In Detail: Ristrutturazioni 9783034615150

Unconventional concepts for reusing existing buildings – economical, ecological and of historical / cultural value.

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Italian Pages [176] Year 2013

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Table of contents :
Conversioni creative
La conversione - un tema corrente
Il prato verde non è verde
Il restauro degli edifici dei classici moderni Berthold Burkhardt
I progetti
Ristrutturazione urbana di Salemi
Biblioteca conventuale a Fitero
Centro culturale a Toledo
Museo a Colmenar Viejo
Ingresso di un negozio a New York
Centro visitatori a Criewen
Casa gialla a Flims
Residenza e atelier a Sent
Centro parrocchiale a Schwindkirchen
Ristrutturazione di un sottotetto a Berlino
Casa d'abitazione a Chevannay
Ampliamento di un'abitazione a Monaco di Baviera
Ampliamento di un'abitazione a Montrouge
Casa sul lago di Starnberg
Ampliamento di un'abitazione a Remscheid
Un parassita a Rotterdam
Ristorante a Oporto
Casa da tè Montemor-o-Velho
Complesso residenziale prefabbricato a Dresda
Complesso residenziale a Chur
Galleria commerciale a Sassuolo
Centro direzionale per una compagnia di assicurazioni a Monaco di Baviera
Museo Alf Lechner a Ingolstadt
Tate Modern a Londra
Centro culturale e commerciale a Torino
Architetti
Autori
Indice delle illustrazioni
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In Detail: Ristrutturazioni
 9783034615150

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Ristrutturazioni A cura di Christian Schittich

Birkhäuser Edition Detail

in ∂ Ristrutturazioni

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Ristrutturazioni Riuso · Completamento · Nuova progettazione A cura di Christian Schittich

Edition Detail – Institut für internationale Architektur-Dokumentation GmbH & Co. KG Monaco di Baviera Birkhäuser – Verlag für Architektur Basilea · Boston · Berlino

A cura di: Christian Schittich Redazione: Thomas Madlener, Andrea Wiegelmann Collaboratori: Christine Fritzenwallner, Julia Liese Disegni: Norbert Graeser, Marion Griese, Olli Klein, Nicola Kollmann, Emese Köszegi, Elli Krammer, Sabine Nowak, Andrea Saiko, Claudia Toepsch Grafica: Peter Gensmantel, Andrea Linke, Roswitha Siegler, Simone Soesters Traduzione: George Frazzica Lettorato italiano: Bruno Persico

Quest’opera è pubblicata con la collaborazione di DETAIL – Rivista di architettura + particolari costruttivi e Birkhäuser – Publishers for Architecture Nota bibliografica della »Deutsche Bibliothek« La »Deutsche Bibliothek« ha registrato questa pubblicazione nella »Deutsche Nationalbibliografie«; maggiori dati bibliografici sono reperibili nel sito http://dnb.ddb.de © 2006 Institut für internationale Architektur-Dokumentation GmbH & Co. KG, Casella postale 33 06 60, D-80066 Monaco di Baviera, Germania, www.detail.de e Birkhäuser – Publishers for architecture, casella postale 133, CH-4010 Basilea, Svizzera www.birkhauser.ch Tutti i diritti sono riservati. In particolare i diritti di traduzione, di riproduzione d’immagini e tabelle anche a mezzo radio e televisione, di memorizzazione (compresi i microfilm e tutte le altre forme di memorizzazione in sistemi di rielaborazione dati) sono riservati. La riproduzione totale o parziale è permessa solo in singoli casi e nei limiti definiti dai diritti d’autore. I trasgressori sono passibili di risarcimento e sottostanno alle disposizioni penali dei diritti di riproduzione.

Stampato su carta non trattata chimicamente, prodotta da cellulosa sbiancata (TCF∞). Printed in Germany Riproduzione: Karl Dörfel Reproduktions-GmbH, Monaco di Baviera Stampa e rilegatura: Kösel GmbH & Co. KG, Altusried-Krugzell

ISBN 10: 3-7643-7638-4 ISBN 13: 978-3-7643-7638-3 987654321

Indice

Conversioni creative Christian Schittich La conversione – un tema corrente Johann Jessen e Jochem Schneider

8 10

Il prato verde non è verde Günther Moewes

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Il restauro degli edifici dei classici moderni Berthold Burkhardt

28

Ristrutturazione urbana di Salemi Álvaro Siza Vieira, Oporto Roberto Collovà, Palermo

38

Biblioteca conventuale a Fitero Miguel Alonso del Val e Rufino Hernández Minguillón, Pamplona

42

Centro culturale a Toledo Ignacio Mendaro Corsini, Madrid

48

Museo a Colmenar Viejo Aranguren Gallegos, Madrid Ingresso di un negozio a New York Future Systems, Londra

56 60

Ampliamento di un’abitazione a Montrouge Fabienne Couvert & Guillaume Terver, Parigi IN SITU montréal, Montreal

94

Casa sul lago di Starnberg Fink + Jocher, Monaco di Baviera

98

Ampliamento di un’abitazione a Remscheid Gerhard Kalhöfer, Stefan Korschildgen, Colonia

104

Un parassita a Rotterdam Korteknie & Stuhlmacher, Rotterdam

108

Ristorante a Oporto Guilherme Páris Couto, Oporto

112

Casa da tè Montemor-o-Velho João Mendes Ribeiro, Coimbra

116

Complesso residenziale prefabbricato a Dresda Knerer und Lang, Dresda

120

Complesso residenziale a Chur Dieter Jüngling und Andreas Hagmann, Chur 124 Galleria commerciale a Sassuolo Guido Canali con Mimma Caldarola, Parma

128

134

Centro visitatori a Criewen Anderhalten Architekten, Berlino

64

Centro direzionale per una compagnia di assicurazioni a Monaco di Baviera Baumschlager & Eberle, Vaduz

Casa gialla a Flims Valerio Olgiati, Zurigo

70

Museo Alf Lechner a Ingolstadt Fischer Architekten, Monaco di Baviera

144

Tate Modern a Londra Herzog & de Meuron, Basilea

150

Centro culturale e commerciale a Torino Renzo Piano Building Workshop, Genova

158

Architetti

170

Autori

174

Indice delle illustrazioni

175

Residenza e atelier a Sent Rolf Furrer, Basilea Christof Rösch, Sent

74

Centro parrocchiale a Schwindkirchen arc Architekten, Monaco di Baviera

78

Ristrutturazione di un sottotetto a Berlino Rudolf + Sohn Architekten, Monaco di Baviera

82

Casa d’abitazione a Chevannay Guillaume Terver, Parigi

86

Ampliamento di un’abitazione a Monaco di Baviera Lydia Haack + John Höpfner, Monaco di Baviera

90

Conversioni creative Christian Schittich

Da tempo ormai il confronto con il patrimonio edilizio esistente ha superato i confini della tutela monumentale, non è più legato alla conservazione del volto cittadino e si è trasformato in un’attività indispensabile, basata su considerazioni di natura economica ed ecologica. In un’epoca in cui cominciano a scarseggiare le materie prime, il livello di inquinamento tende ad aumentare costantemente e la popolazione dei paesi più industrializzati diminuisce, l’ opera di recupero e di risanamento del patrimonio immobiliare esistente si fa assolutamente doverosa, soprattutto perché costituisce il sistema migliore, attualmente disponibile, per evitare un ulteriore spreco di risorse e di superficie verde. Ristrutturare non significa solo occuparsi di beni storicamente significativi, ma anche, e in misura sempre maggiore, di edifici apparentemente banali quali, ad esempio, gli stabilimenti industriali e i complessi di edilizia economica realizzati nel secondo dopoguerra. La gamma degli interventi possibili è altrettanto variegata, dalla manutenzione straordinaria alla conversione »creativa«, passando per la ristrutturazione funzionale, il recupero e il risanamento ecologicamente sostenibili e il restauro conservativo. Ogni situazione si presenta inoltre diversa dall’ altra e l’ approccio progettuale è sempre condizionato, in larga misura, dalla natura e dal grado di conservazione dello stato di fatto. Per lungo tempo, ogni intervento di natura »creativa« da attuare su un esistente storicamente significativo, ha avuto nell’ opera di Carlo Scarpa, e specificatamente nel restauro di Castelvecchio a Verona (1956–64) il suo punto di riferimento più nobile. I principi che Scarpa ha sviluppato in quell’ occasione, volti a distinguere chiaramente l’ ambito dell’ intervento dalla sostanza inalterata attraverso l’ uso sapiente del contrasto materico, sono tutt’oggi ancora validi e continuano a trovare applicazione, in modo più o meno evidente, nel restauro e nella ristrutturazione di molto edifici storici e monumentali. Il centro storico di Salemi, ristrutturato da Álvaro Siza (vedi pag. 38 e segg.) o la conversione di una chiesa in un centro culturale polivalente a Toledo, opera di Ignacio Mandaro Corsini (vedi pag. 48 e segg.) sono interventi pienamente ascrivibili alla tradizione di Carlo Scarpa, anche se in essi è scomparsa una certa cura manieristica del dettaglio. Tuttavia oggi è molto più facile incontrare modalità d’intervento e teorie progettuali che prediligano il passaggio sfumato tra il vecchio e il nuovo, consentendo in questo modo una reinterpretazione dell’ organismo costruito che non ostacoli ogni nuovo sviluppo futuro. In questo volume riportiamo due interventi esemplari che appartengono a questa tradizione: la ex Bankside Power

Station che ospita oggi la Tate Modern, a Londra (vedi pag. 150 e segg.) e lo stabilimento del Lingotto, a Torino (vedi pag. 158 e segg.). L’ approccio di Renzo Piano al vecchio stabilimento Fiat può essere definito di genere pragmatico: non considerando i due »gioielli« che decorano la copertura, all’ esterno la struttura sembra aver mantenuto il suo aspetto originale; l’ interno è caratterizzato dalla separazione latente tra gli elementi nuovi e quelli esistenti, che consente un inserimento quasi naturale di pochi e sobri dettagli di nuova creazione. Korteknie e Stuhlmacher, al contrario, hanno collocato il loro »Parasite« ben in vista sul tetto di un vecchio magazzino, nell’ area portuale di Rotterdam, lanciando un messaggio molto chiaro. La sovrapposizione, ottenuta quasi attraverso un »collage«, dona al vecchio padiglione un carattere completamente nuovo (vedi pag. 108 e segg.). Tutti gli esempi citati hanno in comune il mantenimento della forma e dell’ aspetto esistente. Quando invece l’ intervento coinvolge l’ edilizia residenziale pluripiano, prima fra tutte quella prefabbricata della ex Germania Est, l’ operazione tenta generalmente di raggiungere un risultato più complesso: non si tratta più solo di elevare lo standard qualitativo degli alloggi, ma di agire anche sull’ architettura dei prospetti, come hanno fatto Knerer e Lang a Dresda, in uno degli esempi riportati (vedi pag. 120 e segg.). Baumschlager e Eberle, nella ristrutturazione della sede della compagnia di assicurazioni Münchener Rück (pag. 134), hanno conservato solo la struttura portante, ottenendo in questo modo una costruzione moderna che non rivela più alcuna traccia del suo passato, all’ interno né quantomeno all’ esterno. Per molto tempo il professionista dell’ architettura ha guardato alla ristrutturazione e al risanamento come ad un male necessario, preferendo fondare la propria reputazione e fama sulle nuove costruzioni. Un atteggiamento molto diffuso soprattutto nel Movimento Moderno, dove l’ esistente ha goduto di scarsa considerazione e l’ avanguardia ha concentrato i suoi sforzi quasi esclusivamente sul campo dell’ innovazione. Oggi, tuttavia, la situazione è radicalmente cambiata. Gli esempi ricordati in precedenza e tutti gli altri progetti contenuti in questo volume stanno a dimostrare che la gamma delle possibilità d’intervento e delle metodologie d’approccio è veramente infinita e che la materia, nel suo complesso, si presenta in termini tutt’altro che banali. L’ intervento sul tessuto esistente, al contrario, con i vincoli che necessariamente pone al campo d’azione del progettista, si rivela una delle esperienze più creative e affascinanti che l’ architettura è in grado di offrire. 9

La conversione – un tema corrente Johann Jessen e Jochem Schneider

La questione della conversione edilizia si pone ormai ovunque. Il reattore nucleare realizzato a Kalkar, mai entrato in funzione, è stato ad esempio trasformato in un centro congressi e in un parco di divertimenti; una vecchia centrale di trasformazione, ormai fuori uso ospita a Colonia gli spazi di una galleria d’arte, mentre il cinema multisala, aperto solo cinque anni fa all’ interno della nuova stazione ferroviaria di Friburgo, contiene oggi un planetario e alcuni spazi di un centro direzionale (Fig. 2.19). L’ elenco delle trasformazioni potrebbe tranquillamente continuare e non si limiterebbe solo agli interventi eclatanti e particolari come quelli appena citati.1 La ristrutturazione riguarda ormai anche il patrimonio immobiliare ordinario e non si limita più solo agli edifici monumentali. Oggi possiamo affermare con certezza che ogni edificio può essere oggetto di ristrutturazione, e che non esiste un fabbricato che sia a priori inadeguato ad essere riconvertito. In futuro, invece, l’ opera dell’ architetto sarà inevitabilmente sempre di più concentrata sul patrimonio immobiliare »di serie« già realizzato. Lo sviluppo della città come trasformazione dell’ esistente Quale sarà, negli anni a venire, la missione dell’ architettura e dell’ urbanistica? Consisterà in un’opera di trasformazione e di ristrutturazione dell’ esistente o nella sua rimozione? Dall’ inizio degli anni 70 e nonostante le oscillazioni congiunturali, in Germania gli investimenti sul patrimonio immobiliare esistente hanno registrato una crescita molto più consistente di quelli attuati sulla nuova costruzione. Già verso la metà degli anni 80, più del 50 % degli investimenti era destinato agli interventi sull’ esistente, e da quel momento in poi la percentuale è cresciuta in maniera costante. Ovunque sia possibile prevedere un calo della popolazione residente si assiste ad una diminuzione dei progetti per la residenza e per l’ edilizia scolastica, mentre è in aumento la richiesta di alloggi per la terza età e di case di riposo. In determinate situazioni comuni ad ogni realtà locale europea, e non solo nelle grandi città dell’ ex Germania Est, le amministrazioni locali stanno prendendo seriamente in considerazione la possibilità di demolire interi complessi residenziali a causa dell’ eccessiva offerta immobiliare. Ed è anche ragionevole dedurre che al sottoutilizzo degli spazi residenziali e industriali seguirà presto anche quello degli spazi commerciali e direzionali. Le conseguenze della riorganizzazione del lavoro avranno un impatto tremendo sul terziario avanzato, colpendo soprattutto le banche e le assicurazioni e rendendo in poco tempo obsolete le grandi superfici destinate ad ufficio. Soprattutto in vista di

una maggiore sensibilità ecologica, sarà sempre più necessario porre attenzione al patrimonio immobiliare costruito, su piccola e su grande scala. Al centro di ogni strategia d’intervento urbano che voglia oggi gestire responsabilmente le risorse naturali vi sono le questioni della ristrutturazione e della nuova destinazione dell’ esistente. Queste considerazioni stanno contribuendo a modificare il nostro modo di percepire la città, che per noi passa a rappresentare un sorta di temporaneo serbatoio per un’enorme quantità di materiale e di energia. Nel frattempo i soliti, ed ormai noti, meccanismi che governano lo sviluppo della città continuano a fagocitare fette di territorio. In Germania la cementificazione delle aree libere viaggia sempre a velocità molto sostenuta, in media a quasi 120–130 ettari al giorno.2 I meccanismi principali dello sviluppo della città sono sempre stati, anche se in misura differente, l’ espansione, la conversione e la conservazione. L’ adattamento di strutture già esistenti ad altre e nuove esigenze, in alternativa alla demolizione e alla ricostruzione su aree di completamento o da urbanizzare, ha sempre rappresentato una costante nella trasformazione della città. In epoca preindustriale, la conversione a nuove destinazioni degli edifici esistenti ha spesso costituito una necessità dettata dal risparmio economico ed è stata un’attività culturalmente accettata. Gli edifici erano costruiti per durare e quelli esistenti venivano trattati con riguardo per salvaguardare lo sforzo tecnologico e il tempo investiti, per garantire un utilizzo a lungo termine e mantenere alto il valore dell’ immobile. La limitata disponibilità di materiale da costruzione, il trasporto in genere altrettanto oneroso e faticoso quanto la demolizione, facevano del »riciclaggio« una regola da applicare indifferentemente a materiali, edifici e terreni. Osservando il modo con cui l’ urbanistica moderna ha trattato il tessuto esistente della città, si è portati a pensare che lo sviluppo urbano iniziato verso la metà del XIX secolo appartenga ad una parentesi storica atipica, ispirata ad una permanente e illimitata espansione. L’ avanzare del »nuovo« ha rappresentato progresso e prosperità, ma ha portato con sé anche una profonda negazione della storia. Nell’ ambito dello sviluppo urbanistico quest’attitudine si è manifestata con la grande espansione edilizia sostenuta dalla speculazione, che ha accompagnato la nascita e la crescita turbolenta dello sviluppo industriale per tutto il XIX secolo. Nel cuore della città i nuovi centri commerciali e direzionali hanno preso il posto delle costruzioni esistenti, trasformando radicalmente il nucleo storico. In queste condizioni la ristrutturazione urbanistica di interesse pubblico ha spesso comportato radicali interventi di demolizione e ricostruzione, mentre il riconosci11

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2.3

12

mento del valore degli edifici storici è rimasto per lo più limitato ai cosiddetti edifici di carattere monumentale: castelli, chiese e fortezze. Anche dopo la Prima Guerra Mondiale il grado di apprezzamento del patrimonio esistente si è mantenuto invariato su livelli molto bassi e inoltre, anche a causa delle nuove iniziative urbanistiche progettate in deliberata antitesi alla città vecchia, il tessuto storico è stato spesso sottoposto a grandi smembramenti che ne hanno modificato radicalmente il volto. Un orientamento,questo, che è rimasto invariato fino agli anni 60 del XX secolo e che ha influenzato, con poche eccezioni, le dottrine urbanistiche di quasi tutta l’ Europa. Il fatto che oltre il 70 % del patrimonio immobiliare esistente oggi in Germania risale agli ultimi cinquant’anni ne è una chiara dimostrazione. Gli architetti e i pianificatori hanno considerato per molto tempo la ristrutturazione e la conversione come attività di secondo livello. Lo sviluppo urbano in grado di preoccuparsi del mantenimento e della destinazione delle strutture esistenti è invece un fenomeno molto più recente, strettamente legato al conflittuale passaggio dei primi anni 70 dalla ristrutturazione urbanistica al restauro conservativo. I traguardi di questo sforzo erano rappresentati dalla tutela del patrimonio monumentale, dalla salvaguardia del tessuto urbano e dal miglioramento dei servizi delle zone da risanare, mentre il campo d’intervento era circoscritto al centro storico e ai quartieri residenziali sorti al suo margine durante il XIX secolo. La conversione e la ristrutturazione di intere fette di città hanno cominciato a far parte di una strategia urbanistica di grande respiro con il coinvolgimento delle aree industriali e infrastrutturali abbandonate e, dall’ inizio degli anni 90, delle basi militari cadute in disuso sul suolo della Germania unita. Alla base di questo nuovo coinvolgimento ci sono sicuramente anche una serie di considerazioni di carattere economico ed ecologico. Oggi la de-urbanizzazione della città è in grado di evidenziare anche un altro radicale cambiamento di prospettiva: il ciclo della conversione urbana è scandito da tempi sempre più brevi, e diventa necessario abituarsi a considerare le destinazioni d’uso temporanee come parte integrante di una strategia a lungo termine. I risultati del progetto europeo di ricerca »Urban Catalyst«, che considera l’ interazione tra gli obbiettivi della pianificazione e la presenza delle attività culturali temporanee all’ interno del tessuto urbano ristrutturato (come ad esempio nell’ utilizzo temporaneo del Palazzo della Repubblica nella ex Berlino Est, fig. 2.9), mette in evidenza la natura europea di questo aspetto. L’ adeguamento edilizio del patrimonio esistente è uno dei temi fondamentali su cui si basa la sopravvivenza delle nostre città e dei nostri agglomerati urbani. Conversione e ristrutturazione significano anche uso equilibrato e sostenibile di materia, spazio ed energia, nonché sostegno allo sfruttamento ottimizzato delle infrastrutture. Contemporaneamente i due concetti sono anche divenuti un formidabile strumento di promozione commerciale. Oggi, innovazione e patrimonio edilizio storico non sono più in contraddizione tra loro; non esiste più un edificio o un’area che in linea di principio non sia adatto a sostenere una ristrutturazione e una conversione futura. La grande massa dei »prodotti architettonici« sorta negli ultimi cinquant’anni entra nel ciclo della conversione con velocità sempre crescente e tempi di decadimento sempre più corti. Oltre al classico lifting epidermico dei grandi complessi residenziali, all’ interno di questa tendenza generalizzata al rinnovamento possiamo includere anche la rivalutazione delle aree industriali e commerciali attraverso

l’ introduzione delle reti di servizio, il »potenziamento« energetico, strutturale, impiantistico e telematico degli edifici ad uso direzionale, ed il »rilancio« delle isole pedonali e dei centri commerciali. La ristrutturazione e la conversione rappresentano ormai le strategie operative più diffuse per la gestione delle aree e delle strutture urbane. E nel momento in cui cominciano ad interessare anche gli edifici residenziali, commerciali e direzionali della seconda metà del XX secolo, è necessario disporre anche del supporto della ricerca architettonica e ingegneristica più avanzate. Quali sono i sistemi per ottenere una razionalizzazione del processo progettuale e costruttivo? Esiste un metodo per organizzare la trasformazione dell’ ambiente già costruito, anche se mancano le superfici per depositare il materiale? La logistica pone problemi apparentemente non solvibili? Non dobbiamo dimenticare che la conversione può non interessare solo gli immobili prodotti in serie, ma anche certi ingombranti »pezzi unici«: centrali elettriche, grandi magazzini, stazioni ferroviarie e laboratori di ricerca. Mentre pensiamo a queste conversioni c’è anche chi va a vivere in un vecchio silos, chi fa immersione sportiva in un ex-bacino di scorie, chi gioca a pallacanestro in una chiesa sconsacrata (Fig. 2.7) e organizza mostre in un gasometro abbandonato. Alla fine il processo non può mancare di coinvolgere anche il paesaggio:3 i parchi naturali dell’ IBA Emscher Park realizzati sul sito di una ex acciaieria e di alcune miniere ne sono gli esempi più eloquenti. Successivamente a questo, altri interventi simili sono stati attuati all’ interno di vecchi complessi industriali e di cave di lignite. In alcune grandi città della ex Germania Est, di fronte al costante calo della popolazione residente, qualcuno si è spinto fino al punto di proporre la restituzione al paesaggio naturale delle aree edificate e abbandonate. In generale i

tempi di ammortamento tendono ad accorciarsi e la durata dei cicli di conversione supera di gran lunga quella prevista dai vincoli di tutela. Nel frattempo l’ opera di ammodernamento, sistemazione e adeguamento volta ad ospitare nuove destinazioni d’uso comincia ad interessare soprattutto gli immobili costruiti negli anni 60 e 70, un patrimonio che nella maggior parte dei casi non è ancora stato posto sotto tutela. E’ logico immaginare che finché tale patrimonio continuerà ad essere trattato con scarso riguardo, saranno pochissime le testimonianze che riusciranno a sopravvivere, e senza dubbio un giorno ci accorgeremo della gravità delle perdite. Sarebbe opportuno che gli operatori dell’ edilizia residenziale valutassero, già in fase di stesura e realizzazione del progetto, la sostenibilità, l’ adattabilità e le possibilità di conversione futura; soprattutto dal punto di vista di un »Prospective building-management«, al fine di garantire un’integrazione quanto più correlata possibile con il ciclo dei materiali costruttivi.4 Quando si sviluppa un progetto per un impianto industriale e per un’area altamente specializzata, sarebbe opportuno che l’ investitore fosse chiamato anche ad individuare e valutare la possibilità di un uso alternativo, nella malaugurata ipotesi che l’ impresa non dovesse rivelarsi economicamente produttiva. Gli stabilimenti di questo tipo 2.1 2.2

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Quartier generale della Münchener Rück, Monaco di Baviera; Baumschlager + Eberle, Vaduz Studentato ricavato in un ex impianto di silos per cereali, Oslo (1953), 226 unità abitative su 16 piani, pianta; HRTB AS Arkitekter MNAL, Oslo Appartamenti in un ex silos per malto e orzo, Copenhagen (1957), pianta; Vilhelm Lauritzen, Copenhagen Skatebowl provvisorio in un ex hangar aeronautico, Eindhoven; Maurer United Architects, Eindhoven. L’ hangar è stato convertito in una scultura praticabile.

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dovrebbero permettere una convertibilità economicamente sostenibile, prevedendo, ad esempio, anche la possibilità di una trasformazione ad uso commerciale, direzionale o residenziale. »Se il sistema costruttivo e i materiali sono stati scelti in modo appropriato, è possibile realizzare un edificio in grado di reagire in modo flessibile ai cambiamenti futuri, con una minima quantità di scarti di lavorazione, con costi di manutenzione ridotti, e che alla fine del proprio ciclo vitale potrà essere riciclato nella quasi totalità.«5 Pertanto non è assolutamente sufficiente che le valutazioni di redditività economica e le procedure di approvazione di un progetto immobiliare si preoccupino di prendere in esame solo i costi di costruzione; è assolutamente necessario che la valutazione sia allargata anche ad una stima dei costi di smaltimento. In questo modo i parametri decisionali si modificano sostanzialmente e, da un punto di vista economico, anche un intervento di ristrutturazione o di conversione può diventare interessante. Senza dubbio assisteremo ad una polarizzazione degli investimenti nel settore della nuova edificazione: da una parte edifici con cicli di vita limitati e periodi di ammortamento finanziario relativamente brevi, dall’ altra investimenti immobiliari a lungo termine, contrassegnati da generiche caratteristiche di adattabilità, che non troveranno una definizione compiuta nemmeno in fase di progettazione. Come avviene l’ abbinamento tra la nuova destinazione d’uso e l’ esistente? La conversione presuppone un mutamento nel tradizionale rapporto tra l’ oggetto e il suo uso: mentre nella nuova costruzione un involucro è normalmente progettato per un determinato piano di destinazioni, nel caso della ristrutturazione lo stesso involucro deve essere predisposto per ricevere un programma funzionale non ancora sviluppato. Per l’ architetto, il pianificatore e il committente le potenzialità della sfida sono insite proprio in questo ribaltamento di ruoli. A fronte di un allargamento della gamma degli interventi, che oggi, accanto agli edifici storici, monumentali o sotto tutela, comprende anche un gran numero di costruzioni ordinarie e spesso »banali«, la questione della corretta »programmazione« deve saper trovare una risposta alla seguente domanda: dato un determinato involucro già esistente, quali sono le funzioni che meglio vi si adattano? Possiamo individuare tre differenti modelli tipologici. Oltre alle strutture fortemente caratterizzate e di pregio, con peculiarità formali e spaziali specializzate, spesso più adatte ad un uso pubblico e culturale, diretto o indiretto, troviamo edifici acquisiti o occupati che offrono rifugio a destinazioni spesso soltanto provvisorie e prive di altra collocazione; ed infine possiamo trovare un’ampia gamma di strutture in grado di conservare un determinato valore economico e un valore aggiunto molto apprezzato dal mercato. Gli spazi pregiati – Edifici esistenti a destinazione espositiva Per il classico edificio monumentale la conversione rappresenta tuttora la strada maestra attraverso la quale è possibile mantenere inalterate le caratteristiche salienti dell’ edificio. Generalmente la soluzione più ovvia è rappresentata da una destinazione a fini culturali: il castello si trasforma in museo di se stesso, la casamatta in museo militare, il granaio cittadino diventa il museo della comunità (v. pag. 64 e segg.; il Centro informativo di Criewen). Anche quando una residenza di campagna si trasforma in una concert-hall, una chiesa in un

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centro parrocchiale e il granaio in una biblioteca si tratta nella maggior parte dei casi di edifici monumentali tutelati in senso tradizionale, con un valore indiscutibile sia dal punto di vista della struttura che della nuova funzione civica. Si tratta di progetti prestigiosi che giocano spesso un ruolo rilevante nell’ identità culturale e nella coscienza storica della città. E’ una strategia di conversione dell’ edificio esistente che incontra il favore di molti, in quanto prova tangibile della vicinanza della politica locale agli interessi dei cittadini. Progetti di questo tipo donano spesso enfasi al profilo culturale della comunità e possono anche rivelarsi economicamente trainanti nel momento in cui si trasformano in centri di attrazione turistica. Parallelamente incontrano però sempre maggiori restrizioni, soprattutto a causa della consistenza dell’ investimento iniziale e della gravosa gestione che ricade sulla comunità o sull’ ente statale. 2.6

Le nicchie dei pionieri – Edifici esistenti adattati L’ altra estremità del campionario è rappresentata dal patrimonio immobiliare abbandonato e con valore storico-artistico e commerciale quasi nullo – in genere composto da vecchi edifici industriali e artigianali. Rispetto al resto degli immobili queste strutture hanno una qualità in più: si tratta quasi sempre di volumi di notevole ampiezza, locati a prezzi irrisori, che consentono un’infinita serie di combinazioni d’uso, interpretazioni architettoniche su misura ed insolite esperienze spaziali. Gli artisti del campo delle arti figurative sono stati probabilmente i primi a scoprire che i vecchi magazzini e i capannoni artigianali erano perfetti per essere trasformati in ampi ed economici atelier; e tra le destinazioni pionieristiche nel campo della riscoperta dei volumi industriali abbandonati vanno ricordate anche le manifestazioni culturali. I primi luoghi di sperimentazione di nuove forme di aggregazione abitativa e stili di vita originali sono stati proprio i capannoni delle fabbriche abbandonate. Il giovane imprenditore si serve volentieri di questo serbatoio immobiliare per dare un primo spazio alla propria attività indipendente, con poca spesa e in tempi relativamente rapidi. L’ appropriazione dell’ immobile avviene a volte anche in modo informale e provvisorio, come quando gli Skater o i Raver si impadroniscono degli spazi urbani per farne un uso creativo che devia dalla destinazione prevista. In questo caso la conversione si svolge generalmente senza grandi investimenti economici, avvalendosi solo di pochi mezzi, come rampe e tavole di legno (Fig. 2,4). Le questioni formali ed architettoniche rimangono quasi sempre sullo sfondo poiché l’ elemento fondamentale è rappresentato dallo spazio in sé, con il vuoto che attende di essere riempito di idee e di immaginazione. Negli ultimi anni questo fenomeno di appropriazione ha superato i limiti delle zone industriali, estendendosi anche alle aree del terziario. La ristrutturazione come operazione di valorizzazione – e mercato immobiliare dell’ esistente I fenomeni di nicchia difficilmente si mantengono tali per parecchio tempo, dato che in genere le occupazioni informali rappresentano solo l’ avvisaglia o l’ interludio ad un fenomeno 2.5 2.6

Scuola d’arte ricavata nella ex biblioteca, St. Denis/Paris; facciata di Bernard Dufournet e Jacques Moussafir Pianta della Scuola d’arte, piano superiore Edifici degli anni 70: le nuove strutture devono essere inserite in un reticolo geometrico alquanto rigido. Nella Scuola d’arte il vecchio e il nuovo sono mischiati, e la sequenza degli ambienti si sviluppa in contrasto con la struttura preesistente.

