La missione dei Cristiani nel mondo. Interviste, dichiarazioni, testi 9788856403657

La situazione attuale della chiesa ortodossa russa dopo lunghi decenni di persecuzioni e sofferenze. Il rapporto tra il

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La missione dei Cristiani nel mondo. Interviste, dichiarazioni, testi
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2 verità scomode

Patriarca Kirill

LA MISSIONE DEI CRISTIANI NEL MONDO interviste, dichiarazioni, testi

a cura di

Francesco Bigazzi

VLADIMIR MIKHAILOVICH GUNDJAEV (KIRILL I) La missione dei Cristiani nel mondo. Interviste, dichiarazioni, testi a cura di Francesco Bigazzi

Traduzioni Tatiana Timofeeva Ferdinando Spiniello Caterina Garzonio Editing Costanza Pagliai

In copertina: Sua Santità Kirill, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie (Casa editrice del Patriarcato di Mosca della Chiesa Ortodossa russa, p.g.c.) www.mauropagliai.it © 2018 EDIZIONI POLISTAMPA Via Livorno, 8/32 - 50142 Firenze Tel. 055 737871 [email protected] - www.leonardolibri.com ISBN 978-88-564-0365-7

IL PATRIARCA KIRILL

La Chiesa Ortodossa russa, quando il 27 gennaio 2009 il Concilio locale ha eletto Kirill, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, si trovava di fronte a due problemi importantissimi da risolvere con urgenza: voltare definitivamente pagina con il periodo sovietico; modernizzare l’apparato della Chiesa Ortodossa russa per far fronte in modo adeguato ai cambiamenti provocati dalla rinascita della religione nel paese. L’allora metropolita di Smolensk e di Kaliningrad, guardato con sospetto dai conservatori, perché considerato troppo vicino alla Chiesa Cattolica, rappresentava senza dubbio l’energia del cambiamento. Vladimir Mikhailovich Gundjaev, nato nel 1946 a Leningrado, proviene – e anche questo può essere considerato un segno di discontinuità – da una famiglia umile di religiosi dissidenti. Il nonno, Vassilij Gundjaev, tra gli anni ’20 e ’40, è stato più volte internato nelle isole Solovki, il primo campo di concentramento dell’Arcipelago Gulag1. Il padre, Mikhail Gundjaev, è stato condannato a tre anni di lavori forzati nel gulag di Kolima, l’ultimo cerchio dell’inferno concentrazionario che Varlam Shalamov ha descritto nel romanzo I Racconti di Kolima. Sono andati nei gulag per difendere la loro fede. Il giovane Vladimir Gundjaev, dopo la scuola secondaria, nel 1970 ha concluso gli studi al Seminario e all’Accademia teologica di Leningrado. Il 3 aprile 1969 ha ricevuto la tonsura monastica dal Metropolita

Vedi F. Bigazzi, Il primo gulag. Le isole Solovki, Mauro Pagliai, 2017, p. 47. 1

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di Leningrado e Novgorod Nikodim (Rotov), pochi giorni dopo è stato ordinato diacono e nel giugno dello stesso anno sacerdote. Come segretario personale del metropolita e insegnante dell’Accademia ha partecipato a numerose attività esterne del Patriarcato. Diventato archimandrita nel settembre del 1971, ha rappresentato la Chiesa russa presso il Consiglio Ecumenico delle Chiese e la Federazione mondiale della gioventù ortodossa Syndesmos. Nel 1974 è stato scelto Rettore del Seminario e dell’Accademia teologica di Leningrado e nel marzo del 1976 è stato consacrato vescovo di Vyborg, vicario della diocesi di Leningrado. In questi anni avviene la svolta. Nominato arcivescovo nel settembre 1977, dal 1979 è stato membro della Commissione del Sacro Sinodo per l’unità cristiana. Nel 1984 è stato trasferito alla diocesi di Smolensk, nel 1989 nominato presidente del Dipartimento delle relazioni esterne e membro permanente del Sacro Sinodo e nel 1991 eletto Metropolita. La straordinaria esperienza alla guida del Dipartimento delle relazioni esterne, una sorta di Ministero degli esteri della Chiesa Ortodossa russa, è stata di grande aiuto per la sua ascesa nelle gerarchie della Chiesa Ortodossa. Il Patriarca Kirill attribuisce grande importanza alle relazioni internazionali non solo tra le Chiese ortodosse, ma anche con le altre religioni. In questo contesto le relazioni con la Chiesa Cattolica di Roma hanno subìto un impulso insperato e l’incontro all’Avana del Patriarca Kirill con Papa Francesco si è concluso con uno storico abbraccio. In attesa di avere gli elementi sufficienti per valutare i risultati di questo incontro, emerge con chiarezza che sarà difficile tornare indietro: personalità così diverse, ma animate dalla stessa determinazione di andare oltre il Grande Scisma del 1054, hanno dimostrato che con un semplice abbraccio si può abbattere il muro dell’incomprensione. 6

Il Patriarca Kirill negli ultimi venti anni ha svolto un ruolo di primo piano nella vita intellettuale e culturale russa, intervenendo spesso pubblicamente a dibattiti e conferenze per esprimere il punto di vista della Chiesa, anche attraverso i mass-media, su questioni relative alla vita sociale, politica ed economica del Paese, e collaborando attivamente con varie strutture dello Stato, soprattutto a livello legislativo. Sotto la sua direzione è stato elaborato il documento sui fondamenti della concezione sociale della Chiesa Ortodossa russa, adottato dal Concilio giubilare dei vescovi nell’anno 2000. Per lunghi anni ha preso parte attiva al dialogo interortodosso ed è stato impegnato nelle attività ecumeniche della Chiesa russa, membro del Comitato Centrale e del Comitato Esecutivo del Consiglio Ecumenico delle Chiese, di commissioni teologiche interortodosse o di dialogo ortodosso-cattolico, ortodossoprotestante. Diverso dai suoi predecessori è anche il rapporto con il potere. Divenuto un alleato stretto, ma soprattutto convinto e determinato, del Presidente Vladimir Putin, il Patriarca Kirill invoca una «non interferenza reciproca» nei rapporti tra Stato e Chiesa. La separazione dei poteri, peraltro sancita dalla Costituzione russa, non impedisce al Patriarca e al Presidente Putin di trovare piena unità di vedute su tutti i problemi chiave della Russia attuale. Lo stesso Patriarca Kirill, con estrema sincerità, descrive la linea che si interseca con quella del Cremlino: il Patriarca Kirill è in sintonia con il Presidente Putin nella difesa dei valori conservatori, in contrapposizione al liberalismo dell’Occidente, e dell’identità nazionale russa. Uniti per essere entrambi garanti della stabilità del Paese, la Chiesa è il pilastro e il partner dello Stato. Il Patriarca Kirill va tuttavia oltre il rapporto con il potere in Russia. Il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, si rivolge ai milioni di russi che si trovano 7

oggi oltre i confini della Russia, agli altri paesi dove la Chiesa Ortodossa russa è presente, per fare un invito pressante all’unità. Non solo unità religiosa, ma anche unità culturale, che ha origine nelle radici stesse della Chiesa Ortodossa russa che è nata a Kiev. Del resto nel corso dell’incontro con il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I avvenuto il 31 agosto 2018 a Istambul, il Patriarca Kirill ha sottolineato: “Non abbiamo mai perso la consapevolezza di essere un unico paese e un unico popolo. È impossibile considerare Kiev come qualcosa di estraneo al nostro paese, poiché Kiev è il punto di partenza della nostra storia. La coscienza nazionale di sé dei russi e degli ucraini è garanzia dell’unità della Chiesa Ortodossa Russa”. Parole che cadono nel vuoto lasciando spazio a nuovi rancori. Pochi mesi dopo, il 31 dicembre 2018, il Patriarca Kirill, non esita a pronunciare parole molto più dure contro chi ritiene colpevole di attentare all’unità della Chiesa Ortodossa Russa. Non esita a esprimere “profondo rammarico, sconcerto e indignazione in relazione alle azioni anti-canoniche del Patriarcato di Costantinopoli” contenute nella lettera inviata dal Patriarca Bartolomeo I dove, tra l’altro, si informa la Chiesa Ortodossa Russa “della “riabilitazione” degli scismatici ucraini e “dell’annullamento” del documento che da più di trecento anni sancisce la trasmissione della metropolia, della provincia ecclesiastica, di Kiev alla giurisdizione del Patriarcato di Mosca”2. Francesco Bigazzi

La lettera del Primate della Chiesa Ortodossa Russa a Sua Santità il patriarca Bartolomeo I è pubblicata integralmente a p. 109. 2

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LA MISSIONE DEI CRISTIANI NEL MONDO

LA CHIESA ORTODOSSA RUSSA IERI E OGGI

Santità, dopo settant’anni di persecuzioni e sofferenze, la Chiesa Ortodossa ha riacquistato la sua antica gloria. Si tratta di un ritorno al ruolo che la Chiesa Ortodossa ricopriva nella Russia zarista o stiamo assistendo a una vera e propria rinascita? Nel XX secolo la nostra Chiesa è stata sottoposta a dure sfide, sia per la complessità dell’organizzazione interna, sia per l’inaudita persecuzione dei suoi figli fedeli. Tuttavia, come disse il Santo Martire Ilarion (Troitsky) nel 1920, quando fu nominato vescovo: «La Chiesa di Dio si erge con fermezza, solamente decorata, come da bisso e porpora, del sangue dei nuovi martiri. Quello che sappiamo dalla storia della Chiesa, quello che abbiamo letto nelle antiche Scritture, ora lo vediamo con i nostri occhi: quando è perseguitata, la Chiesa vince». Avevano di fronte ancora molti decenni di persecuzione, ma i nostri nuovi martiri e confessori, combattendo per la fede, si sono fatti testimoni dell’immutabilità della promessa del Salvatore: Io edificherò la mia chiesa e le porte dell’inferno non la potranno vincere (Mt 16, 18). Negli ultimi decenni abbiamo assistito a questo straordinario fenomeno di portata storica. È come se, citando Aleksandr Isaevicˇ Solženicyn, da sotto le macerie sia sorta questa nuova realtà del paese. Posso solo ringraziare Dio per tutto ciò che sta avvenendo. Lungi da me voler parlare del ruolo del Patriarca per questo cambiamento, perché il ruolo di una persona non può essere decisivo. Tutto ciò che sta accadendo, voglio ribadirlo, è il risultato del nostro cammino storico, delle 11

lacrime e delle preghiere delle precedenti generazioni. Mi riferisco al sangue dei martiri e delle vittime innocenti: proprio tutto questo è ciò che grida al cielo. E il Signore vede e accetta nella sua vita divina il sacrificio colossale che ha compiuto il nostro popolo. Ciò non esclude la necessità di uno studio accurato e imparziale della storia, comprese tutte le sue pagine più ripugnanti. La storia, come è noto, non si fa con i se e con i ma. Così, coerentemente con le parole del Salvatore: «Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto!» (Gv 5,30). Infatti, ciò che è stato, non cambierà, e occorre solo tentare di esprimere un giudizio imparziale. Noi, ad esempio, non idealizziamo la posizione della Chiesa nella Russia zarista perché il periodo sinodale ha privato la nostra Chiesa dell’istituzione del Patriarcato. Sebbene il governo fosse ortodosso e facesse molto per la Chiesa, per la rivelazione dell’ortodossia, la Chiesa, nonostante ciò, perse ogni opportunità di rivolgersi direttamente alle persone su problemi riguardanti la vita del paese, della società e dello Stato. Il capo dello Stato parlava in nome della Chiesa, ma quando scoppiarono i tumulti molti smisero di ascoltare la voce dello Zar. La Chiesa, proprio in questo delicato frangente, non ha avuto la possibilità di parlare ufficialmente e di sottoporre all’analisi spirituale quello che stava accadendo nel paese.

Qual è stato il significato del Concilio che si è tenuto negli anni 1917-1918? Dopo il cambiamento del sistema statale, una volta caduta la monarchia russa, la gente, spinta da un sentimento molto profondo, abbracciò l’idea di restaurare il Patriarcato perché la coscienza della Chiesa non poteva accettare il fatto che, ad un certo punto della storia, il potere statale usurpasse il potere della Chiesa e 12

la rendesse sottoposta. Per questo motivo il Concilio locale decise che il suo compito prioritario fosse quello di ripristinare il Patriarcato, di restaurare il potere canonico legittimo. Come accade il più delle volte, quando si tratta di problemi cruciali, emersero gli avversari sia della restaurazione del Patriarcato che della sottrazione della Chiesa dal controllo statale. Le voci furono diverse, ma la volontà del Concilio fu inflessibile e il Concilio stesso scelse il Santo Tichon come Sua Santità Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Il Concilio del 1917-1918 è stato davvero un evento storico, e il fatto che questo Concilio abbia chiamato alla guida della Chiesa Sua Santità il Patriarca Tichon, il Confessore, dimostra la potenza della mano di Dio che ha guidato i padri conciliari. Un osservatore esterno può nutrire dei dubbi su quanto detto, perché molti, se non la maggior parte dei membri del Concilio, sono stati repressi, l’episcopato eliminato, sterminato, proprio come è accaduto anche per altri membri del clero. Cosa poteva fare il Concilio? La malvagità umana ha distrutto tutto? Noi rispondiamo di no! Se siamo nel XXI secolo, cento anni dopo, a glorificare le idee, le azioni e i pensieri meravigliosi di questo Concilio, ciò significa che niente è stato inutile. I nomi di coloro che hanno perseguitato il Concilio, a eccezione di coloro che hanno compiuto gli atti più terribili, sono ormai dimenticati e invece ricordiamo ancora i nomi di coloro che presero parte al Concilio. Oggi ci rivolgiamo a loro come santi patroni della Chiesa, e crediamo che il loro sostegno, che invochiamo nella preghiera, ci aiuti molto ad andare nella direzione che sognavano i padri conciliari. Molti furono gli atti del Concilio. Alcuni di questi furono messi in pratica, ma la successiva persecuzione della Chiesa ne impedì l’attuazione. Il Concilio ha operato in un paese diverso, in condizioni completamente diverse. Molte delle decisioni conciliari hanno perso naturalmente la loro pertinenza e non possono essere 13

applicate nella vita moderna. Ce ne sono alcune, invece, che oggi, con gli emendamenti introdotti, non solo sono state attuate, ma portano anche dei vantaggi importanti. Sappiamo che il Concilio fu organizzato dalla Commissione Preconciliare mediante un ampio dibattito sui vari argomenti da trattare, nel quale furono coinvolti sia le scuole religiose, che il clero, alcuni importanti studiosi e il popolo. Oggi la Commissione Preconciliare è stata sostituita dalla Commissione Inter-conciliare della Chiesa Ortodossa russa. In nessun paese del mondo le questioni relative alla Chiesa sono discusse come si fa oggi in quella ortodossa russa. I progetti da adottare si realizzano attraverso un pensiero armonico, con la partecipazione dell’episcopato, del clero, dei religiosi, dei laici, e poi vengono pubblicati su Internet in modo tale che tutti possano prenderne visione. Riceviamo molti, veramente molti commenti su di essi. Numerose modifiche vengono apportate ai testi, tenendo conto della discussione generale nella Commissione Inter-conciliare, e solo successivamente i documenti si sottopongono alla discrezione del Sacro Sinodo o del Concilio dei Vescovi. Ancora una volta voglio ribadire: tutto ciò non esiste in nessun’altra Chiesa del mondo. La Chiesa Ortodossa russa, avendo introdotto la Commissione Inter-conciliare al posto della Commissione Preconciliare, sta facendo di tutto per garantire che tutta la Chiesa, nel suo insieme, possa partecipare alla formazione delle posizioni della Chiesa stessa sulle questioni contemporanee più importanti: teologiche, ecclesiali, liturgiche, etc. C’è anche qualcosa d’importante che è stato provocato dalla saggezza del Concilio del 1917-1918. In tutto il paese, in conformità con le decisioni del Concilio, furono create delle Arcidiocesi. Fu quindi ripristinata l’antica amministrazione della Chiesa, con la quale il metropolita era responsabile per la vita spirituale della regione e, nello stesso momento, era anche 14

l’arcivescovo della città principale. Nel territorio della regione c’erano inoltre anche i vescovi – due, tre, quattro, cinque, a seconda della regione – e tutti i vescovi si prendevano cura congiuntamente del rafforzamento della vita ecclesiale nel nostro paese. Questo nuovo sistema di amministrazione della Chiesa, nato in effetti dal Concilio del 1917-1918, presenta anche oggi risultati positivi. Io viaggio in tutto il paese e vedo cosa succede. Vedo come nei centri provinciali risorgono chiese e monasteri, come attorno al vescovo si creano centri spirituali e intellettuali, come ad esempio l’intellighenzia locale e il clero riflettono insieme sul destino della loro terra, del paese, della Chiesa. Grandi forze popolari sono messe in moto, tutto grazie alla saggezza dei Padri del Concilio. Tutto ciò che traiamo dalla saggezza del Concilio e mettiamo in pratica ci aiuta certamente, per misericordia di Dio, a rispondere – forse non in modo così brillante e forte come vorremmo – alle domande e alle sfide che il mondo, lontano da Dio, sta ponendo alla Chiesa.

Come è valutato, nella Chiesa russa, l’atto del Metropolita Sergio? Sappiamo che il Metropolita Sergio ha compiuto questo passo, senza violare in nessun modo né i dogmi né i canoni, al fine di creare i presupposti per un possibile sviluppo dei rapporti con lo Stato e il rafforzamento della posizione della Chiesa in Unione Sovietica. In un primo momento, qualcosa è riuscito a fare, e sappiamo che il periodo tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ’30 è stato caratterizzato da un gran numero di ordinazioni episcopali e dalla creazione di diverse diocesi, anche nelle città distrettuali. Sembrava che la Chiesa avesse l’opportunità di ripristinare la sua impalcatura canonica… Purtroppo, come la storia ha dimostrato, tutto si è concluso già nel 1934, quando è 15

arrivata la prima ondata di repressione degli anni ’30. E poi negli anni 1937-1938, alla vigilia dello scoppio della guerra, la nostra Chiesa arrivò quasi completamente dissanguata: il popolo, il clero, i vescovi passarono attraverso un periodo di terribile persecuzione. Questa è la pagina più dura della nostra storia nazionale, la pagina più difficile della storia della Chiesa. Eppure nel 1943, senza la decisione coraggiosa del Metropolita Sergio, non sarebbe stato possibile l’inizio di nuove relazioni tra la Chiesa e lo Stato.

Quando è fiorita la nuova primavera della Chiesa Ortodossa russa? È possibile stabilire una data esatta? Nel mezzo della Grande Guerra Patriottica si verificò una svolta storica nei confronti delle azioni compiute nell’era sovietica da autorità senza Dio contro la Chiesa. I luoghi di culto ricominciarono ad aprire, i vescovi e i sacerdoti ritornarono dalle prigioni e dai Lager e, nell’immediato dopoguerra, si ebbe un leggero momento di calma che diede alle persone l’opportunità di visitare di nuovo le chiese, di battezzare i figli, di pregare, di ricevere i sacramenti, di confessare i peccati. Questa breve tregua è stata sufficiente per sopravvivere fino agli anni ’90, quando la situazione della Chiesa nel nostro paese è cambiata di nuovo. Eravamo molto deboli. Siamo stati criticati da tutti, sia all’interno che all’esterno della Russia. Nessuno credeva possibile la rinascita della Chiesa russa, a partire da coloro che, nei primi anni ’90, sono arrivati nel nostro paese come dei Crociati, con l’intenzione di eliminare i resti della fede ortodossa e convertire il nostro popolo a un’altra religione. Si sbagliavano, però, perché l’umile servizio della Chiesa, che è stato reso possibile grazie all’eroismo della vita di San Sergio, ha permesso l’arrivo di una nuova generazione dell’episcopato e del clero, in grado di difendere la Chiesa e di rafforzare la 16

fede in Cristo. Niente di tutto questo sarebbe accaduto, non ci sarebbero stati servitori della mia generazione e di quelle a venire, se il patriarca Sergio, compromettendo la sua autorità, non avesse fatto quello che ha fatto, fermando la mano dei persecutori.

Come sono trascorsi i primi anni della Chiesa, liberi dai legami sovietici? Ogni epoca ha portato con sé nuove sfide e nuove difficoltà, ma anche diverse gioie. Quando, nel 1988, si è verificata la svolta storica e lo Stato si è reso conto che non era più possibile continuare la politica di limitazioni e di molestie contro la Chiesa, si sono tenute le celebrazioni principali dedicate al 1000° anniversario del Battesimo della Russia. Non eravamo in un momento storico semplice. Gli anni novanta sono stati quelli del cambiamento del potere dello Stato, della sua struttura, della trasformazione politica ed economica della società. Tutto ciò si è rivelato un compito difficile, complicato, che richiedeva la concentrazione di tutti i poteri, non solo per mantenere, ma anche per rafforzare la posizione della Chiesa sia fuori del paese, che nella nostra Patria, per approfittare dell’opportunità di creare un tipo diverso di organizzazioni ecclesiastico-governative, per promuovere la formazione di nuove istituzioni sinodali e iniziare a lavorare in quelle aree della Chiesa, che non avremmo mai potuto sognare di raggiungere negli anni precedenti. Il Signore mi ha incaricato di dirigere per vent’anni, proprio in quel difficile momento, il Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne. Posso constatare, per esperienza personale, quanto questa attività sia stata difficile, da un lato, e quanto sia stata stimolante dall’altro, perché si sono potuti vedere i frutti del nostro lavoro. 17

Come possiamo definire le relazioni di oggi tra la Chiesa Ortodossa e la nuova Russia? Parlando dei rapporti tra Stato e Chiesa va notato che negli ultimi tempi si sono sviluppati molto. Si rafforzano in quei settori in cui è stata realizzata una buona cooperazione. Ma se stabiliamo un limite e parliamo delle cose più importanti, non di progetti specifici, ma delle basi ideologiche di questa cooperazione, allora è lecito affermare che al centro di questa cooperazione c’è la nostra cura comune per l’uomo. Le relazioni tra la Chiesa e lo Stato e fra la Chiesa e la Società, plasmano, sotto molti aspetti, il clima nel paese, nel popolo. Non potrebbe essere altrimenti dal momento che si prende in considerazione il ruolo storico della Chiesa e la sua partecipazione alla formazione spirituale, alla creazione dell’identità culturale del popolo, si prende in considerazione l’enorme influenza che la Chiesa ha avuto nello sviluppo del nostro Stato e della nostra Nazione. Quando parlo del nostro popolo, intendo non solo chi vive all’interno dei confini della Federazione Russa, ma anche chi fa parte della Russia storica.

Qual è la missione della Chiesa nella civiltà di oggi? Oggi, per dirlo con le parole dell’Apostolo Paolo, affinché la missione cristiana possa avere successo, dobbiamo avere «a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace» (Ef 4,3). Questa è una delle lezioni più importanti che il passato ci ha insegnato. La Chiesa, essendo fedele alla verità di Dio, si fa testimone del Vangelo verso tutti, sia verso le autorità che verso la gente comune. La Chiesa non ha scopi terreni, non aspira al potere, non cerca di competere con il governo, ma si impegna nel suo unico compito: la salvezza delle anime. Quando 18

arriva il momento della verità, la Chiesa con umiltà e calma, ma con voce ferma rivela il Vangelo ai potenti della terra. Oggi la Chiesa si appella alle persone affinché non alimentino i conflitti sociali o di altro tipo, affinché nei mutamenti in corso non si faccia giustizia con il ricorso alla lotta, ma si scelga la solidarietà e il servizio reciproco. Per vincere le disuguaglianze, che persistono nella nostra società, e per superare pacificamente le falsità, è necessario questo approccio, poiché solo uno sviluppo pacifico può condurre la gente e il paese verso il benessere. La Chiesa non deve intraprendere nessun altro cammino se non quello di proclamare Cristo nei luoghi vicini e lontani e, ancor più, quello di servire il mondo nelle viscere del proprio popolo.

Qual è oggi il percorso della Chiesa in Russia? Con la grazia di Dio perseveriamo nella nostra fede ortodossa, nella nostra identità nazionale e stiamo sviluppando, in questo codice spirituale e culturale, tutte le nostre potenzialità, tutti i nostri punti di forza. D’altronde credo che solo in questo modo la Russia possa esistere come uno Stato indipendente e forte. Quando dico la Russia, intendo tutta la Russia storica… preghiamo che Dio impedisca qualsiasi cosa ostacoli la continuazione di questo percorso benefico. Pertanto, quando gli osservatori mi chiedono come vedo il futuro della Russia, del nostro popolo, della Chiesa russa, io con umiltà e fiducia nella volontà di Dio rispondo sempre: «Per il futuro ci aspetta il meglio». Non dobbiamo disonorare l’esperienza dolorosa delle precedenti generazioni, deludere le loro speranze su una rinascita completa, nonché sulla crescita della vita spirituale del popolo e della nostra patria. Tutti partecipano a questa grande trasformazione. Come Patriarca, sono felice di poter vedere e apprezzare 19

quanto siano importanti i cambiamenti che stiamo vivendo. Il Signore preservi la nostra patria, il nostro popolo, la nostra Chiesa e tutte le persone che oggi lavorano nella famiglia multinazionale e multireligiosa dei popoli della Russia per creare un futuro migliore.

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CHIESA E SOCIETÀ

È accettabile la partecipazione della Chiesa alla vita politica della società? Qual è il ruolo della Chiesa nella politica? Il problema principale della politica è la questione del potere. L’attività politica è sempre connessa a questo problema, che consiste nell’aspirazione dell’uno o dell’altro gruppo di persone, unite in un partito o in un movimento, a ottenere il potere. Quindi la Chiesa, va detto in maniera categorica, non deve entrare su questi temi – in nessun modo! D’altronde la Chiesa onestamente può parlare con tutti in modo aperto, perché sono tutti fratelli e sorelle, poiché non s’azzarda a fare alcuna distinzione in base ai fattori politici. Chiunque può andare in chiesa, farsi il segno della croce, entrare e sentirsi a casa – non importa a quale partito appartenga. Per tutti, la Chiesa deve essere la casa comune e, affinché sia così, la Chiesa non può scrivere sui suoi stendardi slogan politici e azioni politiche specifiche. La Chiesa non deve esercitare alcun potere politico per influenzare le autorità. In caso contrario, la Chiesa diventerebbe una forza politica, perdendo la fiducia della gente. La Chiesa ha un solo modo per influenzare chi detiene il potere come pure i deboli e i ricchi, i poveri, i colti e gli ingenui, ovvero predicare la Parola di Dio. Ci sono molti credenti al potere oggi. Sono i nostri laici, il nostro gregge. Naturalmente una persona sinceramente religiosa dovrebbe percepire ciò che la Chiesa insegna al mondo e contare sui valori più grandi 21

dell’etica cristiana, possibilmente anche sulla propria attività professionale. Questa è appunto l’influenza universale della Chiesa. Che Dio aiuti la Chiesa a mantenere questa influenza spirituale sul proprio popolo, del quale, come ho detto, fanno parte sia i potenti che quelli senza alcun potere, senza cedere alla tentazione di usare il potere politico per raggiungere i propri obiettivi. In tutta la sua storia la nostra Chiesa è riuscita a evitare tali tentazioni, e speriamo di riuscirci anche oggi.

Come riesce la Chiesa a non interferire nella politica e, nello stesso tempo, a rimanere la coscienza del popolo anche nel prendere decisioni politiche? La Chiesa ha solo una chiamata: la salvezza dell’uomo. E ciò viene attuato in modo tale che le persone possano acquisire il vero significato della vita, che si elevino verso le stelle e non si sforzino di cadere negli abissi. Un compito della Chiesa è quello di garantire un alto livello di consenso popolare. Non contro, la sovrastruttura di valori, ma nel rispetto dei valori fondamentali su cui si basa la vita, la personalità, la società, l’ideale – e la vita dello Stato, e per questo noi interagiamo con il mondo della politica. Abbiamo un dialogo con quasi tutti i partiti politici. Secondo i principi fondamentali del contesto sociale, non abbiamo alcuna intenzione di sostenere nessuna forza politica in particolare. Sosteniamo, invece, ogni forza politica che lavori per preservare e moltiplicare i valori di cui stiamo parlando. E se ci propineranno interventi politici del tipo che, per raggiungere la felicità umana abbiamo bisogno di abbassare l’età del matrimonio o, ancora, di rendere più accessibile l’aborto, etc. diremo: «Noi non vi seguiremo su questa strada, ma saremo contro di voi. Proclameremo pubblicamente che siete nel torto». Non sarà fatto con cattiveria, 22

perché anche loro sono parte del nostro gregge e, d’altra parte, nessuna persona che va in chiesa ed è politicamente impegnata, dovrebbe chiedermi: «Lei è mio sostenitore o mio avversario?». Dovrebbe invece entrare nella chiesa come se fosse casa sua, e se si trovasse accanto al rappresentante di un’altra fazione, non dovrebbe sentirsi imbarazzato, proprio perché la Chiesa dovrebbe essere come una casa per tutti. Se vogliamo rimanere la voce della coscienza negli affari politici, dobbiamo restare al di sopra del conflitto e non essere una parte nella lotta politica. E con l’aiuto di Dio ci riusciamo. Quando nel 1993 scoppiò una crisi terribile, il solo luogo dove le opposte fazioni potevano incontrarsi era il monastero Danilov, sede del Patriarca. Non fu per colpa della Chiesa se le negoziazioni successivamente furono interrotte. La Chiesa, al contrario, svolse un ruolo molto importante affinché il conflitto tra il potere legislativo e quello esecutivo non sfociasse nella tragedia di una guerra civile in tutto il paese.

Come possiamo valutare oggi il rapporto tra Chiesa e lo Stato? La nostra Chiesa non è solo la Chiesa della Federazione Russa e quindi non siamo indifferenti al modo in cui si stanno sviluppando i rapporti con le nostre diocesi e con le Chiese autonome, compreso quelle di altri paesi, oltre alla Russia. Nel nostro paese viviamo un periodo molto favorevole. Forse, in tutta la storia della Russia non c’è stato un altro momento nel quale il governo abbia trattato la Chiesa con tanto rispetto, senza interferire nei suoi affari interni. Dal canto suo la Chiesa, senza interferire direttamente nella politica dello Stato, ha il diritto di chiarire la propria posizione su molte questioni vitali. Dobbiamo ringraziare il Signore che, dopo 23

una terribile persecuzione, ci sta donando questa tregua spirituale, nella quale noi costruiamo chiese, scuole ed educhiamo i giovani. Che, tuttavia, in nessun modo, queste condizioni favorevoli ci facciano abbassare la guardia. Dobbiamo ricordare che nella storia può succedere di tutto. Ogni prete che sale al pulpito e parla della verità di Dio deve svolgere il servizio profetico, assumendosi ogni responsabilità e tutti i rischi. Se parliamo dei problemi inerenti i rapporti tra la Chiesa e lo Stato, specialmente nel territorio della Federazione Russa, si deve notare, con gratitudine a Dio, che fino a oggi i problemi più complessi e difficili sono stati risolti. Si tratta di problemi relativi all’insegnamento delle basi della cultura ortodossa e alla partecipazione del clero nella vita delle forze armate, ma anche della restituzione alla Chiesa di tutto ciò che illegalmente e violentemente le è stato portato via attraverso il sangue e le sofferenze di tante persone. Naturalmente rimangono all’ordine del giorno molti problemi che non riguardano la sfera delle relazioni Chiesa-Stato, ma sono legati allo sviluppo dell’interazione Chiesa-società-poteri e al loro dialogo reciproco, per risolvere le problematiche che ci vengono poste di fronte. Lo Stato è indifferente riguardo il livello di moralità dei cittadini? Può una società immorale rispettare la legge? È possibile affrontare la corruzione e la criminalità al di fuori della morale? Il sistema giuridico più perfetto non funzionerà, le agenzie di vigilanza più potenti non saranno in grado di proteggere la società dall’auto-decadenza, se la personalità umana decade. Penso che questo sia il fulcro della cooperazione tra Chiesa e Stato. Noi lavoriamo per salvare l’anima, mentre lo Stato è per sua stessa natura interessato all’educazione morale dell’individuo. Per questo motivo tutto il resto deriva da tale comunione. E chi può dire che questo è male? Quale persona sana di mente e dotata di buona memoria potrebbe dire che gli sforzi congiunti messi in atto da persone appartenenti a reli24

gioni e ideologie differenti per raggiungere un obiettivo comune – la perfezione morale della persona umana – debbano essere considerati come una cooperazione negativa? Vorrei rispondere con queste parole ai nostri critici che, da un lato, accusano lo Stato di fare preferenze, dall’altro criticano la Chiesa di interagire troppo con lo Stato. Dopo tutto, collaboriamo per raggiungere obiettivi fondamentali, valori assoluti. La Chiesa interagirà con qualsiasi forza, anche con le forze pubbliche, ed è questo che stiamo facendo, collaborando con le istituzioni della società civile.

