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Italian Pages 103 Year 2010
INTRODUZIONE
11 corpo è uno dei dati costituitivi ed evidenti dell'esistenza umana: è nel corpo e tramite il corpo che ciascuno di noi è nato, vive, muore; ed è nel corpo e per suo tramite che ci s'inserisce nel mondo e si incontrano gli altri. Ma è dato parlare dell'esistenza carnale senza cadere in un discorso di stampo riduzionistico o restringersi viceversa a una mera elencazione delle "tecniche del corpo"? Come costruire una filosofia del corpo in grado di mostrare il senso e il valore della corporeità? I filosofi hanno spesso preferito meditare sull'anima e le sue passioni, indagare sull'intelletto o criticare la ragion pura anziché rivolgere la loro attenzione alla realtà del corpo e alla finitudine della condizione umana. Questo ha fatto sì che il corpo sia stato spesso concepito come un corpo-gabbia, un corpo-macchina, un corpo-materia ... anche se non mancano i pensatori che puntualmente hanno tentato di contrastare tale tendenza - basti pensare a Spinoza per il quale, come vedremo, corpo e anima costituiscono una sola e identica sostanza, o ancora a Nietzsche, per il quale il corpo è un signore potente rispetto a cui lo spirito è solo uno strumento. Per quanto nel corso del XX secolo la fenomenologia abbia operato un 'autentica rivoluzione nell'ambito della riflessione sul corpo, contrapponendo alla concezione classica che concepiva il corpo come uno "strumento" al servizio dell'uomo, un modello intenzionale che vede invece nel corpo "lo strumento che non si può utilizzare per mezzo di un altro strumento, il punto di vista sul quale non posso più prendere dei punti di vista" 1, ci si ritro7
va ancora oggi di fronte a posizioni ideologiche che da un lato riducono il corpo a un fardelJo di cui ci dovrebbe liberare, dall'altro lo identificano con un organismo complesso. subordinato a un sistema di sinapsi neuronali in grado di determinare ogni comportamento o decisione dell'uomo.
I.
lo statuto ambiguo del corpo umano
Uno dei problemi principali con cui i filosofi che si occupano del corpo umano devono misurarsi è quelio del stl o sta~t~ estremamente ambiguo che fa sì che lo si consideri irri_duc1bile a semplice cosa o a coscienza pensante. "li termine esistere ha due significati, e due soltanto: si esiste come cosa o si esist~ c_omle coscienza. Per contro l'esperienza del corpo proprio c1 nve a un m0 d0 ct·1 esistenza . ' ambigua" annota Merleau- p 0 nty· 2 riale}n ef!etti, il corpo umano è prima 'di tutto un "oggetto ~~~e dell "' e, in_ quanto tale, appartiene al regime del "divenire e apparire» d d .1 te inafferrabile 1 . - on e 1 suo carattere apparentemen su piano e · I · pensatori d' . oncettuale e il rifiuto da parte di ta uni .. Ep~ur; ~ons1der?rlo un soggetto deg~o d'interesse fi!osof ico. corpo e altre , "I, . . ,, d e pertanto segno d 11 s1 oggetto che noi siamo e . . l'importane a ~ostra umanità e de1Ja nostra soggettività - dr qui za d1 ·n · alvolta si te _n ettere filosoficamente su di esso ogniqu nta d1 e p . uesto sostenere eh .1 omprendere che cosa è l'uomo. ez q te ehe esso e· 1 corpo e' un oggetto non implica necessan,·amen-. v 1· sia una I on s1 og •a prende . cosa al pari delle altre a meno e 1 e n possibilità ct· re in considerazione almeno ~ul piano mentale, l_a corp0 a distanza? . 1 affrancarsene. Ma 'è davvero poss1•bi· le tene re il La presa ct·l cose· •enza dell'impossibilità di una "messa a , I ' J, P. Milano 2008
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e ti nulla, trad. it di G. del Bo, li Saggiatore,
· PR .. . LP.AU-PoN,-y om1, li Saggiatore, M1lano19 . , Fenomenolog,a . della percezione, trad. 1t. . di. ;\ · 65 , p, 270,