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più organizzato che funge da apripista per nuove opportunità di mercato e di guadagno. In questo senso la conversione immobiliare è diventata un’operazione commerciale, e il patrimonio esistente non viene più stimato solo da un punto di vista oggettivo ma è considerato capitale vivo.6 Gli occupanti temporanei vengono spesso allontanati e costretti a cercare nuove opportunità di insediamento in altre parti della città. Con la cosiddetta »gentrificazione« dei quartieri rivalutati, si assiste ad un aumento degli affitti e ad una modifica nella struttura della popolazione e delle attività, spesso con la conseguente completa perdita di identità locale. Oggi la ristrutturazione-conversione del patrimonio esistente si è trasformata in un settore molto redditizio della più ampia attività immobiliare, che trae profitto dalla differenziazione degli stili di vita e dall’ interesse crescente per l’ utilizzo degli edifici esistenti. Interi piani di capannoni si trasformano in centri direzionali, le caserme in alberghi, i silos in residenze per anziani. Alcune forme abitative, inizialmente considerate solo espressione eccentrica di pochi outsider, come ad esempio i loft, rappresentano ormai da tempo un segmento di mercato affermato e fanno bella mostra di sé su gran parte dei cataloghi di arredamento. Oggi, nelle grandi città, uno dei settori immobiliari più redditizi è quello della ristrutturazione industriale che opera su vecchie strutture per adibirle ad appartamenti destinati ad una clientela facoltosa. La ristrutturazione è divenuta un’opportunità commercialmente valida e, dal punto di vista del singolo imprenditore, rappresenta anche un investimento realisticamente ponderato per realizzare spazi da destinare al commercio e al terziario, spazi che fino ad oggi erano esclusivamente pensati in termini di nuova costruzione. Accanto a criteri di ordine puramente pratico, dettati ad esempio dal minor costo delle opere di urbanizzazione, dalla vantaggiosa localizzazione e dalla grande disponibilità di spazio, anche i cosiddetti criteri »immateriali« giocano un ruolo sempre più determinante: rispetto alla localizzazione tout-court, il fattore storico acquista un peso sempre maggiore. Il prestigio di tutto ciò che ha una storia, l’ atmosfera di autenticità che nasce dalla contaminazione del vecchio con il nuovo, acquisiscono il significato dell’ innovazione, dell’ inventiva, della disponibilità al dialogo e dell’ adattabilità. Non è a questo punto difficile accettare i potenziali svantaggi rappresentati da alcune soluzioni di compromesso nel programma delle funzioni e da una dotazione di standard leggermente inferiore alla norma. Nessuno ormai si scoraggia più di fronte ad alcuni rischi, senza dubbio presenti, come la difficoltà di prevedere in modo completo ogni aspetto economico e finanziario o i vincoli posti dalla tutela monumentale dei beni storici. Il fatto che alcune tipologie dell’ edilizia corrente traggano origine dall’ opera sull’ esistente è un chiaro segnale dello stravolgimento concettuale che si è verificato negli ultimi anni: dal »nuovo Nuovo« al »nuovo Vecchio« o piuttosto al »vecchio Nuovo«. Soprattutto oggi che lo stile di vita è in continua evoluzione, il loft viene spesso realizzato anche nelle nuove costruzioni, dal momento che offre una poliedricità molto apprezzata da proprietari e inquilini. Il piano d’ufficio dotato di una fascia centrale di comunicazione e passaggio (la cosiddetta tipologia del Kombibüro) nasce dalla necessità di adattare ad uso lavorativo un volume con una parte interna che gode di cattive condizioni di illuminazione diurna. Con il tempo il Kombibüro è diventato una tipologia attuale e apprezzata per la sua comunicatività, anche e soprattutto nelle nuove realizzazioni. L’ esperienza del grande padiglione industriale, che si rivela infine un eccellente museo, suggeri-

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sce la costruzione del prossimo museo secondo le regole del grande volume dotato di un allestimento interno in grado di recepire continue trasformazioni e adattamenti. Tuttavia non esistono sempre le necessità o i concetti funzionali in grado di adattarsi ad un corpo già esistente. E’ il caso degli immobili altamente specializzati, per i quali la ricerca di una nuova destinazione praticabile è quasi impossibile, e che al contempo sono troppo costosi da demolire – come ad esempio le casematte o i bunker – o di altri immobili che caratterizzano univocamente un particolare contesto ambientale e per questo motivo devono essere conservati, come i gasometri o gli impianti produttivi che hanno fatto la storia di un sito. In questo caso sarà necessario sviluppare un programma di destinazione su misura in grado di stabilire una nuova relazione tra lo spazio e la funzione. A questa casistica appartiene, ad esempio, la conversione di un granaio in un complesso residenziale (Figg. 2.2, 2.3), la trasformazione di una cokeria in un padiglione espositivo o di una piscina in una biblioteca. La ricerca di un’idea per queste strutture complesse e massicce sfocia frequentemente in una soluzione e in una combinazione di utilizzi ibridi, inimmaginabile in altre situazioni. Il problema della destinazione d’uso più appropriata è presente però anche nel caso di una preesistenza sovrabbondante, che come il frutto di una produzione di massa non è dotata di alcun particolare significato architettonico. Quello che serve sono le idee per gli edifici assolutamente ordinari da convertire in modo assolutamente ordinario. In Germania la sfida riguarda prevalentemente le città dei Länder della ex Repubblica Democratica. Con il previsto sviluppo della popolazione, il problema della destinazione degli edifici costruiti negli ultimi cinquant’anni è di natura fondamentale. E’ particolarmente insolita, e per ora non ha trovato alcuna applicazione in Germania, l’ iniziativa del Comune di Parigi che ha trasformato in alloggi di edilizia economica e popolare i grandi volumi ad uso ufficio, eretti negli anni 60 e 70 e ormai privi di qualsiasi valore commerciale. Dal 1994 l’ iniziativa può contare sul sostegno di un programma di sovvenzioni, e molti progetti sono già stati realizzati. La quota in aumento degli immobili più recenti destinati ad essere convertiti è piuttosto impegnativa, soprattutto rispetto alle nuove strategie di destinazione d’uso, anche a causa delle tecniche costruttive sempre differenti e particolari. In futuro, la riflessione sulla destinazione d’uso più adatta per un involucro esistente non coinvolgerà solo il mondo dei tecnici e dei professionisti, ma assumerà anche un’importanza sociale e diventerà un impegno di natura pubblica. I fondamenti estetici della conversione e della ristrutturazione

Con l’ allargamento del campo d’azione della ristrutturazione e dell’ implicita dissonanza tra volume esistente e nuove funzioni, anche i canoni formali tradizionali perdono valore. La tradizionale regola del «form follows function» non è l’ unica ad essere ribaltata quando la nuova funzione viene subordinata alla »predisposizione dello spazio«. E’ chiaro che anche lo slogan »contrast always works«, tratto dall’ opera di Carlo Scarpa e canonizzato, perde il suo significato originale e viene sostituito da un approccio di volta in volta adattato all’ oggetto dell’ intervento. La combinazione di vecchie strutture e nuove funzioni richiede soluzioni specifiche e mirate per ogni nuovo oggetto. In altre parole la conversione rivitalizza il genius loci: gli architetti fanno riferimento alla storia reinterpretandola in modo originale. Nel frattempo un numero sempre maggiore di progettisti vede nella ristrutturazione un nuovo campo di sfida. Tutto ciò contribuisce ad evidenziare il mutamento nel modo di intendere la professione da parte dei professionisti, e spiega contemporaneamente la crescente importanza del settore nell’ ambito dell’ attività professionale. Nonostante questo, il campo della nuova costruzione è sempre considerato quello più gratificante, dal momento che, essendo più svincolato, offre migliori opportunità di espressione. E’ comunque in continuo aumento il numero di coloro che considerano l’ esistente come una possibilità per creare un contrasto costruttivo sulla scia di un processo dialettico tra la conservazione e l’ aggiunta, fatto questo che va di pari passo con l’ esperienza maturata nei progetti di risanamento. La gamma delle soluzioni formali spazia in un campo vastissimo, tra la ricostruzione fedele all’ originale, nonostante la nuova destinazione d’uso, alla completa demolizione fatta seguire da una nuova costruzione (Pag. 134 e segg.), passando attraverso una spensierata mescolanza di vecchio e di nuovo. Si va dalla riproposizione di un’immagine già esistita, ma oggi distrutta, alla conservazione di ciò che è momentaneamente presente; dall’ enfatizzazione dei contrasti tra esistente e nuovo alla riprogettazione completa. Le strategie formali della ristrutturazione sono generate dalla polarità dell’ aut-aut tra il vecchio e il nuovo. L’ importanza da accordare all’ esistente e il significato del nuovo dipendono dalle caratteristiche dell’ intervento e dalle peculiarità della situazione, e soprattutto dal significato che l’ architetto intende dare all’ edificio su cui sta intervenendo, indipendentemente dai vincoli di tutela cui è sottoposto. Il fascino formale di una ristrutturazione è celata nell’ integrazione e nel coinvolgimento dei differenti piani storici. L’ elemento nuovo non acquista mai significato in modo autonomo e sciolto, ma va sempre contestualizzato nel rapporto dialettico con l’ esistente. Dal momento che la pratica architettonica della conversione è altrettanto ampia e ricca di variazioni quanto lo è la gamma delle destinazioni d’uso, ogni giorno più variegata, l’ individuazione di una serie di canoni e principi formali universalmente

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Centro culturale e sportivo all’interno di una ex chiesa conventuale, Treviri; Alois Peitz, Ufficio tecnico della Diocesi, Treviri; Gottfried Böhm, Colonia; Dieter G. Baumewerd, Münster. L’ integrità spaziale della chiesa rimane intatta; è solo „riprogrammata» avvalendosi dell’ allestimento interno. Museo della Lenbach Haus a Monaco di Baviera; Kiessler + Partner, Monaco di Baviera L’ infrastruttura urbana crea un’oasi di tranquillità. Il design degli ambienti già esistenti è minimalista: ingresso, saletta d’incontro e vetrine.

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validi si rivela un’impresa pressoché impossibile. Non si possono stabilire principi formali per ogni determinato tipo d’intervento, per stabilire una corrispondenza tra la nuova destinazione e l’ obbiettivo della filosofia progettuale (form follows new function), né è tanto meno possibile l’ applicazione indiscriminata dei concetti formali alla sostanza esistente (form follows the existing). La regola è fatta di forme ibride e combinate. Anche se il singolo intervento in ogni caso concreto è soggetto a specifiche condizioni che derivano dallo stato della costruzione esistente, dalla natura dell’ incarico, dalle intenzioni del committente e, non da ultimo, dal progetto dell’ architetto, possiamo distinguere tre differenti categorie fondamentali nelle quali si palesano i differenti criteri e approcci al trattamento formale dell’ esistente. 2.9

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Risanamento conservativo dell’ esistente nella sua interezza – Ricerca di ispirazione nell’ originale La gran parte degli interventi di conversione nasce dal desiderio di conservare e proteggere l’ edificio storico. Il riferimento formale all’ immagine storica originale gioca un ruolo decisivo anche dal punto di vista estetico. Un approccio di questo tipo, corrente nel restauro dei beni monumentali, necessita innanzitutto di una nuova destinazione d’uso saldamente legata alla funzione originaria. Spesso la soluzione è rappresentata da un’attività culturale: i castelli vengono virtualmente mantenuti inalterati per essere trasformati in musei destinati a mettere in mostra lo stile di vita dell’ aristocrazia, e le antiche abitazioni nobiliari si trasformano in biblioteche. L’ interno rimane intatto e l’ edificio rimane aperto al pubblico. La conservazione dell’ autenticità formale è l’ obbiettivo di molti musei di storia locale o dell’ industria, nei quali il pezzo più importante da esporre è l’ immobile stesso. Questo tipo di intervento attribuisce un notevole valore di testimonianza culturale all’ immagine storica dell’ edificio, che ciononostante non rimanere inalterata. Tutti gli interventi sulla sostanza devono attenersi al principio della minima variazione e della massima cautela. Sono interventi che da un punto di vista formale potremmo definire di »conversione conservativa«, che hanno come modello l’ idealizzazione dell’ originale e si contraddistinguono per la salvaguardia formale dell’ esistente, nella sua integrità. Tuttavia l’ idea di conservare l’ esistente integralmente può rappresentare anche il punto di partenza per un approccio concettuale e progettuale con maggiori affinità verso il restauro, approccio che può prediligere l’ atmosfera storica piuttosto che una »pura« esigenza di autenticità. Si tratta in generale di operazioni che si avvalgono delle forme tradizionalmente storiche e per le quali l’ immagine dell’ essenza storica, apparente o reale, è più importante della sua autenticità. In quest’ultimo caso il contenitore sottoposto al restauro conservativo si trova ad ospitare un contenuto completamente diverso. L’ interno e l’ esterno si sdoppiano e il risultato è quello di un esistente »perfezionato« che appare spesso più originale dell’ originale. All’ estremo opposto di questa idea di autenticità troviamo una strategia che si preoccupa del deperimento controllato degli immobili e dei monumenti. Anche qui al centro del processo formale c’è l’ originale o quello che dell’ originale rimane. La strategia viene impiegata in tutti quei casi in cui le possibilità di conservare il corpo di fabbrica originale sono inesistenti. La Völklinger Hütte, ad esempio, è una ex acciaieria che rappresenta un patrimonio culturale mondiale ed è stata sottoposta per alcuni anni ad un continuo processo di erosione. La messa in scena della scomparsa e della natura

finita dell’ oggetto è espressione di »onestà radicale«. Le strategie formali sviluppate in esplicito riferimento con l’ originale sono molteplici e contraddittorie, e spaziano dall’ intervento strettamente conservativo alla rappresentazione di un’apparente storicità. Ciononostante sono tutte unificate dalla rappresentazione estetica dell’ immagine dell’ originale, che determina l’ espressione formale della conversione come »esistente nella sua integrità«.

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2.11

Stratificazione e frammentazione: l’ idea della differenza Il secondo gruppo di strategie progettuali si basa sull’ idea che, all’ interno di un edificio trasformato, il vecchio e il nuovo possono trovare una forma di espressione comune e parallela, mettendo i differenti piani storici in relazione tangibile tra loro. Viene abbandonata l’ immagine di un insieme omogeneo a favore di un modello stratificato, su due o più livelli, nel quale lo spazio si compone di differenti frammenti che creano una nuova totalità solo grazie alla percezione dell’ osservatore (Pag. 74 e segg.; Casa di abitazione con atelier a Sent). In questo caso l’ elemento nuovo si identifica univocamente con l’ aggiunta, chiaramente leggibile nel contesto e fondamentalmente differente dall’ esistente. Il contrasto che ne deriva non nasce dalla dissonanza ma dalla differenza, e la tensione spaziale tra i vari livelli formali e storici viene riassunta nel tema progettuale. La mano dell’ architetto trova espressione nell’ interpretazione di questa differenza e nell’ aggiunta di un livello, che in quel momento coincide con il più recente. Generalmente il nuovo e l’ esistente vengono trattati con la stessa intensità e giacciono sullo stesso piano. Il processo progettuale serve anche a scomporre l’ edificio nei suoi differenti livelli storici. Questa modalità d’intervento sull’ esistente trova il suo apice nell’ opera di Carlo Scarpa. In nessun altro edificio ristrutturato negli ultimi anni è possibile comprendere meglio l’ »arte della fuga« come nel museo di Castelvecchio a Verona (1956 –1964). La strategia della differenziazione non cerca di riesaminare completamente l’ oggetto esistente ma, al contrario, fa sì che l’ immobile storico si trasformi nell’ opportunità di avviare un processo di interpretazione. E’ un approccio che segue più il principio del collage, nel quale vengono posti in contrasto tra loro elementi differenti e chiaramente identificabili che normalmente non compaiono mai all’ interno dello stesso contesto. La scelta dei materiali serve ad accentuare la differenziazione: acciaio, vetro e cemento simboleggiano il nuovo su uno sfondo di muratura, pietra o semplice intonaco. In questo equilibrato gioco di differenziazione il dettaglio eseguito con cura artigianale acquista un grande significato. La strategia della differenziazione è stata impiegata nella maggior parte degli interventi di ristrutturazione con velleità architettoniche degli anni 80 e 90, indifferentemente limitata a piccoli interventi o come filo conduttore di trasformazioni radicali indipendentemente dalle dimensioni del progetto. 2.9

Area dell’ ex Parlamento della Repubblica Democratica Tedesca, Palazzo della Repubblica; Berlino Le rovine del palazzo risorgono a nuova vita sotto forma di spazio sperimentale, Studio di Urban Catalyst, Berlino. 2.10 Ufa-Palast a Friburgo; Harter + Kanzler, Waldkirch/Haslach; inaugurato nel 1998, chiuso nel 2001, ristrutturato nel 2002. Il mercato in rapida evoluzione porta a cicli di utilizzo sempre più rapidi. Gli spazi dell’ ex cinema ospitano oggi alcuni uffici e un planetario. 2.11 Galleria ricavata in una vecchia stazione di trasformazione elettrica, Colonia; b&k + kniess, Colonia. Trasformazione – La struttura esistente è stata adattata alla nuova destinazione.

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un ventaglio di possibili strategie d’intervento. E’ ormai evidente che nella pratica architettonica l’ approccio basato sulla differenziazione ha perso il suo primato e si è trasformato in un’opzione al pari delle altre. Il concetto del »nuovo insieme«, invece, introduce una metodologia formale che non prevede alcuno »scarto« tra esistente e nuovo, mentre lascia spazio a forme composite create su misura per ogni specifico intervento. L’ esistente non è più inteso come un »fondale« su cui far mostra del nuovo, e il traguardo è rappresentato da un progetto che sappia unire coerentemente tutte le categorie estetiche del nuovo e dell’ esistente. Il ruolo dell’ architetto – Tra il project developer e il designer

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L’ esistente come materiale del »nuovo insieme« Un oggetto che inizialmente può apparire senza valore ed importanza, grazie alle continue rivalutazioni del tessuto in cui è inserito, può beneficiare sempre di nuove prospettive di utilizzo. Possiamo notare che negli ultimi anni la tendenza alla conservazione del tessuto esistente, fino a quel momento immancabilmente destinato a demolizione, è andata sempre più affermandosi, anche per semplici edifici funzionali privi di rappresentatività o di carattere simbolico. La decisione di conservare le strutture esistenti per destinarle a conversione è sempre più regolata da fattori di ordine pratico, come ad esempio valutazioni di tipo economico e ponderazioni di natura urbanistica. L’ intervento sull’ edilizia di massa, che non rientra nella categoria dei monumenti da restaurare né tanto meno in quella della cosiddetta architettura »colta«, ha dato origine ad un terza tipologia fondamentale di approccio estetico-progettuale, nella quale l’ esistente assume il ruolo di »materiale da costruzione«, liberamente disponibile e modellabile, e prontamente utilizzabile per formare un »nuovo insieme«. In questo caso il passaggio tra l’ originale e l’ aggiunta diventa molto fluido, la soglia tra il vecchio e il nuovo edificio rimane labile, ed un vero punto di giunzione non compare mai. Dal momento che non sono presenti prescrizioni e vincoli e non persistono »esigenze di autenticità«, l’ immobile esistente si presta ad un’operazione di interpretazione e di ampia manipolazione. Accanto ad una identità originaria, che rimane comunque leggibile, l’ aspetto finale dell’ edificio appare profondamente trasformato. L’ esistente non viene esaltato per essere messo in contrasto con il nuovo, ma si assiste ad una sorta di fusione (non a caso il dibattito architettonico anglosassone attuale utilizza il termine to merge). Alla fine un simile montaggio non risulta né marcatamente nuovo né accentuatamente storico, ma contiene entrambi gli aspetti senza renderli leggibili né sul piano della categoria né su quello del livello storico; l’ edificio convertito assume la forma di un insieme omogeneo. Questo tipo di intervento conduce spesso ad un risultato originale proprio perché non è originale. Le misure d’intervento si basano sempre di più su una rimozione, la più ampia possibile, dell’ involucro esistente: viene mantenuta solo la struttura portante per essere completata dove necessario ed essere rivestita internamente ed esternamente con una pelle nuova. Le ristrutturazioni di questo tipo sono difficilmente riconoscibili ed in genere hanno l’ aspetto di una nuova costruzione. In vista del numero sempre maggiore di edifici ordinari che in futuro diventerà oggetto di ristrutturazione, i professionisti hanno sviluppato 20

Quali sono le implicazioni professionali di una ristrutturazione? Le sfide che la conversione di un edificio esistente propone all’ architetto sono completamente differenti da quelle incontrate in un intervento di nuova costruzione. Il nocciolo dell’ intervento è costituito dall’ individuazione di un corretto approccio creativo con la sostanza esistente. Il quadro completo scaturisce dal confronto con ciò che è già presente, senza che sia possibile tentare di ottenere un nuovo oggetto »finito«. In questo senso l’ edificio ristrutturato resterà comunque caratterizzato da una complessità e da una ambiguità materica, storica e di contenuto; la maggior parte degli elementi è già al proprio posto e attende solo di essere assimilata, o meglio, integrata. Ciò implica un’abilità d’invenzione minore rispetto alla capacità d’interpretazione e di ricollocazione. Da qui nasce una diversa e nuova comprensione dell’ edificio: le ristrutturazioni sono entità ibride in contraddizione con sé stesse, sono antitetiche all’ idea del progetto come espressione di un’azione creativa individuale, all’ idea di un oggetto autonomo, omogeneo e progettato exnovo. Dal rapporto di forza tra il vecchio e il nuovo nasce un’opera che non può essere identificata, nel senso tradizionale del termine, con l’ azione individuale di un singolo soggetto, ma che porterà inequivocabilmente la firma di più di un autore. Nonostante le interazioni reciproche, evidentemente possibili, anche in questo caso lo sviluppo delle funzioni e il design dell’ oggetto formeranno le fasi consecutive di un processo. Accade spesso che la verifica della fattibilità del programma delle destinazioni d’uso, e le sue eventuali modifiche, risultino chiare solo nel corso dell’ opera. La definizione delle funzioni è direttamente e necessariamente incrociata con la risoluzione dei tanti problemi formali: per portare a termine un progetto di ristrutturazione è necessaria una predisposizione professionale, soprattutto nei casi in cui, per offrir loro un’opportunità di sopravvivenza, le situazioni spaziali chiaramente definite dovranno essere interpretate in voluto contrasto con una lettura storica o attuale. E’ un modo per scoprire una moltitudine di qualità insite nel »prodotto finito«, superando l’ univocità superficiale dell’ oggetto stesso per conferirgli una nuova capacità d’espressione creativa. Quest’»arte dell’ analisi«, applicata alla sostanza esistente apparentemente immobile, porta alla luce piani di lettura nuovi e differenziati e mette in gioco un meccanismo creativo che può generare nuove destinazioni d’uso. Con questo straniamento dall’ obbiettivo finale sfuma anche »il momento della nascita« dell’ edificio. Che invece rinasce ogni volta nuovo e non racconta più soltanto una storia, ma una molteplicità di storie. Nella sovrapposizione tra le fasi dello sviluppo programmatico e quelle del progetto, trova spazio una fondamentale sfera di competenza nella quale l’ architetto può in

futuro giocare un ruolo importante. Data la sua esperienza e le sue capacità progettuali, egli è nella condizione di dare sviluppo a nuove ed appropriate opportunità per l’ utilizzo di determinati spazi. Contemporaneamente egli dispone della professionalità necessaria a valutare l’ idoneità dell’ edificio esistente. Nell’ ambito delle condizioni economiche generali, delle qualità spaziali preesistenti e dei margini di progettualità si apre un campo di attività che non deve essere assolutamente lasciato nelle mani dei vari »location scout«, »developer« o »project manager«. La consulenza dell’ architetto è necessaria fin dal primo momento, ancor prima che abbia inizio il progetto vero e proprio. Progettare l’ esistente vuole dire fare riferimento ad una galassia di destinazioni, e per questo il coinvolgimento attivo del progettista già nella »fase zero« è necessario: solo lui sarà infatti in grado di assicurare la riuscita dell’ investimento anche sul lungo periodo. Note: Questo contributo è tratto da uno studio svolto dall’ autore per conto della Fondazione Wüstenrot; cfr: Wüstenrot Stiftung (a cura di), Umnutzungen im Bestand. Neue Zwecke für alte Gebäude, Stoccarda/Zurigo 2000. L’ autore ringrazia l’ architetto di Stoccarda Fritz Auer, Giorgio Bottega e Henning Ehrhardt, Peter Cheret, Boris Podrecca e Wolfgang Schwinge per l’ ampia disponibilità che hanno dimostrato a condurre approfondite conversazioni a proposito delle loro esperienze nel campo della ristrutturazione. Numerose loro osservazioni e suggerimenti hanno trovato spazio in questo contributo. 1 2 3 4 5 6 7 8

Compendio delle attuali modalità di ristrutturazione in: Powell 1999, Wüstenrot Stiftung 2000, Jester/Schneider 2002 Dosch 2002: pag. 31 e segg. Baumgartner/Biedenkapp 2001 Kohler 1999, Sieverts 2000 Andrä/Schneider 1994: pag. 151 Schlote, aa.vv., 2000 Fachatte/Jaquand 1997, Lombardini 1997 Ghiringhelli, aa.vv., 2001

Bibliografia 1 Andrä, H.-P.; Schneider, R.: Recycling am Bau. »Ressourcenminimierung bei Abbruch und Umnutzung«, in: Deutsche Bauzeitung 11/1994, pp. 144–151 2 Baumgartner, C.; Biedenkapp, A. (a cura di), Landschaften aus Menschenhand. Die touristische Nutzung von (Industrie-)Kulturräumen, Monaco di Baviera 2001 3 Dosch F., »Auf dem Weg zu einer nachhaltigen Flächennutzung«, in: Information zur Raumentwicklung 1/2002, pp. 31– 45 4 Fachatte, R.; Jaquand, C., »Die Umwandlungen in Paris – eine Analyse«, in: Bauwelt 31/32/1997, pp. 1724–1729 5 Ghiringhelli, C.; Meier, H.-R.; Wohlleben, M., »Geschichte aufheben. Über das Verändern von Bauten unter dem Aspekt der Sinn-Gewinnung«, in: Die alte Stadt 2/2001, pp. 77–91 6 Hassler, U.; Kohler, N.; Wang, W. (a cura di), Umbau. Über die Zukunft des Baubestands, Tubinga/Berlino 1999 7 Kohler, N.; »Modelle und Lebenszyklus des Gebäudebestands«, in: ibid., pp.24–38 8 Jester, K./Schneider, E., Weiterbauen. Erhaltung – Umnutzung – Erweiterung – Neubau, Berlino 2002 9 Lombardini, M., »Wohnen im Bürohaus. Programm und Finanzierung von Bauvorhaben der RVIP«, in: Bauwelt 31/32/1997, pp. 1720–1721 10 Powell, K., Architecture Reborn. The Conversion and Reconstruction of old Buildings, Londra 1999 11 Schlote, A.; Lederer, M.-M.; Lemke, H.-J. (a cura di), Immobilien-Praxis. Spezial. Altimmobilien: Revitalisierung, Umnutzung oder Neubau? Mit Praxisbeispielen, Berlino 2000 12 Wüstenrot Stiftung (a cura di), Umnutzungen im Bestand. Neue Zwecke für alte Gebäude, Stoccarda/Zurigo 2000 13 Sieverts, T., »Konzepte und Strategien städtebaulicher Revitalisierung und Umnutzung des Gebäudebestands und der brachgefallenen Flächen als Teil einer systematischen Kreislaufwirtschaft«, in: ibid., pp. 98–118 2.12 Palais de Tokyo, Parigi; arte, esposizioni ed eventi in un ex padiglione fieristico del 1937. Reinterpretare anziché rinnovare: gli spazi interni del Palais de Tokyo vengono trattati come uno spazio pubblico all’ aperto. 2.13 Abitare e lavorare nell’ impianto di lavanderia di Wollishofen; Angélil/ Graham/Pfenninger/Scholl Architecture. L’ esistente come materiale da costruzione: le parti originali rimangono indistinte.

