Il principio di uguaglianza come forma e come norma 9788869921773


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Il principio di uguaglianza come forma e come norma
 9788869921773

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I CLASSICI DELLA SOCIOLOGIA Collana diretta da A lessandro Ferrara

Niklas Luhmann

Il principio di uguaglianza come forma e come norma

A cura di Stefano Magnolo

ARMANDO EDITORE

LUHMANN, Niklas Il principio di uguaglianza come forma e come norma ; Intr. di Stefano M agnolo Roma: Armando,© 2017 80 p. ; 17 cm. (Classici di Sociologia) ISBN: 978-88-6992-177-3 1. Forma dell'uguaglianza 2. Uguaglianza come principio costituzionale 3. Principio di uguaglianza/ Divieto dell'arbitrio

CDD 300

Traduzione e cura di Stefano Magnolo Titolo originale: Der Gleichheitssatz als Form und als Norm, in «Archiv fiir Rechts- und Sozialphilosophie», 3, 1991, pp. 435-445 © 2017 Armando Armando s.r.l. Piazza della Radio, 14 - 00146 Rotna Direzione - Ufficio Sta1npa 06/ 5894525 Direzione editoriale e Redazione 06/ 5817245 An1ministrazione - Ufficio Abbonamenti 06/ 5806420 Fax 06/ 5818564 Internet: http://www.annando.it E-Mail: [email protected] ; [email protected] 02-04-067 I diritti di traduzione, di riproduzione e di adatta1nento, totale o parziale, con qualsiasi 1nezzo (con1presi i 1nicrofìhn e le copie fotostatiche), in lingua italian a, sono riservati p er tutti i P aesi. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei lin1iti del 15 °/o di ciascun volun1e/ fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del con1penso previsto dall'art. 68, com1na 4 , della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall'accordo stipulato tra SIAE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni a uso differente da quello personale potra1u10 avvenire, per un nun1ero di pagine non superiore al 15 % del presente volume/ fascicolo, solo a seguito di sp eci.fìca autorizzazione rilasciata da AIDRO, Via delle Erbe, n. 2, 20121 Milano, telefax 02 809506, e-n1ail [email protected]

Indice

Introduzione La forn1a dell'uguaglianza di Stefano Magnolo

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Il principio di uguaglianza come forma e come norma di Niklas Luhmann

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Nota bio-bibliografica

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Introduzione

La f orn1a dell'uguaglianza di Stefano Magnolo

Il principio di uguaglianza è vuoto di contenuto. Così Hans Kelsen, uno dei maggiori teorici del diritto del '900. Sappiamo bene con1e il positivismo formalistico di Kelsen non abbia simpatia per principi e valori. D'altra parte, nella lunga storia di riflessioni teoriche intorno all'idea di uguaglianza non sono n1ai mancate le critiche, sin da Platone e Aristotele. Una storia tormentata, è noto. Così anche la formulazione giuridica dell'uguaglianza come principio costituzionale ha dato vita ad ampi dibattiti sulla sua interpretazione e applicazione. In questo contributo, Luhmann non prende posizione in n1erito: tratta di una descrizione del concreto funzionamento del principio di uguaglianza, condotta in considerazione delle condizioni strutturali e semantiche complessive della società 7

Introduzione

moderna. La sua proposta teorica, tuttavia, non è affatto scontata. Nonostante la brevità del saggio che presentiamo, infatti, sono molti i motivi di interesse per una sua lettura, sia da parte di un pubblico attento alla produzione luhmanniana, sia per l'attualità del tema. Vediamo perché, nel dettaglio. Il contributo qui presentato in traduzione italiana è apparso in versione originale nel 1991 sull' «Archiv fiir Rechts- und Sozialphilosophie», con il titolo Der Gleichheitssatz als Form und als Norm 1 . Si tratta dell'unico contributo dell'autore tedesco dedicato esplicitan1ente al principio di uguaglianza, anche se è possibile leggere un' estesa trattazione del principio costituzionale nel testo dedicato ai diritti fondamentali, Grundrechte als Institution. Ein Beitrag zur politischen Soziologie, una delle prime n1onografie di Luhmann, pubblicata nel 1965 2 • Nella sua produzione complessiva, inoltre, riferimenti all'uguaglianza degni di nota sono presenti nel testo dedicato al sistema giuridico3 , l'ultimo della sua produzione ad occuparsene. 1

«ARSP», 3, 1991, pp. 435-445. 2 Berlino, Duncker & Humblot, 1965; trad. italiana I diritti fondamentali come istituzione, Bari, Dedalo, 2002. 3 Cfr. Niklas Luht11a1u1, Das Recht der Gesellscha/t, Francoforte, Suh rkainp, 1994, trad. italiana Il diritto della società, Torino, G iappichelli, 2012. 8

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Tuttavia, la questione dell'uguaglianza attraversa in qualche n1odo l'intera architettura teorica di Luhmann. In questo senso possiamo dire che la proposta presentata in questo contributo costituisce il punto di arrivo delle riflessioni sviluppate a partire dal testo sui diritti fondan1entali, a distanza di circa 25 anni e dopo la svolta autopoietica. Ed allo stesso tempo è il punto di partenza per una sua precisazione concettuale ed una trattazione più estesa in relazione al sistema giuridico nel testo del 1994. Luhn1ann, con1e al solito, arriva subito al punto: l'uguaglianza è, di per sé, una forma. Lo dice già il titolo. Ciò vale in generale, sul piano cognitivo. Inoltre, il fatto che esista una formulazione dell'uguaglianza come principio giuridico costituzionale conferisce a questa forma il suo carattere normativo. Non la si può più ignorare. Siamo fuori, evidentemente, dal mainstream . Ma andian10 con ordine. Arriviamo subito alle soglie della modernità, a quel n1omento di passaggio dalla concezione medievale a quella moderna di sovranità. E' qui secondo Luhmann che, in modo inavvertito, la dottrina platonico-aristotelica della giustizia "che si era vincolata al principio di uguaglianza" perde di significato. Si trattava dell'idea di una giustizia 9

Int roduzione

proporzionale, espressione dell'uguaglianza geometrica4. Ora invece è il problema dell'arbitrio ad avere la preminenza ed il principio di uguaglianza, corrispondentemente, viene interpretato come divieto dell' arbitrio5 •

Il diritto fondamentale di uguaglianza La concezione dogmatica e filosofica dei diritti fondamentali nel momento in cui Luhmann scrive una delle sue prime monografie è chiaramente orientata alla separazione concettuale tra

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È la fonnula del Gleiches zu Gleichem che corrisponde in lingua latina al più noto principio del suum cuique, che, sottolinea Luhn1ann, può avere senso solo "dal 1no1nento che ciò che spetta a ciascuno non è per ciascuno uguale": cfr. C.W Miiller, Gleiches zu Gleichem. Ein Prinzip /ruhgriechischen Denkens, Harrassowitz, Wiesbaden, 1965; N. Luhmann, Das Recht der Gesellschaft, cit., p. 224. Sulla polis, la detnocrazia e la concettualità ugualitaria nella Grecia classica, cfr. Ch. Meier, Entstehung des Begr~f/s «Demokratie», Francoforte, Suhrkamp, 1970; id. , La nascita della categoria del politico in Grecia, Bologna, il Mulino, 1988. 5 Cfr. in n1erito: S. Hohnes, J. Bodin, The Paradox o/ Sovereignty and the Privatization o/ Religion, in J.R. Pennock, J.W. Chapn1an (a cura di), Religion) M orality and the Law, New York, N.Y. University Press, 1988, pp. 5-45; N . Luhn1ann, Staat und Staatsriison im Ubergang van traditionaler H errschaft zu moderner Politik, in id., Gesellschaftsstruktur und Semantik 3, Wiesbaden, Verlag fiir Sozialwissenschaften, 2005. 10

Stefano Magno/o

stato e società6 . Anche questa concezione rivela la pren1inenza del problema dell'arbitrio, poiché concepisce come potenzialmente rischiosa quella separazione. E infatti i diritti fondamentali sono concepiti come limite al potere dello stato, che separandosi dalla società minaccerebbe in qualche modo i cittadini: "dietro la preoccupazione di limitare il potere dello stato si celava l'idea di una situazione di conflitto, di una contrapposizione netta d'interessi tra stato e cittadini". Ma Luhmann critica questo orientan1ento al conflitto, che rappresenterebbe solo un caso limite delle relazioni stato-società. Conseguentemente rifiuta questa concezione propriamente giusnaturalistica di tutto l'ordine giuridico la cui funzione era da rinvenire proprio nella con1posizione dei conflitti7 . Da parte sua, Luhmann contestualizza la lettura funzionalistica dei diritti fondan1entali 6

Sul ten1a, che è fonda1nentale per una con1prensione teorica del dibattito sulla struttura della società in senso n1odemo, cfr. N. Luhtnann, Die Unterscheidung von Staat und Gesellscha/t, in id., Soziologische Aufkliirung 4, Wiesbaden, Verlag fiir Sozialwissenchaften, 2005, pp. 69-76; E.-W Bockenforde (a cura di), Staat und Gesellscha/t, Darn1stadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1976. 7 I diritti fondamentali come istituzione, cit., p. 84. E aggiunge alla stessa pagina: "proprio perché può esser violata, la natura dell'uomo viene nonnativizzata, nei singoli aspetti, co1ne «inviolabile»". Anche le scienze dello spirito, affenna Luhn1a11n, riprendono questo orientamento, da parte loro, con la teoria del valore: cfr. ivi, pp. 79-98.

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Introduzione

riconosciuti dalla costituzione nell'ambito di una concezione con1plessiva della struttura della società moderna. Come al solito, lo stile della sua argon1entazione è stringente. Dopo aver rappresentato i problemi derivanti dalla interpretazione dogmatica dei diritti fondan1entali, rivela prontamente la sua conclusione: i diritti fondamentali, e fra questi naturalmente l'uguaglianza 8, sono una istituzione della società n1oderna, una sua conquista evolutiva con la funzione di mantenere stabile la forma della differenziazione primaria a fronte delle spinte de-differenzianti che provengono dal sisten1a politico9 • Oppure, altrimenti detto, una istituzione che si oppone alla n1onopolizzazione della comunicazione da parte del potere politico. 8

Il riferiinento è l'art. 3 della costituzione tedesca, dedicato,

come per la costituzione italiana, al principio di uguaglianza. Le fonnulazioni di questo principio sono sostanzialn1ente coincidenti in tutte le costituzioni deinocratiche moderne. 9 Cfr. N . Luhmann, I diritti/ondamentali come istituzione, cit., pp. 43-44; cfr. pp. 37-45, an che per il concetto di istituzione. Qui b asti osservare che tale in1postazione consente di travalicare la visione nonnativa di tali diritti, riconducendoli al con testo più ainpio delle asp ettative di co1nportan1ento, che f orinano la struttura dei sisteini sociali e ch e possono essere o 1neno giuridicizzate. Sulle aspettative di co1nportan1ento e la loro istituzionalizzazione, cfr. N. Luhi11ann, R echtssoziologie, Reinbek b ei H a1nburg, Rowohlt, 1972 (trad. it. Sociologia del diritto, Ro1na-Bari, Laterza 1977) e R. D e G iorgi, Wahrheit und Legitimation im Recht, Berlii10, Dun cker & Hu1n blot, 1980 (trad. it . Scienza del diritto e legittimazione, Lecce, Pensa Multin1edia, 1998).

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Il passo successivo è l'analisi, condotta per singoli diritti o gruppi di essi, dello specifico an1bito di svolgimento di quella funzione complessiva. Il capitolo dedicato all'uguaglianza davanti alla legge si intitola "Il fondamento delle decisioni dello stato". Il titolo lascia intuire come anche qui il problen1a di riferimento, per Luhmann, sia costituito dalla questione dell'arbitrio. In particolare, vediamo come l'uguaglianza si ponga contro il pericolo "che le decisioni dello stesso stato non corrispondano alle esigenze strutturali di un ordine differenziato" 10 . Siamo dunque fuori dalla interpretazione dogmatica dei diritti fondamentali, ancorata a quella fase storica di passaggio in cui essi nascono come reazione alla sovrapposizione fra strutture tradizionali e nuove en1ergenze d' ordine e alla separazione tra stato e società. Quelle nuove emergenze sono ormai già ampiamente dispiegate quando scrive Luhn1ann, anche se la sua elaborazione teorica è ancora acerba. La sua impostazione parte dalla constatazione dell'affermazione di un ordine sociale differenziato in sisten1i 10

Ivi, p. 245. Anche per Luhn1a11n, in qualche 1nodo, il potere politico rappresenta "il problen1a". Tuttavia, la sua lettura si fonda su una differente concezione del diritto, del potere, di tutta la società, e dunque anche del rapporto stato-società, secondo la quale il proble1na del potere viene trattato dal punto di vista con1unicativo, così c01ne anche la funzione dei diritti fondan1entali.