In quali sfere interagiscono Chiesa e Stato? L’interazione con lo Stato, in molti paesi dove la nostra Chiesa opera ufficialmente, è totale. Tutto ciò riguarda le sfere di attività in cui i cristiani ortodossi, essendo cittadini dei loro Stati, devono essere assistiti dalle autorità per ottenere che sia garantito il loro diritto alla libertà religiosa. Le istituzioni della Chiesa, per quanto riguarda la Russia, lavorano attivamente con rappresentanti di vari rami e livelli del governo. Vorrei evidenziare, in particolare, la collaborazione con l’Amministrazione del Presidente della Federazione Russa, con il Governo della Federazione Russa, con l’Assemblea federale, il Ministero della Giustizia, il Ministero della Difesa, il Ministero degli Affari Interni e le altre Forze dell’ordine, il Ministero degli Affari Esteri, il Ministero della Cultura, Ministero dell’Istruzione e della Scienza e con la maggior parte degli Enti regionali e locali. Gli ultimi anni sono stati caretterizzati dalla soluzione di una serie di problemi fondamentali nel campo delle relazioni Chiesa-Stato. Nel 2009, in via sperimentale, è stata adottata un’iniziativa che prevede l’introduzione, nelle scuole di alcune regioni, dell’insegna25

mento sui “Fondamenti delle culture religiose e dell’etica laica”. Tale iniziativa ha mostrato l’assoluta validità ed è stata diffusa in tutta la Russia. Si sta sviluppando l’istituzione del clero nelle Forze Armate. La sua realizzazione prevede l’assunzione del personale di ruolo per il posto di cappellani militari. Non sono solo preti ortodossi, ma anche rappresentanti di altre religioni tradizionali. Per secoli la Russia ha tenuto viva e forte la tradizione che prevede la cura spirituale dei prigionieri. Nelle strutture carcerarie del Servizio penitenziario federale si trovano centinaia di templi dai quali si leva in alto la preghiera; ci sono molteplici comunità ortodosse che uniscono decine di migliaia di detenuti; ci sono le scuole domenicali. Oggi nella Federazione Russa i sacerdoti visitano le istituzioni del sistema penitenziario e sono state adottate leggi per consentire ai cappellani di lavorare nelle carceri. Ha preso piede la pratica di concludere accordi di cooperazione tra la Chiesa e le agenzie statali sia a livello federale che regionale. Spero che questa pratica, che pone la collaborazione con le autorità statali su una solida base istituzionale, possa avere ulteriori sviluppi. Cerchiamo di assicurare che tra i vescovi di ogni diocesi e i governatori delle regioni vi siano accordi per lavorare insieme. E queste di gran lunga non sono tutte le sfere dove collaboriamo attivamente con lo Stato.

Qual è l’importanza della Chiesa nel processo educativo? Il destino di una nazione è in gran parte influenzato dal tipo di istruzione e di educazione che una persona riceve in età molto giovane. In questo campo gli interessi della società e quelli dello Stato sono diretti verso una complessa collaborazione. Milioni di persone sono 26

coinvolte nel processo educativo insieme a molte istituzioni sociali e di potere. L’istruzione, dando vita a gran parte del contenuto del dialogo tra le autorità secolari e quelle spirituali, è una sfera importante per la cooperazione tra la Chiesa e lo Stato. La conoscenza della lingua, della cultura e della tradizione religiosa prevalente deve essere senza dubbio un mezzo per rafforzare la pace interetnica e raggiungere l’armonia generale. Ecco perché gli sforzi educativi della Chiesa Ortodossa russa potrebbero contribuire ai processi di armonizzazione sociale e di pacificazione civile. La Chiesa, svolgendo la sua missione eterna, istruendo i cittadini della patria celeste, gli uomini di Dio, preparati per ogni opera buona (cf. 2 Tm 3,17), può e deve, in collaborazione con lo Stato e la società, svolgere un servizio pastorale significativo nel settore dell’istruzione, formando patrioti convinti, buoni custodi del focolare domestico, cittadini rispettosi della legge, capaci di costruire il bene della vita terrena della Patria. Nel contesto dei cambiamenti che avvengono oggi nel mondo, acquista particolare significato la possibilità di preservare il ruolo educativo dell’istruzione tradizionale per il nostro Paese. A questo proposito desidero sottolineare nuovamente l’importanza di una materia come “Le basi delle culture religiose e dell’etica secolare”. Oggi, un numero crescente di esperti sulle tematiche dell’istruzione, è consapevole della necessità, in considerazione anche del valore educativo di questa materia, di prolungarne l’insegnamento oltre la quarta classe. Ne abbiamo parlato più volte e insisteremo a parlarne perché, in ultima analisi, si tratta di preservare, nell’era della globalizzazione, la nostra civiltà russa multinazionale, la sicurezza spirituale del paese, lo sviluppo armonico della persona. Tali questioni vanno affrontate anche nei licei, negli istituti professionali e nelle università. Questo perché una persona deve modellare la propria visione del mondo non solo durante 27

il periodo della scuola dell’obbligo, ma costantemente, almeno fino a quando si ha la fortuna di poter imparare qualcosa. Amiamo i nostri giovani e auspichiamo per loro un futuro simile al nostro: pertanto devono essere preparati tempestivamente, per far fronte alle idee pericolose che mirano alla distruzione del nostro mondo, ricorrendo perfino all’estremismo religioso. Importanti sono anche le scuole teologiche, poiché la teologia non serve soltanto alla preparazione dei sacerdoti. La teologia è necessaria anche nelle università laiche, dove specialisti s’impegnano in tale studio, pur essendo estranei alla Chiesa. Il sostegno alla teologia da parte dello Stato non mette in alcun modo in discussione il principio della laicità dell’educazione, ma, se si vuole, è la fine simbolica di quel sistema di istruzione aggressivamente ateo, non creato dalla comunità accademica, bensì da ideologi di partito. Nel 2017, in Russia è stata discussa la prima tesi di dottorato in teologia. Questo evento, di per sé piccolo, è storico, perché è stato il primo nella Scuola superiore dell’era post-sovietica. Naturalmente questi eventi dovranno moltiplicarsi nei prossimi anni. È necessario pubblicare nuovi libri, riferimenti e sussidi didattici sulla teologia per i diversi livelli dell’istruzione superiore, anche con il sostegno del governo. Lo Stato sostiene la teologia, come qualsiasi altro campo della conoscenza scientifica. La domanda: «Perché la teologia?», non è meno assurda rispetto alla domanda: «Perché la filosofia?» o «Perché la psicologia?». Si troverà sicuramente chi sostiene che né la filosofia né la psicologia sono una scienza. La disputa tra fisici e letterati, tra studi umanistici e scienze naturali non è nata oggi. Spesso, una parte della comunità scientifica è stata scettica nei confronti della ricerca condotta da un’altra parte della comunità scientifica, nondimeno, nessuno ormai solleva la questione dell’esclusione di discipline come la filosofia o la psicologia dalla sfera della ricerca scientifica. 28

La teologia ha molto da insegnare per quanto riguarda l’ampiezza di vedute e la tolleranza. Questo potrebbe sembrare paradossale, ma l’istruzione teologica allarga inevitabilmente l’orizzonte ed educa a un atteggiamento rispettoso verso i rappresentanti delle altre culture. Oggi siamo vicini al punto di aprire, nel settore dell’istruzione, una nuova fase nei rapporti reciproci tra la Chiesa e lo Stato. È necessario che tutte le forze sane della nostra società, favorevoli nei confronti di uno sviluppo completo del sistema educativo, si uniscano tenendo conto anche dei propri valori. Non è quindi un caso che i problemi connessi al settore dell’educazione continuino a essere, per più di un anno, il tema principale del lavoro nel Consiglio supremo della Chiesa. Un argomento questo che resta al centro della nostra attenzione. La discussione sulla riforma del sistema educativo è un argomento che sta dando vita anche a dibattiti all’interno della Chiesa ortodossa russa.

Quali sono oggi le attività della Chiesa Ortodossa russa all’estero? Una componente importante della missione internazionale della Chiesa russa è basata sulla sua attività in favore del mantenimento della pace. In qualunque regione del mondo si verifichi un conflitto, gli sforzi della Chiesa russa sono sempre finalizzati a riconciliare le parti in conflitto, mantenendo un dialogo costruttivo e trovando soluzioni di compromesso. Un posto importante nelle attività estere del Patriarcato di Mosca viene ricoperto dallo sviluppo della cooperazione con strutture governative e politiche dei paesi stranieri, così come con le organizzazioni internazionali. Questo non significa affatto che la Chiesa russa cerchi di agire come un giocatore politico nell’arena internazionale. Nel momento in cui ci impe29

gniamo in un dialogo con le autorità secolari di paesi stranieri, stiamo cercando di trasmettere loro l’idea della necessità di preservare i valori tradizionali della morale, dell’etica nelle relazioni sociali, familiari e interpersonali. È incoraggiante il fatto che molti Stati e altri soggetti di diritto internazionale accettino il Patriarcato di Mosca come un degno interlocutore. Ricevo regolarmente i capi di stato e di governo stranieri e talora i ministri che arrivano in Russia in visita ufficiale. Si è consolidata la tradizione degli incontri tra il Patriarca e i neo ambasciatori dei paesi stranieri. In queste riunioni si affrontano questioni come la presenza della Chiesa Ortodossa russa in un paese o in un altro, il problema della conservazione dei principi morali in ambito internazionale, la cooperazione culturale e umanitaria. Le relazioni della Chiesa hanno preso un indirizzo significativo per quanto riguarda l’approfondimento dei legami con la società civile all’estero. Attualmente si stanno sviluppando dinamicamente i contatti con gli enti pubblici della Germania e dell’Italia. Portiamo avanti progetti congiunti nel quadro del Forum russotedesco delle società civili “Petersburger Dialog” e nell’ambito del Forum russo-italiano delle società civili. Il Patriarcato di Mosca partecipa al forum “Dialogo Russia-Repubblica Corea” e al forum russo-turco. La Chiesa russa pone molta attenzione allo sviluppo delle relazioni con i propri fedeli che vivono all’estero. Vorrei richiamare l’attenzione sul fatto che i fedeli della Chiesa russa non provengono solo dalla Russia, ma anche dall’Ucraina, dalla Bielorussia, dalla Moldavia e da altri paesi facenti parte del territorio canonico del Patriarcato di Mosca. Stiamo lavorando in questo campo con il Ministero degli Affari Esteri russo, Rossotrudničestvo, il Fondo “Russkij Mir”, il Fondo di Andrey Pervozvanny e il Centro della Gloria Nazionale, la Casa dei compatrioti di Mosca e con altre organizzazioni. Un elemento importante dell’attività esterna della 30

Chiesa è l’interazione del Patriarcato di Mosca con le organizzazioni internazionali. Sono in corso lavori per stabilire un dialogo tra la comunità religiosa e le organizzazioni internazionali del sistema delle Nazioni Unite, in primo luogo con l’UNESCO. La rappresentanza degli interessi della Chiesa Ortodossa russa nelle Nazioni Unite avviene attraverso il Consiglio Mondiale del Popolo Russo – organizzazione che svolge un ruolo consultivo speciale con il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite. Si è scelto questo modello in quanto la nostra Chiesa non può essere direttamente accreditata presso l’ONU. Tuttavia, attraverso il Consiglio mondiale del popolo russo è possibile interagire con le istituzioni di questa autorevole organizzazione internazionale ed è nostro desiderio continuarne la cooperazione. Al fine di sviluppare il lavoro con l’UNESCO, la Chiesa Russa partecipa alle iniziative di questa organizzazione in settori che sono per noi di particolare interesse. Di grande rilevanza è stata la cooperazione riguardo la protezione dei siti che sono patrimonio mondiale, tenendo conto della decisione recentemente presa dalla leadership russa di trasferire le proprietà con destinazione clericale al Patriarcato di Mosca. Alcuni di questi siti sono inclusi nell’elenco di quelli che fanno parte del patrimonio mondiale dell’UNESCO. La Chiesa Ortodossa russa, quando porta avanti un dialogo con il Consiglio d’Europa, agisce attraverso la rappresentanza del Patriarcato di Mosca a Strasburgo, che opera dal 2004. Il contenuto principale del lavoro svolto con questa organizzazione riguarda il problema dei diritti umani. Vogliamo rappresentare e difendere nel consesso internazionale le idee principali de “L’insegnamento della Chiesa Ortodossa russa sulla dignità, la libertà e i diritti dell’uomo” adottati dal Sinodo dei vescovi della Chiesa Ortodossa russa nel 2008. Dopo che diversi Stati, sul territorio dei quali sono accolti fedeli appartenenti al gregge del Patriarcato di 31

Mosca, sono diventati membri dell’Unione Europea, anche i rapporti con questa organizzazione hanno acquisito rilevanza nelle attività esterne della Chiesa. I rappresentanti della Chiesa Ortodossa russa presso le organizzazioni internazionali europee partecipano al dialogo con le istituzioni dell’UE. Un meccanismo efficace per il dialogo con l’UE si è rivelato l’incontro annuale del Presidente della Commissione europea con i leader religiosi d’Europa, incontro al quale partecipano regolarmente i rappresentanti della Chiesa russa. Il Patriarcato di Mosca inoltre partecipa attivamente alle attività dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) dedicate alla libertà religiosa. Purtroppo in molti Stati sta crescendo l’odio per i Cristiani e la Chiesa Ortodossa russa percepisce con grande preoccupazione tale situazione. I Cristiani, secondo le informazioni di varie fonti indipendenti, sono diventati il gruppo religioso più perseguitato nel mondo. Le forme più acute di discriminazione contro la minoranza cristiana, da parte di una maggioranza non cristiana, si sono verificate nella regione mediorientale e nel Nord Africa. Rapporti allarmanti sulla persecuzione dei Cristiani provengono dal Pakistan, dall’Iraq e dalla Nigeria. La situazione dei Cristiani nel mondo è seguita con particolare attenzione dalla gerarchia della Chiesa Ortodossa russa. La lotta per migliorare la situazione dei Cristiani nel mondo è uno dei compiti prioritari delle attività esterne della Chiesa Ortodossa russa. A tal proposito i nostri partner naturali sono le altre Chiese ortodosse, soprattutto quelle del Medio Oriente.

Quali sono state le circostanze che hanno determinato la futura riunificazione della Chiesa russa? Per molti dei nostri fratelli, che erano rimasti nel paese, si poneva la domanda: o salvare per il nostro 32

popolo la Chiesa, smettendo di relazionarsi con i fratelli che erano andati all’estero, o non cessare tale relazione, ma vedere completamente distrutta tutta la Chiesa. Questi terribili conflitti attraverso i quali sono passati i nostri padri e nonni, non hanno offuscato, nonostante tutto, né la mente della Chiesa, né il desiderio di unità. Rendiamo omaggio a Sua Santità il Patriarca Alexiy e al Metropolita Laurus, perché, dopo tutto, dalle loro firme è dipeso l’esito finale. Hanno apposto le loro firme su un documento storico, e per ricordare tale evento, di fronte alla Cattedrale del Cristo Salvatore, nel 2007 è stato collocato un bellissimo monumento. Rendiamo omaggio a tutti coloro che hanno lavorato nella Commissione per il Dialogo superando la difficile eredità del passato. Rendiamo omaggio al governo russo e al presidente Vladimir Putin che, per quanto lo riguarda, ha fatto molto al fine di assicurare che entrambe le parti della Chiesa partecipassero al dialogo, presupposto indispensabile affinché potessero riunirsi.

Santità, quanto è importante rendere omaggio al patrimonio storico? Ricordo migliaia e migliaia di chiese chiuse, molte delle quali capolavori dell’architettura. Mi ricordo che in epoca sovietica, visitando luoghi remoti dell’Urss, mi avvicinavo a chiese che si trovavano in condizioni fatiscenti ma, come per ironia, sulle loro pareti venivano posti cartelli con scritto “protetto dallo Stato”. Oggi queste chiese, nominalmente protette dallo Stato, ma ridotte quasi in rovina, vengono restaurate, prima di tutto dalla Chiesa, dai suoi figli, dai suoi benefattori, persone credenti che spendono con generosità i loro soldi, affinché la bellezza spirituale e materiale, che incarna la nostra cultura nazionale, torni al suo aspetto originario, e persino lo superi. Grazie a Dio, negli ultimi anni lo Stato ha iniziato 33

a supportare la Chiesa. Attraverso il Ministero della Cultura, i fondi vengono sbloccati e lo Stato, insieme alla Chiesa, partecipa attivamente al restauro di meravigliosi monumenti architettonici. Abbiamo pregato molto perché questo momento arrivasse. In passato gli stranieri erano sorpresi dell’atteggiamento dello Stato e affermavano di non poter credere come mai non ricostruisse i monumenti legati alla Chiesa. Finalmente quel momento è passato e ringraziamo Dio, perché oggi con gli sforzi congiunti della Chiesa e dello Stato si stanno ottenendo risultati significativi, restaurando dei monumenti storici.

Perché è importante aumentare il numero delle chiese? Tutti i grandi governanti della Russia hanno innalzato templi e costruito monasteri. Tutte le epoche più importanti della nostra storia sono segnate dalla nascita di nuove bellissime creazioni di architettura ecclesiastica. Questo è avvenuto sin dai primi secoli dopo il Battesimo della Russia, come pure nel secolo XVI – l’epoca della formazione dello Stato russo e dell’affermazione di Mosca come il centro della Russia – e naturalmente, in particolare, nel XVII secolo, durante il regno di Alexei Mikhailovich. Il suo nome è associato alla costruzione di gran parte degli antichi santuari, ancora oggi conservati a decoro della nostra città. Inoltre, il regno di Caterina II e il regno di Alessandro III sono stati accompagnati dalla costruzione di molte chiese. Nel 2017 ricorreva il centenario degli eventi che hanno fatto precipitare il paese nel caos e nello scontro e che hanno cambiato radicalmente non solo il sistema politico, ma anche il modo di vita tradizionale del nostro popolo e della nostra gente. Nel nuovo mondo non c’era più posto per tutto ciò che era sacro, orto34

dosso e, l’ideologia senza Dio, con le politiche ispirate da essa, non solo ha colpito le chiese, devastando barbaramente i monumenti storici e i capolavori architettonici, ma ha attaccato anche la coscienza pubblica, spezzando ogni legame delle persone con le tradizioni spirituali e culturali delle generazioni precedenti. Solo trent’anni fa era impossibile immaginare che la capitale della Russia sarebbe diventata il centro dell’edificazione di chiese. Tuttavia, dopo l’inverno, non importa quanto lungo sia, inevitabilmente giunge la primavera. Tale nuova stagione, ha dato inizio a cambiamenti radicali, favorendo una situazione che ha reso possibile, tra l’altro, la ricostruzione della Cattedrale di Cristo Salvatore. E se negli anni dal 1990 al 2000 la ricostruzione di tali edifici sacri non aveva ancora un carattere sistematico, il 2011 può essere definito invece l’anno di una vera svolta, quello che ha determinato il vertice di tutti i nostri ulteriori movimenti lungo questo percorso. Sono convinto che l’inizio del XXI secolo passerà alla storia come l’epoca della rinascita dello Stato russo e come la nuova epoca della costruzione delle chiese ortodosse.

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SFIDE MODERNE DELLA SOCIETÀ

Di quale tipo di preghiere ha oggi bisogno il mondo? Non dobbiamo mai pregare solo per noi stessi. Gli uomini hanno questa tendenza, pregare con passione, ma per se stessi. La persona che vive realmente guardando a Dio, che conosce la volontà di Dio e la sua legge, comprende che occorre pregare non solo per se stessi, ma per tutti coloro che ci hanno chiesto di pregare per loro, in primis per i nostri cari, ma non solo. Oggi è arrivato il momento in cui dobbiamo pregare particolarmente forte per il popolo, per la nostra Patria, per tutta la Santa Russia, affinché con le preghiere del Signore, che in passato ha già salvato la Russia dall’invasione straniera, la pace regni in questa terra, terminino i conflitti civili e la divisione tra i fratelli, spariscano per sempre quella rabbia e quell’odio che sono in grado di distruggere i rapporti. Oggi la nostra preghiera deve estendersi ulteriormente, andare oltre la Santa Russia. Noi possiamo vedere da quali segnali, terribili e pericolosi, siamo circondati oggigiorno. Basta osservare come molto vicino ai nostri confini, è in corso una guerra dal cui risultato dipenderà, tra l’altro, il benessere della Santa Russia. Talvolta i più pericolosi e terribili spargimenti di sangue sono cominciati ben oltre i confini della nostra Patria, ma alla fine è emerso che siamo stati sopraffatti dalle pesanti conseguenze di quelle guerre. Basti ricordare tutto quello che è accaduto nel XX secolo. Ecco perché la guerra di oggi, in corso aldilà dei confini meridionali della Russia, se non è fermata subito, può trasformarsi in una guerra di grandi dimensioni. 37

Pertanto, chiediamo al Signore di fermare lo spargimento di sangue, di allontanare i pericoli dalla nostra patria. Allo stesso tempo, chiediamo a Lui di aiutare tutti noi a capire l’importanza del momento attuale, di accendere nei nostri cuori l’amore per la Patria, l’amore reciproco, di assisterci perché superiamo i nostri contrasti interni, i problemi, i conflitti e le divisioni, che indeboliscono la vita delle persone. Siamo entrati davvero in un’era particolare. In passato è già accaduto che la gente abbia intrapreso un’esperienza sconosciuta, ma terribile, la cui soluzione è stata accompagnata da molte sofferenze. Chiediamo al Signore che la sua misericordia rimanga con tutti noi, affinché la nostra patria, a causa delle operazioni militari in corso, sia protetta sia dall’attacco del nemico, che dai venti nocivi, dalle piaghe mortali e da ogni male.

In che modo la Chiesa valuta le sfide moderne della società? Viviamo in un momento molto difficile, un periodo di scontri, tentazioni, un’epoca che vede l’insorgere di ideologie totalmente anti-cristiane, che penetrano nella vita politica, nella vita pubblica. Siamo testimoni dell’assottigliarsi della linea di confine tra verità e menzogna, tra peccato e virtù, e di tentativi, fatti mediante apposite leggi, di giustificare l’immoralità. Uno dei problemi che minacciano il benessere della società umana, è il radicalismo. Quando questo atteggiamento sfocia in un’interpretazione estremista delle idee religiose finisce spesso per esprimersi attraverso azioni terroristiche che provocano conflitti etnici. Lo stato, la società e le religioni tradizionali, che hanno un’esperienza secolare di convivenza pacifica, devono unire i loro sforzi per superare questa minaccia. E in questo caso, da non sottovalutare, è il ruolo dell’istruzione, che aiuta una persona a trovare la propria iden38

tità religiosa, ad apprendere come professare con fermezza la propria fede e allo stesso tempo a rispettare le altre credenze, culture, tradizioni. Oggi il tema della morale non dovrebbe essere messo al decimo, ventesimo o trentesimo posto, nei programmi dei partiti politici: prima l’economia, poi le infrastrutture e solo dopo, da qualche parte la morale e la cultura. Oggi la questione della moralità è fondamentale per l’esistenza stessa della civiltà umana, non solo della Russia. Siamo tutti consapevoli di questo, perché da un lato abbiamo ancora concetti morali tradizionali ben saldi, e dall’altro conserviamo – sia gli anziani che i giovani – questa morale, ma solo a un livello elementare, perché sono molto forti le moderne tendenze verso il livellamento, la distruzione di queste basi comuni. È ovvio che l’odierna globalizzazione rafforza la posizione dei super-ricchi nelle cui mani si concentrano risorse colossali sia materiali che finanziarie, e quindi è un enorme potere che va al di là del controllo di qualsiasi governo o popolo. La maggior parte dei paesi del mondo, chiamati sovrani, oggi non sono più tali. Non solo perché i poteri economici più forti possono avere un impatto enorme sulle scelte politiche di questi paesi, ma anche perché s’infrange la sovranità culturale e spirituale dei popoli, creando con il sistema della globalizzazione un grande pericolo per ogni nazione. Oggi purtroppo tra i giovani si assiste alla crescita di un orientamento sempre più negativo verso la Chiesa. Questo cambiamento ovviamente non è accaduto di punto in bianco, ma in parte è stato causato dall’influenza negativa sulla gente di tante informazioni ostili alla Chiesa, che hanno trovato maggiore diffusione attraverso i social network. Così oggi, pur di alimentare questo pensiero negativo sulla Chiesa, vengono utilizzati gli stessi metodi a cui abbiamo assistito alla fine del XIX secolo e nei primi anni del XX secolo, soprattutto durante gli anni della rivoluzione, quando veniva stru39

mentalizzato qualsiasi errore da parte del clero, qualsiasi gaffe, qualsiasi manifestazione di una vita indegna dentro il sistema della Chiesa. Si tratta chiaramente di casi isolati, ma così enfatizzati da creare un’immagine di una Chiesa impantanata nella ricchezza, nel peccato e indifferente alle difficoltà della vita quotidiana delle persone. E come possiamo contrastare tutto ciò? Questo è il caso in cui ogni giustificazione sarebbe controproducente. Dobbiamo opporci alla propaganda anticlericale, anti-religiosa, facendo forza sulla nostra storia, sui nostri martiri e confessori, per raccontare alla gente di oggi come la nostra Chiesa sia stata insultata, percossa, infangata all’alba degli eventi rivoluzionari. Spiegare quali favole siano state raccontate per screditare la nostra Chiesa, compromettere la sovranità imperiale, la dinastia regnante e minare così le fondamenta del sistema. E ci sono riusciti! A volte, mettendosi nei panni di quelle generazioni viene da pensare: «Quanta ingenuità c’era! Come potevano le persone non rendersi conto di come venissero manipolate, di come fosse ben organizzato un grande lavoro di propaganda, un lavoro svolto per soldi, per la maggior parte stranieri? È così chiaro e semplice!». E oggi, che stiamo praticamente rivivendo il passato, la domanda sorge spontanea: «Saremo in grado di spiegare ai nostri contemporanei tutto quello che sta loro accadendo, quanto sia pericoloso accettare in maniera acritica queste intenzioni maligne, le idee, le interpretazioni degli eventi che stanno influenzando le giovani menti?». Agli inizi del XXI secolo abbiamo visto acutizzarsi in maniera particolare il problema delle migrazioni. La Russia è uno dei tre paesi al mondo dove ogni anno giunge il maggior numero di emigranti. Una persona proveniente da un altro paese porta con sé non solo elementi culturali esterni, ma anche differenti visioni del mondo. Queste tradizioni e costumi spesso entrano in contrasto con il popolo autoctono e con la vita quotidiana. Affinché la partecipazione degli emigranti alla 40

vita del paese ospitante sia costruttiva, fruttuosa e pacifica, è necessario creare un sistema di integrazione dei nuovi arrivati nella cultura della società, per consentire loro di imparare la lingua e scoprire le tradizioni spirituali e religiose della maggioranza della popolazione ospitante. A coloro che si rifiutano di portare avanti una missione profetica – per codardia, per stupidità o per mancanza di interesse – sembra che così facendo tutto rimanga tranquillo: nessuno ti toccherà, nessuno ti presterà attenzione. Ma c’è un’altra scelta, alla quale, mi auguro, rimarrà fedele la maggior parte dei vescovi e dei sacerdoti della nostra Chiesa e la maggior parte dei fedeli: mantenere la fede nel cuore, distinguere tra il bene e il male e ascoltare la voce profetica della Chiesa. Dio aiuti tutti noi ad essergli fedeli, a vivere secondo la sua legge, con lo scopo che né Acab e neppure Gezabele dominino più la terra russa, ma che la fede si diffonda e con essa una vita nella fede, piena di santità, pace, pietà, purezza, onestà, decenza, fedeltà al dovere, amore per la patria, rispetto degli anziani. Noi crediamo che tutti questi valori, che oggi troppo spesso sono spostati dal centro della vita pubblica alla sua periferia, se non addirittura gettati nell’oblio, formino la persona umana e la società umana, che è capace di un auto-sviluppo interiore.

Quale virtù cristiana è oggi più importante per un cittadino? Tutte le virtù sono importanti per l’uomo e provengono tutte dal suo cuore. Come sapete, il cuore dell’uomo è la fonte di pensieri e azioni buone e cattive. Secondo il Salvatore, «dal cuore vengono pensieri malvagi, omicidi, adulteri, fornicazioni, furti, false testimonianze, diffamazioni e tutto ciò che contamina l’uomo» (Mt 15, 19-20). L’uomo come essere libero è 41

appunto libero di fare la propria scelta verso il bene o verso il male. Questa scelta è fatta da noi quotidianamente e dalla scelta di ogni singola persona consegue la scelta di questo o quel popolo, di tutta la comunità umana. Il Signore ci invita a fare sempre una scelta a favore del bene, anche se, facendo questa scelta, andiamo contro la moda, le tendenze dei tempi, le regole della correttezza politica, le norme del mondo secolare. Ogni scelta in favore del bene è la base della virtù.

Quali pericoli sta affrontando la società moderna? Oggi il mondo è sommerso da molteplici conflitti, mentre in Medio Oriente, nel Nord Africa e in qualche altro paese africano muoiono un gran numero di Cristiani, vengono sterminate le popolazioni di intere città con incredibili crudeltà, distrutte le chiese e i monasteri. La comunità internazionale non riesce a elaborare una strategia comune nella lotta contro un fenomeno tanto terribile come il terrorismo, perché la battaglia contro di esso è legata spesso al raggiungimento di altri obiettivi, lontani da quelli dichiarati. Intanto la tensione cresce, l’umanità teme una grande guerra, i nostri fratelli cristiani soffrono non solo in Medio Oriente e in Africa, ma anche in Europa e in altri paesi dove il Cristianesimo viene escluso dalla vita pubblica a causa di poteri politici che si fanno belli con la parola tolleranza, mentre alle persone si vieta di portare la croce nei luoghi pubblici e soprattutto al lavoro – proprio quella croce che è stata posta su di loro al momento del battesimo –. In altri paesi poi è vietato usare la parola “Natale”, oppure viene sostituita da qualche altra parola e addirittura dal solo termine “vacanza invernale”, vengono adottate leggi che giustificano il peccato, viene mal interpretato il significato del matrimonio come unione sacra tra un uomo e una donna. L’umanità soffre per un numero 42

enorme di aborti, per l’uccisione di bambini, per il crescente numero di divorzi, in una parola, per la perdita nella vita dell’orientamento morale. In tempi moderni è nata la convinzione che il fattore principale che determina la vita dell’uomo, e quindi della società, è la persona stessa. Senza dubbio, questa è un’eresia non meno pericolosa dell’arianesimo. Prima si credeva che Dio governasse il mondo attraverso le leggi da Lui create, e governasse la società umana sulla base della legge morale che, rivelata nella Sua Parola, è riflessa nella coscienza umana. Pertanto, le leggi umane hanno cercato di allinearsi alla Legge divina; Dio e la coscienza erano i principali giudici, mentre la più importante autorità per il giudizio umano era la Legge di Dio. È arrivato il momento in cui, purtroppo, questa verità immutabile è stata messa in discussione, dicendo: «No, Dio non ha niente a che fare con questo. Ognuno ha il diritto di credere, ma questi sono affari personali, dal momento che esistono anche i non credenti. Ogni individuo ha diritti propri, tra cui quello di determinare per sé ciò che è bene e ciò che è male. Dunque, un criterio universale di verità può basarsi solo sulla persona e sui suoi diritti, la vita della società può essere formata sulla base dell’indiscutibile autorità della persona umana». Così è iniziata l’esclusione rivoluzionaria di Dio dalla vita umana. In un primo momento, questo fenomeno ha travolto l’Europa Occidentale, l’America, poi, la Russia. La rivoluzione da noi si è svolta sotto le stesse bandiere e lo stesso motto: distruggere fino in fondo il vecchio mondo, quello che pone Dio al suo centro. Siamo caduti in una sofferenza enorme e il nostro popolo ha avuto molti martiri e confessori. Visto che oggi parlo della mia vita personale, posso dire che i miei primi maestri sono stati i confessori, mio padre e mio nonno, sono passati attraverso campi di prigionia e i gulag, vittime non perché hanno violato le leggi dello Stato, ma perché hanno rifiutato di tradire il Si43

gnore e la Chiesa Ortodossa. Il nostro popolo, come è sotto gli occhi di tutti, è stato sottoposto a ogni tipo di prova e ne è uscito vivo. Eppure oggi l’idea di una vita priva di Dio si sta diffondendo di nuovo, con forza, a livello planetario. Possiamo vedere come in molti paesi ricchi si stanno compiendo sforzi per approvare leggi che danno diritto di scegliere ogni tipo di strada, compreso quella del peccato, andando contro la parola di Dio. Probabilmente, tali visioni filosofiche si sarebbero potute chiamare eresie, se molti Cristiani non le avessero accettate e non avessero posto i diritti individuali al di sopra della parola di Dio. Per questo motivo oggi stiamo parlando di un’eresia globale di fronte alla quale l’uomo si piega, lascia spazio a una nuova idolatria, che esclude Dio dalla vita umana. Non c’è mai stato niente di simile a livello globale. Proprio per superare questa grande eresia del nostro tempo, che potrebbe portare a conseguenze apocalittiche, la Chiesa deve, oggi più che mai, far sentire la forza delle sue parole e del suo pensiero. Al tempo d’oggi, quando il processo di secolarizzazione, la negazione della verità assoluta, l’eliminazione del concetto di peccato dalla coscienza pubblica raggiungono un’ampiezza senza precedenti, noi con il più profondo rammarico dobbiamo constatare un fatto compiuto: molti paesi europei in realtà hanno abbandonato la loro identità cristiana. E questo succede non per volontà delle nazioni europee. C’è però del malcontento, non tutte le nazioni sono uguali, alcune non accettato per esempio ciò che è arrivato dalla Francia, dove con una maggioranza di pochi voti in Parlamento sono stati approvati i matrimoni omosessuali. Subito dopo la gente è uscita nelle strade, nonostante fosse stata scacciata con gas lacrimogeni e manganelli e ha testimoniato la propria adesione ai valori cristiani. Questa volontà di rifiuto dei valori morali delle élite politica e il sostegno legislativo ai matrimoni tra persone dello stesso sesso sono chiaramente 44

in aperto contrasto con le norme morali del Vangelo. E non si tratta solo del semplice sostegno, bensì anche – circostanza che può rivelarsi la cosa più pericolosa – della volontà di porre le unioni omosessuali sullo stesso piano del matrimonio naturale tra un uomo e una donna, benedetto da Dio. Ci sono tuttavia altri fenomeni pericolosi. Come il riconoscimento della possibilità giuridica della morte volontaria assistita, la cosiddetta eutanasia, compresa anche per i bambini minorenni. Un figlio minorenne non ha la capacità giuridica civile, non può votare, la società riconosce che non ha sufficiente capacità per prendere decisioni responsabili. Tuttavia, lo Stato dà il consenso all’eutanasia, a far abbandonare volontariamente la vita a questi bambini e adolescenti. Lo stesso deve essere detto riguardo l’atteggiamento verso l’aborto, inteso come diritto di una donna a utilizzare come vuole il proprio corpo e il proprio feto. Solo poco tempo fa questi fenomeni apparivano impensabili. Come è potuto accadere che l’Europa, essendo stata una fortezza storica del Cristianesimo per tanti secoli, sia diventata il motore principale di questi processi distruttivi? È accaduto che, ad un certo punto della sua esistenza, la società europea ha rifiutato la priorità della fede. L’assunzione dei diritti e delle libertà individuali a valori assoluti ha portato all’esclusione della religione dallo spazio pubblico, al rigetto delle norme morali e dei valori tradizionali. Con tutto ciò, i diritti e la libertà umani restano preziosi non solo nel contesto religioso, ma anche nell’ambito della responsabilità umana. Se la morale diventa relativa, allora la libertà diventa permissività, perché solo la morale è in grado di limitare e dirigere verso il bene una scelta libera di una persona. La libertà non può essere considerata isolata dalla responsabilità dell’uomo davanti a Dio, di fronte alla gente circostante e a se stesso, davanti alla voce della sua coscienza. Allo stesso modo, i diritti non possono 45

esistere senza doveri, compresi quelli morali, derivanti dalla natura dell’uomo. Nella storia umana, la sostituzione dei valori morali con costruzioni e ideologie politiche e filosofiche ha più volte condotto verso tristi e tragiche conseguenze. Un esempio negativo, ma istruttivo, è quello legato all’esperienza dell’ateismo di stato sovietico, nel suo esperimento di creare un “uomo sovietico”, i cui principi morali della vita erano stati formulati isolatamente dalla fede.