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distanza" va ricercata, secondo molti filosofi, nella rilevanza che "il corpo soggettivo" viene ad assumere nella filosofia postkantiana. Si fa strada allora l'idea che il corpo non sia unicamente un oggetto: quell'oggetto che chiamiamo "corpo", lungi dall'essere una mera cosa, un oggetto dell'agire o del contemplare, risulta essere in effetti qualcosa di più complicato proprio nell'azione e nella contemplazione. È precisamente in questa ottica, come vedremo, che Merleau-Ponty ha fatto del corpo il perno deIIa propria riflessione filosofica, il cuore stesso dell '"in-sé" e del "per-sé" di ciascuno di noi: una traccia nel mondo; un "toccante-toccato", un "vedente-visto". Ed è per questa ragione che nel corso del XX secolo, il concetto di corpo/carne ha costituito un tema cruciale, dove con "carne" si vuole designare la modalità stessa dell'esistenza umana. Per quanto ai nostri giorni i dualismi tradizionali non siano più in voga, il corpo rimane una realtà a cui taluni pensano di potersi sottrarre, sia con i mezzi offerti dall'evoluzione della tecnica sia attraverso l'onnipotenza di una volontà disincarnata. Di qui l'importanza che viene ad assumere una filosofia del corpo capace di decifrare la realtà contemporanea e di interrogarsi sul senso dell'esistenza carnale degli esseri umani. La questione non è irrilevante, in particolare se si considerano i comportamenti contradditori che gli individui manifestano oggi in rapporto alla propria corporeità. Se da un lato il corpo sembrerebbe essere stato accettato nella sua realtà materiale, nei suoi travagli e nelle sue necessità, ma anche nella sua bellezza, al punto da tributargli un vero e proprio culto, dall'altro lato esso appare invece "asservito", posto al servizio delle nostre costruzioni culturali e sociali. La maggior parte delle discussioni intorno al corpo sembra trovarsi in un vicolo cieco: da una parte è analizzato come se si trattasse di una materia plasmabile a seconda dei nostri desideri mutevoli e perennemente insoddisfatti; dall'altro viene identificato col destino o con il fato. È pur vero che il corpo viene inteso da molti come un sostrato carnale della persona, sede delle esperienze individuali, ma forse ancora più spesso è concepito invece come un oggetto di manipolazioni, di cure e di costru9
zioni culturali e mediche. All'ambivalenza tra un corpo-soggetto e un corpo-oggetto si è sostituita l'opposizione tra un corpototalità, che parrebbe coincidere con la persona e il corpo-insieme d'organi cui spetterebbe lo stesso statuto assegnato alle cose. Ma se nel primo caso l'identificazione si traduce in una riduzione materialistica della persona, nel secondo l'alterità conduce alla certezza di possedere un corpo-oggetto, dimodoché I' uomo può pensare se stesso come "altro" rispetto al proprio corpo. Come si esce da questi paradossi?
li.
l'essere umano: una persona incarnata
Il corpo umano è sicuramente un oggetto. Lo si può contemplare da1l'csterno e tenerlo in tal modo "a distanza". È il corpo degli altri: un corpo in mezzo agli altri, ma che nondimeno non cessa di rinviare a una presenza diversa da quella degli altri oggetti materiali; un corpo che permette l'accesso a un'immagine, a un simulacro ma che nel contempo rinvia a1l'essere stesso della persona che ci si trova dinanzi. Ma è anche i1 nostro corpo: un corpo-immagine che possiamo contemplare in uno specchio; un corpo diviso, come quando guardiamo mani o piedi: un corpo che nondimeno cammina quando camminiamo e che soffre o gioisce quando soffriamo e gioiamo. "La nuca è un mistero per l'occhio" - scrive a questo riguardo Paul Valery. Come si rappresenta il proprio volto l'uomo senza specchio? E come raffigurarsi l'interno del corpo se non si conosce l'anatomia? E anche se la conoscessimo, l'intimità con cui operano gli organi ci sfuggirebbe nella misura in cui difettiamo di ciò che occorre per vederla e rappresentarla. Non è lei a sottrarsi o a recedere davanti a noi, siamo noi che non riusciamo ad avvicinarci".-' In realtà, l'esperienza quotidiana del corpo scombina un
