La domenica della vita 8806144596, 9788806144593

Valentin, soldato di seconda classe reduce dal Madagascar, bravo ragazzo senza vizi, passa tutti i giorni davanti alle v

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Italian Pages 256 [266] Year 1997

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La domenica della vita
 8806144596, 9788806144593

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RAYMOND QUENEAU LA DOMENICA DELLA VITA

·-

LA DOMENICA DELLA VITA ROMANZO

di R A Y M O N D Q U E N E A U

... è la domenica della vita, che tutto livella e ca,ncella tutto ciò che è cattivo; uomini dotati di tali succhi, non possono essere completamente cattivi o vili. HEGEL

I OGNI volta che il soldato Brù passava dinanzi al suo negozio, essa lo guardava. Lui marciava con naturalezza, allegramente fasciato di kaki; i ca­ pelli, per quel che se ne poteva vedere sotto il chepl, tagliati senza sfumatura e alquanto im­ pomatati; le mani lungo la cucitura dei panta­ loni e la destra che si alzava, a intervalli, per salutare un superiore o per rispondere al saluto di qualche congedato. Lontano dall'immaginare che un occhio tumido di ammirazione se lo man­ giava mentre passava per quella strada, il sol­ dato Bru procedeva con la disinvoltura di un automa. Senza pensare a niente; e, quando lo faceva, il suo cervello si rivolgeva di preferenza alla battaglia di Jena. Aveva anche l'occhio gri­ gio e azzurro di un automa. Le mollettiere, gira­ te intorno ai polpacci con automatica abilità, automaticamente il soldato Brù portava a spasso tutto quel che ci voleva per piacere a una signo­ rina punto giovane e punto signorina. Ma lui non lo sapeva. Giulia strinse il braccio alla sorella, e indi­ candoglielo: >. Forte di un consimile vantaggio, ripre-

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se rapidamente la parola, che ancora svolazzava, a una distanza media tra lui e la sign ora: 1< Devo subito confessarvi, signora, che sono molto, molto meravigliato che il generale abbia concesso l'autorizzazione a svelare cose di ordine militare a una persona del cosiddetto sesso de­ bole, per quanto incantevole come voi. 11 Il capitano Bordeille riprese fiato un istante per pensare (non poteva, naturalmente, parlare e pensare insieme), che doveva essere stata quel­ la bella puttanona a ispirargli una frase cosi for­ bita, e fargliene dipanare, con uno sforzo im­ mane, il bozzolo. Nello stesso tempo, avendo in­ fine appurato che l'esercito francese era ancora in grado di esercitazioni e manovre più o meno galanti, la signora Botrula decise di passare al contrattacco. Fervida ammiratrice di Giovanna d'Arco, es­ sa usava scegliere le sue metafore nel repertorio epico-eroico. > 11 Eccetto il mio. ,, II Certo, mica • Arraffò delle schede. Le schede passavano. II Brf1 ... Bru ... Macché! » Un tenente, invocatissimo, si mise a sfogliare e a scorrere schede. II Brf1 ... Bru ... Niente, mio capitano... » Poco dopo, tre sergenti non ebbero miglior successo.

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« Bru ... Bru ... Non c'è, tenente.»

Fu la volta di un soldato semplice. Nemme· no lui scopri il nome del soldato Bru. Il capitano Bordeille congedò i suoi subal­ terni qualificandoli « sterco vaccino»; quindi, più sollevato, si inchinò dinanzi alla signora Bo­ déga: « È molto semplice, signora: il soldato Bru non figura fra i nostri effettivi, laonde non pos­ so fornirvi le informazioni del caso. Tuttavia, onde risarcirvi del disturbo, vi propongo di ve­ nire, uno di questi giorni, a centellinare del Porto nel mio piccolo studio Levitan: nuovo di zecca, signora. » 11 È evitando di entrare nel vostro Levitan, che si resta una donna onesta», rispose la si­ gnora Butaga, distrattamente. 11 Incantevole! Incantevole! Molto chic! Mol­ to chic! » In realtà, non la trovava poi tanto di prim'or­ dine, la frottola. Ma il capitano Bordeille ha de­ ciso: vuol sedurre! Chantal, per suo conto, ci tiene a portare fino in fondo la missione che la sorella le ha affidato. « Come si può fare?» chiede macchinalmente, assorbita dal piano di azione che tenta di trac- · c1ars1. « Ecco. Sabato, per esempio, all'ora di cena. I civili dicono l'ora del 'pastore '. Volete?»

29 Sembrò incantato di aver osato con tanta di­ uinzione. La signora Brétaga estrasse automaticamenle il suo carnet; e come preoccupata: 11 L'ora del ' pastore '? Cioè? » II Ma le diciassette e quindici, bella signora. » Il capitano parve preoccupato a sua volta: II Mica avete conosciuto troppi militari? » « Qualcuno. Alla libera uscita. n E poiché pensava sempre alle ricerche per 11coprire il soldato Brù, scrisse sul taccuino il giorno e l'ora di quello stupido appuntamento. Poi: « Capitano, non avete ancora risposto alla mia domanda.» II Che domanda, carissima si gn ora? » II Vi ho fatto una domanda qualche minuto fa, e non avete risposto. » II Credo

  • > «Cosa? »

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    « Che non ho nessuna vocazione per l'aperitivo. » cc Certo, certo. » cc Me l'ha detto la vostra signora. >> Lo mette a disagio quello sguardo, e gli muo­ ve le viscere. Quello sguardo, che non può fer­ mare il suo, eccessivamente annebbiato da tutti i cognac scolati in mattinata. Turbato, goffa­ mente tenta di strapparsi un pelo dal naso. Va­ lentino insiste : cc E non solo non ho vocazione per l'aperitivo, ma nemmeno per l'alcol. Per esempio, mi do­ vrebbero pagare, per farmi bere del cognac a stomaco digiuno. Anche dopo pranzo, è una ra· rità. » E conclude: cc Insomma, mai. » E riprende il suo esame, estendendolo dalle orecchie dell'uomo, alle narici. Paolo trova che davvero il gran fetente recita la commedia, e< di me se ne strafotte, ma vediamo chi la spunta. Vediamo un po', pezzo di maiale». Per fortuna, ecco che dalla sua riserva di tro­ vate risuscita una freddura che imparò a scuola, e che lo incanta sempre: « Sursum corna! » Ri­ storato dunque, riprende la conversazione: « Allora, pare che avete la campagna del Ma­ dagascar.» e< Si. Contro gli Hain Tenys Merinas. » 11 Fu duro, eh?»

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    Cosi.» Dev'esser bello, il Madagascar. >> II Mica male. Piuttosto montagnoso. » II E gli indigeni?» cc Be', per essercene, ce ne sono.» II Che bella cosa, viaggiare. Bello, e istrut· tivo. » II Si, viaggiare mi piacerebbe assai.» 11 Non avete da lamentarvi» Bredouillat esclamò, con servile cordialità. « Non mi lamento affatto», protestò ValenI ino. II E che cosa vi piacerebbe vedere?» II Jena», rispose Valentino senza esitare. > « Tu! E chi, allora? Quello li?» E rivolgendosi a un tale che, facendo finta di niente, se ne stava a sentire: « Non dico a voi, signore, ce l'ho col mio pulcino. » Il tale passò oltre. «Dunque... » cominciò Valentino. « Basta, non dire sciocchezze, e goditela. Ce l'hai sempre al posto suo, il danaro?» « SL » « Non fartelo fottere. Ti basterà per una quin-

    6! c.licina di giorni, vedrai. Naturalmente, a Parigi mica vai da Drouant.» 11 Eh no.» « E mandami delle cartoline, non te ne scordare.,, cc Certo.» cc Ora dovresti raggiungere il tuo posto. » Si abbracciarono. Nello scompartimento, il suo posto era rimasto libero, valorosamente di­ fcso dalle contadine. Tutti gli altri erano stati occupati. Il cappello rappresentò per Valentino un vero problema che lui risolse mettendoselo in testa. Guardò sulla banchina per agitare il fazzoletto, ma vide Giulia solo di spalle che si allontanava. Valentino comincia a studiare la sua diver­ tente rivista. In copertina, vede una ragazza par1.ialmente nuda, che carezza la barba di un fauno di marmo. Egli ne esamina attentamente l'im­ magine color latte e, in ottemperanza a quel che desideravano il disegnatore e il redattore capo della rivista, trova che la ragazza nuda pos11icde delle inequivocabili attrattive. Ne ammira soprattutto la sporgenza posteriore, e vi passa su un indice. Ma l'incisione è fatalmente piatta: quella sporgenza è soltanto un sogno d'arte. Va­ lentino getta uno sguardo sornione tutt'intorno: le due contadine lo spiano intenerite, ma un grosso si gn ore lo scruta severamente. Bru gira rapidamente la pagina. A giudicare dall'immo-

    64 bilità della banchina, il treno non si è mosso an­ cora da Bordeaux. Valentino attacca la lettura della seconda pa­ gina. Vi si raccomanda un certo tipo di « pre­ servativi », si suggeriscono dei matrimoni molto seri, sistemi per crescere di statura o sistemi di lotta per difendersi nella pubblica strada. La terza e quarta pagina dissertano sui medesimi ar­ gomenti, in più dei coloniali richiedono delle madrine. Si guardò un'altra volta intorno. Final­ mente il treno si era mosso. Soddisfatto, Valen­ tino riprese l'esame della sua rivista. A pagina cinque, in alto, vide un disegno. Due file di per­ sonaggi smunti, poveramente vestiti all'antica. La didascalia diceva: > Guardò il paesaggio, che non gli offri nessuna spiegazione. Il grosso signore continuava a scru-

    65 tarlo severamente, e lui mai avrebbe osato. Le contadine sbranavano salsicce. Per quel che ri­ guardava gli altri, già ognuno aveva innalzato la sua barricata. Valentino si chiese che fare. Do­ veva pur esserci nel treno un impiegato quali­ ficato, fosse pure il macchinista, ma come tro· vario? Avrebbe dovuto uscire dallo scomparti­ mento, smuovere la diga dei viaggiatori ammas­ sati nel corridoio, tutte imprese di cui si sentiva profondamente incapace. Cominciava a sentirsi vagamente infelice, quando credette di ricordare che, prima di Parigi, c'erano molte fermate: se si era sbagliato, non doveva far altro che scen­ dere alla prima stazione: se questa si trovava sulla strada di Parigi, non gli restava che pren­ dere il treno successivo, cosi non avrebbe seccato nessuno. Abbassò il cappello sugli occhi e si ad­ dormentò immediatamente. Il grosso personaggio comperava un panino e una bottiglia di birra da un tale che si trovava giù. Valentino sussultò. Piombò sulla sua cassa, e facendola arditamente scivolare sulle ginoc­ chia degli altri viaggiatori, si ritrovò dopo qual­ che istante all'uscita della stazione. All'impie­ gato, tese il biglietto dalla parte in bianco, te­ mendo che gli venissero chieste delle spiegazio­ ni: perché, sicuramente, questa non era Parigi. Rischiava d'aver l'aria d'uno sciocco o di un fur­ fante, a scendere cosi a caso. Fu per prendere la fuga quando si senti chiamare, ma il suo baga-

    66 glio gli impediva assolutamente qualsiasi tenta­ tivo di corsa. Tornò sui propri passi, e apprese con vivo interesse che poteva conservare il suo biglietto, valido per il viaggio fino a Parigi. La bontà dell'impiegato gli sembrò cosi immensa, che non temette di abusarne, chiedendogli l'ora del prossimo treno per la capitale. Gli fu rispo­ sto con esemplare precisione. Profittare ancora di tanta gentilezza? Valentino confida al suo nuovo amico d'aver sentito parlare di un luogo nelle stazioni, dove si potevano depositare colli e valige impunemente, senza paura di eventuali furti, poiché l'amministrazione delle ferrovie graziosamente si dedicava alla loro sorveglianza, mediante una modica parcella. Alla domanda di Valentino, l'altro fece una strana faccia. 11 Forse ho abusato della sua cortesia 11, pensò Bru. Con un colpo di pollice, l'impiegato gettò il berretto gallonato un po' indietro, per esami­ nare più attentamente quel viaggiatore; infine, dopo un silenzio di circa tre secondi, rimise il berretto a posto e indicò la strada a Valentino, con precisi dettagli. II Mille volte grazie», Valentino disse, felice per la piega che gli avvenimenti prendevano. E pensò. bene di abbellire quel ringraziamento for­ se un· po' secco, con un'uscita che, certo, avrebbe versato sui loro rapporti cosi freddamente buro-

    67 cratici, il tenero latte della comprensione umana. « E scusatemi se mi scuso n, declamò con un caldo sorriso. L'uomo delle ferrovie non poté trattenere un fremito di estrema sorpresa.