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Il prato verde non è verde Günther Moewes

Costruire in aperta campagna è esattamente il contrario che costruire in mezzo all’ esistente, e non è affatto ecologico: i nuovi insediamenti non fanno altro che occupare superficie libera, incrementare il traffico dei veicoli ed aumentare l’ impermeabilizzazione dei suoli. La nuova occupazione di aree non ancora insediate implica non solo il turbamento della quiete della fauna sopravissuta, ma anche la scomparsa degli ultimi spazi di relax e di ricreazione per gli abitanti e degli ultimi grandi ambienti ormai rimasti di rigenerazione della natura. Tutto ciò senza tener conto del fatto che l’ insediamento edilizio in aperta campagna implica anche maggiori consumi energetici rispetto agli stessi interventi svolti all’ interno di un tessuto già urbanizzato. Le strategie urbanistiche delle società in fase di espansione economica hanno trovato espressione soprattutto attraverso l’ urbanizzazione delle campagne. Lo sviluppo esponenziale della città è stato una conseguenza dell’ incremento della popolazione, della trasformazione della società da agraria e rurale a urbana e industriale, e dell’ aumento della superficie minima per abitante. Attualmente, nelle nazioni industrializzate del continente europeo, tutte queste ragioni non sussistono più: la popolazione ormai si mantiene su valori costanti, soprattutto grazie all’ immigrazione e all’ allungamento della durata media della vita, e non esiste più il fenomeno dell’ inurbamento come conseguenza del cattivo andamento dell’ economia agricola. La quantità di superficie pro capite ha raggiunto il massimo livello, soprattutto se si considerano i costi di riscaldamento, pulizia e manutenzione necessari. Va inoltre sottolineato che la quantità di superficie libera risultante dalla somma dei territori abbandonati, delle aree di completamento, dei siti industriali e delle aree da convertire, supera ormai di gran lunga la quantità di territorio necessario allo sviluppo, proiettato su diversi decenni, dei prossimi insediamenti pianificabili. Oggi si procede alla lottizzazione dell’ aperta campagna solo perché, nei paesi industrializzati, l’ economia e la politica sperano di mantenere inalterato il livello di crescita esponenziale che ha caratterizzato l’ ultimo secolo, nonostante l’ evidente saturazione della domanda ed il calo della popolazione. Quando in una città con 100.000 alloggi se ne costruiscono altri 4.000 ogni anno, dal punto di vista di un economista la crescita in questione non è del 4 %, ma dello 0 %; anzi, egli tenderà ad interpretare il dato come un segnale di crisi. Il vero sviluppo può essere evidenziato solo in presenza di una crescita esponenziale. Per questo motivo l’ andamento della curva dello sviluppo nel primo periodo politico-economico di una determinata fase storica è pressoché orizzontale e sta-

gnante, mentre quello del periodo maturo si avvicina di più ad una verticale. Oggi ci troviamo nel pieno sviluppo di una fase matura. Purtroppo però, in Germania, solo la curva del patrimonio privato punta verso l’ alto, con un incremento annuo del 7,45 % su 4 bilioni di euro. E con lei la curva del debito pubblico, che rappresenta l’ altra faccia della medaglia. La crescita economica reale, al contrario, rimane piuttosto arretrata a causa della saturazione dei consumi. Questa forbice che si divarica ogni giorno di più, condiziona in modo determinante l’ economia ed in particolare l’ attività edificatoria dei nostri giorni. Il surplus di capitale privato si riversa senza sosta verso la campagna. Dal 1960 la quantità di superficie insediata è aumentata ad un ritmo quattro volte superiore rispetto a quello con cui è aumentata la popolazione. In Germania ogni giorno vengono urbanizzati 130 nuovi ettari di terreno, mentre lo sfruttamento delle aree centrali delle città ha registrato nel contempo una forte diminuzione. In molte grandi città esistono ancora vaste aree inutilizzate, rimaste vuote dalla fine della Seconda guerra mondiale, le quali, a causa dell’ inarrestabile crescita dei prezzi, presentano un miglior rendimento attraverso la loro tesaurizzazione fondiaria rispetto al loro sfruttamento edilizio. La quantità di superfici inutilizzate o di riserva è di conseguenza in continuo aumento. Tessuto edilizio esistente o edifici abbandonati? Con l’ aumento esponenziale del profitto privato aumenta anche la spinta all’ investimento, con il calo della crescita aumenta la disoccupazione. Sarà sempre più difficile che il consumo reale e la produzione reale possano trovare un punto di compensazione. L’ equilibrio potrà essere mantenuto costante solo in modo artificiale, attraverso la produzione di articoli di rapido consumo, la programmazione dell’ usura e della manutenzione ad ogni livello e, in edilizia, attraverso la demolizione. In Germania si è iniziato a considerare i fenomeni legati alla società dei consumi solo intorno al 1950. Con incredulità e scetticismo siamo ad esempio venuti a sapere che gli americani, per economizzare, preferivano gettare via i calzini anziché rammendarli. Ed in seguito ci siamo trovati di fronte alla stessa giustificazione ogni qualvolta fosse deciso di abbattere un edificio: costruire un edificio nuovo è senz’altro più economico che ristrutturarne uno esistente. Non potevano allora immaginare che un giorno il nostro sarebbe stato definito uno »scetticismo ecologista«. Un certo rifiuto per il tessuto edilizio già esistente è riscontrabile anche nelle teorie funzionaliste. Per i suoi teorici la vera 23

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3.3

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modernità sarebbe stata possibile solo nello spazio aperto e lontano dal »vecchio«, un pensiero, questo, accolto come atteggiamento di uno spirito innovatore e pionieristico. In realtà era solo il frutto della vittoria del pensiero economico univocamente liberista rispetto alla teoria economica nazionale globale che aveva imperato fino a quel momento: divisione del lavoro, scomposizione, separazione delle funzioni, pura manodopera da lavoro dipendente, accantonamento delle persone per mero tornaconto economico, concorrenza puntuale e autorappresentazione senza punti di riferimento. Era finita l’ era degli interventi rispettosi dell’ esistente e della cauta integrazione dello stato di fatto. Il Café de Unie di J.J.P Oud a Rotterdam (1924) e il cinema HandelsbladCineac di Johannes-Duikers ad Amsterdam (1934) rimasero solo rare eccezioni. In realtà dovremmo vivere già da tempo in una società dominata dall’ esistente. Nessuno è più in grado di spiegarci in modo convincente i motivi per cui una popolazione in costante calo, nonostante la migrazione, abbia sempre e costantemente bisogno di nuovi edifici, oltre che di consumare le ultime zone verdi rimaste senza riuscire a trovare una ragionevole collocazione all’ interno del tessuto edificato già esistente. Le nuove costruzioni vengono sempre più spesso realizzate per contrastare la disoccupazione, non già per rispondere ai reali fabbisogni del marcato. Dal 1990, nella sola Germania Est sono stati costruiti 600.000 nuovi alloggi nonostante la presenza di altri 400.000 già realizzati e vuoti. Oggi le case vuote sono arrivate a quota 1,3 milioni di unità, il 15,8 % di quelle esistenti. Ciononostante, nel solo corso del 2001 lo Stato ha stanziato 1,6 miliardi di euro per l’ edilizia residenziale di nuova costruzione, e soltanto 870 milioni per la ristrutturazione dell’ esistente. In Germania persino l’ indennità per le prime case nuove ammonta ad un valore doppio di quella per le ristrutturazioni.1 Solo alcune metropoli della parte occidentale della Germania lamentano una carenza di alloggi (circa 100.000 all’ anno, compresi quelli da sostituire), mentre ad Hannover e Kassel, ad esempio, le abitazioni vuote sono circa l’ 8,2 e il 13 % del totale. In alcune zone della ex Germania dell’ Est si sta intanto procedendo alla demolizione di interi quartieri residenziali. Nel 2002, allo stesso modo, si riscontrava sul territorio tedesco una superficie destinata ad ufficio, ed inutilizzata, pari a 1,7 milioni di metri quadrati. Secondo le associazioni dei piccoli commercianti esiste anche un surplus di superficie commerciale che si aggira intorno ai 40 milioni di m2, e solo nel 2002, secondo le stesse fonti, 15 000 attività sono state costrette alla chiusura. Con i suoi 105 milioni di m2, la Germania dispone di una superficie commerciale per abitante che è di 1,6 volte superiore a quella della Gran Bretagna. I centri commerciali localizzati fuori dalla città rappresentano in questo senso il volto peggiore dello sviluppo. Naturalmente non sono in grado di favorire le vendite, ma, nel migliore dei casi, solo di contribuire al mantenimento del potere d’acquisto su livelli stabili, di allontanarlo dalla città e dirottarlo verso l’ aperta campagna. E’ il modo escogitato dal grande capitale per togliere ossigeno all’ imprenditoria commerciale di medie dimensioni e per costringere gli ex lavoratori autonomi a sopravvivere da commessi all’ interno delle grandi architetture dei centri commerciali. Con tanto di illuminazione e ventilazione artificiale. Questa strategia non solo contribuisce a rovinare la vita di molte persone, ma danneggia anche il tessuto urbano esi-

stente. I vecchi fabbricati vuoti già esistenti, che purtroppo cadono lentamente in rovina, presentano nella maggior parte dei casi un’architettura migliore e più solida di quella dei nuovi edifici commerciali sorti dentro e fuori il perimetro urbano. Fino a quando le autorità e la stampa locali non li additeranno a pubblica vergogna, nessuno oserà opporsi alla loro demolizione. Gli investitori, tuttavia, dopo 15 anni sposteranno altrove la loro attenzione, lasciando alla città una costosa area da riconvertire con il contributo della risorse pubbliche. E tutto questo avverrà non a causa di ineluttabili circostanze di ordine economico-politico, ma per colpa di un casalingo mismanagement politico perfettamente evitabile. La dipendenza dall’ imposta sulle attività produttive costringe ininterrottamente i comuni a svendere a potenziali contribuenti i terreni più allettanti, svuotando e svalutando così le aree urbane centrali già edificate. Un capitolo particolarmente dolente è quello dell’ edificazione del tessuto esistente nelle campagne e nei piccoli paesi. Invece di permettere la generosa trasformazione delle fattorie abbandonate in superfici abitabili (fig. 3.3), esse vengono vincolate con un divieto assoluto di trasformazione che ne impedisce qualunque ragionevole utilizzo. I villaggi muoiono uno dopo l’ altro e diventano adatti solo a fungere da ambientazione di film d’epoca (ad esempio sulla exRepubblica democratica). Nello stesso tempo assistiamo al dispiegamento di schiere di nuove casette unifamiliari, disposte lungo strade a raggiera, dove andranno ad ammassarsi i nuovi profughi della città. Ovunque si ripete sempre lo stesso modello: il capitale privato si insedia nei terreni a buon mercato della campagna e parallelamente si assiste all’ abbandono del prezioso tessuto urbano esistente. 3.4

Urbanizzazione della campagna e risparmio energetico Una strategia basata sul risanamento dell’ esistente e sulla ristrutturazione della città in chiave ecologica potrebbe invece creare nuovi posti di lavoro ed impegnare il comparto dell’ edilizia per almeno un altro decennio. Secondo le stime degli istituti tedeschi di studi economici, in Germania la sola ristrutturazione in chiave energetica del patrimonio immobiliare esistente richiederebbe investimenti per 340 miliardi di euro, che ripartiti su 10 anni equivarrebbero a 34 miliardi di euro l’ anno. Nel 2001 l’ edilizia residenziale di nuova costruzione è stata sostenuta da un programma di sovvenzioni per 1,59 miliardi di euro, mentre per la ristrutturazione la dotazione è stata solo di 0,87 miliardi. Come è stato illustrato in precedenza, si è trattato sostanzialmente di un sostegno ad un’edilizia non utilizzata, a cui si aggiungono anche gli incentivi previsti per la prima casa, nuova o esistente. Se quel capitale fosse stato invece usato per sovvenzionare il risanamento energetico dell’ edilizia già esistente, sarebbe stato probabilmente anche facile trovare i restanti 31 miliardi annui con la compartecipazione del capitale privato. Disponendo di 340 miliardi di euro nel campo dell’ edilizia sarebbe possibile raggiungere, per tappe successive, un risparmio energetico del 75 %, il che equivarrebbe ad un risparmio energetico primario del 24 %. In altre parole, risparmiare energia significa anche dedicarsi al recupero del patrimonio immobiliare esistente. Per far sì che il risparmio energetico sia reale, e cioè che la quantità di energia consumata dopo l’ intervento sia minore di quella utilizzata prima, sono ipotizzabili tre tipologie di intervento: il risanamento, la sostituzione con un immobile energeticamente più efficiente e il completamento delle aree non edificate. In tutti e tre i casi, si tratta di azioni da attuare sul tessuto esistente. Una formula molto semplice permette di affermare che lo spreco energetico di un lotto non edificato in un caseggiato esistente è pari al consumo energetico di tanti appartamenti quanti sono i piani non costruiti. Un appartamento con un fronte su un lotto non costruito ha, rispetto ad un appartamento normalmente inserito in un corpo di fabbrica, una superficie di dispersione in più, attraverso la quale viene dispersa la stessa quantità di energia che passa attraverso uno degli altri due fronti aperti, quello sul lato frontale o quello sul retro, corrispondente a circa il 50 % del fabbisogno di un appartamento normale. Nel caso che il vuoto edilizio sia di 4 piani, il 50 % moltiplicato per gli otto appartamenti prospicienti alle due estremità produce una dispersione pari al 100 % di 4 appartamenti. Il numero e l’ importanza dei lotti incompleti sono largamente sottostimati. Nei vecchi quartieri sviluppati con il sistema degli isolati, risalenti al periodo della costituzione dello Stato tedesco nella seconda metà del XIX sec., è possibile enumerare 70 o più vuoti edilizi per km2 che, sulla base di una media di 4 piani per edificio, equivale ad una dispersione energetica pari al fabbisogno di 280 appartamenti. Nel caso in cui i setti che delimitano il vuoto non siano adeguatamente termoisolati, il valore è pari al fabbisogno di 280 alloggi non isolati; nel caso in cui, invece, i setti siano isolati, è pari a quello di 280 alloggi 3.1

3.2 3.3 3.4

Edificio contenente negozi e appartamenti in un vuoto di 2,56 m rimasto inedificato, Colonia, 1997; Brandlhuber & Kniess, Colonia Complesso di case unifamiliari a Klipphausen presso Dresda Trasformazione di una stalla in una casa bifamiliare, Bergün, Svizzera, 1997; Daniele Marques e Bruno Zurkirchen, Lucerna Parasite sulla copertura dello stabilimento Las Palmas, Rotterdam, 2001; Korteknie & Stuhlmacher, Rotterdam (pag. 108 segg.)

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isolati. Ma questo non è tutto. Il fabbisogno energetico dei nuovi alloggi che andranno a riempire il vuoto nel fronte del caseggiato sarà di gran lunga inferiore a quello degli alloggi simili realizzati in situazioni di lottizzazione aperta. Vogliamo anche ricordare che un vuoto edilizio non è solo quello identificabile con un lotto non costruito, che non è necessario che il vuoto giunga fino a terra. Anche un supermercato di un piano inserito tra due caseggiati di 5 contribuisce alla dispersione energetica generale ed è in qualche modo una concausa dello spreco di superficie che equivale ai 4 piani superiori non realizzati; una situazione, questa, che si riscontra spesso nelle campagne che circondano la città. Talvolta la chiusura del fronte urbano non è deliberatamente attuata per consentire la concatenazione degli spazi verdi e delle corti più interne, oppure a causa delle nuove aperture sorte abusivamente nel dopoguerra nelle testate dei caseggiati prospicienti, che hanno introdotto il rispetto di regole edificatorie non previste. Ciò che spesso non si vuole capire è che il completamento di un fronte non implica necessariamente l’ isolamento delle corti e l’ impedimento di accesso al verde interno dell’ isolato: il problema si supera facilmente lasciando un passaggio al piano terreno, come era buona regola fare nei progetti degli anni 20. Nell’ ambito dell’ esistente il completamento dei fronti rappresenta, dopo il termoisolamento, la seconda maggior opportunità di risparmio energetico. E’ una soluzione che può comportare un risparmio sia sul fronte dell’ energia che su quello del territorio, e la sua applicazione non si limita solo allo storico isolato a blocco. Un altro ambito d’intervento, spesso trascurato, è quello della moderna edilizia postbellica, che al pari dell’ altra costituisce 3.5

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ormai buona parte del nostro patrimonio immobiliare ed è giunta ad un punto in cui si rende necessario un risanamento. In pochi altri campi il risanamento sociale, estetico ed energetico sono così strettamente collegati come in questo. Nella maggior parte dei casi gli edifici di quel periodo sono dei veri e propri monumenti allo spreco e alla dispersione energetica. Mentre il problema dell’ energia, raggiungeva una dimensione fino a quel momento sconosciuta a causa dell’ incessante consumo di combustibili fossili, anche la dispersione energetica in architettura assumeva livelli mai visti. L’ urbanistica individuò il nuovo principio dell’ edilizia isolata: puntiforme, in linea e soprattutto fatta di interminabili serie di villette unifamiliari. Mentre l’ isolato urbano proponeva solo due pareti esterne, in questo tipo di edilizia le pareti erano diventate quattro. Ma soprattutto si scoprì la separazione delle funzioni: non più un agglomerato edilizio multifunzionale, ma un edificio autonomo per ogni destinazione d’uso. Tutti gli esercizi commerciali, i supermercati, gli asili d’infanzia, gli autosaloni e le aziende che avrebbero potuto essere agevolmente integrate nei piani terra dell’ edilizia residenziale, furono invece sparsi sul territorio sotto forma di edifici isolati. Quelli che prima erano solai d’interpiano, neutri dal punto di vista del bilancio energetico, sono diventate grandi coperture piane, inutilizzate e termodisperdenti. Se potessimo considerare queste superfici alla stregua di lotti edificabili e le utilizzassimo, potremmo risparmiare territorio e anche energia. L’ utilizzo delle coperture delle grandi aree industriali per un uso residenziale potrebbe portare anche una vasta serie di effetti sinergici positivi: ampie superfici all’ aperto al posto di angusti balconi, duplice sfruttamento delle aree di parcheggio, riduzione delle

opere di urbanizzazione e così via. Tuttavia si tratta di ipotesi che fino ad oggi hanno trovato corpo solo in esercitazioni didattiche. Di esempi realizzati ne esistono solo pochi e il potenziale della conversione è ampiamente sottostimato (Fig. 3.4, 3.6). La prospettiva del risanamento dei grandi complessi residenziali e dei fabbricati pluripiano è invece molto più agevolmente percorribile. Soltanto nel 1986, insieme ai miei studenti ho elaborato un modello per il risanamento energetico di un grande complesso residenziale situato a Dortmund-Scharnhorst, costituito da corpi edilizi di quattro piani in calcestruzzo armato lavato, che i giornali avevano definito »un peccato urbanistico degli anni 60«. Gli studenti si sono prima di tutto preoccupati di colmare tutti i vuoti, completando la forma dell’ isolato. Svolgendo quest’azione essi hanno potuto accorgersi che la maggior parte dei grandi complessi residenziali non sono altro che una versione camuffata dell’ edilizia a blocco d’isolato, nella quale ancora fino agli anni 90 sono stati artificiosamente inseriti dei vuoti per soddisfare una »moderna« necessità di apertura. La quantità degli interventi di risanamento su complessi residenziali di questo tipo e su edifici ad uso direzionale ha offerto negli ultimi anni un gran numero di esempi validi. La lista degli interventi possibili è sempre la stessa di quella individuata nelle esercitazioni accademiche del 1986: chiusura dei vuoti e degli angoli aperti, aggiunta di un piano (con struttura leggera) in copertura, anteposizione di una struttura indipendente di balconi, giardini d’inverno o fronti vetrati (Fig. 3.5, pag. 120 segg., pag. 124 segg.). Il completamento dei fronti e la realizzazione di un piano sono misure di risanamento che implicano una nuova costruzione; accanto ad esse si apre una gamma di interventi di puro risanamento energetico, quali: • termoisolamento (di pareti esterne, infissi e coperture) • produzione di acqua calda per mezzo di collettori • chiusura di corti interne con tamponamenti vetrati • sfruttamento passivo dell’ energia solare • produzione di corrente elettrica per via fotovoltaica. Il termoisolamento degli edifici esistenti ancora oggi porta con sé alcuni problemi irrisolti: dal momento che dal punto di vista energetico lo strato isolante dovrebbe preferibilmente essere collocato all’ esterno, questo materiale potrebbe costituire un elemento di disturbo all’ estetica delle facciate storiche, soprattutto di quelle risalenti all’ epoca della creazione della Germania, delle abitazioni dei lavoratori e delle facciate rivestite in clinker. Un problema che non trova immediata soluzione nemmeno nello sviluppo dei nuovi materiali. Un altro problema, spesso sottovalutato e completamente ignorato dalla manualistica è rappresentato dal fatto che il materiale termoisolante offre ottime condizioni di sopravvivenza ad ogni tipo di roditore. Topi e ratti raggiungono così anche i piani alti e i tetti dei palazzi dove altri parassiti non riescono ad arrivare. La conseguenza inevitabile è data dall’ impiego di tonnellate di sostanze velenose non degradabili quando, soprattutto negli edifici più antichi, è pressoché impossibile garantire l’ ermeticità degli ambienti. La chiusura delle corti interne con coperture vetrate, nel caso in cui le dimensioni non siano eccessive, porta ad una abbattimento della dispersione per trasmissione quantificabile in un riduzione del 20 % circa dei costi di riscaldamento. E’ una possibilità che non viene spesso presa in considerazione, senza dimenticare che è possibile anche realizzare ampie vetrate da aprire d’estate.

3.6

Anche i sistemi di isolamento temporaneo godono di scarso interesse: le ante e le persiane scorrevoli isolanti possono permettere la chiusura notturna di tutte le aperture principali, riducendo in questo modo i tempi della dispersione termica, che d’inverno corrisponde al 50 % della giornata. L’ intervento sull’ esistente non dovrebbe essere inteso solo come un’opera di integrazione estetica, ma oggi più che in passato andrebbe visto come componente di una strategia globale volta a ristrutturare la città in senso ecologico. La trasformazione ecologica dello spazio urbano non servirà solo a ridurre preventivamente l’ energia necessaria al riscaldamento, ma anche a produrre attivamente energia solare, sotto forma di energia fotovoltaica e di acqua calda. Per quale motivo l’ energia solare dovrebbe essere prevalentemente prodotta nelle campagne, obbligandoci a costose strutture di sostegno, se in città le superfici esposte degli edifici continuano ad essere completamente inutilizzate? Dovremmo capire che ogni facciata rivolta e Sud e ogni manto di copertura sono superfici solari immediatamente disponibili e gratuite. Non come meri supporti su cui applicare i moduli solari in un secondo momento, ma come »involucri solari« strutturalmente e formalmente integrati con l’ architettura o come grandi superfici vetrate passive. In questo modo la ristrutturazione diventerà un intervento ad alto contenuto tecnologico, un settore questo ancora tutto da esplorare. In tal modo non sarà più tanto facile distinguere le vecchie costruzioni da quelle nuove appena inserite. Gli squallidi complessi residenziali prefabbricati potranno trasformarsi in moderni quartieri hightech che daranno vita alla vera città solare del futuro e che non sorgeranno in aperta campagna, ma nel cuore della città di sempre.

Note: 1 Durante l’ approvazione finale il Parlamento tedesco ha discusso la possibilità di approvare una nuova regolamentazione per l’ indennità di prima casa e gli interventi ecologici, con eventuali maggiori quote di finanziamento per l’edilizia esistente. 3.5

3.6

Risanamento di un complesso residenziale in elementi prefabbricati, Leinefelde/Thüringen, 2000, completamento di un angolo dell’isolato; Meyer-Scupin e Petzet, Monaco di Baviera Conversione di una fabbrica di sapone, Zurigo, 1997; assortimento di destinazioni d’uso con attività imprenditoriali, atelier ed abitazioni; Kaufmann, van der Meer und Partner, Zürigo

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Il restauro degli edifici dei classici moderni Berthold Burkhardt

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una serie di interventi di restauro e ripristino su edifici appartenenti alla tradizione dei classici moderni, tra i quali vale la pena citare entrambi gli edifici realizzati a Dessau dai due direttori del Bauhaus, Walter Gropius e Hannes Meyer, la Torre Einstein realizzata a Potsdam da Erich Mendelsohn, villa Lange a Krefeld, opera di Mies van der Rohe, e casa Schminke a Löbau, di Hans Scharoun, senza dimenticare i diversi complessi residenziali realizzati da Bruno Taut a Berlino e a Magdeburgo. Per non tralasciare gli altri paesi europei confinanti, citiamo la casa Sonneveld a Rotterdam, di Brinkman e van der Vlugt. Sono tutti progetti di restauro e risanamento che hanno dato un nuovo slancio al dibattito sugli obbiettivi e sull’ importanza del Movimento moderno, nonché sulle metodologie da adottare per realizzarne il restauro. L’ approccio contemporaneo alla conservazione architettonica degli edifici del Movimento moderno si caratterizza per la varietà delle filosofie metodologiche (a volte anche nettamente contrapposte) e delle tecniche di restauro. Può accadere che una proposta di ripristino filologico, magari basata su una ricostruzione incompleta dell’ originale, si contrapponga ad un progetto d’intervento graduale, capace di consentire una lettura storica e biografica dell’ edificio. Il risanamento dell’ architettura del Movimento moderno ottenuto con l’ impiego di tecnologie tra le più attuali non solo costituisce una negazione dell’ importanza della storia della tecnologia edilizia, ma spesso anche una sottovalutazione della sostenibilità di un intervento nei confronti di un edificio inteso come un insieme. Gli architetti del Movimento moderno hanno dimostrato una grande apertura verso la sperimentazione tecnologica e formale, ma non sarebbe corretto definire in toto la loro opera come »architettura sperimentale«. Gli schemi residenziali di Otto Haesler a Celle e di Bruno Taut a Magdeburgo e Berlino, e persino casa Schminke di Hans Scharoun a Löbau non sono certamente stati concepiti con l’ intenzione di dare corpo ad architetture »con data di scadenza«. Si tratta di edifici che hanno pur sempre resistito per settanta anni, non tanto per la tutela a cui sono stati sottoposti, ma per la propria capacità di conservarsi e di resistere all’ uso. Con il restauro, la conservazione e in alcuni casi la ristrutturazione degli edifici del Movimento moderno, la tutela del monumento è entrata in un nuovo ambito, soprattutto dal punto di vista tecnologico. Con l’ uso di prodotti industrializzati, con la produzione e l’ installazione manuale e meccanica e con l’ approfondimento delle conoscenze sui processi energetici e climatici dell’ edilizia, la pratica del restauro monumentale ha iniziato ad affrontare una serie di nuove sfide.

La conoscenza dei sistemi di climatizzazione più frequentemente usati e del comportamento chimico dei materiali da costruzione, ma anche dello stile di vita degli utenti del passato, costituisce un bagaglio informativo utilissimo per la corretta conservazione delle architetture storico-monumentali. Tali conoscenze sono utili anche per quegli edifici non tutelati che necessitano comunque di un intervento di risanamento o ristrutturazione a causa dell’ usura. La disciplina della conservazione monumentale può dare un importante contributo alla conservazione degli edifici in senso più ampio attraverso lo studio degli aspetti storici, tecnologici e funzionali e della loro reciproca interazione, applicando le nuove conoscenze a singole architetture e monumenti in modo esemplare. Nella Germania della Repubblica di Weimar, il Movimento moderno ha coinciso, in architettura, con il turbolento progresso della tecnologia e dell’ industria. L’ evoluzione dell’ edilizia e della tecnologia impiantistica di quel periodo, fatta di nuovi materiali e componenti realizzati in serie, nuove fonti energetiche come elettricità e gas e nuovi sistemi di distribuzione e approvvigionamento per l’ acqua e per il riscaldamento, ha modificato nel giro di pochi decenni il volto della città e dell’ abitazione, molto più rapidamente di quanto avrebbero fatto il mutamento del gusto e dello stile architettonico. Gli architetti della modernità erano particolarmente attenti ai nuovi prodotti e ai nuovi processi, nella consapevolezza della loro utilità per la conferma delle loro idee riformatrici. La pratica ha messo in evidenza i problemi inevitabilmente legati allo sviluppo convulso di quell’ epoca, anche attraverso i singoli casi. J. J. Oud, uno degli architetti del Weissenhof di Stoccarda che all’ epoca era anche il capo dell’ ufficio urbanistico di Amsterdam, ebbe modo di esprimere il proprio dissenso con queste parole: »E’ sbagliato continuare a credere in generale che la tecnologia sia molto sviluppata; forse ciò è vero per la produzione industriale di piccoli oggetti. In edilizia, invece, la tecnologia è ancora troppo arretrata per permetterci di realizzare quello che vorremmo.«1 I nuovi sistemi costruttivi rendevano tuttavia possibile la materializzazione del linguaggio architettonico ortogonale-geometrico di Gropius e Mies van der Rohe e delle forme organiche di Scharoun e Mendelsohn. Avvalendosi delle travi metalliche e delle solette in cemento armato, per la prima volta nella storia dell’ architettura è stato possibile realizzare volumi delimitati da setti indipendenti e ampi solai orizzontali con grandi aggetti di copertura. Con setti e solai piani Mies van der Rohe progettava il padiglione tedesco dell’ Esposizione inter29

4.2

30

nazionale di Barcellona del 1929, che ha potuto godere dell’ ammirazione del pubblico; nel 1927 Hans Scharoun descriveva con queste parole l’ abitazione da lui realizzata per il Weissenhof: »La casa è nata dalla gioia di giocare con i nuovi materiali e dalle nuove esigenze legate all’ utilizzo degli spazi.«2 La possibilità di impiegare materiali da costruzione nuovi o perfezionati come calcestruzzo, ferro, vetro e plastica, eventualmente anche in combinazione tra loro, consentiva non solo la creazione di nuove volumetrie e forme architettoniche, ma conduceva inevitabilmente alla trasformazione, o quantomeno alla parziale riorganizzazione dei canonici metodi di progettazione e di esecuzione, fino a quel momento in vigore nel mondo delle costruzioni. Nacquero nuove figure professionali legate alla dotazione impiantistica degli edifici (riscaldamento, impianto sanitario ed elettrico), mentre altre figure artigianali tradizionali iniziarono a perdere mercato: i carpentieri del legno, ad esempio, si riciclarono nell’ arte di costruire casseforme per cemento armato o carpenterie metalliche. La trasformazione strutturale del settore e l’ aumento dell’ attività per opere pubbliche, collettive e anche commerciali o industriali determinò la nascita di imprese di costruzioni nazionali o internazionali che iniziarono ad operare in forte concorrenza con le piccole imprese locali. Gropius, al contrario, era portatore di un’idea del lavoro artigianale come base imprescindibile per l’ industrializzazione e la prefabbricazione. Egli cercava di promuovere una riforma basata sulla fusione dell’ attività artigianale con quella industriale, permettendo ad entrambe di svilupparsi insieme: »E’ un carattere intrinseco della natura umana quello di perfezionare e affinare i suoi strumenti, e attraverso questi di meccanizzare i processi di lavorazione e di agevolare gradualmente il lavoro intellettuale. L’ industria e l’ attività artigianale di oggi sono impegnate in un continuo processo di avvicinamento e dovrebbero fondersi completamente in una singola entità di lavoro, che sia capace di ridare ad ognuno il senso della partecipazione alla creazione dell’ insieme e di favorire la volontà spontanea a parteciparvi. In questa unificata entità, il lavoro artigianale del futuro rappresenterà il campo di sperimentazione della produzione industriale, e la sperimentazione teorica creerà gli standard per la pratica realizzazione della produzione industriale.«3 Il ruolo guida che Gropius aveva immaginato per l’ attività artigianale fu invece largamente assunto dall’ industria e dall’ ingegneria, che trovarono i loro partner e le aree di sperimentazione tra gli architetti più innovatori, i committenti più aperti e gli amministratori più illuminati. Il processo costruttivo fu ottimizzato con la razionalizzazione della (pre-)fabbricazione dei prodotti semilavorati e con l’ impiego delle macchine da costruzione e dei nuovi metodi di assemblaggio. Gru, nastri trasportatori, impianti a spruzzo cominciarono a dominare sempre di più la scena del cantiere. Con l’ evoluzione dei risultati e dei processi costruttivi nella prima metà del XX secolo cambiarono anche la formazione e il profilo professionale dell’ architetto e dell’ ingegnere, per i quali si faceva strada una specializzazione più marcata. Alla fine degli anni 20 era ormai normale che un ingegnere non solo si occupasse di impianti industriali, ma ricoprisse anche un ruolo irrinunciabile al fianco dell’ architetto nella progettazione di ingegneria civile: le nuove strutture portanti, con grandi luci e notevoli altezze, ottimizzate dal punto di vista dei materiali e dei sistemi statici potevano essere realizzate solo grazie alla verifica dei calcoli strutturali e ai collaudi finali. Accanto alla

