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Italian Pages 294 [296] Year 2017
la
Grande Guerra AL CINEMA
«I ilm che ricostruiscono la storia passata (...] sono in teressanti soprattutto perché, in trasparenza, parlano della realtà contemporanea, respirano dibattiti politici e ideologici ancora in atto Sono come orologi che esibiscono una doppia temporalità: una temporaità apparente, un movimento antiorario e un movimento reale sintonizzato sul presente, sulla evoluzione della ri cerca storiografica et al tempo stesso, sulla modificazk.nu dei comportali lenti intellettuali in rapporto alle tra sformazioni sociali (Gian Piero Brunetta) Sono quasi duecento i film italiani che, nell’ultimo se colo, hanno raccontato la Grande Guerra; ognuno ha mostrato vicende e questioni diverse di questo impor tante evento della storia mondiale. Il saggio ci guida in un viaggio nel cinema utilizzando duo canali: l'analisi de film e l’operato della censura. Dalla ricerca emer gono continuità e discontinuità, topoi ricorrenti e rivo luzionarie innovazioni nel racconto filmico della guerra. A corredare il volume troviamo una ricca filmografia sul tema e alcune schede di approfondimento sulle più im pelanti pellicole estere.
ENRICO GAUDENZI è docente di scuola superiore e colabora con l’università di Bologna come cultore In Storie e Media. Ha conseguito un Dottorato di Ricerca presso le Uni versità di Siena e di Paris Nanterre. Si è occupato del rior dino di fascicoli filmici 1046 1966 presso l‘Archivio Centrale deio Stato. Ha pubblicato, con Giorgio Sargiorgi, La prima guerra mondiale nel cinema italiano. Filmografìa 1915-2013 (Ungo, 2014).
ISBN 970-88 491-5557-0
€ 24.00 wwv, duet
la
Grande guerra AL CINEMA Tra narrazioni e censure
Enrico Gaudenzi
CLUEB
Passato Futuro Collana diretta da
Patrizia Dogliani
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La collana accoglie ricerche monografiche ed opere collettive c ripro pone testi considerati classici nel dibattito e nella metodologia storio grafica. Valorizza la ricerca di giovani storici e ospita opere prime. Una particolare attenzione viere qui prestata ad alcuni periodi e temi della storia sociale, culturale e politica italiana: al fascismo, alle guerre, ai dopoguerra, alle trasformazioni del mondo contadino e ai processi di urbanizzazione, ai cambiamenti nelle identità, nelle mentalità e nega zione di ceti sociali e di generazioni. Passato Fttluro si apre all'apporto delle scienze sociali, della demografìa e dell'antropologia storica e non trascura di confrontarsi, ospitando opere di storia comparata, con altre realtà ed istituzioni nazionali, in particolare europee. Una sezione della collana è infine dedicata all'analisi di fonti archivistiche, bibliografìc’ie e foto-cinematografiche per lo studio della società contemporanea.
Questo volume ha ricevuto una prima lettura e un giudizio in qualità di referees da Alessandro Faccioli (Università degli Studi di Padova) e da Stefano Pisu (Univer sità degli Studi di Cagliari).
Enrico Gaudenzi
La Grande Guerra al cinema Tra narrazioni e censure
CLLLEB
©201", Clueb, casa editrice. Bologna
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Progetto grafico di copertina di Orlano Sportelli (www.srodiunegMiivu.cum)
CLUEB 978-88-491-5557-0 wwwxlueb.it
Finito di stampare nel mese di novembre 2017
da Studio Rabbi - Bologna
INDICE
Introduzione............... -...........................................................................
Il
Capitolo I - Italia 19141918................................................................... 17 Cinema italiano 1914-1918............................. -........................................ 20 1. Consenso (disorganizzato? L'(in)attività dello Stato in ambito cine matografico ......................................... 22 1. L La guerra al cinema? La macchina statale di fronte alla violenza bel lica sul grande schermo................................................................................................... 28
La settima arte prima del conflitto....................................................... 2.1. I film bellici italiani prodotti e distribuiti tra il 1914 c il 23 maggio 1915...................................................................................... 34 2.2. Un film di svolta La legione della morte.................................... 3 1 film di guerra 15-18: un corpus da definire....................................... 3.1. Un’analisi tematica............................ ........................... 3.2. Giocare alla guerra. L’infanzia c il primo conflitto mondiale....... 3.3. Morire dal ridere........................................................................ 3.4. Donne................................................ Focus: Il cinemafrancese e statunitense durante la Grande Guerra.........
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Capitolo 2 - Il cinema del dopoguerra, tra state liberale efascismo........ Cinema italiano 1919-1940................................................................. 1. Un primo cambio di passo............................................ :...................
61 63 63
La preoccupaci or e del mercato.............................................................................
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1.2. Tra censura e finanziamenti........................................................ 1.3. La revisione cinematografica...................................................... 1.4. Dal laissez-faire il protezionismo............................................... 2. Lo Zar ed il suo regno................................. 3. I film sulla guerra..................................... -........... 3.1. Il dopoguerra liberale......................... 3.2. Il nostro Jaccuse: L uomo che vide la morte........................... Fscus: // cinema delie rovine.............................................................. 3,3. 11 dopoguerra fascista............................................................ Facus: // cinema pacifista degli anni Trenta.............................................
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LI.
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6 3.4. Il cinema sonoro.... .................................................................... 3.5.1 film chiave................................................................ .............. Focus: La^randfi ì/lurion..................... 4. Le reazioni dello Stato tra censure c premi......................................... 4.1 . La censura statale... ................................................................... 4.2 , Le sale cattoliche e il Centro Cattolico Cinematografico............ 4.3 .1 premi.................... 5. Cinema e storia?................................................................................
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Capi tolo 3 - Tra continuità e discontinuità..................... 125 Cinema italiano 1949-1959....................................................................... 127 I. Il neorealismo.................................................................................... 127 1.1,11 cinema di genere....................................................... ................ 128 2. La legislazione................................................................................... 130 2.1. La censura.................. ............................................................... 130 2.2. Il mercato cinematografico: un'apertura ampia ma limitata......... 133 2.3. Un uomo, un ufficio, un’epoca: Giulio Andreotti e il sottosegretaria to per lo spcKaculu............................... ................................. 135 3. 1 film sulla guerra........... ................................... 137 Focus: Le diable au corps...................................... ................................. 138 3.1. Analisi tematica......................................... 141 3.2, Continuità con (’anteguerra: Il caimano del Piave e i suoi fratelli... 146 3.3. Cinema patriottico-irrcdentista: anatomia di tn genere?............. 148 4. L’htervento dello Stato (e sullo Stato)............................................... 149 4.1. La cenuro definitiva sui film italiani ed esteri............................. 151 5. Due film chiave. Addio alle armi e La grande guerra......................... 161 5.1. American way offilnn Selznick in Italia..................................... 162 5.2. Un nuovo modo di raccontare l’Italia: storia c commedia............ 170 Focus: Paths ofglory............................................................................... 183 6. Una storiografia che non cambia?....................................................... 192
Capitolo 4 - La Grande Guerra e la contemporaneità............................... Cinema italiano 1959-2015............................... I. Ed dell'oro......................................................................................... 1.1. La crisi................. ..................................................................... 2. La legislazione............. ..................................................................... 2 J. Un cambio epocale..................................................................... 2 ,2. Il cinema e i nuovi media........................................................... 3. Da Monìcel li a Cevoli:la prima guerra mondiale dai 1959 al 2015....... 3.1. 1 -a grande cesura... .................................................................... 3.2. La via della commedia............................................................... 3-3. Le nuove donne in guerra.............................................................. 3,4. Il vertice del visibile: Fraiilein Doktor e Uomini contro........... ...
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7 Focus: Cinema antimilitarista anglosassone: King and Country e Johnny got his gun.................................................................................... 225 3.5. Decenni di transizione................................................................ 227 3.6. La rivincita di Eros su Thanatos............................................ 229 3.7. Una guerra grottesca............................................................. 232 3.8. L'importanza de'le produzioni televisive....... .... ........................ 233 3.9. Il cinema contemporaneo e la prima guerra mondiale................. 242 Focus: // cinemafrancese contemporaneo......................................... 245 4. Il rapporto con la storiografia............................................................. 256 Conclusioni..................
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Appendice............................................................................................... Bibliografia................. «................................. Filmografia..................
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Debbe un uomo fare come gli arcieri prudenti, ai quali parendo il luogo, dove disegnano ferire, troppo lontano, e cognoscendo fino a quanto arriva la virtù del loro arco, pongono la mira assai più alta, che il luogo destinato, non per aggiugnere con la loro forza ofreccia a tanta altezza, ma per potere con lo aiuto di sì alta mira pervenire al disegno loro. Niccolò Maochiavclli, Il principe
La guerre de 1914 n "appartieni a personne, pas ménte aia historiens. Anloinc Prost e Jay Winter, Penser la Grande Guerre
INTRODUZIONE
Fer chi scrive, il cinema è staio, per buona parte del Novecento, il mezzo determinante per la diffusione di interpretazioni del passato. Cerne scrive Ferro:
«Tutto quanto ì stato filmato dall'inizio di fatto costituisce un archivio considerevole, depositato negli scaffali delle cineteche, delle televisioni, delle collezioni private, nella memoria della gente. Da molto temps i rap porti dei popoli con il loro passalo - la loro memoria - non sono molto
distinguibili dai rapporti con questo archivio [...]. Gli apparati che, oggi, hanno il privilegio di accedere a questo archivio, hanno contemporane amente la possibilità di intervenire in questo rapporto con il passato, di modificarlo1».
Tesi come queste venivano viste con sospetto da molti storie.. I motivi erano i più svariati. Senza voler entrare nel merito della questione mi ac contenterò di segnalare come una delle risposte più frequenti al problema sia stata la sua sistematica esclusione a vantaggio di altre manifestazioni dell’uso pubblico della storia, quali la monumentaiistica, la carta stampa ta, l’analisi delle ricostruzioni retoriche. Sono convinto che l’immagine che ogni comunità ha del proprio pas sato derivi da una combinazione di elementi. Tra questi ha un peso im portante il cinema, capace di organizzare e propagandare una chiave di lettura in grado di raccontare la storia di un paese in modo comprensibile e appassionante. Due sono i motivi che hanno accresciuto l’importanza di questo medium: gli scarsi livelli di lettura, anche di testi storiografici, e il sempre minor spazio riservato alla storia nelle scuole italiane sia nel percorso comune (i primi approcci al '900 si hanno in terza media), sia nelle scuole superiori (dove, con solo due ore a settimana, negli ultimi tre anni bisogna confrontarsi con la storia mondiale dell’ultimo millennio).
M. Ferro, Cinema e noria. Linee per una ricerca, Milano, Feltrinelli, 1979, p. 79.
12 È per questo motivo che gli storici hanno il dovere di studiare il modo in cui il cinema racconta il passato che loro indagano. L'importanza della comprensione cinematografica dei film a soggetto storico viene spiegata dagli autori di Tutto quello che sappiamo su Roma l abbiamo imparato a Hollywood che stigmatizzano coloro che affrontano in maniera inerme la rappresentazione fìlmica cella storia:
«Da una parte c’è chi nega con disprezzo ogni rilevanza culturale a ro manzi storici e film; alza le spalle ed esce di scena senza fretta, felice di raggiungere una turn's eburnea e da li contemplare con sovrano disprezzo (rea forse anche un po’ di invidia) i campielli altrui. Dall’altra chi, per mancanza di strumenti e preparazione, si beve i prodotti dell’industria cul turale senza alcun filtro di autentica comprensione2». Fino a pochi anni fa ero convinto che gli studiosi di cinema e storia fossero come quei parenti, un po' scapestrati, che si vedono solo ai ma trimoni, ogni volta con un’accompagnatrice diversa. Quelli che vengono indicati da alcuni con un certo disprezzo c da altri con una ben celata in vidia Fanno si parte della famiglia, ma non godono della stessa stima di chi studia la classe operaia o le élite. Negli ultimi anni la situazione i cam biata. Lo spazio (e la dignità) dedicati alla stcria culturale in Italia sono aumentati e con questi anche la considerazione di chi utilizza il cinema come fonte per interpretare il passato. Vari storici si sono avvicinati al ci nema, trovando una preziosa sponda in alcune riviste di settore. II segnale forse più importante del cambiamento in atto é la pubblicazione, da parte di Ribellino, di «Cinema e storia» dove, studiosi di discipline differenti, indagano un determinato momento storico secondo le proprie sensibilità, ma relazionandosi al cinema. In questo contesto ho psrò notato che una parte della ricerca italiana uti lizza solo raramente documentazioni esterne ai film stessi. Questo atteggia mento appare paradossale, pensando alle difficoltà superate dalla comunità sciencifiui per ottenere la «.uiibultazione di quei materiali che oggi vengono sistematicamente ignorati: i documenti della censura sono difficilmente ac cessibili, ma non segretati, liberamente consultabili sono i fondi della di visione cinema depositati presso ('Archivio Centrale dello Stato, le riviste specializzate contengono ina miniera di informazioni sul cinema a loro contemporaneo. Impossibile poi non citare la quantità enorme di materiali
:
L.c L. Cotta Ramosino, C. Dognini, Tùtto quello ette sappiamo su Roma l'abbiamo
imparato ad Hollywood, Milana Brano Mondadori, 2004. p. i.
13
(interviste, presentazioni, documenti) che s. possono reperire sia in rete sia nelle opere specializzate. Si può certo affermare che il problema attorno al quale si muove la ricerca contemporanea non sia la mancanza di fonti. L'ambizione di questo saggio è duplice: oltre ad indagare Involuzio ne dell’immagine cinematografica del primo conflitto mondiale in Italia, ho dedicato ampio spazio al ruolo che la censura ebbe nella creazione di quel l'immagine. Mancano, per scelta, i film dal vero. Questi titoli, per essere commentati in maniera esaustiva, richiedono conoscenze specifi che ed uno studio approfondito e sistematico dei materiali originali, già brillantemente svolto, per il caso italiano, da Sarah Pesenti Compagnoni al cui lavoro rimando1*. Le pellicole di fiction non sono state tutte analizzate. I riferimenti es senziali di ogni titolo si possono trovare nella filmografia al termine del volume4. Questa ricerca è frutto di un lungo lavoro di studio. Le fatiche iniziate con la tesi di Laurea Specialistica, sono proseguiti grazie alla fiducia ac cordatami dalla Scuola di dottorato in Scienze storiche in età contempora nea dell'Università degli studi dì Siena *. Questo volume è un adattamento e una riduzione di quelle ricerche. Primo tassello di questo studio è stata la creazione della filmografìa, re datta utilizzando la classificazione documentaria proposta da Bernardini * che riporto qui di seguito: I) Visione pellicola / fogli dei visti censura. Dati ufficiali. 2) Enti c commissioni ministeriali, Archivi S1AE, ANICA e AGIS. Fonti ufficiali autorizzate. 3) Riviste specializzate, di categoria o di produzione l distribuzione. Fonti d'epoca.
1
S. Pcscmi Cai ripugnimi t HW! La guerra separa, Ifilm girali alfrante tra doctimen-
lattone, Mlìiàespettacal^ Torino, Università degli studi di Torino - Facolti di lettere e
filosofiamoli
4
Mi permeilo di rimandare inoltre al volume, scritto insieme a Giorgie Sangiorgi,
ccntenentc una scheda con tulle le informazioni tecniche dei singoli tirali E. Gaudenzi e G.
S&ngiorgi, La prima guerra mondiate net cinema italiano. Fiimografia I9/5-2C13+ Raven
na, Longo. 2014, ’
E. Gaudenzi, tt cinemi italiano e francese suite prima guerra mondiale. Una filmo-
grafia documentata. I InSvcrsità degli studi di Siena, Daporlimcnio dì scienza politiche « inter
nazionali. Scuola di donorato in scienze storiche in età contemporanea, XX V ciclo, in colutela con Univcrstlc Paris Quest banlcrre La Defense, Écolcdcs arts et ck*s représcntat on.
*
A. Bernardini, fi cinema sonoro, Roma, Anica edizioni. 1993. p, VL
14 4i Repertori filmografia generali/particolari, pubblicazioni. Fonti successive sistematiche.
Le mie ricerche sono state quindi svolte, per quanto possibile, siti dati ufficiali. Gran parte di quelli relativi al cinema muto sono da considerarsi, ad oggi, dispersi (con la non trascurabile eccezione dei dati censori). Per una inventariazione dei film prodotti fino alla fine degli anni Venti sono dovuto ricorrere ad un incrocio di fonti d'epoca e successive / sistemati che. Una piccola parte del cinema prodotto tra il 1930 e il 1945 è presente nel fondo della direzione generale per il cinema presso il Ministero dei beni culturali. L’ufficio di classificazione continua ad operare e, in colla borazione con la banca dati Italiataglia, procede ad una sistematica digi talizzazione dei propri materiali (che oggi coprono il periodo 1914-2000). Partroppo i materiali giunti fino a noi, relativi al periodo 1913-1944, sono del tutto casuali. Dcpo il disastroso allegamento dei depositi di via del la Ferratella a Roma, in cui erano custoditi i documenti delia Direzione Generale della Cinematografìa, la possibilità di ricostruire su ampie basi documentali il cinema precedente al termine della seconda guerra mondia le pare molto difficoltosa.
Nota: ho deciso di non citare in calce al testo i dati di ogni film relativo al conflitto, reperibili nella fìmografìa. Questa scelta, se da un lato rende meno agevole il reperimento dei dati, permette una lettura più scorrevole del testo.
Ringraziamenti Il mio interesse per la prima guerra mondiale deve essere ascritto alla maestra Verdiana che per l'esame di quinta elementare mi convinse ad abbandonare i partigiani (ancora molto richiesti dagli alunni nella Roma gna orfana della guerra fredda) per i fanti de la prima guerra mondiale. In questo lungo percorso, un ruolo altrettante decisivo è da atlrituire a Peppone. In Don Camillo e l'Onorevole Peppone (un film del 1955 diretto da Carmine Gallone), il battagliero sindaco di Brescello ripudia il pro prio internazionalismo udendo La canzone del Piave. L'incomprensione di questa sequenza è probabilmente l'evento cinematografico alla base delle mie ricerche. Questo saggio non sarebbe nato senza la cortesia e le attenzion. che i professori Mariuccia Salvati e Barnaba Maj mi hanno dedicato durante gli studi all'università di Bologna. Impossibile nor. menzionare il seminario di Teoria della narrazione, momento formativo fondamentale per il sottoscritto e, credo, per tutti i partecipanti a quel progetto.
15 Alcuni debiti paiono diffìcilmente liquidabili in poche battute. La pro fessoressa Patrizia Dogliani ha, negli anni, prima incoraggiato, seguito e aiutato le mie ricerche. Da tutta Europa ha trovato il tempo per rassicu rarmi, scrivermi, commentare, consigliare e soprattutto correggere quanto scritto. Durante gli anni del dottorato ho avuto il piacere di collaborare con il professore Luigi Tomassini, e, in Francia, coi professori Laurent Véray e Laurence Schifano, capaci, con generosi suggerimenti, di far crescere e maturare il mio studio. A Siena ho potuto condividere con dei colleghi preparati e stimolanti la formazione della scuola di Dottorato in Scienze Storiche nell’età contemporanea: Ilaria, Francesca, Anna Rita, Michelangela, Giacomo e Paolo sono stali i compagni di un bellissimo viaggio. Doverosi i ringraziamenti allo staff della Cineteca del Museo nazionale del Cinema e a quello del Dams di Torino, davvero eccezionali per la perì zia dimostratami e per la loro squisita disponibilità. Senza la disponibilità della dottoressa Fassan, (Università degli studi di Padova) c di Livio Jacob (Cineteca del Friuli) il mio lavoro sarebbe risultato più diffìcile e ancora più lungo, grazie ad entrambi. Un ringraziamento particolare va al personale delle biblioteche bologne si, Renzo Renzi e Dams, che hanno agevolalo in molti modi la m a ricerca. Nei mesi passali presso l’archivio centrale dello Stato ho avuto il modo (e il piacere) di collaborate con le archi viste Gabriella Sansonetti (pro prietà letteraria e artistica) e Margherita Martelli e con il Sovraintendente Agostino Attanasio che ringrazio per gli incoraggiamenti e per gli apprezamenti al lavoro svolto presso I’ACS. Un ringraziamento speciale va alla dott.ssa Iris Ecker che ha seguito il mio lavoro e che mi ha aiutato anche nel lungo iter burocratico che mi ha permesso di fare due tirocini presso {’Archivio durante i quali ho inventariato il materiale del fondo fascicoli filmici e al professore Maurizio Degl’Innocenti che ha autorizzato una lunga permanenza presso l’ACS. Durante la permanenza romana ho disturbato più volte lo staff di Italiataglia e dell’Archivio della revisione cinematografica presso il Ministero dei Beni Culturali. Dietro i loro modi un pa’ rudi ho trovalo una cortesia straordinaria, grande disponibilità ed una conoscenza della materia (e dei materiali) invidiabile. A tutti loro, ed in particolare a Gabriele e Pier Luigi, un doveroso grazie. Estremamente importanti i momenti di confronto che hanno anticipato il risultato delle mie ricerche in diversi convegni, un ringraziamento va a coloro che in queste sedi mi hanno indicato spunti di riflessioni stimolan ti. in particolare agli organizzatori del convegno Immagine e narrazione della Grande Guerra (Verona e Padova) e dei seminari sulle relazioni cul turali tra Francia e Italia (Bologna, Firenze e Parigi).
16 L'incontro con Giorgio Sangiorgi, oltre al confronto con un inarresta bile studioso, mi ha regalato la possibilità di godere della sua gentilezza e di approfondire lo mie ricerche sui film televisivi. Non posso non ringraziare il personale della biblioteca manfrcdiana di Faenza (in particolare ?ier Giorgio Bassi) per i materiali messi a mia disposizione con la solita perizia e per il continuo scambio che, nel corso degli anni, hanno arricchito la mia ricerca. Un ringraziamento particolare a Giona, Matteo, Marco, Daniele, Clau dio e a tutto il Direttivo del Cineclub II raggio verde di Faenza per la co mune passione cinematografica che condivido con loro e, senza la quale, questa tesi sarebbe stata sicuramente più povera. Non posso certo dimenticare i miei genitori, Vittorio e Luciana. Senza il loro sostegno, la loro fiducia e il loro affetto questo lavoro non sarebbe mai iniziato.
