cfr. anche qui ante, nota 56. 9 Sulle origini e gli sviluppi dei temi apocalittici nelfarte cristiana antica, cîr. ENGEMANN, 1979; BISCONTI, 1980, p. 211. Ctr. VAN DER MEER, 1938, per l'iconografia catacombale (cubicolo di Leone a Commodilla; cubicolo con i quattro santi e Cristo dei santi Pietro e Marcellino; scena di Traditio Legis nella catacomba di Ad Decimun) e per 'uso delle lettere apocalittiche A e Q. Da ricordare anche il simbolismo dellAgnello (su cui qualche nota è anche in CORSINI, 1980, p. 40. Ctr. inoltre qui ante, nota 56). 55 Se, spostando i tiro, ci si vuole addentrare nella ricerca della data di nascita di un'iconografia apocalittica, probabilmente si de207
ve tornare a Roma, nel corso di que! IV secolo che ha visto la sua produzione monumentale via via connotarsi di un carattere cristiano sempre più esplicito. Soltanto a livello d'ipotesi — che là ricerca ancora da fare ben altro spazio richiederebbe — intendo segnalare alcuni spunti. Non sono in grado di valutare il ruolo della prima abside vaticana: ossia di precisare se riproducesse la Gerusalemme celeste e, tanto meno, con quale immagine. Il disegno del X VII secolo — com'è risaputo — è la copia dell'edizione absidale di Innocenzo TII (1198-1216) e come tale ripropone una versione tardiva della scena, documentata anche dalliconografia matura della città intesa quale blocco monumentale. Per rimanere quindi su di un piano concreto di dati archeologici, è necessario riportarsi alle absidi di santa Costanza. Nonostante le controversie sulla datazione dell’edificio, sia a livello architettonico, sia a livello musivo— datazione che comunque non va oltre la metà del IV secolo — sembra essere questo uno dei primi esempi pervenuti di città con connotazioni apocaliti che (v. qui fig. 214). I ue edifici ai lati estremi della Traditio Legis inseriti in un ambiente paradisiaco, per convenzione indicato dalle pal me, non possono essere considerati «capanne di pastori», benché le ricordino e certamente benché abbiano ripreso il tipo dal repertorio visivo di estrazione idil ica. Le due costruzioni, infatti, possono rappresentare, piuttosto, due porte cittadine a torre singola con il bugnato a quadrettatura e il tetto a cuspide: una di esse, inoltre, è aperta e senza battenti, mentre l'altra, quella a destra, ha le valve chiuse. Se questa mia ipotesi è valida, i due monumenti, inoltre, si integrerebbero molto più agevolmente al significato della scena e ai suoi esplci ti rimandi apocalittici. In un vetro cristiano conservato nel Museo Vaticano, pubblicato da Garrucci (per cui cfr. IHM, 1960, p. 36, fig. 6), compaiono due porte di città di tipo ancora diverso; da queste esce una teoria di agnelli verso l'Agnus Dei sul monte paradisiaco. Sempre nell'opera della stessa autrice è riprodotto il disegno del Grimaldi dell'abside vaticana ai tempi di Innocenzo III. I due edifici da cui escono gli agnelli sono ancora diversi ed assai elaborati. Quello a destra sembra una porta di città fra due torri con cupolotto; quello a sinistra è una specie di parallelepipedo coperto da una cupola a quattro spicchi. I due monumenti, quindi, differiscono da quelli di tipo canonico e anche da quelli del vetro vaticano e dell'abside di santa Costanza. 55 Le rappresentazioni convenzionali della Gerusalemme celeste si avvalgono di precisi elementi desunti dal testo apocalittico. CORSINI, 1980, pp. 528-529, rammenta il fiume che scorre per la città, scaturito dal trono di Dio e dall’Agnello; la luce da cui è ci condata e di cui sono intrise le mura, (p. 532); le pietre preziose caricate di indubbi intenti simbolicie astrologici, (p. 533}; l'assenza di tempio (p. 526). In generale, elementi costitutivi essenziali ne sono la luce/verità e l'acqua/vita, che, combinati, danno origine alla «vegetazione lussureggiante» (22,2); sulla luce come segno della perfezione morale c intellettuale della nuova vita, cfr. p. 538. Per i rimandi figurativi, cfr. CHRISTE, 1979, pp. 131-133; KLEIN, 1979, p. 157. Da notare che sui mosaici compaiono sempre quattro porte, ma non si tratta di una vera e propria 'illustrazione" apocalittica, bensì di visioni teofaniche che hanno le radici nelle concezioni figurative del tempo. Sui problemi delle rappresentazioni di città anteriori allXI secolo, cfr. IHM, 1960; cfr. GIULIANO, 1966, p. 229; KATZ, 1970, pp. 130-132; MANSUELLI, 1972, pp. 239-244; ENGEMANN, 1979, pp. 79-81, 88 e ss; FRUGONI, 1983, pp. 13 e ss. Un ultimo necessario rimando per la rappresentazione della Gerusalemme celeste è quello a CASARTELLI NOVELLI, 1983, e a AA.VV., 1983, passim. 65 Sul tema delle due città di Gerusalemmee Betlemme nella letteratura cristiana, cfr. VAN DER MEER, 1938, pp. 71 e ss. 7 Sull'scrizione di sant Anagira con la citazione del'aarx coelestis» cfr. RAC, 1935. 8 Sui problemi architettonici degli edifici citati nel testo, cfr. in generale, KRAUTHEIMER, 1942; sui mosaici, sempre in generale, MATTHIAE, 1967. Più in specifico: su quelli dell'abside (ante 361) e della facciata di san Pietro (Leone Magno, 440-461, rifattida Inno. cenzo III, 1198-1216) rimasti visibili fino al 1592, cfr. VAN DER MEER, 1938, p. 54 (che si rifà al classico Ciampini). Per santa Pudenziana: ibidem,p. 245; CHRISTE, 1979,p. 119; ENGEMANN, 1979, pp. 79 e ss. e passim. Per santa Sabina: MATTHIAE, 1967. Per imosaici dell'arco trionfale di santa Maria Maggiore: BISCONTI, 1980, p. 211 (interpretazione iconografica come commistione fra prima e se conda venuta di Cristo; cfr. inoltre MATTHIAE, 1962, pp. 96-97, passim, e figg. 53, 65, 71, 73, 74, 75; IDEM, 1967, pp. 87 ess. (con ulteriori rimandi bibliografici; GUIDONI, 1978, p. 28; ENGEMANN, 1979, p. 88. Per i santi Cosma e Damiano: IHM, 1960, pp. 137 e ss; MATTHIAE, 1962, figg. 70, 85; IDEM, 1967, pp. 136 e ss; cfr. inoltre VAN DER MEER, 1938, p. 49. Per il problema della Gerusalemme nei mosaici di san Vitale e sant'Apollinare Nuovo e in Classe a Ravenna, cîr. VAN DER MEER, 1938, p. 14; IHM, 1960, pp. 165 e ss. ENGEMANN, 1979, pp. 94-95; Per san Lorenzo: IHM, 1960, pp. 135-140; MATTHIAE, 1962, fig. 89 e p. 161; IDEM, 1967, pp. 149 e ss. Sui mosaici della cappella di san Venanzio: VAN DER MEER, 1938; per santa Prassede: VAN DER MEER, 1938, p. 50; KRAUTHEIMER, 1942, pp. 15-23; IHM, 1960, pp. 144-145; MATTHIAE, 1962, figg, 176, 183-187; NORDHAGEN, 1964, p. 166; MATTHIAE, 1967, pp. 253255; BARRAI 1 ALTET, 1979, p. 191; Sul momento culturale carolingio a Roma, cfr. BELTING, 1976; sul «giardino» nelle rappresentazioni apocalittiche, cfr. ancora VAN DER MEER, 1938, pp. 25-33. Per santa Maria in Domnica, cîr.: MATTHIAE, 1967, pp. 250 e ss. Per santa Cecilia in Trastevere: VAN DER MEER, 1938, p. 74; MATTHIAE, 1962, fig. 144; IDEM, 1967, p. 249. Per san Marco: VAN DER MEER, 1938, p. 52; MATTHIAE, 1967, pp. 257e ss. Per santa Maria in Trastevere: MATTHIAE, 1967. Per san Clemente: VAN DER MEER, 1938,p. 50; MATTHIAE, 1967; TOUBERT, 1970, pp. 122 e ss; BARRAI 1 ALTET, 1979, p. 206. Sui mosaici di san Giovanni in Laterano: VAN DER Meer, 1938,p. 501; NORDHAGEN, 1964. Sui programmi decorativi absidali del IX secolo, in generale,cfr. IHM, 1960. Un esempio più tardivo di città celeste tratto da mosaici antichi ma realizzato in affrescoè quello del XII secolo in san Giovanni a Porta Latina, in par208
ticolare nella scena con la «Cacciata dei Progenitori». Sullo sfondo, a sinistra, è rappresentato il Paradiso sotto forma di porta urbana che, iconograficamente, fa riferimento all'ingresso della Gerusalemme celeste. Per le rappresentazioni apocalittiche in età bizantina, cfr. tra l'altro, THIERRY, 1979; per l'alto Medioevo, KLEIN, 1979, e cfr.
Biscowi, 1980. Per l'età carolingia, cfr. GOUSSET, 1974, anche per il salterio della Bibliothek der Rijksuniversieitdi Utrecht (scriptores ecclesiastici, 484), su cui cfr. anche GRABAR, 1979, p. 172 e fig. 177, oltre al DE FRANCOVICH, 1970, pp. 48 e ss. e note 177-196 (con ulteriori rimandi bibliografici specialistici. Sui vari aspetti di iconografia apocalittica n questi documenti, KLEIN, 1979, pp. 135 e s . Sul Codex Egberti di Reichenau della Stadbibliorhek di Treviri, cfr. MUTHERICH, in AA. VV.,, 1973, pp. 129-130 fig. 120. Sulla nota Bibbia di san Paolo fuori le mura cfr. tra l'altro, VAN DER MEER, 1938, fig. 39 e pp. 162-163. Per i rimandi ad Apocalisse, 2, 17-18, 21-22, cfr. JAURERT, 1963, p. 22 e ss, e soprattutto CORSINI, 1980, pp. 520-521. Sugli echi apocalittici nearte carolingia,cfr. ancora. Herrz, 1979, pp. 217-244; CURISTE, 1979, p. 129. Sul commentario di Ticonio (in MIGNE, PL, XVIII, cfr. KAMLAH, 1935; LOBUE, 1963; CAZIER, 1976 (questo solo per le Regulae) e CHRIST, 1979, pp. 114-115, 117 (sulle divergenze fra la tradizionedei commentari e quella elle illustrazioni cicliche arcaiche). Sui cicli apocalitici di Treviri, Cambrai, Valenciennes, Parigi, Bamberg, Monaco e sugli affreschi del portico di san Pietro di Civate (Como), cfr. KLEIN, 1979, pp. 135-136, 138, 149, 151-152. 70 Sui manoscritti del Commentario di Beatus di san Severo, cfr. VAN DER MEER, 1938 (bibliografia p. 12). Cfr. poi, tra Taltro, NEUSS, 1931, pp. 162-163; VAN Mor, 1943; PORCHER, 1954; ALEXANDER, 1970, p. 194 nota 5; MUTERICH, 1973, pp. 194-196, figg. 185-186, c p. 415; Eco, 1973; WERCKMEISTER, 1973; KLEIN, 1976; MEZOUGHI, 1978, IDEM, 1979. Cfr. inoltre AA.VV., 1978. Sulle fonti e le tradizioni paleocristiane nel metodo «espiritual» di Beatus, cfr. FONTAINE, 1980. Sull'influenza dei Commentari, cfr. CHRISTE, 1979, p. 118 (anche sulla traduzione latina, per cui cfr. inoltre IDEM, 1980). Sulla fedeltà delle illustrazioni al testo apocalitti co, cfr. VAN DER MEER, 1938,p. 79; KLEIN, 1976,p. 151. Per i rapporti con l'architettura carolingia, cfr. HEtTZ, 1979,pp. 227e ss. Sulla maggiore vicinanza al prototipo del ms. di san Severo, cfr. MUTERICH, 1973, pp. 194-196. Sui rapporti con il testo di Daniele, 8 («Nell'anno terzo del regno del re Baltasar mi apparve una visione. lo, Daniele, dopo quello che ebbi veduto da prima, ebbi una visione trovandomi nel castello di Susa, che è nella contrada di Elam, e nella visione mi pareva di essere sulla Porta Ulai..)»). SullApocalisse di Daniele, cfr. in specifico DELCOR, 1978, pp. 14 e ss. (spiega le quattro bestie visteda Daniele come simbolodei quattro Imperi mondiali: leone per Babilonia, orso per la Media, pantera per la Persia, una senza nome per la Grecia: le prime tre uscite dalla tradizione astrologica). Per il rapporto fra i Beatus, gli affreschi di Civate e la tradizione ticoniana, cfr. CHRISTE, 1979. Per il rapporto fra i Beatus, l'Apocalisse di san Severo, la Rinascita asturiana e la Reconquista, cîr. DE LoJENDIO-RODRIGUEZ, 1979, pp. 15, 19, 20 e passim. 7! Sul tema «Apocalisse e insecuritas», cfr. CASTELLI, 1961, e, in particolare, ADRIANI, 1961, pp. 21 e ss. fsull'incertezza come «chiave di lettura» della narrazione evangelica e sul tema dell'Apocalisse come sostituzione trionfale della insecuritas con la Revelatio). Sulla centralità della letteratura apocalittica giudaica nella tradizione millenaristica, cfr. COHN, 1976, pp. 27, 71; Prrocco, 1977, p. 356; DELCOR, 1978,pp. 14e ss. Cfr. COHN, 1976, anche per le correlazioni fra questi temi e taluni «periodicritici» della storia (pp. 36, 44,45,49); cfr. poi CORSINI, 1980, p. 29. Sulle origini, le radici culturalie lo sviluppo storico del millenarismo, cfr. Cotin, 1976, p. 40; BEnort, 1978, pp. 48-49 (ma è fondamentale l'impostazione critica del CORSINI, 1980, pp. 16-33). Per un quadro generale cfr. BreDERO, 1966 (per le influenze sibiline e apocalittiche nell'XI c XII secolo, sui temi millenaristici in San Bernardo, cfr. RADCKE, 1915); Prrocco, 1977, pp. 349-352 (anche per precisazioni di ordine terminologicoe per i rapporti fra millennio e utopia, pp. 365-366); CHERY, 1978, pp. 50 ss; la voce Millennio in EE, 1980, pp. 312-331; annotazioni importanti in MICHELET, 1981, pp. 230.231; CAR DINI, 1981,pp. 293-295; POGNON, 1981 (ma cfr. anche il volumedel 1947). Sul rapporto con il movimentoe l'ideologia delle crociate, cfr. ancora CoRN, 1976, p. 84; da consultare inoltre (pp. 36-39, 42, 55-56, 88) per la letteratura sibillina (su cui cîr. BOUSSET, 1896; SACKUR, 1898), anche nei suoi rapporti con la cultura di San Bernardo (p. 88) e coi movimenti pauperistici (pp. 70-71, 82:83) 72 Sul concetto di ‘memoria’ applicato ai luoghi santi, cfr. HALBWACHS, 1925, pp. 243-300, e IDEM, 1950, pp. 134 e ss. Per molti spunti in riferimento alla spiritualità crociata cfr. ancora IDEM, 1942, pp. 164-165, 175, 179, 189, 192-193, 195, 199.206 (per lacitazione riportata nel testo, p. 200); da consultare anche (pp. 149 e passim) sulle localizzazioni cristiane prima del IV secolo, sulla funzione dei Vangeli c delle tradizioni orali come «meccanismi della memoria» (in particolare p. 177 sul ruolo della localizzazione della Natività a Betlemme; sul ruolo della ubicazione del Cenacolo cfr. IDEM, 1941, pp. 81 e ss). Sui Luoghi Santi ctr. poi il mio corso / Luoghi Santi, Università di Genova, Facoltà di Lettere, aa. 1981-82. Sugli avvenimenti di Clermont e il discorso di Urbano II cfr. MUNRO, 1905; BREDERO, 1966, p. 259 e bibliografia nota 3; CARDINI, 1972, pp. 73-74; CoHN, 1976, pp. 68, 89. Su ‘Gerusalemme città sacra’, cfr Rosr, 1981, p. 137 e, prima, MUELLER, 1961; RAVASI, 1972. Sulla mappa di Madaba, cfr. AVI-YONAH, 1954. Su questi problemi cfr. pure qui la nota 44; sugli aspetti simbolici, cfr. qui oltre la nota 73. Alcune indicazioni bibliografiche su Gerusalemme dal punto di vi sta storico ‘archeologico sono fornite da RAVASI, 1979; (in generale) AVI-YONAH, 1954; ALBRIGHT, 1957; KENYON, 1974; AA.VV., 1976 (ma cfr. anche VINCENT-STEVE, 1954, e PARROT, 1954); MCKENZIE, 1981, pp. 388-392; WILKINSON, 1981 (bibliografia alle pp. 169-171). 209
73 Sul significato simbolico di Gerusalemme e sulla importanza straordinaria rivestita da questa città per l'immaginazione e la spiritualità dell'Occidente medievale, cfr. BREDERO, 1966, anche per i collegamenti con la spiritualità monastica e con il movimento crociato. Su tutti questi problemi, cfr. WAAS, 1956, e, soprattutto, MAHL, 1962, e CoHN, 1976, pp. 28-30, 72. Si citano qui di seguito i testi crociati che si collocano in questa prospettiva: GUIBERTO DE NOGENT (Gesta dei per Francos, I, 2, R.C.HL, historia occidentalis, t. 1, p. 32, su cui cfr. ALPHANDERY, 1954, t I, p. 52), che fa una vera e propria «teologia della crociata». Su di lui fr. HAY, 1981, p. 60, anche per Roberto Monaco. Su questi problemi cfr. poi MUELLER, 1961 e FRUGONI, 1983,p. 4. WALFRIDO STRABONE, (De subversio: ne Jerusalem, P.L., t. CXIV, col. 973), OTTONE DI FRISINGA, (Liber de duobus civitatibus, che sviluppa la linea di Sant'Agostino, e, strettamente a esso collegate le Gesta Frederisci Imperatoris), GUGLIELMO DI MALMESBURY, che, nel libro IV, cap. IT della sue Gesta Regum Anglorum (edizione a cura di SruBes, London, 1887-1889; edizione e traduzione inglese a cura di POTTER e MYNORS, Edimburgh, 1955) fa un lungo excursus sulla prima crociata con una guida per i pellegrini a Roma e un elenco di imperatori e patriarchi di Gerusalemme. Sulla «percezione di Roma» fra IX e XII secolo, cîr. TELLENBACH, 1972. Per la storia delle crociate «dall'altra parte», cfr. GABRIELI, 1969 (in particolare pp. 150-151, 156-157, 164, su Gerusalemme «città santa» araba) Sulla «guerra santa»da parte crociata, ibidem, p. 202, cr. inoltre quanto si dirà qui al 10.2. e passim, e infine, COHN, 1976, pp. 66 e ss Sui rapporti fra San Bernardo di Chiaravalle e Genova, cfr. Toso D'ARENZANO, 1961. Il progetto di «città ideale» (anni 1130-1152) proposto da Bernardo di Chiaravalle è stato di recente recuperato dagli studiosi di oggi, fra i quali emerge A. Maria Romanini, alla cui opera si rimanda assieme con i lavori di A. Cadei, in sedi e ambiti diversi. Tale progetto è stato definito «bernardinischer Grund typus». 7% Sul caso di Basilea cfr. LAEDRACH, 1948. Sul Liber Pontificalis cfr. la fondamentale edizione critica a cura di DUCHESNE, 1886-1892 e ed. anastatica. Per considerazioni critiche e ulteriore bibliografia cfr. HAY 1981, p. 60 e nota 34, p. 207. Si danno qui complete le citazioni dal Liber Pontificalis (LXXIII p. 124) riassunte nel testo: 1) «Primam denique orationem, super portam que respicit ad sanctum Peregrinum, cuius finis et principium tale est: «Deus qui apostolo tuo Petro, collatis clavibus celestis, ligandi atque solvendi pontificium tradidisti, concede ut intercessionis eius auxilio a peccatorum nostrorum nexibus liberemur, et hanc civitatem, quam noviter, te adiuvante, fundavimus, fac ab ira tua in perpetuum manere secura, et de ostibus, quorum causa constructa est, novos ac multiplices abere triumphos. Per.» 2) «Secundam quoque isdem plus papa dedit orationem super posterulam, ubi mirum in modum castellum preminet que vocitatur sancti Angeli, cuius orationis talis est textus: «Deus, qui ab ipso mundi huius exordio hanc sanctam catholicam et apostolicam Romanam ecclesiam ab hostibus custodire et conservare dignatus est, iniquitatis nostre cirografum propiciutus emunda, et civitatem hanc, quam tuo sancto nomine per apostolorum tuorum Petri ac Pauli suffragia noviter dedicavimus, ab omnibus inimicorum insidiis secuTam semper atque inperterritam manere permitte. Per.» 3) «Terciam vero orationem cecinit super posterulam aliam que respicit ad scolam Saxonum, que ex eorum vocabulo Saxonum poste rula appellatur; et ipsa oratio tercia hunc specialiter continet modum: «Presta quaesumus, omnipotens et misericors Deus, ut ad te toto corde clamantes, intercedente beato Petro apostolo tuo, tue pietatis indulgentiam consequamur. et pro civitate hac, quam ego famulus tuus Leo quartus episcopus, te auxiliante, novo opere dedicavi, meoque ex nomine Leoniana vocatur, iube eam ut semper inlesa ma. meat ac secura, apud clementiam maiestatis tue iugiter exorare. Per. Sulle mura romane come ‘baluardo di santità” cfr. ancora ibidem LXXII-LXXIII, 124; sulla fondazione della città Leonina”, ibi dem, LXXII, p. 124 e LXX, p. 123; sui restauri di mura e porte romane a opera di Leone IV, ibidem, XXXVIIEXL, p. 115; sugli aspeti archeologici delle mura di Roma, cr. LUGLI 1940; IDEM, 1970; AA.VV. 1974; KRAUTHEIMER, 1983. Si tenga presente, poi, VASI 1747 (ed. anastatica 1980). Sulle mura aureliane, cfr. ROCCHI 1908, pp. 31-33; RicHMOND 1927; IDEM, 1930; TUULSE 1958, p. 18; Cassı RAMELLI 1964, pp. 73 e ss. LANCIANI, 1970 (nuova ediz. 1981). Sulle porte, cfr. GIOVENALE, 1931. Sui rilievi d'Andrade, cr. MERCANDO 1981, nota 14-15, p. 101 (MCTF d'A. 4582, 4584, 4586, 4587, 4588, cartella 32). In generale (oltre al Catalogo del Museo della Civiltà romana, edito nel 1964), molto utile è COARELLI 1974, anche per la buona bibliografia alle pp. 345-351. Sulle mura aure. liane, fr. ibidem, pp. 24 € ss; KRAUTHEIMER, 1983. Iniziate nel 271 e quasi complete alla morte dell'imperatore, nel 275, vennero ter minate da Probo ed eseguite dalle corporazioni urbane di muratori. Un primo rifacimento in opera listata fu voluto da Massenzio, ma i lavori più importanti, ispirati da Stilicone — come si ricava dall iscrizioni — si datano nel 401-402 (raddoppiamento del muro in altez 2a; cammino di ronda sostituito da galleria coperta, nuovo cammino merlato; inclusione del mausoleo di Adriano come castello; due ingressi di alcune porte ridotti ad uno; torri rialzate e rinforzate a mo' di fortezza, autosufficienti). Altri restauri nel VI secolo, opera di Belisario. L'interesse per le mura romane in età bizantina è testimoniato da una descrizione e dalla Guerra gotica di Procopio, partico: larmente interessante per le porte: 1) Cornelia (o Aurelia, detta poi di san Pietro, presso il ponte Elio: non ne resta nulla); 2) Flaminia (attuale porta del Popolo); 3) Pinciana (minore, da cui usciva la Via Salaria Vetus, e da cui inizia il tratto meglio conservato); 4) Salaria (demolita nel 1870, a un solo ingresso, con due torri semicircolari, da cui usciva la Via Salaria Nova); 5) Nomentana (ora chiusa: visibili gli tipi in opera laterizi e la torre semicircolare destra; torre sinistra demolita nel 1875; situata presso la porta Pia, eretta fra 1561 e 1565 da Pio IV, opera di Michelangelo); poi due pusterle chiuse nell'età di Onorio; 6) porta Sud dei Castra Pretoria, inseriti nel circuito (Scomparsa); 7) ignota (detta «porta Chiusa» sbarrata in età tarda); 8) Tiburtina (ne resta solo la parte inferiore. sfigurata; di origine augustea, inserita nelle mura come gli archi claudiani della porta Maggiore; in età onoriana fu aggiunto anteriormente un nuovo ingres 210
50, distrutto poi da Pio IX nel 1869}; 9) Prenestina (ora porta Maggiore, in età onoriana anche qui costruzione di una parte più avanza. ta, demolita nel 1838); 10) Asinaria (restaurata di recente; esempio di ingresso minore; aggiunte torri semicircolari nel restauro onoria no, aderenti a quelle precedenti, quadrate); 11) Metronia (restaurata, secondo un'iscrizione, nel 1157); 12) Latina (una delle meglio conservate; facciata aureliana, poco rimaneggiata; forse rialzata, con finestre chiuse nella guerra gotica; torre semicircolare sinistra in gran parte originale, quella destra è del XII secolo; corte fortificata interna con controportal; da qui mura ampiamente rifatte nel XV secolo (stemma di Pio ID, nel XVI (stemma di Pio IV), nel XVII (stemma di Alessandro VID), nel XVIII; 13) Appia (di san Sebastiano, la più grandee meglio conservata; cinque fasi costruttive: 1) 271-275: due strutture gemelle fra due torri semicircolari, secondo piano con fi nestre ad arco; 2) primo rifacimento: ampliamento a ferro di cavallo delle torri, rilzate di un piano, aggiunta del cortile fortificato interno; 3) età di Onorio: grandi basamenti quadrati, rivestiti di marmo, alle tori; 4) sistemazioni interne; 5) torri e corpo intermedio rialzati di un piano; sullo stipite interno, figura dell’arcangelo Gabriele, incisa a ricordo delle battaglie sostenute dai romani contro Rober to d'Angiò, re di Napoli, nel 1327; l'interno, molto trasformato e restaurato, accoglie il museo delle Mura}; 14) Ardeatina (distrutta nel 1537 per far luogo al bastione di Antonio da San Gallo il Giovane]; 15) Ostiense (ora san Paolo), ben conservata; varie fasi costruttive: 1) due ingressi fra tori semicircolari; 2) età di Massenzio: aggiunti due muri a tenaglia e controparte a due fornici — l'unica conservata —, rifoderate le torri; 3) età di Onorio: riduzione a un solo fornice, torri rialzate; 4) rimaneggiamenti più tardi. Da qui entrarono i goti di Totila, nel 594 d.CJ; 16) Aurella (ora san Pancrazio, moderna); 17) Portuensis (distrutta nel 1643, sostituita da porta Portese, sita più a Nord); 18) altra porta, detta ora porta Settimana, del 1498, Sulla problematica «Porta Flumentària» anteriore al tempo di Annibale, cfr. VON GERKAN, 1963. Per Gregorio di Tours, sulle quattro porte di Digione, corrispondenti alle quattro parti del mondo, cfr. ed. KRUSCH-LEVISON, 1951, pp. 120-121; ed. BUDINER, 1970, I, p. 174; VIEILLARD TROJEKOUROFF, 1976. Per i Mirabilia Urbis Romae (del 1140 circa; nomina codici porte) fr. ed. JORDAN, 1871, pp. 607e ss. (De muro Urbis: De portis; Nomina Portarum, pp. 607.610); cfr. Sıca, 1970, p.93. Si veda anche ed. FERRANTE CORTI, 1930. Per la descrizione delle quattordici porte di Roma da parte di Guglielmo di Malmesbury (XII sec) cfr. PL., t. 174, L. IV (fr. Hay, 1981, pp. 61-63). Sui Graphia Urbis Romae (recensione ai Mirabilia scritta nel 1155 circa), cr. SicA, 1970, p. 95 e nota 39 (con bibliografia). Su tutte le opere citate cfr. TELLEMBACH, 1972. Sul concetto di ‘memoria ambientale” cfr. HALBWACHS 1942; YATES 1972 (ma 1966), pp. 8 e ss; Le GOFF 1979, pp. 1068-1109 (con ampia bibliografia). 75 La coscienza civica urbana nasce ben prima dei Comuni (si veda la civiltà romana). Per l'Altomedioevo cfr., ad esempio, il Li berde laudibus civitatis ticinensis, di un ecclesiasta vicino al da Canistro, dove si ricorda l'iscrizione sopra la porta di Pavia, nella quale il centro urbano è denominato città caput mundi, come Roma. Sulla coscienza cittadina in età medievale, cfr. FAsoL1, 1972 (e, in generale, cr. anche gli altri saggi contenuti negli Ati del X Convegno del Centro di Studi sulla Spiritualità Medievale), cui si aggiungano HYDE, 1966 (sulle descrizioni medievali dell città; DE MATTEIS, 1981, il recentissimo FRUGONI, 1983, passim. Sul caso di Bologna, per un quadro generale, cfr. RICCI, 1980, pp. 21-22,25,27,35e ss sulle mura e le porte si veda in specifico VIANELLI, 1963 (con ulteriore bibliografia) e recentemente PINI (in corso di stampa). Per il caso di Milano, di grande importanza, rimando, per un quadro sintetico al testo già citato della mia relazione, tenuta al Cours presso l'Université de Paris Sorbonne, IV, dal titolo «La porta di città nel Me. dioevo come ‘testo’ semiotico» (AA. VV. in fase di stampa). Si veda comunque BARNI, 1954; MENANT, 1982, con bibliografia prece dente, e MIRABELLA ROBERTI-VINCENTI-TABARELLI, 1983. Cfr, anche il noto Versum de Mediolano civitate, dell’anno 739, costituito da 72 versi ritmici (si veda 'epigramma di Ausonio), opera di un chierico della cattedrale, che descrive le mura, le porte, le torri ecc. del la sua città, rivendicando il primato ecclesiastico di Milano nei confronti di Pavia. Dovranno trascorrere circa sessant'anni per approdare a un fatto di spessore ben più corposo e di evidenza ben più emblematica di quello milanese: la porta di Capua (v. qui fgg. 255 e 256), il castrum seu palatium che Federico II farà costruire nel primo trentennio del XIII secolo. Ma il salto di qualità e di cultura, l'epopea dell'Impero nel nome del recupero dell'antico, la potenza architettonica dell’edificio e la raffinata elaborazione ideativa del progetto, sono tutte istanze estranee al campo di indagine e rappresentano invece un unicum che mi à piaciuto semplicemente ricorda: re. Clr. in proposito, fra l'altro, WILLEMSEN, 1974, con bibliografia; SCAGLIA, 1981, pp. 203 e ss; sulle sculture cr. PACE, 1980, pp. 301-338 e sullo status quo della questione p. 302, nota 1 con bibliografia e il classico riferimento a Cordaro, 76 Sull'importanza del Vicino Oriente antico per il Medioevo, e soprattutto per quanto riguarda la produzione aulica, cui si con-
nettono le port, cfr fra l'altro, MATTAE, 1974 e naturalmente, BALTRUBAIT, 1972.
20
4. LE MAESTRANZE
4.1. II quadro critico in noMINE domiNI nostRI IHesU XPI amen anno AB INCARNACIONE domini nostri ihesu xPl MILLESIMO CENTEsimo quinqUAGESIMO QuINTO menSE iulii indicioNE SECUnDA temPORE CONSUlum de comuni willelmi lusII IOHannIS MALIUCELLI OBerti cancellarii willelmi PORCI DE PLACITIS OBerTI recalcati nicole rocE willelmi CIGALE willelmi STANGOnis bonivassalli DE CASTRO BOIAMUNDI de odone. IN NOMINE domiNI nostRI IHesu XPI AMEN ANNO milleSIMO CENTESIMO QUINQUAGESIMO quinTO MENSE IULII INDICIONE SECUnda TEMPORE CONSULUM DE COMuni JOHannIS MALIUCELLI willelmi LUSIT OBERTI can CELLARII willelmi PORCI ET DE PLACITIS NICoLE ROCE willelmi CIGALE OBERTI RECALcaTI BOIAMONTIS DE ODONE BONIVASsaLI DE CASTRO GUILIELMI STANGOnis EGO GUISCARDUS MAGISTER ET ioHannES BONUS CORTESE ET IOHannES DE. STRO FECIMUS HOC OPUS. Maestro Giscardo e maestro Giovanni Bono Cortese e maestro Giovanni di Castello sono i tre no-
mi che una delle due epigrafi, qui trascritte e affisse nel 1155 in porta santa Fede, ha consegnato quali maestranze delle mura di Genova e quindi e presumi bilmente delle sue porte urbane. Rappresentano, inoltre, le uniche inferenze documentarie dirette e pervemute, non essendo giunti i cartulari di Giovanni Scriba «che contenevano la contabilità della grande impresa» delle mura di città: lacuna assai grave e mai colmata dagli studiosi giacché scarsi, sporadici e parziali sono i contributi sul problema relativo ai cantieri delle porte cittadine. Luigi Antonio Cervetto nell'ambito di un suo noto lavoro sui Gaggini da Bissone del 1903, dedicava un breve spazio a una ipotetica identità del «Giovanni Bono Cortese» dell'epigrafe di porta dei Vacca
con quel Giovanni Bono che il Vasari dice operare nel 1152 a Ravenna come architetto e scultore e a Napoli e ad Arezzo e a Pistoia e che, per la sua fama, sarebbe stato chiamato a Genova nel 1155 per la co-
struzione delle mura urbane. A distanza di circa un quarantennio, Ubaldo Formentini si occupa di maestro Giscardo «architetto di qualità» in un suo ormai celebre lavoro del 1942 dedicato all Arte romanica genovese e i MagistriAntelami. Sempre in questo contributo il Formentini ribadiva la notorietà dei Magistri Antelami come costruttori militari nel XII secolo e l'importanza dell'architettura delle colonie d'Oltremare dove avrebbero
fatto pratica gli artefici comunali delle mura di città. Maestro Giscardo € appunto uno degli «ingegneri» di queste ultime e attorno a lui sarebbe sorto un atélier di scultori, i quali avrebbero lavorato sia ai capitelli delle porte sia a numerosi altri manufatti genovesi pervenuti. Tutto questo senza considerare che nel 1938 Gian Piero Bognetti, nel saggio più esaustivo e corretto in assoluto sull'argomento, diffidava dal ritenere antelamici i tre maestri-architetti nominati nella lapide di porta dei Vacca. Gli Antelami, infatti, come è risaputo, erano legati all'imperatoreda privilegi, pa213
re di antica data e comunque preziosi e gelosamente custoditi nonché osservati, mentre la porta urbana era in realtà un’opera palesemente antimperiale. Verrò fra poco sulla discussione e, per ora, con-
stato che sul tema non si è progredito nelle indagini
postbelliche, se Carlo Ceschi nel 1954 si limita a riassumere i termini di un quesito che non aggiorna.
Estremi che ancora oggi si presentano immutati in un
quadro critico, dunque, estremamente povero, lacunoso e inadeguato !.
La necessità di un riesame si impone, e in questa
sede intendo proporne alcuni spunti partendo dalla verifica del significato storico della presenza antelamica in Genova e nell’Oltremare per giungere a un'ipotesi di lavoro relativa alle maestranze di porta sant'Andrea, giacché allo stato attuale dell'informa-
zione non è consentito andare oltre.
4.2. IL significato storico della presenza antelamica in Genova e nell'Oltremare A partire dal 1966 il ruolo storico della presenza antelamica a Genova è stato in certa misura chiarito dalle indagini di Ennio Poleggi, cui si deve l'indivi-
duazione del «massiccio apporto dei Magistri Antelami allo sviluppo edilizio cittadino», segnatamente per
quanto concerne il XV e XVI secolo. Indizi di un certo peso non mancano anche per l’opera, pressoché
contemporanea, delle stesse maestanze nelle due riviere liguri, ma è la realtà del XII secolo che in questa
sede interessa.
In proposito, ancora al Poleggi è utile rifarsi per i
lumi più aggiornati ed in particolare a: un suo lavoro
del 1975 in cui documenta l'apporto antelamico a Genova dal 1125 circa in poi in relazione al cantiere di santa Maria di Castello. Attraverso l'analisi dell'«architettura romanica a Genova», che segue e che concerne soprattutto l'edilizia ecclesiastica — esame condotto su testi monumentali e scritti e quest'ultimi assai poveri come già certificava l’opera del Bognetti — lo studioso viene delineando un quadro storico in cui
le corporazioni d'Antelamo sembrano avere una sorta di monopolio, forti dei ben noti privilegi di ascen-
denza regia.
A mio avviso nessuna importante replica si scontra con tale ipotesi, che sarebbe invece opportuno ri-
prendere e promuovere con una verifica attenta, condotta almeno su due versanti. In prima istanza con 214
l'esame tecnico e comparato delle tessiture murarie
del periodo in esame, assieme con l’analisi petrografica dei materiali — e tale indagine è già stata avviata (v. appendice Bonora) —; in secondo luogo con una ricognizione a tappeto e a livello archeologico dei singoli edifici attribuiti convenzionalmente alla maestranza antelamica. Edifici che sono pervenuti integri in minima parte così come l'impegno di una équipe di lavoro, che si sta occupando di tale argomento, dimostra con risultati per lo meno sorprendenti. La chiesa cosiddetta ‘romanica’ di santo Stefano è un caso limite che Rita Cavalli ha illustrato con chiarezza esemplare. Nell'edificio, il cui progetto pur attraverso le stratificazioni edilizie riflette forse l'impianto originario dell'età del Comune, le pietre ‘romaniche’ sono talmente scarse da mettere in crisi l'odierna consistenza medievale del monumento stesso. Né porta Soprana, a livello murature, si configura in modo molto dissimile (v. oltre). Un impegno globale, dunque, è più che auspicabile e, accanto e per calarci da vicino nel merito dell'indagine che interessa, preme introdurre nel corso dell'analisi una considerazione di peso non secondario: ossia interessa mettere in evidenza la pratica artigiana degli Antelami dedita alla falegnameria — di quei «carpentari regi», che a più riprese documenta il Bognetti — un mestiere che, rapportato a una ‘architettura bellica” non è da sottovalutare perché può indurre a osservazioni inedite sulla base di elementi di giudizio nuovi ?. Penso, infatti, a quella logica delle macchine guerresche, utilizzate, per esempio, nell'assedio di Como o nella guerra di Lugano nel primo ventennio del XII secolo. Per un quadro informativo più completo, non va interpretata in senso riduttivo una sindrome di atteggiamenti opportunamente intesi: dall’attualità di una pratica carpentaria in relazione alla nascente macchina portuale di Genova, alla necessità per il capoluogo ligure di disporre con piena facoltà di maestranze qualificate nel lavorare il legno in rapporto sia all'edilizia povera, sia appunto a una vocazione mercantile che non può essere disgiunta dalla strategia bellica dei genovesi nel quadro delle crociate, al vantaggio economico che queste stesse maestranze potevano
trarre da privilegi relativi alla materia prima del loro mestiere, al legno, cioè, delle selve regie. Che queste maestranze, abilitate alla lavorazione del legno, specializzate in macchine da guerra, la
fama delle quali supera i confini e raggiunge l'Oltre-
mare, possano aver lavorato alla cinta difensiva di
Genova e alle sue porte è ipotesi ragionevole, ma da dimostrare. Prima comunque di seguire vagliandolo tale orientamento dell'indagine è necessario superare un pregiudizio corrente che può indurre a conseguenze negative, eludendo i pericoli di una generalizzazione indiscriminata relativa all'opera delle maestranze genovesi in Terra Santa, che si configura come un’ipoteca incombente.
La fama dei genovesi sarebbe connessa alla loro abilità nel costruire marchingegni bellici, e meglio, strumenti ossidionali in legno, integrati nella macchina militare del Medioevo e nella logica dei suoi procedimenti di attacco. Vegezio — la già ricordata fonte di epoca romana — scrive di alcune di quelle macchine e, prima di lui, Vitruvio e Filone, per citare l'autorità dei classici antichi, e dopo di lui Egidio Colonna (morto nel 1316) con le sue disquisizioni sul «trabucco» e ancora, per la duttilità dell'impiego dei marchingegni, Cristina Pizzano nel suo Livres des faicts d'armes et de chevallerie, tanto diffuso nel basso Me-
dioevo e «nel quale può dirsi riassunta tutta l'arte miche nel 1908 elaborava le fonti storiche dell'architettura militare per un quadro d'insieme, divenuto canonico, sempre ampiamente sfruttato e di rado sottoposto al vaglio critico. Fra il vasto repertorio delle macchine lignee d'offesa, la torre d'attacco è quella in cui sembra prevalere la maestria dei carpentieri ‘genovesi’. Lo stesso tipo di torre, messa a profitto dai crociati nelle loro litare del secolo XIV». Così afferma Enrico Rocchi,
conquiste, pare trovi un archetipo in quella celebre e
colossale «elepoli» dell'assedio di Rodi nel 304 a.C. a opera di Demetrio Poliorcete, di cui è giunta una descrizione particolareggiata ma forse non altrettanto attendibile, che il Cassi Ramelli in parte trascrive nel suo importante lavoro del 1964 (figg. 257 e 258). Per semplificare e per chiarezza riproduco qui le ricostruzioni grafiche di tali marchingegni, così come sono state riproposte dal Rocchi (figg. 259 e 260) o dal Maggiorotti (fig. 261) senza omettere il contributo fondamentale a questo tipo di restituzioni del Viollet Le-Duc.
215
EÈ some
E |
saxep siediouud erg
at zi k
CES
PR
ii
Linn mmIT— | mode wiugp "n
|
I
m"——T
to
De
za min
S| 3 8 LES à
reo, TéUL
Board)
[a =
Ln
susseiung
Beides
T
Ineisen
I)
IZ]
ed
À
any
—
je
El
©
MARIE BREE
ass sis
meus
è s|53|Bi E Stile
35185 RE
3 g|9 sJ
c
f$ S $ills .3$2|g8 i ES iw. EA
H
|.
mm.
VISUS sijedisuid iod
216
ARRIERE Fig. 258 - Accampamento romano al tempo di Polibio, pianta. Porta decuma
ARRIERE
AVANT. Porta praetoria AVANT
Fig. 259 - Torre mobile, ricostruzione.
«Altis turribus» sono conquistate quelle città di Terra Santa che i «milites Christi» riguadagnano ai «cani infedeli» dell’«armata di Babilonia» e fra l'ampio materiale del periodo crociato colgo un eloquente brano relativo all'assedio di Sidone del 19 ottobre 1110, riferito però dall«altra parte». Dalla parte cioè degl«infedeli» e segnatamente dalla cronaca di Ibn al-Qalänisi, da cui stralcio quanto segue: «gli assalitori [franchi] costruirono la torre d'assedio, e mossero all'assalto con essa, rivestita di sarmenti di vigna, tappeti e pelli
Fig. 260 - Torre mobile in azione, ricostruzione.
fresche di bue, per ripararla dalle pietre e dal fuoco greco. Costruita a questo modo, la trasportarono su ruote al disotto montate, in più giorni. Il giorno della battaglia, accostatala alle mura, ‘mossero all'assalto con essa, provvista d'acqua e d'aceto per spegnere il fuoco, parecchi di guerra» 3.
La possibilità di ricostruire la meccanica della di fesa attiva e passiva nello scacchiere crociato è agevolata dalla presenza di una ricca messe di particolari, desumibili dagli scritti di entrambi i contendenti. All'interno di tale quadro, tuttavia, riveste uno specifico interesse l’eloquente secchezza degli spunti rilevati dallo spoglio attento della prima annalistica dei
fs
na
Fig. 261 - Torre mobile, ricostruzione. 217
genovesi. É questa informazione, e senza ulteriori commenti, a ridimensionare, articolandola, quell «opera del genio italiano all'estero», che Leone Arriano Maggiorotti ricostruiva nel 1933 e che, per inerzia, riprendono oggi alcuni dei nostri autori locali. Secondo il Maggiorotti, infatti, i genovesi, assieme con i veneziani, attraverso circa cinque secoli, avrebbero monopolizzato l'architettura bellica nelle terre del Levante «dove erano più vasti i campi di lavoro per le loro grandi energie» e in omaggio a una consuetudine del «popolo italiano che nei secoli ha adempiuto la massima divina di marciare all'avanguardia. sulle strade della civiltà» e che «deve consapevolmente guardare
alla somma di dolori e di audacie che questo glorioso privilegio
comporta». Scrive il Caffaro, nel suo libro della liberazione delle città di Oriente, che Antiochia fu conquistata dai genovesi in aiuto ai franchi «con tutte quelle cose che alla guerra sono necessarie». Che fra «tutte quelle cose» egli volesse intendere pure le macchine ossidionali in legno può essere verisimile, così come può essere ipotizzabile un intervento attivo dei genovesi alla costruzione delle «due torri contro le mura» nel corso dell'assedio di Beyrüt, il 13 maggio 1110. II caso comunque più noto e prestigioso è Tassedio di Gerusalemme nel luglio dell'«anno del Signore» 1099. Ancora è Caffaro che registra quanto segue:
«e assediata ch'ebbero per un mese la città, ecco che Guillermo Embriaco genovese e Primo, fratello di lui, vennero con due galere in Jope (Giaffa) e per timore dei Saraceni di Scalona (Ascalona) quivi non poterono le galere tenere; perciò le distrussero e tutto il legname delle galee, ché alle macchine da prendere la città serviva, fecero portare a Gerusalemme». «Fecer chine e tutto il necessario; entro quaranta giorni tutta la città, all'infuori della torre di David, fu presa; e i Saraceni della città uc-
cisero»
— a cui, come è noto, i genovesi, «audacissimi uomini» e «cittadini e guerrieri di Dio», collaborarono con i franchi tanto efficacemente da ottenere «per terza parte della città di Acarunte [Acri stessa] una via lungo il mare e un giardino» — Ibn al-Athir scrive: il conte di st. Gilles
«fu quasi per prenderla [la città), rizzando contro di essa le mac chine da guerra e le torri.
Nel 1106 — è ancora agli Annali del Caffaro che ricorro —
«approdati a Tripoli [i genovesi] vi sbarcarono con molti castelli e altre macchine da guerra prendendo, senza combattere quella città»;
quella medesima città che invece nel 1109 ancora franchi e genovesi assieme «appoggiando torri d'assedio alle mura», «presero a forza» «e con fatica grandev. AI termine di questa escussione di fonti è consentito concludere a giusto titolo che l'intervento alle crociate di maestranze genovesi abili nella carpenteria di guerra sia un dato di fatto, con un costume che si protrae anche nell'Occitania nel quadro dell'espansionismo di Genova nel Ponente cosi come, ad esempio, il trattato di Alfonso VIII di Castiglia puó ben confermare almeno per il 1146 e l'assedio di Almeria. La partecipazione dei maestri d’ascia genovesi per quanto massiccia possa essere stata, non è tuttavia esclusiva né di monopolio se le fonti di età franca certificano di maestranze di tutt'altre origini e paesi. Un armeno, invero, «certo Hvedic», fatto arrivare apposta da Antiochia, risolve le sorti dell'assedio di Tiro nel 1124; «ingegneri greci e armeni», «si accompagnano ai carpentieri liguri e spagnoli», di cui ragiona il Cassi Ramelli, ovvero ancora artefici, presumibilmente egiziani, nel 1096 «montavano contro Gerusalemme più di quaranta macchine d’assedio che
demolirono varie parti delle mura»; o, infine, la machi con la loro novalanza franca o errante al seguito dei crociati, di «gente della malora», «giunti che furono» a Gerusalemme «la cui ampia testimonianza si può rintracciare nelle foncinsero d'assedio per oltre quaranta giorni. Montarono contro di ti coeve*. essa due torri, l'una delle quali dalla parte di Sion,e iMussulmani A questo punto, allora, viene fatto di domandarla abbruciarono uccidendo tutti quelli che c'erano dentro; ma l'avevano appena finita di bruciare che arrivò un messo in cerca si quanta e quale credibilità possa offrire chi, come il di aiuto, con la notizia che la città era stata presa dall'altra parte: Maggiorotti, vede magistri genovesi in quasi tutte le Ja presero infatti dalla part di settentrione,il mattino dl venerdi costruzioni belliche e gli edifici di difesa dell’Oltremaventidue scha ‘bàn (492 / 15 luglio 1099)». re. In parallelo tenga presente, inoltre, la difficoltà Si legge negli Annali di Caffaro nell'anno 1101: di attribuire alla si pratica di carpentieri, relativa a ope«e poi, di maggio [i genovesi] si rivolser contro Cesarea e tratte in secco lor galee, gli orti ne distrussero in fin alle mura, quindi dan- re effimere e mobili, la costruzione di edifici in pietra non deperibili e definitivi e di tuttaltre esigenze di dosi a costruir castelli ed altre macchine d'assedio». In relazione all'attacco di Acri nell'aprile 1102 progetto. Senza contare, infine, che tutto il quesito Ibn al-Athir, da parte sua, conferma che i fran-
218
andrebbe incluso in una prospettiva piü dilatata e da rapportarsi a un problema oggi piuttosto spinoso me quello della partecipazione di maestranze occ dentali al seguito dei crociati. A mio avviso — e senza calarmi nel merito della discussione — esiti piü concreti si potranno ottenere soltanto quando sia sta-
ta eseguita una piü globale quanto necessaria indagi-
ne sulle fonti scritte e archeologiche, accanto a quella revisione tecnica e comparata di materiali e di mura-
ture, che sembra giunta al decollo5.
Per ora, dunque, devo limitarmi all'impostazione dei termini di una problematica, che come tante altre è prematuro risolvere. Se, infatti, siano i magi-
stri Antelami, beneficiari delle selve regie, a seguire i genovesi nell'Oltremare, se siano ancora questi stessi carpentieri che, con una pratica bellica consumata nel Levante, abbiano costruito in patria le difese della
genovesi-prodotto scultoreo, ricordo il basso livello degli ornati architettonici dovuti ai lapicidi d'Intelvi a Genova — ché già l'Alizeri lo aveva ravvisato — ovvero quanto i maestri d’Antelamo, ancora nel 1513, affermavano, considerando la scultura «un accessorio dell’arte di fabbricare». Alcune osservazioni più pertinenti al quesito qui
in atto sono state da me proposte in lavori passati e in
questa sede ne riporto gli esiti conclusivi. La decorazione scultorea di porta sant’ Andrea è assai povera, come peraltro si conviene a un'opera militare’ e si compendia in quattro capitelli marmo-
rei, sistemati rispettivamente due verso l'ingresso all'esterno e due verso la città. I capitelli di fuori, assai erosi, sono i più importanti e sono pressoché identici fra loro, di tipo pseudo-corinzio ad acanto spinoso
con caulicoli ed elici a banda liscia piatta, cauli a decittà, non è dato sapere. tortile e fiore dell'abaco a girandola (figg Quanto ho fin qui esposto va inteso, quindi, co- corazione 262 e 263). me un chiarimento, come una premessa necessaria a 1 due interni, quelli dal piano di sant’ Andrea, inun'ipotesi di lavoro, che, nelle prossime pagine, voglio corredare di alcune osservazioni desunte dalla vece si differenziano l'uno dall'altro per cui il capitelrealtà monumentale di porta sant’Andrea, non senza, lo presso la torre Nord presenta un giro di foglie a soe prima, aver impostato un altro quesito propedeuti- stegno di quattro aquile (figg. 264-266), mentre il caco al problema delle maestranze: la questione dell’ap- pitello prospiciente la torre Sud è del tipo più semplicea foglie d’acqua (figg. 266 e 267). Il primo ha subiparato scultoreo della porta urbana di Genova. to pesanti restauri, e forse dopo il 1914, il secondo sembra — ma non ne sono certa — completamente
rifatto nel corso del ripristino della torre a Mezzogiorno. Fra i due capitelli esterni e quello con l'aquila si Osserva Ennio Poleggi nel 1973: nel «mondo registrano dissonanze di stile assai evidenti e tali da professionale» dei magistri Antelami, cordinato da postulare artefici di educazione differenziata. tempo, che riconosce la necessità di organi arbitrali e I capitelli verso Levante per il loro tipo neoagisce corporativamente», anche i lapicidi sembrano corinzio, riportano a una strategia collegata al 'recuavere un loro spazio, che si può riconoscere a partire pero dell’antico, taglio peculiarmente genovese, su dal cantiere di santa Maria di Castello, «così impe- cui ho già scritto.di Nella loro versione medievale da gnativo per le vicende della scultura architettonica archetipi ‘classici’, si configurano come un dispositivo genovese». Chi scrive, nel 1979,pone in termini problemati- che contrassegna la prestigiosità della porta e assieme ci il chiarimento della configurazione delle maestran- la completezza del processo di acculturazione cittadize antelamiche a livello scultoreo e negli anni '80 Cla- no alle soglie del Romanico. Sul filo di tale rivisitazione tipologica è consentirio di Fabio porta un contributo per certi versi definito individuare alcune analogie di forma con altri testi tivo, teso a quali, ad esempio, i capitelli nello strombo «negare recisamente l'esistenza di una scuola scultorea romanico cittadini del portale di san Donato. Questi ultimi, perö, si staclocale» e «ipso facto a negare la possibilità di atri cano nettamente sia per la scala delle proporzioni, stranze antelamiche sculture catalogate» sotto tale etichetta. che sono assai ridotte, sia per la fattura più corsiva e. meno attenta alle finezze dei dettagli. Si tratta del In questa prospettiva, e senza insistere oltre sulla questione più generale della dialettica Antelami prodotto di maestranze con tutta probabilità differen4.3. Quesiti di decorazione scultorea
219
Se si considera il capitello con l'aquila (v. fig. 265), si rinviene un caso analogo benché non sia consentito specificare molto circa la sua pesante integrazione. Non si va, infatti, al di là di sporadiche assonanze con il capitello di porta santa Fede con la stessa figura (fig. 268), ma di ben altra portata, o con il capitello di santa Maria di Castello con tematica analoga. Né è possibile, a quanto si vede, ricondurre il suo stile alle finezze di una scuola del litorale toscano che è stata menzionata per le sculture di porta dei Vacca. Anche per questo reperto ritorno a ipotizzare un unicum, sull'onda di quanto ho riscontrato circa i rapporti interni fra i primi due supporti marmorei dell'edificio urbano. Per il capitello a foglie d’acqua (v. fig. 267) non sono in grado di avanzare proposte, considerati i dubbi che nutro al riguardo; nel caso invece che sia autentico, il manufatto rappresenterebbe un terzo esemplare differenziato da inscrivere in un contesto estremamente frammentario.
Se si vuole approdare a una qualche conclusione critica non resta che mettere in evidenza una duttili pronunciata e una rosa di stili e di tecniche che è impossibile ricondurre a un unico comune denominatore.
Ed è a questo punto che si pone in tutto il suo ri-
salto il problema delle maestranze a livello scultoreo e
Fig. 262 - Porte Soprana, capitello esterno.
ziate anche se di comune educazione ell anzico, riconducibile per altro a una specifica stagione genovese della metà XII secolo. Così ancore le affinità sempre tipologiche con i capitelli del portele romanico del san Tommaso (fine XII secolo), un testo ricostruito con intelligente indagine da Clario di Fabio, non superano il livello di una morfologia di routine, accreditata in città e pur sem-pre ripetitiva. I due casi proposti sono sufficienti a testimonia re che i due capitelli di porta sant’ Andrea per quanto riguarda la lavoraziore si collocano qnas: come un unicum nel quadro della cultura urbana del tempo, anche se prima — e i supporti marmorei nello strombo del portale di santa Maria di Castello non sono lontani — e/o dopo, si possono ravvisere nessi ascrivibili — come si è scritxo — a un indi-izzo di cultura specifico. 220
della loro organizzazione di lavoro all’interno del cantiere. Quesito a cui, ancora una volta, non sono in grado di dare risposta, limitandomi invece a ribadire l'attualità di uno studio sui moduli — a suo tempo segnalato —, teso a verificare i canoni dei capitelli neoantichi nel Medioevo genovese. Soltanto su basi concrete le informazioni acquisiscono certezza. In attesa di tempi più maturi ripiego, in fase conclusiva, su una serîe di corisiderazioni propedeutiche alle indagini del futuro. Allo stato odierno delle ricerche non si è ancora individuato l'eventuale centro egemone cui far capo per la cultura dei capitelli di porta sant’ Andrea. Il fatto che tale cultura si integri perfettamente nei messaggi dello specifico programma cittadino non impedisce di ipotizzare che i reperti in questione possano essere stati importati. Ma da dove? Da località diverse, considerate le divergenze interne: ma da località pur sempre sconosciute, perché anche l'analisi petrografica dei marmi — si è individuato l'apuano per il solo capitello esterno a Sud — non soccorre in questa circostanza.
Fig. 263 - Porta Soprana, capitello esterno, rilievo di A. d'Andrade.
Fig. 264 - Porta Soprara, capello interno prima del restauro.
Fig. 265 - Porta Soprana, capitello interno.
Fig. 266 - Porta Soprana, capitelli, disegno di A. d’Andrade.
Se poi si verificasse il caso di reperti genovesi, i capitelli sarebbero dovuti a lapicidi di modi e di educazione ben distinti, i quali avrebbero potuto lavorare
inseriti, ma si ignora con quale modalità nel cantiere delle porte urbane. A questo punto, sembrerebbe lecito proporre per i manufatti più scadenti il nome delle maestranze antelamiche, considerato il mediocre li-
vello qualitativo di queste ultime nella lavorazione scultorea. Se, comunque, si trattasse dei magistri, la loro notoria inesperienza esecutiva non potrebbe conciliarsi con il rigore e con la vitalità di almeno due dei capitelli, ossia quelli esterni. E quindi agli Antelami
sembrerebbe forse legittimo ricorrere soltanto per il capitello con l'aquila, che pare di fattura più sommaria e modesta.
Una serie di quesiti, dunque, a cui mi piacerebbe
rispondere, e che comunque nell'impossibilità di farlo mi è sembrato opportuno formulare 6.
4.4. Considerazioni conclusive per un piano di lavoro Nel riprendere l'argomento delle maestranze di porta Soprana, al termine di questa breve indagine,
organizzo attorno a delle ipotesi di lavoro una serie di inferenze desunte in diretta dall'osservazione dell'edificio. Ferdinando Bonora ha condotto uno studio tecnico sul monumento nel quadro delle mura urbane del XII secolo di cui utilizzo alcuni risultati a corredo della mia ricerca. Dall'analisi del tessuto murario della cinta urbana emerge con chiarezza che questa è stata effettivamente costruita da artigiani di varia estrazione, con
Taiuto di una manovalanza improvvisata — probabil-
mente i cittadini volonterosi e coinvolti ma non abilitati all'impresa — in opportunità all'urgenza dell'opera, così come testimoniano le parole del Caffaro (v. qui il 9.2.). Si riscontrano brani di tessitura raffazzo-
nata alternarsi con paramenti litici accurati e lo spessore della cinta variare di quota senza giustificazioni apparenti. Questo medesimo tessuto edilizio, inoltre, sembra non riconoscere un termine di paragone concreto nel codice murario di porta sant'Andrea perché
quest'ultimo
è stato
quasi
interamente
rifatto
nell'800 (v. qui P11., passim). Se tuttavia, come sem-
bra, la ricostruzione moderna delle murature al pari dell’edificio tutto è filologicamente corretta e se quin-
Fig. 267 - Porta Soprana, capitello interno.
di si vuole utilizzare come confronto l'edizione 'restituita? della tessitura litica in quanto immagine fedele all'originale, si constata che l'apparato murario di porta Soprana si differenzia dal globale contesto del perimetro cittadino.
Lo studio progettuale dell’edificio elaborato dal Bonora, consente di ribadire che i progetti delle due torri mancano di «corrispondenza speculare» e si di-
versificano segnatamente per la curvatura e per la
profondità dell'invaso. Si tratta d: modelli interpretati con varietà di prospettive nel risolvere problemi operativi non indifferenti.
Quaestio oritur, allora: come comporre tutte
queste antinomie?
La giustificazione più facile è il ricorso a maestranze distinte: le une attive per le mura con il concorso dei cittadini, le altre, e più qualificate, per la porta. Un'ipotesi questa che, pur nella sua credibilità, potrebbe essere tuttavia troppo semplicistica e che, forse, potrebbe sembrare gratuita nel quadro di un'operazione che ancora prese-ta troppe incognite.
Se poi si volesse insistere su un'indagine precaria, sarebbe da chiedersi come si collochino i magistri Antelami in una simile prospettiva. Un ulteriore punto dolens. La qualità frammentaria delle fonti non concede presupposti atti a indivizuare il ruolo specifico di maestranze alle quali, inolt-e, non si è in grado di fornire una fisionomia. È ancora da dimostrare su basi concrete — e il Bognetti insegni — che maestro 225
Fig. 268 - Genova, porta santa Fede o dei Vacca, capitello interno.
Giscardo e Giovanni Bono Cortese e Giovanni di Ca Se, infine, maestri d'ascia anonimi o antelamici stello facciano parte effettivamente delle corporazio che siano, dopo aver battuto gli itinerari bellici e relini antelamiche. giosi del Levante ed essere rientrati in patria, avesseE i maestri carpentieri genovesi al seguito delle ro partecipato alla grande impresa per la sicurezza crociate sono da identificare o meno con gli Antela- della città, è lecito ascrivere al loro mestiere di falemi? Si tenga presente che le fonti che ho riportato (v. gnami la complessità di progetti tanto articolati come qui il 4.2), e altre che non sono state ricordate, non quelli delle due torri, le quali non sembrano presentaindicano mai trattarsi di maestri Antelami, bensi solo re tratto comune con le torri di assedio 7? di manovalanza genovese senza specificazioni ultePer non correre avventure culturali, dunque, riori. Mentre gli atti relativi agli Antelami, anche se non si è in grado che di proporre uno schema riassunpiù tardivi giacché il primo pervenuto è del 1157, non tivo estremamente scarno, ma orientato in diretta a fanno menzione alcuna a fortuite imprese nell'Oltre- non concedere nulla a idee in libertà. mare, le quali non si sa in che modo avrebbero potuto Dopo aver messo in risalto la complessità del conciliarsi inoltre con i problemi loro di corporazio- problema delle maestranze di porta sant’Andrea, penne. so di poter affermare che il quesito non può essere ri226
solto in modo univoco, ma deve emanciparsi bensì
dalle cristallizzazioni nelle quali una critica per lo piü ripetitiva l'ha fossilizzato. Per creare le precondizioni a future indagini ritengo opportuno venga promosso un ventaglio di ricerche nuove, tese a distinguere Je svolte maggiori che segnano il percorso critico della vicenda antelamica a Genova. Ossia: fornire un volto ai tre magistri dell'epigrafe verificando pure la traccia indicata dal Cervetto: indagare in direzione di studi
comparati sui moduli relativi sia ai progetti delle torri sia ai canoni dei capitelli, e questi ultimi nell'ottica dei rapporti con la coeva produzione genovese; ripercorrere l'operato dei costruttori di porta sant Andrea in relazione a quanto i magistri Antelami hanno in effetti edificato e a quanto in concreto è pervenuto, tenendo presente la loro produzione accertata anche per il periodo immediatamente successivo al XII secolo.
227
NOTE 4.
1 La notizia su Giovanni Scriba è tratta da Grossi BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 83 nota 20. Oltre agli studi citati nel testo (CERVETTO, 1903, pp. 29-32; FORMENTINI, 1942, pp. 247-311 e in specifico pp. 290, 292, 300; BOGNETTI, 1938, pp. 1-56 e in particolare per il passo citato p. 15), sui magistri Antelami, sulla loro organizzazione corporativa e sulla loro attività genovese dal Medioevo al XVI se colo, si può vedere: VARNI, 1870, passim; ALIZERI, 1875, pp. 19-23; MERZARIO, 1893, pp. 201 e ss. (contributo ormai superato soprattutto per talune analisi critiche relative alla fase romanica del duomo); DE SIMONI, 1929, pp. 235-236; SALMI, 1939, pp. 49.62; BoGNETTI, 1944, pp. 217-224; DE FRANCOVICH, 1952, pp. 125-130; CrscHi, 1954, passim; BOGNETTI, 1961, pp. 155-171; POLEGGI, 1966, pp. 53-68; FORTI, 1971, p. 24 (che ne documenta l'attività come costruttori della Lanterna nella prima metà del Cinquecento); POLEGGI, 1973, pp. 85-86 e passim; PETTI BALRI, 1976, p. 31 (che rivela la presenza di un maestro antelamo in Corsica nel Trecent Grossi BIANCHI-POLEGGI, 1979, passim, (soprattutto per quanto riguarda l'attività delle maestranze nel secolo XV, p. 248}; DI FABIO, 1982, passim (saggio esaustivo per quanto riguarda l'analisi di talune soluzioni costruttive antelamiche). Fondamentale per l'organizzazione delle maestranze a Genova è BOGNETTI, 1938, pp. 1-56. La posizionedi FORMENTINI, 1942, pp. 300-302, che tende ad attribuire agli Antelami oltre alla perizia tecnica nella pratica muraria anche un'intensa attività scultorea è stata recentemente superata dalla cri tica, sulla scorta di una prima indicazione di DE FRANCOVICH, 1952, p. 128: cfr. DUFOUR Bozzo, 1963, p. 321 nota 33; EADEM, 19792, pp. 17, 20, nota 20 e 56; Dt FABIO, in corso di stampa. Questi contributi, e in particolare quello di Di Fabio, dimostrando l'assenza di una scuola scultorea a Genova nel Medioevo e individuando influssi culturali molteplici assegnano ormai in definitiva alle maestranze antelamiche solo la seconda serie di capitelli di san Tommaso e una produzione corrente di sculture minori. Per un bilancio sullo stato attuale delle posizioni critiche relative all'architettura romanica a Genova, fissa all'analisi di CESCHI, 1954, si rimanda a DUFOUR Bozzo, 1982. Per l'attività delle maestranze nella riviera di Levante si veda DI FABIO, in corso di stampa, con una completa bibliografia. Quanto l'argomento debba ancora essere esplorato nelle sue manifestazioni concrete è suggerito da un recente saggio di ROBIN, 1983, passim e in particolare p. 23. La studiosa, lavorando alle fonti inerenti le maestranze dei franc-magons attive in Anjou e in Provenza nci secoli XIV e XV, dimostra come queste non siano sempre itineranti. Anche per i secoli del Medioevo sorgono allora forti dubbi che si tratti costantemente e solo di manodopera che viaggia e non piuttosto che possano coesistere ambedue i casi di atéliers autoctoni e non. Sui modi di costruire e sugli strumenti di lavoro si veda FINO, 1977, passim, con la bibliografia specifica a p. 504. Si vedano ancora i saggi di VON TIGHEM, 1966, sugli utensili e le macchine usati e, sui marchi, cfr. LEFEVRE-PONTALIS, 1922 e NOËL, 1949. Fondamentale, infine, per i sistemi di costruzione nel corso del Medioevo, e soprattutto perla giurisdizione del lavoro sottesa ai manufatti pubblici e privati, l'ampia documentazione in CHAMPOLLION-FIGEAC, 1860; nonché, per la raccolta di fonti scritte relative all'edilizia e alle condizioni degli architetti nel Medioevo, l'insostituibile opera di MORTET-DESCHAMPS, 1929, passim, e soprattutto, per le fortificazioni sotto il regno di Filippo Augusto, il tomo II, passim. 2 Si veda POLEGGI, 1966, pp. 53-68; IDEM, 1973, passim; CAVALLI, 1981, pp. 463-469. In generale, sulla revisione critica dei restauri agli edifici medievali, si rimanda qui, alla nota 26 alP11.3. L'impostazione del problema delle maestranze antelamiche, delineata da De FRANCOVICH, 1952, pp. 216 ss, individua, per la prima volta, la differenziata matrice culturale delle corporazioni genovesi ri. spetto alle maestranze dell'alta Italia; sui privilegi regi, sulla preminente attività militare, sulla loro partecipazione all'assedio di Como (prima metà XII secolo), si veda BOGNETTI, 1938, pp. 1-56, ma principalmente IDEM, 1944, pp. 217-244. Per la carpenteria da guerra si veda anche GARLAN, 1972, pp. 123 e ss.
3 Sulfassedio di Como e sulfimpresa di Lugano ancora BOGNETTI, 1944, pp. 222-224; sull'edilizia abitativa medievale, in legno, si veda Grossı BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 50 nota 55; esemplare è a questo proposito il noto incendio del 1122 di tuto il borgo situato. intorno alla chiesa di sant Ambrogio: cfr. il passo di CAFFARO, in Annali genovesi, 1890, I, p. 18. Per la meccanica militare nel Medicevoe perle fonti citate antiche e medievali si veda ROCCHI, 1908,pp. 221-234 (la frase citataè ap. 231); Cassı RAMELLI, 1964, pp. 36-37. Sull'uso delle macchine da guerra lignee nelle crociate si veda anche il racconto di ROBERTO IL MONACO, Historia Hierasolymitana, passim e per alcune frasi ricordate pp. 758, 828: nella cronaca sono più volte citate «altas circa muros machinas» (p. 756) e «moebus excelsis turribusque» (p. 779). Ibn al-Qalänisi (1073-1160)è il più antico storico arabo che tratt delle crociate; in particolare, nel 228
Seguito della storia di Damasco, egli descrive la prima e la seconda alle quali partecipò personalmente; dal capitolo relativo alla Caduta di Sidone della sua opera è tratta la frase citata nel testo. Anche durante la presa di Edessa nel 1144 da parte delle truppe islamiche vengono usate «catapulte rizzate contro le... mura», torri costruite «sino all'altezza delle mura»; tutti i rani, come le notizie sullautore, sono tratti da GABRIELI, 1969, pp. XXII, 11,30,50-53. Sul collegamento fra l'attività dei carpentieri di guerra e quella dei carpentie. ri navali mi sembra indicativo il passo del Caffaro (cr. qui i19.2), laddove si legge che con alberi delle navi venivano costruiti «castelli altissimi» per rafforzare le mura. Mi sembra questo uno spunto da non trascurare e da approfondire con una ricerca apposita, tesa a in dividuare la struîtura dei cantieri edilizi nel XII secolo e nella fattispecie di quelli degli Antelami in Genova.
* Si veda MAGGIOROTTI, 1933, p. 587. La citazione di Caffaro sull'ssedio di Antiochia (1097-1098)è tratta da Annali genovesi, 1890, I, p. 103. L'uso di affidare alla committenza privata la costruzione delle macchine bellicheè documentata dalla vicenda di Tancredi il quale si trova nella necessità di dover rifiutare l'incarico avuto di costruire un'opera offensiva più avanzata perché non può pagare gli operai cfr. CASSI RAMELLI, 1964, p. 152). Dell'assedio di Beyrüt narra lo storico arabo Ibn al-Qalänisi (da GABRIELI, 1969, pp. 28-29). Per le vicende dell'assedio di Gerusalemme si veda il passo di CAFFARO, in Annali genovesi, 1890, I, p. 110; la cronaca di Ibn. al-Athir (1160-1233, scrittore mesopotamico, autore della Storia perfetta o Somma delle storie, «il solo vero storico arabo» del periodo, secondo GABRIELI, 1969, pp. XXIILXXIV) è cdita da IDEM, 1969, p. 12; la descrizione di Cassı RAMELLI, 1964, pp. 152-154; PoLEGGI-CEVINI, 1981, p. 31. Per Cesarea cfr. Annali genovesi, 1890, I, p. 9. Le frasi di Ibn al-Athir sulla presa di Acri sono ancora desunte da GABRIELI, 1969, pp. 18,21;si veda anche Annali genovesi, 1890, I, p. 122. Sulla conquista di Tripoli cfr. ibidem, p. 14; la vi cenca è inoltre narrata da Ibn al Qalànisi, in GABRIELI, 1969, pp. 26:27. Su Almeria si legga CAFFARO, in Annali genovesi, 1890, I, p. 34; sul trattato con Alfonso VIII, in cui il resi impegna, fra l'altro, a pagare per le spese in macchine belliche, cr. MAGGIoROrTI, 1933, p. 580. Sulle maestranze straniere cfr. CASst RAMELLI, 1964, pp. 12,128,155. 5 È soprattutto il gruppo di archeologi medievali genovesi e toscani, che opera intorno alla rivista Archeologia medievale, ad aver
avviato una prassi conoscitiva basata sulla verifica del manufattoe delle tecniche (ctr.i risultati emersi dallo studio del palazzo di Prato di FRANCOVICH:GELICHI-MELLONI-VANNINI, 1978). Del resto anche la lettura che Bonora fa della porta sant’ Andrea in appendice è impostata secondo tale metodologia. Per un esempio di analisi di murature di questo periodo si veda LANGE‘, 1965, pp. 52,100-103. 6 PoLEGGI, 1973, p. 86 e passim; DUFOUR BoZZ0, 19792, pp. 17, 20, nota 20, dove chi scrive individua nel XII secolo a Genova tendenze scultoree provenienti da diverse zone e per la prima metà del secolo dal litorale toscano; DI FABIO, 1981, passim; cfr. inoltre VaRNI, 1870,p. 36, per la citazione del documento datato 1513; ALIZERI, 1875, p.23. Per primo DE FRANCOVICH, 1952, pp. 127-128, (polemizzando con BocNETTI, 1938, pp. 52-56, il quale aveva attribuito alcune sculture genovesi agli Antelami), individua i termini reali del problema (cfr. per maggiori particolari qui la nota 1). ? Peri riferimenti all'intervento di BoNORA cfr. qui appendice e IDEM, 1980-1981, pp. 133, 149, 151-152, 159-162, 169-173, 180181. La prima citazione di un magister Anteloni è in un atto del 6 giugno 1157 rogato da Giovanni Scriba (CHIAUDANO-MORESCO, 1935, p. 99, doc. CLXXXVID)
229
5. UN MODELLO
5.1. Porta Soprana come ‘modello’: mondo medievale d'Occidente
verifica nel
I Genovesi ad Acquemorte è il titolo di un ben noto lavoro, che nel 1892 Luigi Tommaso Belgrano pubblicava ‘sulla fabbrica della città di AiguesMortes, avvenuta dal 1260 in poi; impresa imponente questa, la cui committenza si deve a Luigi il santo e di cui fu ‘protagonista’ il genovese Guglielmo Boccanegra. «Una grande occasione, quella di AiguesMortes» — si è ribadito in uno studio recente — «dove la creatività manageriale dei genovesi non cessa di stupire...» e dove sono stati distinti gli esiti finali di un processo che, con o senza filiazione diretta e pur con notevoli diversità, trova a certi livelli un precedente ideale nella Genova «murata» fra XII e XIII secolo.
Su una piattaforma simile è lecito chiedersi ora se le porte urbane dei genovesi possano giocare un ruolo di qualche peso e rapportarsi a quelle della città di Provenza. Il problema era già stato intravvisto da problema delle maestranze franche e occidentali in Alfredo d’Andrade quando, alla ricerca dei ‘modelli’ genere, al seguito dei crociati e reduci dalla Terra che avrebbero potuto precedere o seguire porta Santa; relative, dunque, ai quesiti sulla loro educaziosant’ Andrea, prendeva in considerazione le porte ur- ne artistica, sulla loro cultura che si viene concretanbane di Aigues-Mortes disegnandole con taglio di ra- do in un divenire di scambi di esperienze e di tendenpida suggestione, ovvero — e sempre in forma indi- ze e sul portato, ancora in fase di ricerca, di una staretta — quando Leone Arriano Maggiorotti riteneva gione edilizia tanto interessante quanto geograficail ruolo dei genovesi determinante, e forse esclusivo, mente dilatata. In tale quadro, anche se la presenza per edificare la città provenzale. Di quest'ultimo au- genovese ad Aigues-Mortes sembra indiscutibile pertore e della sua ottica si è già scritto, così come di Al- ché documentata da fonti scritte sicure, non è ancora fredo d’Andrade si trattato in altra sede 1, Non resta lecito allo stato odierno delle ricerche rintracciare allora che rispondere al quesito riproponendolo in ter- l’opera specifica dei cantieri liguri nella cinta urbana mini rinnovati: un nesso di dipendenza diretta della della città di Provenza, dove pare che tali artigiani cinta e delle porte di Aigues-Mortes da quella di Ge- siano giunti al seguito del Boccanegra in esilio. Così come non è consentito ravvisare analogia nova e dai suoi ingressi non sembra reggere ad alcun livello. L'impresa provenzale, infatti, va considerata alcuna di progetto e di struttura fra porta Soprana e nel panorama critico oggi più attendibile relativo al porte-des Moulins o porta della Marina (v. figg. 20231
Fig. 270 - Bordeaux, porte de la Grosse-Cloche, prospetto.
22) tanto per proporre gli esempi piü vistosi. Queste.
ultime, infatti, sembrano ricollegarsi a una logica di cultura a loro ben più congeniale quale l'ambiente di Carcassonne (leggi le sue cinte murarie con porte urbane per le quali v. qui il 2.5), o a quello di Dourdan (mura e porte intorno al 1222), o ancora quello di Coucy (circa 1240) (v. figg. 25 e 26), nel quadro della grandiosa spinta edilizia relativa a uno scacchiere fortificato, promosso da Filippo Augusto in poi, che trova una delle sue realizzazioni più tardive e maestose nel celebre e già citato forte st. Andrè di Villeneuve-és-Avignon (inizio XIV secolo) (v. fig. 60) (v. pure la documentazione
in nota e le figg.
269285)2. I problema di porta Soprana quale possibile precedente o quale ‘modello’ delle porte di AiguesMortes perde credibilità storica e architettonica slittando sul piano più esclusivo della morfologia e'anche a questo livello con riscontri non convincenti. Cambrai, porte de Paris, prospetto.
Fig. 272 - Laon; porte de Soissons al tempo del d'Andrade.
Fig. 273 - Laon, porte de Soissons, prospetto esterno, stato attuale.
al tempo del d'Andrade.
Fig. 276 - Laon, porte de Chenizelles, prospetto esterno, stato at: tuale, particolare.
Fig. 275 - Laon, porte de Chenizelles, prospetto esterno, statoat tuale.
Fig. 278 - Nancy, porte de la Craffe, prospetto esterno.
ON. rar
- La Portedé la-Condamine ©
u de temps
Bertrand
du
aprés le siège de Tarascon
Guesclin (1368).
Le Roi François l is après Ja bataillede yr, fit son emtsse d; Ja pont mine(s fe es Consuls de la Ville 6 Pont de La Condamine jusqu'a l'église Ste-Marthe Jes rues avait (Serie historique C. M., reyroduetion interdì(e)
236
Fig. 279 - Terascona, porte de la Condamine al tempo del d'Andrade.
Fig. 280 - Tarascona, porte de la Condamine, prospetto esterno, — Fig. 282 - Tarascona, porte de la Condamine, prospetto interno, stato attuale. stato attuale.
Fig. 281 - Tarascona, porte de la Condamine, prospetto esterno, particolare. 237
Fig. 283 - Venasque, porta urbana.
Fig. 284 - Vendôme, porte St. George, prospetto esterno. 238
Fig. 285 - Vire, porte de l'Horloge, prospetio esterno.
Fig. 286 - Lucca, porta «di san Giorgio», prospetto esterno. 239
Fig. 287 - Lucca, porta «di san Giorgio», prospetto interno.
Allo stesso modo non si è in grado di controllare drea e le porte di Valencia o gli ingressi ai manieri della Castiglia sul tipo Sigüenza. Della questione ho già scritto e non resta che rimettere alle pagine che trattano dell'argomento (v. qui il 2.6). Ben altra consistenza, invece, può conseguire un nuovo raffronto, che non è stato ancora considerato con la dovuta attenzione; quello con porta «di san Gior-
se esista effettivamente un legame fra porta sant’An-
240
gio» di Lucca (figg. 286 e 287), attribuita alla metà del XIII secolo. Annotata negli appunti del d’Andrade
come riferimentoa porta Soprana, quella «di san Giorgio» che «tanto somiglia alla nostra», si apre a NordEst nelle mura nuove di Lucca, ricos:-uite per decreto a partire dal 1265. Scarse sono le notizie sull'edificio e sulle sue maestranze, ma un confronto figurativo è sufficiente ad indicare l'evidenza di alcune analogie che lo ricollegano a porta santAndrea. Curva-
tura e invaso delle torri semicilindriche — da verificare, peraltro, a livello di progetto —; rapporto dei salienti con l'interturrio — in cui a Lucca si apre però
un passaggio doppio, ad arco singolo e a tutto sesto verso l'esterno —; relazioni volumetriche e imponenza monumentale sobria sono le frasi di una sintassi
architettonica, riproposte in termini analogici e affini nell'edificio di Genova come in quello di Lucca, che
potrebbe anche configurarsi quale possibile emanazione eventuale di porta sant'Andrea. Se poi la porta «di san Giorgio» che denuncia ascendenze «tardoroma-
ne» più accentuate si deve alla stessa tradizione artigia-
nale del cantiere di porta Soprana, solo una ricerca più precisa e interessata inoltre agli aspetti tecnici del tessuto murario e con il supporto di analisi petrografiche potrà appurarlo. Così come nel quadro di un riesame
più globale del monumento toscano sarebbe opportuno sapere se vi ebbero in effetti un qualche ruolo quei «maestri comacini», la cui presenza a Lucca il Pierotti conferma essere «documentata abbondantemente», «principalmente nel XIII e XIV secolo intorno alle fabbriche religiose e anche a quelle civili» 3. E infine, e ancora, riconoscere il supporto di una vicenda storica nella quale si sviluppa la trama dei nessi di cultura fra le due città. A proposito di migrazioni di maestranze, un ulteriore sondaggio sembrerebbe postulato dalle fonti scritte pervenute: quello relativo agli artefici dei castra e della cinta difensiva di Portovenere. «Gli stessi consoli, poi, a maggior possanza di Genova fecero. costruire il castello di Portoveneree fu l’ultimo anno di lor consoJato, correndo il 1113»,
Fig. 288 Portovenere, porta del borgo, prospetto esterno. 241
racconta il Caffaro nei suoi Annali in cui, di seguito, all'anno 1160, ancora si legge: «e il borgo di Portovenere cinser di mura». Al di là della questione se la data proposta dall'annalista tolleri un riscontro con la realtà storica e prescindendo dalla nuova e convincente prospettiva cronologica che Giovanna Petti Balbi sembra offrire all'espansionismo genovese nel Levante più prossimo, l'indicazione del Caffaro potrebbe suggerire di supporre che negli edifici della conquista possano aver operato maestranze genovesi. La verifica archeologica, appena iniziata, darà in futuro risposte esaurienti? E
quanto auspico; limitandomi oggi a riscontrare che gli ingressi fortificati del borgo — per ciò che si sa edè ri masto — non sembrano avere elementi in comune con
l'edificio genovese. È il caso della porta «de Placia», a
Nord del centro ligure, documentata dai rogiti di
Tealdo de Sigestro a partire dal 1258 e tuttora esistente (figg. 288 e 289), che si articola in un varco a passaggio semplice con torre unica di lato e con morfologia quindi estranea a porta Soprana. Non voglio andare oltre e voglio invece sottoporre all'attenzione dell'osservatore la stratigrafia edilizia e i pesanti interventi di restauro che possono aver alterato la facies originaria del monumento di Portovenere4. L'excursus sulla porta ligure può dar luogo a
una considerazione finale relativa al programma ur-
banistico dei genovesi nelle ‘colonie’ della conquista e Fig. 289 - Portovenere, porta del borgo, prospetto interno.
E
DRSENAL,
mm ılroRro:siconn orat Fig. 290 - 2era, il porto nel 1544, disegno. 242
al peso, nonché al ruolo del loro intervento edilizio
che rifletta o meno l'immagine della madrepatria. È
la verifica di Michel Balard per le «trois autres Genes» dell’Oltremare che vedrei applicata anche a Portovenere e che mi limito, invece e per ovvie ragioni, a postulare, 5.2.
Verifica nel mondo medievale d’Oriente
È ancora dagli studi di Michel Balard che si devono prendere le mosse per avviare la verifica di un'eventuale continuità d'immagine nelle terre dell'Oltremare,
alla ricerca di ‘un’altra porta Soprana'. Fra le «trois autres Génes» de La Romanie genoise, la priorità spetta a Costantinopoli, dove — co-
me & noto — i genovesi si impiantarono già a partire. dal 1155 (v. qui il 9.2 ). E più cospicuamente dopo il 1268 quando si stabilirono non nella capitale del Bosforo, bensì in quel suo borgo periferico di GalataPera, che cinsero di mura a più riprese nel corso del XIV secolo (e anche dopo); a quella sua contrada, dunque, che i conquistatori organizzarono in rioni speculari al modello della madrepatria. 1 viaggiatori del primo ’800 hanno restituito immagini letterarie e grafiche della città di Pera, tanto più preziose per le indicazioni relative all'assetto della sua cinta fortificata (figg. 290 e 291), che fu distrutta a partire dal 1864 in poi. Dalla demolizione sono sta te risparmiate alcune lapidi, oggi custodite nel museo archeologico di Istanbul. Sui meccanismi pubblici e sulle strutture sociali della città sono stati pubblicati studi anche in relazione a sondaggi nell'archivio di Stato di Genova, ricco di informazioni documentarie; ‘sono state promosse ricerche orientate direttamente a salvare dall'anonimato le imprese politiche ed edilizie
duta irrimediabilmente, nonostante qualche sporadico documento fotografico (figg. 292-294), peraltro del tutto inadeguato. Anche perché ci si scontra con una stratigrafia edilizia e cronologica incerta e con conoscenze tipologiche che, per le mura, si limitano all'in-
dicazione del loro circuito (v. fig. 291) e all'uso di torri semicilindriche accanto a quelle rettangolari o quadre, e le prime spesso con copertura a cono. Per quanto concerne le porte — che si sono moltiplicate in un secondo tempo in relazione a un disegno urbano pià maturo e che sono denominate spesso dalla protezione dei santi — si lamenta il silenzio piü assoluto circa alla loro immagine architettonica5. Anche per Caffa (fig. 295), la città che fu spartita dai primi colonizzatori genovesi in contrade come la madrepatria e le cui origini sono oscure, non è consentito fare illazioni. Non si parla né di mura né di
torri per la sua difesa nel XIII secolo — così come afferma il Balard — e le notizie delle fonti scritte sono più tardive perché «concernent la colonie du XIV? siècle». Una sola porta interrompe «un remblai de terre garni d'une palissade» con fosso; ma non è dato sapere della sua forma che, tuttavia, non si suppone monumentale. Alla fine del XIV secolo — come attestano alcune iscrizioni — è costruita una nuova cinta, in cui sono state aperte «...nombreuses portes
dont la plupart ont regu le nom de la tour sous laquel-
le elles s'ouvrent...» (figg. 296 e 297).
dei genovesi, delle quali è stata proposta oggi, dal Ba-
lard appunto, una illustrazione storica convincente e globale da rapportarsi a un quadro fisico, che, invece, nulla o quasi ha restituito. In questo terreno dissodato, tuttavia, la ricerca di qualche anello di trasmissione relativo agli ingressi urbani riesce oltremodo ardua. La messe delle notizie recuperate dagli storici non è sufficiente a ricostruire l'aspetto, il valore urbanistico, il criterio funzionale delle strutture architettoniche delle porte della città di Pera. Si sa, e parzialmente, della loro esistenza, del loro numero, che in origine sembra ridotto, o della loro collocazione, ma la morfologia degli edifici è per-
Fig. 291 - Pera, planimetria 243
Fig. 292 - Galata, torre del Cristo.
ÈE
H
È è
èè
Fig. 294 - Galata, palazzo del Comune.
Fig. 295 - Caffa, incisione della fine del X VIII secolo.
Fig. 296 - Caffa, resti della fortificazione genovese.
Fig. 297 - Caffa, porta della cittadella genovese.
A quanto pare, dunque, sembrerebbe trattarsi per lo più di edifici a torre singola e quindi di tipologia diversa da quella delle porte genovesi. Merita ancora di segnalare che fra le denominazioni delle porte di Caffa ne esiste una ci sant'Andrea, che è documentata nel 13816 Se, infine, si considera l'ultima delle «tre Genove» d'Oltremare, cioè Chio, non si registra alcuna modifica. Né il castrum (fig. 298), che nella sua edizione del XVI secolo va immesso in circuiti architettonici alternativi a quelli di porta Soprana e va integrato in comportamenti bellici di nuova estrazione, né la cinta del borgo (fig. 299), con ingressi che per lo più sembrano angolati a squadra, né tantomeno la
Laddove poi — e nel quadro sempre delle colonie genovesi del Levante — qualche analogia architettonica può essere verificata, come nel caso di Soldaia (Soudak, nell'odierna Crimea) (figg. 300-303) non sie in grado di giustificare una eventuale cassa di risonanza a causa dell'informazione carente e fortuita. Voglio, comunque, segnalare del complesso edilizio la porta di sant'Elia (fig. 304), la cui struttura tipologica, potrebbe essere ricondotta a un archetipo non lontano dalla porta di Genova segnatamente per l'interno (fig. 305), se l'aspetto esterno del monumento non ravvisasse invece un tessuto locale di estrazio-
ne bizantina o se ancora il progetto dell’edificio non risentisse della recente stagione crociata per propor«porte génoise» a Sklavia presso Daphnonas (per ri- zioni e per rapporti volumetrici. Tutti spunti questi manere nei dintorni di Chio), possono essere ricon- assai generici, però, giacché non confermati da una dotti ad archetipi univoci da ricollegare a porta "ricerca specifica sull'argomento. sant'Andrea di Genova, intesa come tmodello7. 248
Adduco a controprova il caso della celebre for-
Fig. 299 - Chio, veduta generale, in un'incisione del XVI secolo. 249
tezza Anadolou Kavaci, (figg. 306-308), situata, come & risaputo, sulle rive del Bosforo (costa asiatica).
«Ancora ai nostri giorni... i castelli dell Alto Bosforo... sono noti sotto il nome di Cineviz Kalesi (Castelli genovesi)»
Fig. 300 - Soldaia, torre genovese, disegno di Romarovski.
e sono stati considerati nel quadro di quella logica di fortificazioni che i genovesi appunto avrebbero edificato lungo lo stretto, a cavallo o dopo il famoso trattato del 1351 e la pace del 1355. È nel quadro di tale strategia bellica che veniva letta, sino a poco tempo fa, la presenza e la forma architettonica del presidio fortificato da un castello oggi ampiamente manomesso, costruito come pare su resti protobizantini e comunque con il recupero di marmi antichi e di materiale di riporto. A fronte di questa tradizione critica, tuttavia, si contrappone Semavi Eyice quando nel corso di un suo lavoro sulle Testimonianze genovesi in Turchia del 1979, afferma che «salvo la tradizione non si trova alcun indizio avente un rapporto diretto coni genovesi». La tesi dello studioso che più volte si è occupato dei problemi relativi alle fortificazioni medievali nella zona turca, trova conferma nella osservazione diretta del complesso monumentale. La porta a Nord del castello, infatti, nella sua /acies interna (fig. 309) ed esterna (figg. 310 e 311), raccoglie le istanze del tessuto locale costantinopolitano nel parametro listato della sua trama muraria, accanto all'esperienza dell’architettura militare di Terra Santa ovvero di quella quasi coeva dell'Occidente, cui, forse, deve qualcosa la monumentalità e l'attrezzatura
Fig. 301 - Soldaia, castello consolare, disegno della contessa Otalia.
Fig. 303 - Soldaia, fori cezicai
alfinizio del XX secolo.
Fig. 304 - Soldaie, porta sant'Eiia, prospetto esterno,
Fig. 305 - Soidaia porta santElia, prospetto interno.
Fig. 307 - Anadolou Kavaci, la fortezza. 253
Fig. 308 - Anadolou Kavaci, la fortezza. 254
Fig. 310 - Anadolou Kavaci, ingresso alla-fortezza.
Fig. 311 - Anadolou Kavaci, ingresso alla fortezza, par-colars.
difensiva dell'ingresso. Il suo impianto progettuale infatti non è poi così lontano da porta sant’ Andrea anche se risulta arduo giustificare canali di trasmissione
la proiezione o la diffusione di un ‘modello’ genovese in alcuna delle costruzioni promosse dalla città ligure in Oltremare e giunte fino a oggi o comunque note.
€ filiazioni indirette: le assonanze del caso potrebbero
semmai rapportarsi soltanto a un codice genetico polivalente e in comune. La parentela con la presunta madrepatria risulta estremamente vaga e generica sul
piano architettonico mentre è ribadita invece e punti-
gliosamente rivendicata dalle tre lapidi o «marmi
araldici» con le armi e lo stemma di Genova, che sono state murate all’esterno della parete 8.
In chiusura di questo rapido excursus nella geografia delle colonie dei genovesi nel Levante alla ricerca di immagini di porta Soprana, il bilancio che si può trarre è di segno negativo: non è stato possibile, infatti, desumere alcun elemento utile a documentare
Pur tenendo presente che la scarsità dei reperti e la lacunosità degli studi nel settore archeologico e storico artistico preclude ogni affermazione categorica e pur avanzando quindi cautele giustificate, penso che la porta Soprana sembra essere confermata nello splendido isolamento e nella singolarità delle sue strutture architettoniche, che, — a quanto è dato sapere — non trovano eco e riscontro preciso neppure
nell'Occidente. La porta «di san Giorgio» a Lucca è forse un'eccezione brillante, che come tale va dunque valutata.
257
NOTE 5.
! Si veda, in primo luogo, l'opera di BELGRANO, 1882 (dove tra l'altroè documentato il pagamento di cinquemila lire piemontesi per la costruzione delle fortificazioni, p. 329); GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 105 (perla frase citata nel testo). Più in generale su Aigues-Mortes: FLICHE, sd. PAGEZY, 1879; LENTHERIC, 1879; Cassı RAMELLI, 1964, p. 126; GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 51 e 129, nota 38; GiMPEL, 1982, p. 127: STRINGA, 1982, pp. 193-197. Dettagliate sono le informazioni che offre MAGGIOROTTI, 1933, pp. 555 e ss. Su l'analisi che fa d’Andrade delle fortificazioni di alcune città provenzali si rimanda alla bibliografia citata nella nota 25 all11.3,; in particolare si veda BERNARDL VIALE, 1957, p. 69, dove si ipotizza che il d’Andrade nel 1880, prima di iniziare i restauri alla porta Soprana, abbia studiato le porte di Aigues-Mortes in relazione al ‘modello’ di quella genovese. I disegni relativi sono conservati in MCTF d'A, cartella 54, nf 4051-5465; nella stessa cartella si trova una ricca documentazione relativa a porte anche di Francia, oltre alla porta Salomon di «Tebezza» (nl 3866-3867) e a quella romana di «Zaghouan» (nl 3868). Per la porta d'Ardon cfr. nl 3922; per quella di Soissons, entrambe in Laon,si veda nl 3927 e qui fig. 272; per quella di Tarascoria cfr. nl 4003 e qui fig. 279; vedi, inoltre, per le porte di Carcassonne e quelle di Laon la nota 12 al 2.5. Per l'influenza esercitata da porta sant'Andrea sulle successive esperienze genovesi si eda l'opinione di PODESTÀ, 1894, secondo il quale a questo modello si rifarebbe porta d'Archi. Su porta Aurea e su porta dei Vacca rimando al contributo di HEERS, in corso di stampa. 2 Per quanto riguarda queste fortificazioni si vedano le note relative qui oltre. Per una serie di indicazioni di massima, anche in ri ferimento alla documentazione fotografica, si veda, per la cinta di Dourdan, MECKSEPER; 1970, p. 213; per Coucy, FINELLI, 1968, p. 375, e Fino, 1977, pp. 59 e 366; per forte Saint André, ROCCHI, 1908, pp. 192 e ss; HALLAYS, 1911, pp. 115-116; CASSI RAMELLI, 1964, pp. 127-129 e cfr. inoltre qui la nota 14 al 2.5. ? La prima citazione è tratta da D'ANDRADE, 1882, p. 55; sui «comacini» si veda PIEROTTI, 1965, p. 38. Sulla porta di «san Giorgio», sulla cinta muraria in generale e sulla topografia della città si veda: TRENTA, 1829; CHAMBERLAIN, 1928, p. 352; BELLI, 1953; EADEM, 1959; Const, 1960; PrenorrI, 1965, pp. 13-14; ANDREUCCI, 1971; GIOVANNINI, 1972; BELLI BARSALI, 1973; MARTINELLI Nun, 1975; BeLLI BARSALI, 1978, con bibliografia. Sui rapporti fra Lucca e i genovesi, che nel 1171 mandano il console Sigismondo Muscola e il maestro Raimondo a costruire il castello di Viareggio cfr. oltre il passo di OBERTO CANCELLIERE in Annali genovesi, 1890, I, p. 244-245; D'ANDRADE, 1882, pp. 50-54; BELGRANO, 1882, pp. 20-21. Per la chiesa dei lucchesi a Genova, quella di santa Croce di Sarzano, si veda BOLDORINI, 1962.
4 Per la testimonianza di CAFFARO, Annali genovesi, 1890, I, pp. 15,60; gli atti di Tealdo di Sigestro sono editi da PISTARINO, 1958: si vedano in particolare le pp. 10-15, 72, 84-85. Sulle mura e le porte di Portovenere cfr. GRossi BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 6 69, fig. 46; più in generale, sullespansione genovese nella zona, SFORZA, 1902; PISTARINO, 1955: VITALE, 1957, p. 26 con ricca bibliografia; Di: NEGRI, 1968, p. 236, con bibliografia; LOPEZ, 1969, pp. 234-235. Sullacquisto del borgo si vedail passodi GIOVANNI STEL, LA, in Annales genuenses, 1975, p. 27 Un aggiornamento del problema storico e una nuova lettura critica dei monumenti del castrum è stata recentemente compiuta da PETTI BALBI, da DI FABIO, e da chi scrive (in fase di stampa), per quanto riguarda la problematica della «architettura di conquista», nel recente convegno dedicato al monastero di san Venerio del Tino (settembre 1982) $ Per le testimonianze del Settecento e del primo Ottocento si veda BANDURI, 1711, Il; BONDELMONTI, 1824, p. 17; LACROIX, 1838, passim l'edizione del 1846 dell'opera del patriarca Costanzo (cfr. Costantiniade ou description de Constantinople, 1846); DE LAUNAY, 1875; CHOISEUL-GOUFFIER, 1822, II, t. 68, pp. 459 e ss. La documentazione sulle iscrizioni genovesi del quartiereè in VI. GNA, 1865; BELGRANO, 1884, pp. 321-336; Rossi, 1928, pp. 143-164. Sullinsediamento genovese e sulla sua struttura urbanistica si veda SAULI, 1831; SERRA, 1834, III, pp. 179 e ss; DE MAS LATRIE, 1845-1846; DE SIMONI, 1874, pp. 137-180 (dove oltre all'elenco delle porte e alla documentazione relativa segnalo la nota bibliografica, inerente anche le opere ottocentesche, a p. 140); IDEM, 1876, pp. 217-274; GOTTWALD, 1907; ENLART, 1920, p. 154; BRATIANU, 1929, pp. 61 e ss; MAGGIOROTTI, 1933 pp. 134 e ss; SAUVAGET, 1934, pp. 252-275; JANIN, 1950; IpEM, 1953. Cr. inoltre sulla topografia SPRUNER VON MERZ, 1853. Un cenno alla costruzione di 258
Pera è in POLEGGI-CEVINI, 1981, p. 43. Sulle origini del quartiere genovese vedi LoPEz, 1969, p. 235, ma soprattutto BALARD, 1970,
pp. 105 e ss; IDEM, 1978, pp. 186 e ss. Per un aggiornamento si veda EvIcE, 1969; IDEM, 1976; IDEM, 1979. In generale STRINGA, 1982 !, e IDEM, 19822.
Si veda BALARD, 1978,pp. 209-210 per le citazioni, pp. 114 e ss., 199 e ss; per la porta sant'Andrea p. 210. 7. Per Chio cfr. ancora il fondamentale BALARD, 1978, pp. 215 e ss. e ROVERE, 1979. Ricordo inoltre la inta e le due porte del ca. strum dei Gattalusio a Mitilene (BALARD, 1978, p. 173) dove è chiaro un utilizzoda parte genovese di tecniche costruttive conosciute durante le crociate. ® Sulla trecentesca fortezza della Crimea cfr. SKRZINSKA, 1928, p. 107. Sulla revisione del problema delle fortificazioni nel Bosfo-
rosi vedano i recenti lavori di EYICE, 1976; IDEM, 1979, al quale va il mio ringraziamento per avermi gentilmente fornito suoi scritti e il materiale fotografico relativo all’«Anadolou Kavaci». Sulla fortezza si vedano anche, per l lapidi, BELGRANO, 1884, p. 334; MAG. cioROTTI, 1933, pp. 343 e s ; Tov, 1955, pp. 89.91; Turk Ausiklopedisi 1974, XXI, sv, pp. 136-148; BALARD, 1978, pp. 81 e s.
259
6. L'HABITAT
6.1.
La porta nel suo habitat: collocazione urbana
«La porta Soprana porgeva il passo alle regioni di Sarzano, del Prione e di S. Ambrogio e di S. Andrea da dove si irradiavano ‘e sincrociavano altre vie che conducevano al centro della città ed
al porto». Con queste parole Francesco Podestà illustrava la collocazione urbana del monumento genovese nel 1901, rilevando indirettamente l'importanza della sua ubicazione nel cuore di un sistema di arterie radiali, che servivano il centro cittadino e il suburbio. Una vocazione questa di vecchia data che, come si vedrà oltre, può essere ascritta anche al precedente valico di porta «Superana». Così come a un vetusto antefatto risale l’utiliz zazione a vigna del suolo circostante. Un documento noto del 1018 parla di «vignativo» nei pressi della porta — in questo caso «Superana» — e fonti scritte fra il 1025 e il 1094 — relative al vicino monastero di santo Stefano e desunte dal suo cartario (per le quali v. qui 18.3.) — recitano di zone prossime coltivate a fichi, ulivi e frutta !. Né esiste indizio alcuno che faccia pensare a uno sfruttamento del suolo tanto diverso fino al XII secolo inoltrato, sicché la planimetria proposta da Grossi Bianchi e Poleggi per l'usoe il controllo del suolo nell'XI secolo può essere protratta agli anni 1150 circa, almeno per quanto riguarda la zona di sant Andrea. Verso porta Soprana convergono a bande anguste le quattro prime «compagne» della civitas, per le quali ancora Grossi Bianchi e Poleggi avanzano una restituzione grafica relativa alla situazione territoriale, che qui riproduco (figg. 312 e 313). Delle «compagne», attestate già nel 1099 e forse antecedenti, sorte comunque per «esigenze spesso più immediate e poi estinte», ritenute «ancora fatti privati» e non «organismi di diritto pubblico né organismi statali», si è
scritto tanto che non occorre più ritornarvi. Qui interessa la loro distribuzione topografica di «modello policentrico», rapportabile alla loro «singolare struttura confederale», struttura che rientra nei «due grandi ordini di cause della particolare situazione» urbana di Genova?. In un simile contesto porta sant'Andrea si pone alla confluenza di quattro contrade: la prima quella di sant Ambrogio con il borgo Saccherio; la seconda quella della Porta; la terza quella del Prione e la quarta quella di sant Andrea. Sulle regioni di sant Ambrogio e del Prione si rimanda alle notizie fornite dal Belgrano già nel 1882 e aggiornate da alcuni studi successivi; mentre su quella della Porta e relativa «compagna» tengo a ricordare le citazioni del Caffaro del 1130, anno in cui il cronista fu console «pel magistrato de' placiti» assieme con Marino della Porta per la giurisdizione omonima; del 1134,-anno in cui viene nominata per la prima volta la «Portanuova», assieme con «Borgo»; del 1135, anno in cui vengono citate sia «Porta» che «Portanuova». Non entro in merito del problema che sembra profilarsi con le ultime due denominazioni — problema che è stato finora evaso, benché non privo di interesse, — e per la con-
10 Confini di compagne + Parrocchie RI Ares di antica uebanizzzione
Fig. 312 - Genova, rapporto fra ‘compagne’, circoscrizione par rocchiale e antiche aree urbane, disegno. 261
Fig. 313 - Scemini delle ‘compagne’, acquerello di A. d'Andrade.
trada di sant'Andrea nonché per il ruolo egemone del monastero omonimo nell'urbanizzazione del quartiere, rimando ai lavori di Anna Dagnino e alle sue testimonianze esaustive 3.
All'interno di queste regioni la viabilità urbana si configura con un sistema di corridci radiali facenti capo alle porte, che sembrano così determinare gli assi della circolazione (v. cartina fig. 323). Nella fattispecie, già nel IX seco:o, due sole porte, dei quattro ingressi urbani, collegavano il nucleo cittadino d'origine alla «grande viatitità esterna: quella di S. Pietro e porta Soprana». È ipotizzabile, inoltre, un collegamento rettilineo fra quest'ultima e la porta Castri. «Sui vetusti assi d- penetrazione» che da Levante entrano in città, la orta sant’ Andrea si configura, per sua vocazione, corre un diaframma che collega è a un tempo separa le città, raggiunta da un ventaglio di strade, e il suburbio, mura 4.
esclusc dal recinto di
Quando si esce da Genova a:traverso porta sant'Andrea la prima contrada che si incontra è il 262
quartiere popolosc di santo Stefano, già menzionato e su cui avrà occasione di ritornare. Il quadro della viabilità subu-bana del Levante direziona il traffico dalla piana del Bisagno e da Albaro verso i due ingressi urbani di porta Soprana e di porta Aurea. Circa la concizione giuridica del suolo nella zona di sant'Andrea e nei suoi dintorni, si sa che le mura e la porta sorgcno — come del resto è ovvio — su di un'area vincolata a uso pubblico. Mentre il terre-
no circostante è sottoposto «a vincoli d'ampiezza per
alcune vie = divieto di strutture sovrappassanti», nonché e più in generele ad altre norme restrittive e preci-
samente «dal macello [fuori se Andrea], lungo la Chiavica, sino a Piazzalungadi S. Donato dov'è il ponte con divieto di paramuri e portici» e, un poco discoso, «dall'ospedale di S. Stefano sino al mare lungo Rivoterbido, per 8 piedi». Il famoso decreto del 1133 e alcuni documenti ufficiali de: primo XII secolo, che delineano «forme territoriali di governo», attestano con dovizia di particolari la preoccuzazione «di tenere libere ed agibili vie che sono centrali per la vita cittadina».
In tale quadro la porta di sant'Andrea si colloca, dunque, in una delle zone piü animate della città a capo di un «percorso forte» da Oriente a Occidente e viceversa e, inoltre, in un'area chiave per la difesa urbana — area protetta dai lodi dei consoli che impediscono la edificabilità per ragioni militari e di sicurezza —. Fra questi è ancora di particolare interesse il decreto del 1163, relativo agli espropri per «il tracciamento dei fossati necessari alle torri delle nuove mura» che, nella fattispecie, sembrano seguire il percorso del Rivotorbido?. 6.2. Tessuto umano
Che all'interno della città medievale la riparazione e la sorveglianza delle mura vengano affidate ai cittadini è fatto risaputo, risalente a vecchia data e che a Genova l'efficienza e l'organizzazione della difesa collettiva sia attestabile facilmente lo dimostra fra gli altri e in modo macroscopico l'episodio della sfida al Barbarossa (v. qui i 9.). All'antica magistratura dei Conservatores portus et moduli era affidata la tutela del suolo pubblico, che dal XVI secolo in poi era «tra i compiti della Camera dei Padri del Comu-
umano sull'ambiente fisico e la sua gestione a livello
di classe egemone. In questa prospettiva vanno richiamati nomi di famiglie d'origine «vicomitale» le quali — fra l'altro — «occupano un posto permanente nelle lotte dei consoli durante la prima parte del secolo» XI. Sono questi personaggi, i fratelli Marabotto, Giordano e Gionata de porta, figli di Alimeno de Porta, e prima ancora Eriberto, fratello del visconte Oberto, tanto per estrapolare a caso due fra gli esempi illustri a disposizione. In un simile contesto, tuttavia, l'incidenza piü impegnativa circa l'urbanizzazione dell'area prospiciente la porta si deve alla politica territoriale del monastero di sant Andrea, almeno dal primo XII secolo in poi e come in parte già si è visto, politica che è il segno inequivocabile di una ben individuata strategia monastica, tesa alla
«costruzione fisica dell'ambiente...
chiaramente condotta dagli
enti ecclesiastici. «Entro la cinta difensiva..» — è stato scritto — «...la presenza della proprietà fondiaria delle chiese appare così preponderante da occupare più della metà dell'area urbana— almeno 13 ettari su oltre 21 — proponendosi come lo strumento più adatto per controllare e sfruttare l'espansionismo che va accelerandosi...».
La lottizzazione condotta dal monastero nell'area vicina al Brolio — la cui proprietà nel frattempo era slittata alla chiesa genovese — raggiunge il suo apice ne»6. La funzione difensiva della porta urbana non si intorno agli anni 1255 circa (v. appendice Profumo) «Tutto il sistema» — doveroso è ancora il ricorso a Poleggi esaurisce nel suo ruolo di baluardo contro la minac-
cia esterna, ma risponde anche al gioco delle contese interne alla città, almeno per un certo lasso di tempo. Nel 1227 porta Soprana viene «fornita di gente armata» nel corso della congiura di Guglielmo de Mari e nel 1238 il podestà Paolo di Soresina «fecit muniri turres porte Sancti Andree», nell'ambito dei noti disordini fra le fazioni guelfe e ghibelline in occasione del rifiuto di giurare fedeltà a Federico II (v. appendice Profumo, doc. n. 21)?. Tra le forze sociali degli insediamenti urbani nell’area di sant Andrea, quelle connesse più strettamente a un clima di faziosità belliche sono rappre sentate dalle grandi famiglie aristocratiche, che avevano possedimenti nella zona. La famosa «turris magna» di controllo all'accesso della porta era di proprietà degli Embriaci e nel 1286 fu venduta ai Fie-
schi. È superfluo insistere.su di un caso risaputo, do-
cumentato con puntualità dalle ricerche del Belgrano e più esaustivamente e di recente dal Poleggi; qui preme soltanto richiamare le modalità di un intervento
che negli anni '80 ha chiarito su base documentaria tale processo
— «cosi esplicitamente espresso nel meccanismo ben differenziato delle locazioni di terre edificabili, conduce... ad una efficiente ‘omogenizzazione del tessuto sociale che viene ad insediarsi nelle aree e nelle case delle singole contrade costruendo così una città
dove le classi risultano opportunamente ripartite e localizzate per ambienti diversi o addirittura per... paesi di provenienza».
È ovvio, inoltre, che «questa costruzione politica della società», in cui gli enti ecclesiastici hanno tanta parte, sia indirizzata al controllo delle classi subalterne; ed è questa una delle ragioni per cui l’area di
sant'Andrea si configura come un quartiere di residenza popolare 8. Tale struttura si protrae nel tempo se alla metà circa del XV secolo i registri della Gabella possessionum (1459-1463) attestano una frequenza
di «case povere» segnatamente a Ravecca e Sarzano;
ovvero in quell'area di Maccagnana in cui emerge porta sant'Andrea, o in quella di san Lorenzo, con i relativi dati per gli orti di sant'Andrea, al confronto dell'abitato «ricco» situato ad esempio nella zona di
Castello. Che alla fine del XVI secolo la situazione
263
sociale sia ancora immutata, è testimoniato, fra l'altro, da quel curioso componimento letterario che Vincenzo Dartona dedica al gioco del «redoglio», una specie di scommesse d'azzardo, che erano assai diffuse tra il ‘popolino’ della regione di sant’Andrea (per tale connotazione ‘popolare’ v. qui l'11.1.3). La partizione morfologica dell'area, così come è stata restituita a livelli diversi da Poleggi e Grossi
casa «positam extra porta civitatis Ianue» e si sa di ricche doti assegnate alle figlie di macellai e di drappieri?. In attinenza all'assetto ecclesiastico, Tarea di sant’ Andrea sembra rientrare nella giurisdizione di san Donato da quando nel 1143 circa la chi
sa fu elevata al grado di parrocchia. Del tempio è conosciuta un'autorità egemone al punto da interferi-
re talora nel vissuto della cattedrale. Altri edifici sacri
ta trama viaria a scacchiera, risalente all'originaria
erano presenti nel quartiere e fra questi ricordo san Defendente, senza contare il plurimenzionato ed ege-
lottizzazione monastica, si è protratta per secoli, con un disegno che risulta essere appunto il più economico e il più comune. Le case a schiera sono strette e
mone cenobio di sant’Andrea. Dei servizi religiosi, il cimitero di sant’ Andrea, documentato ad esempio nel 1186, era costruito su di un’area di antica vocazione
allungate, si moltiplicano accanto a minute unità edilizie ripetute secondo moduli seriali, e sono costruite
bre «necropoli arcaica» dallo stesso nome. Il più vici-
Bianchi, conferma la sua vocazione popolare: una fit-
in buona parte in legno: i ben noti incendi della città, ricordati da Caffaro nel 1141 e nel 1154, testimonia-
no la diffusione dell'uso di questo materiale. I resti
del quartiere artigiano di Ravecca che a tutt'oggi perdurano, rappresentano un eloquente esempio del tipo abitativo d'origine.
Nel quadro dell'assetto civile del quartiere fra i servizi di prima utilità pubblica emerge l'acquedotto, il cui «castello delle acque» fu eretto nel 1292 come attesta l'iscrizione tuttora murata in via Ravecca (v.
appendice Profumo, doc. n. 27). Attorno alla distribuzione idrica si sviluppa tutta una vicenda laboriosa, che la Dagnino ha ricostruito nel corso della sua escussione delle fonti scritte per l’area in esame e che
per un primo inquadramento generale è stata delinea
ta dall’insostituibile opera del Podestà relativa all'Acquedotto di Genova. Tra le fontane nei dintorni della
porta va ricordata quella di Rivotorbido del XIII secolo e in località assai più prossima i famosi «cannoni» di sant'Andrea, quest'ultimi documentati con certezza a partire dal XV secolo e anche da prima. Già dal 1197, invece, si ha notizia del forno di sant'An-
drea ubicato probabilmente a Nord-Ovest della porta,
accanto al monastero eponimo, in una zona di fitta
frequentazione quotidiana e sull'asse di una distribu-
zione che da Occidente a Oriente tocca i punti della
maggior aggregazione popolare. Anche i macelli sono
attestati in età precoce se si può — come sembra — riferire la loro esistenza a un periodo antecedente al menzionato lodo del 1133 e se la testimonianza di Caffaro del 1152 riguarda una loro integrazione con i
macelli nuovi di Soziglia. E pervenuto il nome di un certo Achille macellaio che nel 1186 possedeva una
264
funeraria così come testimonia la sottostante e cele-
no degli ospedali era quello risalente forse al 1400 circa, gestito dagli eremitani, la cui ubicazione, sicuramente nei pressi della porta, non è stata ancora reperita. Localizzata a ridosso della torre Nord è invece la loggia di sant’Andrea, di uso pubblico, ma di proprietà ecclesiastica, di cui si dà in appendice la tardiva documentazione risalente al XV secolo. Tra le feste religiose emerge, ovviamente, quella in onore del santo patrono che si svolgeva annualmente il 30 novembre
€ che talvolta è ricordata dai rogiti notarili quale sca
denza cronologica come avviene per esempio in qualche atto di Giovanni Scriba. Non si è abbastanza informati sulle forme asso-
ciative esistenti nel quartiere.
Gli insediamenti produttivi della zona sembrano collegati al piccolo commercio interno della città, che trova uno degli ambienti più fecondi nell’area di
sant’Andrea, oltre a quella del piano di Piccapietra e
di porta santa Fede; mentre per le merci che proveni-
vano dall'entroterra le operazioni relative ai meccanismi fiscali avvenivano senza «...alcun dubbio... alle
porte della città».
L'Anonimo genovese, il poeta che scrive tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo, offre una testimonianza preziosa dell'ordinata distribuzione delle arti e dei mestieri nelle contrade urbane. Nella sua celebre rima CXXXVIII — in cui esalta «de magnificenze della sua città, fervente, nel porto, nei cantieri, nelle piazze e nelle strade, nelle botteghe, nella grandiositä delle costruzioni pubbliche e private, di una vita intensa e operosa» — dice testualmente: «E como per le contrae / sun le butege orde-
nae, | che queli chi sum d'un arte / stan quaxi inseme da tute par-
te»
(vv. 143-146). L'«arte» che più
interessa la regione di
sant’Andrea sembra essere quella della lana, praticata soprattutto da forestieri, con una produzione in continua ascesa che pare culmini fra il 1253 e il 1255. Da uno strumento di Oberto Foglietta senior del 28 febbraio 1400 si sa che ancora nelle vicinanze esistevano i lavatoi per purgare la lana. I tinctores, che per la maggior parte erano invece genovesi, avevano la
loro dimora poco distante, nel quartiere cioè di santo Stefano e presso al Rivotorbido; in osservanza, dun-
que, a una precauzione igienica diffusa che voleva ubicate fuori città le sedi per la concia della pelle, per la tintura dei tessuti e per la macellazione del bestiame. La mappa degli insediamenti produttivi nei secoli XIV e XV, illustrata sul piano documentario e cartografico da Poleggi e Grossi Bianchi, convalida che il tipo di produzione della zona non cambia nel suo divenire, cosi come, ad esempio, & confermato dalle otto grandi tintorie a Ponticello delle quali si ha notizia nel registro Possessionum del 1459-1463. Lo stesso vale per i lanaioli sempre presenti nell'area, in cui, a partire dal '400 circa, sembrano instaurarsi anche i ferrai. In chiusura e non certo per esaurire il tema delle attività lavorative del quartiere di sant Andrea, ma piuttosto continuando a delinearne i settori, ricordo un rogito del 22 novembre 1302 e uno del 24 maggio 1381. Come a suo tempo il Belgrano aveva osservato, i due strumenti attestano che la «strada della Porta è quella che poi si chiamò dei notari, in grazia de’ banchi e delle abitazioni che ivi e nelle adiacenze usarono di tenere questi pubblici uffiziali» 10
Nelle fonti notarili la porta sant'Andrea é nominata
con una certa frequenza e viene citata quasi sempre
come indicazione topografica sia quando nei documenti sono definiti li estremi o i confini di un'area in trattazione, sia quando si rogano gli atti nelle adiacenze dell'edificio stesso. La porta risulta essere utilizzata in tali menzioni come un punto di riferimento territoriale e questa convenzione sembra riflettere certi aspetti delle modalità di fruizione visiva degli abitanti la regione. Ai quali, inoltre, non poteva sfuggire la carica emozionale che l'eccessivo verticalismo delle torri doveva evocare; ma è questo un tema che riprenderò più oltre 11.
Lo sviluppo edilizio del quartiere, che a partire dal XV secolo supera la barriera della cinta e oscura ogni riferimento al suo prestigioso ingresso, interrompe d'autorità questa ricostruzione dei lineamenti di un paesaggio urbano, collegato con le necessità della vita quotidiana di un popolo minuto. Tale quartiere, infatti, nella sua espansione accelerata, vive da ora una vicenda autonoma, che non richiede né considera l'esistenza della porta di città. Con tale immagine brulicante di vita, concludo allora il presente excursus illustrativo teso a delineare sommariamente l'habitat di porta Soprana, condotto sulla base di una campionatura diacronica dal XII al XVI secolo e relativo alla trama cittadina nonché a quel tessuto umano în cui la porta riconosce la validità del suo divenire.
265
NOTE 6. * La frase citataè in PODESTÀ, 1901, p. 199; il documento del 1018 nella tesi di BOLDORINI, 1960-1961, doc. n. 36. Per Findivi duazione del tipo di insediamento intorno alla porta per i secoli del Medioevo si veda la completa revisione del materiale documentario in Grossi BIaNCHI-POLEGGI, 1979, pp. 43, 46-47 e le planimetrie a pp. 36-37, 39, 68-69; inoltre BELORANO, 1882 p. 38; PoLEGGICeviNi, 1981, p. 28. Per porta Superana si rimanda qui all'8.3. ? Cir. oltre a Grossi BIANCHI-PoLEGGI, 1979,pp. 51,106, pianta a p. 47; NICCOLAI, 1939, pp. 97 e ss; BESTA, 1942,p. 269; PE RI, 1951,pp. 30 ss. e per le frasi citate p. 37; HEERS, 1962, p. 51; POLEGGI, 1965, passim; DE NEGRI, 1968, pp. 232e ss; POLEGGI, 1976, p. 163. 3 BELGRANO, 1882, pp. 28-32; Annali genovesi, 1890, I, pp. 25, 28. Cfr. anche HrERS, 1962, p. 382, e Lopez, 1973, p. 21. Per il monastero di sant'Andrea DAGNINO, 1982. 4 Sul ruolo delle porte urbiche rispetto agli assi di circolazione si veda HEERS, 1962, p. 51; Lopzz, 1969, p. 12; GROSSI BIANCHIPoLEGGI, 1979 (p. 39 per la prima citazione, p. 44 per la seconda, c pp. 45,49 nota 18, anche per le altre porte dei circuiti murari medievali in generale cfr. anche GUIDONI, 1978, pp. 113 e ss. 5 Sul borgo di santo Stefano cfr. BELGRANO, 1882, p. 33, c sulla viabilità esterna verso Levante vedi HEERS, 1962, p. 397; DE NE GRI, 1968, p. 73; GRosst BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 90 e ss. e per le citazioni pp. 51,54; POLEGGI-CEVINI, 1981, p. 52. Sulla dest zione a uso pubblico del suolo ancora GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 43,84 nota 34; PoLEGGI-CEVINI, 1981, p. 30. Invece sull'organizzazione dell'uso pubblico del suolo in Italia cfr. Boccht, 1981, e in particolare, per le eventuali situazioni analoghe tra Genova e Pisa, cfr. CASINI, 1971, p. 540. 5 Sulle condizioni giuridiche sottese alla nascita della città si veda DE NEGRI, 1968, pp. 227, 234-235; LoPEZ, 1969, pp. 17, 227, 234, 235; TERRANOVA, 1970, p. 290. Sull'affidamento ai cittadini della manutenzionee della sorveglianza alle mura WEBER, 1975; sulla difesa Heers, 1962,p. 382, e FORTI, 1971, p. 22, per il caso della Lanterna; sulla magistraturadei conservatori del porto e del molo PoLowio, 1977, pp. 40-43, 156-160. 7 Ancora sulla difesa del suolo pubblico cfr. BELGRANO, 1882, p. 17; Cassı RAMELLI, 1964, p. 80; GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 245-246, 230231. * Perla torre Embriaci si veda GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 82 nota 7; cfr. inoltre BELGRANO, 1882, pp. 26-28; sull'acquisto della torre da parte della famiglia Fieschi cfr. Grossı BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 230-251 nota 28; la torre Fieschi ripetutamente citata nei documenti come punto di riferimento topografico (si veda per esempio gli atti del 1286 in ASG, notaio 117, f. 26 r. segna: latimi da J.A. Cancellieri, che ringrazio). Infine sulla collocazione delle case Embriaci cfr. GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979. pp. 220223, nota 84. Sulle famiglie di origine «vicecomitale» cfr. BACH, 1955, p. 74; sui fratelli de Porta GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 49 nota 26; per il donativo fatto da Eriberto di una vigna presso porta Soprana nel 1018 si rimanda qui all'8.3. all'appendice Profumo. Su queste famiglie cfr. BATTILANA, 1833, III, e infine BELGRANO, 1862, p. 26; le citazioni relative all'intervento del monasterosono tratte da GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 3-4, 7, 11-1320. 9 Una analisi sociologico demografica sui secoli del Medioevo è ancora da fare; per l'età moderna si veda GRENDI, 1976, pp. 41 e. s . Una analisi di tutti i dati documentari relativi alla caratterizzazione sociale dei diversi nuclei urbani è stata eseguita ancora da Grossi BiancHi-PoLEGGI, 1979 (per i dati relativi alla seconda metà del Quattrocento, p. 190, e cîr. anche la planimetria a pp. 192193; per le caratteristiche di zona popolare del quartiere della porta, pp. 168-169). La citazione del gioco del «redoglio» è fatta da BRL. GRANO, 1882, p. 34, che per primo sottolinea l'aspetto povero della zona. Sulla strutturazione in schiere di case in legno cfr. ancora Grossi BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 168, 195; per le citazionida CAFFARO, Annali genovesi, 1890, I, pp. 31, 39. Per quanto riguarda iservizi, l'acquedotto è ricordato da PODESTA, 1879, p. 18; BELGRANO, 1882, p. 33; Grossi BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 129, nota 39; STRINGA, 1980, passim. Per la collocazione del forno cfr. GRosst BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 159, 163, nota4 e la piantaa pp. 94.95. 266
La citazione di Caffaro relativa ai macelli è in Annali genovesi, 1890, I, p. 37. Per la loro collocazione si veda GROSSI BIANCHI PoLEGGI, 1979, pp. 36-37, la pianta relativa allXI secolo, c p. 83, nota 15. Il macellaio Achille è nominato in un documento rogatoda berto Scriba de Mercato in CHIAUDANO, 1940, p. 18
10 Per il monastero di san Defendente, una breve scheda con bibliografia e indicazione delle fonti si trova in MAIOLINOVaRALDO, 1979, p. 131,e in DAGNINO, 1982,p. 211, nota 73. Cfr. ancora EADEM, p. 208, per la documentazione relativa al cimitero della chiesa di sant Andrea. Per l'ospedale cfr. MARCHESANI SPERATI, 1981, pp. 214-216. Gli atti del notaio Oberto Scriba che menziomano la festa di sant'Andrea sono in CHIUDANO, 1940, doc. n. 46, n. 331. Per le forme associative cfr. GRENDI, 1976,pp. 222 es. in fine per gli alberghi genovesi GRENDI, 1966; IDEM, 1975; OWEN HUGHES, 1975,p. 163; GRENDI, 1981. La citazione sulle operazioni doganali è in GROssI BANCHI-POLEGGI, 1979, p. 91, cir. anche p. 237. Per un inquadramento generale della problematica relativa al la collocazione degli insediamenti artigianali nelle città si veda SICA, 1976, p. 96. Il documento di Oberto Foglietta è ricordato in BEL. GRANO, 1882, p. 29. Sull'insediamento di lanaioli c tintori cfr. LoPEz, 1963, passim: MAZZI, 1978, p. 22; GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, p.91, e per la distribuzione topografica dei quartieri nel XIV e XV secolo cr. pp. 234-235. In generale sulle corporazionidi sianisi veda GRECI, 1981, pp. 94, 96-97 c, prima, OWEN HUGHES, 1975, pp. 149, 159-160. Per l'insediamento dei notai cfr. Giornale li gustico, 1874, p. 331; BELGRANO, 1882, pp. 31-32; VITALE, 1959, pp. 10 c ss. COSTAMAGNA, 1970, passim.
?! La porta come individuazione topografica del punto della città dove viene rogato un atto notarile compare in molti documenti ASG, Notai, cartolae n. 60,. 339 v. (1136); n. 5,1. 152 v. (1214); n.2,f. 82 v. (d); n.23, 232v. (1247)n. 2UILf. 164 v-165r. (1264);n. 19,{. 80. (1296); ASG, Notai ignoti, buste n. 8, f. 108 r (1266);8, f. r (269); per fare soltanto qualche esempio segnalato. mi da J.A. Cancellieri. Del resto la funzione di porta Soprana come punto di riferimento per i! monastero di sant’ Andrea, ma anche per quello di santo Stefano, è già stata individuata da BELGRANO, 1882, pp. 16-17. Più in generale sulla funzione di punto di riferimen10 visivo di un edificio emergente nel tessuto urbano cfr. TERRANOVA, 1970, p. 20.
267
7. L'ICONOGRAFIA
7.1. Immagini e parole della prima iconografia di porta Soprana di sant'Andrea
Ho voluto definire fin qui — anche se con caratteri di corsività — i lineamenti dell'ambiente fisico in cui si collocava porta sant’ Andrea, ricostruendo quello che ho denominato l'habitat dell'edificio nel suo duplice aspetto in relazione rispettivamente alla maglia urbica e al tessuto umano che tale struttura rende animata. Interessa ora andar oltre per passare ad altro tema a questo primo strettamente connesso, individuando le modalità visive delle proiezioni figurate del monumento che si devono sia alla collettività genovese sia ai «forestieri» e ricomponendo, dunque, l'iconografia di porta sant’ Andrea con il suo sviluppo
codice. Si è discusso sulla cronologia e anche sullo sti le degli scrivani e la critica ha assegnato i loro lavori alla seconda metà del XIII secolo, concordando sulla modestia della loro educazione artistica. AI più dotato degli amanuensi si deve il noto riquadro in apertu-
IN
A
nel tempo.
Fig. 314 - Schizzo di porta Soprana dal codice degli Annal, dise gno di M.C. Cigolini.
consentito entrare in profondità vuoi per la carenza oggettiva del materiale, vuoi per l'economia di compendio che intendo dare a questo capitolo. Se si nega, così come è mio avviso, che l'immagine sul verso del primo genovino (la famosa moneta coniata dalla zecca di Genova, v. qui il 10.3.) presenti un qualsiasi nesso con porta Soprana, la prima rap presentazione figurata del monumento sembra doversi accreditare alle vignette sui bordi del codice 10136, conservato nella Bibliotheque Nationale di Parigi (figg. 314 e 315). Si tratta precisamente di uno schiz20 a inchiostro su pergamena, tracciato in calce sulla parte inferiore destra del foglio 7 recto del manoscritto con il testo degli Annali di Caffaro, in corrispondenza al resoconto degli avvenimenti relativi all'anno 1155. Il disegno — che compare identico anche sul bordo del foglio 9 recto — si deve alla mano di uno dei miniatori — forse due o più? — che illustrarono l'opera dell'annalista e presumibilmente all'amanuense meno dotato che decoro di schizzi sommari l'intero.
Fig. 315 - Schizzodi Federico re di Roma dal codice degli Annali, disegno di M.C. Cigolini
Sarà il mio un excursus illustrativo ché non è
269
Fig. 315 - Caffaro e “Macobrius” dal codice degli Annali. Ta degli Annali con il ritratto di «Cafarus» e cello scrivano «Macobrius» (fig. 316), mentre a un elt-o
si attribuiscono le vignette naives che qui interessa-
no. Fra questi schizzi abbondano le riproduzioni schematiche di cestelli e di città designate seconco le convenzioni dell’epoca e tuttavia con una avvertenza particolare alla lo-o identità. Così Ventimiglia « Victi-
miliu» è costantemente raffigurata come un castello
a tre torri con me-li, che si differenzia da quello a una sola torre merlata con cui viene indicato «Nauli», cssia Noli, quest'ultimo a sua volta diverso dalla fortezza sempre pluriturrita e in fase di demolizione che
raffigura «Terdona» (Tortona) o da quella con quettro torri semidistrutte che rappresenta Milano («Mediolam»). In tale contesto, sempre vario pur nella sua
uniformità di base, l'immagine di porta Soprana, anch'essa raffigurata come un castello a due tor-i, sembra denunciare una qualche volontà di rappresentazione naturalistica nonostante che la sua formula richiami lo stereotipo. L'identità dell’edificio, invero, 270
sembra dichiarata dal rilevamento di una morfologia che riproduce quella della fabbrica di cui sono evidenziate le alte torri e sono rispettati i rapporti fra l'interturrio e i salienti. Penso quindi che questa immagine dell’edificio anche se ingenua, sommaria nella sua fa-
cies di schizzo improvvisato, possa tuttavia essere
considerata una riproduzione di porta Soprana e, per la coscienza del copista, possa collocarsi con una certa legittimità a decollo della vicenda iconografica del
monumento !.
Una ‘storia’ assai povera, a dire il vero, al punto da stupire per l'esiguità della sua documentazione. Il recuperarne gli attestati, infatti, comporta un salto cronologico fino all'età moderna, giacché nel corso del Medioevo le immagini di porta sant'Andrea sembrano pressoché inesistenti. Accanto alle rappresentazioni figurate dell'edifi-
cio, risulta di un certo profitto considerarne le menzioni a livello letterario, a partire da quel primo cen-
no latente che il Caffaro dà nei suoi Annali e che ven-
ne illustrato appunto dalle vignette di cui s'è detto. Le sue parole sono scarne e incisive — e di esse avró ancora occasione di scrivere — e sono di sussidio per pe netrare più a fondo nel significato del disegno che le illustra. «E frattanto presero a costruire le mura e le
72. Da dettaglio in vedute di repertorio a documento storico per l'archeologia fino all'immagine di consumo «Un rinnovamento della storiografia della città intesa come
porte della città verso entrambe le riviere», recita il lettura di un oggetto che è proiezione materiale di molteplici com. portamenti collettivi, ma anche e soprattutto scontro di ceti so testo senza precisazioni ulteriori: da cui si deduce che ciali, si arricchisce a partire dal XV secolo delle informazioni for. lo schizzo sta a rappresentare non soltanto la porta nite dalle fonti iconografiche che...» contribuiscono «... a presen: sant'Andrea, quanto e segnatamente tutte le porte tarci l'idea’ di Genova come è realizzata dai contemporanei..». della città di Genova e quindi e meglio il loro simbo Così scrive nel 1981 Ennio Poleggi, cui è d'obbligo il lo. L’aspetto di ideogramma che presenta la vignetta riferimento quale maggior esperto in materia. allora assume un valore emblematico che si addice «Assieme all'immagine come interpretazione percettiva di grande con spessore idoneo al significato della porta e di autenticità» — prosegue il medesimo autore — «cresce quella quella Soprana in particolare, di cui raffigura l'effigie delle incisioni più diffusa e più attenta ad una descrizione ‘oggetcon una certa verisimiglianza.
Al disinteresse sin qui verificato delle prime fonti iconografiche relative a porta sant'Andrea e anche e più in generale all'intera Genova, fa riscontro per
tutto il Medioevo «l'attenzione dei viaggiatori colti per la natura complessa della città». Nelle loro descri-
zioni dettagliate, tuttavia, pervenute già a partire dal XII secolo e raccolte in una antologia recente da Giovanna Petti Balbi, porta Soprana non trova spazio al-
cuno. Se le celebri parole di Idrisi non menzionano l'edificio perché il geografo sembra aver redatto la sua opera in un periodo antecedente al 1155, poco ‘tempo dopo Benjamin de Tudela riserva la sua ammirazione per il prestigio e la potenza di Genova, «...cit-
tà circondata da una cinta muraria...», senza preoccuparsi dei suoi ingressi urbani. Nel 1216 Giacomo di Vitry elogia «la ricchezza e la potenza navale dei genovesi» e Rabban Sauma, monaco nestoriano giunto a Genova nel 1287, viene colpito dalla «grande chiesa» (san Lorenzo) e dal «vaso esagonale di smeraldo»
(il cosiddetto sacro catino), in essa custodito. Perfino
nella composizione dell Anonimo genovese a cavallo fra XIII e XIV secolo, di importanza fondamentale «per comprendere la stessa natura urbana della
città», porta sant’ Andrea non viene ricordata a titolo specifico e allo stesso modo il silenzio sull’edificio perdura totale nei più celebri testi del Tre e Quattrocen-
to. «Imperiosam urbem», «virisque et moenibus superbam» scrive di Genova Francesco Petrarca in un brano famoso del suo Jtinerarium Siriacum, che pur parafrasando come sembra il testo della lapide di fon-
dazione ma tacendo ogni più esplicito riferimento a porta Soprana, si configura come un passo di evidenza emblematica particolare 2.
tiva” della città mano a mano che si perfezionanoi sistemi ottici di raffigurazione e le tecniche di riproduzione».
La famosa xilografia di Michael Wolgemut, «pubblicata dallo Schedel nel 1493» si colloca a buon diritto quale cardine in apertura di tale processo (v. fig. 3173).
«L'immagine ancora carica di simbolismo medievale... privilegia i ‘margini’ più significativi degli abitati come le mura e le chiese o, per le città portuali, le forme inedite e ammirate dei moli e delle torri di faro».
In un simile contesto, porta Soprana sembra godere ancora del privilegio della notifica, se, — come pare — la sua immagine è riprodotta nell'incisione del Wolgemut. Dove, peraltro, la morfologia del monumento si distanzia dalla realtà architettonica dell’edificio, rilevata com'è con due torri quadrangolari ai lati, concluse da un'inverosimile merlatura piombante. La porta sembra mantenere ancora un qualche significato nella sua presenza di simbolo visiYo, ma non emerge nella sua identità fisica per assumere invece un aspetto anonimo, confermato appunto da un'immagine stereotipa e convenzionale che è poi la stessa adottata per riprodurre le altre e numerose torri o fortilizi della città. Con la riproduzione del Wolgemut (fig. 317a) decolla il nuovo corso della vicenda dell'immagine figurata di porta sant'Andrea: una vicenda di tono in verità minore, chè all'edificio è riservato per lungo tempo il ruolo di dettaglio nel quadro della più ampia e sontuosa iconografia della città di Genova. La notorietà di quest'ultima in continuo aumento dal secondo Cinquecento, intesa come
«grande e complesso manufatto urbano viene amplificata dalle prime pubblicazioni di nuovo genere che raccolgono lunghi compendi descrittivi delle principali città europee e del Mediterraneo; con esse e anche con incisioni non seriali diffuse nella scia dello
271
Fig. 317 - Porta Soprana, rappresentazioni della porta dal XV al XVII secolo: a) «Genua», xilografia di M. Wolgemut, 1493; b) «Ve. duta di Genova», acquatoree di F. Hogenberg, 1572; c) «II disegno della nobilissima città di Genova», acquaforte di A. Lafrery, 1573; 4) «Veduta di Genova», aîtresco giè attribuito a F. Calvi e) «Veduta di Genova», olio su tela di C. de Grassi, 1597; f) «Genua», acquaforte di R. e J. Ottens, inizi XVII secolo.
stesso gusto l'immagine — o I“idea’ — di Genova diviene figura riconoscibile e per questo, anche ripetuta in versioni sempre più
schematizzate dove laggettivazione di ‘superba? sopravvive come elemento di identificazione anche nelle edizioni dei secoli succes sivi» (v. qui il 12., passim).
ca... particolarmente orientata alla descrizione di elementi planimetrici». Nel disegno della nobilissima città di Genova, una «... fra le vedute più fortunate uscite dalla celebre officina romana del Lafrery...» nel «numero delle cose più notabili di essa» (città) viene compreso al 31 anche la «Porta di Santo Andrea» (fig. 3170). L'immagine dell’edificio che risente della «peculiare secchezza di tratto» e della «rigida stereometria» di tutto l'insieme, si configura ancora una volta come riferimento topografico puroe semplice ben più avulso dal suo contesto urbano di quanto non risultasse nella meno frammentaria acquaforte dello Hogenberg. La paratassi della visione del Lafrery è assente invece nella veduta di Genova, affrescata nella «loggia delle vedute di città» di palazzo Doria Spinola (fig. 3174) già attribuita a Felice Calvi, ma di recente assegnata alla fine del XIX secolo, riprendendo un prototipo del XVI secolo. Nel dipinto in cui
«Naturale maturazione dell'immagine del Wolgemut» è stata giustamente ritenuta l'acquaforte acquerellata di Franz Hogenberg con la veduta di Genova del 1572 (fig. 3176). Nella «privilegiata estensione dell'abitato sull'anfiteatro collinoso», porta sant'Andrea è stata restituita al suo ruolo urbano di ingresso collegato alle mura medievali della città e alla sua morfologia di edificio difeso da due torri semicilindriche. L'aver recuperato l'immagine architettonica e la collocazione topografica reali, tuttavia, non autorizza il monumen:o a rientrare anche nell'entità e nello spessore dei suoi significati: l'immagine della porta continua a essere relegata in una posizione e in un ruolo di dettaglio secondario nell'ambito e «l'autore preferisce impiegare lo schema della veduta rispetto a nell'economia di una «vera e propria pianta prospetti- quello più comune della pianta prospettica... 272
porta Soprana recupera la logica posizionale della sua ubicazione messa in risalto com'è quale valico del su-
perato circuito medievale. L'evidenza della sua architettura, che risponde piuttosto fedelmente alla realtà
morfologica, non consente tuttavia all'edificio di re-
cuperare il prestigio delle origini né tanto meno la sua. valenza simbolica: la scala delle dimensioni tanto più
ridotte rispetto a quelle più enfatizzate del duomo o del palazzo ducale sta a certificare il valore secondario e di ordine semplicemente topografico che nel
XVI secolo veniva assegnato a questo come ad altri valichi urbani del Medioevo a Genova. Nel 1597 Cristoforo de Grassi esegue il primo
«ritratto ufficiale» della città, copiando su ordine dei Padri del Comune un originale del 1481 (fig. 317e). Nella «pianta prospettica», «linterpretazione di una Genova tutta fatta di mura chiese case torri, che si contrappongono alle colture ordinate delle'ville, ri flette un «impianto planimetrico abbastanza rispettoso di quello reale».
In tale insieme, porta sant’ Andrea (il n. 35 nella Jedi valico della cinta del XII secolo, i cui resti sono leggibili assieme con le altre mura
genda offerta dal Poleggi), è presente nel suo aspetto
«protagoniste più tradizionali di ogni immagine urbana» e qui «fedelmente raffigurate nella varietà delle porte e delle fortifica-
zioni» L'esistenza di porta Soprana passa quasi inosservata e il monumento risulta difficile ad individuarsi all'interno di un agglomerato di abitati anonimi e accanto alla «comprensibile esasperazione del quartiere del Molo». Tale citazione secondaria dell'ex valico prestigioso, che di per sé dovrebbe stupire in una veduta in cui sono privilegiate «le opere pubbliche il porto e le difese di terra», sta a dimostrare ancora una volta lo scar-
so interesse nutrito dalla collettività genovese per la
testimonianza monumentale e non più riconosciuta di ‘un passato glorioso: un’indifferenza persistente questa,
immessa in diretta nell'anonimato dell'immagine 4. Se il XVI secolo si chiude con questa scialba raffigurazione della porta-lanuae, quello successivo si apre sull'onda di una analoga insensibilità figurativa per la sua immagine. Ne è conferma valida il posto ormai ‘tradizionale’ che porta Soprana occupa nell'acquaforte di R. e J. Ottens, degli inizi appunto del Seicento (fig. 317). Il ruolo dell'edificio permane ancorato a livello di indicazione topografica, ma il suo nome non compare neppur più nella legenda relativa ai monumenti illustri.
Nella civitas Januae, l'olio su tela del 1616 attribuito a Gerolamo Bordoni, una
«pianta prospettica con ricostruzione tridimensionale della città cinquecentesca» e «fonte insostituibile per la [sua] conoscenza», porta sant'Andrea viene menzionata al n. 58 della legenda e nel dipinto viene rilevata con la solita immagine divenuta ormai standard (fig. 318a). Questa persistente anonimità dell'indicazione tanto più va sop-
pesata se si considera che la veduta fu concepita — come è stato scritto — in un «clima diverso dalle precedenti pe la scelta del sistema proiettivo — che si avvicina all'assonometria — e per la accurata articola: zione del manufatto urbano dove anche il tessuto edilizio più anonimo assume forma e identità». Nel quadro dell'apposita strategia promossa dall'edificazione delle «Mura Nuove» a partire dal 1634-35 (v. qui il 10.4.4.), vengono commissionate una serie di piante prospettiche e la
«nuova figurazione ufficiale nasce da una volontà di apparire versi di contrapporre all'idea’ forestiera di una Genova fatta di palazzi, una immagine ricca soprattutto di una sua valenza politi co». La famosissima e nobilissima città di Genova con le sue nuove fortificazioni, incisione su dieci rami, opera del 1637 che si deve a Alessandro Baratta,
si colloca appunto nella scia di questo nuovo corso (fig. 318b). Nella «magniloquenza dell'impianto longitudinale» la veduta «con evidenti e diversi intenti celebrativi a partire dal celebre episodio delle Nuove Mura»
riserva pur sempre a porta sant'Andrea il solito ruolo di posizione, indicando con tratto esauriente la morfologia del monumento ormai standardizzata come negli ultimi episodi figurativi. La stessa osservazione vale per l'acquaforte anonima del 1638 Genoa (fig. 3180) o per la Nuova delineatione della nobilissima e famosissima città di Genova di Giò Domenico Rossi del 1640 circa (fig. 318), nonché per l'incisione su rame di anonimo del 1655 (fig. 3189). Nell'Iconographie de la Ville de Gennes, infine, T'acquaforte del 1695 di Louis Leger De Lespine, l'im-
magine di porta sant’ Andrea non sembra essere stata
rilevata e soprattutto il monumento non è nominato nella legenda pur cosi attenta a citare altri valichi delle mura vecchie e nuove. E cosi che il 1600, il secolo d'oro della pittura genovese, chiude temporaneamente all'insegna del silenzio la vicenda iconografica della più illustre delle porte urbane del Medioevo a Genova. 273
Fig. 318 - Porta Soprana, rappresentazioni della porta dal XVII al XIX secolo: a) «Civitas Jane», olio su tela di G. Bordoni, 1616; b] «La famosissima e nobilissima città di Genova con le sue nuove fortificazioni», incisione di A. Baratta, 1637; c) «Genoa», acquaforte di anonimo, 1638; d) «Nuova delineatione della nobilissima e famosissima città di Genova», incisione di G.D. Rossi, 1640 circa; c) «Genoa», incisione di anonimo, 1655 circa; Î) « Vue de Gênes prise du cotè de l'Est de la Ville, dans le jardin au Zerbin de M. eur le Marquis Marcel Durazzo», tratto e acquerello di F. Drechsler, 1825-1834 circa; g) «Gênes. Vue prise au dessus de l'Acquasola», litografia di A. Guesdon c-I.K. Schultz, 1849 circa.
Nel secolo successivo, infatti, il XVIII, non si avverie interesse alcuno per l'immagine di porta Soprana. È solo nel 1800 — e segnatamente negli ultimi anni — che si registra una svolta degnadi un suo spazio d'analisi a conclusione di questa mia panoramica. Sul versante della produzione vedutistica, in particolare nella prima metà del secolo, già si possono di-
nimo segno, tale da autorizzare a riconoscervi qualcuno dei suoi contenuti primitivi. La sua posizione si mantiene marginale, essendo l'edificio inglobato nel più ampio contesto di un centro storico fitto di abitati e perdendo inoltre progressivamente anche quel valore di indicazione topografica relativa alle mura medievali che lo aveva designato finora di una pur modesta valenza. stinguere istanze inedite dovute alla scelta di nuovi Nella Vue de Gênes prise du coté de l'Est de la punti di stazione sulle colline di Genova e allinseri- Ville ecc., l'opera di Friedrich Drechsler, composta. mento dell'uso della camera ottica. In tale ambito an- fra il 1825 e il 1834 «l'impiego radicale della camera che le rappresentazioni di porta Soprana risentono ottica» conferma «la credibilità topografica di questo delle novità e la sua immagine assurne una diversa documento» (fig. 3189. Città e sobborghi vi sono connotazione. A fronte della monotonia ripetitiva presi «fuori dalle convenzioni adottate dai vedutisti delle vedute antecedenti, l’edificio viene ritratto ora del primo Ottocento» e porta Soprana vi è trascritta sotto diverse angolature in accordo con la più attenta con cura e con «diligenza grafica» forse un po’ mecoggettività delle riprese coadiuvate nella corsa all'au- canica. L'individuarla però nell'insieme del «panoratenticità dai mezzi meccanici. Se dunque la rappre- ma prospettico» riesce assai difficoltoso e non si può sentazione del monumento recupera la sua fisiono- invero affermare che il monumento goda di una menmia morfologica, tale recupero è fine a se stesso. La zione privilegiata. porta, infatti, rimane sempre un riferimento visivo Qualche decennio più tardi, nel 1849, con la litopuro e semplice, senza lasciar sfuggire un pur che mi- grafia del disegnatore A. Guesdon e dell'incisore J.K. 274
Schultz intitolata Génes, Vue prise au dessus de l'Acquasola, la situazione sembra precipitare (fig. 318g). Non si è in grado, infatti, di distinguere con sicurezza porta sant'Andrea, anche se mi pare di riconoscerla nella raffigurazione di due torri che superano in altez-
za gli edifici circostanti. Cosi come non oso pronunciarmi sulla presenza o meno del monumento nella litografia Genoa del disegnatore W.H. Bartlett e dell'incisore W. Floyd, datata attorno al 1850, dove
compaiono due torrioni che forse possono essere attribuiti a porta sant Andrea. In parallelo o quasi al progressivo declinare della vicenda figurativa che qui perseguo, la storia dell’im-
magine di porta Soprana registra all'attivo una serie di battute: sono rappresentate queste da alcuni quadretti di genere in cui il monumento si colloca come
protagonista della scena e di cui riproduco qui un esemplare tipico anche per la sua cadenza lievemente oleografica (fig. 319). La figura della porta ha il valore di pura scenografia e il monumento è rilevato in
tutti i suoi dettagli solo per creare un ambiente caratteristico.
In un altro disegno, invece, che si deve alla mano di Domenico Pasquale Cambiaso, la porta, ripresa con un taglio obliquo assolutamente inedito, & considerata uno di quei valori paesistici e monumentali da salvare che il pittore da tempo ritraeva con polemica partecipazione (fig. 320). I tempi del recupero architettonico dell’edificio non sono lontani e forse questo disegno si colloca nel clima dei suoi prolegomena.
per cui v. qui anche P11.2.) (v. figg. 1 e 2) sono un compendio di un'epoca e il testamentodi un Maestro. Il cavaliere che entra nel valico dal suburbio e il monaco che ne esce verso la città sembrano alludere al contenuto dell'iscrizione nello stipite Sud dell’edificio e — come si vedrà — sono questi versi incisi nel marmo che rappresentano la chiave dell'ermeneutica del monumento e dei suoi significati. Accanto all'acume tanto penetrante che recupera con le modalità di un'epoca il volto di porta Soprana e lo ritrae con i mezzi del disegno scientifico, va valutata anche quella conoscenza capillare del monumento stesso di cui il d'Andrade via via aveva fatto tesoro. La sua descrizione dell'edificio, pubblicata nell'82 e con la quale ho voluto iniziare questa monografia, attesta la sua informazione particolarmente esatta e insieme si qualifica come un ideale ritratto letterario della porta che trova il suo specifico corrispondente nei disegni e nei due acquerelli menzionati 5.
AI termine del presente excursus, iniziato con annotazioni sulle immagini e sulle parole relative alla prima iconografia di porta Soprana, mi piace concluderlo con immagini e parole di Alfredo d'Andrade,
quel grande conoscitore di un monumento a cui tanta
opera dedicò nel corso della sua vita. La figura di porta Soprana, infatti, d'ora in poi non ha più storia, perché l'effigie del monumento diventa un'immagine di consumo. La riproduzione scultorea del Galletti nel 1939 (v. fig. 516) o quella grafica sul frontespizio di alcuni «articoli alati» dell'immediato È, infatti, attorno agli anni ’80 che matura un in- anteguerra (v. fig. 501) sono testimonianze inconfutateresse specifico per porta sant’ Andrea, interesse che bili, che considererò nel capitolo finale di questo voludetermina quella svolta decisiva nella sua vicenda me. iconografica, annunciata nelle pagine antecedenti. I Per ora e a chiusura definitiva del mio compendisegni e i rilievi ‘archeologici’ di Alfredo d’Andrade dio non che evidenziare due ultime riflessioni. rappresentano il perno di questo nuovo indirizzo e so La prima resta riguarda lo sconcerto che suscita la modeno così indicativi di tutta un'epoca da richiedere una stia degli inizi dell'iconografia di porta sant Andrea. trattazione in proprio particolarmente attenta alle Non si è in grado, infatti, di giustificare tale penu coordinate culturali della fin de siècle (v. qui P11., se non ricorrendo in modo assai generico a una co passim). Per ora è sufficiente rilevare la loro impor- stante tipica dei genovesi, ossia alla loro indifferenza tanza di attestato storico, l’accurata filologia della loper il dato figurativo. Il secondo rilievo — forr0 esecuzione, l'uso archeologico che li contraddistin- storica se anche ovvio — concerne la constatazione che la gue. Porta Soprana viene reintegrata nella sua monu- storia dell'immagine rispecchia fedelmente nei suoi mentalità architettonica, ma quest'ultima non è più corsi e ricorsi la vicenda di porta Soprana nel suo di fine a se stessa, bensì viene considerata un documen- venire. to prezioso dell'eroico passato della Genova del MeEd è allora questa vicenda che mi accingo a ridicevo. I due celebri disegni acquerellati che raffigurano rispettivamente il recto e il verso della porta (e percorrere dalle prossime pagine. 275
Fig. 319 - Porta Soprana, quadretto di genere:
Fig. 320 - Porta Soprana, disegno di P.D. Cambiaso.
NOTE 7.
! Sulle valenze iconografichee culturali dell'immagine incisa sul verso del primo genovino si rimanda qui oltre, al 10.3; cfr. anche AtRALDI, 1981, p. 35; POLEGGI-CEVINI, 1981, p. 35, e si veda in particolare FELLONI-PESCE, 1975, pp. 13-16, dei quali riconfermo Ja lettura del simbolo della porta sulla moneta. Per la figura e l'opera di Caffaro si cfr. qui oltre al 9.2. I disegno di porta Soprana presenta comunque caratteri stilistici diversi dagli altri disegni del codice. ? Per la citazione del testo di Caffaro cfr. Annali genovesi, 1890, I, p. 41. Sulla natura delle descrizioni letterarie di Genova nel Medioevo si veda PETTI BALBI, 1982, pp. 9-5; anche i passi dei viaggiatori ai quali si fa riferimento nel testo sono tratti da ibidem, pp. 68,70,74,80. Sulle testimonianze letterarie si vedano pure gli accenni in POLEGGI-CEVINI, 1981, pp. 8, 53, anche per la frase citata relativa all'Anonimo: si veda ancora GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 160 e p. 163, nota 13. Sui diversi «viaggiatori» (Idrisi, Petrarca, Beniamino di Tudela) si vedano le note relative. ? Ctr. PoLEGGICEVINI, 1981,pp. 6,76; sulla xilografia di Wolgemut cfr. ibidem, p. 5 e la scheda in PoLEGGI, 1977, p. 71. Per il possibile uso delle fonti iconografiche si veda ancora POLEGGI-CEVINI, 1981, pp. 5,8, 107,249-258. Per la cartografia si veda anche FRESCURA, 1903; ALMAGIA, 1929; REVELLI, 1936.
4 Sulla veduta di Hogenberg, per le frasi citate, cfr. POLEGGI-CEVINI, 1981,pp. 107-111, e PoLEGGI, 1977,p. 72, in particolare per l'ultima citazione. Per il disegno di Lafrery cfr. PoLEGGI, 1977, p. 74, per le citazioni, e ancora POLEGGI-CEVINI, 1981, pp. 107111. Sulfaffresco già attribuito a Felice Calvi cfr. PoLEGGI, 1977, pp. 114-115, PoLEGGI, 1982, p. 105; sul dipinto di Grassi perle cita zioni si veda POLEGGI-CEVINI, 1981, pp. 78,80 e a p. 78, nota 27, le indicazioni bibliografiche; si veda anche la scheda in POLEGGI, 1977,p. 1 2; Perr-BALbI, 1978,p. 157, nota 1; infine GROSSI BIANCHFPOLEGGI, 1979, pp. 162,270. In generale si veda VOLPICELLA, 1924. $ Perla veduta di Ottens cfr. PoLEGGI, 1977, p. 75;su quella di Gerolamo Bordoni fr, per le frasi citate, POLEGGI-CEVINI, 1981, p. 111;si veda anche PoLEOGI, 1976, pp. 268-270; la scheda in IDEM, 1977, p. 190; Grossı BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 270, 274. Sul le mura si veda CAPPELLINI, 1938; POLEGGI-CEVINI, 1981, p. 133. E interessante ricordare fra l'altro che, nel quadro della campagna dii propaganda, sono ordinate al pittore Sebastiano Odone due piante per l'imperatoree per il Senato (cr. POLEOGI-CEVINI, 1981, p. 133). Sullincisione di Baratta si veda PoLEaat, 1977, p.76, e POLEGGI-CEVINI, 1981, p. 136, per le frasi citate. Per le vedute del 1638, del 1644, del 1655 si cfr. PoLEGGI, 1977, pp. 81-82, e, in particolare, per quella di Leger De Lespine, ancora ibidem, p. 123. Ricordo in fine la pianta della città commissionatadai Padri del Comuneed eseguita nel 1656 (cfr. POLEGGI, 1977, pp. 98-99, e POLFGGI-CEVINI, 1981, p. 139) dove non compare la porta. In generale sulle vedute del Seicento si veda GUIDONI-MARINO, 1979, pp. 595-597. © Introduzione al vedutismo settee ottocentescoè in POLEGGI-CEVINI, 1981, pp. 6, 11, 166 € ss. Sul disegno di Drechslersi veda. PoLEGGI, 1977, p. 162; per le litografie di Guesdon e Schultz cfr. ibidem, p. 130, c per quella di Bartlett e Floyd, ibidem, p. 129. Su Cambiaso si veda la nota 8 all’11.1.: su d'Andrade e sulle immagini di consumo cfr. anche qui l11.3.