4.3

progettazione, alla produzione e all’ esecuzione, si andava affermando anche un nuovo ambito di attività, quello dell’ autorità pubblica di controllo con i suoi speciali regolamenti costruttivi e gli standard propri della verifica e della sorveglianza statale. La produzione e il processo costruttivo non furono più legati ad alcuno stile architettonico. Un grande magazzino commerciale in stile classicista poteva essere realizzato con una struttura portante in ferro, come avvenne ad esempio per i centri commerciali di Erich Mendelsohn a Breslavia e Stoccarda. Tuttavia è completamente corretto descrivere il Movimento moderno classico come la trascrizione architettonica più logica dell’ industrializzazione, in un processo che a tutt’oggi non è ancora terminato. Come è avvenuto ottant’anni fa con la prima innovazione, in futuro le nostra case, al passo con lo sviluppo delle tecnologie edili e impiantistiche, cambieranno ancora il loro volto. L’ innovazione, l’ industrializzazione e l’ artigianato hanno fatto della casa adattabile, flessibile e climatico-compatibile una realtà. Non si è realizzata invece la previsione di molti architetti del Movimento moderno, secondo la quale tutte le abitazioni, come le automobili, sarebbero state un giorno prodotte industrialmente come un qualunque prodotto di serie: nonostante gli innumerevoli tentativi, si tratta ancora di una utopia. Risanamento e conservazione Per architetti, ingegneri, conservatori, restauratori e artigiani, la conservazione e il risanamento degli edifici del Movimento moderno sottoposti a vincoli di tutela monumentale, all’ epoca realizzati con criteri e materiali nuovi ed in modo industriale, rappresentano un’impresa di eccezionale complessità e difficoltà. Osservando un edificio la nostra attenzione si focalizza sulle superfici, unici elementi in grado di definire i volumi, i piani e le masse. Altri elementi come pareti, pilastri, solai, coperture, infissi, porte, impianti tecnologici, apparecchiature ed arredi sono fondamentalmente costituiti da materiali. Essi sono definiti, oltre che dalla loro forma architettonica e funzionale, anche e soprattutto, molto elementarmente, dalle proprietà materiche e dai processi produttivi che li hanno originati, come nel caso dei sottili infissi in acciaio. L’ edificio può mettere in mostra il materiale di cui è costituito, come avviene nella muratura con il mattone a vista, o può nasconderlo sotto un rivestimento di intonaco, di vernice o sotto una superficie di elementi di vario formato. La torre Einstein di Erich Mendelsohn dimostra che non tutti i tentativi della prima fase del Movimento moderno furono in grado di trasporre con

successo il progetto architettonico in un uso strutturale appropriato del materiale: le forme ricurve della torre sono state realizzate combinando parti di muratura con parti plasmate in calcestruzzo (Fig. 4.2). Per conoscere la composizione del tamponamento e della struttura di un edificio di quell’ epoca, come anche le interazioni meccaniche e fisiche tra le parti, oggi ricorriamo all’ esperienza dei migliori esperti nel campo della scienza delle costruzioni, della storia dell’ architettura e dell’ ingegneria, con l’ ausilio anche di particolareggiate ricerche in opera e in laboratorio. Soprattutto perché spesso i materiali e i sistemi impiegati furono largamente disponibili in grande varietà dalla metà del XIX secolo, ma nel giro di breve tempo scomparvero o subirono trasformazioni. Un altro aspetto importante del progetto di risanamento è quello della catalogazione e della descrizione dei danni, considerando anche le riparazioni avvenute in passato. Non è possibile prescindere dall’ analisi differenziata delle cause del degrado, che possono dipendere da: • invecchiamento, affaticamento e usura del materiale, • assenza o scarsità di manutenzione e tutela, • precedente restauro e risanamento non corretti, • particolari situazioni microclimatiche dovute all’ utenza, • stato della tecnologia e della normativa al momento della costruzione, • errori di progettazione e di esecuzione. Alla base del progetto di risanamento c’è sempre lo studio approfondito dell’ esistente, del suo stato di degrado e il censimento della parti che sono andate perdute. Nonostante la scrupolosità e la cura di un intervento non è mai possibile escludere la successiva ricomparsa di nuovi e vecchi problemi: le pareti controterra degli edifici seminterrati non sono mai correttamente isolabili in una fase successiva alla costruzione, i pavimenti in legno artificiale o xilolite lesionati o i profilati di ferro corrosi, annegati nella muratura o nel calcestruzzo non sono mai ripristinabili allo stato originario in modo durevole. La costruzione mantiene quindi uno stato di »malattia cronica«. Alla ristrutturazione completa è preferibile l’ ampia conservazione delle parti originali dell’ edificio, e il committente, l’ impresa e la soprintendenza dovrebbero essere capaci di trovare un accordo sulla soluzione da intraprendere. E’ inevitabile che, dopo cinquanta o anche ottant’anni, numerose parti dell’ edificio e dell’ allestimento interno siano irrimediabilmente irrecuperabili. Per le costruzioni tradizionali in legno o in pietra esiste tuttavia la possibilità di procedere ad una riparazione o ad una sostituzione che sia rispettosa del materiale e delle lavorazioni originali. Al contrario, gli elementi realizzati industrialmente, come infissi e ferramenta, soffitti, elementi in vetro, ma anche parti impiantistiche come caloriferi o pavimentazioni, sono spesso molto difficili da sostituire, sia perché non sono più disponibili o non rispondono più agli standard e alle norme attuali, sia perché il produttore potrebbe aver cessato l’ attività, o il prodotto essersi evoluto o non essere più in commercio, per motivi tecnici o per cambiamento del gusto. Gli impianti domestici, come quello della distribuzione idrica ed elettrica o il riscaldamento centralizzato ad acqua calda, che negli anni venti rappresentava il massimo della tecnologia, sono da considerarsi non 4.1 4.2 4.3

Sede del Bauhaus a Dessau, Walter Gropius (1926) Torre Einstein, Erich Mendelsohn (1921) Ufficio di collocamento a Dessau, Walter Gropius (1929)

31

4.4

più passibili di manutenzione o riparazione. L’ impianto di comunicazione e informatico non sarà sicuramente presente. Per un architetto che si trovi ad affrontare il risanamento di una struttura dotata di superfici pregiate, si tratta di difficoltà quasi insormontabili. Con l’ aumento della richiesta, alcune piccole imprese artigianali che realizzano prodotti a tiratura limitata hanno colmato un vuoto del mercato di alcuni prodotti. Una soluzione simile è però quasi irrealizzabile per altri tipi di articoli come il vetro retinato e profilato, gli infissi in ferro o il linoleum in determinate colorazioni, che possono essere prodotti soltanto in grandi quantità e con un notevole impiego di macchine adatte. In queste situazioni è necessario ricorrere ai materiali di recente produzione che siano tollerabili per fattura e aspetto estetico. Alcuni »classici« degli anni 20 e 30 sono tornati sul mercato; a questa categoria appartengono, ad esempio, la cosiddetta ‘maniglia di Gropius’, la lampada di Wagenfeld e anche il linoleum monocolore marrone. Gli intonaci e i colori vengono offerti ancora secondo la miscela tradizionale non modificata, oppure possono essere miscelati appositamente. Un progetto esemplare: l’ ufficio di collocamento di Dessau (Gropius, 1929) L’ ufficio di collocamento di Dessau, per il quale nel 1925 il capo dell’ ufficio tecnico municipale di Berlino, Martin Wagner, aveva elaborato lo schema funzionale, rappresentava per quel tempo una tipologia completamente nuova. Lo studio di Gropius ottenne l’ incarico della realizzazione attraverso la vittoria di un concorso. L’ edificio è composto da un corpo di fabbrica circolare aperto al pubblico, un’ala amministrativa di due piani e un volume che contiene le scale e che costituisce il baricentro ottico dell’ edificio (fig. 4.3). Su commissione della città di Dessau il vecchio ufficio di collocamento è stato completamente ristrutturato tra il 2000 e il 2003.

4.5

32

La struttura portante Anche se negli anni 20 del secolo scorso il calcestruzzo semplice e quello armato erano ormai considerati materiali da costruzione correnti e collaudati, in Germania, negli edifici del Movimento moderno, non li troveremo molto spesso impiegati sotto forma di sistema portante principale, a prescindere dalle fondazioni, dalle pareti controterra e in parte dai solai e dalle rampe in aggetto. Nella tradizione dei classici moderni gli esempi in calcestruzzo armato più noti sono l’ edificio del Bauhaus (1926), sempre di Gropius, o lo stabilimento di produzione della fabbrica di cappelli di Luckenwalde di Erich Mendelsohn (1922), con i loro snelli portali in cemento armato. Si dimentica spesso che lo sviluppo e la realizzazione delle più moderne costruzioni in ferro e cemento armato sono da attribuire ad ingegneri come Finsterwalder o Maillart e ad imprese costruttrici come Dyckerhoff & Widmann o Züblin. Nell’ ufficio di collocamento di Gropius la struttura portante principale è costituita da profilati in ferro in parte ricurvi, a fformare uno scheletro portante in ferro, calcolato e realizzato dalla Waggonfabrik Dessau. Il sistema costruttivo così definito si rivelò di rapida esecuzione e di costi contenuti. Le strutture in carpenteria metallica necessitano di un tamponamento in muratura o di un rivestimento per tutte le pareti, interne e esterne, e per tutti i sostegni verticali. Per

l’ ufficio di collocamento Gropius preferì una muratura faccia a vista in mattoni di clinker giallo, come aveva già fatto per il primo dei suoi edifici moderni, la Fagus-Werk di Alfeld an der Leine (1911–1914). La scelta di adottare lo scheletro metallico rivestito in muratura, rappresenta da un certo punto di vista un metodo corretto e logico, anche se è presente il pericolo dell’ ossidazione non visibile delle parti metalliche nel caso in cui, a causa di insufficiente manutenzione, l’ acqua meteorica giunga fino alla struttura, oppure quando, a causa di modifiche dello stato microclimatico, l’ umidità raggiunga le superfici metalliche. Una serie di scrupolosi sondaggi nella muratura dell’ edificio ha messo in evidenza che, le travi in ferro verniciate in minio risultavano essere molto ossidate e corrose, per la presenza di alcuni giunti permeabili e di parti della copertura non perfettamente sigillate. Non fu rilevato il fenomeno dell’ umidità penetrante dalle pareti interne, come avviene nel caso dell’ installazione successiva di ambienti umidi o di infissi non traspiranti. Si poté così tralasciare, di portare alla luce completamente lo scheletro portante, evitando grandi demolizioni. Dalla fine del XIX secolo il mercato dell’ edilizia fu invaso da una moltitudine di sistemi per la realizzazione dei solai: dal getto di calcestruzzo agli elementi prefabbricati in pietra e laterizio in combinazione con armature e con profilati in ferro. Il cosiddetto solaio Kleine, introdotto per la prima volta nel 1892 ed usato nell’ ufficio di collocamento di Dessau, era un solaio composito in laterizio alleggerito e acciaio, che dominò il mercato per molto tempo. Un sistema che oltre a vantaggi di tipo strutturale ed economico, offriva anche un miglioramento dal punto di vista della prevenzione degli incendi. Per la realizzazione della copertura piana non furono presi in considerazione altri sistemi alternativi a causa delle forme in parte arrotondate e in parte rettangolari dell’ edificio. Venne così risparmiata a questa costruzione la sorte toccata alla maggior parte delle opere di Gropius a Dessau, che durante il regime del Terzo Reich furono »arianizzate« con l’ aggiunta di un tetto a capanna. Il terrazzo di copertura del volume rotondo, con impianto interno di smaltimento di acque bianche, è interrotto da tre lucernari concentrici a shed, di forma semicircolare, con una struttura reticolare in ferro, che provvedono all’ illuminazione e alla ventilazione naturale dell’ ambiente sottostante. L’ intervento di restauro ha previsto la realizzazione di un nuovo pacchetto isolante esterno in lana di vetro (fig. 4.5). Sulla parte esterna della copertura piana è stato aggiunto uno strato isolante di ridotto spessore, per mantenere inalterate le proporzioni della protezione in lamiera che corre lungo i bordi del tetto.4 Anche le vetrate dei lucernari in vetro semplice retinato non sono state sostituite, mentre il controsoffitto vetrato orizzontale interno è stato realizzato con vetrocamera. Le opere edili Al momento della costruzione, gli intonaci, le tinteggiature, le tappezzerie, la graniglia, il pavimento battuto e quello in xilolite appartenevano già da tempo alla schiera dei prodotti industriali che poi subivano un processo di finitura o di applicazione in opera, anche con l’ ausilio di particolari macchine utensili. Tra i prodotti che hanno contribuito in modo rilevante a rendere particolare l’ immagine dell’ edificio annoveriamo gli infissi, realizzati con profili e ferramenta standard, ed i pavimenti in graniglia e xilolite, che si alternano internamente al pavimento in tavolato. Dal momento che i restauratori non sono stati in grado di documentare la consistenza originale di

tutte le superfici, è stato deciso il ripristino dei soli ambienti per i quali è stata reperita una sufficiente documentazione o che contenessero una sufficiente quantità di materiale originale. I rivestimenti originali, ad esempio, possono essere conservati con l’ aiuto di tappezzerie e di tinteggiature reversibili. L’ elementare esigenza della nuova architettura di inondare gli edifici di luce diurna e di raggi solari, e quindi di reagire in modo flessibile a diverse condizioni di temperatura e di illuminazione, portò ad una tecnologia dell’ infisso completamente nuova. L’ architetto si trovava nella condizione di scegliere tra una vasta gamma di prodotti, dal vetro semplice e trasparente agli elementi in vetro colato acidati e sabbiati, dal vetro armato all’ U-glas fino al vetromattone in grado di rendere trasparenti i solai massicci. Nel volume tondo del nostro edificio trova posto un controsoffitto in prismi di vetro, che conobbe grande diffusione negli anni 20 e che è stato ripristinato appositamente per questo progetto. L’ effetto di diffusione della luce contribuisce ad un’illuminazione uniforme dell’ interno. Questo tipo di vetro è scomparso dal mercato da molto tempo, ma un’accurata ricerca ha permesso il reperimento in Spagna della quantità di lastre necessaria al progetto. Più di 1500 lastre, adattate ad un vetro camera composito, sono inserite senza vincoli all’ interno di un reticolo metallico in parte rinforzato, di profili a L e a T (fig. 4.6). La trasformazione di un vetro prismatico colato in una lastra da vetrocamera e il suo utilizzo come controsoffitto hanno richiesto un’autorizzazione particolare. Fisica tecnica e microclima Grandi superfici vetrate e infissi con vetro semplice in genere sono il punto di partenza per una riflessione più approfondita sul comportamento fisico e termoclimatico dell’ edificio. Come per la struttura portante e per le opere civili, anche in questo caso è molto importante svolgere un’analisi ed una valutazione approfondita e precoce dello stato di fatto come punto di partenza per la progettazione degli interventi di risanamento da prevedere. Nell’ ufficio di collocamento di Dessau, come anche in molti altri edifici del Movimento moderno, le misure di isolamento termico adottate non sono più conformi agli standard minimi correnti, e nonostante ciò la strategia climatica e impiantistica di allora non può non essere considerata pienamente corretta. Modificando e migliorando le prestazioni dell’ isolamento termico – nei limiti consentiti dal vincolo della tutela monumentale – è importante garantire che il riscaldamento e la ventilazione, le dotazioni igieniche e anche l’ uso futuro degli ambienti siano compatibili con l’ isolamento originale. L’ inversione dei punti più sensibili, per esempio la sostituzione del vetro semplice e del relativo infisso non isolante con un vetrocamera senza misure di compensazione, porta in genere ad una modifica della strategia microclimatica originale, e ciò può risultare in una serie di danneggiamenti all’ edificio e all’ interno di esso. I lucernari e le ampie finestrature sono state montate in infissi privi di taglio termico e con alette di ventilazione e canalette per la raccolta della condensa. Per migliorare l’ isolamento termico, aumentare il comfort e ridurre le spese di gestione, le lastre di vetro semplice originarie sono state lasciate al loro posto, ma sul lato interno è stato aggiunto un secondo piano vetrato dall’ aspetto 4.4 4.5

Restauro dell’ ufficio di collocamento a Dessau: opere di ripristino della copertura a shed Bordo della copertura e dettaglio della giunzione con l’ infisso dello shed

33

di una finestra scatolare. Un intervento simile è stato eseguito per l’ infisso di legno inserito nel 1936 nella parete esterna del volume circolare. L’ importanza di un sistema effettivamente attivo per il controllo della ventilazione e del microclima interno è dimostrata da una rete di ventilazione composta di tubi, condotti e colonne cave, che per mezzo di un ventilatore prodotto dalla Junkers e da una serie di portelli d’areazione supportava la ventilazione naturale dell’ edificio. Dopo il risanamento il sistema è stato ripristinato.

4.6

L’ arredamento interno L’ architetto del Movimento moderno, molto più di quello attuale, era abituato a concepire e progettare l’ edificio in ogni sua parte, dall’ arredo interno e al sistema d’illuminazione per i nuovi spazi e le nuove funzioni del suo tempo. L’ armadio può servire a rappresentare in modo esemplare il rapporto esistente tra spazio, funzione e forma: fu sfruttata ogni opportunità per creare armadi che fungessero da divisorio, da parete di separazione o per riempire il sottoscala; l’ armadio a sé stante divenne un retaggio del passato e venne integrato nell’ edificio. Le conquiste tecnologiche dell’ era industriale come il riscaldamento centralizzato, l’ acqua corrente calda e fredda, l’ illuminazione artificiale, le apparecchiature elettriche, una cucina moderna e funzionale, divennero i componenti indispensabili dell’ edificio moderno. Ci si prodigò nella sperimentazione con la luce artificiale e con quella diurna, per ottenere un’illuminazione uniformemente distribuita oppure concentrata in alcune aree. Allo sviluppo dei nuovi sistemi d’illuminazione si dedicarono, oltre ai produttori, anche gli architetti, i designer, gli ingegneri e in modo particolare anche un intero dipartimento del Bauhaus di Dessau. La maggior parte di queste lampade e corpi illuminanti avevano l’ aspetto di prodotti realizzati industrialmente, anche se furono in gran parte costruiti in modo artigianale utilizzando vari semilavorati come tubi di metallo e vetri. All’ interno del nostro edificio, nelle aree di collegamento si trovavano, e vi si trovano ancora oggi, alcune lampade sferiche prodotte in serie. Dal momento che non fornivano un’adeguata illuminazione è stato necessario integrarle con proiettori sistemati sopra il controsoffitto. Gli uffici invece sono stati attrezzati con moderni lampadari ad ampio spettro appesi. Tuttavia nei corridoi, grazie ad un interruttore il visitatore può rendersi personalmente conto del ridotto livello di luminosità di settant’anni or sono. Edifici danneggiati e distrutti Dopo il 1933 il regime nazionalsocialista decretò l’ abbattimento dell’ ufficio di collocamento di Dessau. Alla fine invece l’ edificio riuscì a salvarsi grazie alla confusione della guerra e alla scarsità di costruzioni integre. Nonostante la poca manutenzione, più del 90 % della costruzione si è conservato intatto fino ai giorni nostri. Oggi l’ edificio è tornato ad ospitare un ufficio pubblico, l’ ufficio mobilità della città di Dessau. Oltre al disbrigo delle formalità burocratiche, il visitatore può apprezzare un significativo esempio di storia dell’ architettura moderna. Sarebbe un errore pensare che gli edifici di pregio del Movimento moderno classico e del dopoguerra vengano risparmiati dalla demolizione grazie ai vincoli di tutela monumentale. Richieste di demolizione sono state inoltrate per il palazzo Faber di Magdeburgo (1930), uno dei primi edifici alti realizzati per il settore della carta stampata; per il quartier

34

generale della Hochtief a Francoforte (1966), opera di Egon Eiermann; per il complesso residenziale Blumlägerfeld completato nel 1930 da Otto Haesler, con gli alloggi che hanno segnato la storia dell’ Existenzminimum. Altre costruzioni come l’ ufficio per l’ assistenza sociale (Versorgungsamt) di Monaco dei fratelli Luckhardt (1953–1989) o la torre di raffreddamento di Jörg Schlaich a Schmehausen (1974–1991) sono gia stati demoliti. Gli interessi commerciali prevalgono sulla tutela dei monumenti e sull’ interesse pubblico alla conservazione dei beni culturali di importanza rilevante. Altrove, c’è qualcuno che crede che gli edifici perduti possano essere riportati in vita attraverso un’opera di ricostruzione, come se la demolizione non fosse mai avvenuta. Come è avvenuto con le Meisterhäuser di Gropius a Dessau, la chiesa dell’ Università (Universitätskirche) di Lipsia, senza dimenticare i castelli di Potsdam, Berlino o Braunschweig. Se però vogliamo considerare un edificio come parte del nostro patrimonio culturale, una imitazione basata su fonti incerte, realizzata con materiali nuovi e senza traccia del passato storico, non può semplicemente sostituire la testimonianza e il significato di un bene monumentale. Conclusione Fortunatamente molti singoli edifici e complessi residenziali del Movimento moderno sono tutt’oggi conservati e mantenuti in uso. L’ associazione internazionale DOCOMOMO, alla quale aderiscono 35 paesi, si occupa della documentazione sulle opere di quel periodo, per mantenere vivo il dibattito teorico intorno al loro significato e per cercare di formulare le soluzioni tecniche per la loro conservazione. Come mai era avvenuto prima nella storia dell’ architettura e della tecnologia, gli edifici dell’ epoca moderna – strutture particolarmente delicate – necessitano, prima di qualunque intervento di restauro, di uno studio approfondito sull’ interazione tra l’ architettura, la funzione, la struttura e le condizioni ambientali e climatiche interne. Tecnologie e strategie dimenticate possono rivelarsi preziose fonti d’ispirazione per la progettazione e l’ utilizzo odierno degli edifici. L’ edificio del Movimento moderno e la sua ristrutturazione sono il campo di sperimentazione che ci permette di approfondire le corrette metodologie di approccio nel campo della nuova costruzione e nella grande opera di risanamento del patrimonio immobiliare degli ultimi cinquant’anni che presto saremo chiamati ad affrontare.

Bibliografia: 1 Burkhardt, B. (a cura di): Baudenkmale der Moderne, Geschichte einer Instandsetzung: Scharoun, Haus Schminke, Stoccarda 2002. 2 Burkhardt, B.; Weber, C., »Das Arbeitsamtsgebäude von Walter Gropius in Dessau (1929–1999)«, in: Stadtarchiv Dessau (a cura di), Dessauer Kalender, anno 44, Dessau 2000. 3 Gebeßler, A. (a cura di), Baudenkmale der Moderne, Geschichte einer Instandsetzung: Gropius, Meisterhaus Muche/Schlemmer, Stoccarda 2003. 4 Graupner, K.; Lobers, F., »Bauklimatische Aspekte, Heizungs- und Lüftungskonzept«, in: Burkhardt, B. (A cura di), Baudenkmal der Moderne, Geschichte einer Instandsetzung: Scharoun, Haus Schminke, Stoccarda 2002. 5 Huse, N. (A cura di), Baudenkmale der Moderne, Geschichte einer Instandsetzung: Mendelsohn, der Einsteinturm, Stoccarda 2000. 6 Kirsch, K., Mostra del Werkbund »Die Wohnung«, Stoccarda 1927; Die Weißenhofsiedlung, catalogo della mostra, Stoccarda 1992. 7 Klapheck, R., Gussglas, Düsseldorf 1938. 8 Pauser, A., Eisenbeton 1850–1950, Vienna 1994. 9 Rasch, H. und B., Wie Bauen?, 2 voll., Stoccarda 1927. 10 Schulze, K. W., Der Stahlskelettbau, Stoccarda 1928. 11 Siedler, E. J., Die Lehre vom neuen Bauen. Ein Handbuch der Baustoffe und Bauweisen, Berlino 1932. 12 Stephan, R., Erich Mendelsohn – Dynamics and Function, catalogo della mostra dell’ Istituto per le relazioni internazionali di Stoccarda, Stoccarda 1998.

4.6 4.7 4.7

Sezione del controsoffitto trasparente negli uffici Il corridoio del volume circolare dopo il restauro

Note: 1 In: Gropius, Walter, »Das flache Dach. Internationale Umfrage über die technische Durchführbarkeit horizontal abgedeckter Dächer und Balkone«, in Bauwelt 9 /1926 2 In: Deutscher Werkbund (a cura di), Bau und Wohnung, Stoccarda 1927 3 In: Argan, Giulio Carlo, Gropius und das Bauhaus, Amburgo 1962 e: Nerdinger, Winfried, Der Architekt Walter Gropius, Berlino 1996 4 Sul coperto del volume circolare è stato posato un cappotto continuo di pannelli di foamglas (40 mm), impermeabilizzato a caldo con manto bituminoso. Nei pressi degli shed lo spessore dei pannelli in foamglas è stato portato a 60 mm per garantire un migliore isolamento termico.

Progetto: Restauro filologico e conservativo dell’ ufficio di collocamento di Dessau, con conversione in ufficio mobilità della municipalità di Dessau Committente: Comune di Dessau, Assessorato all’ edilizia Architetto: Bauatelier Walter Gropius Dessau/Berlino Anno di costruzione: 1928 –1929, Restauro: 2000–2003 Restauro e ristrutturazione, analisi storica: Burkhardt + Schumacher, Architekten und Ingenieure, Braunschweig Collaboratore: Joachim Tappe Restauratori: Restauratorenkollektiv Pröpper + Hänel, Blankenburg Tutela monumentale: Untere Denkmalschutzbehörde Dessau, Landesamt für Denkmalpflege Sachsen-Anhalt, Halle/Saale

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I progetti

Pagina 38 Álvaro Siza Vieira, Oporto

Ristrutturazione urbana di Salemi, I

Riorganizzazione urbana di un centro storico di impianto medioevale

42 M. Alonso del Val e R. Hernández

Biblioteca conventuale a Fitero, E

Ristrutturazione di una biblioteca inserita in un complesso conventuale e trasformazione in ambiente espositivo, Minguillón, Pamplona

48 Ignacio Mendaro Corsini, Madrid

Centro culturale a Toledo, E

Restauro, con cambio di destinazione, di monastero barocco

56 Aranguren Gallegos, Madrid

Museo a Colmenar Viejo, E

Ristrutturazione di cantina del XVII secolo

60 Future Systems, Londra

Ingresso di un negozio a New York, USA

Edificio industriale trasformato in negozio di moda

64 Anderhalten Architekten, Berlino

Centro visitatori a Criewen, D

Restauro con cambio di destinazione di vecchia stalla

70 Valerio Olgiati, Zurigo

Casa gialla a Flims, CH

Trasformazione di vecchia casa con abitazione e negozio

74

Residenza e atelier a Sent, CH

Ristrutturazione dell’annesso rurale di una casa colonica tradizionale

78 arc Architekten, Monaco di Baviera

Centro parrocchiale a Schwindkirchen, D

Casa nella casa – fienile ristrutturato contenente nuovo volume

82 Rudolf + Sohn, Monaco di Baviera

Ristrutturazione di un sottotetto a Berlino, D

Ristrutturazione del sottotetto di vecchia fabbrica di sigarette

86 Couvert & Terver, Parigi

Casa d’abitazione a Chevannay, F

Ampliamento del soggiorno con costruzione di nuovo volume

90 Haack + Höpfner, Monaco di Baviera

Ampliamento di un’abitazione a Monaco di Baviera, D

Casa degli anni 50 ampliata con annesso di un piano

94 Couvert & Terver, Parigi

Ampliamento di un’abitazione a Montrouge, F

Completamento ottenuto con secondo volume indipendente

Rolf Furrer, Basilea

98 Fink + Jocher, Monaco di Baviera

Casa sul lago di Starnberg, D

Ampliamento di vecchia casa di pescatori su due piani

104 Kalhöfer und Korschildgen, Colonia

Ampliamento di un’abitazione a Remscheid, D

Ampliamento flessibile e scorrevole di casa monofamiliare

108 Korteknie & Stuhlmacher, Rotterdam

Un parassita a Rotterdam, NL

Progetto pilota in ambiente di difficile trasformazione

112

Guilherme Páris Couto, Oporto

Ristorante a Oporto, P

Trasformazione di chiatta fluviale

116

João Mendes Ribeiro, Coimbra

Casa da tè a Montemor-o-Velho, P

Inserimento di nuovo padiglione tra le rovine di una rocca

120 Knerer und Lang, Dresda

Complesso residenziale prefabbricato a Dresda, D

Ristrutturazione e ammodernamento di complesso residenziale realizzato in elementi prefabbricati

124 Jüngling e Hagmann, Chur

Complesso residenziale a Chur, CH

Restauro e completamento di complesso residenziale degli anni 40

128 Guido Canali con Mimma Caldarola, Parma

Galleria commerciale a Sassuolo, I

Svuotamento e trasformazione di storico edificio scolastico

134 Baumschlager & Eberle, Vaduz

Centro direzionale per una compagnia di assicurazioni a Monaco di Baviera, D

Trasformazione con demolizioni di edificio direzionale realizzato negli anni 70

144 Fischer Architekten, Monaco di Baviera

Museo Alf Lechner a Ingolstadt, D

Trasformazione di capannone industriale degli anni 50

150 Herzog & de Meuron, Basilea

Tate Modern a Londra, GB

Conversione in museo di storica centrale elettrica

158 Renzo Piano, Genova

Centro culturale e commerciale a Torino, I

Ristrutturazione e riuso di fabbrica di automobili soggetta a vincolo di tutela monumentale

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Ristrutturazione urbana a Salemi Architetti: Álvaro Siza Vieira, Oporto Roberto Collovà, Palermo

Salemi, città fondata dagli arabi nella parte occidentale della Sicilia, è stata parzialmente distrutta nel 1968 da un devastante terremoto. Gli architetti hanno potuto dedicarsi alla riorganizzazione urbana degli spazi pubblici solo molti anni più tardi, dopo il superamento di alcuni ostacoli di natura politica e burocratica. La ristrutturazione, iniziata già nel 1982, ha interessato varie parti del centro storico. La struttura del tessuto urbano è stata riorganizzata profondamente, con la nuova progettazione dei collegamenti pedonali, le scalinate e i passaggi coperti, oltre che con la ridefinizione delle vie di accesso. Il progetto è stato curato nei minimi dettagli, fino a seguire la fase esecutiva delle pavimentazioni, delle balaustre e dell’ illuminazione pubblica. Il cuore dell’ intervento è costituito dalla piazza centrale, che occupa il punto più alto dell’ abitato. E’ circondata su ogni lato da un borgo antico di case basse (2–3 piani) originariamente fondato dai crociati, da un palazzotto e dalle rovine della cattedrale parzialmente distrutta dal terremoto. Le rovine della chiesa, mai più ricostruita, sono state trasformate con pochi e accurati interventi in uno spazio al servizio della comunità. La nuova piazza del centro di Salemi è formata dal pavimento delle antiche navate; i resti dell’ abside ne formano il coronamento scenografico. La piattaforma, leggermente rialzata rispetto al piano stradale, si distingue per il candore della pavimentazione in pietra di Trapani, la cui superficie è scandita da due file di parallelepipedi lapidei che segnalano la posizione dell’ antico colonnato. La geometria dell’ ampio contesto trova un punto di riferimento prospettico nelle due colonne ricollocate nella posizione originaria.

Planimetria

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scala 1:2000

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1

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2

3

3

4

2 5

6

6

Corpo illuminante

scala 1:10

1 Rivestimento in acciaio inox cavo di alimentazione 2 Piastra in acciaio inox 5 mm 3 Scatola di derivazione in acciaio inox Ø 170 mm 4 Tubo in acciaio inox ¡ 60/30 mm 5 Cupola in vetro acrilico Ø 450 mm 6 Coperchio in lamiera di acciaio inox Ø 450 mm

8

7

Rampa di gradini

scala 1:100

7 Pietra bianca di Trapani 8 Pavimentazione in pietra con elementi a correre come 7

40

41

Biblioteca conventuale a Fitero Miguel Alonso del Val e Rufino Hernández Minguillón, Pamplona

Il monastero di Navarra de Fitero fu fondato, primo di una lunga serie spagnola, dall’ ordine dei monaci cistercensi nel 1140. All’ epoca della fondazione furono costruite l’ abbazia, la sala capitolare, il dormitorio e il refettorio con le cucine. Nel XVI e nel XVII secolo si aggiunsero il chiostro, il palazzo, l’ ostello, la sacrestia, la biblioteca e una cappella. Dal punto di vista architettonico la parte più pregiata del complesso è costituita dal chiostro di due piani con archi a sesto acuto e contrafforti esterni. Il livello superiore fu completato nel 1613, e con le sue forme pure si attiene rigorosamente allo stile dell’ »El Escorial«. L’ intervento di ristrutturazione ha interessato prevalentemente le parti medioevali delle vecchie cucine, il vicino refettorio e la soprastante biblioteca. Le mura restaurate e in parte completate delle cucine sono state coperte con un tetto ligneo a piramide con l’ intenzione di ricordare le forme dell’ originaria volta a cupola. La cuspide della piramide è costituita da una lanterna vetrata che, mette in risalto la struttura geometrica delle capriate. L’ ambiente contiene l’ ingresso alle nuove sale nelle quali sono esposte le testimonianze medioevali della vita quotidiana del monastero. La penombra dell’ ex refettorio si è rivelata particolarmente adatta all’ allestimento di una sala per l’ informazione audiovisiva. La struttura del nuovo solaio in legno è stata ricalcata sulla posizione delle mensole di pietra che sporgono dalle pareti perimetrali. Attraverso un’ampia scala collocata al centro dello spazio il visitatore accede alla biblioteca barocca. Gli architetti si sono limitati a pochi e misurati interventi di ristrutturazione, impegnandosi nel restauro filologico del resto del complesso e progettando le teche di vetro destinate a custodire i codici barocchi. Le vetrine, organizzate a nastro lungo tutto il perimetro della sala, sono volutamente semplificate per non pregiudicare l’ effetto della volta a botte sobriamente decorata.

