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Italian Pages [328] Year 2022
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La tua mente sia aperta a tutto e attaccata a nulla Aforisma Zen
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Stefano Targa
Francesca De Propris
Il potere nascosto del
Qì Gong Vitalità, benessere e arti marziali
© Long Ho publishing, Roma 2022
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L’inizio di un percorso può essere la sua meta 6
Il potere nascosto del Qì Gong Ringraziamenti Presentazioni Premessa e raccomandazioni Introduzione
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Parte I Conoscenze preliminari
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1. Il concetto di Yīn e Yáng Indicazioni generali per la pratica degli esercizi Esercizi: Tecniche respiratorie Approfondimento: Il diaframma 2. Teoria dei Cinque Elementi Esercizi: La respirazione dei Cinque Elementi 3. Le sostanze vitali 3.1. I tre tesori: Essenza, Energia e Spirito 3.2. Qì, Liquidi Corporei e Sangue 3.3. Mente-Corpo: le sostanze vitali Esercizi: Seguire le 12 stelle 4. I canali 4.1. Organi e visceri 4.2. Il sistema dei canali 4.3. Il Qì in circolazione 4.4. L’orologio energetico 4.5. I fattori patogeni 4.5.1. La componente psicosomatica delle emozioni Esercizi: Tracciare i meridiani Approfondimento: Le fasce e i trigger point
Parte II Elementi di bioenergetica
21 24 28 32 35 40 47 47 49 50 54 75 75 76 79 81 81 85 89 114 118
1. Il flusso del Qì 1.1. Mente 1.2. Esercizio 1.3. Respirazione 1.4. Alimentazione 1.5. Farmacopea 1.6. Natura 1.7. Essenza originaria ed energia sessuale 1.8. Tecniche artificiali 1.9. Suono 1.10. Colore Esercizi: Penetrare la forza del suono Indicazioni per l’utilizzo delle tracce sonore 2. Governare il Qì 2.1. Il Qì come bioelettricità 2.2. Acqua e Fuoco
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119 120 122 123 125 126 127 129 130 133 136 138 140 143 143 144
2.3. I tre Dantian 2.4. Il Cervello 2.5. Il Cuore 2.6. La biotensegrità 2.7. La Fisica del corpo umano Esercizi: Perseguire la potenza della tigre Approfondimento: Il nervo vago 3. Il corpo: una casa con porte, finestre, camere e corridoi 3.1. Le porte e le finestre 3.2. Le camere 3.3. I corridoi Esercizi: Esercizi per allentare lo stress Approfondimento: Biomeccanica e fisiologia dell’allungamento
Parte III Tradizione ed evoluzione
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1. Il Qì Gong 1.1. Classificazioni di Qì Gong 1.2. Il Qí Gong marziale 1.2.1. Applicazioni marziali: il Dian Xue 1.2.2. Applicazioni marziali: le armi naturali e la Jin 1.2.3. Applicazioni marziali: tecniche di calcio Esercizi: Posizioni marziali Armi naturali delle mani Applicazioni marziali Tecniche di calcio Approfondimento: La zona pelvica 2. La salute, la forza e la longevità: esercizi tradizionali 2.1. La Mutazione dei Muscoli e dei Tendini e alcune pratiche interne 2.2. Il Lavaggio del Midollo e del Cervello Esercizi: Cedevole come l’acqua, resistente come il metallo Approfondimento: I tendini 3. Sequenze di lavoro e principi per la pratica 3.1. Presupposti per la pratica 3.2. I livelli della pratica 3.3. La meditazione 3.4. La semplicità del Qì Gong Esercizi: Fondamenti di meditazione Zhan Zhuang La meditazione del Fiore di Loto
203 203 205 207 208 212 216 220 224 237 252 257 257 262 266 288 291 291 295 299 303 306 311 314
Conclusioni
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Fonti
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Bibliografia Multimedia Pubblicazioni scientifiche Sitografia
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«Lo spazio tra Cielo e Terra come somiglia a un mantice! Si vuota ma non si esaurisce, si muove ed ancora più ne esce. Parlar molto e scrutare razionalmente vale meno che mantenersi vuoto.» (Tao Te Ching, Lao Tzu, E-Text.it a cura di Luciano Parinetto)
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Avvertenza Per la traslitterazione dei caratteri cinesi nel nostro alfabeto, dal 1958 la Repubblica Popolare Cinese ha adottato ufficialmente il pinyin, più vicino alla pronuncia del cinese moderno e il più usato oggi in Cina. Nel testo si possono ritrovare anche romanizzazioni dei caratteri che fanno riferimento al superato sistema Wide-Giles, laddove esse siano ormai maggiormente consolidate nell’uso comune della nostra lingua. Per individuare le citazioni dai libri in formato Kindle (e-book Amazon), sprovvisti di numerazione progressiva delle pagine, oltre che l’autore e l’anno di pubblicazione del volume, è stata citata la parte di riferimento, il titolo del capitolo o dell’eventuale paragrafo. Tutte le traduzioni dei testi in lingua inglese sono a cura degli autori. Per contestualizzare al meglio le ricerche dei diversi autori citati si fa sempre riferimento all’anno di pubblicazione dei volumi in lingua originale, le corrispondenti traduzioni in italiano consultate nell'ambito della ricerca sono evidenziate in bibliografia. Nelle citazioni, i testi classici sono stati indicati con il titolo per esteso e non con il nome del curatore dell’edizione. In bibliografia i nomi d’arte e i nomi tradizionali cinesi e vietnamiti sono indicati per esteso. In MTC gli organi/visceri rappresentano un complesso sistema funzionale che si connette a numerosi aspetti (attività, tessuti, emozioni, etc.). Per questo motivo gli organi e visceri (Zang, Fu), come pure Sangue, Liquidi corporei/Umidità, Qì sono indicati con l’iniziale in maiuscolo per ricordare al lettore il diverso significato che essi assumono nella medicina cinese. Le immagini utilizzate, laddove non siano di proprietà degli autori, sono acquistate da iStockphoto.com, scaricate da pixabay.com o royalty free. Ove non fosse stato possibile risalire all’autore di alcune delle immagini utilizzate, ci rendiamo disponibili a sanare l’irregolarità quanto prima, inviare l’eventuale richiesta al seguente indirizzo: [email protected]
Per richiedere le tracce sonore allegate al volume, scrivere una e-mail al seguente indirizzo: [email protected] Specificare nell’oggetto “Il Potere Nascosto” e nella mail il proprio nome e cognome. Entro 48 ore lavorative riceverete i file audio sulla vostra casella di posta. Per ascoltare in streaming le tracce: https://stefanotarga.bandcamp.com/album/il-potere-nascosto-del-qi-gong Ricordiamo ai gentili lettori che lo streaming è limitato.
Per formazione, conferenze e stage contattare [email protected] © Long Ho publishing, Roma 2022 © 2022 tutti i diritti riservati, per utilizzare il materiale presente nel libro contattare gli autori: [email protected]
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Ringraziamenti Questo lavoro non sarebbe stato possibile senza il supporto, la guida e la dedizione del Maestro Nguyen Van Viet. A lui va il nostro più sincero ringraziamento per aver indicato la Via da percorrere, per averci accompagnato con pazienza, per aver posto davanti a noi i necessari ostacoli e, soprattutto, per averci reso capaci di comprenderli per superarli. 11
Presentazioni Il volume di Stefano Targa e Francesca De Propris appare in un contesto mondiale segnato dalla necessità per ciascuno di prendersi cura di se stesso con più attenzione di quanto la società affluente dei consumi inviti a fare. Il flagello globale della pandemia non mostra solo quanto sia necessaria un’assistenza sanitaria disponibile per tutti e il più possibile vicina al territorio, ma anche quanto sia indispensabile che ognuno prenda coscienza attiva del proprio equilibrio psicofisico e agisca di conseguenza. I contenuti del volume sono quantomai opportuni proprio a questo fine poiché integra-
no un’esposizione chiara e accurata degli esercizi proposti, resa efficace da una forma grafica gradevole e funzionale, con scrupolosi riferimenti alla sostanza scientifica che quegli esercizi sottende. Proprio questo è il valore aggiunto di un lavoro che si inscrive in una manualistica sul Qì Gong già molto nutrita, ma troppo spesso distratta riguardo ai suoi connotati scientifici che invece animano sempre più anche in ambito accademico ricerche sperimentali e relativo dibattito. Un interesse scientifico verificabile su scala mondiale, basta digitare il termine Qì Gong su uno qualsiasi dei motori di ricerca dedicati alla medicina. Un fenomeno planetario, quindi, che impone per sua stessa natura la necessità di ragionare con lucidità sulle possibile interazioni tra la logica lineare del pensiero occidentale e la circolarità processuale
di quello orientale, con particolare riferimento all’efficienza universale dell’alternanza ritmica tra i due opposti complementari Yin-Yang. L’audacia con la quale gli autori affrontano questo arduo compito trova forza non in un’autoreferenzialità sognante tanto spavalda quanto sterile - come purtroppo si constata spesso nella manualistica sul Qì Gong - ma, al contrario, nella competenza con cui documentano e discutono le teorie scientifiche inerenti alla materia. Senza rinunciare a proporre indirizzi interpretativi originali per spiegare i benefici del Qì Gong grazie a un’attenta e riflettuta padronanza teorica associata a una lunga esperienza personale di pratica e di didattica. Insomma, il lettore troverà nel volume un’utile guida per la propria pratica quotidiana e
un agile strumento di approfondimento teorico. Potrà in questo modo partecipare al successo di un’operazione culturale di ampio spessore che si colloca con rigore sulla via del recupero nell’essere umano della sintonia tra cielo e terra, un obiettivo divenuto ormai imprescindibile nella turbolenza del tempo presente.
Prof. Sergio Raimondo Università di Cassino e del Lazio meridionale Executive boarder International Martial Arts and Combat Sports Scientific Society 12
Chiunque terrà in mano questo unico e prezioso manuale non potrà mai essere realmente consapevole dell’infinito valore di luce da cui verrà invaso e che lo accompagnerà durante questo indimenticabile viaggio. Riga dopo riga l’attento lettore assisterà alla soave danza tra saggezza e conoscenza pronta a risvegliare il profondo istinto universale di benessere e amor proprio al giorno d’oggi sempre piú dimenticato. L’implacabile amore incondizionato degli autori per questa nobile arte senza tempo, tra-
sforma ogni parola dorata ed ogni impercettibile dettaglio in una suprema chiave di accesso al proprio sorprendente potenziale mentale, fisico e spirituale. Una vera e propria mappa dettagliata per poter vivere felicemente il famoso “qui e ora”, custodire il proprio corpo come un imponente tempio di cristallo e prepararsi alla tanto ambita e ricercata longevità consapevole. Le maniacali ricerche nei più antichi e impolverati testi sacri conosciuti a pochi e custoditi nei più remoti angoli di questo pianeta fanno oggi di questo testo l’opera di riferimento che ogni curioso e appassionato vorrà e dovrà consultare spinto dal desiderio di spezzare i propri limiti mentali e fisici verso la guarigione e l’abbondanza. Un contributo inestimabile ed indispensabile per iniziare a percorrere l’unica via maestra verso quelle millenarie verità orientali che nessuno era ancora riuscito ad
occidentalizzare e semplificare tanto efficacemente da renderla un lungo sentiero luminoso alla portata di tutti. Ricordo al lettore che questo non è il genere di libro che si legge solo con gli occhi, ma con quella parte di cuore che urla disperatamente da tempo il nostro nome nella speranza di pulsare al battito di ogni miracoloso esercizio che gli sta per essere rivelato. Non mi resta che augurare buon viaggio a tutti coloro che sono coraggiosamente pronti a partire con la valigia vuota, per tornare pieni di tutto ciò che non potrà mai entrare in nessuna valigia.
Gianluca Liguori Neuroscience Expert Scientific Mentalist
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Quasi certamente a livello conscio nessuno sceglie di essere malato Sicuramente tutti possono scegliere di essere sani!
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Premessa e raccomandazioni Il Qì Gong è un importante strumento per conservare e guadagnare la salute, sperimentato in migliaia di anni di storia, parte integrante della Medicina Tradizionale Cinese e di tutte le medicine dell’estremo oriente che, dall’India all’Indonesia, hanno sviluppato dei sistemi psicofisici per portare il corpo al suo naturale equilibrio. Un equilibrio che nessun dottore e nessuna medicina potranno offrire senza sforzo. Ci auguriamo che, leggendo queste pagine e mettendo in pratica gli esercizi presentati, il lettore possa avvicinarsi ad una diversa visione del concetto di benessere e vitalità.
La salute è esclusivamente una propria responsabilità che non può essere delegata ad altri. Il medico può dare una prescrizione per aiutare il corpo a tornare in equilibrio, ma il
vero lavoro è solo individuale e si realizza con disciplina, applicazione e costanza. La medicina occidentale tratta gli esseri umani come macchine biologiche simili, semplificando così la complessità dell’individuo e prescrivendo spesso i medesimi farmaci per le stesse patologie a persone differenti. Nelle medicine orientali viene invece data enorme importanza alla differenza, al particolare e all’individualizzazione, realizzando un iter di cura personalizzato. Gli esercizi proposti presentano vari livelli e difficoltà, sarà cura del lettore praticarli con coscienza, arrivando a capire quali siano i più adatti ai propri scopi, nei limiti delle proprie capacità e possibilità, cercando di progredire nel pieno ascolto di sé. 15
Nessuno torna da un viaggio come era prima di partire Aforisma Zen
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Introduzione Partendo dalle importanti e feconde implicazioni dei concetti filosofici alla base della Medicina Tradizionale Cinese (MTC), della fisica e delle neuroscienze, il presente lavoro propone uno studio, teorico e pratico, sui principi del Qì Gong. Verranno inoltre illustrati e approfonditi concetti di Qì Gong interno (maggiormente legato all’aspetto mentale), difficilmente reperibili nei testi in commercio. I concetti della Medicina Tradizionale Cinese sono considerati essenzialmente alla luce di un preciso modello esplicativo, il modello elettrico che, senza totalmente esaurire la
spiegazione del fenomeno, sembra essere il più utile ai nostri scopi e al senso della pratica. Questo modello risulta ulteriormente accreditato dagli studi sull’attività elettrica e ritmica del cervello, quantificata in impulsi elettrici misurabili tramite un elettroencefalogramma, dagli studi sulle proprietà bioelettriche della membrana cellulare e sul suo potenziale d’azione dato da meccanismi di depolarizzazione e ripolarizzazione e da quelli sulla piezoelettricità ossea. Quanto mai appare vera la frase dello scienziato Nikola Tesla «se vuoi scoprire i segreti dell’universo, pensa in termini di energia, frequenza e vibrazione». Ambiti questi che il presente volume intende indagare in una dimensione funzionale alla disciplina del Qì Gong e della salute.
Il libro si propone di coniugare la teoria con la pratica, approfondendo di pari passo entrambe, portando il lettore e il praticante a interpretazioni sempre più complesse dei principi e degli esercizi. Gli esercizi di Qì Gong presentati in questa sede si nutrono essenzialmente dei principi taoisti, si arricchiscono inoltre degli studi del Dottor Nguyen Van Viet, medico agopuntore e maestro di arti marziali vietnamite e attingono ad una vastissima bibliografia. Nell’ottica di una pratica consapevole e profonda si cercherà di collegare le nozioni medico-filosofiche presentate in ogni sezione agli esercizi pratici, integrando in modo coerente e sostanziale la teoria con l’allenamento, la filosofia con il movimento. Alcuni capitoli saranno inoltre arricchiti con degli approfondimenti che propongono un focus specifico sull’anatomo fisiologia umana, ciò per dare al pubblico la possibilità di integrare ancora più le conoscenze e di acquisire una visione del sistema corpo più completa e più funzionale alla pratica. Prima ancora di cominciare, ricordiamo che il precetto fondamentale per una pratica consapevole ed integrata del Qì Gong prevede un imprescindibile e simultaneo lavoro su tre livelli: mentale-energetico-meccanico che si declinano nel trinomio mente-respirocorpo. “Armonizzare la mente, regolare il respiro, controllare il corpo”, questa è la Via, laddo-
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ve il respiro rappresenta l’elemento di mediazione tra la sfera immateriale e la sfera materiale poiché afferisce ad entrambi gli ambiti, proprio come l’uomo lo è tra il cielo e la terra. La disciplina del Qì Gong ha radici molto antiche e trova ancora oggi numerose conferme in termini di salute e benessere per chi la pratica, i suoi originari precetti si sono conservati intatti per millenni e si arricchiscono ora di nuove conoscenze, come mostrano le pagine del presente volume. Ciò è ancora più evidente se si pensa che la visione integrata del “sistema corpo” della Medicina Tradizionale Cinese viene attualmente corroborata anche dai nuovi paradigmi scientifici o dai nuovi approcci della medicina che danno
più spazio alla dimensione olistica e biospicosociale della salute. Per quanto criticato, l’orientamento della medicina quantistica per la quale ogni organismo vivente è caratterizzato da un “disequilibrio costante e coerente” che genera un movimento armonico e controllato alla base della vita (E. F. Poli), sembra essere molto più vicino all’antica prospettiva taoista più di quanto si pensi. In una simile prospettiva, recettori, molecole e reazioni biochimiche non descrivono più processi isolabili e meccanismi riconducibili al semplice funzionamento di una chiave nella sua serratura. Le domande sul perché proprio quella chiave si posizioni davanti a quella serratura, cosa la faccia entrare e girare e cosa faccia sì che la serratura scatti, acquistano un altro significato e guadagnano una risposta più ampia se il corpo appare come
un “sistema risonante” (P. Spaggiari), un sistema ordinato di informazioni in cui le cellule, intelligentemente, si allineano e si sincronizzano in base a precise forme d’onda che sono proprio quell’essenza vitale che i saggi taoisti avevano scoperto e coltivato migliaia di anni fa. È assolutamente vero che le discipline di frontiera come la biologia quantistica, la medicina quantistica, le correnti più all’avanguardia della medicina come l’epigenetica o la PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia), sostenute da strumentazioni sempre più sofisticate in grado di fornire evidenze scientifiche, ci stanno finalmente proponendo l’idea di un essere umano più connesso e globalmente più complesso, nei suoi continui cicli di interazione e processi di feedback con l’ambiente. Un’idea senz’altro più globale di quanto l’approccio riduzionista della biochimica cellulare sia in grado di cogliere. In questo, storicamente, la fisica quantistica ha aperto una strada importante: nella sua ricerca degli elementi fondamentali dell’universo, scandagliando gli strati subatomici, ha mostrato che la materialità di un universo che ai nostri occhi appare così concreto, è data dalla configurazione di infinite onde di probabilità. L’essenza materiale dell’universo nella fisica quantistica diventa energia: tutta la materia si organizza in funzioni d’onda e i corpi, che nella realtà sono separati nella loro forma, sono intimamente interdipendenti e interconnessi attraverso continue vibrazioni e onde elettromagnetiche. Riprendendo le parole del fisico Fritjof Capra, è la mente sotto l’incantesimo della maya 18
(il velo dell’illusione secondo gli antichi testi sacri dei Veda) a dividere il mondo in oggetti ed eventi separati: La fondamentale unicità dell’universo non è solo la caratteristica principale dell’esperienza mistica, ma è anche una delle più importanti rivelazioni della fisica moderna. Essa diviene evidente a livello atomico e si manifesta tanto più chiaramente quanto più si penetra in profondità nella materia, fino al mondo delle particelle subatomiche. [...] Studiando i vari modelli della fisica subatomica vedremo che essi esprimono ripetutamente, in modi diversi, la stessa intuizione: i costituenti della materia e i fenomeni fondamentali ai quali essi prendono parte sono tutti in rapporto reciproco, interconnessi e interdipendenti; non possono essere compresi come entità isolate, ma solo come parti integranti del tutto. (Capra, 1975 pag. 149)
Ciò che si cercherà di fare nelle pagine che seguono è proprio far dialogare le antiche conoscenze teoriche e pratiche della disciplina del Qì Gong con le moderne ricerche nel campo della salute e della cura, mettendo a confronto esercizi antichi con nuove proposte, nate da anni di studio e di applicazione. Alcuni dei rimandi presentati sono solo suggestioni, semplici note o stimoli per futuri approfondimenti, non hanno certo la pretesa di essere esaustivi, poiché lo scopo ultimo del volume rimane comunque quello di proporre un metodo di lavoro e di allenamento. Lo sforzo euristico e innovativo dell’audace comparazione di teorie lontane e non sempre compatibili, non pretende certamente di suggerire una posizione dogmatica, né di divulgare una incontrovertibile verità, semplicemente invita il lettore ad aprirsi a pro-
spettive possibili, sperimentabili in prima persona e soprattutto “praticabili”, per giungere a scoprire quel potere che è nascosto in ciascuno di noi.
La teoria da sola, senza pratica, è quasi inutile in queste arti, ma se segui l'addestramento nel modo corretto, allora capirai esperienzialmente ciò che è stato scritto. Sentire gli insegnamenti nel tuo corpo è la chiave per penetrare davvero nella tradizione. (Mitchell, 2018 Chapter 3, Building the Right Shape, Kindle)
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PARTE I Conoscenze preliminari
Ciò che è opposizione si concilia; dalle cose differenti nasce l’armonia più bella e tutto si genera per via dei contrari. Eraclito
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1. Il concetto di Yīn e Yáng
La teoria Yīn e Yáng è il perno più importante delle medicine orientali di cui il Qì Gong fa parte ed è elemento caratteristico della filosofia dell’estremo oriente, essa deriva dalla struttura di pensiero del Taoismo. Si pone in netto contrasto con l’approccio che ha dominato per duemila anni la filosofia occidentale per la quale, secondo i principi della logica aristotelica (di identità, di non contraddizione e del terzo escluso), due elementi contrari non possono essere veri contemporaneamente.
Lo Yīn e lo Yáng rappresentano qualità opposte, ma complementari e simultaneamente presenti. Il rapporto che esiste tra i due estremi non è di opposizione o conflitto, né essi portano con sé una connotazione che implica un giudizio di valore positivo o negativo; piuttosto essi sono due inseparabili aspetti di uno stesso sistema, come i due poli di un magnete. Essi sono i due poli dell’energia cosmica e, secondo l’iconografia dell’Yi Jing, Libro dei Mutamenti (700 a.C.) la loro rappresentazione simbolica è una linea dritta —— (Yáng) e una linea spezzata — — (Yīn), sono associati rispettivamente con il maschile e femminile, il fermo e l’ondeggiante, la luce e le tenebre, il sorgere del sole o il suo tramontare, il cielo e la terra; non può esserci l’uno senza l’altro, come le differenti facce di una medaglia.
Gli ideogrammi cinesi per Yīn e Yáng sono entrambi formati da un elemento che significa “collina, rilievo”. Nell’ideogramma Yáng vi è anche un carattere che raffigura il sole sopra l’orizzonte con i suoi raggi diretti verso il basso; nell’ideogramma Yīn vi è un carattere che significa “nuvola”. Yīn indica quindi il lato in ombra di una collina, Yáng invece indica il lato della collina esposto al sole.
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L’Imperatore Giallo disse: «Il principio di Yin e Yang è il principio fondamentale dell’intero universo. È il principio di ogni cosa della creazione. Esso determina la trasformazione in progenitura; è la radice e la sorgente di vita e della morte; e lo si può trovare anche nei templi degli dèi. […] «Il Cielo venne creato da un accumulo di Yang, l’elemento della luce; la Terra venne creata da un accumulo di Yin, l’elemento del buio. «Yang significa pace e serenità, Yin significa inquietudine e disordine. Yang significa distruzione e Yin significa conservazione. Yang provoca evaporazione e Yin dà forma alle cose.» (Testo classico di medicina interna dell’Imperatore Giallo, Libro II, cap. 5, pag. 139)
L’origine del concetto di Yīn-Yáng tradizionalmente deriva dalle osservazioni dei contadini della ciclica alternanza di giorno e notte. Al giorno corrispondeva lo Yáng e alla notte lo Yīn e, di conseguenza, l’attività si identificava con lo Yáng e il riposo con lo Yīn. Lo Yīn e lo Yáng sono due fasi di un movimento ciclico, con l’uno che cambia continuamente nell’altro, come il giorno che sfuma nella notte e viceversa. Il sole sorge a est e tramonta ad ovest, guardando il sud (come è abituale fare per stabilire le direzioni dei punti cardinali in Cina) l’est è a sinistra e l’ovest a destra, lo Yáng rappresenta dunque la sinistra e lo Yīn rappresenta la destra. Il cielo dove si trova il sole è Yáng e la terra è Yīn. I cinesi concepirono il cielo come una volta rotonda e la terra piatta, per questo lo Yáng è associato al cerchio e lo Yīn al quadrato.
Questa relazione non è però così semplicisticamente dicotomica. La realtà può essere contemporaneamente Yīn o Yáng a seconda del punto di vista dal quale viene analizzata, il ché vuol dire che i due concetti non sono assoluti, ma derivano il proprio valore e il proprio significato, non solo dalla relazione reciproca, ma anche rispetto al parametro attraverso il quale la realtà viene interrogata o in base alla categoria di riferimento. L’uomo, per sua natura, se esaminato in base alla forza, all’altezza e alla velocità, è yang rispetto alla donna, perché queste caratteristiche, in linea di massima, sono prevalenti più che nella donna. Se poi andiamo a esaminarlo dal punto di vista della longevità e della resistenza, generalmente, risulta essere meno longevo e resistente di una donna, perciò in questo caso è yin rispetto a lei. La terra, per esempio, è yang all’esterno e yin all’interno secondo il criterio topografico, però è esattamente l’inverso se l’interno e l’esterno vengo22
no rapportati in base alla temperatura. (Sotte, Pippa, Ferraro, 2000 pag. 29)
Yīn e Yáng rappresentano due stadi nel processo di cambiamento e trasformazione di tutte le cose dell’Universo. Nella sua forma più pura e rarefatta, lo yáng è totalmente immateriale e corrisponde all’energia pura; lo yīn, nella sua forma più grezza e densa, è totalmente materiale e corrisponde alla materia. Da questo punto di vista l’energia e la materia non sono altro che i due stadi estremi di un continuum, con un infinito numero di possibili stati di aggregazione. (Maciocia, 2015 Parte 1, Cap 1, Lo yīn e lo yáng come due stati di densità della materia, Kindle)
Gli aspetti principali della relazione Yīn-Yáng sono: •
Opposizione: ogni cosa ha in sé il suo seme opposto.
•
Interdipendenza: l’uno non può esistere senza l’altro.
•
Mutuo consumo: in caso di squilibrio agiscono l’uno sull’altro per trovare un nuovo equilibrio tra preponderanza e debolezza.
•
Intertrasformazione: si trasformano l’uno nell’altro.
Nel Qì Gong la percezione e la ricerca dell’equilibrio tra le due polarità è un aspetto irrinunciabile: il praticante eseguendo le tecniche, siano esse statiche o in movimento, funge da catalizzatore delle energie Yáng del cielo. La ricerca dell’armonia e del bilanciamento è lo scopo, nella realizzazione del Dao.
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Indicazioni generali per la pratica degli esercizi Il presente volume è concepito in modo che al termine di ogni capitolo siano proposte delle applicazioni pratiche attinenti alla sezione teorica precedentemente esposta. Di seguito diamo alcune indicazioni generali utili alla pratica degli esercizi. Esse racchiudono i principi e le caratteristiche specifiche del tipo di Qì Gong proposto nel libro e saranno poi ampiamente riprese nella parte finale dedicata ai principi della pratica (pag. 291). •
Respirazione: la respirazione accompagna tutti gli esercizi, essa è il metronomo essenziale per la pratica del Qì Gong, è composta da 4 fasi fondamentali (inspirazione;
apnea inspiratoria; espirazione; apnea espiratoria) e va diversamente adattata in base ai risultati che si vogliono ottenere. Durante la pratica degli esercizi proposti nei prossimi capitoli, a meno che non sia indicato diversamente, si richiede di inspirare ed espirare usando il naso. La respirazione diaframmatica è la tecnica principale che viene insegnata ai novizi: si impara a “respirare con la pancia” e a controllare sempre più profondamente il diaframma. Poi si introduce la respirazione inversa, ovvero si ritrae la pancia mentre si inspira e la si rilascia mentre si espira (pag. 29). Quando migliora il controllo delle strutture anatomiche implicate nella respirazione, si può lavorare sulla respirazione a “cintura controllata” dove adeguate contrazioni dell’addome e della zona lombare, guidano la pressione dell’aria verso il basso stimolando il perineo. Inizialmente si consiglia di respirare in modo naturale, poi con il progredire dell’allenamento, si potrà cominciare a forzare il respiro introducendo fasi di apnea più lunghe, particolarmente importanti ai fini del rinnovamento fisiologico del sistema corporeo.
La respirazione accompagna tutti gli esercizi, essa è il metronomo essenziale per la pratica del Qì Gong. Per perfezionarla ci si esercita con posizioni statiche da seduti o in piedi.
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•
Mobilità articolare: quando si suggerisce di distendere un arto (gamba o braccio), il movimento deve essere compiuto dolcemente senza forzature per raggiungere la massima estensione della struttura con il minimo della contrazione muscolare. La tensione deve essere continua, senza forza, ma consapevole. Questa pratica promuove a livello meccanico un ottimale allineamento delle articolazioni, stimolando gli spazi interarticolari (cartilagini, tendini, legamenti, capsule). Poiché il Qì Gong propone un approccio diverso dalla semplice ginnastica, occorre accompagnare il movimento con la mente facendo sì che l’intenzione guidi il Qì e si attivino di conseguenza i recettori propriocettivi, migliorando in questo modo le abilità cinestetiche.
Efficaci esercizi per promuovere la mobilità articolare e l’allungamento muscolare consistono nel mantenere particolari posizioni per alcuni minuti in assoluta concentrazione. Le posizioni più difficili si possono padroneggiare solo con lunga pratica e costanti sacrifici.
•
Principi di allungamento: gli esercizi dedicati all’allungamento presentati nel libro prevedono in genere il mantenimento della posizione per consentire al corpo di raggiungere i necessari tempi di adattamento e apprendimento. Il mantenimento della posizione, coordinato con la percezione del flusso del Qì lungo i canali interessati dall’esercizio, permette di raggiungere risultati migliori. Contrariamente a quanto prescritto dalla letteratura classica relativa alle Scienze Motorie, nel Qì Gong si fa inoltre spesso ricorso anche all’allungamento balistico che sollecita la muscolatura in modo più intenso, ma con il controllo dell’esercizio da parte della mente e con l’attenzione si ottimizzano i risultati indotti dal riflesso miotatico inverso (pag. 201) e si minimizzano i rischi di infortunio. Nelle fasi di allungamento intenso è inoltre essenziale controllare il respiro, normal-
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mente si consiglia di espirare nella fase di stiramento. In questo tipo di Qì Gong spesso si esercita lo stretching anche utilizzando l’apnea a polmoni vuoti per i principi che verranno spiegati più avanti (pagg. 124, 294), connessi al ruolo dell’anidride carbonica (CO₂) nella mobilitazione, liberazione e assorbimento dell’ossigeno. Negli esercizi di allungamento proposti è importante la gestione delle emozioni, in particolare è fondamentale raggiungere un graduale superamento della paura che si realizza a livello fisiologico e psicologico. Il livello fisiologico si attiva grazie alla gestione della soglia del dolore che viene progressivamente innalzata per mezzo della ripetizione di sforzi intensi e continui. Il superamento della paura a livello psicologico
si ottiene con un impegno mentale, attraverso una preventiva visualizzazione degli effetti dell’esercizio. Il lavoro consapevole permette di essere coscienti delle risposte involontarie del corpo e degli effetti generati su di esso dalla pratica intensa, prevenendo l’insorgere della paura. •
Stimolazione tendinea: per favorire il condizionamento e l’allungamento tendineo, durante l’esecuzione di alcuni esercizi di stretching si consiglia di effettuare un’intensa, controllata e graduale contrazione muscolare, ciò provoca un accorciamento del muscolo che si sta allungando che va a sollecitare la struttura tendinea ad esso collegata. Questa sollecitazione ha lo scopo di allenare i tendini, allungandoli e rafforzandoli.
Per migliorare l’elasticità si possono stimolare i tendini contraendo gradualmente i muscoli in una posizione di stiramento. L’accorciamento muscolare durante la contrazione andrà ad allungare i tendini a cui sono connessi i muscoli stimolati.
•
Stimolazione degli organi interni: il praticante esperto durante lo svolgimento degli esercizi potrà portare attenzione alla parte più interna del proprio corpo, potrà cominciare a percepire la stimolazione degli organi interni indotta dal movimento e dal-
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la respirazione. Sentirà l’azione delle vibrazioni del diaframma; porterà coscienza alla compressione e al rilascio delle strutture interne. La pressione esercitata dal movimento meccanico infatti attiva processi di “strizzamento” e “pulizia” che promuovono un’ottimizzata irrorazione sanguigna e una migliore circolazione linfatica negli organi interni. Questa attenzione e consapevolezza è un passaggio molto importante nella pratica del Qì Gong che richiede molta capacità di ascolto e si affina progressivamente dopo che i movimenti meccanici delle strutture corporee sono stati acquisiti.
Gli esercizi con torsioni sono particolarmente efficaci per generare forze meccaniche le cui pressioni stimolano intensamente gli organi interni.
Ricordiamo tuttavia che la pratica è un processo molto complesso di adattamento e apprendimento che non può essere ricondotto a schematici principi, ma deve essere costantemente sperimentata e scoperta individualmente. Le indicazioni e i suggerimenti possono velocizzare l’ottenimento di alcuni risultati, ma solo l’applicazione costante e consapevole permette di mantenerli per realizzare un cambiamento strutturale. Solo ciò che facciamo con regolarità ha il potere di cambiare la nostra vita. La ripetizione volontaria trasforma un’azione in un’abitudine perché usa il linguaggio del subconscio. L’abitudine ha il potere di diventare un destino. Tutto ciò che viene ripetuto sufficientemente a lungo non si dimentica più, il motivo di questo ha una spiegazione fisiologica e risiede nell’affascinante processo della plasticità neuronale: per rendere abitudinaria un’azione, è necessario modificare l’anatomia del cervello creando una via neuronale apposita che presiede al suo manifestarsi (pag. 303).
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Esercizi Tecniche respiratorie La dialettica Yīn-Yáng è rintracciabile anche nell’atto respiratorio: l’inspirazione è Yīn perché il corpo si pone in una condizione di ricettività per assorbire l’energia Yáng dal cielo, l’espirazione, di contro, è Yáng. Si consiglia inizialmente si svolgere l’esercizio di seguito illustrato utilizzando le tracce sonore allegate al volume. Respirazione Addominale La respirazione addominale è la tecnica di base che andrebbe praticata durante l’esecuzione degli eserispirazione dal naso
cizi proposti nel libro. Spesso gli adulti dimenticano questo modo di respirare, che è invece proprio dei
il diaframma scende
neonati e dei bambini. Fino all’età di 4 o 5 anni, fondamentalmente si respira in questa maniera, con l’andare aventi degli anni, le tensioni muscolari causate dallo stress irrigidiscono il complesso sistema di muscoli che stimola il diaframma. Questo porta a
l’addome si espande
utilizzare una respirazione superficiale, dove si
sfrutta solo la parte alta del torace e si riempiono poco i polmoni. Per eseguirla correttamente occorre avere la schiena naturalmente dritta, distesa verso l’alto, rilassare le spalle e il petto. Gli esercizi si possono fare da seduti o in piedi. Per padroneggiare i movimenti bisogna esercitarsi per almeno 7 - 10 minuti al giorno per un paio di settimane. Si comincia prendendo un profondo respiro dal naso, lentamente, senza coinvolgere le spalle o il petto, percependo il diaframma che si abbassa e l’ad-
espirazione dal naso
dome che viene dolcemente spinto in fuori. Quando la pressione dell’aria nei polmoni aumenterà, il petto si solleverà automaticamente e gradualmente.
il diaframma sale
Trattenere il respiro per alcuni secondi: da un minimo di 3 ad un massimo di 10, cercando di percepire una sorta di formicolio diffuso in tutto il corpo. Con il progredire della pratica, si comincerà a sentire una corrente elettrica all’interno delle ossa e sull’epidermide. 28
l’addome si muove verso l’interno
Espirare, sempre dal naso, guidando gradualmente la parete addominale verso l’interno, stimolando naturalmente il diaframma verso l’alto. Rilassarsi completamente e cercare di intensificare la sensazione di formicolio e corrente. Rimanere alcuni secondi in apnea espiratoria, dai 3 ai 10 secondi saranno sufficienti. Ricominciare l’esercizio cercando di immagazzinare più aria, ma sempre dolcemente, senza movimenti rapidi o violenti. La pratica porterà ad eseguire le apnee fino a 10 secondi senza problemi. Un volta automatizzato questo tipo di respirazione, sarà possibile affrontare efficientemente le sequenze di movimenti proposte nel libro. Questa pratica è conosciuta anche come respirazione Buddista o respirazione Postnatale. Respirazione addominale inversa La respirazione addominale inversa si esegue facendo i movimenti opposti rispetto all’esercizio precedente: si porta l’addome verso l’interno mentre si inspira e verso l’esterno quando si espira. Nella fase iniziale, quando l’aria dal naso entra nei polmoni, si cerca di portare comunque il diaframma verso il basso, contemporaneamente la parete addominale si contrae sensibilmente stimolando gli organi interni. Questo movimento aumenta il flusso sanguigno negli organi. Migliorando nella pratica, si contrae anche il perineo nella fase finale dell’atto inspirato-
rio andando a comprimere gli organi interni da tre fronti: dall’alto, dal basso e dalla parte anteriore. Giunti a questo punto si fa una pausa in apnea che può andare dai 5 ai 15 secondi. Si espira poi dal naso rilasciando tutti i muscoli, abbassando le spalle e distendendo la spina dorsale. Si pratica poi un’apnea a polmoni vuoti che può durare dai 5 ai 15 secondi. Si ricomincia l’esercizio aumentando gradualmente il tempo d’inspirazione e di conseguenza quello d’espirazione. L’esercizio col tempo darà una percezione del corpo complementare a quella che si ottiene con la respirazione addominale. Questa tecnica è più difficile della precedente e richiede più volontà e forza muscolare. Si può eseguire con altre varianti cambiando i tempi di apnea e forzando maggiormente nella fase iniziale, facendo un lavoro muscolare intenso. Per apprenderla si consiglia un allenamento quotidiano di 7 - 10 minuti per un paio di settimane, ma solo dopo aver padroneggiato la respirazione addominale. Questa pratica è conosciuta anche come respirazione Taoista o respirazione Prenatale. Esercizi per migliorare la vitalità Come abbiamo già introdotto, la respirazione è composta da quattro fasi fondamentali:
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inspirazione (ingresso dell’aria nei polmoni), apnea inspiratoria (assenza di respirazione a polmoni pieni), espirazione (espulsione dell’aria dai polmoni), apnea espiratoria (assenza di respirazione a polmoni vuoti); l’uso e i tempi di queste fasi determina evidenti cambiamenti psicofisiologici. La capacità di mantenere il respiro rappresenta un buon indicatore della vitalità dell’organismo. Le fasi respiratorie sono connesse al metabolismo cellulare, nello specifico la respirazione è l’atto attraverso il quale tutte le cellule del corpo umano si nutrono. Un essere umano può avere dai 30.000 ai 100.000 miliardi di cellule in relazione all’età, al sesso e alla costituzione, questo dato è indicativo dell’enorme mole di lavoro cui la respirazione
deve adempiere. Le capacità di assorbire i principi nutritivi di ogni cellula e di eliminare gli scarti sono dei parametri vitali che vengono influenzati dalla funzione polmonare, cardiovascolare, renale, epatica, endocrina, digestiva e nervosa. Il tutto si relaziona, come detto, in modo profondo alla respirazione che rappresenta il principale strumento della regolazione delle due fasi salienti del metabolismo, la fase anabolica e la fase catabolica. Di seguito è illustrato un semplice test connesso alla pratica respiratoria utile per la valutazione del proprio stato di vitalità: •
Valutazione della capacità respiratoria a riposo: quando il corpo è a riposo ha un consumo di energia che viene indicato con il parametro BMR (Basal Metabolic Rate). Il
BMR rappresenta il metabolismo basale il quale indica il minimo dispendio energetico di un organismo a riposo e a digiuno da almeno 12 ore. Un ottimale BMR garantisce il peso forma ideale dell’individuo, alcune tecniche psicofisiche basate sul respiro possono influenzare sensibilmente questo parametro. Per valutare l’efficienza della capacità di fornire energia a tutto l’organismo è opportuno misurare la durata dell’apnea inspiratoria, come di seguito indicato. Posizionarsi comodamente seduti su una sedia, svuotare completamente i polmoni, poi prendere un bel respiro profondo e misurare la capacità di trattenere il respiro fino al verificarsi delle prime e leggere contrazioni nella zona del diaframma. Di seguito illustriamo una scala di tempi indicativi utile a valutare la propria energia vitale: •
un tempo inferiore ai 15 secondi è indicativo di un generale stato di debolezza;
•
un tempo compreso tra i 16 ai 30 secondi si riferisce a persone con una sufficiente capacità di resistenza agli attacchi dei fattori patogeni;
•
dai 31 ai 60 secondi il livello di salute è sufficiente anche se non ottimale;
•
oltre i 90 secondi di apnea il livello di salute è abbastanza buono.
Per migliorare la durata di questo importante indicatore della salute, l’apnea, esistono vari esercizi, ne proporremo due molto semplici: •
Respirazione energizzante: mettersi in piedi con le gambe leggermente divaricate,
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poggiare le mani una sopra l’altra e posizionarle sotto l’ombelico, inspirare profondamente dalla bocca vocalizzando il suono “HHHA”, espandendo al massimo la capacità toracica, espirare sempre dalla bocca vocalizzando il suono “HHHU”, curvandosi leggermente così da comprimere il diaframma ed espellere più efficientemente l’aria dal corpo. Si consiglia di provare l’esercizio gradualmente, partendo da un minimo di 3 respiri profondi fino a giungere a 9 respirazioni. Questo perché l’esercizio può cambiare rapidamente il pH nel sangue, provocando capogiri che si risolvono comunque in pochi istanti, per evitare di perdere l’equilibrio, nel caso di persone anziane o deboli, è opportuno cominciare la pratica dell’esercizio da seduti, per poi arrivare a svol-
gerlo dalla posizione in piedi.
Posizione preparatoria della respirazione purificatrice
Posizione preparatoria della respirazione energizzante
•
Respirazione purificatrice: mettersi in piedi con le gambe leggermente divaricate, allentare completamente la tensione delle spalle e posizionare le braccia lungo i fianchi. Inspirare dal naso ed espirare dalla bocca facendo respiri sempre più lunghi e pro-
fondi. Tra l’inspirazione e l’espirazione trattenere il respiro da un minimo di 3 ad un massimo di 10 secondi. L’espirazione deve essere almeno 3 o 4 volte più lunga dell’inspirazione. Si può cominciare con un minimo di 9 ripetizioni per poi aumentare gradualmente il numero dei respiri in base a multipli di nove. Anche in questo caso, valgono le raccomandazioni dell’esercizio precedente. È consigliabile svolgere questi esercizi respiratori prima delle attività fisiche proposte in questo volume, in modo particolare prima degli esercizi di stretching e di rafforzamento. Ciò permetterà di trasportare l’essenza energetica dell’aria in modo efficace in tutto il corpo. 31
Approfondimento: Il diaframma Un approfondimento sul diaframma è d’obbligo per chi intraprende uno studio consapevole del Qì Gong. Questo straordinario muscolo ha importantissime funzioni fisiologiche, biomeccaniche, anatomiche e psicologiche, è un muscolo striato a forma di cupola situato subito al di sotto delle costole che si sviluppa in fase embrionale a partire dalla migrazione di alcune strutture del tratto cervicale. Essendo un muscolo di tipo misto, volontario e involontario, il diaframma è un ponte tra uno stato consapevole e il funzionamento vegetativo e involontario.
Il suo continuo movimento provoca una costante azione, pressione e stimolazione degli organi interni, ma non solo, gli alimenti, il sangue arterioso e venoso, la linfa transitano attraverso il diaframma per mezzo dei suoi orifizi (esofageo, aortico, della vena cava inferiore); innumerevoli terminazioni nervose collegano il diaframma al sistema nervoso autonomo; esso rappresenta il luogo d’incontro e di relazione di numerosi organi, legamenti e apparati; il diaframma ha numerose inserzioni vertebrali ed è in relazione con i muscoli addominali, con lo psoas e con il quadrato dei lombi e rappresenta un luogo di convergenza tra tutte le catene miofasciali (Myers, 2001). Il diaframma è il muscolo principale della respirazione, per questo è definito “muscolo della vita”.
Dal punto di vista fisiologico la respirazione si attiva a livello del sistema nervoso, nel tronco encefalico dove si trovano tre principali raggruppamenti neuronali (gruppo respiratorio dorsale; centro pneumotassico; gruppo respiratorio ventrale), si completa poi con segnali riflessi prodotti dai bronchi e dai bronchioli inviati per tramite dei nervi vaghi e con una regolazione di tipo chimico, atta a mantenere l’equilibrio tra la concentrazione di ossigeno, di anidride carbonica e ioni idrogeno. A livello meccanico la discesa del diaframma provoca un’espansione dei muscoli intercostali che determinano un aumento del volume della cassa toracica, a questo punto i polmoni, che sono organi passivi, grazie al gradiente di pressione negativa, assorbono l’aria. Sostanzialmente il diaframma attraverso legami strutturali, fasciali e neuro vascolari, è in relazione, diretta o indiretta, con tutte le parti del corpo e un suo mal funzionamento può interferire, o alla lunga alterare, il corretto posizionamento di tutto il sistema muscolo-scheletrico. D’altra parte, un allenamento specifico su questo elemento fisiologico può sensibilmente migliorare la struttura e le funzioni corporee. Come pure, essendo attraversato dai principali canali vascolari come aorta, vena cava e dotto toracico, il diaframma influenza il funzionamento del sistema circolatorio. Infatti il pericardio e il centro frenico (ampio tendine centrale costituito da tre fogliole, posto nel
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punto di massima convessità del diaframma) sono in stretta continuità, costituiscono una struttura quasi unica, si muovono e scorrono insieme. La buona funzionalità del diaframma supporta la circolazione di ritorno, cioè il passaggio del sangue dalla periferia al cuore. Il diaframma è anche in continuità fasciale con il fegato, con l’inspirazione infatti il muscolo diaframmatico scende e provoca un aumento della pressione interna del fegato. Con il suo movimento continuo esercita inoltre una stimolazione dello stomaco e della meccanica della digestione, facilitando la peristalsi degli organi sotto diaframmatici. Secondo la MTC sul diaframma si trovano punti specifici dei vasi straordinari (Du Mai e
Ren Mai’ pagg. 180-181) ed è in relazione con l’energia di difesa e quindi con il sistema immunitario. La MTC non attribuisce al diaframma né la stessa funzione né, probabilmente, la stessa localizzazione anatomica della medicina occidentale. Viene descritto, infatti, come una serie di involucri, di membrane, di “filamenti bianchi che si trovano nella carne” (perfetta descrizione di una struttura miofasciale). Il diaframma, nella concezione cinese, è un sacco costituito da membrane che scorrono come una tenda e che si uniscono alle pieghe del peritoneo, delle pleure e del pericardio. (Chiera, Barsotti, Lanaro, Bottaccioli, 2017, L’approfondimento della struttura miofasciale: il diaframma toracico, Kindle)
Secondo la medicina ayurvedica, per i suoi legami con il sistema digestivo, respiratorio e circolatorio il diaframma si collega al terzo e al quarto chakra.
1982 Il Gran Maestro Nguyen Van Viet mentre esegue una tecnica di Qì Gong che stimola intensamente il diaframma e le strutture annesse.
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I Cinque Elementi, Legno, Fuoco, Terra, Metallo, Acqua, sono una rappresentazione simbolica di diversi livelli e qualità del Qì.
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2. La teoria dei Cinque Elementi La teoria dei Cinque Elementi si sviluppò nella stessa scuola filosofica in cui venne elaborata la teoria dello Yīn-Yáng, la “Scuola Naturalista” o “Scuola Yīn-Yáng”, il cui principale esponente fu Zou Yan (ca. 350-270 a.C.). L’affermarsi di questa teoria segnò un’importante svolta nell’approccio medico che assunse sempre più i caratteri di scientificità: i medici cominciano a dare una spiegazione alle malattie collegando la natura al corpo umano, servendosi delle due polarità e di una struttura cosmologica a tre livelli, Cielo, Uomo, Terra. Gli esseri umani rappresentano la congiunzione tra Cielo e Terra, il prodotto della loro unione, una fusione di forze cosmiche e terrestri. L’ideogramma cinese che indica l’essere umano disegna una figura radicata come un albero nella Terra, con le braccia distese come rami verso il Cielo, che riceve forza da sopra e da sotto. Sostenuta dal potere della Terra e trasformata dal potere del Cielo, l’umanità non può essere separata dalla natura: noi siamo Natura, che si manifesta come persone. Come un cosmo in miniatura siamo mossi dalle stesse forze. (Beinfield & Korngol, 1991 pag. 29)
L’armonia tra Yīn e Yáng rappresenta la salute del cosmo e quella dell’individuo. Quindi il modello Yīn-Yáng simboleggia il processo di creazione, la teoria dei Cinque Elementi, o Cinque Fasi, differenzia ulteriormente questa dinamica e descrive lo sviluppo di forme o eventi. Se lo Yin-Yang è come ombra e sole in proporzioni variabili, Cinque fasi è come lo spettro dell’arcobaleno. Ombre di oscurità e luce creano il dramma e l’intensità, e le Cinque Fasi forniscono la forma, il carattere e il colore. Verde, Rosso, Giallo, Bianco e Nero corrispondono a ognuna delle Fasi. (Beinfield & Korngol, 1991 pag. 84)
I Cinque Elementi (anche detti Fasi), Legno, Fuoco, Terra, Metallo, Acqua, sono una rappresentazione simbolica di diversi livelli e qualità di Qì, descrivono inoltre delle caratteristiche psicologiche degli individui che, secondo il dottor Li Wu (2016), possono essere così sintetizzate: Elemento
Caratteristica
Legno
Rappresenta la natura e la vegetazione in genere. È espressione di crescita. Questo elemento persegue con tenacia i propri obiettivi, se viene ostacolato in questo reagisce con collera e aggressività.
Fuoco
È luminoso e caldo. Caratterizzato da entusiasmo, gioia di vivere ed esaltazione. È un elemento dinamico, ma se non alimentato si consuma. È indice di indipendenza, va tenuto sotto controllo e alimentato.
Terra
Simbolo di perseveranza, solidità e stabilità. La terra procura nutrimento sia da un punto di vista fisico, sia spirituale. Viene abbinata al potere e al possesso materiale, non bisogna accumularne troppo altrimenti si genera uno squilibrio.
Metallo
È simbolo di cupidigia e vanità. Rappresenta la capacità di imporsi e concentrarsi sull’essenziale, la risolutezza e la determinazione. Per la sua durezza può anche rappresentare l’irrigidimento e l’eccessiva fedeltà ai principi.
Acqua
Rappresenta concentrazione e flessibilità, il mutamento e l’indipendenza. È chiara e dunque simboleggia la razionalità. Se in eccesso, raduna una forza immensa funzionale all’autoaffermazione. 35
Tutti i fenomeni sono ordinati secondo le Cinque Fasi che rappresentano cinque stadi evolutivi e corrispondono a cinque Organi Rete, cinque tipi di personalità, quattro stagioni più la fase di transizione (in alcuni testi si fa riferimento agli ultimi giorni di ogni stagione, in altri alla tarda estate), cinque climi. Essi hanno dunque una connessione sia a livello di microcosmo sia di macrocosmo. Come si legge nel testo del Dottor Maciocia (2015), i Cinque Elementi si aprono a diverse e complesse letture, essi possono rappresentare: •
Cinque processi fondamentali della Natura: rappresentano cinque differenti direzioni di movimento dei fenomeni naturali. Il Legno rappresenta l’espansione, il movimento
verso l’esterno in tutte le direzioni; il Metallo rappresenta il movimento di contrazione verso l’interno; l’Acqua rappresenta il movimento verso il basso; il Fuoco rappresenta il movimento verso l’alto e la Terra rappresenta la neutralità o la stabilità. •
Cinque qualità dei fenomeni naturali: come si legge nell’antico testo Shang Shu, il Legno “può essere piegato e raddrizzato”; il Fuoco “divampa verso l’alto”; la Terra “permette la semina, la crescita e la raccolta”; il Metallo “può essere modellato e temprato”; l’Acqua “umidifica verso il basso” (Maciocia, 2015 Parte 1, Cap 2, I Cinque Elementi in natura, Kindle).
•
Cinque fasi di un ciclo: possono corrispondere al susseguirsi delle stagioni nell’arco di un anno. Il Legno corrisponde alla primavera ed è associato alla nascita; il Fuoco corri-
sponde all’estate ed è associato alla crescita; il Metallo corrisponde all’autunno ed è associato al raccolto; l’Acqua corrisponde all’inverno ed è associata alla conservazione; la Terra, invece, corrisponde all’ultimo periodo di ogni stagione (precisamente gli ultimi 18 giorni di ogni stagione) ed è associata alla trasformazione. Come pure possono corrispondere all’età dell’uomo: nascita associata al Legno, giovinezza associata al Fuoco, età adulta associata alla Terra; età matura associata al Metallo; senescenza associata all’Acqua. •
Cinque possibilità di cambiamento e di evoluzione di un fenomeno: essendo questa teoria il frutto di un approccio integrato, i passaggi da una fase all’altra hanno senso nella loro interrelazione reciproca all’interno del ciclo e non come singoli momenti isolabili.
•
Cinque modi in cui l’energia universale si manifesta e realizza nel cosmo e nel corpo umano: i Cinque Elementi in effetti rappresentano proprio cinque diverse qualità di energia che, sebbene sia una e indivisibile, può avere diverse manifestazioni e diverse funzioni. Nel caso del corpo umano ogni organo produce una specifica forma di energia raffinata.
Le corrispondenze tra le Cinque Fasi evolutive e gli elementi del macrocosmo e del microcosmo sono sinteticamente illustrate nella seguente tabella che, come si vedrà successivamente, può essere ulteriormente ampliata con altri collegamenti. 36
5 ELEMENTI Elemento
Colore
MACROCOSMO Stagione
Clima
MICROCOSMO
Direzione
Organo
Senso
Emozione
Sapore
LEGNO
Verde
Primavera
Vento
Est
Fegato
Vista
Collera
Acido
FUOCO
Rosso
Estate
Calore
Sud
Cuore
Tatto
Gioia
Amaro
TERRA
Giallo
Transizione Umido
Centro
Milza
Gusto
Rimuginio
Dolce
METALLO Bianco
Autunno
Secco
Ovest
Polmoni Olfatto
Tristezza
Piccante
ACQUA
Inverno
Freddo
Nord
Reni
Paura
Salato
Nero
Udito
Bisogna precisare che gli organi non corrispondono al concetto occidentale e la loro de-
finizione non si limita al significato puramente anatomico e fisiologico, ma vanno piuttosto considerati come “circuiti organici”, circuiti funzionali che comprendono sia la sfera fisica sia quella “psico-spirituale” (Wu, 2016). Questa teoria infatti considera l’individuo come un sistema integrato basato sulla reciproca relazione di organi, emozioni e scambi con l’ambiente. Gli schemi della natura si ripetono ad ogni livello di organizzazione, dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande e questo, nella Medicina Tradizionale Cinese, diventa un principio di diagnosi e cura. Le Cinque Fasi identificano stadi di trasformazione, modelli di espansione e contrazione, proliferazione o inaridimento. Esse interagiscono in base a schemi di generazione o con-
tenimento a seconda che ogni Fase dia vita o ponga dei limiti, alla successiva. Individuate queste relazioni reciproche sono stati formalizzati quattro diversi cicli funzionali: •
Ciclo di generazione (Shēng): esemplificato dalla relazione “madre-figlio”, metaforicamente e per facilitare la memorizzazione, si dice che il Legno genera il Fuoco, perché la combustione del Legno alimenta il Fuoco; il Fuoco genera la Terra, perché produce la cenere, assimilabile alla terra; la Terra genera il Metallo, perché è nelle viscere della terra che il Metallo viene custodito; il Metallo genera Acqua, perché condensa umidità sulla sua superficie; l’Acqua genera il Legno, perché permette al seme di germogliare.