Ultimi, ma non certo meno importanti, sono i ringraziamenti al piccolo Daniele e Simona (a cui questo libro è dedicato), che ha ampiamente di mostrato la sua pazienza, sacrificando le sue ferie, aiutandomi nella ricerca di materiali cinematografici (per tacere delle visite a musei, mostre, campi di battaglia e cimiteri legati al conflitto), seppe ria nd orni e supportandomi in questo lungo, estenuante e bellissimo lavoro, che ha occupato diversi anni della mia vita. La sua presenza illumina le mie giornate, in particolare quelle che paiono più buie. Se, malgrado questo considerevole apparato di aiuti, il saggio presenta manchevolezze o errori, la responsabilità è tutta da imputare all'autore.
Capitolo 1 ITALIA 1914-1918
21 marzo 1914 dimissioni IV governo Giolitti, I governo Salandra Dal 30 ottobre 1917 al 23 giugno 1919 Governo Orlando Film passati in censura nel 1914:4275 di cui 2114 italiani Film passati in censura nel 1918:431 di cui 230 italiani1
Trailer
Il (debole) ruolo dello Stato in ambito propagandistico. L’inizio, non ufficiale, della revisione preventiva cinematografica. I timori dei censori: tagli e ricorsi in appello. 1 film sulla guerra: temi c generi. I personaggi femminili.
L'attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914 non coincide con l’inizio delle ostilità, solo l’attacco austro-ungarico alla Serbia del 28 luglio scatena la guerra in Europa. Il gevemo italiano, chiarisce la propria posizione in se guito alle azioni degli alleati (Impero austro-ungarico e Impero tedesco), dichiarandosi neutrale. Le contrattazioni dei due schieramenti peravere al proprio fianco l’Italia (o per impedire l’apcnura di un nuovo fronte) videro il successo dell’Intesa, abile a sfruttare la decisione dell’impero asburgico di non volersi privare di Trieste (al massimo si discusse della possibilità di cedere Trento a guerra terminata). L’Italia entra in guerra contro l’Austria-Ungheria (23 maggio 1915) sulle basi dei Patto di Londra. Canapini e De Bernardi hanno ottimamente sintetizzato alcuni dei cambiamenti prodotti dalla guerra:
1
I dati, fomiti da http://www.iialiataglia.il/, non tengono conio della differenza tra
colometraggi e lungometraggi.
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«La guerra fu “grande” e “mondiale” perche vide in campo una mole di risorse materiali e umane fino allora impensabile. Fu “grande0 per le tno dificAziom che pmduw. nelle strutture produttive, negli apparati statali e nei rapporti tra gli stati eie aree economiche del pianeta, fu “grande” nella memoria dei protagonisti combattenti perché sottomise milioni di uomini a una disciplina di massa fino allora mai sperimentata, li introdusse alle meraviglie e agli orrori della moderna civiltà tecnologica e lasciò in essi e nella memoria collettiva esperienze che non sono ancora state dimen ticate. E infine fit “grande” in quanto portò a conclusione il processo di trasformazione del conflitto armato da guerra tra stati a guerra tra nazioni. Era un processo che s'era aperto con la Rivoluzione francese e le guerre napoleoniche: ora, con b mobilitazione totale di tutte le risorse richiesta dalle dimensioni del conflitto, esso giungeva ad assumere gli aspetti di uno scontro mortale tra popoli»3. Il conflitto determinò lo spostamento del potere mondiale verso gli Stati Uniti, entrati in guerra nel 1917, Il nuovo ruolo intemazionale che il colosso americano andava assumendo dipendeva da fattori economici, politici e militari. Non meno importante di altre considerazioni, il peso dell'alto indebitamento dei paesi dell'Intesa nei confronti degli USA fu determinante per la loro scelta di schierarsi contro gli Imperi Centrali. Nei campi di battaglia fu utilizzato tutto il potenziale umano e militare statuni tense, decisivo per la vittoria finale. Infine, gli ideali politici predicati dal presidente Wilson (i famosi quattordici punti, tra cui l'autodeterminazione dei popoli) divennero, almeno fino alle trattative di Versailles, l'ideologia unica dell’Intesa1. Alla base di questo successo vi fu la capillare presenza delle succursali del Committee on Public Information (CPI)4, Operanti in vari paesi (tra cui l'Italia) che, mescolando propaganda e assistenzia lismo, riuscirono, fino al termine del conflitto, a influenzare l'opinione pubblica in diversi contesti. Wilson e Lenin divennero i due ideali punti di riferimento di un nuovo fronte della guerra, quello ideologico che sembrò già preannunciare il conflitto, decisamente meno sfumato, che metterà a confronto Stali Uniti e URSS al termine della seconda guerra mondiale.
3
A. De Bernardi, L. Ganepini. Storia d'Italia 1860*1995, Milano, Bruno Mondadori,
1997,p. 353. 1
Sulla fortuna della politica wilsontana si rimandi a D. Rossini, Il mito americano
nell'balia della Grande Guerre, Roma-Barì, Laterza, 2000. 4
Sulle attività dei CPI in Italia si rimananda al testo della Rossini sopra dialo, in
particolare al capitolo quinto, significativamente intitolalo Arrivano i professioniiti della
propaganda, pp. 125-156.
19
1 piani militari di Cadorna (che ancora nel maggio del 1915 ipotizzò di guidare un grande offensiva nella pianura friulana, arrivare a Lubiana, per puntare direttamente su Vienna) sembrano ignorare la realtà della guer ra in corso. Allo stesso modo, la linea diplomatica del governo, ancorata al mantenimento di quanto stipulato a Lcndra nel 1915, non verrà mai modificata pur se divenuta apertamente contraddittoria con l’evoluzione politica intemazionale: la quarta guerra d'indipendenza e il sacro egoismo erano legati, anche linguisticamente, al XIX secolo, A queste deficienze si uni il proseguimento di una vecchia maniera di fare politica che tendeva a separare le élite dalla massa dei combattenti/contadini che formavano il grosso dell'esercito italiano. Questo si ripercosse sulla gestione della propaganda, quasi inesistente fino al 1917, e sulle condizioni di vita dei soldati, spesso vittime di sanguinose repressioni e ignorati nelle loro esi genze materiali. Il 1917 non fu solo l’anno in cui Benedeno XV condannò l’inutile strage, delle rivoluzioni in Russia c dell’ingresso degli USA nd conflitto a fianco dell’Intesa ma, per l'Italia, fu soprattutto l’anno di Caporetto. La sconfìtta per antonomasia dell'esercito italiano fece modificare sensibil mente la condotta della guerra: Cadorna venne sostituito con Diaz, più attento alle esigenze dei suoi sottoposti, il quale promosse una nuova e più funzionale propaganda sia nelle retrovie sia tra i militari. A titolo esem plificativo segnalo la circolare #1117/P del Comando Supremo, datata 1 febbraio 1918, firmata dallo stesso Diaz, avente per oggetto la propaganda patriottica, nella quale viene richiesto anche l’allestimento di «Diverti menti e spettacoli, soprattutto cinematografici»1. La guerra cessa di essere una campagna di conquista delle “terre irredente”6 ma diventa an atto di difesa della Patria. Quando il 4 novembre 1918, la guerra sul fronte italiano terminò, il governo ed il paese nutrivano speranze eccessivamente ottimistiche su quanto sarebbe accaduto dopo il conflitto.
’
Un riassunto dei temi della circolare é in G.L. Galli. Dopo Caporetto. GU ufficiali P
nella Grande guerra: propaganda, aitsistensa, vigilanta, Gorizia. Libera cditric: goriziana, 2CÒ0. p. 72. Le indagini dello stesso Galli mostrano come questa direttiva sia stata in realtà disattesa poiché il primo obbiettivo della propaganda post Caporetto rimase la sorveglianza
dei soldati e del loro stato d’animo nonostante il maggior interesse per il benessere della truppa. Nello stesso testo si ammette che la propaganda foto-cinematografica fu affidata ad
altri enti, pubblici e a privati, c il servizio P si limitò alla semplice distribuzione di materiali prodotti al di fuori del proprio controllo diretto.
*
Una valida sintesi suU'argomcnto (anche di tipo culturale) è fornita in G. Sabbatuc-
ci.Le terre irredente, in G. Belardelli, L. Cafagna, E. Calli della Loggia, G. Sabbatucci, Miti
e storie dell'Italia unita, Bologna, Il Mulino, 1999, pp, 71-76.
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Cinema italiano 1914-1918
L’apice prima del disastro. Cosi si potrebbero sintetizzare i pochi mesi che precedettero la prima guerra mondiale per il cinema italiano. Il successo intemazionale di Cabiria (la prima del film avvenne il 18 aprile 1914) dovette apparire come il canto del cigno di un colosso cinematografico co stretto a schiantarsi contro i timori, prima, e la realtà poi, dell'esperienza bellica. La cinematografìa italiana per alcuni anni era stata tra le più im portanti al mondo, per raggiungere la vetta ne: 1914. Fino a quella data vi erano diversi generi in cui il cinema nazionale primeggiava: le comiche, i drammi moderni (veicolo ideale per il lancio, aazionale ed intemazionale, delle dive), i film veristi (marginali, rari, non convenzionali e tecnicamen te ineccepibili come nel caso di Sperduti nel buio di Martoglio e Assunta Spina di Serena), quelli simbolistico-dannunziani, ma la maggior parte dei successi del nostro cinema era ascrivibile ad un tipo specifico: quello storico. Jasset sostiene addirittura che questo genere divenne monopolio dei registi italiani7. Come la storiografia ha già sottolineato, il successo nel Pac^c di queste pellicole fu dovuto anche alla contemporanea avventura coloniale italiana in Libia1. Il tramonto del primato italiano non si manifesterà immediatamente, ma solo nel dopoguerra, quando il settore mostrerà tutta il ritardo accumu lato di fronte alle innovazioni prodotte dal cinema statunitense. La compe titività industriale era frutto, oltre che delle qualità dei registi del tempo, anche dei bassi costi di lavorazione delle maestranze. Gli alti costi di ge stione della macchina cinema, causati dallo star system e dalle dispendiose scenografìe, potevano essere ammortizzati solo grazie allo sfruttamento dei mercati esteri. La crisi che avrebbe colpito il settore dette diverse avvisaglie prima del maggio 1915: «Già prima dell’entrata in guerra dell’Italia diverse com pagnie erano fallite per debili. La guerra poi prosciugò completamente il mercato delle esportazioni in tre paesi belligeranti (Austria-Ungheria. Germania e Russia) e lo ridusse nella maggior parte delle altre nazioni
T
11 saggio di V. Jasset apparve col titolo Retour cu réallsme su «Ciné Journal» del
21 or.obrc 19)1:6 stato ripubblicato da M. Lapierre in Anthologie du cinema, Man, Paris
1946, p. 89 c viene citato in G.P. Brunetta. Storta del clntma italiano, vol. I. Il cinema muto 1895-1929, Roma. Editori Riuniti, 2001 (Il edizione), p. 144.
*
Si veda a questo proposito G.P. Brunetta, L'ora d'Africa del cinema italiano, Rov
ereto. Materiali di lavoro, 1990, pp 11-13, i vari contributi contenuti in «Immagine. Note di storia del cinema», #3. Ancona. Cattedrale 96 Garibaldi, 2011 in particolare quelli di D. l-otti c di G. tasi e il saggio di D. Lotti, Lampi d'Africa. Origini del cinema italiano di
finzione (1912-1914), in «Immagine. Note di storia del cinema», #4, Ancona. Cattedrale 96
Garibaldi, 2011.
21
tranne la Francia e la Spagna. Il conflitto determinerà anche un aumento dei prezzi della pellicala»9. Sulla stampa specializzata d’epoca si trovano diversi riscontri: «La guerra è sempre un disastro, ma Fattuale sta scardinando Fordine so ciale dell'Europa, e paralizzando ogni fonte di attività ed industria. Di sgraziatamente la prima ad essere colpita, c colpita al cuore, dall'inaspet tato cataclisma, è stata proprio l’industria cinematografica, che si è dovuta arrestare di colpo» per un complesso di cause c circostanze impossibili da analizzare. Quas tutte le case fabbricanti di films’0 hanno deciso di chiudere i battenti c asciare in libertà il personale al completo [...J. Il mo mento attuale non deve essere sfruttato per mascherare intrighi c coprire magagne; non si prenda a pretesto l'improvviso scoppio della guerra per cercare di liberarsi da impegni - che bisogna assolutamente mantenere con misure illegali ed antipatiche»11. La stessa rivista cercò di spiegare nel sjo numero successivo i motivi della crisi. Tra questi elencò: le misure prese dal Governo per limitare fortemente il ritiro di capitali e la fornitura di crediti, la chiusura di alcuni mercati imposta dalla guerra, un altro problema fu l’importazione della pellicola, proveniente dai paesi dove la guerra stava «Apportando il più grave disastro». Non meno importante fu il primo provvedimento di tipo fiscale relativo al cinema, l’introduzione del bollo sui biglietti d’ingresso nelle sale cinematografiche12. L’unica nota positiva di fronte al crollo commerciale estero, provenne dal mercato interno. Gli anni della guerra videro: «Un enorme incremento di spettatori e sembra confermata la constatazione, fatta da parte di mol ti intellettuali, già nel primo decennio del Novecento» che il cinema è il nuovo “cibo per le masse” e le folle hanno bisogno, nella loro dieta quoti-
*
D. Forgacs, L 'industrialillazione della cultura italiana (1880-1990) (Italian Culture
in the Industrial Era, 1880-1980: Cultural Industries. Politics and thè Public. Manchester, Manchester University Presi, 1990), Bologna, 11 Mulino, 1992, p. 77,
10
Più avanti nel testo verrà poi specificato che le uniche case a chiudere sono state
Pasquali e Photo Drama Producing cy.
11
Articolo non firmato, La guerra, apparso su «La vita cinematografica» del 7 agosto
ISI4, p. 38. 12
11 riferimento è all'inlroduzionc che A. Bernardini ha firmato per il lavoro di V.
Martinelli, Il cinema muto italiano 1914.1film degli anni d'oro, prima parte. Torino-Roma,
Bianco e Nero, Nuova Eri cCsc, 1993. p. 7.
22
diana, dipanem et circenses>>'\ In termini numerici gli incassi ne: periodo 1914-1917 passarono da 2 a 5 milioni di lire14.
1. Consenso (dis)organizzato? L'(in)attivita dello Stato in ambito cine matografico
Il Régno d'Italia non intuì alfinizio del conflitto l'importanza della pro paganda. 1 motivi furono vari ma, tra questi, due si rivelarono decisivi: la convinzione che la guerra sarebbe stata breve e la mentalità conservatrice ed autoritaria della leadership politica, compresi Calandra e Sennino, che determinò un disinteresse per il consenso pubblico15. Il sistema propagan distico italiano utilizzò vari media, tra i quali, però, vanno escluse le pelli cole di fiction, almeno fino al dicembre del 1917. La storia istituzionale della propaganda inizia solo col governo Boselli, dopo che sono fallite le trattative con P Associazione Dante Alighieri e Ernesto Nathan. Fino a questo momento era stata organizzata solo a livello militare16: l’esercito fece proposte molto differenti, ma va annoverata tra le più interessanti quella, anonima, proposta nel settembre del 1916, in cui venne suggerito di far gestire direttamente la produzione ai militari: «Quanto poi alla cinematografìa, le ultime vicissitudini e critiche fatte a questo interessantissimo messo di propaganda, meritano seria attenzione e disanima, e consigliano di avvisare i provvedimenti più idonei, ed anche radicali, per corrispondere agli scopi morali e militari che la propaganda stessa si prefìgge, eliminando la concorrenza, rostruzionismo interessalo e
15
G.P. Brunetta, Cinema a prima guerra mondiate, in vol. 1, L'Europa Miti, luoghi,
divi, Torino. Einaudi. 1999, in Storia del cinema mondiale, a cura di G.P. Brunetta, Torino.
Einaudi, p. 255. u Questi dati sono stati desunti dallo studio di D. Manetti. “Un ‘armapoderosissima Industria cinematografica e Sfato durante il fascismo 1922-1943, Milano, Franco Angeli, 2012, p. 34. ”
Questo paragrafo riprende le conclusioni di Gatti. Op. cìt.
’•
Il tema è trattalo, oltre che nel già citato Galli Op. cit., anche in N. Della Volpe,
Esercito e propaganda nella Grande Guerra, Roma, S ato Maggiore dcll'Escrciio. Ufficio Storico, 1989 e da D. Porceddu, Strategie e tattiche drl servizio propaganda al fronte, in
L‘arma della persuasione. Parole ed immagini di Propaganda nella Grande Guerra, a cura di M. Masau Dan c 11 Porceddu, Gorizia, Edizioni della laguna. 1991. Nelle mie ricer
che presso rarchivio dello Stato Maggiore deir Esercito • Ufficio storico, ho trovato alcuni materiali riguardanti le riprese “dal vero*', a proposito del cinematografo come strumento
di propaganda, ma nessuna iniziativa rivolta ad influenzare le tematiche delle pellicole di
Action.
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l'ingordigia antipatriottica di alcuni industriali che hanno rivenduto le fil ms cinque o sci volte, raggiungendo prezzi proibitivi. Ed il provvedimento più rispondente [...] potrebbe essere quello della gestione diretta, a mezzo di squadre militari di cinematografisti, squadre che sotto una unica guida militare dovrebbero rilevare le films e fornirle al Governo Centrate per la diffusione all'interno e all'esterno. In tale maniera la cinematografìa, oltre che a rispondere agli scopi essenziali della propaganda, producendo le films al minimo prezzo, dovrebbe completare anche la documentazione grafica della guerra, completando la fotografia. E di queste ultime esigenze conviene pure tenere il dovuto conto, in quanto che i cinematografisti si occupano essenzialmente della rappresentazione artistica della guerra da movimento, trascurando qualsiasi altro obbiettivo meno conforme li gusti del pubblico»17. II governo istituisce due ministeri senza portafoglio: uno per la pro paganda, affidato al senatore liberal-nazionalista Scialoja (che si dedicò esclusivamente alla propaganda diretta verso gli stati esteri), e l'altro de dito ad organizzare l’assistenza civile, guidato dall’interventista repubbli cano Ubaldo Comandini (entrambi istituiti il 16 giugno 1917). A questo dicastero, dal luglio 1917, venne affidata la responsabilità della propagan da intema e, dal febbraio 1918, anche la guida del commissariato generale per l'assistenza civile e la propaganda interna. Tratto distintivo della strategia del consenso italiano fu il ricorso (ma sarebbe più preciso scrivere la delega) all'associazionismo privato per l'assistenza civile. Moltissime di queste realtà sorsero nei primi mesi di guerra, anche in risposta ad una preghiera d Salandra che invocò una sup plenza all’intervento dello Stato. Solo nell’estate del 1917 questi enti ven nero coordinati dalle Opere federate di assistenza e propaganda nazionale, sotto la presidenza di Comandini. L'organismo era formalmente privato, unico, formato da 80 segretariati provinciali, 4500 commissari e mantenne un rapporto privilegiato col Governo, che utilizzò l’Ente per l'assistenza e la propaganda nei confronti dei civili1*. In questo campo lo Stato liberale dimostrò inattese aperture che si manifestano sia atuaveisu la creazione di nuovi canali di collegamento tra potere centrale e amministrazione perife rica, sia attraverso un duplice processo di cambiamento della concezione dei rapporti tra classe dirigente c masse popolari. A un livello più generale,
17
Slato maggiore delI esercito (d'ora in poi SME), Ufficio storico. Prima guerra
mondiale 1915-1918. Comando Supremo, repertorio r I, raccoglitore 296 cart. 2: Ufficio
stampa c propaganda - relazioni sul servizio - propaganda varie 1916-19, promemoria del
Cariando supremo - ufficio stampa circa la propaganda di guerra datato 19 settembre 1916.
11
Gatti, Op. di, p. 26.
24 con raffermarsi di un atteggiamento politico tendente a saltare il fosso dell'antica paura per la fragilità dell'assetto unitario dello Stato, sostituen do alle ritornanti preoccupazioni sul distacco tra governanti e governati l'elaborazione di più spregiudicati progetti di integrazione e di governo delle masse; e su un piano più particolare, con il passaggio dal paterna lismo della beneficenza all’attivismo di nuovi professionisti della propa ganda e col tentativo di generalizzare interventi riformistico assistenziali di mediazioni dei contrasti sociali, per risolverne la potenziale pericolosità o comunque orientarne le manifestazioni e gli esiti19. Pochi sono gli studi che affrontano l’attività dei due enti20. Un’inda gine sui materiali conservatisi in ACS ha evidenziato, oltre alla necessità di svolgere ricerche locali, la scarsità di materiali relativi alla propaganda cinematografica. Questa si limitò a pratiche regative, di controllo e cen sura. I vari progetti in cti si prevedeva un ruolo attivo dello Stato per la produzione di film di fiction naufragarono e il ruolo che l'ufficio scelse per se stesso fu quello di semplice distributore di lavori prodotti da privati, saltuariamente apprezzati, spesso ignorati, raramente richiesti dalle segre terie provinciali per animare le serate patriottiche. Il grande successo riscosso dai cinegiornali dipese da vari fattori, tra cui la supposta oggettività deH’immagine documentaria; non meno importante furono però le politiche di sconto sul noleggio attuate per questa sola cate goria di filmati, obbligatoriamente da proiettare prima dei film di fiction. La stampa specializzata non lesinò le critiche nei confronti della pub blica amministrazione. Un articolo, apparso su «La Cine Gazzetta» espli cita i vari malumori serpeggianti nell'ambiente: «Esiste presso il Comando Supremo un ufficio a capo del quale è il mi nistro e senatore Scialcia, che ha per compito di divulgare le gesta ar-
” A. Fava. Assistenza c propaganda nel regime di guerra (1915-1918), in Operai e
contadini nella gronde guerra, a cura di M. Isnenghì. Bologna. Cappelli. 1982. pp. 175-76.
11
II tema della propaganda è stalo però trattalo, in generale, in moltissime opere. Una
recente sintesi, con una buona bibliografia è presente in Pande come armi. La propagan da versa il nemico neU'ltaìia iella grande guerra, a cura di M. Mondini. Rovereto, Mu
seo Storico Italiano della Grande Guerra, 2009 e in N. Labanca. Guerra e propaganda nel Novecento, in «Passalo e presente», 54 (2001). Milano. Franco Angeli. 2001, pp 25-42. Il catalogo della mostra bibliografica Fronte interno. Propaganda e mobilitazione civile nell’ltaiia deila Grande Guerra (Biblioteca di storia moderna c contemporanea. Roma, 21
dicembre 1988-11 febbraio 1989) contiene spunti interessanti di carattere generale. Oltre ai
brevi cenni che Gatti dedica ai due enti va segnalato il pionerislico ed interessante saggio di
Fava,op. cit. l.o studio di Della Volpe cita almeno i filmati ripresi “dal vero” dalla sezione fotsxràemalografica dell'esercito, pp. 266-67. In nessuno di questi testi vi è una sezione
dedicata alla cinematografìa di fiction.