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Introduzione

di funzione. Tra questi, il sistema politico ha la funzione di prendere decisioni collettivamente ' vincolanti. E proprio questa funzione che porta con sé il pericolo anzidetto. Ed è quindi rispetto a questo pericolo che va individuata in generale la funzione dei diritti fondamentali, come tesa a contrastare le spinte alla dedifferenziazione provenienti dal sistema politico, e in particolare la funzione del principio di uguaglianza. L'uguaglianza, secondo Luhn1ann, non può essere considerata una pretesa soggettiva nei confronti dello stato, in quanto la sua è una funziona di "generalizzazione del diritto oggettivo". Allora "il principio di uguaglianza, naturaln1ente, non dice che tutti devono avere gli stessi diritti [ ... ],ma che l'ordine giuridico di una società differenziata dev' essere generalizzato secondo determinate esigenze strutturali". Queste esigenze si evidenziano come necessità della detemporalizzazione del diritto, e cioè come validità del diritto nonostante la sua continua n1utabilità e, nella din1ensione materiale e sociale, come necessità di dare forma generale e astratta alle norn1e 11 .

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Ivi, p. 247.

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Giudice o legislatore? La questione relativa a chi sia indirizzato primarian1ente il principio di uguaglianza, se al giudice o al legislatore, viene posta continuan1ente nella n1onografia del 1965. Il testo qui tradotto, come anche la monografia dedicata al sistema giuridico, ne parla quasi esclusivamente in relazione al sisten1a giuridico, mentre l'uguaglianza è praticamente scomparsa nel testo dedicato al sistema politico12 . In effetti, nel nostro testo è proprio la routine del sisten1a giuridico ad essere presa in conside. . .. razione, mentre resta con1e questione squisitan1ente politica quella del divieto dell'arbitrio. In ogni caso quest'ultimo viene interpretato sempre come divieto di distinzioni arbitrarie o, detto altrin1enti, come necessità di fornire una n1otivazione sufficiente per la disuguaglianza, una giustificazione ragionevole 13 . Saremmo quasi tentati di vedere sviluppati nei due testi due differenti 12

Cfr. N. Luhmann, Die Politik der Gesellscha/t, Francoforte, Suhrkan1p, 2000, per esempio: p. 357. 13 Che sia la disuguaglianza e non l'uguaglianza a necessitare di w1a giustificazione non è affatto scontato. E infatti, per poter funzionare l'uguaglianza ha bisogno del correttivo dell'equità, diversamente la sua applicazione rigida finirebbe per ottenere l'effetto contrario. Su questa ten1atica, cfr. R. De Giorgi, Modelli giuridici de!Fuguaglianza e delF equità, in «Sociologia del diritto», 1 (1991), pp. 19-33.

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Int roduzione

profili del principio di uguaglianza. In effetti il testo del 1965 illustra le motivazioni alla base della scelta di considerare il principio di uguaglianza come rivolto al legislatore e non al giudice, proprio in quanto riconosce che tradizionalmente si considera il principio riferito alla motivazione delle decisioni giuridiche. Sarebbe "proprio lo svuotamento del principio di uguaglianza, il fatto che non contenga alcuna indicazione di cosa si debba trattare come uguale o come disuguale" ad attribuirgli la sua funzione specifica: "richiedere una n1otivazione sufficiente per ogni trattan1ento disuguale" . E però sen1bra anche contraddirsi laddove affern1a che "nella prospettiva tradizionale e in quella qui proposta, il principio di uguaglianza si riferisce alla n1otivazione delle decisioni giuridiche" 14 . In realtà Luhmann inverte la prospettiva tradizionale: se solo la dichiarazione di disuguaglianza necessita di un fondamento e non anche la dichiarazione di uguaglianza, allora solo il legislatore sarebbe soggetto a questo obbligo, in quanto l'attività di produzione delle decisioni (giuridiche) si svolge secondo progran1mi che ne garantiscono la correttezza. Vale la pena riportare il suo pensiero con le sue parole: 14

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N . Luhinann, Grundrechte als Institution, cit., p. 253.

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una ponderazione dei motivi esiste, dunque, solo in riferimento ad un agire non-progra1nmato o per componenti della decisione indipendenti dal progra1n1na, vale a dire, da un punto di vista istituzionale, per la legislazione e nell'ambito della discrezionalità a1n1ninistrativa. Per le normali "difficoltà di fonda1nento" delle decisioni giuridiche, in realtà, non si tratta di ponderare i 1notivi, bensì di affrontare le difficoltà d'interpretazione del ptogtam1na - cosa che è già evidente nell'itnpossibilità di argomentare attraverso la considerazione delle nude conseguenze della decisione 15 .

L'impressione è che la questione venga chiarita fino in fondo solo quando si prende in considerazione anche il testo del 1994 dedicato al sistema giuridico. Infatti, pur nominando esplicitamente le figure del giudice e del legislatore, non sembra esservi ancora nel testo del 1965 una comprensione del diritto come sistema funzionalmente differenziato. Sembrerebbe invece trattarsi, a proposito delle due figure, di due posizioni all'interno di un unico sistema che a sua volta si presenta differenziato internamente in politica e amn1inistrazione dello stato di diritto e dove l'uguaglianza diventa il principio strutturale dell'ordine 15

Ivi, p. 254.

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Introduzione

decisionale dello stato. Anche le ultime affermazioni di Luhmann che abbiamo riportato sembrano negare quella differenziazione tra politica e diritto che è tipica, con1e vedremo più avanti, della forma di differenziazione moderna. In ogni caso, le differenze tra quel testo e il nostro sono troppo profonde per poter proseguire efficacemente il confronto. Di cosa si tratta allora? Il punto è la distinzione formale/materiale oppure la questione si gioca relativamente ai progran1mi del sisten1a giuridico? Forse la via d'uscita va cercata attraverso la compatibilità tra l'interpretazione del principio di uguaglianza come forma-a-duelati, la teoria dei sistemi auto poietici e la forma di differenziazione. Tentiamo questa via e, a tal fine, prima di occuparci specificamente dell'uguaglianza in relazione al funzionamento del sistema giuridico, occorre dire qualcos'altro.

Inclusione ed esclusione La teoria della società è giunta col tempo ad un livello di con1plessità e raffinatezza teorica molto superiore a quelli espressi nei prin1i testi della produzione luhmanniana. Il testo del 1965 al quale ci siamo riferiti è, come affern1ato inizial18

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n1ente, solo un prin10 passo in quella direzione. Un prin10 passo per la teorizzazione della funzione dell'uguaglianza nella società moderna e, allo stesso ten1po, un primo passo nella direzione della costruzione di una teoria della società moderna. Un punto decisivo rispetto a questi primi passi è costituito dalla svolta autopoietica degli anni '80 16 . Qui Luhmann pone le basi per la costruzione della versione definitiva della sua teoria dei sistemi sociali: l' autopoiesi, la chiusura operativa, gli accoppiamenti strutturali, concetti derivati dalla biologia di Maturana e poi il costruttivismo, la cibernetica di von F oerster, il calcolo logico di Spencer Brown, la teoria dell'informazione e della con1unicazione. Nel testo sull'uguaglianza del 1991 c'era già tutto questo, anche se traspare solo in parte la portata complessiva delle sue implicazioni teoriche. E' soprattutto (e non solo) la logica delle forn1e l'innovazione teorica che articola la tesi principale in relazione all'interpretazione del principio di uguaglianza. La vedren10 n1eglio successivan1ente. Qui va illustrata un'altra particolarità. Vogliamo essere chiari: non esiste 16

Il testo fondan1entale è Saziale Systeme. Grundrzfl einer allgemeinen Theorie, Francoforte, Suhrkan1p, 1984 (trad . it. Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale, Bologna, il Mulino, 1990).

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Introduzione

un ordine logico nella successione dei concetti della teoria. La sua architettura è circolare e non lineare. Come la società moderna direbbe Luhmn1an: la teoria è la società; o meglio: la società della società 17 . Così, i continui rimandi, regressi e spostamenti sono un riflesso del fatto che occorrerebbe procedere su più piani paralleli per dar conto della complessità della costruzione teorica luhn1anniana. L'ordine del testo scritto costringe alla con-fusione. Al tempo stesso, va chiarito, il nostro non è uno sforzo di compilazione esaustiva. Piuttosto, riteniamo che l'uguaglianza abbia un posto del tutto peculiare all'interno della teoria e che questo rilievo rischi di perdersi tra la quantità di riferin1enti offerti da Luhmann con una stringatezza dovuta anche alla estren1a brevità del saggio. Questa rilevanza, d'altra parte, non le pertiene "solo" come riflesso della sua importanza sociale. In altre parole, come speriamo si evinca dalla nostra presentazione, sono senz'altro le proprietà logiche dell'uguaglianza come forma a costituire la novità della proposta interpretativa. Tuttavia, per comprenderne appieno la portata, 17

Si veda, per la con1ponente autologica, N. Luh1nann, Die Gesellschaft der Gesellschaft, Francoforte, Suhrkrunp, 1997, cap. V, pp. 866-1149; id. Introduzione alla teoria della società, Lecce, Pensa Multin1edia, 2014, cap. V, pp. 237-273. 20

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queste proprietà vanno combinate con un inquadran1ento dell'inclusione nel sistema giuridico e, in generale, nella società in grado di dar conto dell'in1portanza del decidere e della produzione delle differenze. L'uguaglianza è effettivamente alla base dell' articolazione della struttura sociale moderna, della differenziazione sociale tipica della modernità18 . Un' affern1azione che va ben constestualizzata nell'ambito della costruzione luhn1anniana. Diren10 quindi che l'uguaglianza caratterizza la forma della differenziazione tipica della modernità in quanto le relazioni tra i sottosistemi non sono più rette da un ordine gerarchico, ma eterarchico. A ciò va però aggiunto il fatto che la stessa appartenenza ai sottosisten1i è regolata in base all'inclusione universale. Ciò che nell'ordine antico era regolato in modo esclusivo diventa ora accessibile a tutti. La nascita, e dunque la famiglia di origine non costituiscono più il criterio di appartenenza ai sottosisten1i e di attribuzione della dignità sociale: in linea di principio, tutti sono ugualmente inclusi in tutti i sottosisten1i della società n1oderna. Qui rileviamo già una questione che una certa sociologia politica aveva sollevato e che riprenderemo 18 Cfr.

N. Luhn1ann e R. De Giorgi, Teoria della società, Milano, FrancoAngeli, 1992, pp. 290-316.

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Introduzione

più avanti; ci riferiamo alla constatazione che l'uguaglianza tra strati, sistemi, ceti o Sta'nde, che dir si voglia, non rappresenta di per sé alcun ordine19. L'uguaglianza diventa un'idea politica nel XVIII secolo, ciò significa che da quel momento le disuguaglianze sociali esistenti vengono considerate ingiuste e che il loro superan1ento diventa un obiettivo da raggiungere con la pianificazione politica20. Rispetto all'universo della disuguaglianza, della stratificazione, ordinato secondo precise gerarchie, tuttavia, l'uguaglianza non fornisce alcun criterio ordinatore e dubitiamo anche del fatto che possa essere un obiettivo realizzabile. Può dunque bastare la sola uguaglianza? La fine di quel secolo vede già le prime codificazioni del principio di uguaglianza. Il secolo successivo abbian10 visto essere il secolo dei diritti fondamentali e della separazione concettuale tra stato e società. Orn1ai ci sian10. Ma cosa sta succedendo?