Come resistere al male globalizzato? Un cristiano dovrebbe avere sempre una posizione di vita attiva. Non dobbiamo sopportare il male. Dobbiamo sforzarci di accogliere i comandamenti divini, cioè la legge suprema dell’esistenza umana, in questa vita attraverso la nostra esperienza, attraverso l’esperienza della comunicazione con i parenti e gli amici. E coloro che hanno il potere devono sempre ricordare di avere una responsabilità speciale di includere questa grande realtà, che è costruita dalla potenza di Dio e dalla potenza dell’uomo, la realtà dell’essere trasformato, nella vita dell’umanità moderna. Certo, il nemico della razza umana è forte e tutta la sua lotta su questo fronte è per impedire la trasformazione del nostro mondo. Ma la Chiesa di Dio esiste nel mondo ed è chiamata la Chiesa militante proprio perché lotta per questo mondo, per la sua trasformazione, così che i nostri corpi trasformati e la nostra realtà fisica trasformata da Dio appaiano nel Regno di Dio.

Qual è la maggiore preoccupazione della Chiesa? Stiamo affrontando dei problemi comuni anche alle altre Chiese e agli altri Stati, ma li percepiamo in modo diverso. Indubbiamente, siamo uniti sul fatto 46

che l’umanità è minacciata dal terrorismo internazionale, dalla prospettiva di proliferazione delle armi di distruzione di massa. Altrettanto gravi sono i rischi delle epidemie globali, dell’emergere di nuovi tipi di virus mortali, così come dell’aumento di disastri naturali o causati dall’uomo.

Quali sfide deve affrontare il Cristianesimo oggi? Se parliamo dei popoli della Russia, Ucraina, Bielorussia e di altri paesi, dove ci sono state persecuzioni contro chi professava la fede, la fioritura della vita religiosa avviene insieme alla diffusione dell’ideologia del consumismo e alla propaganda della libertà, in contrasto con la responsabilità morale dell’uomo per le sue parole e azioni. Questa “libertà” distrugge l’uomo, la famiglia e la società nel suo complesso. I residenti nell’Europa dell’Est furono in grado di difendere la loro fede quando cercarono di levarcela con la forza. Oggi molte persone preferiscono invece rinunciare volontariamente alla fede in cambio di un insieme di piaceri consumistici. Tutto ciò non richiede uno sforzo morale, ma, essendo combinato con l’oblio di Dio, limita la vita ad un amore costante e incondizionato per se stessi.

Qual è la causa dell’attuale crisi spirituale nel mondo contemporaneo? Il punto importante da tenere in considerazione è la sensazione di una profonda crisi d’identità che ingloba la società occidentale. Al centro di questa crisi c’è la contraddizione di ordine morale: da un lato, c’è la tendenza alla globalizzazione, alla laicità e all’utilitarismo, tutto ciò si scontra con le tradizioni culturali nazionali che hanno in comune la storia e le radici spirituali cristiane. 47

Di conseguenza, il modello moderno della società è meno capace di riprodursi. Non è più in grado di seguire gli ideali che sono stati scritti sulle bandiere delle rivoluzioni borghesi del XVIII e del XIX secolo. Le parole “fratellanza” e “uguaglianza” hanno lasciato da tempo il vocabolario politico liberale, mentre una volta occupavano in esso un posto molto importante, si potrebbe dire, centrale. Sono apparse molte definizioni chiarificatrici della parola “democrazia” e questo è esattamente la prova delle problematiche con le istituzioni e i principi democratici. Lo stesso avviene con i diritti umani. In alcune parti del globo, le loro violazioni non vengono notate, in altre vi si presta molta attenzione e persino si iperbolizzano.

Quanto è attuale oggi il perdono del nostro prossimo? Spesso, ognuno di noi – rappresentante di questo o quell’altro paese – vede proprio nel suo vicino la causa di tutti i mali, come è accaduto in questi secoli. In tal modo sorgeva la domanda: cosa accadrà dopo? Nel momento in cui il mondo si sta globalizzando, in cui l’intero mondo sta diventando come un piccolo appartamento, quando si sviluppano e crescono le relazioni economiche tra i nostri paesi, cosa si dovrà fare con questo bagaglio? Riaprire costantemente le ferite? Parlare continuamente di quanto siano terribili? Come se gli altri fossero costretti a commerciare e comunicare con noi, ma in generale sarebbe meglio starci alla larga? Penso che sia giunto il momento di pensare alla necessità di cambiare il tono stesso delle relazioni, non tra i nostri paesi, ma tra i nostri popoli. E dunque, per ottenere questo cambiamento, si deve dire una sola parola: “perdono”. Il perdono non è l’oblio. Dicendoci l’un l’altro la parola “perdono” non dimentichiamo la storia, ma speriamo che si possa ori48

Sua Santità Kirill Patriarca di Mosca e di tutte le Russie.

Il Patriarca Kirill celebra la Divina Liturgia patriarcale nel giorno dei Santi Cirillo e Metodio nella chiesa di Cristo Salvatore a Mosca.

Processione sul lungofiume della Moscova sotto il Cremlino.

La Chiesa e la Nazione: il Patriarca Kirill guida un pellegrinaggio nei luoghi della Santa Russia.

Il Patriarca Kirill e i rappresentanti di tutte le religioni alla Conferenza internazionale interreligiosa di Baku.

La Chiesa e lo Stato: il Patriarca Kirill, il Presidente Vladimir Putin e i rappresentati di tutte le religioni alla cerimonia di depo-

sizione dei fiori al monumento di Kuz’ma Minin e Dmitry Pozharski sulla Piazza Rossa.

Accolta nella fede e accostata con uno spirito di preghiera, l’icona è un canale privilegiato di grazia.

ginare un nuovo clima. E in questo clima opereranno scienziati e storici, non cercando di rifarsi al passato per incitare ulteriormente all’odio, all’ostilità e alla divisione, ma per guardare nella prospettiva della riconciliazione dei popoli. Ci chiederanno: «Qual è il ruolo della Chiesa in tutto questo?». E la risposta sarà: «Chi altrimenti?». Quale altra organizzazione, quale altra forza sarebbe capace di farlo, sulla base di valori comuni (tali sono i valori cristiani), a partire da un unico testo del Vangelo, a partire dall’esortazione del Signore, a chiedere il perdono reciproco, affinché Dio stesso ci perdoni? Chi altro potrebbe offrire questo ardito progetto ai nostri popoli? Il perdono reciproco sta cambiando il clima, abbassa, se si vuole, le negatività e modifica in meglio le relazioni bilaterali. Ritengo che le iniziative della Chiesa debbano essere sostenute dal popolo, comprese le istituzioni della società civile e i governi, i rappresentanti del business, della cultura, dell’educazione e della scienza.

Chiesa e democrazia. Che tipo di relazioni hanno? L’idea classica della democrazia è che il corpo rappresentativo esprime la volontà della gente. Il riscontro degli elettori non significa tuttavia che si assecondino le passioni umane. Il Populismo, parlando in un linguaggio del tutto comprensibile, è l’indulgenza per le passioni umane. Il desiderio di servire al bene e agli interessi delle persone non è un ostacolo per orientarsi verso i requisiti morali, anche se a volte sembra che oggi tali requisiti non siano tutti condivisi. Come dice la saggezza popolare: “Fai ciò che deve essere fatto – e arriverà quel che può”. E se traduci nella lingua della morale cristiana: “Fa tutto ciò che è nel tuo potere e lascia l’esito a Dio”. Seguire questo principio ci aiuta a essere onesti davanti a noi stessi, davanti alla nostra coscienza, davanti ai nostri elettori, davanti a Dio. 49

Come proteggersi dagli errori della vita? Senza dubbio nessuno di noi, come pure il mondo intero, è al sicuro dalla follia. Che cosa ci impedisce di commettere errori? Sono i valori che vengono tramandati di generazione in generazione con il latte materno. Sono i valori della fede, i valori della cultura, i valori dell’esperienza della vita nazionale. Nel contesto di questi valori si forma il codice morale dell’umanità. E se le persone negano il passato, distruggono le fondamenta, la base, una sorta di matrice, attraverso la quale si riproducono valori eterni e immutabili specifici per le persone e l’intera razza umana: valori che noi crediamo, incastonati da Dio nella natura, nell’anima, nel cuore umano. Noi per essere scevri da errori, e non come quelli che hanno portato a queste rovine, dobbiamo fare il voto di non essere tentati da idee folli, che richiedono la rinuncia alla fede, alla storia, alla vita e alla cultura nazionale. Oggi non è facile, perché tutti noi viviamo in un mondo globalizzato. Si stanno dissolvendo i confini: internet e la televisione contribuiscono al fatto che una persona, ovunque viva, sia presente in un unico spazio informativo globale. E in questo spazio si ripetono i terribili inganni del passato con altre immagini, una diversa fraseologia, ma con gli stessi obiettivi: la distruzione del principio spirituale nella vita umana, la distruzione della fede.

La libertà dell’uomo è assoluta? La libertà in sé è un grande dono di Dio, è un’opportunità di scelta. Dio non ci ha programmato per il bene. Questa constatazione spesso distrugge la fede delle persone che dicono: «Perché Dio non punisce i peccatori? Dov’è Dio, quando ci sono guerre e crimini?» Dio non ci ha programmati per fare il bene, poteva farlo, poteva crearci nello stesso modo in cui noi pos50

siamo impostare un allarme per una certa ora. Queste persone sarebbero state sante e felici, ma non per libera scelta, sarebbero state programmate per esserlo. Non sarebbero state però a immagine di Dio. Dio ha voluto crearci a sua immagine e somiglianza e infondere dentro di noi il respiro della sua vita, l’opportunità di scegliere. È a questo punto che si pone la questione di cosa significhi la scelta sbagliata. È una scelta a favore del male, una scelta a favore della morte, una scelta a favore della distruzione, una scelta a favore della violenza. Che cosa significa questa scelta da un punto di vista assiologico? Possiamo equiparare questa scelta a quella in favore del bene? Farlo significherebbe eliminare la differenza tra il bene e il male. Grazie a Dio, l’umanità conserva ancora questa capacità di distinguere il bene dal male, e quindi, ogni scelta a favore del male, è malvagia e non può essere giustificata. Pertanto, la libertà, come dice la parola di Dio, è, prima di tutto, la libertà dal peccato, la libertà dal male. Se compiamo una scelta in favore del bene, allora la libertà si realizza, in accordo con il piano di Dio. Quindi viene creata una persona, vengono create buone relazioni sociali, e Dio resta presente nella storia. Sfortunatamente, questo concetto evangelico di libertà oggi è sfidato da un approccio filosofico neoliberale. Penso che la maggioranza assoluta delle persone che oggi vivono sul nostro pianeta mantengano la capacità di distinguere tra bene e male. È particolarmente importante, tuttavia, che la Chiesa, né sotto la diretta pressione dei potenti di questo mondo, né sotto la sottile influenza filosofica, o attraverso la standardizzazione del pensiero che si verifica nel sistema educativo, o attraverso l’influenza dei mass media e della moda, mai e poi mai e in nessuna circostanza, cambi la sua impostazione. È importante mantenere il concetto di libertà, quale ci è stato rivelato da Dio, il nostro creatore e Signore. È importante mantenere sempre il coraggio e la capacità di dire alle persone dove si trova il 51

bene e dove il male, educarle alla libertà, guidandole allo sviluppo della propria personalità e a crescere per migliorare il mondo. La libertà, data all’uomo dal Creatore, è chiamata a servire la sua ascesa verso la virtù e la perfezione spirituale. Se ciò non accade, allora la personalità crolla, il mondo interiore della persona muore. Secondo il filosofo cinese Lao Tzu, non c’è peccato peggiore delle passioni. Quando le passioni cominciano a governare la comunità umana, questa è destinata al degrado. Una vera comprensione della libertà dell’uomo e la sua inseparabile connessione con la propria responsabilità morale è condizione indispensabile per una convivenza armoniosa e pacifica tra i popoli. Naturalmente, la discussione sul tema della libertà umana non è iniziata ieri e non finirà domani. La libertà è la condizione che Dio ha posto nella natura dell’uomo, la libertà è qualcosa di intrinseco alla natura umana. Ecco perché per essa si è combattuto e si è dato la propria vita. La maggior parte delle guerre e delle rivoluzioni sono state intraprese proprio per liberare una persona o un paese. Come ben saprà, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è stata adottata in una delle prime sessioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. E i padri fondatori delle Nazioni Unite, parlando della libertà e dei diritti umani, hanno introdotto alcuni fattori restrittivi. Uno di questi fattori era basato su considerazioni morali. Se una persona manca di disciplina interna o di un corretto atteggiamento verso l’espressione della sua libertà, la sua stessa libertà può essere limitata per motivi di moralità. Lo stesso vale per il discorso dei diritti umani. Oggi vediamo che i limiti morali sono stati eliminati. Viene posto l’accento sulla libertà senza alcuna responsabilità, la moralità stessa è percepita come un concetto relativo: si crede che questo o quel fenomeno possa essere morale per una persona e allo stesso 52

tempo immorale per un altra. Questo è un errore profondo, perché il principio morale è parte integrante della natura umana come lo è il sentimento di libertà. Ci sono concetti morali fondamentali universali che sono validi ugualmente per un russo, per un cinese e per un americano, per qualsiasi persona del pianeta.

C’è il pericolo che, sotto l’influenza delle sfide moderne, si distruggano le norme tradizionali? La crescente diversità di valori tra le varie culture è allarmante. Se non sarà raggiunta una comunione, non saremo in grado di offrire alle sfide del tempo risposte accettabili per tutti. Se approfondiamo ulteriormente solo le contraddizioni rischiamo di trasformare le differenze in un gap insormontabile. Tuttavia, la possibilità di continuare il dialogo, “costruendo ponti”, oggi non sembra senza speranza. Molti fatti ci permettono di affermare che il rifiuto dei valori tradizionali, spirituali e morali, su cui insistono le élites occidentali non trova ampio consenso tra la gente. Sappiamo che, oltre alla solita immagine ufficiale, formata dai media, c’è un’altra America e un’altra Europa. All’interno delle società americana ed europea, c’è un forte desiderio di preservare le proprie radici cristiane e le proprie tradizioni culturali. Questa aspirazione si manifesta nella ricerca religiosa, nella creatività artistica e nella vita quotidiana. Così, insieme a nuovi pericoli, appaiono anche nuove speranze. L’incontro a L’Avana con Papa Francesco ha messo in evidenza come il mondo cattolico abbia un grande interesse per il dialogo con la Chiesa Ortodossa russa su tutta la gamma dei problemi in discussione. Ad ogni modo, secondo il mio parere, il conflitto più aspro del nostro tempo non è lo “scontro di civiltà”, come è stato affermato dal politologo americano Samuel 53

Huntington1, né la lotta tra culture religiose e nazionali, come vogliono dimostrare i potenti della terra e, nemmeno, il contrasto tra Est e Ovest, tra Nord e Sud, ma il conflitto tra il progetto globalista transnazionale, radicale, laico e le diverse tradizioni culturali locali. Questa lotta non coinvolge solamente i confini che separano gli Stati e le regioni, ma anche i paesi e i popoli al loro interno, senza escludere gli abitanti del nostro paese. Si tratta di uno scontro tra due mondi, tra due punti di vista e modi diversi di pensare l’uomo e il futuro della civiltà. Una chiara alternativa a questo processo non è una “guerra di tutti contro tutti”, non è il precipitare del mondo nell’abisso del caos o negli scontri fra civili all’interno dei singoli paesi, ma un nuovo dialogo tra i popoli, portato avanti su basi fondamentalmente diverse. È un dialogo volto a ripristinare l’unità di valori entro i quale ciascuna delle civiltà, compresa la nostra, la Russia, potrebbe esistere, pur mantenendo la propria identità. Solo nel contesto di tale dialogo potremo trovare le risposte alle domande su come sconfiggere il terrorismo, come proteggere la famiglia tradizionale e il diritto dei bambini non ancora nati a vivere, come garantire l’equilibrio delle immigrazioni, come superare la fame e le epidemie, come rispettare le tradizioni degli altri, rendendosi conto però che la libertà deve avere alcuni limiti morali.

Quanto è importante la tradizione nella società moderna? La globalizzazione sta cancellando i confini tra le diverse culture e le tradizioni religiose, sgretolando le idee che sono alla base di valori eterni tramandati Samuel Huntington (1927-2008), sociologo e politologo americano. 1

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di generazione in generazione. Ci sfuggirà la nostra identità nazionale, culturale e religiosa? Diventeremo una preda facile per gli estremisti che cercano di alimentare i conflitti religiosi? Oppure in alternativa, continueremo a creare un’unica comunità di popoli, che si sviluppa armonicamente in tutti gli ambiti e, allo stesso tempo, sull’esempio dei nostri predecessori conserva con determinazione la sua fede e le sue tradizioni basate su una cooperazione positiva? Che cosa ci aiuta invece a preservare il criterio della verità morale? Quale “gene sociale” trasporta queste informazioni da una generazione all’altra? Questo “gene” è la tradizione. La tradizione è il meccanismo per trasferire un valore da una generazione all’altra, per trasferire la cultura nazionale, la letteratura, le belle arti, la musica. Il nucleo della tradizione è tuttavia il sistema dei valori. Come si forma la morale di una generazione? La generazione precedente passa il sistema di valori attuale attraverso manuali, libri o direttamente. Quando la mamma dice a sua figlia: «questo è male», non si preoccupa di fornirle argomenti, dice solo: «È male», e non parla per se stessa, ma come portatrice di una tradizione. Il bambino impara cos’è “male” e sa che questo non può essere fatto, perché lo ha detto la mamma, perché a lei lo ha detto la nonna, alla nonna la bisnonna e così via. I valori che le nostre nazioni hanno formato sono trasmessi attraverso la tradizione. Ecco perché oggi, con la globalizzazione, il più grande pericolo è la distruzione della tradizione come meccanismo per trasferire valori da una generazione all’altra. Nel corso della sua esistenza storica ogni Chiesa Ortodossa locale ha creato una propria tradizione spirituale, un insieme di linguaggi, di concetti, un’esperienza storica e forme di attività che nascono con la predicazione e con l’attuazione di principi cristiani universali, in relazione alle caratteristiche nazionali, storiche, geografiche dei popoli. Tradizioni simili creano anche altre comunità religiose. 55

La vita della tradizione spirituale nazionale, comunque, non si ferma qui. Quando questa entra in contatto con la vita reale del popolo, promuove la formazione della cultura che segna gli obiettivi, le regole e i valori della vita pubblica e privata della gente. E va anche oltre. Il passo successivo dello sviluppo della tradizione spirituale, può essere la formazione della tradizione di una collettività che oltrepassa i confini di un popolo e genera un modo di vivere spirituale e materiale che unisce in un’unica società persone di diverse etnie e religioni. Questo è il livello umano più alto possibile dell’essere sociale, considerato nel contesto di un mondo peccaminoso. La società moderna, se la intendiamo come una tendenza liberale, è riuscita a distruggere la tradizione, ma non ha dimostrato la sua capacità di creare un meccanismo efficace per il trasferimento dei valori. L’attualità di una tradizione basata sulla fede conserva pertanto, per tutte le persone sensate, qualcosa di duraturo.

La Chiesa russa soffre di eccessivo tradizionalismo? È meraviglioso che la Chiesa russa sia “accusata” di restare fedele fino a oggi ai suoi precetti fondamentali. C’è uno punto assolutamente chiaro su cui non cambiamo, ed è indicato dai canoni della chiesa e dalle norme dottrinali. Questo è lo spazio della Sacra Tradizione. Su questa base poggia la Chiesa. Quando ci chiediamo, qual è il modo migliore per applicare questo o quel canone nelle condizioni attuali, come è più corretto portare alla coscienza dei giovani di oggi il dogma: in questo caso, naturalmente, si richiede un criterio impegnativo di cambiamento. E, in questo modo, la Chiesa si trasforma continuamente.

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Qual è la causa principale dei conflitti mondiali del nostro tempo? Le cause profonde dei fenomeni di crisi sono radicate nella natura dell’uomo, nella sua inclinazione verso il peccato. Purtroppo, oggi la gente spesso si rifiuta di impegnarsi in un dialogo, non tenta di ascoltare, di capire e accettare l’altro, ma usa il linguaggio delle armi e della violenza, che a loro sembrano essere i mezzi più efficaci per risolvere le difficoltà che si presentano. Il mondo moderno è caratterizzato da una crescente tensione e da un aggravamento delle contraddizioni accumulate nelle sfere più diverse della vita pubblica. Oggi osserviamo con ansia come si stanno reinterpretando le norme morali fondamentali che, nel corso di tutta la storia, hanno agito da principio unificante nella società. Siamo chiamati a imitare il grande amore di Cristo, amore che ha mostrato al genere umano, soffrendo per i nostri peccati, il giusto per gli ingiusti (cf. 1 Pt 3,18). Ognuno è in grado di cambiare in meglio il mondo che lo circonda compiendo opere di misericordia, dimostrando con la sua vita l’efficacia della legge evangelica, pregando per vicini e lontani. È così che possiamo resistere alla crescente ostilità, perché il male è incapace di vincere l’amore, come l’oscurità non può assorbire la vera luce, attraverso la quale il mondo ha cominciato a esistere (cf. Gv 1, 9-10).

Come far convivere laicità e spiritualità? Se parliamo di tutto il mondo cristiano, una parte dei Cristiani vive oggi sotto altre leggi – le leggi di una società laica. Non nel senso che i cittadini appartenenti a questi gruppi religiosi siano buoni e rispettosi della società laica. Il discorso è un altro: i Cristiani aprono lo spazio, nel loro mondo interiore, a certi modelli peccaminosi e li giustificano, se questi vengono offerti dalla 57

società laica. Questi sono i processi che troviamo oggi nel mondo protestante moderno – un fenomeno molto pericoloso – quando sotto l’influenza di idee liberali laiche sulla vita, questi modelli filosofici del secolarismo neoliberale si confermano all’interno delle Chiese protestanti e mettono radici nella coscienza religiosa. Proprio in questo modo, non per una scelta missionaria, è nata la scelta del “sacerdozio” femminile. Quando ho chiesto a un esponente protestante: «Dimmi, con l’avvento di “sacerdoti” donne, hai aumentato il numero di parrocchiani?» Lui sorridendo mi ha detto: «No. Non è stato un progetto missionario. No, era solo il rispetto dei diritti dell’individuo». Cioè il concetto laico dei diritti umani è stato assunto nella teologia, nella pratica della Chiesa, contrariamente a tutta la tradizione cristiana. Tutta la Tradizione apostolica esclude questa pratica, e a causa di un pensiero liberale secolare questa pratica è stata inclusa nella vita della Chiesa. Un secondo problema, analogo al primo, riguarda l’atteggiamento verso l’omosessualità. In questo caso, per amore del pensiero liberale secolare, viene già distorta la Parola di Dio. È scritto nero su bianco che si tratta di un peccato. E cosa ne pensi? I nostri fratelli dicono: «Beh, no, non c’è molto da capire; non si tratta di un peccato, sapete, ma si trattava semplicemente del diverso contesto culturale al tempo in cui scrisse l’apostolo Paolo». Si scopre che, per il pensiero neoliberale, puoi anche abbandonare la fonte della tua fede.

Esiste un processo di emarginazione diretta della presenza e del ruolo della religione dalla vita della società. Questo perché gli ideali etici e spirituali della religione sono un ostacolo al trionfo ideologico del secolarismo neoliberale. Qual è la risposta della Chiesa a questo? In concomitanza della secolarizzazione della società ci troviamo di fronte a una profonda crisi spiri58

tuale e morale causata dall’abbandono della fede e dei valori cristiani tradizionali. Il mondo, che sta vivendo in gravi difficoltà sociali ed economiche, è di nuovo sull’orlo di una guerra globale. Sono profondamente convinto che, solo rafforzando le nostre tradizioni spirituali e ritornando ai valori che il Signore Gesù Cristo ha portato nel mondo, sia possibile risolvere tutti i problemi accumulati nel tempo.

Che cosa unisce le diverse nazionalità dell’area postsovietica? Quando si parla del rapporto tra universale e nazionale, si pone la domanda: questa casa umana ammette l’esistenza di basi comuni, si suppone che esista una struttura di sostegno a queste fondamenta nazionali? Sono profondamente convinto che ogni diversità debba comunque basarsi su fondamenta comuni, su una roccia comune, una struttura portante che sostenga la vita di molte persone, che hanno opinioni diverse e credenze diverse. Mi sembra che l’Ortodossia sia questa struttura di supporto. Qualcuno che non appartiene alla Chiesa Ortodossa potrebbe dire: «Beh, quindi? Beh, io, per esempio, sono un ebreo, che tipo di relazione hanno gli Ortodossi con me?». Oppure potrebbe chiederlo un musulmano. Una persona senza fede, cresciuta negli anni dell’ateismo, dirà con sorpresa: «Cosa ha a che fare con gli Ortodossi, quello che dice il Patriarca? Se la cultura è davvero multinazionale, se esiste una realtà multinazionale, allora è sostenuta da diversi pilastri». Tuttavia, anche nella società più multinazionale, non esiste mai un’uguaglianza in termini del peso specifico di una cultura particolare. In ogni società, anche in quella che in base alla costituzione si proclama legislativamente multinazionale, esiste sempre una cultura dominante. Se, ad esempio, qualcuno dicesse che questo 59

non riguarda gli Stati Uniti, potrei facilmente confutarne gli argomenti, perché la cultura anglosassone è dominante, nella sfera del pensiero e nell’ambito della discussione, della ricerca scientifica, delle relazioni interpersonali e sociali. Se venite a New York, vedrete una New York ebrea, una New York italiana, una New York cinese, ma rimane il dominio culturale anglosassone. Se parliamo del mondo multiculturale e multinazionale dell’area post-sovietica, il pilastro principale, la struttura portante che sorregge la cultura, è la fede ortodossa. Non sto dicendo che la Chiesa ha creato tutto questo in maniera istituzionale, ma che tutto è stato formato dall’etica cristiana e in particolare, dalla nostra tradizione ortodossa, che col tempo ha assunto caratteristiche proprie. Sono questi lineamenti che distinguono il modello di comportamento di un cristiano ortodosso da quello di altre persone. In altre parole, questa è la nostra peculiare moralità cristiana ortodossa, che ha modellato il sistema dei valori della nostra gente, la loro visione del mondo, che ha formato le relazioni interpersonali e sociali e le forme di tali relazioni. Indipendentemente dal fatto che una persona sia ortodossa, sia russa, ucraina o appartenente ad altre nazionalità, dal momento che fa parte di questo contesto culturale, resta comunque influenzato da questo mondo spirituale. Sono riuscito, in qualche modo, a comunicare con i Battisti russi e ho discusso con loro di una cosa, poi di un’altra, infine di una terza. A un certo punto ho sentito il dovere di dire: «Ascoltate, fratelli. Siete veramente dei Battisti ortodossi convinti. Tutto quello di cui voi parlate è, come quello che diciamo noi, ortodosso». Uno di loro disse: «Come può essere altrimenti? Siamo in un paese ortodosso». Ed è così veramente. I Battisti rimangono Battisti, hanno la loro dottrina, la loro teologia protestante, ma non possono allontanarsi dal flusso generale della storia. E quindi molto di quello che oggi divide noi, Ortodossi, dal mondo protestante 60

e da quello dei Battisti, sussiste all’interno della sfera ortodossa. Come è successo che in questa potente tradizione culturale ortodossa si sia formata questo tipo di comunità multinazionale e multiculturale? La risposta a questa domanda aiuta molto a capire. Contrariamente alle politiche e alle posizioni dei potenti – come in passato, così, forse, nel presente – che coinvolgono il nostro mondo spirituale comune, la tradizione spirituale ortodossa continua tuttora a esistere, donando una vita pacifica a gente di diverse nazionalità e religioni. Questo perché i valori fondamentali dell’Ortodossia, le idee principali offerte nel campo dell’etica sono: la gentilezza, la dolcezza, la responsabilità e il sacrificio. Le strutture multinazionali che avevano le basi sul pilastro portante di tutta la nostra vita sociale – l’Ortodossia – si sono rivelate funzionali e adeguate. Ogni volta, infatti, che hanno tentato di riformattare – sotto l’influenza di idee razionali, che di solito venivano importate, o attraverso il potere e la forza – la coscienza nazionale, la nostra fede e la nostra moralità, allora tutto collassava. Nella nostra vita, non c’è debolezza, come sembra a molti osservatori esterni, ma forza. Infatti per tentare di raggiungere l’armonia interetnica e interreligiosa, che è un compito universale, c’è molto da fare e da lottare: è molto difficile vivere insieme in un mondo lacerato da contraddizioni e conflitti militari. Questo è particolarmente vero oggi, nell’era della globalizzazione, dove la Terra sembra essere diventata un piccolo appartamento. Se l’umanità non impara a vivere in modo tale che ognuno abbia bisogno dell’altro, se il comandamento dell’amore non costituisce la base della comunità umana, nessuna legge umana manterrà le persone unite. E nel mondo globale questo può trasformarsi in una terribile catastrofe. Chiedo a me stesso e a tutto il mondo: c’è un modo per armonizzare tutte queste contraddizioni? E io ri61

spondo: sì, c’è. C’è già tutto nella storia, dove è chiaro ed evidente che quando la gente vive o cerca di vivere secondo la legga dell’amore – perché è una legge divina della società umana – allora si armonizzano tutte le relazioni interreligiose e interetniche, e il mondo cambia. È importante sottolineare che ogni tentativo di interculturalità costruita artificialmente, sacrificando la vita della gente ed escludendo la religione, oppure, al contrario, facendo ogni tentativo di mantenere l’identità religiosa ed etnica all’interno del ghetto, non può essere una soluzione alle difficoltà che emergono nel costruire relazioni tra nazioni e culture diverse.

In cosa consiste il potere spirituale della Russia? Perché la Rus fu chiamata la Santa Rus? Perché il valore dominante principale era Dio, e la santità dell’uomo era vista come il risultato del riconoscimento della centralità di Dio. L’eroe di quel tempo era un santo – ecco perché la nostra letteratura è iniziata con la vita dei santi. Era una letteratura dedicata agli eroi e l’idea della santità come ideale assoluto della vita si radicò profondamente nella carne e nel sangue della nostra gente come, in generale, della civiltà europea.

Dove sbaglia l’uomo nella comprensione delle norme morali? Quando Diderot2 diceva che l’uomo è nato luminoso e puro, si riferiva a una nascita umana puramentente fisica, ma aveva perso di vista la trasmissione ereditaria del peccato. Il peccato è presente nella natura 2 Denis Diderot (Langres, 5 ottobre 1713 - Parigi, 31 luglio 1784) filosofo, enciclopedista, scrittore e critico d’arte francese, è stato uno dei massimi rappresentanti dell’Illuminismo.