25 dimentose dei nostri fratelli, con apposite cinematografìe Le films della nostra guerra sono, invece, a malgrado di tutti questi uffici e relativi impiegati, di tutta qiesta organizzazione, più o meno ben organizzata, che si dirama per la intera penisola, una ben limitata cosa. Solo di quando in quando, preceduta da una réclamc sproporzionata, qualche film arriva al pubblico. Questa produzione difetta. Difetta non tanto per qualità quanto per quantità. Difetta perche di queste film», che sono solo tre o quattro dall'inizio della guerra ad oggi, - quando invece dovrebbero essere qual che dozzina - v’è bisogno, c'è necessità. Ogni volta che, a distanza di mesi e mesi, ne viene pubblicata una, il pubblico l'accoglie col più vivo e legittimo Interesse. Se le films patriottiche a base di cachets truccati da ber saglieri, di forche, di fucilate a salve e di cannoni in legno, hanno fatto il tempo loro, non altrettanto può dirsi di quelle che riproducono, dal vero, le più brillanti operazioni del nostro esercitof...]. Per fare ciò occorre aumen tare il numero delle sezioni cinematografiche presso l'esercito operante, le quali sezioni siano, ancora oggi, ben poche cn confronto a quelle degli altri eserciti, dell'intesa odcU'allcanza»21. Malumori che propongono di liquidare i film di fiction di scarsa fattura a favore di pellicole dal vero di buona qualità. I privati che desiderarono utilizzare le opere di fiction con scopi propa gandistici dovettero pei misurarsi con la diffidenza dello Stato. La neonata Miriam film propose di realizzare un film in collaborazione con le Opere Federate, per il quale ottenne un appoggio di massima a patto che venis sero sottoposti a Comodini tutti i soggetti per i quali l'Ente sarebbe stato chiamato a collaborare22. La stessa direttiva si ritrova in un altro appun to» scritto da Romeo Adriano Gallenga Stuart (collaboratore di Sciàloja), dell'8 dicembre 1917, in cui si afferma che «Per le films di propaganda civile che eventualmente venissero ideate ed ordinate dalle opere civili, qucst'ultime ne invieranno il copione prima dell'esecuzione al gabinetto di S. E. Gallenga per quelle eventuali modifi che che il gabinetto stesso riterrà opportuno introdurvi c per quelle utdiiui-
zioni che potrebbero .servire per la propaganda all'Estero»21.
21
Cinematografia di guarnì, apparso su «La Cine Gazzetta» dell'8 seltembn 1917, p. 4.
33
Archivio centrale deio stato. Roma (d'ora in p>i ACS), Presidenza del consiglio dei
ministri (d'ora in poi PCM),commissariato generale per l'assistenza civile c la propaganda interna, b. 19. fase. 1099.10. Lettera del 2 maggio 1918.
11
ACS, PCM. commissariato generale per l'assistenza civile e la propagarda interna,
b. 19. fase. 1099.5. Documento datato 8 dicembre 1917.
26 Questi documenti mostrano come la censura cinematografica preven tiva. ufficialmente varata solo nel dopoguerra, fosse già operativa negli ultimi mesi del primo conflitto mondiale. Quanto questa pratica venne realmente espletata non è dato saperlo, anche se una minima traccia di questa attività si ritrova nelle carte dell' ufficio conservate all’ACS (tra cui rarissimi visti censuri d’epoca). Varie furono le richieste di collaborazione tra Stato c privati, di vario tipo. Se, ad esempio, la «Propaganda film» si propose per la realizzazione di una sola pellicola, ci furono anche richieste più organiche, come quella avanzata da Leopoldo Cariucci, il cui promemoria. Quanto può fare la cinematografìa nella correzione della coscienza nazionale, contiene una serie di proposte volte a far gestire direttamente la produzione delle pellicoie al Commissariato di assistenza e propaganda. Queste devono avere per scopo la commozione dell’ «Elemento gentile della popolazione, inducendola a contribuire nello sfor zo morale di resistenza, facendo arrivare l’eco dei loro animi ritemprati e ■afruitati fin dove operano tutti i combattenti militari c civili della Nozio ne. Tale sana dimostrazione cinematografica potrà anche neutralizzare, la capillare infiltrazione venefica deH’inafferrabile nostro nemico interno e potrà anche controbilanciare la enorme produzione di propaganda di gene re, che gli Imperi Centrali fanno su larga scala nei paesi neutri»34. Una proposta cosi radicale non si concretizzò. Anche Ojetti propose una sorta di interventismo culturale affidato allo Stato in cui la larghezza dei mezzi supplisse al ritardo accumulato. Tra i temi che la propaganda doveva enfatizzare per lo scrittore vi era quello dell'Italia protettrice delle nazionalità oppresse25.
Ad ostacolare l’attività cinematografica furono anche alcune norme, volte a limitare le proiezioni cinematografiche. A Milano, ad esempio, il prefetto Conte Olgiati impose una chiusura anticipata delle sale. La pro testa venne guidala dal Cuinitalu ventiate lombardo di propaganda che scrisse un memorandum in cui veniva attribuito un peso decisivo alla pro paganda cinematografica: «[Il comitato] da tempc aveva pensato al cinematografo come mezzo mi gliore per una propaganda viva, sintetica, di effetto immediato e profondo.
”
ACS, PCM, commissariato generale per Pasristoiza civile c la propaganda interna,
b. 19. fase. 1099.12. Promemoria datato aprile 1918. 31
Mondini, Op. cit.. p. 31.
27
soprattutto sul cervello di quella parte di popolo poco incline alla lettura e schiva dal frequentare conferenze o conversazioni, che preferì Posteria e i circoli vinìcoli ove col vino, si distribuisce in larga misura anche il veleno contro la Patria»3*. Il comitato aveva proposto alle case produttrici un accordo “Per la pro duzione di films patriottiche" ed era convinta della necessità di "Proiettare scritti incitanti alla resistenza, all’economia dei consumi, alla obbedienza alle leggi di guerra". Tutto però fu reso impossibile dal nuovo decreto. Questo minacciava (’esistenza stessa dell'industria produttrice e proiettadice Italiana. Dopo una serie di controproposte sul risparmio energetico il comitato scrisse «Che col cinematografo disciplinato si possono raggiun gere - agli effetti di una buona intensa propaganda patriottica - risultati incalcolabili, ma certamente superiori a quelli ottenuti e che si potrebbe ro ottenere da qualunque altra propaganda orale o scritta»37. Le grandi speranze dei propagandisti si scontrarono con l’insensibilità conclamata dsll’autorità costituita3*. Un elemento fino a questo momento ignorato dalla ricerca è l’utilizzo del cinema presso le case del soldato e gli acquartieramenti dei soldati vi cino ai fronte. Importanti documenti reperiti in Archivio dimostrano come il cinema venne utilizzato al fronte. L’elenco dei titoli (riportato in Appen dice I) è accompagnato da una lettera datata 30 settembre 191 & del Co lonnello Capo Ufficio stampa e propaganda Grosi a S. E. il Commissario generale per (’Assistenza Civile e la propaganda intema in cui si ringrazia per le 216 pellicole cinematografiche che ha inviato. L'ufficio, scrive il Grosi, «Le ha subito inviate alle sezioni P. di armata, raccomandando che siano tenute con la massima cura e siano affidate a personale tecnico che dia garanzia di buon uso»37. Un primo studio del materiale dimostra che la maggioranza dei film mostrati ai soldati non hanno un intento propagati-
*
ACS. PCM. commissariato generale per l'aR. importanti limiti imposti dalla censura, il cinema italiano abbandonò celermente i sentieri di gterra e tornò a produrre pelli cole capaci di garantire incassi sicuri, possibilmente con budget ridotti, a causa delle difficoltà, pei gli imprenditori, di accedere al credito. Il brusco contrarsi di questa produzione deve essere ascritto ad un insuccesso di tipo commerciale. Per Martinelli il motivo è intuibile:
«L’ondata di film patriottici che ha sommerso gli schermi della penisola a partire dalla seconda metà del 1915 tende a placarsi. Anche perché te ro domontate che raccontano - un alpino o un bersagliere che da solo riesce a sgominare un intero reggimento di crucchi - non fanno più ridere. Né l’inno dei bersaglieri o la marcia reale che le orchestrine dei cinematografi strimpellano all’infinito hanno più l’effetto d’entusiasmo trascinatore. La realtà della guerra s’è dimostrata un po' divena dai sogni degli interventi sti ed il pubblico non abbocca più (...]. I produttori fiutano l'aria che tira c si buttano sul Risorgimento: i nemici sono sempre gli austriaci, ma di cent’anni prima»44. Il cinema tematizza questo conflitto in vari modi, anche multo diversi. Vorrei subito smentire un luogo comune: la guerra mondiale viene rac contata anche attraverso il genere comico e satirico ( 17 casi). Questa può essere affrontata in vari modi: o dileggiando direttamente la guerra, oppu re ironizzando sugli imperatori di Germania o Austria-Ungheria (5 casi), o sugli usi, le tradizioni, la cultura di quei popoli (3). Questo fu possibile perché la censura non si preoccupò in maniera eccessiva della messa in
M
V. Martine! I i, Il cinemi muto italiano 1916. Ifilm detta grande guerra, prima parte,
Tonno-Rama, Bianco & Nera, Nuova Eri e CSC. 1992, p. 5.
39
ridicolo del nemico. Non stupisce quindi che uno dei grandi successi di pubblico di questi anni fu proprio un titolo in cui la guerra è rappresentata attraverso una distorsione ironica e pagliaccesca. Maciste alpino. Se con commedia comprendiamo anche quei racconti che ci mostrano il miglio ramento della condizione dei personaggi, notiamo come questi intrecci siano particolarmente numerosi (12 casi) dal 1917 in poi, come se col pro seguimento della guerra, si sentisse il bisogno di infondere coraggio in un Paese già profondamente provato. A riprova della funzione consolatrice del cinema di fiction va segnalato il calo della produzione melodrammati ca: le storie d'amore infelici sembrano sparire dopo i primi mesi di guerra. Per concludere le .brldazionl relative ai film sulla prima gusrra mon diale bisogna citare le spy-stories (10 casi: A Trieste - vincere a morire, Diana l'affascinatrice, La doppia ferita. Morte alle spie!, Viaggio di noz ze, Vìpere d'Austria a morte!, lì dossier numero 7, L’imboscata, Seppe morire e ju redento. Controspionaggio), quasi tutti girate nei primi due anni del conflitto. Questi titoli proseguono un genere molto diffuso prima dell’entrata in guerra dell'Italia che sembra attirare sempre meno il pub blico. L’irredentismo è al centro di molte storie sulla prima guerra mondiale. In 14 casi (A Trieste - vincere o morire. Alta di libertà, Befana di guerra. Bob irredento è redento, Eroismo di madre / Italia mia. Gloria ai caduti. La Samaritana, Un maestro alsaziana, fi mio diario di guerra, U soprav vissuto, Sotto il bacio del fuoco, Trieste / i vendicatori di Oberdan, Ma ciste alpino, La maschera del barbaro) si racconta la vicenda d famiglie residenti oltre confine che fremono per abbracciare la Patria. In quattro di questi casi il bisogno di combattere per l’Italia è talmente forte che si decide di varcare le linee per andare a combattere a fianco dei propri compatrioti (è questo il caso di fi mio diario di guerra, Il sopravvissuto, Trieste / / vendicatori di Oberdan, Maciste alpino). Normalmente, nei film di fiction come nei documentari, si è propensi a non dare riferimenti geo grafici precisi ma, di fronte al l’irredentismo, si è disposti ad essere meno tassativi. Trieste e Trento (3 casi ciascuna) sono i riferimenti classici, ma vengono nominati anche il Veneto (dopo la rotta di Caporctto) c la zona dell’Isonzo. L'influenza del nazionalismo in questo periodo è talmente forte che sono molti (8) anche i casi in cui si racconta la vicenda di una famiglia in cui marito e moglie sono di nazionalità diverse e la guerra riesce a distrug gere la loro convivenza (//figlio della guerra / L'invasore, Sempre nel cor la Patria!... / Cuore di neve, il sopravvissuto, Trieste / / vendicatori di Oberdan, Amor di barbaro. Possanogli Unni..., Turbine rosso, Vaincre la nnrt?). L'unico caso in cui l’amore trionfa nonostante la diversa cittadi nanza dei protagonisti è quello raccontato ne La maschera del barbaro, in cu, non casualmente, i personaggi appartengono a due nazionalità diverse
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ma entrambe schierate contro gli Imperi Centrali. In questo clima cultu rale viene esaltata la famiglia: la sacralità di questa istituzione non è mai messa in dubbio, i legami di sangue sono inviolabili, in particolare, quelli tra madre e figlio. L’amcre filiale fu utilizzato anche in chiave propagandi stica per creare una corrispondenza sovrappcnibile a quella Italia-soldati; si preferisce utilizzare riferimenti facilmente comprensibili, tratti dall’am bito familiare, per far breccia nei cuori dei pubblici più lontani dalle idee nazionalistiche. Si propaganda quindi l'idea che la famiglia sia una na zione in piccola scala. Verso la propria patria gli uomini provano le stesse emozioni che suscita loro la madre, i camerati che combattono in trincea sono i fratelli nella nuova Italia e chi è estraneo a questa famiglia non tro verà mai un modo per fare parte della comunità nazionale, perché questa viene proposta non più come un dato politico ma naturale e biologico, cioè come una comunità di discendenza e di sangue, in cui ogni innesto sarà difficoltoso e spesso risulterà impossibile65. Il nazionalismo viene trattato sia in maniera esplicita sia attraverso l’u so simbolico della bandiera italiana. Questa viene sacralizzata e mostrata con molta enfasi. Stendardi, gagliardetti c bandiere non devono essere mai toccati da mani indegne e impure, quali sembrano essere quelle di chi ap partiene ad un'altra nazione. Questo tòpos è presente in 7 film (Gloria ai caduti. La patria redime /All 'ombra de! tricolore, Per la Patria!, Sempre nel cor la Patria!... /Cuore di neve, Il sopravvissuto, Trieste /1 vendicatori di Oberdan, Maciste alluno). Dall’analisi dei materiali a mia disposizione emerge il progressivo al lontanamento dal fronte. Nelle pellicole, di cui sono riuscito a ricostrui re la trama, appare evidente che col passare dei mesi le vicende belliche ambientate anche sulla linea di combattimento calino sensibilmente. Non solo in termini assoluti ma anche relativi. Nell'ultimo anno di guerra, nu mericamente, i film che trattano solo vicende ambientate esclusivamente sul fronte intemo raggiungono la stessa quota di quelli che presentano anche solo una sequenza in prima linea. L'allontanamento progressivo è imputabile alle numerose critiche mosse verso l’eccessiva libertà con cui viene i accontata l’esperienza bellica. L’alto numero di vicende al cui centro vi è un episodio bellico permette all’esercito di apparire, ovviamente, in molte pellicole. Un ruolo premi nente è affidato alla fanteria: non sempre viene specificato il corpo d’ap partenenza (3 casi), ma quando questo avviene sembra che l’esercito sia composto solo da alpini (7 casi: Alla frontiera. Cuore di Alpino, Eroismo
*’
Questa teoria t stata preposta in più occasioni daA.M. Banti, si rimanda, tra le altre,
a Sublime madre nastra. La iasione italiana dal Risorgimento al fascismo, Rema-Bari.
Editori Laterza, 2011. pp. 15-22.
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d'alpino, Eroismo di madre / Italia mia, Inno di guerra ed inno nuziale / lana maiale, La Samaritana, Maciste alpino) e soprattutto da bersaglie ri (9 casi: Alba di libertà, Alla baionetta'...., il capestro degli Asburgo, Eroismo di madre / Italia mia, Gloria ai caduti, Savoia, urrahl, Sogno del bimbo d'Italia, Trincea che redìme, Echi di squilli e trofei di vittoria). Marinai {Diana l'affascinatrice, Eroismo di madre / Italia mia, La corsara, La spirale della morte. Il siluramento dell’Oceania, Trittico ita lico) e aviatori (Amor che tace, La guerra e il sogno di Momi, Eroismo di madre / Italia mia, Trittico italico) compaiono sullo schermo, ma in maniera decisamente più limitata (6 volle i primi, 4 i secondi)6*. Un solo passaggio anche per i garibaldini andati a combattere in branda ( Verso la gloria). Sorprendente non trovare nessuna riferimento esplicito agli arditi, che avranno invece un ruolo di primo piano nelle rievocazioni del conflitto a guerra ultimata. Le sequenze belliche terrestri sono riconducibili a poche tipologie: la gjierra di trincea (incontrata in 11 casi : Alla bajonettal..., La patria redime I All 'ombra del tricolore, Sogno del bimbo d’Italia, Il sopravvissuto. Amor eòe face, L ‘avvenire in agguato, Cuori e tuffi, Kri Kri contro i gas asfis sianti, Il tank della morte. Lagrime del popolo. Maciste alpino), gli assalti alla baionetta (7 casi: Alba di libertà. La patria redime l All ’ombra del tri colore, Sogno del bimbo d’Italia, Trieste/I vendicatori di Oberdan, Echi di squilli e trofei di vittoria, La guerra e il sogno di Momi, Maciste alpino) e la guerra bianca (mai citata nelle fonti critiche d'epoca ma riscontrata in alcune delle poche pel icele oggi visionabili: La samaritana, La guerra e il sogno di Marni, Maciste alpino), spesso compaiono anche sequenze di bombardamenti e cannoneggiamenti: (4 casi in tutto: La divetta del reggi mento, Sogno del bimbo d’Italia, Vaincre le mort?, La guerra c il sogno di Momi). Eccezionalmente sono state trattate anche altre tematiche come l’utilizzo dei gasi (solo però in pellicole di tipo comico: Kri Kr; contro i gas asfissianti, La guerra e il sogno di Momi), la guerra di mina (Turbine rosso) e l'utilizzo dei carri armati (Il tank della morte). Per quanto la morte sia il più possibile oscurata e rimossa dalla censura, le conseguenze del conflitto non possono essere sistematicamente ignorate. Vengono mostra li in più occasioni (Bandiera bianca. La divetta del reggimento, Guerra redentrice, Il mio diario di guerra, La Samaritana, Il sogno del bimbo d'Italia, Cosi mori Miss Cavell, Piccola infermiera della Croce Rossa /La volontaria della Croce Rossa, Cenere e vampe. La maschera del barbaro) ospedali, crocerossine e feriti. Solo nell'ultimo anno di guerra arrivano
“ Se in termini assoluti alcuni numeri ci appaiono sottorappresentali bisogna tenere
conto del reale peso assoluto nella guerra. I film d’aviazione corrispondono al 3% del totale
della produzione bellica, quasi in linea con il numero reale di soldati presenti ne settore.
42 sullo schermo vicende che affrontano mutilazioni inguaribili (La masche ra del barbaro, Occhi consacrati / Ucchie cunzacraté). Altro tema centrale della guerra 15-18 A la rappresentazione del nemi co. In moltissimi casi questo viene descritto come un brutale barbaro, un unno capace di ogni atrocità, una viscida serpe in grado di mimetizzarsi tra le genti italiane, pronto ad approfittare dell’assenza dell'uomo italico per insidiare o stuprare la sua donna ed altrettanto lesto a sparire quando questo ritorna. La produzione sembra qui ispirarsi agli stereotipi razziali creati dalle scienze mediche e dal darwinismo sociale che classificavano alcune razze come barbare * 7, oltre che al villain tipico del feuilleton otto centesco. La creazione di un nemico cosi minaccioso aveva lo scopo di compattare il fronte intemo, portando tutti i gruppi sociali ad unirsi contro il remico comune . ** Solo raramente viene dichiarata la nazionalità dei ne mici degli italiani, ma mi è parso sintomatico che quando questo accade austriaci (Alla baionetta!.... Gloria ai caduti. La patria redime / Ad 'ombra dei tricolore. Sotto il bacio delfuoco), tedeschi ( Uva la Patria! /Il valore dette donne italiane. Amor di barbaro, Seppe morir e fu redento. Passano gli Unni...) c croati (Alla frontiera. Eroismo di madre /Italia mia, La ma schera del barbaro. Trittico italico) si attestino tutti allo stesso modo con 4 apparizioni ciascuno. I croati vennero visti, già durante il periodo bellico, come una minaccia per le richieste territoriali italiane e, probabilmente per questo, la cinematografa segui il dividi et impera di tradizione asburgica nei Balcani, appoggiando un nazionalismo inoffensivo per le proprie ri chieste, quello serbo, ma sicuramente pericoloso per le aspirazione croate. Non bisogna dimenticare il forte peso del razzismo verso gli slavi, già diffuso nella società italiana, ma che esplose, in maniera virulenta, con il * conflitto 9. Già Alatri segnalava come le premesse della nostra guerra fos sero mosse da un egoismo antislavo: «In fondo la guerra col programma del Patto di Londra, più che una guerra contro l’Austria, era una guerra contro gli slavi del sud»70. Date queste premesse non stupisce che un tema propagandisticamente valido, in linea coi valori wilsoniani, quello dell’I
*T
E. Traverso» Ut violenza nazista. Una genealogy Bologna, Il Mulino, 2032, p. 111.
M
A. Ventronc, La seduzione totalitaria. Guerra, Modernità, violenza politica, Roma,
Donzelli, 2003, p. 107. ** Si veda il bel saggio di E. Coltati. Sui razzismo anfislavo, pp. 33-62, in particolare pp. 43-52, in Nel nome della razza, Il razzismo nella storia d'Italia. 1870-1945, a cura di A,
Btifgio (Alti del convegno tenutosi a Bologna tra il 13 e il 15 novembre 1997), Bologna. Il
Mulino, 1999. * P. Alatri, Nitri, D'Annunzio eia questione adriatica (Ì919-Ì920), Milano, Feltrinelli,
1959, p. 24.