Ciclo di37 generazione
•
Ciclo di inibizione o controllo (Ké): esemplificato dalla relazione “nonno-nipote”, metaforicamente si dice che il Legno domina la Terra, perché è la Terra che assicura al Legno tutti i fattori necessari al suo nutrimento; la Terra domina l’Acqua, perché l’assorbe; l’Acqua domina il Fuoco, perché lo spegne; il Fuoco domina il Metallo, perché lo fonde; il Metallo domina il Legno, perché lo taglia.
Rispetto al ciclo di generazione (madre-figlio), nel ciclo di inibizione (nonno-nipote) il movimento energetico salta un elemento (il figlio).
Il ciclo di dominazione ha un’azione equilibratrice sul ciclo di generazione; dal perfetto
equilibrio di generazione e controllo, la vita procede in modo armonico. Quando il movimento tra le Cinque Fasi non si realizza in modo adeguato seguendo i primi due cicli, si hanno altri due cicli che rivelano anomalie di vario genere: •
Ciclo di controinibizione o insulto (Wŭ): anche questo rappresenta un disequilibrio del ciclo di inibizione, ma ha una direzionalità inversa rispetto al precedente, si verifica infatti quando il “movimento nipote” si ribella al “movimento nonno”. Così Il movimento Legno in iperfunzione esaurisce il Metallo (sali minerali), il Fuoco fa evaporare l’Acqua, la Terra arida fa morire il Legno, il Metallo freddo diminuisce l’intensità del Fuoco, e l’Acqua sgretola la Terra (roccia).
38 Nel ciclo di controinibizione la direzionalità dell’energia è inversa rispetto al ciclo di sopraffazione.
•
Ciclo di sopraffazione o superinibizione (Chéng): relativamente a questo ciclo la letteratura è controversa e in alcuni casi contraddittoria. Alcune letture (Maciocia, Boschi) identificano il ciclo Chéng come un eccesso di dominazione da parte del “movimento nonno” che tende a sopraffare il “nipote” distruggendolo, o per una sua iperattività o per una debolezza del “nipote”. Altre letture (Da Liu, Li Wu) lo intendono come uno stravolgimento del ciclo di generazione nel quale si verifica la ribellione del “figlio” nei confronti della “madre” andando a descrivere una direzionalità inversa rispetto al ciclo Shēng. Infine altre fonti (Hempen, Consigli) non lo menzionano affatto.
A nostro parere e a rigor di logica nel rispetto dei principi della filosofia taoista, è più corretto considerare questo ciclo come l’espressione inversa del ciclo Shēng, come illustrato nel grafico sottostante, così come il ciclo Wŭ rappresenta l’espressione inversa del ciclo Ké.
Nel ciclo di sopraffazione la direzionalità dell’energia è inversa rispetto al ciclo di generazione.
La teoria dei Cinque Elementi è utilizzata in MTC per spiegare l’eziologia, il meccanismo e i cambiamenti della malattia. Considerando il sistema mente-corpo come un’unità integrata, quando un organo interno è colpito, anche altri organi possono venire danneggiati dal malfunzionamento. I complessi processi che si verificano durante il decorso della malattia possono essere classificati in base alle seguenti disfunzioni: sopraffazione, opposizione, “disordine della madre che danneggia il figlio” o “disordine del figlio che danneggia la madre”. Per fare un esempio: il disturbo del Polmone può essere dovuto ad un disordine specifico dell’organo, oppure può essere causato da un disordine della Milza (in questo caso si tratta di un “disordine della madre che danneggia il figlio”), o anche da un disordine del Rene (in questo caso si tratta di un “disordine del figlio che danneggia la madre”). Questo tipo di analisi permette di trattare la malattia nel suo complesso ed evitare che essa coinvolga altre parti del corpo o di controllarne la sua trasformazione.
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Esercizi Respirazione dei Cinque Elementi La sequenza che viene proposta in questa sezione è una pratica respiratoria di livello base in cui gli esercizi richiamano la qualità e le direzioni del movimento dei Cinque Elementi: verso l’alto, verso il basso, espansione, contrazione, stabilità. Nell’esecuzione della tecnica, dopo aver meccanizzato la sequenza di base, si dovranno visualizzare i colori corrispondenti agli elementi cercando, durante la visualizzazione, di immaginare il colore senza ricorrere alla verbalizzazione interiore del suo nome, così facendo si andrà a stimolare un’altra area del cervello che non sia quella del centro del lin-
guaggio, in linea con i principi della neuro plasticità cerebrale (pag. 303). La respirazione avviene, per entrambe le fasi di inspirazione ed espirazione, attraverso il naso, eseguendo la tecnica della respirazione addominale spiegata nella sezione precedente.
Le frecce del grafico indicano la direzionalità specifica dell’energia relativa ai Cinque Elementi.
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La sequenza delle immagini si svolge da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso
Elemento: Fuoco - Energia ascendente Vuotare completamente i polmoni e poi flettere leggermente le ginocchia. Inspirare facendo salire le braccia con i palmi rivolti verso l’alto, all’altezza delle spalle ruotare le mani.
Portare le mani verso l’alto e seguirle con lo sguardo, mantenendo le braccia in linea con il tronco. Guardando poi avanti, trattenere il respiro. Continuare a spingere con i palmi verso il cielo, portando le braccia alla massima estensione. Durante l’esercizio visualizzare il colore rosso.
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Elemento: Acqua - Energia discendente Espirare facendo scendere le mani verso il basso, rilassare tutti i muscoli del corpo, esercitando una minima tensione muscolare per mantenere la schiena dritta. Concentrarsi sul colore nero.
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Elemento: Legno - Energia in espansione Inspirare facendo salire le braccia tese con i palmi rivolti verso l’alto, aprirle davanti al petto fino a sollevare le mani sopra la linea delle spalle, distendere le braccia portando l’attenzione sulle dita. Mantenere il respiro e la posizione per alcuni secondi. Concentrarsi sul colore verde.
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Elemento: Metallo - Energia in contrazione Espirare dolcemente chiudendo i pugni e piegando le braccia, portare gli avambracci in posizione parallela davanti al petto, stirare gradualmente i muscoli della schiena, spingendo in fuori le vertebre dorsali. Visualizzare il colore bianco.
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Elemento: Terra - Energia verso il centro In apnea portare le mani davanti alla pancia con i palmi rivolti uno verso l’altro. Inspirare allontanando lentamente le mani, espirare avvicinandole. Rimanere qualche istante con i palmi a contatto. Concentrarsi sul colore giallo.
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L’uomo raccoglie in sé le energie del cielo e della terra dalle quali scaturisce il principio vitale che lo anima.
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3. Le sostanze vitali 3.1. I Tre Tesori: Essenza, Energia, Spirito L’uomo raccoglie in sé le energie del cielo e della terra dalle quali scaturisce il principio vitale che lo anima. Questo principio vitale è come un “soffio” che connette tutti gli esseri viventi dell’universo. All’uomo spetta un destino particolare in quanto, come si legge nel Testo classico di medicina interna dell’imperatore giallo (cap. 26), «tutta la creazione, nella sua unità e nella sua più completa perfezione, è pianificata per la più grande delle realizzazioni: l’Uomo». “Dapprima l’energia della terra sale verso il cielo, poi quella del cielo scende verso la terra, e così di seguito. Tutti i fenomeni derivano dall’ascesa e dalla discesa ininterrotte di queste due energie. [...] Tra il cielo e la terra si trova l’uomo. Di conseguenza, l’energia dell’uomo è influenzata da questa combinazione delle energie del cielo e della terra. Ed altrettanto vale per tutti gli esseri viventi che esistono al mondo”. (Tratto dal Su Wen, cit. in Faubert, 1974 pag. 86)
L’uomo conserva al suo interno “tre tesori”: Essenza, Energia, Spirito (Jīng, Qì, Shén). Gli antichi cinesi, contemplando i fenomeni celesti, scoprirono che il Cielo aveva tre tesori: il sole, la luna e le stelle. Osservando il mondo naturale, compresero che anche la Terra aveva tre tesori: l’acqua, il fuoco e l’aria. Allora si domandarono: “Quali sono i tre tesori del corpo?”. Finalmente, dopo averli ricercati, compresero che i tesori del corpo erano il Ching o le secrezioni interne; il Chi o l’energia; e lo Shen lo spirito. (Jou Tsung Hwa, 1983 pag. 118)
L’Essenza (detta Jīng) è l’aspetto energetico che sostiene la struttura fisica, che alimenta gli organi e i visceri, è la parte sottile della materia alla base della vita organica. Lo Jīng, nelle sue distinzioni del Cielo Anteriore (o prenatale, dato dalle energie celesti e dall’unione delle energie del padre e della madre) e del Cielo Posteriore (o postnatale, che si ottiene dalla respirazione e dall’alimentazione), ha diverse funzioni: •
Governa la crescita, la riproduzione e lo sviluppo.
•
Promuove la formazione del Qì renale.
•
Produce il midollo (per la medicina cinese il midollo include anche il cervello).
•
Determina una sana costituzione dell’individuo.
L’Energia (detta Qì) presiede a tutto ciò che è movimento nel corpo, regola gli scambi, la circolazione e le trasformazioni. Il Qì anima, muove e riscalda la parte materiale del corpo umano. La differenza tra Jīng e Qì è chiara se riferita al movimento: il primo controlla processi molto lunghi come la crescita dal feto alla morte, il secondo è responsabile dei movimenti quotidiani nel corpo. Anche per il Qì la medicina cinese distingue varie accezioni differenziate per le diverse funzioni svolte. Il Qì : •
È fonte di attività vitali e movimento.
•
Riscalda il corpo.
•
Protegge il corpo. 47
•
Trasforma le sostanze nutritive.
•
Regola la pressione degli organi interni.
Lo Spirito (detto Shén) rappresenta l’influenza del cielo sull’essere umano, è la sua energia spirituale inscindibile dal binomio corpo-mente fatto di organi, visceri e di emozioni, ne costituisce l’unità sostanziale. Lo Spirito circola in tutto il corpo, ma è governato dal Cuore, che ne rappresenta il suo aspetto Yáng , connesso con il Fuoco, ed è capitalizzato dal Cervello, che ne rappresenta il suo aspetto Yīn, connesso con l’Acqua. L’imperatore chiese: “E che cosa significa shen, lo spirito?” Ch’i Po rispose: “Parliamo di shen, dello spirito. Che cosa è lo spirito? Lo spirito non può essere udito con le orecchie. L’occhio deve splendere di percettività e il cuore deve essere aperto ed attento, e allora lo spirito si rivela improvvisamente alla coscienza. Esso non può essere espresso con la bocca; soltanto il cuore può esprimere tutto ciò che può essere considerato. Se si è molto attenti lo si può riconoscere improvvisamente ma soltanto improvvisamente, ma altrettanto improvvisamente si può perdere questa conoscenza. Ma shen, lo spirito diventa chiaro all’uomo come il vento che ha spazzato le nuvole. […]” (Testo classico di medicina interna dell’imperatore giallo, pagg. 252-253)
I tre tesori con le loro funzioni
Jīng e Shén possono essere considerate le due polarità Yīn e Yáng del Qì. Il Jīng appartiene più alla terra ed è associato alla forma più intima del contatto fisico. Lo Shén è invece più legato al cielo e collega l’essere umano con il divino (Cohen, 1997). Lo Shén è sostenuto da Qì e Jīng, dei quali rappresenta la forma più sottile e immateriale. In una dimensione macrocosmica, la triade Shén, Qì e Jīng è spesso espressa in medicina cinese rispettivamente come Cielo, Uomo e Terra. Le principali differenze tra il Jīng e il Qì nel corpo umano possono essere così schematicamente riassunte: •
Il Jīng deriva principalmente dai genitori, mentre il Qì si forma dopo la nascita.
48
•
Il Jīng è rifornito solo con difficoltà, mentre il Qì può facilmente essere rifornito giorno per giorno.
•
Il Jīng segue cicli molto lunghi di 7 o 8 anni, mentre il Qì segue cicli più brevi, alcuni annuali, alcuni circadiani, altri anche più corti.
•
Il Qì si muove e cambia rapidamente da momento a momento, mentre il Jīng cambia solo lentamente e gradualmente nel corso di lunghi periodi di tempo. Mentre il Ching rappresenta l’integrità strutturale del corpo e la sua forza coesiva, il Chi è l’energia che lo anima. Se il Ching fosse una lampadina, il Chi sarebbe l’energia elettrica che la fa brillare; se fosse un lungo treno, il Chi sarebbe il combustibile che bruciando fornisce l’energia al motore. (Jou Tsung Hwa, 1983 pag. 118)
Consapevoli che ogni schematizzazione non debba essere interpretata rigidamente, ma possa fornire elementi per raggiungere una comprensione più profonda, proponiamo una tabella di correlazioni tra i tre tesori, mutuata dagli studi di Kenneth S. Cohen (Choen, 1997, pag. 61), particolarmente utile nella pratica del Qì Gong: Jīng
Qì
Shén
Sessuale
Vitale
Spirituale
Reni e polmoni
Milza
Fegato e cuore
Acqua
Aria
Fuoco
Fluidi sessuali, saliva
Respiro
Luce e spirito
Yīn
Yīn e Yáng (neutra)
Yáng
Discendente
Discendente e Ascendente
Ascendente
Dan tian inferiore
Dan tian medio
Dan tian superiore
Sistema Circolatorio (MTC)
Ossa
Meridiani classici
Meridiani straordinari
Apparato associato (MO*)
Riproduttivo, endocrino
Respiratorio
Nervoso
Porta
Genitali
Naso e bocca
Occhi
Pratica per la coltivazione
Sessuale
Qì Gong
Meditazione
Natura dell’energia Organo Elemento
Forma/manifestazione Polarità Movimento Serbatoio
* medicina occidentale
3.2. Qì, Liquidi Corporei e Sangue Come la terra comprende le terre emerse, l’oceano e l’atmosfera, così il corpo è organizzato in Sangue, Liquidi Corporei (Umidità) e Qì. Il Sangue governa il tessuto, l’Umidità governa l’ambiente interno, il Qì governa la forma, l’attività e i processi del corpo. Il Sangue è una sostanza materiale ed è coinvolto nel processo di formazione, distribuzione e deposito del nutrimento cellulare. In MTC si dice che il Sangue nutre il Qì. I Liquidi Corporei hanno origine da cibo e bevande e regolano l’idratazione dei tessuti. I Liquidi Corporei sono sottoposti ad una serie di processi di purificazione durante i quali 49
la parte pura si separa progressivamente dalla parte impura. La parte più pura viene trasportata verso l’alto dalla Milza, la parte impura verso il basso dall’Intestino Tenue. I Liquidi Corporei hanno due forme: fluidi e liquidi. I fluidi sono più limpidi, umidificano e nutrono la pelle e i muscoli; i liquidi sono più pesanti e densi, si muovono più lentamente e umidificano le articolazioni, la colonna vertebrale, il midollo e il cervello. Il Qì è una sostanza immateriale e invisibile la cui manifestazione è nel movimento e nell’attività. Il Qì è la base del Sangue, lo muove e lo trattiene. La salute del corpo umano è data dall’equilibrio tra questi tre elementi: senza il giusto livello di Umidità, il Qì diventa caldo e agitato e il Sangue diviene freddo; senza Sangue, il
Qì e l’Umidità si disperdono; senza il Qì, l’Umidità e il Sangue ristagnano e smettono di circolare nel corpo. Alterando dunque l’equilibrio tra questi tre elementi nasce la malattia, cioè uno schema di relazione disarmonica e instabile, che risente anche degli attacchi di fattori esterni o interni in eccesso. Nella tabella si evidenziano le relazioni reciproche tra Qì, Liquidi Corporei e Sangue:
Le relazioni tra Qì , Liquidi Corporei e Sangue
3.3. Mente-Corpo: le sostanze vitali La medicina cinese, secondo un approccio olistico, considera il funzionamento del binomio mente-corpo come il risultato dell’interazione delle sostanze vitali sopradescritte. Queste sostanze si manifestano con vari gradi di “materialità”, cosicché alcune di esse sono molto rarefatte, mentre altre sono totalmente non materiali. Tutte insieme costituiscono l’antico modo cinese di concepire l’insieme corpo-mente. (Maciocia, 2015 Parte 1, Cap 3, Le sostanze vitali, Kindle)
Il corpo e la mente non sono altro che forme di Qì che si manifesta in vari modi, con di-
50
versi gradi di materialità. Le sostanze vitali, con le loro diverse funzioni, le loro diverse nature e con le loro diverse “origini”, sono dunque: •
Qì: Energia
•
Xuè: Sangue
•
Jīng: Essenza
•
Jīn yè: Umidità, Liquidi Corporei
•
Shén: Mente
I Reni, coadiuvati dall’azione del Mìng Mén (“Porta della Vita”, punto 4 del Vaso Governatore, situato tra la seconda e terza vertebra lombare), sono un serbatoio di energia importantissimo e hanno anche un ruolo fondamentale nel processo di raffinazione dell’Essenza in Energia più pura. Il Jīng dei Reni costituisce la base materiale che, riscaldata dal Mìng Mén e dalla componente Yáng dei Reni, produce il Qì dei Reni a sua volta sostenuto dal Qì ancestrale. Il Qì dei Reni è una forma di Jīng dinamica e rarefatta che rappresenta la forza motrice dell’organismo. ll Qì ancestrale, fornendo calore ai processi funzionali del corpo, facilita la trasformazione del Qì nelle sue forme più raffinate intervenendo nell’azione del Triplice Riscaldatore che, come vedremo più avanti, ha il compito di condurre la trasformazione.
Il ruolo dei Reni nella formazione del Qì ancestrale 51
Origini
Funzioni
JNG del Cielo Anteriore
Genitori
Crescita, riproduzione, sviluppo. Determina l’unicità dell’individuo. Legato al mìng mén
JING del Cielo Posteriore
Alimenti
Produce il midollo, costituzione del fisico. Legato a Milza e Stomaco
Le funzioni delle cinque sostanze vitali sono riassunte nella tabella seguente. JING dei Reni
Jīng del Cielo Anteriore Jīng del Cielo Posteriore
Si accumula nei Reni, circola in tutto il corpo, in particolare negli otto Canali Straordinari. Protegge dai fattori patogeni. Collegato alle funzioni riproduttive
QI Ancestrale dei Reni
Jīng del Cielo Anteriore Jīng dei Reni
Movimento, attività, facilita la trasformazione del Sangue. È alla base di tutte le energie Yīn e Yáng del corpo
Cibo, aria
Riscaldamento, trasformazione, protezione, contenimento
Manifestazione della coscienza
Facoltà mentali attive e vigili
QI del Cielo Posteriore SHEN SANGUE
LIQUIDI CORPOREI (UMIDITA’)
Trasformazione del cibo, Nutre, idrata, aiuta lo Shén azione del Midollo Ricavati dagli alimenti
Idratano, collaborano con lo Jīng e nutrono il Qì
È necessario spendere ancora qualche parola sul concetto di Qì nella filosofia orientale. L’ideogramma che lo rappresenta è composto da una parte superiore che significa “vapore” e da una parte inferiore che significa “riso”. Ciò indica che il Qì può essere rarefatto e immateriale come il vapore e materiale come il riso. Il vapore è prodotto dalla cottura del riso, allo stesso modo in MTC il Qì viene prodotto dalla raffinazione della sua base materiale, il Jīng. Appare dunque evidente la sua duplice caratteristica, materiale e immateriale e ancor più chiaramente emerge la sua natura processuale poiché il Qì nasce dalla trasformazione nella relazione di due forze: Yīn e Yáng. La parola Qì è stata tradotta con “forza vitale”, “potenza vitale”, “energia”, “etere”, “soffio”, convenzionalmente si fa riferimento al termine “energia” che può comprendere anche aspetti derivati dal mondo della fisica come l’intensità di corrente, le onde elettromagnetiche o le emanazioni radioattive. Il qì è la base di tutti i fenomeni dell’Universo e garantisce la continuità tra le forme grezze e materiali e le energie sottili, non rarefatte, non materiali. (Maciocia, 2015 Parte 1, Cap 3, Il concetto di Qì nella filosofia cinese, Kindle)
Questo concetto ha permesso alla filosofia orientale di superare il dualismo mentecorpo, materialismo-spiritualismo tipico della cultura occidentale, rendendo la varietà infinita di tutti i fenomeni dell’universo il prodotto del processo continuo di dispersione e aggregazione del Qì. 52
Ideogramma del concetto di Qì
Il Qì nella Medicina Tradizionale Cinese è inteso come elemento in flusso costante che si manifesta in stati di aggregazione variabili. Il Qì condensato dà origine alla materia e il Qì rarefatto a forme di energia sottili e simul-
taneamente può avere entrambe le nature, fisica e spirituale. Per quanto vengano distinti molti tipi di Qì essi rappresentano la manifestazione di un’unica Essenza che si realizza in forme e funzioni diverse: Qì difensivo, Qì nutritivo, Qì pettorale, Qì ancestrale, Qì raffinato prodotto dagli organi interni, etc., che saranno descritti nella sezione successiva.
Le diverse funzioni dell’unico Qì 53
Esercizi Seguire le 12 stelle Questa sequenza, oltre a proporre un lavoro approfondito su muscoli, tendini e ossa, è formulata per stimolare specificatamente gli otto Vasi Straordinari. La sequenza è composta da cinque livelli di pratica, in questa sede viene presentato solo il primo (i successivi saranno oggetto di una prossima pubblicazione). I movimenti provengono da varie scuole pur mostrando l’influenza dell’Yi Jin Jing (pag. 257), evidente nei primi livelli, i livelli successivi sono invece più vicini all’impostazione interna taoista. I primi 2 livelli propongono infatti un lavoro più esterno (stirare e con-
trarre tendini e muscoli), per poi continuare con un lavoro decisamente più interno (mente, intenzione). La sequenza delle immagini si svolge da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso
Saluto formale (A): distanziare le mani aprendo le dita e portare a contatto i polpastrelli davanti al basso addome.
Saluto formale (B): Intrecciare tra loro le dita ruotandole poi in direzione dello sterno, fare un inchino con lo sguardo in avanti.
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Prima Stella (A): mantenendo i talloni a contatto divaricare i piedi con un angolo di 90°, facendo poi perno sulle punte, portare i talloni sotto i fianchi e i piedi paralleli. Inspirare profondamente portando i palmi verso le spalle facendo perno sui gomiti. Mantenere il respiro mentre i gomiti si spostano indietro e le scapole si toccano, posizionare le mani formando un angolo di 90% rispetto all’avambraccio, con l’indice disteso e le altre dita piegate all’altezza della seconda falange verso il palmo.
Prima Stella (B): espirare distendendo le braccia in avanti. In apnea continuare l’estensione delle braccia per alcuni secondi, allungandole al massimo, senza muovere le spalle.
55
Seconda Stella (A): allentare la tensione sui polsi, portando la punta delle dita tese vero l’interno. Inspirare mentre le mani salgono verso l’alto, continuare tracciando dei semicerchi facendole scendere verso il basso; infine portare i palmi verso il viso mantenendo gli avambracci paralleli.
Seconda Stella (B): in apnea spingere le mani in avanti, mantenendo i palmi paralleli. Espirare lentamente aprendo le braccia, mantenendo le dita perpendicolari all’avambraccio. In apnea continuare a distendere al massimo le braccia verso l’esterno, come se i palmi volessero toccare delle pareti lontane, continuare l’estensione per 3 - 5 secondi.
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Terza Stella (A): distendere i polsi mentre le braccia sono aperte. Inspirare profondamente portando le mani dietro la schiena, intrecciando le dita con i palmi a contatto. In apnea sollevare i talloni e portare lo sguardo verso l’alto, stirando il petto mentre le braccia si distendono verso il basso per almeno 3 secondi, poggiare poi i talloni.
Terza Stella (B): ruotare i polsi di modo che i palmi siano paralleli al terreno con i gomiti verso l’interno e i pollici che spingono indietro, portando le scapole il più vicino possibile tra loro. Espirare lentamente chinandosi in avanti con le gambe distese, spingere con le braccia tese il più possibile verso il basso. Mantenere questa posizione e il respiro per almeno 3 secondi.
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Quarta Stella (A): piegare le gambe, portare i polpastrelli della dita a contatto del pollice (mano a becco di gru) piegare i polsi e cominciare a inspirare dirigendo i polsi verso l’alto, facendo salire le braccia e il tronco fino a che i polsi siano più in alto della linea dello sguardo. In apnea portare le mani una di fronte all’altra avvicinandole al viso.
Quarta Stella (B): far scendere le braccia leggermente piegate per aprirle poi lateralmente, portandole oltre la linea della testa. Espirare lentamente facendo scendere le braccia verso le cosce. Il movimento imita il battito di ali della gru.
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Quinta Stella (A): portare la mano destra sopra la sinistra con i palmi che si guardano. Inspirare scambiando la posizione delle mani, proseguire portando il polso della mano sinistra all’altezza degli occhi, ruotando il tronco verso sinistra.
Quinta Stella (B): espirare distendendo tutte e due le braccia il più possibile con lo sguardo che segue la mano sinistra e la testa che si inclina indietro. In apnea riportare la testa in linea con il tronco e ruotare ulteriormente i fianchi e il collo verso sinistra. Riportare le braccia davanti al tronco, tornando nella posizione iniziale, ma con la mano sinistra sopra la destra.
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Quinta Stella (C): eseguire l’esercizio sull’altro lato del corpo.
Quinta Stella (D): inspirare portando tutte e due le mani con i palmi verso l’alto all’altezza delle spalle evitando forzature, con i gomiti che spingono verso l’esterno. Rimanere in posizione per alcuni secondi in apnea. Espirare ruotando i palmi verso il basso, spingendo dolcemente le mani in direzione del pavimento.
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Sesta Stella (A): distendere le braccia in avanti con le mani all’altezza del basso addome con palmi verso il basso. Inspirare ruotando i palmi verso l’alto e portare poi le mani verso le costole con i gomiti indietro, mantenendo le braccia parallele e spalle rilassate.
Sesta Stella (B): in apnea sollevare i gomiti portandoli più indietro possibile e ruotare le mani posizionando i palmi verso il basso. Espirare facendo scendere le mani lateralmente al corpo con i palmi che spingono con decisione verso il pavimento. In apnea mantenere alcuni secondi la posizione, stirando ulteriormente le braccia verso il basso.
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Settima Stella (A): inspirare portando le braccia in avanti facendo convergere la punta delle dita verso l’interno, ruotare vigorosamente i polsi con la mano aperta, quando i palmi sono disposti verso l’alto, chiudere le mani a pugno e portarle ai fianchi.
Settima Stella (B): espellere velocemente l’aria dalla bocca mentre con un saltello ci si dispone nella posizione del cavaliere e si si spingono violentemente i pugni in avanti, braccia parallele. Inspirare aprendo le mani con i palmi che spingono in avanti e si ruotare vigorosamente i polsi fino a chiudere nuovamente le mani a pugno riportandole ai fianchi.
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Settima Stella (C): Espellendo l’aria di nuovo dalla bocca e con forza, si ripete la fase precedente per altre 2 volte.
Settima Stella (D): inspirare abbassando le braccia lateralmente aprendo i pugni e con un saltello unire i piedi e le mani, che andranno portate sopra la testa. Espirare abbassando le braccia portando le mani a preghiera davanti al cuore, gomiti verso l’esterno e avambracci in linea.
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Ottava Stella (A): inspirare portando le mani a preghiera dietro la testa.
Ottava Stella (B): in apnea distendere le braccia verso l’alto mantenendo le mani unite in linea con la schiena e ruotare di 45° a sinistra. Espirare piegandosi in avanti mantenendo, fino a quando è possibile, le braccia in linea con la schiena.
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Ottava Stella (C): piegandosi ulteriormente arrivare a sfiorare il pavimento con la punta delle dita mantenendo il dorso della mano destra rivolto in avanti, continuando l’espirazione.
Ottava Stella (D): proseguire su una traiettoria curvilinea, facendo superare l’altezza della spalla destra dalle mani e riportando il tronco nella posizione iniziale mettere le mani giunte davanti al petto. Rimanere in apnea qualche secondo.
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Ottava Stella (E): ripetere simmetricamente il movimento sull’altro lato del corpo.
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Nona Stella (A): inspirare mantenendo il corpo fermo e le mani unite. In apnea portare le mani davanti all’ombelico, mano sinistra sopra la destra, distanziandole di un paio di centimetri. Espirare caricando il peso sulla gamba sinistra facendo poi scivolare il piede destro indietro, mantenendo i talloni sulla stessa linea e i piedi perpendicolari uno con l’altro, le braccia in linea con il tronco e la gamba sinistra, le dita delle mani seguono le direzioni delle dita dei piedi corrispondenti. In apnea mantenere la posizione per alcuni secondi.
Nona Stella (B): inspirare tornando nella posizione di partenza, facendo passare le mani vicino ai fianchi, con i palmi verso l’alto, per poi congiungerle davanti al petto come nella posizione iniziale.
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Nona Stella (C): Riprendere aria ed eseguire la sequenza con l’altro lato del corpo.
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Decima Stella (A): inspirare nella posizione a mani unite, in apnea spostare il piede sinistro indietro in una direzione di circa 30° rispetto al fronte iniziale, inginocchiarsi mantenendo le mani unite davanti al petto.
30°
Decima Stella (B): avvicinare la gamba destra scaricando il peso sull’avampiede fino a portare il gluteo a contatto del tallone. Cominciare lentamente ad espirare posizionando il collo del piede destro a terra.
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Decima Stella (C): ruotare la testa verso destra e distendere le braccia in linea con le spalle, mano destra con il palmo verso il basso, mano sinistra con il palmo verso l’alto; le braccia seguono una retta ideale posizionata a 45° rispetto al pavimento e si distendono il più possibile. In apnea alzarsi caricando gran parte del peso sulla gamba sinistra.
Decima Stella (D): muovere il piede destro verso la posizione di partenza, la mani passano vicino ai fianchi per unirsi davanti al petto, tornando infine al punto di partenza.
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Decima Stella (E): Riprendere aria ed eseguire la sequenza con l’altro lato del corpo.
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Undicesima Stella (A): inspirare portando le braccia tese in avanti a 45° verso il basso. In apnea ruotare i palmi verso l’alto e piegare il tronco verso il basso fino a far toccare i palmi a terra con le dita delle mani in direzione dei piedi, testa in linea con il tronco.
Undicesima Stella (B): espirare lentamente portando il mento a contatto dello sterno, mantenere la posizione fino a che non si ha più aria nei polmoni. In apnea piegare le gambe accovacciandosi il più possibile abbracciando saldamente le ginocchia.
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Dodicesima Stella (A): inspirare alzandosi lentamente portando le mani alle spalle, stringere forte i pugni forzando i gomiti verso l’esterno. Trattenere il respiro alcuni secondi. Espirare portando i pugni verso il basso lentamente, coordinando l’espirazione con l’esercizio, mentre si esegue il movimento contrarre intensamente tutti i muscoli del corpo; quando le braccia e il tronco sono completamente distesi, piegare i polsi in modo che la linea che congiunge le nocche del medio, anulare e mignolo sia parallela al pavimento.
Dodicesima Stella (B): in apnea spingere i polsi leggermente indietro di modo che le nocche dell’indice e del medio siano parallele al pavimento. Inspirare aprendo le punte dei piedi e portare poi i talloni sotto i fianchi. Espirare mettendo le mani una sopra l’altra all’altezza dell’ombelico. Continuare per alcuni minuti a respirare lentamente e profondamente con gli occhi chiusi, liberando la mente dai pensieri (si veda il capitolo sulla meditazione per ulteriori indicazioni).
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Somministrare delle medicine per delle malattie che si sono ormai sviluppate e reprimere delle rivolte che sono ormai scoppiate è paragonabile al comportamento di coloro che iniziano a scavare il pozzo dopo che hanno avvertito la sete, o al comportamento di coloro che iniziano a fondere le armi dopo che hanno già ingaggiato battaglia. Non sono forse queste azioni, tropo tardive? (Testo classico di medicina interna dell’Imperatore Giallo, Libro I, cap. 2, pag. 129) 74
4. I Canali 4.1. Organi e visceri La teoria dei Cinque Elementi, la connessione tra i vari cicli e gli organi e l’alternanza tra qualità Yīn e Yáng , sono alla base della ormai millenaria pratica dell’agopuntura. I canali mettono in comunicazione zone interne ed esterne dell’organismo, sono connessi al funzionamento degli organi (Fegato, Cuore, Milza, Polmone, Rene) e dei visceri (Vescicola Biliare, Intestino Tenue, Stomaco, Intestino Crasso, Vescica). Tra organi e visceri persiste una dialettica Yīn e Yáng, i primi sono pieni e devono conser-
vare l’energia, i secondi sono vuoti e devono trasportare e trasformare l’energia. “Lo stomaco, l’intestino crasso, l’intestino tenue, i tre focolari, la vescica, sono generati dall’energia del cielo; sono visceri che trasformano e trasportano l’energia agli organi; non possono restare inattivi. […] Gli organi devono conservare l’energia che non deve mai essere dispersa; devono sempre essere pieni di questa energia mentre svolgono il loro ruolo. I sei visceri trasformano e trasportano energia, ma non devono conservala”. (Tatto dal Su Wen, cap. 11, cit. in Faubert, 1974 pag. 74)
I flussi energetici seguono sia cicli giornalieri sia cicli stagionali. L’energia è tanto più feconda quanto più rispetta il ciclo di generazione (Shēng). Il viscere riceve energia, la elabora, poi la trasmette al suo organo accoppiato, che la conserva; l’eccedenza è trasmessa dal viscere in questione a quello dell’elemento seguente.
Dialettica Yīn e Yáng degli organi e dei visceri, seguendo il ciclo di generazione. 75
Ciò che va assolutamente precisato è che la Medicina Tradizionale Cinese intende gli organi interni in modo completamente diverso rispetto a quella occidentale. La medicina occidentale vede ogni organo solo nei suoi aspetti anatomico-fisiologici, mentre la medicina cinese considera ogni organo come un complesso circuito funzionale, che comprende sia la sua entità anatomica, sia le connessioni con gli aspetti mentali, emotivi e spirituali, come ulteriormente specificato nella tabella sottostante (alcune connessioni sono già state messe in evidenza nel capitolo 2 e, per motivi di spazio, non sono state ripetute). Organo Interno
Sostanze vitali
Tessuti
Manifestazioni Liquidi corporei Suoni esterne
Cuore
Governa il Sangue
Vasi sanguigni
Carnagione
Sudore
Riso
Fegato
Accumula il Sangue
Tendini
Unghie
Lacrime
Grida
Polmoni
Governano il Qì e influenzano i Liquidi
Pelle
Peli
Muco nasale
Pianto
Milza
Governa il Qì del cibo, trattiene il Sangue e influenza i Liquidi
Muscoli
Labbra
Saliva fluida
Canto
Reni
Accumulano il Jīng e influenzano i Liquidi
Ossa
Capelli
Saliva densa
Gemiti
4.2. Il sistema dei canali La caratteristica del Qì è il movimento e lo scorrere armonioso di essa determina la salute di un organismo. Il Qì fluisce attraverso un invisibile sistema di canali in un movimento continuo simile all’acqua nel letto di un fiume. Lungo questi canali ci sono dei punti in cui si accumula una quantità maggiore di energia, o meglio in quei punti si generano dei “vortici di energia”. Quando l’agopuntore inserisce gli aghi in questi “cancelli” si modifica il flusso di energia di tutto il canale e di conseguenza in tutto l’organismo. I cancelli dell’agopuntura
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La pelle può dunque essere considerata la parte più esterna del sistema dei canali e mette in comunicazione l’esterno con l’interno attraverso i punti utilizzati dall’agopuntura. Interessante è la spiegazione del Dottor William Tiller sul funzionamento degli agopunti, riportata da Cindy Dale ne Il Corpo Sottile (2009). Gli agopunti si trovano nelle fossette cutanee lungo i solchi tra i muscoli. I muscoli sono circondati da tessuto connettivo lasso, a sua volta ricoperto da tessuto epiteliale spesso e denso, con bassa conducibilità elettrica. In caso di squilibrio nel meridiano si viene a creare una variazione nella resistenza elettrica di questi tessuti. L’ago, nel momento in cui viene inserito nella pelle, influisce sulla conducibilità dei tessuti che poi, una volta estratto l’ago, vanno a ricostruire
una situazione di equilibrio temporaneo. Questa stimolazione favorisce la produzione di endorfine nel sangue che a sua volta stimola la produzione di encefaline nel cervello, oppiacei naturali del corpo. Tra i punti di ogni canale ve ne sono cinque in particolare che sono fondamentali per il trasporto, vengono descritti in analogia con l’acqua, sono: •
Pozzo: il punto dove il Qì gorgoglia ed esce verso l’esterno.
•
Sorgente: il punto dove il Qì comincia a fluire lungo il canale.
•
Ruscello: il punto dove il Qì si riversa in profondità nel canale.
•
Fiume: il punto di maggior scorrimento del Qì lungo il canale.
•
Mare: il punto dove il Qì si raccoglie per poi sprofondare.
I canali principali, formalizzati a scopo terapeutico, sono suddivisi in coppie disposte simmetricamente ai lati destro e sinistro del corpo e sono localizzati in profondità nei muscoli e nei tessuti. Sei di essi sono di natura Yīn (meridiano del Fegato, del Cuore, del Maestro del Cuore, della Milza-Pancreas, del Polmone e del Rene) e percorrono zone Yīn del corpo (l’addome, la superficie interna e frontale degli arti); sei sono di natura Yáng (meridiano della Vescicola Biliare, dell’Intestino Tenue, del Triplice Riscaldatore, dello Stomaco, dell’Intestino Crasso, della Vescica) e percorrono zone Yáng del corpo (la schiena, la parte dorsale e laterale degli arti, ad eccezione del meridiano dello Stomaco che, pur essendo Yáng, scorre nella parte anteriore del corpo).
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La struttura del sistema dei canali (detti meridiani nel 1939 dallo studioso francese Soulié de Morant, in analogia con i meridiani terrestri) può essere definita ad albero: le radici rappresentano i rami interni con i quali il canale si collega agli organi o ai visceri, il fusto rappresenta il meridiano, e i rami sono dei vasi secondari superficiali (trasversali, longitudinali) che servono per irrorare di energia le regioni servite e per collegare i meridiani Yīn e Yáng. Tra i vasi si distinguono anche otto vasi straordinari tra cui i principali sono Vaso Concezione e Vaso Governatore e hanno un compito regolatore in quanto controllano il livello di circolazione energetica nei meridiani principali: assorbono l’eccedenza di Qì in caso di
sovrabbondanza o lo restituiscono in caso di carenza. Quando il Qì nei vasi straordinari è carente può accadere che un’energia nociva penetri nel corpo, provocando squilibri che interferiscono con il normale flusso bioenergetico. Vi sono anche altri tipi di meridiani come i dodici vasi Luo trasversali; i dodici vasi Luo longitudinali; i dodici meridiani tendino-muscolari che nascono dalle mani e dai piedi, seguono un percorso superficiale ed ascendente e costituiscono una barriera protettiva dagli attacchi esterni (fattori patogeni, pag. 81). Questi vasi presiedono alla diffusione delle diverse qualità di Qì che verranno meglio descritte nel paragrafo successivo. Attualmente è provato che i punti dell’agopuntura hanno delle concentrazioni elevate
di microvasi vicino alla superficie della pelle. Il coreano Dottor Kim Bong Han condusse negli anni ‘60 alcuni esperimenti sugli animali iniettando loro un liquido di contrasto nei punti dell’agopuntura e, attraverso un microscopio elettronico, individuò il percorso effettuato dal liquido nell’organismo. Egli scoprì così un complesso sistema di vasi, chiamato Primo Vascular System, e con esso ottenne la prova evidente dell’esistenza di un sistema di meridiani e della sua indipendenza dal sistema circolatorio e linfatico. Lo studioso coreano esaminò anche il fluido che scorreva nei meridiani arrivando a stabilirne la composizione. In base ai suoi studi, esso contiene DNA, adrenalina, estrogeni e acido ialuronico in quantità molto maggiori di ogni altro fluido corporeo, egli ritenne così di aver individuato l’aspetto materiale del Qì. Negli anni ‘80 uno studio dell’Università di Parigi darà un’ulteriore prova dell’esistenza dei meridiani. Il ricercatore Pierre de Vernejoul iniettò in alcuni soggetti un marker radioattivo nei punti dell’agopuntura, nel giro di pochi minuti notò che la sostanza si spostava di una trentina di centimetri, seguendo proprio la linea del meridiano. La cosa interessante è che la stessa migrazione non si verificava invece se la sostanza veniva iniettata altrove, anche nelle vene o nei canali linfatici (cit. in Dale, 2009).
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4.3. Il Qì in circolazione È necessario soffermarsi ancora sulla natura dell’energia in circolazione nei canali per averne più chiari i meccanismi funzionali. Innanzitutto bisogna specificare che esistono due correnti energetiche: una che scorre dall’interno verso l’esterno e si tratta del Qì ancestrale (o prenatale); l’altra, proveniente dall’ambiente, fluisce dall’esterno verso l’interno e si tratta del Qì essenziale (o postnatale) che scaturisce da alimenti e aria. I “tre focolari” sono il luogo di accumulo e formazione di queste forme di Qì: •
il focolare inferiore è la sede del Qì ancestrale (Yuán);
•
nel focolare medio avviene la trasformazione dell’energia proveniente dagli alimenti. Il Qì alimentare (Gŭ) prodotto in questa fase e collegato alle funzioni della Milza, è molto grezzo e non direttamente utilizzabile, deve infatti essere trasmesso al focolare superiore per subire un’ulteriore raffinazione;
•
il focolare superiore è preposto al trattamento dell’energia proveniente dall’aria e del Qì alimentare. Esso produce il Qì pettorale (Zōng), fortemente collegato alle funzioni del Cuore e dei Polmoni.
Questi tre focolari presiedono alla funzione termoregolatrice del corpo. Il Triplice Riscaldatore ha anche l’ulteriore compito di differenziare e separare le diverse forme di Qì che vanno poi a raggiungere le varie parti dell’organismo. Ciò avviene grazie all’azione
catalizzatrice del Qì ancestrale che promuove la formazione del Qì vero (Zhēn) dal quale si differenziano le due forme più raffinate di Qì: il Qì nutritivo (Yíng) e il Qì difensivo (Wèi).
Il ruolo del Triplice Riscaldatore e degli organi nella differenziazione del Qì 79
Il Qì ancestrale, strettamente connesso con le fasi della vita embrionale e alla costituzione profonda dell’essere umano, circola negli otto vasi straordinari. Il Qì nutritivo circola nel sistema dei canali principali, seguendo un andamento che attraversa due meridiani Yīn e due meridiani Yáng al fine di mantenere la giusta differenza di potenziale che garantisce la corretta circolazione energetica. Nel Testo classico di medicina interna dell’Imperatore Giallo (Nei Ching Su Wen) si legge: Lo Yíng qì è estratto dal cibo e dall’acqua, regola i Cinque Organi yin, umidifica i Sei Visceri yáng, entra nei vasi sanguigni, circola nei canali sopra e sotto, è collegato ai Cinque Organi yin e connesso ai Sei Visceri yáng. (cap. 43)
Il Qì difensivo, detto anche “energia sentinella” o di difesa circola nei canali tendinomuscolari, ha la funzione di proteggere il corpo dando il tempo al Qì nutritivo di adattarsi agli stress subiti dall’organismo. Questo tipo di energia è detta anche “energia errante” proprio per la caratteristica del suo movimento. Sempre nel Nei Ching Su Wen si legge: Il Wèi qì deriva dalla parte grezza del cibo e dell’acqua, è scivoloso per natura, perciò non può entrare nei canali. Pertanto circola sotto la pelle, tra i muscoli, si vaporizza tra le membrane e si diffonde nel torace e nell’addome. (cap. 43)
Non bisogna tuttavia dimenticare che l’energia è una sola, la differenziazione è funzionale solo per finalità esplicative, per chiarire cioè esclusivamente i suoi diversi movimenti e compiti: trasformare, trasportare, trattenere, sollevare, proteggere, riscaldare.
Il condizionamento fisico è una pratica molto diffusa nelle arti marziali, consiste spesso nel farsi colpire in varie zone del corpo, assorbendo l’impatto con rapide contrazioni muscolari. La forza e il numero dei colpi vengono gradualmente aumentati, fino a che il praticante possa resistere ad impatti violenti senza riportare ferite. La pratica corretta di questo metodo di lavoro prevede un sapiente uso di massaggi locali (coadiuvato sovente da erbe medicinali) e un complementare lavoro mentale che favorisca l’uso del Qì di difesa. 80
4.4. L’orologio energetico Il flusso del Qì nei meridiani cambia d’intensità durante le ore della giornata: sono le cosiddette “maree energetiche” che si alternano in fasi di due ore. Facendo iniziare il flusso energetico dal canale dei Polmoni alle 3 del mattino, si chiuderà con il picco del Fegato che si esaurisce poco prima delle 3, come descritto nella tabella sottostante. Orario
Organo/Viscere Fase di picco
Attività
Organo/Viscere Fase di riposo
3:00 - 5:00
Polmone
Raccogliere il Qì e mandarlo ai reni che lo distribuiscono Vescica
5:00 - 7:00
Intestino crasso
Liberarsi dalle scorie
Reni
7:00 - 9:00
Stomaco
Sostenere l’energia Yáng, nutrire il corpo
Maestro del Cuore
9:00 - 11:00
Milza
Trasformare il nutrimento
Triplice riscaldatore
11:00 - 13:00 Cuore
Passare dal massimo dello Yáng al minimo dello Yin
Vescicola Biliare
13:00 - 15:00 Intestino tenue
Assimilare il nutrimento
Fegato
15:00 - 17:00 Vescica
Corpo e mente sono carichi di energia
Polmone
17:00 - 19:00 Reni
Le energie cominciano a rientrare in profondità
Intestino Crasso
19:00 -21:00 Maestro del Cuore
Mangiare con moderazione e fare attività rilassanti
Stomaco
21:00- 23:00 Triplice Riscaldatore Rilassarsi e prepararsi al riposo
Milza
23:00 - 1:00
Vescicola Biliare
Dormire profondamente per rigenerare l’energia
Cuore
1:00 - 3:00
Fegato
Il sangue affluisce al fegato
Intestino tenue
In questo orologio biologico i meridiani che distano tra loro di 12 ore sono detti “fratello -sorella” e si influenzano reciprocamente, sono uno Yīn e l’altro Yáng, quando uno sta al suo massimo energetico, l’altro sta al suo minimo e viceversa, hanno anche delle funzioni simili o correlate, ad esempio il meridiano della Milza (h 9-11) e del Triplice Riscaldatore (h 21-23) regolano entrambi il sistema immunitario. Se un organo è debole, le due ore successive al suo picco energetico, sono quelle in cui risulta più efficace rinforzarlo con le pratiche della Medicina Tradizionale Cinese o con gli esercizi di Qì Gong (Borusso & Marino, 2017). 4.5. I fattori patogeni Ad alterare il normale flusso energetico possono intervenire dei fattori di disturbo sia esterni, sia interni. I fattori esterni sono definiti in Medicina Tradizionale Cinese come i Sei Eccessi Climatici: Vento, Freddo, Umidità, Calore, Secchezza (Aridità), Fuoco (calore endogeno). Ognuno
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di essi, se in eccesso, genera delle patologie tipiche e riconoscibili, essendo fattori Yáng tendono a danneggiare lo Yīn. Le sei energie perverse derivanti dai fattori climatici generano la malattia poiché la loro azione va a influenzare l’energia del corpo alterando l’omeostasi corporea: la malattia è proprio la risposta attivata dai sistemi corporei a questo disequilibrio, essa rappresenta un processo che deve riportare il corpo a quell’equilibrio che garantisce la sopravvivenza. Facendo l’esempio del freddo questo va a comprimere i vasi e i capillari, ciò provoca un’alterazione dello scambio pressorio di tutto il corpo con un’inevitabile ricaduta sulla
“pompa idraulica” che preside alle funzioni cardiache e pressorie: il Cuore. In base al ciclo di generazione, il Cuore in sovraccarico sottrae energia alla Milza e richiede un sforzo maggiore al Fegato che deve richiamare più sangue. Tutto questo genera un’alterazione del flusso energetico e dell’attività fisiologica degli organi, ai quali si aggiunge anche un’influente reazione psicologica che, se non gestita, prolunga il periodo dello squilibrio.
Gli effetti del freddo intenso sull’omeostasi corporea
C’è da dire tuttavia che in alcune tradizioni o scuole di Qì Gong marziale il freddo intenso e il caldo intenso vengono utilizzati come strumenti per fortificare il corpo, poiché vanno ad attivare l’energia di difesa, inducendo una risposta ormetica (funzione adattiva
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che deriva dalla risposta organica alla somministrazione di uno stimolo) nell’organismo. Questa attività presuppone un’imprescindibile preparazione psicofisica specifica: il praticante deve avere innanzitutto la convinzione di poter affrontare la prova con la giusta predisposizione mentale, per superare i limiti e migliorare la salute. Un esempio di queste pratiche che coniugano respirazione, esposizione al freddo, meditazione e dedizione è il training ideato dall’olandese Wim Hof, soprannominato The Iceman, detentore di più di venti record mondiali per le sue pratiche estreme. Con il suo metodo, confermato da diverse ricerche scientifiche, Hof ha dimostrato che è possibile controllare il sistema nervoso autonomo e quello immunitario. Attraverso una
speciale tecnica respiratoria Wim Hof riesce a portare il pH del sangue a 7,7 per questo, entrando nell’acqua gelata dopo gli esercizi di respirazione, controlla il dolore e non avverte né panico né stress, perché i centri del dolore nel cervello non vengono pienamente attivati. Il sistema di termoregolazione continua a funzionare, ma i recettori della temperatura non sono più collegati al dolore e alla paura. Il recettore del freddo invia il segnale affinché i trigliceridi del grasso bruno si mobilitino e il catabolismo degli adipociti bruni libera un elevato numero di calorie. La circolazione nell’epidermide inoltre si riduce, in modo che il corpo disperda meno calore. Questo gli permette di nuotare nell’acqua gelata senza incorrere nell’ipotermia. Tornando ai fattori patogeni che possono alterare il normale flusso del Qì, secondo la
MTC non possono essere trascurate le cause interne, riconducibili allo stato emotivo dell’individuo e al suo vissuto. I fattori interni, essendo Yīn tendono a danneggiare lo Yáng e sono collegati a determinate emozioni: Gioia, Collera, Preoccupazione e Tristezza, Rimuginazione, Paura, collegate agli organi nella teoria delle Cinque Fasi, con l’aggiunta dello Shock che provoca un blocco del flusso energetico e influenza il funzionamento di Cuore e Reni. «L’ira è dannosa per il fegato [...] «Una gioia stravagante è dannosa per il cuore [...] «Una simpatia eccessiva è dannosa per lo stomaco [...] «Un’estrema tristezza è dannosa ai polmoni [...] «Una paura estrema è dannosa ai reni [...]. (Testo classico di medicina interna dell’Imperatore Giallo, Libro II, cap. 5, pag. 143-145)
In alcune interpretazioni della MTC le emozioni sono anche viste come i “cinque veleni”. Tutti gli squilibri emozionali portano ad una stasi di Qì e, benché ogni emozione sia riferita maggiormente ad un organo in particolare (si veda tabella a pag. 37), tutte le emozioni colpiscono il Cuore che ha il compito di armonizzare l’attività mentale ed emozionale. La relazione tra organi ed emozioni è reciproca: lo stato dell’organo influisce sull’emozione e l’emozione influisce sullo stato dell’organo. Un eccesso persistente di rabbia può provocare un affaticamento del Fegato a causa della salita dello Yáng e, viceversa, se lo
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Yáng del Fegato sale perché l’organo non è sufficientemente irrorato di sangue, può causare irritabilità e attacchi di rabbia nel soggetto. Secondo la MTC, nella gestione delle emozioni si instaura una relazione importante tra Cuore e Fegato: a livello mentale il Cuore, ospitando lo Shén, è direttamente collegato all’umore e allo spirito di una persona, mentre il Fegato, determinando il libero fluire del Qì, ha una profonda influenza sullo stato emotivo. Un Qì libero di scorrere fa sì che anche le emozioni percepite possano fluire liberamente senza essere represse, fa sì che esse trovino la giusta espressione e che non travolgano la vita della persona. Sostanzialmente lo Shén controlla le emozioni nel senso che le riconosce e le percepisce; il Fegato
assicura che le emozioni scorrano liberamente e non influenzino lo Shén a lungo termine. Damo Mitchell paragona l’emozione ad una “palla di neve” che rotola giù dalla collina, mentre rotola giù per il pendio raccoglie più neve e la palla diventa sempre più grande: più rabbia si prova, più rabbia si genera.
