Karl Marx. Antologia degli scritti politici
 8843024205, 9788843024209

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Antologie

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Marx Antologia degli scritti p olitici A cura di Sandra Mezzadra e Maurizio Ricciardi

Carocci editore

Questo volume fa parte della serie " I classici del pensiero politico " diretta da Laura Lanzillo, Furio Ferraresi, Sandro Mezzadra, Maurizio Ricciardi. Volumi pubblicati:

Machiave!li, a cura di Fabio Raimondi Volumi di prossima uscita:

Locke, a cura di Maurizio Merlo Tocqueville, a cura di Laura Lanzillo

1• edizione, novembre 2002

©copyright 2002 by Carocci editore S.p.A. , Roma Finito di stampare nel novembre 2002 per i tipi delle Arti Grafiche Editoriali Srl, Urbino ISBN

88-430-2420-5

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume

anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.

Indice

Guida al testo

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Introduzione

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I l punto d i vista della critica 1 3 > 5• Questa «apparenza» dispiega effetti di realtà nella misura in cui lo scambio di merci, ponendosi progressivamente come forma fondamen­ tale delle relazioni fra i singoli all'interno della società moderna, inscrive in modo del tutto materiale nella dimensione dell'astrazione quelle rela­ zioni, ovvero prescinde da un insieme di qualità " concrete " dei singoli. È questo un passaggio rispetto a cui Marx è ben !ungi dall'assumere at­ teggiamenti di critica " nostalgica ", come mostrano le battute del Mani­ festo del partito comunista sui rapporti di dominio patriarcali che si cela­ vano dietro i tratti «idilliaci» e «naturali>> della società feudale, nonché sulla funzione «sommamente rivoluzionaria>> di quella borghesia che > non è una finzione ma è piuttosto 7, e se con gli effetti di realtà dispiegati da questa apparenza occorre fare i conti sul terreno da essa indicato e materialmente costituito, !'«apparen­ za>> cela nondimeno qualcosa. E questo qualcosa, nel caso della merce, è il lavoro umano che è servito per produrla, nonché quell' insieme dei rapporti sociali che regolano l'erogazione di lavoro nella società capitali­ stica, che è al tempo stesso un insieme di rapporti di sovra e subordina­ zwne. È questo gioco costante tra l'individuazione degli effetti di realtà delle apparenze moderne e il disvelamento dei rapporti sociali che esse strut­ turalmente celano ciò che definisce il punto di vista della critica marxia­ na 8• Il capitalismo stesso, in questa prospettiva, non può essere conside­ rato un insieme di tecniche e di tecnologie per produrre merci, ma si ri­ vela in ultima istanza come un rapporto sociale. È per questa ragione, d'altro canto, che Marx avrebbe negato decisamente, negli ultimi anni della sua vita, di aver preso le mosse da «concetti>>, ribadendo che il pun­ to di partenza della critica dell'economia politica era stato per lui rap­ presentato dalla merce, «in quanto forma più semplice in cui si presenta il prodotto del lavoro nell'attuale società>> 9• Quel che Marx critica del concetto, in altri termini, è la sua tendenza, che proprio la filosofia di Hegel aveva consapevolmente esaltato, a porsi come parte di un sistema, destinato a riprodurre e a legittimare quelli che abbiamo definito gli ef­ fetti di realtà dispiegati dalle apparenze moderne, disincarnandoli tutta­ 10 via dall'insieme dei rapporti sociali su cui si fondano •

Per un tentativo particolarmente suggestivo di ripensare il materialismo mar­ xiano a partire da questo concetto, si veda- oltre all'intera opera del filosofo slove­ no S. Zizek, di cui si possono vedere in italiano i saggi raccolti in Il Grande Altro. Nazionalismo, godimento, cultura di massa, Felrrinelli, Milano 1999- P. Virno, Il ricordo delpresente. Saggio sul tempo storico, Bollati Boringhieri, Torino 1999. Ma si tenga presente anche il lavoro di R. Finelli, Astrazione e dialettica dal romanticismo al capitalismo (saggio su Marx), Bulzoni, Roma 1987. 8. Per una sintetica rassegna dei significati assunti dalla nozione di critica nell'ope­ ra complessiva di Marx, cfr. E. Renault, Marx et l'idée de critique, PUF, Paris 1995. 9· K. Marx, Glosse marginali al "Manuale di economia politica " di Adolph Wagner (ed. or. 1881-82), in Id., Scritti inediti di economia politica, Editori Riuniti, Roma 1963, pp. 165-83, p. 175· 10. Sullo statuto del concetto in Marx, si veda J. Janoska, M. Bondeli, K. Kindle, M. Hofer, Das «Methodenkapitel» von Karl Marx. Ein historischer und systemati7·

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Marx

È il problema che, in pagine classiche, Marx affronta nel Capitale par­ lando del «feticismo delle merci» Ma quanto si è detto a proposito della merce potrebbe essere ripetuto, mutatis mutandis, a proposito del denaro, dello Stato, del diritto e della stessa " società " . Tutti questi ele­ menti, nelle condizioni definite dal modo di produzione capitalistico, sono caratterizzati dalla tendenza a pietrificare in un mondo di cose quello che in realtà è >, si legge in questo testo, > vada in età moderna di pari passo con «l'astrazione dello Stato come tale>>: la sfera privata infatti, materialmente segnata dalla presenza di interessi che al livello stesso delle singolarità che in essa si muovono appaiono come inconciliabili, può essere pensata nella sua autonomia solo sulla base del presupposto di una rappresentazione dell'«interesse " generale ">> («illusoria>>, ma ancora una volta affatto reale negli effetti che dispiega) da parte dello Stato . Allo stesso tempo, tuttavia, il potere politico si mostra come totalmente estraneo agli interessi dei singoli, che, di conseguenza, finiscono per condurre un'esistenza totalmente estraniata, poiché costretti a rappre­ sentare il proprio interesse particolare in una sfera alla quale non appar­ tengono. L'universale, qui incarnato nell'«interesse " generale">> rappre­ sentato dallo Stato, comincia ad assumere quei caratteri «spettrali>> che, nella prospettiva matura del Marx del Capitale, caratterizzeranno l' «og­ gettività>> del mondo delle merci. Ed è un punto che viene svolto, nelle pagine dell'Ideologia tedesca, anche in riferimento a quello che Marx ed Engels considerano il vero e proprio tessuto connettivo del modo di produzione capitalistico, ovvero a quell'apparato di idee dominanti e di ideologie che costituiscono, sostengono e alimentano la sua legittima­ zione. La perentoria affermazione secondo cui «le idee della classe domi­ nante sono in ogni epoca le idee dominanti>> 22 ha dato luogo a innume­ revoli controversie tra gli interpreti di Marx e tra i diversi marxismi. Qui vorremmo !imitarci a richiamare l'attenzione su quella che viene presentata da Marx ed Engels come una caratteristica del tempo domi­ nato dalla moderna borghesia, sulla tendenza per cui in questo tempo

21. 22.