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talia come patria e rifùgio per le nazionalità oppresse, sia stato affrontato in una sola pellicola (Turbine rosso) datata 1916. La guerra mondiale, venne ridotta nella quasi totalità dei casi, ad una guerra locale, avulsa dal contesto europeo. Come vedremo molti film del periodo raccontarono questo conflitto come uno scontro di civiltà L'imma ginario italiano fu invece centrato quasi esclusivamente su di uo conflitto assimilabile ad una guerra d’indipendenza. Non stupisce quindi che siano rarissime le vicende ambientate in fronti diversi da quello italiano [5 in tutto, divise tra il fronte occidentale (Un maestro alsaziano, Passano gii Unni,.., Verso l’arcobaleno) e quello balcanico (L'eroina serba. Turbine rosso)]. Se nella maggior parte dei casi il soldato italiano si sacrifica per il pro prio paese e partecipa alla guerra non marcano episodi in cui emergono àcune macchie: imboscati (in Seppe morir e fu redento, E dopo?), soldati che non partono per la guerra con gioia (Per fa Patria?, La paure degli aero mobili nemici) e disertori (La patria redime I Ali ’ombra del tricolore, Amor che tace). Il ruolo della donna è raramente quello di un personaggio padrone del proprio destino. Negli anni del conflitto le protagoniste delle vicende sono quasi sempre vittime di maltrattamenti, di stupri perpetrati da soldati, ovviamente non italiani (L'eroina serba, Ilfiglio della guerra / L'invasore, Amor di barbaro, Cosi morì Miss Cavell, Mcriute), pronte ad immolarsi per il bene del proprio paese (L'eroina serba, Eroismo di madre / Italia mia, Savoia, urrahl, Sempre nel cor la Patria!.,./Cuore di neve, Cosi morì Miss Cavell). Diversa invece l'immagine che viene data dal cinema italiano delle donne al soldo degli Imperi Centrali. Non compaiono mai figure femminili tradizionali (madri, mogli o figlie devote), ma solo personaggi coinvolti nei piani preparati per rovinare l’avanzata italiana, spie, capaci con le proprie grazie di irretire gli uomini del Regio Esercito, donne libere e disinibite (Diana I‘affascinatrice, Vipere d‘A ustria a morte!, L‘imboscata, Seppe mo rir e fit redento) degne eredi di quelle operanti sugli schermi italiani prima del 23 maggio 1915. Non è forse un caso che le uniche donne italiane attive di fronte allo scorrere della Storia siano quelle che decidono di indossare, anche solo per un breve lasso di tempo, gli abiti maschili (come fanno le protagoniste di La doppia ferita, La maschera dei barbato). Se il gentil sesso è relegalo, quasi esclusivamente, in una dimensione domestica, è giusto invece che i giovani si preparino alla guerra. 1 più piccoli vi si avvicinano giocando coi soldatini o indossando piccole divise (si vedano i piccoli protagonisti di Bandiera bianca. Il sogno del bimbo d Italia, La guerra e d sogno di Momi) mentre i più grandi svolgendo già parte del proprio dovere servendo nel corpo dei boy scout (La doppia ferita. L’esploratore /Nova epopea. La veglia d'armi del Boy-Scout) o agendo dietro le linee senza nessuna divisa 'Gloria ai caduti). Un ultimo compito affidato (anche) alla fiction è la richiesta di parteci pare alla pubblicizzazione dei vari prestiti che lo stato e le banche lanciano
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per sostenere lo sforzo bellico (Befana di guerra. Per la Patria!, Le nozze di littoria, Verso la gloria. Cenere e vampe, Resistere). Una cosa occorre da ultimo aggiungere: che la guerra non appare, in questo periodo, come un evento totalmente negativo; anzi, questa è vi sta sovente come un farmaco per questo o quel male. I sacrifìci che essa comporta permettono di superare problemi familiari (Bandiera bianca, L'esploratore / Nova epopea. La patria redime / All ’ombra del tricolore. Buon sangue non mente. Cenere e vampe) ed anche differenze di censo e di classe (Verso l'arcobaleno, Quando il sole tramonta, Lagrime del popolo). Gli uomini avvertono il richiamo della Patria (L'avvenire in ag guato, Seppe morir e fu redento)', in trincea si sentono parte di una nuova più grande famiglia (Per la Patria!, Lagrime del popolo) e sanno che, se cadranno con le armi in pugno, il paese non si dimenticherà di loro (Guer ra redentrice). L'importanza, per la nazione, della guerra in atto fa si che tutte le parti della società italiana vengano coinvolte (se non realmente, almeno al cinema): dai garibaldini (Gloria ai caduti. Seppe mcrir e fu redento. Verso la gloria), agli stessi uomini d chiesa, sensibili, nonostante i voti del Pontefice, alla voce della Patria (Gloria ai caduti, II mio diario di guerra). In proposito bisogna ricordare il peso che riveste la fede nella v ita quotidiana, con momenti devozionali e ci preghiera mai registrati dai recensori, ma che emergono in molti dei titoli visionati (La samaritana, il sogno del bimbo d'Italia, Mariute).
3.2. Giocare alla guerra. L'infanzia e il primo conflitto mondiale
Nei film bellici, ampio spazio è dedicato ai più piccoli. I giovani protago nisti scoprono la guerra per gioco, in sogno o attraverso i racconti che un loro caro invia dal fronte. Il massiccio inves’.imento fatto sull’infanzia in ambito scolastico per sensibilizzarli, coinvolgerli71 e fame piccoli propa gandisti in ogni casa”, diviene un obbiettivo dello Stato e dei privati”. Il cinema, pur non essendo formalmente amicato dalla Stato, si allinea ad
”
Si rimanda al bel saggio di A. Fava sulla propaganda scolastica negli anni di guerra.
La guerra a scuola. Propaganda, memoria, rito (1913-1940), in La grande guerra. Espe rienza, memoria, immagini, scura di D. Leoni e C. Zadra, Bologna. Il Mulino, 1986 (ani del convegno di Rovereto).
n
A. Gibclli nel suo II popolo bambino. Infanzia e nazione dalla Grande Guerra a
Salò, Torino, Einaudi. 200$, definisce i bambini «Sentinelle della Patria». ”
A titolo esemplificativo segnalo il bel saggio di E. Chili Lucchesi, Donne, bimbe
e bambole nell'immaginario di guerra, in Leoni e Zadra, Op. cit., in cui viene ricostruita l’evoluzione della letteratura per l’infanzia, presentala su «Il corriere dei piccoli» e «Il gior-
naliao della domenica».
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una certa mentalità e diventa uno degli strumenti: «Per [far] familiarizzare il pubblico, bambini compresi, con lo scontro in ano, conferendogli un si gnificato emozionale e rassicurante insieme attraverso una procedura che combinava avvicinamento e distanziamento»7*. Bandiera bianca1* ha una trama molto semplice: padre e figlia vivono insieme in una condizione finanziaria disperata. Un giorno però un im presario ascolta il can:o di Anna e le propone di lavorare per lui al caffè concerto. Il padre rifiuta e la ragazza sembra disposta ad obbedirgli, ma l’imprenditore riesce a convincerla, offrendosi di farle incidere le vecchie canzoni del padre. Dopo uno spettacolo Anna conosce Claudio, un uomo ricco, che la sposa, ma i padri di entrambi t coniugi non accettano il loro matrimonio. Gli anni passano e i due hanno un figlio che chiamano Baby. Lo scoppio della guerra costringe Claudic a rappacificarsi col padre, il quale accetta di tenere in casa con sé solo il nipote. Anna acconsente a separarsi dal figlio, ma decide di partire per il fronte come crocerossina, seguendo il marito. In un combattimento Claudio rimane ferito, ma viene salvato dalla moglie, giunta provvidenzialmente sul campo di battaglia. I due rientrano a casa al termine della guerra vittoriosa c riescono a riap pacificarsi con entrambi i nonni, per la gioia del piccolo Baby. In questa pellicola ordinaria, per temi e messa in scena, vi è un tòpos sorprendente. Appena appresa la notizia della fine delle ostilità Baby prende la piccola bandiera italiana con la quale guidava gli amici in battaglia, getta il drappo in terra e lo sostituisce con una nuovo, da lui disegnato, in cui campeggia un ramoscello d'ulivo e la scritta PAX. La stessa bandiera compare al termine del film. A fine 1915, quando i primi film sulla guerra vengono distribuiti, la censura non tollera che venga proposta un’immagine ecces sivamente dura del nemico e permette la circolazione di un filmato che inneggia alla pace. Le reazione della critica, in un periodo in cui veniva chiesto un forte coinvolgimento del cinema in favore della guerra, non furono entusiastiche. In un articolo reperito da Martinelli il film viene de riso dal critico che lo ritiene adatto solo «Ad uso degli asili infantili»74 *76, tale era la pochezza del soggetto. In realtà la pellicola ci testimonia alcune delle aspettative legate alla guerra appena iniziata. La vicenda ci racconta di un conflitto breve (il ricongiungimento familiare è ambientato durante
74 Gibelli, Op. cit . p. 137. ”
Il film 4 conservai» presso la Fondazione Cineteca Italiana di Milano ed è anche
visionabile on line sull’European Film Gateway (EFG1914) volto a rendere accessibili una serie di filmali relativi al prim conflitto mondiate.
74 La citazione originale si trova in «Film» del 10 Febbraio 1916 ed è riportata in V. Martinelli. Cinema muto
1915. iJUm delta Grande Guerra, prima parte, Roma-To-
rino. CSC e Nuova tiri. 1992, p. 72.
46 le festività natalizie), nel quale anche le donne hanno un ruolo attivo e a cui partecipano, in prima linea, anche i più agiati. La cultura di guerra non è ancora estremamente sviluppata, ne è prova la sequenza della bandie ra della pace sopra citata. La differenza di mentalità è grande rispetto al 1916-17. In questo periodo, un film come La guerra e il sagno di Monti, che analizzeremo a breve, avrà problemi con la censura per una sequenza identica a questa: il visto venne concesso a patto che l'ultima didascalia fosse «Pax vittoriosa»”. La versione giunta fino a noi di Bandiera bianca sembra incompleta anche per la parte relativa ai combattimenti (cato che il film non ha avuto problemi in censura). Le violenza bellica amane sullo sfondo, qaasi il leggibile, mentre al centro della vicenda vi è il tentativo di superare una visione rigidamente classista della società. I due nonni, sembra dirci lo sceneggiatore del film, appaiono legati a stereotipi divenuti inattuali: una ragazza che lavora in un caffé-chantant, ad esempio, non è necessariamen te una sgualdrina o un’arrampicatrice sociale. È giusto quindi che uomini
e donne vengano giudicali non in base al censo e ai titoli, ma ai loro com portamenti c alle loro scelte. Ovviamente il film non è dirompente, non propone cioè un ribaltamen to dei ruoli sociali. Claudio è un benestante che compie il suo dovere, par tecipando allo sforzo bellico, combattendo in prima linea. Il modello ma schile che viene proposto non è anacronistico, in una guerra totale l'uomo viene ferito, non compie gesti eroici e si salva solo grazie all'intervento della moglie: l’immagine dell'eroe tradizionale scompare in alcuni titoli e vediamo come già nel 19 i 5 si provi ad inserire la vita degli uomini comuni nella fiction relativa al primo conflitto mondiale. Un altro film che racconta le vicende di una famiglia divisa dalla guer ra è fi sogno del bimbo d'Italia. La pellicola è molto breve: un uomo parte per il fronte salutando il figlio Cinessino e la moglie. La donna si dispera per la partenza cel ma rito, ma si riprende grazie agli incoraggiamenti del figlio. Mentre il padre combatte al fronte il restodella famiglia cerca di contribuire come può allo sforzo bellico: la madre cuce mentre il bambino prega. Cinessino viene portato a letto, ma invece di dormire inizia a giocare coi soldatini. Poco dopo si addormenta e sogna una guerra iper tecnologica (soprattutto ri spetto a quella mostrata dal cinema di fiction) in cui aerei e navi da guerra sonc impiegati in gran numero. Nel sogno è presente anche la fanteria, che continua a combattere come se lo scontro avvenisse in epoca risorgimen tale (battaglie in campo aperto, con scontri all’arma bianca, in una piana
” Il film venne presentalo in censura il 23 agosto 1916 e venne licenziato il 7 marzo 1917 (MIBAC, MARC, ve 12583). prima quindi della rotta di Caporeuo.
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priva di reticolati e trincee, nel quale non vi sono problemi di percezione del nemico). 11 sogno perde i caraneri del fantastico per diventare più re alistico e il piccolo protagonista capisce che quanto ha sognato e quello che sta accadendo a suo padre. Il bambino si risveglia e chiama la madre alla quale racconta quanto ha visto. Lei cerca di calmarlo e lo lascia sotto le coperte. Pochi giorni dopo però la sua visione si dimostrerà esatta. Il padre è tornato a casa e, seppur ferito, parla con la madre. Il bambino ap pena sveglio vede il cappello da bersagliere del padre e con quello cone dai genitori ed abbraccia il babbo. La famiglia si è cosi ricomposta ed il bambino esulta gridando “Viva l’Italia”. Le diversità col film della Vìdali non sono moltissime, anche perché entrambi vengono preparati nei primi mesi successivi all'intervento (Ban diera bianca viene approvato in censura il 27 novembre 1915 mentre li sogna del Bimbo d'Italia riceve il visto il 21 ottobre 19 ] 5). Se in entrambe le pellicole il padre va al fronte, é necessario specificare che nel film di Cassano assistiamo ad alcuni importanti temi che dimostrano una maturità superiore rispetto al primo titolo: il conflitto non finirà per Natale e se un scldato può rientrare a casa la gioia è comunque esclusivamente privata, quella collettiva è ancora lontana. In quest’ottica è necessario che anche il fronte interno contribuisca e, a questo proposito, non si sceglie una rottura: la madre partecipa allo sforzo bellico non diventando operaia in fabbri ca (anche perché continuiamo ad assistere a vicende che sono ascrivigli ad un ambiente sociale medio alto), ma cucendo bandiere. Altra novità sono i momenti di spontaneità religiosa. Questa non è una innovazione per il cinema muto, ma nell'Italia impegnata nella guerra occuperà una pre senza più importante rispetto agli anni precedenti. Infine, mentre i giochi di Baby (il pìccolo protagonista di Bandiera bianca} sono molto simili a quelli dei piccoli protagonisti di Cuore, nel film col piccolo Cinsssino la guerra per gioco diventa tecnologizzata e più distruttiva (anche se ancora incruenta), con tanto di bombardamento aereo su di un camion.
Altro film per bambini è La guerra e il sogno di Monti di Segundo de Chamon, uno dei maghi degli effetti speciali dell’epoca. La pellicola è costruito attorno a due differenti modi di rappresentare il conflitto. Da un lato c*è la guerra reale, combattuta dal padre di Momi al fronte, dall’altro, invece, la guerra di Trie e Trac, i giocattoli del piccolo protagonista, che dopo aver creato due eserciti, si combattono7*. Il film dimostra come si sia modificata la percezione della guerra nel 1917. Il conflitto esperito dal padre è mostrato mantenendo un’assoluta
’• Su questo film sì rimar du a G. Alongc * Gioamdoc&t i sokiaimi. "tu guerre e il sogno
di Marni'' tra propaganda e o.ercaio, in «Il nuovo spettatore»,
| (1997) pp, 167-178,
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continuità con le guerre Risorgimentali: «La perfidia del nemico, il corag gio dei “nostri” soldati, la guerra come difesa del focolare domestico, la generosità dell‘ufficiale aristocratico verso i subalterni»79. Sul campo di battaglia i soldati utilizzano moschetti, un cannoncino di piccolo calibro e sciabole. Gaime Alongesostiene che questo non dipese da un'imposizione censoria, ma dalla volontà di mantenere queste immagini nell'alveo di una tradizione consolidata, capace di permettere a tutti di cogliere le novità prodotte dal conflitto mondiale. Di contro, i giocatici di Monti combattono una guerra moderna, iper tecnologica: mitragliatrici, gas asfissianti, aeroplani, dirigibili, cannoni dale dimensioni spaventose, sconvolgono il paesaggio e rendono la ca valleria un'arma obsoleta. Alonge sostiene che «Per Chomón i modellini sono un modo di mostrare l’immostrabile, ci raffigurare la natura deva stante delle armi di distruzione di massa del Novecento»10. Altra grande intuizione del regista è quella di vedere i soldati come dei figurini tutti uguali, indistinguibili l'uno dall'altro, come i veri soldati che combattono e muoiono nelle trincee. Ulteriore elemento di interesse c la caratterizzazione del nemico: i Track infatti non riprendono gli stereotipi anti austriaci, ma quelli anglo americani contro i tedeschi. Questo è dovuto ad una precisa scelta com merciale, volta a rendere il prodotto maggiormente esportabile. Anche in questa pellicola, come in Maciste Alpino, risulta centrale la difesa della piccola patria (qui è la casa di Berto, un bambino divenuto amico del padre di Momi, conquistata dagli austriaci, riconquistata dalle truppe italiane che dopo la battaglia aiutano i civili a ripararla), tema che, come vedremo, si riverberà nel cinema fino alla metà degli anni Trenta.
3.3 Morire dal ridere Durante il conflitto molte pellicole rappresentarono la guerra in corso uti lizzando il registro corri co. Analizzando i film giunti fino a noi si nota come questo genere sia stalo declinato in due modi: nei primi mesi del con fi itto si è cercato di esorcizzare le paure legate al clima bellico irridendole, mostrando, con ironia, gli effetti che queste avevano sulla popolazione. Successivamente, all'opposto, i tratti distintivi della guerra moderna sono spariti, trasformando il primo conflitto mondiale in una guerra incruenta.
” ivi, p. 169. * tvi, p. 171.
49 La paura degli aeromobili nemici è una divertente e breve pochade in cii Cretinetti, novello sposo, dimostra una vera fobia nei confronti degli attacchi aerei e, a causa di una serie di sfortunate coincidenze, vede le proprie nozze rovinate da vari equivoci dovuti a presunti attacchi aerei. Appena terminato il rito del matrimonio Cretinetti e la moglie Dul cinea, si dirigono verso casa. Lungo il percorso si fermano a leggere un manifesto che spiega alla popolazione quali comportamenti tenere durante gì attacchi aerei: «Per l'eventualità di voli sulla città di aeromobili ne mici, visto l'articolo n° 1234567890 della legge sulla paura pubblica SI DECRETA: Segnale d'allarme - Occultamento della città - Misure di pre venzione contro gli Incendi». Il fatto che sia stato mostrato un ritrattolo contenente la dicitura «Legge sulla pubblica paura» dimostra la permissi vità ancora imperante a livello censorio nei primi mesi di guerra". La tensione e il timore per i bombardamenti sui civili, una delle dram matiche novità del primo conflitto mondiale, è costante. Le disavventure del protagonista ci fanno sorridere perché siamo all'interno di un genere codificato: sappiamo che a suonare, non è la sirena deirallarmc antiae reo, ma il clacson di un'automobile e la vera causa dell’interruzione della corrente non è l'oscuramento della città, ma la volontà della padrona di casa di poter amoreggiare liberamente coi proprio amante. Per capire quali reazioni possono scatenare questi equivoci in persone “normali” ci basta guardare come reagiscono gli invitati al matrimonio, tutti rispettabili bor ghesi. 11 panico che anche loro dimostrano è lo specchio, per noi interes sante, di quali conseguenze avessero gli allarmi aerei nella realtà15. Il terrore del protagonista non scompare al termine del supposto bom bardamento, perché, appena scopre che deve «Partire immediatamente de stinato all'artiglieria contro aeromobili», si rifiuta di muoversi. 1 piantoni si vedono costretti a chiuderlo dentro un pentolone per trasportarlo verso il fronte. La tecnica moderna produce armamenti cosi potenti capaci di
"
Sull'inasprimento della censura, avvenuto attorno al 1916. per l'intervento del Min
istero detrimento e delia Direzione Generale di Pubb rea Sicurezza, si veda V. Martinelli,
il cinema italiano in armi. L orrore delia guerra e le censura sui saldati morti, in Sperduto nei buio, Il cinema italiano e il sua tempo, 1905-30, a cura di R. Renzi, Bologna, Cappelli. 1991, p. 40.
*•'
Si pensi agli elicili del reale bombardamento di Napoli effettuato dalle zeppelin
«1.59» partito dalla Bulgaria: rimozione dei responsabili della difesa aerea «Iella zona, un’interpellanza parlamentare e un panico diffuso della popolazione che, quattro giorni
dopo, durante un oscuramento che sembrava indicare Ir. possibilità di un altro attacco aereo, «ostò tre tenti civili a seguii? di colpi mal spolettati contro un nemico che non c’era. Un resoconto dell’evento è in A. Rastelli, / bombardamenti sulle città, in La grande guerra aer
ea '915-1918. Battaglie, industrie, bombardamenti, asti, aeroporti, Vicenza, Gin? Russato,
1995, pp. 226-227.
50 generare forti ripercussioni, anche psichiche, sui testimoni della sua vio lenza15. Il cinema di finzione riesce, forse inconsciamente, a raccontare i ni invi drammatici effetti di questa guerra attraverso la prospettiva del genere comico. Come anticipato Maciste alpino affronta in maniera disinvolta il pro blema della verosimiglianza nelle scene di guerra e, come in Le paura degli aeromobili nemici, cerca di mostrare il conflitto anche attraverso uno sguardo semplice, ironico e popolare. La vicenda ruota attorno a Maciste, impegnato oltreconfìne per le ri prese di un film. Lo sccppio del conflitto tra Italia ed Austna-Ungheria sorprende la troupe in terra straniera e porta all'incarcerazione di tutto il gruppo. Grazie ad uno stratagemma, un nutrito gruppo di italiani riesce a scappare da un campo di detenzione e ad cltrepassare il confine grazie all’ospitalità e all’aiuto di alcuni irredenti italiani, guidati dal Conte di Pratolungo. Maciste regolerà prima i suoi conti personali con un austriaco che lo ha sfidato (il soldato Fritz), poi si rivelerà decisivo nell’avanzata che permetterà la liberazione degli uomini che lo hanno aiutato mentre tornava in Patria.
La pellicola è probabilmente il più grande successo di pubblico tra i film prodotti in Italia in questi anni ed il merito va ascritto alla presenza di Pagano, nel ruolo che lo ha lanciato come attore di fama mondiale: Maci ste. Determinanti furono anche il rispetto dei cliché negativi sugli austriaci (barbari, infidi, stupratori), la chiave comica, la difesa del focolare dome stico e la mitizzazione del corpo alpino che permisero a tutti i pubblici lontani dal fronte di trovare conferme di quanto avveniva ài fronte. Il film alterna sequenze guerresche nelle quali Maciste sembra ignorare tutte le difficoltà sopportate dai comuni soldati, come la rigidità del clima o la difficoltà degli spostamenti in montagna, con altre, più rare, che ri propongono, in maniera spettacolare ma fedele, i rischi della quotidianità della vita in montagna (in particolar modo quelle dovute agli spostamenti dì uomini e mezzi) * 4.
"
Si rimanda per i danni psichici della guerra moderna al classico A. Gibell i. l'officina
della guerra. La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale, Torine. Bollati
Boriighicri. 1991, in particolare pp. I22-I29cpp. 164-171.