    VI DoPo aver girato per le vie di Angouleme, quel giorno particolarmente deserte, ritrovò con di· vertita meraviglia il suo valigione. Poi, alle quat· tro del mattino, sali su un accelerato e si addor­ mentò in uno scompartimento vuoto. Felice. Più tardi, ebbe dei compagni di viaggio, ma generalmente non comportavano che dei brevi spostamenti, da quattro a cinque stazioni. Gli permisero tuttavia di poter osservare la varietà e, insieme, l'uniformità del popolo francese. E poiché, a computare dal giorno prima, era or­ mai al suo secondo vi1ggio, si sentiva perfetta­ mente a suo agio. Provò perfino come un senti­ mento di protezione per i più poveri tra quei viaggiatori. Ma fu avvicinandosi a Parigi che ri­ trovò tutta la sua modestia. Alla stazione di Austerlitz, si lascia trascinare da tale una valanga di gente, che non avrebbe mai creduto ce ne potesse essere tanta, in quel treno. Fra l'altro, sembravano tutti decisissimi su quel che dovevano fare. Dinanzi a un ingresso della metropolitana, Valentino indietreggia at­ territo. Compie un mezzo giro su se stesso, sbat­ tendo i metallici angoli del suo valigione contro le rotule di gente che, travolta dai nervi, lo co­ pre di insulti. Si sente qualificare nei più strani dei modi, e rimane sommerso dalla vergogna, appunto come quelli desideravano. Dopo aver

    69 turbato il meraviglioso equilibrio circolatorio dei sotterranei parigini, si ritrova su un marcia­ piedi. Posa a terra il bagaglio e ci si siede sopra. Era il cinque ottobre. La gente affollava la strada in tutti i sensi. Un'anarchica agitazione spingeva freneticamente bestie, motori e perso­ ne, tutti accompagnavano quel delirio ambula­ torio con suoni generalmente strazianti. Un cie­ co con una gran barba suonava il flauto col naso, convogliando nella sua squallida melodia gli urli e gli stridori di uomini e cose in cammino. Altri gridavano i giornali della sera con tanta rabbia ed energia, che Valentino credette si fosse dichiarata la guerra. D'altra parte sarebbe suc­ cesso, prima o poi. Ma non in quel momento, certo: poiché il cieco avrebbe suonato la trom­ betta, invece del flauto. Pensò che non poteva continuare a rimanere a quel posto. Già qualche passante, nonostante la fretta, gli aveva dedicato qualche occhiata. Di agaglio, e guardò il tassametro: in quella, non credette ai suoi occhi. Non vi cre­ dette, al punto da sentir la necessità di formu­ lare ad alta voce, a se stesso: >, Chantal disse.

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    11 Eppure u, obiettò Giulia, 11 ne avevi por­ tata.» II Ho perduto la valigia. Per la verità, mica l'ho perduta. Ma press'a poco. » II E dove l'hai perduta? » II Nel bagagliaio della stazione del Nord.»

    > « Neppur io. » « Permettetemi di dubitarne», replica Paolo, con un piccolo nitrito. cc Ci andate spesso, dietro i funerali? » cc Be', a periodi. Certe volte se ne fa a meno per due o tre anni, poi capita che ci si va tutte le settimane, o quasi. » cc Quello d'oggi, era un funerale o un seppel­ limento?» Paolo guarda Valentino con l'angolo dell'oc­ chio, quasi imbarazzato: cc Né l'uno né l'altro: l'interramento d'una carogna.» Valentino ora guarda Paolo con l'angolo del­ l'occhio, incantato dall'energia del suo lin­ guaggio: cc A.hl » esala, e accompagna l'interiezione con un lungo fischio ammirativo. cc Proprio come vi dico io.» E Bratragra ab· bassa modestamente gli occhi. Valentino, dopo aver ricuperato la respirazio-

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    ne, continua in maniera inquisitiva e, nello stes­ so tempo, logica: « Allora, lo conoscete 'sto defunto? Prima ave­ te detto di no. » « C'è conoscere e conoscere », distingue Paolo, « così come vi sono funerali e infossamenti. » « Mica è tanto chiaro n, fa Valentino offeso. Paolo si ferma bruscamente, e afferra suo co­ gnato per i risvolti della giacca:

    11 Noi », disse Valentino, rispondendo impar­ zialmente alle due domande. 11 Come vedi », disse Giulia a Paolo, 11 anche tu riconosci che la si curava. Quindi, se la si curava, vuol dire che non la si è uccisa. » 11 A parte ciò », osservò Chantal, 11 ci avete rotto i cogJioni. » 11 Potresti parlare meno vol ga re », prospettò Giulia. 1< Le cose bisogna > E chinandosi su loro, mormorò: 11 Un vero mostro, fa paura! » Paolo esaminò la bottiglia. 11 Si trattano bene », disse con disprezzo. 11 È vero Porto. Gente senza vergognai Il loro Porto, se lo son comperato col malloppo di Nanette. Col 'nostro' malloppo! Ah, stronzi che siamo! Perché non lo abbiamo impedito, questo ma· trimonio! lo, almeno, ho tentato. Ma tu! Tutto il contrario, hai fatto! Fino a coricarti con quel capitano Bordeille! Con gli altri, c'era sempre stata una ragione più o meno plausibile! Ma il capitano llordeille! Per farsi fottere l'eredità! Devi averci la merda, sotto i capelli! » 11 Non capisco perché Giulia ha sentito il bi­ sogno di venirtelo a raccontare. >>

    108 II Non mi resta che lavorare più duro di pri­ ma! » declamò Paolo: 11 Si, perché nostra figlia abbia una dote! » ,, Sei un vecchio porco », Chantal disse, li­ sciandosi le parti basse al ricordo del capitano Bordeille. Paolo agitò le spalle in tutti i sensi. Commos­ so. Quale prova di abnegazione, aveva dato! Brancicò tremando la bottiglia di Porto. « Ma che sta facendo, tanto tempo? » bor­ bottò. « Bacia il mostro », Chantal rispose. > « L'ho letto su un calendario. Il « In ogni modo, questo tuo antenato non lo chiameremo mai più I Il « Oh, per me », obbedi Valentino. Giulia, sbadigliando: « E adesso, che fac­ ciamo?)) II Per conto mio, aprirei il negozio, ma la gente sparlerebbe. Vogliamo andare al cinema?» « Per vedere le solite coglionerie? Grazie. Co­ me quella fesseria che mi hai portato a vedere l'ultima volta, una cosa da morire. Come si chia­ mava? Il « Tempi moderni. Il « Già. Il tuo Charlot, non lo posso vedere. E poi non è conveniente andare al cinema in un giorno di lutto. » « Allora, andiamo a vedere un film che fa piangere 11, prospettò Valentino. " Se vengono a saperlo nel quartiere, quante chiacchiere, poi! » " Allora è meglio di no », belò Valentino, con­ ciliante.

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    « Ma a me, della gente, che me ne importa? La schifo a piedi, a cavallo e in carozzal Su an­ diamo a vedere qualcosa di bello. In quale ci­ nema si fa I tre amanti della vivandiera? n II In nessuno», disse Valentino con fermezza. ,, Fammi vedere il giornale... To', che ti di­ cevo. C'è anche una grande réclame. Al Rex. ì. un locale carino, con gli organi, il cielo e tutto. Ci si sente nella schiuma di sapone. ,, II A te, ti divertono le storie di soldati?» II Che buffo, tu. Sei 'tutto fiero che il tuo ma­ tusalemme portava la sciabola, e non vuoi an­ dare a vedere i soldati di oggi. » Valentino si inchinò e andò a pettinarsi, Giu­ lia si rimise le scarpe. Nella saletta d'ingresso, trovarono una sciarpa. Qualcuno dei visitatori. o sua moglie, l'aveva dimenticata. II Non sai di chi è?» II No», Valentino disse. 11 Forse della si gn ora Verterelle... Ma sì, è proprio della sign ora Ver­ terelle. II Gliela portiamo passando», Giulia disse. II Ottima idea.» Giulia prese la sciarpa, e in quella vide una strada. Era forse una strada parigina, ma non avrebbe potuto giurarlo, perché essa conosceva malissimo Parigi. Una signora camminava di­ nanzi a lei, era la signora Verterelle. All'improv­ viso, si abbatteva al suolo, mentre accorreva gen­ te. E Giulia seppe che era morta.