Infra, Ibid.

PAR. 1.3.

19

Marx

«dominano idee sempre più astratte, cioè idee che assumono sempre più la forma dell'universalità» 23• La ragione di ciò non consiste soltanto nel fatto, discusso poco oltre nel medesimo testo, che la borghesia si è dovu­ ta ammantare delle vesti di rappresentante di un interesse superiore, ap­ punto «universale», nella sua lotta contro l'aristocrazia. La specificità delle idee dominanti nel tempo della borghesia, il loro carattere astratto e la loro tendenza ad assumere > 24•

Il termine tedesco sachlich, letteralmente «Cosale>>, fa riferimento all' og­ gettività, ossia ancora una volta al carattere astratto assunto dalle stesse relazioni di dominio all' interno della società capitalistica. È questo carat­ tere astratto la matrice dell' «universalità>> delle idee dominanti nel tem­ po del capitale e della borghesia. Il gesto della critica marxiana è anche a questo riguardo duplice: da una parte l'universalità delle idee dominanti viene indagata per quel che ha da dire sulla trama effettiva delle relazio­ ni sociali di cui il modo di produzione capitalistico è espressione; dal­ l'altra essa stessa viene messa in discussione in quanto occulta, e sta qui la ragione della sua natura , il processo della sua produzione, segnato e organizzato da rapporti di dominio che non sono meno duri e dispotici per il fatto di presentarsi come e spogliati di ogni aspetto immediatamente «personale>> . Da questa indagine - da questa critica - prende avvio una ricerca che porta alla luce le tracce di un'altra universalità, anch'essa intrinseca alla modernità capitalistica, incardina­ ta anzi, come vedremo, nel suo e costantemente rimosso, in quello che Marx definisce il processo di «produzione della vita>> stes25 sa . 23. Ibid. Molto importanti, su questo punto, sono le riflessioni di E. Balibar, La filosofia di Marx (ed. or. 1993), Manifestolibri, Roma 1994, pp. 49-87; Id., La paura delle masse. Politica e filosofia prima e dopo Marx (ed. or. 1997), Mimesis, Milano 2001 , pp. 231-52 e di S. Zizek, The Ticklish Subject. The Absent Centre ofPolitica/ Ontology, Verso, London 2000, in specie pp. 191 ss. 24- Infta, PAR. 2.3. 25. Cfr. infta, P A R . 1.3· 20

Introduzione

È su questo terreno che l'Ideologia tedesca avvia una vera e propria resa dei conti con tutte le forme di sroriografia che individuano astratte figu­ re quali la società, l'uomo o le idee, come forza motrice della storia. In un passo poi cancellato Marx ed Engels giungono a scrivere : «Noi cono­ sciamo un'unica scienza, la scienza della storia», definendo quest'ulrima come «scienza degli uomini» 26• La «scienza della storia>>, che i due gio­ vani intellettuali tedeschi non si erano evidentemente sentiti di avere ancora sufficientemente fondato, appare tuttavia sufficientemente chia­ ra nei suoi principi di fondo, ed era destinata a esercitare una durevole influenza sulla stessa formulazione di quella che successivamente sareb­ be divenuta nota come la «concezione materialistica della storia». Deci­ siva, da questo punto di vista, è l'indicazione secondo cui la società è «il vero focolare, il teatro di ogni storia», indicazione che mostra , secondo cui esisterebbe una contraddizione tra lo sviluppo delle forze produttive, caratterizzato da una loro progressiva socializzazione, e i rapporti sociali di produzio­ ne, che nel capitalismo sono organizzati attorno al ferreo dominio della proprietà privata, rientra perfettamente in questo schema, assai più di quanto non si presti a funzionare come "chiave di volta" di un'interpre­ tazione sistematica dell'intera storia umana 32•

30. lbid. 31. Per una formulazione paradigmatica di questa lettura di Marx, che si differen­ zia tuttavia per la serietà e per il rigore interpretativo dalle posizioni degli stanchi ripetitori contemporanei, cfr. K. Lowith, Significato e fine della storia (ed. or. 1949), Il Saggiatore, Milano 1989, pp. 53-72. 32. Sul materialismo storico, cfr. E. Balibar, Sui concetti fondamentali del materia­ lismo storico, in L. Althusser, E. Balibar, Leggere Il Capitale, Feltrinelli, Milano 1971, pp. 215-337 e G. A. Cohen, Karl Marx's Theory ofHistory. A Defence, Claren­ don Press, Oxford 1987. Il materialismo storico è stato spesso identificato con la pretesa di spiegare ogni movimento storico con i suoi fondamenti economici. Per quanto esistano indubbiamente, nei testi di Marx, passi che sembrano avvalorare 22