"
Per Brunetta queste soro scene di verità passate indenni in censura, si rimarda al suo
saggio L'immagine della prime guerra mondiale attraverso it cinema, in Operai e contadini nello Grande Guerra, a cura di M. Isncnghi, Bologna. Cappelli, 1982. pp. 281-82
51 Gli scontri, come ha giustamente inteso Brunetta, mostrano una guerra privata che ha lo scopo di occultare il conflitto confermando tutti gli stere otipi conoscitivi precedenti: «Le stragi, i battaglioni mandati al macello inutilmente, gli eroismi al trettanto inutili vengono rimossi a favore di una rappresentazione di una guerra vittoriosa c travolgente nella quale il problema del nemico austriaco si risolve, in apparenza senza bisogno di centinaia di migliaia di modi, ma con due semplici pugni ben dati o alcuni polenti ealcioni nel sedere1*».
Questo, perù, è vero solamente per la prima parte del l'opera perchè, con la cattura del soldato austriaco Fritz Flutter, la guerra diventa una lotta per la difesa delia piccola patria, la casa del conte di Pratolungo. Nella villa, precedentemente, avevano trovalo aiuto gli italiani che cercavano di passare il confine. Qui vive anche Giulietta, la fidanzata di Giorgio, un italiano irredento che si è arruolato nell’esercito sabaudo ed è divenuto artico del protagonista. Le azioni belliche di Maciste, dapprima, rispettan do gli stilemi del periodo con azioni tipiche del conflitto (anche se private di ogni rischio), come il posizionamento di tubi di glicerina vicir.o ai reti colati, poi diventano sempre più fantastiche. Maciste fa prigionieri alcuni soldati austriaci, scuotendo gli alberi sui quali si sono posizionati, scala «Insormontabili montagne», atterra i nemici usando palle di neve, li im mobilizza sedendosi sopra di loro, tira pietre dalla cima di una montagna per travolgere un battaglione (come se giocasse a bowling}, libera un bal cone, pieno di nemici, iti lizzando un ceppo infuocato, usa un prigioniero come slittino e gli altri come cani da slitta. La seconda parte del film è dedicata ad un tema fondamentale per la propaganda italiana: quello della difesa dei propri cari. Date le sorti della guerra, condotta fino a vaporetto in territorio nemico, questo tòpos è stato declinato sulla difesa degli irredenti. La villa di Pratolungo è il luogo dove gli italiani vengono rifocillati e accolti con spirito cristiano811 dal padrone di casa. Impossibile pensare di abbandonarli nel momento del bisogno. Alonge sostiene che il segreto del successo del film è il suo essere mo derno, quindi la rottura coi modelli di rappresentazioni del XIX secolo che permette a Maciste dì essere compreso così chiaramente dai suoi contem poranei. Per riuscire ad abbandonare l’anonimato della guerra moderna la
”
/w.p.2S2,
I registi pensano bene dì rendere trasparente questa similitudine inserendo una di dascalia di un celebre passo del Vangelo di Matteo (XXV, 14-35): «Benedetti dal Padre mio imperocché ebbi faine e mi ckstc da mangiare, ebbi sete e mi deste da bere; fui pellegrino e
mi riceveste».
52
produzione non sceglie la via del melodramma, molto in voga in quegli anni17, ma la slapstick comedy. Queste caratteristiche rendono il film dif ficilmente imitabile all’estero, nonostante il grande successo ottenuto in vari paesi, in particolare in Francia. Anche in Italia, giova ricordarlo, non mancarono i problemi censori sia prima che durante la circolazione nelle sale. È interessante notare la scelta di fare impersonare a Pagano un alpino. Per Alonge «L'alpino simboleggiava infatti il combattente obbediente e determinato, che non ha voluto la guerra ma che è pronto al sacrificio, con il quale i soldati-contadini italiani sono chiamati ad identificarsi, almeno fino a Caporetto, quando la difficoltà del momento porterà a optare per figure più aggressive, come gli arditi»11.
3.4. Donne
Di particolare interesse é l'analisi dei film aventi per protagonisti dei per sonaggi femminili. Molte sono le pellicole simile a Diana l'affascinatrice, dove la pro tagonista (in questo caso una spia) è molto simile a quelle eroine capaci di suscitare grandi interessi nel pubblico d'anteguerra. Come in altri film dell’epoca la donna è chiamata a scegliere tra i propri sentimenti verso l’uomo che ha imparato ad amare e il proprio paese. Più interessante è La samaritana. Il noto tema del triangolo amoroso viene rivisitato nel clima culturale del conflitto europeo. Giorgio ed Anna sono due giovani in procinto di sposarsi, i loro progetti devono però essere accantonati a causa dello scoppio della guerra. Giorgio viene richiamato ed arriva al fronte dove guida un attacco per salvare una donna triestina, Delia. L’ufficiale viene rerito, ma in ospedale la ragazza si vota alla sua guarigione e se ne innamora, tanto da offrirsi per una trasfusione di sangue che gli salverà la vita. Arche Anna, la fidanzata, raggiunge il capezzale del futuro sposo e lo assiste durante la convalescenza. Delia, ormai rassegna ta, sacrifica il suo amore per quello della coppia.
n
Sul melodramma nella prima guerra mondiale ri veda il saggio di L. MidkifT De
Bauche, Melodrama and the World War I Warfilm, in 1 Umili della rappresentazioni, Cen sura, visibile, modi di rappresentazione nel cinema, a cm di L. Quaresima, A. Ratego e !..
Vichi, atti del VI convegno imemazionale di studi sul cinema (Udine 17-20 man» 1999), Udire. Forum, 2000, pp. 177- 87.
* G. Alonge. Cinema e sterra. //film, la Grande Guerra e l'immaginario bellico del
Novecento, Torino, Utet, 2001 p. 72.
53
1 motivi di interesse sono tutti dovuti alla figura di Delia, detta «La bella triestina», una donna dal look moderno, coi capelli corti, fumatrice, disinvolta e disinibita con gli uomini. La donna accetta la corte di Von Altrich, un ufficiale austriaco, ma quando questi «Volle imporre alla Trie stina Delia di brindare alla vittoria delle ami austriache contro l’Italia» lei rifiuta rispondendogli: «Oh Signore! Sono triestina io; viva l’Italia». Dopo una breve lotta la donna, tult’altro che passiva e indifesa, uccide l'ufficiale austriaco e si rifugia in Chiesa. Qui viene arrestala dai soldati che, mentre la scortano verso la prigione, vengono intercettati da un gruppo di soldati italiani. Il film offre alcune immagini, probabilmente documentarie, inutili ai fini del racconto, dei «Titani d'Italia che domano le Alpi eccelse», cioè di alcuni soldati che scalano una montagna e posizionano sulla cima dei pezzi d'artiglieria. Non è certo casuale che le immagini non mostrino mo menti drammatici dello scontro, né azioni del nemico, ma si limitino a momenti “sportivi”, di abilità, in cui il rischio è dovuto a possibili man canze proprie e non alle insidie dovute dalla presenza degli austroungarici. La guerra è ancora un evento rappresentato esclusivamente in maniera rassicurante. Anche lo scontro tra i soldati austriaci e quelli ita! ani sem bra ottocentesco per il modo in cui è descritto, con piccole pattuglie che escono improvvisamente dalla boscaglia e, in campo aperto, iniziano un duro scontro all’arma bianca, senza che nessuna sentinella li veda e senza l’utilizzo di armi da fuoco. Von Altrich, l’ufficiale austriaco, viene mostrato come infido e lussu rioso, un barbaro che testa le sue pistole in casa, seduce le donne, tenta di far loro violenza e utilizza su di loro un frustino come ultima argomenta zione. Contemporaneamente, però, sembra possedere alcune caratteristi che che renderanno celebre le caratterizzazioni fatte da Von Stroheim nel dopoguerra per rappresentare la decadente nobiltà mitteleuropea: perverso ma contemporaneamente galante, barbaro, ma gourmet (sulla sua tavola vediamo solo champagne e piatti ricercati) e mentre gli altri ufficiali af follano un satollino con le loro donne lui si isola tirando una tenda per rimanere appartato con Delia. I suoi soldati non rispettano la sacralità del rifugio in chiesa e l’attacco in cui viene ferito Giorgio è rappresentato come un’imboscata sleale, dove l’eroe italiano non può difendersi. In questa pellicola osserviamo la forte presenza femminile, quel matriottismo proposto da Brunetta”, che vede le donne impegnate come, se ncn di più, degli uomini. Il fronte è loro precluso, ma è il loro sostegno
" G.l’. Brunetta, La guerra lontana. La prima guerra mondiate e il citwme tra i tabù del presente e la creazione del passato. Rovereto. Bruno Zaftbni, senza data (mi presumi
bilmente 1985), p. 49.
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che sorregge gli italiani in guerra, è nel loro orgoglio la chiave della sal vezza d’Italia, ed è la loro presenza che permette il funzionamento degli ospedali. Possiamo vedere in Delia la personificazione di Trieste. Italiana, a stretto contatto e convivente con gli austriaci, che la vorrebbero diver sa: ancora più lasciva e pronta ad offendere i suoi natali. Lei però è fiera della sua italianità. Il modo in cui è stata rappresentata corrisponde allo stereotipo della donna moderna (capelli corti, sigaretta seducente tra le labbra e stile di vita indipendente) ed è interpretabile come l’incarnazione della Trieste cosmopolita, crocevia commerciale e porto dell’impero Au stroungarico. Il richiame ai valori patriottici e l’eroismo manifestato da un saldato italiano la faranno pentire e schierare contro il malintenzionato seduttore fino a farla diventare «La Samaritana», una donna disposta a sa crificare la propria felicità personale, a vantaggio di chi l’ha redenta e una crocerossina assai diversa (e socialmente più accettabile) dalla seducente ammaliatrice d'inizio film. La sua incarnazione femminile richiama le te orie di Banti sull’immagine (femminile) della Nazione, che vedono nella donna il simulacro dei valori della Patria e la chiave d’accesso alla comu nità nazionale90. Delia \ Trieste è pronta a diventare simbolo, esempio pa radigmatico del suo popolo quando si uniforma ai modelli ottocenteschi: casta, pura, disarmata e rispettosa del ruolo di genere a lei più consono, quello di consolatrice e (fi donna che piange e prega.
Una differente immagine femminile è trasmessa dal film per il prestito nazionale Maritile, nel quale sono raccontate le sofferenze di una donna nel Veneto occupato dag i austriaci. La cornice della vicenda è la vita re ale della diva Francesca Bertini, capace di farsi attendere per ore sul set. Quando finalmente giunge agli studios l'attrice ascolta un uomo appena rientrato dal fronte che “racconta le feroci sevizie che subiscono le popo lazioni oppresse dall’invasore’'. Questa vicenda impressiona la diva a tal punto che non riesce a distrarsi attraverso i suoi soliti svaghi (il teatro e la lettura), né a dormire un sonno sereno. La none Francesca sogna di essere una dui ma uun tic figli e il marito al fronte. Tre soldati austroungarici la vedono e la stuprano, ma viene vendicata da un anziano, che riceve il rin graziamento della madre e dei bambini. “L’impressione del sogno terribile e angoscioso, accende di viva fiamma d’amor patrio il cuore di Francesca Bertini’’ che il giorno dopo arriva puntuale sul set, lasciando sbigottiti i suoi col leghi.
* A.M. Banti, L'onore delta nazione. Identità sessuali e violenza nel nazionalismo
europeo dal XVlll secolo alla Grande Guerra, Torino, Einaudi, 2005, p. 245.
55 Il film, al di là della divertente ed autoiranica messa in scena del mon do del cinema, colpisce per la forza della cultura di guerra: l’anziano che intende lavare l’onta dello stupro con un triplice omicidio diventa, per la donna e per i suoi figli, un giustiziere capace di riportare equilibrio dove la serenità è stata turbata. Questo modo ingenuo di raccontare la violenza sessuale ci mostra tutta la pervasività di una mentalità fortemente influen zata dagli eventi bellici. * Zagarrio 1 sostiene, rifacendosi alPautobiografìa della Diva, Il resto non conta, che il film sia stato preparato tra la fine del 1917 e l’inizio del 1918 su pressione di Donna Ida Orlando, moglie dell’allora presidente del consiglio.
Conclusione ideale del nostro percorse sul l’immagine femminile in questi anni è II canto della fede. La pellicola racconta la storia di un eroe dì guerra (Luciano dello Slelvio) che, ferito durante un’azione eroica, tra scorre in ospedale la sua convalescenza. Qui incontra Mary, una croceros sina già sposato con l’avvocato Sori, che propone al marito di ospitare il militare in casa loro fino al termine della sua convalescenza. I coniugi si prodigano per non fare pesare alla popolazione il peso del conflitto: ospi tano gli sfollati, organizzano conferenze patriottiche e gruppi di cucito a sostegno dei militari. Luciano si innamora di Mary e dichiara alla padrona di casa i propri sentimenti. Lei, pur essendo turbata dal soldato, rimane fedele al marito. Luciano, in un primo momento, non si rassegna, ma, compresa l’inutilità delle sue richieste, decide di ritornare al fronte. Il film mostra alcuni elementi rivelatori sulla situazione socio-politica degli ultimi anni di guerra. L’entusiasmo verso il conflitto (se mai vi fu) è sicuramente esaurito, anche sullo schermo. La manifestazione patriottica fatta al circolo nazionale vede partecipa re un unico gruppo sociale, la ricca borghesia e, se non vi sono espliciti momenti di condanna della guerra, nel film manca una vera propaganda a fasore di questa o delle sue motivazioni. Anche Luciano, il militate prota gonista della vicenda, adotta una morale differente da quella tradizional mente accettata. Lo vediamo violare le regole dell'ospitalità, insidiando, due volte, la moglie del padrone di casa. Il personaggio può essere visto come l’incarnazione di quell’egoismo, sacro o profano, che animò l’inter ventismo italiano. 11 suo rivale in amore, con cui rimane in ottimi rapporti e con cui discute di «Alti ideali» (i propri racconti di guerra), è una figura
V, Zagarrio, Morirti?, un mefufi/m M muto, in ^Immagine. Note dì storia del cine-
*, rna
2(T9S3)fc pp.9-tO.
56
a lui antitetica. Sori non è partito per il fronte e non ha combattuto, ha una bella moglie ed una splendida casa. Esalta al circolo patriottico le imprese belliche, ma non può che ascoltarle o dalla voce di chi effettivamente le ha compiute o dai giornali. Si crea così un contrasto latente tra l’ufficiale, che ha effettivamente fatto la guerra, e quella figura cosi ostile ai soldati di linea, del patriota imboscato, che esalta il conflitto pur non avendovi mai partecipato’2. Il loro scontro ha al centro una donna che diventa giudice dei due protagonisti. Lei sceglie il marito \ avvocato, obbligando il militare a «Sposarsi con la bandiera» che lei ha cucito. Già in tempo di guerra troviamo una profonda spaccatura tra l’alta borghesia e i gruppi di più modesta estrazione sociale che si acuirà nel dopoguerra. I soldati al fronte sono pronti a prendere qualcosa che non gli spetta e gli strati più deboli della popolazione vengono addirittura esclusi dalla scena”. Si è tornati ad una visione platonica della società: i governa * tori filosofi (le classi più altolocate che governano e fanno riunioni patriot tiche nelle quali si rivolgono solo ai loro simili), i guerrieri e i produttori. Se Brunetta vede in questo film un esempio di matriottismo e di “gran de retrovia”, che accredita l’impressione di assoluta solidarietà tra i nobili e i combattenti e che unisce tutta la nazione , ** ritengo invece pertinente una lettura totalmente differente: sicuramente vi fu una grande partecipa zione femminile al conflitto, ma non mancò nemmeno un duro contrasto tra combattenti e fronte intemo, riassumibile nel finale del film, quando il soldato riparte verso la prima linea dove difenderà la bandiera cucita per lu i dalla donna amata, rimasta a fianco di un ricco avvocato che non vedrai mai la guerra. Il conflitto è ancora in corso, ma la peli icola anticipa alcuni problemi che si manifesteranno nel dopoguerra: come arginare le pretese della parte che si considera sana della nazione, quella che ha fatto la guerra? Le delusioni, mostrate senza essere condannate, pongono alcune questioni che faranno
r
Molto efficace
I» dcfìiì/inne daln dn Prezzolinosi) cosa frwu» la propaganda prima
di Ctporetto: «Si chiamava propaganda ordinare dei soldati sull'attenti in un cortile, dopo otto ore di fatiche e lì. togliendo un'ora di libertà, obbligarli a sentire la chiacchierala di un
avvolto inabile alle fatiche di guerra». In G. Prezzolino. Vittorio Veneto, in «1^ voce)», 1920, p. 15 e 16 citato in Maria Isncnghi e Giorgio Rochat, La Grande Guerra 1914 *1918
Milano, La nuova Italia, 2000, p. 309. ,J
Sembra quasi che questa pellicola subisca il fascino di alcune di quelle argomenta
zioni musso! iniane etichettate dal suo autore come «Trinixrocrazia» (da un celebre articolo apparso su «Il popolo d'Italia» il 15 dicembre 1917). Renzo De Felice, nel suo Mussolini II
rivoluzionario. 1883 *1920,
Torino. Einaudi, 2005 (I ed. 1965). legge questo periodo come
quclb che segna il vero superamento del socialismo dell'uomo di Predappio. Nella celebre monografia dello storico I'argumento viene trattalo alle pp. 403-18.
*•
Brunetta, L immagine della prima guerra mondicle, cil.. p. 225.
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crollare il sistema democratico nel dopoguerra e che Mussolini sfrutterà per creare una società nuova in cui i reduci avranno un ruolo cruciale.
Focus: li cinema francese e statunitense durante la Grande Guerra
La guerra che attraversava l'Europa è uno di quei soggetti che l'industria cinematografica di tutti i Paesi non poterono permettersi d’ignorare. Due casi in particolare meritano la nostra attenzione: quello francese e quello statunitense. Fino all'inizio del conflitto 14-18 la prima potenza industriale del set tore era la Francia: alla vigilia della prima guerra mondiale il cinema fran cese era a capo di una rete distributiva mondiale, in espansione anche negli Siati Uniti, capace di esportare i propri prodotti più raffinati (come quelli prodotti dalia Saciété dufilm d’Art, sorta grazie al contributo della Société des Auteurs et des Gens de Lettres, specializzata in film storici o derivati da opere letterarie o religiose) e quelli più popolari (il burlesque di Romeo Bosetti e Jean Durand, le pellicole comiche o i primi films criminelles) in tutto il globo. Questa età dell’oro si interruppe con l’inizio del conflitto. Le industrie vennero riconvertite c la produzione cinematografica si bloccò comple tamente fino all’inizio del 1915. Gran parte dei cineasti venne chiamata sotto le armi e, solo in un secondo momento, ad alcuni di loro, venne con cesso di collaborate con la sezione cinematografica dell’esercito. Il cinema bellico francese di questo periodo, come quello italiano, si caratterizzò per reputazione delle immagini più violente e, in un primo momento, per la scelta di rappresentare il conflitto attraverso la comme dia. La messa in scena della guerra si scontrò, naturalmente, con la realtà di una carneficina che prosegui sempre più violenta andando a intaccare la credibilità della settima arte. In questo precesso di revisione risultarono derisivi anche altri media: il cinema d’attuaLtà c la fotografìa screditai uno in maniera inequivocabile quanto mostrato nelle pellicole di fiction. Col passare del tempo i costi umani del conflitto non vennero più taciu ti, anzi, il cinema francese da un certo momento in poi, non li nascose più. Tra i tanti titoli di questo tipo L’empreìnte de la Patrie mostra tutte la forza dola cultura di guerra. Nella pellicola assistiamo, infatti, alla distruzione di una famiglia francese. Il padre, un ufficiale dell’esercito, non perdona al figlio d’essersi arruolato coi tedeschi, dopo il matrimonio con ura donna di quel Paese. 11 giovane protagonista non ottiene il perdono paterno nem meno in punto di morte, dopo aver confessato di essere stato ucciso per aver rifiutato di sparare contro i suoi compatrioti.
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La pellicola più indicativa è, però, Mères Francoises, un film apprezzatissimo sia dal pubblico che dalla critica, in Francia come all’estero. Se parte del successo è «scrivibile «Ila presenza di Sarah Bernard, i registi Hcrvil e Mercanton dirigono una pellicola commovente e coinvolgente. Una piccola località francese viene sconvolta dall’inizio del conflitto, considerato come «un chose impossible». La guerra, per quanto susciti stupore, non provoca reazioni negative e la partenza dei soldati verso il fronte avviene tra fiori, bandiere e sorrisi. Le uniche preoccupate sono le donne. Le prime operazioni del conflitto (le vittorie tedesche) non ven gono raccontate, ma la guerra pare iniziare direttamente con il successo francese sulla Marna, a testimonianza dell’incapacità di spiegare quanto avvenuto nei primi mesi delle ostilità. Se il dovere degli uomini è quello di combattere, anche le donne sono chiamate ad assolvere un compito du rante il conflitto, quello dell’assistenza ai forili. Il film sembra seguire un doppio binario: la messa in scena del conflitto è meno accurata rispetto ad altre pellicole: le trincee sono circondate da campi verdi, i soldati vivono con estrema naturalezza in questi spazi e sembrano costantemente fuo ri pericolo. Le sequenze dell'attacco mistificano i reali costi umani della guerra moderna: i fanti escono indisturbati ed incolumi dalle trincee, non si vedono bombardamenti e la scelta di filmare questa sequenza con un campo lunghissimo la rende meno drammatica. Se la parte al fronte appare edulcorata (o per l’autocensura o per la censura, contraria a mostrare scene capaci di infiacchire lo spirito pubblico), l'occhio rivolto verso le retrovie è impietoso: il dramma della morte di un familiare è reso con totale credi bilità dalla Bernard e il destino del soldato rimasto cieco e solo (dopo aver “liberato" dal suo giuramento la fidanzata) non ha nulla di consolatorio. A mitigare quest’atmosfera cupa è il nazionalismo che permette alla madre, rimasta senza figlio e senza marito, di consolarsi pensando ad un bene collettivo: «Ceux que nous pleurons sont morts pour que la notre mère à tous, la France, ne meure pas’5». Nonostante questa affermazione il finale del film presuppone un futuro diverso da quello militarizzato della guer ra: «Pouf que les mères n’aient plus à souflrir, il faut que la France fasse encore la guerre: la guerre à la guerre, et que l’aubc des paradts futures s'allume à l’éclair des baYonnettes franrjaises95'». La conclusione proposta dai registi non lascia dubbi sulle loro convinzioni patriottiche: nel futuro dei francesi c’è solo una vittoria che mette fine alla guerra, una vittoria.
*■
«Quelli che noi piangismo sono morti affinché, la Francia, nostra madre comune,
non muoia» IT.d.a.).