    J 31

    Valentino si girò verso di lei: II Che hai?» Assorta nella sua visione, essa non rispose. cc Forse preferisci restare in casa? Non vuoi andare più al Rex? » lui chiese, con grande spe­ ranza. 11 Invece andiamo dalla sign ora Verterelle a restituirle la sua sciarpa, e poi a vedere Gli amanti della vivandiera. Sono sicura che è un film che sarebbe piaciuto assai a Nanette. »

    XI BuoN giorno, signora. Bel tempo, vero? Per miniatura, o foto? Per una foto, bene. Formato? Ah, non lo sapete. L'avete con voi, la foto? No? E allora, come faccio a vendervi la cornice? La volete scegliere a occhio? Grave errore, signora. A me importa solamente che il cliente resti sod­ disfatto, mica sono un dilettante, io. La cornice dev'essere un perfetto completamento della fo­ tografia. Sarebbe un delitto, mettere l'immagine di una persona cara in una cornice presa a van­ vera. Perché, certo, è per una persona a voi cara che... Ah, è per vostro figlio? Guardate: se ave­ vamo il formato esatto, vi avrei proposta questa, indicatissima per un ragazzo, cosi vivace. Per­ ché vostro figlio è certo un ragazzino, no? Una mamma così giovane non può avere che un fi­ glio ancora ragazzino... ma si... ma si... E sa già quel che vuol fare, da grande? Ingegnere, va be­ nissimo. Ottimo mestiere! Costruire dei velomo­ tori, dei cavatappi, perfino dighe! Sembra che se ne abbia molto bisogno contro il Pacifico! Prendete questa cornice, sign ora! Se non va bene con la foto del vostro Piero, pardon, Giovanni, non avrete che da riportarmela, ve la cambie­ remo subito. Diciannove franchi e novantacin­ que. Volete lasciarmi il vostro indirizzo? Vi in­ vierò in omaggio il nostro catalogo, e vi avver11

    133 tirò se avrò qualche nuovo articolo che possa at­ trarre il vostro interesse... ,, Buongiorno, signora Foucet. Scommetto che è per la foto della prima comunione della vostra ragazza. Bene, ho indovinato. Dico ' ra­ gazza ', perchè è già così formata, per la sua età. E dite, si è già maturata? Benissimo benone! E si è emozionata? Avreste dovuto prevenirla. signora Foucet, è il dovere di una mamma. Non c'è numero di Marie-Claire, che non lo racco­ mandi vivamente. Be', sono le piccole seccature dei dodici anni. Non avete la foto con voi? Ah, signora, io mica vi voglio dare una cornice presa a vanvera! Sarebbe proprio far molto male il proprio mestiere! Ripassate domani con la foto, per piacere. Capisco, avreste desiderato averla in serata, è una fretta che condivido. Allora, fac­ ciamo così: ne prendete due: una piccola, e una grande. Quarantun franchi e cinque centesimi, vi t�lgo i cinque centesimi. E son io, che rin­ . grazio voi. II Buongiorno, signore. Foto, o miniatura? Be­ ne, foto. Genitori? Sorelle? Fidanzata? Certo che mi rigu arda, certo, mica voglio vendervi quel che càpita! Siete molto giovane, si vede subito, diciannove, scommetto. Venti, pardon. Ma... non siete il nipote del �ignor Houssette? Lo dicevo io, che mi sembrava. Avete quel cer­ to non so che di famiglia. Vostra madre f' la so­ rella del signor Houssette? Ah, capisco: lei ha

    134 sposato il fratello del signor Houssette. Sicché vi chiamate Houssette. :t un bel nome, mica tanto comune. Fratelli, sorelle? Benissimo, una sorella. Benissimo, benone. Vostro zio è un ami­ co, potete dirmi tutto in piena fiducia. È per la foto di un'amichetta? No? E allora? Dove­ te capire, signor Piero (pardon, signor Gio­ vanni!) che non posso consigliarvi nella scelta se ignoro la persona che deve andare in cornice. Un corridore ciclista? Lapébie? Quello si, che è un asso! Un ragazzo che ha un avvenire, ca­ pace di vincere il giro di Francia. Avete la sua foto? Benissimo, siete un cliente ideale. Guar­ date, ho un modellino esclusivo degli stabili­ menti Leone Leville, che andrà benissimo: una bicicletta in metallo bianco, si mette la foto nel­ la ruota anteriore fatta proprio a questo scopo, è compreso anche il prezzo del vetro, nella ruota posteriore non ci si mette niente, invece. Vi pia­ ce? Un po' caro, forse? Ci metteremo d'accordo, vi faccio subito l'involtino. Ecco fatto. Dun­ que, trenta franchi! Caro? Be', datemi la metà oggi, e mi regolerete il resto domani. Per carità, per carità ... Quindici franchi, e sono io che rin­ grazio voi. Là là, vedo però che gli altri quin­ dici franchi ce li avete. Vi servono forse per uscire stasera? Credete a me, è sempre meglio non aver debiti, è cosi che si diventa ricchi. Quando uno ha pagato tutto, si è tolto ogni pensiero. Bravo: con questi altri quindici, ecco

    135 E sono io che ringra· che abbiamo fatto trenta. zio voi. Arrivederci, signor Piero. Evviva La­ pébiel 11 Buon giorno, signora. Signora? Bene: si­ gnora Gache. Perfettamente: è troppo grande? Niente di più facile, la cambiamo sùbito. E la foto? L'avete lasciata dentro. Capperi, che bel ragazzo! Un Adone! Il vostro signor consorte? Deh, non arrossite, signora. Io sono, come dire, un confessore, muto come una pietra tombale, e discreto come un periodico. Effettivamente ci balla dentro, questa foto. Vi troverò qualcosa di più preciso. Ecco, questo ti po è molto rac­ comandato da Marie-Claire, permettete che ci metta dentro questo gentiluomo? Ora giudicate l'effetto. Si, questo tipo è un po' più caro del­ l'altro, non vi spaventa? Se riprendo la prima cornice? Ma certo. Trentadue franchi e novan­ tacinque per questa, meno sedici franchi e dieci per quella che mi restituite, fanno... L'avete pa­ gata venticinque? Pardon, signora, pardon: date uno sguardo qui: c'è una scalfittura, non ve­ dete? Eppure è chiarissima. Eh si, l'avete un po' sciupata, questa cornice. È solo per farvi piacere che me la riprendo, perché poi, nel vo­ stro interesse, vorrei consigliarvi di tenervela, un giorno ne potreste aver bisogno, non si sa mai. E mi pare di avervi dato un ottimo consi­ glio. Allora facciamo trentadue franchi e novan­ tacinque. Per voi rinuncio ai centesimi, e ve la

    136 lascio per trentatré franchi. No, no, dicevo per ridere, e sono io che ringrazio voi. ,, Ma nella vita del negozio, vi sono anche i momenti vuoti, che Valentino impiega a spaz­ zare, lavare, rimettere a posto gli ,, articoli ». Lui fa di tutto, lava anche i vetri. Ma a tutto c'è un limite, e Valentino rimpiange di non potersi fare il pedicure; due volte ha tentato, e sempre ha dovuto constatare d'averci rimesso il cliente. Ora, senza voler fare delle generaliz· zazioni, è pur tuttavia chiaro che un commer­ ciante senza scarpe e senza calze, riverso sui propri piedi, si mette in una condizione di as­ soluta inferiorità dinanzi al cliente. E allora, come occupare i momenti vuoti di tutto? Valen­ tino ha provato a leggere. Ma che cosa? E come? Aspettare il cliente col naso nel giornale. è un po' curioso; il naso in un libro, è ancor più stra­ no. Ed ecco, Valentino adotta una vecchia so­ luzione: nascondere il libro o il giornale in una fodera, su cui è scritto: ' fatture '. E inoltre: non bisogna lasciarsi assorbir troppo dalla let­ tura. Ammesso dunque che vi sia la possibilità di risolvere il problema del ' come ', un altro problema rimane. ' che cosa'. Vi sono i libri nuovi raccomandati dalle riviste, ma costano un occhio, dai dodici ai quindici franchi. Gli auto­ ri antichi, che si possono avere alla biblioteca municipale, son tanti: da quali cominciare� Discendere lungo i secoli, o risalire le genera-

    1!7 zioni? Valentino adotta un sistema concreto: sceglie gli autori meno lontani nel tempo, quel­ li cui è intitolata una via nel dodicesimo cir­ condario: Baudelaire, Taine, Diderot, Ledru­ Rollin, ad esempio. Sfortunatamente, la biblio­ teca del circondario non possiede alcun'opera di Ledru-Rollin, e tale scacco scoraggia Valen­ tino. Intanto, ha trovato qualcosa d'altro, da fare: si preparerà per la licenza. Ah no, mica per corrispondenza, perché costa, ma da solo. Comunica quindi il progetto a Giulia, che im­ mediatamente scopre le diciassette ragioni ne­ cessarie e sufficienti a provare la vanità di una consimile impresa. E Valentino le accetta tutte, le diciassette ragioni. Restano i lavori manuali. Falegnameria, ad esempio, o mascalcia. Oppure. fabbricare delle cornici. Creerebbe uno stile tutto suo, avrebbe dei modelli unici, lavorerebbe su ordinazione. Ma dove? In qual posto? Interrogativo, che lo indusse a rinunciare anche a questo. E cosi, il problema restava tutto intero. Un giorno, ave­ va trovato quella soluzione, che consiste nell'ap­ piccicare un biglietto alla porta, così compi­ lato: « torno fra cinque minuti »; e andarsene a zonzo per un'ora o due. Ma al ritorno, aveva saputo che la signora Mentonnet, che fra l'altro non era stata invitata al ricevimento del fune­ rale, si era presentata durante la sua assenza, dopodiché aveva dichiarato che, un'altra volta,

    138 mica si sarebbe scomodata per niente: una clien­ te come lei, ormai se la poteva sognare, quel Brut Alle sette, si chiude. Valentino abbassa la sa­ racinesca e se ne va. Alle sette e cinque, eccolo al laffè degli Amici, che preferisce a tutti i locali del quartiere, grazie al nome. Non si sie­ de, rimane al banco, a bocca chiusa, e, senza che lui lo abbia chiesto, gli servono il suo vino. Gli altri discorrono, Valentino sta a sentire. Poi par­ tecipa un po' anche lui, cosi, per non far cre­ dere che stia ll a darsi delle arie. Si parla del­ l'Esposizione 37, che forse non si aprirà per gli scioperi. Si parla della Spagna, e del fronte Popolare, ma senza eccedere. Si parla, soprat­ tutto, di ciclismo, di calcio e del perfezionamen­ to della razza equina. Valentino scuote il capo, sorride, ripete una frase letta nel giornale e che, generalmente, viene apprezzata in modo parti­ colare: il che stupisce Valentino, poiché anche quegli altri lo leggono, il giornale. Si parla in­ fine dei minimi avvenimenti del quartiere, i soli che interessino Giulia. 11 Quanto, oggi? » gli chiede. « 234 franchi, una giornata stupenda. » 11 Ma che gli ha preso, alla gente, con questa smania di farsi mettere in cornice? » borbotta controllando l'incasso. II Questo è niente. Vedrai >, disse Valentino con circospezione. 11 Sono contento che tu non mi abbia dimenticato. 11

    >, disse, 11 è che la gente va da quella Il, perché sia lei a raccontargli le loro stesse miserie. » E concluse: 11 Dunque non è affatto la stessa cosa. » 11 Certo », si affrettò ad acconsentire Giulia, che sorvegliava con ansia lo svolgersi delle rifles­ sioni di Valentino. Né si poteva indovinare che lui le lasciava apparire soltanto quel che vo­ leva, avendo acquisito, a tale proposito, alcune cognizioni molto precise. Se non riusciva a far­ gliela bere rigu ardo agli affari e al negozio, d'al­ tra parte aveva finito col convincersi che lei non poteva entrare nell'interno della sua testa, ed accorgersi che lui chiamava bianco il nero, e vi­ ceversa. 11 Che altro mi racconti? » Giulia disse. 11 Og­ gi hai visto sei persone, no? » Esatto, sei persone. Allora Valentino le prese una dopo l'altra dal cesto della memoria, le scos­ se per farne cadere gli spiccioli della loro esi­ stenza, infine le rigettò nel pozzo dei ricordi. E cosi, il suo còmpito è finito, Giulia può an11