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umana allo stesso modo della libertà, e l’uomo non è nato assolutamente senza peccato. Ai tempi di Diderot era difficile capirlo. Oggi qualsiasi genetista vi dirà che nel trasferimento ereditario di informazioni una persona impara anche le predisposizioni che hanno influenzato il comportamento dei suoi genitori e dei suoi antenati. La scienza moderna potrà, decifrando il genoma umano, forse non oggi ma sicuramente domani, indicare cosa nel genoma umano è portatore di una predisposizione particolare al comportamento, compreso il comportamento vizioso. Il parere di Diderot, pertanto, era un punto di vista bonario sull’uomo, che viene al mondo apparentemente puro. Da tutto ciò scaturisce una conclusione molto semplice: non c’è bisogno di fare niente, non c’è bisogno di impedire a una persona di essere libera: egli può sviluppare il suo pieno potenziale, rimuovendo tutti i tabù, tutte le restrizioni, incluse quelle religiose. Spesso le restrizioni religiose sono associate a un concetto di tirannia. Inizialmente, tali concetti sono entrati nella coscienza della società francese e della cultura politica francese ma, successivamente, attraverso la rivoluzione francese, sono arrivati anche in Russia, dove l’esistenza stessa della morale cristiana era percepita come una sorta di tirannia sull’individuo. Ancora oggi possiamo udire proclami del genere: «Dobbiamo abbattere i tabù!». In Russia c’erano questi appelli: «Liberiamo dalle catene i nostri figli, rimuoviamo le restrizioni!». Ma se dentro abbiamo il peccato, e saranno tolte tutte le restrizioni, l’uomo peccatore, in tal modo, sarà l’unico criterio della verità morale, e allora cosa accadrà? Accadrà quanto segue: tante teste, tante menti, tante personalità, tante verità. Sappiamo, però, che ciò non accade nella realtà. Dopo tutto, qualcuno ha necessariamente ragione e qualcuno è colpevole. Mettere l’uomo al centro dell’Universo, quindi, e dargli il diritto di diventare il criterio della verità morale, porta a terribili conseguenze: si crea una miscela di santità e di 63

peccato, di bene e di male, di vero e di falso. Sono nate anche certe definizioni, come la società post-moderna, la filosofia del post-modernismo, che escludono in generale il concetto di verità oggettiva, e al posto di questa, offrono l’idea del pluralismo, del relativismo: ogni persona ha diritto alla propria verità e nessuno ha il diritto di giudicare nessuno. Non possiamo più dire: «Hai ragione… è colpa tua», perché chiunque può dire: «Credo così». Sulla base della filosofia neoliberale e postmoderna, ogni uomo viene riconosciuto portatore del diritto di essere criterio a se stesso, e quindi di determinare la verità morale. Se perdiamo la distinzione verità e menzogna, se educhiamo le giovani generazioni all’idea del relativismo, come distinguiamo il bene dal male? Quando ero un bambino molto piccolo, chiesi a mio padre: «Papà, cos’è l’anticristo?». Mi disse che ci sarà una persona che incarnerà il male; questa persona sarà sostenuta da tutte le altre persone, il mondo intero si unirà e sosterrà questa persona e, quindi, appoggerà il male; ed ecco che questa persona realizzerà il male, uccidendo quelli che non erano d’accordo con lui. «Come può essere? – ho chiesto a mio padre – «Come può la gente appoggiare il male?». E, poiché ero piccolo, non aggiunsi altro, ma lo dico ora: «Come può la gente approvare la violenza sui minori? Come può la gente sostenere altre cose impensabili dal punto di vista morale?». Questo avverrà quando la differenza tra il bene e il male sarà cancellata. Quando tutto sarà presentato in termini di diritti umani e libertà: ognuno sceglierà ciò che vuole scegliere, non sarà limitata la libertà umana, non ci saranno criteri oggettivi nella sfera della moralità. Oggi tutto ciò suona spaventoso, è ancora difficile immaginare che ciò sia possibile. Ma alcuni decenni fa, forse nemmeno decenni, si poteva immaginare che in Europa le relazioni omosessuali e quelle naturali sarebbero state equiparate? Se l’avessi detto in un’aula universitaria venti anni fa, la gente sa64

rebbe rabbrividita e avrebbe detto: «Questo è impossibile, perché è contrario alla verità morale». E oggi questo approccio non è semplicemente dichiarato è reso legittimo, e quindi, ogni critica è illegale. Il sistema legislativo include il bene e il male, la verità e le bugie. Quindi, ci stiamo muovendo come in un campo minato, dove non può esserci vita per la società. Andremo verso la morte, se l’umanità perderà la capacità di distinguere il bene dal male. Da questo concetto fondamentale, da questo criterio principale, vorrei trarre una valutazione di ciò che sta accadendo oggi nel mondo. Sorprendentemente, se la percezione religiosa del mondo e della storia scompare, il vuoto viene colmato da qualcosa di molto pericoloso. Cosa? Ritorniamo di nuovo sulla personalità umana, perché solo partendo da una comprensione di ciò che una persona è, si può arrivare alle giuste conclusioni. Nell’uomo è presente il principio istintivo. Gli istinti sono la voce della natura fisica, è il programma ideato da Dio per la sopravvivenza della specie umana. Senza gli istinti moriremo di fame, di sete, di freddo e la specie umana non sarebbe preservata; solo per assicurare la sopravvivenza dell’uomo, Dio ha messo nella sua natura il principio istintivo: come accade nel mondo animale. Contemporaneamente, la soddisfazione dell’istinto è sempre connessa al piacere, sia nel mondo animale, che in quello umano; altrimenti il sistema non funzionerebbe. E quando la soddisfazione degli istinti è associata al piacere, il sistema funziona indipendentemente dall’ istruzione, dallo stato sociale, dalla nazionalità, dall’età, proprio come nel mondo animale. La soddisfazione dei bisogni della carne è radicata nella nostra natura, ma se una persona, simile agli animali, vive solo con la voce dell’istinto, crea una civiltà dell’istinto, trasforma la sua vita in una vita animale. Dopotutto, guardando coloro che vivono basandosi solo sull’istinto, spesso diciamo: «Guarda, queste non sono persone, questi sono bestie». Dio, però, al fine di permetterci di 65

regolare i nostri istinti, ha posto dentro di noi anche forze spirituali: la mente, la volontà e i sentimenti con i quali possiamo operare liberamente, anche per controbilanciare e superare gli istinti. Quindi se lasciamo agire solo la componente istintiva, eliminando o indebolendo la componente spirituale, fino a tal punto da perdere la capacità di equilibrare il principio istintivo, a cosa assistiamo nell’ambito della propaganda, dell’educazione e dell’ideologia? Siamo alla presenza di slogan molto semplici: “Vivi come vuoi vivere”, “goditi la vita”, “la vita è una sola, prendi tutto dalla vita”. È quello che sta succedendo oggi. Forse non tutti si avventureranno ad articolare questi pensieri con chiarezza, come sto facendo ora, accentuandoli in modo intenzionale. È proprio questa filosofia di vita, purtroppo, che oggi influenza le nostre coscienze, attraverso la potente rete dei mass media. Se poi eliminiamo il contenuto spirituale, morale e religioso dalla nostra vita, allora il principio istintivo guiderà facilmente ognuno di noi e l’intera comunità umana. Tutta la cultura di massa è oggi finalizzata al consumo. Al contrario, in alcune società, come in Russia, il consumismo è legato a un complesso di fattori che derivano dal fatto che non siamo usciti da molto da un passato in cui bisognava fare la fila anche per le cose più elementari. Perciò, nel nostro caso, il desiderio di avere di più e di vivere in modo più agiato, è ancora una reazione. Nel nostro caso, abbiamo bisogno di un criterio morale interiore, di un senso di equilibrio e di austerità coltivato dalla Chiesa, un atteggiamento cauto e ragionevole nei confronti del consumo. Ma se, come ho detto, la dimensione spirituale sarà smantellata e tutti i tabù saranno accantonati, la persona alzerà l’asta del consumo, come sta accadendo in alcuni paesi! Il comportamento istintivo prenderà il sopravvento sui principi creativi e spirituali. Conseguentemente a tutto ciò scompariranno valori molto importanti come la dedizione, l’amore per la Patria e per il prossimo, la capa66

cità di sacrificarsi per l’altro: «Perché sacrificarsi quando la vita è una sola e bisogna accaparrarsi del più possibile? Lasciamo che qualcun’altro si sacrifichi». Se, tuttavia, proseguiamo nella logica di queste riflessioni, come possiamo educare le persone a difendere la Patria? Come possono dire: «Vai e dai la tua vita?». Mi risponderanno: «Perché? Per quale valore? Il mio valore è questa vita, il comfort e il benessere. Mi compro un biglietto di sola andata e vado in un altro paese, mi sistemo, aspetto. Forse, non tornerò mai più e perderò ogni contatto con la mia patria». È possibile trarre molte conclusioni pratiche da questa premessa. Ma la cosa più importante da ricordare è che con la distruzione della spiritualità, della capacità di orientare la libertà verso la bontà, diamo spazio al diffondersi di un comportamento puramente istintivo e, così facendo, roviniamo l’uomo. Forse il Cristianesimo sarà in grado di salvarci da tale ideologia – dato che è già stato capace di elaborare in modo efficiente il patrimonio spirituale e materiale del mondo antico, che andava verso il declino – e rilanciare il sistema europeo moderno, che sta vivendo una forte crisi a causa della sua dipendenza da principi impersonali di un’etica laica? Certamente, è in grado di salvarci, ma per riuscire, è necessario aprire la porta alla piena partecipazione della Chiesa alla vita sociale e politica di tutti i paesi europei. La Laudato sì, Lode per la cura della nostra casa comune, è la seconda Enciclica di Papa Francesco, dedicata alla protezione dell’ambiente. L’ecologia può diventare un’ulteriore sfera di cooperazione tra Cattolici e Ortodossi? Il problema ecologico esiste, ed è connesso, ancora una volta, allo stato morale dell’uomo. Ecco perché allora la Chiesa oggi presta particolare attenzione a tale 67

situazione e ha adottato persino in questo contesto un documento durante il Consiglio episcopale. Certo, il fatto che oggi gli sforzi vengano fatti a livello statale, è una cosa molto importante. Questa è una campagna che può avere buoni risultati pedagogici. Sì, dobbiamo iniziare a ripulire il nostro paese, la nostra natura, e forse nel corso di quest’opera, diventeremo anche noi più puliti dentro. La stessa fede cristiana ha uno sguardo attento alla natura circostante, che è considerata come una meravigliosa creazione di Dio. Sfortunatamente il progresso scientifico e tecnico non è stato accompagnato da un’attenta educazione ecologica, perciò nei secoli XX-XXI il problema della protezione dell’ambiente è diventato uno dei più urgenti. Tutto questo, alla fine, porta alla distruzione della persona umana, all’incredibile crisi che esplode alternativamente nei campi dell’economia, della finanza, dell’ecologia… Il mondo è in subbuglio, e la fonte di questa confusione non è quella o quell’altra notizia che apprendiamo nei programmi televisivi, ma è la persona stessa, la persona umana. Questa è la sfida principale per i credenti della tradizione cristiana, per le Chiese d’Oriente e d’Occidente, per la Chiesa Ortodossa e la Chiesa Cattolica.

La Chiesa partecipa alla soluzione dei problemi ambientali? La Chiesa è seriamente preoccupata per lo stato attuale della natura. L’esaurimento delle risorse non rinnovabili e l’inquinamento dell’ambiente sollevano con forza il problema dell’uso attento dei doni della natura e della sopravvivenza della biodiversità. La Chiesa Ortodossa russa oggi desidera ricordare alla società quali sono i problemi ambientali affinché cresca la responsabilità e la capacità di tutelare le bellezze della creazione di Dio. 68

Qual è l’importanza delle riunioni interconfessionali? Le riunioni interconfessionali volte a discutere di questioni socialmente significative – la guerra e la pace, la globalizzazione, la riduzione della povertà, l’ecologia e altri problemi importanti – costringono la comunità ad ascoltare la voce dei credenti e a confrontarsi con norme dell’etica cristiana.

Come ottenere aiuto dai Santi? Gli stregoni e i maghi dicono: «Non hai bisogno di niente, paga, fai questo e quello, recita un incantesimo, fai delle azioni e otterrai automaticamente tutto ciò che desideri». Nella Chiesa, una persona non riceve nulla automaticamente, riceve solo una risposta alla sua preghiera, alla sua fede, al suo desiderio e alla sua volontà di vivere secondo la legge di Dio. Al centro di questa legge, poi, c’è la capacità di una persona di portare la sua croce, come insegna Cristo.

Lo scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton3 scrisse: «Non è vero che chi non crede in Dio non crede in nulla, perché in quel caso crede in tutto». Predittori, stregoni e indovini ci sono sempre stati. Non pensa, Santità, che questo fenomeno abbia ormai raggiunto dimensioni allarmanti? Una delle ragioni della crescente influenza degli insegnamenti occulti sulle menti e sulle anime dei nostri contemporanei è la perdita di connessione con l’eredità spirituale patristica. Mancando di radici nella Tradizione della Chiesa, le persone cercano di superare Gilbert Keith Chesterton (1874-1936), pensatore, giornalista e scrittore cristiano inglese. 3

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l’opprimente assenza di spiritualità della cultura di massa, senza ricorrere a linee guida affidabili, che definiscano il modo di giungere alla verità, e così, spesso, vengono ingannate e intrappolate in reti fuorvianti. I rappresentanti delle comunità occulte abusano dell’ingenuità e dell’ignoranza delle persone, usando la terminologia cristiana e chiamando “chiese” le organizzazioni che creano. Tali movimenti rappresentano una minaccia per l’intera società, minando le tradizioni secolari e scuotendo l’identità culturale dei popoli. Le dottrine occulte affermano l’esistenza di una conoscenza segreta, pretendendo di essere in grado di spiegare la natura del mondo e dell’uomo. Questa idea non è nuova. Gli storici della Chiesa sanno bene che agli albori dell’era cristiana i seguaci del movimento gnostico rivendicavano il possesso di una conoscenza esoterica. Questo insegnamento è stato condannato come eretico. La Chiesa continuò nei secoli successivi la lotta contro queste correnti pericolose ordinando ai suoi figli fedeli di seguire rigorosamente la verità della Divina Rivelazione, evitando i discorsi vani e profani e le argomentazioni contrastanti di quella che è falsamente chiamata scienza (cf. 1 Tm 6,20). Per combattere la diffusione di menzogne e tentazioni occorrerebbe predicare attivamente il vangelo di Cristo, creare scuole catechetiche, impegnarsi nel far conoscere le vittime delle sette esoteriche.

Oggi la corruzione è una grande minaccia per la stabilità mondiale. Pensa che ci sia una differenza tra peccato e corruzione? Forse, una delle più serie tentazioni a cui è sottoposto l’attività politica, a qualsiasi livello, è la corruzione. Vorrei sottolineare: l’Ortodossia è incompatibile con il relativismo morale, una delle manifestazioni a causa della quale nella società moderna è presente la 70

corruzione. Questa è una grave malattia spirituale. È impossibile essere veramente credenti, andare in chiesa, partecipare alla vita parrocchiale e allo stesso tempo prendere tangenti o trarre profitto da transazioni finanziarie ingiuste. Dio si aspetta che si riesca a cambiare la nostra vita, e non solo con una donazione formale per i bisogni della chiesa. Dio non può essere comprato con l’elemosina. Ha bisogno che una persona si ravveda in modo tale che il suo sacrificio sia segno di genuino pentimento per i peccati commessi.

Come combattere la corruzione? È gratificante il fatto che oggi lo Stato stia compiendo degli sforzi per combattere efficacemente questo vizio nel quale sono racchiusi disonestà, avidità, menzogne e disprezzo per gli altri. Sono convinto che, in questa lotta, può essere ancora più efficace il cambiamento di atteggiamento nei confronti della corruzione nella coscienza pubblica. Ciò richiede anche un lavoro quotidiano nella scuola e l’impegno dei media per denunciare questo fenomeno come vergognoso e per educare la gente all’onestà, alla diligenza e al rifiuto della ricchezza ingiustamente acquisita. Molti credono che sia sufficiente adottare buone leggi, che la polizia e i tribunali lavorino bene affinché tutto questo non accada più. Invece non sarà così e tutto questo sarà inutile se una persona ha la morale e la coscienza distrutta. L’Ortodossia, in tale contesto, offre oggi la sua testimonianza al mondo intero.

Come può la Chiesa aiutare lo Stato nella lotta contro la corruzione? La specificità della partecipazione e della cooperazione della Chiesa cristiana nel risolvere tali difficoltà 71

sta nel fatto di non perdere di vista la dimensione verticale di questi problemi, la dimensione stessa che dà nutrimento e forma ai pensieri delle persone, ai sentimenti, alle gioie e alle sofferenze davanti al volto di Dio. La guarigione dal peccato della corruzione, in altre parole, è il risultato della trasformazione morale di una persona, il suo cammino lungo la via della salvezza. E la Chiesa è chiamata a svolgere il suo ruolo pastorale e a dare la sua testimonianza.

Quali pericoli devono affrontare i Cristiani di oggi? Fede, pensieri saggi, modo giusto di vivere… esistono condizioni senza le quali queste principi si disintegrano? Come insegna San Giovanni Crisostomo, non c’è alcun beneficio per la fede, se una persona è corrotta. Non si può mantenere la fede nella mente e nel cuore, se il cuore è dedito al peccato, se una persona vive come se non ci fosse Dio. Ha altri valori e obiettivi di vita e si getta su questi, dimenticando Dio e cadendo nella dissolutezza in senso letterale e figurativo. La dissolutezza è la distruzione della personalità umana, connessa sia al peccato contro il proprio corpo, che a molti altri peccati. Cosa sono quindi il furto, la corruzione e gli altri peccati se non una dissolutezza, una distruzione della persona umana?

In che modo la Chiesa si rapporta con la crescita degli incarichi assegnati alle donne negli affari e nella politica? Le donne hanno una grande responsabilità. Le donne sono delle creature più sensibili, percepiscono molte cose in un modo più sottile rispetto agli uomini. Dopotutto, non è un caso che la donna sia la custode 72

La rinascita della Chiesa ortodossa russa.

Il Patriarca Kirill dopo la Divina Liturgia con i fedeli nella Cattedrale di Cristo Salvatore, nell’enclave di Kaliningrad.

Un matrimonio ortodosso russo.

La Divina Liturgia patriarcale del martedì della Settimana Santa nel Monastero della Trinità di San Sergio.

Prigioniero accende una candela nella cappella del carcere.

Il Patriarca Kirill durante la Divina Liturgia con l’Icona Iberica della Madre di Dio e del bambino nella chiesa Ochakovo, Matveyevsk a Mosca.

Il Patriarca Kirill visita il Memoriale alle vittime delle repressioni politiche di “Noril’skaya Golgota”.

Lunedì della prima settimana di Quaresima, nella Cattedrale del monastero di Nicola-Uspenskiy.

del focolare; e dal grado della moralità, i cui guardiani dovrebbero essere le donne, dipende l’esistenza e il benessere della società.

Perché è pericoloso violare le basi morali? Sono adottate leggi che, pur facendo riferimento espressamente alla libertà, distruggono le basi stesse della moralità umana. E quando si chiede ai parlamentari in che misura queste leggi sono conformi con la morale, sentiamo risponderci: “di che morale state parlando?” Le risposte alla domanda su ciò che è buono e ciò che è male sono invece molto, molto diverso l’una dall’altra. Quello che è buono per l’uno può non esserlo per l’altro. Ricordate il principio marxista: il bene è ciò che è bene per la classe operaia, e quello che è un bene per la borghesia – è davvero un male. Senza dubbio la borghesia aveva invece un approccio diverso sullo stesso argomento. Nella storia d’altronde sono esistite interpretazioni ancora più terribili come, ad esempio, quello che è bene per la “Grande Germania” – e sappiamo a cosa portò. Il mondo fu sbattuto nell’abisso della sanguinosa Seconda Guerra Mondiale. Quando una persona impone le sue idee ideologiche su concetti come libertà, moralità, uguaglianza, cade in una trappola. Libertà, uguaglianza, fratellanza, principio morale diventano categorie facilmente modificabili a seconda dei gusti o del potere. La conseguenza è che una persona perde la sua libertà, dimentica qualsiasi uguaglianza e fratellanza. Basta guardare lo stato attuale della società, compreso quella europea, dove sono stati proclamati tutti questi slogan e, fino ad oggi, queste parole sono scritte sui frontoni dei comuni francesi, Che cosa sta succedendo oggi, e non solo in Francia? Possiamo vedere cosa succede a una società, come sono distrutti i prin73

cipi morali, quanto è terribile la catastrofe connessa all’invasione degli stranieri, a causa dell’arrivo dei profughi! Che conflitti colossali, quante sofferenze umane – e questo avviene nel XXI secolo, cento anni dopo la Rivoluzione! Com’è possibile che tutto ciò non sia sufficiente per comprendere: senza la verità assoluta, senza l’ordine delle cose Divino, non può esserci né uguaglianza, né fraternità, né libertà, e può darsi invece che l’uso di queste parole sia solo un gioco di parole che porta alla riduzione delle persone in schiavitù.

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LA GLOBALIZZAZIONE

Che cosa comporta il fenomeno della globalizzazione? Da un punto di vista cristiano, l’internazionalizzazione e la globalizzazione hanno lati sia negativi che positivi. È negativo il fatto che, in entrambi i processi, esista lo sviluppo di una tendenza delle comunità etnoculturali originali a trasformarsi in una massa amorfa, che non ricorda le sue radici ed è guidata da princìpi universali, non spirituali. Inoltre, lo spazio informativo è standardizzato, o meglio, il contenuto di esso, dove, come abbiamo l’opportunità di osservare, non ci sono distinzioni fra bene e male, non lascia spazio per la moralità e la religiosità. Naturalmente, in questo caso, la Chiesa russa ed i nostri fratelli eterodossi devono testimoniare in ogni modo quanto tale strada sia nociva per l’umanità. L’effetto positivo della globalizzazione e dell’internazionalizzazione si può trovare invece nell’accrescimento delle opportunità dell’uomo di utilizzare una base culturale in continua espansione, di comunicare e sviluppare forme di interazione con i rappresentanti delle altre comunità. Non sono solo la conoscenza delle lingue e le abilità della comunicazione interculturale ad essere, in questo caso, molto importanti, lo è prima di tutto la consapevolezza che l’individuo ha della propria identità culturale. Questa è la chiave per un dialogo riuscito, completo e reciprocamente rispettoso tra le diverse religioni e culture. La scomparsa del modo di vita tradizionale del popolo porta alla distruzione del consenso morale asso75

ciato ad esso. La legge non è altro che un riflesso del consenso morale generale sul piano legale. Se la legge non corrisponde a un consenso morale, diventa ingiusta, porta un’influenza negativa e distrugge i valori morali delle persone. Sì, la fede in Cristo unisce le persone e abbatte le barriere nazionali, sociali e altre, esistenti tra loro. «Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28), scrive il Santo apostolo Paolo. Dunque il Cristianesimo non distrugge quelle particolarità che esistono nei vari popoli e che impara a credere in Cristo nella propria lingua e cultura, trasformandola creativamente.

Quali sono i pericoli della globalizzazione? La globalizzazione porta nella nostra vita, oltre a vantaggi economici e infrastrutturali, anche pericoli significativi, tra i quali la spersonalizzazione culturale delle nazioni, la perdita di orientamento morale, il relativismo rispetto ai principali fondamenti dell’esistenza umana. Anche i benefici della lotta contro il terrorismo e contro l’estremismo portati dalla globalizzazione possono diventare un’arma a doppio taglio. Sappiamo che, a volte, con il pretesto della lotta al terrorismo, si commettano atti molto pericolosi che violano i diritti e la libertà delle persone. Pertanto, sostenendo la lotta contro il terrorismo, dobbiamo cercare nello stesso tempo di garantire che nel mondo non ci sia doppiezza negli atteggiamenti e negli obiettivi perseguiti, ovvero, che le persone siano oneste di fronte a se stesse, davanti a Dio e davanti agli altri e che, lottando contro il male, non moltiplichiamo il male stesso. Nell’era della globalizzazione le persone sono soggette a forti influenze dall’esterno. Queste influenze possono essere utili e possono essere devastanti. Come de76

terminare ciò che è buono e cosa è male? Spesso, le persone si fidano dell’informazione che risuona più forte. Spesso, però, sono le informazioni che vengono pagate di più ad avere più spazio e importanza, ma non necessariamente sono quelle che trasmettono la verità. Inoltre, è abbastanza ovvio che i confini tra nazionale e universale, tra locale e mondiale, tra temporale ed eterno siano molto spesso contrassegnati da conflitti; molto spesso il rapporto fra queste realtà separa le persone, attiva le forze, provoca scontri sanguinosi, distruggendo la vita di tanti uomini. Da come le persone risolveranno i problemi legati alla correlazione tra locale e globale dipenderà in gran parte il benessere, l’organizzazione della società e forse, nel mondo sempre più globalizzato, il futuro dell’intera civiltà umana. Nel mondo odierno è molto importante riconoscere l’opera dello Spirito, avendo la capacità, se necessario, di andare contro corrente.

Con la globalizzazione, prende forma il Mondo Russo. Qual è la relazione della Chiesa con questo nuovo fenomeno? Il mondo russo è il risultato del nostro percorso storico. Nei secoli tale visione del mondo ha in gran parte determinato cambiamenti politici, economici e sociali. È stata la linea guida dello sviluppo, tra l’altro, non solo del popolo russo, ma di tutte le nazioni e popoli che penetravano nel suo spazio culturale e politico, arricchendolo reciprocamente. Alcuni potrebbero dirci: «Beh, cosa ci importa dell’Ortodossia? Apparteniamo ad altre religioni. Perché dobbiamo parlare dell’Ortodossia come dominante?». Perché l’Ortodossia, cerco di spiegarmi meglio, ha formato l’etica del popolo russo, l’etica della maggioranza nei confronti delle minoranze, delle persone di altre religioni e culture. Se non ci fosse stata questa influenza spirituale ed etica, 77

mi creda, non esisterebbe il mondo russo. Il mondo russo si è formato proprio grazie alla natura dell’uomo russo, aperta agli altri. Non abbiamo mai posto alcun limite nel far occupare cariche, posizioni importanti nella società, per il solo fatto che una persona non fosse di etnia russa. Proprio questa apertura del popolo russo verso l’altro, la sua delicatezza, una certa flessibilità, che erroneamente viene scambiata per debolezza, è stata formata dall’etica ortodossa. In questo senso stiamo parlando dell’importanza della Chiesa Ortodossa che, in quanto morale dominante, ha creato le condizioni per l’esistenza del mondo russo. Se non ci fosse stata l’Ortodossia, non ci sarebbe stata nessuna grande Russia multinazionale e, dunque, non ci sarebbe nessun mondo russo. Perché nel mondo russo, così come in Russia, se il centro sopprimesse l’identità degli altri, questi si sentirebbero a disagio e lotterebbero contro esso. Tuttavia, i russi non hanno mai detto che questo grande spazio apparteneva solo ai russi o solo agli Ortodossi. Hanno detto che era per tutti. Tutto ciò non va visto come una sorta di scenografia, perché non è altro che il riflesso della realtà, grazie alla quale il mondo russo esisteva prima ed esiste oggi. Il mondo russo si è formato come comunità di persone dall’indole creativa, che liberamente pensano e agiscono, che hanno come fondamenti la ricerca della bontà, della misericordia e della giustizia, e quindi della verità del Vangelo. La cultura tradizionale russa, come la cultura europea, si è basata inizialmente sulle norme morali cristiane. Il desiderio di incarnare gli ideali del Vangelo si è espresso in tutti gli ambiti della nostra cultura nazionale: nella lingua stessa e nella letteratura, nella musica e nell’arte. Un unico sistema di valori ha definito e continua a determinare le coordinate generali del pensiero teologico, filosofico, del pensiero sociale, e della ricerca scientifica. Così si è formato e continua a crearsi il patrimonio culturale comune del mondo russo. Hanno quindi un’importanza innegabile, per la comunità del mondo russo, 78

i successi della letteratura russa, delle arti, della danza, del cinema, dello sport, così come le invenzioni scientifiche e tecnologiche che sono apparse nell’ambito della civiltà russa e sono diventate patrimonio di tutta l’umanità. Una parte integrante della cultura russa è data dai principi, dalle caratteristiche uniche del modo di vivere e dalle forme di vita sociale che ne sono scaturite. Tutti siamo uniti da una memoria storica comune, che racchiude gli avvenimenti del passato, si rivolge al presente ed è aperta al futuro. Come nella vita di ogni persona, nella storia del mondo russo ci sono pagine luminose e oscure, si discerne ciò che è buono e ciò che è cattivo nella nostra storia, in base a quanto le azioni delle autorità e del popolo hanno corrisposto al sistema dei valori del mondo russo e, contemporaneamente, in base a quanto erano rivolte alla preservazione della sua unità, al mantenimento della sicurezza e della sua prosperità. Pertanto, la celebrazione di date, luoghi, monumenti e nomi associati alle pagine più importanti e cruciali della storia civile dei popoli del mondo russo, è di particolare importanza. Ci sono stati tempi diversi: il mondo russo ha vissuto le divisioni tra principati, la separazione tra Stati diversi, l’unificazione all’interno di un unico Stato: in una parola è passato da molte trasformazioni politiche e strutturali. E quindi, oggi, la tradizione della civiltà russa esiste nelle condizioni di una variegata organizzazione politica e sociale. Inoltre essa si sta diffondendo nel mondo, oltre i confini russi, con la migrazione delle persone: già da circa un centinaio di anni vivono all’estero generazioni di russi fuggiti dalla Russia perché perseguitati per motivi politici o religiosi. Pertanto il Patriarcato di Mosca, così come alcune altre Chiese ortodosse, ha aperto le sue parrocchie in vari paesi del mondo dove si trovano i suoi credenti. Le comunità del Patriarcato di Mosca nella diaspora sono oggi diverse centinaia. Nello stesso tempo lo spazio della responsabilità pastorale della Chiesa russa ha incluso non solo singoli paesi 79

della Russia storica, ma anche quelli che hanno legato la loro identità alla tradizione della civiltà russa, pur vivendo al di fuori del suo territorio canonico e al di fuori del territorio canonico di altre chiese locali. Il Mondo Russo, per sua natura multiculturale, è orientato a mantenere buoni rapporti con i diversi centri di civilizzazione del mondo. I contatti della civiltà russa con gli altri popoli del mondo possono essere facilitati dalle numerose diaspore del mondo russo. Anche l’attività delle persone che apprezzano e studiano le tradizioni dei popoli del Mondo Russo si è rivelata un grande potenziale per lo sviluppo di relazioni amichevoli con diversi paesi del mondo.

La globalizzazione in Russia. Cos’è? Oggi possiamo vedere come le culture nazionali si dissolvono o perdono le loro posizioni di fronte alla cultura di massa globale. La spiritualità delle persone, la loro fede formano invece il nucleo che preserva l’identità nazionale. Il conflitto principale in corso oggi nel mondo è quello tra globalizzazione e identità. Ma fino a dove possiamo arrivare per proteggere la nostra identità dalla globalizzazione? Cos’è utile nella globalizzazione e cos’è invece fatale? La Chiesa dovrebbe dare una risposta saggia a queste domande aiutando le persone ad agire attivamente sull’arena internazionale, invece di cadere in un isolamento artificiale, difendendo la loro identità spirituale e culturale nazionale L’Ortodossia è di vitale importanza per la Russia e per molti altri paesi – naturalmente con il dovuto rispetto per le altre religioni e fedi. Come nel IX secolo, quando i nostri antenati salvaguardarono l’Ortodossia, così anche oggi, nelle condizioni incredibilmente complicate legate alla globalizzazione e alla compenetrazione culturale, l’Ortodossia può e deve essere salva80

guardata non solo come una religione, ma come base spirituale della vita di molti popoli.

È possibile conservare il patriottismo nell’ambito della globalizzazione? Dobbiamo ricordare che il senso di patriottismo è un sentimento naturale molto importante senza il quale non solo lo Stato, ma neppure la comunità etnica delle persone, del popolo, possono funzionare. Proprio il senso di patriottismo aiuta le persone a sentirsi come un popolo e un paese unito. Ma questo sentimento può avere sviluppi pericolosi. Se il patriottismo non è bilanciato dalla moralità, non ho timore a dirlo, cristiana (e su più ampia scala – religiosa), può trasformarsi molto facilmente in nazionalismo aggressivo. Ciò non accade nella Chiesa perché il nazionale e l’universale vengono bilanciati dalla moralità cristiana. Ecco perché nella Chiesa il patriottismo non è mai un pericolo per gli altri; ecco perché noi diciamo che nel nostro paese multinazionale è così importante apprendere le basi della fede ortodossa, perché attraverso la comunione con la cultura ortodossa, la persona diviene capace di rispettare, conservando il proprio sentimento nazionale, ciò che è caro agli altri. È mio ardente desiderio che tutti i paesi associati alla civiltà russa percepiscano il nostro patrimonio comune di valori, non come una minaccia alla loro indipendenza, ma come una loro risorsa preziosa nel mondo globalizzato.

La migrazione. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi secondo la Chiesa? A causa della globalizzazione emergono una serie di problemi, tra i quali anche quello dell’emigrazione. 81

È su questo fenomeno che i rappresentanti delle religioni tradizionali, quelli che, grazie al loro senso di responsabilità, si mettono alla guida di vaste comunità, dovrebbero unire i loro sforzi. Perché, se non noi, chi allora? Questa è una sfida speciale, che la fase moderna dello sviluppo della civiltà umana dà ai leader religiosi e a tutti i credenti. Le comunità religiose dovrebbero mostrare una speciale attenzione, in particolar modo per educare i migranti, aiutarli ad adattarsi al contesto culturale, al fine di sviluppare una coscienza che miri alla cooperazione, all’interazione, invece che all’auto-isolamento, perché ogni tipo d’isolamento in un contesto di maggioranza, prima o poi, sfocia nello scontro.