19

Cfr., ad esen1pio, S. Landshut, Zum Begrzff und Gegenstand der Politischen Soziologie, «Kolner Zeitschrift fiir Soziologie und Sozialpsychologie», 8 (1956), pp. 410-414. Le affern1azioni della sociologia politica in n1erito al fatto che l'uguaglianza, di per sé, non rappresenti un ordine, in fondo sono in linea con l' affern1azione di Hans Kelsen in n1erito alla vuotezza del principio di uguaglianza: esso non fornisce indicazioni operative. 2 Cfr. R. Koselleck, Futuro passato, Genova, Marietti, 1986.

°

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Il soggetto Nella evoluzione sociale che ha portato ali' affermazione della forn1a di differenziazione moderna la figura giuridica del soggetto ha un ruolo centrale. Il soggetto uguale delle codificazioni, insieme al diritto fondamentale di uguaglianza delle costituzioni moderne sono allo stesso tempo una reazione ai mutamenti strutturali in atto, una conseguenza dei rivolgimenti sociali conclusisi con le rivoluzioni e il presupposto per la costruzione di un nuovo ordine strutturale. Una figura generale e astratta che prendesse il posto dei soggetti concreti precedenten1ente individuati dalle norme come destinatari, distinti in base a caratteristiche personali e sociali (età, sesso, situazione economica, status civile, collocazione sociale, ecc.). Anche la costituzione "riduce il soggetto all'uomo" ignorando molti status soggettivi distinti21 . Tale dequalificazione 21

Cfr. G. Tarello, Storia della cultura giuridica moderna, Bologna, il Mulino, 2003, pp. 15-42. A proposito di un'altra condizione che concerneva l'abrogazione del diritto precedente e il divieto di eterointegrazione, Tarello nota con1e "la codificazione poté svilupparsi su queste linee nella 1nisura in cui i legislatori erano disposti ad accogliere alcune idee dell'Illun1inisn10, quali quella secondo cui la legge deve essere espressione di una ragione che i diritti storici non espri1nevano, e quella della subordinazione del giudice alla legge e della separazione del legislativo dal giudiziario": ivi, p. 3 7. Su queste ulti1ne avremo occasione di tornare più avanti.

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Introduzione

del soggetto è il principio che assicura la ristrutturazione in senso universale e non esclusivo della inclusione, dell'accesso ai singoli sistemi di funzione. E infatti, il soggetto non è solo una figura giuridica. Il nostro discorso sulla differenziazione funzionale e sulla logica dell'inclusione si intreccia dunque con !'"invenzione" del soggetto n1oderno. Il risultato di queste trasforn1azioni può essere descritto anche da un altro punto di vista che ci consente di introdurre un altro elemento di raccordo come le argomentazioni precedenti. Infatti, con le parole di Luhn1ann, è possibile affermare che "dal punto di vista semantico ciò significa il fallin1ento della referenza esternalizzante alla «natura»" 22 . Questa referenza era fondamentale in epoche precedenti dove la forma della differenziazione costituiva la rappresentazione della gerarchia dell'ordine cosn1ico e l'inclusione nei sottosisten1i si articolava in base a referenze esterne rispetto alla società. Si trattava di referenze naturali, appunto, quali la nascita, l'appartenenza f an1iliare. Da queste eteroreferenze discendeva l'appartenenza esclusiva alla nobiltà o al popolo comune. La forma strutturale 22

Sul concetto di natura in relazione all'universo giuridico, cfr. M. Bretone, I fondamenti del diritto romano. La natura e le cose, Ron1a-Bari, Laterza, 1998; A. Schiavone, Ius. I:invenzione del diritto in Occidente, Torino, Einaudi, 2005.

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n1oderna rinuncia a tutto questo: rinuncia a fissare centraln1ente e una volta per tutte le appartenenze e le relazioni. In altre parole, sostituisce le eteroreferenze con1e principio di costruzione dei sottosistemi con referenze sociali, con autoreferenze: non più la nascita, la famiglia, e dunque le differenze di rango, ma le funzioni di an1biti della comunicazione sociale, senza alcuna differenza di importanza fra loro. In questo modo la società moderna rinuncia sia a definire centralmente i rapporti tra i sottosistemi in quanto sono strutturati eterarchican1ente e, con1e abbian10 visto, attraverso la figura del soggetto giuridico, generale ed astratto, rinuncia anche a regolare centralmente le inclusioni, poiché è possibile presupporre una inclusione universale e non esclusiva in tutti i sottosisten1i della società n1oderna. Tuttavia il fallimento di questa referenza esternalizzante alla natura non trova un sostituto corrispondente nel nuovo ordine strutturale. Manca infatti una regolazione centralizzata dell'accesso e delle dinamiche di inclusione ed esclusione. Ciò significa, come evidenzia Luhn1ann, che la regolazione di queste dinamiche deve essere lasciata ai singoli contesti decisionali di ciascun sottosistema. Impossibilità di presupporre una detern1inazione ontologica della differenza vuol dire, con le parole di Luhmann, che "l'origine della differenza, allora, 25

Introduzione

deve essere definita nel sistema che usa la differenza, nel diritto come nel sapere" 23 . Questo è il senso da attribuire alla vuotezza di valori e principi24 : le soluzioni, le scelte, le decisioni, le discriminazioni, in altre parole: le differenze (distinzioni, disuguaglianze!) sono prodotte dal normale funzionan1ento dei sisten1i di funzione sulla base dei rispettivi codici e sulla base di criteri che non possono essere rinvenuti ali' esterno, né sono fissati centraln1ente e una volta per tutte, ma devono essere rintracciati, di volta in volta, internan1ente.

La costituzione Giudice, legislatore o entrambi? Vediamo in che senso. Lo stesso Luhmann, d'altra parte, proprio in chiusura dice esplicitamente che "i principi di uguaglianza delle costituzioni scritte sono indirizzati, però, proprio al legislatore". E infatti è indubitabile che l'articolo delle costituzioni moderne dedicato al principio di uguaglianza si rivolga al legislatore. Con la costituzione, tutta la legislazione deve attraversare il filtro del controllo di legitti23

Infra, p. 44. 24 Cfr. G. Corsi, Valores y derechos /undamentales en perspectiva sociol6gica, in «Metapolitica», 5 (2001), pp. 159-169.

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n1ità delle leggi introdotto da quella (bizzarra) acquisizione n1oderna che chiamiamo costituzione25 . Attraverso la costituzione, infatti, alla linearità del rapporto tra potere e diritto secondo la teoria discendente del potere26 del giusnaturalismo veteroeuropeo si sostituisce la circolarità del rapporto tra politica e diritto. Lo schema lineare prevedeva che la legittimità del potere che pone il diritto derivasse da Dio (natura) e che tale legittimità si trasmettesse anche al diritto. Un diritto che, in base a questa legittimità, appariva come eterno e in1mutabile. La costituzione scritta, invece, fa sì che a questa catena della legittin1ità subentri un rapporto circolare in base al quale il potere (il sistema politico) che pone il diritto (già sappiamo che il giudice è subordinato alla legge) si sotton1ette al diritto attraverso il controllo di costituzionalità delle leggi da parte della corte costituzionale27 . Ma ciò non è affatto scontato. Con1e non lo è l'idea che da questo mon1ento il diritto valido sia solo quello scritto nei 25

N. Luhn1ann, La costituzione come acquisizione evolutiva, in G. Zagrebelsky, P.P. Portinaro, J. Luther (a cura di), Il futuro della costituzione, Torino, Einaudi, pp. 83-127. 26 Cfr. R.W e A.J. Carlyle, Il pensiero politico medievale, Ron1a-Bari, Laterza, 1974; P. Grossi, !;ordine giuridico medievale, Ron1a-Bari, Laterza, 1995; W Ulln1ann, Individuo e società nel Medioevo, Ro1na-Bari, Laterza, 1995. 27 Cfr., fra gli altri, C. Rossano, I:eguaglianza giuridica nelFordinamento costituzionale, Napoli, Jovene, 1966.

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Introduzione

codici e che quest'ultimo possa essere continuan1ente prodotto e trasformato secondo le procedure previste dalla costituzione, facendo così venire n1eno il carattere di eternità ed in1mutabilità del diritto28 • E infatti, se le prime costituzioni scritte risalgono al periodo tra la fine del '7 00 e gli inizi dell' 800, basta guardare al secolo XIX per vedere la scienza giuridica abbandonare del tutto le discussioni sul giusnaturalisn10 e dedicarsi al tentativo di trovare un fondan1ento per un diritto che reclama validità nonostante la sua contingenza29. Ma non era l'unico problema. Se guardiamo al caso italiano vediamo con1e alla costituzione democratica non corrisponde una piena consapevolezza della sua novità. Infatti, entrata 28

"Nel siste111a giuridico il passo decisivo nel senso dell'evoluzione è nella totale positivizzazione del diritto, pratican1ente nella sostituzione della distinzione diritto naturale/diritto positivo, con la distinzione diritto costituzionale/legge ordinaria, avvenuta alla fine del Settecento. Ciò fa sì che il diritto venga osservato tenendo presente la questione quanto sia stato deciso e c0111e si decida. L'interpretazione e la prognosi sono forn1e della produzione di testi da testi, e pertanto forn1e dell'osservazione di secondo ordine. Questo non conduce affatto all'arbitrio, con1e sostiene la critica del decisionisn10, n1a di nuovo ad autolitnitazione. Infatti l'arbitrio non potrebbe essere né interpretato né previsto": N. Luhtnann, Osservazioni sul moderno, Arn1ando, Ron1a, 1995, p. 77. 29 La soluzione, più tarda, fu che il diritto è valido perché è contingente: cfr. R. De Giorgi, Scienza del diritto e legittimazione, Clt.

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in vigore nel 1948, si dovrà aspettare il 1955 per l'istituzione della corte costituzionale, pur già prevista nel testo del 1948. Nel frattempo, si dibatteva sul senso da attribuire ai diritti fondan1entali della costituzione30. È infatti solo con il controllo di costituzionalità delle leggi che la costituzione può assolvere la sua funzione. Solo così si chiude il cerchio che consente di risolvere il problema dell'arbitrio. E' solo in questo modo che la costituzione può fungere da accoppian1ento strutturale tra politica e diritto. Ed è attraverso questa funzione di raccordo che essa afferma la diversità di ciò che unisce. Il fatto che la costituzione sia un documento giuridico e politico allo stesso tempo non significa che esista un unico sisten1a giuridico-politico. Proprio la previsione del controllo mette in moto il meccanismo complesso del diritto e del potere democratico: un sistema politico e un sisten1a giuridico con funzioni distinte, organizzazioni e procedimenti distinti, razionalità distinte31 . Da ultin10: codici e progran1mi distinti. In un altro senso lo avevamo già visto espresso nelle

°Cfr., tra gli altri, V. Colorni, l.;uguaglianza come limite della

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legge nel diritto intermedio e moderno, Giuffrè, Milano 1976; A. Cerri, I_;eguaglianza nella giurisprudenza della corte costituzionale, Milano, Giuffrè, 1976; C. Rossano, op. cit. 31 Cfr. diffusan1ente N. Luhn1ann, Die A usdi/ferenzierung des Rechts, Francoforte, Suhrkan1p, 1981 (trad. it. La differenziazione del diritto, Bologna, il Mulino, 1990); id. Das R echt der Gesellscha/t , cit.

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Introduzione

parole di Tarello come l'idea illuministica della separazione del legislativo dal giudiziario. Allo stesso n1odo anche la subordinazione del giudice alla legge va nella stessa direzione e costituisce il presupposto per l'attivazione di quel controllo.