3. P. VALERY, Mauvais pensées et autres, in CEuvres, Gallimard Parigi 1960, p. 798.
IO
po' la distinzione tra soggetto e oggetto perché il corpo umano è assieme tanto un corpo-soggetto quanto un corpo-oggetto, il corpo che si "ha" e il corpo che si "è". Come aveva già affermato Simone de Beauvoir: "La donna, al pari dell'uomo, è il proprio corpo, ma il suo corpo è una cosa diversa rispetto a lei". 4 Come non possiamo "essere" semplicemente il nostro corpo perché ciascun individuo è irriducibile alla materia o alla funzione dei suoi organi, parimenti, non possiamo "avere" semplicemente un corpo, a meno che non si presuma che il soggetto di tale possesso sia un'anima disincarnata che ànima il proprio corpo come il timoniere la sua nave. Ognuno di noi è sia un corpo fisico proiettato nel mondo "di fuori" sia un corpo psichico che rimanda al "di dentro" dell'essere. L'essere umano è una persona incarnata: senza corpo non esisterebbe; tramite il corpo è legato alla materialità del mondo. Per questo l'esperienza del corpo è sempre duplice: intratteniamo col corpo una relazione che è assieme strumentale e costitutiva. La pelle conosce e procura il piacere della carezza, così come patisce il dolore di un 'ustione o la morsa del gelo. Il corpo celebra la vita e le sue possibilità ma proclama altresì la morte e la finitudine. Ogni parte del corpo è assieme una parte di noi e un oggetto esteriore passibile di contemplazione: "Si consideri la propria mano sul tavolo, ne deriva sempre uno stupore filosofico - scrive ancora Paul Valery - lo sono in questa mano e non ci sono. Essa è me e non è me. E in effetti, tale presenza esige una contraddizione; il mio corpo è una contraddizione, ispira, impone una conh·addizione: essa consiste in questa proprietà, che sarebbe fondamentale per una teoria dell'essere vivente, se mai la si sapesse esprimere in termini precisi". 5 Sarà proprio questa presenza contraddittoria del corpo che tenteremo di accostare nel presente lavoro, presentando i riferimenti filosofici (come il corpo è stato concettualizzato nell'am-
4.
S. DE Bt:At.:VOIR, Il secondo sesso, trad. it. R. Cantini, M. Andrcosc,
li Saggiatore, Milano, 2008. 5. P. YALERY, Te/ quel, in op. cit., p. 519.
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bito della tradizione filosofica occidentale) e di decifrare i paradossi che proliferano oggi intorno ali' esistenza carnale di ciacuno di noi. Ciascuno infatti possiede un corpo e al tempo stesso ne dipende: solo quando si avverte la sensazione di abitarne ogni minimo recesso non ci si riduce più a esso, a meno che non si voglia seguire una "via folle" che consiste nel "disancorarsi dal proprio corpo", oppure una "via perversa" nella quale "non ci si distingue più da esso" 6 .
6. V. NusJNOVICI, Avoir un corps? in "Journal français de psychìatric", 24 mar/.o 2006, p. 6.
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CAPITOLO I
LE DIVERSE FASI DEL DUALISMO
Nell'Iliade e nell'Odissea i personaggi sono sempre indistinguibili dai loro corpi. Oltre a essere segno della precarietà dell'esistenza umana, il corpo è anche il mezzo col quale gli eroi possono assurgere al rango degli dèi. Cuomo omerico sa come far "rifulgere" il suo corpo e investirlo di valori divini quali potenza, vigore, be1lezza (Iliade, cap. IV). Ciò fa sì che vi sia sempre una coincidenza tra il sé e il corpo, cosicché il dentro e il fuori, la superficie e la profondità, l'interno e l'esterno si sovrappongono l'uno all'altro. I sentimenti corrispondono alle immagini fisiche; le esperienze sensoriali sono una manifestazione delle percezioni morali; le emozioni si traducono in gesti plastici. Per questa ragione ne1la lingua omerica non si trova alcun termine che designi il corpo vivente separato dall'anima: se la p::,yché è il soffio che tiene in vita il corpo, quest'ultimo è un repertorio di possibilità multiple espresse dagli organi e dalle membra, le quali si trasformano in funzioni vitali di natura assai varia, dalle funzioni motrici, alle funzioni intellettive fino alle volizioni. Eppure la tradizione filosofica non sembra trarre ispirazione da ciò che la poesia ci dice sull'uomo. Essa si radica nel pensiero orfico e religioso, e si sviluppa progressivamente, in particolare con Pitagora e i suoi discepoli, con l'intento di mostrare la necessità, da parte dell'uomo, di sfuggire alla relatività del mondo e alla sua corruttibilità. In questo contesto, il corpo non è il luogo d'incontro e interpenetrazione delle diverse categorie ontologiche ma diviene la sede della corruzione e dell'imma13
nenza. Proviene di qui la ricerca della purezza e dell'ascesi, così come la necessità di sottomettere il corpo a una serie di regole e di norme che consentano all'uomo di attingere virtù e conoscenza. Lo scopo della filosofia, ai suoi esordi, è la purificazione: la vita può essere autenticamente umana solo se si distacca dal suo radicamento sensibile.