Perché la cooperazione interreligiosa è così importante? Ci sono diversi scenari per lo sviluppo della storia umana. Si può seguire il cammino che porta a difendere i propri interessi a spese degli altri. Si può seguire il percorso di radicalizzazione di queste relazioni, che, può portare inesorabilmente solo alla guerra e alla distruzione dell’umanità. Ma se non possiamo fare molto su scala globale, quale strategia possiamo adottare su scala nazionale? La Chiesa Ortodossa russa, che è sempre consapevole della sua responsabilità verso il destino della Patria, attribuisce grande importanza al dialogo interreligioso. Cioè, cerca di stabilire rapporti buoni e pacifici con i rappresentanti delle altre religioni tradizionali. Il fatto è che noi, in quanto rappresentanti di tali religioni, abbiamo una certa base comune, che oggi è spesso respinta dal mondo secolare: il nostro atteggiamento negativo verso le bugie, gli inganni, la dissolutezza delle passioni umane, la concupiscenza e l’idea che si sono fatti della famiglia. Noi invece abbiamo 82

una serie di valori morali che derivano dai dieci comandamenti di Mosè. Questa è la base morale comune dei credenti appartenenti a diverse religioni, e questo fondamento è molto importante. Sulla base di questo, possiamo identificarci con coloro che, su molte questioni, hanno un modo di pensare simile al nostro. Mi sembra che il pericolo più grande sia la radicalizzazione di alcune comunità religiose. Dobbiamo essere sempre molto cauti quando qualcuno, religioso o politico, insiste sulla radicalizzazione di una o di un’altra posizione nazionale. Bisogna ricordare che più è radicale la posizione nazionale, più probabilità ha di entrare in un conflitto con i rappresentanti di un’altra posizione nazionale, con un’altra cultura nazionale. Pertanto, dobbiamo rispettare i rappresentanti delle altre religioni, cosa che, quasi sempre gli Ortodossi hanno fatto. Solo una persona priva di coscienza religiosa, senza timore di Dio, può offendere altre persone in una sfera così sensibile come quella religiosa. Ecco perché in Russia hanno sempre convissuto Ortodossi, Musulmani, Ebrei. Essi si sono sempre rispettati e, praticamente, non sono mai entrati in conflitto. A tale proposito vorrei parlare tuttavia del fatto forse più importante. Durante la mia vita ho partecipato, con tutta probabilità, a centinaia di incontri interreligiosi e forse anche di più, tanti da non riuscire nemmeno a contarli. Eppure in nessuna di queste riunioni ho incontrato qualcuno che mi abbia detto: «Sa, non dovremmo vivere in pace. No, abbiamo i nostri interessi, abbiamo i nostri obiettivi particolari, dobbiamo raggiungerli, non possiamo pensare agli altri». Tutto in questi incontri appare bello, buono, si adottano risoluzioni eccellenti, e qualcuno perfino le legge. Quelli, però, che lanciano le bombe, spesso con il pretesto di motivi religiosi, non leggono queste risoluzioni. Penso quindi che oggi questo dialogo interetnico, interculturale, interreligioso – almeno nel nostro paese – poiché abbiamo questo potenziale, debba essere por83

tato ad un livello completamente diverso. Dobbiamo comunque comprendere il motivo per cui oggi si verificano questi scontri sanguinosi. Molte sfide moderne associate ai processi di globalizzazione, all’aumento dell’estremismo e del terrorismo, all’ecologia, etc., richiedono una risposta comune dei popoli. Una risposta che può essere trovata anche attraverso il dialogo interreligioso. La nostra Chiesa vi partecipa attivamente. Per l’Ortodossia sfumare i confini tra i diversi sistemi religiosi non è opportuno, non solo per quanto riguarda le verità dogmatiche, ma anche per ciò che concerne la stabilità sociale. Privare le persone della tradizione, ignorando la loro volontà, significa generare ignoranza, radicalismo e conflitti. Partecipando al dialogo interreligioso, non abbandoniamo la visione ortodossa della verità e non sprechiamo tempo sulle dispute dottrinali, ma lavoriamo per la coesistenza pacifica di popoli, che da noi si aspettano proprio questo. Consapevoli del fatto che dal punto di vista della dottrina e della teologia ci sono molte divergenze, non ci siamo mai posti il compito di superare queste differenze culturali, religiose e teologiche, ma intendiamo avvicinare il più possibile le posizioni su questioni di interesse pubblico. Con l’aiuto di Dio è possibile farlo: oggi grazie a tale approccio è possibile risolvere molte questioni pratiche.

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MISERICORDIA

Che impatto può avere la misericordia sulla vita pubblica? San Giovanni Crisostomo, riflettendo sul tema della misericordia, ha pronunciato parole splendide: «Guarda quanto è alta misericordia! Dio rende se stesso alla pari di una persona compassionevole»4. Quindi cita le ben note parole del Vangelo di Luca: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36). Parole meravigliose! Le conosciamo bene, ma il più delle volte sfiorano solo la nostra coscienza. Eppure queste parole non descrivono solamente la natura divina, indicano la cosa forse più importante che si deve fare in questa vita. Perché proprio la misericordia? Quando usiamo misericordia agli altri, diamo qualcosa di noi stessi ad un’altra persona: strumenti materiali, oggetti, attenzione, cura… Siamo in un certo senso in contrasto con la tendenza generale di oggi, che è quella di cercare ognuno per sé una vita più facile, più forte, più ricca, con più potere. Gli sforzi della maggior parte delle persone sono mirati a raggiungere questi obiettivi. Ognuno ha il proprio modo di agire, ma l’obiettivo è uno e sempre lo stesso – talvolta apertamente dichiarato – molto più spesso nascosto. Colui che fa opere di misericordia testimonia una via diversa, che il Signore ci indica: «Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!» (Mt 7,14). 4 La parola sulla quaresima e sulla carità. Le creazioni del nostro santo padre Giovanni Crisostomo, arcivescovo di Costantinopoli, vol. 2, libro 2.

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Non tutti possono seguirla, ma questo è il cammino della misericordia che ci porta al Regno di Dio. Lo stesso Giovanni Crisostomo dice: «Niente ci dà la possibilità di evitare il fuoco dell’inferno a meno che non si agisca attraverso la misericordia». Infatti, quando facciamo misericordia, ci mettiamo alla prova. A parole tutto è molto semplice, bene, bello, ma in realtà non lo è per niente. Spesso diciamo delle cose che poi non realizziamo mai nei fatti. A volte invitiamo gli altri a fare quello che non ha nessuno spazio nella nostra vita. Sono molti oggi a parlare della necessità della misericordia, a creare organizzazioni di aiuto; della misericordia si sente parlare nei media, sia digitali che sulla stampa. Quanti pochi sono, però, quelli che realmente sono misericordiosi! È molto importante che la Chiesa sia una scuola di misericordia. È molto importante che il clero, richiamando il gregge alla compassione, svolga opere di carità. Per testare la propria condizione spirituale durante la Quaresima tutti si dovrebbero chiedere: cosa ho fatto di bene? Chi ho aiutato veramente? A chi ho teso la mia mano in aiuto? Con chi ho condiviso le risorse materiali? Sarò assolto nel giudizio finale? Poiché si tratta delle opere di misericordia, tutto questo ci verrà chiesto nel momento del Giudizio di Dio. Questa via, tortuosa e stretta, ci conduce al Regno di Dio perché in questo cammino viene rivelata l’essenza stessa dell’uomo. Le parole lasciano il tempo che trovano, e soprattutto, Dio vede il vero stato della nostra anima e valuta la nostra vita. Questo sentiero non è solo difficoltoso, ma si rivela anche un viaggio ricco di ricompense. Le persone compassionevoli parlano raramente delle loro azioni, ma suscitano dei ricordi molto buoni. E questi ricordi possono sostenere una persona nei momenti più difficili, quando affronta l’ingiustizia, l’odio, la menzogna, il tradimento. I ricordi delle buone azioni si traducono nella coscienza di un livello diverso dell’essere, aiutano a guardare la vita da 86

un’altra prospettiva, da un altro punto di vista, e quindi a mettere in dubbio che le circostanze dolorose possano causare danni reali a una persona che svolge un lavoro di carità. Pertanto, un uomo che fa il bene, è buono. E il bene è sempre uno stato d’animo positivo, è pace interiore. Questa calma, proprio questa, è la presenza della grazia di Dio. Fare del bene non è solo un modo per ottenere da Dio una risposta, giusta e favorevole, al momento del Giudizio Universale, ma anche un modo per acquisire pace e gioia in questa vita terrena.

Perché la carità è uno dei temi centrali del Cristianesimo? Quando ci impegniamo in quello che oggi viene chiamato il servizio sociale della Chiesa, noi non presentiamo qualcosa di nuovo, non usiamo frasi di moda, del momento, stiamo solo cercando di far rinascere all’interno della comunità cristiana, la cura per i bisognosi. Vogliamo solo, che le parole: «La fede senza le opere è morta» (Gc 2,20), non si applichino solo a certi individui, ma a tutti noi, al popolo di Dio. E se questo obiettivo superiore verrà raggiunto, allora la nostra nazione e, da un punto di vista globale il mondo intero, potranno evitare di spingersi in una direzione molto pericolosa, in contrasto con il piano divino del mondo e dell’uomo. Questi concetti apparentemente semplici – beneficenza, misericordia – vissuti nell’ambito parrocchiale, acquistano un significato escatologico, perché attraverso questo lavoro proiettiamo nel mondo una prospettiva diversa sull’uomo e sulle relazioni umane. Come è nato il modo di affrontare il tema della misericordia che oggi si è affermato nel mondo? Nel primo anno di servizio patriarcale ho dovuto ascoltare le relazioni dei sacerdoti sulla vita della Chiesa nella città di Mosca. In tutti questi rapporti nell’Assemblea diocesana, nelle riunioni del Consiglio diocesano, come pure 87

nelle semplici conversazioni, si parlava di tutto: spesso il restauro, la costruzione delle chiese, l’organizzazione del culto, del coro o della scuola domenicale. Ma non si parlava mai delle buone azioni, concrete, del fatto che tali azioni fossero state o meno compiute nella comunità. A questo punto ho iniziato a fare domande semplici: «Padre, va bene. Mi dica, per favore, quanti membri anziani, disabili e singoli bisognosi di aiuto avete nella parrocchia?» Nel 100% dei casi nessuno mi ha risposto e ho pensato: fermi, cosa sta succedendo? I Padri predicano con entusiasmo, compreso il tema della misericordia, raccontando del Buon samaritano, facendo seguito alle interpretazioni dei santi padri – e cosa sta realmente accadendo nelle parrocchie? Niente! Da tutto questo se ne ricava una semplice conclusione: quanto tempo possiamo passare a vivere, a parlare, ma a non fare nulla? Così è nata l’idea di organizzare servizi sociali su larga scala. Il lavoro sociale è una grande parola: è una benedizione, permette di compiere buone azioni, e non in qualche luogo sperduto, ma nella tua parrocchia. Prima scopriamo quanti bisognosi ci sono, poi come possiamo aiutarli. Soprattutto ci sono molte donne sole, che hanno vissuto una vita dura, la guerra, lavorando sempre, ma ora sono nel bisogno e l’unico luogo di rifugio è la chiesa. Ringrazio Dio per il fatto che la maggioranza assoluta del clero abbia capito di cosa si trattasse, e oggi i gruppi che si dedicano a queste persone sono molto attivi nelle nostre parrocchie. Forse questo non avviene in modo sufficiente e dappertutto, ma almeno sta accadendo, ed è meraviglioso che ora non ci si limiti più ai soli bisognosi della parrocchia. La maggior parte delle parrocchie svolge attività di carità negli ospedali, nelle case protette, nelle case per gli anziani, nelle istituzioni per i bambini disabili e tutti questi servizi continuano a svilupparsi. San Giovanni Crisostomo, riflettendo sul tema della Santa Quaresima, descrive con parole sorprendenti il modo in cui la preghiera e il digiuno acquistano forza 88

dalla carità. In altre parole, se il digiuno e la preghiera sono eseguiti senza misericordia, questi non sono sufficienti per cambiare se stessi, per liberarsi dal dominio del peccato.

Quali sono le differenze e le somiglianze tra carità e compassione? Colui che aiuta un’altra persona, soprattutto in condizioni di vita difficili, lo fa nella maggior parte dei casi senza alcun vantaggio per se stesso. Lo fa rispondendo al suo cuore, alla sua coscienza, perché non si può compiere un simile gesto senza sentire il dolore e la sofferenza del bisognoso. In questo gesto, si manifesta veramente quella che nel linguaggio moderno è chiamata solidarietà con la sofferenza dei bisognosi. È in risposta a questo atteggiamento che il Signore guarisce il paralitico, perché l’azione dei suoi amici è più forte di ogni preghiera. Per dirla in modo più appropriato, questa è la preghiera, ma è espressa nel movimento del cuore, nell’amore, nella compassione, negli sforzi concreti finalizzati alla guarigione del paziente. Nella nostra vita quotidiana, le persone ricevono spesso qualcosa da Dio attraverso l’intercessione degli altri. Questo accade in primo luogo con i bambini nel momento stesso in cui i genitori portano i figli in chiesa per ricevere la comunione. Loro non sanno ancora camminare, non sono in grado di venire da soli in chiesa, ma i genitori li rendono partecipi dei Santi Misteri di Cristo e il fatto di portare un bambino in chiesa è come una preghiera al Signore per la salute, il benessere e affinché il Signore conceda la sua misericordia. Lo stesso bambino non è consapevole di ciò che accade in quel momento, ma la guarigione e la fortificazione della grazia divina scende su di lui tramite la fede di coloro che lo hanno condotto in chiesa – padre, madre, nonna e nonno. 89

La misericordia cristiana, naturalmente, non può essere ridotta alla beneficenza. «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro» (Lc 6,36) dice il Salvatore per chiamare i discepoli a ricolmare di compassione tutta la loro vita, perché diventino una testimonianza vivente della bontà infinita di Dio. Oggi, che viviamo in una società dove l’individualismo prevale su tutto, questo comandamento acquisisce una particolare attualità.

Quanto è importante la carità per un cristiano moderno? Ognuno è invitato a essere caritatevole. Le buone azioni, compiute insieme, sono le naturali attività di una genuina comunità cristiana. Tali temi rafforzano la parrocchia, conducono nuove persone ad essa e, con un’attenta guida spirituale, diventano una scuola di amore e di virtù cristiane. È importante che le persone della parrocchia siano pronte ad ascoltare con amore e compassione i poveri che vengono in chiesa e li accompagnino dal sacerdote o dal responsabile per il servizio sociale. Con le parole «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36), il Salvatore esorta i discepoli a riempire la loro intera vita di compassione, a diventare una testimonianza vivente dell’umanità infinita di Dio. Oggi, nelle condizioni del dominio dell’ideologia dell’individualismo, questo comandamento acquista una speciale attualità.

Qual è la somiglianza e qual è la differenza tra la misericordia di Dio e la misericordia degli uomini? Esempio di questa misericordia di Dio è la prostituta che spande sul corpo del Salvatore un prezioso 90

olio profumato. Lei è tornata sulla retta via e il suo gesto sarà reso noto ovunque verrà predicata la Parola di Dio. Non per glorificare tale donna, che allora era ancora sconosciuta, ma per glorificare il suo modo di pensare, opposto alla follia di Giuda, alla follia del guadagno, alla follia dell’amore dei soldi. Ciò di cui parlo richiede oggi una riflessione molto profonda da parte di ognuno di noi. Una cosa è certa: il Signore al momento del Giudizio universale non ci chiederà nulla sulla nostra capacità di fare soldi. Chiederà altro: hai nutrito l’affamato? Hai dato da bere all’assetato? Hai vestito l’ignudo? Avete visitato qualcuno in prigione oppure all’ospedale? Nel Vangelo non si trovano altre domande collegate al Giudizio universale. Queste sono le domande che il Signore ci rivolge oggi. E se diamo una risposta nel corso di tutta la nostra vita, se mettiamo le opere di misericordia non ai margini, ma al centro, dove oggi domina il denaro e il desiderio di averne sempre di più, la nostra vita cambierà. Crediamo che, attraverso le preghiere dei santi, attraverso l’esempio di molti, la vita di tutta l’umanità possa cambiare in meglio. Il Signore ci chiama a un ministero che, come ho detto, ha un significato globale per l’intero genere umano.

Nel terzo millennio, le famose “opere di misericordia” della tradizione cristiana sono ancora valide? Un cristiano è colui che porta dentro di sé la luce della risurrezione di Cristo. Cosa significa questo? Significa che la paura della morte, della sofferenza, dell’avversità, della solitudine non determina la scelta di vita di un cristiano. Ciò che conta per un cristiano è solo ciò che porterà con sé nell’eternità. Nei tempi antichi la gente lasciava soldi, cibo e armi nelle tombe del defunto con la convinzione che nell’altro mondo i morti avrebbero beneficiato di tutto questo. Noi invece siamo ben 91

consapevoli che nulla ci sarà possibile portare nell’altro mondo, eccetto la nostra fede e le nostre buone azioni. Come dice l’apostolo ed evangelista Matteo: «Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma servire e dare la sua vita come riscatto per molti» (Mt 20,28). Questo servizio di Cristo nei confronti di tutte le persone sia di esempio per ognuno di noi. Non ci si vergogni, quindi, a compiere buone azioni! Del fatto che nella gente nasca – e non ho paura di pronunciare questa parola – la “moda” di essere misericordiosi, caritatevoli, bisogna essere solo contenti e orgogliosi.

Qual è l’importanza del volontariato? Nel volontariato, non vengono rivelati solo i migliori lati dell’animo umano, ma viene formata la personalità meglio che in qualsiasi altra attività. Il peccato più terribile, quello che distrugge una persona, consiste nell’orientare tutta la propria vita solo a ricevere – ricevere e utilizzare i beni per se stesso. I volontari invece fanno molto per il bene comune. Allo stesso tempo ricevono molto. Prima di tutto dal Signore e contemporaneamente dalle persone che accolgono e apprezzano il loro lavoro.

Qual è il pericolo dell’avidità? Tra le passioni ce n’è una alla quale i Santi Padri, gli asceti e i devoti, prestano particolare attenzione: si tratta della passione per il denaro. San Giovanni Crisostomo riserva parole taglienti al riguardo: «La cupidigia è la madre di ogni male». E questa non è un’esagerazione, perché all’avarizia è associata la distorsione della logica stessa dell’esistenza umana. Si tratta di un atteggiamento particolare della gente nei confronti dei soldi. Il denaro è uno strumento in92

dispensabile per la realizzazione dei legami economici nella società. Il suo uso non è stato condannato né dal Signore Gesù Cristo, né dai santi Apostoli, né dai più severi asceti della pietà. Ma l’avarizia non ha nulla a che fare con l’approccio al denaro come mezzo. La cupidigia è una passione nelle persone che innalzano il denaro a scopo della loro vita; quando cioè il denaro si trasforma da strumento a obiettivo. In tal modo la cupidigia cattura la coscienza di una persona che non potrà avere uno scopo diverso nella vita, se non naturalmente quello di raccogliere ricchezze per se stesso. San Giovanni Crisostomo ha pronunciato altre parole straordinarie: «Come il fuoco che divampa nella foresta, devasta tutto, così la cupidigia distrugge il creato»5. E questo è stato detto da una persona che ha vissuto nel V secolo, quando i soldi non avevano ancora acquisito un significato globale come oggi! Le parole di San Giovanni Crisostomo sul fatto che l’avarizia distrugga il creato stanno diventando particolarmente profetiche nel nostro tempo, nell’era del cambiamento globale, quando il denaro è diventato veramente l’obiettivo dello sviluppo economico. Per essere convinti della correttezza di queste parole, basta chiedere a qualsiasi imprenditore quale sia il principale indicatore del suo successo. Senza pensarci nemmeno un minuto, risponderà: «il profitto», cioè il denaro. Tutto è in funzione del denaro, quindi non si tratta di uno strumento, si tratta dell’obiettivo globale di una società globale. E se al tempo di San Giovanni Crisostomo, ciò che egli diceva poteva essere attribuito al suo carattere, ad una speciale concezione pastorale che lo ha condotto a scontrarsi con la casa imperiale, fino all’esilio nel Caucaso e il martirio, oggi possiamo accogliere audacemente le sue parole profetiche.

Conversazione 17. Interpretazione della 1ª lettera a Timoteo. Creazione del nostro santo padre Giovanni Crisostomo, vol. 11, libro 2. 5

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Ancora San Giovanni Crisostomo ha parole meravigliose: «La cupidigia viene guarita dalla carità». Fare la carità è compiere qualcosa che esce dalla logica della cultura. Sì, lo sappiamo che ci sono persone impegnate nella misericordia, ma l’orientamento generale dell’animo umano, è quello di andare dove vengono guadagnati soldi, dove il denaro non è un mezzo, ma un obiettivo. La carità, la capacità di privarsi di qualcosa per donare ad altri, è una sfida alla tendenza all’individualismo, che non è certo conforme al progetto di Dio. Ecco perché la Chiesa di Dio, portando questo messaggio al mondo, dovrebbe essere un esempio di carità e di misericordia.

Una persona deve essere responsabile dell’altra? È risaputo che molti si fanno carico delle sofferenze degli altri per dovere, per giuramento o sotto costrizione. Sappiamo che un certo numero di professioni, comprese quelle militari, si assumono l’impegno delle difficoltà altrui in base a un giuramento fatto. Un giuramento che, se violato, diventerà punibile con la legge. Le persone che hanno scelto liberamente questa o quella professione sono tenute a rispettare questo comandamento: caricarsi delle sofferenze degli altri. Ma che dire di tutti quelli che non sono costretti da nessuno? Se vuoi, te ne fai carico, se non vuoi, non lo fai. Non hanno fatto nessun giuramento, firmato nessun contratto di lavoro, non hanno fatto promesse solenni, per dare se stessi, per servire gli altri. Queste persone siamo tutti noi. Cosa significa per noi farsi carico delle sofferenze degli altri? Significa vivere la legge del Signore. San Sergio ci fornisce al riguardo un esempio. Lui si è preso cura delle sofferenze dei fratelli qui, in questa terra, dove ora si trova il Monastero della Divina Trinità. Ha sostenuto le sofferenze di un popolo diviso e 94

frammentato da lotte interne, ha sentito questo peso nel suo cuore e ha servito per assicurare che i pesanti patimenti della gente fossero eliminati. E perché il Santo ci è riuscito con facilità? Forse questa sua leggerezza di spirito era solo apparente? A ogni modo, tutto ciò che ha fatto sarebbe stato impossibile da realizzare se fosse stato compiuto contro il suo spirito, se fosse stato costretto a farlo, se fosse stata una forzatura. Ci dà un esempio di come osservare la legge di Dio con facilità, e questa facilità deriva dallo stato della nostra anima. Se abbiamo l’amore, la gioia, la pace, la pazienza, se abbiamo altri doni meravigliosi che Cristo ci ha donato, allora serviamo facilmente altre persone. La capacità di servire gli altri significa cambiare tutta la vita umana. Questo significa la vera fratellanza tra le persone, la solidarietà, il sostegno reciproco, superando tutte le divisioni che esistono nella società non a livello legislativo, non a livello del potere, ma a livello della mente e del cuore umani. Ciò significa costruire un’altra civiltà, la civiltà dello Spirito che elimina il peccato. E cosa sarebbe successo se non avessimo avuto l’esempio di persone che hanno accolti i doni dello Spirito santo, sopportando le difficoltà con la leggerezza derivata dalla loro fede, dal loro modo di vivere e dalla forza della grazia, che Dio dà a coloro che seguono la Sua legge? Lasciate che l’esempio di San Sergio ci aiuti a organizzare la nostra vita nelle comunità monastiche. Imparate a farvi carico reciprocamente delle difficoltà. Seguite la legge di Cristo e troverete la pace dell’anima, la quiete e il genuino benessere. Quanto è importante che impariamo a portare i pesi gli uni degli altri nella Chiesa, in modo tale che non solo predichiamo la parola di Dio e richiamiamo le persone alla vita retta, ma anche noi per primi cerchiamo di realizzare in questa vita tale servizio reciproco.

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Come affrontare il peccato? La stessa persona che commette un peccato, soffre, e il peccato si diffonde attorno. La natura umana viene distorta, gli ideali vengono distrutti, viene offuscato il senso di responsabilità, del dovere, della verità, dell’amore, perché il peccato non si ferma, si espande, e l’obiettivo del peccato, del male, l’obiettivo del diavolo è catturare tutta l’anima umana. Inizia con poco, ma finisce in una tragedia. E la domanda sorge spontanea: c’è un mezzo, una cura per questa terribile malattia, che diffonde le sue metastasi mortali nel nostro corpo e fuori di noi? C’è una cura, e ce la descrive bene San Giovanni Crisostomo: «Nemmeno l’acqua in natura lava così la sporcizia del corpo, quanto il potere della misericordia purifica la nostra anima». I Santi Padri in generale amavano molto costruire i loro discorsi, i loro scritti sui paragoni, sulle immagini, e tra queste, quanto è meravigliosa l’immagine dell’acqua che pulisce il corpo umano dall’inquinamento! Che sollievo ottiene una persona quando toglie via tutta la sporcizia da se stesso! Allo stesso modo, e anche di più, come dice San Giovanni Crisostomo, la misericordia purifica la nostra anima. Si può parlare a lungo del perché questo accada. Dico solo che il peccato nasce dal fatto che una persona esclude Dio dalla sua vita, per non parlare delle altre persone. Mette solo se stessa al centro della vita. Dopo tutto lo stesso peccato è stato compiuto in paradiso, all’alba della storia umana. Fu dato un comandamento e Dio era al centro della vita, ma l’uomo voleva prendere il Suo posto ed è caduto. All’origine di ogni peccato sta la collocazione di solo se stessi al centro della vita. La misericordia, la carità, come dicono i Santi Padri, ci rivelano un altro tipo di persona. Questa non pone direttamente se stessa in una posizione centrale. Ogni volta che aiutiamo il prossimo, realizziamo un po’ alla volta nella nostra vita, nelle nostre anime, nei nostri 96

cuori il comandamento dell’amore. E se la carità diventa un’abitudine nel senso buono del termine (diventa una virtù), allora una persona cambia a vista d’occhio. Mi è capitato di vedere alcune persone che, con espressione disgustata, si avvicinavano alla soglia degli istituti in cui ci si prende cura delle persone sfortunate per portare loro dei doni. Ecco che, dopo un po’ di tempo, colpiti dalla sofferenza dell’altro, hanno tolto il loro “io” dal centro della propria vita e hanno sentito quella meravigliosa forza che viene data dall’altro a te, che doni la misericordia.

Come può un credente superare le tentazioni moderne? La forza della fede può vincere tutte le tentazioni, anche l’influenza ideologica più potente nell’uomo. La forza della fede lo rende invincibile. Per questo motivo infatti sono crollati i falsi idoli – sorti per privarci della fede – perché, preservando la fede anche in quei tempi terribili, la gente ha preservato la propria libertà interiore e non è stata vittima di peccati e tentazioni. Oggi dobbiamo rafforzare la nostra fede – fondata sull’esperienza dei santi – attraverso la sensibilità dei santi, attraverso la realizzazione delle opere di misericordia. Come ha detto Crisostomo, la fede è indebolita dal nostro rilassamento. Quando s’indeboliscono l’impegno e la forza interiore, la fede diventa fragile, soggetta a sempre più numerose influenze dall’esterno.

Quali altre azioni caritatevoli si praticano nella Chiesa Ortodossa russa? Uno dei motori principali dell’attività sociale è il volontariato. Nelle diocesi e nelle parrocchie della Chiesa Ortodossa russa, anche all’estero, oggi si trovano 97

nell’insieme 566 gruppi di beneficenza, 328 associazioni di volontari e 453 di Sorelle. Dal 2011 si sono formati i servizi sociali gratuiti a distanza via internet. Ogni anno più di 1.000 persone prendono parte a tale servizio. In media ogni anno vengono presentate nelle diocesi 150-200 nuovi progetti sociali. La chiesa è attivamente impegnata nell’aiutare i senzatetto. Solo in Russia ci sono 95 ricoveri per senzatetto, 10 autobus di volontari e 460 mense di carità, per non parlare del fatto che in tante chiese viene effettuata una costante assistenza mirata alle persone che non hanno casa. Un importante compito del lavoro sociale è legato alla creazione di case protette e di centri di assistenza umanitaria per le donne incinte, che si trovano in una situazione economica difficile. Nel 2011, esisteva una sola casa di questo genere, oggi ce ne sono 52. Grazie anche alla raccolta finalizzata a questo scopo in tutte le chiese della Russia, sono stati aperti altri 115 centri di aiuto umanitari. Alla Chiesa interessano anche le persone che sono dipendenti da alcol e da droghe. Ogni anno, nascono da 5 a 10 nuovi centri di riabilitazione e altre strutture di aiuto. Per esempio, in Russia ci sono 75 centri che attuano la fase principale della riabilitazione, 12 centri di risocializzazione, 9 day hospital, 40 centri di consulenza, 7 centri motivazionali, 62 gruppi di sostegno per persone non autosufficienti e co-dipendenti, più di 300 società, confraternite e gruppi di aiuto.

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LA MISERICORDIA E LA GIUSTIZIA TERRENA

Come far conciliare la giustizia terrena e la carità, specialmente nei casi in cui il colpevole ha commesso crimini terribili? Nonostante che le persone compiano azioni peccaminose, compresi i reati, c’è sempre la possibilità di correzione e di pentimento. L’amore di Dio è rivolto a ogni persona, anche se imprigionata nelle passioni e anche se compie delle illegalità. Un insegnamento che ci mostra con chiarezza proprio il Signore: «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13). Il Vangelo ci ricorda che un ladro, crocifisso sulla croce e sinceramente pentito, dopo aver chiesto a Cristo di ricordarlo nel suo Regno, è stato uno dei primi a entrare nel Regno dei Cieli. Sofferente e morente sulla Croce a causa dei peccati di tutta l’umanità, il Signore gli rispose: «In verità io ti dico, oggi con me tu sarai nel Paradiso» (Lc 23,43). Consapevole di quanto ha detto il Salvatore: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» (Mc 2,17), la Chiesa piange per coloro che hanno abbandonato la giusta via, hanno violato la legge e sono stati imprigionati. Queste persone, in particolare, però hanno bisogno di una particolare cura pastorale.

Quali difficoltà sorgono nel servizio ai carcerati? Andare incontro al dolore dei carcerati ha fatto sempre parte della missione della Chiesa Ortodossa. Questa corrisponde alla natura stessa della Chiesa: pre99

occuparsi della salvezza dei peccatori. La prigione unisce tutte le persone che hanno compiuto dei reati e che hanno peccato. E qui, nella vita terrena, sono puniti per tali reati perché il loro peccato, che nelle categorie della legislazione laica è considerato un crimine, è una violazione delle norme della società. Il periodo di prigionia è una dura prova per la persona umana. Nessuno lascia la cella della prigione nello stesso modo in cui è entrato. Questa è una grande sfida per l’anima umana. Nel contempo Dio offre una grande possibilità. La prigione è capace di distruggere e annullare una persona, immergerla nell’abisso della disperazione, ma è in grado anche di trasformarla, restituendola a una vita nuova. Ecco che la Chiesa va negli istituti penitenziari per impedire ai prigionieri di intraprendere un tipo di percorso che li danneggi. L’obiettivo principale della Chiesa nelle celle di una prigione è di aiutare ogni prigioniero a incontrarsi con Cristo. Dopo tutto il Salvatore è venuto a chiedere il pentimento non ai giusti, ma ai peccatori, compresi quelli che meritano la loro condanna nei luoghi di privazione della libertà. E dobbiamo capire chiaramente che i prigionieri sono il nostro gregge, non possono essere emarginati. Sono scomunicati dalla società a causa dei reati commessi, ma non dalla Chiesa. Nessuno è stato scomunicato dalla Chiesa. E dunque, con più zelo pastorale, dobbiamo interessarci della cura spirituale di queste persone. Occorre compiere ogni sforzo per garantire che la prigione non distrugga la personalità e la dignità umana. Purtroppo ci sono alcuni esempi in cui, in condizioni di confinamento, di carcere forzato in uno spazio ristretto, questa dignità umana viene gravemente calpestata. L’immagine di Dio cede il posto agli istinti animali, alle perversioni, alla perdita di fiducia, al prevalere della paura e dell’odio. La Chiesa non può rimanere indifferente di fronte a questo. La dignità di un uomo incarcerato meritatamente o per errore è a ogni 100

modo inviolabile. E per ognuno, permane sempre il diritto di poter comunicare, dove si svolge la preghiera e il culto, con Colui che non ci lascia mai soli. Cioè, ognuno ha il diritto di comunicare con Dio e di farlo secondo la propria scelta religiosa. Il popolo della Chiesa Ortodossa è passato attraverso la prigione, il gulag… durante il regime sovietico, all’epoca della lotta contro Dio. Dio non ha abbandonato coloro che sono rimasti fedeli a Cristo e la loro fede si è rivelata uno scudo protettivo contro i crimini che si stavano perpetrando tutt’intorno. I Cristiani non solo sono sopravvissuti, ma si sono fatti portatori dell’immagine di Dio, amando chi avevano vicino. Il loro coraggio nella confessione del Vangelo ha portato i credenti a essere trattati con particolare rispetto nelle prigioni. Così è stato all’epoca della persecuzione della Chiesa da parte dello Stato. Oggi invece viviamo e predichiamo in modo libero. Per questo motivo la nostra responsabilità è molto più grande di prima, quando la Chiesa non aveva l’opportunità di intraprendere un lavoro pastorale con i prigionieri. Dipenderà ovviamente da noi, se saremo in grado di sfruttare le nuove condizioni esistenti per porre, su base cristiana, nuovi regolamenti nel sistema penitenziario. Ognuna delle categorie di detenuti richiede un lavoro pastorale diverso. La cura delle anime degli adolescenti nelle carceri minorili e delle donne incinte dietro le sbarre, differisce dalla cura dei detenuti che in prigione stanno scontando l’ergastolo per un grave reato. Per ciascuna di queste categorie la Chiesa deve prestare particolare attenzione. La riabilitazione sociale delle persone che escono dalla prigione costituisce un difficile problema che va considerato a parte. È ben noto quanto sia difficile, per gli ex prigionieri, rientrare nella società, trovare un posto di lavoro, ristabilire le relazioni familiari. È risaputo con quale fatica la società accolga gli ex prigionieri. E la Chiesa deve accorrere in loro aiuto. I ser101

vizi per la riabilitazione degli ex detenuti dovrebbero essere svolti a livello diocesano e parrocchiale. Questo è un compito speciale, perché a volte una persona che sta scontando una condanna, non solo non migliora, ma rimane radicata nel suo intento criminale e, per questo, degrada moralmente. La condizione delle persone che sono in carcere va conosciuta bene. Abbiamo quasi un milione di persone in prigione. Tra di loro, una percentuale molto alta è di giovani, persone detenute per la prima volta. È diventato luogo comune dire che quando una persona finisce in prigione, ne esce fuori un criminale. Abbiamo cercato di capire meglio ciò che sta accadendo lì, dall’altra parte della serratura? La persona umana corre un grave pericolo. Questo è un discorso molto serio. Abbiamo iniziato a richiamare l’attenzione su che tipo di programmi televisivi guardino i prigionieri. In generale si tratta di film che hanno come tema la criminalità e che romanticizzano la malavita stessa. Perché non pensare di creare nei luoghi di detenzione un sistema di televisione digitale che trasmette meravigliose opere cinematografiche e programmi istruttivi? Solo così le persone potranno vedere la televisione e allo stesso tempo saranno educati a un sistema di valori completamente diverso. Quando, un uomo rinchiuso in una prigione, potrà pensare che esista del romanticismo nel lavoro onesto, nel servire coraggiosamente la madrepatria? Chi parlerà di questi argomenti? Se, invece, attraverso la proiezione di un certo tipo di video e di materiale cinematografico si riuscisse a formare le menti dei prigionieri, soprattutto dei giovani, questo porterebbe a risultati positivi. Tutto ciò contribuirebbe alla rieducazione dei detenuti in vista del loro rilascio, della scelta di una professione, del proseguimento della loro vita dopo il carcere. Non credo che una percentuale elevata di programmi di tale televisione debba essere occupata da temi religiosi. Le idee spirituali che animano la 102

Chiesa, e con cui viene educa la gente, naturalmente possono e devono essere trasmesse dalla predicazione diretta: questo accade da duemila anni e accadrà fino alla fine dei secoli. Lo stesso messaggio può essere diffuso alla società anche in modo implicito, attraverso la cultura, come è già avvenuto, tra l’altro, nel corso della storia. A questo proposito vorrei ricordare alcune parole di notevole importanza di Georgy Fedotov6. Quando, tra la fine degli anni ’20 e i primi anni ’30, ha scoperto che in Unione Sovietica era stato revocato il divieto di pubblicazione dei classici, Fedotov ha detto che la Russia si sarebbe salvata perché Puskin e Tolstoj avrebbero fatto molto di più di una tonnellata di pagine della “Pravda”. E aveva ragione, perché nella nostra letteratura classica è presentato implicitamente il sistema cristiano dei valori nel quale è stato educato il nostro popolo. Perciò è molto importante che per le persone, e in particolare per i detenuti, la formazione alla moralità e la rieducazione a uno stile di vita sano, avvenga non solo attraverso la predicazione diretta, ma anche attraverso l’influenza della cultura.