278
8. L'ANTEFATTO (....-1155)
8.1. La
‘prima’ cinta muraria:
i suggerimenti delle
fonti scritte e le informazioni dell'archeologia
L'opinione corrente relativa al numero, all'esistenza e al percorso delle mura medievali di Genova è
stata riassunta dal Cappellini e divulgata in un articolo del 1937. Si deve comunque al Banchero la siste‘mazione critica dell'argomento in base a una revisio-
ne attenta sui documenti, che lo studioso conduce attorno agli anni Quaranta quando scrive di una evolu-
zione urbana nella topografia della città a partire da una «pianta zero». Questa tesi si innesta, aggiornandola, sulla tradizione che fa capo alla storiografia erudita, di cui il Cevasco si fa portavoce nei suoi lavori del primo trentennio dell'Ottocento. Secondo l’autore — ripreso a distanza di 120 anni circa dal Forti — il
«primo circuito murario» di Genova risalirebbe al III 0 al IV secolo d.C., sarebbe attestato nelle fonti del
VI secolo d.C. e «persisterebbe senza troppe variazioni» fino al X. I primi consistenti dubbi sull'esistenza di «un perimetro difensivo anteriore al IX secolo» sono stati avanzati dal Poleggi in un suo ultimo lavoro in cui ritiene «improbabile» la cerchia del VI secolo d.C. In
parallelo, chi scrive nutre da tempo forti riserve sulla cosiddetta «prima cinta muraria» e coglie l'opportunità di questa sede particolarmente idonea per riprendere l'argomento !. A mio avviso i suggerimenti delle fonti scritte richiedono un vaglio piü attento: mi riferisco in particolare a quegli scarni e tuttavia fondamentali documenti che appartengono al VI secolo d.C. Teodoberto, re dei Franchi, nel 539 «... Genuam
oppidum in litus Tyrrheni maris situm evertit ac praedat...», tramanda Auctarium Marcellini comi ma non è tanto la distruzione o il saccheggio della cit-
tà che qui interessa quanto il fatto che appena cinque
anni dopo, nel 544, Procopio affermi come Genova era sede di un presidio fortificato dai bizantini. La prima considerazione che emerge è relativa al dubbio se nel 539 Genova possedesse effettivamente un perimetro di mura, poiché né l'Auctarium Marcellini comitis né le fonti precedenti in esplicito lo attestano. Se si valuta quanto sia arduo dimostrare che il termine oppidum designi davvero in esclusiva e costantemente una città fortificata da un circuito di mura continue e non invece e spesso un agglomerato umano difeso da marchingegni in alternativa, l'ipotesi dell'esistenza delle prime mura del III e IV secolo fino al VI d.C. puó essere messa in crisi. Se poi e ac canto si ricorda la poliformità delle difese antiche alla luce delle nuove acquisizioni archeologiche, così come l'esempio più éclatant della Gallia preromana e romana nonché dell'Iberia del Nord attesta, non si può essere certi che l'«oppidum» distrutto da Teodoberto nel 539 fosse effettivamente una «città murata». La seconda osservazione che il brano di Procopio del 544 suggerisce è relativa al seguente passag: gio: «. .
Bévog fiv 114 "Icodiwvov dvegids Qpovpás Bpycov zig,
3» F'evosa», che è stato tradotto in questi termini: «A capo della guarnigione [bizantina] di Genova vi era un certo Bono, nipote di Giovanni... Se si tralascia la particolarità che la «poupas fg Ev levoógo («la guarnigione in Genova») ne possa postulare altre nelle immediate vicinanze della città — nei pressi di un san Tommaso, ovvero e anche di un santo Stefano? — voglio rilevare che Procopio scrive di una «guarnigione» (bpow&e) che doveva pur far parte e integrarsi nel limes bizantino, sorto a difesa della Liguria maritima nel VI d.C. Il tipo di queste guarriigioni fortificate cosi come & stato restituito finora, anche se parzialmente, dalla piü attuale ricerca archeologica sul territorio ligure, sembra configurarsi sovente co-
281
me un'altura o altra area in zona strategica che viene recinta solo in alcuni casi da mura continue ma circoscritte e sempre difese da torri, queste, talora, anche isolate.
assai modesto cosi come documentano gli scrittori antichi c come ribadiscono studi recenti. L'ipotesi che si va enucleando può trovare un avallo ulteriore nelle informazioni desunte dall'archeologia.
Se si vogliono tradurre in immagine le parole di Procopio è necessario riferirsi agli schemi morfologici La vicenda del castrum di Genova nelle sue ala disposizione e che sembrano, almeno finora, i più terne stagioni dall'oppidum preromano e dal suo circoncreti. L'esempio di Zignago (VII sec. in poi), si coscritto perimetro del V secolo a.C., sino alla sua diconfigura quale ‘modello’ che andrebbe considerato struzione della fine III secolo a.C., é stata recuperata con attenzione maggiore per una sua eventuale asso- sul terreno in perfetta sintonia con le fonti scritte. Ma nanza di tipologia con il castrum di Genova. Si ap- nel corso di questa stessa verifica nessuna traccia reproda allora alla figura di un agglomerato ‘urbano’ — lativa alle ‘prime’ mura della città — quelle del II-VI la Genova del VI sec. d.C. — non certo definito da secolo d.C. — e soprattutto nessuna traccia del presiun vero e proprio perimetro difensivo, bensì fortifica- dio bizantino al culmine della collina del castello. Fu to da guarnigioni e presidi, dotati alcuni di cinte mu- quest’ultima fortezza costruita poco più a valle e più rarie in proprio, disposti forse in ordine sparso, proba- prossima al mare in ragione di una difesa migliore del bilmente sulle alture più prossime al mare e forse an- porto e quindi edificata in una zona ormai completache su qualche area non precisamente al culmine del- mente perduta a causa dell'intensa stratificazione la collina, ma comunque a efficace difesa del porto e Storico-edilizia dell’area stessa? La risposta è demandegli abitati più intensivi data a future e auspicabili indagini. In questa sede preme ribadire che comunque il silenzio totale dell'arNé a questa mia ipotesi si oppone la frase dello cheologia in rapporto all’esistenza della guarnigione pseudo-Fredegario, che così recita in proposito alla bizantina può anche essere interpretato come una discesa di Rotari nel 635-643: «. . murus civitatibus supscriptis usque ad fundamenta distruens, vicus has civitatis nomenare praecepit» («abbattendo al suolo le mura delle sopraddette città» — e cio® «Genava maretema», «Albenga, Varigotti, Savona, Oderzo e Luni» — «ordinò che queste
stess città fossero chiamate village) A parte la discussa attendibilità dello storico, egli certo non era in grado di penetrare nelle specifici tà topografiche peculiari a ogni singola «civitas», che per altro nomina appena. Le modalità di lavoro tipiche degli autori medievali e le loro stesure ‘a tavo-
lino' — segnatamente poi quando si tratta di itineraria — tendono a escludere spesso una conoscenza fi-
sica da parte degli scrittori dei luoghi menzionati nelle loro opere. È probabile inoltre che, all'interno del-
la frase dello pseudo-Fredegario, il «murus
civitati-
bus» abbia valore più emblematico che descrittivo. Lo stesso «murus civitatibus», infatti, sembra si configuri come un'immagine il cui significato sia da rapportarsi a una costante remota (v. qui il 3.2.) relativa
alla conquista della città, costante aggiornata nel quadro dell'emblematica «feritas» longobarda, il cui mito in quegli stessi anni stava appunto nascendo. Nulla, quindi, che possa alludere a una concreta realtà fisica di Genova, realtà che, invece, doveva corrispondere a un «murus civitatis» di perimetro 282
conferma che le mura di tale presidio non dovevano comprendere la città intera giacché in quest’ultimo caso il perimetro avrebbe in qualche modo restituito qualche traccia, tenendo presente anche la condizio ne piuttosto avanzata della ricerca sul terreno in spe-
cifico per tale settore.
Si viene allora delineando l’immagine di un insieme di nuclei abitati fra III e VI secolo d.C., non ancora definita nella sua identità urbana, ma bensì formata da agglomerati umani distribuiti su di un territorio circoscritto e protetti da una guarnigione o meglio da alcuni presidi. Tale «forma Genuae» coinciderebbe perfettamente con quanto finora è pervenuto sia a livello di fonti scritte sia a livello di verifica archeologica. In una prospettiva più dilatata, inoltre, questa immagine di Genova sembra integrarsi nella nuova panoramica promossa dagli studi più aggiornati sulla città, che tendono ad affrancarsi anche per l'età antica dalla tipologia urbana canonica, uniforme ed evoluzionistica. Questa ottica ridimensiona l'esordio di Genova, città che l'erudizione campanilistica voleva sotto la veste di ‘centro urbano” precoce, e che si presenta invece in quella sua entità di scala modesta che in numerosi studi e dal lontano 1967 chi scrive ha costantemente denunciato.
All'interno di tale quadro però una vita ha conti nuato a svolgersi all'insegna di quello che da sempre è considerato il polo di maggior interesse: il porto. La sua presenza e la sua attività sono documentate a livelli diversi così come una sua rinascita e una sua egemonia sono state attestate per il IV secolo d.C. *. In conclusione sia l'oppidum preromano del V secolo a.C. eretto sulla collina, sia il presidio del VI secolo d.C., forse costruito un poco più a valle, dovevano essere difesi da un perimetro come documentano le fonti scritte e per quanto ha parzialmente restituito l'archeologia in relazione al solo oppidum. Queste mura però non si configuravano come un vero € proprio circuito urbano e quindi non possono essere identificate come ‘la prima’ cinta muraria di Genova, che, invece, e con tutta probabilità, fu eretta soltanto
nei secoli successivi.
dagini archeologiche forniscano qualche informazione ulteriore. Quanto al tracciato del circuito murario, già il
Barbieri aveva proposto un percorso che comprendeva il castrum, oltrepassava la porta Superana,
«tagliava in due il Brolio, abbracciava dentro di sè l'area di S. Ambrogio e di S. Lorenzo, defilava ad Occidente, e piegando a S. Pietro sul mare, si ricongiungeva col vecchio Canneto». Tale itinerario ha suscitato non poche diatribe, che
tuttavia oggi sembrano temporaneamente sopite in
attesa di una verifica sul terreno. Pare comunque che le mura comprendessero la cattedrale, nei pressi della quale sarebbe da collocare quel «murus ruptus» che
si vuole riferire ai resti della cerchia del IX secolo. Pareri discordi, invece, sembrano riguardare il brano
«medievale delle mura, che è pervenuto inglobato nella facciata esterna dell’attuale chiostro di San Lorenzo» (fig. 321).
8.2. La città «nondum murata» e il «murus ruptus». la questione del circuito urbano assegnato al IX secolo Scrive Galvano Flamma in un passo diventato
poi famoso: «Saraceni civitatem ianuensium nondum muratam sunt aggressi». Gli eruditi genovesi hanno
reso celebri le parole che il cronista milanese del XV secolo riferisce al sacco saraceno del 935 quando han-
no utilizzato la frase come spunto per attestare una seconda cinta muraria di Genova o un suo aggiornamento, che veniva cosi assegnato a un periodo successivo al primo trentennio del X secolo d.C. Su que-
sta base é fiorita una letteratura che ha promulgato
una serie di luoghi comuni, messi in discussione soltanto in questi ultimi anni.
Si deve, infatti, ad alcuni giovani studiosi i rilic-
vo che
«c. la citazione di Galvano Flamma non èsufficiente a documentare l'esistenza o meno di un circuito di mura cittadine totale o parziale»; così come si deve a Ennio Poleggi l'osservazione che la notizia fornita dal cronista risulta «erronea» per-
ché in aperto contrasto con quanto attestano le fonti «arabe» coeve quando «parlano di una breccia effet-
tuata nelle mura urbane genovesi» 5
Alle considerazioni topografico-documen-
tarie addotte dal Poleggi per assegnare il reperto in questione al circuito del sec. IX, e con argomenti in verità convincenti, si oppone il rilievo che il tipo di tessitura muraria non sembra tanto arcaica da poter essere assegnata a un'età altomedievale e che risulti invece databile in modo più idoneo a un periodo attorno all'XI e forse inizio XII secolo. Si tratta allora di un brano appartenente ad un ‘restauro’ delle mura carolingie in epoca successiva? Al proposito va ricordato che la cerchia del IX secolo con buone probabilità è stata ripristinata in tempi posteriori, se un circuito urbano è attestato negli anni 952, 954, 969, 1008, 1014, 1095, 1134 ecc. — data in cui «murum civitatis ianue dirutum esse» — e nel 1141 nonché nel 1143. Appurato che una cerchia di mura seppur fatiscente esisteva fino alle soglie della perimetrazione eretta contro il Barbarossa, vorrei, in chiusura, porre un ultimo quesito al quale per il momento, nonè consentito dare risposta: il brano murario di cui si è discusso ha qualcosa a che vedere con il famoso «murus ruptus», giacché si trova ubicato nella stessa zona? La soluzione si demanda ancora una volta a un'indagine globale coadiuvata dalle analisi tecniche del caso. Tanto più che notizie recentissime e precisamente del maggio 1982 pervengono ad ampliare il campo delle congetture. Nel corso del risanamento
A complemento di tale puntualizzazione la cro-
conservativo del palazzo Ducale di Genova, condotto
zione — viene anticipata dalla metà del X secolo a un periodo ancora imprecisato del IX, in attesa che le in-
va sotto il sagrato in piazza Matteotti, antistante un
nologia del perimetro — o di una sua eventuale riedi-
da Giovanni Spalla e ancora in atto, sono emerse tracce possenti di una fabbrica probabilmente difensi283
fianco all'opinione più aggiornata e degna di credito: la quale sostiene che la cinta, sviluppata per mille me-
iri circa, possa essere assegnata a un periodo tra «I862 e l'889 (?)». Per chiarezza maggiore, infine, ripropongo in questa sede la restituzione grafica che Grossi Bianchi e Poleggi pubblicano nel loro volume
(fig. 322).
Le porte che si aprivano in questo perimetro «carolingio» erano in origine quattro; ossia, da Ponente a Levante, quella di san Pietro, quella di Serravalle denominata poi di san Lorenzo, quella Superana e quella del Castello. Per tali ingressi è utile ancora il ri-
corso alle informazioni del Poleggi, mentre della por-
ta Superana — la sola che qui compete in modo speci-
fico — tratterò nelle pagine che seguono”.
8.3. Da porta «Superana» a porta Soprana di sant'Andrea
11 3 settembre 999, in un atto relativo alla donazione di una vigna al monastero di santo Stefano si recita: «... sito loco num multum longe Ciuitate Janua prope uia publica
que pergit a Porta Superana ipsius Ciuitatis...
321
Genova, brano delle artiche mura inglobate nel ch ostro di san Lorenzo.
E questa Ja prima menzione pervenuta della porta ge-
novese, che & denominata «porta Superanna» in un documento del maggio 1000, «porta Superiana» in un rogito del novembre 1006 e «porta Superana» in uno del 1018.
corpo laterele del palazzo. La ricognizione archeologica tuttore in opera a cura dell'ISCUM conferma che il manufatto è sicuramente anteriore al 1200 e mon esclude che possa appartenere a un'età prec2dente, forse anche al IX secolo. Si tratta della porta Serravalle? o di che altro? Se si considera, inoltre, ‘a direttricedi un tratte di mura emerso presso via Tommaso Reggio e la sua possibile proiezione verso Ovest, e se questo reperto compete davvero la cerch.a del IX sezolo, riesce vieppiù difficile ritenere appartenente alle rrura carolingie il brano inglobato nel chiostro di sen Lorenzc di cui si è scritto, a meno che il circcitc nei pressi dela cattedrale non effettuasse ura deviazione verso Nord. Ccme si può agevolmen:e constatare il cuesito è ben lungi dall'essere risolto. In attesa di tempi più maturi e al di là di ura. questione di cate rer un singolo, brano di mura, in Fig. 322 - Genova, cinta della città in età carolingia, disegno di T-oposito alla cronclbgia del circuito carolingio mi afMR. Croce. 284
Tutte queste citazioni — e altre che non necessita riportare — attestano l’esistenza dell'ingresso urba-
no almeno dalla fine del X secolo; e, nonostante alcune varianti relative al nome, che peraltro risultano di
scarso rilievo, le fonti documentano che il valico doveva essere denominato in base a qualche sua pecu-
liarità fisica o simbolica. AI proposito la critica ha rapportato il titolo di
«Superana» all'«alta positura» dell'edificio, che, secondo il Belgrano, «si trovava nel posto più elevato della città». Anche il Barbieri si allinea alla stessa tesi che, tuttavia, a mio avviso, dovrebbe essere controlla-
ta da indagini ulteriori.
Sempre in rapporto alla denominazione dell’edificio, resta da ribadire che il nesso fra la via publica e la porta Superanaè costante nelle citazioni documentarie più antiche. Questa correlazione, oltre a distin-
guere nel monumento un riferimento visivo e topo-
grafico, sta a riconfermare che la collocazione urbana era una delle peculiarità più significative per mezzo della quale gli abitanti del quartiere ed i genovesi di allora denotavano quell'immagine della porta di cui
fruivano (v. qui il 6.2). AI proposito sembra singolare che la formula topografica documentaria — almeno nei rogiti relativi al monastero di santo Stefano — utilizzi il riferimen-
Resta, infatti, il dubbio se l'importanza dell'ubicazione della porta — situata, come si è detto, al cet tro della direttrice viaria di maggior frequenza (v. qui
il 6.1.) — non abbia accresciuto il prestigio della sua posizione dominante, e in relazione a ciò, il suo titolo si sia arricchito anche di un significato più propri
to di porta Superana soltanto negli atti rogati nel primo ventennio dell'XI secolo circa. In un tempo immediatamente successivo questa formula passa a una codificazione che — sempre in rapporto al monastero di santo Stefano — esclude ogni riferimento all’ingresso della città. Secondo il Belgrano a un primo
‘mente simbolico-celebrativo. Così come ci si chiede se il fatto che la porta Superana sia quella d'Oriente —
periodo in cui nelle fonti scritte la porta viene denominata Superana, ne segue un secondo e «interme-
valenze più emblematiche — non abbia influito con
senza appellativi?. Coll'avvento del monastero di sant’ Andrea, infine, la denominazione di porta Superana sarebbe
la porta cioè che una tradizione remota carica delle un peso finora indecifrato. Tutte queste accezioni,
probabilmente, sono connesse fra loro perché è da Levante che una diramazione della «strata» attraversava il valico «per scendere nel mercato di S. Giorgio», ed è nell’area dell'ingresso urbano che la «via publica» sfiorava la sua quota massima di 30 m sul livello
del mare. I dubbi in proposito al significato reale della
denominazione Superana potrebbero essere chiariti forse allorquando un'altra porta cittadina, quella Castri, fosse collocata definitivamente con una cronolo-
gia precisa e sicura. Era infatti questo del castrum,
non certo l'ingresso urbano più prestigioso, ma era in-
vece quello ubicato a un livello superiore e quindi passibile di essere distinto
per la sua quota più eleva-
ta. Giacché la porta-Castri è documentata come pare (v. qui lo 0.1.) in epoca contemporanea alla porta Superana, non si capisce perché la titolazione di porta
dio» in cui nei documenti si cita la porta tout-court e
scomparsa in favore di quella relativa al santo eponi-
mo del cenobio e all'edizione ‘volgare’ del primitivo ti-
tolo: ossia a porta Soprana. Che il nome delle porte urbane sia desunto in genere dall'edificio ecclesiastico collocato nelle loro immediate adiacenze & un fatto comune la cui diffusio-
ne è attestata particolarmente nella seconda metà del XII secolo. A Genova oltre alla porta di sant'Andrea,
si possono citare la porta di santa Fede (denominata
anche, come è noto, dei Vacca) che era ‘custodita’ dalla vicina chiesa omonima e assieme dal monastero di santa Sabina; la porta di san Pietro a Banchi ‘protetta’ dall'abbazia di dipendenza bobbiese e la porta di
san Lorenzo, già titolata di Serravalle.
Molteplici sono le conferme al fenomeno nel
mondo medievale e fra queste le più vistose giungono
sita in località dominante non sia stata conferita a lei invece che alla futura porta sant’Andrea. Penso allora che la denominazione di porta Superana possa essere ascritta alla sua «alta positura»
ovviamente da Roma, dove le quattordici porte urbane di prestigio maggiore sono tutte dedicate ai santi,
soltanto in modo parziale e che l'effettiva egemonia
così come, fra i molti attestati, è consentito dedurre dalla testimonianza di Guglielmo di Malmesbury (per
del valico abbia concorso al significato del suo titolo con un'incidenza ancora da rivedere. Si tratta però di
cui v. qui il 3.5.)
ipotesi che solo indagini più accurate potranno con
Di particolare interesse è soprattutto l'esempio delle colonie genovesi di Oltremare, quali Pera — do-
fermare.
ve ogni torre a difesa dei valichi urbani era posta sot285
to la protezione di un santo — ovvero Caffa, dove dalla fine del XIV secolo si incontrava, fra i varchi molteplici sotto la tutela celeste, un"altra" porta di sant Andrea la cui immagine è irrimediabilmente perduta. Senza entrare nel merito se tali dedicazioni siano connesse — come sembrerebbe — alla cristianizzazione del significato delle porte urbane e alle sue radici nel «baluardo di santità» promosso da Ambrogio (v. qui il 3.3), interessa privilegiare l'attenzione sulla specificità del titolo di sant Andrea.
trasporto delle reliquie di San Romolo. È la autorità del duomo che prevarica quella del castello, quando T'egemonia del san Lorenzo viene siglata dal collocamento in chiesa delle ceneri del Battista, avvenuto — come vuole la tradizione — nel 1098, al seguito della realtà euforica innescata dalla vittoria dei genovesi ad Antiochia. Tanto è vero che il culto di san Giovanni, prevalso su ogni altro, trasforma in emblema cittadino un episodio — l'arrivo delle sacre ceneri da Mira —, che deve coprire l'oscurità delle sue origini. La sequenza delle translationes sembra adomUna tradizione bizantina che non risale oltre la brare, forse in qualità di certificato polemico, il peso fine del VI secolo ritiene Andrea un apostolo che dell'autorità ecclesiastica, che dai tempi ‘vescovili’ fondò la chiesa di Costantinopoli; e l'idea dellaposto- andava emergendo per ricevere una reinvestitura licità, nonché la leggenda del Santo, sono una delle ufficiale nel 1118, quando Gelasio II consacra la catcause delle controversie fra la capitale d'Oriente e tedrale di san Lorenzo. Investitura che premette, preRoma. Genova, che, come è noto, deve il suo primo cedendola, la bolla di Innocenzo II, quel sigillo che il esordio di cultura alla dominazione bizantina, tanto 13 aprile 1133 trasforma la diocesi di Genova in tenace da lasciare anche dopo il suo esaurirsi una archidiocesi?. traccia consistente nella tradizione in loco, ha dedicaAccanto alla constitutio ecclesiastica è sempre in. to la sua porta egemone a un santo che rivendica le questi secoli cruciali che decolla anche la struttura. radici della «Genova marittima»? Oppure, e meglio, dell'ordinamento civile. la singolare titolazione di un santo non particolarNon vi è traccia, infatti, di organizzazione urbamente venerato dalla chiesa cittadina, è da ascriversi na nel diploma famoso di Berengario del 958, cosi cosolo alla presenza del monastero, che, a sua volta, si me afferma il Sestan, né vi compaiono, come ribadiignora per quale ragione sia stato dedicato ad un apo sce la Ennen, citazioni relative alla stolo venerato a Bisanzio? . «tripartizione topografica della città, ricordata ancora nei docu Sono quesiti che rimangono inevasi, almeno per menti del XII secolo. Esso [il documento] si rivolge direttamente ora$.
agli abitanti della civitas di Genova senza menzionare né il mar. chese né l'arcivescovo». «Si sarebbe tentati di ammettere» — continua Edith Ennen — «che la concessione del pri agli habitatores in civitate Januae presupponga una collettività con capacità giuridiche che possa cioè ricevere e custodire un diploma».
Questo itinerario da porta Superana a porta Soprana di sant Andrea non si esaurisce nella sola constatazione dell'evolversi di un titolo, ma sta, invece, a significare un percorso vitale che la città segue dalla Senza entrare nel merito della questione, va rivendisua nascita in epoca carolingia. cato tuttavia che pure in quest'ultimo caso si tratteE stato scritto, infatti, che
«. tra l'862 e 1125 tutti i giuochi sono fatti» e che in questi 250 ‘anni « si assiste alla formazione irreversibile della città medievale,
sviluppata attraverso l'assetto della autorità ecclesiastica e civile.
In tale fase, che va interpretata come antefatto al riconoscimento di una identità cittadina, il «limite difensivo del IX sec. ha perduto rapidamente ogni utilità», mentre il suo ingresso d'Oriente si protrae nella memoria collettiva almeno a livello di fruizione visiva e topografica. Nel frattempo le translationes hanno cristianizzato una nuova trama della città consacrandone i poli carismatici: prima il castrum con la cosiddetta translatio a opera di Liutprando, poi la cattedrale con il 286
rebbe di una forma primitiva di costituzione della città da potersi interpretare come premessa allo sviluppo successivo delle istituzioni. A partire dal 1080 i genovesi sono organizzati in tre associazioni «topografiche, militari e giuridiche»,
cioè nel castrum nella civitas e nel burgus; la pace del vescovo Arialdo del 1099 sancisce la «nascita della Compagna Comunis diretta da sei consoli». Com'è noto, se il castrum e la civitas erano inclusi nelle mu-
ra, ne era escluso invece il burgus. Dal 1121 «cominciò il consolato di un solo anno» — è Caffaro che scrive — «ed io pur dirò di quei consoli; e quali furono del Comune e quali de” placiti»
Alio stacco fra l'amministrazione e la giustizia si affiancano nel 1122 le istituzioni seguenti ricordate ancora dall'annalista: «sotto questo consolato furono istituiti i clavigeri, gli scrivani e il cancelliere a miglior utile della pubblica cosa».
Circa nello stesso periodo, la campagna dei decreti consolari, dal 1131-1133 in poi, attesta l'assillo «di contenere la rapida espansione edilizia con nume rosi lodi», così come riconferma anche il Poleggi. Espansione edilizia da rapportarsi alla opulenza crescente di un'aristocrazia marinara, che, con il clero, detiene le leve del potere e gestisce la politica cittadina, compresa quella urbanistica.
L'apertura della zecca, che è ascritta al 1139 (ma pare meglio al 1140), conferma il decollo finanziario di Genova. La difesa della città di giorno in giorno vieppiù necessaria, si affranca da un primitivo ordinamento militare del Comune «dominato dall'esistenza di un exercitus» per approdare all'organizzazione della «guardia civitatis» ratificata dal lodo del maggio
1147.
«Era il tempo di Almeria e Tortosa» 10. Dal timido ingresso nel mondo mediterraneo di
Genova assieme con Pisa all'alba dell'XI secolo è stata percorsa molta strada.
Le ‘glorie marinare” disseminate lungo un itine-
rario che prende l'avvio dall'impresa genovese-pisana contro «Musetto» re di Sardegna, si configurano co-
me tappe dell'accelerata affermazione di una città
medievale; la battaglia di Mehdia nel 1087, quella di Valencia nel 1092, quella di Tortosa nel 1093; genovesi hanno preso coscienza della loro forza e si sono arriciiti con le spedizioni contro l'Islam, fornendo combattenti e na-
vi»; poi l'appello crociato, il quartiere ad Antiochia concesso nel 1098 da Boemondo a Genova e alla chiesa. di san Lorenzo; la spedizione di Guglielmo Embriaco nel 1099. La ‘guerra santa” ha aperto i mercati dell'Oriente mentre in Occidente le lotte con Pisa si
concludono con la supremazia di Genova. Nel 1146,
infine, la spedizione di Almeria e di Tortosa, e nel 1147 la conquista ratificata dal decreto del dicembre del 1150. Il Liber Jurium ha consegnato una ‘storia’ su cui avrò modo di tornare ! Siamo alle porte della grande ‘occasione’. Il suo antefatto consiste in una trama di vicende che includono l'ordinamento urbano avviato fra il IX e X secolo, l'esordio di una nuova organizzazione religiosa sull'onda di oscure translationes di reliquie, la struttura dell'istituto civile, il decollo economico, il mito delle glorie marinare”. E nel lasso di tempo che corre fra la denominazione di porta Superana e quella di porta Soprana di sant’ Andrea che Genova appresta il riconoscimento della propria identità 12.
NOTE 8.
! Si veda, prima di tutto, CEVASCO, 1838, pp. 20:21; BARBIERI, 1937, pp. 47 e ss; CAPPELLINI, 1937, pp. 1 ess; FORTI, 1971, p. 11; infine Grossi BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 33, nota 1, e p. 48. Relativamente al problema, chi scrive si è già espressa coordinando un lavoro di gruppo sul chiostro di san Lorenzo,edito in Liguria, 1978, pp. 17-33, e nuovamente operando una sintesi della questione in un articolo del 1982, pp. 17-33. Sulle prime cinte murarie e difensive dell'oppidum genuate si veda ancora BARBERINI, 1977, pp. 4748, nota 83, e POLEGGI-CEVINI, 1981, pp. 15-16,20. Per un'ulteriore bibliografia cfr. DE SIMONI, 1876; QUARENGHI, 1876; TORELLI, 1898; FORMENTINI, 1942, pp. 167-169; BAROZZI, 1972, p. 150.
2 Tl passo tratto dal Chronicon dell'Auctarium Marcellini comitis, è edito in Fontes Liguriae, 1976, p. 65; sulla figura dell'autore. cfr. GAGGERO, 1982. IL testo di Procopio à edito in Fontes Liguriae, 1976, pp. 360 es; sulla problematica relativa alle mura cfr. anche la sintesi in DE NEGRI, 1968, pp. 131-136, 167. Per la lettura grammaticale del passo di Procopio mi sono valsa della consulenza del professor Fritz Bormann, che ringrazio. Il problema delle fortificazioni di Genova bizantina è affrontato in un mio articolo del 1982, pp. 18-19, a cui rimando anche per l'analisi delle fonti e per l'accezione del termine oppidunr; a questo proposito utile è la lettura del significato più ampio che viene attribuito alla parola in DU CANGE, 1886, .v, e in Thesaurus linguae latinae, s.v. La recente bibliografia sugli scavi di Zignago è: MANNONI, 1976, pp. 79-86; MANNONI-GARDINI-FERRANDO CABONA, 1978, pp. 273-374; MILANESE, 1981, pp. 89. Sul più tardo castello e sul circuito di Molassana si veda AA.VV., 1974, pp. 19-53; MANNONI, 1974, pp. 11-17; MILANESE, 1981, pp. 13-15; MANNONI (in corso di stampa), Il testo dello Pseudo-Fredegario è edito in Fontes Liguriae, 1976, pp. 367-368. Su questo autore si veda FORMENTINI, 1941, pp. 125-126; De NEGRI, 1968, pp. 127-129, 142-145; GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 48. Per i procedimenti di composizione degli itineraria cfr. GUENE, 1982, passim, con bibliografia relativa. Sul castrum e sul suo significato fr. qui la nota 5 al 2.2. sul tipo di murus gallicus si veda la nota 6 al 2.2., con bibliografia e fonti; sul significato dei termini castrum e castellum si veda VERBRUGGEN, 1950. Ricordo infine il citato passo di Sidoriio Apollinare (cfr. qui nota 5, al 2.2), relativo all'emblematico caso della città di Narbonne, in epoca romana priva di mura, di fossati e di terrazzamenti, e dotata invece di palizzate lignee, Segnalo ancora il menzionato caso di Strasburgo, il cui antico castrum era difeso da terrapieni in terra battuta, nonché quello della Numancia augustea, città anch'essa sprovvista di mura (er. nota 6, al 2.2). Sui castelli medievali fondamentale è la nota produzione di SETTIA. ? Sul castrum si veda in generale DE NEGRI, 1968, p. 179, e GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 173, 222 nota 37 (con la bi grafia); in particolare MANNONI-POLEGGI, 1974, pp. 171-194; LAMBOGLIA, 1975, pp. 359-371; GARDINI, 1975, pp. 3-4; MILANESE, 1975, pp. 1-3; FOSSAT-GARDINI, 1976, pp. 93-104; ANDREWS PRINGLE, 1977, pp. 47-147; MILANESE, 1977, pp. 12-13; IDEM, 1978, pp. 4647; GARDINI-MILANESE, 1979, pp. 129-170; San Silvestroa Genova, 1979,pp. 7-8; infine per una informazione sulle recenti attività di scavo condotte dall'ISCUM nell'area di san Silvestro e relative al graduale ritrovamento dell'oppio preromano si veda MILANESE, 1983, pp. 13-14. Su un oppidum anche commerciale come quello di Genova si veda l'esempio di Enserum tra Béziers e Narbonne in Francia (GALLET DE SANTERRE, 1981), e sugli oppida gallici che servono anche da fiere, cfr. Les Gaulois, 1981, passim. 4 La posizione è stata ripresa e sviluppata da Grossi BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 25. Sul costante rivolgersi della città verso le strutture portuali si veda GiaccHERO, 1976, pp. 2-8; PoLEGGI, 1977, passim; FRONDONI, 1982, pp. 290-291. 5 Peri precedenti bibliografici alla recente revisione critica si veda BELGRANO, 1882, p. 13; PODESTÀ, 1901, pp. 185 e ss; FOR. MENTINI, 1941, pp. 161, 179; DE NEGRI, 1968, pp. 157-161, 176 e ss; FORT, 1971, p. 11. Si veda infine /I chiostro di san Lorenzo, 1978, p. 4 nota 6, e GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979,p. 9. La mia posizioneè stata già espressa in sintesi nel 1982,p. 20. Ricordo anco. ra che il racconto del cronista Sigisberto relativo all'anno 955 non fa menzione di mura ma soltanto di saraceni (si veda il testo in Mi. GNE, 1880, 160, p. 190) 5 Sul percorso delle mura si veda GIUSTINIANI, 1537, c. XXXVII v.; CASONI(ms. del XVI sec. in BUG); BOLZINUS (ms. del XVII sec. in CBB}; Cevasco, 1838, pp. 21 e ss; QUARENGHI, 1876; BARBIERI, 1938, p. 66; PoLEGGI, 1977, p. 19; GARDINI-MILANESE, 1979, pp. 145-146; Grossi BiaNcHI-PoLEGGI, 1979,p. 9, nota 19,pp. 33, 48, 50 nota 47; MILANESE, 1981,pp. 4 e ss.; PoLEGGI288
Cevini, 1981, pp. 24-25. Per un aggiornamento sul problema del murus ruptus cír. il mio recente contributo in Storia dei genovesi, Il, 1982, p. 20. Per i documenti che citanole mura si veda BOLDORINI, 1960-1961, doc. nn. 2, 97; H.P.M., LI, 1854, I, coll. 46, 78; PUN: cun, 1962, pp. 68-69; BASILIPOZZA, 1974, pp. 1, 3, 17, 26.
7 1documenti citati sono in BOLDORINI, 1960-1961, doc. nn. 15, 1006, 1018. Per la lettura critica della denominazione di «Supe Tana» cfr. PODESTA, 1901, pp. 198 e ss; BARBIERI, 1938; GROSSI BIANCHI POLEGGI, 1979, p. 38, anche perle frasi citate. Sull'uso del termine «Superana» nei documenti del secolo XII cfr. BELGRANO, 1882, p. 16. Sulla porta Castrisi veda POLEGGI-CEVINI, 1981, p. 52. * Sul rapporto reciproco che caratterizza la designazione nei documenti del monastero, detto de Porta, e della porta, denominata oltre che Soprana, spesso anche di sant’ Andrea cfr. DAGNINO, 1978-1979, passim. Per gli esempi delle porte di Costantinopoli dedicate a santi si veda JANIN, 1953, pp. 31-37; DVORNIK, 1958; BALARD, 1978, p. 191. Sul culto di Sant Andrea a Costantinopoli e sul rapporto culturale fra Bisanzio e Genova si veda DE NEGRI, 1968, pp. 163-164. Sulla situazione tedesca della corrispondenza fra le porte di città e le dedicazioni a santi si veda MAINZER, 1973. Infine sul rapporto tra Genova e la Milano di Ambrogio si veda FRONDONI, 1982, passim. Fra le molte ipotesi relative agli esordi e alla presenza del culto di Sant” Andrea in Genova mi chiedo se può trovate spazio l'es stenza di un nesso — peraltro ancora da individuare — con lo scisma della Chiesa d'Oriente e con una presa di posizione specifica del capoluogo ligure all'interno di un avvenimento che ha fatto tanta storia. 9 La frase sulla formazione della cittàè in GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 45, 47; sul problema vedi ancora ibidem, pp. 119120 e POLEGGI, 1966, p. 262. Sugli aspetti generali concernenti la trasformazione delle città in rapporto ai suburbi si veda MENGOZZI, 1914, pp. 20-23; MicHELI, 1974, p. 308; ENNEN, 1978, pp. 89-93. In generale sulla traslazione di reliquie si veda LE GoFF, 1969, p. 159, e a Genova DE NEGRI, 1968, pp. 147, 171, 201-203. Sulle reliquiedi sant'Agostino si veda Di FABIO, 1978,e su quelle di san Lorenzo BARBIERI, 1938, p. 43 nota 10. Sulla consacrazione del 1118 cfr. DE NEGRI, 1968, pp. 214-215, sugli avvenimenti del 1133 ibi dem, pp. 250 € ss, e PETTI BALBI, 1978, p. 19. Il testo della bollaè in H.P.M., L.J, 1854, I, coll. 41-42. Ancora sullarchidiooesi di Genova POLONIO, 1963, e sul potere vescovile LIVA, 1981, pp. 49 e s . Sulla presenza di San Bernardo a Genova nel 1133 si cfr. PETTI BALBI, 1978, p. 19. 10 Sul diploma di Berengario cfr. DE NEGRI, 1968, pp. 194 e ss; Lopez, 1969, pp. 230-231; ENNEN, 1975, pp. 125 e s. Sulla organizzazione della Compagna Comunis cfr. LOPEZ, 1969, pp. 232-233; sul primo consolato si veda il racconto di CAFFARO, in Annalige novesi, 1890, I, p. 17. Sui lodi consolari cfr. Grossi BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 3, 40-41, ma anche BACH, 1955, pp. 61-63 e ENNEN, 1975, pp. 130-131. Si veda ancora FORMENTINI, 1941, pp. 260-263, c BESTA, 1942, p. 269. I testi dei lodi sono editi in H.P.M, LI, 1854, 1, coll 46 e s . Infine sull'rganizzazione del Comune si veda NICCOLAI, 1939, pp. 29 c ss; PERI, 1952, passim (anche per le ulti me frasi citate nel testo, pp. 138-139, 141); FORCHERI, 1981, pp. 29 e ss POLEGGI-CEVINI, 1981, pp. 23, 26-27, 30; AIRALDI, 1981, pp. 29 ess. (aggiornata nota bibliografica a pp. 43-48); PISTARINO, 1982. Un nuovo contributo sull'organizzazione civile e amministrativa di Genova ante ‘compagna’, con importanti ed inediti spunti è annunciato da PAVONI, per la prossima pubblicazione del volume Storia dei genovesi, V, ora in corso di stampa. 11 Per un inquadramento generale si veda LOPEZ, 1969, pp. 26 e ss; per gli avvenimenti citati cfr. DE NEGRI, 1968, pp. 186-187, 222, e Lopez, 1969, pp. 231 e ss. (da cuiè trattà la frase citata nel testo). Si veda inoltre LoPEZ, 1937, pp. 305-317; PAVONI, 1981, p. 21; POLEGGI-CEVINI, 1981, p. 31. Sulle imprese di Almeria e Tortosa e sulla guerra contro Pisa si vedano i passi di CAFFARO, in Annali genovesi, 1890, I, pp. 34-36. I passi del Liber Jurium sono editi in H.P.M., 1854, 1, coll. 67-68, 122 e ss, 131-132, 138-140, 149-150. 12 Hanno già affrontato, sotto angolazioni diverse, questa tematica: SESTAN, 1957, p. 90; Lopez, 1969, pp. 18 e ss; Grossi BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 47, 66.
289
9. L'OCCASIONE (1155)
9.1. Una sfida per «... tenere in rispetto la prepotenza del Barbarossa...» «Bâtir, c'est donc un act politique, dans le sens où cela donne forme à un destin collectif» è stato Scritto con una frase che — riferita originariamente a un altro contesto — non potrebbe illustrare meglio il senso dell'edificazione di porta Soprana, dei suoi tempi storici e del suo destino.
l'episodio della costruzione della cinta urbana e le intenzioni per le quali lo hanno affidato alle carte così come queste sono pervenute. Si premette a titolo generale l'avvertenza che in tutte le cronache del Medioevo «un altissimo orgoglio e amor di patria sono la molla della narrazione» e che Caffaro — “il capostipite’ degli annalisti di Geno-
va — appartiene a un simile contesto, benché nella sua «opera eccezionale ... lo stesso intento laudativo è
Che la costruzione della porta di Genova vada intesa come una sfida per «tenere in rispetto le armi del Barbarossa... è stato comunemente acquisito già
molto contenuto». Il «feroce orgoglio cittadino» è tipico del Medioevo — è stato scritto — e a Genova si
all’epoca della sua «restituzione», quando cioè Alfredo d'Andrade e i suoi colleghi coglievano il significa-
sia da quella letteraria fino all'episodio tanto emblematico quanto clamoroso di una seconda iscrizione a
vori della storiografia locale — vedi segnatamente Spotorno e Belgrano —, riconosceva in porta sant'Andrea l'emblema di una delle più gloriose sta-
cata nel tempio di Gerusalemme il 4 ottobre 1167 da Alessandro II 2, Gli estremi della ‘sfida’ di Genova al Barbarossa, cioè gli avvenimenti che portano alla costruzione del-
to storico del monumento nel quadro del suo recupero archeologico. Quest'ultimo, postulato anche dai lagioni della città.
ritrova confermato sia dalla produzione annalistica
lettere d’oro relativa alle vittorie dei genovesi, collo-
In tempi più recenti Vito Vitali individuava
le mura del 1155, sono riferiti per primo dal Caffaro e con scarne parole (v. qui il 9.2.): ma sono appunto
ta e metteva in evidenza «l'orgoglioso grido superbo
queste frasi essenziali che, parafrasate da alcuni autori successivi, rappresentano il nucleo storico della tra-
anch'egli un esito analogo nella costruzione della por-
contro ogni tentativo nemico» dell'iscrizione murata
nello stipite Sud dell’edificio. Con un'ottica diversa e in altra prospettiva, En-
nio Poleggi, infine, aggiorna il senso dell'intera impresa della «città murata», ribadendo fra l’altro che «le mura sorgono come segno del riscatto da un lun-
go letargo politico» !.
Il significato dell’edificazione della porta non consente dubbi e risulta tanto accessibile da essere recepito in modo pressoché univoco fino ai giorni no-
stri.
E inoltre stimolante verificare — anche a conforto di quanto scritto — le modalità emozionali e ‘operative con le quali i contemporanei hanno vissuto
dizione letteraria. Il racconto acquista quasi la dimen-
sione di un topos quando nelle varie stesure l'accento
è posto di regola e costantemente sulle medesime connotazioni dell'episodio. Tali connotazioni-chiave sono gli «. . Januenses viri et mulieres, parvi et magni die et nocte ad faciendos muros...» ricordati da Iaco-
po da Varagine nell'ultimo trentennio del XIII secolo, ovvero i consoli che «... fecero lavorare alle mura:
glie già cominciate, giorno e notte, huomini et donne...» tramandati da Agostino Giustiniani nel primo trentennio del XVI secolo. Quando poi, alla fine dello stesso Cinquecento, Oberto Foglietta si scosta
dalla tradizione rivisitando l'episodio con una duttili-
tà e una concretezza storica degna del suo acume, il
29
tono epico del racconto non va perduto. Anzi & proprio il Foglietta che sigla l'epopea dei suoi concittadi-
clamorosamente in direzione duplice. A Oriente il
ni con parole che meritano di essere riportate. Men-
nopoli una testa di ponte d'Oltremare che collauda
trattato con Michele Paleologo consolida in Costanti-
tre in quel fatidico 1155 di fronte alla «... prepoten-
una nuova stagione di commerci. A Occidente — lo
za» del Barbarossa i Comuni dell'Italia settentrionale
si è visto — una linea politica abile — peraltro segui-
«.. offersero volontariamente tributo... genovesi sol lo negarono costantemente si che non fu possibile, che ne la paura di quel potente Principe, ne le persuasioni di molti... né il] . furore di Federigo, distorgli mai dal proponimento di difendere la ragione, € la libertà loro; e rivoltarono ogni loro pensiero in provvedersi contra gli sforzamenti di Federigo».
ta anche dal Caffaro (v. qui il 9.2.) — e una determi
nazione ferma sono calate in una strategia che, in ultima analisi, risulta la sola efficace a fronte di «Federigo re di Roma» (v. fig. 315). L'alleanza con Milano e Tortona del '56, l'aiuto a Federico stesso nel '62, il decreto con la conferma dei benefici ai genovesi del febbraio '63, sono le tappe di una vittoria diplomatica
Questo «pensiero di provvedersi» corre alla fabbrica delle mura — cui la frase chiaramente allude —, a quelle mura «che hanno del magnifico» e che in que- su cui insiste il Caffaro nei suoi Annali (v. qui il 9.2.). La pace con Alfonso d'Aragona del '67 sembra consti termini l'annalista poco prima ricorda: cludere uno dei decenni più fulgidi dell'epopea di «La città cresceva ogni di più di riochezze e di reputazione e numero d'abitatri la onde l'anno seguente i 1155 i consoli vol eittä4. tarono l'animo ad accresce la citt, e ad abbracciare col nuovo storiche confermano a oltranza l'imcerchio delle mura più ampio spazio, che fosse capace di maggior magineLe temperie dell'occasione’ che l'annalistica ha consegnanumero di abitatori. La quale opera di gran fatica, e di grande spesa (perciocché le mura, e le torri furon fatte di pietre quadre) to con una ermeneutica corrispondente in toto ai fatti fu cominciata quest'anno e in breve ... fu condotta a fine» 3.
reali.
Con Oberto Foglietta la parabola letteraria dell*occasione' sembra concludersi perché quando gli eruditi locali riprendonoi fatti del '55 ribadiscono soltanto il gesto di sfida senza raccogliere, invece, tutte le istanze utili a una comprensione più completa
Accanto a queste conferme della ‘storia’ lascio spazio ad alcune considerazioni relative alla struttura
dell'avvenimento che il racconto dell’annalista promuove.
Verró piü tardi su queste peculiaritä. Per ora preme aver documentato che l‘occasi
architettonica dell’edificio di porta Soprana. Si è già detto in questo pagine — e Bonora lo conferma nella sua verifica archeologica (v. appendice) — che nella fabbrica gli accorgimenti difensivi o
mancano o sono insufficienti. Tutto un patrimonio morfologico implicito all'architettura militare è qui scarsamente rappresentato; fra i molti anacronismi
ne' per costruire le mura urbane, o meglio per completarle, & vissuta dai contemporanei e in seguito dai
spicca l'elevazione delle torri che supera di troppo i limiti della sicurezza tattica. Né difesa piombante,
tenza del nemico. In tale contesto, inoltre, va intesa anche l'azione piü propriamente difensiva del nuovo
il 4.4. e il 9.3.) rendono non rispondenti ai requisiti di funzionalità bellica. «I robustissimi spalti» lodati dal Caffaro non hanno trovato riscontro nella revisione
posteri come un atto di sfida contro l'imperatore germanico e che le stesse mura visualizzano agli occhi della collettività la fiera risposta a fronte della prepoperimetro urbano, accanto al suo significato simbolico. Gli annalisti, da Caffaro in poi, hanno raccolto
questi spunti, li hanno tramandati nei loro scritti in cui l'attestato di una testimonianza di orgoglio comunale si codifica in un topos recepito ancora a lungo dalla letteratura erudita e fino ai giorni nostri. Ma i fatti reali, così come sono accaduti e come
sono stati storicamente accertati, giustificano questa immagine dell'occasione’ che si è venuta delineando
sul piano letterario?
Gli storici sono concordi nel ritenere il 1155 un
‘anno cruciale per Genova, la cui potenza si conferma 292
esclusa una modesta caditoia, né difesa progressiva e inoltre mura deperibili, che la frettolosità e anche l'inesperienza della manodopera improvvisata (v. qui archeologica dei giorni nostri.
La cinta di mura e la sua porta più prestigiosa non sono in grado di rappresentare un diaframma vero di protezione a fronte degli armati dell'imperatore germanico; ma sia porta Soprana sia le mura del '55 possono visualizzare invece, e con evidenza, un diaframma simbolico di protezione e insieme l'atteggiamento di sfida di una città neofita che difende con orgoglio il suo diritto a esistere. La porta nella sua maestosità si impone quale baluardo sacro che l'altezza delle torri, inusuale quanto vulnerabile, suggerisce
e ratifica, mentre le mura delineano sul terrenoe niti-
damente con un perimetro compatto benché fragile l'immagine dell'agglomerato urbano che si oppone all'avanzata imperiale 5. Ma è tempo di passare ai fatti realmente accaduti così come li ha registrati un loro testimone e prota-
gonista: il Caffaro.
9.2. Così scrive Caffaro negli Annali. Tanto è stato scritto su Caffaro annalista e uomo politico da consigliare, in questa sede — rimandando il lettore agli ultimi esaustivi saggi sull’annalista — di introdurne in sintesi la figura attraverso le parole celebri di Oberto Cancelliere: «fuit vir vita moribusque honeste, compositus satisve abunde claro nomine plenus».
(v. fig. 316)5. Caffaro, come egli stesso ribadisce, scrive «. perché in ogni iempo si risapessero le vitorie dei genovesi.» ed inoltre perché «... soprattutto è utile l'aver conoscenza del passato, il presente discernere, prevedere il futuro...»:
quale miglior guida, dunque, per pilotarci nella 'storia’ che qui interessa. Vicenda che si può far iniziare già nel 1154, quando «. . Federico, re de’ Romani, e sempre augusto, calò in Lombardia, ricevé fedeltà dagli uomini tutti delle città e delle terre, e i tributi loro; e molto opró che narrar lungo sarebbe. Questi consoli mandarono a quel re due legati tra i migliori cittadini: Ugo arcidiacono e Caffaro lo scrittor di questo libro; e quegli con onor li accolse, apri loro l'animo su certi suoi segreti disegni che s'avea per lo regno suo e per la città di Genova, cui promise di dar vantaggi sopra ogni altra d'Italia; e poi senza alcun indugio li congedò, con modi dignitosissimi».
Allanno 1155 l'annalista così continua: Iuoghî Caffaro, uom di attenta memoria, pursi ordinò di traman-
«E anche quanto accadde a lor tempo in città e fuori, e per vari
dar a” futuri. E frattanto presero a costruire le mura e le porte del la città verso entrambe le riviere. E non solo mantennerola pace tra’ cittadini, ma di fuori per molti luoghi vi addivennero grandi vantaggi... Nel frattempo [i genovesi) avean anche sottoscritto pace col legato dell'imperator di Costantinopoli il quale... concesse inoltre al Comune una contrada, un fondaco, una chiesa
propri in Costantinopoli e per tutto il suo impero ridusse a’ Gcno
vesi il dazio da un decimo ad un venticinqu 10. Sul terminar del precedente consolato Federico re de’ Romani, e sempre augusto, era la seconda volta calato in Lombardia:
sotto questo assedi € assalt per nove settimane Tortona, finché
alla metà d'aprile avutala, ia spianò onde le città ed i paesi tutti, atterrti, sottostarono a pagar un immenso tributo di denaro al re. Ma i consoli genovesi, benché spesso s'avesserda molti consigli e incitamenti a pagargli pur essi un tributo, pur non gli voller dare o promette il valor di un solo obolo. E intanto castelli tutti fuori di città andarono munendo di armi e di guerrieri; e comandarono, sotto vincolo di giuramento, a tutti gli uomini a lor tenuti, di provvedersi con sollecitudine d'armi e di quant'altro occorra alla guerra. E come fu il comando de’ consoli, così ognun fe” prestamente. Il re da parte sua come riseppe che i Genovesi con tanta fiera alacrità si avean provveduto, spedì tosto suoi messi a” conso li perché a lui andassero alcuni di loro. Ando l'un d'essi, Guglielmo Lusio, con alcuni altri cittadini tra’ migliori; col re discussero a lungo, reciprocamente, circa i privilegi che eran dovuti all'impeTo e quei che s'avea acquistato la citt, e il re ripeté la promessa (già altra volta fatta) di voler colle sue concessioni avvantaggiar Genova su ogni altra città d'Italia: quindi senza più trattenerli diè loro dignitosa licenza. E dopo si portò a Roma, colà ricevè in S. Pietro la corona e la benedizione da papa Adriano, e ancor risali in Germania», Segue la registrazione degli avvenimenti fra Genova e Roma dello stesso anno, gli accordi con il «re di Sicilia» dell’anno successivo e per il 1157 il raccon-
to riprende: «. ed essi fi genovesi) la città e il popolo mantennero in pace e proseguiron essi ad alzar le mura della città; più legati mandarono in differenti posti pel suo avvantaggio». L'anno 1158:
«.. discese Federico imperatore in Lombardia (ciò risappia Tesperienza nostra e di quei che verranno) con un grosso esercito di tedeschi, perché quanti fino allora si erano studiati di non prestargli obbedienza, soddisfacessero per quella sua venuta, colla sola mi sericordia di Dio, il debito che s'avean all'impero». Poco dopo la dieta di Roncaglia,
«.. mentre ciò accadeva, pur i genovesi come già molte volte per iami de” suoi principi e ministri ne erano st citati, gli mandarono a corte parecchi di loro tra i più nobili. Ri chiedea egli con molta insistenza da costoro che, come le altre città d'Italia per dimostrargl la giurata fedeltà gli rimettean ostaggi e regalia, così, senz'altro, anch'essi afin facessero. Ma questi quantunque convenissero in quanto gli altri si erano in riguardo a ciò piegati, pur con cautela, cercando di sfuggir a siffatti obblighi, si studiavano di dimostrargli come ne doveano venir esenti. Poiché da antico era stato pur concesso e riconfermato per gli impe ratori di Roma come gli abitanti di Genova dovessero in perpetuo esser liberi da ogni tributo: aver essi solo l'obbligo di fedeltà all'impero, e l'altro della difesa del mare da’ barbari, né altrimenti in alcun modo poter essere gravati... aver quindi gli abitanti di Genova il solo obbligo della fedeltà, né poter essere addimandati d'altro, Frattanto uomini e donne tutti, in Genova, non ristando, di © notte, di portar pietre ed arene, avean le mura a tal punto avanzate in solo otto giorni, che qualsiasi città d'Italia pur con lode non sarebbe riuscita ad altrettanto. Laddove poi i giro delle mura non si congiungea, e dove sufficiente altezza non lo assicurava, così in tre giorni lo rafforzarono di castelli altissimi, costruiti cogli 293
alberi delle navi, di frequente bertesche, di spaziosi e robustissimi spalt, che Timpeto di tutta Italia e Alemagna, purché non fosse contrario Iddio, non vi avrebbe dischiuso un passo. I consoli poi, i consiglieri della città, come esperti per esser soliti a por assedi di quanto necesstino quei che son dentro, tal numero di soldati balestrieri, arcieri riunirono, distribuirono pe’ castelli de’ monti e per la città che solo per la or vettovaglia spendea ogni dì un cento marchi d'argento. L'imperatore, a sua volta, non prendendo al. cuna deliberazione, poiché non intendea piegar né ad offici né a scuse de’ Genovesi, ma pur si accorgea chressi non avrebbero sopportato che si diminuisse la loro antica consuetudine, die loro un ‘nuovo convegno al castel di Bosco dove si venia coll'esercito. Si portaron allora da Iui Ido Gontredo che era console del Comune. € parecchi saggi uomini, Caffaro, Oberto Spinola, Guido da Lodi, Guglielmo Cicala, Ogerio di Boccherone, Ottono Giudice ed AL berico, i quali con lui riuscirono ad accordarsi con questo fatto: concede l'imperatore la sua graziaed il suo buon animo a' Genovesf li ricevette sotto la sua protezione e difesa aggiungendo che a veruna querela contr'essi avrebbe porto ascolto; né che in alcun modo li avrebbe molestati per quanto trattencano con diritto o senza, eccetto se togliesero l'avere a qualche viandante, ché non l'avrebbe lasciato loro godersi. E stabili che il patto fosse valido in fin a S. Giovanni. I Genovesi, da lor parte gl fecero poi dare giu ramento di fedeltà da 40 uomini; e lo prestarono questi in Genova, nel palazzo dell'arcivescovo in man di Rainaldo, cancellier dell'impero e conte Blaudratense, ma alla condizione espressa che quel giuramento di fedeltà non fossero in alcun modo tenuti a somministrar all'imperatore esercito o danaro o che di altro fosser da lui richiesti di cui avean discusso per lo innanzi (d è più sopra narrato); e pur alla stessa stregua promisero che gli avrebbero ri messe quelle regalie che da per loro avessero conosciuto spettargli per diritto. E donarono in sopra più l'imperatore e la sua corte di 1000 e duegento marchi d'argento» 7.
Così ha scritto Caffaro negli Annali.
cinquemila cinquecento venti piedi. Di esso quasi quattro parti furono compiute in cinquantatrè giorni che già dissi, i quali furono tutti spesi in quella sola opera, attendendo eli uomini dela cit tà e delle pievi insieme al lavoro secondo i quartieri e le altre lor. divisioni per una parte del giorno, oppur da soli alquanto tempo, nel luogo assegnato ai loro. Sulle mura furon pure alzati mille e settanta merli; sia per imponenza e saldezza di lor compagine,sia per comodo e difesa de’ cittadini». Allanno 1160 così si conclude l'impresa della
«città murata»: quando «Caîfaro entra nel suo XVI lustro, si dee secondo verità pur conoscersi per questa sua scrittura. Sia dunque risaputo come questi {i consoli] pagasser del tutto un debito di 900 lir lasciato da” pre cedenti così da tal servitù liberando la pubblica cosa. Pur compiono per l'opera delle torri in sulle mura la somma di lire trecento... In chiusura del racconto dell'annalista e a suo corredo, alcune osservazioni, con il supporto di inferenze desunte dalle fonti scritte, completano il quadro di storia che sto delineando in funzione delle
"nuove mura”.
La vicenda cronologica del circuito urbano è forse quella che con maggior chiarezza emerge da tutto il contesto.
Si sa che nel 1143 la città era muranda (v. qui
18.3) e necessitava di quel perimetro che fu ricostrui-
to a partire dal 1155. La data d'inizio dei lavori è ribadita oltre che dal Caffaro anche da un documento
sempre del 1155 relativo a un esproprio comunale (v. appendice Profumo), nonché dalle quattro iscrizioni
dello stesso anno. Due di queste sono collocate in porta Soprana e
9.3. Le ‘nuove mura' e la ristrutturazione urbana nel suo significato A Caffaro ancora e ai suoi Annali è d'obbligo il ricorso per un'informazione di prima mano relativa alle ‘nuove mura’. Corre l'anno 1159 e l'annalista scrive:
«Per lor cura [dei consoli] la loro attività, imitatida tutti liri cittadini, quanto restava allor a compiersi delle mura s'avvio a sibile fine: e quel che sembra incredibile, mercé l'opera di tutta la città e delle pievi in cinquantatrè giorni, per dito di Dio, si compi Il che per registri di Giovanni scrivano del Comune si raccoglie, il quale i giorni e le ore degli operai che si doveano rimunerare (la vorando a pagamento i poveri e i ricchi) notò con le mercedi pa gate. Poiché poi calla lunghezza delle mura sabbia a crescer negli anni la possa del lavoro diro che esse misurarono otto stadi e cinquecentoventi piedi. E come lo stadio corrisponde a passi cento. venticinque, e a piedi millenovecentocinque (ché il passo pur a cinque piedi equivale) così dunque tutto il loro circuito ascende a 294
la prima nel pilastro Sud rappresenta la vera e propria
carta di fondazione con la data storica, sancita dalla presenza di quattro consoli che reggono le sorti del Comune e che sono menzionati nello stesso ordine dal Caffaro.
La seconda lapide si trova nel pilastro Nord e oltre ai consoli già ricordati, riporta purei sei dei placiti (ossia gli amministratori della giustizia), i quali anch'essi trovano rispondenza nelle parole dell'anna-
lista.
La terza epigrafe, quella nella torre Nord di por-
ta dei Vacca, offre la precisazione mense iulii accanto al riferimento a tutti e dieci i consoli (quattro consu-
les comuni più sei dei placiti) e al cenno relativo alla stessa data. La quarta, infine, a Sud della medesima porta, è ormai pressoché illegibile (v. comunque qui il
4.1).
Da un documento del primo aprile 1156 (v. ap-
pendice Profumo) sappiamo che le mura e le torri erano presumibilmente iniziate, giacché un certo Pan dolfo riceve dal Comune una somma per la vendita di
un terreno di sua proprietà, utilizzato per la costruzione della cinta.
Nel 1157 Caffaro scrive che è «ripresa l’opera delle mura»; e il 27 gennaio dello stesso anno il valico urbano d'Oriente viene ricordato in un documento del monastero di sant'Andrea. Era già conclusa la
fabbrica di porta Soprana, oppure l'indicazione de porta ha un valore di solo riferimento topografico, che recupera una tradizione toponomastica relativa al precedente valico di porta Superana? Non si è in
grado di rispondere. È ancora Caffaro che testimonia l'«avanzare
delle mura» nel 1158, mentre il 6 settembre e nell'ottobre del medesimo anno si sa essere pagati debiti nonché acquistati terreni per il perimetro difensivo.
La porta orientale viene citata senza ulteriore denominazione in un rogito del 29 marzo 1159 (v. ap-
Fig. 323 - Genova, cinta della città nel XII secolo, disegno M.R. Croce.
pendice Profumo), lo stesso anno in cui si verifica il
celebre episodio dei «cinquantatrè giorni» a cui il Caffaro ha impresso il carisma della gloria. Soltanto nel 1160 però «l'opera delle torri» sem.
bra conclusa se viene erogata la ben nota «somma di lire 300». In un breve del 1161 si ricordano le torri di Luc-
coli e quella del Castelletto, la quale ultima rappresenterà il nucleo più antico della futura cittadella (v. qui il 10.4.2). Il perimetro difensivo, tuttavia, non doveva essere terminato nel febbraio 1163, perché un rogito in quella data testimonia l'esproprio e l'acqui-
sto «delle tavole di terra necessarie per i fossati delle torri di Castelletto e di Luccoli». La «città finita» è
ancora lontana e di quanto se ne potranno misurare le distanze (v. qui nelle pagine a venire). Si è piuttosto ben informati pure in relazione al lo sviluppo del perimetro urbano anche se, con il Poleggi, ritengo che parecchio ancora vi sia da lavorare per risolvere una problematica degna di una mono-
graîia apposita. La questione della lunghezza effettiva del per-
‘corso non sembra invece tale da suscitare tutte quelle discussioni che hanno trovato spazio nell'ambiente
accademico dell'Ottocento. II perimetro, misurato og-
gi in metri duemiladuecentottanta circa, non dista poi molto da quel totale di metri duemilaquattrocentosessantuno che riporta il Caffaro, se si assegna
all'unità di misura utilizzata dall'annalista, cioè al
«piede», la dimensione del piede liprando (m 0,4459) Nelle sue linee generali il percorso del circuito è ormai di dominio comune anche se le sue particolarità — lo si è scritto — richiederebbero indagini ulteriori. Non resta, dunque, che rinviare alla cartina di Grossi Bianchi e Poleggi qui riprodotta (fig. 323), la quale meglio di ogni descrizione a parole illustra Pitinerario, In chiusura di questi appunti riporto alcuni dati relativi allo sforzo economico che i cittadini si sobbarcarono per la realizzazione delle ‘nuove mura" Caffaro stesso (v. qui il 9.2. e il 9.3) scrive espressamente che «lavorando a pagamento i poveri e i ricchi», «si doveano remunerare» «i giorni e le ore degli operai» e che nei «registri di Giovanni scrivano del Comune» sono annotate le «mercedi pagate». Come è risaputo tali registri sono andati dispersi e non è consentita
un'idea
esatta del costo complessivo
dell'impresa la quale deve aver richiesto uno sforzo ingente, che ha sollecitato la collaborazione del clero, testimoniata questa dal rogito famoso del 6 settembre 1158 (v. appendice Profumo) nonché da quello del 16 novembre 11625 L'informazione minuta fin qui raccolta focalizza l’immagine di un episodio urbano — la costruzione delle ‘nuove mura” — che tuttavia non va inteso fine
a se stesso. L'avvenimento si configura come una vi-
295
cenda che per lo spessore dei suoi contenuti trova ben pochi precedenti nella storia della città. L'impresa delle mura — come s'è visto — è stata valutata nelle sue linee generali già a partire dai con-
temporanei e di quanto è stato scritto voglio recupe-
rare non tanto la dimensione eroica del Caffaro, né
paggini del XIII secolo, ha codificato rispondendo sul
piano fisico alle nuove esigenze economiche e com-
merciali dei vari agglomerati di quartieri e alla loro
difesa e sul piano simbolico alla necessità di un'immagine inedita in relazione a un inedito ruolo storico. Accanto alle mura, il porto, con la «palazzata di Sot-
tantomeno quella retorica della letteratura erudita,
toripa» «segnerà d’ora in poi l'immagine urbana»,
quanto e piuttosto l’interpretazione a livello di politica urbanistica ante litteram che si legge fra le righe
una ristrutturazione urbana, così egli fa intendere.
compiendo definitivamente e in modo irreversibile il superamento della «città-piazzaforte» dell'Altomedioevo?. Senza voler entrare nel merito dell'annosa questione di «cosa è una città» che tanto ha dibattuto e dibatte tuttora la critica alla ricerca di una definizio-
La cinta muraria — nata come s'è scritto quale sfida in risposta alla minaccia imperiale — è anche il
la specifica realtà urbana di Genova.
del dettato del Foglietta. «La città cresceva ogni di
più di ricchezza e di reputazione e di numero d’abitanti» così egli scrive, e la città necessita quindi di
segno tangibile di una ristrutturazione cittadina mag-
giormente consona alla crescita e alle esigenze di una comunità che già si era organizzata sotto il profilo delle istituzioni sia laiche sia ecclesiastiche: più ade-
guata dunque alla città neofita. È infatti questa una città nuova — la Janua dell'epigrafe nella porta sant'Andrea (v. qui il 10.1., il 10.2. e il 10.3), già in fase emergente per il vigore delle sue vittorie — che,
ne universalmente idonea, desidero invece precisare Dalle vicende di agevole rilettura del IX secolo,
attraverso vari meccanismi stabilizzatori (v. qui l'8.3.)
la neo-cittä approda a un'immagine in cui riconoscersi soltanto attraverso il neo-perimetro murario e il porto giacché è la cinta del XII secolo in dialettica con la macchina portuale che definisce Janua nella
sua globalità. Il circuito murario con il delineare un
limite fissandolo sul terreno, con la funzione di difesa
per ratificare l'accelerazione delle sue esigenze di
forse più simbolica che fisica, con l'attestato della sua porta egemone e con l'assunto della lapide (per cui v.
strum — il vecchio centro carismatico —, e non solo la civitas — il nuovo centro carismatico per la presen-
qui il 10.1., il 10.2. e il 10.3.), definisce una forma urbis in cui i cittadini si riconoscono confermando la lo-
‘antica vocazione commerciale e con uno sbocco suo diretto al mare.
que, è quello di agevolare alla cittadinanza «il riconoscimento della propria identità», proiettando sul ter-
commerci, comprende nel perimetro non solo il ca-
za del duomo —, ma anche il burgus, il quartiere di
La tripartizione castrum, civitas, burgus, di arcaica normativa e connessa al saldo delle decime, viene codificata da un perimetro nuovo, comprensivo di tutti e tre i nuclei rionali, che delinea l'immagine novae civitatis, intesa quale «città intera usata come concetto più generale... e nel senso più ampio del termine». «Un vero e proprio piano urbanistico» articola Genova entro la cerchia di mura, che rappresenta quindi l'occasione’ per unificare l'intero impianto urbano. «La città medievale inizia con la costruzione del-
la prima cinta murariaȏ stato scritto alla fine dei no-
stri anni Sessanta e la vicenda del capoluogo ligure si colloca quale conferma irreversibile di tale precisazione felice. A Genova il primo circuito del IX secolo ha in effetti impiantato e promosso l'avvio di quella città che solo il perimetro del XII, fino alle sue ultime pro296
ro identità di ianuenses. II significato ultimo del perimetro urbano, dun-
reno una figura che visualizza inoltre l'autonomia cittadina.
TI testo dell'epigrafe su cui verrò fra poco è estre-
mamente eloquente in questa direzione, ma ancora interessa ribadire con Giovanna Petti Balbi che la
cinta muraria « sempre stata considerata» dai contemporanei genovesi e dai «forestieri», dla proiezione tangibile della volontà collettiva di in
dipendenza da ogni egemonia straniera» |
La forma definitiva della città non è però ancora ultimata perché alcune tappe attendono di essere
doppiate: dalla ristrutturazione istituzionale del pode-
stà a partire dal 1191, alle complesse vicissitudini storico-politiche fra XII e XIII secolo, dalla fabbrica
di palazzo san Giorgio e dal suo ‘significato’, all'ampliamento e definitivo assetto delle mura del XII che si verifica a partire dal 1276. Solo allora la «città finita» comprenderà in una figura urbana ormai compiu-
ta anche il «borgo del Molo Vecchio e la chiesa di S.
Marco», mentre i bastioni omonimi proseguono «dietro i Mattatoi di Malapaga fino a giungere alla punta del Molo Vecchio» !. La genesi di Genova come centro urbano si attua con un processo che dura circa quattro secoli e
che trova il suo nodo focale nella costruzione del cir-
cuito del 1155 in dialettica con il porto, quando «muris circumdata miris» la città coglie l'occasione di una. sfida per presentarsi nel fulgore della sua potenza. E. in tale contesto che si cala l'attualità di porta Soprana.
297
NOTE 9.
1 Per la citazione francese si veda BERARDI, 1971,p. 38; per il concettodi «sfida» cfr. SPOTORNO, 1824, p. 51; BELGRANO, 1882, passim; VITALE 1959, pp. 45-46; Grossi BIANcHI-POLEGGI, 1979, p. 60. ? [i giudizio sulla cronachistica genovese è di PoLoNIO, 1963, p. 20; del «feroce orgoglio cittadino» scrive Giusti, 1941, p. 334. Questa stessa impostazione si ritrova anche nell'opera di Ursone (sul quale cfr. BELTRAMI, 1923, pp. 652 e ss; VITALE, 1959,p. 331; BALBI, 1974, p. 808, che individua le affinità con la prosa di Caffaro) e dell Anonimo (sul quale si veda BELTRAMI, 1923, pp. 654-656) Sull'scrizione di Gerusalemme si veda H.P.M., LJ., 1854, I, coll. 228:229. 3 Si veda Forti, 1971, p. 12, e PETTI BALBI, 1978, p. 22; cfr. inoltre GIUSTINIANI, 1537, sub anno (per un inquadramento dell'opera dell'annalista cfr. PETTI BALBI, 1978, pp. 848 e ss, e gli atti del convegno organizzato dall'Accademia di Santa Chiara su A. Giustiniani e i suoi tempi, nel 1982); FOGLIETTA, 1585, pp. 58-59.
4 Sul trattato con l'imperatore Michele cfr. BALARD, 1978, pp. 21 e ss. 106e ss c anche DE SIMONI, 1874, pp. 137-180; IDEM, e Federico Barba una monografia sui rapportifra la città 1876,pp. 217-274: SANGUINETHBERTOLOTTO, 1897, pp. 339-573. Non esiste rossa, solo una breve sintesi è in VITALE, 1924; si veda anche sull'argomento SCARSELLA, 1942, pp. 129 c ss; VITALE, 1951, p. 5 la i passi degli Annali genovesi, scheda bibliografica; IDEM, 1955, p. 29: Bach 1955, pp. 38-40; MARTINI, 1970,p. 20. Si vedano inoltre 1890, 1. pp. 43-44. Una rapida carrellata sulla temperie storica del momento e sulla situazione urbanistica è in GROSSI BIANCHII, coll. 193-194: sugli avvenimenti del 1162-1163 PottGGi, 1979, p. 60. Sulfalleanza del 1156 i documenti sono in .P.M., L . 1854, cfr. ibidem. coll. 207-210, 212, 215-216: per la pace del 1167 cfr. ibidem, coll. 227-228. 5 Per una descrizione delle torri cfr. D'ANDRADE, 1882, p. 49. ^ I passo di OBERTO è in Annali genovesi, 1890, Lp. 155. Vasta è la bibliografia su Caffaro: si veda, oltre a PETTI BALBI, 1973, sv, anche l'aggiornamentoin EADEM, 1974,p. 768, nota 17, c il suo ultimo lavoro del 1982. Per le diverse edizioni delle opere dell'an nalista cfr. l'insostituibile MANNO, 1898, pp. 73-75. Si veda ancora, tra gli interventi più importanti: FOGLIETTA, 1585, p. 53; TIRARO Scit, 1823, III, pp. 510-512; SporoRNo, 1824,pp. 113-127; CANALE, 1846, 1, p. 472; InEM, 1858, I, pp. 390-391; BELGRANO, 1865, pp. 121-139; CANALE, 1886; BELGRANO, 1887,pp. 140-154; IMPERIALE, 1894, p. 434; IDEM, 1903: IsstL, 1909, s.v. VITALE, 1924, pp. 383.387; NvATI-MONTEVERDE, 1926,p. 573; VITALE, 1930, pp. 89-102, 197-204; LEHMANN-BROCKHAUS, 1938,II, pp. 458-459; CALVINI, 1952, p. 49: VITALE, 1955, passinr; DaPELO, 1962, pp. 8-13; RenoRa, 1972; HAY, 1981, p. 43: PETTI Bausı, 1982,pp. 103c ss. 7 La narrazione è edita in Annali genovesi, 1890, I, pp. 38-40, 47-53. Federico fu incoronato re a Monza e imperatore a Roma. * I passi citati sono tratti da Annali genovesi, 1890, I, pp. 54, 59-60. Per la cronologia della vicenda della città murando cfr. Nic COLÀI, 1939; il passo di CAFFARO, è in Annali genovesi, 1890, I, p. 41;il documento di esproprioè in appendice; anche le due iscrizioni di porta Soprana sono riportate qui in appendice, quelle di porta dei Vacca in BELGRANO, 1882,p. 19; per il documento del 1155 si cfr. qui l'appendice, sub anno; la ripresa dei lavori del 1157 è narrata da CAFFARO, in Annali genovesi, 1890, I, pp. 48-51; il documento relativo al monastero è citato in DAGNINO, 1982, p. 196; il rogito con il debito dell'arcivescovo Siro è qui in appendice, mentre quello relativo all'acquisto di un terreno è edito in CHIAUDANO-MORESCO, 1935, I, doc. n. 514. Gli avvenimenti del 1159 e del 1160 sono in Annali genovesi, 1890, I, pp. 53-60. Nel 1161 si fa menzione della torre di Castelletto, che rappresenta, de! futuro caposaldo militare (cfr. oltre) il primo nucleo; nucleo di antica data, per la verità, se le fonti che lo riguardano risalgono, come pare, alla fine del X secolo (efr. BasiLi-Pozz, 1974, p. 2, doc. n. I). Il rogito del 1163 è infine edito in H.P.M., LL, 1854, I, col. 216. Sul percorso delle mura si vedano le ultime ed esaurienti indicazioni che offrono Grossi BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 61-83 note 21-23 (riprese in POLEGGI Cevini, 1981, pp. 34-36, 41); per gli interventi precedenti si vedano: A proposito delle mura del XII secolo, 1858, pp. 174-175; BEL. Grano, 1882, pp. 17-19; PODESTA, 1901, pp. 190-195; HrERs, 1962, p. 375; Fori, 1971, pp. 12-13. Sugli aspetti economici dell'impresasi rimanda a BELGRANO, 1882, pp. 17-18, a VITALE, 1959,p. 40. I due documenti ricordati nel testo, rogati da Giovanni Scriba, sono editi in CHIAUDANO-MoRESCO, 1935, I, pp. 94-95, 259. 298
9 Si fr. FOGLIETTA, 1585, p. 53. Molti hanno affrontato criticamente il problema della tripartizione della città: ricordo in primo luogo Lopez, 1969, p. 12; ENNEN, 1975, pp. 93, 96, 125; GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 41-46, 60.61, 106 (anche per le frasi i tate nel testo; c inoltre BELGRANO, 1882, pp. 28:29; VITALE, 1959, p. 4I; TERRANOVA, 1970, p. 290; Sıca, 1970, pp. 87-88. In generale sui rapporti fra città e suburbio si veda JOURDAN LOMBARD, 1972, pp. 372-376, 394-395; PoLEGGI, 1976, p. 263. Infine sui rapporti fra Genova e il porto, anche per la frase citata,si cfr. POLEGGI-CEVINI, 1981,p. 36. 1 In generale sulla problematica vertente intorno al concetto di città si veda, fra la vasta produzione critica. HIER/0G, 1956. pp. 15-21; SESTAN, 1957, pp. 75 e ss; LoPFZ, 1969, passim; TERRANOVA, 1970, passim; SICA, 1970,p. 3: MICHELI, 1974. p. 311; ENNEN, 1975, pp. 274e ss. (con ricca bibliografia}; FASOLI, 1976, pp. 155 ess; CAPITANI, 1977, p. XXIV. Sugli elementi stabilizzatori che condizionano la struttura della cità si vedano LE GoFF, 1970,pp. 937-938, e Sica, 1970, pp. 31-36. Sul riconoscimento della propria identità di centro urbano si veda GROSSI BIANCHI POLEGGI, 1979, p. 66 per la citazione, ma anche DE NEGRI, 1968, pp. 166 e ss; MICHE. 11, 1974, p. 308; FasoLı, 1976, p. 155. Per l'immagine di Genova PETTI BALBI, 1978, p. 11. Sul «sentimento» del concetto di città nel Medioevo si veda il recente saggio di FRUGONI, 1983, con bibliografia. Si rimanda, infine, per la città altomedievale ai conosciuti LA. VEDAN, 1954, e AA. VV. (Spoleto), 1959, nonché a WARD-PERKINS, in fase di stampa (relazione del 1981); dello stesso annoè il contri buto di ANDREWS, ibidem,per la città basso medievale. Cfr. inoltre SANFILIPPO, 1973; GUIDONI, 1978 (sull'urbanistica medievale); RENOUARD, 1975-1976 (sull cità italiane dal X al XIV secolo); AA.VV., 1976 (sull città medievale in generale, esemplificata su Ferentino); AA.VV., 1977 (sulle forme di potere e struttura sociale nell città medievali n Italia. Cfr. in particolare i contributidi Rosserri, pp. 57 e Ss; CASSANDRO, pp. 153 e ss; SESTAN, pp. 197 e ss; BANTI, pp. 217 e ss bibliografia. pp. 401 e ss. fonti, pp. 425 €ss); Bei TELL, 1978 (sul potere oligarchico nelle città medieval) ?! Sul ruolo della figura del podestà si legga VITALE, 1959, pp. 33 e s., ma anche, in relazione alle altre città italiane, BACH, 1955, p.73,ed ENNEN, 1975, p. 133; sul significato della fabbrica di palazzo san Giorgio cfr. Grossı BIANCHI-POLEGGÌ, 1979, pp. 105, 116; sull'ampliamento del circuito murario cfr. FORTI, 1971, p. 13; infine sulla città finita del Duecento si veda l'acuta analisi di GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 106.
299
10. IL MITO (1155-1684)
10.1. «. sum munita viris Muris circumdata mi .»: appunti sulla carta lapidea del 1155 «...sum munita viris. Muris circumdata miris...»:
con queste parole inizia il testo inscritto sulla prima delle carte lapidee di porta Soprana: precede imme-
diatamente la frase l'invocazione alla SS. Trinità, contrassegnata dal Chrismon, l'incipit canonico in apertura di questo tipo di manufatti.
L'epigrafe che qui interessa & in marmo, murata nello stipite Sud della porta, a sinistra entrando, a un’altezza di circa due metri. Si trova probabilmente nella posizione originaria anche se mancano notizie
per poterlo sostenere con certezza, giacché non è stato possibile recuperare le carte relative al ritrovamento ottocentesco del reperto e procedere quindi a una verifica. La lapide dopo alcuni secoli dalla sua messa in
opera era stata obliterata da un «nero intonaco»: il 28 dicembre del 1508 un decreto «quod possint fieri appothece iuxta Portam Sancti Andree», emesso da Rodolfo di Lannoy, cosi recita:
«. sculpta sunt carmina... quia antiquitatis et probitatis patrie vestigia et monumenta quodam pro se ferunt, propterea non esse superanda, immo locum illum decorari potius debere quam nova apothecarum fabrica dehonestari». Poco più oltre, sempre nella medesima delibera si legge: «..Salvis tamen et ilesis columnis et pilastrata, ita etiam quodap. pothece ipse non exeant parietem, immo concluse restent intra ipsam parietem, et omnia fiant etiam absque lesione ulla sculpture. carminum predictorum, que salva et illesa voluerunt, ita quod clare et bene ab omnibus ipsa carmina et videri et legi possint...» Dopo questa data non sono state reperite notizie ulteriori — ma una ricerca d’archivio potrebbe procu-
rarne — e probabilmente i «carmina sculpta» sono rimasti sul posto, se nel 1828 erano visibili, così come ‘affermano alcuni eruditi dell’epoca. È soltanto nel 1864, però, che la lapideè «ricom-
parsa alla luce», in un clima di viva partecipazione
della città, enfatizzata dalla stampa locale. Questa
esalta l'avvenimento che viene siglato nel 1865 da un'iscrizione di tale anno affissa tuttora allo stipite
Nord, nella quale sono ricordati i restauri dei due
marmi inscritti a opera della Giunta municipale (v.
qui 111.1). «Una lapide in marmo bianco con iscrizione latina» — si leg ge ancora dopo quasi vent'anni nel Corriere Mercantile del 20 marzo 1882 — «dettata dal Prof. Giuseppe Scaniglia segna l'an no dei restauri e dice come appresso... QUOS. HEIC. TITULOS / PORTA. MOENIBUS. Q. NOVO. AMBITU. INSTRUCTIS / COSS, A. MCLY POSUERANT / CURATORES. URBIS. RESTAURANDOS. CENSERUNT / A. MDCCCLXV» |
Sono queste frasi, pur nella loro sobrietà, che avviano la fortuna critica delle due iscrizioni del 1155 (v. qui l'11.1), fortuna sviluppatasi segnatamente nell'ultimo ventennio del XIX secolo. Nel quadro della storia degli studi vari problemi restano per lo più elusi: uno dei principali è quello relativo all'autore del testo inciso nelle due epigrafi. AI proposito non si è in grado che di annotare alcune osservazioni in attesa di verifiche auspicabili, premettendo che la seconda lapide, quella murata nello stipite Nord, va letta quale prosecuzione della prima nello stipite Sud, e premettendo quindi che un unico testo è distribuito su due tavole marmoree situate l'una a fronte dell'altra. Riveste un certo interesse una congettura avan-
zata nel 1882 da Luigi Tommaso Belgrano, che si riferisce alla possibilità — peraltro a detta dello stesso autore «temeraria» — che i
“tredici versi leonini dell'epigrafe meridionale possano essere at tribuiti a Giovanni Scriba. Giovanni non era straniero all'arte di verseggiare» — dice il Belgrano — «ed appunto nel volume delle sue ‘imbreviature’, sotto il disegno di una piccola banderuola, s leggono questi esametri: Mota, meo flatu, plusquam lupus oris hiatu mordax, pellit oves, fugo muscas, tollo calores».
301
Un’indagine linguistica, attenta oltre che alla struttura del discorso anche all'uso del lessico specifi-
co, a mio avviso potrebbe avallare o meno questa ipotesi, che comunque riporta l'autore del testo epigrafi-
co a quell'ambiente governativo così ampiamente enunciato e ribadito dalla firma dei consoli in carica
(v. qui il 10.2). Al di là di un costume tipico del tempo, ricorren-
lettività». Nell’esegesi di un'epigrafe inoltre è necessario considerare
«la volontarietà della scelta di questo mezzo di comunicazione perla creazione di un rapporto vitale con il presenteed il futuro». «I nuovi gruppi dirigenti delle città comunali italiane, più ampiamente alfabetizzati e convinti del valore pieno e complesso. della scrittura, ricorsero spesso ad iscrizioni monumentali per celebrare l'edificazione di pubblici monumenti per immortalare eventi memorabili...
In tale prospettiva, delineata dagli specialisti a cui ho passato la mano, vanno considerate pure le lapidi di Genova che assumono un valore polivalente comprensivo di molte istanze oltre — è ovvio — al contenuto del testo che consegnano. Esse, per la loro. collocazione sul limen della cinta urbana, sono conce corrono nella lapide di porta Soprana e negli Annali. pite come elemento integrante la porta di cui illustranoi significati, e nel contempo rappresentano un epidel Caffaro e nel medesimo ordine — lo si è visto —, sodio essenziale dello spazio urbano e quindi della viin accordo con quanto dice il Favreau quando evita cittadina che in questo spazio si svolge (v. qui il 6. denzia strette analogie tra le fonti epigrafiche e quelle passim). Con il Petrucci — e ancora una volta applicronachistiche. Sono inoltre indicative alcune frasi cando alcune sue osservazioni — sottolineo inoltre sempre del Caffaro che documentano un clima cultu-
te in lapidi analoghe e coeve — esemplare è il testo dell'epigrafe relativa all'edificazione delle mura milanesi nel 1171 — la menzione dei consoli del Comune e dei placiti (epigrafe settentrionale, v. qui il 10.2.) denuncia quella stessa «dichiarata intenzionalità» che è peculiare alla cronaca ufficiale. I medesimi nomi ri-
rale uniforme in cui affondano le radici tanto le iscri-
zioni di porta Soprana quanto gli Annali di Genova. L'identità di contenuti è palese quando si enuncia il concetto di pace interna ed esterna alle mura; quando
si dà risalto al ruolo storico della città; quando se ne acclama la potenza. «Poiché Genova gloriosa ed in-
clita è ritenuta potentissima fuori nell'ultime parti del mondo» si legge negli Annali, «Auster et Occasus Septentrio et Ortus / quantos bellorum superavi la-
nua motus /» la frase equivalente dell'epigrafe murata nello stipite Sud; mentre in quella settentrionale la celebrazione delle vittorie dei genovesi in Occitania trova piena corrispondenza nella Storia della presa di
Almeria e di Tortosa, opera che — come è noto — si deve al Caffaro. II rilevamento di tutte queste affinità non consente, tuttavia, di assegnare il testo dell'iscrizione
all'annalista, anche se sarei tentata di pensarlo; voglio invece e soprattutto ribadire che il milieu cultura.
quanto tale
«produzione grafica é importante perché sempre costruita sull'opera e nell'opera e finalizzata ad un colloquio diretto con la
comunità al di là dei tradizionali contenuti liturgico religiosi
Nel caso delle iscrizioni di porta sant'Andrea questi contenuti si erigono a protagonisti e si integrano perfettamente con il ruolo del monumento nonché con il valore di posizione della lapide stessa. Lo spartito del testo all'interno dei due manufat ti marmorei dipende ancora in parte dal modello librario «egemone nella produzione grafica altomedievale», ma le dimensioni e la forma del reperto, il rispetto dei margini all'inizio e il ductus solenne per equilibrio di spaziature, rappresentano un complesso. che annuncia fatti nuovi. In Italia, fra XI e XIII secolo, la situazione epigrafica altomedievale si modifica «in corrispondenza alla rivoluzione urbanistica dell città e della
le in cui si muove l'autore dei tredici versi leonini fa
riscoperta della funzione civile e politica dello spazio urbano aperto, segnata da un piü o meno consapevole ritorno al confronto con modelli epigrafici antichi».
governo dunque che ha commissionato la storia uffi-
fedelmente la posizione genovese3.
capo all'ambiente politico governativo: quello stesso ciale della città a un suo membro interno, e cioè appunto al console Caffaro. E in simile contesto che va valutata l'ipotesi del Belgrano in attesa di accertamenti ulteriori?. Nel frattempo ritengo opportuno ribadire una
costante, quella relativa alla «validità pubblica» del documento, valore che è espresso «in vista della col-
302
Le parole del Petrucci non potrebbero illustrare più
Tale fenomeno trova riscontri ampi nell’area italica coeva, fra cui privilegio gli esempi geograficamente più prossimi. Mi riferisco in particolare alle varie lapidi pervenute o delle quali si ha notizia, commissionate in occasione della fabbrica delle mura di Savona; a quella sull'ingresso del castello di santa Maria, eretto dai genovesi sul Priamar; ovvero a
|
CERDO GDRTSDIERSETÉ SUNTUNTTAURIS- MWRIS CIRCVDDATAST?I
ETUIRTVTEMERPELLO PCULROSTICATEE.
M poco.
TANGERE
REFOCES2SEP EM RONOMITETORE
UN recae unADAROE
Fig. 324 - Porta Soprana, lapide del 1155. quella del fortilizio dello Sperone o ancora a quella ci
castello san Giorgio. Né passo sotto silenzio l'icrizicne del 1260 che a Genova stessa illustra il «ruolo alte mente simbolico assunto nella coscienza ccllettiva del palazzo s. Giorgio» o, infine e per concludere, la lap: de del 1441-48, collocata su di una porta a mare della. città di Galata nonché quella affissa nel castello ci Lerici 10.2. Le iscrizioni di porta Soprana del 1155 come atto di fondazione cristianizzata, come proclama della potenza cittadina e come attestato d'identità
L'iscrizione murata nello stipite mer-dionale di porta Soprana recita (fig. 324):
+ IN NO(m:ImE O(rmIPGTENTIS DEI PATRIS ET FILII E° SPliritu)S SanC(DI AMien) SUM MUNITA VIRIS. MURIS CIRCUMDATA MIRIS. ET VIRTUTE MEA ?ELLO P(roJCUL HOSTICA TELA. SI PACEM PORTAS. LICET HAS TIBI TANGERZ PORTAS. SI BELLUM QUERES TRISTIS VICTUSQ(ue) RECEDES. AUSTER ET OCCASus) SEPTEMTRIO NOVIT ET ORT(us) QUANTOS BELLCRU(m) SUPERAVI IANLA MOT us. IN C(onSULATU CO(mmun)IS Wlllelmi) PORCI. OBEInTI CANCELLI(ari)I. IOH(annS MALIAU. CELLI ET Wl(leimi) LUSIT PLACITOR(um) BOIAMUNDI DE ODONE. BONI. 303
quos. nar rms PORTA. MOENIRVS. L NOVO. AMF. ENSTINETIS enss. À NÉE. POSVERANT CUATORES, VILIS. HESTAVHANDOS. CENSVERVNT. | à a. NBECCOLNN
Fig. 325 - Porta Soprana, lapide di «Marte». VASSALLI DE CASTRO. WI(lelmi) STANCO(n)IS Wl(llelmi) CIGALE. NICOLE ROCE. ET OBE()TI RECALCATI. Nella lapide affissa nello stipite Nord si legge (fig. 325):
MARTE MEI P(0)P(u)LI FUIT HACTENUS AFFRICA mota N POST ASIE PARTES ET ABHINC YSPANia tota ALMARIAM CEPI TORTOSAMQUue) Subegi SEPTIMUS ANNUS AB HAC ET ERAT BISQUARtus ab illa HOC EGO MUNIMEN CU(m) FECI IANUA pridem. UNDECIES CENTENO CUM TOCIENSQUe quino anno POST PARTU(m) VENERA(n)DE VIRGINIS almum in consuLATU CO(mmun)S Willelmi) LUSIT. TOHfann)IS MALIAUCELLI. OB(enTI CA(n)CELLarii Wiillelmi) PORCI. DE PLACITIS OB(er]TI RECALCATI. NICOLE ROCE willelmi 304
cigale wüllelmi) STANGONI BONIVASSAL!li) STRO et baiamundi DE ODONE. M.
DE CA-
(per le iscrizioni v. appendice Profumo, doc. n. 11-12). Interessa, nello spostarsi all'esegesi de significati specifici del primo testo lapideo, la formua d'apert ra: «in nomine omnipotentis dei patris et li et spi tus sancti amen».
Ho già scritto che la sigla è universale per le epigrafi del genere e dell'epoca e il rimandc a Milano torna d'obbligo (v. qui il 3.5.) tale peculiazità normativa non impedisce tuttavia di rivendicare quale sia lo specifico rilievo della sigla medesima e di ribadire che la sua presenza introduce una serie di prcblemi portanti.
Per convenzione questo tipo di incip* si ritrova pure all’inizio di atti solenni in accordo con la figura del Chrismon a latere, anch'esso presence di solito tanto nelle pergamene quanto nelle lapidi. Tale classe di epigrafi acquista il valore di un documento ufficia-
lee la cifra trinitaria ne convalida l’autorità giuridica sul piano del trascendente. Nel caso in esame si tratta.
di un atto di fondazione — quello della porta urbana.
€ di conseguenza della città — che viene sancito da una formula di per sé già istituzionalizzata. Che poi l'incipit del testo si configuri come un chiamo al «Dio Padre», al «Figlio» e allo «Spirito Santo» carica l'evento di una connotazione ‘sacra’,
peraltro già costituzionale all'evento stesso per la sua
natura. La fondazione della porta di città si svolge all'insegna di un rito che automaticamente avoca l’azione a uno status ‘religioso’. La porta urbana si
colloca in un ambiente sacro e in un tempo liturgico, recuperando l’«esperienza religiosa della non omogeneità dello spazio» — l'interno e sacro contrapposto all’esterno e profano (v. qui il 3.2.) — che è «un'esperienza primordiale paragonabile ad una fondazione
del mondo». «L'esperienza religiosa della fondazione è un mettere in sintonia uno spazio» — scrive Paolo Sica — che risulta sacro per una società «tradizionale e sa-
cra», così come è stata definita, anche di recente, quella del Medioevo in contrapposizione alla moderna.
La connotazione di sacralità si specifica nel caso
di porta sant'Andrea oltre che per il nome anche per il segno della croce e quello trinitario incisi nell'epigrafe; sicché la fondazione della porta urbana non è sòltanto un avvenimento genericamente ‘sacro’, bensi è un evento peculiarmente ‘cristiano’.
Porta Soprana in quest’ultima accezione recupera contenuti ancestrali e aggiornamenti meno remoti calandoli in una sintesi monumentale e riproponendo
sa nel Beatus di san Severo (v. fig. 249 e qui il 3.3), quella immagine che nel testo dell'Apocalisse dell'omonimo cenobio si riferisce con forme analoghe pure alla Gerusalemme Nuova (v. fig. 247). Non a ca50 tale figura presenta analogie con il monumento genovese tanto evidenti quanto apparentemente inspie-
gabili. Coincidenze già giustificate sul piano della morfologia, per la comune e remota ascendenza dal mondo tardoromano, e sul piano semantico dal valore di forma simbolica” acquisito dalla porta fortificata (v. qui il 3.3)5. «Il sacro equivale a potenza» scrive Mircea Eliade riprendendo Rudolf Otto, lo studioso a cui è d'obbligo il ricorso per questo genere di problematiche: «sum munita viris, muris circumdata miris / et virtute mea pello procul hostica tela». si legge nella lapide di porta Soprana. Il proclama della potenza cittadina si manifesta all'insegna di quel circuito di mura che è nato — come s'è visto — quale
sfida a fronte degli «hostica tela», dell'ingerenza straniera cioè, e che si configura quale sigillo al processo di autodeterminazione urbana in dialettica con il divenire della macchina portuale. Tale riferimento alle "nuove mura” è quanto mai pregnante e convalida la realtà di un'occasione’ così come ho tentato di evocarla (v. qui il 9.1). «Si pacem portas, licet has tibi tangere portas / i bellum queres tristis victusque recedes»
recitano i versi successivi dell'iscrizione di Genova; «...lasci entrare il bene, non lasci entrare il male» celebra il rituale C T H 725 da Bofazkóy;
«...non entrerà in essa [città celeste] niente d'impuro, nessun profanatore, nessun mentitore..»
si legge nell’Apocalisse 21, 27 (v. qui il 3.2. e il 3.3.) L'identità di concetto non può essere più eloquente e testimoniata. qui il 3., passim). La pace, nelle parole dellepigrafe di porta Poco importa se tali significati sembrano appro- sant Andrea, è uguale al bene e la «città appare come dare al monumento genovese senza filiazioni dirett ambito di una pace speciale di intensità più elevata». queste ultime, peraltro, non sono poi tanto indispenII grado semantico di questa pace assurge a va sabili a documentare quel percorso i cui esiti finali solenze sublimi perché la pace che è menzionata è la no affermati imperiosamente dall'evidenza del testo «pace di Dio», in armonia con la cristianizzazione dei lapideo. contenuti promossa in apertura dalla formula trinitaÈ in questa prospettiva, che va rivisitata la morria e soprattutto perché la pax-Dei, ovvero la «paxfologia dell’edificio: la quale si carica di valenze nuoChristi» risponde a un concetto morale di nuova dive, espletando gli stessi contenuti dell’iscrizione in vulgazione. Tutta una letteratura, recente o meno, iluna forma più che mai ‘simbolica’, che recupera la lustra questo concetto radicato nella cultura del Meporta-castrorum cristianizzata in porta-coelorum. dioevo, e in particolare fra il X e XII secolo, e non reRiaffiora alla mente l'immagine della città di Su- sta che rinviare per una conferma agli studi di un Duquegli stessi valori di limen inviolabile per l'egida divi. na, che ho illustrato qui in un apposito capitolo (v.
305
by o per altri aspetti di un Dumezil ovvero di un Couillois. La pax-Dei richiama peró la guerra-santa a cui si contrappone per integrarsi. La societas christiana difende la ‘pace di Dio' con la guerra-santa e nelle temperie specifiche di storia fra XI e XII secolo la guerra
santa per antonomasia è quella che «Deus... volt» per la liberazione del sepolcro di Gerusalemme. Né si tra-
scuri che i genovesi sono giunti in Terra Santa «...per
le manufatto compiuto e inteso come carta di fondazione. Una sorta di circumambulatio verbale che toc-
ca nell'ordine rotatorio e quindi ciclico i quattro cardini dello zodiaco, ratifica l'avvenimento a livello di
una simbologia cosmica, tanto remota nelle radici,
quanto prossima nella rivisitazione (v. ad esempio le
porte di Ascalona).
Il pensiero risale allora alle parole dell'Enüma
.«@ soldati di Dio...»; cosi come li definisce un testimone oculare dell'epoca ormai ben noto: il Caffaro®. Né, in parallelo, si trascuri ancora di valutare che sempre secondo l'annalista la guerra-santa è anche
el già ricordate: «dove il sole spunta al mattino e dove si lontana la sera...» Marduk «..costruisce porte.» (v. qui il 3.2.); passa quindi alla componente cosmica riproposta in chiave urbanistica da Ambrogio a Milano (v. qui il 3.3.) per approdare all'allegorizzazione" dei punti cardinali nell’Apocalisse. Tappe di un per-
rata nella rassegna delle vittorie cittadine, inscritta
Nel quadro di simile contesto voglio raccogliere ed evidenziare il valore di posizione della porta Soprana, che rimane pur sempre come si è detto la porta
servire Dio e il Santissimo Sepolcro...»; sono «...citta-
dini e guerrieri di Dio...»; sono «...audacissimi uomini
quella che i «..genovesi da Dio ammoniti e chiamati...» conducono per la conquista di Almeria e di Tortosa: quella medesima conquista che & enumesulla lapide settentrionale di porta Soprana”.
Questo è il clima evocato dal testo delle iscrizioni, clima che riconduce al vissuto storico delle crociate con la loro vicenda culturale, stratificata su quel
repertorio di immagini e di memorie di cui ho già dato cenno (v. qui passim). È questo clima, inoltre, che legittima l'esegesi dei testi inscritti a prescindere da qualsiasi filiazione diretta da un impossibile modello, un'ermeneutica che nasce ed è giustificata invece da un contesto culturale ampiamente documentato, nonché da una specifica educazione ideologica e visiva tipica di un'epoca. In proposito, infine, non si è in
grado di appurare con puntualità l'incidenza su tale panorama della cosiddetta «teologia delle crociate», all’interno della quale trova uno spazio suo l’elaborazione dei contenuti cristianizzati delle porte urbane
connessa alla spiritualità monastica dell'Occidente (v. qui il 3.4). Rimane pertanto incalcolato l’apporto del riflesso ‘teologico’ sull'ambiente dei genovesi, i quali
invece — ed è ben certo — hanno vissuto in prima
corso che ormai è ben noto.
d'Oriente e che forse & debitrice a questa sua colloca-
zione di un soprannome tanto prestigioso (v. qui 78.3.)8. Accanto, si impone il rimando alle osservazioni relative all'impiego dei numeri simbolici nel pro-
getto (v. appendice Bonora, pp. 532-534).
Il valore iniziatico che è sotteso alla citazione dei punti cardinali viene ribadito ulteriormente e carica-
to di prerogative attraverso il segno di un nome che dischiude tutta la tensione della storia di un'autocoscienza: «lanua».
«Stadt ist was sich selbst Stadt nemntv: «una città è ciò che si chiama essa stessa città»
è stato scritto e la medievale Janua — termine che risulta «evoluzione fonetica regolare dal classico Genua» (v. qui il 10.3.) — sigla la sua autocoscienza con la ratifica ufficiale di una recente denominazione.
«Identificare... in senso dare un nome...» così come stiana la nascita di un nuovo mentale (consacrante quindi, sizione di un nome».
transitivo», infatti, «& riconoscere, «nella tradizionale dimensione crioggetto è segnata da un rito sacrail battesimo, che comporta l'impo-
za cittadina, sottolinea il valore iniziatico della porta.
La menzione di Janua si configura, allora, come un attestato di identità cristianizzata (v. ante) a conferma di un processo storico che sottende un mutamento «strutturale» di ampio respiro. Accanto alla realtà storica, però, il vocabolo Jamua designa in simbiosi anche una realtà simbolica: perché Janua è la porta con i suoi contenuti, è la porta quale immagine dell'agglomerato urbano. Ma Janua, cioè Genova, è soprattutto la città
urbana, valore connesso e illustrato dall'epigrafe qua-
“stessa.
persona la parabola storica della guerra santa.
Tanto è vero che il mondo tutto conosce le glorie
di Genova conquistate sul campo: «austeret occasus septemtrio novit et ortus quantos bellorum su peravi lanua motus». Il significato cosmico del luogo sacro viene riproposto dalla menzione dei quattro punti cardinali, che, oltre a delineare un'immagine sconfinata della poten-
306
Se, infine, ci si cala nel tessuto specifico del Medioevo, una letteratura nutrita conferma quanto il tratto dell'autoidentificazione sia peculiare alla vicenda urbana del XII secolo. Da un classico quale Piren-
ne ad autori contemporanei quali Fasoli e Lopez —
per citare alcuni storici che si sono occupati autore-
volmente dell'argomento — è stato ribadito che la ‘consapevolezza della propria identità cittadina è una delle «condizioni essenziali per la configurazione della città stessa» e che tale fenomenoè particolarmente Vistoso nei primi secoli dopo il Mille. Milano, che risorge dalle rovine del Barbarossa
con le immagini e le parole inscritte nella sua porta
Romana, è un esempio emblematico nel denunciare l'orgoglio di una rifondazione cittadina all'insegna di un esclusivo trionfante passato (l'età di Ambrogio). «La memoria, come Proust si propose di dimostrare, è la base dell'autoidentità», è stato scritto di
recente e il caso di Milano è particolarmente significativo in questa direzione.
Si è già considerato come la memoria collettiva
si consolidi sugli elementi stabili del proprio ambiente — leggi nella fattispecie la porta di sant Andrea (v.
simbolica già insita di per sé nella forma monumentale della porta di città (v. ante, passim). La dinamica di tale processo è documentata dal contesto dell'iscrizione che, evocando l'epopea della storia urbana — una storia «esemplare» — richiama quotidianamente alla memoria collettiva una vicenda tesa a ribadire quel valore glorificante che è illustrato anche dalla porta stessa (v. ante, passim).
«Un ambiente umano», è stato scritto, delegato a un monumento, qui si inge, «commemora... gli eventi e permette alla gente di rappresentarsi, di lasciare un suo segno».
Nella genesi dell'emblema, allora, confluisce anche la componente dell'autoidentificazione (v. qui il 9.3): il simbolo della città si pone come un centro di collegamenti, di rapporti fra uomo e ambiente (v. qui i13.1. 16.1. 6116.2), siglati appunto dal testo del'epigrafe, intesa come fulcro che «conserva il passato nel presente». A chiusura dei versi leonini, la data «cadre du souvenir» fissa nella storia e nel futuro e in perpetuo un evento carico di significati.
«I sistema di emblemi, necessario per consentire alla società di assumere coscienza di sé, non è meno indispensabile per assicurare la continuità di questa coscienza»:
Emile Durkheim, già dal lontano 1912 e al di là delle sue alterne fortune di critica, illustra esemplarmente il fenomeno in esame 10. A chiusura di queste pagine voglio riproporre La porta Soprana, simbolo di Genova, è l'embleuna frase di Paolo Sica, che in questa sede appare ma cittadino che si erge a memoria perenne della gloparticolarmente aderente: ria urbana. «l'immagine della città assume la forma di una trasfigurazione La rivendicazione dell'epopea di città necessita. delle memorie del passato filtrate attraverso un processo selettivo tuttavia di radici: il mito evocato dallo stesso nome a rappresentare serie concluse di eventi significanti». trova la sua ratifica in un divenire che qui si ri È in questo senso che l'iscrizione va considerata lanua percorrerä risalendo a un personaggio celeste: Jaun attestato di identità; tale atto trova le sue radici nus, cioè il dio Giano. nella memoria collettiva dell'epopea cittadina e si riuna pregevole definizione di Ugo Bianconosce in quel nome di valore bivalente che designa chi, iSecondo l mito è «una narrazione (non sistema o teoria) tanto la porta urbana quanto la città di Genova: concemente gli dei come personaggi delle origini». Janua?. Questi possono essere sostituiti o integrati da eroi e/o Sarà oggetto delle prossime pagine l'analisi della da personaggi ‘eccellenti’ con le loro peripezie. meccanica attraverso la quale questo stesso nome si Gli studiosi sono concordi nel riconoscere che il configura come emblema della città, monumentalizzato nella porta urbana; e nel contempo dell'iter con cui mito recupera il passato, è inseparabile st (dalla narrazione dell'avvenimento stoil toponimo /anua promuove e assieme ratifica quel «dall'avvenimento rico) o dall'evocazione dello stesso», cosi come avviene per il caso mito cittadino che la porta sant’Andrea visualizza. in analisi. I mito restituisce «il significato esistenziale» di una viqui il 6.1. e il 6.2.) — elementi che diventano «simbolo spaziale del tempo».
cenda «storicamente inconoscibile nel suo senso più autentico».
un mito significa proclamare ciò che è accaduto ab origi10.3. lanua»: la configurazione dell'emblema e «Dire ne. Una volta ‘detto’, ivelato, il mito diventa verità apodittilorigine del mito urbano con il suo avallo ca: stabilisce una verità assoluta». (1155-1312) Questa verità assoluta Genova la riconosce nel Janua verbalizza, rendendola esplicita, la natura
proprio nome Janua, che per il cittadino medievale 307
comporta nella radice etimologica il nome del mitico
Giano.
Un ricorso a una toponomia glorificante, dunque, che é consueto al mondo medievale e che tuttavia comporta a volte eccezioni anche vistose !! Giano è il «dio degli inizi», è il 'primo'insegna Cicerone. L'inizio, però, va inteso come transito da uno stato a un altro, così come viene confermato dall'etimo del nome: la presenza del
«tema in -o oppure, in epoca arcaica, tema in -u (donde i derive ti Janua; Januarius... lo designano propriamente come «passaggio». Nello spazioè posto vicino alle porte e nel tempo agli esordi del tempo storico. «La concezione bifrons& sicuramente antica e deriva dalla definizione stessa del dio; ogni passaggio presuppone due luoghi,due stati: quello che si abbandona e quello in cui si en tro». A livello temporale il bifrontismo allude alla «...plei-
ne connaissance des mystères du passe et de Tavenir». Giano è rappresentato con la chiave e lo scettro nelle mani, con emblemi cioè che introducono a un valore potenzialmente cristiano dell'immagine e a una «sua coincidenza a livello simbolico con Cri-
sto». E stato anche rapportato a san Giovanni con un nesso che ricopre una importanza peculiare per Genova, affidata, come è noto, al patrocinio del Battista 12.
In realtà, astraendo dai collegamenti più tardivi con il dio (v. oltre) il nome antico di Genova, almeno
secondo uno studio recente, sarebbe
«attribuibile a popoli di origine indoeuropea... o risale più oltre nel tempo e cioè ad una voce ‘mediterraneo fenicia' ‘sen’ ossia "dente! con preciso riferimento geomorfologico»
al più antico approdo naturale della città. Il significa to di «mascella», «mascella con denti» o quello traslato di «bocca» o «bocca con denti» si riferirebbe dunque all'immagine primitiva del golfo genuate, chiuso ira le asperità di Capodifaro e quelle della penisola di Sarzano!3. Dopo aver individuato le filiazioni di «Janua» da «Janus», intesa quale ratifica del mito di Genova, e
dopo aver posto in evidenza la realtà etimologica del
termine Janua, è opportuno ora controllare il diveniTe storico della codificazione della leggenda, nel quadro di quel mondo urbano del Medioevo che l'ha promossa e siglata.
«Un mito non si forma in un istante, ha bisogno di sedimen: tazione» — osserva Giulio Carlo Argan — cosi come «l'immagi ne che corrisponde al mito non è un'immagine inventata ma convissuta». Già ho scritto del ‘vissuto’ di porta Soprana (v. 308
qui il 6.2. e passim) e quanto all'avallo del mito va premesso che questa ratifica — ovviamente successiva all'enunciato dell'iscrizione — si realizza a vari livelli ed è privilegiata in campo letterario. Spetta, infatti, alla tradizione annalistica — o meglio alla tradizione scritta in genere — la priorità nel dissertare sulla fondazione di Genova a opera del mitico Giano. Pare che il toponimo Janua compaia per la prima volta nelle fonti scritte attorno alla metà del X secolo; fra le menzioni più antiche si registra quella del famoso documento del 952, relativo al vescovo Teodolfo e a donazioni per la chiesa genovese di san Siro. lanua ricorre costantemente negli Annali del Caffaro, all'inizio/metà XII secolo, ma — comeè stato giustamente riconosciuto — «il mito non è ancora suscitato a nobilitare con il segno del destino» la vicenda urbana. Genova negli Annali è glorificata per la sua potenza, per il ruolo storico nel quadro del suo mondo politico; e a fronte della concretezza di fatti realmente accaduti e puntualmente registrati, la città non richiede la legittimazione di eroi mitici. Il testo nella lapide di porta Soprana si colloca in una fase intermedia della genesi del mito, pur essendo quasi coevo agli Annali e strettamente connesso a questi ultimi (v. qui il 10.1) La suggestione etimologica, infatti, deve ancora espletare il suo potenziale giacché nell'epigrafe non esiste alcun cenno scoperto al divino Giano. È mia ipotesi in attesa di conferme, tuttavia, che la presenza del termine «Janua» nella carta lapidea possa sottintendere effettivamente la cognizione della leggenda eponima (v. oltre). Quanto poi al significato di porta insito nel toponimo Janua, è presumibile che esso sia stato acquisito in foto nella sua bivalenza semantica di porta appunto e di Genova, in un testo inscritto non certo casualmente sull'ingresso monumentale della città. La glorificazione urbana con il ricorso a istanze cosmologichee sacrali (v. qui il 10.2.) immette di suo in quel piano mitico assolutamente indispensabile per una piattaforma simbolica atta a innescare il divenire
della leggenda .È in questo senso che le parole della la-
pide, oltre a sancire la nascita del mito cittadino, rappresentano assieme la preistoria del suo avallo. Una frase di Marchisio Scriba rappresenta una tappa ulteriore della parabola letteraria del mito di Genova.
In occasione delle trattative fra la città e Federico II del 1212, l'autore scrive:
«lanua porta, que per figuram Portam uocatur». «E il primo tentativo — come ha posto in rilievo Giovanna Petti Balbi — di in terpretazione simbolica del toponimo Janua».
In un clima di cultura analogo e in relazione a
una congiuntura politica che ancora una volta coinvolge il medesimo imperatore, si colloca la celebrazione di Genova nel famoso carme attribuito a Ursone. IL «civis Januae» è «gens inclita Jano», ovvero è T«inclita Jani progenies»; è l'abitante della città invitta, dai «Veteresque triumphos», conquistatrice di Cesa: rea, Antiochia e Gibello — fra le numerose località espugnate —; della città che conta all'attivo «Almeriae spolium», «Tortosaque subacta». La dipendenza concettuale dalPepigrafe di porta Soprana è quanto mai evidente, ma nel poema di Ursone l'avallo del mitico fondatore ha sancito ormai la glorificazione della
sche (v. qui il 10.4.1.), la parabola letteraria riceve le
prime bordate. Si deve a Francesco Petrarca il mettere in crisi la verità della fondazione divina: il suo estraniarsi dal vivo della questione e i suoi «dicono» prendono le distanze da un fatto che il poeta enuncia senza convinzione alcuna. II tramonto del mito è consumato quando fra XIV e XV secolo Coluccio Salutati, su richiesta di Giorgio Stella, smantella le assonanze etimologiche avanzate da lacopo da Varagine, «in ossequio al nuovo indirizzo culturale imposto dalle ragioni della filologia umanistica».
La fondazione dovuta a Giano diventa d'ora in poi un topos ripreso frequentemente nelle rappresentazioni letterarie di Genova, anch'esse ormai conven: zionali e ripetitive. In queste ultime, inoltre, si privilegia progressivamente la spiegazione «geografica» relativa al fatto che la città si colloca come ingresso fisicittà. co alla regione padana. L'esegesi ufficiale del toponimo Janua con la sua Considero quale epilogo della vicenda la frase filiazione etimologica dall'eroe Giano ritarda di qual- celebre nella Relazione del Saint Olon del 1684, ladche anno, Sul piano filologico, infatti, il grammatico dove si definisce Genova la «porta d'Italia» 4. Giovanni Balbi recupera l'etimo a suo tempo illust La conclusione e l'iter della parabola letteraria to da Isidoro di Siviglia e lo aggiorna nel suo Catholi- trovano pieno riscontro anche ad altri livelli oltre con, composto negli anni attorno al 1270. che, come si vedrà, nella vicenda storica della porta «lanua a lano dicitur. Hec lanua, id est porta, primus ingresStessa. sus, primus introitus, quia lanus est deus principiorum, cui antiFra l'esiguità dei documenti figurativi più antiqui ominem exitum et introitum consacraverunt. Unde sicut po- chi emerge per diritto di precedenza l'immagine della sta estintrotus er extus culuslibe et exitus totius Lombardie.» porta alias castello, impressa sul recto del primo Iacopo Doria nel 1280 circa riprende in questi termiesempio monetale: il famoso denaro (fig. 326) di cui ni la dissertazione del Balbi nel contesto di un ampio già ho dato cenno nelle pagine precedenti. Coniato, «excursus sull'antichità di Genova». come s'è visto, dalla prima zecca cittadina, attiva dal II vero «poierès» della leggenda tuttavia è laco1139-1140 circa, po da Varagine. «questa moneta è in realtà il ricordo del denaro carolingio note«La sua credibilità di arcivescovo e di agiograf, infatiabile raccoglitore di storie vee”, è attestata... dalle due straordinarie iscri- volmente impoverito quanto a valore intrinseco». zioni delle navate della cattedrale, che, in sostanza ne accolgono La presenza sul suo diritto della «portalcastello» e sul (anche se con una piccola discordanza) la lezione, ne accettano suo rovescio della croce è stata ritenuta una costante l'autorità». esclusiva delle monete di Genova che si protrae fino Il carisma del da Varagine codifica il mito al suo al 1637-38, quando la porta/castello è sostituita dalla apogeo: quanto avviene a cavallo del XIV secolo se- Madonna col Bambino (v. qui il 10.4.4.). La legenda gna invece il declino della parabola. sul diritto della moneta, nei primi tempi limitata al «Con so porto e sa marina / porta è de Lombar- solo toponimo «Janua», passa nel 1252 a «Civitatis dia...» dell'Anonimo genovese, pur nella sua sugge- Janua e, alla fine dello stesso secolo, a «Janua quam stione poetica, non aggiunge nulla di nuovo e così le deus protegat». Sul suo rovescio le parole «Conradus disquisizioni di un Benzo di Alessandria o di un Fazio rex», non subiscono, invece, oscillazione alcuna. degli Uberti fra l'inizio e la metà del 1300. Uno dei quesiti più discussi, relativi al primo deE all'incirca negli stessi anni che si avvia l'erosio- naro genovese, si riferisce all'immagine sopra il dirit ne del mito; in corrispondenza al degrado che offende to della moneta: la critica è discorde nell'individuarvi porta Soprana con la costruzione delle mura trecente- un castello oppure una porta probabilmente urbana. 309
Senza entrare nel merito del problema, voglio sempli-
cemente ribadire che nell'effigie è ben evidente la rap-
presentazione di un ingresso monumentale, al di là del fatto che tale ingresso introduca in una fortezza ovvero in una città. Se la filiazione dal denaro caro-
lingio & reale tanto quanto appare a prima vista, l'ipo-
evo» e in rapporto a una dipendenza meccanica dal denaro carolingio senza complicanze ulteriori. Sembra probabile che l'etimologia. di Janua sia stata informazione acquisita almeno da parte dell'intellighentia genovese, perché non va misconosciuto il
fatto che l'esegesi del toponimo, a suo tempo, era sta-
tesi che la figura rappresenti effettivamente un valico urbano acquista consistenza (v. qui il 3.3). In attesa di un'indagine esaustiva, ribadisco ancora quanto già scritto, cioè che l'immagine sul genovino non sembra aver nulla a che vedere con l'iconografia di porta Soprana anche nel caso che tale imma-
ta ricostruita da Isidoro e che l’opera di quest’ultimo aveva fruito di una diffusione nonché di una fortuna eccezionale nel corso di tutto il Medioevo. A prescindere dalle problematiche fin qui illu-
rificare — cosi come altrove ho osservato — se il toponimo «Janua» nella legenda della moneta sottenda un nesso Janua-città-porta ovvero Janua-cittä-porta-
casi il toponimo specifica la celebrazione della città.
gine si riferisca a una porta di città (v. qui il 7.1.). Una ricerca ulteriore si ritiene opportuna per ve-
Giano, oppure se la raffigurazione debba essere ascritta a un «segno già molto usato nell'altomedio-
strate, risulta essere un dato certo che l'immagine sul primo denaro dei genovesi si collochi come l’equivalente sul piano iconografico della menzione di «/anua» nell'epigrafe sul piano letterario. In entrambi i Per l’epigrafe ho già scritto e quanto al genovino si valuti l'incidenza simbolica dell'immagine araldica in genere e, più in proposito, si consideri il valore semantico delle raffigurazioni numismatiche (v. qui il
Fig. 326 - Denaro genovese del 1139 con porta o castello: 310
3.3). In entrambi i casi sia nelliscrizione che sulla nografia di Genova a cui ho già fatto ricorso rappremoneta il mito di Giano & forse sotteso, ma comun- senta un attestato prezioso in questa direzione. Tranque non esplicito. ne revivals sporadici, il mito delle origini urbane a li Indicazioni analoghe a quelle fornite dal genovi- vello figurativo approda ad altre immagini, e spesso no é consentito desumere dal bollo plumbeo del Co- all'insegna di un repertorio più strettamente ecclesiamune di Genova (per cui rimando alla scheda specifi- stico. La Vergine viene privilegiata in un particolare ca del Poleggi) o dalla più tarda monetazione — e periodo e in determinate sedi, ma sull'argomento quindi in questo caso meno indicativa — di Caffa, di avró occasione di ritornare. Chio e della sua Maona, nonché della colonia genoConsiderato il percorso dell'avallo al mito sia sul vese di Famagosta. piano letterario, sia su quello figurativo, resta ora da Altra testimonianza di interesse offre il mano- controllare in che misura tale immagine corrisponda scritto degli Annali di Caffaro, qui già considerato urbana di Genova nel Medioevo. nelle pagine antecedenti. Fra le miniature, a c. 74 r., alla realtà Storici e urbanisti hanno indagato in modo al centro del bordo destro del foglio, è schizzata con convincente questa realtà ed è alle loro sintesi che mi inchiostro sbiadito la silhouette del busto di Giano bi- rifaccio per il mio riscontro. Interessa ribadire segnafronte. La sua presenza nel contesto non dà adito a tamente la politica espansionistica dei genovesi fra la dubbi circa il valore dell'immagine, su cui, purtroppo, seconda metà XII e tutto il XIII secolo, tesa a consonon sono concesse illazioni ulteriori, considerando lidare i propri confini e ad ampliarli tramite la conquiche la problematica relativa alle vignette del codice sta definitiva delle riviere e dell'oltregiogo per la tuteattende di essere risolta (v. qui il 7.1.). Gli ultimi studi la dei commerci; l’accostarsi progressivo di Genova ai sulla data delle miniature, tuttavia, le assegnano — Comuni del Nord Italia, al papato, persino a Venezia come s'è visto — alla seconda metà del XIII secolo; in una logica antimperiale; la fermezza dimostrata se, come sembra, tale cronologia è esatta, lo schizzo nei riguardi degli imperatori — insegni il comportadi Janus si ricollega come equivalente sul piano ico- mento verso Federico II nel 1251, esaltato ad abunnografico alla menzione letteraria del dio nell'ambito dantiam dagli annalisti —; l'evoluzione politica di quelle opere che, più o meno negli stessi anni, ri- all’esterno che invece all’interno della città determina corrono alla leggenda di Giano per avallare il mito di trasformazioni e lotte fra le famiglie egemoni. SegnaGenova (v. ante).
Anche l'apogeo vero e proprio della leggenda sul piano figurativo si rapporta quanto a cronologia all'iter della parabola letteraria. Già ho accennato alla presenza nel duomo di san Lorenzo di due iscrizioni trecentesche, delle quali una identifica il sovrastante busto di reimpiego con il divino Giano. Clario Di Fabio propone una esegesi convincente sia del testo sia dell'ffigie che collima perfettamente con l’assunto di queste pagine, per cui ad essa rimando. L'immagine marmorea non è bifronte (fig. 327) e forse si riferisce a un ‘re di Giuda”, ma la frase inscritta nella fascia di marmo sottostante non consente dubbi: «Jamus rex Italiae de progenis gigantum qui fundant Ja nuam tempore Abrahae». 1l processo è compiuto attraverso la cristianizzazione dell'eroe pagano, mentre parole e immagine ricevono il carisma della collocazione nel luogo più ‘santo’ della città 15 Anche in sede iconografica il mito di Janus. lanua tramonta dopo Tacme trecentesco. La documentazione edita dal Poleggi nel suo volume sullico-
lo l'iter delle istituzioni dal regime consolare a quello podestarile (1190-1256), quando sale alla ribalta Gu-
glielmo Boccanegra, il primo Capitano del Popolo;
con Oberto Spinola e Oberto Doria (1270-1285) ricordo l'apogeo della potenza cittadina; con le vittorie della Meloria (1284) e di Curzola (1298) la codificazione dell'egemonia dei genovesi sulla scena del Medicevo.
La risultante sul piano urbanistico di questa aurea stagione è la «città finita». «La struttura della città duecentesca, formatasi in periodi cruciali del 1130-80 e 1260-91 appare» definitivamente «compiuta» e il ‘suo «tessuto viario è giunto sino ad oggi».
La crescita urbana si esaurisce e stabilizza l'«assetto residenziale»; le fondazioni degli ordini Mendicanti saldano
«il manufatto abitativo con la cinta muraria occupando le aree ancora libere». Al «centro dell'arco portuale nel 1260 inizia la costruzione del palazzo ufficiale del Capitano del Popolo: una scelta simbolica» in seguito annullata e quindi recuperata. Nel 1291 la
311
Fig. 327 - Genova, san Lorenzo, busto di Giano.
fabbrica del palazzo del Comune accanto a quello episcopale sigilla un. «ritardato adeguamento autocelebrativo rispetto al grandioso inSiro ac) dal Boccanegra con la costruzione del palazzo del Ma-
di tale realtà nella sua natura di porta urbica, immagine della città, partecipe del vissuto urbano, e riferimento monumentale per la memoria storica. Sicché il mito della celebrazione di Genova non solo coinvolge la porta, ma è la realtà semantica della porta medesi-
re 16. E questo il panorama che documenta la sintonia ma, ossia è Janua. perfetta fra la realtà urbana e l'immagine, tanto letteraria che figurativa, del mito di Genova: Genova è effettivamente ‘grande’, Genova è la ‘Superba’. La rivi- 10.4. II mito Tanuae e il suo degrado: dalle mura sitazione di età contemporanea di questo mito-realtà, trecentesche a porta Pila (1320/27-1639). avviene all'insegna di una cifra ben più riduttiva, come si vedrà in seguito (v. qui il 12.2. e ss). Nel quadro della ccittà finita», porta Soprana è 10.4.1. Il perimetro del XIV secolo con i suoi valichi «l'immagine che corrisponde al mito». In quanto porE oggi riconosciuto unanimamente che il degrata (Janua) si colloca fra do del mito di porta Soprana di sant Andrea prende i simboli che i genovesi eressero a significare le ragioni della loro
esistenza come comunità organizzata»,
ma in quanto porta urbana è emblema della città stes-
sa e condivide la concretezza del suo mito. Affianca tale valenza simbolica la funzionalità della porta riconosciuta da alcuni episodi campione: da quello verifi-
catosi nel 1227 relativo alla congiura di Guglielmo de Mari quando «gente armata» difende le porte delle città; a quello del 1238 relativo ai disordini in Genova quando la fazione del podestà Paolo di Soresina «si impossessa della città» (v. appendice Profumo, doc.
n. 21).
Nel cristallizzarsi della maglia cittadina porta
sant’Andrea si colloca come uno dei «punti focali della vita quotidiana» assieme con i mercati e la Ripa e si configura quale riferimento monumentale: per la
memoria collettiva cosi come ho attestato con l'escussione delle fonti d'archivio (v. qui il 6.1., e passim).
Le catene del porto pisano appese dai cittadini di
Genova al centro del fornice della porta, indicano il
«trasferimento mitologico nell'immagine architettonica» che vieme «a simbolizzare qualche aspetto della... sistemazione esistenziale» 1.
A epilogo di queste pagine nelle quali ho voluto esplorare il significato del toponimo «Janua», presente nel testo dell’epigrafe di porta sant'Andrea, ne ribadisco l'importanza e la complessità.
«lanua» definisce il mito della glorificazione cit
tadina e ne promuove l’avallo innescando il ricorso
all'eroe eponimo. La più tardiva ratifica è documen-
tabile tanto a livello letterario quanto a livello figurativo, con perfetta rispondenza parabolica, che riflette inoltre la realtà di una significativa stagione urbana. Porta sant'Andrea si configura come l'emblema
l'avvio dalla fabbrica delle mura trecentesche, quando «la porta come opera di fortificazione diventò pressoché inutile», così come osservava il Belgrano e come poco dopo ribadiva il Podestà in base allo spoglio di documenti d'archivio. Il ruolo funzionale del monumento, in effetti, viene eroso e assieme si scolla la polivalenza dei suoi contenuti oscurandosi dapprima e piuttosto il valore di emblema cittadino che non quello di valico difensivo (per quest'ultimo ricordo le riserve delle quali ho scritto).
Il degrado del mito si verifica a più livelli in accordo con quanto nella stessa epoca avviene del mito letterario e della sua immagine (v. qui il 10.3). I tempi sono difficili e i contrasti del panorama storico della città sono ben noti nonché puntualmente designati dalla critica specialistica, cui si rimanda (un nome per tutti ricorre: quello di Vito Vitale). E comunque in un simile contesto che vanno collocate le cause del declino, quando discordie con disordini e lotte intestine destabilizzano il governo di Genova e quando carestie con fame e inedia preludono apprestandolo al «flagello nero» d'Europa: la peste della metà del XIV secolo. Nella ‘Superba’ del Trecento mura più ampie e meglio articolate diventano una necessità di difesa: nuovo circuito ingloba quello precedente e lo sfrutta con funzione di rincalzo in una dialettica di guerra che risponde sia alla minaccia dall'esterno sia a un. nemico «che è dentro la città stessa». In tale scacchiere è compresa forse anche porta Soprana se nel 1400 le torri di sant'Andrea servono da rifugio a Cosma di Castiglione (v. appendice Profumo, doc. n. 30). 313
Il valore di porta-emblema, però, si è irrimediabilmente appannato nella sua polisemia e si & in definitiva scisso dal monumento. Si sa da Giorgio Stella che nel 1320
«i ghibellini costruirono un castro con due porte sopra la chiesa di s. Bernardo in vetta al monte al disopra di Castelletto e della chiesa di s. Francesco».
E in tal modo che decolla il nuovo circuito di
mura e in alcuni quartieri il perimetro è avviato con mezzi di fortuna come sembra da quanto riferisce il Giustiniani, epigono dello Stella, nei suoi Annali. La documentazione sullimpresa urbana è purtroppo tanto scarsa quanto lacunosa e una ricerca tra le fonti in gran parte edite — e come tale di necessità sommaria — consente di stralciare le sole notizie che seguono. Lo Stella scrive che nel dicembre 1327 la fabbrica riprende «in Carignano», «supra Bisannis, et versus Monasterium Sancti Germaniusque Luculum». Tale circuito è costellato da torri di difesa. Ancora nello stesso anno, nel medesimo autore si legge: «opus deinde calce et lapidibus perfectus structum fuit de anno MCCCXXVID».
Un atto del 1328 dà notizia del murus civitatis costructus nei pressi del monastero di santo Stefano e in data 9 settembre 1345 il notaio T. Casanova redige un contratto d'appalto per la costruzione delle mura fra sant'Agnese e san Tommaso e il compromesso viene perfezionato nel gennaio del 1346. L’8 giugno del 1352, infine, nei Libri Jurium sono menzionati in due riprese «muros novos civitatis Ianue».
Il percorso della cinta (fig. 327 bis) è ricostruito puntualmente nella planimetria di Poleggi e Grossi Bianchi qui riproposta e, in sostanza, il tracciamento rispetta due tempi: nel 1320-1327
Fig. 327 bis - Cinta della città nel XIV secolo, disegno di M.R. Croce.
Ennio Poleggi. Non incide sulla situazione viaria ed è
«una materializzazione definitiva di quella arcaica territorialità dei "mille passus entro cui si era mossa la collettività agli
All'interno del circuito le porte
«segnalano solo gli assi viari maggiori che escono diretti verso insediamenti sparsi sulle colline (con ville e fortezze isolate)». Poco si conosce sulla morfologia delle porte del
Trecento perché si è informati quasi esclusivamente della loro sola esistenza da notizie che si ritrovano in «si perimetra l'area fra il capo di Carignano sino all'innesto con i fonti d'archivio, appartenenti ad alcuni fondi inquisibaluardi esistenti di s. Caterina e di Castelletto»; nel 1347-1350 ti in questi ultimi anni. Da tali rogiti si ricava, fra l'al«si completa il giro verso Ponente da Castelletto alla porta di s. tro, che nel 1413 alcuni custodi riscuotevano merceTommaso»; peri valichi di san Tommaso, Acquasola, Olivella, il tutto con un perimetro di circa 4.550 metri e una deFonte Vallechiara, Carbonara, Pietraminusuperficie di 155 ettari. Le mura — che comprendono ta, san Marose, Michele. Non tutti questi valichi erano segnaquindi i borghi di santo Stefano e di san Tommaso — ti da porte monumentali, anche se la maggior parte di sono alte da sei a dieci metri, sono difese da torri — lo essi risulta fortificata. Quasi invece, confermasi è visto — e sono munite di bertesche nonché di no antiche barriere fiscali e tutti, rappresentano «i poli camminamenti di ronda con merli. estremi di un diritto cittadino che si fa architettura». La nuova cinta, pur promossa da una motivazioTempi nuovi, contenuti nuovi: le porte della Gene politica vincolante, non è certo una «gagliarda nova trecentesca mantengono un loro valore di emmuraglia», come osserva Francesco Podestà, e può blema, ma questo pare connotarsi di modi e di indici essere considerata più «un antemurale» che non ben differenziati rispetto a quello di porta Soprana. «una cinta urbana» vera e propria, come conferma Una porta di san Tommaso, o di santo Stefano, difese 314
entrambe da torre unica, come sembra di poter ricostruire dalle fonti scritte, non rientrano nel quadro della simbolica di porta sant’Andrea. Mentre il ruolo
strategico degli edifici è potenziato probabilmente sia dalla loro collocazione urbana, sia e forse dagli accorgimenti tecnici nuovi, la loro ‘sacralità’ non è altret-
tanto decifrabile. Sicché riesce arduo controllare se e quanto tale carattere di per sé insito a questo tipo di
fabbrica (v. qui il 3.1.) sia realizzato nel monumento con la sua storia e sia da collegare a un recupero di gnificati a livello di coscienza così come è avvenuto
per porta sant'Andrea. A uno sguardo di superficie, la connotazione relativa al ‘sacro’ sembra piuttosto congelarsi nel solo titolo dei valichi il quale pone edificio e città sotto la tutela di santi con una prassi co-
mune a un'epoca: con un fenomeno tanto ovvio da
rendersi scontato e da non richiedere segnali ulteriori di riconoscimento. Da valutare, infine, che la dedicazione di due valichi a due santi eponimi — San Tommaso e San Michele — sembra rivestire un'importan-
za e un'incisività ben
più pregnante come fatto topo-
nomastico che non come indizio
apotropaicoe più ge-
nericamente ‘sacrale’. In un'età che si va laicizzando,
la porta urbis visualizza valori alternativi, quali ad
esempio quelli pertinenti il diritto cittadino, così come sopra si è notificato. È questo un tema che andrebbe svolto, ma che tralascio perché in questa sede porterebbe troppo di-
stante; interessa ribadire invece che la peculiarità dell'emblema cittadino non ha più senso
«in un agglomerato urbano in crisi quanto ad ordine pubblico, in lento processo di rinnovo residenziale ad opera di ceti dominanti... organizzati nella forma dell'albergo, erede dell'antica consorteria». Si frantuma cosi la sostanza di una ‘forma simbolica”,
che si protrae in architetture cariche anch'esse di un qualche significato, ma che non appare mai più tanto realizzata e manifesta nella sua perspicuità quanto lo
è o lo è stata in porta Soprana di sant’ Andrea. E ben
vero che una simile affermazione può sembrare gratuita e prematura fino a che non siano espletate quel-
le indagini
sulle porte trecentesche che ancora si au-
spicano, ma è altrettanto vero che quanto asserisco
risulta di per sé assiomatico e fuori di dubbio !9.
Il mito è nella fase del tramonto e potrà riciclarsi in altri tempi e in altri modi soltanto quando presupposti nuovi lo postuleranno (v. qui il. 10.4.3, 711.2. e il 12.5)) AI momento, in parallelo al declino della sua
pregnanza simbolica, porta Soprana subisce una menomazione
ulteriore dal degrado fisico che intacca
l'edificio. Una serîe di rogiti ne attestano una parabola in discesa, il cui inizio è insidioso e carico d'incognite. Nel 1386 «è concesso a Giovanni Riccio...» l'af-
fitto di un piccolo locale entro una delle torri (v. ap-
pendice Profumo, doc. n. 29) e negli stessi anni numerosi atti di locazioni di botteghe e di fabbriche addossate alla porta sono pubblicati sia dal Belgrano che dal Podestà (v. appendice Profumo) Il percorso del degrado fisico non risulta rettilineo, bensì si configura con un'oscillazione sempre più pronunciata. Così mentre porta Soprana recupera
temporaneamente una funzionalità bellica seppur di rifugio, almeno per quanto riporta un documento del 1400 (v. appendice Profumo, doc. n. 30), nella medesima fonte essa viene definita portam veterem, con un appellativo che non necessita di commenti. del 1415 un restauro a opera del doge Tommaso Campofregoso, che sembra interessare le «vecchie mura» — e anche porta Soprana? —; mentre in un documento del 1437 è scritto di botteghe addossate alla cinta e fra queste il vacuo di un formaggiaio, locato a certo Battista Cavassa. Nel 1356 è il Comune a riscuotere l'affitto di una bottega posta sotto la torre, quello stesso Comune che nel 1360 tutela con il decreto del 18 gennaio la difesa della porta e l'anno successivo (marzo 1361) arma le due torri di sant’Andrea in occasione di disordini Mentre Genova capitola agli Sforza e, dopo al terne fortune, cede a Ludovico il Moro, il degrado fi sico della porta si accelera in tappe ravvicinate. Peroto Pineto, un tessitore di velluti, nel 1483 chiede l'autorizzazione di costruire una casupola «aderente» a porta sant Andrea; Benedetto Mongiardino nel 1489, affitta una casa con bottega «presso le
mura della porta»; Michele Cichero, denominato «anima nigra» intesse l’ordito di una sinistra vicenda che lo vede protagonista e che coinvolge porta Soprana a partire dal 22 ottobre 1498. L’11 dicembre del medesimo anno, però, viene emesso un decreto quod sub fornice porte Sancti Andree construi seu fabricari non possit e il 23 aprile 1502 le catene del porto pisano sono ricollocate sotto il fornice della porta: laddove, a suo tempo, erano state appese quale segno del
prestigio cittadino e da cui erano state rimosse temporaneamente (v. qui il 10.3. e P11.1.). Nel 1506, nella. circostanza di disordini, porta Soprana sembra recu315
perare per l'ultima volta il ruolo d'altri tempi, quando maestro Gioiardo fonditore di bronzi, impianta sulfedificio «i cannoni destinati al bombardamento del palazzo di Gian Luca Fieschi». La battuta conclusiva segue di appena due anni questa data: il 29 dicembre 1508 Rodolfo di Lannoy, luogotenente di Luigi XII, ordina, con un decreto qui già ricordato,
«che le botteghe siano costruite lungo la strada della Porta senza toccare pilastri e colonne e ledere le iscrizioni».
Preoccupazione priva d'ogni sorta di coerenza se alcuni mesi dopo questa data, il 18 giugno 1509, viene concesso a Gio Busco di «appoggiare la sua casupola alla porta» e il 20 giugno del 1514
«de monache di sant’ Andrea ottengono il permesso di innalzare una loro casa aderente alla torre nord», «quia — si legge in un altro rogito del 31 luglio 1515 — dicta moenia antiqua inutilia sunt ut est notorium...
In parallelo nascono e si sviluppano le note querelles fra il cenobio di sant Andrea e il Comune a proposito dell'acquedotto che — si ricordi — utilizzava la cinta muraria del XII secolo e in particolare le strutture superiori di porta Soprana?0. 10.4.2. II Castelletto, la Briglia con la Lanterna
Obliterati dall'edizione trecentesca del perimetro cittadino, i valori di porta Soprana — come sè visto — si frantumano e in parte slittano a connotare alcuni edifici di rilevanza specifica. L'unità del simbolo si disintegra, ma le valenze singole non si estinguono.
In armonia col sopraggiungere di una nuova stagione
di cultura, architetture in alternativa polarizzano al-
cuni dei contenuti insiti in porta sant’Andrea, valori
che, subendo trasformazioni in profondità, si calano in altrettante ‘forme simboliche”; le quali raccolgono
proiettandolo nel tempo il ‘peso d'immagine’ di porta Soprana. La suggestione di tale ‘peso’, infatti, si può rico-
-noscere in una fabbrica che si colloca quale «suggello e simbolica emergenza della forma urbana»: il Castel
letto.
Ricostruito dal maresciallo francese Boucicaut
nel 1402, il nuovo fortilizio sorge al centro della città
trecentesca, «arretrato rispetto al versante cittadino ma arricchito da tre nuove torri ed un muro più grosso per fronteggiare ovviamente qual: siasi moto di rivolta fosse sorto dalla città conquistata» (figg. 328 e 329). 316
Fig. 328 - Genova, Castelletto, disegno.
La sua connotazione d'immagine prevaricatrice € oppressiva emerge dalle descrizioni degli analisti: da quella del Giustiniani in primis, che riprende tono e parole dallo Stella. Il testo di una lapide inscritta sopra la porta castri, e una catena di date storiche, che si snoda fino al 1548 e oltre, segna con le sue maglie le fasi edilizie del complesso, abbattuto e ricostruito incessantemente anche sulla spinta di quell'urgenza di emblema che costituisce il carattere primario della. sua identità. La stagione di Castelletto si dibatte fra una serie di ricorsi simbolici, talvolta di segno opposto, ma pur sempre indicativi per la vicenda della città e della sua immagine. E in questo senso e nel quadro di un'inedita dinamica urbana che il fortilizio sembra collocarsi quale erede ideale ma anche parziale di porta Soprana. Il nesso porta-urbica / città si configura ora come rapporto cittadella / città, giacché il Castelletto coagula in sé le tre funzioni che qualificano ciascuna fortezza e cioè di controllo, rifugio, posizione dominante. E stato scritto, inoltre, che la cittadella è una «forma simbolica per eccellenza dell'idea rinascimentale del rapporto fra Dio, l'umana società e l'uomo, a sua volta centro e metafora del cosmo» € il nuovo castrum si immette in una strategia analoga. Alla porta urbana che visualizza la città più con la possanza della sua figura che non con accorgimenti di guerra, alla porta che è una sfida contro lo straniero, si contrappone la cittadella in dialettica con quella stessa civitas che difende / offende dai suoi bastioni, la cittadella «strumento e simbolo del dominio ester-
no».
GENVA VRBS MARITIMA.
i arm
v Ha t tp
i|
Pr i n
Fig. 329 - Genova, Castelletto, incisione della seconda metà del XV secolo.
Tanto porta Soprana quanto il Castelletto rappresentano un materiale iconico dall'alto tasso di emblematicità ed entrambe le fabbriche, pur con modi în alternanza, riflettono le tensioni del capoluogo ligure fra Medioevo e Rinascimento21. Accanto al Castelletto, un altro fortilizio merita una citazione per il suo valore di immagine anche se il livello semantico di quest'ultima, forse meno esplicito, si riduce di scala e di ordine di grandezza: la Briglia (fig. 330). Così denominato dai francesi «in qualità di fre no alla.... collera» di Genova e al suo «desiderio di li
bertà», il baluardo è eretto nel 1507 e voluto da Luigi XII sulle alture di Ponente, presso la città. La sua esi-
stenza è breve perché nel 1513 è espugnato dai geno vesi e nel 1514 demolito per ordine del doge Ottaviano Fregoso, ricorrendo in tali avvenimenti i nomi di Andrea Doria e di Emanuele Cavallo, nonché il «gesto teatrale» dello stesso Fregoso. Episodio quest'ultmo esaltato dagli storici dell'età moderna, i quali, invece, forniscono informazioni scarse sulla consistenza e sulla morfologia dell’edificio. Il suo valore emblematico, tuttavia, è stato riconosciuto all'unanimità e segnatamente sancito già nel 317
Fig. 330 - Genova, la Briglia 1543, quando Francesco de Gandria decreta di co-
struire la parte superiore della Lanterna, utilizzando
come base il troncone della fortezza distrutta (v. quanto dimostrato a suo tempo da Franzesco Podestài. La Lanterna (fig. 331) a sua volta si colloce come simbolo del valore civile dei genovesi, così come viene ribadito nel 1785-1786. quando il Comune fa ri-
dipingere il suo stemma sul'edificio e quando nel 1841 viene murata una lapide su cui avrò occasione di ritornare 22, La sequenza di immagini emb:ematiche — Cestelletto, Briglia, Lanterna —, fin qui presentate co1
criterio cronologico, non sembra denunciare, tuttevia, una filiazione da porta Soprana con dipendenza diretta. Mentre la forma di tali complessi edilizi
10.43. Il circuito ael 1535 con gli ingressi mo-
numental: cdz mare» e di Levante
risponde
a leggi di strategia bellica mutata e quindi non ha nula a che vedere con porta sant’Andrea, i contenuti delle singole fortezze — segnatamente quelli connessi à immagini funzionali reletive a luoghi deputati all'esercizio del potere — s: collocano rispetto alla
318
porte in una spesi di avvicendamento spontaneo, perche l'espressione dei significati sembra generata dalla dinamica inzerna ei valori stessi. Dal ventaglio di simboli che fa capo a porta sant'Andrea, i vari fortilizi raccolgono soltanto le valenze she rispondono alla loro identità funzionale: le sviluppano talvolta con vocazioni di segno opposto € soven:e con un adeg.amento modesto in termini di spesscre. Ed è il vissuto della città, nel suo divenire, a creare il connettivo cae collega fra loro queste rappreser tazioni culfuzal: e a ricondurle all'archetipo.
In parallelo o quas: alle immagini fin qui ripro-
poste, un'altra serie di «Entbildlichungen» può essere
consicerata quale pis di integrazione al presente excursus. Mi riferisco :n particolare alle mura genovesi del XVI secolo con gfi ingressi urbani coevi.
Fig. 331 - Genova, la Lanterna.
CARTE PERSPECTIVE DE D. DET
CIENNE VILLE bez ee
DE GENES rm
Fig. 332 - Genova, cinta della città nel XVI secolo, disegno di anonimo, 1880 circa.
Si legge all'anno 1534 negli Annali di Paolo Partenopeo voltati dalla Latina nell'Italiana favella da Stefano Baccigalupo quanto segue:
Il 2 ottobre in riunione straordinaria adunata «..nel palazzo di S. Giorgio», Battista Lomellino presenta il progetto dei lavori e il preventivo, pari a «...Non ignorava il senato, niuno restauro essersi da anni arreca«17500 scudi d'oro», da «doversi dare alla repubblica to alla conservazione delle mura, che le leggi e i diritti tutti di ogni dall’erario di S. Giorgio». Una lapide, oggi scomparsa terra e nazione vollero ognora inviolabili che anzi tratt tratto i ma di cui è pervenuto il testo, sancisce l'inizio della cittadini posseditori di ville lungo i baluardi, irriverenti perla profabbrica «pro urbis tutela». prietà dello stato, usavano delle pietre a chiudere i loro poderi, ‘operando per tal modo in danno ed in rovina dell'intera. A L’opera della cinta prosegue mentre corrono frenare l'abuso e ad avvisare seriamente al restauro delle mura, «difficili tempi», suonano «le armi», non tacciono i unanime voto creò fra i più notabili cittadini un magistrato della guerra; una seconda iscrizione, un temcoll'unico ufficio di conservare, riparare e costrure le mura, il rumori po nell’archivolto della porta dell Acquasola, esalta i quale quando i caso volesse, avrebbe autorità e poteri non minori sacrifici della cittadinanza «ur cuta ab Hostibus Resdel doge, dei governatori, e dei procuratori». All’anno successivo, il 1535, lo storico aggiunge: publica incaudissime Libertate fruetur». La collettiva «.. Riparare le mura e innalzare propugnacoli a tutela della impresa delle mura celebra e difende non tanto Janua città era voto comune, né vi si faceva sordo il senato, imperocché quanto e soprattutto la Repubblica c la sua libertà. convocati i collegi (14 settembre) .... unanime il suffragio vi assenSi & informati puntualmente sullo svolgersi dei tiva e quanto denaro abbisognava per restauro delle mura e per l'impianto dei bastioni, avevano dovere di chiedere ai cittadini, e lavori da una serie di relazioni che vanno da quella dell'Olgiati (15 giugno 1545) a quella anonima del chiesto». 320
750753, per citare le due più note, e si sa che dal '55 circa in poi sono realizzate anche le «mura di mare». Roccatagliata, fra gli altri annalisti, scrive di restauri e completamenti fino alle soglie del 1600; lavori relativi a un circuito che a singhiozzo perde «importanza militare dopo la costruzione della nuova cerchia» seicentesca. In polemica con il Cevasco, il Forti osserva che la fabbrica delle mura «inserisce nel quadro di una trasformazione tecnologica» e non rappresenta un semplice «restauro», bensì «una svolta re
le
dei concetti di difesa e ia conseguente nascita di una fortificazione assolutamente nuova».
Nuova, comunque, è la risultante di una forma urbica che non stravolge la città medievale, bensì la «razionalizza» in un'immagine, in cui inoltre
«due dimore della famiglia dominante (Doria) segnano i punti estremi dello sviluppo urbano, invece della chiesa a protezione» Il circuito delle mura cinquecentesche (fig. 332) delinea una immagine ideale di Genova, i cui segni
d'identità non sono tanto il nome quanto e piuttosto gli stemmi e i privilegi di una Repubblica oligarchica, che determinano a fini ideologici e celebrativi un ritratto urbano con la firma inequivocabile delle scritture d'apparato.
1 contenuti della cinta medievale e ovviamente quelli delle sue porte si calano in un nuovo codice di segni con tasso di mutamento palese. Di tale codice le mura rappresentano un dato carico in proprio di una valenza semantica peculiare, nel progressivo ridursi della connotazione ‘religiosa’, nel contemporaneo ri vigorirsi della funzione militare, nel prevalere di esigenze di Stato, alle quali si assommano compiti «fiscali» di estrazione recente.
È inoltre in quest'ottica rinnovata che va letta
‘anche la presenza delle porte urbane nel circuito difensivo del XVI secolo. Ritengo di particolare risalto espressivo ed emblematico, più che alcuni aggiornamenti di valichi
Fig. 333 - Genova, porta del Molo, acquerello di J.F. (?) Smith. 321
Fig. 334 - Genova, porta del MOIO, prospetto esterno. trecenteschi, due ingressi monumentali che evidenziano con chiarezza una rosa di significati immessi in
un nuovo repertorio di figure ?* Prima assoluta in ordine di importanza è la porta del Molo, denominata, come pare, dagli inizi del nostro secolo, anche porta Siberia (figg. 333 e 334). Scrive Giorgio Vasari del monumento in un brano divenuto ormai famoso:
«...La prima opera del maestro Perugino a Genova fu quella di racconciare e fortificare il porto e il molo, anzi farlo un altro da quello che era prima... Conciossiaché, allargandosi in mare per
Buono spazio, fece un bellissimo portone che giace in mezzo cir-
colo, molto adorno di colonne rustiche e di nicchie a quelle intorno: all'estremità di quel circolo si congiungono due baluardotti che difendono detto portone. Su quella piazza poi sopra al molo, alle spalle di detto portone, verso la città, fece un portico grandissimo il quale riceve il Capo della guardia, d'ordine dorico e sopra ‘esso quanto è lo spazio che egli tiene, ed insieme i due baluardi e
porta, resta una piazza spedita per comando dell'artiglieria; la ‘quale a guisa di cavaliere sta sopra il molo e difendeil porto dentro e fuori».
Progettata dall'Alessi intorno al 1550, la porta
322
«di mare» è probabilmente compiuta nel 1556, così come sembra ribadire una lapide di quell’anno, che sta murata tuttora al di sopra del fornice esterno.
Tutta una letteratura critica — cui peraltro rin-
vio — celebra l’edificio come uno fra i monumenti più prestigiosi dell'architettura militare nel Rinascimento; ne evidenzia «lo spiccato accento romano», il «formidabile apparato bellico» e la «volontà architettonica che va oltre le esigenze strategiche». È stato
scritto che il suo «profilo concavo idrodinamico» vuole «rappresentare Genova o meglio la curva del suo porto che ne costituisce quasi un simbolo naturale». Protagonista fra i monumenti coevi, la porta del Molo si colloca come uno dei «punti focali di convergenze visuali che anticipano una nuova dimensione anche concettuale della città». L'epigrafe, attribuita da molti al Bonfadio, nella secchezza eloquente dei suoi dati, ricollega l’edificio all'opera delle «mura di mare» e ai meccanismi pubblici della difesa cittadina.
Le distanze da porta Soprana sono incommensurabili: un universo mentale si frappone tra quelli che possono essere considerati due momenti genetici po lari della parabola di una stessa immagine, giacché anche nella porta del Molo si possono riconoscere tutte le connotazioni di una ‘forma simbolica’. La qualità urbanistica di una «soluzione spaziale carica di significati» emblematici, il vigore ideativo di una scelta inequivocabile di gusto, denunciato dall’indagare nei rapporti fra manufatto architettonico c paesaggio, il disegno tipologico maturo risolto in assoluta elementarità di morfologia, la tensione dell'idea proiettata nel tempo, sono tutti elementi che fanno della porta «di mare» un'immagine fisica che ricarica di tutte le sue valenze il linguaggio di una ‘forma simbolica”: quella della porta-civitatis?5.
Il secondo valico monumentale che qui interessa è uno degli aggiornamenti rinascimentali degli ingressi a Levante della cinta: la porta di santo Stefano, più nota forse come porta d’Archi (figg. 335-338).
La scelta, che per questo assunto poteva cadere indifferentemente anche su altri edifici quali ad esempio la porta di san Germano, è stata decisa dall'infor‘mazione sul monumento, pervenuta meno lacunosa
Fig. 337 - Genova, porta d'Archi o di santo Stefano, rilievo del prospetto esterno.
che per altre costruzioni del genere.
11 27 settembre 1539 è posta la prima pietra «im fundamentum Portae Arcuam», così come risulta da una medaglia commemorativa, ricordata negli Anna324
li del Partenopeo. La nuova porta degli Archi che so-
stituisce quella medievale (v. qui il 10.4.1.), forse distrutta per necessità, sta per essere probabilmente terminata nel 1545, quando il progettista, Giò Maria Ol-
Fig. 338 - Genova, porta d'Archi o di santo Stefano durante i lavori del 1892.
325
339 - Genova, porta d'Archi o di santo Stefano, prospetto esterno, state c udicazione attuali.