I.
Il corpo: una prigione per l'anima
Il dualismo platonico-cartesiano, su cui si fonda la distinzione metafisica tra anima e corpo, ha progressivamente contrapposto la corruttibilità del corpo e l'immaterialità del pensiero. In effetti, benché le riflessioni di Platone e Cartesio non si presentino in modo monolitico, è grazie ad esse .~ segnatamente con il F'edone e le Meditazioni metajìsiche - che s'impone una vera e propria logica disgiuntiva che separa la trascendenza dall'immanenza, il pensiero dalla materia, l'anima dal corpo. La dualità di anima e corpo si lascia facilmente dedurre dalla definizione che Socrate propone della morte nel r'edone: "E altra cosa crediamo che ella sia se non separazione dell 'anirna dal corpo? E che il morire sia questo, da un lato, un distaccarsi del corpo dall'anima, divenuto qualche cosa esso solo per se stesso; dall'altro, un distaccarsi dal corpo l'anima, seguitando a essere sola per se stessa? O altra cosa dobbiamo credere che sia morte, e non questo?" 1• Anima e corpo sono non solo due sostanze differenti e distinte, in grado di esistere ciascuna separatamente dall'altra ma sono altresì opposte, per non dire antagoniste. E il loro antagonismo si manifesta in modo duplice, sia sotto il profilo conoscitivo sia sotto il profilo dell'azione, poiché l'anima corrisponde tanto al principio del piacere quanto al principio della volontà. Inoltre, se è "mediante il corpo che ella tenta qualche indagine, è chiaro che da quello è tratta in
I.
P1 AJOt-,;J·, I-Ì'do11e.
64c, a cura di M. Valgimigli, Latcrza, Bari 1983, p.
75.
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inganno" 2 • Dal momento che è il corpo a spingere l'uomo ad agire, è chiaro che l'uomo diviene schiavo "per servire ai bisogni del corpo" 3 . È per questa ragione che, secondo Platone, per comprendere le "vere cause" delle azioni umane, occorre considerare la possibilità, concessa ali 'uomo, di separarsi dal proprio corpo e di agire secondo la scelta migliore: "E dunque, non è nel puro ragionamento, se mai in qualche modo, che si 1ivcla all'anima la verità? [ ... ] E l'anima ragiona appunto con la sua migliore purezza quando non la conturba nessuna di cotali sensazioni, né vista né udito né dolore, e nemmeno piacere; ma tutta sola si raccoglie in se stessa dicendo addio al corpo; e, nulla più partecipando del corpo né avendo contatto con esso, intende con ogni suo sforzo alla verità" 4 • Per il filosofo ateniese, l'anima è capace di scoprire "qualcosa della realtà" unicamente per mezzo del ragionamento, ma solo quando non è più affiitta dal corpo e dai suoi desideri. Cosicché, l'anima non è solo un principio vitale ma anche e soprattutto la sede del ragionare e del pensare, e con ciò si pone come criterio distintivo tra gli uomini e gli animali. L'uomo platonico, anche se imprigionato nel corpo (Cratilo, 400 c; Gorgia, 493 a; Fedone, 62 b, 82 e) appartiene alla sua anima (Alcibiade, 129 e, 130 c-131 e; Repubblica, 431 d, 589 a-b; Leggi, 956 b-c ). Ed è per questa ragione che sarà davvero vivo solo dopo la morte, allorché la sua anima potrà infine contemplare liberamente la verità nella sua pienezza senza essere distolta dai sensi (Critone, 118 a; Leggi, XII, 959 b). Cosicché, nella professione di fede dei "veri filosofi" (Fedone, 66 b-67 b), il corpo viene presentato come sede di affezioni, malattie, passioni e inganni, e la filosofia una "cura di morte", purificazione o purgazione dell'animo. Anima e corpo sono concetti antitetici. La loro unione è solo accidentale. C anima è un elemento eterno e divino che ha
2. 3. 4.
!hid., 65 b, p. 77. Ihid., 66 e, p. 79. lbid., 65 e, p. 77.