*
«Perché le madri non debbano più soffrire, bisogna che la Francia faccia ancora la
guena: la guerra alla guerra; t che l'alba del paradiso futuro s'accenda al chiarore delle baionette francesi» |T.d.a.|.
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quindi, non di compromesso, ma totale, che deve essere ottenuta a tutti i costi. La guerra al cinema, anche nell’anno di minor tenuta del fronte interno, non viene mai messa in discussione.
Mentre la guerra iniuria in Europa il cinema cambia grazie al l’impulso decisivo di quanto avviene negli USA. In particolare Véray ha sottolinealo come il cinema statunitense abbia modificalo la percezione della violen za bellica. L'uso del montaggio risultò decisivo per un cambiamento che travalicò le barriere di genere, rivoluzionando l’intero sistema narrativo c inematograftco”. Molti storici si sono interrogati sulle cause dell'espansione dell’indu stria cinematografica a stelle e strisce verso l'Europa. Abel ritiene che la circolazione delle opere statunitensi in Europa è da ascrivere ài successo di pubblico di alcuni titoli. Nella primavera del 1915 arrivarono a Parigi le prime commedie della Keystone (con Fatty 2 Chaplin) e in dicembre ven ne distribuito il primo episodio de The Exploits of Eiaine (titolo italiano: I misteri di New York con Pearl White come protagonista). Entrambi questi film mostrarono la superiorità tecnica e recitativa, considerata più naturale e spontanea, del cinema statunitense”. Martinelli, invece, non attribuisce all’arrivo di un determinato titolo un ruolo epocale. Lo spartiacque per lo storico italiano deve essere identificato col viaggio che i produttori ame ricani faranno verso l’Europa dopo l’ingresso degli USA nel conflitto nel 1917 per assicurarsi la libera circolazione dei loro prodotti sui mercati . ** alleati Il cinema USA dedica diversi titoli alla guerra in corso. Prima per mo tivare la propria neutralità, poi, dall’aprile 1917, per giustificare ideologi camente l’entrata in guerra del Paese a fianco degli Alleati100. Tra i vari titoli usciti prima della partecipazione attiva al conflitto biso gna citare Battle Cry of Peace, nel quale viene mostrato un attacco a New York orchestrato da una forza militare straniera immaginaria. Scopo di questa pellicola era sensibilizzare il pubblico statunitense al pericolo rap presentato, anche per gli interessi USA, dalle guerra mondiale. Altrettanto
”
Véray, Op. cit.. pp. 55-68.
”
R. Abel, French Cinemi. The Fini
1915-1929, Princeton, Princetcn Univer
sity Press, 1984, p. [0.
” V. Martinelli. L'eterna invasione, ti cinema americana degli anni Venti e la critica
italiana, Gemona, Cineteca del Friuli, 2002 p. 7. "° G. Alonge, Griffith, t/itxon e il cav. Barattato. Due film americani nell'Italia dei
1915, in Cinema c storia 201?. La storia international!: e il cinema. Reti, scambi e transfer
nei '900, a cura di S. Pisu e P. Sortiti, Catanzaro, Rubetino, 2017.
60 spettacolare, con un messaggio diametralmente opposto, Civilization, in cui Cristo, reincarnatosi, ha un ruolo decisivo nel ristabilire la pace in terra. Comune ad entrambi i film è la forza del montaggio, capace d. scioc care gli spettatori, grazie al “bombardamento" «D’impression visuelles in-édites, parviennent à évoquer le dynamisme, la mécanisation et le caractère destructeur du confìit"”». Se il cinema statunitense riuscì a stupire visivamente, di minore impat to fu il tentativo di Griffith di mostrare l’essenza dell’esperienza bellica. Quando, poco prima dell’ingresso in guerra degli USA, Griffith accettò di dirigere un film sul conflitto in corso, realizzato con capitali inglesi, ottenne tutto ciò che chiese, ivi compresa la possibilità di fare riprese dalla prima linea. Queste, però, non soddisferanno il regista, che, alla fine, de cise di rigirare la quasi totalità delle sequenze negli studios. La guerra di trincea non corrispondeva a quella da lui ripresa in The Birth ofa Nation. Quando, alcuni mesi dopo, Griffith tornò in prima linea per girare nuove sequenze "dai vero” dovette arrendersi all’evidenza: risultò impossibile utilizzare le immagini ddla prima linea in un film narrativo senza esporre attori e tecnici a dei rischi mortali.
1,1 Véray, Op. cit., p. 58.
CAH'imn ?
IL CINEMA DEL DOPOGUERRA, TRA STATO LIBERALE E FASCISMO
Dal 30 ottobre 1917 al 23 giugno 1919 Governo Orlando Dal 31 ottobre 1922 al 25 luglio 1943 Governo Mussolini
Film passati in censura nel 1919: 906 di cui 428 italiani Film passati in censura nel 1940: 339 di cui 83 italiani1 Film italiano di maggior incasso nel 1940: Maddalena... zero in con dotta di Vittorio De Sica2
Trailer
Fascismo prima parte: controllo dell’informazione, autocensura nell’intrattenimento? Fascismo seconda parte: l’intervento sul cinema La pacificazione liberale Tra fascismo partito e fascismo movimento: Il grido deU'aquiìa La Grande Guerra e il regime: Le scarpe al sole
All’indomani della fine delle ostilità le aspettative sul dopoguerra era no moltissime. Si era combattuto per mettere fine alle guerre, per la pace, per l’autodeterminazione dei popoli, per il prestigio, per salvare la civiltà, permettere fine all'ingiustizia.
1 dati, fomiti da httpy'www.italiaiaglia.it/. non tengono conio della differenza tra cortometraggi e lungomctragg.
■
Citalo in Documenti, a cura di S. Carpiteci, in Storia del cinema italiano, voi. VI,
1940-1944. a cura di E. G. Laura, Vcnezia-Roma, Manilio e Edizioni Bianco e Nero, 2010.
62
Il conflitto determinò invece la fine della centralità europea e frustò tutte (o quasi) le aspirazioni e i sogni di chi vi prese parte. Traverso’ ha letto il periodo 1914-1945 come una nuova guerra dei Irent’anni, ponendo quindi l’accento sulla conflittualità, interna ed esterna, che serpeggiò per tutto il periodo e che riesplose con la seconda guerra mondiale. Questa sua interpretazione, sicuramente suggestiva, dimentica che in questo pe riodo si inaugurò una nuova era delle relazioni intemazionali (grazie alla Società delle Nazioni) che crollò sotto i colpi delle politiche estere aggres sive ed espansionistiche dei movimenti reazionari che si instaurarono in Italia, Germania e Giappone. Questa aggressività fece di due paesi (USA e URSS), fino a quel momento lontani dalle vicende europee, gli arbitri dei destini del continente. Il dominio coloniale, seppur meno solido, prosegui, anzi l’Italia fascista occupò anche l'ultimo degli stati africani non oppressi da ura dominazione straniera, l’Etiopia. Le prime illusioni a cadere furono quelle della classe dirigente, convin ta di aver vinto in proprio la guerra, puntellando il fronte dopo Caporetto e battendo il nemico austroungarico a Vittorio Veneto. Il governo sembrò rimuovere l’aiuto alleato (militare, politico ma soprattutto economico) c il sacro egoismo approdò a Versailles, dove però le sorprese, sgradite, non mancarono.Già prima della fine della guerra gli orientamenti italiani nei confronti del confine orientale furono duplici: da una parte vi era la clas se dirigente liberale che voleva continuare ura politica estera di poten za, volta a garantire una posizione di dominio degli italiani in Dalmazia; all'opposto gli interventisti di sinistra (tra cui Salvemini e Bissobti, ai quali si unirono anche alcuni liberali tra cui Amendola e Albertini) auspi cavano un accordo con le minoranze oppresse dall'impero austroungarico per sistemare pacìficamente i confini. Questa politica, in linea col pensiero wil scoiano, venne bollata come rinunciataria dai nazionalisti italiani. L'in staurazione di un governo prima e di una dittatura poi che cercarono di ap propriarsi del conflitto per avere un proprio mito fondativo, presentandosi a Vittorio Emanuele III come l’Italia di Vittorio Veneto (implicitamente opposto a quella scioperala e scioperante di Caporetto), “ingessò” ancora di pia il culto della guerra della quale i fiiscis.i si volevano credi, elimi nando qualunque lettura non allineata a quella direttamente propalata. Lo sviluppo e le modifiche del regime avranno conseguenze anche sulla ge stione della memoria della prima guerra mondiale, cosi come i (limitati e regolati) scambi cinematografici con l’estero.
’
E. Traverso. A ferro efur.co La guerra civile europea 1914-1945, Bologna, Il Muli-
no» 20)7. L’autore rielabora la tesi sostenuta da E. Nolte in Nazionalsocialismo e bolscevis
mo: la guerra civile europea 1917-1945, Firenze, Sansoni, 1988 (cd. oc. 1987].
63
Cinema italiano 1919-1940
Ir Italia, al termine della guerra, non assistiamo ad una drammatica crisi economica del settore. 1 cinema continua sui la scia del periodo prebellico a mietere successi, anche se i problemi cominciano ad addensarsi alforizzonte. La fine delle ostilità e il riaprirsi dei mercati vede r Italia perdere posizio ni in alcuni mercati esteri (Francia. InghiIterraT Svizzera, Brasile e Stati Uni ti], durante il conflitto nolto dinamici nel (’assorbire i nostri prodotti. Come scrisse acutamente Del lue parte della crisi fu dovuta alla scelta dei soggetti: «Quando II film lialieno ebbe raggiunto una importanza mondiale che le cavalcale di Giulio Cesare. Maracanlonió * Caligaio, Chris fus e con gli imperatori e profeti dèi mondo latino, si è sentito probabilmente disgustato dalla vita ed ha pensalo di suicidarsi. Ha trovalo il modo giusto nei roman zo francese. Tutti i romanzi francesi sono diventati film italiani4».
t produttori si trovarono ad affrontare, oltre a quello economico, altri gravi problemi: i mutati gusti cinematografisi del pubblico, che smette di adorare lo stile italiano (linguisticamente ed espressivamente invecchiato molto e male, con una sintassi narrativa molto lontana da quella statuni tense), e il timore causato dallo spettro di una drastica ristrutturazione del settore, «Il declino del cinema italiano negli anni *20 è stato molto rapido: da un punto di vista solamene produttivo - conviene precisare - perché la qualità era quella di sempre, con una normale percentuale di film buoni e cattivi. Ed anche il confronto con là produzione estera che ci faceva una accanita con correnza sul nostro mercato, non ci appare cesi disastroso. Sono paragoni che ripugnano alla critica ma BenHur - del resto visto in Italia solo nel 1931 - era veramente superiore a Teodora? Come spettacolo, intendiamo, come attrattiva su un pubblico che intendeva, allora come oggi, essere distratto?3».
L Un primo cambio di passo Neirimmediato dopoguerra la percezione del mezzo cinematografico è mutata: nei territori recentemente annessi al Regno d *Italia ne viene sfrul-
*
La citazione proviene da Brunetta, Storia, vol. L cit., p. 228. La citazione originale
di Celine è ne II’arti colo Ctotwj sulla rivista «Paris-Midi» del 27 juin 1919,
’
R. Redi, Cinema mute Mno
1999. p 175,
Rama, Biblioteca di Bianca
Nero,
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tata la forza propagandistica, sia coi soldati, che con i civili. Il 3 dicembre 1918 il Capitano Capo Sezione P richiede films patriottiche e di guerra edite dalla Sezione Cinematografica del Comando Supremo o da quella della Regia Marina («graditissime ai soldati») per poterle proiettare a Me rano, Bolzano, Bressanone e Trento *. Nel dicembre del 1918 il Tenente Generale del Comandante dell’Armata Morrone, richiede a S.E. Coman dini, commissario Generale per l'Assistenza e la Propaganda Civile, alcu ne pellicole’ «Per efficace azione di propaganda fra le popolazioni oltre l'antico confine'». Richieste simili arrivarono dal governatorato di Trieste, da Pota, dal comando interalleato di Fiume e dal comandante della 9.a armata, anche lui interessato a proiettare filmati «Per svolgere attiva ed efficace propa ganda presso le popolazioni civili [...] che dovrebbero venir proiettate nei cinematografi già funzionanti in Udine e Gorizia9». Il repentino cambiamento d’atteggiamento dei funzionari italiani nei confronti del cinema è il frutto di una nuova sensibilità dei comandi civili o dei politici, modificatasi però in maniera sospettosamente rapida. Proba bilmente la frequentazione con tecnici dcirinformazionc alleati (francesi e soprattutto statunitensi) ebbe un ruolo rilevante nella percezione dell'ar retratezza italiana in questo settore, dato il successo che la cinematografia riscuoteva nel Paese.
1.1. La preoccupazione dei mercato
Il fascismo, dopo la marcia su Roma, non sconvolgerà il settore. Anzi per diversi anni non, compie nessun intervento radicale per fascistizzare il cinema. Come ha scritto Gili il regime si manifesterà negli anni Venti, unicamente in maniera negativa attraverso la censura. L’uso politico del
4
ACS, PCM. rnmmi^arìpfn (rrrwmlc pw l’nwisterviì civile e In propaganda interna,
b. 20. fase. 1099.15/1C.
1
II militare chiede che gli siano inviati il maggior numero di films. In particolare
domanda: Battaglia della Bainsàza, Battaglia dall ‘astica [sic] al Piave. Tira i ghiacciai e
le nevi del Tonale. Dal Trentino al Rombon, Il primo saluto di Trieste a! suo re. Dal Piave a Udine liberata. Dal Grappa a Belluno. La redenzione di Trento, Da Capo d'Istria a Fiume.
L’ingresso delle truppe italiane a Gorizia. Sono tutti film a carattere documentario.
1
ACS, PCM. commissariato generale per ['assistenza civile c la propaganda interna,
b. 19, Fase. 1099.6. corrispondenza con il comando supremo. Ufficio stampa c propaganda,
Sezione fotocinematografica. Lettera datata 16 dicembre 1918.
*
ACS, PCM» commissariato generale per l'assistenza civile c la propaganda interna,
b. 19. fase. 1099.6 Lettera del 6 dicembre 1918 dal colonnello capo ufficio stampa e propa
ganda Grossi al commissario opere federate di propaganda c assistenza.
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cinema di fiction è ancora embrionale e il fascismo, se si esclude la stam pa, non ha grande attenzione alla propaganda10. Nonostante questo mancato intervento diretto vi sarà un’autofascist zzazione di alcuni elementi del settore11, che vedono nel fascismo una risposta affidabile al pericolo di una svolta socialista. Questa trasforma-
zione è testimoniata dalle pellicole a carattere risorgimentale degli anni ’20, capaci di proporrei una rilettura storica fascistizzata, incoi l’epopea dell’unità viene collegata a quella delle camicie nere12. Particolare non indifferente è che questa reinterpretazione cinematografica anticipa quella storiografica [inaugurata da Gioacchino Volpe col suo L’Italia in cammino (W27) in cui vi sono poche ma significative pagine dedicate all’epopea risorgimentale], TI PNF costruirà la propria politica cinematografica basandosi su un semplice principio: pieno sostegno alle istanze commerciali a discapito di quelle ideologiche. Anzi, vi è una certa Indifferenza del fascismo nei confronti dei film di fiction di propaganda0. Il PNF si voterà a promuove.-e, in totale accordo con l’industria privata, opere clic veicolino sem plicemente l’immagine di un Paese dove regna una concordia interclas-
” J.A. Oiìh Le cinema Mica pendant fes Années fingi, «Les cahicrs de la cinémaIhèque», 33-34 (1981). p- W, 11
Martinelli è tra i più autorevoli sostenitori di questa tesi. Ira gli altri si rimanda al
six> V, Martinelli., Pfimi ap/rvcci fra (hvmu e /udcriTw, «Immagine, Noce di storia del
cinema», 10(1985).
12
A differenza di quanto sostenuto da P. Soriin< C/io à i ‘écrtm ou Lhixfoife duna le
naif, «Revue d’histoire moderne et contemporainc», (1974), pp. 252-278, noto che vi sono diversi film risorgimentali in “camicia nera” già da prima che il fascismo si occupi dircitornante della cinematografia. Tra i vari (itoli mi limito a La cavalcata ardente ài Gallane
( 1925), Garibaldi e i sur» (empi di Laurenti Posa ( ! 926) e I martiri d 'Italia di Gaida ( 1927), Sorlin postdata rincontro tra cinema risorgimentale c fascismo al 1933, anno della realiz
zazione dd film 1860.
J.A. Gi I i. La production courante, «Les cahicrs de la cinémaihèquew» 10-11 (1973X p, 104, sostiene che: «Dans la production de la période fasciste il y a un domairw que Ton
peut toni de suite aborder, c>st cclui du film de propagande. Contraircmcnt à et que l'un pourrait penser. cn vongeant par exempte à f A Ile magne nazi, ce type de realisations n‘oc
cupo du point de vue quantitaiif qu'unc petite place. Le fascisme iTa mis en place aucune
polilique conccrtóe visant au loumage de film qui exalteraient sur Ics écrans Ics ntoriics du ventennio. Sans consignes precises, les producieurs et les realisaleurs n’ont querarcment cntreprisc des films de propagande déclaróe. De 1930 à 1944. on ne compie guère plus d’u-
ne tremarne de films pouvant Sire rungds dans la rubrique propagande, soil à peine un pcu
plus de 4% de la fotolito de la productions pour la périoJe considénée. Ce n’est qifaprts te 193< que te règi me commence à se prèoccuper plus nctlcmenl des tongs-métrages il de teur utiliytfton commc moyen de faconner l’opinìon
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sista. Come hanno sostenuto diversi ed importanti storici, la propaganda cinematografica ebbe un ruolo importante per il regime mussoliniano, ma venne affidata principalmente al mondo delPinfnrmazione, cioè al LUCE. In particolare condivido quanto sostenuto da Forgacs, per il quale, bisogna distinguere tra la produzione di documentari e cinegiornali, in cui lo stato si trovò coinvolto da subito, e i lungometraggi. Questi erano considera li competenza degli addetti delie case di produzione private. Durante gli anni *30 ci fu un aumento del comvolgimento statale nella produzione e si realizzarono film a forte sfondo ideologico, come Scipione I africano di Carmine Gallone, ma questo settore era considerato fuori dalle competen ze del Regime1*. Questa scelta non era solo politica. L’industria cinematografica sotto il fascismo crollò: i film italiani passati in censura passarono da 371 nel 1020 a 8 nel 1930.
IJ. 7hr censura efinanziamenti Nel prino dopoguerra vi soro numerosi interventi legislativi relativi al cine ma. Le Stato è costretto ad intervenire in vari modi per cercare di fermare la crisi che investi l’intero settore. Il definitivo tracollo dell'industria cinema tografica in Italia non vede indifferenti né gli imprenditori, né i politici En trambi agiscono ignorando le deficienze strutturali interne e la congiuntura intemazionale. II fascismo, nonostante “le grida di dolore" che invocavano l’intervento dello Stato già nell’epoca del muto, interviene realmente solo dopo l'avvento del sonoro15 II Regime mantiene un controllo decisive, ma non feroce, su tutto il settore e lo abbandona solo quando i danni causati dalla guerra lo costringono ad occuparsi di ben altri problemi. La mia analisi dell’evoluzione della legislazione di questo lungo ven tennio cinematografico analizza due principali fattori: la censura e gli aiuti che lo Stato decide di concedere ai privati.
1.3. La revisione cinematografica
La nuova regolamentazione è contenuta nel regio decreto #1953 del 9 ot tobre 1919 che autorizza (al. 2) il ministero dell’interno «A sottoporre a
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D. Forgacs. Op. cit., pp. 101-102.
15
Gran parte degli interventi legislativi in seguilo analizzati sono citati anche in J.A.
Gili. Sfeto fascista e cinematografia. Repressione e promozione, Roma. Bulzoni et icore, 198 1.
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revisione [tutti] i copicni o scenari dei soggetti destinati ad essere tradotti in pellicole cinematografiche per la rappresentazione al pubblico16». Il regolamento di questa legge esce circa sei mesi dopo (contenuto nel regio decreto #531 del 22 aprile 1920), È ancora il ministero deJ'intemo a dover eseguire la revisione sempre attraverso l’analisi della proiezione. *arL 2 stabilisce però che prima «Il copione contente la particolareggia L ta descrizione delle varie azioni e l’indicazione delle singole didascalie» deve essere approvato dairUfficio centrale della Revisione cinematogra fica. L *art. 3 stabilisce che
«Il nulla osta per le pellicole da rappresentarsi in pubblico non può essere rilasciata quando si tratti della riproduzione: a) di scene, fatti e sogget ti offensivi del pudore, della morale, del buon costume e della pubblica decenza; b) di scene, fatti o soggetti contrari alla reputazione o al deco ro nazionale o al Perdine pubblico, ovvero che possano turbare i buoni rapporti intemazionali; c) di scene, fatti o soggetti offensivi del decoro e del prestigio delle istituzioni o autorità pubbliche, dei funzionari ed agenti dfdta foro pubblici^ del R esercito e della R armata, ovvero offensivi dei
privati cittadini; d) d: scene, fatti o soggetti truci, repugnanti [sic} o di crudeltà; anche se a danno di animali; di delitti o suicidi impressionanti di operazioni chirurgiche e di fenomeni ipnotici a medianici; e, in generale, di scene, fatti o soggc *.ti che passano essere scuola o incentivo al delitto». Il regio decreto #3287 del 24 settembre 1923 modifica ancora la nor mativa, L'art. 3 stabilisce che il nulla osta non possa essere rilasciato a film che trattino:
«a) Di scene, fatti e soggetti offensivi del pudore, della morale, del buon costume c della pubbl ca decenza; b) di scene, fatti e soggetti contrari alla reputazione ed al decoro nazionale c al l’ordine pubblico, ovvero che pos sano turbare i buoni rapporti intemazionali; c) di scene, fatti o soggetti del decoro o del prestigio delle istituzioni o autorità pubbliche, dei funzionari
cd agenti della forza pubblica, del Regio esercito e della Regia armata, ovvero offensivi dei privali cittadini e che costituiscano, comunque, l’a pologià di un fatto che la legge prevede come reato c incitino all’odio tra le varie classi sociali; d) di scene, fatti e soggetti truci, ripugnami e di crudeltà, anche se a danno di animali, di delitti e suicidi impressionanti; di
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Come ho già evidenziato nel capitolo precedente, dal dicembre del 1917. le pellicole
propagandistiche dovevano essere approvate o dal ministero per l’assistenza errile o dal gabinetto del ministero per la propaganda.
68 operazioni chirurgiche e di fenomeni ipnotici e medianici, e, in generale.di scene, fatti e soggetti che possano essere di scuola e incentivo al delitto».