La/orma delFuguaglianza La nostra filosofia del diritto ha tradizionaln1ente omesso di tracciare alcuna linea netta di de1narcazione tra il principio

for1nale di uguaglianza e i motivi della decisione giuridica. Considera il principio di uguaglianza, inteso come interpretazione della giustizia, al te1npo stesso norma centrale della fondazione etico-giuridica: tale fusione ha resistito fino ad oggi come creazione non certo involontaria della retorica sofistica. Perciò abbiamo una tradizione etica del diritto. Ma, poiché la filosofia del diritto presupponeva nella nor1na di uguaglianza finanche un fondamento del diritto [...], si è cacciata da sola in gravi difficoltà, la cui disa1nina costitu isce il patriinonio fonda1nentale della sua feconda tradizione letteraria32 . 32 N. Luhn1a1u1, Grundrechte als Instztution , cit. , p. 256. Questa

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Questa tradizione ha fornito la base per l' interpretazione della giustizia con1e uguaglianza secondo la regola di trattare casi uguali in modo uguale e casi disuguali in modo disuguale. D'altra parte il Comn1on Law aveva rappresentato se stesso come unità di ragione e storia - e non senza ragione, dice Luhmann - proprio sulla base di una "continuità storica del decidere", e cioè sulla base dell'esistenza, da sempre, di una tradizione di decisioni giuridiche che hanno distinto tra un trattamento uguale e un trattan1ento disuguale dei casi. C'è quindi già, da sempre potremmo dire, una prassi concreta di applicazione dello schen1a uguale/disuguale alla quale il giudice deve attenersi: "la «ragione» di questa prassi", afferma Luhn1ann, esaltazione dell'uguaglianza rispetto alla disuguaglianza, secondo Lulu11a1u1, pone un proble111a: "la giustizia, interpretata con1e uguaglianza, traccia un linute di principio alla specificazione e all'individualizzazione del diritto, laddove sarebbe necessario distinguere diversi tipi di giustizia oppure chian1are in can1po il principio contrapposto dell'equità concreta": ibidem. È proprio per superare questo problen1a che si è ricorsi al principio di equità prii11a e di ragionevolezza poi. Liquidian10 rapidan1ente, sulla base delle arg0111entazioni di Lulu11a1u1, una questione sulla quale si è 111olto discusso: cfr. R. De Giorgi, Modelli giuridici delPuguaglianza e del!'equità, cit.; A. Cerri, voce Ragionevolezza delle leggi, ii1 Enciclopedia giuridica, Roma, Treccani, 1994, XXV, pp. 1-27. D'altra parte, proprio il riconosci111ento del fatto che, con1e affenna Cerri, una norma giuridica debba necessarian1ente fare w1a differenza, rientra nella proble111atica 111odema di applicazione dell'uguaglia11za e del prii1cipio di ragionevolezza. Sui precedenti storici della ratio della aequitas nell'attività degli interpreti, cfr. P. Grossi, op. cit.

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"sta nell'applicazione della forma-a-due-lati uguale/disuguale, cosa che ha reso possibile, con1e mostra l'esperienza, una combinazione continuamente rinnovata di continuità e innovazione"33 . Uguaglianza non solo dei casi giuridici, ma anche degli uomini davanti allo stato è la pretesa rivoluzionaria. Accanto a quella prassi del Common Law, vi è anche una tradizione etica del diritto che interpreta la giustizia come trattamento uguale dei casi uguali e disuguale dei casi disuguali, quando interviene la rivendicazione politica dell'uguaglianza degli uomini34 • È il testo più recente a chiudere la questione, a chiarire la compresenza (e la differenza) nella contemporaneità di un uso politico e un uso giuridico, di una pretesa politica di trattamento uguale degli uomini e una pretesa giuridica di trattamento uguale dei casi35 . 33

N. Luh1nann, Das Recht der Gesellscha/t, cit., p. 113. Qui Luhn1ann traccia un parallelo con il giusnaturalisn10 1noderno che si era rivolto alla ragione per rinvenire i criteri necessari all'utilizzo dello schen1a uguale/disuguale e in questo n1odo, dice Luhn1ann, finisce per scontrarsi con "l'indetern1it1atezza e l'i1nproduttività interpretativa dei principi, attribuendo così al legislatore il carico della codificazione e della innovazione": ivi, p. 114. 34 Sull'idea di uguaglianza nella filosofia politica cfr., soprattutto, S.A. Lakoff, Equality in Politica! Philosophy, Cainbridge (Massachusetts), Harvard University Press, 1964. 35 Cfr. N. Luhn1ann, Das Recht der Gesellscha/t, cit., p. 113.

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Come si può vedere, il Common Law elude la nostra questione: giudice o legislatore? per diventare paradigmatico del funzionamento della forma dell'uguaglianza: come è possibile notate soprattutto nel Co1n1non Law anglosassone, la continua biforcazione fra trattamento uguale e ttatta1nento disuguale dei casi giuridici è un procedimento di costruzione della complessità che si basa su continui, ripetuti esami del senso delle regole sulla scorta della particolarità dei casi36 .

Dal punto di vista della teoria della differenziazione sociale che abbiamo richiamato, dei sisten1i autopoietici e dell'uguaglianza come forma-a-duelati, la questione può essere riformulata come segue: l'uguaglianza è uno schen1a (forma) di osservazione! E come forma ha sen1pre funzionato. Mentre nelle società stratificate la forma dell'uguaglianza funziona nel senso che sono le disuguaglianze di rango a giustificare il trattamento disuguale, nella società funzionalmente differenziata ca1nbia solo il punto di riferimento: l'uguaglianza è ora ciò che deve essete trattato come disuguale 36

Cfr. infra p . 62.

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Introduzione

nell'operare interno dei sistemi di funzione, affinché questi possano ade1npiere la loro funzione. Solo che adesso la for1na dell'uguaglianza non significa più riconoscere gli esseri secondo somiglianze e diversità, bensì dinamizzazione del sistema co1nplessivo attraverso la continua ripetizione della questione se qualcosa sia uguale o disuguale37 .

Si tratta della chiusura operativa del sisten1a: "ciò che dobbiamo accettare", afferma Luhn1ann, "è la interconnessione ricorsiva nello stesso sistema di decisioni precedenti con decisioni successive"38 . Se ci riferian10 al codice ragione/ torto, esso ha la funzione di demarcare i confini del sistema rispetto ali' an1biente attraverso la caratterizzazione delle operazioni con1unicative che permettono la riproduzione autopoietica del sisten1a del diritto. Il codice non contiene in sé, come tutti i codici, i criteri di assegnazione dei suoi valori. Oltre al codice servono dunque ulteriori istruzioni per l'assegnazione di questi. Nel sistema del diritto questa assegnazione diventa possibile solo attraverso il confronto con le decisioni precedenti e con future possibilità di decidere ed è quindi 37

N. Lulunann, Das Recht der Gesellscha/t, cit., p. 112. 38 Cfr. ivi, p. 114.

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proprio la forn1a-a-due-lati dell'uguaglianza a fare da guida. E cioè: "nel decidere se casi diversi devono essere trattati con1e uguali o disuguali ci si deve attenere solo a distinzioni generate internan1ente. [ ... ]. Lo schema di osservazione uguale/ disuguale", conclude Luhmann, è uno sche1na universale e altamente specifìco, a differenza del semplice riconoscilnento delle diversità. Esso mette llì moto la storia del siste1na e in questo 1nodo conduce alla fissazione (e 1nodifìca) di criteri che valgono solo per il siste1na, il quale articola le proprie decisioni in modo corrispondente39 .

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Ivi, pp. 114-15. Parlia1110 della differenza tra codici e progran1111i. Costanti i pruni, contingenti i secondi. E ritornian10 quindi, con la fonna dell'uguaglianza all'it1terno del sisten1a giuridico, alla giustizia, che qui rappresenta la forn1ula di contingenza e la condensazione del progra1n1na del siste1na: cfr. pp. 165-213 e 214-238. Tutti i bra11i citati in italiano dal testo Das Recht der Gesellschaft sono tradotti da me.

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N IKLAS LUHMANN Il principio di uguaglianza come /orma e come norma

I Con la scomparsa di essenze e nature, di specie e di generi, anche l'idea di uguaglianza è divenuta problematica e bisognosa di interpretazione. Il diritto naturale e la scienza della natura vetero-europee avevano preso le mosse dal fatto che le cose (gli esseri viventi, inclusi gli uomini) si distinguono in base alla loro natura e in1pressionano corrispondentemente chi le osserva. In questo contesto, gli uon1ini (distinti dagli altri esseri viventi) venivano considerati uguali. La storia della loro vita sociale venne raccontata come storia naturale della sostituzione di questa uguaglianza con la differenza tra uguaglianza e disuguaglianza1 . In quanto esseri 1

Questo processo naturale di sostituzione dell'uguaglianza con la distinzione uguaglianza/disuguaglianza rende ora necessario il diritto. In Montesquieu (De t esprit des Lois, VIII, III, cit. dalla edizione Classiques Garnier, Parigi, 1949, vol. 1, p. 121) si legge: "Dans Fétat de nature) les hommes naissent bien dans Fégaliti· mais

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Il principio di uguaglianza come /orma e come norma

civilizzati, che esercitano l'attività economica secondo la divisione del lavoro, gli uomini sono adesso disuguali in relazione alla proprietà e uguali come contraenti2 , cosa che comprendeva anche l'uguaglianza nella conclusione del contratto sociale. La società civile non può rinunciare alla disuguaglianza nella distribuzione della proprietà, n1a ancor meno può per questo n1ettere in dubbio la validità dei contratti. Ancora nel XVIII secolo questa versione rappresenta il racconto standard della storia della società. Per cause che qui non devono essere discusse, le cosn1ologie di questo tipo si sono dissolte, lasciando insoluta la questione relativa a cosa venga "costruito" come uguale o disuguale. Ciò ha portato a supporre che possa avvenire in modo "discrezionale", che presupponga solo un punto di vista per il confronto da detern1inare di volta in volta. ils n)y sauraient rester. Ùl société la leur /ait perdre) et ils ne reviennent égaux que par les lois" [in francese nell'originale: N.d.T.]. 2 A tal proposito, così si esprin1e Hugo Grotius: "In contractibus natura aequalitatem imperat", in De jure belli ac pacis libri tres, citato dall'edizione di An1sterdan1, 1720, p. 373. Cfr., per ulteriori indicazioni sul ten1a, O. Dann, Gleichheit, in O. Brunner, W. Conze e R. Koselleck (a cura di), Geschichtliche Grundbegrz//e. Historisches Lexikon zur politisch-sozialen Sprache in Deutschland, vol. 2, Stoccarda, Klett-Cotta, 1975, pp. 9971046 (1010).

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Quando viene a mancare il vantaggio rappresentato dalle qualità sensibili delle cose, ogni distinguere dovrebbe essere concepito come prestazione fondativa di un "soggetto" e i "soggetti" sono "liberi", nell' an1bito dei loro limiti trascendentali, di ideare il loro mondo. Forse questo an1biguo orizzonte congetturale ha influenzato l'interpretazione del principio di uguaglianza, o forse no. In ogni caso colpisce il fatto che nella tradizione dello stato di diritto sin dal passaggio dalla concezione n1edievale a quella n1oderna di sovranità, il "problen1a dell'arbitrio" si trovi molto in alto nella scala delle priorità, se non addirittura al primo posto, e venga considerato come il problema fondan1entale dell' ordinamento giuridico e statale. I "constraints" trascendentali non sono di n1olto aiuto, poiché non voglian10 certo saperci governati da siffatte condizioni, sia che operino nella coscienza di un monarca oppure di un rappresentate del popolo su base partitica. Le evidenti contingenze delle decisioni politiche governano il parlamento e appare difficile trovare una formula di principio diversa dalla contingenza del decidere e dalla positività (mutabilità) di tutti i risultati. Tutti gli espedienti adottati di recente - che si tratti di 41

Il principio di uguaglianza come /orma e come norma

valori n1ateriali, di principi o "aspirazioni" morali3, o di "procedin1entalizzazioni" 4 - partivano dalla preordinazione logica del problema delF arbitrio. Il fatto che con ciò la dottrina platonicoaristotelica della giustizia, che si era vincolata al principio di uguaglianza, fosse diventata obsoleta nelle sue premesse, tuttavia, non veniva notato. Attualmente la discussione è piuttosto confusa e anche perciò si ripete ogni volta con tentativi di valorizzare criteri materiali anziché solo forn1ali. La soluzione per così dire ufficiale di questo problema si avvale del principio di uguaglianza e lo interpreta come divieto dell' arbitrio5 . Il resto, 3

Nella tern1inologia cli M. Perry, Morality) Politics) and Law, Londra et al., Oxford University Press, 1988, p. 121 e ss. Altre fonnulazioni n1olto prossin1e sarebbero: "constitutional 1norality" (R. Dworkin, Taking Rights Seriously, Londra, Duckworth, 1978; trad. it. I diritti presi sul serio, Bologna, il Mulino, 1982) oppure "institutional n1orality" (N. MacConnick, Institutional Morality and the Constitution, in N. MacCorn1ick e O. Weinberger, An Institutional Theory o/ Law: New Approaches to Lega! Positivism, Dordrecht, Kluwer, 1986, pp. 171-188; trad.it., La morale istituzionale e la costituzione, in Il diritto come istituzione, Milano, Giuffrè, 1990, pp. 213-235). 4 Si veda solo K. Eder, Prozedurale Rationalitiit: Moderne Rechtsentwicklung jenseits van /ormaler Rationalisierung, «Zeitschrift fiir Rechtssoziologie», 7, 1986, pp. 1-30. 5 Non entrian10 qui nel dibattito relativo alla necessità per il principio di uguaglianza "forn1ale" cli essere arricchito da criteri n1ateriali e sociali relativi al contenuto. Poiché ciò significhereb-

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con un tale riposizionamento, viene rimesso alla giurisprudenza. Non si può contestare che funzioni. Non vogliamo criticare questa soluzione, proponendone una migliore. Ci chiediamo solo se con ciò si siano esaurite le possibilità conoscitive dell'analisi teorica.