    176 darsene a letto, ora, e anche Valentino. Egli fi­ nisce lentamente la seconda sigaretta della gior­ nata, dice: « Hai un'idea di dove andremo in vacanza, quest'anno? n « No, e me ne strafotto. n « Il primo anno sono andato io solo a Bruges.n , disse Valentino, « hai fatto festa. » Il Decollato si batté sulla coscia. « Diarrea », disse soffocando dal ridere, « diar­ rea! » Alzò un dito in aria, sollevò una gamba, emanò una scorreggia. Quindi, spenta la sigaret­ ta fra due dita, intraprese a masticarla, lenta· mente. u Vedrai », disse, lasciando colare un po' di sugo di tabacco sulla barba sale e pepe. Si frugò in una tasca, e ne estrasse un pezzo di salsiccia già quasi tutto rosicchiato. u Cose squisite! » tripudiò. u Squisite! » indi­ cando con un mezzo giro della mano, che l'aveva

    181 sgraffi gnata; poi, con un cenno del pollice. in­ dicò che la vittima altri non era che il sign or Ver­ terelle, il salumiere a tre botteghe più giù. ,, Ed hai avuto il tempo di mangiarla da là a qui?>> Un segn o di Giovanni Decollato, come a dire: naturalmente! ,, E non ti hanno visto? » Il mendicante strizzò l'occhio. Prese una delle scope, fece finta di rosicchiarne la punta della mazza, mentre ingoiava ingordamente il residuo pezzo di salsiccia. II Sei un furbo di tre cotte, tu », disse Valen­ tino, meravigliato. Proprio quel che pensava Giovann� Decollato, il quale assenti e sedette, . quasi sazio. 11 Dunque, signor Bru, come la va, sign or Brf1, come la va, come come come.» 11 Non sempre arrivo a seguire la sfera grande più di quattro minuti », disse Valentino, indi­ cando con Io sguardo l'orologio di Poucier. Seguendo il movimento degli occhi, l'altro ri­ mase a bocca aperta, ma si girò vivamente verso Valentino, che diceva: II Dopo quei quattro minuti, è come se mi ad­ dormentassi, non so più a cosa penso, il tempo sfugge al mio controllo, oppure vengo preso dal­ le immagini, l'attenzione mi si svia, e intanto il tempo è bell'e passato, senza che l'abbia sentito fondere fra le mie dita . »

    182

    Giovanni Decollato tentennò il capo, com­ prensivo. ,, Pra pra pra pra pra pra », fece, ,, pra pra pra pra pra pra pra pra pra pra pra buml » Con la tipica espressione del sognatore, ripeté ancora una volta questa frase. ,, Io sorveglio il tempo », riprese Valentino, u ma qualche volta lo uccido. E non è questo che vorrei. » L'altro sollevò le braccia, lasciandole ricadere con stanchezza e compassione. ,, Sono specialmente le immagini che mi di­ sturbano », continuò Valentino. u Vengono da tutte le parti, ce ne sono alcune che nemmeno conosco, immagini di paesi dove non sono mai stato, che forse non esistono affatto. 11 u In vettura », annunciò Giovanni Decollato, u in vettura, in vettura, si parte... » e dopo es­ sersi alzato, girò più volte intorno alla sedia. facendo il treno. Poi, troncando bruscamente quest'attività, tornò a sedersi per ridiventare un ascoltatore silenzioso. Commosso da siffatto in­ termezzo, che stava a testimoniare il profondo interesse che il mendicante nutriva per i suoi tentativi di fondere il tempo fra le dita, Valen­ tino riprese: ,, Ci sono anche i suoni, i rumori, le parole, insomma tutto ciò che appartiene all'orecchio. Ce ne sono di quelli che vengono di molto lon­ tano: pensa, non so, a tante radio che stiano a

    183 urlare dall'altra parte di una montagna. Ci sono le frasi, poi. Tante frasi, che si ripetono stupi­ damente.» Si fermò, non voleva dire sciocchezze. Giovanni Decollato tentenna il capo, si alza. « Sigaretta», dice. Il che, vuol dire che sta per andarsene. Emise una nuvola dal naso e tese una scopa a Valentino. «Compra», disse, «comprala.,, Valentino la prese: 1C L'hai fatta tu? 11 L'altro fece segno di si. « Su 11, disse, « su, compra. 11 Valentino: « Quanto? n « Venti franchi. 11 « È una scopa per miliardari, non ti pare?» "Venti franchi. ,, Valentino si chiese se Giulia avrebbe mai in­ dovinato che lui aveva pagato venti franchi una scopa di giunchi a un povero di spirito. Non ne era sicuro. La scopa non doveva appartenere al magico dominio di Giulia. Dette i venti franchi a Giovanni Decollato. che non distingueva fra venti franchi, venti sol­ di e venti miliardi: quella volta, però, Valen­ tino volle dare esattamente il prezzo richiesto. Giovanni Decollato intascò il danaro con digni­ tà, e si allontanò con le scope sulla spalla. Valentino considerò l'oggetto con simpatia e

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    lo volle provare sùbito sul marciapiede, dove aveva visto escrementi di cane. Il risultato si ri­ velò soddisfacente. Sul marciapiede opposto, dal­ la sua bottega Houssette gli gridò: 1< Si dovrebbe mettergli un tappo, a queste sporche bestie! 11 Valentino non afferrò chiaramente la frase, che avrebbe senz'altro contestata, se ne avesse af­ ferrato il significato; rispose gioiosamente. agi­ tando la scopa come una bandiera. Gesto che fe­ ce ridere Houssette, indulgentissimo verso Va­ lentino, come lo erano tutti gli altri bottegai del quartiere. Rientrato in bottega, Valentino si abbandonò a diffuse considerazioni sul modo d'identificare i cani del quartiere, dal colore e dalla consisten­ za dei loro abbandoni. Andò poi a riporre la scopa in un armadio a muro del retrobottega, donde tornò alla sua cassa: di qui, alzando gli occhi verso l'orologio Poucier, cominciò a spiare il viaggio della sfera grande. Come sempre, il primo minuto è il più facile. Dopo il secondo, gli si rivela il significato della frase di Houssette, egli risente la voce di bambola del droghiere, che dice: 11 Si dovrebbe mettergli un tappo, a queste sporche bestie! 11 Poveri cani! Appena in­ contrerà Houssette, gli dirà: « Altro che tappo. gli si dovrebbe mettere un panierino sotto la coda. » 11 droghiere ne riderà certamente. Va­ lentino continua a seguire il cammino della sfe-

    18.? ra grande, ma già sente che non andrà lontano, schiacciato dal peso delle immagini e delle pa­ role. Ma quando Houssette appare, barcollante come l'ha visto il 14 luglio scorso, Valentino comprende, infine, perché Giovanni Decollato gli ha fatto quel regalo. Sì, quella scopa non è stato che un regalo, i venti franchi il mendicante li ha chiesti per pura delicatezza, soltanto. Senza togliere gli occhi dall'orologio, Valenti­ no si vede andare a prendere la scopa nel ripo­ stiglio, ne torna, e con un sol colpo spazza via Houssette. Poi lo spinge nel riga gnolo, e l'ac­ qua porta via il sorridente droghiere. Dopodi­ ché, Valentino spazza le case, i marciapiedi, in­ fine lo stesso rigagnolo. In quella, afferra il quar­ to minuto, con piena coscienza del crollo delle ore. Passa un gendarme in bicicletta, Valentino lo spazza via. Ne passa un altro, a piedi. E Va­ lentino spazza anche lui. Torna Houssette fra due gendarmi. Dietro il gruppo, ancora Hous­ sette fra due gendarmi, seguito da Houssette con due gendarmi ai lati. Valentino ha dimenticato di spazzarli via, ed essi si sono immediatamente moltiplicati come insetti. Dietro di loro, un'ar­ mata di Giovanni Decollati, che va all'assalto di una collina difesa da un'armata di decollati. Valentino dà un gran colpo di scopa, ma troppo tardi, ché pezzetti d'immagini son rimasti fra le sfilacciature del giunco. Valentino insiste ed ec­ co, adesso, del fango, un gran fango d'immagini,

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    non se ne libera più. Con grandi sforzi, con me­ todo, con tutti i suoi muscoli, riesce a rifare il deserto, ma in quella deve constatare che cin­ que minuti son passati, di cui non saprebbe ren­ der conto. Ma non sempre si riesce al primo tentativo. Adesso lui ha capito la teoria, quel che gli man­ ca ancora è una certa agilità nella pratica, e più rapidità, soprattutto, più intransigenza. Bisogna spazzar via tutto, sùbito. Una tremolante voce comincia a cantargli nel fondo della nuca: « Era la capinera del... n, e Valentino non sbaglia il colpo, adesso, la schiaccia senza esitazione. essa fa sciiipf ed è finita. Ecco come avrebbe dovuto agire, prima. Ripone la sua scopa dietro l'orec­ chio e si ripromette di far meglio la prossima volta. Un gendarme entra. Perché non due? Alla domanda del gendarme, Valentino Bru rispon­ de che è proprio lui in persona, Valentino Brf1. Ebbene, il gendarme gli porta la cartolina di mobilitazione. È rosa, d'un rosa piuttosto gaio. Un po' confuso, Valentino apprende che deve presentarsi dieci giorni dopo la mobilitazione a Nantes, decimo deposito coloniale. 11 Dunque, questa volta c'è n, mormora. II C'è che cosa? n chiede l'altro. La costernazione del negoziante di cornici di­ verte il gendarn1e. II La guerra » Valentino risponde.

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    L'altro si mette a ridere. 11 Non c'è ancora 11, dice. « Ma ci sarà presto. » « Non sono venuto a discutere di politica con voi », latra il gendarme, innervosito contro il futuro soldato semplice. « E poi», aggiunge dispettoso, 11 non avete da lamentarvi. Non partirete che dopo dieci !1;iomi, e per Nantes, poi. Lo sapete che ce ne sono di più anziani di voi, che panono subito per la Maginot?» Valentino non l'ign orava. E cerca una ragione dell'ingiustizia che lo favorisce. « Forse», dice, 11 sarà perché ho già fatto la colonia.» 11 t merda vostra, io non c'entro», il gendar­ me dice. « Dovete restituirmi il vostro foglio di congedo, adesso. » « Ce l'ho sopra, abito di sopra. n II E non potete andarlo a prendere? » « Sl, ma non ho nessuno per farmi guardare il negozio. » « Vi aspetto, farete presto, immagino. » Valentino non parve avere l'aria di apprezza. re quella soluzione. Portava male, un gendarme nel negozio. E se lo trasformava in un cliente? 11 Avete tutto quel che vi occorre in quanto a cornici?» « Non è il momento di scherzare», il gendar­ me disse. « Andate, su. »

    188 Valentino aveva dimenticato la vita militare, trovava indigesto che un tanghero gli desse dei comandi a quel modo: perdio, altro che, se si stava avvicinando, la guerra. II Vado», disse brevemente. Sali le scale, entrò in casa, la porta era aper­ ta, non c'era nessuno, tranne il mostro che son­ necchiava in cucina. Giulia, come sospettava, era uscita. Trovò il foglio di congedo accurata­ mente sepolto fra un ammasso di lenzuola, e ri­ discese, porse il foglio al gendarme, che disse con spirito: cc Cosa fatta capo ha ,, . II Non è venuto nessuno? 11 cc Nessuno. » II Va male, in questo periodo ,, , sospirò Va­ lentino. 11 Con tutte queste voci di guerra. n Il gendarme salutò con un gesto e se ne fuggi per andare da Houssette. Valentino attese pazientemente le sette, per proporre al droghiere di andar a prendere un bicchiere al ' Caffè degli Amici '. II Avete avuto anche voi la vostra cartolina? ,, gli chiese. II Be', e questo che vuol dire? ,, II In che senso, ' che vuol dire? ' ,, II Vuol dire che non ci sarà per forza la guerra.,, cc Già.» cc Se no, con questo pensiero, non si vivreb­ be più.,,