Do or d pov
Fig. 340 - Genova, tracciato delle mura, disegno di C. Bruzzo.
giati, propone di aggiornare le difese con «exfensis ar- quell’egida celeste che è mantenuta attuale e opetificis» (v. la Relazione in data 15 giugno dello stesso rante in perpetuo dalla dedica della porta al Santo. anno). Rimossa nel XIX secolo in circostanza Una dedica che si immette direttamente sul titolo medell'edificazione di ponte Monumentale, la porta fu dievale dell’edificio, connesso — come s'è visto — alsmontata e ricostruita alla fine del secolo scorso a ca- la toponomastica del luogo, determinata a sua volta vallo dell'odierna via Banderali (fig. 339), con una dalla presenza del più antico monastero eponimo. Un scelta ritenuta già a suo tempo e con proprietà «infeli- ‘rinnovo’ di carica ‘sacrale’, dunque, rivitalizzata di ce» (v. qui l'11.1.2.). Una lapide, affissa tuttora nel necessità perché la connotazione ‘religiosa’ dell'edifiterrapieno delle mura a fronte del liceo D'Oria, con- cio già sembrava languire sin dai tempi dei suoi primi ferma l’anno della «ricomposizione» per delibera del- anni di vita (v. qui il 10.4.1.). Cosi come priva di alla Giunta municipale in data 12 giugno 1896. cun segnale ‘sacro’, per lo meno di grado esplicito, risultava la morfologia della edizione cinquecentesca 119 settembre 1604 un altro decreto prescrive di del monumento, prima che fosse ricavata la nicchia collocare una statua raffigurante Santo Stefano in
una nicchia apposita da ricavarsi nella parete superiore esterna, in asse sopra al fornice d'ingresso. Il 7 ottobre l'effigie viene commissionata a Taddeo Carlone per il prezzo di lire 150. Lo scultore sette mesi dopo consegna l'opera compiuta e il 12 maggio riscuote un compenso che pare si aggiri sulle 450 lire. L'immagine scolpita «in brevissimo tempo per cagione di pubblici festeggiamenti», sancisce
per il santo patrono. La struttura e la tipologia della
porta, infatti, sembrano dovute alle più recenti con-
quiste serliane, ovvero allineate al «repertorio classico del Sanmicheli» e quindi in ossequio all'impagin: zione specifica dell’architettura militare del Rinası
mento, in cui l'interferenza più propriamente ‘religiosa’ si appanna e muta radicalmente indice. In quest'ottica, inoltre, l’edificio può essere collocato nello stesso contesto che qualche decennio dopo darà 327
xa miS Fig. 341 - Genova, Fronti Basse del Bisagno, acquerello di P.D. Cambiaso.
i suoi fruttî più maturi nella ben più prestigiosa porta «di mare». È in questo sense che considero la porta d’Archisanto Stefano un doc.mento complementare 3er definire l'immagine globale della sorta urbana nel Cinquecento genovese. Un’immagine questa anccra tut-
ta da scogrire, ma che presenta già un suo intrinseco dinamismo, anche alle luce di un excursus necessariai superficie come quello di queste pagine. gine, inoltre, che libera istanze aperte, raccolte e sviluppate nel giro di circa venti anni. Jn'im magine, infine, che cor.cede ber: poco alla sua preistoria, cosi come questa era stata realizzata nell'archeti-
quadro dei valori che la diserteno immettendosi in
nuovi circuiti, tanto la porta «di mare», quanto la
porta santo Stefano rappresentano una cassa di risonanza di elcuni soltanto dei suoi valori; ma questi vengono custoditi da un patrimonic di cultura che li rinnova salvandoli dall’anonimeto e I: ricicla ia una gamma inedita di simboli urban ?7. 10.4.4. La cinta del 1626 con porta Lanterna e porta Pila e la dedicazione di Genova a Maria Santissima
La vicenda che sto seguendo da tempo nella sua. Nei tramonto de: mito di porta sant’ Andrea, nel genesi e nelle sue fortune sta pez concludersi. Ne ve-
po porta Soprana. 328
de l'epilogo non più il «secolo dei genovesi», bensì quello immediatamente successivo della dedicazione di Genova a Maria Santissima.
nia» la prima pietra delle «Mura Nuove». Decretate sotto l'incalzare del Savoia, furono riprese «in grande» tre anni dopo
Un’impresa di dimensioni colossali è alle porte e
«e giunsero a buon avanzamento nel 1632». «Richiesero per la
costituisce la premessa necessaria all'episodio finale: le «Mura Nuove» del circuito seicentesco. La peste, le crisi manifatturiere, quello che è stato definito il «quadriennio critico» (1575-1578), impostano una «cesura abbastanza netta», che muta il volto della Genova fine secolo8. È quindi in un contesto completamente rinnova-
to che il 7 dicembre 1626, nei pressi della Lanterna, il doge Giacomo Lomellini pone «con solenne cerimo-
loro dimensione tutta l'abilità finanziaria dei Collegi, che per ri‘mediare l'ingente somma di oltre 410.000 scudi d'oro, si rivolsero alla Casa di San Giorgio, alle offerte volontarie della nobiltà e — con più fatica — alla meno disponibile partecipazione dei ceti subalterni a cominciare dalle Arti e dal popolino». « ‘ripari di terra' furono ideati da Ansaldo De Mari e Giambattista Balin, due fra i maggiori ingegneri e matematici della Repubblica,e diretti dall'architetto Bartolomeo Bianco» (fig. 340
e 341).
«Il perimetro correva dal Capo di Faro, presso la Lanterna, al capo orientale di Carignano... per una lunghezza di 12650 me-
Fig. 342 - Genova, porta Romana, prospetto esterno, acquerello di P.D. Cambiaso.
tri circa facendo perno sullestremo vertice settentrionale del monte Peralto». «L'impegno amministrativo fu tale che si riuscì a realizzare Topera in minor tempo dei sei anni previsti».
PROFILO CHE PASSA PER LA RETTA.PQ.
La costruzione del molo nuovo su progetto di Ansaldo De Mari, conclude un programma che ribadisce «la volontà di restaurare» la «grandezza della
Repubblica», segnatamente laddove erano nati il potere e la ricchezza del Comune, ossia dalla parte della
Ripa-maris, aggiornando una costante: la dialettica fra mura e porto. Ho ritenuto opportuno passare fin qui la parola a Ennio Poleggi e a Luciano Grossi Bianchi, quali voci di sintesi più attuale, ricordando che la grandezza dell'impresa ha sovente raccolto lodi e consensi.
È stato scritto che il circuito con una sua «natu-
ralità» un po’ superata, rivendica esaltandoli i «dati dell'assetto fisico della città» e razionalizza il «siste-
ma antico di percorsi che uscivano dai ‘mille passi».
Mura e molo nuovi con i magazzini di Portofranco si
configurano come le «regie fabbriche di una città re-
Fig. 343 - Genova, porta Romana, sezione, disegno di M. Code Viola.
Fig. 344 - Genova, porta degli Angeli e zona circostante, disegno di G. Brusco. 330
Fig. 347 - Genova, portello di Granarolo, ricostruzione.
PROFILO CHE PASSA PER LA RETTAXZ.
Fig. 345 - Genova, porta degli Angeli, prospetto esterno.
Fig. 346 - Genova, portello di Granarolo, prospetto esterno.
Fig. 348 - Genova, porta san Bernardino, sezione, disegno di M. Codeviola.
331
pubblicana» e sono la risposta dell'aristocrazia al fabbisogno per la sopravvivenza collettiva. La realizzazione delle grandi opere pubbliche denuncia una diversa identità di gruppo e un nuovo stile di governo, perché il ceto dirigente che queste opere patrocina è spinto a trovare in questa sua azione l'unità 2. Porte e portelle sono frequenti nelle «Mura Nuove»
e sono contrassegnate
PORTA Hier DI $: BARTOLOMEO
spesso da strutture
monumentali che sono rapportabili in toto alle funzioni difensive degli edifici. Tipiche sono la porta Romana a Levante (figg. 342 e 343) o la porta degli Angeli a Nord-Ovest (figg. 344 e 345); esemplari restano il portello di Granarolo (figg. 346 e 347) o quelli di san Bernardino (figg. 348 e 349) e di san Bartolomeo (fig. 350-354) a Settentrione. Si tratta sempre di fab-
Fig. 350- Genova, porta san Bartolomeo, pianta del primo piano. disegno di M. Codeviola.
Fig. 349 - Genova, porta san Bernardino, prospetto esterno. 332
bricati dovuti esclusivamente, nella loro complessità e articolazione, alla logica militare che sfrutta le tecniche belliche di credito più aggiornato ®. È all'interno di tale quadro fisico che ancora una volta voglio scegliere due casi particolarmente densi di implicanze per l'assunto che sto perseguendo. Il primo è costituito dalla porta Lanterna (figg. 355-360). 1128 aprile 1612 il Senato con decreto delibera della «costructione portae Caput phari», presso quella medesima torre della Lanterna da cui hanno presc Tavvio, come già noto, le «Mura Nuove». Il riferimento puramente simbolico del luogoè inequivocabileesi legge anche fra le righe di una lettera al Senato
nella cittadinanza ed animar ciascuno verso così utilec importan-
te opera. Si suggerisce di murare una lapide e padre Domenico fa «un sermone sopra quest'opera con quelle considerationi di pietà
e religione, che a lui benissimo sovverranno».
In un clima siffatto viene edificato il monumento che si connota di valenze analoghe a quelle di base connesse al sorgere delle «Mura Nuove». Per le quali fu coniata una medaglia e inscritta una lapide, oggi perduta, di cui tuttavia è pervenuto il testo. Le sue paro le sono:
«Deo ac Dei matr, Divisque Jo Baptistae, Georgio, Laurentio et Bernardo tutelaribus», «a terrore dei nemici e a sicurezza dei cit tadini, a difesa della libertà», «Urbs Genova religiosa unanimis inconcessa. Anno salutis MDCXX VI, VII dicembris».
Fig. 351 - Genova, porta san Bartolomeo, prospetto interno.
di fra Domenico del Gesù, in data 6 ottobre 1626.
questi un personaggio
«avuto in grande stima in quell'epoca e del quale le cronache dell'ordine carmelitano raccontano meraviglie e miracoli».
La missiva fu in seguito pubblicata nel Medaglione di Agostino Olivieri e ripresa da alcuni storici locali nel quadro della polemica in corso nel 1827 e relativa alla discussa ma poi avvenuta demolizione di porta Lanterna (v. qui 11.1.2). Nella lettera si legge: «tosto nel novembre successivo», «si pensava a rendere solenne quanto più si potesse la collocazione della scopo il magistrato di guerra faceva una rel: quale descriveva minutamente tutte le cerimonie che avrebbero dovuto accompagnare quella straordinaria funzione», «così per
implorare il Divin aiuto € protezione, come per eccitare la pietà
Fig. 352 - Genova, porta san Bartolomeo, prospetto interno, par ticolare.
Fig 353 - Genova, castello Mackenzie, perticolare della finta feri toia.
Fig. 354 - Genova, porta san Bartolomeo, prospetto esterno.
E d'obbligo il richiamo all'iscrizione del 1155, di «NE MUNIMENTA NATURAE cu: il testo seicentesco sembra cuasi una parafrasi HOSTIS VERTERET IN PERICULA. (forse involontaria) se si prescinde del proliferare dei TERTIUM SIBI MURORUM AMBITUM pazroni divini, dall'assenza di accenti cosmici almeno PERICULOSISSIMIS TEMPORIBUS scoperti e dalla sostituzione di «lemua» e del suo pro- LIBERTAS TRIENNIO FESTINABAT gramma nominalistico, con un’«.rbs Genova religio- ERECTUM ANNO MDCXXXVI». sa». «Armonia, maestà e grazia, stile robusto e serequesta lapide era murata sulla porta Lanno» siccome si conviene a un montmento militare, terna Anche suo assunto ripropone quella coatraddistinguono l'opera del Ponsonelli, collocan- «volontàe ilparticolare dell'autonomia militare, ma: do la porta Lanterna accanto alle «sue sorelle mag- rittima ed economica dichericonquista riecheggia in molti scritti degli anni "30 giori porta d'Archi e del Molo» e alla «sua germana e '40 dovuti al partito ‘progressista’» porta Pila». dell'aristocrazia. Una seconda iscrizione, oggi conservata a palazNon resta dubbio alcuno, allora, che l'ingresso 20 Tursi, il cui testo si deve a Giè Vincenzo Imperia- della città sia stato direttamente coinvolto nel prole, celebra il termine dei lavori e cos: recita: gramma delle «Mura Nuove» e nella loro strategia 334
p
ae
Fig. 355 - Genova, porta Lanterna, sezione, disegno di M. Codeviola.
"Fig. 356 - Genova, antica porta Lanterna, prospetto esterno.
Fig. 358 - Genova, porta Lanterna nuova, prospetto esterno.
337
Fig. 359 - Genova, porta Lanterna nuova, prospetto esterno.
Fig. 360 - Genova, porta Lanterna nuova, stato attuale.
militare e simbolica e che, in tal modo, l'edificio facmono ci russa trt LA tA XT cia parte integrante della grande impresa che visualizZa e di cui propone i termini ideali. La porta Lanterna è quella che «dovrà essere la Porta principale della Città», ossia di «Genova, argine della fede cattolica» e «chiave d'Italia»: dell'«Urbs Genova religiosa». Si verifica, forse per l'ultima volta, un'unità inscindibile fra contenuti del circuito e valori della porta; la quale, inoltre, con il testo delle sue iscrizioni raccorda i suoi significati a una chiave ‘religiosa’ che, con le dovute differenze, fa pur sempre capo a porta sant'Andrea intesa come archetipo semantico. È un ciclo che si sta chiudendo e determina la fine della vicenda della porta urbana con un approdo definitivo, senza futuro alcuno 31. Quest'approdo è codificato dalla presenza del se- Fig. 361 - Genova, porta Pila, sezion e pianta, e disegno di M. Co condo edificio che intendo considerare, perché, sotto deviola.
Fig. 362 - Genova, porta Pila, prospetto esterno, acquerello di P.D. Cambiaso. 339
Fig. 363 - Genova, porta Pila prima del trasferimento.
certi aspetti, il monumento risulta emblematico come un sigillo: la porta Pila (figg. 361-364). Ubicata a Levante, la porta Pila fu costruita al centro delle cosiddette «fronti basse», quale perno delle fortificazioni a Oriente della città, dopo una disputa che nel 1632 vede lo scontro fra Baliani e De
Mari e il prevalere dell'opinione di quest'ultimo. Meno «frequentata» della più famosa e prossima porta Romana, quella Pila deve la sua celebrità anche a una scelta posizionale che è stata ritenuta «una grande intuizione urbana». Costruita probabilmente su disegno di Bartolomeo Bianco — così come la critica più aggiornata sembra preferire, scartando l'attribuzione allo Scorticone — il monumento «disorienta per la mancanza di unità stilistica», ricorrendo, come pare, al reimpiego di frammenti scultorei fatti pervenire appositamente da un ingresso monumentale smontato a Porto Maurizio e assieme sfruttando come modello lo spartito architettonico della porta degli Archi di circa cento anni prima (v. ante). La situazione è compromessa ulteriormente dai numerosi restauri e dagli infelici rimaneggiamenti che l'edificio dovette subire già dal primo XVIII secolo in poi (v. qui l'11.1.2. Porta Pila recupera, protraendole nel tempo, alcune connotazioni di porta santo Stefano già oggetto della presente indagine; tali istanze trovano nell’edificio seicentesco la loro forma più matura, in seguito al passaggio della Controriforma. Un'iscrizione che propugna le stesse «idee di difesa della libertà che aveva presieduto alla grande opera» delle «Mura Nuove», recita quanto segue: «TERTIO MURORUM AMBITU URBS MARE FROENAT IN SINUM MONTES CLAUDIT IN TERGUM QUOD NATURAE MUNIMENTIS DEERANT EXTREMUM PERFECIT A.D. MDCXXXIII».
La data — pur se a suo tempo discussa dall' Accinelli che la ritiene simbolica e da sostituire con una più pertinente al 1643 —, i concetti informatori, il ricorso a una natura-benigna, sono tutti elementi che riconducono la lapide di porta Pila a quella probabilmente contemporanea, murata nella porta 'gemella':
Fig. 364 - Genova, porta Pila, stato attuale. 340
quella Lanterna, su cui peraltro, ancora l'Accinelli avanzava riserve di cronologia ?. Per ratificare un riferimento piü esplicito alla. «Genova religiosa» è collocata su entrambe le porte una statua della Vergine patrona, in rapporto diretto, come sembra, alla dedicazione della città a Maria Santissima nel gennaio 1637. Nella chiave dell'arco di porta Pila, inoltre, viene posto «un cartiglio di marmo... come pure sotto l'immagine della Vergine», in
Fig. 365 - Genova, porta Pila, prospetto esterno, particolare. cui «si ricorda che la Repubblica aveva decretato Genova città di Maria Santissima» e «la Vergine Patrona, Signora e Regina» dell’area urbana. Poco più in alto, sempre accanto alla statua della Madonna che tiene nelle mani rispettivamente chiavi e scettro (fig. 365) — guarda caso gli stessi attributi del mitico Giano (v. qui il. 10.3.) — stanno incise le parole «Posuerunt me custodem». La dedicazione mariana di Genova sembra aver ‘avuto ampia risonanza nella vita politica del tempo e sul «sentimento dei Genovesi verso Maria» prolifica una letteratura edificante pressoché coeva. Né vanno confinati nell'anonimato altri fatti indicativi: a partire dal 1637, in relazione dunque alla data storica, l'immagine della porta-castello sulle monete della Repubblica viene sostituita da quella della
Fig. 366 e 366 bis - Scudo stretto del 1637 con immagine della Madonna sul recto e della croce sul verso. 341
Madonna col Bambino (v. qui il 10.3. (fig. 366 e 366 bis) mentre il medesimo gruppo è inciso sul «medaglione» coniato il 7 dicembre 1636 per la posa della prima pietra delle «Mura Nuove» (fig. 367) (v. ante). Un anno dopo forse, nel 1638, e comunque nel quadro delle stesse temperie di cultura, è collocata nell'altare maggiore della cattedrale una statua di «Maria Vergine Signora e Regina» di Genova, «fusa in bronzo
da Domenico Fiasella c G.B. Bianco ai cui piedi sta i plastico della città con Mura Nuove e molo nuovo» (fig. 368).
Ancora nel 1902 in occasione di quel ritorno d'interesse sulf'edificio su cui verrò (v. qui 11.1.2), Adele Pierrotet riconferma che
«a compimento» della grande opera delle «Mura Nuove», «dalle due parti da cui comincia ad innalzarsi, si posero due grandi porte, porta Pila e porta Lanterna a somiglianza di due grandi archi trionfali di maestosa grandezza eretti in onore della Vergine Ma-
ri.
La protezione della Madonna, dal 1744 sorretta da quella del «Nome di Gesù» si mostra efficace in numerose occasioni registrate puntualmente dalla letteratura apologetica: «nelle malattie epidemiche e nelle calamità pubbliche» la tutela divina viene riconfermata per essere sancita anche da un'apparizione «su candida nube», durante la cacciata degli austriaci
Un repertorio devozionale sembra aver radicato nella coscienza di alcuni genovesi la validità della dedicazione alla Vergine. Questo avvenimento, così profondamente ‘sentito' almeno in periodi di ricorsi ciclici, trova uno dei riferimenti visivi più puntuali nelle porte urbane seicentesche e segnatamente nella porta Pila, accanto — ma forse con modi più espliciti — a porta Lanterna. Il contenuto più propriamente ‘religioso’ quindi emerge in tutta la sua perentorietà e determina il si-
gnificato più appariscente della porta urbana, sovrap-
ponendosi senza eliminarlo e anzi integrandolo, al resua funzione militare. i ritorna con la mente all'archetipo di questa "immagine simbolica’ e cioè a porta Soprana di sant’Andrea, è consentito valutarne tutta la distanza.
L’autoconsapevolezza ‘sacra’ di porta sant Andrea si risolve in porta Pila, in omaggio alla sua cultura, in
un legame dogmatico e assieme di devozione che cristallizza in superficie la carica ‘sacrale’ delle origini, prive come risultano le istanze primigenie del loro
spessore, della loro valenza cosmica e del diagramma del loro potenziale proiettivo. I ritmi naturali sembra-
Fig. 367 - Medaglione con la figura della Madonna. 342
omoonied 'oouerg qo.
no alterati da interferenze se si vuole fuorvianti, per lo meno nel rispetto degli inizi, ma tuttavia questa fabalterne rinnova, benché in modo epidermico, la pe-
L'ampliamento del piano di sant'Andrea nel 1593 sembra scoprire una speculazione ambientale che già stava alle porte e che probabilmente presiedeva le operazioni degli anni '70/'80. La dispensa previa maggiorazione dell'affitto concessa al Canepa sempre
culiaritä taumaturgica e apotropaica dell'immagine della porta urbana e a livello di classi di governo carica la ‘forma simbolica’ di intonazioni politiche assolutamente inedite in accordo ai tempi nuovi.
nel ’93, l'affaire’ Tommaso Senno o il caso di Giovanni Merello sono indici da non sottovalutare. Né allo sfruttamento del suolo pubblico in chiave intensiva, sono estranee le monache di sant'An-
cies nuova deríuncia all'interno una sua validità storica basata sulla devozione. Questa a livello di classi su-
E con questa discriminante, dunque, e valutando le ultime tappe del percorso come sostanzialmente riduttive, che ritengo la porta Pila il traguardo della vicenda dell'immagine della porta di città. L'approdo dei contenuti codificati dal rigore di una restaurazione ‘cattolica’ è definitivo e senza seguito. L'immagine
della porta cittadina sbiadisce per sempre e segna il
drea con le loro speculazioni edilizie, così come ha dimostrato Anna Dagnino nei suoi lavori cui rimando.
Più o meno negli stessi anni si protraggono le diatribe attorno all'acquedotto che, sfruttando — come s'è visto — il corridoio superiore fra le due torri, rappresenta pur sempre un servizio per la collettività e dun-
E la porta Pila, oggi ricostruita in via Montesa-
que l’estremo uso funzionale di porta Soprana. . Nel medesimo quartiere, al pari di altre zone popolose, l'equilibrio originario fra spazi costruiti e spazi liberi viene alterato di continuo e si creano condizioni abitative sempre più dure per la compressione delle aree. Presso le «muraglie antiche» di sant'Andrea gli incidenti nel traffico sono documentati di fre-
to, così com'è collocata a inutile vigilanza dello sferragliare della meccanizzazione (v. fig. 364).
fumo). Un popolo minuto si accalca in un’area compres-
tramonto irreversibile della *forma simbolica' d'ori ne, quella *significata' in porta Soprana: una ‘forma simbolica’ che ho voluto perseguire nello storicizzarsi delle sue più remote proiezioni, sino allo scollamento
definitivo dei suoi contenuti 33.
no sopra la ferrovia presso Brignole, non potrebbe siglare in modo più incisivo ed esplicito la fine di un mi-
10.4.5. L'erosione fisica di porta Soprana
In parallelo alla modifica dei significati delle porte urbane e al loro cristallizzarsi in stereotipi, l'erosione fisica di porta Soprana continua a decretare la
condanna definitiva del monumento; questa ultima si verifica nel quadro di un habitat in cui un popolo mi-
nuto vive la sua esistenza a livello di anonimato. Claretta da Ventimiglia, infatti, e Giovanni di Clarasco, Lorenzo Masena o Maxena, Gerolamo de
Fornari, sono per noi nomi senza volto, rispondenti a
date senza significato quali e rispettivamente il 1514, il '30, il ‘47, il "68, una serie di cronogrammi che il capriccio del caso documentario ha voluto restituire.
Da parte sua, poi, la Repubblica non cessa di avallare il degrado fisico di quell'«antiquae» portae. che è situata «apud moenia antiqua». Del "76, infatti, è la delibera di ga sotto l'arco a destra dell’edificio, de di «sfondare la torre Nord», nell’ te di scavare un cuneo nel pilastro
344
aprire una bottenell’ '82 si conce89/90 si permetsettentrionale.
quente e la presenza di venditori ambulanti crea ulteriore ingombro (v. doc. del 1593 nell’appendice Pro-
sa fra il verticalismo degli edifici — promosso quest'ultimo e accentuato dalla speculazione del terreno —, dove sole e luce tendono a essere preclusi. È qui che trascorrono la loro esistenza una Pellegrina
Bergante, fruttivendola nel 1576, un Giò Maria Linali, taverniere nel 1623, un Giovanni Sturla, merciaio nel "37; è qui che investono il loro denaro un Tommaso Senno, merciaio nel 1597, ovvero un Giulio Cicala, setaiolo nel 1620, nonché il figlio Giò Battista,
«proprietario di quattro botteghe poste sopra la Portà». L'inedia degli abitanti del quartiere è documentata anche dalla frequenza con cui sono denunciate situazioni di rovina e di pericolo; situazioni che coinvolgono pure l’edificio della porta stessa, se nel 1638 G.B.. Congialanza deve far riparare il tetto di una
delle torri della porta o se nel ’39 Luca Spinola lamenta essere la sua casa colpita spesso dalla caduta di pie-
tre staccatesi dalle torri, delle quali
«i chiede la demolizione delle parti pericolanti. poiché pioggia e vento fanno cadere merli ed altre pietre». I rilievi ritrovati e le relative ricostruzioni di Maria Cecilia Profumo (v. appendice) documentano nel
XVII e XVIII secolo lo status del monumento, definito «quasi un colabrodo» da Alfredo d' Andrade circa due secoli dopo. E su questo edificio, tuttavia, che ancora l'8 giu-
gno del 1601, la Repubblica ordina sia sospesa e mo-
strata alla cittadinanza la sua insegna; su di una porta
fatiscente, dunque, che invano si vuole ricondurre al prestigio antico #4, In tale quadro, delineato dal vissuto quotidiano di una classe subalterna, porta Soprana consuma il suo degrado; questo sarà reso definitivo e irreversibile a opera di un trauma storico, che ha lasciato almeno sul suolo genovese un solco profondo: il bombardamento francese del 1684.
10.5. II mito è tramontato: il bombardamento francese del 1684 e l'alienazione di un habitat
Quando il 17 maggio 1684 il governo della Repubblica di Genova rispose all’u/timatum della flotta di Luigi XIV «prendendo a cannonate le navi francesi» alla fonda di poco antistanti lo specchio del porto, probabilmente non prevedeva di scatenare una replica avversaria tanto disastrosa quanto lo fu il bombardamento della città per la durata di quasi dodici fatidiche giornate 35. Testimoni oculari ne hanno consegnato la memoria, fissata e riproposta da fonti scritte e iconografiche (v. oltre), per cui riesce agevole forni re in questa sede documenti di prima mano, come il racconto di un osservatore che scrive quanto segue: «...Îu sparata tutta l'Artiglieria della città contro di loro [i francesil, con strepitoso scarico, ma con così poca offesa, che niuna [nave] restò colta, o si mosse in minima parte, o per Timperitia de" Bombardieri di Genova, o forse per la poca volontà in molti di offendere, ciò che fu sospettato, e creduto, e dié luogo alla risoluzione di mutarli, come segui, sostituendo loro altri fatti venire da
Milano,
Non erano così inesperti, né pietosi li Bombardieri Francesi, li quali havendo immantinente scaricate le loro Bombe, ne fecero
piovere con colpi così accertati una quantità tale sopra la Città, che in men di due ore si vide il fuoco acceso in molti luoghi, con spavento cosi universale di tutt, che vedevano ardere ugualmen-
te li Palaggi, c le Chiese, che mai tal confusione si provò in alcuna città saccheggiata. Fini col giorno l'immagine di questo disordine, ma cominciò con la notte quella d'una confusione assai maggiore; imperoché non havendo cessato, anzi accresciuti li Francisi il tiro delle Bombe (le quali nell'orrore della notte cadevano come tante comete infuocate dal Cielo irritato) cominciò prima la Nobiltà a fuggire nelle ville e Case fuori della Città; indi gli huomini e le
donne di tutte le condizioni, asportando fig e sostanze, e fuggendo alla refusa, ovunque l'idea rappresentava loro più securo lo scampo. Restava perciò la Piazza quasi senz'habitanti, e il fuoco senza rimedio; onde accesosi da tutte le parti, rendeva un spettacolo pieno ugualmente di terrore, e di compassione. Continuando ancora il giorno seguente il diluvio di fuoco, continuò anco lo spavento di già smarriti habitanti, l quali ansiosi di salvare la vita, e le facoltà, si vedevano a processioni con li pallori della morte sul viso strascinare i loro più preziosi arredi, e depositarli ne’ Monti, e nella Campagna, piantata ormai di Tende, e di Capanne, che ogn'uno si fabbricava come portava il biso200, e somministrava la facoltà. Si rimiravano confusi trà i plebei il Cavaliere, e la Dama: tra i Laici il Religioso, e la Monaca, ha: vendo questi tutti abbandonato i loro Chiostri per fuggire il peri colo... Fü astretto parimenti il Duce d'abbandonare il suo Palaz20, il quale essendo stato colpito dalla prima Bomba, che cade nella Città, pareva essere restato bersaglio delle principali offese. La feccia della Plebe... và cercando nel tumulto, e la confusione a migliorare il suo stato, unitasi, e armata di Schioppi, Spade, Mazze, Scuri, e ogn'atro Istromento d'offesa... si pose a saccheggiare le Case eBotteghe de” Mercanti... . . pogliate le case de’ Francesi. . sappigliavano a saccheggiare quelle de’ Mercanti dell'altre Nazioni, e anco alcune de’ stessi Nobili della città... ciò fu cagione che il Maestro di Campo Generale dispose valide squadre di Soldati, li quali battendo le Strade s'opponesseroa questi ladroni, f cendole guidare dalli stessi Nobili Genovesi.. L'insulto esteriore, che continuando sempre con lo stesso ri gore, durò senza interruzione sino a Lunedi 22 verso il mezzogiorno che si vidde cessare il getto delle Bombe, e nascere una spezie di Tregua tra l'Armata, e la Città... Havendo poi... princi piato di novo la pioggia di fuoco, restarono molte altre Case 0° offese, 0° ruinate, tuttavia con spavento minore della Città la quale cominciava a rendersi famigliare il pericolo. Durò altri due giorni il getto delle Bombe, le quali dal giorno 17 di maggio fino al 28 cadettero sopra la Città (come scrivono le Relazioni Francesi) in numero di 13.m. e trecento, cosa quasi incredibile,che in così poco tempo habbino potuto lanciare tanti mortali stromenti, per i quali preparare e dirigere ci vuole tempo, e il numero dei loro Mortari essendo solo stato di 20 ogn'uno delle 10 Galeotte, che servivano a portarli, havendone due nel seno. Restarono incendiati, aterrati, e offesi notabilmente quasi due terzi della Città, e in essi senza distinzione, li Palagi e le Case minori, e quello, ch'è più lagrimevole, li Conventi, e le Chiese, che sono così superbe, e numerose nella città di Genoa... Giunse infine l'aurora della Domenica 28. termine delle sciagure delfafflitta Genoa, nel qual giorno cessando di gettar Bombe, cominciarono i Francesi a riti rare le loro Galeotte e riunirle all'Armata».
Il mattino di domenica 28 maggio 1684 cessa dunque il bombardamento francese, ma «Genova, senza pote esistere alza pù orgogliosa che mai il capo
e punto non piega le sua cervice superba»; anche se «le ricche abitazioni, ornate di marmi e di pitture, ora non appariscono piü che montagne di pietre e di cenere. Passeggiano i cittadini per le strade pubbliche co' bastoni alla mano, senza decoro, spogliati dagli abiti civili, talvolta in piannelle, vestiti alla campestre, col Crine
legato o senza perruche in capo»*.
Chiudo qui il racconto dell'episodio su questa 345
Fig. 369 - Bombardamento francesedel 1684, calcografia di anonimo tedesco.
immagine di un'umanità smarrita, tanto vivida per durch die frankôs:s=he Flotta mit Fewer beängstigett dettagli in corsivo ed evocatrice di un vissuto moder- im Monat Majo 1684» (fig. 369). Nella «Genova terno ancora dolente. rorizzata dalla flotia francese», «la scena è suggestiUn corpus di testimonianze — come s'è detto — va, ma del tutto imr probabile», risultando essere una ha fissato quelle giornate di lutto consegnandole a combinazione fra «una vecchia veduta della città» e una tradizione pervenuta a vari livelli: da quello lette- l’immagine stereoripa di un «combattimento navale». rario di cui ho fornito un breve cenno, a quello figu- Forse é questo il motivo per cui l'immagine, oltre a rativo di cui rivisiterò gli estremi spendendo qualche mostrare colpita rcrta Soprana, rileva completamenparola: te indenne la cattedrale di san Lorenzo (n. 11 della ? L'iconografia del bembardamento francese si successiva legende). che fu invece colpita dalle bombe sviluppa in ambito anche suropeo con una risonanza nemiche, come è r-saputo e testimoniato dalle fonti tanto immediata da confortare l'entità e la diffusione scritte (v. oltre). di un episodio di grosso rilievo. In ambito francese le riproduzioni della tragica Fra le rappresentazioni dell’area teutonica privi- *storia' sono numerose e fra queste preferisco alla callegio una calcografia di anonimo tedesco del XVII se- cografia di Ozanne e Dequevauviller (fig. 370) — colo, piuttosto nota e conservata nel museo Navale di anch'essa conoscuta e che ripropone la zona di Genova-Pegli, dal titolo significativo: «Genua wird sant Andrea avvo:ta, forse casualmente, da nuvole di 346
fumo — un rilievo a inchiostro «con la disposizione della flotta del du Quesne all'ancora», meno noto e conservato nella Bibliorhèque Nationale. Le informa zioni suggerite dal disegno, infatti, sembrano corrispondere a quelle offerte dalle fonti scritte completandole, e a quelle fornite da un disegno nella CTCG. In parallelo, una medaglia coniata dai francesi in occasione del bombardamento di Genova (fig. 371) trova essa pure rispondenza nei fatti letterari. La copia del reperto riprodotta da un'incisione del 1684, oggi nel museo di Pegli, raffigura sul dritto della medaglia il ritratto di «Ludovicus Magnus Rex Christianissimus» e sul suo rovescio Giove con aquila e fulmine, sovrastante l'immagine di Genova assediata dalla flotta francese con la scritta « Vibrata in superbos fulmina». Il nesso;con il Dialogo fra Genova e Algeri città fulminate dal Giove Gallico — l’opera di G.P.
— è piuttosto eloquente nonché peculiare alle temperie culturali di un'epoca. Nel contesto delle riproduzioni di scuola genove-
se interessa mettere in evidenza due tipi iconografici che risultano indicativi per le vicende della tradizione
figurativa in ambito locale in rapporto al soggetto qui
trattato. Da una parte, l'immagine per così dire ‘ufficiale’ è documentata da un noto dipinto del secolo XVII, custodito anch'esso nel museo di Pegli: la tela a olio raffigura una scena composta dalla flotta francese e dalla veduta di Genova tanto dettagliata, pur
nella sua stereotipia, da riprendere porta Soprana an-
cora eretta benché circonfusa dagli scoppi delle bombe (fig. 372) (v. pure la fig. 373). Una iconografia que-
sta talmente endemica alla cultura cittadina da suggerire, verso la metà dell'Ottocento e forse senza al-
cuna filiazione diretta dai testi qui presentati, il dipin-
Marana abbondantemente sfruttata in queste pagine
dia
to dal titolo «dopo il bombardamento di Genova»,
o
Fig. 370 - Bombardamento francese del 1684, calcografia di Ozanne e Dequevauviller. 347
(aa 1
y, fécrétaire fs:
CAES
no x
b.e
:chafliment les au-
* Pierre d'Arêne, & réduit om en cendiesune pari des magn donc il flot sa ques palais,
Celle fer de certe mé o
alle devant
ille de Gének Topiter, lal
pales da Roy. Lesmöil sde légende) CFULMINA,sedie Dre. Jor Á
ee
à la main, marque la.
Mipnara IN SUBERBOS bes. Liexergüe, GENUA 084
Fig. 371 - Genova-Pegli, Museo Navale, documento con raffigurazione di medaglia relativa al bombardamento francese del 1684.
Fig. 372 - Genova-Pegli, Museo Navale, bombardamento francese del 1684, dipinto di scuola genovese.
349
B ERBETEN
mini PE de Crane LT pir yer
ano,
VOU iu eei EE, = m D
ent ‘porri =Nier Ec Eut
elite eee Er T prc e diede 7
I ee A LEE
fi che Be etr rn T en la
1698
x
DE GENES.
TA A Vereti E TAI ELTE a or ie e loei gi endenSE. PO EE M LEE priori E Seleamr dator. M oa ra P p
et Pr AE
y
"^
dme t T
I AE. ee Aha, ray or Rep de 9 rt ABI i
Fig. 373 - Bombardamento francesedel 1684, incisione di anonimo.
Z
un'opera di Francesco Gandolfi, esposta nella galleria Serra di Nervi (fig. 374).
Dall'altra parte e in contemporanea è pervenuta una tradizione figurativa dell'episodio a quota ben più popolare così come certifica un famoso ex voto in
santa Maria di Castello, che documenta una risonanza cittadina anche sul piano devozionale (fig. 375) 7. Al di là della valutazione con cui gli storici contemporanei hanno interpretato l'avvenimento, ossia al di là del giudizio se il fatto
«determinó realmente una svolta nella politica genovese o sanzio: nò una scelta — abbandono della ‘grande’ politica e ripiegamento in una rassegnata posizione subalterna — già compiuta da tempo dalla classe dirigente genovese», interessa documentare le modalità con cui il bombardamento del 1684 determinò l'alienazione dell'habi-
Fig. 374 - Genova Nervi, Museo Serra, bombardamento francese del 1684, dipinto di Gandolfi
Fig. 375 - Genova, santa Maria di Castello, bombardamento francese del 1684, ex-voro. 351
tat di una città in generale e in definitiva di quello dell’area di sant Andrea.
ecc.; mentre diversi quartieri sono rovinati come ad esempio il rione
La situazione di Genova nell'immediato periodo post-bellico può essere colta segnatamente a due livelli: il primo relativo al quadro fisico del paesaggio urbano, il secondo alla risposta della comunità sul piano della psicologia collettiva. 1 danni all'abitato e alla maglia urbana inferti dal bombardamento sono registrati da numerose fonti d'archivio, sicché riesce agevole ricostruire, almeno sommariamente, la loro entità.
1 Molo.. Tutte quelle Case che formano la piazza Nova...» e «..Tutte le case che circondano la Piazza di Sarzano...», nonché Tarea dell'«...Arcivescovato, ritirandosi l'Arcivescovo ad habitare. nel Seminario»
Numerosissime sono pervenute le richieste di risarci mento danni avanzate presso il Governo dai proprietari di immobili e fra queste straléio a sorte quelle di
«Intantoè gravemente offeso dalle bombe il palazzo della Casadi San Giorgio — racconta Mario Panizzardi parafrasando il Marana — e gravemente offeso del pari il tesoro. Casa e Chiesa dei Padri Gesuiti vengono incendiate: salvi però i tesori nascosti ne’ Sepolcreti. Quattordici monasteri di monache, conventi e chiese, contrade e quartieri, disfatti e atterrati. Merci e magazeni delle Dogane pubbliche abbruciati e perduti». «Le artiglierie francesi»
per abitati sempre nei pressi del duomo.
arrecano «più disci milioni di danni» e rimasero colpiti «2000
edifici dei 6000 che si calcolavano compresi nelle mura. Dei colpiti, una metà andarono interamente distrutti, l’altra gravemente danneggiati».
Degli edifici pubblici di effetto civile subiscono danni ingenti segnatamente «...il Palazzo Ducale...il Palazzo di S. Giorgio...il Portofranco e la Dogana in parte... — come già s'è visto — ...La gran Loggia di
Banchi e tutte le case allintorno della Piazza.» Fra i servizi per la comunità sono particolarmente colpiti «...Li forni pubblici superbi e magnifici...Lo Spedale di Pammato-
ne», mentre le mura sono descritte come «miniere ondeggianti di fuoco». Nel quadro dell'edilizia religiosa risultano gravemente offesi fra tutti «...Il Duomo sotto il titolo di S. Lorenzo...La casa professa e Chiesa de’ Gesuiti di S. Ambrogio... — (v. ante) —, me anche la casa e tutta la Libreria che viene istimata piùdi Cento mila Lire....; «...Il collegio e novizio de" medesimi...La Chiesa e conventi
«Battistina Casella» per dimore «. Presso Chiesa di Cosma e Damiano..» e «.. Presso S. Lorenzo» e di «..Paolo Gerolamo Pallavicino...» o di «.. Francesco Zoagli... o ancora di «...Francesco Maria Lercaro..»
Se si polarizza l'attenzione piü in specifico sulla
contrada di porta Soprana, é consentito accertare che
«..le monache di S. Andrea...» subiscono un «. danno considerabile..», così come «...ttto il quartiere di S. Andrea. », «..tutte le case del Vico de’ Notai...l grandioso borgo de’ Lanieri..Li quartieri di Ponticello...» nonché il «...carroggio dritto e Portoria...», mentre «Gió Ambrogio Ginocchio...» — fra i molti — avanza richiesta per indennizzo dei guasti alla sua casa in «Vico dritto di S. Andrea» 38 Domenica 28 maggio 1684, dunque, porta So-
prana poteva mostrarsi ancora pressoché illesa ed
eretta al centro di rovine, circondata da edifici pericolanti, in parte o in toto crollati, in un panorama di squallore e di sfacelo, saturo di measmi. La sua im-
magine ne prefigura in analogia un’altra, meno cruenta per l'assenza del costo di vite umane e tuttavia anch'essa frutto dell’opera devastatrice dell’uo-
mo: quella di un mare di macerie — esito della ‘sistemazione’ definitiva del monumento,
condotta da
«S.E. il Piccone Risanatore» — in cui porta Soprana ancora una volta emerge sola ed eretta siccome «un
mozzicone di candela» in una pozza di cera (v. qui il 12.3).
A fronte di un quadro cosi desolante qual'è la ride Padri Agostiniani..La gran chiesa € convento de’ Domenica sposta della collettività? ni..La nuova chiesa de” Padri della Madre di Dio. La Chiesa c Convento de’ Padri Serviti...»; «La Chiesa di S. Siro...» è «...danneggiata...La Chiesae collegio di S. Giorgio de’ Teatini abbattuti...»; «...S. Pietro di Banchi...) è colpita «...La Chiesa di S. Pancrazio tutta per terra...il Monastero di S.M*. in Passione e la Chiesa di S. Bernardo...»
risentono di pesanti ingiurie assieme con molte altre fabbriche religiose. L'edilizia privata relativa alle proprietà della classe egemone registra lesioni e pregiudizio a edifici «dei Doria...Fieschi...Durazzo...Spinola...De Marini...ImperiaJe...Sauli...Lomellino...Cattaneo...Brignole...Gritta...Ferrari...De
Ferrari..Grimaldi di $. Luca. Giustiniani.» 352
E quanto interessa di certificare ora dopo aver
delineato sommariamente la situazione urbana in
rapporto al suo contesto fisico.
Una sconfinata messe di rogiti — circa 9.000
tuttora quasi inviolati nell'ASG, potrebbe offrire elementi preziosi a un'indagine esaustiva; in attesa di espletare una simile ricerca, non resta che proporre quelle scarne notizie che ho potuto reperire. Anche dalla semplice escussione in loco della letteratura erudita o di alcune fonti archivistiche relative al canno-
neggiamento francese è possibile desumere alcuni
spunti significativi: fra questi ultimi tengo a eviden- sibilità di comunicazione, ma rimaneva libera da terra». A complemento dello spaccato che vado tracziare lo spessore e la geografia della cassa di risonanciando, è opportuno rilevare ora le conseguenze più o za risvegliata dall'episodio e ribadita dalle molte e meno immediate che l'episodio in analisi ha indotto particolareggiate scritture sorte sull'onda della luttuosa vicenda sia a livello cittadino che sul piano euro segnatamente sul piano urbanistico. Scrivono Poleggi peo. Dell’incidenza storica del bombardamento e del
suo portato sul registro politico ho già brevemente fatto cenno, mentre ritengo opportuna una valutazione dei danni bellici ben più compiuta e concreta di questa per quantificare la reale débacle che subi l'economia urbana. Se, passando alle proiezioni della psicologia collettiva se ne registra l'atteggiamento, emergono dap-
prima e come è ovvio sentimenti diffusi di sconcerto e di paura a fronte del trauma improvviso. Di terrore scrivono pure i resoconti coevi e di panico, di furti, di ladrocini — si è visto —; mentre in un contesto del genere diventa scontato fioriscano numerosi anche i ‘miracoli’. L'ex voto di santa Maria di Castello (v. ante) (v. fig. 375) ne è una prova collaudata da quanto riportano i testimoni oculari laddove riferiscono di «Una bomba... caduta «..nella Chiesa delle Vigne davanti la Statua della Madonna...», balzata «..sull'ltare di Essa»
e Cevini che nella seconda metà del XVII secolo a Genova si verificano dei sensibili cambiamenti, in particolare dopo la peste del '56-57 con la successiva, inarrestabile crescita di anime e in seguito allo stabi-
lizzarsi degli iscritti al Liber Civitatis, alla contrazione numerica del gruppo dominante, nonché all'ascesa degli artigiani ricchi, emergente nel periodo fra il "30
e il°72. Spinta demografica e diversa disponibilità agli
investimenti dei ceti medio-alti introducono una ulteriore metamorfosi del tessuto urbano, innescando «un processo di stratificazione che tenderà ad occultare quanto resta del paesaggio di Genova medievale», Nel quadro di tale rivoluzione cittadina, uno degli agenti più vistosi è quello del risveglio dell’iniziati-
va privata a seguito del cannoneggiamento francese
per riedificare nelle aree rese libere dalla rimozione delle macerie e per favorire le sopraelevazioni perfino in Strada Nuova, aprendo
e non esplosa, ovvero quando — come restituisce an- «ad interventi più organici nelle zone maggiormente disastrate di Ravecca edel Colle, dove si investono capitali privati e di enti re cora il Panizzardi nella sua parafrasi al Marana — si ligios». «più di cento bombe furono gittate contro quel monastero in ri va al mare e tutte caddero in acqua: ivi era il corpo di Santa Limban»
racconta che a san Tommaso
A uno di questi interventi va ascritta la sistemazione del piano di sant Andrea, promossa dal 1697 in base a una precisa «logica di investimenti immobiliari», che
Nel quadro della catastrofe rientra inoltre il diffondersi di dicerie, di suggestioni collettive, di timori oc-
le monache dell'omonimo cenobio sembrano aver con-
culti così come attesta il singolare episodio relativo alle ‘voci’ sparse appositamente
«dai francesi in città, secondo le quali una carcassa esplosiva avVicinatasi alle mura avrebbe portato danni ingentissimi alle persone € alle cose per un raggio di tre miglia e che l'armata si allontamava per non essere anch'essa vittima dell'esplosione»,
Pare, comunque, che l'atteggiamento collettivo abbia
ripreso quota nonostante il comprensibile terrore del
diviso in buona misura.
«Il secolo XVII si chiude [cosi] con un processo di rinnovo frammentario che si accentua nella parte orientale dell città vecchia attraverso massicci interventi speculativi ®.
È in un simile contesto che l'immagine urbana muta il suo volto e il ritratto inedito del nuovo centro nulla concede ai contenuti e al ruolo storico del suo antico valico monumentale d'Oriente. Gli esiti relati vi alle giornate ‘più lunghe” del maggio 1684 sembrano aver confermato siglandolo questo cambiamento di rotta, che decreta la fine di un mito attraverso l'alienazione fisica e civile dell habitat di un quartiere:
primo impatto e il panico generale creato da una vicenda tanto traumatica quanto improvvisa; la popolazione infatti non si sarebbe scoraggiata più di tanto, assuefacendosi con tempestività ai disagi che necessa- la regione di sant'Andrea, dove porta Soprana conriamente si erano verificati. In proposito Maria Gar- clude con modi irreversibili il suo ciclo vitale di lando in un suo elaborato sostiene che a risollevare il emblema-/anuae, o meglio di quella città ormai denomorale per vincere gli ostacoli contribuì anche il fatto minata «Genova», che tuttavia negli stessi anni "80 che Genova. viene ancora definita «la porta d'Italia» nella già ri«non era assediata», giacché «solo dal mare aveva perduto la poscordata memoria del Saint-Olon, 353
NOTE
10.
! Mu decreto del 1508è edito e analizzato in BELGRANO, 1882, pp. 39 e ss. e in STAGLIENO, 1882, p. 7. Si cfr. inoltre qui l'appendi ce Profumo. Sulliscrizione del 1864 si veda ancora BELGRANO, 1882, pp. 21 e ss. ? Sulfipotesi di una paternità di Giovanni Scriba cfr. BELGRANO, 1882, p. 26, che, insieme a REMONDINI, 1874, p. 13, propone l'unicità dei due testi epigrafici. Sul rapporto fra la produzione dei notai e quella degli annalisti si può vedere, oltre a STAGLIENO, 1882, p. 4, anche GIUSTI, 1941, pp. 336-337; PoLONIO, 1968, p. 79; CAPITANI, 1969, p. 783; PETTI BALBI, 1978, p. 17. 3 Per le prime frasi citate cfr. AIRALDI, 1977, pp. 12-14; per le altre frasi si veda PETRUCCI, 1980, pp. 10, 12, 16 e inoltre le pp. 7, 15, 18, dove è analizzata la funzione della scrittura nel periodo medievale come «strumento di trasmissione di valori ideo logici per fissare i testi della nuova legislazione consuetudinaria». Su questi problemi si veda anche CALABI LIMENTANI, 1970, pp. 253-282, che puntualizza come le epigrafi in periodo medievale non vengano conservate solo perché credute reliquie ma spesso in done cfr. anche l'appendice Bonora. Ancora, per l'insieme, cfr. PETRUCCI, * Sulle lapidi conservate o perdute delle mura di Savona, del castello di santa Maria, del Priamar, del fortilizio e del castello di san Giorgio si veda VARALDO, 1978, pp. 116-123; sul palazzo san Giorgio di Genova si veda GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 104, 129 note 36-37; su Galata cfr. SAUVAGET, 1934, pp. 266-267. Su altri esempi italiani di uso delle iscrizioni nell'Italia medievale si veda PETRUCCI, 1980, pp. 8-9, 11-13: in particolare nell'abbazia di Pomposa, nel duomo di Modena, nei monumenti pisani, nella cattedrale di Ferrara, nella chiesa di santa Maria in Trastevere, nella cattedrale di Firenze. Sul caso dei monumenti di Lerici si vedano i lavori di DUFOUR Bozzo e di Di FABIO, in corso di stampa. 5 Peri significato che il Chrismon assume all'inizio degli atti notarili si può cfr. BoLDORINI, 1960-1961, I, p. 21. Sul concetto di «spazio sacro» si veda ELIADE, 1973, pp. 19 e ss., 127-128; e anche, in generale, OTTO, 1917; PESTALOZZA, 1951, passim; AA.VV., 1961; GUENON, 1962; OTTO, 1966; Kırk, 1969, pp. 70; 97, 268-269 (soprattutto per la lettura del «mito come carta di fondazione» contrapposto alla società sacra «tradizionale»); SPITZER, in Sica, 1970, pp. 38-39; AA.VV., 1975, passim (ancora per la contrapposie tra la società «tradizionale», o sacra e quella «moderna», o secolare). 5 Cir. EUADE, 1954, p. 393; FORTI, 1971, p. 13 e ELIADE, 1973, p. 15. Il Forti legge nelle fortificazioni una «simbologia di in cibilità e di potenza della città medievale». Per un'aggiornata lettura dell'ordinamento sociale del Medioevo e in particolare dei milites Christi e del loro ruolo di salvaguardia della pax Dei si veda l'ampia produzione di Georges Duby che ha trattato a fondo il problema (Dunv, 1967; IDEM, 1968; IpeM, 1971; IDEM, 1973) ma anche le operedi SAPORI, 1955; di DUMEZIL, 1956; IDEM, 1968. Si cfr. inoltre il testo di CAFFARO, in Annali Genovesi, 1890, I, pp. 5-13. Sul concetto di guerra santa cfr. CAILLOIS, 1938, e IDEM, 1939, passim (che nell'ambito di una più generale analisi dell'idea del «sacro» propone interessanti paralleli fra il concetto di guerra e quello di festa) Storia Universale, 1966, IV, p. 718; GABRIELI, 1969, pp. 10, 20, 135, 159, 204.205; CARDINI, 1972, pp. 39-42; GARLAN, 1972; Cou, 1976, pp. 82-87; HOWARD, 1978, pp. 3 e ss.; CONTAMINE, 1980; PAVONI, 1981, pp. 20, 33; sulla guerra nell'antichitàsi veda il fondamentale GARLAN, 1972, passim. Sui rituali di Boßazköy, anche per gli ampi riferimenti bibliografici si veda CAPRETTINI, 1975. In questa prospettiva di generale atmosfera sacralizzata vanno intese le diverse leggende, più o meno edificanti, che seguono i crociati nelle guerre di Terra Santa. Da quella di Federico Barbarossa, annegato «in un sito dove l'acqua non arrivava alla cintola», a quella di Carlo Magno e a quella della vita di Luigi IX. Nello stesso clima è da ascrivereil recuperodi diverse reliquie come la ‘sacra lancia” o la ‘vera
croce’. 7 Si vedano, in riferimento a queste vicende, le note riguardanti le imprese di Almeria e Tortosa, ma anche Lopez, 1969, p.235, e SCALIA, 1971, pp. 565-627. 8- Sul concetto di «simbolo» e di «oriente» si deve far riferimento, anche se con le dovute riserve oggi espresse in sede critica su
questo studioso, alle opere di GUENON, 1962 (ma 1978 2), pp. 221-225, e passim (soprattutto per il concetto di circumambulatio); sullo stesso tema cfr. anche ELIADE, 1973, pp. 20, 69, 129. Si veda ancora, più in generale: DOBSHUTZ, 1922; SAINT YVES, 1922; PAX, 1937;
354
Kirk, 1969, p. 21 (per il commentoalla Teogonia di Esiodo]; Eco, 1968, -67; BIANCHI, 1970, pp. 68, 11 s LYNcH, 1972, p. 83; Neg. DHAM, 1973; e la voce dell'EE, di Eco, 1981
9 La famosa frase «stadt it.» è, come è noto, di KEvsER, 1958. La frase relativa allidentificazione come «riconoscere» è di BERNARD-WriL, 1979, p. 1089. Sul concetto di nuova dimensione cristianizzata di Genova si veda Di Fast, 1979, pp. 37, 40; sul concetto di identità si veda GAMBI, 1976, p. 212, e RAMBALDI, 1979, pp. 1110-1143; sulfindividuazione «come processo storico» GERMA NI, 1995, p. 22, e «come realtà simbolica» SICA, 1978, p. 23. Sulla ricerca dell'identità cittadina calata nella storia dei secoli del Medioevo si può vedere: FASOLI, 1958, passim; Lopez, 1969, pp. 16-17 (anche per a frase citata); PIRENNE, 1977, passim, e la introduzione (p. XV) di CAPITANI; e anche NICCOLI, 1979, passim. Sul caso di Milanosi veda SELETTI, 1901, p. 76. Sulla ‘memoria’ intesa come base di questo processo cfr. LYNCH, 1972, pp. 150152 (anche per la frase relativa a Marcel Proust); e SICA, 1978, p. 94, per l'ultima frase citata. 19 Per un'analisi del processo di identificazione fra la città e le sue porte si veda soprattutto HALBWACHS, 1950, pp. 74-166, ma anche LyNcH, 1972, pp. 73, 80,per la prima frase citata; MAINZER, 1976, passim. La seconda citazione è invece tratta da DURKHEIM, 1912 (ma 1971), p. 254. Sulla collocazione critica più recente dell'opera di Emile Durkheim si veda: CANTONI, 1963; BIANCHI, 1970, pp. 67-68; PizzorNo, 1977; Fonti orali, 1978, pp. 22, 31 nota 4; NANNINI, 1980, passim. L'esplicazione del concetto di mito come elemento ripetitivo di una storia esemplare è in ELIADE, 1973, p. 431. 71. Nel caso in esame non si tratta di una narrazione vera e propria dell'avvenimento storico ma neppure di un «sistema o teoria», bensì della ‘evocazione’ di una ‘storia’ che viene celebrata dai versi leonini. Alla produzione criticadi Ugo Bianchi insiemea quella di G. S. Kirk rimando per una panoramica relativa all'attuale situazione critica (scuola di Cambridge, Fraser, scuola francese, Emile Durkheim, Claude Lévy Strauss, Mircea Eliade, Malinowski), non volendo comunque dare una esaustiva bibliografia sull'argomento, ampiamente trattato dagli studi recenti e no: cfr. in particolare KIRK, 1969, pp. 13, 20-23, 27, 43-44, 58, 265-268, 274, e BIANCHI, 1970, pp. 94 e ss. Si vedano inoltre: FasoLI, 1958, passim (per il caso di Venezia, eccezione che deriva l'origine del mito dall'arrivo in città del corpo di San Marco e non dalla radice del nome della città stessa); CASTELLI, 1961, p. 15; CHRISTE, 1973, pp. 87-109; Jest, 1973; ELIADE, 1973, pp. 42 e ss, 197 e ss;DI FABIO, 1979, p. 38; Jest, 1980. Rimando infine alla nota 5 di questo stesso capitolo per i riferimenti al rapporto mito-carta di fondazione della citt.
12 Sul mitico Giano si veda, in primo luogo, anche per le frasi citate, DUMEZIL, 1974, pp. 290-293, che tratta esaustivamente, pu re dal punto di vita linguistico, del «Dio degli Inizi», intendendo «l'inizio» come un passaggio da una condizione all'altra; è, secorido l'autore, la stessa desinenza in o che designa in epoca arcaica, come il tema u di anua, il senso del «passaggio». Dio principale, Giano à collocato nel tempo storico come primo re del Lazio, ed è a lui dedicato gennaio cioe l'inizio dell'anno. Infine secondo Dumezil (p.293) 1a designazione di «bifronte» attribuita a Giano « sicuramente antica e deriva dalla definizione stessa del dio; ogni passaggio presuppone due luoghi, due stati, quello che si abbandona e quello in cui si entra». Si veda inoltre, sullo stesso argomento, il classico CHARBONNEAU-LASSAY, 1925, p. 485, e ancora SEZNEC, 1940, passim; DUMEZIL, 1944, passim; IDEM, 1968, passim; COARELLI, 1968, p. 90 nota 123; BiaNCHI, 1970, p. 23 nota 2; DI FAtto, 1979, p. 40. Nel quadro del patrimonio religioso dei romani la fondazione della città è effettuata secondo un rituale ben preciso di probabile ascendenza etrusca (v. l'eetrusca disciplina» di VARRONE, De lingua lati na, 173), per cui fr, fra i molti, SASSATELLI, 1983, pp. 122 e ss, con ricca bibliografia. Su iti di fondazione della cità etrusca e italica preromana, è sempre valido LE GALL, 1966. Sul rapporto tra Giano e san Giovanni si può vedere GUENON, 1962, (ma 19789, passim. 3 Si veda BARBERINI, 1977, p. 6, ma anche sul nome di Genova, DE NEGRI, 1968, p. 21; Di FABIO, 1979, passim; POLEGGI CEviNI, 1981, p. 21. 14 Si veda, in primo luogo, ARGAN, 1962, p. 104. Per una bibliografia di massima sul mito di Janua a livello di interpretazione letteraria cfr. PISTARINO, 1963, pp. 32-38; DE NEGRI, 1968, pp. 21 e ss; PETTI BALBI, 1974, passim; DI FABIO, 1979, pp. 41-42; PAVONI, 1981, passim. A queste aggiungo le indicazioni bibliografiche dei testi che leggono la città sotto questo aspetto: sull'opera di Marchisio Scriba si fr. PETTI BALBI, 1978, p. 803, e Di Fabio, 1979, p. 42; su Giovanni Balbi si veda PETTI BALBI, 1978, p. 803, nota 108; per il testo di Jacopo Doria si cfr. l'edizione degli Annali genovesi, 1863, p. 290, oltre a BELTRAMI, 1923, p. 652, e PETTI BALBI, 1978, pp. 822-831; sulla produzione di Jacopo da Varagine cfr. MONTI, 1942, p. 12, e Dt FABIO, 1979, p. 42; per l'Anonimo (che descrive «i trofei appesi alle superbe porte, i rostri e le pesanti catene») cfr. Cocrro, 1966, p. 104, e PETTI BALBI, 1978, pp. 84-87; su Benzo d'Ales sandria e Fazio degli Uberti si veda PETTI BALBI, 1978, p. 22, 59, nota 20-21; 60; su Francesco Petrarca che definisce Genova «moeni bus superba» cfr. sempre ibidem, pp. 22-24, 80-81, 83 nota 1. Ancora è il caso di ricordare i testi quattrocenteschi e cinquecenteschi della Collaudatio... urbis Genuensis, di Antonio Astesano, di Enea Silvio Piccolomini, di Piero Tafur, di Gianozzo Manetti, di Anselmo Adorno, di Jean Autun, di Sebastian Münster, scelti ed editi da PETTI BALBI, 1978, pp. 27, 29, 32, 36-37, 82, 90, 106, 112, 120, 126, 137, 154. Trascrivo infine integralmente un brano di Giovanni Balbi (dal Catholicon edito a Venezia nel 1490, p. 136 v.) tanto famoso quanto esemplare al fine di illustrare il mito della città: «lanua: item a ianua porta dicta est Janua quedam civitas potens, pulchra et dives, luxta mare sita et est quasi introitus et porta Lombardie, Tuscie, Provincie». 355
15 Preliminarmente alla verifica dellavallo mitologico sul piano della iconografia si rendono necessarie alcune brevi premesse: in primo luogo sottolineo i confini del mio excursus limitato a quella documentazione figurativa tesa esclusivamente a testimoniare la ra tifica del mito genuate sul registro dell’iconografia; in seconda istanza preciso che questa esplorazione si limita a sfruttare elementi ampiamente indagati dagli studiosi e, in un certo senso, a completare quanto ho esposto qui al 7., passim. Sul genovino si veda: FELLONIPesce, 1975, pp. 13-14; POLEGGI, 1977, pp. 22, 40 e s; LUNARDI, 1980, p. 44; PAVONI, 1981, pp. 15-17, 21
16 Per queste vicendesi veda: VITALE, 1951, pp. 188 e ss, e POLEGGI-CEVINI, 1981, pp. 44-46, 50-52, 68. Ctr. anche il testo di GIORGIO STELLA in Annales Genuenses, 1975, pp. 25-32, 36-37. Una effigie con busto di Giano è conservata sul culmine di una fontana presso il museo civico di sant’ Agostino; una seconda a figura intera nell'atrio di palazzo Bianco; una terza tagliata a busto sul tetto di galleria Mazzini, sempre a Genova. 1? Sul simbolo della porta si veda PAVONI, 1981, pp. 17-19. Su Guglielmo De Mari e su Paolo da Soresina si veda BELGRANO, 1882, p. 35. Per gli episodi relativi alle catene pisane, oltre a STAGLIENO, 1882, p. 3, rimando qui al 10.4.1. e all'11.1.. Ancora per gli aspetti della vita quotidiana citati cfr. POLEGGI-CEVINI, 1981, p. 50, e infine l'ultima frase è di DORFLES, 1962, p. 111.
18 Giorgio Stella narra che «Janua... epidemia maxima hominumque decessus fuit» (STELLA, Annales Genuenses, 1975, p. 150). Su questo momento storico si veda BELGRANO, 1882, p. 35; VITALE, 1951, passim: La peste nera, 1970: CIPOLLA, 1976; IDEM, 1977; MAZZI, 1978, p. 12; NADA PATRONE-NASO, 1978; NiccoLI, 1979. Per il documento del 1400 si veda qui la appendice Profumo. Anche per tutte le fonti relative Alle mura si veda la stessa appendice, sub anno, oltre a: H.P.M., L.J., 1854, Il, coll. 606-607; STELLA, Anales Genuenses, 1975, pp. 149-150; CEVASCO, 1838, pp. 22:23; PODESTA, 1901, passim; POLONIO, 1968. Sulle mura trecentesche si veda ancora: DE SIMONI, 1876, pp. 295-301; PODESTA, 1894, pp. 5-7 (per il preciso percorso); BARBIERI, 1937, pp. 45-46; IDEM, 1938, p. 35; FoRTI, 1971, pp. 13-14; GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 85, 116-119, 163 nota 16, 166, 169; POLEGGI-CEVINI, 1981, pp. 24, 65-66. 19 Gli estremi del documento datato 1413 sono in GRosst BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 130 nota 54. La frase relativaal «diritto..
che si fa architettura» è di POLEGGI-CEVINI, 1981, p. 66. Sulle porte dell'Olivlla e di santo Stefano cfr. PODESTA, 1894, pp. 28 ess; su porta santo Stefano o degli Archi si veda inoltre Grossi BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 163 nota 14. E in fase di elaborazione da parte di Rita Cavalli una monografia su chiesa e cenobio di santo Stefano, nella quale è previsto uno spazio dedicato alla documentazione e allesegesi di porta degli Archi. 20 Peri documenti citati cfr. qui 'appendice Profumo, sub anno, e anche BELGRANO, 1882, pp. 27-28, 36 e ss STAGLIENO, 1882, pp. 5-6; DE SIMONI, 1885, pp. 144-145; PODESTA, 1901, pp. 196-206; For, 1971, p. 18; GRossi BIANCHE-PoLEGGI, 1979, pp. 141 142. In particolare questi ultimi (p. 130 nota 54) menzionano un documento del 1413 dove sono elencati i pagamenti dei custodi delle porte di san Tommaso, Acquasola, Olivella, Fonte Marose, Vallechiara, Carbonara, Pietraminuta, san Michele. Per il documento del 1515 e per tutte le questioni inerenti l'acquedotto, cfr. DAGNINO, 1982, pp. 210-212. 2! La citazione sul significato del Castellettoè tratta da GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 169. Per un orientamento bibliograf co di massima relativo alla fortezza si può vedere: GROSSO-PESSAGNO, 1914; CAPPELLINI, 1939, pp. 17 e ss; POLEGGI, 1968, p. 38 nota 11; GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 130 nota 54; BARTARELLI, 1979, passim; POLEGGI-CEVINI, 1981, p. 28; infine la tesi di laurea di CALVINI, in corso di elaborazione. Sulle vicende storiche legate al complesso monumentale, dal 1396 al 1548 circa, si cr. VARESE, 1836, pp. 27-28, 36, c FoRTI, 1971, pp. 15-21. Anche per le fasi edilzie si rimanda ancora a FORT, 1971, pp. 15-19 e in particolare p. 21 per il progetto dell’Olgiati. Sul significato della fortezza si veda anche MARCONI-FIORE, 1978, pp. 9-14, 56-65 (da cui sono tratte le frasi relative alla ‘forma simbolica” dele fortezze rinascimentali; e fr, prima, MARCONI, 1968, pp. 53-78, dove le fortificazioni sono lette come un «microcosmo antropomorfico... sintesi di arte e tecnica, filosofia naturale e magia, simbolismo ed astrologia» (p. 54) 22 Sulla Briglia si veda, in primo luogo, GROSSO-PESSAGNO, 1914, pp. 1-3,e FORTI, 1971, pp. 15 e ss Sul rapporto fra la Lanterna ela Briglia ancora ibidem, p. 22. Si rimanda infine qui oltre, alla nota 31, per le vicende storiche del monumento e in particolare per gli avvenimenti del 1785-86 e del 1741 2 Cfr. PARTENOPEO, 1847, pp. 133-136, 178-179, che trascrive la lapide relativa ai restauri delle mura presso Carignano nel 1535: «D.0.0.M. / Quicquid hic pro urbis / tutela citra pedes / utrinque mille conspicis / aere publico extructum est / anno domini MDXXXV / restitutae vero libertatis VII». (ctr. FORTI, 1971, p. 27). Si veda su questa vicenda anche FORTI, 1971, p. 27. Sulle storie parallele a questi avvenimenti edilizi si può vedere: SENAREGA, 1929-1932, pp. 99-110; For, 1971, pp. 14, 33-44; BRAUDEL, 1974, pp. 2089 e ss; GRENDI, 1976, p. 72; PETTI BaLat, 1978, p. 64; COSTANTINI, 1978, p. 1; GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 253; POLEOGI-CEVINI, 1981, p. 87. I testo delle due iscrizioni è edito in FORTI, 1971, pp. 35-36: «Dux Gubernatores D.O.M. Amplissimi Ordinis Decreto, ut cuta ab Hostibus Respublica incaudissima Libertate fruetur summa impensa igentique studio Montibus exiciccis, et loci natura superata per difficili Opera urbem fossa Montibus aggeribus propugnaculum. Incredibili celeritate munientur. Anno D.ni MDXXXVIIL Restitute vere Libertatis Anno X». «Andreas Justinianus Reip. Genuensis dux sextus a libertate recuperata. Si cr. 356
ancora ibidem, p. 14 per le ultime frasi citate. In generale sulle conseguenze urbanistiche nella Genova del Cinquecento si cfr. GUIDONI, 1982, passim, e globalmente sulle fortificazioni BENEVOLO, 1969, p. 66. 24 L'elenco delle cinque porte che, oltre a quella del Molo e a quella di santo Stefano, analizzate con maggiore precisione, si aprono nel circuito cinquecentesco sono nominate in FORTI, 1971, pp. 43 e ss. In particolare su porta san Tommaso cfr. ibidem, p. 35, e su porca san Germano all'Acquasola cfr. PODESTA, 1894, pp. 24 e ss, e FoRTI, 1971, p. 35. 25 Cfr. VASARI, 1906, VII, p. 553. Su porta Siberia cfr. ALIZERI, 1846, I, p. 408; TORELLI, 1898, pp. 11 ess; PODESTA, 1913, pas sim, in particolare NEBBIA, 1938, passim, che auspica un restauro del monumento; Font, 1971,pp. 41 e ss, con bibliografia; DE FIO. RE, 1975, p. 37; FoRTI, 1975, pp. 315 e ss; MALTESE, 1975, p. 686; PANE, 1975, p. 39, dal quale sono tratte alcune frasi menzionate; Grossi BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 274, ancora per alcune frasi citate nel testo. E in corso,in questi anni Ottanta, i restauro dell'edifi cio. 26 Per le vicende di porta d'Archi si vedano PODESTA, 1894, pp. 11 c ss; FORTI, 1971, pp. 35-39; IDEM, 1975, p. 318, dove attribuisce l'opera a Gio Maria Olgiati, «la cui attività è soltanto nota nel campo dell'architettura militare». Per leggere l'iscrizione si ri manda alla nitida fotografia qui alla fig. 393. 27 Concludo queste brevi considerazioni sulle porte cinquecentesche sottolineando quanto necessario sarebbe uno studio monografico sull'argomento; evidentemente, in questa sede, mi sono limitata a fare il punto della letteratura esistente e a impostare alcuni problemi. In generale, sulla architettura militare di età moderna, rimando a GUIDONIMARINO; 1979, pp. 593-594. Un processo analo80 di allungamento della cinta muraria nel Cinquecento e di contemporaneo superamento degli schemi della città medievale, si può individuare nella storia urbana ad esempio di Verona, di Lucca e di Mantova (cfr. ROCCHI, 1908, p. 197; PEROGALLI, 1977, passim). 28 Sulle vicende storiche degli ultimi anni del secolo si possono vedere, DORIA, 1973, pp. 377-394, con bibliografia; COSTANTINI, 1978, pp. 77, 80-82, 153, con bibliografia; GALASSIROTA SCRIVANO, 1979, passim, e il recentee aggiornato SAVELLI, 1981, passim. Sulla peste cfr. COSTA, 1932, e GRENDI, 1976, p. 60. ?9 Per una bibliografia di massima sulla cinta seicentesca si vedano: in primo luogo CEVASCO, 1838, pp. 25 e ss.; QUARENGHI, 1876; MIGONE, 1895, pp. 6 e ss; TORELLI, 1898,pp. 16e ss; PIERROTTET, 1902, p. 47; BRUZZO, 1935, pp. 1-65 (dove attraverso l'analisi del capitolatoc dei contratti viene delineata la cronistoria di questa vicenda edilizia, a partire dalla posa della prima pietra, il? di cembre 1626); La nuova cerchia, 1938, pp. 11-16; SALVI, 1941, pp. 3-10; FoRTI, 1971, pp. 34-45, 84; OLIVIERI, 1978, passim; GUIDONI-MARINO, 1979, pp. 142-147; POLEGGI-CEVINI, 1981, pp. 130-131, che analizzano criticamente l'impresa come simbolo dell'unione di una collettività pronta a difendere a tutti i cost la propria autonomia anche nell'eventualità di una definitiva rottura con la Spagna». Il resoconto puntuale della vicenda è in una memoria storica di St. Olon, edita in CIASCA, 1937, pp. 110-112. 30 Per una descrizione delle porte e portelle del circuito seicentesco (porta Romana, degli Angeli, di Granarolo, san Bartolomeo, san Bernardino, san Simone) si veda Font, 1971, pp. 69-77 e ss. Documentazione particolarmente interessante è la ricostruzione di fortificazioni sei e settecentesche in area francese e belga soprattutto conservata all’Hörel nationaldes Invalides a Parigi (si cfr. il catalogo a cura di BRISAC, 1981, passim). 3! Su porta Lanterna cfr. MIGONE, 1895, p. 16; FORTI, 1971, pp. 24, 72 e ss. (che segnala l'esistenza di un manoscritto pressola famiglia Imperiale relativo alle dediche compilate, in occasione della costruzione della porta, da Gio Vincenzo); POLEGGI CEVINI, 1981,p. 129. Si veda ancora la ristampa del 1827,in occasione della demolizione, di vari articoli ne /I Cittadino relativi alle vicende storiche.
32 Su porta Pila si veda CODEVIOLA, 1788, t. 9; MIGONE, 1895, passim; l'autore più volte puntualizza «l'importanza storico arti stica e religiosa» del monumento; quest'ultimaè confermata anche dalla presenza della statua della Vergine, a ricordo della incoronazione della stessa come regina di Genova, i 3 gennaio 1637. L'iscrizione commemorativa del 1633è citata in FORTI, 1971, p. 72. Si ve da ancora MIGONE, 1896, passim, e FORTI, 1971, pp. 69-72. Per porta Pila rimando anche qui all'11.1. eall11.3. sui restauri cfr.inoltre il fascicolo di articoli Porta Pila e i Genovesi, 1893. 33 11 decreto del Senato è in ASCG, ms. n. 208, cc. 216 v. -217 r. e v.; in ASG, Finanza pubblica ati, filza n. 231, doc. 192, si rova il pagamento a Domenico Fiasella peri disegni. Sull'immagine della Madonna sulle due porte si veda GRIMALDI, 1613; Porta Pila e 1 Genovesi, 1893, passim; MIGONE, 1895, p. 18; PIERROTTET, 1902, pp. 11 e ss; PoLEGGI, 1978, p. 62; PoLEGGICEVINI, 1981, p. 133. Per le monete cfr. FELLONLPESCE, 1975, pp. 59-62. Su porta Soprana intesa come ‘testo’ semiotico cfr. i già citato contributo di chi scrive al Cours presso l'Università di Paris Sorbonne, in AA.VV. (in corso di stampa). 4 Per tutta la documentazione menzionata si rimanda all'appendice Profumo, sub anno; sull'ampliamento del piano di sant'An drea si veda GROSSI BIANCHEPOLEGGI, 1979, pp. 292-293; sulle condizioni delle zone popolari nel XVII secolo si veda PoLEcor Cevini, 1981, p. 142. 357
35 Tra le molte fonti relative al bombardamento francese si veda la memoria del ministro francese St. Olon del 1684 (della quale. esistono due copie alla BUG, ms. B.IL.29 e B.IL.14) edita da Ciasca, 1937, pp. 100 e ss; la Relazione anonima, in ASCG, ms. n. 58; la Relazione anonima, 1685 (in BUG, 2.P.IV.5.6)} lo scritto di QUARENOHI, 1875, in ASCG; il Dialogo fra Genova e Algeri, 1685; l'opera di MARANA, edita ad Amsterdam e in parte riassunta da PANIZZARDI, 1927, pp. 215-217. Per una bibliografia sommaria sullargomentosi può vedere: SPINOLA, 1877, p. 129; CAsoNI, 1877, passim; VERROGGIO, 1891; DE GUICHEN, 1909; Grosso, 1937,p. 6; CAP. PELLINI, 1951; Grosso, 1953; COSTAMAGNA, 1970, pp. 190-197; FORTI, 1971, pp. 84-86; COSTANTINI, 1978, pp. 242 e 542 per l pigra si veda infine la preziosa tesi di laurea di GARLANDO, a.a. 1972-1973, per una completa visione delle fonti e della bibliografia.
36 Un riassunto chiaro degli avvenimenti si può leggere in FORTI, 1971, pp. 84-86: l'autore delinea le cause remote del bombardamentoe descrive la flotta francese agli ordini dell'ammiraglio du Quesne, i sei giorni di battaglia con i tredicimila proiettili caduti su Genova, gli «ingenti danni» subiti dalle zone del molo e della darsena, di piazza Banchi e di Campetto ecc... Cfr. l'anonimo della BUG (co. 46-49) e la sua descrizione dei giorni del cannoneggiamento, trascritta nel testo. Cfr. pure PANIZZARDI, 1927, pp. 215-216. Altri dettagli su questi giorni si possono trovare nelle fonti trascritte da GARLANDO, 1972-1973, pp. 249-251. L'autrice (p. 219) precisa la consistenza delle forze francesi (14 vascelli, 3 fregate, 20 galee, palandre e bombarde e 100 bastimenti da trasporto), quella delle difese genovesi (pp. 230-237) ed elenca i provvedimenti d'emergenza pubblicati dalla Giunta (pp. 239-241) 37 L'incisione dell'anonimo tedesco (m. 0,38 x 0,27) è conservata al civico museo Navale di Genova Pegli (nl 415/9); è edita da
FRESCURA, 1903, pp. 24-25, e da GIUBBINI, 1970, p. 10; anche quella francese di Ozanne e Dequevauviller (m. 0,33x0,21) è al civico museo Navale (nl 2455) ed è edita in FRESCURA, 1903, p. 18, ma cfr. anche COSTAMAGNA, 1953, pp. 195-292, e VITALE, 1955; il disegno a inchiostro è alla Bibliothèque Nationale di Parigi, Dep. Cartes et Plans, pf. 81 bis 12-6 (cfr. FRESCURA, 1903, p. 17, e COSTANTI. NI, 1978, p. 336). AI museo Navale è conservato inoltre un dipinto a olio, di scuola genovese della fine del XVII secolo, che raffigura lo stesso tema (nl 3214); nel monastero di santa Maria di Castello è invece conservato l'ex voro menzionato nel testo (cr. COSTANTINI, 1978, p. 352); al museo di villa Serra a Nervi è esposto il dipinto ottocentesco di Francesco Gandolfi (nl 91). 38 La valutazione dell'avvenimento in termini storici più generali è di COSTANTINI, 1978, p. 354, ma, a questo proposito, si veda anche COSTAMAGNA, 1953, passim, e GARLANDO, 1972-1973, p. 213 e passim. Indicazioni sui danni subiti dalla città e un bilancio complessivo sono in QUARENOHI, 1875, c. 173 v.; nella relazione in BUG, pp. 61-66; in PANIZZARDI, 1927, pp. 216, 520; in Grosso, 1937, p. 6 in FoRTL, 1971,p. 86. Anche su questo problema le informazionipiù esaustive le offre GARLANDO, 1972-1973, p. 262. Sui danni subiti dal colle di sant Andrea e dal monastero omonimo si veda DAGNINO, 1982 pp. 215-216. La porta sembra comunque essere uscita sufficientemente indenne da queste vicende se nel 1685 un tal Gio Antonio Borzese vi abita e paga l'affitto (cfr. qui appendice Profumo, sub anno). Ricordo infine che alcune bombe usate in questo 1684 sono conservate al civico museo Navale (nl 3258). 39 Perle dicerie sorte a bombardamento concluso fr. ancora GARLANDO, 1972-1973, p. 260. Sulla sistemazione del colle cfr. Da. nino, 1982, pp. 215-217, soprattutto per la documentazione relativa ai rinvestimenti operati dalle monache di sant Andrea; in generale sulla logica di concentramento delle proprietà immobiliari cfr. GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, pp. 132, e PoLEGOLCEVINI, 1981, pp. 141-142.
358
11. LA RESTITUZIONE (1700-1915) 11.1.1.
Lo stato di porta sant'Andrea nel 1700 con gli interventi di emergenza del XVIII secolo
Se risulta documentabile che il fortunoso impas‚se del bombardamento francese non ha compromesso la stabilità di porta Soprana — cosi come piü volte & stato qui ribadito — é altrettanto certo che l'edificio
non viene risparmiato dalle ingiurie del tempo.
Nell'aprile 1712, infatti, si attesta l'urgenza di «riparare le pietre i mattoni marci... tre canali.e i doc-
cioni», ovvero la necessità di «accomodare il parapetto della terrazza» da cui cadono pietre, ancorché la parte alta delle torri risulti, come sembra, intatta. Francesco Maria Clavesana, dopo aver relazionato sui «crolli» della fabbrica indice per i ripristini
una gara d'appalto che è vinta da Stefano Bergamo
per un ammontare di 120/130 lire. Il 14 maggio 1759 l'ingegnere civico Claudio Storace dichiara necessari e urgenti i restauri alla facciata orientale da cui «cadono crostoni di calcina»; la-
vori autorizzati il 17 maggio e immediatamente dopo eseguiti.
Da un rapporto dell'estate 1761 e a mano del medesimo Storace si ha notizia sulle condizioni
dell'edificio: vi è infatti allegato un preventivo di spesa «...per levare i crostoni cadenti, ripassare le pietre logore, riparare il tetto, pavimento, porte, finestre...» ecc. Nell'agostoe settembre 1765, a seguito di un en-
nesimo sopralluogo ancora dello Storace, sono auto: rizzate nuovamente riparazioni al tetto.
Le diverse e numerose verifiche dell'ingegnere
preposto alla tutela dei monumenti attestano varie volte l'esigenza di lavori connessi alla manutenzione per l’abitabilità del fabbricato. Così ad esempio in una carta dell’aprile 1728 si denunciano «i danni che causa un fumaiolo» con la successiva ingiunzione di
rimuoverlo; nel maggio 1755 si autorizza il restauro,
previa perizia, di una bottega posta sotto la torre Nord; fra il novembre e il dicembre 1757 viene redatta a firma dello Storace una verifica di spesa per
«fare un solaio nuovo, per ingrandire una stanza nel primo appar: tamento delle due torri»,
nel quale, inoltre, è immesso un balcone, tagliato un muro, aperte due porte e costruito un soffitto;
nell'aprile 1763, infine, è data facoltà di mettere mano ai lavori per i «focolai», i lavelli», ancora le porte, ecc. Tn parallelo si può documentare agevolmente che pure le locazioni dei vani ricavati nell'edificio perdurano per tutto il XVIII secolo con la stessa fre-
quenza degli anni precedenti. Nel 1709 Angelo Maria
Raggio rinnova il «contratto di affitto di locali entro le torri»; nel settembre 1733 G. Fr. Recagno viene minacciato d’arresto non pagando la pigione; nell'aprile 1749 Ippolito Doria riceve ordine di espellere le «donne di cattiva vita» da quegli stessi ambienti nelle torri che il Comune assegna invece a G.B. Danero, il quale — a sua volta — li subaffitta al prete Bartolomeo Marré. Nel 1785 e nell’ ‘86-90 — per concludere con gli ultimi rogiti disponibili — vengo
no rinnovati vecchi contratti e se ne stipulano di nuovi; nell'aprile 1789 ad Andrea Banchero è concessa la locazione perpetua delle torri di sant’ Andrea, cioè dei locali delle torri e delle botteghe sotto di esse e se ne assume la cura», ob gandosi a «eseguire lavori di manutenzione a fondamenta, pila stri, arco e torri»:
Le fonti iconografiche, se utilizzate a livello documentario, (v. qui il 7.2.) confermano anch'esse vuoi un disinteresse cronico per porta Soprana, vuoi lo stato fatiscente della fabbrica nelle immagini nelle quali viene riprodotta (figg. 376-380). Nel primo caso, significativa è la planimetria celebre di Giacomo Brusco, che nel 1766 ignora l'edificio, negletto tanto più dall'apposita legenda anche se circa sei anni prima porta sant’ Andrea era presente nella veduta della cit1a di Genova, opera del Guidotti, dove è raffigurata 359
Fig. 376 - Porta Soprana, prospetto prima dei restauri.
360
come un edificio sommerso dalle case aggiunte nel do caso, una planimetria del 1856 (fig. 395) e una acquaforte quasi coeva e già considerata (v. fig. 319) (v. qui il 7.2)) restituiscono in modo piuttosto completo Ja situazione rispettivamente dell'area di sant Andrea e della porta: tanto il borgo quanto il monumentale ingresso appaiono consolidati in un immobilismo che perdurerà fino al decollo dell'ultimo ventennio del secolo. Sul piano dei valori e seguendo le proiezioni dei contenuti di porta sant Andrea, si registra che le difese urbane seicentesche permangono nel primo '700 come un fatto concluso e nel loro complesso non risultano poi molto intaccate dall'incidente del 1684 tempo e dalle quali emergono le sole torri. Nel secon-
‘nonostante i funesti racconti dei testimoni oculari circa la loro sorte (v. qui il 10.5.). Viene sciolto il Magi-
strato delle Fortificazioni e la tutela ritorna ai Padri del Comune.
11.1.2. II perimetro difensivo con i forti" edificati sulle colline e il destino degli ingressi monumentali della città in epoca moderna E soltanto alla metà circa del XVIII secolo che le cose cambiano, quando imperversa a livello europeo la guerra del 1745 e allorché la flotta inglese bombarda nello stesso anno Genova, alle soglie della. sua capitolazione nel 1746 a quegli austriaci che il 6 settembre sempre del ‘46 occupano con i loro picchetti le porte Lanterna e san Tommaso. Le 5 memorabi giornate del dicembre 1746 con l'episodio celeberrimo del Balilla sono dietro l'angolo e in contemporanea alla riorganizzazione dell'esercito genovese è previsto il riesame del piano delle fortificazioni. II perimetro delle mura seicentesche risulta inadeguato «alla potenza e alla gittata delle nuove artiglierie» nonché a fronte delle ultime acquisizioni degli ingegneri militari della scuola di Vauban, conosciute anche dagli austriaci e sfruttate nel quadro delle «regole tattiche dell'assedio». I punti critici della difesa urbana sono individuati — come riferisce il Forti — nelle alture di Coronata sopra la valle Polcevera e in quelle della Madonna del Monte sopra il corso del Bisagno. Più dappresso alla città e quindi
ig. 377 - Porta Soprana, prospetto prim= dei restauri.
Le Fronti Basse pure risultano vulnerabili dalle parte di Albaro. Il nuovo progetto delle difese sulle colline, affidato al De Sicre con l'aiuto del Bissy, tiene conto di cceste necessità strategiche e si art cola sviluppando dapprima «in quattro gruppi di trinceramenti tutte le esterne alla cercia szicentesca». «Un primo gruppo — passc ancora la parola a Leone Carlo Forti quale autorità nel campo de baluardi genovesi
— si doveva impostare attorno all collina di Belvedere... Un secondc gruppo più complesso...» e provvisorio «...aveva origine dallo Sperone e...terminava nelle due colline del Fratello Maggio re e del Fratello Minore... Un terzo gruppo» si innestava «sulle ura dello Zerbino...di fronte al Santuario della Madonna del
Monte». I quarto e ultimo gruppo consisteva in una «grande i aca ci rinceramenti dala Madonna del Monte» fino «all batte. rie di S. Nazaro e di S. Gi 10» (fig. 381). E su questa linea di protezione che sono costruiti î ce‘ebri forti? di Genova, le fabbriche imponenti lung5 i baluardi della città che a volte recuperano preesi«ancor più pericolosi» sono i crinali delle «colline del Belvedere :enze del XIV secolo come nel caso del Castellaccio sopra Sampierdarena, le vette dei Due Fratelli e del Diamante (fig. 382) o dello Sperone (fig. 383) o di Begato (fig che dominavano da settentrione il baluardo dello Sperone».
361
Fig. 378 - Porta Soprana, prospetto interno prima dei restauri.
362
Fig. 379 - Porta Soprana, planimetria.
384). Lloro nomi risultano per lo più connessi alla toponomastica del luogo: così ad esempio il Diamante il cui progetto si deveal De Sicre in data 13 aprile 1747, (fig. 385); o santa Tecla, sempre del De Sicre che ne presenta il disegno il 3 agosto dello stesso anno, (fig. 386); mentre il Richelieu, (costruito in seguito alla gara d'appalto del 16 novembre dello stesso 1747), viene in tal modo denominato solo in un secondo tempo (fig. 387). Gli ingressi di tutti questi fortilizi non sono certo monumentali, bensì rispondono a misure di difesa e di offesa, secondo i dettami più aggiornati dell'arte militare. Nel quadro del rinnovamento delle fortificazioni di Genova, anche le mura vengono rimaneggiate e il Forti per numerose ragioni considera il 13 settembre 1747 la data di nascita del nuovo circuito. Se a conclusione di questo breve spaccato si traccia un bilancio sui contenuti dei baluardi di Genova settecentesca, appare evidente che dei molti significati di porta Soprana e delle sue mura, permane soltan: to*il valore di difesa. AI di là di titoli scevri di pre gnanza, i ‘forti’ sono postulati da un programma di strategia prettamente bellica e sono costruiti sull'urgenza di tutelare la città a fronte dell'invasione del
nemico. Il ro contenuto, quindi, è assolto in roro dallo spessore di una funzionalità militare di grado assoluto. In conaessione e in dialettica con questi stessi “forti” le mara settecentesche coagulano anch'esse nelle misure di difesa cittadina il tasso delle loro valenze, non essendo più in gradodi definire l'immagine urbana. Ormai sfuocata in lineamenti dilatati a tratteggio lungc i crinali delle colline, la forma Genuae. novae trascira la specificità di una percezione visiva a scala d'uc-no, per immettersi invece in una logica inedita e completamente estranea a quella sintesi di contorni e € quell'immagine compatta per stereome tria che è tisica della città medievale. All'intz-no del nuovo centro le porte urbane del "500 e del ‘500 permangono in una stasi al limite dell'anonimzto. Tale ristagno viene ribadito nonostante che î valore emblematico e difensivo di porta Lanterna sembri rivivere in una sua breve stagione quando nel 1745-1746 il Comune di Genova fa ridipingere le ste insegne sopra il prospetto dell’edificio, rivendicand la propria indipendenza (v. qui il 10.4.3); ovvero allorché nel 1747 Stefano Lomellino fa sistemare una batteria nei pressi del monumento; o 363
Fig. 380 - Porta Soprana, discgno di P.D. Cambiaso.
Fig. 38: - Genova, fortificazioni del X VIII secolo.
Fig. 353 - Genova, forre Sperone.
Fig. 384 - Gencva, forte Begato. 367
Fig. 385 - Genova, forte Diamante.
368
Fig. 387 - Genova, forte Richelieu.
to il valore di emblema urbano si sia scollato dal monumento con tratti definitivi per riciclarsi in immagini di altra radice; la Repubblica non solo più ‘genovese’, ma bensi anche ‘ligure’ si fa rappresentare ormai
da «Allegorie» pompose come quelle delle incisioni anonime del 1798 e del 1799, riprodotte sulle carte intestate delle Amministrazioni locali (fig. 388)2. Mi piace concludere l'indagine nell'ambito del XVIII secolo all'insegna di questa figura femminile, poggiante su scudo con stemma di Genova e portante un'asta con elmo e berretto frigio; volendo inoltre rilevare che questo ultimo dettaglio, assieme con il cartiglio e la scritta «libertà e uguaglianza» di una delle incisioni qui riprodotte, rappresentano il segno dei tempi nuovi, riecheggiando il messaggio di uno degli avvenimenti piü decisivi di tutto il corso della storia. umana. Inizio l'esplorazione relativa al XIX secolo con il “forte” Diamante che vive la sua giornata di gloria il 30 aprile 1800 (v. fig. 385). Nel quadro dell'assedio alla città delle forze austriache, un'aspra battaglia si scatena presso il baluardo che è difeso con successo dalle truppe francesi e di Genova sotto la guida del generale Bertrand, mentre nell’assalto ai ‘forti’ dei Due Fratelli viene ferito — come è risaputo — un luogotenente illustre della Repubblica Cisalpina, Ugo Foscolo. Sull'onda delle operazioni militari e anzi al Fig. 388 - Allegorie della Repubblica Genovese, incisioni anoni me, 1798-1799,
loro interno, si progetta fra il 1801 e il 1805 il ‘forte’
Puin (fig. 389); quello di Quezzi (fig. 390) dal 1801 al 1814 è interessato da ripristini decisivi; mentre il ‘forte Richelieu (v. fig. 387) viene perfezionandosi nelle sue strutture in quegli stessi anni in cui le fortificazioni della città ritornano sotto il comando del Genio
ancora quando nel 1785-1786 Gregorio Pettondi con. duce i restauri della torre prossima alla porta ordinando anche di rinfrescare sulla facciata Nord del salien te lo stemma di Genova (v. qui il 10.4.3). Porta Pila. nel 1777 è oggetto di importanti ripristini sotto la direzione di Michele Codeviola, mentre il Castelletto ha disperso l'emblematicità della sua immagine, essendo passato all'uso di carceri, poi trasformate in magazzini pubblici, ed essendo stata costruita, forse sulle fondamenta di qualche antica torre e al centro del perimetro, «...una palazzina abitata dal Quartier Mastro Tallone», così come afferma Marco Ambrogio Doria in una sua scrittura del 22 gennaio 1749. Di porta Soprana nel corso del XVIII secolo ho
informato poc'anzi e non resta che evidenziare quan370
militare napoleonico.
«Dopo i disastri di Mosca e di Lipsia», «la situazione di Ge-
nova precipita, mentre la crisi che travagliava da tempo la città», nel 1813, «prende a manifestarsi in tutta la sua evidenza».
Nonostante il peso della defaillance o anzi appunto a causa di questo, le fortificazioni genovesi si ampliano dal 1815 in poi sotto il Governo del Regno sardo. La
«spinta nella politica del re di Sardegna», infatti, era «fondata sull'appoggio militare tanto più imponente se paragonato alle risorse economiche di una piccola nazione quale era il Piemonte».
Per il suo «esercito temibile» le fortificazioni di Genova erano ben poca cosa, occorrendo non solo di ri modernare e di ingrandire quelle esistenti, ma di costruirne anche di nuove. Il ‘forte’ di san Martino, di estrazione tardomedievale, viene riedificato dal 1817 in poi, e quasi contemporaneamente iniziano i lavori
per la batteria di san Giuliano, mentre del 1830 è il nizzazioni della seconda metà del secolo distruggono primo progetto del ‘forte’ Ratti (fig. 391). Nel 1833 si «quasi completamente — come vedremo — il tracciato delle mu decide di costruire attorno al ‘forte’ di santa Tecla ra vecchie lasciando tuttavia isolati alcuni baluardi», come ad «quello di S. Giorgio già indicato come Osservatorio «una vasta cintura esterna poligonale» e fra il 1830 e esempio Astronomico, quello di Montegalletto non ancora fagocitato dal il 1850 avviene la sistemazione definitiva del ‘forte’ Castello De Albertis..» ecc. 3. Quezzi. Sempre nell'ambito dello stesso programma si Nel contesto del verifica il potenziamento delle cittadelle: il «bastione «rinnovamento radicale di tutte le fortificazioni attraverso l'opera anonima del Corpo del Genio Civile e Militare del Regno Sar-
do», vengono, inoltre, «riutilizzate le mura vecchie cinquecentesche» e anche del 1600, che avevano subito restauri di manutenzione già fra il 1804 e il 1814. Questo medesimo circuito del XVI secolo nel 1846 viene sfruttato contro l’attacco del generale Massena.
Si tratta del suo canto del cigno perché le varie urba-
S. Giorgio e quello di S. Michele» lungo le mura cinquecentesche si trasformano in ‘forti’ mentre il Ca-
stelletto diventa una caserma.
Anche per questa ultima fortezza illustre, dalle origini di specifica rilevanza urbana e dall'immagine di alto valore simbolico, si approssima l'ora della resa dei conti (fig. 392). Dal 1819-1820 inizia il suo rifacimento su di un nuovo progetto studiato dal
Fig. 389 - Genova, forte Puin. 371
Fig. 390 - Genova, forte Quezzi.
372
Fig. - 391 - Genova, Forte Ratti.
«Genio Sardo per contenere una forte guarnigione d. «cldati con il compito preciso di intervenire rapidamente al mín mo allarme nel cuore della città». Durante i moti del 1848 a Genova, il Castelletto diviene «come nel lontano XV secolo, il simkclo odiato della dominazione straniera, questa volta piemonteser. È nel suo ultimo ruolo al negativo che la cittadella consuma una condanna irreversibile. Nel ccrso dei
tumulti del '49,
«soffocati nel sangue dal generale La Marmora, il popolo accani contro le muraglie del Castelletto e lo distrusse cn'ultima volta definitivamente e come era stato desiderio del Fertoli sulle fondamenta ancora superstiti furono costruiti sei massicci casegsiat per gli operai», mentre il cortile diviene una piazzetta, oggi meta dei turisti stranieri per la sua ubicazione panoramica * Lo status delle porte di città nel corso dello stesso cielo storico si adegua alle nuove temperie. Se nel 1827 il «Generale Agostino Ch:cdo» po-
tenzia «la batteria costiera a fior d’acqua, ubicata
sull'estremità del capo» e prossima alla porta Lanterna, proprio in quegli anni iniziano le diatrite cittadi
ne pro 2 contro le demolizione dell'ingresso monumentale per sveltire la viabilità del traffico di zona.
L'edificio, a sua volta e nel suo complesso, viene probabilmente alterato da interventi manipolatori e nel contempo, una cinquantina di metri più avanti, è edi ficata una »orta nuova, «munita di due porti levatoi e di doppic access». L'opera viene «progettata secondo le direttive del Tenente Colonnello Agostino Chiodo» (v. Esa. 358-359) «La porta scicentesca dell -anterna rimase ancore al suo posto fino a 1877, anno in cui si dette ordi ne di zemolira, non senza aver selvato la statua della Madonna» € Iz lapide con l'iscrizione (v. qui il 10.4.3). Il verbale della seduta del 9 febbraio 1877 e i quotidiani dell'excca oifrono rispettivamente i dettagl: dell'episodio e danno amp risalto alla notizia. «Contemporaneamente,
la Torre
semprep è la funzionedi faro luminoso per la nav-gazione, fino
della
Lanter-a
acquisì
e di punto di riferimento
a giungere nel 1841 alla prima sistema-
zione di an fero lenticolre alla Fresnel a elissi inte-ritenti c con una luce “isibile a dieci miglia marine di distanza, luminosità per quei tempi notevole. Questo compito civile i Genovesi voller 373
Fig. 392 - Genova, Castelletto, acquerello di P.D Cambiaso.
«che il piccore demolitore si appresta ad abbattere», viene invece trasferita — come già ho scritto — in via Con gi anni, il significato della torre prevarrà defini- Banderali, dove una lapide dell'anno successivo comtivamente su quello della porta e dopo la demolizione memora l'evento (fig. 393). di quest'ultima assurgerà addirittura a emblema, orDopo il 1895, porta Romana è demolita e dal mai superfluo, del pletorico contesto dei riferimenti- 1870 in poi porta Pila è profondamente rimaneggiata. simboli relativi alla città di Genova. È con questo Sono aperti i due passaggi laterali, dal 1887 al 1893 si specifico ruolo, declassato a disvalore, che l'immagi- effettuano importanti restauri, coinvolgendo il fiore ne della Lanterna è oggi raffigurata sulle cartoline- dellintellighentia cittadina e ricorrendo i nomi del ricordo, ovvero sguscia fuori dalle macchine automa- Boito, del d’Andrade, del Podestà, del Campora, del tiche per fotografie, situate in località Principe, ripro- Rota, dell’Iscla e del Migone dotta su quelle istantanee nelle quali lo sprovveduto La cintura di difesa più prossima alla città è faturiste ha voluto ritrarsi. gocitata dalle crescita di quest'ultima, mentre le sue Dopo il 1894 la porta d'Archi o di santo Stefano, porte concludono nel più misero dei modi la loro visottolinearlo con un'ultima lapide posta in cima alla Torre, nell'inverno del lanternino circolare».
374
cenda gloriosa a fronte degli interessi della borghesia che sono chiaramente rivolti altrove.
11.13. Mentre si consuma la grandeur urbanistica, per porta Soprana sono gli anni del silenzio Già dal 1820 circa si era inaugurata la stagione della grandeur urbanistica con il famoso piano di ampliamento, redatto da Carlo Barabino, l’«architetto di città» perché «fedele interprete del gusto e della volontà del nuovo potere». Nel progetto, avallato
dall’indiscusso prestigio del sindaco Antonio Brignole Sale, porta Soprana non è presente così come attesta la planimetria per l'adempimento del piano.
Ancora una volta si ripete la situazione del 1752 (fig. 394) e del 1782.
Il declassarsi del centro storico a zona esclusivamente popolare e di conseguenza priva di qualsiasi interesse per la borghesia egemone, potrebbe essere, come è mio avviso, una fra le cause determinanti del silenzio che perdura sulla porta, e forse la decisiva. Un passo famoso di Camillo Pallavicini, illuminato aristocratico del primo XIX secolo, è un riferimento d'obbligo atto a illustrare le condizioni di dipendenza di tale quinta della scena urbana: «..d quartieri più antichi sono i più brutti e sono quelli ove riducesi la povera popolazione».
Che il centro storico fu lasciato ai genovesi «infimi» è notizia di dominio comune, ribadita dalla critica più
/A IL VARCO ORIENTALE DEL 1586
A "DEMOLITA PER© E SOSTITUI QUI RI
FU'DI
iL Col MONUMENTALE
IMPOSTA.
PALE LE | LLA GIUNTA MUNICIs. PER DELIBEr RAZIONE DENO -" 10 GIUG 1896
- Genova, iscrizione di via Banderali.
Fig. 394 - Genova, planimetria del 1752, disegno di Accinelli
recente, nonché avvalorata dal fatto che «sul colle di le del Barabino — come già si è scritto correttamente Sarzano le case originariamente a due piani erano di- dagli studiosi nel settore —, determinano quell'avvio ventate di otto». dell'«espansione urbanistica della città verso Je colliNulla cambia alla metà dell'Ottocento: l'epoca ne che dà il volto alla Genova borghese dell'Ottocentra le riforme e l'unità d'Italia, «il mutarsi delle civili to» (v. figg. 395-397 e ss. La successiva nascita dei cose», le solenni occasioni che potevano «fare testi- quartieri della classe media (1851-1860) e la risultante monianza della nazionale alacrità [di] dotti Italiani» «corsa agli investimenti edilizi» (1861-1868) si confisono fenomeni di grosso rilievo ma del tutto estranei gurano come tappe esterne al mio assunto, qualifialla vicenda di porta Soprana, come ad esempio le cando invece quella che ho definito la grandeur della «Esposizioni artistico-industriali» in genere e quella a stagione urbana. Genova nel 1846 in particolare. Se nel 1864 la scoperta della famosa e già ricorI piani regolatori di ampliamento dell'agglome- data lapide «sum munita viris...» (v. qui il 10.1.) sem rato civico (1850-1870), che riprendono quello inizia- bra aver costituito un'occasione degna della risonan376
za con cui la celebrano i quotidiani dell'epoca, e tale dina, connessi ai settori più vicini all'area in esame, da essere fissata a memoria imperitura dalle parole di comprendono porta santAndrea, evidentemente Giuseppe Scaniglia inscritte nel marmo del 1865 (v. esclusa con sistematicità da ogni programma urbaniqui il 10.1.), non é con questo evento che porta Sopra-
na recupera un suo spazio nella storia di Genova. Siamo di fronte, invece, a una congiuntura esterna alla vicenda dell’edificio anche se ne avvia la fortuna critica (v. qui il 10.1); così come resta ancora ai margini del bagaglio semantico del monumento l'episodio relativo alla restituzione delle catene del porto pisano nel 1860, un cimelio di cui ho già fornito notizia (v. qui il 10.3. e il 104.1). Di maggior peso risulta essere la conferma che
neppure i «piani particolari» della nuova maglia citta-
stico e progetto di intervento. Ignora l'edificio il taglio del primo tronco di via Fieschi del 1863-69 (fig. 398 e v. pure figg. 396 e 397), nonché la sistemazione definitiva alla zona di Carignano del 1866 (fig. 399) e il progetto di strada dal colle di sant’ Andrea del 1868 mentre la grande avventura genovese dei restauri a partire dagli anni '50-60 iri poi non interessa almeno
fino all '82 la porta e il piano di sant'Andrea8.
La successiva ondata del dilatarsi del tessuto urbano negli anni 1869-77 e 1883-90 registra si un «cambiamento di stile» nell'affrontare il problema,
Fig. 395 - Genova, planimetria del 1856. 377
Fig. 396 - Genova, progetto per la ristrutturazione di via Giulia, 1780.
ma & anche una svolta riferibile a un campo operativo presso quartieri distanti dall'area di porta Soprana; mentre all'incirca negli stessi anni
«l'importante sistemazione del porto (fig. 400) è conclusionee in zio di una serie di sistemazioni urbane»
tempo», formando una commissione che assuma «..in proposito quei provvedimenti che crederà opportuni...» per il ripristino dell’edificio !?. Gli anni del silenzio sono conclusi.
del tutto estranee al settore in analisi.
Gli ambienti di porta sant'Andrea nel frattempo
continuano ad essere compra-vendite 10,
oggetto
di locazioni
e di
I primi segni di un risveglio d'interesse per il mo-
numento si collocano nel clima di una più
diffusa e
capillare attenzione al fatto artistico, e nella fattispecie nel quadro del formarsi delle «pubbliche gallerie»
cittadine !!. È nel corso di una «riunione della Commissione per l'impianto di un Museo Civico», infatti,
e precisamente in data 19 marzo 1881, che si decide di provvedere alla «ricognizione della porta Soprana
di S. Andrea a seguito di pressanti solleciti ripetuti da 378
11.2. La «Commissione municipale» e la Relazione di Porta Soprana di Sant'Andrea (1882)
Il 17 febbraio 1882 Agostino Allegro, scultore, in una lettera a Carlo Astengo, «R. delegato straordinario al Municipio di Genova», richiede la nomina di una «Commissione» che accerti «lo stato attuale» della porta Soprana «..onde..fare uno studiato Progetto di restauro...» 13. Con decreto del 4 marzo viene istituito il comitato che inizia i suoi lavori con l'adunanza dell’11 marzo 1882, raggiungendo il suo assetto definitivo il 23 dello stesso mese. I membri sono:
sentando, se non compiuti, abbastanza inoltrati i disegni dell'edi ficio (v. qui figg. 1 e 2), espone verbalmente le qualità militari ed in un tempo artistiche del medesimo, proponendosi di ultimare il disegno nel più breve termine possibile c di presentare in iscritto la relazione fatta a voce... «Il sig Presidente addimostra la convenienza di ordinare in un corpo solo il lavoro dei relatori». La Relazione di Porta Soprana di Sant'Andrea, edita nel dicembre 1882 a Genova dalla «Tipografia del R. Istituto Sordo Muti», aveva così preso l'avvio.
«I sig. D'Andrade» in apertura dell'adunanza del 22 luglio— la sesta — «presenta su due grandi tavole i disegni da lui eseg della Porta S. Andrea, i quali constano della parte esterna ed in terna della Porta stessa, di una sezione, di uno spaccato, della. pianta e di parecchi dettagli» (v. qui figg. 1 e 2). L'ammirazione per i rilievi è unanime: il Gavotti ne addirittura vengano incornici: a spese del Municipio; il Luxoro consiglia siano spediti
all'eimminente esposizione che si sta preparando alla Accademia Ligustica per offerire al Pubblico la vista di tanto applauditi disc gni e per interessarlo al restauro del patrio monumento»; si ri scontra la necessità di riprodurli «in molti esemplari onde procu-
Fig. 397 - Genova, progetto per la ristrutturazione di via Giulia, 1780.
Agostino Allegro, Michele Barabino, Tomaso Belgrano, Gio Battista Cevasco, Alfredo d’Andrade, Gerolamo Gavotti, Tammar Luxoro, Michele Marcenaro, Francesco Parodi, Lazzaro Romairone, Gio Battista Villa e, in un secondo tempo, viene aggregato anche Emilio Bensa. L'avvenimento ha il plauso dai toni aulici della stampa cittadina; nel Corriere Mercantile n. 67 del 20 marzo si legge:
«La porta di Sant'Andrea è uno dei più belli monumenti di archi” tettura militare del secolo XII che si abbiano a Genova» !4.
Nel corso della quarta adunanza del 22 aprile, il presidente Belgrano
«di lettura di un suo scritto riguardante la storia della porta S. Andrea, relativamente all’epoca e alle cause di sua costruzione. Fa seguito altra lettura del Sig. Parodi, al quale fu riservata la parte tecnica dell'edificio... Alla sua volta il Sig.r D'Andrade, pre-
Fig. 398 - Genova, primo tronco di via Fieschi. 379
Valutati il peso e la eco dell'episodio nell’ambito della cronaca locale, nonché la sua incidenza sull’interesse della cultura cittadina, che si sta rivitalizzando almeno nel settore del recupero relativo ai monumenti del Medioevo !6, va messo in evidenza quanto tramite il formarsi e l'operare del comitato promosso dal Municipio e tramite la stampa della Relazione,
agli studiosi del gruppo strettamente correlata, si garantiscano dopo secoli le circostanze ideali per il decollo di porta Soprana: siamo alla data di nascita della
«restituzione» architettonica.
È tempo allora di presentare brevemente, accostandosi più dappresso, il volume menzionato.
La Porta Soprana di Sant'Andrea, Genova,
1882, si apre con un'introduzione (pp. 5-9) in data agosto 1882, nella quale è trascritta una lettera del 21
maggio del medesimo anno, a firma di Carlo Astengo in risposta all'«indirizzo di riconoscenza» inviatogli
dal comitato, per
«dl grande interesse che nella sua breve gestione egli ebbe a dimo strare per tutto ciò che concerne la conservazione e il decoro dei monumenti di Genova»
(p. 8). Di seguito, si fa cenno in una breve cronistoria
Fig. 399 - Genova, pontedi Carigna-o, starıpa di G.L. Guidotti
rarne la massima diffusione soprattu-o con inviarne al Ministero della Pubblica Istruzione. altri ai più mportarti giornali illustrati che si pubblicano in Hali e all'sterc-ed esporne anche in vendita nei pubblici negozi della Città»;
ai decreti del marzo 1882 relativi al costituirsi della commissione municipale e del sottocomitato tecnico; alla seduta del 18 marzo decisiva per l’inizio dei lavori al fine di scrostare l’intonaco (p. 6), alla consegna del
resoconto relativo all'opera compiuta presso l'Amministrazione del Municipio nell'agosto 1882 (p. 9). Seguono le tavole già ricordate (v. figg. 1 e 2) e quindi i Cenni Storici del Belgrano; quelli Artistici del d'Andrade (pp. 44-45) — oltre alla sua descrizione del
gni del Sig.r D'Andrade...» 15.
monumento per cui si rimanda qui all'1. . —; nonché quelli Tecnici del Parodi (pp. 59-63). Sono appunto le due ultime parti che giustificano in questa sede l'interesse per il volume: nelle pagine delle due sezioni conclusive si registrano, con una puntualità radiografica,
clusa entro la fine d'anno e il 20 dicembre nel verbale
le condizioni dell’edificio così come è stato consegnato dopo gli anni del silenzio. Considerate, inoltre,
«...escita or ora alle stampe». Si provvede immantinente alla sua pubblicità con disposizioni varie e da
non certo di fama ma comunque di solido mestiere, il
il Belgrano, infine, che sta ultimando la sua Relazione, «stima conveniente» che il testo licenziato alla
stampa sia «corredato delle tavole riproducenti i diseLa «monografia sul mor-imento patrio» è con-
dell'ottava adunanza
si anauncia
che l'opera è
numerose conferme pervenute, si può accertare che l'accoglienza fu asszi lusinghiera. Il panorama della
stampa ne rappresenta l’indic= sicuro: // Cittadino di martedì 23 gennaio 1883 scrive delle «...tre magnifiche tavole, che il Cav. D’Andrade eseguì con gusto tanto fine e squisito...»; e così il Ca"faro e il Corriere
Mercantile per limitarmi ad &.cune testate. 380
Tautorità di Alfredo d'Andrade, studioso di rango, e la professionalità di Francesco Maria Parodi, tecnico testo — che, nonostante la diffusione degli inizi, non
è oggi cosi facilmente reperibile — merita di essere
trascritto almeno negli stralci essenziali. «Dai lavori di scrostamento interno», continua
il d’Andrade dopo aver rilevato l'esterno del monu-
mento (v. qui l'1.1.) «Già eseguiti nella parte superiore della torre a nord, si può rico
PIANO REGOLATORE
SO
ELE DEI
N
3i quale È corna rog
+
PESCETTO-SCIIATTINO
a an
E
Fig. 400 - Genova, progetto per la sistemazione del sorto.
noscere come i muri sieno stati costrutti con maggiore spessore laddove poteva essere più facile agli assalitori il tormentarla con mine o colpi di macchine da getto o da percussione, cioè nella fronte e nel fianco esterno, meno difesi dai mezzi che erano accumulati fra le due torri, a fine d'impedire lo sforzamento della Porta. Questo fattosi può osservare facilmente al piano cicca del pa vimento del terzo solaio della casetta, che ora si vede sugli archi della Porta, e proprio nella risega del muro, che nei due fianchi è diversa. Così il muro che da questo punto in su ha m. 1,05 di spessore tanto nei fianchi che nella fronte, all'ingiù invece, fino al suolo a livello del corridoio dei merli nella cortina, ha m. 1,54 nel fianco esterno e la misura già detta nello interno. Queste misure aumentano ancora nella parte inferiore della torre; ma non ècosì facile ora il precisare quali fossero veramente i primitivi spessori, atteso i gravi e ripetuti lavori di sottrazione che le dette mura hanno sofferto (qui figg. 401 e 402) Come dai merli, i difensori della Porta potevano offendere gli assalitori dai tre ordini o piani di feritoie già deseritt.Ma a questi si potevano aggiungere altre feritoie e caditoie, mercé bal latoi da improvvisare al disopra dell'arco della Porta, su travi per i quali si vedono ancora gli incastri, o buchi, e le porte d'accesso. Simiti ballatoi con feritoie c caditoie potevano anche aggiungersi intorno al coronamento delle torri; come pure attestano ancora gli incastri per infiggervi i travi. E probabile che le nostre torri,
guarnite superiormente di merli, non avessero tec; e che invece le forti volte onde sono coperte "ossero destinate a reggere potenti macchine da getto, completando i mezzi della bro difesa (qui figg. 403 e 404).
Giusta il sistema oit ordinariamente tenuto i Italia, le terri
a difesa della Porta Soprana, come abbiamo già de-to, erano aperte verso la città; al contrario di quello usato in altr: paesi...» (pp. 52-53).
Riprendo ora da Francesco Maria Paro.
«Dai rilievi fatti dalle Sottocommissione tecnica -isulte che in troppi punti, sia all'interno che all'esterno delle torzi, le mara ven: nero notevolmente gueste o asscttigliate; ed un esezrpio se ne può avere nella pianta proctta (sic) dalla stessa Sottocommissizne led: dove è indicato con tirta nera cuello che ne fu tol-c» (v. qui figg. 401 e 402)! «Chi si faccia a considerare quanto abbia da essere il peso delle torri, difficilmente pot-à darsi ragione come esse possana tuttcra stare in piedi; né troverà al certo molto strana l'affermazione di alcuni inquilini, che esponevano alla Sottocommissione d. sentire in tempo di forti venti non lievi oscillazioni. Infatti, lateralmerte alla Forta, i pilastri delle torri vennero, presso l'angolo, scavati quasi per intero, al fine ci ricavare dac botteguccie; tanto che in ciascuna di esse torri olt-e a ur quarto 381
+ Fig. 401 - Porta Soprana, pianta della torre Nord.
del loro volume, con porzione dell'arco attiguo, si trova unicamente sopportato da una semplice colonna di marmo del diametrodi circa cinquanta centimetri. Altri pezzi furono portati via, tanto all'interno che all'sterno, senza riguardo alla solidità della costruzione; qua per ingrandire l'accesso ad una bottega, là per dare ad un'altra bottega o ad una camera maggior ampiezza, o forma più regolare; altrove per ricavare nello spessore del muro un piccolo bugigattolo. Né man‘cano degli archi, i quali vennero tagliati o di molto assottigliati in chiave, per dar luogo ad un finestrino o ad una nicchia. Nella torre a tramontana lo spazio per la scala, che dal piano a livello delle mura mette ai superiori, è quasi tutto ricavato nel vivo muro di essa torre; il quale perciò si trova avere, per un trat382
to abbastanza esteso, uno spessore di venti o trenta centimetri, e in taluni punti anche meno, invece dei m. 1,40 che aveva in origine. Non essendosi potuto procedere allo scrostamento della torre a mezzogiorno, la quale è tuttora abitata, non si possono precisare i guasti ad essa arrecati; ma si la ragione di credere che il suo stato non sia molto dissimile da quello della compagna. Né a ciò si limitano i danni sofferti dalla Porta Soprana. pietra onde le torri e l'arco interposto sono costrutti, rlevasi di qualità men buona di altre pietre impiegate nella nostra cittàin costruzioni della stessa epoca, e mostra di avere grandemente sofferto a cagione delle intemperie, specialmente nella parte superiore. È detto nei Cenni Storici come, constatati questi danni sofferti
«..Nell’esame accurato della superficie esterna di detta torre si poté constatare che vari tratti del cordone con archetti in pietra ed in marmo, tuttavia esistenti nella parte superiore, si trovano in. buono stato di conservazione e promettono di durare lungo tempo ancora. Il resto del rivestimento è rovinato dalle intemperie, e con tutta facilità si sgretola per buon tratto dello spessore del muTo, a partire dalla faccia esterna. Lo stato della pietra si fa migliore a misura che si discende; tanto che al piano delle mura e nell'arco sono pochi pezzi che pre sentano gravi guasti. Nell'interno, dove i muri non furono assotti gliati collo scalpello, la pietra si trova ancora intatta e mostra conservatissima l'antica costruzione. Da quantoè sopra accennato risulta che queste torri e l'arco che le congiunge si trovano in una condizione di stabilità molto precaria». «..Fanno prove, per tacere d'altre minori, quelle spaccature
hey
— TAY Pin 2 mre eg léFe zw. Tii
dalla pietra, per impedire un ulteriore deperimento, i quale potes se dar luogo a forti infiltrazioni d'acqua od a pericolo dei viandanti, sia stato nello scorso secolo applicato alla superficie esterna delle due torri un intonaco generale, senza peraltro curarsi di ri parare prima a dovere la superficie su cui questo intonaco si voleva applicare, od almeno purgaria di quelle sozzure che potevano impedirne l'aderenza. Che così siasi proceduto, e che per questa ragione, rompendosi e staccandosi l'intonaco, più volte sul primo siasene applica to un secondo e un terzo, e che questi successivi strati di malta formassero sulla superficie esterna delle torri una crosta di spesso: re rilevante, ma poco aderente al muro e ormai per vetustà tutta piena di spaccature e prossima a staccarsi, per poco che avesse an: cora a subire qualche inverno con alternative di umido e di fred do intenso, lo diceva l'aspetto esterno di esso intonaco, lo confer mò Jo scrostamento della torre a tramontana» 19.
i
i
RAE
arl
RI M ipai em
ù afose Fig. 402 - Porta Soprana, pianta delle torri 383
Fig. 403 - Porta Soprana, merli di coronamento,
che presso a poco secondo una direttrice traverso tutto l'arco delJa Porta; e quella che nomselmente ad essa divide l'arco stesso, e prosegue innalzandosi fino al tetto della sovrapposta casetta Questa fenditura, già ottureta da lunga pezza, torna a riaprirsi Citeremo del pari le spaccetre della torre settentrionale, che nel mezzo della facciata a ponente, nonché a mezzogiornoin prossimità del pilastro angclare, > a tramontana appariscono molto amper quasi tutta l'altezza dell'edificio; né vogliamo tacere che nel volto in pietra da taglio. che copriva il pianterreno di questa medesima torre, si osserva similmente una spaccatura che lo traversa per quanto è ampia e che, più volte otturata dall'inquilino di un appartamento sottestante, sempre continuò ad allargarsi. Questi anzi ha affermato di averla appena nell'anno scorso ottu384
rata diligentemente con cemento, e di avere eziandio imbiancata la volta; ebbene, ora si scorge a segni non dubbi che Pallargarsi della spaccatura non è peranco cessato, benché ne sia molto lento progresso. Tutti questi fatti accennano chiaramente a movimenti assai forti verificatisi in questa torre, segnatamente nel pilastro a mezzogiorno e nella parte in curva rivolta verso tramontana-levante, in corrispondenza cioè dei punti che al pianterreno subirono i guasti maggiori. Che la storia, l'archeologia e l’arte consiglino, anzi impongano la conservazione della Porta Soprana, è abbastanza dimostr
1o perché sia da insistervi più oltre...» (pp. 59-62) 20.
È al testo della Relazione che ancora una volta
ritengo opportuno riferirmi allo scopo di trarne notizie idonee a delineare il clima storico e di cultura in cui si cala la «restituzione» di porta Soprana, senza volermi inserire nel merito del pregio critico del volume o della legittimità degli schemi operativi1, Appare pertanto necessario desumere i criteri e le finalità del ripristino dalle parole stesse dei protagonisti onde attenersi a una concreta scala di valori per il giudizio.
À De ein pipi ie mt dr 2 Pnaai ret TSa rr pa Wander BE RES p EE RE pv EEE FE p de SLI
Alfredo d'Andrade, il protagonista per eccellenza, Scrive nel suo contributo al citato volume:
«Infine, noi non sapremmo indicare ur'altra porta di cinta, la quale accoppii, nello stesso grado della nostra, antichità e grandiosità, ricchezza di decorazioni e di materiali. È da far voti che nel patrio decoro essa venga tolta dall'attuale stato di deturpazio ne e ritornata all'originale suo aspetto» (p. 55); e Carlo Astengo ribadisce:
«il merito e il vanto di torre dalPoblio i tanti monumenti di cui Genova va superba, e che sono memorie parlanti di un glorioso passato... vada ai nostri concittadini Francesco Maria Parodi infine puntualiz
«Si dovrà poi altrettanto scrupolosamente curare di mantenere il carattere artistico ed archeologico del monumento, fino a conser. vare quanto più sia possibile l'antico materiale; acciocché il ve
CRE
en KC
E
11.3. La «coscienza di restauro» e le finalità nell'orizzonte di un Medioevo restaurato a Genova (1882-1914)
AE
SE, 3 ee g Er IEEE EU e ehe
re
ln
Een
ELXu gag nee VR i
vl
2”
de Lar
ea
Fig. 404 - Vari tipi di merli di coronamento, disegno di A. d’Andrade. 385
sai prossimo (v. qui oltre, gli anni della sistemazione definitiva), e che soprattutto sta alla base di quella vocazione per il ‘monumento’ propria della cultura di epoca ‘pre-fascista’ e ‘fascista’ e che determinerà la nuova condizione urbana di porta sant’ Andrea. Si tratta di una premessa fondamentale che riparole cariche di eloquenza nella loro attualità retorica2, mezzi deputati a fornire i criteri reali del specchia fedelmente la cosiddetta ‘coscienza storica” risanamento nel quadro di un orientarsi generale del dei tempi: un giro d'orizzonte sulle attività genovesi nel solco dei vari ‘recuperi’ monumentali in città può ‘gusto’. offrire la misura delle mediazioni nonché degli Alla base del recupero sta, dunque, la «fedeltà» equivocitutta di tali In altra sede si è voluto dedel rispristino condotto con «coscienza di lineare l'ampia interventi. latitudine degli interessi sottesi a querestauro»23, A testimonianza di questa specifica in- sto recupero archeologico improntato sulla tematica tenzionalità morale si pone un corpo di conoscenze del monumentale e sulla vischiosa dipendenza fra artecniche applicate alla ricostruzione dei processi edilichio rimanendo accanto al nuovo sia testimonio della fedeltà del restauro». Lxantichità e grandiosità...a..ricchezza» decorativa dell’edificio deve «essere ritornata alloriginale suo aspetto», per «il patrio de: coro» di quei «monumenti di cui Genova va superba..., memorie parlanti di un glorioso passato...»
Zi: dal rigoroso richiamo alla filologia in tutte le fasi dell'intervento, all'attenzione più meticolosa per i materiali utilizzati e per quelli antichi ricondotti alla luce — il celebrato ritrovamento della lapide di Apollonia —; dalla nota diatriba sul «coronamento» a merli della porta (v. fig. 403), ai «ventinove quadri di ricerche di Architettura militare allo scopo dell'interpretazione del restauro» 24. Nel ventaglio di interessi critici il d'Andrade si sofferma con insistenza compiaciuta e giustificata sulla architettura militare, un terreno di speculazione particolarmente fertile e denso di sviluppi: quanto ho scritto qui ai capitoli 3. e 5. conferma la pertinenza e l'attualità dell'argomento. La cartella n. 54 conservata a Torino — e sovrabbondante di materiale — consente inoltre una ricchezza straordinaria di raffronti chiarificatori (v. fig. 404) attestando un patrimonio di informazione capillare sul piano nazionale ed europeo. Ancora una voltai termini metodologici della ricerca sono improntati alla più corretta filologia 25
Il tema del monumentale è un'altra corda critica particolarmente vibrante. La funzione etica dell'imponenza monumentale emerge in prospettiva cittadina ed extraurbana: dalle parole del Consiglio comunale genovese a quelle della Relazione e della pubblicistica italiana — a cui peraltro è particolarmente idonea — la retorica del monumento, con un processo collettivo a zone di cultura anche europea, fu per lungo tempo un leitmotiv di ampia risonanza, ma con tutti gli equivoci che esso comporta 25.
L'insistere sull'aspetto grandioso «dell’edificio nella posizione eminente che occupa» mette a fuoco, inoltre, .le origini di quel ruolo scenografico. celebrativo che verrà tanto decantato in un futuro as386
te e etica moraleggiante; in questa sede — sempre per
necessità di concreto — non resta che inquisire fra le carte qui trattate, onde porre in rilievo quelle operazioni relative agli edifici egemoni della città che, per una ragione o per l'altra, possano concernere questa esegesi di porta sant’ Andrea. Si, . Nel corso dei verbali della commissione i cantieri del ‘recupero’ dei monumenti urbani sono quasi tutti menzionati perché, in genere, sono diretti dagli stessi funzionari o per lo meno sono oggetto dei loro «sopralluoghi»; si ricordi che Alfredo d’Andrade — il quale da tempo gravitava su Genova — fu incaricato a reggere l'Ufficio della Soprintendenza ai monumenti della città con decreti del Ministero della Pubblica Istruzione a partire dal 16 agosto 1909 in poi. In tale contesto si va dal risanamento di Sottoripa (1889 e 1913) (fig. 405) a quello di san Giovanni di Prè (1909 ecc.) (fig. 406), impegnati sul fronte di criteri ormai acquisiti e tenacemente saldi; si va dal ripristino della cosiddetta casa di Domenico Colombo (1891-1914) (figg. 407-410) alla sistemazione del chiostro di sant'Andrea (1902-1922) (fig. 411) edifici che determinano l'epicentro e i confini di quell ‘area sacra” su cui ritornerò; si va dalla sistemazione di santo Stefa no (1892-1893 in poi) (figg. 412-414) a quella definitiva di via XX Settembre (1905-1907) (figg. 415 e 416), per non citare il caso limite delle demolizioni del cam-
panile di san Siro (fig. 417) dell'area del Ponticello «via Fieschi (figg. 418 e 419) e poi ancora di via del Colle, del Morcento, del Prione e di Ravecca (fig. 420), che sovvertono il tessuto urbano ai margini di porta Soprana. Il quadro in cui si colloca la «restituzione» del monumento assume contorni peculiari e definitivi, mentre sono i primi anni del secolo nuovo che quasi in contemporanea vedono il castello Mac-
Fig. 405 - Genova, Sottcripa.
kenzie incorporare la porta di san Bartolomeo nella «effettivamente sorc sospesi per dare corso alle pretiche relatisua ‘portineria’ e i genovesi decidere di demolire per ve all'espropriaz one della casetta de liqcorista..». poi ricostruire la porta Pila (v. qui il 10.4.4) con le E il 17 marzo 1888, ma già il -? ottobre 1887 in Arte sue lapidi rispettivamente del 1900, del 1901, del e Storiasi lamentava essere steti del tutto abbandona1903 e infine del 1950, nelle quali si attesta fra l'altro ti i resteuri «dell'antica 2 bellissima Porta Soprana». Nel maggio 1838, finalmente. si avviano le pratiche la «concessione delle indulgenze» 27. 11.4. «La Commemorazione centenaria della scoperta dell'America nel 1892» a Genova e la chiusura del primo lotto di lavori su porta Soprana (1887-1892) Dai Verbali del comitato e da altre fonti si viene a conoscenza che i lavori di restauro
per l'annessione dell’edificio tra i monumenti nazionali e dall'Elerco edito a Roma sempre nel 1388 a p. 6 risulta: «Por-a antica cella z ttà, sul piano di S. An-
drea» 8
Ne: corso del recedente anno 1887, però, il Co-
mune, dopo luaga trattativa, aveva acquistate la casa
di Domenico Colombo: è a seguito di tale erxolumento che decollaro le premesse dalle future celebrazioni colombiane. In ua artizolo sempre in Arte e Storia del 1° ottobre :887, n. 27, infatti, si legge:
387
«si ha fondata speranza di veder [la porta] compiuta nella faustissima ricorrenza del quarto centenario della scoperta dell Amer ca. Nel 1892 infattila Porta Soprana sarà uno dei monumentige novesi maggiormente visitati ( diciamo pure ammirati da fore stiei trovandosi prossima alla casa di Cristoforo Colombo, che il e che del pai verrà reMunicipio ha test liberalmente acquistata staurata giusta lo stile del sec. XV» (fg. 421) Il 5 febbraio 1890 nel corso della ventiseiesima adunanza della commissione, il sindaco Stefano Castagnola, manifesta
«la idea di estendere il mandato della Commissione, che ora si limita ai restauri dell Porta Soprana, a tutto quanto si riferisce ai patri monumenti, nell'interesse della loro conservazione...Fratanto chiede ai Convenuti il loro parere sulla opportunità di e staurare la casa n. 37, in Vico dritt di Ponticelo, la quale. 2 ac certato essere quella che fu posseduta da Domenico Colombo, padre delfimmortale Cristoforo». Inizia in tal modo il ripristino della casa del «Ligure illustre», un recupero correlato strettamente alla por-
Pea
=
+
Fig. 406 - Genova, san Giovanni di Pré. 388
Fig. 407 - Gencva, casa di Colombo prima dela demolizione,
i
PIANTERRENO SECONDO PIANO MODERNI
PIANTERRENO — SECONDO PIANO. ANTICHE PLANIMETRIA
Fig. 408 - Genova, casa di Colombo, pianta antica e moderna.
Kennen
har
RR
n nonen ERBA RERENA
_R_RRERA EE RS
7 2 ; TES : ICO DRITTO PONTICELIO CON PROSPETTO DELLA CASA pi Corowso Fig. 409 - Genova, vico dritto Ponticello e casa di Colombo, disegno anonimo, 1890 circa.
a Fosrerro
et
“=
Bip spero Verne
mee
Fig. 410 - Genova, casa di Colombo, prospetto antico e moderno.
Awrico
Fig. 4i
Genova, chicstro di sant'Ancrea, sistemazione cefinitiva
sia per e finalità sia per il coinvolgimento
studiosi, cos come si & visto. Il progetto dei due restauri — si lezge qualche tempo dopo nei
mente contra-io, richiamandosi con avvedutezza alla crisi economica in corso. La spesa prevista era infatti d: L. 1.800.000: una vera follia per i tempi che
verbali dei 13 luglio dello stesso anno — deve essere
maturavano 29,
Le «feste temporanze», sono oggetto, invece, di violente diatribe nel corso dei vari Consigli comunali a partire de quello del 19 gennaio 1891 in poi. Si registrano numerose opiniori a favore di un nutri-o pro gramma st proposta dei consiglieri Carcassi e Craveri — fra gli elti — meatre il Cabelia si dichiara netta:
Alterne vicence che comprendono anche la crisi del Consiglio comunale, precedono, il 12 ottobre 1892, l'apertura delle celebrazioni colombiane per il IV centenario della scoperta dell’ America (figg. 422 424). Oltre all'espos-zione Italo-Americana, a quella Marittima, a quellz delle Missioni Cattoliche Ameri cane e ad altre iniziative culturali (figg. 425 e 426), oltre alla «Mostra d'Arte Antica» allestita nelle sale di
«..0era seria e la solennità dei tale che insieme festa temporanza
duratura corr spondente al decoro della cità e a fatte d: cui v ene celebrata la commemorazione sodelizzi a tutte le esigenze più di altra qualsiasi che si vo-rä celebrare».
391
Fig. 412 - Genova, santo Stefano, cortile interno, acquerello di P.D. Cambiaso.
palazzo Bianco già destinato a sede del nuovo «Museo Civico» (fig. 427) (v. qui 111.2.) oltre al folklore tutto Kisch della «Passeggiata Storica» (figg. 423-430); 18 ottobre 1892 si inaugura con piena ufficialità anche la casa di Colombo (v. fig. 421), mentre la porta Soprana esibisce il volto risanato della sua torre Nord (fig. 431),
«..essendo i lavori di restauro già compiuti.» il 5 settembre. «..grazie ad una maggiore alacrità spiegata in questi ultimi tempi allo scopo di averli ultimati per l'occasione delle imminenti feste Colombiane e della visita dei moltissimi forestieri che si recheranno a Genova» 30. 392
Resta tuttavia da rilevare che se «moltissimi forestieri» visitarono ia effetti la casa di Colombo — come risulta dagli atti e dalla risonanza con cui la stampa diffuse l'avvenimento —, non è dato sapere quanto porta Soprara abbia potuto essere pubblici zata invece dalle commemorazioni colombiane; il silenzio delle fonti sembra piuttosto suggerire che i festeggiamenti abbiano rappresentato soltanto una sca-
denza utile per compiere la prima fase di restauro. Una lapide affissa nella torre Nord (v. qui 111.5.) in occasione dell'appuntamento delle celebrazioni certi-
fica ulteriormente la mia ipotesi. Questa si avvale, inoltre, del fatto che nella cronaca di quelle giornate “croiche’ l'edificio non viene mai menzionato né rappresenta certo una meta richiesta da quei «forestieri» © dai concittadini interessati invece a molti altri monumenti od opere urbane 31,
Nel quadro della IV «Commemorazione centemaria della scoperta dell America», dunque, porta Soprana sembra rivestire un ruolo piuttosto secondario. 11.5. «Le laboriose vicende» del ripristino (18811914) E tempo ora di venire ai contenuti del ripristino registrando la puntuale periodicità degli interventi.
Nell'adunanza della commissione in data 18 dicembre 1914 il «Com.re Alfredo d'Andrade» annuncia che
«ha creduto di redigere una relazione nella quale sono esposte le laboriose vicende e le difficoltà vinte dalla Commissione allo scopo di lasciare ricordo di tutto l'operato... che opina debba accompagnare l'atto di consegna del monumento. ».
Una fortunata coincidenza ha consentito di ritrovare una minuta della suddetta relazione e di poterla riproporre in questa sede 32,
«COMMISSIONE PEL RESTAURO DELLA PORTA SOPRANA DI S. ANDREA IN GENOVA. RELAZIONE dell'opera di detta Commissione negli anni dal 1882 al 1914. Nell'atto di dare compiuto il lavoro di restauro della Monumentale Porta Soprana di S. Andrea la Sottocommissione in cari ca crede suo dovere di presentare ai colleghi della Commissione da cui ebbero il mandato, una breve Relazione in cui sia descritta
E
cd
zA
Fig. 413 - Genova, santo Stefano, acquerello di P.D. Cambiaso. 393
Fig. 414 - Genova, santo Stefano, zona aasidale prima del restauro.
Yeti aa
Fig. 415 - Genova, via Giulia durante i lavari cel 1898.
»
Fig. 416 - Genova, vie XX Settembre.
Gordon ai ada DAP t
succintamente la storia dell'opera di detta Commissione dalla sua creazione sino ad oggi». L'elaborato, del 30 dicembre 1914 e con le firme dei membri della commissione, inizia, dopo breve preambolo, la cronistoria relativa al formarsi del comitato a partire dall'11 marzo 1882 1otizie che ben conosciamo e che, quindi, & inutile riportare.
$
TL
SAU ANT
C2 Arp in uu
e,
7722
met
RE
«La Commissione» — continua il testo a p. 2 — «occupandosi subito dell'adempimento del proprio mandato riconobbe la neces sità di procedere anzitutto ad alcune ispezioni e lavori di scrosta: mento diretti ad accertare la precisa forma della originaria costruzione del monumento e le opere che successivamente vi erano state praticate con gravissima offesa del suo aspetto esteriore ed a danno della sua stabilità. L'incarico di compiere questi lavori preliminari venne deferito ad una sotto-Commissione tecnica composta dai signori Allegro, Barabino, D'Andrade, Marcenaro, Parodi, Villa; e per far fronte alle spese che sarebbero occorse, lo stesso R. Delegato assegnava L. 2.000, S'iniziarono quindi i lavori nella torre nord [qui figa. 432436] scrostando i muri, demolendo le impalcature coi relativi pavimenti e soffitte e divisioni di tramezzi che erano stati costrutti in tempi recenti nell'interno della torre per uso abitazioni e si demolirono i muri coi quali erano state chiuse le grandi aperture ad arco verso ponente. Negli anni seguenti cogli assegni dati dal municipio e con quelli del Ministero del a Pubblica Istruzione le opere di restauro andarono svolgendosi in modo che nel 1888 la somma diggià spesa era di lire 49.676,03 delle quali L. 16.000 erano state fornite dal Governo in quattro rate di L. 4.000 ognuna negli anni 1883, 1884, 1886 e 1888. I lavori eseguiti in quell'epoca furono i scguenti: si ricostruì la muratura di conci di pietra da taglio dove essa era stata scavata per dar posto alla botteguccia al pianterreno del pilastro sud dellarco della Porta. Si ricostrul e restaurò in pietra da taglio il fasciamento ester no ai due piedritti dell'arco della Porta, non solo al disotto del i vello della strada, ma per un buon tratto anche al disopra. Presso la torre nord la colonna che regge Tarco dello squarcio della Porta venne rifondata [qui fig. 437] costruendosi provvisoria: mente un pilastro in mattoni che doveva essere più tardi sostituto, quando si avesse potuto demolire lattigua casetta che era addossata al lato ponente della medesima torre nord [fig. 438]. Nella parte interna della stessa torre che era quella che ave va più particolari architettonici, la cui esecuzione presentava qualche speciale difficoltà, i vandalici demolitori avevano lasciato dei resti che confrontati con altr resti di monumenti genovesi (S. Stefano, S. Salvatore di Lavagna, S. Maria di Castello ecc.) hanno potuto dare la giusta indicazione per la ricostruzione di molti par ücolari. Si restaurò e si rifece quindi in parte il rivestimento in pietra da taglio all'interno della torre. Al disopra del corridoio di ronda della cinta, formando le feritoie al piano delle mura ed al piano
Fig. 417 - Genova, campanile di san Siro, disegno di A. d’Andrade.
Documento acquistato da () il 2023/07/06.
T
è
il
rei. x
w
n”"1
^
Fig. 418 - Genova, piazza Ponticelc cggi demolita.
T"
alil
Fig. 419 - Gercva, piazza Ponticello oggi demoE:a. disegno di ©. Mazzoni.
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Fig. 421 - Genova, casa di Colombo, lapide.
398
Fig. 423 - Gencva-Pegi, Musco Navale, celebrazioni colombiane del 1892. arrivo dei reeli a Genove, dirinto di G. Sazheti
Fig. 424 - Celebrazioni colombiane del 1892, arrivo dei reali nel porto di Genova.
400
*
Moers
Fig. 426 - Genova, celebrazioni colombiane del 1892, esposizione.
402
Fig. 428 - Celebrazioni colomtiane del 1892, passegg.ata storica.
Fig. 429 - Celebrazioni colombiare del 1892,
personaggio storico.
Fig. 431 - Porta Soprana, la torre Nord restaurata.
del ballatoio soprastante, si rifece per intero la scala a sbalzo, li arconi delle due grandi aperture verso ponente e gli archi delle di verse porte col relativi architravi (qui figg. 439-446]. All'esterno si fece gran parte del fasciamento anche nelle parti occupate allora dalle case addossate alla torre, e i rec il terrazzo e a merlatura di coronamento della torre stessa [qu fgg. 447.448]. Alla torre di mezzogiorno i fece uno scrostamento alinterno ed in parte all'esterno per completare gl studi richiesti per il restauro, La casetta di due piani che era stata costruita fra e dus torri sopra il grande arco della porta (qui fig. 449] fu demolita esi por bil pavimento del passaggio fra le dette due torri al livello primi tivo si rifece la cornice ad archetti, il parapetto e la sua merlatura Iv. fig. 448]. Nel 2 giugno dell'anno 1889 si dichiarava con R. Dec-eto di pubblica utilità la espropriazione e la demolizione di una piccola casa con abitazione e bottega di proprietà deli eredi Bissc posta sul piano di St. Andrea al n° 1, allora occupata da un liquorista. Lampugnani, che era addossata al lato di ponente della torre nord 404
della porta e l'indennità di espropriazione venne liquidata in L. 2.000 [qui fig. 450]. In questo stesso anno le spese di restauro ascesero a L. 955,50. 1 lavori continuarono e nel 1890 si spesero L. 3.509,72. Nel 1891 si ebbe un sussidio dal Governo di L. 4.000 e si spesero L. 17.910,80 per l'espropriazione della bottega appartenente alla si gnora Cristina Raffo sita alla base della torre nord, verso il vico 0 di Ponticell alle quali si aggiunsero altre L. 2.200 nel 1893 per maggiore indennità oltre la già pagata. Nel 1892 si spesero L. 13.778,88 e nel settembre dello stesso anno i lavori di restauro della parte della torre nord che non era inglobata entro alle vicine case erano compiuti in occasione delle feste colombiane nella quale occasione si è creduto di ricordare il restauro con una lapide che è stata murata nella spalla sud della porta di ingresso alla torre nord, dicente: «anno ab incarnatione domini nostri Ihs Xri MDCCCLXXXXII ardua haec turri olim claruit dein neglecta cito exaruit at splendidior post fata nunc re fulget renovata constructiones quae hic audenter incubuerant de menter vanuerunt et impensis municipii januensis agebantur restauranda per agenda reparanda» 1 lavori furono quindi sospesi in considerazione dei pochi fondi disponibili. Nel 1895 si spesero L. 280 e si cominciò a fare una perizia per la espropriazione delle cinque botteghe n° 4, 6,8, 10, 12, 14, numeri rossi, prospicienti la via di Ravecca, che erano addossate 0 incastrate nella costruzione della Porta e delle mura di cinta {qui fig. 451]. Si diede anche la disdetta all'affittuario della bottega di proprietà civica sotto l'arco della Porta, dal lato sud. Con decreto emanato dal prefetto il 27 maggio 1898 furono espropriate dette cinque botteghe con là somma complessiva di Lire 54.040, 11 29 aprile 1899 si deliberò la ripresa nella torre sud sotto la direzione della sotto-Commissione tecnica che allora era composta dei signori: Bisagno, Campora, Crotta e dal Comm. D'Andrade che dopo il decesso del Comm. Belgrano. era stato eletto Presidente della Commissione. Alla torre nordsi fecero i dovuti assaggi per conoscere lo sta: to delle fondazioni, si rifece il piedistallo della colonna [qui figg. 452-454], si cominciò la porta di accesso alla torre stessa [v. qui fig. 446] e si rifece il rivestimento della cinta che dalla torre sud va alla cisterna di via Ravecca [qui figg, 455-457]. A ottobre del 1912 le spese fra espropriazioni e lavori di restauro ascendevano alla somma complessiva di L. 197.432,90 de le quali L. 171.432,90 erano state fornite dal municipio e L. 26.000 dal Ministero della Pubblica Istruzione. lavori non sono sempre stati fatti senza qualche noiaed opposizione, ma la Commissione col suo convincimento di far bene € di dare al paese un monumento di grandissima importanza, ha cercato sempre di vincere per quanto era possibile queste opposi zioni. La maggiore delle quali fu costituita dal piano regolatore del la regione attorno a Porta Soprana ?* [qui figg. 458 e 459] che era stato compilato senza tenere troppo conto del monumento e senza pensare a prendere accordi colla Commissione scrivente. Secondo detto piano regolatore s'andava tagliando del colle di Sant'Andrea tanto da mettere in disastrose condizioni la stabi
lit e l'estetica di Porta Soprana: oltre a ciò essendo stato a nord della Porta troncato l'acquedotto civico, l'ufficio di arte Munici pale aveva immaginato di mantenere il passaggio delle acque sopra le mura a sud della Porta facendole salire mediante un grosso tubo di ghisa appoggiato alla cinta che colla sua formae rigidità moderna disdiceva gravemente col'aspetto del vecchio monumento. Questi lavori venivano eseguiti insaputa della Commissione la quale fu costretta in seguito a studiare più di un ripiego per eliminare per quanto fosse possibile gli inconvenienti che dai nuo vi fatti erano derivati. La demolizione di quel tratto di muro di cinta che saliva su pel colle di sant’ Andrea ed in cui era stata costrutta nel 1155 la scala per la quale gli antichi difensori della Porta accedevano alle mura ed alle torri, rese necessaria la costruzione di un'altra scala che la sosttuisse.
Alla ripresa dei lavori di restauro al nostro monumento in questa epoca, la Commissione aveva a sua disposizione L. 47.500 delle qualiL. 20.000 erano state date dalla Banca d'Italia in compenso dell'area occupata dalle mura che essa toglieva all'edificio della Porta per potervi costrurre al posto una parte della sua nuo-
va sede % [qui figg. 460-463].
Si cominciò allora dal far rimuovere il grosso tubo di ghisa, di cui abbiamo già parlato e pel quale l'acqua ascendeva al castello distributore, trasportandolo nell'interno della torre dove ora resta nascosto alla vista dei passanti.
Altrettanto non si è potuto fare coi tubi di piombo disposti
gli uni accanto agli altri a modo di canne d'organo dove passano le acque discendenti. Essi aspettano di essere disposti in miglior modo quando le demolizioni per il completamento del piano regolatore fra via Ravecca e quella del Colle renderanno ciò agevole. Per poter svolgere convenientemente la nuova scala di ac-
Fig. 432 - Porta Soprana, pianta della base della torre Nord. 405
Fig. 434 - Porta Soprana, interno della torre Nord durante il restauro.
aurcm
NS.
em
Fig. 436 - Porta Soprara, progetto di restauro della torre Nord.
E
E e
et, fa Le eI à aha baie Matt nam 2 au a run, und de
rt
li Fo
an een. fa en à gate aueh tm eL
ceri sell rato,hl odio de ho fato (na raten, Brenn Mnt al La frt) An gin 4 È
EMPIRE \
huy
Ze
P
TAT
Nik e n
> raella
A
e
Fig. 438 - Porta Soprana, casa del liquorista sulla sinistra.
Fig. 439 - Porta Soprana, scala interna.
Pa His vx di Fig. 441 - Porta Soprana, erchi e scale interne,
[PROSPETTO VERSO L'INTERNO DELLA TOME |
mm ESTERNO:
PORTAL
È
PIANTA Fig. 443 - Porta Soprana, progetto di restauro.
410
A
2
Fig. 444 Porta Soprana, progetto di restauro.
all
Fig. 445 - Porta Soprana, restauro della porta del terrazzo; il personaggio è Alfredo d'Andrade.
412
stato di sgretolamento che il restauro di esso poteva preoccupare chi vi ha messo mano: ciónonostante il lavoro è stato compiuto in modo perfetto [v. qui fig. 457]. Bene restaurati furono la scala interna, il terrazzo superiore, la merlatura, il rivestimento interno e quella parte di rivestimento esterno che oltrepassava l'altezza delle case attigue. Impensierita dai gravi lavori i sterro che l'amministrazione civica andava eseguendo attorno alla torre nord per l'attuazione. del piano regolatore, la Commissione ha creduto di non più ritardare i lavori di rifondazione alla torre stessa che si imponevano. Il suolo sul quale posa il monumento è costituito di marna pliocenica comune in questa regione. Questo lavoro fu importante non solo come sono sempre lavori del genere sotto al punto di vista della stabilità ma anche da quello dell'armonia tra il vecchio e il nuovo quando fossero venuti in vista accanto l'una alfaltra la nuova e la vecchia muratura. Si preferì di eseguire questo lavoro con mattoni ben cotti e Terrigni di colore grigiastro, della valle del Bisagno, murati con malta di cementoa lenta presa di Casale anch'essa grigiastra, colore della muratura di questa regione, in pietra vista, quando patinata dalle intemperie. 11 20 febbraio 1914, il Ministero dell'Istruzione promise un nuovo contributo di L. 4.000 per il completo restauro della torre nord il quale fu ora terminato col rivestimento di quella parte di
Fig. 446 - Porta Soprana, restauro della porta a pienterreno. cesso alle mura, si praticarono due passaggi nel muro della cisterna del 1287 in via Ravecca e dentro ad essa fu iniziata la scala, la quale sebbene con qualche ripiego in corrispondenza dei tubi dell'acqua discendente ha potuto essere costruita coll» misure e colla forma della vecchia scala della qualesi erano potuti studiare i dettagli prima che essa venisse totalmente demolite [qui fige. 464-466) In ogni modo per quanto riguarda specialmente la posizione della scala, perché non abbiano a ‘nascere dubbi tra gli studiosi a venire intorno alla ragione della sua costruzione e la data di essa, la sotto Commissione ha creduto bene di murare nella parete, al disotto degli archi che reggono la scala stessa, una lapide marmorea che per dicitura, per caratteri e per intaglio si armonizzasse colla lapide del 1287 che I vicino ricorda la costruzione della ci sterna antica. Essa dice così: «Anno domini MCMXIII ad substiuendas scala veteriores sitas ad latere borealis turri publice utlitats cau. sa ditas hec nove sc fact fuerunt expensis comuris januen sis #, Si procedette quindi al restauro della torre sud, restauro che sarà completato quando detta torre verrà sbarazzata dalle case che ancora al giorno d'oggi la deturpano appoggiandosi ad essa. L'angolo superiore sud est della torre meridionale era in tale
Fig. 447 - Porta Soprana, restauro del terrazzo. 413
Fig. 448 - Porta Soprana,in una foto Alinari dopo il xcstaurodelle torre Nord.
Fig. 449 - Porta Soprana, pianta della torre Nord.
Fig. 451 - Porta Soprana, botteghe nelle torri. 415
Fig. 453 - Porta Soprana, rifondazione della colonna.
Fig. 454 - Porta Soprana, rifondazione ultimata della colonna.
Fig. 455 - Porta Soprana, la cisterna e le mura.
Fig. 458 - Genova, piano regolatore della zora di porta Soprana, datato 3-13-19-2 418
Fig. 459 - Genova, piano regolatore della zona 'A'.
419
Fig. 462 - Genova, lavori per la costruzione della banca d'Italia. 420
Fig. 463 - Genova. scorcio della banca d'Italia a costruzione ultimata, sulla destra, presso porta Soprana.
Fig. 464 - Porta Soprana, demolizione di un tratto di mura e della scala di accesso al cammino di ronda.
essa che si è potuto eseguire, dopo che sono state demolite, per causa dei lavori municipali di sistemazione, le case che lesi addossavano prima. Così ad un vecchio e malandato caduto in mano alla più misera gente della città e ridotto ad abitazione più che modesta ed a piccole botteguccie, la Commissione di Porta Soprana adempiendo al suo mandato ha ridato alla nostra porta il suo carattere primitivo di imponente costruzione militare simile a quella dei più bei monumenti che gli occidentali hanno costrutto in Siria durante le Crociate. Con questi lavori Porta Soprana è diventata di nuovo quello che era in origine cioè uno dei più grandiosi monumenti militari del secolo XII in Italia che serve a dimostrare l'importanza della Repubblica Genovese e la parte che essa ebbe nelle güerre di quei tempi, e come; preoccupata della distruzione di Milano per opera
del Barbarossa, essa si preparava, gelosa della sua incipendenza, a non lasciarsi dominare da quel fiero devastarare. Rimanga, questo monumento, così rinato all'emmirazione dei presenti e dei posteri quale segnacolo di un popalc che attra. verso a molte dolorose vicence ha saputo manteners. indipendente per più di dieci secoli e sviluppare nello stesso temo i. benesse re della patria mediante il cormmercio e e industrie c-e-fece conoscere a tutto il mondo. L'Amministrazione Corr unale di Genova, promovendo e sostenendo la maggior parte de la spesa per il restauro sie resa benemerita, e speriamo che questo esempio serva per irocraggiare a proseguire l'opera di esaltazione della storia di Genova rediante i suoi monumenti. E giacché la Commissicae di Porta Soprana hz potuto fare parecchie economie sul suo bilancio, detta Ccmmiss one ficucio421
Fig. 465 - Porta Soprana, scala di accesso al cammino di ronda prima della demolizione.
Fig. 466 - Porta Soprana, progetto di ricostruzione della scala di accesso al carumino di ronda, disegno di A. de Marchi
Fig. 467 - Genova, carceri di sant’Andrea, cortile,
sa che l'Amministrazione Municipale vorrà dedicare Tammonta. re di queste economie allo scopo della conservazione dei monumenti patri fa voti perché la somma economizzata sia dedicata alla conservazione e restauro di un monumento che interessi la storia locale, fra i quali alla Commissione pare che simponga principalmente la ricostruzione della parte decorativa dellinteres santissimo chiostro dell'ex convento di S. Andrea, monumento importante della transizione fra l'arte romanica e Togivale e che depositata da vent'anni come ruderi entro l'estnta chiesa di Sant'Agostino corre sempre pericolo di venire disperso» 7 [qui fig. 467. «Prima di finire questa relazione ci si permetta di lamentare che sistemando i terreni attorno all torre nord si & ricorso a delle finte roccie che colla loro meschinità poco o nulla si accordano
colla grandiositä del monumento che tanto ci & caro, ed al quale. per trenta anni abbiamo dedicato i nostri studii e la nostra attività {qui fig. 468]. La Commissione fa dunque voto perché le finte roccie vengano demolite e sostituite con altre che meglio si armonizzano colla natura e colla imponenza del monumento. Un'altra piccola raccomandazione fa la Commissione alla. Amministrazione Civica ed è che essa faccia spostare di qualche poco il tubo di piombo che ora nasconde una parte della lapide ricordante la costruzione della cisterna del 1287, che si trova nella casa attigua a detta cisterna non lontana dalla porta per cui si en tra nella nuova scala di accesso alle mura antiche e che ora rende difficile la lettura della vecchia lapide. Questa per sommi capi è stata l'opera della Commissione che 423
vicenda che approda alla sistemazione definitiva del monumento (v. qui il 12., passim). L'edificio, penalizzato del sostegno delle mura a Nord, è del tutto compromesso nel suo equilibrio di strutture e, a prima vista, sembra esposto a repentaglio nella sua stabilità: la porta — dato interessante e profetico — viene ad assumere quell’aspetto di «grandioso moncone» che, in definitiva, presenta a tutt'oggi (figg. 469 e 470). L'iter della «restituzione» è lento e rimane in sostanza avulso dai grandi episodi urbani: dal pressoché contemporaneo dilatarsi della «città borghese», (1907-1916), che trova il suo perno nel programma di ampliamento della zona di Albaro (1909-1914)? (figg. 471-474), alla grande parabola delle ‘esposizioni’ che dalla rassegna della «Promotrice» (1908, 1911, 1913 ecc.) all'altra celeberrima del 1914 (figg.
475-477) si susseguono a Genova con ritmo serrato nonostante il perdurare dal 1907 del collasso economico 49, . Mentre a Milano «nel maggio del 1914 si inau-
gura presso la ‘Famiglia Artistica' la prima mostra d’arte del gruppo Nuove Tendenze»4! a Genova —
per la rassegna che apriva i battenti il 23 dello stesso
Fig. 468 - Porta Soprana, sistemazione del «giardiretio».
mese e dello stesso anno — Gino Coppedè, assieme con Paolo Fossati, ideava «costruzioni adatte e ri-
spondenti allo scopo» quali, ad esempio, il padiglione d'ingresso che, elevato su di un'area di 5.000 mq, finisce oggi con la consegna che facciamo all'Amministrazione Comunale, del Monumento che ci venne consegnato in brandelli e che noi coi nostri studii e col nostro lavoro ass:duo storico e tecnico abbiamo reso degno della maggiore consicerazione. Nella speranza che la nostra opera possa venire epprovata dai presenti e dai nostri successori, ci rassegniamo col massimo ossequio» 3.
11.6. Le ultime battute della «restituzione» architettonica alle soglie della prima gı.erra mondiale (1907-1915).
Gli accorgimenti a difesa dell'invadenza del piano regolatore (v. la nota 36) e tutte le v-cissitudini con la Banca d'Italia (v. qui 211.5.) aprono un nuovo corso al singolare itinerario della porta Soprana; siamo agli antefatti più cospicui anche se meo vistosi della 424
«trae ispirazione da linee assire», oppure il fac-simile in legno della «Genovese» torre di Galata a Istanbul.
«L'opera degli artisti ideatori rifulge magnifica»; «Genova si è giorificata con le sue Esposizioni... a trionfato»; «Genova, coeva dei Romani, conserva ancora nelle sue viscere palpitanti i segni della sua indomita indipendenzae del suo ardore di dominio e di espansione. »; mentre, «nata in un sogno di guerra», «il popolo passa e ripassa sotto di te e ti guarda, o Porta Soprana...l popoJo memore l'ama e ammira; aleggiano a te d'intorno fremiti, che nessuna forza umana, né il tempo potranno spegnere, Attorno tu guardi e, ricordando, insegni». Così si legge in un «articolo alato» del prof. Mario De Vecchi“. In tale clima, pur distinto da molteplici
istanze, porta Soprana, malgrado tanto «amore» e tanta «ammirazione», si colloca in realtà ai margini.