Qual è il potere della giustizia? Immaginate cosa sarebbe successo se non fosse mai esistita alcuna punizione nel nostro mondo. I criminali sarebbero a piede libero, i forti e i potenti vincerebbero sempre sui più deboli. Dove avremmo potuto trovare la verità, dove si sarebbe potuto trovare rifugio? Sarebbe impossibile una cosa simile, la forza prevarrebbe sempre, se non ci fosse la giustizia. Georgy Fedotov (Saratov 1886 – New York 1951), filosofo religioso russo, storico, saggista, autore di molti libri sulla cultura ortodossa, considerato da alcuni come il fondatore della “cultura teologica” russa. 6

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Il tema della giustizia, in generale, è strettamente legato alla natura morale dell’uomo, è una sfida a una coscienza senza Dio. Che cosa è la giustizia? Da dove deriva questo concetto? Nel mondo degli animali non c’è – lì vince il più forte, regnano gli istinti. E questo mondo animale esiste! Cos’è questo strano concetto di giustizia? Guardate, per esempio, quanto è forte la nostra reazione di fronte a una violazione della giustizia, sia nei rapporti familiari, in quelli collettivi di lavoro, nella società, nello Stato, nel mondo! Per costruire la giustizia le persone hanno addirittura imbracciato le armi e talvolta hanno dato la loro vita. Ma che cos’è? Da dove viene questo concetto? È anche questo il risultato dell’evoluzione antropologica. Se questo è il risultato di una semplice evoluzione, allora si può chiedere cosa ci sia di speciale? In tutto il mondo vengono adottate leggi con questo concetto generale di giustizia, che, praticamente, non è descritto razionalmente. E se anche è descritto, questo avviene in ogni luogo in maniera differente, anche se è percepito da tutti allo stesso modo. Ci può essere giustizia senza pena? No, non può, perché colui che viola la giustizia deve essere giudicato e punito. Questa è la base per la stabilità della società umana. Ma se è così, allora cosa dire dell’eternità? Lì può esserci un’ingiustizia? Un uomo che vive ingiustamente qui in terra, può continuare a vivere nell’immortalità con questo pesante fardello, ed essere al tempo stesso sicuro della propria giustizia? Allora non è più vita eterna, è qualcosa di completamente diverso, è una continuazione del proprio calvario.

La misericordia per i detenuti. In cosa consiste? Tra i vari tipi di servizio sociale della Chiesa un posto speciale spetta alla cura di coloro che sono in carcere. Tradizionalmente a Mosca, durante la festa 104

della Santa Vergine Maria, la nostra preghiera e attenzione sono rivolte proprio ai prigionieri. È chiaro che le cause della discordia nella società e nell’anima umana si trovano nell’allontanamento dai comandamenti di Dio, nel disorientamento spirituale, nella distorta comprensione del bene e del male. Senza un ripensamento dei valori nella vita, alla luce della rivelazione divina, senza pentimento davanti a Dio, senza il Suo aiuto della grazia, la vera trasformazione del popolo è impossibile. Ed è quindi nello spirito della Verità del Vangelo che la carcerazione deve essere intesa, non come un’istituzione di vendetta sociale, ma come un mezzo per la riabilitazione delle anime umane. Le attività delle parrocchie e dei monasteri devono occuparsi della cura pastorale dei prigionieri con i sacerdoti, con la missione ai prigioni, con la corrispondenza dei parrocchiani con i prigionieri, con le visite di sostegno spirituale e materiale nei riformatori e con programmi di catechesi nelle carceri. Anche le persone che appartengono ad altre comunità ecclesiali sono chiamate a sostenere l’onere di tale compito. Non dobbiamo dimenticare che nel XX secolo, i campi di prigionia sono diventati un luogo dove decine di migliaia di nuovi martiri hanno confessato la loro fede. Oggi, esortandoli alla preghiera e chiedendo loro aiuto, crediamo e speriamo che il lavoro della Chiesa nella cura pastorale dei detenuti porti frutto e grandi cambiamenti nel cuore degli uomini.

Ha senso ristabilire la pena di morte in Russia? Quando ci viene chiesto quale sia l’atteggiamento della Chiesa verso la pena di morte, possiamo dire che nella Tradizione della Chiesa non esiste alcuna condanna alla pena di morte, né tantomeno alcuna rinuncia alla stessa. Il Signore Gesù Cristo stesso è stato crocifisso, ha subìto la pena di morte. Ma non c’è scritto 105

da nessuna parte che i criminali non debbano essere giustiziati e non lo troviamo detto nemmeno dai Santi Padri. Pertanto il rigetto della pena di morte non è il risultato della tradizione cristiana, ma è il risultato di una nuova idea filosofica liberale emersa nell’Europa Occidentale. Ma la Chiesa, almeno in Russia, ha sempre fatto appello alle autorità per ottenere il perdono per coloro che sono stati condannati a morte. Nei secoli XVIIIXIX, anche senza scagliarsi contro l’istituzione della pena di morte, la Chiesa si è comunque opposta al suo effettivo esercizio… Quindi, nell’Impero russo in centoventi o centotrenta anni, se non sbaglio, ci sono stati solo sette o otto casi di applicazione della pena di morte. Le persone condannate a tale pena erano di più, ma non molte. E perché? Perché la Chiesa si è presa cura dei criminali, li ha tenuti in custodia, accogliendoli. Ha chiesto di non eseguire la pena di morte, in modo tale che i preti e i confessori potessero persuadere la persona a pentirsi, e nella maggior parte dei casi ciò è stato possibile. Pertanto, la nostra Chiesa ha accolto l’introduzione di una prima moratoria sulla pena di morte e, conseguentemente, anche la sua completa abolizione. Così facendo, pur non condannando teoricamente la pena di morte, per la Chiesa è come se non esistesse. Sulla base della nostra personale esperienza posso dire che anche i criminali più incalliti e terribili spesso cambiano, diventano altre persone, pentendosi di quello che hanno fatto. L’abolizione della pena di morte rende possibile operare con i criminali più pericolosi.

Come affrontare nella società gli ex-carcerati? Ho sperimentato personalmente la partecipazione al lavoro di recupero e di reinserimento nella società di un detenuto. E devo dire che non sempre si è rivelata un’esperienza positiva. Ci sono state anche grandi de106

lusioni. Quindi, quando si va col cuore aperto a incontrare le persone uscite dal carcere, non dobbiamo perdere la vigilanza e la prudenza pastorale. Dobbiamo ricordarlo soprattutto alle persone che lavorano, parlano e pregano con loro, ma che non hanno avuto l’esperienza del carcere. Pertanto, credo che sia molto importante lavorare in maniera adeguata alla riabilitazione sociale delle persone che sono uscite dal carcere, organizzando bene il servizio. Sono profondamente convinto che, per la corretta organizzazione di questo lavoro, dobbiamo prima di tutto organizzarci bene noi stessi. Donare tempo e amore dovrebbe diventare una necessità interiore per chiunque desideri seguire l’esempio del Salvatore. «Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio» (Mt 5,7), proclama il Signore nel Discorso della Montagna, ponendo il destino eterno dei Suoi discepoli in relazione diretta al loro amore verso il prossimo (cf. Mt 25,34-40).

C’è qualche possibilità di riportare i tossicodipendenti ad una vita normale, con l’aiuto dell’educazione religiosa? La tossicodipendenza è un vizio che rende la persona schiava ed estremamente vulnerabile di fronte all’azione del male. Ogni anno questa terribile malattia colpisce sempre più persone, portando via molte vite. I giovani sono più sensibili alla tossicodipendenza, un fenomeno che rappresenta una minaccia particolare per la società. Gli interessi egoistici del business della droga influenzano anche la formazione di una specie di pseudo-cultura “narcotica”, in particolar modo negli ambienti giovanili. Persone immature impongono comportamenti stereotipati, suggerendo l’uso della droga come una condizione “normale” e persino indispensabile della comunicazione. 107

La ragione principale del volo di molti nostri contemporanei nel regno delle illusioni alcooliche o narcotiche, è da ricercare nella devastazione spirituale, nella perdita di significato della vita, nell’offuscamento delle linee guida della morale. La tossicodipendenza e l’alcoolismo diventano manifestazioni della malattia spirituale non solo di un individuo, ma dell’intera società. Questo è il prezzo da pagare all’ideologia del consumismo, all’edonismo, alla mancanza di spiritualità e la perdita d’ideali genuini. Spinta da una compassione pastorale per le vittime dell’alcool e della tossicodipendenza, la Chiesa offre loro un sostegno spirituale per superare tale vizio. Senza negare la necessità di cure mediche nelle fasi acute della dipendenza, la Chiesa presta particolare attenzione alla prevenzione e alla riabilitazione, perché sono più efficaci quando coloro che soffrono partecipano consapevolmente alla vita eucaristica e comunitaria. I risultati delle sue fatiche sono visibili e ciò conferma che c’è sempre una via d’uscita per una persona che desidera iniziare una nuova vita senza una dipendenza distruttiva.

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LA SITUAZIONE IN UCRAINA

Il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I ha inviato una lettera nella quale si informa della “riabilitazione” degli scismatici ucraini e “dell’annullamento” del documento che da più di trecento anni sancisce la trasmissione della metropolia, della provincia ecclesiastica, di Kiev alla giurisdizione del Patriarcato di Mosca. Qual è stata la reazione del Patriarcato di Mosca? La risposta di Kirill Patriarca di Mosca e di tutte le Russie è affidata a questa lettera: Con profondo rammarico, sconcerto e indignazione ho letto la lettera, in cui Lei mi informa delle recenti azioni della Chiesa di Costantinopoli: l’apertura alla comunione con le comunità ucraine non canoniche; “l’annullamento” della Carta del Patriarca di Costantinopoli Dionisio IV, che affidava la provincia ecclesiastica di Kiev alla giurisdizione del Patriarcato di Mosca; la convocazione a Kiev di un “concilio locale” di comunità non canoniche, con cui Lei si è aperto al dialogo; l’elezione da parte di queste comunità di un “Primate della nuova Chiesa autocefala Ucraina” e infine l’intenzione nei prossimi giorni di concedere alla comunità da Lei istituita lo status di Chiesa Locale autocefala. La ricongiunzione degli scismatici con la Chiesa sarebbe stata una grande gioia, sia per gli ortodossi dell’Ucraina che per il mondo ortodosso intero, se fosse avvenuta però nel rispetto delle prescrizioni del diritto canonico, nello spirito della pace e dell’amore di Cristo. Tuttavia, l’attuale politicizzato processo di unificazione forzata è ben lontano dalle norme e dallo

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spirito dei sacri canoni. Esso è accompagnato da una mostruosa accozzaglia di menzogne e ora addirittura da violenza contro la vera Chiesa Ortodossa Ucraina. Questa e la Chiesa di milioni di fedeli ucraini, che Lei, fino a poco fa, per tutti gli anni del Suo ministero ha riconosciuto come canonica, adesso finge invece che non sia mai esistita, che esistano soltanto singole diocesi, tornate sotto il Suo omoforio. I Suoi consiglieri Le hanno assicurato che i vescovi della Chiesa Ortodossa Ucraina fossero disposti a sostenere il progetto politico delle autorità di Kiev e che una parte significativa di loro, decine di vescovi canonici, aspettasse soltanto la Sua benedizione per abbandonare la propria Chiesa. Io L’ho avvertita in più di un’occasione del fatto che la stessero inducendo in errore. Adesso Lei può convincersene con i propri occhi. Al così detto “concilio locale” da Lei convocato – presieduto da tre persone, ovvero dal Suo rappresentante (il Metropolita Emmanuel di Francia), il sedicente “Patriarca”, ora chiamato “Patriarca onorario”, (Filarete di Kiev) e il capo laico dello stato ucraino (Petro Porošenko) – erano presenti solamente due dei novanta vescovi della Chiesa Ortodossa Ucraina. Quello che Lei chiama “concilio locale” è stato di fatto un’assemblea di scismatici coperta dal nome della Santa Chiesa di Costantinopoli. Cos’è questa se non la legalizzazione dello scisma ucraino, che Lei aveva pubblicamente promesso di non permettere mai? Nelle Sue decisioni Lei si appella alla volontà del popolo ortodosso dell’Ucraina, che a suo dire avrebbe chiesto l’intervento della Chiesa di Costantinopoli. Eppure è proprio la volontà della stragrande maggioranza del clero e dei fedeli, quelli che hanno un autentico spirito di chiesa in Ucraina, che ha esortato l’episcopato della Chiesa Ortodossa Ucraina a non rispondere ai Suoi inviti e a rifiutarsi di prendere parte al così detto “concilio di unificazione” dello scisma ucraino. Dei due vescovi della Chiesa Ortodossa Ucraina da Lei citati, che Lei violando le norme ha accettato nella propria giurisdizione, soltanto uno era vescovo diocesano (il Metropolita Simeon). Tuttavia il clero e i par110

rocchiani della sua diocesi non hanno accettato il suo comportamento. Dopo che il Metropolita Simeon è stato legalmente sospeso a divinis dal Sinodo della Chiesa Ortodossa Ucraina, tutti i monasteri della diocesi della Vinnycja e la maggioranza delle sue parrocchie con il loro clero sono rimasti sottoposti al nuovo arcivescovo di Vinnycja e Bar Varsonofij. Adesso le autorità locali stanno facendo pressioni sul clero delle diocesi, minacciano i sacerdoti di rappresaglie, ma i chierici, i monaci e i fedeli laici non desiderano essere in comunione con un vescovo che ha tradito loro e la Chiesa. È stato sospeso a divinis dal Sinodo di Kiev anche il Metropolita Aleksandr, da Lei ricordato, sotto la cui autorità c’era un’unica chiesa: la comunità di fedeli ora è in conflitto, mentre la maggior parte del clero si è rifiutato di collaborare con il Metropolita sospeso. La decisione di principio dei vescovi della Chiesa Ortodossa Ucraina di rifiutarsi di partecipare allo pseudo-concilio da Lei indetto non si spiega con le fantomatiche “pressioni da parte di Mosca” – il che d’altronde sarebbe impossibile nell’odierna situazione politica – ma è dovuto all’unità dei vescovi con il loro clero e i loro fedeli. Tale unità non teme né la rude ingerenza delle autorità ucraine nella vita interna della Chiesa né la pressione dello stato sulla Chiesa, significativamente aumentata negli ultimi mesi. Impossibile sopprimere questa unità con un sol colpo di penna. Nella Sua lettera intraprende il tentativo di rivedere il significato di un insieme di documenti, siglati nel 1686 dal Suo predecessore il Patriarca Dionisio IV e dal Santo Sinodo della Chiesa di Costantinopoli. In merito al contenuto di questi documenti storici nel corso dei secoli tra le nostre Chiese non c’è mai stata alcuna disputa. E adesso Lei annuncia che la Carta del Patriarca e del Sinodo non è più valida, in quanto “le condizioni esterne sono cambiate”. Le avevo proposto di disquisire in merito alla questione coinvolgendo autorevoli storici, teologi e specialisti di diritto canonico. Lei però si è rifiutato, adducendo la mancanza di tempo come motivazione. Non posso che rammaricarmi del fatto che le decisioni 111

da Lei prese, deleterie per l’unità comune delle chiese, dipendano tanto da fattori “esterni”, ovvero dalla situazione politica, come Lei stesso non si fa cruccio di dichiarare apertamente. La Sua lettera contiene le ennesime dubbie affermazioni in merito al fatto che “la responsabilità esclusiva di concedere l’autocefalia” competa alla Chiesa di Costantinopoli, come anche il diritto di ricevere appelli dalle altre Chiese Locali, in conformità al “contenuto spirituale” dei Canoni 9 e 17 del Concilio di Calcedonia. Ciò nondimeno, l’interpretazione da Lei adottata in merito ai supposti diritti che Le competerebbero, non è mai stata universalmente riconosciuta dalla Chiesa. C’è tutta una serie di obiezioni da parte di autorevoli commentatori di diritto canonico in contrasto con la Sua lettura dei diritti di appello al Trono di Costantinopoli. Scrive così il celebre teologo Giovanni Zonara: «Il Patriarca di Costantinopoli è riconosciuto giudice in generale non di tutti i Metropoliti, ma solo di quelli a lui sottoposti; giacché i Metropoliti di Siria, Palestina, Fenicia ed Egitto non sono giudicabili, contro la loro volontà, dal suo giudizio: infatti i siriani sono soggetti al giudizio del Patriarca di Antiochia, i palestinesi a quello del Patriarca di Gerusalemme e gli egiziani al giudizio del Patriarca di Alessandria, da cui sono ordinati e dipendono». Non Le riconoscono un tale privilegio nemmeno le odierne Chiese Ortodosse Locali. Tuttavia, arrogandosi illegittimamente un tale diritto, Lei non si è preoccupato neppure di osservare le norme canoniche, che definiscono le azioni da parte di chi accoglie un appello. È risaputo che Mychajlo Denysenko ha continuato il suo ministero nonostante le sanzioni della Chiesa e la scomunica, motivo per cui si è privato del diritto d’appello e, in conformità con le basilari norme del diritto canonico, si è condannato da solo. Lei ha espresso il proprio consenso alla scomunica di Denysenko, pur avendo già ricevuto nel frattempo il suo primo appello. Nella lettera al Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Alessio II del 31 agosto 1992 Lei ha dichiarato: «La Nostra Santa Grande Chiesa di Cristo, 112

riconoscendo sulla questione la pienezza della competenza esclusiva della Vostra Santissima Chiesa Russa, accoglie la decisione del Sinodo in merito a quanto sopra detto, non volendo creare alcuna difficoltà alla Vostra Chiesa Sorella». Il Santo Sinodo della Chiesa di Costantinopoli non ha preso in considerazione i numerosi problemi della successione canonica e del volto morale dei gerarchi, accolti da Lei in comunione; questo nonostante in precedenza la Chiesa di Costantinopoli avesse riconosciuto l’importanza di risolvere queste questioni per risanare lo scisma ucraino e avesse ricevuto le informazioni necessarie in merito nel corso degli incontri tra le delegazioni delle nostre Chiese. La fretta e la sconsideratezza con cui sono stati presi in considerazione gli appelli degli scismatici ucraini sono testimoniate dal fatto che, per decisione del Suo Sinodo, Makarij Maletič è stato “restaurato” al rango di vescovo. Nelle lettere ufficiali dei Patriarchi Lei lo definisce “ex Metropolita di Leopoli” e in tale veste egli ha preso parte al così detto “concilio di unificazione”. Intanto Makarij Maletič si è unito agli scismatici, come sacerdote della Chiesa canonica, senza esser mai stato ordinato vescovo canonico. La sua consacrazione, come quella di una parte significativa dell’episcopato della così detta Chiesa Ortodossa Autocefala Ucraina, accolta nella comunione dalla Chiesa di Costantinopoli, risale attraverso i suoi predecessori a un vescovo privato della dignità ecclesiastica, che ha celebrato tali ordinazioni assieme all’impostore Viktor Čekalin, ex diacono della Chiesa Ortodossa Russa, che non ha mai ricevuto neppure l’ordine di sacerdote. Accogliere in comunione con la Chiesa personalità simili, senza prendere in considerazione le suddette circostanze, mina la successione canonica dei sacri ordini e porta a gravi e distruttive conseguenze per l’Ortodossia del mondo intero. Per secoli la Chiesa Russa è stata profondamente grata alla Santa Chiesa di Costantinopoli per il suo contributo all’edificazione dell’Ortodossia mondiale, per il 113

ruolo svolto nella diffusione del cristianesimo nella Russia pagana, per il suo aiuto nello sviluppo delle tradizioni del monachesimo e della formazione del clero. Ora però i nostri stessi fedeli in Ucraina, come negli altri paesi, sono amaramente delusi dal fatto che la storica Chiesa Madre non ascolti le loro voci. Alla Sua sede sono pervenute a sostegno della Chiesa Ortodossa Ucraina centinaia di migliaia di firme dei fedeli ucraini, che chiedono di non spezzarne l’unità. Le autorità ucraine hanno tentato di ostacolare la consegna di queste lettere, mentre Lei le ha ignorate. Anche adesso non vuole sentire la voce della Chiesa Ortodossa Ucraina, che si trova in procinto di affrontare nuove dure prove. Già sacerdoti e chierici in Ucraina vengono chiamati con falsi pretesti a essere interrogati, subiscono ricattati, i loro cari vengono minacciati, le loro chiese e abitazioni perquisite, si fanno pressioni alle famiglie e ai figli. Qualche giorno fa è entrata in vigore una legge il cui scopo è privare la Chiesa Ortodossa Ucraina del proprio nome per appropriarsi coercitivamente delle sue chiese facendolo sembrare “un trasferimento volontario delle comunità”. È così che Lei vede l’unificazione degli ortodossi dell’Ucraina? Dei piani della Chiesa di Costantinopoli per legalizzare lo scisma in Ucraina ne ho già parlato con Lei in settimana, alla presenza di alcuni testimoni. Ora che questi piani sono in massima parte realizzati, mi rivolgo a Lei davanti a tutta la Chiesa Ortodossa, forse per l’ultima volta. Agendo così, sono guidato dal comandamento di nostro Signore Gesù Cristo: «Ora, se il tuo fratello ha peccato contro di te, va’ e riprendilo fra te e lui solo; se ti ascolta, tu hai guadagnato il tuo fratello; ma se non ti ascolta, prendi con te ancora uno o due persone, affinché ogni parola sia confermata per la bocca di due o tre testimoni. Se poi rifiuta di ascoltarli, dillo alla chiesa; e se rifiuta anche di ascoltare la chiesa, sia per te come il pagano e il pubblicano (Mt 18, 15-17)». La lettura del dittico dei Santissimi Patriarchi di Costantinopoli annovera decine di nomi di grandi teo114

logi, anacoreti e maestri di devozione. I Santi Gregorio il Teologo, Giovani Crisostomo, Proclo, San Flaviano, Giovanni IV il Digiunatore, Tarasio, Metodio, Fozio e molti altri con il loro ministero hanno glorificato la Santissima Chiesa di Costantinopoli. Ci sono stati tuttavia anche alcuni che l’hanno disonorata. Non aggiunga il Suo, fino ad ora rispettabile, nome all’elenco di ingloriosi vescovi di Costantinopoli quali Nestorio, gli iconoclasti Anastasio, Giovanni VII e Teodoto, gli uniati Giuseppe II, Mitrophan II il Matricida e Gregorio III Mammas. Desista adesso dal dialogo con gli scismatici, si rifiuti di partecipare all’avventura politica della loro legalizzazione. La vera Chiesa Ortodossa Ucraina, guidata da sua Beatitudine il Metropolita di Kiev e dell’intera Ucraina Onofrio, allora La benedirà e la storia La ricorderà tra i Santi vescovi del Trono di Costantinopoli che, in circostante politiche difficili, sono stati in grado di preservare la dignità e l’unità della Chiesa. Se agirà invece secondo le intenzioni esposte nella Sua lettera, allora perderà per sempre l’opportunità di servire l’unità delle sante Chiese di Dio, cesserà di essere il primo nel mondo ortodosso a contare centinaia di milioni di fedeli, mentre le sofferenze da Lei arrecate agli ortodossi ucraini La seguiranno al Giudizio Finale dell’imparziale Nostro Signore e testimonieranno contro di Lei d’innanzi a Lui. Prego con tutto il cuore, che ciò non accada. Non è ancora tardi per fermarsi.

Come valuta la situazione creatasi in Ucraina, e quale contributo alla lotta per la pace potrebbe portare la Chiesa? Oggi stanno cercando di coinvolgere la Chiesa ucraina in un profondo conflitto che può dividere la società e renderla ostaggio di questo stesso conflitto. Stanno requisendo le chiese, ignorando le sentenze dei tribunali, conducendo una campagna mediatica diffa115

matoria contro la Chiesa. Nel Parlamento ucraino si avanzano delle proposte di legge che hanno lo scopo di discriminare e mettere in una difficile posizione la più grande comunità religiosa del paese. I politici, che non hanno alcuna idea della vita interna della Chiesa, cercano di interferire in questa vita e di controllarla. Di norma le leggi discriminatorie contro la Chiesa Ortodossa in Ucraina vengono proposte da deputati che sostengono una scissione o da quelli che sono di fede greco-cattolica, oppure dagli atei. Anche tra gli autori dell’appello della Verkhovna Rada al Patriarca di Costantinopoli, con una richiesta di autocefalia della Chiesa ucraina, la maggior parte dei firmatari erano uniati e scismatici. Da parte della Chiesa greco-cattolica ucraina continuano attacchi aggressivi e offensivi sia contro la nostra Chiesa, che contro l’Ortodossia canonica in Ucraina. Questo modo di agire è emerso in modo evidente quando gli Uniati hanno duramente criticato in pubblico l’idea della Processione pan-ucraina della Croce. E poi, insieme alle forze nazionaliste radicali, si sono opposti alla sua realizzazione. Nello stesso tempo sono aumentati gli sforzi e le attività di proselitismo messe in atto dagli Uniati nelle terre tradizionalmente ortodosse della parte orientale dell’Ucraina. Tutto questo dimostra come il problema degli Uniati, nati dal Concilio di Firenze-Ferrara e da quello di Brest, siano ancora una ferita aperta nel mondo cristiano. Durante l’incontro a L’Avana con il vescovo di Roma, Papa Francesco, nel febbraio del 2016, nella Dichiarazione congiunta sui risultati di tale colloquio si è riproposta, ancora una volta, il concetto già espresso nel 1993 nel documento della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica romana e la Chiesa Ortodossa. Si tratta dell’idea secondo la quale il «metodo dell’uniatismo del passato, inteso come unione di una comunità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che permette di ristabilire l’unità». 116

La coincidenza degli interessi degli Uniati ucraini e degli scismatici nella loro opposizione all’Ortodossia canonica in Ucraina è diventata possibile solo sulla base di un’ideologia radicale nazionale e della politicizzazione della sfera religiosa. D’altronde questa unione politica può avere in futuro altre conseguenze pericolose per l’Ortodossia. Non è un caso che i Cattolici di rito greco siano così attivi nella costruzione di luoghi di culto e nella conduzione di un lavoro missionario dove storicamente non avevano mai avuto fedeli. In Ucraina, si sequestrano illegalmente le chiese. E che cosa vuole significare il sequestro di una chiesa? Significa sofferenza per la gente. Ognuno, per comprendere la portata di questa sofferenza, dovrebbe immaginare una persona che ha l’abitudine di andare in chiesa e a cui improvvisamente compaiono dal nulla dei giovani ragazzi spavaldi che dicono che la chiesa non è più la loro. Come reagiscono le persone? Si chiudono in chiesa e siedono lì per giorni, settimane e mesi. Sono sottoposti a ogni tipo di attacco, ma fanno in modo che tale chiesa resti alla loro comunità. Penso, che quella in corso in Ucraina, sia una gravissima violazione dei diritti umani e della libertà religiosa e debba attirare l’attenzione mondiale, in particolare di quei paesi e di quelle organizzazioni che sono veramente preoccupate per la violazione dei diritti umani. Questi raid (non possiamo chiamare altrimenti un simile esproprio delle chiese), i pestaggi di massa contro i nostri credenti, hanno attirato l’attenzione della comunità internazionale, incluse le organizzazioni per i diritti umani, ma vorremmo che questa voce fosse più forte in modo da fermare i crimini che stanno accadendo oggi in Ucraina. Preoccupa in modo particolare il tentativo di alcuni politici di giustificare la pratica dei “referendum” fittizi, che sono stati progettati per dare valore giuridico a questi sequestri forzati. La controversia scaturisce dal fatto che, secondo alcuni rappresentanti delle autorità 117

ucraine, il destino della comunità, il destino della Chiesa, dovrebbe essere deciso da tutti. Per far capire quanto sia evidente tale illegalità e come si tratti solo di una proposta arbitraria, immaginiamo il caso in cui il destino di una banca non sia deciso dai legali fondatori, ma da tutti i cittadini. Oppure che il destino di qualsiasi organizzazione dotata di un’entità giuridica e di una proprietà non sia deciso dai membri dell’organizzazione stessa, ma da chiunque. Questo “referendum” comporta la partecipazione di persone che non vivono in quei luoghi, cioè di quei ragazzi spavaldi che vengono e si appropriano con la forza delle chiese. Se tali cambiamenti legislativi saranno effettivamente adottati, porteranno alle peggiori conseguenze per la pace interreligiosa in Ucraina, aggravando la già difficile situazione delle persone che oggi soffrono a causa di questo conflitto. Nonostante la difficile situazione, i fedeli della Chiesa canonica ucraina ortodossa si moltiplicano, si aprono nuove chiese e monasteri. Preservando la propria unità canonica, la Chiesa Ortodossa ucraina conserva un grande potenziale per mantenimento della pace, che non si basa su slogan populistici e non segue l’attuale congiuntura politica. Si fonda, invece, sul potere dello spirito evangelico, sull’umiltà e sull’amore di Cristo. La nostra Chiesa non lascerà mai i suoi fratelli ucraini nei guai e non li abbandonerà. Non accetteremo mai di cambiare i confini canonici sacri della nostra Chiesa, perché Kiev è la culla spirituale della Santa Russia, come Mtskheta per la Georgia o il Kosovo per la Serbia.

Come si può realizzare la riconciliazione sul suolo ucraino? La Chiesa ucraina conserva immutata l’autorità nei confronti dei credenti, dell’integrità interna e del potere di mantenimento della pace in tutto il paese – non solo 118

a est e al centro, ma anche nell’Ucraina occidentale. Infatti, oggi, la Chiesa Ortodossa ucraina è l’unico organismo pubblico che ha la capacità di mantenere la pace. E così penso che quando arriverà il momento di raccogliere le pietre, sarà la Chiesa a giocare un ruolo molto importante nella vera riconciliazione del popolo e nella cura delle ferite inflitte. La costruzione di un’Ucraina pacificata potrebbe avvenire solo attraverso il perdono e la riconciliazione. Se prestate attenzione, vi accorgerete che questa è la posizione presa dal Patriarcato di Mosca, dalla Chiesa Cattolica romana, dalla Chiesa Ortodossa ucraina, i cui fedeli sono a nord, a sud, a est e ad ovest. Questi esortano tutti alla pace. Come si sono comportati i nostri monaci a Maidan, forse vi ricordate quest’immagine drammatica? Non hanno mosso un pugno e non hanno gettato alcuna pietra. Si sono alzati e hanno detto: «La pace sia con voi», restando lì in piedi, trattenendo le due fazioni, impedendo loro di scontrarsi. Questo è il ruolo della Chiesa, ma in un certo senso è anche il ruolo di una saggia politica. Intravedo, pertanto, un futuro per l’Ucraina, ho una visione molto ottimistica. Senza dubbio, verrà il momento della riconciliazione. Ed è molto importante che i Cattolici di rito greco aderiscano a questa riconciliazione, in modo tale che certe etichette siano lasciate fuori, come anche i tentativi di scaricare su qualcuno all’estero la responsabilità per ciò che sta accadendo nel loro stesso paese.

Come potrebbe commentare la reazione, in Ucraina, nei confronti del documento adottato congiuntamente da Lei e dal Papa di Roma? Uno dei partecipanti scismatici ha paragonato questo documento [la Dichiarazione congiunta firmata al termine dell’incontro dell’Avana, il 12 febbraio 2016, 119

ndr] all’accordo di Monaco. Gli uniati si erano espressi direttamente contro il Papa, o almeno contro la posizione che aveva preso il Papa, riferendosi presumibilmente al fatto che qualcuno l’avesse ingannato, l’avesse informato male e che questa dichiarazione fosse stata scritta da “due” persone qualunque, cosa che non corrisponde alla realtà. Si è trattato davvero di un lavoro collettivo e abbiamo terminato di redigere la dichiarazione poche ore prima della riunione. La prova di ciò è che il testo è stato corretto insieme fino all’ultimo momento. La Dichiarazione è stata un lavoro fecondo delle due Chiese e, naturalmente, il documento è stato firmato al più alto livello. La reazione negativa in Ucraina mi ha reso molto triste, perché la dichiarazione apre alla possibilità di un dialogo con i Cattolici greci. Se si agirà nell’ambito del paradigma indicato da questa Dichiarazione, il documento diventerà fondamentale per la normalizzazione delle relazioni. Invece di respingere tale Dichiarazione senza mezzi termini e di parlare della “Chiesa come aggressore”, dell’assenza di una guerra fratricida, invece di usare luoghi comuni politici, occorreva pensare e dire: «Stop! Così abbiamo una possibilità in più!» Ma, a quanto pare, in questo momento, la gente da quelle parti non la pensa così. Oggi, il compito di tutti è quello di lavorare insieme per la riconciliazione. Siamo pronti per partecipare a questo processo esattamente come e quanto lo vorrebbero i fratelli? Se ci diranno «senza di voi», va bene, anche senza di noi. Tutte queste idee sono presenti nella dichiarazione e, naturalmente, è stata una sorpresa per me sentir muovere critiche ingiuste da parte di Kiev verso questo documento.