Nell’art. 4 si citano i casi in cui non è possibile concedere il visto per l’esportazione quando le scene, i fatti e i soggetti «Possono compromettere gli interessi economici e politici. Il decoro cd il prestigio della nazione, delle istituzioni od autorità pubbliche, dei fìinzionari cd agenti della forza pubblica, del Regio esercito e della Regia armala od ingenerare, all’estero, errati c dannosi apprezzamenti sul nostro Paese, opoure turbare i buoni rapporti intemazionali».
Nel primo dopoguerra non c’è un grande dibattito attorno ai criteri su cui ricostruire la censura, l’unico vero terreno di contesa sembra essere semplicemente la composizione delle commissioni. I limiti del visibile fissati dallo Stato mostrano l’assoluta continuità rispetto agli anni del conflitto. Col provvedimento del 9 ottobre si ridefiniscc lievemente quanto già stabilito col regolamento del 1914, che rimane sostanzialmente immutato anche in età repubblicana. Non sono consentite scene che minaccino il pudore, la morale, il buon costume, la pubblica decenza, la reputazione e il decoro nazionale. Né si lascia al cinema la possibilità di intaccare buoni rapporti nazionali. Intoccabili continuano ad essere i privati cittadini, i funzionari e gli ager.ti della forza pubblica. “I fatti truci o ripugnanti”, k crudeltà (anche su animali) c ogni cosa pos sa diventare “scuola di delitto” continuano a rimanere un tabù. Le poche novità riguardano una specifica menzione per .a sacralità dell’immagine dell’esercito e dell’armata, la marcata preoccupazione che il cinema possa divenire turbativa per Fondine pubblico e l’impossibilità di mostrare feno meni pnotici, medianici e le operazioni chirurgiche. I riferimenti espliciti all’esercito sono frutto delle recenti vicende bel liche ì dell’immagine (auto)prodotta dall’armata come grande fucina di uomini. Lo stesso vale perle operazioni chirurgiche, tema divenuto dram maticamente d'attualità con i drammi causati dalla prima guerra mondiale. Il fascismo si limita ad un sola modifica: il divieto di utilizzare il cine ma come strumento per incitare Podio tra le classi sociali.
La censura preventiva, introdotta in epoca bellica per alcune pellicole, viene estesa a tutti i film dal 1919 e, salvo una piccola parentesi nell’im mediato secondo dopoguerra, continua ad esistere fino agli anni Sessanta. La composizione delle commissioni testiir.onia il variare della sen sibilità politica nei confronti del cinema e soprattutto svela la contesa che attorno ad esso si accese. Dopo il periodo bellico, in cui la revi-
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stone veniva svolta da un solo funzionario della direzione generale di pubblica sicurezza (dipendente dal ministero dell’interno), si opta per una commissione composta da due funzionari della direzione generale di pubblica sicurezza, un magistrato, una madre di famiglia, un membro delle associazioni umanitarie impegnate nella protezione del popolo o della gioventù, una persona competente in materia artistica o letteraria e un pubblicista. La legge del 1923 modifica radicalmente la concezione della censura: il fascismo giunto al potere, infatti, reintroduce il singolo funzionario-censcre e, solo in secondo grado, le commissioni, escludendo sia la persona competente in materia artistica letteraria, che il membro dell’asscciazionismo umanitario. Al loro posto vengono aggiunti un altro funzionario della direzione generale di pubblica sicurezza ed un professore. Questa norma rimane attiva per circa un anno, perché, già nel settembre del 1924, si ri toma ad un giudizio collegiale, anche se estremamente tradizionalista. In primo grado sono chiamati ad esprimere un giudizio un funzionario della direzione generale di pubblica sicurezza, un magistrato ed una madre di famiglia. Nella commissione di appello sono invece presenti due capi di visione della direzione generale di pubblica sicurezza, un magistrato, una madre di famiglia, un pubblicista, un professore e (di nuovo) l’esperto in materia artistica letteraria. La commissione di secondo grado viene modificata nel 1927 (gli esper ti diventano due e con competenze anche nel campo delle tecniche cine matografiche) ma un nuovo trend si apre nel 1928 quando vengono inseriti nelle commissioni anche addetti ministeriali provenienti da altri dicasteri. Le nuove commissioni sono composte ancora da un addetto della direzio ne generale di pubblica sicurezza, un magistrato, una madre dì famiglia a cui però si affiancano un pubblicista (già presente nelle commissioni di secondo grado) due membri del ministero dell’economia nazionale e. solo per i film d’ambientazione esotica, uno dal ministero delle colonie. Il regime inizia veramente ad occuparsi di cinema in questi anni e la corsa per accaparrarsi posti chiave prosegue anche durante la scelta per la composizione delle commissioni. Nel 1929 al triduo formato dal funzio nario della direzione generale di ps, il magistrato e la madre di famiglia ci sono ancora i confermali due membri dal ministero dell'economia na zionale, il funzionario del ministero delle cclonic (solo per i film inerenti la propria attività), ma anche un membro del partito nazionale fascista, un funzionario dal ministero delle corporazioni, un addetto dell'istituto LUCE e un altro provenienti dall’ente nazionale della cinematografìa. La commissione di appello è molto simile: i funzionari della direzione gene rale di ps sono due e, in sostituzione dei due vernini del ministero dell’eco nomia, sono presenti due persone competenti in materia artistica, letteraria e della tecnica cinematografica.
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Nel 1931 scompaiono i due uomini del ministero dell’economia e al loro posto, solo per le pellicole che raccontano vicende belliche, vi è un membro del ministero della guerra. La commissione d’appello viene ri stretta a due capi della direzione generale di pubblica sicurezza, due addet ti del ministero delle corporazioni, un magistrato, una madre di famiglia e un membro del PNF. Il 1934 è un anno decisivo per la censura: questa, con la creazione della direzione generale della cinematografìa, abbandona il ministero dell’interno per il sottosegretariato alla stampa e alla propaganda. E solo in questo momento che la commissione si fascistizza eliminando sia il magistrato che la madre di famiglia per ridurre la gestione della censura a uomini scelti dai ministri idell’intemo, delle corporazioni, della guerra) e dal segretario del PNF (che selezionerà un uomo tra quelli iscritti al partito e un giovane del GUF). Anche la commissione di appello avrà la stessa struttura. L’ultimo intervento in questo campo avviene nel 1939 quando ai membri già attivi si affiancheranno un uomo del Minculpop e un funzio nario del ministero dell'Africa italiana, i quali si accomoderanno sia nelle cummissioni di primo che di secondo grado.
1.4. Dal laissez-faire al protezionismo
Nei lungo dopoguerra lo Stato non tenne un atteggiamento univoco col mercato cinematografico. In una prima fase vi fti un innegabile disinteres se per il comparto produttivo e una minima attenzione verso il ramo distri butivo. Il laissez-faire fu quindi incontrastato e la produzione fu lasciata sola in un momento di profonda crisi. Questa fallimentare politica venne progressivamente corretta, fino a raggiungere il suo opposto, un protezio nismo forte che permise un reale rilancio del comparto.
Dopo una serie di interventi di carattere fiscale con cui il regime innal zò la tassazione sulla settima arte, il primo importante provvedimento in ambirò cinematografico vuulu da un governo Fascista fù il rdl #1000 del 3 apr.le 1926 col quale gli esercenti furono obbligati a proiettare pellicole volte a favorire l’educazione civile e di fare propaganda nazionale. Circa un anno dopo, la legge #1121 del 16 giugno 1927, impose ai gestori delle sale di proiettare pellicole nazionali per almeno la decima parte delle gior nate di spettacolo (salvo nel periodo estivo, segnato dalla cronica chiusu ra deile sale). Questo provvedimento, pensato come architrave del nuovo sisrena cinematografico nazionale, ne evidenziò tutta la debolezza, vista l’incapacità di occupare uno spazio di mercato appositamente creato (an che se la legge prevedeva che solo le opere artisticamente e tecnicamente degne potessero essere premiate con la proiezione obbligatoria).
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Esito diverso ebbe, soprattutto nella percezione dei contemporanei, la legge #918 del 18 giugno 1931 col quale, in cambio di un controllo sui contenuti, ma soprattutto sulla nazionalità delle maestranze occupate per le riprese, il governo si impegnava a elargire a quei film italiani, realiz zati con sufficienti qualità artistiche, alcuni premi economici fino ad un massimo del 10% sugli incassi lordi. Col regio decreto legge #1414 del 5 ottobre 1933 (convertita in legge il 5 febbraio 1934) venne proseguito l’in tervento legislativo in questo senso: si istituì una tassazione delle pellicole estere e un sistema di buoni di doppiaggio che permetteranno ai produttori italiani di distribuire tre film esteri esentasse per ogni film nazionale rea lizzato. Gli obblighi non vanno ad influenzare il solo lato produttivo, ma anche quello distributivo, perché gli esercenti delle sale cinematografiche di prima e seconda visione assoluta delle dieci città capoluogc di zona cinematografica e delle sale di prima e seconda visione delle citta con po polazione superiore ai 50000 abitanti, avranno l’obbligo di proiettare, per ogni tre pellicole cinematografiche sonore estere ad intreccio, di metrag gio non inferiore ai 1500 metri, almeno un film nazionale, con l’obbligo di proiettare, almeno tre pellicole nazionali tra il 1° ottobre ed il 30 giugno. Con l’istituzione del Sottosegretariato di Stato per la stampa e la pro paganda vengono devoluti a questo ente le competenze dei Ministeri ddl'lntemo e delle Corporazioni, rispettivamente sulla vigilanza governa tiva sui film e le provvidenze in favore della produzione cinematografica nazionale (regio decreto legge # 1566 del 28 settembre 1934). Con l’appro vazione della legge #1143 del 13 giugno 1935 si ampliano gli aiuti eco nomici al settore produttivo, con la concessione di anticipazioni a favore delia produzione cinematografica nazionale. Un comitato, composto da un rappresentante del sottosegretario stesso con funzioni di presidente, un rappresentante del ministero delle finanze, un rappresentante dc la SIAE e un funzionario del sottosegretario per la stampa e la propaganda, sono chiamati ad analizzare le domande di finanziamento (sotto il profilo finan ziario, tecnico e artistico) e a decidere se fornire un finanziamentc (fino ad un terzo del costo totale del film). La somma non è fornita a fondo perdu to, ma verrà riscossa solo dopo la fine dello sfruttamento del film in sala (e, in caso di incasso insufficiente, il produttore è chiamato a ripagare le spese non recuperate). Con il regio decreto #2504 del 14 novembre 1935 viene istituita una sezione autonoma della Banca del Lavoro per finanziare questo settore (fino al 60% del costo complessivo di una pellicola) se i produttori riusciranno ad ottenere il consenso dagli addetti del Ministero per la Stampa e la Propaganda. Altro provvedimento volto a favorire indirettamente l’industria nazio nale è l’aumento della tassa di doppiaggio. Con il regio decreto legge #861 del 29 aprile 1937 la tariffa venne raddoppiata (da 25 mila a 50 mila lire)
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con un ulteriore aumento tariffario per i film di grande richiamo (capaci di far incassare allo Stato fino a 60 mila lire). Per la produzione di pellicole italiane, i produttori vengono premiati con quattro buoni di doppiaggio gratuiti per la realizzazione di ogni pellicola nazionale. Negli anni ia tas sazione continuerà a salire (venivano richiesti fino a 75 mila lire per il dop piaggio e 160 mila lire per i buoni incassi) e i buoni sui film esteri calano (da quattro a due). Dopo l’approvazione delia legge Alfieri, le quattro più impelanti case di produzione statunitensi (20th Century Fox, MGM, Pa ramount e Warner) decidono di ritirarsi dal mercato italiano dal I gennaio 1939. causando una forte riduzione dei film statunitensi in Italia. Oltre agli aiuti indiretti il fascismo, con il regio decreto legge #1061 del 16 giugno 1938 (convertito in legge, numero #458, il 18 gennaio 1939), aumenta gli aiuti di Stato (il premio per i film nazionali sale al 12% del l’introito lordo che, in base agli incassi, può arrivare fino al 25% e ad un ulteriore 10% in caso di vendita o noleggio del titolo all'estero}, ero gabili anche in maniera discrezionale (il Minculpop può elargire ulteriori pieni, speciali ai produttoii). Libero Solatoli, anni dopo, criticò questa politica “degli aiuti”: «Fin dalla stagione 1936-1937 lo Stalo cominciò ad aiutare finanziaria mente la produzione, dapprima con un terzo dell’ammontare del costo pre ventivato, poi, riconosciuto questo metodo troppo soggetto a corruzione, con un premio proporzionale agli incassi lordi effettuati dai film (legge Alfieri) e con altri provvidenze come buoni di doppiaggio, assegnazione di contingente valutario, ecc. Nel 1938, sulla direttiva della politica autarchi ca, fu creato anche il monopolio statale per l’acquisto dei film esteri che sopprimeva ogni soffio di libertà, con il risultalo di allontanare dal mercato italiano le case americane che vi avevano spadroneggiato fin allora mercé la geniale applicazione iuliana dei doppiaggio. Il congegno della legge Al fieri, basato sugli incassi lordi, finiva per incoraggiare il produttore verso un tipo di produzione facile e dozzinale (..
La storia della legislazione procede attraverso il secondo conflitto mondiale, ma questa vicenda, segnata dall’emergenza bellica, non sarà analizzata nel saggio perché i film sulla guerra 15-18 torneranno ad essere predetti o a circolare in Iulia solo dopo il 1945.
” Testimonianza di Libero Solaroli, pubblicata in L'avventurosa storia del cinema italiane, vol. I, Da La cantone dell'amore a Sema pietà a cura di F. Faldini c .scontro politico sulla guerra nell'estate 19!9, per comprendere quanto acceso foste il dibattito rulla guerra appena terminata. Specifico sulla retorica politica e la memoria del conflitto < il volume di A. BaraveOi, La vittoria smarrita. Legittimità c rappresentazioni
delia Grmtde Guerra nella crisi dei sistema liberale (1919-1924), Roma, Carocci, 2OQ5.
21
Rechat. L'Italia nella prima guerra mondiale, cit.. p, 11.
77 L’industria cinematografica è un settore che necessita di ingenti capi * tali e che, come vedremo, mantiene un orientamento paternalistico e con servatore. I pochi film su questo tema hanno caratteristiche comuni: Vhappy end (quattro casi), le difficoltà amorose (tre casi) e, uno dei personaggi prncipali, diventa cieco durante il conflitto (ancora tre casi). Mancano riferimenti a menomazioni di altro tipo, facendo quindi presumere che la maggiore attenzione nei confronti di questo tema non sia casuale data la pregnanza sia a livello simbolico (l’impossibilità di vedere il nuovo mon * do uscito dalla guerra, spesso dipinto come Ingrato e freddo nei confronti dei reduci), sia drammaturgica (la perdita della vista impedisce ai soldati di rivedere i propri cari) della cecità. Le mutilazioni rimangono uno dei grandi tabù della cinematografia italiana che ha sempre cercato ti evitare le menomazioni fìsiche all’interno delle pellicole di fiction. Non casual mente questo collegamento è assente anche nel prezioso studio di Barbara Bracco2*. Iniziano a comparire i primi riferimenti cinematografici all’aviazione, ai bombardamenti, alle difficoltà del rientro dei reduci. La guerra di mate riali, aspetto caratterizzante di questo conflitto, viene mostrata attraverso le sue novità tecniche: due film sul l’aviazione, altri due sui bombarda menti e uno sulla guetra sottomarina, mostrano il nuovo tipo di sforzo bellico che il Paese deve affrontare. È difficile trarre ampie conclusioni
a proposito del cinema italiano dell’immediato dopoguerra: pochissimi i film giunti fino a noi, spesso ignorati o relegati ai margini dalla stampa specializzata a loro contemporanea; queste opere sembrano non proporre un'ampia rivisitazione dell’immagine della Grande Guerra. In Lnea con quanto avvenuto in altri contesti, ma in maniera estremamente cauta, i film di questo periodo ampliano il visibile mostrando due conseguenze del conflitto fino a quel momento probabilmente oscurate: la morte di massa e il difficile reinserimento dei reduci nella vita civile.
n Mi riferisco a B. Bracco, La patria ferita. I corpi dei soldati italiani e la Grande guerra, Milano, Giunti, 2012. Il saggio mostra come un'immagine pubblica del mutilato fu proposta già durante la guerra (ad esempio all'Esposizione nazionale della guerra di
Bologna del novembre 1917) ma in contesti che mostravano una parabola narrativa (p. 134): «Volta a inserire l'orrore entro la cornice rassicurante della moderna riparazione». Le
immagini fotografiche, di fronte alla devastazione delle guerra, lasciavano il posto (p. 202) «Al pudore, se non all'occu.tamento». Una trattazione differente della materia avviene,
neir illustrazione, dopo la morte di Toti. In proposito si veda l'ultimo capitolo del saggio.
Muntati in effige.
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Le poche pellicole giunte fino a noi (Umanità *, adattamento per lo schermo del poemetto omonimo, e, in maniera parziale, Non è resurre zione senza morte1') sono film che hanno avuto scarsa circolazione e un impatto minimo sul pubblicc contemporaneo. Vista l'unicità del modo di trattare la guerra proposto in Umanità, Tasposizicne cinematografica del poemetto omonimo di Brevetta, destinato ad un pubblico di piccoli spettatori, reputo importante non liquidare il film in questione in maniera perentoria. Protagonisti della pellicola sono due bambini che, nel cuore della notte, mentre i genitori dormono, mangiano marmellata e fumano. An che i piccoli poco dopo si addormentano e sognano le distruzioni belli che prodotte da un bombardamento. Uno gnomo si unisce a loro e in sieme vagano sulla terra, senza guerra, ma anche senza altri abitanti. Il terzetto arriva sul fronte dove si possono vedere le distruzioni causate dal conditto. Il piccolo Tranquillino vuole rifare il mondo e chiede as sistenza e consiglio a Dio che però nega ogni aiuto, incoraggiando il protagonista a farsi muratore per ricostruire il mondo. Sono gli animali a proporre un mondo nuove dove tutti saranno vegetariani e disarmati. Chi non rispetta queste leggi dovrà dirsi non più bestia, ma uomo. I due bimbi si sentono offesi e, per vendicarsi, prendono un monoplano e bombardano gli animali. I due capiscono i propri errori e provano a rico struire un mondo senza armi, ma ne trovano sia sottoterra che in fondo al mare e, per risolvere questo problema, richiedono l’aiuto di Dio per avere l’occasione di iniziare daccapo, eliminando tutti gli strumenti di morte. Il piccolo protagonista, appena terminata la preghiera, uccide una tartaruga senza motivo. Dio rifiuta di rifare il mondo e prende con sé in paradiso il bambino, dicendogli che ogni popolo deve godere di quanto riesce a produrre con la propria virtù e non di quello che ottiene con la violenza. Lo scopo degli individui deve essere il sacrifìcio per il bene dell’umanità tutta e non l’uccisione dei propri fratelli.
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II film i custodito presso la Cineteca Nazionale ma ad oggi non i possibile ricostru
irne il pctcorso distributivo, trattandosi di uno dei rarissimi casi in cui si è conservata la
pellicol a ma non si hanno notizie di un suo passaggio in censura. "
Per semplicità mi sono riferito aU’opera che ho consultato come ad un film, in realtà
dell’opera di Bcncivenga si sono salvati solo alcuni fotogrammi che ne hanno permesse un
rimontaggio parziale. Alcune notizie su di esso sono contenute in un servizio sulle Giornate del cinema muto di Pordenone del 1988. apparso sulla rivista «1895 - Bulletin de l'atso-
ciation frtneais de rccherchc sur l'histoire du cinéma», 26 ( 1998). La pellicola mostra una vicenda d'ambientazione montenegrina da leggersi come una dimostrazione degli interessi
italiani sull'Adriatico, contrapposti a quelli serbi. Ix troppe sabaude svolgono un ruota di
supporto site popolazioni locali e di racconto con gli altri eserciti alleati.
79 Nel film viene propasta una lettura antropologica della guerra: l'uomo è per natura violento e. per non autodistruggersi, deve darsi leggi nuove, fedeli alla tradizione cristiana. La prima guerra mondiale viene utilizzata come sineddoche delle distruzioni della modernità, monito ultimo all'u manità per costruire una pace duratura.
3.2. il nostro d'accuse: L'uomo che vide la morte
Tra le pellicole oggi non disponibili una, in particolare, ha subito atti ralo la mia attenzione: L'uomo che vide la morte. Il film, diretto da Luigi Romano Borgnetto (gii co-regista di Maciste Alpino) sembra condensare la rabbia e la delusione dei reduci al termine del conflitto. Il dottor Mario Beri ha partecipato alla prima guerra mondiale ed è sopravissuto; mentre è n viaggio verso casa pensa a quello che ha abban donato per difendere il proprio Paese. Dopo aver vissuto a stretto contatto con gli orrori del conflitto, sogna di ritornare in un mondo felice, ma il suo rientro è diverso da come se lo era immaginato: i fratelli, imboscati, si odiano tra toro, la sua fidanzata lo ha abbandonato per il suo miglior amico e, a causa delia crisi economica, Mario non riesce a trovare lavoro. Berti non riesce a trattenere un pensiero per i suoi compagni, in trincea, che, nonostante la vicinanza continua con la morte, sono sempre rimasti onesti e generosi. Il dottore ha orrore dell'Italia uscita dal conflitto, incu rante dei sacrifici dei suoi soldati. L’unico personaggio che non delude il protagonista è sua madre, capace di trasmettere a suo figlio fiducia verso l’avvenire, verso il domani e verso i bambini. Berti si dedica all’educazio ne dei giovani, con la speranza di renderli uomini migliori rispetto a quelli che lo circondano.
La stampa rimase felicemente impressionata dalla pellicola: in un arti colo apparso su «La vita cinematografica», non mancarono gli elogi: «[Il film] incontrò il più lusinghiero successo [.. ]. Invero questa non è un’o pera comune di cinematografo. Luigi Romano Borgnetto ha avuto una grande visione sociale ed umana, non solo, ma ha saputo renderla con venientemente, dimostrando che si può fare opera di pensiero e di poesia anche con il cinematografo»32. La pellicola mostra la disillusione di chi ha combattuto e, rientrato a casa, vi ha trovato scio dolori e delusioni. Viene introdotto in questo
In «La vita cinematografica», 35-36 (1919).
so modo il tema del reducismo nostalgico della vita in trincea, di brotherhood orientata non in senso nazionalista, ma umanitario. I .a *neschinitA continua a prosperare anche in periodo elettorale: «Ami ci e sconosciuti si azzuffano e si accoppano per servire alla vanità di un ambizioso o alle lusinghe d’un furbo» sperando di ottenere cosi dei be nefìci personali. 11J'accuse di Borgognotte attacca uomini e donne, tutti considerati infedeli, profittatori e interessati. L'unica certezza rimane il culto della madre: buona e amorevole come prima della guerra, modello per costruire una nuova civiltà.