II Comunque si voglia descrivere l'uguaglianza in quanto tale - e "in quanto tale" significa: indipendentemente dalla questione relativa a ciò che di volta in volta viene visto e trattato come uguale o disuguale -, in ogni caso si tratta di una /orma. Secondo la terminologia di George Spencer Brown6 si tratta di marcare una distinzione, e "marcare" significa: rendere operativo. La forma dell'uguaglianza implica l'indicazione di un valore (o del lato interno della forma), l'uguaglianza appunto. Ma ciò presuppone che l'uguaglianza possa be solo che vengono riconosciuti nuovi criteri della non-arbitrarietà, come la pron1ozione con1pensativa, in senso correttivo o risarcitorio, di gruppi svantaggiati. È tuttavia interessante ai nostri fini, il fatto che con questa discussione venga deviato sulla distinzione forn1ale/n1ateriale un proble1na che noi i1nn1aginian10 da tutt'altra parte. 6 Cfr. La,ws o/Form, rista1npa, New York, E.P. Dutton, 1979, p. 4.

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Il p rincipio di uguaglianza com e /o rma e come norma

essere distinta, distinta dalla disuguaglianza. La forma dell'uguaglianza ha dunque la sua unità nel fatto che essa marca una differenza. Essa ha due lati - l'uguale e il disuguale. Chi dice uguaglianza, dice anche disuguaglianza: o per lo meno si espone alla domanda su cosa, allora, sia disuguale rispetto a ciò che egli indica come uguale. Queste riflessioni valgono in generale per ogni impiego della forn1a dell'uguaglianza, anche, per esempio, in ambito strettamente cognitivo. Esse avevano suggerito alla tradizione una logica di specie e di generi che rese possibile vedere nel disuguale il confine esterno della specie o del genere. In questi casi, tuttavia, era presupposta una certezza ontologica della differenza e noi abbiamo già sollevato il problema di cosa succederebbe se si dovesse rinunciare a essa. Se vi sono cambiamenti nelle condizioni di plausibilità in questa situazione, riguardo a origine della differenza e possibilità di distinzione, si può supporre che essi rivoluzionino non solo l'ambito cognitivo, ma anche quello normativo, non solo il sapere, ma anche il diritto. L'origine della differenza, allora, deve essere definita nel sistema che usa la differenza, nel diritto come nel sapere. Come l' aviatore nel cosmo di Einstein, lo stesso sistema che osserva è il metro di misura per movimenti, 44

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velocità, accelerazioni, con riguardo a uguaglianza e disuguaglianza. O più concretamente: solo quando esiste la regola di trattare in modo uguale casi uguali, e solo quando esiste una prassi storica di questa regola, il giudice può praticare un "distinguishing" e "overruling". Solo la questione se nuovi casi siano uguali o disuguali rispetto a casi vecchi mette in moto l'innovazione, e ciò ogni volta relativan1ente a una collocazione storica e relativamente a criteri decisionali che la prassi pone a base di se stessa7 . Poiché il principio di uguaglianza nel sistema giuridico vale con1e norn1a (e non solo come f orn1a, che si può usare o anche non usare) , nuovi casi, che in rapporto alla prassi attuale vengono indicati come disuguali, devono essere ricondotti a una regola che consenta di trattarli nuovamente con1e una serie di casi uguali. Bisogna poi prevedere che ci saranno di nuovo casi ai quali questa regola non è adatta e che appariranno nuovamente come disuguali in relazione alla serie di casi regolati fino ad allora. Lo schen1a uguale/ disuguale non solo viene applicato regolarn1ente e a tutti i casi, ma si riproduce in se stesso. Vale come 7

Cfr. G. Calabresi, A Common Law / or the A ge o/ Statutes, Can1bridge (Mass.), Harvard University Press, 1982, p. 13.

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bifo reazione della prassi del sistema, e bifo reazione significa sempre: costruzione di un ordine storico irreversibile. Già queste prime riflessioni hanno conseguenze rilevanti. Se sono corrette, costringono a concludere che più uguaglianza significa più disuguaglianza. Non si può avere l'una senza l'altra. Si paghi una retribuzione uguale a tutti i lavoratori, aumenterà in misura corrispondente la differenza tra lavoratori e non lavoratori. E se si riuscisse a trattare in modo uguale tutti gli uon1ini sotto ogni aspetto? Allora aumenterebbe corrispondenten1ente la disuguaglianza tra l'un1ano e il non umano e andrebbe praticamente distrutta ogni relazione tra il sistema della società e il suo ambiente, cioè ogni relazione che differenzia la società. Ciò vale già se si considera costante la complessità del sistema in cui avvengono queste trasformazioni. E vale in modo incrementale con l'aumento della con1plessità e, con essa, degli aspetti rispetto ai quali qualcosa può esser indicato con1e uguale o disuguale. Questo rende comprensibile il fatto che la società europea del XVIII secolo abbia reagito con l'idea politica dell'uguaglianza alla crescente con1plessità, che si era prodotta con la sovrapposizione delle strutture tradizionali della stratificazione e la moderna forn1azione di sisten1i 46

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di funzione e al tempo stesso ne rivela il carattere . utopico. Fin qui, tutto bene. Ma tali riflessioni possono essere impiegate per ogni distinzione, ogni forma-a-due-lati. George Spencer Brown le ha utilizzate per tradurre l'aritmetica e l'algebra di Boole in un calcolo che conosce un unico operatore, vale a dire il "mark of distinction" . Sappian10, tuttavia, che il principio di uguaglianza aveva una certa in1portanza, una posizione rilevante nel contesto della dottrina della giustizia della tradizione. Evidentemente non si tratta di una forma qualunque, ma di una forma con particolari qualità. Essa non può essere certo sostituita in questa posizione da una qualsiasi altra distinzione. Per esempio, non dalla distinzione tra n1aggiore e minore (Niccolò Cusano) e neanche dalla distinzione tra peccatori e giusti (nel senso di giustificati). Ciò porta a chiedersi a cosa si debba questa particolarità dell'uguaglianza e inoltre se essa dipenda dalle condizioni di plausibilità della tradizione ontologica, oppure se può essere ricostruita con le condizioni n1oderne.

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III In via del tutto generale si può dire che "Distinction is perfect continence" 8• La distinzione contiene in se stessa tutto ciò di cui ha bisogno per essere una distinzione (per poter distinguere). Essa è, si potrebbe anche dire, una forma chiusa. Se si vuole indicare questa chiusura, la si deve distinguere a sua volta, si deve cioè poter ricorrere a qualcosa di escluso. La logica a due valori della verità formula questa circostanza con il principio del terzo escluso. La teoria dei sistemi che osservano - vale a dire una teoria che descrive sistemi che dispongono della possibilità operativa di distinguere e indicare (osservare) - utilizza al suo posto la distinzione tra sistema e ambiente. Tutto ciò che un sistema osserva viene "costruito" con l'aiuto di proprie distinzioni9. Nell'ambiente non ci sono distinzioni, l'ambiente è come è 10. 8

G. Spencer Brown, op. cit. , p. 1. 9 Dettagliatatnente, per l'a1nbito cogntttvo, N. Luhn1ann, Erkenntis als Konstruktion , Berna, Benteli, 1988 (trad. it. Conoscenza come costruzione, Ron1a, Annando, 2007); id., Das Erkenntnisprogramm des Konstruktivismus und die unbekannt bleibende Realitlit, in id., Soziologische A u/kliirung, vol. 5, Opladen, Westdeutscher Verlag, 1990, pp. 31-58; id., Die Wissenschaf t der Gesellscha/t , Francoforte, Suhrka1np, 1990, in particolare p. 92 e ss., p. 374 e ss. 10 Ciò non esclude che un sistema possa osservarne altri, e 48

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In questo senso, anche la distinzione uguale/ disuguale è una forma chiusa. In prima approssimazione, ciò non significa niente di particolare, niente che contraddistingua questa forma rispetto alle altre. Ma non appena la si formuli come principio di uguaglianza, con ciò conferendole la forma di una norma, essa acquista la qualità aggiuntiva dell'universalità. Vale a dire che, in quanto norma, può essere applicata a tutto, anche a se stessa. Se nel sistema giuridico esiste la norma (e il suo nome è: giustizia) che prescrive che casi uguali debbano essere trattati in modo uguale e casi disuguali in modo disuguale, questa regola vale "autologicamente". Vale per ogni regola e anche per se stessa. Ogni regola ulteriore ha così l'effetto di rendere riconoscibili casi che sono disuguali e con ciò di limitare la loro applicazione. Se vale la regola che i contratti si concludono grazie a dichiarazioni di volontà concordanti, essa non vale se manca il momento della dichiarazione di volontà o della concordanza. Tuttavia, nell'applicazione del principio di uguaglianza ci si imbatte nella particolarità della sua applicabilità a possa anche osservare che altri siste1ni osservano, possono cioè distinguere e indicare. Ma ciò presuppone che tali siste1ni possano essere distinti co1ne sisten1i e ulterior111ente co111e sistenu che osservano.

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tutti i casi. Non ci sono casi esclusi dal principio di uguaglianza, casi disuguali per il principio di uguaglianza. Nessun caso giuridico può essere costruito in n1odo da non risultare né uguale né disuguale ad altri casi. Tutti i casi sono uguali davanti al principio di uguaglianza. L'applicazione autoreferenziale non si risolve qui in un paradosso 11 . Piuttosto, si tratta di una autoreferenza innocua, inoffensiva. Si stabilizza con una n1etapreferenza per l'uguaglianza, poiché essa conosce solo casi uguali. Suggerisce con ciò di trattare l'uguaglianza come il lato interno e la disuguaglianza come il lato esterno della forn1a e quindi di limitare la portata dell'operare secondo regole ali' ambito dei casi uguali (piuttosto che disuguali). Nel contesto della distinzione tra autoreferenze inoffensive e autoreferenze gravide di paradossi si nota in1mediatamente che tutto ciò non è affatto ovvio. La distinzione ragione/torto12 , per esempio, 11

Oggi sappia1110 bene che non tutte le fonne dell'autoreferenza conducono necessaria111ente al paradosso. Si veda solo C.P. Worn1ell, On the Paradoxes o/ SelfRe/erence, «Mind», 67, 1958, pp. 267-271. 12 Si è scelto qui di tradurre con ragione/torto la differenza Recht/Unrecht, che rappresenta la codificazione del sisten1a

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per rimanere nel sistema giuridico, diventa paradossale nella sua autoapplicazione. Anche se vi possono essere buone ragioni per considerare questa distinzione con1e ragione e non con1e torto, perché altrimenti il sisten1a giuridico stesso, così codificato, finirebbe nel torto, questo argomento ha solo valore pragmatico e non logico. Nella storia del pensiero giuridico la questione se sia giusto distinguere chiaramente tra ragione e torto è stata posta abbastanza spesso 13 - soprattutto perché essa conduce direttan1ente alla questione di chi abbia poi il diritto di detern1inare cosa sia ragione e cosa torto e se questa posizione possa essere costruita nel sistema giuridico in n1odo che il decisore non possa finire nel torto, nonostante la sua posizione si fondi sul diritto 14 . giuridico. Vi sono altre possibilità, e alcune di esse sono state utilizzate in altre traduzioni di opere di Luhn1ann. Una di queste è diritto/non diritto. Si è preferito adottare la prima soluzione, in quanto ha il vantaggio di indicare una differenza tutta interna al sisten1a: è il diritto che differenzia tra ragione e torto. L'altra soluzione, invece, potrebbe essere interpretata con1e la differenza tra il sisten1a stesso (diritto) e ciò che non appartiene al siste1na (non diritto) [N.d.T.]. 13 Cfr. N. Luhmann, The Third Question: The Creative Use o/ Paradoxes in Law and Lega! History, «Journal of Law and Society», 15, 1988, pp. 153-165. 14 E perciò da qui si sono sviluppati anche tutti i tentativi di venire a capo, in 1nodo itnn1anente al diritto, del problen1a del diritto di resistenza. E sono falliti tutti quanti, con1e è dato vedere efficacen1ente in Thon1as Hobbes.