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L’ORTODOSSIA IN CINA

Santità ha visitato la Cina7. Qual è la situazione dei Cristiani in quel paese? Qual è il loro futuro in Asia? Stiamo assistendo a grandi cambiamenti nella vita della Cina e nella vita della Russia. La Chiesa dell’Assunzione è stata restaurata e ho avuto l’opportunità di visitarla. Spero che le parrocchie della Chiesa Ortodossa cinese siano registrate e che, ad un certo punto, venga nominato un vescovo cinese in modo tale che la Chiesa Ortodossa cinese possa avere una vita piena e indipendente: ossia l’autorità di ordinare sacerdoti, di organizzare i luoghi di culto e di predicare il Vangelo. Nel frattempo, la Chiesa russa e il Patriarca stesso si stanno assumendo la responsabilità davanti a Dio, davanti alla storia e a tutti i cinesi per il destino dell’Ortodossia cinese. Quindi tutto ciò che accade nella vita dei cinesi ortodossi è molto vicino al mio cuore. Un segno di premura verso gli Ortodossi cinesi può considerarsi sia la mia visita, in questi luoghi, che la possibilità, per i giovani cinesi, di studiare a Mosca. Ritengo che esista un sogno, e che questo sogno sia già in fase di progettazione, perché la Chiesa Ortodossa cinese raggiunga un futuro luminoso, dato che, da

7 Dal 10 al 15 maggio 2013 il Patriarca Kirill ha compiuto la sua prima visita ufficiale nella Repubblica Popolare Cinese. L’Ortodossia è arrivata nella “Terra di Mezzo” alla fine del XVII secolo, quando giunsero a Pechino i primi russi, ma non come missionari. Insieme ai prigionieri cosacchi di Albazino arrivò nella capitale della Cina il primo prete ortodosso.

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parte delle autorità cinesi, ci sono tutte le migliori intenzioni. Spero molto che il numero dei sacerdoti ortodossi aumenti e che la vita della Chiesa cinese si normalizzi. La Chiesa Ortodossa russa rappresenta nel nostro pianeta un fronte religioso molto vasto in difesa della vita, in difesa dell’integrità della persona umana. Ecco perché, quando ho avuto l’incontro con il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, ho detto che le nostre civiltà - russa, ortodossa e cinese - hanno fondamenta spirituali comuni. Sia la Russia che altri paesi ortodossi non distruggono i fondamenti morali della vita, ma, al contrario, cercano di educare la loro gente negli alti ideali morali. Penso che questo potrebbe diventare una base molto importante per la cooperazione, sia internazionale che bilaterale. Attraverso questo lavoro congiunto, contribuiremo indubbiamente allo sviluppo delle relazioni russo-cinesi dalle quali dipende moltissimo anche lo sviluppo della storia moderna della civiltà umana. Nel corso dell’incontro con il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, si è parlato del fatto che nella cultura tradizionale cinese vi sono molti dei valori che sono caratteristici anche della cultura cristiana. E questo significa che c’è un fondamento morale comune, una base comune per la vita e per la collaborazione. Sono sicuro che se la Cina e la Russia mantengono queste caratteristiche, potranno avere forza in tutto il mondo, in un mondo in cui questi concetti tendono a essere oscurati.

Perché la città cinese di Harbin è importante per la Chiesa Ortodossa russa? In nessun’altra città della Cina sono stati conservati tanti monumenti legati alla presenza russa. Una volta, Harbin era un grande centro della Chiesa Ortodossa 122

russa: c’erano ventidue chiese, due monasteri e due scuole teologiche. E oggi a Harbin, si conservano monumenti molto importanti legati alla presenza ortodossa russa. È stato molto toccante per me essere nel luogo in cui molte generazioni di persone russe pregavano insieme, si incontravano e si sentivano una comunità. Vorrei ricordare che nel 1986 fu riaperta la Chiesa dell’Intercessione (Pokrovsky) per permettere ai credenti cinesi di pregarvi. Tutto ciò avvenne in sintonia con la nuova politica di apertura che le autorità cinesi avevano iniziato a realizzare. Quando ho visitato Harbin, nel 1993, ho incontrato un sacerdote cinese vivente, padre Gregory Zhu, che aveva officiato in questa chiesa e che mi ha parlato molto della vita di Harbin e del popolo ortodosso. Quando i russi arrivano in Cina, visitano ovviamente i luoghi di maggiore interesse, comprese le chiese. Le chiese ortodosse russe, tuttavia, occupano un posto molto speciale fra tutte le altre. Si tratta indubbiamente di un vero ponte spirituale storico tra i nostri popoli. Se vuoi guadagnarti la fiducia di un russo, in Cina, portalo a Harbin e mostragli le chiese ortodosse. Pochi paesi hanno un’influenza così grande sui loro vicini.

Quali sono le prospettive per lo sviluppo dell’Ortodossia in Cina? Oggi stiamo assistendo alla rinascita della Chiesa cinese ortodossa, la stessa Chiesa che esiste in Cina da trecento anni, e che, come sapete, nel XX secolo, insieme a tutto il popolo cinese, ha attraversato durissime prove. La mia visita in Cina è stata organizzata su invito e con il sostegno delle autorità governative cinesi, fatto che indica la comprensione, da parte dello Stato, del123

l’importanza del fattore religioso nella vita del loro popolo, così come nello sviluppo delle relazioni tra la Russia e la Cina. La Russia e la Cina hanno firmato un piano d’azione per attuare le disposizioni del trattato di buon vicinato, amicizia e cooperazione, che prevede, tra l’altro, lo sviluppo della collaborazione tra l’Amministrazione statale per gli affari religiosi e il Consiglio per la cooperazione con le associazioni religiose presso la Presidenza della Federazione Russa. Conformemente a questo piano, abbiamo avviato un dialogo con la parte cinese, che si è svolto anche con la partecipazione attiva del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca. Stiamo sviluppando relazioni con associazioni religiose cinesi con la prospettiva di approfondire la reciproca comprensione tra i credenti dei due paesi. Abbiamo concluso, inoltre, alcuni accordi volti a normalizzare la situazione della Chiesa Ortodossa cinese. Per iniziare questo cammino due studenti cinesi stanno già studiando nelle scuole teologiche-spirituali della Chiesa Ortodossa russa. Lo sviluppo della Cina, al quale abbiamo assistito negli ultimi vent’anni, è, naturalmente, un fenomeno di portata globale. L’economia, la società e il sistema politico si stanno trasformando, ed è ovvio che anche il rapporto con la religione sta cambiando. Nella società, è impossibile sviluppare alcuni settori ed altri, no. Altrimenti si creerebbero tensioni. Lo sviluppo religioso rientra nell’ambito dello sviluppo generale della Cina. Mi auguro che in Cina, in seguito alle trasformazioni sociali in corso nel paese, continui a migliorare la vita politica, sociale, economica e, naturalmente, quella religiosa e che, in tale contesto, la Chiesa Ortodossa autonoma cinese prenda il suo posto legittimo.

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IL CONCILIO DI CRETA

Dal 18 al 27 giugno 2016, l’isola di Creta ha ospitato il Concilio, a cui hanno partecipato le delegazioni di dieci Chiese ortodosse locali. La Chiesa di Antiochia, russa, georgiana e bulgara non hanno partecipato ai lavori. Perché il Concilio a Creta non è stato pan-ortodosso? La comprensione dell’importanza del rispetto del voto di ciascun membro della Chiesa si riflette nel nostro atteggiamento verso la prospettiva di convocare un Sacro e Grande Concilio. Presenziando a tutti gli eventi pre-conciliari, la Chiesa russa da oltre cinquant’anni ha partecipato con le chiese autocefale alla preparazione del Concilio, chiamato a diventare un’espressione visibile dell’unità della Chiesa Ortodossa universale. Il fatto che sia stato impiegato così tanto tempo per prepararlo ha confermato solamente che il raggiungimento dell’unanimità su alcuni temi richiede molto lavoro e richiede uguale rispetto per tutti i membri della nostra famiglia ortodossa. Abbiamo lavorato fino all’ultimo momento per assicurare che tale Concilio avesse luogo. Quando si è appreso che alcune Chiese autocefale non avrebbero partecipato al Concilio, abbiamo dovuto cambiare i nostri piani e rinunciare di andare al Concilio, appoggiando la posizione favorevole a un suo rinvio in un secondo momento. Devo dire che questa decisione non è stata presa alla leggera, ma era pienamente legittimata dal fatto che eravamo chiaramente consapevoli che il Concilio, in assenza anche di una sola chiesa locale, non sarebbe riuscito a raggiungere 125

il suo obiettivo principale: mostrare in modo inequivocabile al mondo l’unità della Chiesa Ortodossa universale. Il Concilio si è tenuto comunque nella cattedrale di Creta, nonostante l’assenza di diverse chiese. Certo, il fatto che non sia stata possibile la partecipazione di tutte le Chiese locali, suscita il nostro profondo rammarico. Tuttavia, sono convinto che tutti abbiano agito in coscienza: quelli che hanno presenziato al Concilio e quelli che si sono astenuti dal partecipare. Allo stesso modo, al momento della firma dei documenti, ogni vescovo ha agito secondo la propria coscienza. Qualcuno li ha firmati, ma qualcun altro non l’ha fatto. Questa è la realtà di oggi e nessuno dovrebbe adirarsi per tutto ciò. Possiamo essere in collera solo con noi stessi, perché se Dio non ci dà qualcosa, è a causa dei nostri peccati. Con umiltà, consapevoli della nostra debolezza e della nostra imperfezione, dobbiamo combattere tutti insieme per superare i conflitti all’interno della famiglia ortodossa, affinché l’unità ortodossa progredisca. Noi crediamo che il Signore ci guiderà tutti, tutta la Chiesa Ortodossa ecumenica, lungo questo cammino, non lungo la strada di nuove divisioni, come fossimo rappresentanti di diverse forze politiche, ma nel percorso verso la crescita nell’amore fraterno e nella concordia. Comprendiamo le difficoltà che esistono oggi nella famiglia ortodossa e crediamo che il Concilio di Creta abbia giocato il ruolo di un appuntamento importante per un certo numero di chiese locali, che hanno avuto la possibilità di partecipare. Durante il cammino verso un Concilio veramente pan-ortodosso è necessario risolvere, con decisione e in modo dinamico, i problemi esistenti per arrivare a una posizione comune e creare a un certo punto la possibilità di mantenere tale posizione. È consolante che la mancata partecipazione di alcune Chiese al Concilio non abbia dato origine a nuove spinte separatiste.

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Quali speranze sono rimaste deluse dal Concilio? Ci aspettavamo veramente molto dal Concilio. Sarebbe stato molto importante che i documenti firmati avessero contribuito a rafforzare l’unità ortodossa e il ruolo della Chiesa Ortodossa nel mondo. Nella preparazione del Concilio sono stati commessi tuttavia degli errori. La nostra Chiesa ha adottato in prima battuta tutti i progetti preparati per il Concilio, nonostante che avesse alcune obiezioni su alcuni di essi. In un secondo tempo abbiamo proposto numerosi emendamenti importanti, come, per inciso, diverse altre Chiese. Purtroppo, i nostri emendamenti sono stati respinti. Questa è la prima decisione che ha causato una certa delusione. Avremmo forse potuto affrontare questa realtà insieme, cercando di apportare modifiche nel corso dello stesso Concilio, se non si fossero verificate nuove circostanze che non potevano essere ignorate. Nel corso dei Concili precedenti, anche ecumenici, spesso si sono verificate divisioni, scissioni tra le Chiese. Ecco perché la condizione prioritaria per il nuovo Concilio prevedeva l’adozione di decisioni unanimi – solo così avremmo potuto dimostrare l’unità ortodossa. Come poteva essere raggiunta, questa unità, quando la Chiesa serba aveva proposto di rinviare il Concilio, mentre la Bulgaria, Antiochia e la Georgia avevano rifiutato di andare a Creta? La nostra proposta di risolvere il problema, dopo aver riunito la Conferenza ortodossa proprio di fronte alla Cattedrale, è stata respinta dal Patriarcato di Costantinopoli. In un secondo momento, per impedire una separazione, che tanto temevamo, abbiamo deciso di non andare a Creta. Cionondimeno, rispettiamo il Concilio di Creta, studiamo attentamente i documenti adottati. Consideriamo la riunione cretese come parte del processo conciliare, come tappa del cammino verso un Concilio pan-ortodosso. 127

Sarà possibile la presenza della Chiesa Ortodossa russa nel prossimo Concilio pan-ortodosso? Restiamo una famiglia ortodossa unica e tutti insieme abbiamo la responsabilità del destino della Santa Ortodossia. La Chiesa Ortodossa russa è sempre stata convinta che la voce di qualsiasi Chiesa locale – piccola o grande, antica o nuova – non possa essere trascurata. Se sarà possibile preparare un vero Concilio Pan-Ortodosso basato su questi principi, è indiscutibile che la nostra Chiesa ci partecipi attivamente. Credo comunque che, nell’incontro a Creta, abbiano prevalso le buone intenzioni di chi voleva fare un passo importante per superare le differenze che erano sorte. Può contribuire alla preparazione di quel Santo e Grande Concilio che unirà tutte le Chiese autocefale locali, senza eccezione, e diventerà un riflesso visibile dell’unità della Chiesa Ortodossa santa di Cristo, per la quale i nostri santi predecessori hanno tanto pregato e atteso. La storia continua e dobbiamo andare avanti, rafforzando la nostra unità e l’unanimità. Grazie a Dio, la Chiesa Ortodossa, nonostante i disaccordi che emergono di volta in volta, è ancora unita. Abbiamo tanto bisogno di unità e di solidarietà, che sono così importante per noi! Cristo ha detto: «Edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa» (Mt 16,18). Ma ricordiamo le parole minacciose dell’Apocalisse: «All’angelo della Chiesa che è a Sardi scrivi… Conosco le tue opere; ti si crede vivo, e sei morto. Sii vigilante, rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire» (Ap 3,1-2). Tutti noi crediamo che la Chiesa di Dio sia invincibile. Dopo tutto, però, ognuno di noi, tutti insieme, siamo responsabili della vita e del futuro delle nostre Chiese ortodosse.

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Il Patriarca Kirill incontra gli studenti del Ginnasio ortodosso di Orel e gli aderenti al Movimento giovanile ortodosso “La famiglia dell’Epifania”.

Il Patriarca Kirill e il Presidente Vladimir Putin in una foto di gruppo davanti al monastero russo di San Panteleimon.

Il Patriarca Kirill e il Presidente Vladimir Putin durante la visita nel monastero russo di San Panteleimon sul Monte Athos.

Un’altra immagine della visita del Patriarca e del Presidente Putin al Monte Athos.

Doni della terra al Patriarca Kirill, atterrato a Kazan per visitare la metropolia del Tatarstan.

Il Patriarca Kirill celebra la Divina Liturgia nella cattedrale dell’Assunzione del Cremlino il 4 novembre, giorno dell’Unità Nazionale.

La Chiesa ortodossa russa e l’educazione: il Patriarca Kirill fa vedere a uno studente come si trova nel tablet il sito della Chiesa ortodossa.

Una giovane educata al culto della Madonna.

La Chiesa ortodossa e l’arte: il Patriarca Kirill visita una mostra dell’accademico Il’ja Sergeevicˇ Glazunov.

UNO STORICO INCONTRO

Perché è stata scelta l’America Latina per l’incontro con il Papa di Roma? Sono profondamente convinto che questa regione non ha solo un enorme potenziale economico, ma anche grandi risorse spirituali. C’è un altro pericolo, però: anche qui appaiono segni di scristianizzazione. Ciò che accade oggi nell’Europa Occidentale, nel Nord America e quello che potrebbe cominciare a verificarsi anche in America Latina, è il desiderio di costruire una società giusta, prospera e tecnologicamente avanzata, ma senza Dio. Non funzionerà! E l’esperienza del nostro popolo è molto importante. Io trasmetto i miei pensieri, i miei sentimenti e, forse, quando parlerò di nuovo ai miei ascoltatori latinoamericani, dirò: «Guardate la nostra esperienza, non è un caso che Dio abbia guidato il nostro popolo attraverso durissime prove, attraverso perdite colossali. Come si può pensare che tutte queste vittime siano state vane? Sono convinto che questi sacrifici non siano stati inutili, ma al contrario, che ci siano stati perché il mondo ci ascolti e impari dalla nostra esperienza. Oggi noi, seppur in mezzo a difficoltà e critiche, stiamo cercando di costruire una società dove la fede religiosa si unisca all’educazione, alla tecnologia, all’informazione e allo stile moderno di vita. Il compito della Chiesa in Russia è proprio quello di favorire questa sintesi tra spirituale e materiale. Non so quanto ci stiamo riuscendo, forse ancora non molto, ma questa è la nostra intenzione». Ho parlato di tutto questo, e continuerò a farlo in America Latina. È per questo che volevo visitare veramente il continente americano. 129

Di cosa si è parlato nell’incontro con il Papa di Roma? Sono stati argomenti centrali nella nostra discussione: la protezione della presenza cristiana in Medio Oriente. Le Chiese cristiane hanno insieme grandi potenzialità per il mantenimento della pace. Per questo abbiamo pensato all’utilizzo di questo potenziale anche per la riconciliazione della popolazione nei luoghi dei conflitti locali, come nell’est dell’Ucraina. Oggi la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa russa possono e devono fare tutto il possibile per rendere il mondo più tranquillo, per far abbassare il livello di tensione tra oriente e occidente, per ritrovarci nuovamente in un unico spazio comune chiamato Europa. In passato, in Europa, il fattore religioso è stato spesso motivo di divisioni. Penso che le posizioni congiunte – quelle di Papa Francesco e le mie – si possano riassumere oggi nel fatto che la religione dovrebbe contribuire alla riconciliazione delle persone nel continente europeo e alla riunificazione spirituale dei popoli. Con Papa Francesco abbiamo parlato anche della crisi in Ucraina e la nostra comune convinzione è che le Chiese non possano portare un messaggio diverso, se non quello della pace. Questo, naturalmente, riguarda prevalentemente i Cristiani dell’Ucraina. È necessario imparare a parlare un linguaggio comune, non politicizzare il proprio messaggio, cercare di testimoniare la pace, la giustizia, prendendosi cura di preservare l’unità del popolo ucraino. Abbiamo anche avuto l’opportunità di respingere nuovamente l’idea dell’Uniatismo. Durante l’incontro all’Avana, il vescovo di Roma ha convenuto che l’Uniatismo non può essere un modo per unire le Chiese, che porta sempre divisioni, com’è oggi in Ucraina. Abbiamo anche detto che in Ucraina non è in corso un’aggressione dall’esterno, ma un conflitto fratricida, e abbiamo sottolineato che lo scisma deve essere superato con mezzi canonici e non creando una mitica “singola 130

chiesa locale”, dove gli scismatici si unirebbero con Ortodossi e Cattolici. Ritengo che l’incontro tra il Patriarca di Mosca e il Papa sia stato un evento importante, accaduto per la prima volta nella storia. Tuttavia è vero anche che per la prima volta nella storia aumentano così tanto le persecuzioni contro i Cristiani, per la prima volta nella storia sta avvenendo la scristianizzazione della civiltà umana, lo abbiamo già detto. Stiamo vivendo un momento speciale, ma non c’è nulla di nuovo.

Quali conseguenze ha portato l’incontro all’Avana? L’incontro a l’Avana, nonostante le permanenti differenze nelle questioni teologiche, è stato un evento molto importante maturato nel corso di molti anni di scambi reciproci. Lo scopo dell’incontro non era in alcun modo legato alla promozione di un qualsiasi accordo teologico, che sarebbe stato un approccio completamente sbagliato\\. Le Chiese non possono avvicinarsi, per non parlare di unirsi, con il semplice accordo tra due leader. Vado oltre: è impossibile unire le Chiese anche con accordi di tutta la gerarchia: ad esempio, se raccogliessimo tutta la gerarchia cattolica e ortodossa e firmassimo qualcosa. L’unità della Chiesa, infatti, è opera dello Spirito Santo. Siamo divisi a causa della nostra peccaminosità, per questo i Cristiani non sono riusciti a mantenere fede al comandamento dell’amore. Se parliamo di come possa accadere la riunificazione, se un giorno assisteremo a tutto questo, possiamo dire che si tratterà di un miracolo di Dio. Determinati a fare tutto il necessario per superare le differenze storiche che abbiamo ereditato, vogliamo unire i nostri sforzi per testimoniare il Vangelo di Cristo e il patrimonio comune della Chiesa del primo millennio, affrontando congiuntamente le sfide del mondo 131

moderno. Gli Ortodossi ed i Cattolici devono imparare a vivere concretamente l’amore e la verità di Dio in quelle aree in cui ciò è possibile e necessario. La civiltà umana è entrata in un tempo di cambiamenti epocali. La coscienza cristiana e la responsabilità pastorale non ci permettono di rimanere indifferenti di fronte alle sfide che richiedono una risposta comune. Ci siamo incontrati a l’Avana in un momento speciale perchè i Cristiani in Medio Oriente stavano sperimentando e, purtroppo, stanno sperimentando anche oggi, grandi sofferenze. Un momento in cui si cerca di eliminare la loro presenza nei luoghi che, nel corso della storia, sono stati sempre legati al Cristianesimo e dove il Cristianesimo è nato. Stimolati dalla preoccupazione di trovare il modo di fermare la cancellazione dei cristiani nella regione, come pure la terribile persecuzione in altri paesi, Sua Santità Papa Francesco ed io abbiamo deciso congiuntamente di incontrarci faccia a faccia e di invitare tutti a dare la dovuta attenzione al dramma del cristianesimo moderno - e non solo in Medio Oriente, ma anche nei paesi che si definiscono orgogliosamente civilizzati, benché da loro le persone rinunciano alle basi cristiane della propria cultura, della loro civiltà. E il Signore ci ha guidato in questo incontro, nel corso del quale è stato deciso di portare le reliquie di San Nicola a Mosca, prima città capitale della Russia e a San Pietroburgo.

Lo storico incontro a Cuba con Papa Francesco (il 12 febbraio 2016) ha accelerato la realizzazione del sogno di Giovanni Paolo II: la visita del Papa in Russia? La questione della visita del Papa in Russia non è all’ordine del giorno nelle nostre relazioni. Non escludo, tuttavia, la possibilità di un eventuale incontro, sebbene non ancora pianificato: visto che è già avvenuto il primo, ne potrebbe seguire anche un secondo e un 132

terzo. Al di là dei prossimi incontri il dialogo tra la Chiesa Cattolica romana e la nostra Chiesa certamente continuerà. Non sono ancora in grado di definire come tutto ciò verrà realizzato, ma sicuramente l’umanità non può fare altro che incontrarsi, scambiare idee e libri, sviluppando una posizione comune. Che Dio permetta che ciò possa avverarsi, spero che sia così.

Quali prospettive di dialogo e di comprensione reciproca con la Chiesa Cattolica ha aperto l’incontro con il vescovo di Roma? Questo incontro ha aperto una pagina nuova nelle relazioni tra le nostre Chiese e ha dato impulso allo sviluppo di progetti concreti. Nella nostra Dichiarazione congiunta si è affermata la necessità di sforzi comuni nel campo dell’evangelizzazione e della testimonianza cristiana nel mondo moderno. Il mondo si aspetta da noi una forte testimonianza in ogni aspetto della vita pubblica e privata. Penso che tutto quello che rientra nella sfera delle nostre relazioni bilaterali debba perseguire questo obiettivo: testimoniare Cristo nel mondo! Testimonianza purtroppo che dalla Chiesa non è sempre stata fatta in un modo adeguato.

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COOPERAZIONE ORTODOSSA-CATTOLICA

Vi sono stati numerosi episodi di persecuzioni e violenze contro i Cristiani da parte di gruppi di individui che si spacciano per Musulmani, ma che non lo sono. In questa situazione, non pensa che la ricerca dell’unità del Corpo di Cristo, superando l’attuale divisione, stia diventando sempre più rilevante? Sappiamo tutti molto bene, quali terribili flagelli porti con sé il terrorismo. La nostra gente ha attraversato terribili prove: Beslan, Volgograd, è impossibile elencarle tutte. Siamo stati attanagliati da questo dolore, sappiamo di cosa si tratta. E poi, ancora, il nostro aereo abbattuto sul Sinai! In questo senso, il mio incontro con Papa Francesco è stato molto importante. Le due Chiese più grandi del mondo, rappresentate dai loro Primati, si sono incontrate per sincronizzare gli orologi, per parlare degli stessi problemi, ognuno con il proprio punto di vista. Eravamo convinti della possibilità di raggiungere una risposta comune e, forse, la sorprenderò, è stata raggiunta con facilità. Perché i due interlocutori avevano in comune la fede nel Signore Gesù Cristo e nei suoi comandamenti. Ma questi stessi comandamenti sono presenti anche nel mondo musulmano e nell’umanesimo laico – almeno è stato così fino ad un certo punto. Anche se prendiamo la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, c’è un riferimento alla moralità, che può limitare i diritti umani. Oggi invece non vi è alcun riferimento alla moralità e alla limitazione della libertà umana. Sfortunatamente, ci stiamo allontanando sempre più da ciò che ci ha sempre uniti al più profondo livello ontologico. E 135

penso che, se questa divisione continuerà, per l’umanità non si aprirà una bella prospettiva. Non possiamo vivere su un piccolo globo, lacerato da profonde contraddizioni a livello di valori morali. Credo, pertanto, che il mio incontro con il Pontefice abbia dato almeno per il futuro un contributo alla formazione di questo consenso morale fra tutte le persone.

Cosa possono fare insieme Cattolici e Ortodossi per fermare questa violenza? Ho incontrato dei responsabili di molte Chiese ortodosse e di altre Chiese cristiane in Medio Oriente. Tutti all’unisono hanno chiesto: «Fate qualcosa, non abbiamo le forze, proteggeteci, stiamo morendo!». Di tutto ciò ho parlato con forza sia in occasione di incontri con i presidenti di diversi paesi, sia in occasione di incontri internazionali, ma era come se nessuno volesse ascoltare… È stato questo il momento in cui mi è venuto in mente di trovare un modo di parlare tale che tutti avrebbero ascoltato. Durante i preparativi dell’incontro con il Papa di Roma abbiamo concordato la necessità di incontrarci e di denunciare al mondo intero, a voce alta, la persecuzione dei Cristiani. Questo incontro si è verificato e il mondo ha iniziato a parlare! Sorprendentemente, il Congresso degli Stati Uniti improvvisamente dichiara che lo sterminio dei cristiani in Medio Oriente è un genocidio. Ci hanno chiesto di dire che si sta compiendo un genocidio, che i cristiani vengono uccisi – non c’è stata risposta! E ora la risposta è, perché le voci dell’Oriente e dell’Occidente si sono unite e si è parlato della cosa più importante che oggi sta preoccupando tutti. La visita in Libano e in Siria, nell’aprile del 2016, di numerosi rappresentanti della Chiesa ortodossa russa e della Chiesa Romano-cattolica può essere considerata un passo concreto in favore dello sviluppo del136

l’interazione ortodossa-cattolica in quest’area. Durante la visita sono state intraprese consultazioni con i rappresentanti delle fedi locali che dovrebbero servire come base per lo sviluppo di ulteriori progetti comuni volti a sostenere i fratelli e le sorelle in difficoltà. Dopo l’incontro all’Avana, gli Ortodossi e i Cattolici hanno organizzato una serie di attività per la protezione dei Cristiani in Medio Oriente. Così, nel gennaio 2017 a Parigi ha avuto luogo il V Forum europeo cattolico-ortodosso, dedicato al problema del terrorismo, che oggi riguarda tutti senza eccezioni e che è direttamente legato alla situazione nel Medio Oriente. Nel loro messaggio conclusivo i partecipanti al Forum hanno ribadito la necessità di una stretta collaborazione tra i Cattolici e gli Ortodossi di fronte alle sfide, prima inimmaginabili, che sta affrontando il mondo contemporaneo. Hanno anche espresso solidarietà con i Cristiani perseguitati dell’Africa, dell’Asia e del Medio Oriente e hanno condannato qualsiasi forma di discriminazione, basata sulla religione.

Sua Santità, durante la Sua visita in America Latina ha visitato il Paraguay. Potrebbe raccontare di questa visita? La mia visita in Paraguay è avvenuta subito dopo l’incontro con il Papa di Roma, Francesco. In questa parte del mondo non esiste un altro Paese dove nel salone d’onore sono stati fusi in bronzo i nomi degli eroi russi, che vengono anche ricordati con calore e orgoglio dal capo dello Stato. Mi piacerebbe davvero che l’impresa degli eroi russi, che hanno sacrificato la loro vita per il Paraguay, sia conosciuta in tutto il mondo e sia conosciuta meglio anche nella mia Patria. Sono sicuro che questa sia una pagina molto importante e luminosa della storia non solo del Paraguay, ma anche della storia del mio popolo. 137

Gli ufficiali, gli scienziati e gli intellettuali russi sono venuti in Paraguay spinti dalle circostanze difficili legate al conflitto civile in Russia. Qui, in questo Paese hanno trovato una seconda casa e con coraggio si sono levati in sua difesa, opponendosi al nemico anche a costo della loro vita. Sono profondamente commosso per il modo in cui in Paraguay si mantiene la memoria del popolo russo, del loro contributo alla difesa militare, allo sviluppo della scienza e dell’istruzione. Oggi dobbiamo certamente utilizzare quella pagina di storia comune per il bene dei rapporti tra Russia e Paraguay, come fondamento per lo sviluppo di relazioni bilaterali.

In che modo Ortodossi e Cattolici potrebbero combattere insieme contro la secolarizzazione in Europa? Il compito comune dei Cristiani di confessioni differenti è evidente: aiutare gli europei a non perdere il loro senso di identità, senza aver paura di parlare delle loro radici. Solo in questo modo possiamo salvare l’Europa che noi conosciamo, un continente nel quale con il contributo di tante culture diverse si è formata un’unica civiltà. Uno sviluppo storico che escluda Dio non è sostenibile. La stessa storia post-rivoluzionaria del nostro paese è un esempio esemplare del crollo di questo sviluppo storico, dell’esperienza di questi sistemi di vita. Abbiamo messo fuori Dio, abbiamo rinunciato a tutto ciò che era santo e che per noi era diventato un ideale. Si confidava nella forza della ragione, nella forza dell’organizzazione, nella forza del partito, nella forza dell’esercito, nella forza di tutto ciò che era nelle nostre mani, ma non siamo stati in grado di costruire una società giusta e prospera, come quella che volevamo costruire basandoci su questo razionalismo. La stessa cosa sta succedendo ora in Occidente. Alla fine del ventesimo secolo ci siamo confrontati con 138

il crollo della nostra idea atea e penso che oggi ci sia una rivalutazione critica del razionalismo nell’Europa occidentale. Certamente, l’establishment, le élite politiche associate ai grandi affari, i media, il sistema educativo stanno lavorando sul roll-in di questa idea e stanno cercando di riprodurre questi fantasmi. Ma l’anima della gente, la coscienza umana, l’esperienza vera della vita dicono alla gente che questo è il modo sbagliato, e se diciamo che oggi l’Europa intera è scristianizzata, diremmo qualcosa di molto sbagliato. Oggi le attività delle Chiese, degli Stati e delle associazioni pubbliche in Europa dovrebbero dare dimostrazione della civiltà unica che si è formata dai diversi paesi. È necessario allontanarsi dagli stereotipi che ostacolano un dialogo fruttuoso, abbandonare l’imposizione dell’uni-polarità ideologica e far sì, invece, che il patrimonio spirituale dell’Europa assurga davvero a principio unificante. Solo in questo modo possiamo raggiungere solidarietà e apertura nei rapporti tra i popoli europei, trasformando in realtà il sogno di un’unica Europa dall’Atlantico al Pacifico. E voglio sottolinearlo di nuovo: è solo il comune patrimonio culturale cristiano ad essere capace di dare speranza al progetto di un genuino ravvicinamento tra Oriente e Occidente. Se il Cristianesimo con i suoi valori scompare dalla vita occidentale, se scompare realmente, perderemo tutto. Non ci saranno più valori comuni. Allora, col consumismo e il pragmatismo, ci si allontanerà, sia nell’economia che nella politica, e anche militarmente.

Che importanza ha la cooperazione tra la Chiesa Ortodossa e la Chiesa Cattolica? Qualcuno del nostro ambiente afferma: «Non è necessario un tale dialogo. Voi avete risposto e loro non hanno accettato. Dunque svegliatevi, dite che sono ere139

tici». Ma non appena voi direte a un uomo che è un eretico, si chiude ogni possibilità di dialogo con lui, egli cessa di ascoltarvi e diventa il vostro nemico, proprio perché non considerandosi un eretico, percepisce queste parole come un insulto. Il risultato è che non vi è un dialogo e i Cristiani restano chiusi ciascuno nel proprio ambiente, formando un “ghetto”, dentro il quale ci siamo anche noi, che eravamo chiamati a portare la luce di Dio in tutto il mondo. Ci rilassiamo e ci confortiamo dicendo: «Come avevamo ragione, vedi che in realtà va tutto bene, mentre il mondo intorno sta per morire!». Magari può accadere invece che il Signore chieda a ciascuno di noi: «Siete entrati in dialogo con il mondo? Avete lottato per ogni anima?». E addirittura, porterà anche l’esempio dei santi Apostoli, che dopo tutto sarebbero potuti anche restare in Galilea. Un clima meraviglioso, buon cibo, buon vino, gente con una mentalità devota: di cos’altro avrebbero avuto bisogno? Gli apostoli invece percorsero le strade romane e si incamminarono verso il mondo pagano. Mentre cercavano un linguaggio comune hanno lanciato contro di loro pietre, come è successo ad esempio all’apostolo Paolo, quando ha parlato nell’Areopago ai saggi ateniesi e ha detto che aveva visto il loro altare dedicato al Dio ignoto, che lui stesso annunciava (At 17,23). L’apostolo ha riconosciuto la presenza di una verità tra i pagani, necessaria per avviare un dialogo. Forse i nostri fedeli avrebbero detto all’Apostolo Paolo: «Come può essere? Comunicare con i pagani e ammettere inoltre che hanno un altare sul quale adorano lo stesso Dio che noi adoriamo?». La Chiesa sin dall’inizio ha infatti combattuto contro tutte le eresie, le divisioni, e lo stesso apostolo Paolo, nella sua lettera ai Corinzi, afferma la necessità di preservare l’unità. La Chiesa, tuttavia, ha sempre portato una testimonianza apostolica in tutto il mondo.