    189 « Giusto. lo non posso lamentarmi, vado a Nantes. n « Be', e questo che vuol dire? Poi possono mandarvi dove gli gira. 11 (( Già. Il II E se poi ci sarà la guerra, le bombe piove­ ranno dappertutto. Vedrete Parigi, quel che si buscherà. n Rise con ottimismo. ,, Ve ne restate a Parigi? 11 chiese Valentino audacemente. ,, Mah 11, disse Houssette, con una diploma­ zia che rattristò Valentino, che aggiunse: 11 Comunque, tutta la faccenda darà del lavo­ ro ai gendanni... 11 " Bel tempo ha fatto oggi, eh? 11 Houssette disse. Valentino non vi aveva fatto ec.cessiva atten­ zione. In giugno, lo trovava naturale. Rispose a caso: " Magnifico! " Il tempo che passa, invece, non è né bello né brutto, ma sempre eguale. Certe volte, forse, piove per qualche secondo, oppure il sole delle quattro tien fermi dei minuti, come fossero ca­ valli impennati. A sua volta, forse, il passato non sempre mantiene la perfetta simmetria, che gli orologi donano al presente, mentre l'avvenire sopraggiunge a colpi di pagaia... E c'è forse in­ canto ed orrore, della grazia e dell'abiezione, nei convulsi movimenti di ciò eh'è stato e di ciò

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    che sarà. Ma Valentino non si era mai compia­ ciuto in siffatte supposizioni, non ne sapeva an­ cora abbastanza, per il -momento preferiva con­ tentarsi di una identità sempre eguale a sé, sen­ za tingerla nei colori dell'autunno, o lavarla nei temporali di marzo, o macchiarla, infine, del­ l'incostanza delle nuvole, cc Insomma », chiese Houssette, cc non vi gira bene, eh?» cc Macché, anzi benissimo. » Sedettero al caffè dopo aver salutato gli altri. Ordinarono due pernod. " È stato quel gendarme a rompervi la pace, no? A me, vedete, è già la terza volta che mi portano la cartolina, ma non per questo c'è stata la guerra. 11 " Tanto va la gatta al lardo ... » replicò Valentino. " Balle! Bevete un sorso, vi rimetterà. » Bevvero, e Valentino fece una smorfia. cc Siete il primo francese che vedo fare smor­ fie, mentre beve del pernod », Houssette disse. " È per tutte quelle porcherie che ho preso in colonia », rispose Valentino. II Allora dovevate prendere un'altra cosa. 11 11 Volevo far la prova. » Houssette lo guarda gravemente. cc Siete un buffo tipo », conclude. Proprio quel che Valentino non aveva voglia di sembrare. Era deluso.

    191 ,, Non più buffo di qualsiasi altro 11, replicò con un po' di vivacità. II Mica dicevo per farvi dispiacere. 11 11 Certo, certamente. 11 Bevvero un altro sorso. 11 E gli affari? 11 Houssette chiese. II Di male in peggio, non so più come andare avanti. 11 "Non lo dite troppo forte 11, suggeri Hous· sette. Vero, verissimo. Anche Giulia glielo dice­ va sempre: acqua in bocca, acqua in bocca. Sempre. II Però, tutto sommato, non c'è da lamentarsi troppo 11, concluse con un'aria soddisfatta. Ora, logicamente, bisognava fare la stessa domanda a Houssette, era fatale. " E voi? 11 chiese. ·" La mangiatoia, quella va sempre 11, rispose con disprezzo. 11 Quando gli affari vanno bene, be', si mangia perché si è contenti, e quando non vanno più, si mangia per consolarsi. 11 " E quando si è tristi si mangia, quando si è tristi? 11 " Pensate un po' alle pappatorie dopo i fu­ nerali. 11 " Già, forse perché la gente è arcicontenta. 11 Questa risposta attirò di nuovo su Valentino lo sguardo inquisitore di Houssette.

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    11 Pensate che tutti quanti sono dei fetentoni? » il droghiere chiese. u Questo no! » •< E allora? » Valentino non trovava niente da rispondere. Da parte sua, Houssette non cessava di scrutar­ lo, senza nascondere affatto la sua curiosità. E Valentino da parte sua si chiese perché lo aveva ' visto ', poco fa, in mezzo a due gendarmi. Era una divinazione come succedeva a Giulia, op­ pure una semplice immagine, senza alcun rap­ porto con l'Houssette presente hic et nunc? Restarono cosi alcuni istanti, senza dir nien­ te, né parvero infastiditi da quel silenzio. u E la vostra signora », disse infine il droghie­ re, « com· è che non la si vede tanto spesso? » 11 Così », disse Valentino, meravigliato di tro­ varsi nei panni dell'interrogato, lui che aveva estorto tante confidenze alla gente del quartiere, e perfino agli sconosciuti. Si ripeté la massima giuliana: ,, acqua in bocca », ma pensò anche che non poteva passare per un maleducato. u Non esce mai », aggiunse. 1< Soffre di agorafobia? » chiese il droghiere, con filologica precisione. Valentino non ricordava affatto di aver letto quella parola nel Larousse. « Be', un po' 11, rispose. « Di agorafobia non se ne soffre un po' » re-

    193 plicò il droghiere. « V no ce l'ha o non ce l'ha. qualsiasi medico ve lo può dire. » > chiede in giro. " V n cocchettelle», fa Giulia. I Bubraga non reagirono, sbalorditi. "Come dici?» domanda Valentino, divertito: egli conosce il vocabolo da quando l'ha letto in Marie�Claire. t' Draille? J\1anhattan? Rose?» enumera il cameriere. " Rose», risponde Giulia senza esitare. 11 Quattro», si affretta ad aggiungere Paolo. 11 Niente affatto», Valentino protesta. "Per me, uno sciroppo. 11 cc Pompelmo, ananas, pomodoro?» domanda

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    il cameriere, che convinto di aver a che fare con uno spirito allegro, sorride finemente, con com­ plicità. 11 Cos'è più alla moda? 11 Valentino dice. u Pompelmo, credo 11, il cameriere risponde, incantato di avere un cliente così spirituale. 11 Allora, uno sciroppo di pompelmo. » E guarda i Butraga, che guardano lui. Poi esa­ mina le orecchie del cognato, le gambe della co­ gnata, infine si gira verso Giulia: u Allora, ma lo sai, poi, cos'è un rose? 11 11 E chi se ne frega I 11 Arriva il capo-cameriere con la lista, e si tor­ na daccapo.

    Paolo:

    11

    Caviale per tutti? »

    Giulia tentenna. Forse che Paolo offre cose cosi squisite perché le si rifiuti? E se invece a lui non fotte niente che si accetti, lei si farà ap­ pioppare un intruglio che forse non le piace? Ad ogni proposta di Paolo, essa tenta allora di giocare con maggiore finezza. Valentino, invece, ha l'aria di non aver dubbi su niente. Si direb­ be che, da otto giorni, non fa che pensare a quel che deve buttarsi in corpo. Ed è proprio così. Ora sta esaminando con curiosità il rose, e be­ ve il suo u pompelmo II a titolo sperimentale. Lo trova assai poco inzuccherato, per uno sciroppo. Chantal ha tutta l'aria di schifarsi. Giulia con­ tinua a mancare di decisione, evidentemente la fortuna del cognato ha cessato di darle ai nervi.

    197 L'atmosfera del pranzo di famiglia è cambiata, e nessuno ne sa il perché. e< E c1uesto viaggio in Gennania? » domanda Paolo a Valentino. Fortuna che c'è questo viaggio in Germania; diversamente, di che si parlerebbe? Ancora di politica: politica interna, e Paolo, adesso, con­ divide le opinioni di Giulia sui funzionari, le tasse, le assicurazioni sociali e su tutto quanto il resto. Politica estera, e gira e rigira, si arriva sempre ai pensieri segreti di Hitler che ognuno dei presenti, certo, conosce fino alle più intime sfumature; dai pensieri del Filhrer si passa ai calci per fucili, la cui vendita va sempre meglio, assolutamente aliena dal crescere o decrescere dell'ottimismo o del pessimismo della gente. cc Otto giorni di macchina », dice Valentino sobriamente. E dedica uno sguardo tenero e riconoscente alla Giulia, che gli ha offerto quel bel viaggio. In giugno, dopo il bilancio, lui dovette consta­ tare di aver guadagnato, nell'anno, meno di tre­ milacinquecentotrentasette franchi e cinquanta centesimi. Deficit, che non poteva consentirgli di andare in vacanza assieme a Giulia, pena la follia. Per fortuna, Giulia risolse molto sempli­ cemente il problema : in un primo momento, fece saltar fuori delle possibilità finanziarie di cui si astenne dal precisare la fonte (l'eredità di Nanette, forse). Dopo più maturo esame, rinun-

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    ciò al viaggio: no, questa estate non si sarebbe mossa, come gli anni passati. Dopo essersi lascia­ to convincere, Valentino si recò presso l'agenzia tedesca, dove ebbe la fortuna di afferrare l'ul­ timo biglietto, quel giro avendo ottenuto un im­ menso successo. ,, Gli altri viaggiatori avevano tutti la barba bianca», Valentino racconta, 11 e qualcuno per­ sino la moglie. n II Ufficiali in congedo, sicuramente», Paolo dice. II Proprio così, e tutti bonapartisti. Mi hanno messo in uno degli ultimi posti e siamo passati per Strasburgo. Abbiamo attraversato il Reno. Bellissimo! n II Certamente.,, II E come hai fatto ad avere il passaporto?» II Lo prendi per un cretino?» soffia Giulia. Paolo non risponde. II Prima siamo stati a Elsingen e ad Ulma. La campagna del 1805! C'era un tipo che spiegava tutto. I vecchi non facevano che guardare nelle loro carte. Io, siccome non ne avevo, ogni tanto ne chiedevo qualcuna in prestito, ma... ,, II Siete stati a Berchtesgaden? ,, dice Paolo. II No. Perché? n II Non l'interrompere», dice Chantal. " Cosi, ti è piaciuta, la Germania? n II Ci sono tante vecchie città. Jena, Weimar. Ma prima siamo andati a Eckmiihl. Campagna