Planimetria Scala 1:2500 Piante Scala 1:400 1 2 3 4

Chiesa abbaziale Sala capitolare Dormitorio Refettorio medioevale/ sala espositiva 5 Biblioteca/ sala espositiva 6 Cucine/ingresso

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7 Chiostro 8 Refettorio barocco 9 Palazzo dell’ abbazia 10 Ostello 11 Sacrestia 12 Cappella 13 Casa di riposo

9

6 4/5

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8 10

2 3 11 13

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6

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4

b

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Sezione orizzontale Sezione verticale Scala 1:20 1 Lamiera di zinco 1 mm strato in geotessile pannello MDF 20 mm traverso in legno in pendenza materiale termoisolante polistirene 60 mm pannello MDF 20 mm 2 Vetrata isolante 2≈ 4 + interc. 6 mm 3 Infisso in tubolare di acciaio ¡ 30/50 mm 4 Profilato in acciaio fi 180 mm 5 Manto in tegole di laterizio correnti 25/50 mm materiale termoisolante polistirene 60 mm tavolato in legno di conifera 20 mm

6 Trave secondaria legno lamellare 80/130 mm 7 Puntone legno lamellare 100/260 mm 8 Cordolo perimetrale legno lamellare 100/400 mm 9 Grondaia in lamiera di zinco 3 mm 10 Muratura 11 Pietra arenaria 70 mm 12 Cordolo perimetrale in cls. armato 13 Muratura restaurata e completata in conci di arenaria ca. 140 mm 14 Piatto in acciaio saldato con la piattabanda terminale 12 mm e 15 mm

1

14 2

7 11 8 cc

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2 5 2 6

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1 Sospensione del pianerottolo barra in acciaio Ø 16 mm 2 Pedata in rovere 30 mm alzata in rovere 25 mm lamiera di acciaio verniciata 2 mm 3 Pavimento in ceramica 30 mm, letto di malta 30 mm massetto 80 mm su lamiera di acciaio 1,2 mm listellatura 20/20 mm, pannello in compensato 12 mm tavolato incerato in legno di conifera 30/30 mm 4 Parapetto in vetro stratificato 2≈ 4 mm spessore in EPDM 5 Trave in legno lamellare 760/100 mm 6 Cosciale in lamiera di acciaio 320/20 mm 7 Tubolare in acciaio ¡ 50/20 mm

8 Muratura portante a cassavuota: laterizio 175 mm, intercapedine 300 mm/ ancoraggio, laterizio 125 mm, intonaco 9 Pannello in MDF 2≈ 16 mm, e tubolare in acciaio interposto | 30/30 mm 10 Proiettore a soffitto 11 Teca in vetro stratificato 2≈ 4 mm 12 Pietra arenaria 70 mm 13 Cordolo perimetrale in cls. armato 14 Mensola in arenaria (esistente) con piattabanda di appoggio: lamiera di acciaio 20 mm, EPDM 20 mm 15 Muratura portante a cassavuota: pietra arenaria 450 mm, intercapedine 300 mm/ ancoraggio, pietra arenaria 450 mm

10

9

8 Dettaglio della rampa Scala 1:20 Sezione verticale Scala 1:50

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3

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Centro culturale a Toledo Architetto: Ignacio Mandaro Corsini, Madrid

Planimetria

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scala 1:2500

L’ antica chiesa di San Marco, che sorge nella parte alta dell’ abitato al centro della città vecchia, occupa il terreno dell’ exmonastero ed è rimasta per molti anni abbandonata e chiusa al pubblico. In seguito ad un concorso indetto a livello nazionale, il terreno dell’ antico complesso conventuale è stato trasformato nella sede dell’ archivio cittadino; la chiesa invece è stata trasformata in un centro culturale. Il monastero, fondato nel 1220, fu successivamente distrutto e definitivamente ricostruito nella metà del XVI secolo. La chiesa, appartenuta all’ Ordine dei Trinitari, fu eretta a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo e rappresenta, per la Spagna, un modello di architettura barocca del primo periodo. In seguito alla secolarizzazione dei beni della Chiesa, il complesso fu trasformato in un caposaldo militare e nel 1960 fu nuovamente distrutto. Per un certo periodo la chiesa continuò ad appartenere all’ Ordine dei Trinitari, e nel 1980 l’ intera struttura entrò a far parte del patrimonio dello Stato. Il primo intervento ha riguardato la messa in sicurezza delle rovine e dell’ area circostante; in un secondo tempo, si è proceduto al restauro interno della chiesa e delle facciate. Nonostante la trasformazione, la complessità architettonica dell’ edificio è rimasta invariata. La navata centrale è stata trasformata in un auditorium, con file di sedute fisse, mentre i locali che sovrastano le navate laterali sono stati adibiti ad esposizione. Il volume che ospita l’ archivio sorge su un livello più basso rispetto alla navata, ed uno dei suoi fronti più lunghi delimita gli spazi di una grande piazza pubblica. Il volume della chiesa restaurata sovrasta il muro esterno di cinta, alto dieci metri, e appare quasi incastonato in un complesso fortificato. La grande parete in calcestruzzo, che in una città piccola e molto tradizionale come questa ha suscitato il disappunto della maggior parte della cittadinanza, si inserisce perfettamente nel contesto, anche e soprattutto grazie alle calde e dorate tonalità della sua colorazione. L’ ingresso dei visitatori è dato da un’apertura rettangolare di grandi proporzioni. Il pavimento del cortile, formato da una piattaforma sospesa in calcestruzzo che corre tra i resti archeologici di epoca romana e medievale, guida il visitatore tra le vestigia storiche. L’ accesso all’ archivio avviene attraverso un ballatoio sopraelevato che si affaccia sulla sala di lettura. Il soffitto molto alto e la luce che filtra attraverso i lucernari e le piccole aperture delle pareti, conferiscono all’ ambiente un’atmosfera mistica e quasi monastica. L’ intradosso delle finestre, dalle forme più estrose, conserva il rivestimento in acciaio delle casseforme. Il nuovo intervento architettonico è stato accuratamente integrato nell’ esistente con pochi e semplici accorgimenti, lasciando ai materiali il compito di evidenziare le fasi storiche della costruzione.

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Sezione Piano della sala Piano dell’ ingresso all’ archivio Scala 1:500 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

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Ingresso alla sala Aula Aula minore Archivio Ingresso archivio e cortile Cortile Ingresso archivio Doppio volume sala di lettura Amministrazione Chiosco

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Particolari della finestra Scala 1:10 Scala 1:2,5

1 Cornice intradosso finestra, cassaforma a perdere in lamiera di acciaio ossidata naturalmente, levigata, laccata 10 mm 2 Barra in acciaio Ø 10 mm 3 Piatto in acciaio 40/6 mm 4 Tubolare in acciaio | 10/10 mm 5 Vetro stratificato 12 mm 6 Foro di ventilazione Ø 5 mm 7 Scuretto 8 Ancoraggio in acciaio 9 Profilato in acciaio } 60 mm 10 Foro per facilitare la vibrazione del cls. Ø 50 mm

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Sezione • Pianta scala 1:100 Sezione trasversale della passerella

scala 1:20

1 Tubolare in acciaio ¡ 100/50 mm 2 Lamiera di acciaio ossidata nat., levigata e verniciata 4 mm 3 Isolante in materiale espanso 100 mm, tra i tubolari in acciaio ¡ 100/50 mm 4 Tubi fluorescenti 5 Coperchio perforato, rimovibile 6 Parquet 30 mm pannello in compensato 30 mm materiale isolante 50 mm, tra i tubolari in acciaio | 50/50 mm materiale isolante 80 mm, tra i tubolari in acciaio | 80/50 mm lamiera di acciaio 4 mm 7 Tubolare in acciaio | 50/50 mm 8 Battiscopa in acciaio

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Museo a Colmenar Viejo Architetto: Aranguren Gallegos, Madrid

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Nel 1722 a Colmenar Viejo, a pochi chilometri a Nord di Madrid, il parroco fondò una Scuola di latino, che egli fece costruire rispettando i canoni tipici dell’ architettura locale. Accanto alla costruzione principale egli fece erigere anche un annesso destinato alla pigiatura e alla conservazione del vino. Il complesso, denominato »Casa del Maestro Almeida«, ha per il comprensorio un valore storico non trascurabile, e per questo motivo il comune di Madrid ha deciso di incaricare un architetto del restauro e della ristrutturazione dei locali destinati anticamente alla torchiatura (il resto dell’ edificio sarà oggetto di un intervento successivo). La cantina è stata trasformata in un piccolo museo che raccoglie le testimonianze della tradizione enologica locale. L’ edificio sorge nel centro storico, in parte nascosto alle spalle della Scuola di latino. I materiali selezionati dall’ architetto, la pietra naturale e l’ acciaio Corten per i profilati, rendono l’ intervento quasi invisibile e sono in sintonia con la preesistenza storica circostante. I nuovi materiali si integrano perfettamente con quelli esistenti e tuttavia, grazie all’ accuratezza dell’ inserimento e alle proporzioni delle forme, emergono dal contesto come espressione di un nuovo linguaggio. Dalla strada si accede al cortile interno attraversando un portone inserito nel muro di cinta e costituito da quattro pannelli di calcestruzzo inseriti in altrettanti telai di acciaio. La pavimentazione del cortile è in parte costituita da alcune file di lastre di cemento posate a correre su uno strato di ghiaia. In questo modo sarà anche più facile provvedere alla loro rimozione durante il secondo stralcio dei restauri. Il confine verso il giardino è formato da un setto di pannelli verticali di metallo. Le pareti dell’ edificio sono state ripristinate e restaurate, mentre la copertura, già crollata in epoche remote, è stata completamente ricostruita. Il pavimento è stato restaurato inserendo nuove pianelle di laterizio al posto di quelle mancanti, mentre la muratura è stata sottoposta ad una serie di interventi di pulizia, di ricucitura e di completamento in altezza. All’ esterno il muro è rivestito di lastre di granito, con tonalità variabile tra il beige il grigio, e nell’ impossibilità di verificare la stabilità al carico della nuova copertura, si è provveduto al rinforzo introducendo montanti in acciaio interni e esterni. La struttura che sostiene la falda inclinata è in legno lamellare e il soffitto interno è formato da un tavolato. Il manto esterno è in lastre di zinco al naturale con una patina di ossido di piombo. L’ illuminazione diurna del locale espositivo, generalmente in penombra, è garantita dagli infissi industriali a nastro che coronano la parte alta della parete esterna.

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Sezione Scala 1:20

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cc 1 Manto di copertura in lamiera di zinco 2 Pannello sandwich in lastre di compensato, rivestimento in resina fenolica 18 mm materiale termoisolante polistirolo estruso 40 mm barriera al vapore pannello di compensato, rivestimento in resina fenolica 18 mm 3 Lamiera di acciaio Corten 5 mm 4 Lamiera di acciaio

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5 6 7 8

Corten 5 mm, pannello di compensato rivestimento in resina fenolica barriera al vapore materiale isolante polistirene estruso Grondaia in lamiera di zinco piegata e in pendenza Profilato in acciaio Corten ∑ 200/150/10 mm Piatto in acciaio Corten 20 mm Trave in legno lamellare 100/400 mm

9 U-Glas guarnizioni profilate in silicone 30/3 mm 10 Profilato in acciaio Corten HEB 260 11 Profilato in acciaio Corten ∑ 120/120/12 mm 12 Piatto in acciaio Corten 10 mm 13 Lamiera in acciaio Corten letto di ghiaia guaina impermeabilizzante bituminosa monostrato cls. alleggerito in pendenza

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lamiera zincata in acciaio 4 mm profilato in acciaio HEB 100 isolamento in poliuretano espanso 50 mm lamiera in acciaio Corten 5 mm Profilato in acciaio Corten ∑ 200/200 mm Tubolare in acciaio ¡ 20/40 mm Architrave prefabbricato in cls. Discendente acque meteoriche Griglia di ventilazione in acciaio Corten

Ingresso di un negozio a New York Architetti: Future Systems, Londra

West Chelsea, un tempo area desolata di magazzini vuoti, si è oggi trasformato in un quartiere alla moda. Gli affitti modesti hanno inizialmente attratto una popolazione di artisti; nel corso degli ultimi anni, però, lo scenario particolare di quelle strade si è trasformato. Ne è rimasta affascinata la stilista giapponese Rei Kawakubo, che insieme agli architetti ha ideato un nuovo concept per il suo marchio »Comme des Garçons«. L’ obbiettivo era quello di creare in varie città un ambiente artisticamente caratterizzato in grado di ospitare originalissime collezioni d’abiti. L’ ultimo shop è stato inaugurato a New York all’ interno di un edificio del XIX secolo, caratterizzato da una facciata malandata in mattoni rossi. Sul fronte stradale non è stata prevista alcuna vetrina e il negozio risulta quasi nascosto tra le gallerie d’arte adiacenti. I capi della collezione di Kawakubo non sono ostentati; l’ intenditore deve scoprirli. Il concetto architettonico si è preoccupato di mantenere completamente inalterato il fronte stradale, con le vecchie insegne e le scale antincendio in bella vista. Attraverso l’ arco in muratura esistente, il visitatore accede ad un condotto tubolare asimmetrico in alluminio che simboleggia il passaggio tra il vecchio corpo di fabbrica e il nuovo allestimento. All’ interno i capi d’abbigliamento fanno mostra di sé avvolti in pareti scultoree e ricurve. Il condotto immette il visitatore nella quiete del negozio, funzionando come una gigantesca valvola. L’ ingresso è regolato da una porta pivottante completamente vetrata, che consente la vista ma chiude fisicamente il passaggio di lamiera. Dato lo spessore della lamiera, il condotto non ha avuto bisogno di ulteriori irrigidimenti. Gli elementi sono stati preparati in un cantiere navale inglese e spediti via mare a New York, per essere poi montati sul posto.

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Pianta scala 1:400 Assonometria del tunnel d’ingresso

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Sezioni scala 1:20 Sezione scala 1:100

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1 Lamiera di alluminio 6 mm 2 Piatti di alluminio 75/10 mm saldati e avvitati alla lamiera di alluminio 3 Lamiera di alluminio 12 mm intercapedine sigillata 25 mm cartongesso 15 mm intercapedine 85 mm muratura 300 mm 4 Pannelli in alluminio estruso su strato di supporto in neoprene 3 mm 5 Rampa in alluminio s = 12 mm; con supporti in gomma

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Traverso in lamiera s = 6 mm Trave saldata in alluminio 15 mm Rinforzo in lamiera di alluminio 6 mm Piastra di appoggio in alluminio 100/100/10 mm con barra filettata saldata Pavimento galleggiante autolivellante levigato, bianco Faretti a pavimento Serranda in tessuto metallico Soffitto in legno con rivestimento in cartongesso 2≈ 15 mm

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Centro visitatori a Criewen Architetti: Anderhalten Architekten, Berlino

Il castello di Criewen sorge nella regione del Brandeburgo, al centro di un parco naturale disegnato da Peter Joseph Lenné. Il complesso architettonico di epoca barocca era composto da un edificio signorile, dalla casa del fattore, da un grande cortile, un edificio per le stalle e uno per i granai. In seguito alla ristrutturazione che lo ha trasformato in un centro d’incontro tedescopolacco, la vecchia stalla per le greggi è stata adibita a centro informativo per i visitatori. L’ edificio in muratura è giunto ai nostri giorni in stato di completo abbandono. Prima di iniziare la ristrutturazione è stato necessario procedere alla demolizione di tutte le strutture interne. Dal momento che la muratura satura di acqua non era più in grado di garantire la necessaria portanza, all’ interno è stata realizzata una nuova struttura in acciaio, posizionata a 60 cm dal muro esistente. La superficie interna è stata lasciata a vista per non rallentare il processo di asciugatura e per tenerla costantemente sotto controllo. L’ elemento che maggiormente caratterizza il nuovo intervento è la cortina di verghe di salice che corre lungo tutto il fronte esterno. Il materiale si armonizza perfettamente nel contesto e deriva dalla tecnologia tradizionale con cui venivano costruiti gli argini dei polder sul fiume Oder. Il pavimento dello spazio espositivo è costituito da una piattaforma di legno sospesa sul piano di calpestio della vecchia stalla. Gli architetti hanno sistemato le finestre termoisolanti dietro le grate di legno esistenti che corrono sotto il cornicione, in questo modo invisibili dall’ esterno. Le vecchie finestre della stalla, al piano inferiore, hanno mantenuto il vetro semplice diventando in questo modo una sorta di indicatori termofisici: nel momento in cui sulla loro superficie compare la rugiada si rende necessaria una regolazione del livello di umidità interna attraverso gli elementi ventilanti che si trovano nei pressi delle lamelle.

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Prospetto • Pianta Scala 1:500 b

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Sezione di dettaglio Scala 1:20 Sezione longitudinale Sezione trasversale Scala 1:400

1 Copertura: lamiera di zinco su membrana bituminosa tavolato grezzo 28 mm terzere 240/160 mm isolamento in lana minerale 160 mm barriera al vapore in PE compensato impiallacciato faggio 18 mm 2 Travi radianti (riscaldamento) 3 Arcareccio rivestito in compensato impiallacciato 80 mm 4 Trave in acciaio HEA 140 5 Profilato in acciaio HEA 240 6 Profilato in acciaio HEA 180 A 7 Lamelle in legno (esistenti) 8 Telaio in profilato di acciaio ∑ 90/90/9 mm 9 Piatto in acciaio ¡ 50/10 mm 10 Graticcio di verghe di salice 11 Passerella in grigliato metallico 30/90 mm 12 Muratura (esistente) 13 Trave secondaria in profilato HEA 200 14 Trave principale in profilato ÅPE 400 15 Tavolato in rovere bianco 135/35 mm 16 Parete della cella sanitaria: pannello in fibra di cemento 6 mm su pannello di particelle 13 mm isolamento in lana minerale 120 mm pannello composito idrorepellente con vernice impermeabilizzante piastrelle di grès su malta 11 mm 17 Pavimento della cella sanitaria: piastrelle di grès su malta 11 mm guaina impermeabile pannello in derivati dal legno 2≈ 25 mm materiale resiliente 10 mm travetto in legno massello 160/120 mm pannello in derivati dal legno16 mm su listelli laterali

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Sezione orizzontale Sezione verticale Ingresso Scala 1:20

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1 Muratura (esistente) 2 Profilato continuo in acciaio } 60/45/5 mm 3 Tavole in rovere bianco, scanalate su entrambi i lati 178/26 mm 4 Barra di rinforzo inserita in profilato fi 30/30/3 mm 5 Grigliato in acciaio, passo 22,2/66,6 mm su profili in gomma rigida 30/20 mm 6 Guarnizione in EPDM 7 Lamiera di acciaio 3 mm 8 Pannello in particelle di legno 24 mm 9 Profilato in acciaio } 60/60/7 mm 10 Profilo cavo di guarnizione con tubolare in alluminio ¡ 50/25/3 mm 11 Pressore in profilato di acciaio ¡ 30/15 mm 12 Vetrata di sicurezza 8 mm 13 Architrave in cls. armato 14 Cls. a vista, superficie con trattamento antiscivolo 15 Piatto in acciaio ¡ 6/55 mm 16 Canale di scolo 17 Profilato in acciaio | 50/50/4 mm con spazzola di guarnizione 18 Profilato in acciaio saldato fi 110/60/8 mm 19 Maniglia in rovere bianco 20/110 mm 20 Struttura di sostegno in profilato di acciaio ∑ 35/35/3 mm 21 Profilato di acciaio HEA 240 22 Guarnizione sigillante in gomma 20 mm 23 Polistirolo espanso estruso

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Casa gialla a Flims Architetto: Valerio Olgiati, Zurigo

La »Casa gialla« è diventata nel frattempo bianca e sorge, nel nucleo storico del rinomato centro di villeggiatura dei Grigioni. La casa, prima di rimanere completamente vuota, ospitava un negozio e alcuni appartamenti. Il padre dell’ architetto, avendo deciso di donare alla cittadinanza la sua collezione di oggetti e manufatti legata alla storia locale, ha posto come condizione la sua collocazione nella »Casa gialla« restaurata e trasformata in museo. L’ obbiettivo dell’ intervento era quello di dotare la località di un nucleo con una funzione culturale, in prossimità della strada di collegamento molto frequentata che la attraversa. L’ ingresso dell’ edificio, raggiungibile per mezzo di una scala in calcestruzzo a vista, è stato collocato sul lato opposto rispetto alla viabilità principale, nella nuova piazzetta che si apre sul retro. Il grande abbaino, i cornicioni e gli aggetti sono stati eliminati, la linea di gronda innalzata e le aperture rettangolari del fronte ridotte nelle loro dimensioni. Lungo il bordo superiore delle facciate e intorno alle strombature delle finestre corre una cornice in calcestruzzo. Le aperture sono incavate nella possente muratura che ha uno spessore di 80 cm. I nuovi elementi e la vecchia muratura in pietra a spacco hanno ricevuto una scialbatura in latte di calce che ne uniforma l’ aspetto esterno. Internamente l’ edificio è stato completamente svuotato; gli infissi, collocati a filo del nuovo rivestimento, sono staccati solo da un sottile scuretto. I nuovi solai, in travi di larice, poggiano su una struttura di montanti lignei che avvolge l’ interno delle pareti, ed è indipendente dalla massa muraria esistente. La prospettiva interna delle sale espositive è dominata da un montante in legno, in posizione asimmetrica e di proporzioni massicce. Nel sottotetto l’ elemento perde la sua funzione strutturale e si inclina, in modo volutamente irrazionale, per incontrare il vertice del tetto piramidale.

Sezione Piano terra Piano primo Scala 1:250

1 Ingresso 2 Ingresso disabili, e consegna materiale 3 Esposizione, manifestazioni 4 Cucinotto 5 Via di fuga

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Sezione verticale facciata Sezione orizzontale porta d’ingresso Scala 1:20

1 Muratura di pietra a spacco, 600 mm materiale termoisolante 2≈ 30 mm barriera al vapore sottostruttura in montanti di legno 80/120 mm listelli 60/60 mm tavole in legno 19 mm 2 Imbotte, getto di cls. in opera 3 Canale di scolo Ø 80 mm 4 Portoncino d’ingresso in rovere verniciato 5 Zerbino 6 Copertura: lastre di pietra verniciate di bianco listelli 30/120 mm controlistelli 80/80 mm guaina impermeabilizzante tavolato 27 mm terzere 120/260 mm con materiale isolante interposto 260 mm barriera al vapore tavolame traforato 19 mm 7 Lamiera traforata 8 Impermeabilizzazione liquida della gronda 9 Guarnizione in gomma butilica 10 Cartone catramato 11 Mensola in acciaio per sostegno montanti 12 Cordolo e gronda in cls. armato 550 mm superficie superiore con spolvero di calce 13 Trave di graticcio (esistente) 14 Tamponamento in pietra (esistente) muratura in laterizio ca. 350 mm materiale termoisolante 2≈ 30 mm barriera a vapore sottostruttura in montanti di legno 80/120 mm listelli 60/60 mm tavolame 19 mm 15 Imbotte in getto di cls. in opera canale di scolo, tubo in PVC Ø 20 mm 16 Solaio in travi di larice alternate 120/240 mm e 120/210 mm 17 Ciclo di ritorno del riscaldamento

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Residenza e atelier e Sent Architetti: Rolf Furrer, Basilea Christof Rösch, Sent

La ristrutturazione della parte rurale di questa casa colonica tradizionale, che sorge nell’ Alta Engadina, a Sent, quasi non si nota se osservata dall’ esterno. Seguendo il principio della »casa nella casa«, al suo interno è stato ricavato un volume che contiene due atelier con rispettive stanze da bagno. La nuova struttura, nata dalla collaborazione del committente, che è anche un’artista, e dell’ architetto, è inglobata nell’ edificio esistente, ma mantiene una distanza dalle pareti dello stesso. E’ interamente realizzata in legno e poggia su alcuni montanti in acciaio con plinto in calcestruzzo. Il pavimento dei locali contiene le botole che hanno consentito il facile trasporto del materiale da costruzione dalla cantina fino al piano superiore. Nello scantinato trovano posto il magazzino e il laboratorio dell’ artista. Il collegamento tra il piano dell’ ingresso e lo studio dello scultore, qualche metro più in basso, è garantito da un elemento d’arredo scorrevole che contiene anche una scala. La trasformazione del tessuto economico e sociale di molte regioni agricole contempla anche la ristrutturazione e il riuso degli edifici rurali, implicando una sfida non indifferente, soprattutto dal punto di vista della tutela del patrimonio storico e architettonico. In questo caso la soluzione prescelta è stata in grado di mantenere inalterato l’ aspetto esterno dell’ edificio e di offrire al committente quell’ ambiente di lavoro contemplativo che egli desiderava. Le finestre del nuovo corpo interno non permettono di guardare fuori, ma offrono piuttosto la vista su alcuni riquadri significativi dell’ antico involucro esterno. Una delle aperture si affaccia sulla parete di doghe intagliate che costituiva il fronte dell’ antico fienile; oggi, come una quinta teatrale, fa mostra di sé dietro la grande vetrata Sud dell’ atelier. La casa interna si apre un varco verso l’ esterno solo in un punto, quando si affaccia sullo stretto vicolo del retro attraverso la nuova loggia finestrata di uno degli atelier. Sul tetto i nuovi lucernari non hanno alcuna sporgenza e si riconoscono solo per la presenza delle lastre di vetro.

Sezione • Piante Scala 1:400 1 2 3 4 5

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Livello d’ingresso Vuoto sull’ atelier di scultura Atelier-soggiorno Solaio del nuovo volume Solaio massiccio (esistente)

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Sezione Scala 1:20

4 1 Solaio: pannello a tre fogli in abete 27 mm materiale termoisolante 250 mm pannello in masonite 12 mm listelli 28/50 mm pannello in fibra di gesso 12,5 mm 2 Profilato in acciaio HEB 220 3 Trave in legno lamellare 100/250 mm 4 Scarpa in acciaio con innesto per tirante 5 Profilato in alluminio 30/30 mm 6 Vetrata isolante incollata con silicone (U = 1,1 W/m2K) 7 Montante in tubolare di acciaio Ø 152,4/16 mm 8 Profilato piatto in alluminio 6 mm 9 Pannello a tre fogli in abete 27 mm 10 Termoconvettore 11 Corpo illuminante 12 Parapetto-panca in legno 13 Travi in larice (esistente)

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Centro parrocchiale a Schwindkirchen Architetti: arc Architekten, Monaco di Baviera

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L’ antica pieve di Schwindkirchen a prima vista non mostra alcuna alterazione: il complesso, composto dalla canonica, dalla casa del cappellano e dal fienile, già granaio, si dispone intorno ad un cortile alberato. Il segreto del fienile si rivela solo d’estate, quando si spalancano i portoni e vengono tolte le protezioni invernali dalle finestre. La facciata che appare alla vista nel suo legno rossiccio appartiene al nuovo centro parrocchiale della comunità, inserito all’ interno del vecchio involucro storico. Il vecchio fienile non aveva alcuno specifico valore monumentale e avrebbe potuto essere benissimo demolito per fare posto alla nuova costruzione. Ma gli architetti hanno ritenuto più opportuno mantenere il complesso architettonico nel suo insieme, e dal momento che la superficie richiesta per il nuovo centro era decisamente inferiore a quella del fienile esistente, è apparsa quasi naturale la decisione di conservarlo e di costruire un nuovo volume al suo interno. Ne è nato un interessante gioco di scatole cinesi in cui anche il ripristino delle facciate esistenti ha richiesto solo un modesto intervento. Si è potuto fare a meno del costoso isolamento delle pareti, della sostituzione degli infissi e delle vetrate e dell’ asciugatura della muratura. E’ stato soprattutto possibile conservare la copertura in legno ed ogni apertura. Per ottenere lo svuotamento completo del fienile sono stati rimossi i sostegni centrali delle capriate, a loro volta rinforzate da una struttura secondaria in acciaio. Lo scheletro sormonta completamente il volume del nuovo centro parrocchiale e i raggi del sole, che entrano attraverso il colmo vetrato, creano un interessante gioco di ombre sulla superficie del nuovo cubo. Tra le pareti imbiancate a calce del vecchio fienile spicca l’ involucro bruno delle nuove stanze. Il box di due piani, che contiene un’aula, una saletta e alcuni locali per i più giovani, è stato realizzato in pannelli con tecnologia mista legno-cemento. La strategia energetica dell’ intervento prevede un riscaldamento ambientale ottenuto attraverso i collettori solari installati nella copertura del fienile. L’ energia eliotermica viene immagazzinata nel sottosuolo delle nuove stanze per essere riutilizzata nel periodo invernale riscaldando le pareti del box e, indirettamente, anche il volume che lo circonda, garantendo in tal modo anche la lenta asciugatura delle murature esistenti. Il gioco di scatole cinesi si rivela nella sua interezza solo d’estate, quando i portoni del granaio e le porte scorrevoli del box rimangono spalancati. In relazione all’ uso che se ne vuol fare, la zona intermedia si trasforma in spazio interno o esterno: non più solo cuscinetto termico, quindi, ma anche spazio multifunzionale a completa disposizione della comunità. All’ architetto va riconosciuto il merito di essere riuscito a mettere in relazione i due volumi conservando però inalterate le singole identità.

Strategia energetica: Estate: ciclo di accumulo Inverno: ciclo di distribuzione Sezioni scala 1:500 Pianta scala 1:500 1 Accumulatore centrale 2 Accumulatore periferico

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Isolamento Aula Club Cucina

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Sezione del volume interno Scala 1:20

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2 1 Copertura: pannello, compensato a tre fogli 30 mm materiale termoisolante 160 mm tavolame 22 mm pannello in fibra di gesso 12,5 mm 2 Solaio: pavimento in doghe di abete, decapato e trattato con olio bianco 40 mm materiale resiliente 50 mm, tra i listelli di supporto soletta in cls. armato 100 mm pannello, compensato a tre fogli 30 mm, rivestimento con vernice idrorepellente pannello in fibra di gesso 12,5 mm 3 Parete: Tavole di legno inchiodate e verniciate, con fuga visibile, 26/120 mm carta antispiffero nera materiale termoisolante 120 mm fissata ai montanti in legno 60/120 mm pannello in OSB 22 mm intercapedine di compensazione termica e vano tecnico tra i montanti interni 60/70 mm pannello in fibra di gesso 12,5 mm

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Ristrutturazione di un sottotetto a Berlino Architetti: Rudolf + Sohn Architekten, Monaco di Baviera

L’ edificio di 5 piani è sorto nello spazio interno di un tipico isolato a blocchi della Berlino del 1910. Nel corso degli anni vi si sono avvicendate varie funzioni commerciali, ognuna delle quali ha portato con sé trasformazioni e superfetazioni. La struttura portante del tetto è realizzata in profilati di acciaio rivettati. La facciata orientata a Est, visibile dalla strada, è stata completamente ripristinata sostituendo le piastrelle di clinker bianco danneggiate con altre di nuova fattura. Gli altri fronti sono stati intonacati e gli infissi in legno sono stati restaurati. La ristrutturazione del tetto, che ha permesso l’ inserimento di un nuovo ballatoio centrale, non ha modificato i profili delle linee di gronda e del colmo. I falsi puntoni in legno sono stati sostituiti da un’armatura in acciaio, mentre i telai in acciaio della struttura primaria sono stati ripuliti e ripristinati allo stato originario. E’ stato possibile rinunciare al trattamento ignifugo grazie alla realizzazione di due nuove scale d’emergenza. La parte inferiore della copertura è stata sostituita da un infisso in montanti e traversi di alluminio, mentre il resto è stato rivestito da un manto in lamiera di zinco-titanio. Al centro del volume è stata ricavata una sala per riunioni interamente a giorno, con lastre di vetro semplicemente accostate. L’ atmosfera è ravvivata dal contrasto tra le superfici chiare degli scaffali in masonite e i tre colori bianco, grigio, e nero che dominano l’ ambiente. Tutti i materiali introdotti dal nuovo intervento sono presi a prestito dal settore dell’ allestimento industriale: profilati in acciaio zincato o con trattamento a base di oligisto, pavimento in asfalto, griglie metalliche e corpi illuminanti.