Tabella riassuntiva dei fattori patogeni esterni e interni
Bisogna specificare che le emozioni non sono di per se stesse agenti patogeni, anzi sono elementi fondamentali per l’equilibrio psichico e il loro sano bilanciamento determina la qualità della vita degli individui, ma se l’attività mentale è disturbata in modo particolarmente intenso e ripetuto, si determina uno squilibrio energetico che predispone alle patologie. In assoluto non è lo stimolo di per sé a provocare stress, ma è la reazione emotiva e cognitiva del soggetto a quello stimolo ad essere la fonte dello stress, è la risposta 84
soggettiva al carico emotivo a fare di un determinato stimolo un agente stressante. Le emozioni divengono causa di malattia quando non siamo noi a possederle, ma esse a possedere noi. Anche la medicina occidentale riconosce ormai il ruolo delle emozioni e le loro interazioni con il corpo, ma lo fa secondo un principio piramidale che pone il cervello nel punto alto della piramide corpo-mente. Le emozioni agiscono sui centri autonomi corticali, sul sistema limbico, gli impulsi nervosi raggiungono l’ipotalamo ed infine gli organi interni tramite l’attivazione dei sistemi simpatico e parasimpatico. Il punto di vista della medicina cinese è molto differente, l’interazione corpo-mente non
è descritta da un flusso discendente di informazioni, ma da una dinamica circolare di interazioni tra mente (Shén), organi interni e aspetti emozionali. La concezione degli Organi Interni come sfere d’influenza fisico-mentali-emozionali è uno dei più importanti aspetti della Medicina Cinese. Nodo centrale di questo pensiero è il concetto del qì come una materia-energia che dà luogo a fenomeni fisici, mentali ed emozionali allo stesso tempo. Quindi, nella Medicina Cinese, il corpo, la mente e le emozioni sono un’unica entità senza inizio né fine, di cui gli Organi Interni rappresentano la maggiore sfera di influenza. (Maciocia, 2015 Parte 3, Cap. 20, Le cause interne di malattia, Kindle)
Nel Testo classico di medicina interna dell’imperatore giallo si legge: «La natura ha quattro stagioni e cinque elementi. Per garantire una lunga vita le quattro stagioni e i cinque elementi accumulano il potere della creazione nel freddo, nel caldo, nella siccità, nell’umidità e nel vento. «L’uomo ha cinque visceri nei quali questi cinque climi si trasformano per creare la gioia, l’ira, la simpatia, la tristezza e la paura. «Le emozioni della gioia e dell’ira sono dannose allo spirito. Il freddo e il caldo sono dannosi al corpo. L’ira violenta è dannosa allo Yin, la gioia violenta è dannosa allo Yang. Quando le emozioni violente salgono verso il Cielo, il polso espira e lascia il corpo. «Quando la gioia e l’ira sono prive di moderazione, allora il caldo ed il freddo eccedono ogni misura e la vita non è più sicura. Yin e Yang dovrebbero essere rispettati in misura eguale. (Testo classico di medicina interna dell’Imperatore Giallo, Libro II, cap. 5, pag. 142)
4.5.1. La componente psicosomatica delle emozioni Lo studio delle emozioni è particolarmente complesso e, anche in questo caso, colpisce la profondità delle antiche cognizioni della Medicina Tradizionale Cinese, proprio oggi che le neuroscienze, la PNEI (Psiconeuroendocrinoimmunologia) e l’epigenetica stanno riscoprendo l’importanza cruciale delle emozioni. Esse sono ormai riconosciute come un fattore epigenetico determinante, un ponte tra psiche e soma, rappresentano programmi affettivi e preverbali, strettamente legati alla sopravvivenza fisica, che si manifestano nel corpo con una specifica biochimica e biofisica capace persino di condizionare l’espressione genica. Le ricerche della neuroscienziata Candace Pert, che ha dimostrato la relazione tra neurotrasmettitori ed emozioni, suggeriscono ormai che le nostre emozioni e le loro
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“componenti biologiche” costituiscono un legame inscindibile tra mente e corpo. Questo apre dunque, in maniera definitiva, la riflessione sul ruolo delle emozioni nel determinare la salute e la malattia nell’individuo. Non possiamo più prescindere dal concetto dell’unità psiche-soma se vogliamo governare davvero e profondamente i processi di cura e guarigione. Dobbiamo comprendere profondamente che la biografia di una persona è la sua biologia, e che la guarigione autentica e completa passa necessariamente attraverso la cura delle ferite psichiche o il superamento dei blocchi emozionali, dei nodi esistenziali, degli schemi e delle credenze limitanti (Poli 2014, Cap. 2.2. Il potere della psiche nei processi di guarigione, Kindle)
Senza entrare nel merito dei vari approcci di medicina energetica e psicosomatica, ci sembra importante sottolineare quanto il carico emotivo possa innegabilmente influenzare le condizioni di salute o malattia di una persona. Quando un determinato contenuto emozionale non può essere integrato e/o “digerito”, quando esso mina l’integrità e la coerenza personale, si delinea un conflitto interiore che sostanzialmente si nutre dell’incompatibilità tra le aspirazioni antitetiche e inconciliabili di ognuno. Tale conflitto progressivamente depreda energia e sottrae forza vitale al soggetto che spesso accusa spossatezza e pigrizia, si struttura nei termini di un blocco energetico che compromette il corretto approvvigionamento dei tessuti e degli organi e, gradualmente
a seguito di ciò, possono manifestarsi anche gravi malattie. Il conflitto modifica tutti i piani dell’uomo, quello psichico, energetico e somatico: influenza inconsciamente la psiche e il comportamento; esaurisce il sistema energetico; indebolisce il corpo, generando malattie (Banis, 2005). Senza l’elaborazione dei contenuti emotivi dolorosi all’interno del conflitto, il soggetto continua ad “inciampare” sempre nello stesso schema interpretativo che altera la sua percezione interiore della realtà e produce spesso su di sé una qualche “espressione organica” che si manifesta a livello somatico. L’impatto delle emozioni sulla funzionalità corporea è ben esplicitato nella ricerca del professore di medicina riabilitativa John E. Sarno. Secondo l’esperto, le emozioni re-
presse risultano la causa di quella che lui definisce Sindrome Miositica da Tensione (SMT). Le emozioni represse nell’inconscio, in particolar modo la rabbia e l’ansia, generano un’attività anomala nel cervello che provoca una ridotta circolazione locale del sangue con la conseguente ischemia in alcune aree corporee. Questo è il meccanismo di base che produce le sensazioni di intorpidimento, formicolio, debolezza e dolore che investe muscoli, nervi e tendini. È ormai chiaro che il meccanismo psicosomatico agisca su un corpo inteso come un’unità integrata in cui organi, ghiandole, diaframmi, catene muscolari, meridiani energetici, chakra, strutturano delle linee di forza lungo le quali scorrono infinite informazioni. Le 86
emozioni troppo intense trattenute nel sistema generano una distorsione di queste linee di forza alla quale il sistema delle fasce (di cui si parlerà ampiamente più avanti, pag. 114) reagisce andando a modificare la sua consistenza, producendo un addensamento. Quando uno stress acuto provocato dai fattori patogeni viene elaborato dall’ipotalamo, l’ipofisi viene stimolata e produce l’ormone adrenocorticotropo che a sua volta sollecita le ghiandole surrenali le quali rilasciano nel sangue due ormoni, adrenalina e cortisolo, che andranno ad addensare la fascia. I muscoli sottostanti entreranno così in un regime di funzionalità ridotta generando trigger point (pag. 116) dolorosi che li renderanno deboli e poco funzionali.
La variazione di stato del tessuto connettivo ostacola inoltre il libero flusso delle sostanze tra le cellule. In caso di addensamento protratto nel tempo, le cellule connettivali migranti, con funzione immunitaria, restano intrappolate nella matrice extracellulare (MEC, pag. 114) della struttura e faticano a muoversi liberamente, limitando in questo modo le difese dell’organismo. Se un conflitto emotivo arriva al punto di scompensare l’apparato muscolare producendo contratture o blocchi, è necessario fare un lavoro profondo che agisca su più livelli contemporaneamente e che riesca a: •
disattivare le zone contratte, i trigger point miofasciali, altrimenti essi agiranno da memoria per il conflitto stesso;
•
liberare le emozioni che a loro volta fungeranno da attivatori delle memorie somatiche e meccaniche del corpo;
•
rieducare il fisico cambiando le informazioni che il sistema corporeo ha assimilato e attraverso le quali ha modulato la sua struttura.
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Gli esercizi sulla percezione del flusso del Qì permettono di migliorarne la circolazione incrementando la naturale capacità del corpo di mantenere la salute .
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Esercizi Tracciare i meridiani La sequenza Tracciare i Meridiani va a stimolare il flusso del Qì seguendo l’ordine cronologico dei picchi di attivazione dei canali nell’arco della giornata. La forma è il frutto del lavoro del Maestro Nguyen Van Viet, medico esperto in agopuntura e arti marziali vietnamite. I dodici esercizi mettono in evidenza il punto di inizio, di fine e il percorso di ogni singolo meridiano. La sequenza ha un importante valore didattico poiché permette di imparare, attraverso il movimento, il tracciato dei canali; stimola inoltre il flusso energetico perché
il movimento delle mani, seguendo a distanza il tracciato dei meridiani, genera la sensazione di una presenza elettrostatica o magnetica tra la mano e la pelle che, con la pratica, diverrà la consapevolezza del flusso energetico.
Dapprima ci si eserciterà cercando di seguire con la mente il percorso, attraverso l’attenzione e l’immaginazione, poi con la pratica si comincerà a percepire il flusso elettrico lungo il tracciato del canale. Lo studio di questa forma è uno dei perni centrali del lavoro proposto in questo libro, la sua pratica costante permetterà all’energia di scorrere fluidamente, incrementando anche l’efficacia delle tecniche marziali. I dodici canali fondamentali hanno delle sigle diverse a seconda della nazione dove si studiano. In questo libro utilizzeremo la nomenclatura internazionale: Polmoni LU, Intestino Crasso LI, Stomaco ST, Milza SP, Cuore HE, Intestino Tenue SI, Vescica BL, Reni KI, Maestro del Cuore (Pericardio) PC, Triplice Riscaldatore TE, Vescicola Biliare (Cistifellea) GB e Fegato LR. I canali Yīn - Negativo vengono indicati con il colore blu e i canali Yáng Positivo con il colore rosso. 89
La sequenza delle immagini si svolge da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso
Saluto formale Congiungere le mani a preghiera e inchinarsi leggermente con il busto in avanti
Rete Metallo 1° movimento: Canale dei Polmoni - 11 punti fondamentali Distanziare i piedi e predisporsi alla pratica. Inspirare mentre si richiamano le mani verso il petto, concentrare l’attenzione sul punto LU 1 sotto la clavicola. Rimanere nella posizione in apnea un paio di secondi.
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Continuare la fase di apnea distendendo le braccia rilassate, con le mani ad angolo retto rispetto all’avambraccio, seguire mentalmente il percorso lungo la parte radiale del braccio (vedere immagine del canale del Polmone); concentrandosi infine sul punto LU 11 nella parte esterna del pollice. Mantenere la posizione per un paio di secondi. Rilasciare le mani, aprire le braccia verso l’esterno e farle scendere lentamente lungo i lati del corpo, espirando.
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Rete Metallo 2° movimento: Canale dell’Intestino Crasso - 20 punti fondamentali Proseguendo dall’esercizio precedente inspirare facendo risalire le mani davanti all’addome con i dorsi l’uno verso l’altro e le dita piegate, sollevare poi l’indice verso l’alto andando a stimolare il punto LI 1, le altre dita rimangono piegate verso l’interno della mano. Trattenere il respiro, mentre si portano le braccia in avanti (per la posizione della mano vedi immagine del particolare).
Mano a Fior di Albicocco, particolare della mano con l’indice disteso. Oltre che nel Qì Gong, questa posizione è utilizzata anche nel Wushu.
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Continuare portando le braccia in linea con le spalle, mantenendo le mani piegate ad angolo retto e l’indice verso l’alto, ruotare poi il capo verso destra. Espirare andando ad indicare con l’indice della mano sinistra il punto LI 20 situato all’attaccatura laterale del naso. Riportare poi le braccia in linea con le spalle e lo sguardo in avanti. Continuare l’espirazione facendo scendere le braccia lungo i fianchi. Ripetere l’esercizio sull’altro lato del corpo.
LI -
LI LI - 17
LI LI -
LI -
LI -
LI LI -
LI - 5
LI - 4
LI - 1
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LI -
Rete Terra 3° movimento: Canale dello Stomaco - 45 punti fondamentali Inspirare sfiorando la guancia destra con la mano sinistra andando a percepire i primi punti del canale dello Stomaco; spostare leggermente il peso sulla gamba sinistra ed avanzare con la gamba destra poggiando a terra l’avampiede destro. Si prosegue seguendo il percorso del canale con la mano lungo il petto e l’addome. Quando la mano arriva all’altezza del fianco trattenere il respiro e alzare il ginocchio destro mentre la mano continua a seguire a distanza il percorso del canale sfiorandone il tracciato. Si stende la gamba lentamente con la mano che raggiunge il secondo dito del piede fino a sfiorare o indicare il punto ST 45 con il dito medio.
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Espirare tornando in posizione. Ripetere l’esercizio dall’altro lato del corpo, sollevando la gamba sinistra.
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Rete Terra 4° movimento: Canale della Milza - 21 punti fondamentali Inspirare flettendo la gamba sinistra, sollevare l’alluce del piede destro, andando a stimolare il punto SP 1, abbassare la spalla sinistra e ruotare verso l’alto la spalla destra. Tracciare con la mente il percorso del canale che sale lungo la parte interna della gamba destra. Trattenere il respiro sfiorando con la mano destra l’addome fino a fermarsi sul punto SP 21. Agganciare poi con la mano sinistra ruotata con il palmo verso l’alto l'alluce del piede destro. Sollevare il braccio destro verso l’alto, facendo una torsione ulteriore del busto che aumenta la stimolazione della zona intorno al punto finale del canale.
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Espirare tornando nella posizione iniziale e ripetere l’esercizio stimolando il canale che passa sul lato sinistro del corpo.
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Rete Fuoco 5° movimento: Canale del Cuore - 9 punti fondamentali Inspirare aprendo le braccia ruotandole verso l’esterno in linea con i fianchi; tirare su il petto andando a stimolare il punto HE 1 sotto l’ascella. Trattenere il respiro seguendo il percorso del canale con la mente lungo la parte interna di entrambe le braccia facendo toccare il mignolo con il pollice. Ruotare ulteriormente le braccia, aprire con forza le mani e distendere il mignolo, andando a stimolare il punto HE 9.
Pollice e mignolo a contatto per stimolare il punto 9 del canale del Cuore
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Espirare portando le braccia verso il basso con i dorsi l’uno verso l’altro.
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Rete Fuoco 6° movimento: Canale dell’Intestino Tenue - 19 punti fondamentali Inspirare facendo salire le braccia all’altezza delle spalle con i dorsi delle mani che si guardano, concentrandosi sul punto SI 1 sul mignolo, aprire le braccia con i gomiti leggermente flessi e i polsi piegati. Trattenere il respiro portando le mani al viso e andare a stimolare contemporaneamente gli ultimi tre punti del canale: SI 17, SI 18, SI 19 rispettivamente con il pollice, l’anulare e l’indice.
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Espirare portando i palmi delle mani verso il pavimento.
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Rete Acqua 7° movimento: Canale della Vescica - 67 punti fondamentali Inspirare sollevando le mani andando a sfiorare con entrambi gli anulari il punto BL 1 nell’angolo interno degli occhi, passare poi entrambe le mani dietro la testa e farle scendere dietro la schiena. Aprire bene le spalle e avvicinare le scapole per stimolare il doppio percorso del canale sui lati esterni della colonna vertebrale. Stendere le braccia e le mani verso il basso.
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Trattenere il respiro flettendo il busto in avanti e poi verso il basso, girando leggermente i piedi verso l’esterno, andando a stimolare la parte finale del canale sul quinto dito del piede. Afferrare il quinto dito di ogni piede con la mano corrispondente, portando l’attenzione al punto BL 67. Espirare tornando in posizione.
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Rete Acqua 8° movimento: Canale dei Reni - 27 punti fondamentali Inspirare spostando il peso sugli avampiedi stimolando il punto KI 1 e facendo salire le braccia verso l’alto con il dorso verso l’interno, sollevando i talloni, mentre si traccia con la mente il percorso del canale che sale lungo le gambe.
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Trattenere il respiro, spingendo le mani verso il basso superando la linea delle spalle dietro la schiena, andando a stimolare il punto KI 27 sul petto, sotto la clavicola. Espirare richiamando le mani davanti al petto, tornando in posizione.
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Rete Fuoco 9° movimento: Canale del Maestro del Cuore - 9 punti fondamentali Inspirare spingendo dietro al corpo il palmo delle mani con le braccia distese, andando a stimolare il punto PC 1 sul lato esterno del petto, vicino al capezzolo. Trattenere facendo salire le braccia verso l’alto all’altezza delle spalle, girare le mani verso l’alto e porre attenzione sul Lao Gong, punto PC 8.
Il Lao Gong corrisponde al punto 8 del canale del Maestro del Cuore.
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Espirare girando le mani ponendo i palmi uno verso l’altro, concentrandosi sul punto PC 9 sul dito medio. Mantenere le braccia sollevate per passare al prossimo esercizio.
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Rete Fuoco 10° movimento: Canale del Triplice Riscaldatore - 23 punti fondamentali Iniziare l’esercizio dalla posizione precedente. Inspirare con le braccia all’altezza delle spalle, volgendo il dorso delle mani verso l’interno, portando l’attenzione al punto TE 1 sull’anulare. Spostare lentamente le braccia dietro, spingendole oltre le spalle.
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Trattenere il respiro mentre si portano le mani alle tempie, allineando bene i gomiti alle spalle, con l’anulare si sfiora il punto TE 23. Espirare tornando in posizione.
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Rete Legno 11° movimento: Canale della Vescicola Biliare - 44 punti fondamentali Inspirare iniziando il movimento delle mani dal punto VB 1, sulla tempia vicino all’orecchio, facendo due passaggi sulla testa, seguendo il percorso del canale sul cranio. Proseguire tracciando il meridiano sui lati dell’addome. Quando le mani arrivano al punto VB 30, all’attaccatura delle cosce, trattenere il respiro e percorrere il meridiano con entrambe le mani che sfiorano il lato esterno di cosce e tibie, mentre si flettono le ginocchia. Dalla posizione accovacciata prendere il quarto dito di entrambi i piedi, punto VB 44 ed espirare in quella posizione cercando di appiattire il più possibile la schiena.
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Inspirare di nuovo stendendo le gambe, mente le mani sono sempre sul quarto dito del piede e distendere la schiena, guardando avanti, mentre si trattiene il respiro. Espirare tornando in posizione.
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Rete Legno 12° movimento: Canale del Fegato - 14 punti fondamentali Inspirare facendo un passo in avanti con la gamba sinistra, mentre con la mano sinistra si afferra il polso destro e ruotare verso il pavimento l’alluce, stimolando il punto LR 1. Trattenere mentre si segue il percorso del meridiano che sale lungo la gamba, trattenere ancora mentre si solleva la spalla, andando a stimolare il punto LR 14.
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Espirare tornando in posizione e ripetere l’esercizio dall’altro lato, avanzando con la gamba destra e afferrando con la mano destra il polso sinistro. Riavvicinare i piedi e concludere la forma con il saluto.
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Approfondimento: Le fasce e i trigger point Nelle pagine successive si avrà modo di affrontare l’importanza del ruolo delle fasce in MTC e dell’allenamento di esse nel Qì Gong. In questo breve approfondimento si cercherà di evidenziare cosa esse siano nell’anatomo fisiologia occidentale e il loro ruolo nella percezione del dolore. La fascia è uno strato di tessuto più o meno denso e fibroso che, nelle sue varie forme e funzioni, riveste i muscoli, gli organi, i vasi sanguigni i nervi. Le fasce si compongono di tessuto connettivo nel quale si trovano diversi tipi di cellule (fibroblasti, macrofagi, mastociti, leucociti, adipociti, osteociti, etc.) immerse in abbon-
dante materiale intercellurare, la matrice extracellulare (MEC). La MEC è composta da fibre proteiche insolubili (fibre di collagene, fibre elastiche, fibre reticolari) e da una sostanza gelatinosa, liquida o solida, detta sostanza fondamentale. L’immagine mostra una fascia intorno a strutture muscolari. Fondamentalmente essa è un tessuto fibroso che racchiude i muscoli, funzionando da guaina contenitiva. Le fasce avvolgono anche gli organi interni e altre strutture corporee, fungendo da elementi di connessione tra le varie parti anatomiche dell’uomo. In tempi recenti la biologia e la medicina hanno mostrato enorme interesse nella forma e fisiologia delle fasce.
Il tessuto connettivo è costituito quindi da cellule con ridotta capacità di contrazione e scarsa conducibilità elettrica, ma è un tessuto molto attivo in grado di secernere numerose sostanze nello spazio intercellulare. Per questa sua proprietà il sistema connettivo è dunque capace di influenzare profondamente il funzionamento fisiologico del nostro organismo, poiché è fortemente integrato con tutti gli altri sistemi. Le sue diverse funzioni corrispondono ad una sua diversa organizzazione strutturale: quando prevale la funzione trofica, di trasporto delle sostanze e di difesa dalle aggressioni batteriche, il tessuto connettivo deve avere una struttura leggera e facilmente penetrabile, ricca di vasi e dotti linfatici, in questo caso si tratta di un tessuto connettivo lasso; quando prevale invece la funzione di supporto, di contenimento e di barriera (come nel caso della pelle), il tessuto connettivo deve avere una struttura compatta, con fasci di fibre organizzate e orientate a formare un tessuto connettivo denso. Nello specifico, la fascia stabilizza, mantiene in sede, racchiude e separa i muscoli e gli organi interni, si estende dal capo ai piedi, come una sorta di guaina continua, essa si
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classifica in base allo strato che occupa. La fascia superficiale ricopre tutto il corpo a livello sottocutaneo. È composta da due strati, uno esterno che contiene grasso e uno più interno, sottile ed elastico. Tra questi due strati scorrono arterie, vene, vasi linfatici, si trovano ghiandole e alcuni muscoli superficiali come quelli facciali, rappresenta una sede di conservazione di acqua e grasso, protegge dagli stress meccanici e termici, attutisce ed isola. La fascia profonda è costituita da strati sovrapposti di fibre connettivali con diverso orientamento (trasversale, longitudinale e obliquo) che conferiscono ai vari livelli caratteristiche diverse. Si differenzia in: epimisio, avvolge l’intero muscolo, lo contiene e tra-
smette le forze; perimisio, avvolge i singoli fascicoli muscolari, li isola, li fa scorrere veicola le forze verso il tendine; endomisio, avvolge e connette le singole fibre muscolari ed ha un ruolo strutturale e funzionale durante la contrazione e lo scorrimento delle fibre. La fascia viscerale ricopre gli organi interni, costituisce: meningi, pericardio, pleura, peritoneo. Per la funzione che svolge, questo tipo di fascia è meno elastica perché deve mantenere il tono necessario a tenere in sede e a sostenere gli organi. Lungo la fascia si situano milioni di recettori, per questo essa ha un’elevata capacità sensitiva e trasmissiva nei confronti del sistema, tanto da rendere il sistema miofasciale il più ampio “apparato di percezione corporea”; la fascia assume inoltre un ruolo fonda-
mentale nel contesto biomeccanico, in quanto funge da trasduttore di forze durante i movimenti. La combinazione di forze di compressione, tensione e trazione permette al tessuto connettivo di adattarsi funzionalmente, ma soprattutto di ripararsi e rigenerarsi, per questo l’attività fisica ha un forte effetto modulatore sulle fasce e il loro stato di salute. La plasticità del sistema miofasciale è inoltre strettamente collegata alla trasmissione nervosa e alla secrezione di peptidi neuro-endocrini, ormoni e citochine, oltre che all’afflusso e al deflusso di sangue e acqua. Data la disposizione delle fibre che formano la MEC in strutture parallele ordinate, le fibre collagene possono comportarsi come dei semiconduttori ciò fa si che gli elettroni creino un’unica nube attorno a tutta la struttura fibrosa generando una differenza di potenziale fra gli estremi delle fibre di collagene ogni volta che esse vengono sottoposte a deformazioni meccaniche. Questa differenza di potenziale è all’origine di una risposta piezoelettrica (pag. 296). Meccanica ed elettricità sembrano quasi reciproche in quanto le onde delle vibrazioni meccaniche recepite dalla MEC possono originare campi elettrici, i quali a loro volta possono causare delle oscillazioni meccaniche nelle componenti della MEC stessa. (Chiera et al. 2017, Cap. 11, La tensegrità miofasciale, Kindle)
A livello muscolare la fascia è strettamente integrata con le fibre contrattili, i sarcomeri, 115
ed è fortemente connessa con l’insorgenza di stati infiammatori. La fascia infatti può danneggiarsi se viene esposta a diversi stressor, che possono essere traumi fisici, agenti patogeni, cibi con scarso valore nutritivo, eccessivi sbalzi di temperatura ed eventi psicosociali: l’impatto di questi fattori può causare l’attivazione cronica di processi infiammatori con la secrezione da parte dei fibroblasti di citochine infiammatorie (Chiera et al., 2017). Laddove si crea una iperstimolazione dei sarcomeri fino al punto che essi non riescono più a uscire dalla contrazione, nasce un punto trigger: un nodulo bulboso che provoca un accorciamento e un ispessimento della parte mediana della fibra muscolare nel suo
punto di maggior contrazione, al quale corrisponde un suo allungamento nel capo di inserzione muscolare che provoca rigidità e durezza a tutta la banda del sarcomero (Davies, 2004).
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In condizioni normali i sarcomeri agiscono come piccole pompe che, con la loro contrazione e il loro rilassamento, fanno circolare il sangue attraverso i capillari, assolvendo alle funzioni metaboliche. Quando i sarcomeri di un punto trigger rimangono contratti, il flusso sanguigno nell’area circostante si interrompe. La carenza di ossigeno e l’accumulo dei prodotti di scarto non drenati, irritano il punto che invia segnali di dolore al cervello, il quale reagisce con una fisiologica risposta di immobilizzazione della parte che comincia ad accorciarsi e a irrigidirsi. Punti trigger possono trovarsi anche nei capi d’inserzione del muscolo nell’osso, o in un’area in cui il dolore viene inviato ad un altro muscolo (punti trigger satellite) in un
effetto a cascata responsabile del dolore riferito (distante dal punto d’origine), coinvolto il più delle volte nello stato di dolore cronico. Spesso i muscoli accorciati e allargati da punti trigger comprimono i nervi adiacenti con la conseguente distorsione dei segnali elettrici, provocando indebolimento, prurito, sensibilità, bruciore. Spesso i sintomi miofasciali provocano flessione dell’umore e depressione, possono alterare la percezione, il movimento e disturbare il sonno. Le cause dei punti trigger possono dipendere da fattori fisici come una struttura ossea anomala, uno stress posturale protratto nel tempo, un movimento ripetitivo che sovraccarica la struttura muscolare o da fattori psicologici come tensione, ansia, nervosismo, rabbia; possono essere inoltre aggravati da disturbi metabolici.
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PARTE II Elementi di bioenergetica
In molte scuole di arti marziali si insegna a portare la percezione del flusso del Qì su un oggetto esterno, quale può essere un’arma118 tradizionale; questa pratica permette di eseguire colpi più precisi e potenti.
1. Il flusso del Qì Il Qì è l’energia, la forza naturale che riempie e costituisce l’universo. Fin dall’antichità i cinesi ritenevano che esistessero tre diverse qualità di questa energia: il Qì del Cielo, costituito dalle forze che i corpi celesti esercitano sulla terra, come i raggi solari, la luce della luna e gli effetti degli astri, rappresenta l’energia connessa con la spiritualità; il Qì della Terra, composto da linee e schemi di energia, dal campo magnetico e dal calore celato in profondità; il Qì dell’Uomo, influenzato dai primi due, particolarmente studiato nei campi della salute, della longevità, delle arti marziali e della religione. Queste forme
di energia tendono per natura a conservare il loro equilibrio, perciò se il Qì del Cielo lo perde, allora cercherà di riacquistarlo con vento, pioggia e uragani, se il Qì della Terra perde il suo equilibrio, allora cercherà di riconquistarlo tramite terremoti o eruzioni vulcaniche, allo stesso modo, se l’equilibrio del Qì dell’Uomo viene meno, subentra la malattia.
Come già ampiamente esplicitato, il Qì riferito al corpo umano racchiude in sé e generalizza tre tipi di funzioni: •
funzione nutritiva e riscaldante di tutto il corpo, dei suoi tessuti ed apparati, con funzione riparatrice;
•
funzione di difesa dalle aggressioni dell’ambiente;
•
funzione di forza motrice relativa a tutte le attività degli organi, degli apparati e tessuti.
Il Qì si può manifestare come bioelettricità, paragonabile ad un flusso di corrente continua e, proprio come la corrente che scorre per differenza di potenziale generata dai due
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poli di una batteria, così il Qì si muove per la differenza di potenziale generata da Yīn e Yáng. Diversi sono i fattori, naturali e artificiali, che generano e implementano la differenza di potenziale alla base dello scorrere dell’energia: mente, esercizio, cibo, aria, erbe, natura, Essenza originaria, tecniche elaborate dall’uomo, suoni, colori, temi questi che verranno trattati poco più avanti. Questi elementi possono coesistere e amplificarsi a vicenda; chi conosce e sa sfruttare il contributo positivo che questi fattori forniscono, sa ottimizzare e trarre il massimo beneficio dalla pratica del Qì Gong.
Fattori naturali e tecniche artificiali che migliorano il flusso del Qì
1.1. Mente La mente è il pensiero che dirige e focalizza l’azione, è l’intenzione e la volontà. La mente è molto potente e senza di essa il Qì non scorrerebbe, poiché il pensiero produce quella differenza di potenziale che attiva la trasmissione nervosa e genera il movimento: mente - Qì - azione. Nel Qì Gong, allenando la mente e utilizzando tecniche basate su principi della medicina cinese, il Qì e il Sangue possono essere richiamati intenzionalmente nelle aree del nostro organismo che più ne hanno bisogno. Possono essere guidati a muoversi in modo armonico e senza ristagni. Nella Medicina Tradizionale Cinese l’intenzione corrisponde a Yi, funzione psichica connessa alla Milza. Yi presiede alla capacità di concentrazione, memoria, discernimento, riflessione ed elaborazione, regola il nostro rapporto con l’ambiente e con gli eventi. Dal
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punto di vista fisiologico, lo Stomaco (viscere accoppiato alla Milza) aiuta la Milza nell’attività di digestione “fisica”, ma anche “psichica”: come fa con il cibo, lo Stomaco decide se trasmettere un’esperienza o un vissuto, offrendolo alla capacità di rielaborazione e trasformazione della Milza. I cinesi distinguono tra la parte meditativa della mente (Yi) e la sua parte emotiva (Xin), spesso è la seconda a prevalere sulla prima. È necessario che queste due parti si armonizzino e la meditazione è uno degli strumenti per coordinare questi due aspetti e farli funzionare insieme in armonia. L’uso dell’intenzione richiede la capacità di concentrarsi sul presente (qui e ora), di svuotare la mente (Cuore vuoto), di abbandonare ogni preoccupazione e pensiero in favore di una condizione di stabilità e tranquillità. (Vanni, 2018 pag. 16)
La mente emotiva è collegata con il Qì postnatale e la mente meditativa con il Qì prenatale, come vedremo nelle pagine che seguono, la mente svolge un ruolo fondamentale nella pratica del Qì Gong che consiste nel regolare e armonizzare il Qì di Fuoco e il Qì d’Acqua e portarli in equilibrio. La mente è la sede della concentrazione, di quel focus che permette di condurre e governare il Qì. C’è un’ottima ragione per cui i Taoisti erano così interessati nello sfruttare la mente durante l’esercizio fisico: essi molto tempo fa scoprirono ciò che gli scienziati stanno riscoprendo oggi – l’energia può essere guidata con la mente. Quando ha luogo questa meditazione in movimento, le capacità fisiche si accrescono enormemente. (Mantak Chia, 2006 Chapter 3, Tendon Power, Kindle)
Qualità strettamente connesse alla mente sono la pazienza e la forza di volontà. Il Maestro Yang Jwing-Ming racconta che quando da giovane studiava arti marziali nella scuola della Gru Bianca, chiese al suo maestro come incrementare la sua potenza, egli rispose che doveva accrescere la sua pazienza e volontà, allora gli chiese cosa fare per sviluppare queste qualità, il maestro rispose di praticare a lungo la pesca, la meditazione e di fissare la fiamma della candela per 5 minuti al giorno. Dopo più di due mesi di pesca riuscì a prendere solo un piccolo pesciolino che rigettò in acqua, ma aveva imparato ad essere paziente; dopo mesi di meditazione comprese che per raggiungere la concentrazione doveva utilizzare non la mente cosciente, né quella subcosciente, ma la mente semi-cosciente e la mente semi-subcosciente insieme; con l’esercizio della candela aveva imparato a registrare con la mente subconscia i movimenti della fiamma, così facendo era in grado di comprendere e registrare le mosse del corpo dell’avversario. Nutrire lo spirito e la mente è un aspetto fondamentale della Medicina Tradizionale Cinese: avere uno Shén sano e forte vuol dire prevenire le malattie e godere di una vita longeva. Per far ciò è necessario regolare le emozioni che in MTC sono dei veri e propri movimenti del Qí che possono provocare una causa interna di malattia se eccessivamen121
te forti e improvvise, se eccessivamente prolungate nel tempo, se inespresse, trattenute o represse a lungo. Alla regolazione delle emozioni si deve accompagnare anche un atteggiamento mentale positivo frutto di un sano equilibrio interiore che l’attività fisica, gli esercizi di Qí Gong, la meditazione e le tecniche artificiali come il Tuina e l’agopuntura possono incrementare e rendere consapevole. Un’ultima parola sul concetto di intenzione che, come è chiaro, rappresenta una nozione chiave nella pratica del Qì Gong. Essa non deve però essere scambiata con l’obiettivo della pratica, la meta da raggiungere, come accade spesso a chi si avvicina al Qì Gong per problemi di salute o a chi si pone alla ricerca del Qì con la ragione, questo tipo di
“intenzione” diviene in breve tempo attaccamento, ciò da cui le filosofie orientali ci insegnano ad allontanarci, come afferma Damo Mitchell: C’è una trappola di cui essere consapevoli qui, però. Può sembrare paradossale per me dirlo, ma se ci concentriamo troppo sulla nostra salute attraverso l’allenamento, allora ostacoliamo effettivamente la nostra capacità di sviluppo. Sono consapevole che, dicendo questo, mi sto mettendo in netta minoranza, soprattutto perché la stragrande maggioranza del Qi Gong a disposizione delle persone rientra nella categoria “medica”. Ho tuttavia un motivo molto preciso per affermare ciò e dalla mia esperienza di insegnamento a centinaia di persone in tutto il mondo, ho visto che questo è proprio il caso. L’intenzione è tutto. Ciò che “intendo” eccessivamente inizia, dopo un po’, a diventare una specie di attaccamento. Tutte le tradizioni orientali mettono in chiaro che gli attaccamenti possono essere fattori negativi nel nostro percorso verso la crescita personale. (Mitchell, 2018 Chapter 2 Health and personal evolution, Kindle)
A questo proposito, per chiarire il senso della ricerca filosofica e pratica, riportiamo le illuminanti parole di Siddharta mirabilmente espresse da Herman Hesse: «Quando qualcuno cerca» rispose Siddharta «allora accade facilmente che il suo occhio perda la capacità di vedere ogni altra cosa, fuori di quella che cerca, e che egli non riesca a trovar nulla, non possa assorbir nulla, in sé, perché pensa sempre unicamente a ciò che cerca, perché ha uno scopo. Cercare significa: avere uno scopo. Ma trovare significa: essere libero, restare aperto, non avere scopo. (Hesse, 1922 pag. 145-146)
1.2. Esercizio L’attività fisica nella Medicina Tradizionale Cinese deve svilupparsi a beneficio dell’energia e non deve essere orientata alla competizione. La pratica sportiva agonistica, secondo il Dottor Shiego Haruyama (1995), può essere praticata solo fino ai 25 anni, poiché solo fino a quell’età viene naturalmente prodotta una quantità di superossido dismutasi (SOD) sufficiente a contrastare la formazione dei radicali liberi che vengono rilasciati con la pratica sportiva intensa. Ciò non vuole assolutamente dire dopo i 25 anni bisogna interrompere l’attività fisica, ma bisogna fare un’attività che potenzi i muscoli, riducendo al minimo i danni prodotti dall’ossigeno attivo (i radicali liberi). Infatti durante uno sforzo intenso si ha la produzione di adrenalina e noradrenalina che provocano un momentaneo restringimento delle vene e una breve stasi nel flusso del sangue, nel momento in
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cui esso è pompato dal cuore con una pressione relativamente forte. Questo genera un’abbondante produzione di ossigeno attivo (radicali liberi). Quindi, secondo il medico giapponese, l’esercizio dovrebbe essere svolto facendo in modo che il sangue scorra senza impedimenti, in maniera regolare. L’attività fisica, assolutamente imprescindibile secondo la Medicina Tradizionale Cinese, deve rispettare le diverse fasi della vita: i bambini attraversano la fase Legno ed hanno una vitalità di puro Yáng con l’esuberanza dell’energia del Fegato; gli adulti attraversano la fase Fuoco-Terra in cui diminuisce l’esplosività dell’infanzia, ma possono esprimere pienamente il loro potenziale; gli anziani attraversano la fase Metallo-Acqua e sia fisica-
mente sia caratterialmente tendono alla rigidità, per questo è bene che lavorino per mantenere flessibilità ed elasticità. L’attività fisica deve essere sempre bilanciata con i momenti di riposo: troppa attività consuma il Qí e il Sangue fino a danneggiare l’equilibrio di Yīn e Yáng; troppo riposo a sua volta causa ristagni di Qí e Sangue, un pigro funzionamento della Milza-Stomaco, danneggia l’energia del Polmone e provoca astenia. Con l’esercizio e l’attività motoria la circolazione del sangue viene stimolata, determinando una maggiore irrorazione dei tessuti. Di questa ottimizzata vascolarizzazione ne beneficiano tutte le cellule che, in virtù della differenza di potenziale tra nucleo e membrana, possono instaurare scambi metabolici più funzionali. Nello specifico, l’emoglobi-
na contenuta nei globuli rossi si lega con l’ossigeno fornito dalla respirazione e lo distribuisce in tutto il corpo, questo garantisce alla cellula una costante fonte di energia e nutrimento. C’è una stretta correlazione tra sangue ed energia: il Qí segue il sangue e il sangue segue il Qí, l’energia, ovvero la parte immateriale di questo binomio, può essere virtualmente separata, dissipata o immagazzinata. Il Qí del corpo ha una funzione prevalentemente riscaldante, mentre il sangue ha una funzione prevalentemente nutritiva. Si dice anche che il Qí è il “comandante” del sangue, poiché il Qí è la forza dinamica del flusso sanguigno, ma il sangue stesso può ritenersi Qí condensato. L’esercizio costante è la chiave del Qí Gong, ma durante l’addestramento bisogna essere sempre in uno stato di calma, solo così, una volta diventati esperti, si potrà guidare il Qí senza difficoltà. 1.3. Respirazione Una parte fondamentale dell’energia postnatale si guadagna con la funzione respiratoria, infatti gli esercizi respiratori sono parte integrante della pratica del Qí Gong e premettono di accrescere il livello di Qí presente nel corpo e attivano un importante proces-
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so di pulizia interna. La funzione respiratoria ha la caratteristica di combinare, nell’attività psicofisica, aspetti involontari con aspetti coscienti e volontari. La respirazione infatti è connessa contemporaneamente con il sistema nervoso simpatico e con quello parasimpatico: il primo reagisce attivamente al pericolo, il secondo presiede alla risposta di rilassamento del corpo. Da ciò si comprende l’importanza di praticare una respirazione corretta, poiché essa è capace di cambiare e controllare una risposta muscolare dettata da una situazione esterna e/o emotiva. Buone abitudini respiratorie sono indubbiamente importanti quanto, se non di più, delle
buone abitudini alimentari. Contrariamente a quanto comunemente ritenuto, c’è da dire che immettere nel corpo una quantità eccessiva di ossigeno può deteriorare prematuramente i tessuti, producendo un eccesso di radicali liberi, molecole molto reattive che danneggiano i grassi nelle membrane cellulari, nelle proteine e nel DNA, i quali vengono generati dal normale assorbimento dell’ossigeno durante il metabolismo. Non a caso, gli atleti che vogliono implementare la loro performance competitiva si allenano ad alta quota per sfruttare le risorse naturali del corpo che si attivano con un ridotto apporto di ossigeno. Così facendo si migliora la capacità dell’organismo di trasportare l’ossigeno e si aumenta anche il volume massimo di ossigeno che si può consumare.
A determinare la quantità di ossigeno disponibile per l’organismo è, in realtà, la quantità di anidride carbonica presente nel sangue che permette al corpo di metabolizzare l’ossigeno rilasciato dai globuli rossi, come fosse una porta che permette all’ossigeno di raggiungere i muscoli (McKeown, 2017). Oltre a ciò l’anidride carbonica contribuisce alla dilatazione della muscolatura liscia che compone le pareti delle vie aeree e dei vasi sanguigni e alla regolazione del pH del sangue. Per questo motivo, come già introdotto nella sezione pratica sulle tecniche respiratorie, la sospensione del respiro conduce ad una diminuzione della saturazione dell’ossigeno nel sangue, stimolando per compensazione una maggiore produzione di globuli rossi e conseguentemente un aumento della capacità aerobica e del consumo massimo di ossigeno (detto VO₂ max). L’arco di tempo in cui si riesce confortevolmente a trattenere il respiro è un test interessante per determinare il volume respiratorio, viene detto BOLT (Body Oxygen Level Test). Si calcola il tempo in cui, dopo aver espirato completamente, si manifesti il primo naturale desiderio di respirare, contrassegnato dalle prime contrazioni involontarie dei muscoli dell’addome o della gola che inviano l’ordine all’organismo di ricominciare a respirare (McKeown, 2017). I maestri insegnano che una buona respirazione dovrebbe essere silenziosa e invisibile. Armonizzare la respirazione è una tra le chiavi del Qì Gong ed è inscindibilmente connessa con l’armonizzazione della mente: quando la mente è calma, anche il respiro è calmo
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e viceversa, armonizzando e disciplinando la respirazione, la mente si fa stabile. Il Maestro Yang Jwing-Ming ricorda infatti che è necessario «usare i polmoni di metallo per raffreddare il cuore di fuoco» (Yang Jwing-Ming, 1989 pag. 116). 1.4. Alimentazione Il cibo insieme all’aria dà origine al Qì postnatale: nel Su Wen Nei Ching si afferma che «l’energia viene dallo stomaco», vi è dunque una parte importante dell’energia che si guadagna con la funzione nutritiva, d’altronde è noto il forte interesse per la dietetica all’interno della Medicina Tradizionale Cinese secondo la quale le proprietà organoletti-
che dei cibi (sapore, colore, forma-sostanza) sono strettamente connesse alla stimolazione degli organi. Il sapore acido, connesso al Legno, stimola il Fegato; l’amaro, connesso al Fuoco, stimola il Cuore; il dolce, collegato all’elemento Terra, stimola la Milza; il piccante, connesso all’elemento Metallo, stimola i Polmoni; il salato, connesso all’Acqua, stimola i Reni e una giusta proporzione di essi favorisce il regolare flusso energetico. I sapori si associano agli elementi e agli organi manifestando un movimento opposto a quello dell’elemento-organo al quale si riferiscono, nel senso che ogni sapore ha un’azione contraria a quella dell’organo a cui si connette al fine di bilanciarne l’azione energetica (Vanni 2019), in effetti: •
l’acido ha proprietà condensanti e astringenti, si associa al Legno che ha come princi-
pale caratteristica la dinamicità e al Fegato che mette in movimento il Qí. •
L’amaro ha proprietà rassodanti e disseccanti, si associa al Fuoco che tende all’espansione e al Cuore che spinge il sangue.
•
Il dolce (naturale) rilassa, equilibra e armonizza, si associa alla Terra che ha la funzione di nutrire e alla Milza che trasforma e distribuisce.
•
Il piccante disperde e armonizza, si associa al Metallo che tende alla condensazione e ai Polmoni.
•
Il salato ha azione ammorbidente ed evacuante, si associa all’Acqua e ai Reni.
Sapore
Elemento
Organo
Proprietà
ACIDO
Legno
Fegato
Condensanti e astringenti
AMARO
Fuoco
Cuore
Rassodanti e disseccanti
DOLCE
Terra
Milza
Rilassanti ed equilibranti
PICCANTE
Metallo
Polmoni
Dispersive e armonizzanti
SALATO
Acqua
Reni
Ammorbidenti ed evacuanti
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Ogni alimento poi nella dietetica cinese ha una propria natura: calda, tiepida, neutra, fresca, fredda che si trasferisce all’individuo che se ne nutre, modificandone l’energia. Per esempio, alcuni alimenti sviluppano poco calore, altri ne sviluppano molto, se dalla valutazione energetica dell’individuo emerge un quadro di calore interno sarà bene evitare i cibi di natura calda, al contrario se emerge un quadro energetico di natura fredda, sarà indicato evitare i cibi di natura fredda. Come pure il colore dei cibi è connesso ai cinque elementi e alla conseguente vibrazione che provocano sugli organi associati. L’alimentazione nella Medicina Tradizionale Cinese è in sintonia con le fasi energetiche
della giornata e segue il detto popolare “Colazione da re, pranzo da principe e cena da povero”. Tra le 7 e le 9 del mattino il canale dello Stomaco è al suo massimo energetico e l’organismo è pronto ad accogliere il cibo per poi essere trasformato, nella fase successiva, dalla Milza. Il pranzo non deve appesantire per dare modo all’individuo di proseguire le sue attività della giornata. L’orario della cena, dalle 19 alle 21, è invece quello in cui il meridiano dello Stomaco sta al suo minimo energetico e questo rende la digestione lenta e faticosa, per questo è bene non sovraccaricare l’organismo. La dietetica cinese consiglia inoltre di consumare i cibi in armonia con le stagioni e con la loro specifica energia. In primavera l’alimentazione dovrebbe favorire dinamismo e affioramento dell’energia, per questo sono utili i sapori dolci e piccanti; in estate l’ener-
gia Yáng è al massimo dell’espansione, l’ideale è consumare cibi dolci e acidi che supportano l’equilibrio dei liquidi; in autunno assistiamo al rientro dello Yīn ed è bene preferire sapori amari; in inverno, caratterizzato dal massimo dello Yīn, è più indicato consumare cibi che crescono sotto terra, dalla natura calda. 1.5. Farmacopea La farmacopea è da tempi antichissimi un’importante branca della Medicina Tradizionale Cinese e in oriente si usano molto le erbe per espellere fattori patogeni o per incrementare la massa muscolare. I fitoterapici sono farmaci vegetali che possiedono caratteristiche specifiche: un determinato sapore o gusto e una “temperatura” o natura, la cui combinazione produce effetti specifici sulla fisiologia dell’organismo. Le erbe piccanti-fredde purificano il Calore e lo direzionano verso l’esterno, le erbe amare-fredde drenano il Fuoco con un movimento verso il basso, le erbe dolci-fredde nutrono lo Yīn, le erbe dolci-calde tonificano il Qì e lo Yáng. Le erbe possono essere ad uso esterno o interno. Nel primo caso, cotte nell’acqua o nel vino o immerse nell’alcool, servono per drenare i lividi e aumentare la circolazione energetica in superficie; nel secondo caso, servono per eliminare le ecchimosi e i ristagni
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energetici causati dall’allenamento. L’uso prolungato dei fitoterapici può però provocare controindicazioni, ad esempio se per dissolvere il flegma (catarro) vengono somministrate erbe seccanti, a lungo andare possono provocare un danneggiamento dello Yīn. Controindicazione del tutto assente nel caso dell’agopuntura che agisce tonificando e rinforzando il Qì degli organi al fine di espellere i fattori patogeni e favorire la circolazione del sangue e dei fluidi corporei. Il cibo e le erbe hanno dunque un’importanza considerevole nella regolazione dell’equilibrio tra energia fuoco e energia acqua, i loro effetti benefici ed eventuali controindicazioni (validi sia per l’alimentazione sia per la farmacopea) possono essere riassunti nella
seguente tabella: Sapore
Effetto
Benefici
Eccesso
ACIDO
Genera i Liquidi e lo Yīn
Astringente, controlla la Può danneggiare il fegatraspirazione e diarrea to
AMARO
Purifica Umidità e Calore, sottomette il Qì ribelle
Calma, rafforza e purifica Può danneggiare le ossa
DOLCE
Tonifica, equilibra e modera
Tonifica gli stati di deficit Può causare debolezza e calma il dolore muscolare
PICCANTE
Disperde
Espelle i fattori patogeni Può disperdere il Qì
SALATO
Ammorbidisce, scorre verso il basso
Indicato per stipsi e gon- Può seccare il Sangue fiori
1.6. Natura Il nostro corpo è costituito da materiale elettricamente conduttivo e il suo campo magnetico è regolato da diversi elementi che influiscono sulle bioenergie e quindi sulla circolazione del Qì. Tra la ionosfera (il cielo) e la litosfera (la terra) , ad esempio, si genera un differenza di potenziale in cui il cielo rappresenta la parte positiva e la terra la parte negativa. L’uomo utilizza questa differenza di potenziale per mantenere la sua vitalità e il Qì Gong può migliorare la qualità di questo assorbimento. Tutti gli organismi viventi ricevono una grande quantità di onde elettromagnetiche, tra quelle esogene distinguiamo la luce, le radiazioni cosmiche, le radiazioni solari che, insieme al campo magnetico L’uomo come conduttore di energia
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terrestre, rappresentano importanti fattori che stimolano e controllano vari processi metabolici e influenzano il flusso del Qì. Diversi studi sulle onde di Schumann (onde con una frequenza elettromagnetica bassa che si creano tra la terra e gli strati atmosferici) hanno dimostrato la loro influenza sul cervello e la loro rilevanza su alcune funzioni endocrine (Dale, 2009). La naturale emissione di onde elettromagnetiche degli organi, ognuno con la propria specifica frequenza, comprovata dagli studi della medicina quantistica, è anche sfruttata in modo sperimentale come principio di cura. Gli organi irradiati con onde elettromagnetiche a bassissima frequenza le captano e cominciano a risuonare con esse andando a
riequilibrarsi (Spaggiari, Tribbia 2016). I campi elettromagnetici interferiscono in base alla loro frequenza e all’intensità e possono disturbare la comunicazione tra organi e sistema nervoso centrale. Oggi, il disordine magnetico, come è noto, è strettamente correlato allo scarso funzionamento del sistema nervoso autonomo e all’aggravamento dei disturbi cardiaci e del sistema circolatorio, delle ulcere gastriche e dei reumatismi. Esperimenti effettuati con le cavie dimostrano che quando questi animali vengono del tutto isolati dal campo magnetico muoiono entro sei mesi. (Yayama, 1999 pag.17)
Al contrario, i fenomeni elettrici possono anche amplificare l’intensità di energia presente nel corpo. Per questo motivo, nel praticare gli esercizi bisogna avere un buon radicamento a terra e i piedi devono essere messi a diretto contatto con essa per assorbire la sua energia. Qualora questo non fosse possibile, nell’addestramento Mo Pai del Maestro John Chang ad esempio, si suggerisce di praticare gli esercizi di meditazione seduti su una lastra di metallo collegata con un filo di messa a terra (Gelder, 2015). Secondo gli studi, per quanto datati, di Andre Van Lysebeth (1971) sul Pranayama (tecnica yogica del respiro) si verifica un’importante interazione tra gli ioni negativi presenti nell’atmosfera, prodotti dall’effetto ionizzante delle radiazioni solari, e il campo elettrico della litosfera. Il campo elettrico terrestre agisce come una forza motrice che sposta gli ioni, portatori di carica elettrica. Questo genera nell’atmosfera una naturale corrente elettrica continua che attraversa il corpo umano e ne influenza le cellule, gli organi e le funzioni metaboliche. Nei millenni di evoluzione e adattamento il corpo umano è da sempre risultato dipendente da questo flusso di energia, è per questo motivo che all’interno delle astronavi, delle automobili o di edifici costruiti in cemento armato, laddove si costituisca una gabbia di Faraday (struttura che isola dai campi elettrici), le funzioni vitali dell’uomo sono rallentate e il suo metabolismo subisce un evidente affaticamento. Numerose malattie “moderne” possono infatti essere collegate alla considerevole riduzione dell’intensità dei campi elettrici naturali nelle grandi città.
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In aggiunta a ciò bisogna ribadire l’im-
Diagramma Taiji nel ciclo circadiano
portanza di sfruttare i ritmi naturali, in particolare quelli circadiani, considerata la loro evidente influenza sul flusso del Qì nel corpo umano. La pratica del Qì Gong infatti ha una maggiore efficacia se svolta la mattina molto presto, appena prima dell’alba. Nella fase che precede l’alba gli alberi inverto-
no il loro scambio gassoso e cominciano a produrre ossigeno, anche l’uomo dalla fase Yīn passa alla fase Yáng e quello rappresenta il momento migliore per accumulare energia. Si ricorda che secondo il Libro dei Mutamenti (Yi Jing), a mezzanotte l’Yīn è al massimo della sua potenza, mentre il Yáng comincia a crescere e a mezzogiorno lo Yáng è al massimo. Il tramonto e l’alba sono i momenti di passaggio dall’uno all’altro. Il sole inoltre, influenza profondamente la Piccola Circolazione Celeste (antica pratica taoista utile a coordinare la circolazione del Qì sul piano sagittale, pag. 260) il Qì che
scorre infatti lungo il Vaso Concezione e il Vaso Governatore impiega una giornata intera per compiere tutto il percorso e staziona, di due ore in due ore, nelle zone corrispondenti agli organi principali. Tutto ciò è perfettamente in linea con uno dei precetti principali del Taoismo, ovvero la ricerca dell’armonia con le leggi e i ritmi della natura. In quest’ottica, la pratica del Qì Gong diviene il mezzo per: […] recuperare un rapporto armonico “con il cielo e con la terra”, quindi con la natura nel senso più ampio, e permettere all’uomo di raggiungere quello stato di “silenzio” che è una delle condizioni per “ascoltare” realmente e dare senso agli avvenimenti della nostra vita e della storia in cui siamo inseriti. (Sotte, Pippa, Ferraro, 2000 pag. 95)
1.7. Essenza originaria ed energia sessuale Preservare in termini qualitativi e quantitativi l’Essenza originaria è un aspetto fondamentale delle pratiche volte al prolungamento della vita del Qì Gong, i testi classici affermano: «quando l’Essenza è scarsa, ci si ammala, quando è esaurita, si muore» (Maspero 1937, pag. 104). L’Essenza originaria (Jīng) è quella che ci viene fornita dal Cielo e dai genitori ed è immagazzinata nei Reni, di questo si è lungamente parlato nella sezione precedente. Quando essa è abbondante e integra può essere raffinata, sublimata e trasformata in energia spirituale, più sottile e pura. Il Jīng, nelle pratiche taoiste, è strettamente connesso all’energia sessuale tanto che 129
l’antica cultura cinese vede la sessualità come «l’arte dello Yīn e dello Yáng che prolunga la vita», come un principio di regolazione del corpo umano e una delle più potenti fonti di ricarica energetica. Alcuni antichi testi taoisti infatti fanno riferimento a diverse pratiche sessuali, sia pubbliche sia private, che avevano lo scopo di «far tornare indietro l’Essenza per rigenerare il cervello» o «unire lo Yīn con lo Yáng per nutrire il principio vitale», pratiche che «il pudore cinese ha risospinto nell’ombra in epoche moderne, ma che hanno avuto un ruolo importante nel Taoismo antico» (Maspero 1937, pag. 103). Fino al VII secolo si trovano riferimenti anche a delle pratiche pubbliche: cerimonie collettive e religiose il cui scopo era accrescere l’Essenza, nutrire il principio vitale e portare
all’immortalità, o quello di liberarsi dai propri peccati e dalle sventure che da essi provengono. Tuttavia, l’influenza del Buddismo negli ambienti taoisti colti e la pressione della morale pubblica portarono alla scomparsa di queste feste. Le pratiche private furono coltivate invece molto più a lungo, «alcune di esse furono adottate dai medici e, spogliate del loro carattere religioso, avrebbero conosciuto una nuova diffusione sotto forma di regole igieniche» (Maspero 1937, pag. 127). Per quanto riguarda la circolazione del Jīng, la Medicina Tradizionale Cinese individua oltre ai Reni veri e propri, detti reni interni, anche dei Reni esterni che sarebbero le gonadi maschili, i testicoli e quelle femminili, le ovaie. Alla coltivazione del seme maschile è connessa una pratica del Qì Gong chiamata
“rotazione delle perle” che, attraverso la stimolazione dei testicoli, aumenta la produzione dello sperma. Lo sperma non consumato viene trasformato in Qì: i quattro vasi delle gambe ricevono la maggior parte del loro Qì dalla conversione del seme (Yang Jwing Ming, 2000). L’Essenza originaria può essere dissipata con uno stile di vita poco equilibrato e dedito agli eccessi. Il modo migliore di influenzare positivamente il jing del Cielo Anteriore consiste nel ricercare l’equilibrio nelle proprie abitudini di vita: equilibrio tra lavoro e riposo, controllo dell’attività sessuale e dieta bilanciata. Ogni irregolarità o eccesso in questi settori può diminuire il jing del Cielo Anteriore. Un modo efficace per influenzare positivamente il jing sono gli esercizi di respirazione come il Tai Ji Quan o il Qì Gong. (Maciocia, 2015 Parte 1, Cap 3, Il jīng del Cielo Anteriore, Kindle)
Anche le funzioni ormonali sono connesse al lavoro dell’Essenza originaria poiché attivano le reazioni biochimiche alla base del metabolismo e fungono da catalizzatori per la trasformazione delle sostanze in Qí. Gli ormoni infatti sostengono la forza vitale, sono connessi con le emozioni e stimolano il pensiero. 1.8. Tecniche artificiali Per tecniche artificiali si intendono tutte quelle pratiche sviluppate dall’uomo per favorire la circolazione del Qì: l’agopuntura, la moxibustione, il massaggio, il Qì Gong. 130
Tutte queste tecniche lavorano sul ripristino dell’equilibrio del Qì laddove vi sia un deficit o un eccesso energetico provocati da una riduzione, da un incremento o da un rallentamento funzionale nel bilanciamento di Yīn e Yáng. Queste tecniche, in particolare agopuntura e moxibustione, in linea di massima prive di controindicazioni, stanno divenendo parte integrante della medicina mondiale. Queste ultime lavorano sui canali attraverso gli agopunti per tonificare o potenziare, per disperdere o drenare, la prima attraverso l’infissione di aghi nella pelle, la seconda producendo calore attraverso la combustione di sigari o coni, prodotti con lana di moxa, ricavata dalle foglie di artemisia. Il funzionamento dell’agopuntura è già stato ampia-
mente chiarito nelle pagine precedenti, non serve dilungarsi ulteriormente. Il massaggio è parte inscindibile della Medicina Tradizionale Cinese ed è già menzionato nel Testo classico di medicina interna dell’Imperatore Giallo (400 a.C.) come strumento per il ristabilimento funzionale in una grande varietà di malattie neuromuscolari. Esso produce l’effetto di riscaldare il corpo, rivitalizzare la circolazione del Qì, eliminare i noduli tendinei, sciogliere le articolazioni, regolarizzare la funzione degli organi interni.