15
potuto contemplare la bellezza del mondo delle idee: il corpo, al contrario, è l'elemento più legato alla materia; se all'anima è dato conoscere la verità, il corpo può soltanto occultarla; se l'anima può attingere la perfezione, il corpo costituisce un impedimento sia rispetto alla conoscenza sia nell'ambito della condotta morale 5 .
II.
Pensiero ed estensione
Se si prende in esame il pensiero di Cartesio, non è difficile ravvisare un nesso intellettuale che colleghi la fuga platonica dalla realtà corporea alla necessità cartesiana di prendere le distanze dall'inganno dei sensi. La seconda Meditazione, dopo l'ascesi con cui si dissolve l'oscurità e la confusione dei sensi, culmina nella certezza del cogito, in cui il soggetto si riferisce a se stesso. Lo spirito, che arriva cogliere se medesimo, non solo è più facile da conoscere del corpo, ma è anche il solo che può davvero conoscere. Per questa ragione Cartesio, nella terza Meditazione, si dedica all'esercizio del pensiero ripercorrendo l'ascesi platonica, intesa a liberarsi quanto prima della vista, dell'udito e del corpo intero, poiché esso confonde l'anima e non le permette di attingere la verità: "Ora chiuderò gli occhi, mi tapperò le orecchie, distaccherò tutti i sensi, cancellerò dal mio pensiero anche tutte le immagini delle cose corporee, oppure, dato che ciò difficilmente può essere fatto, di certo non le terrò in nessun conto, come vuote e false, e parlando solo con mc stesso, e guardando più in profondità, mi sforzerò di rendermi poco a poco più conosciuto e familiare a me stesso. Io sono una cosa che pensa". La verità, per Cartesio, appartiene ali' ordine dell'anima, poiché essa sola detiene la facoltà di pensare. Anima e corpo sono sostanze distinte, i cui attributi principali, pensiero cd
5. M. LABRUNE, État d'iime. Le corps dans la philosophie de P/a/0~1, in J.C. Gobbard e M. Labrunc, le corps, Vrin, Parigi 1992.
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estensione (Principi di .fìlosofìa, I, 53), possono essere pensati in modo chiaro e distinto l'uno dall'altro. Solo l'anima possiede il privilegio di poter fondare l'esistenza umana come valore. [I corpo è ridotto alla materialità della sua estensione: si mostra alla vista, ma può parlare solo nel momento in cui è sollecitato dalla coscienza che lo analizza. Sicché, scrive Cartesio nel Discorso sul metodo (IV parte): "Canima per cui io sono quello che sono è interamente distinta dal corpo, cd anzi è più facile a conoscersi di quello, e quand'anche esso non fosse affatto, essa non cesserebbe d'essere tutto quello che è". Per Cartesio, l'unità di anima e corpo si riferisce alla dualità di pensiero e "sostanza estesa", una dualità che costituisce , per così dire, la legge stessa dell'essere. Sono entrambe sostanze distinte che restano essenzialmente esterne l'una all'altra. Nel distinguere radicalmente la res extensa (la sostanza estesa) dalla res cogitans (la sostanza pensante, l'io, il cogito), Cartesio recupera il dualismo platonico e prende le distanze dalla tradizione aristotelica e dai filosofi scolastici medievali che propugnavano la dottrina dell 'ilomorfismo, per cui sarebbe l'anima a vivificare il corpo. 6 Secondo Aristotele, in ogni uomo troviamo un'unità di corpo (materia) e anima (forma), anche se l'anima resta pur sempre il principio (morphé, entelécheia): l'anima è l'atto del corpo che ha vita solo in potenza (entelécheia epr6te, Sull'anima, B, 412 a 27). E sebbene l'unione di anima e corpo costituisca una simbiosi armonica, è la psyché (Jòrma substantialis) a determinare la struttura essenziale della sostanza corporea. In questo contesto, la distinzione tra il corpo e ciò che lo travalica non è più, come avveniva in Platone, quella tra un "corpo terreno", mortale e un'anima immortale che lo abita ma tra l'essere-in-potenza della vita in un corpo fisico animato (412 b l) e il suo essere-in-entelechia per il fatto che la realtà formale del corpo non è altro che l'anima stessa.