Focus: // cinema delle rovine La fine delle ostilità non coincise con il ritorno ad una supposta norma lità. perché fu impossibile far sparire improvvisamente quella cultura di guerra che si era diffusa nei Paesi coinvolti nel conflitto. Alcune pellicole ottennero un grande successo di pubblico e di critica perché riuscirono a dar forma all’immaginario collettivo.
Un primo spartiacque nel modo di raccontare la guerra è J'accuse di Abel Canee31 *33. La vicenda è quella di un triangolo amoroso: due uomini, molto diversi tra loro, Francois e Jean, amano la stessa donna, Edith, sposata al primo. I due si trovano in prima linea nello stesso reggimento dove Jean è ufficiale e Francois soldato semplice. Più il tempo passa, più i due, nonostante la rivalità in amore, fortificano la loro amicizia. Edith intanto è stata stuprata da un soldato tedesco ed ha partorito una bambina. Francois fatica ad ac cettare la presenza della piccola, ma chiede a Jean, nel caso lui morisse, di vegliare su entrambe. Poco dopo il marito di Edith muore, stringendo la mano del suo amico Jean. Questi, una volta dimesso, ritoma al proprio villaggio, convoca tutti gli abitanti e annuncia loro che i caduti si sono levati dalle tombe per capire se il loro sacrifìcio è stato vano. Alcuni civili
31
Su questa pellicola sì rimanda a vari saggi che analizzano, sotto vari aspetti, il Him
di Gancc: L, Véray. J'accuse. un film conforme aux aspiration de Charles Pathé et à Fair du temps, in «1895»: Du cote de Chez Pathé (1895-1935), 21 (1996), J. Home, Film and Cultural Demobilization after the Great War: the two version of "J‘Accuse “ by Abel Canee
(1918 and 1938), in Mchy, Rcsistence, liberation. New perspectives on wartime France,
edited by II. Oiamond and S. Kitson. Oxford-New York. Berg, 2005 e L. Véray, J'accusc
(19)8. 1937, 1956): la trilogia defla Grande guerra di Abel Gance, in «Memoria e Ricer ca», 49 (2015): Orizzonti di guerra. Il primo conflitto mond ale e il cinema de! Novecento,
a cura di G. Alongc c B. Bracco.
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vengono apertamente accusati da Jean per la loro condotta durante la guer ra. I morti, dopo aver visitato per rultima volta i loro cari, abbandonano il mondo dei vivi. Il finale introduce una tema di leopardiana memoria: quel lo della natura indifferente ai dolori dell’uomo, in questo caso immobile di fronte al dramma della guerra: Jean, il poeta, ritrovando una sua raccolta di componimenti inizia a strapparne le pagine fino a che non si imbatte in un poema dedicato al sole, ritenuto colpevole di non aver impedito l’im mane carneficina. Dopo quest’ultimo sfogo il protagonista muore.
J’accuse è oggi considerato da molti, a torto, uno dei primi film paci fisti prodotti sul primo conflitto mondiale. Già VérayM ne ha illustrato la complessità ideologica, mettendo in luce la permanenza di vari elementi nazionalistici affiancati, però, da uno spirito di fratellanza, capace di unire in uno stesso destino francesi e tedeschi. Molti sono i temi che vengono affrontati in maniera originale nel film e che lo classificano cerne un prodotto differente dalle pellicole patriotti che prodotte fino a quel momento: il duello amoroso che vede trionfare l’amante sul marito (ben prima della morte di quest'ultimo), il timore con clamato dell'infedeltà della moglie (che Francois manda presso i propri parenti perché la controllino), gli attacchi agli imboscati, i morti mostrali in pose scomposte, i ’'tigli della violenza”1’, lo shock di Jean (probabil mente uno shell shock) prima dell'attacco a St. Mihiel. La sequenza che ha però reso celebre il film è quella della parata dei morti. Oltre che per la fòrza evocativa delle immagini, questa colpisce per il sottotesto morale: i caduti ritornano alle proprie case per controllare di non essere trapassati irr motivatamente, il loro sacrificio deve essere risar cito dà chi è sopravvissuto attraverso una condotta appropriata. Lo spirito polemico di Gance testimonia una tensione diffusa già du rante il conflitto (si pensi ad alcune pagine de Le feu di Barbusse) che trova nel dopoguerra un importante supporto nelle rivendicazioni delle associazioni di reduci e nella letteratura prodotta da alcuni anciens com batants (per citare solo un nome tra i tanti possibili, non solo francesi, si pensi al durissimo capitolo Le retour tlu hèrux nel romanzo Les crotx de bo’s di Dorgèles). Molli sono, però, gli elementi che dimostrano la contiguità con le pel licole patriottiche affermatesi durante la guerra: il mito della revanche (il padre di Edith è un combattente della guerra del 1870 e custodisce una
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Véray, La granfe guerre aa
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In Italia sono così sopTsnnominali i bambini nati in seguilo ad uno stupro perpetrato
eh., pp. 77-83.
da un soldato occupante, Il fenomeno si verified sia durante la prima die la seconda guerra mondiale.
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carta geografica in cui è possibile leggere “Mon Alsace, ma Lorraine”), la gioia per la mobilitazione e l’inizio delle ostilità, l’eroismo di Jean (che rimane un personaggio senza macchia e senza p^nra. novelle» Parisfal in mezzo alla guerra moderna), ’amicizia tra i due uomini che fa sospendere, per la sola durata della loro permanenza al fronte, i loro screzi, la presenza a fianco dei poilus di un guerriero gallo e della scultura de / volontari dei l 792 (o La marsigliese) di Francois Rude, entrambi simboli di una certa retorica nazionalista. Se già Mères fran^aises non nascondeva i cesti umani del conflitto, J accuse non esita a mostrare né i costi materiali, né la violenza della guer ra. Le immagini dei danni causati dai tedeschi in Francia (in particolare al patrimonio culturale del Paese) e la descrizione realistica delle trincee (con il fango, l'acqua che ristagna, lo sporco...) sono, per noi spettato ri contemporanei, riferimenti quasi scontati, ma all'epoca scioccarono il pubblico per il loro realismo. In Italia il film fu prima vietato, poi consen tito in appello, dopo alcuni tagli: «I) Nella 3a parte sia tolta la versione dello scheletro che appare nel vano della finestra e della stanza in cui trovansi Jean Diaz e Edith; 2) Nella 4a parte siano tolte le scene della trincea con cadaveri in pose macabre36», «Siano tolti tutti i quadri in cui si vedono cadaveri stesi al suolo37». Il fascismo non apprezzò il film, tanto che, meno di sei mesi dopo la marcia su Roma, venne revocalo il nulla osta36 renden do la proiezione della pellicola illegale in Italia. La stampa francese apprezzò, quasi all’unanimità, il film. I redattori di «Cine Journal» scrissero: «Nous pouvons, dés maintenant et rien ne nous est plus agréable, consister les qualité exceptionnelles d’une oeuvre qui s’impose par le caractère poignant du sujet, la perfection dans la réalisation scénique et Pincomparable effort d’art dòti elle témoigne5’». Due
settimane dopo la rivista dedica un lungo editoriale al film di Gance il cui lavoro viene apprezzato per la lucidità con cui venne descritto il conflitto appena terminato: «Alors que d’autres, différemment inspirò, se complaisent dans la recherche des tableaux qui glorifìent pompeusement 1 ’effort militaireet magnifìent la victoire des armes, lui s’applique à la fa?on d’un
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MIBAC. MARC, indice 1914-1921. ve 14504.
11
MIBAC, MARC, indice 1916-1921. ve 14506. Il film ebbe tre diversi ve perché in Ita
lia venne distribuito in tre parti, come chiarito dall’annotazione presente sul registro censirà. “
I n un'annotazione del marzo 1923 conservata presso MIBAC, MARC si trova que
sta dicitura: «In data 18 aprile 192; è stalo revocato il nullaosta #14504-14505 e 14506
del 16 febbraio 1920 per la rappresentazione in pubblico della pellicola cinematografica dal titolo J'accuse. della marca Patite. it tre tempi, rispettivamente di metri 1571 - 1129 e 999 ciascuno». " Articolo non firmato, J‘accuse, «Ciné Journal», 5 avril 1919,
83
Barbussc ou d'un Vaillant Couturier, à nous émouvoir par Ie spectacle du mirtyre consenti par le soldat40». Una parte della stampa considerò il film immorale e privo del rispetto dovuto ai morti in guerra, non furono inoltre apprezzati lo scarso spirito patriottico e l’arrendevolezza con cui vennero rappresentati i soldati41.
Altra pellicola seminale, che si differenziò dalla maggior parte delle produzioni correnti, fu The Four Horsemen of the Apocalypse. La vicenda ruota attorno a Madariaga, un emigrante europeo che ha fatto fortuna in Argentina. Una delle sue figlie si sposa col francese Marcel De * snayers, raffinato amante delle ani, che ha abbandonato il proprio Jaese nel 1870 durante la guerra franco prussiana per non dover venire meno alle pro pine convinzioni socialiste, l'altra col tedesco Karl von Hartrott. Se la prima coppia alleva i figli, Julio (interpretato da Rodolfo Valentino) e Chichi in maniera liberale, la seconda (che espone in casa un ritratto di Bismarck) in * culca alla prole una forte devozione per il Paese d’origine del padre. Morto Madriaga, von Hartrott conduce la sua famiglia a Berlino mentre Desnoyers e i suoi ritornano a Pargi, dove Julio si dedica alla pittura, ma, principal mente, alla seduzione, fra le sue prede vi è Marguerite, la moglie di un amico del padre che sari costretto ad arruolarsi. Julio sfrutta a suo vantaggio la distanza dal marito fino a quando quest’ultimo diventa cieco e la moglie abbandona l’amante per dedicarsi alla cura dei malati. Respinto dalla don * na amata Julio, decide di arruolarsi e diventa un ottimo soldato che muore co.pito da una granata, insieme al cugino di razionalità tedesca, durante un pattugliamento nella terra di nessuno. Il film si conclude con la visita della famiglia e degli amici alla tomba di Julio, in un’enorme necropoli. Nonostante un finale riflessivo, in cui emerge «Lo sgomento per l’in credibile bagno di sangue, uno sgomento che porta anche i perfidi tedeschi a rivedere le loro opinioni47», la pellicola si caratterizza per la permanenza di un’immagine negativa dei soldati tedeschi: gli ulani combattono, sac * cheggiano, stuprano e uccidono i civili. Le immagini di Ingram superano per brutalità tutte quelle mostrate fino a quel momento, tanto che in Fran cia il film non otterrà immediatamente il benestare della censutt (con la benedizione dell’ambasciata tedesca, felice di impedire la circolazione di un film cosi ostile nei confronti della Germania)41.
" G. Dureau, J'accuse, «Cine Journal». 19 avril 1919.
41
Queste c altre critiche sono citate da Daniel. Op cit., p. 68.
”
Alonge, Cinema, cit.. x 77.
°
Veray. La grande guerre au cinema, cit.. p. 91.
84 3.3. Il dopoguerra fascista
Il lungo ventennio in cui il Fascismo dominò la vita politica d'Italia si ca ratterizza per la scarsa coerenza del PNF nel trattare il conflitto 1915-18, Se st escludono // grido dell’aquila, il primo film realmente fascista, pro dotto e distribuito senza l’appoggio del partito, e Camicia nera, la pellico la celebrativa del decennale della marcia su Roma, è possibile leggere una sostanziale continuità con il periodo liberale, quantomeno per il campo della fiction cinematografica. Come vedremo è fuorviarne affermare, come fa il noto storico del ci nema Gian Piero Brunetta, che la prima guerra mondiale «Spesso oggetto della narrazione documentaria o spettacolare [sia utilizzata in] una serie di opere che hanno lo scopo di tener ben viva la fiamma dello spirito nazio nalistico41». Tanto che è poi lo stesso studioso a spiegare che «La prima guerra mondiale non appare un tema utile per il presente e quando la si affronta sarà solo in termini di un’ideologia alpina del tutto anacronistica e tradizionalista rispetto ai bisogni delle ambizioni imperiali, o al volto indusUiak die si cerea va di dare all’Italia dei primi anni trenta”». Base della mitologia fascista è l'intenzione di porsi come continuatori morali dello spirito della Grande Guerra. Mussolini attacca duramente la condotta dei politici italiani a Versailles e, arrivato al potere, glorifica gli uomini di Vittorio Veneto inserendoli al centro cella mostra del decenna le della rivoluzione fascista (insieme ai caduti del proprio movimento). Negli anni Trenta, nonostante il maggior peso dei miti imperialistici e ro mani, continua la glorificazione della prima guera mondiale, sia a scuola, che nella monumentai istica, persino favorendo i reduci nei concorsi per la pubblica amministrazione. Stupisce la facilità con cui molti storici hanno liquidato il disinteresse cinematografico del PNF verso la prima guerra mondiale, vista, tra l’altro, la ricca bibliografìa dedicata al rapporto tra cinema e fascismo. Se è vero che il tema cinematografico della Grande Guerra non è stato uno tra i più frequentati di quegli anni, questo non si gnifica che sia stato ignorato o che possa vantare solo tre film44. Lontano dal proporsi come un sostenitore disinteressato della settima arte. Musso lini concentra il suo sforzo esclusivamente a favore del cinema educativo (cinegiornali e documentari) limitandosi a sorvegliare quanto viene distri buito nel Paese.
**
Brunetta, Storia del cinema. vol, I. ciL. p. 277.
"
A4 p. 133.
M
Come sostiene, ad esempio, J. A. Gi I i nel suo Film storico efilm in costume. in Cine
ma italiano sotto ilfascismo, a cura di R. Redi, Venezia, Marsilio, 1979, p, 134.
85 Il tema bellico attira l’attenzione della censura fin dalla fine digli anni ’20. In questo periodo il primo conflitto mondiale ritorna alla ribalta, ma molti importanti film stranieri che mostrano una visione del conflitto dif ferente da quella proposta dal regime non vengono mai accettati dall’Italia fascista e (alcuni) possono circolare solo nel secondo dopoguerra. In una circolare ministeriale del 5 novembre 1928 leggiamo:
«Si è soverchiamente saturato il pubblico italiano di produzioni nelle quali viene esaltato lo sforzo degli eserciti alleati nella grande guerra, c» che costituisce indirettamente una svalutazione per lo sforzo ben più peroso c glorioso compiuto dall'esercito italiano sul sjoIo della Patria e sui campi di battaglia ... Inoltre in tali films sono proiettate scene addirittura ma cabre che impressionano tristemente il pubblico e deprimono lo spirito patriottico, specialmente nelle donne e nei giovani...47». Il ritomo d'interesse dei registi per la Grande Guerra può avere molte cause: l’arrivo al potere di un regime che si credeva continuatore morale dello spirito delle trincee4*, l'introduzione del sonoro49, giudicato da molti come il limite fondamentale da abbattere per rievocare la prima guerra mondiale, la possibilità di utilizzare le pellicole per scopi denigratori con tro altre nazioni90. Non va sottovalutata la possibilità che i film sulla guer ra, ormai divenuti dei veri e propri film in costume91, mirassero ad ottenere
4T Circolare del ministero degli Interni datata S novembre 1928 citata in Brunetta, Sto ria del cinema, vol. II. cit., pp. 34-35. 11
Questa vicinanza “ideale” non viene scalfita nemmeno dalla cattiva accoglienza ri
servata ai primi film che prepongono un legame troppo stretto tra cinema c prima guerra mondiale. In proposito si vedi V. Martinelli. Il cinema muto italiano 1924-1931 !film degli
anri venti, Torino-Roma, Nuova Eri e CSC. 1996. p. 7, n cui fautore scrive: «Queste e altre opere del genere |...] vengono messe ad una feroce berlina dai giovani c bellicosi critici di giornali fascisti come “Epoci”, 1* “Ambrosiano”. “Il Tevere” o “Il popolo d’Italia”». Anche
P. Sorlin, Cinema e identità europea: perenni nel secondo novecento. Firenze, l ji Nuova
Italia, 2001. p. 39: «In Italia B ricordo del conflitto era molto doloroso: ciò impedi ai registi di trasferire nel film la versione ufficiale delta mobilitazione». H
Suirimponanza del riuscire a cogliere i difterenli suoni della guerra in letteratura si
veda E. Jùnger, Nelle tempeste d'acciaio, Parma. Ugo Guanda, 2002 (ed. or. 1920], pp. 31
e 1 &2 c E. M. Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale, Milano. Mondadori. 2001 (ed or. 1929]. p. 102. Along:, nel suo Cinema, cit., tratta l’importanza dello sviluppo del sonoro (da p. 127). È però doveroso specificare che questa rivoluzione tecnica non viene
utilizzata in Italia, negli anni Trenta, con particolare originalità. * Giìi, Film storico, cit.. p. 138. ”
N. Pronay in The British post-bellum cinema; a survey of thefilms relating to World
War 11 made in Britain between 1945 and I960, in «Historical Journal of Film, Radio and
Television», 8 (1998), p. 40 sostiene che dal 1932 ci fu un numero sempre maggiore di
86 quei premi destinati ai titoli di maggior incasso, potendo sfruttare l’ampio battage pubblicitario orchestrato dalle proprie case di produzione. Tra : film in costume di quegli anni si preferiscono però, per scopi pro pagandistici, quei film che cercano le radici fasciste neH’antichità. Come sostiene Giii: «In un certo senso, il discorso viene fatto sulle origini lonta ne piuttosto che su quelle immediate: il fascismo tenta di recuperare nella storia una specie di legittimità”».
Nelle mie ricerche ho individuato trenta film italiani prodotti in que sti anni che affrontano, a volte anche in maniera marginale, il tema della guerra. Analizzando le tematiche delle varie pellicole vediamo che l’ipctesi di una continuità ideale tra camicie nere e fanti della Grande Guerra trova solo se. riscontri, equamente distribuiti negli anni. Sicuramente ha mag gior successo (nove casi) quella di vedere nell’itrmediato dopoguerra una sorta di età buia dell'Italia che si pone tra le glorie della guerra e quelle del fascismo. Il cinema fascista rimane fedele ai generi popolari; racconta storie d’amore (otto) che generalmente si concludono con un lieto fine (sette casi). Contraltare di queste tenerezze sono i film drammatici (che spesso sfociano nel melodramma napoletano) e i film in cui uno dei protagonisti muore per espiare una colpa, solitamente di tipo ideologico (disfattismo, adesione al socialismo, sentimento patriottico treppo tiepido...). Osservando la messa in scena della guerra proposta durante il ven tennio possiamo ridurre il panorama a tre opzioni principali: I ) i film che trattano una vicenda ambientata durante la guerra, in cui la vita militare e il coinvolgimento bellico occupano il fulcro della vicenda; 2) un racconto in cui la guerra è una tappa nel cammino della storia italiana che conduce al fascismo; 3) vicende in cui la guerra appare come una parentesi nella vita di uno dei personaggi e che può incidere in maniera positiva o nega tiva. Al primo gruppo sono ascrivibili otto titoli' La leggenda del Piave, L'Italia s'è desta. Brigala Firenze, Nun è Carmela miai, Fiocca la neve. Scarpe al sole, Predici uomini e un cannone e Piccolo alpino. Nel secondo possiamo includere 11 grido dell’aquila, l martiri d'Italia, Camicia nera. Passaporto rosso. Cavalleria e Redenzione. Equiparabili a questi seno i film sulla storia dell’aviazicne (particolarmente amati nell’Italia fascista):
persone che consideravano la Grande Guerra come qualunque altro sfondo adatto ad un romanzo storico.
u
Gili, Film storico, cit., p. 143.
87
Da Icaro a De PinedcP e La conquista deli ’aria. Il terzo gruppo di film, quello in cui la guerra è una parentesi nella vita dei protagonisti, com prende: Il paese della paura, Fenesta ca lucive, Napoli è sempre Napoli, Le via del peccato, Fatasia 'e surdate, Redenzione d‘anime, Sole, Milizia territoriale, Luciano Serra pilota e Piccolo re. Per parlare del cinema fascista sulla Grande Guerra c’è un scio inizio possibile: // grido dell’aquila. Questo film è tuttora molto sottovalutato dagli storici del cinema i quali lamentano lo scarso (se non addirittura nul lo) coinvolgimento ufficiale del partito che non si cura di garantire all’o pera una diffusione capillare. Altro elemento che ha contribuito a mar ginai izzare gli studi su questo titolo è la sua pressoché totale invisibilità su la stampa specializzata d’epoca54. È doveroso premettere che, allo stato
attuale della ricerca, queste considerazioni appaiono corrette. Nonostante tutto, però, la pellicola non va ignorata per una serie di motivi: I) il suo insuccesso ci racconta che questo prodotto ài incapace di far breccia nel pubblico italiano del 1923 e che la ricostruzione della storia più recente non convinse gli spettatori delle sale cinematografiche; 2) Mar.o Volpe ed i suoi collaboratori ritenevano quella narrazione dell’epopea fascista accettabile; 3) la loro opinione fu condivisa dallo stato italiano che non censurò la pellicola. L'analisi dei titoli di testa non aiuta la nostra ricostruzione: non sappia mo nulla sulla casa di produzione, l’istituto fascista di propaganda nazio nale con sede a Firenze, sappiamo poco di Mario Volpe regista c co-sce neggiatore del film, attivo nella prima metà degli anni venti, filofascista (suo anche quel Fenesta cà lucive al quale accenneremo tra poco) ma qua si interamente dedito a temi più leggeri (Prof Gatti e i suoi gattini, Storia di una sigaretta) o spettacolari (Francesca da Rimini). Il grido dell ’aquila preannuncia una tendenza della cinematografia fascista, quella di mettere in relazione il passato col presente. In questo caso il neonato movimento mussoliniano si autoprcclama erede dello spirito garibaldino e deil’eroisma dei combattenti della prima guerra mondiale. Come ha giustamente notato Gili, questo film evidenzia la volontà di legare insieme camicie rosse e camicie nere. Risorgimento e fascismo, Garibaldi e Mussolini gra zie ai fanti della prima guerra mondiale. Ne II grido dell 'aquila viene mo-
”
Film diretto da Silvio Laurcnti Rosa, con ve 2)483. La pellicola rievoca la storia
dell'aviazione dall'amica Grecia fino ai più recenti fatti d'attualità (quando il firn venne disuistibuito De Pinedo aveva appena terminato la trasvolata verso l'Australia).
M
II film viene inoltre ignorato dalla più accurata ricostruzione storica prodotta in Italia
durante il Ventennio, il testo