Il massaggio tradizionale è utilizzato in MTC come strumento per il ristabilimento funzionale in una grande varietà di malattie neuromuscolari.
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Il massaggio influenza innanzitutto la funzionalità del sistema nervoso infatti, attraverso l’uso delle mani, si attivano meccanismi riflessi di eccitazione a livello corticale con la conseguente inibizione della sensazione del dolore, in MTC questo principio è definito “metodo di trasferimento del dolore”. L’azione del massaggio è inoltre in grado di sollecitare le fasce andando a stimolare le cellule connettivali e con esse il sistema immunitario, rafforzando quindi la resistenza alle malattie, secondo il principio terapeutico della MTC “coltivare il sano ed eliminare il patologico”.
L’approccio preventivo della MTC è coltivato anche all’interno del sistema educativo e scolastico: in Cina viene insegnato agli studenti a praticare il massaggio sui punti riflessi del viso per prevenire l’abbassamento della vista. L’uso sproporzionato dei dispositivi elettronici sta tuttavia vanificando sempre più questi importanti principi terapeutici e un numero sempre maggiore di giovani ricorrono oggi all’uso degli occhiali. 132
La stimolazione cutanea ha in aggiunta un’azione benefica anche sugli organi interni secondo un altro principio della MTC per il quale uno squilibrio a carico di un organo interno si riflette sempre in superficie (nel dorso e nel ventre) tramite il collegamento con i meridiani e, andando a lavorare direttamente sulle zone che corrispondo agli agopunti, si agisce in base al principio “dalla superficie verso l’interno” che determina effetti terapeutici sugli organi interni. Infine il massaggio migliora la circolazione del Qì e del sangue, la sua azione locale aiuta a disperdere la stasi di Qì e il ristagno del sangue ripristinando il loro naturale movimento e flusso (Esperienza e Progresso 1987, Istituto Paracelso).
In particolare il Tuina è un trattamento che prevede massaggio e manipolazioni che oltre a stimolare i meridiani con la finalità di riequilibrare il flusso del Qì, purifica i tessuti drenando le tossine, mobilita le articolazioni e rende più elastici i muscoli, attraverso l’applicazione di movimenti di varia intensità e velocità. Nel Tuina sono comprese anche tecniche di digitopressione e di percussione che permettono di orientare il flusso del Qì. Esistono inoltre metodi più avanzati di guida senza contatto del flusso del Qì, praticate da maestri esperti che vengono utilizzate a scopi terapeutici. 1.9. Suono Il suono e le vibrazioni che esso produce possono essere utilizzate come strumento di
purificazione, di armonizzazione e come attivatori dei processi interni di trasformazione dell’energia. La pratica dei “Sei Suoni Segreti” (Liu Zi Jue) è una tecnica antichissima sviluppata dagli antichi maestri taoisti che compresero l’azione curatrice dei suoni per ripristinare la salute dell’organismo e armonizzare la funzione degli organi interni. I taoisti scoprirono infatti che gli organi interni hanno dei suoni che li portano in risonanza. Tecnicamente dal punto di vista della fisica, un sistema dotato di una sua frequenza entra in risonanza quando l’azione di una forza esterna è in grado di amplificare il moto del sistema stesso. La risonanza acustica si verifica solo quando la frequenza delle onde sonore è la stessa: l’ampiezza di una vibrazione aumenta se si applica una forza con la medesima frequenza. Secondo questo principio, gli antichi maestri taoisti scoprirono le frequenze di risonanza degli organi e compresero che l’emissione di uno specifico suono faceva entrare in risonanza il corrispondente organo riportandolo in “equilibrio”, migliorandone il funzionamento, sbloccando i ristagni energetici e facendo fluire liberamente l’energia vitale nei canali. Esistono molte versioni dei Liu Zi Jue, ogni persona tra l’altro ha organi di dimensioni e forme diverse, per questo è necessaria la pratica individuale per comprendere quale sia la giusta vocalizzazione e la personale frequenza del suono (Privato, 2019). 133
Questa pratica è particolarmente utile per sanare i danni provocati dalle emozioni sugli organi e sulle bio-strutture ad essi collegate secondo la legge dei Cinque Elementi. Il suono, interagendo con l’organo, lavora con l’emozione ad esso associata e può risanare l’eventuale squilibrio per eccesso o carenza, disperdendo o tonificando. Di seguito una tabella riassuntiva dei sei suoni: Organo
Suono
Pronuncia
Fegato
XU
Shu, suono molto dolce, con la “U” alla francese, ma con la lingua verso l’alto
Cuore
KE
La “K” è aspirata, si apre progressivamente la bocca in modo che la “E” diventi progressivamente “O”
Milza
HU
La lingua è appoggiata sui denti inferiori, la bocca leggermente aperta, come se si volesse soffiare su una candela
Polmoni
SI
Suona principalmente la “S”, la “I” è quasi muta, rimane nascosta, la bocca fa un leggero sorriso e i denti sono appena distanziati
Reni
CHUEI
L’inizio è molto esplosivo, la “I” finale è lunga e si pronuncia con lingua verso l’alto
XI
Shi, bocca leggermente aperta e lingua piana, la “I” suona come nell’italiano.
Triplice Riscaldatore
La pratica dei sei suoni terapeutici rientra nelle tecniche di “espulsione dei
soffi” (Maspero 1937, pag. 72) che storicamente nella letteratura medica antica assunse importanza specifica come pratica a sé stante relativa all’espirazione e come strumento per la cura delle malattie. L’antica saggezza degli studi taoisti, colpisce ancor di più se si pensa che le moderne ricerche sulle onde cerebrali hanno mostrato, tramite l’analisi dei tracciati elettroencefalografici, che il cervello se sottoposto a impulsi (visivi, sonori o elettrici) di una certa frequenza, tenderà naturalmente a sintonizzarsi in direzione dello stimolo ricevuto. In senso lato, il principio della risonanza può essere considerato come una chiave di comprensione del mondo, di comunicazione con esso e di amplificazione delle energie, come in fisica esso amplifica il moto e in acustica amplifica il suono. In oriente si usano spesso i mantra, le campane tibetane o il suono del gong per esercizi che favoriscono la ricerca interiore o per uno scopo terapeutico. Nell’ambito della ricerca sul suono è interessante citare la teoria della cimatica attribuita al medico e naturalista svizzero Hans Jenny che, nella seconda metà del ’900, riprendendo gli studi del fisico tedesco Ernst Chladni vissuto a cavallo tra ‘700 e ‘800, ha indagato gli effetti morfogenetici delle onde sonore sulla materia. Nei suoi esperimenti osservava come la sabbia o i fluidi si riorganizzavano in diverse strutture, se sottoposte a vibrazioni emesse da un oscillatore: la frequenza determinava le forme e ogni frequenza
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riproduceva sempre la stessa forma. Con l’utilizzo del Tonoscope (una specie di visualizzatore delle vocali cantate), Jenny ha dimostrato che le lingue arcaiche come il sumerico, il sanscrito, l’egizio, il greco copto e il cinese abbiano un simbolo alfabetico che corrisponde al videogramma delle vocali pronunciate nel Tonoscope (Di Benedetto, 2008 cap. IV). A questo punto è legittimo chiedersi quale influenza possano avere le onde sonore sulle cellule del corpo umano.
Il suono della campana tibetana è utilizzato spesso a scopo terapeutico, per favorire il rilassamento e per alcune tecniche di meditazione.
Alcuni approcci terapeutici, riprendendo le teorie del Dottor Tomatis (grande studioso del suono dal punto di vista medico, fondatore dell’audiopsicofonologia), vedono nella rieducazione all’ascolto uno strumento determinante per correggere numerosi disturbi comportamentali, di apprendimento, cognitivi e dello sviluppo, disturbi che risultano essere inquadrati proprio nell’ambito di un “difetto di ascolto”. Infatti secondo il ricercatore, quando la comunicazione tra l’orecchio e il cervello non è chiara e funzionale, la capacità umana di interagire con il mondo esterno è compromessa. Le orecchie sono molto più che un organo di senso, esse controllano l’equilibrio, il movimento corporeo e la coordinazione; permettono il linguaggio, un eloquio fluente e il canto; controllano gli occhi durante la lettura e i movimenti di braccia, mani e dita nell’atto della scrittura; ci isolano inoltre dai suoni interni del nostro corpo. Connesse a vari livelli del nostro cervello e su entrambi gli emisferi, le orecchie funzionano come un doppio recettore che riceve messaggi sia dal nostro corpo sia dall’ambiente circostante. Sono un punto di unione fra il mondo interiore e il mondo esterno. L’ascolto rappresenta una funzione attiva e selettiva che attribuisce senso al suono, è
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ben diverso dall’udito che invece designa la passiva ricezione del suono. L’ascolto genera armonia dentro di noi e nelle nostre relazioni con gli altri e, laddove esso subisca delle distorsioni che compromettono o rendono problematica la ricezione del suono e l’attribuzione di senso, possono nascere diverse patologie e difetti nella sfera comunicativa. I programmi di rieducazione sonora del Dottor Tomatis si fondano sull’ascolto di suoni filtrati e di esercizi vocali che hanno la funzione di sintonizzare l’orecchio interno (cocleare) con l’orecchio esterno (vestibolare) e di ristabilire la dominanza dell’orecchio destro su quello sinistro (Madaule, 2015). Uscendo dal campo terapeutico, rispetto all’importanza del suono non si può non ricor-
dare l’utilizzo del grido nelle arti marziali che conserva da sempre un importante valore strategico nell’ambito dell’arte della guerra. Non solo esso convoglia tutte le energie del corpo nel colpo e rappresenta un mezzo per superare la propria paura, ma è utile anche per terrorizzare l’avversario. Un’antica leggenda vietnamita racconta la storia del “grido che uccide”: [...] un monaco cieco, durante gli allenamenti al grido, utilizzando la potenza dei propri suoni per inavvertenza paralizzava completamente i passeri, in modo tale che i contadini del vicinato ne approfittavano per farne raccolta, fino al giorno in cui uno di questi contadini, sentendo la necessità di questo cibo, venne al tempio per supplicare il monaco cieco di effettuare più spesso i propri allenamenti al grido. Per rimorso degli effetti involontari delle proprie azioni - poiché un monaco non uccide mai - quest’ultimo si ritirò nel folto della giungla e i contadini non sentirono mai più parlare di lui. (Pham Xuan Tong, pag. 245)
1.10. Colore L’influenza del colore sullo stato psicofisico ha una storia molto lunga. Antichi Egizi, Greci e Indiani usavano i diversi tipi di colore per stimolare corpo e mente. Per la filosofia indiana ogni chakra (elementi bioenergetici, pag. 174) è strettamente correlato ad un colore, come pure nella medicina Ayurvedica ogni dosha (i bio-elementi corporei) è associato ad un colore. La moderna cromopuntura, di cui il naturopata e ricercatore tedesco Peter Mandel ne è il fondatore, lavora seguendo gli stessi principi dell’agopuntura, in base alle correlazioni individuate dalla legge dei Cinque Elementi, utilizzando fasci di luce colorati al posto degli aghi. Ogni colore corrisponde a una frequenza elettromagnetica che, interagendo con le strutture corporee, è in grado di favorire il flusso energetico. La cromopuntura si basa sugli studi della fisica quantistica e sugli studi del biofisico Fritz A. Popp il quale è riuscito a dimostrare che le cellule animali emettono radiazioni di luce molto deboli, dette biofotoni. Quindi, secondo Popp, ogni organismo vivente emette queste particelle di luce e i biofotoni sono il principale meccanismo di trasporto di informazione tra le cellule, regolano la loro crescita e rigenerazione, ne controllano tutti i processi biochimici. Secondo questa prospettiva, la malattia diviene un’interruzione del-
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le linee di comunicazione dei fotoni all’interno dell’organismo. Su questa scoperta scientifica Peter Mandel fonda la sua cromopuntura. Peter Mandel ebbe una straordinaria intuizione: comprese che la materia fisica, i nostri tessuti, i nostri organi, sono un’unità di spettro nella quale ogni gruppo di cellule vibra ad una frequenza specifica e questa può essere espressa in uno dei sette colori dello spettro; ogni organo ha il suo colore specifico [...] e vibra in risonanza con esso. (Milisci 2019, Capitolo I, Storia della Cromoterapia, Kindle)
Il recettore primario della luce è chiaramente l’occhio, alcuni impulsi nervosi provocati dalla luce raggiungono anche una parte specifica dell’ipotalamo che agisce nel cervello come “regolatore biologico”. L’ipotalamo influisce sia sull’ipofisi sia sull’epifisi, ghiando-
le profondamente recettive dei messaggi provenienti dalle cellule di ogni parte del corpo. Anche i recettori della pelle (fotorecettori pigmentari cutanei) forniscono informazioni sulla luce e sui colori che modificano ed interferiscono profondamente sulle funzioni organiche attraverso il fenomeno della risonanza. Secondo la cromopuntura, ogni gruppo cellulare reagisce ad una specifica coppia di colori (fondamentale e complementare), quando la cellula è in equilibrio la sua emissione energetica è grigio-bianca, se invece si trova in uno stato di squilibrio andrà su uno dei colori della coppia. Il tessuto in squilibrio energetico, trattato con le coppie complementari di colori compatibili con la sua frequenza, avrà la possibilità di riprendere la vibrazione corretta. Per chiarire questo concetto: le ossa vibrano nella coppia verde-rosso, quando abbiamo un’articolazione infiammata l’equilibrio si sbilancia verso il rosso, è possibile allora irradiare il tessuto con il verde per riportare in equilibrio l’articolazione.
La cromopuntura sfrutta la coppia dei colori “Fondamentale - Complementare”, per stimolare i biorecettori e riportare l’organismo all’equilibrio. 137
Esercizi Penetrare la forza del suono Gli esseri umani percepiscono il suono grazie ad una vibrazione di origine meccanica che può oscillare dai 20 ai 20000 Hz (impulsi al secondo). L’effetto vibratorio dei suoni è diffuso nel corpo grazie alle macrostrutture biologiche (pelle, ossa, muscoli, tessuto connettivo, ecc.), la forza meccanica del suono, muove letteralmente le strutture corporee con intensità e frequenza proporzionali alla fonte. Delle tre caratteristiche che formano la musica, la melodia, l’armonia e il ritmo, quest’ultimo è quello che viene principalmente recepito dal corpo. Il ritmo può influenzare il movimento, il battito cardiaco e la respirazione. La melodia agisce principalmente sulla mente conscia portando l’attenzione ad un livello di alta concentrazione. L’armonia infine, condiziona la mente inconscia, regolarizzando i processi più profondi. In passato sentire la musica e percepire la conseguente stimolazione che essa produceva era limitato all’esclusivo ascolto dal vivo della voce umana e del suono di strumenti musicali solisti o in ensemble, oggi grazie alla tecnologia possiamo godere di queste percezioni anche con l’utilizzo di altoparlanti o cuffie. Il suono può produrre una duplice stimolazione corporea, esso agisce infatti sia a livello meccanico, provocando una sorta di “vibromassaggio” delle strutture biologiche, sia a
livello neuropsicologico, andando a stimolare le reti neurali. Per assorbire al meglio le vibrazioni dei suoni su tutto il corpo producendo un effetto meccanico è indispensabile utilizzare altoparlanti di buona qualità e discreta potenza (almeno 30 w RMS per canale). Per godere invece principalmente dell’effetto psicologico del suono è necessario utilizzare cuffie o auricolari, ugualmente di buona qualità, o orientare le casse in direzione delle orecchie. La tracce sonore che si utilizzeranno per questo esercizio hanno una durata media di oltre 7 minuti e sono adatte per ottenere sia l’effetto fisico, sia l’effetto neuropsicologico.
Prima di iniziare ad ascoltare la traccia prepararsi in base all’esperienza che si vuole realizzare: 138
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Effetto Meccanico: per percepire le onde meccaniche sonore si consiglia di sdraiarsi su un tappeto o su un letto, con le casse alla base del corpo, che diffondono il suono verso le piante dei piedi. Regolare il volume di modo che il suono degli altoparlanti sia gradevole all’orecchio; respirare profondamente e sentire, oltre alla musica, l’effetto del suono che si irradia dai piedi fino alla testa. Questa pratica mentale, insieme alla sensazione sonora, favorisce il rilassamento e migliora la concentrazione.
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Effetto Neuropsicologico: mettersi in posizione supina o comodamente seduti, posizionare gli altoparlanti in direzione della testa o usare delle cuffie. Ascoltare i suo-
ni, coordinando profondi respiri alla percezione di tutti gli strumenti, cercando di sentire anche le sfumature più deboli. Seguire con attenzione le varie linee sonore e le melodie presenti nelle tracce audio. Le tracce musicali proposte sono state composte in accordo con i principi di suonoterapia, in linea con le più moderne conoscenze sulla neuroplasticità. L’uso del suono è consigliato anche durante alcune fasi di allenamento della pratica in piedi, Zhan Zhuang (“stare in piedi come un palo”, descritta più approfonditamente a pag. 311). Il suono può dare sollievo ai principianti, soprattutto quando si rimane nella posizione per un tempo superiore ai dieci minuti, poiché la concentrazione sulla musica permette di attenuare il dolore muscolare degli arti.
L’uso del suono diventerà una piacevole e salutare variante anche nella pratica a livello avanzato di questi esercizi. Potenzialmente tutte le musiche che ci risultano gradevoli possono essere utilizzate durante lo svolgimento dell’esercizio Zhan Zhuang, in questo caso è preferibile l’uso degli altoparlanti rispetto agli auricolari.
Una delle posizioni del metodo Zhan Zhuang più usate. La schiena è verticalizzata, le braccia piegate, con i gomiti leggermente più bassi delle ascelle, mani aperte all’altezza delle spalle con le dita distanti tra loro. Lo scopo di questa tecnica è mantenere la posizione a lungo, partendo da 10 minuti fino ad un’ora o più, la respirazione sarà fluida e lenta. La semplicità dell’esercizio non deve trarre in inganno rispetto alla sua efficacia. Come nelle altre pratiche di Qì Gong, la pazienza e la costanza sono imprescindibili per avere eccellenti risultati .
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Indicazioni per l’utilizzo delle tracce sonore Nell’ottica di una pratica integrata che possa coinvolgere il corpo e la mente su diversi livelli, si è scelto di allegare al volume tre tracce sonore utilizzabili durante lo svolgimento degli esercizi di Qì Gong. Questi file audio sfruttano alcune caratteristiche del suono capaci di sollecitare la mente, di stimolare la produzione ormonale e le strutture corporee per mezzo della vibrazione meccanica che il suono produce. Ogni traccia contiene suoni che sviluppano finalità terapeutiche (rumore bianco, suoni della natura, frequenze bio-riequilibranti). In linea con i principi della audiopsicofonologia e per meglio stimolare la neuroplasticità, i volumi delle tracce subiscono sensibili va-
riazioni, enfatizzando la dinamica dei suoni al fine di sorprendere l’ascoltatore. Lo stesso scopo hanno le variazioni strumentali che colorano le melodie e l’armonia di frequenze cangianti, utili a sintonizzare il cervello attivando una salutare risonanza che si risolve anche a favore degli organi interni. Ogni traccia ha un suo sviluppo singolare, la descrizione che segue è funzionale a produrre una stimolazione alternata di diverse aree cerebrali, al fine di ottimizzare la percezione sonora e indurre una precisa risposta psicofisica. Dapprima l’ascoltatore, con l’attenzione e il linguaggio, andrà a stimolare l’emisfero cerebrale dominante e successivamente, lasciandosi andare ad un “ascolto corporeo”, andrà a stimolare la parte del cervello adibita alla sensazione della musica, sfruttando appieno l’effetto inconscio del
meccanismo induttivo. 1. Il Vento dell’Alba - durata 9’15”; utilizzabile per Zhan Zhuang, sequenze, esercizi dinamici e statici, pratiche respiratorie, rilassamento. L’inizio della traccia presenta suoni della natura registrati all’alba, sintetizzatori addolciti dagli ottoni orchestrali e dalle sessioni di archi. Gradualmente si introduce la melodia eseguita dal violoncello. In questa fase si comincia a regolare il respiro e a lasciare andare le tensioni sulle spalle e sul collo. Al termine della prima melodia, eseguita dal violoncello, la voce femminile entrante, aiuta l’ascoltatore a concentrarsi sulle sensazioni corporee per andare più in “profondità”. Dopo questa fase si può lasciare andare l’ascolto, non c’è più bisogno di guidarlo, occorre allontanare la percezione attiva e passivamente nutrirsi degli stimoli sonori, senza pensare a niente altro che ad apprezzare la musica.
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2. Rilassamento e Respirazione - durata 9’,42”; utilizzabile per Zhan Zhuang, sequenze, pratiche respiratorie, rilassamento. I primi minuti della traccia sono caratterizzati dalla presenza principale del pianoforte. Gli accordi ribattuti guideranno l’ascoltatore a sincronizzare il respiro con i tempi proposti dalla musica. Grazie a questa parte iniziale, si potranno eseguire tutte le tecniche respira-
torie che prevedono tempi precisi per le varie fasi, servendosi del suono degli accordi come metronomo (volendo utilizzarla per l’esercizio della respirazione quadrata, si potranno contare 5 accordi per l’inspirazione, 5 per l’apnea inspiratoria, 5 per l’espirazione e 5 per l’apnea espiratoria, per poi ricominciare il ciclo). Dopo alcuni minuti gli accordi del piano saranno arricchiti dall’arrangiamento e l’ascoltatore sarà in grado di mantenere il ritmo acquisito grazie al lavoro preliminare. Nel caso in cui si usi la traccia per esercizi che non prevedono tempi respiratori definiti, sarà sufficiente portare l’attenzione sulle sensazioni corporee.
3. Campane Lontane - durata 9’50’’; utilizzabile per Zhan Zhuang, sequenze, esercizi dinamici e statici, pratiche respiratorie, rilassamento. I suoni di campane tibetane, laotiane e vietnamite, accompagnano armonie e melodie realizzate da sintetizzatori e strumenti orchestrali. L’ascoltatore potrà percepire la forza del vento che fa vibrare alcune delle campane registrate in presa diretta, mentre in sottofondo permangono i suoni della natura circostante. Si consiglia di portare l’attenzione sulla percezione del respiro, senza forzare il ritmo respiratorio, facendo in modo che il respiro stesso si armonizzi con le sensazioni prodotte dalla musica. Ci si concentrerà poi sulla postura che, in base all’esercizio intrapreso, dovrà essere il giusto compromesso tra rilassamento e tensione dei muscoli interessati. Dopo l’iniziale controllo del respiro e della postura, si potrà procedere alla pratica dell’esercizio scelto.
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Quando nel corpo i tendini e i muscoli sono stati condizionati, lo scheletro è correttamente allineato, la circolazione del Qì è equilibrata e si ha coscienza dei suoi percorsi e del suo movimento, si possono raggiungere prestazioni fisiche enormemente al di sopra della media. Si potrebbe ad esempio eseguire una spaccata rapidamente senza alcun riscaldamento preliminare e senza riportare danni in seguito. 142
2. Governare il Qì Per uno studio più efficace dei principi e dei metodi di allenamento con i quali è possibile aumentare la quantità dell’energia all’interno del corpo e migliorare la qualità della manifestazione del Qì per consentirne una migliore conduzione, è necessario approfondire ancora le conoscenze sulla rete del Qì all’interno del corpo umano e sui serbatoi adibiti al suo accrescimento o alla sua condensazione. 2.1. Il Qì come bioelettricità
Come precedentemente detto, il Qì si può manifestare come bioelettricità, paragonabile ad un flusso di corrente continua che scorre per differenza di potenziale generata da Yīn e Yáng. È possibile approfondire questo concetto chiamando in campo la fisica, in particolare la Prima legge di Ohm, per la quale la differenza di potenziale (ΔV) è la risultante dell’intensità di corrente (i) per la resistenza (R): ΔV = i R Laddove la resistenza elettrica è la caratteristica del conduttore che, nel caso dell’essere umano, è rappresentato dalle fibre muscolari, dal tessuto connettivo, dalle ossa e dagli organi, ognuno con la sua specifica conducibilità. A questo punto appare chiaro che per far scorrere meglio il Qì, bisogna migliorare la conducibilità elettrica delle strutture corporee. Il presupposto fondante di un’efficace pratica energetica diviene la postura, infatti un corretto allineamento scheletrico muscolare garantisce la posizione più “economica” per il corpo, nella quale non ci siano inutili e controproducenti contratture muscolari, responsabili di dispersione energetica. Il rilassamento dunque promuove una migliore diffusione del Qì. Ad esempio, in alcune pratiche di Nei Gong viene suggerito di verticalizzare la colonna, poiché quando le vertebre si allineano si riesce ad accumulare più energia elettrostatica tra una vertebra e l’altra grazie all’effetto condensatore.
Considerando le cartilagini intervertebrali come conduttori e le vertebre come dielettrici (strutture a bassissima conducibilità) si può immaginare un funzionamento simile a quello di un insieme di condensatori in serie. Approfondendo le questioni elettriche da un punto di vista strettamente fisico, per l’effetto Joule si può calcolare la potenza elettrica in base al potenziale per l’intensità di corrente: P=Vi E, andando a sostituire il potenziale V con quanto affermato nella Prima legge di Ohm, si ottiene la seguente formula che costituisce la Terza legge di Ohm:
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P = R i2 Questo, applicato alla pratica energetica dimostra che più è alta l’intensità di corrente, e di conseguenza il Qì, maggiore è la potenza. 2.2. Acqua e Fuoco Come ampiamente spiegato nelle precedenti sezioni, il Qì umano viene generalmente considerato come composto da Qì ancestrale o prenatale, comunemente chiamato Qì d’Acqua, e Qì postnatale che trae origine dal cibo e dall’aria, comunemente chiamato Qì di Fuoco.
Il Qì d’Acqua raffredda il corpo, chiarifica la mente, favorisce la concentrazione, il Qì di Fuoco stimola le emozioni, accresce gli aspetti Yáng del corpo. Questa semplice, ma al tempo stesso molto complessa nozione è fondamentale per la pratica del Qì Gong. Il Qì di Fuoco, ottenuto per la trasformazione di aria e cibo nel Triplice Riscaldatore, si accumula nel Dantian mediano e scende verso il Dantian inferiore dove si mescola con il Qì d’Acqua e giunge fino alla cavità Huiyin, il perineo, da qui si divide in due flussi. Uno entra nel vaso penetrante, passa nel midollo spinale e viaggia verso l’alto per andare a nutrire il cervello. Questo percorso si chiama la “via dell’acqua” ed è quello che viene stimolato nel Lavaggio del midollo osseo di cui si parlerà più avanti (pag. 262). Il secondo flusso oltrepassa la cavità Huiyin e si sposta verso l’alto percorrendo il Vaso
Governatore e si collega al Vaso Concezione chiudendo il ciclo che viene detto “via del fuoco”. Dall’equilibrio di Acqua e Fuoco si genera la salute dell’essere umano, poiché essi rappresentano l’aspetto Yīn e Yáng dell’organismo. Un corpo, a meno che non si trovi in uno stato di malattia, è tendenzialmente Yáng, un corpo troppo Yáng però degenera velocemente e si esaurisce, questo è causa di invecchiamento, ma se si è in grado di usare l’Acqua per raffreddare il Fuoco, si riuscirà a rallentare il processo degenerativo. Quando il Qì del Fuoco è troppo predominante, causando eccitazione o malattia, si può ricorrere alla pratica della “via del vento”, nella quale si fa circolare il Qì all’interno della Piccola Circolazione Celeste in direzione inversa, facendolo rallentare e dando modo al Qì d’Acqua di elevarsi per andare a raffreddare il Qì postnatale prima che cominci a circolare.
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La salute nasce dal bilanciamento tra energia acqua ed energia fuoco
2.3. I tre Dantian La parola Dantian viene tradotta con la locuzione “campo del cinabro”. Secondo gli antichi, il cinabro era una leggendaria sostanza che prolungava la vita, una sorta di elisir di lunga vita che i taoisti cinesi cercano da millenni. In origine, essi credevano che il cinabro
fosse una sostanza preparabile con erbe o elementi chimici purificati in una fornace, dopo migliaia di anni di studio, compresero che il cinabro si trovava all’interno del corpo ed era lì che doveva essere cercato, coltivato, nutrito e protetto. Nella pratica del Qì Gong si individuano tre Dantian: - Dantian inferiore, detto “mare d’energia”, posto tre centimetri al di sotto dell’ombelico e a tre-cinque centimetri di profondità, sede del Qì originario (il Qì d’Acqua), prodotto della trasformazione dell’Essenza originaria (Jīng ancestrale). È collegato ai Reni e all’intestino che è definito secondo cervello. - Dantian mediano, collocato dietro lo sterno, sopra il plesso solare, serbatoio del Qì postnatale (il Qì di Fuoco), prodotto dalla trasformazione del cibo e dell’aria. La trasformazione di aria e cibo è assimilabile ad un processo di combustione che ha luogo nel Triplice Riscaldatore. - Dantian superiore, collocato sulla fronte, sede dello spirito. Per pensare il cervello usa una grande quantità di energia, fornita dal Vaso Penetrante che passa lungo la colonna vertebrale. Le cellule del cervello possono consumare ossigeno molte volte più delle altre cellule e il cervello è irrorato di sangue dall’apporto di ben 4 arterie, a differenza delle gambe che invece, pur essendo molto più grandi, sono rifornite di sangue solo da un’arteria ciascuna. Quando il Dantian superiore viene
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ben fornito di energia, il nostro Spirito è chiaro, lucido, attivo, altrimenti perderebbe di lucidità fino ad indurre depressione e squilibrio mentale. I tre Dantian si trovano nel core del corpo e sono connessi tra loro attraverso il Vaso Penetrante (Chong Mai, pag. 183) che unisce le due polarità, quella Yīn del Dantian superiore con quella Yáng del Dantian inferiore.
Falso Dantian Vero Dantian
I tre Dantian
I tre Dantian sono centri di energia, ma soprattutto rappresentano dei “campi di informazioni” che possono variare da persona a persona in ragione dei diversi livelli di consolidamento, “condensazione” e consapevolezza in cui si trovano. La loro connessione con la componente psicologica e mentale è assolutamente indiscutibile dal punto di vista del Qì Gong. Essi rappresentano un importantissimo anello di congiunzione tra il “corpo fisico” e il “corpo energetico” ed infine tra i primi due e il “corpo della coscienza”. I Dantian hanno infatti una precisa localizzazione fisica, ma corrispondono anche a precise zone in cui il Qì si fa strada attraverso i canali e lo Huang (le fasce e il tessuto connettivo), in cui si trasforma e si sublima fino a congiungersi con il Dao. Il ruolo centrale dei Dantian è principalmente quello della conversione delle sostanze
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energetiche, i tre tesori: Jīng, Qì, Shén, e della loro movimentazione negli stadi successivi. A livello del Dantian inferiore avviene la prima trasformazione del Jīng in Qì. Il Jīng, come detto, è l’Essenza grezza che risiede nel Mìng Mén e nei Reni, rappresenta l’aspetto energetico più materiale e discende nel Dantian inferiore dove avviene la sua trasformazione in Qì. Il Dantian inferiore è quello maggiormente connesso con il corpo fisico, si situa all’interno del triangolo formato tra l’ombelico, il Mìng Mén, lo Huiyin, connesso con gli altri centri energetici attraverso il Canale della Spinta, è anatomicamente collegato attraverso le fasce al diaframma, al pavimento pelvico, alla colonna vertebrale
e alla parete addominale. Il Dantian mediano è situato all’altezza del petto nella zona del cuore ed è il luogo in cui avviene la conversione del Qì in Shén, esso rappresenta l’anello di congiunzione tra il corpo energetico e la coscienza, è il luogo in cui le emozioni transitorie si sviluppano e prendono vita. Il lavoro sul Dantian mediano è finalizzato al controllo delle emozioni che fornisce la porta d’accesso allo Shén: Possiamo immaginare il Dan Tien centrale come la porta e le varie fluttuazioni emotive del Wu Xing (i Cinque Elementi n.d.a.) come i lucchetti della porta. Solo se siamo in grado di bilanciare il nostro Qi degli elementi e quindi le nostre emozioni transitorie, saremo in grado di lavorare con la nostra coscienza. Questa è forse la parte più difficile dell’allenamento del Nei Gong poiché le emozioni sono elementi molto difficili da portare in equilibrio dato che siamo soggetti ai loro movimenti e cambiamenti su base giornaliera. (Mitchell, 2011 Chapter 2, The Three Bodies of Man, Accessing the Consciousness Body, Kindle)
Le emozioni, come più volte sottolineato, provocano la più imponente dispersione di Qì a livello del Dantian centrale, quando esse si radicano nei processi di pensiero formano l’Ego, il “falso senso di sé” che governa pensieri, parole e azioni costruendo attaccamento e impedendo l’elevazione spirituale. Per questo motivo il praticante ha bisogno di costruire un’importante riserva di energia interna per poter avanzare verso stati di realizzazione più levati, al fine di rafforzare gli aspetti più profondi della coscienza umana: più tranquillo è il Cuore, meno Qì viene disperso, più energia rimane per l’elevazione spirituale.
Il Dantian superiore, localizzato nel mezzo del cranio, con il suo punto di uscita all’altezza del “terzo occhio” in corrispondenza del punto Yintang, è il luogo in cui si realizza la conversione dello Shén nel vuoto, in cui lo Shén confluisce nel Dao. Il lavoro specifico sul Dantian superiore si configura come un’estensione del lavoro sugli altri due Dantian. Quando i tre Dantian lavorano in sinergia, quando il corpo fisico, quello energetico e quello di coscienza si coordinano, possiamo riconnettere i nostri tre cervelli e accedere ad un livello superiore della pratica in cui il respiro funziona come un “traduttore” dei diversi linguaggi utilizzati dai diversi livelli corporei.
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Secondo gli studi del Maestro Yang Jwing Ming, di questi tre Dantian solo quello inferiore è in grado di produrre energia e può essere considerato come una batteria, gli altri due invece hanno la funzione di condensatori, dove l’accumulo di energia è favorito dalla presenza di strati di fasce (isolanti) e di fibre muscolari (conduttori). Il diaframma è considerato un elemento del Dantian mediano, è delimitato nella sua parte superiore e inferiore dalle fasce. La fascia è tessuto connettivo che si trova in moltissi-
me parti del corpo e ha una scarsa conducibilità (anche se la sua conducibilità può essere diversa nelle diverse parti del corpo); il diaframma è composto da fibre muscolari che sono degli ottimi conduttori elettrici, nelle pagine che seguono verrà spiegata l’importanza di questo tipo di struttura nella circolazione del Qì. Nella zona dell’addome è essenziale riconoscere il “vero” Dantian, posto nella zona più interna, dal “falso” Dantian che si trova nella parte più superficiale (immagine pag. 146). Tra i due c’è uno scambio importante poiché l’esercizio fisico della fascia addominale del “falso” Dantian, prodotto da precisi esercizi respiratori di rotazione dell’addome nelle quattro direzioni e di spinta forzata, permette di trasformare il grasso in Qì, in quanto l’attivazione della muscolatura stimola il Pancreas e le gonadi che producono ormoni che sono importanti catalizzatori di questo processo di trasformazione. Dopodiché l’energia prodotta è condotta nel “vero” Dantian che, a sua volta, lo distribuirà al corpo tramite i vasi straordinari. Il condizionamento del “falso” Dantian è connesso alla pratica del Mutamento dei tendini e dei muscoli (pag. 257) e assicura salute e longevità; il nutrimento del “vero” Dantian è connesso con la pratica del Lavaggio del midollo (pag. 262), il quale dà stabilità all’energia e, grazie al collegamento del Vaso Penetrante, permette di raggiungere l’illuminazione.
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Scopo del Nei Gong (letteralmente “lavoro interno”) è proprio creare questa connessione tra il Cervello e lo Spirito con la batteria centrale e aumentare la sua capacità di immagazzinare energia. 2.4. Il Cervello L’organo fondamentale per la gestione della bioelettricità è il Cervello, inteso come l’intero sistema nervoso, quindi comprendente anche i nervi e le cellule nervose presenti nella zona addominale e toracica. Per mantenere il corpo in salute e avere una lunga vita, come detto precedentemente,
bisogna imparare a regolare il Qì d’Acqua e il Qì di Fuoco, in modo che Yīn e Yáng siano equilibrati e agiscano armoniosamente. L’aspetto Yīn è collegato al lato mentale, mentre l’aspetto Yáng è collegato alla dimensione fisica; entrambi questi aspetti sono collegati al Qì, perno centrale dell’intera salute corporea. Per comprendere come il Qì possa influenzare Yīn e Yáng, occorre conoscere il suo “sistema circolatorio”. Per far circolare liberamente il Qì, esso deve essere abbondante e deve riempire i vasi straordinari, per poi fluire nei dodici canali principali, giungere sulla pelle, nutrire gli organi e riempire il midollo. È proprio il Cervello che gestisce le differenze di potenziale funzionali al corretto flusso dell’elettricità (il Qì) nel corpo. L’uomo è caratterizzato da due polarità, fondamentali per lo scorrere del Qì: una nel pri-
mo Cervello (Dantian superiore) e una nel secondo Cervello (Dantian inferiore), a partire da queste due polarità si sviluppa il Sistema del Qì, quando questo sistema è equilibrato e il Qì è abbondante, allora è possibile utilizzare l’energia per diversi scopi. Il Dantian superiore è connesso con il miglioramento della qualità dell’energia, il Dantian inferiore con l’incremento della quantità dell’energia, la connessione tra i due è talmente forte che essi rappresentano un unico sistema: non è possibile sviluppare le potenzialità del Dantian inferiore senza la mente e viceversa. In medicina cinese il Cervello controlla la memoria, la concentrazione, la vista, l’udito, il tatto e l’olfatto anche se, contrariamente alla nostra tradizione occidentale, nella medicina cinese le funzioni mentali sono correlate al Cuore più che al Cervello. Il Jīng dei Reni produce il midollo che risale lungo la colonna vertebrale e va a riempire il Cervello, per questo motivo esso è correlato, sul piano funzionale, ai Reni. Il Cervello dipende anche dal Cuore, e soprattutto dal Sangue pompato dal Cuore, che costituisce il suo nutrimento. In definitiva quindi, secondo la MTC, le attività fisiologiche del Cervello sono correlate e dipendono dallo stato dei Reni e del Cuore. Il cervello ha nel suo interno il sistema limbico che custodisce due importanti ghiandole connesse con il sistema della memoria e con la parte subconscia: la ghiandola pineale (epifisi) e la ghiandola pituitaria (ipofisi). Il ruolo di queste due importanti ghiandole en-
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docrine è legato all’emissione di elettromagnetismo del corpo e alla sua capacità di entrare in sintonia con l’ambiente circostante. Davanti alla ghiandola pituitaria infatti è stata individuata la presenza di cristalli di magnetite che sono i responsabili del campo magnetico che si genera intorno alla testa. La ghiandola pineale invece presiede alla produzione di importanti sostanze come la melatonina (implicata nella regolazione del ritmo cardiaco), la serotonina (implicata nella regolazione del sonno, della temperatura corporea, dell’appetito, delle emozioni), la pinolina (sostanza neurochimica legata alla coscienza e agli stati onirici) e di alcune triptamine che potrebbero avere effetti psichedelici. Alcuni studi individuano la ghiandola pineale come la “ghiandola dello spirito” (Dale,
2009). Quando il praticante calma la sua mente, riesce ad accedere alla parte subconscia del cervello, facendo acquietare la parte conscia che consuma molta energia. In alcune scuole orientali durante la tecnica meditativa si invitano i praticanti a dirigere gli occhi verso la radice del naso, pratica che stimola appunto la ghiandola pineale. In agopuntura viene spesso stimolata la zona sulla fronte che corrisponde al “terzo occhio” in quanto si ritiene che interagisca direttamente con l’epifisi (Yayama, 1999 pag. 19). Ai fini della pratica è utile ricordare che la mente subconscia è assolutamente più potente e più veloce di quella conscia, reagisce e registra le informazioni alcuni attimi prima che la mente cosciente agisca, va oltre la realtà di questo mondo e va oltre la nostra
comprensione, connettersi con essa è la via per raggiungere lo Spirito, nel Dao De Jing è chiamata “residenza spirituale”. Il cervello di tutti i mammiferi è diviso in due lobi e tra di essi c’è una separazione che secondo la tradizione cinese è chiamata “valle spirituale”. Secondo gli studi di Yang Jwing Ming, questo spazio vuoto produce una sorta di cassa di risonanza che permette di fare del cervello una “stazione radio”, capace di sintonizzarsi con diverse frequenze e condizionare la mente subcosciente. Anatomicamente la divisione del cervello nei due lobi è considerata come l’aspetto fondante della lateralizzazione delle funzioni motorie. Attualmente i più recenti studi delle neuroscienze hanno invece mostrato quanto questa teoria non possa più essere applicata alle funzioni psichiche, arrivando a comprendere che la lettura generale della realtà e la raccolta di informazioni ambientali rappresentano processi complessi che si strutturano in base ad un continuo rimbalzare da un emisfero all’altro. È questa dialettica e la continua collaborazione tra i due emisferi che produce conoscenza, senso, significati e comportamenti. Le moderne teorie della neuroplasticità mostrano proprio questo aspetto dinamico del cervello, organo in grado di ricalibrarsi costantemente all’interno di un complesso sistema retroazionato. Il cervello d’altra parte non preside solo alle funzioni bioelettriche, ma anche a quelle
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biochimiche. Il Dottor Shiego Haruyama (1995) ritiene che il cervello debba essere principalmente definito come il “luogo di raccolta degli ormoni”, piuttosto che come un “ammasso di nervi”, poiché la trasmissione delle informazioni avviene in virtù del fatto che nelle sinapsi vengono depositate sostanze ormonali. In particolare il suo studio si concentra sugli “ormoni della felicità”, ovvero una ventina di ormoni che hanno tutti la tirosina come elemento costitutivo e fungono da stimolanti per il sistema immunitario. Si trovano infatti recettori per gli ormoni della felicità anche sulla membrana delle cellule killer naturali (NK) capaci di perforare e distruggere le cellule cancerogene, specie nei globuli
bianchi. Il dottore giapponese per questo ritiene che gli ormoni della felicità siano sostanze chimiche che collegano la mente con il corpo e che hanno nel cervello il proprio centro di controllo. 2.5. Il Cuore Dal punto di vista fisiologico, è ormai dimostrato che il cuore invia più segnali al cervello di quanto il cervello non faccia con il cuore e che questi messaggi sono in grado di influenzare significativamente le funzioni del cervello, infatti nei momenti di stress o emozioni negative, quando il cuore produce una pulsazione disordinata, le funzioni cognitive superiori sono inibite, viceversa quando si provano emozioni positive la respirazione,
la variabilità cardiaca e la pressione sanguigna producono schemi delle rispettive onde ritmiche armoniosi e sincronizzati tra loro, risultando coerenti e risonanti. La comunicazione tra sistema nervoso e cuore è così stretta che la normale variabilità della frequenza cardiaca è direttamente dipendente dal sistema nervoso autonomo. Il sistema nervoso simpatico agisce per aumentare il battito, mentre i nervi del sistema nervoso parasimpatico (tra i quali il nervo vago, approfondimento pag. 168) agiscono per rallentarlo. L’analisi della variabilità cardiaca, fenomeno che riflette la nostra capacità di adattarci efficacemente allo stress e alle richieste ambientali, è un istantaneo indicatore della funzionalità, dell’equilibrio del sistema nervoso autonomo e della sincronizzazione dei suoi due sottosistemi (simpatico e parasimpatico). Essa è maggiore in giovane età, poi con l’invecchiamento si riduce, una bassa variabilità di frequenza cardiaca è stata osservata anche in individui con un’ampia gamma di malattie e disturbi. Il Cuore è un elemento fondamentale del sistema circolatorio del Qì, non solo perché esso è centro del funzionamento del nostro sistema circolatorio cioè la pompa idraulica del sangue e, come più volte sottolineato, dove va il sangue, va il Qì, ma anche perché dal punto di vista della MTC è considerato il “governatore”, il “monarca” di tutti gli organi interni e la “residenza” dello Shén, il complesso delle facoltà mentali, emozionali e spirituali.
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Secondo la medicina cinese, le attività mentali e la coscienza “risiedono” nel Cuore, quindi lo stato del Cuore ha un’influenza sull’attività mentale ed emozionale, sulla coscienza e sulla consapevolezza, sulla memoria e sul pensiero. Se il Cuore è forte, anche lo Shén sarà forte. Sarebbe tuttavia un errore identificare tutta la nostra vita mentale e spirituale semplicemente con il Cuore, tutti i cinque organi Yīn influenzano le emozioni, la mente e lo Spirito in modi diversi, andando ad incidere sui cinque aspetti spirituali (Maciocia, 2015): •
Il Cuore influenza la mente (Shén).
•
Il Fegato influenza l’anima eterea.
•
I Polmoni influenzano l’anima corporea.
•
La Milza influenza l’intelletto (Yì).
•
I Reni influenzano la volontà.
Tutto questo a conferma dell’idea della medicina cinese di un essere umano perfettamente integrato in tutte le sue funzioni e aspetti.
Il cuore è anche il centro elettromagnetico del corpo, emana elettricità e magnetismo migliaia di volte più del cervello.
Il cuore è anche il centro elettromagnetico più attivo del corpo, emana elettricità e magnetismo migliaia di volte più del cervello. Questo vuol dire che il campo biomagnetico del cuore (e anche quello del cervello, in misura minore) non è confinato all’organo, ma si estende nello spazio anche al di fuori della pelle (Spaggiari, Tribbia, 2016). Il 60-65% delle cellule del cuore sono cellule neuronali, identiche a quelle presenti nel cervello, ciò significa che l’immensa quantità di informazioni che il corpo riceve fluisce costantemente tra cuore e cervello e che il cuore è implicato nel processo emotivo, nell’esperienza sensoriale, nella memoria e nel ragionamento. Il segnale prodotto dal
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cuore è il più intenso di quello prodotto da ogni altro organo o parte del corpo e la sua vibrazione potrà essere un filtro per tutti i segnali in entrata nel corpo che si potranno sintonizzare con lui. Per questo motivo molte tecniche meditative insegnano la concentrazione sul cuore. 2.6. La biotensegrità Cercando di riconnettere le informazioni fornite fin qui, integrando le prospettive dei diversi piani di ricerca, l’anatomia e la fisiologia del corpo umano acquistano una dimensione nuova: olistica, integrata, autoregolata e omeostatica. Il corpo diviene la risultante
complessa di una serie di forze, azioni ed energie in cui muscoli, tendini, ossa, fasce, tessuto connettivo e organi collaborano nel mantenimento della salute. Il lavoro sinergico ed armonico tra energia bioelettrica, energia meccanica e strutture corporee rappresenta proprio la salute o meglio il benessere. Il corpo umano potrebbe essere paragonato a un grattacielo vivente, pulsante, deambulante e parlante. Alla stessa stregua di un grattacielo, esso si avvale di molti dei principi architettonici di compressione e tensione che concorrono a impedirgli di cadere. (Porter, 2006, pag. 60)
La stabilità della struttura nasce dunque dall’equilibrio di principi di compressione (la spinta tra due parti che premono l’una contro l’altra) e di principi di tensione (due parti che vengono tirate in direzioni opposte). Il bilanciamento di queste due forze è possibile grazie al corretto allineamento scheletrico che, insieme alla tensione muscolare, determina la corretta postura. Come ampiamente spiegato, la tensione muscolare non deve essere tuttavia fraintesa e semplicemente riferita al concetto di contrazione muscolare e accorciamento del muscolo, quanto piuttosto alla qualità essenziale riferita al concetto di tensione, ovvero l’elasticità, cioè la capacità di ripristinare o di mantenere la forma e la dimensione originale del muscolo in seguito a un allungamento o a un accorciamento delle sue fibre. Sono proprio le spinte di forze e controforze (come insegna il terzo principio della dinamica per il quale ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria) che ci per-
mettono di rimanere in posizione eretta e più lo scheletro è allineato, più i muscoli rimangono rilassati, compiendo uno sforzo minimo nella loro funzione di supporto. Questo consente a tutte le altre strutture corporee, organi vitali, vasi sanguigni, canali neurali di avere un funzionamento efficiente in virtù del loro corretto allineamento. Secondo la ricercatrice Kathleen Porter l’allineamento naturale delle strutture scheletriche influisce anche sul funzionamento del sistema nervoso autonomo. Nello specifico, la distorsione della colonna vertebrale, andando ad incidere sulla libera trasmissione dei segnali attraverso il midollo spinale e i nervi, potrebbe provocare a lungo andare un malfunzionamento del sistema nervoso parasimpatico in qualità di principale promotore
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della risposta di rilassamento, di contro, uno scorretto allineamento scheletrico impone al sistema nervoso simpatico una continua attivazione della risposta “combatti o fuggi”, con le conseguenti ripercussioni sulla qualità della respirazione, elemento imprescindibile della nostra salute. Le strutture corporee dunque interagiscono in un modello che presenta “integrità tensionale”, un sistema in cui elementi di trazione, spinta, compressione e tensione mantengono la struttura in equilibrio e permettono al corpo di autostabilizzarsi, simile ai modelli tensegritivi. Un sistema tensegrale è costituito da barre
cilindriche (elementi di compressione) e stringhe o cavi (elementi di trazione) come la ruota di una bicicletta o una tenda da campeggio. Allo stesso modo nel corpo umano, le ossa fungono da elementi di “compressione” e gli altri tessuti molli da elementi di “tensione” e “trazione”. Il corpo può dunque essere paragonato ad un involucro in tensione, le cui sezioni contrapposte, si mantengono in equilibrio grazie alla
compressione degli elementi interni, fluttuanti in una rete in continua tensione. Ciò produce un sistema dinamico, flessibile, modificabile, leggero, ma resistente. Questo rappresenta un principio particolarmente utilizzato in osteopatia. Le manovre del trattamento osteopatico infatti vanno a mettere in tensione determinati punti di sblocco che provocano un aumento della compressione e della trazione di altre zone, andando ad attivare la naturale capacità del nostro corpo di autoregolarsi, la vis medicatrix naturae (“forza guaritrice della natura”, versione latina del motto attribuito a Ippocrate). La biotensegrità è un principio esplicativo che può funzionare infatti anche per le catene miofasciali e per le strutture articolari che possono essere interpretate come strutture fluttuanti all’interno di tessuti più morbidi: i dischi intervertebrali con la loro forma elicoidale ad esempio fungono da facilitatori del movimento e da scarico, riducendo la compressione esercitata dalla forza di gravità. La tensione intrinseca dei tessuti, abbinata alle giunzioni neuromuscolari, permette una veloce risposta agli stimoli propriocettivi e ai segnali che arrivano dal sistema nervoso centrale. Questo spiega perché la presenza di anomalie corporee, il cattivo uso della postura, la presenza di lesioni tissutali causano un cambiamento nell’equilibrio tensionale del corpo in grado mettere a repentaglio la funzionalità dell’organismo (Chiera et al. 2017, Cap. 11, La tensegrità articolare, Kindle)
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Anche a livello molecolare e cellulare la tensegrità può funzionare come un modello, infatti la membrana è collegata al nucleo attraverso il citoscheletro formato da tre elementi: •
i microfilamenti che sono in uno stato di tensione
•
i microtuboli che sono in uno stato di compressione
•
i filamenti che compongono la rete che connette i microfilamenti ai microtuboli
Tutto questo forma una struttura dinamica che si modifica, anatomicamente e funzionalmente, in base agli stimoli meccanici che la cellula riceve. Il citoscheletro determina la posizione degli organelli, attiva molteplici reazioni biochimi-
che intracellulari e crea dei collegamenti con altre cellule e tessuti circostanti. Il citoscheletro si connette inoltre alla MEC attraverso proteine di membrana e un qualsiasi cambio di densità della MEC provoca un suo rimodellamento che comporta persino un cambiamento di forma del nucleo. Le cellule viventi sono quindi un sistema dinamico il cui l’ambiente interno è in flusso costante e la tensegrità del citoscheletro gioca un ruolo cruciale per il bilanciamento delle funzioni. Tutte le strutture del corpo, organi compresi, essendo costituiti da cellule, sono parti di un’unità tensionale in grado di controllare al meglio i movimenti del corpo (Chiera et al. 2017, Cap. 11, La tensegrità cellulare e molecolare, Kindle)
Anche la forma elicoidale, molto diffusa in natura, tipica struttura di diverse proteine e del DNA, ha il vantaggio strutturale di bilanciare le forze di attrazione e repulsione degli atomi, ricalcando in questo il modello delle strutture tensegrali in cui tensione e compressione determinano la tenuta della configurazione. Tuttavia, come ricordano gli autori del prezioso testo La PNEI e sistema miofasciale, occorre però precisare che ovviamente la biotensegrità rappresenta un modello e come tutti i modelli è limitata: la fisiologia e la biologia del copro umano rimangono comunque delle realtà complesse e sarebbe un errore ricondurle esclusivamente ad un bilanciamento strutturale di forze, si rischierebbe di cadere così nel paradigma riduzionista. Non bisogna dimenticare che il comportamento di una particolare struttura del corpo dipende dall’ampia varietà dei suoi componenti e delle loro reciproche interrelazioni. 2.7. La Fisica del corpo umano La struttura corporea nel suo insieme è inoltre un complesso veicolo per l’energia meccanica ed energia elettrica, tutti gli elementi di essa concorrono nel trasmettere queste due diverse energie, siano essi migliori conduttori meccanici o migliori conduttori elettrici. Il sistema dei meridiani e il sistema muscolare sono dei buoni conduttori elettrici; le ossa, le fasce e i tendini sono migliori come conduttori meccanici. Esiste un’interrelazione reciproca di queste energie: l’energia elettrica ha la caratteristica di essere accumulabile, essa può generare energia meccanica ove questa energia non
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fosse dissipata, torna ad alimentare e ad accrescere il potenziale elettrico.