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Il principio di uguaglianza come /orma e come norma

La distinzione tra ragione e torto, in quanto codice del sistema, non può essere evitata. Diversamente il sistema giuridico non potrebbe riconoscere quali operazioni appartengono e quali non appartengono al sistema15 . Se con ciò una fondazione ultima paradossale dell'unità del sistema non può essere evitata, ma solo nascosta, invisibilizzata, allora acquista una in1portanza ancora maggiore la questione dei programmi in base ai quali venga deciso di volta in volta ciò che è ragione e ciò che è torto. La formula com plessiva per questi programmi è indicata tradizionalmente con1e "giustizia", e il principio di uguaglianza ne fornisce la operazionalizzazione tecnico-giuridica, cioè la regola per la quale si devono decidere casi uguali in modo uguale e casi disuguali in n1odo disuguale. L'opzione ricade su questa forn1ula, perché essa possiede le qualità precedentemente indicate: è applicabile universalmente e senza paradossi; vale per tutti i rapporti tra regole (programmi) e casi, anche per quelli tra se stessa e la totalità dei casi. Essa non conduce al problema di non sapere se casi che devono essere trattati 15

Cfr. N. Luhn1ann, Die Codierung des Rechtssystems, «Rechtstheorie», 17, 1986, pp. 171-203. Appartengono al siste1na tutte le operazioni e solo le operazioni che si orientano al codice ragione/torto [N.d.T.].

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secondo il principio di uguaglianza, siano decisi come casi uguali o con1e casi disuguali. Rispetto ai tentativi di in1porre la giustizia con1e metanorma (solo) etica al sistema giuridico, fatto che può produrre solo disagio se la realtà non vi corrisponde 16 , le analisi condotte con la teoria delle distinzioni mostrano meglio il significato della interazione tra il codice binario ragione/ torto e l'idea di uguaglianza. Non si tratta di un rapporto gerarchico, ma con1plen1entare. E rispetto a ciò, il giudizio n1orale su diritto e giustizia e il suo fondan1ento etico sono una questione assolutamente irrilevante.

IV

Il principio di uguaglianza è una forn1a chiusa e, inoltre, una forma che contiene se stessa; una regola per le regole di trattamento dei casi giuridici, Si vedano le note riflessioni di J. Rawls, A Theory o/Justice, Cambridge (Mass.) et al., Harvard University Press, 1971 (trad. it. Una teoria della giustizia, Milano, Feltrinelli, 1982), oppure le scrupolose analisi di O. Hoffe, Politische Gerechtigkeit: Grundlegung einer kritischen Philosophie van Recht und Staat, Francoforte, Suhrka111p, 1987 (trad. it. Giustizia politica: fondamenti di una filosofia critica del diritto e dello stato, Bologna, il Mulino, 1995). 16

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Il principio di uguaglianza come /orma e come norma

che è applicabile anche a se stessa; una regola anche per l'osservazione di osservatori che procedono secondo regole. Da un punto di vista storico non può dunque sorprendere che le formulazioni di Platone e di Aristotele che hanno dato l'impronta alla tradizione siano emerse in un'epoca che promuove anche altre forn1e di osservazione di secondo ordine 17 ; in un'epoca che forn1ula i fondamenti della logica a due valori, che scopre il problema dei paradossi e si interessa abitualmente ai metodi di scoperta della verità (anziché solo: alle verità); in un'epoca, soprattutto, che si è adattata alla scrittura (alfabetica) e alla letteralità diffusa e che cerca in ampia n1isura di discutere e di giudicare opinioni fissate per iscritto 18 . Queste suggestioni furono riprese nelle società di nobili attraverso un concetto di Ethos che rivendicava autorevolezza per la società civile e il suo strato superiore; e 17

Cfr. Y. Elkana, Die Entstehung des Denkens zweiter Ordnung im klassischen Griechenland, in id., Anthropologie der Erkenntnis, Francoforte, Suhrka1np, 1986, pp. 344-375 (trad. it. I:emergere del pensiero del secondo livello nella Grecia classica, in id., Antropologia della conoscenza, Ron1a -Bari, Laterza, 1989, pp. 111-151). 18 Cfr., per ese1npio, E.A. Havelock, The Greek Concept o/ Justice /rom Its Shadows in Homer to Its Substance in Plato, Can1bridge (Mass.) et al., Harvard University Press, 1978 (trad. it. Dike: la nascita della coscienza, Ro1na-Bari, Laterza, 1981). Cfr. anche J. Goody e I. Watt, The Consequences o/Literacy, «Comparative Studies in Society and History», 5, 1963, pp. 304-345.

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nel Medioevo vennero trasferite in una cosn1ologia concepita gerarchicamente, in un ordine senza alternative che corrisponde al modello societario della stratificazione. Al più tardi dalla seconda metà del XVIII secolo si sa che queste assunzioni non corrispondono più ai rapporti in atto, né a livello strutturale, né a livello semantico. Ma non si dispone ancora di una nuova descrizione del n1ondo e della società, e si punta, piuttosto, al futuro, scrivendo, per esempio, "Prolegomena zu einer jeden kiinftigen Metaphysik" 19 . Anche le rappresentazioni legate al principio di uguaglianza mutano radicaln1ente, soprattutto in combinazione con i postulati di libertà. Molto di ciò che in precedenza era accettato con1e diversità, diversità di "nascita" per esempio, finisce ora nel turbine delle pretese di uguaglianza. L'uguaglianza non solo dei casi giuridici, n1a degli uomini in rapporto allo stato, diventa una pretesa politica, che però può essere soddisfatta solo costituzionalmente, e così viene subito nuovamente giuridificata. Si sostiene che, 19 Qui

Luhn1ann si riferisce al testo di L.111nanuel Kant: Prolegomena zu einer j eden kun/tigen M etaphysik, die als W issenschaft wird au/treten konnen; trad. it. Prolegomeni ad ogni/utura metafisica che si presenterà come scienza, Ron1a-Bari, Laterza, 1982 [N.d.T.].

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Il principio di uguaglianza come /orma e come norma

in rapporto alla società (o, spesso con lo stesso significato: allo stato), si dovrebbe esigere uguaglianza, e che questa sia senz'altro compatibile con la diversità degli uomini fra loro20 . In fondo, dietro grandi parole e principi, si tratta di riorientare il n1ondo delle idee dalla stratificazione alla differenziazione funzionale. Per quanto riguarda l'uguaglianza, ciò significa che essa deve essere assicurata con1e uguaglianza 20

Si veda C.F. Bahrdt, Rechte und Obliegenheiten der Regenten und Unterthanen in Beziehung au/ Staat und Religion, Riga, Johann Friederich Hartknoch, 1792, p. 36 e ss. (37), con la peculiarità degna di nota che qui l'ordine cetuale non viene visto più con1e struttura della società, bensì solo con1e differenza nel rapporto degli uon1ini fra loro ("Untereinander selbst 1nogen die Menschen in1n1er verschieden bleiben und einander in1 Rang, Titeln, Reichthiin1ern, Kenntnissen, wirklichen Nutzleistungen, Religions1neinungen u.s.w. bald vorgehen, bald nachstehen. Nur gegen die Gesellschaft, gegen den Staat 1niissen alle gleich seyn und n1it edle1n Eifer auf diese Gleichheit halten"). Un'altra, più vecchia, forn1ula di con1pron1esso afferma che tutti gli uonuni indipendenten1ente dal ceto, se ricchi o poveri, avrebbero uguale diritto e uguali chance di essere felici; e che spetti alla 1norale e alla religione spiegarglielo. Cfr., su questo, R. Mauzi, I} idée du bonheur dans la littérature et la pensée /rançaise au XVIIIe siècle, Parigi, Colin, 1960, p. 149 e ss.; J. Viner, The Role o/ Providence in the Socia! Order: An Essay in Intellectual History, Philadelphia, At11erican Philosophical Society, 1972, in particolare, p. 86 e ss.: "The Providencial Order of Socia! Inequality". Qui possia1no i1n1naginare anche un punto di partenza per l'"Illununisn10", che inette in gioco la felicità per procurare la vittoria della ragione.

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di possibilità (pari opportunità), con1e uguaglianza di accesso ai singoli sistemi di funzione21 . Anche se non lo si dice esplicitan1ente, si tratta sempre della forma uguale/disuguale, cioè anche della produzione, ammissione, fondazione della disuguaglianza. Disposizioni relative alla disuguaglianza diventano però adesso una riserva, una prerogativa dei sisten1i di funzione. Non vengono più an1n1esse disuguaglianze imposte centralmente alla società nel suo complesso, esse vengono soppresse insien1e ali' ordine gerarchico degli Stà'nde e, laddove si presentano in forma nuova, rilevate e combattute con sdegno - nel XIX innanzitutto come "società di classi", nel secolo successivo anche come disuguaglianza di trattan1ento delle razze22 e come disuguaglianza delle chance di sviluppo dei diversi paesi. Persino la ricerca empirica che si adopera per ottenere la prova dell'esistenza di differenze innate fra razze o individui nelle capacità di 21

A questo proposito, sulla scorta di w1 caso specifico, N. Luhn1ann, Die Homogeneisierung des An/angs: Zur Ausdz//erenzierung der Schulerziehung, in N. Luhn1ann e K.E. Schorr (a cura di), Zwischen An/ang und Ende: Fragen an die Pà'dagogik, Francoforte, Suhrkan1p, 1990, pp. 73-111. 22 Cfr. una interpretazione che è costata la carriera accaden1ica all'autore: J.J. Loubser, Calvinism) Equality) and Inclusion: The Case o/ A/ricaner Calvinism, in S.N. Eisenstadt (a cura di), The Protestant Ethic and Modernization: A Comparative View, New York, Basic Books, 1968, pp. 367-383.

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Il p rincipio di uguaglianza com e /o rma e come norma

adattamento (alle condizioni moderne, si intende) è oramai, in massin1a misura, sgradita e sospetta di pregiudizio. La forma dell'uguaglianza, la distinzione uguale/disuguale si deve ora adattare alla forma don1inante della differenziazione sociale e solo in questo n1odo può acquisire plausibilità nei suoi singoli giudizi. I sistemi di funzione come sisten1i parziali della società sono sia uguali sia disuguali. Sono uguali in quanto la società non può prescrivere un ordine gerarchico delle funzioni, una gerarchia di valori, n1a lascia al caso singolo la questione del conflitto di valori. E sono disuguali in quanto le singole funzioni si riferiscono a problen1i sociali ben distinti e conseguono con i loro codici, con i loro mezzi di comunicazione, con la loro capacità di farmare sistemi una portata ben differenziata. La conseguenza è che la società con1plessiva non può più intervenire sui sisten1i parziali con lo schen1a uguale/disuguale. Dal punto di vista sen1antico ciò significa il f allin1ento della referenza esternalizzante alla "natura". Lo schema uguale/disuguale diventa lo schen1a con il quale i singoli sisten1i di funzione articolano il loro rapporto con la società, vale a dire il rapporto con l' an1biente interno alla società e con se stessi. 58

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Per quanto riguarda i prezzi, per esen1pio, tutti gli acquirenti sono uguali; e sono disuguali solo in quanto, partecipando al sistema econon1ico, alcuni comprano a un determinato prezzo e altri no. Solo così l'economia può sviluppare propri strun1enti di elaborazione delle informazioni e variare i prezzi in conseguenza del fatto che si con1pri o non si compri; e solo nella misura in cui ciò venga applicato, si può in1piegare una indagine di mercato più approfondita, che distingua acquirenti che comprano e che non comprano secondo ulteriori caratteristiche, al fine di trarre conseguenze per la configurazione dei prodotti e dei prezzi.