    199 del 18091 Tutte vittorie contro gli austriaci, mi permetto di ricordarvelo. » « Austriaci, tedeschi, è tutt'uno », Paolo os­ serva. « Il giro mica arriva ad Austerlitz, perché si trova in Cecoslovacchia. » « Che ne pensavano dei Sudeti? 11 chiede Paolo. > Valentino si gratta il capo. « Si potrebbe vendere qualcosa di più reddi­ tizio delle comici», dice. « Con un po' di buo­ na volontà, forse potrei riuscirci.» e, Hai una testa troppo piccola», dice Giulia, carezzandogli i capelli. Lo rivede vestito da militare. Ma non passa più dinanzi la sua por­ ta, è seduto in una camionetta, le gambe penzo­ loni, vicino a un altro soldato. Fu ieri, o sarà domani? cc Potrei rientrare nell'esercito», suggeri Va­ lentino. ,, C'è un buon premio. Tanto, che io ritorni militare adesso, o fra tre mesi...» « Sei uno stupido», dice Giulia. Valentino non insiste. Ha ancora altre propo­ ste da fare: «< Forse Paolo mi potrebbe trovare un buon

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    lavoro fra i suoi operai. Benché io non abbia nessuna voglia di contribuire al riarmo del mon­ do », si affrettò ad aggiungere. « Non credo che ti abbia in simpatia, da quando ti sei manipolata Chantal all'esposizio· ne.,, « Mi ha visto? » « Glielo ha detto Chantal, certamente. » 11 E tu, come lo sai? » 11 Me lo ha detto lei, certamente. » Possibile che gli altri potevano parlare di lui? Ne fu particolarmente colpito. Ebbe una spe· ranza: 11 Ci avete visti? » 11 Quando vi abbiamo ritrovati, sl, vi abbiamo visti. » Valentino si grattò il capo. « L'avevi indovinato? » 11 Forse no. » Giulia sorrise: 11 E tu, che cosa indovini? » 11 A che proposito? » chiese lui sorpreso. Essa non rispose. 11 Be', vado a fare gli avvisi », disse Valentino. Impiegò un certo tempo, per via di tutte le spiegazioni che dovette dare sulla malattia della sua signora. Quando rientrò, un po' stanco d'a­ ver dovuto ripetere cento volte il discorso, Giu­ lia gli disse : 11 Senti un po', mi devi fare un piacere ».

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    " Figùratil li " Devi prendere un foglio grande cosi, e ci scrivi sopra: ' torno domani ', ben chiaro, e lo attacchi con quattro puntine sulla porta del se­ condo piano a sinistra, scala in fondo, via Tai­ ne 12. li cc Pronto servizio », Valentino disse. Tracciò con una bella grafia lo scritto, e am­ mirando la sua opera disse: " Ecco fatto, vado immediatamente. Via Tai­ ne 12, scala in fondo, secondo piano a sinistra?» cc Si, ma adesso senti. Tu uscirai dal cortile. In fondo, c'è una porta che dà in un vicolo cie­ co, fra un deposito di legname e una bottega di rigattiere. Prima del rigattiere, sulla destra, c'è un passaggio. Vedrai una porta pittata in blu. La spingi, e ti trovi nel cortile di via Taine 12. La chiave è li nel cassetto, una chiave nuova. Non la perdere. li cc Non aver paura. Ma se qualcuno mi trova mentre attacco questo scritto e mi domanda che cosa sto fottendo da quelle parti, io che dico?» cc Non ti vedrà nessuno. » cc Ma sarà abitata, questa casa. » " Quando ci si sa fare, non s'incontra nessuno.» cc Certamente non ci saprò fare. » cc Rischia, e vedrai che ci riuscirai. li cc Che cosa risponderò? li

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    11 Risponderai: merda! Siamo in piena repubblica, mi sembra. » 11 Mica durerà tanto. » (( Lo hai indovinato?» H Non ho indovinato niente. È scritto tutti i giorni sui giornali. » 11 Sai leggere quel che c'è scritto sulle facce della gente?» Valentino non rispose. 1, Mica è difficile», Giulia disse. 1< So leggere quel che non è scritto sul qua­ drante del tempo. » « Non ti servirà a niente», disse Giulia. 11 Un giorno», Valentino disse, 11 ho visto Vi­ role in mezzo a due gendarmi. No, era Hous­ settc. Si, dico bene: Houssette, non Virole. In ogni caso, non si è avverato un cavolo di niente.» 11 Mamma Virole ha la morte sulle spalle», disse Giulia. II Glielo hai detto?» « È prevenuta. » II Io, non m'immischierei mai nei fatti della gente.» « Fa' come vuoi. » « Che cosa vuoi dire?» « Madame Saphir guadagn a migliaia e cen­ tinaia. Prenderai il suo poslo finché non starà meglio.» « Ma io non ci credo, alle chiaroveggenti! E poi, ti assicuro che non ne ho i mezzi. »

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    Dirai quel che ti passa per la mente. » «< Ma è madame Saphir, che la gente vuol sentire. Mica ci verranno, da me. » «< È madame Saphir, che sentiranno! » 11 Mica mi vuoi far travestire da donna ! » 11 Non sarà un travestimento. Sarai molto ca­ rino. » «< Ma la voce, la figura... » 11 Ti metterai un velo sulla faccia. Ne ho uno assai bello, coi segni dello zodiaco. Ti metterai sulla sedia, e cambierai la voce in maniera che non somigli a niente. ,, 11 Per i nuovi clienti, non so se potrebbe an­ dare. Ma quelli vecchi, certamente capiranno. 11 11 Non ti confondere », disse Giulia, 11 quando la gente ha deciso di marciare, non c'è più mo­ do di fermarla. Più che stupidaggine, è rabbia.» 11

    XVI II SuLLA porta, un cartello:

    u Madame Saphir.

    Passato Presente Futuro. Si entra solo se la por­ ta non è chiusa a chiave. Si prende il proprio Numero Magico sul tavolo e .si aspetta di essere

    chiamati dal numero di colpi di campanello cor·

    rispondenti a detto Numero. Tariffe umanita­

    rie,,. Valentino inchiodò il suo biglietto, am­

    mirando la chiarezza di quelle istruzioni; me­ ravigliato, soprattutto, che Giulia fosse stata ca­ pace di scriverle. D'altra parte, si meravigliò di star li a meravigliarsi ancora. Discese le scale senza incontrare nessuno, pro­ prio come Giulia gli aveva detto, attraversò il cortile del numero 12 di via Taine, s'infilò nel passaggio, poi nel lungo budello che costeggia­ va il deposito di legname, e con la chiave chiuse una porta. Avendo cosi delibato i misteri di Parigi, Va­ lentino si ritrovò a casa sua. Prima di ripresen­ tarsi a notificare il successo della sua missione, si propose di offrirsi un bicchiere. Uscendo dal budello nella strada, scorse un capannello intor­ no ad una camionetta che stazionava dinanzi a casa Virole, e che si mosse appena lui si fu uni­ to ai curiosi. 11 Come se coi tempi che corrono, non ci fosse altro da fare 11, disse qualcuno. Valentino scorse Houssette.

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    « Ch'è successo? » 11 Virole ha ucciso sua moglie », Houssette disse. II Bene », Valentino rispose. Si diressero automaticamente verso il Caff� degli Amici. Valentino si chiedeva come avreb­ be mai potuto sapere che ,, Houssette in mezzo a due gendarmi », altro non significava che II Vi­ role in una macchina della polizia ». Si chiese anche se, Giulia non avendo avuto quella para­ lisi, madame Saphir avrebbe potuto evitare alla sign ora Virole la sua sorte, o perlomeno annun­ ciargliela. E si chiese infine, non ci aveva ancora pensato, se madame Saphir aveva previsto la ma­ lattia che aveva interrotto la sua carriera. II Allora », disse Houssette sedendosi, 11 il re d'Inghilterra ci viene a fare una visita. 11 11 Segno che viene la guerra 11, mormorò Va­ lentino. Poi furono travolti dal flutto della conversa­ zione generale. Com'era successo, precisamente? Da che parte stava il torto? Lei, va be', gli pe· stava i piedi, ma non era una buona ragione per farla fuori. Una cosi brava signora! Lui, un cosi brav'uomol In che razza di epoca si era costretti a vivere, se un uomo cosi rispettabile aveva ucci­ so, nientemeno, una signora cosi perbene? II E dire che la chiaroveggente di via Taine l'aveva previsto, l'ha detto alla signora Balustre, che poi l'ha detto a me. La povera vittima di-

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    ceva: " Signora Balustre, lo sapete che diffido di mio marito? Madame Saphir me l'ha detto: ' Signora Virole, mi ha detto, state attenta, va a finire che voi non morirete nel vostro letto, a causa del vostro beneamato sposo! ' " Ecco, dun­ que, quel che madame Saphir ha detto alla si­ gnora Virole, secondo quel che ha detto la si­ gnora Balustre. 11 Valentino si girò verso quella persona cosi be­ ne informata. Era Verterelle, che una sincera vedovanza aveva da gran tempo allontanato dai caffè. Giulia avrebbe anche potuto dirle, alla si­ gnora Verterelle, che sarebbe morta nel suo let­ to. Ma lui Valentino, che cavolo avrebbe potuto dire alle sign ore Virole e Verterelle? Che avreb­ bero vinto la lotteria e sarebbero vissute fino ai cent'anni in una villa sulla costa azzurra? Il che avrebbe fatto loro piacere, senza impedire che morissero. Intorno a lui, la conversazione si sviluppava in un gioioso frastuono, tipico dopo le grandi catastrofi. Valentino rivide se stesso aprir quella porta, camminare in quel vicolo proprio dietro casa sua e di cui ignorava l'esistenza, circolare in quella casa di via Taine come se fosse stato invisibile. Una sciocchezza era bastata per farlo naufragare in un mondo di atti falsi e dissimu­ lati. Vi si sentiva stranamente a suo agio, e poi­ ché Giulia gli offriva adesso un nuovo mestiere, giudicò di pessimo gusto rifiutarlo.

    223 « Vi lascia perplesso quetsa storia, eh? » Hom;. sette disse. 11 Non è solo questo. Ci sarà, anche un'altra novità, nel quartiere. Chiudo bottega. » « Possibile? » « Gli affari vanno malissimo. Ho trovato un impiego, nel centro. In attesa di tempi migliori.» Vide che Houssette gli credeva. Turbato, gli venne voglia di rivelargli l'inganno. Con quale facilità, aveva creato nello spirito del droghiere una piccola zona d'errore! Finora, Valentino aveva sempre pensato che il linguaggio deve esprimere la verità, il silenzio nasconderla. D'al­ tra parte, le frasi che avrebbe pronunciate di­ nanzi ai clienti e alle clienti di madame Saphir, non avrebbero formato delle zone d'errore, ben­ si di confusione: in esse, l'illusione sarebbe po· tuta restare sospesa fino al termine di una vita. Alla prima cliente che sarebbe venuta da lui, avrebbe vaticinato un matrimonio con un prin­ cipe indiano. Non necessariamente in prime nozze, e neppure in seconde: la cliente avrebbe dovuto attendere, con gioia, le prime consc�en­ ze della senilità. E la prima cliente fu una don­ na ancor giovane. « Sposerete fra poco », Valentino disse, con una voce in falsetto, che minacciò di farlo ridere. 11 Sono sposata da otto giorni », la cliente disse. II Proprio quel che dicevo io. Per noialtri, il