Sezione • Pianta

scala 1:500

a

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Sezione verticale Scala 1:20 Sezione orizzontale Scala 1:5

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7 1 Montante ÅPE 80 e profilo intermedio in alluminio 2 Vetrata isolante 8 mm + 15 mm + stratificato 8 mm 3 Tenda avvolgibile a scorrimento 4 Copertura a doppia piega verticale in lamiera zinco-titanio 0,7 mm guaina in fibra di vetro tavolato grezzo 24 mm intercapedine ventilata 60 mm membrana impermeabilizzante e pannelli in lana di roccia 80 mm tra i travicelli 80/140 mm pannelli in lana di roccia 60 mm tra i listelli di appoggio dei travicelli 60/120 mm barriera al vapore in fibra di vetro tavolato grezzo 24 mm intercapedine 15 mm pannelli fonoassorbenti in lana minerale 20 mm strato di supporto in fibra di vetro pannelli in cartongesso traforato 12,5 mm terzere in acciaio HEA 120, trattate con vernice a base di oligisto 5 Pavimento in asfalto colato 25 mm 6 Profilato in acciaio ÅPE 120 7 Profilato in acciaio } 60 8 Vetrata isolante di sicurezza, float 6 mm + intercap 15 mm + stratificato 8 mm 9 Parete tagliafuoco (esistente) 10 Anta a vasistas 11 Struttura portante in acciaio (esistente) 12 Stucco resistente al fuoco 13 Divisorio REI 90 verso il vano scale: lamiera di acciaio 2 mm pannelli REI 2≈ 12,5 mm 14 Canale di scolo acque meteoriche Ø 100 mm

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Casa d’abitazione a Chevannay Architetti: Fabienne Couvert & Guillaume Terver, Parigi

Le pareti portanti di questo fienile costruito verso la fine del XIX secolo scompongono il volume in tre superfici da 55 mq ciascuna, e costituiscono la preesistenza che ha permesso ai progettisti di suddividere le pianta in tre unità abitative. La ristrutturazione si è svolta in due fasi, con la prima delle quali è stata rimaneggiata quella parte di edificio destinata a contenere gli ambienti principali: camera da letto, bagno, cucina e ampia sala da pranzo. La parte più vecchia dell’ edificio, anticamente riservata all’ aia, è stata trasformata in una veranda da usare durante la stagione mite. Rimuovendo i due portoni del fienile, sui lati più lunghi, è stato ricavato lo spazio per un passaggio carrabile. La bussola d’ingresso rivestita di tavole di compensato, cha anticipa l’ arco completamente vetrato del soggiorno, serve ad identificare l’ ingresso della casa e ad allargare contemporaneamente lo spazio visivo della zona pranzo. Le superfici vetrate della veranda, di varie dimensioni, non interrompono la comunicazione prospettica tra l’ interno e l’ esterno. Lo spazio è rischiarato da alcune tegole di vetro collocate nella zona del passaggio. Il terzo volume della costruzione è stato completato dopo una pausa durata quattro anni; agli ambienti del primo intervento si sono aggiunte due camere da letto e uno spazioso soggiorno, con un collegamento tra i due settori collocato al piano terreno. Anche la terza fase dell’ intervento ha previsto alcuni annessi realizzati in compensato, simili per matericità alla bussola d’ ingresso; la tonalità dorata delle nuove superfici crea un armonioso contrasto con la pietra chiara delle pareti massicce. La ristrutturazione è stata svolta con il massimo rispetto per l’ edificio esistente: la struttura originale è rimasta completamente inalterata ed è stata integrata con delicatezza da minimi interventi di sapore attuale. b

a a Piante • Sezioni Scala 1:400

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aa Pianta parziale del piano terra Scala 1:200 Sezione orizzontale e verticale Scala 1:20 1 Rivestimento in cartongesso 2 Pannello in compensato, impiallacciato Okumé 3 Anta della porta, riempimento in sabbia per contrappeso 4 Asse di rotazione della porta 5 Vetrocamera isolante 6 Vista del gradino in cemento 7 Composizione della parete: pannello in compensato, impiallacciato Okumé strato di impermeabilizzazione struttura portante in legno con materiale isolante interposto barriera al vapore listellatura in legno con fissaggio a scatto pannello in compensato con fissaggio a scatto, impiallacciato Okumé 8 Scarpa di appoggio della trave 9 Profilato a ∑, fissato a 10 e 12 10 Trave in legno massello 11 Vetro stratificato di sicurezza 16 mm 12 Struttura della copertura 13 Appoggio della lastra in vetro: tavola di legno, avvitata al 12, rivestita in cartongesso

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Ampliamento di una residenza a Monaco di Baviera Architetti: Lydia Haack + John Höpfner, Monaco di Baviera

L’ incarico consisteva nell’ ampliamento di una piccole casa, costruita negli anno 50 e collocata all’ interno di un idilliaco complesso residenziale lungo le rive di un laghetto. La ristrutturazione dell’ autorimessa esistente ha prodotto lo spazio sufficiente per un laboratorio e una sala da pranzo. Ne è risultato un annesso, leggero e inondato di luce con una terrazza coperta da un moderno pergolato, che ha dato vita ad un angolo con un’ottima esposizione ed una bellissima vista, riparato dal rumore e dal vento grazie al volume della casa stessa. Lo scheletro portante della costruzione è costituito da montanti (76/76 mm) e travi (76/120 mm) in legno lamellare; gli snodi sono realizzati in piatto di acciaio inossidabile. Il necessario irrigidimento è garantito dalla consistenza dei pannelli di tamponamento in MDF da 10 mm e dalla struttura massiccia della casa. I divisori interni sono formati dagli stessi pannelli, intersecati unicamente dalla trama visibile dei giunti continui. Le proporzioni della maglia dimensionale sono derivate da quella della pianta e del prospetto dell’ abitazione in muratura esistente. L’ omogeneità delle proporzioni e la continuità dei volumi interni fra creato una integrazione tra vecchio e nuovo. Una superficie vetrata fissa congiunge i due volumi e ne accentua otticamente le distanze, fungendo contemporaneamente da lucernario. Il divisorio tra l’ ingresso e gli ambienti del nuovo volume è formato da una scaffalatura sormontata da una vetrata. Le separazioni interne sono definite da alcune pareti e da alcuni elementi d’arredo senza chiudere completamente gli ambienti. L’ ampliamento ha permesso la creazione di un grande soggiorno che occupa gran parte del piano terra dell’ abitazione esistente. Sezioni Pianta Scala 1:250 1 2 3 4 5 6

Corridoio Laboratorio Sala da pranzo Terrazza Cucina Soggiorno

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b Sezione orizzontale Sezioni verticali Scala 1:20 Dettaglio dello snodo trave-montante Scala 1:5

1 Montante in lamellare 76/76 mm 2 Trave in lamellare 76/200 mm 3 Copertura: stuoia protettiva membrana impermeabilizzante materiale isolante in pendenza min. 30 mm pannello ligneo in multistrato 30 mm materiale termoisolante 100 mm barriera al vapore pannello in MDF 10 mm, scuretto continuo 10 mm 4 Vetrata isolante: vetro di sicurezza 6 mm + 12 mm + stratificato 8 mm 5 Parete: pannello in fibrocemento 10 mm, verniciato bianco barriera al vento a poro aperto materiale termoisolante 140 mm barriera al vapore pannello in MDF 10 mm 6 Rivestimento in lamiera zinco-titanio 7 Pavimento della terrazza: grigliato in acciaio zincato

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Ampliamento di un’abitazione a Montrouge Architetti: Fabienne Couvert & Guillame Terver, Parigi IN SITU montréal, Montréal

Il lotto situato in un sobborgo di Parigi, è di proprietà di un artista paesaggista ed è ricco di alberi di noce e di limone. La costruzione esistente, eretta all’ inizio del secolo scorso in conci di pietra calcarea, costituisce una protezione verso la strada. L’ ampliamento in legno, formato da due volumi parallelepipedi, si affaccia sullo spazio del giardino privato. L’ organizzazione interna prevede tre zone separate: privata, semiprivata e per gli ospiti. L’ ingresso, collocato al confine tra la vecchia e la nuova costruzione, accede direttamente al soggiorno, che si apre come una grande vetrina sul giardino antistante. Le pareti della stanza sono in comune con il laboratorio dell’ artista da un lato e con la cucina abitabile della costruzione esistente dall’ altro. La zona notte dei proprietari è collocata nel ballatoio che sormonta il laboratorio, mentre le camere dei ragazzi sono state ricavate nel piano superiore e nel sottotetto della costruzione esistente. La ristrutturazione del vecchio edificio ha mantenuto intatte tutte le superfici originali, dal parquet alle piastrelle, dagli stucchi ai gradini in legno, avendo cura di ripristinare perfino i vecchi radiatori in ghisa. Per sottolineare la presenza dell’ ampliamento, all’ esterno i due volumi aggiunti sono stati trattati in modo differente: uno con una facciata in legno verniciato, completamente liscia e senza giunti visibili, l’ altro con una superficie lignea scandita da una serie di listelli coprigiunto verticali. I due volumi hanno in comune una struttura portante in telai di legno e le superfici scure e lucide delle pareti e degli elementi d’arredo. L’ uniformità dell’ intervento e la continuità degli spazi sono garantite dall’ inserimento, sia interno che esterno, di essenze di provenienza esotica. Al piano terra, le grandi ante del fronte vetrato somigliano a quelle di un mobile componibile; quando sono aperte formano un tutt’uno con le pareti laterali del volume.

Sezione • Piante Scala 1:250 1 2 3 4 5 6

Sala da pranzo Soggiorno Atelier Ballatoio notte Camera dei bambini Camera degli ospiti

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5 Sezione verticale bb Sezione verticale cc Sezione orizzontale della parete tra l’atelier e il soggiorno Scala 1:20

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1 Lamiera di zinco membrana bituminosa pannello di particelle impermeabile su assicelle di supporto in pendenza trave 250/120 mm, con intercapedine e materiale isolante espanso 100 mm barriera al vapore pannello di compensato 20 mm cartongesso 12,5 mm, verniciato bianco 2 Infisso in legno con vetrata isolante fissa 3 Anta a libro su perni, pannello in compensato idroresistente in Acajou 19 mm, sigillato con vernice sintetica 4 Trave portante in legno di Sipo 150/100 mm

5 Portafinestra con vetrata isolante 6 Parete: pannello in compensato idroresistente in Acajou 19 mm, con vernice sintetica telaio 150/120 mm, con tamponamento in materiale espanso e intercapedine barriera al vapore pannello in MDF 19 mm stuccato e verniciato 7 Zerbino 8 Pannello in multistrato, impiallaccio in Sipo 9 Parete non ventilata 10 Incavo per l’alloggio a scomparsa dell’anta a libro 11 Soglia in cls. impermeabilizzato

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Casa sul lago di Starnberg Architetti: Fink + Jocher, Monaco di Baviera

La riva orientale del lago di Starnberg è caratterizzata da un tessuto di residenze e tenute agricole, sorto a partire dalla metà del XIX secolo. Immersa tra le altre costruzioni sorgeva una vecchia casa di pescatori e contadini con un annesso agricolo in cattivo stato di conservazione che non permetteva l’ immediata trasformazione ad abitazione. La ristrutturazione ha quindi previsto la completa demolizione e la ricostruzione della parte anteriore della casa. Gli architetti si sono trovati nella condizione di progettare un nuovo ampliamento rispettando le dimensioni, i materiali e i colori di quello demolito. Hanno sostituito gli infissi bianchi e gli sportelloni verdi delle piccole finestre con infissi e ante scorrevoli che scompaiono interamente nella parete, modificando in questo modo completamente, a seconda dell’ apertura, l’ aspetto esterno della facciata. La bellezza di queste aperture può essere apprezzata in modo particolare al piano superiore, da cui si può godere del meraviglioso panorama sul lago. Il tetto, che sormonta il volume come una sottile e leggera lastra, mantiene la continuità geometrica con il corpo della costruzione esistente. L’ annesso, che in passato veniva utilizzato solo per la residenza estiva, oggi si è trasformato in una casa di villeggiatura plurifamiliare per il fine settimana. La distribuzione interna è flessibile: al piano terra trovano posto una stanza da bagno e tre stanze piccole, separate da porte scorrevoli, al piano superiore sono state ricavate due camere più grandi, facilmente trasformabili in monolocali. Le ampie aperture vetrate illuminano indirettamente anche il corridoio sottostante e offrono una magnifica vista sul panorama del lago. Il pavimento in legno scuro di rovere crea contrasto con le pareti bianche e si adatta all’ arredo in parte antico della vecchia abitazione.

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Sezione longitudinale Piano terra Piano primo Scala 1:250

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1 Soggiorno, camera da letto 2 Bagno 3 Cucina 4 Camera 5 Tinello 6 Soggiorno

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3 Sezione verticale della facciata Scala 1:20

1 Scandole polimero-bituminose membrana bituminosa a caldo tavolame maschiato 24 mm falsi puntoni 80/180 mm con lana minerale isolante 180 mm listelli 30/50 mm con lana minerale isolante 30 mm barriera al vapore controlistelli 30/50 mm cartongesso 12,5 mm 2 Terzera 100/120 mm 3 Pannello in multistrato, superficie inferiore con velatura marrone 42 mm 4 Legno squadrato 100/120 mm 5 Tavole piallate in abete, velatura marrone 27 mm listelli e controlistelli in legno squadrato 100/120 mm barriera al vento in cartone pannello in compensato OSB 15 mm struttura di supporto intelaiata in legno 60/120 mm con isolamento in lana minerale 120 mm barriera al vapore pannello in compensato OSB 15 mm listelli 40/60 mm e intercapedine per impianti 40 mm cartongesso 2≈ 12,5 mm 6 Antone scorrevole in abete velato marrone 7 Infisso scorrevole in legno con vetrocamera 8 Canale di raccolta incollato 9 Gocciolatoio 10 Rete parainsetti 11 Parquet in rovere affumicato 22 mm massetto radiante 65 mm strato separatore materiale resiliente polistirolo 20 mm pannello in compensato OSB 25 mm trave in legno 140/200 con lana minerale isolante interposta 120 mm guida elastica 27 mm pannello in cartongesso 12,5 mm 12 Parquet in rovere affumicato 22 mm massetto con impianto radiante 65 mm strato separatore materiale resiliente polistirene 20 mm materiale termoisolante polistirene 80 mm impermeabilizzazione soletta in cls. armato 160 mm letto di materiale secco 50 mm letto di ghiaia 200 mm

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Sezione orizzontale della facciata Sezione verticale della facciata Scala 1:20

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1 Tavole piallate in abete, velatura marrone 27 mm listelli e controlistelli in legno squadrato 100/120 mm barriera al vento in cartone pannello in OSB 15 mm struttura di supporto intelaiata in legno 60/120 mm con lana minerale 120 mm barriera al vapore pannello in compensato OSB 15 mm listelli 40/60 mm e intercapedine per impianti 40 mm cartongesso 2≈ 12,5 mm 2 Rete parainsetti 3 Guida su profilo ∑ 60/40/5 mm 4 Infisso scorrevole in legno con vetrata isolante 5 Gocciolatoio 6 Antone scorrevole in abete, velatura marrone 27 mm, su telaio in profilo L 45/30/5 mm 7 Esistente 8 Scandole polimero-bituminose membrana bituminosa a caldo tavolame maschiato 24 mm travicelli 80/180 mm, con materiale isolante interposto lana minerale 180 mm listelli 30/50 mm con materiale isolante interposto lana minerale 30 mm barriera al vapore listelli 30/50 mm cartongesso 12,5 mm 9 Pannello in multiplex 42 mm 10 Canale di gronda incollato

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Ampliamento di una residenza a Remscheid Architetti: Gerhard Kalhöfer, Stefan Korschildgen, Colonia

La piccola casa si trova al centro di un ampio giardino ricco di piante e di fiori. Il committente desiderava un ampliamento di superficie e una migliore accessibilità al giardino. È sorto un nuovo volume, adatto ad essere utilizzato in vari modi e caratterizzato da materiali originali. Lo scheletro è stato costruito utilizzando un profilato in acciaio a sezione rettangolare, e l’ intera struttura può scorrere su rotaie annegate nella pavimentazione esterna. In estate il volume viene traslato lateralmente lasciando spazio ad una terrazza, con una pavimentazione in grigliato metallico che non impedisce l’ illuminazione dello spazio sottostante. Il parapetto della piattaforma è facilmente smontabile e non intralcia in questo modo lo scorrimento della struttura. Il collegamento tra il piano terra dell’ abitazione e il giardino è garantito da una stretta scala inserita nella nicchia che separa il nuovo annesso da quello esistente, rimanendo al suo posto anche quando la struttura è in posizione »invernale«. L’ involucro esterno del nuovo volume è composto da uno strato retroventilato di lastre ondulate di PVC trasparente e da una parete sandwich interna composta da due pannelli di compensato e da un telaio portante di legno riempito di materiale termoisolante. Il pannello ligneo esterno è rivestito con un foglio riflettente in fibra di nylon rinforzata che impedisce il surriscaldamento interno. L’ impianto elettrico a vista è sistemato nell’ intercapedine, dietro le lastre ondulate trasparenti. L’ involucro interno, leggero e autoportante, può essere facilmente rimosso, ed in qualsiasi momento la costruzione può essere agevolmente trasformata in una serra.

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Pianta • Sezione

scala 1:100

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bb Pianta • Sezione

scala 1:20

1 Parete: lastra ondulata in PVC 76/18 mm tubolare orizzontale in acciaio zincato | 50/50/4 mm tubolare verticale in acciaio zincato | 70/70/4 mm tessuto riflettente 1 mm pannello in compensato 10 mm, velato barriera al vento impermeabile 0,8 mm struttura intelaiata in legno con isolante 140 mm barriera al vapore in foglio di PE 0,2 mm pannello in compensato 19 mm, velato 2 Imbotte in lamiera di zinco 0,8 mm 3 Cupolotto in vetro acrilico 4 Lastra in vetro acrilico opacizzato 5 Tubi fluorescenti 6 Ferramenta del cupolotto 7 Guaina bituminosa autoprotetta con vernice riflettente 8 Quadrotti in cls. 40 mm su strato di supporto in materiale espanso 9 Passerella in lamiera di alluminio mandorlata 4 mm con piegatura laterale 10 Grigliato metallico 30 mm 11 Struttura portante in tubolare di acciaio 150/150 mm 12 Rotella industriale in guida fi, montata su profilato tubolare 150/150/7,1 mm 13 Parapetto in tubolare Ø 38 mm e corda di nylon

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Un parassita ad Amsterdam Archietti: Korteknie & Stuhlmaker, Rotterdam

Pianta • Sezione Scala 1:400

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Nel porto di Rotterdam, la copertura dello stabilimento Las Palmas ospita uno strano oggetto addossato al volume della tromba dell’ ascensore. La costruzione, color verde mela, porta il nome di »Parasite« ed è il primo esemplare realizzato dell’ omonimo progetto architettonico olandese: un chiaro invito (nonostante le ridotte dimensioni) ad un nuovo approccio con lo spazio urbano. Le »Parasite« sono costruzioni leggere, mobili ed economiche che sfruttano le infrastrutture esistenti adattandosi a destinazioni inconsuete e spesso apparentemente inutilizzabili. Il prototipo, da realizzare sulla copertura del vecchio edificio con una tecnologia povera, riciclabile ed ecologica, voleva conferire un nuovo carattere all’ ambiente della destinazione. In fase di realizzazione anche la specificità del luogo ha svolto un ruolo importante nella definizione del nuovo oggetto, interagendo con le caratteristiche portanti del basamento, con la spinta del vento e i costi per il sollevamento. La costruzione compatta in legno massello, pur mantenendo un peso contenuto ed un alto livello di prefabbricazione, riesce a soddisfare ogni esigenza. Garantisce inoltre una grande libertà compositiva, sia nella definizione del volume che nella ripartizione delle superfici opache e trasparenti. I pannelli in compensato multistrato impregnato, in parte laccati e verniciati, sono stati utilizzati in vari spessori in rapporto alla capacità portante e al livello di isolamento desiderati. Il montaggio in opera si è svolto nell’ arco di quattro giorni, componendo gli elementi sullo scheletro in acciaio precedentemente assemblato. Al termine il »Parasite« è stato collegato, con giunti flessibili, alla rete idrica ed elettrica dell’ opificio, completando così l’ allestimento degli interni e delle facciate. L’ appartamento dimostrativo, al contrario del vano scale a cui è aggrappato, gode di grande luminosità e trasparenza grazie alle aperture finestrate, realizzate senza infisso, che talvolta sono ampie per permettere la vista panoramica sul porto, talvolta sono piccole e strategicamente collocate. Nel 2001 l’ impianto del Las Palmas è stato utilizzato come centro culturale (nell’ ambito delle manifestazioni di »Rotterdam capitale della cultura«) e da quel momento è diventato un luogo per manifestazioni di vario genere, tra cui anche la Biennale di Architettura. Il »Parasite« continua a fungere da sede dell’ ufficio organizzativo, da sala riunioni e da spazio espositivo e potrà rimanere al suo posto fino a quando non sarà stata decisa la destinazione definitiva del complesso che lo ospita.

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2

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Sezione

scala 1:10

1 Pannello in multistrato, impregnato 27 mm incollato su lamellare di compensato 115 mm 2 Giunto siliconato 3 Pannello in multistrato impiallacciato, impregnato 27 mm incollato su lamellare di compensato 88 mm 4 Vetrata isolante float 6 mm + 10 mm + 8 mm

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5 Pannello multistrato impiallacciato, verniciato 27 mm materiale isolante 95 mm tra le travi di abete 98/59 mm legno lamellare 88 mm incollato su pannello multistrato impiallacciato 27 mm 6 Strato separatore in feltro 10 mm 7 Profilato in acciaio HEA 300, zincato a caldo 8 Vano di alloggio di 7 tamponato in opera con multistrato verniciato 12 mm e bordi siliconati

Ristorante a Oporto Architetti: Guilherme Páris Couto, Oporto

Il Douro sgorga tra i monti settentrionali della Spagna e scorre serpeggiando per quasi 900 chilometri, all’ inizio tra aspre montagne rocciose, poi tra rigogliosi declivi terrazzati ricoperti di oliveti e vigneti, per sfociare finalmente nell’ Atlantico nei pressi di Oporto. Una ristrutturazione urbanistica di grande respiro ha previsto qui la rivalutazione della viabilità del centro storico e la rivitalizzazione delle sponde del fiume. In questa cornice si inserisce la trasformazione, con pochi interventi, di un vecchio barcone da trasporto in un lussuoso ristorante. Il battello è trattenuto nella sua posizione da due pali d’attracco in acciaio non verniciato e ben ancorati nel letto del fiume. I clienti possono raggiungerne la tolda percorrendo una ripida passerella inclinata fissata all’ argine. Il lato dell’ ingresso è completamente schermato da setti a tutt’altezza che riparano il locale dalla confusione del lungofiume. Gli altri lati, completamente vetrati, contengono anche alcuni elementi apribili ed offrono un’incantevole vista panoramica sul paesaggio fluviale circostante. La separazione tra l’ interno e l’ esterno si stempera tra le superfici vetrate. Sulla coperta dello scafo è stato realizzato un ponte in acciaio rivestito di doghe di legno che sostiene il piccolo volume in acciaio e vetro della sala da pranzo. Quando le condizioni climatiche sono favorevoli le vetrate possono essere aperte e i tavolini distribuiti su tutta la coperta della barca. Il tetto della sala, sospeso tra sottili montanti e lastre di vetro, sembra quasi sporgere senza sostegni. I dettagli, che ricordano da vicino l’ architettura navale, nascono dalla combinazione di pochi e selezionati materiali: acciaio, vetro, lamiera di rame, pannelli di fibrocemento e legno scuro di Iroko. Due scale separate conducono alla cucina e alle toilette ricavate nella stiva sotto il ponte.

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Sezioni Piante Scala 1:200

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12 13 Sezione orizzontale Sezione verticale Scala 1:10

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Iroko 25 mm Profilato in acciaio ¡ 60/30 mm Profilato in acciaio ‰ 120 Piatto in acciaio 70/5 mm Piatto in acciaio 100/8 mm Piatto in acciaio 80/8 mm Perno rotante in acciaio inox Anta pivottante Paletto di chiusura Porta scorrevole Vetrata fissa Tubolare in acciaio ¡ 40/15 mm

13 Profilato in acciaio 8/8 mm 14 Pannello in fibrocemento 8 mm 15 Tenda 16 Profilato in acciaio ‰ 160 17 Profilato in acciaio ∑ 50/50/6 mm 18 Profilato in acciaio ∑ 30/30/5 mm 19 Iroko 40 mm 20 Pannello in fibrocemento 10 mm 21 Montanti in legno 60/60 mm 22 Lamiera di rame 0,8 mm

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Casa da tè a Montemor-o-Velho Architetto: João Mendes Ribeiro, Coimbra

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Planimetria Scala 1:5000 1 Fortezza 2 Chiesa 3 Paço das Infantas con casa da tè

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Visibili da molto lontano, su una collina dell’ entroterra portoghese, si ergono le rovine della rocca di Montemor-o-Velho. Tra i resti delle mura del Paço das Infantas, il palazzo del principe, sorge una casa da tè, ispirata ad un concetto di ristrutturazione molto rigoroso. Il nuovo volume si inserisce tra le mura esistenti con discrezione e originalità: con discrezione perché l’ architetto è stato particolarmente attento a non manomettere le rovine storiche e a mantenere inalterata la consistenza della rocca; con originalità perché il padiglione da tè, che sorge nel cuore della struttura, con le sue sobrie forme geometriche e la schiettezza dei materiali si pone in netto contrasto con la grez-za tessitura delle mura e con le forme irregolari delle rovine. Per connettere le restaurate rovine del Paço das Infantas al resto della fortezza, sono stati realizzati alcuni nuovi percorsi con passaggi e gradini che conducono ai punti più panoramici. Alla base del progetto vi è la differenziazione architettonica dell’ intervento: l ’accentuato contrasto formale tra il vecchio e il nuovo é funzionale alla restituzione scenografica delle rovine. La piattaforma che costituisce la base del padiglione sembra sospesa sul terreno, mentre il piano di cemento armato, leggermente in aggetto, poggia su una sottostruttura nascosta in profilati di acciaio. Lo scheletro della casa da tè consiste in una semplice struttura intelaiata con quattro montanti arretrati nella parte centrale, permettendo la libera composizione dell‘involucro in vetro. La trasparenza del fronte vetrato mette in risalto gli elementi pieni della costruzione: i due piani orizzontali della base e della copertura sono uniti da una parete rivestita di legno attraversata orizzontalmente da un taglio, il passavivande, che risalta scultoreamente riproponendo il motivo geometrico degli aggetti.

Sezione • Pianta Scala 1:400 4 Scalinata per le mura 5 Ambiente cantinato per gli impianti tecnologici 6 Cucina 7 Sala da tè 8 Terrazza 9 Illuminazione 10 Panca 11 Scala per il punto panoramico 12 Collegamento con la chiesa

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Vetrata isolante 6 mm + 10 mm + 8 mm Pannello in cartongesso 15 mm Lampada Profilato in acciaio fi 100 mm Profilato in acciaio HEB 100 Lamiera in rame 1,2 mm Materiale termoisolante 50 mm Pannello in compensato 20 mm Piatto in acciaio ricurvo 5 mm Piatto in acciaio 8 mm Profilato in acciaio ∑ 30/30/3 mm Vetrata in stratificato 12 mm Pannello in compensato 20 mm Profilato in acciaio HEB 240 Griglia di ventilazione Pannello in compensato impiallacciato frassino 10 mm listelli 20 mm intonaco 15 mm muratura in laterizio 110 mm malta di allettamento 15 mm rivestimento in lastre di marmo 20 mm 17 Compensato di frassino 5 mm 18 Elemento scorrevole in vetro opalino 4 mm 19 Parquet in massello di Bubinga 25 mm listelli materiale termoisolante 40 mm massetto 30 mm calcestruzzo armato 150 mm

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Sezione Scala 1:10

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Complesso residenziale prefabbricato a Dresda. Architetti: Knerer und Lang, Dresda

Nel dopoguerra, nel cuore della Neustadt di Dresda di fronte alla città vecchia, una parte del tessuto edilizio di origine barocca è stato demolito per far spazio ai Plattenbauten (edifici in pannelli prefabbricati) tipologicamente identificati con la sigla WBS 70. I nuovi corpi di fabbrica sorti sulla stessa linea del fronte stradale storico, avevano richiesto l’ impiego anche di un certo numero di elementi appositamente progettati, tra i quali i parapetti in cemento con un rivestimento in ceramica rossiccia. Il piano terra era destinato ad ospitare una lunga fila di esercizi commerciali accessibili dall’ isola pedonale prospiciente. La proprietà, una società municipalizzata per l’ edilizia residenziale, ha deciso di commissionare la ristrutturazione completa dei fronti, prevedendo anche l’ aggiunta di una serie di nuovi aggetti e bovindi non coibentati. L’ intervento ha previsto la demolizione della struttura delle logge e la sua sostituzione con uno scheletro portante in acciaio, strutturalmente simile ad una scaffalatura saldamente ancorata all’ edificio esistente. Per contenere i costi gli architetti hanno cercato di utilizzare il maggior numero possibile di elementi uguali e prefabbricati. Tutti i balconi sono costituiti da piastre nervate dallo spessore di 30 cm. I profilati verticali che sostengono gli infissi dei bovindi non sono saldati al resto della struttura. L’ idea di tamponare le grandi superfici vetrate con lamelle orientabili ha portato due vantaggi: la possibilità di ventilare facilmente l’ ambiente retrostante e di rinunciare a qualunque schermo solare, dal momento che le stesse lamelle, in posizione obliqua, riescono a riflettere una buona parte dei raggi incidenti. Il pavimento delle logge è in doghe di legno e il contrasto con le altre parti in vetro e acciaio rende i piccoli ambienti molto attraenti.