V Da ultimo, questa analisi porta a concludere che la forma dell'uguaglianza rinvia i singoli sistemi di funzione a loro stessi. Nessuno deve dire loro, nessuno può dire loro, cosa "è" uguale e cosa disuguale. I criteri che discriminano ciò che è disuguale devono essere trovati, testati, convalidati, n1odificati, all'interno del sistema. Servono all' "autorganizzazione" del sistema e per la loro realizzazione operativa sono a disposizione solo le operazioni proprie del sistema. La forma-a-due-lati 59

Il p rincipio di uguaglianza com e /o rma e come norma

dell'uguaglianza corrisponde ali' autonomia autopoietica dei sistemi di funzione 23 . Insieme alla premessa iniziale dell'uguaglianza, essa crea la condizione fondan1entale per la prosecuzione delle operazioni del sistema rispetto alla quale deve profilarsi l'opzione per la disuguaglianza, nel caso in cui dovesse essere ammessa. I sistemi autopoietici non possono essere pensati in senso teleologico. Non hanno uno scopo. Neanche il mantenin1ento del sistema, la prosecuzione dell'auto poiesi, costituisce lo scopo del sistema. Essa accade o non accade, ma le corrispondenti operazioni, quando accadono, hanno effetti discriminanti e rendono possibile l' autosservazione del sistema con l'aiuto di distinzioni. L'interpretazione del principio di uguaglianza come forn1a-a-due-lati è dunque in linea con la teoria dei sisten1i autopoietici, così con1e anche le sequenze operative del calcolo di Spencer Brown possono essere interpretate come realizzazione di un sistema operativamente chiuso, di un sisten1a autopoietico reso operativo da una distinzione di partenza. Corrispondenten1ente, si deve 23

Nella stessa direzione argo1nenta in riferi1nento al sistetna giuridico R. De Giorgi, Modelli giuridici delf uguaglianza e del!' equità, «Sociologia del diritto», 1, 1991, pp. 19-33.

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rinunciare all'idea che la produzione di uguaglianza sia uno scopo del sistema (e ciò non significherebbe nient'altro che eleggere l'entropia a scopo dei sistemi di energia). L'uguaglianza degli uon1ini non è uno scopo politico dotato di senso, poiché ciò richiederebbe che tutti fassero nati nello stesso mon1ento (come farfalle che escono quasi contemporaneamente dalla crisalide) e senza conoscere i propri genitori24 . E l'uguale trattamento dei casi non è uno scopo sensato del sistema giuridico, poiché ciò richiederebbe di non prendere in considerazione distinzioni note o ancora da scoprire. L'uguaglianza non può essere introdotta in un sisten1a con1e scopo, n1a solo come forma, vale a dire: solo come schema dell' autosservazione che espone tutte le operazioni del sistema a un obbligo di verifica e le costringe a optare per l'uguale o per 24

Non occorre qui ricordare con1e si sia tentato di soppiantare questo argo1nento con la distinzione di Pufendorf tra uguaglianza fisica e uguaglianza di aspettative ("ipse ab aliis ide1n expectat": in De o/fico hominis et àvis juxta Legem Naturalem libri duo I.I., c. VII,§ II; citato dalla edizione Can1bridge 1735, p. 144) oppure ancora con la distinzione usata da Rousseau tra uguaglianza fisica e uguaglianza sociale e quella kantiana tra causalità en1pirica e libertà trascendentale. Ma questa n1anovra conduce solo alla don1anda che Novalis pone rispetto a Fichte: co1ne possa l'Io assoluto diventare un Io e1npirico (Fichte Studien 1795/96, citato da: Novalis: Werke, Tagebucher und Brie/e Friedrich van Hardenbergs, a cura di H.-J. Mahl e R. San1uel, vol. 2, Darn1stadt, Wissenschaftliche Buchegesellschaft, 1978, p. 31).

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il disuguale. In ciò sta l'impulso, che dà luogo allo sviluppo di criteri per l'assegnazione dell'uguale o del disuguale, che consente cioè di guardare differenten1ente e al tempo stesso di identificare son1iglianze, ripetizioni e riutilizzabilità. Con1e è possibile notare soprattutto nel Con1n1on Law anglosassone, la continua biforcazione fra trattamento uguale e trattamento disuguale dei casi giuridici è un procedin1ento di costruzione della complessità che si basa su continui, ripetuti esan1i del senso delle regole sulla scorta della particolarità dei casi. Non senza fondamento, il Common Law ha celebrato se stesso come unità di ragione e storia e con questo argomento si è opposto come "constitution" all'intervento politicolegislativo. Edward Coke, Matthew Hale e William Blackstone sono gli autori determinanti. In tal n1odo, in questa autodescrizione del Common Law nasce nuovamente una forma, una distinzione che indica ciò che si può ottenere a differenza del procedimento legislativo25 . La legislazione 25

Su questa controversia, che giungerà poi al cuhnine con Benthatn, si veda G.J. Posten1a, Bentham and the Common Law Tradition, Oxford, Clarendon Press, 1986. Anche le note obiezioni fonnulate da Edn1und Burke nei confronti dell' orientatnento ai principi della Rivoluzione francese, fra l'altro contro l'ostentata applicazione del principio di uguaglianza, derivano dal concetto

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viene sempre più amn1essa e riconosciuta26 , ma resta una questione aperta il fatto che in questo n1odo si possa dare fondamento alla validità giuridica. Una questione che ha visto autori come Thomas Hobbes, Jeren1y Bentham, John Austin o Herbert Hart impelagarsi in disperati tentativi di sfuggire al circolo vizioso senza scivolare nella problen1atica derivazione di norme da fatti (per esempio, come habit o/ obedience, oppure rules o/ recognition fattivamente praticata). Solo il fern10 riconoscimento della circolarità come forma di autorganizzazione, solo la teoria dell' autopoiesi del sistema giuridico sembra poter porre fine a questa problen1atica27 . E non è un caso che la legislazione sembra creare le maggiori difficoltà di constitution del Co1nn1on Law e non tanto dalla teoria politica del XVIII secolo e dal suo concetto di natura. Cfr. E. Burke, Reflections on the Revolution in France, citato dall'edizione Everyman's Library, ristan1pa, Londra, 1929 (trad. it. Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia, Roma, Ideazione, 1998). 26 Già segnalato in Sir M. Hale, The History o/ the Common Law o/ England, prima edizione postun1a 1713, citato dalla nuova edizione a cura di C.M. Gray, Chicago, University of Chicago Press, 1971. 27 Sullo stato della discussione, si veda G. Teubner, (a cura di), Autopoietic Law: A New Approach to Law and Society, Berlino, de Gruyter, 1988; id., Recht als autopoietisches System, Francoforte, Suhrka1np, 1989 (trad. it. Il diritto come sistema autopoietico, Milano, Giuffrè, 1996); e, con considerazioni fatte proprio a partire dal Con1mon Law, A.J. Jacobson, Autopoietic Law: The New Science o/ Niklas Luhmann, «Michigan Law Review», 87, 1989, pp. 1647-1689.

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anche dal punto di vista della questione " come e' possibile il controllo? "28 • I principi di uguaglianza delle costituzioni scritte sono indirizzati, però, proprio al legislatore, e la sentenza giudiziale, quasi a tutela del legislatore, mostra di non tenerne affatto conto quando prende in considerazione le conseguenze delle decisioni, cosa che rende difficile o addirittura impossibile il confronto fra i casi; oppure quando pratica la "valutazione degli interessi" 29 . Gli 28

Cfr. G. Teubner e H. Willke, Kontext und Autonomie: Gesellschaftliche Selbststeuerung durch reflexives Recht, «Zeitschrift fur Rechtssoziologie», 5, 1984, pp. 4-35. 29 Questo giudizio conciso ha sicuran1ente bisogno di una 111otivazione dettagliata. Voglio dire solo che la ponderazione degli interessi può portare a dei risultati se assu1ne una non equivalenza degli interessi. Proprio questo, tuttavia, non è pern1esso. Poiché gli interessi sono già concettualn1ente sen1pre autodeter111inazioni (nessuno oltre 111e può sapere quali siano i 1niei interessi) e questa autodetenninazione trova anche protezione costituzionale nei concetti di dignità e libertà. Laddove io consideri i 1niei interessi più in1portanti degli interessi degli altri, nessun giudice può sostenere un'altra interpretazione; per lo n1eno non nella forn1a di una valutazione degli interessi. Un giudice può appellarsi solo a nonne giuridiche, 111a in questo caso, allora, dovrà citare quali disposizioni devono sostenere il giudizio. Questa problen1atica oggi viene sen1pre più elusa in virtù del fatto che dalla valutazione degli interessi si è passati alla giurisprudenza dei valori. Cfr. solo H.-M. Pawlowsky, Methodenlehre /ur Juristen: Theorie der Norm und des Gesetzes, Heidelberg-Karlsruhe, C.F. Miiller, 1981, p. 57 e ss. Con ciò però ci si in1batte nella difficoltà ancor più grande di dover riuscire a detern1inare valuta-

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interessi considerati non n1eritevoli vengono poi comunque ancora n1enzionati e riportati negli atti o in dottrina per una nuova valutazione in casi futuri3°. Il principio di uguaglianza resta quindi rispettato nella forma della non-escludibilità della rivalutazione. Alla regolazione di questa prassi può dare un contributo l'analisi dell'uguaglianza come forn1a della differenza tra uguale e disuguale che ab biamo tratteggiato. Il principio di uguaglianza si riferisce all'unità del sistema giuridico, indipendentemente dalle ripartizioni organizzative e dalle giurisdizioni. Indica la forma delle forn1e che assun1ono la funzione di programmi, siano essi leggi o una giurisprudenza consolidata su detern1inate questioni. Tuttavia, adempie questa funzione non come idea n1orale, non come principio supremo, non come zioni del diritto, senza contraddizioni, per i casi di conflitto, cosa che per la prassi significherebbe nuovan1ente una rappresentazione in base agli interessi e ai danni. Su questo a1nbito te1natico, cfr. soprattutto G. Struck, Interessenabwcigung als Methode, in J. Esser e R. Dubischar (a cura di), Dogmatzk und Methode: Festgabe /ur fase/Esser, Kronberg (Taunus), Scriptor Verlag, 1975, pp. 171-191. 30 Per una enneneutica degli interessi trascurati, cfr. G. Ellscheid, Einleitung, in G. Ellscheid e W Hassen1er (a cura di), Interessenjurisprudenz, Darn1stadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1974, p. 5 e ss.

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norma materiale più elevata, tutte forme che consentono solo la distinzione tra conformità e devianza e che, a causa della indeterminatezza dei principi guida, non possono nen1meno convertire questa distinzione in istruzioni operative. Ciò che indica il principio di uguaglianza non è nient' altro che la distinzione tra uguale e disuguale. La solita obiezione, relativa al fatto che in questo modo si finirebbe per decidere discrezionalmente cosa trattare come uguale e cosa come disuguale, fallisce. Con questa distinzione, invece, il sistema si riferisce sempre a se stesso come sistema già operante che si trova in una detern1inata condi. . z1one storica. In ogni processo decisionale si presenta nuovan1ente il problema di come poter trattare l'uguale in modo uguale e il disuguale in modo disuguale. Si producono così anche criteri di distinzione, nuovi o già convalidati e riutilizzati. Sotto la guida della norma del principio di uguaglianza il sistema lavora su se stesso. In questo modo, non si muove nella direzione di più uguaglianza e meno disuguaglianza, n1a in direzione di una complessità più alta, che offre più aspetti per l'uguaglianza e più aspetti per la disuguaglianza. L' asin1metria dello schema, la preferenza formale per l'ugua66

Niklas Luhmann

glianza ha solo il senso, nel caso dell'opzione per la disuguaglianza, di riferire il sistema alla sua funzione, alla sua storia e, soprattutto, all' aspettativa di un decidere consistente. L'uguaglianza, in tutti questi aspetti, è quella forma che chiude operativamente il sistema nell'ambito dell' osservazione del suo osservare, che riferisce cioè il sistema a se stesso.