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Cosa accadrà se il Cristianesimo sarà completamente sradicato dall’Europa? La scristianizzazione dell’Europa è pericolosa, non solo in termini di discriminazione nei confronti dei Cristiani, ma anche da un punto di vista spirituale e culturale. L’Europa sarà completamente diversa se il Cristianesimo sarà tolto dalla vita pubblica degli europei. Lo sfaldamento delle basi cristiane della civiltà europea e la marcia trionfale dell’ideologia secolare hanno provocato eventi vergognosi, che non minacciano solo la morale e il benessere, ma anche l’esistenza stessa del continente europeo. Il Cristianesimo è caduto nel mirino della lotta per l’egemonia nella vita pubblica. Oggi, ai Cristiani è negato il diritto di parlare pubblicamente delle proprie idee religiose. La religione viene dichiarata materia privata e ogni manifestazione pubblica del credo professato, nel migliore dei casi non è approvata, nel peggiore dei casi, viene censurata e punita, come è accaduto nel Regno Unito, quando a un’infermiera è stato chiesto di dimettersi, poiché portava il crocifisso. In tali circostanze, la lotta dichiarata per la parità dei diritti estesa a tutti i membri della società si traduce, in realtà, nella violazione dei diritti dei credenti di vivere secondo le proprie attitudini morali e tradizioni religiose, di educare i bambini alla fede, di esprimere la propria opinione su certi processi sociali e fenomeni in base alle credenze religiose. Chi si oppone a tutto ciò viene licenziato dal lavoro, diviene vittima di molestie da parte delle autorità statali. Esempi di tali manifestazioni del secolarismo militante sono noti e, purtroppo, sono all’ordine del giorno. L’esclusione della fede dallo spazio pubblico porta alla marginalizzazione della religione, all’isolamento dei fedeli in una sorta di ghetto sociale. Alle persone viene imposta l’idea della Chiesa come rifugio per bigotti e ultraconservatori, incapaci di spezzare i loro 141

“stereotipi di un pensiero medievale” e quindi inadatti ad accettare i nuovi valori europei. Tale atteggiamento verso la religione e la Chiesa, in particolare, impoverisce la società, la priva dei principi morali, il cui raggiungimento unisce l’uomo con il suo Creatore. L’esperienza della storia ci impone una semplice regola: non c’è benessere se questo è separato dai valori morali.

In che modo la Chiesa può aiutare i rifugiati in Europa? Non si tratta solo di fornire assistenza e sostegno, ma anche di eliminare la ragione che ha portato a un enorme afflusso di profughi nei paesi europei. Questa ragione, ovviamente, sta nella destabilizzazione della situazione politica in Medio Oriente. Tutti gli sforzi dovrebbero quindi essere finalizzati a eliminare, il prima possibile, i conflitti esistenti. E ancora una volta, voglio dire che, perché questo avvenga è necessario un lavoro coordinato di tutte le parti interessate: Stati Uniti, Russia, Unione europea e Paesi arabi. Non possiamo avere diverse coalizioni che perseguono obiettivi diversi talvolta, addirittura, contrari l’uno all’altro. È necessario fissare tutti insieme un obiettivo comune e raggiungerlo. Se così fosse e se i paesi che oggi sono preoccupati dalla diffusione del terrorismo dessero a tale fenomeno una risposta comune, ciò porterebbe sicuramente alla stabilizzazione della situazione in Medio Oriente, ponendo fine così al flusso dei rifugiati. E sono sicuro che molti rifugiati potrebbero anche lasciare l’Europa. Questa, credo, sia l’unica via realistica da perseguire per affrontare il problema dei rifugiati.

Cattolicesimo e Protestantesimo hanno uno sfondo culturale comune, ma tra di loro ci sono importanti dif142

ferenze dogmatiche, mentre l’Ortodossia e il Cattolicesimo, caratterizzati da culture molto diverse, nel primo millennio, tuttavia, hanno vissuto la completa unità della fede e della vita sacramentale. In quali aree è possibile arricchire reciprocamente l’Ortodossia e il Cattolicesimo? Da un lato, diciamo che per mille anni siamo appartenuti alla stessa Chiesa e abbiamo quindi una storia, una Tradizione con la T maiuscola, che esisteva già e che si è formata durante questi mille anni. Questa è una dichiarazione importante, che indica l’esistenza di alcune fonti comuni e, inoltre, una vita millenaria congiunta. D’altra parte, però, parliamo anche onestamente di divisioni e divergenze. Siamo ancora divisi nella comprensione della Santissima Trinità. Sì, questa scissione è avvenuta nel passato, ma noi rimaniamo sulle posizioni in cui stavano i nostri Padri, testimoni del momento in cui si è manifestata la divisione tra Oriente e Occidente. Abbiamo ancora delle differenze teologiche, alcune significative, e anche una differente struttura canonica. Purtroppo, sorgono ancora conflitti in alcune regioni: non è un mistero il fenomeno sgradevole del proselitismo, quando i fratelli Cattolici, con tutte le forze, cercano di convertire gli Ortodossi alla loro fede. Questi momenti oscurano le relazioni, ma sullo sfondo di questi problemi aumenta la consapevolezza di un approccio comune alle questioni globali, che oggi l’umanità deve affrontare. E questo è molto importante. Non siamo inclini a minimizzare le differenze esistenti, ma allo stesso tempo comprendiamo che abbiamo il potenziale per poter cooperare e per risolvere molti dei problemi che oggi turbano l’umanità. Quando la Chiesa Ortodossa nelle assemblee delle Nazioni Unite, dell’Unione europea, del Consiglio d’Europa prende posizione, la sua voce viene percepita come la voce d’Oriente. Quando invece ci mettiamo 143

d’accordo e parliamo insieme con la Chiesa Cattolica, ecco che per la società laica esiste una prova seria del fatto che i Cristiani d’Oriente e d’Occidente hanno un punto di vista comune su l’uno o l’altro problema. Penso che dovremmo conservare questa comprensione comune dei problemi e sviluppare congiuntamente una testimonianza comune dei valori cristiani di fronte alle società laica moderna. Personalmente ho avuto occasione di partecipare a numerosi incontri e scambi bilaterali che la gerarchia ortodossa e quella cattolica organizzano da decenni. Valutiamo l’esperienza acquisita un fatto senza precedenti, se consideriamo la storia della divisione del Cristianesimo orientale e occidentale.

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IL DIALOGO CON I PROTESTANTI

Una parte significativa delle comunità protestanti consente i matrimoni omosessuali, l’aborto e l’eutanasia. Il dialogo e la cooperazione con le comunità protestanti è più difficile? Purtroppo, nel preservare l’eredità cristiana e proteggere i valori tradizionali cristiani, la Chiesa russa trova sempre meno alleati nell’ambiente protestante occidentale. Nel campo della teologia, dell’ecclesiologia e dell’insegnamento morale, molte comunità protestanti sono vicine all’ideologia secolare. Alcune hanno legittimato la benedizione delle “unioni dello stesso sesso” e l’ordinazione di individui che dichiarano apertamente il loro orientamento sessuale non convenzionale. Il nostro dovere è quello di testimoniare, nello spirito dell’amore cristiano, ai Protestanti la tradizione ortodossa e le regole apostoliche per l’organizzazione della vita ecclesiastica. Preservando con cautela la Sacra Tradizione, siamo aperti al dialogo, ma osserviamo come, quelle comunità che abbracciano inaccettabili innovazioni per la Chiesa, si stiano allontanando da noi.

Quali difficoltà deve affrontare la Chiesa Ortodossa russa nel dialogo con i Protestanti? Il problema è la rapida liberalizzazione del mondo protestante. Ahimè, molte comunità protestanti non stanno mantenendo i valori cristiani nella società, ma preferiscono adeguarsi agli standard di essa. La libe145

ralizzazione delle norme morali si è palesata con chiarezza quando, in particolare, è stata decisa la benedizione delle cosiddette “unioni omosessuali” e l’ordinazione di pastori e vescovi omosessuali dichiarati. Per questo motivo abbiamo dovuto interrompere i rapporti con la Chiesa episcopale degli Stati Uniti e con la Chiesa luterana della Svezia. Ciò che è accaduto ha rivelato con chiarezza la differenza fondamentale tra l’Ortodossia e il Protestantesimo, mettendo in evidenza il problema principale che ne è alla base: l’Ortodossia conserva la fede e la tradizione e la successione apostolica della Chiesa, e considera che il suo compito sia il continuo aggiornamento delle regole per una migliore pastorale parrocchiale e missionaria. I Protestanti, invece, al fine di risolvere tali questioni, attuano uno sviluppo teologico che porta a riformulare completamente queste regole. È ovvio, che la ricerca di un accordo, come è stato, ad esempio, in relazione al battesimo, all’eucaristia e al ministero (sacerdotale) nel quadro del dialogo multilaterale, avviato a suo tempo dal Consiglio Mondiale delle Chiese, diventa in tal modo privo di significato, perché qualsiasi intesa potrebbe essere minacciata o distrutta da una nuova prospettiva o reinterpretazione. Ne consegue che, nel dialogo con i nostri partner protestanti, è importante cercare di scoprire se ci sia la possibilità di superare le differenze fondamentali tra Ortodossia e Protestantesimo. Se questo oggi appare impossibile, ci sono, tuttavia, molte altre questioni importanti che non hanno alcuna relazione diretta con la realizzazione dell’unità nella fede e della struttura della chiesa, che invece hanno molta importanza nell’ambito della cooperazione per l’ottenimento della pace, della giustizia e della salvaguardia del Creato, come pure per la soluzione di altri problemi, che richiedono la collaborazione di persone che credono nella Santa Trinità.

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Qual è la prospettiva del movimento ecumenico nella moderna società cristiana? L’ecumenismo è un concetto protestante, lo utilizziamo solo come termine tecnico. In realtà, stiamo parlando della cooperazione inter-cristiana. Per quanto riguarda l’interazione pratica con tutte le differenze teologiche, abbiamo, direi, una buona esperienza nel lavorare insieme in varie direzioni. Oggi, in particolare, si sta affermando un dialogo serio sull’interazione tra le Chiese ortodosse, la Chiesa cattolica e le Chiese protestanti nel fornire assistenza umanitaria in Siria. Penso che la cooperazione degli ortodossi con i protestanti e i cattolici, nell’ambito umanitario, sia un fatto molto positivo e debba svilupparsi. Contemporaneamente, poiché lo spazio del dialogo teologico si è ridotto drasticamente e abbiamo perso la prospettiva di raggiungere un accordo nel campo della teologia, credo che ci siano altre aree importanti, come il dialogo culturale, dove è possibile agire. Le religioni hanno sempre avuto un ruolo considerevole nella cultura e oggi il dialogo culturale, attraverso le organizzazioni religiose, attraverso le chiese, potrebbe aiutare a stabilire una maggiore comprensione reciproca tra le persone. Vedo quindi che c’è uno spazio per azioni congiunte nel campo umanitario e culturale.

Perché la Chiesa Ortodossa ha ancora così tante divergenze con i Protestanti? Una volta ho incontrato un leader ecumenico molto responsabile. Ho cominciato a parlargli osservando che quello che sta accadendo nel Protestantesimo allontana sempre di più sia Protestanti, sia Ortodossi che Cattolici, aumenta in tal modo il divario interno nel mondo cristiano, e ho fatto presente che, se continuerà a crescere tale divario, sarà difficile per noi man147 .

tenere i valori cristiani. Le sue parole mi hanno sorpreso ma, contemporaneamente, mi ha aiutato a capire quanto sia profonda questa crisi del Cristianesimo. Mi ha risposto, con calma: «Beh, cosa c’è di tanto speciale? Abbiamo atteggiamenti diversi rispetto al problema del Medio Oriente; abbiamo un approccio diverso nei confronti della crisi economica, che c’è di strano ad avere atteggiamenti diversi anche rispetto all’omosessualità!». Se non possiamo cambiare la situazione attraverso il dialogo interno, tra il mondo ortodosso e il mondo protestante, allora vedo una prospettiva molto triste: ci sarà un ulteriore allontanamento del mondo protestante dall’Ortodossia e, di conseguenza, il generale indebolimento della testimonianza cristiana. Per questo motivo la Chiesa Ortodossa si trova di fronte a una grande sfida: testimoniare la purezza della tradizione apostolica, la purezza della fede, anche nei confronti dei Cristiani non ortodossi. Va notato che non siamo soli nella nostra preoccupazione per la conservazione dei valori cristiani. Le tendenze liberali nelle comunità protestanti sono una sfida non solo per gli Ortodossi ed i Cattolici, ma anche per quei Protestanti che cercano di rimanere fedeli ai principi morali evangelici.

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IL TERRORISMO E LA PERSECUZIONE DEI CRISTIANI

Perché il tema della persecuzione contro i Cristiani è diventato così rilevante nel XXI secolo? La Chiesa Ortodossa russa è preoccupata non solo dalle questioni dottrinali. È molto preoccupata per quello che accade nel mondo e per alcuni problemi che non possono essere affrontati da soli. Il problema attuale più terribile è, probabilmente, la persecuzione dei Cristiani. Mi chiedo perché, fino a poco tempo fa, questo dramma non abbia provocato una risposta decisa. Oggi, i Cristiani sono stati colpiti da persecuzioni così gravi da non avere mai avuto precedenti né nell’Impero Romano e neppure nell’Unione Sovietica. Nonostante ciò noi continuiamo a vivere come se nulla fosse – poiché non siamo perseguitati. In Iraq prima c’erano 1,5 milioni di Cristiani – oggi sono rimasti 150 mila; in Siria da 1,5 milioni ne sono rimasti circa 500 mila. Dove sono le restanti centinaia di migliaia? Vengono distrutti chiese, città e insediamenti, e tutto questo sta accadendo sotto i nostri occhi… Che cosa sta succedendo oggi in Siria, in Iraq? In Nigeria, i radicali-fondamentalisti agiscono facendo atrocità, uccidendo i Cristiani, sterminando interi villaggi. La stessa cosa succede in Pakistan, in Afghanistan, senza che ci sia alcuna difesa. Una persona viene uccisa solo perché va in chiesa la domenica e nessuno la protegge.

Quale aiuto può dare la Chiesa nella lotta contro il terrorismo? 149

Gli organizzatori degli atti terroristici si appellano ai sentimenti religiosi dei Musulmani scandalizzati dal fatto che a livello mondiale venga imposto uno stile di vita senza Dio. Collegano la diffusione dell’ateismo e del laicismo ai Cristiani. Ci incolpano, perché pensano, che questa società moderna senza Dio, sia il frutto della civiltà cristiana: perciò tra i Musulmani si diffonde un’immagine distorta del Cristianesimo. Il compito della Chiesa, come quello di altre organizzazioni religiose, è di educare il popolo alla tradizione religiosa in modo tale che mai, in nessuna circostanza, le forze impegnate politicamente possano usare la religione per indurre la gente a commettere crimini gravi, in nome di Dio. Naturalmente, ciò che sta accadendo oggi è un terribile esempio di come un credo religioso possa essere usato per scopi totalmente sbagliati. La fede non è un argomento facile e i sentimenti religiosi sono i più forti. Quando il conflitto è iniziato in Cecenia, il mio predecessore, il beato Patriarca Aleksej e il Mufti di Cecenia hanno firmato una dichiarazione molto importante nella quale si diceva che quella non era una guerra di religione. Forse a molti è sfuggito, ma non è certamente sfuggito ai credenti. Volevano dichiarare la jihad, la guerra santa, una guerra di fede, e anche i nostri cosacchi dicevano, combattiamo per i nostri Musulmani. E chissà dove saremmo arrivati se il fattore religioso fosse stato utilizzato nel conflitto che, come si sa, non aveva alcuna relazione con la religione. La partecipazione dell’Occidente ad alcune operazioni militari sul territorio degli stati musulmani viene percepita come una crociata. Per dissipare questi pregiudizi, queste opinioni errate, occorre un contatto diretto con l’élite spirituale musulmana, con i pensatori musulmani. È necessario che capiscano come il Cristianesimo sia stato la prima vittima del secolarismo. È ovvio che con i terroristi è impossibile qualsiasi tipo di dialogo ed esortazione verbale, bisogna usare 150

la forza. Sono i terroristi che distruggono gli insediamenti cristiani, espellono le persone dal loro luogo di residenza, devastano chiese, monasteri, distruggono luoghi sacri e i beni storici. Dal momento che agiscono in modo violento, la risposta a queste azioni da parte di tutti coloro che sono interessati alla conservazione, non solo della presenza cristiana, ma anche, in generale, del mondo esistente in queste aree, dovrebbe avvenire anche attraverso l’uso della forza.

Da un punto di vista religioso, come possiamo spiegare i processi che si stanno svolgendo oggi in Medio Oriente? Il Medio Oriente è la culla del Cristianesimo, la culla della cultura cristiana. E così l’uccisione dei Cristiani e la loro espulsione dalla regione non rappresenta solo un crimine contro la fede, contro i diritti umani e delle libertà, ma anche una catastrofe della civiltà, perché con la scomparsa di tutta la popolazione cristiana cambierà molto in questi Stati. Se prima i governanti di questi stati, inclusi i sovrani secolari, erano costretti a prendere in considerazione la presenza dei Cristiani e costruire le loro politiche interne in modo tale da rispettare l’equilibrio, in un futuro prossimo non ci sarà nessun equilibrio da considerare. E non si sa cosa può accadere con il resto della popolazione cristiana in questi paesi. È importante che lo spargimento di sangue si fermi del tutto. Voglio che questo sia molto chiaro. Riguarda tutti coloro che soffrono. Non si tratta della scomparsa dell’Islam in questi paesi. Il vero problema è invece lo sterminio dei cristiani.

Il mondo è scosso dalle guerre che insanguinano il Medio Oriente. Quale contributo può dare la Chiesa per aiutare le persone di questa regione? 151

Vediamo come il mondo stia cambiando rapidamente e quanto gravi siano le persecuzioni che oggi vengono inflitte ai Cristiani in diverse regioni. «Cosa possiamo fare per salvare la Chiesa dalle nuove ferite?». Questo è uno dei problemi più urgenti che oggi dobbiamo affrontare. Le guerre e le turbolenze del Medio Oriente hanno colpito molte persone. I Cristiani che vivono in quei luoghi, non solo condividono questi disastri con il resto del popolo, ma vengono anche sottoposti a persecuzioni mirate da parte dei terroristi. In Siria e in Iraq si versa ancora il sangue dei martiri; ci sono ancora seguaci di Satana, che coprendosi di slogan religiosi, stanno calpestando i santuari cristiani, distruggono le chiese, saccheggiano i monasteri, uccidono i civili o li cacciano via dai loro luoghi di residenza. Gli occhi di tutto il mondo vedono che si sta verificando una catastrofe umanitaria di proporzioni senza precedenti. Nella regione dalla quale il messaggio evangelico si è diffuso in tutto il mondo, il Cristianesimo oggi è a rischio di annientamento totale. Ciò che sta succedendo in Medio Oriente è una tragedia. Il Cristianesimo è nato lì, in Medio Oriente. E oggi, a seguito di azioni belliche e terroristiche, vediamo una drastica riduzione della popolazione cristiana. E si tratta di fare in modo che, grazie agli sforzi congiunti della Chiesa con tutte le persone che sono in grado di fare qualcosa di positivo, si riesca a fermare questo processo. Dobbiamo mantenere una presenza cristiana in Medio Oriente e nel Nord Africa. Dobbiamo fare di più. La situazione che si è creata oggi attorno alla comunità cristiana del Medio Oriente richiede, naturalmente, sforzi congiunti da parte di tutti coloro che sono pronti a proteggere i Cristiani. L’unica voce della Chiesa Ortodossa, fino a oggi l’unica, non deve essere messa a tacere. Insieme dobbiamo attirare l’attenzione di tutta la comunità mondiale sulla sofferenza e sul dolore dei nostri compagni 152

in Medio Oriente. Insieme dobbiamo riportare la pace, con sforzi comuni, sulla terra siriana, che ha sofferto a lungo, sulle terre dell’Iraq e della Libia.

In che modo le persone vengono attirate nei gruppi terroristici? Santità, perché, secondo Lei una persona normale e sana può diventare un terrorista? Soldi, droghe, alcune promesse – tutto questo è, per così dire, il fattore non idealistico, che funziona in pieno. E non bisogna idealizzare chiunque entri in questa comunità. Moltissimi sono guidati esclusivamente da interessi pragmatici: incassare, vincere, rubare, afferrare. Lo stesso uso del petrolio siriano indica pienamente la presenza di una sete di guadagno, di conquista. Ma ci sono persone oneste, o almeno quelle che si uniscono ai terroristi per motivi religiosi. Dobbiamo capire le ragioni che incoraggiano le persone oneste a diventare terroristi. Sono sicuro che ci sono, perché le persone rispondono alla chiamata degli estremisti il più delle volte nelle moschee, dopo la preghiera. Ma come si può influenzare una persona che ha appena pregato e perfino convincerla a prendere le armi? È necessario mettere in relazione i suoi sentimenti religiosi, la sua fede con argomenti molto specifici, tra cui, la partecipazione alle operazioni militari e a tutto ciò che accompagna le attività terroristiche. Ma di quali motivazioni si tratta, ci abbiamo mai pensato a questo? Forse verrà detto: «Diventi un combattente per il Califfato. E cos’è il Califfato? Una società in cui al centro della fede c’è Dio, dove dominano le leggi religiose. Stai creando una nuova civiltà in relazione a quella che oggi esiste nel mondo: odiosa, laica e anche radicale nel suo secolarismo». Pertanto, la sfida del terrorismo internazionale, dal quale abbiamo iniziato per compilare l’elenco delle 153

sfide comuni sulle quali le posizioni della Russia, degli Stati Uniti e delle regioni europee sono ancora molto vicine, dovrebbe essere considerata anche in relazione al problema della distruzione delle norme morali e dell’etica tradizionali. Queste sono sfide interrelate che minacciano l’umanità. E una domanda sorge spontanea: non è la sfida e la pratica dell’Islam radicale una risposta alle sfide del secolarismo radicale? L’attività estremista globale degli islamisti radicali è causata non solo da ragioni ideologiche, ma anche da molti politici, scienziati e da tutti coloro che studiano il problema del terrorismo moderno. Del resto una delle cause del reclutamento di persone oneste è, senza dubbio, il riferimento alla civiltà occidentale indottrinata e disumanizzata. Un onesto musulmano non potrebbe essere tentato da nient’altro di meglio che la chiamata alla lotta contro la “civiltà diabolica”. Pertanto è necessario prendere in considerazione entrambi questi fenomeni, sia il terrorismo come metodo totalmente inaccettabile per portare enormi sofferenze a persone innocenti, che il secolarismo radicale che esclude qualsiasi altro punto di vista e suggerisce che il mondo intero debba essere costruito sul modello definito dalle élite di alcuni paesi. Oggi ci accorgiamo che questa civiltà senza Dio calpesta veramente quei diritti umani che vengono considerati quasi un valore assoluto ma, che al contempo, proibiscono di indossare la croce. Da una parte è possibile organizzare parate delle minoranze sessuali e queste sono le benvenute! Al contrario un milione di dimostranti Cristiani francesi in difesa dei valori familiari vengono dispersi dalla polizia. Se un rapporto non tradizionale, come ci dice la Bibbia, è definito un peccato, e se a dirlo è un sacerdote o un pastore, non solo può perdere semplicemente l’opportunità di officiare, ma può andare anche in prigione. Potrei continuare a fornire alcuni esempi terribili di come questa civiltà empia stia avanzando. Ai giovani sedotti dagli estremisti è detto: «Guarda come costrui154

scono il mondo, il mondo diabolico! Mentre noi ti invitiamo a costruire la pace di Dio!». I ragazzi rispondono a questo appello e per raggiungere questo scopo danno la loro vita. Per riuscire nel loro intento criminale poi usano droghe e altro ma, per prima cosa vengono incitati a combattere, mostrando loro chiaramente il nemico. Tutto quello che fanno è indicare l’indirizzo specifico e precisare perché quelle o quell’altre persone sono nemici per te e, forse, anche per l’intera razza umana. Pertanto, è necessario unirsi non sulla base della lotta contro il terrorismo. È necessario sostituire la libertà umana con la responsabilità morale. È necessario consentire a ogni persona di vivere secondo la legge di Dio. Non limitare la manifestazione dei sentimenti religiosi e, allo stesso tempo, non limitare la libertà di scelta dell’uomo. Se riusciremo a collegare tutti questi tasselli, costruiremo una civiltà viva. Ma se falliamo, siamo condannati a una lotta e a una sofferenza duratura. Non si può, tirando la corda, facendo vincere un modello piuttosto che un altro, creando alcune forme artificiali di comunità umana che non corrispondono né alla natura morale né al sentimento religioso, cercare di costruire il futuro. E se l’umanità raggiunge il consenso morale, se questo consenso morale può essere incorporato in qualche modo nel diritto internazionale, nella legislazione, allora c’è la possibilità di costruire un sistema di civiltà globale equo. Pertanto, lo “stato islamico” non è un fenomeno religioso. La religione, specialmente nel primo millennio e per la maggior parte del secondo, è rimasta, nel linguaggio secolare, l’unica ideologia. Non vi era altro. Per spingere le persone alla lotta, soprattutto armata, nel passato, come ora, era necessario usare idee che catturassero il cuore. E la religione è sempre presente nel cuore di una persona veramente credente. Prendiamo le Crociate. È chiaro che i cavalieri, vestiti con armature, non sarebbero mai andati a con155

quistare le terre d’Oriente, lasciando le mogli e i figli, se non ci fosse stato un motivo religioso potente, un certo impegno religioso. Fu detto loro: «Ascoltate, ci sono in quei luoghi gli infedeli, hanno occupato la Terra Santa: osereste restare immobili quando la Tomba del Signore sarà calpestata?». E la gente ha acquistato l’armatura, il cavallo e si è messa in marcia, e solo allora, armata di tutto punto, una volta raggiunto l’obiettivo, è stato loro proposto di fare qualcosa che non aveva nulla a che fare col proteggere i luoghi santi. La Quarta crociata, per esempio, con la sconfitta schiacciante di Costantinopoli, cristiana ortodossa. Quali saraceni? Non erano neppure lì. Questo significa che il fattore religioso, che può mobilitare le persone per un’impresa, è stato usato per raggiungere obiettivi politici molto specifici. Esattamente lo stesso accade con l’ISIS. Le persone sono costrette a credere che la lotta armata apra loro le porte del paradiso. Una parte della gente – certamente non illuminata in senso religioso – può essere soggetta a crederci. Ecco perché diciamo che ogni estremismo alimentato da una motivazione religiosa si basa sull’analfabetismo. In risposta alla domanda su cosa fare, spesso diciamo che dobbiamo insegnare le basi della religione a scuola, in modo che i figli sappiano. Non si tratta del desiderio di convertire tutti, ma è necessario dare al bambino almeno un’idea di ciò che è, per esempio, l’Ortodossia, in modo tale che non appaiano degli estremisti, che, presumibilmente in nome della fede ortodossa, spingano le persone a lotte intestine. Tuttavia ci sono alcuni che affermano che noi dobbiamo difenderci dai Musulmani. Come può la religione di per sé, come può il Vangelo di per sé chiedere lo sterminio delle persone, spingendo qualcuno a uccidere? Tuttavia il Vangelo è stato usato anche per tali scopi, come lo sono oggi usati i testi musulmani. Evitiamo di dire “estremismo religioso”. L’estremismo religioso per definizione non può esserci, perché 156

Dio ci chiama tutti a un comportamento nel quale l’estremismo è impossibile. L’estremismo è un tentativo di raggiungere i propri obiettivi a spese degli altri… Questa non è la legge di Dio, è tutta colpa del diavolo, perché questo tipo di posizione genera inimicizia e odio. E dove c’è Dio, non possono esserci né odio, né inimicizia. Pertanto, ovviamente, è necessario che tutti insieme combattiamo coloro che usano la religione per suscitare conflitti interreligiosi e ancor più per seminare morte, far esplodere bombe, uccidere persone.

Come fermare la persecuzione dei Cristiani in Oriente? L’esodo su larga scala dei Cristiani dalla regione, insieme alla rapida diffusione dell’estremismo e del terrorismo, ci sembra un fattore che destabilizza la situazione in Medio Oriente. La scomparsa della popolazione cristiana rompe l’equilibrio e causa l’estremismo islamico, perché si tratta una società multi-religiosa che è esistita lì da secoli ed è ora diventata monoreligiosa. Inoltre, questa monoreligiosità si sviluppa sull’onda dell’intolleranza verso le altre religioni. Cosa sta aspettando queste società? Come possiamo sviluppare relazioni con paesi e società che sono emerse sulla scia di una tale terribile intolleranza? Tali questioni non sono collegate solo al tema della soluzione della situazione politica in Medio Oriente, ma hanno una portata globale. Pertanto, ci sembra che siano necessari sforzi straordinari per risolvere il problema del Medio Oriente e del Nord Africa, compresa la soluzione del problema che ho appena menzionato. I fanatici sono di fatto atei. Anche quando fanno riferimento alla loro appartenenza di fede e anche se compiono persino dei riti di tipo religioso, tuttavia, in base alle loro convinzioni e alle loro opinioni, sono persone che negano la volontà e la pace di Dio. Per 157

creare una comunità terroristica, la gente ha bisogno di ispirare l’odio e l’odio non proviene da Dio, ma da un’altra fonte. Pertanto, quando parliamo del cosiddetto fanatismo religioso, dell’estremismo e del terrorismo, stiamo parlando di un fenomeno associato al rifiuto di una persona di essere credente e di essere unita con Dio. Forse la lotta contro il terrorismo in qualche modo può riconciliare alcune forze per risolvere tatticamente dei problemi comuni, ma non può mai unire. Abbiamo bisogno di un programma positivo. Abbiamo bisogno di un sistema di valori che unisca le persone.

Oggi assistiamo a una forte esplosione di violenza e in molti parlano della Terza Guerra Mondiale a pezzetti. Qual è il compito della Chiesa, in questa situazione? Qual è il compito dei Cristiani nella promozione della pace? Prima di tutto, una preghiera sincera al Creatore del mondo. «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). Sappiamo bene che la preghiera è l’arma principale di un cristiano. In risposta a una sincera preghiera basata sulla fede, il Signore compie miracoli, che vanno oltre i limiti della logica ordinaria e delle leggi politiche. «La fede senza le opere è morta» (Gc 2,20) e ogni preghiera deve essere sostenuta dall’azione. Cacciamole dai nostri cuori, dalle nostre famiglie, dalla comunità e lo scontro non avverrà. La scelta a favore della verità, dell’amore e della misericordia è la via più breve per stabilire la pace. Niente di più che il preoccuparsi solo del proprio benessere, della soddisfazione delle proprie passioni, della crescita sfrenata del consumo avvicina la persona e l’umanità intera ai conflitti. Nel lasciarsi prendere da queste passioni, stiamo già perdendo la battaglia contro il nemico del genere umano. 158

Il Cristianesimo non è solo nelle parole, ma nella presenza di Dio nelle nostre azioni. Pertanto, il compito principale dei Cristiani è quello di essere fedeli a Cristo. Le parole di un Santo russo, venerato in tutto il mondo cristiano – San Serafino di Sarov – sono una massima geniale della vita cristiana: «Acquisisci lo spirito di pace e migliaia intorno saranno salvati». Questa è la nostra risposta pacifista. Il Cristianesimo rende una persona libera dalla paura, inclusa quella della sofferenza e persino quella della morte. È fondamentale rimanere con Cristo nella preghiera e nell’amore. In tal modo le circostanze, anche le più difficili, non potranno distoglierci dalla via della salvezza, che stiamo percorrendo nel nostro cammino terreno.

Quali sfide deve affrontare il popolo russo? Sappiamo che il percorso storico del nostro popolo è stato particolarmente difficile. Sia le guerre che altre gravi circostanze hanno accompagnato la vita delle generazioni passate. Tuttavia, per grazia di Dio, tutto è stato superato con l’aiuto del potere dello Spirito, un potere plasmato nella fede ortodossa, educato da eccellenti esempi del passato che, purtroppo, molti dei nostri contemporanei non conoscono, anche se nella memoria genetica del nostro popolo si custodisce tutto ciò che ci è stato tramandato dai nostri grandi antenati. Chiediamo quindi ai grandi Santi che Dio non abbandoni il nostro popolo, conservi l’unità della Santa Russia, la nostra gente nel potere spirituale, che questa forza non venga meno nelle nuove e future generazioni che, senza dubbio, saranno poste di fronte a enormi e gravi sfide – è in questo modo che si sta sviluppando la civiltà umana.

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INDICE

Il Patriarca Kirill di Francesco Bigazzi

5

La Chiesa Ortodossa russa ieri e oggi

11

Chiesa e società

21

Sfide moderne della società

37

La globalizzazione

75

Misericordia

85

La Misericordia e la giustizia terrena

99

La situazione in Ucraina

109

L’Ortodossia in Cina

121

Il Concilio di Creta

125

Uno storico incontro

129

Cooperazione ortodosso-cattolica

135

Il dialogo con i Protestanti

145

Il terrorismo e la persecuzione dei Cristiani

149

F INITO

DI STAMPARE IN

F IRENZE

PRESSO LA TIPOGRAFIA EDITRICE NEL MESE DI FEBBRAIO

P OLISTAMPA

2019