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Planimetria Scala 1:5000 Pianta della tipologia WBS 70 dopo la ristrutturazione della facciata Scala 1:200

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Soggiorno Cucina Letto Bambino Bagno Giardino d’inverno Balcone

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Pianta • Sezione • Vista Giardino d’inverno e balcone Scala 1:50

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Sezione orizzontale Sezione verticale Particolari di dettaglio Scala 1:10

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Montante 120/120/4mm Profilato in acciaio fi 180 Profilato in acciaio HEA 180 Profilato in acciaio fi 120 Tubolare in acciaio 60/30 mm Profilato in acciaio 50/50/4 mm saldato con il controtelaio della porta o con il ritegno meccanico della vetrata Porta vetrata a giorno Parapetto in piatto di acciaio 50/10 mm Lamelle acidate nella zona del parapetto Pavimento: doghe di legno 100/30 mm listelli 46/26 mm impermeabilizzazione pannello sandwich 44 mm alluminio/coibente/alluminio Pannello divisorio in lastra di fibrocemento 12 mm materiale coibente 120 mm Lastra di fibrocemento 12 mm HEA 120

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Complesso residenziale a Chur Architetti: Dieter Jüngling e Andreas Hagmann, Chur

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Il complesso di appartamenti »Tivoli«, costruito nel 1942 nel capoluogo dei Grigioni, apparve subito modesto dal punto di vista architettonico ma importante da quello urbanistico, soprattutto considerando il carattere poco definito del tessuto circostante. Le sette palazzine raggruppate in tre blocchi erano allineate lungo il fronte stradale e costituivano una sorta di isolato a blocco aperto. Negli ultimi anni gli appartamenti di piccolo taglio del complesso non riuscivano più a garantire il soddisfacimento degli standard correnti, rendendo la loro locazione sempre più ardua. E’ nata così l’ esigenza di aggiornare la tipologia degli alloggi e di mettere a norma gli ormai obsoleti spazi di collegamento verticale. Data inoltre la nuova posizione centrale del complesso, si è presentata la necessità di una integrazione con superfici ad uso commerciale e direzionale, ottenuta mediante l’ aggiunta di nuova cubatura. Tutto ciò ha condotto ad un’accurata ristrutturazione del complesso esistente, mentre gli architetti hanno concentrato la loro attenzione sul completamento della volumetria, progettando alcuni nuovi corpi da inserire in posizione arretrata negli spazi di separazione rimasti tra i tre edifici originari. Oggi l’ isolato ha un fronte quasi continuo e racchiude al suo interno una corte alberata. La traslazione dei vani scala verso l’ esterno ha prodotto nuova superficie utile. L’ edificio mostra il suo volto rinnovato soprattutto verso l’ interno, dove il fronte esistente è ammantato da una cortina di logge vetrate. Le nuove verande dotate di infissi, oltre ad incrementare la superficie utile e a migliorare la qualità degli alloggi, costituiscono uno strato isolante aggiuntivo e permettono l’ utilizzo dei nuovi ambienti come spazi a temperatura intermedia. Il buon risultato dell’ operazione è evidenziato dal contributo, non secondario, al miglioramento complessivo del bilancio energetico e dalla rivalutazione economica dell’ immobile. Planimetria scala 1:2000 A Esistente B Nuova costruzione Pianta prima dell’ intervento Pianta dopo l’ intervento Scala 1:500

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Soggiorno Camera Cucina Ufficio Loggia Banca

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Vano scale, lato corte Loggiati, lato corte Sezioni verticali Sezioni orizzontali Scala 1:20

1 Tubolare | 120/120 mm 2 Lamelle in vetro di sicurezza 10 mm con ritegno puntiforme in piatto d’acciaio 115/50/5 mm 3 Tubolare in acciaio ¡ 160/120 mm 4 Tubolare in acciaio | 100/100 mm, rivestito in lamiera di alluminio 2 mm 5 Vetrata scorrevole di sicurezza 10 mm su guida in alluminio 6 Pannello in legno mineralizzato 16 mm materiale termoisolante 140 mm pannello di compensato impiallacciato 12 mm 7 Pannello in legno mineralizzato 16 mm tubolare in acciaio ¡ 120/60 mm materiale termoisolante 80 mm murtaura 350–410 mm (esistente) intonaco 15 mm 8 Porta tamburata in legno mineralizzato 16 mm 9 Profilato in acciaio fi 140/60 mm 10 Manto di copertura in lamiera di ramecon aggraffatura verticale membrana bituminosa a caldo pannello multistrato 27 mm trave in legno 100/80 mm pannello Ø in legno mineralizzato 16 mm 11 Pannello in lamiera piegata 5–7 mm telaio in profilato di acciaio ∑ 100/50 mm tubolare in acciaio ¡ 180/100 mm materiale isolante a vuoto 30 mm pannello di particelle mineralizzato 16 mm 12 Rivestimento in lamiera di acciaio 2 mm con rivestimento in materiale plastico lamiera grecata 30 mm telaio in profilato di acciaio ∑ 30/30 mm tubolare in acciaio ¡ 160/80 mm 13 Parquet Ø di rovere13 foglio di separazione 2 mm con strato di materiale resiliente 16 mm 14 Pavimento (esistente): parquet di faggio 9 mm tavolato di abete 21 mm travi in legno 120/220 mm e letto di ghiaia 100 mm cassavuota in abete 21 mm cartongesso 24 mm, intonaco di gesso 28 mm 15 Massetto magro 30 mm soalio in cls. armato 250 mm 16 Sportelli a libro con telaio in abete 32/48 mm, tamponamento in compensato con rivestimento in resina fenolica 12 mm 17 Infisso in abete 65 mm con vetrata isolante 18 Parapetto in piatto di acciaio 50/15 mm e barre tonde Ø 15 mm 19 Vetrata scorrevole di sicurezza 10 mm con guida in alluminio 20 Pannello in compensato impiallacciato 12 mm tubolare in acciaio ¡ 120/60 mm materiale termoisolante 80 mm muratura 350–410 mm (esistente) intonaco 15 mm 21 Pannello in compensato impiallacciato 12 mm materiale termoisolante 140 mm pannello in legno mineralizzato 16 mm 22 Pannello in compensato impiallacciato 15 mm su tavolato 24 mm travi in legno 80/171 mm con profilato in acciaio Å 120 mm listelli 80/30 mm, materiale isolante 30 mm pannello di compensato traforato 12 mm 23 Lamiera di acciaio piegata 6 mm 24 Basamento in cls. armato spazzolato fine

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Galleria commerciale a Sassuolo Architetti: Guido Canali con Mimma Caldarola, Parma

La cittadina di Sassuolo ha ospitato, a partire dalla fine del XVI secolo, la corte del Duca d’Este, dando spazio alla realizzazione di una serie di sontuosi palazzi e spazi pubblici. Su uno di questi lotti, nel corso del secolo scorso, è stata eretta una scuola. Il recente progetto di rinnovamento urbano ha previsto una nuova destinazione d’uso per il terreno in cui giaceva l’edificio in cattive condizioni di conservazione. Gli architetti hanno mantenuto soltanto una parte del fronte stradale lungo 110 m, interrompendolo con quattro elementi vetrati a tutt’altezza che offrono la possibilità di accedere e di gettare uno sguardo verso le attività che si svolgono all’ interno. L’ asse principale coperto corre parallelo alla facciata, così frammentata, che si completa con l’ aggiunta di una nuova colonna di ambienti, profonda 5 metri. Altre quattro gallerie commerciali, intercalate da piccole corti verdi, sono ordite in senso perpendicolare alla facciata e ospitano alcuni negozi, uffici e spazi del vicino municipio. I passaggi sono in asse con le nuove aperture vetrate del fronte e, abbandonando la costruzione, proseguono il loro percorso verso la vicina piazza per perdersi nel tessuto urbano della città. La trama dei percorsi è completata al piano superiore da un gioco di passerelle e loggiati pedonali. Le strutture sono sospese allo scheletro di travi di acciaio che sostiene la copertura in vetro. Il profilo di acciaio che corre ininterrottamente lungo tutto il fronte sottolinea il nuovo allineamento prospettico con l’ esistente delle parti moderne. Anche la scelta dei materiale – laterizio, acciaio e vetro – evoca un chiaro legame con la preesistenza storica.

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Sezioni Pianta piano terra Scala 1:1000 1 2 3 4 5 6

Fronte storico Ingresso Galleria principale Corte con vegetazione Ampliamento del municipio Accesso all’autorimessa interrata

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Vetrata isolante di sicurezza Profilo in acciaio fi 200/600/20 mm Tensore in acciaio inox Barra di sospensione in acciaio Ø 35 mm Piatto in acciaio ¡ 80/15 mm Pietra naturale 30 mm Piatto in acciaio ¡ 200/25 mm Profilo in acciaio fi 100/200/15 mm

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Centro direzionale per una compagnia di assicurazioni a Monaco di Baviera Architetti: Baumschlager & Eberle, Vaduz

Planimetria

scala 1:4000

1 Sede centrale nell’ edificio del 1913 2 Edificio del 1973, ristrutturato e ampliato nel 2002

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Di giorno le grandi facciate di lastre accostate risplendono di luce verdognola e riflettono il fronte della storica sede centrale della Münchener Rückversicherung. La famosa compagnia di assicurazione si trasferì nel quartiere di Schwabing nel 1913 e l’ edificio che allora ospitava la sede centrale è stato sottoposto al vincolo della tutela monumentale. Il quartiere, con i suoi edifici sorti nel periodo storico della costituzione dello Stato tedesco e nei primi anni del XX secolo, è caratterizzato dalla presenza di costruzioni ordinatamente isolate, con cortili interni aperti verso la strada. Oggi, tra le facciate decorate dei sontuosi palazzi esistenti si erge un edificio apparentemente moderno. Chi non conosce la storia dell’ isolato non può immaginare che in realtà si tratta di un tipico edificio degli anni 70, costruito poco prima della grande crisi petrolifera e ristrutturato solo recentemente. L’ edificio fu progettato per la Münchener Rückversicherung dagli architetti Maurer, Denk und Mauder, essenzialmente per fornire superfici da locare. Durante la costruzione, però, gli spazi della sede centrale si rivelarono insufficienti e la direzione decise di trasferire nella nuova costruzione gran parte del proprio organico. Il collegamento con la sede storica fu garantito da un ponte pedonale in alluminio sospeso sulla sede stradale. Il piano terra dell’ edificio di cinque piani era in parte sollevato e la forma allungata, nonché il rivestimento esterno in pannelli prefabbricati di calcestruzzo lavato, lo rendevano completamente estraneo al contesto. 25 anni più tardi, nel 1998, fu necessaria una verifica approfondita delle condizioni di lavoro e degli standard ambientali ed ecologici. I corridoi e le stanze degli uffici, bui e sacrificati, figli di un progetto orientato al massimo sfruttamento della superficie, non erano più in grado di garantire le condizioni ambientali di un ufficio moderno. A quel punto, non essendo più possibile affittare l’ immobile per il mancato rispetto delle norme sul risparmio energetico, ed avendo i costi di gestione raggiunto livelli estremamente elevati, la compagnia optò per la sua radicale ristrutturazione. Fu indetto un concorso e la soluzione di Baumschlager e Eberle, tra le 10 presentate, grazie alla proposta di un taglio centrale in grado di ricondurre i volumi alla scala del quartiere, riuscì meglio delle altre a contestualizzare l’ edificio. Tale soluzione, inoltre, anziché prevedere una demolizione seguita da una nuova costruzione, suggeriva attraverso la ristrutturazione una sorta di riciclaggio della struttura esistente. Più del 50 % della massa dell’ edificio è stata infatti riutilizzata, per esempio nella parte strutturale e nei piani sotterranei. Una parte dei solai è stata asportata e la poco luminosa zona centrale della struttura a tre campate è stata trasformata in un cortile aperto con una pianta ad angolo. I massicci solai di vecchia costruzione si sono rivelati particolar-

Sezione scala 1:1000 Pianta prima della ristrutturazione Piano terra Piano tipo Piano attico scala 1:1500

mente adatti all’ attivazione termica delle masse, permettendo la considerazione del loro contributo all’ interno della strategia impiantistica e termoclimatica complessiva. L’ energia consumata dall’ edificio ristrutturato è pari a solo un quarto di quella utilizzata dalla costruzione preesistente. L’ ultimo piano è stato sostituito con due volumi vetrati che presentano una pianta che può essere definita »organica«: quasi invisibili dalla strada, sono arretrati rispetto al filo della costruzione tra le superfici verdi e praticabili del tetto terrazzato. Essi ospitano alcune sale di riunione e gli uffici della direzione, con vista panoramica sul magnifico »Englischer Garten« cittadino. Mentre le strade del quartiere appaiono spesso poco frequentate, i passaggi che corrono sotto la costruzione sono in genere pieni di vita. Al posto della vecchia passerella sospesa, oggi demolita, è stato aperto un tunnel di collegamento sotterraneo che collega l’ edificio storico con quello ristrutturato. I passaggi sono più di uno e collegano i vari edifici della stessa compagnia sparsi per il quartiere; la loro illuminazione interna è stata curata da Keith Sonnier e James Turrell. L’ampliamento dello scheletro portante ha permesso un allargamento della profondità del corpo pari ad un quarto di quella esistente. Pur non potendo intervenire sulla larghezza del reticolo strutturale, pari a 1,87 m, la qualità ambientale delle singole postazioni ufficio è stata notevolmente migliorata: oggi è possibile rilassarsi allungando lo sguardo verso l’ esterno o sul cortile; grazie inoltre alle nuove separazioni traslucide che dividono il corridoio e all’ aumento delle superfici vetrate, la quantità di luce diurna è aumentata dell’ 80 %. La nuova facciata in doppia pelle è parte integrante della nuova strategia energetica. Il fronte, articolato in fasce orizzontali, è attraversato dai marcapiani in aggetto, ad altezza di parapetto, che sostengono una pelle esterna di vetro stratificato, con lastre fisse e leggermente discostate tra loro. La facciata interna, con infisso in alluminio e vetrocamera a doppia intercapedine, è motorizzata per consentire la regolazione individuale delle aperture. Ogni singolo elemento della composizione architettonica si identifica con uno specifico materiale costruttivo: alluminio, acciaio inossidabile, vetro, legno di acero e pietra dolomitica. Le superfici del grande atrio d’ingresso polifunzionale, completamente rivestite di acero, offrono contorni indefiniti e variano continuamente forma tra le tonalità del rosso e del marrone. La stessa essenza domina anche l’ esterno, dove il cortile custodisce un boschetto di aceri americani: verso la fine dell’ estate le foglie si colorano di rosso, offrendo agli impiegati uno scorcio di Indian Summer.

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Ingresso Hall principale Cortile interno Sala consiliare Sala conferenze

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1 Copertura della sala consiliare: substrato vegetale 80 mm foglio protettivo manto antiradice membrana bituminosa modificata sinteticamente materiale termoisolante poliuretanico 140 mm barriera al vapore lamiera grecata 35 mm, pendenza con lamiera di compensazione trave a nido d’ape 390 mm controsoffitto 95 mm 2 Lamiera di alluminio, anodizzata in nero rossiccio 3 mm con rivestimento antirombo 3 Vetrata isolante 6 + interc. 12 + 6 + interc. 12 + 6 mm 4 Montante in tubolare di acciaio, Ø 168,3/6,3 mm 5 Vetro temprato di sicurezza 15 mm 6 Ghiaia alternata a lastre

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in pietra arenaria di Bärlach 60 mm substrato speciale 140 mm materassino in granulato di gomma 15 mm strato protettivo antiradice membrana bituminosa, modificata sinteticamente materiale termoisolante poliuretanico 140 mm barriera al vapore massetto in pendenza 90 mm Parapetto in vetro stratificato 21 mm, corrimano in acciaio inox Pietra dolomitica di Anröcht 600/175 mm, ogni lastra con 2 ancoraggi incollati in acciaio inox Ø 76/5 mm Vetro stratificato con 2 lastre indurite da 12 mm Tenda in tessuto Taglio termico della mensola

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1 Solaio uffici: 4 Armatura del marcapiano pavimento a parchetti, in tubolare di acciaio zincato in acero canadese 8 mm 120/80/4 mm, massetto 58 mm ogni elem. con due mensole in circuito radiante di risc./raffr. piatto di acciaio 40 mm in pannello predisposto 30 mm 5 Pietra dolomitica materiale resiliente 20 mm di Anröcht 30 mm piastra del pavimento 6 Facciata continua a elementi, galleggiante 22 mm anodizzata in nero rossiccio intercapedine 167 mm con vetrata termoisolante materiale isolante 50 mm 6 + interc. 12 + 6 soletta in cls. armato 230 mm, + interc. 12 + 6 mm intonacata (esistente) 7 Vetrata 6 + 14 + 6 mm 2 Condotto di areazione, 8 Vetro stratificato in 2 lastre mandata indurite da 12 mm, 3 Pietra dolomitica di elementi d’angolo 15 + 12 mm Anröcht 600/175 mm, 9 Corpo illuminante fluorescente ogni lastra con 2 ancoraggi a prova d’umidità incollati in acciaio inox 10 Lastra del basamento in pietra Ø 76/5 mm dolomitica di Anröcht 40 mm

1 Parete del corridoio: rivestimento in parchetti di acero canadese su pannello in compensato di betulla 15 mm, traforato Ø 4 mm tessuto protettivo sottostruttura di sostegno 40/20 mm con interposta lana minerale 20 mm parete a secco in lastre di cartongesso 2≈ 12,5 mm su entrambi i lati, riempimento in lana minerale 50 mm 2 Soffitto del corridoio: rivestimento in parchetti di acero canadese su pannello in compensato di betulla 15 mm, traforato Ø 4 mm tessuto protettivo sottostruttura in telaio di legno 60/60 mm con lana minerale interposta 60 mm 3 Corpo luminoso fluorescente 4 Paratia in lamiera di acciaio 5 Condotto di areazione, ripresa

6 Sprinkler 7 Botola di manutenzione 8 Corpo illuminante con aspirazione integrata 9 Pannello divisorio in vetro 6 + interc. 88 + 8 mm 10 Solaio del corridoio: pavimento in parchetti di acero canadese 8 mm massetto 58 mm pavimento radiante a piastre 30 mm, su strato separatore per riscal./raffredd. (nei pressi facciata) materiale resiliente 20 mm piastra del pavimento galleggiante 22 mm intercapedine 167 mm lana minerale insacchettata 50 mm soletta in cls. armato 230 mm (esistente) 11 Elemento corrente di coibentazione rivestito su ambo i lati in cartongesso

Sezione orizzontale Sezione verticale della facciata Sezione verticale del corridoio Scala 1:20

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Sezione della hall d’ingresso

scala 1:50

1 Ciottoli di tufo ricoperti di muschio membrana impermeabilizzante, materiale isolante, barriera al vapore, cls. armato 230 mm (esistente) listelli di sostegno con coibentazione fonoassorbente rivestimento del soffitto in parchetti microforati 2 Lucernario 10 + interc. 13 + 6 + interc. 13 + 16 mm 3 Separazione a prova d’aria 4 Membrana tesa lucida 5 Serranda tagliafuoco 6 Parapetto in vetro stratificato 20 mm 7 Rivestimento a parchetti con elementi fonoassorbenti, pannello in compensato 20 mm, lana minerale 30 mm, guaina in PE sottostruttura di sostegno 60/80 mm parete in cartongesso REI 30 controparete in parchetti con armadio incassato 8 Porta tagliafuoco scorrevole 72 mm

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Museo Alf Lechner a Ingolstadt Architetti: Fischer Architekten, Monaco di Baviera

I visitatori si avvicinano al museo attraversando una piazzetta ricoperta di ghiaia, con al centro una scultura, un tempo ingresso principale dello stabilimento. Il padiglione, con una copertura a shed, fu costruito negli anni 50 nelle immediate vicinanze del centro storico. Abbandonato da molti anni, prima della ristrutturazione versava in pessime condizioni. Parte integrante di un’estesa area industriale, nel corso del tempo aveva ospitato varie funzioni anche molto differenziate: officina di produzione per automobili e motociclette, deposito di automezzi, mensa, sartoria teatrale e teatro di prova. Dopo l’acquisto da parte di una fondazione museale, gli architetti sono stati incaricati di curarne la trasformazione in un elegante ambiente espositivo, con i ricorso a pochi mezzi. Oggi l’edificio è dedicato all’esclusiva esposizione delle opere in acciaio dello scultore Alf Lechner e si è rivelato l’ambiente ideale per accoglierle. Le diverse attività che si erano succedute avevano colmato il volume di superfetazioni che furono immediatamente rimosse per ricondurre l’organismo alla sua struttura originaria. L’ intervento ha portato alla luce una superficie di 1000 m2 a livello della piazza, destinata ad ospitare le sculture più grandi, e una di circa 800 m2 al primo livello, per l’esposizione di opere minori e per dare spazio ad alcuni locali di servizio. Il visitatore accede immediatamente alla collezione giungendo da Nord attraverso un portone in acciaio. Su questo lato il museo si apre come una vetrina e la nuova cortina in acciaio e vetro permette di scorgere le opere esposte già dall’esterno. Per motivi di budget la scala di rappresentanza che gli architetti avevano previsto non è stata realizzata. Il collegamento verticale tra i due livelli è garantito solo dalle due scale interne. I rimanenti tre lati del padiglione sono rivestiti con una nuova pelle di lastre di alluminio color argento, segnata da una trama regolare di giunti aperti. Grazie al bordo affiliato dei pannelli d’angolo, gli spigoli dell’edificio appaiono ancora più acuminati. I canali di scolo delle acque meteoriche sono alloggiati nell’intercapedine di 25 cm che separa il rivestimento dalla parete portante. Niente deve poter disturbare la purezza materica della nuova superficie: la posizione delle porte si intuisce solo per la presenza di un sottile giunto, mentre le prese d’aria e le finestre dei locali di servizio sono nascoste da pannelli di lamiera traforata. All’ interno i corpi scaldanti sono stati sostituiti da un circuito di condotti di rame che corre nel battiscopa e nel pavimento della facciata in vetro. Il rivestimento della copertura e le vetrate degli shed sono nuovi e prevedono un isolamento termico mentre le pareti non sono coibentate. La purezza geometrica delle pareti laterali è esaltata dal profilo acuminato degli shed che compare oltre la linea di gronda. 144

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a Planimetria Scala 1:3000 Sezione • Pianta Scala 1:500 1 2 3 4 5 6

Grandi sculture Ingresso materiale Magazzino Piccole sculture/grafica Amministrazione Laboratorio

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Sezione verticale Parete esterna Scala 1:10 1 Impermeabilizzazione shed in membrana sintetica 2 Pluviale (esistente) 3 Pannello sandwich in alluminio 4 Profilato estruso in alluminio 5 Profilo di sostegno in alluminio estruso 6 Profilato a in alluminio 7 Apertura tamponata (esistente) 8 Circuito di riscaldamento in rame Ø 18/1 mm

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Particolari Scala 1:10 1 Impermeabilizzazione shed in membrana sintetica 2 Lamiera composita 3 Vetrata termoisolante: float 8 mm + interc. 12 mm + 3≈ foglio diffusore + stratific. 8 mm con PVB traslucido 4 Lamiera di alluminio 2 mm 5 Vetrata termoisolante 8 mm + interc. 12 mm + stratific. 8 mm 6 Profilato in acciaio ∑ 80/8 mm 7 Profilato in acciaio ÅPE 120 8 Vetrata termoisolante 8 mm + interc. 12 mm + stratific. 8 mm 9 Pressore in alluminio 10 Circuito di riscaldamento in rame Ø 18/1 mm 11 Profilato in acciaio ÅPE 160 12 Profilato in acciaio ∑ 200/100/10 mm 13 Isolamento in lana minerale 60 mm 14 Profilato estruso in alluminio 15 Pannello sandwich in alluminio 16 Profilato a } in alluminio

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Tate Modern a Londra Architetti: Herzog & de Meuron, Basilea

L’ aspetto complessivo della gigantesca costruzione di mattoni ha subito solo lievi modifiche. La nuova funzione dell’ edificio, oltre che dalla presenza dei visitatori che affluiscono ogni giorno dall’ altra sponda del Tamigi, è messa in risalto dal nuovo parallelepipedo di vetro poggiato sulla copertura, che di notte illumina lo skyline londinese e di giorno diffonde la luce del sole nelle sale sottostanti. Costruita tra il 1947 e il 1963, su progetto di Giles Gilbert Scott, noto anche per aver disegnato le famose cabine telefoniche rosse di Londra, fu all’ epoca la più grande centrale elettrica del Regno Unito. Lo stabilimento sorgeva al centro di Southwark, uno dei quartieri più poveri di Londra, caratterizzato da un denso tessuto urbano di case e di fabbriche. La ciminiera, che nei decenni a seguire avrebbe affumicato l’ aria della metropoli, non poteva superare in altezza la cupola della cattedrale di St. Paul’ s situata sull’ altra riva del fiume. La posizione centrale e simmetrica del camino, priva in realtà di motivazioni pratiche, e la sua notevole altezza (93 m), hanno conferito allo stabilimento un preciso carattere architettonico, instaurando un dialogo a distanza tra il nuovo »castello di mattoni«, equilibrato e ben articolato e la cupola del tempio episcopale. L’ edificio era organizzato in tre volumi paralleli: la sala delle caldaie verso il fiume, la sala delle turbine al centro e i trasformatori nella parte meridionale, ancora oggi visibili. Tredici anni dopo la chiusura dell’ impianto (1981) è stato indetto il concorso destinato a trasformare lo stabilimento industriale nella Tate Modern, la quarta sede del museo dopo la Tate Britain, la Tate Liverpool e la Tate in St. Ives. La gara è stata vinta da Herzog & de Meuron, che dopo tre anni di lavori hanno consegnato, nel 2000, la galleria alla nuova proprietà. Nonostante il complessivo svuotamento a cui la struttura è stata sottoposta, gli architetti sono riusciti con successo a mantenerne inalterato il particolare carattere industriale, conservando intatta la ripartizione interna in tre volumi. La lucida e luminosa stecca di cristallo posata in copertura si colloca in netto contrasto con il volume dell’ esistente, caratterizzato dalle lunghe feritoie verticali aperte nella muratura, e denuncia in modo inequivocabile i principi guida dell’ intervento architettonico. Appena fuori dalla fabbrica il terreno è solcato da una ripida rampa che segna l’ ingresso al fronte Ovest della costruzione; essa conduce nella vecchia sala delle turbine che occupa l’ edificio per tutti i 160 m della sua lunghezza e i 30 m della sua altezza, costituendo oggi il nuovo grande atrio d’ingresso e la superficie espositiva per opere di eccezionale importanza e grandezza. Questo straordinario volume interno è interrotto solo nella parte centrale da un piano di collegamento sospeso: un ricordo della grande piattaforma che originaria150

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Sezioni • Piante Scala 1:2000 1 Ingresso Ovest con rampa 2 Atrio (ex sala delle turbine) 3 Bookshop 4 Sala pedagogica 5 Biglietteria e informazioni 6 Serbatoi del carburante (svuotati) 7 Ponte 8 Bar 9 Auditorium e aule seminari 10 Depositi 11 Trasformatori 12 Sale espositive

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mente occupava tutta l’ area della sala. Il ponte conduce il visitatore ai piani espositivi ricavati nella vecchia sala delle caldaie, permettendone un collegamento anche con l’ ala Sud per la quale sono previsti interventi futuri. Su questo lato le superfici che tamponano lo scheletro d’acciaio sono state lasciate opache, mentre sul fronte opposto sporgono alcuni caratteristici baywindows che permettono l’ affaccio del pubblico dalle sale espositive. Simili a giganteschi corpi illuminanti sospesi, i nuovi volumi vetrati interrompono la linearità dei pilastri d’acciaio della vecchia struttura ed »espongono« i corpi dei visitatori impegnati nella visita delle sale. I 14.000 m2 complessivi di superficie espositiva sono distribuiti su tre livelli e ripartiti in sale di varie grandezze e proporzioni adattabili ad ogni tipo esigenza espositiva. La raccolta è organizzata in quattro aree tematiche: paesaggio, natura morta, performance e storiografia. Una scelta espositiva che non segue alcun filone cronologico o stilistico e che si presenta secondo modalità del tutto originali. Il museo, accanto alla mostra permanente, alterna continuamente esposizioni temporanee. La luce diurna penetra nell’ edificio attraverso le ampie superfici vetrate; l’ illuminazione interna è inoltre integrata dai lunghi corpi luminosi a nastro incassati nel controsoffitto, i quali, grazie ad un sofisticato sistema di regolazione dell’ intensità luminosa, non sono facilmente distinguibili dai normali lucernari del piano più alto. Il parquet di rovere, intersecato dalle griglie di ventilazione in ghisa, si alterna, nelle sale più piccole, al pavimento di cemento, grigio e lucido, degli altri ambienti. Il tetto ospita la nuova stecca di vetro che contiene alcuni locali tecnici e il ristorante panoramico. Al termine del percorso i visitatori possono gettare lo sguardo oltre il fiume incrociando il profilo del Millennium Bridge di Norman Foster e della cattedrale di St. Paul’ s. 152

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Sezione orizzontale Sezione verticale Finestroni Scala 1:50 Particolari Scala 1:10

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Muratura (esistente) Infisso in acciaio (esistente) Lamiera di acciaio, piegata 3 mm Lamiera di acciaio, piegata 2 mm Grigliato in acciaio Pannello coibentato in acciaio 45 mm Telaio e controtelaio in acciaio Vetrata isolante, 24 mm Pannello in cartongesso Profilato in acciaio ‰ 150 Rivestimento in muratura 100 mm Lamiera di alluminio, piegata 2 mm Profilato in acciaio fi 50/50/4 mm Profilato in acciaio | 60/50/3 mm Profilato in acciaio | 40/40/3 mm Controsoffitto in lamiera di acciaio Vetrata isolante 32 mm con 2 stratific. Convettore Profilato in acciaio ¡ 100/50/3 mm saldato al piatto in acciaio ¡ 250/10 mm 20 Canaletta in prefabbricato con grigliato in acciaio

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Balconata sulla sala delle turbine Scala 1:50 Particolari scala 1:10

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1 Vetrata in stratificato 22 mm, faccia esterna sabbiata faccia interna rivestita in resina epossidica, opalina 2 Elemento scorrevole in vetro stratificato 13 mm faccia esterna sabbiata 3 Tubolare in alluminio Ø 68 mm 4 Piatto in acciaio ¡ 12 mm 5 Tubi fluorescenti 6 Profilato in acciaio ‰ 310 mm 7 Tubolare in acciaio | 80/80/6 mm 8 Tubolare in acciaio | 50/50/6 mm con piatto in acciaio ¡ 130/10 mm 9 Elemento in acciaio fresato 75/50/46 mm 10 Tubolare in acciaio | 200/100/5 mm 11 Pannello in alluminio 45 mm 12 Grigliato 13 Tubo di riscaldamento 14 Montante del parapetto in tubo di acciaio Ø 60 mm 15 Corrimano in tubo di acciaio Ø 60 mm 16 Pavimento: rovere non trattato 12 mm pannello di compensato 18 mm massetto 50 mm soletta nervata 110 mm

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Centro culturale e commerciale a Torino Architetti: Renzo Piano Building Workshop, Genova

Il Lingotto è uno dei simboli di Torino. Costruito all’inizio degli anni 20 per ospitare il grande stabilimento della Fiat sul territorio del capoluogo, ha incarnato per molti anni la modernizzazione della nazione e ha dato corpo a una delle fabbriche d’automobili più grandi d’ Europa. Oggi i suoi volumi ospitano una miriade di funzioni. Negozi, uffici, ristoranti, aule universitarie, cinema, padiglioni espositivi e hotel sono solo una parte delle attività che esso può contenere. E’ come una piccola città di servizi che occupa una fetta del cuore di Torino, un centro allo stesso tempo culturale, commerciale e didattico. Il nuovo Auditorium (26 ≈ 60 m) è stato ricavato, per motivi di spazio, a sedici metri di profondità, alla base della costruzione esistente. La sala, con una capacità di posti che varia tra 495 e 2090, può ospitare convegni e concerti. Giovanni Agnelli fondò la »Fabbrica Italiana Automobili Torino« nel 1899; sedici anni dopo la direzione dell’azienda decise di costruire un nuovo stabilimento, assegnando l’incarico di progettarlo e realizzarlo all’ Ing. Giacomo Mattè Trucco. Il volume principale, formato dai due corpi lunghi 500 m e larghi rispettivamente 24 m, uniti da cinque stecche trasversali, fu completato nel 1921. I volumi minori ospitavano i grandi montacarichi in grado di garantire la necessaria continuità del processo di montaggio organizzato su diversi livelli. Il nuovo stabilimento di cemento armato si ispirava al modello produttivo americano sviluppato dalle teorie di Frederick Winslow Taylor e basato sull’organizzazione produttiva della catena di montaggio e sulla gerarchia verticale delle responsabilità. Lo schema funzionale dell’impianto, oltre a condizionare l’organizzazione planimetrica del progetto, con la richiesta di disporre di grandi aperture finestrate per migliorare l’illuminazione diurna, influì in modo rilevante anche sul disegno dei prospetti. La catena di montaggio dei veicoli era organizzata su vari livelli, dal basso verso l’alto. Sulla pista ricavata sul tetto, lunga più di un chilometro, gli ingegneri hanno collaudato i prototipi di più di 80 modelli. Quel percorso, appositamente costruito, è unico al mondo e rappresenta ancora oggi il marchio del Lingotto. L’inaugurazione ufficiale ebbe luogo nel 1926, dopo l’ultimazione delle due rampe per la salita e la discesa dei veicoli costruite all’estremità Nord e Sud dell’edificio. Per più di cinquant’anni la produzione Fiat si svolse all’interno di questo monumentale stabilimento. Col trascorrere degli anni, il gruppo Fiat costruì altri grandi impianti, trasferendo

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Planimetria

scala 1:10000

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Sezione • Pianta della copertura

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gran parte della produzione in quelli più recenti. Il Lingotto fu chiuso nel 1982 anche a causa del cattivo andamento del mercato iniziato due anni prima. Il compito di ristrutturare e trasformare questo monumento industriale è passato in seguito nelle mani di Renzo Piano, vincitore del concorso internazionale di architettura appositamente indetto. La ristrutturazione si è svolta in tre fasi successive e indipendenti, tra il 1991 e il 2002. Al termine di ognuna è stato garantito il completo funzionamento di tutte la parti risanate. L’ obbiettivo principale del progetto era quello di riportare alla luce la struttura dell’impianto originario, rimuovendo tutte le sovrastrutture e le superfetazioni sorte dopo gli anni 20. Nei casi in cui le strutture portanti verticali si fossero rivelate insufficienti a sostenere i nuovi carichi, si è intervenuto sostituendole o consolidandole con un nuovo rivestimento portante. Le facciate sono rimaste inalterate e il nuovo volto del complesso è determinato dai recenti volumi sparsi sulla copertura: da un lato l’aula semisferica, completamente in vetro, che si accompagna ad una pista d’atterraggio per elicotteri, dall’altro il volume del cosiddetto »Scrigno«, terminato negli ultimi mesi del 2002, che ospita il piccolo museo che domina la città. L’ interno custodisce il dono che l’avvocato Giovanni Agnelli ha voluto lasciare ai suoi concittadini, 25 opere tratte dalla propria collezione privata d’arte figurativa. La forma molto particolare e priva di aperture del museo può essere facilmente associata a quella di un impianto tecnologico. Il volume d’acciaio riporta alla mente le forme di una carrozzeria, con un rimando evidente alla storia dell’edificio. L’ ampia superficie che lo sovrasta ricorda la copertura progettata dall’architetto per la Fondazione Beyeler presso Basilea. Il coperchio dello »Scrigno« è formato da lastre di vetro da 2,12 ≈ 4,50 metri. La superficie più alta, che Renzo Piano chiama il »tappeto volante«, è formata da circa 1800 lamine di vetro inclinate, ancorate ad una nervatura in acciaio di 50 ≈ 20 metri. La struttura costituisce un immenso frangisole che facilita la predisposizione ad un’ottima illuminazione diurna interna. Le tele, opera di Picasso, Renoir e Matisse, sono appese ai divisori liberamente disposti; le pareti laterali rimangono nude. La pinacoteca rappresenta la continuazione degli spazi espositivi della parte meridionale del Lingotto. Il collegamento verticale su sei livelli è garantito da una scala interna in acciaio e da due ascensori panoramici che spuntano ai lati dello scrigno.