Introduzione

Dalla democrazia al comunismo «l filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo; si tratta di trasformar/o». Con queste parole si concludono le Tesi su Feuerbach, un breve testo "programmatico " scritto da Marx presumibilmente nella primavera del 1845 33• Sono parole famose, che annunciano quello che sarebbe stato uno dei problemi centrali nello sviluppo filosofico dei marxismi: il problema cioè del rapporto tra teoria e prassi. Per quel che riguarda l'evoluzione delle posizioni di Marx, esse sono indicative del­ l' ordine di riflessioni che lo aveva ormai condotto alla rottura con la " si­ nistra hegeliana" . Quest'ultima è appunto accusata, dal giovane Marx, di essersi trattenuta all'interno dei confini tradizionali della filosofia, di aver accettato quell'autonomia del «mondo» esterno che lo assume sì come oggetto di possibili interpretazioni divergenti, ma esclude la possi­ bilità che si arrivi a scalfire la trama di relazioni che materialmente lo co­ stituisce. Centrale, in questo contesto, è il giudizio sulla religione, che i teorici della " sinistra hegeliana" avevano criticato all'insegna della cate­ goria di alienazione, individuando cioè alla sua origine la proiezione da parte dell' uomo della propria essenza al di fuori di sé, nell'esteriorità di un immaginario essere divino che aveva finito per rendersi autonomo dall'uomo stesso e per dominarne l'esistenza 34• Marx è certo interno a questa linea di riflessione, che ritiene tuttavia in­ sufficiente. Da una parte, infatti, egli insiste sul fatto che tale riflessione si arresta alla «critica del cielo>> (ovvero delle rappresentazioni teologiche dell'assoggettamento dell'uomo) e non fa il passo decisivo in direzione della «critica della terra» (ovvero delle determinazioni materiali dell' asquesta interpretazione, riteniamo che essa tradisca il significato complessivo che egli attribuisce al materialismo storico. Come ebbe a scrivere Engels, nel 1890: «> . Si tratta di un'affermazione troppo spesso estra­ polata dal contesto a cui appartiene: nella frase immediatamente prece­ dente, infatti, la religione stessa viene definita «il gemito della creatura oppressa, l'animo di un mondo senza cuore», in termini che sono evi­ dentemente assai distanti da quella semplice svalutazione dell'esperienza religiosa che si ritiene esaurire il pensiero di Marx al riguardo 3 6• Quan­ do anzi leggiamo, poco più oltre nel medesimo testo, che «la critica non ha strappato dalla catena i fiori immaginari perché l'uomo continui a portare quella catena spoglia di ogni abbellimento fantastico e di ogni speranza, ma perché egli la getti via da sé e colga il fiore vivo» 37, è lecito supporre che Marx denunci con queste parole la propria insoddisfazio­ ne per una critica della religione me ramen te e astrattamente " razionali­ stica", incapace di recuperare e svolgere in una pratica terrena di libera­ zione l'anelito e la speranza che le narrazioni religiose hanno per secoli al tempo stesso custodito e stravolto . È a quest'altezza, dove evidenti risultano le tracce dell'intenso confronto di Marx con il Trattato teologico-politico di Spinoza 38, che la riflessione sulla religione investe immediatamente il rapporto che quest'ultima in­ trattiene con la politica. E la riflessione di Marx si mostra ancora una volta estremamente originale, concentrandosi, in particolare nelle pagi-

3 5· Cfr. infra, PAR. 1.2. 36. Ibid. Una traccia di riflessione marxista su temi teologici di particolare rilievo è quella offerta dal pensiero di Ernst Bloch: si vedano in particolare, all'interno della sua vasta opera, Thomas Miinzer teologo della rivoluzione (ed. or. 1921 ) , Feltrinelli, Milano 1980; Il principio speranza (ed. or. 1959), 3 voli., Garzanti, Milano 1994 e Ateismo nel cristianesimo. Per la religione dell'Esodo e del Regno (ed. or. 1968), Feltri­ nelli, Milano 1971. Su Bloch, cfr. S. Ganis, Utopia e Stato. Teologia e politica nel pensiero di Ernst B!och, Unipress, Padova 1996. 37· Infra, PAR. 1.2. 38. Si veda a questo riguardo A. Matheron, Il" Trattato teologico-politico» visto dal giovane Marx, in Marx, Quaderno Spinoza 1841, cit., pp. 1 5)-201.

Introduzione

ne della Questione ebraica (1844), sul profondo condizionamento che la dimensione teologica esercita sulla stessa dimensione politica. Il rappor­ to tra i diritti dell'uomo e i diritti del cittadino, centrale nella teoria po­ litica moderna almeno a partire dalle Dichiarazioni rivoluzionarie fran­ cesi dei diritti, si rivela qui paradigmatico di una scissione che passa al­ l'interno di ogni singolo individuo, replicando quella tra il «cielo>> e la «terra>> costitutiva di ogni dottrina religiosa. Il «cielo>> della politica, dove conduce la propria esistenza il cittadino moderno, appare in altri termini a Marx la scena in cui viene svolgendosi una vicenda che può apparire tanto più progressiva quanto più conferma la separatezza e l' in­ violabilità di una sfera terrena - la società civile - in cui la «vita materia­ le>> dell'individuo assume a proprio fondamento l' «egoismO>> caratteri­ stico di un uomo che altri non è che il borghese, «che considera gli altri uomini come mezzo, degrada se stesso a mezzo e diviene trastullo di for­ ze estranee>> 39• La figura politica in cui si traduce la trascendenza del di­ vino rispetto all'umano è quella dell'uomo come Gemeinwesen, che può essere reso con «ente comunitario>> o con «natura comune>> a tutti gli uo­ mini; è cioè la rappresentazione della dimensione collettiva dell' esisten­ za, di ciò che gli uomini hanno in comune, da parte dello Stato, in una dimensione estranea e inattingibile per i singoli. La critica di ogni «emancipazione meramente politica>>, svolta con estre­ ma radicalità nella Questione ebraica, sarebbe rimasta una costante nello sviluppo successivo di Marx, ripresentandosi ad esempio nella Critica delprogramma di Gotha assunto dalla socialdemocrazia tedesca (1875). E proprio in questo passaggio ha le proprie radici il rinnovamento profon­ do della riflessione sulla politica operato da Marx. Tale riflessione non può fare a meno, da questo momento in avanti, di confrontarsi con quel rompicapo della liberazione che proprio la critica della religione ha in­ stallato al suo centro, mentre è costretta d'altro canto a misurarsi con i processi materiali che presiedono, per riprendere una metafora elabora­ ta dalla filosofia rinascimentale, alla fabbricazione e alla continua re in­ venzione del mondo. È un' istanza di radicale problematizzazione del­ l'autonomia della politica (che non nega tuttavia la necessità di un'ana­ lisi delle condizioni che, in un'epoca storica determinata, conducono la politica a porsi in una posizione di autonomia rispetto alla ) quella che emerge dal lavorio teorico marxiano. E questa istanza

39·

Infra,

PAR. 1.1.

25

Marx

viene dapprima svolgendosi sul terreno di un'indagine di grande impe­ gno, in cui è implicito il confronto con l' intera tradizione del pensiero politico moderno, sulla democrazia come > da una parte, e l'organizzazione politica dall'altra. Solo la democrazia riconcilia ed , facendo apparire la costi­ tuzione > dalla «parvenza>>, messa in scena dai , di una dissoluzione dei «vincoli di dipendenza personale>> 42• Il discorso fatto in precedenza sulla complessità della critica marxiana del­ le deve mettere in guardia da un'interpretazione troppo li-

40. 41.