Un aspetto determinante per la salute e il benessere del corpo umano è il mantenimento dell’omeostasi. Il sistema corporeo degli esseri viventi ha una sua intelligenza naturale che, grazie a meccanismi di feedback e controllo, è in grado di ripristinare le condizioni di equilibrio, laddove questo venga alterato dall’azione di agenti esterni. Ciò avviene per la maggior parte delle funzioni vitali: la pressione sanguigna, la tempera-
tura, la glicemia, l’omeostasi cellulare, l’omeostasi idrica, l’omeostasi del pH, l’omeostasi delle ossa, l’equilibrio sonno-veglia. Tutti questi processi sono controllati dal sistema nervoso centrale che determina il tipo di risposta più appropriato agli stimoli sensoriali che riceve.
L’omeostasi corporea è un meccanismo retroattivo che elabora uno stimolo e attiva delle risposte di stimolo o inibizione 156
Il sistema nervoso centrale è in grado di dare una reazione immediata e istantanea, seppure di breve durata e, attraverso il controllo del sistema ormonale per mezzo dell’ipotalamo, attiva anche una risposta più lenta (in termini di minuti, ore, giorni). La cooperazione tra questi due sistemi genera meccanismi di controllo multipli, complementari ed efferenti che coinvolgono tutto il sistema corporeo. Nella tabella che segue sono schematizzati alcuni processi di omeostasi corporea in relazione alla complessa rete di correlazione che si attiva:
Omeostasi
Stimolo
Recettore
Centro di controllo
Effettore
Feedback
Pressione sanguigna
Sbalzo pressorio Recettori dei vasi sanguigni
Cervello
Muscolatura liscia dei vasi e muscolo cardiaco
Vasodilatazione o riduzione della frequenza cardiaca
Equilibrio interno della cellula
Alterazione del pH, concentrazione dei soluti, dei solventi e degli elettroliti, stress
Recettori di membrana
Membrana cellulare
Potenziale di membrana
Anabolismo e catabolismo
Omeostasi termica
Variazione della temperatura: freddo, caldo
Recettori nervo- Ipotalamo si cutanei
Vasi sanguigni
Vasodilatazione, emissione di calore, vasocostrizione
Omeostasi glicemica
Aumento o dimi- Sangue nuzione dei livelli di zucchero nel sangue
Cervello
Pancreas
Secrezione di insulina, stimolazione dei processi di liposintesi
Omeostasi ossea
Alterazione della calcemia
Tiroide
Ormone paratiroideo (PTH), calcitonina
Equilibrio osteoblasti e osteoclasti
Omeostasi del sonno
Alterazione del Ore di veglia ritmo sonno accumulate veglia: stanchezza, iperattività
Ipotalamo
Stanchezza
Rilassamento
Cellule delle paratiroidi
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Gli esercizi di potenziamento generale, presenti in molte arti marziali, sono indispensabili per mantenere il corpo forte e in salute: la preparazione fisica è parte integrante del Qì Gong, stimola la trasformazione del Qì, libera i canali e migliora la circolazione periferica. 158
Esercizi Perseguire la potenza della tigre Gli esercizi di rafforzamento generale sono indispensabili per mantenere il corpo forte e in salute: la preparazione fisica è parte integrante del Qì Gong, stimola la trasformazione del Qì e libera i canali. Nelle pagine che seguono, proponiamo degli esercizi statici e dinamici, per il rafforzamento muscolare, tendineo e delle fasce. La sequenza delle immagini si svolge da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso
Esercizi statici: plank sui gomiti e bilancia Mantenere le posizioni illustrate da un minimo di 30 secondi fino a raggiungere, con la pratica, tre minuti. La respirazione deve essere lenta e profonda rispettando la proporzione 1-1-2: inspirando ad esempio 4 secondi, trattenendo il respiro per 4 secondi ed espirando infine per 8 secondi, se si trova difficile mantenere questa proporzione nel respiro si può iniziare con 3 secondi (inspirazione), 3 secondi (apnea inspiratoria) e 6 secondi (espirazione). Durante gli esercizi cercare di rimanere immobili il più possibile. Portare l’attenzione a sentire dapprima le articolazioni fondamentali: caviglie, ginocchia, anche, spalle, gomiti, polsi ed infine collo. Passare poi a percepire la pelle: dai piedi fino al cuoio capelluto. Cercare di coordinare la respirazione con la percezione, concentrandosi alternativamente sulle articolazioni o sull’epidermide, fino alla fine dell’esercizio.
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Esercizi statici: plank laterale e plank con un solo braccio e una sola gamba Mantenere le posizioni illustrate da un minimo di 30 secondi fino a raggiungere, con la pratica, tre minuti. La respirazione deve essere lenta e profonda rispettando la proporzione 1-1-2, precedentemente spiegata. Mantenendo queste posizioni si vanno a stimolare in modo particolare le fasce e il tessuto connettivo che sostiene gli organi interni.
Per sostenere la posizione nella plank laterale si impegnano soprattutto gli obliqui e globalmente tutta la struttura della spalla e i gruppi muscolari degli arti inferiori.
Per raggiungere e mantenere la plank con gambe e braccia alternati si deve dare un impulso muscolare coordinato e controllato delle fasce addominali e dei glutei.
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Esercizi dinamici: plank laterale con movimento della gamba In questa variante della plank laterale si introduce il movimento della gamba che deve essere mantenuta in linea con il corpo, con il piede parallelo al pavimento. Oltre alle fasce, agli obliqui e alla spalla, qui si impegnano anche il muscolo gracile della gamba e il grande gluteo. La respirazione deve essere coordinata con lo sforzo, preferibilmente utilizzando il naso in entrambe le fasi di inspirazione ed espirazione, laddove non sia possibile, può essere utilizzata la bocca per l’espirazione. Si consiglia di approcciarsi all’esercizio dapprima provando a staccare una gamba per guadagnare l’equilibrio, poi procedere con il massimo numero di sollevamenti che si riesce a fare, un buon livello è costituito da 10/15 ripetizioni.
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Esercizi dinamici: piegamenti sulle braccia (a braccia strette e a braccia larghe) I piegamenti sulle braccia sono un esercizio completo che impegna tutti i muscoli del corpo, consiste nel portare il corpo teso verso terra piegando le braccia con il petto che sfiora il pavimento. Nell’esecuzione dell’esercizio è indispensabile mantenere sempre un corretto allineamento scheletrico per non viziare il movimento, inizialmente se non si riesce a portare il petto a terra si può cominciare poggiando le mani su un supporto più alto come un tavolo o una panca, per allenare il pettorale e il tricipite con un carico minore. In base ai risultati che si vogliono raggiungere si possono abbinare diversi tipi di respirazione. Nell’esercizio di base si consiglia di respirare in modo più naturale possibile, rispettando le esigenze del proprio corpo.
Nei piegamenti a braccia strette i gomiti sfiorano il corpo durante l’esecuzione di tutto l’esercizio e le mani sono posizionate sotto le spalle.
Nei piegamenti a braccia larghe le mani sono posizionate all’esterno delle spalle, con una distanza che può variare da una volta e mezzo, a due volte la distanza delle spalle.
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Piegamenti sulle braccia con un supporto Il supporto permette di ridurre il carico sulle articolazioni e l’intensità dello sforzo muscolare, quindi è più facile arrivare con il petto sul piano delle mani, ciò permette di costruire la muscolatura necessaria a sostenere tutto il movimento.
Piegamenti sulle braccia eseguiti lentamente Per sviluppare la struttura muscolare è consigliato eseguire l’esercizio lentamente portando l’attenzione alle tre fasi (alto-medio-basso) illustrate dalle foto sottostanti. I piegamenti possono essere allenati anche mantenendo le tre posizioni per diversi secondi, aumentabili progressivamente.
Piegamenti sulle braccia eseguiti velocemente Una volta sviluppato l’esercizio lentamente si può procedere facendo ripetizioni veloci e dinamiche. In questo caso si consiglia di inspirare e fare quanti più piegamenti possibile nella fase di espirazione. Un ulteriore sviluppo dell’esercizio consiste nel fare i piegamenti sulle braccia in apnea inspiratoria ed espiratoria. Controllare la respirazione durante gli esercizi di potenziamento permette, a livello biochimico di ottimizzare l’ossigenazione sanguigna e l’equilibrio tra anidride carbonica e ossigeno, a livello mentale si aggiunge una difficoltà per sviluppare la forza di volontà e la tolleranza alla fatica e allo stress. 163
Esercizi dinamici: allungamento della catena miofasciale posteriore e piegamenti a braccia strette In questa sequenza di lavoro si combinano esercizi di allungamento a esercizi di rafforzamento. Un eccessivo sviluppo della forza può andare a discapito dell’elasticità, per questo motivo nell’allenamento del Qì Gong è sempre bene bilanciare questi due livelli della pratica. Questo esercizio in particolare è esemplificativo di un tipo di lavoro specifico sulla stimolazione tendinea. Quando vengono allungate le strutture muscolari nello stesso momento in cui sono sottoposte ad un lavoro di contrazione, si provoca un’intensa stimolazione dei tendini poiché vengono “tirati” dal muscolo che si contrae. Essendo il tendine paragonabile ad un elastico duro, il suo allungamento, forzato dalla contrazione del muscolo, creerà nel tempo un condizionamento duraturo. Per un lavoro ottimale si dovrebbe giungere a fare 10/15 ripetizioni dell’esercizio.
Partire dalla posizione della V rovesciata con i piedi vicini e i talloni a terra. Inizialmente non sarà facile tenere i talloni in questa posizione, bisognerà lavorare per un progressivo allungamento della catena miofasciale posteriore. Allungare le mani in avanti e cercare di appiattire il più possibile la schiena, forzando le spalle verso il basso, mantenendo la testa in linea con il tronco. Tenere ferme le mani e i piedi mentre si portano i gomiti a terra, alzare la testa portando lo sguardo in avanti. In questa fase i gruppi muscolari delle spalle e delle braccia sono impegnati a sostenere il peso del corpo mentre vengono fortemente allungati. Finché non si padroneggia l’esercizio si consiglia di non forzare il respiro, una volta raggiunto l’assetto ottimale, si inspira mentre ci si allunga nella posizione della V rovesciata e si espira portando i gomiti a terra.
Spingere il corpo teso in avanti in plank e fare un piegamento sulle braccia. Anche in questo caso si consiglia di non forzare il respiro, in un secondo momento il piegamento andrebbe fatto in apnea espiratoria, per poi inspirare nuovamente tornando nella posizione iniziale.
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Esercizi specifici sui tendini: tenere la spaccata sagittale Un esercizio che condiziona i tendini, sfruttando il principio di lavoro illustrato nella pagina precedente, è quello di mantenere la posizione della spaccata sagittale o frontale. Qui verrà mostrato il lavoro sulla spaccata sagittale perché più congeniale all’esecuzione delle tecniche di calcio che verrà esposta più avanti. La stessa metodologia di allenamento potrà essere utilizzata anche per la spaccata frontale.
Condizionamento dei tendini: fare la preparazione alla spaccata sagittale senza poggiare le mani a terra, sostenendo la posizione con la sola contrazione dei muscoli mentre vengono sottoposti ad un lavoro di allungamento. Tenere le varie altezze per un minimo di 5 secondi, fino ad arrivare ad un minuto o più.
Una variante dell’esercizio consiste nel mettere la mano a terra per modulare l’intensità dello sforzo, cercando di avvicinare il tronco al pavimento, stimolndo il tendine di Achille.
Per stimolare ulteriormente i tendini premere con entrambe le mani sulle ginocchia, spingere il tallone il più possibile in avanti e portare la punta del piede in direzione del tronco.
Una volta che i muscoli saranno allenati e i tendini ben condizionati si potrà eseguire la spaccata senza riscaldamento preliminare (a freddo) e senza pericolo di infortuni. 165
Esercizi dinamici: accosciate con calcio frontale Questo esercizio consiste nell’accovacciarsi e risalire eseguendo un calcio frontale, richiamare la gamba piegando il ginocchio e fare una nuova accosciata e calciare poi con l’altra gamba. È un esercizio completo che impegna quasi tutte le strutture articolari e muscolari, sollecita in modo particolare le anche, le ginocchia, le caviglie e rafforza la muscolatura della schiena e delle gambe. Ripetizioni dinamiche e veloci stimolano la capacità respiratoria e la resistenza. Anche in questo caso la performance andrà allenata, un buon livello consiste in 30 ripetizioni, ma con l’applicazione costante il praticante potrà incrementare il numero di ripetizioni fino anche a 100. Respirare naturalmente, rispettando le esigenze del proprio corpo. Si può aumentare la difficoltà e l’impegno dell’esercizio introducendo delle varianti nella respirazione eseguendo le accosciate in apnea inspiratoria o espiratoria, ma si sconsiglia di procedere con questo livello superiore se il corpo non è ben preparato.
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Esercizi dinamici: Addominali (oscillazione delle gambe) Questo esercizio stimola principalmente tutta la zona del tronco, la parte addominale e lombare, attraverso l’oscillazione in modo alternato delle gambe. Un esercizio completo consiste nell’oscillazione di entrambe le gambe. Si possono eseguire dai 50 conteggi fino a 300. Anche in questo caso si può incrementare la difficoltà dell’esercizio eseguendolo in apnea inspiratoria o espiratoria.
Esercizi dinamici: Addominali Questo esercizio consiste nel raccogliere le gambe e contemporaneamente sollevare le spalle a partire dalla posizione supina con le gambe e le spalle staccate da terra. Un buon livello è rappresentato da 50/60 ripetizioni.
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Approfondimento: Il nervo vago Un approfondimento sul funzionamento del nervo vago è quanto mai significativo all’interno di un testo che si propone di indagare le interconnessioni funzionali tra la mente e il corpo, tra le emozioni e la risposta somatica che producono, tra respirazione e salute. Il nervo vago, detto anche pneumogastrico, presiede allo scambio di informazioni tra diversi organi e il cervello, permette all’encefalo di ricevere indicazioni riguardo ai processi fisiologici in atto nell’organismo, consentendo l’attivazione di risposte pertinenti. Il nervo vago è il nervo cranico più lungo all’interno del corpo umano, le sue innumere-
voli diramazioni si innervano in molte parti del corpo a partire dal collo fino a raggiungere il petto e l’addome. Il nervo vago collega infatti il tronco encefalico ai polmoni, al cuore e all’intestino, ma non solo, innerva anche gli organi genitali, l’uretere, la lingua, i reni, le orecchie, il collo, il fegato, la cistifellea e la milza. Il nervo vago è preposto allo svolgimento di diverse funzioni afferenti a tre ambiti principali: •
funzioni sensoriali e percettive: dirige e regola molti organi e muscoli, si occupa dell’invio di informazioni sensoriali alle orecchie, alla laringe, alla faringe e alla lingua;
•
funzioni motorie: collabora alla gestione dei muscoli del collo connessi alle funzioni della deglutizione e del sistema fonatorio;
•
funzioni parasimpatiche: presiede alla risposta di rilassamento che si attiva in modo complementare alla stimolazione (attuata dal sistema nervoso simpatico) dei dispositivi di allarme, andando a ridurre il battito cardiaco e la pressione circolatoria.
Nel dettaglio le sue funzioni sono: •
Percezione di sensazioni nell’orecchio: la prima branca del nervo vago che si dirama nel padiglione auricolare, nel trago e nel canale uditivo esterno percepisce la pressione, la temperatura o l’umidità sull’epidermide dell’orecchio.
•
Deglutizione del cibo: il nervo vago è responsabile dell’attivazione dei muscoli della faringe e dei muscoli che connettono la gola al palato fine.
•
Connessione con le vie aeree e le corde vocali: la branca laringea superiore del nervo vago è responsabile dell’intonazione vocale e la branca laringea ricorrente invece si occupa dell’apertura e chiusura della vie respiratorie.
•
Controllo della respirazione: la branca polmonare del nervo vago si innerva con i bronchi di entrambi i polmoni e con la trachea e fornisce segnali riguardanti l’espansione dei polmoni, dei livelli di ossigeno e anidride carbonica presenti al loro interno. L’attivazione del nervo vago ha il compito di rallentare il respiro e renderlo più profondo andando a coinvolgere il diaframma. Questo è particolarmente importante nel-
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la gestione dello stress. Il nervo vago infatti, attivando la parte nervosa parasimpatica, consente di abilitare gli stimoli che vanno a controbilanciare lo stress: la sua azio-
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ne è in grado di abbassare la pressione del sangue, insieme al battito cardiaco ed infine di stimolare la respirazione diaframmatica. •
Controllo del battito cardiaco: il nervo vago ha un’innervazione parasimpatica nel cuore, associata ai meccanismi di controllo cardiovascolare.
•
Mantenimento della pressione del sangue: il nervo vago collabora con i reni nella funzione di regolazione della pressione del sangue. Esso rinvia ai reni le informazioni elaborate dal cervello a seguito dei segnali ricevuti dai vasi sanguigni che possono provocare un restringimento o una dilatazione dei vasi, nel caso in cui ci sia bisogno di un incremento o decremento della pressione.
•
Controllo del fegato: in risposta ad uno stato di stress si genera un calo del flusso sanguigno nel fegato, allo scopo di risparmiare energie e convogliare il sangue negli arti. Di contro, l’azione del nervo vago nello stato del rilassamento permette invece aumentare il flusso sanguigno nel fegato, andando migliorare il filtraggio del sangue.
•
Gestione del senso di fame e sazietà: quando il livello dei grassi nell’organismo decresce, le fibre vagali presenti nell’intestino inviano un segnale al cervello che si traduce in una richiesta maggiore di carboidrati; allo stesso modo, quando il livello di grassi nell’intestino è sufficiente, il nervo vago trasmette l’informazione al cervello che risponde con il rilascio dell’insulina, responsabile del senso di sazietà. In questo senso è chiaro quanto una disfunzione del nervo vago possa essere causa dell’obesità.
•
Gestione dei segnali di rilascio degli enzimi digestivi: i recettori del gusto sulla lingua e all’interno della bocca inviano le informazioni sui macronutrienti ingeriti, in base ad esse il cervello, attraverso il nervo vago, comanda al pancreas di rilasciare i rispettivi enzimi digestivi.
•
Funzione motoria intestinale: il nervo vago stimola la peristalsi per favorire la discesa del cibo nello stomaco. Inoltre presiede alla comunicazione tra il microbiota e il cervello. Il microbiota umano è l’insieme di microorganismi simbiotici che convivono nell’intestino. La corretta trasmissione delle informazioni ad opera del nervo vago, contribuisce a raggiungere l’eubiosi, una funzione molto importante che permette alle varie componenti del microbiota intestinale di essere funzionalmente efficaci, in equilibrio tra loro e con gli altri componenti dell’ecosistema intestinale, garantendo lo stato di salute dell’individuo.
•
Inibizione di una risposta immunitaria troppo intensa: quando la risposta immunitaria diventa ipertrofica, provocando malattie autoimmuni, la stimolazione del nervo vago può ridurre l’eccessiva attivazione immunitaria. Inoltre il nervo vago è in grado di localizzare le infiammazioni e trasferire le informazioni al cervello.
•
Regolazione emotiva: il tono vagale è un ottimo indice di capacità auto-regolativa, è associato alle emozioni positive come allegria, calma e compassione e alle loro ricadu-
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te in termini di benessere e salute del corpo umano. La stimolazione del nervo vago è stata approvata nel 2005 dalla Food Drug Administration come un trattamento per la depressione resistente alle terapie farmacologiche, dell’epilessia e di alcune malattie psicologiche, è inoltre ormai accreditato che la risposta vagale allo stress riduce i livelli di ansia. Tramite la stimolazione del nervo vago è infine possibile migliorare la salute mentale e il benessere emotivo e ridurre i comportamenti aggressivi mostrati nelle sindromi da ADHD (disturbo dell’attenzione e dell’iperattività). La stimolazione del nervo vago può avvenire tramite semplici esercizi, tramite la pratica dello Yoga o del Qì Gong, esercizi di respirazione profonda, pratiche meditative, ascolto
della musica e agopuntura. D’altra parte una sovrastimolazione del nervo vago provoca quella che è definita sincope vagale che è la causa più comune nei casi svenimento. Il nervo vago dunque, a causa delle sue estese connessioni con numerosi organi, strutture e funzioni del corpo, ha un ruolo fondamentale per tutte le discipline psicofisiche. Per questo tutte le branche del Qì Gong, in un modo o in un altro, influenzano e stimolano questa importante risorsa corporea, prendere coscienza di questo suo ruolo dà un valore aggiunto alla pratica.
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Il corpo è paragonabile ad una casa: se la casa fosse sigillata e non vi fosse ricambio d’aria, non sarebbe vivibile, allo stesso modo un corpo completamente isolato non permetterebbe la circolazione del Qì. 172
3. Il corpo: una casa con porte, finestre, camere e corridoi 3.1. Le porte e le finestre Il sistema corporeo, anatomicamente e fisiologicamente, è fatto per conservare energia, secondo l’interessante interpretazione del Maestro Yang Jwing Ming, ciò avviene grazie alla diversa conducibilità dei tessuti corporei. La parte più esterna del corpo è la pelle che per sua natura (dovendo essa isolare e proteggere) non è un buon conduttore, come pure il tessuto connettivo delle fasce ha la stessa caratteristica di una scarsa conducibilità, i muscoli sono invece dei buoni conduttori, questo fa sì che il Qì prodotto dal
corpo venga naturalmente conservato in esso. Come più volte evidenziato, per mantenere la vita il Qì deve circolare liberamente, quando il Qì trova resistenza si trasforma in calore, se la resistenza è massima o molto elevata, può verificarsi uno stato di malattia anche grave. Per questo motivo la circolazione del Qì deve essere fluida e non deve incontrare ostacoli o blocchi. Metaforicamente il corpo potrebbe essere paragonato ad una casa: se la casa fosse sigillata e non vi fosse ricambio d’aria, non sarebbe vivibile, allo stesso modo un corpo completamente isolato non permetterebbe la circolazione del Qì. Per essere abitabile una casa deve avere porte e finestre che assicurino la corretta “ventilazione”. Nel corpo umano le porte e le finestre che favoriscono la circolazione del Qì possono essere rappresentate dalle “cavità” (agopunti). Questi punti possono consentire un passaggio più o meno intenso di Qì, così come in una casa le porte e le finestre possono permettere il passaggio di minori o maggiori quantità di aria e luce. In base a questa ulteriore considerazione è ancora più evidente quanto l’allineamento delle strutture corporee porti naturalmente ad incrementare il flusso del Qì, proprio come se esso fosse paragonabile ad una “corrente d’aria”. Secondo l’agopuntura, nel nostro corpo sono presenti circa 700 cavità, di cui 108 sono le fondamentali, di queste 108, 72 sono considerate delle finestre e 36 delle porte e corrispondono a punti vitali, tra queste porte ce ne sono 14 fondamentali che si trovano lun-
go il percorso dei due vasi straordinari Ren Mai e Du Mai (pagg. 180-181), formando le sette camere (si veda l’immagine alla pagina successiva). Tornando alla simbologia della casa, l’apertura di una sola finestra non consente la circolazione dell’aria, ma affinché questa circoli è necessario che ci sia un riscontro, un collegamento diretto, per questo motivo le cavità sono correlate tra loro. Queste cavità delimitano le zone occupate dai sette chakra fondamentali dello Yoga indiano (al fine di rendere più chiare al lettore le eventuali analogie tra la dottrina indiana e la MTC, si veda la scheda illustrativa della pagina seguente).
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I chakra nella dottrina indiana La parola chakra viene dal sanscrito e significa “ruota” o “cerchio”. Secondo la dottrina indiana, i chakra sono centri o vortici dell’energia vitale più raffinata, hanno una collocazione spaziale all’interno del corpo (nel midollo spinale e nei plessi nervosi), anche se più propriamente si collocano nei nostri corpi sottili (i 7 involucri energetici che si trovano attorno e all’interno del corpo). Nei chakra si raccolgono e si trasformano le energie metafisiche e biofisiche e hanno l’importante funzione di collegare psiche e soma. Nella dottrina indiana i sette chakra sono connessi fra di loro attraverso canali, detti nadi. Queste vie di scorrimento assorbono e conducono il prana, l’energia vitale universale, attraverso il corpo. Sebbene il percorso dei nadi non sia del tutto sovrapponibile a quello dei meridiani della MTC, essi hanno la medesima funzione: entrambi rappresentano le vie di scorrimento dell’energia vitale. A ciascuno dei sette chakra è associata una specifica sfera di competenza, ognuno quindi influisce su differenti funzioni corporee, spirituali, emozionali e mentali e si collega a diversi elementi cosmici, come di seguito illustrato: • chakra della base o della radice (associato all’elemento terra) • chakra sacrale, sessuale o della milza (associato all’elemento acqua) • chakra dell’ombelico, del plesso solare, del fegato, dello stomaco o della personalità (associato all’elemento fuoco) • chakra del cuore o del petto (associato all’elemento aria) • chakra del collo, della gola o della parola (associato all’elemento etere) • chakra della fronte o della conoscenza, terzo occhio (associato allo spirito/luce) • chakra della sommità o della corona (associato al cosmo/pensiero) La dottoressa Valerie Hunt (cit. in Dale, 2009), misurando la produzione elettromagnetica umana in diverse condizioni attraverso un elettromiografo, ha dimostrato che il corpo umano emana delle radiazioni proprio dalle zone associate ai chakra. Molti approcci della psicosomatica fanno oggi riferimento al funzionamento dei chakra in connessione a particolari stati emozionali. Le emozioni infatti producono delle memorie somatiche nel corpo. Esse, attivando una serie di recettori, vanno a stimolare le attività delle ghiandole ormonali a secrezione interna che sono connesse ai chakra. L’azione vibratoria prodotta dall’esercizio consapevole del respiro (detto nello Yoga Pranayama) ha il potere di andare a modificare la frequenza di risonanza con cui vibrano particolari strutture corporee, andando anche ad influire sulla mente.
3.2. Le camere La parte superiore del corpo può essere idealmente divisa in sette camere delimitate da piani virtuali che attraversano le coppie di cavità (i sette cancelli), a livello anatomico queste pareti corrispondono a tessuto connettivo (fasce), nello specifico queste fasce costituiscono i diaframmi (urogenitale, pelvico, toracico, clavicolare, palato molle, tentorio), importantissime strutture che stabilizzano e ammortizzano lo scarico del peso corporeo verso il basso e regolano il passaggio dei fluidi all’interno del corpo. Nella fase di sviluppo dell’embrione le prime camere che si formano sono il Dantian Inferiore e il Dantian Mediano dalle quali si sviluppa la struttura del corpo attraverso la differenza di potenziale che esse ingenerano lungo l’asse centrale che parte dal perineo (Huiyin) e giunge alla sommità del capo (BaiHui). Un’altra stanza corrisponde allo spazio intorno a cuore delimitata dalle cavità Tiantu-Dazhui e Jiuwei-Lingtai, seguita dalla came-
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ra che corrisponde ai cancelli del subconscio circoscritta tra Yintang-Qiangjian e Renzhong -Fengfu. Tra queste due si trova la stanza della gola racchiusa tra i cancelli dell’espressione. Infine la stanza formata dai cancelli dell’energia sessuale. Il settimo cancello è il BaiHui. Da quanto detto fin qui, essendo le camere delimitate da fasce, essendo le fasce dei cattivi conduttori, è chiaro che il Qì incontra in esse una resistenza ed è pertanto spinto verso la superficie del corpo.
Immagine che evidenzia le sette camere, i cancelli lungo Vaso Concezione e Vaso Governatore in prossimità dei sette diaframmi e i sette chakra.
All’interno delle camere sono collocate anche le principali ghiandole endocrine del corpo umano: ipofisi, epifisi, tiroide, timo, pancreas, surrenali, gonadi. Molto interessante è la corrispondenza che si viene a creare tra queste strutture fisiologiche e anatomiche, i diaframmi e le ghiandole endocrine, e le strutture energetiche, le camere e i chakra (Carniato, Vanzo, 2017; Butto, 1998). Ciò mostra come il corpo umano sia un sistema interconnesso in cui i livelli di energia sono profondamente legati al corretto funzionamento e allineamento delle sue parti. Le cellule che costituiscono le ghiandole endocrine hanno un bassissimo potenziale di
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membrana questo fa sì che il passaggio di sostanze avvenga molto lentamente e inoltre, affinché il passaggio abbia luogo, esse hanno bisogno di una grande quantità di energia. Per questo motivo il campo elettromagnetico del corpo umano si addensa in prossimità delle ghiandole endocrine fino a formare dei vortici che concentrano l’energia. Quando parliamo di chakra non possiamo non considerare le ghiandole endocrine associate e i diaframmi che ne delimitano anatomicamente e fisiologicamente i segmenti di appartenenza. Se partiamo dalle comprovate leggi anatomiche, fisiologiche e biomeccaniche troveremo grandi analogie con l’antico sapere tramandato da millenni che andrà ad aggiungere significati importantissimi, integrandosi alla perfezione. (Carniato, Vanzo, 2017, pag. 44)
Gli autori del Metodo Psico-Fisico-Muscolare, Carniato e Vanzo, illustrano questa interessante tabella di corrispondenze tra diaframmi, ghiandole endocrine e chakra: Ghiandola
Chakra
Epifisi
7° Chakra
Ipofisi
6° Chakra
Tiroide
5° Chakra
Timo
4° Chakra
Pancreas
3° Chakra
Gonadi
2° Chakra
Surrenali
1° Chakra
Diaframma Tentorio Palato molle Clavicolare Toracico Pelvico
Urogenitale
A livello energetico, le sette stanze sopra descritte sono internamente connesse da un corridoio centrale, il Vaso Penetrante, ed esternamente dal Vaso Concezione e dal Vaso Governatore, da ciò si comprende l’importanza, per il praticante di Qì Gong, di conoscere pienamente il loro funzionamento e il loro ruolo all’interno del Sistema del Qì. 3.3 I corridoi Nella metafora del corpo inteso come una casa con porte, finestre e camere, gli otto vasi straordinari rappresentano i corridoi poiché rendono possibile un’efficiente funzione di collegamento e circolazione. I vasi sono infatti elementi determinanti all’interno del sistema della circolazione del Qì poiché rappresentano delle importanti riserve di esso, vengono infatti considerati dei laghi, laddove i meridiani (canali principali) sono ritenuti dei fiumi. Per questa loro natura, gli otto vasi straordinari regolano e condizionano il livello del Qì che fluisce nel corpo e sono dunque di enorme importanza per la pratica del Qì Gong, soprattutto ad un livello avanzato. Gli otto vasi straordinari agiscono inoltre sul mantenimento dell’omeostasi contrastando le energie perverse. Questi vasi straordinari, talvolta chiamati “misteriosi”, “meravigliosi”, “curiosi” sono: 176
Du Mai (Vaso Concezione); Ren Mai (Vaso Governatore); Dai Mai (Vaso della Cintura); Chong Mai (Vaso Penetrante); Yīn Wei (Vaso di collegamento Yīn); Yáng Wei (Vaso di collegamento Yáng); Yīn Qiao (Vaso Yīn del Tallone); Yáng Qiao (Vaso Yáng del Tallone).
Ren Mai: Vaso Concezione Rielaborazione grafica di un’antica tavola tradizionale.
Pur appartenendo ad un sistema separato, i meridiani curiosi sono correlati ai principali in modo da costituire un sistema di sicurezza: sono infatti in grado di raccogliere il “troppo pieno” in condizioni di sovraccarico, così come possono immettere energia nella rete dei canali principali in caso di necessità. (Sotte, Pippa, Ferraro, 2000 pag. 73)
I vasi, ad eccezione del Vaso della Cintura, che è collegato agli altri tramite il canale della Vescicola Biliare, sono connessi tra loro direttamente o tramite delle speciali cavità dette “cancelli”, che si trovano lungo i canali. Questi cancelli sono funzionali a regolare il flusso energetico nei canali, si aprono o si chiudono all’occorrenza, laddove si verifichi uno squilibrio energetico all’interno della rete di circolazione del Qì. 177
Una delle caratteristiche che interessa in modo particolare i praticanti di Qì Gong è il fatto che gli otto vasi straordinari distribuiscono il Yuán Qì (energia ancestrale), Jīng Qì (Essenza) Yíng Qì (energia nutritiva) e Xuè (sangue) in tutto il corpo, compresa la pelle, i capelli e ai sei visceri straordinari: utero, cervello, midollo, ossa, vasi sanguigni (che nel Su Wen sono definiti il «Palazzo del Sangue») e Vescicola Biliare. I visceri straordinari, anche detti organi ancestrali, conservano diverse tipologie di essenza raffinata come il midollo, la bile o il sangue; funzionalmente sono correlati, direttamente o indirettamente, ai Reni. La corrispondenza tra visceri ancestrali e vasi straordinari non è biunivoca come quella tra organi e canali principali, la loro connessione si
sviluppa intorno a quella che nell’adulto sarà la struttura bioenergetica dei Reni. I vasi straordinari sono profondamente connessi all’energia ancestrale e costituiscono l’impalcatura energetica dell’individuo che si sviluppa nel momento del concepimento a partire dal Mìng Mén (sede del Jīng) nel quale si condensa la forza del Cielo e della Terra. L’essere prende forma, fin dalle prime fasi della vita uterina, da un processo di verticalizzazione che condurrà alla formazione nel feto dei vasi e dei visceri straordinari. Non è un caso che sette degli otto canali straordinari si muovano dal basso verso l’alto. La formazione dei vasi straordinari si riferisce a precise fasi dello sviluppo e viene distinta in tre generazioni: - Canali della Prima Generazione: Du Mai, Ren Mai, Dai Mai, Chong Mai, nascono dai Reni
e in essi è custodito il bagaglio energetico potenziale della vita, per questo si dice che sono maggiormente legati al Cielo Anteriore e percorrono il tronco, luogo in cui si concentra l’energia nelle prime fasi della vita embrionale. Il Chong Mai è il primo a formarsi nell’utero e da questo canale nascono il Du Mai e il Ren Mai. La struttura del Ren Mai si completa alla fine del secondo anno di vita, quella del Du Mai raggiunge il compimento alla fine del primo ciclo vitale di sette o otto anni. I vasi di prima generazione raggiungono il pieno sviluppo nella pubertà quando inizia la capacità riproduttiva dell’essere umano. L’energia dei canali della prima generazione influenzerà l’individuo per tutta la vita. - Canali della Seconda Generazione: Yīn Wei e Yáng Wei, nascono dai talloni. Sono particolarmente legati alla risposta individuale alle esperienze della vita, ai conflitti, allo stress e ai condizionamenti che si verificano nell’arco del tempo. - Canali della Terza Generazione: Yīn Qiao e Yáng Qiao, anch’essi nascono dal tallone, hanno la funzione di serbatoio energetico. I canali di seconda e terza generazione realizzano la potenzialità energetica dell’individuo e la attualizzano nel suo percorso di vita, per questo si ritengono maggiormente legati al Cielo Posteriore e percorrono gli arti inferiori la cui attività diviene più evidente nelle ultime fasi della vita intrauterina (Bottalo, 2001).
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Baihui
Du Mai
Ren Mai
Dai Mai
Huiyin Embrione Energetico Schematizzazione della formazione dei canali straordinari nel feto umano. Secondo la MTC i meridiani partecipano all’embriogenesi impartendo le direttive per lo sviluppo dell’ovulo fecondato. Lo sviluppo dei vasi straordinari rappresenta la base dalla quale le cellule primordiali si differenziano e si organizzano in fasi successive fino ad arrivare alla definizione dell’individuo maturo, dei suoi organi, dei visceri e dei tessuti. I meridiani curiosi guidano ed organizzano lo sviluppo embrionale dall’interno nella fase in cui, secondo l’embriologia occidentale, si formano i due foglietti: ectoderma ed endoderma. Ad un certo punto l’ectoderma inizia a ripiegarsi su se stesso in un punto definito Nodo di Hensen e a produrre l’ispessimento dorsale che è il primo abbozzo della colonna vertebrale. Nell’adulto i tessuti che corrispondono al primitivo nodo di Hensen si localizzano nella zona che la medicina cinese ha individuato come il Mìng Mén, non a caso definito “Porta della Vita”. Nelle fasi finali della vita intrauterina entrano in azione i meridiani principali nel loro stretto collegamento con gli organi e visceri che hanno già avviato il loro processo di maturazione organizzato con il supporto del Triplice Riscaldatore e dell’energia mentale Shén (Sotte, 2017).
Vediamo nel dettaglio la funzione e l’anatomia degli otto vasi straordinari. La funzione svolta dal Vaso Governatore (Du Mai) e dal Vaso Concezione (Ren Mai) all’interno del sistema di circolazione del Qì è determinante. Il Du Mai collega tutti i canali Yáng del corpo ed è responsabile del loro nutrimento, controlla e governa la schiena ed è responsabile della circolazione del Qì difensivo. Il Ren Mai controlla tutti i canali Yīn e li sostiene energeticamente, provvede alla circolazione del Qì difensivo nella parte anteriore del corpo e alla circolazione dei fluidi all’interno dell’addome. Ciò vuol dire che se il Qì circola abbondante in questi vasi, c’è energia sufficiente per tutti gli organi che sono indirettamente loro connessi attraverso i meridiani principali.
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Questi due vasi possono essere collegati tra loro per mezzo della pratica della Piccola Circolazione Celeste (pag. 260) e, sebbene siano separati, nell’allenamento risultano funzionalmente inscindibili. Secondo la tradizione classica l’addestramento specifico collegato a questi due vasi insegna a: •
riempirli di Qì per armonizzare i dodici meridiani primari e nutrire gli organi;
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aprire i punti di ristagno;
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dirigere efficacemente il Qì per nutrire il Cervello e per elevare lo Shén;
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usare lo Shén per condurre il Qì difensivo sulla pelle e rafforzare lo scudo protettivo del corpo.
Du Mai e Ren Mai hanno una funzione ancora più determinante se si pensa che anatomicamente vanno ad intersecare importantissime ghiandole: il Vaso Governatore scorre in prossimità delle ghiandole surrenali, l’ipotalamo e l’epifisi, cioè i principali centri che controllano le funzioni dell’intestino e degli ormoni; lungo il Vaso Concezione si trovano la tiroide, il timo, il pancreas, le gonadi, cioè gli organi principali del sistema nervoso autonomo (Yayama, 1999).
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Il Ren Mai è il canale più attivo alla nascita, si nutre del contatto con la madre e il padre, relazione che avrà una profonda influenza sul bambino in tutte le sfere della vita: fisica, emotiva e spirituale. Questo legame potrà influenzare la salute dell’individuo o creare modelli di comportamento duraturi, fin quando non vengano cambiati consapevolmente. Il Du Mai diviene più attivo dal momento in cui il bambino è in grado di portare la testa in posizione eretta e comincia a esplorare l’ambiente, è quindi profondamente connesso con la volontà di guardare avanti e di interagire con gli altri. Una sua eccessiva stimolazione, di contro, può rendere l’individuo iperattivo, sempre in movimento, incapace di
fermarsi (Twicken, 2013).
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Due vasi che garantiscono equilibrio e nutrimento sono il Vaso della Cintura (Dai Mai) e il Vaso Penetrante (Chong Mai) o della Spinta. Il Dai Mai è responsabile della forza nell’area del bacino e un flusso energetico costante al suo interno, assicura la buona salute della schiena e regola l’energia presente nel canale della Vescicola Biliare; esso crea inoltre un funzionale collegamento tra i Reni (Mìng Mén) e il Dantian inferiore, il suo momento di maggiore attività è durante il giorno ed è considerato un vaso Yáng perché la sua energia si manifesta verso l’esterno. Il Dai Mai è un canale molto importante per le funzioni di rilascio, è connesso alla fuoriuscita di agenti patogeni, di emozioni troppo intense, permette ai vissuti repressi di esse-
re liberati per poter lavorare ad un livello più profondo (Twicken, 2013) .
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Il Chong Mai svolge un ruolo estremamente importante poiché collega il perineo con il Cervello, esso si attiva durante la notte e raggiunge il suo massimo livello intorno alla mezzanotte. Durante il sonno, il corpo è in uno stato di massimo rilassamento e il Qì può scorrere liberamente lungo il midollo per nutrire il Cervello e gli organi sessuali, infatti durante la notte c’è un incremento della produzione ormonale di tutte le ghiandole che, tra l’altro, sono tutte disposte lungo la linea centrale del corpo. L’uomo, allo stesso modo di un albero o di un fiore, durante il giorno espande la sua energia verso l’esterno e durante la notte la richiama nel suo centro, naturalmente, attraverso la respirazione.
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Il Chong Mai è il canale più attivo durante la vita intrauterina e durante il corso della vita, rimane il ponte tra il Qì prenatale e quello postnatale. Il Vaso Penetrante svolge un’importante funzione di collegamento in quanto interseca due cavità fondamentali lungo il Vaso Concezione: Huiyin, cavità attraversata dal Qì Yīn e dal Qì Yáng, e Yinjiao, cavità in cui confluisce il Qì d’Acqua e il Qì di Fuoco. Inoltre il Vaso Penetrante è direttamente collegato con il midollo spinale e per suo tramite arriva fino al Cervello, per questo motivo viene utilizzato nella pratica del Lavaggio del Midollo (pag. 262) che porta il Qì al Cervello per nutrire lo Shén. Infine esso è chiamato in causa nell’addestramento della via dell’acqua (si veda paragra-
fo 2.2 della parte II) che equilibra la via del fuoco riducendo il rischio degenerativo di un allenamento troppo intenso ed eccessivamente Yáng. Per regolare il Fuoco, si conduce il Qì nel midollo servendosi della cavità Huiyin. «La via dell’acqua ci insegna ad usare il Qì originario per raffreddare il corpo, nutrire il cervello ed elevare lo spirito» (Yang JwingMing, 1989, pag. 252).
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La relazione tra Vaso Penetrante e Vaso della Cintura nella partica del Qì Gong è fondamentale per trovare l’equilibrio tra le due polarità e permettere al Qì di salire nel centro e poi nel Cervello. Chi domina questo movimento «è padrone della propria energia e la sua mente controlla la vita, non è la vita a controllare la sua mente». (Yang Jwing-Ming, Neigong DVD) Il Yáng Wei, il Vaso di collegamento Yáng, regola il Qì principalmente lungo i canali Yáng: Vescica; Vescicola Biliare; Triplice Riscaldatore; Intestino Tenue e Stomaco. Il Yīn Wei, il Vaso di collegamento Yīn, interseca invece il canale dei Reni, il canale della Milza, il canale del Fegato.
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I Vasi del Tallone, Yīn Qiao e Yáng Qiao, sono direttamente collegati con il Cervello, per questo, quando vengono stimolati tramite un allenamento di Qì Gong esterno, possono avere degli effetti positivi sul mal di testa in quanto, assorbendo energia, diminuiscono la pressione esercitata nella testa da un’eccessiva quantità di Qì nel cranio. Il Vaso del Tallone Yīn prende energia dalla conversione dell’essenza renale in Qì, presente non solo nei Reni, ma anche nelle gonadi (Reni esterni).
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Esercizi Esercizi per allentare lo stress Questa sequenza lavora intensamente su tutte le articolazioni, chiamate in alcune scuole tradizionali le “nove perle” (spalle, gomiti, polsi, anche, ginocchia, caviglie e le fondamentali articolazioni della colonna vertebrale: Dazhui, Lingtai, Mìng Mén) andandole a sollecitare in modo progressivo e consapevole. Gli esercizi di torsione presenti all’interno della sequenza provocano una compressione degli organi interni che migliora la circolazione sanguigna e favorisce la circolazione linfatica, poiché nel momento del rilascio dalla torsione i tessuti tornano ad irrorarsi con
una migliorata circolazione. La continua rotazione della colonna favorisce la mobilità della schiena e delle spalle, stimolando l’afflusso del Qì nelle zone sottoposte alla torsione. La stimolazione dei tendini e l’allungamento muscolare contribuisce a mantenere le strutture giovani, elastiche e pronte. Alcune posizioni presentate sono affini alle asana dell’Hatha Yoga, ciò dimostra una sostanziale convergenza tra i due ambiti di ricerca che si orientano entrambi nell’ottimizzazione delle capacità del corpo per il raggiungimento del benessere, della salute e della conoscenza spirituale: laddove il Qì Gong lavora sui canali energetici, lo Yoga lo fa con i nadi; laddove il Qì Gong si riferisce ai centri di energia, lo Yoga si riferisce ai chakra; laddove il Qì Gong studia il flusso del Qì, lo Yoga implementa la circolazione del prana. Questa reciproca influenza ha radici molto antiche dovute ai continui scambi commerciali e culturali tra l’India e l’estremo oriente e alla condivisione delle ricerche tra le diverse scuole. Ciò non toglie tuttavia che il Qì Gong e lo Yoga si siano poi sviluppati mantenendo e coltivando le loro peculiarità, potendo semplificare, si può affermare che il primo ha mantenuto salda la matrice pragmatica, medica o marziale; il secondo ha incentrato la ricerca sull’aspetto spirituale.
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La sequenza delle immagini si svolge da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso
1° esercizio: Ruotare le spalle Divaricare le gambe due o tre volte la larghezza delle spalle, a seconda della propria elasticità. Agganciare la caviglia con la mano opposta, mentre l’altra mano si poggia con il palmo sulla parte lombare della schiena. Eseguire l’esercizio alternativamente su entrambi i lati del corpo, ruotando le spalle in modo sempre più intenso. Ripetere l’esercizio almeno 10 volte, aumentando l’entità della torsione.
Quando il movimento ha acquistato consapevolezza e fluidità, agganciare la caviglia sempre con la mano opposta, portare il gomito a terra e ruotare completamente l’altro braccio dietro la schiena, andando ad afferrare la coscia e guardando verso l’alto.
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2° esercizio: Domare la posizione della tigre Allontanare i piedi e tenere le piante ben aderenti a terra, spostare il peso a destra e a sinistra flettendo le ginocchia e mantenendo le spalle e la colonna il più verticale possibile. Ripetere l’esercizio almeno 10 volte.
Quando il movimento ha acquistato fluidità, ruotare fortemente il torace forzando la spalla destra in modo che la linea delle spalle sia perpendicolare alla tibia, agganciare il piede con entrambe le mani e scendere con il bacino, andando a forzare l’articolazione della caviglia, del ginocchio, dell’anca e delle spalle. Ripetere l’esercizio su entrambi i lati.
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3° esercizio: Torsione avanzata del corpo dalla posizione frontale Questo esercizio è molto complesso e impegna profondamente l’addome, le spalle, la parte bassa della schiena e la fascia posteriore della gamba. I passaggi di preparazione sono indispensabili per arrivare ad eseguire bene la tecnica. Dalla posizione frontale (pag. 217), si poggia il ginocchio a terra e si procede inizialmente a ruotare le spalle andando a portare l’ascella sul ginocchio del lato opposto, congiungendo le mani a preghiera. Ripetere l’esercizio due o tre volte per lato.
Nella fase successiva, dopo essere riusciti agevolmente a fare la rotazione, si cercherà di appoggiare la mano a terra all’esterno del piede del lato opposto. Solo dopo essere riusciti ad appoggiare la mano, mantenendo il bacino basso e la coscia della gamba piegata parallela al pavimento, stendere l’altra gamba, spingendo il tallone a terra e il piede a 45° rispetto alla tibia.
Solo dopo essere riusciti ad eseguire comodamente questi passaggi si può allungare l’altro braccio andando a stirare profondamente il lato del corpo in allungamento.
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4° esercizio: Cavalcare il bufalo Dalla posizione del cavaliere (pag. 216), avvicinare le mani al viso con i palmi verso il corpo, sollevare i gomiti e far scendere le mani lungo l’addome, abbassare le anche e portare le cosce e la schiena in posizione parallela al pavimento, spingere le mani dietro. Congiungere le mani a preghiera e spingerle in avanti, lungo l’addome, davanti al viso, mantenendo sempre la schiena parallela e le anche basse. Aprire le mani con i palmi che spingono verso l’esterno e portarle dietro la schiena, massaggiando i glutei. Stendere le gambe.
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Con le gambe tese, proseguire facendo scendere le mani lungo la parte posteriore delle gambe, massaggiando il cavo popliteo, i polpacci, fino alle caviglie.
Agganciare le caviglie e tirare la testa oltre la linea delle ginocchia, forzando l’allungamento della colonna e lo stiramento della fascia posteriore delle gambe.
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5° esercizio: Allungare la schiena Chiudere le punte dei piedi verso l’interno e spingere i talloni verso l’esterno. Posizionare le mani sotto le spalle e guardare avanti, con la schiena perfettamente parallela al pavimento. Allungare le mani avanti, mantenendo i glutei sulla linea dei talloni, portare lo sguardo alle mani, inspirando lentamente. Espirare cercando di spingere i gomiti a terra, senza spostare le mani e senza alzare i talloni, portando il coccige verso l’alto. Inspirare portando di nuovo le mani sotto le spalle nella posizione iniziale, guardando avanti, con la schiena parallela al pavimento ed espirare. Ripetere l’esercizio tre volte.
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6° esercizio: Giocare come una scimmia Portare di nuovo le mani sotto le spalle, con i palmi ben piantati. Avvicinare i piedi al bacino distanti tra loro quanto le spalle. Sollevare i talloni e portare le ginocchia nell’incavo delle ascelle. Spingere il peso avanti e staccare i piedi da terra. Ripetere l’esercizio due volte.
L’esercizio da un’altra prospettiva
Posizione sospesa lato destro e sinistro Dalla posizione accovacciata, portare le mani sul fianco destro, con i palmi ben piantati. Sollevare i glutei e il bacino, piegare i gomiti e andare ad incastrare l’esterno del ginocchio destro sul gomito sinistro e il fianco destro sul gomito destro. Spostare le spalle oltre la linea dei gomiti verso destra e sollevare i piedi da terra, contraendo bene l’addome. Eseguire lo stesso esercizio sul lato sinistro. Ripetere entrambi gli esercizi due volte.
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7° esercizio: Ruotare le nove perle Tornare nella posizione accovacciata con i piedi distanti quanto la larghezza del bacino, portare il ginocchio sinistro a terra. Posizionare il gomito sinistro a contatto con l’interno del ginocchio sinistro e agganciare con la mano sinistra la caviglia destra. Guardare verso l’alto andando a portare il braccio destro dietro la schiena con la mano destra che aggancia la coscia sinistra. Aprire bene le spalle e guardare sempre verso l’alto. Ripetere l’esercizio dall’altro lato, posizionando il ginocchio destro a terra, agganciando la caviglia sinistra con la mano destra e ruotando le spalle nella direzione opposta.
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8° esercizio: Cavalcare il tuono Tornare nella posizione frontale verso destra con il ginocchio sinistro a terra e il piede flesso, allungare poi il collo del piede sul pavimento. Mettere entrambe le mani sul ginocchio destro, allineare le spalle e poi sollevare le braccia verso l’altro con le mani intrecciate e i palmi ruotati verso l’alto. Spingere le braccia oltre la linea della testa, flettendo leggermente la schiena indietro e guardando verso l’alto.
Portare la mano sinistra a terra e la mano destra sul ginocchio destro, ruotare le spalle e la colonna, andando a toccare con la tempia sinistra il ginocchio destro.
Cercando di mantenere un angolo di 90° tra tibia e coscia, far scendere a terra il ginocchio destro, senza scaricare il peso sul fianco corrispondente, ma mantenendolo al centro, facendo in modo che la linea che unisce le anche sia parallela alla tibia della gamba anteriore. Mettere la mano destra sul ginocchio destro e la sinistra sulla caviglia, portare quindi la fronte a terra.
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Poggiare la mano destra all’esterno della tibia e guardare indietro verso sinistra, con la mano sinistra che spinge l’anca verso il basso. Avvicinare poi l’anca sinistra andandola a posizionare sulla pianta del piede destro, ruotare verso destra, torcendo e poi rilassando la parte bassa della schiena.
Avvicinare il piede sinistro al gluteo, afferrandolo con la mano destra, allontanare il ginocchio sinistro e tirare il tallone sinistro verso il gluteo corrispondente.
Ripetere la stessa sequenza sul fianco sinistro.
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Approfondimento: Biomeccanica e fisiologia dell’allungamento Si consiglia inizialmente di praticare la sequenza appena descritta semplicemente per misurarsi con le tensioni, gli allungamenti e le torsioni senza troppe sovrastrutture teoriche, ponendosi in ascolto del proprio corpo, rispettando i propri limiti e cercando di spostarli sempre più in là. Progredendo con la pratica si potrà cominciare a fare attenzione ai complessi meccanismi fisiologici implicati nel movimento e ai meccanismi ancora più profondi legati alle vibrazioni energetiche, alla stimolazione del flusso dei meridiani. Ci sembra a questo proposito significativo fare una breve digressione sui meccanismi
biomeccanici e fisiologici alla base degli esercizi di allungamento dei muscoli scheletrici e di condizionamento tendineo che, sebbene abbiano una chiara origine volontaria, implicano tutta una serie di risposte involontarie a livello nervoso, non ultimo il rilascio delle endorfine successivo ad una sessione di allungamento. Ogni volta che un muscolo si allunga, il muscolo fusiforme, costituito da cellule muscolari specializzate poste all’interno di tutti i muscoli scheletrici, manda un segnale al midollo spinale che a sua volta avverte il muscolo di contrarsi per resistere all’allungamento. Questo impulso è noto come “arco riflesso spinale” o “riflesso miotatico”. Nel momento in cui le posizioni sono mantenute per più di 30/60”, il muscolo fusiforme
diminuisce la sua azione e comincia a rilassarsi. Alternare momenti di allungamento intenso a momenti di allungamento più moderato permette al fusiforme di ridurre la sua attivazione, favorendo il suo adattamento e soprattutto inducendo un’interruzione al messaggio di allarme. Ogni movimento richiede un’attivazione muscolare che coinvolge più gruppi in un particolare bilanciamento tra muscolo agonista e antagonista alla base di un equilibrio biomeccanico tra Yīn e Yáng. Anche a livello fisiologico assistiamo ad un bilanciamento tra Yīn e Yáng con l’attivazione del riflesso del midollo spinale primario. I muscoli di un lato delle articolazioni si rilassano per permettere la contrazione di quelli dal lato opposto, provocando un bilanciamento tra impulsi eccitativi che stimolano la contrazione e impulsi inibitori che provocano il rilassamento. Gli esercizi che implicano un consistente allungamento muscolare attivano inoltre l’organo tendineo del Golgi, un recettore sensoriale posto nell’innesto tra il muscolo e il tendine che avverte le variazioni della tensione. All’aumentare della tensione, l’organo tendineo del Golgi segnala al muscolo di rilassarsi per evitare che la sua eccessiva contrazione
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provochi una lesione del tendine stesso. L’organo tendineo del Golgi presiede questa risposta di rilassamento, detta anche “riflesso miotatico inverso”, ed ha sostanzialmente una funzione opposta a quella del recettore del muscolo fusiforme che invece segnala al muscolo di contrarsi quando percepisce tensione eccessiva. La chiave di un corretto allungamento sta proprio nel bilanciamento di questi due importanti stimoli riflessi che consentono di preservare muscoli, tendini e articolazioni da infortuni o traumi: una maggiore consapevolezza del loro funzionamento può implementare i risultati delle sedute di allungamento muscolare.