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    tempo non conta. L'ieri, il domani, cosa sono di fronte ali'eternità? » L'ho confusa sl, si disse Valentino, soddisfat­ . tissimo della propria eloquenza. Ma la ragazza era coriacea. 11 ,\1adame, l'eternità è una bella cosa, ma per me quello che conta non è il passato, ma l'avve­ nire.» II Anche il passato conta», disse Valentino. cc Senza passato, non esisterebbe avvenire. » cc Comunque io sono sposata da otto giorni.» cc Che cosa desiderate sapere?» cc Tutto.» cc t molto», disse Valentino con voce lugubre. cc Madame, pagherò, siatene certa.» Merda, Valentino si disse, non è poi una cosa tanto facile. Giulia ha torto, avrebbe dovuto istruirmi, prima di buttarmi qui dentro. Povera Giulia, del resto è già molto che abbia avuto quest'idea. cc Mi concentrerò», annunciò vigorosamente. Cosa che la giovane trovò del tutto naturale. Le butterò la freccia del principe indiano? egli si chiese. t tutto ciò che ho saputo immagi­ nare da solo, ma forse non basta. In quella, si accorse che, adesso, non potrebbe più inseguire i suoi ricordi sull'orologio di Poucier. Gli sem­ brava, tuttavia, d'aver cominciato a raggiungere una certa abilità, in quel gioco del tempo; ma si domandava anche perché un preciso numero

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    dì secondi in più, o in meno, aveva una sua in­ fluenza su ciò che, appunto, oltrepassava ogni misura. E se dieci minuti si riducevano qualche volta a una strizzata d'occhio, questa strizzata si riferirebbe sempre alla vita di un uomo, col suo principio e la sua fine. Il trampolino del tempo, forse, non era un'altalena. E Valentino si don­ dolò. Quando si ritrovò dietro il suo velo astrologi­ co, si avvide che la cliente dormiva. Batté dei piccoli colpi sul tavolo, e annunciò ad alta voce: cc Dieci franchi, signora ». La signora sussultò, allungò il danaro, e usci. l'occhio truce. Valentino si congratulò con se stesso. Mica male come debutto, si disse, e se­ guendo le istruzioni di Giulia, batté due pic­ coli colpi di campanello per far entrare il clien­ te numero due. Non apparve nessuno. Valen­ tino si grattò la testa, pensando tre possibilità: il numero due poteva essersi addormentato, il numero due poteva essersene andato, poteva es­ serci di là un numero tre; infine, poteva non esserci un numero due, né un numero tre. Né nessuno. Nel primo caso, non c'era alcuna ragi0ne perché due nuovi colpi di campanello risve­ gliassero il tipo, dato che non c'erano riusciti i precedenti; nel secondo, dare tre colpi di cam­ panello, era la soluzione giusta; nel terzo, suo­ nare non aveva alcuna importanza. Valentino, dunque, fece tre colpi di campanello. Entrò un

    226 signore, che posò sul tavolo il suo numero, il numero due; quindi si sedette sorridendo con aria scaltra. Ecco uno che si crede un dritto, Valentino si disse, ma come attaccarlo? Che brutto mestiere! « Allora, non sapevate che non me ne ero andato? » il furbo disse. 11 Be', preferisco avver­ tirvi sùbito che non c'è un terzo cliente, di là. Ho l'impressione che ignoriate anche questo. n 11 Per noialtri », Valentino rispose, 11 il due e il tre sono uno ed una cosa sola. Il tempo è dop­ pio: passato e futuro. E tuttavia è triplo, perché vi è anche il presente. » « La consultazione è di tre franchi », il furbo disse, 11 e io non ve ne do che due: ora non mi direte che è la stessa cosa. » 11 La consultazione è di venti franchi », disse Valentino, deciso a far pagare salato il fetente. 11 Pagamento anticipato. » Il tipo allungò i venti franchi, che Valentino pudicamente ricopri col numero magico del cliente. Ma nel gesto, aveva mostrato la mano, e si accorse che l'altro vi aveva gettato un'oc­ chiata, visibilmente interessato. Valentino accu­ sò il colpo, e ne concluse che, davvero, non ave­ va impiegato gran tempo a farsi pizzicare. Lo aspettava, adesso, la forca? Si va in galera, per attività di chiaroveggente? L'altro attendeva pazientemente, aveva l'aria sicura e dolcemente ironica.

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    Che sporco imbecille, Valentino si disse. La Giulia lo avrebbe ben dominato, lei. lo rovino il mestiere. E sospirò. u E allora?» chiese il numero due. 11 Guardatevi da un vostro collega », cominciò Valentino. u E com'è? » chiese l'altro, con aria beffarda. 11 È uno bruno coi baffi, porta la bombetta e ha le scarpe grosse. » 11 E una cicatrice sulla guancia destra? » Valentino non cadde nel tranello. u Sulla guancia sinistra », disse. « t lui », mormorò il cliente, stordito. « Vi fregherà in un affare di cui vi state OC· cupando insieme. i, u L'affare dei ladri di piattini? » u Si. Vi rovinerà, se non fate attenzione. 11 « Cosa debbo fare? ,i u Per questo, occorrono altri dieci franchi. » L'altro si affrettò a sborsarli. « Trovatevi domattina dinanzi al Sacro Cuo­ re, alle sette, e vedrete voi stesso quel che dovete fare. » 11 Dinanzi al Sacro Cuore? 11 u Dinanzi al Sacro Cuore. » L'altro aveva l'aria perplessa. « Voi mi state sfottendo 11, fini per dire. « In ogni caso, non vedo cosa perdete andan­ do domattina al Sacro Cuore. 11 « t vero. »

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    Vi dirò ancora una cosa. ,, Si?,, 11 A proposito di vostra moglie. C'è un tipo che le gira intorno, uno dei vostri colleghi. ,, ,, Com'è?n II Bruno, coi baffi. Con la bombetta e le scar­ pe grosse. ,, 11 Ne siete proprio sicuro? n · 11 Lo vedo. n 11 È Anatolio. Qualche sospetto lo avevo. n II Diffidatene, è un bellimbusto. Mi dispiace di non potervi trattenere di più. Ritornate a ve­ dermi se ci saranno delle altre difficoltà. Vi farò la consultazione per dieci franchi. 11 11 Ve ne ringrazio. » li personaggio esitava. II Dovreste mettervi dei guanti 11, fini per dire. 11 Sono io che ringrazio voi )) , Valentino rispose. Il personaggio se la dette a gambe. Dalla finestra, Valentino lo guardò mentre at­ traversava il cortile. E senti che sarebbe andato più lontano, fino al Sacro Cuore. Poi suonò tre volte il campanello, poi quat­ tro, ma senza successo. Andò a gettare un'occhia­ ta nella sala d'aspetto: era vùota. Ma allora, era­ no frottole che diceva la Giulia, quando gli rac­ contava che la sala era sempre piena! Valentino dovette attendere un'ora buona il numero , : era miss Pantruche. II

    II

    229 cc Che cosa desiderate sapere?» le chiese a vo­ ce spiegata. Ma che cosa poteva desiderare di sapere, quel povero straccio? Se voleva sentirsi raccontare il passato, lui possedeva tutta la documentazione del caso. cc Se siete veggente », disse miss Pantruche al· lungandosi verso di lui per tentare di vederne la faccia attraverso il velo, 11 se siete veggente, dovreste sapere cos'è che desidero sapere. » E dire che questo relitto si permette di far lc1 scettica, sospirò Valentino. Be', era necessario fissare un punto di partenza. cc Desiderate conoscere l'avvenire », disse. II Bene! » approvò trionfalmente miss Patru­ che. Messa in confidenza, non nascose oltre il per­ ché della sua visita. « Non voglio sapere che una cosa», disse. cc Se ci sai à la guerra. 11 Dunque, questa miserabile vecchia fotteva dieci palle di franchi per sentir dire, in maniera solenne, quel che poteva dirle senz'alcuna spesa qualsiasi persona di buon senso. Com'è buffa la gente, Valentino pensò, poi scopri che il colpo del II vi sarà la guerra » somigliava a quello del II voi sposerete un pl'incipe indiano 11. Il che fi­ niva sempre per succedere. Questa volta tentò del nuovo. " Rassicuratevi, signora », dichiarò con la sua

    230 più perfetta voce di castrato, « la guerra non ci sarà.» La faccia di miss Pantruche si contrasse. ,, E io che speravo tanto! >> mormorò. ,, E perché? » chiese con curiosità Valentino, dimenticando il personaggio che incarnava. Ma l'altra non vi badò e rispose: « Quanti di questi porci, fregherebbe. Una bella guerra che li terrorizzi tutti, e ne uccida il più possibile. I commercianti, i proprietari, i funzionari, le stelle del cinema, i parroci, i ci­ clisti! Tutti in aria! In aria! Quante belle bom­ be, ci vorrebbero! Da non lasciarne che dei pez­ zettini! Si, dei pezzettini così! Brutte vacche! Lo scorso anno, prima di Monaco, ero una per­ sona felice, io. Allora, che musi lunghi, in giro! Perché sono un ammasso di vigliacchi, di fronte a queste cose, tutti quanti! I porci! E proprio il più vigliacco e il più porco di tutti, Daladier, ha combinato tutto questo. Ma io mi dicevo che si doveva tornare daccapo. Allora: veramente credete che non ci sarà, la guerra? » « Non si tratta di credere, ma di sapere », dichiarò Valentino. « Certo », disse miss Pantruche, atterrita. « È tutto quello che desiderate sapere? » « Si, signora.» « Vi dirò un'altra cosa: venerdì prossimo avre· te una perdita finanziaria: non incasserete quel­ la somma di danaro sulla quale contate.»

    231 « Questa poi! » Valentino si chiese che cosa era, a colpirla di più : se la precisione della pitonessa, o la defe­ zione del venditore di cornici. « Non vedo per quale ragione il signor Bru non mi darebbe il suo obolo », disse miss Pan­ truche con una punta di aggressività. Dunque sono il solo a darle quei .soldi il ve­ nerdi, si disse Valentino, e improvvisamente pensò che non sarebbe stato sufficiente farle tro­ vare il negozio chiuso: essa sarebbe stata capace di salire fino al primo piano. « Innanzi tutto 11, aggiunse con voce spaven­ tosa, 11 non insistete! Non insistete! Vi portereb­ be male! 11 Spaventata, miss Pantruche si tacque per al­ cuni istanti, poi disse con una voce tutta pia­ gnucolosa: (( Avrei fatto meglio a restare a casa, non mi date che brutte notizie 11. 11 Ma ne ho anche una buona in riserva. 11 11 Su, quale? 11 « Per voi, eccezionalmente, la consultazione sarà gratuita. 11 11 Oh, grazie, si gn ora, grazie. Veram�nte gra­ zie! 11 E miss Pantruche si eclissò, in fretta, per pau­ ra che madame Saphir non cambiasse idea, pre­ tendendo, all'ultimo momento, un po' di dana­ ro. Non si sa mai, con quella gente,