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Sezione dell’ Auditorium Scala 1:750 Vista della parete laterale con elementi insonorizzanti Scala 1:100 Particolare del pannello acustico Scala 1:10

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1 Pannello acustico in MDF impiallacciato su ambo i lati 2 Mensola in ghisa verniciata 3 Diagonale in acciaio verniciato, regolabile 4 Rivestimento in legno impiallacciato 5 Montante del parapetto in acciaio 6 Pavimento in moquette

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Pannello di masonite Solaio in cls. armato Piattabanda in acciaio verniciato Elemento di fissaggio regolabile Guida in acciaio verniciato, per elementi acustici 12 Controsoffitto in cartongesso

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Pinacoteca Pianta • Sezione Scala 1:400 Assonometria della struttura portante principale

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Sezione particolareggiata della pinacoteca Scala 1:50

1 Profilo laccato 100/200 mm, in piatto di acciaio 18 mm 2 Elemento di rinforzo in fusione di acciaio, sabbiato, laccato 3 Sostegno della lamella in fusione di acciaio inox, lucidata 4 Lamella in vetro chiaro stratificato 2≈ 6 mm, con PVB opalino, bordo in acciaio inox, in parte curvato 5 Canale di gronda in rame 6 Vetrata isolante in stratificato vetro chiaro 2≈ + interc. 18 + stratificato 6 + 8 mm temprato chiaro, incollaggio con silicone

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Lamella di alluminio orientabile Tubi fluorescenti Canale di ventilazione, ripresa Telaio in alluminio 9000/1970 mm, con rivestimento tessile sui due lati 11 Parete esterna in lamiera di acciaio laccata 12 mm 12 Costola di rinforzo 13 Lamina sintetica rinforzata in fibra di vetro 4 mm pannello in cartongesso 2≈ 13 mm isolamento in lana di roccia 150 mm pannello in cartongesso 2≈ 13 mm canale di ventilazione 100 mm

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isolamento in lana di roccia 50 mm pannello in cartongesso 2≈ 13 mm Lamina sintetica rinforzata in fibra di vetro 4 mm pannello in cartongesso 2≈ 13 mm Parquet di rovere 25 mm pannello in fibra morbida 20 mm pannello in fibrocemento 50 mm Grigliato a pavimento in rovere Canale di ventilazione, mandata Getto collaborante su lamiera grecata 150 mm materiale fonoisolante 120 mm Dispositivo di tensione dei tiranti

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Architetti

Ristrutturazione urbana di Salemi

Centro culturale a Toledo

Committente: Ordinariato episcopale Mazara del Vallo, Italia Architetti: Álvaro Siza Vieira, Oporto Roberto Collovà, Palermo Collaboratori: Oreste Marrone, Viviana Trapani, Ettore Tocco, Giambruno Ruggieri, Francesca Tramonte, Ketti Muscarella, Marco Ciaccio, Guiseppe Malventano, Alba Lo Sardo, Renato Viviano Architetti, Allessandro D’ Amico, Pierangelo Traballi, Angela Argento, Melchiorre Armata Strutture (cattedrale): Sergio De Cola, Palermo Ultimazione: 1999

Committente: Città di Toledo Architetto: Ignacio Mendaro Corsini, Madrid Collaboratori: José Ignacio Montes Herraiz, Vicente González Laguillo, Mariano Martín Direzione lavori: Jesús Higueras Diez, Juan Valverde, David Rodriguez Strutture: Julio García Maroto Ultimazione: 1999

Álvaro Siza Vieira nato nel 1933 a Matosinhos, Portogallo; proprio studio professionale a Oporto; 1966 – 69 incarichi di docenza presso l’ Università di Oporto; dal 1976 professore presso l’ Università di Oporto.

[email protected]

Ignacio Mendaro Corsini nato nel 1946 a Marquina; dal 1976 – 96 professore presso l’ Università di Madrid.

www.alvarosiza.com

Biblioteca conventuale a Fitero

Museo a Colmenar Viejo

Committente: Comune di Fitero Architetti: Miguel A. Alomso del Val, Rufino J. Hernandez Minguillón, Pamplona Collaboratori: Eduardo Arilla Álvarez, María José Prieto Rodríguez, Victor Hernández Barricarte, Patricia Sánchez Delgado, Joaquín Aliaga Montes Struttura: Susana Iturralde Mendive (AH&), Holtza Ultimazione: 2001

Committente: Comune di Colmenar Viejo Architetti: María José Aranguren Lopez, José González Gallegos, Madrid Collaboratori: Juan González Arce, Ignacio Gonzalo Rosado, Luís Burriel Bielza, Pablo Fernández Lewicki, José Antonio Tallón Iglesias Strutture: Ceider S. A. Ultimazione: 1998

Miguel A. Alomso del Val studi di architettura presso l’ Università di Navarra e la Columbia University di New York; incarichi di docenza presso l’ Università di Navarra e l’ Università di Madrid; dal 1989 studio associato con Rufino J. Hernandez Minguillón

María José Aranguren López nata nel 1958 a Madrid; incarichi di docenza dal 1984. José González Gallegos nato nel 1958 a Guadalajara, Spagna; incarichi di docenza dal 1984. www. arangurengallegos.com

Rufino J. Hernandez Minguillón studi di architettura presso l’ Università di Navarra; incarichi di docenza presso l’ Università Basca; dal 1989 studio associato con Miguel A. Alomso del Val www.ahasociados.com

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Ingresso di un negozio a New York

Casa gialla a Flims

Centro parrocchiale a Schwindkirchen

Casa d’abitazione a Chevannay

Committente: Comme des Garçons Architetti: Future Systems, Londra Jan Kaplicky, Amanda Levete Strutture: Ove Arup & Partners, Londra Ultimazione: 1998

Committente: Comunità polacca di Flims Architetto: Valerio Olgiati, Zurigo Collaboratori: Iris Dätwyler, Pascal Flammer, Karen Wassung, Raphael Zuber Direzione lavori: Archobau, Chur Peter Diggelmann, Walter Carigiet Strutture: Conzett, Bronzini, Gartmann, Chur Ultimazione: 1999

Committente: Fondazione cattolica della parrocchia di Mariä Himmelfahrt, Schwindkirchen Ente finanziatore: Erzbischöfliches Baureferat, Monaco di Baviera/Freising Architetti: arc Architekten, Monaco di Baviera/ Bad Birnbach; Horst Biesterfeld, Manfred Brennecke, Christof Illig, Thomas Richter Collaboratori: Ursula Reiter, Anke Pfeffer Strutture: Seeberger, Friedl und Partner, Pfarrkirchen/Monaco di Baviera Ultimazione: 2001

Committente: Privato Architetti: Fabienne Couvert & Guillaume Terver; Xavier Beddock (fase 1) Collaboratori (fase 2): Cristina Ayesa Ruiz, Julia Turpin, Marie Bouté Ultimazione: 1997 (fase 1), 2002 (fase 2)

Jan Kaplicky nato nel 1937 a Praga; 1969 –79 collaborazioni presso gli studi di Richard Rogers, Renzo Piano e Foster Associates; 1979 fondazione dello studio Future Systems a Londra. Amanda Levete nata nel 1955 a Bridgend, Gran Bretagna; 1982 – 89 collaborazione tra l’altro presso lo studio di Richard Rogers; dal 1989 Partner di Future Systems.

Valerio Olgiati nato nel 1958 a Chur; dal 1988 proprio studio professionale; 1993 – 96 studio associato con Frank Escher a Los Angeles; professore ospite presso la ETH Zürich e la AA London; dal 2002 professore presso l’Accademia di architettura di Mendrisio.

www.future-systems.com

www.olgiati.net

Horst Biesterfeld nato nel 1940 a Colonia; dal 1973 associato di arc. Manfred Brennecke nato nel 1943 a Vienna; dal 1973 associato di arc. Christof Illig nato nel 1961 a Gießen; dal 1994 associato di arc.

Fabienne Couvert 1990 laurea presso l’ Ecole d’Architecture di Grenoble; 1994 – 95 soggiorno a Roma; dal 1996 studio associato con Guillaume Terver Guillaume Terver 1993 laurea presso l’ Ecole Supérieure d’ Arts Graphiques et d’ Architecture Intérieure di Parigi; dal 1996 studio associato con Fabienne Couvert; dal 2003 incarichi di docenza presso la Ecole Supérieure d’ Arts Graphiques et d’ Architecture Intérieure di Parigi www.couverterver-architectes.com

Thomas Richter nato nel 1941 a Monaco di Baviera; dal 1973 associato di arc. www.arcArchitekten.de

Centro visitatori a Criewen

Residenza e atelier a Sent

Ristrutturazione di un sottotetto a Berlino

Ampliamento di un’abitazione a Monaco di Baviera

Committente: Land Brandenburg Architetti: Anderhalten Architekten, Berlino Claus Anderhalten Collaboratori: Christiane Giesenhagen, Sandra Lorenz, Michael Schröder, Henning von Wedemeyer Direzione lavori: Hubertus Schwabe Direzione della commessa: Landesbauamt Strausberg Fisica tecnica: Ingenieurbüro Rahn, Berlino Strutture: AIP Ingenieurgesellschaft, Schöneiche Ultimazione: 2000

Committente: Privato Architetti: Rolf Furrer, Basilea Christof Rösch, Sent Collaboratori: Simon Hartmann, Andreas Hunkeler Strutture: Andreas Zachmann, Basilea Ultimazione: 2000

Committente: Schmitt Stumpf Frühauf und Partner, Monaco di Baviera Architetti: Rudolf + Sohn Architekten, Monaco di Baviera Manfred Rudolf, Christine Sohn Strutture: Schmitt Stumpf Frühauf und Partner, Monaco di Baviera Ultimazione: 1997

Committente: Privato Architetti: Lydia Haack + John Höpfner Architekten, Monaco di Baviera Strutture: Timotheus Brengelmann, Monaco di Baviera Ultimazione: 1999

Claus Anderhalten nato nel 1962 a Colonia; collaborazione presso lo studio di Peter Kulka; nel 1993 fonda lo studio Anderhalten Architekten a Berlino.

Rolf Furrer nato nel 1955 a Basilea, Svizzera; dal 1982 proprio studio professionale a Basilea; dal 2000 in collaborazione con Christof Rösch. Christof Rösch nato nel 1958 a Baden, Svizzera; scultore e artista d’architettura; incarichi di docenza presso la Höhere Schule für Gestaltung di Basilea; collaborazione dal 2000 con Rolf Furrer.

Manfred Rudolf nato nel 1958; 1986 – 94 collaborazione presso vari studi di architettura; 1994 – 95 assistente presso la TU München; dal 1994 studio associato con Christine Sohn. Christine Sohn nata nel 1964; 1990 – 94 collaborazione presso vari studi di architettura; dal 1994 studio associato con Manfred Rudolf; dal 2002 collaboratore scientifico presso la TU München.

Lydia Haack nata nel 1965 a Hof; dal 1996 studio associato con John Höpfner. John Höpfner nato nel 1963 a Monaco di Baviera; dal 1996 studio associato con Lydia Haack. www.haackhoepfner.com

[email protected] www.anderhalten.de

[email protected] www.couverterver-architectes.com

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Ampliamento di un’abitazione a Montrouge

Ampliamento di un’abitazione a Remscheid

Ristorante a Oporto

Complesso residenziale prefabbricato a Dresda

Committente: Privato Architetti: Fabienne Couvert & Guillaume Terver, Paris Progetto in collaborazione con: IN SITU montréal, Montréal Collaboratori: Marianne Bär, Aude Moynot, Martin Otto Strutture: Fabienne Couvert & Guillaume Terver Ultimazione: 1999

Committente: Privato Architetti: Gerhard Kalhöfer, Stefan Korschildgen, Colonia Collaboratori: Andreas Hack Strutture: Thomas Hoffmann, Colonia Ultimazione: 1997

Committente: Alves, Costa, Reis, L.D.A. Architetto: Guilherme Páris Couto, Oporto Strutture: António José Costa Leite, Oporto Ultimazione: 1997

Committente: Wohnbau NordWest GmbH, Dresda Architetti: Architekturbüro Knerer & Lang, Dresda Thomas Knerer, Eva Maria Lang Collaboratori: Sandra Kavelly, Frank Käpplinger, Christiane Butt Strutture: Ingenieurbüro Jenewein, Dresda Ingenieurbüro Dietrich, Dresda Ultimazione: 1996 – 2001

Fabienne Couvert dal 1996 collaborazione con Guillaume Terver; proprio studio professionale dal 2000. Guillaume Terver dal 1996 collaborazione con Fabienne Couvert; proprio studio professionale dal 2000.

Gerhard Kalhöfer nato nel 1962; incarichi di docenza presso diversi istituti superiori; dal 1989 professore presso la FH Mainz.

Guilherme Páris Couto nato nel 1964; 1993 – 99 collaborazione presso lo studio di architettura di Álvaro Siza Vieira; dal 1997 collaborazione con Magalhães Carneiro Gabinete. [email protected]

Stefan Korschildgen nato nel 1962; incarichi di docenza presso diversi istituti superiori; dal 2001 professore presso la FH Düsseldorf.

Thomas Knerer nato nel 1963 a GarmischPartenkirchen; 1993 fondazione dello studio associato con Eva Maria Lang; dal 1999 professore di Costruzione edilizia presso la Westsächsische Hochschule di Zwickau (FH).

www.kalhoefer-korschildgen.de Eva Maria Lang nata nel 1964 a Monaco di Baviera; 1993 fondazione dello studio associato con Thomas Knerer; vari incarichi di docenza dal 1994, tra i quali professore ospite presso la TU Dresden.

www.couverterver-architectes.com

www.knererlang.de

Casa sul lago di Starnberg

Un parassita a Rotterdam

Casa da tè a Montemor-oVelho

Complesso residenziale a Chur

Committente: Privato Architetti: Fink + Jocher, Monaco di Baviera Dietrich Fink, Thomas Jocher Capoprogetto: Bettina Görgner Direzione lavori: Fink + Jocher con Christof Wallner, Monaco di Baviera Strutture: Joachim Eiermann, Monaco di Baviera Ultimazione: 2000

Committente: Parasite Foundation in collaborazione con la fondazione Rotterdam 2001 Architetti: Korteknie Stuhlmacher Architekten, Rotterdam Rien Korteknie, Mechthild-Stuhlmacher Collaboratori: Iris Pennock, Marijn Mees Strutture: Ingenieurbüro ARIN, Breda Ingenieurbüro Maderholz, Donaueschingen Merk Holzbau, Aichach Ultimazione: 2001

Committenti: Instituto Português do Património Arquitectónico, Câmara Municipal de Montemor-o-Velho Architetti: João Mendes Ribeiro Collaboratori: Carlos Antunes, Cidália Silva, Desirée Pedro, José António Bandeirinha, Manuela Nogueira, Pedro Grandão Strutture: Raimundo Mendes da Silva Ultimazione: 2000

Committente: Helvetia-Patria Versicherungsgesellschaft, St. Gallen Architetti: Dieter Jüngling e Andreas Hagmann, Chur Strutture: Georg Liesch AG, Chur Ultimazione: 2000

Dietmar Fink nato nel 1958 a Burgau; 1987– 88 studio associato con Karlheinz Brombeiß e Nikolaus Harder; dal 1991 studio associato con Thomas Jocher; dal 1999 cattedra presso la TU Berlin. Thomas Jocher nato nel 1952 a Benediktbeuern; dal 1991 studio associato con Dietrich Fink; dal 1997 cattedra presso la Universität Stuttgart. www.fink-jocher.de

Rien Korteknie nato nel 1961 a Kortgene; dal 1997 collaborazione come libero professionista con Mechthild Stuhlmacher; dal 1997 professore ospite presso la TU Delft; dal 2001 proprio studio Korteknie Stuhlmacher Architekten. Mechthild Stuhlmacher nata nel 1963 a Tubinga; dal 1997 attività di libera professione come architetto, pubblicista e curatore; dal 1997 docente presso la TU Delft; dal 2001 proprio studio Kortenknie Stuhlmacher Architekten. www.ksar.nl www.parasites.nl

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João Mendes Ribeiro Corso di laurea presso la Università di Oporto; 1989 –1991 docente presso la Università di Oporto, dal 1991 presso la Università di Coimbra; numerose pubblicazioni e riconoscimenti internazionali [email protected]

Dieter Jüngling nato nel 1957 a Basilea; collaborazione presso gli studi di architettura di Herzog & de Meuron e Peter Zumthor; dal 1990 studio associato con Andreas Hagmann. Andreas Hagmann nato nel 1959 a Lucerna; collaborazione presso lo studio di architettura di Peter Zumthor; dal 1990 studio associato con Dieter Jüngling; dal 1999 docente presso la Hochschule für Wirtschaft und Technik di Chur. [email protected]

Galleria commerciale a Sassuolo

Museuo Alf Lechner a Ingolstadt

Centro culturale e commerciale a Torino

Committente: Comune di Sassuolo Architetti: Guido Canali con Mimma Caldarola, Parma Strutture: Mario Milazzo, Carpi Ultimazione: 1996

Committente: Stadt Ingolstadt, Stiftung Museum Alf Lechner Architetti: Fischer Architeken, Monaco di Baviera Florian Fischer Collaboratori: Ralf Emmerling, Sieglinde Neyer Strutture: Muck Ingenieure, Ingolstadt Ultimazione: 2000

Committenti: Lingotto S.p.A. e Palazzo Grassi Architetti: Renzo Piano Building Workshop, Genova Renzo Piano Capoprogetto: M. van der Staay Collaboratori: A. Belvedere, K. van Casteren, D. Dorell, F. Florena, B. Plattner, A. Alborghetti, M. Parravicini, A. H. Temenides, C. Colson, Y. Kyrkos, O. Aubert Calcolo strutturale: Fiat engineering (strutture portanti), RFR (copertura) Ultimazione: 2002

Guido Canali nato nel 1935 a Parma; architetto dal 1962; cattedra presso le Università di Parma, Venezia e Ferrara Mimma Caldarola nata nel 1962 a Bari; studio associato con Guido Canali dal 1989; [email protected]

Florian Fischer nato nel 1965 a Monaco di Baviera; 1997 fondazione dello studio associato con Erhard Fischer; dal 2003 professore ospite presso la Universität Hannover; dal 2003 Florian Fischer Architekten. www.fischer-architekten.com

Renzo Piano nato nel 1937 a Genova; 1971–77 studio associato con Richard Rogers, 1977– 93 studio associato con Peter Rice; dal 1993 Renzo Piano Building Workshop con sedi a Genova e Parigi. www.rpbw.com

Centro direzionale per una compagnia di assicurazioni a Monaco di Baviera

Tate Modern a Londra

Committente: Münchener Rückversicherungsgesellschaft Architetti: Baumschlager & Eberle, Vaduz Carlo Baumschlager, Dietmar Eberle Capiprogetto: Eckehart Loidolt, Christian Tabernigg Collaboratori: M. Sofia, E. Hasler, A. Monauni, M. Fisler, B. Demmel, D. Weber Direzione lavori: BIP Beratende Ingenieure, Monaco di Baviera Strutture: FSIT Friedrich Straß, Monaco di Baviera Facciate: Wörner + Partner, Darmstadt Architettura del paesaggio: KVP Vogt Landschaftsarchitekten, Zurigo Ultimazione: 2002

Committente: Tate Gallery Architetti: Herzog & de Meuron, Basilea Jacques Herzog, Pierre de Meuron, Harry Gugger, Christine Binswanger Capoprogetto: Michael Casey Direzione lavori: Sheppard Robson + Partners, Londra Strutture: Ove Arup and Partner, Londra Architettura d’interni: Herzog & de Meuron con Office for design, Londra Architettura del paesaggio: Herzog & de Meuron con Kienast Vogt + Partner, Zurigo Ultimazione: 1999

Carlo Baumschlager nato nel 1956; dal 1985 studio associato con Dietmar Eberle; incarichi di docenza dal 1985. Dietmar Eberle nato nel 1952; dal 1985 studio associato con Carlo Baumschlager; incarichi di docenza dal 1983; dal 1999 professore presso la ETH Zürich.

Jacques Herzog nato nel 1950 a Basilea, Svizzera; dal 1978 proprio studio con Pierre de Meuron; dal 1999 professore presso la ETH-Studios, Basilea. Pierre de Meuron nato nel 1950 a Basilea, Svizzera; dal 1978 proprio studio con Jacques Herzog; dal 1999 professore presso la ETH-Studios, Basilea. [email protected]

[email protected]

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Autori

Christian Schittich (curatore) nato nel 1956; corso di laurea presso la Technische Universität München, in seguito 7 anni di pratica professionale, attività di pubblicista; dal 1991 presso la redazione di DETAIL, dal 1992 redattore responsabile, dal 1998 direttore della redazione, autore e curatore di numerose pubblicazioni e articoli specialistici.

Berthold Burkhardt nato nel 1941; conduce uno studio di architettura e ingegneria con sedi a Stoccarda e Berlino; dal 1966 collaborazione presso lo studio di Frei Otto; dal 1984 è professore presso l’Institut für Tragwerksplanung della TU Braunschweig; materie di ricerca e d’insegnamento: progettazione strutturale e costruzione con materiali leggeri, storia delle costruzioni, restauro strutturale; studio di architettura e ingegneria con Martin Schumacher a Braunschweig; pubblicazioni sul restauro degli edifici del Movimento moderno, storia della costruzione con materiali leggeri.

Johann Jessen nato nel 1949; corso di laurea in architettura e urbanistica presso la TH Darmstadt; professore di Fondamenti di pianificazione urbana e regionale presso l’ Istituto di Urbanistica della Universität Stuttgart; campi di ricerca: ricerca urbana e territoriale, consulenza per la pianificazione; numerose pubblicazioni sul tema dello sviluppo urbano, dell’urbanistica e della pianificazione territoriale.

Günther Moewes nato nel 1935; professore (emerito) di Progettazione e costruzione presso la Facoltà di Architettura della Fachhochscule Dortmund; materie di approfondimento: costruzione ecologica, interazioni tra l’economia e l’architettura; numerose pubblicazioni. Jochem Schneider nato nel 1964; architetto e urbanista; 1994 –1999 ricercatore presso l’ Institut Grundlagen moderner Architektur und Entwerfen, Universität Stuttgart; campi di ricerca: spazio pubblico, riuso e sviluppo urbano; dal 1999 conduce a Stoccarda il »raumbureau«, con progetti nel campo dell’urbanistica, della ricerca e della comunicazione.

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Indice delle illustrazioni

Gli autori e l’editore ringraziano tutti coloro che, attraverso la concessione in uso delle immagini originali, dei diritti di riproduzione e la fornitura di informazioni, hanno contribuito alla realizzazione di quest’opera. Tutti i disegni contenuti in questo volume sono stati eseguiti appositamente. Le fotografie non documentate provengono dagli archivi degli architetti o dall’archivio della rivista »Detail«. Nonostante considerevoli sforzi non è stato possibile rintracciare alcuni degli autori delle fotografie e delle illustrazioni, i cui diritti d’autore sono tuttavia tutelati. Saremmo grati per ogni informazione utile in proposito.

Da fotografi, archivi fotografici e agenzie: • Archiv Autounion, Ingolstadt: p. 144 • Archivio Lingotto, Torino: p. 158 –160 • Bauhaus-Archiv Berlin; Theiss, Dessau: p. 31 • Bonfig, Peter, Monaco di Baviera: p. 79 – 81 • Borges de Araújo, Nuno, Braga: p. 112–115 • Bousema, Anne, Rotterdam: p. 108 –111 • Bruchhaus/Lachenmann, Monaco di Baviera: p. 135, 138 • Cano, Enrico, Como: p. 162 –163, 166 –167, 169 • Casals, Lluís, Barcellona: p. 48 – 55 • Castagna, Francesco, Treviso: p. 131 • Christillin, Cristiano, Torino: p. 164 –165 • Collovà, Roberto, Palermo: p. 38 – 41 • Cutillas, José Manuel, Barañain: p. 42 – 47 • Davies, Richard, Londra: p. 61, 63 • Delhaste, Théo, Courbevoie: p. 86 – 89 • Deutsche Foamglas GmbH, Vogt; Dirk, Haan: p. 32 • Engels, Hans, Monaco di Baviera: p. 28 • Feiner, Ralph, Malans: p. 126 • Fessy, George, Parigi: p. 14 • Heinrich, Michael, Monaco di Baviera: p. 99 –103, 145 –149

• Hinrichs, Johann, Monaco di Baviera: p. 90 – 93 • Hofmann, Patrick, Bülach: p. 27 • Hueber, Eduard, New York: p. 137, 141, 142–143 • Huthmacher, Werner/artur, Colonia: p. 65, 67– 69 • Kaltenbach, Frank, Monaco di Baviera: p. 10, 25, 139 –140 • Kerez, Christian; Olgiati, Valerio, Zurigo: p. 70 –73 • Landecy, Jean-Michel, Ginevra: p. 154 • Lange, Jörg, Wuppertal: p. 104 –107 • Lewis, Xavier, Parigi: p. 97 • Malagamba, Duccio, Barcellona: p. 8 • Martinez, Ignacio, Lustenau: p. 24 in basso • Muciaccia, Alberto, Roma: p. 133 • Müller, Stefan, Berlino: p. 82 – 84 • Naas & Bisig, Basilea: p. 74 –77 • Pradel, David, Parigi: p. 20 • Prokschi, Werner, Monaco di Baviera: p. 26 • Reisch, Michael, Düsseldorf: p. 19 in basso a sinistra • Reuss, Wolfgang, Berlino: p. 30 • Richters, Christian, Münster: p. 155 in alto a destra • Roth, Lukas, Köln: p. 22 • Ruemenapf, Jan, Karlsruhe: p. 19 in alto a sinistra • Schenk & Campell, Lüen: p. 125 • Schittich, Christian, Monaco di Baviera: p. 36, 54, 153, 157 in basso a destra, 161 • Shinkenshiku–sha, Tokio: p. 152 al centro a sinistra, 155 in basso a destra, 156 • Spiluttini, Margherita, Vienna: p. 152 in basso a sinistra • Stadtbild; Petras, Christoph, Angermünde: p. 18 • Stadt Dessau, Untere Denkmalschutzbehörde; Peter Kühn, Dessau: p. 35 • Städtische Galerie im Lenbachhaus, Monaco di Baviera: p.17 • Steiner, Petra, Berlino: p. 120 –123 • Suzuki, Hisao, Barcellona: p. 57– 59 • Tate Photography; Leith, Markus, Londra 2002: p. 150 –151 • Trapp, Tobias, Oldenburg: p. 16 • van Viegen, Maarten, Maastricht: p. 13 • Wicky, Gaston, Zurigo: p. 21 • Wirtgen, Steffen, Radebeul: p. 24 in alto

Da pubblicazioni e riviste: • Bauwelt 31/32, 1997, p. 1761: p. 12, 2.3 • Byggekunst 2, 2002, p. 35: p. 12, 2.2

Fotografie introduttive in b/n: • P. 8; Hotel nell’exconvento di Santa Maria do Bouro, Braga, Portogallo; Eduardo Souto de Moura con Humberto Vieira, Oporto • P. 10; Centrale amministrativa della Münchener Rück, Monaco di Baviera; Baumschlager + Eberle, Vaduz • P. 22; Edificio per residenze e negozi a Colonia; Brandlhuber & Kniess, Köln • P. 28; Sede del Bauhaus a Dessau; Walter Gropius • P. 36; Centro commerciale e culturale nella ex fabbrica del Lingotto, Torino; Renzo Piano Building Workshop, Genova

Fotografia di copertina: Cortile interno del British Museum, Londra Architetti: Foster and Partners, Londra Foto: Christian Schittich

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