42.

Infta, PAR. 3.2. Ibid. Infta, PAR. 2.3.

Introduzione

neare di questo testo, che individui cioè in esso un'affrettata " svaluta­ zione" della democrazia in quanto tale. Ma è certo che ormai Marx è ben lungi dall'assumere la democrazia come orizzonte ultimo della sua riflessione sulla (e della sua critica della) politica. La democrazia cessa in ogni caso di essere il modello ideale di un rapporto politico che ancora una volta celerebbe e negherebbe al suo interno un rapporto sociale. Già a metà degli anni quaranta, in particolare in due testi redatti con Engels, La sacra fomiglia (1844) e l'Ideologia tedesca, un nuovo elemento - il concetto di classe era in ogni caso subentrato nella riflessione mar­ xiana, ponendo in discussione la possibilità stessa di assumere come ri­ ferimento normativa !'«essenza>> dell'uomo. Si apre qui il problema del giovanile «umanesimm> marxiano, sul cui ef­ fettivo superamento nell'opera " matura" si sono svolte interminabili di­ spute interpretative 43• È un problema che riguarda in particolare i Ma­ noscritti economico-filosofici del 1844 . In questo testo, l'uso della catego­ ria di , in riferimento al fatto che con lo sviluppo del capi­ talismo > 50• Anche in questo caso, tuttavia, non siamo di fronte all'enunciazione di un principio generale, ma piuttosto all'indicazione del fatto che il proletariato non è classe in forza della sua collocazione al­ l'interno della società, bensì grazie alla lotta che lo contrappone al capi­ tale. È nel presente di questo movimento che deve essere collocata per Marx la rivoluzione proletaria, che non si indirizza soltanto contro il potere politico ma «contro il modo dell'attività che si è avuto finora>>, contro l' insieme dei rapporti sociali di produzione, in virtù di un'azione simultanea di quei proletari che, nel senso visto in precedenza, sono «in­ dividui empiricamente universali>> . E lo stesso comunismo, !ungi dal­ l'essere dislocabile nel futuro, in quanto «stato di cose che debba essere instaurato>> o sotto forma di un «ideale al quale la realtà dovrà confor­ marsi>>, non può essere pensato altrimenti che come «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente>> 5'. Il comunismo, di cui negli scritti di Marx, poco propenso a immaginare «ricette per l'osteria dell'avvenire>> 5\ non è dato trovare una definizione

49· 50. 51. 52.

Infra, PAR. 1.3. Infra, PAR. 2 . 3 . lnfra, P A R . 1.3. Marx, Il capitale, libro 1 , cit., p. 42. 29

Marx

che vada al di là dell'abolizione della proprietà privata e della necessaria socializzazione dei mezzi di produzione, risulta dunque impensabile al di fuori dell'azione concreta di una massa di singolarità sospinte in una comune posizione di spossessamento e di subordinazione dallo sviluppo stesso del modo di produzione capitalistico . Tende cioè a coincidere con il processo di soggettivazione, di costituzione politica in classe, del proletariato . È questo, del resto, il tema a cui è dedicato in buona misu­ ra quel formidabile pamphlet che è il Manifesto del partito comunista (1848) 53• Si è già vista, a proposito di questo testo, l'analisi del «ruolo sommamente rivoluzionario» della moderna borghesia, che nell' econo­ mia del Manifesto ha la funzione specifica di criticare ogni immagine " passatista" del socialismo, costruita sulla nostalgia e su una rappresen­ tazione idilliaca delle condizioni dei lavoratori in epoca precapitalistica. Altrettanto importante, ai fini dell'analisi che stiamo svolgendo, è la cri­ tica impietosa a cui sono sottoposti nel terzo capitolo del testo «il socia­ lismo e il comunismo critico-utopico>> . Per quanto venga riconosciuta a questi sistemi di pensiero l'importanza di aver per primi scorto «l'anta­ gonismo delle classi», essi sono accusati di aver privilegiato una critica del capitalismo ispirata ad astratti principi morali di giustizia anziché porre al centro dell'analisi !'«azione storica» del proletariato e il suo pro­ prio «movimento politico»: di aver collocato , e la stessa teoria del partito presentata nel Manifesto ri­ flette questa convinzione di Marx (e di Engels) . Interni alla classe ope­ raia, alle lotte che essa conduce per i propri interessi immediati, i comu­ nisti sono definiti come «la parte più risoluta e che più spinge ad avan­ zare dei partiti operai di tutti i paesi» 55: come quella parte, cioè, che tie­ ne continuamente aperto il problema del processo di soggettivazione ri­ voluzionaria del proletariato, che rappresenta all'interno del «movimen­ to complessivo>> quella che abbiamo visto essere la sua temporalità speci-

53· Dell'ampia letteratura che ha accompagnato il cenrocinquantesimo anniversa­ rio della prima edizione del Manifesto, si veda R. Rossanda (a cura di), Il Manifesto delpartito comunista 150 anni dopo, Manifesto libri, Roma zoo o. 54- K. Marx, F. Engels, Manifesto delpartito comunista, Edizioni di Lotta comuni­ sta, Milano 1998, p. 89. 55·

Infra,

PAR. 3 - 4 -

Introduzione

fica, non riducibile a una progressiva e lineare espansione delle conqui­ ste politiche e sociali di volta in volta accumulate dalle singole lotte operaie. Proprio in termini " temporali", del resto, può essere a nostro giudizio indicato nel modo più efficace il rapporto tra democrazia e co­ munismo . Ritorneremo più diffusamente nell'ultimo paragrafo su que­ sto problema. Per ora basta anticipare che, in occasione della rivoluzio­ ne del 1848, l'azione concreta dei proletari di Parigi devia per Marx il corso degli eventi rivoluzionari dalla traiettoria rettilinea che l'originaria rivendicazione di un allargamento del suffragio era sembrata prefigura­ re. Il comunismo, inteso come «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente», è nella prospettiva marxiana precisamente questa ipoteca sul carattere lineare dello sviluppo politico presupposto dalle logiche della democrazia moderna. È un'istanza interna a quest'ultima, a cui impedisce di chiudersi in un mero sistema di equilibrio istituzionale po­ nendo in movimento le figure costituzionali e le forme della cittadinan­ za, ma al tempo stesso esterna, nella misura in cui incarna l'azione stori­ ca di un soggetto non riducibile alla trama di relazioni su cui si costrui­ scono sia la società borghese sia la democrazia. L'insurrezione parigina del giugno del 1848 si sarebbe incaricata di portare definitivamente alla luce questa eccedenza strutturale del proletariato rispetto alle forme mo­ derne della politica.