    XIX AVEVA preso, ormai, un cosi vivo iteresse al suo mestiere, che la mattina dopo, alle sette, si tro­ vava dinanzi al Sacro Cuore. Alzatosi alle cin­ que e mezzo, aveva piazzato Giulia in maniera da poter attendere l'arrivo del mostro, e poi era passato da madame Saphir per lasciare un bi­ glietto con cui si avvertivano i signori clienti che la pitonessa non sarebbe arrivata prima di due ore. Comperò Marie-Claire e prese la me­ tropolitana. La lettura della rivista gli fece sba­ gliare due fermate, ma che cosa non apprese! L'interessò moltissimo un paginone, destinato a convincere la lettrice che essa non sapeva nien­ te di Parigi, della sua storia, della sua topogra­ fia e delle sue curiosità. Su questo argomento, Valentino si accorse che la sua ignoranza era immensa. Non soltanto non conosceva, e assai poco, che alcune stazioni e qualche strada dei suoi quarantotto quartieri, ma ignorava com­ pletamente l'esistenza di Camulogene, capo dei Galli, l'inesistenza > Giulia disse. cc Se lo credi tu, lo credo anch'io. Tu ne capisci. 11 cc Un po' 11, convenne modestamente Chan­ tal. cc Un po'. 11 Riapparve Valentino, l'aria estremamente contenta: « Ho assunto una cameriera 11, disse.

    xx UTILIZZANDO null'altro che il caso e le confiden­ ze raccolte nel quartiere, Valentino otteneva ri­ sultati migliori di quelli di Giulia. Cosi, aumen­ tando la rinomanza di madame Saphir, egli ac­ quistò nuovi e fedeli clienti, come, ad esempio, il commissario Tortoni, che aveva scoperto il mistero dei ladri di piattini, solo salendo le sca­ le del Sacro Cuore: la soluzione gli era apparsa, tutta illuminante, ed egli ne aveva attribuito il merito a Bru. Non ci aveva messo molto a iden­ tificare madame Saphir e, graziosamente, gli ave­ va fatto ottenere dalla prefettura un'autorizza­ zione a presentarsi vestito da donna, cosa di cui Valentino gli fu particolarmente grato. In cam­ bio, gl'indicava i numeri della lotteria e i cavalli vincenti. Gli vaticinava anche quelli perdenti, ma Tortoni dimenticava gl'insuccessi, solo ri­ cordando le vincite. Anche gli altri clienti di­ mostrc1vano la stessa buona volontà, il che ren­ deva il mestiere molto piacevole. Eccettuate le apparizioni che doveva fare in qualità di Valenti_no Bru nei caffè del quartiere per tenersi al corrente della vita locale, madame Saphir non viveva che sotto le sembianze di car­ tomante, e anche a casa restava vestito cosi, mal· grado i pericoli che la cosa comportava. Era in questa tenuta, che tutte le domeniche, di buon mattino, si recava dinanzi al Sacro Cuore, a pre-

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    gare al cospetto del Marte incatenato che domi­ nava Parigi. Era giunto rap�damente, Valenti­ no, a farsene una certa fede: così, fu stranamen­ te meravigliato vedendo i proclami di mobilita· zione. La clientela, che il mese di agosto aveva un po' dispersa, affluì di nuovo, e Valentino le distribuiva il laudano della pace, col cinismo di chi vede riapparire i giorni che non hanno do­ mani. Appena la guerra fu dichiarata, madame Saphir disparve. Valentino donò un po' di da­ naro al mostro, e tolse la targhetta. Il giorno dopo, Didine lo trovò col cappello in testa e la valigia pronta. Lui l'aspettava. « Didine, serva fedele », le annunciò, « ti rin­ grazio di aver consenrato così bene il mio segre­ to. Eccoti qualche soldo per vivere finché avrai trovato un altro posto. Puoi continuare a vi­ vere qui, se non hai paura dei bombardamenti. lo, vado a vedere mia moglie a Chatellerault, poi raggiungerò il corpo a Nantes. » Didine lo baciò sulle guance e gli augurò del­ le pacifiche ostilità. Che cominciarono quasi sù­ bito. Da quando era venuto a Parigi per assu­ mere la direzione di casa Chignole, Valentino non aveva più preso il treno. Trovò che i tempi erano molto cambiati. Naturalmente, non c'era nemmeno da parlarne di star seduti. Sembrava, anzi, che il posto naturale dei viaggiatori fosse nei corridoi oppure sui respiI_1genti. Ci si chie­ deva come avessero fatto, quelli che stavano se-

    247 duti, e inesplicabili antipatie nascevano fra i privilegiati e i verticali, questi ultimi acconten­ tandosi, generalmente, della vittoria di occupa­ re i gabinetti. Quel che più meravigliava Valen­ tino, era che, eccettuati i bambini che non ave­ vano il bene della ragione, gli esseri umani pre­ senti pretendessero tutti diritto al rispetto: ma­ nifestavano addirittura una perversa meticolo­ sità nel difendere la loro dignità, benché, tutto sommato, fossero ancora soltanto dei civili, e perfino gente non richiamata alle armi. La di­ chiarazione di guerra, ancora senza effetti con­ creti, sembrava li avesse decorati di un'invisi­ bile legion d'onore, a causa delle offese che in­ fliggeva loro una vanitosa suscettibilità. Sarebbe necessario farli battere fra loro, Valentino si di­ ceva, mentre le donne parlavano con emozione degli eroi della Maginot; nello stesso tempo. quelli che andavano a mettersi al sicuro a To· Iosa spiegavano come la patria la si difenda an­ che con un elastico; quelli, poi, che venivano mandati a Limoges, li consideravano con di­ sprezzo, poiché, in quella nobile città, si senti· vano in un'atmosfera da fronte e potevano sbef­ feggiare gl'imboscati del Campidoglio. Puntualmente disturbato da quelli che si met­ tevano in fila indiana per orinare, Valentino tentava di ammazzare il tempo per sfuggire al rigore di uno spettacolo che non lo divertiva af­ fatto. Ma nel preciso istante che stava per astrar-

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    si e guadagnare cosi qualche minuto sull'orario del treno, un marmocchio, travolto dalla colica, gli passava sotto il naso, trascinandosi dietro una mamma aggressiva, un padre snervato, o una so­ rella maggiore che faceva la smorfiosa, per quan-' to disturbata dagli avvenimenti. Certe volte, un'intera famiglia passava piagnucolando, op­ pressa dalla maestà delle grandi catastrofi. D'un tratto, Valentino si meravigliò dei sen­ timenti che si permetteva nei riguardi dei suoi compagni di viaggio. In nome di quale superio­ rità, prendeva in giro le loro lamentele, o si of­ fendeva delle loro modeste esigenze? Unico rap· presentante in questa terra del culto di Marte incatenato, unico veggente di sesso maschile, unico sposo di Giulia Ségovie, nessuno di code­ sti titoli gli parve una ragione bastevole per credersi di un sol grado al di sopra di quegli zotici, di quei presuntuosi e di quei mocciosi. Sono come loro, si disse, sono sei anni che ho paura che venga la guerra, son mobilitato a mil­ le chilometri dal fronte, e preferirei essere se­ duto che stare in piedi. Tentò di attaccare di­ scorso con un vicino, un solitario come lui, ma di aspetto leggermente lugubre. ,e Tempo magnifico », disse, profittando di un po' di calma, quando ci si illude che tutte le viscere e le vesciche dello scompartimento si sia· no definitivamente vuotate. L'altro gli gettò uno sguardo desolante.

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    « Lo vedo bene», risponde. « Per riprendere la divisa militare», continuo Valentino, « è meglio farlo col bel tempo che con la pioggia sferzante. » « Mica sono richiamato, io», l'altro disse con disprezzo. « Nemmeno io», Valentino risponde, per non contrariarlo. Quindi, scoprendo un altro sogget­ to di conversazione: « To' », disse, « f' già parecchio che non ci hanno seccato per andare ai gabinetti ». L'uomo dallo sguardo desolante, per il quale la meteorologia e la storia universale sembrano cose eccessivamente astratte, sussulta al richia­ mo del concreto, e improvvisamente fraternizza. « Questi sporcaccioni», dice, « mostrando a Valentino gli otto viaggiatori di uno scomparti­ mento solidamente inchiodati al loro posto, cc questi sporcaccioni non si muoverebbero nem­ meno con una cannonata. » cc E mica esageriamo·», Valentino dice. u Non c'è in loro una pur minima traccia di umanità», continua l'altro, cc non pensano che a se stessi. Ah, povera Francia! E io? Perché non devo star seduto anch'io? Sono stanco mor­ to, io. F. non c'è un cane che abbia pensato a chiedermelo. » 11 Sono egoisti, non è vero?» Valentino dice. II Verissimo: pensano a se stessi, mica a me. n

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    E a me », dice Valentino, cc credete che pen­ sino un poco, a me? » u Cosa volete che me ne importi? » Poi, ri­ prendendosi 11 Dite un po': mica avreste l'intenzione di mettermi nel sacco, voi? Ma non siete ancora abbastanza cresciuto per questo, caro mio ». cc Voi ci arrivate, voi, a pensare agli altri? » 11 Sign ore! » u Non solo agli altri: ma a voi stesso? Pensare a se stesso, mica è più comodo. Vedete, signore, io penso al tempo, non al tempo che fa, perché mi pare inutile quando si vive in una regione temperata; ma penso al tempo, io, al tempo che passa, e poiché è identico a se stesso, penso dun­ que sempre alla stessa cosa, cioè finisco per non pensare più a niente. » L'altro lo guarda sorpreso. Valentino aggiun­ ge amabilmente: (( Tutto ciò innalza lo spirito». Intanto, uno dei viaggiatori seduti aveva aper­ to una bottiglia e distribuiva in giro del vino rosso in un bicchiere. Dietro suo comando, un ragazzino venne ad offrirne ai due tipi che sta· vano in piedi nel corridoio. 11 Dopo di voi », Valentino disse. L'altro vuotò il bicchiere senza esitare e fece schioccare la lingua. " Ottimo! >> gridò verso il benefattore. 11 Siete davvero gentile! Un piccolo gesto, ma non c'è 11

    251 niente di meglio per sentirsi fra simili! Tra fran­ cesi I II Il coppiere porta adesso il vino a Valentino, che per un istante pensa di offrire il suo bicchie­ re al suo concittadino: ma lo irriterò, pensa, e beve, e restituisce il bicchiere dicendo: 1C gra­ zie 11. E adesso, trova che non ha avuto il corag· gio delle sue idee; e mentre il tipo, in uno slan· cio di fraternizzazione, va a sedersi al posto del ragazzino per fare conversazione, Valentino per­ de il filo di un discorso che ambiva a dare una definizione della vigliaccheria. Trovò Giulia che camminava appoggiandosi a un bastone, e particolarmente felice dell'ab­ bondanza in cui viveva. Chantal era fuori. Pao­ lo, richiamato come ufficiale della riserva, sa­ rebbe tornato presto perché si aveva bisogno di lui per fabbricare calci per fucili. cc Hai chiuso bene il gas? 11 chiese Giulia. cc Non era il caso, è rimasta la cameriera. 11 cc Come! L'hai fatta restare! 11 (( Ma si. È una brava ragazza, che lavorava al Caffè degli Amici, quello del Bouscat, il mio caffè preferito. Erano due o tre anni che voleva venire a lavorare a Parigi. È arrivata proprio il giorno che cercavamo una ragazza, e pensai che non sarebbe stato gentile da parte mia lasciar­ la n. )) cc Non me l'avevi mai detto. 11 cc Era importante? »

    252

    cc Forse hai lasciato pure la sguattera? 11 « Quella li, la prese a servizio madame Sa­ phir. 11