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PARTE III Tradizione ed evoluzione
Per conoscere meglio se stessi bisogna lavorare con i cambiamenti. Esercitare il corpo con il movimento, la postura e il respiro, alla ricerca di nuove sfide. 202 possibilità e comprendere nuove risorse. L’esercizio quotidiano permetterà di scorgere nuove
1. Il Qì Gong 1.1. Classificazioni di Qì Gong Da un punto di vista storico il Qì Gong può essere approssimativamente classificato in base alle diverse finalità che si poneva: - mantenere la salute; - curare le malattie; - prolungare la vita; - implementare le capacità marziali;
- raggiungere l’illuminazione. Sulla base di questa generalizzazione, pur sapendo che le distinzioni non possono essere nette e che migliaia di anni di storia rendono le classificazioni difficili, si possono individuare quattro diversi filoni all’interno del Qì Gong: •
Qì Gong per mantenere la salute: di questo filone facevano parte principalmente due scuole, quella confuciana e quella taoista. Entrambe le scuole, pur nelle loro differenze, ponevano attenzione alla buona salute e alla prevenzione delle malattie che, nella loro prospettiva, insorgevano per eccessi mentali o emotivi. Per ottenere la calma e la pace mentale, il loro allenamento si basava sull’armonizzazione della mente, del corpo e del respiro, privilegiando la meditazione in forma statica.
•
Qì Gong medico per curare: nell’antica società cinese i medici non erano molto considerati poiché per curare i malati essi avevano bisogno di toccarli, atto poco confacente alle classi superiori, ma poiché in Cina c’era l’usanza di pagare i medici quando si era in salute, sospendendo il pagamento in caso di malattia (un famoso detto cinese afferma: «bisogna curare il malato prima che lo diventi»), essi furono quelli che più si prodigarono per lo studio della circolazione e del comportamento del Qì, poiché avevano capito che l’esercizio fisico fortificava il corpo e che la malattia dipendeva da un’anomalia nella circolazione del Qì. Molti degli esercizi erano modellati sui movimenti degli animali, altri confluirono nelle numerose versioni degli Otto Pezzi di Broccato (Ba Duan Jin). In presenza di malattie particolarmente gravi, ricorrevano anche all’uso dell’agopuntura, di erbe, della digitopressione o interventi chirurgici.
•
Qì Gong marziale per combattere: le sue origini sono legate alla figura di Bodidharma e all’elaborazione del suo Trattato sul mutamento dei muscoli e dei tendini (Yi Jin Jing) nel tempio Shaolin. I monaci compresero che praticando le tecniche suggerite nel trattato, riuscivano a migliorare la loro salute e la potenza delle tecniche marziali. Gli esercizi di Qì Gong venivano usati per aumentare l’efficienza dei muscoli, attraverso il controllo del Qì. Approfondendo le conoscenze sull’agopuntura, gli artisti marziali impararono a colpire in aree specifiche (Dian Xue), come le cavità vitali, provocando
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all’avversario danni, lesioni e persino la morte. Negli stili esterni veniva privilegiato il condizionamento della pelle e dei muscoli per tonificarli e per poter resistere a colpi violenti (come le tecniche della Camicia di Ferro o della Campana dorata). Un condizionamento eccessivo del corpo però non sempre era sinonimo di salute, alcuni esercizi potevano anche risultare dannosi (come si verificò per la tecnica del Palmo d’Acciaio) e, con l’andare avanti dell’età, inoltre provocavano una grande dispersione di energia. Per questo vennero poi affiancati anche dal lavoro degli stili interni, più raffinati e complessi, in cui l’addestramento prevedeva tecniche morbide, incentrate sull’ottimizzazione energetica, combinate con tecniche più dure. Molte di queste pratiche si
svilupparono sui monti Wudang ed Emei. •
Qì Gong religioso per l’illuminazione: rimasto per molti anni segreto, comprende il Qì Gong buddista, tibetano e taoista ed è principalmente incentrato sul raggiungimento dell’illuminazione nel definitivo distacco dalle cose materiali e dalle sofferenze umane provocate dalle sette emozioni e dai sei desideri che vengono generati dagli occhi, orecchie, naso, lingua, corpo e mente. Per raggiungere questo distacco spesso i monaci si ritiravano eremiti sui monti e utilizzavano le tecniche del Qì Gong per nutrire lo Shén, lo Spirito, attraverso la pratica del Lavaggio del Midollo Osseo che consente di portare il Qì fino alla fronte, dove risiede appunto lo Shén, per condurre la mente ad uno stadio energetico superiore.
Tradizionalmente il Qì Gong, sia esso di matrice buddista sia di origine taoista, rimane comunque un metodo di allenamento che permette di coltivare la propria Essenza (Jīng), convertendola in Qì, per poi condurre questo Qì nel cervello e nutrire lo Spirito (Shén). Sebbene entrambe le pratiche dedichino esercizi sia alla parte esteriore sia alla parte interiore, il metodo di addestramento persegue due differenti direzioni: i buddisti si addestrano dall’esterno all’interno, i taoisti dall’interno all’esterno. Entrambi i gruppi credono che per arrivare al traguardo finale, ovvero l’illuminazione, bisogna avere un corpo forte, con la certezza però che il corpo sia la residenza temporanea dello Spirito e bisogna essere pronti a liberarsene, una volta raggiunto il traguardo finale (Yang Jwing Ming, 2000). Quattro percorsi complementari del Qì Gong
Qì Gong per mantenere la salute
Qì Gong medico per curare
Qì Gong marziale per combattere
Qì Gong religioso per l’illuminazione
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1.2. Il Qì Gong marziale Generalmente, ancora oggi e sempre con la necessaria flessibilità, il Qì Gong marziale si distingue in stili interni e stili esterni a seconda che sia coltivata in misura maggiore la parte Yīn o Yáng della disciplina, privilegiando quindi gli aspetti interiori e mentali l’uno, quelli fisici e condizionanti l’altro.
Volendo tornare alla relazione mente - Qì - azione, possiamo collegare alla mente la differenza di potenziale, al Qì l’intensità di corrente, all’azione la potenza:
I metodi di allenamento degli stili interni vengono detti Nei Gong (conosciuti anche come Nei Dan) e quelli degli stili esterni Wai Gong (o Wai Dan), dove la parola “Gong” indica esercizio e lavoro (e la parola “Dan” significa cinabro). Negli esercizi Wai Gong l’attenzione è concentrata sugli arti: il Qì si accumula sulle braccia e sulle gambe e quando il suo potenziale raggiunge il livello adeguato, comincia a circolare nei meridiani, liberandoli dalle ostruzioni e nutrendo gli organi. Queste pratiche si basano sull’alternanza ripetuta di tensione e rilassamento muscolare, sul massaggiare,
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battere e percuotere, tecniche che permettono al Qì di fluire nella zona sollecitata. Al termine dell’esercizio, con il rilassamento finale, il Qì accumulato nei muscoli si distribuisce fino agli organi tramite i meridiani. Tutti questi esercizi, vennero creati per potenziare le abilità nelle arti marziali, per energizzare i muscoli e mantenere un corpo sano e forte, migliorando la salute dei praticanti. Il metodo di allenamento Nei Gong si basa sull’accumulo del Qì all’interno del corpo, per poi distribuirlo negli arti e nelle zone periferiche, racchiude tecniche più complesse di difficile comprensione che vennero tramandate solo a pochi discepoli saggi e preparati, capaci di sviscerare la parte profonda degli esercizi, guidati dai preziosi insegnamenti dei
loro maestri. Si tratta di esercizi di concentrazione e di focalizzazione della mente (Shèn) e dell’intenzione (Yi), il cui scopo è quello di far fluire l’energia, accumularla e implementarla. La focalizzazione della mente, come più volte ribadito, è determinante per lo sviluppo del Qì. La conservazione del Qì è legata anche all’astinenza sessuale, ad un approccio pacifico con il prossimo e ad una vita ritirata e modesta. In passato era più spesso praticato un allenamento legato ai metodi Yáng che prevedeva un rapido rafforzamento delle bio-strutture e un miglioramento della capacità respiratoria. Questa modalità di lavoro implementava certamente le facoltà del corpo, al prezzo però di un consistente dispendio di energia, non percepito a causa della ridotta durata
della vita media di quei tempi. Purtroppo nei sistemi esterni non veniva insegnato un vero e proprio metodo per accumulare Qì nel corpo, ma solamente una modalità per ottimizzarne il flusso. Questo tipo di pratica, a lungo andare, andava ad intaccare la carica della batteria principale della vita, il Qì prenatale, esaurito il quale, sopraggiunge la morte dell’individuo. Lo scopo del Qì Gong, oggi come in passato, dovrebbe essere quello di promuovere la vita nella sua qualità e durata e non solo quello di potenziare le capacità psicofisiche del praticante. Ecco che quindi maestri più saggi e lungimiranti, spesso medici tradizionali, fusero il lavoro delle scuole interne con quello delle scuole esterne a favore del benessere e della salute e non solo per gli scopi militari. Solitamente le scuole dure di arti marziali, dove principalmente si seguiva un allenamento Gong Fu (“duro lavoro”), venivano arricchite con i principi e le tecniche delle scuole morbide come il Tai Ji Quan, Ba Gua Zhang o Xing Yi Quan (le tre principali scuole di arti marziali interne). Le influenze delle scuole filosofiche come il buddismo, il taoismo e il confucianesimo, contribuirono a spostare l’attenzione anche verso gli aspetti spirituali dell’uomo. La meditazione, che nella pratica delle arti marziali era utilizzata esclusivamente con lo scopo di percepire e sviluppare il Qì, si riavvicinò alla sua dimensione più ampia e venne utilizzata per condurre il praticante ad entrare in armonia con il Dao. 206
La figura dell’artista marziale, esperto nell’arte della guerra e profondo conoscitore della natura umana, comincia a prendere vita: il suo scopo non era solo quello di vincere la battaglia, ma, dando un respiro più ampio all’affermazione di Sun Tzu, quello di “vincere senza combattere”. Questo tipo di armonizzazione dei metodi continua ancora oggi, la ricerca e lo studio animano la disciplina e non solo in oriente, anche in occidente molti maestri hanno creato sintesi dei sistemi interni ed esterni a favore non solo della marzialità, ma anche della salute. Alla luce di queste analisi, il Qì Gong marziale può essere considerato come il sistema più
completo ed efficace conosciuto per lavorare sull’essere umano nella sua interezza. 1.2.1. Applicazioni marziali: il Dian Xue Le conoscenze della Medicina Tradizionale Cinese sono state utilizzate dalle scuole di arti marziali non solo per ottenere una buona salute o guadagnare longevità strutturale, ma anche per aumentare l’efficacia delle tecniche e dei colpi. Il percorso dei canali infatti offre al praticante esperto una mappatura di punti sensibili che, se colpiti in modo opportuno, provocano danni nell’avversario. Storicamente questa arte del colpire è stata tramandata sotto varie forme e nomi, Mani Avvelenate, Dian Xue (“premere le cavità”), Tocco Mortale, ed è stata diversamente interpretata e studiata nelle varie scuole.
Il Maestro Nguyen Van Viet, riscoprendo questa arte antica e coniugandola con la sua approfondita conoscenza della MTC, ha sviluppato un insieme di tecniche e strategie per incrementare la resa di attacchi e difese, individuando lungo il percorso dei canali alcuni Punti Essenziali da colpire con precise modalità di attacco, utilizzando nel modo più efficacie le armi naturali (estremità del corpo usate per colpire), secondo particolari strategie. I Punti Essenziali da lui individuati hanno le seguenti caratteristiche: - devono essere facili da raggiungere; - gli effetti prodotti sul punto sono immediati e fortemente debilitanti; - si trovano in zone di per sé già sensibili, in modo che i colpi siano efficaci anche nell’eventualità di una minore precisione. L’efficacia delle tecniche è ulteriormente accresciuta se i colpi vengono eseguiti con: - intenzione: la mente deve essere focalizzata sul proprio flusso del Qì; - precisione: la corretta localizzazione del bersaglio è indispensabile; - direzione: il colpo, la presa o la pressione devono essere correttamente indirizzati; - velocità e forza: quantità e qualità dell’attacco sono essenziali; - strategia: i colpi hanno più efficacia se prima si riesce a portare l’attenzione dell’avversario lontano dal punto che si intende colpire.
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Le armi naturali devono essere adeguatamente condizionate e utilizzate. I praticanti infatti hanno bisogno di una preparazione non solo fisica, ma anche energetica: differente è colpire semplicemente concentrandosi sul bersaglio, dal colpire con una precisa intenzione e consapevolezza del proprio flusso energetico. Uno tra gli esercizi indispensabili per acquisire questa forza e consapevolezza è l’esercizio del Palo Eretto (Zhan Zhuang, pag. 311). Durante la pratica di questo esercizio il corpo deve essere completamente rilassato, le ginocchia leggermente flesse, le dita dei piedi appena arcuate con l’intenzione di “radicizzare” i piedi verso terra sfruttando il punto 1 del canale dei Reni (KI 1), il capo ben direzionato verso l’alto per captare l’energia del cielo attraverso il pun-
to Baihui e le braccia flesse, ma non rigide per poter apprezzare ed acquisire consapevolezza dello scorrere del flusso energetico lungo i canali delle braccia. Anche le mani devono essere allenate e fortificate, evitando esercizi violenti che potrebbero essere dannosi per la struttura anatomica della mano fino a deformarla. Il condizionamento fisico deve essere sempre accompagnato dalla profonda intenzione/ attenzione che induce la bioelettricità del corpo nelle armi naturali, un detto cinese dice: «dove va lo Shén, arriva il Qì». Nel metodo del Maestro Nguyen Van Viet spesso si colpiscono due agopunti o si adottano delle opportune strategie per raggiungere effetti diversi, ma ugualmente efficaci: 1. Bloccare il flusso: vengono colpite contemporaneamente due cavità di due canali
accoppiati, ad esempio percuotendo il punto 9 del canale dello Stomaco (ST 9) e il punto 21 del canale della Milza (SP 21), si può provocare uno svenimento nell’avversario (la combinazione risulta più efficace se vengono colpiti i punti sui lati opposti del corpo). 2. Togliere energia di difesa: vengono colpite due cavità in sequenza, la prima distrae l’attenzione e convoglia l’energia di difesa sul punto colpito, permettendo al secondo colpo di essere molto più efficace, ad esempio colpendo con un calcio circolare basso il punto 6 del canale della Milza (SP 6) e con un calcio all’indietro il punto 14 del canale del Fegato (LR 14) o il punto 12 del Vaso Concezione (CV 12). 3. Interferire sul flusso del meridiano: tecnica che si può praticare anche a distanza (senza contatto) nella quale si traccia con la mano il meridiano in direzione opposta al suo flusso naturale prima di colpire un punto localizzato sul suo tracciato. 1.2.2. Applicazioni marziali: le armi naturali e la Jin Ciò che verrà esposto nelle pagine che seguono è solo la formalizzazione teorica di un insostituibile percorso di allenamento e affinamento delle capacità marziali di cui la sezione pratica alla fine del capitolo può dare un minimo cenno, sebbene esso non abbia la pretesa di essere esaustivo. Rimaniamo consapevoli del fatto che nello sviluppo dell’ar-
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te marziale, l’aspetto energetico, che comprende l’ottimizzazione della propria forza e la percezione della forza dell’avversario, sia un elemento essenziale e fondante, purtroppo sottovalutato perché richiede un lavoro così approfondito che molti praticanti spesso non hanno la pazienza e la capacità di intraprendere. Un lavoro che necessita di un livello di comprensione intuitivo e superiore dato solo dal completo raggiungimento della piena sensibilità psicofisica come principio essenziale alla base dell’efficienza marziale. Si definiscono armi naturali quelle parti del corpo anatomicamente più resistenti, capaci di sopportare un violento impatto. Alcune corrispondono alle estremità degli arti
(superiori ed inferiori) ove è possibile scaricare efficacemente la forza accumulata dai movimenti d’attacco. Queste parti del corpo vengono irrobustite attraverso specifici esercizi; è comunque consigliato al praticante più esperto di far fluire la propria energia interna nella zona d’impatto mentre porta un colpo violento o mentre esegue una tecnica di rottura. Questo accorgimento renderà più resistenti le zone interessate al contatto, aumentando la capacità di autoriparazione propria del corpo. Come detto precedentemente, le mani devono essere condizionate e fortificate senza però arrivare a essere danneggiate o deformate, come invece accade con alcuni esercizi tipici della scuola del “Palmo d’acciaio”. Ottimi esercizi sono i piegamenti sulle dita
combinati con profonde respirazioni e visualizzazioni del Qì che permea tutta la mano. Le posizioni delle mani svolgono un ruolo molto importante nel Qì Gong e nelle arti marziali, ogni stile enfatizza posizioni delle mani diverse. Le mani rappresentano l’espressione diretta della volontà individuale sia che venga usata a scopi marziali sia che essa venga utilizzata a scopi terapeutici. Sulle dita terminano e iniziano sei meridiani principali e il praticante di Qì Gong e di arti marziali deve imparare a condurre, tramite la propria intenzione (Yi), il Qì sulle dita. Talvolta se si vuole concentrare l’attenzione/intenzione su un dito, si piegano le altre dita per rallentare la loro circolazione energetica e rendere le dita distese più forti. Normalmente le dita distese che si predispongono all’attacco sono considerate Yáng, quelle piegate Yīn. Negli stili esterni, che sviluppano un tipo di forza più muscolare, spesso si impara a irrigidire le dita stese; negli stili interni si impara invece a rilassare le dita distese perché questo permette al Qì di scorrere liberamente e con maggiore potenza. Alcune specifiche posizioni delle mani sono inoltre utilizzate anche durante la pratica meditativa e hanno la funzione di armonizzare il flusso energetico. Per sviluppare il Qì nelle dita sono stati creati alcuni metodi di allenamento specifici utilizzati sia dagli stili esterni, sia interni per colpire le cavità dell’agopuntura nelle tecniche
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di Dian Xue. I colpi più efficaci nelle arti marziali richiedono l’espressione di una forza, Jin, ben diversa dalla semplice forza muscolare, Li. La Li può essere osservata nella sua manifestazione esteriore, la Jin può solo essere percepita; la Li rappresenta una forza diffusa, la Jin una potenza concentrata. La Jin prevede un rilascio vigoroso e potente di energia che si manifesta meccanicamente attraverso il movimento coordinato di tutto il corpo. LI
JIN
Origine
Biomeccanica
Mentale/bioenergetica
Manifestazione
Forza diffusa
Potenza concentrata
Espressione
Evidente atto meccanico Semplice forza fisica
Atto meccanico impercettibile o nullo Evoluta manifestazione psicofisica
Per convogliare questa forza attraverso i palmi e le dita delle mani è necessario avere delle radici salde: il radicamento e la stabilità dei piedi è parte integrante di questo tipo di forza, infatti si dice che la radice della Jin risieda nei piedi. Per far sì che questa forza si sviluppi e si trasmetta poi alle altre strutture corporee è necessario percepire i piedi che affondano le proprie radici qualche centimetro al di sotto del pavimento, altrimenti se ci
si concentra solo sui piedi appoggiati sul terreno, il collegamento si spezza facilmente e la tecnica risulta debole e inefficace. «La radice è nei piedi, [la potenzia viene] generata dalle gambe, controllata dalla vita e manifestata dalle dita» (Zhang Sanfeng, cit. in Yang Jwing Ming, 1996, pag. 201). Semplificando e solo per fini espositivi e didattici, possiamo dire che alcune aree del corpo hanno maggiormente la funzione di sviluppare la Jin e sono le gambe, la vita e le spalle; altre hanno la funzione di conservarla e sono il torso, i gomiti, le mani, i polsi e le anche, ma solo l’integrazione del movimento, la coordinazione e la consapevolezza di tutte le aree del corpo unitamente alla scioltezza delle articolazioni, permette l’emissione efficace della Jin. La forza Jin è dunque una forza molto più raffinata e complessa la cui emissione richiede anni di studio e di applicazione che prevede la fusione di numerose abilità propriocettive e percettive. Nel caso delle tecniche di calcio per ottenere la massima efficacia del colpo, si deve ugualmente sfruttare il principio del radicamento della gamba a terra che trasmette la forza al bacino e poi dalla vita e, con un impulso breve e potente, essa raggiunge il piede d’attacco. La Yi è inizialmente ferma e concentrata sul piede di sostegno, poi guida il Qì che scorre veloce e forte sull’arma naturale. “La Yi deve essere sempre davanti alla Jin”. Se si focalizza tuttavia l’attenzione solo sulle mani e sui piedi, l’energia li raggiungerà
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con difficoltà, per questo è importante concentrare la mente sempre su un avversario (anche immaginario) di fronte a sé. L’unico modo per sviluppare pienamente questa abilità rimane comunque quello di lavorare con un compagno, perché solo con l’interazione reciproca sarà possibile affinare le proprie capacità percettive e offensive. La gamma di intensità ed efficacia della forza nelle arti marziali è racchiusa tra i due estremi Li e Qì, laddove il livello più basso è rappresentato dalla semplice forza muscolare e il livello più alto dall’emissione di Qì puro che penetra nel corpo dell’avversario (livello più alto del Dian Xue). La Jin si trova tra questi due estremi e li utilizza entrambi. La Jin del principiante si serve della Li e del Qì locale, la Jin del praticante più esperto si
serve del Qì generato dal Dantian.
Il fine ultimo è quello di minimizzare l’utilizzo dei muscoli che, nella loro contrazione repentina richiedono un forte dispendio energetico, per lasciare lo spazio al libero fluire del Qì attraverso le fibre muscolari e i tendini, fino alle armi naturali. Al di là della potenza delle armi naturali, oltre alla postura e alla coscienza e alla sincronizzazione del lavoro delle strutture corporee, oltre al bilanciamento tra Yi e Qì, oltre all’abilità di accumulare velocemente la Jin, la vera forza dei colpi deriva tuttavia dalla capacità di ascolto dell’avversario. Tale capacità ci permette di passare velocemente dal pieno al vuoto, di sentire e di utilizzare a proprio vantaggio la forza opponente. Ciò in linea con i principi taoisti che presiedono alle strategie del combattimento, i quali insegnano a rivolgere contro l’avversario la sua stessa forza, principi esemplificati dai ben noti stratagemmi “Creare il vuoto per farvi entrare il pieno”, “Uccidere il serpente con il suo stesso veleno” (Nardone, 2003), “Uccidere con una spada presa a prestito” (Magi, 2010). La sensibilità percettiva della forza dell’avversario dipende in gran parte dal livello di sviluppo della circolazione energetica sulla superficie cutanea e, chiaramente, dalla concentrazione e dalla tranquillità mentale con la quale ci si pone in ascolto. Quando la Yi è vigile e sa percepire le azioni dell’avversario, allora l’attacco più efficace
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non sarà né quando egli è pieno né quando è vuoto, ma nel momento in cui si compie il passaggio da uno all’altro e viceversa. Nel Taiji si dice che «la Jin non è una forma o una tecnica, è un modo di manifestare la potenza» (Yang Jwing Ming, 1996, pag. 106), solo l’integrazione e l’unificazione di tutte le abilità dell’artista marziale permette di raggiungere un livello superiore nella pratica. La capacità di ascolto si affina attraverso una consapevolezza percettiva che si serve di tutti i sensi simultaneamente e al tempo stesso li trascende in una visione unitaria dello spazio circostante e dell’avversario di fronte a sé, la mente rimane calma e lucida e la concentrazione amplifica la sensibilità fino a giungere a comprendere intuitivamente le
intenzioni dell’avversario. «[Rimanete] calmi come una montagna, e muovetevi come un fiume» (Wang Zongyue, cit. in Yang Jwing Ming, 1996, pag. 207).
Fa Jin 发劲 (letteralmente “Jin che viene emessa”): la rapida ed esplosiva emissione della Jin, può scaraventare un avversario a metri di distanza. Nell’emetterla spesso non si produce alcun apparente movimento preparatorio o caricamento evidente. Bisogna innanzitutto stabilizzare la propria radice, sviluppare la Jin nelle gambe e poi farla salire al bacino, dove si unisce alla Jin generata dalla vita per poi trasferirsi alle spalle dove potrà sfruttare anche la Jin locale. Solo l’integrazione di tutte queste forze, coordinate nel tempo e nei movimenti, consentirà di sviluppare la tecnica al massimo della sua potenza. 212
1.2.3. Applicazioni marziali: tecniche di calcio Coerentemente con quanto esposto fin qui, nell’ottica di una pratica completa, corretta ed integrata del Qì Gong, le tecniche di calcio rappresentano l’apice degli esercizi biomeccanici e un’ottima stimolazione dei meridiani che percorrono gli arti inferiori. L’esecuzione di una tecnica di calcio impegna i muscoli di tutto il corpo, lavorando con catene scheletrico muscolari ampie che si sviluppano dalla testa ai piedi, e coinvolge efficientemente una porzione molto estesa dei canali che attraversano l’organismo. La pratica dei calci presuppone inoltre l’acquisizione di un consistente equilibrio dinamico, di una grande coordinazione scheletrico muscolare e di una necessaria elasticità delle
strutture tendinee e muscolari, per questo rappresenta un esercizio completo e, a nostro avviso, irrinunciabile. Le tecniche di gamba sono molto difficili da praticare: molti stili di arti marziali, in ragione del raggiungimento di un’efficace difesa personale, non le contemplano nel loro bagaglio tecnico perché troppo impegnative da studiare. Anticamente in oriente, la pratica delle arti marziali era lo strumento fondamentale per la difesa di un popolo, i guerrieri andavano preparati nel minor tempo possibile per ottenere un vantaggio strategico sulle popolazioni nemiche. Era perciò preferibile addestrare i guerrieri all’utilizzo di tecniche più semplici, ma più facilmente acquisibili da una persona mediamente preparata e in tempi brevi, questo implicava uno scarso utilizzo delle
tecniche di gamba, ad eccezione di quelle più semplici. L’allenamento fisico cui i soldati erano sottoposti, per certi versi assimilabile ad un basico Qì Gong esterno, prevedeva il condizionamento di tendini, muscoli, ossa e rappresentava un mezzo per implementare le capacità fisiche del soldato. Molte di queste pratiche, a lungo andare, risultavano addirittura dannose per il corpo perché prive dell’aspetto interno della disciplina. I raffinati concetti taoisti e buddisti insiti nel Qì Gong richiedevano infatti numerosi anni di pratica per essere globalmente assimilati, non a caso all’interno del tempio Shaolin, venivano ammessi all’addestramento prevalentemente fanciulli che avrebbero così avuto tempi più lunghi per sviluppare l’arte marziale. Chiaramente era diverso lo scopo con cui il soldato e il monaco guerriero si allenavano: l’uno per ottenere la superiorità sul nemico, l’altro per raggiungere l’illuminazione spirituale. I monaci Shaolin erano temutissimi guerrieri proprio perché il loro addestramento prevedeva tecniche molto evolute che coniugavano il condizionamento fisico con tecniche meditative e studi filosofici, integrando così il sistema mente-corpo, attraverso la pratica quotidiana del Qì Gong. Anche oggi, l’allenamento delle arti marziali che sviluppa esclusivamente l’aspetto del guerriero, non conduce il praticante al raggiungimento della salute e del benessere, di
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contro può portare ad un progressivo esaurimento delle risorse fisiche, comune era infatti il detto “chi pratica arti marziali muore presto”. Riscoprendo tuttavia l’inscindibile legame tra arte marziale e Qì Gong è possibile coltivare la salute praticando arti marziali, purché vengano bilanciati gli aspetti interni con quelli esterni. Nella pratica dello sport a livello agonistico questo dissipamento delle risorse è particolarmente evidente: spesso gli atleti con l’avanzare dell’età manifestano danni organici considerevoli, soprattutto se l’attività viene bruscamente interrotta. Una pratica consapevole delle arti marziali consente invece di rispettare le fasi della vita del praticante, modulando l’allenamento e integrando le diverse pratiche energetiche.
Nello specifico, la corretta esecuzione delle tecniche di gamba rappresenta un’importante manifestazione della “giovinezza” della struttura fisica, i calci sono un indicatore della longevità strutturale del corpo. Come già detto infatti, l’esecuzione di un calcio in modo corretto richiede: •
una struttura tendino-muscolare forte, ma al tempo stesso elastica, condizionata per poter essere veloce, potente ed esplosiva;
•
buone capacità coordinative generali, poiché eseguendo un calcio si utilizzano tutte le parti del corpo, dal capo ai piedi e solo coordinando il lavoro di tutte le strutture corporee, il calcio acquista una reale efficacia e viene finalizzato al meglio;
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equilibrio fisico e mentale, le tecniche di calcio sono portate con l’appoggio di una sola gamba, dunque richiedono la capacità di spostare il baricentro per gestire diversamente il proprio peso, per questo la consapevolezza del lavoro della gamba a terra è fondamentale. Inoltre il controllo e la consapevolezza della mente permette di essere presenti nel momento dell’attacco;
•
controllo dei flussi energetici dei canali e dei vasi straordinari. Come per le altre tecniche marziali, la conoscenza approfondita dei flussi energetici può aumentare l’efficacia dei colpi, coniugando in questo modo gli aspetti connessi alla salute con la maggiore incisività della tecnica.
Il lavoro specifico sulle tecniche di gamba, spesso sottovalutato o addirittura ignorato nel Qì Gong, porta ad ottenere risultati eccezionali anche in praticanti non più giovani e/o di età avanzata. Purtroppo molti insegnanti intraprendono lo studio del Qì Gong in tarda età e spesso trascurano l’importanza di questa pratica ai fini dell’ottimizzazione del flusso del Qì e del benessere complessivo del praticante. Nel Testo classico di medicina interna dell’imperatore Giallo si afferma che il Qì dei neonati si trova nelle gambe, con il progredire dell’età l’energia delle gambe diminuisce insieme alla loro capacità di movimento e forza. L’invecchiamento parte dai piedi: la morte di
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una persona è graduale e sale sempre dal basso verso l’alto (Shi Yan Hui, 2018). Secondo il Maestro e medico Yu Yongnian, il segreto della longevità risiede nell’allenamento delle gambe, infatti nelle arti marziali cinesi si utilizzano spesso delle espressioni come «nel combattimento, il 30% con la mano e il 70% con la gamba», «battersi contro un uomo è come sradicare un’erba, bisogna agire con il piede come con la mano si punta alla radice». Anche per quanto riguarda il ruolo della forza, si dice spesso che «la forza è nata dal piede, si è sviluppata nella gamba, è stata trasmessa nella schiena e concretizzata nelle dita». Attraverso queste espressioni, tramandate da tempi antichi, si comprende l'importanza del ruolo dei piedi e delle gambe nella tecnica del combattimento. Sviluppando il movimento elastico dei muscoli inferiori per poter aumentare la qualità del movimento, rafforzando il controllo del sistema nervoso della corteccia cerebrale sui muscoli inferiori, il cambiamento strutturale e funzionale del corpo umano sarà significativo. (Yongnian, 2014 Capitolo III, La scelta tra la pratica della mano e del piede, Kindle)
Nella sezione dedicata alla pratica, verranno riportati i metodi di allenamento di alcuni calci di base.
I calci alti, come altre tecniche estreme delle arti marziali, esercitano intensamente la struttura scheletrico muscolare, stimolando i canali energetici degli arti inferiori. La pratica continua e l’esercizio paziente della tecnica marziale portano all’equilibrio ideale tra flusso energetico e struttura biologica. Per guadagnare salute e longevità con queste discipline bisogna bilanciare correttamente il lavoro muscolare con quello energetico e mentale (intenzione). Vedremo più avanti nel dettaglio come praticare correttamente le arti marziali per mantenere ottime performance nonostante l’avanzare dell’età. 215
Esercizi: Posizioni marziali Nella pratica delle arti marziali l’esercizio delle posizioni rappresenta un aspetto fondamentale, non solo perché esse costituiscono la solida base sulla quale costruire la tecnica, ma anche perché sono uno strumento essenziale per lavorare sul condizionamento delle strutture scheletrico muscolari, sulla postura, sulla percezione del flusso del Qì e rappresentano un lavoro propedeutico alla disciplina meditativa. Le posizioni permettono l’equilibrio, la stabilità, lo spostamento, la trasformazione e la trasmissione della forza dal suolo all’estremità degli arti, non meno importante è l’effet-
to terapeutico che la loro esecuzione produce su tutto il corpo e, in particolar modo, sulle gambe. Lo studio di queste tecniche dovrebbe essere particolarmente accurato, soprattutto per i praticanti di arti marziali poiché tutti i movimenti d’attacco, di difesa o passaggio, si eseguono per mezzo di una delle posizioni fondamentali. I primi anni di allenamento devono essere dedicati al perfezionamento delle posizioni in modalità statica per accrescere la propriocezione e la consapevolezza. Nell’esecuzione corretta di una posizione, il praticante deve porre attenzione al posizionamento dei piedi, delle cosce, all’allineamento del bacino, delle spalle e di conseguenza delle mani. L’esercizio statico permette inoltre di allenare la forza di volontà poiché il mantenimento prolungato della posizione richiede un impegno fisico e mentale consistente.
Mantenere una posizione per tempi sempre più lunghi permette di rafforzare la struttura tendino-muscolare, stimolare le articolazioni e pian piano, il praticante esperto, potrà cominciare a immaginare/visualizzare, percepire il flusso energetico nei meridiani. La posizione è elemento di partenza per tecniche avanzate di Qì Gong che coniugano il radicamento al condizionamento/rafforzamento del Jin (muscoli, tendini e strutture articolari) tramite esercizi respiratori e alternanza di contrazione e rilassamento. Questo è uno tra i principi fondamentali del “cambiamento dei tendini e dei muscoli” (Yi Jin Jing, pag. 257) che si realizza attraverso esercizi che combinano momenti di allungamento nella contrazione, torsioni e successivi rilassamenti in un continuo equilibrio di Yīn e Yáng. Il pregio di eseguire un così impegnativo esercizio statico risiede nel fatto che all’apparente immobilità esterna corrisponde un lavoro interno (muscolare, cardiocircolatorio, mentale) molto intenso: il movimento nella quiete, la forza nell’assenza di forza, la fluidità nella staticità. Una posizione corretta e ben eseguita permette la trasmissione della forza dal suolo all’estremità degli arti. Il lavoro sulle posizioni è assimilabile all’elemento Terra: la posizione ci ancora stabilmente al suolo e ci permette di assorbire l’energia dalla terra, infatti solo da una posizione ben eseguita può nascere un colpo efficace. Nel Qì Gong come nelle arti marziali, dopo che l’alfabeto di base è consolidato, si può
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passare al gradino successivo che è quello dell’esecuzione delle posizioni in movimento, elemento determinante per ottenere fluidità ed efficacia delle tecniche. Il rapido passaggio da una posizione all’altra è la chiave dell’armonia nello svolgimento di una forma ed è l’elemento prioritario nella strategia di combattimento. Il praticante che sa utilizzare bene i passi in un combattimento è capace di entrare efficacemente nello spazio dell’avversario, sa cogliere il tempo giusto per colpire e per schivare, sa sfruttare il vantaggio strategico.
Posizione del cavaliere: il peso è distribuito equamente su entrambi i piedi, le cosce sono parallele al pavimento, le ginocchia spingono verso l’esterno e i piedi dovrebbero tendere ad essere paralleli tra loro, alimentando la sensazione di essere radicati a terra. La schiena deve essere distesa e perpendicolare al pavimento.
Posizione frontale: il peso è spostato leggermente in avanti, il 65% sta sulla gamba avanti, il 35% sulla gamba dietro. La coscia della gamba avanti è parallela al pavimento, la punta del piede converge verso l’interno; la gamba posteriore perfettamente tesa, il piede dietro orientato verso il centro con la punta il più possibile verso l’interno e il tallone ben piantato a terra. Le anche sono allineate e si trovano sotto le spalle. 217
Posizione del gatto: il 90% del peso è sulla gamba posteriore, il 10% sulla gamba anteriore che poggia a terra con l’avampiede. Visto il bilanciamento del peso, è una posizione che richiede una preparazione generale più intensa poiché comporta un impegno muscolare maggiore delle gambe, delle articolazioni del ginocchio e della caviglia.
Posizione della gru: è una posizione che sviluppa l’equilibrio con il peso su una sola gamba. Per una corretta esecuzione bisogna portare il ginocchio più in alto delle anche andando a stimolare il gluteo della gamba di terra e l’allungamento della fascia inferiore della schiena.
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Alcune posizioni delle arti marziali imitano le movenze degli animali. Il riferimento al movimento degli animali non deve essere tuttavia una teatrale imitazione, ma più propriamente un’immedesimazione nello spirito e nella forza dell’animale stesso. Del resto è noto che i taoisti nella ricerca della comunione con la natura, si ispirassero spesso agli animali, ai vegetali, ai fiumi, ai laghi e alle montagne per sviluppare in sé le loro diverse qualità. Spesso si praticano sequenze nelle quali vengono combinate diverse posizioni per sviluppare schemi motori sempre più complessi che incrementano le interconnessioni neuro-sinaptiche.
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Armi naturali delle mani Le mani rappresentano un elemento determinante per la pratica del Qì Gong come delle arti marziali, in quanto esse possono diventare l’arma naturale di diversi colpi portati con gli arti superiori e poiché, come ampiamente trattato nelle pagine precedenti, nelle estremità delle dita si trovano inoltre i punti di inizio e fine di sei importanti canali energetici: Polmoni, Intestino Crasso, Triplice Riscaldatore, Maestro del Cuore, Cuore e Intestino Tenue. Le mani, oltre ad essere un importante organo di senso, esprimono l’intenzione individuale di ciascuno e la sua volontà di fare, ottenere, afferrare e comunicare. Alle numero-
se e diverse funzioni delle mani corrisponde una loro struttura articolare molto complessa che va salvaguardata e fortificata per preservarla dai danni provocati dall’invecchiamento. Esercizio di Qì Gong interno Al fine di rafforzare e portare consapevolezza nelle mani, potenziandole in qualità di arma naturale, si propone un esercizio di Qì Gong interno. Dalla posizione eretta, porre le braccia lungo i fianchi con le mani completamente rilassate. Cominciare a percepire il peso delle mani stesse e, con l’uso dell’immaginazione, aumentare gradualmente il peso avvertito. Si inizierà a sentire un formicolio diffuso e una
particolare pressione sulla punta delle dita. Dopo circa un minuto in questa posizione ci si renderà conto di quanto il ritmo del respiro influenzi la sensazione di pesantezza percepita sulle mani, poiché esso va a intensificare l’attivazione circolatoria nelle estremità. Di seguito cominciare a muovere fluidamente e molto lentamente le mani in tutte le direzioni nel vuoto, mettendosi in una condizione di “ascolto” della pressione esercitata dall’aria sulla pelle e di attenzione relativa allo schema del movimento corporeo. A questo punto si potrà sentire una vibrazione energetica e si dovrà immaginare di condensare tutto il peso percepito negli arti, verso il midollo osseo delle mani. Mantenere la concentrazione sul flusso che si condensa in profondità nelle ossa per almeno due minuti, abbinando una respirazione lenta e profonda. La pratica continua di questo esercizio renderà le mani più forti e più “pesanti”: la circolazione sanguigna migliorerà il funzionamento muscolare e articolare e, insieme alla stimolazione bioenergetica, aumenterà la densità ossea, rendendo le mani più resistenti. Questo esercizio di visualizzazione e percezione può essere utilizzato anche per le braccia e per le spalle, risulta sicuramente molto più semplice ed efficace se utilizzato per gli arti superiori.
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Colpi con le mani I colpi con le mani nelle arti marziali per essere efficaci hanno bisogno di molta precisione e consapevolezza, come della capacità di saper sfruttare pienamente il principio della trasmissione delle forze dal terreno all’estremità che colpisce. Più è ridotta la superficie di impatto dell’arma naturale, maggiore dovrà essere la precisione del colpo sul bersaglio e più penetrante risulterà il suo effetto. Nell’ambito delle applicazioni marziali, verranno di seguito illustrate alcune posizioni d’attacco delle mani eseguite dal Maestro Nguyen Van Viet: Nocche delle seconde falangi, utili per colpire grosse superfici dove sono distribuiti più punti sensibili.
Punta del pollice, utilizzata per attacchi profondi e precisi.
Seconda nocca del pollice, estremamente forte e penetrante.
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Punta delle prime due dita, l’utilizzo di questa arma naturale richiede una specifica preparazione per evitare di danneggiare le dita all’impatto. Utile su bersagli molli, ma se allenata adeguatamente può essere utilizzata per colpire qualsiasi parte del corpo con ottimi risultati. Le dita si contraggono fortemente al momento dell’impatto.
Testa del Drago, seconda nocca del medio, per colpi potenti e profondi.
Occhio della Fenice, seconda nocca dell’indice, meno forte ma più precisa della tecnica precedente.
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Mano a lancia, anche questa posizione della mano risulta molto pericolosa se utilizzata da un esperto. Le dita devono essere irrigidite al momento dell’impatto.
Prima nocca dell’indice, ottima per colpire il collo o le costole, è una zona della mano naturalmente robusta e di facile utilizzo.
Base del palmo della mano, si usa la parte sporgente dell’osso del polso. È un’arma naturale molto potente che richiede scarso condizionamento perché si trova in una parte del corpo già strutturalmente molto forte.
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Applicazioni marziali Nelle pagine che seguono vengono presentati nove attacchi che utilizzano le armi naturali precedentemente indicate e che ottengono una maggiore efficacia disturbando i flussi energetici dei canali coinvolti attraverso la stimolazione (pressione, percussione, torsione) su specifici agopunti. Primo attacco: difesa da una presa al polso Questa tecnica permette di liberarsi da una presa al polso utilizzando la pressione delle nocche delle seconde falangi sul punto 6 del meridiano del Maestro del Cuore (PC 6)
dell’avversario. La pressione disabilita la presa senza un eccessivo uso della forza.
PC-6
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Direzione della pressione delle nocche sul punto PC 6 225
Secondo attacco: colpo al collo Questa tecnica permette di colpire in profondità e con precisione un punto molto sensibile del collo localizzato nella fossetta dietro al lobo dell’orecchio, corrispondente al punto 17 del meridiano dell’Intestino Tenue (SI 17). La forza dell’attacco può essere continua (pressione) o impulsiva (colpo).
SI - 17
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Direzione di attacco parallela rispetto al pavimento
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Terzo attacco: colpo alla tempia Questa tecnica di contrattacco va a colpire la zona corrispondente all’angolo esterno dell’occhio, corrispondente al punto 1 del meridiano della Vescicola Biliare (GB 1), punto di intersezione con il canale del Triplice Riscaldatore, se eseguita con forza e precisione provoca stordimento e dolore acuto nell’avversario.
GB - 1
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Direzione di attacco parallela al pavimento
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Quarto attacco: colpo agli occhi Questo è un colpo di difesa estrema, considerato il danno che può provocare poiché colpisce una parte molto delicata del corpo, i globi oculari. Per poter eseguire un simile attacco, la struttura delle dita deve essere adeguatamente preparata.
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Quinto attacco: colpo al costato Questa tecnica colpisce un punto sensibile del costato, corrispondente al punto 21 del canale della Milza (SP 21), l’effetto del colpo si irradia sul diaframma causando uno scompenso respiratorio e indebolendo sensibilmente tutto il lato corrispondente del corpo.
SP - 21
La direzione dell’attacco è in diagonale verso l’alto sul punto SP 21
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Sesto attacco: colpo al lato interno dell’occhio Questo attacco colpisce il punto 2 del canale della Vescica (BL 2) corrispondente al lato interno dell’arcata sopracciliare, causa stordimento generale, se molto intenso può provocare un abbassamento della vista per alcuni minuti.
BL - 2
La direzione dell’attacco è in diagonale verso l’alto sul punto BL 2
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Settimo attacco: colpo alla gola Questo attacco colpisce una parte molto sensibile del corpo, la gola, precisamente nel punto 22 del Vaso Concezione (CV 22), l’impatto violento può causare problemi respiratori e intenso dolore, generando di riflesso degli spasmi muscolari nelle zone dello sterno cleidomastoideo e dei muscoli del diaframma.
CV - 22
La direzione dell’attacco è leggermente in diagonale verso il basso sul punto CV 22
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Ottavo attacco: colpo al collo 2 Questo colpo, portato con decisione, forza e velocità, va a stimolare il nervo vago all’altezza del punto 9 del canale dello Stomaco (ST 9), provocando una contrazione dello stomaco, dei muscoli del collo e spasmi addominali; potrebbe causare nausea e svenimento.
ST - 9
La direzione dell’attacco è leggermente in diagonale verso il basso sul punto ST 9
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Nono attacco: colpo al mento Tecnica che provoca una leva meccanica sull’articolazione del collo, struttura particolarmente debole all’altezza delle vertebre cervicali. Se il colpo è portato con estrema forza e decisione può provocare la morte per danni gravi alle vertebre.
La direzione dell’attacco è in diagonale verso l’alto sul punto BL 2
235
Nell’ottica di una pratica completa, corretta ed integrata del Qì Gong, le tecniche di calcio rappresentano l’apice degli esercizi biomeccanici e un’ottima stimolazione dei meridiani che percorrono gli arti inferiori. 236
Tecniche di calcio In questa sezione verranno illustrate nel dettaglio quattro tecniche di gamba comuni in molte scuole di arti marziali: calcio frontale, calcio laterale, calcio circolare e calcio circolare dietro. I calci sono esercizi specifici per favorire la flessibilità, la velocità, stimolare le armi naturali, sviluppare la struttura tendino muscolare e per fare un lavoro specifico sulla consapevolezza dei flussi energetici. L’esecuzione di ogni calcio si compone di alcuni momenti distinti: posizione di partenza, caricamento, attacco, ritorno, posizione finale. Vediamoli nel dettaglio:
•
Posizione di partenza: partire da una posizione stabile è fondamentale per la corretta esecuzione di un calcio, la forza si trasmette meccanicamente dai piedi alle anche e poi alla gamba d’attacco; nella posizione di partenza visualizzare potenti radici che penetrano il terreno. Questa fase è l’apice Yīn dell’intera tecnica di calcio, rappresenta il massimo
dell’energia potenziale che svilupperà l’attacco.
•
Caricamento: in questa fase è importante orientare il ginocchio sulla traiettoria dell’attacco in direzione del bersaglio. Prendere coscienza del piede e focalizzare l’attenzione sull’arma naturale da utilizzare nel calcio.
237
•
Attacco: in questa fase si raggiunge la massima estensione della gamba, rappresenta il culmine della fase Yáng e comporta la maggiore stimolazione dei tendini e dei muscoli. Occorre trasmettere energia all’arma naturale ed effettuare una rapida contrazione di tutti i muscoli del corpo al momento dell’impatto. L’energia è il frutto istantaneo del flusso bioenergetico aziona-
to dalla volontà.
•
Ritorno: in questo momento in linea di massima si ripete a ritroso la fase di caricamento. Nei calci con rotazione la fase di ritorno sarà naturalmente diversa da
quella di caricamento. Un ritorno eseguito in modo rapido è essenziale nella pratica delle arti marziali per evitare che l’avversario possa afferrare la gamba.
•
Posizione finale: tornare in posizione è determinante per riprendere equilibrio e stabilità. Dopo aver calciato si può poggiare la gamba in avanti o dietro, nel primo caso la posizione finale sarà diversa da quella iniziale. Occorre allenare i calci usando tutte e due le varianti, questo lavoro permetterà di padroneggiare dinamicamente l’equilibrio.
238
L’allenamento specifico dei calci prevede innanzitutto la consapevolezza dello scopo della tecnica, occorre visualizzare il bersaglio e il punto preciso dell’attacco per comprendere pienamente la dinamica dell’esercizio. È necessario fare un lavoro preliminare sulle posizioni per poter sfruttare al massimo la coordinazione del movimento: la consapevolezza della fase iniziale permette infatti di sfruttare biomeccanicamente la reazione di spinta ricavata dal terreno e di ottimizzare il movimento dei piedi. Posizione Semilaterale Alta Ottima per iniziare la pratica degli esercizi
Posizione Frontale Media
Posizione Semilaterale Media
Per migliorare l’esecuzione dei calci allenarsi gradualmente ad utilizzare tutte le posizioni illustrate
Posizione Semilaterale Bassa
Posizione Frontale Bassa
Inizialmente si eseguiranno i calci a partire da posizioni alte per poi abbassarle progressivamente, questa pratica favorirà il rafforzamento della muscolatura e col tempo incrementerà la velocità d’esecuzione della tecnica. Per sviluppare colpi precisi e potenti è indispensabile praticare un lavoro lento e fluido 239
di tutte le fasi del calcio, utile anche per interiorizzare il movimento e acquisire la corretta propriocezione.
AVANTI
RITROSO Il lavoro lento prevede l’esecuzione dell’in- tero esercizio in un tempo che va da 5 a 10 secondi circa, muovendosi fluidamente; la sequenza di movimento andrà eseguita in avanti e a ritroso. Per ogni calcio illustrato in questo capitolo è fondamentale utilizzare questo metodo di allenamento per perfezionare la tecnica.
Parallelamente bisognerà realizzare un lavoro statico di tenuta della gamba nei vari stadi dell’esercizio, che irrobustirà la muscolatura e migliorerà l’equilibrio.
Calcio Laterale - Posizione d’attacco Mantenere anche per 2 secondi una tecnica come quella illustrata nell’immagine accanto, prevede mesi di preparazione. Le indicazioni esposte in queste pagine potranno rendere possibili performance di questo tipo. Inizialmente la gamba che calcia si terrà parallela al suolo, se possibile, o anche in diagonale verso il basso. Ci si potrà sostenere ad una parete o una sedia, per favorire l’equilibrio e diminuire il carico sulle gambe. Il lavoro quotidiano, in linea con i principi di questo libro, deve essere indispensabilmente accompagnato dalla certezza di poter realizzare la tecnica. Scuse auto-sabotanti legate all’età o alla propria costituzione fisica non portano risultati. Bisogna praticare con l’unica finalità di lavorare sul presente con soddisfazione, senza aspettative, cercando di lavorare sui propri limiti. Per realizzare questo tipo di lavoro si completerà l’addestramento con sedute di meditazione (pag. 306)
Il lavoro statico consiste nel mantenere le varie posizioni che compongono il calcio da un minimo di 5 secondi fino ad alcuni minuti, in base ai risultati che si vogliono ottenere. Mantenere ogni singola posizione 240 che compone il calcio almeno un minuto indicherà il raggiungimento di un buon livello tecnico-fisico.
I calci possono essere esercizi completi e a sé stanti, ma inizialmente si raccomanda ai principianti di svolgere un preventivo lavoro di allungamento muscolare degli arti inferiori e della schiena, seguito da un lavoro per la mobilità delle articolazioni e il rafforzamento generale. Si consiglia di studiare le sequenze di esercizi: Perseguire la potenza della Tigre e Esercizi per allentare lo stress presentati nella Parte II di questo volume.
Calcio Frontale in Volo Le tecniche volanti non sono trattate in questo libro. Esse possono comunque essere utilizzate come eccezionale metodo di allenamento del corpo in base ai principi esposti in queste pagine.
Per rendere ancora più completo l’esercizio del calcio, occorre avere consapevolezza del flusso del Qì, per questa finalità è importante aver praticato e padroneggiato la forma Tracciare i Meridiani (Parte I). Nel momento dell’esecuzione del calcio è necessario portare attenzione al canale coinvolto, questo implementa l’efficacia del calcio e rende le tecniche di gamba un validissimo esercizio di Qì Gong. Sapere con quale parte del corpo si colpirà il bersaglio darà un’indicazione su dove concentrare l’attenzione e di conseguenza dirigere il flusso del Qì. Nell’ottica del Qì Gong , si raccomanda di eseguire le tecniche di calcio, portando la gamba che attacca il più in alto possibile. Questo per stimolare in modo sempre più intenso le strutture fisiche e per alimentare costantemente una sfida interiore al superamento dei propri limiti. 241
Flusso dinamico della tecnica di calcio relativamente alle polarità Yīn - Yáng Nella filosofia taoista la differenza di potenziale tra gli opposti è necessaria per generare energia; nelle tecniche di attacco delle arti marziali ci sarà un momento di estrema quiete combinato con un momento di dirompente attività. La posizione iniziale è rappresentata nell’estrema fase Yīn (immagine A), il culmine dell’attacco è realizzato nell’estrema fase Yáng (immagine C). Questo dinamico lavoro psicofisico stimola le strutture biologiche dell’essere umano mantenendole vitali.
C
B
D
A 242
Calcio frontale
Il calcio frontale è il più semplice tra i colpi illustrati in questo capitolo. È in grado di raggiungere facilmente molti bersagli sul corpo dell’avversario. Questo calcio può impattare il bersaglio con il tallone, la pianta del piede, il collo del piede, la punta delle dita e l’avampiede. La tecnica qui rappresentata utilizza l’avampiede come arma naturale; la forza meccanica e l’energia vanno focalizzate in quest’area al momento dell’impatto.
Arma naturale del calcio frontale: avampiede
243
Nell’esecuzione vengono fondamentalmente stimolati i quadricipiti, i glutei, soprattutto quello della gamba a terra e la parte bassa dell’addome. L’esecuzione lenta è essenziale per creare la perfetta coordinazione che permetterà poi di alzare la gamba il più possibile con il minimo sforzo. Una volta padroneggiato il movimento lento si lavorerà sulla velocità, poi sulla precisione ed infine sulla potenza (uso della forza in relazione alla velocità).
A
B
C
Eseguire i movimenti lentamente, cercando di imitare più possibile quelli mostrati nelle immagini. Dalla posizione inziale (A), portare il ginocchio sinistro verso l’alto, ruotare simultaneamente il piede destro verso l’esterno (B), mantenere la posizione in equilibrio per circa 5 secondi. Distendere la gamba in alto bilanciando il movimento con il busto, portare indietro la punta delle dita del piede e concentrare l’attenzione sull’avampiede (C), mantenere la posizione per 5 secondi. Piegare dolcemente la gamba d’attacco ed equilibrare il movimento con la gamba d’appoggio (D), mantenere quindi la posizione per 5 secondi. Passare infine alla posizione finale (E).
D
E
Ripetere la sequenza per almeno 5 volte, passare poi ad esercitare l’altro lato del corpo eseguendo specularmente gli stessi movimenti. Ripetere le sequenze a destra e a sinistra per altre due volte; aumentare i tempi d’esecuzione di ogni posizione, passando gradualmente da 5 a 10 secondi. Una volta che si riesca a mantenere ogni singola posizione correttamente per i tempi indicati si potrà allenare l’esercizio rapidamente, cercando di portare la gamba d’attacco più in alto possibile, ma nel rispetto di tutte le fasi di movimento. Durante il lavoro lento concentrare l’attenzione sul canale dello Stomaco della gamba che calcia. Si allenerà poi la tecnica lentamente e velocemente almeno una decina di volte per lato. La pratica quotidiana migliorerà la vitalità di tutto il corpo. 244
Calcio laterale
Il calcio laterale richiede uno studio e un lavoro specifico molto preciso, è un calcio difficile da eseguire, che necessita di una struttura muscolare ben preparata e di un allineamento scheletrico muscolare corretto, non facile da ottenere. In questo caso, il lavoro della gamba a terra determina parte dell’efficacia della tecnica, richiede molta consapevolezza e propriocezione e una discreta elasticità del tendine d’Achille, degli adduttori e del muscolo gracile. La rotazione del piede a terra lungo la direttrice del calcio nella fase di caricamento, permette di sfruttare l’allineamento bio-
Arma naturale del calcio laterale: tallone
245
meccanico per generare la massima potenza. Come per il calcio frontale esistono molte varianti di questa tecnica, differenti per la modalità di caricamento, per come vengono orientati i piedi e per l’uso dell’arma naturale. L’esercizio mostrato usa il tallone come arma naturale e l’allineamento del tronco e del piede a terra sulla stessa direzione dell’attacco.
A
B
C
Eseguire i movimenti lentamente, cercando di imitare più possibile quelli mostrati nelle immagini. Dalla posizione inziale (A), portare il ginocchio sinistro verso l’alto ruotare simultaneamente il piede destro allineandolo nella direzione dell’attacco (B), mantenere la posizione in equilibrio per circa 5 secondi. Distendere la gamba sinistra in alto bilanciando il movimento con il busto, portare il tallone in fuori mettendo il piede parallelo al pavimento (C), mantenere la posizione per 5 secondi. Piegare dolcemente la gamba d’attacco ed equilibrare il movimento con la gamba d’appoggio (D), mantenere quindi la posizione per 5 secondi. Passare infine alla posizione finale (E).
D
E
Ripetere la sequenza per almeno 5 volte, passare poi ad esercitare l’altro lato del corpo eseguendo specularmente gli stessi movimenti. Ripetere le sequenze a destra e a sinistra per altre due volte; aumentare i tempi d’esecuzione di ogni fase, passando gradualmente da 5 a 10 secondi. Una volta che si riesca a mantenere ogni singola posizione correttamente per i tempi indicati si potrà allenare l’esercizio rapidamente, cercando di portare la gamba d’attacco più in alto possibile, ma nel rispetto di tutte le fasi di movimento. Durante il lavoro lento concentrare l’attenzione sul canale della Vescicola Biliare della gamba che calcia. Si allenerà poi la tecnica lentamente e velocemente almeno una decina di volte per lato. La pratica quotidiana migliorerà la vitalità di tutto il corpo. 246
Calcio circolare
Il calcio circolare è un calcio rapido e può raggiungere praticamente ogni parte del corpo dell’avversario. Il piede d’attacco descrive una traiettoria circolare e l’arma naturale usata è l’avampiede (come nel calcio frontale). Altre modalità d’esecuzione prevedono l’uso del collo del piede (come nell’immagine qui sopra) o della tibia quali superfici d’attacco. Questo esercizio richiede uno sforzo esecutivo inferiore rispetto al calcio laterale, risultando però più veloce e preciso. La coscia e il polpaccio della gamba d’attacco sono contratti al massimo solamente durate la massima distensione dell’arto. Per eseguirlo al meglio focalizzare l’attenzione sulle fasce oblique dei muscoli addominali e rilassare il più possibile la zona lombare.
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Arma naturale del calcio circolare: avampiede
A
B
C
Eseguire i movimenti lentamente, cercando di imitare più possibile quelli mostrati nelle immagini. Dalla posizione inziale (A), portare il ginocchio sinistro verso l’alto ruotare simultaneamente il piede destro orientandolo in direzione dell’attacco (B), mantenere la posizione in equilibrio per circa 5 secondi. Distendere la gamba sinistra in alto bilanciando il movimento con il busto, portare il tallone in fuori mettendo il piede parallelo al pavimento (C), mantenere la posizione per 5 secondi. Piegare dolcemente la gamba d’attacco ed equilibrare il movimento con la gamba d’appoggio (D), mantenere quindi la posizione per 5 secondi. Passare infine alla posizione finale (E).
D
E
Ripetere la sequenza per almeno 5 volte, passare poi ad esercitare l’altro lato del corpo eseguendo specularmente gli stessi movimenti. Ripetere le sequenze a destra e a sinistra per altre due volte; aumentare i tempi d’esecuzione di ogni fase, passando gradualmente da 5 a 10 secondi. Una volta che si riesca a mantenere ogni singola posizione correttamente per i tempi indicati si potrà allenare l’esercizio rapidamente, cercando di portare la gamba d’attacco più in alto possibile, ma nel rispetto di tutte le fasi di movimento. Durante il lavoro lento concentrare l’attenzione sul canale dello Stomaco della gamba che calcia. Si allenerà poi la tecnica lentamente e velocemente almeno una decina di volte per lato. La pratica quotidiana migliorerà la vitalità di tutto il corpo.
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Calcio circolare dietro
Questa è la tecnica più complessa presentata in questo volume, è comunque in assoluto uno dei calci più difficili da praticare nelle arti marziali, veramente efficace solo se diretto verso il capo dell’avversario. L’arma naturale è il tallone ma si può colpire anche con la pianta del piede (come nell’immagine sopra). Per eseguirlo in dinamica bisogna aiutarsi con le braccia che, allontanandosi dal corpo per avviare la rotazione, precedono rispettivamente l’avvitamento della testa, del tronco e del piede a terra. Le fasi di sviluppo della tecnica sono meno distinte rispetto agli altri calci, nella fase di caricamento la gamba può essere piegata o distesa, lanciandola velocemente verso il bersaglio; anche nella fase di ritorno la gam249
Arma naturale del calcio circolare dietro: tallone
ba può piegarsi dopo l’impatto o rimanere distesa quasi fino al ritorno alla posizione di partenza. Questo colpo è il più potente di quelli analizzati, in base al prodotto della forza per la velocità. Per aumentarne l’efficacia il parametro della velocità è quello da sviluppare. Per eseguire la tecnica con buoni risultati è necessario preparare assiduamente tutto il corpo e passare molto tempo a sviluppare la coordinazione.
A
B
C
Eseguire i movimenti lentamente, cercando di imitare più possibile quelli mostrati nelle immagini. Dalla posizione inziale (A), eseguire una rotazione antioraria, avvicinando la gamba sinistra verso la destra, girare la testa orientando lo sguardo verso il bersaglio ruotando simultaneamente il piede destro facendo perso sull’avampiede (B), sollevare la gamba e mantenere la posizione in equilibrio per circa 5 secondi (C). Portare la gamba più in alto bilanciando il movimento con il busto, portare il tallone in fuori mettendo il piede parallelo al pavimento (D), mantenere la posizione per 5 secondi. Passare infine alla fase d’attacco (E) tenendola per un secondo circa e scendere poi in posizione (F).
D
E
F
Ripetere la sequenza per almeno 5 volte, passare poi ad esercitare l’altro lato del corpo eseguendo specularmente gli stessi movimenti. Ripetere le sequenze a destra e a sinistra per altre due volte; aumentare i tempi d’esecuzione di ogni fase, passando gradualmente da 5 a 10 secondi; nella fase (E) cercare di arrivare almeno a 5 secondi. Una volta che si riesca a mantenere ogni singola posizione correttamente per i tempi indicati si potrà allenare l’esercizio rapidamente cercando di portare la gamba d’attacco più in alto possibile, ma nel rispetto di tutte le fasi di movimento. Durante il lavoro lento concentrare l’attenzione sul canale della Vescica della gamba che calcia. Si allenerà poi la tecnica lentamente e velocemente almeno una decina di volte per lato. 250 La pratica quotidiana migliorerà la vitalità di tutto il corpo.
Di seguito è analizzata la tecnica con dei fotogrammi estratti da un video girato ad alta velocità per meglio catturare la dinamicità dell’evento. L’esecuzione totale dell’esercizio è di circa un secondo. Osservare con attenzione il lavoro iniziale delle braccia, la rotazione della testa e della gamba a terra che fa perno rapidamente sull’avampiede. In questo caso la gamba d’attacco torna indietro dopo il colpo.
Il rapido avvicinamento della gamba che attacca, l’esplosiva apertura delle braccia e la dinamica torsione del tronco sono fondamentali per un’esecuzione veloce ed impeccabile di questa tecnica. L’allenamento fisico per eseguirla richiede di sollecitare opportunamente le strutture articolari e muscolari dell’intero corpo.
251
Approfondimento: La zona pelvica Facendo riferimento al concetto di integrazione del movimento, alle tecniche marziali e alla trasmissione coordinata delle forze, il praticante esperto deve cominciare a porre attenzione ad una fondamentale struttura anatomica: il pavimento pelvico. Struttura particolarmente importante per chi pratica arti marziali poiché, è grazie alla corretta percezione del movimento del bacino e alla flessibilità articolare delle sue strutture, che si riesce a coordinare il movimento della parte superiore del corpo con la parte inferiore. Per far ciò è necessario che i muscoli del bacino (retto addominale e mu-
scoli addominali obliqui esterni) siano rilassati e non contratti. Percepire con chiarezza il rilassamento della zona pelvica è la chiave del controllo di tutti i movimenti: se l’area tra l’ombelico e l’osso pubico è contratta, sarà difficile rilassare altre parti del cor-
Addominali obliqui esterni
Retto addominale
po, il Qì non potrà muoversi e fluire liberamente, la forza interna sarà vanificata, le braccia e le spalle non sa-
ranno flessibili e il movimento dinami-
Osso iliaco
Osso sacro
co delle gambe sarà poco coordinato e non potrà essere agile. La cavità pelvica racchiude il baricentro del corpo, rappresenta dunque un
Coccige
importante fulcro di integrazione ed equilibrio, è la sede del Dantian inferiore ed è collegata allo Huiyin, punto di incontro dei due vasi straordinari Ren Mai e Du Mai, è delimitata dal diaframma pelvico e urogenitale. Senza entrare troppo nello specifico dei dettagli anatomici, è sufficiente sapere che il bacino è costituito da quattro ossa: il sacro, il coccige e l’ileo su entrambi i lati; le ossa iliache sono composte a loro volta da tre ossa: l’ilio, il pube e l’ischio, inizialmente separate tra loro, poi dopo i 14/15 anni si fondono, saldandosi. Queste ossa sono tenute insieme alle loro articolazioni da legamenti molto forti, a questa struttura si ancorano i muscoli del tronco e delle gambe ed essa sostiene gran parte del peso degli organi interni. Le articolazioni del bacino (sinfisi pubica, sacro iliaca e del coccige) formano un catena cinetica chiusa, ciò vuol dire che ogni movimento di ciascuna di esse si ripercuote sulle altre. I muscoli del pavimento pelvico sono elemento fondamentale della postura, della posi-
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zione eretta perché contribuiscono alla stabilizzazione della cintura addominale, muscoli troppo contratti provocherebbero una rotazione del sacro con la conseguente scompensazione della colonna vertebrale e questo allineamento non ottimale ridurrebbe l’efficienza del movimento e del trasferimento del carico dal tronco a terra. Il pavimento pelvico merita particolare attenzione perché strettamente legato alla tensione di qualsiasi punto del corpo. Potrebbe essere difficile credere che dovrebbe essere invece rilassato, se si pensa che molti programmi di attività fisica, per non parlare dei messaggi culturali cui siamo esposti, invitano a ritirare indietro il sedere e ad appiattire la pancia. Appiattire e tirare indietro. Ritirare la coda è quello che fa il cane quando indietreggia per paura. In realtà, quando tiriamo indietro il sedere alla stessa stregua di un cane che ritrae la coda, sentiamo il pavimento pelvico restringersi e ritirarsi, i fianchi serrarsi e la respirazione accorciarsi. “Scodinzola la coda” e tutto cambierà: il pavimento pelvico si aprirà, la posizione del bacino si sposterà e la respirazione diventerà più profonda. (Porter 2006, pag. 92)
Le ossa del bacino sono coinvolte anche nella dinamica della respirazione. Durante l’inspirazione la distanza tra la cresta superiore dell’ileo si riduce e la parte inferiore del tronco si espande con il rilascio del pavi-
Muscolo ileopsoas
mento pelvico e la colonna lombare si allunga. Durante l’espirazione, il pavimento pelvico si contrae, la parte inferiore del bacino si restringe, la parte superiore si allarga e la colonna lombare ritorna alla sua curva. L’attività del diaframma è sostenuta e bilanciata dal lavoro sinergico del pavimento pelvico e dei muscoli dell’addome, in particolare l’ileopsoas ha il ruolo di collegamento tra il pavimento pelvico e il diaframma. L’irrigidimento del muscolo dello psoas “imbriglia il diaframma”, costringendo a effettuare la sola respirazione toracica. I muscoli psoas svolgono inoltre un ruolo essenziale nel mantenimento della postura e della posizione del bacino. Quando lo scheletro è allineato i muscoli dello psoas sono rilassati ed elastici, liberi di svolgere la loro funzione di flessori dei fianchi, stabilizzatori pelvici e supporto degli organi. Quando il supporto dello scheletro viene a mancare, i muscoli dello psoas si contraggono e si irrigidiscono, ciò provoca una profonda tensione spesso responsabile di dolori alla schiena, ai fianchi e sensazioni di ansia e disagio emotivo. Lo psoas è infine chiamato in causa quando si attiva il riflesso della paura e l’organismo
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si chiude in posizione di difesa con le conseguenti ripercussioni sull’intero sistema nervoso e sulla qualità della respirazione. Un altro importante muscolo connesso alla zona pelvica è il piriforme, muscolo molto profondo situato dietro al grande gluteo, si aggancia all’osso sacro, attraversa il grande foro ischiatico e si inserisce sul grande trocantere del femore. Esso si sviluppa quindi tra l’interno e l’esterno della pelvi. È implicato nella rotazione e abduzione dell’anca, particolarmente coinvolto negli esercizi di mobilità articolare degli arti inferiori, per questo intensamente stimolato da chi pratica arti marziali. Per la sua posizione profonda, il piriforme, se sollecitato in modo traumatico o a causa di schemi posturali errati, può gene-
rare trigger point molto dolenti o provocare schiacciamento e infiammazione del nervo sciatico con la conseguente insorgenza di una dolorosa sciatalgia.
Muscolo piriforme
Visione posteriore del bacino
Il muscolo piriforme, si trova in profondità nel gluteo e ha un ruolo importante nell’extrarotazione dell’anca. Esso è attraversato dal nervo sciatico e una sua contrattura (trigger point) può causare uno strozzamento e una conseguente irritazione del nervo sciatico, determinando quella che è definita “falsa sciatica” o “sciatica mozza”, una sintomatologia della sciatica che coinvolge un tratto ridotto del nervo, generalmente dal gluteo fino al massimo al ginocchio, differente dalla sciatica vera e propria, causata da una compressione radicolare provocata da una discopatia (un’ernia o una protrusione) a livello dell’uscita dal canale midollare di una radice nervosa che andrà a confluire nel nervo sciatico.
I bambini sono dei veri maestri nell’uso del pavimento pelvico, ogni volta che si accovacciano per raccogliere qualcosa, espandono il loro pavimento pelvico, garantendo alle articolazioni la possibilità di muoversi e funzionare al meglio, come pure nel sollevare carichi pesanti l’unico modo per non gravare troppo sulla schiena è utilizzare consapevolmente il contributo del pavimento pelvico attraverso la nutazione sacrale che stabiliz254
za e consolida l’articolazione sacroiliaca. La percezione dell’area immediatamente sopra l’osso pubico che si espande e si contrae con il respiro è un passaggio fondamentale per sviluppare forza, equilibrio e armonia. La visualizzazione del movimento del pavimento pelvico come centro cinetico rappresenta un elemento fondamentale per l’ottimizzazione dell’allenamento.
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In ogni epoca, i Taoisti hanno cercato di ottenere l’immortalità. Per questo, hanno cercato di fabbricare il famoso “elisir dell’immortalità”. Per fare questo, hanno praticato l’alchimia operativa preparando degli elisir a base di diversi ingredienti, spesso dannosi per la salute come il mercurio, l’orpimento, il cinabro. Ben presto, si sono resi conto che possedevano questo famoso “elisir d’immortalità” in sé, e che per ottenere questo Oro tanto ricercato, era sufficiente svegliarlo, semplicemente trasmutando diverse energie interne. (Krasensky, 2014, Seconda parte, Il Nei Dan, Kindle) 256
2. La salute, la forza e la longevità: esercizi tradizionali La pratica del Qì Gong coltiva l’Essenza e sviluppa lo Spirito, rende il Qì e il sangue abbondanti e ben nutriti, i tendini e le ossa forti ed allenati. Uno tra i principi fondanti della pratica energetica è la correlazione tra il Qì e il sangue: il Qì mantiene in vita le cellule del sangue e il sangue trasporta il Qì. Solo quando il Qì e il sangue sono abbondanti, possono energizzare i muscoli e le ossa, solo quando i muscoli e le ossa sono forti, il Qì e il sangue circolano, allora il corpo è in salute. Antichi metodi di allenamento e pratiche energetiche tradizionali sono gli esercizi della
Mutazione dei Tendini e dei Muscoli e il Lavaggio del Midollo e del Cervello, il primo produce un rafforzamento esterno, il secondo è più una pratica interna, il primo consiste nel “cambiare e regolarizzare”, il secondo nel “pulire e svuotare”, entrambi possono essere un mezzo per condurre il praticante all’illuminazione. 2.1. La Mutazione dei Tendini e dei Muscoli e alcune pratiche interne Il Classico della Mutazione dei Tendini e dei Muscoli (Yi Jin Jing) è attribuito a Bodhidharma (Da Mo) verso il 550 d.C. che ha trasmesso una metodologia di allenamento basata su pratiche energetiche sia esterne, sia interne. Secondo la leggenda questi esercizi furono ideati da Bodhidharma stesso che, giunto al monastero di Shaolin, trovò i monaci in un cattivo stato di salute e propose loro la pratica di questi 12 esercizi che lavorano sulla tensione, contrazione e rilassamento di muscoli e tendini, sviluppando, in questo modo, il Qì negli arti. Lo scopo di questi esercizi era, ed ancor oggi è, quello di: •
aumentare il flusso del Qì all’interno del Vaso Governatore e Vaso Concezione (Piccola Circolazione Celeste);
•
eliminare i ristagni energetici lungo i dodici canali principali;
•
potenziare il Qì di difesa;
•
aumentare le capacità marziali;
•
porre solide basi per l’allenamento dell’elisir interno.
Tra gli svantaggi però bisogna dire che è un metodo molto Yáng e, se spinto all’estremo, porta il corpo a subire un processo di degenerazione muscolare e dispersione energetica, poiché sottopone la struttura corporea ad uno stress eccessivo. I millenari esercizi, la cui pratica durava diversi anni in quanto ogni esercizio doveva essere ripetuto per decine di volte, hanno molteplici versioni, diversi nomi, ma l’idea del movimento rimane complessivamente la medesima, come spiega Damo Mitchell: Ho avuto diversi insegnanti che mi hanno accompagnato nella pratica dell'Yi Jin Jing. Ognuno di essi ha avuto la propria distinta interpretazione di ciò che fosse lo Yi Jin Jing, ma tutti concordavano sul fatto che si trattasse di un insieme di principi, non di esercizi. (Mitchell, 2018, Chapter 3, The Sinew-Changing Classic, Kindle)
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Gli esercizi devono essere svolti con estrema lentezza, aprendo il proprio cuore ad uno stato di quiete interiore, portando i movimenti all’estremo e al massimo dell’estensione in una profonda tensione dinamica, acquisendo tuttavia la massima flessibilità per far fluire il Qì nel modo più agevole. In linea più generale, si tratta di esercizi finalizzati a rinforzare il corpo fisico: pelle, muscoli e tendini, fasce e ossa. Lo Yi Jin Jing aiuta dunque a tonificare il corpo, ripulire i vasi sanguigni, riattivare il midollo osseo, migliorare il sistema di circolazione del sangue e rafforzare il sistema immunitario. Il suo esercizio costante consente di curare malattie legate alla colonna vertebrale che, grazie alla lenta esecuzione dei movimenti, si allunga e si scioglie dolcemente.
È una forma apparentemente facile, ma contiene significati molto profondi che si nutrono delle teorie della Medicina Tradizionale Cinese e della meditazione Ch’an per il controllo della mente. Secondo il Maestro Shi Yan Hui (2018), le principali caratteristiche dello Yi Jin Jing sono: •
«Morbidezza, armoniosità, lentezza, agilità e continuità»
I movimenti devono essere eseguiti in modo rilassato, leggero e sciolto. La lentezza impone che il baricentro del corpo sia fermo, stabile e pronto a passare da una posizione all’altra. I gesti devono seguire una traiettoria “rotonda” e non lineare adattandosi alle curvature del corpo. Lo svolgimento degli esercizi passa, senza interruzioni e con continuità, dai movimenti pieni a quelli vuoti. •
«Il nesso tra rilassamento e tensione e la compatibilità tra dinamismo e staticità»
Per rilassamento si intende sia quello mentale, sia quello fisico. Ci si riferisce dunque alla calma interiore che si raggiunge con la meditazione e al rilassamento del corpo che si realizza attraverso lo scioglimento delle articolazioni, l’allungamento dei muscoli e la “distensione” degli organi interni. Il rilassamento è un percorso di allenamento che va dall’interno all’esterno e dalla superficie alla profondità. È una sensazione di leggerezza, di assenza di stress e di comfort della mente, del fisico e del respiro. (Shi Yan Hui 2018, Parte Terza, Lo Yi Jin Jing, Kindle)
La tensione è invece l’armonia che si realizza nella “forza equilibrata” che non è mai rigidità o durezza, si manifesta al termine di un’azione e prima dell’inizio della successiva e
dura solo qualche secondo. Il dinamismo è connesso alla nostra intenzione (Yì) di guidare un’azione leggera, agile, fluida e determinata; la staticità indica la stabilità, il radicamento, anche laddove esternamente sembra che ci sia una pausa in realtà internamente la muscolatura è in tensione continua e sottoposta ad un progressivo allungamento. •
«L’unione tra lo Shen e lo Xing e il Qi che è al suo interno»
Lo Shén indica la mente consapevole e Xing il corpo fisico in movimento, essi costituiscono un’unità inscindibile dove il corpo segue l’intenzione della mente e il Qì circola fluidamente all’interno del corpo. 258
I principi della pratica della Mutazione dei Tendini e dei Muscoli prevedono un insieme di esercizi (interni ed esterni) volti al rafforzamento di pelle, muscoli, tendini, fasce e ossa. La pelle si fortifica e si irrobustisce attraverso tecniche stimolative (massaggiare, percuotere, frustare e colpire), oppure attraverso la pratica della Respirazione dell’Espansione Corporea nella quale durante l’inspirazione si conduce il Qì nel Dantian inferiore per poi espanderlo sulla cute nella fase espiratoria, come se si stesse gonfiando il corpo. I muscoli e i tendini vengono rafforzati e potenziati aumentando la loro elasticità, ricorrendo anche all’uso di particolari strumenti come pestelli, manubri, sfere, sacchetti pieni di sabbia o cuscinetti a sfera, fruste, martelli, pesi. I tendini (pag. 288) costituiscono la
parte terminale dei muscoli, per questo nella MTC si usano spesso indifferentemente le singole parole (“tendini” e “muscoli”) per riferirsi ad entrambe le strutture.
Nell’ambito della MTC e del Qì Gong sono numerosissimi gli strumenti utilizzati per la riabilitazione fisica e per la prevenzione delle malattie che hanno la funzione di percuotere, colpire, picchiettare, stimolare e frustare andando ad agire sui canali dell’agopuntura.
L’addestramento delle fasce è una tra le parti più importanti di questa metodologia di allenamento. Le fasce (pag. 114) si trovano tra la pelle e i muscoli, tra le ossa e i muscoli e la loro presenza consente il movimento poiché, fungendo da guaine protettive, isolano un muscolo dall’altro, eliminando le interferenze tra le azioni dei diversi gruppi muscolari. La mobilità delle fasce può essere aumentata attraverso esercizi di torsione o percussione. Come precedentemente detto, le fasce da un punto di vista elettrico, a differenza di muscoli e ossa, sono caratterizzate da una scarsa conducibilità e questo permette di accumulare abbondanti livelli di Qì che serve per nutrire muscoli, tendini, ossa e pelle. 259
Le parole del Maestro Yang Jwing Ming chiariscono bene la necessaria integrazione dell’allenamento di ogni parte del corpo al fine di ottimizzare i risultati dell’addestramento: Se allenate solo i tendini, sebbene ne aumenterete la forza, non sarete in grado di sviluppare la quantità di Qi necessaria per energizzarli. Per farlo, dovete addestrare le fasce, che sono della specie di pile energetiche per l’immagazzinamento del Qi. Il primo passo nell’addestramento delle fasce consiste nel farle crescere e sollevare. Tuttavia se allenate solo le fasce senza addestrare i tendini e i muscoli, anche se possedete una buona riserva di Qi, non avrete nulla da energizzare. Se avete un motore in cattive condizioni, non importa quanto sia potente la fonte d’energia che utilizzate, in quanto non funzionerà mai bene. Perciò per raggiungere dei risultati soddisfacenti tramite l’addestramento, dovete avere a disposizione dei buoni motori (tendini), degli efficaci condensatori (fasce) e un’energia elettrica pura (Qi). (Yang Jwing Ming, 2000, pag. 112)
Le ossa sono come la struttura portante di un edificio e devono essere allenate perché questo contribuisce ad eliminare le cause della stagnazione energetica tra i canali e il midollo. Le ossa si allenano con le posizioni o con l’utilizzo di strumenti, ad esempio le costole possono essere allenate premendo e rotolando una barra o una palla metallica sul torace per aumentare la tensione su di esse, accrescendone la resistenza e la forza. La parte Nei Gong della Mutazione dei Tendini e dei Muscoli è affidata alla pratica di due esercizi fondamentali: la Piccola Circolazione Celeste e la Grande Circolazione Celeste. La prima serve per sviluppare il Qì all’interno dell’organismo e la seconda a condurre il Qì
verso le estremità.
Piccola Circolazione Celeste 260
La pratica della Piccola Circolazione Celeste è il fondamento dell’allenamento delle fasce. Il Qì viene sviluppato nel Dantian inferiore attraverso degli esercizi di rotazione, contrazione ed espansione degli addominali (Fang Ton, “ritorno all’infanzia”), viene poi usato per riempire il Vaso Concezione, responsabile del nutrimento dei sei organi Yīn, e il Vaso Governatore, responsabile della regolazione dei sei organi Yáng. Per fare in modo che il Qì circoli liberamente nei dodici canali fondamentali, bisogna aumentarne il flusso all’interno due vasi attraverso questo importantissimo esercizio. Il passo successivo è la pratica della Grande Circolazione Celeste: dopo aver completato la Piccola Circolazione Celeste, che richiede una severa autodisciplina e diversi anni di pra-
tica, si passa a condurre il Qì lungo gli arti. Prima lo si fa servendosi della Respirazione dell’Espansione Corporea (descritta nelle pagine precedenti), detta anche “respirazione cutanea” perché serve a mandare l’energia sulla pelle, poi con la Respirazione dei Cinque Cancelli nella quale ci si concentra sul punto Baihui, sul punto 8 del canale del Maestro del Cuore (Lao gong PC 8) e sul punto 1 del canale dei Reni (KN 1): l’inspirazione porta dentro e l’espirazione porta fuori attraverso queste cinque porte.
Respirazione dei Cinque Cancelli
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Infine la Grande Circolazione Celeste si conclude con la Respirazione dei Canali Yīn e Yáng, nella quale quando si inspira si porta il Qì lungo i canali Yīn fino al Dantian inferiore e poi su nel Dantian superiore; quando si espira si rilassa il Dantian superiore, si guida il Qì verso l’alto e poi lo si fa scendere lungo il lato esterno degli arti, mentre il Dantian inferiore si dilata.
Respirazione dei canali Yáng
Respirazione dei canali Yīn
L’intero addestramento dei muscoli e dei tendini fin qui descritto è un prerequisito fondamentale per la pratica del più complesso Lavaggio del Midollo e del Cervello. 1.2. Il Lavaggio del Midollo e del Cervello Il Lavaggio del Midollo e del Cervello (Xi Sui Jing) è una pratica che dona longevità e lunga vita, poiché permette di: •
condurre il Qì all’interno del midollo per mantenerlo pulito;
•
condurre il Qì all’interno del cervello per nutrirlo.
Gli scopi di questo addestramento sono: •
il conseguimento della salute e della longevità;
•
il miglioramento delle capacità marziali;
•
il raggiungimento dell’illuminazione.
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Questa pratica è stata tenuta segreta per più di mille anni, tanto che si temeva addirittura che fosse andata perduta, poi nella seconda metà del XX secolo, cominciarono a pubblicare le prime notizie di essa e il suo insegnamento si diffuse liberamente. La segretezza con cui fu custodita dipende dalla complessità delle tecniche; dalla difficoltà nel raggiungere il suo traguardo finale, l’illuminazione, che spesso implica una “fuoriuscita dal mondo”; dalla necessità di aver prima concluso l’intero percorso della Mutazione dei Tendini e dei Muscoli. Il midollo produce la maggior parte dei nostri globuli rossi e bianchi, per far questo ha bisogno di una buona quantità di Qì che, durante la giovane età, è abbondante e più che
sufficiente per sostenere questa attività alla base della nostra salute. Invecchiando, le riserve di Qì si abbassano e il midollo si riempie di grasso, opera più a rilento e comincia a produrre cellule sanguigne dannose che vanno in circolo e fanno funzionare male i muscoli e gli organi. Da un punto di vista bioelettrico sembra che il midollo sia capace di conservare una grossa quantità di cariche elettriche, fungendo in questo modo da batteria che regola il flusso energetico. Per praticare il Lavaggio del Midollo occorre avere un surplus energetico che si può ottenere con gli esercizi precedentemente spiegati della Mutazione dei Tendini e dei Muscoli oppure, negli uomini, con la stimolazione degli organi sessuali che attivano la produzione di ormoni. Il surplus energetico non deve tuttavia portare il corpo a subire un ecces-
so di energia Yáng, pertanto questa pratica serve a controbilanciare questa eccedenza che potrebbe portare ad una più veloce degenerazione fisica. Per nutrire e purificare il midollo negli arti e nelle costole si possono praticare due esercizi: Tecnica della Respirazione ossea: il Qì che riempie le fasce può penetrare nelle ossa attraverso le giunture degli arti o attraverso i piccoli canali energetici che si trovano attorno all’osso, che per sua natura è un semiconduttore. In questa pratica bisogna utilizzare la consapevolezza e l’intenzione della mente per condurre il Qì così in profondità e bisogna aver raggiunto un alto livello di pratica per sentire l’energia penetrare così internamente. Questa respirazione rimuove il grasso dal midollo osseo e crea spazio per la crescita del midollo, migliorando la nostra caLa respirazione ossea: il Qì penetra in profondità e si condensa nell’osso. 263
pacità di produrre cellule del sangue sane. Le cellule del sangue, a loro volta, nutrono il corpo e lo aiutano a resistere alle malattie. Il midollo delle ossa rotonde, come quelle di braccia, gambe e colonna vertebrale, produce globuli rossi. I globuli rossi trasportano ossigeno e sostanze nutritive a tutte le cellule del corpo. Il midollo di ossa piatte, come il cranio, le costole e i fianchi, produce globuli bianchi, i soldati del sistema immunitario. Nella respirazione ossea utilizziamo il potere della mente per stabilire un flusso di chi esterno attraverso la punta delle dita, le dita dei piedi e le altre ossa sporgenti del corpo, diffondendolo in tutta la struttura scheletrica. Nella respirazione della pelle milioni di pori e follicoli piliferi nella pelle assorbono energia dall'atmosfera. I follicoli piliferi e i pori sono le parti più sensibili del corpo in termini di attrazione di ioni, elettroni e protoni dall'aria. Il movimento della carica elettrica all'interno del corpo è alla base di tutti i processi metabolici. Nell’espirazione, attiriamo il chi attraverso i pori e i follicoli fino alla superficie dell’osso; sull’espirazione, condensiamo il chi nelle ossa contraendo i muscoli vicino all’osso. Ci riferiamo anche a questo processo come compressione ossea. (Mantak Chia, 1996 Chapter 13, Skin and Bone-Breathing Form)
Esercizio delle sferzate: questa tecnica è invece una pratica esterna e consiste nel percuotere con intensità progressivamente crescente le ossa, le articolazioni e i muscoli con un mazzo di fili di ferro per aumentare il potenziale elettrico nelle fasce. Per nutrire e purificare il midollo spinale e con esso il cervello, si raccomanda la pratica della Via dell’acqua (pag. 145) nella quale il Qì raggiunge il cervello salendo lungo il Vaso Penetrante.
I passi fondamentali da seguire nell’addestramento sono essenzialmente quattro e ripercorrono la metafora dell’embrione spirituale che cresce: 1. Raffinare l’Essenza e convertirla in Qì: questa prima fase è anche detta “Cento giorni per stabilire le fondamenta” che rappresentano il concepimento del sacro embrione formato dall’energia Yīn (Acqua) e Yáng (Fuoco) che si raccolgono nella “Cavità dell’Anello di Giada” che si trova tra il Dantian mediano e quello inferiore, protetta dalle fasce. Parte dell’Essenza è fornita dal seme (i testicoli sono infatti ritenuti dalla MTC dei Reni esterni), per questo si utilizzano diversi metodi per stimolare, sia fisicamente sia mentalmente, la produzione seminale; il seme in eccesso deve però trasformarsi in Qì altrimenti penetrerà nel cervello facendo crescere il desiderio sessuale e offuscando l’equilibrio delle emozioni. Il metodo della conversione dell’Essenza in Qì è semplice ed avviene facendo salire il Qì, svuotando i vasi delle gambe, questa mancanza stimola una maggiore produzione di Qì. 2. Purificare il Qì e convertirlo in Spirito: questa seconda fase è detta “Dieci mesi di gravidanza” in cui si deve continuare a fornire Qì purificato all’embrione che avrà sufficiente energia per crescere e formare un proprio Spirito. 3. Raffinare lo Spirito e farlo ritornare al nulla: questa terza fase è detta “Tre anni di allevamento”, il Qì conservato nella cavità è abbastanza forte e può ora salire nel
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Dantian superiore, da qui l’energia apre il “cancello” in cima al capo, Baihui, che una volta aperto permette di scambiare energia tra uomo e natura, assorbendo energia celeste dal sole e dalle stelle. Il fanciullo spirituale nasce nel Dantian superiore e deve essere nutrito con energia pura. 4. Polverizzare il nulla: quarta fase detta “Nove anni rivolti verso il muro”, in cui l’immagine del muro sta a indicare che non si è più tentati dalle cose materiali, infatti polverizzare il nulla significa distruggere l’illusione del mondo fisico, liberandosi dai legami emotivi, così lo Spirito potrà separarsi dal corpo e raggiungere l’illuminazione. Le prime tre fasi indicate possono essere perseguite sia tramite un allenamento esterio-
re: stimolazione per mezzo di sferzate, percussioni e pressioni; sia tramite un allenamento interiore: respirazione, respirazione ossea e delle cavità, intenzione, focalizzazione, meditazione; la quarta fase è invece tutta spirituale, prevede l’abbandono del corpo tramite l’addestramento al letargo.
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Esercizi Cedevole come l’acqua, resistente come il metallo Questa pur essendo una forma moderna, propone un lavoro in linea con i principi tradizionali che, oltre a stimolare i dodici canali principali, favorisce in modo particolare i meridiani tendino-muscolari. È un lavoro completo per tutto il corpo poiché dopo aver attivato le articolazioni superiori si compie anche un lavoro approfondito sugli arti inferiori con gli ultimi due esercizi che propongono uno stiramento intenso delle gambe e della schiena. La forma prevede una preparazione respiratoria avanzata in quanto i movimenti, esegui-
ti lentamente, si abbinano a lunghe apnee e fasi respiratorie intense. Si consiglia di praticarla dopo aver implementato le proprie capacità respiratorie con gli esercizi di respirazione illustrati nelle prime pagine del libro. Come è utile fare quando si impara una forma nuova, si suggerisce di affrontare prima il lavoro meccanico senza pensare al respiro, per poi introdurre le corrispondenti fasi respiratorie solo quando i movimenti sono consolidati. Il lavoro prevede più livelli di pratica: meccanico, respiratorio, della circolazione energetica, dell’accumulazione del Qì nelle ossa.
Primo livello: movimento meccanico Consiste nell’eseguire il movimento andando a stimolare tendini, muscoli e articolazioni.
Secondo livello: abbinare la respirazione Consiste nell’eseguire i movimenti facendo attenzione alle fasi respiratorie di inspirazione, apnea ed espirazione.
Terzo livello: circolazione energetica È quello in cui la mente, durante il movimento, percepisce ed associa il flusso energetico lungo i dodici canali principali.
Quarto livello: accumulazione del Qì nelle ossa Seguendo le indicazioni relative alla Tecnica della respirazione ossea, l’energia, dopo essere stata accumulata nelle ossa, viene fatta circolare grazie ai movimenti fluidi e allo sblocco delle articolazioni.
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La sequenza delle immagini si svolge da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso
Saluto formale Congiungere le mani a preghiera davanti al petto, inchinarsi leggermente con il busto mantenendo lo sguardo in avanti. Ritornare nella posizione di partenza.
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L’acqua esce potente dalla fontana Divaricare le gambe, spostando il piede sinistro ad una distanza pari all’ampiezza delle spalle e predisporsi alla pratica. Inspirare portando le braccia verso l’alto con i dorsi delle mani rivolti verso l’interno, seguire il movimento con lo sguardo. Ruotare le mani mentre si distendono le braccia, al termine del movimento le braccia saranno tese il più possibile e i palmi diretti verso l’esterno.
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Trattenere il respiro mentre si percepisce lo stiramento e l’allungamento della colonna, degli arti superiori e la stimolazione dei canali che li attraversano. Portare lo sguardo in avanti, cominciare poi ad espirare lentamente mentre si fanno scendere gradualmente le braccia sui lati del corpo.
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Il sole che nasce genera il vento Dalla posizione iniziale, inspirare lentamente mentre si sollevano le braccia verso l’alto con i palmi delle mani rivolti verso terra. Cercare di percepire le braccia che levitano dolcemente senza sforzo e porre attenzione al peso delle mani.
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Trattenere il respiro mentre si flettono le braccia portando i gomiti verso il corpo e gradualmente rivolgere i palmi delle mani in avanti. Spingere il petto in fuori e i gomiti indietro. Espirare mentre si distendono le braccia in avanti con le mani piegate a 90° rispetto all’avambraccio, percepire la pressione del Qì nelle braccia.
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Carezzare le due tigri Rilasciare delicatamente la tensione sui polsi e percepire il flusso del Qì che torna a scorrere liberamente, rivolgendo i palmi delle mani specularmente verso l’interno. Inspirare mentre si fanno scendere le braccia con i dorsi delle mani rivolti verso il basso. Proseguire l’inspirazione mentre si distendono le braccia in apertura verso l’esterno sempre con i dorsi verso il basso. Trattenere il respiro mentre si rilassano le mani portandole in linea con l’avambraccio.
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Espirare mentre si riavvicinano le mani con i palmi verso il basso stimolando intensamente le articolazioni dei polsi e distendendo le braccia. Rilasciare naturalmente le braccia lungo i lati del corpo. In entrambi i movimenti descritti in questo esercizio, la flessione del polso va ad influenzare il flusso naturale del Qì e del sangue negli arti superiori, non appena si rilassano i polsi, il flusso torna a scorrere con maggiore potenza (si veda a proposito il paragrafo 3.2 del capitolo seguente).
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Dominare le due polarità Inspirare mentre si solleva la mano destra verso il petto e la punta delle dita è diretta verso l’alto, allineare l’altra mano con le dita che puntano verso il basso. Trattenere il respiro rilassando i polsi e sollevare le braccia portando gli avambracci paralleli al tronco e tra di loro; fare scorrere poi gli avambracci uno sull’altro. In questa fase cercare di immaginare un ideale campo magnetico tra le braccia. Ruotare la mano sinistra in modo che si allineino le punte delle dita con entrambi i palmi delle mani rivolti in avanti. Mantenere la posizione delle braccia ruotando leggermente il busto sul lato destro del corpo con il gomito destro più in alto del sinistro.
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Continuare a trattenere il respiro mentre si porta lo sguardo verso il basso in direzione del gomito sinistro, stirando le vertebre cervicali e poi distendere il collo e ruotare il capo indietro in direzione del gomito destro. Espirare ruotando ulteriormente il busto indietro flettendo leggermente le gambe. Al termine della rotazione congiungere le mani a preghiera e riportarle davanti al petto. Ripetere l’esercizio sull’altro lato del corpo.
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Chiudere con fermezza Inspirare portando le mani verso il basso con i palmi rivolti verso l’alto, distendere le braccia in linea con il corpo.
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Trattenere il respiro spingendo le braccia dietro. Tracciare un movimento circolare con le mani portandole avanti, ammorbidendo e curvando leggermente la schiena. Espirare mentre si riportano le braccia al corpo con i palmi paralleli che spingono verso il pavimento, allineando e stirando la colonna nella posizione eretta.
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Scuotere l’albero con forza - 3 movimenti in avanti Questo esercizio si compone di un insieme di movimenti rotatori che partono disegnando un cerchio in avanti con il mento seguito dalla rotazione delle spalle nella stessa direzione, sono funzionali ad un profondo scioglimento delle articolazioni intervertebrali. Si consiglia di eseguire il movimento in modo sempre più rilassato e profondo, curvando prima la parte dorsale della schiena in avanti per poi trasmettere il movimento alla parte bassa della schiena, favorendo e amplificando la naturale curva lombare.
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Scuotere l’albero con forza - 3 movimenti indietro Questo esercizio è speculare al precedente e inizia disegnando un cerchio indietro con il mento, spingendo il petto in fuori, per poi trasmettere il movimento a tutta la schiena. Lasciare fluire il respiro in armonia con il movimento.
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Chiudere e aprire il libro - A Inspirare sollevando le mani con il palmo verso l’alto, portare poi le mani in avanti e girare i palmi verso il pavimento, eseguire il movimento cercando di percepire la sensazione di formicolio e pesantezza che si genera sulle mani. Disegnare un semicerchio con le braccia e portare le mani sui lombi.
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Trattenere mentre si flettono progressivamente le gambe, facendo scendere le mani lungo la fascia posteriore delle gambe. Agganciare le caviglie, mantenendo le gambe piegate e portare le spalle a contatto con le ginocchia, cercando di allungare la schiena. Espirare mentre si portano le mani sotto le ginocchia sul punto ST 36, distendere le gambe allungando la schiena in avanti, portandola in parallelo rispetto al pavimento.
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Chiudere e aprire il libro - B Ripetere un’altra volta il movimento precedente, cercando di percepire con maggiore intensità lo stiramento della schiena e delle gambe.
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Chiudere e aprire il libro - C Dopo aver preparato la schiena e le gambe, si procede con un movimento di stiramento più intenso. Inspirare mantenendo le gambe tese, portando le braccia dietro alle gambe e agganciare le mani l’una con l’altra. Trattenere mentre si porta la testa a contatto delle mani oltre al linea delle gambe. Espirare mentre si risale lentamente, tornando nella posizione iniziale.
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Mettere le fondamenta nella terra Questo è l’esercizio più complesso della forma e richiede non solo un’adeguata preparazione respiratoria, ma anche un’avanzata preparazione delle strutture tendino-muscolari poiché comporta un movimento di stiramento intenso della fascia posteriore delle gambe e implica una buona scioltezza della parte superiore della schiena. Inspirare mentre si porta la gamba sinistra in avanti con il piede a 90° rispetto al destro e il tallone in linea con la punta del piede destro. Sollevare le mani fino a raggiungere il costato portando i gomiti indietro per aprire le spalle. Trattenere mentre si ruota il busto verso sinistra e, tenendo le gambe tese, portare la mano destra a terra.
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Posizionare la mano destra a terra davanti al piede sinistro, parallela ad esso. Allungare il braccio sinistro verso l’alto portando le spalle in linea in una posizione il più possibile ortogonale rispetto al pavimento, con le mani parallele e le dita nella stessa direzione. Una volta raggiunta la posizione cercare di percepire la spinta del braccio sinistro verso l’alto e il conseguente distanziamento delle scapole tra loro. Laddove non fosse ancora possibile portare la mano a terra mantenendo tese le gambe, poggiare la mano sul ginocchio. Espirare tornando nella posizione iniziale e svolgere il movimento sull’altro lato del corpo, portando la gamba destra in avanti.
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Fase meditativa Chiudere la forma con una fase meditativa, portando le mani sulla pancia, seguendo le indicazioni esposte nella parte pratica del prossimo capitolo.
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Saluto formale Congiungere le mani a preghiera e inchinarsi leggermente con il busto in avanti.
In Oriente spesso per apprendere e memorizzare meglio i movimenti di una forma, si accompagna lo studio della tecnica ad un componimento che la descrive in forma poetica. Questo espediente ha favorito negli anni la conservazione delle forme tradizionali. Di seguito il poema della forma presentata nelle pagine precedenti. Cedevole come l’acqua, resistente come il metallo
L’acqua esce potente dalla fontana Il sole che nasce genera il vento Carezzare le due tigri Dominare le due polarità Chiudere con fermezza Scuotere l’albero con forza Chiudere e aprire il libro Mettere le fondamenta nella terra
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Approfondimento: I tendini La struttura dei tendini è formata principalmente da tessuto connettivo fibroso (collagene di tipo I) e da una sostanza elastica, l’elastina; il tessuto fibroso denso regolare collagenico di cui i tendini sono composti ha la caratteristica di essere flessibile e resistente alla trazione. Queste strutture hanno l’importante funzione di connettere i muscoli alle ossa, consentendo la trasmissione del movimento dai muscoli all’apparato scheletrico. I tendini svolgono inoltre una funzione stabilizzatrice rappresentando, insieme all’apparato scheletrico-muscolare, un complesso sistema di ammortizzatore biomeccanico capace di sostenere e rispondere all’applicazione di una forza esterna, garan-
tendo resistenza e tenuta della struttura corporea. I tendini possono essere rivestiti da particolari guaine fibrose o, in prossimità delle più importanti articolazioni, per lo più associate alle protuberanze ossee come quella del gomito, del ginocchio o della caviglia, possono presentare alcune strutture dette borse che contengono fluido sinoviale che hanno il compito di mantenerli in situ e di facilitarne lo scorrimento. L’epimisio, perimisio ed endomisio (pag. 115) di un muscolo generalmente si trovano in continuità con il tessuto fibroso del tendine, il quale da una parte origina appunto dal muscolo e all’altra estremità termina nella guaina connettivale che ricopre l’osso, questo fa sì che l’apparato muscolare e quello scheletrico siano in stretta continuità tra loro
per tramite dei tendini, costituendo sostanzialmente un’unica struttura che fornisce un apparato di sostegno, coordinato e dinamico, al corpo: i rivestimenti fibrosi di ogni muscolo sono continui con i loro tendini, che a loro volta si trovano in continuità con le strutture fibrose dell’osso al quale sono collegati. Ciò che a noi particolarmente interessa è proprio questo funzionamento globale, laddove l’apparato muscoloscheletrico ha notevoli connessioni con altri sistemi dell’organismo che si modificano nell’esecuzione dei movimenti, permettendo quindi un’integrazione globale per mezzo di circuiti di feedback che regolano le contrazioni muscolari, mantengono la postura e controllano la motilità (Patton, Thibodeau 2010). Gli organi di senso, l’apparato cardiovascolare, respiratorio, digerente, urinario nelle loro funzioni specifiche hanno un ruolo fondamentale in ogni movimento del corpo, mantenendo l’afflusso di sangue nei muscoli, depurando il corpo dalle sostanze di rifiuto, fornendo ossigeno e nutrimento. In tutto questo il ruolo dei tendini diventa cruciale non solo relativamente alla componente meccanica, ma anche perché attraverso i propriocettori che si trovano nei tendini, oltre che nella muscolatura scheletrica e nelle capsule articolari, forniscono al sistema nervoso importanti informazioni circa i movimenti corporei, l’orientamento nello spazio e lo stiramento muscolare in particolare attraverso i fusi neuromuscolari e i recet-
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tori tendinei del Golgi (pag. 200) i quali svolgono la necessaria funzione di evitare lesioni.
Strutture tendinee
I tendini reagiscono agli stimoli esterni adattandosi e modificando le proprie caratteristiche. Essi si adattano gradualmente ai carichi di lavoro che possono provocare il loro irrobustimento o il loro indebolimento nel caso in cui questi siano troppo ridotti o vi sia un’eccessiva sedentarietà. Questo processo di condizionamento avviene molto più len-
tamente rispetto a quello muscolare, che invece risulta più rapido. Il tessuto tendineo, infatti presenta una scarsa vascolarizzazione che comporta una ridotta richiesta di ossigenazione e di nutrimento. Per questo motivo i tendini hanno il vantaggio - laddove essi siano correttamente preparati - di produrre un movimento dal rendimento maggiore con il minimo dispendio energetico e con un limitato intervento dei muscoli, preservando in questo modo le strutture muscolari da eventuali danni dovuti a stiramenti o stress lattico.
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Quando ti interrogano curiosi, cercando di sapere cosa Esso sia, Non affermare nulla, non negare nulla. Perché ogni cosa affermata non è vera. E ogni cosa negata non è vera. Come potrà qualcuno dire con verità che cosa può essere, Finché egli stesso non ha pienamente raggiunto Ciò che È? E dopo che l’ha raggiunto, qual parola si può mandare da una Regione Dove il carro della parola non trova una via su cui correre? Dunque alle loro domande offri il silenzio soltanto, Il silenzio… e un dito 290 che indica la Via. (Alan Watts, 1958 pagg. 19-20)
3. Sequenze di lavoro e principi per la pratica In questo capitolo verranno illustrati i principi fondamentali alla base della pratica. Saranno presentate numerose informazioni teorico-pratiche, alcune semplici e altre molto più complesse, che potranno essere comprese nel profondo solo grazie alla progressiva consapevolezza che nasce da un’applicazione costante e attenta. I principi del condizionamento tendineo, dell’addestramento delle fasce, del lavoro sulle catene miofasciali, del controllo della postura, del respiro e della mente rappresentano il fulcro del nostro Qì Gong e solo nella pratica acquistano il loro senso più autentico.
Raccomandiamo dunque al praticante di non avere fretta nel voler necessariamente percepire e/o immaginare quanto verrà introdotto, ma lo invitiamo ad essere paziente, a porsi in ascolto delle risposte del proprio corpo e a lasciar fluire i movimenti in modo spontaneo. Quasi senza accorgersene arriverà il cambiamento strutturale, il miglioramento e con esso il benessere. 3.1. Presupposti per la pratica Pratica quotidiana La quotidianità della pratica è il principio fondante di ogni tipo di allenamento nel Qì Gong, come nelle arti marziali.
L’allenamento quotidiano, meglio se svolto al mattino, in normali condizioni di salute può prevedere una combinazione di semplici esercizi di mobilità articolare, rafforzamento ed esercizi respiratori per una durata complessiva non inferiore a 20 minuti. In presenza di qualche disturbo fisico, sarà necessario eseguire gli esercizi con il massimo dell’attenzione e ripeterli anche più volte al giorno. Lo spazio che si dedica all’attività quotidiana diventa una “pillola di salute” i cui benefici sono di gran lunga superiori alla semplice attività svolta durante le eventuali sessioni di allenamento in palestra. Questa è un’attitudine che si capisce con il tempo, solo dopo averne sprecato tanto, solo dopo aver dissipato parte dell’energia in gioventù, ma una volta compresa l’importanza della pratica quotidiana, non si torna più indietro.
Equilibrio tra forza ed elasticità La conoscenza degli elementi teorici accresce la consapevolezza del praticante e gli permette di raggiungere risultati più velocemente, ma il prerequisito di ogni studio efficace sull’energia interna e sulle sue applicazioni è avere un corpo ben allenato, forte, flessibile e in buona salute. Questo, per quanto possa essere un prerequisito per gli studi avanzati, deve essere il primo obiettivo per chi inizialmente si avvicina alla pratica del Qì Gong o delle arti marziali, consapevoli tuttavia del fatto che perseguire esclusivamente la semplice forza fisica non è assolutamente un obiettivo ben calibrato, soprattutto se a scapito della flessibilità o se non affiancato da uno specifico lavoro energetico. 291
L’esasperazione degli esercizi di rafforzamento porta ad avere muscoli forti, potenti e grandi, ma questo va a discapito dei tendini, della loro flessibilità e della loro resistenza, cosa che porta i praticanti non più giovani a subire frequenti infortuni o un precoce esaurimento delle energie e in più, alla luce di quanto detto finora, ciò impedisce al Qì di circolare liberamente. Condizionamento tendineo Quel che è più vicino alla nostra idea di forza è ben spiegato dal Maestro Mantak Chia nel testo Tendon Nei Kung (2006) nel quale espone importanti principi del rafforzamento tendineo. I tendini infatti, laddove essi siano intelligentemente sviluppati, possono esse-
re paragonati ad elastici estremamente resistenti. La loro natura elastica permette loro di assorbire energia e restituirne fino più del 90% attraverso movimenti in allungamento o in dinamica. Tendini ben condizionati mantengono inoltre la propria forza molto più a lungo sia in termini di performance sia di durata. Secondo l’illustre Maestro, la potenza muscolare si guadagna velocemente in giovane età, ma con l’andare avanti degli anni il potenziamento muscolare diventa sempre più difficile da mantenere, il corpo si indebolisce, si irrigidisce e questo, agli occhi di chi non conosce il “potere dei tendini”, appare come un inevitabile processo naturale. Oltre alla loro intrinseca elasticità, resistenza, e durata, i tendini hanno anche la capacità di canalizzare e immagazzinare il Qì soprattutto nelle articolazioni, strutture fortemente soggette
ad usura e/o traumi. La prova di questo processo di accumulo è l’espulsione di acido urico, questo è il motivo per cui si consiglia di bere molta acqua durante il condizionamento tendineo per favorire la sua eliminazione. Gli antichi taoisti ritenevano che i tendini fossero direttamente collegati al cuore infatti alla contrazione del cuore, corrisponde una leggera contrazione dei tendini, quando invece il cuore si espande anche i tendini si espandono. Per questo nella pratica è utile percepire intensamente il battito del cuore in modo da potersi muovere al suo ritmo quando si fanno esercizi di allungamento o si eseguono delle forme. Questa è un’abilità piuttosto complessa, richiede molta perseveranza, e la chiave sta nella meditazione: calmando la mente, è possibile percepire gli organi interni e ascoltare il ritmo di contrazione ed espansione del cuore (Mantak Chia 2006). Condizionamento delle fasce Un altro aspetto fondamentale dell’allenamento tipico del Qì Gong è l’addestramento delle fasce. Le fasce si trovano tra la pelle e i muscoli, tra le ossa e i muscoli, intorno agli organi e rappresentano il tessuto connettivo che sostiene e mantiene in sede gli organi. Le fasce, il tessuto connettivo, le membrane, che in MTC sono definite Huang, separano e al tempo stesso connettono i muscoli in un’unica rete di collegamento che sostiene la stabilità e il movimento nel corpo umano (energia meccanica). La rete fasciale non risponde solo a livello locale per l’attivazione di un preciso muscolo, ma distribuisce le for292
ze nel loro insieme su tutta la rete miofasciale, come ha dimostrato Myers con la sua ricerca sui meridiani miofasciali (Myers, 2001). Le membrane (peritoneo, pericardio, pleura, etc.) separano gli organi e permettono loro di immagazzinare più energia. Questo tessuto connettivo ha una struttura reticolare, durante l’allenamento, la struttura reticolare si comprime, generando segnali bioelettrici, funzionando come un vasto sistema di comunicazione elettrica, che collega ogni singola cellula del corpo con l’altra. (Mantack Chia, 1996) La fascia è in grado di formare un ampio sistema corporeo di segnalazione meccanosensibile, sfruttando la sua dimensione principalmente meccanica e la capacità dei fibrobla-
sti (cellule del tessuto connettivo) di comunicare tramite le giunzioni fra le cellule. Questo va a creare un’altra importante fonte di integrazione fisiologica, analoga al sistema nervoso, che completa il quadro di funzionamento integrato dell’organismo. Nel momento in cui il praticante ha acquisito consapevolezza del lavoro sulle fasce e sui tendini ha compreso due nodi cruciali dell’allenamento del Qì Gong. Il Qi diventa la forza motrice, l'Huang è il mobilizzatore e lo stabilizzatore del corpo e i tendini forniscono la forza. Una volta che questi sono stati condizionati, allora possiamo dire di aver costruito con successo il corpo del Qi Gong, e quindi stiamo praticando un’arte completamente interna. (Mitchell, 2018 Chapter 3, Moving and Developing the Body According to the Yi Jin Jing, Kindle)
Controllo della postura
Molto si è detto nelle pagine precedenti dell’importanza della postura, del corretto allineamento scheletrico-muscolare, ciò che in questa sede è opportuno aggiungere è che la postura “comincia” dai piedi e dalle mani laddove in effetti partono o terminano tutti i canali principali, per questo è fondamentale porre attenzione ad essi durante la pratica. I piedi sono le nostre radici che affondano nella terra e le mani sono i nostri rami che prendono il nutrimento dall’aria. Controllo del respiro Il respiro rappresenta uno degli aspetti da coltivare nel Qì Gong, certamente uno tra i fondamentali poiché, pur essendo autonomo da un punto di vista fisiologico, può essere in parte anche volontario in quanto possiamo governarlo, allenarlo fino a dominarlo, an-
dando così a inserire l’io cosciente nelle funzioni neurovegetative. Le questioni teoriche e pratiche nell’ambito della respirazione infatti costituiscono un capitolo da studiare e da approfondire con assiduità. L’esercizio metodico della pratica respiratoria porta il praticante a percepire il suo progressivo cambiamento fisiologico durante lo svolgimento di esercizi ai quali possono essere abbinati diversi tipi di respirazione: a polmoni vuoti, a polmoni pieni, praticando la respirazione quadrata che prevede tempi uguali per le fasi di inspirazione, apnea inspiratoria, espirazione e apnea espiratoria (1:1:1:1), o con altre diverse proporzioni tra le fasi respiratorie di inspirazione, apnea ed espirazione (1:4:2, ad esempio). 293
L’utilizzo consapevole del respiro conduce il corpo ad un progressivo adattamento e a una trasformazione dei livelli di CO₂ nel sangue che provoca un miglioramento della salute, una maggiore resistenza fisica e una maggiore capacità del corpo di autoripararsi. Il nostro respiro è l’anello tra il mondo fisico e l’anima. Se come esseri umani riusciamo a trovare la strada per la nostra anima, vinciamo la guerra contro virus e batteri. (Hof)
Implementando il lavoro sul respiro, il praticante esperto prenderà inoltre coscienza del fatto che la respirazione è molto più del semplice scambio gassoso che avviene a livello polmonare. Imparerà a guidare il respiro nelle zone da “curare”, a condensarlo nel Dantian, a respirare con tutto il corpo, con la pelle, con le cellule, con gli organi, con il tessuto
connettivo, con le ossa, a sentire il movimento e a connetterlo con le fluttuazioni e i ritmi regolari di un “respiro molecolare” che regola e rigenera il corpo. Un qualcosa di molto simile al Meccanismo Respiratorio Primario alla base dell’osteopatia e dei trattamenti cranio-sacrali. La stessa fluttuazione che, nella vita intrauterina, anima il Chong Mai, si propaga in tutto il corpo e fornisce il supporto per l’energia vitale, la stessa fluttuazione di cui il praticante acquisisce piena consapevolezza attraverso la pratica meditativa. Infine un aspetto importante del Qì Gong che qui proponiamo è il lavoro specifico tramite esercizi in apnea (inspiratoria ed espiratoria). Gli esercizi a polmoni pieni o a polmoni vuoti provocano un’importante risposta fisiologica che induce una compensazione organica significativa.
Durante l’apnea si ha un inevitabile aumento della quantità di anidride carbonica nel sangue. Il cervello interpreta questo aumento, richiedendo una maggiore disponibilità di ossigeno, questo lo spinge a dilatare le arterie del collo, affinché una maggior quantità di sangue, e quindi di ossigeno, possa affluirvi. Ciò migliora il livello di concentrazione e quello della prestazione. Inoltre, come spiegato nella parte teorica dedicata alla respirazione, l’anidride carbonica ha l’importante funzione di allentare i legami tra l’emoglobina e l’ossigeno, e il suo aumento controllato rende disponibili più velocemente maggiori quantità di ossigeno. Infine l’impegno fisico in condizioni di apnea, mette il praticante nella condizione di lavorare profondamente nella zona di “discomfort”, cosa che aumenta le sue capacità di adattamento, supercompensazione e gestione dello stress. In condizioni di stress da apnea la superficie delle strutture polmonari si riduce enormemente (se si pratica l’apnea in profondità addirittura da 100/150 m² a 50/75 m² ) e contemporaneamente converge nei polmoni un flusso maggiore di sangue per compensare la variazione di pressione. Se a questo si aggiunge un altro dato che è quello relativo alla variazione del consumo di ossigeno in condizioni di stress che passa da circa 6 ml di ossigeno al minuto, in stato di riposo, a circa 150 ml al minuto in condizioni di stress (sia esso mentale, fisico, chimico,
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termico) si comprende quanto sia importante lavorare consapevolmente sulla respirazione (Maric, 2017). Imparare a gestire in modo cosciente questa resilienza del corpo con il controllo del respiro è sicuramente una sfida che porta il praticante ad accedere a livelli superiori della pratica. Controllo della mente Come detto nelle pagine precedenti, la mente ha un ruolo determinante nella riuscita di ogni applicazione, l’intenzione/attenzione è una parte fondamentale di ogni esercizio e il movimento di muscoli e tendini ne è il suo risultato.
Essere consapevoli dei flussi energetici permette di sfruttare al massimo quell’energia potenziale che produce il movimento e di ottimizzare la spesa energetica, massimizzando il rendimento. Per questo motivo il controllo è il primo elemento di ogni corretta esecuzione; laddove per controllo si intende propriocezione, equilibrio, bilanciamento, consapevolezza e plasticità. Il controllo presuppone un altro aspetto indispensabile per la pratica: il rilassamento. Allentando le tensioni anche tramite il respiro, abbiamo imparato che il Qì scorre più fluido e la tecnica è più efficace. Anche in questo caso le tecniche meditative sono fondamentali, l’importanza di tecniche come la Piccola Circolazione Celeste, il Zhan Zhuang o il Sorriso interiore (sviluppato nel metodo del Maestro Mantak Chia) torna in ogni aspetto
della pratica. Il perno della pratica del Qì Gong risiede nel trinomio mente-respiro-corpo. Ogni fattore di questa inscindibile triade, come abbiamo visto, apre un mondo di studio e ricerca che porta il praticante ad appropriarsi di cognizioni sempre più complesse che solo nella pratica acquistano il loro senso più profondo. Molto più semplicemente: [...] cos’è il Qigong? Io dico sempre ai miei pazienti: “Il Qigong è come cucinare. Cercate soltanto di seguire la ricetta, e scoprirete cosa siete in grado di preparare”. Non potete misurare il sapore con una macchina o esprimerlo attraverso numeri, ma potete sperimentarlo da soli e sapere, senza alcun dubbio, “come è”. (Yayama, 1999 pag. 15)
3.2. I livelli della pratica Nel progettare sequenze di lavoro occorre tenere presente che esse possono insistere su tre livelli di pratica in modo distinto e/o combinandoli insieme: 1. Livello fisico-meccanico: è un lavoro che coinvolge tutte le strutture corporee (tendini, muscoli, ossa, organi, etc.) che stimola il sistema cardiovascolare e linfatico. Questo lavoro specifico favorisce il flusso del Qì attraverso l’alternanza di momenti di contrazione e rilassamento, di torsione o creando dei blocchi forzati al flusso del Qì sfruttando un’azione che può essere ricondotta al funzionamento di un modello
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idraulico. I canali vengono infatti con-
Amplificazione del flusso del Qì tramite l’effetto diga generato dalla posizione delle mani.
siderati come tubicini nei quali scorre l’acqua, quando il flusso dell’acqua viene fermato per mezzo di una piega nel tubo, si genera quello che può essere definito “effetto diga”: appena si ridistende il tubo, il flusso dell’acqua scorre più forte. Allo stesso modo, si può amplificare il flusso del Qì
negli arti superiori spingendo le mani con forza a formare un angolo retto con l’avambraccio e poi rilassando le mani. A quel punto si potrà percepire con chiarezza un formicolio, una vibrazione e/ o una pulsazione lungo gli arti, dovuti al rilascio dinamico del Qì e del sangue. I movimenti di torsione vanno invece a stimolare gli organi interni e a comprimere le sette camere in modo che, sfruttando l’effetto condensatore, si possa accumulare più energia per poi convogliarla dove necessario. Un ulteriore modo per veicolare cariche elettriche è il lavoro sulle ossa: le contrazioni muscolari intense, le tecniche di caduta e le tecniche percussive, tipiche delle arti marziali, generano nelle strutture
ossee il fenomeno della piezoelettricità. Un piezoelettrico è un elemento che, se sottoposto a pressione o trazione, produce cariche elettriche libere e l’osso è il miglior piezoelettrico del corpo. Quando un osso è sottoposto a stress meccanico, le molecole di collagene, costituite da portatori di carica, vanno sulla sua superficie, producendo piezoelettricità, ciò causa la formazione di dipoli elettrici. Un ulteriore effetto di questo fenomeno è l’aumento della densità e della resistenza delle ossa, infatti i dipoli elettrici attirano gli osteoblasti (le cellule che costruiscono le ossa) che depositano calcio e altri minerali sulla struttura ossea sollecitata. 2. Livello energetico: per sviluppare il livello energetico si procede sfregando, picchiettando e percorrendo il tracciato dei canali, assecondando il flusso del Qì con il movimento. Questo lavoro è ovviamente più raffinato e richiede la conoscenza del percorso dei canali e della direzione di scorrimento del Qì al loro interno. La percezione del flusso si può ottenere attraverso percussione con la mano leggermente chiusa a pugno (pugno di cotone) lungo il percorso del canale. Lo stesso effetto si ottiene accarezzando le zone in cui scorrono i canali o, una volta che si è affinata la percezione, tenendo la mano a distanza lungo il canale nella direzione del flusso energetico. In questo caso si fa riferimento al modello elettromagnetico e la percezione è quella di una presenza elettrostatica/magnetica. Un chiaro esempio di ciò si verifica quando si 296
avvicinano le mani tra loro e si percepisce una forza, una sensazione simile a quella che si crea tra le polarità dei magneti. I movimenti di una sequenza di lavoro possono essere combinati andando a stimolare i canali secondo la successione
delle maree energetiche della giornata, o secondo i cicli del-
Avvicinando le mani si può avvertire la presenza di una resistenza.
la teoria dei Cinque Elementi. 3. Livello mentale: questo lavoro si basa sull’immaginazione che induce la percezione e il controllo del flusso dei canali o dei vasi. Questa è una pratica completamente interna e si può realizzare anche in modo totalmente statico attraverso la meditazione o facendo dei movimenti minimi come ad esempio la contrazione del perineo. Si deve precisare che nel Qì Gong esistono vari tipi di meditazione, quella più adatta a promuovere il flusso del Qì si realizza principalmente muovendo il pensiero e la mente in
una direzione precisa. Tecniche meditative possono essere: la concentrazione profonda sui Dantian e la visualizzazione, luminosa o percettiva, di una sfera che ruota o di un nocciolo che acquista una densità sempre maggiore; l’esercizio del Zhan Zhuang; la Piccola e Grande Circolazione Celeste; la Respirazione dei Cinque Cancelli. Lo strumento è sempre la visualizzazione. Questo livello può integrare i due precedenti: si può simulare la contrazione e il rilassamento muscolare percependo il formicolio e la pulsazione, come pure si può avvertire con la mente il passaggio del Qì lungo i canali. Il vantaggio di questo livello della pratica è che esso permette di accumulare maggiori quantità di Qì, senza disperdere energie fisiche. Per fare un buon Qì Gong è necessario tuttavia mantenere in equilibrio i due ambiti, fisico e mentale, poiché la buona salute si guadagna con un corpo forte in quanto mente e corpo rappresentano un’inscindibile realtà. La manifestazione di una salute ottimale è muovere il corpo in modo dinamico, mantenendolo agile per poter rispondere a stimoli ambientali mutevoli e imprevedibili. Spesso chi si avvicina al Qì Gong lo fa per problemi di salute o in tarda età e molte scuole soprassiedono alla pratica del rafforzamento e del condizionamento fisico, cosa che in-
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vece deve rappresentare, sempre e comunque, un passo fondamentale verso il benessere. In effetti in oriente la pratica delle arti marziali è molto diffusa e quando le persone si accostano al Qì Gong hanno spesso anni di disciplina marziale alle spalle e il corpo mantiene una buona forma fisica. Differentemente in occidente il Qì Gong si è sviluppato come tecnica respiratoria e ginnastica dolce per anziani perdendo la sua irrinunciabile radice marziale, come il caso del Tai Chi Chuan (Tai Ji Quan) che con i suoi movimenti lenti è divenuto il simbolo di questa tendenza. Ciò che non si deve dimenticare invece è che questa pratica, spogliata del suo aspetto marziale, è solo un’ombra di se stessa. La lentezza nell’esecuzione delle tecni-
che è solo funzionale all’apprendimento e alla percezione del flusso del Qì per poi usarlo a proprio vantaggio durante il combattimento.
La salute può in effetti essere considerata metaforicamente come uno sgabello a tre gambe: una rappresenta il Kung Fu (che letteralmente significa “duro lavoro”), l’altra rappresenta il Nei Gong (il lavoro interno) e la terza la meditazione, se manca una di queste tre gambe, lo sgabello non si tiene in piedi. Sifu Yan Lei, maestro del tempio Shaolin, insegna quanto sia importante mantenere una buona forma fisica. Ricorda che la parola Gong significa “lavoro” e “tempo”, è necessario perciò dedicare energia e tempo a lavorare con il nostro Qì, bilanciare lo Yīn e lo Yáng, liberare i meridiani e rafforzare gli organi interni: Al Tempio Shaolin crediamo che ci siano due azioni che dobbiamo intraprendere per avere una buona salute: l’uso e la cura. Non avremo successo se separiamo i due. Non possiamo 298
semplicemente usare e non prenderci cura o prenderci cura e non usare. Molti di noi credono erroneamente che dobbiamo conservare la nostra energia, ma è come cercare di prendere qualcosa con una mano chiusa. Solo quando avremo aperto la nostra mano, potremo ottenere qualcosa. Solo quando abbiamo usato la nostra energia, possiamo rifornirla completamente. Chef professionisti affilano regolarmente i loro coltelli. Attraverso l’esperienza sanno che vale la pena dedicare del tempo a farlo perché aumenta l’efficacia del coltello e ne prolunga la vita. È lo stesso con i nostri corpi. Usiamo i nostri corpi attraverso la pratica del Kung Fu e ci prendiamo cura dei nostri corpi attraverso la pratica del Qigong. (Yan Lei, 2009 Chapter One, What is Shaolin Qigong?, Kindle)
I tre pilastri della salute
3.3. La meditazione Quanto esposto nel paragrafo precedente ci porta inevitabilmente ad approfondire la tematica della meditazione, e lo facciamo proprio in questa sezione dedicata alla pratica fisica perché riteniamo che le cose siano intimamente connesse. Tante tradizioni spirituali e filosofiche dell’oriente insegnano a lavorare con la mente e a sviluppare la coscienza attraverso una pratica esclusivamente meditativa: direzionando la mente e il pensiero, annullando l’ego, si cerca di raggiungere un preciso stato dell’essere che può essere la fusione con il Tutto, l’illuminazione. Nel Taoismo invece lo strumento principale è il corpo, per questo è ricchissimo di metodi basati sull’allenamento fisico che hanno lo scopo ultimo di influenzare la “qualità” della mente e con essa la qualità del Qì. Come ben sottolinea Damo Mitchell in A comprehensive giude to Daoist Nei Gong (2018), mente e corpo sono connessi in un processo ciclico: la mente influenza il corpo e il corpo influenza la mente, in una relazione reciproca. Se è chiaro che le “azioni della mente” e le emozioni sono in grado di regolare la qualità delle informazioni contenute nel nostro Qì e di conseguenza il nostro stato di salute e di crescita, è altrettanto chiaro che se riusciamo a comprendere pienamente la natura di questa relazione e a lavorare correttamente con il corpo, allora possiamo invertire questo processo e cambiare la natura della nostra mente.
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Attraverso il nostro allenamento, noi liberiamo il sistema dei canali e lo puliamo dalle informazioni patogene. Allora riempiamo il nostro corpo con Qì fresco e lo facciamo circolare in tutto il sistema per nutrire gli organi e i tessuti del corpo. Appena ciò accade, esso manda informazioni di feedback alla mente che comincia a regolare la sua struttura emotiva per porsi in sintonia con lo stato corporeo. Tutto questo, a sua volta, aiuta a sviluppare l’efficienza del funzionamento della mente e del corpo. (Mitchell, 2018 Chapter 2, Mind/Body Connection, Kindle)
La meditazione dunque nel Qì Gong fa del corpo il suo strumento e viceversa. In questa relazione reciproca, il Qì diviene un “traduttore di informazioni” tra la mente e il corpo, tra il corpo e la mente.
Reciproca influenza tra corpo e mente
La pratica con il corpo diviene dunque lo strumento per lasciare andare, per liberarsi dalle memorie somatiche e dai blocchi emotivi. Parallelamente, la meditazione è il momento in cui i sensi si chiudono e l’attenzione si rivolge verso l’interno, andando a sciogliere i nodi provocati dalle emozioni. Il lavoro di mente e corpo diviene dunque un inscindibile processo circolare e biunivoco. Ricordo una chiara istruzione di uno dei miei primi maestri di meditazione: mi fu detto di “sigillare le porte e le finestre della mente in modo che i cinque ladri non potessero entra300
re”. [...] era un modo semplice per chiarirmi che avrei dovuto ritirare i miei sensi e spostarmi verso l’interno in modo da poter essere temporaneamente rimosso dal mondo esterno mentre praticavo. I cinque ladri danno alla luce i cinque veleni, che sono essenzialmente le emozioni e il loro effetto energetico sul corpo. Mentre i “veleni” si sviluppano dentro di noi, iniziano a portare un cambiamento evolutivo alla nostra mente, al nostro sistema energetico e al nostro corpo. Ciò influenza quindi la natura della “strada della salute” che percorriamo. [...] Gran parte del lavoro di “spurgo” e di “rilascio” nella pratica di Nei Gong è finalizzato a eliminare la radice energetica di queste memorie somatiche in modo che il Qi possa fluire più facilmente e il sistema di canali possa “aprirsi”. (Mitchell, 2018 Chapter 2, Five Thieves and Five Poisons, Kindle)
Studi ormai accreditati hanno dimostrato gli effetti della meditazione sulla fisiologia e la loro influenza sull’equilibrio salute-malattia. Nel testo Meditazione, psiche e cervello (2012) di Carosella e Bottaccioli (fondatore della Società italiana di psiconeuroendocrinoimmunologia), gli autori ripercorrono un excursus di studi e osservazioni scientifiche realizzate durante l’esecuzione di esercizi di meditazione, per mezzo di strumenti di indagine come l’elettrocardiogramma e l’elettroencefalogramma. Tutti gli studi citati concordano nell’affermare che durante le pratiche meditative vi è una riduzione della frequenza respiratoria e cardiaca e, a livello cerebrale, si registra uno stato di rilassamento cosciente ed attivo, diverso dal sonno. Approfondendo le indagini si è notato che la meditazione ha un’evidente influenza sulla rete ormonale, nello specifico grazie alla pratica costante si ha una regolazione della produzione di cortisolo, un incremento della produzione della melatonina durante il sonno, una riduzione del livello di noradrenalina e un aumento della serotonina. Addirittura questi studi hanno portato alla constatazione che il cervello, durante la meditazione profonda e gli esercizi di visualizzazione, produce onde theta e gamma. Le onde gamma sono prodotte in una particolare area dell’ippocampo, denominata CA3, costituita da grandi neuroni detti piramidali, dotati di una naturale capacità oscillatoria. Si è dimostrata anche un’interrelazione tra le due tipologie di onde: una stimolazione
dei ritmi theta infatti mette in fase e potenzia anche l’oscillazione gamma. Interessante è lo studio sperimentale dell’Università di Zurigo, citato dagli autori, sui ritmi cerebrali del Lama buddista Ole Nydahl mentre eseguiva cinque diversi esercizi meditativi: due di visualizzazione, uno di ripetizione di un mantra e due di disintegrazione e ricostruzione dell’io. Attraverso una tomografia elettromagnetica a bassa risoluzione, i ricercatori hanno scoperto che le onde gamma prodotte si distribuivano nelle varie zone cerebrali che effettivamente erano, di volta in volta, impegnate nella diversa tipologia di esercizio. In conclusione non c’è dubbio che, in base agli studi scientifici degli autori, la pratica di
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tecniche meditative produce non solo un rilassamento profondo, ma anche un potenziamento dell’attenzione, un maggiore equilibrio dei circuiti neuroendocrini e una maggiore sincronizzazione e armonia tra gli emisferi cerebrali. Un’ulteriore conferma degli effetti delle pratiche meditative sulla fisiologia umana giunge dagli studi condotti da un gruppo di ricercatori del Massachusetts General Hospital e Beth Israel Deaconess Medical Center della Harvard Medical School diretti da Herbert Benson e Towia Libermann, pubblicati nel 2013 in un articolo sulla rivista scientifica “PLoS One”. Il gruppo di ricercatori ha potuto verificare che la risposta di rilassamento, indotta da pratiche come la meditazione, il Qì Gong, lo Yoga, e la preghiera, altera l’espressio-
ne genica della funzione immunitaria, del metabolismo energetico e della secrezione d’insulina. Benson e colleghi hanno infatti scoperto che la risposta di rilassamento induce una sovra-espressione dei geni che controllano l’enzima ATP sintasi e l’insulina, consentendo un aumento della produzione di energia da parte dei mitocondri, permettendo così alla cellula di far fronte con maggiore efficienza al fabbisogno sotto stress, e una diminuzione della produzione di radicali liberi. Secondo Kenneth Choen (1997) al Qì Gong possono essere ricondotte principalmente due tipologie di meditazione, la prima permette al praticante di “entrare nella tranquillità”, che rappresenta il momento in cui la mente diviene consapevole, senza concentrarsi su nulla di particolare e fa esperienza “senza pensare a”. Una mente silenziosa,
capace di mettersi in ascolto, riesce a sentire più facilmente gli squilibri ed è più abile nel governare e nel controllare il flusso del Qì. L’altra tipologia di meditazione invece propone tecniche di visualizzazione a scopo terapeutico e tecniche di concentrazione. Per tecniche di visualizzazione si intende la capacità consapevole della mente di creare immagini funzionali alla descrizione dei sintomi e al loro superamento. La visualizzazione è un allenamento all’immaginazione e alla determinazione. Nel qigong, l’immaginazione non è solo fantasia o illusione: è un modo di affinare consapevolezza e di correggere i problemi di salute usando il potere creativo della mente. (Choen, 1997, pag. 200)
Attraverso la visualizzazione terapeutica si impara a “sostituire” le immagini negative
con quelle positive: invece di concentrarsi sulla malattia, sul disturbo, sul dolore, si cerca di spostare la mente su aspetti come una luce colorata che pervade il corpo, il respiro che guarisce, il Qì dorato che fluisce e vivifica il corpo, ci si può concentrare sugli organi in abbinamento ai colori corrispondenti, sull’emissione dei suoni. Questo approccio, come detto più volte, è ormai largamente condiviso anche dalla medicina occidentale che riconosce il ruolo della mente nei processi di guarigione; uno dei principi fondamentali della psiconeuroendocrinoimmunologia è proprio che se la mente può aggravare o persino causare la malattia, essa può anche guarirla. Come sostiene Bruce Lipton nella Biologia delle credenze (2005) il pensiero influenza l’attivazione geni-
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ca del DNA e ciò che siamo è determinato in minima parte dalla genetica, quanto piuttosto da ciò che crediamo, dai nostri pensieri e dalle nostre esperienze, dal contesto in cui viviamo: l’ambiente influenza la cellula, i segnali ambientali controllano l’attività dei geni. Una digressione interessante in questo ambito, che per motivi di coerenza del testo e di spazio non può avere gli approfondimenti che merita, è costituita dagli studi sulla neuroplasticità cerebrale che hanno mostrato quanto un’esperienza mentale ripetuta in modo cosciente provochi cambiamenti strutturali nei neuroni che elaborano quell’esperienza. Questi studi (Doidge, 2015) hanno dimostrato che speciali tecniche di visualizzazione
permettono di influenzare (espandendole o riducendole) le aree del cervello che si attivano in risposta di un determinato stimolo, in particolare in presenza di dolore cronico. Utilizzando infatti opportune tecniche di neuroimaging (stimolazione visiva dei neuroni) è stato scoperto che è possibile disattivare le aree cerebrali del dolore. Viene prodotta un’immagine corporea nella mente a partire dalle informazioni provenienti da numerose mappe mentali, che includono la vista, il tatto, il dolore e la propriocezione, essa inconsciamente va a sostituire gli input inviati al cervello dai vari sensi. Ciò produce un “ricablaggio” delle connessioni neuronali che ha una diretta proiezione sul corpo. 3.4. Semplicità del Qì Gong
Macrocosmo e microcosmo rispondono alle leggi del Dao, la forza alla base delle vita è nella relazione tra Yīn e Yáng e tutto si genera da essa. Questa complessa semplicità è il codice della realtà. Tutto quello che è stato fin qui detto sulla risonanza, la vibrazione, la differenza di potenziale, la polarità magnetica, la salute e la malattia mostra che ogni cosa è riconducibile all’estrema semplicità esplicativa del Dao. Volendo usare la metafora dei sistemi informatici appare banale, ma profondamente complesso, il fatto che l’intera realtà virtuale nasca da un codice semplice, 0 - 1 del linguaggio binario combinato da altrettanto semplici operatori logici (AND, OR, NOT, etc. le porte logiche dell’elettronica digitale), tutto questo gestisce informazioni e le informazioni creano una realtà. Le cellule scambiano informazioni, trasmettono messaggi tra loro, costruiscono legami e li mantengono nello spazio e nel tempo (come ha recentemente dimostrato l’epigenetica e la biologia quantistica con il fenomeno dell’entaglement cellulare o dell’effetto tunnel). La salute e la malattia non sono altro che bilanciamento o squilibrio energetico dati dal potenziale elettrico che regola la vita di ogni cellula. È interessante notare che una cellula sana ha la membrana con una forte carica positiva e il citoplasma con una forte carica negativa. Quando la cellula si indebolisce perde parte della sua carica positiva a livello
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della membrana perché non ha più elettroni nel citoplasma che attirano le cariche positive all’esterno. La membrana a questo punto potrebbe attrarre gli elementi patogeni (funghi, virus, etc.) che hanno carica positiva all’esterno e si vanno a legare tramite interazioni molecolari (forza di Van der Waals) alla membrana della cellula. Un meccanismo illuminante e semplice che ci fa capire quanto sia importante favorire il flusso di cariche libere nel corpo e lavorare sulla differenza di potenziale a tutti i livelli delle strutture corporee. Immaginiamo l’equilibrio tra lo Yīn e Yáng come la base indivisibile della nostra salute e lo squilibrio come la causa della malattia, laddove, a seconda dei casi, si può avere ecces-
so di Yáng; eccesso di Yīn; consumo dello Yáng; consumo dello Yīn (Maciocia, 2015 Parte 1, Cap 1, Il mutuo consumo dello yīn e dello yáng, Kindle). Con il Qì Gong si va ad agire proprio su quello squilibrio Yīn e Yáng riprogrammando l’informazione attraverso il movimento (meccanico, energetico, mentale), per questo il terapista di Qì Gong può comprendere, anche attraverso l’analisi delle tensioni muscolari, la presenza di un eventuale squilibrio e agire su esso. Ancor più importante cominciamo ad intendere la malattia come una fondamentale domanda che il nostro corpo ci pone, alla quale dobbiamo prestare ascolto e rispondere attraverso il nostro potere di guarire, che si basa sulla capacità di riconoscere e controllare le emozioni le quali, come detto più volte, rappresentano un indiscutibile ponte tra
psiche e soma e sulla nostra capacità di penetrare e comprendere quell’esperienza energetica, descritta nel libro, che viviamo quotidianamente nella pratica. Sempre più il processo di guarigione appare come un dialogo tra il corpo e le nostre convinzioni più profonde: guarisce chi è in grado di dis-identificarsi, di lasciare andare, di abbandonare l’attaccamento, ritrovando il contatto con la parte creativa di sé, quella che vive di immagini, senza la mediazione della razionalità, al di fuori del tempo. Guarisce chi è in grado di ritrovare il contatto con la propria anima intesa come la parte spirituale ed energetica dentro ciascuno di sé.
Coloro che abitualmente sono privi di malattie aiutano ad educare e a riequilibrare coloro che sono malati, poiché coloro che curano dovrebbero esser liberi da ogni malattia. Quindi essi allenano il paziente a regolare la propria respirazione, e per far questo danno l’esempio. (Testo classico di medicina interna dell’Imperatore Giallo, Libro V, cap. 18, pag. 197)
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Un movimento grande non è positivo come un movimento piccolo, un movimento piccolo non è positivo come l’immobilità, il movimento dell’immobilità è il movimento eterno. (Wang Xiang Zhai, 2006, pag. 87)
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Esercizi Fondamenti di meditazione La meditazione in occidente nasce principalmente in relazione al cristianesimo e alle pratiche filosofiche, essa si basa sulla consapevolezza, sulla concentrazione e l’affinamento del pensiero, finalizzata alla crescita individuale. La pratica meditativa in oriente si avvicina maggiormente allo stato contemplativo che ha come scopo ultimo l’annullamento del pensiero. La pratica della tecnica qui proposta passa per quattro stadi: •
Controllo del corpo: il praticante, scelta una posizione, dovrà cercare di mantenerla il
più a lungo possibile, nonostante i naturali riflessi di assestamento del corpo, fino a raggiungere uno stato di equilibrato rilassamento. •
Controllo del respiro: acquisito il controllo della posizione, ci si deve concentrare sull’atto respiratorio, ponendosi in ascolto delle proprie percezioni.
•
Controllo della mente: grazie alla concentrazione e all’immaginazione si giungerà ad una completa consapevolezza di sé, ad una profonda conoscenza del proprio corpo e dei propri ritmi.
•
Trascendere la mente: questa fase, non sempre raggiungibile, si verifica talvolta in modo spontaneo e se ne ha coscienza solo a posteriori, quando si comprende di aver perso il contatto con la dimensione spazio-temporale. Alla fine di questa sezione pratica è illustrata una tecnica meditativa che permetterà di esplorare questo livello, anche se non in maniera esaustiva.
Comunemente la meditazione è intesa come una tecnica statica, esiste tuttavia anche una meditazione dinamica, quella che si raggiunge nella pratica avanzata del Tai Ji Quan e di alcune sequenze di Qì Gong, che richiede una consapevolezza del corpo di un livello superiore. Per praticare una meditazione ottimale, occorre predisporre un ambiente confortevole e isolato, privo di stimoli sonori e visivi disturbanti, con temperatura ideale. Se le condizioni abitative e familiari non lo consentano, si suggerisce di praticare la meditazione la
mattina presto o la sera tardi, ma non si consiglia di esercitare la meditazione all’aperto, a meno che non si padroneggino i primi due stadi della tecnica. Elemento fondamentale da cui partire nella meditazione statica è la posizione. Esistono tre tipi di posizioni: posizioni sdraiate, posizioni sedute e posizioni in piedi. Le posizioni tradizionali sedute richiedono una elevata mobilità articolare ed elasticità muscolare, raggiungibile attraverso molti esercizi illustrati in questo volume, ma laddove il praticante risulti ancora inesperto, si può cominciare con l’ausilio di una sedia. La postura utilizzata per meditare deve favorire il seguente assetto: •
la schiena deve essere tenuta dritta e perpendicolare al pavimento di modo che il
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punto Bai Hui (sopra la testa) intercetti l’energia celeste; •
il punto Hui Yin (vicino al perineo) deve trovarsi il più possibile vicino al pavimento per assorbire l’energia terrestre.
Per questo motivo, ma inderogabilmente solo dopo aver appreso la tecnica, il praticante potrà perfezionare la meditazione all’aperto dove sia possibile avere contatto con il terreno e dove non vi siano ostacoli isolanti tra la ionosfera e la testa, riuscendo in questo modo a massimizzare i risultati.
Posizione sulle ginocchia: questa posizione è la più semplice tra le tre presentate; per essere eseguita correttamente occorre allenare i muscoli attorno alle caviglie e attorno alle ginocchia. La pressione del peso del corpo sulle gambe piegate rallenta la circolazione in questa zona, alleggerendo il lavoro del cuore. Lo svantaggio principale rispetto alle altre due, è dato dalla maggiore distanza che c’è tra il pavimento ed il perineo.
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Posizione del semiloto: Per eseguire questa posizione bisogna avere un’eccellente elasticità dei muscoli intorno alle anche e alle ginocchia ed avere condizionato adeguatamente i tendini di queste zone. Una gamba piegata si poggia sull’altra bloccando parzialmente la circolazione sanguigna; il bacino è ruotato leggermente verso il basso avvicinando il perineo al pavimento per meglio captare l’energia terrestre. Si sconsiglia di praticare la meditazione in questa posizione se non si riescono agevolmente a portare le ginocchia verso terra.
Variante della posizione del semiloto: Una variante meno faticosa prevede che tutti e due i polpacci siano a contatto del pavimento. In questo caso la circolazione sarà meno costretta rispetto alla variante standard.
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Posizione del loto: È la posizione ottimale per svolgere la meditazione, essa prevede un minor afflusso di sangue alle gambe e una distanza tra perineo e pavimento più breve rispetto alle altre posizioni illustrate. Per eseguirla correttamente, partendo dalla posizione del semiloto, bisogna incrociare le gambe una sopra l’altra come illustrato nell’immagine accanto. Per raggiungere il risultato bisogna lavorare pazientemente sulle caviglie, sui piedi e sulle ginocchia. Saranno utili a tale scopo gli esercizi illustrati da pag. 148: “Esercizi per allentare lo stress”.
L’acquisizione di una posizione corretta è un fondamentale prerequisito per disporsi alla meditazione ed ottenere reali benefici da essa. Le nostre gambe sono come i rami della pianta di ginseng, pertanto quando le incrociamo è come se annodassimo i rami del ginseng: orientando la loro direzione di crescita non verso l’esterno ma verso l’interno, rafforziamo la radice e di conseguenza il tronco. Quindi, incrociando le gambe, non solo non si creano problemi di circolazione, ma, se fatto nel modo corretto, si favoriscono la longevità e il mantenimento di una buona salute. (Shi Han Hui, 2018, Parte III, I benefici della meditazione, Kindle)
Solo quando il Qì scorre fluidamente nel proprio corpo si può realizzare la meditazione, è quindi consigliato praticarla dopo aver adeguatamente allenato i legamenti, i tendini e le capsule articolari (Jin), le ossa e la pelle, altrimenti i meridiani sarebbero chiusi e la circolazione del Qì sarebbe illusoria, quindi la meditazione meno efficace. Buoni risultati in questa pratica si possono ottenere esclusivamente con un lavoro quotidiano e costante, si può cominciare a lavorare sul primo stadio con un tempo minimo di cinque minuti, almeno due volte al giorno. 309
Scelta la posizione da utilizzare, mantenerla in modo stabile, cercando il più possibile di controllare i naturali riflessi di assestamento, chiudere gli occhi senza forzarli. Durante la pratica, cercare di rilassare tutti i muscoli eccetto quelli necessari al mantenimento della posizione. Una volta raggiunto il controllo del corpo attraverso il mantenimento della posizione, si può cominciare a lavorare con il respiro. Inizialmente si consiglia di inspirare ed espirare con il naso in maniera naturale, ascoltando il respiro e i ritmi del corpo, prendendone consapevolezza. Solo quando la respirazione diverrà fluida, si comincerà ad introdurre un’apnea tra l’inspirazione e l’espirazione. Una volta che queste tre fasi (inspirazione, apnea ed espirazione) saranno consapevol-
mente padroneggiate, si potrà introdurre la quarta fase, successiva all’espirazione, con l’esecuzione di un’apnea a polmoni vuoti. L’apprendimento ottimale di questi primi due livelli della pratica meditativa richiede tempi diversi da persona a persona. Generalmente chi svolge attività lavorative molto impegnative a livello mentale, ha bisogno di tempi più lunghi per raggiungere il pieno controllo del corpo e del respiro, come pure chi si avvicina alla pratica meditativa in età avanzata. Difficilmente i bambini riescono ad ottenere buoni risultati, l’età più adatta per iniziare questo tipo di pratica è verso i sedici anni. L’esecuzione delle due diverse tipologie di apnea non deve essere in nessun modo forzata, ma rappresenta un momento importante della meditazione, è il momento in cui il
respiro dolcemente si ferma e, filosoficamente, si può affermare che sia l’attimo in cui tutto è possibile: «non respiriamo più, non siamo più di questo mondo». Nella filosofia taoista il breve momento della “non-respirazione” è una porta tra la vita e la morte: Prendendo coscienza di questo breve momento dove non vi è più respiro, prenderete coscienza di ciò che non è vita, di ciò che non è morte, di ciò che è vacuità. (Krasenky, 2014, Parte I, La respirazione nella meditazione, Kindle)
La terza fase dell’esercizio meditativo racchiude in sé e porta a compimento il senso di tutta la pratica del Qì Gong descritto nel libro. Lo strumento utile per sviluppare questa fase è la percezione. Inizialmente il praticante deve cercare di espandere la propria percezione, portando
l’attenzione a tutti gli stimoli sensoriali, interni ed esterni, che riesce a percepire. Gradualmente bisogna attenuare le percezioni sonore, facendole svanire e lasciandole andare, per potersi concentrare solo sulle sensazioni tattili ed “epidermiche”. Infine si cominciano a trascurare anche le sensazioni tattili, per raggiungere un livello più intenso di propriocezione interna che consente di percepire in modo chiaro e distinto i ritmi fisiologici del corpo. Raggiunto questo livello della pratica, l’esercizio meditativo entra nella sua fase fondamentale nella quale la mente si calma e si pone l’attenzione alla pura consapevolezza del qui ed ora. Il mantenimento di questo stato è quello che permette di raggiungere e 310
realizzare il cambiamento fisiologico delle strutture corporee e di ottenere la massima ottimizzazione dei risultati della pratica del Qì Gong. [...] quando si medita, bisogna mollare tutto, la mente deve essere consapevole e chiara, e se arriva un pensiero non bisogna badarci, e neanche cercare di contrastarlo, perché contrastare è di per sé un pensiero distraente. E nemmeno sforzarsi di sopprimerlo, perché i pensieri non muoiono: sarebbe come prendere una pietra e metterla sopra l’erba, ma quella continua a crescere, facendosi strada ai lati della pietra, quindi è inutile. (Shi Han Hui, 2018, Parte III, La disposizione della mente, Kindle)
Per lavorare in modo efficace a questo livello, il tempo di esecuzione non può essere inferiore ai quindici minuti di pratica. Di questo lavoro è abbastanza superfluo fornire al
praticante una descrizione delle sensazioni poiché sarebbe comunque soggettiva, ciò che invece è fondamentale, come sempre, è l’esercizio costante e l’applicazione quotidiana. Zhan Zhuang Le capacità acquisite grazie agli esercizi meditativi si possono implementare anche con la tecnica Zhan Zhuang (letteralmente “stare in piedi come un palo” 站樁 ). Questo metodo di lavoro si è sviluppato nell’estremo oriente e i suoi principi fondanti sono di matrice taoista. Lo Zhan Zhuang si compone di un insieme di esercizi statici che prevedono essenzial-
mente di mantenere una posizione; le posizioni da assumere possono essere molteplici e ognuna permette di sviluppare nello specifico diverse capacità. In questo caso sarà illustrata una sola posizione, rimandando il lettore ad una prossima pubblicazione che dia una esaustiva descrizione degli esercizi Zhan Zhuang. La peculiarità di questo metodo sta nel “generare movimento dalla quiete” in accordo con il diagramma Tai ji (o Tai Chi), dove al massimo dello Yīn si comincia ad attivare lo Yáng. Gli scopi dello Zhan Zhuang sono molti e utilizzare alcune sue posizioni per meditare è estremamente positivo. Infatti raggiungere il controllo del corpo, il controllo del respiro, il controllo della mente utilizzando la postura in piedi, dà con il tempo accesso ad energie e sensazioni che le posizioni sedute non ci permettono di realizzare. Prima di praticare la meditazione Zhan Zhuang è comunque consigliabile avere interiorizzato i primi due dei quattro stadi indicati all’inizio della sezione (pag. 306), cominciando poi ad esplorare il terzo nella posizione in piedi, come di seguito illustrato. La posizione raffigurata nell’immagine della pagina seguente rappresenta un medio livello relativamente al ventaglio di tecniche che compongono questo sistema: richiede gambe forti, una buona capacità respiratoria e forza di volontà. Le braccia distanti dal corpo alleggeriscono la pressione sul tronco e danno modo di
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condizionare profondamente il diaframma toracico, spostando la respirazione in modo naturale all’altezza dell’addome. Esse sono aperte come ad abbracciare un grosso albero (spesso questa posizione è infatti conosciuta come “abbracciare l’albero” o “posizione dell’albero”), con i gomiti che spingono verso l’esterno e le dita della mano dolcemente separate davanti all’altezza del collo. Le spalle sono in una “tensione rilassata” stimolando il percorso dei sei meridiani principali che attraversano il braccio: Polmoni, Intestino Crasso, Maestro del Cuore, Triplice Riscaldatore, Cuore ed Intestino Tenue. La spina dorsale, come nelle altre posizioni meditative, si verticalizza distendendo le
curve naturali della schiena, andando a porsi perpendicolarmente rispetto al pavimento. Le gambe sono flesse con un angolo minimo di 160° tra coscia e polpaccio e la verticalizzazione della schiena va ad alleggerire la tensione sulla zona inguinale. Lo sforzo necessario a mantenere le gambe in posizione permette un’efficace stimolazione dei sei meridiani principali che percorrono la gamba: Fegato, Milza-Pancreas, Stomaco, Reni, Vescica e Vescicola Biliare.
L’angolo tra la coscia e il polpaccio può andare dai 100° ai 160°
Per questa tecnica si consiglia di iniziare con almeno 6 - 7 minuti di esercizio, fino ad arrivare a 30 minuti o anche più: maggiore è la durata dell’esercizio, più esso risulta efficace.
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Questa posizione è utilizzata anche a scopo terapeutico, poiché attraverso questo esercizio viene incrementata la capacità del corpo di difendersi, migliorandone così la funzione di autoregolazione. I muscoli sono in un continuo stato di allungamento e contrazione, ciò provoca un aumento della circolazione sanguigna e una mobilizzazione del sangue che prima stagnava negli organi. Mentre i vasi capillari si dilatano e i muscoli si allungano, si produce una sensazione di formicolio, sudorazione e la percezione di un forte calore in tutto il corpo, quello è il momento in cui avviene il cambiamento fisiologico: aumentano i globuli rossi, i globuli bianchi e l’emoglobina, si genera inoltre una stimolazione della corteccia cere-
brale e un miglioramento dei processi metabolici (Yongnian, 2014). Le potenzialità dell’esercizio sono ben note alla tradizione, il Maestro Wang Xiang Zhai (fondatore dell’Yi Quan) affermava: La sua funzione fondamentale consiste da un lato nel consentire al sistema nervoso centrale di rilassarsi, e dall’altro nell’accelerare la circolazione sanguigna e nel potenziare il metabolismo del corpo. Quando il sistema nervoso centrale è completamente a riposo, si assiste ad un miglioramento delle funzioni di regolazione; quando la circolazione del sangue diventa più veloce e il metabolismo accelera, gli organi interni, i quattro arti e le ossa del corpo usufruiscono di un’irrorazione perfetta. Se tutto il corpo è nutrito adeguatamente e si scoppia di vitalità, si riesce a raggiungere l’obiettivo di scacciare la malattia e allungare la propria esistenza. (Wang Xiang Zhai, 2006, pag. 86)
Lo Zhan Zhuang è anche un ottimo esercizio per implementare la forza nelle arti marziali. Wang Xiang Zhai riteneva che per ottenere risultati notevoli nelle discipline marziali bisognasse porre come punto di partenza la trasformazione della propria forza tramite lo Zhan Zhuang, che egli descrive come un «esercizio in cui si cerca la forza nell’assenza della forza, il movimento lieve nell’immobilità e il movimento rapido nel movimento lieve» (Xiang Zhai, 2006, pag. 88). Con lo Zhan Zhuang il praticante arriva a percepire il «movimento dell’immobilità», cioè il movimento eterno. Il maestro raccomanda di studiare l’esercizio rispettando alcune fasi: dapprima il praticante dovrà percepire l’alternanza tra rilassamento e tensione del corpo e della mente;
in secondo luogo, comincerà a sviluppare la sensazione di forze contrarie (avanti-dietro, verso l’alto-verso il basso, aperto-chiuso) nell’organismo; poi le percepirà tra il proprio corpo e lo spazio circostante; infine il praticante sentirà la forza che pulsa in tutto il suo corpo raggiungendo lo stato in cui «movimento nasce in continuazione e non cessa mai» (Wang Xiang Zhai, 2006, pag. 101). A quel punto il corpo diverrà come una «ruota che gira veloce» e respinge ogni oggetto che gli si avvicina, si avvertirà una sensazione di estrema concentrazione e di assoluta unità tra il corpo e lo spazio circostante e con l’intero universo.
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La meditazione del Fiore di Loto Questa meditazione è una piccola perla che può recare importanti benefici ai praticanti di Qì Gong poiché porta il praticante ad armonizzare il Qì del Cuore e il Qì dei Reni, equilibrando la circolazione dell’energia dell’Acqua e dell’energia del Fuoco. La visualizzazione proposta è molto semplice, ma molto efficace, si tratta di immaginare di stare seduti su una foglia di loto, nel mezzo di uno stagno, visualizzando il cuore come un fiore di loto dai petali rossi e dalla corolla gialla e i reni come i suoi bulbi dai quali le radici scendono nell’acqua. Si consiglia di rispettare le seguenti fasi: •
Mettersi nella posizione più comoda e cominciare ad inspirare ed espirare con calma, facendo scendere l’aria nel Dantian, visualizzando il fiore di loto che si apre lentamente al livello del cuore con i suoi petali rossi e la corolla giallo oro.
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Visualizzare lo stelo che scende dal fiore fino ai bulbi situati nei reni e le radici che si ramificano, vanno in profondità nell’acqua per assorbire il nutrimento della terra che alimenta il fiore.
•
Sentire i petali del fiore di loto che si aprono al sole e captano la sua energia, impregnare il cuore del Qì del Fuoco; immaginare le radici che assorbano il Qì dell’Acqua per impregnare i reni.
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Connettere il Qì dei Reni con il Qì del Cuore attraverso la colonna vertebrale che
rappresenta lo stelo che armonizza le due energie. •
Inspirare captando il Qì del Fuoco attraverso Bai Hui e farlo scendere nel cuore; espirare facendo scendere lungo lo stelo il Qì caldo fino ai reni per riscaldare la loro natura fredda.
•
Invertire poi la respirazione inspirando il Qì dell’Acqua attraverso le radici (le gambe) fino a nutrire i reni e poi espirare facendo salire lungo lo stelo (la colonna vertebrale) il Qì dell’Acqua fino al cuore rinfrescandolo.
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Continuare ad alternare le due respirazioni, visualizzando una luce rossa che scende dal Bai Hui fino al cuore e poi ai reni e una luce blu che sale dal punto KI 1 (canale dei Reni) fino ai reni e poi raggiunge il cuore.
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Rimanere senza pensieri percependo il flusso ascendente e discendente del Qì dell’Acqua e del Qì del Fuoco lungo la colonna.
La pratica costante permetterà di interiorizzare le fasi dell’esercizio, le percezioni si espanderanno fino a dileguarsi e la visualizzazione perderà i suoi confini, a quel punto il praticante potrà fare esperienza del livello superiore della tecnica meditativa che lo porterà a trascendere la visualizzazione stessa, liberandosi completamente e abbandonandosi ad un puro stato contemplativo.
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Rimanere senza pensare, senza agire: sentire a poco a poco il corpo che si identifica con il loto e si fonde con la natura, sentire le radici che si immergono nell’acqua e i petali che si dischiudono con il sole. Sentire l’unione delle due energie dell’Acqua e del Fuoco che si realizza.
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Conclusioni L’integrazione delle teorie nella pratica, l’accostamento eclettico delle conoscenze e l’avvicinamento tra gli stili di diverse discipline marziali assume un ruolo determinante nella nostra ricerca, rappresenta una scelta di metodo ed esprime una posizione sostanziale: è come giungere sulla cima di una montagna attraverso diversi sentieri, ognuno con la sua particolarità, ognuno con il suo panorama e con la sua prospettiva. Tutti i sentieri conducono alla stessa vetta. Una volta raggiunta la sommità del monte, il praticante potrà osservare dall’alto tutti i percorsi e comprendere che le singole prospettive al-
tro non sono che diverse vie di un unico cammino verso la stessa meta. Acquisito lo sguardo sinottico e la visione d’insieme, potrà finalmente godere di un panorama unico e accedere ad un livello di comprensione più profondo della realtà. Giunti al termine di questa esperienza, teorica e pratica, possiamo ricordare ancora una volta che la chiave di tutto sta nell’impegno, nella dedizione e nella costanza con le quali coltiviamo la nostra ricerca personale. L’entusiasmo di riscoprire ogni giorno nuovi aspetti della pratica è proprio ciò che rende la nostra mente giovane e sempre pronta ad apprendere e a percepire l’evoluzione del nostro corpo. In queste pagine, abbiamo cercato di riassumere e condensare anni e anni di ricerche, di esperienza, di letture e di insegnamenti cercando di bilanciare la teoria con la pratica, certi tuttavia del fatto che solo il duro lavoro con il corpo e sul corpo, sia ciò che conta e ciò che faccia la differenza. Parafrasando antichi proverbi, possiamo affermare che “vale più un’oncia di pratica che 1000 libbre di teoria”. Per questo, invitiamo ancora una volta il praticante a trovare dentro se stesso le risorse per costruire, con pazienza e consapevolezza, il proprio percorso e la propria ricerca personale, ascoltando e percependo i cambiamenti del corpo in ogni respiro e in ogni battito del cuore. Non tutti raggiungeranno gli stessi risultati nello stesso tempo, alcuni avranno bisogno di più tempo per sciogliere e/o risolvere i propri blocchi e le memorie somatiche incise dalle emozioni sul proprio corpo, l’importante è non scoraggiarsi e accrescere la propria
forza di volontà tramite l’allenamento. Il lavoro disciplinato e costante con il corpo esporrà il praticante ad un graduale processo di miglioramento delle performance e ad un progressivo innalzamento degli obiettivi e questo sarà alla base della chiara percezione di una continua evoluzione. Tutta la ricerca presentata si nutre inoltre degli aspetti marziali perché nella nostra pratica il Qì Gong e l’arte marziale rappresentano un’inscindibile unità, sconfinano uno nell’altra. Il Qì Gong e l’arte marziale sono i preziosi strumenti di una ricerca senza fine che ha come finalità ultima la salute, il benessere e la felicità. Questa potrebbe essere una ricetta per la salute e la longevità, ma ciò che a noi più inte-
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ressa è che, se questo percorso è coltivato con serietà e consapevolezza, ha la possibilità di aprire nuove prospettive e di dare nuovi punti di riferimento per vederci come parte integrante di un Tutto più grande. Le parole di Kenneth S. Cohen ci accompagnano nella conclusione di queste pagine: Una volta un vecchio taoista stava morendo, ed i suoi discepoli volevano dargli degli elisir che lo facessero vivere più a lungo. Ma li allontanò: “Andatevene! Non interferirete con questo processo di cambiamento. Il Cielo e la Terra, lo yang e lo yin sono il mio vero padre e la mia vera madre. Dove possono portarmi, se non in armonia con il Tao! Quale rispetto mostrerei, se cercassi di prolungare il tempo che la natura mi ha dato?” Possiamo raggiungere la longevità spirituale cambiando il nostro sistema di riferimento, identificandoci con l’universo, anziché con il nostro piccolo ego. La nostra vita è lunga quanto quella delle montagne. Gli esseri umani nascono dalle forze della natura; la morte è il ritorno a ciò che è sempre stato. Come amava dire il filosofo zen Alan Watts, “Non puoi morire, perché non sei mai nato; hai soltanto dimenticato chi sei”. (Choen, 1997, pag. 112)
Imprescindibile elemento di questo percorso è l’attenzione rivolta alla tecnica meditativa, a volte poco praticata nelle diverse scuole di Qì Gong perché impegnativa in termini di concentrazione, di tempo e sottovalutata nei suoi effetti. Con la meditazione il praticante ha modo di calmare la mente, ottimizzare il flusso energetico, staccarsi dalle preoccupazioni e dalle emozioni, andando lentamente a riprogrammare il suo inconscio. Essa rappresenta la chiave di volta fondamentale per il raggiungimento dell’armonia tra corpo, Spirito e Qì. Ecco che l’equilibrio da perseguire di-
venta ben altro che il semplice bilanciamento di due forze opposte e complementari (Yīn e Yáng, mente e corpo), ma si nutre anche di un terzo elemento fondamentale che è il Dao, lo Spirito. Se non si trova l’equilibrio anche con questo terzo elemento, gli altri due da soli non porteranno all’armonia. Solo così il Dao potrà rappresentare quella sintesi dialetticamente superiore che si alimenta e si arricchisce nella relazione e della relazione tra le sue parti, generando molto più della somma di esse, nel suo essere simultaneamente contenitore e contenuto. La vera armonia risiede unicamente nella liberazione dall’attaccamento che la nostra mente e il nostro corpo ogni giorno producono attraverso pensieri, preoccupazioni, aspettative, inganni e bisogni.
Per meglio calmare la mente, gli antichi Maestri Ch’an raccomandavano di «mettersi nella pelle del Drago che entra nell’acqua o della Tigre che penetra nella foresta», quando questi animali sono fuori dal loro elemento sono vulnerabili, ma quando vi si immergono sono al massimo della loro potenza; allo stesso modo la mente, per non essere esposta alle perturbazioni esterne, deve essere posizionata nel suo elemento, cioè la calma, e solo nella calma raggiunge il massimo della sua potenza. I taoisti affermano: «Se l’acqua è calma, allora vi si può vedere in maniera distinta la Luna che vi si riflette. Se la mente è calma, allora l’energia naturale può entrare nel corpo per nutrirlo». (Krasensky, 2014, Parte II, Il Qi Gong della serenità) 317
Abbiamo scritto tanto, cercando di sistematizzare e collegare il più possibile argomenti complessi e discipline apparentemente distanti, lasciamo ora al lettore e ai praticanti il tempo di riflettere e sedimentare con la pratica le conoscenze teoriche. Chiudiamo questo lavoro con un koan (gong’an), anch’esso fonte di profonda meditazione e riflessione: «Diceva il Maestro ai suoi allievi: vi è una sola cosa che conta. Ma non disse mai quale». Sta all’allievo scoprirla e con essa comprenderà il senso infinito dell’infinita ricerca.
Una volta, qualcuno chiese a Paramhansa Yogananda: «Il sentiero spirituale ha una fine?» «Niente affatto» egli rispose. «Si va avanti finché non si raggiunge l’infinità». (Swami Kriyananda, 2000 pag. 74)
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Un maestro di spada, ormai anziano, dichiarò: «Nella vita, ci sono diversi gradi di apprendimento. Al primo si studia, ma non si ricava niente, e ci si sente inesperti. Al livello intermedio, l'uomo è ancora inesperto, ma consapevole delle proprie mancanze, e riesce a vedere anche quelle altrui. Al livello superiore diventa orgoglioso della propria abilità, si rallegra nel ricevere lodi, e deplora la mancanza di perizia dei compagni. Costui ha valore e si comporta come se non sapesse nulla. Questi sono i livelli in generale. Ma ce n'è uno che li trascende, ed è il più eccellente fra tutti. Chi penetra profondamente questa Via è consapevole che non finirà mai di percorrerla. Egli conosce veramente le proprie lacune e non crede mai, per tutta la vita, di aver raggiunto la perfezione. Senza orgoglio, ma con modestia, arriva a conoscere la Via.» (Hagakure, Yamamoto Tsunetomo, I - 45)
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