.wne,
6. J.L. VIEILI.ARD-BARON, a cura di, Le problème de I 'cime et du dualiVrin, Parigi 1991.
17
III. l'unione di anima e corpo Fin dalle sue prime opere, Cartesio ha tentato di spiegare le diverse funzioni del corpo paragonandolo a una macchina. Diversamente da Aristotele, per i] filosofo francese le principali funzioni corporee (digestione, moto, respirazione ma anche memoria e immaginazione corporea) sono il risultato di un meccanismo che Dio ha voluto rendere automatico: "È mio desiderio che voi consideriate che tali funzioni [digestione. nutrizione, respirazione] procedano, in questa macchina, in modo del tutto naturale dalla sola disposizione dei suoi organi, né più né meno di come accade per i movimenti di un orologio o di qualsiasi altro meccanismo automatico, con i suoi contrappesi e le sue ruote" (Trattato del/ 'uomo). Su questa rappresentazione del corpo - che influenzerà a lungo l'immaginario occidentale - si innesta la distinzione metafisica di anima e corpo nonché la spiegazione della loro congiunzione nell'uomo. Come possono infatti anima e corpo, essendo sostanze del tutto distinte, interagire, essere strettamente connesse cd agire l'una sull'altra? In una lettera del 1643 indirizzata alla principessa Elisabetta, Cartesio riconosceva le difficoltà insite in tale rapporto: "Ed è con la sola consuetudine della vita e delle conversazioni ordinarie, astenendoci dalla meditazione e dallo studio delle cose che esercitano l'immaginazione, che si impara a concepire l'unione dell'anima col corpo" (lettera e Elisabetta, 28 giugno 1643). Qualche anno dopo, egli ritornava sul medesimo argomento in una lettera ad Arnauld: '"Che poi la mente, che è incorporea, possa mettere in moto il corpo. questo non ce lo mostra certo alcun ragionamento O analogia tratta da altre cose, ma una certissima ed evidentissima esperienza che facciamo quotidianamente: è questa infatti una di quelle cose per sé note che rendiamo più oscure quando tentiamo di spiegarle per mezzo di altre" (lettera ad Arnauld, 29 luglio l 648). Ma fu tuttavia l'anno seguente, ne le passioni dell'anima ( 1649) che 1-!gli propose una soluzione al problema, appoggiandosi alle sue conoscenze fisiologiche. L'organismo umano, sezionato, analizzato e studiato alla luce delle scoperte compiute da Harvcy7, 18
diviene un reticolo complesso di circolazione di fluidi diversi che, dilatati o compressi a seconda del ritmo cardiaco, agiscono sui muscoli, trasportando succhi e nutrimenti. Lo stesso Cartesio aveva osservato, durante le sue dissezioni, lo stretto legame esistente tra i circuiti nervosi (in particolare il nervo ottico) e il cervel1o. Ne ricavò l'idea che l'anima non sia unita alla materia del corpo ma alle sue funzioni. "L'anima è veramente congiunta a tutto il corpo [ ... ] perché il corpo è uno e, in qualche modo, indivisibile, per via della disposizione degli organi, talmente collegati gli uni agli altri che la perdita di uno di essi rende difettoso tutto il corpo" (Le passioni del! 'anima, art. 30). I.;anima è congiunta al corpo intero in ragione della sua indivisibilità e del suo carattere immateriale. Tutto avviene attraverso connessioni multiple, per mezzo di innumerevoli condotti che attraversano l'organismo. Ma esiste anche una sede privilegiata in cui l'anima esercita le sue funzioni, la ghiandola pineale: "ghiandola molto piccola, situata in mezzo alla sua sostanza, e sospesa sopra il condotto attraverso cui gli spiriti delle cavità anteriori comunicano con quelli delle posteriori" (art. 31 ). Questa ghiandola sembra apportare una soluzione alla questione del rapporto anima/corpo, anche se, in definitiva, essa non fa che spostare il problema. Se la ghiandola è di natura corporea, come può l'anima, che è immateriale, agire su di essa?
IV: // jàrdello del corpo Nonostante le difficoltà, i problemi che solleva e i reiterati tentativi di concepire l'uomo come unità indissolubile di corpo e spirito, il dualismo non è mai stato del tutto sradicato e ancora oggi resta una delle tentazioni più diffuse. Per quanto siano rari gli studiosi che ancora insistono sull'opposizione tra un
7.
W.
HARVEY,
De motu corclis, trad. it di F. Alessio, Piccin, Padova
1998.
19
. . . tuttavia la tencorpo mortale e un'anima 1mpentura, persist e . . , entre . d 11 matenahta, m