In questo medesimo contesto, invece, nel quadro
del mito della «Superba» — del tutto analogo a quel-lo della «Dominante» (v. qui il 12.3.) — che si va consolidando, la casa di Colombo trova il suo spazio; visitata nel 1913 da 126 persone con ricavo di L. 63, ben-
Fig. 469 - Porta Soprana ‘isolata’, prospetto esterno. 425
Fig. 470 - Porta Soprana ‘isolata’, prospetto
interno.
Fig. 471 Genova, piano regolatore di Albaro.
ché negli «assaggi praticati» «nulla di veramente an-
tico si [sia] rinvenuto», è pur sempre meta dei pellegrini, in quegli anni cosi maturi per miti e glorificazioni. L'edificio; peraltro, «pel recente spianamento della parte nord della collina, in vetta alla quale sorge la monumentale Porta Soprana di S. Andrea», e a causa della demolizione «delle case contigue interposte fra essa [porta] e la casa di Colombo», presentava l'«aspetto antiestetico» di una «esile casa rimasta, fra le demolizioni latistanti, isolata a
come si è visto, i lavori del ripristino iniziale di porta
Soprana: il 18 dicembre Alfredo d'Ardrade
«...esprime tu:ta la sua compiacenza col dire che ormai il restauro può dirsi giumto al suo termine...» **.
Gli sporadici interventi del 1915 non fanno più storia anche perché da sfondo attivo stanno gli appa rati per l'imminente conflitto Nella «confusione ideologica» e ella
eccitazione» che «invadevano il paese increduloed im. guisa di candela», tantoè vero che poco dopo «..sarà consentita * «euforica pegnato ad preparato e voluto da pochi» alle soglie di ia demolizione el piani superiori fino al limite della lapide ch'era quella «guerraun evento farmaco», «vera industria del czdavere». stata infissa nel 1892 nella facciata esterna al disopra del primo piano» 43.
Nel frattempo, nello stesso 1914, si concludono,
Genova risponde, prima che con i soi morti, con
l'inaugurazione del monumento dei Mille a Quarto il 9 maggio 1515 (fig. 478)45. 427
Fig. 473 - Genova, Albaro, torre di san Nazaro vista dal Vagno.
Fig. 474 - Genova, Albaro, torre di san Nazaro durante i lavori.
Fig. 475 - Genova, esposizione del 1914.
Fig. 476 - Genova, esposizione del 1914,
430
uns Fig. 477 - Genova. esposizione del 1914.
Fig. 478 - Genova Quarto, -na.zurezione del monumento ai Mille
NOTE
11.
? A partire da questo capitolo, le informazioni fornite dalle note divengono più dettagliate; si tratta, infatti, per la maggior parte, di notizie completamente inedite o pubblicate soltanto parzialmente che, per la prima volta in questa sede, sono integrate in un apposito contesto culturale. Iregesti e la collocazione archivistica di tuttii documenti del XVIII secolo citati sono nella appendice Profumo, alla quale si rimanda. Sulla relazione di Claudio Storace si veda anche BELGRANO, 1882, pp. 40-41. La planimetria di Brusco, rifacimento della famosa pianta della città commissionata alla metà del X VII secolo dai Padri del Comune, è in ATCG, MSA, nl 1124 (cfr. anche REVELLI, 1936, tav. X, e PoLEGGI, 1977, pp. 98-99); per quella di Guidotti, Genova nel solo giro delle sue mura vecchie, cfr. PoLEGGI, 1977, p. 102. 2 Sugli avvenimenti storieo-militari che portano alle nuove fortificazioni si veda FORTI, 1971, pp. 61, 87-91, 94-97, 102-108, 128 ess, 131 ess, 136 ess., 139-144 e 147-156, fondamentale anche per quanto riguarda i dati storici e tecnici relativi alle difese settecentesche; cfr. inoltre ibidem, pp. 89 e ss, per le frasi citate nel testo; pp. 97-101, per i dati concernenti forte Diamante (relativamente al quale si veda anche TORELLI, 1898, pp. 21 ess); pp. 108-110, 114-115, per forte santa Tecla; pp. 115-120, per forte Richelieu. Sui sistemi di fortificazione si veda anche RocCHI, 1908, passim, e, per un quadro generale sulle mura e le fortificazioni di Genova, cfr. DELLE. PIANE, 1934. Sulle vicende del 1747 si cfr. il racconto di CODEVIOLA, in ASG, Diversorum, n. 1243; sugli ingegneri militari al servizio della Repubblica, oltre a FORTI, 1971, p. 91, si veda anche ASG, Sala Foglietta, n. 1242, e ibidem, Diversorum, n. 1243. Sulle ultime peripezie di porta Lanterna si veda FORTI, 1971, p. 26; per porta Pila ibidem, pp. 21, 72, e per la relazione di Marco Ambrogio Doria si veda in ASG, Sala Foglietta. Le allegorie del 1798 e 1799 sono in ASG, Repubblica Ligure, Incisioni anonime, 1798-1799, edite in Co. STANTINI, 1978, p. 480. 3 Sullassedio dell'anno 1800 si veda Giornale delle operazioni militari, 1800; sui nuovi interventi alle fortificazioni, nei primi quindici anni del secolo, cfr. FORTI, 1971,pp. 107 ess., 120-121, 124e ss. Sulla crisi del 1813 cfr. IVALDI, 1979, p. VII (per la frase citata) e vedi GIACCHERO, 1970, I, passim. Sui forti iniziati dopo il 1815, sotto il Regno sardo, FORTI, 1971 (pp. 44, 92, 115, 121, per le fra si citate; pp. 107, 174-176, 182-184, per la descrizione dei forti). «La città riordinata nelle sue principali infrastrutture viarie difensive dello Stato sardo» è efficacemente rappresentata, secondo PoLEGGI, 1976, p. 270, dalfanonimo Plan de la ville de Génes, de ses for. tifications et de ses environs, biblioteca Reale di Torino, edito in PoLEGGI, 1977, p. 105, n. 57. La prima fraseè tratta da FORTI, 1971, p. 122. Sulla ricostruzione del Castellettosi veda in primo luogo l'esauriente POLEGGI, 1968, p. 38 nota 11, e inoltre GROsSO-PESSAGNO, 1914, p. 9; FORTI, 1971, pp. 17, 21, per le frasi citate. 5 La prima frase è di FoRTI, 1971, p. 26; sulla nuova porta cfr. ibidem, p. 75, per la frase citata. Sulle polemiche sorte intorno a porta Lanterna si veda anche qui al 10.4.4; cfr. inoltre la raccolta di articoli di quot 1 1827 conservata alla BUG, come La Porta Lanterna; MIGONE, 1895, p. 21 e ss; FORTI, 1971, pp. 74, 292 nota 27 e p. 75, per la frase citata sulla torre della Lanterna. Per l'iscrizione cfr. ibidem, p. 26, e cfr. qui il 10.4.. Su porta d'Archi cfr. PODESTA, 1894, p. 13, per la citazione, e FORTI, 1971, p. 39. Su. porta Romana, ibidem, p. 77. Su porta Pila, ibidem, p. 72; Porta Pila e i genovesi, 1893; Per la conservazione di porta Pila, 1895; Mi. GONE, 1896, e qui la nota 32 al 10.4.4. 6 Relativamente al «Piano di ampliamento delle abitazioni» dell’architetto Barabino, cfr. DE NEGRI, 1968, pp. 782 e ss. per gli investimenti legati al piano si veda DORIA, 1969, pp. 93, ess. 98 e infine il fondamentale DE NEGRI, 1977, passim. Si veda ancora il recente GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 21, dove si definisce l'operazione uno «scavalcare la città antica»; per un inquadramento più generale POLEGGI-CEVINI, 1981, pp. 161-164 e 165, per la frase citata. Cfr. inoltre i brani di PALLAVICINI, 1838, p. 75; di FAZIO, 1976, pp. 154, 148-153 e passim (offre una sintesi degli interventi urbanistici di questo periodo); si veda ancora GUGLIELMINO, 1940, passim; DE NEGRI, 1968, pp. 3031. 432
? Le frasi citate, relativamente alfesposizione del 1846, sono tratte da CANALE, 1847, p. 4; l’autore ricorda come già nel 1786 nascesse a Genova una «Società Patria delle Arti e Manifatture» e come tale società stabilis, al suo sorgere, di organizzare nella città, «... onde meglio provvedere alla nazionale industria.» ogni anno una esposizione; particolarmente interessanteè sottolineare che la prima si svolse, a cura della stessa società, nel 1789, dieci anni prima della esposizione di Parigi Sul singolare primato di Genova nel campo delle esposizioni e sulla Società Patria delle Arti e Manifatture cfr. DE NEGRI, 1970, pp. 35-40. Infine ricordo che nel catalogo della esposizione Promotrice del 1858 è pubblicata l'opera di ZANETTI BORZINO dal titolo Processione presso le porte di S. Andrea (p. 90). Cir. DORIA, 1969, pp. 101, 167 ess, 253 e ss, perle implicazioni finanziarie del piano Barabino. In specificoè del maggio 1856 il piano particolareggiato progettante la costruzione di due strade di circonvallazione atte a unire, attraverso le colline, via Assarotti con Castelletto, e di una strada di raccordo tra l'Acquasola e piazza san Bernardino (cr. la litografia di D. Cervetto, C. Cecchi, A. Descalzi — disegnatori — e di Hoening — incisore —, ATCG, MSA, nl 1323). Una sintesi ella storia politica della città nel periodo in questione è in MONTALE, 1979, in particolarea p. 9; cfr. inoltre COSTA MONTALE, 1972, I, pp. 567-613, e Dizionario del Risorgimento, s.v. ordinato per personaggi. Interessante documento è inoltre il catalogo della mostra organizzata nel 1925 a palazzo Rosso in occasione del XIII congresso nazionale della Società per la storia del Risorgimento tenuto a Genova in quell'anno (cfr. NURRA CODIGNOLA, 1927). Ricordo inoltre che nel 1858 viene istituita a Genova la «Commissione consultiva per la conservazione dei monumenti storici e di belle arti in Genova» della quale è segretario Federico Alizeri; ancora nel 1858 viene fondata la Società Ligure di Storia Patria mentre nel 1866 nasce la Società di Letture e Conversazioni Scientifiche. $ Per quanto riguarda l'apertura di via Fieschi, inaugurata nel 1868, cfr. un articolo su La Borsa (sa. 1868, p. 190) e DORIA, 1969, pp. 254, 355. In ASCG, Via Fieschi, scatola n. 1736, si trova tutta la documentazione — in piante e disegni — relativa alla co struzione del secondo tronco della strada, da piazza Ponticello a piazza Carignano: il capitolato d'appalto, la dichiarazione di pubblica utilità, le pratiche relative agli espropri degli edifici situati nell'area utilizzata, la documentazione relativa all'impresa costruttrice «Alimonda», fino alle carte inerenti la costruzione di un caseggiato fiancheggiante la via all'altezza di via santa Maria in via Lata, destinato «. . per abitazioni ad uso della classe meno agiata..» ed eretto dall'impresa Romairone. È nel quadro della sistemazione della zona di via Fieschi che viene demolita l'area di piazza Ponticell (ctr. figg. 418-420) visibile nelle sue dimensioni ottocentesche, precedenti lo sventramento, in un acquerello di Domenico Pasquale Cambiaso. Relativamente a piazza Ponticello cfr. BARBIERI, 1937, p. 53. Il più recente contributo su Cambiaso è la breve introduzione critica di BRUNO, 1979, con bibliografia. Sul piano di sistemazione della zona di Carignano cfr. DORIA, 1969, pp. 254-255. I documenti relativi al progetto, non at tueto, di una strada che, tagliando il colle di sant’ Andrea, giungesse fino a piazza Nuova è in ASCG, scatola n. 1622. Peri restauri ese uiti in quegli anni agli edifici medievali della città si rimanda a Medioevo restaurato, in corso di stampa. 9 Per la prima citazione e più in generale per gli anni dell'espansione urbana della città cfr. DORIA, 1969, pp. 261 e ss, 355 es; Tpe, 1973, pp. 6667. Alcuni dati numerici inerenti l'estensione del Comune di Genova e il numero degli abitanti e riferiti all'espansione della città e all'annessione pianificata del suburbio si possono trovare in PoLEGGI, 1977, p. 15, dove si riprendono alcune notizie da BAROZZI, 1975, pp. 73:74, e da GIULIANI, 1974, pp. 12-14. È del 1874 l'annessione di sei Comuni della Val Bisagno alla città di Genova; Grossi BIANCHI-POLEGGI, 1979, p. 18, affermano che proprio a partire da questa data e fino al 1926, si compie, attraverso il «risucchiamento» del «paesaggio storico»; la perdita dell dentità urbana» di Genova, sia «visivamente» che «psicologicamente». Ancora su questa tematica cfr. POLEGGI, 1976, pp. 12-15. Un'immagine cartografica della superficie del Comune, dopo il 1874, è la Pianta della città di Genova nell'anno 1898, di Poggi, in ATCG, MSA, nl 3447. Rappresentazioni precedenti della città e dei suoi sobborghi sono la plani metria di Bonatti, Souvenirs de Gênes, del 1829 (da PoLEGGI, 1977, p. 104, n.63) e 'acquaforte anonima illustrante Genova e tutto territorio comunale, Plan de la ville de Genes.., del 1845 (da POLEGGI, 1977, p. 105, n. 64). Anche nelle altre maggiori città d'Italia sono questi gli anni delle più importanti c radicali sistemazioni urbanistiche, attuate, nella totalità dei csi, con sventramenti e con la costruzione di rettifii di modello francese; in generale per i piani regolatori dell cità talia ne cfr. NICOLETTI, 1978, pp. 53 e ss. A questo proposito ricordo soltanto qualche data: nel 1861 inizia la sistemazione urbanistica di piazza del duomo a Milano, per opera di Camil o Boito (ibidem, p. 55); fra il 1864 e il 1870 si attua a Firenze il piano regolatore di Giu: seppe Poggi, c trail 1885 e il 1895 sempre a Firenze si risana il centro storico (ibidem, p. 54); a partire dal 1870 fino al 1884-1888, anni della sua attuazione, si svolge i dibattito intorno al piano regolatore di Napoli (ibidem, p. 53); intorno al 1880-1883 si discute e si approva a Roma il piano regolatore di Alessandro Viviani, ingegnere, direttore dell'Ufficio d'Arte del Comune (cfr. INSOLERA, 1971, pp. 51, 53-54) alla «genesi di una capitale» è dedicato un capitolo del lavoro di SERONDE BABONAUX, 1983, pp. 37-112, dove viene analizzato lo sviluppo della città soprattutto dal punto di vista demografico ed edilizio dal 1870 al fascismo; gli interventi urbanistici a Palermo hanno inizio dal 1884, a Catania dal 1888, a Torino dal 1892 (NICOLETTI, 1978, p. 53). Relativamente al porto di Genova cîr. PoLEGGI-TIMOSSI, 1977; per un inquadramento generale nell'economia genovese, cir. DORIA, 1973, pp. 45-47, 551 e ss. Cfr. infine NI COLETTI, 1978, p. 55. Sullo sviluppo del porto fino al fondamentale piano Parodi del 1874 cfr. POLEGGI, 1976, p. 266. 433
10 Si possono ricordare, a questo proposito, le vendite di una bottega di pizzicagnolo, sita nella porta, acquistata da Verdina Ema: nuele nel marzo 1842 per lire 3520, e di una bottega di macellaio appoggiata alle antiche mura della città, acquistata da Oliva Bernardo nel giugno 1864 per lire 2700 (in ASCG, m.cs) Cito inoltre la supplica di un privato del 20 novembre 1869, abitante «. . la casa municipale sopra l'acquedotto di S. Andrea... », indirizzata al sindaco e inerente il soffitto della casa stessa, che minaccia di cadere a causa della forte umidità (ASCG, Torre di S. Andrea, scatola 37/4); le ripetute richiestedi Angela Piombo, inquilina dei locali situati al secondo piano, «... sopra l'arco delle due torri... , al numero civico 7, di manutenzione del pavimentoe delle finestre e di imbianchimento dei muri (luglio 1878, aprile 1879) e lo stanziamento con delibera municipale di lire 230, previa visita e relazione dell'Ufficio dei Lavori Pubblici, per i lavori strettamente necessari allo stesso appartamento (chiusura di buchi, imbiancamento delle pareti, ecc) il 1? maggio 1879 (ASCG, ibidem).
?1 È del 1874 la donazione della duchessa Maria Brignole Sale De Ferrari Galliera al Municipio del palazzo Brignole Sale, noto come palazzo Rosso, di una notevole raccolta di quadri e di una biblioteca; nel 1889 la stessa duchessa lascia in eredità alla città di Genova il palazzo Bianco «..allo scopo di erigere una sede conveniente per la formazione di una pubblica galleria e per le annuali esposi zioni artistiche...» (SAGINATI, 1974, p. 22). Nascono in questo modo i due più importanti musei cittadini. Per un'aggiornata bibliografia e per un'attenta analisi della vicenda cfr. TAGLIAFERRO, s.d, p. 3; EADEM, 1982, pp. 8-13; cr. inoltre SAGINATI, 1974, pp. 26-27; Boro TagLIAFERRO, 1977 1; BOTTO-TAGLIAFERRO, 1977 2; ricordo infine la mostra didattica sui musei civici genovesi allestita a palazzo Rosso nel 1979, e TAGLIAFERRO, in corso di stampa. 12 La «Commissione per l'impianto di un Museo Civico» nasce con deliberazione della Giunta comunale del 30 marzo 1880 e viene costituita con «. . il mandato di tutelare la conservazione degli oggetti di antichità e monumenti storici e di proporre lo stabilimento di un Museo storico-archeologico in Genova». (ASCG, m.c.s). Stralci del verbale della seduta di questa commissione del 19 marzo 1881, nel corso della quale viene espressa per la prima volta la necessità di costituire una commissione che si occupi di porta Soprana, sono pubblicati da chi scrive in un saggio recente (DUFOUR Bozzo, 19793, p. 37 nota 1), al quale si rimanda. Alla riunione di marzo sono presenti Cornelio De Simoni, Gio Batta Villa il presidente, marchese Girolamo Gavotti; risultano assenti il marchese Giacomo Doria e il deputato Gian Nicolò Poggi. 13 Cfr. il mio articolo del 19793, pp. 5-6, al quale rimando per tutti i dati qui considerati e per una informazione più ampia e più capillare su tutta la vicenda. o
14 Lo stesso articolo del Corriere Mercantile (s.., 1882) prosegue fornendo alcune notizie sulla porta che stanno tra la storia e la curiosità: si informano infatti lettori che «. dall'arco a sesto acuto della Porta... pendevano nei tempi andati nove grossi anelli della catena tolta dai nostri nel 1290 al Porto Pisano, qui posti, come in altri punti della città, a trofeo di vittoria»; lo stesso articolo aggiunge che gli anelli furono restituiti alla cità di Pisa nel 1862. Il giorno dopo il giornale (sa., 1882) prosegue la narrazione di fatt legati alla storia del monumento, ricordando la lapide dettata nel 1865 dall'abate Giuseppe Scaniglia a memoria del ritrovamento, avvenuto l'anno precedente, delle due iscrizioni medievali murate nelle due torri di porta Soprana (sul ritrovamento e sullisrizione ottocentesca cfr. qui i 10.1). Relativamente agli anelli appesi all'arco di ingresso «... che nel 1862 vedemmo togliere ..e... inviare a Pisa quale perenne ricordo della compiuta unità di Itala... cfr. anche PoDESTA, 1901, p. 201. Delle «pesanti catene» appese alle «superbe porte» — «immanesque cathenas» «superbis postibus affixas» — scrive l'anonimo nella Descrizione di Genova (1406-1407) (cr. PETTI BALBI, 1978, pp. 84-85). L'anno dopo, il restauro di porta Soprana è seguito dalla Gazzetta di Genova con una serie di vivaci interventi sulla storia del monumento (CERVETTO, 1883) e da un articolo di VIRGILIO, 1883. 75 Peri verbali della riunione del 22 aprile cfr. DUFOUR Bozzo, 1979 3, pp. 7, 40 nota 8; per quella del 22 luglio, EapEM, 1979 1, p. 8. Una più puntuale analisi delle singole parti costituenti la Relazione di Porta Soprana di Sant'Andrea si trova oltre nel testo (da questo momento citata come BELGRANO D ANDRADE PARODI, 1882). Dei due quadri illustranti porta Soprana, eseguiti da d’ Andrade in questa occasione e pubblicati in tre tavole nella edizione del 1882 di BELGRANO.D'ANDRADE PARODI, 1882, tavv. I, I, II, esistono diverse copie erratiche al MCTF d'A, cartella n. 33. La presenza di Alfredo d' Andrade nella commissione per il restauro del monumento genovese, la sua attiva collaborazione, il prevalere dei suoi indirizzi di restauro negli anni successivi, lega strettamente l'operazione porta Soprana con una più complessa temperie culturale. Nello stesso 1882, infatti, d' Andrade è anche chiamato a far parte della commissione di allestimento della esposizione Generale Italiana che si svolgerà a Torino due anni dopo; nell'estate del 1882 la commissione accoglie la sua proposta di realizzare il grandioso «Borgo Medievale» quattrocentesco, costruito nel corso dei due anni successivi nel parco del Valentino e nucleo centrale dell'esposizione. Una profonda conoscenza del Medioevo, il vivo dibattito incorso tra gli intelle tuali sul restauro dei monumenti, la rappresentazione dell glorie patrie in chiara funzione celebrativa: sono questi alcuni elementi presenti nell'esperienza torinese, che valse a d'Andrade il diploma d'onore, allo stesso modo riflessi nell'operato dello studioso a Genova, nella «restituzione» di porta Soprana. Su Alfredo d'Andrade e l'esposizione di Torino del 1884 cfr. NICOLETTI, 1978,p. 54, e MAGGIO SERRA, 1978, pp. 1-2e s; vedi inoltre la mostra su d'Andradeed i suoi restauri allestita a cura della Soprintendenza per i Beni ambientali e architettonici del Piemonte, nel 1981 e il catalogo (Alfredo d’Andrade, 1981). La commissione di porta Soprana, su proposta del
434
presidente, Tammar Luxoro, il 7 gennaio 1885 esprime al collega d' Andrade «... le sue congratulazioni perlo splendido risultato otte nuto alla esposizione nazionale in Torino colfopera del Castello e Borgo medievali di cui egli ne è stato l'autore e il direttore.
supremo». (cfr. DUFOUR Bozzo, 19793, p. 11, per la precisa collocazione del passo).
16 Valutazione difficile peraltro, considerata l'assoluta mancanza di lavori sulla cultura genovese del periodo in questione; l'unica. eccezione è il volume del Doria, già ampiamente citato, che, pur nella sua impostazione economica, risulta comunque l'unico testo al quale riferirsi. Per quanto concerne questo discorso, però, voglio sottolineare la particolare attenzione c l'importanza assegnata in questo momento ai monumenti medievali; questo preciso indirizzo di gusto emerge con chiarezza, anche se in direzioni polivalenti e a volte di segno negativo, dal lavoro sui restauri di questo periodo (Medioevo restaurato, in corso di stampa), già ripetutamente menzionato. Per il verbale della riunione del 20 dicembre cfr. DUFOUR Bozzo, 19793, p. 9. 1? La prima parte del volume,a firma di Tommaso Belgrano, è in questo modo strutturata: dopo un excursus storico (pp. 13-20), basato sulle fonti scritte, sull'origine delle due cinte murarie medievali (quella del X e quella del XII secolo), e delle loro rispettive porte, (i termini del quale si riprendono ampiamente nel testo, dove sono affrontati i singoli problemi storici), lle pp. 21-22si trovano riprodotte e trascritte le due lapidi medievali murate nei due pilastri di porta Soprana; alle pp. 23-24 si trova la riproduzione e la trascrizione della lapide medievale murata in porta dei Vacca, sul pilastro Sud; a p. 23, in nota, è trascritta la lapide ottocentesca dell'abate Scani glia della quale l'autore tratta alle note 6 e 13. Infine a p. 25 i trova riprodotta trascritta la lapide medieval inserita nel pilastro Nord di porta dei Vacca. Proseguono (pp. 2641) le notizie storiche relative a porta sant’ Andrea e alla zona urbana circostante; in particolare segnalo, a p. 26, alcune informazioni relative a porta dei Vacca, e a p. 31 quelle relative al borgo Sacherio, quartiere medievale posto sulla falda occidentale del colle di sant’ Andrea. 18 1 20 ottobre, in una relazione dell'Ufficio Tecnico (ASCG, m.c.s) si fa riferimento alle operazioni compiute e si registrano puntualmente le condizioni del monumento qui menzionate; nell stessa sede sono citati rilievi relativi alle due torri, i quali «meglio che lunghi discorsi parlano...» e che «rappresentano la pianta delle due torri al pianterreno e altre piante della torre a tramontana presa a diverse altezze» (cr. fig. 379). 19. «Per chi non visitò questa torre durante l'operazione dello scrostamento, basti accennare come uno dei membri della Sottocommissione staccasse dalla faccia a ponente della torre nella sua parte più alta, con tutta facilità e con una sola mano, senza aiuto di strumento alcuno, due pezzi di intonaco della superficie di circa due decimetri quadrati e del peso di più che sei ettogrammi ciascuno» BELGRANO D ANDRADE PARODI, 1882, p. 61. 20 «Diciamo dunque quali siano i lavori necessari per ridonare alla Port suo aspetto antico» — prosegue il Parodi — «quali siano indispensabili e più urgenti; quali possano senza pericolo differirsi Resterà poi al senno e al patriottismo di coloro che sopraintendono alla Civica Amministrazione lo stabilire la misura dei lavori medesimi, da eseguirsi in proporzione delle riserve che l'erario avrà disponibili. Prima necessità è quella i rinforzare le due tori al piede, riempiendo con buona muratura tutti i vani fatti tanto inconsultamente; e fra questi, prima di tutt, urge riempire quelli che venneTo praticati nei due pilastri sotto l'arco, per cavarne le due botteguccie di proprietà municipale. Assicurata la stabilità della base, si potrà procedere al restauro della parte decorativa; e in merito a ciò occorrerebbe liberare le torri delle case e casupole appiccicate alle medesime di fronte e alle spalle. Ma sopra di questo, a cagione della spesa relativamente grave, non si crede insistere per ora. Procedendo nel lavoro di ricostruzione dal basso all'alto, si dovranno far scomparire tutte quelle opere che all'interno delle torri vennero fatte per comodo delle abitazioni in esse stabilite, come scale, solai, tramezzi, ecc. ciò nello inten mento di poter quindi rimettere in pristino anche quei muri perimetrali, colmando tutti gli scavi, riaprendo le antiche finestre e le fe toe e ristaurando all'esterno il fasciamento in pietra da taglio. Fatto questo, si dovrà procedere alla demolizione dei due piani che furono innalzati sopra l'arco della Porta, e che, oltre al detur parne l'aspetto, ne compromettono forse la solidità». (BELGRANO D'ANDRADE PARODI, 1882, pp. 62.63) 21 Testo a mio avviso tanto attuale, da risultare utile la sua trascrizione. Quanto al formulare un bilancio sulla maggiore o minore positività delle modalità di restauro che improntano tutta l'operazione, non intendo affrontare qui l'argomento, che esula dalla tematica del lavoro, né aprire una dissertazione che porterebbe troppo lontano. Si veda comunque, per quanto riguarda i criteri di restauro adottati da d’Andrade. la mostra già citata. 22 BELGRANO D'ANDRADE PARODI, 1882, pp. 8, 55. Ancora Il Cittadino (sa., 1883), ricorda ai genovesi di «aver caro» quel monumento «come uno dei più insigni, che hanno concorso ad acquistare alla nostra Genova l'invidiato titolo di superba». Parole eloquenti e retoriche usa anche Belgrano in una lettera del 13 luglio 1883 a Stefano Breda, titolare della Società Veneta di Costruzioni, quando descrive il restauro al monumento come un'operazione volta a «renderlo a Genova e all'Italia nel suo pristino stato» (ASCG, m.c). Sul clima culturale nel quale si inserisce l'attività di d'Andrade in Piemonte e in Val d'Aosta, con particolare riguardo verso gli interventi ai castelli di Fenis (del 1865), di Rivara (del 1871), di Issogne (del 1872), si veda nel catalogo della mostra l'ottimo saggio di MAGGIO SERRA, 1981, pp. 12-15, 29-34. Sul borgo medievale del Valentino si vedano ancora i lavori esaustivi di EADEM, 1977; EA. 435
DEM, 1978; l'importante ristampa anastatica (1981) della Guida illustrata al Castello Feudale del secolo XV, 1884, e BARTOLOZZIDaPRA, 1981, pp. 123-189. Sull'ambiente genovese con cui d’Andrade collabora insegnando anche ornato all'Accademia Ligustica di Belle Arti dal 1871 e intervenendo su una nutrita serie di monumenti medievali cittadini, si veda invece PALMAS DEVOTI, 1981, pp. 403-406, 409. Sull'Accademia Ligustica di Belle Arti si veda il documentato contributo di SBoRGI, 1974, con ricca bibliografia alle pp. 68-70. Di particolare interesse è ancora l'intervento di CAVANNA, 1981, pp. 107-125, nello stesso catalogo, sull'uso della fotografia nel metodo di ricerca del sovrintendente. Sulla mostra di Torino si veda anche la recensione in Bollettino Ligustico, 1980-1981, pp. 75 e ss. 23 La definizione è espressa da d’Andrade nella seduta della commissione del 18 marzo 1885 (cr. il mio articolo del 1979, p. 12),
quando, nel corso della discussione concernente il restauro della merlatura della porta, la scrupolosità filologica dello studioso si espri me in termini inequivocabili. Non avendo, infatti, la commissione elementi per poter documentare concretamente i restauro dei merli delle torri e scegliendosi dunque la forma a coda di rondine per la sua maggiore presenza nelle costruzioni contemporanee alla porta, d'Andrade propone di apporre una lapide che illustri i termini di questo intervento. Luxoro invece sostiene la necessità di analizzare i merli a coda di rondine di porta dei Vacca, per appurarne la antichità, e di procedere successivamente a un restauro comparato; è ap: provata la proposta di Luxoro. Sulla «dottrina» e la «prassi» restaurativa di d' Andrade,si veda il recente contributo di CERRI, 1981, pp. 11-17, nell'ambito del catalogo già citato. 24 Per criteri di restauro propri dell'operatodi Alfredo d'Andrade e in genere della commissione cfr. in primo luogo il mio articoo del 1979), passim. Più in particolare mi sembra utile citare alcuni passi tratti dagli scritti di Andrade e dai verbali della commissione e illuminanti i metodi seguiti dallo studioso nelle fasi preparatorie ai singoli restauri: a proposito del restauro della torre Nord, nel 1885, d'Andrade annota che «di tutto quanto si dovette rifare si ebbero fortunatamente le prove sino a questo livello», indicando la co struzione superiore come supposta (MCTF d'A, cartella n. 33, nl 3074 LT, appunto a penna) In una lettera inviata il 4 dicembre 1900 a Marco Aurelio Crotta (MCTF d'A, cartella n. 33, nl 3022 LT), descrive minutamente Ja soglia della torre Nord, misurandone i corsi di pietra e accludendo il modello in carta dellintradosso. Ancora precise indicazioni si trovano in quattro fascicoli di misurazioni (ASCG, scatola 1549/3) della pietra lavorata all'interno della torre Nord e del rivestimento della cinta a Sud della porta; alcune sono rilevate «col muratore dell'impresa» il 2 aprile 1902. Le difficoltà filologiche del restauro sono espresse anche in una lettera dell'Ufficio Regionale, del 25 giugno 1908 (ASCG, m.c.), dove si dichiara che «... innumerevoli sono Je esigenze che l'imitazione delle murature antiche richiedono». La preoccupazione che l'Amministrazione comunale non tenga in de bito conto il problema relativo al coordinamento della porta con la zona a questa adiacente, «in guisa da conservarla (la porta) nella sua integrità coi tratti di antiche mura laterali che formano l'insieme di quel monumento architettonico medievale», è espressa nel verbale della commissione riunita il 13 gennaio 1911 (ctr. DUFOUR Bozzo, 19793, p. 30). Una serie di disegni dal vero dei pannelli che dovevano servire per la rifasciatura del portone dell'edificio con lastre di ferro (MCTF d'A, cartella n. 33, disegni a inchiostro e matita ac quarellati su carta da pacchi, datati settembre 1913), è particolarmente indicativa della puntuale ricerca storico-flologica operata da d'Andrade per ogni particolare. Per i ritrovamento della lapide di Apollonia, cfr. Gosso, 1912, pp. 177-180; cr. inoltre il mio lavoro del 19792, pp. 50-51, il materiale documentario relativo al ritrovamento in ASCG, scatola n. 72/13. La specifica cura e attenzione al materiale antico è del resto esplicitamente espressa in un capitolato d'appalto (MCTF d'A, cartella n. 33, nl 3059 LT, p. 2, voce E) dove si legge che quando «si tratti di lapidi commemorative e altr oggetti artistici ed archeologici... appena scoperti dovranno essere segnalati alla direzione dei lavori». La questione dei merli di coronamento della porta fu tra quelle più dibattute dalla commissione; sui dubbi di d'Andrade relativi al ripristino dei merli a coda di rondine, oltre al già citato intervento, si veda il verbale della riunione della commissione del 25 febbraio 1886 (cfr. DUFOUR Bozzo, 19793, p. 13, per la collocazione precisa). In BELGRANO.D'ANDRADE-PARODI, 1882, p. 20, è citato il passo di GIUSTINIANI, 1537, I, p. 201, relativo ai merli in questione: «e sono sulle muraglie mille e sessanta merli per bellezza c comodità e per fortezza, e per offendere e per difendere»; e un passo di Caffaro (cfr. Annali Genovesi, 1870,1, p. 54: «fe cerunt etiam in ipso muro merlos mille septuaginta»). Lo stesso d' Andrade in BELGRANO D'ANDRADE PARODI, 1882, p. 46, dopo aver analizzato puntualmente le condizioni dei merli della porta e della cinta muraria, prosegue: «Tacendo dei monumenti patrii del sec. XIIe XIV, che conosciamo, nei quali si vedono rappresentati dei merli difensivi, e non tenendo conto di un esempio di merli che tutto ra si vedono far corona ad una casa nella nostra città, perché anch'esso troppo recente, ma rammentando solo che nel codice parigino di Caffaro, edito dal Pertz, la più parte delle torri sono cimate di merli a coda di rondine, non ci sembra di andare lontano del vero, affermando che quelli della cinta in discorso dovevano essere foggiati in quella guisa, che poi si disse ghibellina». Troviamo infine testimonianza dei ventinove quadri ilustranti architetture militari nel catalogo della Prima Esposizione Maliana di Architettura, 1890, p. 22. Nella sala VI bis della mostra il Municipio di Genova esponeva infatti, a cura della «Commissione pei restauri della Porta Soprana», una documentazione relativa a tale restauro. Sull'sposizione si veda anche CERRI, 1981, p. 14. Sulle pre cedenti esposizioni torinesi del 1880, del 1882 e del 1884 — nell'ambito della quale sorgerà il Borgo del Valentino — cfr. MAGGIO SER: RA, 1981, pp. 1922, 26. 25 La dimensione difensiva e militare di porta Sopranaè del resto la prima, se non l'unica, a essere percepita dalla cultura ottocentesca; questo tipo di messaggio, il più facilmente intuibile, è a più riprese citato non soltanto dai ‘tecnici’ della commissione, ma an436
che dalla stampa cittadina: già la primissima lettera di Agostino Allegro a Carlo Astegno del 17 febbraio 1882, sottolinea come la por ta, costruita «onde tenere in rispetto le armi di Federico Barbarossa», sia «certo uno dei più importanti monumenti d'Architettura Militare del Medio Evo che vanti non solo Genova ma l'Italia» (cfr. DUFOUR Bozzo, 1979, p. 1); i 20 marzo 1882, il Corriere Mercanti le (sa., 1882), descrive la porta come «uno dei più belli monumenti di architettura militare del secolo XII che si abbiano in Genova». È lo stesso d'Andrade a porre in evidenza durante le riunioni della commissione, questo aspetto del problema del ripristino della porta: presentando i suoi disegni ai colleghi, 1.22 aprile 1882, «espone verbalmente le qualità militari» del monumento (cfr. DUFOUR Bozz0, 19793, p. T; il 12 maggio illustra come la porta «risponde allo scopo di difesa, accennando alle volte onde era fornito il piano scoperto delle torri per servire ai pesanti ordegni di guerra, mentre nei piani inferiori erano praticate le travature» (cr. ibidem, pp. 7-3). 1112 aprile 1888 il presidente della commissione, scrivendo all'assessore anziano del Comune, sostiene che si sta compiendo «l'importante restauro del più insigne monumento medievale (che) si trovi in Italia fra quelli che hanno servito a difesa cittadina» (ASCG, m.cs). Il 21 marzo 1889, Il Cittadino (s. 1889) constatando come il restauro sia ben avviato annota che «le vecchie e nuove pietre, con la grigia tinta danno un maschio aspetto militare e grandezza alledificio che, visto dal piano di Sant’ Andrea non manca d'imponenza». Nel restauro, di porta Soprana d'Andrade usa tutte le sue conoscenze nel campo dellarchitettura militare, riconosciute dai colleghi della commissione quando, il 22 luglio 1882, alla analisi dei discgni da lui eseguiti rilevano «in tali disegnila più profonda cognizione, da par. te dell'autore, dell'architettura militare del medio evo» (cfr. DUFOUR Bozzo, 19793, p. 8). Anche dai suoi disegni e dal suo materiale
fotografico risulta la sua profonda conoscenza dell'architettura militare medievale europea, alcuni esempi della quale sono citati in BELGRANO D ANDRADE PARODI, 1882, p. 49; nel MCTF d'A, cartella n. 54, trova infatti la documentazione relativa ale fortificazio ni di Carcassonne, diversi disegni e cartoline della città, della cinta e delle porte di Aigues-Mortes, due cartoline di Villeneuve-sAvignon e fotografie delle porte delle cittadine di Tarascon, Laon, Autun (cfr. qui nota 12 al 2.5). Particolarmente interessanteè un appunto scritto di mano di d'Andrade all'interno di un disegno di una porta di Aigues-Mortes (ibidem, nl 5462): egli annota la considerazione, desunta dal Rey, di un più stretto legame storico fra porta Soprana e la porta francese, costruita nel 1272 dal genovese Guglielmò Boccanegra, appositamente chiamato in Francia. Altro fattore culturale importante dell'impostazione di d'Andrade che si riflette sulle scelte operate a porta Soprana è il suo rapporto con il mondo antico della cultura figurativa romana di cui ho già trattato qui al 2.2. e passim. Per un aggiornamento del rapporto fra d'Andrade c «l'archeologia classica», si veda MERCANDO, 1981,pp. 85-105, soprattutto nel restauro di porta Palatina a Torino; sul ritrovamento di una porta romana, datata all'età augustea, nel corso di lavori di restauro a palazzo Madama nel 1883 si veda BRUNO. NivoLo, 1981, pp. 215-223. In particolare sullo scavo, FILIPPI, 1981, pp. 234-239. 26 Molti sono gli esempi che si possono fare dell'uso retorico e celebrativo della preminenza architettonica del monumento, a co minciare dalla seduta del Consiglio comunale del 10 maggio 1882, quando Astengo, presentando la proposta di formazione della commissione, sostiene come si debba «mostrare col fatto la grande importanza del patrio monumento» (Processi verbali, 1882, p. 109). Nell'introduzione a BELGRANO-D'ANDRADE PARODI, 1882, p. 8, è inclusa la lettera inviata dallo stesso Astengo alla commissione insediata, nella quale si parla del «vanto di torre dall'oblioi tanti monumenti di cui Genova va superba, e che sono memorie parlanti di un glorioso passato». 1027 gennaio 1884 L'illustrazione Italiana (s.., 1884, pp. 58-59), sostiene che non si saprebbe «indicare un'altra porta di città, la quale accoppii, nello stesso grado, antichità e grandiositàe ricchezza di decorazioni»; ne /I Secolo. Gazzetta di Milano (G.C., 1884) si legge che «fra i monumenti cospicui, che fanno bella la nostra monumentale Genova, primeggia, secondo me, e per l'importanza stori cae peril valore artistico la cosiddetta (sic) Porta Soprana o di Sant Andrea». Più precisamente Marco Aurelio Crotta, durante a sedu: ta della commissione del 16 febbraio 1909 (cfr. DUFOUR Bozzo, 1979?) p. 29), espone una relazionesul progetto di sistemazione della zona circostante immediatamente il monumento «in guisa di non menomargli quell'aspetto grandioso che ha nella posizione eminente che occupa». Ancora alla riunione del 17 marzo 1914 (cfr. ibidem, p. 35) d'Andrade propone alla commissione di chiedere all'«Ufficio Tecnico del Lavori Pubblic di far sistemare il terreno attorno alla torre nord affinché il monumento apparisca nel suo aspetto pieno e decoroso». Infine il Consiglio comunale il 27 marzo 1914 (Processi verbali, 1914, pp. 475-476), delibera un finanziamento per i restau. ri alle porta, «costituendo quell'antico monumento un vero motivo artistico decorativo della città». Per le differenze tra l'impostazione di d'Andrade — «ricerca sui material. l'esperienza di cantiere» — e l'idea di architettura e di teoria del restauro che ha Eugene E. Viollet-Le-Duc e sulla problematica del rinnegamento dell'operato del francese da parte di Boito e del tardo romanticismo italiano, volto verso «indirizzi di maggiore concretezza», cfr. CERRI, 1981, pp. 11, 15. La bibliografia su Viollet Le Duc è stata recentemente aggiornata dal catalogo della mostra allestita a Parigi, al Gran Palais, nella primavera del 1980, Viollet-Le Duc, 1980; da Viollet-Le-Duc e il restauro dei monumenti, e dagli interventi di GRODECKI, BAZIN, FROIDEVAUX, AUZAS, Chaittev, LUCE, HORELER, in Colloque International Viollet-Le-Duc, 1980; dal catalogo della mostra allestita a Torino, Mole Antonelliana, nel 1981, Violler-Le Duc eil restauro degli edifici in Francia, 1981 (soprattutto le pp. 14-15 dellintroduzione). Allaggiornamento delle metodologie restaurative e alla storia del restauro in Francia sono dedicati due numeri monografici di Monuments histori ques, n. 112-113, del dicembre 1980 e gennaio febbraio 1981. Sui rapporti intercorsi fra d'Andrade, Beltrami, Rubbiani e gli alti restauratori della fine del secolo, cfr. CERRI, 1981, p. 17 nota 437
20; sui rapporticon gli intellettuali genovesi e con Boito e Giacosa cfr. PALMAS DEVOTI, 1981,p. 404. Su Rubbiani si veda anche il ca talogo della mostra allestita a Bologna nel 1981 (SOLMEDEZZI BARDESCHI, 1981).
27 IL problema dei recuperi monumentali di edifici medievali, compiuti attraverso grosse operazioni di restauro oppure attraverso Je più articolate operazioni culturali delle ricostruzioni, è analizzato nel già citato Medioevo restaurato, in corso di stampa e nel volume Le demolizioni, anch'esso in corso di stampa; cfr. anche DAGNINO, 1982, n particolare pp. 254-255 nota 177. Per quanto riguarda più in generale la attività della commissione per il restauro di porta Soprana, cfr. il mio articolo del 19793, pp. 5-91. Del restauro dei «porticati» di Sottoripa si parla nel corso di una seduta della commissione, il 29 aprile 1899 (cfr. DUFOUR Bozzo, 19799, p. 61 nota 6), quando viene deciso di compilare i capitolato d'appalto dei lavor in programma in questo momento secondo le norme e le tariffe p prie di quello adottato per il restauro dei portici. Inoltre una documentazione relativa ai restauri dei portici eseguiti intorno al 1913 si trova in AGCG, scatola n. 72/13. Per gli interventi a san Giovanni di Pré si veda la scheda a cura di DAGNINO, in Medioevo restaura 1o, in corso di stampa. Sulla ricostruzione della casadi Colombo, curata dalla stessa commissione per i restauri di porta Soprana, cfr. Durour Bozzo, 1979!, pp. 9-18. Sul restauro di santo Stefano si veda il materiale documentario conservato in ASCG, scatola n. 1513/15 e il lavoro di CAVALLI, in corso di pubblicazione, Per la zona di Ponticello,di Prione e di Ravecca, rimando a BARBIERI, 1938, pp. 51 e s. Per porta san Bartolomeo si veda FORTI, 1971, p. 83; per la lunga vicenda di porta Pila si veda ibidem, p. 72; cfr. inoltre un articolo sul I Cittadino (s.a., 1901); PIERROTTET, 1902, pp. 16-18 e passim. Sugli interventi urbanistici di maggior prestigio di questo periodo si veda pure la monografia Genova Nuova, 1902, passim. A questo inizio di secolo sono anche da riferirsi due progetti di ristrutturazione degli uffici dell'archivio storico del Comune (cfr. SAGINATI, 1974, p. 22) e i restauri di «palazzo Boccanegra» curati da d'Andrade (cfr. CAVANNA, 1981, p. 110). Si vedano infine le pubblicazioni relative ai diversi progetti di intervento urbanistico, soprattutto a Oriente della cit à e nella zona di De Ferrari-Piccapietra: CARBONE, 1905; TorTAROLO LuIGGI REGGIO, 1906; GAMBA, 1912; IDEM, 1913; DODERO, 1913; PETTORELLI, 1914; GAMBA, 1914. 23 Per il verbale del 17 marzo 1888 cfr. DUFOUR Bozzo, 19793, p.15;fr. inoltre in Arte e Storia (a., 1887, p. 204) a lettera rettifica di Belgrano a un articolo precedente dello stesso periodico che lamentava l'interruzione dei lavori (fr. anche DUFOUR Bozzo, 19793, p. 48 nota 25). La citazione di porta Soprana fra i monumenti nazionali è in Elenco dei Monumenti Nazionali Medievali e Modeni, tipografia Forzani e C., s.d. (ma 1888), p. 6. La richiesta che l'inserimento della porta fra i monumenti nazionali sia sanzionato per legge viene fatta dalla commissione il 25 maggio 1888 (cfr. DUFOUR Bozzo, 19793, p. 15); successivamente la pratica espletata a questo fine prosegue per qualche mese (ibidem, p. 48 nota 26). 2 Sul restauro della casa di Colombo rimando, per maggiori particolari, al mio articolo del 19791, pp. 9 e ss; più precisamente a p. 15 nota 1, per le indicazioni relative al dibattito intorno all'acquisto della case sviluppatosi in Giunta e in Consiglio comunale, il 26 maggio e il 28 giugno 1887; a p. 18 nota 8, per il dibattito svoltosi durante la seduta del Consiglio il 4 luglio 1892 a «restauri... pressoché ultimati». Per il brano, tratto dalla lettera di Belgrano, apparso su Arte e Storia (s.a., 1887, p. 204) cfr. la nota precedente. Per il verbale della seduta della commissione per porta Soprana del 5 febbraio 1890, nel corso della quale il sindaco chiede alla commissione stessa un parere sul restauro della casa di Domenico Colombo, cfr. DUFOUR Bozzo, 1979 1, p. 9, e EADEM, 19793, p. 17. Ancora per il verbale della seduta della commissione del 13 luglio 1890, interamente dedicata alla discussione relativa alla casa di Colombo, e per quello della seduta del 10 di quel mese, durante la quale il sindaco propone che la somma da stanziare peril restauro sia prelevata dal fondo delle Feste Colombiane, cfr. DUFOUR Bozzo, 1979 !, pp. 10-11 c EADEM, 19793, p. 18. Una dichiarazione di Parodi del 13 cembre 1890 sui lavori effettuati a porta Soprana e «per gli scrostamenti fatti nella casa di Colombo in via Ponticello in questa città», informa come i lavori siano fatti dall'impresa di Nicolò Comotto (cfr. EADEM, 1979 1, p. 17 nota 3). Nel verbale del Consiglio comunaLe del 16 febbraio 1891 si ribadisce che l'incarico di praticare saggi nella casa di Colombo & affidato alla commissione municipale di porta Soprana (Processi verbali, 1891, allegato n. 3, p. 24,e cfr. anche DUFOUR Bozzo, 19791, pp. 17-18). Sulla casa di Colombo infine cfr. pure qui oltre. Per le discussioni nei Consigli comunali sulle Feste Colombiane del 19 gennaio e 16 febbraio 1891 cfr. Processi vergli anni corrispondenti. Per la situazione economica al momento si rimanda al già citato DORIA, 1973, pp. 145 e ss.
30 Per quanto riguarda le celebri manifestazioni colombiane cito l'essenziale bibliografia, relativa soprattutto alle singole manifestazioni: in particolare sull'esposizione Italo-Americana, ospitata sulla spianata del Bisagno, aperta il 10 luglio, chiusa il 5 dicembre e visitata da circa ottocentomila visitatori, cfr. i regolamenti nella relazione di WAUTRAIN CAVAGNARI, 1893, ein quella di MAGNASCO, 1894; cfr. inoltre MASSA, 1973, pp. 46-52. Sulla esposizione Marittima particolarmente utile è la relazione del sindaco CASTAGNOLA, Sd. (ma 1890), con diversi allegati ilustranti un dettagliato programma; tra l'altro p. 18]la relazione informa che l'esposizione è costi tuita di due parti: una «esposizione a galla» e una «esposizione a terra». Relativamente alla esposizione delle Missioni Cattoliche Americane cfr. in primo luogo il catalogo della mostra Esposizione delle missioni cattoliche americane, 1892. Nella prefazione (p. 7) è detto che, essendo«la vita di Cristoforo Colombo... così riannodata alla storia dell'apostolo cristiano» da farsi che «se egli desidera am: massare ricchezze... è per accrescere decoro alla chiesa», era opportuno che a Genova, in occasione dei festeggiamenti del IV centena: rio della scoperta dell'America, «dovesse pur sorgere una Esposizione delle Missioni Cattoliche Americane che ricordasse i frutti 438
dell Apostolato e del Vangelo». Cfr. anche HAMY, 1896. Sulla mostra d'Arte Antica, ospitata nelle sale di palazzo Bianco, ordinata da Vincenzo Poggi, Luigi Augusto Cervetto, Gio Batta Vill, e nella quale erano esposti fra l'altro una copia della tavola del Polcevera, una cinquecentesca statua di Giano bifronte, sarcofagi cristiani, lapidi medievali, capitelli romanici, cfr. Commissione Municipale Ordinatrice delle Galleri ed Esposizione d'arte antica, 1892. Il legame fra l'esposizione e il lascito in denaro della duchessa di Galliera per l'istituzione di un museo civico è analizzato dall'esauriente TAGLIAFERRO, 1982. Del resto proprio in occasione di tale mostra le opere d'arte mobili di proprietà comunale depositate a palazzo Tursi sono trasferite a palazzo Bianco (cfr. TAGLIAFERRO, 1976, p. 12). Mate fiale relativo alla mostra d'Arte Antica (matric degli oggetti esposti, resoconti dei biglietti venduti sono in tre volumi Esposizione dar te antica, 1892. Momenti salienti delle celebrazioni furono la venuta a Genova del re e della regina d’Italia con la famiglia real, la presidenza del Parlamento, i consiglieri della corona, e le due passeggiate storiche organizzate, in collaborazione con il Municipio, dalla Società Ginnastica, e «sommamente gradite... alla classe popolare» (cfr. Cronache della Commemorazione del IV Centenario Colombiano, 1892, pp. 8,91). Sulle celebrazioni di quest'anno interessante testimonianza sono le tele di A. Costa e G. Sacheri raffiguranti II porto di Genova durante le manifestazioni Colombiane del 1892 conservate al museo Navale di Genova Pegli. Per la collocazione dei quadri — sala XIT— cfr. SE0CHI, 1977, p. 25; ancora sul museo Navale cfr. GRosso, 1930, pp. 247 e ss. Cfr. inoltre qui le figg. 422 423. AncoTa per le feste del 1892 e le celebrazioni colombiane in generale cfr. BARRILLI-CERVETTO-XIMENES, 1892; Colombiana, 1892-1893, raccolta di documenti e di studi pubblicati dalla regia commissione nel IV centenario della scoperta dell'America; infine sulla natura dell'esposizione di chiara «ispirazione piccolo borghese, animata da una provinciale preoccupazione di ordine e di decoro esteriore», cfr. il recente CEDERNA, 1979, p. 35. Per tutto il 1892 la commissione lavora intensamente al finedi concludere i restauri della casa di Colombo e della torre Nord di porta Soprana per le celebrazioni colombiane: già il 20 gennaio esprime, per voce di Luxoro, la necessità di «condurre i lavori colla maggiore alacrità, dovendosi a ragione procurare che nella imminenza delle Feste Colombiane possano aversi compiuti i restauri della torre a nord e del grande arco della porta» (fr. DUFOUR Bozzo, 19793, p. 20); i 6 febbraio invece la commissione esprime l'urgenza di rendere la casa di Colombo «in stato decente» c decide «che oltre ai lavori di puro riattamento interno sia eseguita sulla facciata della casa una decorazione corrispondente alla sua importanza storica» (cfr. EADEM, 1979 !, pp. 13-14); nella stessa seduta Crotta viene invitato a studiare un progetto per una lapide decorativa per la casa (ctr. ibidem, p. 14, c EADEM, 1979, p. 20). La lapide proposta da
Crotta viene approvata il 4 aprile (cfr. EADEM, 1979 !, p. 20). La sollecita ripresa dei lavori alla porta «essendo ormai vicine le Feste Colombiane c volendo che siano compiuti per l'occasione i restauri della torre a nord e del grande arco» è comunicata dal sindaco al prefetto il 20 maggio 1892 (cfr. EADEM, 19793, p. 55 nota 39). Ormai il restauro della torre di porta Soprana sembra essere a buon pun: to, se d'Andrade, i 16 luglio, propone di affigservi una lapide «in versi Iconini» e «decorativa del compiuto restauro» (ctr. ibidem, p. 21). Della stessa lapide d'Andrade aveva già parlato, in una lettera del 24 giugno inviata ad Angelo Boscassi (ASCG, m c.s. «ho inten: zione di mettere in una delle spalle della porta al piano terreno della torre nord un pezzo di marmo per ricordare il restauro della torre compiuto nel 1892 per cura ed a spese del Municipio». Nella lettera d'Andrade chiedeva di proporre qualcuno a cui far stendere l'epigrafe; l'autore sarà il professore Francesco Pizzorni, al quale il sindaco scrive un biglietto di ringraziamento per «la bellissima epigrafe da lei dettata a ricordo della parte dei restauri che sarà compiuta fra non molto», il 28 luglio (ASCG, m c.s.. Infine per i verbale del 5 settembre cfr. DUFOUR Bozzo, 1979?, p. 21, e per l'inaugurazione della casa di Colombo cfr. EADEM, 1979, p. 18 nota 8. 31 Cfr. Cronache della Commemorazione del IV Centenario Colombiano, 1892. Interessante notare come in tutto il particolareggiato resoconto non sia mai nominata porta Soprana.
3? Nella stessa seduta del 18 dicembre, l'assessore Nattini si impegna a dare comunicazione della relazione alla Giunta e la commissione delibera di proporne al Municipio la stampa; il 21 dicembre il segretario della commissione, Boscassi, comunica alla Giunta le deci sioni prese in merito alla relazione e il 21 gennaio 1915 la Giunta municipale delibera di dar alle stampe (cfr. DUFOUR Bozzo, 19793, p: 75 nota 71). Non è stato tuttavia possibile reperire una copia a stampa della relazione. L'originale è costituito di diciassette pagine dattilo scritte a metà foglio e numerate; l'intestazioneè la seguente: «Commissione pel restauro della Porta Soprana di St. Andrea in Genova». il titoloè «Relazione dell'opera di detta Commissione negli anni dal 1882 al 1914». La prima frase trascritta nel testo è aggiunta a mano da dAndrade; tra le pp. 4 e 5 si trova un foglio con un'aggiunta a mano, mentre nel corso del testo si trovano alcune correzioni. 33 Nel testo, erroneamente, si parla del marzo 1881, ma si tratta evidentemente di un refuso poiché nel titolo è riportato l'anno 1882; del resto la certezza che si tratti del 1882 si basa su tutta la documentazione relativa, già ampiamente analizzata (cfr. DUFOUR Bozzo, 19793,p. 6).
34 Per la questione del piano regolatoresi cir. il dibattito svolto in commissione (cfr. DUFOUR Bozzo, 19793, pp. 29 e ss.) 35 Per tutta la trattativa con la Banca d'Italia
cfr. maggiori particolari nel mio lavoro del 1979, pp. 29 e ss.
36 Documentazione relativa alla lapide in questione sono due lettere inviate ad Alfredo d'Andrade il 2 giugno e il 18 giugno del 1913 da parte di Boscassi e di De Marchi (MCTF d'A, cartella n. 33, nl 2997LT e nl 2995LT). 439
37 Per e vicende del chiostro di sant'Andrea si rimanda allo studio di DI FABIO, e a quello di CAVALLI, in corso di stesura; più in generale per il complesso monastico di sant’ Andrea al lavoro di DAGNINO, 1982. 38 Riprendo qui di seguito il regesto dei lavori subiti dal monumento dal 1882 al 1914, già pubblicato in DUFOUR Bozzo, 19793,
pp. 75-76 nota 71, e tratto dai verbali della commissione e dai documenti conservati nel! ASCG, qui considerati: 1882 - Attorno alla torre Nord e al grande arco è costruita un'impalcatura e si procede allo scrostamento dei vecchi intonaci. All'interno della torre è demolita la scala che dava accesso agli appartamenti ricavati nella porta Soprana. Sono riempiti i vani della scala e della bottega della friggitrice, nel pilastro sotto l'arco, e si compiono opere di consolidamento. 1883 -Sî effettuano sottomurazioni nel pilastro a Nord del grande arco. Viene in parte rifatto e in parte restaurato il rivestimento in pietra da taglio delle pareti interne della torre (dal piano dell'acquedotto sino quasi alla volta della copertura) e di quelle esterne (la parete ad Ovest, gli angoli Nord-Ovest, le facciate a Nord e a Sud sino all'altezza dell'arco). Sono ricostruite cinque feritoie ed inizia il restauro dei due finestroni (uno al piano del condotto e l'altro al piano superiore). Sono apposte concatenazioni in ferro sopra le chiavi dei due finestroni ed è avviata la costruzione di due rampe di scala a chiocciola, con gradini a sbalzo, nell'interno della torre. 1884 - Viene terminata la scala a sbalzo e completata con un parapetto di mattoni. Viene ultimato il rifacimento dei due finestroni verso Ovest e degli archi di tre porte (che mettono in comunicazione la torre con l'acquedotto, con il terrazzo sul grande arco e con il ballatoio in legno fra le due torri. Continua il rivestimento della facciata verso il piano di sant Andrea «fino ai due corsi in pietra di sopra all'ultimo cordone». Sono in parte ricostruiti i merli di coronamento e viene isolata la costruzione sopra l'aro. Si riveste in pietra da taglio parte dei fianchî della torre; all'interno sono demoliti tramezzi, pavimenti e soffiti degli appartamenti e sono eliminate le sovrastrutture del terrazzo, completando il rivestimento interno (fino all'imposta della volta che immette nel terrazzo). Inizia lo scrostamento della torre Sud e vengono effettuati saggi per verificarne la solidità. I lavori sono sospesi alla fine di settembre. 1885 - Vengono ricostruite restaurati un merlo di coronamento del grande arco ed sottostanti archetti, modiglioni, «dentarelle» e cordoni. Si completa parte del rivestimento esterno della torre Nord, verso vico Dritto di Ponticello: sono effettuati «pochi corsi al di sotto» dell'acquedotto, «sino ad un corso sotto la decorazione superiore della torre» e si giunge «al di sopra delle case attigue... sino a circa la metà della curva della torre». 1886 - Dopo una sospensione riprendono i lavori: continua il rivestimento di rhetà della curva della torre Nord, verso le carceri. 1887 - Viene demolita la casa sopra il grande arco, si porta il pavimento al livello primitivo e si riveste provvisoriamente di cemenLo, per incanalare le acque piovane verso i condotti laterali. Sono effettuati var restauri del grande arco (parapetti, merlature ecc). la ori nella torre Nord sono quasi conclusi e si eseguono varie riparazioni per impedire infitrazioni d'acqua. 1888 - Sono sospesi i lavori per le pratiche d'esproprio della casetta del liquorista. Nel mese di dicembre viene demolita la casa, lasciando però i muri perimetrali, da utilizzare come impalcature per i successivi restauri. 1890 - Si effettuano lavori provvisori per rinforzare parti pericolanti (nella torre Nord è puntellata l'apertura al primo piano, è costruito un «arco di contrasto» nell'apertura superiore, sono eseguite sottomurazioni ecc Si compiono opere di consolidamento e dir fondazione del pilastro e della colonna che sorreggono il grande arco. 1891-1892 - Vengono completati i restauri della torre Nord (in occasione delle Feste Colombiane) ed è apposta una lapide per ri cordare i restauri. I lavori vengono sospesi. 1900 - 1123 aprile 1900 riprendono i lavori di restauro. La torre Sud è circondata da uno steccato e si scrostano le pareti lla base. Sono effettuate varie opere di sottomurazione della porta e del muro di cinta; viene completata la grande cinta, ricostruendone in parte il paramento esterno e massicciando il vano di una scala ricavata nel muro. Si restaura la torre Sud, ricostruendo il rivestimento inter no a pianterreno e la base della colonna; sono demolite le case addossate. Viene rifatta anche la porta d'ingresso della torre. I lavori si concludono nei primi mesi del 1901. 1902 - Continuano ulteriori restauri alla base della torre Sud. 1903 - E rifatta la porta di accesso verso via Ravecca e viene restaurata la finestra. 1904 - E restaurato e rinforzato il lato meridionale della torre Sud. 1905-1906 - T lavori eseguiti in questo periodo riguardano «opere di murature» e «di demolizioni» non documentate con precisione.
1913 - Continuano i restauri della torre Sud: viene ricostruita l'ultima arcata e si procede al rivestimento esterno in pietra da taglio. Sono effettuate demolizioni di sovrastrutture nella parte superiore della torre, si chiude una grande breccia relativa alla scala in terna. E demolito un tratto della cinta lungo il colle di sant’ Andrea e viene rifatta la scala esterna (in sostituzione di quella demolita per a costruzione del palazzo della Banca d'Italia), esattamente uguale a quella precedente, praticando in rottura due passaggi nella ster na antica. Viene restaurato l'angolo superiore a Sud-Est della torre Sud e si effettuano riparazioni nella merlatura della torre, nella sca la interna e nel terrazzo. Sono compiuti «rattoppi» alla merlatura interna cd esterna e viene infine apposta una lapide. 1914 - E compiuta la rifondazione della torre Nord e viene consolidato l'angolo Sud-Ovest della torre Sud. Gli ultimi restauri ri ‘guardano la sottomurazione di un breve tratto della torre Nord vicino alle porte, il riempimento delle brecce fra la torre Nord e le mu: ra, la ripulitura e stuccatura della parte di rivestimento che si può conservare, la chiusura della breccia all'attacco del muro di cinta con
440
la torre, a ricostruzione della cornice al piano del cammino di ronda, del pavimento del tratto di mura a Nord e del parapetto delle mu ra stesse. Riporto i dati relativi alle somme investite nel restauro di porta Soprana c a quelle spese dal 1882 al 1898, unificando i dati espressi da due diversi bilanci del Municipio di Genova, Ufficio di Archivio, del 23 novembre 1893 e del 31 dicembre 1898 (ASCG, m.cs):
Anno 1882 1883 1884 1885 1885 1887 1888 1889 1890 1891 1892 1893 1894 1895 1896 1897 1898 TOTALI
—
SOMME ASSEGNATE dal dal Municipio Governo 2.000 8.000 4.000 10.000. 4.000 10.000 = 10.000 4,000. 10.000 10.000 4.000. 10.000 12.000 10.000 4.000. 10.000 10.000 2.000. 10.000 17.234,74 11.612 = 9.492 2.000 160.338,74 24.000
Totale 2.000 12.000 14.000 10.000 14.000 10.000 14.000 10.000. 12.000 14.000. 10.000 12.000 10000. 17.234,74 11.612 11492 18433874
Somme spese 1.995,65 12.000 12.264,09 9.173,02 9.855,28 3.187,99 20.995,50 3.509,72 17.910,80 13.778,88 2200 280 54.040 162.390,93
Alla fine dell'esercizio 1898 il fondo disponibile è dunque di lire 21.947,81. [lavori eseguiti sul monumento sono tutti affidati dal. la commissione e dalla municipalità ad imprese private; problematica doveva essere la gestione del controllo dei lavori se la commissione durante la seduta del 23 dicembre 1898 (Durour Bozzo, 19799, p. 23) discute «sul metodo a seguirsi circa l'esecuzione dei lavori». D'Andrade ricorda come «affidare i lavori in appalto ad un'impresa col solo controllo dell'ufficio tecnico municipale non fece buona prova» e come aggiungendovi un assistente di fiducia dell'Ufficio regionale dei Monumenti «questo secondo metodo risultò più economico e regolare del primo». Il presidente propone dunque di ricostituire la sottocommissione che dirigai lavori. Dai documenti si possono individuare alcune imprese che lavorano alla porta in questa fase dei restauri: un libretto che elenca giornalmente i lavori, i nomi dei muratori, le spese, datato a partire dal 13 maggio 1896 (ASCG, scatola n. 1549/3) attesta la ripresa dei lavori e l'affidamento dell'appalto all'impresa del signor Nicolò Comotto; con la seduta del 7 febbraio 1900 il Consiglio comunale approva il proseguimento dei lavori c affida l'appalto all'impresa di Giuseppe Franzone (Processi verbali, 1900, p. 123); il contratto con il Franzoneè stipulato il 4 aprile (ASCG, scatola n. 1531/12); l'impresa Franzone assume ancora l'appalto di restauro l'11 giugno 1902; infine con la costituzione della società Aedes nel 1905 ogni lavoro viene assunto da questa vera e propria industria, alla formazione della quale hanno concorso industriali locali, operatori edilizi, istituti di credito (cfr. DORIA, 1973, pp. 294 e ss). Interessante rilevare infine l'indicazione delle paghe giornaliere percepite dalla manodopera impiegata nei lavori, indicazione contenuta nel diario dei lavori sopra citato.
441
39 Sul programma d'ampliamento della città il cui ‘perno’ è costituito dal piano regolatore di Albaro, realizzato dalla società im mobiliare Aedes, a seguito di una convenzione stipulata con il Comune per la somma di trentasei milioni, cfr. DORIA, 1973, pp. 475 476, e DUFOUR Bozzo, 1978. Allo sviluppo urbanistico del quartiere di Albaro è stata dedicata recentemente (maggio-giugno 1980) una mostra, organizzata dalla Facoltà di Architettura dell'Università degli Studi di Genova e dal Consiglio di quartiere, e ai piani regolatori un articolo di FUGAZZA-CORSANEGO, 1982, pp. 18-27. Sul piano regolatore d'Albaro si discute in Consiglio comunale l'8 agosto 1912 (Processi verbali, 1912, p. 8). Si veda anche sui piani regolatori di Albaro, CARBONE, 1905. Negli stessi anni (a partire dal 1907) anche a Roma il sindaco, Ernesto Nathau, fa progettare un nuovo piano d'ampliamento della città, in sostituzione di quello ottocentesco, prossimo alla scadenza legale; il piano progettato dall'ingegnere capo del Genio Civile di Milano, Edmondo Sanjust di Teulada, è redatto dall'Ufficio Tecnico comunale diretto dall'architetto Rodolfo Bonfigliett (fr. InsoLE RA, 1978, p. 97)
4° In generale su questi anni e sul tracollo della struttura economica genovese cfr. DORIA, 1973, pp. 305-306, 325-326. Allesposi zione della Società Promotrice del 1901 viene esposto Avanzi del castello di Boccanegra di A. Varni (catalogo n. 63). Nell'ambito dell'esposizione del 1908, organizzata dalla Società Promotrice di Belle Arti, fu ordinata a cura del consiglio direttivo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti una mostra di disegni e di bozzetti eseguiti da allievi dell'accademia stessa, cfr. per l'eco che l'avvenimento chbe sulla stampa cittadina /I Corriere di Genova (sa. 1908) e II Caffaro (s.a., 1908) Durante l'esposizione del 1911 fu allestita una mostra a palazzo Rosso, cfr. l'op ne della stampa in /I Caffaro, 26 maggio (s.., 1911), e in AI Cittadino (sa., 1911. Nel corso dell'esposizione del 1913, la cinquantanovesima organizzata dalla Promotrice, fu allestita una mostra nel ridotto del teatro Carlo Felice c una mostra di bozzetti al circolo artistico Tunnel, fr. II Secolo XIX; II Cittadino; Il Lavoro; Il Caffaro (sa., 1913. La «quadruplice esposizione» del 1914, molto più ambiziosa, organizzata dai più bei nomi dellaristocrazia cittadina, visitata dal ree dalla regina d'Italia anche se non da moltissimo pubblico per l'imminenza della guerra, trova posto con i suoi padiglioni ‘assir’,medievali, neoclassici nella spianata del Bisagno (cfr. per l'argomento in generale, DOLCINO, s.d., pp. 205-216, e il recente BOSSAGLIA Cozzi, 1982, pp. 25-27). In occasione della esposizione del 1914 vengono organizzate una mostra d'arte al circolo artistico Tunnel (cfr. il catalogo Esposizione artistica di bozzetti, 1914); una esposizione internazionale di Marina e di Igiene Marinara, aperta nel maggio, con una sezione dedicata alla Marina Mercantile italiana; una mostra su «Le Colonie Italiane» — Tripolitania, Cirenaica, Eritrea, Somalia — sotto il profilo archeologico, etnografico (curato da Arturo Issel e da Luigi Maria D'Albertis), militare, e con particolare ri guardo allo stato contemporaneo delle condizioni economiche e sociali, cfr. in primo luogo la rivista L'Esposizione di Genova (sa., 1914, pp. 3-0); inoltre Esposizione internazionale di marina, d igiene marinara e mostra coloniale italiana, Genova 1914, in Rassegna Universale (sa., 1914, p. 11), Mostra coloniale di Genova Agricoltura... della Tripolitania, 1914. Viene infine allestita una mostra storica su «Le Colonie Genovesi del Mar Nero» nell’ambito della quale viene anche esposto un altare bizantino, opera di Riccardo Haupt (cir. Rassegna Ufficiale, p.213, e Mostra storica delle colonie genovesi in Oriente, ASLSP, 1918}. L'esposizione del 1914 consegue il fi ne, secondo GIACCHERO; 1979, II, p. 573, di offrire una testimonianza del cammino percorso... dai ventidue anni trascorsi dalle risomanti celebrazioni Colombiane nel IV centenario». Negli stessi anni a Roma, in occasione dell'esposizione Universale, 111 giugno 1911, viene inaugurato il monumento al re Vittorio Emanuele, mentre all'inizio del secolo d'Andrade partecipa anche all'esposizione di Torino del 1902 (NICOLETTI, 1978, pp. 99 e ss).
È questa esposizione a ricoprire un ruolo particolarmente importante per la cultura genovese in quanto con essa si diffondono in città i
motivi decorativi lberty. Nei primi anni del secolo, nel 1905, viene divenutone nel 1908 l'assessore
istituito l'Ufficio comunale di Belle Arti, voluto da Gaetano Poggi,
4! Cfr. DE SETA, 1978, I, p. 46. #2 Una descrizione degli edifici costruiti da Coppedè e da Fossati, della torre dei genovesi a Galata e di altri momenti monumentali della esposizione si legge nel brano di BALBI, 1914, pp. 172-173; del trionfo" di Genova attraverso le esposizioni scrive il 23 maggio SANTAFIORA, 1914, p. 187; ricorda Genova «coeva dei Romani» PACE, 1914, p. 171; infine l'articolo di DE VEOCHI, 1915, pp. 122124. L'ultimo contributo su Copped è l'esaustivo volume di BossaGLIA-COZZI, 1982. Nonostante le enfatiche parole d'ammirazione che De Vecchi ha per la porta, pochi mesi dopo, il 14 gennaio 1915, la Giunta mu. nicipale delibererà circa la definizione delle ipoteche legali della Banca d'Italia (DUFOUR Bozzo, 1979, p. 74 nota 71). 43 I dati inerenti l'afflusso dei visitatori alla casa di Colombo, ai quali si possono aggiungere quelli del 1910 (87 visitatori per un incassodi lire 43,50) e quelli del 1911 (69 visitatori per lire 34,50) si trovano in AGCG, scatola n. 72/10. Per le citazioni relative allo stato della casa di Colombo cfr. Relazione della Commissioneper la casa di Colombo, 1916, pp. 8-9. Si veda comunque anche DUFOUR Bozzo, 1979!, passim. Infine la casa di Colombo è descritta da una nota dell'archivio della Ripartizione Patrimonio del Comune di Genova (Patrimonio D, partita 25) in questi termini: «La casa confina a tramontana con Piazza Dante, a sud con via Porta Soprana, a
442
levante con vico Dritto di Ponticello. La casa ha una superficiedi mq. 80, un volume di metri cubi 492 e il giardino misura mg. 2.800. Le strutture portanti sono in muratura di pietrame, i solai sono in parte a volta e in parte a travelli di legno. La copertura è a terrazzo». *^ Duroun Bozzo, 19793, p. 36.
45 Si riparla dei restauri di porta Soprana nella seduta del Consiglio comunale del 9 gennaio 1915 quando è necessario ratificare l'affidamento dei lavori all'impresa Curletto, avvenuto l'anno prima, alla morte del primo appaltatore Pietro Pavesi; al momento del pagamento è indispensabile l'autorizzazione del Consiglio. Nella stessa seduta il consigliere Cattaneo Adorno raccomanda all'assessore delle Belle Arti di togliere «il grottesco con cui si è adornata la base della torre di Porta Soprana» lamentando come a Genova, «da qualche tempo... si semini grottesco ovunque, anche dove non è indicato». (Processi verbali, 1915, pp. 32-33). Il 3 febbraio si ridiscutono le clausole legali relative all'ipoteca intercorsa tra la Banca d’Italia e il Comune (ibidem, 1915, pp. 107-108}; infine il 30 maggio 1916 il Consiglio comunale aumenta il compenso all'impresa Curletto per i lavori di restauro collaudati il 25 marzo (ibidem, 1916, pp. 415 416, Sulla prima guerra mondiale, di «confusione ideologica» e di «euforica eccitazione», scrive DE SETA, 1978, p. 72; della nozione chiave di «guerra farmaco» ISNENGHI, 1970, passim; la guerra è vista come la «vera industria del cadavere» nelle parole di Enrico Thovez in TEMPESTI, 1976, p. 48. Per l'inaugurazione del monumento di Quarto e per la venuta a Genova per l'occasione di Gabriele D'Annunzio, si veda prima di tutto CODIGNOLA, 1938, pp. 1-24; per il monumento cfr. inoltre FRASSATI, 1960, pp. 304-305, e DOLCINO, s.d., pp. 233-258. Per avere. una visione completa del momento si eve tuttavia ricordare che in questo stesso anno a Genova una ‘personale’ di Previati viene visi tata da più di 70.000 persone (cfr. 1911-1925 Genova, 1973, p. XXXI.
443
12. LA SISTEMAZIONE (1919-1943)
12.1. 1919-1929: un decennio interlocutorio
L’euforia post-bellica esplode a Genova come altrove tempestivamente sicché nel maggio 1918 la cit-
tà «...con aperto e vibrante animo e con sollecitudine
viva e generosa...» assume l'onere di allestire quella
«grande Esposizione della Vittoria», con annessa «grande Lotteria di Beneficenza» che verrà inaugurata il 24 maggio dell'anno successivo. Nel clima analogo sebbene più articolato del 1921 prende l'avvio il piano regolatore di Piccapietra e san Vincenzo, mentre «...nella riunione di chiusura...» dell'«... VIII Congresso geografico Italiano, tenutoa Firenze tra il 29 marzo e il 3 aprile...» 1921, l'assessore Porro presenta «...il desiderio di Genova di essere desi-
1925 muore Carlino Pescia, un ‘personaggio’ straordinario che in un suo legato lascia erede dei suoi beni la città natale affinché questa provveda al proprio «abbellimento» ‘.
La vicenda del ripristino di porta sant’ Andrea sembra così sbloccarsi anche se la prassi burocratica si dilungherà tanto da differire l'intervento vero e
proprio di ben dodici anni.
Nel gennaio 1927 si apprestano le carte urgenti
per ottenere la dichiarazione di «pubblica utilità»; nel marzo del medesimo anno si manifesta il proposito di avviare i lavori di restauro effettuando nell'aprile gli
espropri necessari; tutto questo mentre fervono in cit-
tà imprese edilizie di spessore tanto più cospicuo:
gnata a sede del IX Congresso, come già lo era stata del primo, tenutosi durante le feste colombiane del 1892...» 2.
dall’allargamento di via Carlo Felice (marzo 1927),
si possono collocare le pratiche per gli ultimi lavori di restauro della casa di Colombo (lavori peraltro mai eseguiti) e per la ricostruzione del chiostro di sant'Andrea (1922), di cui scriverò più oltre (v. fig. 411). La porta Soprana, invece, non registra fatti degni di nota anche se un interesse sotterraneo che la ri-
dello stesso anno) già progettato dal Piacentini nel
È in questa prospettiva forse che dal 1921 in poi
guardi sembra mantenersi vivo così come si deduce
alla posa della prima pietra dell'arco ai caduti (aprile 1926 (figg. 479 e 480); dal piano regolatore di circon-
vallazione a monte (luglio) ai vernissages della galleria Vittorio Emanuele III, dei parchi di villa Serra e Gropallo a Nervi, in occorrenza di una data fatidica: il V anniversario della marcia su Roma (28 ottobre 1927)5.
Il primo marzo del 1928 il podestà Eugenio
da una lettera del professor Giovanni Beltrami in da- Broccardi delibera ta 26 marzo 1924, da cui si ravvisa «di approvare il progetto di isolamento e restauro del torrionea l'«...intenzione dell'Amministrazione Comunale di collocare nel
giardinetto archeologico di Porta Soprana una colonna romana
con iscrizione latina che ricordi l’esistenza della necropoli arcaica del IV-V secolo...» 3.
Guasti alle porte delle due torri vengono denunciati e, a partire dal 29 gennaio 1925, si effettuano le riparazioni, protraendosi invece fino all'ottobre dello
stesso anno le pratiche connesse ai lavori. Un anno
d'eccezione, tuttavia, perché nel primo semestre si verifica una circostanza densa di sviluppi: il 14 giugno
mezzogiorno...'alegato elenco degli stabili da espropriaree i ia no parcellare...a spesa complessiva di L. 235.000... e il 15 mag; gio 1929 sempre il Broccardi «..delibera l'espropriazione dello stabile n° 62 di Via del Colle, necessario per i lavori...» da realizzaref. Si conclude così il decennio post-bellico, che a giusto titolo può essere definito interlocutorio per
l'assenza di grossi eventi relativi alla ‘storia’ di porta
Soprana e interlocutorio a maggior ragione se si considerano alcune premesse verificatesi in tali anni: dal-
445
OK NINONGD TONY AN) VI
tunuooeq “IN tp onoSoid “OHONFT 010] *exouor) - 08h Bit
RUE
Fig. 481 - Genova, chiostro di sant'Andrea e zona «privilegiata».
Ja cura rinnovata per l'area circostante che gravita attorno alla casa di Colombo e di cui tratteró nelle pros-
se anche prime” — come già ho scritto —; ma, superate le sequenze del periodo a cavallo del secolo (v. qui l'11.6.), le spinte più qualificanti si verificano fra i gli anni 1916e 1934. Nel ripercorrere l'itit
sime pagine, al lascito di Carlino Pescia che pone le condizioni necessarie per l'effettuarsi del restauro deali anni 1937-1938, di cui daró notizia qui di seguito. carisma, tante più vero quanto meno appariscente, 122. Il «suoio privilegiato» e «l'ambiente sacro»: un processo per il carisma dell'area di porta Soprana di sant'Andrea (1916-1934) Gli inizi anagrafici del processo di sacralizzazione dell’area di porta Soprana a cui fa da perno la casa di Colombo sono da ricercarsi nel lontano 1892 e for448
vanno rilevati alcuni passi di chiarezza esemplare, desunti dalla già menzionata Relazione della Commissione per la casa di Colombo (Genova, 1916) che me-
ritano di essere qui riproposti. Il comitato, al termine dei lavori, afferma che
«l'area su cui sorge la casa di Colombo...{devel...conservarsi a guisa di suolo prizilegiato per la eccezionalità del ricordo storico chevi è annesso... (p. 11) e Gaetano Poggi, in una postilla tesa a «.«precisre il suo concetto, osserva caz...non è soltanto il suolo
che € sacro, ma l'ambiente, e noi dobbiamo conservarlo in omag-
gio a un'alta idealità storica.» (p. 12). Che tale «ambiente» poi comprenda anche porta sant’ Andrea è ribadito da un voto unanime del la commissione affinché «sia studiatoe compilato un piano da cui risul il modo con cui si intende coordinata tutta la regione circostante alla Porta Soprana e all'area che include detti resti...»
(p. 11) (casa di Colombo); nonché dalle seguenti parole del Poggi:
«Il problema della casa di Colombo vuol essre studiato in relazione all'altro di Porta Soprana...» 5. «A questo modo la casa di Colombo, protetta dalle grandi ombre di Porta Soprana, acquisterebbe tutta la suggestione che deriva dallarmonia e dalla verità dell'ambiente»
(p. 13). Una frase di chiusura che non potrebbe suonare più esplicita. Quando poi, il 9 marzo 1922, si delibera di ricostruire il chiostro di sant’ Andrea, risulta quasi d'obbligo il venire scelta come nuova sede l'«area sacra» qui in esame, considerando anche la prossimità dell'ubicazione originaria dei ruderi. Questo impianto inedito in una zona «privilegiata» denuncia un eccezionale valore di posizione (figg. 481-484): & una tangibile conferma di un retroterra di intenzioni, cosi come altrettanto tangibile conferma sarebbe stata il costruire
«uno di quei sacelli, che si vedevano sparsi per i quartieri dell'antica Roma, il quale contenesse gli avanzi della storica ca-
Fig. 482 - Genova, chiostro di sant Andrea e zona «privilegiata».
449
:
E
, a
fe
i.
Genova, chiostro di sant Andrea e zona «privilegiata».
se fosse stato compiuto, secondo il desiderio di Gaetano Poggi. Progetto — si noti — cosi vicino a quello ideato da Rosolino Multedo (figg. 485-488) c mai costruito, ovvero a quello, altrettanto significativo e certo più ‘vitale’ a firma di Ignazio Gardella del 1939
(figg. 489 e 490)9.
Mentre gli esiti finali di questo processo sono ancora distanti — lontani quindi da quella visualizzazione che, pur con qualche variante, verrà riproposta nel grattacielo Invernizzi (v. qui il 12.5.) — il 21 agosto 1933 si verifica una nuova battuta, di tono completamente diverso, eppure indicativa benché slittata a livello di cronaca.
«Folle di fedeli visitano il quadro della Madonna della Guardia. sotto l'arco di Porta Soprana» — si annuncia in un pezzo di colore nel Cittadino di quel fatidico giorno, dove si annota che «..e antiche porte della città...» sono state poste sotto l'egida della Vergine «...a conclusione di una giornata di fede vissuta dal rio ne, giornata che lascerà imperituro ricordo in quella buona popoazione tutta dedita al lavoro..». A «imperituro ricordo» dell’av venimento, o meglio, onde evitare una «oleografía» situata nell'edicola barocca nel fornice della porta e «dipinta con tinte impossibili alcuni abitanti del piano di S. Andrea...» chiedono «..il permesso all'Amministrazione Comunale [di] ..sostituire l’attuale immagine con una antica oppure con una moderna che si uniformi alle antiche...». «Non esistendo immagini consimili» di N.S. della Guardia, il 20 agosto 1934 si consiglia «...un dipinto raffigurante il soggetto desiderato dai richiedenti da affidarsi... 451
Fig. 485 - Genova, casa di Colombo, progetto di R. Multedo, ottobre 1925.
Fig. 486 - Genova, casa
Colombo, progetto di R. Multedo, ottobre 1925.
(all... prof. Giovanni Grifo, ottimo pittore nostro, mediante il
compenso di Lire 1.000»10.
Una specie di riconsacrazione della porta à consumata: sembra pleonastico ribadire quanto l'intero episodio in genere e la stolida demagogia di alcune frasi in specifico siano lontani per contenuto e forma dalla prima e autentica consacrazione: quella sancita con le parole nella lapide del 1155. Non è comunque l'esegesi di un fatto di cronaca che qui tanto interessa quanto piuttosto il rilevare nella circostanza una ratifica, sia pure di tono minore, allo sviluppo e al consolidarsi del nuovo carisma relativo all'edificio e alla sua area circostante, che nel frattempo andava acereditandosi su di un piano ad altro livello. Le pratiche per l'isolamento della porta e quindi per gli espropri proseguono per tutto il 1933, anno in cui, il 7 giugno, viene varata con delibera podestarile la variante al «piano regolatore delle zone centrali della città di Genova, piano
Fig. 487 - Genova, casa di Colombo, progetto di R. Multedo, ottobre 1925. 452
particolareggiato di esecuzione della zona A» !!
Si è di fronte a un ennesimo giro di boa per l'itinera-
Fig. 488 - Genova, casa di Colombo, progetto di R. Multedo, ottobre 1925.
rio fin qui seguitoe in particolare per la tappa conclusiva di questa prima fase della vicenda. E in tale con-
giuntura che il 21 giugno 1934, superate le pratiche
porta sant'Andrea, lo si vedrà nelle pagine che seguiranno.
d'ufficio a lungo protrattesi, uno
«stralcio dal progetto di piano regolatore della città nella zona dell'area contenente la casa di Colombo ed il chiostro di S. Andrea» codifica con eloquenza e sul registro delle istituzioni l’intangibilità dello spazio urbano qui in analisi. Se-
12.3. Il piano regolatore della zona «A» nel quadro
del mito della Dominante e le demolizioni di «S.E. il Piccone Risanatore» (1926-1937)
guiamone il dettato: «..in seduta 7 maggio 1934 ..il Consiglio Superiore per le Anichità e Belle Arti... ha espresso il voto cheil progetto stesso possa essere approvato purché il suo perimetro segua, in prossimità del la Porta Soprana, la linea A' ..A' indicata nella unita planimetria {qui fig. 491] in modo da escludere dall'ambito del piano regolato re l'arca contenente la casa di Colombo e il chiostro di S. Andrea..; «..l'sclusione dell'area su indicata mira a riunire in un unico piano organico la zona medievale della Città circostante
Il mito della Dominante, di radici assai remote, assurge a vera e propria coscienza collettiva quando nel 1926 dalla seconda aggregazione del suburbio alla città, prende vita la cosiddetta ‘Grande Genova’ che ingloba venti Comuni. Una scelta questa segnatamente «amministrativa e non urbanistica», sicché il regolamento successivo del 1929 riorganizza il nuovo spazio urbano in cardini istituzionali di tipo ammini-
Che poi, per ragioni diverse, sia in effetti lo stesso piano regolatore del 1932-1934 a interessare e a es-
munque questo medesimo statuto che sigla la «Gran de Genova» costituita dal «Duce» nel clima del na scente fascismo.
l'anzidetta Porta Soprana...» 12.
sere determinante per la «sistemazione defi
strativo, riciclando in parte i criteri del 1877. È co-
453
Fig. 489 - Genova, casa di Colombo, progetto di 1. Gardella.
we E =
tz
EB
EE
BE Fig. 490 - Genova, casa di Colombo, progetto di I. Gardella.
Fig. 491 - Genova, piano regolatore della zona ‘A,
I concetti informatori sono quelli di «pubblico decoro, estetica generale e privato interesse» !9. «Le grandi opere pubbliche della Genova nuova» non tardano a essere avviate: nello stesso 1929 il progetto per «da strada galleria fra via Dante e via Maragliano» riscuote un vivo plauso mentre l'edilizia intensiva di Genova-centro suscita il più ammirato consenso. «All'appello di Colui che la vuole Dominante dei mari» — si legge nell rivista municipale dl febbraio 1930 — «Genova ri s2onde sempre con lo slancio degno del suo nome di Superba, e legata ad un unico amplesso con le numerose altre consorelle all'Eterna Città, saprà sempre conservarsi degna ed affettuosa fi-
glia della Grande Madre "alia 14.
La promozione e l'imprimatur della milizia politica sono scontati. Sull'onda di una mitologia energeticaè in questo stesso febbraio 1930 che viene bandito con delibera del giorno 8 «un concorso tra Ingegneri ed Architetti di nazionalità e laurea italiana per un progetto di piano regolatore di Genova nelle zone d. Piccapietra, San Vincenzo e in quella a sud di via XX settem-
bre reso necessario per predisporre sollecitamente un piano regolatore del Centro della Città...» 13,
Siamo alla preistoria di quel famigerato «piano regolatore» che — come già ho scritto — registra uno dei nodi conflittuali di tutta la vicenda, perché mentre su
di un versante protegge la zona sacrario delle memo-
rie cittadine, sull’altro per «ragioni di arte, di viabili-
tà, di igiene» lascia la parola al piccone per isolare nella sua monumentalità
mutila e misconosciuta
l’edificio forse più prestigioso del Medioevo di Geno-
va: la porta Soprana di sant'Andrea.
Ma procediamo con la cronistoria di questa av-
ventura.
Quale postilla al bando di concorso pubblicato nella rivista del Comune del maggio 1930 si segnala-
no e si illustrano con un apparato fotografico in pro-
prio le «vecchie zone urbane destinate a scomparire (o ad essere rinnovate) col nuovo piano regolatore».
Queste sono: Porticello, via Madre di Dio, Foce, piazza Cipro, piazza della Vittoria, copertura del Bisagno, via Tolemaide, piazza Verdi, area di porta So455
prana, vico Morcento, vico Ponticello, Piccapietra, porta Aurea, san Vincenzo, zona di ponte Monumen-
tale ecc... Un repertorio di demolizioni che in una prospettiva a livello italiano ben si allinea a una tenden-
za tipica degli urbanisti del regime: «piccone, sventramenti, concentrazione edilizia». Caratteristica pecu-
liare a tutti i progetti del concorso & la sistemazione
della rete stradale che diventa l’obiettivo primario e la finalità pilota anche col sacrificio delle testimonianze
storiche: un esempio ne è il proposto ma mai effettuato abbattimento del palazzo dell’Accademia nel pro-
getto «Caffaro» ovvero il caso limite e più tardivo di porta Aurea (figg. 492 e 493). In parallelo a tali diret-
tive si verifica pure un orientamento univoco nei riguardi di porta Soprana: l’edificio, che per la sua ubicazione compare in quasi tutti gli elaborati, è proiettato in un isolamento esclusivo e magnifico !6. Tanto
nel progetto «Janua» quanto in quello contrassegnato «Genuensis ergo mercator» — per citare i due vincenti — la porta si giova di quegli spazi liberi, di quei «vuoti» che, con la loro funzione scenografica e celebrativa di ascendenza ottocentesca, rappresentano il
prezzo di un habitat alienato e di una monumentalità fraintesa (figg. 494-499). In contropartita e negli anni
successivi il «giardino di dirute memorie» è invece e sempre rispettato in ossequio alle future varianti.
«La grande diffusione dello strumento del concorso pubblico
per la formulazione dei piani regolatori urbani, non ha probabilmente l'eguale in nessun altro paese curopeo...» è stato scritto? e Genova conferma quanto sopra. «Con fascistica celerità», nel frattempo procede
la copertura del Bisagno — è il maggio 1930 — mentre ha inizio la progettata prosecuzione di via Dante (fig. 500) e il piano regolatore di Albaroè alle sue ultime battute; sulla «necessità di un piano regolatore ge-
nerale» insiste Aldo Viale in apertura del 1931 poco
L'8 settembre 1932 viene approvato il «Piano particolareggiato di esecuzione del piano del centro relativo alle zone di piazza Dante-CarignanoBernardino (zona A)» e «l'epicentro delle trasformazioni urbane è la piazza Dante; la zona attorno alla porta sant'Andrea è quella interessata più direttamente. I criteri informatori — è ovvio — sono quelli comuni alla più scoperta militanza fascista: «risanare la zona... facilitando la demolizione di. . caseggiati vetusti e malsanie a oro sostituzione con edifici moderni, bene serviti di ampie e comode strade» sono le prerogative utili a ottenere il decreto di pubblica utilità e quindi «l'idoneità» di luogo a procedere. La casa di Colombo e il chiostro di sant Andrea però continuano a essere tutelati «dal perimetro [segnato] in prossimità della Porta Soprana [con] la linea A? A; si conferma ancora una volta l'esclusione «dall'ambito del piano regolatore [della] zona archeolo gica...» 20 (fig. 502) «Quanto prima il piccone inizierà le demolizioni dei case giati. nelle aree vendute all'Istituto Nazionale delle Assicurazioni, ll'impresa Lavarello, all'impresa dell’Ing. Zell, sulle quali do vranno sorgere i due primi grattacieli e i palazzi a lato di via Fieschi. Inoltre avranno inizio le demolizioni nelle aree sulle quali sono state previste nuove strade» si annuncia il 4 gennaio 1935 sul Giornale di Genova?!, mentre la condizione dell’area circostante porta
Soprana è illustrata con eloquenza da una fotografia dell'8 febbraio 1934 (figg. 503-506). Nel marzo del 1935
«il piano regolatore del Centro è ormai in realizzazione nella zona di Piazza Dante. », dove la sua «..attuazione provoca lo sventra: mento di un abitato densissimo di case vecchie e malsane per dar luogo a un quartiere metropolitano con vaste piazze di smistamento, larghe strade ed imponenti edifici di cui alcuni di eccezionale altezza». Nel marzo dello stesso anno, come risulta dagli
so «la millenaria potenza e le glorie marinare della
Atti del Podestà, «. sono state espropriate circa 70 case per complessivi 550 appartamenti c 160 botteghe di Vico Nuovo Ponticello, Vico Dritto Ponticello, Vico Berettieri, Via Fieschi, Via Borgo Lanaioli, Sali ta Ripalta ecc» e il 29 aprile «viene conferito all'impresa Ricardo Parodi... l'appalto] dei lavori di demolizione di fabbricati oc-
Dominante» !8. Sono pagine di cronaca cittadina che
510]
prima del fatidico 31 maggio, la «magica giornata» della visita a Genova di re Vittorio Emanuele III e dell'inaugurazione dell'arco della Vittoria; in settembre, a Roma, Artemisia Zimei esalta in un suo discor-
interessano soltanto per connotare un clima: quello
correnti per la formazione di un'area in Via Dante»22 [figg. 507.
1127 novembre 1935 il podestà Carlo Bombrini
in cui viene visualizzato il mito della Dominante attraverso l'emblema di porta Soprana (fig. 501), che
compare sul frontespizio di un «agile volumetto»,
«delibera di approvare la spesa di L. 15.000 occorrenti per le de: molizioni delle case circostanti e addossate a Porta Soprana e di affidare la demolizione all'impresa Aldo Casadei»;
una guida turistica del 1931 a cura del Municipio.
i lavori per l'isolamento dell’edificio hanno inizio nel
456
Fig. 492 - Genova, porta Aurea.
Fig. 493 - Cenova, porta Aurea, acquerello di 3erabino.
Fig. 495 - Genova, piano regolatore, progetto «Janua».
rest = > Fig. 496 - Genova, piano regolatore, progetto «Genuensis ergo mercator».
487 - Genova, piano regolatore, progetto «Genuensis ergo mercator».
Fig. 498 - Genova, pizno regolatore, progetto «Ceruensis argo »fercator».
Fig. 499 - Genova, piano rezoiatore, progetto «Balilla»
Fig. 500 - Genova, prosecuzione di via Dante. quadro di una meccanica che con le «demolizioni» risolve i «problemi della necessità e della grandezza»,
finalizzati a ur'edilizia monumentale assolctamente necessaria alla «mistica fascista» 2 Nel corso di quello stesso 1935, intanto, Cesare Marchisio innalza un peana alla Dominante in un inutile scritto d'occasione per la mostra «Sogni di Madre», allestita nel «restaurato tempio di s. Agostino» in omaggio a uno dei temi cari
«alla retorica del fascismo trionfante ispirati a sentimenti... di un populismo sublimato» 2f.
Mentre si realizza la manifestazione, probabil-
mente suggerita anche dalla prossima maternità di Maria José di Savoia, la statua della Madonna, già
collocata sulla porta Lanterna, ormai distrutta, viene
trasferita «all'imboccatura del porto sull'estremità del Molo Giano»: una coincidenza singolare qaest'ulti-
ma se si valuta il significato assunto dal mitico eroe
per la Genova del Medioevo e se si considera che la città fu poi dedicata a Maria Santissima nel 1637 (v.
qui il 10.44).
Fig. SCI Emblema di porta Soprana su una guida della città 462
Nel gennaio del 1936 è ancora Cesare Marchisio a celebrare il decennale della «Grande Genova» confermando — se fosse stato necessario — che il mito della Dominante è in pieno processo di sviluppo. L'impegno della milizia di alcuni cittadini si espleta fra solenni funzioni
Fig. 502 - Porta Soprana, ia porta nel suo contesto urbano prima delle demolizioni. «...in S. Lorenzo in suffragio dei Legionari caduti nel Tembien» e
«l'esultanza... per la vittoria di Amba Aradam e di Amba Alagi»;
in contemporanea quasi alla consegna dell'«oro dei Genovesi... alla Banca d'Italia» per la «Patria» e alle «celebrazioni del XIII annale della Milizia Fascista». Il restauro del chiostro di san Mat-
anni, fra i consolidati equilibri delle forze in campo, fa da cornice alla sistemazione dell’area di porta
sant'Andrea.
Opera che procede ancora per tütto il 1936 fra
teo «...costituisce un altro titolo di nobiltà per la Genova dell'Era
appalti, espropri, modifiche al piano regolatore — di
per «lo scopo el'alto valore etico della manifestazione intesa a po-
dei quattro grattacieli previsti —, piani finanziari, liti
Fascista» e la «III Mostra Prelitorale d'Arte» viene illustrata
tenziare lo spirito e le tendenze artistiche delle giovani generazioni universitarie inquadrate sotto i segni del Littorio».
La campagna demografica imperversa fra la commemorazione della partenza dei Mille da Quarto, le cerimonie al Politeama Genovese per la «Festa del Lavoro» e l'inaugurazione della «monumentale fontana di Piazza De Ferrari...» nella circostanza delle festività per il 24 maggio 25.
Tutto un repertorio comune all'Italia di quegli
specifico interesse quella relativa alla riduzione a due
gi con il Seminario, acquisti dell’area-Invernizzi; nel novembre Angelo Marchi viene incaricato di collabo-
rare ai nuovi restauri di porta Soprana 26.
Anche per l'anno seguente, il 1937, quando ormai la dittatura si afferma con passi decisivi e il 24 gennaio «S.E. Achille Storace» visita Genova, si inseguono in una accelerazione frenetica le pratiche d’uf-
ficio e tutto l'apparato di carattere strumentale atto a
463
Fig. 503 - Genova, la zona di porta Soprana e vico dritto Ponticello prima delle demolizioni
confermare l'efficienza del piano regolatore. Una voce soltanto si leva a difesa della «compagine artisticoambientale» e si esprime con parole assennate: Pietro Barbieri osserva che «...la più grande utilizzazione degli edifici monumentali si ottiene non isolando l’edificio al centro di una grande piazza, ma piuttosto continuandolo a mezzo di raggruppamenti...» e traccia uno «studio di piano regolatore e di diradamento della Genova medie-
vale.» ispirato alle «buone intenzioni»
di Gustavo Giovannoni (fig. 511).
Un anno essenziale il 1937 e determinante per la. «sistemazione definitiva» oggetto di questa indagine: una «sistemazione definitiva» ad opera del «piccone risanatore», che si inserisce e anzi integra quel programma celebrativo della Dominante — di origine antica, ma di nascita nuova e di consistenza scarsa sul piano dei contenuti — prossimo ad essere sancito e consacrato in piena ufficialità nel 1938 con la futura visita del duce a Genova ?.
Orlando Grosso «ricorda» Ponticello, di cui a
malincuore giustifica quelle stesse demolizioni (fig. 512) — ritenute peraltro necessarie al formarsi della città moderna —, che Alessandro Pavolini esalta nel
celebrare gli sbancamenti per un totale di 130.000 mc. 77. Il giorno di Colombo è commemorato con una delle cerimonie d’anno ricorrenti e il 1937 si chiude con il bilancio delle opere genovesi dell’anno XV dell'Era Fascista, fra le quali emerge il piano regola-
tore di piazza Dante che ha «..risanato intieri quartieri in pieno centro e. ha... rizzato costruzioni su-
perbe» 25, 464
124. II restauro-Grosso e la visita del duce alla Dominante (1937-1938)
Una relazione dettagliata e inedita del 3 febbraio 1937, fa presente che è indispensabile iniziare i lavori
di restauro della porta Soprana, soprattutto nella tor-
re «liberata recentemente dalla casa addossata». Il direttore dell'Ufficio di Belle Arti e Storia chiede perciò all'Ufficio Lavori Pubblici un preventivo per il restauro, consistente
«el portare la torre meridionale ad un aspetto identico di quella sectentrionale già ripristinata».
Tale restauro comporta inoltre il rifacimento di alcune parti di muratura, «nei punti dove erano state ricavate le camere della casa addossata, in parte nello spessore del muro della torre» (v. fig. 452). E infine necessario eliminare cd tratti di muratura in mattoni e scaglie di pietra, usato come riempitivo del muro della torre, nelle successive modifiche della casa e rifare le parti rovinate del rivestimentoin pietra e in pietra da taglio, ricostruendo anche le cornici di pietra costituite da tori dentelli ed archetti. Bisogna ancora sistemare il tratto di muro adiacente alla porta, nel quale corre l'acquedotto demolendo la muratura» di cattiva qualità «sostituita al parametro in pietra e
poi riempire i vani dell scalette e stanzini ricavati nello spessore del muro e rifare il parametro in pietra da taglio». L'Ufficio Lavori Pubblici, «tenendo conto dell'accuratezza che è richiesta nella lavorazione» consiglia che le opere siano eseguite in economia dall'«Officina Comunale» e compila un preventivo dei lavori per L. 200.000. Orlando Grosso, con il controllo dell'arch. Carlo Ceschi del R. Ufficio per i Monumenti della Liguria e con il cav. A. De Marchi, dirige il restauro, che inizia l'8 marzo 19370. È del 4 dicembre dello stesso anno la proposta di «apporre» a porta Soprana
una targa in marmo «ornat{a] dal fascio littorio», «affidandone l'esecuzione a Salvatore Bassano» 31,
Fig. 504 - Genova, zona di porta Soprana durante le demolizioni. 465
Il 1938 è alle porte: «l'anno cruciale e inizio dell'ultima fatale rincorsa verso la fine». Varianti, approvazioni di varianti, notifiche di espropri ecc. si susseguono in un clima di attesa in cui si promuove il rilancio di Genova sul piano turistico anche potenziando le autostrade, un tipico «feudo fascista»; «successo lusinghiero» ottengono le mostre mentre alla galleria d'Arte. Moderna, fondata nel 1920, trasferita a villa Serra nel 1928, viene devoluta la collezione G.B. Frugoni 2. 11 14, 15, 16 maggio 1938, XVIII dell'Era Fascista, si effettua la «trionfale visita del Duce alla Dominante».
La cronaca delle giornate di Mussolini a Genova è ripresa con una puntualità ossessiva nel numero
unico della rivista municipale, dedicato appunto alla fatidica circostanza. Si viene così a sapere che nell'ambito di un itinerario saturo di inaugurazioni punteggiate da discorsi, il duce «..risalito in macchina percorre la grandiosa arteria in galleria
Cristoforo Colombo, si sofferma in piazza Dante, cheè tutta un
cantiere e dove l'edilizia del tempo nuovo ha soppiantato vecchi e malsani quartieri, quindi si dirige al Palazzo del Governo fra i continui applausi della folla e chiude così l'intensissima mattina-
t.
Neppure uno sguardo a porta Soprana, almeno stando alle cronache che non la menzionano per nulla: nel suo «splendido isolamento», ultimato il restauro (fig. 513), l’edificio intanto sovrasta una plaga di «demolizioni», alle soglie della «sistemazione definitiva» del suo circondario 2. Il mito della Dominante ri-
D
Fig. 505 - Genova, zona di via Dante, schema delle aree interessate dala demolizione, in data 22:3-1932. 466
NVCLEO - DELLE - DEMOLIZION
ONA-PONTICELLO
ur PLANIMETRIA: DELL'ORIENTAMENTO - E : LELLA - VI/VALE.. BEUTE IF TAVOLE AUREORTE nia PRESENTE QUIL Fig. 506 - Genova, «nucleo delle demolizioni zona Ponticello», 1935.
ceve invece il suo ultimo carisma nelle parole del d ce: Genova da città marinara viene promossa a «Città Imperiale»: una delle quattro che «in Italia possono dirsi Imperiali... dopo Roma»; mentre le giornate colombiane, con ampia pubblicità della casa dell'elllustre Concittadino», si protraggono fastose nel quadro delle
«celebrazioni
di
Grandi
Liguri»
duce#, Nel dicembre del 1938 intanto
volute
dal
«...le ultime demolizioni hanno ormai messo in piena luce la Porta Soprana, monumento glorioso e caratteristico della Genova medievale, il cui restauro pressoché ultimato ne pone in splendida evidenza le caratteristiche e severe linee della sua robusta archi-
tetra». Si chiude così «l'anno d'oro» fra il restauro di
porta sant'Andrea quasi ultimato, quello di porta del Molo invece del tutto deserto nonostante le rimostranze di Ugo Nebbia; fra il progetto del palazzo delle Esposizioni pressoché compiuto e il bilancio delle
cerimonie commemorative di pieno appagamento 35.
II piano regolatore è oggetto ancora di diatribe,
postille e nel febbraio 1939 l'accento è posto sulla si-
stemazione definitiva della zona di porta Soprana e in generale su alcuni criteri informativi che forse è op-
portuno trascrivere: «ay formazioni di convenienti arterie di ampiezza tale da sopperi re ai futuri incrementi di traffico... c) ricavo massimo di aree fabbricabili in modo da rendere meno onerosa e più fattibile l'esecuzione del piano...» 36. 467
va alla casa di Sant'Andrea» 37.
Colombo
e
al
chiostro
di
12.5. Il grattacielo Invernizzi come sigillo di un percorso (1939-1940) 117 luglio 1939 un atto stipulato presso il notaio Luigi Cassanello a Genova fra il «Com. Dott. Carlo Villa Santa, Vice Podestà» e il «Dott. Ing. Angelo Invernizzi, abitante a Genova Largo Archimede n? 1, Impresario di razza ariana», sancisce la vendita definitiva di un'area fabbricabile in piazza Dante, pro-
prietà del Comune di Genova, al dott. ing. A. Inver-
nizzi. Benché una serie alterna e differita di eventi preceda la firma del contratto, è in questa occasione che si può collocare il decollo del grattacielo Invernizzi 8. Le cifre, a opera compiuta, sono:
«il grattacielo [che] si compone di un unico corpo di fabbrica, compreso fra la detta Piazza [Dante], la viaG. D'Annunzio, il Vico dei Servi e la Via Fieschi, occupa l'intera area di mq. 2.500 alla quota 12, riferita al livello del mare, alla quota 51, dopo la quale e formando la torre, stretta fino alla quota di m. 122,80, e cioè fino all'altezza di m. 99,80 sulla Piazza C. Colombo e di m. 108,65 sulla più bassa Via dei Servi. » . L'edificio comprende pure un rifugio antiaereo,
un cinema e un ristorante panoramico al suo culmine 40. II progetto e
Fig. 507 - Genova, zona di via Dante, disegno di Bifoli
In aprile si vogliono immortalare «le demolizioni» nel ricordo imperituro di una lapide marmorea con incise frasi di enzomio; nel luglio «la Dominante
del mare, questo gran polmone dell'Italia Imperiale» viene esal-ata dalle «celebrazioni marinare» e prima ancora dall’«Istituto per la Storia di Genova», dalla «V mostra d'Arte del mare», dalla «Giornata dei Lit toriali del mare e della Marina»; la vita di Genova in
apparerza sembra svolgersi in una sagra di cerimonie, commemorazioni, «visite illustri», mostre nazionali e internazionali.
In settembre le orte di città sono illustrate, con
‘eloquenza corretta, da Antonio Cappellini in un con-
tributo che tuttavia conclude esaltando «lo sfordc magnifico della zona monumentale relati-
468
«la storia architettonica di questo edificio. . [sono dovuti] --allarte dell'accademico Marcello Piacentini, fiancheggiato per la parte tecnica e distributiva dall'Ufficio tecnico del costruttore», scrive Angelo Invernizzi nell'articolo già menzionato.
L'architetto romano ideò due progetti (fig. 514) — continua l'autore —, dalla «forma movimentata... ottenuta con una diligente applicazione del nuovo Regolamento edilizio della Città di Genova, che permette il gioco dei compensi dei volumi..»; ma l'edizione finale del grattacielo subisce ancora mutamenti ulteriori perché viene escluso il fastigio a
cuspide e perché sono effettuate varianti al culmine della fabbrica (v. fig. 527). E opportuno a questo punto passare la parola all'Invernizzi stesso e al suo elaborato:
«Questo grande edificio... si può considerare come la maggiore opera edilizia di questi ultimi anni... completa la nuova modernissima piazza C. Colombo, ardita realizzazione urbanistica del Comune di Genova . I grattacieli sono un po' nell tradizio ne edilizia genovese, e infatti le case alte cinquanta metri, ivi
comprese le strutture dei vari pian ricavati nella sistemazione dei muraglioni di sostegno, sono comuni nella città fin dai tempi remoti Vi sono poi altre ragioni molto importanti che a Genova giustificano i Grattacieli, e sono: 1) la mancanza di terreno fabbricabile; 2) la diminuita tendenza nei genovesi ad abitare nelle zone ‘montane circostanti... tanto che le imprese edilizie che hanno costruito oltre la Circonvallazione a Monte hanno potuto collocare i loro appartamenti con molta difficoltà, e taluna con grave disse-
sto.
I grattacieli risultano inoltre proporzionati nel cielo di Genova... € ...la grande distanza che separa il secondo grattacielo dal primo Lavarello [v. qui la nota 41 con i dati del grattacielo Lavarello], ha convertito immediatamente il clamore suscitato dalla costruzione del primo in elogi verso la civica Amministrazione che aveva concepito l'ardita innovazione urbanistica»*!.
La volontà dell’Invernizzi di calarsi nella tradi-
zione e di immettere nel piano nazionale l'opera architettonica è ribadita esplicitamente da queste sue parole, utili a spiegare anche i due bassorilievi celebrativi del prospetto frontale su via Dante, commis. sionati — pare — dallo stesso Invernizzi. Ancora a lui la parola: «Lo scultore Guido Galletti ha eseguito i due bassorilievi della facciata su pietra Botticino, già collocata in opera, scavandola sul posto. L'uno rappresenta il Balilla a difesa della Porta Soprana e l'altro Cristoforo Colombo che porta nel nuovo mondo il pensiero ed il commercio latino» (p. 27). Le due iscrizioni che sovrastano i due pannelli sono ulteriormente cariche di significati. A sinistra sopra Colombo si legge: «ADMONET AETER-
Fig. 508 - Genova, zona di via Dante, acquerello diA. Raimondi.
Fig. 509 - Genovz, zona di via Dante, imbocco della galleria, acquerello di A. Raircondi.
Fi. 510 - Genova, zona di via Dante e porta Soprana, acquerello di A. Raimondi
NUM MENTEMQUE FIDEMQUE COLUMBUS UT CAELI SCELLAS SPARGERE IN GRBE IUBAR...» (fig. 515); a destra sopra Balilla «a difesa della Porta Soprena» sta inciso: «DAT GENUA ET FACIS MUNUSQUE LABORIS AMICIS / HOSTIEUS ET SAXUM T3LA BALILLA TUA...» (fig.
51949.
Le epigrafi intendono glorificare Cenova attravzzso i suoi “Eroi”: dala ‘gloria’ nazionae e cittadina Cristoforo Colombo che porta e diffonde la ‘uce della
civiltà (si legge commercio) nell'Americe conquistata
e raggiunta con le tre caravelle, ond= beneficiare il continente, pr-vo di lumi-latini avanti Io sbarco del "Grande Ligure ; all’altra gloria naziorale e cittadina,
il Balilla — rinverdito di siznificanza nuova nonostante le intenzioni ‘eretiche’ del committente — che vigila con il sasso' e il mortaio sull'emblema d- Genova, la porta Soprana, a protezgere il porto connotato dal'a Lanterna, dall'antico -aro e da altre qua-tro caravelle. Le parole dell'iscrizicne sovrastante suonano come una parafrasi aggiornata della lapide del 1155 (v. qui il 10.2.), ma alla porta ia prima persora che alJon:ana i nemici e accoglie gl amici a tutela di quella città Janua che essa stessa raypresente con un singolare transfert, si sostituisce il ‘giovinetto’ Giambattista Perasso. Tema questo che sembra usuale allo scultore Guido Galletti (figg. 517-519), pereltro già abili ta:c a rappresentare personificazioni (fig. 520), e che 471
con tutta probabilità l'Invernizzi commissionava non certo in omaggio alla mitologia imperante del Regime, quanto e piuttosto per le qualità intrinseche al
Balilla, inteso quale simbolo storico rapportabile alla
rivolta settecentesca di Genova contro gli austriaci e
quindi in rispetto a un segno di "libertà" con celata ve-
na polemica. Sembra autorizzare questa interpreta. zione la scoperta militanza dell’architetto contro il fascismo, alla luce della quale, il testo inscritto e l'immagine del fanciullo sembrano risultare un riferimen-
to specifico ed esclusivo all'episodio del «che l'inse». Tanto più che nei bozzetti preparatori (figg. 521-526) il Balilla era rappresentato come un adolescente quasi
adombrati dal contesto e sebbene citata nell'imponen-
za delle sue torri, perde lo spessore del suo contenuto
che slitta al fanciullo-eroe, simbolo malgrado tutto della gioventù fascista, perché in riferimento all'accezione dell'immagine imperante in quei giorni. Per concludere pare evidente che l'Invernizzi si sia richiamato alla tradizione non solo nel giustificare il suo edificio con il suo scritto, ma anche commissionando i due rilievi inclusi nella facciata del grattacielo. I contenuti dei quali si rifanno con ampiezza di ri ferimenti all'area circostante e la visualizzano attraverso la tematica d'occasione più radicata nella mitologia genovese, quella cioè relativa alla zona piazza
adulto che nulla concedeva all'immagine del fanciul.
Dante-Portoria (quartiere non lontano dai gratta-
immessa in un circuito semantico inedito. Porta So-
ne alle istituzioni e già di suo carica di un tasso di ca-
lo così come questa era stata riciclata da Mussolini e prana comunque, nonostante gli spunti libertari
cieli), da poco costituita dal piano regolatore in ordirismaticità. Se si considera che il «luogo privilegiato»
pee le Fig. 511 - Genova, piano di diradamento di P. Barbieri 4n
Fig. 512 - Genova, demotzioni nella zona di via Dante, acquerello di D. Gambetti
e «sacro» delle memorie più prestigiose di Genova, 12.6. La conclusione della vicenda: dallo «storico discorso del Duce» alla «Genova martoriata»; qui evocato attraversoi suoi segni-simbolo più qualiporta Soprana di sant’Andrea sopravvive, ma ficati e qualificanti, trcva l'esordio nelle celebrazioni non fa più storia (1940-1943) colombiane del 1892; se si valuta che il suo processo periodo nel definitive quota di stratificazione prende 1916-1934, il grattacielo-Irvernizzi, con i suoi rilievi «Combattenti di terra, dell'aria, del mare... ascoltate: un'ora detiene tutte le prerogacive per essere letto quale sigla ‘segnata dal destino batte nel cielo della nostra Patria: l'ora delle conclusiva a sigillo di que. processo carismatico fin decisioni irrevocabili..»; qui seguito (fig. 527). La questo quadro però la porta sono parole tristemente famose che ipotecano il futuSoprana è vittima del peso degli squilibri di un cari- ro di tutto un contingente umano; sono le frasi di uno «Storico discorso» pronunciato un fatidico lunedì 10 sma che è soprattutto apologia esterna: confinata ai nel citazione giugno 1940. margini di un limbo evocetivo, la sua Lo stesso giorno — ed è pura coincidenza — rilievo Galletti è di una monumentalità vistosa ma di l'impresa Garbarino e Sciaccaluga inizia i lavori, terun contenuto penalizzato. 473
Fig. 513 - Porta Soprana restaurata.
Fig. 514 - Genova, grattacielo Invernizzi, secondo progetto diM. Piacentini
Fig. 515 - Genova, grattacielo Invernizzi, rilievo di Colombo e iscrizione.
Fig. 516 - Genova, grattacielo Invernizzi, rilievo del Balilla.
Fig. 518 - Statua di «Bali», di G. Galletti
Fig. 517 - Statua di «Balilla», di G. Galletti
Fig. 519 - Statua di «Balila», diG. Galletti
sto e la memoria «di quel grande» viene onorata son-
tuosamente dai «pellegrini» in visita alla
«casa del Navigatore... [che] è stata meta di riverente e continuo pellegrinaggio di popolo»:
una commemorazione în tutto degna delle prossime del 28 ottobre e del 4 novembre ^5, Il mito della Dominante, forte di cerimonie e anniversari è al suo apogeo; la statua del Navigatore — opera di Antonio Morera (fig. 528) — simbolo della
«Dominante del Mare e Madre illustre di navigatori... dopo ‘una [sua] provvisoria impostazione... in occasione della storica visita del Duce... portata a termine in marmo bianco d'Apuania.. [è] ... collocata alla Foce, di fronte al Mare Nostro»
ai primi del 1941. Dopo qualche settimana «da Dominante [è]...
in prima linea...; la serena fermezza del popo-
Fia. 520 - «Personijicazione», di G. Galletti
inati il 26 ottobre dell'anno in corso, per la sistemazione di via Ceccardi Roccatagliata e via Giosuè Cardacci: siamo alla fase conclusiva dell'esecuzione del prano regolatore di piazza Dante #4. Ma «ormai tutto ciò appartiene al passato» e le tor-i di «Porta So-
prana ...chesi ergono superbe... elle notti serene, sotto la cupcia. del cielo serrinato di stelle, quando la luna tutto irargenta s. sen‘teno spaesat= le pietose torri!. . Costruzioni guerriere, mal si con-
teatano del -uolo di monumento. o vecchie tori, non sick cr. mai che merioria... non siete che monumenti decorativi e non vi resta che chiadervi, nel silenzio della notte, nelle nostre merrorie, o vecchie trib» Così ie «nostalgie genovesi» di A.V. Gargani, in un articolo d'evasione (c...l'alba dirada le ombre, cisperde il sogno...) che ricorda da vicino «un arti200 alato» di buona reminiscenza #. Il «giorno di Colombo» si celebra invece con fa-
Fig. 521 - Bozzetto per il rilievo di Colombo, di G. Galletti 479
«ore eroiche della Superba» 9. Ore eroiche, ma contate poiché la «guerralampo» non tarderà a rovesciare «...uragani di bombe» su Genova dfierissima» che appena alcuni mesi I morti sotto alle bombe sono «settantadue» 47. prima offriva «delizie al chiar di luna»: un disegno di II 14 marzo «dl Prefetto Cav. di Gr. Cr. Dott. Umberto Albini visita]... la sede porta sant Andrea sulla rivista Genova del febbraio di via Serra dell'Istituto per la Storia di Genova, fondato, con il 1942 illustra tali soavità. Jo genovese di fronte alla vile aggressione navale inglese del 9 febbraio..» è degna della fama della Superba c «l'elogio del Bolletti no... alla popolazione genovese premia la virile fermezza della Dominante».
favore delle superiori gerarchie, per illustrare le millenarie vicende della Dominante...»
e il 28 ottobre dello stesso anno, dopo «l'omaggio ai Caduti Fascisti» e le varie inaugurazioni di turno, si scopre il busto di Costanzo Ciano, opera del solito Morera, collocato nella Stazione Marittit «Dominatore... l'Eroe sul mare che tra i suoi la Dominan-
«Dopoi crimini della R.A.F.» della fine del 1942, l'aeroica saldezza di Genova... viene ..esaltata alla Camera dei Fasci e del le Corporazioni... e alta parola del Duce...» la consegna all'anno da iniziare: il 194350.
La «voce di Porta Soprana» intanto, fra un «itinerario turistico» e l’altro, si confonde esaltando le
La porta Soprana, confinata da un codice di sentimentalismi assurdi in un parcheggio di evasioni senza storia, non fa più notizia: nel suo ‘ruolo di monumento” sopravvive, ma la sua vicenda si esaurisce concludendosi fra le macerie della «città martoriata»?! (figg. 529-532).
Fig. 522 - Bozzetto per il rilievo di Balilla, di G. Galletti.
Fig. 523 - Bozzetto per il rilievo di Balilla, di G. Gallett.
te consacra» 48.
480
3E d g i
E
i
E
&
g
Fig. 526 - Bozzetto per un rlievo da affiggere sul grattacielo Invernizzi (v. qui nota 43). 482
Fig. 527 - Genova, grattacielo Invernizzi, costruzione ultiniata.
483
Fig. 528 - Statua del «navigatore», di A. Morera.
Fig. 529 - Genova, la «città martoriata».
485
Fig. 530 - Porta Soprana, prospetto esterno, stato attuale.
486
Fig. 531 - Porta Soprana, prospetto interno, stato attuale.
487
Fig. 532 - Porta Soprana «restituita», disegno di L. Perasso.
NOTE
12.
! Cfr. Esposizione della Vittoria, 1920, pp. 3, 14; l'esposizione, chiusa il 19 ottobre, ebbe dalla lotteria il ricavato netto di lire 892.115,83 (Relazione morale e finanziaria approvata dal Comitato generale in seduta del 6 marzo 1920, in Esposizione della Vittoria, 1920, p. 19). Nel 1921 viene inoltre allestito a Genova un museo della Guerra: cfr. l'articolo in II Comunedi Genova (s., 1921, gennaio, p. 20). Con il 1918 la vita culturale italiana riprende in un clima completamente nuovo: di uno sfaldamento della coscienza liberale «e post-unitaria che era stata la struttura portante dellintellettuale pre-crociano» tratta DE SETA, 1978, I, p. 69; sullo «stabile universo borghese... distrutto dalla guerra 15-18» cfr. LICHTHEIM, 1973,p. 25. A Genova nel 1919 si allestisce l'«Esposizione degli acquarellsti Lombardi e Liguri», (cfr. Esposizione degli acquarellisti Lombardi e Liguri, 1919)
? Sul piano regolatore di Piecapietra e san Vincenzo cir. l'articolo in /I Comune di Genova (sa, 1921, marzo, pp. 1 ess) e inoltre
il recente dossier BUSCAGLIA-CEVINI, 1980, p. 1 . Una relazione sull svolgimento del VII Congresso Geografico Italiano è in 1! Comune di Genova (a. 1921, aprile, p. 22).
3 Nella lettera, inviata dall'assessore alle Belle Arti del Comune a Giovanni Beltrami (ASCG, m.cs., minuta), i richiede al professore, del quale «è nota la competenza e l'animo d'artista», di comporre l'epigrafe «che verrà incisa in una delle colonne romane che si conservano nel Museo di Palazzo Bianco». Pochi anni dopo FORMENTINI, 1926, pp. 137 e ss, celebra ancora le origini di Genova e il ritrovamento della necropoli. Nel 1921, in una conferenza sul tema / genovesi a Gerusalemme e la prima crociata, i professor E. Ma: Tengo aveva espresso il desiderio che fossero sistemate «sulla porta di S. Andrea o nella chiesa di S. Agostino o in un altro edificio» o a palazzo Bianco, le copie di due iscrizioni genovesi poste durante la prima crociata nel tempio di Gerusalemme (cfr. I Comune di Genova, sa, 1921, maggio,p. 30) 4 1129 gennaio una lettera del cavalier Rapetti denuncia come «la porta di legno, foderata in ferro» posta «alla base della torre della Porta Soprana» sia «deteriorata dal fuoco, causato da monelli che di notte tempo vi bruciano della carta»; sono dunque urgenti le «dovute riparazioni». 116 febbraio una nota relativa a queste riparazioni inviata all'Ufficio di Economato descrive «la parte inferiore della spessa lamiera che protegge il serramento in legno» come «lacerata in più punti e consunta dal fuoco». E necessario perciò «sostituirla con una striscia nuova, debitamente inchiodata onde impedire che il fuoco ed i colpi intacchino la parte in legno»; è prevista dunque per «la coloritura e qualche riparazione alla porta ed alle murature... una spesa di lire 150,00 nette». Da una carta giustificativa del 29 maggio si apprende che il Consiglio comunale il 25 febbraio delibera la spesa di lire 150 «per il cambio di una striscia di lamiera alLa porta che d'ha (sic) accesso alla torre sinistra di Porta Soprana»; si apprende inoltre che nel corso dei lavori l'Ufficio di Belle Arti dà ordine «di estendere il lavoro ad altre quattro striscie, eil cambio della parte in legno bruciaccata (sc) ad entrambe le porte». Sono dun que richieste altre 500 lire per cambiare dei tavoloni dello spessore di cm. 5 e per il rilevante numero di chiodi (270) «forgiati espressamente nella loro forma e misura». Due conti della ditta P. Machiavello — uno di lire 149, 40 per il rifacimento della «fascia di lamina» alla porta, uno di lire 492,30 «per lavori di riparazione alle porte delle torri» —, datati 14 ottobre, segnalano la conclusione dei lavori (tutta la documentazione si trova in ASCG, mc). Per quanto riguarda l'eredità Pescia all'inventario dell'eredità il Comune è rappresentato dagli avvocati C. Pizzornoed E. Fieno (Deliberazioni del Commissario Prefettizio, n. 394, p. 125, 16 giugno 1925); in un bilancio comunale del 1926 viene stanziata una somma uguale a quella ricevuta dalla fondazione Pescia «per il restauro di monumenti e antichità» e per «lavori di ripristino di edifici ar stici della città» in onore della memoria di Carlino Pescia (Deliberazionidel Commissariato Prefettizio, n. 396, p. 125, 16 luglio 1925) 11 Comune accetta l'eredità con delibera prefettizia del 16 luglio 1925 (ibidem, n. 398, p. 127) Sul singolare personaggio (nato nel 1855, morto nel 1925), «principe della gastronomia», che lasciò al Comune 400.000 lie in stabili cfr. l'articolo in 1! Comune di Genova (sa. 1926, pp. 8 e ss). 489
5 La richiesta che il lavoro di restauro a porta Soprana sia dichiarata opera di pubblica utilità, datata 18 gennaio 1927, e gli allega ti necessari per questa dichiarazione — tra cui un elenco degli stabili da espropriarsi e un preventivo di spesa di lire 110.000 — son ASCG, m.cs.. L'intenzione di iniziare i lavori per «isolare completamente il monumento», è espressa in una lettera inviata dal podestà di Genova a soprintendente ai Monumenti del Piemonte e della Liguria il 29 marzo, relativa al restauro della torre Sud di porta Sopra: na (AGCG, m.c.s); anche le carte relative agli espropri delle case addossate alla porta sono ibidem. Sul progetto di allargamento di via Carlo Felice, a lungo discusso e osteggiato, cfr. Comunedi Genova, sa., 1927, marzo, pp. 213 e s Il Comune, in seguito a un concorso, aveva, con documento del 18 aprile 1925, affidato la costruzione del monumento ai caduti all'architetto Marcello Piacentini e agli scultori Arturo Dazzi, E. De Albertis e Giovanni Prini (ctr. Il Comune di Genova, s., 1927, aprile, pp. 308 e ss). Piazza della Vittoria è citata fra gli esempi più indicativi di operazione urbanistica del fascismo da SICA, 1978, I, p. 336. Sul concorso per il monumento alla Vittoria e per la sistemazione della piazza «unico grande avvenimento artistico sul quale si vive fino al 1923» cfr. Genova, s.a., 1911-15, p. XXXIV; nel 1923 fu bandito anche il concorso per la sistemazione dell'area circostan: te, cfr. BARBIERI-GHIARA, 1926, Su o scultore Arturo Dassi e sulle sue opere cr. l'articolo celebrativodi MARCHISIO, 1937, pp. 17 ess. ei giudizio giustamente ri duttivodi Tempesri, 1976, p. 211. Per il piano regolatore della seconda circonvallazionea monte, da via Domenico Chiodo a piazza san Bernardino, cfr. 1! Comune di Genova, sa., 1927, luglio, pp. 593 e ss; per l'apertura della galleria si veda NOCE, 1924; sulle diverse inaugurazioni avvenute in oc casione dell'anniversario della marcia su Roma — definito «data canonica» della cultura fascista da CEDERNA, 1979, p. XIX — ctr. I Comune di Genova, sa., 1927, ottobre, pp. 943 e ss. Sempre in questo 1927 si commemora il IV centenario della nascita del pittore Luca Cambiaso con una mostra particolarmente seguita dai genovesi nel ridotto del Carlo Felice (cfr. LABO, 1927) Inoltre per i lavori pubblici eseguiti in questo decennio si veda il bilancio per gli anni 1921-1922 in JI Comunedi Genova, sa., 1922, gennaio, pp. 46; i progetti del porto in II Comune di Genova, sa., 1922, marzo, pp. 1 ess. e per la questione del seminario l'arcolo di CAMBIASO, 1922, pp. 1 e ss; nel 1923 si restaura il monumento del cardinale Luca Fieschi in duomo (ctr. / Comune di Genova, sa, 1923, febbraio, p. 175). Ancora nel 1922 Genova è sede della Conferenza Economica Internazionale: cî. gli appelli del sindaco Ricci 1922, pp. 24, 28, e i brani in II Comunedi Genova, sa., 1923, maggio, p. 23 5 La delibera del 1° marzo 1928 (Atti del Podestà, 1928, pp. 215-216) riguarda la liberazione del torrione Sud della porta dal fab bricato n. 62 di via del Colle, che si tenta di comperare «in via amichevole» ma per il quale i proprietari to; si decide dunque di aspettare la dichiarazionedi pubblica ut ha anche curato in questa occasione «la compilazione della relazione storico-artistica sul monumento» e l'esecuzione di «varie fotografie». Dichiarata la pubblica utilità, il podestà delibera il 15 marzo dell'anno dopo (Atti del Podestà, 1929, p. 472) la demolizione dello stabile n. 62 e lo stanziamento di lire 110.000 per ulteriori espropri. Interessante rilevare come il pesante intervento fascista nelle scelte urbanistiche e culturali sia evidenziato chiaramente da una lettera del podestà Broccardi al prefetto del 26 gennaio 1929, dove è dichi rata la necessità di «chiamare a far parte della Commissione artistica e di quella edilizi» il segretario regionale del «Sindacato Fascista degli artisti», appena fondato, e altri membri del sindacato stesso (AGCG, m.cs) Sui lavori urbanistici di questi anni — la prosecuzione di via Dante e la nuova sistemazione stradale della regione d'Albaro — cfr. La grande Genova (s.., 1928, gennaio, pp. 25 e ss. settembre, pp. 480 e ss). Nel 1929 viene organizzata, a cura del «Sindacato nazionale Fascista di Belle Arti della Liguria», una prima mostra d'arte: cfr. I Mostra Regionale d'Arte Ligure, 1929. 7. Precisamente nel 1890, quando si discute «sull'opportunità di restaurare la casa n. 37 in vico Dritto di Ponticello» (cfr. DUFOUR Bozzo, 1979, pp. 9, 14-17 nota 1). Una tappa ancora precedente è forse da considerarsi il 1887 quando il Comune acquista la casa in questione (cfr. ibidem, p. 15).
# Relazione della Commissione per la casa di Colombo, 1916, p. 12; porta Soprana infatti «sarebbe stata inutilmente restaurata e. liberata dalle case che la deturpavano, se ora nuovamente si dovesse nascondere dietro una casa moderna di cinque piani». (Relazione della Commissione, 1916, pp. 12-13). Gaetano Poggi continua esprimendo la sua preferenza per il progetto, poi accettato, di non ricostruire la casa di Colombo, ma di lasciare i due piani esistenti e di consacrarli in «un'edicola, uno di quei sacelli, che si vedevano sparsi per i quartieri dell'antica Roma» (cfr. Relazione della Commissione, 1916, pp. 13 e ss). Eloquenti a questo proposito sono anche altre parole di Poggi: la casa di Colombo «esisteva, ed era presso Porta Soprana» e inoltre «demolirla sarebbe stato un sacrilegio» (ibidem, p. 12). Su questo tema cir. anche DUFOUR Bozzo, 1979, p. 18 nota 8. I concetto di suolo «privilegiato» e la volontà di studiare a siste mazione della casa in rapporto con porta Soprana si ritrovano nelle finalità della seconda commissione — della quale fanno parte, tra gli atri, Giovanni Campora, Alberto Terenzio, Orlando Grosso, Cesare Gamba — nominata dal sindaco il 17 marzo 1921 (in /I Comu ne di Genova, sa, 1922, p. 22. Cîr. anche la notizia dei lavori ibidem, maggio, p. 39). ? Sullo spostamento del chiostro di sant’ Andrea cfr. la documentazione conservata nell'archivio dell'Assessorato al Patrimoni 490
del Comune di Genova, partita n. 25; il chiostro ha una superficie di mg. 97, ed è costituitoda un muretto in pietrame alto m. 0,70, con soprastanti colonnine in marmo bianco a sostegno di un'architrave in muratura. Le delibere conservate nel fascicolo e relative al chiostro alla zona riguardano: i lavori di restauro alla casa di Colombo (delibera del Consiglio comunale del 1° luglio 1921), ancora i lavori alla casa di Colombo (delibera del 27 febbraio), la ricostruzione del chiostro di sant’ Andrea (delibera del 9 marzo 1922), ancora la ri costruzione del chiostro (delibera del 23 marzo 1922). Alcune notizie sul materiale documentario relativo al chiostro in DAGNINO, 1982, p. 251 nota 173. Per una lettura critica dei capitelli del chiostro di sant Andrea cfr. Di FABIO, in corso di stesura; per le vicende storiche del complesso monastico di sant’ Andrea cfr. DAGNINO, 1982; e infine per le alterne decisioni assunte relativamente alla collocazione delle coJonnine e, particolarmente, per il progetto, poi non realizzato, della loro collocazione accanto alla chiesa medievale di santo Stefano cfr. CAVALLI, in corso di stesura. Sul progetto non realizzato dell'architetto Ignazio Gardella cfr. GARDELLA, 1953, pp. 141 e ss. 10 Le informazioni relative alla richiesta degli abitanti del rione nella persona del signor Rosa, fatta al Amministrazione comuna: Le e alla Regia Soprintendenza di sostituire l'immagine, sono tratte da una minuta di lettera inviata al podestà il 10 marzo 1934 dal di rettore delle Belle Arti Orlando Grosso. Avendo infatti nel dicembre dell'anno prima gli abitanti del rione fatto richiesta di poter «collocare per non oltre quindici giorni in occasione di una festa religiosa una immagine sacra» e poiché «la collocazione è da presumersi definitiva e poiché non è possibile permettere, nel futuro centro di Genova» la sistemazione di una oleografia in una nicchia dipinta di colori «impossibili» lo stesso Grosso consigli gli abitanti di chiedere una immagine di una certa qualità e di dipingere la nicchia «in modo conveniente». Ancora Grosso cerca nei deposit delle gallerie un quadro «di scarso interesse artistico» ma non trova una Madonna della Guardia; intuendo l'impossibilità di sostituire con un’altra Madonna quella onorata, consiglia infine di far eseguire da un artista «nostro di scuola antica ... un'opera d'arte decorosa». Grosso conclude infine la lettera dicendo che le Belle Arti sono favorevoli a la collocazione di un'immagine sacra nelledicola di porta Soprana, ma esprime il suo desiderio che «la sistemazione dell'edicola e dell'immagine sia nobile, che non sia disdicevole al monumento ed alla città» (a lettera è in AGCG, m.cs). Altre lettere di Grosso nel corso dell'aprile (ibidem) attestano le sue infruttuose ricerche nei fondi delle gallerie comunali e la segnalazione del pittore Grifo cui commissionare il lavoro. I 21 luglio è deliberata la spesa per il dipinto a olio su tela di m 0,97 x 0,71 in lire mille prelevate dal fondo dell'Istituzione Brignole Sale De Ferrari (Atti del Podestà, 1934, n. 1815) Sulla diffusione del culto della Madonna della Guardiaa Genova e sull'inaugurazione della nuova guidovia che conduce al santuario, avvenuta nel luglio 1929 cfr. La grande Genova, sa, 1929, pp. 144 e ss.
11 112 marzo 1933 il podestà delibera Pesproprio della casa n. 62 di via del Colle dei signori Pittaluga, già autorizzato il 15 marzo 1929, per lire 200.000 in contanti come indennità (Att del Podestà, 1933, pp. 781 e ss). La documentazione relativa agli espropri degli stabili Pittaluga è in AGCG, scatola n. 72/16. Relativamente al piano particolareggiato della zona «A», che «si inquadra nelle line del piano regolatore delle zone del centro approvato con R.D. 819/1932 n. 1390 convertito nella legge 30 marzo 1933 - XI n. 361», l'ingegner capo del Genio Civile, Lino Fermi, nella sua relazione del 3 novembre 1933, dichiara che «la esecuzione del piano servirà a risanare la zona più centrale della it... facili tando la demolizione di agglomerati di caseggiati vetusti e malsani e a oro sostituzione con edifici moderni, ben serviti da ampie e comode strade». Dunque «l'opera proposta ha tutte le caratteristiche della pubblica utilità tanto nei riguardi della viabilità che del traffi co, dell'igiene e dell'estetica». L'ingegnere aggiunge tra le altre cose che «il vincolo esistente» sulla casa dove sembra aver soggiornato Carlo Pisacane non è «motivo sufficiente per la sua conservazione» e che si possa supplire con una lapide (Sezione Urbanistica, vol. 51, 14 A) 72. Atti del Podestà, 1934, n. 1207, il piano particolareggiatoè ancora quello approvato con delibera del podestà il 7 giugno 1933, n. 1426.
13 Nel 1926 sono annessi cinque Comuni a Levante della città — Quarto dei Mille, Quinto al Mare, Nervi, . Ilario, Apparizione —, tre Comuni nella val Bisagno — Bavari, Molassana, Struppa —, sette Comuni nella val Polcevera — Sampierdarena, Cornigliano, Borzoli, Rivarolo, Bolzaneto, S. Quirico, Pontedecimo —, quattro a Ponente — Sestri Ponente, Pegli, Prà, Voltri — (cfr. BAROZZI, 1975, p. 4. Sul decreto di annessione, del 14 gennaio 1926, cr. I Comunedi Genova, sa., 1926, aprile, p. 400. L'operazione viene in dividuata da GIACCHERO, 1979, p. 712, come «l'impresa urbanistica ed amministrativa di mag ior portata... riforma che doveva costi ture il presupposto di una profonda funzionale interpretazione della metropoli». Si cfr. anche POLEGGI, 1976, p. 267. Sul «nuovo regolamento edilizio del comune di Genova» elaborato dall'ingegner Conzi, sulla «grande Genova» «costituita dal Duce» per «pubblico decoro» cfr. La grande Genova, sa., 1929, settembre, pp. 522 e ss. I regolamento è pubblicato in La grande Ge nova, sa., 1929, settembre, pp. 324 e ss. e ibidem, sa., novembre, pp. 673 e ss. In 1911-1925. Genova, 1973, p. XXXV, si afferma che dopo «l'ultimo tentativo di Genova... di costruirsi un territorio da metropoli... la elibera per la grande Genova dal 14 gennaio 1926 un sussulto mortale». Sempre nel corso del 1926 si viene definitivamente codificando il mito della Dominante; GRosso, 1926, pp. 369 e ss, esalta le glorie storiche della città a giustificazione del mito. Mito del 491
resto endemico, se, dal XV secolo, Genova si fregia del titolo di «Superba» e se pure ai tempi di Luigi XII viene spesso definita la «ville superbe» (cfr. PETTI BALBI, 1978, pp. 49, 55, 63 nota 69); l'Adorno, nel 1470, afferma che «ita Januam superbam sive magnanimam ac Sortem appellant» (ibidem, p. 138). Elementi per poter individuare una certa continuità del mito di Genova ‘Superbe? sono in POLEGGICevinI, 1981, p. 107; dopo gli scritti quattrocenteschi la si recupera in PALLAVICINI, 1838, pp. 6, 108-109. Per tutto il periodo fascista questo mito è anche coltivato sotto diversi aspetti: si veda REVELLI, 1936, p. 9; D'AMATO, 1938, pp. 13 ess. Ancora POLEGGI-CEVINI, 1981, p. 233, sottolineano come la «Grande Genova» sia «una scelta amministrativa e non urbanistica». Si assiste, inoltre, in questi anni, alla rapida ascesa del fascismo al potere: cfr. per gli echi locali Comune di Genova, sa., 1926, pp. 1134 e ss. Nel 1929 il plebiscito popolare vinto dal partito fascista con brogli e prevaricazioni, è una éclatante manifestazione di forza del nuovo regime (cfr. MIROGLIO, 1964, p. 8) 14 Per la celebrazione espressa dalla stampa della strada galleria Vittorio Emanuele III progettata e diretta dal civico ingegnere Tommaso Badano, costruita dall'impresa del commendatore Antonio Carena e costata più di otto milioni, cfr. Le grandi opere pubbli che della Genova nuova, in La grande Genova, sa., 1929, luglio, pp. 403 e ss. Per la risposta di Genova «a colui che la vuole Domi: nante dei mari» cfr. Genova, sa., 1930, febbraio, p. 134. 15 Genova, s.a., 1931, agosto, pp. 634 e ss.. Il concorso viene bandito con la motivazione che i «quartieri troppo densi di popola-
zione come tuttora sussistono nel centro della città debbono essere convenientemente sistemati perché costituiscono un permanente oltraggio all'igiene e al decoro cittadino» (ibidem, p. 636). I termini del concorso sono fissati da una commissione della quale fanno par: te Marcello Piacentini e Orlando Grosso, il 31 gennaio 1931 Secondo DE SETA, 1978, Lp. 129, i piani regolatori di questi anni sono presentati esplicitamente come strumenti tecnici «al servi io di interessi fondiari» per facilitare «l'incremento della densità edilizia» e per tutelare chiari interessi speculativi. Generalmente sul «rinnovo urbano» di queste aree cfr. POLEGGI-CEVINI, 1981, pp. 205, 239, e anche il generico intervento di GIACCHERO, 1979, pp. 146-149; più in particolare si veda FUSELLI, 1932, pp. 1-9, e l'articolo Progetto di piano regolatore della zona orientale, in A Compa: ‘gna, 1932, e sui piani Urbanistica quale riuso, 1979. Il bando di concorso, datato febbraio 1930, è edito con il titolo: Concorso per il piano regolatore di alcune zone della città, 1930. A questi anni si riferisce la raccolta di litografie di LOMBARDO, 1930. Nel settembre 1929 e nell'aprile 1930 si era svolto a Milano e a Roma il XII Congresso Internazionale delle Abitazioni e dei Piani Regolatori; al congresso, cui partecipano duemila congressisti per 40 nazioni e dove Genova è rappresentata dal dottor Carlo Mingone, vice segretario generale del Comune, sono esposti piani regolatori dell città italiane progettati in quegli anni. E inoltre particolar mente dibattuto il problema della sistemazione «delle città a carattere storico per adattarle all esigenze della vita moderna» (ctr. Ge nova, s., 1930, febbraio, pp. 135 e ss. ibidem, aprile, pp. 269 e ss). In relazione al piano regolatore del 1931 il dibattito è tuttora aperto: in generale sulla «gestione urbanistica della intera città di Genova», in particolare sul suo «centro storico» e sulle ultime vicende cfr. BUSCAGLIA CEVINI, 1980, pp. 8-10. Particolarmente sul concorso del 1931, cfr. ibidem, p. 11-15; sugli ulteriori sviluppi del piano regolatore del centro della città, dal 1959 al recente piano Gardella del 1977 e sulle ripetute demolizioni — da quella di Borgo Lanajoli del 1935 fino a quelle odierne di via Madre di Dio — cir. ibidem, pp. 15-20; cfr. infine OLCESE, 1980, pp. 39-42. 16 Cfr. Bando per un concorso per il piano regolatore di alcune zone della città, in Genova, 1930, maggio, pp. 343 e ss. I diversi progetti presentati, limitatamente a quelli che interessano la zona della porta, sono i seguenti: il progetto « Viator» che prevedeva la stemazione di piazza Dante a forma elitica con le strade disposte intorno a raggiera (Genova, s., 1931, p. 640); il progetto «Costan1e» che si propone l'organica sistemazione del movimento e del traffico cittadino con la costruzione di tre grandi arterie (l'autore però non sembra conoscere a fondo Genova e propone inutili sventramenti) (ibidem, p. 641}; il progetto «Regina Mare» dove si delinea una «nuova strada della larghezza di metri 18» che «ci diparte da porta Soprana e dirigendosi parallelamente alle antiche mura della città, rimesse in vista mediante l'abbattimento delle vecchie costruzioni sovrapposte, va ad incontrarsi con piazza Carignano» (ibidem, p. 642} il progetto «Te felice Genova lavorastiper la soddisfazione tua e per il panedi molti» che prevedeva grandi demolizioni intorno a porta Soprana (ibidem, p. 642}; il progetto «Circolare» con il centro cittadino isolato dalle grandi vie di traffico ibidem, p. 643); il progetto «Hic simplex re decorum» dove il centro della città è completamente trasformato (ibidem, p. 649); l progetto «Bali», dove gli autori sistemano con notevole ampiezza e regolarità la nuova piazza Dante e costruiscono un sottopassaggio all'inizio delle mura di porta Soprana (ibidem, pp. 645-646; il progetto «lanua» dell'ingegner Aldo Viale e del professor Giulio Zappa che ottenne il primo premio considerando distintamente la zona «A» di Piccapietra e la zona «B» di piazza Dante come area archeologica ibidem, pp. 646 647, c la relazione particolare edita come Progetto di piano regolatore delle zone centrali della città di Genova, 1931); i progetto «Antoniotto Usodimare», degli architetti Enrico Griffin, Pietro Bottoni, Mario Pucci, che ebbe il terzo premio (Genova, s.a., 1931, pp. 651-652, 672). Un rilievo particolare merita il progetto «Genuensis ergo mercator» degli architetti Luigi Carlo Daneri © Luigi Ferrari che ottenne il secondo premio e il cui motto risale a una tradizione secolare relativa al binomio celebre «Genuensis ergo mercator» (cr. Perr BaLBI, 1978, p. 12 e passim). Nel progetto si considera la sistemazione del chiostro di sant’ Andrea e della casa di Colombo, ac canto a porta Soprana del tutto isolata, e si delinea una sistemazione edilizia di piazza Dante «che richiede la demolizione di vaste zo492
ne» e «di edifici, alcuni dei quali sono di eccezionale valore artístico ed economico» (Genova, s.a., 1931, p. 654). Tale piano fu pubbli cato anche in Progetti di piano regolatore della città di Genova, 1932. (Si deve pertanto puntualizzare che la figura di Daneri si definisce come uno dei pochi architetti genovesi a essere allineato sul fronte internazionale delle novità urbanistiche e architettoniche per l'insieme della sua opera, che va dalla sistemazione di piazza Rossetti al progetto innovatore relativo all'area del cosiddetto Biscione: sulla sua attività si veda PATRONE, 1982, pp. 49 e ss.. Ringrazio infine la figlia Anna Daneri Pisano per le indicazioni inedite fornitemi). Nel proseguire nell'elenco dei progetti relativi al concorso segnalo quello denominato «Maktub» dell'architetto Giuseppe Crosa che prevedeva in piazza Dante uno slargo trapezoidale di collegamento di diverse strade (Genova, sa., 1931, p. 656); quello «Je mus» (ibidem, p. 657); quello «San Domenico» (ibidem, p. 658); quello «Labor omnia vincit» che prevedeva la convergenza di diverse arterie in piazza Dante (ibidem, p. 658); quello «Post fata resurgam» (ibidem, p. 660}; quello «Robur» (ibidem, pp. 661-662); quello «Caffaro» che prevedeva la demolizione del teatro Carlo Felice e del palazzo dell’Accademia (ibidem, pp. 662-663); quello «S.M.M.M. 4» (ibidem, p. 6 4); quello «San Giorgio 1234» (ibidem, p. 667); quello «Rumpere vincula» «...non avente altro scopo che quello di si stemare la viabilità locale.» (ibidem, p. 668); quello «Ergo» (ibidem, p. 669); quello «Uno» fuori concorso, che prevedeva una piazza a forma regolare di fronte all'imbocco di via Dante (ibidem, p. 670). Cfr. inoltre Progetto di piano regolatore del centro della città, 1931, € Piano regolatore di massima di alcune zone del centro della città, 1932. 1? Sica, 1978, I, p. 376; l'affermazione secondo cui nei piani regolatori di questo tipoè «deformante» la particolare attenzione «accordata ai problemi della viabilità» è confermata pure da Genova (ibidem, p. 379). Sui piani regolatori delle alte città, condotti con finalità di «risanamento igienico e ..sfollamento», scegliendo le aree basandosi «quasi esclusivamente sulla presenza di alte densità di popolazione», e disperdendo «il tessuto sociale del proletariato urbano», per mezzo della «demolizione integrale», cr. ibidem, p. 387 e passim. Sui piani regolatori più indicativi, quali ad esempio quello di Firenze del 1924, quello di Napoli del 1934 cfr. ibidem, p. 381; sul piano regolatore di Torino cfr. ibidem, p. 439 e su quello di Milano del 1928-1934 cfr. ibidem, pp. 381, 424-439. Sul piano regolatore di Roma del 1931 e sulle diverse varianti oltre a ibidem, pp. 381, 389-423, cfr. INSOLERA, 1978, pp. 123 e ss. che lo definisce «quanto Cera di peggio nella cultura urbanistica romana di quegli anni» (p. 131); in particolare sugli sventramenticf. ibidem, pp. 136-151, esu Mussolini quale «interprete pittorescoe incisivo di tutta questa spazzatura culturale» cfr. CEDERNA, 1979, p. IX. Si confronti ancora ibidem, p. 44 sullinaugurazione di via dell'Impero il 28 ottobre 1932, sull'apertura di via dei Trionfi il 28 ottobre 1933, sul primo colpo di piccone per la «liberazione» del mausoleo d' Augusto il 22 ottobre 1934 e in genere per P«ebbrezza provocata dagli sventramenti», e CANFORA, 1976; sull'urbanistica mussoliniana cfr. anche SERONDE BABONAUX, 1983, pp. 113-151, testo ricco di informazioni e di dati sull'evoluzione edilizia — in vani costruiti —, sugli sventramenti e sui piani regolatori E ancora del 1931 la I Quadriennale d'Arte di Roma quale esaltazione dell'ordine fascista (cfr. Italia letteraria, s.a., 1931, gen maio), infine per una definizione della cultura fascista e per la caratterizzazione degli anni Trenta come «devil decade», cir. MASSOBRIO-PORTOGHESI, 1973, pp. 7 e ss. In generale per la visione e l'interpretazione della problematica delle città propria del fascismo cfr. PAGANO, 1976, passim, e DI MAURO-PERONE, 1976, pp. 39-42, e la nota bibliografica di CEDERNA, 1979, pp. XV e XVI 18 Per la copertura del Bisagnoe per la prosecuzione di via Dante cfr. Genova, sa, 1930, maggio, pp. 357e s; er il piano regolatore d’Albaro, varato nel lontano 1914, cfr. in Genova, sa., 1930, novembre, pp. 945 css, il mio articolo del 1978, passim, eil lavoro Le demolizioni, passim, nonché la mostra allestita dal Consiglio di circoscrizione di Albaro e dalla Facoltà di Architettura dell'Università degli Studi di Genova nel 1980 sulla storia urbanistica del quartiere, già citata qui, nota 39 all’11.6. Relativamente alla cultura di questi anni la pubblicazione di un'edizione critica delle opere di Jacopo da Varagine (si veda in Genova,sa., 1930, novembre, pp. 917 e ss) e quella molto lodata degli ultimi due volumi degli Annali di Caffaro (ibidem, pp. 923 e s ) si caratterizza come espressione di una esaltazione della romanità intesa come patrimonio della cultura della città. Per l'intervento di Al do Viale cfr. ViALE, 1931, pp. 25-37, 107 e ss; l’autore, attraverso un breve spaccato storico sulla pianificazione urbana, puntualizza come essendo la città moderna concepita quale «organismo omogeneo, dotato di una vita sua propria», il nuovo piano di Genova da lui auspicato deve essere insieme «d'ampliamento, di collegamento, di trasformazione e di risanamento». Per la vista del re a Genova cfr. MARCHISIO, 1931, pp. 417 e ss: nell'articolo, celebrativo dell'arco della Vittoria e dell'avvenimento, si legga un elenco di 452 persone facenti parte della sfilata del fascismo attivo a Genova in quel periodo, una descrizione dell'arco, opera di Marcello Piacentini, «simbolo... di romanità, cioè di serena fortezza», delle sculture di Arturo Dazzi, del Cristo di E. D'Albertis, dei bassorilievi di Giovanni Prini e dei «più di cento metri di fregio poco meno che il Partenone». Marchisio conclude sottolineando (p. 426) che l'opera, «sinfonia meravigliosa... tutto ti prende e ti esalta perché non basata su artifici retorici». Sulle vicende artistiche e sulle imprese culturali del regime cfr. l'elenco di operazioni compiute dal fascismo — fra le quali la co struzione dell'arco della Vittoria e la consegna al Comune del palazzo Ducale a Genova — in SAPORI, 1932, pp. 113 e passim Su Marcello Piacentini, «genio del doppiogioco e della riserva mentale», cfr. CEDERNA, 1979, pp. 109 e ss. e DE SETA, 1978, I, p. 149. Per la conferenza si veda ZIMEI, 1931, pp. 735 e ss. Ancora in quest'anno, in occasione dell'anniversario della marcia su Roma, si 493
inaugurano a Genova l'acquedotto di val Noci, la copertura del Bisagno, nuove scuolee giardini, un giardino zoologico nei parchi di Nervi, un porticato a galleria a Staglieno, si interviene nella chiesa di sant'Agostino, di san Lorenzo, in palazzo Ducale per citare solo alcune opere pubbliche tra le molte (Le opere pubbliche che si inaugurano a Genova nel IX annuale della marciasu Roma, in Genova, 1931, ottobre, pp. 865-910). Nel novembre viene in visita ufficiale a Genova il ministro delle corporazioni Bottai (SE. Bottai a Genova, in Genova, 1931, di cembre, pp. 1136-1137). Sullorigine del fascismo a Genova cfr. Miscos, 1935; nel 1938 il fascismo genovese denuncia ufficialmente la costituzione di 108 fasci con 15 sottosezioni e un'intensa attività nel campo culturale (cfr. 1! Gran Consiglio del Fascismo, 1938, p. 102). Ctr. infine Fascismo genovese, .d., (ma 1937). Sulfuso della figuradi Balilla nella Genova fascista cfr. CIANI, 1975, pp. 107-109. 1? Per piazza Dante definita «l'epicentro delle trasformazioni urbane» cfr. SCA, 1978, II p. 449; ancora da un punto di vista generale per tutta la vicenda del piano regolatore del centroe per il centro antico, interessato da un progetto di Barbieri basato su teorie «giovannoniane», del 1937, cfr. ibidem, pp. 445-454. Per la citazione «risanare la zona» cfr. una relazione dell'ingegnere capo del Comune, Lino Fermi, datata 3 novembre 1933, sul piano regolatore delle zone centrali della città e sul piano particolareggiato di esecuzione della zona «A»: il piano particolareggiato, approvato con delibera podestarile il 7 giugno 1933, si inquadra nel piano della zona del centro approvato con R.D. l' settembre 1932 e convertito in leggeil 30 marzo 1933. Con delibera del 7 novembre 1933 è stato modificato il perimetro del piano particolareggiato in seguito a diverse opposizioni. Una relazione del Consiglio Superiore per le Antichità e Belle Arti del 7 maggio 1934 esprime il suo parere favorevole sui due piani «A» e «B» presentati dal Comune di Genova, in conformità con l'approvazione già data, il 1° giugno 1932, dal Ministero dell Educazione Nazionale; il Consiglio Superiore rileva soltanto la necessità di svincolare dalle norme che tutelano i monumenti di interesse storico, la casa abitata da Carlo Pisacane, la cui demolizione è necessaria per una corretta strutturazione di via Ponte degli Archi (così nel testo), ed accetta la proposta della Soprintendenza della Liguria di apporre a ricordo dell'evento una lapide; approva poi il piano «A» soltanto se l'area intorno alla casa di Colombo e alla porta sarà salvaguardata dagli interventi urbanistici ed esprime parere non favorevole sulla costruzione delle «quattro altissime torri, di carattere esotico, di forma architettonica attinente ad una moda che già può dirsi sorpassata, di aspetto che recherebbe grave offesa non solo ai monumenti suddetti, ma anche alla linea panoramica della città». Un parere del Ministero dei Lavori Pubblici del 16 ottobre 1934 ribadisce le osservazioni del Consiglio Superiore per le Antichità e Bel Je Arti; il 29 novembre 1934 vengono pubblicate le norme edilizie ed architettoniche relative alle quattro costruzioni site sulla piazza compresa fra la via Dante e la galleria C. Colombo. Una lettera dell'ingegner Aldo Viale del 9 giugno 1934 informa il podestà delle de: cisioni del Consiglio Superiore e dell'imposizione che «la linea di delimitazione del piano sia variata dal perimetro A.A.A. in quello A?.A°.AY. in modo da escludere dall'ambito del piano regolatore la zona archeologica costituita dalla casa di Colombo e dal chiostro di S. Andrea». «Scopo di tale esecuzione — prosegue Viale — è quello di obbligare il Comune allo studio contemporaneo delle sistema: zioni inerenti alle mura della città, alla Porta Soprana ed alla zona medievale sopradetta». Comunque l'esclusione dal piano della casa di Colombo e del chiostro di sant’ Andrea, «zona già sistemata e di proprietà municipale, non comporta variazioni all'entità della spesa preventiva per l'esecuzione del piano e di cui alla delibera... del 7 giugno 1933». (Tutto il materiale citato si trova nell'archivio di Edili zia Pubblica, vol. 51, 1/4 A). II Comune accetta il parere del Consiglio Superiore con delibera del 21 giugno 1934 (ctr. Atri del Podestà, 1934, p. 2020). Una mimuta di relazione sommaria non datata e trovata nell'archivio di Edilizia Pubblica, vol. 51, riassume le vicende successive del piano regolatore: con R.D. del 18 ottobre 1934 viene approvato dunque il piano della zona «A»; con delibera dell'11 aprile 1935, redatta dal Ministero dei Lavori Pubblici il 26 agosto, sono definite le norme edilizie per la costruzione dei quattro edifici previsti dal piano; il 1° agosto 1936 è approvata la variante relativa alla piazza; a questa ultima decisione si oppongono l'Istituto Nazionale delle Assicurazioni e il Seminario Arcivescovile. In seguito alla riconsiderazione dei problemi si stabilisce fra le altre cose, variando il piano del 1934, di co: struire soltanto due edifici sopraelevati e di modificare il tracciato delle strade intorno al complesso del Seminario Arcivescovile al qua: le si concedono alcune aree fabbricabili Ancora per le diverse successive vicende del piano regolatore a partire dal 1937 cfr. Piano particolareggiato di esecuzione del pia no del centro relativo alle zone di Piazza Dante-Carignano-Bernardino (zona A), varianti al piano ed all'articolo 8 del R.D. 8/9/1932, n. 1390, archivio di Edilizia Pubblica, vol. 52. Nell'ambito del piano regolatore il Comune stanzia nel corso del 1932 e del 1933 una som: ma per l'esplorazione e lo scrostamento di edifici nella zona medievale della città «allo scopo di mettere in luce uno dei più belli e singolari aspetti della Genova antica» (cfr. Atti del Podestà, 1932, p. 590; ibidem, 1933, p. 627} la documentazione relativa agli scrostamenti effettuati nel 1933 e nel 1934 è in ASCG, m.cs. Sul piano cfr. anche FUSELLI, 1932, passim. 22 Giornale di Genova (sa., 1935, gennaio, p. 111); lo stesso passo informa che l'Amministrazione comunale ha «approvato le de molizioni per l'attuazione del piano regolatore di piazza Dante e la parziale attuazione del piano ‘A”. Negli Atri del Podestà, 1935, pp. 37-39, 14 gennaio. si stabiliscono le indennità relative agli espropri degli stabili per la formazione dell'area all'angolo Nord-Est di piaz za Dante e raccordi stradali previsti dal piano regolatore della zona ‘A. Nell'elenco delle proprietà da espropriarsi per il piano regolatore approvato il 18 ottobre 1934 sono anche comprese le aree neces494
sarie per la costruzione di una strada a Nord del costruendo grattacielo, strada di raccordo tra via Fieschi e via Sofia Lomellini; le indennità per gli espropri ammontano a lire 4.594.250. 11 12 febbraio la cifra relativa agli espropri è depositata dal Municipio alla Cassa Depositi e Prestiti (Arti del Podestà, 1935, pp. 369-371, 12 febbraio). 21 Per la prima citazione cfr. in Genova, sa., 1935, marzo, p. XXVII il passo informa ancora che le demolizioni hanno inizio nel maggio dello stesso anno. Per l'elenco degli stabili espropriati cfr. Arti del Podestà, 1935, pp. 835-836, 29 marzo; inoltre per impedire che le famiglie srattate «o altri intrusi o male intenzionati» rioccupinoi locali, impedendone la demolizione, si decide di affidare ad un'impresa la chiusura degli ingressi. L^11 aprile il podestà delibera la modifica delle norme edilizie e architettoniche relative alle quattro costruzioni sulla piazza compresa fra via Dante e la galleria Cristoforo Colombo; il conferimento dei lavori di demolizione viene affidato alla ditta di Ric ardo PaTodi. Ancora 18 maggio viene deliberato l'affidamento alla ditta Giuseppe Ghia dell'esecuzione dei rilievi di stabili da espropriarsi per ricavare due aree tra piazza Ponticello e via Dante; il 5 giugno si deliberano i lavori per la preparazione dell’area fabbricabile in piazza Dante da cedersi all'impresa Lavarello e per la formazione del raccordo di via Borgo Lanaiuoli con piazza Dante; il 21 giugno il podestà affida agli ingegneri Achille Catto ed Enrico Solari l'incarico di compilare gli tati di consistenza degli stabili da espropriarsi per la parziale esecuzione del piano regolatore della zona «A», il 6 giugno vengono decise le indennità di alcuni espropri. Tutte queste notizie sono in Atti del Podestà, 1935, pp. 985-988, 1163-1165, 1290, 1634-1642, 1972-1973, 2120-2122. In particolare sull’esproprio dello stabi: le n. 62 di via del Colle degli eredi Pittaluga cfr. la documentazione in ASCG, m.cs. 22 Sullisolamento del torrione di Levante della porta attuato mediante la demolizione fino al piano terra delle case n. 60 e 62 di via del Colle precedentemente acquistate cfr. Atti del Podestà, 1935, pp. 3217-3219. Della «necessità» e della «grandezza» dell'architettura monumentale, della «necessaria solitudine» e dell’«isolarnento» parla — come è noto — lo stesso Mussolini illustrando il programma urbanistico della capitale, in occasione del ricevimento della cittadinanza romana in Campidoglio il 21 aprile 1924 (cfr. CEDERNA, 1979, pp. 47 e ss). Più in generale, sul problema della storia legato a quello della monumentalità cr. DE SETA, 1978, II, pp. 287 s :; sull'edilizia mo. numentale della Roma di Mussolini, sulla retorica della romanità e sulla parallela svalutazione del Medioevo cfr. SALVATORELLI Mira, 1952, p. 441-444, con bibliografia; infine sul «fascismo urbanistico e archeologico» cfr. ancora CEDERNA, 1979, p. 160. 23 L'articolo di MARCHISIO, 1935, p. 5, puntualizza che «caratteristica del rinnovamento fascista della Dominante è quello di aver accoppiato alle grandi opere pubbliche nuove quelle compiute per ridonare palpiti di bellezza agli antichi e gloriosi monumenti del passato deteriorati dai secoli e dall'incuria, dando così un tono squisitamente italiano». 24 Sul concorso, il tema del qualeè dettato da S.A.R. la principessa di Piemonte, cfr. Concorso artistico «Sogni di Madre», 1935; le opere esposte hanno titoli ricchi di significato come «Aderisci e spera», «Ascendere», «Tu sia fiero lavoratore e glorioso soldato». Di «populismo sublimato (maternità, poesia del lavoro, ecc.» derivante da una «retorica... rurale ispirata a sentimenti tradizionalisi e cattolici» tratta BOSSAGLIA, 1979, p. 41. E di questo stesso 1935 l'avvio delle celebrazioni per il bimillenario di Augusto (settembre 1937.settembre 1938), nel corso delle quali «lidentificazione tra fascismo e romanità nel nome dell'impero viene celebrata in un clima di esaltato misticismo con la parteci pazione totalitaria di tutta la cultura disponibile» (CEDERNA, 1979, p. 209). Sull'argomento cfr. anche CAGNETTA, 1976. In occasione degli Augustali, a Milano si restaura la chiesa di san Lorenzo (TEMPESTI, 1976, p. 195) e a Roma una serie di progetti di sistemazione di monumenti antichi trova il suo acme nelfisolamento del Pantheon, c nella ricostruzione dell'Ara Pacis collocata nell'area sacra in torno al mausoleo d'Augusto (CEDERNA, 1979, passim). Ancora a Milano intorno al 1938 si costruisce «ad opera dell'architetto Vico Viganò» il campanile del duomo in puro stile gotico- novecentesco «accettato e ordinato all'improvviso da Mussolini» (cr. REGGIORI, 1947, pp. 146 e 55: CEDERNA, 1979, pp. 217 e ss). Sulla identificazione di Mussolini con Augusto, esaltante «da continuità tra impero fascista e impero romano» cfr. ancora ibidem,p. 215; in generale sulle celebrazioni cfr. SALVATORELLI-MIRA, 1952, pp. 754-756; infineper un inquadramento focafizzante le problematiche della cultura fascista si rimanda al noto saggio di BoBsIO, 1973, pp. 211 ess. Ancora per un ultimo aggiornamento «fr. ISNENGRI, 1975, pp. 249-275; DE FELICE, 1976; infine per un orientamento sulla storiografia fascista cfr. ROMANO, 1978, pp. 102 e ss. Per il «fascismo come regno della parola», per i recenti studi semantici sugli aspetti più retorici e plateali delle manifestazioni del regime e per lo studio del lessico fascista cfr. ISNENGHI, 1975, p. 249; TEMPESTI, 1976, pp. 189 e 192; CEDERNA, 1979, p. X. 25 Sul trasporto della statua cfr. FORTI, 1971, p. 75. L'articolo di MARCHISIO, 1936, pp. 3-5, esalta la «creazione della Grande Ge. nova» come un atto decisivo e ardito per giungere al quale si era resa «necessaria tutta la tipica risolutezza fascista». Per la messa solenne celebrata il 15 febbraio in cattedrale cfr. in Genova, s.a. 1936, p. 11; la descrizione delle celebrazioni genovesi delle vittorie africane è ibidem, p. 11; dati relativi all'operazione di consegna dell'oro alla patria sono ibidem, p. 12; per la celebrazione dell'anniversario della Milizia Fascista «baluardo della Rivoluzione e potente istrumento di guerra al servizio della Patria», avvenuta il 2 febbraio, cfr. ibidem, p. 36. 495
II restauro del chiostro di san Matteo, consistente «nella eliminazione delle sovrastrutture, nel riportare il porticato e il giardino alla primitiva quota e in opere di consolidamento e ripristino», viene eseguito da «un vero e proprio consorzio» costituito dal marchese Gian Battista Doria, dal prefetto Albini e dal podestà Bombrini; i lavori, affidati all'impresa Garbarino e Sciaccaluga, sono diretti da Ugo Nebbia della Sovrintendenza e dall'ingegner Lino Fermi del Genio Civile (fr. per tutte le notizie, in Genova, sa. 1936, febbraio. p. 14). Per una interpretazione e un aggiornamento dei restauri subiti dalla chiesa e dal chiosto di san Matteo cfr. più specificatamente DORIA, 1979.
Sulfinaugurazione della ILL mostra Prelittoriale d'Arte avvenuta a palazzo Rosso il 25 gennaio cfr. in Genova, sa., 1936, p. 15; sulla campagna demografica, concretizzata a Genova con l'apertura di un Centro per lo studio e la cura della sterilitä all'ospedale di Pammatone cfr. ibidem, pp. 17-18; sulla commemorazione della partenza dei Mille da Quarto cfr. in Genova, .a., 1936, maggio, p. 44; per la celebrazione della Festa del Lavoro ibidem, pp. 45-46. Oltre alla fontana donata dalla famiglia Piaggio e opera dell'architetto Giuseppe Crosa di Vergagni, in occasione del 24 maggio so no inaugurate anche la cripta per i caduti nel cimitero di Staglieno, l'ultimo tratto della «strada a nastro» in Albaro e la strada galleria fra via Piave e piazza Palermo; ancora in questa occasione viene sistemata in palazzo Ducale da Orlando Grosso la fontana seicentesca rimossa da piazza Ponticello nel corso degli sbancamenti (cfr. ibidem, pp. 47-50). 26 E del gennaio 1936 la «preparazione dell'arca fabbricabile posta tra piazza Ponticell e il prolungamento della via Sofia Lomel lini» (Atti del Podestà, 1936, pp. 56-64); lla fine di febbraio sono appaltati alla itta Stefano Schiappacasse i lavori di preparazione del la stessa area; nel maggio si espropriano stabili per la parziale attuazione del piano particolareggiato di piazza Dante; i trovano ancora espropri per il completamento dell'area prevista dal piano nel giugno (ibidem, pp. 444-445, 1181-1183, 1448-1450). Le modifiche al piano particolareggiato di esecuzione per la zona di piazza Dante (zona A) sono del 1° agosto di quest'anno: la decisione di eliminare due dei quattro grattacieli, per evitare che impediscano «l'introduzione di luce e di sole nella piazza», modificando la struttura dei due edifici a Ponente, è presa dal podestà (ibidem, pp. 1986-1991), i 1° agosto dello stesso anno; dopo le modifiche, il preventivo di spesa per l'attuazione del piano regolatore di piazza Dante insieme ai raccordi con via XX Settembre, con via Fieschi, con corso Podestà, con corso Mentana e all'allargamento di via santa Maria in via Lata, è di lire 23.200.000. Nel settembre viene resti tuito all'impresa Aldo Casadei il deposito cauzionale per lavori di preparazione dell'area Lavarello in piazza Dante (Atti del Podestà, 1936, pp. 2171-2172); nel novembre sono espropriati immobili di proprietà del Seminario Arcivescovile (ibidem, pp. 2686-2688). Alla fine dell'anno viene venduta per lire 5.824.000 all'ingegnere Angelo Invernizzi, l'area fabbricabile posta tra la nuova piazza, via Fieschi e la chiesa dei Servi, destinata alla costruzione di un grattacielo simmetrico a quello che la ditta Lavarello e C. ha iniziato a costruire (ibidem, pp. 30303037). Sulla collaborazione di Angelo De Marchi ai nuovi restauri di porta Soprana cfr. una lettera del 27 novembre 1936, da questi in viata al podestà (ASCG, m.cs). 27 Cr. in primo luogo SE. Achille Storace a Genova, in Genova 1937, gennaio febbraio, pp. 47 e ss. Non è forse inutile fornire alcuni dati sulla situazione culturale della Genova fascista di questo periodo, dal momento che manca totalmente una analisi completa di questi anni decisivi; porrò maggiore attenzione al 1937 e al 1938 perché anni particolarmente indi cativie ricchi di avvenimenti. La documentazione fornita è soprattutto tratta dalla cronaca militante, che trova nella rivista municipa le, diretta da Cesare Marchisio, il portavoce ufficiale Ricordo soltanto alcuni fra i molti avvenimenti che animano la vita cittadina in questo 1937. I1 9 gennaio viene inaugurata una mostra Sindacale d'Arte a palazzo Rosso che dimostra «come Genova sia veramente in linea con le provincie più evolute nel campo ar tistico» (cfr. Genova, sa, 1937, gennaio febbraio, p. 63); il 27 gennaio il professor Mattia Moresco inaugura la sezione ligure dell'Iti tuto di Studi Romani (cfr. ibidem, p. 60); il 27 febbraio si apre a palazzo Rosso la IV mostra d'Arte del Mare (cfr. ibidem, marzo, pp. 65-66); i| 28 dello stesso mese si scopre un busto del duce, opera di De Alberti, nella sede dei Professionisti e Artisti (cr. ibidem, p. 64); il 10 marzosi apre la mostra Prelittoriale d'Arte del G.U.F. di Genova nella sede delfassociazione, in via Balbi ctr. ibidem, p. 67) il 9 maggio si celebra il 1° annuale dell'Impero (ctr. ibidem, giugno, p. 57; 29 maggio viene aperta una grandiosa mostra di ventagli, pizzi e miniature nel ridotto del Carlo Felice (fr. il catalogo GRAMEGNA-FRESCURA, 1937, e PASTORINO, 1937, pp. 13-20}; il 31 agosto si ne archeologica per stabilire un programma d'incremento del museo archeologico e vengono decise una campa: gna di scavi ai Balzi Rossi e nella zona del Castello, a Genova (cfr. ibidem, ottobre, p. 48). Nel 1937 infine, pittori, scultori e artigiani li guri sono presenti nel padiglione italiano all'esposizione Internazionale di Parigi, cfr. PODESTA, 1937, pp. 13-19. Per quanto riguarda invece le pratiche espletate per mettere in opera il piano regolatore si può ricordare la documentazione relativa alle varianti al piano particolareggiato di piazza Dante, soprattutto quella concernente i quattro edifici previsti intorno alla piazza (Ati del Podestà, 1937, 4 febbraio, pp. 183-189) e gli elenchi dei terreni da espropriarsi in seguito alle varianti approvati nel febbraio 1937 (in archivio di Edilizia Pubblica, vol. 52, 1/4/AI). Ancora ibidem, sono conservati diversi documenti relativi a questa fase della vicenda del piano regolatore: la richiesta di approvazione del progetto modificato dalle varianti, inviata dal podestà Villa Santa al ministro, i 17 febbraio; la relazione sommaria di giustificazione delle varianti; il piano parcellare; la documentazione relativa alla esposizione del progetto al pub blico, il 7 marzo; le opposizioni al progetto in particolare quella, subito ritirata, di Angelo Invernizzi, indirizzate al podestà il 22 marzo; 496
la delibera finale che respinge le opposizioni del 31 marzo; le perizie di spesa; la sollecitazione del podestà al prefetto di approvazione del siano. In particolare sull’opposizione avanzata dall'ingegner Invernizzi, acquirente dell'arca grande su piazza Dante affiancata alla chiesa dei Servi, dallo stesso ritirata il 22 marzo, cfr. Atti del Podestà, 1937, pp. 662-663. Ancora le approvazioni podestarili delle indennità relative agli espropri effettuati il 19 aprile, il 22 novembre, il 10 dicembre, sono ibidem, pp. 879-881, 2951-2952, 3127-3129. Le varanti al piano particolareggiato della zona di piazza Dante (zona «A»), alle quali si riferisce la documentazione sopra citata, sono approzate dalla Consulta municipale il 4 febbraio 1937: il piano di esecuzione nella zona «A» fa parte, come è già noto, del piano regola tore di massima del centro, approvato con R.D. 18 ottobre 1934 e successivamente con deliberazione podestarile 111 aprile 1935 (cfr. Marcuisto, 1937, pp. 45 e ss). BARBIERI, 1937, pp. 47-48, sottolinea come l'irregolarità della città è dovuta al graduale sviluppo stori (co e come le piazze medievali presentano tracciati asimmetrici e irregolari; sull'operato di Giovantioni cfr. DE SETA, 1978, Il, p. 271, e la scheda in CEDERNA, 1979, pp. XVIILXIX. Grosso, 1937, pp. 5 e ss. in una breve cronistoria ripercorre le tappe della piazza, a partire dal 1527, quando, con decreto dei Padri del Comune, ne viene decisa la costruzione. Vede il piano regolatore del centro come un'opera che sta «mutando il volto della dominante» e che somma in sé «tutte le peculiari caratteristiche del rinnovamento urbano fascista»; cfr. inoltre PAVOLINI, 1937, pp. 51 e s. 28 Nel giorno di Colombo molti sono stati i visitatori alla sua casa; inoltreè stata aperta una mostra di cimel la Maggioredi palazzo Tursi (in Genova, s.a., 1937, novembre, p. 64) Sulle opere pubbliche portate a termine in questo 1937 cfr. MARCHISIO, 1937, p. 45. 29 Un illuminante articolo di CEcciu, 1937, pp. 31 e ss, cerca, nello stratificato sviluppo urbanistico di ogni città e in eguali espe-
rienze dei secoli passati, una giustificazione ideologica agli sventramenti operati dalla cultura fascista nei centri storici delle maggiori citt italiane; anzi Cecchi rivendica all'operato dei suoi tempi un particolare studio storico preliminare e una salvaguardia dei pezzi architzttonici d'eccezione non presenti, secondo l'autore, ella urbanistica ottocentesca. Per l'ideologia di «S.M. i piccone risanatore», cui & affidata la cura di «tutto il pittorescoe i sudicio» delle città fr. ancora una volta CEDERNA, 1979, pp. 62 c ss; sull'architettura. fascista si veda MAZZATOSTA-VOLPI, 1980. 30 La relazione, 3 febbraio 1937, del direttore dell'Ufficio Belle Arti del Comune, Orlando Grosso, riferita dal capo reparto ai Lavori Pubblici è riportata in Atti del Podestà, 1937, 8 marzo, pp. 466-468; il podestà, Bombrini delibera di autorizzare la spesa prevista e diaffidare i restauro alle officine comunali. Già i 14 marzo dell'anno prima (ibidem, 1936, p. 534) per «ponteggiatura, assaggi, scrostamenti rilievi... mano d'opera e materiale» il Comune aveva speso per porta Soprana lire 8.000. Questa fase dei restauri della porta, inizata nel marzo 1937, diretta da Orlando Grosso con la collaborazione di Carlo Ceschi e di Angelo De Marchi, è illustrata in Gros 50, 1939, pp. 1 e ss, articolo del quale trascrivo alcuni brani a integrazione del testo. Grosso informa che «in questi giorni il lavoro di restaurodel torrione e del muro a sud» della porta è terminato e che il Comune ha apposto una lapide a ricordo dei lavori e del benefattore che li ha resi possibili, Carlino Pescia; il restauro è stato condotto tenendo presenti le relazioni e i disegni di d' Andrade relativi all'altra torre, per evidenti ragioni di analogia, ma i restauratori si sono attenuti «per le conclusioni a tuti gli elementi che la torro» of. friva e non noti in precedenza (p. 2. Grosso ricorda inoltre lavori abusivi del 1932 eil ritrovamento in questa occasione della lapide di Apcllonia e afferma che gli «scalpellini specializzati hanno lavorato la pietra squadrandola all'antica, in modo tale da avvicinare, nel moco più possibile, la nuova pietra ai pezzi rimasti intativ; ancora «il fregio degli archetti che orna la torre al'altezza del piano di ronda Fa presentato una notevole differenza da quello di destra restaurato dal d'A ndrade. Non solo differisce l'ordine dei denti di sega ma gli archetti sono meno profondi, di minore altezza e più ampi di quelli della torre vicina. Differiscono non soltanto per il rilievo, ma anche per il numero: infatti nella torre restaurata da d'Andrade essi sono 15 e nella nostra, che è più ampia, risultano 14: dico risultano perché, con infinita pazienza, abbiamo trovato i resti delle mensole. Abbiamo pure mantenuto leggermente inclinato lo specchio dell'archetto (m. 0,10 in basso e m. 0,09 in alto) con quellinclinazione riscontrata nei primitivi archetti della torre ed in altri monumenti genovesi. L'effetto è risultato ottimo e gli archetti formano parte della torre e contribuiscono a segnarne la robustezza ed aumentano T'illesione ottica di una maggiore ampiezza» (p. 4). Nel nuovo restauro si è áncora notato che «da pietra d'imposta sul capitello corinzio non corrisponde per la forma a quella della parte opposta. La forma lievemente incurvata è stata ottenuta completando i frammenti antizhi. La pietra nuova è stata aggiunta alla vecchia (mantenuta come documento) con rara perizia dai nostri maestri scalpellini». Inoltre «la parte del muro che è risultata dalla demolizione della casa è stata ripristinata imitando quanto ancora rimaneva intatto pressole torre ed in altra parte, determinando così non soltanto il suo sviluppo ma anche la sua finitura. I resti presso la torre ed i frammenti che abbiamo conservato, indicano che il muro era eseguito in pietra rozzamente squadrata ma diligentemente collocata a corsi che hanno la loro corrispondenza con citati resti (p. 4). Infine Grosso descrive come «giunti con i ripristino del muro al livello del passo di ronda ci siamo fermati. Il d'Andrade aveva nel suo studio sulla porta ultimato il muro di cinta con una merlatura alla ghibellina.
Nella veduta di Genova dipinta dal Grassi (1481) troviamo le mura della città provvedute di una vistosa merlatura alla guelfa. TuttaVia ei è sembrato che fosse bene non risolvere subito il problema del coronamento delle mura attendendo che le nuove demolizioni della zona possano portare possibili indizi attendibili per la sicura definizione del problema» (p. 5). 497
Alcuni appunti bibliografici su Orlando Grosso sono in ROCCHIERO, 1964, pp. 29:30, e IDEM, 1973, pp. 7-12, catalogo di una mostra antologica della sua produzione pittorica. Documentazione relativa all'attività di Grosso è in possesso di Vitaliano Rocchiero che me Io ha gentilmente segnalato. ?! La delibera del podestà che autorizza la spesa di lire 900 è del 4 dicembre (Atri del Podestà, 1937, p. 3034).
32 Definisce il "38 «anno cruciale» BRIZZOLARI, 1977, p. 9. Il 4 gennaio 1938 è ripresa la deliberazione del 4 febbraio 1937, n. 167, sull'adozione del progetto di variante al piano; la Gazzetta Ufficiale del 6 aprile 1938, n. 79, pp. 1327-1328 (archiviodi Edilizia Pubblica, vol. 52 1/4/A1) pubblica il R.D. del 10 febbraio 1938 che approva la variante al piano particolareggiato della zona di via Dante ritenendola «opportuna» ed avendo la famiglia Invernizzi ritirato la sua opposizione. Nel giugno sono notificati altri 64 espropri in conseguenza al Regio Decreto del febbraio (ibidem). 11 2 maggio, essendo stati terminati il fabbricato dell'impresa Lavarello all'angolo Nord-Est di via Dante c il caseggiato della SIFC, su via Fieschi, il Municipio deve provvedere alla sistemazione dei marciapiedi intorno a questi edifici (Atti del Podestà, 1938, pp. 11051110, 2 maggio). Sui piani regolatori avviati dal fascismo in diverse città cfr. anche l'eco recepito dalla rivista Genova, 1938, sa., pp. 78 ess. voce della cultura locale. Sui programmi relativi al rilancio turistico della città interessante è CONTI SINIBALDI, 1938, pp. 31-32; indicativa una illustrazione della storia di Quarto, divenuto Quarto dei Mille con Regio Decreto del 1911, in ASCARI, 1938, pp. 19-26. Sulle autostrade e in genere sul potenziamento delle infrastrutture cfr. Sica, 1978, II, p. 348. Per le mostre organizzate a Genova in quest'anno cfr. BUONINSEONI, 1938, pp. 33-36, e La mostra d'arte del Dopolavorista, in Genova, 1938, marzo, p.72. Sulla origine e le prime vicende della galleria d'Arte Moderna cfr. l'articolo di GRosso, 1938, pp. 1-25. 33 Tutte le notizie sulla visita del duce a Genova sono tratte dal numero monografico di Genova, sa, 1938, giugno-luglio, pp. 1-190. Da 12 anni i genovesi attendevano il duce e «con tenacia antica e fede novissima, silenziosamente lavoravano a mutare il volto della loro città per aggiungere alle fiere bellezze del passato il segno perenne del regime costruttore, perché Genova, testa di ponte versoi Paesi d'oltreoceano, potesse offrire a chi giunge per mare il primo e significativo esempio della nuova potenza e dell'eterna giovi nezza dell'Italia e di Roma» (p. 1: durante la prima giornata della visita di Mussolini, il commendator Giorgio Molfino, segretario fe derale, così gli presenta la città ela provincia: «sui 634.000 abitanti della città e 233.000 della provincia, hanno giurisdizione 26 gruppi rionali fascisti e 66 fasci, che inquadrano 75.783 fascisti, 160.763 organizzati delle differenti categorie della G.L.L. oltre a 187.221 uni tà delle altre organizzazioni del Partito e 258.727 appartenenti alle Associazioni Sindacali, con un totale di 682.494 iscritti» (p. 46). Nella presentazione della città sono ancora ricordati «il quintale e mezzo di offerte d'oro alla Patria con 158.923 vere nuziali, 48 quin tali d'argento, 6.000 tonnellate di ferroe altri metalli... 30 caduti in Spagna e 104 in Africa con 8 medaglie d'oro» (p. 48). Nella sua ri sposta il duce afferma che dopo Roma «soltanto quattro città in Italia possono dirsi Imperiali e sono: Ravenna, Pisa, Venezia e Geno va» (p. 49). Molte sono le opere architettoniche e urbanistiche visitate o inaugurate dal duce in questi tre giorni: dalla casa del Mutilato (p. 95) alla sede dell'Istituto di Previdenza Sociale alfingresso di piazza della Vittoria, di Marcello Piacentini (p. 101); dalla casa Littoria di Chiavari in stile neomedievale (p. 109) al'itituto Giannina Gaslini — i lavori ella cui costruzione sono iniziati i 1° gennaio 1932 — che Mussolini visita attorniato dalla famiglia degli industriali (p. 8). Tra diversi doni offerti al duce vi è una copia dell'opera di Pietro Barbieri sullo sviluppo urbanistico della citt attraverso i secoli: la Forma Genuae (p. 175). 1 16 maggio, durante la terza giornata di visita, il duce, fra le altre cerimonie, inaugura la statua dello scultore Antonio Morera, dedicata al Navigatore, collocata in onore di Mussolinial imite della copertura del Bisagno(p. 192)e visita il nuovo porto della Dominante accresciuto dalle opere del Consorzio Autonomo: «la complessità delle realizzazioni compiute nell'ambito portuale dal maggio 1926 al maggio 1938... si riassume nelle eloquenti cifre di 573 milioni di spesa, 3680 metri di nuove dighe di difesa e oltre 6500 di nuove calate... opere ciclopiche interamente e arditamente conquistate al mare» (p.235). Mussolini vista inoltre il complesso Ansaldo, sor to nel 1922, rinnovato e potenziato, e la san Giorgio, della quale ammira lata efficienza (pp. 289 e ss). Sull'argomento cfr. anche BRIZ: 2OLARI, 1977, e in particolare pp. 22 e ss. 34 In occasione del «Giorno di Colombo» il 12 ottobre viene aperta al pubblico una mostra di cimeli colombiani nella sala maggiore di palazzo Tursi, la casa del grande è meta di numerosi visitatori (cr. I! giorno di Colombo, in Genova, 1938, novembre, p. 71) Dal 25 settembre al 25 ottobre 1938 si susseguono le diverse manifestazioni nel quadro delle «Celebrazioni dei Grandi Liguri», volute espressamente dal duce; in questi giorni «accademici, studiosi ed oratori eminentisi ono succeduti a Genova e nelle città liguri a rievocare in dotte... conferenze le gesta e le benemerenze patrie dei nostri grandi in ogni campo» riferisce la rivista Genova, 5... 1938, dicembre, p. 28; si sono inoltre aperte numerose mostre storiche e artistiche e si sono organizzati numerosi congressi (ibidem). Visitano Genova in occasione delle manifestazioni il ministro Bottai (cfr. ibidem, novembre, pp. 60 e ss) e il maresciallo Graziani (ibi 498
der, pp. 57-59). Sulle manifestazioni cfr. ancora ibidem, gennaio, p. 63; pp. 68 e ss. pp. 62-63 per le manifestazioni conclusive; Co. GLIOLO, 1938, pp. 1 e ss. Fra le molte mostre di quest'anno si può ricordare la mostra dei Pittori Genovesi del Seicento e Settecento, inaugurata l'11 giugno da S.E. Benni nel quadro delle manifestazioni per la celebrazione dei grandi liguri (cfr. Genova, s.a., 1938, agosto, p. 66, eil catalogo della mostra Grosso-BoNZI-MARCENARO, 1938); una mostra del «mesero» (cfr. Grosso, 1938, pp. 3-17, il catalogo Mostra del «meserc», 1938); una mostra dei pittori da cavalletto dell'Ottocento ligure, in particolare Rayper e Merello, organizzata dalla «Confederaziore Fascista Professionisti e Artisti» a palazzo Rosso (cfr. RIVA, 1938, pp. 1-15). Per alcuni dati relativi alla densità di popolazione a Gerova in questo periodo cfr. Genova, s.a., 1939, settembre, pp. 45-46 e ibidem, luglio, pp. 52 e ss.
35 Perla descrizione dello stato di porta Soprana alla fine del 1938, restauro pressoché ultimato, cfr. uno scritto di BRACCIALI. NI, 1938, dicembre, pp. 33 e ss. NEBBIA, 1938, auspica il restauro di porta del Molo per «ovvie ragioni di pubblico decoro per le quali un -empo la Superba volle con tanta nobiltà architettonica improntare pure le sue opere difensive». Pochi mesi prima si era conclusa la vendita per lire 2.800 alla Società Gazzano, Lavarello & C. dell'area posta a Nord-Est di piaz: za Dante, di fronte a via Fieschi, destinata, secondo il piano, alla costruzione di un grattacielo; l'edificio deve essere pronto entro il mese di settembre (Atti del Podestà, 1938, 21 luglio, pp. 1729-1733). Ancora in questa fine del ’38 il Consiglio comunale inizia a discutere della sistemazione urbanistica della zona dell'ex vila Serra e della zona tra l'Acquasola c san Vincenzo; nel parco della villa si prevede la costruzionedi un palazzo dell'Arte e delle Esposizioni (ctr. Gerova, sa., 1938, dicembre, pp. 29-30). Sul progetto del palazzo delle Esposizioni, pensato come struttura permanente simile al VaJent.no di Torino o al castello Sforzesco di Milano, cfr. anche CONTI-SINIBALDI, 1938, pp. 25-26. Un bilancio dell'anno 1938 è espresso in termini economistici in Genova, 1938, novembre, pp. 32-34: negli ultimi mesi si è avuto a Genova il maggior afflusso di turisti mai raggiunto; soprattutto la grande mostra sui pittori genovesi del "600 e "700, durata due mesi e il grandioso convegno sui «Grandi Liguri», hanno attirato gli operai e gli impiegati di tutta l'Italia giunti con i treni popolari. L'autore prevede infine che con «il compimento del Palazzo dell'Arte e delle Esposizioni, previsto per il 1940, sarà possibile fare mostre d'arte periodiche e permanenti», 36 Cir. l'articolo dell'ingegner capo servizio del Comune BRACCIALINI, 1939, pp. 30 e ss, sul piano regolatore della zona di porta Sop-ana, di san Vincenzo e Piccapietra; su porta Soprana informa che «l'insigne monumento si sta restaurando e che le demolizioni sul lato sud di piazza Dante (o) hanno posto in splendida evidenza» (p.31). Tra criteri informativi di tutto il piano ricordo anche il «collegamento diretto tra le due stazioni ferroviarie» e la demolizione di «tutte le vecchie costruzioni della zona di Piccapietra all'infuori dell Palezzo di Pammatore, S. Camillo, Oratorio di S. Marta» (p. 40) 111° febbraio (Atti del Podestà, 1939, pp. 225-229) si discute sul piano per la sistemazione della zona limitrofa a piazza Dante e retrossante porta Soprana per approvarlo nel quadro del più generale piano dell settembre 1932; porta Soprana, «monumento glorioso € insigne della Genova Medievale, il cui restauroè pressoché ultimato, ha posto in splendida evidenza le caratteristichee le severe linee dele propria architettura». La sistemazione della zona dietro la porta prevede «una breve arteria che passi in galleria sotto le mura del la cità e sbuchi nell'arteria già prevista dal piano... di piazza Dante che viene ad essere collegata con la via della Porta Soprana, debita mente allargata, con piazza Umberto I e via s. Lorenzo». Il 17 giugno il podestà approva la spesa di lire 6000 per una serie di scrosta menti da farsi sugli edifici che debbono demolirsi nei pressi di porta Soprana, per ordine dell'Ufficio ai Monumenti della Liguria (bi dem, p. 1347) es.
37 Sulle lapidi commemorative poste in diversi punti della città interessati agli sventramenti cfr. Genova, s.., 1939, aprile, pp. 11
Sulle celebrazioni marinare, volute direttamente dal duce, cfr. articolo di ISNALDI, 1939, pp. 37-41; l'Istituto per la Storia di Ge. nova viene costituito nel maggio del 1939 (cfr. Genova, s.a., 1939, pp. 61-62); qualche mese prima era stata programmata un'opera morumentale per la storia di Genova dalle origini al tempo nostro, affidata alla direzione di Mario Maria Martini (cfr. ibidem, pp. 6768). La mostra d'Arte del Mare, organizzata ogni cinque anni dalla sezione ligure della Lega Navale, e svolta nei locali di palazzo Rosso a cura di Luigi Parini, «vuole essere un richiamo ai nostri pittori e ai nostri scultori, perché tornino a trarre dal mare... ispirazione d'arte» (cfr. PODESTA, 1939, pp. 19-21). Sui Littoriali del Mare cfr. il retorico e trionfalistico resoconto di RAVELLO, 1939, pp. 63 e ss; per Ea giornata della Marina, celebrata il 10 giugno, data anniversaria dell'affondamento della nave ammiraglia asburgica santo Stefano, cfr. Genova, sa., 1939, luglio, pp. 66 e ss. Cito ora soltanto alcuni degli avvenimenti culturali e delle celebrazioni che animano la città nel corso dell'anno 1939: nel mese di febbraio la Società di Scienze c Lettere inaugura il 50° anno di at ività dell'ente, presieduto da Achille Beltrami e nato nel lontano 1889, con un discorso del professor Raffaele Resta sul tema «La famiglia nel suo fondamento fisiologico religioso» (cfr. Genova, s.., 1939, marzo, p. 71); ancora nel febbraio Guido Caiza, direttore degli scavi archeologici di Ostia, tiene a Genova una conferenza in occasione dell'inaugurazione del terzo anno di attività dell'Istituto di Studi Romani, evidenziando «in tutta la sua grandezza l'imponente opera voluta dal Duce per restituire all'ammirazione del mondo Ostia antica» e prevedendo come Ostia «dovrà occupare una posizione 499
di primissimo piano nel quadro della grandiosa Esposizione Universale di Roma» del 1942 molto a proposito definita «Olimpiade di Civiltà» (cfr. ibidem, p. 71). 1015 febbraio a palazzo Rosso viene inaugurata la VI mostra Prelittoriale d'Arte, allestita dalla sezione culturale del GUF genovese (cfr. ibidem, p. 68). 112 aprile viene inaugurata la «Mostra dell'antica maiolica ligure dal secolo XIV al secolo XVIII», curata fra gli altri da Orlando Grosso, Mario Bonzi e Caterina Marcenaro (cr. Mostra dell'antica maiolica ligure dal secolo XIV al secolo XVIII, 1939, e Genova, sa., 1939, maggio, pp. 61-62); sui ritrovamenti di ceramica avvenuti in quell’anno nella zona di Ponticello cfr. Grosso, 1939, pp. 1 e ss.
Nello stesso mese viene inaugurato il museo di architettura e di scultura nella restaurata chiesa di sant Agostino e la famosa mostra delle Casacce genovesi, curata da Orlando Grosso, Mario Bonzi, Caterina Marcenaro, Ugo Nebbia (sul museo e la chiesa di sant'Agostino clr. MAINERI, 1939, pp. 15:20, e Genova, sa, 1939, giugno, p. 7; sulla mostra fr. Le Casacce e la scultura lignea sacra. genovese del seicento e del settecento, 1939, l'articolo su Genova, sa., 1939, maggio, pp. 64, DE SIMONI, 1939, pp. 13 e s). Cfr. inoltre l'aggiornamento del tema in FRANCHINI, 1982. 1125 aprile viene inaugurato i restauro della casa di Simone Boccanegra da Maria Jost, principessa di Piemonte, (cr. Genova, sa, 1939, maggio, pp. 65-67, ibidem, giugno, pp. | e 59; nel maggio Mussolini, di ritorno dal Piemonte, sosta brevemente ala stazio ne Principe salutato entusiasticamente dalla cità (cfr. ibidem, giugno, pp. 73-74); nella stessa primavera il sindacato fascista degli arti sti organizza nel ridotto del teatro Carlo Felice una mostra d'arte (X Esposizione Interprovinciale d'Arte. Anno XVII, 1939) Ancora nel giugno si parla di un restauro alla porta del Molo Vecchio (ASCG, m.s); il 15 giugno il re visita in forma privata le diverse mostre allestite a Genova (S.M. Il Re Imperatore alle mostre genovesi, in Genova, sa., 1939, luglio, pp. 58-59}; nel luglio si or. ganizza il museo delle Guerre d'Italia (fr. ibidem, p. 65). Ctr. infine CAPPELLINI, 1939, pp. 1 ess. 35 Gran parte delle carte relative allaffare grattacielo Invernizzi sono conservate nell'archivio di Edilizia Pubblica, vol. 52,
JHAIAL, Patto notarile è i n. 5880 del repertorio notarile, n. d'ord. 2887 (45/1939; costituito da 10 articoli, viene registrato il 24 luglio 1939, n. 1019. L'atto notarile riassume brevemente tutta la vicenda della costruzione del grattacielo: il Comune aveva già stabilito di vendere a Invernizzi lo scomparto fabbricabile posto all'angolo Sud-Est della nuova piazza Dante, dal 1936: i pezzodi tera risultava dalla demolizione di 15 fabbricati espropriati con decreto prefettizio dell'agosto 1937 e in attesa del pagamento e della stipulazione dell'atto il compratore aveva iniziato «a sue spese, cure e rischio» i lavori di costruzione. L'area era venduta dal Comune a lire 2600 il mq per un totale di lire 5.688.332 escluso il porticato; a carico del compratore era «la demolizione dei fabbricati esistenti, o sbancamento e a preparazione» dell'area Il nuovo edificio dovrà uniformarsi alle norme edilizie ed alle disposizioni architettoniche relative alle quattro costruzioni angolari della nuova piazza. approvate anche dal consiglio superiore per le Antichità e Belle Arti. Il portico del palazzo dovrà infine essre di uso pubblico e la manutenzione di questo sarà a carico del Comune. Alcune varianti a questo progetto sono previste dal decreto del podestà del 14-11-1938,n. 1408 (archivio di Edilizia Pubblica, vo. 52, UMAD. 39 Cfr. Illustrazione del secondo grattacielo di Genova, 1941, pp. 11-12; in particolare le citazioni sono tratte da un intervento di INvERNIZZI, 1941, pp. 11-27; si può citare ancora sulla costruzione TRAVERSO, 1941, pp. 2831. 4 Le carte relative ai progetti del rifugio anti-aereo, del ristorante e del cinema sono nell'archivio di Edilizia Pubblica, plico n. 170, 1938; il grattacielo fu collaudato dall'ingegner Guido Torriani e il 25 maggio 1940 venne rilasciato il decreto di abitabilità (ibidem) Per il ristorante cfr. lllustrazione del secondo grattacielo di Genova, 1941, p. 17, per il cinema teatro cfr. ibidem, p. 18; ancora per la collocazione del cinema e del rifugio antiaereo vedi la sezione trasversale dell'edificio ibidem, p. 25.
‘1 I passi sono tratti da /Ilustrazione del secondo grattacielo di Genova, 1941, pp. 11-12, 15. Non è stato possibile reperire la documentazione relativa al clamore cui si riferisce lo scritto di Invernizzi, anche se la tradizione orale conferma queste parole. Non è questa la sede — è ovvio — per entrare nella polemica, né per esprimere giudizi di valore: questo discorso segue ben altre piste. Lo stesso valga per l'interpretazione dei bassorilievi di Colombo e del Balila, dei quali illustrerò i contenuti oggettivi al di là di qualsiasi possibile retroterra di intenzioni e relativamente ai quali, volutamente, supero ogni valutazione estetica. 1 materiale documentario relativo al grattacielo Lavarello è in archivio di Edilizia Pubblica: in particolare si trova una planimetria del grattacielo datata al 6 aprile 1935 e firmata dall'autore del progetto, l'architetto Giuseppe Rosso: altre piante dell'ottobre dello stesso anno delle ditte Garzanti e Lavarello e C., ancora timbrate dallo studio di Giuseppe Rosso; tutte le pratiche di approvazione del progetto dell’architetto, trasmesso alla prefettura il 28 dicembre 1935, approvate dal Servizio Piani Regolatori il 16 novembre, dalle Belle Arti i 22 dello stesso mese, dal reparto Igiene e Sanità il 10 dicembre, infine approvato con decreto n. 479 il 30 marzo 1936; fra i documenti sono conservate infine due lettere di Marcello Piacentini al podestà Carlo Bombrini, datate 14 dicembre 1935 e 10 giugno 1937, relative alle varianti suggerite dall’Accademico d'Italia all'architetto Rosso sul rivestimento in petra e in mattoni gilli genovesi 500
€ sulla sopraelevazione dell’edificio. La prima approvazione di un progetto di «palazzo-torre»è del 14 dicembre 1934 (cîr. Atti del Po. destà, 1934, pp. 3789-3798).
‘2 Sul ruolo «ufficiale e celebrativo» della «scrittura epigrafica d'apparato» per l'ultima volta egemone nell'Italia fascista e sulla furzione equilibratrice delle «titolature nella architettura... piacentiniana» si veda il bel contributo di PETRUCCI, 1980, pp. 91-98. Invernizzi così prosegue: «lo stesso scultore ha ideato i due bassorilievi in stucco nelle fiancate del boccascena del teatro. I pittori Saccarotti e Martinelli hanno preparato i cartoni dei due soggetti mitologici che il mosaicista Rimassa ha tradotto nel mosaico romano. De pittore Saccarotti è anche il mosaico «della famiglia», eseguito dallo stesso Rimassa, collocato nel vestibolo di ingresso commerciale mentre il ninfeo con fontanella nellingresso riservato è opera dello scultore Giarrusso» (p. 27). Le due iscrizioni esistono ancor oggi ma pressoché illeggibili: «dat Genua et pacis munusque laboris amicis/hostibuset saxum tela baf'la tua». «Admonet aeternum mentemque fidemque columbus ut caeli tellas spargere in orbe iubar». 43 Le fotografie dei disegni mi sono state gentilmente fornite dagli credi Invernizzi che ringrazio: non conosco quindi l'attuale col locazione dei bozzetti. Sullo scultore Guido Galletti fr. RIVA, Sd; IDEM, 1959, p. 26; Incontro con Guido Galletti scultore, in La voce di Genova, 1963, p. 26; RAIMONDI, 1971. Sculture di giovani nudi molto vicini stilisticamente al Bailla del rilievo sono eseguite da Galletti in questi anni 1939-1940 (cfr. Rı VA. 1959, tavv. 17, 20) Non è storicamente legit imo attendersi dalle prove del Galletti e dalle parole che illustrano i rilievi un recupero dei contenuti di porta Soprana, la cui identità era già stata compromessa dalle stratificazioni del tempo. Ribadisco quindi che in questa sede non intendo =sprimere giudizi di valore, bensì soltanto registrare un processo strettamente connesso all'evidenza storica del monumento simbolo. Zi si domanda, del resto, in che misura nella rappresentazione di Balilla — un'immagine di ‘consumo’ ormai scoperta quanto a militanza politica — abbia concorso l'iniziativa personale di Galletti, prevaricando l'idea originaria dellInvernizzi. Questa doveva infatti riferirsi esclusivamente alla rappresentazione dell'eroe ‘iberatore” di Genova dalloppressione austriaca e non essere usata per rinverdirei fasti dell'affermato regime. Ne fa fede uno dei primi bozzetti preparatori, in cui l'immagine dell'eroe come uomo adulto, pur connotate dal sasso e dallo scudo di Genova, non può neppure lontanamente richiamare il prototipo del giovane fascista connotato sempre dala sua divisa e dagli altri simboli del regime (v. ui fig . 522, 523, 525, 526). E del resto nota in città la posizione antifascista dell’In vernizzi che pagò in proprio questa sua militanza politica. Non vorrei, inoltre, che la mia opinione in sostanza riduttiva riferita all area privilegiata» e al processo della sua carismaticità “mederna’ coinvolgesse al negativo in un giudizio di qualità anche il grattacielo, che è invece, sia relativamente al progetto che alla tecnica, un esempio di realizzazione urbana avanzato. Ringrazio infine figli di Angelo Invernizzi, Lydia e Lino, per aver messo a disposi zione il materiale e le carte in loro possesso. Sulla villa girevole «/! Girasole» costruita dal 1929 al 1935 dall'ingegnere a Mareellise (Verona) si veda Bist, 1979, pp. 822. ^^ Il discorso del duce è integralmente riportato in Genova, 1940, luglio, pp. 1 e ss. L'ultima sistemazione delle vie comprese nel piano regolatore di piazza Dante consiste nell'apertura di un passaggio tra i portici di via XX Settembre e quelli di via Ceccardi, nelle pareti di un grande palazzo di proprietà privata; molti sono gli accorgimenti adottati dal civico Ufficio Tecnico per evitare danni alla stabilità del palazzo (cfr. VERGANI, 1940, pp. 53-56)
45 La prima citazione è tratta da X giugno... Lo storico discorso del Duce, 1940, p. 1; ctr. poi GARGANI, 1940, pp. 25 e ss. L'art colo di Gargani è imbevuto della più mielata nostalgia: ricorda le vie strette della zona medievale «che il piccone inesorabile della moderiità ha demolito per lasciar posto ad alti e grandiosi edifici voluti dalfarchitettura dei nostri giorni, tesa a risolvere problemi di razionalismo e funzionali», e vede sotto l'arco della porta «austere figure di guerrieri chiusi nelle corazze brunite, condottieri audaci, i gur> d'innamorati, arditi marinai di grandi galee, scaltri mercanti»; inoltre «poco lontana dalle tori, la casa di Colombo, piccola, sgre toleta, ricoperta di un lenzuolo di edera» è attorniata da «numerosi gatti con gli occhi pieni di fiamme color dello zolfo» (p. 25). 6 Per il giorno di Colombo, 12 ottobre,cfr. Genova, s.a., 1940, novembre dicembre, pp. 85-86. Sulle celebrazioni del 28 ottobre fr. ibidem,pp. 94 c ss; sulle celebrazioni annual della vittoria cfr. ibidem, pp. 101 e ss. 7 Le notizie sulla statua del Navigatore sono tratte da La statua del Navigatore dello scultore Morera collocata alla Foce, di fronte al mare nostro, in Genova, 1941, p. 28; sul piedistallo della statua si legge la frase: «Giovinezza del Litorio fa i tutti î mari il mare nostro». I testo del Bollettino n. 248 del «Quartiere Generale delle Forze Armate» e il messaggio del «Segretario del Partito Fascissa al Federale» di Genova sono pubblicati in Genova, sa, 1941, febbraio, p. 1 43 Perla visita del prefetto all Istituto per la Storia di Genova, cfr. Genova, sa., 1941, aprile, pp. 51-52; la finalità dell'Istitutoè di documentare «in quindici artistici volumi, non soltanto la storia vera e propria, ma l'attività politica, navale, militare e letteraria, artistica, religiosa, mercantile, bancaria ed industriale della gente ligure dalle lontane origini al rinnovamento fascista» (p. 52) Sulle celebrazioni del 28 ottobre cfr. ibidem, novembre, pp. 45-48; sulla inaugurazione del busto a Costanzo Ciano cfr. ibidem, p. 501
48, e sulla inaugurazione del monumento dedicato allo stesso personaggio cfr. MARCHISIO, 1941, pp. 3-12. Ma anche altri sono gli avvenimenti pubblici che la città vive in quest'anno di guerra; ne cito soltanto alcuni: nel febbraio la principessa Maria Josè di Piemonte ia i feriti di guerra ospitati nei diversi ospedali genovesi, pianifica l'attività della sezione genovese della Croce Rossa Italiana, gli alberghi che ospitano i senza tetto, visita la cattedrale di san Lorenzo per prendere visione dei danni causati dai bombardamenti (Genova, sa., 1941, marzo, pp. 20-23); il 21 aprile la città «in conformità all'alto volere del Duce... ha celebrato il Natale di Roma festa dedicata al lavoro» (ibidem, maggio, pp. 59-60) il 21 giugno viene inaugurata a palazzo Ducale una mostra d'arte in favore dei combat: tenti (ibidem, luglio, pp: 72 e ss.; infine nel corso di questo 1941 viene pubblicato nella collezione 7 grandi italiani i ibro di Paolo Revelli dedicato a Colombo (ibidem, luglio, pp. 23 e ss).
99 Cir. ROTA, 1941, pp. 5 e ss. Le celebrazioni della porta sono sempre più generiche e retoriche: «Ora che via Dante, spintada moto rigeneratore sta allungando le nuove «braccia» sopra quella storica arteria stanca di via, il Passato, svegliato dal rumore del piccone, si alza improvviso nel polverio e ci parla del suo tempo eroico» (p. 5); e lapidi della porta «racchiudono nella loro breve sapienza la segreta anima della ‘superba’: eri-oggi-domani» (p. 8). In questi anni appare sulla rivista Genova una nuova rubrica dedicata agli Ii nerari turistici di Liguria: ricordo: RONCALLO, 1940, pp. 44 e ss; CAPPELLINI, 1941, pp. 21 e ss; RONCALLO, 1941, pp. 27 e ss; CAP. PELLINI, 1941, pp. 26, 29-32. 50 La citazione relativa all’curagano di bombe» è tratta da GAVI, 1942, pp. 1-2; per Genova al chiaro di luna cfr. Delizia di Genova nel chiaro della luna, in Genova, sa, 1942, febbraio, p. 16. Sui bombardamenti dell'ottobre e del novembre cfr. Dopo i crimini della RAF, l'alta parola del Duce, in ibidem, dicembre, pp. 1-2: le case distrutte sono 177 nel centro, 203 nel Comune, danneggiate grave mente 1006 nel centro, 1049 nel Comune: «il numero totale dei morti e dei feriti frala popolazione civile a seguito di incursioni aeree e di bombardamenti navali del nemico, dal principio della guerra a tutto il 30 novembre 1942... sale a morti 1886 e feriti 3332, dei quali 838 morti e 994 feriti dal 23 ottobre a oggi. In questi 838 morti sono compresi quelli della galleria cosiddetta delle Grazie a Genova». Ancora su questi avvenimenti cfr. L'eroica saldezza di Genova esaltata alla Camera dei Fasci e delle Corporazioni, ibidem, p. 3. Nell'articolo / danni inferti dai bombardamenti nemici alla città, in Genova, 1943, gennaio, pp. 1 e s. si trova la documentazione fotografica relativa ai monumenti danneggiati dai bombardamenti subiti dalla città dal 22 ottobre al 15 novembre 1942: fra gli altri posso citare le chiese della ss. Annunziata del Vastato, di san Pietro in Banchi, di santo Stefano, di san Siro, di san Salvatore, di san Sil vestro, di san Donato con la zona circostante, i palazzi Rosso, Bianco, Tursi, di san Giorgio, e la villa Bombrini di Albaro, il palazzo dell Accademia, i teatri Genovese, Margherita, Paganini. Do, come esemplificazione, qualche cenno sulle attività culturali e politiche svoltesi a Genova negli anni 1940-1943: particolar mente importante la realizzazione del piano regolatore di Sampierdarena, con la costruzione di via Cantore, lo sbancamento del colle di san Benigno e il collegamento fra la zona e il centro della città (CONTINI, 1940. pp. 49-54); nell'agosto dello stesso anno, in occasione delle celebrazioni dell'anniversario dell'apparizione della Madonna della Guardia si opera un restauro al santuario (cfr. Le celebrazioni giubilari al Santuario di N. S della Guardia, in Genova, 1940, settembre, p. 64); tra le diverse abituali mostre organizzate in città, da ricordare quella sulle antiche stoffe genovesi (cr. il catalogo Mostra delle antiche stoffe genovesi dal secolo XV al secolo XIX, 1941, cin Genova, sa., 1941, luglio, pp. 33-38); per la presenza nel 1942 di diversi artisti liguri alla biennale di Venezia cr. RIVA, 1942, pp. 1926; fra le mostre del 1942 ricordo l'esposizione delle opere di Casorati e di Paolucci nel febbraio marzo di quell’anno (cf. ibidem, pp. 3430. Per il 1943, IDEM, 1943, pp. 16-24; 29-33; CARDINALE, 1943, pp. 32:34. 51 Sui danni causati agli edifii cittadini nel 1943 cfr. La città martoriata, in Genova, sa., 1943, settembre, pp. 1-30; fra i monumenti hanno subito danni la chiesa di santo Stefano, quella di santa Maria dei Servi, quelladi san Salvatore, di san Pancrazio, di san Pietro alla Foce e di santa Maria in via Lata: inoltre gravi danni hanno subito la zona di via del Colle, quella di Portoria, via XX Settembre, via Roma, via Fieschi, palazzo Tursi e il teatro Carlo Felice. Sullo stesso argomento cfr. inoltre Ancora bombe sulla città, in Genova, sa., 1943, novembre, pp. 1 e ss. e La distruzione del santuario di N.S. di Coronata, ibidem, pp. 68. Interessante citare l'importante articolo di CESCHI, 1943, pp. 1-15, sugli interventi di restauro o di definitiva demolizione nei punti bombardati della città antica effettuati dal Genio Civile e dalla Sovrintendenza. In questi stessi anni 1940-45 porta Pila fu smontata e poi ricomposta in via Montesano, sopra la stazione Brignole, in una posizione assolutamente falsa rispetto all'originale (cfr. FORTI, 1971, p. 72)
502
EPILOGO
All'epilogo di questa ricerca, intendo ora rediger-
ne un bilancio teso a confermare la restituzione di perta Soprana di sant'Andrea alla propria identità, affinché il monumento possa essere recepito oggi anche a distanza di secoli in tutto lo spessore del suo peso di ‘forma’ architettonica. Ho introdotto l'indagine con la presentazione
del manufatto affidata espressamente alla parola di Alfredo d’Andrade per rispondere a un criterio di
concretezza storica, privilegiando parole, azioni e tempi che hanno determinato archeologico dell’edificio. Con printendente inizia la vicenda chz vorrei rendere ‘esecutiva’
il decollo del recupero l'operato del futuro sodi quella «restituzione» con il supporto di que-
ste mia esegesi. La quale si è giovata inoltre di un'indazine complementare eppure indispensabile: di un eleborato tecnico a cura di uno specialista, Ferdinan-
do Bonora, pubblicato in una apposita appendice perché non resti scoperta quell’analisi delle strutture a livelo di progetto che ritengo fondamentale al fine di
rileggere globalmente il reperto architettonico.
Lo studio della tipologia I, relativa alla morfologie dell’edificio è iniziato anch'esso da alcuni suggerimenti di Alfredo d'Andrade, proposti per le affinità
formali con porta Soprana proseguendo con la loro verifica. Il risultato negativo ha indotto ad ampliare l’analisi dal mondo romano, per lo più circoscritto dal
d’Andrade stesso all'area italica, a quello che gravita
attorno al Mediterraneo e al medesimo territorio considerato per il corso del Medioevo. Gli esiti sono stati altrettanto insufficienti: il ‘modello’ ‘copiato’ da porta sant'Andrea di Genova non è stato reperito. Si è po-
tuto appurare invece una dinamica specifica di ‘recu-
pero’ che talora la porta urbana dell’età di mezzo ope-
ra soprattutto quando si tratti di valico fortificato da due torri a lato. Questo tipo di ingresso affonda le sue radici architettoniche non solo in un retroterra
tardoromano ma pure nelle proiezioni sul territorio di questa cultura, in definitiva in un complesso di istanze delle quali attua la ripresa attraverso la realizzazio-
ne di un progetto esclusivo e spesso inedito. L'edificio medievale che ne risulta si configura di conseguenza come una fabbrica nuova con una propria identità morfologica, a volte strutturata come un unicum.
Quest'ultimo sembra il caso di porta sant Andrea in Genova. Al di tà di tale peculiarità, il fenomeno della rivisitazione dell’antico è risultato paradigmatico an-
che per altri edifici analoghi e soprattutto per alcune fabbriche esistenti nella zona della Spagna centrosettentrionale e nella Linguadoca, le quali si riconnet-
tono a fatti di cultura morfologica d'Occidente e con le quali porta Soprana condivide a volte itinerari pa-
ralleli quanto ad affinità. Le temperie storiche nelle quali si è collocata la porta di Genova hanno accresciuto e reso leggibile con maggior chiarezza lo spes-
sore del suo ‘recupero’ tramite istanze ulteriori pro-
mosse di per sé dalla civiltà del Comune. In un contesto siffatto la nascitae il valore acquisito dalla città lustrano a oltranza la ‘forma simbolica’ del valico urbano in quanto emblema che visualizza il centro ‘neo-
fita".
L'esegesi della porta cittadina viene rinviata di necessità ad altra area di ermeneutica.
Una seconda indagine ancora relativa alla tipologia, ma in questo caso attenta ai significati della forma architettonica, giunge a puntualizzare essere la difesa e la sacralità i due cardini della porta urbana
sul piano dei contenuti. Le loro origini si configurano come problema
aperto in relazione al quale — saltando numerosi pas-
saggi — è lecito approdare laddove i valori urbani si sono codificati in ‘architettura? e inserirsi, fra i numerosi orizzonti, in quello culturale del Vicino Oriente
antico. Babilonia con il suo nome che significa «porta 503
del cielo» e con i suoi valichi monumentali è una conferma senza riserve. I significati si sono ormai fatti ‘storia’; una 'storia? della quale solo alcune svolte competono alla presente ricerca. Per l'epoca tardoromana, il mondo della guerra con la sacralità del potere immessa nei castra e nelle loro porte fortificate simili a quelle urbane coeve; per il primo Medioevo la cristianizzazione degli ingressi verificatasi fra Roma e la Milano di Amjo, fino all'immissione in foto dei nuovi significaiv al corpus apocalittico; per i tempi insecuritatis infine il programma di conquista direzionato su Gerusalemme e sul santo Sepolcro rappresenta un nucleo per assicurare la riacquisizione globale dei valori primordiali immessi nell'immagine del valico urbano ivi comprese le istanze cosmologiche delle origini. Che poi il processo di tipo sacralizzante delle porte possa essere stato recepito in piena consapevolezza, se non dallintera comunità urbana almeno dall'intellighentia dei genovesi, è ribadito dalla citata lapide affissa in porta sant'Andrea e dal clima culturale in cui viene elaborato il testo dell'iscrizione. Appunto intorno al primo trentennio del XII secolo, inoltre, Genova vede la presenza di Bernardo di Chiaravalle e il rimbalzo nonché la riaffermazione della nuova spiritualità monastica dell'Occidente. Gli attestati monumentali di Roma e di Milano, infine, certificano la veridicità della dinamica che ho voluto ripercorrere per assicurare il possesso dei valori certificanti in generale le porte di città del Medioevo e con modi peculiari quella di Genova. Conclusa la trattazione della tipologia di porta Soprana che per quanto concerne i significati risulta quindi essere una ricerca al positivo perché consente di rileggere in toto i contenuti portanti visualizzati dall'opera architettonica, si rende necessario esplorare problemi alterni, più propriamente relativi alla facies strutturale delledificio per conseguire la completa identificazione della porta. Il primo quesito con cui mi confronto si riferisce alle maestranze del monumento e alle modalità di lavoro all'interno del cantiere. L'interrogativo sull' rato dei magistri Antelami per l'edificazione della fabbrica diventa più inquietante alla luce di una serie di spunti nuovi ché l'indagine pone in risalto. La pratica di carpenteria in dotazione ai maestri giunti a Genova dalla valle d’Intelvi, documentabile ampiamente
dall'escussione delle fonti scritte tanto per la madre504
patria quanto per le terre della conquista genovese anche nell’Oltremare, in quale misura puó rispondere dell'autorità e della complessità del progetto di porta. Soprana? Un'ideazione architettonica, quest'ultima, che prende nette le distanze dai piü elementari schemi degli edifici ecclesiastici del capoluogo ligure, assegnati dalla critica appunto all'operato degli Antelami. E il maestro Giscardo o maestro Bono Cortese ovvero maestro Giovanni di Castello — i tre nominativi consegnati dall'epigrafe di porta dei Vacca — appartengono davvero alla corporazione d'Antelamo? Non si è in grado di fornire risposte; voglio anzi mettere in evidenza che neppure la decorazione scultorea di por-
ta sant’Andrea pare ascrivibile all'opera dei magistri,
per un proprio tratto di qualità che non sembra conciliarsi con il mestiere degli Antelami altrove e a Geno-
va documentato a livelli scultorei assai più modesti.
Per concludere, il ruolo antelamico nella fabbrica di porta sant'Andrea viene penalizzato anche in ragione di alcuni suggerimenti offerti dal Bonora nell’ambito del suo contributo. A mio avviso si configura infatti come un congruo deterrente la disamina dell'autore relativa al risalto dell’uso
«di quegli elementi che possono parere particolarmente significa. tivi per una lettura simbolica dell'edificio» e cioè l'utilizzo modulato di una ‘numerologia’ in rap-
porto alla quale, ad esempio, il progetto fa perno sul
7, un numero che con i suoi multipli sta «alla base dell'intera organizzazione spaziale dell’edificio».
Strettamente connesso al quesito sulle maestran-
ze attive in porta sant'Andrea, nonché al supposto intervento degli Antelami sul manufatto & il riscontro
delle possibili proiezioni di immagine e di struttura che a partire da porta Soprana possono essersi sviluppate immettendosi nei circuiti della scena culturale del Medioevo. Risulta al negativo la verifica condotta tramite l’analisi delle fonti scritte dei genovesi nonché
dei reperti monumentali di tipologia affine a quella di porta sant'Andrea e restituiti dal territorio sia d'Occidente che d'Oriente. La revisione del problema induce inoltre a ridimensionare l'intervento delle mae-
stranze genovesi nel Levante e a porre in un'ottica
nuova il loro apporto, ribadito dai documenti d’archi-
vio e dall'annalistica. Ancora una volta gli artigiani, giunti da Genova in Terra Santa al seguito dei «cavalieri» sono definiti dalle carte quale manovalanza abi-
litata peculiarmente e soltanto alla carpenteria di
guerra, i prodotti della quale si riferiscono ad esempio ai marchingegni lignei e alle torri d’assalto impiegate
nel corso degli assedi che sono descritti dettagliata‘mente anche dalle fonti arabe nelle loro narrazioni di
imorese belliche. In parallelo, le porte urbane di Ter-
ra Santa — un territorio inteso nella sua accezione
più ampia — o gli ingressi ai castelli dei crociati, che rappresentano i documenti d’architettura difensiva a cui avrebbero dovuto lavorare gli atéliers liguri e for-
se proprio quelli antelamici, non solo si configurano di sovente come esempi lontani dalla morfologia di porta sant’Andrea, ma si riferiscono in più casi a una cultura architettonica ben radicata sul proprio territorio, dal quale riprendono ed evidenziano il ba-
gaglio genetico. Teste-chiave è la celebre fortezza sul Bosforo denominata Anadolou Kavaci. Il castello, talora proposto dalla critica italiana quale testimonian-
za dell’opera del «genio» genovese nel quadro delle colonie fondate dal capoluogo ligure nel Levante, dal-
le parti del mar Nero, è in effetti un edificio di probabile origine bizantina. Il baluardo, inoltre, benché ri-
suki da assegnarsi probabilmente alla committenza di Genova in rapporto a una ennesima ricostruzione della fabbrica in età medievale, è altresì da ascrivere all'attività di cantieri e di maestri levantini quanto al-
le strutture e al progetto edilizio. Tali maestranze — come vuole correttamente Semavi Eyice —
si rifanno
su di un versante, per le murature, a una educazione
legata al territorio e connessa alla grande lezione co-
stantinopolitana, mentre sull'altro, per la morfologia,
riflettono le fortune dell’architettura militare fra Oriente e Occidente con un esito già divulgato in loco dalla promozione della rinascita deuterobizantina.
Nulla, quindi, autorizza a credere che Genova — pur
rivitalizzando lo scacchiere delle fortificazioni sulle sponde del Bosforo — abbia richiamato dalla madre-
patria gli artefici del programma monumentale della
sua conquista per difendere e celebrare il proprio prestigio. Molto piü logico ritenere, invece, che la com-
mistenza genovese abbia impiegato con consuetudine
forse non assoluta ateliers locali, cosi come denunciano cultura e morfologia di numerosi manufatti oggi esistenti sul terreno. Va rilevato inoltre che una simi-
le prassi non sembra essere adottata costantemente
da ognuna delle altre potenze dell'Occidente coinvolte nella conquista dell’Oltremare: quali eccezioni vistese si configurano esempi come Venezia e come Pi-
sa. Rispetto all'espansione di quest’ultimo centro, testimonianze di spicco sono reperibili nell'architettura. medievale di Akkon, una «città pisana», secondo un
corretto suggerimento di Eugenio Battisti. Sono tali
spunti — assieme con rilievi ulteriori qui non elencati per opportunità di sintesi — che, in conclusione, sconsigliano dal considerare in blocco sotto questo profilo tutte le colonie del capoluogo ligure nel Levante e anche nel Ponente, inducendo a considerare invece il problema delle derivazioni e delle genesi morfologiche assai più articolato e complesso di quanto si sia voluto ritenere a tutt'oggi da studiosi, anche contemporanei, della regione ligure. Nel progredire dell'esegesi viene postulata l'indagine relativa all'habitat della porta, giacché un manufatto urbano da considerare come il «prodotto collettivo di un'intera civiltà», riflesso in una summa di istanze facenti capo anche alla comunità che le produce. La ricognizione individua allora una trama urbica fitta di strade e di emergenze così come si addice a una zona popolare quale era il borgo di sant'Andrea, in cui una comunità subalterna viveva le sue giornate nell'anonimato. La vicenda ricostruttiva del tessuto umano che gravita attorno alla porta si con. clude certificando l'operatività quotidiana di una regione in cui l'immagine dell'edificio doveva rappresentare per la collettività un riferimento visivo cospicuo che inoltre, e per un determinato periodo, identificava l'ambiente qualificandosi come una memoria illustre del passato. Dopo aver descritto il paesaggio fisico in cui emerge la porta e dopo aver inquisito i sistemi della percezione collettiva, è opportuno considerare le modalità visive attraverso le quali il monumento viene rappresentato nel tempo e cioè la sua iconografia intesa come riproduzioni in immagini dell'edificio. Quest'ultima decolla in sordina e nell'ambito delle
scritture che fissano quale ‘storia esemplare’ le giornate per la costruzione della fabbrica. La sua effigie è essenziale e scarna come le parole che la descrivono e la sua vicenda figurata non raggiunge mai la consistenza di una vera e propria stagione iconografica, almeno per tutto il Medioevo. A quest'esordio in minore segue il tempo in cui l'immagine di porta sant'Andrea viene ripresa con l'ottica di un dettaglio nel contesto delle vedute urbane di repertorio, promosse e divulgate dall'epoca moderna. Verso il declino dell'Ottocento, però, nel quadro della «restituzione» dell'edificio patrocinata in primis da Alfredo d'Andrade, la figura di porta Soprana è immessa in un circuito inedito che con un salto di qualità impone l'effigie della fabbrica sul piano del documento storico per l'archeologia. Il passaggio all'immagine di consumo non tar505
da a verificarsi: sono gli anni del Novecento a decre tarlo. La riproduzione di porta Soprana di sant'Andrea assieme con il Balilla in una scena polare a quella con Colombo e le sue caravelle conclude una vicenda iconografica senza storia di un monumento che non fa più storia. All'insegna di quest'immagine priva di contenuto e conclusiva di un circuito iconografico termina anche la prima parte del saggio tesa a individuare —
come ho detto — le coordinate per la lettura e quindi
l'identificazione della porta urbana di Genova. La seconda parte verifica la legittimità della mia esegesi attraverso la ricostruzione della ‘storia’ di un
monumento che, per sua intima natura, visualizza la. città nel suo divenire. La vicenda ha un suo antefatto d'esordio: questo si riferisce alla presenza o meno della cosiddetta «prima» cinta muraria di Genova e al configurarsi
dell'abitato quale centro urbano soltanto a partire dal perimetro di età carolingia. I suggerimenti delle fonti
rispetto la prepotenza del Barbarossa» lancia la sua sfida trattando «alla pari» con lo straniero su di un versante, e sull'altro erigendo le sue mura con porte — e soprattutto una, quella Soprana — che difendano ma anche visualizzino la forza e l'orgoglio della nascente città-Comune. Così come Caffaro ha scritto nei suoi Annali. Le «nuove mura» e le porte nuove o rimodernate hanno dunque un ben preciso significato: esse delineano sul terreno un centro urbano inedito perché comprensivo del castrum, della civitas e del burgus, di una tripartizione cioè di antica normativa che ave-
va organizzato il territorio sotto il profilo topografico, militare e giuridico. In parallelo, il nuovo circuito
codifica la ristrutturazione interna della città in dialettica con il divenire della macchina portuale che a sua volta stimola e garantisce la vita e lo sviluppo del
commercio nonché l'incremento marittimo per la co-
confermare una pianta zero costituita da piccoli ag-
munità. È così che il perimetro delle ‘nuove mura” rappresenta l'occasione’ per unificare l'intero impianto urbano, un"occasione' che trova la sua spinta nella realtà di una scongiurata egemonia dello «Straniero».
glomerati sparsi disposti lungo le direttrici degli itinerari di comunicazione e/o impostati sui dorsali delle colline o lungo i corsi d'acqua, o sul mare senza la tutela di un circuito di mura ininterrotto e comprensivo
Genova ha ormai un'immagine in cui riconoscersi identificandosi come città: la sua vicenda fino allo scorcio del XIII secolo e oltre conferma sul piano fisico e della storia un percorso ideale, che trova il suo
scritte e le informazioni dell’archeologia inducono a
dell'abitato globale — una cerchia che a sua volta delinei sul terreno l'immagine di una città — difesi soltanto da presidi o torri o fortilizi dislocati in zone
strategiche. Sicché la prima forma-Genuae verrebbe
fissata dalle mura del IX secolo. E comunque a partire da questo primo nucleo
più propriamente urbano di epoca carolingia che decolla l'identità di Genova quale città egemone nel Medioevo, certificata im toto dal lasso di tempo che vede mutare il nome di porta Superana in porta So-
prana di sant’Andrea. Fra «1862 e il 1125 tutti i giochi sono fatti», è stato ribadito, ed è vero che in questi 250 anni circa
«si assiste alla formazione irreversibile della città medievale, svi luppata attraverso l'assetto delle autorità ecclesiastica e civile».
Le «glorie marinare» sanciscono il collocarsi di Geno-
va sulla scena del Mediterraneoe la «guerra santa» le conferma i mercati d'Oriente, mentre in Occidente la Vittoria su Pisa e la spedizione di Almeria e di Tortosa codificano una supremazia non effimera.
Siamo alle porte della grande «occasione». Questa si presenta quando «Federico imperatore» si avvicina minacciando Genova, e Genova per «tenere in 506
fulcro nel 1155 con la costruzione delle mura e — fra gli altri valichi — della porta d'Oriente. In questa area si cala l'attualità di porta Soprana
di sant'Andrea. + IN NO(m)I(n)E O(mn) IPOTENTIS DEI PATRIS ET FILII ET SP(ritu)S S(an)C()I AM(en) SUM MUNITA VIRIS. MURIS CIRCUMDATA MIRIS. La carta di fondazione del nuovo centro urbano è affissa nel fornice dell’edificio d'ingresso, quello più
prestigioso. Il suo incipit — peraltro consueto a manufatti coevi e dello stesso tipo — cristianizza il pro-
clama caricandolo di una connotazione «sacra», in ri-
spetto a un evento di per sé e per sua natura già im-
messo dalla tradizione in questo status di sacralità
così come ho voluto certificare nella prima parte del saggio. «Il sacro equivale a potenza» con un'equazio-
ne riconosciuta unanimemente e il testo della lapide esalta l'apoteosi del potere cittadino. Tale conferma si
verifica all'insegna della cerchia di mura e della porta egemone — quella denominata, forse ad hoc, Soprana e comunque ubicata a Oriente — nel nome di un concetto relativo agli opposti pace-guerra rapportabi-
leal limen urbano secondo una istanza cosmica recuperata e aggiornata. La nuova pace, però, è la paxDei, alla quale si contrappone integrandosi la guerra-
santa, quella che «Deus... volt», combattuta anche
dai genovesi per liberare il «Santo Sepolcro». Questo clima evocato dall'epigrafe legittima l'esegesi del testo inscritto in relazione alla realtà coeva delle crociate; con il supporto della storia, pertanto, che consente di prescindere da una per ora indimostrabile filiazione diretta da un ‘archetipo’ del vicino Oriente antico vuoi sul piano della semiotica vuoi sul piano della morfologia. I significati del ‘prototipo’ con il loro divenire confluiscono anch'essi nelle temperie della conquista di Terra Santa come ho inteso dimostrare qui nella tipologia II fissando le tappe della loro genesi. Tale concentrazione di istanze induce a ritenere che nel contesto delle crociate, assieme con altre suggestioni d'Occidente, Genova possa aver raccolto la summa dei significati connotanti una porta di città e possa averla riconosciuta nella «forma simbolica» del suo monumento-emblema. Il valore iniziatico del prototipo viene comunque rivisitato dai versi della lapide € ribadito dal segno di quel toponimo che innesca la tersione di un'autocoscienza: Janua. Janua è infatti Genova, ossia la città. Ma Janua è anche la porta con i suoi significati e la porta è l'immagine" della città. L'eutoidentificazione è riconosciuta come un tratto peculiare alle vicende comunali della nostra penisola, segnatamente nell'arco del XII secolo. È in questo
seriso che il testo lapideo va ritenuto un certificato di identità, con le sue radici nella memoria collettiva dell'epopea urbana. Nasce all'insegna di Janua il mito impostato dalla -ealtà di una stagione cittadina sul piano dell'egemcnia, codificato ab aeterno dalle parole della lapide e ratificato dal configurarsi della porta quale emblema urbano. E la porta in questione, intesa come monumento fisico e come «forma simbolica», è porta Soprena di sant’Andrea; laddove, appunto, è murata la carta di fondazione della città. Il mito ha anch'esso una sua vicenda: questa si svi.uppa a partire dall'emblema cittadino che si erge a ricordo perenne della gloria urbana. La rivendicazione dell'epopea di Genova inscritta nella lapide necessite però di radici che vengono puntualmente ribadite dal ricorso successivo al dio eponimo e cioè a Janus, il dio degli inizi. La filiazione di Janua da Jano ratifica il mito di Genova che è siglato sia sul piano letterario sia su quello figurativo: i due registri ai quali corri-
‘sponde in effetti la realtà urbana della stessa epoca, in
piena sintonia con tali immagini. Un'aurea stagione è infatti alle porte: questa trova il suo apogeo con le vittorie di Curzola e della Meloria e sul piano urbanistico vede il compiersi della «città finita». Poi — dopo Tavallo — il degrado. Il tramontare del mito segue un suo percorso che inizia dalla costruzione delle mura trecentesche. Queste dilatano l'immagine della città
penalizzando il ruolo del circuito del XII secolo —
utilizzato talora e soltanto come rincalzo difensivo — € corrodendo la funzionalità di porta sant’Andrea; i significati della quale si scollano dalla polivalenza ori-
ginaria, oscurandosi per primo e in maggior misura il valore di emblema cittadino. In simmetria con quan-
to negli stessi anni avviene per il mito letterario e per
la sua immagine, il degrado intacca anche sul piano fisico l’edificio, che viene menomato da interventi di
erosione nei medesimi tempi in cui le nuove porte del Trecento sembrano visualizzare contenuti alternati: vi, peraltro non tutti e compiutamente identificabili. Nel frattempo Genova vive anni difficili tra discordie, disordini, lotte intestine che destabilizzano il go-
verno, mentre le carestie, la fame e l'inedia finiscono
per immettersi nel dilagare del «flagello nero». Poi la capitolazione agli Sforza e successivamente, dopo alterne fortune, la sottomissione a Ludovico il Moro.
In una città dove le «moenia antiqua inutilia sunt», porta Soprana di sant’Andrea è definita una porta vetus. La polisemia del simbolo si è disintegrata ma le
valenze singole non si estinguono: ché anzi con il sopraggiungere di una nuova stagione, nuove ‘forme simboliche’ polarizzano riciclandoli alcuni valori dell'antica porta d'Oriente. Una fra tali figure è riconoscibile nel Castelletto. Di connotazione soprattutto negativa, la fortezza introduce il binomio cittadella
città, consono alle proprie temperie di cultura, sosti tuendo l'equazione d'origine porta urbica città. Defi-
nito «strumento e simbolo del dominio esterno», il Castelletto rappresenta pur sempre un materiale ico-
nico altamente emblematico, riflettendo le tensioni nuove di Genova alle soglie del Rinascimento. La
Briglia, un altro complesso fortificato, ma forse di evidenza simbolica più debole e certo di spessore meno esplicito, si colloca a Occidente del capoluogo con
la sua funzionalità e come immagine-«freno all collera» dei genovesi. Una collera che ha la meglio sull'oppressore perché determina la demolizione stessa dell’edificio, esaltata dai contemporanei e dagli
eruditi dell'età moderna come un episodio cardine
507
nella storia di Genova. La Lanterna, infine, costruita sul troncone del distrutto baluardo della Briglia esorcizzando un'area demonizzata, chiude questa sequenza esemplare di figure emblematiche, le quali non denunciano alcuna filiazione diretta da porta sant'Andrea, ma che documentano una sorta di avvicenda-
di porta Soprana, ma la sostituzione di «/anua» con
T«urbs Genova religiosa» denuncia il mutare dei tempi. Porta Lanterna, ubicata a Occidente, è quella che «dovrà essere la porta principale della città», ossia di «Genova argine della fede cattolica» e «chiave d'Italia». Il raccordo a porta sant Andrea come archetipo mento spontaneo di valori analoghi a quelli della por- semantico, benché scoperto, non annulla le difformita, immessi però in circuiti nuovi. Il visualizzare la tà vistose sia di contenuto sia di morfologia che secittà è ormai deputato a immagini architettoniche al- gnano la distanza fra questa nuova ‘forma simbolica” ternative, le quali ribaltano talora in segno opposto e il suo antefatto. Il ciclo dell'immagine della portaalcuni simboli autenticati da porta Soprana. In paral- civitatis in Genova si sta chiudendo con un approdo Jelo agli esempi fin qui proposti, o poco dopo di essi, definitivo e senza futuro. Il fenomeno viene codificaun’altra serie di Entbildlichungen integra il presente to dalla presenza del secondo valico monumentale excursus. Il quale induce a considerare il perimetro di posto in causa: porta Pila. Anch'essa porta d'Oriente, mura iniziato nel 1533 con i suoi ingressi monumencostruita nel quadro della grande impresa delle «Mu tali fra cui emerge piü ancora della porta di Levante ra Nuove» quale perno delle fortificazioni a Levante, denominata degli Archi, quella del Molo costruita sui si colloca come esempio emblematico delle mutazioni bordi del mare. La fabbrica, una delle piü prestigiose di una figura architettonica e riflette a un tempo una dell'edilizia fortificata nel Rinascimento, si colloca parabola urbana conclusa dalla dedica di Genova a come uno dei Maria Santissima, avvenuta appunto nel gennaio del «punti focali di convergenze visuali che anticipano una nuova di 1637. Dopo questa ultima svolta a senso unico permensione anche concettuale della città». ché senza ritorno, l'immagine della porta di città in Benché la distanza da porta sant’ Andrea sia incom- Genova sbiadisce per sempre segnando il tramonto di mensurabile e un universo mentale si frapponga tra i una ‘forma simbolica” e precisamente quella testimodue edifici, questi debbono essere considerati i due niata da porta Soprana di sant Andrea. In parallelo il poli genetici della parabola di una stessa figura archi- mito /anuae scompare, sostituito da quello di Genova tettonica poiché anche nella porta «de mare» possourbs religiosa, mentre l'erosione fisica di porta Soprano essere riconosciute le connotazioni di una «forma na decreta la condanna definitiva dell’edificio comsimbolica», quella della porta civitatis, che, tuttavia, promettendolo addirittura nella sua statica. Il bomconcede ben poco alla sua preistoria così come questa bardamento francese del 1684, infine, aliena anche era stata realizzata nellarchetipo-porta Soprana. Il l'habitat del valico monumentale con la rovina del circuito murario del 1626 con porta Lanterna e porta suo quartiere, siglando in tal modo il tramonto irrePila conclude la storia dell'immagine che indago. De- versibile della porta intesa come simbolo ormai inuti cretate sotto Fincalzare dei Savoia le «Mura Nuove» le di una città che ha mutato il suo volto e che utiliz: si configurano assieme con i magazzini del Portofran- za altri miti. È un edificio senza identità quello che co come le «regie fabbriche di una città repubblica: viene consegnato al X VIII secolo, in attesa della «rena», denunciando un nuovo stile di governo e una di- stituzione», la quale si verificherà nell'ambito dei versa identità di gruppo dirigente. Le porte di questo cent'anni successivi e interesserà soltanto per l'aspetperimetro sono in genere determinate in assoluto dal- to fisico un ‘Ìmonumento’ riciclato dalla retorica di pala loro funzione difensiva, anche se due ingressi mo- tria, ma senza il recupero dello spessore dei suoi connumentali risultano altamente istruttivi per il mio astenuti. sunto. Il primo è costituito dalla porta Lanterna, eretNel frattempo si registrano interventi d'emerta presso quella torre omonima di cui ho già dato genza assolutamente necessari per salvare la fabbricenno. Il riferimento simbolico dell’area è inequivoca, effettuati sino a circa gli anni Sessanta del Settecabile, nonché ribadito dalle solennità per la cerimo- cento. In quello stesso periodo i «forti» vecchi e nuonia della posa di una unica pietra di fondazione in co vi eretti sulle collinedi Genova, assieme con il succesmune tanto per il valico quanto per le mura. L'epigra- sivo perimetro di mura che collega alcuni bastioni, rife, di cui è pervenuto il solo testo, parafrasa in modo spondono alle sole necessità belliche dell'agglomerato quasi certamente involontario i concetti della lapide urbano, assolvendole pressoché in toto, così come nel 508
primo Medioevo avveniva per le porte urbanee per le mura del XII secolo. Le quali però a loro volta soddi-
sfacevano — come s'è scritto — anche a ben altri requisiti. Le nuove esigenze di tutela dell'età moderna impongono di rinnovare i fortilizi esistenti sulle alture già dal XIV secolo e di moltiplicarli con l'addizione di nuovi baluardi, tutti provvisti di ingressi esclusivamente denotati da una funzione di difesa.
locazioni e di compravendite, siglando per l'edificio gli anni del silenzio. Tale silenzio viene infranto soltanto nel 1882 0 poco prima quando decolla la «restituzione» del monumento con il formarsi della «Commissione Municipale» per il restauro dell’edificio, che nello stesso anno viene pubblicizzato dalla Relazione di Porta So-
prana di Sant'Andrea. Il ripristino della fabbrica si
nel quadro del recupero di Genova medievale, L'immagine della città — appena liberata dagli avvia, promosso dall'iniziativa della classe egemone più per austriaci ma dal destino denso ancora di incognite — sorte — in alla grande sistemazione urbaassume una misura dilatata che sfugge alla scala di na degli stessiriferimento anni — che per vocazione di cultura e percezione umana. Alcuni ingressi monumentali di di ripresa dell'antico. La «fedeltà» ripristino conGenova moderna, nel frattempo, vivono ultime e dotto con «coscienza di restauro» si delrealizza inseanacronistiche ore di gloria nello stesso momento in gna della filologia più colta a opera di Alfredoalla d'Ancui la Repubblica predilige di farsi rappresentare da drade, che pone in risalto tra le finalità del recupero «Allegorie» pompose. l’importanza di restituire al Medioevo di Genova uno L'Ottocento si apre con le ben note vicende dei prodotti più prestigiosi dellarchitettura militare, dell'assedio di Genova da parte delle forze austriache, la cui imponenza monumentale emerge anche per la con l'intervento francese a rincalzo delle truppe citta- sua funzione etica. Da qui si innesca quella retorica dine; all'insegna, dunque, di tempestose giornate di del monumento — un tratto peraltro comune ad aree guerra. Sono queste temperie che richiedono un en- di cultura anche europea — che conduce a insistere nesimo aggiornamento dello scacchiere di difesa ur- sull'aspetto grandioso della fabbrica mettendo a fuobano, perfezionato nelle sue strutture a prezzo di un co in particolare le origini di quel ruolo scenograficoonere finanziario gravoso nonostante la crisi econo- celebrativo, poi determinante per la «sistemazione» a mica in pieno sviluppo nel 1813. Sempre nell'ambito venire. La «Commemorazione centenaria della scodel medesimo programma vengono riutilizzate anche perta del’ America nel 1892» a Genova è la circostanle mura del Cinque e Seicento e si potenziano le citta- za che consente di sveltire le operazioni e concludere delle con la trasformazione in «forti» dei baluardi di il primo lotto di lavori affinché la porta venga presen: san Giorgio e di san Michele, mentre il Castelletto, tata nella sua nuova facies ai «pellegrini» giunti in giunto ormai alla sua ultima ora, è convertito in ca- città per i festeggiamenti. L'afflusso del pubblico fu serma. Si edifica una nuova porta Lanterna e quella consistente anche per visitare la ripristinata casa di vecchia viene manipolata pesantemente; si recupera Domenico Colombo, ma questi stessi «forestieri» non trasformandola in faro per le navi la torre omonima, sembrano essersi poi molto interessati a porta Soprache dopo qualche tempo e dopo la demolizione della na, la quale pare aver rivestito un ruolo piuttosto seporta antica assurge a emblema ormai superfluo nel condario nel quadro delle celebrazioni. «Le laboriose quadro pletorico dei riferimenti simbolo relativi alla vicende del ripristino» sono registrate puntualmente città di Genova. Dopo il 1894 la porta d'Archi di san: da una relazione inedita e di mano della commissione to Stefano smontata viene ricostruita in via Banderali che ho avuto la fortuna di ritrovare: questa certifica il e porta Pila viene rimaneggiata dopo circa un anno. progredire dei lavori e assieme le traversie per recupeMentre la ‘storia’ delle porte urbane dell'età moderna rare un a Genova si chiude in definitiva tra demolizioni, tra- «Monumento che... venne consegnato a brandelli e che noi [i sferimenti, rimaneggiamenti e abbandoni, già dal
1820 si apre la grandeur della nuova stagione urbanistica promossa dal famoso piano di ampliamento di Carlo Barabino. Decolla la «città borghese», che non riconosce fra i suoi emblemi l’immagine delle porte
urbane. Gli ambienti ricavati all’interno di porta
sant'Andrea
continuano,
infatti, a essere oggetto di
commissari] coi nostri studii e col nostro lavoro assiduo storico e tecnico abbiamo reso degno della maggior considerazione».
Le ultime battute della «restituzione» architettonica si verificano alle soglie della prima guerra mondiale, una «guerra-farmaco», «vera industria del cadavere» a cui Genova si appresta inaugurando a Quarto il monumento dei Mille, il 9 maggio 1915. 509
Segue nell'immediato dopoguerra un decennio interlocutorio, considerato tale a giusto titolo se si valutano alcune premesse
verificatesi fra il 1919 e il
1929: dalla rinnovata cura per l'area circostante che
gravita attorno alla casa di Colombo, al lascito di Carlino Pescia che consente la successiva ripresa del restauro negli anni 1937-1938. Già nel lontano 1892 — probabilmente anche prima — sono da ravvisare gli inizi anagrafici del processo di sacralizzazione dell'area di porta sant’ Andrea a cui fa perno la casa di Colombo, ma le spinte più qualificanti si verificano tra gli anni 1916 e 1934. In questo lasso di tempo si provvede apertamente a connotare di «sacro» il «suo-
lo privilegiato» sia con una sistemazione decorosa della casa di Colombo (mai in realtà verificatasi) sia con la ricostruzione del chiostro di santAndrea sul terreno circostante porta Soprana. A sua volta
anch'essa è introdotta in un'area di «santità» rinnovata da processioni che passano sotto il fornice del
monumento e da immagini divine come quella raffigurante la Madonna della Guardia, dipinta nel suo intradosso di destra attorno al 1934. La «sistemazione» definitiva è alle porte: a questa sono propedeutici, in particolare sul registro istituzionale, tanto le pratiche di isolamento dell'edificio a partire dal 1933, quanto il piano regolatore della zona «A» che decolla dal 1932 circa in poi. Sul registro fisico la risultante è una plaga di demolizioni condotte all'insegna del «piccone risanatore» nel clima dell'affermarsi della «Grande Genova», la Dominante, che agghindata a festa riceverà la visita di Mussolini il 16 maggio 1938, XVI
anno
dell'Era Fascista.
Per quell'occasione
il
scata dalle «celebrazioni dei Grandi Liguri» volute
dal duce, una promozione che peraltro non consente
di sistemare in modo idoneo e definitivo la dimora dell’«Illustre Concittadino». «L’anno d'oro», il 1938, si conclude con il restauro di porta sant’ Andrea quasi ultimato, quello di porta del Molo invece del tutto deserto nonostante l'impegno e le rimostranze di Ugo
Nebbia, e con il piano regolatore in fase di realizzo ma ancora in attesa delle disamine e delle postille verificatesi nell’anno successivo. Il 1939 si consuma anch'esso nel quadro di una mitologia del mare — d’obbligo per la Dominante — fra i ricordi imperituri delle lapidi di encomio, le «celebrazioni marinare», le mostre «d'Arte del mare», le «giornate dei Littoriali
del mare e della Marina», ecc., ossia con una serie di rituali appariscenti e ben noti, che non occultano l'incombere nefasto delle pressoché coeve giornate di Danzica, con l'anno zero dietro l'angolo. È alle soglie della seconda guerra mondiale, infatti, che si chiude in definitiva il ciclo di. porta Soprana di sant’ Andrea,
dei suoi miti e delle loro rivisitazioni. L'ultima di queste si deve ai rilievi del grattacielo-Invernizzi che si-
glano la genesi della riconsacrazione dell'area «privilegiata» del monumento. Una sagra di epoca contem-
poranea, che sembra effettuarsi nelle intenzioni all’insegna positiva di valori libertari così come risultereb-
be dal progetto dei committenti, ma che in effetti diventa riduttiva perché nel nome di una apologia esterna, come è la retorica dell’«ambiente sacro» quando sia fondata sugli «Eroi», sulle glorie «italiche» e urbane, fra le quali una — il Balilla — di necessità risente anche dell'immissione dell'immagine in ‘un riciclaggio innescato dal fascismo. Genova degli
restauro-Grosso è quasi compiuto e porta Soprana ripulita si presenta al «suo Duce» nel suo «splendido anni Quaranta, «martoriata» dalle bombe, vede sugisolamento». Il «suo Duce» però non sembra degnar- gellare la vicenda della sua porta egemone, che soJa neppure di uno sguardo, almeno a quanto risulta pravvive, senza più fare ‘storia’. È su questa immagidalle cronache — peraltro assai circostanziate — che ne dolente che si chiude il saggio su porta Soprana di la pubblicistica consacra a quelle «fatidiche sant'Andrea, teso a «restituire» il monumento attragiornate», nelle quali, inoltre, Genova viene prom verso l'esegesi dell'identità e della ‘storia’ di una porta sa da «città marinara» a «Città Imperiale», conso di città (v. fig. 532). dandosi il mito della Dominante con l'ultimo carisma delle parole del «Grande Benito». Nel frattempo, la casa di Colombo si giova dell'ampia pubblicità inne- Genova, 19 marzo 1983.
510
PREMESSA (*)
e ripreso in modo fedele le poche tracce superstiti. Per forza di cose alcuni particolari sono stati ricostruiti per intero e quindi le loro forme e proporzioni offrono un'affidabilità assai minore: in primo luogo i coro-
namenti merlati, poi qualche apertura, parapetti, modanature di scalini e pochi altri dettagli. Ma nel complesso il ripristino ha recuperato e restituito in modo attendibile quella che doveva essere la forma dell'edi ficio nella sua prima fase edilizia, tanto nel suo insi me, quanto nella maggior parte dei particolari. Si è potuto pertanto procedere con sufficiente sicurezza all'analisi di questa stessa forma, per cercare di recuperare i modi e i procedimenti che portarono alla sua definizione; con l'applicazione sperimentale all'esistente di un possibile sistema compositivo individuato tra quelli della cui pratica in età medievale si ha effettiva notizia !.
(*) 1 presente contributo deriva dalla tesi di laurea dell'auto re, sostenuta presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell Università degli Studi di Genova nell'anno accademico 1980-1981, per la disciplina di Storia della Scienza e della Tecnica, relatore Cario Maccagni, correlatore Ennio Poleggi. Si ringraziano tutti quanti, persone ed Enti, hanno contri buito in qualche modo alla riuscita di questo studio, mettendo a
disposizione materiali, indicazioni e consigli eil loro aiuto concreto: Direzione Belle Arti del Comune di Genova, e in particolare Ida Maria Botto, Laura Tagliaferro, Dionisio Di Francescantonio; Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici della Liguria; i docenti Colette Dufour Bozzo, Tiziano Mannoni, Franco Renzo Pesenti; Maria Bernabò Brea, Franco Boggero, Laura Corte Giardelli, Piero Fantoni, Enrica Fenzi, Alexandre Gardini, Susanna Gazzolo, Maurizia Migliorini, Paola Navone, Pietro Pedrazzi.
Da una lettura diretta del manufatto architetto-
nico e dall'esame della documentazione scritta, grafica e fotografica (cfr. in questo volume tutto il capito lo relativo) emerge chiaramente il notevole rigore filologico mantenuto nell'intera operazione di restauro, attuata tra il 1882 e il 1938. Anche se gli interventi integrativi sono quanto mai estesi, in una misura che oggi non sarebbe certo
più accettabile, tuttavia essi hanno sempre rispettato
515
1. APPLICAZIONE SPERIMENTALE DI POSSIBILE PROCESSO COMPOSITIVO
UN
1.1. Definizione della pianta sul terreno
La struttura generale di Porta Soprana si può anche considerare come un varco aperto tra due corpi semicircolari sui quali, al di sopra del camminamento di ronda, si sviluppano due alte torri che ne ricalcano l'impianto, ma con sensibili variazioni tanto nelle dimensioni quanto nella forma e distribuzione delle parti. In questa ottica, ipotizzando come possibile un processo concettuale alla base della definizione planivolumetrica di tutto l'insieme, si può supporre che la sua articolazione e soprattutto il suo trasferimento nella realizzazione pratica siano stati condotti in quattro momenti distinti conseguenti l'uno all’altro: la definizione della pianta sul terreno; la costruzione dell’elevato fino al passo di ronda; la ridefinizione planimetrica delle torri; la prosecuzione ed il completamento dell'innalzamento. Nell'analisi formale dell'impianto si è provato a ripercorrere nelle diverse fasi il probabile iter operativo dei costruttori, cercando, individuando ed appli cando all’esistente un sistema di proporzionamento e Posizionamento delle parü che produce elementi coincidenti con quelli reali, con margini di approssimazione assai ridotti.
Tali tolleranze tra misure — inevitabili in un simile edificio sia per le possibili imprecisioni in fase di tracciamento e messa in opera, sia per i movimenti di assestamento e dissesto statico che le strutture posso-
singoli elementi, tale da compromettere ed inficiare una fondata individuazione di procedimenti univoca‘mente accettabili.
Indispensabile presupposto per condurre una simile operazione, oltre a una ricerca su quanto si sa sugli strumenti e sui sistemi di progettazione e tracciamento impiegati dai costruttori medievali, è apparsa soprattutto la disponibilità di un fedele rilievo grafico dell'oggetto, il più possibile attendibile ed in grande scala. Irilievi già esistenti, limitati per le piante al pianterreno, raggiungono al massimo la scala 1:50, costituendo una base dalla lettura non sufficientemente agevole e sicura. Specialmente per questo motivo si è provveduto ad elaborare appositamente per il presente studio il nuovo rilevamento planimetrico delledificio in scala 1:20, al pianterreno ed al livello del camminamento di ronda. Per le considerazioni sugli alzati, in mancanza di un rilievo fotogrammetrico e nell'impossibilità di procedere a misurazioni dirette di tutte le parti, si sono utilizzati, integrandoli con i dati ricavabili dagli schizzi di Alfredo D'Andrade e degli altri operatori del restauro, i due prospetti in scala 1:50 di Ettore Santodirocco, cortesemente messi a disposizione della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici della Liguria?. Ad una verifica sull'oggetto, pur con qualche incongruenza in alcuni particolari, essi sono risultati nel complesso di un'affidabilità tutto sommato accettabile. Conseguentemente al cambiamento di scala, negli alzati la tolleranza media tra le dimensioni reali misurabili sui disegni e quelle ricavabili dal processo compositivo sperimentato è stata elevata a cinque centimetri. Quanto ai particolari, l'unica apertura accessibile alla misurazione diretta e quasi per nulla interessata dal restauro, costituita dalla porta di comunicazione tra terrazzo dell'interturrio e torre sud, è stata rile vata pietra a pietra, nella fronte esterna, in scala 1:10
no aver subito nei loro otto secoli di vita, sia infine per le alterazioni che le ricostruzioni di restauro, per quanto scrupolose e basate su indizi sicuri, possono aver inconsciamente apportato — non risultano comunque superiori in pianta, nella maggior parte dei casi, a due centimetri. Per alcuni punti si è accettata con riserva una tolleranza massima di quattro centi‘metri. AI di là di tale misura si è constatato un progressivo aumento dei possibili modi per giustificare i (tav. VD. 516
Nella lettura dell'insieme, come accennato, le considerazioni sulle condizioni materiali della stru-
mentazione con cui si trovavano ad operare i costrut-
tori risultano basilari. Quasi certamente anche per la definizione della forma ed il tracciamento di Porta Soprana non erano disponibili che squadre e compassi, aste di misura, lenze e picchetti, piombi e archipenzoli.
Nel recupero di un possibile sistema compositivo
si è pertanto sperimentata solo l'applicazione di costruzioni geometriche realizzabili in concreto esclusi‘vamente con gli strumenti citati e sempre nell’ambito dei procedimenti noti come effettivamente praticati dagli artefici medievali, sia a base geometrica sia aritmetica. Nella fattispecie, lavorando a tavolino, co-
struzioni ottenibili semplicemente con riga e compas-
so (cfr. nota 1).
Ovviamente si sono scartate tutte quelle opera-
zioni che avrebbero presupposto l’uso di punti di riferimento comodi nel disegno, ma irraggiungibili nella realtà: ad esempio, al livello superiore, punti esterni
lontani diversi metri dalle strutture. Se distanti alcuni
decimetri essi sono apparsi invece ancora accettabili, tenendo presente tutto il sistema di impalcature e ponteggi che doveva accompagnare la costruzione e
che avrebbe potuto costituire un supporto anche per raggiungere tali punti. Per ovviare ai margini di errore che il procedere esclusivamente per costruzioni geometriche — per
quanto accurate — avrebbe rischiato di comportare, le varie misure ottenibili
sono state anche calcolate
aritmeticamente. In questo modo si sono introdotti strumenti di calcolo come la risoluzione aritmetica di radici quadrate, notoriamente al di fuori delle normali conoscenze matematiche del XII secolo. È chiaro pertanto che questa verifica risulta utile non all'indagine storica, ma solo ad un più sicuro controllo delle
operazioni di lettura ed analisi dell'oggetto.
Individuazione del sistema. Allineamento base
Affrontando il possibile schema compositivo della Porta Soprana secondo le sue probabili divisioni e momenti, si è dunque iniziato dall'analisi dell'impian-
to planimetrico del pianterreno, integrata con osser-
vazioni ricavate dalle altre zone (tav. D.
Innanzitutto si è notata una relativa scarsità di rapporti diretti tra le varie dimensioni e, all'opposto,
una notevole quantità di grandezze tra loro incommensurabili; situazione, questa, in genere fortemente indicativa di una probabile presenza di metodi geometrici, come aveva già rilevato Alhard von Drach alla fine del secolo scorso 3. La ricerca è stata pertan-
to indirizzata soprattutto in questa direzione.
All’inizio si è proceduto per tentativi, sperimentando un vasto numero di possibili costruzioni appli-
cate ai diversi punti salienti del complesso e orientate
secondo specifici allineamenti, basate su quadrati isolati o aggregati in maglie reticolari, di diverse dimen-
sioni; oppure su triangoli equilateri, o ‘pitagorici’ o ‘egiziani’, anch'essi di varie grandezze; o ancora su archi di circonferenza intersecantisi, aventi per raggio
determinate misure e centri in punti in qualche modo
giustificabili. In piü di un caso questi procedimenti hanno consentito di mettere in relazione tra loro diversi elemen-
ti, senza tuttavia produrre mai un sistema generale che ne superasse ed annullasse la semplice episodicità.
Da alcune considerazioni sull'impianto e sulla
probabile situazione di partenza in cui si trovarono a operare i costruttori, è stato finalmente possibile elaborare un sistema di proporzionamento generale in grado di fornire in modo elementare tutta una serie di
misure che concordano assai soddisfacentemente con
quelle rintracciabili nell'edificio. Ad una lettura poco meno che distratta della Porta appare chiara la grande irregolarità di tutto l'insieme. In pianta, oltre alla mancanza di corrispon-
denza speculare tra le due torri tanto nella forma
quanto nelle dimensioni, risulta evidente la pressoché
totale assenza di angoli retti tra le pareti che defini
scono i vari elementi delle cortine e del varco. Unico
fatto nettamente contrastante con questa situazione è il parallelismo praticamente perfetto che esiste tra le rette passanti per i punti del varco corrispondenti tra loro a due a due: vari spigoli degli stipiti e delle lesene,
assi delle colonne, nonché le proiezioni del fronte esterno dell'interturrio e di quello interno del protiro. Quanto al problema di fondo che i costruttori
dovevano risolvere, esso doveva essere sostanzialmente l'inserimento di un edificio del tutto particolare nel luogo di incontro di due tratti di cinta disposti con differenti orientamenti. In pratica si trattava di raccordare le due cortine tramite l’edificio della Porta ovvero, invertendo i termini della questione, raccordare l’edificio della Porta con le due cortine.
517
In ogni caso l'operazione più semplice e immeNel caso particolare in cui Lo = 49 PL = diata per risolvere la questione era senza dubbio fissa- = 21,8524 m, i lati dei vari quadrati presenterannoi re un allineamento tra i due muri — 0 tra i loro previ- seguenti valori, approssimati a tre decimali: sti tracciati — sul quale impostare il successivo sviluppo dell'impianto. Lo =PL 49 21,852 Indicando in pianta con A e B i punti di raccor- Li =PL 34648 =m 15,452 do dell'edificio con le mura dal lato interno alla città, L =PL 245 10.926 rispettivamente a nord e a sud, si nota che il segmen- L 7,726 to AB che li congiunge & esattamente parallelo al fa- L 5463 3,863 scio di parallele prima citate, passanti per i punti del Ls varco corrispondenti tra loro a due a due. Ls 2,732 Esso misura circa m 21,85. L 1,932 Un piede liprando viene fatto corrispondere am 14 1,366 0.966 0,445968; 49 piedi liprandi (d'ora in poi abbreviati L Lio 0,683 PL) equivalgono a m 21,8524. Si veda nel paragrafo 2.2 la discussione sulle va- Lu 0,483 0,341 rie unità di misura locali in uso a Genova prima Lo 0241 dell'introduzione del sistema metrico decimale e sulle Li 0171 altre possibili, ma meno affidabili, giustificazioni del- Lu Lis 0,121 la lunghezza del segmento AB. e così via. Dopo la virgola, anche per le misure in piedi liprandi sono state fornite — e lo saranno in seguito, salvo indicazioni contrarie — arbitrarie, ma più imQuadrati in progressione mediate suddivisioni decimali, in luogo delle duodeciCon lato di 49 PL si può costruire un quadrato; mali che sarebbero state più corrette considerando il dimezzando via via la sua superficie mediante l'inscri- relativo sistema di misura. zione progressiva di quadrati l’uno dentro l’altro, ruoLa serie di quadrati può essere costruita facendo tati volta a volta di 45° per mantenere un unico coincidere con il segmento AB una delle due mediane orientamento, secondo il metodo esposto nella nota del quadrato base con lato Lo = PL 49 (tav. II/1). 1, i ottiene una serie di elementi in progressione geoSul terreno le difficoltà esecutive di una simile ‘metrica. operazione — indubbiamente presenti per le variazioIndicato con 0 (zero) il quadrato base e con 1,2, ni altimetriche nell'area interessata — non paiono af3, .., n quelli via via inscritti rispettivi lati si potran- fatto insormontabili, anche con una strumentazione no indicare con Lo, Li, Lo, Las ms Ln. ridotta e limitata. In questo sistema il rapporto tra i lati di due quaLa retta su cui giace la mediana coincidente con drati consecutivi, entrando in gioco la relazione tra AB si può indicare con a; la perpendicolare su cui gialato e diagonale del quadrato, il seguente: ce l'altra mediana con $: il punto di intersezione tra le due, centro del sistema di quadrati, con C. L In questo modo si nota che i punti 1 e 2 delfediL= ficio, appartenenti agli spigoli nord e sud dell’arcone vi sottolineato dalle colonnine ottagonali, cadono ri-
Piü in generale: 1 La = Lo (MR
vi
518
spettivamente sul lato nord del quadrato 3 e sul prolungamento del lato sud del quadrato 5.
La distanza tra i due punti rilevata sul manufatto misura circa m 5,80 + 5,81. La misura della distanza tra i due lati nella costruzione geometrica si può così ricavare:
PL 17324—.
T3 — 8662 = PL 12993 = m $094 2
Tale dimensione puó altresi ottenersi semplice3
mente come — La. 4 Appare significativa e degna di nota la quasi coincidenza del valore cosi ottenuto con 13 PL —
= m 5,798.
L—L
—— 2
= PL 0,897 = m. 0,400
Retta 5; passante dai punti 3, 6, 7 c 8, nelle estremità dei lati verso la città della mazzetta del portale. Retta e: passante dai punti 9 e 10, negli spigoli dei sedili attorno alla base delle colonne, dalla parte del passaggio*.
Entrambe le rette, da parti opposte, distano da +
circa m 1,65. La distanza tra un lato del quadrato 7 e Quadrato Z il lato del quadrato 8 opposto rispetto al centro: L—ls Accanto e ad integrazione della serie di quadrati L= PL 3,697 = m 1,649 considerata si può inserire un nuovo quadrato Z 2 - anch'esso in rapporto con l'intera serie - il cui lato conseguentemente la distanza totale tra è e e miLz misuri un terzo della lunghezza base di 49 PL: sura circa m 3,30. Ls— Le
1
—49 PL = PL 163 — m 7,284
3
Costruendo tale quadrato concentrico in C a tutti gli altri quadrati e con lo stesso orientamento, con i lati paralleli alle rette a e ß, si nota che il suo lato nord
passa esattamente sul punto 3 dell’edificio, nell’angolo interno dell'elemento nord della mazzetta del portale. Rette parallele all'allineamento base
Per quasi ciascuna delle rette appartenenti al fascio di parallele notate all'inizio é possibile ricavare in
modo elementare, all'interno del sistema geometrico
L——— 2
= PL 7,394 = m 3298
Retta t; passante dai punti 11 e 12, negli spigoli
dei plinti alla base delle colonne5. La distanza tra a e & misura circa m 1,60.
LL
PL 3,588 = m 1,600
2 Retta n: passante dai punti 13 14, proiezioni degli assi delle colonne. In realtà questa retta non è esattamente parallela alle altre, ma presenta uno scarto di circa tre centimetri su una lunghezza di que metri. Questa irregolarità appare tuttavia di scarso rilievo se si considera che l'erezione di una coppia di colonne è un'operazione la cui esattezza è assai meno controllabile dell'innalzamento di uno spigolo o di un angolo in muratura. La distanza tra è e n misura circam 2,26 + 2,29.
individuato, almeno una misura confrontabile con la misura dell'effettiva distanza esistente in realtà tra la L-—L = PL 5,074 = m 2263 retta stessa e l'allineamento base AB (retta a) o un'al- — 2 tra retta già posizionata (tav. I/2). Retta 6: passante per i punti 15, 16, 17 e 18, Per un paio, molto più semplicemente, tali diall'estremità delle lesene all'inizio della curvatura delstanze sono riconducibili ad un numero intero di piele torri. La distanza tra a e 6 misura circa m 3,10 + di liprandi o alla metà della distanza tra altre due ret3,12. te. TPL = m 3,122 Retta x: passante per i punti 19 e 20, negli spigoli Retta y: passante dai punti 4 e 5 dell'edificio, neesterni della mazzetta del portale. gli spigoli tra gli stipiti del varco e i fronti rettilinei La distanza tra 8 e è misura circa m 1,86; quella delle torri. La distanza tra a e y misura circa m 0,40 + 0,41. La distanza tra i lati dei quadrati 6 e 7: tra 8 e c circa m 0,92; quella tra « e è circa m 0,94.
519
Calcolata sulla costruzione geometrica in base ai
precedenti posizionamenti, la distanza corrisponden-
te a quella tra 0 e è è di m 1,873; la sua metà è di m 0,937. Si può supporre un posizionamento di : a metà
tra ded. Retta x: coincidente col fronte dell'interturrio, passante per i punti 1, 2, 21 e 22 alle sue estremità.
ficati in senso nord-sud dal lato nord del quadrato 3 e
dal prolungamento del lato sud del quadrato 5. Analogamente, con la retta 3 si fissa il punto 3 nella sua intersezione con il lato nord del quadrato Z.
Si può indicare con D il punto mediano tra i pun-
tile2. Restano adesso da esaminare i restanti punti del
varco (tav. II/3).
Dalla sovrapposizione del sistema di quadrati al
La distanza tra 0 e x misura circa m 0,40.
L-l
rilievo dell’edificio si nota immediatamente il conside-
——— = 2
PL 0,897 = m 0,400
Tenendo conto delle distanze tra a eye tra a e 8 è evidente la coincidenza di quest'ultima con quella tra y e x. Lo spessore dell’edificio in corrispondenza dell'interturrio, tra fronte esterno e congiungente le estremità dei fronti rettilinei delle torri, protiro escluso, può dunque riportarsi anch'essa ad una misura pari a 7 PL = m 3,122. Retta X: passante per i punti 23, 24, 25 e 26, alle estremità delle lesene ai lati dell'interturrio. Nonostante i molti tentativi, non è stata individuata una relazione soddisfacente con altri elementi dell'insieme nell'ambito di misure di grandezza tale da produrre un confronto sufficientemente attendibile. È possibile che la sua posizione derivi semplice: mente dall'aggetto delle due lesene dalla parete di fondo (retta x). Questa dimensione, comune a tutte le lesene dell'edificio, misura circa m 0,07 + 0,08. Un pollice di piede liprando, calcolato come la sua dodicesima parte, misura m 0,037. Due pollici corrispondono a m 0,074. Oppure si può introdurre, con motivazioni che saranno esposte in seguito, la differenza tra la distanza tra i lati dei primi due quadrati della serie e un settimo del lato del quadrato base, cioè sette piedi lipran-
di
L-L
—— 2
Lo
— — = PL7,176—7=PL0,176=m 0,079 7
revole spostamento verso nord dell'asse del passaggio
rispetto al centro del sistema ed in particolare alla ret-
tap.
E inoltre evidente una sensibile inclinazione del tutto verso sinistra uscendo, probabilmente dovuta al condizionamento imposto ai costruttori dalla direzione del percorso stradale preesistente alla Porta stessa. Procedendo ora all'esatta determinazione dell’asse del varco, unendo i vari punti mediani dei
segmenti congiungenti i punti del varco corrispondenti tra loro a due a due, appartenenti al fascio di parallele già discusse (punti D, E, F, G, H, I, L, M, rispettivamente sulle rette x, à, e, C, n, y, 1, À), si rileva l’esistenza non di un asse unico, bensì di due assi distinti, indicati con v e &. Le due rette si incontrano nel punto mediano E, sulla retta è corrispondente alla linea di chiusura delle
imposte del portale. La deviazione verso sinistra ‘uscendo aumenta al di fuori di tale linea.
Il punto mediano M, sulla retta X nellintersezio-
ne con la retta v, è riferito al segmento tra i punti 23 e
24 e non corrisponde a quello relativo ai punti 25 e 26, a causa delle differenti larghezze delle lesene deli-
mitate da questi punti (m 0,185 a nord; m 0,235 a sud). ! Anche il punto medianoN sulla retta 6 cade al di
fuori di entrambi gli assi ve È.
Tasse v interseca la retta a in un punto P distan-
te circa m 0,80 dal centro C.
Lasse È interseca la retta e nel punto F distante
circa m 0,80 dalla retta 8.
LL
Assi e punti del varco
—— = PL 1,794 = m 0,800 2 L'asse v si può pertanto posizionare tracciando
Con la retta x si è giunti al definitivo posizionamento dei punti 1 e 2 — nell’arcone sottolineato dalle colonnine ottagonali —, già precedentemente giusti-
retta x tra i punti l e 2, e il punto P, fissato sull’allineamento base a ad una distanza dal centro C pari alla misura suddetta, verso nord.
520
‘una retta attraverso il punto D, già disponibile sulla
In particolare l'intersezione di v con la retta à individua il punto E. L'asse t si può posizionare tracciando una retta attraverso il punto E ed il punto F, fissato sulla retta. ad una distanza dalla retta ß pari alla stessa suddetta misura, sempre verso nord. Le intersezioni delle rette appartenenti al fascio di parallele con le rette v e £, rispettivamente all'esterno e all'interno della retta è, individuano i punti mediani da cui è possibile posizionare le varie coppie di punti del varco ad essi relative (eccettuati, come già accennato, i punti 25 e 26 sulla retta A e quelli sulla retta 0). La distanza tra i punti 4 e 5, sulla retta y con mediano I, misura circa m 5,46. Un quarto della lunghezza base di 49 PL, pari al lato del quadrato 4: 1 — Lo = L, = PL 1225 = m 5,463 4 La distanza tra i punti 3 6, sulla retta è con mediano E, misura circa m 5,51 Calcolata sulla costruzione geometrica, la distanza tra il punto corrispondente al punto 3 dell’edificio — già collocato con le precedenti operazioni — e quello corrispondente al punto E misura m 2,766. Il suo doppio m 5,532. II punto 6 si potrebbe dunque fissare sulla retta è riportando da E verso sud la stessa dimensione esistente tra E e il punto 3. La distanza tra i punti 9 e 10, sulla retta « con mediano F, misura circa m 5,43. E evidente una leggera convergenza dei lati del varco verso l'interno della città. Le pareti prospicienti il passaggio dei volumi che sorreggono le basi delle colonne si sviluppano sugli stessi allineamenti degli stipiti interni del varco, definiti dai punti 3 e 4 e 6e 5. Le coppie di punti 9 e 10 e 11 e 12 si possono pertanto individuare senza ricorrere ai punti mediani, semplicemente con le intersezioni dei due suddetti allineamenti rispettivamente con le rette « e È. Naturalmente per questi elementi, completamente di restauro, valgono le stesse considerazioni espresse nella nota 4. I loro lati verso la città misurano, nei sedili, m 1,45 a nord e m 1,46 a sud; nei plinti soprastanti m 0,49 a nord e m 0,51 a sud. Riportando dai punti 11 e 12 queste due ultime misure sulle rispettive pareti del varco, vi si indivi-
duano due punti Q ed R distanti dai punti 9 e 10 quanto le due prime misure: m 1,45 + 1,46. Inoltre tali punti Q ed R distano rispettivamente dai punti 3 e 6 circa m 1,85.
LL
——— 2
= PL 3,249 = m 1,449
L—L
Lg—
—— —
= PL 4,145 = m 1,849
2 La distanza tra i punti 13 e 14, sulla retta n con mediano H, interasse delle colonne sorreggenti il protiro, misura circa m 6,43. Lo — Li = PL 14,352 = m 6,401 Pure in questo caso valgóno le stesse osservazio-
ni relative al posizionamento della retta n. La proiezione del fronte del protiro sul piano del rilievo, sulla retta x anch'essa praticamente parallela al fascio di parallele iniziali, cade ad una distanza dalla retta è di circa m 2,76 + 2,78. Come precedentemente notato, la metà dell'am-
piezza del varco in corrispondenza della linea di chiusura delle imposte, tra i punti 3 e 6, cioè grosso modo la larghezza di una delle due valve, è calcolabile sulla costruzione geometrica in m 2,766. Ii punto mediano S tra i punti 27 e 28, proiezioni degli spigoli esterni del protiro, cade anch'esso sull'assek La distanza tra i punti 27 e 28 misura circa m 7,29. Un terzo della lunghezza base di 49 PL, pari al lato del quadrato Z: 1
— Lo = Lz = PL 163 = m 7284
3
Esternamente alla chiusura delle imposte, la di-
stanza tra gli spigoli interni della mazzetta del porta-
le, rappresentati dai punti 7 e 8 — anch'essi sulla retta è con mediano E —, misura m. 4,995.
L-L
——— 2
=
PL 11,199 = m 4,994
Anche gli specchi della mazzetta partecipano della lieve convergenza verso la città già riscontrata per le altre pareti del varco.
La distanza tra gli spigoli esterni, rappresentati
dai punti 19 e 20, sulla retta : con mediano L, misura infatti m 5,03
521
E senza dubbio azzardato pretendere una giusti-
ficazione per una variazione di cosi lieve entità, che tra l'altro potrebbe dipendere da una sempre possibile. imprecisione di cantiere. Pur tuttavia il punto 19 risulta essere ad una distanza di circa m 0,40 dal lato nord del quadrato 3, lo stesso da cui é direttamente
giustificata parte del posizionamento del punto 1.
Come già ripetutamente osservato: LL
——— = 2
PL 0,897 = m 0,400
fronte del protiro, tra i punti 27 e 28 sulla retta x (tav. 11/4). Il punto mediano S, considerato appartenente all'asse dista dalla retta è m 0,812, calcolati sulla costruzione geometrica. Data la minima differenza, la traslazione del quadrato Z in Z’ potrebbe anche ricondursi direttamente, per quanto riguarda lo spostamento verso
nord, a: L—Ls
= PL 1,794 = m 0,800 Supponendo posizionato il punto 19, il punto 20 —— 2 potrebbe essere fissato sulla retta : riportando da L I punti mediani dei lati nord e sud del quadrato verso sud la stessa dimensione esistente tra L e il punZ si possono indicare rispettivamente con U e V. to 19. Il centro della curva esterna della torre nord si Calcolata sulla costruzione geometrica, la di- può indicare con X; quello della curva esterna della mensione corrispondente alla distanza tra i punti 19 e torre sud con Y. 20 misura m 5,060. Questi cadono entrambi, esattamente, ma non La distanza tra i punti 21 e 22, all'origine delle in posizione simmetrica, su due semicirconferenze lesene delimitanti l’interturrio, — anch'essi sulla retta con raggio di 7 PL = m 3,122 e centri rispettivamenx con mediano D — misura circa m 6,25. tein Uc V. 14 PL = m 6,244 II raggio alla base della torre nord, al disotto del. La superficie della lesena all'inizio della curvatulo sguscio, misura circa m 3,12 + 3,14. ra della torre sud, rappresentata dal segmento tra i 7PLm 3,122 punti 26 e 16, giace esattamente sulla retta p perpenII raggio alla base della torre sud, al disotto dello dicolare in T all'allineamento base a (e quindi parallesguscio, misura circa m 3,48 la a ß) e passante per il punto 14, nell'asse della colonlo — 4 na sud del protiro. — = PL— = PL 7,799 = m 3478 1 punti 26 e 16 si possono collocare nelle interse2% zioni della retta o rispettivamente con le rette À e 8. Mm Più compatibilmente di calcolo La distanza tra i punti 16 e 15, sulla retta 8, mi- notoriamente a disposizioneconnelgli XIIstrumenti secolo, il rapporsura circa m 6,65 + 6,66. to tra circonferenza e diametro può essere ricavato Calcolata sulla costruzione geometrica, la di2 stanza tra i punti A e T, sulla retta a, misura m approssimativamente come— = 3,14285 ... in luo13,303; la sua metà m 6,651. 7 Il valore così ottenuto si avvicina, con una certa go del canonico x = 3,14159 approssimazione, alla misura di 15 PL = m 6,690. In questo modo: In questo modo si conclude la serie di considera7 zione prodotte per giustificare il posizionamento dei —Lo:2= PL 7,795 = m 3,477 vari punti del varco. 2 Se si traccia con centro nel punto 15, all'inizio Quadrato Z' e basi delle torri della curva della torre nord, un arco di circonferenza con raggio pari a quello della torre stessa alla base, esSi può adesso passare alla costruzione di un nuo- so interseca nel punto X la semicirconferenza con centro in U e raggio di 7 PL. 1 Analogamente dalla parte opposta, se si traccia vo quadrato Z’ con lato Lz = Lz = — Lo, facencon centro nel punto 16, all'inizio della curva della 3 do coincidere il suo Jato ovest con la proiezione del torre sud, un arco di circonferenza con raggio pari a 522
quello di questa torre alla base, esso interseca nel punto Y la semicirconferenza con centro in V e raggio di 7 PL. Il raggio della curva interna della torre sud misura circa m
1
nalzamento delle strutture sulle fondazioni già defini-
te.
1,80.
1
— L= — Lo = PL 4,083 = m 1,821 4 n
In senso orizzontale le varie parti sono già impo-
state; si tratta ora di interpretare la scelta delle altezze assegnate a tali parti in rapporto alle specifiche funzioni cui esse devono assolvere nel complesso ar-
chitettonico.
È assai verosimile che le varie quote siano state riferite a un livello di base unico per tutto l'insieme, probabilmente sottolineato in qualche modo nell’arti-
12. Costruzione dell'elevato fino al passo di ronda
colazione delle strutture. Punto di partenza della ricerca è stato pertanto Tidentificazione di una quota, vicina al suolo, cui tut-
Lo studio della definizione planimetrica del piat terreno è ancora suscettibile di perfezionamenti, sia
te le altre possano agevolmente riportarsi. In questo caso, fortunatamente, le possibilità di scelta sono assai limitate. Scartato l’attuale piano stradale, sicura-
per completare e precisare l’analisi dell'interno delle torri, sia per verificare se punti ed elementi di cui si è già fornita una giustificazione possano essere indi: duati anche mediante costruzioni differenti da quelle.
proposte, pur rimanendo nell'ambito dello stesso sistema di proporzionamento generale. Nel trasferire ora la ricerca allo sviluppo verticale dell'edificio la precisione dei confronti diminuisce, causa la minima quantità di misure che é stato poss bile rilevare direttamente sul manufatto. Al contra-
rio, quasi tutte le altezze sono state ricavate dalla documentazione grafica disponibile, costituita dai rilievi citati, in scala minore della pianta usata nel precede: te paragrafo e per di più, in certi punti, in contrade
zione con rilievi e schizzi quotati di altra mano.
Sia per le difficoltà di lettura senza strumenti
particolari, sia soprattutto per i margini materiali di errore insiti in una restituzione grafica, desumendo le misure di un oggetto da una sua rappresentazione in
mente più basso dell'originale, e considerando poco
probabili i piani dei volumi alla base delle colonne, tutti a quote differenti e per di più già ad una certa al-
tezza, non restano che due possibilità: o gli sgusci dei fronti curvilinei delle torri, in basso, o gli appoggi delle basi delle colonnine ottagonali, in antico appena affioranti dal terreno. Con una serie di confronti e di verifiche è stato
possibile orientarsi nettamente a favore della seconda eventualità, grazie alla quale è possibile riportare le varie altezze del complesso a costruzioni elementari nell’ambito dello stesso sistema proporzionale individuato per la pianta (tavv. III e IV). La quota base individuata, ad un livello assoluto di circa m 30,30 sul livello del mare, si abbrevia in
QB..
Nell'alzato molte dimensioni trovano una giustificazione combinando in vari modi il lato
scala è praticamente impossibile stimare con sicurezza oscillazioni inferiori al mezzo millimetro. Nella
1 La = — Lo = PL 163 = m 7284
mezzo sul reale. Di conseguenza le varie misure del manufatto qui riportate, se non sono frutto di misurazioni dirette, presentano un'approsimazione di 25 in 25 mm. Nell'affrontare l'impianto iniziale si era tentato
del quadrato Z, la misura di sette piedi liprandi e quella della distanza esistente tra i lati dei primi due
scala 1:50 queste corrispondono a due centimetri e
di individuare e seguire anche un possibile iter compositivo, legando le giustificazioni dei singoli elemen-
ti in un'unica consequenzialitä di operazioni succe-
dentesi l'un l'altra. La situazione cambia completamente, e in un certo senso si semplifica, passando a considerare
3 quadrati della serie. Per brevità e chiarezza di esposi-
zione queste due ultime entità si possono indicare
semplicemente con le lettere a e b: a b
1 — Lo = PL 7 = m 3,122
7 LL 2
= PL 7,176 = m 3,200 523
La loro differenza c:
c=b—
= PL 0,176 = m 0,079
Si può ipotizzare che all'origine della definizione dell'alzato, più che costruzioni geometriche particolari come quelle che spiegano varie zone della pianta, siano stati applicati semplici riporti di misure dal Ii vello base, ricavate direttamente dal sistema generale e finalizzate alla crescita degli elementi già collocati planimetricamente. Da questa considerazione sono naturalmente esclusi particolari come ad esempio gli archi, il tracciamento delle cui curve presuppone senzaltro costruzioni geometriche su piani orizzontali appositamente predisposti sul suolo, in base alle quali apprestare i singoli elementi da porre poi in opera. Non è comunque impossibile che anche porzioni piü estese dell'elevato non potessero essere prima definite e preparate separatamente, in tutto o in parte, per poi venire trasferite in sito. Ad ogni modo, dato l'inevitabile margine di imprecisione causato dalla documentazione disponibile e soprattutto per i problemi presentati dall'insieme sviluppato ora su tre dimensioni, si è preferito tralasciare la ricerca di costruzioni geometriche particolari, difficilmente controllabili, per orientarsi sull’inter-
pretazione diretta delle misure delle altezze prese isolatamente, proponendosi di ricorrere eventualmente alle prime solo nel caso non si fosse potuto procedere altrimenti. Fronte esterno alla cinta (tav. IIT)
Quota 1: sommità del parapetto merlato dell'interturrio. L'elemento è totalmente di restauro; il suo livello, basato sulle tracce di immorsamento con la torre nord, dovrebbe comunque corrispondere in ma-
niera abbastanza precisa all'originale. L'altezza da Q.B. misura circa m 14,50 + 14,55. II doppio del lato del quadrato Z:
2 2 Lz = — Lo = PL 328 = m 14,568 3 Quota 2: inizio del fregio inferiore, alla base dei modiglioni portanti gli archetti pensili. L'altezza da Q.B. misura circa m 12,50 + 12,55. 4a = PL 28 = m 12487.
524
Quota 3: base dei capitelli delle colonnine ottagonali. L'altezza da Q.B. misura circa m 6,30. 2a = PL14
= 6244
Quota 4: sommità dei capitelli delle colonnine
ottagonali, livello di imposta dell’arcone da esse sottolineato e del relativo cordolo ottagonale. L'altezza da Q.B. misura circa m 7,075 + 7,125.
La distanza tra i lati del quadrato base e del qua-
drato 3, il cui lato nord nella costruzione iniziale era servito per giustificare in pianta parte del posiziona-
mento dello stesso arcone (punto 1):
LL
——— 2
= PL 15,838 = m 7,063
Quota 5: livello di imposta dell'arco del passaggio. L'altezza da Q.B. misura circa m 6,85. Il posizionamento di questa entità, come quello di altre che seguiranno, si può giustificare disponendo idealmente un quadrato con lato pari a Lz in verticale, in modo che il suo lato inferiore cada ad un'altezza da Q.B. pari a b. Il centro del quadrato viene cosi a trovarsi ad una quota confrontabile con quella in questione: 1 b4—Lz-PL 15,343 = m 6842 2 Quota 6: termine del fregio inferiore, alla sommità della cornice torica. L'altezza da Q.B. misura circa m 13,70. Aggiungendo una misura pari a b sopra al quadrato disposto come nella precedente giustificazione: b+Lz+b=
PL 30,685 = m 13,685
Sul prospetto il posizionamento delle due ultime quote puó essere evidenziato graficamente mediante una figura geometrica costituita dal quadrato citato con ‘addossate, esternamente ai lati orizzontali, due semicir-
conferenze con centri nei rispettivi punti mediani e rag-
gi pari alla misura b: quella inferiore tangente al piano della quota base, la superiore a quello della quota 6. Il centro del quadrato così collocato individua la quota 5.
Quota 7: vertice dell'intradosso dell'arco del passaggio. Dal rilievo di Santodirocco appare ad un'altezza di circa m 9,80 da Q.B.; da uno schizzo quotato di D'Andrade esso risulterebbe invece a circa m 9,87 da Q.B.7. Lo sviluppo di una semicirconferenza con raggio pari ad a = 7 PL:
22 2 —a=—7PL=PL 22=m 7 7
9811
Quota 8: vertice dell'intradosso del cordolo ottagonale. L'altezza da Q.B. misura circa m 10,575 secondo. Santodirocco; circa m 10,65 secondo D’Andrade. Tale quota può dipendere semplicemente dallo spessore del cordolo in relazione al vertice dell'arco da esso sottolineato.
Quota 9: vertice dell'intradosso dell'arcone sottolineato dagli elementi ottagonali. L'altezza da Q.B. misura circa m 10,90 secondo Santodirocco; circa m 10,95 secondo D’Andrade. 1 — Lo = PL 24,5 = m 10,926
2
Quota 10: vertice dell’estradosso dell’arcone sot-
tolineato dagli elementi ottagonali.
L'altezza da Q.B. misura circa m 11,40 secondo Santodirocco; circa m 11,59 secondo D’Andrade. 26 PL = m 11,595
Quota 11: basi delle lapidi nella mazzetta del L'altezza di entrambe da Q.B. misura circa m 2,00. Il raggio di una circonferenza avente sviluppo pari all'altezza della quota 2 da Q.B.:
portale.
7 7 — 4a:2= — 28 PL = PL 4455 = m 1,987 22 4
Fronte interno alla cinta (tav. IV)
Anche da questo lato si può applicare, in posizio ne analoga e con l'aggiunta di ulteriori elementi, la
stessa figura geometrica elaborata nell'altra facciata: quadrato di lato pari a Lz quadrilobato mediante coppie: di semicirconferenze tra loro concentriche, costruite coi centri nei punti mediani dei quattro lati e raggi pari rispettivamente ad a e b. Tangente alla quota base la semicirconferenza inferiore con raggio b; i lati verticali del quadrato giacenti sulle verticali degli spigoli esterni del protiro. Quota 5: ad un'altezza di circa m 6,85 da Q.B..
Precedentemente giustificata come relativa all'impo-
sta dell'arco del passaggio, da questa parte interessa anche le sommità delle colonne sorreggenti il protiro,
nei piani d’appoggio dei capitelli.
Le differenti quote dei volumi sottostanti alle colonne sono evidentemente in funzione delle diverse altezze delle colonne stesse, nella cui collocazione si è privilegiata l'eguaglianza dei livelli sommitali.
Colonna nord: il diametro alla base misura circa m 0,58; l'altezza circa m 5,025. Il rapporto tra altezza e modulo (metà del diametro alla base): 5,025 17,328 0,29 Suddividendo il modulo in trenta minuti, 17 moduli e 10 minuti: 1 m 0,29x 17 + — 0,29 = 5,026 3
Colonna sud: il diametro alla base misura circa m 0,60; l'altezza circa m 5,30; il diametro alla sommità circa m 0,508. Il rapporto tra altezza e modulo:
5,30
— = 176 0,30 17 moduli e 20 minuti: 2 m 0,30x 17 + — 0,30 = 5,30
3
Nell'indisponibilità di misure precise, queste verifiche sul proporzionamento delle colonne hanno più che altro solo un valore orientativo di massima per 525
l'individuazione dell'ordine architettonico di originaria appartenenza delle colonne stesse. Quota 12: livello di imposta dell'arco a tutto sesto del protiro. L'altezza da Q.B. misura circa m 9,975. II livello del segmento congiungente, nel quadrato quadrilobato, le intersezioni superiori delle semicirconferenze laterali di raggio a con i lati verticali cui sono addossate:
= PL7 = m 3,122 Quota 16: base della torre nord, al livello del camminamento di ronda. L'altezza da Q.B. misura circa m 13,60. b + Lz + a = PL 30,509 = m 13,606 Quota 17: base della torre sud, al livello del cam-
minamento di ronda.
L’altezza da Q.B. misura circa m 13,50.
1 b+—Lz+a= 2
PL 22,342 = m 9,964
L-
PL 5,228 = m 2,332
a + Ly + a = PL 30,3 = m 13,528
Quota 13: inizio dei piedritti del protiro, sopra i 1.3. Ridefinizione planimetrica pulvini soprastanti i capitelli delle colonne. del capitolo si era notato come al di soL'altezza da Q.B. misura circa m 7,60 + 7,65. pra delAll'inizio di volte i fosse prodotto un deciordine primo 17 PL = m 7,582 so cambiamento tanto nelle dimensioni quanto nella Oppure, l'altezza totale dei piedritti tra i pulvini forma e distribuzione delle parti rispetto alla situazioe le imposte dell'arco, compresa tra le quote 13 e 12, ne esistente al pianterreno. misura circa m 2,35. Questo, oltre che per l’area dell'interturrio il cui terrazzo appare una necessaria e logica conseguenza L—L 2
Quota 14: vertice dell'arco del protiro. L'altezza da Q.B. misura circa m 12,75. Essendo voltato a tutto sesto, la sua monta dovrebbe equivalee a metà della luce. Come notato in pianta, i suoi piedritti convergono leggermente verso l'interno della città; tale piccola irregolarità deve necessariamente ripercuotersi in qualche modo sulla curva della botte. Assumendo all'incirca come luce media ia distanza tra gli spigoli alle estremità dei fronti rettilinei delle 1 torri (punti 4 e 5), corrispondente a Li = — Lo: 2 1
1
b+—L7+a+—Lo=PL 28,467 = m 12,695 2 8 Quota 15: vertice dell'estradosso dell'arco del protiro.
L'altezza da Q.B. misura circa m 13,375. 30 PL = 13379
Il centro della curva
non coincide con quello
del'intradosso, ma vi si sovrappone di una ventina di centimetri, dando così luogo, con il profilo dell’estradosso oltrepassato, alla tipica forma lunata di questo arco. Il raggio dell’estradosso misura circa m 3,125. 526
della copertura del sottostante varco, vale in special
modo per le due torri. Le variazioni nel loro impianto generale sono evidenti: le aperture praticabili risultano ora in asse con la direzione del percorso sulle mura; i fronti rettilinei offrono alla città grandi finestroni archiacuti; lungo le pareti curvilinee si sviluppano scale elicoidali per l'ascesa ai livelli superiori Anche le dimensioni cambiano rispetto a quelle dei corrispondenti elementi del piano inferiore. Nella torre nord il raggio della curva esterna misura circa m 3,24 in luogo dei sottostanti m 3,12 + 3,14. Il raggio della curva interna, sotto la prima rampa di scale, misura circa m 1,84; al disopra circa m 2,20. Nella torre sud il raggio della curva esterna misura circa m 3,53 in luogo dei sottostanti m 3,48. Il raggio della curva interna, sotto la prima rampa di scale, misura circa m 2,06 + 2,07 contro i sottostanti m 1,80; al disopra circa m 2,24. centri stessi delle torri non si sovrappongono a quelli del pianterreno.
Unico fattore di continuità, prosegue e si sviluppa l'assoluta mancanza di corrispondenza speculare tra le due metà dell’edificio. Da un simile stato di cose non si può che dedurre un'operazione di generale ridefinizione planimetrica di tutto l'impianto una volta raggiunta con la costruzione la sommità delle mura.
Per impostare la crescita delle torri non sarebbe
comunque occorso ripartire dal nulla per determinare i vari punti, come all'inizio, potendo disporre già delle strutture innalzate fino a quel livello; in particolare — come elementi forse più utili allo scopo — della sommità del protiro e dei fronti rettilinei, maggiormente adatti di quelli curvilinei a individuare e fissare eventuali sicuri punti di riferimento. Passando all'analisi dell'impianto bisogna tener presente che, pur disponendo nuovamente per tutte le considerazioni del caso di un comodo rilievo in scala 1:20, il grado di affidabilità delle giustificazioni dei singoli punti ed elementi tende ad essere minore di quello relativo al pianterreno. Mano a mano che si sale aumenta infatti la probabilità che l’attuale situazione delle strutture possa non coincidere più con quella originaria definita tramite i sistemi di tracciamento oggetto della ricerca. Cedimenti del suolo, assestamenti delle fondazioni, dissesti statici possono infatti aver prodotto spostamenti e fuori piombo delle murature che, insignificanti alla base, a diversi metri di altezza possono comportare variazioni oltrepassanti gli accettabili margini di tolleranza stabiliti per garantire una validità alle argomentazioni proposte. Data la problematicità di fornire un'analisi dettagliata, si cerca di inquadrare per lo meno a grandi linee le operazioni che dovettero presiedere alla definizione di quanto rimaneva ancora da innalzare al di sopra delle mura. Quadrato Z" e curvatura delle torri (tav. V)
Sovrapponendo i rilievi dei due piani si nota, che, mentre il fronte rettilineo della torre nord al piano superiore si sviluppa praticamente a piombo sulla. sua base, quello della torre sud presenta una leggera scarpa, con un arretramento di una decina di centimetri su un'altezza di circa dodici metri. Il fronte del protiro rimane sulla verticale della sua proiezione al pianterreno, coincidente con la retta x’ e delimitato dai punti 101 e 102, sovrapposti rispettivamente ai sottostanti punti 27 e 28. Altri due allineamenti del pianterreno ricompaiono a questo livello: gli spigoli esterni degli stipiti ovest delle porte di comunicazione con le mura (punti 103 e 104) cadono su una retta ?' sulla verticale di è; rete occidentale del parapetto merlato, con gli i est delle porte della torre sud, giace su una retta
£ che si può considerare in pratica ricalcante la sottostante ı.
Quasi sulla verticale del punto A, il punto di raccordo tra torre nord e cortina muraria, dalla parte della città, si può indicare con A°. Facendo coincidere il lato ovest con il fronte del protiro, tra i punti 101 e 102 sulla retta x, si può costruire un quadrato Z” con lato Lz = Ly = L = 1 -— I» 3 In questo modo esso si sovrappone
esattamente
al quadrato Z. I punti mediani dei lati nord e sud del Z" si possono indicare rispettivamente con Ii centro delle curve della torre nord si gare con X quell delle curve dell tore
quadrato U’ e V”. può indisud con
Questi cadono entrambi, esattamente, ma non in posizione simmetrica, su due semicirconferenze dai centri rispettivamente in U’ e V^. Il loro raggio però non misura più, come nella costruzione analoga apta alla base, 7 PL = m 3,122 = a, bensì LL ——— = PL 7,176 = m 3,200 2 1 raggi delle torri, come si è visto, sono leggermente maggiori di quelli alla base: per gli esterni, di circa m 0,10 + 0,12 a nord e di circa m 0,05 a sud. Cambia cosi il rapporto dimensionale tra le due torri individuato in pianta al pianterreno. Con le nuove misure non è più applicabile infatti la relazione che alla base vedeva lo sviluppo di tutta la circonferenza esterna della torre sud corrispondere a sette volte il raggio esterno della torre nord 10. A questo piano il raggio esterno della torre nord misura m 3,24, quello della sud m 3,53. L-—L
——— = PL 7,919 = m 3,532 2 1i
Gli — di questo valore: 12 u — 7,919 PL = PL 7,259 = 3,237
12
527
Fissato sul disegno il punto mediano del segmento coincidente col fronte della torre nord sotto le lesene angolari, si nota che le distanze che lo separano dal punto 101, spigolo del protiro, e dal centro X" misurano entrambe circa m 3,53.
In modo affine, ma non identico, nella torre sud se si porta dal vicino spigolo del protiro una distanza di m 3,53 sul filo dello specchio tra le lesene angolari, arretrato rispetto al fronte sottostante di circa m 0,08 (misura confrontabile con c = b —a = m 0,079), si individua un punto distante circa m 3,12 dal centro vd Recuperando da tutto questo un probabile sistema di tracciamento, appare possibile collocare con facilità i centri di entrambe le torri disponendo del protiro e dei fronti già edificati e lavorando con archi di circonferenza tracciabili semplicemente con tre funicelle lunghe quanto il raggio voluto per la torre sud, la misura a = 7 PL e la misura b =
LL 2
Dallo spigolo nord del protiro con la prima funicella si può fissare un punto sul fronte della vicina torre; da questo, con la stessa lenza, si può tracciare un arco di circonferenza; un altro, servendosi della
terza funicella, lo si può descrivere dal punto U”, posi-
Riprendendo la ricerca interrotta per la ridefinizione planimetrica al piano del camminamento di ronda, si nota che le varie quote riconoscibili al di sopra di quel livello sono anch'esse riconducibili al medesimo riferimento altimetrico adottato finora, alla base delle colonnine ottagonali nella facciata esterna alla città (tavv. III e IV). Quota 18: base della cornice torica tra i due finestroni della torre nord, appoggio del ponte ligneo che doveva collegare le due torri. L'altezza da Q.B. misura circa m 19,60. Lo sviluppo di una circonferenza con raggio pari ada=7PL: 22
—2a=
44 7 PL = PL 44 = m 19,623
7
Quota 19: basi delle cornici toriche tra i fregi terminali ed i coronamenti merlati, in entrambe le torri. Laltezza da Q.B. misura circa m 29,55. 1I valore precedente riportato dalla quotä di imposta dell'arco del protiro (quota 12):
1 2 zionato con la costruzione del quadrato Z”; il punto b + Lz + a + — 2a = PL66,342 = m 29,586 di incontro dei due archi fissa il centro X”. Dalla parte opposta, dallo spigolo sud del protiro 2 7 si può individuare, sempre con la prima funicella, un punto sul tracciato dello specchio tra le lesene della torre; se si descrive da questo punto un arco di circonQuota 20: altezza totale dell'edificio, alla sommiferenza con la seconda ed un altro con la terza dal tà dei coronamenti merlati. Questi elementi, non più punto V', nel loro incontro si può individuare il cen- esistenti all'epoca del restauro, sono stati del tutto ritro Y". Fissando qui un'estremità della prima cordi- costruiti senza alcuna oggettiva giustificazione della cella, con l'altro capo è possibile guidare e controllare loro forma e dimensione. l'esattezza della posa in opera dei conci costituenti la La quota che essi attualmente raggiungono deve pertanto ritenersi una pura e semplice indicazione di nuova curva. massima della situazione originale. Laltezza da Q.B. misura circa m 31,40. 1.4. Prosecuzione dell'innalzamento e completamen10a = PL 70 = m 31218 to dell'opera
Anche analizzando la prosecuzione dell'innalzamento ci si soffermerà soltanto sull'individuazione di quegli elementi che paiono più significativi nell'ecoomia generale dell'insieme, tralasciando l'interprefazione dei vari particolari. 528
Finestroni
Sospendendo l'analisi più dettagliata dei vari particolari, preme sottolineare le diversità esistenti
tra i quattro finestroni archiacuti delle torri sovrapposti a due a due.
Le misure, non omogenee per la presenza di con-
vergenze tra gli stipiti, sono riferite alla situazione in facciata.
AI primo livello, nella torre nord si ha una luce di circa m 3,28; lo stipite nord misura in altezza circa m 2,39, quello sud circa m 2,32; il colmo dell'arcoè a circa m 4,60 dal pavimento. Nella torre sud, l'apertura corrispondente presenta una luce di circa m 3,555; entrambi gli stipiti un'altezza di circa m 2,40; il colmo dell'arco a circa m 4,925.
AI piano superiore, nella torre nord: luce circa m 3,30; altezza stipiti circa m 3,65; altezza totale circa
m 5,70. Nella torre sud: luce circa m 3,65; altezza stipiti circa m 3,35; altezza totale circa m 5,85. Tra i vari possibili rapporti rintracciabili all'interno di. queste dimensioni e tra esse e le restanti del
complesso, è subito evidente la quasi identità dei rettangoli definiti dalle aperture superiori, esclusi gli archi; essi sono però disposti in modi differenti: quello a nord in verticale, in orizzontale quello a sud. In entrambe le torri i vertici degli archi sovrap-
caso per caso le dimensioni più confacenti agli scopi prefissati.
A Porta Soprana la ripetuta, sorprendente concordanza — con margini di approssimazione piccolissimi, in genere non superiori a 2 0 3 cm in pianta — tra le dimensioni ricavabili con semplici costruzioni geometriche nell’ambito di uno dei suddetti sistemi e le misure fondamentali rintracciabili altrettanto sem-
plicemente nell'edificio (linea congiungente i punti di raccordo con le mura, raggi e circonferenze delle torri, interasse delle colonne, larghezze del protiro e del varco, altezze varie e via dicendo) induce a ritenere tale coincidenza tutt'altro che casuale: «si c'est le ha-
sard qui conduit à ces résultats, il faut reconnaitre que le hasard fait de singulières rencontres» (VIOLLET-LE-Duc, 1863: p. 406).
A questo punto non pare troppo azzardato rite-
nere che i sistemi e i processi individuati ed esposti
possano essere davvero quelli effettivamente seguiti dai costruttori per definire planivolumetricamente la forma dell'intero edificio.
Occorre peró chiarire subito che nori si intende
affatto, né sarebbe possibile, sostenere l'assoluta vali-
posti risultano cadere su verticali distinte.
dità di quanto proposto. Al contrario.
tazione grafica su un unico piano di un fronte architettonico articolato in realtà su tre piani distinti tra
porzionamento generale, con i suoi rapporti base
Pur con tutte le cautele imposte dalla rappresen-
loro angolati, non si può fare a meno di notare che ciascuna delle quattro verticali appare tangente ad
una delle altrettante semicirconferenze addossate ai lati verticali del quadrato con lato pari a Lz, nella figura sovrapposta al prospetto del protiro. In particolare, le tangenti alle semicirconferenze di raggio a in-
teressano a nord l'apertura superiore e a sud quella inferiore; conseguentemente, le tangenti alle semicirconferenze di raggio b interessano le aperture rima-
ste.
Bisogna distinguere infatti tra il sistema di pro-
chiaramente applicabili e riscontrabili nell'insieme, e
le diverse costruzioni possibili per individuarei singoli punti del complesso. Mentre per il primo, vista la qualità e la quantità
delle concordanze, sembra si possa ormai ritenere che con buona probabilità sia quello realmente usato, per le seconde la sicurezza è molto minore. All'interno di sistemi abbastanza articolati l'individuazione di un punto o di una distanza tra due elementi può essere a
volte conseguita mediante due o più procedimenti differenti. Quale tra i vari possibili fu l’adottato è oggi naturalmente impossibile stabilirlo.
Del resto non importa tanto ripercorrere passo a
2. CONSIDERAZIONI SULLE RISULTANZE 2.1. Giustificazione ed inquadramento generali
I sistemi di proporzionamento e tracciamento notoriamente a disposizione dei costruttori medievali fornivano una gamma di possibilità di scelta abbastanza ampia, ma non certo illimitata, da cui estrarre
passo tutte le operazioni effettivamente condotte, quanto piuttosto verificare per le varie parti del com-
plesso l'esistenza di almeno una giustificazione compositiva riconducibile a costruzioni geometriche elementari nel quadro di un'impostazione d’insieme uni-
taria.
Oltre al conseguimento di questo risultato, dall'analisi dell'impianto di Porta Soprana è stato possibile ricavare una serie di informazioni e dati che ‘vengono ad aggiungersi al panorama delle conoscen529
Ze sui modi costruttivi medievali, sia soprattutto come ulteriori conferme a quanto già scritto autorevolmente da piü parti sul problema, sia come nuovi ele-
menti che possono riuscire di integrazione e precisa-
zione a quanto già noto: dall'uso delle specifiche unità di misura alle nozioni di geometria pratica in pos-
sesso dei costruttori, dai sistemi di proporzionamento
e relativo impiego alle condizioni materiali della rea-
lizzazione. Il tutto collocato storicamente nella seconda metà del XII secolo a Genova. Nelle pagine che seguono si tratteranno quegli
aspetti che paiono più significativi e interessanti tanto per il caso specifico di Porta Soprana quanto per i richiami alle problematiche più generali.
cedenti impianti o costruzioni ex novo, ma pur sempre fortemente limitate e condizionate da preesistenze di strutture o comunque da delimitazioni di proprietà pubbliche e private. Ció non significa che anche in questi casi non si possa tentare un recupero dei procedimenti concettuali e pratici alla base delle definizioni planivolumetriche. Come imprescindibile preliminare occorrerà tuttavia prendere in considerazione in primo luogo tutti quei fattori estranei e già esi-
stenti che possono aver vincolato in qualche modo lo sviluppo del progetto, necessariamente e principalmente teso quindi all'articolazione ed allo sfruttamento degli spazi strettamente disponibili. Non per
questo peró meno degno di interesse e considerazione
dei rari casi in cui per l'eccezionalità della fabbrica o per altri motivi tali rigide limitazioni non sussisteva2.2. Situazione di partenza.
di misura, grande unità
Allineamento base, unità
Coloro che hanno innalzato la Porta si sono tro. vati ad operare in una situazione estremamente favorevole per la messa a punto e la crescita di un progetto autonomo e libero da condizionamenti esterni. A quanto risulta dall'esame diretto del manufatto e dal le considerazioni sull'impianto, anche se vi fosse stata una struttura di qualsiasi tipo anteriore all'attuale non pare proprio che quest'ultima ne abbia in qualche modo risentito. In ogni caso poi lo sviluppo planimetrico relativamente limitato — una larghezza massima inferiore a 22 m ed una profondità di circa 8,5 m — e lo stesso carattere di eccezionalità dell'edificio suggeriscono indubbiamente la possibilità di una libertà compositiva altrove più difficilmente conseguibile. Gli unici fattori realmente condizionanti si possono riconoscere nelle mura, provenienti da direzioni diverse, e nel percorso stradale che le attraversa ed a cavallo del quale è stata eretta la costruzione, che d'altra parte proprio nel rapporto con questi elementi trovava la sua funzione e ragione di essere. Nessun vincolo parrebbe invece determinato dal preesistente varco della cinta altomedievale, di cui si ha sicura notizia.
Questa libertà è abbastanza inconsueta in una città antica, ed in particolare a Genova, in cui la continua crescita della città all'interno di se stessa porta generalmente i nuovi edifici — qualunque destinazione essi abbiano — ad essere o ristrutturazioni di pre530
no.
A Porta Soprana il problema di partenza, come si è accennato, doveva essere quello di unire mediante la porta i due tratti di mura provenienti da direzio-
ni opposte e con orientamenti differenti, dovuti al naturale sviluppo delle alture sui cui crinali esse si svolgevano e in parte si svolgono tuttora: il Colle ed il colle di Sant'Andrea. Con questa premessa e valutati i dati raccolti, si
può supporre che la prima operazione effettuata nel cantiere sia stata proprio l'unione delle due cortine — o dei loro previsti tracciati, nel caso non fossero state
ancora materialmente innalzate — dalla parte interna alla città, tramite il segmento AB. Operazione ot-
tenibile in pratica tendendo semplicemente una corda dall'uno all’altro muro. La sua lunghezza è tutt’altro che casuale: essa
corrisponde ad una misura calcolata in modo preciso alla quale si possono agevolmente rapportare tutte le altre dimensioni del complesso ricavabili da essa. Ne ‘consegue che i due punti A e B di raccordo con le mu-
ra non sono scelti a caso, ma che uno è in funzione dell'altro. Stabilire con sicurezza da quale dei
punti si sia tesa la corda verso il muro opposto è impossibile. Considerando l'economia dell'insieme risul-
ta però più probabile come ideale punto base il punto A: la larghezza totale tra le estremità esterne delle torri è inferiore ad AB ed il tutto è spostato verso settentrione, dalla parte del punto A, con lo spigolo della torre nord che si sviluppa praticamente a piombo su di esso, mentre l'opposto spigolo della torre sud cade
verso l'interno della linea base.
La lunghezza totale del segmento AB misura circa 21,85 m. A Genova, per il periodo anteriore all'introdu-
zione del sistema metrico decimale, è documentato T'uso di tre diverse unità di misura locale, con relativi multipli e sottomultipli; la cui differenziazione cronologica e per ambiti di impiego non è ancora del tutto chiarita: il piede genovese, pari a m 0,297312; il palmo genovese, pari a m 0,24776; il piede liprando, pari a m 0,445968 (Rocca, 1871) 11. Dividendo i 21,85 m della distanza tra A e B per i valori delle tre unità di misura si ottengono rispettivamente 73,4918 piedi genovesi, 88,1902 palmi genovesi e 48,9945 piedi liprandi. Tutti i tre risultati potrebbero a questo punto trovare una ragione d'essere. Solo con l'individuazi ne di ulteriori elementi e rapporti tra le parti è possibi le scegliere motivatamente quale dei tre debba considerarsi l'effettivamente usato. Infatti la misura in piedi genovesi può ricondursi a 73,5 01,8524 m), metà di 147, il triplo di 49 che a sua volta é quadrato di 7. Sebbene alquanto macchi-
noso, non si puó escludere a priori la possibilità di un sistema che utilizzi questi numeri e questi rapporti. Un'altra possibilità, sempre nell’ambito della stessa unità di misura, è che ci si possa trovare di fronte al lato di un quadrato ottenuto duplicando cinque volte col noto sistema l'area di un quadrato con lato di 13 piedi genovesi. Tale lato misurerebbe infatti 73,5391 piedi genovesi, pari a m 21,8640.
Arrotondando invece a 88 la misura in palmi ge-
novesi, sia pure con una tolleranza ai limiti dell’accettabilità, si ottengono 21,8029 m. Questo caso potreb-
be suggerire l’uso di una misura base di 11 palmi ripetuta otto volte. Infine ci si può ricondurre a 49 piedi liprandi,
corrispondenti a m 21,8524. Combinando una sull'edificio con quanto sura impiegate nel XII specifico delledilizia, si
serie di osservazioni svolte si sa intorno alle unità di misecolo a Genova nel campo giunge alla conclusione che
proprio quest'ultima debba ritenersi l'interpretazione più affidabile.
Da un lato infatti si è provato a convertire nelle tre unità di misura diverse altre dimensioni fondamentali presenti nella Porta, come ad esempioi raggi
delle torri, luci di aperture, distanze tra paraste, altezze varie e così via.
I risultati immediati di questa operazione non sono affatto risolutivi, in quanto in alcune di queste misure si possono intravedere con sufficiente approssimazione valori interi di piedi genovesi, in altre di palmi genovesi, in altre ancora di piedi liprandi. È però possibile orientarsi nettamente a favore di queste ultime corrispondenze poiché soltanto esse sono legate da una immediata e semplice concatenazione di rapporti, mentre la ricerca di relazioni all’interno degli altri due gruppi comporterebbe una serie di manovre relativamente più complesse e comunque del tutto arbitrarie. In sintesi, la misura del raggio alla base della 1
torre nord, che é esattamente 7 della lunghezza
AB, corrisponde assai bene a 7 piedi liprandi; 14 sono compresi nella distanza tra le due paraste alle estremità dell'interturrio; 28 risultano nell'altezza dei modiglioni della prima fila di archetti pensili dal livello della base delle colonnine ottagonali e via dicendo. Sull'altro versante, l'adozione del piede liprando è suffragata dalle fonti documentarie. Dalla loro interpretazione è evidente come tale misura di origine altomedievale, insieme ai suoi multipli e sottomultipli, fosse d'uso corrente nell'edilizia e nella pianificazione urbanistica genovesi durante il secolo in cui fu realizzato il sistema difensivo di cui Porta Soprana è parte integrante. Particolarmente significativi a questo proposito sono la normativa pianificatoria per vie e porticati contenuta nei lodi consolari del 1133, 1133/34 e 1180, edi rilievi di alcuni mercati cittadini ordinati dai consoli nel 1186. Confrontando il loro dettato con il dimensionamento delle strutture superstiti o comunque sicuramente documentate planimetricamente, è stato possibile risalire al piede liprando itä adottata !2. Perfino la lunghezza totale della cinta muraria, riferita dal Caffaro in 5520 piedi senza ulteriori specificazioni, assegnando a tali piedi il valore del liprando e non quello del genovese viene grosso modo ad avvicinarsi a quello che doveva essere il suo reale sviluppo !.
Porta Soprana nella sua misurazione non si scosterebbe dunque dal resto della produzione edilizia genovese coeva, ma si porrebbe anzi come un'ulteriore indicazione e conferma dell'impiego prevalente, se non assoluto, del piede liprando in quel periodo e per quello specifico campo di attività. 531
Questo fatto, insieme agli esiti negativi del tentativo di sperimentare anche altre unità di misura non genovesi !#, non è necessariamente indicativo, come potrebbe sembrare a prima vista, di un’origine locale dei costruttori. Al contrario esso avvalora semplicemente la tesi che in un'epoca in cui ogni località di-
sponeva di sue proprie unità di misura caratteristiche,
le maestranze — qualunque provenienza avessero — adottavano di preferenza quella in uso nel luogo della costruzione (FRANKL, 1945: p. 49).
Ciò può spiegarsi sia con l'esigenza di disporre di
‘uno strumento comune, e sempre raffrontabile con i campioni pubblici, in cantieri in cui potevano essere impiegate maestranze di provenienza eterogenea, sia
soprattutto con la necessità per committenza e autorità pubblica di poter esercitare con i riferimenti normalmente disponibili ed impiegati un facile controllo sui lavori, tanto nella fase iniziale per concordare forma e dimensioni, quanto nel corso dell’opera per verificare l'effettiva realizzazione di quanto pattuito. La presenza a Porta Soprana di un allineamento fondamentale lungo 49 piedi liprandi (d'ora in poi abbreviati PL), integrata con altre osservazioni, rivela
piedi usati convenzionalmente nelle regioni in cui furono realizzate le opere 15.
Altrove grandi unità sono state riconosciute ad
esempio in Santa Cunegonda a Rochlitz, Sassonia, e nella chiesa dei Domenicani a Ratisbona 16.
La pianta del Duomo di Milano rivela nella fase
iniziale della costruzione l'uso di una grande unità sti-
mabile o in 8 o in 4 braccia, pari rispettivamente a 4,76 me a 2,38 m.
Nel piano grafico del complesso monastico di
San Gallo sono stati individuati più moduli di diversa ‘ampiezza, tutti in rapporto tra loro, usati per il dimensionamento ed il posizionamento delle varie zone del complesso, dall'impostazione generale alla defini-
zione dei particolari via via più piccoli !8. Questi sono alcuni casi, distribuiti in un ampio arco cronologico, in cui l'impiego di ben definite e stimabili grandi unità è stato riconosciuto esplicitamente. Resta aperta la possibilità di individuare la loro presenza anche in molti altri contesti, specie in quelli per i quali è evidente un'organizzazione spaziale condotta ad quadratum a rete di maglie ortogonali.
inequivocabilmente una misura di 7 PL alla base dell'articolazione di tutto l'insieme. Essa infatti com-
pare continuamente sia attraverso un impiego diretto della stessa o di suoi multipli, sia con dimensioni e posizionamenti di punti da essa ricavabili con elementa-
ri costruzioni geometriche. Rimandando al successivo paragrafo un esame
piü dettagliato di quanto é emerso, basti fissare qui come esempio la stretta relazione che lega tra loro in pianta le due torri, diseguali, e la distanza tra i punti di attacco dell’edificio con le mura, sorprendente nella sua semplicità: il raggio alla base della torre nord misura 7 PL; le misure, identiche tra loro, della di-
stanza tra i due punti A e B e dello sviluppo della circonferenza ideale alla base della torre sud corrispondono a 49 PL, sette volte 7 PL. Il tutto con una ap-
prossimazione massima nell'oggetto reale di non più di 2 cm. Nella costruzione della Porta appare dunque
adottata una prassi di fondo individuata già in altri
edifici medievali.
L'uso di una misura base di questo tipo nell'ar-
chitetturaè stato mostratoda Kossmann, che la chia‘mò «grosse Einheit», grande unità. In molti edifici essa è lunga 7 piedi, in altri soltanto 5. La sua lunghez-
za viene fatta dipendere dalle diverse lunghezze dei 532
3. CONCLUSIONE. IL PROPORZIONAMENTO ED IL POSIZIONAMENTO DELLE PARTI DI PORTA SOPRANA NEL QUADRO DELLA PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA MEDIEVALE
Nonostante la ricerca sia ancora suscettibile di completamenti e perfezionamenti, è comunque possibile effettuare un primo bilancio dei risultati, che si intravedono già con sufficiente chiarezza, tanto sul
piano
dei contenuti quanto su quello dei metodi. L'individuazione e l'applicazione all'sistente dello schema compositivo proposto, che, almeno nella parte generale, ha ottime probabilità di essere davvero quello impiegato, oltre a quanto già scritto sull'uso dell'unità di misura e della grande unità di sette piedi, consente una nutrita serie di considerazioni di cui qui si forniscono i punti essenziali, come traccia per un successivo sviluppo e approfondimento.
Innanzitutto, non dovrebbero sussistere dubbi sull'effettiva adozione del procedimento ad quadratum per organizzare e dimensionare tutto l'insieme.
In alcune zone è stata riconosciuta la possibilità
di un impiego anche dei triangoli egiziano e pitagorico (per il primo, nella pianta dell'interno della torre sud, al pianterreno, e nell'arco della porta tra interturrio e torre sud; per il secondo, nel finestrone inferiore della torre nord). Inoltre è evidente anche l’uso
di semplici rapporti numerici, attuati mediante riporti o suddivisioni di grandezze. In ogni caso, si tratta co-
‘munque di costruzioni accessorie che nulla tolgono al
ruolo preponderante del quadrato, nei modi individuati.
Di considerevole interesse è la riconducibilità di
buona parte del tracciato di Porta Soprana alla qua-
dratura a dimezzamento progressivo della superficie. Si ha così un'importante indicazione sul fatto che in-
torno alla metà del XII secolo, nel caso specifico a Genova, era praticato un sistema proporzionale di cui si ha notizia sicura soltanto un secolo dopo,
Porta Soprana può essere anzi un'ulteriore prova per
precisare meglio quale doveva essere, nei suoi aspetti pratici e di applicazione materiale all'oggetto, la prassi progettuale in quel periodo.
Uno dei problemi su cui si è maggiormente sof-
fermata l’attenzione degli storici è se esistesse una
preventiva progettazione in scala, da trasferire poi in dimensioni reali, oppure se definizione e tracciamento avvenissero direttamente sul terreno, già nella grandezza voluta. Il fatto che non ci fossero specifici strumenti di misurazione (FRANKL, 1945: pp. 49-51) e
che i pochi disegni conservati si riferiscano soprattut-
to ad alzati, per di piü quasi mai in scala esatta e quo-
tati (Du Coromsier, 1953: pp. 64-66), ha fatto ritenere che all'origine, per lo meno per le piante, si lavorasse direttamente sul suolo e che gli schizzi dovessero servire a fornire soltanto un'idea d'insieme, da 'regolarizzare’ e precisare nei particolari nel corso della co-
nell'Album di Villard de Honnecourt, ed una trattazione esauriente dopo oltre tre secoli, nei trattatelli
struzione. D'altro lato è stato però dimostrato in modo convincente che il piano grafico di San Gallo, al di
Da ciò è evidente la notevole estensione diacronica di un procedimento di fondo che nelle sue moda-
dal disegno e indicazioni scritte ad esse relative, è un vero e proprio progetto d'insieme in scala, sia pure
tedeschi (cfr. nota 1).
lità di applicazione pratica a Porta Soprana rivela, oltre ad inevitabili analogie, anche linee autonome ben distinte da quelle proposte da Roriczer e Schmuttermayer. Con un'analisi comparata degli impianti di al-
là delle spiegabili incoerenze tra dimensioni ricavabili
schematicoed essenziale (Horn & Born, 1966). Nella notevole complessità di riferimenti reciproci individuabili tra le varie parti di Porta Soprana,
pur nella sostanziale semplicità del sistema generale,
tre architetture medievali europee si potrà forse un giorno giungere a definire se, come è probabile, e in
è ora molto difficile accettare l'assenza di un preven-
‘che modo queste diversità sono indicative di differenziazioni cronologiche e di aree culturali.
proporzioni prima di procedere all'esecuzione. La mancanza, o comunque scarsità, di progetti
Un atteggiamento che invece pare accomunare
gli artefici di Porta Soprana ai due autori tedeschi è la sostanziale arbitrarietä delle scelte dimensionali effettuate all’interno del sistema, ben rilevata da SHELBY
(1977: pp. 66-67) per ciò che riguarda l'oggetto del suo studio. Infatti, se si esclude l’uso ripetuto di nu-
meri particolari su cui ci si soffermerà in seguito, le varie dimensioni tratte dalla quadratura appaiono
scelte non tanto seguendo una logica unitaria e organica a fondamento di tutta la composizione — come invece avviene in genere nell’architettura di matrice classica —, quanto per il probabile fatto che esse si
avvicinavano, regolarizzandole, alle singole grandezze ritenute approssimativamente appropriate per le diverse parti. Tale posizione sembra confermare il carattere essenzialmente pratico di questo come degli altri si-
stemi proporzionali in uso nel medioevo. Il caso di
tivo elaborato grafico per precisare e fissare forma e sicuramente esecutivi pervenutici non ha nessun valore probante ai fini di una loro esclusione dalla prassi dei cantieri medievali. Essi potevano essere tracciati
su tavolette riutilizzabili o su materiali facilmente deperibili; una volta esaurita la loro funzione, potevano
perdere interesse e non costituire più oggetto di conservazione. Il fatto poi che non esistessero gli attuali strumenti per trasferirli in dimensioni reali non prova affatto la loro mancanza, ma suggerisce semplicemente — c il caso di Porta Soprana, con tutte le parti
riconducibili a elementari costruzioni geometriche,
sembra sostenerlo — la differenza di fondo tra il pro-
cedimento medievale e quello attuale per giungere alla realizzazione di quanto progettato a tavolino. Tradurre schizzi quotati o progetti in scala mediante trasposizione diretta delle misure, come oggi avviene, non solo è impossibile, ma è addirittura inconcepibile in mancanza di una strumentazione ade533
guata: nondimeno si puó giungere allo stesso risultato riproducendo esattamente in dimensioni reali con cordicelle e picchetti le stesse costruzioni e gli stessi procedimenti compositivi elaborati prima in piccolo con riga e compasso. Ne consegue, e questo spiegherebbe la lamentata mancanza di disegni in scala esat-
ta, che operando non risulta essere le dimensioni del realizzare, quanto
in questo modo ciò che interessa tanto l'esatto rapporto di scala tra progetto e quelle del manufatto da il fatto che i rapporti proporzionali
tra le dimensioni delle varie parti dell'oggetto in co-
struzione siano esattamente coincidenti con quelli tra le dimensioni delle varie parti del progetto. I sistemi di proporzionamento su base geometrica noti per il medioevo soddisfano perfettamente tale esigenza, con l'ampia gamma di possibilità entro cui fissare inequivocabilmente le grandezze piü confacenti alle varie necessità, con procedura identica nei
due distinti e conseguenti momenti operativi.
Oltre alla quadratura a dimezzamento progressivo della superficie, un ruolo fondamentale a Porta
Soprana appare svolto dai quadrati con lato pari a un terzo della lunghezza dell’allineamento base. Non è invece certamente provabile l'effettiva esistenza delle figure polilobate impostate su di essi, anche se indub-
biamente aiutanoa visualizzare molti dei rapporti esistenti tra le parti. Un altro dato di rilevante interesse sulle cono-
scenze di geometria pratica applicate dai costruttori della Porta è fornito dal dimensionamento dei cilindri delle torri. Da varie grandezze si può infatti dedurre la capacità non solo di calcolare lo sviluppo di una circonferenza disponendo del raggio (cfr. $ 1.4: quote 18e
19), operazione effettuabile anche empiricamente, disponendo con cura una corda lungo una circonferenza tracciata con un raggio dato; ma anche di calcolare il raggio disponendo dello sviluppo della circonfe-
renza (cfr. $ 1.1: raggio alla base della torre sud), cosa invece praticamente impossibile a ricavarsi con esattezza senza precise, anche se elementari conoscenze
matematiche.
Escludendo naturalmente la nozione di x, è noto
2 l'uso sostitutivo in età medievale del rapporto +.
Nel XII secolo Gherardo da Cremona traduce da una versione araba il De mensura circuli di Archimede, il quale aveva affrontato il problema anche nell'Arena534
rio; Francone di Liegi, dal canto suo, in un trattatello databile tra 1036 e 1056, aveva proposto lo stesso
rapporto, del resto già comunemente praticato dai ro-
‘mani, come risulta dal De re rustica di Columella. In
seguito, la stessa costruzione appare tra l'altro ancora
nel XV secolo in Germania, nel Geometria deutsch di Roriczer e nell'anonimo De inquisicione capacita-
tis figurarum, che cita come specifico riferimento il
Liber Trium Fratrum, dei tre fratelli Muhammed, Ahmed e Al Hasan, vissuti nel IX secolo e figli di Muhammed Ibn Musa, che a sua volta aveva trattato
anch'egli la questione (Loria, 1929: pp. 102, 231, 251, 279, 338-340; SHELBY, 1977: pp. 64-65). Come si vede da questi brevi e incompleti accenni, sono quanto mai vari i canali attraverso cui nel medioevo poteva essere giunta nell'uso corrente la nozione del rapporto tra circonferenza e diametro; è impensabile tentare qui una qualsiasi ulteriore precisazione.
Quello che invece pare importante rilevare è che la lettura dell'impianto di Porta Soprana consente una verifica diretta e concreta dell'applicazione pratica di tale nozione all'architettura, poco dopo la metà del XII secolo. E significativo che il raggio alla base della torre nord corrisponda a sette piedi liprandi. La scelta di
questo numero o dei suoi multipli & infatti la piü comoda, dovendo calcolare lo sviluppo di una circonferenza come i 7 del diametro. Nel De inquisicione
la risoluzione del problema verrà esposta trattando proprio il caso specifico di un cerchio il cui diametro è 14 e la circonferenza, conseguentemente, 44, la stessa. misura che in Porta Soprana, tradotta in piedi liprandi, compare nelle altezze prima citate !9. AI di là di questa convenienza pratica è però assai piü probabile che i vari numeri che inequivocabilmente ricorrono non solo nel dimensionamento dell'edificio, ma anche nella quantità di alcuni suoi elementi e persino nella struttura formale delle lapidi, possano riflettere un significato simbolico, come del resto avviene in non poche manifestazioni della cultura medievale 20,
A questo punto il campo di indagine si sposta su un terreno totalmente diverso da quello percorso finora, da affrontare con altri mezzi e possibilità. Ci si potrà quindi limitare appena alla notazione e messa in risalto di quegli elementi che possono parere parti-
colarmente significativi per una lettura simbolica
dell’edificio, lasciando ad altri il compito di svilupparla.
Un altro aspetto che lascia intravvedere possibilità interpretative di eccezionale interesse è l’assoluta
mancanza di corrispondenza speculare tra le due me-
tà della costruzione, certamente non riconducibile a
motivazioni funzionali, né tantomeno pseudoscopi-
che, come può invece riconoscersi forse in altre architetture all'incirca coeve (cfr. MazzıLLı et al., 1980). È infatti evidente un’unitarietä di fondo dell'in
tera impostazione, con tutte le diversità riconducibili,
nella loro ostinata e voluta ricercatezza, a giustificazioni elementari nell’ambito di un unico sistema proporzionale, con continui rimandi e riferimenti reciproci dall'una all’altra zona dell’edificio; in un'orga-
nizzazione spaziale che, nella dinamicità della serrata
dialettica delle sue parti, sembra voler comunque rispecchiare, con la regolarissima irregolarità di tutto l'insieme, un'intenzione di profonda e totale simme-
tria, intesa naturalmente non nel significato corrente
del termine, ma in quello piü generale di «sorta di ‘concordanza, di accordo tra le parti che ne consente l'integrazione in un tutto» (Roger Caillois, in AGAZ-
z1, 1973; p. 337).
Ne risulta una dimensione del problema affrontabile soltanto con gli strumenti della storia dell'estetica e della critica d'arte medievali, qui appena accennabili (ad esempio cfr. Assunto, 1961; inoltre, per la
simmetria, WEYL, 1962; Acazzı, 1973).
Tornando allo studio diretto del manufatto, un risultato piuttosto sorprendente è il piccolissimo margine di approssimazione, in genere al disotto di due centimetri, riscontrato tra le misure dell’edificio e
quelle ricavate dal sistema proporzionale sperimenta-
to. Questi scarti, inferiori ad ogni ragionevole aspettativa in un'opera d'edilizia, possono essere ben inter-
pretati come un indice dell'alto grado di capacità tec-
nica delle maestranze e dell’accuratezza con cui hanno realizzato la loro opera. E naturalmente, occorre dirlo, anche dal rigore filologico di chi ha condotto il restauro su resti spesso appena percettibil. Allargando il discorso al di fuori dell'oggetto esaminato, uno dei risultati più significativi di questa ricerca sembra senz'altro quello della verifica concreta della possibilità di recuperare, almeno in parte e nelle linee essenziali, i procedimenti che furono alla base della definizione planivolumetrica di un edificio. Ciò ha presupposto una prassi particolare di indagine e alcuni strumenti specifici, primo fra tutti la disponibilità di un rilievo affidabile e in grande scala, senza i quali si sarebbero senza dubbio raggiunti esiti molto più aleatori e soggettivi. Porta Soprana, con il suo isolamento e la complessa articolazione del suo impianto autonomamente definito, ha consentito di avviare e sperimentare un tipo di ricerca che in altra occasione sarebbe stato assai più problematico, e forse meno fruttuoso, affrontare.
Ora è auspicabile una prosecuzione dell'indagine
su contesti diversi, per verificare altrove l'esistenza o meno degli stessi principi costruttivi, le loro differenziazioni, l'incidenza delle funzioni e delle destinazioni sulla qualità degli impianti, i condizionamenti delle preesistenze e così via.
Soprattutto, senza focalizzare l’attenzione sol-
tanto sugli esemplari più appariscenti, affrontando la città nel suo insieme, attraverso l'analisi degli elementi che la compongono e dei sistemi di interrelazioni che li legano: abitazioni, in tutti gli ambiti sociali, edifici pubblici, ambienti per la produzione e il commercio, edifici per il culto; nonché il tessuto connettivo degli spazi aperti, pubblici e privati: strade, piazze, portici, cortili. Genova, 1983
535
NOTE
1 11 problema dei metodi di propoczionamento e tracciamenLo alla base della progettazione medievale ha affascinato e impenato generazioni di storici e archeologi che hanno prodotto, a partire dalla metà del secolo scorso, una quantità assai rilevante di ricerche e speculazioni — di varia affidabilità e attendibilità storica —, giungendo a volte anche a conclusioni tra loro opposté e inconciliabili La bibliografia sull'argomento è vastissima e in continua evoluzione: ampie rassegne in proposito sono offerte da GRAF (1958), da BATTISTI et al. (1963: coll. 97-99) e da WITTKO"ER (1964: p . 154-157); dati più aggiornati sono emersi dal recente convegno di Parigi citato nel presente volume, passim, e dall
non si può certo escludere che, nell'ambito di particolari strutture organizzative delle maestranze e dei cantieri, la pratica del disegno architettonico, privo di esplicite indicazioni numeriche e strutturato su rapporti intellegibili solo attraverso le figure chiave, potesse creare o rafforzare abitudini e mentalità confinanti con l'esoterismo (cfr. DI MAIO COLDAGELLI, 1968: p. 536). Tanto più — e riguardo non solo ai costruttori, ma pure alla committenza — tenendo presente i complessi significati e valori simbolici che anche la cultura medievale assegnava a certi numeri e, conseguentemente, a certe figure geometriche (cfr. ad esempio TUR: cri, 1935; BELL, 1949). In questa sede ci si limiterà appena ad una semplice rase: panorama. messo a punto da NAREDI-RAINER (1982). La critica attuale — fondata sui lavori di DERIO (1894 e gna, per accenni, dei procedimenti che si ritengono effettivamen1901) e Von DRACH (1897) e sviluppatasi specialmente con le ri te praticati dai costruttori medievali, la sicurezza della cui appli cerche di WITZEL (1914), KosswANN (1925), DURACH (1929), cazione, sostenuta dalle poche esplicite fonti documentarie, è peÜBERWASSER (1935) e, in tempi più prossimi, FRANKL (1945 e 70 limitata principalmente ai secoli XIV e XV. Non vi sono co1960), ACKERMAN (1949), VELTE (1951) e SHELBY (1977) — ha munque prove per escluderne definizione e impiego anteriormensuperato l'astoricistica arbitrarietà di impostazioni tese da un lato te a tale periódo. Anzi, la loro individuazione da parte di diversi ad esaltare incondizionatamente il significato esoterico di certe autori nell'impianto di vari edifici più antichi sembrerebbe dimoformule geometriche e di certe figure chiave, dall'altro a interpre- strare il contrario. tare la composizione e il proporzionamento degli antichi edifici Dalla documentazione riguardante il dibattito per l'innalzaelaborando sempre nuove e diverse costruzioni geometriche: «nor mento del Duomo di Milano, a cavallo tra XIV e XV secolo, ri only those which were transmitted from the Middle Ages, but al sulta evidente l'esistenza di almeno due modi distinti per impostaso new ones derived from the old figures, inventedby marvelous. re i progetti, basati rispettivamente sul quadrato e sul triangolo assiduity and imagination. Some of these figures are so complica- usati come figure base da cui e con cui sviluppare la definizione ted and dense that by them one can prove nearly everything». dell'intero impianto: ad quadratum o ad triangulum (FRANKL, (FRANKL, 1945: pp. 47.48) 1945; ACKERMAN, 1949). Agli antichi sistemi proporzionali e di tracciamento storicaL'uso del quadrato come maglia di una rete modulare con mente accertati si attribuisce oggi soprattutto un valore pratico: cui dimensionare e posizionare nello spazio i vari elementi di un partendo da una determinata lunghezza base, mediante clemen- complesso, gi diffuso in età classica e ampiamente ripreso poi nel tari costruzioni geometriche e semplici riporti o divisioni di gran- rinascimento, oltre che nella pianta del Duomo di Milano trova dezze lineari era possibile ottenere le precise dimensioni da asse- molti altri esempi di applicazione durante tutto il medioevo eurognare alle varie parti della costruzione, non a caso, ma scelte tutte peo. nell'ambito di un dato sistema proporzionale (cfr. FRANKL, 1945: Un secondo sistema proporzionale, sempre ad quadratum, ma completamente diverso dal precedente per il modo di usare la pp. 49.51). Simili procedimenti potevano poi naturalmente riflettersi an- figura geometrica, è quello esposto nei trattatlli scritti da Mathes che sul piano estetico formale, dato che la proporzione produce Roriczer, architetto di Ratisbona, e da Hanns Schmuttermayer di pure precisi effetti di armonia e di ritmo, ponendosi alla base della Norimberga, probabilmente un orafo. Del primo sono il Büchlein simmetria intesa nel significato di «rapporto fra le diverse parti von der Fialen Gerechtigkeit, datato 1486 (SHELBY, 1977: pp. 81 per cui esse si integrano in un tutto» (WEYL, 1962: p. 9). Inoltre. 106) e il Wimpergbüchlein, collocabile tra 1486 e 1490 (SHELBY, 536
1977: pp. 107-111). Del secondo il Fialenbüchlein,databile intor no al 1488 (SHELBY, 1977: pp. 125-142). Nei tre libretti è spiegato con grande minuziosità lo stesso metodo per disegnare ‘correttamente’ alcuni particolari architet tonici traendone Talzato dalla pianta, sia pure con alcune varianti anche considerevoli nei dettagli applicativi che però non toccano affatto l'identicità delle impostazioni di fondo. In breve, si tratta della possibilità di ricavare da un unico quadrato base un gran numero di dimensioni tutte in relazione tra loro, tramite il progressivo dimezzamento dell'area del quadrato stesso. Praticamente l'operazione consiste nell'inscrivere. nel primo quadrato un secondo quadrato con i vertici nei punti mediani dei lati del primo e quindi nel ruotarlo di 45° per mantenere un orientamento unico, e via di seguito quante volte si vuoLe. E evidente che così l'area di ogni quadrato è la metà di quello in cui è inscritto. Inoltre e soprattutto, entrando in gioco la rela zione tra diagonale e lato del quadrato, i loro lati risultano tra lo-
a
b
c
]
a
e i
9
]
a
9
ih
c
b
a
m
c a
ù
5
b ENS m
4 et kino ON
d
LU
B
b
misa
Rl.
m
nl
e
|
b
d
: 2
h
oh e "RT
Ru
b
d
Y
c
a—
P 6
ja
L'uso del quadrato secondo Mathes Roriczer, Büchlein von der Fialen Gerechtigkeit, 1486 (SHELBY, 1977: pp. 84-87)
10 incommensurabil; legati da un rapporto che — oggi facilmente calcolabile mediante V 2 — con le conoscenze matematiche d'uso corrente in quel periodo non poteva essere stabilito altrimenti che con questa costruzione. Le indicazioni per trarre dimensioni utili ai fini pratici dalle grandezze in progessione geometrica così ottenibili sono quanto mai varie: direttamente dai lati dei diversi quadrati, oppure dalle distanze tra at, oppure dai lati degli ottagoni risultanti con le roazioni di 45°, oppure ancora con semplici costruzioni supple. mentari basate su vari punti del sistema stesso
La critica è concorde nel ritenere che i casi cos particolari i Justrati dai due autori non sono che unesemplificazione su pieco1a scala di un metodo di proporzionamento generale di ben più ampia diffusione e applicazione: una componente fondamentale di quel ‘segreto’ in altre occasioni tanto gelosamente custodito. Questa costruzione geometrica abbastanza elementare, nota al tempo di Platone (Menon, XIX) e trattata da Vitruvio perle sue specifiche applicazioni al campo dell'arcitettura (De Architectu7a, IX, PR, 4), nel medioevo era già comparsa, appena accenna: ta, verso il 1260 nelle aggiunte del Magister 2 all Album di Villard de Honnecourt, usata per determinare l'ampiezza del deambulatorio di un chiostro quadrato e per risolvere un problema di divisione di superfici (FRANKL, 1945: pp. 57-58). Quanto al metodo ad triangulum, anche tale definizione indica in realtà non uno, ma più sistemi; basati sull'impiego di diffe renti ben distinti tpi di triangolo: sicuramente — fonte d'nfor mazione è ancora il Duomo di Milano — triangoli equilateri e triangoli retangoli'itagoric con i lati proporzionali ai numeri 3,4 e 5 (ACKERMAN, 1949: p. 104). Un terzo tipo derivato dal pi tagorico è stato individuato ne triangolo isoscele cosiddetto cgi 8 zio, caratteristico per il rapporto di — esistente tra base € altezza (cfr. ad es. VIOLLETLE DUC, 1863: pp. 402-408; ARBORIO MELLA, 1885; AA.VV., Alfredo D'Andrade .. 1981: p. 140) 8 Occorre notare però che il rapporto di — può compari-
re anche nella quadratura di Roriczer e Schmuttermayer, tra il lato del quadrato base e la distanza che lo separa dal lato opposto. rispetto al centro del quadrato ottenibile dimezzando quattro vol te la superficie iniziale. L'uso di altre figure e sistemi più complessi di quelli citati sembra oggi poco credibile. Lo stesso Roriczer in un altro tratta tello, il Geometria deutsch (SHELBY, 1977: pp. 113-123), propone pentagoni, ettagoni e addirittura ottagoni ricavati in modo empi rico e approssimativo, difficilmente utilizzabili per impostarvi tracciati più complessi. 1I proporzionamento aureo nel medioevo, su cui molto si è scritto, appare poco probabile, richiedendo almeno la capacità di costruire correttamente il pentagono regolare (DU COLOMBIER, 1953: pp. 69-70; WITTKOWER, 1964: pp. 154-157) Nulla vieta invece la possiblità di impiego di figure ricavabili semplicemente da quelle note, come ottagoni e esagoni regolari 537
E
d
s
tà
# Y
M. E]
n
m
D
h
T
e
IN
S
rc
(A
Sg
f
4 L'uso del quadrato secondo Mathes Roriczer, Wimpergbüchlein, circa 1486-1490 (SHeLBY, 1977: pp. 108-111) 538
€ circonferenze inscrite e circoscritte, come pure elementari costruzioni accessorie realizzabili sula carta con riga e compasso e sul cantiere con aste, funi e picchetti. Accanto ai sistemi su base geometrica, in reciproca integrazione, si praticavano inoltre, sia pure in misura minore, propor. zionamenti basati su semplici rapporti numerici, come ancora ci mostra il Duomo di Milano (ACKERMAN, 1949: p. 106) In alcuni casi negli ambiti culturalmente più avanzati, pare infine si applicassero già nel XIII secolo quei rapporti proporzionali propri della musica che divennero poi una caratteristica di molta produzione rinascimentale (BATTISTI et al., 1963: col. 90; BARTOLI, 1971; BARTOLI, 1977). 2 Realizzati nel 1952, sono stati pubblicati, insieme alla rela tiva pianta del pianterreno, in CESCHI, 1954, pp. 22, 24, 26.
3 C. Alhard von Drach, Das Hüttengeheimnis vom gerechten Steinmetzengrund.., Marburg, 1897, citato anche in FRANKL, 1945, p. 48. 4 Nella loro veste attuale questi ultimi elementi appartengono totalmente al restauro, pur condotto sulle tracce superstiti. Nelle valutazioni ad essi relative occorre pertanto tener conto della loro inautenticitä. 5. Valgono le stesse considerazioni della nota precedente.
Con una minima differenza, irrilevante ai fini pratici, la distanza dalla retta à potrebbe anche essere fissata sul lato ovest del quadrato 5 invece che sulla retta e. Le due entità parallele distano infatti tra loro appena circa 14 cm. 7 Museo Civico di Torino, Fondo D'Andrade, n. 3066 LT. Allo stesso si riferiscono anche le quote 8, 9 e 10.
# Misura desunta dallo schizzo quotato dei capitel, di Alfredo D'Andrade: MuseoCivico di Torino, Fondo D’Andrade, n. 3063 LT (ctr. Durour Bozzo, 1979, p. 51 fig. 77) 9 In realtà per ciascuna delle torri analogamente al pianter reno della torre sud, le tre curve (esterna, interna sotto la scala, interna sopra la scala) portano all'individuazione di centri distinti separati da scarti minimi, attorno ai due-tre centimetri. Per ovvi motivi nell'analisi essi vengono considerati come un unico centro: 10 Se così fosse, mantenendo il raggio della torre nord di m 3,24, quello della sud dovrebbe misurare m 3,608; e viceversa, lasciando al raggio della torre sud gli effettivi m 3,53, quello della nord dovrebbe misurare m 3,170.
L'uso del quadrato secondo Hanns Schmuttermayer, Fialenbüchlein, circa 1488 (SHELBY, 1977: pp. 128-129) 539
1 Le tre unità di misura sono in rapporto tra loro: il piede genovese, grosso modo corrispondente al piede romano antico, è 615 di palmo genovese e 2/3 di piede iprando. Mentre la relazione tra i primi due è sicura ed il oro valore è ricavabile da campioni conservati, i terzo è supposto soltanto in via ipotetica come un. piede comune e mezzo. Tale misura, probabilmente un Pes Liut randi Regis,à spesso esplicitamente menzionata prima del 1116 € forse era già in uso dagli inizi del IX secolo (Rocca, 1871: p. 58). Suoi multipli e sottomultip sono ravvisabili nella cannella lneare, pari circa a m 4,50, e nel police, pari circa a m 0,03 (GROS. si BIANCHI& PoLEGGI, 1979: p. 324) Per ulteriori multipli cr. la nota 13. Esso compare anche in altri centr del Italia Settentrionale, pur con valori diversi. A Torino equivale a m 0,514403 (FERRARO, 1965: p. 248). 12 «In particolare dai lodi del 1133 ricaviamo gli estremi, la sezione e il tracciato di tre vie poste rispettivamente a S. Nazaro, a Castello e nella parte superiore di Piazzalunga; da quelli del 1133/34 le misure e i materiali del primo tracciato porticato della Ripa; dal lodo del 1180 gli estremi e il tracciato del mastro carrubio dalla porta di S. Fedea S. Giorgio e di tutto il tramato ortogonale posto fra la Ripa, S. Lorenzo e Piazzalunga» (GROSSI BIANCHI & PoLEGGI, 1979: p. 46; cfr. anche p. 57, fig. 29). I rilievo. del 1186 riguarda i mercati di Soziglia, di San Pietro e di San Giorgio. Per la restituzione topografica delle misurazioni, op. cit, pp. 9697, fige. 71-73.
13 «Poiché poi dalla lunghezza delle mura s'abbia a crescer negli anni la possa del lavoro dirò che esse misurano otto stadi e cinquecento venti piedi. E come lo stadio corrisponde a passi centoventicinque, e a piedi millecentoventicinque (ché il passo pur a cinque piedi equivale) così dunque tutto i lor circuito ascende a cinquemila cinquecento venti piedi» (ANNALI, 1923: p. 71, anno 1159). Francesco Podestà, assumendo come piede adoperato quello genovese, stabilisce ed accetta la lunghezza della cinta in 1614, 16 m (PODESTÀ, 1901: p. 193). In realtà questo valore non corrisponde «alla lunghezza effettivamente rilevabile oggi sulla ricostruzione archeologica del perimetro che risulta invece di m 2280 circa. Tale cifra si avvicina tuttavia ai dati del Caffaro se si attribuisce al piede la misura del ‘piede liprando' (m 0,4459 pari ad un totale di m 2461,743)». (Grossı BIANCHI & POLEGGI, 1979: p. 83). Dal Caffaro si ricava inoltre che il piede liprando, come il piede e il palmo genovesi, avrebbe avuto come multipli anche il passo (5 piedi, pari a m 2,22984) e lo stadio (125 passi, ovvero 625 piedi, pari a m 278,73). In questi rapporti di tradizione. romana la corrispondenza citata nel testo tra stadio e millecentoventieinque piedi, in luogo degli ffettivi seicentoventicinque, & difficilmente spiegabile se non con un errore: quasi certamente si tratta della svista di un copista o di chi ha trascritoil testo latino, con lo scambio della D per M nella grafia dei numeri 625 e 1125, espressi in cifre romane rispettivamente come DCXXV e MCXXV.
540
34 Nell'eventualità della presenza di maestranze straniere con loro particolari unità di misura si è provata l'applicazione, senza risultati apprezzabili, delle seguenti antiche unità di misura: braccio milanese (m 0,594936), piede francese (m 0,3248), piede del Reno (m 0,3139), piede spagnolo (m 0,2786) (FERRARO, 1965: pp. 158 e 180).
15 Kossmann, B., Einstens masséebende Gesetze bei der Grundrissgestaltung von Kirchengebäuden (Studien zur deutschen Kunstgeschichte, n. 231), Strasbourg, 1925, citato anche da FRANKL, 1945: pp. 48-49) 16 Jenner, Ferdinand, Die Bauhütten des Deutschen Mittelalters, Leipzig, 1876, pp. 235 e 237, citato anche da FRANKL, 1945: p. 49. 17 Nell'impianto planimetrico, impostato ad quadratum tra il 1386 e il 1390, pilastri presentano in senso longitudinale interassi di 16 braccia. In senso trasversale la stessa misura compare nell'ampiezza di ciascuna delle quattro navate laterali, mentre la navata mediana è di 32 braccia. La larghezza totale comprende pertanto 96 Braccia. Paul Frank! deduce da queste misure l'impiego di una grande unità di 8 braccia, pari a m 4,76 (FRANKL, 1945: p.51). 18 L'analisi della pianta, definita ad Acquisgrana tra l'816 e
1817, ha rivelato un tracciamento ad quadratum con maglie ortogonali in cui le varie parti del complesso sono organizzate con 'supermoduli di 160 piedi, moduli grand di 40 piedi, moduli standard' di 2 piedi e mezzo e 'submoduli di 1 piede e un quarto (Horn & BORN, 1966).
"9 Curtze, Maximilian, «De Inquisicione Capacitatis Figurarum». Anonyme Abhandlung aus dem fünfzehnten Jahrhundert, in «Abhandlungen zur Geschichte det Mathematik», 8 (1898), 29-68, p. 37: «Datae dyametri circumferenciam circuli invenire. Esto, ut sit circulus a b, et dyametrus eius data, verbi gra cia 14, sita b. Quam dyametrum tripla, et proveniunt 42. Producto si 1/7 dyametri praedictae, scilicet 2, aadideris, 44, quae sunt circuli circumferencia, producuntur. Patet per ?" geometriae. trium fratrum» (HELBY, 1977: p. 174) 20 Oltre al 7, numero alla base dell'intera organizzazione ‘spaziale dell'edificio, con i suoi multipli 14, 28, 49 (sette volte sette) e 70, ricorrono senz'altro più volte anche i numeri 2, 3, 4, 10, 13, 15. E chiaro che oggettivamente è impossibile riconoscere o
meno una presenza intenzionale dell'unità, essendo questa di per ‘sé presente in qualsiasi entità
(cfr. TURCHI, 1935; BELL, 1949).
21 Studi di storia urbanistica attenti ai problemi dellorganizzazione e del dimensionamento della forma urbana sono già stati avviati (cr. GUIDONI, 1970; GUIDONI, 1981); occorre ora giungere a confronti e.a nuove acquisizioni riferite ad altre e diverse realtà locali
Tav. 1 - Planimetria del pianterreno con possibile tracciato compositivo.
D
[j 1 2
3
4
36
TN
ita
Nu
z
5
5 7
10 ^
^
5 zs
2 EI
&
25 metri 49 piedi iprandi
Tav, IV/1 - Ipotetica definizione della pianta sul terreno: allineamento base e quadrati in progressione.
5 7
» D]
à
» [I
20 E]
*
25 m 49 piedi iprandi
Tav. 11/2 - Ipotetica definizione della pianta sul terreno: rette parallele allllineamento base.
m
[]
zT
o
à |
|
*T
Bp
5 7
so ET
E
» E]
20 EJ
DI
25 metri
49 piedi liprandi Tav. II/4 - Ipotetica definizione della pianta sul terreno: quadrato Z' c basi delle torri
Tav. TII - Prospetto del fronte esterno alla cinta con possibile schema compositivo.
I fronte interno alla cinta con possibile schema compositivo.
EEE
FERRER Tav. V - Planimetria a livello del camminamento di ronda, con possibile tracciato compositivo.
— I]
1
2
3
ped Iprandı
l'io ca md, to rl ba O
LIE) pum gi
esterno della porta tra terrazzo dell'interturrio e torre sud, con possibile schema compositivo. Tav. VI - Prospetto o individuato per l'intero edificio, a Ls — Le = PL 2,537 = m probabilmente in quanto nell'ambito del sistema di proporzionament e) di un triangolo isoscele ‘egizio’ (rapporto di 8/5 tra aritmeticament (calcolata l'altezza 0,70; m 1,131. La monta HC misura circa misurano circa m 0,80; la diabase è altezza, cír. nota 1) avente base di m 1.131 misura m 0,707. |raggi di curvatura dellintradosso dell'estradosso non siano né curve le come evidente È 0,800. m in calcola si AB luce della metà su costruito quadrato un i d a gonale concentriche a quelle dellintradosso, né impostate simmetricamente rispetto al centro H. La luce DE dell'stradosso misura circa m 1,64; si può ottenere una misura complessiva di m 1,648 e individuare rispettivamente i punti D ed E se dal centro H dellintradosso ai traccia a sinistra un segmento DH pari alla suddetta diagonalea (nonché raggio dell'intradosso, m 0,800) e a destra un segmento HE pari ai 6/8 della luce AB dellintradosso (m 0,848). La monta KP dell'estradosso misura circa m 1,05; dimensione riconducibile all'altezza di un triangolo ‘egizio’ di base DE (m 1,03) oppure, con assai maggiore approssimazione, all'altezza À di un triangolo isoscele dalla stessa base, ma con lati pari alla diagonale b di un rettangolo avente base e altezza eguali a quelle del triangolo ‘egizio’ generatore dell'intradosso (m 1,049). Anche i raggi di curvatura dell'estradosso misurano circa m 1,05 e possono pertanto collegarsi alla stessa costruzione, È arduo stabilire se le non perfette orizzontalità della inea d'imposta dell'arco (inclinata verso destra di circa 3 cm) e verticali dello stipite destro (fuori piombo di circa 3,5 cm) siano intenzionali o non siano più semplicemente dovute a dissesti statici. L'altezza dello stipite destro misura circa m 2,55; i 18/8 (ovvero 9/4) della luce AB (m 1,131) misurano m 2,545. Dal disegno appare chiaro come la stessa griglia proporzionale possa giustificare il posizionamento e il dimensionamento di altri elementi, come ad scempio, sulla sinistra, la superstite mensola d'appoggio di una venir, il parapetto melato e orinch la stessa cornice toica all'esterno.
Tex I Papero cen dla pa ee eret
La quantità di documenti relativi più o meno di-
rettamente a Porta Soprana è tale che si può delineare la storia, quasi la cronaca annuale della vita del monumento romanico, dai suoi precedenti anteriori al Mille, alla sua valenza come simbolo della città co-
munale, al suo decadere, al suo recupero architettoni-
co e filologico. Questa vicenda ormai millenaria è chiaramente leggibile anche al momento attuale, cioè ‘mediante una conoscenza purtroppo del tutto parzia-
le delle fonti archivistiche che riguardano la Porta
Infatti la rassegna di documenti che qui si pre-
senta a supporto ed integrazione dello studio della prof. C. Dufour Bozzo non ha assolutamente la pretesa della completezza. Per giungere a tale meta sarebbe stato necessario uno spoglio sistematico delle carte
conservate nei diversi archivi e biblioteche genovesi
(Archivio di Stato, Archivio Storico del Comune, Biblioteca Universitaria, Biblioteca Berio, ecc.), essendo le notizie utili contenute nei documenti più disparati (atti notarili, decreti del Comune, contratti, cronache
edite o inedite, ecc.) e riguardanti i soggetti più diversi (privati cittadini, monasteri, il Comune stesso, ecc.).
Lavoro immane, che però fu iniziato da Andrea Podestà con il riordino del materiale dell'Archivio Storico del Comune e la pubblicazione — proprio sulla ba-
se delle notizie raccolte durante questa sistemazione
— del volume II colle di Sant'Andrea a Genova e le
regioni circostanti. Questo studio, inserito nella serie degli Atti della
Società Ligure di Storia Patria, comprende infatti un capitolo dedicato espressamente a Porta Soprana e ai suoi immediati dintorni, e grazie al rimando a precisi documenti è stato il punto di partenza della presente ricognizione poiché mia prima cura è stato il controllo di tali fonti ed in particolare dei passi riferiti alla Porta, alle torri e ai tratti di mura a ridosso di esse;
purtroppo non tutti i documenti citati sono stati repe-
riti e pertanto le notizie fornite vanno accolte soltanto prestando fede al Podestà; d'altra parte ulteriori atti sono stati da me recuperati grazie alle schede e agli appunti dello stesso Podestà, non confluiti nella pubblicazione ed ora in parte conservati nel medesimo Archivio Storico del Comune. Alcune carte non menzionate nel volume sul colle di Sant'Andrea sono invece citate dal Belgrano nella prima parte dello studio monografico condotto assieme al D’Andrade e al Parodi come preparazione all'intervento di restauro diretto dallo stesso D'Andrade; altre sono state reperite nei cartari del monastero di Sant'Andrea della Porta dalla dott. A. Dagnino, che ha studiato la fondazione religiosa sorta accanto alle mura urbiche nel corso della sua tesi di laurea: è stata sua cura e sollecitudine segnalarmeli e a lei va il mio sentito ringraziamento. Il reperimento del tutto casuale di ulteriori documenti mai citati dai precedenti studiosi mi ha confermato nell'ipotesi della probabile esistenza nelle raccolte d'archivio di altre notizie concernenti Porta Soprana: è impossibile dire quale importanza potrebbero avere ai fini di questo studio, tuttavia resta viva l'impressione che i dati salienti della vicenda storica del monumento siano già stati forniti dal Podestà e che il materiale lasciato da lui inedito non possa costituire altro che un arricchimento delle nostre conoscenze. Atti, contratti, decreti, deliberazioni, sono in genere di epoca piuttosto avanzata e nel loro complesso testimoniano il degrado dell’edificio una volta cessata la sua importanza funzionale e scomparso il valore simbolico che alla Porta e alle mura veniva un tempo attribuito. Solo i più antichi, ed in primo luogo quelli relativi alla porta altomedievale, citano il monumento come indicazione topografica, per situare nello spazio il soggetto o l'oggetto dell'atto che si stipula: ad es. fra il 969 ed il 1103 il monastero di S. Stefano è 543
ricordato come posto fuori le mura lungo la strada uscente da Porta Soprana in diverse pergamene piü
volte citate dagli storici genovesi ed attentamente studiate da don A. Boldorini, anch'egli in occasione della tesi di laurea. La parte avuta dalla Porta nelle vicen-
de storiche cittadine, come protagonista o come tea-
tro di importanti avvenimenti, ci è nota invece tramite gli analisti, in primo luogo il Caffaro, testimone e narratore della nascita delle mura comunali e dei suoi archi sotto l’impellente minaccia del Barbarossa.
I documenti, quasi tutti cartacei e in cattivo sta-
to di conservazione, sono per la maggior parte custo-
diti nell'Archivio Storico del Comune di Genova. Si tratta innanzi tutto di fogli doppi o semplici inseriti nelle filze degli Atti dei Padri del Comune, delle Pratiche Pubbliche, dei Sindaci, dei Contratti (da notare
la non rara presenza di disegni che indicano lo stato di fatto o progetti di nuove costruzioni 0 nuovi interventi); sono invece contenuti in registri rilegati, dalle pagine talvolta non numerate, diversi Cartulari, i Decreti dei Padri del Comune, le Deliberazioni, le Pandette Terratico e quelle Conduttori Stabili. All’Archivio di Stato di Genova si trovano, oltre al già citato cartario di S. Stefano, il notulario di Giovanni Scriba (codice da cui sono tratti i documenti n. 13-18 della presente raccolta); il codice D del Liber
Jurium reipublicae genuensis (n. 23); gli atti notarili; i codici Diversorum Negotiorum; le filze dei Politicorum; la cronaca inedita relativa al 1506, quelle del Cybo Recco e del Federici. Nel Fondo Antico della Civica Biblioteca Berio abbiamo invece la cronaca del Ganducio e l'importante miscellanea di documenti raccolta dal Poch (per alcuni documenti unica fonte rimasta); mentre la Biblioteca Universitaria di Genova conserva il cartario di Sant'Andrea, anch'esso già menzionato, e il codice
A del Liber Jurium (n. 22). Un gruppo particolare è costituito dalle lapidi in diversi tempi apposte sulla Porta e sulle mura. L'arco di tempo interessato va dal 969, più antica citazione del monastero di S. Stefano in relazione con la cinta muraria cosiddetta carolingia, al XVIII
secolo, epoca dei primi sostanziali interventi di consolidamento del monumento, indebolito da secolari sfondamenti, sovrastrutture e solo sommarie manutenzioni. Momenti capitali di questo iter sono: la prima citazione della porta altomedievale che sorgeva sul luogo poi occupato da quella romanica (n. 2); la costruzione delle nuove mura, nascita della Porta a 544
noi pervenuta (1155-1159, n. 10-12, 19); l'edificazio-
ne di una più ampia cinta nel 1320-1327 (n. 28), che sancisce la fine della funzione difensiva del monumento, del resto già superato da tempo col sorgere di borghi abitati fuori dalla cerchia del XII sec.; il rescritto dei Padri del Comune del 1498 (n. 68) che ribadisce il concetto di prestigio e di simbolo della città conferiti alla Porta decretandone la salvaguardia da eccessive superfetazioni; il successivo decreto di Rodolfo di Lannoy ugualmente inteso a proteggere il monumento e le sue iscrizioni celebrative (1508, 29 dicembre, n. 71); la smentita di tali sentenze (1576, 27 aprile, n. 94) nella concessione da parte del Comune del permesso di scavare nel corpo di una delle torri una bottega, inizio di un lento e inesorabile degrado, continuato — come detto — fino ai diversi interventi
del 1700 (n. 374-383, 406-418), mentre altre botteghe e casupole da tempo erano state edificate immediatamente a ridosso della Porta e della cortina muraria. Il sec. XIX è già età di restauri, oggetto quindi di una sezione particolare di questo volume. ACG: ASG: BUG: CBB,
Archivio storico del Comune di Genova. Archivio di Stato di Genova. Biblioteca Universitaria di Genova. F. Ant: Civica Biblioteca Berio, Fondo Antico.
NI 969, giugno, Serra badessa di Santo Stefano dona beni a questo monastero. «. . Basilica Sancti Stefani proto Christi martiris sita non longe a muro ciuitatis Janua...» POCH, IL. 13r. ANSALDO - DESIMONI, n. 13. BELGRANO, 1870, p. 15, doc. VII BOLDORINI, 1960/61, doc. 2. N.2.
999, 3 settembre. Corrado o Alberico di Adalfredo dona una vigna al monastero di S. Stefano, posto poco lontano da Genova, lungo la via uscente da Porta Soprana. ASG, Archivio Segreto, 1508. «.. sito loco num multum longe Ciuitate Janua prope uia publica que pergit a Porte Superana ipsius Ciuitatis. ». POCH, f 2ir. ANSALDO - DESIMONI n. 52. BELGRANO, 1870, pp. 50-51, doc. XXX. BELGRANO - D'ANDRADE - PARODI, 1882, p. 16. BOLDORINI, 1960/61, doc. 12. ODICINI, 1974, pp. 61-62, n. 7. GROSSI BIANCHI - POLEGGI, 1980, p. 48, nota 12.
N.3 1000, maggio. Azone, abate di S. Stefano, permuta alcuni terreni in Carignano. ASG, Archivio Segreto, 1508. II monastero è così definito: «... quod est constructo furis hanc urbem Janua iusta uia que pergita porta superanna», Foglio di pergamena (dim. cm 50,3 x 21,7) piegato in due, comprendente 76 righe fra intestazione, testo e firme. Grande lacuna circolare (ca 6 cm di diametro) nell'angolo in basso a sinistra e altre piccole lacune alla metà circa del margine sinistro. POCH, f. 104r. ANSALDO - DESIMONI, n. 59. BELGRANO, 1870, pp. 56-59, doc. XXXIV. BELGRANO - D'ANDRADE - PARODI, 1882, p. 16. BOLDORINI, 1960/61, doc. 15 («qui eset... anc»). N.4.
1006, novembre. Eriberto abate di S. Stefano affitta a due coppie di fratelli due pezze di terra appartenenti al monastero e poste in Val Polcevera. ASG, Archivio Segreto, 1508, doc. 6. 11 monastero di Santo Stefano è «sito proprie ciuitatis ia mua iusta uia publica q(ue) plengit at porta superiana». Foglio di pergamena (cm 37 x 15 ca) gravemente lacunoso e annerito nella parte inferiore e con altre lacune nella prima metà e a metà del testo; visibili 50 righe di scrittura. ANSALDO - DESIMONI, n. 69. BELGRANO, 1870, pp. 71-72, doc. XLVI. BOLDORINI,
1960/61, doc.
20.
NS 1016, agosto. Offiza del q. Aggine dona al monastero di S. Stefano un pastivo sito a Rivarolo di Polcevera. Monastero «que esse constructa non multum longie ac ciuitate Janua set prope iusta uia publica». POCH, f. 140r. ANSALDO - DESIMONI, n. 98. BELGRANO, 1870, pp. 97-98, doc. LXVII. BOLDORINI,
1960/61, doc. 32.
N.6. 1018, luglio. Eriberto dona al monastero di S. Stefano 34 pertiche di vigna presso Porta Soprana, contigue alle mura. «... Ego Eribertus subdiaconus... dono et ofero in eodem monesterio... oc est pecia una de uites iuris mel cum area ubi estat quam abere uiso sum iusta muro ciuitate Janua. prope Porta Superana». POCH, f. 1827. ANSALDO - DESIMONI, n. 107. BELGRANO, 1870, pp. 106-107, doc. LXXIV. BOLDORINI, 1960/61, doc. 36. ODICINI, 1974, p. 63, n. 23.
GROSSI BIANCHI - POLEGGI, 1980, p. 43, p. 49 nota. 40.
N.7. 1094, giugno. Lanfranco avvocato e sua moglie donano una terra posta in Oriolo al monastero di Santo Stefano. ASG, Archivio Segreto, 1508, doc. 57. Il monastero è situato «fori(s) muro ciuitate lanue». Foglio di pergamena (cm 21 x 17); perduta la seconda parte del testo, con gravi lacune anche nella parte conservata. Riconoscibili 24 righe del testo. POCH, f. 230r. Storia Cronologica, 1776, n. 12, ad a. 1097. ANSALDO - DESIMONI, n. 241. BELGRANO, 1870, pp. 195-196, doc. CLX. BOLDORINI, 1960/61, doc. 87. ODICINI, 1974, p. 66, n. 51.
N. 8. 1095, giugno. Vuido del fu Rustico dona al monastero di S. Stefano una pezza di terra in località Auriolo. ASG, Archivio Segreto, 1508, doc. 59. IL monastero è posto «fori(s) muro ciuitatis ianue». Pergamena (cm 38 x 20) ben conservata, con 38 righe di testo. POCH, f. 6r. ANSALDO - DESIMONI, n. 243. BELGRANO, 1870, pp. 198-199, doc. CLXIII. BOLDORINI, 1960/61, doc. 88. N.9. 1103, maggio e 8 giugno. L’abate di S. Stefano effettua una permuta di terreni coi fratelli Guglielmo e Bianco. ASG, Archivio Segreto, 1508, doc. 64. Monastero «qui posito est foro muro ciuitate ianue». Doppio atto in un foglio di pergamena (cm 39 X 16) piega1o a metà; una macchia scura rende difficilmente leggibile il secondo testo. BOLDORINI, 1960/61, doc. 94. GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1980, pp. 43-44, 49 nota. 4
N. 10. 1155. Costruzione delle nuove mura sotto la minaccia del Barbarossa. CAFARI, I, 1890, p. 41: «Notum igitur tam presentibus.
quam futuris fiat, quod predicti consules rem publicam Ja nuensium multum et multum augmentando... preterea mu
rum et portas ex utroque latere ciuitatis edificare ceperunt. pacem quidem non solum in ciuitate, uerum etiam extra
per multa loca ad honorem ciuitatis fecerunt». IACOBI DE VARAGINE, II, 1941, pp. 337 - 338. GIUSTINIANI, 1537, c XLIlr.
545
UBERTI FOLIETAE, 1585, p. 28v. GANDUCIO, cc. 157-15v. FEDERICI, I, c. 57v. ACCINELLI, I, 1851, pp. 2022. ACCINELLI, 1852, p. 40. N. 11-12. 1155-1159. Iscrizioni di Porta Soprana. Sotto il fornice, lato sud: + In No(m)I(n)E O(mn) IPOTENTIS DEI PATRIS ET FILII ET SPürituJS S(an)C()] AMEN/ SUM MUNITA VIRIS. MURIS CIRCUNDATA MIRISJ ET VIRTUTE MEA PELLO Plro)CUL HOSTICA TE: LAI SI PACEM PORTAS. LICET HAS TIBI TANGERE PORTAS. SI BELLUM QUERES TRISTIS VICTUSQ(ue) RECEDES/ AUSTER ET OCCAS(us) SEPTEMTRIO NOVIT ET ORT (us) QUANTOS BELLORU(m) SUPERAVIT IANUA MOT (us)./ IN ClonSULATU CO(mmun]S Wlülem PORCI. OBE()TI CANCELL(ari)I. IOH(ann)IS MALIAUCELLI ET Wl(lielmi) LUSILI PLACITOR(um) BOIAMUNDI DE ODONE. BONIVASSALLI DE CASTRO. Willlelmi) ST ANCO(n)IS/ Wl(lelmi) CIGALE. NICOLE ROCE. ET OBERTI RECALCATI. Sotto il fornice, lato nord: MARTE MEI P(o)P()LI FUIT HACTENUS AFFRICA motal POST ASIE PARTES ET ABHINC YSPANIA tota/ ALMARIAM CEPI TORTOSAMQ(ue) Subegi/ SEPTIMUS ANNUS AB HAC ET ERAT BISQUARtus ab illa! HOC EGO MUNIMEN(tum) CU(m) FECI IANUA pridem/ UNDECIES CENTENO CUM TOCIENSQUE quino/ anno POST PARTU(m) VENERA(n)DE VIRGINIS almum/ in consULATU CO{mmun)IS Wiillelmi) LUSIL. IOH(ann)IS. MALIAUCELLI. OB(er)TI CA(n)CELLarii./ Willelmi) porci. DE PLACITIS OB(er)TI RECALCATI. NICOLE ROCE wllelmi cigale wüllelmi) STANGONI BONIVASSAL(i) DE CASTRO et/ baiamundi DE ODONE. M. CYBO RECCO, 1560, p. 4. FEDERICI, c. 57v. BANCHERO, 1846, p. 693, nn. 1-2. 546
ALIZERI, 1, 1846, p. 1 REMONDINI, 1874, pp. 13-14, nn. XVEXVII, tavv. VI VIL. ALIZERI, 1875, p. 84. BELGRANO-D'ANDRADE-PARODI, 1882, pp. 21-22. STAGLIENO, 1882, p. 4. PODESTÀ, 1901, p. 198 e a p. 208 nota 8 la vicenda critica delle iscrizioni. CASTAGNA-MASINI, 1929, p. 16. CAPPELLINI, 1939, pp. 13. GROSSO, 1946, pp. 2627. CEVINI, 1977, pp. 46, 49. HOWARD, 1978, pp. 28-29, 228-229, fige. 8, 139. DUFOUR BOZZO, 19791, pp. 10-11, 49-50. PROFUMO, 1979, p. 2, figg. 4-5. DUFOUR BOZZO, 1979, p. 21, pp. 55-56 nota 39. GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1980, p. 61.
NN. 13-18. 1156, 1 aprile. Pandolfo confessa di aver ricevuto una certa somma per il terreno occupato dalle torri e mura della città, ASG, Notulario di Giovanni Scriba, c. 6r. Char, II, 1853, coll. 316-317, doc. CCLXXXVIII. CHIAUDANO-MORESCO, I, 1935, pp. 29-30, doc. LIV. «Ego pandulfus confiteor quod accepi de precio terre quam consules... ceperunt pro turribus murus ciuitatis. ». Codice di cm 27 x 20. Nota di 10 righe, l'ultima del recto della pagina; in margine a sinistra l'argomento «Arabite». Il testo è barrato da 5 tratti a penna inclinati da destra a sinistra. GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1980, p. 83, nota 20. 1156, 1 aprile. Diritti di Arabita vedova di Merlone Astorio sulla vendita. ASG, Notulario di Giovanni Scriba, c. 6v. Chart., lI, 1853, col. 317, doc. CCLXXXIX. CHIAUDANO-MORESCO, I, 1935, p. 30, doc. LIV. Nota in 10 righe, la prima del verso della pagina, difficilmen-
te leggibile in vari tratti delle prime linee perché l'inchiostro è sbiadito presso l'angolo e il margine. A sinistra l'argomento. «Dicta Astori». 1157, 25 gennaio. Gisla badessa di S. Andrea della Porta vende una casa a Pietro de Venderci. ASG, Notulario di Giovanni Scriba, c. 19v. Chart, Il 1853, coll. 371-372, doc. COCLXXX VIII. CHIAUDANO-MORESCO, I, 1935, pp. 86:87, doc. CLXIV. «Nos Gisla diuina gratia sancti andree de porta humilis abatisa..». Atto di 20 righe occupante la prima metà del verso della pagina, barrato da 3 tratti a penna inclinati da destra a sinistra; inchiostro sbiadito-in corrispondenza dell'angolo del foglio. A sinistra l'argomento «[... petrus vuenderci». 1158, 6 settembre. Siro arcivescovo di Genova confessa il
proprio debito di L. 20 verso l'arciprete Guglielmo. ASG, Notulario di Giovanni Scriba, c. 60v. Chart., Il, 1853, col. 548, doc. DOCV. CHIAUDANO-MORESCO, I, 1935, p. 259, doc. CDLXXXVI. «Nos sirus ianuensis archiepiscopus accepimus a te archipresbitero wilelmo libras uiginti denariorum ianuensium quas in muro ciuitatis errogauimus». Nota di 8 righe poco oltre la metà del verso del foglio; danneggiata nella parte centrale delle prime tre righe da una tarlatura che interessa molte pagine. A sinistra l'argomento «Archipfres)b(iteyi Willelmi». GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1980, p. 83, nota 20. 1158, 18 ottobre. Oggero Nocenzo vende a Guglielmo Malocello tre palmi di terreno presso le mura della città ASG, Notulario di Giovanni Scriba, c. 64r-v. Char, lI, 1853, col. 562, doc. DOCXXXI. CHIAUDANO-MORESCO, I, 1935, pp. 274275, doc. DXIIL «Ego Ogerius Nocentius accepi a te Willelmo Malocello soli dos X quos espendi in porta inferius nominata pusterne fini10 precio pro tribus palmis terre per lineam a pusterna que facta est in murum ciuitatis ad portam usque ad maceriam que est sub porticu ribaldi ceuolle..». Atto di 5 righe nel recto e 9 nel verso della pagina, interessato da una tarlatura sotto l'argomento (recto), da un alone scuro presso l'angolo superiore del foglio (verso) e da una barratura di due tratti a penna (recto c verso). A sinistra, nel recto, l'argomento « Wfllelmi) Malocelli et Ogferii) Nocenti». GROSSI BIANCHI-POLEGGI, 1980, p. 83, nota 20. 1159, 29 marzo. I fratelli sacerdoti Donato di Sant’Ambrogio e Oberto vendono a Berardo Magistro metà di una casa, con quietanza. ASG, Notulario di Giovanni Scriba, c. 66v. Chart., II, 1853, coll. 572-573, doc. DOCXLV. CHIAUDANO-MORESCO, 1, 1935, p.283, doc. DXXVIIL. «Accepiums a te berardo magistro solidos uiginti octo denariorum ianuensium finito precio pro medietate unius edificii quod habet ecclesia sancti ambrosii apud portam in quo edificio inhabitas...». Atto di 11 righe all'inizio del verso del foglio, interessato da un alone scuro in corrispondenza dell'angolo della pagina e barrato da tre tratti a penna. A sinistra l'argomento «Te. stes Bfeyrardio. BELGRANO-D'ANDRADE-PARODI, 1882, pp. 16-17. N. 19, 1159. Ripresa della costruzione delle mura. CAFARI, I, 1890, pp. 53-54: «... consules … quorum omnium prouidentia et cautela... laudabili fuerunt.... et quicquid fuerat de muro ciuitatis inexpletum, eorum stu-
dium et laborem imitantibus ceteris ciuibus, ad apparentem consumationem peruenit. hoc autem, quod incredibile nonnullis uidetur, operibus tocius ciuitatis et plebium dierum quinquaginta trium in digito Dei peractum est... ut au-
tem de longitudine muri adaugeatur fama laboris, stadio-
rum octo et pedum quingentorum uiginti propagationem eius discrecio presentium futurorumque cognoscat. sta-
dium quippe longitudo est passum CXXV uel pedum DCCXXV cum passus sit quinquepedalis dimensio est igi-
tur super totum pedes quinque milia quingenti et XX... quod ciuitatis et plebium homines, secundum quarteria et
alia suas distinctiones, laborabant per partem diei uel sui aliquando diuisionem. fecerunt etiam in ipso muro merlos mille septuaginta, tam pro formositate et fortitudine muri,
quam pro comoditate et tuicione ciuitatis et ciuim...». JACOBI DE VARAGINE, 1941, pp. 337-338. GIUSTINIANI, 1537, c. XLIlv. UBERTI FOLIETAE, 1585, p. 31v. ACCINELLI, I, 1851, pp.20-22. N.20. 1227. Congiura di Guglielmo di Mare contro le famiglie che monopolizzavano le cariche pubbliche; fallimento e accanita resistenza dei popolari, che «avevano fornito di gente armata le due porte della città, s. Andrea e le Vacche, e la chiesa di s. Lorenzo» (Giustiniani). BARTHOLOMEI SCRIBAE, 1923, pp. 28-36, in part. p. 31. GIUSTINIANI, 1537, c. LXXVIlv. UBERTI FOLIETAE, 1585, p. 62r». CERVETTO, 13 agosto 1882, p. 2. PODESTÀ, 1901, pp. 205206.
N. 21. 1238. Altri disordini sotto il podestä Paolo di Soresina, la cui fazione si impossessa della Porta. Rifiuto del giuramento di fedeltà a Federico II. BARTHOLOMEI SCRIBAE, 1923, pp. 87-88 «populus ex uerbo hominii et uerbis potestatis multum commotus est ob imperatorum; et licentiato conscilio, fecit muniri campanile Sancti Laurenti et portale ipsius ecclesie, et turres Serrauallis et Johannis Streiaporci, Johannis de Volta et Pagani de Rodulfo et Willielmi Guercii, et turres porte Sancti Andree». GIUSTINIANI, 1537, c. LXXXIrv. ACCINELLI, I, 1851, p. 28. CERVETTO, 15 agosto 1882, p. 2. PODESTÀ, 1901, pp. 205-206. N.2223. 1258, 20 gennaio. Decreto del Capitano del Popolo secondo cui si doveva lasciare libera e aperta la strada fra S. Salvatore e Porta Soprana.
547
a) BUG, Codice A, fol. 277r. b) ASG, Codice D (Duplicatum), fol. 3v-4r. Liber jurium, 1, 1854, coll. 1265-1266, doc. DCCCCIII (dove D è indicato come Codice C). «Dominus guilielmus bucanigra capitaneus populi ianue.
declarauit quod quicquid est in sarzano extra murum ciuitatis scilicet a muro per quem clauditur terra guillfielm)i mal(ljoni soldani usque in mare et a muro ciuitatis usque
BANCHERO, 1846, p. 693, n. 3. CASTAGNA-MASINI, 1929, p. 16.
PODESTÀ, 1901, pp. 202, 244.
DUFOUR BOZZO, 19791, p. 50
N.28. 1320-1327. Costruzione di una nuova cinta muraria. GEORGII STELLAE, 1975, pp. 94, 112. GIUSTINIANI, 1537, c. CXXv., CXXIIIy. CYBO RECCO, 1560, p. 12. UBERTI FOLIETAE, 1585, pp. 121, 125r. ACCINELLI, I, 1851, p. 43. ACCINELLI, 1852, p. 41
ad aquam riui turbidi sit et esse debeat publicum comunis ianue et ita perpetuo remanere sicut nunc est nec ibi infra. dictos confines edificari debeat per aliquam personam et quod semper remanere uacuum ad utilitatem et delectamentum tocius populi ianue... item statuit... quod sit et esse debeat et remanere uacuum ad utilitatem comunis ianue ab ecclesia s(an)eti saluatoris usque ad uacuum quod est N.29. ante turrim guillüelm) embriaci ad portam s(anjcti andree 1386. E concesso a Giovanni Riccio della compagna di Piazzalunga l'affitto di un piccolo locale entro una delle per pedes sex a muri ciuitati.» a) Codice membranaceo del sec. XIII di cm 47 x 33, in fo- torri lio, di p. 700, con fascia in cartone coperta di pelle (recen- CERVETTO, 24 gennaio 1883, p. 1. te), con miniatura colorata nella pagina di introduzione, iniziali ornate, titolature în rosso, altri motivi ornamentali. N. 30. Decreto di 19 righe nella parte centrale del recto del foglio. 1400. Sommossa contro il governatore Colardo di CollevilIn margine, all'altezza della seconda riga, la dicitura «via la; uno dei capi, Cosma di Castiglione, & catturato; un alSarzano» e all'altezza della penultima la data «1258» sem- tro, Raffaello di Carpeneto, fugge coi congiurati, poi rienbrano aggiunte cinque-scicentesche. tra provocando una sommossa in città; il governatore si rib) Codice membranaceo di cm 45 x 33, in folio, carte 474, fugia nelle torri della Porta facendo fuggire il Castiglione. fascia in cartone coperta in pelle, con miniatura colorata Viene eletto capitano del popolo Battista Boccanegra, che nella prima pagina, iniziali ornate, titoli in rosso o in blu. con Antonio de Guarco combatte contro gli Adorno. Anni 958-1346. GEORGII STELLAE, 1975, pp. 243, 245: «... quorum Decreto di 30 righe (15 in ogni pagina) preceduto dalla di- motum sentiens dictus gubernator pretorium reliquit, se chiarazione dei consoli della necessità di liberare piazza pro eius tutela confestim transferens nocte ipsa in turre Ur. Sarzano dagli ingombri presenti (febbraio 1145: 10 righe bis ostii apud Sanctum Andream...v; «. . ipse vero Antopiù le firme). In margine la data «1258, 20 gennaio» (sem- nius, postquam fuerunt Adurni domini partium Castelle bra aggiunta cinque-seicentesca), e le annotazioni del XV repente se transtulit ad turres iuxta portam Urbis veterem seo. dell'argomento. et monasterium Sancti Andreae, se fortificans Ibl.». BELGRANO-D'ANDRADE-PARODI, 1882, pp. 26-27. GIUSTINIANI, 1537, cc. CLXIIIICXLVr. CYBO RECCO, 1560, p. 19. UBERTI FOLIETAE, 1585, p. 180v. N. 24.26. 1279, 26 e 29 dicembre. Tre documenti riguardanti la ces- ACCINELLI, I, 1851, p. 55. sione da parte di Giovanni Lauregario alla figlia Caterina e N. 3135. al suo futuro marito Tommasino de Garibaldo di un edifi- 1437, 27 maggio. I Salvatori del Porto e Molo concedono cio posto in un terreno posto oltre la Porta, a sinistra di al formaggiaio Battista Cavassa di costruire due botteghe quello di Branca D'Oria. alla cortina muraria presso il castello delle acque, ASG, Notaio Simone de Albario, reg. I, p. Il, foL 133 bisr-v. aderenti col tetto appoggiato alle mura stesse. ASG, Notaio Fazio, filza 5, n. 133. Cfr. ACG, Cartulario, 1493, £.187v; 1508, f.253v; 1530,/243v; Atti, 1554-56, n. N.27. 1292. Erezione del castello delle acque: iscrizione murata 220. Foglio di carta quasi quadrato, ripiegato e scritto su tre coin una casa di via Ravecca addossata alle mura. + MCCLXXXXII IN POTESTACIA Dlomi)NI/ lonne, di cui molto fitta e ricca di cancellature e correzioni GUILL(elm)] GARDINI CIVIS ASTEM)SYS FACTUOI la prima. BELGRANO-D'ANDRADE-PARODI, 1882, pp. 36-37. FUIT HOC OPUS EXISTE(n)TE OPERAZIO PETRO/ CLARICO SCRIBA UGOLINO D SCALPANÖ T. PODESTÀ, 1901, pp. 210211. 548
N. 3638. 1439, 14 aprile. Tommaso Spinola affitta una bottega posta sopra la fonte presso la Porta di S. Andrea. ACG, Cartulario, 1439-40, f:134v (registro di cm 35 x 39. 1451, 11 febbraio. Tommaso Spinola possiede ancora detta. bottega. ACG, Cartulario, 1451, /.172v. 1456, 12 dicembre. Idem. ACG, Cartulario, 1456, f.174v. N. 39. 1450, 1 marzo. Tommaso de Pino, maestro d'ascia, paga l'affitto per una bottega presso la fonte di S. Andrea. CERVETTO, 13 agosto 1882, p. 2. N. 40. 1456, 14 marzo. Il Comune ha riscosso l'affitto per una bottega posta sotto la torre della Porta per il periodo 1 mar20 1455-1 marzo 1456. CERVETTO, 13 agosto 1882, p. 2. N.41 1459. Pietro di Campo Fregoso è indotto da Ferdinando di Napoli e Francesco Sforza ad armare un esercito per liberare Genova dai Francesi ed è da essi finanziato. L'impresa fallisce e presso Porta S. Andrea Pietro è ferito e catturato, € muore poco dopo. GIUSTINIANI, 1537, c.CCXIIv. CYBO RECCO, 1560, p. 25. UBERTI FOLIETAE, 1585, pp. 234r-235r: «At Petrus ad extremam desperationem adductus... iter in auersam por. tam urbis, quae spectat in orientem, hircorum vulgo appellatam, intendit... Cum ad portam peruenit, eamque clausam inuenisset equo circumacto iter retro vertit... GANDUCIO, c.69r. FEDERICI, cc.124r-1267. N.42. 1460, 18 gennaio. Il governatore e gli anziani per premu: nirsi da altre possibili sorprese dei Fregoso decretano che in ogni torre della Porta venga apprestato Talloggio per cinque guardie. ASG, Codice Diversorum Negotiorum, 1459-60, II, c.80v. «... decreverunt fieri in duabus turribus porti sancti andrei habitacula duo in quorum utroque residere possint custodes quinque...». Nota di 9 righe nella parte inferiore della carta: all'inizio al centro la data, in margine a sinistra l'argomento. BELGRANO-D'ANDRADE-PARODI, 1882, p. 39. CERVETTO, 23 gennaio 1883, p. 2. PODESTÀ, 1901, pp. 205-206.
N. 43. 1461, marzo, Le torri di Porta S. Andrea sono armate durante i continui scontri sorti a causa di alcune franchigie di cui godevano talune famiglie. Segue l'entrata in città dell'arcivescovo Paolo Fregoso. GIUSTINIANI, 1537, .CCXIVv: «... ma come questa voce fu intesa nel borgo di S. Stefano, tutti i sediziosi c cupidi di cose nuove levarono l'arme, e fornirono le torri della porta di S. Andrea». CYBO RECCO, 1560, p. 25. ACCINELLI, I, 1851, p. 64. N. 4445. 1463, 19 gennaio. Battista Cavassa cede le sue tre botteghe a Gregorio Fieschi q. Lorenzo. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1432-68; 1551-53, n. 256. «. apothecas tres positas Janue prope portam sancti Andree apodiabas muris veteribus et seu turri sancti Andree. que sunt contigue et quibus coheret antea carrubeus, superius fons sancti Andree, retro menia et una turris». PODESTÀ, 1901, p. 211.
N. 46. 1470, 3 agosto. Antonio Passano di Chiavari, fruttivendolo, ha in affitto 9 palmi di terreno sotto la torre a destra uscendo dalla Porta ACG, Cartulario, 1471, /14v. N. 47. 1483, 19 novembre. Perroto Pineto, tessitore di velluti, chiede l'autorizzazione a fabbricare una casupola sul suolo pubblico rasente la Porta. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1481-89, n. 64. CERVETTO, 13 agosto 1882, p. 2.
N. 48. 1485, 11 ottobre. E pronunziata una sentenza a favore del monastero di S. Andrea nei riguardi «cuiusdam logie existentis propter dictam portam dicti S(anc)ti Andree». BUG, Archivio di S. Andrea della Porta, D, V, 13, doc. 9 Tre copie della stessa sentenza: due redatte dalla stessa mano e contenute nelle facciate interne di un foglio doppio; la terza occupa tutte le quattro facciate di un ulteriore foglio doppio. DAGNINO, 1978/79, p. 180 nota 4. N. 49. 1489, 12 maggio. Si richiede ai Padri del Comune di esami: nare la domanda di Antonio Sguasegno, che vorrebbe costruire una casupola aderente alla Porta. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1481-89, n. 173. «Intellecta requisitione facta nomi(inati) Antonij Sguase549
gno dicentis habere solum quoddam apud domu(m) sua(m)
in vicinia sancti Andree contigufulm menibus ciuitatis super quo edificafrie vellet: quod commode facere non) pot(est) nisi adhereat dictis menibus.. ». Foglio doppio scritto sulla prima facciata, contenente l'incarico del Governo ai Padri del Comune di indagare in meTito e la relazione favorevole da essi pronunciata. I foglio è assai rovinato ai margini. CERVETTO, 13 agosto 1882, p. 2. N. 50.56. 1489, 17 giugno. Il Governo incarica i Padri del Comune di esaminare la richiesta di Benedetto Mongiardino di eri gere una costruzione sul suolo pubblico in S. Andrea, pres50 una sua casa. 1489, 31 luglio. Benedetto Mongiardino ha in affitto una casa con bottega sotto il nome di Tommaso de Bisanno, presso le mura della Porta. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1481-89, nn. 183 e 188; cfr. 1508, 3 gennaio, Cartulario, 1508, 248v. 1530, 2 gennaio, Cartulario, 1530, f244v.; 1579, 7 aprile, Cartulario, 1579, p. non num, 1667, 29 luglio, Padri del Comune, Terratico, Pandetta 1667, p. 32 e p. 329 (miglioramenti fat ti da Silvestro Grillo sotto la casa del Mongiardino). Il Mongiardino può ingrandire dette casa e bottega per 6 palmi in altezza e 2 in larghezza fino alla fontana, ed alzare un nuovo muro delle stesse dimensioni. CERVETTO, 13 agosto 1882, p. 2. N. 5741. 1491, 19 gennaio. Affitto a Tommaso de Bisanno di una bottega presso la fonte. ACG, Cartulario, 1491, /.5v; cfr. Cartulario, 1504, /7r; 1530, 244v, 1579 p. non num; Padri del Comune, Terratico, Pandetta 1667, p. 348 N. 6247. 1498, 22 ottobre. Michele Cichero chiede di erigere botteghe aderenti ai pilastri della Porta e alle imposte, le quali per la vecchiaia sono cadenti e d'ingombro. 1498, 24 ottobre. Commissione d'inchiesta sull'opportunità della concessione. 1498, 12 novembre. È proclamato pubblicamente che Michele Cichero «domanda licentia di podere edificare alcuno edificio sotto l'arco de la tore dela Porta de’ Santo Andria da l'una o l'altra parte» e si invitano gli interessati a presentare eventuali reclami. 1498, 29 novembre. Proroga del termine per la risposta della commissione. a) ACG, Atti dei Padri del Comune, 149099, n. 182. b) ASG, cod. Diversorum Negotiorum, 1498-99, cc.59r.v. «... situm et locum sub arcu et turribus porte Sancti Andree ex utraque parte, qui quidem locus et situs tegitur et 550
occultatur valvis ipsius porte, et quoniam, ut dicitur, valve
ipse auferende sunt quia propter vetustatem stare non possunt et impedimento potius quam aliter esse videntur a) Foglio doppio scritto per esteso sulla prima facciata (224 ottobre) e su 5 righe nella seconda (29 novembre), tagliato e riparato lungo la piegatura centrale. Foglio sempli ce scritto su una colonna e mezza con altre note del 1° e 3 novembre. b) Nota di 15 righe scritta con tratto sottile nel recto della pagina con la richiesta; in margine «pro michaele anfım)a nigra». Seguono ancora sul recto la notizia della commis sionee sul verso la proroga del termine per la risposta della commissione. ALIZERI, 1875, p. 85. STAGLIENO, 1882, pp. 5-6, 9-10, doc. 1 CERVETTO, 16 agosto 1882, p. 2. PODESTÀ, 1901, pp. 200-201, 209. N. 68. 1498, 11 dicembre. Con un rescritto i Padri del Comunerespingono la richiesta di Michele Cichero perché il fatto avrebbe tolto spazio transitabile e dignità alla Porta. Si decreta che mai avrebbero dovuto essere permesse costruzioni dietro le imposte. 3) ASG, Cod. Diversorum Negotiorum, 1498-99, c.69v: b) ACG, Atti dei Padri del Comune, 1490-99, n. 182. Statuto, 1886, pp. 144-145, n. LXXXIII a) Rescritto di 28 righe contenuto in un'unica facciata. In margine in alto a sinistra l'argomento: «Quod post valvass. Andree nih(il) cofhistrui possitv; nella prima riga a sinistra la data. Tratto piuttosto sottile, inchiostro sbiadito in particolare nella prima metà del foglio. b) V. n. 6267. ALIZERI, 1875, p. 85. STAGLIENO, 1882, p. 6, 10-11, doc. 2. CERVETTO, 16 agosto 1882, p. 2. PODESTÀ, 1901, pp. 209-210, 213. PROFUMO, 1979, pp. 24. N. 69. 1502, 23 aprile. Gregorio de Ayrolo ha l'incarico di risistemare al loro posto le catene del porto pisano. tolte da Porta.
S. Andrea per rimuovere le imposte.
ACG, Cartulario, 1502, f.16v.
N. 70. 1506. Altri disordini e occupazione militare della Porta, in cui mastro Gioiardo, fonditore di bronzi, colloca i cannor destinati al bombardamento del palazzo di Gian Luigi Ficschi, posto presso Santa Maria in Via Lata. Tra i comandanti della fazione degli Adorno & anche Michele Cichero (v. n. 62.68) Sollevazione, cc. 1v; 2v-àr, 16v; 17v.
Per gli scontri avvenuti in quell'anno cfr: BARTHOLOMAEI SENAREGAE, 1932, pp. 99-110. GIUSTINIANI, 1537, cc. CCLVIIIvCCLXIIIIr. CYBO RECCO, 1560, pp. 27-28. UBERTI FOLIETAE, 1585, pp. 279v-284v. GANDUCIO, cc. 77r-T8v. CASONI, I, 1799, pp. 80-92. ACCINELLI, I, 1851, pp. 71-72. CERVETTO, 23 gennaio 1883, p. 2. N. 7. 1508, 29 dicembre.
Un decreto di Rodolfo di Lannoy, luo-
gotenente di Luigi XII di Francia, ordina che le botteghe siano costruite lungo la strada della Porta, senza toccare pilastri e colonne e ledere le iscrizioni. ASG, Cod. Diversorum Negotiorum, 1507-1508, IL, c.42». «Decretum quod possint fieri appothece iuxta Portam Sancti Andree... ea propter vidisse iuxta Portam Sancti Andree, in via patenti, superesse spacium in quo extrui facile possint apothece due, citra Communis et privatorum
lesionem, quibus extructis perciperet Commune annuam Ipsi domini Ioannes Baptista et Augustinus... dicentes indecens esse decori publico apothecas vel aliud
pensionem...
opus fieri debere in spacio ipso, in quo, seu utraque pariete cuius, sculpta sunt carmina...
quia antiquitatis et probitatis
patrie vestigia et monumenta quodam pro se ferunt, propterea non esse superanda, immo locum illum decorari potius debere quam nova apothecarum fabrica dehonestari: omni iure, via, moda et forma quibus melius potuerunt et Possunt, approbantes que memorata sunt modo citra dedecus publicum et privatorum incuriam sint, decreverunt lì cere Patribus Communis in dicto spacio construi facere duas apothecas pro utile Communis, salvis tamen et ilesis columnis et pilastrata, ita etiam quod appothece ipse non exeant parietem, immo concluse restent intra ipsam parie.
tem, et omnia fiant etiam absque lesione ulla sculpture car. minum predictorum, que salva et illesa voluerunt, ita quod clare et bene ab omnibus ipsa carmina et videri et legi possint».
Decreto di 35 righe contenuto in un'unica facciata; in margine in alto a sinistra l'argomento, nella prima riga leggermente spostata a sinistra, la data; all fine del testo quattro. sbarrette alternate a cinque puntini, come chiusa. Tratto molto spesso, inchiostro piuttosto assorbito dalla carta STAGLIENO 1882, pp. 6-7, 11-12, doc. 3. CERVETTO, 16 agosto 1882, p. 2; 25 gennaio 1883, p. 2. PODESTÀ, 1901, p. 208.
N.72 1509, 18 giugno. Gio. Busco domanda il permesso di ap: poggiare la sua casupola alla Porta. Opposizioni e procla ma favorevole.
ACG, Aui dei Padri del Comune, 1508-11, n. 61. CERVETTO, 13 agosto 1882, p. 2. N.73. 1514, 20 giugno. Le monache di S. Andrea ottengono il permesso di innalzare una loro casa aderente alla torre nord. ACG. Deliberazioni, 1509-14, f:109». L'ampliamento concesso è di palmi 8 in larghezza e 9 in altezza. L'atto di 21 righe è contenuto nella prima metà del verso della pagina di un registro di cm 30 x 22. PODESTÀ, 1901, p. 226 nota 1.
N. 7477 1530, 2 gennaio. Claretta di Ventimiglia deve il terratico per una bottega «iuxta muros ciuitatis porte sancti andree». ACG, Cartulario, 1530, /:244v; cfr. Padri del Comune, Terratico, Pandetta 1667, p. 50 (licenza per aprire un portello nelle mura). 1530, 2 gennaio. Giovanni de Clarasco deve ilterratico per una casa presso le mura vecchie della città. ACG, Cartulario, 1530, f.244v; cfr. Cartulario, 1579, p. mon num. N. 7833. 1544, 1 luglio. Agostino Guagnino chiede di poter allarga: re la sua casa attigua al castello delle acque valendosi della vecchia scala. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1541-44, n. 209. «... sicut ipse habet domum unam in contrata porte sancte andree que est confinis fonte aque ex(iste)ntis in ip(sa contrata porte ste andree... supra viam in parte et in parte supra ipsam fontem... quosdam bechellos qui essent alti a fos0 palmos triginta et ultra adeo quod ex hoc nullum segneretur incommodum communi neque vicinis et affermat etiam cum quedam scala antiqua et pene dirupta per quam ascendebatur antea supra dictum fontem. 1545, 19 gennaio. Il Guagnino rinnova la richiesta. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1545-48, n.2. Agostino Guagnino aveva ottenuto il permesso di «uscir fuori per) tre palmi» nei modi prescritti dal decreto nell'opera di costruzione di una sua casa presso la fonte; ma lo spazio a disposizione non è sufficiente ed occorre sporgere di più per fortificare le fondamenta: poiché l'occupazione non costituirebbe intralcio per nessuno, il Guagnino chiede di potersi estendere sul suolo pubblico di due pal. erso la fonte e l'acquedotto, potendo in tal modo rinforzare convenientemente l'angolo e il pilastro della casa. 1549, 20 marzo - 1550, 22 agosto. Il Guagnino chiede di poter costruire sul suolo pubblico un pilone di sostegno delle costruzioni già fatte per allargare la sua casa ACG, Atti dei Padri del Comune, 1549-50, n. 26, cîr. 551
1579, 7 aprile, Cartulario 1579, p. non num.; 1667, 29 luglio, Padri del Comune, Terratico, Pandetta 1667, p. 12.
PODESTÀ, 1901, p. 203.
N. 8485. 1547, 5 febbraio. Lorenzo Masera o Maxeria chiede il permesso di riparare e alzare la sua casa aderente alle mura dalla parte di S. Andrea. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1545-48, n. 114. «... habet domum contiguam turri s(anc)ti Andree ab una parte ab aliis autem meniis veteribus ac domibus priuatis seu priuatorum et quia ipse vellet dictam domum errigere cum sit ruinosa et iam sint plures dies... 1561, 10 luglio. Lorenzo Masera o Maxeria domanda di aprire una porta nelle mura. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1561-62, n. 33-39. PODESTÀ, 1901, p. 225.
stituito un pericolo; ricorda che concessioni del genere era: no già state date dal Comune ad altri richiedenti. Foglio doppio scritto su tre facciate; relazione della domanda, mandato d'indagine ai Padri del Comune, invito alle opposizioni, opposizioni datate 13 e 14 dicembre. Ulteriore foglio semplice scritto su una colonna e mezza, con l'invito alle opposizioni (9 dicembre) e la pubblicazione della richiesta (10 dicembre). PODESTÀ, 1901,p. 215.
N93 Sono affittati a Isoardo di Ventimiglia e a Francesco Rimassa «duos vacuos sub hostio turrium sancti Andree in utroque latere». PODESTÀ, 1901, p. 212: citato senza data e con collocazione imprecisa (ACG, Regulae dei Padri del Comune), a dimostrazione che in quel momento (metà del sec. XVI?) non c'erano ancora botteghe sotto l'arco della Porta. N. 86. 1550. Iscrizione murata in via Ravecca di fronte all'Archi- N.94, 1576, 27 aprile. II Magistrato dei Padri del Comune, su revolto di Sant'Andrea. lazione dell'architetto Giovanni Ponsello e dopo un sopralPUBLICO ILLME D NATIONIS/ luogo allo spazio sotto l'arco a destra uscendo dalla città, DECRETO PRECEPTO PER/ delibera di aprirvi una bottega perché lo scavo non avrebbe. NOBILEM GEORGIUM AMBR/ OSIUM GENTILEM ODERIC/ danneggiato le fondamenta. CANCELLARIUM. ANNO. MDL/ ACG, Decreti, 1575-76, pp. non num. DIE QVINTA SEPTEMBRIS! Documento di circa quattro facciate e mezza di un registro SANCITUM EST NE QUID! dicm 35 x 13: comincia a metà del verso di un foglio, seguita per intere 4 facciate, più altre 8 righe sul recto di una IN HOC OPVS ADDATVR/ VEL FIAT. nuova pagina. CERVETTO, 24 gennaio 1883, pl. BELGRANO, 1895, pp. 291-292. DUFOUR BOZZO, 19791, p. 50. PODESTÀ, 1901, pp. 208, 212-213. PROFUMO, 1979, p. 4, N. 87. 1565, 16 maggio. Locazione ad Antonio Sommorile di uno spazio, cioè «locum unum in angulo appoteca Thome Mor- N.95. fisi formagiarij in plano eundo versus monasterium Porte 1576, 30 maggio. La nuova bottega sotto l'arco è affittata s. Andree a latere sinistro». per tre anni al merciaio Gio. Agostino Gambaro. ACG, Decreti, 1562-72, p. non num. ACG, Decreti, 1575-76, pp. non num. Documento di 13 righe (di cui le prime due contengono la. La bottega è posta «sub fornicem seu archivoltum porte S* data e il luogo) posto a circa metà del verso della pagina di Andree ad latus dextrum eundo versus ponticellum». Decreto contenuto nella seconda metà del verso di un foun registro di cm 35 x 13. glio e nelle prime 7 righe della pagina successiva. PODESTÀ, 1901, p. 213. N. 88-92. 1568, 18 novembre. Gerolamo de Fornari già de Compiano chiede alla Signoria di poter penetrare di 4-6 palmi nella N. 96. muraglia della torre a sinistra uscendo per allargare una 1576, 4 giugno. I Padri del Comune affittano alla fruttibottega posta nella Porta e appoggiata alla torre. La do- vendola Pellegrina Bergante uno spazio di palmi 8 x 4 sotto l'arco della Porta, a sinistra uscendo, tra la colonna e lo manda è respinta. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1568-69, n. 96. stipite. A Simone e Domenichina Noceto, che prima stavaLa bottega in questione risulta essere oltre l'arco ma ai pie- no qui, si affittano invece due spazi nella vicina salita verso di della torre; il Compiano ritiene che i muri della torre sia- Ja chiesa di Sant'Andrea. no tanto spessi che lo scavarne 4-6 palmi non avrebbe co- ACG, Decreti, 1575-76, p. non num. 552
1 due spazi interessati dal secondo contratto sono posti nell'angolo dove esiste la bottega di un barbiere. PODESTÀ, 1901, p. 214.
N.97. 1576, 6 giugno. La vedova di Lorenzo Masera innalza nuove costruzioni coprendo una superficie delle mura maggiore di quanto le era stato concesso. ACG, Decreti, 1575-76, pp. non num. «... audita relatione m. lo. Poncelli architecti miss... ad mensurandam adhesionem factam menibus veteribus turris porte s. Andree a parte sinistra eundo versus ponticellum... in errigendo seu alzando domum ipsius Ter(esime dette adhesionem et erectionem calculasse et mensurasse propterea referende esse de canellis octo et 1/4 alt et dicta. Teresina teneri erga cameram predictam pro beneficio et comodo habito in da adhesione et erectione de sue domus capta in dis meniis comunis de canellis quatuor et ultro laborarij seu fabrice quam esset si non adhesset dis menlis..». N. 98, 1577, 13 novembre. Si concede che Tommaso de Ferrari sia sollevato dal canone dovuto per una casa «sita apud menia antiqua porte Si Andree». ACG, Decreti, 1577-78, p. non num. N.99. 1577, 27 novembre. Giacomo Sambuceto chiede di far fare una chiave per lo sportello attraverso il quale egli e la sua famiglia possano entrare più facilmente nella loro casa. Gli è concesso. ACG, Atti dei Padri, del Comune, 1577, n. 140. La casa è in collegamento con la scala di salita all'acquedotto: qui c'è un portello che il Sambuceto vuole utilizzare. Foglio semplice scritto sulla facciata, con la prima colonna completa e la seconda poco oltre la metà.
N. 102. 1580, 25 ottobre. Tommaso Senno compra altri beni pres so le mura. ACG, Decreti, 1580-82, p. non num. PODESTÀ, 1901, p. 227. N. 103-112. 1582, 5-23-27 aprile. Gerolamo de Fornari già de Compiano chiede di allargare una bottega penetrando nella muraglia della torre nord. Gli si oppongono Cristoforo Bossio e Giovanni Merello perché lo sfondamento della torre ne avrebbe compromesso il decoro e la stabilità, minacciando — in caso di crollo — anche le case vicine. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1581-82, n. 44. 1582, 23 maggio. Su relazione di Giovanni Ponsello si concede al Compiano di sfondare la torre nord per allargare la bottega posta appena oltre Parco. ACG, a) Decreti, 1581-82; b) Atti dei Padri del Comune, 1586, n. 30.
a) «.. ampliari facere appothecam ipsius sitam in plano porta sti Andree sub turri pu(bli)ca eundo versus porta sti
Stefani a latere sinistro ingrediendo per longitudinem in turri ipsa per palmos duos tantum soluendo prius in Camera libras decem»... b) Testo simile: le dimensioni concesse prevedono uno sfondamento di soli due palmi. 1586, 10 marzo. Gerolamo de Compiano rinnova la richiesta di penetrare nel muro della torre nord per allargare la bottega.
1586, 14-16-17 marzo. Notifica della richiesta del Compia-
N. 100. 1579, 7 aprile. Bartolomeo Senno ha una casa e tre botteghe lungo le mura verso Ravecca e ottiene il permesso di costruire una scala dentro le mura per accedere a un solaio. ACG, Cartulario, 1579, p. non num. La locazione era avvenuta nel 1571. PODESTÀ, 1901, p. 227.
no, invito a eventuali opposizioni, proteste presentate. 1586, 28 aprile. Concessione per due palmi in ogni direzione. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1586, n. 30. Foglio doppio scritto su 4 facciate più la prima facciata di un foglio semplice: contengono la trascrizone della pratica del 1582, un aggiornamento del 7 marzo 1586, la richiesta del Compiano di riesaminare la sua domanda e di provvedere in merito (10 marzo), l'invito ad esaminare la questione e a ispezionare il monumento (14 marzo), la nuova concessione ma sempre per uno spazio limitato a due palmi in ogni direzione (28 aprile). Foglio semplice: reca su una facciata l'invito alle opposizioni, sulfaltra la nota delle proteste presentate. Foglio semplice scritto su una sola facciata (concessione del 28 aprile). PODESTÀ, 1901, pp. 216217.
N. 101. 1580, 20 maggio. I Padri del Comune ordinano che sia aperta una strada sotto Porta Sant'Andrea. ACG, Decreti, 1580-82, p. non num.
N. 113. 1586, s.d. Tommaso Ferrari vuole allargare la sua bottega annessa a una delle torri, quella dalla parte della chiesa, e si offre di pagare quanto li sarà ordinato. Gli si oppone il Compiano. 553
ACG, Atti dei Padri del Comune, 1586, n. 30. Si ricordano la richiesta del Ferrari, l'opposizione del Compiano, l'identica domanda presentata più tardi da questultimo. È precisata la bottega in questione sostenendo che l'ampliamento non avrebbe recato alcun danno. Si dice che il Compiano con la sua bottega sul ristretto piano della Porta è passato oltre la «retta linea» della fondamenta col banco e con una tettoia sporgente, fatto espressamente proibito dalle norme vigenti. Foglio semplice scritto per 1 tera prima facciata. N. 114-119. 1586, 9 giugno. La locazione della bottega del pilastro sud. è posta all'incanto ed è vinta da Giacomo Della Torre ACG, Decreti, 1585-86; 1601, 9 maggio, pp. non num. 1606, 8 settembre - 1607, 16 novembre. Gli succede Battista Savignone, che chiede in seguito una diminuzione della pigione. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1606, n. 151; Pratiche Pubbliche, 1601-15, n. 140. 1617, 3 aposto. La locazione passa a Giacomo Savignone, fratello di Battista ACG., Pratiche Pubbliche, 1616-27, n. 64. 1619, 23 dicembre. Marco Antonio Dertona si affianca a Giacomo Savignone nella locazione. ACG, Pratiche Pubbliche, 1616-27, n. 158. È la bottega posta «super plateam porte diui Andree que facit angulum sub fornice ad desteram versus plateam ponticelli».
N. 120121. 1590, 21 febbraio. Si scava la bottega del pilastro nord. ACG, Decreti, 1590, pp. non num. «...cepta fuit construi apotecam in altero pilastro sub fornice porte divi Andree..». Davanti a questo pilastro c'è lo spazio che Giulio Bergante è costretto a lasciare libero. 15 righe, 13 nel verso di una pagina, 2 nel recto della seguente. 1592, 3 giugno. Detta bottega è affittata a Gio. Agostino Gambaro. ACG, Cartulario, 159293, f. 56 v. PODESTÀ, 1901, pp. 208, 214215. N. 122. 1591, 24 agosto. I monaci di S. Stefano ammettono che i 2 palmi concessi a Gerolamo Compiano per sfondare la torre nord appartengono al Comune. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1581-82, n. 44. PODESTÀ, 1901, p. 217 nota 2. N. 123-127. 1593, 26 aprile. In una lunga relazione presentata dai Padri del Comune ai Serenissimi Collegi ci si lamenta per la 554
mancanza di spazio, spesso causa di incidenti, e per il disturbo alla circolazione provocato dai venditori. Si propone la demolizione di una casa già in rovina, lavoro che comporta una spesa di L. 3.000. Il giorno stesso si autorizzano i Padri del Comune. 3) ASG, Politicorum, 1540-93, n. 67. b) ACG, Atti dei Padri del Comune, 1593, n. 52. ırebbe acertato ampliare quella piazzetta... e per am-
pliare detta piazzetta sarebbe necessario gettare a terra una. casa che è sopra la butega del barbero, la quale doverà essere di poco pretio per essere mal acconcia e ruinosa, calculando che compresa la spesa et la fabrica di una botega che si lascerebbe in capo a detta piazzetta conforme al modello... a) Foglio doppio, molto rovinato ai margini (con perdita di alcune lettere), scritto sulle prime due facciate e annotato sull'ultima, che è completamente tagliata lungo la piegatura centrale: contiene la relazione dei Padri del Comune e il decreto che affida loro la facoltà di decidere e agire in merito. *) Foglio doppio scritto sulla prima facciata e su quattro righe della seconda. È allegata la pianta della zona interessata (disegno cm 32 x 42) (Tav. D. 1593, 21 giugno. Si fissa il prezzo della casa da demolire a L. 3.500. ACG, a) Atti dei Padri del Comune, 1593, n. 52; b) Decreti, 1593-95, p. non num. a) Contenuto in un foglio semplice, sull'intera prima colonna e su due righe nella seconda. *) Decreto di 12 righe, l'ultimo di una serie emessa in que sta data, contenuto nella parte centrale del verso della pagim. 1593, 28 dicembre. Della casa non va demolita la parte contro il muro perché serve per la bottega. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1593, n. 52. Segue il documento del 21 giugno nella seconda colonna di un foglio semplice. PODESTÀ, 1901, pp. 238.239.
N. 128-129.
1593, 30 agosto - 11 dicembre. Agostino Lavagnino compra da Tommaso Gambaro una casa con bottega aderente al muro dell'acquedotto pubblico, al quale il Lavagnino ha addossato una scala di pietra sostituendo la precedente di legno. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1593, n. 174. N. 130-132. 1593, 17 dicembre. Il Comune concede a Battista Carrega di alzare le due botteghe che possiede. Viene però aumentato l'affitto. ACG, Decreti, 1593-95. Cfr. 1667, 29 luglio, ACG, Padri del Comune, Terratico, Pandetta 1667, p. 36.
1593, 17 dicembre. Giulio Cicala ottiene il permesso di rizzarc due botteghe. ACG, Decreti, 1593-95, p. non num. PODESTÀ, 1901, pp. 233-234 nota 4.
N. 133.134. 1595, 13 settembre. La bottega già di Gerolamo de Compiano passa a Giovanni Merello. Lo sfondamento della torre nord, pur concesso, non é ancora stato effettuato, per cui il Merello chiede di poter intraprendere i lavori. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1595, n. 218. «..di poter entrare dentro la torre della porta di sto Andrea per ampliar una sua picciola bottega posta ai piedi della sodetta torre il quale non ha però mai fatto ampliatione alcu na... egli Gio desidereria aggrandire la sod* bottega per longhezza parmi 15 e per larghezza 20... darli licentia di puoter entrar dentro la detta torre per tali effetto offrendosi di pagar quello che pareva loro ragionevole per tali commodità e di dare una parte di scala ascendente sopra la detta bottega insieme con metà della volta di essa... Foglio doppio scritto su due facciate: relazione in italiano della richiesta, formula latina che incarica i Padri del Comune di svolgere indagini, e nella seconda facciata, in data 22 settembre, l'ordine di non toccare le strutture della torre PODESTÀ, 1901, p. 217.
N. 135. 1596, 2 marzo. Lodisio Midano e Battista Arpe sono possessori di un sito sotto le mura vecchie di Sant'Andrea. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1596, n. 38.
N. 136-155. 1597, 8 novembre. Tommaso Senno compra una bottega e due solai sotto una torre. Per questi possessi entra spesso un polemica con G.B. Cicala. ACG, Sindaci, 1623-24, a) n. 78; b) n. 79; c) n. 80. 3) 1623, 16 ottobre. Si concede a G.B. Cicala di fabbricare «quasdam apph. as cum mansionibus quas alias aquisiuit a Thoma Seno prope et subtus alteram turrem porte S'! And* nempe destera eundo versus plateam ponticelli». Rimando all'atto con Tommaso Senno del 28 novembre 1608. Foglio doppio scritto per poco più della metà della prima colonna dell'ultima facciata. b) 1623, 27 ottobre - 24 novembre; 1624, 22 gennaio - 29 marzo - 14 giugno - 23-28 settembre; 1624, 22-23-24 genmaio. Tommaso Senno chiede di non essere molestato nei suoi possessi richiamandosi agli atti dell'8 novembre 1597 e 17 aprile 1600; compare davanti ai Padri del Comune e difende i suoi diritti circa le botteghe presso la fonte; compaiono testimoni circa la locazione al Sennoe lo stato delle torri.
Foglio doppio scritto sulla prima facciata e su parte della
seconda; foglio doppio scritto per complessive cinque colonne partendo dall'ultima facciata; fascicolo di 10 fogli semplici, scritto per 33 colonne e mezza. ©) 1624, 16 febbraio - 4 marzo - 22 agosto - 14 novembre - 4 dicembre. G.B. Cicala possiede 4 botteghe e stanze che suo
padre Giulio aveva acquistato da Tommaso Senno: chiede di poter «fabbricare» una di queste botteghe presso la fonLe, cioè «quella che resta sotto la torre con li solari di essa». Lite col Senno, invito a quest'ultimo perché venga a sentire la sentenza, sue comparizioni. Foglio doppio scritto su tre facciate. 1624, 23 febbraio. Intervento nella lite di Francesco Bacigalupo. Colonna ricavata tagliando un foglio semplice, scritta per metà. 1625, 2-7 gennaio. Comparizione per il Senno. I Padri del Comune dichiarano che le botteghe in questione appartenevano e appartengono tuttora al Comune. Si decidono le misure del sito pubblico.
Foglio semplice scritto su due colonne del recto. N. 156-157. 1600, 17 aprile. I Padri del Comune affittano al merciaio
Tommaso Senno le due torri e i locali sopra l'arco con acimpegna a coprire a proprie spese torri e arco, a riparare dall'umidità le botteghe sottostanti e a mantenere in buono stato l'acquedotto pubblico. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1600, n. 58; cfr. Atti, 1608, n. 110. «. dictas duas turres dicte porte cum dicto arcu a plano
cesso dalla scala verso la piazza di S. Andrea. Il Senno si
dicti arcus supra iuxta suas confines cum accessu et ingressu per scalam existentem apud hostium platealis eccle.
s.
Andree, ad habitandum tenendum quilibet in re sibi locata ut concessa facere potest in onere cohopriendi tecto dictas turres, quam dictum arcum suis expansis ac manutendi aqueductum publicum ac dictam scalam usque ad canonos publicos s. Andree et etiam deffendendi ac conservandi dictas suas appotecas». Infatti i merciai Giovanni Gamba10 e Giacomo Della Torre, affittuari delle due botteghe situate sotto l'arco, avevano protestato per l'umidità proveniente dall'acquedotto. Il Magistrato dei Padri del Comune incarica Giovanni Aicardi architetto di Camera di visitare i locali, fare relazione, studiare il modo di provvedere. L’architetto riferisce che l'unica soluzione è coprire con un tet to l'arco e le due torri; lavori devono essere eseguiti dal lo catario Tommaso Senno, che possiede anche stanze e tre ‘botteghe sotto la torre sud, anch'esse interessate dall'umidità.
Foglio doppio scritto sulle intere tre prime facciate e su tre righe della quarta facciata. CERVETTO, 24 gennaio 1883, pp. 1-2. 555
PODESTÀ, 1901, p. 226.
PROFUMO, 1979, p. 4. N. 158. 1601, 30 aprile. sono incaricati ni di Tommaso ACG, Atti dei
Bartolomeo Garibaldi e Lorenzo Cattanei di raccogliere informazioni circa le locazioSenno e Giovanni Merello. Padri del Comune, 1608, n. 110.
N. 159. 1601, 8 giugno. Si decreta che sia sospesa alla Porta l'insegna del Comune dal giugno al 15 luglio. ACG, Decreti, 1601, p. non num. PODESTÀ, 1901, p. 230.
N. 160. 1604, 24 maggio. Le monache di Sant'Andrea chiedono un tratto di suolo pubblico per ingrandire una loro casa aderente alla torre nord. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1604, n. 52. «Nella strada che si monta dalla porta di santo Andrea per andare alla chiesa di detto santo resta un ricanto picciolo causato da una casa delle R € monache di S. Andrea conti-
gua alle muraglie antiche della cità... (angolo spesso occupato da immondizie)... e perché alle sud ® R. monache torneria comodo l'hauer d? poco sito per incorporarlo con d loro casa... perciò supp"? d* R. monache VV.SS. ser me che uoglino farle gratia di d? poco sito con facoltà di riti rarsi nella muraglia sud ? per qualche palmi conforme sarà loro di gusto». Foglio doppio scritto nella prima facciata e in tre righe all'inizio della seconda: contiene la richiesta e il mandato d'indagineai Padri del Comune. PODESTÀ, 1901, p. 225
N. 161. 1605, 2 settembre. È concesso a Tommaso Senno di allargare una scala scavando nel muro, e di aprire una cantina nello spessore del muro al livello della porta che dalla strada immetteva al cammino di ronda e alle torri. ACG, Decreti, 1605, p. non num. «. . in amplianda scala in menibus veteribus civitatis... concedendi et permittendi dicto Thome ampliationem gradum dicte scale usque in palmos quatuor in latitudine et demoliendi eam partem moenium veterum civitatis quo pro ampliatione predicta facienda est necesse nec non et constructionem in dictis moenibus ad planum ostii per quam e via publica prope plateam s. Andreae... concessa altitudinis usque in palmos duodecim a solo et longitudinis usque in palmos duodecim et in altitudinem et longitudinem demoliendi moenia ipsa sub conditionibus tamen de quibus infra et non aliter nec alio modo. TI decreto occupa l'intero verso di un foglio e poco più della 556
metà del recto del foglio successivo in un registro di cm 35 x 10 le cui pagine non sono numerate. PODESTÀ, 1901, pp. 227-228. 162-170. 07, 19 dicembre. Richiamandosi all'atto del 17 a 1600 € rinnovato al Senno il contratto d'affitto delle torri e dell'arco di Porta Sant’ Andrea a condizione che provveda alla manutenzione. Foglio doppio scritto per una facciata e mezza e datato nell'ultima facciata. 1608, s.d. Deposizione di Gio. Agostino Gambaro circa due botteghe da lui condotte, che sarebbero state da lui stesso erette. Le botteghe del Senno non sono sotto la torre ma appoggiate al muro; le stanze ricavate nel fondo della torre pati scono per l'umidità, che non interessa però le botteghe. Nelle torri non esistono stanze dall'acquedotto in su; non c'è tetto bensì le volte in conci, ma sono sconnesse per cui piove dentro. Per accedere alla cima delle torri c'è una pi cola scala di pietra incastrata nella muraglia, in qualche punto rotta e mancante di scalini; anche se con pericolo è possibile salire e scendere. Nella torre in cui abita il Senno ha fabbricato stanze e cucina. Fascicolo di 13 fogli semplici inseriti l'uno nell’altro, più quattro colonne e mezza in un altro fascicolo analogo di 10 fogli (in cui segue una testimonianza simile di Antonio Perrineto in data 4 luglio 1609). 1608, 21 novembre. Locazione a Tommaso Senno di «sifum communem existentem ad planum porte s. Andree. prope columnam dicte porte exeundo a parte dextra et est inter appotecae ipsius Thomae que est in via eundo versus canonos fontis publici et viam rectam eundo versus portam arcus ac a latere appotece quam conducita prefato camera bap.ta Sanguinetus». Foglio semplice scritto su tre colonne. II sito & esattamente individuato nel disegno eseguito a mano libera su un foglietto di cm 15,5 x 10,5 allegato alla pratica (Tav. I). 1608, 9 dicembre. Rinnovo del contratto d'affitto a Tommaso Senno. Unica colonna ricavata da un foglio tagliato secondo Paltezza. 1608, 23 dicembre. Tommaso Senno occupa le torri al piano dell'arco e al di sopra di esso; la torre dalla parte della fontana pubblica è fino a quel momento massiccia dal piano dell'arco in giù per 12 palmi, ma vi è stata ricavata una stanza con cucinae trogoli per l'acqua, per cui è indebolita. La torre in questione è esattamente definita come quella più vicina «alli canoni della porta di S. Andrea» e rivolta verso Sarzano. Il Senno è accusato di aver prodotto diversi deterioramenti alla torre avendone assottigliate le pareti. Inoltre dall'alto cadono merli e pietre.
1609, 2 gennaio. È data locazione della torre e si ricorda come sia guasta, rotta, scrostata, priva di porte e finestre, come penetri l'umidità e come cadano pietre e calcinacci. Il documento è composto da un foglio doppio e da due fogli semplici scritti per colonne, restando libera solo l'ultima. colonna a disposizione. 1609, 14 gennaio. Altra relazione sullo stato delle torri e delle botteghe, in cui si denuncia la presenza di calcinacci. Foglio semplice scritto su tre colonne, quasi completamen: te tagliato lungo la piegatura. 1609, 27 gennaio. Testimonianza di Pietro Castello: il Senno occupa le torri dal piano dell'arco in su; in una e nelfar co abita con la famiglia, l'altra l’appigiona a Lazzaro Oliva. E ricordato il vano adibito a cucina realizzato dal Senno, la stanza scavata nella muraglia della torre indebolendola, un incavo fatto dal Senno per togliere l'umidità alla torre. Si conclude che non appare una grave minaccia di rovina delle torri. Riparazioni all'acquedotto erano appena state fatte dal magistrato addetto alla cura del pubblico acquedotto. Si precisa esattamente quali locali occupa Tommaso Senno (direttamente o per mezzo di subaffittuari): l'arco sopra la Porta, cioè le parti delle torri sopra detto arco, che sono an: cora ben massicce. II teste ritiene che il Senno abbia perforato le torri più di quanto fosse concesso dal suo contratto, spendendo ingenti somme per tale lavoro. II Senno era anche stato più volte chiamato dalla Camera, che voleva anche che egli facesse dipingere sulle torri «l'ar-
me pubbliche». Fascicolo di 10 fogli semplici inseriti l'uno nell'altro con scritte 27 colonne. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1608, n. 110. CERVETTO, 25 gennaio 1883, p. 2. PODESTÀ, 1901, pp. 228-230, tav. VI. PROFUMO, 1979, p. 4. N. 171211. 1608, 23 settembre. Richiamandosi al contratto del 17 aprile 1600 con Tommaso Senno (che prevede lavori di manutenzione a cura del locatario) c al contratto del 30 dicembre 1523 (che proibisce lavori senza il benestare del Comune), i Padri del Comune rilevano la contraddizione e la necessità di un chiarimento della posizione del Senno. Segue il mandato d'indagine ai Padri del Comune. Foglio doppio scritto su due facciate. 1608, 9 dicembre. Presentazione della questione della legit timità della locazione al Senno. Invito alla comparizione per il Senno stesso. Foglio doppio scritto per colonne, delle quali resta libera. solo l'ultima. 1608, 12-15-18 dicembre. Ancora sulla questione. Foglio semplice scritto su tre colonne. 1609, 13 gennaio. Autodifesa del Senno circa la legittimità della locazione.
Stato delle torri e interventi del Senno stesso. Foglio doppio scritto su tutte le colonne, più una colonna in un foglio semplice (questa e le ultime tre righe del primo foglio comprendono la registrazione della testimonianza del Senno e la richiesta di presentazione dei documenti ci tati. 1609, 12-13-15 gennaio. Elenco dei testimoni. Foglio ottenuto tagliando secondo l'altezza un foglio semplice, scritto su una sola facciata. 1609, 15 gennaio. Altre testimonianze. Foglio tagliato secondo l'altezza, scritto per poche righe in alto. 1609, 25 gennaio. Altra testimonianza. Colonna risultata da un foglio strappato, per cui il testo ri manc incompleto (scritte le due facciate). 1609, 9 settembre. Ancora sulla questione. Foglio semplice scritto sulle due colonne del recto e su uria del verso (tre note successive e la registrazione in data 3 ottobre). 1609, 5 ottobre, 17-18-22 novembre, 1-14 dicembre. 1611, 5-7-19-22 gennaio, 4-5-23 febbraio. Continua la questione della legittimità della locazione a Tommaso Senn. Due fogli semplici scritti per colonne, il primo completamente, il secondo per una colonna e mezza. 1611, 14 marzo. Richiamo al mandato d'indagine ai Padri del Comune circa la legittimità della locazione al Senno e riproposta della questione per un ulteriore chiarimento. 1611, 18 marzo. Il Senno dichiara di aver ricevuto copia del suddetto decreto e di non intendere contravvenire ad esso. 1611, 18 novembre. Convocazione del Senno per il 7 dicembre. Tre note (l'ultima di sole 4 righe) nella prima facciata di un foglio doppio. 1611, 30 dicembre. Presentazione della questione della locazione a Tommaso Senno. 1612, 15 febbraio. Relazione della discussione e votazione circa la legittimità della locazione: i miglioramenti fatti inducono a ritenere ingiusto privare il Senno della locazione prima del suo scadere. Sd. Trascrizione del contratto d'affitto al Senno del 17 aprile 1600 relativo alle due botteghe sotto il fornice, affit tate l'una a Gio. Agostino Gambaro e l’altro a Giacomo Della Torre. 1612, 13 settembre. Conferma dell'affitto e delle condizioni. 1613, 9 gennaio. Ordine al Senno di far dipingere le insegne della Repubblica perché restino sulle torri per tutto il mese di gennaio. 1624, 29 dicembre. Mandato di pagamento al Senno di L. 5290 e soldi 15 a soluzione del contratto. 1624, 12febbraio. Il Senno, che rinunzia alla locazione, paga L. 660 e soldi 12 a Fabrizio Cambiaso e L. 195 a G.B. 557
Pozzo, che effettuano il sequestro. Due fogli doppi inseriti a fascicolo, scritti per esteso tranne che nell'ultima facciata. Il foglio esterno ha le pagine quasi completamente staccate ed è tagliato del tutto nella seconda pagina lungo la piegatura centrale. Copia dei testi del 30 dicembre 1611 e 15 febbraio 1612 nelle prime due facciate di un altro foglio doppio. 1623, 18 dicembre. Giovanni Aycardo, Bartolomeo Bianco e Bastiano Ponsello ispezionano la Porta e valutano a L. 5290 e soldi 5 la somma dovuta al Senno per i lavori eseguit Foglio semplice scritto per meno della metà della facciata: una riga é aggiunta fra la settima e l'ottava del testo. 1624, 12 febbraio. Liquidazione del risarcimento. Foglio semplice scritto per esteso sulla prima facciata. 1624, 24 febbraio. Pagamento a Fabrizio Cambiaso e G.B. Pozzo della somma dovuta da Tommaso Senno. Due note successive, la seconda assai breve, scritte in un foglio ottenuto tagliando secondo l'altezza un foglio semplice, ACG, Atti dei Padri del Comune, 1608, n. 110. PODESTÀ, 1901, pp. 230231 N. 212-230. 1607, 8 giugno. Giovanni Merello chiede nuovamente di poter sfondare la torre nord e propone in cambio la demolizione della scala che porta alla sua casa c sporge sul suolo pubblico per tre palmi. I Padri del Comune verificano. 1607, 15 giugno. I Padri del Comune rispondono favorevolmente alla richiesta di Giovanni Merello. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1607, n. 62. La bottega del Merello «resta al piede della torre di S'^ Andrea»; lo spazio richiesto è di due palmi di larghezza e altrettanti di profondità nel muro della torre. La concessione era già stata ottenuta dal precedente proprietario Gerolamo de Compiano nel 1582, che però non aveva eseguito i lavori; una supplica del Merello del 1595 per poterli effettuare era stata respinta. Foglio semplice: la prima facciata contiene la relazione della richiesta del Merello in italiano e la formula latina che incarica i Padri del Comune dell'indagine; le ultime due righe della prima facciata e la seconda per oltre metà estensione contengono la risposta favorevole redatta în latino. AI documento è allegata una pianta in cui compaiono la strada della Porta, il perimetro della torre, le botteghe ad essa addossate, lo spazio destinato all'ampliamento, il tutto con le rispettive dimensioni. Foglio di cm 21,5 x 29,5 piegato per lungo e lacerato nella piega (Tav. III). PODESTÀ, 1901, pp. 217-219, tav. V. 1608, 9 giugno. I Padri del Comune ordinano a Giovanni Merello di demolire entro due giorni la costruzione aderente alla torre e di far conoscere a quale titolo essa è stata eretta. 558
ACG, Decreti, 1608-9, p. non num. CERVETTO, 27 gennaio 1882, p. 2. PODESTÀ, 1901, p. 218. 1608, 20 e 27 giugno. I Padri del Comune ordinano al Me rello di deporre una cauzione di 100 ducati d'oro e di pagare L. 200 o abbattere entro quattro giorni i muri e il tetto innalzati aderendo alla torre. ACG, a) Decreti, 1608.9; b) Deliberazioni, 1608, p. 1. a) La casa è «contigue turri publice in porte S° Andree». Devono essere demolite anche una parte del tetto che lascia cadere l'acqua piovana «versus carrubeum rectum quo itur ad portam arcus», e l'altra parte del tetto «dimittentem aquam versus viam ducentem ad Ecclesiam St Andree. quo opere pariter dictae turri adhaeret».
b) Testo uguale: 15 giorni di tempo per pagare le 200 L. o
abbattere il tetto e i muri verso il carruggio dritto; 4 giorni per abbattere l'altra parte del tetto che scola sulla via della chiesa di S. Andrea. CERVETTO, 27 gennaio 1882, p. 2. PODESTÀ, 1901, p. 218. 1608, 30 giugno. I Padri del Comune respingono la supplica del Merello per la riduzione della multa ma gli concedono una proroga. 1608, 5 luglio. Giovanni Merello è condannato a una nuova multa di 25 scudi per non aver demolito la costruzione abusivamente iniziata. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1608, n. 58. CERVETTO, 27 gennaio 1882, p. 2. PODESTÀ, 1901, pp. 218-219. In precedenza: 1608, 3 giugno o luglio. Ingiunzione a sospendere i lavori. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1608, n. 143. 1608, 15 dicembre. Sono condonate al Merello 100 L. di multa purché compia il pagamento entro due giorni. ACG, Decreti, 1608-9, p. non num. PODESTÀ, 1901, p. 219. 1609, 15 giugno. Si concede a Giovanni Merello di pene{rare nella torre per due palmi. ACG, Decreti, 1608-9, p. non num. Si ricorda che la bottega appartiene ai monaci di S. Stefano e che la concessione ripete quella del 23 maggio 1582 e 28 aprile 1586. Decreto di 19 righe nella prima metà del verso della pagina. PODESTÀ, 1901, pp. 208, 219. 1609, s.d. Giovanni Merello è denunziato perché esegue lavori non consentiti. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1609, n. 57. Il Merello ha innalzato la bottega, occupato parte della strada, superato il limite della scala (si vedano i cardini murati nel pilastro dove si chiudeva la bottega) e sfondato la torre. 1609, 12 agosto. Giovanni Merello, che sta eseguendo i lavori già concessi al Compiano, supplica che venga demolita
la scala nel tratto sopra la volta della bottega perché minaccia rovina e non permette al locatario di abitare nel vano, e che la volta della bottega sia sostituita da un tetto in modo che il locale risulti più alto. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1609, n. 57. 1611, 19 gennaio. Ordine di comparizionee avviso di mul ta perché ha fatto costruire «quondam appotecam in via publica s.ti Andree et prope seu quasi subtus fornicem turrium in d* via et contiguam alteri ex d'* turribus, illi scili cet parte ecc ie S' Andree». (1611), 4-23-25 febbraio. Interrogatorio di Giovanni Merello, elenco dei documenti da lui presentati per dimostrare la legittimità dei lavori, relazione della concessione a Giovan: ni Merello di un termine di 8 giorni per presentare documenti a propria discolpa e dell'esibizione e registrazione de gli stessi.
1611, 28 novembre. Convocazione del Merello. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1611, n. 8. PODESTÀ, 1901, p. 219.
N. 231 1608, 5 maggio. Si concede a Raffaele Sanguineti di avere una chiave per salire all'acquedotto di Porta Sant'Andrea e rimuovere ciò che ostacola l'afflusso d'acqua al suo rubi netto. ACG, Deliberazioni, 1608, p. 1.
N. 232. 1611, 21 giugno. Le monache di S. Andrea chiedono di poter alzare la loro casa appoggiandosi alla torre nord. L'op posizione dei vicini causa il rifiuto. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1611, n. 82. La bottega delle monache è sotto la torre a destra salendo la strada verso il convento; minaccia rovina ed è bassa. Per alzarla conviene appoggiarsi alle mura, o meglio alla torre. Si chiede di servirsi di tale appoggio per quanto sarà neces: sario, tenendo conto che ciò non sarà danno «anzi orna mento alla città». Le opposizioni si susseguono fino a settembre. Ai tre fogli della pratica (due doppi e uno semplice) è allega to un foglio di cm 21 x 30 con la pianta del sito interessato dalla richiesta. (Tav. IV). PODESTÀ, 1901, pp. 225-226. N.
233.
1613, 19 luglio. Locazione a Pellegro Gambaro, figlio di Gio. Agostino, della bottega posta «sub fornice sive arcu turriss. Andree in ipsamet turri, et est llamet quam conducebat q. Io. Aug. eius pater per annis 3 pro pensione L. 114 monete Genue». ACG, Pratiche Pubbliche, 1601-15, n. 481
N. 234. 1615, 3 aprile. Giovanni Merello chiede di penetrare nella torre nord di altri due palmi; offre in cambio di allargare la strada demolendo circa 4 palmi della scala contigua alla torre. Opposizioni susseguentisi fino a settembre, tra le quali quella delle monache di Sant'Andrea. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1615, n. 38. PODESTÀ, 1901, p. 220.
N. 235. 1617, 14 luglio. Benedetto Merello, figlio di Giovanni, costruisce nuove stanze nella sua abitazione. ACG, Decreti, 1616-17, p. non num. PODESTÀ, 1901, p. 220.
N. 236. 1619, 9 marzo. Benedetto Merello chiede di poter alzare la bottega di 5 palmi appoggiandosi alla torre nord. Opposizioni, tra cui quella delle monache di S. Andrea.
ACG, Atti dei Padri del Comune, 1619 - I, n. 119.
Il Merello sostiene che la riparazione e l'innalzamento della bottega saranno addirittura di «abbellimento della città».
PODESTÀ, 1901, p. 220.
N. 237. 1620, 11 settembre. Giulio Cicala, setaiolo, affitta per tre anni lo spazio sotto il fornice presso la colonna destra uscendo dalla città, già affittato da Tommaso Senno. ACG, Pratiche Pubbliche, 1616-27, n. 203. PODESTÀ, 1901,p. 233. N. 238. 1621, 1 dicembre. Tommaso Senno deve sgombrare immediatamente la terra che si trova presso la torre a destra andando verso Ponticello. ACG, Decreti, 1619-21, p. non num. N. 239. 1622, 2 luglio. Spesa per levare la terra fra le case di Gio. Maria Multedo e Tommaso Senno. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1622, n. 193. N. 240. 1623, 18 agosto. G.B. Cicala chiede che gli sia venduto lo spazio affittato al padre nel 1620 perché contiguo a una sua bottega. La richiesta è respinta per l'opposizione degli affittuari delle contigue botteghe sotto l'arco. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1623, n. 270. II Cicala è proprietario di quattro botteghe poste sopra la Porta, una delle quali ha la porta su un «canto piccolo delli Sig"! Padri del Comune», angolo non sfruttato da alcuno. PODESTÀ, 1901, p. 233. 559
N. 241-242. 1623, 4 settembre. Gio. Battista Cicala è succeduto nella locazione al padre Giulio. La locazione è confermata il 4 agosto 1625. ACG, Pratiche Pubbliche, 1616-27, n. 327. Le botteghe sono poste «prope culumnam dexteram eundo versus platea ponticelli sub fornice portes"! Andree».
PODESTÀ, 1901, p. 234.
N. 243248. 1623, 16 ottobre. La bottega del pilastro nord è affittata dal taverniere Gio. Linali. 11 20 ottobre si fissa il canone. ACG, Pratiche Pubbliche, 1616-27, n. 334. PODESTÀ, 1901, p. 215. 1624, 12-20 gennaio. Gio. Maria Linali affitta una bottega sopra la Porta di S. Andrea per il figlio. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1624, n. 8. 1624, 2 settembre-7 ottobre. Il canone per quest'ultima bottega è troppo elevato: il Linali, non riuscendo a subaffittarla, chiede una diminuzione. Invece viene sostituito nella locazione da Pietro Giovanni Agnese. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1624, n. 206. N. 249. 1624, 3 gennaio. Dopo che Tommaso Senno desiste dalla locazione in enfiteusi il Comune gli rilascia l'affitto di torri e arco per 5 anni. ACG, Pratiche Pubbliche, 1616-27, n. 336. Ha in affitto «turres et arcum ac mansiones in eis ab eo postremo relaxatas» sotto condizione «quod teneat deffendere ab igne et non possit sublocare». È unito un inventario di porte, finestre, ecc.
Foglio semplice scritto su una colonna e mezza. L'inventa-
rio è costituito da un foglio doppio scritto su due facciate
per complessive tre colonne più sei righe nella quarta colonna; è scritto da una mano diversa.
PODESTÀ,
1901, p. 230.
N. 250. 1624, 23 febbraio. La bottega del pilastro sud è in affitto a Marco Antonio Dertona e Tommaso Tassorello. Prima era locata a Jacobo Savignone e M.A. Dertona. ACG, Pratiche Pubbliche, 1616-27, n. 338 PODESTÀ, 1901, p. 213.
N. 251-252. 1624, 7 ottobre. La bottega del pilastro nord passa a Pietro Gio. Agnese. ACG, a) Atti dei Padri del Comune, 1624, n. 206; b) Pratiche Pubbliche, 1616-27, n. 365. PODESTÀ, 1901, p. 215. 560
N. 253256. 1625, 29 luglio. G.B. Cicala si offre di redimere dal terrai co annuale cui erano soggette due delle quattro botteghe ereditate dal padre. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1625, n. 231-232. Le botteghe erano poste presso la Porta di S. Andrea verso la fontana pubblica; esse erano appartenute a Battista Carrega e Isabella Fieschi,e poi a Tommaso Senno, che le aveva vendute a Giulio Cicala. Due copie dello stesso documento; due fogli doppi scritti su due facciate contengono la richiesta del Cicala, il mandato d'indagine ai Padri del Comune, la loro risposta favorevole (4 agosto). Il n. 232 contiene anche il decreto di riscatto delle due botteghe. 1626, 23 marzo. Ricevuta del versamento di L. 375 fatto da G.B. Cicala quale riscatto delle due botteghe. Foglio doppio scritto su metà della prima facciata. Sul retro la data. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1625, n. 232. 1626, 17 marzo. «Franchiggie delle due buteghe supra la porta di S'? Andrea una chi confina con Giulio Noceto da due bande dietro le muraglie antiche della città et inanti la via publica, l'altra (la quale fu per inanti del S. B^ Caregha) da un lato fran°° de augustis, et da l'altro la butega del q. Tomaso Seno, dietro le muraglie antiche della città, et inanti la via publica». ACG, Atti dei Padri del Comune, 1627, n. 79 Foglio semplice piegato in due, con la scritta per traverso, come una fascetta. Decreto in un foglio doppio scritto per colonne sulle intere due facciate esterne, e nella prima facciata interna sulla prima colonna, piü una riga e la firma nella seconda colonna. In fondo al testo la data.
PODESTÀ, 1901, p. 233.
N. 257258. 1628, 9 ottobre. G.B. Cicala compra un'altra bottega dagli eredi del Senno e chiede di essere sciolto dall'onere per una scala addossata alle mura. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1628, n. 304. Riferimento al documento del 7 aprile 1571 1636, 6 maggio. Rinnova la richiesta. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1636, n. 163. Bartolomeo Senno, padre di Tommaso, «uolendo fare una scala occupò un poco di sito nella muraglia pubblica... li ‘concessero poi d °sito in perpetuo con che pagasse ogni anno lire due..». PODESTÀ, 1901, pp. 234235. N. 259. 1629, 26 settembre. È apprestata una vasca per la raccolta delle acque sotto una delle torri della Porta. ACG, Decreti, 1627-30, p. non num.
N. 260. 1631, 23 aprile. Locazione a Battista Campostano di «locum inferius fontem conductus sti Andreev: deve porvi un banco di palmi 8 x 3 per la vendita della frutta. ACG, Pratiche Pubbliche, 1628-34, n. 173. N. 261-264. 1631, 11 agosto. E ordinato agli eredi di Tommaso Senno di pagare entro 4 mesi l'affitto da lui non versato. ACG, a) Cartulario, 1631; b) Decreti, 1631-32, p. non
num. PODESTÀ, 1901,p. 231. 1631, sd.-1633, sd. Gli eredi di Tommaso Senno si dichiarano debitori della pigione delle stanze delle torri, che per difficoltà di tempo non hanno potuto pagare; sperano di poterlo fare al più presto e domandano di non essere molestati nel loro possesso. ACG, Atti dei Padri del Comune, a) 1631,n. 270; b) 1633, n. 50. N. 265-272 1631, 19 settembre. Le monache di S. Andrea ricevono in dono una piccola casa sopra la Porta e appoggiata alle mura; ma poiché è bassa e i ragazzi gettano pietre sul tetto guastandolo chiedono di poterla alzare. È concesso per 8 palmi dalla parte della strada attaccandosi al muro per quanto sarà necessario per dare l'inclinazione alle tubature dalla parte della piazza della chiesa. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1631, n. 324. Due copie dello stesso documento: due fogli doppi scritti su due facciate contengono la richiesta delle monache, il mandato d'indagine ai Padri del Comune (19 settembre), la loro relazione favorevole (7 ottobre). La copia B contiene anche il testo del decreto (15 ottobre) e nell'ultima facciata: nella seconda metà della prima colonna la nota del deposito di un pegno di 100 scudi(17 ottobre) e del pagamento di L. 24 come affitto del muro pubblico cui la casa si appoggia (22 dicembre); nella prima metà della seconda colonna la nota che il fitto per il muro è fissato a sole L. 12 (22 dicembre). PODESTÀ, 1901, p. 226.
N. 273-292. 1633, 28 giugno-5 settembre. Benedetto Merello chiede di penetrare nella torre nord offrendo in cambio il pagamento di una certa somma. Indagine e decreto favorevole. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1633, n. 286. Un foglio doppio scritto su due facciate contiene il testo della richiesta, il mandato ai Padri del Comune (28 giugno, il richiamo alla relazione del 5 aprile 1600 e al decreto dei 13 settembre 1595, la relazione favorevole (8 agosto). La concessione è fatta conformemente alla relazione dell'anno 1600 ed è aumentata la cifra che il Merello dovrà pagare da 200 a 300 L.
Un fascicolo formato da due fogli doppi inseriti l'uno nell'altro e scritto fino alla penultima facciata a disposizione contiene ancora la richiesta e il mandato ai Padri del Comune; i documenti del 13 settembre 1586 (Giovanni Merello chiede di ampliare di palmi 15 x 10 la bottega già appartenuta a Gerolamo de Compiano) e del 5 aprile 1600 (concessione per palmi 15 x 2 x 2); seguono la relazione favorevole dei Padri del Comune (8 agosto), il relativo decreto (19 agosto), l'approvazione col mandato di fideiussione a Giovanni Francesco Solimano (19 agosto) e l'impegno da parte del Solimano in nome del Merello (5 settembre). Questi ultimi due testi sono scritti da una mano diversa.
AI fascicolo sono allegati la pianta del luogo interessato e
un foglio rovinatissimo e frammentario coi documenti del 1595 e 1600 (Tav. V). s.d-1633, 22 luglio. Invito alle opposizioni e opposizione. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1633, n. 287. L'allargamento richiesto è di palmi 15 x 8, per un altezza tale da pareggiare il soffitto; per fare ciò è necessario rimuovere la scala.
PODESTÀ, 1901, p. 220.
1633, settembre ()). L'innalzamento di una casa delle monache di Sant'Andrea contigua alla torre nord e i lavori concessi a Benedetto Merello nel corpo della stessa torre causano la protesta mediante una lettera anonima. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1633, n. 443. «Li pubblici e antichi edifici sono l'honore e magnificenza della città... Di questi particolarmente (essere cosa mirabile e da conservare) le torri della Porta dei Vacca e di Sant'Andrea, monumenti che da qualche tempo soffrono detrimen0, ed a quali è necessario di provvedere, affinché non se ne abbia a lamentare la totale rovina... Poscia cheè stato permesso pochi mesi sono alle RR. monache di sant Andrea di fabbricare all'intorno et occultamente hanno debilitato li fondamenti per guadagnare sito particolare. E seben sono (le torri) di quella fortezza che ognun vede pure egli è pur vero che quando i venti sono furiosi crollano senza suo darsi, cosa difficile a credere, perché sono bene accompa: gnate insieme. Molti anni or sono pare si dica che un certo Benedetto Merello habbi ottenuto dal Prestantissimo Ma-
gistrato dei Padri del Comune licenza di fare sotto i fondamenti di esse non so che fabbrica, con averli dato ad intendere che non vi sarà detrimento et havendovi una casa attaccata, furtivamente è entrato sotto di esse e debilitato li fondamenti, et ultimamente ha tentato da detti signori del Comune nuova confirmatione di detta licentia e l'ha ottemuta con mezzi atti a simili affari. Detti signori del Comune hanno commesso al loro Capo d'opera che veda e rifera, et esso che ha preso a fare il lavoro dicesi habbia referto che si può fare il che è tutto alieno dalla verità, perché chi senza passione vedrà il lavoro che hora si fa, vederà a quanto pericolo restino di cadere tagliandoli li fondamenta. E ruinando ruineranno si bella facciata della città getteran-
561
noa terra li edifiti vicini, causeranno morte e danno a più persone, a tal che & di mestiero che quanto prima da VV.SS. Serenissime sii provisto alla soprastante rovina, ordinando non si proseguisca il lavoro che hora si fa, sino che VV.SSSSS. non sijno benissimo informate del sudetto lavoro. Pertanto se ne fa parte a V.SS.SS. V accioché considerato quanto sopra, provedano in breve come meglio le parrà, avvertendo che si proseguisce ogni hora il lavoro, che perciò viè bisogno di pronto rimedio. Li uicini delle torri». Fo-
lio doppio scritto su due facciate, lacerato nella parte infe-
riore del secondo foglio. Sul retro alcune note: «Litta al So Sinato» (4 settembre); mandati d'indagine ai Padri del Comune e all'architetto comunale (19 settembre); mandato al cancelliere (26 settembre); e scritto a rovescio l'indirizzo al Doge e la raccomandazione «Sia data subito». PODESTÀ, 1901, pp. 222-224. 1633, 26 settembre-14 novembre. Benedetto Merello chiede di poter alzare di 15 palmi la sua casa appoggiandosi alla torre. Il Comune non acconsente perché la torre è troppo indebolita dalle aperture praticate, tra cui la bottega del Merello stesso. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1633, n. 425. La casa è «posta sopra la porta di $!9 Andrea annessa ad una delle torri detti»; il tetto minaccia rovina e deve essere rifatto, e nel lavoro si vuole alzare la casa. PODESTÀ, 1901, p. 220. 1634, 18 gennaio. Benedetto Merello chiede di ampliare la bottega su un terreno non occupato da nessuno. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1634, n. 42. 11 Merello ha iniziato il lavoro di ampliamento per palmi 15 x 8 ed ha trovato che a ponente dell'«ouato» della torre resta uno spazio di 5-6 palmi che non serve a nessuno. È accontentato perché effettivamente nessun altro poteva essere interessato a quel sito e perché si suppone che lo avrebbe occupato abusivamente. Deve però pagare una somma di L. 350 e non di 300. PODESTÀ, 1901, p. 221. 1634, 3 marzo e 18 agosto. Il Comune, dopo qualche esitazione, concede al Merello il nuovo terreno, poi lo multa perché esegue lavori non concessi. ACG, Decreti, 1631-34. PODESTÀ, 1901, pp. 221-222. N. 293319. 1636, 15 ottobre. G.B. Cicala chiede di poter alzare il tetto delle sue botteghe appoggiandosi alle mura della città. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1636, n. 341 Le tre botteghe del Cicala sono «d'alto alla porta di S!° Andrea, quali restano appoggiate per una parte alle mura antiche della città». Foglio doppio scritto su due facciate: contiene la richiesta del Cicala e la sue deposizione (15 ottobre); l'invito all'in tervento del Multedo (15 ottobre); il decreto secondo cui i 562
Padri del Comune esamineranno la questione (20 ottobre);
sul retro è il mandato ai Padri stessi (14 ottobre). Due fogli semplici scritti per colonne, il primo completamente, il secondo recante sul retro solo la registrazione del 4 novembre. Gio. Maria Multedo si oppone allinnalzamento delle botteghe perché questo avrebbe tolto luce alla sua casa; esibisce i decreti del Senato che si oppongono a tali lavori, a partire dal 1549 (29 ottobre). Vi sono anche l'invito al Cicala di prendere visione di tale opposizione, le registrazioni del 31 ottobre e 4 novembre, e l'invito ad ascoltare la sentenza (4 novembre, con relativa registrazione) Foglio doppio scritto per colonne e interamente occupato: risposta del Cicala, che esibisce altri passati documenti a sostegno del proprio diritto, a partire dal 1565; invito alle risposte e registrazione (5 novembre); opposizione di Ottavio Oliva (5 novembre); incarico di sopralluogo ad Antonio M. Sopranis (7 novembre); convocazione per il Multedo e Oliva per il 12 novembre in relazione al sopralluogo del Sopranis registrazione che la convocazione è giunta agli interessati (12 novembre); invito all'Oliva a venire a udire la sentenza (15 novembre); decreto dei Padri del Comune di ispezione al sito (17 novembre). E allegato un foglio semplice scritto su una sola colonna con una convocazione per Ottavio Oliva (27 novembre). Un foglio doppio e uno semplice interamente scritti per coJonne, il primo avente la seconda pagina quasi interamente tagliata lungo la piegatura. Nuova risposta del Multedo, che nega la legittimità della richiesta del Cicala; ripete che l'operazione avrebbe tolto vista e luce alla propria casa; registrazione (11 dicembre, il tutto occupante ben 10 colon-
ne); invito al Cicala di prendere visione del nuovo passo del
Multedo (11 dicembre) e notifica all'interessato (12 dicembre); altre convocazioni per il Multedo e l'Oliva (12 dicembre). Due fogli doppi, il primo scritto interamente, il secondo su due facciate: risposta del Cicala e registrazione (20 dicembre); invito al Multedo e all'Oliva a prenderne visione e sua notifica (22 e 29 dicembre); decreto di concessione al Cica-
la (2 gennaio 1637), limitando però l'innalzamento a soli 6
palmi. Al fascicolo & allegato un disegno su foglio di cm 25 x 36 che presenta la pianta delle botteghe e dei siti (Tav. VI.
interessati
PODESTÀ, 1901, p. 235.
N. 320.323. 1637, 21 gennaio. Il Cicala chiede di alzare la bottega di più di 6 palmi perché è cessata l'opposizione del Multedo. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1637, n. 32. Due copie (A-B) dello stesso documento: due fogli doppi scritti su tre facciate; B ha il secondo foglio quasi completamente tagliato lungo la piega centrale. Richiesta del Cicala
e mandato d'indagine ai Padri del Comune (21 gennaio); lo-
ACG, Atti dei Padri del Comune, 1637, n. 271.
braio).
aperta. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1637, n. 272. PODESTÀ, 1901, pp. 233-234, nota 4.
10 relazione che permette di appoggiarsi alle mura e chiudere parte di una finestra, già aperta nelle mura, che però il N. 335. Multedo potrà ingrandire verso l'alto (30 gennaio); imposi- 1637, 23 luglio. G.B. Cicala chiede che sia proibito ad Ettozione di una nuova tassa di L. 70 per la concessione ottenu- re Boccone, proprietario di una bottega posta sotto l'arco, ta (6 febbraio); in B, registrazione della relazione (6 feb- di penetrare nelle mura e di chiudere una finestra da lui PODESTÀ, 1901, p. 235.
N. 324332. 1637, 12 gennaio. Gio. Maria Multedo, che possiede una casa da cui ha accesso all'acquedotto, chiede di poter costruire un terrazzo sporgente al di sopra della fontana pubblica. Risposta favorevole. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1637, n. 6. Foglio doppio; su due facciate Ia richiesta, il mandato ai Padri del Comune (12 gennaio); la convocazione (24 gennaio) e sua notifica (26 gennaio) ad Angelo Grillo; due successivi incarichi di sopralluogo (26 c 28 gennaio); e il decreto favorevole (30 gennaio) che continua sulla prima facciata di un altro foglio doppio, i cui margini sono ripiegati. Altre note sul retro. Foglio doppio con le pagine quasi staccate e Ia seconda tagliata anche lungo la piegatura centrale, scritto su tre fac: ciate: altra copia della richiesta, del mandato ai Padri e della relazione favorevole, seguiti dal decreto (6 febbraio). Foglio doppio scritto su due facciate: invito alle opposizio
ni. PODESTÀ, 1901, p. 237. 1639, 3 febbraio. Altro spazio gli è negato per l'opposizione del Cicala «circa murum seu situm requisitum supra for. nices publice aqueductus 5" Andree». ACG, Decreti, 1639-46, p. Nota di 8 righe all'inizio del verso della pagina. PODESTÀ, 1901, p. 237. 1639, 14 marzo. Richiesta presentata da Gio. Maria Multedo, che per riparare una sua casa nei macelli di Porta Sant Andrea confinante con le antiche mura ha bisogno di appoggiarsi alle mura stesse. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1639, n. 196. N. 333.
1637, 8 maggio. Locazione al merciaio Giovanni Sturla della bottega sotto la torre di Sant'Andrea prima condotta da Francesco Dalla Valle. ACG, Contratti, 1635-48, n. 150. La locazione riguarda l'eaporhecam sub turri s! And» e comporta l'impegno a non effettuare subaffiti. N. 334. 1637, 9 luglio. Marsilio Noceto chiede di riparare e alzare il
tetto della sua bottega presso la porta di Sant'Andrea, appoggiata alle mura.
N. 336. 1638, 24 settembre. G.B. Congialanza espone che nei mesi passati il Magistrato dei Padri del Comune aveva fatto riparare il tetto di una delle torri di Sant’ Andrea e costruire un canale di scolo la cui caduta d'acqua corrispondeva al tetto della casa del Congialanza, aderente alla torre stessa. Poiché tale scolo causa danno smuovendo le chiappe, il proprietario della casa chiede che sia spostato in corrispondenza della piazza. Ordine di sopralluogo da parte dellarchitetto del Comune. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1638, n. 303. N. 337. 1639, 31 gennaio. Luca Spinola ha metà di una casa contigua alle torri e più bassa di queste, per cui è spesso colpita dalla caduta di pietre. Incarico di sopralluogo a Bartolomeo Francesco Grimaldi. AGG, Atti dei Padri del Comune,
1639, n. 43.
Altri proprietari della casa sono Bartolomeo e Francesco De Fornari. Poiché pioggia e vento fanno cadere merli e altre pietre, si chiede la demolizione delle parti pericolanti. PODESTÀ, 1901, p. 248. N. 338. 1641, 29 dicembre. I Padri del Comune espongono ai Serenissimi Collegi le difficoltà di transito presso la Porta e pro-
pongono di aprire due nuove strade dalle mura vecchie di Sarzano a Ravecca, con archi di passaggio sotto le mura
stesse per collegarle a via del Colle. ACG, Pratiche Pubbliche, 1635-48, n. 54. Foglio semplice scritto sull'intero recto: esposizione della necessità del lavoro. Prima facciata di un foglio doppio: disegno del progetto e preventivo di spesa (Tav. VIN. PODESTÀ, 1901, p. 240. N. 339-345.
1642, settembre. G.B. Cicala chiede ed ottiene l'affitto di uno spazio accanto a una delle sue botteghe. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1642, nn. 339, 389. II secondo documento contiene la ripetizione della richie563
sta da parte della moglie del Cicala, Maddalena, e la relazione favorevole dei Padri del Comune. 1642, 10 dicembre. La richiesta è nuovamente presentata da Maddalena Cicala, che intende sfruttare lo spazio per erigere una piccola costruzione da incorporare nella bottega attigua, e ottiene risposta favorevole. ACG, Contratti, 1635-48, n. 367. Foglio doppio scritto per esteso sulle intere prime tre facciate. Contiene: la richiesta di Maddalena Cicala (sd), mandato di indagine ai Padri del Comune (20 ottobre); Ja loro relazione favorevole, ma nei modi previsti dal disegno allegato (22 ottobre); la registrazione (23 novembre); il con-
tratto con Maddalena Cicala (10 dicembre), che non può perforare i muri o appoggiarsi alla colonna; l'accettazione delle clausole da parte dei Cicala (11 dicembre) II terreno interessato è di palmi 4 in lunghezza, 3 3/4 in larghezza «confini in duabus partibus via publica ab alia parte apotheca dicti (Jo. B. Cicala) ab alia columna marmorea cum pedestallo eiusdem posita pro regimine volti dicte porte s, Andree». II disegno compare sulla prima facciata di un altro foglio doppio; sull'ultima facciata è indicato con la dizione «Modello» (Tav. VIII) PODESTÀ, 1901, pp. 236237, tav. VII.
cui toti domui coheret antea via publica, retro menia vete-
ra Ciuitatis, ab uno latere Augustinus Lauagninus et Semini, et ab alio dica lacomineta emptrix», perché 2/3 della casa Giacominetta li aveva già comprati il 3 ottobre dalla cognata del Piola, Nicoletta. 1646, 26 ottobre-16 novembre. A causa delle proteste pervenute, a Gio. Domenico e Angelo Grillo è intimato di non eseguire lavori nella casa posta presso i cannoni di Sant'Andrea e sovrastante la bottega. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1646-II, n. 490. Nel fascicolo è contenuto un disegno eseguito dall’architetto Francesco da Novi nella prima facciata di un foglio doppio (cm 31,5 x 21) (Tav. IX). 1647, 4 febbraio. Si decreta che sulla nuova costruzione fatta presso Porta S. Andrea da Maddalena Grillo e altri sia affissa una lapide marmorea in cui si dichiari che la co struzione stessa è avvenuta con l'approvazione dei Padri del Comune e conformemente ai loro decreti. ACG, Decreti, 1646-49, p. non num. In via Ravecca, di fronte all'archivolto di Sant’ Andrea, è infatti conservata la seguente epigrafe: 1647 QUARTA FEBRUARY AD BENEPLACITUM PRMORD D PATRUM COMMUNIS AD FORMAM DECRETOR, DIAR, XVII SEMPTEMBRIS 1646 ET XI IANUARY SUPRIS QUIBUS IN ACTIS.
N. 346 1643, 30 dicembre. La bottega del pilastro sud &in affitto a Francesco Macchiavello. CERVETTO, 30 gennaio 1883, p. 2. PODESTÀ, 1901, p. 213. DUFOUR BOZZO, 19791, p. 50. N. 347. N. 357358. 1645, 27 gennaio. Benedetto Pedevilla, nuovo affittuario 1647, 1 e 13 febbraio. Benedetto De Mari può eseguire ladella bottega già condotta dai Merello, ricorre perché gli si vori intorno alla Porta, tra cui costruire una scala verso le chiede un onere già versato da Benedetto Merello. torri e l'acquedotto. ACG, Atti dei Padri del Comune, 16451, n. 48. ACG, Decreti, 164649, p. non num. La bottega sotto la torre di Sant'Andrea era stata ampliata Nel decreto del 1 febbraio è erroneamente indicato l'anno nel corpo della torre stessa di palmi 15 in larghezza e 8 in 1646. E concessa «facultas adaptari faciendi duas turres in lunghezza sin dal 19 agosto 1633 dopo decreto dei Sereni simi Collegi, e quindi di altri 5 palmi, sempre dietro licenza. PODESTÀ, 1901, p. 222.
N. 348-356. 1646, 19-22-24 ottobre. Nonostante le clausole del contratto del 18 novembre 1602 (vendita da Battista Piola a Gi cominetta Grillo della terza parte di una casa con l'impedi mento di alzarla oltre i tre piani), Angelo, Maddalena e Domenico Grillo intendono fare ulteriori lavori. Perciò i fratelli Battista, Giorgio, Giacomo e Tommaso Clerici presentano ricorso. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1646-11, n. 489. Nell'allegato testo del documento del 1602 la casa è definita come «sita Genue in contrata canonum sancti andree, 564
Porte S. Andree scalam qua ascenditur ad eas et aqueductum»: forse si tratta della scala accanto alla torre nord.
N. 359, 1652, 16 novembre. Locazione a Gio. Francesco Senno, notaio, della camera posta sopra l’arco già posseduta da suo padre Tommaso. Il contratto, valido per 7 anni e per un canone di L. 200, prevede l'impegno a non subaffittare né alterare il locale. ACG, Contratti, 1649-63, n. 124. CERVETTO, 30 gennaio 1883, p. 2. N. 360.
1664, 13 febbraio. E affittata una bottega a Gio. Lorenzo
Dertona.
ACG, Decreti, 1664-66, p. non num. La bottega è quella dei monaci di S. Stefano, che concedo no la locazione.
N. 361-362. 1667, 9 e 23 maggio. Giovannettino Novella chiede ed ottiene di aderire alla torre nord per alzare la sua casa e poggiare il tetto. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1667, n. 105. «in parte della muraglia della detta torre dell'IlM® Mago cioè dalla parte verso carogio dritto desiderava impedire ossia coprirla sopra detta muraglia in long? palmi 18 e alt palmi 7 et dalla parte verso ponente in long? palmi 15 et al1 verso la strada píal)mi 11 e dal altra parte verso il colmo di d? tetto altezza p(almi 16 riquadri quali d? misura sono can. 2 1/3».
PODESTÀ, 1901, p. 224 nota 2.
N. 363. 1667, 29 luglio. I fratelli Gio. Luca, Gio. Andrea e Gio. Battista Agosto hanno in affitto dal 13 novembre 1652 le. botteghe sotto la torre di Porta Sant'Andrea già appartenute a Battista Carrega. ACG, Padri del Comune, Terratico, Pandetta 1667, p. 134. Registro cm 20 x 30.
N. 364-367. 1676-1685. Il monastero di S. Andrea entra in questione con G.B. Compiano a causa della casa e bottega poste sotto la Porta perché non riceveva il canone dovuto. BUG, Archivio di S. Andrea della Porta, D, V, 13, docc. 46, 50, 51. TI monastero «inter alia eius bona habet quandam domum cum apotheca sub ea iuribus et pertinentijs sitam Genuein contrata Porte S{anchi Andree cui ante coheret ante uia publica retro bona dicti Monasterij ab uno latere heredes a. Baptiste Comarij et ab alio heredes q. Pantaleonis de Crue». La locazione in enfiteusi perpetua era avvenuta il 30 agosto 1642. DAGNINO, 1978/79, p. 143 nota 201. N. 368-373. Altri affittuari di case e botteghe: 1674. G.B. Montoggio. 1685. Gio. Antonio Borzese. 1696 e 1709. Angelo Maria Raggio. 1721. Pietro Paolo Ghiglione. 1725. Francesco Maria e Paolo Antonio Benso. ACG, Atti dei Padri del Comune; Pandetta Conduttori stabili, 1709; Pratiche Pubbliche, 1725-27. CERVETTO, 30 gennaio 1883, p. 2.
CERVETTO, 9 febbraio 1883, p. 2. PODESTÀ, 1901, p. 231.
N. 374381. 1712, 12 aprile-12 maggio. Necessità di restauro perché nella parte alta le torri sono ancora intatte, ma cadono pietre. ACG, Pratiche Pubbliche, 1712-14, n. 14. 12 aprile. Foglio semplice scritto su una colonna: conto per le spese di riparazione; occorre rifare una cantonata per palmi 28 x 2 x 2; riparare le pietre e i mattoni marci; ripaTare le tre cannelle e i doccioni; accomodare il parapetto della terrazza. 15 aprile. Foglio semplice scritto per colonne sull'intero recto più due righe e la firma sul verso. Francesco Maria Clavesana relaziona sui crolli dalle torri e indice la gara d'appalto per i restauri, gara vinta il 22 aprile da Stefano Bergano. 20-22 aprile. Foglio semplice scritto sulla seconda colonna del recto: conti di spese per il materiale. 12 maggio. Sette righe in un foglietto ottenuto tagliando un foglio normale secondo l'altezza: altro conto di L. 130 per i lavori.
12 maggio. Foglio semplice, scritto sulla prima colonna.
Stefano Bergano ha l'incarico di riparare un pilastro, siste mare le pietre che sono fuori posto, imboccare e restaurare le tre facciate, il tutto per un compenso di L. 120. Delibera del Clavesana per questi lavori. CERVETTO, 16 agosto 1882, p. 2. BELGRANO-D'ANDRADE-PARODI, 1882, p. 40, nota 3 PODESTÀ, 1901, p. 249. PROFUMO, 1979, p. 4. N. 382.383. 1728, 30 aprile. Relazione di G.B. Storace circa i danni che causa un fumaiolo della torre alla casa contigua, appartenente a Carlo De Fornari. ACG, Pratiche Pubbliche, 1728-29, n. 23. Il furnaiolo è costruito sopra il tetto di questa casae col suo peso ne rende precaria la stabilità. Secondo lo Storaceè necessario che il fumaiolo sia ricostruito a spese del Magistrato e sostenuto da grappe di ferro. 11 maggio. Lettura e commento della relazione da parte di Carlo Adamo Centurione, deputato alla cura degli stabili; a lui è data autorità di far rimuovere il fumaiolo. N. 384-386. 1733, 7 settembre. Giovanni Francesco Recagno ha in affitto le due torri rispettivamente per L. 138 e L. 90 l'anno; deve saldare il debito dell'affitto entro ottobre. 16 settembre. Intimazione di pagamento. 9 novembre. Minaccia di arresto. 565
N. 387. 1749, 1 aprile. Ippolito D'Oria riceve ordine di espellere le «donne di cattiva vita» cui aveva subaffittato l'edificio ed è dichiarato decaduto dalla locazione. ACG, Decreti, 1748-55, p. non num. Nota di 6 righe, la seconda compresa nel recto della pagina di un registro di cm 35 x 12. PODESTÀ, 1901, p. 231. PROFUMO, 1979, p. 4.
N. 404-405. 1755, 10 e 15 marzo. Restauri alla bottega posta sotto la torre verso la chiesa di Sant'Andrea ACG, Pratiche Pubbliche, 1751-55, n. 104. Foglio doppio: sulla prima facciata è scritta per colonne la registrazione della lettura della perizia dello Storace (15 marzo); sull'ultima per esteso è trascritta la perizia stessa (10 marzo). N. 406-407. 1757, 29 novembre e 3 dicembre. Perizia di spesa compilata dallo Storace per fare un solaio nuovo per ingrandire una stanza nel primo appartamento delle due torri. Autorizzazione ai lavori per una somma da stabilire. Viene fatto un balcone di palmi 5 x 4,5, tagliato il muro, aperte due porte, costruito il solaio di palmi 18 x 18. ACG, Pratiche Pubbliche, 1756-60, n. 50. Foglio semplice scritto nella prima colonna e all'inizio e al-
N. 388403. 1750-1751, giugno-settembre. Il Comune assegna le torri a G.B. Danero, che le sulloca al prete Bartolomeo Marré. Ma il notaio G.B. Boasio, al quale Ippolito D'Oria aveva subaffittato alcune stanze, non vuole liberare i locali. Lunga questione. ACG, Atti dei Padri del Comune, 1750, n. 78. TI Boasio abita sopra al Marré. Il Marré chiede che siano ri- la fine della seconda. parati i danni causati dal D'Oria e dal Boasio (il soffitto delJa sua sala è danneggiato dalle perdite d'acqua). N. 408410. Foglio doppio di carta bollata scritto per esteso nelle faccia- 1759, 14 maggio. Relazione dell'ingegnere civico Claudio te 1e 2 e parzialmente per colonne nelle facciate 3 e 4. Storace: dalle facciate orientali cadono crostoni di caleina; Questione e richieste del Marré (sd). sono necessarie urgenti riparazioni per evitare gravi danni 1751, 18 giugno. Comunicazione al Boasio. alle persone e ai tetti delle case. Le riparazioni sono fatte 12 luglio. Pubblicazione. con calcina e pozzolana. 31 luglio. Comunicazione al Boasio. 17 maggio. Autorizzazione. 1750, 15 ottobre. Lettura in seduta della richiesta. 9 agosto. Ordine per l'esecuzione dei lavori secondo il pro1751, 9 maggio. Deposito di uno zecchino da parte del getto. Marré. ACG, Pratiche Pubbliche, 1756-60, n. 113. 10 maggio. Comunicazione al Boasio. Foglio semplice scritto nella prima colonna, con note ag18 giugno, 15 luglio, 15 ottobre. Pubblicazione. giunte in fondo alla stessa e all'inizio e alla fine della seconFoglio doppio di carta bollata scritto per esteso nelle prime da. due facciate e parzialmente per colonne nelle ultime due. Il CERVETTO, 16 agosto 1882, p. 2. Marré ha in affitto dal Danero le torri e gli appartamenti PODESTÀ, 1901, p. 249. annessi; il Boasio ha avuto metà dello stabile dal D'Oria e PROFUMO, 1979, p. 4. non vuole andarsene. Il D'Oria ha lasciato lo stabile nel giugno del 1750 ed è subito subentrato il Danero; il 1° Iu- N. 411-412. glio 1750 & entrato il Marré, che vuole il riconoscimento 1761, 25 giugno e 9 luglio. Relazione di Claudio Storace dei suoi diritti e le chiavi dei locali in cui è il Boasio (altra. sullo stato della torre verso Sant'Andrea e preventivo di torre e il relativo appartamento). Comunicazione al Boasio. spesa per levare i crostoni cadenti, ripassare le pietre logo1751, 31 luglio. Indagine e decisione che il Boasio paghi la re, riparare tetto, pavimento, scale, porte e finestre, togliere pigione al Marré. Foglio doppio di carta bollata: sulla pri- l'umidità. Autorizzazione. ma facciata richiesta di ispezione del Marré; sull'ultima ACG, Pratiche Pubbliche, 1761-69, n. 189. mandato d'indagine al Capo d'opera di Camera Claudio Foglio semplice scritto sulla prima colonna, con note in Storace (19 agosto 1751) e sue perizia (30 settembre, 4 ottofondo alla stessa e in fondo alla seconda. bre). PODESTÀ, 1901, p. 249. 1751, 23 settembre. Perizia dello Storace e descrizione. Foglio semplice scritto sulle due colonne del recto. N. 413414. 1751, 2 agosto. Ricevuta di Francesco Dentena, che ha as- 1763, 24 e 26 aprile. Altro sopralluogo dello Storacee nuosistito il Marrè nella causa. Foglietto di cm 15 x 10, piegato in due e incollato.
PODESTÀ, 1901, pp. 232:233, tav. VIIL (Tav. X) 566
vi lavori per porte, focolai, lavello, bianco ai muri. Autorizzazione. ACG, Pratiche Pubbliche, 1761-69, n. 189.
Foglio semplice scritto nella prima colonna e all'inizio e fine della seconda.
N. 415416. 1764, 19 giugno e 20 luglio. Sopralluogo dello Storace per altri lavori al pavimento, per togliere l'umidità e per riparare il parapetto. Autorizzazione. ACG, Pratiche Pubbliche, 1761-69, n. 189. Foglio semplice scritto sulle due colonne del recto. N. 417418. 1765, 27 agosto e 3 settembre. Nuovo sopralluogo dello Storace per riparazioni al tetto. Autorizzazione. ACG, Pratiche Pubbliche, 1761-69, n. 189. Foglio semplice, scritto nella prima colonna, nella prima metà e in fondo alla seconda. N. 419 1786, 2 gennaio. Maddalena Bertora ha in affitto le torri ACG, Padri del Comune, Stabili, pp. 6b-7a. Sono annotati gli affitti per gli anni 1786-89. CERVETTO, 9 febbraio 1883, p. 2. PODESTÀ, 1901, p. 233. N. 420. 1786, 2 gennaio. Pietro Cesare Cecchi ha in affitto per 9 anni una bottega sotto l'arco. ACG, Padri del Comune, Stabili, pp. $a-b. Sono annotati gli affitti per gli anni 1786-
N. 421. 1786, 2 gennaio. Felice Lobero affitta per 5 anni una bottega sotto l'arco. ACG, Padri del Comune, Stabili, pp. 9a-b. Sono annotati gli affitti per gli anni 1786-88. N. 422. 1789, 9 aprile. Andrea Banchero ha la locazione perpetua delle torri di S. Andrea, cioè dei locali delle torri e delle botteghe sotto di esse, e ne assume la cura. ACG, Padri del Comune, Stabili, pp. 6b-7a. L'affittuario si obbliga ad eseguire lavori di manutenzione e riparazione a fondamenta, pilastri, arco e torri, anche quando il danno abbia origine antica o casuale. È ancora presente il pericolo segnalato negli anni precedenti. Sono annotati gli affitti per gli anni 1786-90. CERVETTO, 9 febbraio 1883, p. 2. PODESTÀ, 1901, p. 233. N. 423424. Altri affittuari: Gio. Stefano Sauli. Domenico Cardinale. I contratti si susseguono fino al 1810, quando i rappresentanti del governo napoleonico misero ancora all'asta i locali, ottenendo offerte molto basse. CERVETTO, 9 febbraio 1883, p. 2. PODESTÀ, 1901, p. 233.
567
La presente appendice vuole essere una raccolta, il piü esauriente possibile, di porte romane in Italia e nell'ambito del «limes», al fine di dare una documentazione visiva alle citazioni del testo e delle note. Lo scopo è anche quello di integrare l'immagine fotografica del testo, dal momento che l'immagine grafica risulta più incisiva e più esplicativa soprattutto laddove è stato possibile reperire le planimetrie. Le porte non sono state da noi personalmente rilevate data la quantità e la dislocazione nei vari paesi, ma
ricavate da fonti disparate di laborioso reperimento.
Difficile è risultato dare una omogeneità di rappresentazione grafica proprio a causa della diversità delle
fonti: rilievi accurati, schizzi, immagini fotografiche, antiche incisioni. Da tutto ciò e dalla impossibilità di verifiche in loco discende una estrema varietà di scala di rappresentazione. Per alcuni elaborati grafici è stato fatto un lavoro di ricostruzione in base alla conoscenza diretta della
porta da rappresentare; altre volte si è potuto reperire dalle fonti l'ipotesi di ricostruzione (anche per epoche successive come per le porte di Roma).
In questa raccolta sono state volutamente trascurate sia l’analisi strutturale sia l'analisi dei materiali perché non pertinente al contesto; e se in qualche schizzo si è messo in evidenza il materiale, ciò è stato unica-
mente fatto per migliorare la percezione visiva.
Maria Carla Cigolini Maria Rosa Croce
La ricerca bibliografica e la stesura grafica relativa alle porte di: Italia, Roma, Francia, Yugoslavia è stata curata dall'architetto Maria Carla Cigolini dell'Istituto di Architettura e Tecnica Urbanistica della Facoltà di Ingegneria di Genova. La ricerca bibliografica e la stesura grafica relativa alle porte di Germania, Spagna, Africa, Medio Oriente è stata curata dall'architetto Maria Rosa Croce dell'Istituto di Architettura e Tecnica Urbanistica della Facoltà di Ingegneria di Genova.
1) Verona - Porta dei Borsari. Prospetto e pianta
2) Verona - Porta dei Leoni. Pianta
3a) Spello - Porta di Venere, Pianta
3b) Spello - Porta di Venere e Torri di Properzio
5n
ty 4) Fano - Arco di Augusto. Pianta
5a) Aosta - Porta Pretoria. Prospetto
5b) Aosta - Porta Pretoria. Pianta
T 6a) Torino - Porta Palatina. Prospetto 5n
6b) Torino - Porta Palatina. Pianta
6c) Torino - Porta Palatina. Ipotesi di ripristino.
7) Roma - Riferimenti Cosmologici. Costruzione circolare della Roma Augustea con 16 (anziché 14) regioni, e al centro il «Miliarium Aureum» (incisione da Marco Fabio Calvo, 1527) 573
8c) Roma - Porta Appia. Ricostruzione 1° periodo
8d) Roma - Porta Appia. Ricostruzione 2? periodo
8e) Roma - Porta Appia. Pianta Sviluppo strutturale (Richmond) Aurelio Massenzio
Onorio ulteriori aggiunte
575
9b) Roma - Porta Latina. Pianta
9a) Roma - Porta Latina. Ipotesi di ricostruzione 3? periodo
10) Roma - Porta Tiburtina. Pianta
12) Roma - Porta Flaminia. Pianta
576
11) Roma - Porta Pinciana. Pianta
13) Roma - Porta Chiusa. Pianta
14a) Roma - Porta Ostiense est
14b) Roma - Porta Ostiense est. Pianta
15) Roma - Porta Ostiense ovest (demolita)
16) Roma - Porta Portuense 57
18a) Roma - Porta Nomentana. Restauro assonometrico 3? periodo
180) Roma - Porta Nomentana. Pianta
579
19) Susa - Porta Savoia. Ricostruzione Prospetto-Pianta
20) Paestum - Porta Romana. Ricostruzione 580
I
yi
22) Deutz - Castellum.
UO 23a) Deutz - Schizzo
23b) Deutz - Pianta
24a) Colonia - Porta Paphia. Modello di ripristino
24b) Colonia - Porta Paphia. Pianta 581
25) Colonia - Schizzo
VI 27) Ratisbona - Pianta
29a) Treviri - Porta Nigra. Prospetto
296) Treviri - Porta Nigra. Pianta
Aa gf” 30) Aixen-Provence - Porta Romana. Pianta
31) Arles - Porta Romana. Pianta
32) Fréjus - Pianta città 583
Sud 33) Fréjus - Porte de Rome. Pianta 34) Fréjus - Porte Dorée. Schizzo prospettico
35a) Fréjus - Porte des Gaules. Pianta
a
ENS
N
yl
=.
350) Fréjus - Porte des Gaules. Schizzo prospettico 584
36a) Autun - Porta St. André. Prospetto
36b) Autun - Porta St. Andre. Pianta
Qui 37) Verulamium - Porta Romana. Pianta
38a) Nimes - Porta Romana. Pianta
38b) Nimes - Porta Romana. Prospetto 585
É
à E? i3 a
40) Die - Porta Romana. Schizzo
41) Langres - Porta Gallo-Romana. Prospetto
586
à 42) Reims - Arco onorario. Prospetto
44) Tolosa - Porta Nord. Pianta
45) Tolosa - La cinta romana sulla piazza del Capitole 587
46) Bordeaux - Porte Basse. Schizzo
47) Dax - Porta Romana. Schizzo
Im (EB parte romana 48) Barcellona - Porta Praetoria. Schizzo prospettico
588
49) Gerona - Sobreporte
50) Lugo - Porta Romana. Schizzo prospettico
o 90000003 51) Merida - Porta Romana. Schizzo da moneta
53) Almazan - Porta de Herreros a Sud
54) Ampurias - Porta Romana 589
Magi e Porta Romana
56) Tarragona - Porta Romana. Prospetto verso la Torre di St. Magi
57)Tarragona - Porta Ciclopica. Schizzo 590
1
nr
di
|
T
ü
F -00-
Lu 58) Remada - Campo romano al tempo di Adriano
59) Remada - Campo romano al tempo di Severo
=" 60a) Ras EI Ain - Porta Ovest
60b) Ras El Ain - Porte del campo
591
61) Lambèse - Porta del campo
62a) Tebessa (Algeria) - Ricostruzione Porta Sud
62b) Tebessa - Porta Sud nel confine cristiano. Pianta
63) Tebessa - Porta Nord nel confine cristiano. Pianta 592
Troll 64) Benia Bel Recheb - Pianta del campo
| !
65) Gheria el Gharbia - Porte del campo
66b) Timgad - Porta Nord
67) Timgad - Porta Ovest o di Lambèse 593
69) Timgad - Porta Sud
2 71) Timgad - Posterla Nord Est 70) Timgad.- Porta secondaria Nord
LI
72) Tipasa - Porta Romana: Pianta
Av 73) Leptis Magna - Porta Romana. Pianta
74) Cairo - Porta di Babilonia. Pianta 594
| 77a) Costantinopoli - Porta Aurea. Prospetto
776) Pianta
770) Prospetto 595
78) Adalia - Schizzo
79) Patara - Porta Romana. Schizzo
80) Hierapolis - Porta Bizantina. Schizzo
81) Hierapolis - Porta Romana. Schizzo 596
Br
ad 82) Qasr al Hayr al Sarqi - Ricostruzione
83) Qasr al Hayr al Sargi - Porta. Schizzo
597
84) Qasr al Hayr al Garbi. Schizzo
85) Qäsr Qaränah - Facciata.
598
SIGLARIO
AGCG AGCG, mes
ASCG, mes ASG ASLSP AST ATCG, MSA. BAM BUG BSBCCG CAF CARB CBB CCM CDRG EAA EUA GBA HPM, LJ. HHSD MCTFd'A MDOG LJ. RAC RRILSS.
Archivio Generale del Comune di Genova Archivio Generale del Comune di Genova, materiale in corsodi sistemazione
io Storico del Comune di Genova, materiale in corso di sistemazione. Archivio di Stato di Genova Atti della Società Ligure di Storia Patria Archivio di Stato di Torino Archivio Topografico del Comune di Genova, Museo di sant’ Agostino Bulletin d'Archéologie Médiévale Biblioteca Universitaria di Genova Biblioteca del Servizio Beni Culturali del Comune di Genova Congrès d'Archéologie Française Corsi di Cultura sull'Arte Ravennate e Bizantina Civica Biblioteca Berio, Genova Cahiers de civilisation médiévale La cronaca delle crociate e la prima decade degli Annali di Caffaro, Genova 1881 Enciclopedia dell'Arte Antica Enciclopedia Universale dell'Arte Gazette des Beaux Arts Historiae Patriae Monumenta, Liber Jurium Handbuch der historischen Statten Deutschland Museo Civico di Torino, Fondo d’Andrade Mitteilungen der Deutschen Orient Gesellshaft Liber Jurium (= H.PM. L.4) Rivista di Archeologia Cristiana Rerum Italicarum Scriptores
601
FONTI MANOSCRITTE
J.M. BOLZINUS, Archeologia hoc est de antiquitatibus ligura ge nuensium, ms. sec. XVII in C.B.B. (mr. II. 3.9) M. CODEVIOLA, II libro dei disegni delli quartieri ed alloggi che sono nel recinto delle nuove mura della città di Genova formato dal maggiore ing. Michele Codeviola, ms. sec. XVIII in BSBCCG. F. CasoNI, Annali di Genova del Secolo XVII, ms. in B.U.G. (B. VIL 2) C. QUARENGHI, Ricerche storico ilustrative sulle fortificazioni di Genova e del genovesato, ms. 1875 (1* stesura) in A.S.C.G. C. QuARENGHI, Ricerche storico illustrative sulle fortificazioni di Genova e del genovesato, ms. 1876 (2* stesura) in A.S.C.G.
FONTI A STAMPA
SEC. XVI U. FOGLIETTA, Historiae Genuensium, Libri XII, Genova 1585 A. GIUSTINIANI, Castigatissimi annali con la loro copiosa tavola della Eccelsa et Illustrissima Repubblica di Genova, Genova MDXXXVII (cd. italiana Genova 1854). SEC. XVII M. GrıMALDI, Santuario dell'alma città di Genova, dove si contengono le vite dei santi protettori e cittadini di essa, in Ge nova 1613. SEC. XVIII BANDURI, Imperium orientale, sive Antiquitates costantinopolilanae, Parisi s 1711. G. Vas, Le portee le mura di Roma, Romae 1747 (ed. anastatica Roma 1980). 1810 F. De MARCHI, Architettura militare, Roma 1810. 1822 ChoIseuL. - GOUFFIER, Voyage pittoresque de la Grèce, Paris 1822.
1823 G. TIRABOSCHI, Storia della letteratura italiana, Milano 1823, 1824 C. BONDELMONTI, Librum insularum edidi... Lipsiae 1824. G.B. SPOTORNO, Storia letteraria della Liguria, Genova 1824. 1828 G.B. SPOTORNO, Elogj di Liguri illustri, Genova 1828. 1829
T. TRENTA, Guida del forestiero per la città e contado di Lucca, Lucca 1829. 1831 L . Sautı, Della colonia dei genovesi in Galata, Torino 1831 1833 N. BATTILANA, Genealogia delle famiglie nobili, Genova 1833. 1834 G. SERRA, Storia di antica Liguria e di Genova, Torino 1834 1836 C. Varese, Storia della Repubblica di Genova dalle sue originial 1814, IV, Genova 1836. 1838 G. CEvasco, Statistique de la ville de Gênes, 1, Genova 1838. LACROIX, Guide du voyageur à Constantinople, Paris 1838. C. PALLAVICINI, Considerazioni economiche sopra l'ampliazione ed abbellimento della città di Genova, Chiavari 1838. 1841 ROBERTO il Monaco, Historia Hierosolimitana, in Recueil des Historiens des Croisades, Parisi s 1841 GUIBERTO de Nogent, Gesta Dei per Francos, in Recueil des Historiens des Croisades, Parisis 1841. 603
1844 GUGLIELMO di Tiro, in Recueil des Historiens des Croisades. Hi storiens occidentaux, 1, Paris 1844. 1846 F. Auizeri, Guida artistica 1846. MG. CANALE, Storia civile, vesi, Genova 1846, L. Mas LATRIE de, Notes Orient, in «Bibliothèque 1846.
per la città di Genova, 1, Genova commerciale e letteraria dei Genosur un voyage archéologique en de l'Ecole de Chartes», Paris 1845-
1847
M.G. CANALE, Storia dell'Esposizione dei prodotti e delle manifatture locali fatta a Genova nel settembre 1846, Genova 1847. P. PARTENOPEO, Annali voltati dalla Latina nell'Italiana favella da Stefano Bacigalupo, Genova 1847. 1848
M.G. CANALE, Nuova istoria della Repubblica di Genova, Fırenze 1858. A. OLIVIERI, Serie dei Consoli del Comune di Genova, in «ASLSP», 1, 1858, n. 3,pp. 174285. E. VioLLer-Le-DUC, L'architecture et les architectes au XIX siècle, Paris 1858.
1859 T.L. DoNALDSON, Architectura Numismatica, London 1859. 1860 A. CHAMPOLLION FIGEAC, Droits et usages concernant les travaux de construction publics ou privés (987-1380), Paris. 1860. 1862 LIT. BELGRANO, Il registro della Curia arcivescovile di Genova, in «ASLSP», IL, 1862, n. 2. . G. PRANGEY de, in «Mémoires de la Societé d'Histoire et d'Archéologie de Langres, II, 1862, pp. 3 e ss. 1863
THICONIUS Afer, Liber de septem regulis, in Patrologiae Latinae Cursus Completus, a cura di J.P. MIGNE, XVIII, Pari 1848.
E. VioLuer-Le-Duc, Entretiens sur l'Architecture, Paris 1863 1872, 2 voll
1850 GUGLIELMO di Malmesbury, Gesta Regum Anglorum, in Patrologiae Latinae Cursus Completus, a cura di J.P. MIGNE, CLXXIX, Turnholti 1850.
LIT. BELGRANO, Degli annali genovesi di Caffaro e de' suoi conti nuatori, in «Archivio Storico Italiano», 1865, pp. 121-139. R. Viana, Di alcune iscrizioni genovesi in Galata, Genova 1865.
1853
K. SPRUNER VON MERZ, The historie geographical of the middle and modern ages, sl. 1853. 1854 Historiae Patriae Monumenta Liber Jurium Reipublicae Genuensis, I, Torino 1854. E. VIOLLET-LE-Duc, Dictionnaire raisonnée de l'architecture francaise du XI au XVI siècle, Paris 1854-1869. 1857 V. GUERIN, Description des ruines d'Ascalon, in «Bulletin de la Societé de géographie», XIII, 1857, pp. 81-95. 1858 A proposito delle mura del XII secolo, Genova 1858. F. ANSALDO, De liberatione civitatum Orientis, in «ASLSP», 1, 1858, pp. 1:75. 604
1865
1866 Rovt. de Caen, Gesta Tancredi in expeditione Hierosolymitana, in Recueil des Historiens des Croisades, Historiens Occidentaux, III, Paris 1866. 1867 L. CLOUET, Histoire de Verdun et du pays verdunois, Verdun 1867-1870. 1870
3. BONFADIO, Annali delle cose genovesi volgarizzate da B. Pa: schetti, Genova 1870. S, VARNI, Appunti artistici sopra Levanto, Genova 1870. 1871 H. JoRDAN, Topographie der Stadt Rome, in «Alterthum», IL, 1871, pp. 608-611. G. Rey, Étude sur les monuments de l'architecture militaire des Croisés en Syrie, Paris 1871.
P. Rocca, Pesi e misure antiche di Genova e del Genovesato, Genova 1871. 1874 C. DE SIMONI, Sui quartieridei Genovesi a Costantinopoli nel secolo XII, in «Giornale Ligustico», 1874, pp. 137-180. M. EMONDINI, Iscrizioni medievali della Liguria, in «ASLSP», XII, 1874. 1875
1882 LT. BELGRANO, / genovesi ad Acquemorte, in «Giornale Ligu stico», IX, 1882, pp. 326-341. LIT. BELGRANO - A. D'ANDRADE - F.M. PARODI, La Porta So. prana di S. Andrea, Genova 1882. Monumenti pubblici, în «Corriere Mercantile», sa., 1882, 13 marzo. Processi verbali, Genova 1882-1915. M.STAGLIENO, La Porta di Sant'Andrea. Appunti e documenti, Genova 1882.
F. AUZERI, Guida illustrativa del cittadino e del forestiero per la città di Genova e sue adiacenze, Genova 1875, PE. DELAIR, Essai sur les fortifications anciennes: introduction et T'istolre générale de la fortification des Anciens, Paris 1875. DE LAUNAY, Notice sur le vieux Galata, in «L'Univers», 1875. G. D'EspiNaY, Les enceintes d'Angers, Angers 1875.
L.A. CERVETTO, La Porta di S. Andrea, in «ll Cittadino», 1883 (03, 24, 25, 27, 30 gennaio, 9 febbraio) G. REY, Les colonies franques de Syrie aux XII et XIII siecles, Paris 1883.
1876
1884
C. DE SIMON, / Genovesie i loro quartieri in Costantinopoli nei secolo XIII, in «Giornale Ligustico», ILL, 1876, pp. 236-273. E. ÎisseRanD, Histoire d'Antibes, Antibes 1876.
LT. BELGRANO, Lapidi genovesi a Pera, in «ASLSP», XIII, 1884, pp. 321 e ss. Esposizione generale italiana. Torino 1884, Catalogo ufficiale della Sezione Storia dell'Arte; guida illustrata al Castello Feudale del secolo XV (con scritti di A. D'ANDRADE, G. Giacosa, P. VAYRA), Torino 1884. La Porta Soprana di S. Andrea a Genova, in «L'Ilustrazione Italiana», 1884, pp. 58-59.
1877
1. F. M.
AMADOR. DE LOS Rios, Puerta antigua de Bisagra, Toledo 1877 CASONI, Storia del bombardamento francese, Genova 1871. SPINOLA, Dissertazione intorno alle negoziazioni diplomati che tra la Repubblica di Genova ed il re Luigi XIV negli an ni 1684 e 1685, in «Giornale Ligustico», IV, 1877, n. 4, pp. 129-187.
1878 F. LENORMANT, Chaldean magic: its origin and development, London 1878.
1879 C. LENTHERIC, Les villes mortes du Golfe de Lyon, Paris 1879. G. PAGEZY, Mémoires sur le fort d'Aigues Mortes, Paris 1879. F. PODESTÀ, L'acquedotto di Genova (1871-1879), Genova 1879. WALFRIDO Strabone, De subversione Jerusalem, in Patrologiae Latinae Cursus Completus, a cura di J.P. MIGNE, CXIV, Parisiis 1879. 1880 C. QUARENGHI, Le mura di Roma, Roma 1880. 1881 H. FONTENAY de, Notice sur la confrérie des pénitents noirs de la ville d'Autun, Autun 1881
1883
1885
E. ArsoRIO MELLA, Elementidi architettura lombarda, Torino 1885 C. DE SIMONI, Una colonia genovese nella Georgia superiore, in «Giornale Ligustico», XII, 1885, n. 3-4, pp. 141-145. 1886
M.G. CANALE, Degli Annali genovesi del Caffaro e dei suoi con. tinuatori, Genova 1886. C. DucANGE, Glossarium mediae et infimae latinitatis, Niort 1886. Le Liber Pontificalis. Texte, introduction et commentaire par L. DUCHESNE, 2 voll, Paris 1886.92 (rst. anast., Paris 1955). 1887 LT. BELGRANO, /I secondo registro della Curia Arcivescovile di Genova, in «ASLSP», XVIII, 1887. Recueil des historiens des Crolsades. Historiens orientaux, IL, Paris 1887. 1888 A. GABRIEL, Verdun: notice historique, Verdun 1888. 605
1889 Per la Porta Soprana di Sant'Andrea, in «ll Cittadino», sa., 1889, 21 marzo. 1890
Annali Genovesi di Caffaro e i suoi continuatori, a cura di LT. BELGRANO e C. IMPERIALE DI SANTANGELO, I, Roma 1890. S. CASTAGNOLA, Il IV centenario della scoperta dell'America Relazione presentata dal sindaco Stefano Castagnola, Genova 1890. Prima Esposizione italiana di Architettura, catalogo, Torino 1890. 1891 B. VeRROGGIO, Genova e i bombardamenti da mare, Genova 1891. 1892
Per la conservazione di Porta Pila. Ragionamenti, voti e proposte di un avvocato che non esercita, Genova 1895. 1896
W. BouSSET, The Antichrist legend, a chapterin christian and Je wish folklore, London 1896. 3. Hamy, Note sur de nouvelles observations archéologiques re cueillies par M. Leroy entre EL Alia et Biskra, Paris 1896. G. MIGONE, Sistemazione e restauro di Porta Pil, con relazione di C. Boito, Genova 1896. 1897
C. Lucas, Les anciennes portes de Cambrai, in «L'architettura», X, 1897, pp. 190-192. A. SANGUINETI - G. BERTOLOTTO, Nuova serie di documenti sulle relazioni di Genova con l'Impero Bizantino, in «ASLSP», XXVIII, 1897, n. 2, pp. 339-573. A. SCHULTEN, Die «Porta Paphia» zu Koln, Bonn 1897 C.A. Von DRACH, Das Hüttengeheimnis vom gerechten Steinmetzengrund, Marburg 1897. 1898
Cronache della commemorazione del IV centenario colombiano, 1492-1892, Genova 1892. Esposizione d'arte antica, catalogo a cura di V. POGGI, L.A. CER verto, G.B. VILLA, Genova 1892. Esposizione delle missioni cattoliche americane, catalogo cor strazioni e note, Genova 1892. La Mostra Colombiana a Genova, in «La Civiltà Cattolica», s. XV, IV, 1892, pp. 129-149.
A. Manno, Bibliografia di Genova, Genova 1898. E. SACKUR, Sibyllinische Texte und Forschungen: Pseudome, Hodus, Adso und die Triburtinsche Sybille, Halle 1898. E. TORELLI, Delle mura di Genova, cenno storico, Roma 1898.
1893
A. Choisy, Travaux d'utilité generale et de défense, s, 1899. De BLAY De CAISE, Histoire militaire de Bayonne, 2 voll, Bayonne 1899.
G. MERZARIO, I maestri comacini, Milano 1893. Porta Pila e i Genovesi, Genova 1893. V. WAUTRAIN CAVAGNARI, La giuria dell'Esposizione Italo‘Americana: Genova 1892: relazione del segretario generale della giuria V. Wautrain Cavagnari e relazioni delle commissioni speciali, Genova 1893. 1894
G. C. G.
Demo, Untersuchungen über das gleichseitige Dreieck als Norm gotischer Proportionen, Stuttgart 1894. IMPERIALE DIS. ANGELO, Caffaro e i suoi tempi, Torino 1894. MAGNASCO, Esposizione Italo-Americana. Genova 1892. Reazione generale compilata e pubblicata per cura di G. Magnasco, segretario generale del comitato esecutivo, Genova 1894. F. PODESTÀ, La porta di S. Stefano, la Braida e la regione degli Archi, Genova 1894. 1895
G. Micone, Appendice all'opuscolo per la conservazione di Por. ta Pila, Genova 1895. 606
1899
1900
A. BILLERBECK, Der Festungshan im alten Orient, in «Der Alte Orient», I, 1900, pp. 5-30. 1901
G. E. F. E.
Demo, Die Kirchliche Baukunst des Abendlandes, Stuttgart 1901 PIONNIER, Verdun: promenade historique et pittoresque, Barle Duc 1901. PODESTÀ, II colle di S, Andrea in Genova e le regioni circo: stanti, in «ASLSP», XXXIII, 1901 SELETTI, Marmi scritti del museo archeologico, Milano 1901.
1902 Genova nuova, Genova 1902. A. PIERROTTET, Porta Pila e la sua Madonna, Genova 1902. L. RoGERON, L'enceinte de Provins, in «CAF», LXIX, 1902, pp. 498-511. G. SFORZA, La vendita di Portovenere a Genova e i primi signori
di Vezzano, in «Giornale storico della Lunigiana», n.s, Ill, 1902, pp. 348-350. 1903
LA. CERVETTO, / Gagginida Bissone. Loro opere in Genova ed ‘altrove, Milano 1903. B. FRESCURA, Genova e La Liguria nelle carte geografiche, Ge nova 1903. C. IMPERIALE DIS. ANGELO, II Comune di Genova nei secoli XI e XIII secondo gli Annali di Caffaro e dei suoi continuatori 1099-1293, Genova 1903. 1. KOHLER, Handelsvertrage zwischen Genua und Narbonne im 12 und 13 Jahrhundert, Berlin 1903. 3. TOUTAN, Ras el Ain Tripolitania, in «Bulletin de Corréspondance Hellenique», 1903. 1904
E. BERTAUX, L'art dans l'Italie méridionale. I de la fin de l'Empi. re romain à la conquête de Charles d'Anjou, Paris 1904. BRUNNOW - A. VON DOMASZEWSKI, Die Provincia Arabia, I, Strasburgo 1904. 1905
D. CARBONE, Passeggiata e giardino a mare fra i torrenti Bisagno e Sturla con Piano Regolatore schematico di S. Francesco e S. Luca d’Albaro, Genova 1905. 1. Gi, EI Castello de Loarre, el Alcazar de Segovia, Burgos 1905. D.C. Mungo, Urban and the Crusaders, Philadellia 1905 1906
W.M. RAMSAY, The letters to the seven churches of Asia and their place in the plan of the Apocalypse, New York 1906. P. TORTAROLO - L. Lucci - G. REGGIO, Intorno ad alcuni progetti di ingrandimento edilizio ad orientedi Genova: esame e studi della commissione nominata il 9 agosto 1905 dalla On. Giunta Municipale, Genova 1906. G. VasARI, Le opere... con... annotazioni e commento di G. Milanesi, Firenze 1906. 1907 A. E. J.
BLANCHET, Les enceintes romaines de la Gaule, Paris 1907. ESPERANDIEU, Recueil general des bas reliefs de la Gaule Romaine, 1, 1907. GOTTWALD, Die Stadt madern von Galata, Istanbul 1907.
1908
T. Mactupy Bev, La Porte des Sphinx à Euyuk, in «Mitteilungen der Vorderasiatischen gesellshaft», XIII, 1908. E. Roccut, Le fonti storiche dell'architettura militare, Roma 1908.
1909
A. Choisy, Histoire de l'architecture, Paris 1909. C. DE GUICHEN, Le bombardement de Gênes et le Doge à Versailles 1684-1685, Paris 1909. 1. FonMiGÉ, Les arcs de la narbonnaise, in Congrès Archéologi ques de France, II, Avignon, 1909, pp. 71-72, 96. A. ISSEL, La necropoli preromana di Genova, in «Bullettino Paletnologico Italiano», XXXV, 1909. L.H, LABANDE, Les remparts d'Avignon, in Congrès Archéologique de France, II, Avignon, 1909. M. VAN BERCHEM, Aux pays de Moab et d'Edom, in «Journal des Savants», 1909, pp. 294411 1910
Corpus nummorum italicarum, Milano 1910R. SCHULTZE, Die Romischen Stadtore, in «Bomer Jahrbucher», CXXVII, 1910, pp. 280-352. 1911 F. BENOIT, L'architecture. L'antiquité, Paris 1911. A. HALLAYS, Avignon et le comitat venaissin, Paris 1911. F. ROBOLOTTI, Storiadi Cremona, s.. 1911. 1912
F. C. E. C. O. G.
Benort, L'Architecture. L'Orient Médiéval et Moderne, Paris 1912. BESNARD, Le château de Fougères, in «Bulletin Monumentab, 1912. DURKHEIM, Le forme elementari della vita religiosa, Paris 1912. GaMBA, Piano Regolatore di Piccapietra e Pammatone, Genova 1912. Grosso, Una stele greca ritrovata in Genova, in «Rivista Ligure», IXL, 1912,n. 3, pp. 177-180. MuSSET, La bonne ville de La Rochelle du présent au passé, La Rochelle 1912.
1913
R. CAGNAT, L'armée romaine d'Afrique et l'occupation militaire de l'Afrique sous les empereurs, Paris 1913. G. DoDERO, La sistemazione di S. Vincenzo e di Portoria, Genova 1913. C. GAMBA, Note sulla questione di Piazza De Ferrari, Genova. 1913. 1. Git, El castillo de Loarre, in «Arte Españob, I, 1913, pp. 245248, 270-318, F. PODESTÀ, Il porto di Genova dalle origini fino alla caduta della Repubblica genovese (1797), Genova 1913. 1914 A. BatBI, Gli edifizi dell'esposizione, in «L'esposizione di Genova», I, 1914, n. 8, pp. 172-173. 607
M. DE VeccHI, Attraverso la vecchia Genova. Porta Soprana, in «L'Esposizione di Genova»,I, 1914, pp. 121-124. Gli edifizi dell'esposizione, in «L’Esposizione di Genova», sa. I, 1914, pp. 36. Esposizione artistica di bozzetti, catalogo della mostra, Genova 1914.
Esposizione internazionale di marina, d'igiene marinara e mostra coloniale italiana, Genova, 1914, in «Rassegna Universale», sa, 1914, p. 11 C. GAMBA, Sulla viabilità del centro di Genova, osservazioni e proposte, Genova 1914. O. Grosso - G. PESSAGNO, II Castelletto di Genova, in «Gazzet-
ta di Genova», II, 1914, n. 7, pp. 79. x G. MeNGozzi, La città italiana vista dai contemporanei, Firenze 1914.
Mostra coloniale di Genova. Agricoltura, industria e commercio della Tripolitania. Relazione del cav. uff. Romeo Nappi, Roma 1914. V. PACE, Genova superba, in «L'Esposizione di Genova», I, 1914, pp. 170-171 A. PETTORELLI, Idee per un diverso aspetto di piazza de Ferrari a Genova, Genova 1914. EB. SANTAFIORA, 23 maggio 1914, in «L'Esposizione di Genova, 1, 1914,n. 9, pp. 187-191. K. WrrzeL, Untersuchungen über gotische Proportiongesetze, Berlin 1914. 1915 R. Arco del, EI Castillo de Loarre, in «Linajes de Aragon», VI, 1915, pp. 81-90. A. Da LISCA, Le varie cinte murate di Verona, in «Madonna Ve. rona», IX-X, 1915-1916, n. 33-37.
1916 V. LAMPEREZ, Sol Mendoza en il s. XV, il castillo del Real de Manzanares, Madrid 1916. Relazione della Commissione per la casa di Colombo, a cura di G. Pocot, Genova 1916. 1917 R. Arco del, EI castillo real de Loarre, Madrid 1917. R. Orto, Das Heilige, Breslau 1917. 1918 Mostra storica delle colonie genovesi in Oriente, in «ASLSP», XLVI, 1918, 1, pp. XCV-CCIV. \RT, Der Babylonische Turm, in «Deutsches Archaeologisches Institut Jahrbuch», XXXIV, 1919, pp. 40-64. Esposizione degli acquarellisti Lombardi e Liguri, catalogo della mostra, Genova 1919. 608
L. FIGUERA LEZCANO de la, El castillo de Loarre monumento na: cional, Zaragoza 1919. 1920 T. DOMBART, Der sakralturm, I: Zikkurat, Monaco 1920. C. EnLART, Villes murées du Moyen Age, Paris 1920. C. JULLIAN, Histoire de la Gaule, VI, Paris 1920. Esposizione della vittoria, catalogo, Genova 1920. JP. Stms, Some city gates of France, in The architectural record, 1, 1920. 1921
Cimelio colombiano donato alla colonia italiana di Buenos Ayres, in «ll Comune di Genova», sa., 1921, n. 5, p. 30. LA. CONSTANS, Arles antique, Paris 1921. Y. GARSTANO, The excavations of Askalon, 1920-1921, in «Palestine Exploration Fund», 1921, pp. 73-75. W. OTTO, Das «Tor der Audienzen», in «Hermes», LV, 1921, pp. 104-106. Partecipazione al Congresso geografico italiano in Firenze, in «Il Comune di Genova», sa., 1921, n. 4, p. 22. W.J. PHITIAN ADAMS, History of Askalon, in «Palestine explora tion Fund», 1921,pp. 7690. li piano regolatore di Piccapletrae S. Vincenzo, in «Ii Comune di Genova», sa., 1921, n. 3, pp. 1-3. Restauri, in «ll Comune di Genova», sa., 1921, n. 1, p. 20. C. Ricci,La porta di San Pietro di Perugia, in «Architettura e ar ti decorative», I, 1921-1922, pp. 1731. 1922
D. CAMBIASO, Il Seminario Arcivescovile, in «Il Comune di Genova», 1922, n. 13, pp. 1-10. H. CHoBAUT, La Tour de la Porte d'Orange, in «Le Ventaux», 1922 (21m) Commissione per la sistemazione della casa di Colombo e di Porta Soprana, in «ll Comune di Genova», sa., 1922, n. 3, p.22. E. DOBSHUTZ, Zeit und Raun in Denken des Ursbristentums, in «Journal of Biblical Litterature», 1922, pp. 212 e ss. 1. GARSTANG, The excavations at Askalon, in «Palestine ExploTation Quaterly», LIV, 1922, pp. 112-119. Lavori e progetti del Porto di Genova, in «Il Comune di Genova», 1922, n. 4, pp. 1 ess. Lavori pubblici nel 1921, in «Il Comune di Genova», 1922, pp. 46. E. LEFEVRE PONTALS, Signes lapidaires et marques de tächerons, in «Bulletin de la Societé Nationale Antiquaire de France», 1922, pp. 114-117. P.SAINT YVES, La Tour de la ville et la ceinte de Jericho, in «Essai de folklore biblique», Parigi 1922 pp. 177-204. YAUSSEN - SAVIGNAC, Les chateaux arabes de Qeseyr ‘Amro Haraneli et Tuba, Paris 1922. 1923 Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, 1, Caffaro.
Traduzioni di C. ROCCATAGLIATA e G. MONLEONE, Prefazione di A. BELTRAMI, Genova 1923. A. BELTRAMI, Gli scrittori latini della Liguria medievale, in «ll Comune di Genova», 1923, pp. 648-656. Restauri, in «ll Comune di Genova», s.a., 1923, n. 2, p. 175. C.L. WooLLEY, Excavations at Ur of the Chaldees, London 19231939.
1927
L'anniversario della marcia su Roma, in «Il Comune di Genova», sa., 1927, n. 10, pp. 943 e ss. Le fondazioni del monumento al caduti in piazza di Francia, in «ll Comine di Genova», sa., 1927, n. 4, pp. 308-309. A. GaBRIEL, Kash El-Heir in «Syria», VIII, 1927, pp. 302-329. M. Gomez MoRENO, EI arco romano de Medinaceli, in «BRAHb, 1927, p. 260. 1924 M. Land, Mostra centenaria di Luca Cambiaso, catalogo, Genova 1927 L. FIGUERA LEZCANO de la, EI Castillo de Loarre, in «Arquitec- E. LAVERGNE, Domme, in Congrès Archéologique de France, tura», VI, 1924, pp. 117-119. 1927, pp. 250-260. 3. GARSTANG, Askalon, in «Palestine Exploration Quaterly», R. NAUMANN, Der Quellbezirk von Nimes, Berlin 1927. LVI, 1924, pp. 2535. - A. CODIGNOLA, Catalogo della mostra genovese del L. Noct, Lg strada galleria P. Zecca-P. Portello e il suo raccordo P. NURRA Risorgimento, Genova 1927. coi piani regolatori di Piccapietra e San Vincenzo, Genova M. PANIZZARDI, Intorno al bombardamento di Genova nel 1684, 1924. in «Genova», 1927, pp. 215-217, 519-520. E. POTTIER, Musée national du Louvre. Catalogue des antiquités II piano regolatore della seconda circonvallazione a Monte, in «Il assyriennes, Parigi 1924. Comune di Genova», sa., 1927, n. 7, pp. 593 e s. V. VITALE, Recensione a Annali Genovesi di Caffaro e dei suoi Il piano regolatore edilizio per l'allargamento di via Carlo Felice, continuatori, in «Rivista Storica Italiana», ns., XLI, 1924, in «Il Comune di Genova», sa., 1927, n. 3, pp. 213-214. pp. 383-387, LA. RICHMOND, The relation of the Praetorian camps to Aure. L. VOLPICELLA, Genova nel secolo XV, note di iconografia panolian's wall of Rome, London 1927. ramica, in «ASLSP», LIL, 1924, pp. 241-288. 1928 1925
L. CHARBONNEAU LASSAY, Un ancien emblème du mois de jan vier, in «Regnabit», 1925, n. 5, pp. 481-485. R. COLDEWEY, Das wiedererstehende Babylon, Leipzig 1925. C. ENLART, Les monuments des Croisées dans le royaume de J6 rusalem, Paris 1925. M. HALBWACHS, Les cadres soniant de la mémoire, Paris 1925. B. KOSSMANN, Einstens massgebende Gesetze bei der Grundris sgestaltung von Kirchengebäuden (Studien zur deutschen Kunstgeschichte, n. 231), Strasbourg 1925. LR. MELIDA, Monumentos romanos de Espana, Madrid 1925. 1926
P. BARBIERI - F. GHIARA, Progetto di piano regolatore della spianata del Bisagno, Genova 1926. Carlino Pescie- Bernardino Frescura, in «Il Comune di Genova», sa, 1926, n. 1 La commemorazione della marcia su Roma, in «Il Comune di Genova», sa, 1926, n. 4, pp. 1134-1137. U. FORMENTINI, Le origini di Genova, in «Il Comune di Genova», 1926, n. 2, pp. 137-147. O. Grosso, La Dominante, in «Genova», 1926, n. 4, pp. 369379. E. KoePP, Die Romer, in Deutschland, Leipzig 1926. G. MaRCAIS, Manuel d'art musulman, Paris 1926. F. NovATI - A. MONTEVERDE, Le origini, in AA.VV,, Storia let teraria d'Italia, Milano 1926, p. 573. H. VINCENT - F.M. AngL, Jerusalem. Recherches de topogra phie, d'archéologie et d'Histoire, I, IV, Paris 1926.
Atti del Podestà, Genova 1928-1939. F. BENOIT, L'abbaye de Montmajour, Paris 1928. S, CHAMBERLAIN, Some italian town gates, in «American Architecto, CXXXIII, 1928, pp. 351-357. E. LEFEVRE PONTALIS, Le chateau de Coucy, Paris 1928. La nuova sistemazione stradale della regione di Albaro, in «La grande Genova», sa., 1928, n. 1, pp. 25-26. I nuovi lavori di prosecuzione della via Dante, in «La grande Genova», sa, 1928, n. 9, pp. 480-481, E. Rossi, Le lapidi genovesi delle mura di Galata, in «ASLSP», LVI, 1928, pp. 143-164. E. SCHRAMM, Heerwesen und Kriegfuhrung der Griechen und Romer, Munchen 1928. E. SKRZINSKA, Inscriptiones latines des colonies génolses en Cri mée, in «ASLSP», LVI, 1928, pp. 1-135 1. TILLET, Langres: remparts, in «CAF», XCI, 1928, pp. 529 537. W.M. WHITEHILL, An inscription of 1095 at Loarre, in «SpecuTum, II, 1928, p. 254. 1929
R. ALMAGIA, Monumenta Italiae. Riproduzioni di carte generali € regionali d'Italia dal secolo XVI al XVII, Firenze 1929. 1. BRATIANU, Recherches sur le commerce génoise de la Mer Noir au XIII siècle, Paris 1929. E. COUNEAU, La Rochelle disparue, La Rochelle 1929. L. DE SIMONI, La chiesa di S. Tommaso Apostolo in Fassolo in Genova, Milano 192: A. DONNADIEU, La Pompéi de la Provence. Frejus, Forum Juli, Paris 1929. 609
F. DunACH, Mittelalteriche Bauhütten und Geometrie, Stuttgart 1929. D. FREY, Das Burgeland. Seine Bauten und Kunstschatze, Wien 1929. AG. Li, The inscriptions of Sargon Il, king of Assyria, Paris 1929 G. LORIA, Storia delle matematiche, I, Antichiti-MedioevoRinascimento, Torino 1929. JR. MELIDA, Arqueologia española, Barcelona 1929. V. MORTET - P. DESCHAMPS, Recueilde textes relatifs à l'histoire de l'architecture etàla condition des architects en Franceau Moyen Age, Paris 1929. Mostra Regionale d'Arte Ligure, I, Genova 1929. Il nuovo regolamento edilizio, in «La Grande Genova», sa., 1929, n. 11, pp. 673 e ss. Il nuovo regolamento edilizio del Comune di Genova, in «La Grande Genova», sa., 1929, n. 9, pp. 522 e ss. 1I plebiscito genovese del 24 marzo alla luce statistica, in «La Grande Genova», sa., 1929, n. 3, pp. 144 e ss. B. SENAREGA, De Regibus Genuensibus commentaria ab anno MCDLXXXVIII usque ad annum MDXIV, a cura di E. PANDIANI, in L.A. MURATORI, Rerum Italicarum Script res, XXTV, 8, Bologna 1929-1932. La strada galleria fra via Dante e via A.M. Maragliano, in «La Grande Genova», sa. (ma C. MARCHISIO), 1929, n. 7, pp. 403 e ss. 1930
W. ANDRAE,Das Gotteshaus und die Urformen des Baunes in al ten Orient, Berlin 1930. Bando per un concorso per il piano regolatore di alcune zone del la città, in «Genova», sa, 1930, n. 5, pp. 343 e ss. F. Benoît, Villeneuve-les-Avignon, Paris 1930. G. Bersu, Das romische Kastell in Altrip bei Ludwigshafen am Rhein, in «Neue deutsche Ausgrabingen», II, 1930, pp. 170189, R. COLDEwEY, Das Ischtartor in Babylon, in «Mitteilungen der deutschen Orient Gesellschafo», IIL, 1930. Concorsoper il plano regolatore di alcune zone della citta, Genova 1930. N XII Congresso internazionale dell'abitazione e dei piani regolatori la I mostra nazionale dell'abitazione e dei piani regolatori. La Partecipazionedi Genova, in «Genova», sa. (ma C. MIGNONE), 1930, n. 2, pp. 135 e ss. P. DESCHAMPS, Le château de Saone dans la principauté d'Antioche, in «GBA», 1930, dicembre, T. DomBaRT, Der Babylonischem Turm, Leipzig 1930. L'edilizia genovese negli anni 1928-1929 e brevi considerazioni sul nuovo regolamento edilizio, in «Genova», .a., 1930, n. 2 pp. 123 e ss. O. Grosso, II civico museo navale e la collezione garelliana, in «Genova», 1930, n. 4, pp. 247-256. Jacopo da Varagine, in «Genova», sa. (ma M. CELLE), 1930, n. 11, pp. 917-922 R. LOMBARDO, Vecchia Genova, Genova 1930. G. e A. PaCCHIONI, Mantova, Bergamo 1930. 610
1I piano regolatore di Albaro e le sue ultime varianti, in «Genova», sa, (m. A. VITALE), 1930, n. 11, pp. 945-950. LA. RICHMOND, The city wall of imperial Rome. An account of its architectural development from Aurelian to Narses, Oxford 1930. Il traforo del colle di Carignano, in «Genova», sa. (ma C. MAR Histo), 1930, n. 5, pp. 357 e ss. Gli ultimi due volumi degli Annali di Caffaro, in «Genova», sa., 1930, n. 11, pp. 923.924. V. VITALE, Le glorie di. Genova marinara negli Annali Genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, in «Rassegna Italiana», 1930, pp. 6 e ss 1931
lI concorso per un plano regolatore di alcune zone del centro del. la città. Relazione della Commissione giudicatrice, in «Genova», sa, 1931,n. 8, pp. 634e ss. Dizionario del Risorgimento Nazionale, dalle origini di Roma ca pitale. Fatti e persone, Milano 1931-1937. R. DUSSAUD - P. DESCHAMIS - H. SEYRIG, La Syrie antique et medievale illustrée, Paris 1931 G.B. GIOVENALE, Le porte del recinto di Aureliano o Probo, in «Bollettino della Commissione Archeologica Comunale», LIX, 1931, pp. 10-116. A. GRENIER, Manuel d'archéologie Gallo-Romaine, Paris 1931. R. Lizor, Les Convenae et les Consoranni, Paris et Toulouse 1931 C. MARCHISIO, L'arco trionfale ai caduti genovesi e alla vittoria italiana, in «Genova», 1931, n. 6, pp. 417 e ss. W. Neuss, Die Apocalypse des AL Johannes in der altspanichen und altchistchen Bibel Illustration, Munster in Westfalen. 1931. Le opere pubbliche che si inaugurano a Genova nel IX annuale della marcia su Roma, in «Genova», 1931, n. 10, pp. 856.910. 1. Poux, La cité de Carcassonne, Toulouse 1931-1938, 3 voll Progetto di piano regolatore del centro della città, Genova 1931 Progetto di piano regolatore delle zone centrali della città di Ge: nova, Genova 1931 H. SEYRIG, Antiquités Syriennes, «Syria», XII, 1931,pp. 315. 319. Sua Eccellenza Bottai a Genova, în «Genova», sa., 1931, n. 12, pp. 1136-1137. A. VIALE, II piano regolatore generale di Genova; in «Genova», 1931, n. 1-2; pp. 25-37, 107 e ss. A. ZiMEL, La millenaria potenza e le glorie marinare della Domi nante, in «Genova», 1931, n. 9, pp. 735142. 1932
W. ANDRAE, Der Babylonische Turm, in «Mitteilungen der Deutschen Orient Gesellschaft», 1932, pp. 1-11 A. Costa, La peste in Genova negli anni 1656-1657, Roma 1932
KAC. CuzswEtL, Early Muslim Architecture, Oxford 19321940, 2 voll, P. DESCHAMPS, Les entrées des cháteaux des croisées en Syrie et leurs défenses, in «Syria», XIII, 1932, pp. 369-387.
T. DOMBART, Die aufgangsfrage am Babelturm, in «Journal of the Society of oriental research», XVI, 1932, n. 34, pp. 79107. E. FUSELLI, piano regolatore di Genova, in «Architettura», XI, 1932. A. GABRIEL, A propos de Kasrel-Heir, à l'est de Palmyre, in «Syria», XIII, 1932, pp. 317-320. N. GALLIMBERTI, Profilo urbanistico della città di Padova, in «Padova», 1932. E. LEVI PROVENÇAL, L'Espagne musulmane au Xéme siècle, Paris 1932. Piano regolatore di massima di alcune zone del centro della città, Genova 1932. Progetti di piano regolatore della città di Genova, Genova 1932. Progetto di piano regolatore della zona orientale della grande Genova, in «A Compagna», 1932, n. 3, pp. 16-23. LA. RICHMOND, Augustan gatesat Torino and Spello, in «Papers of the Brit sh school at Rome», XII, 1932, pp. 52-61. F. SAPORI, L'arte e il duce, Milano 1932. H. TERRASSE, L'art Hispano-Mauresque des origines au XVIII siècle, Paris 1932. L. TORRES BALBAS, La restauration des monuments dans l'Espa gne d'aujourd'hui, in «Mouseion», VI, 1932, pp. 23-25. 1933
G. Bazın, Le Mont St. Michel, Paris 1933. LA. MAGGIOROTTI, Architetti e architettura militare, I, Roma 1933 1. PETRI, Recherches sur l'état de la ville de Dieà l'époque romalne, in «Bulletin de la Societé d'Archéologie», LXIV, 1933. 1934
A. ALFOLDI, Die Augestaltung des Monarchischen Zeremoniells am Romischen Kaiserhofe, în «Römische Mitteilungen», IXL, 1934, pp. 1-118. F. BORDEIt, EI primitivo castillo del real Manzanares, in «Revi sta Española de Arte», 1934. A. DELLEPIANE, Porta del Molo vecchio, in «Il Lavoro», 21 novembre 1934. P. DESCHAMPS, Les châteaux des Croisés en Terre Sainte. Le Crac des Chevaliers, Paris 1934. P. FRACCARO, Polibio e l'accampamento romano, in «Athe: naeum, ns, XII, 1934, pp. 154-161. J. SAUVAGET, Notes sur la colonie genoise de Péra, in «Syria», XV, 1934, pp. 252-275. 1935
AANV., Bogazkoy, Ausgrabungen der Deutschen Orient Gesel schaft und des Deutschen Archaologischen Institut, LV, Berlin 1935, 1938, 1957, 1969, 1975. A. ALFOLDI, Insignien und Tracht der Romischen Kaiser, în «Römische Mitteilungen», L, 1935, pp. 1-158. C. BRUZZo, Capitolato, contratto e ordinamento dei lavori per la costruzione delle nuove mura di Genova nel 1630-1632, Genova 1935.
M. CHIAUDANO - M. Moresco, II cartulare di Giovanni Scriba, Torino 1935, 2 voll. Concorso artistico «Sogni di Madre», Genova 1935. P. DESCHAMPS, Le château de Saone et ses premiers seigneurs, in «Syria», XVI, 1935, pp. 73-88. R. FALLER, Der Metzgerturm, in «Bulletin de la Societé d'histoi re et d'archéologie de Ribauvillé», 1935, pp. 5-18. FRIGERIO, Antiche porte di città italiche e romane, Como 1935. F. GeRKE, Das Verhaltnis von malerei und Plastik in der theodosianischen Kronorianischen Zeit, in «RAC», XII, 1935, pp. 131es. HR. HANNLOSER, Villard de Honnecourt, Kritische Gesamtau sgabe des Bauttenbuches, ms. Fr. 19.093 der Parisier Nationalbibliothek, Wien 1935. C. IMPERIALE DI S. ANGELO, JI Codice Diplomatico della Repubblica di Genova, in «Bollettino dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano», Roma 1935 H. KAHLER, Die römischen Stadtore von Verona, in «Deutsches archaeologisches Jahrbuch», L, 1935, pp. 138-197. W. KAMLAH, Apokalypse und Geschichtstheologie. Die Mittelal terliche Auslegung der Apokalypse vor Joachim von Fiore, Berlin 1935. R. LABAT, Le poème babylonien de la création, Paris 1935. F. LAYNC, Castillo de Buitrago Real de Manzanares, Madrid 1935. C. MARCHISIO, II restauro del tempio di S. Agostino sede della mostra «Sogni di Madre», in Concorso artistico «Sogni di Madre», Genova 1935. G. Miscosi, Genova e l'origine del fascio littorio, Genova 1935. M. OCANA JIMENEZ, Las puertas de la Medina de Cordoba, in «AbAndalus», III, 1935, pp. 143-151 R. PARIBENI, L'Egitto romano, in Africa Romana, Milano 1935. Rassegna urbanistica, in «Genova», sa., 1935, n. 3, pp. XXV. XXXVI L. ROBERT, Villes d'Asie Mineure, Paris 1935. P. ROMANELLI, La Cirenaica Romana, in Africa Romana, Mil no, 1935, pp. 219234. L. TORRES BALBAS, La puerta de Bibarrambla de Granada, in «Archivo Español del Arte y Arqueologia», XI, 1935. N. TURCHI, Numeri sacri, in Enciclopedia italiana, XXV, Roma ,1935, ad vocem. W. ÜBERWASSER, Nach rechtem Masz, in «Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen», LVI, Berlin 1935, pp. 250 e ss. P. VERZONE, L'architettura romanica nel novarese, Novara 1935-1936, 2 voll.
«Genova», sa., 1936, n. 2, p. 11 A. GRABAR, L'empereur dans l'art byzantine, Paris 1936. P. HELIOT, Boulognesurmer, in Congrès. Archéologiques, Amiens 1936, pp. 349371. JH. ILIFFE, A hoard of bronzes from Askalon, in «Quarterly Departement of Antiquities Palestine», V, 1936, pp. 61-68. L'inaugurazione a Palazzo Rosso della III Mostra Preelitoriale d'Arte, in «Genova», sa, 1936, n. 2, p. 15. G. Loup, Khorshabad, Chicago 1936-1938 611
C; MARCHISIO, Il decennale della grande Genova, in «Genova»,
1936, n. I, pp. 3-5 La nuova colonia marina di Chiavari, in «Genova», sa., 1936, n. 2, p. 36.
II nuovo palazzo dell'INA, in «Genova», sa., 1936, n. 5, p. 50. Le opere inaugurate il XXIV maggio, in «Genova»,sa. 1936, n. 5, pp. 4749. L'oro del genovesi consegnato alla Banca d'Italia, in «Genova», sa, 1936, n. 2, p. 12 Per la campagna demografica. Un centro per lo studio e cura del. la sterilità in Genova, in «Genova», sa. 1936, n. 2, pp. 17-18. lI restauro del chiostro di S. Matteo, in «Genova», sa., 1936, n. 2,p.M. P. REVELLL, Figurazioni cartogiafiche di Genova (1435-1935), Genova 1936. La riunione della Consulta Municipale, in «Genova», sa, 1936, n. 5, pp. 4445. 1937
P. A. R.
BARBIERI, Studio di piano regolatore e di diradamento della Genova medievale, in «Genova», 1937, n. 5, pp. 47 e ss. BARTALINI, L'architettura civile del Medioevo in Pisa, Pisa 1937. CAMPBELL - THOMPSON, Fragments of stone reliefs and in. seriptions founded at Nineveh, in «Iraq», IV, 1937, pp. 35 46. A. CAPPELUNL, Le mura antiche, in «Genova», 1937, n. 10, p. 11. E. CEccHi, Psicologia delle demolizioni, in «Capitolium», XII, 1937, n. 1, pp. 31 e ss. R. CIASCA, Genova nella «Relazione» d'un inviato francese alla vigilia del bombardamento del 1684, in «Atti della Società di Scienze e Lettere di Genova», XV, 1937, pp. 79-121. 1I giorno di Colombo, in «Genova», sa., 1937, n. 11, p. 64. V. GRAMEGNA FRESCURA, Mostra di ventagli, di pizzi, di miniature, Genova 1937. A. GRENIER, La Gaule Romaine, Baltimora 1937. O. Grosso, Ricordo di Ponticello, in «Genova», 1937, n. 3, pp. 18, RS. LOPEZ, Stato e individuo nella storia della colonizzazionege novese, in «Nuova Rivista Storica», XXI, 1937, pp. 3053n. C. MARCENARO - O. Grosso - M. BONZI, Pittori genovesi del Seicento e del Settecento. Catalogo della mostra, GenovaMilano 1937-1938 C. MARCHISIO, Le opere genovesi dell'anno XV, in «Genova», 1937, n. 11,p. 45. T. PASTORINO, Ventagli, pizzi e miniature al Carlo Felice, in «Genova», 1937,n. 7, pp. 13:20. E. PAVOLINI, La demolizione del colle di Morcento, in «Genova», 1937, n. 4, pp. Sl e ss. W. Pax, Worter und Sachen, s.., 1937. II piano di esecuzioneper la zona di corso Aurelio Saffi, in «Genova», sa., (ma C. MARCHISIO), 1937, n. 1-2, pp. 43 e ss. A. PoDESTÀ, La partecipazione ligure alla Esposizione di Parigi, in «Genova», 1937,n. 9, pp. 13-19. A. POIDEBARD, Trace de Rome dans le désert de Syrie, organisa612
tion du limes, in «Mélanges d'Archéologie et d'i tire», LIV, 1937, n. 1-4, pp. $24. La IV Mostra d'Arte del Mare, in «Genova», sa, 1937, n. 3, pp. 65-66. K. STADE, Il «limes» romano in Germania, Roma 1937. P. Sricorn, II «limes» delle Alpi Giulie, in «Studi Romani», XVI, 1937, pp. 328. Sua Eccellenza Achille Starace a Genova, in «Genova», sa. 1937, n. 12, pp. 47 e ss. L. TORRES BALBAS, Cronica arqueologica de la España musulmana,in «Archivo Español del Arte», XXXIX, 1937, pp. 266 e s 1938
L'anniversario della festa di Ball, in «Genova», sa, 1938, n.1, p.63, MC. AscaRı, Topografia di Genova-Quarto, in «Genova», 1938, n. 1, pp. 19-26. P. BARBIERI, Forma Genuae, Genova 1938. G.P. BOGNETTI, / magistri Antelami e la valle di Intelvi, in «Periodico Comense», n.s. II, 1938, pp. 1-56. M. BRACCIALINI, Piani regolatori parziali e varianti per la sstemazione del centro di Genova, in «Genova», 1938, n. 12, pp. 3343. T.A. BUONINSEONI, La II mostra provinciale di Belle Arti a Palazzo Rosso, in «Genova», 1938, n. 2, pp. 33-36. R. CAILLO!S, Le mythe et l'homme, Paris 1938. A. CAPPELLINI, Le fortificazioni di Genova, in «Genova», 19381939 A. CODIGNOLA, Prefazione a R. GIARDELLI, Saggio di una bibliografia generale sulla Corsica, Genova 1938. P. CocLioLo, Le celebrazioni dei grandi Liguri, in «Genova», 1938, n. 11, pp. 1e ss. Il «Confuego» al Podestà, in «Genova», sa., 1938, n. 1, p. 68. E. CONTI SINIBALDI, II palazzo delle Esposizioni, in «Genova», 1938, n. 12, pp. 25:26. E. CONTI SINIBALDI, La propaganda all'estero, in «Genova», 1938, pp. 31-32. E. CONTI SINIBALDI, I turismo e le manifestazioni estive, in «Genova», 1938, n. 11, pp. 32:34. G. D'AMATO, Origini preistoriche dello stemma di Genova, in «Genova», 1938, n. 9, pp. 13 e ss. 3. DOBIAS, II limes romano nelle terre della Repubblica Cecoslovacca ed i tentativi di portare le frontiere dell'Impero sui monti Sudeti e Carpati, Roma 1938. 1I giorno di Colombo, in «Genova», sa., 1938, n. 11, p. 71 O. Grosso, La mostra di pittori genovesi del 600 e 700, in «Genova», 1938, n. 8, pp. 1 I. LEHMANN BROCKHAUS, Schriftquellen zur Kunstgeschichte. des 11 und 12 Jahrhundert fur Deutschland, Lotharingen und Italien, Berlin 1938. La mostra d'arte del dopolavorista, in «Genova», sa., 1938, n. 3, p.72. Mostra del «Mezero», catalogo della mostra, Genova 1938. U. NEBBIA, La porta del molo di Genova, in «Palladio», XVI XVII, 1938, pp. 30-31 La nuova cerchia, Genova 1938.
1. PAULOVIGS, Il limes romano in Ungheria, Roma 1938. Piani regolatori, in «Genova», s.., 1938, pp. 78 c ss. Piani regolatori parziali e varianti per la sistemazione del centro. di Genova, in «Genova», sa., 1938, n. 12, pp. 29-30. Piano regolatore per la zona della villa Serra, in «Genova», sa, 1983, n. 12, pp. 29-30. A. POIDEBARD. II limes romano in Siria, Roma 1938. LA-RICHMOND, J limites romani nella Britannia, Roma 1938. G. Riv, La mostra de’ pittori liguri dell'Ottocento, in «Genova», 1938, n. 10, pp. 1-15. P. ROMANELLI, Le grandi strade romane nell'Africa settentrionale, Roma 1938. 1. SAUVAGET, Les Ghassanides et Sergiopolis, in «Byzantion», XIV, 1938, pp. 115-130. A. SCHOBER, JI Imes romano in Austria, Roma 1938. La situazione nell'Emilia, nell'Umbria, nella Liguria, nel Piemonte, in «Il gran Consiglio del Fascismo», I, 1938, VI sessione, pp. 100-103. Sua Eccellenza Benni inaugura a Palazzo Reale la Mostra di Pit tori Genovesi del 600 e ‘700, in «Genova», sa, 1938, n. 8, p. 66. Sua Eccellenza Bottai a Genova, in «Genova», sa., 1938, n. 11, pp. 60-61. La trionfale visita del Duce alla Dominante, in «Genova», sa., 1938, n. 67, pp. 1 e ss. F. VAN DER MEER, Majestas Domini. Théophanies de l'ApocaIypse dans l'art chrétienne, Paris 1938. CW. VoLLGRAFF, II limes romano nei Paesi Bassi, Roma 1938. N. Vu, A limes romano in Jugoslavia, Roma 1938 1939
Alla Società di Scienze e Lettere, in «Genova», sa, 1939, n. 3, p.7l. M. BRACCIALINI, II piano regolatore particolareggiato di esecu zione per le zone di San Vincenzo e Piccapietra, in «Genova», 1939, n. 2, pp. 3941. R. CaILLOIS, L'homme et le sacré, Parigi 1939. A. CAPPELLINI, Le porte della città, in «Genova», 1939, p. 1. X Esposizione Internazionale d'arte. Anno XVII, in «Genova», sa. (ma G. RIVA), 1939, n. 7, pp. 13-18. P. DESCHAMPS, Les châteaux des Croisés en Terre Sainte. II la défense du royaume de Jerusalem, Paris 1939. L. DE SIMONI, La mostra delle antiche casacce genoves, in «Genova», 1939, n. 6, pp. 13 e ss. L'entusiastico saluto al Duce di ritorno dal Piemonte, in «Genova», sa., 1939, n. 6, pp. 73:74. Genovesi e Liguri nominati consiglieri nazionali, in «Genova», s.a., 1939, n. 4, pp. 61-62. La «giornata della Marina», in «Genova», s. 1939, n.7, pp. 6668. O. Grosso, I restauri di Porta Soprana e di Villa Scassi, in «Genova», 1939, n. 1, pp. 1-8. Il nuovo direttorio del sindacato Belle Arti, in «Genova», sa., 1939, n.4, p. 67. E. GUGLIELMINO, Genova dal 1814 al 1849. Gli sviluppi economicie l'opinione pubblica,in «Atti della R. Deputazione di Sto-
ria Patria per la Ligura, serie del Risorgimento», IV, 1939. 1940. L'inaugurazione della Mostra delle antiche maioliche liguri e del Civico Museo di Architettura e Scultura, in «Genova», sa., 1939, n. 5, pp. 62-63. E. ISNALDI, Genova e le celebrazioni marinare, in «Genova», 1939, n. 7, pp. 3741. Lapidi commemorative, in «Genova», sa. (ma M. CELLE), 1939, n. 4, pp. 10e ss. 1 Littoriali del mare dell'anno XVII a Genova, in «Genova», sa. {ma B. ZIRAVELLO), 1939, n. 6, pp. 63-65. LA. MAGGIOROTTI, Architetti e architettura militare, Roma 1939, 3 voll DR. MAINERI, II primo e il secondo tempio diS. Agostino eretti in Genova, in «Genova», 1939, n. 3, pp. 15-20. Mostra dell'antica maiolica ligure dal secolo XIV al secolo XVIII, catalogo, Genova 1939. Mostra delle casacce e della scultura lignea sacra genovese del Seicento e del Settecento, organizzata dall'Ente Provinciale per il Turismo, Genova 1939, 11 Museo di architettura e scultura ligure nella chiesa di S. Agosti no, in «Genova», sa. (ma M. CELLE), 1939, n. 6, pp. 7 e ss. F. NICCOLAI, Contributo allo studio dei più antichi brevi della compagna genovese, Milano 1939. A. PoDESTÀ, La IV mostra d'arte del mare, in «Genova», 1939, n. 4, pp. 1921. B. RAVELLO, I Littoriali del Mare dell'anno XVII a Genova, in «Genova», 1939, n. 6, pp. 63 e ss P. ROMANELLI, JI limes romano in Africa, Roma 1939. G. ROVERETO, Liguria Geologica, in «Memorie della Società Geologica Italiana», II, Roma 1939. M. SALMI, Maestri comacini e maestri lombardi, in «Palladio», 1939, pp. 49.62. 1. SAUVAGET, Les ruines omeyyades du Djebel Seis, in «Syria», XX, 1939, pp. 239.256. D. SCHLUMBERGER, Les fouilles de Quasr ELHeir El-Gharbi (1936-1938), in «Syria», XX, 1939, pp. 195:238, 324-373. Sua Maestà il re imperatore alle mostre genovesi, în «Genova», sa, 1939, n. 7, pp. 58-59. G. VERGA, I monumenti architettonici di Crema e dei dintorni, Crema 1939. 2. ZUCCARINO, Genova in cifre nel 1938 XVL-XVII, in «Geno va», 1939, n. 7, pp. 52:56. 1940
C. CAHEN, La Syrie du Nord à l'époque des Croisades et la princi pauté franque d'Antioche, Paris 1940. La celebrazione del XXVIII ottobre, in «Genova», sa., 1940, n. 11-12, pp. 94 e ss Le celebrazioni giubilari al santuario di NS. della Guardia, in «Genova», sa., n. 9, pp. 64-66. M. CHIAUDANO, Oberto Scriba de Mercato (1186), Torino 1940. E. CONTINI, La realizzazione del piano regolatore del centro di Sampierdarena, in «Genova», 1940, n. 8, pp. 49-54. X AC. CreswLL, Early Muslim Architecture, 1, Oxford 1940. X giugno XVIII: viva l'Italia, in «Genova», sa. 1940, n. 7, pp. 13. 613
A.U. GARGANI, Le torri di Porta Soprana,in «Genova», 1940, n. 9, pp. 25 e ss. II giorno di Colombo, in «Genova», s., 1940, n. 11-12, pp. 85-86. E. GUGLIELMINO, Genova dal 1746 al 1771, Genova 1940. Historia de España. Dirigida por Ramon Menéndez Pidal, Ma: drid 1940... G. LuGu, Pianta di Roma antica, Roma 1940. P. ROMANELLI, Storia delle province romane dell'Africa, Roma 1940. A. RONCALLO, A San Fruttuoso presso le tombe dei Doria, in «Genova», 1940, pp. 44 e ss. 1, SEZNEC, La survivance des dieux antiques, Paris 1940. C. VERGANI, II passaggio coperto tra i portici di via XXsettembre e di via Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, in «Genova», 1940, pp. 53.56. 1941
L'ffettuoso interessamento per i feriti, in «Genova», s., 1941, n. 3, pp. 2023. Antiche stoffe genovesi nella Mostra al «Carlo Felice», in «Ge nova», sa. (ma M. RAVENNA), 1941, n. 7, pp. 33-38. A. CAPPELLINI, La basilica dei Fieschi in Cogorno, in «Genova», 1941, n. 1, pp. 21 ess Le celebrazioni del XXVIII ottobre, in «Genova», s.a., 1941, n. 11, pp. 4548. U. FORMENTINI, Genova nel Basso Impero e nell'Alto Medioevo, in AA.VV, Storia di Genova, II, Milano, 1941. A. Giusti, Lingua e letteratura latina in Liguria, in AA.VV. Storia di Genova, II, Milano, 1941, pp. 334-349. M. HaL&wackS, La topographie légendaire des évangiles en terre sainte, Paris 1941. A. INVERNIZZI, Illustrazione del secondo grattacielo di Genova, in «Bollettino dei sindacati fascisti ingegneri della Liguria», 1941, pp. 11-27. E. Levi PROVENGAL, Deux nouvelles fragments des «Mémoires. du roi Ziride "Abd Allah de Grenade», in «Al-Andalus», VI, 1941. C. MARCHISIO, II monumento di Genova a Costanzo Ciano, in «Genova», 1941,n. 12, pp. 312. Mostra delle antiche stoffe genovesi dal secolo XV al secolo XIX, catalogo, Genova 1941. A. RONCALLO, Portofino, gemma del mare italico e le reliquie di San Giorgio patrono dei marinai, in «Genova», 1941,pp. 27 ess A. RorA, La voce di Porta Soprana, in «Genova», 1941, n. 5. G. SALVI, Il molo nuovo, in «Genova», 1941, n. 9, pp. 3-10. J.SAUVAGET, Alep: essa sur le développement d'une grande ville syrienne des origines au milieu du XIX siècle, Paris 1941. La statua del navigatore dello scultore Morera collocata alla Foce, di fronte al mare nostro, in «Genova», 1941, p. 28. B. TARACENA AGUIRRE, Soria. Carta Arqueologica de España, Soria 1941. E. TRAVERSO, Note sulle strutture di cemento armato nel grattacielo Invernizzi, in Ilustrazione del II grattacielo, Genova 1941, pp. 2831. La visita dell Ecc. il Prefetto dell'Istituto per la storia di Genova, in «Genova», sa., 1941, n. 4, pp. 51-52. 614
1942
Archivio Español de Arqueologia, 46, Madrid 1942. E. BESTA, La cultura giuridica e la legislazione genovese dalla fine del secolo decimoprimo, in AA.VV, Storia di Genova, TIL, Milano, 1942. Delizia di Genova nel chiaro della luna, in «Genova», sa., 1942, n.2, p. 16. Dopo i crimini della R.A.F. l'alta parola del Duce, in «Genova», sa., 1942, n. 12, pp. 12. U. FORMENTINI, L'arte romanica genoveseed i «magistri Antelami», in AA.VV., Storia di Genova, III, Milano, 1942, pp. 277311. V. Gavi, Fierissima Genova, in «Genova», 1942, n. 11, pp. 12. M. HALEWACHS, La topographie légendaire des Evangiles en Terre Sainte, Paris 1942. H. KAHLER, Die romischen Torbungen der fruhen Kaiserzeit, in «Jahrbuch des deutschen archaologischen Instituts», LVII, 1942. R. KRAUTHEIMER, Introduction to an «Iconography of medieval architecture», New York 1942. G.M. MoNTI, La espansione mediterranea del mezzogiorno d'a Jia e della Sicilia, Bologna 1942. G. PANAZZA, L'arte medievale nel territorio bresciano, Brescia 1942. OE. RAVN, Herdotus’ Description of Babylon, Copenhagen 1942. G.RivA, Gli artisti liguri alla XXIII biennaledi Venezia, in «Genova», 1942, n. 8, pp. 19-26. GC. SCARSELLA, II Comune dei Consoli, in AA.VV., Storia di Genova, IN, Milano 1942. 1943
Ancora bombe sulla città, in «Genova»,sa., 1943, n.11, pp. less. V. CARDINALE, Le relazioni commerciali fra Genova e le città 'egemoniche nel Medioevo, in «Genova», 1943, n. 3, pp. 32:34. C. CEsCH, Sistemazione urbanistica dei vecchi centri bombardati, in «Genova», 1943, n. 10. La città martoriata, in «Genova», sa., 1943, n. 9, pp. 1-30. 1 danni inferti dai bombardamenti nemici alla città, in «Genova», sa. 1943, n. 1, pp. Less. La distruzione del santuario di N.S. di Coronata, in «Genova», sa., 1943, n. 11, pp. 68. A. DURAN Y SAMPERE, Vestigios de la Barcelona romana en la Plaza del Rey, in «Ampurias», V, 1943, pp. 53 e ss. F.L. GANSHOF, Etude sur le dévelopement des villes entre Loire ‘et Rhin au Moyen Age, Paris 1943. E. HERZFELD, Damascus: studies in architecture: Il, in «Ars Islamica», X, 1943, pp. 13:70. C. Lamas, Revision de jornal constructivalen el castello de Loarre, in «Archivio Español de Arte», XV, 1943, pp. 384-398. G. RIVA, Gli artisti liguri alla IV Quadriennale d'Arte Nazionale, in «Genova», 1943, n. 6. E. Van Moz, L'Apocalypse de Saint-Sever, Paris 1943. 1944 G.P. BONETTI, Gli Antelami e la carpenteria di guerra, in Rac-
colta di scriti in onore di A. Giussani, Como 1944,pp. 217 23
G. Dumezi, Naissance de Rome, Paris 1944. 1945
P. FRANKL, The secret of the mediaeval masons, with An explanation of Stornaloco's formula, by Erwin Panofsky, in «The Art Bulletin», marzo 1945, pp. 46-64. L. TORRES BALDAS, EI barrio de las casas de la Alcazaba mala: guena, in «Al-Andalus», X, 1945. 1946
P.M. DUVAL, Cherchelle et Tipasa. Recherches sur deux villes Sortes de l'Afrique romaine, Paris 1946. A. GRENIER, La Gaule province romaine, Toulouse Paris 1946. E. HERZFELD, Damascus: studies in architecture: III, in «Ars Islamica», XIII, 1946, pp. 1-71. F. Lor, L'art militaire et les armés au Moyen Äge en Europe et dans le Proche Orient, Paris 1946. A. PARROT, Archéologie mésopotamienne, Paris 1946. H. STERN, Notes sur l'architecture des châteaux omeyyades, in «Ars Islamica», XI-XII, 1946, pp. 72-97. 1947 E. POGNON, L'an Mille, Paris 1947. 1948 1. GiROU, Carcassonne Grenoble, Paris 1948. W. LAEDRACH, Portes et Tours, Neuchatel 1948. H. SEDLMAYR, Architekture des abbinde Kunst, in «Oesterreichische Akademie der Wissenshaften Situngberichte», 1948. 1949
JS. ACKERMAN, «Ars sine scientia nihil est». Gotich theory of architecture at the Cathedral of Milan, in «The Art Bulletin», XXXI, 1949, pp. 84-111. J. BARADEZ, Vue aerienne de l'organisation romaine dans le SudAlgerien, Paris 1949. ET. BELL, La magia dei numeri, Milano 1949. R. CORNON, Dinan: architecture militare et civile, les remparts, in Congrès Archéologique de France, 1949. R. Chozer, Villes d'entre Loire et Gironde, Paris 1949. P. FEUCHERE, Contribution à l'étude de l'origine des villes; les «castra» et les noyaux préurbains en Artois du X au XI sie cle, Arras 1949. G. LuoLt, Porte di città antiche col motivo di archi sovrapposti, in «Archeologia Classica», I, 1949,n. 2, pp. 153-160. P. NoL, La pierre, matériau du passé et de l'avenir, Paris 1949. 1950 H. BECKER, Sacred and secular Societies, in Trough Values to Social Interpretation, Durham 1950, S. BotTARI, Monumenti svevi in Sicilia, Palermo 1950.
H. M. R.
FRANKFORT, Town Planning in Ancient Mesopotamia, in «Town planning Review», XXI, 1950. HALBWACHS, La mémoire collective, Paris 1950. JANIN, Costantinople Byzantine, Dévéloppement Urbain et Repertoire Topographique, in «Archives de l'Orient Chré tien», IV, Paris 1950. F. Lor, Recherches sur la population et la superficie des cités re montant à la période gallo-romaine, Paris 1950. G. MANACORDA, Delle cose supreme, I: Preludio, Firenze 1950. IF. VERBRUGGEN, Note sur le sens des mots castrum castellum. et quelques autres expressions qui désignent des fortifications, in «Revue belge de philologic et d'histoire», Bruxelles, XXVIII, 1950, pp. 147-155. 1951
S. BOTTARL, Intorno alle origini dell'architettura sveva nell'Italia meridionale ed in Sicilia, in «Palladio», 1, 1951, pp. 21-33. A. CAPPELLINI, La casa paterna di Cristoforo Colombo in Quin to, in «Bollettino Ligustico», III, 1951, n. 2, pp. 4647. R. GRAND, L'architecture militaire en Bretagne, in «Bulletin Monumentab, 1951, pp. 266 e ss. HG. KRUEGER - RL. REYNOLDS, Lanfranco (1202-1226), Genova 1951-53, 3 voll. 1. LAFAURIE, Les monnaies des rois de France, Paris 1951 Y.W.E. PEARLE, The Roman imperial coinage, IX, London 1951. 1. PERI, Ordinamento del comune consolare, in Studi sul Comune di Genova, Palermo 1951. U. PESTALOZZA, Religione mediterranea, Milano 1951 LI. RINGDOM, Graltempel und Paradies Beziehungen zwischen Iran und Europa in Mittelalter, Stockholm 1951. M. ROBLIN, Cités ou citadelle, les enceintes romaines du Bas Empire d'aprés l'exemple de Paris, in «Revue des Etudes Anciennes», LIII, 1951, pp. 301-311. M. VELTE, Die Anwendungder Quadratur und Triangulatur bei der Grundung Aufrisseestaltung der gotischen Kirchen, Basel 1951. V. VITALE, II Comune del Podestà, Milano-Napoli 1951 1952
S. ALCOLEA, Avila monumental, Madrid 1952. A. AMBROGIO, Piacenza, Piacenza 1952. L. ANGELINI, Il volto di Bergamo nei secoli, Bergamo 1952. N. CALVINI, Fortificazioni della Liguria occidentale nell'età moderna, in «Rivista Ingauna e Intemelia», VII, 1952, n. 24, pp. 4546. M. ELIADE, Images et Symboles, Paris 1952. G. DE FRANCOVICH, Benedetto Antelami, Milano 1952. 1. PERI, Studi sul Comune di Genova: genesi e formazione del Comune consolare, in «Atti dell Accademia di Scienze, Let tere c Arti di Palermo», XI, 1952, pp. 9-198. L. SALVATORELLI - G. MIRA, Storia del fascismo. L'Italia dal 1919 al 1945, Roma 1952. L. TorRes BALBAS, El arte de ALAndalus bajo los Almoràvides, in «ALAndalus», XVII, 1952, n. 2, pp. 411-429. A. TUULSE, Begen des Abendlandes, Stockolm 1952. 615
1953
1955
1. BEL, / disegni e le mappe delle mura di Lucca, in «Rivista d'Arte», XXVIII, 1953, pp. 161-184. G. CosrAMAGNA, II bombardamento dell'anno 1684. La difesa del porto, in Il porto di Genova nella mostra di Palazzo S. Giorgio, Genova 1953. P. DU COLOMBIER, Les chantiers des cathédrales, Paris 1953. 1. GARDELLA, Ignazio Gardella, Milano 1953. I. GARSTANG, The Hittte fortfcation, in Prehistorie Mersui Yümii Faza, Oxford 1953. RG. GoonciL, The Roman and Byzantine Ruines in Cyrenalca, in «Journal of Roman Studies», XLIII, 1953. O. Grosso, II porto di Genova nei dipinti e nelle stampe, Genova 1953. 1. GUERRERO LoviLLo, La puerta de Cordoba en la cerca de Sevilla, in «Al-Andalus», XVIII, 1953, pp. 178-187. R.JANIN, La Geographie ecclésiastique de l'Empire byzantin, II, Les eglises et les monasteres, Paris 1953. R. RITTER, Châteaux, donjons et places fortes, Paris 1953, F. RopoLICO, Le pietre delle città d'Italia, Firenze 1953. H. TERRASSE, La forteresse Almoravide d'Amergo, in «Ab Andalus», XVIII, 1953, n. 2, pp. 389-400.
E. Bach, La cité de Gênes au XII siecle, Copenhagen 1955. S. BETTINI, I castello di Mschattà in Transgiordania nell'ambito delcArte di Potenza» tardoantica, in Anthemon, scriti in onore di C. Anti, 1955, pp. 321-366. RM. BUTLER, A Roman gateway at Portchester Castle, in «The Antiquaries Journab, XXXV, 1955, pp. 219-222. G. FABBRI, Le fortificazioni del Medioevo a Bologna, Bologna 1955. A. GANDILHON, Aubigny:sur-mer, une petite ville du Berry, Ch&Jons 1955. R. GHIRSHMAN, Uncovering the stai of Tchoga-Zanbil, in «lllustrated London News», 1955, giugno, pp. 1140-1141 R. NAUMANN, Architektur Kleinosiens von ihren Anfängen bis zum Ende der hethischen Zeit, Tubingen 1955. G. PisrARINO, La casa e il vestiario del Duecento a Portovenere, in «Annali di ricerche e studi di geografia», XI, 1955, n. 2 A. SAPORI, Città e contado nel Medioevo, in Studi di Storia Economica, Firenze 1955. S. Tov, A history of fortification from 3000 B.C. to A.D. 1700, London 1955. V. VITALE, Breviario della storia di Genova, Genova 1955.
1954
1956
P. ALPHANDERY, La Chrétienité et l'idée de Croisade, Paris 1954. F. ALTHEIM, L'apocalitica d'oggi, in Apocalisse e Insecuritas, 1954, pp. 77.92. M. AVI - Yonan, Jerusalem, the saga of the Holy City, Jerusalem 1954. G.L. BARNI, La lotta contro il Barbarossa, in Storia di Milano, IV, 1954, pp. 1e s. E. BaYERRI, Historie de Tortosa y su comarca, Tortosa 1954. E. CASTELLI, Introduzione, in Apocalisse e Insecuritas, 1954. C. Ceschi, Architettura romanica genovese, Milano 1954. M. ELIADE, Trattato di storia delle religioni, Torino 1954. A. FALKENSTEIN, La cité temple, s, 1954. H. FRANKFORT, The Art and Architecture of the Ancient Orient, Harmondsworth 1954. V. GUALAZZINI, Appunti per la storia della topografia di Cremona, in «Comune di Cremona», 1954. F. Hueso ROLLAND, Las murallas de Sepulveda, in «Boletin. Anugos de los Castillo», 1954, pp. 141 e s . _ P. LAVEDAN, Réprésentation des villes dans l'art du Moyen Âge, Paris 1954. VE. NASHWILLIAMS, The Roman Frontier in Wales, Cardiff 1954. A. PARROT, Le temple de Jerusalem, Neuchatel 1954. 1. PORCHER, Manuscriptesà peinturesdu VIIau XII siècle, Paris 1954 Revista de Archivos - Bibliotecas y Museos, LXI, Madrid 1954. I. SAUVAGET, Mémorial, Damas 1954. L. TORRES BALBAS, Mozarabias y Juderias de las ciudades hispanomusulmanas, in «Al-Andalus», XIX, 1954, pp. 172-197. LH. VINCENT - A.M. STEVE, Jerusalem de l'Ancien Testament, Paris 1954.
G. H. E.
616
DUMEZIL, Aspects de la foncteur guerrière chez les Indoeuropéennes, Paris 1956. HAMBURG, Symbol and Reality, Niphoff 1956 Henzoo, Problemi urbanistici nell'undicesimo secolo in Germania ein Italia, in «Critica d'Arte», 1956, n. 13-14, p. 15 21. A. PARROT, Babylone et l'Ancient Testament, in «Cahiers d'ar chéologie biblique», VIII, 1956, pp. 1-125. B. Smith, Architectural Symbolism and Imperial deology, Princeton 1956. A. WARS, Geschichte der Krezzuge, Freiburg 1956 1957
W.F. ALBRIGHT, L'archeologia in Palestina, Firenze 1957. G. BACHELARD, La poétique de l'espace, Paris 1957. M. BeRNARDI - V. VIALE, Alfredo D'Andrade. La vita, l'opera, e Tarte, Torino 1957. K. BITTEL, Untersuchungen auf Büyukkale, in «M.DO Gy, 1957, n. 89, pp. 2438. M. BURROWS, The Interpreters Dictionary of the Bible. An Illu strated Encyclopedia, New York 1957. 3. CARO BAROJA, España primitiva y romana, Barcelona 1957. M. EUZENNAT, L'archéologie marocaine de 1955 à 1957, in «BAM», II, 1957, pp. 199-299. A. GoETZE, Kleinasien, München 1957. K. Otto DORN, Grabung im umayyadischen Rusafeeh, in «Ars Orientalis», II, 1957, pp. 119-133 R. PETTAZZONI, L'essere supremo nelle religioni primitive, Tori no 1957. F . REGGIORI, L'architettura militare a Milano e nel territorio du:
rante l'età Medievale e Rinascimentale, in Storia di Milano, VIII, Milano 1957, pp. 782-785. Y. SAUTEL, Carte Archéologique de la Gaule Romaine, X, Drome 1957. E. SESTAN, Per la storia della città nell'Alto Medioevo, in AA.VV. Studi in onore di Armando Sapori, I, Milano 1957, pp. 113-125. L. TORRES BALBAS, Almeria Islamica, în «AL-Andalus», XXII, 1957, pp. 411-453. 1958
G.C. ARGAN, Arte figurativa, in Enciclopedia Universale dell'Arte, 1, Venezia-Roma 1958, ad vocem. U. Btanchi, La religione e il «sacro» in Problemidi Storia delle religioni, Roma 1958, pp. 109-144. RM. BUTLER, The Roman Walls of Le Mans, in «Journal of Studies», XLVIII, 1958, pp. 33-39. A. CARETTA - L. SAMARATI, Lodi. Profilo di Storia Comunale, Milano 1958 F. DVORNIK, The idea of apostolicity in Byzantium and legendof the Apostole Andrew, Boston 1958. F. ENAUD, Les châteaux forts en France, s1. 1958. G. Fasoli, La nascita di un mito, in Studi Storici in onore di Gioacchino Volpe, Firenze 1958, pp. 445-479. G. FURLANI, Mit babilonesi e assii, Firenze 1958. H. GRAF, Bibliographie zum Problem der Proportionen, Speyer 1958. E. KEYSER, Städterundungen und Städtebau in Nordwestlichland, in Mittelalter der Stadtgrundriss als Geschichtsquelle, Remagen 1958. W. KIEWERT, Tore und Turme aus vielen Landern mit Aufnahmen des Verfassers, Dresden 1958. G. PISTARINO, Le carte portoveneresidi Teald di Sigestr (12581259), Genova 1958. 1. POURRIERE, La ville des Tours d'Aix-en-Provence. Essai de restitutions d'une ville morte du moyen âge d'après des documents inédits, Aix-en-Provence 1958. H. TADMOR, The compaigns of Sargon II of Assur, s.L, 1958. A. TUULSE, Burgen des Abendlandes, Wien-Munchen 1958. E. WINTER, Ellenistie fortifications, in «American Philophic Societing Yearbook», 1958, pp. 388-393. 1959
AANV., La naissance du monde, Paris 1959. L. ANGELINI, I! volto storico di Bergamo, in «Archivio Storico Lombardo», LXXXVI, 1959, pp. 63:71 1. BELLI, Guida di Lucca, Lucca 1959. HIT. BOSSERT, Janus und der Mann mit der Aller-oder Greinfenmaske, Istanbul 1959. RM. BUTLER, Late roman Town-Wals in Gaul, in «The Archeo. Jogical Journab, CXVI, 1959-1961, pp. 25-60. L. CREMA, Architettura romana, Torino-Genova-Milano 1959. H. DE LuBAC, Exégese médiévale; les quatre sens de l'Ecriture, Paris 1959.
T.L. DONALDSON, Ancient Architecture and Roman Coins and Medals, Chicago Illinois 1959 (ma 1865) A. EDALLO, I volto storico delle città lombarde Crema e Lodi, in «Archivio Storico Lombardo», s. VIII, IX, 1959, pp. 86.93. C. GorDON, Il Vecchio Testamento e i popoli del Mediterraneo orientale, Brescia 1959. O. GraBaR, Baghdad, al-Mushatta and Wasit, in The world of Islam. Studies in honour of philip K. Hitti, London 1959, pp. 99-108. R. HAMANN MCLEAN, Les origines des portail et façades sculp165 gothiques, in «Cahiers de civilisation médiévale», Il, 1959, n. 2, pp. 157e s. G. MARGASS, L'architecture musulmane d'Occident, Paris 1959. G. RIVA, L'arte sacra di Guido Galet, in «ll Fuoco», 1959, p. 26. H. Trost, Norddentsche Stadttore zwischen Elbe und Oder, Berlin 1959. V. VITALE, Vita e commerci dei notai genovesi nei secoli XII e XIII, in «ASLSP», LXXII, 1959, n. 1 1960
S. ALCOLEA, Granada, Barcellona 1960. P. AMIET, Le probleme de la réprésentation de Gilgamel dans l'art, in GilgameS et sa legende, Paris 1960, pp. 169-173. M. AUBERT, La construction au Moyen Age, in «Bulletin Monumental», CXVIII, 1960, pp. 241-259; CXIX, 1961, pp. 7-42, 81-120, 181-209, 297.323. L. Beschi, Verona romana. I monumenti, in AA.VV., Verona e iL suo territorio, Verona 1960. AM. BOLDORINI, Cartario di S. Stefano, tesi di laurea, Università di Genova, Facoltà di lettere e Filosofia, aa. 1960.61, 2 voll J. BOUSSARD, Carte archéologique de la Gaule Romaine, Paris 1960. D. Cons, Statuti urbanistici medievali di Lucca, Venezia 1960. M. EUZENNAT, L'archeologie marocaine de 1958 à 1960, in «BAM», IV, 1960, pp. 523-564 P. FRANKL, The Gothic. Literary Sources and Interpretations Through Eight Centuries, Princeton 1960, L. FRASSATI, Genova come era, 1870-1915, s.. 1960. H. Han, Porte, in Dizionario Biblico, Torino 1960, ad vocem. C. Inv, Die Programme der christlischen Apsismalerei vom vierten Jahrhundert bis zur Mitte des achten Jahrhunderts, Wiesbaden 1960. H. MiNKOWSKY, Aus dem Nebel der Vergangenheit Steigt der Turm zu Babel, Berlin 1960. G. OrFNER, L'épopée de GilgameX a-telle été fixée dans l'art?in GilgameX et sa légende, Paris 1960, pp. 175-181 A. PARROT, Sumer, Paris 1960. D. RYOLO, Sopravvivenze arabe in provincia di Messina, in «Palladio», XVIII, 1960, pp. 31-41. B. Suri, Architectural Symbolism, in «Traditio», 1960, pp. 425430. W. TERNI DE GREGORY, Crema monumentale e artistica, Crema 1960. L. TORRES BALBAS, La Alcazaba y la Catedral de Malaga, Madrid 1960. 617
1961
AA.VV., Miths, Dreams and Mysteries, New York 1961. M. ADRIANI, Apocalissee insecuritas, in AA. VV., Apocalise e insecuritas, Milano 1961,pp. 21-33. R. ASSUNTO, La critica d'arte nel pensiero medievale, Milano 1961. G.P. BOGNETTI, I capitoli 144 e 145 di Rotari ed il rapporto tra Como e i «magistri comacini», in Scritti di Storia dell'Arte in onore di Mario Salmi, I, Roma 1961, pp. 155-171. E. CASTELLI, La problématique de la démythisation, in Il proble ma della demitizzazione, Roma 1961, pp. 15-17. G. GantINI, Ischäll, in E.A.A., IV, Roma 1961, ad vocem. G. GARBINI, Ishtar, in E.A.A, IV, Roma 1961, ad vocem. G. GARBINI, Khorsäbäd, in E.A.A., IV, Roma 1961, ad vocem. R. GHIRSHMAN, Exposition d'art iranien à Paris octobre, novembre, decembre 1961, in «lranica», I, 1961, pp. 202-204. 3. GIMPEL, I costruttori di cattedrali, Milano 1961. W. MUELLER, Die heilige Stadt, Roma quadrata, himmliches Jerusalem und die Mythe von Weltnabel, Stuttgart 1961 MIT. PENTA, Influssi arabi e nordici sull'architettura dell'Italia meridionale ai tempi svevi, in «Archivio storico per le pro vincie napoletane», LXI, 1961, pp. 175-192. A. SALONEN, Die Türen des alten Mesopotamien, Helsinki 1961. W. SCHLEIERMACHER, Der Römische Limes in Deutschland. Ein archäologischer Wegweiser für Autoreisen und Wanderun gen, Berlin 1961. C. SINGER - E. HOLMYARD - A.R. HALL- T.I. WILLIAMS, Storia della Tecnologia, Torino 1961-1965. R. Toso D'ARENZANO, San Bernardo di Chiaravalle e la cità di Genova, in «Aevum», XXXIV, 1961, pp. 419-454. R. Vassas, L'enceinte Gallo-Romaine du Mans, in Congrés Ar. chéologiques de France, s. 119, Maine 1961, pp. 9-17. R. WILL, L'architecture des chateaux alsaciens essai de classif cation, in «Revue d'Alsace», 1961,pp. 110-119. 1962
AANV., Novara e il suo territorio, Novara 1962. AANV., Le pouvoir et le Sacré, Annales du Centre d'Etudes des Religions, 1, Bruxelles 1962. L. ANGELINI, Nel IV centenario dell'erezione delle mura venete di Bergamo, Bergamo 1962. GC. ARGAN, L'informale nella situazione odierna, in AA.VV. Demitizzazione e immagine, Roma 1962, pp. 104-107. A.M. BOLDORINI, Santa Croce di Sarzano e i mercanti lucchesi a Genova (secc. XIILXIV). Documenti, in «ASLSP», LXXVI, 1962, n. 2, pp. 77-96 3. Bosque MAUREL, Geografia urbana de Granada, Saragozza 1962, pp. 58-81. 3. CAMPBELL, Le maschere di Dio, Milano 1962, pp. 150-155. R. CAPRA, Novara, Novara 1962. C. Dareto, Caffaro, in «Genova», 1962, n.2, pp. 8-13. G. DORFLES, Dissociazione tra tendenze mitopoietiche e iconoclastiche nell'arte d'oggi, in Demistificazione e Immagine, Roma 1962, pp. 112-121 F. GIBELIN, Les châteaux de France, Paris 1962. R.C. GooDCHIL.D, Benghazi: the story of a city, Cyrene 1962. 618
O. Grosso, Il restauro della facciata della Cattedrale di Genova, HI, in «Liguria», 1962, pp. 9-11, 17-19. R. GUENON, Symboles fondamentaux de la Science sacrée, Paris 1962 (ed. italiana, Milano 1975 e 1978). 1. HANI, Le symbolisme du temple chrétien, Paris 1962. I. Heers, Urbanisme et structure sociale a Génes au Moyen-Âge, in AA.VV., Studi in onore di A. Fanfani, 1, Milano 1962, pp. 369-412. M. LABROUSSE, Recherches et hypothèses sur l'enceinte romaine de Toulouse, Bruxelles 1962. S. MAHL, Jerusalem in der mittelalterlichen Sicht, in «Die Welt als Geschichte», XXII, 1962, pp. 11-26. G. MATTHIAE, Le chiese di Roma dal IV al X secolo, Bologna 1992. C, PicaRD, L'arc d'Orange, Paris 1962. D. PUNCUH, Liber privilegiorum Ecclesiae lanuensis, Genova 1962. P.E. SCHRAMM - F. MUTHERIC, Denkmale der deutschen Könige und Kaiser, Munchen 1962. H. WEYL, La simmetria, Milano 1962. 1963
S. E. 1. P. E.
ALCOLEA, Cordoba, Barcellona 1963. BATTISTI - M. BUSSAGLI - L. SALERNO, Proporzione, in EU.A., XI, Venezia-Roma 1963, ad vocem. Bca, L'apocalypse. Sa mentalit, in «Bible et Terre Sainte», 1963, n. 59, p. 2. BOCKEL,Le géantde Patmos, in «Bible et Terre Sainte», 1963, n. 59, pp. 11-12. BONNEL, Le fort Saint André à Villeneuve-les-Avignon, in Congrès Archéologique de France, Avignon 1963, pp. 202205. L. CABOT BRIGGS, Archeological Investigations near Tipasa, Algeria,in «Bulletin of the American School of Prehistorie Research», XXI, 1963. R. CANTONI, Introduzione a E, DURKHEIM, Le forme elementari della vita religiosa, Milano 1963, pp. XV-XLIIL. C. Duroun Bozzo, Una proposta per capitelli di S. Tommaso di Genova, in «Bollettino d'Arte», 1963, n. 4, pp. 303-324. P.M. DuvaL - P. QUONIAM, Reliefs inédits des monuments anti ques d'Autun, in «Galla», XXI, 1963, n. 1, pp. 156 e ss 1M. FENASSE, L'apocalypse. Sa théologie, in «Bible et Terre Sainte», 1963, n. 59, pp. 67. H. e H.A. FRANKFORT, Miro e realtà, in AA.VV.. La filosofia prima dei Greci, Torino 1963, pp. 153-255 (ed. orig. 1946). H. FRANKFORT - T. JACOBSEN, La filosofia prima dei Greci, Torino 1963. P. GARELLI, Les temples et le pouvoir royal en Assyrie du XIV. au VIII siècle, s. 1963. BL. GoFF, Symbols of Prehistoric Mesopotamia, New Haven 1963. Incontro con Guido Galletti scultore, in «La voce di Genova», 1963, p. 26. T. JACOBSEN, La Mesopotamia: il cosmo come stato, in AA.VV. La filosofia prima dei Greci, Torino 1963, pp. 153-255 (ed. orig. 1946)
F. LOBUE, The Turin fragments of 1yconius Commentary on Ke. velation, Cambridge 1963. RS. Lopez, The Crossroads within the Wall, in The Historian and the City, Howard 1963. G. PANAZZA, Storia di Brescia, Brescia 1963. E. PEPIN, Gisors et la vallée de l'Erte, Paris 1963. 1 PERON, L'apocalypse. Son langage, in «Bible et Terre Sainte», 1963, n. 59, p. 5. V. Potoio, Dalla diocesi allarchidiocesidi Genova, in Momen ti di toria e arte religiosa in Liguria, Fonti e studi di storia ecclesiastica, III, Genova 1963. S. PRESSOUYRE, Le château de Tarascon, Cogrès Archéologi que de France, 1963,pp. 233 e ss. C. SARTHOU CaRRERES, Castillos de Espana (su pasado y su presente), Madrid 1963. P. VARENE, L'enceinte Gallo-Romaine de Nimes (Gard), in Hui time Congrès International d'Archéologie Classique, Paris 1963, pp. 649-652. A. VIANELLI, Mura e porte di Bologna, Bologna 1963 A. VON GERKAN, Porta Trigemina, in «Archäologischen Anzeiser», CXVIII, 1963, pp. 104-118. 1964 M. ALMAGRO, Ampurias, in E.A.A., 1964, ad vocem. A. CASSI RAMELLI, Dalle caverne ai rifugi blindati, Milano 1964. M. DE BoUARD, Les petites enceintes circulaires d'origine médievale en Normandie, in Chateau - Gaillard: études de Castel. logie européenne, II, 1964, pp. 19-26. R. DE Fusco, L'idea di architettura. Storia della critica da Viollet.le-Duea Persilo, Milano 1964. A. DE VITA, Il limes romano di Tripolitania nella sua concretez za archeologia e nella sua realtà storica, in «Lybia Antiqua», 1, 1964, pp. 65-98. P.A. FEVRIER, Le développement urbain en Provence de l'po que romaine à la fin du XIV siècle, Paris 1964. G. GULUNI, Architettura iranica dagli Achemenidi ai Sassanidi, Torino 1964.
E.A. GUTKIND, International History of city Developpement, London 1964-72. 3. Heers, Città, mercanti, dottrine nella economia europea dal IV al XVIII secolo, in Saggi in onoredi G. Luzzatto, Milano 1964, pp. 85-104. 3. Y Jesus de Las CUEVAS, Los Mil años del castillo de Tarifa (960-1960), Cadiz 1964. A. MaseTtI, Pisa, storia urbana, Pisa 1964. A. MiroGLIO, Venti mesi contro venti anni, Genova 1964. Museo della civiltà romana, catalogo, Roma 1964. P.H. NORDHAGEN, Santa Maria antiqua, Roma 1964. ALL. OPPENHEIM, Ancient Mesopotamia, Chicago 1964. C. PEROGALLI, Storia dell'architettura. Un profilo in due volumi, Milano 1964. V. ROCCHIERO, Orlando Grosso e la sua opera pittorica, in «Genova», 1964, n. 5, pp. 1824. EL. TUVENSON, Millenium and Utopia, New York 1964. R. WITTKOWER, Principi architettonici nell'età dell'Umanesimo, Torino 1964.
1965
M. AmaDEı, Le porte di Roma, in «Capitolium», XI, 1965. TO. De NEGRI, / chiostridi S. Maria di Castello ed il loro restauro, in «Bollettino Ligustico», XVII, 1965, n. 1/2, pp. 65:74. F. DIRIMTEKIN, Les murailles (d'Istanbul) de Costantinople, in «C.A RB», 1965, pp. 211-224. A. FERRARO, Dizionario di metrologia generale, Bologna 1965. B. Fortam Tamaro, Verona, il restauro della Porta detta dei Leoni, in NSc, s. 8, XIX suppl. 1965. A. GARCIA Y BELLIDO, Urbanistica de las grandes ciudades del mundo antiguo, Madrid 1965. P. HELIOT, Les châteaux forts en France du X au XII siècle à la lumière de travaux récents, in «C.C.M.», 1965, pp. 483-514. R. Kiess, Srrassdorf, in H.H.SD., VI, Baden - Württemberg 1965, ad voce. S. LANGE, Architettura delle crociate in Palestina, Como 1965. J. MALLET, Tell el Far'Ah, Paris 1965. P. PIEROTTI, Lucca, edilizia urbanistica medievale, Milano 1965. E. POLEGGI, Le contrade delle consorterie nobiliari a Genova, tra il XIIe il XIII secolo, in «Urbanistica», XLII - XLII, 1965, pp. 15-20. S. SCHULTZ, Villard de Honnecourt et son «carnet», in «L'Oeil», CXXIII, 1965, pp. 2029. 1. SECO DE LUCENA PAREDES, Noticias sobre Almeria Islamica, in «AFAndalus», XXXI, 1965, pp. 329-337. R. STROBEL, Romanische Architektur in Regensburg Kapitel, ‚Säule, Raum, Nürnberg 1965. 1966
S. ABDULHAK, Les tresors du Musée Nationalde Damas, Damas. 1966. AH. BREDERO, Jérusalem dans l'Occident médiéval, in «Melanges offerts à René Crozeb», I, 1966, pp. 259.271. P.M. BRUUN, The roman imperial coinage, London 1966. L. Coctro, Le rime volgari dell'Anonimo genovese, Genova. 1966. K.A.C. CRESWELL, L'Architettura islamica delle origini, Milano 1966. A. GIULIANO, Urbanistica delle città greche, Milano 1966. R. GoopcHILD, Fortificazioni e palazzi bizantini in Tripolitania e Cirenaica, in «C.A.R.B», 1966, pp. 225-250. O. GRABAR, Qasr al-Hayrash-Shargi, in «Annales Archéologiques de Syrie», XIII, 1966, pp. 29-46. E. GRENDI, Confraternite e maestri nella genova settecentesca, in AA.VV., Miscellanea di Storia Ligure, IV, Genova 1966, pp. 237.266. G. GURVITCH, Les cadres sociaux de la connaissance, Paris 1966. P. HELIOT, L'âge du château de Carcassonne, in «Annales du Midi», LXXVIII, 1966, pp. 721. W. HORN - E. BORN, The «Dimensional Inconsistencies», of the Plan of Saint Gall and the Problem of the Scale of the Plan, in «The Art Bulletin», XLVIII, 1966, n. 3-4, pp. 285-308. HYDE, Medieval description of cities, in «Bulletin of the John Rylands Library», XLVIII, 1966, n. 2, pp. 337-340, W. KARNAPP, in «Bonner Jahrbuch», CLXVI, 1966, pp. 146-151. 619
S. LANGE, Architettura delle crociate in Palestina, Como 1966. W. MOLLER, Benzerder Kreutzritter, Berlin 1966. P. NEve, City-Gate Just below Büjükkale, in «M.DOG», XCVII, 1966, pp. 64 e ss. R. OTTO, II Sacro, Milano 1966. G. PISTARINO, Genova e l'Occitania nel secolo XII, in Atti del I Convegno Storico Liguria-Provenza, Bordighera 1966, pp. 64-130. E. POLEGGI, II rinnovamento edilizio genovese e i magistri antelami nel secoloXV, in «Arte Lombarda», XI, 1966, n. 2, pp. 5368. F. VON TIGHEM, Op en om de middeleeuwse bouwwer, II, Bruxelles 1966. 1967
AA.VV, Corpus dei castelli Catalani, Barcelona 1967-1976. T.S.R. BOASE, Castles and Churches of the Cruzading Kingdom, London 1967, pp. 45-84. G. DEL GUERRA, Pisa attraverso isecoli, Pisa 1967. G. DuBY, L'anno Mill, storia religiosa e psicologia collettiva, Torino 1967. B. HENNESSY, Gli scavi alla Porta di Damasco, in «La Terra San ta», XLIII, 1967, n. 10, pp. 288-293. M. Jaconossi, Pisa, guida completa, Firenze 1967. G. MANSUELLI, La Porta Aurea di Ravenna, in «CARB», 1967, pp. 191217. G. MATTHIAE, Mosaici medievali ell chiese di Roma, Roma 1967. F. PaSCHOUD, Roma aeterna (Etudes sur le patriotisme romain dans l'Occident latin à l'époque des grandes invasions), Roma 1967. V. STRIKA, Aspetti aulici dell'arte ommiade, in «Rendiconti dell'Accademia Nazionale dei Lincei», s. VIII, 1967, pp. 235268. CH. SUTHERLAND, The roman imperial colnage, London 1967. E. TOLAINI, Forma Pisarum, Pisa 1967. D. VALERI, Padova, i secoli le ore, Bologna 1967. Y. YADIN, Symbols of Deities at Zinzirli Cortnage and Hazor, Ann Arbor 1967. 1968
E. Cassin, La splendeur divine. Introduction à l'étude de la mentalité mésopotamienne, Paris 1968. F. ConRELLI, La Porta Trionfale e la Via dei Trionf, in «Dialo ghi di Archeologia», 1968, pp. 55-103. M. Coppa, Storia dell'urbanistica dalle origini all'Ellenismo, Tori no 1968. A. CUNQUERO, Lugo, Léon 1968. T.O. DE NEGRI, Storia di Genova, Milano 1968. E. Di MAJO COLDAGELLI, Gotico, in Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica, 1, Roma 1968, ad vocem. G. Dupv, Histoire de la civilisation française, Paris 1968. G. Dumezit, Mythe et épopée. L'idéologie de trois foncteurs dans les épopées des periples indo-européens, Paris 1968. A. DURAN GUDIOL, Huesca, Léon 1968. U. Eco, La struttura assente, Milano 1968. 620
P.A. FEVRIER, La recherche archéologique en Algérie et l'stoire ancienne du Maghrib, in «R.H.C.M.», V, 1968, pp. 16 36. 1. FINELUI, Fortificazioni, in Dizionario Enciclopedico di Archi tettura e Urbanistica, Il, Roma 1968, ad vocem. A. GRABAR, Une medaille des tétrarches et le theme de l'Empire, protecteurdes barbares, in L'Art de l'Antiquitéet du Moyen Age, Paris 1968. M. LABROUSSE, Toulouse antique, des origines à l'établissement de Wisigoths, Paris 1968. J.B. Lassus, Villard de Honnecourt. Album manuscript, in facsi Tile, sl. 1858 (ristampa anastatica Paris 1968). LY. LENZEN, Uruk IV, in «XXIV vorlaufiger Bericht uber die Ausgrabungen in Uruk Warke 1965/66», Berlin 1968, pp. 13-18. P. MARCONI, Una chiave per Tinterpretazione dell'urbanistica Rinascimentale. La cittadella come microcosmo, in Quader. ni dellIsttuto di Storia dell'Architettura, Roma 1968, pp. 5394, E. PoLEGOI, Strada Nuova, una lottizzazione del Cinquecento a Genova, Genova 1968. V. POLONIO, Le maggiori fonti storiche del Medioevo Ligure, Bordighera 1968. G. RINALDI, Le lerterature antiche del vicino Oriente, Firenze 1968. 1969
AA.VV, Custilos de España, Madrid 1969 e ss. AANV. Storia di Modena e dei paesi circostanti, Bologna 1969, 2 voll L. BENEVOLO, La città italiana nel Rinascimento, Milano 1969. E. BoRIANI, Castellie torri del mantovano, Brescia 1969. O. CAPITANI, Motivi e momenti di storiografia medievale italia. na, in «Nuove questioni di storia medievale», 1969. Y. CHRISTE, Les grands Portails Romans, Genève 1969. E. CONTU, in AA.VV, Sardegria, Milano 1969. G. DORIA, Investimenti esviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, I, Milano 1969. 1. EHRENBERGER KATZ, Les rapresentations des villes fortifiées dans l'art paléochrétien et leurs dérivées byzantines, in «Cahiers Archéologiques», XIX, 1969, pp. 1-27. S, Evice, Galata ve Kulesi Istanbul 1969. F. GABRIELI, Storici arabi delle crociate, Torino 1969. E. Gost, Die Porta Nigra in Trier, Berlino 1969. GS. KIRK, JI mito, Cambridge 1969. 3. Le GoFF, La civiltà dell'Occidente medievale, Firenze 1969. RS. Lopez - Y. RENOUARD, Les villes d'Italie de la fin du X siecle au debout du XIV siècle, Paris 1969. A. NEUBURGER, The technical Arts and Sciences of the Ancients, New York - London 1969. A. PARROT, Assur, Paris 1969. C. PeroGALUI, Castelli della Lombardia, Milano 1969. AC. QUINTAVALLE, Romanico padano, civiltà d'Occidente, renze 1969. . H. TERRASSE, La sculpture monumentale à Cordova au IX siecle, in «Al-Andalus, XXXIV, 1969, n. 2, pp. 409-417.
1970
AA.VV., La peste nera, 1347-1350, Firenze 1970. C. ALEXANDER, Changes in form: careful consideration of psychological problems will lead to major revisions of environmental form, in «Architectural Design», 1970, pp. 122-125. M. BaLARD, À propos de la bataille du Bosphore. L'expedition génoisede Paganino Doriaà Constantinople (1351-1352), «Travaux et Mémoires du Centre de Recherches d'Histoire et Civilisation Byzantine». IV, Paris 1970, pp. 431-469. R. BERARDI, Lecture d'une ville: la Medina de Tunis, in «L’Architecture d'aujourd'hui», 1970-1971, n. 153, pp. 3843. PR. BERGER, Das Neujahrsfest nach den konigsinschriften des ausgehende babylonischen Reiches, in Actes de la XVII Rencontre Assyriologique Internationale, Bruxelles, 1969, Ham sur Meine 1970, p. 155. U. BIANCHI, La storia delle religioni, in Storia delle religioni, I, Torino 1970. K. BITTEL, Hattusha. The capital of the Hittites, New York 1970. 1. CALABI LIMENTANI, Sul non saper leggere le epigrafi classiche nei secoli XII e XIII: sulla scoperta graduale delle abbreviazioni epigrafiche, in «Acme», XXIII, 1970, pp. 253-282. A. CHATELAIN, Architecture militaire médievale. Principes dle mentaires, Paris 1970. M. CLAVEL, Beziers et son territoire dans l'antiquité, Paris 1970. G. COSTAMAGNA, Il notaio a Genova tra prestigio e potere, Roma 1970. G. DE Francovich, II «Palatium» di Teodorico a Ravenna e la cosiddetta «architettura di potenza», Roma 1970. C. DE NEGRI, Un primato genovese: l fiere esposizioni, in «La Casana», XII, 1970, n. 2, pp. 35-40. G. GIACCHERO, Genova e Ligura nell'età contemporanea. Un secolo e mezzo di vita economica 1815-1969, Genova 1970, 2 voll G. GiUBBINI, Genova nelle vecchie stampe, catalogo della mo stra, Genova 1970. E. GUIDONI, Arte e urbanistica in Toscana. 1000-1315, Roma 1970. 1.B. HENNESSY, Preliminary report on excavations at the Damascus Gate Jerusalem 1964, in «Levant», II, 1970, pp. 22-27. M. ISNENGHI, Il mito della grande guerra, Bari 1970. 1. KATZ, Les representations de villes dans l'art chrétien avant Tan mil, Paris 1970. V.LASSALLE, L'influence antique dans l'art roman provençal, in «Revue Archéologique de Narbonnaise», 1970. J. Le Gorr, Ordres mendiants et urbanisation dans la France médiévale, in «Annales E.S.C», XXV, 1970, pp. 924-946 G. LuGLI, lrinerario di Roma antica, Milano, 1970. 1. MARASOVIC - T. MARASOVIC, Diocletian Palace, Zagreb 1970. M. Mazzortı, La cinta muraria di Ravenna romana e bizantina, in «CARE», 1970, pp. 285292. C. MeckstPER, Castel del Monte, in «Zeitschrift fur Kunstgeschichte», 1970, pp. 211-229. G. MARTINI, Lo spirito cittadino e le origini della storiografia comunale lombarda, in «Nuova Rivista Storica», 1970, pp. 2022. C. Morrison, Catalogues des monnaies byzantines de la Biblio-
thque Nationale, I, Paris 1970. F. NIGUEZ ALMECH, Las empresas constructivas de Sancho el Major. El castello de Loarre, in «Archivo Español del Arte», XLIII, 1970, pp. 363-373. P. ROMANELLI, Topografia e archeologia dell’Africa Romana, Torino 1970. P. Sica, L'immagine della cità da Sparta a Las Vegas, Bari 1970. H. STEHKAMPER, Deutz, in «H.H.S.D»», III, 1970, ad vocem. A. TERRANOVA, Storiografia e teoria dell'urbanistica, in «Storia dell'Arte», LXVIII, 1970, pp. 278-312. J. Tumuor, Portes, tours et murailles de la cité de Metz. Une evo: cation de l'enceinte urbaine aux XVI et XVII siècles, Metz. 1970. H. TOUBERT, Le renouveau paléochrétien à Rome au début du XII siècle, in «Cahiers Archéologiques», XX, 1970, pp. 99154. E. TuLOUP, Histoire generale de Saint-Malo, Paris 1970. E. UNGER, Babylon die heilige Stadt nach der Beschreibung der Babylonier, Berlino 1970. Vimuvius, On architecture, edited from the Harleian Manuscript 2767 and traslated into English by Frank Granger, London 1970, 2 voll. 1971
S. ANDREUCCI, La strada Romea et peregrina in territorio lucche: se, in «La provincia di Lucca», XI, 1971, n. 3, pp. 73 e ss. L. BARTOLI, L'unità di misura e il modulo proporzionale nell'architettura del Rinascimento. Riflessioni su i principi architettonici nell'età dell'Umanesimo di Rudolf Wittkover, in «Istituto di elementi di architettura e rilievo dei monumenti dell'Università di Genova - Quaderno n. 6», giugno 1971, pp. 127-137, MH. BURGOYNE, Some mameluke doorways in the old city of Jerusalem, in «Levant», II, 1971, pp. 1-30. F. CARDINI, Le crociate fra mito e cultura, Firenze 1971. Y. CHRISTE, La colonne d'Arcadius, Sainte Pudentienne, l'Arc d'Eginhard et le portail de Ripoll, in «Cahiers archéologi ques, XXI, 1971, pp. 31-42. J. CLERGUES, Les remparts d'Antibes, Antibes 1971. G. Dupv, Terra e nobiltà nel Medio Evo, Torino 1971 C. DU CANGE, Glossarium mediae et infimae latinitatis, Bologna 1971-1972 (rist. anast. dellediz. di Niort 1883-1887) PM. Duval, La Gaule jusq'au milieu du V siècle, Paris 1971. P.A. FEVRIER, Art de l'Algérie antique, Paris 1971. LC. Fort, Le fortificazioni di Genova, Genova 1971. E.A. GUTKIND, International history of city development, VI, New York 1971. M. HAMMOND, The city in the Ancient World, Boston 1971 1. INSOLERA, Roma moderna: un secolo di storia urbanistica, Torino 1971 R. LANCIANI, L'antica Roma, Bari 1970 (ma 1981). A. LezinE, Deux villes d'Ifrigya. Etudes d'archéologie, d'urbanisme, de démographie de Sousse, Roma 1971 S. MARTINET, Leon, Colmar 1971. C. PEROGALLI, I tipo del castello recinto, in AA.VV, Le fortificazioni del lago di Como, Como 1971, pp. 19:33. P. RAIMONDI, Guido Galletti scultore, Savona 1971. 621
G. Ramos de CASTRO, El arte romanico en la provincia de Za mora, Zamora 1971. G. SCALIA, II carme pisano nell'impresa contro i saraceni del 1087, in Studi di Filologia romanza scritti in onore di Silvio Pellegrino, Padova 1971, pp. 565-627. 1972
AA. VV., Man, Settlement and Urbanism, London 1972. F. ARIAS Vitas, Las murallas Romanas de Lugo, Santiago de Compostela 197. _ I. BALTRUSAITIS, Le Moyen Âge fantastique. Antiquités et exotismes dans l'art gothique, Paris 1972. B. BaROZZI, Mura e forti di Genova in «L'Universo», gennaio febbraio 1972, pp. 145-191. BW. BLOUET, Factors influencing the evolution of settlement patterns, in AA.VV., Man, Settlement and Urbanism, Lon don 1972, pp. 3-15. F. CARDINI, Il movimento crociato, Firenze 1972. E. Costa - B. MONTALE, Bibliografia dell'età del Risorgimento in onore di Alberto Maria Ghisalberti, 1, Firenze 1972. T. CUYLER YOUNG, Population densities and early Mesopotamian urbanism, in AA.VV., Man, Settlement and Urbe nism, London 1972, pp. 827.842. G. DANISMAN, The architectural development of settlements in Anatolia, in AA.VV., Man, Settlement and Urbanisme, London 1972, pp. 505511. M. DOUGLAS, Symbolic orders in the use of domestic space, in AANV., Man, Settlement and Urbanisme, London 1972, pp. 513321. P.M. DUVAL, Paris antique, I, Paris 1972. M. EUZENNAT, Quatre années de recherches sur la frontière romaine en Tunisie méridionale, in «CR AI», 1972, pp. 1-27. G. Fasoli, La coscienza civica nelle «laudes civitatum», in AA.VV, La coscienza cittadina nei comuni italiani del Duecento, Todi 1972, pp. 9.4. LF. FInò, Machines de jet médiévales, Paris 1972. D. FRENCH, Settlement distribution in the Konya Plain, south central Turkey, in AA.VV., Man, Settlement and Urbanisme, London 1972, pp. 231-237. FUSTEL de COULANGES, La città antica, Firenze 1972 1. GARDELLES, Les châteaux du Moyen Age dans la France du sud-ouest, Paris 1972. Y. GARLAN, La guerre dans l'antiquité, Paris 1972. M. GARLANDO, La situazione di Genova prima e dopo il bombar. damento del 1684. Nuove ricerche d'archivio, esi di laurea, Università di Genova, facoltà di Magistero, aa. 1972-1973. F. Giovannini, Guida di Lucca, Lucca 1972. 3. HARLAN, Crops that extend the range of agricultural settlement, in AA.VV., Man, Settlement and Urbanisme, London 1972, pp. 239.243. G. KREUZER, 2000 Jahre Regensburger Stadtenwicklung, Regensberg 1972. A. JOURDAN LOMBARD, Oppidum et banlieu, in «Annales ES C», XXVII, 1972, pp. 373.395. R. LAYTON, Settlement and community, in AA.VV., Man, Set tlement and Urbanisme, London 1972, pp. 377-381 622
S. K. G. R. R.
LLOYD, Architecture mediterranénne. preromaine, Milano 1972. Lynch, II tempo dello spazio, Milano 1972. MANSUELLI, La rappresentazione della città nell'arte tardoromana e bizantina, in «CARB», 1972. MARTIN, Concepts of human territoriaity, in AA.VV., Man, Settlement and Urbanisme, London 1972, pp. 427-445. Mc ADAMS, Patterns of urbanization in early southern Mesopotamia, in AA.VV., Man, Settlement and Urbanism, London 1972, pp. 649.735. 1. MELLAART, Anatolian Neolithic settlement. patterns, in AANV., Man, Settlement and Urbanisme, London 1972, pp. 279284. HJ. Nissen, The city wall of Uruk, in AA.VV., Man, Settlement and Urbanism, London 1972, pp. 793.797. D. Oates, The development of Assyrian towns and cities, in AA.NV., Man, Settlement and Urbanism, London 1972, pp. 799-803. IN. POSTGATE, The rôle of the temple in the Mesopotamian secular community, in AA.VV., Man, Settlement and Urba‚nism, London 1972, pp. 811-825. G. REBORA, Studi recenti di storia rurale genovese, in «Rivista storica italiana», LXXXIV, 1972, pp. 1061-1066. V. ReyNoLDS, Ethology of urban life, in AA.VV., Man, Settlement and Urbanisme, London 1972, pp. 401-408. 1. ROUSE, Settlement patterns in archaeology, in AA.N V., Man, Settlement and Urbanisme, London 1972, pp. 95-107. M.J. ROWLANDS, Defence: a factor in the organization of settle ments, in AA.VV., Man, Settlement and Urbanisme, London 1972, pp. 447-461. G. TELLENBACH, La città di Roma dal IX al XII secolo vista dal contemporanei d'oltre frontiera, in Studi storici in onore di Ottorino Bertolini, Pisa 1972, pp. 679-734. L. TORRES BALBAS, Cludades hispano-musulmanas, Madrid 1972. B. TRIGGER, Determinants of urban growth in pre industrial so cleties,in AA.VV., Man, Settlement and Urbanism, London 1972, pp. 575-599. R. TRINGHAM, Territorial demarcation of prehistorie settle ments, in AA.VV., Man Settlement and Urbanism, London 1972, pp. 463-475. R. TURCAN, Les réligions de l'Asie dans la vallée du Rhon, Leyde 1972 P. Ucko - R. TRINGHAM - G.W. DIMBLEBY, Man, Settlement and Urbanism, London 1972. P. WHEATLEY, The concept of urbanism, in AA.VV., Man, Settlement and Urbanism, London 1972, pp. 601-637. F.A. YATES, L'arte della memoria, Torino 1972. 1973
AANV., Le siècle de l'An Mil, Paris 1973. E. AGAZZI, La simmetria, Bologna 1973. G. ARNALDI, Orizzonti geografici del Medioevo, in Concetto, storia, miti e immagini del Medioevo, a cura di V. BRANCA, Venezia 1973, pp. 311-324. D. BAATZ, Kastell Hesselbach und andere Forschungen am Oden. waldlimes, Berlin 1973.
A. BatiL, Sobre la investigacion de las ciudades antiguas en la peninsula iberica. Aspectos generales y algunos «Modelos», in Convegno Internazionale sui metodi di Studio della città antica, Savignano del Garda, 8-11 maggio 1973, Milano 19731974. 1. Bet BARSALI,La topografia di Lucca nei secc. VIII XI, in At. ti del V Congresso Internazionale di Studi sull’Alto Medioevo, Lucca 1971, Spoleto 1973, pp. 463-554. N. Bostio, La cultura e il Fascismo, in Fascismo e società italiana a cura di G. QUAZZA, Torino 1973, pp. 209 e ss. Y BRUAND, La cité de Carcassonne. Les enceints fortifis,in Congrès Archéologique de France, Paris 1973, pp. 496-532. R. CHEVALIER, Hygin le Gramatique, in «Latomus», LII, 1973, p. 185. R. CHEVALIER, Pour une enquête nationalesur le remparts galloromains, in Convegno Internazionale sui metodi di Studio della città antica, Savignano del Garda, 8-11 maggio 1973, V, Milano, 1973-1974, pp. 161-182. Y. CHRISTE, Victoria-Imperium:judicium: un schöme antique du pouvoir dans l'art paléochrétien et médiéval, in «RAC» 1973, pp. 87-109. G.F. Deu. MONTE, La porta nei rituali di Boßazköy, in «Oriens. Antiquus», XII, 1973, pp. 107-127. G. DORIA, /nvestimenti e sviluppo economico a Genova alla vigi lia della prima guerra mondiale, Il, Milano 1973. G. DUBY, Guerre et societé dans l'Europe feodale: ordonnance. ment de la paix, in Concetto, toria, miti e immagini del Me dioevo, a cura di V. BRANCA, Venezia 1973, pp. 449.482. V. Eco, Beato di Lisbona. Miniature dal Beato di Fernando I y Sancho, testo e commento alle tavole di U. Eco, Parma 1973. M. ELIADE, [I sacro e il profano, Torino 1973, M. EUZENNAT, Tillibari, forteresse du limes Tripolitanus, in «BCTH», 1973. F. GABRIELI, Le Crociate viste dallIslam, in Concetto, Storia, miti € immagini del Medioevo, a cura di V. BRANCA, Venezia 1973, pp. 183-198. H.G. GAIGNARD, Connaitre Saint-Malo, Paris 1973. O. GRABAR, La formacion del arte islamico, Madrid 1973. F. Jest, Il mito, Milano 1973. G. Lichtueim, L'Europa del Novecento. Storia e cultura, Bari 1975. RS. LOPEZ, Icaratteri originali della città medievale, in Concetto, storia miti e immagini del Medioevo, a cura di V. BRAN. CA, Venezia 1973, pp. 19-24. M. LORANDI, modelli orientali dei castelli federiciani: i Qasr omayyadi e la loro influenza nella genesi dellarchitettura sveva, in «Bollettino d'Arte», s. V, 1973 pp. 9-26. U. MAINZER, Stadtore im Rheinland, Koln 1973. G. MANZUTTO, Spagna, Milano 1973. S. Massa, L'esposizione Italo-Americana di Genova del 1892, in «La Casana», XV, 1973, n. 1, pp. 46:52. G. Massoprio - P. PORTOGHESI, Album degli anni Trenta, Bari 1973. 1911-1925. Genova. Cultura di una città, Genova 1973. E. MUTERICH, in AA.VV, Le siècle de l'An Mil, Paris 1973. R. NEEDHAM, Right and Left. Essay on Dual Symbolic Classi cation, Chicago - London 1973.
G. PETTI BaLBI, Caffaro, in Dizionario biografico degli Italiani, XVI, Roma 1973, pp. 256-260. E. PoLEGGI, Santa Maria di Castello e il Romanico a Genova, Genova 1973. AC. QUINTAVALLE, La cattedrale di Cremona, Cluny, la scuola. di Lanfranco e di Wiligelmo, in «Storia dell'Arte», XVIII, 1973, pp. 117172. V.ROCCHIERO, JI medagliere storico dell'Accademia Ligustica di Belle Arti in Genova, in «Medaglie», 1973, pp. 55-71 L. TORRES BALBAS, Puertas de recintos musulmanos en España, in AA.VV.. Castillo de Espana, Madrid 1973, pp. 31-48. OK. WERCKMEISTER, Pain and death in the Beatus of Saint Sever, in «Studi Medievali», I1, 1973, pp. 565-626. 1974
AA.VV. Le mura di Roma, Bologna 1974. JA. ABASOLO, Carta arqueologica de la Provincia de Burgos, Burgo 1974. E. BAtat, Genova oggi e allora. Alla ricerca del volto perduto di una città, Genova 1974. A. Basti L. POZZA, Le carte del monastero di San Siro di Geno va dal 952 al 1224, Genova 1974. S. BAZZURRO, Lo scavo del castello di Molassana, in «Archeologia Medievale», I, 1974, pp. 19.53. F. BRAUDEL, L'Italia fuori d'Italia, due secoli e tre Italie, in Storia d'Italia, M, Torino, 1974. L. CassaneLLI - G. DELFINI - D. FONTI, Le mura di Roma, lar. chitettura militare nella storia urbana, Bologna 1974. F. CoaERELLI, Guida archeologica di Roma, Milano 1974. E. CONDURACHI, La romanizzazione della Dacia e della Scizia minore, in «Romania Romana», 1974, pp. 1974, pp. 63-78. . DE SANDOLI, Corpus inscriptiorum cuncesignatorum Terrae Sanctae (1099-1291), Jerusalem 1974. C. DuFOUR Bozzo, Il «Sacro Volto» di Genova, Roma 1974. G. DuwEziL, La religione romana arcaica, Paris, 1974. D. O. EbzaRD, Problèmes de la royauté dans la période présargonique, in AA.VV., Le palais et la royauté, Paris 1974, pp. 141-149, 1. ESPINOSA DE Los MONTEROS - L.M.A. SARACHO, Corpus de castillos médievales de Castilla, Bilbao 1974. MC. GIULIANI, La collettività urbana genovese. Ricerca di geografia sociale, s1. 1974. M. T. Gousser, La Réprésentation de la Jérusalem Céleste à époque carolingienne, im «Cahiers Archéologiques», XXIII, 1974, pp. 47-60. P. GRIMAL, L'art des jardins, Paris 1974. 1. Grossi BIANCHI - E. POLEGGI, La collinadi Castello nella vicenda urbana di Genova, in «Controspazio», s. VI, 1974, n. 2, pp. 3241. HG. GUTTERBOCK, The Hittite Palace, in AA.VV., Le Palais et la royaute, XIX Rencontre Assyrologique Internationale, Paris 1974, p . 305-314. K. KENYON, Digging up Jerusalem, New York Washington 1974. M. LABROUSSE, Une porte de l'enceinte Gallo-Romaine de TouMouse, in «Mélanges d'histoire ancienne offerts à William Seston», 1974, pp. 219-226. 623
P. LAVEDAN - J, HUGUENEY, L'urbanisme au Moyen Âge, Paris: Genève 1974. T. MANNONI, II Castello di Molassana e l'archeologia medievale in Liguria, in «Archeologia medievale», I, 1974, pp. 11-17. T..MANNONI - E. POLEGGI, Fonti scritte e strutture medievali del «castello» di Genova, in «Archeologia Medievale», I, 1974, pp. 171-194. G.P. MaRCAINI, Verona illustrata. Le antichità, Verona 1974. 1. MARGUERON, Les palais de l'age du bronze en Mésopotamie, in AA.VV, Le palais et la royauté, XIX rencontre Assyriologique internationale, Paris 1974, p . 11-2. G. MATTHIAE, Roma medievale e rinascimentale, Novara 1974. E. MicueLI, Le cinte fortificate dei centri urbani, in AA.VV., Castelli torri ed opere fortificate di Puglia, Bari 1974, pp. 308-320. A. PERONI, Raffigurazione e progettazione di strutture urbane e architettoniche nell'Alto Medio Evo, in Settimane di Studio del Centro Italiano di Studi sull Alto Medio Evo, XXI, SpoJeto 1974, pp. 678.710. A. PETRIGNANI, Aspetti funzionali e urbanistici dell'rchitettura militare, in AA.VV., Castelli torri ed opere fortificate di Puglia, Bari 1974. G. PETTI BALBI, La storiografia genovese fino al secolo XV, Roma 1974. M. PIENDL, Regensburg, in «HHSD», VII, 1974. R. RITTER, L'architecture militaire du Moyen Age, Paris 1974. E. RODRIGUEZ ALMEIDA, La évolucion arquitectonica de la Catedral de Avila, Avila 1974. L. SAGINATI, L'archivio storico del Comune di Genova, Genova 1974. F. StonGi, Pittura e cultura artistica nell'Accademia Ligustica ‘a Genova 1751/1920, Genova 1974. VL. Simo” SANTONIA, La ciudad de Sagunto, Sagunto 1974. C. SMITH, Geografia storica d Europa dalla preistoria al XIX secoIo, Bari 1974. C-H.V. SUTHERLAND, Monnaies romaines, Paris 1974. P. TROUSSET, Recherches sur le limes tripolitanus du Cholt el. Dpierid à la frontière Tuniso-Libyenne, Paris 1974. A. Vinavo, Léon, Léon 1974. C. VIOLANTE, Tracce documentarie delle mure tardoromane e al tomedievali della città di Pisa il lato est, in «Antichità Pisane», I, 1974, pp. 13-17. CA. WILLEMSEN, Componenti della cultura Federiciana nella genesi del castelli svevi, in AA.VV., Castell torri ed opere fertificate in Puglia, Bari 1974. 1975
AANV., Guia de la ciudad monumental de Catalajud, Madrid 1975 P. AMIET, La représentation des temples sur les monuments de Mésopotamie, in AA.VV., Le temple et le culte, Istanbul 1975, pp. 144-149. x C. AYMONINO, Il significato dell città, Bari 1975. XC. BALTY, Photogrammétrie architecturale et relevés traditionelssur les sites d'Apaméede Syrie, in Convegno Internazionale sui metodi di studio della città antica, Savignano del Garda, 8-11 maggio 1973, VI, Milano, 1975, pp. 245-249. 624
R.D. BARNETT, Sculptures from the North Palace of Asharbani pal at Nineveh (668-631 B.C.) Londres 1975. P. BAROZZI, Evoluzione storica dei confini interni del Comune di Genova, in «Le Compere di San Giorgio», 1975, n. 4, pp. 321 U. BOHADIR ALKIM, Anatolia I (dalle origini alla fine del I^ mil lennio a.C), Roma-Ginevra-Parigi 1975. C. BRUN, Carpentras, Cavaillon 1975 G.P. CAPRETTINI, La porta. Valenze critiche e funzioni narrative (Saggio di analis semiologica), Torino 1975 P. CIANI, Graffiti del Ventennio, Milano 1975. G. DE Fiore, Nucle storici della provincia della Spezia, Genova 1975 M. DESBORDES - JL. MASSY, Le Castrum d'Amiens, in «Cahiers archéologiques de Picardie», II, 1975, pp. 56-1. M. ELIADE, Storia delle credenze e delle idee religiose, Firenze 1975 E. ENNEN, Storia della città medievale, Roma-Bari 1975. M. EUZENNAT- P. TROUSSET, Le camp de Remada,51. 1975. G. FASOLI, Storia urbanistica e discipline medievistiche, in La storiografia urbanistica, Atti del I Convegno Internazionale di storia urbanistica, Lucca 24-28 settembre 1975, Lucca 1976, pp. 155-173. G. FELLONI - G. PESCE, Le monete genovesi. Storia, arte ed economia nelle monete di Genova dal 1139 al 1814, Genova 1975. LC. FOR, Gli ingressi monumentali nelle cinte fortificate del Cinquecento e l'Alesi, in AA.VV., Galeazzo Alessi e l'ar chitettura del Cinquecento, Genova 1975, pp. 315-318. G. GERMANI, La città e la nascita della società moderna, in AA.VV, Urbanizzazione e modernizzazione: una prospetti. va storica, Bologna 1975, pp. 2-73. A. GERSCHENKRON, La città medievale e la nuova concezione del lavoro, ibidem, pp. 123-127. E. GRENDI, Profilo storico degli alberghi Genovesi, in «Mélanges de l'Ecole Francaise de Rome - Moyen Ageet temps moder« nes», LXXXVIL, 1975, n. 1. G. HANFMANN, From Cosroe to Costantine. The cities of western Asia Minor and their Arts in Greek and Roman times, Ann Arbor 1975. M. ISNENGHI, Per la storia delle istituzioni culturali fasciste, in «Belfagor», 1975, n. 3, pp. 249.275. N. LAMBOGLIA, Le origini di Genova e i problemi del colle di Ca‘telo, in Archeologica, scritti in onore di A. Neppi Modona, 1975, pp. 359-371. C. MALTESE, Ipotesi di conclusione, in AA.VV. Galeazzo Alessi e l'architettura del Cinquecento, Genova 1975, pp. 685 e ss. R. MARTINELLI - L. NUTI, La storiografia urbanistica, in Atti del I Convegno Internazionale di storia dell'urbanistica, Lucca 1975. H. METZGER, Anatolia I1 (1° millennio a.C. - fine del periodo romano), Roma-Ginevra-Parigi 1975. M. MILANESE, Gli insediamenti liguri fortificati di età medievale: problemi metodologici ed esemplificazioni di indagine archeologica, in «Archeologia Medievale», 1975. D. Owen HUGHES, Urban growth and family structure in Medie: val Genoa, in «Past and Present», LXVI, 1975. R. PANE, Galeazzo Alessi e il concetto di manierismo, in
AA.VV., Galeazzo Alessi e l'architettura del Cinquecento, Genova 1975,p. 39. M. Pasquinucci, Studio sull'urbanistica di Ascoli Piceno Romana, in «Asculum», 1975, pp. 27-29. G. PICARD, La «Porte de Mars» à Reims, in Actes du 95° Congrès National des Societés Savantes, Reims, 1970, Paris 1975,pp. 59-73. C.L. SALCH, La protection symbolique de la porte au Moyen Age dans les châteaux fors alsaciens, in Hommage à Geneviève Chevirer et Alain Geslan, Etudes médievales, Strasbourg. 1975, pp. 3944. G. STELLA, Annales Genuenses, a cura di G. PETTI BALBI, Genova 1975. S. StuccHi, Architettura cirenaica, Roma 1975. 1. SUMMERSON, Il linguaggio classico dell'architettura, Torino 1975. G. Tuccı, Tibet, Ginevra-Parigi 1975. F. TuLoUP, Histoire générale de Saint-Malo, Paris 1975. G. VAN DER LEEUW, Fenomenologia della religione, Torino 1975. 1976
AANV. Storia dell'Arte e Territorio: Ferentino. Storia della città. Atti della II settimana di studi di storia dell'arte dell Uni. versità di Roma, Roma 1976. C. AYMONINO, II significato della città, Bari 1976. H. BELTING, / mosaici dell'aula leonina come testimonianza della prima «renovatio» nell'arte medievale di Roma, in AA.VV, Romae l'età Carolingia, Atti delle giornate di studio dell Ist tuto di Storia dell'Arte dell'Università di Roma, Roma 3-8 maggio 1976, Roma 1976 pp. 167-182. M. CAGNETTA, I mito di Augusto e la «rivoluzione» fascista, in «Quaderni di Storia», IIl, 1976. L. CANFORA, Classicismo e fascismo, «Quaderni di Storia», IIl, 1976, pp. 15 e ss. P. CAZIER, Cassien auteur presume de l'epitome des Regles de Tyconius, in «Revue des Etudes Augustiniennes», XXII 1976, pp. 262-297. CM. CIPOLLA, Cristofano e la peste. Un casodi storia del sistema sanitario in Toscana nell'età di Galileo, Bologna 1976. N. Con, / fanatici dell'Apocalisse, Milano 1976. R. De FELICE, Le interpretazioni del fascismo, Bari 1976. R. DEGEN, Römische Legionen in Helvetien, Bern 1976. L. Di Mauro - MT. PERONE, Gli interventi nei centri storici le direttive di Mussolini e la responsabilità della cultura, in II razionalismo e l'architettura in Italia durante il fascismo, Venezia 1976. S. EvICE, Bizans devrinde Bogazici, Istanbul 1976. G. FasoLI, Storia urbanistica e discipline medievistiche, in AA.VV, Storlografla urbanistica, Lucca 1976. M. Fazio, Jcentri storici italiani, Milano 1976. Fontes Ligurum et Liguriae Antiquae, in «ASLSP», ns, XIV, 1976. 1. FORIEN DE ROCHESNARD - J. LUGAN, Album des Poids de France, s). 1976. C. Foss, Byzantine and Turkish Sardis, Roma 1976. S; FossATI - A. GARDINI, Genova. San Silvestro, in Archeologia
in Liguria. Scavi e scoperte 1967-1975, Genova 1976, pp. 93 es P. FRONZAROLI, La trasmissione della cultura, in AA.VV. L'at ba della civiltà, III, Torino 1976. L. Gave, La città da immagine a proiezione urbanistica, in Storia d'Italia, VI, Torino 1976, pp. 217-228. G. GaRBINI, La religiosità e il culto, in AA.VV., L'alba della civiltà, A, Torino 1976: M. GIACCHERO, Genova, emporio e porto dell'impero romano, in «La Casana», 1976, n. 4, pp. 29. A. GRADAR, Colonia e Castel, 1. 1976. E. GRENDI, /ntroduzione alla storia della Repubblica di Genova, Genova 1976. PK. KLEIN, Der alterer Beatus-Kodex Vitr. 14-1 der Biblioteca Nacional zu Madrid, New York 1976. M. LIVERANI, [f modo di produzione,in AA.VV, L'alba della civiltà, II, Torino 1976, pp. 1-126. U. MAINZER, Stadtore im Rheinland, Neuss 1976. T. MANNONI, Archeologia del territorio, in «Indice», I, 1976, n. 1, pp. 811.
G.A. MANSUELLI, Programmi monumentali ed edilizie forme ar. chitettoniche, in AA.VV., Renania Romana, Atti dei Con. vegni Lincel, Roma 14-16 aprile 1975, Roma 1976, pp. 145 174. P. MATTHIAE, L'uomo e l'ambiente, in AA.VV., L'alba della civiltà, 1, Torino 1976, pp. 20-145. . MOSCATI, L'espressione artistica, in AA.VV., L'alba della civi 10, ILL, Torino 1976. H. MULLER KARPE, Storia dell'età della pietra, Bari 1976. G. PAGANO, Architettura e città durante il fascismo, Roma-Bari 1976. G. Perrı BaLSI, Genova e Corsica nel Trecento, Roma 1976. E. Pottcot, Genova, in Storia d'Italia, VI, Torino 1976, pp. 262273. A. REINLE, Zeichensprache der Architekture, Zurich-Munchen 1976. P. Sica. Storia dell'Urbanistica, Roma-Bari 1976-1978. E. SwopoDA, Forschungen am Obermoesischen Limes, Wien 1976. L. TAGLIAFERRO, Palazzo Tursi, Genova 1976. F. TEMPESTı, Arte dell'Italia fascista, Milano 1976. 1977
AANV., Forme di potere e struttura sociale in Italia nel Medioe. vo, a cura di G. ROSSETTI, Bologna 1977. G. AIRALDI, Proposte per uno studio interdisciplinare: paleografia. diplomatica ed epigrafia nel Medioevo latino, in «Clio», XIII, 1977, pp. 9-14. D. ANDREW - D. PRINGLE, Lo scavo dell'area sud del convento di San Silvestro a Genova, in «Archeologia Medievale», IV, 1977, pp. 47-107. S.E. BARBERINI, 7/ nomedi Genova e Il suo significato, Genova 1977, L. BARTOLI, La rete magica di Filippo Brunelleschi. Le seste il braccio, le misure, Firenze 1977. 1. BELL BARSALI, Sui recenti studidi topografia, urbanistica e ar. 625
chitettura medievale pisana, in «Bollettino storico pisano», XLVI, 1977, pp. 537.548. K. BITTEL, Gli riti, Milano 1977. LM. Botto - L. TAGLIAFERRO, Galleria di Palazzo Rosso, in Guide di Genova, n. 43, Genova 1977. 1M. Borro - L: TAGLIAFERRO, Galleria di Palazzo Bianco, in Guide di Genova, n. 44, Genova 1977. P. BRIZZOLARI, Genova nella seconda guerra mondiale, una città in guerra (1938-1943), Genova 1977. O. CAPITANI, Introduzione a H. PIRENNE, La città del Medioevo, Bari 1977. G. CASTELLINO, Testi sumerici e accadici, Torino 1977. E. DE NEGRI, Ottocento e rinnovamento urbano. Carlo Barabino, Genova 1977. G. DORIA, Un quadriennio critico 1575-1578. Contrasti e nuovi orientamenti nella società genovese nel quadro della crisi fi nanziaria spagnola, in AA.VV. Fatti e idee di storia economica nei secc. XIEXX, Bologna 1977, pp. 377 e ss. CM. CIPOLLA, Corfà chiave della cristianità e la sua difesa con. tro la peste, in Fatti e Idee di storia economica, Bologna. 1977. AK. COOMARASWAMY, Selected papers traditional Art and Symbolism, Princeton 1977. F. DAL FORNO, Porte e portali di Verona, Verona 1977. E. DE NEGRI, Ottocento e rinnovamento urbano. Carlo Barabino, Genova 1977. G. DuMEzIL, La religione romana arcaica, Milano 1977. PA. FEVRIER, Fréjus. Forum Juli, Bordighera 1977. LE. FiNO, Forteresses de la France Medievale, Paris 1977. G. FOHRER, Storia d'Israele dagli inizi ad oggi, Heidelberg 1977 (ma Brescia 1980) J. FOUCART BORVILLE, A" quelle porte d'Amiens Saint - Martin coupa:til son manteau, in De Saint Martin à Hittorf: historique du Palais de Justice de Amiens, Amiens 1977. E. GUIDONI, Cistercensi e città nuove, in AA.VV., I Cistercensi e il Lazio, Atti delle giornate di studio dell'Istituto di Storia dell'Arte dell'Università di Roma, Roma 17-21 maggio 1977, Roma 1977, pp. 259-274. HW. HAZARD, Military architecture in the crusader states in PaIestine and Syrie, in AA.VV. A history of the croisades, IV, Parigi 1977. 1. HUBERT, Préface a J.F. FINO, Forteresses de la France médié. vale, Paris 1977. 1. LE Gorr, Tempo della chiesa e tempo del mercante, Torino 1977. 1. LEHMANN, Gli Hirt, Milano 1977. AG.L. LEROL GOURHAN, /I gesto e la parola, Torino 1977. R. MAGGIO SERRA, La fotografia nel fondo d’Andrade del Mu seo Civico di Torino, appunti sulle cartelle piemontesi, AA.VV,, Fotografi del Piemonte, Torino 1977. LL. Massy, Amiens au Bas Empire, in SamarobrivaAmbianorum, une ville de la Gaule Belgique des origines au V siècle. Thèse de doctorat de III cycle, Université de Paris, IV, Sorbonne, 1977. P. MERISIO, Antiche città di Lombardia, Bologna 1977. J. MESQUI, Les fortifications dans le Valois, in «Bulletin Monumental», 1977, pp. 126 e ss. M. MILANESE, Archeologia di superficie e letteratura storica del 626
territorio: il caso di Traso (Genova), in «Archeologia Medie vale», IV, 1977, pp. 326330. H. MotINTE, Le château de Tours, in «Archeologia Medievale», VII, 1977, pp. 97-107. L. MUMFORD, La città nella storia, Milano 1977, 3 voll. B. PAYON MALDONADO, Contribucion al estudio del arabismo de los castillos de la Peninsula Iberica. El castillo de Olocan de Valencia, in «Al-Andalus», XLII, 1977, pp. 207-225. C. PEROGALLI, Contributi gozangheschi al divenire della difesa bastionata nel Cinquecento, in Mantova e i Gonzaga nella civiltà del Rinascimento, Mantova 1977. A.J.PINI, Le ripartizioni territoriali urbane di Bologna medievale, Quartieri, contrade, borgo, morello e quartierolo, in «Quaderni culturali bolognesi», 1, 1977. H. PRENNE, Le città del Medioevo, Bari 1977. F. Prrocco, Millennio e/o utopia, in «Studi Storico-Reiligiosb», 1977, pp. 347-372. A. PIZZORNO, Introduzione, in E. DURKHEIM, La divisione del lavoro sociale, Milano 1977. E. POLEGGI, Porto e città in età preindustriale, in Porto di Genova, storia e attualità, Genova 1977. E. PoteGGI - G.C. TIMOSSI, Porto di Genova, storia e attualità, Genova 1977. V. POLONIO, L'amministrazione della «res publica» genovese tra Tre e Quattrocento, in «ASLSP», n.s., XVII, 1977. MJ. Price - BL. TRELL, Coins and their cities. Architecture on the ancient coins of Greece, Rome and Palestine, London 1977. R. REBUFFAT, Une zone militare et sa vie économique: le limes. de Tripolitaine, in Armées et Fiscalité dans le monde anti que, Paris 1977, pp. 395419. M. RiccHEBONO, Recensione all'articolo di D.VICINI, Correla zioni tra il Romanico ligure e il Romanico provenzale, in «Atti della Società Savonese di Storia Patria», 1977, pp. 180195. F. SALVIAT, Caisse natural des monuments Historiques et des sites, Paris 1977. L. SECCHI, Pegli: museo navale di villa Doria, in Guide di Genova, n. 50, Genova 1977. LR. SHELBY, Gothic design techniques. The fiteenth century design booklets of Mathes Roriczer and Hanns Schmuttermayer, London and Amsterdam 1977. 1978
AA.VV, II chiostro di S. Lorenzo, in «Liguria», XLV, 1978, 11/12, pp. 3-1. AA.VV, Fonti oral, Milano 1978. E. AKURGAL, Ancient civilizations and ruins of Turkey, Istanbul 1978. M. BALARD, La Romanie génoise (XII début du XV siècle), in «ASLSP», ns., XVIII, 1978, 2 voll 1. Bett BARSALI, Problemi della topografia di Lucca nei secoli VIIRXI, Lucca 1978. A. Benorr, Le millenarisme dans l'église ancienne, in «Le monde de la Bible», 1978, n. 3, pp. 49-50. EC. BLAKE - A. EDMONDS, Sites bibliques de Turquie, Istanbul, 1978.
HCC. CueRY, Le millénarisme. Du Moyen Age jusg'à nos jours, «Le monde de la Bible», 1978, n. 3, p. 51 R. CoQUAIS, Syrie Romaine da Pompee à Diocletian, s1. 1978. C. COSTANTINI, La Repubblica di Genova nell'età moderna, Torino 1978. A. DAGNINO, La chiesa e il monastero di Sant'Andrea della Por. ta: un problema dell'architettura romanica genovese, tesi di laurea, Università di Genova, Facoltà di Lettere e Filosofia, aa. 1978-1979. LH. DALMASS, Des livres sur l'Apocalypse, in «Le monde de la Bible», 1978, n. 3, p. 63. C. DE SETA, La cultura architettonica in Italia tra le due guerre, Roma-Bari 1978, 2 voll M. DELCOR, La literature apocalyptique juive, in «Le monde de la Bible», 1978,n. 3, pp. 12-17. Dictionnaire des chäteaux de France. Sous la direction d'Yvon Christ, Paris 1978 e ss. C. DI FABIO, Le reliquie di S. Agostino a Genova: dalle cronache altomedievali al formarsi di una tradizione, in «Romanobarbarica», IIT, 1978, pp. 39-61. M. Du Burr, L'Apocalypse dans le Nouveau Testament, in «Le monde de la Bible», 1978, n. 3, pp. 1821. C. Durour Bozzo, La demolizione della torre di San Nazaro, nel quadro del plano regolatore d'Albaro 1912-1913, in «Bollettino Ligustico», XXXI, 1978, n. 1/4, pp. 3-24. M. ELIADE, Architecture sacrée et symbolisme, Paris 1978. E. ENAUD, Coucy, Paris 1978. E. ENNEN, Storia della città medievale, Roma-Bari 1978. A. FEUILLET, L'enfant, le dragon, la femme, in «Le monde de la Bible», 1978, n. 3, pp. 25-29. G. FOURNIER, Le château dans la France médiévale: essal de sociologie monumental, Paris 1978. R. FRANCOVICH- S. GELICHI - D. MELLONI - G. VANNINI,/ saggi archeologici nel palazzo Pretorio in Prato, Firenze 1978. A. GIULIANO, Le città dell'Apocalisse, Roma 1978. A. GRABAR, Observations sur l'arc de triomphe de la Croix dit T'Arc d'Eginhard et sur d'autres bases de la Croix, Paris 1978. E. GUIDONI, La città europea. Formazione e significato dal IV all'XI secolo, Milano 1978. M. HowaRD, La guerra e le armi nella storia d'Europa, Bari 1978. E 1. INSOLERA, in La città e la cri del capitalismo, Bari 1978. A. JAUBERT, L'image de l'Aigneau, in «Le monde de la Bible», 1978, n. 3, pp. 22. I. LEHMANN, 7 crociati, Milano 1978. R. MAGGIO SERRA, Borgo e rocca medievali, Torino 1978 T. MANNONI - A. GARDINI - I. FERRANDO CABONA, Zignago 1: gli insediamenti e il territorio, in «Archeologia Medievale», V, 1978, pp. 273374. P. MARCONI - F.P. FioRE, I castelli. Architettura e difesa del territorio tra Medioevo e Rinascimento, Novara 1978. L. MAURIN, Saintes antique, Saintes 1978. MS. MAZZI, Salute e società nel Medioevo, Firenze 1978. N. MEZOUGHI, Le tympan de Moissac: études d'iconographie, in «Les cahiers de Cuxa», XI, 1978, pp. 171-200. M. MILANESE, Un castello militare della Ligura orientale: Ca stronovo di Salino (La Spezia) in «Archeologia Medievale», V, 1978, pp. 452-460.
S. Moscati, Antichi imperi d'Oriente, Roma 1978. A.M. NADA PATRONE - 1. Naso, Le epidemie del tardo Medioevo nell'area pedemontana, Torino 1978. NicoLETTI MANFREDI, L'architettura Liberty in Italia, RomaBari 1978. I.M. NOLLA BRUFAU, La ciudad romana de Gerunda, Gerona. 1978. A. OLIVIERI, Un medaglione storico genovese del 1626. Lettera. di Agostino Olivieri allegregio Luigi Franchini, Genova 1978. A. PARROT, Archeologia della Bibbia, dal Diluvio Universale alla Torre di Babele, Roma 1978. B. PAVON MALDONADO, Sagunto villa medieval de Raij islamica, in «Al-Andaluss, XLIII, 1978, n. 1, pp. 181-199. G. PETTI BALBI, Genova medievale vista dai contemporanei, Genova 1978. P. PRIGENT, Les sept lettres de l'Apocalypse, in «Le monde de la Bible», 1978,n. 3, pp. 6-12. M. PROVOST, Angers Gallo-Romain. Naissance d'une cité, sl 1978. R. ROMANO, La storiografia italiana oggi, Favignano 1978. PE. SCHRAMM - H. FILLITZ, Denkmale der deutschen Konige und Kaiser, IL, Munchen 1978. P. Sica, Storia dell'urbanistica. II Novecento, Bari 1978. G. SIEGwALT, De la Genèse à l'Apocalypse, in «Le monde de la Bible», 1978,n. 3, pp. 53-54. M. Topp, The walls of Rome, London 1978. C. VARALDO, La chiesa di S. Paragorio a Nolie la zona archeo. logica, Savona 1978. M. Zeiss, Les monuments de Tunis, sl. 1978. 1979
AAVV. Cultura e vita civilea Verona, a cura di G.P. MARCHI, Verona 1975. G. ABITINO, J confini dell Libia antica e le Are dei Flleni, in «Rivista Geografica Italiana», LXXXVI, 1979, n. 1, pp. 54-72. X. BARRAI I ALTET, L'iconographie de caractère synthétique et monumental inspirée de l'Apocalypse dans l'art médiéval d'Occident (IX-XHI s), in L'Apocalypse de Jean, Genève 1979, pp. 187216. A. BARTARELLI, La cittadella francescana di Castelletto, Genova 1979. 3. BENES, Auxilia romana in Moesia atque in Dacia, Roma 1979. E. BERNARD WEIL, Identificazione e transfert, in Enciclopedia Einaudi, 1979, ad vocem. L. Bit, A Girasole, in «Abitare», 1979, n. 176, pp. 14-21 F. BoNORA, Nota su un'archeologia della edilizia, in «Archeologia Medievale», VI, 1979, pp. 171-182. R. BoSSAGLIA, Il «Novecento italiano», storia, documenti, ico nografia, Milano 1979. G. BRUNO, Immagine e paesaggio, Ligura 1850-1970, Genova 1975. A. CEDERNA, Mussolini urbanista. Lo sventramento di Roma negli anni del consenso, Roma-Bari 1979. Y.. CHRISTE, Traditions littéraireset iconographiques dans l'inter pretation des images apocalyptiques, in L'Apocalypse de Jean, Genève 1979, pp. 109-134. 627
LM. DE LoitNDIO - A. RODRIGUEZ, La Castiglia del Nord, Mi Jano 1979. Dictionnaire des châteaux et des fortifications du Moyen Âge en France, realis par C.L. SALCH, Strasbourg 1979. C. Di Fatto, II mito delle origini e il nome di Genova nel Medioevo, in «Bollettino Ligustico», XXXI, 1979, n. 1/4, pp. 3144. M. DORIA, II restauro della facciata e del chiostro della chiesa di san Matteo in Genova, in «Bollettino Ligustico», XXXI, 1979, n. 1/4, pp. 25:36. C. Durour Bozzo, La casa di Domenico Colombo a Genova, dai processi verbali autentici della commissione municipale per il restauro di porta Soprana, in «Liguria», 19791, pp. 9-13 (1) C. DUFOUR Bozzo, Il reimpiegodei marmi antichi dei monumenti medievali e l'esordio della scultura architettonica del «protoromanico» a Genova, in «Bollettino d'Arte», LXIV, 19792, n. 3, pp. 1-58 0). C. Durour Bozzo, 11 marzo 1882-18 dicembre 1914: «Le laboriose vicende della restituzione» di Porta Soprana di Sant'Andrea a Genova, attraverso i «processi verbali autentici delle adunanze della commissione», in «Bollettino dei Musei Civici Genovesi», I, 19793, n. 2, pp. 5-92 (3). 1. ENGEMANN, Images parousiaques dans l'art paléochrétien, in L'Apocalypse de Jean, Genève 1979, pp. 73:7. S. Evic, Testimonianze genovesi in Turchia, in «Il Veltro», XXIII, 1979, pp. 61-72. D. GALASSI - M.P. ROTA - A. SCRIVANÒ, Popolazione e insedia menti in Liguria secondo la testimonianza di A. Giustiniani, irenze 1979. A. GARDINI - M. MILANESE, L'archeologia urbana a Genova negli anni 1964-1978, in «Archeologia Medievale», VI, 1979, pp. 129-170. G. GIACCHERO, II Seicento e le Compere di san Giorgio, Genova 1979. A. GRaBAR, Les voies de la création en iconographie chretienne, Paris 1979. L. Grossi BIANCHI - E. PoLEGGI, Una città portuale del Me dioevo. Genova nei secoli X-XVI, Genova 1979. E. GuIDONI - A. MARINO, Storia dell'urbanistica Il Seicento, Roma-Bari 1979. C. Hirrz, Retentissement de l'Apocalypse dans l'art de l'époque carolingienne, in L'Apocalypse de Jean, Genève 1979, pp. 217243. AF. IvALDI, Introduzione a G. MONLEONE, Storia di un teatro: il Carlo Felice, Genova 1979. P. KLEIN, Les cycles de l'Apocalypse du Haut Moyen Age (IXXIII s), in L'Apocalypse de Jean, Genève 1979, pp. 135. 186. JacoBI, Crusades Aere in the thirteenth century: urban and topography, în «Studi Medievali, 1979, n. 1, pp. 1-45. 1. LE Gorr, Memoria, in Enciclopedia Einaudi, VIII, Torino 1979, ad vocem. C. LEPELLEY, Les cités de l'Afrique romaine au Bas-Empire, Pa ris 1979. MIT. MAIOLINO - C. VARALDO, Schede della diocesi di Genova, in AA.VV, Liguria Monastica, Italia Benedettina, II, Cesena 1979, pp. 146-147. 628
2. Mesqui, Provins. La fortification d'une ville au Moyen Âge, Genève 1979. N. MEZOUGHI, Notes su le Beatus de Saint Sever, in «Cahiers de St. Michel de Cuxa», 1979. B. MONTALE, Genova nel Risorgimento dalle riforme all'Unità, Genova 1979. O. NiccoLI, / sacerdoti, i guerrieri, i contadini, Torino 1979. E: RaWBALDI, Identitd/differenza, in Enciclopedia Einaudi, VI, Torino 1979, ad vocem. G. RAVASI, La Palestina, Lecco 1979. A. ROVERE, Documenti della Maona di Chio (ecc. XIV-XVD),in «ASLSP», ns, XIX, 1979, n. 2. B. TARACENA - J. TUDELA, Guia de Soria y su provincia, Soria 1979. N. THIERRY, L'Apocalypse de Jean et liconographie byzantine, in L'Apocalypse de Jean, Genève 1979, pp. 319-330. Urbanistica: quale riuso? Genova 1979. 1980
AA.VY,, Actas del Simposio para el estudio de los codices del Commentario al Apocalipsis de Beato de Lisbona, Madrid 1980. AA.VV., Chateaux et guerriers de la France au Moyen Age, Strasbourg 1980, 4 voll AANV., Histoire de la France urbaine, I, Paris 1980. AANV,, Violle-le Duc, catalogo della mostra, Paris 1980 AANV,, Viol Je Due il restauro dei monumenti, in «Restauro», 1980, n. 47.49. F. ALMELA Y Vives, Valencia, Léon 1980. C. AMPOLO, La città antica, guida storica e critica, Bari 1980. F. BISCONTI, Recensione a AA.VV., L'Apocalypse de Jean, in «RAC», LXVI, 1980, n. 1-2, pp. 209-213. F. BONORA, Tecnologie edilizie e archeologia: lettura storica del manufatto architettonico e dei modi costruttivi. Il caso di porta Soprana a Genova, tesi di laurea, Università di Genova, Facoltà di Lettere e Filosofia, aa. 1980-1981. C. BUSCAGLIA - P. CEVINI, Un piano per il centro storico, in «Indice», V, 1980, n. 1, pp. 8-10. F. CASAMAIOR CASALES, Zaragoza, Léon 1980. Y. CHRISTE, Beatus et la tradition latine des Commentaires seu l'Apocalypse, in AA.VV., Actas del Simposio, cit., Madrid 1980. P. CONTAMINE, La Guerre au Moyen Age, in «Nouvelle Clio», XXIV, Parigi 1980. E. CORSINI, Apocalisse prima e dopo, Torino 1980. G. Dubv, France rurale, France urbaine: confrontation, in AA.NV., Histoire de la France urbaine, I, Paris 1980, pp. 935, U. Eco,La struttura assente, Milano 1980. G. FANELLI, Firenze, Bari 1980. P.A. FEVRIER, Vetera et nova: le poids du passé, les germes de l'avenir. II-VI siècle, in AA.VV. Histoire de la France ur baine, 1, Paris 1980, pp. 393493, 1. FONTAINE, Isidore de Seville, le traité de la nature, Bordeaux 1980. F. FUENTE, Burgos, Burgos 1980.
C. GOUDINEAU, Sources et problèmes, in AA. VV., Histoire de la France urbaine, I, Paris 1980, pp. 42-69. C. GouDINEAU - P.A. FEVRIER M. FIXOT, Le réseau urbain, ibi dem, 1, Paris 1980, pp. 70-137. C. GOUDINEAU - KRUTA, Les viles de la paix romaine, ibidem, 1, Paris 1980, pp. 241-391. O. GRABAR, La Alhambra: iconografia, formas y valores, Madrid 1980 (ma 1978). B. GUENE, Histoire et culture historique dans l'Occident médieval, Paris 1980. A. JoLI GIGANTE, Messina, Roma-Bari 1980. F. Jesi, Mito, Milano 1980. G. LUNARDI, Le monete delle colonie genovesi, in «ASLSP», n.8, XX, 1980,n. 1. TM. MAZZATOSTA - C. VOLPI, L'talietta fascista (1936-1943), Bologna 1980. MIT. MAZZILLI - A. SEGAGNI - D. Vicini, Esperienze per ledizio ne critica dei monumenti medievali padani, in Atti del I Congresso Nazionale di Storia dell'Arte, Roma 11-14 set tembre 1978, Roma 1980, pp. 393-409. M. Munoz DE SAN PEDRO, Caceres, Léon 1980. S. NANNINI, Educazione, individuo e società in Emile Durkheim e nei suoi interpreti, Torino 1980, G. OLCESE, Per il Centro storico di Genova: dal piano regolatore generale alla delibera Quadro, in «Indice», V, 1980, pp. 392. ALL. OPPENHEIM, Città, palazzo e tempio in Mesopotamia, in «La città antica», III, 1980, pp. 5-33. G. PASQUALETTI, Il sacro catino di «smeraldo» della cattedraledi San Lorenzo a Genova: da oggetto sacro a oggetto da Mu‘eo, tesi di laurea, Università di Genova, Facoltàdi Letteree Filosofia, a.a. 1980-1981. A. PERONI, Problemi del contesto urbano, strutturale e decorati vo: per la edizione critica delle architetture medievali padane, in Atti del 1 Congresso Nazionale di Storia dell'arte, Roma 11-14 settembre 1978, Roma 1980, pp. 383-392. A. PETRUCCI, La scrittura fra ideologia e rappresentazione, in «Storia dell'Arte Italiana», 1, Torino 1980, pp. 5-123. G. Ricci, Bologna, Bari 1980. E. RODRIGUEZ ALMEIDA, Avila Romana, Avila 1980. M. SALCEDO HIERRO, Cordoba, Léon 1980. P. Sica, Antologia di urbanistica. Dal Settecento ad oggi. RomaBari 1980. P. STRINGA, La strada dell'acqua. L'acquedotto storico di Genova. Tecnica ed architettura, Genova 1980. A. TERENZONI, L'universo simbolico della cattederale. San Lorenzo di Genova, Genova 1980 C. VIOLANTE, Economia, società, istituzioni a Pisa nel Medioevo, Bari 1980. 1981
AANV., Alfredo d'Andrade: tutela e restauro, catalogo della mostra, Firenze 1981. AANV., La riscoperta dell'Egitto nel secolo XIX: i primi fotograft, catalogo della mostra, Torino 1981. AA.VV, Viollet-le-Duc e il restauro degli edifici in Francia, catalogo della mostra, Milano 1981.
G. AIRALDI, Leggere, scrivere, far di conto a Genova nel medioevo, in Storia del Genovesi, II, Genova, 1981. C. BartoLOZZI - C. DAPRÀ, La roccae ll borgo medievale di Torino (1882-1884). Dibattito di idee e metodo di lavoro, in AA.VV., Alfredo d'Andrade, cit, Firenze 1981. E. BENVENUTO, La scienza delle costruzioni e il suo sviluppo storico, Firenze 1981. F. BoccHi, La città e l'organizzazione del territorio in età medie vale, in AA.VV., Le città in Italia e in. Germania nel Medioevo: cultura, istituzioni, vita religiosa, Bologna 1981, pp. 5180. L. BOLENS, Agronomes andolous du Moyen Âge, Genève-Paris 1981. H. BRESC, Les rues de Palerme (1070-1460), in «Le paysage ur‘baine au Moyen Âge», Lyon 1981, pp. 155-186. C. Brisac, Le Musée des Plans-Relifs Paris 1981. A. BRUNO - R. NIVOLO, Palazzo Madama, in AA.VV., Alfredo d'Andrade, ci, Firenze 1981. F. CARDIN, Alle radici ella cavalleria medievale, Firenze 1981. M. CARRERO DE Dios, Las murallas y las puertas de Toledo, ToJedo 1981. R. CAVALLI, Chiesa di S. Stefano in Genova, in AA.VV, Alfredo d'Adrade, ci, Firenze 1981, pp. 463469. P. CAVANNA, La documentazione fotografica dell'architettura, ibidem, Firenze 1981, pp. 107-125. MG. CERRI, Alfredo d'Andrade: dottrina e prassi nella disciplina del restauro, ibidem, Firenze 1981, pp. 11-18. A. CROSETTO - C. DONZELLI - G. WATAGHIN, Per una carta ar cheologica della valle di Susa, Torino 1981. F. DECRET - M. FANTAR, L'Afrique du Nord dans l'antiquité, Paris 1981. M.C. DE MATTEIS, Societas christiana e funzionalità ideologica della città in Italia line di uno sviluppo, in AA.VV., Le città in Italia e in Germania nel Medioevo, cit, Bologna 1981, pp. 1349. C. DI FABIO, / portali romanici dell cattedrale di Genova. Contributo alla storia del Duomo nel XII secolo, in «Bollettino. d'Arte», LXVI, 1981, n. 12, pp. 89-122. C. DUROUR Bozzo, Le prime cinte urbane di Genova: aggiornamenti critici e problemi, in Storia dei Genovesi, II, Genova 1981. A. DURAN GUDIOL, E castillo de Loarre, Saragozza 1981. P.M. DUVAL, La vie quotidienne en Gaule pendant la paix Romaine, Paris 1981. U. Eco, Simbolo, in Enciclopedia Einaudi, XII, Torino 1981, ad vocem, G. FasoLI, Introduzione a AA.VV., Le città n Italia e in Germania nel Medioevo, cit, Bologna 1981, pp. 7-11. F. FiliPP, Palazzo Madama: intervento di scavo (1883-1886) in AA.VV., Alfredo d'Andrade, cit, Firenze 1981. G. FORCHERL, L'avvento del popolari a Savona, in Storia dei Genovesi, I, Genova 1981. B. FOUCART, Viollet-e-Duc e il restauro degli edifici in Francia, catalogo della mostra, Milano 1981. H. GALLET DE SANTERRE, Ensérune, Paris 1981. Les Gaulois. Musée des Antiquités Nationales Saint Germain en Laye, Paris 1981. 629
O. GRABAR, Art of the Mamluks: some questions of methodolo8, Washington 1981. R. GRECI, Forme di organizzazione del lavoro nelle città italiane. tra età comunale e signorile, in AA.VV., Le città in Italia e in Germania nel Medioevo, ci, Bologna 1981, pp. 81-117. E. GRENDI, Problemi di storia degli Alberghi genovesi, in AA.VV, La Storia dei Genovesi, I, Genova 1981, pp. 183187. M. GRONEWALD, Die Kleinfunde des Legionslagers von Carnuntum, Wien 1981. E. GUIDONI, La città dal Medioevo al Rinascimento, Bari 1981. J. HARMAND, L'arte della guerra nel mondo antico, Roma 1981. D. HAY, Storici e cronisti dal Medioevo al XVII secolo, RomaBari 1981. 1. Le Gorr, La civiltà dell'occidente, Parigi 1981. A. LIVA, Il potere vescovile in Genova, in AA.VV, La Storia del Genovesi, I, Genova 1981, pp. 49-64. R. MAGGIO SERRA, Uomini e fatti della cultura piemontese nel secondo Ottocenteo intorno al Borgo Medievale del Valenti no, in AA.VV., Alfredo d'Andrade, ci, Firenze 1981 G. MAGGIULLI, Recensione a: Pseudo Hygin, Des fortifications du camp, in «Maya», 1981, maggio-agosto, pp. 172-173. C. MARCHESANI - G. SPERATI, Ospedali genovesi nel Medioevo, in «ASLSP», ns, XXI, 1981, n. 1. A. MARCONE, II «De re militari» di Vegezio, in Studi e ricerche dell'Istituto di Storia della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Firenze, I, Firenze 1981. 1L. McKENZIE, Dizionario biblico, Assisi 1981. L. MERCANDO, D'Andrade e l'archeologia classica, in AA. VV. Alfredo d'Andrade, cit, Firenze 1981. MicHELET, Le Moyen Age, Paris 1981 MM. NEGRO PoNZI, Strade e insediamenti nel cuneese dall'età romana al Medio Evo. Materiali per lo studio delle strutture del territorio, in «Bollettino della Società per gli Studi Stori ci, Archeologici ed Artistici della Provincia di Cuneo», 1981. C. PALMAS DEVOTI, L'attività del d'Andrade in Liguria, in AANV., Alfredo d'Andrade, cit. Firenze 1981 R. PAVONI, / simboli di Genova alle origini del Comune, Genova 1981. E. PoGNON, La vie quotidienne en l'an Mille, Paris 1981. E. POLEGGI - P. CEVINI, Genova, Roma-Bari 1981. 1. PRINCIPE, Cagliari, Roma-Bari 1981. G. RAVASI, I libro del Salmi, Bologna 1981 J. RECANSES COMES, Tarragona, Léon 1981. L. Rosr, Die Stadt im Alten Testament, in «Zeitschrift des Deutschen Palestine», 1981, pp. 128-138. J. RYKWERT, L'idea della città, Torino 1981. R. SAVELLI, La Repubblica Oligarchica. Legislazione, istituzioni e ceti a Genova nel Cinquecento, Milano 1981, G. ScaGLIA, La «Porta delle torri» di Federico Il a Capua in un disegno di Francesco di Giorgio, in «Napoli Nobilissima», XX, 1981, pp. 203 e ss. F. SOLMI - M. Dezzt BARDESCHI, Alfonso Rubbiani: i verie i falsi storici, catalogo della mostra, Bologna 1981. H. UHLIG, 7 Sumeri, Milano 1981 R. WHITEHOUSE, Le prime città, Roma 1981. I. WILKINSON, Gerusalemme come la vide Gesù, Roma 1981 630
1982
AA.VV,, Atti del XXIV Congresso C.LHLA., Bologna 10-18 settembre 1979, Bologna 1982. Agostino Giustiniani annalista genovese ed i suoi tempi, Genova 1982 A. ALBARIC, Algues-Mortes, Aigues-Mortes 1982. E.A. ARSLAN, Urbanistica di Milano romana. Dall'insediamento insubre alla capitale dell'impero, in «Aufstieg und Niedergang der Romischenwelt», II, 1982, pp. 179-210. M. BIERNACKA LUBANSKA, The Roman and Earty-Byzantine Fortifiations of Lower Moesia and Northern Thrace, Rome 1982. R. BossAGLIA - M. Cozzi, ] Coppedé, Una famiglia di architetti, un'idea dell'architettura, schede di M. Cozzı e M.F. GIUBILEI, Genova 1982. G. CAVALIERI MANASSE - G. MASSARI - M.P. ROSSIGNANI, Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, Lombardia, guide archeologiche, Bari 1982. 1. COSTA RESTAGNO, II monastero della Gallinara nei secoli XI e XII e i suoi possedimenti in Catalogna, in AA.VY., Storia monastica ligure e pavese. Studi e documenti, Talia benedettina, V, Cesena 1982, pp. 259-298. A. DAGNINO, Ricerche di architettura romanica a Genova. Il mo nastero di Sant'Andrea della Porta, ibidem, Cesena 1982, pp. 173257. C. DI FABIO, Ricerche di architettura altomedievale e romanica a Genova: il monastero di San Tommaso, ibidem, Cesena 1982, pp. 103-171. C. DUFOUR Bozzo, Ricerche di architettura romanica a Geno. va, ibidem, Cesena 1982, pp. 91-101 1. FERNANDEZ BARDERA, Historia de Tarifa, Madrid 1982. F. FRANCHINI, in AA.VV., La Liguria delle Casacce, Genova 1982. A. FRONDONI, Note preliminari per uno studio sulla topografia di Genova «Paleocristiana», in Atti del V Congresso Naziona le di Archeologia Cristiana, TI, Roma 1982, pp. 351-364. F. FUGAZZA CORSANEGO, Albaro e i suoi piani, in «Indice», VII, 1982, n. 4, pp. 18-27. G. GAGGERO, Il comes Marcellino e l'autonomia della Dalmazia, Genova 1982. G. GiMPEL, Costruttori di cattedrali, Milano 1982. B. GUENE, Politique et histoire au Moyen Age, Roma 1982. E; GUIDONI, Storia dell'urbanistica. Il Cinquecento, Roma-Bari 1982. F. MALBRAN LABAT, L'armée et l'organisation militaire de l'Assyrie, Genève-Paris 1982. F. MENANT, «Fossata cavare, portas erigere» le rôle des fossées dans les fortifications médiévales de la plaine padane, in «Acvum», 1982, pp. 205-216. 1. MURPHY O'CONNOR, Guide archéologique de la Terre Sainte, Paris 1982. P. NAREDI RAINER, von, Architektur und Harmonie. Zahl, Mass und Proportion in der abendländischen Baukunst, Köln 1982. P. PATRONE, Daneri, Genova 1982. P. PETOU, La grande porte de Saint-Malo, in Le Pays Malouin, Paris 1982.
G. PETTI BALBI, Caffaro e la cronachistica genovese, Genova 1982. G. PISTARINO, Introduzione, in AA.VV.., Storia monastica ligure. e pavese, cit, Cesena 1982. E. PoLEGOI, Paesaggio e immagine di Genova, Genova 1982. S. PRESSOUYRE, Le château de Tarascon, Paris 1982. L. Puppi - M. UNIVERSO, Padova, Bari 1982. M. QUERCIOLI, Le mura e le porte di Roma, Roma 1982. E. RIPOLL PERELLO, Ampurias, Barcelona 1982. P..SrRINGA, Genova e la Liguria nel Mediterraneo. Insediamenti € culture urbane, Genova 1982 (1) P. STRINGA, Frammenti di Liguria nel bacino nel Mediterraneo, in «La Casana», IV, 1982, pp. 29. (2). L. TAGLIAFERRO, Museo e territorio: i musei di Palazzo Rosso e di Palazzo Bianco, in «Indice», VII, 1982, n. 4, pp. 8-13. H. WINCKLER, La cultura spirituale di Babilonia, Milano 1982.
G. VASI - G. BIANCHINI, Porte e mura di Roma, Roma 1983.
Materiale in corso di stampa AA.VV, Le demolizioni di alcuni edifici ecclesiastici medievali a Genova tra il 1815 e il 1940, Genova, in corso di stampa. AA.VV., Fortifications, portes de villes, places publiques dans le monde mediterrancen, in corso di stampa. AA.VY., Medioevo restaurato, Genova, in corso di stampa. AA.VV, La Zecca di Milano, Atti del Convegno internazionale di studio, 9-14 maggio 1983, in corso di stampa. D. ANDREWS, La città basso medievale, in Archeologia Medievale nell'Italia settentrionale: il prossimo decennio, Pavia, 18. 20 settembre 1981, in corso di stampa. R. CAVALLI S. Stefano, în AA.VV., Medioevo restaurato, Genova, in corso di stampa. I. CORROCHER, Renaissance et illustration du passé monumental de Vichy, in corso di stampa. 1983 A. DAGNINO, San Giovanni di Pre, in AA.VV., Medioevo re Genova, in corso di stampa. AANV., La Gerusalemme celeste, catalogo della mostra, Mila- C. DI staurato, Fatto, L'architettura ecclesiastica a Portovenere fra XI e no, Università cattolica del Sacro Cuore, 20 maggio - 5 giuXIV secolo, in San Venerio del Tino. Vita religiosa e civile gno 1983, Milano 1983. tra isole e terraferma in età medievale, Atti del ConvegnoR. BoccHI - C. ORADINI, Trento, Roma-Bari 1983. dibattito (LericiLa Spezia-Portovenere, 18-20 settembre H. BRANDENBURG, Milano, Roma, Costantinopoli: i sarcofagi a in corso di stampa. «porte di città» e la produzione scultorea alla fine del IV se- C. Di 1982), Fabio, Scultura romanica a Genova, in corso di stampa. colo, in «CARB», XXX, 1983, C. DUFOUR Bozzo, Architettura ecclesiastica: note per un bilan S. CASARTELLI NOVELLI, Il «codice» figurativo. Letture di semiocio in prospettiva, in San Venerio del Tino, it, in corso di tica generale e di semiotica sistemica, Torino 1983. stampa. 1. CORRAL LAFUENTE, Historia de Daroca, Daroca 1983. C. DUFOUR Bozzo, Le porte di città nel Medioevo come «testo» N. DUVAL, Lo stato delle ricerche sulle fortificazioni Giustiniasemiotico, in AA.VV. Fortifications, portes de villes, places nee in Africa settentrionale, in «CARB», XXX, 1983. publiques, dans le monde mediterraneen, in corso di stampa. A. FAVA, La Spezia, Bari 1983. Espaces publics, espaces privés dans la ville, Paris, in G. FRUGONI, Una lontana città. Sentimenti e immagini nel Me. . HEERS, corso di stampa. dicevo, Torino 1983. 1. HEERS, Porta Aurea à Gênes: bourg de religieux, bourg A. GAMONEDA, Zamora, Léon 1983. d'immigrés, in AA.VV., Fortifications, portes des viles, pla1C. GARCIN, Aux sources d'une Ideologie: voyageurs medie ces publiques dans le monde mediterraneen, in corso di vaux, in Rencontres internationales de janvier, Marseille stampa. 1983. L'esperienza ligure nello studio dei castelli, in Ca. 1. GUARNER GONZALES, La restauracion del recinto amurallado TT. MANNONI, tell storia e archeologia, in Castelli storia e archeologia, de Niebla, in AA.VV., Niebla y sus gentes, Niebla 1983. convegno internazionale (Cuneo, 6-8 dicembre 1981), in cor T. HAUSCHILD, Arquitectura romana de Tarragona, Tarragona so di stampa. 1983. R. PAVONI, Signorie feudali fra Genova e Tortona nei secoli XII F. HERNANDEZ MARTIN, Avila, Léon 1983. e XIII, in AA.VV., La Storia dei Genovesi, Genova, in cor S. JOHNSON, Late Roman Fortifications, Roma 1983. di stampa. P. LE Roux, LAnnée romaineet l'organisation des provinces ib 1. Pini,50 Mura eportedi Bologna medievale: a piazza di Porta Ra riques d’Auguste à l'invasion de 409, Roma 1983. ‘gegnana, in AA.VV. Fortifiations, portes de villes, places LA. MARTINEZ GOMEZ GoRpo, EI castillo de Siguenza y su re. publiques dans le monde mediterranden, in corso di stampa. stauracion como Parador Nacional de turisme, Siguenza F. ROBIN, Les portes de villes: symboles et répresentations dans la 1983. peinture et l'enluminure italienne (XIV-XV siècles) in M. MILANESE, Genova, san Silvestro, in «Notiziaro di ArcheoloAA.VV., Fortifiations, portes de villes, places publiques gia medievale», 1983, pp. 13-14. dans le monde mediterraneen, in corso di stampa. M. MIRABELLA ROBERTI - A. VINCENTI - G.M. TABARELLI, Mi- B. WARD PERKINS, La città altomedievale, in AA.VV., Archeoano città fortificata, Roma 1983. logia Medievale nell'Italia settentrionale, cit, in corso di R. MIRAVALL, Tortosa. Guia general, Tortosa 1983, stampa. F. RoBIN, Les chantiers des principes Angevines (1370-1480): di rection mactrise, main d'oeuvre, in «Bulletin Monumental», sd. CXLI, 1983, pp. 22-63. AM. SERONDE BABONAUX, Roma. Dalla città alla metropoli, A. ABEL VICELA de, Guia de las murallas romana de Lugo, sì, sd. (ma post 1975). Roma 1983. 631
INDICE DEI LUOGHI E DEI MONUMENTI
ACARUNTE, (v. anche Ackı), 218 Accon, 117 (n. 11) AcnaroN, 117 (n. 11) AcoruM, 117 (n. 11) Acri, 83 (fig. 137), 84 (fig. 158), 117 (n. 11), 123-124 (n. 20), 218, 229 (n. 4), 505 chiesa di san Lorenzo, 123 (n. 20) mura, 85, 84, 85 (fig. 139), 88, 123-124 (n. 20) quartiere genovese, 85, 84, 125 (n. 20) porte, 85, 84, 98, 125-124 (n. 20) Domini Nostri, 123 (n. 20) Ferrée, 125 (n. 20) Hospitalis, 123 (n. 20) del Mare, 84, 85 (fig. 140) Nova, 84, 123-124 (n. 20) della Torre, 124 (n. 20) Arrica (NORD), limes e fortificazioni, 110 (n. 2), 113 (n. 7) AFRODISIA, porta, 114 (n. 8) AGREDA, 113 (n. 6), 122 (n. 17) mura, 122 (n. 17) porte de Barrio, 122 (n. 17) Califal, 122 (n. 17) della Muela, 122-125 (n. 17) Aioves Mortes, 251, 258 (n. 1) mura, 20 (figg. 17, 18), 21, 59, 108, 118 (n. 12), 125 (n. 25), 251, 235, 437 (n. 25) d porte, 63, 258 (n. 1), 437 (n. 25) de la Gardette, 22 (fig. 23) de la Marine, 21 (fig. 20), 22 (figg. 21, 22), 251 des Moulins, 231 de la Reine, 21 (fig. 19) St. Antoine, 25 (fig. 24) ApceN PROVENCE, porte, 9, 10, 111 (n. 5) AKKAD (paese di), 205 (n. 37) AKKON, (Y. ACRI) ALACAHOYUX, 204 (n. 42) porte della città, 147, 149 (fig. 198), 204 (n. 41, 42) delle sfingi, 146, 147, 148 (figg. 196, 197), 204 (n. 42) ALaLAR, porte, 205 (n. 33) AL ANDALUS, porte, 120 (n. 16) ALBENGA, 282 ALBI museo Toulouse-Lautrec (v. palazzo della Berbie) palazzo della Berbie, 119 (n. 14)
ALerro, 127 (n. 27), 128 (n. 28) mura, 126-127 (n. 27) porte, 126-127 (n. 27) di Antiochia (bäb Antäkiyya), 126-127 (n. 27) di Qinnasrin, 127 (n. 27) della Vittoria, 127 (n. 27) ALGERIA, 14, 114 (n. 7) AcueRo, 201 (n. 25) ALICARNASSO, mura € porte, 114 (n. 8) Aun, 204, (n. 41) AL-MANDIYA, 127 (n. 27) ALMAZAN, 121 (n. 17) mura, 121 (n. 17) porte de Berlanga, 122 (n. 17) de Herreros, 62, 63 (fig. 94), 121-122 (n. 17) de Mercado, 121 (n. 17) della Plaza Major, 121 (n. 17) de la Villa, 62 (tig. 92), 63 (fig. 93), 121-122 (n. 17) ALMERIA, 42, 43, 45, 117 (n. 11), 120 (n. 15), 218, 229 (n. 4), 287, 289 (n. 11), 302, 306, 309, 354 (n. 7), 506 alcazaba, 42, 45 (fig. 63), 120 (n. 15) mura, 42, 120 (n. 15) porte, 42, 120 (n. 15) bàb al-Fayyatih, 120 (n. 15) del Puerto, 120 (n. 15) ALPI, 10, 102 ALPI GIULIE, limes, 110 (n. 2) ALSAZIA, 119 (n. 14) ALTRIP, 111 (n. 4) AMALFI, 43 Amano (legno dell), 140 Ama ALAGI (battaglia di), 463 AMBA ARADAM (battaglia di), 463 Amerco, fortezza e porta, 127 (n. 27) AMERICA (scoperta dell’, 388, 391, 393, 439 (n. 30), 509 AMIENS mura, 112 (n. 5), 118 (n. 12) porte, 112 (n. 5) Claustri, 112 (n. 5) Clipiana, 112 (n. 5) Ampurıas, 113 (n. 6) porte, 10, 12 (figg. 11, 12), 113 (n. 6) AMSTERDAM, 358 (n. 35) AnaoLou Kavacı, fortezza e porta, 250, 253 (figg. 306, 307), 254 (fig. 308), 255 (figg. 309, 310), 256 (fig. 311), 259 (n. 8), 505 635
ANATOLIA, 134, 140, 147, 202 (n. 27), 205 (n. 41) Anazanse, fortificazioni e porte, 14, 114 (n. 8), 126 (n. 26) ANcHIALUS, porte, 111 (n. 4) ANDALUSIA, 48, 70, 80, 102 ANDORMATUNUN, (Y. LANGRES) ANGAR, palazzo, 16, 115 (n. 9) ANGERS castello, 40, 41 (fig. 56), 42 (fig. 57), 45 (fig. 58), 119 (n. 14) mura, 112 (n. 5), 118 (n. 12) Anjou, 228 (n. 1) ANKARA museo archeologico rilievo della porta del Re, 142 statua della dea e musicanti, 142, 147 (fig. 195) ANTALYA, porta di Adriano, 114 (n. 8) ANTARADUS, (v. TORTOSA DI Sırıa) ANTARIONY, (v. TORTOSA DI Sırıa), 126 (n. 25) ANTARTOUS, (v. TORTOSA DI SIRIA), 117 (n. 11), 126 (n. 25) ANTIARADO, (v. TORTOSA DI Sırıa), 117 (n. 11) Annises, 19, 117 (n. 11) mura, 118 (n. 12) porta de la Tourraque (o porta de l'Orme), 19 (fig. 16), 96 ANTIOCHIA, 84, 85, 86 (fig. 141), 91, 117 (n. 11), 124 (n. 21), 126 (n. 25), 218, 286, 287, 309 mura, 14, 81, 85, 86, 87 (fig. 142), 114 (n. 8), 124 (n. 21) porte, 86, 124 (n. 21) del Cane, 86, 124 (n. 21) del Duca, 86, 124 (n. 21) di Medina, 88 (fig. 143) del Ponte, 86, 124 (n. 21) di san Giorgio, 86, 124 (n. 21) di san Paolo, 86 Aosta, 116 (n. 10) porta Pretoria, 7, 9, 10, 102 APAMEA DI SIRIA, mura e porte, 14, 102, 114 (n. 8), 126 (n. 26) APOLLONIA, 114 (n. 7) AQUAE SEXTIAE, (Y. ADCEN-PROVENCE) ARAGONA, 12, 48, 70, 121 (n. 16, 17) ARBOREA, 117 (n. 11) ARcHIDONA, mura, 121 (n. 16) ARELATE, (V. ARLES) AREZZO, 213 ARLES, 111 (n. 5) mura e porte, 9, 10, 118 (n. 12) ARLES (zecca di), moneta, 205 (n. 52) Araues, castello, 40, 43 (fig. 59), 119 (n. 14) Arsur, cittadella e mura, 88, 117 (n. 11), 124 (n. 22) ASCALONA, 86, 88, 89 (fig. 144), 90, 117 (n. 11), 124 (n. 22), 218 mura, 88, 89 (figg. 144, 145), 90, 124 (n. 22), 125 (n. 23), 126 (n. 25) porte, 88, 89 (fig. 145), 90, 124-125 (n. 22), 306 di Gaza, 90, 124 (n. 22) di Gerusalemme, 88, 89, 124 (n. 22) di Giaffa, 90, 124 (n. 22) Mais, 124 (n. 22) 636
del Mare, 124 (n. 22) torre degli Ospitalieri, 124 (n. 22) Ascot, mura, 116 (n. 10) ASKALON, (Y. ASCALONA) AspeNDoS, porta, 114 (n. 8) Assos, fortificazioni, 114 (n. 8), 126 (n. 26) Assug, 117 (n. 11) ASTORGA, mura, 59, 113 (n. 6), 122 (n. 17) Asturie, 12, 122 (n. 17) ATENE, Partenone, 493 (n. 18) AusroNY, mura, 118 (n. 12) AUGUSTOBRICA, (Y. ASTORGA) AUGUSTODUNUM, (v. AUTUN) AUSTRIA, limes, 110 (n. 2) AUTUN, 437 (n. 25) porte, 111 (n. 5) d'Arroux, 111 (n. 5) di Roma, 111 (n. 5) di St. Andoche, 111 (n. 5) St. André, 9, 10, 111 (n. 5) AVESNES, porte, 112 (n. 5) AVIONONE mura, 118 (n. 12) porta St. Lazare, 126 (n. 25) ruderi romani, 112 (n. 5) Avità, 50, 108, 121 (n. 17) mura, 50, 57 (figg. 85, 86), 59, 62, 80, 107, 121 (n. 17), 125 (n. 17, 18) porte, 57 (fig. 86), 59, 62, 107, 121 (n. 17), 123 (n. 17) de l'Alcazar, 59, 60 (fig. 89), 121 (n. 17), 125 (n. 17) Decumana orientalis, 121 (n. 17) del Puente, 61 (fig. 91), 123 (n. 17) santa Teresa, 61 (fig. 90) san Vicente, 12, 58 (fig. 87), 59 (fig. 88), 100, 121 (n. 17), 123 (n. 17) Azot, (v. ARSUF), 117 (n. 11), 124 (n. 22) BanitoNia, 149, 150, 154, 155, 163, 164, 172, 179, 183, 185 (fig. 241), 196, 204-205 (n. 45), 207 (n. 58, 60), 209 (n 70), 217, 505. mura, 149, 150, 156 (figg. 207, 208) porté, 149, 150, 154, 204 (n. 44), 205 (n. 45) di Istar, 150, 152, 153 (fig. 204), 154 (fig. 205), 155 (fig. 206), 156 (figg. 207, 208), 204-205 (n. 45) strada processionale Aiiburdabá, 152 templi, 152, 202 (n. 31), 205 (n. 45) torre di Babele, 154, 203 (n. 36) Baeza, 118 (n. 11), 120 (n. 15) Bagpab, fortificazioni, 115 (n. 9) BALANIA, (v. VANANEA), 117 (n. 11) BALAWÄT, porte di bronzo, 147, 150 (fig. 199), 151 (figg. 200, 201), 152 (figg. 202, 203), 204 (n. 43) Batcawi, 111 (n. 4) Batzi Rossi, 496 (n. 27) BAMBERO, cattedrale, coro, 206 (n. 56) BANIAS-VALENTA (v. VANANEA), 117 (n. 11) BARCELONA, 41, 43, 113 (n. 6), 118 (n. 11), 120 (n. 15) mura, 43, 45, 71, 120 (n. 15)
plaza Nueva, 10, 45 porte, 45, 71 Praetoria, 10, 45, 96, 99 (fig. 164), 100 (figg. 165, 166), 102, 103, 113 (n. 6) Basırza, Spalentor, 194, 210 (n. 74) Bavar, 112 (n. 5) mura, 112 (n. 5) BAYONNE Cháteau Vieux, 119 (n. 14) porte, 112 (n. 5) BrAUCAIRE, mura, 118 (n. 12) Brauronr, castello, 128 (n. 28) BEAUMARIS, 119 (n. 14) BEAUVAIS, 112 (n. 5) BérjA, cinta bizantina, 14 BereNICE, 114 (n. 7) Brnow, (v. BERGAMO), 195 BERGAMO, 195 mura, 18, 116 (n. 10) BenLANGA DE Duero, 122 (n. 17) castello, 82 (fig. 136), 122 (n. 17), 123 (n. 18) mura, 122 (n. 17) porta de Aguilera, 122 (n. 17) BerLino, Staatlische Museum, ricostruzione della porta di Istar, 152, 157 (fig. 209), 205 (n. 45) Benvros, (v. BEYROTI) Besançon, porta Rivotte, 231 (fig. 269) BerLeMME, 117 (n. 11), 167, 168, 172 (fig. 224), 174 dig. 226), 177 (fig. 252), 181 (fig. 237), 185, 208 (n. 66), 209 (n. 72) BevrÜTH, 110 (n. 3), 117 (n. 11), 125 (n. 23, 25), 218, 229 (n. 4) Béziers, 112 (n. 5), 288 (n. 3) Bisio, (v. GipeLLerro), 117 (n. 11), 125 (n. 25) Bitmitis, oppidum c mura, 107, 113 (n. 6) Bisawz10, (v. anche COSTANTINOPOLI, ISTANBUL), 115 (n. 8), 289 (n. 8) Brin, 14 Bizia, porte, 111 (n. 4) BLANCHE GARDE, 128 (n. 28) Boóazxóv, 141, 142, 146, 203 (n. 33, 41), 305, 354 (n. 6) porte, 204 (n. 41) BoLoonA, 438 (n. 26) mura, 211 (n. 75) porta Ravignana, 116 (n. 10) BORDEAUX mura, 111-112 (n. 5), 118 (n. 12) porta de la Grosse-Cloche, 118 (n. 12), 232 (fig. 270) Bosco (castello di), 294 Bosrono, 243, 250, 259 (n. 8), 505 BOULOONE-SURMER, 112 (n. 5) mura, 112 (n. 5), 118 (n. 12) porte, 112 (n. 5), 118 (n. 12) de Calais, 28 (fig. 35), 29 (fig. 36), 112 (n. 5), 118 (n. 12) de Dugrés, 118 (n. 12) des Dunes, 29 (fig. 37), 112 (n. 5), 118 (n. 12) de la Gayolle, 112 (n. 5), 118 (n. 12) BovncEs, mura, 112 (n. 5), 118 (n. 12)
BOUTRIA, mura bizantine, 14 BRAUNFELS, porte, 120 (n. 14) Brescia, 195 mura e porte, 18, 116 (n. 10) BRESSUIRK, castello e mura, 21, 119 (n. 14) BaisroL, mura e porte, 40, 45 (fig. 61), 119-120 (n. 14) BRITANNIA, limes, 110 (n. 2) Ban, (v. BRESCIA), 195 BuLoARIA, 111 (n. 4) Burco DE OswA, 122 (n. 17) porte del Rio, 122 (n. 17) de san Miguel, 122 (n. 17) Burcos, 122 (n. 17) arco di St. Gil, 122 (n. 17) mura, 63, 64 (fig. 95), 122 (n. 17) porte, 63, 122 (n. 17) di san Juan, 122 (n. 17) di santa Maria, 122 (n. 17) di san Martin, 63, 64 (figg. 96, 97), 122 (n. 17) di santo Stefano, 122 (n. 17) BÜYÜKKALE cittadella e porta, 142, 204 (n. 41) fortezza frigia e statua della dea con musicanti, 142, 204 (n. 41) Caceres arco del Cristo, 10, 113 (n. 6) mura, 10, 113 (n. 6) Capice, 70 Caen, mura, 118 (n. 12) CAERNARVON, porte, 120 (n. 14) CAESARAUGUSTA, (V. SARAGOZZA) Carra, 245, 311 cittadella genovese e mura, 243, 246 (fig. 295), 247 (fig. 296), 248 (fig. 297) porta sant'Andrea, 248, 286 CacLIARI, 117 (n. 11) porta dell'Elefante, 116 (n. 10) Caip@as, 117 (n. 11) Carro, 91, 127 (n. 27) Burg Ez-Zefer, 127 (n. 27) cittadella c porta, 91, 94 (fig. 154), 127 (n. 27) fortezza di Babilonia, 14, 91, 114 (n. 7) mura ‘arabe’, 95, 127 (n. 27) porte; 93, 103, 127 (n. 27) Bab al-Futüh, 127 (n. 27) Bab al Nasr, 91, 93, 96 (figg. 157, 158), 127 (n. 27) Bab Zuwayla, 91, 93, 95 (figg. 155, 156), 127 (n. 27) Catass, castello e mura, 118 (n. 12) Catararup, 122 (n. 17) mura, 122 (n. 17) porte di Saragozza, 122 (n. 17) del Terrer (o del Matador), 68 (fig. 107), 122 (n. 17) Causrat mura, 118 (n. 12) porta de Paris, 253 (fig. 271)
637
CamsRIDOE (scuola di), 200 (n. 11) Cappanocıa, 142 CAPUA, porta, 199 (figg. 255, 256), 211 (n. 75) CARCASSONNE, 119 (n. 13) castello comitale e porta, 35 (fig. 47), 37, 39 (figg. 52, 53, 54), 40 (fig. 55), 108, 119 (n. 13) mura, 23, 35 (lig. 46), 36, 37 (fig. 50), 38 (fig. 51), 41, 59, 108, 112 (n. 5), 119 (n. 13), 233, 437 (n. 25) porte, 25, 36, 37, 119 (n. 13), 233, 258 (n. 1) d’Aude, 25, 35 (fig. 47), 119 (n. 13) de Bourg, 25, 36 (fig. 48), 119 (n. 13) Narbonnaise, 4, 25, 36 (fig. 49), 119 (n. 13) Si. Nazaire, 25, 119 (n. 13) CarmoNa, 113(n. 6), 122 (n. 17) porta « llemada de Sevilla », 10, 113 (n. 6) CARNUTUM, 111 (n. 4) CARPENTRAS mura, 118 (n. 12) porta d'Orange, 30 (figg. 58, 59), 118 (n. 12) Casate, 413 CastiotIa, 12, 50, 62, 63, 71, 91, 121-122(n. 17), 123 (n. 18), 240 Garaı. Hóvür, 131, 133, 137 (figg. 180, 181), 202 (n. 27) CATALOGNA, 10, 12, 45, 47 CATANIA, 435 (n. 9) Crcosrovaccnta, limes, 110 (n. 2) Cesara, 117 (n. 11), 125 (n. 23), 218, 229 (n. 4), 309 mura e porte, 81, 88, 125 (n. 25) CHALONS-SUR SAONE, mura, 112 (n. 5) Cuamnérv, castello dei Savoia, 119 (n. 14) ChÀTEAUDUN, castello, 40, 119 (n. 14) CuAreau-GaiLLarn, castello, 40, 119 (n. 14) ChteAU Manoar, 123 (n. 19) Cuâreau PÉLERIN, 123 (n. 19), 128 (n. 28) CheLLA, porta, 127 (n. 27) CuERCHEL, 114 (n. 7) Chiavari, 498 (n. 33) Cio, 249 (figg. 298, 299), 259 (n. 7) mura e porte, 248 Cirenaica, 114 (n. 7), 442 (n. 40) Cirene, 114 (n. 7) Civate, chiesa di san Pietro, affreschi, 209 (n. 69, 70) CLERMONT, 198 mura, 118 (n. 12) CuERMONT (concilio di), 191, 209 (n. 72) Ciro, porte, 114 (n. 8) Coca, mura e porte, 68 (fig. 108), 69 (fig. 109), 122 (n. 17) CocaZempır, zigqurat, 138 CotLioure, castello dei Templari, 119 (n. 14) CoLoNtA, 9, 111 (n. 4), 194 porta Paphia, 111 (n. 4), 120 (n. 14), 130, 201 (n. 16) Como, 117 (n. 11), 209 (n. 69), 214, 228 (n. 2, 3) Conway, porte, 120 (n. 14) Corpes, mura, 22 ConpovA, 43, 115 (n. 6), 120 (n. 16) porte de Izmayer, 120 (n. 16) della Medina, 120 (n. 16) 638
di Siviglia, 12, 120 (n. 16) Conro, 117 (n. 11) Conta porte romane, 12, 113 (n. 6) de san Pedro, 113 (n. 6) Consica, 228 (n. 1) COSTANTINOPOLI, (v. anche Bisanzio, ISTANBUL), 90 (fig. 146), 117 (n. 11), 125 (n. 23), 243, 286, 292, 295, 289 (n. 8 castello delle Sette Torri, 125 (n. 23) mura e porte, 91 (fig. 147), 92 (fig. 148), 125 (n. 23), 289 (n. 8) porta Aurea, 102, 125 (n. 23) CoSTANTINOPOLI (zecca di), monete, 206 (n. 52) Cover castello, 119 (n. 14) mura e porte, 22, 23 (fig. 25), 118(n. 12), 233, 258 (n. 2) porta de Laon, 4, 23 (fig. 26) Course, (v. Corta) CRAC-DES-CHEVALIERS, 36, 97 (figg. 159, 160), 108, 119 (n. 13), 123 (n. 19), 128 (n. 28) Crecv-en-Brie, mura, 118 (n. 12) Crema, 116 (n. 10) Cremona, 116 (n. 10), 195 CRIMEA, 248, 259 (n. 8) CreSIFONTE, 116 (n. 9) CurzoLA (battaglia di), 311, 507 Damasco, 127 (n. 27) porte, 127 (n. 27) DAMIATA, (v. CAIRO), 127 (n. 27) DANZICA (giornate di), 510 Dapnowas, 248 DARA, mura e porte, 14, 114 (n. 8), 126 (n. 26) Daroca, 122 (n. 17) mura, 122 (n. 17) porte Alta, 122 (n. 17) Baja, 69 (figg. 110, 111), 122 (n. 17) Dax, mura, 112 (n. 5) Dea AUGUSTA (v. Die), 111-112 (n. 5) Denis, 117 (n. 11) DERMA, 114 (n. 7) DERTOSA, (v. TORTOSA) Deurz, porta, 9, 111 (n. 4) DIARBEKIR, mura e porte, 14, 114 (n. 8), 126 (n. 26) Dir, 111-112 (n. 5) porta di St. Marcel, 9, 111 (n. 5) Digione, mura e porte, 112 (n. 5), 211 (n. 74) Dinan mura, 118 (n. 12) porta de Brest, 118 (n. 12) Divima, (v. Deurz), 9, 111 (n. 4) Divara, fiume, 140 Dieser Seis, 115 (n. 9) Dome mura, 22, 118 (n. 12)
porta, 24 (figg. 27, 28) DourDaN castello, 119 (n. 14) mura e porte, 233, 258 (n. 2) Durham, porta del castello, 120 (n. 14) DIR SARRUKÍN, (v. KHORSABAD), 140
Esta, porte, 205 (n. 33) Enno, fiume, 45 EDESSA, mura c porte, 14, 81, 114 (n. 8), 126 (n. 26), 206 (n. 56), 229 (n. 3) reso, 163 porte dell'Agorà, 114 (n. 8) sull'Arcadiané, 114 (n. 8) di Mazeo e Mitridate, 102, 114 (n. 8) di san Giovanni (0 della Persécution), 15 (fig. 15), 114 (n. 8), 126 (n. 26) Errso (Chiesa di), 183, 190 (fig. 246), 207 (n. 58) Eorrro, 14, 114 (n. 7), 201 (n. 18, 26), 207 (n. 60) EmsiepzLN (itinerario di), 194 ELAM, 204 (n. 43), 209 (n. 70) Enxi, tempio di Eengurra, 204 (n. 41) ENSERUN, 288 (n. 3) Époisses, castello, 119 (n. 14) Empu, 204 (n. 41) EnrrntA, 442 (n. 40) EstremaDURA, 10, 12 EUFRATE, fiume, 149 Evreux, 112 (n. 5) FAMAGOSTA, 311 Fano, arco di Augusto, 7, 102 Fenis, castello, 435 (n. 22) FERENTINO, 299 (n. 10) FERRARA, cattedrale, 354 (n. 4) FILADELFIA, mura € porte, 114 (n. 8), 163 FILADELFIA (Chiesa di), 163, 207 (n. 58, 59) Firenze, 433 (n. 9), 445 cattedrale, 354 (n. 4) mura, 116 (n. 10) piano regolatore, 495 (n. 16) porte, 116 (n. 10) sen Frediano, 18, 100 Forx, castello e torri, 119 (n. 14) Forum Jut, (v. Fréjus) Fos, 117 (n. 11) Fovobnzs, castello e mura, 118 (n. 12), 119 (n. 14) FRANCIA, 19, 21, 40, 41, 59, 80, 100, 111-112 (n. 5), 258 (n. 1), 288 (n. 3), 437 (n. 25) Fréjus, 19, 111 (n. 5), 117 (n. 11) mura, 118 (n. 8, 12) porte, 9, 10, 19, 102, 111 (n. 5) de l'Agadron, 111 (n. 5) Dorée, 111 (n. 5) des Gaules, 111 (n. 5) de Rome, 111 (n. 5) FULDA, chiese e porte, 162, 206 (n. 56)
Gagata, (v. GIBELLO), 117 (n. 11) GALATA, 243, 354 (n. 4) palazzo del Comune, 246 (fig. 294) porte delle mura genovesi, 245 (fig. 293), 303 torre del Cristo, 244 (fig. 292) GauLEA, 125 (n. 25) Gates, 120 (n. 14) GALLIA, 9, 95, 102, 110 (n. 1), 111-112 (n. 5), 281 Gasr Marrisi, forte, 114 (n. 7) Gaza, 124 (n. 22) Geneva, (v. GiBELLETTO), 117 (n. 11), 125 (n. 25) Gene, (v. GisetLO), 117 (n. 11) Genova Accademia Ligustica di Belle Arti, 436 (n. 22), 442 (n. 40) Acquedotti, di sant’Andrea, 264, 266 (n. 9), 434 (n. 10) di val di Noci, 494 (n. 18) Archidiocesi, 286, 289 (n. 9) Archivio di Stato, 243 Arcivescovato, 352 Arco della Vittoria, 456, 493 (n. 18) Area, dell'Acquasola, 433 (n. 7), 499 (n. 35) di Albaro, 262, 361, 427 (fig. 471), 428 (figg. 472473), 424, 429 (fig. 474), 442 (n. 39), 456, 490 (n. 6), 493 (n. 18), 496 (n. 25) di Belvedere, 361 di Bernardino, 456 di Brignole, 344 di Capodifaro, 308, 329, 332 di Carignano, 314, 329, 356 (n. 23), 377, 433 (n. 8), 456 di Castello, 263 Chiavica, 262 Circonvallazione a Monte, 469 del Colle, 355 Foce, 455, 479 del Molo, 273, 352 Maccagnana, 265 di Piccapietra, 264, 438 (n. 27), 455, 456, 492 (n. 16) Piccapietra (piano regolatore), 445, 489 (n. 2), 499 (n. 36) di Ponticello, 265, 352, 386, 458 (n. 27), 455, 464, 467 (fig. 506), 500 (n. 37) di Portoria, 352, 472, 502 (n. 51) di Principe, 374 del Prione, 3, 261, 438 (n. 27) di Ravecca, 265, 264, 355, 438 (n. 27) di Rivotorbido, 262, 263, 264, 265 di sant'Ambrogio, 283 di sant'Andrea, 344, 346, 352, 353, 357 (n. 34), 361, 377, 587, 404, 440 (n. 38), 451 di san Lorenzo, 263, 283 di san Pietro, 265, 283 di san Silvestro, 288 (n. 2) di santo Stefano, 262, 265, 266 (n. 5) di san Vincenzo, 455, 456, 499 (n. 35) san Vincenzo (piano regolatore), 445, 489 (n. 2), 499 (n. 36) 639
di Sarzano, 308 di Sottoripa, 296, 386, 587 (fig. 405), 438 (n. 27) di Staglieno, 494 (n. 18), 496 (n. 25) del Vagno, 428 (fig. 475) Baluardi, Montegalletto, 371 i san Giorgio, 371, 509 di san Michele, 371, 509 Banca d'Italia, 439 (n. 35), 440 (n. 38), 442 (n. 42), 443 (n. 45) Batterie, san Giuliano, 361, 371 san Nazaro, 361 Bisagno, 3, 361, 458 (n. 30), 442 (n. 40), 455, 456, 493, 494 (n. 18), 498 (n. 33) Bisagno (Fronti basse), 328 (fig. 341), 361 Bisagno (valle del), 413, 433 (n. 9), 491 (n. 13) Borghi Cittadini, Lanajoli, 492 (n. 14), 495 (n. 21) de” Lanieri, 352 del Molo Vecchio, 297 Sacherio, 261, 435 (n. 17) di sant’Agnese, 314 di sant Andrea, 505 di santo Stefano, 314 di san Tommaso, 314 Briglia, 316, 317, 318 (fig. 330), 356 (n. 22), 507, 508 Brolio, 263, 283 Burgus, 296, 506 Canneto Vecchio, 285 Cannoni di sant'Andrea, 264 Carceri di sant'Andrea, 5, 425 (fig. 467) Case, di Colombo (v. Colombo Cristoforo, casa di) dei Gesuiti, 352 del Mutilato, 498 (n. 33) di san Giorgio, 329, 352 di Simone Boccanegra, 500 (n. 37) Castelletto, 298 (n. 8), 314, 316 (fig. 328), 317 (fig. 329), 318, 356 (n. 21), 370, 371, 373, 374 (fig. 392), 452 (n. 4), 507, 509 Castel De Albertis, 371 Mac Kenzie, 334 (fig. 353), 386, 387 san Giorgio, 305 Castrum, 282, 285, 286, 296, 316, 506 Cattedrale di san Lorenzo, 201 (n. 17), 271, 286, 287, 311, 312 (fig. 327), 346, 352, 463, 494 (n. 18), 502 (n. 48) Cattedrale di san Lorenzo (sacro catino di smeraldo), 125 (n. 23) Cattedrale di san Lorenzo (statua della Madonna), 343 (fig. 368) Chiese, sant'Agostino, 425, 489 (n. 3), 494 (n. 18), 500 (n. 37) sant'Ambrogio, 228 (n. 3), 352 Annunziata del Vastato, 502 (n. 50) sen Bernardo, 314, 352 san Camillo, 499 (n. 36) 640
santa Caterina, 514 ss. Cosma e Damiano, 352 santa Croce di Sarzano, 258 (n. 3) san Donato,.219, 264, 502 (n. 50) san Francesco, 314 san Giorgio dei Teatini, 352 san Giovanni di Pre, 386, 388 (fig. 406), 438 (n. 27) san Marco, 297 santa María di Castello, 214, 219, 220, 351 (fig. 575), 353, 358 (n. 37), 396 santa Maria dei Servi, 496 (n. 26), 497 (n. 27), 502 (n. 5n santa Maria in Via Lata, 502 (n. 51) santa Maria delle Vigne, 353 san Pancrazio, 352, 502 (n. 51) san Pietro alla Foce, 502 (n. 51) san Pietro della Porta a Banchi, 352, 502 (n. 50) san Salvatore, 502 (n. 50, 51) san Silvestro, 502 (n. 50) san Siro, 308, 352, 386, 396 (fig. 417), 502 (n. 50) santo Stefano, 214, 281, 284, 285, 356 (n. 19), 386, 392 (fig. 412), 395 (fig. 413), 394 (fig. 414), 396, 438 (n. 27), 502 (n. 50, 51) san Tommaso, 220, 228 (n. 1), 281, 353 Chiostri, di sant'Andrea, 386, 391 (fig. 411), 445, 448 (fig. 481), 449 (fig. 482), 450 (fig. 483), 451 (fig. 484), 440 (n. 37), 455, 456, 468, 490 (n. 8), 491 (n. 9), 492 (n. 16), 494 (n. 19), 510 di sen Lorenzo, 283, 284 (fig. 321), 288 (n. 1) di san Matteo, 463, 496 (n. 25) tà, passim Cimitero di sant'Andrea, 267 (n. 9) Circolo Artistico Tunnel, 442 (n. 40) Civitas, 261, 296, 316, 506 Colle, di sant’Andrea, 358 (n. 38), 377, 405, 433 (n. 8), 435 (n. 17), 440 (n. 38) di sen Benigno, 502 (n. 50) di Sarzano, 376. Collegio di san Giorgio de’ Teatini, 352 Compagne, 261 (fig. 312), 262 (fig. 313), 289 (n. 10) Contrade, della Porta, 261 di Portanuova (v. contrada della Porta) di sant’Ambrogio, 261 di sant’Andrea, 261, 262, 263, 264, 265 di Sarzano, 261, 263 Comune, passim Corso, Mentana, 496 (n. 26) Podestà, 496 (n. 26) Diocesi, 286 Dogana, 352 Foro Littori » 446 (fig. 479), 447 (fig. 480) Forti, Begato, 361, 367 (fig. 384) del Castellaccio, 361, 366 (fig. 382) Diamante, 361, 363, 368 (fig. 385), 370, 432 (n. 2)
dei Due Fratelli, 361, 370 Puin, 370, 371 (fig. 389) 370, 371, 372 (fig. 390) 371, 373 (fig. 391) Richelieu, 363, 369 (fig. 387), 370, 432 (n. 2) san Martino, 370 santa Tecla, 365, 369 (fig. 386), 371, 432 (n. 2) Sperone, 305, 361, 367 (fig. 383) Forüficazioni, passim Gallerie, Cristoforo Colombo, 466, 494 (n. 19), 495 (n. 21) delle Grazie, 502 (n. 48) Maz ini, 356 (n. 16) Vittorio Emanuele III, 445, 492 (n. 14) Grattaci
Invernizzi, 451, 463, 475, 475 (fig. 514), 476 (fig. 515), 477 (fig. 516), 482 (fig. 526), 485 (fig. 527), 500 (n. 37), 510 Lavarello, 469, 496 (n. 26), 500 (n. 41) Istituti, Nazionale delle Assicurazioni, 456, 494 (n. 19) R. Istituto Sordo Muti, 379 per la Storia di Genova, 468, 480, 501 (n. 48) Lanterna, 228 (n. 1), 266 (n. 6), 316, 318, 319 (fig. 331), 329, 532, 356 (n. 22), 375, 374, 471, 508 Liceo D'Oria, 327 Logge, di Banchi, 352 sant'Andrea, 267 (n. 10) Macelli, di sant'Andrea, 266 (n. 9) di Soziglia, 264 Magazzini di Portofranco, 330, 352, 508 Mattatoi di Malapaga, 297 Mercato di san Giorgio, 285 Molo Giano, 462 Monasteri, sant'Andrea, 265, 264, 266 (n. 3, 8), 267 (n. 11), 285, 295, 516, 544, 352, 358 (n. 38), 425, 440 (n. 37), 491 (n. 9) san Defendente, 264, 267 (n. 10) santa Maria in Passione, 352 santa Sabina, 285 santo Stefano, 261, 267 (n. 11), 514 Monte Peralto, 330 Musei, palazzo Bianco, 402 (fig. 427), 489 (n. 3) civico di Architettura e Scultura Ligure di sant’Agost no, 356 (n. 16) Mura, passim Oppidum, 281, 282, 283, 288 (n. 1) Oratorio di santa Marta, 499 (n. 36) Ospedali, di Pammatone, 352, 496 (n. 25), 499 (n. 36) di santo Stefano, 262 Palazzi dell'Accademia, 456, 493 (n. 16), 502 (n. 50) Arcivescovile, 294 Bianco, 356 (n. 16), 392, 434 (n. 11), 438, 439 (n. 30), 489 (n. 3), 502 (n. 50)
Biscione, 493 (n. 16) Boccanegra, 438 (n. 27) Brignole Sale (v. palazzo Rosso) del Comune, 313 Doria Spinola, 272 Ducale, 283, 352, 495, 494 (n. 18), 496 (n. 25), 502 (n 48) Episcopale, 313 delle Esposizioni, 467, 499 (n. 35) Rosso, 433 (n. 7), 434 (n. 11), 442 (n. 40), 492 (n. 25), 496 (n. 27), 499 (n. 34, 37), 500 (n. 37), 502 (n. 50) san Giorgio, 296, 298 (n. 11), 305, 318, 352, 354 (n. 4); 502 (n. 50) Tursi, 334, 459 (n. 30), 497 (n. 28), 498 (n. 34), 502 (n. 50, 51) Piazze, Banchi, 352, 357 (n. 36) Campetto, 357 (n. 36) Carignano, 433 (n. 8), 492 (n. 16) Cipro, 455 Colombo, 468 Dante, 442 (n. 43), 456, 464, 466, 468, 472, 479, 492, 495 (n. 16), 494 (n. 19, 20), 496 (n. 26, 27), 497 (n. 27), 499 (n. 35, 36), 500 (n. 58), 501 (n. 44) De Ferrari, 438 (n. 27), 465 Nuova, 352, 433 (n. 8) Palermo, 496 (n. 25) Piazzalunga di san Donato, 262 di Ponticello, 397 (fig. 419), 453 (n. 8), 495 (n. 25, 26) san Bernardino, 433 (n. 7), 490 (n. 5) Rossetti, 493 (n. 16) di Sarzano, 352 Umberto 1, 499 (n. 36) Verdi, 455 della Vittoria, 455, 490 (n. 5), 498 (n. 33) Polcevera (valle), 361, 439 (n. 30) Ponti, di Carignano, 380 (fig. 399) Monumentale, 327, 456 Porte urbane, 213, 215, 231, 266 (n. 4) dell'Acquasola, 314, 320, 356 (n. 20), 357 (n. 24) degli Angeli, 330 (fig. 344), 331 (fig. 345), 332, 357 (n. 50) d'Archi, (v. porta di santo Stefano) Aurea, 116 (n. 10), 258 (n. 1), 262, 456, 457 (fig. 492), 458 (fig. 495) di Carbonara, 356 (n. 20), 314 Castri, 262, 284, 288 (n. 7) Fontane Marose, 314, 356 (n. 20) Lanterna, 328, 332, 333, 334, 335 (fig. 355), 336 (fig. 356, 357), 337 (fig. 358), 338 (figg. 359, 360), 339, 340, 342, 357 (n. 31), 361, 363, 373, 432 (n. 2, 5), 462, 508, 509 del Molo, 321 (fig. 333), 322 (fig. 334), 323, 334, 357 (n. 24, 25), 467, 499 (n. 34), 500 (n. 37), 508, 510, dell'Olivella, 314, 356 (n. 19, 20) di Pietraminuta, 314, 356 (n. 20) Pila, 313, 328, 334, 339 (figg. 361, 362), 340, 341 (fig. 365), 542, 344, 357 (n. 32), 370, 374, 387, 432 (n. 2), 438 (n. 27), 502 (n. 51), 508, 509 641
Romana, 329 (fig. 342), 330 (fig. 343), 332, 340, 357 (n. 30), 374, 432 (n. 5) di san Bartolomeo, 332 (fig. 350), 333 (figg. 351, 352), 334 (fig. 354), 357 (n. 30), 387, 438 (n. 27) di san Bernardino, 331 (fig. 348), 332 (fig. 349), 357 (n. 30) di santa Fede (v. porta dei Vacca) di san Germano, 324 di san Michele, 314, 356 (n. 20) di san Pietro, 262, 285 di san Simone, 357 (n. 30) di santo Stefano, 258 (n. 1), 314, 325 (figg. 335, 336), 324 (fig. 337), 325 (fig. 338), 326 (fig. 339), 328, 334, 340, 356 (n. 19), 357 (n. 24, 25), 373, 432 (n. 5), 508, 509 di san Tommaso, 314, 356 (n. 20), 357 (n. 24), 361 di Serravalle, 284, 285 Siberia (v. porta del Molo) Soprana di sant'Andrea, passim. Superana (v. porta Soprana di sant'Andrea) di Vallechiara, 314, 356 (n. 20) dei Vacca, 3, 215, 220, 226 (fig. 268), 258 (n. 1), 264, 285, 294, 298 (n. 8), 435 (n. 17), 436 (n. 23), 504 Portello di Granarolo, 331 (figg. 346, 347), 332, 357 (n. 30) Quartiere (v. area) Salita Ripalta, 456 Santuario della Madonna del Monte, 361 Santuario di Nostra Signora della Guardia, 502 (n. 50) Sacro Volto, 206 (n. 56) Repubblica, passim Seminario Arcivescovile, 352, 463, 494 (n. 19), 496 (n. 26) Società culturali, di Letture e Conversazioni Scientifiche, 453 (n. 7) Ligure di Storia Patria, 433 (n. 7) Patria delle Arti c Manifatture, 433 (n. 7) Promotrice di Belle Arti, 442 (n. 40) di Scienze e Lettere, 499 (n. 37) per la Storia del Risorgimento, 453 (n. 7) Stazioni, Brignole, 502 (n. 51) Marittima, 480 Principe, 500 (n. 37) Strada Nuova, 352 Strada della Porta o dei Notari, 265 Strada (v. via) Teatri, Carlo Felice, 442 (n. 40), 490 (n. 5), 495 (n. 16), 496 (n. 27), 500 (n. 37), 502 (n. 51) Mergherita, 502 (n. 50) Paganini, 502 (n. 50) Politeama Genovese, 463, 502 (n. 50) Torri, di Castelletto, 295 degli Embriaci, 263, 266 (n. 8) dei Fieschi (v. torre degli Embriaci) di Luccoli, 295 642
di san Nazaro, 428 (fig. 473), 429 (fig. 474) ia (v. anche area) Vie, Balbi, 496 (n. 27) Banderali, 327, 374, 375 (fig. 393), 509 Borgo Lanaioli, 456 Cantore, 502 (n. 50) Carlo Felice, 445, 490 (n. 5) Carducci, 479 Ceccardi Roccatagliata, 479, 501 (n. 44) del Colle, 386, 397 (fig. 420), 405, 445, 490 (n. 6), 491 (n. 10), 495 (n. 21, 22), 502 (n. 51) D’Annunzio, 468 Dante, 455, 456, 462 (fig. 500), 466 (fig. 505), 468 (fig. 507), 469 (fig. 508), 470 (tig. 509), 471 (fig. 510), 473 (fig. 512), 490 (n. 6), 495 (n. 16, 18), 494 (n. 19), 495 (n. 21), 498 (n. 32), 502 (n. 48) Domenico Chiodo, 490 (n. 5) Fieschi, 377, 379 (fig. 398), 386, 455 (n. 8), 456, 468, 494 (n. 20), 496 (n. 26), 498 (n. 32), 499 (n. 35) Giulia, 378 (fig. 396), 379 (fig. 397), 395 (ig. 415) Lomellini, 494 (n. 20), 496 (n. 96) Madre di Dio, 455, 492 (n. 14) Maragliano, 455 Montesano, 344, 502 (n. 51) del Morcento, 386, 397 (fig. 420) Piave, 496 (n. 25) Ponte degli Archi, 494 (n. 19) Ponticello, 438 (n. 29) del Prione, 386 Ravecca, 386, 404, 405, 413, 440 (n. 38) Roma, 502 (n. 51) san Lorenzo, 499 (n. 36) santa Maria in via Lata, 433 (n. 8), 496 (n. 26) Serra, 480. dei Servi, 468 Tolemaide, 455 Tommaso Reggio, 284 XX Settembre, 386, 395 (fig. 416), 455, 496 (n. 26), 501 (n. 44), 502 (n. 51) Vico, Berettieri, 456 Carobio diritto (v. vico diritto di Ponticello) diritto di Ponticello, 3, 388, 389 (Fig. 409), 404, 440 (n. 38), 443 (n. 43), 456, 464 (fig. 503), 490 (n. 7) diritto di sant’Andrea, 352 Morcento, 456 de” Notai, 352 nuovo di Ponticello, 456 dei Servi, 468 Ville Bombrini, 502 (n. 50) Serra, 499 (n. 35) Zona (v. area) Genova-Apparizione, 491 (n. 13) Genova-Bavari, 491 (n. 13) Genova-Bolzaneto, 491 (n. 13) Genova-Borzoli, 491 (n. 13)
Genova-Cornigliano, 491 (n. 13) Genova-Coronata, 361 Genova-Molassana, 288 (n. 2), 491 (n. 13) Genova-Nervi, 491 (n. 13) galleria d'arte moderna di villa Serra, 351 (fig. 374), 358 (n. 37), 466, 498 (n. 32) parco Gropallo, 445, 494 (n. 18) parco di Villa Serra, 445 Genova-Pegli, 491 (n. 13) Museo Navale, 346, 347, 348 (fig. 371), 349 (fig. 372), 357 (n. 37), 399 (figg. 422-425), 459 (n. 30) Genova-Pontedecimo, 491 (n. 13) Genova-Prà, 491 (n. 13) Genova-Quarto dei Mille, 463, 491 (n. 13), 496 (n. 25), 498 (n. 32) monumento, 427, 431 (fig. 478), 443 (n. 45), 509 Genova-Quinto al Mare, 491 (n. 13) Genova-Rivarolo, 491 (n. 13) Genova-Sampierdarena, 361, 491 (n. 13), 502 (n. 50) Genovas. Ilario, 491 (n. 13) Genova - S. Quirico, 491 (n. 13) Genova-Sestri Ponente, 491 (n. 13) Genova-Struppa, 491 (n. 13) Genova-Voltri, 491 (n. 13) Genua, (v. GENOVA), 306 Geneza, porte, 203 (n. 33) Gerico, 132, 133, 167, 202 (n. 26) mura e porte, 132 (fig. 173) GermanıA, 110 (n. 1), 293 limes, 110 (n. 2, 111 (n. 4) Gerona mura romane, 12, 113 (n. 6) porte Rufina, 120 (n. 15) de san Cristobal, 120 (n. 15) de Sobre Porte, 47, 48, 49 (fig. 71), 50 (fig. 72), 100, 120 (n. 15) GeRUSALEMME, 90, 92 (fig. 149), 108, 117 (n. 11), 124 (n.21), 125 (n. 24), 126 (n. 25), 127-128 (n. 28), 132, 154, 163, 164, 166, 167, 191, 193, 194, 198, 205 (n. 45), 207 (n. 58, 59, 60), 208 (n. 66, 68), 209 (n. 72), 210 (n. 75), 218, 229 (n. 4), 298 (n. 2), 306, 504 chiesa di san Giovanni, 125 (n. 24) moschea di al-Aksa, 125 (n. 24) mura, 81, 91, 125 (n. 24) porte, 91, 125 (n. 24) di Damasco, 125 (n. 24) della Resurrezione, 125 (n. 24) del tempio, 204 (n. 44) della Tribù, 125 (n. 24) santo Sepolcro, 191, 504, 507 lapide, 85 tempio, 291, 489 (n. 3) torre di David, 125 (n. 24), 218 GERUSALENME CELESTE o NUOVA, 164, 165, 166, 167, 168, 171 (fig. 225), 172, 173 (fig. 225), 177 (fig. 231), 179 (fig. 235), 180 (fig. 236), 185, 187 (fig. 243), 188 (fig. 244), 189 (fig. 245), 191, (fig. 247), 195, 196, 207 (n. 57, 59, 60, 61), 208 (n. 64, 65), 209 (n. 68), 305
Gezen, porte, 133, 202 (n. 26) GIAFFA, 117 (n. 11), 124 (n. 21), 125-126 (n. 25), 218 mura, 125-126 (n. 25) Greettetto, 93 (fig. 150), 117 (n. 11), 123 (n. 19), 125-126 (n. 25) mura e porte, 125 (n. 19), 125-126 (n. 25) Gisettino, (v. GisetLETTO), 117 (n. 11) mBELLO, 117 (n. 11), 126 (n. 25), 309 castello e mura, 126 (n. 25) GronpANIA, 15, 80 Gisors, mura, 118 (n. 12) Graxum, 112 (n. 5) GRANADA, 120 (n. 16) alcazaba, 121 (n. 16) Alhambra, 116 (n. 9), 121 (n. 16) barrio giudeo, 120 (n. 16) mura, 120-121 (n. 16) porte, 120-121 (n. 16) di Elvira, 121 (n. 16) di Hernan Roman, 121 (n. 16) detta « Madrigal de las alias torres », 121 (n. 16) Monaite, 121 (n. 16) Nueva, 121 (n. 16) de los Siete Suelos, 121 (n. 16) GRANADA (regione di), 48, 80 Grecia, 204 (n. 43), 209 (n. 70) GRENOBLE, mura, 118 (n. 12) GuBart, (v. GIBELLETTO), 117 (n. 11), 125 (n. 25) Hacızan, 134, 202 (n. 28) HARLECH, 120 (n. 14) HaTTusA, 141, 142 (fig. 187), 146, 203-204 (n. 41) mura, 141, 143 (figg. 188, 189) porte, 141, 143 (fig. 188), 205 (n. 33) dei leoni, 142, 144 (figg. 190, 191), 204 (n. 41) cosiddetta del Re, 142, 145 (figg. 192, 193), 146 (fig. 194), 204 (n. 41) delle sfingi o Yerkapi, 142, 204 (n. 41) tempio, 205 (n. 41) Hazor, porte, 133 (fig. 174) HiERAPOLIS, porta, 101 (fig. 167), 102, 114 (n. 8) Huesca, mura, 70 (fig. 112), 122 (n. 17) Hyfars, castello e mure, 117 (n. 11), 119 (n. 14) JANUA, (v. anche GENOVA), 296, 306, 307, 308, 309, 310, 313, 320, 334, 353, 355 (n. 12, 14), 456, 471, 492 (n. 16), 507, 508 Ingria, 59, 71, 95, 102, 107 InDika, (v. AMPURIAS), 113 (n. 6) INGHILTERRA, 21, 120 (n. 14) INTeLVI, (v. anche Antelami Magistri, 219, 504 Jorre, (v. Giarra), 117 (n. 11), 218 IRAN, 134 IRAQ, 140 ISLAM (territorio dell), 15, 16, 17, 19, 93, 102, 103, 107 Ismazte, 80, 81, 85, 125 (n. 23, 24), 165, 202 (n. 26) Issoone, castello, 435 (n. 22) ISTANBUL, (v. anche BISANZIO, COSTANTINOPOLI) museo archeologico, lapidi, 243 643
torre di Galata, 424, 442 (n. 42) n città e porte, 140, 205 (n. 38) tempio di IBtar, 203 (n. 38) Tratta, 18, 95, 102, 110 (n. 1), 112 (n. 5), 116 (n. 10), 120(n. 15), 130, 228 (n. 1), 266 (n. 5), 498 (n. 33) JANUA, (v. anche IANUA, GENOVA), 459 (figg. 494, 495) Jope, (v. Giarra), 117 (n. 11), 218 Jucostavia, limes, 110 (n. 2)
Kaırovan, 115 (n. 9) Konxzwi, 152 (fig. 203) KARNAK tempio di Amon, 202 (n. 26) geroglifico, 136 (fig. 179), 202 (n. 26) KeRAK, castello, 128 (n. 28) Knorsanan, 205 (n. 39) mura e porte, 140 (fig. 184), 141 (fig. 185), 149, 205 (n. 39) palazzo reale, 140. rilievi di Sargon II, 147, 204 (n. 43) tempio, portale, 141 (fig. 186) KisuestN, 204 (n. 43) Koxct-ZAL, porta, 115 (n. 9) Konya, 134, 202 (n. 27) Küra, 115 (n. 9) La Ferré Mion, mura, 118 (n. 12) Lakis, porte, 202 (n. 26) LAMBESE, accampamento e porte, 14, 114 (n. 7) LANORES mura, 112 (n. 5), 118 (n. 12) porte, 9, 112 (n. 5) Longe-Porte, 112 (n. 5) du Marché, 112 (n. 5) des Moulins, 112 (n. 5), 118 (n. 12) LaobicE, 117 (n. 11), 123 (n. 19) arco € mure, 14, 81, 91, 114 (n. 8), 126 (n. 26) LaopiceA (Chiesa di), 163, 207 (n. 58) LAON, 437 (n. 25) mura, 118 (n. 12), 123 (n. 19) porte d'Ardon, 118 (n. 12), 235 (fig. 277), 258 (n. 1) de Chenizelles, 234 (figg. 274, 275, 276) de Soissons, 233 (figg. 272, 273), 258 (n. 1) LA ROCHELLE mura, 118 (n. 12) porta de la Grosse Horloge, 118 (n. 12) La Spezia, 116 (n. 10) Lavaona, chiesa di san Salvatore dei Fieschi, 396 Lazio, 355 (n. 12) Le Mans chiese, 206 (n. 56) mura e porte, 112 (n. 5), 162 Lróv, mura e porte, 12, 47, 59, 65, 65 (fig. 98), 113 (n. 6), 121422 (n. 17) Leôn (regno e regione di), 12, 63, 64, 122 (n. 17) 644
Lerici, 354 (n. 4) castello, 303 Lerma, mura e porte, 70 (fig. 113), 71 (fig. 114), 91, 122 (n. 17) Les Baux, castello, 119 (n. 14) Lezsta, 117 (n. 11) Ligano, 80, 125 (n. 25) Lists, 14, 114 (n. 7) Licia, 102 Liguria, 9, 108, 116 (n. 10), 490 (n. 5) LILLEBONNE, castello, 119 (n. 14) Limoces, mura, 118 (n. 12) Linpos, 126 (n. 26) Lincuaboca, 21, 108, 505 Lione (zecca di), moneta, 205 (n. 52) Lipsia (battaglia di), 370 Lane, castello, 70, 71, 75 (figg. 122, 123), 76 (figg. 124, 125), 77 (fig. 126), 98, 108, 125 (n. 18) Lopi mura, 18, 116 (n. 10) porte Cremonese, 116 (n. 10) Milano, 116 (n. 10) torre di san Giovanni (v. porta Milano), 116 (n. 10) LomBARDIA, 17, 18, 293, 309 Lonpra British Museum porte bronze di Balaw?at, 204 (n. 43) rilievo di Assurbanipal, 147 torre di Londra (Inner Gate), 40, 45 (fig. 62), 120 (n. 14) Lusecca, Holstentir, 120 (n. 14) Lucca, 118 (n. 11), 241, 258 (n. 3), 357 (n. 26) mura, 116 (n. 10), 240, 258 (n. 3) porte. «di sen Giorgio », 18, 239 (fig. 286), 240 (fig. 287), 241, 257, 258 (n. 5) dei santi Gervasio e Protasio, (v. porta « di san Giorgio») Lucus AUGUST, (v. Luco) Lucano (guerra di), 214, 228 (n. 3) Luco, 107, 121-122 (n. 17) mura, 12, 72 (fig. 116), 113 (n. 6), 122 (n. 17) porte, 113 (n. 6), 122 (n. 17) del Carmen, 72 (fig. 115), 115 (n. 6) Mina, 122 (n. 17) Nueva, 122 (n. 17) di san Pedro, 122 (n. 17) Luni, 282 Mapama (planimetria di), 125 (n. 24), 209 (n. 72) Mapnip, Escorial, 9 Mocnnes, 115 (n. 9) MAGONZA, 111 (n. 4) Maconza (medaglia di), 159 (fig. 210 b), 160, 206 (n. 55) Moitints, (v. AL-MANDIYA), 127 (n. 27) Matrés, mura e porte, 14, 114 (n. 8), 126 (n. 26) MALAGA alcazaba, 51 (fig. 75), 52 (ig. 76), 121 (n. 16)
mura, 120-121 (n. 16) porte de Fontanella, 121 (n. 16) del Mar, 121 (n. 16) MALNISTRA, 117 (n. 11) MANDAKTO, 204 (n. 43) MANTINEA, porte, 9 Mantova, 116 (n. 10), 357 (n. 26) Marackia, 117 (n. 11) MARACLEA, (v. MARACHIA), 117 (n. 11) Mannunco (scuola di), 200 (n. 11) MarceLUISE, 501 (n. 43) MARGAT, cestello, 128 (n. 28) Marocco, 91, 114 (n. 7), 127 (n. 27), 128 (n. 28) MARRAKECH, 127 (n. 27) Monstcua, 19, 112 (n. 5), 117 (n. 11) mura e porte, 21, 118 (n. 12) Meia, 204 (n. 45), 209 (n. 70) MepinaceLi, 122 (n. 17) castello, 122 (n. 17) mura e porte, 75 (fig. 117), 113 (n. 6), 122 (n. 17) MEDIOLANUM, (Y. MiLANO), 195 Mrcipbo, 202 (n. 26) mura e porte, 135, 134 (fig. 175), 135 (fig. 176), 202 (n. 26), 205 (n. 33) Menpıa (battaglia di), 115 (n. 9), 287 MeLORIA (battaglia della), 311, 507 MenAKIER, (v. MARACHIA), 117 (n. 11) MéniDA, 113 (n. 6) alcazaba, 113 (n. 6) porte, 116 (n. 9) El Cimbron, 12 Mesia limes, 110 (n. 2) porte, 111 (n. 4) MesoPOTAMIA, 147, 149, 154, 201 (n. 19), 202 (n. 29), 205 (n. 40) Messina, 116 (n. 10) Merz mura, 112 (n. 5), 118 (n. 12) porte. degli Allemands, 118 (n. 12) Lavandière, 112 (n. 5) Meridiana, 112 (n. 5) Moselle, 112 (n. 5) Serpenoise o Scarponensis, 112 (n. 5) Miano, 116 (n. 10), 117 (n. 11), 162, 194, 195, 198, 206 (n. 56), 211 (n. 75), 270, 289 (n. 8), 292, 304, 306, 307, 345, 355 (n. 9), 421, 424, 442 (n. 39), 492 (n. 14), 495 (n. 16), 495 (n. 24), 504. basiliche ambrosiane, 162, 206 (n. 56) di sent'Ambrogio, sarcofago, 163 (fig. 212), 164 (fig. 213), 167, 206 (n. 56) castello Sforzesco, 499 (n. 35) chiesa di san Lorenzo, 495 (n. 24) mura e lapide, 162, 194, 196 (fig. 251), 211 (n. 75) piazza del Duomo, 433 (n. 9) porte, 18, 162, 211 (n. 75)
Romana, 130, 194, 195 (fig. 250), 197 (figg. 252, 253), 198 (fig. 254), 307 Miro, porta dell’Agorä, 102 Minorca, 118 (n. 11), 120 (n. 15) Mira, 286 MrmitenE, castrum dei Gattalusio, 259 (n. 7) MODENA, 116 (n. 10) duomo, 354 (n. 4) Monsetice D'ESTE, porta, 116 (n. 10) Mowrancıs, castello, 40, 119 (n. 14) MONTLUÇON, mura, 118 (n. 12) MowrpeLuien, 21, 117 (n. 11) MonTR£aL, castello e mura, 125 (n. 19), 128 (n. 28) MownÉson, mura e palazzetto, 119 (n. 14) MONT-SAINT-MICHEL mura, 119 (n. 14) porta de Avancée, 119 (n. 14) Monza, 298 (n. 7) Mosca (battaglia di), 370 MSATTÀ, palazzo, 16, 115 (n. 9) Nancy, porta de la Craffe, 235 (fig. 278) NANTES, castello, 119 (n. 14) NapoLi, 213, 435 (n. 9) piano regolatore, 495 (n. 16) NARBONNE, 21, 112 (n. 5), 117 (n. 11), 288 (n. 2, 3) mura, 118 (n. 12) NEAPOLIS, (v. ANPURIAS), 113 (n. 6) Nemausus, (v. Nimes), 112 (n. 5) Nero (marc), 442 (n. 40), 505 New Casrız, Black Gate, 120 (n. 14) Nicea mura, 14, 94 (fig. 153), 114 (n. 8), 126 (n. 26) porte, 14, 114 (n. 8), 126 (n. 26) di Lefke, 114 (n. 8) Nicorouis, porte, 111 (n. 4) NEBLA alcazaba e castello, 121 (n. 16) mura, 48, 50 (figg. 73, 74), 107, 115 (n. 6), 121 (n. 16) porte, 48, 121 (n. 16) del Ague, 121 (n. 16) del Buey Vian, 121 (n. 16) del Embarcadero, 121 (n. 16) de Sevilla, 121 (n. 16) del Socorro, 121 (n. 16) Nino (fiume), 14, 91 Nives, 112 (n. 5), 118 (n. 12) porte d'Auguste, 9, 10 (figg. 5, 6), 112 (n. 5) de France, 10 (fig. 7), 11 (fig. 8), 112 (n. 5) NiRuD, palazzo, porte bronzee (v. anche BALAWAT), 147, 151 (fig. 200) Nivacat (arte di), 140 Niniv, 140, 150 (fig. 199), 205 (n. 39) muta e porte, 203 (n. 33) rilievo di Assurbanipal, 147, 204 (n. 43) Niort, donjon, 119 (n. 14) Nizza, mura, 118 (n. 12) 645
Nou, 270 NORMANDIA, 37, 108, 118 (n. 12) Novara, 116 (n. 10) Noves, mura e porte, 119 (n. 12), 128 (n. 28) NUMANCIA castrum e mura, 12, 13 (fig. 13), 107, 115 (n. 6), 288 (n. 2 porta Praetoria, 12 resti archeologici, 13 (fig. 14) Occrranta, 7, 19, 36, 40, 41, 110 (n. 1), 117 (n. 11), 118 (n 12), 120 (n. 14), 218 OLTREMARE, 7, 19, 41, 80, 108, 213, 214, 215, 218, 219, 226, 245, 248, 257 Omavvae (territorio), 15, 16, 17, 105, 110 (n. 1), 115 (n. 9) ORANGE, arco, 112 (n. 5) ORIENTE (Chiesa d), 289 (n. 8) ORLEANS, mura, 112 (n. 5) Onowre (fiume), 84, 124 (n. 21) Ostia, 499 (n. 37)
PADOVA, 116 (n. 10) Paesi BASSI, limes, 110 (n. 2) PALAZUELOS, mura, 125 (n. 17) PALERMO, 117 (n. 11), 433 (n. 9) PALESTINA, 81, 83, 132, 133, 149, 203 (n. 35) PaLMAVERA, nuraghe, 201 (n. 25) PARIGI, 111-112 (n. 5), 437 (n. 26), 496 (n. 27) Bibliothèque Nationale, 160, 206 (n. 55), 269, 347, 358 (n. 37) castello c mura, 119 (n. 12) Hotel national des Invalides, 357 (n. 30) musco del Louvre porte bronzee di Balawät, 204 (n. 43) rilievo di Sargon II da Khorsabad, 204 (n. 43) sarcofago, 136 (fig. 178), 202 (n. 26) museo des Monuments Frangais, 126 (n. 25) PATARA, arco, 102, 115 (n. 8) Pavia, porta e iscrizione, 211 (n. 75) Pavia (zecca di), moneta di Ludovico il Pio, 206 (n. 52) PEMBROKE, castello, 120 (n. 14) PedarieL, castello, 71, 77 (fig. 127), 78 (fig. 128), 125 (n. 18) PERARANDA DE DUERO castello, 71, 78 (figg. 129, 130), 79 (fig. 131), 98, 125 (n. 18) porta del borgo, 79 (fig. 132) Para, 242 (fig. 290), 243 (fig. 291), 258.259 (n. 5), 285 mura, 242 (fig. 290), 243 (fig. 291) porte, 243 PERGAMO, 126 (n. 26) porte, 115 (n. 8) PercAMO (Chiesa di), 163, 207 (n. 58) PERGE, mura e porte, 115 (n. 8) PERIGUEUX, mura, 112 (n. 5) PERNES-LES-FONTAINES mura, 119 (n. 12) porte Notre Dame, 30 (fig. 40), 31 (fig. 41), 32 (fig. 42) 646
de Villeneuve, 33 (figg. 43, 44) Persia, 209 (n. 70) PIACENZA, 117 (n. 11) mura, 18, 116 (n. 10) porte, 18, 116 (n. 10) Gariventa, 116 (n. 10) PIEMONTE, 8, 370, 435 (n. 22), 490 (n. 5), 500 (n. 37) PINARA, rilievi, 204 (n. 43) PIRENEI, 10, 108, 198 Pisa, 17, 117-118(n. 11), 266 (n. 5), 287, 289 (n. 11), 434(n 14), 498 (n. 53), 505, 506 duomo, 116 (n. 10) mura, 17, 18, 116 (n. 10) porte, 18, 116 (n. 10) Calcisanam, 116 (n. 10) del Leone, 116 (n. 10) Parasci, 116 (n. 10) santa Maria, 116 (n. 10) presso san Zenone, 116 (n. 10) Spira, 116 (n. 10) Pisrois, 213 Puessis Macé, castello, 119 (n. 14) PorrieRs, mura, 111-112 (n. 5), 119 (n. 12) Ponpeı, porta, 113 (n. 6) Pomposa, abbazia, 354 (n. 4) PoncHEsTER, castello c porta, 120 (n. 14) Porto Maurizio, 340 PORTO PISANO 434 (n. 14) Porto Supino, 117 (n. 11) PORTOVENERE castello e mura, 241, 242, 245, 258 (n. 4) porta del borgo «de Placia », 241 (fig. 288), 242 (fig. 289), 258 (n. 4) Praro, palazzo, 229 (n. 5) PRIENE, porte, 102 Provenza, 10, 21, 63, 228 (n. 1), 231 PROVINS porte, 28 (fig. 34), 118 (n. 12) St. Jean, 25 (figg. 29, 30), 26 (fig. 3), 121 (n. 17) de Troyes, 26 (lig. 52) tour César, 27 (fig. 33) Qasr ALHAYR AL-GARBI, palazzo, 16, 115 (n. 9) Qasr AL-Havr AL Sarai, palazzo, 16, 115 (n. 9) Qasr AL KASTAL, 115 (n. 9) Qasr Qananan, 115 (n. 9) Qarua, porte, 205 (n. 33) Qusarr‘AmrA, palazzo, 16, 115 (n. 9) Rapar, forte, 127 (n. 27) RAGAS, 117 (n. 11) Raooa, fortificazioni, 115 (n. 9) Ras EL Ann, porte, 13 RATISBONA castrum, 9 (figg. 3, 4), 111 (n. 4) Lagetore, 111 (n. 4) Peterstor, 111 (n. 4) porta Praetoria, 9, 111 (n. 4)
RAVENNA, 213, 498 (n. 33) chiese sant'Apollinare in Classe, 208 (n. 68) sant’Apollinare Nuovo, mosaici, 168, 208 (n. 68) san Vitale, mosaici, 168, 208 (n. 68) porte romane, 110 (n. 1) (EL) REAL DE MANZANARES « EL NUEVO », castello, 71, 80 (fig. 133), 125 (n. 18) Reims, 112 (n. 5), 119 (n. 12) porte Bazée o Basilica, 112 (n. 5) de Mars, 9, 10, 101, 112 (n. 5) RELLO, porte, 123 (n. 17) REMADA campo militare, 13, 114 (n. 7) porte, 13 RENANIA, limes, 110 (n. 2) RENNES, 112 (n. 5) RENO (fiume), 160 RESAPA-SERGIOPOLIS, 115 (n. 8, 9), 126 (n. 26) RIBEAUVILLÉ castello comitale e mura, 119 (n. 12, 14) porta des Bouchers, 119 (n. 12) Rivara, castello, 435 (n. 22) Ropano (fiume), 21 Ropi, 126 (n. 26), 215 mura, 128 (n. 28) porta di santa Caterina, 99 (fig. 163), 128 (n. 28) Row, 15, 107, 108, 115 (n. 8), 158, 160, 162, 163, 167, 172, 194, 196, 198, 205 (n. 45, 49), 206 (n. 56), 207 (n. 60), 208 (n. 64, 68), 210 (n. 73, 74), 211 (n. 75), 285, 286, 295, 298 (n. 7), 433 (n. 9), 442 (n. 39, 40), 445, 449, 456, 467, 490 (n. 5, 8), 492 (n. 14), 495 (n. 18), 495 (n. 21), 498 (n. 33), 500 (n. 37), 502 (n. 48), 504 Ara Pacis, 495 (n. 24) iblioteca di san Paolo fuori le mura, Bibbia, 209 (n. 69) Campidoglio, 495 (n. 21) cappella di san Venanzio, mosaici, 168, 208 (n. 68) castel sant’Angelo, 210 (n. 74) catacombe ‘Ad Decimum, affresco, 207 (n. 63) di Commodilla, cubicolo di Leone, affresco, 166, 207 (n. 65) à santi Pietro e Marcellino, affresco, 167, 207 (n. 63) chiese santa Cecilia in Trastevere, mosaico dell'abside, 171, 176 (fig. 230), 208 (n. 68) san Clemente, mosaici, 171, 179 (fig. 255), 180 (fig. 236), 181 (figg. 237, 238), 208 (n. 68) santi Cosma e Damiario, mosaico dell'abside, 168, 171 (fig. 223), 172 (fig. 224), 208 (n. 68) santa Costanza, mosaico, 165 (fig. 214), 208 (n. 64) san Giovanni in Laterano, mosaici, 208 (n. 68) san Giovanni a Porta Latina, affresco, 208 (n. 68) san Lorenzo fuori le mura, mosaico dell'arco, 168, 173 (fig. 225), 174 (fig. 226), 208 (n. 68) san Marco, mosaico, 171, 177 (figg. 251, 232), 208 (n. 68)
santa Maria in Domnica, 208 (n. 68) santa Maria Maggiore, mosaici, 167, 168 (fig. 215), 169 (figg. 216, 217, 218), 170 (figg. 219, 220, 221, 222), 208 (n. 68) santa Maria in Trastevere, mosaico dell'abside, 171, 178 (figg. 233, 254), 208 (n. 68), 354 (n. 4) san Pietro in Vaticano, abside costantiniana e mosaici, 206 (n. 56), 208 (n. 64, 68), 293 santa Prassede, mosaici, 171, 175 (figg. 227, 228), 176 (fig. 229), 208 (n. 68) santa Pudenziana, mosaico, 167, 208 (n. 68) santa Sabina, mosaici, 167, 208 (n. 68) mausoleo di Adriano, (v. castel sant’Angelo), 210 (n. 74) mausoleo di Augusto, 493 (n. 17), 495 (n. 24) delle Mura, 211 (n. 74) Vaticano, vetro cristiano, 208 (n. 64) Pantheon, 495 (n. 24) piano regolatore, 493 (n. 17) ponte Elio, 210 (n. 74) porte della cinta aureliana, 7, 8, 96, 110 (n. 1), 130, 194, 210 (n. 74) della cinta "leonina' e medievali, 18, 116 (n. 10), 130, 194, 210 (n. 74) Appia, (v. porta san Sebastiano), 211 (n. 74) Ardeatina, 211 (n. 74) Asinaria, 211 (n. 74) Aurelia, (v. porta san Pancrazio), 211 (n. 74) dei Castra Pretoria, 210 (n. 74) Chiusa, 210 (n. 74) Cornelia, (v. porta san Pietro), 210 (n. 74) Flaminia, (v. porta del Popolo), 210 (n. 74) Flumentaria, 211 (n. 74) Latina, 211 (n. 74) Maggiore, 210-211 (n. 74) Metronia, 211 (n. 74) Nomentana, 210 (n. 74) Ostiense, (v. porta san Paolo), 211 (n. 74) Pia, 210 (n. 74) Pinciana, 210 (n. 74) del Popolo, (v. porta Flaminia), 210 (n. 74) Portese, 211 (n. 74) Portuensis, 211 (n. 74) Prenestina, (v. porta Maggiore), 211 (n. 74) Salaria, 210 (n. 74) di san Giovanni, 8 di san Paolo, (v. porta Ostiense), 8, 211 (n. 74) di san Pancrazio, (v. porta Aurelia), 211 (n. 74) di sàn Pietro, (v. porta Cornelia), 210 (n. 74) di san Sebastiano, (v. porta Appia), 8, 211 (n. 74) dei Sassoni, 210 (n. 74) Settimana, 211 (n. 74) Tiburtina, 210 (n. 74) triumphalis, 101, 158, 205 (n. 49) dell'Impero, 493 (n. 17) Salaria Nova, 210 (n. 74) 647
Salaria Vetus, 210 (n. 74) dei Trionfi, 493 (n. 17) Roma (zecca di), monete, 205 (n. 52) Romana, limes, 110 (n. 2) RoNcAGLIA (dieta di), 293 Ronpa, porta Almocabar, 73 (fig. 118), 125 (n. 17)
SAGUNTO, 107 mura, 53 (fig. 77), 59, 113 (n. 6), 121 (n. 16), 123 (n. porte, 53 (figg. 78, 79), 122 (n. 17) SAINT-BERTRAND-DE COMMINGES, 112 (n. 5) Saıyres, arco, 112 (n. 5) Saiwr GERMAIN-EN-LAYE, museo, maquettes, 111 (n. 5) Saıst Guss, 21, 117 (n. 11) Saısr Lizien, mura, 112 (n. 5) Saiwr MALO, 119 (n. 12) Grande Porte, 119 (n. 12) Saw RAPHAEL, 117 (n. 11) Sant RÉMY, 112 (n. 5) SAWZARRA, castello, 71 SALON DE PROVANCE, castello, 119 (n. 14) Saonicco (zecca di), moneta, 160, 161 (fig. 211d) SancerRe, mura, 119 (n. 12) San Grovansı D'ACRI (v. Acri) SANTIAGO DI COMPOSTELLA, 108, 118 (n. 11), 120 (n. 15), (n. 17), 198 Santu ANTINE, nuraghe, 201 (n. 25) Saona, 123 (n. 19) castello e porte, 98 (figg. 161, 162), 128 (n. 28) SaoaïkA, complesso funerario di Doser, 135 (fig. 177), (n. 26) SARAGOZZA, 107, 113 (n. 6), 121 (n. 17) Aljaferia, 50, 54 (fig. 82), 55 (fig. 83), 56 (fig. 84), 121 (n. 17) chiesa di santa Maria del Pilar, 121 (n. 17) mura, 12, 47, 48, 50, 59, 113 (n. 6), 121 (n. 17) porte, 47, 48, 50, 113 (n. 6) del Carmen, 121 (n. 17) del Portillo, 121 (n. 17) del Sancho, 121 (n. 17) SARDEGNA (Regno di), 370, 432 (n. 3) Corpo del Genio Civile e Militare, 371, 373 Sari, mura, 115 (n. 8) Sarpi (Chiesa di), 163, 207 (n. 58) Savona, 282, 302 castello di san Giorgio, 354 (n. 4) castello di santa Maria, 302, 354 (n. 4) mura, 302, 554 (n. 4) Priamar, 302, 354 (n. 4) SCHIERENHOR, forte, 111 (n. 4) Sri Kou, campo fortificato, 115 (n. 9) SeLçux, porta di san Giovanni (v. EFESO) SELEUCIA, 91, 117 (n. 11), 126 (n. 26) SELINUNTE, 115 (n. 8) Sexus castello, 119 (n. 14) castrum, 112 (n. 5) Ses, mura, 111-112 (n. 5) 648
17)
122
202 105,
SEPULVEDA arco dell'Ecce Homo, 54 (figg. 80, 81) castello e mura, 121 (n. 16), 123 (n. 17) Srax, mura, 127 (n. 27) Sicuëm, porte, 203 (n. 33) Sicilia, architettura araba, 116 (n. 9) Sin£, porte, 115 (n. 8) Stone, 117 (n. 11), 217, 229 (n. 3) Siena, porte, 116 (n. 10) Siolenza, 123 (n. 17) castello, 71, 81 (fig. 134), 82 (fig. 135), 123 (n. 18), 240 Sırıa, 14, 43, 80, 81, 84, 91, 103, 110 (n. 1), 114 (n. 8), 120 (n. 15), 125 (n. 23, 25), 205 (n. 33), 421 limes, 16, 110 (n. 2), 114 (n. 8) Sivicua, 113 (n. 6), 121 (n. 16) mura, 121 (n. 16) porte de Cordova, 121 (n. 16) romana, 12 SLAVIA, porta genovese, 248 Sume. (Chiesa di), 163, 207 (n. 58) Sopoma, 207 (n. 60) Soissons, 112 (n. 5) SoLDAIA, 248 castello consolare, 250 (fig. 301) mura, 250 (fig. 300), 251 (figg. 302, 305) porta di sant'Elia, 248, 252 (figg. 304, 305) Soumo, (v. SEeuctA), 117 (n. 11), 126 (n. 26) Sorıa, 113 (n. 6), 123 (n. 17, 18) Somme, 167 SOUDAK, (v. SOLDATA), 248 Soveipiem, (v. SELEUCIA), 117 (n. 11) Sousse, mura, 114 (n. 7), 127 (n. 27) SPAGNA, 41, 43, 47, 48, 50, 65, 70, 71, 80, 102, 103, 107, 108, 110 (n. 1), 115(n. 9), 125 (n. 18), 128 (n. 28), 357 (n. 29), 498 (n. 33), 503 Srataro, villa di Diocleziano, 9, 110 (n. 3) SrARTA, fortificazioni, 115 (n. 8) SPELLO, porta Venere, 7, 110 (n. 1) Srapıa, porta, 113 (n. 6) STRASBURGO, castrum, 112 (n. 5), 288 (n. 2) STRASSDORF, (v. SCHIERENKOF), 111 (n. 4) Sunerpe, castello, 128 (n. 28) Suna, (v. Porto SupiNo), 117 (n. 11) Supinum, (v. SeLeucIA), 117 (n. 11), 126 (n. 26) SuMER (paese di), 138 Susa, 305 porte inglobata nel castello, 103, 106 (fig. 170), 110 (n. 1) Savoia, 7, 8, 103, 104 (fig. 168), 105 (fig. 169), 110 (n. D Susa (Suse civitatis), porta Ulai, 187, 192 (fig. 248), 195 (fig 249), 196, 209 (n. 70) Svizzera, 111 (n. 4)
TasaRiA, 117 (n. 11) TALMUDA, porta romana, 12, 113 (n. 6) TARASCONA, 437 (n. 25) castello, 119 (n. 14)
porta de la Condamine, 65, 119 (n. 12), 236 (fig. 279), 237 (figg. 280, 281, 282), 258 (n. 1) TARCIONE, porte, 116 (n. 10) TARIFA castello, 70, 74 (fig. 119), 125 (n. 18) porte, 74 (figg. 120, 121), 116 (n. 9), 123 (n. 17) del Mar, 125 (n. 17) del Retiro, 123 (n. 17) de Xerez, 123 (n. 17) TARRAGONA. mura, 12, 113 (n. 6) porte, 113 (n. 6) de Rojer, 113 (n. 6) de Sant'Antoine, 113 (n. 6) torre di Minerva, 113 (n. 6) Tarso, porta san Paolo o Kaucik Kapi, 115 (n. 8) Taso, mura, 202 (n. 26) TERESA mura, 14 porta Salomon, 258 (n. 1) TEL Aviv, (v. GIAFFA) Teti EL Fan^An, porta, 133 Tett EL Naspen, porte, 202 (n. 26) TemBIEN (regione del), 463 TERRALBA, nuraghe, 201 (n. 25) Terra SANTA, 14, 17, 36, 71, 80, 90, 94, 108, 110 (n. 1), 123 (n. 19), 215, 217, 251, 250, 306, 354 (n. 6), 504, 505, 507 TessaLoNICA (zecca di), monete, 206 (n. 52) Tueveste, (v. Tenessa), 258 (n. 1) Tiamra (Chiesa di), 163, 207 (n. 58) TisentapE, 126 (n. 25) Trermes mura, 113 (n. 6) porta del Sol, 113 (n. 6) Tint (fiume), 140 TiwGAD, fortezza, 14 Tirasa, fortezza, 14, 114 (n. 7) Tino, 117 (n. 11), 126 (n. 25), 128 castello, 126 (n. 25) chiesa di san Marco, 126 (n. 25) Trr, ribät, 127 (n. 27) Tuemcen, porta, 127 (n. 27) Tocna, mura, 14 TOLEDO mura, 121 (n. 17) porte de Alcantara, 121 (n. 17) de Bisagra, 67 (fig. 105), 121 (n. 17) del Sol, 68 (fig. 106), 121 (n. 17) ToLemame, (v. Accon), 114 (n. 7), 117 (n. 11) ToLMETTA, castello, 14 Totosa, 21, 112 (n. 5), 117 (n. 11) castello ‘narbonnese’, 21 mura, 21, 118 (n. 12) museo archeologico, 9 porte, 9, 21, 112 (n. 5) Narbonnaise, 112 (n. 5) Pinta, 112 (n. 5)
detta « La Porterie », 112 (n. 5) St. Etienne, 112 (n. 5) Tono, 435 (n. 9), 434 (n. 14), 436 (n. 22), 442 (n. 40) archivio di Stato, 111 (n. 5) biblioteca Reale, 432 (n. 3) borgo del Valentino e castello, 434 (n. 15), 435 (n. 15, 22), 436 (n. 24) palazzo Madama, 437 (n. 25) parco del Valentino, 434 (n. 15), 499 (n. 35) piano regolatore, 495 (n. 16) porte, 102, 110 (n. 1) Palatina, 7, 437 (n. 25) ToRTONA, 270, 292, 293 Tortosa, 45, 118(n. 11), 120 (n. 15), 287, 289 (n. 11), 302, 306, 309, 354 (n. 7), 506 castello di sant Joan o Suda, 45, 46 (figg. 64, 65), 47 (fig. 66), 120 (n. 15) mura, 45, 120 (n. 15) Parador, complesso turistico, 120 (n. 15) porte de l'Assoc, 120 (n. 15) del Port de Barques, 120 (n. 15) del Romen, 120 (n. 15) de Vimpecol, 120 (n. 15) Tortosa (battaglia di), 287 Tortosa DI Stia, 117 (n. 11), 123 (n. 19), 125 (n. 25) castello nell'isola di Ruad (v. anche fortezza dei Templari), 93 (fig. 152), 126 (n. 25) fortezza dei Templari (v. anche castello nell'isola di Ruad), 125 (n. 25) mura, 81, 93 (fig. 151), 125-126 (n. 25) porte, 126 (n. 25) Toscana, 17, 18 Touns, mura, 112 (n. 5), 119 (n. 12) Tracia, porte, 111 (n. 4) TRAJANOPOLIS MAESA, porte, 111 (n. 4) TRANSGIORDANIA, limes, 115 (n. 8) Trento, 116 (n. 10) Treviri porta Nigra, 111 (n. 4), 120 (n. 14) Stadbibliothek, codice di Egberto di Reichenau, 209 (n. 69) Treviri (zecca di), monete, 160, 161 (fig. 211 c), 205-206 (n. 52) Treviso (zecca di), monete, 206 (n. 52) Trıpotı, 117 (n. 11), 126 (n. 25), 218, 229 (n. 4) castello, 125 (n. 19) TripoLITANIA, limes, 12, 13, 114 (n. 7), 442 (n. 40) TnoA, mura e porte, 127 (n. 28), 204 (n. 41) TROYES, castello e mura, 119 (n. 14) Tunisi, 114 (n. 7) Tunisia, 14, 114 (n. 7), 127 (n. 27) Tuncina, 80, 91, 114 (n. 8), 202 (n. 27) (AL)'Unvp, 134, 202 (n. 29) ULLASTRET, mura e resti archeok 172) UNGHERIA, limes, 110 (n. 2)
i. 106 (fig. 171), 107 (fig. 649
Un
città e mura, 138, 150 zigqurat di Ur-Nammu, 138, 139 (fig . 182, 183) Urux, 138, 202 (n. 29) Eanna, tempio, 134, 136, 202 (n. 30) mura, 154, 136, 202 (n. 30) porte, 136, 202 (n. 30) UrRECHT Bibliothek der Rijksuniversiteit, salterio, 209 (n. 69) cattedrale, coro ligneo, 206 (n. 56) Uzès, castello, 119 (n. 14) VALENCIA, 45, 118 (n. 11), 120 (n. 15) castello de Olocau, 47, 120 (n. 15) mura, 47, 120 (n. 15) museo Maritimo de Valencia « Joaquin Saludes », 120 (n. 15) ponte de Serranos, 120 (n. 15) porte, 47, 120 (n. 15), 240 de Cuarte, 47, 48 (ig . 69, 70), 120 (n. 15) de Serranos, 45, 47 (fig. 67), 48 (fig. 68), 120 (n. 15) VatenciA (battaglia di), 287 VALENCIA (regione di), 45 VattapoLio, 71 Vatte D'AOSTA, 435 (n. 22) VANANEA, 117 (n. 11) VANNES mura, 119 (n. 12) porta Prison, 119 (n. 12) VARIGOTTI, 282 Venasate, porta, 238 (fig. 283) VENDÔME, porta St. George, 238 (fig. 284) Venezia, 311, 355 (n. 11), 498 (n. 33), 502 (n. 50), 505 VenmiiGLIA, 270 VERDUN mura, 119 (n. 12) porte Chatel, 34 (fig. 45), 119 (n. 12) Chaussée, 119 (n. 12) St. Paul, 119 (n. 12) ViénNAND, mura, 112 (n. 5) Verona, 357 (n. 27), 501 (n. 43) porte, 102, 110 (n. 1)
650
dei Borsari, 103, 110 (n. 1) dei Leoni, 7, 103, 110 (a. 1) Vesone, (v. Perroueux), 112 (n. 5) ViareGGIO, castello, 258 (n. 3) Vicuv, mura, 112 (n. 5), 119 (n. 12) VIENNA, 111 (n. 4) VIENNE, mura, 112 (n. 5) VILLALPARIDO, 123 (n. 17) mura, 123 (n. 17) porta san Andris, 123 (n. 17) ViLtANDRAUT, castello, 119 (n. 14) LLEFRANCHE-DF-CONFLENT, mura, 119 (n. 12) VILLENEUVE-LESAVIGNON forte St. André, 40, 44 (fig. 60), 119 (n. 14), 128 (n. 28), 233, 258 (n. 2), 437 (n. 25) porta, 4 Vire, porta de l'Horloge, 238 (fig. 285) Viraé, castello e mura, 119 (n. 12, 14) Vouvanr, mura e torre Mélusine, 119 (n. 12) Xanten, 111 (n. 4) XANTOS, mura c porte, 102, 115 (n. 8) YenKAGI, (v. anche BoóAzkóv), porta delle sfingi, 203 (n. 33) YàRE-LE-CHATEL, mura, 119 (n. 12) York, Boothman Bar, 120 (n. 14)
« ZAGHOVAN », porta, 258 (n. 1) Zacnos (monti), 138 Zamora arco di dofia Urraca, 64, 66 (figg. 100, 101, 102), 122 (n. 17) mura, 64, 65 (fig. 99), 122 (n. 17) porte del Mercadillo, 122 (n. 17) Nueva, 122 (n. 17) di Olivares (detta anche Optima o del Obispo), 64, 67 (figg. 105, 104), 122 (n. 17) del Pescado, 122 (n. 17) de Santa Columba, 122 (n. 17) de santa Ana, 64, 122 (n. 17) Zionaco, 282, 288 (n. 2) Zivcintt, cinta e porta, 204 (n. 41, 42)
INDICE DEI NOMI
"Abd-al-Rahmän II califfo, 121 (n. 16) "Abd-al-Rahmän III califfo, 120 (n. 15) Accinelli Francesco Maria, 340, 376 (fig. 394) Achille macellaio, 264, 267 (n. 9) Adad divinità, 152 Adorno Anselmo, 355 (n. 14) Adriano papa, 293 Aedes (società), 441 (n. 38), 442 (n. 39) Agostino santo, 210 (n. 73), 289 (n. 9) Abmad-al-R&zi storico arabo, 114 (n. 7) , 294 Imberto, 480, 496 (n. 25) Alessandro III papa, 123 (n. 18), 291 Alessandro VII papa, 211 (n. 74) Alessi Galeazzo, 322 Al-Färäbi storico arabo, 114 (n. 7) Alfonso 1 d'Aragona, 122 (n. 17), 292 ia, 45, 50, 120 (n. 15), 122 (n. 17) glia, 218, 229 (n. 4) Alfonso X il Saggio, 122 (n. 17) Al-Fustät storico arabo, 114 (n. 7) Alimeno de Porta, 263 Alimonda (impresa edile), 433 (n. 8) Alinari fotografi, 414 (fig. 448) Alizeri Federico, 433 (n. 7) Allegro Agostino, 378, 379, 396, 437 (n. 25) Al-Malik al-Afdal Nur Ad-Din ‘AN figlio di Saladino, 125 (n. 24) Ambrogio santo, 162, 195, 286, 289 (n. 8), 306, 307, 504 Ammianus Marcellinus, 200 (n. 4) Anagira santa (iscrizione di), 208 (n. 67) Anastasio imperatore, 114 (n. 8) Andrea santo, 286, 289 (n. 8) Anna Commena imperatrice, 126 (n. 26) Annibale, 211 (n. 74) Anonimo genovese poeta, 264, 309 Ansaldo (aziende), 498 (n. 33) Antelami magistri, 213, 214, 219, 225, 226, 227, 228 (n. 1), 229 (n. 3, 6, 7), 504 Antonini imperatori, 13 Antonio da San Gallo il Giovane, 211 (n. 74) Apollonia (lapide di), 386, 436 (n. 24), 497 (n. 30) Arialdo vescovo, 286 Aristoteles, 200 (n. 1) Assur divinità, 147 Assurbanipal re, 204 (n. 43)
Astengo Carlo, 378, 380, 385, 437 (n. 25, 26) Astesano Antonio, 355 (n. 14) Augusto imperatore, 111 (n. 5), 495 (n. 24) Ausonius Decimus Magnus, 211 (n. 75) Autun Jean, 355 (n. 14)
Badano Tommaso, 492 (n. 14) Bahà ad-Din Ibn Shaddàd storico arabo, 126 (n. 25, 26) Balaguer P., 47, 120 (n. 15) Balbi Giovanni, 355 (n. 14) Baldovino III re, 86, 124 (n. 22) Baliani Giambattista, 329, 340 Balilla, 361, 461 (fig. 499), 469, 471, 472, 477 (fig. 516), 478 (figg. 517, 518, 519), 480 (figg. 522, 525), 481 (fig. 524), 492 (n. 16), 494 (n. 18), 500 (n. 41), 501 (n. 43), 506, 510 Baltassar re, 209 (n. 70) Banchero Andres, 359 Barabino Carlo, 375, 376, 432 (n. 5), 433 (n. 7), 458 (fig 495), 509 Barabino Michele, 379, 396 Baratta Alessandro, 275, 278 (n. 5) Barbarossa Federico, 194, 195, 263, 283, 291, 292, 295, 208 (n. 4), 307, 354 (n. 6), ‘421, 437 (n. 25), 506 Barbieri Pietro, 472 (fig. 511) Bartlett William Henry, 275, 278 (n. 6) Bassano Salvatore, 465 Battisti Eugenio, 505 Belgrano Tommaso, 379, 380, 404, 435 (n. 17, 22), 438 (n 29) Belisario generale, 210 (n. 74) Beltrami Achille, 499 (n. 37) Beltrami Giovanni, 437 (n. 26), 445, 489 (n. 3) Beniamino di Tudela, 154, 205 (n. 45), 271, 278 (n. 2) Benni Antonio Stefano, 499 (n. 34) Bensa Emilio, 379 Benzo di Alessandria, 309, 355 (n. 14) Berengario, 258, 289 (n. 10) Bergamo Stefano, 359 Bergante Pellegrina, 344 Bernardo pseudo, 195 Bernardo di Chiaravalle santo, 193, 209 (n. 71), 210 (n. 73), 289 (n. 9), 504 Bertoli P. Antonio, 373 Bertrand generale, 370 Bialostovcki Jean, 202 (n. 26) Bianco Bartolomeo, 329, 340 651
janco Giovanni Battista, 342, 343 (fig. 368) ifoli Enzo, 468 (fig. 507) Bisagno costruttore, 404 isso (famiglia), 404 sy maresciallo, 361 Boccanegra Guglielmo, 231, 311, 313, 437 (n. 25) Boemondo, 287 Boemondo (Boiamondo) di Oddone, 213 Bofill P., 47, 120 (n. 15) Boito Camillo, 433 (n. 9), 437, 438 (n. 26) Bombrini Carlo, 456, 496 (n. 25), 497 (n. 28), 500 (n. 41) Bonatti, 433 (n. 9) Bonfadio Jacopo, 322 Bonfiglietti Rodolfo, 442 (n. 39) Bono nipote di Giovanni, 281 Bono Cortese Giovanni magister Antelami, 213, 226, 504 Bordoni Gerolamo, 273, 278 (n. 5) Bormann Fritz, 288 (n. 2) Borzese Giovanni Antonio, 358 (n. 38) Boscassi Angelo, 439 (n. 30, 32, 36) Botta P. E, 147 Bottai Giuseppe, 494 (n. 18), 498 (n. 34) Bottoni Pietro, 492 (n. 16) Boucicault, 316 Breda Stefano, 435 (n. 22) Brignole (famiglia), 352 Brignole Sale Antonio, 375 Brignole Sale De Ferrari Galliera Maria, 434 (n. 11) Broccardi Eugenio, 445, 490 (n. 6) Brusco Giacomo, 323 (fig. 335), 330 (fig. 344), 359, 452 (n. 1) Bruzzo C., 327 (fig. 340) Buonvassallo di Castello, 213 Busco Giovanni, 316 Cabella, 391 Caffaro, 42, 45, 83, 85, 86, 88, 91, 117 (n. 11), 123 (n. 19), 124 (n. 22), 125 (n. 23), 126 (n. 25), 128 (n. 28), 218, 225, 228, 229 (n. 3), 242, 258 (n. 4), 261, 264, 266, 267 (n. 9), 270 (fig. 316), 286, 291, 292, 295, 294, 295, 296, 302, 306, 308, 511, 380, 456 Cagiano de Azevedo Michelangelo, 206 (n. 56) Calvi Felice, 272, 278 (n. 4) Calza Guido, 499 (n. 37) Cambiaso Domenico Pasquale, 275, 277, 278 (n. 6), 323 (fig. 336), 328 (fig. 341), 329 (fig. 342), 564 (fig. 580), 374 (fig. 392), 392 (fig. 412), 395 (fig. 413), 435 (n. 8) Cambiaso Luca, 490 (n. 5) Campofregoso Tommaso, 315 Campora Giovanni, 404, 490 (n. 8) Cancellieri Jean, 266 (n. 8), 267 (n. 11) Canepa, 344 Carcassi, 391 Carena Antonio, 492 (n. 14) Carlo Magno imperatore, 354 (n. 6) Carlo Magno (bolla plumbea di), 159 (fig. 210c), 160, 172, 206 (n. 55) Carlo V imperatore, 122 (n. 17) Carlone Taddeo, 327 652
Casadei Aldo (impresa edile), 456, 496 (n. 26) Casanova T, 314 Casella Battistina, 352 Casorati Felîce, 502 (n. 50) Cassandro architetto, 50 Cassanello Luigi, 468 Cassas Louis François, 86 Cassianus Bassus, 110 (n. 3) Cassio Dione, 158 Cassirer, 200 (n. 10) Castagnola Stefano, 388 Cattaneo (famiglia), 352 Cattaneo Adorno (famiglia), 445 (n. 45) Catto Achille, 495 (n. 21) Cavallo Emanuele, 317 Cavassa Battista, 315 Cecchi Carlo, 433 (n. 7) Cervetto D, 433 (n. 7) Cervetto Luigi Augusto, 439 (n. 30) Cesare imperatore, 111 (n. 5), 113 (n. 6), 200 (n. 4) Ceschi Carlo, 497 (n. 30) Cevasco Giovanni Battista, 379 Chichero Michele, 315 Chiodo Agostino, 373 Ciampini, 208 (n. 68) Ciano Costanzo, 480, 501 (n. 48) Cibele divinità, 142 Cicala Gio Battista, 344 Cicala Giulio, 544 Cicala Guglielmo, 215, 294 Cicero Marcus Tullius, 308 Claretta da Ventimiglia, 344 Claudio imperatore, 158, 162 Claudio imperatore (medaglia di), 158, 159 (fig. 210.) Clavesana Francesco Maria, 359 Codeviola Michele, 330 (fig. 343), 331 (fig. 348), 332 (fig. 350), 335 (fig. 355), 370 Colombo Cristoforo, 464, 469, 471, 476 (fig. 515), 479 (fig. 521), 482 (fig. 525), 497 (n. 27), 498 (n. 34), 500 (n. 41), 501 (n. 46), 506 Colombo Cristoforo e Domenico (casa di), 388, 388 (f 407), 389 (figg. 408, 409), 390 (fig. 410), 392, 398 (fi 421), 424, 427, 438 (n. 27, 29), 445, 449, 452 (figg. 485, 486, 487), 453 (fig. 488), 454 (figg. 489, 490), 456, 468, 479, 490 (n. 8), 491 (n. 9), 492 (n. 16), 494 (n. 19), 501 (n. 44), 510 Colombo Domenico, 586, 587, 388, 458 (n. 29), 509 Colonna Egidio, 215 Columella Lucius Junius Moderatus, 110 (n. 3) Comacini maestri, 241, 258 (n. 3) Comotto Nicolò, 438 (n. 29), 441 (n. 38) Congialanza Giovanni Battista, 344 Conte di Tripoli, 128 (n. 28) Conti di Tolosa, 19 Conzi, 491 (n. 13) Coppedè Gino, 424, 442 (n. 42) Cordaro, 211 (n. 75) Cosma di Castiglione, 313
Costa A., 399 (fig. 422), 439 (n. 30) Costantino I imperatore, 13 Costantino 1 (moneta di), 205 (n. 52) Costantino VII Porfirogenito imperatore, 200 (n. 5) Costanzo imperatore, 114 (n. 8) Costanzo patriarca, 258 (n. 5) Craveri, 391 Croce Rossa Italiana, 502 (n. 48) Crosa Giuseppe, 493 (n. 16), 496 (n. 25) Crotta Marco Aurelio, 404, 436 (n. 24), 437 )n. 26), 439 (n. 30) Curletto (impresa edile), 443 (n. 45) Da Canistro, 211 (n. 75) D'Albertis Luigi Maria, 442 (n. 40) Damaso papa, 168 D'Andrade Alfredo, 3, 5 (fig. 1), 6 (fig. 2), 7, 8, 17, 18, 22 (fig. 22), 36, 38 (fig. 51), 90, 95, 98, 110 (n. 1), 116 (n. 10), 119 (n. 13), 210(n. 74), 221 (fig. 263), 224 (fig. 266), 251, 235, 234, 256, 240, 258 (n. 1), 262 (fig. 313), 275, 278 (n. 6), 291, 379, 380, 396, 412 (fig. 445), 435 (n. 21), 436 (n. 22, 24), 437 (n. 25, 26), 438 (n. 27), 439 (n. 30, 32, 36), 441 (n. 38), 442 (n. 40), 497 (n. 30), 503, 505, 509 Daneri Carlo Luigi, 492, 495 (n. 16) Daneri Pisano Anna, 495 (n. 16) Danero G. B., 359 Daniele profeta, 162, 187, 191, 196, 207 (n. 57), 209 (n. 70) D'Annunzio Gabriele, 443 (n. 45) Dartona Vincenzo, 264 Davide re, 204 (n. 44) Dazzi Antonio, 490 (n. 5), 495 (n. 18) De Albertis E., 490 (n. 5), 493 (n. 18), 496 (n. 27) De Ferrari (famiglia), 352 De Fornari Girolamo, 344 De Gandria Francesco, 318 Della Porta Marino, 261 Della Valle Pietro, 154 De Marchi Angelo, 422 (fig. 466), 439 (n. 36), 463, 496 (n. 26), 497 (n. 30) De Mari Ansaldo, 329, 330, 340 De Mari Guglielmo, 263, 313, 356 (n. 17) De Marini (famiglia), 352 Dequevauviller, 546, 347 (fig. 370), 358 (n. 37) Descalzi Antonio, 433 (n. 7) De Simoni Cornelio, 434 (n. 12) De Vecchi Mario, 424 Diocletianus Gaius Aurelius Valerius, 160, 206 (n. 52) Dioscoride Venezia, 110 (n. 3) Domenico del Gesü frate, 333 Domitianus imperatore, 114 (n. 8) Doria (famiglia), 321, 352 Doria Andrea, 317 Doria Giacomo, 434 (n. 12) Doria Giambattista, 496 (n. 25) Doria lacopo (v. Iacopo Doria) Doria Ippolito, 359 Doria Marco Ambrogio, 370, 432 (n. 2)
Drechsler Friedrich, 274, 278 (n. 6) Dunquelle, 112 (n. 5) Du Quesne Jacques, 347, 358 (n. 36) Durazzo (famiglia), 352 Eldred John, 154 Elia profeta, 171 Embriaco (famiglia), 263, 266 (n. 8) Embriaco Guglielmo, 125 (n. 25), 218, 287 Embriaco Primo, 218 Enkidu, 136 Enrico II imperatore, 118, 119 (n. 12) Enrico IV imperatore, 112 (n. 5) Eriberto, 263, 266 (n. 8) Erodotus, 149, 200 (n. 1), 204 (n. 44) Esiodo, 355 (n. 8) Eurialo di Siracusa, 115 (n. 8) Ezechiele profeta, 162, 171 degli Uberti, 309, 355 (n. 14) Federico Il imperatore, 211 (n. 75), 263, 269, 309, 311 Felice IV papa, 168 Fermi Lino, 491 (n. 11), 494 (n. 19), 496 (n. 25) Ferrari (famiglia), 352 Ferrari Luigi, 492 (n. 16) iasella Domenico, 342, 343 (fig. 368), 357 (n. 33) o E, 489 (n. 4) chi (famiglia), 263, 266 (n. 8), 352 chi Gian Luca, 316 Fieschi Luca, 490 (n. 5) ilippo l'Ardito, 23 po Augusto, 118 (n. 12), 119 (n. 14), 228 (n. D, 235 Filone di Bisanzio, 129, 200 (n. 3), 215 Flavius Constantius governatore di Afrodisia, 114 (n. 8) Florian de Ponthieu, 50 Floro, 107, 113 (n. 6) Floyd William, 275, 278 (n. 6) Foglietta Oberto senior, 265, 267 (n. 10) Forzani c C. (tipografia), 438 (n. 28) Foscolo Ugo, 370 Fossati Paolo, 424, 442 (n. 42) Francesco de Colonia, 122 (n. 17) Francesco | re, 112 (n. 5) Franzone Giuseppe (impresa edile), 441 (n. 38) Fregoso Ottaviano doge, 317 Frontino, 200 (n. 4) Frugoni G. B., 466 Gabriele arcangelo (rilievo), 211 (n. 74) Galletti Guido, 275, 469, 471, 473, 478 (figg. 517, 518, 519), 479 (figg. 520, 521), 480 (figg. 522, 525), 481 (fig. 524), 501 (n. 43) Gallieno, 13 Galvano Flamma, 283 Gamba Cesare, 490 (n. 8) Gambetti D., 473 (fig. 512) Gandolfi Francesco, 351 (fig. 374), 358 (n. 37) 653
Garbarino (impresa edile), 473 Garbarino e Sciaccaluga (impresa edile), 496 (n. 25) Gardella Ignazio, 451, 454 (figg. 489, 490), 491 (n. 9), 492 (n. 14) Gargani Alfredo Urbano, 479 Garibbo Luigi, 428 (fig. 472) Garrucci Raffaele, 208 (n. 64) Garzanti (impresa edile), 500 (n. 41) Gaslini Giannina, 498 (n. 33) Gavotti Gerolamo, 379, 434 (n. 12) Gazzano (società), 499 (n. 35) Gelasio Il papa, 286 Geremia profeta, 162 Gerolamo pseudo, 187 Ghia Giuseppe, 495 (n. 21) Giacobbe, 205 (n. 36) iacomo di Vitry, 271 iacosa Giuseppe, 438 (n. 26) Giano divinità, 158, 205 (n. 49), 307, 308, 309, 310, 311, 341, 355 (n. 12), 356 (n. 16), 439 (n. 30), 507 Giarrusso Cesare, 501 (n. 42) Gilgames eroe mitico, 134, 136, 202 (n. 31) Ginocchio Gio Ambrogio, 352 Gioacchino da Fiore, 207 (n. 60) Giobbe, 202 (n. 31) Gioiardo maestro, 316 Gionata De Porta, 263, 266 (n. 8) Giordano De Porta, 263, 266 (n. 8) Giosuè, 124 (n. 22) Giovanni evangelista, 162, 165, 171, 187, 206 (n. 56), 207 (n. 59), 286, 294, 308, 355 (n. 12) Giovanni Battista sento, 286, 308 Giovanni di Castello magister antelami, 213, 226, 504 Giovanni di Clarasco, 544 Giovanni Riccio, 315 Giovanni Scriba, 213, 228 (n. 1), 229 (n. 7), 264, 294, 295, 298 (n. 8), 301, 354 (n. 2) Giovannoni Gustavo, 464, 497 (n. 27) Giove divinità, 347 Girardo di Mastegnianega, 195 Giscardo magister antelami, 213, 226, 504 Giuseppe Flavio, 149 Giustiniani (famiglia), 352 Giustiniani Agostino, 298 (n. 3) Giustiniano imperatore, 14, 86, 114 (n. 8) Goffredo di Buglione, 126 (n. 25) Goffredodi Vinsauf, 124 (n. 20) Gontredo Ido, 294 Grassi Cristoforo, 273, 278 (n. 4), 497 (n. 30) Gregorio di Tours vescovo, 211 (n. 74) Griffini Enrico, 492 (n. 16) Grifo Giovanni, 452, 492 (n. 10) Grimaldi di S. Luca (famiglia), 352 Grimaldi, 208 (n. 64) Grimaldi Manfredo vescovo, 117 (n. 11) Gritta (famiglia), 352 Grosso Orlando, 490 (n. 8), 491 (n. 10), 492 (n. 14), 496 (n. 25), 498 (n. 30), 510 654
Guesdon Alfred, 274, 278 (n. 6) Guglielmo Lusio, 213, 293 Guglielmo di Malmesbury, 86, 194, 210 (n. 73), 211 (n. 74), 285 Guglielmo di Tiro, 85, 86, 88, 89, 90, 124 (n. 21), 125 (n. 24, 25), 126 (n. 26), 127, 128 (n. 28) Guiberto di Nogent, 193, 210 (n. 73) Guido da Lodi, 294 Guidotti Giovanni Lorenzo, 359, 380 (fig. 399), 452 (n. 1) Haupt Riccardo, 442 (n. 40) Heath F., 95 (fig. 152) Hoening, 433 (n. 7) Hogenberg Franz, 272, 278 (n. 4) Homs (emiro di), 128 (n. 28) Huregel Philippe, 112 (n. 5) Hvedic (maestro d'ascia), 218 Hyginus Gromaticus, 110 (n. 3)
Iacopo da Varagine, 195, 291, 309, 355 (n. 14), 493 (n. 18) Iacopo Doria, 309, 355 (n. 14) lanus (v. Giano) Ibn Al-Athir storico arabo, 124 (n. 22), 125 (n. 25), 126 (n. 25), 127 (n. 27), 218, 229 (n. 4) Ibn Al-Qalänisi storico arabo, 217, 228 (n. 3), 229 (n. 4) Ibh Dukmak storico arabo, 114 (n. 7) ldrisi, 42, 88, 120 (n. 15), 124 (n. 22), 271, 278 (n. 2) Igino Gromatico pseudo, 8, 110 (n. 3), 200 (n. 4) Imad Ad-Din-Al Isfahani storico arabo, 125 (n. 23, 24) Imperiale (famiglia), 352, 357 (n. 31) Imperiale Gio Vincenzo, 334, 357 (n. 31) Innocenzo IL papa, 21, 117 (n. 11), 286 Innocenzo III papa, 208 (n. 64, 68) Invernizzi (famiglia), 498 (n. 32), 501 (n. 43) Invernizzi Angelo, 468, 469, 472, 496 (n. 26, 27), 497 (n. 27), 501 (n. 42, 43) Invernizzi Lino, 501 (n. 43) Invernizzi Lydia, 501 (n. 43) Ippolito da Roma, 207 (n. 60) Isaia profeta, 162, 207 (n. 57) Isidorus Hispalensi, 309, 510 Issel Arturo, 442 (n. 40) Istar divinità, 134, 136, 152 Jacopo da Varagine (v. lacopo da Varagine) Jean de Brienne, 125 (n. 23) Juan de Valleyo, 122 (n. 17) Lafrery Antonio, 272, 278 (n. 4) La Marmora Alessandro, 373 Lampugnani, 404 Lanfranco Avocato, 43 Lavarello (impresa edile), 456, 495 (n. 21), 496 (n. 26), 498 (n. 32), 499 (n. 34), 500 (n. 41) Leone imperatore, 14, 114 (n. 8) Leone Magno papa, 208 (n. 68) Leone IV papa, 194, 210 (n. 74) Lercaro Francesco Maria, 352
Lespine Louis Leger de, 273, 278 (n. 5)
Limbania santa, 353 Linati Gio Maria, 344 Liutprando, 286 Lomellini (famiglia), 352 Lomellini Giacomo, 329 Lomellino Battista, 318 Lomellino Stefano, 363 Lorenzo santo, 289 (n. 9) Ludolî de Sudheim, 124 (n. 20) Ludovico il Moro, 315, 507 Ludovicus Magnus, 347 Luigi I re, 40 Luigi IX il Santo, 23, 125 (n. 25), 251, 354 (n. 6) Luigi XII re, 317, 492 (n. 13) . Luigi XII (moneta di), 160, 161 (fig. 211 F), 206 (n. 52) Luigi XIV re, 345
Luxoro Tammar, 379, 435 (n. 15), 436 (n. 23), 439 (n. 30) ir (impresa edile), 489 (n. 4) Machiavello Macrino (moneta di), 14, 94 (fig. 153), 114 (n. 8), 126 (n.
Münster Sebastian, 355 (n. 14)
Muscola Sigismondo, 258 (n. 3) Musetto re di Sardegna, 287 Mussolini Benito, 466, 472, 495 (n. 16), 495 (n. 21, 24), 498 (n. 33), 500 (n. 37), 510 Nattini, 432 (n. 32) Nathau Ernesto, 442 (n. 39) Nicolas de Clairvaux, 187, 195, 198 Nür al-din, 126 (n. 27) Oberto visconte, 263 Oberto Cancelliere, 213, 258 (n. 3), 295 Oberto Doria, 311 Oberto Spinola, 294, 311 Oberto Scriba de Mercato, 267 (n. 9, 10) Oderzo, 282 Odone Sebastiano, 278 (n. 5)
Ogeriolangen di Boccherone, 294
SEI gy Maria, 320, 324, 325, 326, 327, 356 (n. 21), 357
Macs Aulus Ambros Tode, 270 ds GI d mado 34-10) Lino Malaucello Giovanni, 213 26)
Manetti
Gianozz
n
Onorio imperatore, 210, 211 (n. 74)
tra 26 19 Mambo Marabotto Maragone, (fratelli), 18, 116 (n.263 10)
Ordini 1 Mendicanti, 311 à Ospitalieri di San Giovanni, 128 (n. 28)
Marcenaro Michele, 379, 396 Marchisio Scriba, 308, 355 (n. 14) Marco santo, 355 (n. 11) Marduk divinità, 152, 154, 202 (n. 31), 306 MarengoE., 489 (n. 3) Maria José di Savoia, 462, 500 (n. 37), 502 (n. 48) Marré Bartolomeo, 359 Martinelli, 501 (n. 42) Martini Mario Maria, 499 (n. 37) Masena Lorenzo, 344 Massena generale, 371 Massenzio imperatore, 210, 211 (n. 74) Massimianus, 160 Matteo santo, 206 (n. 56) Mazzoni G., 397 (fig. 419) Merello Giovanni, 344 Merello Rubaldo, 499 (n. 34) Metius Modestus prefetto, 115 (n. 8) Michelangelo, 210 (n. 74) Michele santo, 315 Michele Paleologo imperatore, 292, 298 (n. 4) Mingone Carlo, 492 (n. 14) Modesto scrittore, 200 (n. 4) Modet disegnatore, 28 (fig. 54) Molfino Giorgio, 498 (n. 33) Mongiardino Benedetto, 315 Monthelier litografo, 25 (fig. 29), 26 (fig. 32) Morera Antonio, 479, 480, 484 (fig. 528), 498 (n. 33) Moresco Mattia, 496 (n. 27) Multedo Rosolino, 451, 452 (figg. 485, 486, 487), 453 (fig. 488)
Ottens R. & G, 273, 278 (n. 5) 200 (n. 11) Ottone di Frisinga, 210 (n. 73) Ottono Giudice, 294 Ovidius Naso Publius, 200(n. 1) Ozanne, 346, 347 (fig. 370), 358 (n. 37) Pallavicini Camillo, 375 Pallavicino Paolo Gerolamo, 352 Pandolfo, 295 Panizzardi Mario, 352, 353 Paolino, 108 Paolo di Soresina, 263, 313, 356 (n. 17) Paolucci Enrico, 502 (n. 50) Parini Luigi, 499 (n. 37) Parodi Francesco Maria, 379, 380, 381, 396, 433 (n. 9), 435 (n. 20), 438 (n. 29) Parodi Riccardo (impresa edile), 456, 495 (n. 21) Pasquale papa, 171 Pausanias, 200 (n. 1) Pavesi Pietro, 443 (n. 45) Pavolini Alessandro, 464 Perasso Giambattista, 471 Perasso L., 488 (fig. 352) Peroto Pineto tessitore, 315 Perugino, 322 Pescia Carlino, 445, 448, 489 (n. 4), 497 (n. 30), 510 Petit litografo, 27 (fig. 33) Petrarca Francesco, 271, 278 (n. 2), 309, 355 (n. 14) Pettondi Gregorio, 370 Piacentini Marcello, 445, 446 (fig. 479), 447 (fig. 480), 468,
Marana Giovanni Paolo, 347, 352, 353
Otalia contessa, 250 (ig. 301)
Otto Rudolf,
655
475 (fig. 514), 490 (n. 5), 492 (n. 15), 493 33), 500 (n. 41) Piaggio (famiglia), 496 (n. 25) olomini Enea Silvio, 355 (n. 14) II papa, 211 (n. 74) 1V papa, 210, 211 (n. 74) IX papa, 211 (n. 74) mbo Angela, 434 (n. 10) Pisacane Carlo, 491 (n. 11), 494 (n. 19) Pittaluga (famiglia), 491 (n. 11), 495 (n. 21) Pizzano Cristina, 215 Pizzorni Francesco, 439 (n. 30) Pizzorno C., 489 (n. 4) Platone, 115 (n. 8) Plinio, 111 (n. 5) Poggi Gaetano, 442 (n. 40), 490 (n. 8) Poggi Gian Nicolo, 454 (n. 12) Poggi Giuseppe, 433 (n. 9) Poggi Vincenzo, 439 (n. 30) Polibio, 8, 103, 110 (n. 3), 112 (n. 6), 216 Poliorcete Demetrio, 215 Ponselli, 334 Porco Guglielmo, 213 Porro, 445 Posidonio, 107, 215 (fig. 257) Previati Gaetano, 443 (n. 45) Prini Giovanni, 490 (n. 5), 495 (n. 18) Probo imperatore, 210 (n. 74) Procopius, 14, 86, 114 (n. 8), 124 (n. 21), 126 74), 281, 288 (n. 2) Proust Marcel, 307, 355 (n. 9) Prudenzio, 108 Pucci Mario, 492 (n. 16) Rabban Sauma monaco, 271 Raffo Cristina, 404 Raggio Angelo Maria, 359 Raimondi A. 469 (fig. 508), 470 (fig. 509), Raimondo maestro, 258 (n. 3) Raimondo di Borgogna, 50 Rainaldo cancelliere, 294 Ramirez Sancho re d'Aragona, 123 (n. 18) Raoul de Caen, 125 (n. 24) Rapetti, 489 (n. 4) Rauwolf, 154 Rayper Ernesto, 499 (n. 34) Recagno Gio Francesco, 359 Recalcato Oberto, 213 Resta Raffaele, 499 (n. 37) Riccardo Cuor-di-leone, 88, 119 (n. 14) Rimassa mosaicista, 501 (n. 42) Rinaldo di Chatillon, 128 (n. 28) Roberto d’Angid, 211 (n. 74) Roberto il Monaco, 86, 127 (n. 28), 191, 210 5) Roccatagliata, 320 Rodolfo di Lannoy, 301, 316 Romairone (impresa edile), 433 (n. 8) 656
(n. 18), 498 (n
(n. 26), 210 (n.
471 (fig. 510)
(n. 73), 228 (n.
Romairone Lazzaro, 379 Romanovski, 250 (fig. 300), 251 (fig. 302) Romolo santo, 286 Rosa, 491 (n. 10) Rossi Gio Domenico, 275, 274 (fig. 518) Rosso Giuseppe, 500 (n. 41) Rotari, 282 Roza Nicola, 213 Rubbiani Alfonso, 437, 438 (n. 26) Saccarotti Oscar, 501 (n. 42) Sacheri Giuseppe, 399 (fig. 423), 439 (n. 30) St. Gilles (conte di), 218 Saint Olon, 353, 357 (n. 29), 358 (n. 35) Saladino, 124 (n. 22), 125 (n. 24), 127 (n. 27), 128 (n. 28) Sallustio, 200 (n. 4) Salmanassar III re, 147, 204 (n. 43) Salutati Coluccio, 309 Samas (inno a), 204 (n. 41) San Giorgio (azienda), 498 (n. 33) Sanjust di Teulada Edmondo, 442 (n. 39) Sanmicheli Michele, 327 Sanuto Martin, 83 (fig. 137) Sargon II re, 140, 147, 203 (n. 39) Sauli (famiglia), 352 Savoia (famiglia), 329, 508 Sca iuseppe, 301, 377, 434 (n. 14) Schedel, 271 Schiappacasse Stefano (ditta), 496 (n. 26) Schultz J. K., 274, 278 (n. 6) Sciaccaluga (impresa edile), 473 Scipione, 113 (n. 6) Scipione l'Africano, 120 (n. 15) Scorticone Domenico, 340. Seleucidi, 86, 102, 126 (n. 27) Senno Tommaso, 344 Senofonte, 115 (n. 8) Severi imperatori, 13 Sforza (famiglia), 315, 507 Sicre Giacomo de, 361, 363 Sidonio Apollinare, 112 (n. 5), 288 (n. 2) Sigisberto, 288 (n. 5) Siro arcivescovo, 298 (n. 8) Siro II vescovo, 21, 117 (n. 11) Sisto santo, 112 (n. 5) Sisto III papa, 167 Solari Enrico, 495 (n. 21) Somalia, 442 124 (n. 22) Spalla Giovanni, 283 Spinola (famiglia), 352 Spinola Luca, 344 Stancone Guglielmo, 213 Stella Giovanni, 258 (n. 4) Stefano santo, 327 Stefano santo (nave), 499 (n. 37) Silicone, 210 (n. 74) Storace Achille, 463
359, 432 (n. 1) Sturla Giovanni, 344 Sulinkatti re, 146 Sutherland, 160 Svetonio, 158
Tafur Piero, 355 (n. 14) Tallone Quartier Mastro, 370 Tancredi di Antiochia, 128 (n. 28), 229 (n. 4) Tealdo de Sigestro, 242, 258 (n. 4) Tellipinu divinità, 142 Templari, 120 (n. 15), 125 (n. 25) Teodoberio re, 281 Teodolfo vescovo, 308 Teodoro papa, 168 Teodosio (monete di), 160, 206 (n. 52) Terenzio Alberto, 490 (n. 8) Thovez Enrico, 445 (n. 45) Tiamat divinità, 154 Ticonio, 163, 166, 179, 185, 209 (n. 69) Toesca Pietro, 17 Tommaso santo, 315 Torriani Guido, 500 (n. 38) Tucidide, 200 (n. 1) Tutmosis III, 202 (n. 26)
Ugo arcidiacono, 293 Urbano II papa, 191, 209 (n. 72) Ur-Nammu re, 138 Ursanabi, 134 Ursone, 298 (n. 2), 309 Usodimare Antoniotto, 492 (n. 16)
Valentiniano (moneta di), 160, 206 (n. 52) Valerio Massimo, 107, 113 (n. 6) Varni Antonio, 442 (n. 40) Vasari Giorgio, 213, 322 Vauban Sebastien le Prestre, 119 (n. 12, 14), 120 (n. 15), 361 Vegezio, 110 (n. 2), 111 (n. 5), 129, 200 (n. 4, 5), 215 Velasco, 123 (n. 17) Verdina Emanuele, 434 (n. 10) Viale Aldo, 456, 492 (n. 16), 495 (n. 18), 494 (n. 19) Viganò Vico, 495 (n. 24) Villa Gio Battista, 379, 396, 434 (n. 12), 439 (n. 30) Villa Santa Carlo, 468, 496 (n. 27) Viollet-Le-Duc Eugene, 9, 23, 37, 119 (n. 13), 215, 426 (n 26) Viridonius Anatolius, 110 (n. 3) Vitale Vito, 313 Vitozzi Ascanio, 111 (n. 5) Vitruvio, 8, 129, 200 (n. 4), 215 Vittorio Emanuele III re, 442 (n. 40), 456 Viviani Alessandro, 433 (n. 9) Walfrido Strabone, 210 (n. 73) Wald 1, 16 Wheatley, 200 (n. 9) Wolgemut Michael, 271, 272, 278 (n. 2) YanoskyM. J., 88 (fig. 143) Yıluyanka di
Zappa Zella, Zimei Zoagli
Giulio, 492 (n. 16) 456 Artemisia, 456 Francesco, 352
657
INDICE DI CODICI
Apocalisse (o Rivelazione), 158, 162, 164, 165, 166, 167, 168, 171, 172, 179, 183, 187, 195, 196, 198, 206 (n. 56), 207 (n. 57, 58, 60, 61), 209 (n. 69, 71) Beatus di: Bamberg, 209 (n. 69) Facondo, 185, 189 (fig. 245) Gerona, 179, 185 (fig. 241) Liebana, 172, 179, 183 Monaco, 209 (n. 69) Parigi, 209 (n. 69) San Severo, 179, 183, 184 (fig. 240), 186 (fig. 242), 190 (fig. 246), 191 (tig. 247), 192 (fig. 248), 195 (fig. 249), 196, 209 (n. 70), 305
E TESTI
PARTICOLARI
Cambrai (Bibbia di), 183, 187 Einsicdeln (Itinerario di), 194 Enüma elis, poema babilonese, Mirabilia, 8, 194, 211 (n. 74) Oxford (Bibbia di), 183 Reichenau (Codex Egberti di), Roma (Bibbia della biblioteca 209 (n. 69) Siriacum (Itinerario), 271 Utrecht (Salteriodi), 172, 182 Valenciennes (Apocalisse di), (n. 69) Vienna (Genesi di), 167, 183
(fig. 243), 209 (n. 69) 154, 205 (n. 45), 306 209 (n. 69) di san Paolo fuori le mura), (fig. 239), 209 (n. 69) 183, 188 (fig. 244), 209
659