Nel laboratorio della critica dell'economia politica Ma quella di giugno fu una clamorosa e sanguinosa disfatta, che co­ strinse Marx a rivedere radicalmente la propria convinzione, chiaramen­ te avvertibile negli scritti dei mesi precedenti, di un'imminenza della ri­ voluzione proletaria. A distanza di qualche anno le rivoluzioni del 1848 gli apparivano ormai soltanto come «poveri episodi, piccole rotture e crepe nella dura crosta della società europea>> 5 6 • La stessa insurrezione di giugno era sì da lui considerata retrospettivamente «l'avvenimento più grandioso nella storia delle guerre civili europee>> 57, ma solo nella misu­ ra in cui aveva rappresentato la prima prova di un nuovo soggetto stori-

56. lnfta, PAR. 3 . 6 . 57· K. Marx, I/ 18 brumaio di Luigi Bonaparte, in Id., Rivoluzione e reazione in Francia 1848-1850, Einaudi, Torino 1976, pp. 171-318 (p. 182 per la citazione). 31

Marx

co i cui tempi e il cui percorso di affermazione sarebbero stati ben più lunghi e complessi di quanto originariamente auspicato . Certo, Marx non fu scosso nella convinzione che , nella prospettiva qui seguita, si vedano le considerazioni di M. Vadée, Marx penseur dupossible, Meridiens Klincksieck, Paris 1992, pp. 276-82 e Virno, Il ricordo delpresente, ci t., pp. 122-30. 33

Marx

merci, infatti, anche la forza-lavoro ha un valore di scambio, corrispon­ dente alla quantità di lavoro necessaria a riprodur/a. Attraverso il salario stabilito contrattualmente, il capitalista paga all'operaio questo valore di scambio . In «superficie», restando cioè all'interno di quella sfera «chias­ sosa>> che è la circolazione, tutto sembra confermare l' «apparenza» dello scambio di equivalenti: qui si incontrano e si rapportano l'uno all'altro individui fantasmatici, ritagliati a misura del denaro, e «persone giuridi­ che», considerate facendo astrazione da ogni differenza tra esse. Nella sfera della circolazione, scrive ironicamente Marx, «regnano soltanto Li­ bertà, Eguaglianza, Proprietà e Bentham». Il criterio dell'utilità e degli «interessi privati», richiamato attraverso il riferimento al fondatore del­ l'utilitarismo inglese, sembra essere all'origine di una trama di relazioni sociali che, nel suo assumere come perno l' intangibilità degli assetti pro­ prietari, conferma i valori solennemente proclamati dalle rivoluzioni e dalle costituzioni borghesi. Ma la scena cambia radicalmente se disto­ gliamo lo sguardo da questa sfera e penetriamo 64. È l'appropriazione da parte del capi­ talista di questo plusvalore (la cui trasformazione in profitto pone com­ plessi problemi, a cui è in buona parte dedicato il terzo libro del Capita­ le) la chiave di volta della teoria marxiana dello sftuttamento. Il processo lavorativo, quale si svolge , viene così caricandosi di un' inedita politicità. Al cuore del modo di produzione capitalistico, al di sotto della trama dei rapporti contrattuali che ne costituiscono il criterio formale di " giustizia", Marx, rielaborando tra l'altro le esperienze del movimento carrista degli operai inglesi, coglie innanzi tutto la traccia di una guerra, che prorompe in su­ perficie nella lotta per la regolazione della giornata lavorativa. Il capitali­ sta, nel suo tentativo di renderla «più lunga possibile>> per ampliare i margini del pluslavoro, fa valere il suo diritto di acquirente della forza­ lavoro, esattamente come l'operaio fa valere il suo diritto di venditore «volendo limitare la giornata lavorativa a una grandezza normale deter­ minata>> . «Qui dunque>>, scrive Marx, «ha luogo un'antinomia: diritto contro diritto, entrambi consacrati dalla legge dello scambio delle mer­ ci. Fra diritti eguali decide la forza>> , e la durata della giornata lavorativa si presenta come l'esito della «lotta fra il capitalista collettivo, cioè la classe dei capitalisti, e l'operaio collettivo, cioè la classe operaia>> 65• La stessa determinazione del salario, d'altro canto, se pure è ancorata da Marx a una misura " oggettiva", ovvero al valore della forza-lavoro, mo­ stra un carattere politico determinato, poiché quel valore non è dato una volta per tutte, e in particolare non coincide con la semplice ripro­ duzione fisica della " nuda vita" dell'operaio. Per dirla nei termini sugge­ riti da una storica parola d'ordine del movimento operaio : la misura del

64. Jnfta, PAR. 2.6. 65. Infta, P A R . 3 · 7 · 35

Marx

salario non è data soltanto dalla quantità di pane necessaria al lavoratore per mantenersi in vita e in salute, ma comprende anche le rose, ovvero l'insieme dei bisogni la cui soddisfazione è di volta in volta storicamente considerata (o, si può aggiungere, politicamente imposta) come neces­ saria alla «riproduzione della forza-lavoro» . La lotta operaia, sulla giornata lavorativa o sul salario, costituisce da questo punto di vista, come è stato messo in evidenza da un fil one del marxismo tardo-novecentesco, il cosiddetto operaismo italiano 66 , uno dei motori fondamentali che costringono il capitalismo a rinno­ varsi incessantemente. N ella misura in cui l'iniziativa operaia deter­ mina una contrazione del tempo di pluslavoro, in particolare, il capi­ tale è costretto, per mantenere e ampliare i margini di plusvalore, a contrarre il «lavoro necessario», intensificando la produttività del la­ voro con innovazioni organizzative o tecnologiche. Il plusvalore così estratto, derivando da una mutata proporzione fra le due parti co­ stitutive della giornata lavorativa e non dal suo semplice allungamen­ to (all'origine del «plusvalore assoluto»), è defi n ito da Marx «plusva­ lore relativo» . E mentre l'estrazione della prima forma di plusvalore è resa possibile dalla semplice «sussunzione formale del lavoro sotto il capitale», ovvero dalla sottomissione al dominio del capitale di pro­ cessi lavorativi «tradizionali>>, sorti indipendentemente da esso, il «plusvalore relativo>> presuppone «la sussunzione reale del lavoro sot­ to il capitale>> , ovvero l'organizzazione diretta da parte di quest'ulti­ mo del processo lavorativo 67• E d'altro canto il rapporto tra sussunzione formale e sussunzione reale del capitale non è inteso da Marx in senso cronologico, come successio­ ne di due diverse " epoche ", come dovrebbe essere reso evidente dal semplice fatto che la prima è definita 68 • In quanto rapporto sociale, il capi-