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Nota bio-bibliografica

È il quarto volume della collana dedicato a Niklas Luhmann. E quindi questa è la quarta nota bio-bibliografica. In considerazione di ciò) si è scelto qui di non duplicare /orme e contenuti: ma di presentarne in /orma di/ferente) più discorsiva e meno schematica) le notizie relative alla vita e alle opere. Gli eventi biografici più rilevanti vengono riportati insieme a quelli accademici e scientifici: senza separarli in parti distinte. Allo stesso modo) la bibliografia è selezionata avendo riguardo alle vicende della sua traduzione in lingua italiana che appaiono quindi nella stessa sezione. La nota è necessariamente incompleta) data la sua brevità. Anche per questo rinviamo agli altri volumi di questa collana.

Gli inizi

E' una biografia at1p1ca per un cattedratico, quella di Niklas Luhmann. Nato nel 1927 a Liineburg, giunge alla docenza universitaria già negli anni della sua maturità anagrafica e, in qualche n1odo, anche di avanzata elaborazione teorica. E' 71

Nota bio-bibliografica

Helmut Schelsky che lo vuole, primo professore della neonata Università di Bielefeld. Siamo nel 1968. A quel tempo ha già accumulato lunghi anni di studio, di attività lavorativa, di ricerche in Gern1ania e all'estero, negli Stati Uniti. Nel 1954, infatti, dopo la laurea in Giurisprudenza, si impiega come funzionario dell' amn1inistrazione della Bassa Sassonia. Sono quindi i temi dell'attività amministrativa e delle organizzazioni, dei processi decisionali e dei procedimenti giuridici ad attirare la sua attenzione. Una delle sue occupazioni consiste nella detern1inazione dell'entità del risarcimento per le vittin1e del nazionalsocialismo, attività oggetto di una riflessione teorica che sarà argon1ento di una delle sue prime pubblicazioni. Ed è in questo periodo che inizia anche la costruzione del suo schedario. Così per qualche anno fino al 1961, quando Luhmann vince una borsa di studio per l'Università di Harvard dove incontra Talcott Parsons. Il dado è tratto. Rientrato in Germania, si lascia alle spalle questa esperienza lavorativa per trasferirsi nel 1962 alla Scuola Superiore dell' Amministrazione di Speyer per poi, dal 1965, dedicarsi totaln1ente alla ricerca, conseguendo quasi contemporaneamente il dottorato e l'abilitazione all'insegnamento nel 1966, con i testi: Funktionen und Folgen /ormaler Organisation (pubblicato nel 72

Nota bio-bibliografica

1964); Recht und Automation in der o/fentlichen Verwaltung. Del 1965 sono i testi: Grundrechte als Institution. Ein Beitrag zur politischen Soziologie e 0//entlich-rechtliche Entschcidigung rechtspolitisch betrachtet. Seguono, nel 1968, Zweckbegri/f und Systemrationalitcit e Vertrauen. Del 1969 è Legitimation durch Ver/ahren. Queste le sue prime monografie. Dei primi anni 60 anche il suo n1atrimonio e la nascita dei tre figli.

Gli anni della svolta autopoietica

L'opera di Luhn1ann è stata oggetto di grande interesse in Italia, soprattutto durante gli anni '7 O e '80. L'accademia italiana, infatti, in primo luogo sociologi e filosofi, ha mostrato una certa attenzione soprattutto per le prime manifestazioni del pensiero di Luhn1ann, che in quegli anni inizia ad acquisire notorietà. A partire dal testo della polen1ica-dibattito con Jiirgen Habermas, Theorie der Gesellscha/t oder Sozialtechnologie, la cui traduzione italiana (Teoria della società o tecnologia sociale, 1973) segue di due anni la pubblicazione originale tedesca. Negli anni successivi sono soprattutto i ten1i giuridici e politici ad attirare l'attenzione della comunità scientifica italiana. Del 1977 è la 73

Nota bio-bibliografica

traduzione, seppure parziale, di Rechtssoziologie (Sociologia del diritto), e di un anno più tardi quelle, anch'esse parziali, di Politische Planung (Stato di diritto e sistema sociale, che include altri contributi maggiormente attinenti l'amministrazione pubblica) e di Rechtssystem und Rechtsdogmatik (Sistema giuridico e dogmatica giuridica), pubblicati in Germania nel 1972 i prin1i due, e nel 1974 quest'ultimo. Del 1979 è invece la versione italiana di Macht (Potere e complessità sociale), uscito in Germania nel 1975. Durante gli anni '80 l'opera di traduzione affronta anche temi differenti da quelli relativi alla politica e al diritto, come il prin10 volume della raccolta Soziologische Au/klcirung (Illuminismo sociologico, 1983 ), pubblicato in Gern1ania nel 1970, che consiste di contributi alla teoria dei sistemi sociali, e il primo volume di Gesellscha/tsstruktur und Semantik (Struttura della società e semantica, 1983), del 1980, una raccolta di contributi dedicati allo studio del rapporto tra evoluzione della struttura sociale ed evoluzione del patrimonio concettuale della società. Tuttavia, nessuno dei volun1i successivi al prin10 di queste due serie ha visto finora la luce integralmente in traduzione italiana, sebbene non siano n1ancate traduzioni di singoli saggi di queste raccolte. In questo periodo inizia anche il 74

Nota bio-bibliografica

suo rapporto privilegiato con l'Italia, in particolare con il Mezzogiorno, con1e si usava chiamarlo, dove fonda con Raffaele De Giorgi il "Centro di Studi sul Rischio" nel 1990. Del 1981, lo stesso anno della sua versione originale, è la versione italiana di Politische Theorie im Wohl/ahrtsstaat (Teoria politica nello stato del benessere), altra opera dedicata a temi politici. Del 1985 e del 1988 sono, rispettivan1ente, le traduzioni di Liebe als P assion (Amore come passione) e di Re/lexionsproblerne im Erziehungssystem (Il sistema educativo. Problemi di riflessività), che inaugura una serie di testi scritti insieme a Karl-Eberhard Schorr su problen1i dell'educazione. In questi ultin1i due casi si tratta della traduzione di opere che affrontano altri ambiti della comunicazione sociale, pubblicate in Germania rispettivamente nel 1982 e nel 1979. Nel 1977 muore la moglie. Non tornerà aspo. sars1.

Gli ultimi anni

Per tutti gli anni Novanta, nonostante la svolta in1pressa alla teoria con l'uscita, nel 1984, di Saziale Systeme e la sua traduzione italiana nel 1990 (Sistemi sociali), l'attenzione degli editori italiani 75

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si concentra su testi precedenti al "cambiamento di paradign1a nella teoria dei sistemi". E' il caso di Ausdz//erenzierung des Rechts del 1981 (traduzione italiana parziale: La differenziazione del diritto, 1990), di Funktion der Religion del 1977 (Funzione della religione, 1991) e di Legitimation durch Ver/ahren (Procedimenti giuridici e legittimazione sociale, 1995). Eppure, è solo con l'introduzione del concetto di autopoiesi, avvenuta appunto con il testo del 1984, che la teoria di Luhmann acquisisce la precisione concettuale e la configurazione atta alla costruzione di una teoria generale della società, suo obiettivo dichiarato. Solo nel caso delle traduzioni di Okologische Kommunikation (La comunicazione ecologica, 1990), Beobachtungen der Moderne (Osservazioni sul rnoderno, 1995), e di Soziologie des Risikos (Sociologia del rischio, 1996), pubblicati in Germania rispettivamente nel 1986, 1992 e 1991, sono stati presi in considerazione testi del "secondo Luhmann", per usare un'espressione che si è diffusa in Italia in quegli anni a indicare il suo cambian1ento di paradign1a. Nonostante il fatto che nell'arco degli anni '90 Luhn1ann avesse pubblicato il IV e ultimo volun1e di Gesellscha/tsstruktur und Semantik e il VI e ultimo di Soziologische Au/klcirung e parte dei volumi dedicati ai singoli sottosistemi della 76

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società: il primo, Die Wirtscha/t der Gesellscha/t, era uscito nel 1988. Seguono Die Wissenscha/t der Gesellscha/t, nel 1990; Das Recht der Gesellscha/t, nel 1993; Die Kunst der Gesellscha/t, nel 1997; in questo stesso anno dà alle stampe l'opera che conclude il suo progetto trentennale: Die Gesellscha/t der Gesellscha/t. Un caso a parte rappresenta il testo Teoria della società pubblicato nel 1992 insieme a Raffaele De Giorgi senza una corrispondente edizione tedesca. Muore nel 1998, dopo una lunga malattia che negli ultimi anni gli aveva impedito di lavorare come avrebbe voluto e come aveva continuato a fare anche dopo il 1993, anno del suo pensionan1ento e della sua nomina a Professore En1erito. ' Interrompe persino i suoi viaggi in Italia. E dell' anno 1995 la sua ultima visita all'Università di Lecce, dove era solito chiudere i corsi di Sociologia e di Teoria generale del diritto tenuti allora presso la Facoltà di Economia da Raffaele De Giorgi. Nello stesso anno, come ulteriore traccia della sua presenza nel Sud, oggetto di osservazione e descrizione distaccata, oltre che luogo di compassata partecipazione, pubblica il saggio Kausalità't im Suden. Nel 1998, stesso anno della morte di Luhmann, il saggio viene tradotto in italiano e pubblicato in 77

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un testo (Ride scrivere la questione 1neridionale) a cura di Raffaele De Giorgi e Giancarlo Corsi. Lascia incompiuti progetti, ricerche e scritti. Alcuni di essi vengono pubblicati postumi. Si tratta dei testi: Die Politik der Gesellscha/t e Die Religion der Gesellscha/t, pubblicati entrambi nel 2000 e di Das Erziehungssystem der Gesellscha/t, del 2002.

Dopo il 1998

Negli ultin1i anni, dopo la scon1parsa di Luhn1ann, si è assistito a un rinnovato interesse per i ten1i luhn1anniani ancora rivolto alla traduzione di testi meno recenti del sociologo tedesco. Grundrechte als Institution (I diritti fondamentali come istituzione) e Vertrauen (La fiducia) escono in lingua italiana nel 2002, rispettivamente a distanza di 3 7 e 34 anni dalla edizione originale tedesca. Fortunatan1ente, non mancano episodi in controtendenza. Nel caso di Organisation und Entscheidung (2000), testo discusso in Italia addirittura prima della sua pubblicazione tedesca in un insolito sen1inario basato sulle bozze dell'editore, la sua traduzione italiana (Organizzazione e decisione, 2005) rappresenta uno sforzo di con1prensione e diffusione di un ambito rilevante della teoria, 78

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quello delle organizzazioni formali, che è fra i prin1i interessi teorici di Luhmann. Dello stesso segno Die Realitcit der Massenmedien (1996) uscito in Italia nel 2000 (La realtà dei mass media), e la recente traduzione di Das Recht der Gesellscha/t pubblicata nel 2012 (Il diritto della società). Un caso particolare rappresentano i testi Ein/uhrung indie Systemtheorie e Ein/uhrung indie Theorie der Gesellscha/t. Si tratta della trascrizione dei due ultimi corsi tenuti da Luhmann, rispettivan1ente nell'anno accademico 1991/92 e 1992/93. Le lezioni sono state registrate e hanno circolato in Germania come audiocassette nella collana "Autobahn Universitat" dell'editore Carl-Auer di Heidelberg fino a tutti gli anni '90. Prima di allora la sola edizione a stampa esistente era la versione spagnola del primo dei due corsi, pubblicata in Messico con il titolo Introducci6n a la teoria de sistemas. Solo nel 2002 l'editore tedesco trascrive e pubblica a cura di Dirk Baecker la versione a stampa del prin10 dei due corsi, nel 2005 del secondo. Del 2014 è la traduzione italiana di quest'ultin10, con il titolo Introduzione alla teoria della società, parte di un progetto di Giancarlo Corsi e mio, che prevede anche la traduzione italiana dell'altro corso.

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