66. Si veda in particolare, da questo punto di vista, la raccolta di scritti di M. Trami, Operai e capitale, Einaudi, Torino 1980. Sullo sviluppo dell'operaismo ita­ liano, cfr. T. Negri, Dall'operaio massa all'operaio sociale. Intervista sulf'operaismo, Multhipla, Milano 1979 e G. Borio, F. Pozzi, G. Roggero, Futuro anteriore. Dai «Quaderni rossi» ai movimenti globali: ricchezze e limiti delf'operaismo italiano, De­ riveApprodi, Roma 2002. 67. Su questi concetti, cfr. infra, PARR. 2.7 e 2.8. 68. Infra, PAR. 2.8.

Introduzione

tale si fonda piuttosto sulla compresenza all'interno di un medesimo spa­ zio, che fin dal principio della sua storia è definito chiaramente per Marx nei termini di un mercato mondiale, delle due modalità indicate di estrazione del plusvalore e di «sussunzione del lavoro)) . Il che consente di intendere come sia il capitale stesso, considerato sulla scala che oggi si ama definire , a creare nella sua opera di costante rivoluziona­ mento delle strutture e delle relazioni produttive, zone " arretrate" in cui lo sfruttamento estensivo del tempo di lavoro è il modo più economico di estrarre plusvalore 69• La politicità del processo lavorativo, che nella prospettiva marxiana è sempre al tempo stesso «processo di valorizzazione del capitale>>, non si limita tuttavia a questi pur fondamentali aspetti. La forza-lavoro è una merce particolare non soltanto perché è l'unica il cui valore d'uso consi­ ste nella «creazione di valore>>, ma anche per il rapporto del tutto pecu­ liare che essa intrattiene con la vita. In primo luogo, infatti, essa non può, se non concettualmente, essere separata dall'individuo che ne è il portatore. In secondo luogo la sua stessa esistenza come merce presup­ pone il dispiegamento di un processo di radicale individualizzazione della vita stessa, ovvero la rottura di quei legami che la sociologia classi­ ca avrebbe di lì a poco chiamato «comunitari>>, e l'autocomprensione del singolo come individuo. È su questo duplice binario che Marx ridefinisce nel primo libro del Ca­ pitale un'altra categoria classica del pensiero politico, quella già annun­ ciata di dispotismo 70• Il lavoro operaio, per distinguerlo da quello «mor­ to)), ovvero oggettivato nel sistema delle macchine, è anche definito da Marx - in particolare nei Lineamenti fondamentali della critica dell'eco­ nomia politica - lavoro vivo. Nel processo di organizzazione della grande industria la concretezza del lavoro vivo viene disciplinata e piegata alla norma del lavoro astratto, di cui il capitale si serve non soltanto per po­ ter misurare il lavoro ma anche per poter organizzare la cooperazione la-

69. Per un'analisi particolarmente convincente di questi problemi, cfr. G. Kay, Sviluppo e sottosviluppo. Un 'analisi marxista (ed. or. 1975), Felrrinelli, Milano 1976. Nell'ambito dei recenti dibattiti sulla "globalizzazione ", Marx è stato oggetto di ri­ correnti e spesso singolari " riscoperte ", giunte fino alle pagine del " Financial Ti­ mes " . Si veda da ultimo Marx on Globalization, ed. and selected by D. Renton, Lawrence & Wishart, London 2001. 70. Cfr. infra, PAR. 3.10. 37

Marx

vorativa e l'interazione tra «lavoro vivo» e «lavoro morto» 7'. Il lessico marxiano, in particolare nel descrivere il processo attraverso cui 87. Perché si avveri il sogno della repubblica, il proletariato deve dunque attraversare la decomposizione delle istituzio­ ni statali rappresentative, imponendo una dittatura che è l'esatto con­ trario del dispotismo finora dominante.

84. Cfr. infra, PAR. 1.3· 85. Cfr. infra, PAR. 3.10. Che il Manifesto su questo punto fosse " invecchiato" era riconosciuto già dai suoi autori nella prefazione all'edizione tedesca del 1872: cfr. Marx, Engels, Il Manifesto, ci t., p. 104. Sulla modifica della posizione marxiana ri­ mane fondamentale E. Balibar, La rettifica del «Manifesto delpartito comunista>�, in Id., Cinque studi sul materialismo storico, ci t., pp. 67-103. 86. Cfr. infra, P A R . 3.10. 87. K. Marx, 1871. La comune di Parigi. La guerra civile in Francia, lmernational­ La vecchia talpa, Napoli-Savona 1971, p. 227. 43

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Dalla critica alla rivoluzione

I testi raccolti in questo primo capitolo intendono documentare un doppio passaggio di Marx: dalla critica della politica alla critica dell'economia po­ litica, dalle posizioni di democratico radicale a quelle di comunista. In en­ trambi i casi non siamo difronte a termini che si escludono reciprocamente: la critica dell'economia politica comprende alproprio interno la critica del­ la politica, così come la posizione del comunista esprime un 'ipotesi determi­ nata su che cosa sia la democrazia intesa in senso radicale. I concetti che possono fonzionare da segnavia per comprendere questo doppio passaggio sono quelli di società, storia, scienza, classe e rivoluzione. La critica marxiana della politica muove da un vero e proprio corpo a corpo con l'u niversalismo che fonda il discorso politico moderno. Marx rivolge in primo luogo la sua attenzione a quelle strutture che operano una mediazio­ ne costitutiva tra gli individui e la loro collocazione nel mondo: il diritto, lo Stato, il denaro. Il luogo reale di questa mediazione viene tuttavia indivi­ duato non nella sfera usualmente assegnata alla politica (nello Stato, ap­ punto), ma nella società. Qui hanno la propria origine le relazioni di di­ pendenza che investono quelli che in astratto vengono definiti individui. Questi individui non si presentano però "nudi " sulla scena della storia. La loro posizione attuale è determinata dalla storia che li ha prodotti, separan­ do/i materialmente gli uni dagli altri. È poi il denaro che si incarica di di­ stribuire questi individui in quei campi avversi che effettivamente caratte­ rizzano la società. All'interno di quest'u ltima, il proletariato è per Marx quella parte che contraddice materialmente l'idea di una società come un tutto unitario. Con esso la scena storica conosce per la prima volta una classe che non mira semplicemente a sostituirsi a quella attualmente dominante, ma che è "costretta " a porre fine al dominio dell'uomo sull'u omo. Secondo Marx, infatti, la rivoluzione proletaria non è un 'iterazione di altri m o vi45

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menti rivoluzionari che hanno sconvolto il panorama politico fasciandone intatta la struttura. Essa dovrebbe «liquidare ogni fede superstiziosa nel passato», essere esclusivamente un 'appropriazione delfuturo fondata sul su­ peramento delle forme politiche sociali finora esistenti. 1.1. Il borghese e il cittadino

Il brano seguente è tratto da La questione ebraica, pubblicata da Marx nel 1844 negli "Annali fianco-tedeschi ·: Discutendo due testi del filosofo di scuola hegeliana Bruno Bauer , Marx interviene nel dibattito sulla possibi­ lità di estendere agli ebrei i diritti di cittadinanza. In queste pagine Marx affronta il problema di che cosa sia lo Stato politico e di quale figura di cit­ tadino corrisponda a esso. Prendendo a pretesto la condizione degli ebrei, ai quali veniva rifiutata la piena cittadinanza, Marx individua l'esistenza di una scissione costitutiva che caratterizza il cittadino moderno. Tale scissio­ ne appare replicare, sotto ilprofilo formale, il dualismo tra religione e poli­ tica costitutivo dello «Stato cristiano». Così come quest'ultimo riconosceva alla religione un ruolo fondativo, lo Stato politico, che pure ricerca la pro­ pria legittimazione nel consenso dei cittadini, riconosce la società come altro da sé, come spazio di rapporti materiali e giuridici diversi da quelli regolati ed espressi dal diritto pubblico. L 'individuo appare così in una doppia veste: da una parte egli è il cittadino dello Stato, dall'altra, in quanto membro della società, è il borghese che, sulla base del proprio personale egoismo, or­ ganizza e sftutta i «traffici sociali». Al centro del testo marxiano è dunque la scoperta dell'esistenza di uno spazio determinato, quello appunto della so­ cietà, che stabilisce la vera natura dei rapporti tra gli uomini. Proprio per questo, ilpassaggio dal borghese della società al cittadino dello Stato assume i caratteri religiosi di una trasfigurazione che nulla muta nella reale natura dei rapporti sociali. Così, mentre lo Stato politico si presenta come realmen­ te liberato dall'ip oteca religiosa, il suo cittadino mostra di essere attraversato da una scissione costitutiva che ne impedisce ogni definizione unitaria. '

1 . Bruno Bauer (1809-82), filosofo di scuola hegeliana. Critica l'ortodossia religio­ sa in diverse opere. Nel 1843 pubblica l'opuscolo La questione ebraica e l'articolo La capacità degli Ebrei e dei Cristiani d'oggi di diventare liberi, che fungono da sfondo polemico dell'intervento di Marx. Contro Bruno Bauer, all'interno di una più ge­ nerale resa dei conti con la sinistra hegeliana della quale essi avevano fatto parte, Marx ed Engels si rivolgono anche nell'Ideologia tedesca e nella Sacra famiglia.

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Dalla critica alla rivoluzione

Lo Stato politico perfetto è per sua essenza la vita generica dell'uomo in quanto specie, in opposizione alla sua vita materiale. Tutti i presupposti di questa vita egoistica continuano a sussistere al di foori della sfera dello Stato, nella società borghese, ma come caratteristiche della società civile. Là dove lo Stato politico ha raggiunto il suo vero sviluppo, l'uomo con­ duce non soltanto nel pensiero, nella coscienza, bensì nella realtà, una doppia vita, una celeste e una terrena, la vita nella comunità politica nel­ la quale egli si considera come ente comunitario, e la vita nella società borghese nella quale agisce come uomo privato, che considera gli altri uomini come mezzo, degrada se stesso a mezzo e diviene trastullo di for­ ze estranee. Lo Stato politico si rapporta alla società civile nel modo spi­ ritualistico con cui il cielo si rapporta alla terra. Rispetto a essa si trova nel medesimo contrasto, e la sovrasta nel medesimo modo in cui la reli­ gione sovrasta la limitatezza del mondo profano, cioè dovendo insieme riconoscerla, restaurarla e lasciarsi da essa dominare. Nella sua realtà più immediata, nella società civile, l'uomo è un essere profano . Qui, dove per sé e per gli altri vale come individuo reale, egli è un fenomeno non vero . Viceversa, nello Stato, dove l'uomo vale come ente generico, egli è il membro immaginario di una sovranità immaginaria, è spogliato della sua reale vita individuale e riempito di una universalità irreale. Il conflitto nel quale si trova l'uomo come seguace di una religione par­ ticolare, con se stesso in quanto cittadino, con gli altri uomini in quanto membri della comunità, si riduce alla scissione mondana tra lo Stato po­ litico e la società civile. Per l'uomo in quanto bourgeois 2, «la vita nello Stato è soltanto apparenza o una momentanea eccezione contro l'essen­ za e la regola» . Certamente il bourgeois, come l'ebreo, rimane nella vita dello Stato solo sofisticamente, così come solo sofisticamente il citoyen rimane ebreo o bourgeois; ma a fare il sofisma non sono i singoli indivi­ dui. Essa è la sofistica dello Stato politico stesso . La differenza tra l'uo­ mo religioso e il cittadino è la differenza tra il commerciante e il cittadi­ no, tra il salariato giornaliero e il cittadino, tra il proprietario fondiario e

2. Qui come in altri testi (cfr. PAR. 3 . 1 ) , Marx scinde nei suoi due significati il ter­

mine tedesco Burger, che significa allo stesso tempo borghese e cittadino. Per que­ sto si rivolge al vocabolario francese che, oltre ad essere quello nel quale sono stati originariamente espressi i diritti dell'uomo, consente di distinguere e separare le due accezioni. Quello del borghese (bourgeois) e quello del cittadino (citoyen) di­ vengono così i due volti che si celano dietro al generico riferimento all'uomo in quanto soggetto dei diritti. 47

Marx

il cittadino, tra l'individuo vivente e il cittadino. La contraddizione nella quale si trova l'uomo religioso con l'uomo politico è la medesima con­ traddizione nella quale si trova il bourgeois con il citoyen, nella quale si trova il membro della società civile con la sua pelle di leone politica. Questo conflitto mondano, al quale infine si riduce la questione ebrai­ ca, il rapporto dello Stato politico coi suoi presupposti, siano pur essi elementi materiali come la proprietà privata ecc., o spirituali, come cul­ tura, religione, il conflitto tra l'interesse generale e l'interesse privato, la scissione tra lo Stato politico e la società civile, questi contrasti mondani Bauer li lascia sussistere, mentre polemizza contro la loro espressione re­ ligiosa. [ . . . ] L'emancipazione politica è certamente un grande progresso, non è tutta­ via la forma ultima dell'emancipazione umana in generale, ma è l'ulti­ ma forma dell'emancipazione umana entro l'ordine mondiale attuale. S' intende: noi parliamo qui di emancipazione reale, pratica. L'uomo si emancipa politicamente dalla religione confinandola dal dirit­ to pubblico al diritto privato . Essa non è più lo spirito dello Stato, dove l'uomo - anche se in modo limitato, sotto forma particolare e in una sfera particolare - si comporta come ente generico, in comunità con al­ tri uomini; essa è divenuta lo spirito della società civile, della sfera dell'e­ goismo, del bellum omnium contra omnes 3 • Essa non è più l'essenza della

Letteralmente: "la guerra di tutti contro tutti " . Si tratta di una celebre espressio­ ne con la quale Thomas Hobbes descrive lo stato di natura precedente all'istituzio­ ne di quello civile. Secondo le parole di Hobbes, lo stato di natura è uno stato di assoluta uguaglianza fra tutti gli individui. È uno stato di guerra potenziale, carat­ terizzato dalla lotta costante di ogni individuo con ogni altro. «In tale condizione non c'è posto per l'industria, perché essa è incerta, e per conseguenza non v'è cul­ tura della terra, né navigazione, né uso dei prodotti che si possono importare per mare, né comodi edifici, né macchine che per muovere e trasportare cose che ri­ chiedono molta forza, né conoscenza della faccia della terra, né calcolo del tempo, né arti, né lettere, né società, e, quel che è peggio di tutto, v'è continuo timore e pericolo di morte violenta, e la vita dell' uomo è solitaria, misera, sgradevole, bruta­ le e breve>> (cfr. T. Hobbes, Leviatano, ed. or. 1651, La Nuova Italia, Firenze 1976, cap. XIII , p. no). La descrizione hobbesiana dello stato di natura viene applicata da Marx - così come accade, con accenti diversi, in molta letteratura economica e sociologica dell'Ottocento - ai rapporti sociali dominati dal capitale. Si deve tutta­ via aggiungere che l'appropriazione di Hobbes da parte di Marx è molto più com­ plessa del mero prestito di un'immagine politica, riguardando più in profondità al­ cuni aspetti determinati della concezione dell'individuo (cfr. Introduzione) . 3·

1.

Dalla critica alla rivoluzione

comunità, ma l'essenza della differenza. Essa è divenuta l'espressione della separazione dell'uomo dalla sua natura comune 4, da sé e dagli altri uomini, ciò che essa era originariamente. Essa è ancora soltanto il rico­ noscimento astratto dell'assurdità particolare, del capriccio privato, del­ l'arbitrio. L'infinito frazionamento della religione nell'America del Nord, ad esempio, già esternamente le conferisce la forma di una fac­ cenda puramente individuale. Essa è stata relegata nel novero degli inte­ ressi privati, e, in quanto natura comune, esiliata dalla comunità. Ma non ci s' inganni circa i limiti dell'emancipazione politica. La scissione dell'uomo nell'uomo pubblico e privato, il trasjèrimento della religione dallo Stato alla società civile, non sono un gradino, sono il compimento dell'emancipazione politica, che pertanto non sopprime, né tanto meno tenta di sopprimere, la religiosità reale dell'uomo. La scomposizione dell'uomo nell'ebreo e nel cittadino, nel protestante e nel cittadino, nell'uomo religioso e nel cittadino, questa scomposizione non è una menzogna contro la cittadinanza, non è un modo di eludere l'emancipazione politica, essa è l'emancipazione politica stessa, è il modo politico di emanciparsi dalla religione. Certamente: in epoche in cui lo Stato politico in quanto Stato politico viene generato con violenza dalla società civile, in cui l'autoliberazione umana tende a compiersi nella forma dell'auroliberazione politica, lo Stato può e deve procedere fino alla soppressione della religione, fino all'annientamento della religione, ma solo così come procede alla soppressione della proprietà privata, a imporre un massimo, alla confisca, all'imposta progressiva, come proce­ de alla soppressione della vita con la ghigliottina. Nei momenti in cui prevale il suo sentimento di sé, la vita politica cerca di soffocare il suo

4· Natura comune traduce qui il tedesco Gemeinwesen, che Marx utilizza nel suo possibile, doppio significato. Nel primo senso il termine significa ciò che gli uomi­ ni, tutti gli uomini, hanno originariamente in comune proprio per il fatto di essere tali. Questa originarietà non è tuttavia da intendersi come autenticità, ma piutto­ sto come aggettivazione di ciò che gli uomini riconoscono di avere in comune. Po­ che righe più sotto, infatti, quando il termine ritorna in riferimento agli Stati Uni­ ti, la natura comune è data dal fatto che tutti gli uomini riconoscono di avere una religione particolare che non produce effetti sulla collettività politica. Qui si evi­ denzia la seconda accezione del termine, da intendersi questa volta, appunto, come comunità (politica) . Contrapponendo i due significati, la frase di Marx dunque suona: